ANNO XXX N. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 1978 


RASSEGNA 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 



Pubblicazione bimestrale di servizio 

''.~�.' �, 

ROMA 

ISTITUTO POLIGRAFICO E ZECCA DELLO STATO. 

1978 



ABBONAMENTI 

ANNO L. 12.750 
UN NUMERO SEPARATO � .. .. .. .. .. .. .. .. � � 2.250 


Per abbonamenti e acquisti rivolgersi a: 

LIBRERIA DELLO STATO -PIAZZA G. VERDI, 10 -ROMA 
e/e postale 1/2640 

:Stampato in Italia � Printetl in ltaly 
Autorl1zaslone Tribunale di Roma -Decreto n. 11089 del 13 lu11llo 1960 


(8219416) Roma, 1978 -Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato P.V. 


INDICE 

Parte prima: GIURISPRUDENZA. 

Sezione prima: 
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE (a cura 

del/'avv. Giuseppe Angelini-Rota e dell'avv. Franco 
Fav.ara) pag. 525 

Sezione seconda: 
GIURISPRUDENZA COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 
(o cura del/'avv. Oscar Fiumara) . � 535 

� Sezione terza: 
GIURISPRUDENZA SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
(o cura del/'avv. Carlo Carbone) . � 542 

Sezione quarta: 
GIURISPRUDENZA CIVILE (o cura dell'avvocato 
Adriano Rossi) � 564 

Sezione quinta: 
GIURISPRUpENZA AMMINISTRATIVA (o cura 
de/J'avv. Raffaele Tamiozzo) . � 583 

Sezione sesta: 
GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA (a cura dell'avvocato 
Carlo Baf�le) � 593

1 
Sezione settima: GIURISPRUDENZA IN MATERIA DI ACQUE ED 
APPALTI PUBBLICI (a cura dell'avv. Paolo Vittoria) 
� � 642 

Sezione ottava: 
GIURISPRUDENZA PENALE (a cura del/'avv. Paolo 
Di Tarsia Di Be/monte) . � 


Parte seconda: QUESTIONI -LEGISLAZIONE. -INDICE BIBLIOGRAFICO 
CONSULTAZIONI -NOTIZIARIO 


LEGISLAZIONE pag. 179 
CONSULTAZIONI � 191 

La pubblicazione � diretta dall'avvocato: 
UGO GARGIULO 



CORRISPONDENTI DELLA RASSEGNA 
DELEGATI PRESSO LE SINGOLE AVVOCATURE 


Avvocati 

Glauco NoRI, Ancona; Francesco Cocco, Bari, Michele DIPACE, Bologna; 
Giovanni CoNTU, Cagliari Americo RALLO, Caltanissetta; RAFFAELE TAMIOZZO, 
Firenze; Francesco GUICCIARDI, Genova; Carlo BAFILE, L'Aquila; Giuseppe 
'Orazio Russo, LECCE; Aldo ALABISO, Napoli; Nicasio MANCUSO, Palermo; 
Rocco BERARDI, Potenza; Umberto GIARDINI, Torino; Maurizio DE FRANCHIS, 
Trento; Paolo SCOTTI, Trieste; Giancarlo MAND�, Venezia. 


ARTICOLI, NOTE, OSSERVAZIONI, QUESTIONI 

MARZANO, A., Periodo _transitorio e misure di salvaguardia statali I, 535 

TAM;i:ozzo, R., Limiti alla pianificazione urbanistica regionale e 
comunale � 

I, 589 


PARTE PRIMA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUiBBLliCHE ED ELETTRICIT� 


-Acqua pubbLica � Configurazione � 
Scorni.mento in acquedotti comunali 
-Rilevanza ostativa -Esclusione, 

649. 
-Acqua pubbldca � .PossibWle oggetto 
di propriet� pr.ivata -Esclusione, 649. 
-�Antica utenza e uso di J�atto -Diritto 
al riconoscimento o alla concessione 
-Mancanza & . tempestiva � 
domanda� Decadenza, 649. 
-Diritti parziari preesistenti alla demanfaldt� 
-Subutenze -Trasformazione 
-C�ndi21ione, 649. 
-Giudizio e procedimento � Tribunali 
regionali deHe acque � Condanna 
al pagamento di provvisionale e 
provvisoria esecuzione de~la sentenza 
� Ammdssibilliit�, 642. 

COMPETENZA E GIURISDIZIONE 

-Atto di annullamento da parte della 
.(;ommdssione di controHo di delibera 
regionale � Impugnativa dinan� al 
Giudice �amministrativo: ammissibi� 
1it� -Conflitto di attr�buZ!ione: interferenze 
con il ricorso giurisdizionale, 
545. � 

-Difetto assoluto di giurisdizione Nozione 
-Vice-pretore onorario -Rapporto 
di servizio -Controversie 


' Competenza giudsdizionale � dello 
A.G.O., 542. 

-Gdudizio amministrativo -Principi 
generali � T.A.R. � Regolamento di 
competenza -Determiriazione -Criteni 
-Limiti, 587. 

-Giuoco e scommessa -Divieto penale: 
necessit� di deroga <legislativa 
-Negata autoriz:;;azione al privato 
da parte dell'autorit� amministrativa 
di P;S.: insussistenza di posizione 
giur�dica soggettiva � Difetto 
assoluto di gforisdizione, 550. 

-Impiego pubb1ico -Controversie di 
contenuto patrimoniale -Infermit� 
contratta dal dipendente a causa del


le 
incongrue ~condizioni ambientali 

dii 
lavoro -Giurisdizione deLl:'A.G.O., 

549. 
-Impugnativa di atti connessi -Competenza 
dcl T.A.R. dcl Lazio -Condizioni, 
586. 
-T.A.R. -Regolamento di competenza 
-�Termine per la proposizione defila 
dstanza -Decorrenw. -Computo -Pel'entoriet�, 
587. 

COMUNIT� EUROPEE 

' 

-Periodo transitorio -Decisione di 
acceleramento 26 Jugldo 1966, n. 532 

� Effetti sulla durata del periodo 
transitorio -Anticipazione deYa scadenza 
-Esclusione, con nota di A. 
MARZANO, 535. 
- 
Politica commeroia1e -Periodo transitorio 
Misure' di salvagual'dia � Obbligo 
di not~filca ~ Inderogabilit� � 
Condi21ione di efficacia della misura 
di salvaguardia -Esclusione, con nota 
di A. MARZANO, 535. 

CORTE COSTil'UZIONALE 

-Conflitti di attribuzione � Potere dello 
Stato -Gruppo di elettori filrmatari 
di richiesta di � referendum � 
abrogativo -� tale � Comitato procuratore 
-Ha oapaoit� di rappresentar� 
H gruppo degli elettori fir� 
matari, 525. 

PEMANIO E PATRIMONIO 

-Antichit� �e belle arti -Vincofo di 1interesse 
storico-artistico -Complessi 
artistici e monumentali -Criteri Speo1ficazion_
e, 584. 

-Antichiit� e belle arti -Vdncolo di 
notifica ai sensi della 1.1� giugno 1939, 

n. 1089 -Motivazione congrua � Necessit�, 
584. 
- 
Beni del demanio.marittimo � Disciplina 
-Rapporto con i pfani regolatori 
comunali -Effetti :in tema di 
sdemanializzazione, 588. 



INDICE DELLA GIURISPRUDENZA 

-Beni storici e artistici -Noti.fica di 
wna di interesse archeologico -Motivazione 
-Motivazione � per relationem 
� -Legittiimit� -Fattispede, 

591. 
-Beni storici e artistici -Notifiica di 
zona di interesse archeologico -Motivamone 
-R.iJevanza delle valutazioni 
tecnico-amministrative -Effotti, 592. 
-Tutela -Criteri per la sdemanializzazione 
-Presupposti -Diniego -Legittimit� 
-Sussiste anche I�1'l relazione 
a richieste del Comune, 588. 

EDILIZIA E URBANISTICA 

-Piiano regolatore -Pianificazione urbanistica 
dcl territorio -Beni del 
demanio ml�1'lerario -Esclusione, con 
nota di R. TAMIOZZO, 589. 

-Piiano regolatore -Vincolo di zona Soggetti 
legittimati all'impugnaLJione 
-Individuazione con nota di R. 
TAMIOZZO, 589. 

BDILIZIA POPOLARE ED BCONOMICA 


-�Riiscatto .alloggi -Contratto preliml�1'
lare di vendita -Non sussiste, 564. 

BNERGIA ELETTR�ICA 

-Nazionalizzazione -Danni verificatisi 
dopo J'espropriazione delile impre&
e elettriche derivanti da comportamenti 
precedenti -Trasferimento 
all'E.N.E.L., 577. 

-Nazionalizzazione -Obbmgo di custodia 
nel periodo tra l'espropriazione 
dell'impresa e la consegna dei 
beni -Spetta al proprietario espropriato 
tramite i legali rappresentanti, 
577. 

GIUST,IZIA AIMMINISTRATIVA 

-.Giurisdizione -AppeLlo -� Jus novorum 
� -lnammissibiHt� -Estensione 
e liimiti, 586. 

-GiuriscLimone -Procedimento :innanzi 
al TAR. -Termine per la costituzione 
deLle parti -1Sospensione feriale 
ex J. 742/1969 -Applicabilit�, 

587. 
-Giurisdizione amministrativa -Competenza 
e giurisdizione -Pubblico 
ill)piego -Criterio per la detenminazione 
della competenza -Rilevanza 
dell'efficacia soggettiva dell'atto 
Effetti, 583. 

-Giurisdizione amministrativa -Competenza 
e giurisdizione -Pubblico 
impiego -Competenza dei T.Alt 
ex art. 3, 2� comma, 1. 6 dicembre 
1971, n. 1034 -Impiegati collocati 
a riposo -Limiti, 583. 

-Ricorso giurisdizionale -Giudizio di 
appello -Ordinanza di sospensione Appe1J.
1abi1it� -Opere pubblkhe e 
impianti industriali -Non manifesta 
inrfondate:;:,za per contrasto con 
artt. 3, 24 e 113 Costituzione, dcllo 
art. 5 u.c. 1. 1/1978, 585. I 

FMPIEGO PUBBLICO 

-Insegnante medio -Nomina in ruolo 

Art. 17 1. 477/197�3 e successiva circolare 
n. 29/1976 -Impugnativa di 
atto di mera esecuzione -Omessa impugnazione 
della circo1are -Inam


~ miss.ibilit�, 586. 

IMPOSTA DI REGISTRO 

-Decadenza da agevolazioni -Nascita 
dell'obbligazione tributaria con effetto 
� ex tooc �, 621. 

-Momento deHa nasoita deH'obbligazione 
tributaria � Data delila stipuJazione 
-Concorso di privilegio specia1e 
�e ipoteca -Ipoteca iscritta dopo 
la stipulalliione e prima della registrazione 
� � anteriore il privlilegio, 

621. 
:EMPOSTA DI RIOCHEZZA !MOBILE 

-Redditi da lavoro autonomo -Rinuncia 
al compenso maturato -Irrilevanza 
suHa tassabilit� del reddito, 
636. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Presunzione !per mobili, denaro e 
gioielli � Prova contraria � Inventario 
di eredit� beneficiata eseguito a 
r:ichlesta.del ,legatario -� vailido, 614. 

IMPOSTA SULLE SOCIET�� 

-Ente pubb1ico -Avanzi cli: gestione Destinazione 
vincolata da norme statutarie 
-Irniile".anza, 636. 

-Presupposto -Ente pubblico � Utili 
di g~stione -Costitllliscono reddito 
tassabile, 636. 


vm 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

IMPOSTE DIRETTE 

-Imposte dirette va'.rie -Imposta cedolare 
-Legge 29 dicembre 1962, 

n. 1745 � Imputazione degli utili a 
riserva e contestuale distribuzione 
ai soci del fondo sovrapprezzo azioni 
� :�. soggetta alla ritenuta, 610. 
IMPOST1E E TASSE IN GENERE 

-Competenza delle Commissioni 
Pronunoia delfa Commissione di valutazione. 
su questione di diritto � 
Incompetenza � Rifovabil.it� d'ufficio, 

635. 
-Contenzioso tributario � IRiiicorso per 
� Cassazione contro decisione delila 
Commissione Centrale . Termine � 
di sessanta giorni � Applioabilit� del 
termine di sei mesi � Esclusione, 613. 
-Imposte dnclirette � Privilegio speciale 
� Concorso con ipoteca �anteriormente 
iscritta -Previdenm de1la 
ipoteca, 621. 
-Interessi � Credito per soprattassa � 
Sono dovuti, 609. 
-Interessi -Soprattasse . Sono dovuti, 
615. 
-Notificazioni . Persone giuridiche Servi:
l'Ji.o postale � Firma illeggibile 
dell'avv.iso di ricevimento senza i!ndica:
llione della qualifica -Irregolarit� 
� Sanatoria, 613. 
- 
Yiolazione di leggi finanziarie e valutarie 
� Pena pecuniaria -Caratteri, 

593. 
-Vtiolazione di leggi finanziarie e valutarie 
� Pena pecuniaria -Prescrizione 
� Decorrenza � Atti interruttivi 
-Verbale ,di accertamento . Interruzione 
con effetto istantaneo, 593. 

IPOTECHE 

-Confisca di bene ipotecato -Non si 
estingue, 578. 

LEGGE 

-� Referendum � abrogativo . Intervento 
abrogativo del legislatore . 
Effetti sul procedimento referendario, 
525. 

PRESCRIZIONE E DECAD.ENZA 

-Obbligazioni soLidaH -Domanda giudh.
iama nei confronti di un coobbli


gato � Effetto interruttivo nei confronti 
dci coobbligati � Facolt� di un 
coobbligato di! giovarsi dell'interruZione, 
575. 

PREZZI 

-Controllo dei prezzi � Competenze 
di indirizzo e coordinamento . Spettano 
allo Stato, 533. 


:PROCEDIMENTO CIVILE 

-Chiamata in causa di un terzo � Li-� 
tisconsorzio processuale Condizioni, 
578. 

-Opposizione ad .ingiunzione sanzionatoria 
� Azione di accertamento negativo, 
571. 

-Sentenza emessa su opposfa.ione avv
�erso ingiunzione per sanzioni amministrative 
in materia cli polizia fo. 
restale � Sentenza pretorile � :�. Appellabile, 
571. 

-Soppressione di ente pubblico nel 
corso del giudizio di merito -Mancata 
denunzia da parte del procuratore 
� Interruzione del processo 
Non sr verifica, 564. 

- 
Sospensione � Condizioni, 578. 

RiES:PONSABILIT� CIVILE 

-Criteri di imputazione . Custodia 
Naturale condizione dannosa del bene 
� Inapplicabilit� del critenio 
Esclusione � Fattispecie, 6'12. 

-Criteri di 1imputazione -Custodia 
Pubblica amministrazione . 1Si applica, 
642. 

-Danno da cose .in custodia -Fatto 
di un terzo noto al custode � Fortuito 
� Non � tale, 642. 

-Danno da cose in custodia � Qualit� 
di custode � Requisiti, 642. 

-Danno ingiusto � Pregiudizio di situatione 
possessoria � Disponibil.it� 
� Sussiste, 642. 

- 
Padroni e Committenti � Preponente 

� :�. tale anche chi non � titolare del 
rapporto di .J.avoro, 577. 
RICORSO PER CASSAZIONE 

-Soppressione dell'Ente ricorrente � 
dopo il deposito del ricorso -Interruzione 
del giudizio � Non si applica, 
564. 



INDICE CRONOLOGICO 
DELLA GIURISPRUDENZA 


CORTE COSTITUZJ:ONALE 

17 maggio -1978, n.-68 pag. 525 
23 maggio 1978, n. 69 )) 525 
5 giugno 1978, n. 72 )) 533 

CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNllTA EUROPEE 

3 ottobre 1978, nella causa 27/78 . . . . . . . . . pag. 535 

GIURISDIZIONI CIVILI 

CORTE DI CASSAZIONE 

Sez. I, 19 agosto 1977, n. 5278 . �pag. 564 
Sez. I, 15 ottobre 1977, n. 5280 . � 571 
Sez. I, 13 gennaio 1978, n. 157 . 575

)) 

Sez. U!a., 15 febbraio 1978, n. 703 . )) 577 
Sez. Hl, 20 febbraio 1978, n. 811 . 578

)) 

))

Sez. Un., 22 febbraio 1978, n. 863 . 542 

))

Sez. I, 3 aprile 1978, n. 1502 . . 593 

))

Sez. I, 5 aprile 1978, n. 1549 . . 609 

))

Sez. I, 5 maggio 1978, n. 2115 . 610 
Sez. I, 5 maggio 1978, n. 2116 . 613

)) 

))

Sez. I, 11 maggio 1978, n. 2294 . 621 

))

Sez. I, 11 maggio 1978, n. 2297 . 635 

))

Se.:. Un., 20 maggio 1978, n. 2492 . 545 

))

Sez. I, 29 maggio 1978, n. 2689 . . 614 
Sez. I, 22 giugno 1978, n. 3082 . . )) 636 
Sez. I 28 giugno 1978, n. 3196 . . )) 636

.� 

))

Sez. Un., 22 luglio 1978, n. 3649 . 549 

))

Sez: Un., 22 luglio .1978, n. 3664 . 550 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE 

15 novembre 1977, n. 38 pag. 642 
13 dicembre 1977, n. 39 )) 649 


j:j j:j 
X 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

GI�RISDIZIONI AMMINISTRATIVE 

CONSIGLIO DI STATO 

Sez. IV, 7 febbraio 1978, n. 20 (or.d.za) 

Sez. IV, 21 mar2lo 1978, n .. 241 . 
Sez. liV, 4 apriile 1978, n. 254 . . 
Sez. v.1, 3 marzo 1978, 111. 309 . 
Sez. VI, 7 mar2lo 1978, n. �322 . 
Sez. VI, 17 marzo 1978, n. 374 . 
Sez. VI, 18 aprile 1978, n. 492 , 

11RJ.BUNIALE AMMINIS11RATIVO iRBGIONALE DEL LAZIO 

Se1::. �I, 11 gennaio 1978, n. 42 . . . . . . . . . . . . . 

TRI1BUNALE AIMMIINISTRATIVO REGIONAILE DELLA SARDEGNA 

22 febbraio 1978, n. 105 

Ii

pag. 585 
� 583 

)) 

584 
� 586 
� 586 
� -587 
� 588 


I 

pag. 589 

pag. 591 

~li 

. 

. 

.

.

Il 



PARTE SECONDA 

INDICE ANALITICO -ALFABETICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


AERONAUTICA E AE�IWMOBILI 

-Aeromobili -Immatricolazione -Societ� 
estere ~ Normativa disciplinante 
l'importa2lione di capitali esteri -
Corr�patiibilit�, 191. 

J\MMliNl'S11RAZJIONE PUBBLICA 

-Conservatoria dei regiistri immobiliari 
-Richiesta di cancellazione di 
sequestro conservativo -Rimuto -
Responsabrnt� dello Stato -Esclusione, 
191. 

-Dipendenti delile gestioni governative 
dei pubbbici ~ervizi di trasporto 
-Obbligo di denunzia dei fatti 
dannosi al procuratore generale della 
Corte dei Conti -Ambito soggettivo 
di tale obbligo, 191. 

-Dipendenti dalle gestioni governative 
dei pubblici servizi cli trasporto Obb~
igo di denum.ia di fatti dannosi 
al procul'atore generale della 
Corte dei .�onti -Sussistenza, 191. 

-D.ip"endenti delle gestioni governative 
di pubMici servizi cli trasporto 
-SottoposiziQne �a\IIa giurisdizione 
della Corte dei Conti. 

APPALTO 

-Appalto di opere pubbliche -Revisione 
prezzi contrattuaLi -Clausola 
di eso1usione de1la revisione -I us 
superveniens, 192. 

-Appalto stipulato sotto H regime 
de11'1.G.E. -Pagamento di compensi 
revisionali dopo fa data del 31 dicembre 
1972 e l'istituzione dell'l.V.A. 
-1Regime, 192. 

-Revisione prezzi -Forniture -Disciplina 
de~ r.d.l. n. 901/1940 -Vigenza, 

192. 
CAMBI E VALUTE 

-Frodi valutarie -.Repressione � Sanzioni 
penali .-Accertamento � Fun


zionari della U.l.C. -Qualit� di ufficiali 
o agenti di po1iria giucbiziaria, 
192. 

-Infrazioni valutarie -Sanzioni amministrative 
-Applicazione da parte 
del giudice penale -Natura giiiuridica 
-Trasformazione, 192. 

COMUNI:rA ECONOMICA EUROPEA 

-Comunit� Europee -Importazione Cauzione 
-Incameramento .in misura 
superiore al dovuto -Diritto alla 
restituzione -Prescrizione, 193. 

-Comunit� europee -Importazione Cauzione 
-Incameramento -Misura, 
193. 

CONTRATTI 

-Contratti della p.a. -Fornitura -Ec


-cessiva onerosit� sopraggiunta -Revisione 
prezzi -Causola di esclusione 
-Effetti -Applicabibit� della 
risolm.ione -Limiti, 193. 

-Revisione prezzi -Forniture -Disciplina 
del R.D.L. -N. 901/40 -Vrir 
genza, 193. 

CONTl&IBUTI E FINANZIAMENTI 

-Contributi per costruzioni navali 
Divergenza tra progetto ed opera 
eseguita -Addebito alla societ� costruttrice 
-Natura, 193. 

COiRTE DEI CONTI� 

-Dipendenti delle gestioni: governative 
dei pubblici: servizi dii trasporto Obbligo 
d:i denunzia dei fatti dannosi 
al procuratore generale della 
Corte dei conti -Ambito soggettivo 
di tale obbligo, 194. 

-Dipendenti: dalle gestioni governative 
dei pubblici servizi di trasporto Obbligo 
di denunzia di fatti dannosi 
al procuratore generale della Corte 
dei conti -Sussistenza, 194. 


Xli 
RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

-Dipendenti delle gestioni governative 
di pubblici 5ervizi di trasporto -
Sottoposizione alla giurisdimone della 
Corte dei conti, 18 luglio 1957, 

n. 
614, 194. 
EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

-Case economiche -Asst. -Costruzione 
diretta con fondi propri -Concessione 
in �locazione ai dipendenti Edilizia 
residenzi,aJe pubblica -Normativa 
-Appli��bilit�, 194. 

-Industriallizzaz:ione del Mezzo~rno 
-Opifici .industriali gi� strutturati 
-Possibilit� di esproprio Esclusione, 
194. 

FERROVIE 

-Concessione di ferrovia -Gestione 
governati.va �n danno -Applicabi!Jit� 
ai dipendenti deifa concessionarda 
dei benefici combattentistici di cui 
all:a legge 24 maggio 1970, n. 336 Esclusione, 
19S. 

-Dipendenti di concessionaria di ferrovia 
-Dichiarat� decaduta con passaggio 
alla gestione diretta -Appli� 
cab1lit� dei benefici previsti per gli 
ex combattenti delila legge 24 maggio 
1970, n. 336 -Limiti temporali, 

195. 
IMPIEGO PUBBLICO 

-Concessione di ferrovfa -Gestione 
governativa in danno -Applicabilit� 
ai dipendenti della concessionaria 
dei benefici combattentistici di cui 
alla legge 24 maggio .1970, n. 336 
Esc1usione, 195. 

-Dipendenti delle gestioni governative 
dei pubblici serviz:i di trasporto Obbligo 
di denunzia dei fatti dannosi 
al procuratore generale delfa 
Corte dei conti -Ambito soggettivo 

�di tale obJ;>ligo, 195. 

-Dipendenti dalle gestioni governative 
dei pubblici servh.i di trasporto Obbligo 
di denunz:ia di fatti dannosi 
al procu:ratore generale deHa 
Corte dei conti -Sussistenza, 195. 

'-Dipendenti delle gestioni governative 
di pubblici servizi di trasporto -Sottoposizione 
alla giurisdizione della 
Corte dei conti. 

-Dipendenti di concessionaria di ferrovia 
-Dichiarata decaduta con passaggio 
alla gestione diretta -Applicabilit� 
dei benefici previsti per gLi 
ex combattenti dalla legge 24 maggio 
1970, n. 336 -Limiti temporali

196. 
' 
- 
Insegnante -Interdizione temporanea 
dai pubblici uffici -Applkall~One 
provvisoria -Conseguenze sul 
trattamento economico -Sospensione 
cautelare -Analogia, 196. 

FMPOR'l1AZIONE ED ESPORTAZIONE 

-Comunit� europee -Importazione Cauzione 
-Incameramento in misura 
superiore al dovuto -Diritto aHa 
res,tituzione -Prescrizione, 196. 

-Comunit� europee -Importru.ione Cauzione 
-Incameramento -!Misura, 

196. 
IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

-Esenzioni -Agevolazioni -Nuovi investimenti 
-Locazione finanziaria 
natura e concetto, 197. 

IMPOSTA DI SUCCESSIONE 

-Eredit� accettata con beneficio di 
inventario -Liquidazione dell'imposta 
di trascrizione relativamente agli 
immobHi ceduti in successione -Moda1it� 
-Esanzione delil'.hnposta -Limiti 
di responsabilit� deJil'erede, 

197. 
FMPOSTA :SUL VALORE AGGIUNTO 

-Appalto stipulato sotto iii regime 
deH'I.G.E. -Pagamento di compensi 
revisionali dopo fa data del 31 dicembre 
1972 e l'istituzione dell'.IV.A. 
-Regime, 197. 

IMPOSTE DIRETTE 

-Esenzioni -Agevolazioni -Nuovi 
investimenti -Locazione finanmaria 
natura e concetto, 197. 

IMPOSTE E TASSE 

-Agevolazioni tributarie per i fabbricati 
di propriet� delia Santa Sede 
considerati nel trattato lateranense Estensione 
al santuario di San Francesco 
di Assisi -Esclusione, 198. 



INDICE DELLE CONSULTA~IONI 
Xlii 

IMPOSTE IPOTECARIE 

-Eredit� accettata con beneficio d'inventario 
-Liquidazione dell'imposta 
di trascrizione relativamente agli 
immobiiil ceduti in successione -Modalit� 
-Esazione dell'imposta -Limiti 
di responsabil:it� dell'erede, 198. 

IMPOSTE V ARIE 

-Crediti del comune per INVIM Crediti 
deHo Stato verso il comune 
per altri -tito1i -Possibilit� di compensazione, 
198. 

ISTRUZIONE 

-Insegnante -Interdizione temporanea 
dai pubblici uffici -Applicazione 
provvisoria -Conseguenze sul trattato 
economico -Sospensione caute1are 
-Analogia, 198. 

MEZZOGIORNO 

-Industrializzazione del Mezzogiorno 
-Opid:\ici industriali gi� strutturati 
-Possibilit� di esproprio -Esclusione, 
199. � 

NAVI E NAVIGAZIONE 

-Contributi per costruzioni navali Divergenza 
tra progetto �ed opera 
eseguita -Addebito .alla societ� costruttrice 
-Natura, 199. 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

-Contratti della p.a. -Fornitura -Eccessiva 
onerosit�. sopraggiunta -Revisione 
prezzi -Clausola di esclusione 
Effetti -Applicabilit� dclla 
risoluzione -Limiti, 199. 

OPERE PUBBLICHE 

-Appalto di opere pubbliche -Revisione 
prezzi contrattual:i -Clausola 
di esclusione de11a revisione -Jus 
superveniens, 199. 

-Appalto stipulato sotto il regime del-
1'1.G.E. -Pagamento di compensi revisionali 
dopo la data del 31 dicembre 
1972 e fistituzione dell'l.V.A. Regime, 
200. 

PENA 

-Infrazioni valutarie -Sanzioni amministrative 
-Applicazione da parte 
del giudice penale -Natura giuridica 
-Trasformazione, 200. 

POSTE E TELECOMUNICAZIONI 

-Case economiche -Asst. -Costruzione 
diretta con fondi propri -Concessione 
in locazione ai dipendenti Edilizia 
residenziaie pubblka -Normativa 
-Applicabilit�, � 200. 

PROCEDIMENTO PENALE 

-Frodi valutarie -Repressione -Sanzioni 
penali -Accertamento -Funzionaci 
dell'U.l.C. -Qualit� di ufficiali 
o agenti di polizia giudiziaria, 

200. 
-Insegnante -Interdizione temporanea 
dai pubbLici uffici -ApplicaL.ione 
provvisoria -Cons,eguertze sul 
trattamento economico -Sospensione 
cautelare -Analogia, 201. 

RESPONSABILIT� CIVILE 

-Conservatoria dei registri immobiliari 
-Richiesta di cancellazione di ' 
sequestro conservativo -Rifiuto -ResponsabiLit� 
dello Stato -Esclusione, 
.201. 

SOCIET� 

-Aeromobili -Immatricolazione -Sodet� 
estere -Normativa disciplinante 
l'importazione d1 capi.tali esteri 


Compatibilit�, 201. 

TRASCRIZIONE 

-Conservatoria dei registri immobiliari 
-Richiesta di cancellazione di 
sequestro conservativo Rifiuto -Responsabilit� 
dello Stato -Esclusione, 
201. 

TRATTATI E CONVENZIONI 

-Ag,evo1azioni tributarie per i fabbr.icati 
di propriet� della Santa Sede 
considerati nel trattato lateranense Estensione 
al santuario di San Francesco 
di Assisi -Esclusione, 202. 

TRIBUTI LOCALI 

....:.. 
Crediti del comune per INVIM -Crediti 
dello Stato verso d,l comune per 
altri titoli -Possibilit� di compensazione, 
202. 


XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
XIV RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
LEGISLAZIONE 
QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 
Ili) Que.stioni proposte pag. 179 



PARTE PRIMA 



I


I


II


I 


I ~i 
I 


I


~ 



GIURISPRUDENZA 


SEZIONE PRIMA 

GIURISPRUDENZA �cosTITUZIONALE 

I 

CORTE COSTITUZIONALE, 17 maggio 1978, n. 68 -Pres. Amadei -Rel. 
Paladini -. Pietroletti (avv. Casamassima). 

Legge -� Referendum � abrogativo -Intervento abrogativo del legislatore Effetti 
sul procedimento referendario. 
(Cost., art. 75; legge 25 maggio 1970, n. 352, art. 39). , 

Il Parlamento conserva la propria permanente potes't� legislativa, sia 
nella fase dell'iniziativa e della raccolta delle sottoscrizioni, sia nel corso 
degli accertamenti sulla legittimit� e sull'ammissibilit� delle richieste, sia 
successivamente alla stessa indizione del referendum abrogativo. Per�ltro, 
l'art. 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, contrasta con l'art. 75 Cast. 
limitatamente alla parte in cui non prevede che se l'abrogazione degli atti 

o delle singole disposizi�ni cui si riferisce il referendum venga accompagnata 
da altra disciplina della stessa materia, senza modificare n� i principi 
ispiratori della complessiva disciplina preesistente n� i contenuti 
normativi essenziali dei singoli precetti, il referendum si effe~tui sulle 
nuove disposizioni legislative. L'Ufficio centrale per il referendum � competente 
a valutare -sentiti i promotori della corrispondente richiesta se 
la nuova disciplina legislativa, sopraggiunta nel corso del procedimento, 
abbia <? meno introdotto modificazioni tali da precludere la consultazione 
popolare, gi� promossa sulla disciplina preesistente: trasferendo od 
estendendo la richiesta, nel caso di una conclusione negativa dell'indagine, 
alla legislgzione successiva. 
II 

CORTE COSTITUZIONALE, 23 maggio 1978, 1!� 69 -Pres. Amadei -R�l. 
Astuti -Pietroletti ed altri (avv. Casamassima). 

Corte costituzionale -Conflitti di attribuzione -Potere dello Stato -Gruppo 
di elettori firmatari di richiesta di � referendum � abrogativo -il: . tale Comitato 
procuratore -Ha capacit� di rappresentare il gruppo degli 
elettori firmatari. 

Se � poteri dello Stato �, legittimati a proporre conflitto di attribuzione 
ai sensi dell'art. 134 Cast., sono anzitutto e principalmente i poteri 

2 



526 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

dello Stato-apparato, cio� non esclude che possano riconoscersi a tale 
effetto come poteri dello Stato anche figure soggettive esterne rispetto 
allo Stato-apparato, quanto meno allorch� ad esse l'ordinamento conferisca 
la titolarit� e l'esercizio di funzioni pubbliche costituzionalmente 
rilevanti e garantite, concorrenti con quelle attribuite a poteri ed organi 
statuali in senso proprio. Tale � appunto il gruppo degli elettori, in 
numero non inferiore a 500.000, firmatari di una richiesta di referendum 
abrogativo. La rappresentanza del gruppo degli elettori � attribuita al 
Comitato promotore, e per esso ad almeno tre dei promotori. 

I 

(Omissis). -Per valutare la questione di legittimit� costituzionale del.
l'art. 39 delle �norme sui referendum previsti dalla Costituzione �, occorre 
stabilire in quali rapporti si trovino -ai sensi dell'art. 75 Cost. -le richieste 
di referendum abrogativo ~ gli atti legislativi che producano, prima 
dell'effettuazione dei referendum, l'abrogazione delle leggi, degli atti aventi 
forza di legge ovvero dei singoli disposti, inizialmente indicati dai promotori 
delle richieste medesime. Pi� specificamente, deve essere accertato 
se la legislazione ordinaria sia paralizzata od altrimenti limitata, nel 
corso dei procedimenti per il referendum, quanto agli oggetti delle 
richieste referendarie; e reciprocamente deve essere accertato se con tali 
richieste possano validamente interferire, e con quali conseguenze, gli 
eventuali atti di esercizio della funzione legislativa conferita alle Camere 
dall'art. 70 della Costituzione. 

Sotto il primo profilo, i promotori del referendum. per l'abrogazione 
della legge 22 maggio 1975, n. 152, hanno sostenuto -gi�' in vista del giudizio 
sul conflitto di attribuzione instaurato nei confronti dell'Ufficio 
centrale presso la Corte di cassazione -che la presentazione delle richieste 
di referendum abrogativo determinerebbe un effetto di � prevenzione
�, preclusivo di ogni intervento perturbatore del potere legislativo. 
Ma la tesi � infondata. In base all'art. 70 Cost., la funzione legislativa 
ordinaria � potenzialmente inesauribile: prestandosi a venire esercitata 
per un indefinito numero di volte, senza limiti di tempo, in tutte le materie 
di sua competenza che il legislatore ritenga opportuno disciplinare 
nuovamente. N� si pu� dire che, l'esercizio di tale funzione debba essere 
bloccato per l'intero corso del procedimento referendario, in quanto 
gli oggetti delle richieste di referendum sarebbero attratti nell'esclusiva 
disponibilit� del corpo elettorale. Al contrario, l'assunto non corrisponde 
al testo costituzionale, che non introduce in tal senso nessuna eccezione 
al prinl.pio di continuit� della funzione e de potere legislativo; n� corrisponde 
alla stessa ragion d'essere dell'istituto del referendum abrogativo. 

Da un lato, infatti, gli stessi promotori costituitisi nel presente giu


dizio riconoscono che l'art. 75 Cost. non esclude la sopravvenienza di 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

leggi di abrogazione totale degli atti o dei disposti per i quali sia stato 
richiesto il referendum: dal momento che esso ne risulta privato del suo 
oggetto, con esiti identici a quelli producibili da un voto popolare abrogativo. 
E d'altro lato non pu� nemmeno escludersi una legislazione 
abrogativa accompagnata da una nuova disciplina della materia in questione: 
sia perch� il referendum pu� be1J.e mirare (se non altro pelle 
ipotesi in cui vengano in considerazione le cosiddette l�ggi costituzionalmente 
nece~sarie') ad una mutazione della discipl�na preesistente, piuttosto 
che ad una integrale e definitiva caducazione di essa; sia soprattutto 
perch�, una volta promosse le richieste referendarie, potrebbero insorgere 
nuovi bisogni e problemi, di fronte ai quali sarebbe assurdo che 
al potere legislativo venisse impedito d'int~rvenire tempestivamente. 

.Occorre dunque concludere che le Camere conservano la propria permanente 
potest� legislativa, sia nella fase dell'iniziativa e della raccolta 
delle sottoscrizioni,� sia nel corso degli accertamenti sulla legittimit� e 
sull'ammissibilit� delle richieste, sia successivamente alla stessa indizione 
del referendum abrogativo. 

Di conseguenza, il � rispetto delle esigenze che i promotori ritengono 
lese non pone problemi di legittimit� delle leggi, di cui questa Corte possa 
darsi carico, ma resta demandato alla sensibilit� politica del Parlamento; 
tanto pi� che le indagini sui pretesi vizi delle leggi sopraggiunte ~d 
innovare la disciplina sot!oposta al voto popolare, dopo che la consultazione 
fosse stata indetta, eccedono i limiti dell'attuale giudizio, quali 
sono stati definiti dall'ordinanza di rinvio. 

Sotto il secondo profilo, s'intende per altro che gli effetti abrogativi, 
in quanto incidenti sull'oggetto del quesito referendario, non possono 
non ripercuotersi sulla corrispondente richiesta. Per definizione, infatti, 
non � dato proporre al corpo elettorale l'abrogazione di leggi formali o 
di atti equiparati o di singoli disposti legislativi, che gi� siano stati abrogati: 
poich�, se cos� fosse, il voto popolare verrebbe in partenza privato 
di-entrambi i suoi tipici effetti, abrogativo e preclusivo, alternativamente 
previsti dall'art. 37 e dall'art. 38 della legge n. 352 del 1970. Ed � qui che 
trova fondamento quell'art. 39 della legge medesima, per cui � l'Ufficio 
centrale per il referendum dichiara � -in questi casi -� che le operazioni 
relative non hanno pi� corso �. 

Fin dalle prime applicazioni della legge n. 352 gli interpreti hanno 
per� rilevato che la formulazione dell'art. 39 � cos� ampia ed indiscriminante, 
da consentire che vengano frustrati gli intendimenti dei promotori 
e dei sottoscrittori delle richieste di referendum abrogativo: prestandosi 
in tal modo ad eludere o paralizzare le stesse disposizioni dell'art. 
75 Cost. Effettivamente, con la previsione e con la garanzia costituzionale 
del potere referendario non � conciliabile il fatto che questo tipico 
mezzo di esercizio diretto deila sovranit� popolare finisca per esser 


528 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

sottoposto -contraddittoriamente -a vicende risolutive che rimangono 
affidate alla piena ed insindacabile disponibilit� del legislatore ordinario: 
cui verrebbe consentito di bloccare il referendum, adottando una 
qual~iasi disciplina sostitutiva delle disposizioni assoggettate al voto del 
corpo elettorale. 

In dottrina � stato perci� suggerito d'intendere e di applicare l'art. 39 

per conformarlo alla Costituzione -con esclusivo riferimento alle 
ipotesi di abrogazione totale ed espressa, non accompagnata da una nuova 
disciplina della materia, e quindi equivalente ad un voto popolare 
abrogativo. Ma simili interpretazioni adeguatrici (che oltre tutto rischierebbero 
di non essere nemmeno producenti allo scopo) non trovano alcun 
riscontro nel testo legislativo in esame. Prescrivendo che le operazioni 
referendarie non hanno pi� corso, -�se prima della data di svolgimento 
del referendum, la legge, o l'atto avente_ forza di legge, o le singole 
disposizioni di essi cui il referendum si riferisce, siano stati abrogati �, 
l'art. 39 non introduce distinzioni o precisazioni di alcun genere; ma � 
letteralmente riferibile -ed � stato riferito nella prassi -all'abrogazione 
totale come a quella parziale, all'abrogazione dis'sociata come a quella 
accompagnata da una nuova regolamentazione della materia, mediante 
innovazioni di sostanza o di forma, di principio o di dettaglio. 

Cos� interpretato, l'art. 39 della legge n. 352 del 1970 dev'essere allora 
considerato illegittimo, per contrasto con l'art. 75 Cost., nella parte in 
cui non predispone adeguati mezzi di tutela dei firmatari delle richieste 
di referendum abrogativo. 

La sostanza del quesito che i promotori ed i sottoscrittori di tali 
rlchieste propongono al corpo elettorale non � infatti costituita da un 
atto legislativo oppure da certi suoi singoli disposti; e l'abrogazione di 
essi non impone di co.cludere che le rispettive operazioni -debbano essere 
comunque bloccate. � vero che alle leggi, agli atti aventi forza di 
legge od alle loro singole disposizioni si riferiscono -per identificare 
i temi del referendum abrogativo -tanto l'art. 75 primo comma Cost. 
quanto l'art. 27� della legge n. 352 del 1970. Ma � manifesto, perch� in 
ci� consiste il valore politico delle decisioni demandate al popolo. che 
gli atti o i disposti legislativi indicati in ciascuna richiesta non sono 
altro che il mezzo per individuare una data normativa, sulle sorti della 
quale gli elettori vengono in effetti chiamati a pronunciarsi. Se cos� 
non fosse, la stessa riproduzione integrale dei contenuti di una legge 
preesistente, operata da una legge nuova, basterebbe a precludere l'effettuazione 
del referendum gi� promosso per l'abrogazione della prima 
di queste due fonti. Ma una conseguenza cos� paradossale concorre a 
far capire quanto poco sia fondata la premessa. 

Nella sentenza n. 16 di quest'anno, giudicando sull'ammissibilit� della 
richiesta per l'abrogazione dell'ordinamento giudiziario militare, la Cor



PARTE I, SBZ. I, !lIURISPRUDBNZA COSTITUZIONALE 

te ha viceversa precisato che �il tema del quesito sottoposto agli elettori 
non � tanto. formato... dalla serie delle singole disposizioni da abrogare, 
quanto dal comune principio che se ne ricava�; ed in questi termini 
ha coerentemente valutato se alla base delle varie richieste assog-� 
gettate al suo giudizio fosse o meno riscontrabile quella �matrice razionamente 
unitaria>>, in vista della quale dev'essere accertata l'omogep.
eit� dei corrispondenti quesiti. Con analoghi criteri va ora risolto il 
problema dei limiti in cui pu� verificarsi -legittimamente -il blocco 
delle operazioni per il referendum, a causa degli effetti abrogativi previsti 
dall'art. 39 della legge n. 352 del 1970. Se I'� intenzione del legi


' 

slatore � -obiettivatasi nelle disposizioni legislative sopraggiunte si 
dimostra fondamentalmente diversa. e peculiare, nel senso. che i relativi 
principi ispiratori sono mutati rispetto alla previa disciplina della 
materia, la nuova legislazione non � pi� ricollegabile alla precedente 
iniziativa referendaria: in quanto non si pu� presumere che i sottoscrittori, 
firmando la richiesta mirante all'abrogazione della normativa 
gi� in vigore, abbiano implicitamente inteso coinvolgere nel referendum 
quella stessa ulteriore disciplina. Se invece I'� intenzione del legislatore 
� rimane fondamentalmente identica, malgrado le innovazioni formali 
o di dettaglio che siano state apportate dalle Camere, la corrispondente 
richiesta non pu� essere blo�cata, perch� diversamente la sovranit� 
de1 popolo (attivata da quella iniziativa) verrebbe ridotta ad una 
mera al?parenza. 

In quest'ultima ipotesi, la nuova disciplina della materia realizza 
per intero i suoi normali effetti abrogativi, impedendo che il referendum 
assuma t.ttora ad oggetto le disposizioni gi� abrogate. Ma la consultazione 
popolare deve svolgersi pur sempre, a pena di violare l'art. 75 Cost. 
E, di conseguenza, l'unica soluzione possibile consiste nel riconoscere 
che il referendum si trasferisce dalla legislazione precedente alla legislazione 
cos� sopravvenuta (oppure che la richiesta referendaria si estende 
alle successive modificazioni di legge, qualora si risco_ntri che esse 
s'inseriscono nella previa regolamentazione, senza sostituirla integralmente). 


Per meglio chiarire a quali condizioni il referendum debba essere 
effettuato sulla nuova disciplina legislativa, al di fuori delle attuali prescrizioni 
dell'art. 39 della legge n. 352 del 1970, conviene per� mantenere 
distinta l'ipotesi in cui la richiesta riguardasse nella loro interezza 
una legge od un atto equiparato (od anche un organico insieme di disposizioni, 
altrim&nti individuate dal legislatore) da quella in cui fosse 
stata proposta soltanto l'abrogazione di disposizioni specifiche. Nel primo' 
caso, questa Corte ritiene che l'indagine non possa limitarsi alle 
affinit� od alle divergenze riscontrabili fra le singole previsioni della 
precedente e della nuova legislazione, ma si debba estendere ai raf



530 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

fronti fra i principi cui s'informino nel loro complesso l'una o l'altra 
disciplina; s�cch� il mutamento dei principi stessi pu� dare adito al 
blocco delle relative operazioni referendarie, quand'anche sopravvivano 
-entro il nuovo ordinamento dell'�ntera materia -contenuti normativi 
gi� presenti nell'ordinamento precedente; mentre la modificazione 
di singole previsioni legislative giustifica l'interruzione del procedimento 
nella parte concernente le previsioni medesime, solo quando si possa 
riscontrare che �i loro principi informatori non sono pi� riconducibili 
a quelli della complessiva disciplina originaria. Nel secondo caso, invece, 
decisivo � il confronto fra i contenuti normativi essenziali dei singoli 
precetti, senza che occorra aver riguardo ai principi dell'intero 
ordinamento in cui questi si ritrovino inseriti: appunto perch� i promotori 
ed i sottoscrittori delle richieste di referendum non �avevano 
di mira l'abrogazione di quell'ordinamento considerato nella sua interezza. 


Con tali criteri, comunque, non si pu� certo sostenere che gli elettori 
vengano chiamati a votare su un quesito affatto diverso da quello 
per cui erano state operate la presentazione e la sottoscrizione dell~ 
richiesta di referendum abrogativo. La � sottoposizione della nuova legge 
al voto popolare, qualora essa introduca modificazioni formali o di dettaglio, 
corrisponde alla sostanza dell'iniziativa assunta dai promotori e 
dai sottoscrittori; e rappresenta la strada costituzionalmente obbligata 
per conciliare -nell'ambito del procedimento referendario -la permanente 
potest� legislativa delle Camere con la garanzia dell'istituto del 

. ' 

referendum abrogativo. 

. In questi termini, l'Ufficio centrale per il referendum, � dunque chiamato 
a valutare -sentiti i promotori della corrispondente richiesta se 
la nuova disciplina legislativa, sopraggiunta nel torso del procedimento, 
abbia o meno introdotto modificazioni tali da precludere la consultazione 
popolare, gi� promossa sulla disciplina preesistente: trasferendo 
od estendendo la richiesta, nel caso di una conclusione negativa 
dell'indagine, alla legislazione successiva. Corrispondentemente, alla Corte 
costituzionale compete pur sempre di verificare se non sussistano 
eventuali ragioni d'inammissibilit�, quanto ai nuovi atti o disposti legislativi, 
cos� assoggettati al voto popolare abrogativo. 

All'atto di dichiarare l'illegittimit� dell'art. 39 della legge n. 352 del 
1970, nella parte in cui lascia insoddisfatta l'esigenza di non frustrare 
il ricorso al referendum, la Corte � pienamente consapevole che da questa 
deciSione potranno derivare inconvenienti e difficolt� applicative. 
Ma i poteri. dei quali essa dispone non le consentono altro che di accertare 
e sanzionare le violazioni delle norme cos.tituzionali, adottando 
le soluzioni a ci� conseguenti nei soli limiti in cui queste risultino univoche 
ed indispensabili per assieurare l'osservanza della Costituzione 



PARTE I, SEZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 

stessa. Le ulteriori modificazioni del procedimento per il referendum 
abrogativo, di cui le recenti esperienze stanno dimostrando l'opportunit� 
-come la Corte ha gi� rilev�to nella sentenza n. 16 di quest'anno competono 
invece al Parlamento (anche mediante il ricorso -qualora 
necessario -alla legislazione prevista dall'art. 138 Cost.). 

In particolar modo, al legislatore spetter� di precisare o di riconsiderare 
i ruoli e le funzioni degli organi competenti ad intervenire nel 
corso �lelle procedure referendarie. Inoltre, �attraverso una riforma della 
legge n. 352 del 1970 potranno essere altrimenti regolati i tempi delle 
reative operazioni: specialmente allo scopo di permettere l'effettuazione 
del referendum abrogativo oltre il termine finale del 15 giugno, allorch� 
le leggi o le disposizioni sottoposte al voto popolare vengano abrogate 
all'ultima ora, imponendo nuove formulazioni degli originari quesiti ed 
intralciando gli adempimenti che precedono la data di convocazione 
degli elettori. -(Omissis). 

II 

(Omissis). -Con ordinanza 3 marzo 1977, n. 17, la Corte ha ritenuto, in 
via di prima deliberazione, l'ammissibilit� del conflitto ai sensi dell'art. 37 
della legge 11 marzo 1953, n. 87; e nel corso del susseguente giudizio, con 
ordinanza 12 aprile 1977, n. 44, ha sollevato di ufficio, in riferimento 
all'art. 75 della Costituzione, la questione di legittimit� costituzionale 
dall'art. 39 della legge n. 352 del 1970, nella parte in cui prevede che 
il blocco delle operazioni referendarie si produca anche quando la 
sopravvenuta abrogazione sia accompagnata dalla emanazione di altra 
normativa che regoli la stessa materia apportando solo innovazioni formali 
o di dettaglio, senza modificare n� i contenuti normativi essenziali 
dei singoli precetti, n� i principi ispiratori della complessa disciplina 
sottoposta a referendum. 

La Corte ha deciso tale giudizio di costituzionalit� con sentenza 17 
maggio 1978, n.. 68, dichiarando la �megittimit� costituzionale dell'art. 39 
dela legge 25 maggio 1970, n. 352, �limitatamente alla parte in cui 
non prevede che se l'abrogazione degli atti o delle singole disposizioni 
cui si riferisce il referendum venga accompagnata da altra disciplina 
della stessa materia, senza modificare n� i principi ispiratori della 
complessiva disciplina preesistente n� i contenuti normativi essenziali 
dei singoli precetti, il referendum si effettui sulle nuove disposizioni legislative
�. 

Definitivamente pronunciando circa l'ammissibilit� del ricorso, questa 
Corte conferma le considerazioni gi� svolte nell'ordinanza n. 17 circa 
la sussistenza, nella fattispecie, dei requisiti di ot'dine soggettivo ed 
oggettivo contemplati dal primo comma dell'art. 37 della legge n. 87 del 
1953. 


532 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO , 

Per quanto concerne, in particolare, la legittimazione dei r;icorrenti, 
pu� osservarsi che se � poteri dello Stato �, legittimati a proporre conflitto 
di attribuzione ai sensi dell'art. 134 Cost., sono anzitutto'� e principalmente 
i poteri dello Stato-apparato, ci� non esclude che possano 

� riconoscersi a tale effetto come poteri dello Stato anche figure soggettive 
esterne rispetto allo Stato-apparato, quanto meno allorch� ad esse 
l'ordinamento conferisca la titolarit� e l'esercizio di funzioni pubbliche 
costituzionalmente rilevanti e garantite, concorrenti con quelle attribuite 
a poteri ed organi statuali in senso proprio. Tale � appunto il caso 
�del gruppo degli elettori, in numero non inferiore a 500.000, �firmatari 
d'una richiesta d� referendum abrogativo -istituzionalmente rappresentati 
dai promotori -a cui l'art. 75 Cost. riconosce la potest� di 
proporre tale richiesta, con l'effetto di rendere costituzionalmente dovuta 
la convocazione del corpo elettorale, quando ricorrano i requisiti 
previsti dagli artt. 27 e seguenti della legge n. 352 del 1970. Nel procedimento 
referendario i promotori e. i sottoscrittori, l'ufficio centrale 
presso la Corte di cassazione, il Governo, il Presidente della Repubblica 
e la Corte costituzionale concorrono all'effettuazione della consultazione 
popolare, e sarebbe incongruo escludere dalla legittimazione a sollevare 
conflitto di attribuzione , solo il gruppo dei sottoscrittori, in quanto 
estraneo alla organizzazione dello Stato-persona, quando ad esso propriamente 
compete di attivare la sovranit� popolare nell'esercizio di una potest� 
normativa diretta, anche se limitata all'abrogazione. 

A conferma di quanto ora osservato si pu� rilevare che nell'anal�go 
caso del referendum previsto dall'art. 138, secondo comma, Cost., 
nell'ambito del procedimento formativo delle leggi di revisione della 
Costituzione e delle altre leggi costi'tuzionali, per cui l'iniziativa refeferendaria 
pu� essere assunta da un quinto dei membri di una Camera, 

o da 500.000 elettori, o da cinque Consigli regionali, sarebbe assurdo 
ritenere legittimati a, proporre ricorso per conflitto di attribuzione il 
gruppo dei parlamentari o dei Consigli regionali proponenti, e non quello 
di 500.000 elettori. � 
Non pu�, del pari, dubitarsi della capacit� del comitato dei promotori, 
in numero non inferiore a dieci (cfr. artt. 7 e 40 della legge n. 352 
del 1970), a rappresentare gli elettori, in numero non inferiore a 500.000, 
firmatari della richiesta di referendum~ e della facolt� conferita dalla 
legge ad almeno tre dei promotori ad agire in nome e per conto del 
comitato promotore. Ed invero la legge st�bilisce che almeno tre dei 
promotori possano provvedere al deposito dei fogli con le firme dei 
sottoscrittori e dei relativi certificati elettorali (articolo 28); alla sanatoria 
di eventuali irregolarit� della richiesta e alla presentazione lii memorie 
intese a contestarne l'esistenza (art. 32, terzo comma); alla ricezione 
da parte dell'Ufficio centrale e di 'questa Corte, delle notificazioni 



�1 

PARTE I, SBZ. I, GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE 533 

e c�mtinicazioni dei provvedimenti relativi alla legittimit� ed ammissibilit� 
delle richieste di referendum (art. 32, terzo e quinto comma, art. 
33, secondo e quinto comma). Nel presente caso, 11 ricorso � stato proposto 
da tre componenti del comitato promotore, i quali, come si desume 
dail'ordip.anza 6 dicembre 1977, sono tra i presentatori della richiesta. 
-(Omissis). 

La gi� ricordata decisione di questa Corte, che ha dichiarato la 
parziale illegittimit� costituzionale dell'art. 39 �della egge n. 352 del 
1970, nei sensi e nei termini sopra riferiti, impone di riconoscere che 
l'Ufficio centrale presso la Corte di cassazione � ora chiamato a valutare 
se la nuova normativa contenuta nell'art. 2 della legge n. 533 del 1977 
abbia introdotto modificazioni tali da precludere la c�msultazione popolare 
sulla preesistente discipina offerta dall'art. 5 della legge n. 152 
del 1975, o se invece il referendum debba_effettuarsi sulla nuova disciplina 
legislativa. 

Di conseguenza, il ri�brso per conflittd di attribuzione deve essere 
accolto, annullando in parte qua l'ordinanza 6 dicembre 1977 dell'Ufficio 
centrale. 

p.q.m. 
dichiara che l'art. 39 della egge 25 maggio 1970, n. 352, non 
attribuisce all'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione 
il potere di . disporre la cessazione delle operazioni del ref erendum 
relative alla disposizione dell'art. 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, 
abrogata e sostituita dalla disposizione dell'art. 2 della legge 8 agosto 
1977, n. 533, senza avere previamente valutato se il referendum non debba 
effet~uarsi sulla nuova disciplina legislativa; e in conseguenza annulla 
l'ordinanza dell'Ufficio stesso in data 6 dicembre 1977, nella parte in 
cui modifica il quesito� referendario relativo alla-legge n. 152 del 1975 
eccettuandone l'art. 5. 

CORTE COSTITUZIONALE, 5 giugno 1978, n. 72 -Pres. Oggioni -Rei. 
Paladin -Presidente Consiglio dei Ministri (sost. avv. gen. Cevaro) e 
Regione Sardegna (n.p.). 

Prezzi � Controllo dei prezzi � Competenze di indirizzo e coordinamento � 
Spettano allo Stato. 

Entro il vigente ordinamento dei prezzi controllati non vt e posto 
per organismi regionali intermedi fra il Comitato interministeriale dei 
prezzi ed i corrispondenti Comitati provinciali; peraltro, anche la Re



534 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

gione Sardegna, come le regioni a statuto ordinario, potr� essere. chiamata 
a cooperare al coordinamento ed alla diciplina dei prezzi, sottostando alle 
direttive dell'apposito Comitato interministeriale. 

(Omissis). -Nel merito, le competenze di indirizzo e di co"ordinamento 
in materia di prezzi, con particolare riguardo all'azione dei relativi 
Comitati provinciali, non spettano alla Regione Sardegna. Valgono in 
tal senso, infatti, le medesime ragioni addotte dalla Corte, nella sentenza 

n. 246 del 1976, per motivare la dichiarazione d'illegittimit� costituzionale 
del decreto legislativo del Presidente della Regione siciliana 15 ottobre 
1947, n. 86 (-ratificato dalla legge regionale 6 dicembre 1948, n. 47), sulla 
istituzione del 'Comitato regionale dei prezzi. Anche nel caso in esame 
si deve cio� ribadire che entro il vigente ordinamento dei prezzi controllati 
non vi � posto per organismi regionali intermedi fra H Comitato 
interministeriale dei prezzi ed i corrispondenti Comitati provinciali; tanto 
pi� che gli scopi cos� perseguiti hanno un �preminente carattere nazionale
�, con 'riflessi che eccedono il territorio della Repubblica, specialmente 
in considerazione dell'appartenenza dell'Italia alla Comunit� economica 
europea. 
S'intende che la spettanza allo Stato delle attribuzioni in tema di 
prezzi controllati non esclude che le Regioni collaborino con lo Stato 
stesso, nelle forme previste da specifiche norme statali. Precisamente in 
tal senso l'art. 52, primo comma, lett. c) del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 
ha delegato alle Regioni ordinarie l'esercizio delle funzioni amministrative 
pertinenti �all'attivit� dei comitati provinciali per i prezzi sulla 
base delle norme di riforma del sistema dei prezzi controllati e comunque 
dal 1� gennaio 1979 �. E previsioni del genere potranno a pi� 
forte ragione venire applicate nei confronti di Regioni differenziate come 
la Sardegna: sia perch� questa � dotata di competenze che riguardano 
lo sviluppo economico dell'Isola nella generalit� dd suoi aspetti; sia anche 
perch� un �rappresentante dell'Alto Commissario per la Sardegna� 
� stato inserito nella Commissione centrale dei prezzi, per effetto dell'art. 
5, primo comma, del decreto legislativo 15 settembre 1947, n. 896, prima 
ancora che fosse costituita l'Amministrazione regionale sarda. 

Ma altro � ritenere che la Regione possa essere chiamata �a cooperare 
al coordinamento ed alla disciplina dei prezzi sottostando alle direttive 
dell'apposito Comitato i~terministeriale; alfro che la Regione 
pretenda, prevedendo la preannunciata emanazione delle norme statali 
di riforma del sistema dei prezzi controllati e prescindendo da ogni altra 
norma attributiva di tali funzioni (nonch� da una qualsiasi disciplina, 
sia pure regionale, dell'esercizio di_ esse), di indirizzare e di utilizzare 
ai propri fini l'azione di organL e di funzionari quali i Prefetti, tuttora 
inseriti -ad ogni effetto -nell'apparato amministrativo dello Stato. 


(Omissis). 



SEZIONE SECONDA 

GIURISPRUDENZA COMUNITARIA 
E INTERNAZIONALE 


CORTE DI GIUSTIZIA DELLE COMUNIT� EUROPEE, 3 ottobre 1978, 
nella causa 27/78 -Pres. Kutscher -Avv. gen. Warner -Domanda di 
pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di cassazione nella causa 
Amministrazione delle finanze c. ditta Rasham -Interv.: Commissione 
delle Comunit� europee (ag. Prozzillo) e Governo italiano 
(ag. Maresca e avv. Stato Marzano). 

Comunit� europee � Periodo transitorio -Decisione di acceleramento 26 luglio 
1966, n. 532 -Effetti sulla durata del periodo transitorio -Anticipazione 
della scadenza -Esclusione. 
(Trattato CEE, art. 8; decisione del Consiglio 26 luglio 1966, 'Il, 532). 

Comunit� europee -Politica commerciale -Periodo transitorio -Misure 
di salvaguardia -Obbligo di notifica -Inderogabilit� -Condizione di 
efficacia della misura di salvaguardia � Esclusione. 
(Trattato CEE, art. 115, secondo coI�lrna). 

La decisione del Consiglio CEE 26 luglio 1966, n. 532, relativa alla 
soppressione dei dazi doganali ed al divieto delle restrizioni quantitative 
tra gli Stati membri nonch� all'applicazione dei dazi della tariffa doganale 
comune per i prodotti non compresi nell'allegato II del trattato CEE, 
non �ha anticipato la scadenza del periodo transitorio indicata all'art. 8 
del trattato stesso (1). 

L'obbligo di notifica contemplato dall'art. 115, secondo comma, del 
trattato CEE � inderogabile, ma l'entrata in vigore dei provvedimenti di 
salvaguardia adottati non � subordinata al suo previo adempimento (2). 

(Omissis). -1. -Con ordinanza 2 dicembre 1977, pervenuta in cancelleria 
il 3 marzo 1978, la Corte Suprema ,di Cassazione ha sottoposto alla 
Corte di giustizia, a norma dell'art. 177 del Trattato CEE, tre questioni 

(1-2) A commento delle questioni esaminate nella sentenza in rassegna, con 
la quale la Corte di giustizia ha condiviso le soluzioni proposte dal Governo 
italiano, si trascrive la memoria presentata, relativamente alle tre questioni 
proposte dalla Corte di cassazione nell'interesse del Governo italiano. 

Periodo transitorio e misure di salvaguardia statali 

1. -Nelle 1cause di merito si discute dell'applicabilit�, dopo il 30 giugno 1968, 
di provvedimento del 17 giugno 1968 con il quale le autorit� italiane avevano 
escluso dal trattamento comunitario, in applicazione dell'art. 115, secondo com

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO. STATO

536 

'pregiudiziali . concementi l'interpretazione dell'art. 115 del Trattato e 
della decisione del Consiglio n. 66/532 del 26 luglio 1966, relativa alla 
soppressione dei dazi doganali ed al divieto delle restrizioni qu~ntitative 
tra gli Stati membri� nonch� all'applicazione della tariffa doganale comune 
per i prodotti non compresi nell'allegato II del Trattato (G. U. 2971-66). 

2. -Dette questioni sono state sollevate nell'.am,bito d'una controversia 
sorta fra l'Amministrazione delle finanze dello Stato italiano .ed una 
impresa che, il 9 luglio 1968, aveva importato in Italia 5.000 magnetofoni di 
provenienza belga e d'origine giapponese; 
ma, del trattato CEE, i magnetofoni di provenienza comunitaria che fossero 

risultati di origine giapponese. 

I giudici del .primo e del secondo grado del giudizio, in accoglimento della 

tesi sostenuta dalla parte privata, hanno affermato che per effetto della decisione 

del consiglio 26 luglio 1966, n. 532 (GUCE 21 settembre 1966, n. 1165, pag. 2971) il 

periodo transitorio previste dal trattato CEE sarebbe terminato il 30 giugno 1968, 

e che dopo tale data gli Stati membri non avrebbero potuto quindi adottare 

le misure consentite, �durante il periodo transitorio�, dall'art. 115, secondo com


ma, del trattato CEE. 

La Corte di c~ssazione, adita su ricorso dell'amministrazione delle finanze, 

ha investito della questione fa Cort� di g-iustizia delle Comunit� europee, trat


tandosi di valutare la portata dell'art. 115, secondo comma, del trattato CEE e 

della decisione di acceleramento 26 luglio 1966, n. 532, ed essendo quindi il rinvio 

pregiudiziale imposto dall'art. 177, terzo comma, del trattato CEE. 

2. -I precedenti di fatto della� Cl;tUSa di merito ed i termini della questione 
discussa tra le parti del giudizio sono gi� riassunti nel provvedimento di rinvio; 
e va soltanto precisato, in proposito, che un'eventuale idoneit� della' decisione 
di acceleramento ad attribuire ai singoli diritti suscettibili di tutela in sede 
giurisdizionale (indipendentemente, cio�, dai regolamenti �omunitari istitutivi 
delta tariffa doganale comune e relativi all'attuazione del mercato comune) � 
stata ipotizzata dall'Amministrazione interessata, come risulta dal ricorso pro. 
posto avverso la decisione di appello (pagg. 16-17), e contrariamente a quanto 
potrebbe desumersi dal provvedimento di rinvio (pag. 6), soltanto in via dialettica 
e per la irrilevanza della questione nella specie, e sottolineandosi anzi la 
superfluit� di ribadire � che la diretta ed imn;iediata efficacia, nei confronti dei 
singoli,� delle decisioni di cui all'art. 189, quarto comma, del trattato CEE (la 
loro eventuale idoneit�, cio�, ad attribuire ai singoli diritti suscettibili di tutela 
in sede giurisdizionale) non pu� essere affermata in via di principio, ma deve 
essere verificata caso per caso (Corte di giustizia, 16 giugno 1970,. nella causa 
69/69, Alcan, Racc., 1970, 385 e Foro it., 1970, IV, 161; 6 ottobre 1970, nell.a causa 
9/70, Grad, Racc., 1970, 825, e Foro it., 1971, IV, 1; 21 ottobre 1970 nella causa 
23/70, Haselhorst, Racc., 1970, 881, e Dir. scambi intern., 1970, 492) �. 

3. � -Con il primo quesito del provvedimento di rinvio il giudice nazionale 
ha chiesto di conoscere se la decisione del Consiglio 26 1uglio 1966, n. 532 �abbia 
determinato l'anticipazione del termine finale del periodo transitorio, in relazione 
all'art. 8 del Trattato CEE �. 
Gi� il solo esame della decisione di acceleramento, adottata ai sensi dell'art. 
235 del Trattato CEE, e senza alcun riferimento all'art. 8 del Trattato, 
consente di � escludere, peraltro, che il quesito proposto dal giudice nazionale 
possa essere risolto in senso positivo. 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 537 

3. -la dogana ingiungeva alla ditta importatrice di pagare la somma 
di L. 6�l.215, oltre alle spese, per dazi e tasse connesse non riscossi al 
momento dello sdogana:mento, precisando che, con circolare n. 292 del 
17 giugno 1968, il Ministero delle finanze aveva escluso i prodotti del tipo 
in esame dalla libera pratica, in applicazione della clausola di salvaguardia 
di cui all'art. 115, secondo comma, del Trattato; 
4. -la ditta importatrice, ritenendo che il periodo transitorio d.rante 
il quale l'art. 115 del Trattato autorizza provvedimenti di salvaguardia 
fosse terminato a decorrere dal 1� luglio 1968 in forza della decisione 
La decisione di acceleramento invero, come risulta evidente dalla sua stessa 

motivazione, si riferisce soltanto alla realizzazione dell'unione doganale ed alla 

integrale e simultanea appli'cazione della tariffa doganale comune (art. 9 e se.
guenti del trattato CEE), ma non ha avuto alcuna incidenza sulla durata del 
�periodo transitorio quale risulta stabilita dall'art. 8 del Trattato. 

L'anticipazione disposta con la decisione del 26 luglio 1966 � rimasta quindi 

limitata ai determinati obbiettivi per i quali un'anticipazione, rispetto al termine 

finale del periodo transitorio, � stata ritenuta possibile, senza' compromettere 

la possibilit� degli Stati membri di esercitare fino alla effettiva 'Scadenza del 

periodo transitorio i poteri in loro favore preVisti da altre disposizioni del Trat� 

tato e per finalit� diverse da quelle relative all'unione doganale ed all'applica


zione di una tariffa doganale comune. 

L'art. HS, secondo comma, del Trattato, in particolare, attiene al diyerso 

tema della politica commerciale comune, e quindi ad obiettivo che non era stato 

invece realizzato, in effetti, nemmeno alla data del 311 dicembre 1969 (ed il cui 

reale conseguimento, oltretutto, ed a differenza di quanto potrebbe dirsi per altri 

obiettivi comunitari, non poteva ovviamente farsi derivare dalla sola scadenza 

del termine stabilito per il periodo transitorio); e non vi � quindi alcuna ragione 

di dubitare della operativit�, anche nel periodo dal 1� luglio 1968 al 31 dicem


bre 1969, dell'art. 115, secondo comma, del Trattato CEE. 

4. -La validit� deHa indicata soluzione � confermata, del resto, dalla giurisprudenza 
della Corte di giustizia, nella quale risulta come pacifico ed indiscusso 
presupposto che il periodo transitorio � scaduto il 31 dicembre 1969 (e non il 
30 giugno 1968). 
Utili �'.rgomenti in tal senso � agevole desumere, infatti, gi� dalla sentenza 
18 febbraio 11970, resa nella causa 38/69, Commissione CEE c. Repubblica Italiana 
(R�cc., 1970, 47), e nella quale risulta precisato, oltretutto, che la decisione del 
26 luglio 1966 �subordina o prepara l'entrata in v1gore di disposizioni immediatamente 
applicabili negli Stati membri �: affermazione di principio nella quale 
appare gi� implicito, quantomeno, un giudizio sulla inidoneit� della decisione ad 
attribuil;e direttamente diritti ai singoli. 

Da tale decisione� risulta invero che l'anticipata realizzazione dell'unione

1

doganale e l'anticipata applicazione della tariffa doganale comune non aveva 
comunque impedito di far ricorso, fino alla scadenza del periodo transitorio, 
all'art. 226 del Trattato; e risultano significative, ai fini in esame, le osserva:
Zioni svolte in argomento dall'avv. gen. Gand, sia quando rileva che la decisione 
di acceleramento era stata adottata per essersi ritenuto � che lo sviluppo economico 
in seno alla Comunit� consente di giungere prima del previsto alla 
totale abolizione dei dazi doganali all'importazione fra Stati membri ed alla 
integrale applicazione della tariffa doganale comune� (e ci� non sarebbe stato 



538 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

emanata dal Consiglio il 26 luglio 1966, chiedeva in seguito il rimborso 
della �predetta' somma; 

5. -con la prima questione si domanda se la decisione del Consiglio 
del 26 luglio 1966 debba essere interpretata nel senso ch'essa ha anticipato 
in scadenza del periodo transitorio indicata all'art. 8 del Trattato; 
6. -qualora la prima questione sia risolta affermativamente, si domanda, 
in secondo luogo, se la scadenza anticipata del periodo transitorio 
implichi una corrispondente abbreviazione del termine contemplato 
dall'art. 115, secondo comma, del Trattato; 
possibile affermare per la politica commerciale comune), sia quando sottolinea 
l'accordo delle parti in causa sulla possibilit� di applicare l'art. 226 del trattato 
CEE anche dopo la scadenza del termin� stabilito nella decisione del 26 luglio 
1966 (pag. 63), sia quando specifica che tale applicazione era rimasta consentita 
�fino al 31 dicembre 1969 � (pag. 64). 

� sintomatico, inoltre, ai fini in esame, che la persistente applicabilit�, fino 
al 31 dicembre 1%9, dell'art. 226 del trattato CEE � stata affermata anche nell'ambito 
delle organizzazioni comuni dei mercati agricoli, e nonostante la previsione 
di specifiche misure di salvaguardia contemplate nei vari regolamenti 

Iistitutivi di tali organizzazioni comuni (Corte di giustizia, 11 febbraio 1971, nella t:! 
causa 37/70, Rewe-Zentral des Lebensmittel, Racc., 1971, 23); e nella trattazione t 
della causa in cui � intervenuta tale affermazione di principio, anzi, risulta 
espressamente sottolineato, sia dalla Commissione CEE sia dall'avv. gen. Du


I 
theiUet de Lamothe, che �giuridicamente, il periodo transitorio � soltanto 
quello stabilito dall'art. 8 � (pagg. 28 e 41) e che Ǐ quindi ovvio che un'eventuale 

I 

abbreviazione di questo periodo poteva essere decretata soltanto con un'espli~: 
cita disposil.ione del trattato� (pagg. 40-41). 
Alla data del 3:1 dicembre 1969, come data di scadenza del periodo transitorio, 
risulta fatto specifico riferimento, del resto, anche in altre oc�asioni, e pro


I

prio in tema di misure disposte a norma dell'art. 115 del trattato CEE (Corte 
di giustizia, 15 dicembre 1976, nella causa 41/76, Donckerwolcke, Racc., 1976, 
1921), dandosi oltretutto espressamente atto delle � lacune esistenti in materia 
di politica commerciale comune alla scadenza del periodo transitorio� (pag. 1937; 

I 

v. pure conclusioni dell'avv. gen. Capotorti, n. 6). ~ 
A parte la sottolineata distinzione, in tema di restrizioni quantitative, tra 
scambi con i Paesi terzi e relazioni intracomunitarie (Corte di giustizia, 15 dicembre 
�1971, nelle cause riunite 51-54/71, International Fruit, Racc., 1971, 1107), 
ulteriori determinanti elementi � possibile desumere, infine, dalle numerose sentenze 
nelle quali si � discusso, con riferimento alla data del lo gennaio 1970, 
degli� obblighi imposti agli Stati membri dalla scadenza del periodo transitorio 

(v. ad esempio, per utili riferimenti: Corte di giusth.ia, 17 dicembre 1970, nella 
causa 33/70, Sace, �Racc., 1970, 1213; 19 giugno 1973, nella causa 77/72, Capolongo, 
Racc., 197,3, 611; 13 dicembre 1973 nelle cause 37-38/73, Social Fonds voor de 
iDiamantarbeiders, Rac�., 1973, 1609; 18 giugno 1975, nella causa 94/74, IGAV; 
;5 febbraio 1976, nella cattsa 87/76, Bresciani; v. pure le numerose sentenze sulle 
rvarie norme del trattato CEE alle quali � stata riconosciuta una diretta ed immediata 
efficacia con la scadenza del periodo transitorio). 
La :portata e ,1e finalit� della decisione 26 Luglio 1966, n. 532 ed i principi 
desumibili dalla giurisprudenza della Corte di giustizia escludono, in definitiva, 
che la decisione di acceleramento abbia determinato l'anticipazione al 30 giugno 
1968 del termine finale del periodo transitorio previsto dall'art. 8 del trat-� 

���,r.11mv��1�1��1�11�11��1t�1z�I 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 539 

7. � la decisione del Consiglio del 26 luglio 1966, emanata in forza degli 
artt. 14 e 235 del Trattato,' intende �accelerare il ritmo d'attuazione 
degli obiettivi del Trattato, specialmente per quanto concerne l'unione 
doganale e l'abolizione delle retrizioni quantitative �; 
8. -a tale scopo essa dispone, all'art. 1: 
� Gli Stati membri aboliscono i dazi doganali ancora esistenti tra 
loro per i prodotti non compresi nell'allegato II del Trattato, applicando, 
a decorrere dal 1� luglio 1967, i dazi su ciascun prodotto nella misura del 
15% dei dazi di base e sopprimendo totalmente i dazi stessi a decorrere 
dal 1� luglio 1968 � 

tato CEE, ed impongono quindi di dare soluzione negativa al primo quesito 
proposto nel provvedimento di rinvio 

5. -Tale conclusione rende privo di oggetto, evidentemente, il �econdo 
quesito, proposto dal giudice .nazionale condizionatamente alla soluzione positiva 
della prima questione. 
6. -Con il terzo quesito il giudice nazionale ha chiesto di conoscere, infine, 
se la notificazione agli altri Stati membri ed alla Commissione prescritta 
dall'art. 115, secondo comma, del trattato CEE costituisca condizione di 
validit� o di efficacia del provvedimento impositivo delle misure adottate in 
applicazione dell'art. 115, secondo comma, del Trattato. 
Tale questione � stata proposta per aver la parte privata della causa di 
merito contestato, in sede di ricorso incidentale �condizionato�, la validit� e la 
efficacia della misura di salvaguardia in discussione, che a suo avviso non sarebbe 
stata notificata agli altri Stati membri ed alla Commissione CEE. 

Anche tale questione, peraltro, � in effetti priva di oggetto, in quanto la 
misura di salvaguardia in discussione, adottata proprio a seguito di intese 
intercorse con i competenti Servizi della Commissione CEE, � stata invece (e la 
difesa della Commissione non mancher� certo di darne atto nelle sue osservazioni) 
ritualmente notificata. 

N� sembra che la rilevanza di principio della questione possa farne ritenere 
ugualmente utile la trattazione in questa sede, considerando che il periodo 
transitorio � oramai scaduto da oltre otto anni, e che la opportunit� di 
una pronuncia in argomento da .parte della Corte di giustizia non pu� essere 
quindi ravvisata nemmeno in relazione alla eventualit� che la questione possa 
venire in rilievo in altre occasioni e con riferimento ad altre misure di salvaguardia: 
ipotesi che non potrebbe nemmeno verificarsi, oltrettutto, per quanto 
concerne le misure adottate ai sensi dell'art. 1115;� secondo comma, del trattato 
CEE dalle autorit� italiane, che hanno invero sempre provveduto alla notificazione 
prescritta dalla norma. 

7. -Soitanto per completezza di esame, quindi, va rilevato che la notificazione 
nella misura di salvaguardi~ agli altri Stati membri ed alla Commissione 
CEE non costituisce e non poteva costituire, specialmente in difetto di 
norme che tale qualificazione giustificas,sero, requisito di validit� o di effi. 
cacia del provvedimento nazionale adottato, risohrendosi invero in un semplice 
mezzo di informazione degli altri Stati membri ed in una formalit� che 
consentisse alla Commissione CEE l'esercizio dei poteri !ii controllo ad essa 
riservati; ed � evidente che una differente soluzione , sarebbe ipotizzabile soltanto 
se il preventivo controllo della Commissione avesse condizionato l'opera




RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO-.

540 

ed all'art. 2: 

�A decorrere dal 1� luglio 1968, gli Stati membri applicano la tariffa 
doganale comune all'importazione dai paesi terzi dei prodotti non com-� 
presi nell'allegato II del Trattato�; 

9. -la decisione si fonda quindi sul concetto di un'accelerazione selettiva 
di alcune, ben determinate, iniziative che dovevano nel loro complesso 
essere portate a termine entro il periodo transitorio e quindi non 
si applica se non ai provvedimenti da essa espressamente richiamati; 
10. -la prima questione va dunque risolta nel senso che la decisione 
del Consiglio del 26 luglio 1966 non ha anticipato la scadenza del periodo 
transitorio risultante dall'art. 8 de! Trattato; 
11. -la seconda questione diventa cos� priva d'oggetto. 
12. -Con la terza questione si domanda se debba essere accolta l'interpretazione 
secondo cui l'art. 115, secondo comma, del Trattato, nel 
/ 

tivit� del provvedimento nazionale o se la notificazione fosse stata necessario 
e condizionante presupposto del potere di controllo e di decisione riservato 
alla Commissione CEE (che avrebbe potuto invece disporre la modifica o la 
soppressione della misura di salvaguardia, ovviamente, anche in difetto della 

' prescritta notificazione). 

Nel sistema della norma deve quindi ritenersi, e secondo valutazione convalidata 
anche dal criterio disposto dalla Commissione CEE, con la decisione 
12 maggio 1971, n..202 (GUCE 3 giugno 1971, n. L 121), per l'applicazione del primo 
comma deHa norma, che una eventuale omessa notificazione �della misura 
adottata avrebbe assunto rilevanza soltanto nei rapporti tra gli Stati membri e 
la Commissione CEE (e avrebbe giustificato, ad esempio, anche un ricorso ai 
sensi dell'art. '169 del trattato CEE), senza essere invece oPPonibile da singoli (ai 
quali non si sarebbe potuto certo riconoscere il diritto di farsi documentare di volta 
in volta l'avvenuta notificazione). 

. Nelle conclusioni presentate per la causa 62/70, Bock (Racc., 1971, 916) 
risulta gi� espressamente rilevato, -del resto, che � le norme di procedura istituite 
dall'art. 115 del trattato disciplinano i rapporti tra la Commissione e gli 
Stati membri �, che � la norma non ha effetto diretto e non conferisce ai singoli 
diritti soggettivi �, e che � i singoli quindi non possono invocare tale norma 
in giudizio �;. ed anche tale autorevole valutazione concorre a confermare, invero, 
che la validit� e la efficacia del provvedimento nazionale non dipendevano 
dalla sua notificazione, e che una. eventuale mancanza di tale notificazione 
non avrebbe quindi autori:1.zato i singoli ad impedire .l'applicazione della misura 
di salvaguardia. 

8. -Sulla base delle sopra riassunte considerazioni, si propone quindi di 
affermare in diritto che la decisione del Consiglio CEE 26 luglio 1966, n. 532 non 
ha determinato l'anticipazione del termine finale del periodo transitorio previsto 
dall'art. 8 del trattato CEE, e inoltre, e per il caso in cui si ritenga di 
dover risolvere anche la questione proposta nel terzo quesito del giudice nazionale, 
che la �notificazione prescritta dall'art. 115, secondo comma, del trattato 
CEE non costituiva condizione di validit� o di efficacia delle �misure di salvaguardia 
adottate dalle autorit� nazionali durante il periodo transtorio. 
ARTURO l\1ARZANO 



PARTE I, SEZ. II, GIURIS. COMUNITARIA E INTERNAZIONALE 

disporre che gli Stati membri notifichino alla Commissione ed agli altri 
Stati membri le misure unilaterali di ~alvaguardia da essi adottate, impone 
il rispetto di tale obbligo come condizione di validit� o di efficacia 
dell'atto che istituisce le suddette misure. 

13, � La disposizi01w di cui trattasi implica che l'adozione unilaterale 
di provvedimenti di salvaguardia e la notifica alla Commissione ed 
agli altri Stati membri siano contemporanee oppure immediatamente 
successive l'una ali'altra; 

14. -il testo della norma non permette tuttavia di desumere che la 
entrata in vigore dei provvedimenti emanati dipenda dalla loro precedente 
notifica; � 
15. -di conseguenza, bench� l'obbligo di notifica contemplato dallo 
art. 115, secondo comma, sia inderogabile, il suo previo adempimento non 
pu� costituire una condizione 1Jer l'entrata in vigore dei provvedimenti di 
salvaguardia emanati; 
16. -la q�estion� va perci� in questo senso: (Omissis). 
\ 


SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
SEZIONE TERZA 
GIURISPRUDENZA 
SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 febbraio 1978, n. 863 -Pres. Novelli 

T. -Est. Vela -P. M. Gambogi (conci. conf.). -Ministero �li Grazia e 
Giustizia (avv. Stato Carafa) c. Carta (avv. Lubrano) e I.N.P.S. (avv.ti 
Traverso, Risoncurti). 
Competenza e giurisdizione -Difetto assoluto di giurisdizione -Nozione 


Vice-pretore onorario -Rapporto di .servizio -Controversie -Compe


tenza giurisdizionale dell'A.G.O. 

(R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 32). 
Si ha difetto assoluto di giurisdizione quando la situazione dedotta 
in giudizio si riveli, oggettivamente e con estrema evidenza, estranea al 
campo giuridico per difetto di una norma che la tuteli; in tale nozione 
non rientra la domanda proposta da un vice-pretore onorario diretta a far 
valere diritti relativi al rapporto di servizio, perch� in tale azione risulta 
l'introduzione di un complesso di questioni sulle quali deve pronunciarsi 
il giudice di merito (a.g.o.) (1). 

(Omissis). -Il Ministero, premesso che si ha difetto assoluto di giurisdizione 
allorch� la situazione dedotta da chi promuove il giudizio si 

(1) Non risultano precedenti in termini sulla specifica questione. 
� in~ressante nella sentenza soprattutto la ricerca � al di l� della necessa� 
ria approssimazione delle formule"� dei criteri in base ai quali pu� ritenersi 
verificata l'ipotesi del difetto assoluto di giurisdizione per mancanza di rilievo 
giuridico della posiI.ione dedotta in giudizio. 

Poich� il giudice della giurisdizione non pu�, ovviamente, pregiudicare il 

merito della controversia, l'unica soluzione di tale complesso problema sta nel 

porre la relativa indagine in un ambito astratto che, sostanzialmente, d� pre


minente rilievo alla � indiscutibilit� � intesa, appunto, come incontrovertibilit� 

di fatto e nor�ne. 

� peraltro difficile stabilire dove incominci tale indiscutibilit� oggettivamente 
intesa, e dove finisca, invece, la c.d. � prospettazione di parte�. Sebbene 
sul piano teorico quest'ultima sia sempre irrilevante, sul t�rreno pratico 
essa spesso � idonea ad interferire sulla decisione della stessa questione di 
giurisdizione �, 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 543 

riveli, al di l� della sua prospettazione, estranea al campo giuridico per 
mancanza di una norma che la tuteli, cosicch� non possa neppure astrattamente 
configurarsi n� come diritto soggettivo, n� come interesse, deduce 
che � alla stregua dell'ordinamento giuridico non � astrattamente 
ipotizzabile nella specie un diritto pr�vvisto di azione nella direzione e 
deila consistenza pretesi dall'istante, non potendo questi aspirare ai benefici 
di un rapporto di impiego -pubblico o privato che sia -sulla base 
dello svolgimento del suo servizio onorario, strutturalmente tanto diverso 
dall'impiego, da essere con esso incompatibile. 

Replica l'attore che invece il problema sollevato dall'Amministrazione 
non riguarda la giurisdizione, ma il fondamento, e quindi il merito, della 
sua azione. Questa, infatti, proprio perch� si basa su un rapporto di servizio 
onorario, che ha indubbiamente una propria disciplina giuridica, non 
pu� essere riferita ad una situazione di mero fatto. Inoltre, quel rapporto 
ha assunto nella realt� i connotati dell'impiego, poich� per oltre 
un. ventennio gli ha imposto di dedicarsi esclusivamente -e quindi professionalmente 
-all'attivit� giudiziaria. Infine, proprio per tale evidente 
difformit� tra apparenza e scadenza, a seguire la tesi del Ministero si incorrerebbe 
�inevitabilmente� in problemi di legittimit� costituzionale, 
posto che il prolungato affidamento della reggenza di preture a funzionari 
onorari ai quali � impedito di dedicarsi alla professione forense 
(art. 32, secondo comma, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) crea una posizione 
lavorativa cui vengono negati, sia sul piano sostanziale che su quello processuale, 
�tutti i diritti e le facolt� che alla stessa sono normalmente inerenti 
e che, anzi, costituiscono la logica e necessitata applicazione dei 
principi costituzionali sulla tutela del lavoro �. 

La Corte ritiene che delle domande -da considerare, in questa sede, 
con riferimento alla situazione esistenti all'epoca in cui furono proposte, 
anteriore all'emanazione delle leggi 18 maggio 1970, n. 217 e 4 agosto 1977, 

n. 516 -debba conoscere il giudice ordinario. 
�, in primo luogo, da escludere che nella specie possa dichiflrarsi il 
difetto assoluto di giurisdizione per improponibilit� della domanda innanzi 
a qualunque giudice. 

Tale caso, come risulta dalla giurisprudenza che ne ha delineato i 
contorni, ricorre solo se l'irrilevanza giuridica dell'interesse sostanziale 
addotto dalla parte risulti indiscutibile, � incontroversi essendo fatti e 
norme� (sent. 6 ottobre 1975 n. 3165), per cui non occorra risolvere questioni 
di interpretazione o di applicabilit�, alla detta posizione soggettiva, 
delle norme e dei principi giuridici invocati dall'attore (sentt. 23 maggio 
1975 n. 2050; 6 novembre 1975 n. 3719; 9 maggio 1973 n. 1247). Il che, al 
di l� della necessaria approsimazione delle formule, sta a significare che 


544 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

l'inutilit� del giudizio in sede di m�rito deve emergere con evidenza� 
dalla stessa proposizione della domanda pel fatto che questa: a) abbia 
ad oggetto ci� che o non � bene in senso giuridico, oppure sia del tutto 
estraneo o incompatibile rispetto al contenuto del rapporto in base al 
quale si agisce; b) alleghi un rapporto di mero fatto (come � stato ritenuto, 
di recente, con le sentenze 14 febbraio 1977 n. 664 e 7 dicembre 
1976 n. 4541, relative, rispettivamente, ad un'istanza di risarcimento di 
danni proposta da un testimone contro il presidente di un collegio 
giudicante e ad una pretesa di rettifica di un ruolo di anzianit� di pubblici 
funzionari, divenuto definitivo; infine e) ne adduca uno cui non si 
attagli la particolare tutela che si chiede (per es., difesa della libert� 
sindacale, secondo l'art. 28 I. 20 maggio 1970, n. 300, nell'ambito dell'im


piego statale: SS.UU. 27 novembre 1974 n. 3872). 

Ora, � ben vero che l'eccezione sollevata dal Minis.tero si inquadra 
nell'ipotesi indicata con la lettera e) ed infatti all'impossibilit� del cumulo 
fra le posizioni di funzionario� onorario. e di impiegato accenna 
anche la citata sentenza n. 3165 del 1975), onde ne risulta superata la 
replica del resistente, imperniata sulla �giuridicit�� del rapporto di 
servizio onorario. Tuttavia, anche vero � che le domande del dott. Carta 
muovono da radicali contestazioni -in fatto e in diritto -proprio 
della premessa di quell'eccezione, poich� si basano sul d�plice asserto 
che il rapporto, data la sua ventennale ed ininterrotta durata, non ha 
conservato l'originario carattere onorario ed inoltre non pu� venir disciplinato 
dal vigente ordinamento giudiziario, il qual!'! non sarebbe adeguato 
n� alle reali esigenze della fattispecie concreta, n� e sovrattutto, ai principi 
costituzionali. Ne risulta l'introduzione, nella lite, di un complesso 
di questioni delle quali, in questa se.de � dato solo prendere atto per 
concludere che, qualunque ne sia il grado di fondatezza, su di esse deve 
pronunciarsi il guidice del merito (come del resto queste Sezioni Unite 
hanno ritenuto anche in altri casi in cui si ponevano problemi di discriminazione 
fra servizio onorario ed impiego: sentt. 8 gennaio 1975 

n. 27; 18 dicembre 1975 n. 4159; h. 3165 del 1975, cit.) al quale spetter� 
anche di valutare se ed in qual �misura abbiano rilevanza le considerazioni 
svolte dalla Corte Costituzionale nelle sentenze n. 70 e 71 del" 1971. 
Tale giudice, poi � da individuare in quello ordinario. 

Infatti � indubbio che il dott. Carta agisce a tutela non gi� di interessi 
legittimi, ma di diritti (di credito), maturati, a suo dire, nel corso 
di un rapport� che, allo stato, si presenta formalmente come servizio 
onorario. E sui rapporti di tal genere mentre non sussiste la giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo sul pubblico impiego, quella generale 
di legittimit� del predetto giudice e quella del giudice ordinario 
vanno ripartite in funzione della natura dell'interesse sostanziale dedotto 
in giudizio (cit. sent. n. 4159 del 1975). -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 545 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 20 maggio 1978, n. 2492 -Pres. Trimarchi 
-Est. Corasaniti -P. M. Berri (concl. conf.) -Commissione di 
controllo sugli atti della Regione Puglia (avv. Stato Palatiello) c. Regione 
Puglia (n. c.). 

Competenza e giurisdizione -Atto di annullamento da parte della Commissione 
di controllo di delibera regionale � Impugnativa Clinanzi al 
Giudice amministrativo: ammissibilit� � Conflitto di attribuzione: in� 
terferenze con il ricorso giurisdizionale. 

(Cost., art. 125; I. 10 febbraio 1953, n. 62, art. 45; r.d. 26 giugno 1924, n. 10.54, art. 26). 

Il conflitto di attribuzione fra Stp.to e Regione. ed il sindacato giurisdizionale 
innanzi al giudice amministrativo sono rimedi infungibili aventi 
struttura e finalit� diverse: il primo, infatti, tende soprattutto al riasse,
tto complessivo dei rispettivi ambiti di competenza mentre, viceversa, 
il secondo mira essenz.ialmente all'annullamento del provvedimento intrinsecamente 
illegittimo in quanto difforme da regole dell'azione amministrativa 
poste anche a tutela del soggetto passivo del pubblico potere 
(1). 

(Omissis). -Le ricorrenti Commissioni di controllo e Presidenza del 
Consiglio dei Ministri sostengono che le controversie sollevate dalla Regione 
in ordine a un atto di essa Commission�, soprattutto quando la 
Regione lamenti che l'atto realizza un'indebita ingerenza nella sfera di 
attribuzioni che sono costituzionalmente garantite alle Regione medesima, 
costituiscono materia di conflitto di attribuzione devolut� alla Corte 
costituzionale, e perci� di stesso sono sottratte alla giurisdizione del giudice 
amministrativo �e di qualsiasi giudice. 

Viene ancora prospettata in tal modo la questione se l'astratta pro


ponibilit� del conflitto di attribuzione rispetto a un atto che, obbiettiva


mente considerato, appaia o possa apparire almeno per uno degli aspetti 

denunziati come invasivo /della competenza assegnata da norme della 

(1) Vanno tenute presenti in questa materia due decisioni fondamentali. 
La prima (Cass., SS.UU., 23 novembre 1974, n. 3806, in Giust. civ., 1975, I, 

784, note di MASCIA e GIAMPAOLINO) risolve il problema dei controlli sugli atti 

del'le Regioni a statuto speciale spettante alla Corte dei conti. 

La seconda ~Cass., :SS.UU., 28 maggio 1977, n. 2184, in Giust. civ., 1977, I, 1529, 

nota di MORELLI) riguarda, invece, glf atti di controllo spettanti alle apposite 

Commissioni previste dalla legge 10 febbraio 1953, n. 62, sulle Regioni a statuto 

ordinario. ' 

Nella prima ipotesi si ammette il solo rimedio del conflitto di attribuzione 

essendo la Corte dei Conti estranea all'apparato amministrativo; nella seconda 

ipotesi si ammette l'impugnativa dell'atto di controllo dinanzi al giudice am


ministrativo analogamente a quanto accade per gli atti della Regione sugli 

enti minori a carattere territoriale. 

Con l'attuale decisione le Sezioni unite pongono l'importante concetto 
di non fungibilit� del conflitto di attribuzione rispetto al ricorso giurisdizionale 
dinanzi al giudice ammJ1nistrativo espel'ito per la tutela di interessi legdttimi 



546 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Costituzione (o attuative di esse) alla Regione, sia di ostacolo all'esperimento 
della tutela giurisdizionale contro l'atto stesso davanti al giudice 
amministrativo da parte di qualsiasi interessato, o almeno da parte 
della Regione, la quale dispone del rimedio costituzion'ale in argomento. 

La questione � stata risolta da queste Sezioni Unite, con le sentenze 
nn. 2966 e 3379 del 1973, nel senso di negare l'ostacolo paventato per quanto 
concerne il sindacato giurisdizionale promosso da interessati diversi 
dall'Ente abilitato a sollevare il conflitto, ed analogamente � stata risolta 
da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 2184 del 1977 ed altre conformi 
per quanto ~oncerne il sindacato giurisdizionale promosso dalla 
Regione. 

La prima ipotesi -sindacato giurisdizionale promosso da soggetto 
non abilitato a sollevare il conflitto -non viene qui in discussione e d'altro 
canto non sembra che possano nascere dubbi sull'esattezza della soluzione 
adottata: quella opposta sarebbe in contrasto stridente con gli 
artt. 24 e 113 della Costituzione, considerato che la sperimentazione del 
conflitto rientra neJl'assoluta discrezionalit� degli Enti abilitati a sollevarlo, 
alla cui garanzia costituzionale il rimedio � preordinato, mentre 
il rimedio stesso non � diretto a vantaggio di soggetti diversi, i quali non 
sono legittimati neppure a partetipare al relativo giudizio (cfr. sentenze 
della Corte costituzionale nn. 18/57, 21/66, 110/70). 

Ma anche in relazione alla seconda ipotesi, la quale qui viene speci


ficamente in esame -.sindacato giurisdizionale promosso dalla Region� 


la soluzione prescelta da queste Sezioni Unite con le sentenze dianzi indi


cate, e cio� quella di ritenere che il sindacato non sia precluso dalla pro


ponibilit� del conflitto, va ribadita. 

ed enunciano il principio che il primo rimedio tende a ristabilire l'ambito delle 

rispettive attribuzioni mentre il secondo mira all'annullamento clell'atto lesivo. 

Peraltro dall'esattezza della premessa astratta non � affatto ag.evole delimi


tare in concreto i criteri diretti a stabilire quando si versi nell'una o nell'altra 

ipotesi. � 

:� comunque chiaro che la not� distinzione tra � negazione del potere � e 

�scorretto esercizio dell'azione amministrativa� se appare ele:rnento-base di 

discriminazione fra competenze giurisdizionali in tema di diritti soggettivi ed 

interessi legittimi, non sembra essere applicabile con la stessa intensit� e moda


lit� all'ambito del conflitto di attribuzione (cfr. la giurisprudenza della Corte 

Costituzionale che comprende ipotesi pi� ampie rispetto a quella del Consi


glio di Stato e, in particolare, Cons. Stato, V, 29 agosto 1975, n. 1101, in Cons. 

Stato, 1975, I, 1014). 

Su tale ultimo punto -che appare determinante per la verificazione delle 

ipotesi concrete -vedi, in dottrina, VANDELLI, I difficili rapporti tra conflitto di 

attribuzione e giurisdizione amministrativa (A proposito di atti di controllo 

sull'amministrazione regionale), in Giur. cast., 1977, I, 1793; e, pi� di recente, 

M. R. MORELLI, Sindacato giurisdizionale e tutela costituzional.e della Regione 
avverso provvedimenti di controllo negativo di proprie delibere, in Giust. civ., 
1978, I, 1816. 

PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 547 

� noto che conflitto di attribuzione fra Stato e Regione e sindacato 
giurisdizionale davanti al giudice amministrativo hanno struttura e finalit� 
essenzialmente diverse sicch� deve escludersi ogni fungibilit� tra i 
due rimedi. Il primo, pur muovendo necessariamente da un atto di uno 
degli enti invasivo della sfera: di competenza costituzionalmente garantita 
all'altro (la Corte Costituzionale nega di poter procedere ad una fissazione 
preventiva ed astratta �lella competenza), tende soprattutto all'assetto 
(o al riassetto) complessivo dei rispettivi ambiti di competenza: assorbe 
cio�, pur mediante l'eliminazione dei fatti di turbativa (atti invasivi), una 
funzione costante di � regolamento � delle condizioni di coesistenza e di 
libero svolgimento di due potest� pariordinate. Il sindacato giurisdizionale, 
invece, ha di mira soltanto la repressione puntuale dell'atto i1legittimo 
in ragione della sua intrinseca illegittimit�, considerata questa 
,come difformit� deU'atto da norme dall'azione amministrativa poste 
anche a tutela del soggetto passivo del pubblico potere. 

La verit� � che la diversa rilevanza dell'atto invasivo riflette la diversa 
natura dei due rimedi in relazione alla molteplice efficacia delle norme sui 
poteri pubblici. Il c.d. �regolamento� di competenza davanti alla Corte 
Costituzionale presuppone un vero e proprio conflitto, cio� un contrasto 
fra le due autorit� in posizione paritetica per la delimitazione reciproca 
della rispettiva area (costituzionalmente garantita) di potere pubblico 
erga omnes, e questo conflitto mira a comporre: in tal caso sono la rilevata 
compressione e la disposta reintegrazione dell'area di potere dell'autorit� 
che solleva il conflitto, non � l'atto invasivo in s�, ad essere oggetto 
di pronuncia. Il sindacato giurisdizionale, invece, � promosso per la tutela 
della posizione subordinata di interesse legittimo propria di chi � soggetto 
passivo dell'altrui potere, posizione alla cui protezione sul piano sostanziale 
(oltre che alla migliore cura dell'interesse pubblico) � pure tesa la 
stessa legittimit� dell'azione amministrativa, ivi compresa l'osservanza 
delle regole 'sulla competenza: sicch� l'illegittimit� dell'atto viene in tal 
caso dedotta e repressa in s�, come mancata realizzazione dell'interesse 
dell'amministrato. 

Ci� posto, in relazione all'esercizio da parte dello Stato dei controlli 
sulla Regione, certo non pu� negarsi la sperimentabilit� del conflitto anche 
al di l� della specifica ipotesi della ven4icatio potestatis (esercizio 
del controllo verso altre amministrazioni in luogo della Regione) e persino 
al di l� dell'ipotesi dello sconfinamento in senso stretto (esercizio del 
controllo ai di fuori dei casi e dei modi previsti), non potendosi escludere 
a priori che la mera scorrettezza nell'esercizio del controllo statuale 
costituisca intralcio al pieno e libero svolgimento di una potest� (normalmente 
di amministrazione attiva) della Regione. Ma, per converso, ove si 
consideri che la Regione, se da un lato � provvista di autonomia costituzionalmente 
garantita e pertanto pu� difendere le proprie attribuzioni 


548 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mediante il conflitto, dall'altro � soggetta �al controllo statuale e pertanto 
� portatrice rispetto all'eserc:izio del medesimo di un interesse, non pu� 
negarsi l'esperimento del sindacato giurisdizionale a tutela del detto interesse 
in quanto interesse legittimo. 

Negare la configurabilit� in capo alla Regione, siccome soggetta a 
controllo da parte dello Stato, di un interesse legittin:io defendibile davanti 
al giudice amministrativo -e ci� sia pure in relazione alla sperimentabilit� 
da parte della Regione stessa del rimedio del conflitto -sarebbe 
del resto suscettivo di apparire in contrasto con gli artt. 24 e 113 ed ancora 
con l'art. 3 della Costituzione. Al riguardo infatti, si dovrebbe tener 
conto: a) della irragionevolezza di una simile limitazione per la Regione 
rispetto agli altri interessati, non abilitati a sollevare il �onflitto, e pertanto 
sicuramente provvisti di tutela giurisdizionale davanti al giudice 
amministrativo, relativamente agli stessi atti di controllo; b) della irragionevolezza 
di una simile limitazione per la Regione rispetto ad altri Enti 
soggetti a controllo. 

L'esclusione della tutela giurisdizionale, inoltre, finirebbe per incidere 
negativamente, sia pure in via indiretta, sulla stessa discrezionalit� 
politica della Regione in riferimento all'elevazione del conflitto di attrib�zione 
-che della detta discrezionalit� � una delle pi� significative 
espressioni -in quanto, se il conflitto fosse da ritenere l'unico mezzo 
di difesa contro gli atti statuali di controllo illegittimi, la libera scelta 
della Regione circa l'opportunit� di sollevarlo verrebbe ad essere compromessa. 


La soluzione qui adottata non � condizionata, poi, da quella del pro


blem� dell'incidenza che l'esito di uno dei due rimedi potrebbe avere 

sull'esito delJ'altro, non potendo ;il sindacato giurisdizionale ritenersi 

precluso dall'eventualit� di proposizione del conflitto neppure se, in ipo-. 

tesi, la soluzione di questo dovesse spiegare efficacia di giudicato in sede 

di sindacato giur.isdizionale. Senza dire, in generale, che non � facile am


mettere un simile tipo di efficacia neppure fra lo Stato e la Regione (la 

sentenza di questo SS.UU. n. 3163 del 1975 si riferisce al caso, in cui l'atto 

invasivo lamentato consiste nell'esercizio di una funzione giurisdizionale 

poi contestato con regolamento di giurisdizione, e fa salva il caso dei 

giudizi concernenti gli atti amministrativi viziati da incompetenza) e, in 

particolare, che l'annullamento dell'atto in una delle due sedi sembra 

operare nell'altra come qualsiasi analoga causa -ad esempio l'annulla


mento d'ufficio -di cessazione de1la materia del contendere, mentre 

l'esclusione dell'illegittimit� dell'atto assume, nelle due sedi, una rile


vanza d�versa. 

Va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. 


(Omissis). 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 549 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1978, n. 3649 � Pres. Trimar


chi -Rel. Ruperto -P. M. Saja (conf.) -Consiglio Nazionale per l'Ener


gia Nucleare (avv. Stato Favara) c. Casale Vittoria (n.c.). 

Competenza e giurisdizione � Impiego pubblico -Controversie di contenuto 
patrimoniale -Infermit� contratta dal dipendente a causa delle 
incongrue condizioni ambientali di lavoro. Giurisdizione dell'A.G.O. 

Rientra nella giurisdizione dell'A.G.0. la cognizione della domanda di 
risarcimento dei danni proposta dall'impiegato per un fatto illecito com-� 
messo dalla p.a. in occasione dello svolgimento del rapporto di pubblico 
impiego (1). 

(Omissis): -Sostiene il ricorrente C.N.E.N.�che il Pretore difetta di 
giurisdizione nella specie e che invano la Casale ha cercato di eludere 
tale ostacolo, da una parte, affermando che il suo rapporto di lavoro 
-del Comitato fosse privatistico per mancanza di atto di nomina, e dall'altra 
sostenendo che la sua domanda attiene alla violazione del diritto 
assoluto all'integrit� personale. 

La tesi del ricorrente non � accettabile. 

Indubbiamente la Casale era legata al C.N.E.N. da un rapporto di 
pubblico impiego, del quale risultano -evidenti tutti gli el�menti sostanziali, 
compreso 11atto di nomina. A quest'ultimo riguardo basta rilevare 
che con la lettera di incarico e col comportamento successivo il Comitato 
ebbe a manifestare in modo non equivoco la effettiva volont� diretta a 
costituire in concreto il rapporto d'impiego, cio� ad utilizzare in modo 
continuo le prestazioni di lavoro della Casale, inserendo questa nell'organizzazione 
dell'ente. 

La sussistenza del rapporto di impiego pubblico, a torto negata dal


l'attrice nell'atto introduttivo� del giudizio davanti al Pretore, non basta 

tuttavia ad escludere la giurisdizione dell'autorit� giu~iziaria ordinaria a 

conoscere della domanda proposta con l'atto stesso. Al di l�, infatti, dalle 

espressioni usata dalla Casale, tale domanda risulta _in effetti volta ad 

ottenere il risarcimento del danno derivato da una malattia contratta du


rante il servizio a causa d'un asserito comportamento colposo dell'ente 

(1) Giurisprudenza costante che distingue i casi simili e quello di specie 
dalle ipotesi in cui si discuta di pretese che abbiano ad oggetto diritti patrimonia~
i disconosciuti o lesi dalla p.a. nell'ambito di �un rapporto di pubblico 
�mpiego considerato quail�e momento genetii,i;:o o causrue -divetto ed immediato 
-dei diritti stessi: per tali ultime pretese, come � noto, viene costantemente 
riconosciuta la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, peraltro 
con esdusiione del~e fattispeciie di indebito arricchimento a carattere 
sussiidiiario e res.iduale (cfr. Cass., SS.UU., 13 marzo 1976, n. 888, :i-n Giur. it., 
1977, I, l, 490) per le quali sussiste la giurisdizione dell'A.G.O. 

1B1r11r1111:111111r111r111r11&1111111:111111111111111111111111111r11111ri 



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

pubblico. E queste Sezioni Unite hanno costantemente ritenuto che rientra 
nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della domanda 
di risarcimento di danni proposta dall'impiegato per un fatto illecito commesso 
dalla P.A. in occasione dello svolgimento del rapporto di pubblico 
impiego, proprio perch� il rapporto stesso costituisce semplice occasione 
dei danni, scaturenti in modo diretto dalla condotta colposa 
della P.A., la cui responsabilit� va dunque accertata soltanto sulla base 
del principio del neminem laedere. 

In altri termini, per conoscere della domanda proposta dalla Casale, 
il giudice non ha bisogno di sindacare gli atti amministrativi del C.N.E.N., 
come si sostiene nel ricorso per regolamento della giurisdizione, ma deve 
solo limitarsi ad accertare se durante lo svolgimento del servizio, l'ente 
abbia violato il detto principio generale, alla cui osservanza � tenuta anche 
la Pubblica Amministrazione, e se in conseguenza di una tale violazione 
abbia arrecato i danni lamentati dall'attrice. Donde l'indubbia appartenenza 
della giurisdizione all'autorit� giudiziaria ordinaria per provvedere 
sulla domanda. 

A nulla poi importa, ovviamente, che la Casale si sia rivolta al Pretore 
quale giudice del lavoro, trattandosi di questione che attiene alla 
sola competenza e che pertanto non viene in considerazione in questa 
sede. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 22 luglio 1978, n. 3664 -Pres. Vinci 
Orlando -Est. Pieri -P. M. Saja (concl. conf.) -Prefetto di Messina 
(avv. Stato Zagari) c. Guarnaschelli. 

Competenza e giurisdizione -Giuoco e scommessa -Divieto penale: necessit� 
di deroga legislativa � Negata autorizzazione al privato da parte 
dell'autorit� amministrativa di P.S.: insussistenza di posizione giuridica 
soggettiva � Difetto assoluto di giurisdizione. 

(Cod.-pen., art. 718; d.P.R. 26 novembre 1972, n. 640, artt. 1, 2, 19). 

L'autorizzazione all'apertura ed esercizio di case da gioco d'azzardo 
non pu� essere concessa con atto amministrativo perch� la deroga al relativo 
divieto sanzionato con norma penale pu� essere apportata solo 
da un atto legislativo: pertanto il privato interessato non � titolare di 
alcuna posizione giuridica protetta in relazione ad un provvedimento amministrativo 
che respinga la sua istanza diretta ad ottenere l'autorizzazione 
al suddetto gioco d'azzardo (1). 

(1) Decisione indubbiamente esatta in cui � contenuta l'intera panoramica 
della legislazione relativa ai quattro �Casin� � oggi funzionanti in Italia. 
Particolarmente importante � l'esame della portata della sentenza emessa 
in data 7 dicembre 1963 delle :Sezioni Unite della Cassazione penale. 

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PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 551 

(Omissis). -1. -Nel corso della fase amministrativa il Guarnaschelli 
ha sostenuto -a conforto dell'avanzata richiesta di rilascio di licenza di 
aver diritto di esercitare legittimamente il gioco d'azzardo, a norma 
del d.P.R. 6 ottobre 1972, n. 640, che sottopone all'imposta sugli spettacoli 
anche il gioco d'azzardo praticato nelle case a ci� destinate, nonch� 
del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, che alla voce n. 61 dell'annessa tabella 
contenente le tariffe d'imposta nello specificare l'ammontare della tassa 
di concessione governativa sulle autorizzazioni all'esercizio del gioco d'azzardo, 
chiarisce che la tassa in questione si riferisce anche alle autorizzazioni 
rilasciate � con atto amministrativo �. Da ci� emergerebbe che 
l'autorizzazione governativa all'esercizio di case da gioco pu� esser rilasciata 
non solo a mezzo di provvedimento legislativo che deroghi all'articolo 
718 del cod. pen., ma anche mediante un semplice atto amministrativo. 


In riferimento a questa impostazione del problema, il Prefetto di 
Messina, nel ricorso per regolamento di giurisdizione, rileva l'improponibilit� 
della domanda rivolta al giudice amministrativo, per carenza 
assoluta di una norma di legge che �possa costituire il fondamento giuridico 
di una posizione soggettiva sostanziale sfornita di tutela giurisdizionale. 
Infatti, l'esercizio del gioco d'az2lardo � vietato in assoluto, e 
la norma che pone il divieto � penalmente sanzionata (art. 718 c.p.), nel 
nostro ordinamento non � configurabile neppure in astratto un potere 
del Questore (oltre al resto, del tutto discrezionale) di autorizzare un 
singolo od una societ� all'esercizio di una attivit� costituente addirittura 
reato; non esiste quindi alcuna possibilit� per il privato di reagire contro 
il diniego della suddetta licenza di P.S. 

� ben vero che, ad onta del disposto del codice penale, in Italia 

funzionano 4 case da gioco (S. Remo, Sant Vincent, Campione, Venezia), 

ma ci� si verifica sulla base di deroghe stabilite non con semplici per-

Con tale statuizione, come � noto, (v. Giur. pen., 1964, 226, e Foro it,. 1964, 

II, 226) era stata affermata la non punibilit�, per difetto dell'elemento psicolo


gico, dei gestori della casa da gioco di Saint Vincent. 

Come espressamente enunciato nella presente decisione, tale ultimo � Ca


sin� � presenta una posh'.ione giuridica assai simile a quella dibattuta nell'at


tuale vertenza in quanto risulta istituito con decreto emesso dal Presidente 

della Giunta Regionale avente carattere amministrativo e considerato, poi, 

per varie finalit�, da successivi numerosi provvedimenti legislativi. 

� appena il caso di osservare che nel caso di Saint Vincent il giudicato 

penale formatosi riguardava, solo, il problema di un'autorizzazione illegittima 

che, in quanto contemplata indirettamente da successive leggi, pu� ritenersi 

inidonea alla configurazione del dolo considerato dall'art. 718 c.p. 

In tal senso, dunque, tale precedente � del tutto estraneo al principio del


l'inderogabilit� del relativo divieto penale se non ad opera di un provvedimento 

legislativo anche extrapenale. 



552 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

messi di polizia, ma con provvedimenti legislativi ad hoc. Una legge pu� 
infatti esser derogata o modificata solo da �un provvedimento �avente uguale 
o superiore efficacia formale. N� vale il richiamo alle norme. del d.P.R. 
nn. 640 e 641 del 1972; le disposizioni invocate dal Guarnaschelli, infatti 
facenti parte dei decreti delegati emanati per l'attuazione della riforma 
tributaria, hanno esclusiva finalit� fiscali, n� con esse il legislatore ha 
mai avuto di mira la realizzazione di una modificazione della normativa 
penale� in tema di gioco d'azzardo. L'ipotesi particolare prevista dal n. 61 
della tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972 -prosegue poi il Prefetto 
-si riferisce chiaramente a case in cui si praticano giochi non 
vietati; ovvero (nelI'ipotesi di case per gk>co d'azzardo autorizzate per 
legge) agli atti amministrativi con cui la gestione della bisca, dal Comune, 
sia affidata in con�essione ad un privato. Se poi ,invece si dovesse 
accogliere l'opinione -rileva ancora il ricorrente -da ci� discenderebbe 
necessariamente l'incostituzionalit� delle norme in questione: esse 
sono infatti contenute in decreti delegati, e la le.gge delega non contiene 
il minimo accenno ad una modifica della normativa sul gioco d'azzardo, 
e conferisce al Governo poteri legislativi solo in funzione di' una fiforma 
di carattere tributarie, evidente sarebbe quindi la violazione dell'art. 76 
Cost. Tutt'al pi� -conclude il ricorrente -si potrebbe attribuire alle 

.norme suddette un valore ipotetico e programmatico, per il caso che 
in futuro il legislatore decidesse di render possibile !'.apertura di case per 
il gioco d'azzardo sulla base di semplici autorizzazioni amministra�ive. 
Ipotesi che per altro verso appare assai poco probabile, essendo contraria 
ad ogni principio del nostro ordinamento l'attribuzione ad una. 
autorit� amministrativa di un potere discrezionale di autorizzare singoli 
soggetti a violare impunemente la legge penale. In ogni caso, poi, manca 
nelle norme invocate ogni indicazione dei criteri oggettivi e soggettivi in 
relazione ai quali la P.S. potrebbe ipoteticamente addivenire al rilascio 
dell'autorizzazione derogativa. 

2. -A queste osservazioni, si potrebbe obbiettare, osservando il con 
tenuto del ricorso al giudice amministrativo, che il prefetto ricorrente ha 
travisato il senso ed il contenuto delle domande rivolte dalle societ� al 
giudice stesso. 
Infatti, almeno in apparenza la-domanda proposta al giudice amministrativo 
� stata tutt'altra. La societ�, infatti, ha fatto presente di esser 
gi� fornita di una autorizzazione amministrativa (rilasciata dall'assessore 
regionale competente) per l'apertura e la gestione della casa da gioco in 
Taormina, autorizzazione in forza della qua1e il Casin� ha gi� funzionato 
per circa 3 anni. La validit� od invalidit� di tale licenza, � questione di 
merito, non dedotta nel presente giudizio, e che comunque non interesserebbe 
in sede di regolamento di giuiisdizione. Ha poi rilevato che, in forza 
dell'invocata norma tributaria, il questore non ha il compito di rilasciar 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 553 

licenze per attivit� di questo genere (che infatti non gli sono state richieste, 
cos� come nessuna licenza di P.S. � stata mai chiesta ai questori dai 
gestori delle altre case da gioco esistenti in Italia), bens� solo quello di 
apporre il visto sui bordereaux, agli effetti della sola contabilit� tributaria, 

e. di approntare il servizio di vigilanza e polizia relativo al funzionamento 
della casa da gioco. Ci� posto, non avrebbe rilievo il fatto che il Guarnaschelli, 
nell'istanza al Questore, abbia fatto in erroneo accenno ad una 
� licenza �; in realt� ci� che era stato sostanzialmente richiesto era H,suddetto 
� visto � sui bordereaux; e la concessione di esso � attivit� dovuta, 
non discrezionale, ex art. 19 del d.P.R. n. 640 del 1972, condizionata unica~ 
mente all'esibizione di una duplo .del documento (il che � regolarmente 
avvenuto). In questo senso, si sarebbe chiesta al Questore una attivit� 
perfettamente rientrante..nei poteri a lui attribuiti dalla legge, e su tutto 
ci� non potrebbe influire in alcun modo l'opinione che possa aversi circa 
la validit� e regolarit� di una licenza rilasciata da un assessore regionale 
(problema che dovrebbe essc:;r risolto in tutt'altra sede). 
3. -Si pu� subito affermare che la tesi sopra prospettata non � fondata 
n� in fatto, n� in diritto. 
Premesso, invero, che queste Sezioni Unite, nel regolare la giurisdizione, 
sono anche giudici del fatto (nel senso che possono prendere in considerazione 
e valutare tutte le risultanze degli atti) si pu� innanzi tutto 
rilevare che dai f�scicoli esibiti non risulta affatto provato che la societ� 

�A. Zagara� sia effettivamente mun~ta di una qualche licenza .per l'esercizio 
del gioco d'azzardo; in proposito esiste in atti una mera affermazione 
della difesa del Guarnaschelli, che fa riferimento ad una licenza che sarebbe 
stata rilasciata da un Assessore regionale. 
Nell'istanza al Questore e nel ricorso gerarchico al Prefetto non risulta 
si f~ccia la minima menzione di tale preesistente licenza. Per contro, 
all'Autorit� di P.S. -come risulta dalle testuali espressioni che sopra si_ 
sono trascritte -� stato espressamente richiesto il rilascio di una licenza 
di pubblica sicurezza, onde la societ� fosse autorizzata a proseguire l'attivit� 
di gestione della casa da gioco (attivit� gi� iniziata, ma presto ritenuta 
abusiva, tanto � vero che il Casin� fu chiuso d'autorit�). Non � stato 
invece chiesto alcun �visto � su borderaux n� l'istituzione di una vigilanza 
di Polizia. Ci� � tanto vero, che la societ�, nell'istanza al Questore e 
nel ricorso gerarchico al Prefetto, ha ritenuto suo dovere dilungarsi ad 
illustrare i motivi in base ai quali l'esercizio da parte sua del gioco d'azzardo 
doveva ritenersi legittimo, e legittimo do.veva ritenersi il rilascio 
di una licenza di polizia ad hoc. Vano appare, quindi, di fronte a questo 
risultanze, il tentativo operato dal Guarnaschelli, dinnanzi al giudice amministrativo, 
di spostare tutto i termini della questione originariamente 
proposta. 

Ma non basta. 


554 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

Anche in diritto la summenzionata tesi appare sicuramente inattendibile. 


Esaminando, infatti, le norme invocate dal d.P.R. n. 640 del 1972, si 
pu� rilevare quanto segue: a) l'art. 1 si limita ad affermare che � soggetto 
all'imposta sugli spettacoli anche l'esercizio del gioco d'azzardo �nelle 
case a ci� destinate� (disposi:z;ione che nulla dice su come, e ad opera 
di quale autortt�, possa avvenire tale destinazione); b) l'art. 2 precisa che 
sono soggetti d'imposta, tenuti quindi al relativo pagamento, �coloro che 
esercitano case da gioco�, ed anche l'ente pubblico titolare della relativa 
autorizzazione che ~volga tale autorit� mediante delega della gestione a 
privati concessionari (ed anche questa disposizione nulla dice circa i modi 
del rilascio della autorizzazione, e sull'autorit� a ci� competente); e) resta 
l'art. 19 che testualmente stabilisce: �Gli esercenti. e gli organizzatori 
degli spettacoli e delle altre attivit� soggetti ad imposta devono� farne preventiva 
dichiarazione, sottoscritta dal contribuente o da un suo rappresentante, 
...all'ufficio accertatore, e su richiesta di esso, prestare idonea 
garanzia diretta ad assicurare il regoJare pagamento dell'imposta presumibilmente 
dovuta (secondo comma); la consegna della licenza di pubblica 
sic~rezza � subordinata alla esibizione, da parte dell'intestatario 
della licenza medesima, del duplo della dichiarazione di cui al comma precedente, 
vistato dall'ufficio accertatore �. 

Analizzando questa disposizione, si pu� subito rilevare come la �dichiarazione
� (che nella rubrica dell'art. 19 � qualificata come �dichiarazione 
di inizio di attivit��) non vada presentata al Questore o ad altra 
autorit� di P.S., ma all'ufficio accertatore dell'imposta (quindi, ad un ufficio 
tributario). Il visto sul duplo della detta dichiarazione (che il Guarnaschelli 
qualifica come bordereau) non deve affatto esser. apposto dal Questore, 
ma dal sopra menzionato ufficio tributario cui spetta l'accertamento 
dell'imposta. La dichiarazione di inizio di attivit�, debitamente vistata 
dall'ufficio tributario, va poi esibita all'autorit� di P.S. ai fini del rilascio 
della licenza di polizia (ovviamente, laddove la licenza medesima sia 
richiesta). Va tenuto presente, al riguardo, che la norma dell'art. 19 � 
generica, e non si riferisce affatto alla sola attivit� relativa al gioco d'azzardo, 
bens� in genere a tutte le attivit� comportanti il pagamento dell'imposta 
sugli spettacoli, attivit� in relazione alle quali -giusta le disposizioni 
del t.u.l.p.s. -di solito � richiesta proprio una licenza di polizia. 
Rinviamo al prosieguo l'analisi del problema se per il gioco d'azzardo sia 
richiesta una licenza, e se questa debba esser concessa con atto amministrativo 
dall'autorit� di P.S. ovvero da altre autorit�, oppure se occorra 
uno specifico provvedimento legislativo. 

Ci� che rileva in questa sede � il fatto, indiscutibile anche sotto il 
profilo giuridico, che deve escludersi che il Guarnaschelli abbia potuto 
richiedere, pur esprimendosi con terminologia inesatta, al Questore un 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

semplice atto dovuto, e cio� J'apposizione del visto sui c.d. bordereaux e 
non il rilascio di una vera e propria licenza. Al Questore il visto suddetto 
non poteva e non pu� essere chiesto, spettando tale attivit� unicamente 
al competente ufficio tributario accertatore dell'imposta. Se realmente al 
Questore fosse stata rivolta un'istanza del genere di quella indicata dal 
Guarnaschelli nel ricorso al Giudice Amministrativo, indubbiamente il 
Questore stesso avrebbe dovuto respingerla, trattandosi di una richiesta 
di un'attivit� del tutto esulante dai poteri e 'delle competenze dell'organo 
di P.S. Per altro verso, le considerazioni fin qui esposte confermano in 
modo del tutto evidente che al Questore � stato proprio richiesto il rilascio 
di una vera e propria licenza di pubblica sicurezza. 

4. -Occorre quindi passare all'esame del merito, ed esaminare se la 
portata delle norme invocate dei dd.P.R. nn. 640 e 641 del 1972 trascenda la 
materia strettamente tributaria, e contenga anche una dispos.izione decisamente 
innovativa della disciplina fin qui vigente in materia di gioco d'azzardo, 
che consenta il rilascio, mediante semplice atto amministrativo, 
dell'autorizzazione a gestire case da gioco, in deroga al divieto di cui 
all'art. 718 c.p. 
Deve rilevarsi innanzi tutto che la norma del n. 61 della tabella allegata 
al d.P.R. n. 641 del 1972 prevede il pagamento di una tassa di ben 60 
milioni per il rilascio delle autorizzazioni relative all'esercizio di case da 
gioco, emanate �tanto con legge che con atto amministrativo�, 

Orbene, � assurdo ritenere che una norma simile si riferisca all'esercizio 
di giochi non proibiti. Una tassa di cos� rilevante importo sarebbe 
semplicemente impensabile se riferita, ad es. ad una sala da biliardo 
annessa ad un bar; e del resto la tariffa prevede apposite voci specifiche 
per i giuochi normalmente consentiti (non inclusi, cio� nell'elenco dei 
giuochi proibiti di cui al t.u.l.p.s.) cfr. la voce n. 53 della stessa tabella. 

� del resto pacifico che, i giuochi leciti sono suscettibili di rilascio di 
autor\zzazioni di P.S. (cfr. artt. 194 e 195 del regolamento d'esecuzione del 
t.u.Lp.s.) mentre � assai dubbio che tale possibilit� sussista per i giuochi 
normalmente vietati. � quindi evidente che la voce n. 61 (che del resto 
parla di autorizzazione amministrativa; e non necessariamente di P.S.) si 
riferisce proprio ed esclusivamente all'esercizio del gioco d'azzardo nelle 
case a ci� destinate. 

N� pu� ritene,rsi che norme di carattere extrapenale non possono mai 
introdurre una deroga al divieto di cui all'art. 718 c.p. Il funzionamento 
delle case da gioco di S. Remo, Campione e Venezia fu autorizzato proprio 
c�n nome di 1carattere extrapenale (r.d.l. 22 dicembre 1927, n. 2448; 

I. 8 nov�mbre 1954, n. 1042; I. 18 febbraio 1963, n. 27) e. addirittura il Casin� 
di Saint V.incent ha iniziato e proseguito la sua attivit� sulla base 
di una autorizzazione amministrativa regionale, successivamente convalidata 
implicitamente da leggi extrapenali. Non va poi dimenticato che 

556 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

i:I Consiglio di Stato, nella dedsione n. 698 del 1968, ha ritenuto che il 
r.d.i. n. 2448 d�l 1927 sia viziato per incostiti.tzionalit�, sia per contrasto con 
l'art. 76 Cost. (eccesso del legislatore delegato dalla delega), sia sopratutto 
per contrasto con l'art. 3 Cost. (in q�anto porrebbe in essere una disparit� 
di trattamento non ragionevolmente giustificata dalle invocate esigenze 
di carattere finanziario). Di fronte a tutto ci�, gli argomenti del ricorrente 
Prefetto potrebbero provare troppo, nel senso che sulla base di essi 
dovrebbe ritenersi certamente illegittimo anche l'esercizio del gioco d'azzardo 
. nei 4 c�sin� oggi esistenti in Italia; i relativi provvedimenti legislativi 
di autorizzazione avevano infatti natura finanziaria, e quindi extrapenale, 
n� quindi avrebbero potuto derogare ad una norma dei codice 
penale. 
Ancora, potrebb.e invocarsi la sentenza delle Sezioni Unite penali di 
questa Corte del 7 dicembre 1963, relativa ad un procedimento ex art. 718, 

c.p. instaurato nei confronti dei gestori della casa da gioco di Saint 
Vincent. In tale sentenza si afferma che deve escludersi la sussistenza 
del reato di cui all'art. 718 c.p.c., laddove nell'ordinamento giuridico sia 
ravvisabile ad una norma che riconosca anche implicitamente la liceit� del 
gioco di azzardo, quale che sia l'ubicazione ed il contesto della suddetta 
norma. Da �i� potrebbe dedursi il principio che la fattispecie che d� luogo 
alla deroga alla norma penale, pu� in determinati casi, comporsi di due 
elementi: una norma tributaria (o comunque extrapenale) ed un atto amministrativo 
(regionale). Tale sarebbe esattamente la situazione del .Casin� 
di Saint Vincent, in relazione al quale sono stati emessi un provvedimento 
amministrativo regionale di autorizzazione, ed alcune Jeggi di natura 
extrapentali che hanno convalidato, appunto, l'autorizzazione rilasciata 
mediante atto amministrativo. A nessuno pu� infatti sfuggire la notevole 
anak>gia di tale situazione con quella dedotta in causa in relazione al contestato 
Casin� di Taormina. 
In relazione a quest'ultimo i dd.P.R. nn. 640 e ~41 del 1972 potrebbero 
aver� svolto la stessa funzione che per altri casin� hanno assunto le leggi� 
di convalida dell'autorizzazione amministrativa. 

Del resto se i decreti del 1972 sono, in caso di accoglimento di questa 
tesi, viziati per violazione degli artt. 3 e 76 Cost. -come eccepito in via 
subordinata dall'Avvocatura dello Stato -non si comprende perch� lo 
stesso vizio non dovrebbe esser rilevato anche in relazione alle altre disposizioni 
di legge sopra menzionate. 

5. -Tutte queste possibili eccezioni -concretamente sollevate dal 
Guarnaschelli nell'altro regolamento di giurisdizione nel quale si � costituito 
-sono superabili. 
Indubbiamento, come gi� s� � rilevato, non si pu� seriamente sostenere 
che la voce n. 61 della tabella pi� volte citata si riferisca alle case 
ove si praticano giochi n�n vietati. Ma l'osservazione non � affatto riso



RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

lutiva, essa ha solo il significato di rendere impossibile un taglio alla base 
della questione, e di render indispensabile la risoluzione del problema 
(che resta aperto, e semplicemente si sposta). 

Non � poi, sufficiente dimostrare che non � vero che una norma del 
codice penale non possa mai, in assoluto, esser modificata da una norma 
extrapenale. Una simile tesi sarebbe facilmente demolita, ma l'Avvocatura 
dello Stato non ne ha mai sostenuta. La difesa erariale ha invece afferm�to 
-esattamente -che nel caso concreto le norme extrapenali invocate 
non hanno avuto l'effetto di modificare o deregare le disposizioni di 
carattere penale. Il che comporta tutt'altro discorso. 

Al riguardo, � necessario ritornare all'analisi delle norme di legge invocate 
dal Guarnaschelli, riprendendo un discorso gi� accennato in precedenza. 


Gi� si .� detto degli artt. 1 e 2 del d.P.R. n. 640 del 1972: le norme in 
questione si limitano ad indicare quale sia l'attivit� colpita dall'imposta 
sugli spettacoli (includendo in essa l'esercizio del gioco d'azzardo nelle 
case e ci� destinato), e quale sia il soggetto che deve pagare l'imposta 
stessa (sempre nell'ipotesi che il gioco d'azzardo venga esercitato in case 
a ci� destinate). Ma nulla si dice su come e da chi la detta destinazione 
debba esser stabilita od autorizzata. Non � certo quindi da questi due 
articoli che si pu� enucleare;-il principio secondo cui la suddetta attivit� 
possa esser autorizzata con un provvedimento amministrativo. 

Passando all'art. 19, di cui sopra si � riportato integralmente il testo, 
gi� si � notato come si tratti di una norma generica, che non prende affatto 
in considerazione in modo..Particolare il gioco d'azzardo e le case da gioco, 
ma, genericamente, tutte le attivit� soggette all'imposta sugli spettacoli. Le 
attivit� stesse, di norma, sono condizionate al rilascio di un'autorizzazione 
di polizia; e la norma specifica che l'autorizzazione stessa non pu� esser 
rilasciata senza che sia avvenuta la previa regolarizzazione della pratica 
sul piano fiscale. Ma ci� non significa affatto che tutte le attivit� colpite 
dall'imposta debbono essere autorizzate dall'autorit� di P.S. �, infatti, 
del tutto pacifico che non � concepibile una semplice autorizzazione di 
polizia, rilasciata con atto largamente discrezionale, per consentire a sin� 
goli privati di derogare alla legge penale, � cio� di commettere impunemente 
degli atti costituenti, di norma, reati; � del pari pacifico che nessuno 
dei Casin� funzionanti in Italia � munito di una autorizzazione di P.S. E, 
lo stesso Guarnaschelli sostiene di esser munito di una autorizzazione amministrativa, 
ma rilasciata da tutt'altra autorit� (l'Assessore regionale). 

Uart. 19 deve quindi esser inteso nel senso che laddove sia richiesto 
per l'esercizio di una cfeterminata attivit�, il rilascio di una licenza di 

P.S. tale rilascio non pu� aver luogo senza il pr:evio rispetto delle disposizioni 
di carattere tributario. Non per nulla, infatti, l'art. 19 f� riferimento 

558 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

unicamente alle licenze di P.S. e non ad altre eventuali licenze che potrebbero 
esser in ipotesi concedibili da altre autorit�. 

A titolo puramente teorico, pu� ipotizzarsi il caso in cui all'eventuale 
licenza da rilasciarsi da altra autorit�, per l'esercizio del gioco d'azzardo 
in apposite case, debba aggiungersi anche una licenza di P.S. (in relazione� 
alle esigenze di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini, 
particolarmente rilevanti in luoghi ove circola gran quantit� di denaro; 
alla sicurezza ed idoneit� dei locali, anche in funzione della prevepzione 
di infortuni, incendi, crolli ecc.; alla sussistenza, dei requisiti igienici 
richiesti per un locale di pubblico 'ritrovo, e cos� via). Ci� no'u comporterebbe 
mai, peraltro, la sostituzione della semplice licenza di polizia alla 
vera e propria autorizzazione all'esercizio del gioco d.i azzardo; autorizzazione 
che, come si � detto, la P.S. non pu� concedere, essendo contrario 
ad ogni pi� elementare principio del nostro ordinamento l'attribuzione 
alla Polizia del potere di autorizzare discrezionalmente singoli cittadini a 
violare la legge penale. 

� quindi del tutto evidente che non pu� ravvisarsi in alcuna norma 
del d.P.R. n. 640 del 1972 la disposizione legislativa che modifica o deroga 
la legge penale. 

6. -Neppure si pu� sostenere che la disposizione legislativa in parola 
sia contenuta nella voce n. 61 della .tabella allegata al d.P.R. n. 641 del 1972 
(o meglio, nella nota esplicativa della suddetta voce, che precisa che l'imposta 
� dovuta sia che l'autorizzazione all'esercizio del gioco di azzardo sia 
rilasciata con legge, sia che ci� sia avvenuto �mediante atto amministrativo 
�). 
Invero, sarebbe veramente abnorme rispetto aHa prassi, che una disposizione 
avente addirittura l'efficacia di modificare il .codice penale fosse 
introdotta � di straforo �, attraverso una semplice nota esplicativa di una 
voce della tariffa relativa ad. un'imposta. E non c'� dubbio che se ci� fosse 
avvenuto -attesa la natura di decreto delegato del d.P.R. in questione si 
verterebbe nell'ipotesi di un clamoroso vizio di incostituzionalit� per 
violazione dell'art. 76 Cost., dato ch� la legge delega (I. 9 ottobre 1971, 

n. 825) non ha conferito al governo alcun potere finalizzato ad una riforma 
di tal genere. 
Ma non � necessario giungere tanto oltre. Invero il carattere della 
norma, la sua collocazione, il suo contenuto, non lasciano il minimo dubbio 
sul suo carattere meramente fiscale. 

Se dalla nota alla voce n. 61 si dovesse evincere il principio generale 
che il gioco di azzardo, in deroga al divieto penale, pu� esser autorizzato � 
mediante atti amministrativi, ci si troverebbe di fronte ad un gravissimo 
problema di identijicazione dell'autorit� competente a rilasciare la detta 
autorizzazione; di idf;ntificazione dei limiti di tale potere amministrativo 
(se cib� l'autorizzazione potrebbe esser concessa discrezionalmente, o 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

solo in circostanze particolari, e quali); di identificazione delle modalit� 
procedimentali .con cui l'autorizzazione dovrebbe esser richiesta ed eventualmente 
rilasciata, ecc. La'nota alla voce n. 61 non dice nulla su tutto ci�, 
e da questo semplice rilievo emerge facilmente la conclusione che il legislatore 
delegato non ha voluto modificare alcunch�, su questo punto, ma 
solo chiarire che, comunque e dovunque tale attivit� venga esercitata concretamente 
(in modo non clandestino) debbono essere pagate le relative 
imposte. In altri termini, il legislatore tributario non si � preoccupato di 
come e da chi possa esser autorizzato l'esercizio del gioco d'azzard�, ma 
unicamente df assi�urare il pagamento delle imposte in relazione ai cospicui 
movimenti di ricchezza che in occasione dell'esercizio del gioco d'azzardo 
sempre si verificano. 

Il fine meramente tributario � quindi assolutamente evidente anche a 
prescindere dalla collocazione della norma. In concreto, poi, di certo 
il legislatore delegato ha avuto presente, nel momento della formulazione 
della nota della voce 61, il caso del Casin� di Saint Vincent, autorizzato, 
appunto, con atto amministrativo regionale (il quale peraltro avrebbe 
trovato la sua convalidazione in una serie di disposizioni legislative successive, 
a differenza di quanto � avvenuto per Taormina). La norma della 
voce n. 61 fa quindi riferimento all'ipotesi in cui una norma di legge 
(anche extrapenale) consenta il rilascio di autorizzazioni amministrl,ltive 
in deroga al divieto dell'art. 7Jt8 c.p.; od al caso in cui un'autorizzazione 
amministrativa sia stata comunque rilasciata, e se ne attenda l'eventuale 
convalida, non .ha invece essa stessa, d� per s�, il valore di legge che autorizzi 
la concessjone di autorizzazioni all'esercizio del gioco di �zzardo con 
atti amministrativi, o che convalidi una situazione di fatto creatasi con 
l'emissione di atti amministrativi autorizzativi, ini~almente invalidi. 

. 7. -� opportuno, a questo punto, prendere in considerazione la situazione 
delle altre case da gioco funzionanti in Italia, in relazione ai testi 
di legge ch� le riguardano, ed ai precedenti giurisprudenziali in materia. 

Il Casin� di S. Remo funziona in forza di un'autorizzazione espressamente 
concessa con un provvedimento legislativo avente un'efficacia formale 
sufficiente per modificare un'altra norma di legge (quale � un articolo 
del codice penale). od apportarvi una deroga (cfr. d.I. 22 dicembre 1927, 

n. 2448, conv. in I. 27 dieembre 1928, n. 3125). Non ci si trova quindi di 
fronte ad autorizzazione concessa con atto amministrativo, e quindi la 
situazione � del tutto diversa da quella dedotta nella presente' causa. 
La validit� e legittimit� costituzionale della norma in questione non � in 
discussione in questa causa: sicuramente il d.I. del 1927 e la legge del 
1928 non sono n� direttamente n� indirettamente applicabili al probiema 
del Casin� di Taormina; talch� appare del tutto irrilevante, ai fini del 
problema da decidere, il fatto che il Consiglio di Stato abbia ritenuto che 

560 

RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

le norme in questione contrastino con gli artt. 76 e 3 della Costituzione 
(perch� poi con l'art. 76? Non si trattava certo di una legge delegata!). 
Analoga � la situazione dei Casin� di Campione e di Venezia, autorizzati 
anche essi con appositi provvedimenti legislativi (rispettivamente 

d.l. 3 marzo 1933, n. 201, conv. in I. 8 marzo 1933, n. 305 e d.l. 16 luglio 1936, 
n. 1404, conv. in I. 14 gennaio 1937, n. 62). Il problema di una autorizzazione 
concessa o concedibile mediante atto amministrativo non � mai stato posto 
in riferimento_ a queste Case da gioco; e neppure � avvenuto che una qualche 
autorit� giudiziaria abbia posto in dubbio la costituzio,nalit� delle 
leggi autorizzative, come � avvenuto per il Casin� di S. Remo (anche 
se i summenzionati dubbi non si sono mai tradotti in pronunzie della 
Corte Costituzionale). 
In ogni caso, anche questi testi legislativi sono del tutto estranei al 
thema decidendum di questa causa, ed anche una eventuale affermazione 

o denunzia della loro incostituzionalit� (che queste Sezioni Unite non 
potrebbero fare, trattandosi di questione non,..,.decisiva ai fini della pre.
sente controversia) sarebbe del tutto controproducente rispetto ai fini 
che la soc. � A. Zagara � persegue. Essa potrebbe al pi� far perdere ad 
altri l'autorizzazione, ma giammai giungere essa ad ottenerla. 

Resta da considerare il Casin� di Saint Vincent, la cui posizione � la 

pi� delicata e sotto vari aspetti la pi� vicina a quella prospettata dalla 

~<Zagara�. Il Casin� in questione fu aperto nel 1946 sulla base di un de


creto del Presidente della Giunta Regionale, avente natura di provvedi


mento amministrativo. Per tutta una serie di motivi di opportunit� poli


tica e di esigenze finanziarie inerenti alai ricostruzione postbellica, le auto


rit� dello stato tollerarono di fatto la situazione, non impugnando per con


flitto d'attribuzione il decreto regionale summenzionato, non proponendo 

in alcun altro modo azioni giudiziarie, e non intervenendo d'autorit� per 

far cessare l'attivit� della casa da gioco. La maggior parte degli introiti 

della casa da gioco veniva versata nelle casse della Regione, e la relativa 

voce � sempre stata indicata all'attivo dei bilanci .regionali. In relazione, 

poi, a particolari statuizioni della legge costitutiva della Regione Autonoma 

il bilancio di questa viene integrato con un contributo dello Stato il cui 

importo � pari a quello delle entrate dirette della Regione, ed � stato 

fissato di anno in anno, per un lungo periodo, con legge formale dello 

Stato. 

Vi sono stati cos� innumerevoli provvedimenti legislativi che hanno 
preso atto della esistenza del Casin� e dei relativi introiti, e che hanno determinato 
-anche in funzione della loro esistenza -l'entit� del contributo 
statale alla Regione. Sulla base di queste premesse, le Sezioni Unite Penali 
della Cassazione hanno ritenuto di dover assolvere i gestori di tale Casin� 
dall'imputazoine di cui all'art. 718 c.p., sia per carenza di elemento soggettivo 
del reato, sia per il fatto che era stata posta in e$sere -attraverso 


PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 561 

i summenzionati provvedimenti legislativi -una sorta di legittimazione 
implicita dell'apertura e del funzionamento di quella particolare casa da 
gioco; legittimazione intervenuta a posteriori e che � valsa a far qualifi� 
care l'attivit� dei gestori come non punibile per l'esistenza dell'esimente 
di cui all'art. 51 c.p. (esercizio di un diritto). � questa la sentenza del 
7 dicembre 1963 che il Guarnaschelli potrebbe invocare come argomento 
decisivo. 

A questo riguardo si pu� in primp luogo osservar� che la sentenza 
suddetta riguarda altro provvedimento amministrativo regionale ed altre 
disposizioni di legge, rispetto a quelli invocabili, in ipotesi, in questa 
causa; talch� il precedente non � certo rigorosamente pertinente -tanto 
pi� dopo quanto si � osservato in precedenza circa i contenuti e le finalit� 
dei dd.P.R. nn. 640 e 641 del 1972. 

A ci� � facile poi aggiungere che la sentenza delle Sezioni Uniti Penali 
ha riguardato il problema sotto un angolo visuale del tutto particolare, 
e cio� in vista della dichiarazione di assistenza od insussistenza di una 
responsabilit� penale dei gestori della casa da giuoco, angolo visuale che 
� tutt'affatto diverso da quello da cui il problema, in questa sede, viene 
esaminato. In terzo luogo, il problema in relazione all'impostazione originaria 
della societ� �A. Zagara� si sposta notevolmente: dalla sentenza 
in questione non� si ricava affatto il principio che l'autorizzazione all'apertura 
ed esercizio di case da gioco possa esser concessa con atto amministrativo; 
ma semmai che una autorizzazione di per s� illegittima (e questo 
le Sezioni Unite Penali lo hanno detto ben chiaramente!) in quanto concessa 
illegalmente con semplice atto amministrativo, pu� ritenersi sanata 
-almeno ai fini penali -a seguito dell'emissione di provvedimenti 
legislativi riguardanti specificamente il tema in discussione, e che anche 
implicitamente riconoscano la liceit� dell'apertura della casa da giuoco 
stessa. 

Il precedente, quindi, ha nella presente causa un valore assai relativo. 
Al che deve aggiungersi che l'affermazione delle Sezioni Unite Penali 
relativa alla possibilit� di una legittimazione �implicita� della casa da 
giuoco � stata vivacemente criticata dalla pressoch� unanime dottrina 
penalistica; e che altre sentenze rese, anche dalla Cassazione, -in sede 
civile, hanno accolto la tesi esattamente opposta (cfr. ad es. Cass. Sez. I 
civ., 14 ottobre 1958, n. 2255; Trib. Torino, 26 maggio 1967, in Giust. Civ., 
1967, 1, 2082, con motivazione particolarmente ampia ed esauriente). 

Infine, altri provvedimenti legislativi che potrebbero esser invocati 
dal resistente (l. 3 novembre 1954, n. 1054, I. 18 febbraio 1963, n. 67) sono 
del tutto irrilevanti ai fini che qui interessano; in essi fu fissato in relazione 
all'istituzione ed alla successiva abolizione del � Fondo per il soccorso 
invernale �, uno speciale sovraprezzo sui biglietti e sulle tessere di 
ingresso alle case da giuoco con evidente riferimento a quelle regolarmente 

lrlll/lll@llllflllt(l{llllllilllrlllllllllilllllftllrlllllllll�l&flllll 



562 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

funzionanti, e con esclusione di qualsiasi accenno alla possibilit� di ottenere 
l'autorizzazione all'esercizio del gioco d'azzardo con un semplice 
atto amministrativo. 

8. -Restano da considerare alcuni ulteriori argomenti prospettati dal 
Guarn~schelli nell'altro omologo regolarmente di giurisdizione, che sembrano 
riallacciarsi alla sopra menzionata sentenza delle Sezioni Unite 
Penali. La societ� � A. Zagara � -ha affermato nella suddetta sede iI resistente 
-nel periodo in cui il Casin� ha funzionato, si � vista intima~e il 
pagamento (ed ha effettivanient~ pagato) tasse di licenza ed imposte sugli 
introiti del Casin� per pi� di un miliardo. 
Tali somme sono state utilizzate dallo Stato, ed iscritte nei bilanci 
degli anni relativi. La Polizia ha concesso ed organizzato il servizio di vigilanza 
sul Casin�, e poich� non � pensabile che il fisco abbia introitato 
tasse ed imposte in relazione ad un'attivit� illecita, e che la Polizia abbia 
addirittura protetto e tutelato la commissione continuata di reati, devesi 
ritenere che anche in questo caso sia intervenuta quella legittimazione 
implicita del funzionamento del Casin� che gi� � stata ritenuta-in relazione 
al caso di Saint Vincent. 

Questi argomenti possono destare una superficiale impressione; ma 
anche . essi non sono fondati. 

, Gi� si � accennato al fatto che la tesi della sentenza penale del 19(>3 
sulla legittimazionf' � implicita � delle case da gioco � molto discussa e 
discutibile, ed in particolar� non � condivisa da queste Sezioni civili. Il 
fatto, poi che alla societ� sia stato intimato il pagamento di tasse ed 
imposto in relazione al funzionamento della Casa da gioco, si inquadra 
perfettamente nello spirito e negli intenti delle norme tributarie che si 
sono in precedenza esaminate: una volta intervenuta in forza di un'autorizzazione 
(legittima o no) .J'apertura di una casa da giuoco, e l'esercizio 
di un'attivit� notevolmente lucrosa, il legislatore ha avuto di mira che 
tale manifestazione di ricchezza e tale attivit� lucrosa non restassero 
immuni da pesi fiscali, sarebbe stato certamente iniquo, infatti, che il 
Casin� di Taormina, oltre a funzionare in violazione della legge, fosse 
anche esentato da ogni carico fiscale proprio per effetto �ell'illegittimit� 
del suo funzionamento. La� specifica iscrizione dei relativi introiti nel 
bilancio statale, � rimasta allo stato di mera affermazione di parte: non 
.risulta infatti,. nelle leggi di approvazione dei bilanci, l'iscrizione di alcuna 
posta attiva particolare relativa al Casin� di Taormina; talch� non pu� 
parlarsi neppure sotto questo profilo �di un riconoscimento implicito paragonabile 
a quello che si assume avvenuto per Saint Vincent. Che poi 
la Polizia abbia istituito e mantenuto, nel Casin� un servizio di sicurezza, 
ben si spiega con normali esigenze di ordine pubblico, particolarmente. 
rilevanti in relazione ad un locale ove circolavano masse ingenti di denaro 
liquido, e nel quale era partiicolarmente prevedibile l'effettuazione 



PARTE I, SEZ. III, GIURIS. SU QUESTIONI DI GIURISDIZIONE 

(od il tentativo) di rapine o consimili reati contro il patrimonio, ovvero 
il verificarsi di disordini ad opera di giuocatori perdenti. Ci� che trova, 
del resto, un indiretto riscontro nella norma del testo unico legge pubblica 
sicurezza (art. 11) che sancisce che le autorizzazioni di polizia son~ 
concesse �esclusivamente ai fini di polizia�, e non possono esser invocate 
per escludere o diminuire responsabilit� civm o penali in cui i concessionari 
incorrano nell'esercizio concreto della loro attivit�. 

9. -In definitiva, appare chiaro come alle domande giudiziali spiegate 
dal Guardasigilli dinnanzi al Consiglio. di Giustizia Amministrativa per 
la Regione Siciliana, non faccia riscontro l'es~stenza di alcuna posizione 
soggettiva (di diritto soggettivo o di interesse legittimo) tutelabile in via 
giudiziale. Al Questore si � richiesto il compimento di un atto che lo 
stesso Questore non poteva in alcun caso porre in essere, sia� perch� non 
rientrante nei suoi poteri o nelle sue competenze, sia perch� addirittura 
vietato da norme penali imperative. Il ricorso deve quindi essere accolto, 
e per l'effetto deve dichiararsi la carenza assoluta di giurisdizione in 
ordine alle domande giudizialmente proposte in nome e per conto della 
societ� � A. Zagara�. -(Omissis). 

SEZIONE QUARTA 

GIURISPRUDENZA CIVILE 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 19 agosto 1977, n. 5278. Pres. Mirabelli Est. 
Caturani -P. M. Serio (diff.) -Ministero LL.PP. -Comitato per la 
liquidazione l.N.CJ.S. (avv. Stato Mataloni) c. Penna (avv. Pergola). 

Ricorso per Cassazione -Soppressione dell'ente ricorrente dopo il deposito 
del ricorso -Interruzione del giudizio -Non .si applica. 

Procedimento civile -Soppressione di ente pubblico nel corso del giudizio 
di merito -Mancata denunzia da parte del Procuratore -Interruzione 
del processo Non si verifica. 

Edilizia popolare ed economica -Riscatto alloggi -Contratto preliminare 
di vendita -Non sussiste. 

La soppressione di un ente pubblico intervenuta dopo il deposito del 
ricorso per cassazione non determina la interruzione del giudizio (1). 

La soppressione di un ente pubblico, se non viene denunziata dal 
procuratore costituito, nel giudizio di merito non importa interruzione 
del giudizio (2). 

Non � configurabile un contratto preliminare di vendita nel procedimento 
dettato dalla legge per la regolamentazione del riscatto di alloggi 
popolari da parte degli assegnatari (3). 

(Omissis). -Nell'ordine logico � preliminare l'esame della questione 
proposta dalla amministrazione ricorrente, in sede di memoria, secondo 
cui, in seguito alla soppressione dell'l.N.C.l.S. (art. 13 d.P.R. 30 dicembre 
1972, n. 1036) ed all'avvenuta devoluzione all'Istituto Autonomo delle 

~1-3) I principi contenuti neile due prime massime hanno come punto di 
partenza l'assunto, non esplicitato e neppure dimostrato, secondo il quale l'intervento 
del l�gislatore che opera la soppressione di un ente pubblico, trasferendo
� i rapporti relativi ad altro ente o ad uno speciale ufficio dello Stato, sia 
del tutto equiparabile, ai fini dell'applicazione della disciplina contenuta negli 

artt. 299 segg. cod. proc. civ., ad un caso di �morte, perdita della capacit� di 
stare in giudizio � della parte o del suo rappresentante o la cessazione di tale 
rappresentanza. 

Ora sembra per lo meno discutibile che, quando una legge dello Stato 
dichiara la soppressione di un autonomo centro di imputazione, occorra, 
affinch� detta legge trovi applicazione in un giudizio in corso, che la norma 

venga invocata da1l procuratore. Se � vero il principio iura novit curia, sembra 
doversi ritenere che anche in difetto di un richiamo della norma da parte 
del procuratore, la norma stessa debba essere applicata dal giudice e tale principio 
sembra� dovere trovare applicazione anche nel giudizio di Cassazione. 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 565 

Case Popolari di Avellino del patrimonio immobiliare dell'ente {art. 1 lett. b, 
della legge 19 gennaio 1974, n. 9), l'I.A.C.P. avrebbe acquistato una esclusiva 
legittimazione sostanziale e processuale in ordine a quanto forma 
oggetto del giudizio, giacch� ai sensi dell'art. 14, secondo comma, del 
citato d.P.R., dal momento della devoluzione gli Istituti Autonomi per le 
Case Popolari subentrano nella titolarit� di tutte le situazioni attive e 
passive e nei rapporti processuali inerenti agli immobili di cui hanno 
acquistato la propriet�. 

L'eccezione non � fondata. 

� noto che nel giudizio di cassazione dominato, dopo il deposito 
del ricorso, dall'impulso d'ufficio, non trova applicazione l'istituto dell'interruzione 
del processo per il verificarsi di alcuno degli eventi previsti 
dagii artt. 299 ss. c.p.c. (Cass., 30 gennaio 1968, n. 297; 28 aprile 1962, n. 831; 
9 giugno 1956, n. 2018). 

Consegue che, anche a voler ritenere che l'evento sopra menzionato 
potesse incidere sul processo nel senso di determinazione la interruzione, 
se fatto valere in sede di merito, esso non pu� essere dedotto in questa 
sede, onde pu� prescindersi dall'esame della relativa questione. 

Iniziando l'esame dei motivi di ricorso, dando la precedenza al quinto, 
con esso l'Amministrazione lamenta violazione dell'art. 301 c.p.c. in 
relazione all'art. 1 della legge 19 gennaio 1974, n. 9, ed all'art. 1 del r.d. 
30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modifiche (art. 360 n. 4 c.p.c.). 

Se � vero, infatti, che anche in tale giudizio il jus superveniens va applicato, 
malgrado l'impulso d'ufficio da cui � retto (v. fra tante Cons. 29 novembre 
1977, n. 5189), non si vede perch� la S:C. non debba dichiarare l'interruzione 
del giudizio quando una norma disponga che il soggetto nei cui confronti 
si svolge non esiste pi�. 

In sostanza non sembra che la soppressione di ui:I ente da parte del legislatore 
sia equiparabile ad uno dei casi previsti dall'art. 299, e seguenti cod. 
proc. civ. e che, 'per la sua specialit�, vada disciplinato in modo del tutto 
autonomo. 

Esatto �, invece, il principio affermato nella terza massima. Con particolare 
acutezza la sentenza ha puntuali:1.zato che. la scelta da parte della p.a. 
che lo strumento negoziale non � rimessa ad una � valutazione libera, ma � 
soggetta a particolari limiti. 

Il ricorso all'autonomia privata da parte della p.a. � consentito soltanto quan


do esso non si ponga in contrasto con la procedura che la legge prevede per la 

tutela e fa realizzazione dell'interesse pubblico. Sul problema, oltre al fonda


mentale stud!io di A. AMORTH, Osservazioni sui limiti dell'attivit� amminitrativa 
di diritto privato, in Archivio dir. pubbl., 1938, 455, v. R. ALESSI, Principi di diritto 
amministrativo, Milano, 1%6, voi. I, ;p. 239 �segg.; G. PERICU, Note in tema 
di attivit� di diritto privato della pubblica amministrazione, in Annali della 
facolt� di giurisprudenza dell'Universit� di Genova, 1966, 168 e segg. e spec. 180 ss. 
Per ulteriori richiami, v. A. Rossi, Questioni in tema di partecipazione di un 
comune ad una societ� per azioni, in Giur. comm., 1978, II, 220 e seg. � 



566 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Sostiene la ricorrente che .l'impugnata sentenza � nulla perch� la 
Corte del merito nella udienza collegiale del 27 marzo 1974 anzich� trattenere 
la causa in decisiione avrebbe dovuto dichiarare interrotto il processo, 
in seguito alla successione dell'Amministrazione dei LL.PP. nel 
rapporto relativo al patrimonio immobiliare della soppressa I.N.C.I.S. In 
seguito a tale evento, infatti, il patrocinio legale si sarebbe automaticamente 
trasferito all'avvocatura dello Stato ed il difensore, gi� nominato 
dall'I.N.C.I.S., non avrebbe potuto continuare a rappresentare e difendere 
l'ente in giudizio. 

La censura � infondata. 

Prescindendo, anche su que�sto punto, dall'esame della questione che 
riflette la efficacia che il subentro dell'Amministrazione dei LL.PP. alla 
soppressa I.N.C.I.S. abbia potuto spiegare sul processo in corso (vale a 
dire se esso potesse o meno produrre la interruzione del processo), � assorbente 
di ogni altra considerazione il rilievo che trattasi nel caso in 
esame di un evento che ha direttamente interessato la. parte costituita 
in giudizio e non gi� il suo pro.curatore. Ora la legge prevede separatamente 
e . disciplina in modo diverso gli effetti processuali degli eventi 
previsti come causa di interruzione del processo a secondo che essa riguardi 
la parte costituita (art. 300 c.p.c.) o il suo procuratore (art. 301 

.c.p.c.), in quanto la interruzione nel primo caso si verifica dal momento 

in cui il proc~ratore ne faccia dichiarazione onotificazione alle al


tre parti. 

Ai fini della interruzione del processo, gli eventi� che colpiscono la 

pa,rte sono dunque privi di rilevanza se non denunziati nelle forme pre


viste (Cass., 26 ottobre 1962, n. 3067). 

Essendo, pertanto, estranea alla fattispecie la. ipotesi di morte, ra


diazione o sospensione del procuratore, il problema proposto va con


siderato dal punto di vista della (eventuale) perdita della , capacit� 

di stare in giudizio da parte dell'I.N.C.I.S. in seguito all'evento di. cui 

sopra, ma essendo pacifico tra le parti che non vi fu in sede di merit<? 

la denunzia di tale evento, da parte del procuratore costituito dell'ente, 

rettamente la Corte del merito non ne tenne conto, ai fini della prosecu


zione del �processo. 

Il quinto motivo del ricorso deve essere, pertanto, respinto. 

Col primo e secondo motivo del ricorso che, per la loro connessione, 

possono essere trattati congiuntamente, l'Amministrazione deduce: a) che 

la Corte di Appello, dopo di aver affermato che per effetto della domanda 

di cessione in propriet� dell'alloggio e della comunicazione ed accetta


zione del prezzo, si era costituito tra l'assegnatario e l'I.N.C.I.S. un� con


tratto preliminare di vendita, ha erroneamente ritenuto proponibile nei 

confronti dell'Istituto l'esecuzione in forma specifica di tale contratto, 


PARTE I, SEZ. U/, GIURISPRUDENZA CIVILE 567 

ai sensi dell'art. 2932 e.e. Infatti tale affermazione � in contrasto con la 

giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo cui il giudice ordinario 

non pu� condannare la p.a. alla esecuzione specifica dell'obbligo di con


cludere un contratto preliminare, ai sensi dell'art. 2932 e.e.; b) la Corte 

del merito avrebbe erroneamente ritenuto che la domanda dell'assegna


tario volta all'esercizio del diritto alla cessione in propri�t� dell'alloggio 

e la comunicazione del prezzo dell'alloggio costituiscono dichiarazioni 

di volont� idonee al perfezionamento di un contratto preliminare. Si 

tratta invece di un procedimento amministrativo inteso a realizzare il 

fine della cessi�ne della propriet� dell'alloggio, integralmente disciplinato 

dalla legge e che si concreta con la stipulazione del contratto. 

Le censure sono, per quanto di. ragione, fondate. 

L'impugnata sentenza, premesso che in seguito alla conclusione del


l'iter procedimentale dianzi delineato, l'ente aveva comunicato all'inte


ressato il valore venale dell'alloggio, ai sensi dell'art. 7 della legge 7 aprile 

1962. n. 231, invitando, altres� il Penna a voler confer~are la domanda di 

riscatto alle esposte condizioni e che d'altra parte quest'ultimo aveva fatto 

esplicita accettazione per il riscatto e quindi per la cessione dell'alloggio 

in suo favore, .ha ravvisato nella comunicazione dell'ente .una offerta 

dell'alloggio in propriet� e nella risposta affermativa dell'assegnatario. 

una accettazione della proposta, per cui ha ritenuto, sulla base di un 

avvenuto inconfro sinallagmatico delle volont� perfezionatosi nella fatti~ 

specie, un contratto preliminare di vendita, 

Giova premettere -prima di esaminare la conformit� a legge della 
conclusione accennata -che nel caso in esame, inesattamente si prospetta 
� dall'amministrazione (con la prima censura sub a) il difetto di giurisdi


zione dell'A.G.O., giacch� costituisce ormai giurisprudenza costante di 

�questo Supremo Collegio (da ultimo sent., 8 febbraio 1977, n. 530) che 

l'inibizione a pronunciare la condanna della p.a. ad 'un face re specifico 

rappresenta un limite soltanto interno alla giurisdizione dell'autorit� giu


diziaria ordinaria. 

Il che, nella specie, � tanto pi� evidente ove si rifletta che nel caso 

concreto le parti .concordano -e del resto costituisce un aspetto della 

controversia che corrisponde alla disciplina giuridica del rapporto -sul 

punto �he, una volta definito il procediment0 di determinazione del prezzo 

dell'alloggio e questo comui.1icato all'assegnatario, si costituisce in favore 

di quest'ultimo un diritto soggettivo perfetto alla stipula del contratto 

di trasferimento nel termine di sessanta giorni da quella comunic~zione 

(art. 7 della legge 27 aprile 1962, n. 231). Si profila in tal modo non gi� 

una questione di giurisdizione (attenendo la controversia alla dedotta 

lesione di un non contrastato diritto soggettivo); ma soltanto di semplici 

limiti entro i quali va contenuta la pronuncia del giudizio ordinario. 

llllfK~llllllllll&fllll&IMlll/llll�ttrEfJllllll�lll1Bllt 



568 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Ci� premesso, il collegio non ritiene che quella parte della impugnata 
sentenza la quale ha ravvisato nel caso in esame la fattispecie di un 
contratto preliminare, sia conforme al diritto. 

Non ha considerato la Corte del merito che il contratto preliminare, 
quale manifestazione dell'autonomia privata, mal si concilia con il tipo di 
procedimento previsto dalla legge in tema di riscatto di alloggi economici 

-e popolari, il quale � caratterizzato da una serie di atti provenienti sia 
dalla amminstrazione interessata che da altre autorit� amministrative, 
che introducono nella procedura gli elementi di carattere tecnico ritenuti 
necessari per pervenire ad un giusto contemperamento degli interessi 

in gioco. 

Se si ammette che la p.a. per la realizzazione degli interessi pubblici 
affidati alla sua cura, possa in date evenienze utilizzare sia lo strumento 
pubblicistico (facendo :ricorso ad esempio al potere espropriativo), che 
quello privatistico (attraverso un contratto di compravendita sostitutivo 
del procedimento di espropriazione), in quanto in date fattispecie l'interesse 
che si intende perseguire non subisce alcun sacrificio, ed anzi pu� 
ottenere pi� confacente tutela ove la p.a. scenda col privato su di un 
piede di parit� giuridica, � altres� indiscusso che non sempre una tale 
alternativa pu� dirsi competere all'autorit� amministrativa. 

Il problema dell'autonomia privata della p.a. -che parte della dottrina 
recentemente risolve in una questione di legittimazione al negozio deve 
essere affrontato in un'ottica la quale tenga conto che vi sono 
interessi i quali possono essere realizzati dalla p.a. solo adottando il tipo 
di procedimentO all'uopo previsto dalla legge, poich� soltanto in tal modo 
si realizza il fine della norma che aftribuisce all'autorit� amministrativa 
il relativo potere. Se un privato pu� provvedere con atti negoziali alla 
destinazione dei suoi beni a qualsiasi finalit� riconosciuta dalla legge di 
tutela, gli atti di destinazione a fini di pubblico interesse del patrimonio 
indisponibile non possono di norma realizzarsi che utilizzando la fattispecie 
del provvedimento. 

In questa prospettiva non si comprende quale potrebbe essere la 
funzione di un preliminare di vendita, quando, ove ricorrano i presupposti 
legali del procedimento e l'obbligo di contrarre � imposto direttamente 
dalla legge all'autorit� amministrativa (art. 7 della legge 1962 n. 231). Un 
preliminare di vendita in una fattispecie del genere dhe si esamina non 
avrebbe altro significato che di contrarre il trasferimento degli alloggi, 
al di fuori del procedimento all'uopo previsto perch� una tale obbligazione 
si costituisca. Ma un tale contratto, per il suo cont~nuto, sarebbe colpito 
da nullit� perch� contra legem (art. 1418 e.e.). 

Nella specie, risulta dalla sentenza impugnata che l'amministrazione 
ha seguito -nell'esaminare la domanda di riscatto dell'alloggio proposta 
dal P�nna -l'iter procedimentale all'uopo previsto dalla legge e soltanto, 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

in sede di stipula dell'atto di trasferimento dell'alloggio in favore del 
riscattante, ha opposto un reciso quanto immotivato rifiuto. 

In queste condizioni, esclusa la fattispecie del contratto preliminare, 
la pronuncia del giudice ordinario andava contenuta nei limiti in cui essa 
era compatibile con i tipi di sentenza che l'autorit� giudiziaria pu� pronunciare 
nei confronti dell'autorit� amministrativa (art. 4 dell11 legge 
abolitiva del contenzioso amministrativo). 

E poich� il Penna aveva chiesto nella domanda introduttiva -come 
risulta dalla impugnata sentenza -in primo luogo l'accertamento giurisdizionale 
del diritto alla cessione in propriet� dell'alloggio, nonch� il risarcimento 
dei danni la domanda andava accolta in questi limiti, non potendo 
il giudice ordinario pronunciare una sentenza costitutiva che tenesse 
luogo del contratto non concluso, per il motivo assorbente che nel 
caso in esame difettava la stessa fattispecie del preliminare. ll che esime, 
nella specie, il collegio dal prendere posizione circa l'applicabilit� dello 
art. 2932 e.e., ai contratti preliminari �conclusi dagli enti pubblici. 

Il primo ed il secondo motivo di ricorso debbono pertanto essere 
accolti per quanto di ragione. 

Col terzo motivo del ricorso -che seguendo l'ordine logico va esaminato 
a questo punto -la ricorrente deduce violazioI,J.e e falsa applicazione 
degli artt. 2932, 1325 r.l., 1326 ss. e.e. e dei principi generali in materia 
di formazione dei contratti, degli artt. 6 e 7 del r.d. 17 gennaio 1959, 

n. 2, � successive modifiche, dell'art. 295 c.p.c., in relazione all'art. 360 
n. 3 e 4 c.p.c., e sostiene che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto 
azionabile da parte del privato il diritto alla cessione nonostante la pendenza 
davanti alla Commissione per la determinazione del valore degli 
alloggi, della domanda intesa ad ottenere la revisione del valore gi� determinato. 
La decisione sulla ammissibilit� e fondatezza di tale domanda 
spettava in via esclusiva alla detta commissione, onde il giudice ordinario 
avrebbe dovuto sospendere il giudizio. 
La censura � infondata. 

Ai sensi degli artt. 6 e 7 del d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, modificati 
dagli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge 24 aprile 1962, n. 231, la procedura per la 
determinazione del valore venale dell'alloggio, alla cui cessione in . propriet� 
hanno diritto coloro che ne sono assegnatari, � affidata in prima 
istanza ad una commissione provinciale, con sede presso l'ufficio del genio 
civile, ed in seconda, istanza ad una commissione regionale istituita 
presso i provveditorati alle opere pubbliche. 

Dopo tali pronunzie, l'Istituto, cui sia pervenuta la richiesta da parte 
degli inquilini, comunica al riscattante, a mezzo raccomandata con avviso 
di ricevimento, il valore venale determinato dalla Commissione di secondo 
grado. 


570 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO s:rATO 

Trattasi, pertanto, come bene h~ osservato nel punto l'impugnata 
sentenza, di un potere tipicamente amministrativo, il cui esercizio si esaurisce 
con l'emanazione del relativo atto decisionale, il quale, ove non sia 
impugnato innanzi al giudice amministrativo nelle forme previste, costituisce 
atto definitivo ed irretrattabile del procedimento all'uopo previsto. 
E nella specie, la Corte partenopea non solo ha sottolineato questo punto, 
di per s� gi� decisivo, ma ha rilevato inoltre che l'amministrazione, a 
seguito della decisione di secondo grado della competente commissione, 
faceva di quella decisione accettazione -esplicita, onde sotto questo profilo 
si era verificato inter partes l'assoluta irreversibilit� della intervenuta 
determinazione del prezzo dell'alloggio. 


Il terzo motivo del ricordo deve essere, pertanto, respinto. 
Col quarto motivo del Ticorso la ricorrente deduce violazione e falsa 
applicazione degli artt. 1218, 1219, 1223 e 1226 e.e. nonch� degli artt. 6 


d.P.R. n. 2 del 1959, modificato �on 'l'art. 4 della legge n. 2:>1 del 1962 in 
relazione all'art. 360 .n. 3 c.p.c.; violazione e falsa applicazione dell'art. 112 
. c.p.c. in relazione all'art. 360, n. 4 e.p.c. e critica l'impugnata sentenza per 
avere erroneamente ritenuto che� la scadenza del termine fissato dalla 
legge pur senza carattere di perentoriet�, per la stipulazione del contratto 
fosse di per s� causativo di danno, indipendentemente dalla costit~zione 
in mora: invece, secondo l'amministrazione, la presenza di un termine 
esclude la necessit� della costituzione in mora solo quan<!o si tratti di 
prestazioni da eseguirsi a� domicilio del creditore. 


Inoltre, si sostiene che erroneamente la Corte di Appello ha escluso 
la inesistenza o quanto meno la riduzione del danno per essere i canoni 
di locazione pagati assorbiti .in tutto o in parte dalla riduzione del prezzo 
di cessione di cui l'assegnatario avrebbe potuto ulteriormente beneficiare 
per lo stesso periodo. 


La censura, per quanto attiene alla questione relativa al se la mancata 
stipulazione del contratto nel termine previsto sia di per s� causativo di 
danno, anche senza la costituzione in mora dell'obbligato, non � ammissibile 
in questa sede, considerato che -come l'impugm~ta sentenza ha 
sottolienato -la stessa non � stata fatta valere dall'Amministrazione in 
sede di merito, n� si tratta di questione rilevabile d'ufficio (Cass., 22 ottobre 
1976, n. 3758). Vero � che la Corte del merito ha ritenuto comunque 
di esprimere un giudizio al riguardo, ma trattasi ovviamente di motivazione 
resa ad abundantiam, la quale non pu� superare il dato obiettivo 
che sul punto � mancata qualsiasi doglianza dell'amministrazione in sede 
di merito. 


La censura � invece infondata per quanto concerne la questione della 
riduzione del prezzo di cessione. 
Ai sensi dell'art. 4 della�legge 27 aprile 1962, n. 231, che ha sosHtuito 
~ 
l'art. 6, primo comma del. d.P.R. 17 gennaio 1959,-n. 2, il prezzo di cessione 

! 

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I 

-I 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 571 

degli alloggi � dato dal valore venale degli alloggi stessi al momento in 
cui gli enti interessati deliberano la cessione, ridotto del 30% nonch� di 
un ulteriore 0,25% per ogni anno di effettiva occupazione dell'alloggio 
da parte del richiedente. Senonch� giustamente la Corte del merito ha rilevato 
che tale riduzione attiene alla dete.rminazione del prezzo di cessione 
dell'alloggio, il quale resta definitivamente fissato nella misura stabilita dall'apposita 
commissione. Non pu� infatti seguirsi la tesi dell'Amministrazione 
secondo cui con il ritardo nella stipulazione del contratto di trasferimento 
importerebbe un ulteriore vantaggio per l'assegnatario in ordine al prezzo 
da corrispondere, giacch� il calcolo che opera la Commissione tiene 
conto -nel momento. in cui � operato -agli effetti della ulteriore riduzione 
dello 0,25%, degli anni di effettiva occupazione dell'alloggio a quell'epoca 
da parte dell'assegnatario. Questi, pertanto, ha di-ritto, a titolo di 

risarcimento dei danni prodotti dal comportamento illegittimo della p.a., 
al rimborso dei canoni di locazione che � costretto a versare all'ente dalla 
data in cui il contratto. avrebbe dovuto essere stipulato fino al giorno 
dell'effettivo trasferimento, come rettamente ritenuto dall'impugnata 
sentenza. 

Il quarto motivo del ricorso deve essere, pertanto, anch'esso respinto. 
-(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 15 ottobre 1977, n. 5280 -Pres. Rossi Est. 
Cochetti -P. M. Pedace (conf.) -Cifarelli ed altri (avv. Pellegrino) 
c. Amm.ne Agricoltura e Foreste (avv. Stato Bafile). 

Procedimento civile -Sentenza emessa su opposizione avverso ingiunzione 
per sanzioni amministrative in materia di polizia forestale -Sentenza 
pretorile -� .appellabile. 

Procedimento civile -Opposizione ad ingiunzione sanzjonatoria -Azione 
di accertamento negativo. 

� appellabile la sentenza emessa dal Pretore a seguito di opposizione 
avverso le ingiunzioni che determinano le sanzioni pecuniarie per le infrazioni 
alle norme di polizia forestale (1). 

L'ingiunzione sanzionatoria in natura di polizia forestale deve essere 
motivata. Il requisito della motivazione � soddisfatto con rinvio agli 

I 


(1-3) Del tutto corretta appare la soluzione che il S.C. ha dato al problema 
della appellabilit� delle sentenze emesse dal pretore sulle opposizioni proposte 
avverso ingiunzioni sanzionatorie in materia di polizia forestale. L'appello, 

llll&ff'=flll�lll/ZlflllllflGflll=flllllllllllllll:flllllWllG 



572 RASSEGNA DEIL'AVVOCATURA DELLO STATO 

atti del procedimento, purch� da essi emergono in maniera sufficiente e 
adeguata le ragioni della sanzione inflitta. Non occorre una giustificazione 
specifica circa l'entit� della sanzione concretamente inflitta quando questa 
sia determinata in una misura media tra il minimo e il massimo (2). 

L'opposizione ad ingiunzione sanzionatoria costituisce una azione di 
accertamento negativo della legittimit� di un atto amministrativo, sicch� 
l'opponente assume la veste di attore e deve fornire la prova dell'illegittimit� 
denunziata (3). 

(Omissis). -Con il primo mezzo i ricorrenti si dolgono per la ritenuta 
ammissibilit� dell'appello avverso la sentenza pretorile, sostenendo 
ohe nel silenzio della legge n. 950 del 1967 le sentenze emesse dal Pretore 
in sede di opposizione avverso le ingiunzioni che determinano le sanzioni 
pecuniarie per le infrazioni alle norme di polizia forestale dovrebbero 
considerarsi inappellabili in applicazione analogica della disposizione dell'art. 
9, ottavo comma, della legge 3 maggio 1967, n. 317, concernente il 
sistema sanzionatorio delle violazioni delle norme in materia di circolazione 
stradale e dei regolamenti locali. Aggiungono i ricorrenti che ove 
si opinasse diversamente l'art. 5 della legge n. 950 del 1967 sarebbe costituzionalmente 
illegittimo, in riferimento all'art. 3 dell� Costituzione, nella 
parte in cui in difformit� dell'art. 9 della legge n. 317 del 1967 ammette 
l'appello avverso la sentenza che decide sull'opposizione. 

infatti � rimedio generale e in difetto di espressa esclusione, vale la regola di 
diritto comune che assicura il doppio giudizio di merito. 

Corretto anche il principio� enucleato nella seconda massima. Sembra opportuno 
sottolineare l'importanza de1l'affermazione secondo cui quando l'autorit� 
amministrativa infligge in concreto una sanzione pecuniaria, che si pone in 
posizione intermedia tra i minimi e i massimi previsti dalla 11egge, non � necessaro 
una � dettagliata motivazione � in ordine all'uso del potere discrezionale. 
In senso conforme in materia dii, circolazione stradale v. sent. 5 luglio 1975, 

n. 2618; 19 novembre 1973, n. 3039. Con tale affermazione il S.C. da un lato 
sembra ritenere sindacabile dal giudice ordinario l'uso del potere discrezionale 
della p.a. in ordine alla entit� della sanzione, ma nel contempo esclude la 
necessit� di una specifica e puntuale motivazione nel caso in cui la sanzione 
in concreto inflitta non superi la met� del limite massimo. 
Il S;C. sembra cos� assumere una posizione non del tutto chiara ispirata 
pi� a ragioni di equit� che a rigorosi principi di diritto. 

Bd, infatti, la riconosciuta� esistenza di un potere ampiamente discrezionale 

nell'Amm.ne nell'infliggere la sanzione, avrebbe dovuto indurre a negare, q~an


do siano rispettati i limiti minimi e massimi, ogni potere del giudice ordinario 

in materia. 

Esatto il principio contenuto nella terza massima che estende, anche per le 
ingiunzioni sanzionatorie, la giurisiprudenza costante del S.C. relativa all'ingiunzione 
in materia fiscale, a quella per la riscossione di entrate patrimoniali, 
nonch� a quella emessa in materia di circolazione stradale (v. sent. 9 gennaio 
1976, n. 43; 28 giugno 1975, n. 2558). � 



l 

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVll.E 573 

La censura non ha fondamento. 

Nell'ordinamento processuale vigente la appellabilit� delle sentenze 
costituisce la regola (art. 339 c.p.c.), onde le disposizioni che sanciscono 
l'inappellabilit�, costituendo norme di eccezione, ricadono nel divieto di 
interpretazione analogica di cui all'art. 14 delle disposizioni sulla legge 
in generale. 

Ove si ponga mente, poi, che la legge 317/1967 ha un ambito di applicazione 
circoscritto alla sola materia delle infrazioni stFadali e delle 
violazioni dei regolamenti comunali e provinciali e che il legisla~~re quando 
ha inteso estendere il sistema sanzionatorio di detta legge o singole 
sue disposizioni ad altre fattispecie vi ha sempre provveduto sotto forma 
di esplicito richiamo (v. ad es. L 24 dicembre 1975, n. 106; 1. 4 agosto 1973, 

n. 496) deve respingersi l'assunto dei ricorrenti secondo cui l'art. 9 citato 
costituirebbe esso stesso norma generale nel sistema della c.d. depenalizzazione. 
Si osserva, infine, che � manifestamente infondata la questione di 
legittimit� costituzionale sollevata dai ricorrenti dell'art. 5 della legge n. 590 
del 1967 per la parte in cui ammette l'appellabilit� della sentenza del 
Pretore. :� palese, infatti, che il problema della sottoposizione al sind:;icato 
di costituzionalit� per violazione del principio di uguaglianza di una disposizione 
normativa in rapporto ad altra disciplina per qualche verso omogenea, 
suscettibile, cio�, di esserle messa a confronto, potrebbe porsi, 
eventualmente, nei riguardi delle disposizioni che costituiscono deviazione 
o PC1ngono deroga alle norme generali della loro fattispecie e non 
nei confronti delle norme, come quella della cui costituzionalit� i ricorrenti 
dubitano, che costituiscono, invece, applicazione della disciplina generale 
della materia. 

Con il secondo motivo i ricorrenti deducono che contrariamente a 
quanto ritenuto dal Tribunale la � distinta � dell'ammontare della sanzione 
non era stata allegata alla copia del provvedimento loro notificata 
e che il mero riferimento ai verbali di notificazione non soddisfaceva la 
esigenza di una adeguata motivazione dell'ingiunzione opposta. 

Osserva ia Corte che l'art. 5 della legge 9 ottobre 1967, n. 950, nell'attribuire 
al Capo dello Ispettorato ripartimentale delle foreste il potere 
di determinare la somma dovuta per l'infrazione, non statuisce in modo 
espresso che il provvedimento debba essere motivato, al contrario di 
quanto dispone l'art. 9 della legge n. 317 del 1967 in relazione alle ingiunzioni 
che determinano le sanzioni per le infrazioni alle norme di circolazione 
stradale e per le violaziOni dei regolamenti locali. 

Dalla diversit� di formulazione delle due disposizioni non pu� tuttavia 
inferirsi -come sostiene l'Amministrazione resistente -l'insussistenza 
.di un obbli~o di motivazione per le ingiunzioni previste dall'art. 5 citato, 
discendendo dai principi di diritto amministrativo che la motivazio


111111111111111111sm11111111t1r111r11111�r11�11111111111111a11 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ne costituisce requisito di validit� degli atti con cui si impongono sacri


fici alla sfera giuridica dei privati, quali sono, in particolare, gli atti 

sanzionatori. 

Tanto premesso, si osserva che l~ giurisprudenza di questa Corte, ha 
avuto occasione di precisare con riferimento all'analogo provvedimento 
emesso dal Prefetto ai sensi dell'art. 9 della legge n. 317 del 1967, che esso 
pu� contenere una motivazione formulata per relationem, con riferimento, 
cio�, agli atti del procedimento dai quali emevgano in maniera adeguata 
le ragioni dell'ingiunzione e, quindi, gli elementi che consentono l'opposizipne 
del privato ed il controllo del Pretore (cfr. Cass., sentt. n. 2618 del 
1967; 3097 del 1973; 3039 del 1973; 1646 del 1972). Ne consegue che nella 
fattispecie in esame l'obbligo della motivazione doveva considerarsi assolto 
con l'espresso richiamo contenuto nell'ingiunzione opposta ai verbali 
di contravvenzione, nei quali si precisavano gli elementi rilevanti ai fini 
della determinazione della sanzione, vale a dire il numero degli animali , 
(150 pecore e 36 capre) introdotti nei terreni vincolanti, ed il numero delle 
piante (1475) distrutte. 

Pu� aggiungersi che poich� la sanzione in concreto inflitta era stata 
contenuta in una misura media fra il minimo ed il massimo edittale l'autorit� 
amministrativa non aveva l'obbligo di giustificare dettagliatamente 
l'uso del potere discrezionale relativo alla determinanzione dell'entit� 
della sanzione, perch� la legge con l'indicare un minimo e �n massimo intende 
che l'autorit� competente si attenga; in linea di principio, ad una 
misura media ed abbia l'obbligo di fornire una specifica motivazione 
soprattutto nel caso in cui per la gravit� del fatto ritenga di determinare 
la sanzione medesima in modo rigoroso. 

Con il terzo mezzo i ricorrenti si dolgono per la denegata dichiarazione 
di estinzione dell'obbligazione pecuniaria, sul rilievo che non era intervemita 
nei loro confronti la contestazione nelle forme e nei termini 
previsti dall'art. 4 della legge n. 950 del 1967, essendosi verificati i fatti 
loro ascritti anteriormente alla sua entrata in vigore. 

Osserva la Corte che il richiamato articolo prescrive, con disposizione 
analoga a quella dell'art. 7 della legge n. 317 del 1967, che la violazione, 
ove possibile, deve essere immediatamente contestata al trasgressore e 
che qualora la contestazione personale non abbia avuto luogo gli estremi 
dell'infrazione devono essere notificati all'interessato nel termine di trenta 
giorni dall'accertamento. 

Poich� la legge in esame non contiene disposizioni transitorie che disciplinano 
le modalit� e i termini per la contestazione delle infrazioni 
commesse anteriormente, alle quali non sono pi� irrogabili, per l'art. 2 

c.p.v. c.p., le sanzioni penali e per le quali le leggi precedenti non prevedevano 
n� l'obbligatoriet� della contestazione personale n� la necessit� 
della notificazione, devono applicarsi, per regolare tali situazioni, i prin

PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIViLE 575 

cip! generali di diritto intertemporale (tempus regit actum) dai quali discende 
che l'indicato termine di trenta giorni per la notificazione degli 
estremi dell'infrazione inizi a decorrere dalla data di entrata in vigore 
della nuova legge, semprech� non abbia nel frattempo avuto luogo la 
contestazione personale, trovando applicazione il principio che la notificazione 
non � in tal caso necessaria (art. 4 cit.). 

Nella fattispecie in esame, peraltro gli odierni ricorrenti erano gi� 
stati informati legalmente (e non, quindi, attraverso una conoscenza di 
fatto e meramente occasionale) dell'avvenuto accertamento dell'infrazione 
con le notificazioni -quantunque non legate per le leggi anteriori a 
particolari limiti di tempo -degli inviti alla oblazione e del decreto di 
citazione a giudizio innanzi al Pretore, di modo che non sussisteva alcuna 
necessit� di rinnovare la notificazione dell'accertamento una volta 
entrata in vigore Ia nuova legge, perdurando a tali fini gli effetti delle 
notificazioni precedenti. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 13 gennaio 1978, n. 157 -Pres. Rossi Est. 
Bologna -P. M. Morozzo della Rocca (conf.). Amm.ne Lavori Pub-
blici (avv. Stato Del Greco) c. I.N.P.S. (avv. Zicovo) ed altri. 

Prescrizione e decadenza � Obbligazioni solidali -Domanda giudiziaria nei 
confronti di un coobbligato -Effetto interruttivo nei confronti dei 
coobbligati -Facolt� di un coobbligato di giovarsi dell'interruzione. 

(Cod. civ., artt. 1310, 2947). 

Ii coobbligato solidale nei cui confronti sia stata interrotta la prescrizione 
dal danneggiato pu� giovarsi dell'effetto interruttivo della prescl'izione 
anche nei confronti dei coobbligati, derivante dall'atto interru_ttivo, 
del danneggiato ai fini di promuovere l'azione di regresso nei confronti 
dei coobbligati medesimi (1). 

(Omissis). -Con il secondo motivo (violazione degli artt. 2947, 2043, 
1310 cod. civ. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c.) il ricorrente impugna 
la sentenza di appello per non avere comunque ritenuto che la citazione 
notificata dall'attore De Antoniis alla GESCAL ed all'Istituto Autonomo 
Case Popolari di Teramo avesse interrotta la prescrizione dell'obbligazione 
da illecito anche nei confronti dell'I.N.P.S. in quanto coobbligato. solidale 
(anche se direttamente non convenuto). 

La censura, che considera il rapporto GESCAL-I.N.P.S. nella stessa 
prospettiva utilizzata in sentenza (fatto illecito), pur ricavandone una 
diversa conclusione sul piano della prescrizione per effetto dell'interru


(1) Principio esatto ed ormai fermo nella giurisprudenza del S.C. 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DEU.O STATO

576 

zione operata dall'atto di citazione originario nei confronti di un coobbligato 
solidale, merita accoglimento. 

Pronunziando erroneamente al riguardo, la Corte d'Appello ha affermato 
che � derivando la responsabilit� degli eventuali corresponsabili 
della rovina dell'edificio dalla. norma generale di cui all'art. 2043 e.e., 
sarebbe stato necessario che l'I.N.P.S. fosse stato convenuto in giudizio 
vuoi da parte del De Antoniis, vuoi da parte della GE~CAL appunto entro 
il quinquennio dat 5 febbraio 1962, giorno dell'evento dannoso�, poich� il 
diritto al risarcimento dei danni si prescrive entro tale termine insieme 
con l'azione (eventuale) di rivalsa �quando la responsabilit� del coobbligato 
non sia stata accertata giudizialmente �. 

Al contrario, come questa Corte ha gi� ritenuto, la, domanda giudiziale 
di risarcimento, proposta dal danneggiato nei confronti di uno dei 
compartecipi del fatto illecito, ha effetto interruttivo anche nei confro~nti 
degli altri compartecipi ai sensi del primo comma dell'art. 1310 cod. civ.; 
di tale effetto interruttivo il coobbligato solidale (convenuto dal danneggiato) 
si giova, ai fini della prescrizione, nel proporre l'azione di accertamento 
della corresponsabilit� solidale degli altri compartecipi del fatto 
illecito, comunemente denominata di rivalsa o di regresso, la quale azione 
costituisce ampliamento soggettivo dell'originaria domanda del danneggiato 
con la quale oggettivamente si identifica (Cass., 1971 n. 3779; 1969' 

n. 409; 1965 n. 1883). 
L'esclusione del fatto interruttivo della prescr�zione rappr:esentato 
dalla citazione del terzo danneggiato, per quanto concerne il diritto di 
rivalsa del coobbligato solidale (convenuto in giudizio dal terzo) nei. confronti 
degli altri coobbligati solidali, rappresenta una erronea interpretazione 
del citato art. 1310 cod. civ. da parte della Corte di merito e comporta 
l'accoglimento della corrispondente censura.� -(Omissis). 


PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 577 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. Un., 15 febbra,io 1978, n. 703 � Pres. Vinci 
Orlando � Est. Franceschelli � P. M. Saja (diff.). Ministero Trasporti 
(avv. Stato Camerini) c. Montedison (avv.,�Nicol�), E.N.E.L. (avv. Dalmartello) 
e Comune di Long�rone (avv. Allorio). 

Energia elettrica � Nazionalizzazione � Danni verificatisi dopo l'espropria� 
zione delle imprese elettriche derivanti da comportamenti precedenti Trasferimento 
all'E.N.E.L.. 

(I. 6 dicembre 1962, n. 1642, art. l; d.P.R. 4 febbraio 19631 n. 36, art. 2). 
Energia elettrica � Nazionalizzazione -Obbligo di custodia nel periodo 
tra l'espropriazione dell'impresa e la consegna dei beni � Spetta al 
proprietario espropriato tramite i legali rappresentanti. 

(I. 6 dicembre �1962, n. 1642, art. 12; d.P.R. 4 febbraio 1963, n. 36, art. 2). 
Responsabilit� civile -Padroni e committenti -Preponente -:�: tale anche 
chi non � titolare del rapporto di lavoro. 
(Cod. civ., art. 2049). 

� trasferita all'E.N.E.L. la responsabilit� per i danni derivanti dal


�rattivit� delle imprese elettriche espropriate, anche se tali danni siano 
conseguenza di comportamento precedenti alla data della espropriazione 
(1). 

Sta a carico del soggetto espropriato l'obbligo della custodia e della 
gestione ordinaria dell'impresa elettrica espropriata fino alla consegna 
all'ENEL e tale compito viene assolto attraverso le strutture organizza


(1-3) Con la sentenza in rassegna si avvia alla sua soluzione la complessa 
vicend� giudiziaria conseguente alla sciagura del Vajont. 
Occorre tuttavia ribadire qualche riserva circa il principio contenuto nella 
prima massima. 

Sembra difficiJe ammettere che sia a carico dell'E.N.E.L. ogni responsabilit� 
afferente aH'attivit� elettriGa trasferita Sul rilievo che, essendo l'indennizzo 
fissato in relazione al prezzo_di borsa dell'azione della societ� espropriata, esso 

�sarebbe corrispondente all'effettivo valore dei beni espropriati. 

Sembra evidente, infatti, che essendosi i danni derivanti dal comportamento 
illecito della Societ� espropriata verificati dopo il decreto di esproprio quando, 
quindi, i titoli n�n erano pi� quotati, il prezzo di borsa non abbia potuto risentire 
delle conseguenze dannose che sarebbero derivate da tali eventi se fosse 
accaduto prima dell'esproprio. 

Ora, a meno di non voler considerare <l'espropriazione un ra:pporto aleatorio, 
dovrebbe riconoscersi che, non avendo l'indennizzo scontato gli effetti 
dell'evento dannoso, anche la responsabilit� conseguente non possa ritenersi 
trasferita a chi (la collettivit�) l'indennizzo deve pagare. 

Certamente esatti i principi affermati nelle altre massime. 

Di particolare interesse quello affermato dalla terza con cui si ricollega 
all'effettivo potere di direzione dell'impresa la responsabilit� per i danni derivanti 
all'attivit� imprenditoriale malgrado che le strutture organizzative fossero 
gi� state trasferite aH'ente che era titolare del rapporto di lavoro con i dipendenti, 
compreso quello ritenuto responsabile dell'evento ,dannoso. 



578 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

tive dell'impresa espropriata (2). 

Sta a carico del soggetto tenuto alla custodia la responsabilit� per 
i danni subiti da terzi per )l comportamento dei dipendenti dell'impresa 
espropriata passata all'E.N.E.L. (3). 

Per riferimenti in dottrina sul tema, cfr. ScOGNAMIGLIO, Considerazioni sulla 
responsabilit� dei padroni e committenti per fatti dei domestici e commessi, in 
Riv. dir. comm., 1966, I, 168. Circa i rapporti tra titolare dell'impresa e gestore 
della stessa v. RIVOLTA, L'esercizio dell'impresa nel fallimento, Milano, 1969. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. III, 20 febbraio 1978, n. 811 -Pres. De San


tis -Est. Lo Surdo -P. M. Caristo (conf.) -Dalla Piet� (avv. Coniglio) c. 

Ministero Finanze (avv. Stato Marzano). 

Procedimento civile -Chiamata in. causa di un terzo -Litisconsorzio processuale 
� Condizioni. 
(Cod. proc. civ., artt. 102 e 332). 

Procedimento civile -Sospensione -Condizioni. 

I

(Cod. proc. civ., art. 295). 

I f 
I

Ipoteche -Confisca di bene ipotecato � Non si estingue. 
(Cod. civ., art. 2808; cod. pen., art. 240). 

Se il convenuto chiama in causa un terzo su cui riversa in via esclusiva 
la responsabilit� per il danno sub�to dall'attore, ha luogo un caso di 
litisconsorzio processuale necessario (1). 

Affinch� si abbia sospensione del processo � necessario non solo la 
coesistenza di due controversie di cui una costituisca l'antecedente logico 

I 

I i.~

dell'altra, ma altres� che la controversia pregiudiziale sia pendente, non 
essendo sufficiente a tal fine la semplice presentazione di un ricorso, di 
una istanza, di una denuncia (2). 

�

La confisca di un bene utilizzato per commettere un reato non estin-

I 

gue la garanzia ipotecaria costituita sul bene prima della confisca, salvo 
si tratti di cosa intrinsecamente pericolosa (3). 

(1-3) La prima massima si inserisce nel filone giurisprudenziale che ammette, 

oltre un litisconsorzio necessario sostanziale, anche uno processuale, cio� per 

esigenza del processo. 

Tale indirizzo suscita perplessit�, specie con riferimento al caso in esame, 

potendosi dubitare che la decisione della causa fra l'attore o il terzo non po� 

tesse adottarsi senza la presenza in giudizio dell'Amministrazione. 

Esatto, invece, il principio contenuto nella seconda massima, non potendosi 

avere sospensione necessaria finch� la lite pregiudiziale non sia effettivamente 

pendente, cio� in co.rso e quindi in grado di essere decisa. 

Il principio contenuto nella terza massima, che presenta il carattere della 

novit�, anche se dal punto di vista astratto pu� apparire esatto, pu� prestarsi 

in pratica �a gravissimi abusi. 

. I1! 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

(Omissis). -La difesa dell'Amministrazione ha eccepito, in limine, 
l'inammissibilit� del ricorso; sostiene infatti che, essendo ad essa stato 
notificato oltre il termine di legge e vertendosi, nella specie, in tema di 
cause scindibili, debba trovare applicazione il principio, saneito dal disposto 
dell'art. 332 cod. proc. civ., secondo cui il ricorso sarebbe stato utilmente 
proposto soltanto nei confronti dell'altro resistente, sig. Opinio Richetti, 
cui � stato ritualmente notificato. 

L'eccezione � destituita di fondamento. 

� ben vero, difatti, che la notifica del ricorso all'Amministrazione � 
avvenuta fuori termine, ma � pur vero che, nella specie, � erroneo ritenere 
che si verta in ipotesi di cause scindibili, in quanto nel giudizio 
di primo grado, l'amministrazione convenuta non si limit� a proporre 
contro il Dalla Piet� una domanda di garanzia impropria, ma sostenne 
che questi fosse, in via esclusiva, tenuto a rispondere direttamente nei 
confronti del Richetti. 

Si deve quindi, -ritenere che nello stesso processo fossero contenute 
due cause abbinate e dipendenti, in rapporto di antecedenza logica e giuridica 
l'una rispetto all'altra, e che ricorresse, conseguentemente, l'esigenza 
di una loro trattazione unitaria in tutte le �fasi del giudizio. 

Si tratta, in sostanza, di un litisconsorzio processuale necessario determinato, 
secondo i principi sostenuti dalla prevalente giurisprudenza di 
questa Suprema Corte (v. tra le altre Cass., 22 aprile 1975, n. 1569; id., 
17 marzo 1975, n. 1026; id., 10 novembre 1970, n. 2235), dalla necessit� diconoscere 
delle due cause un unico processo, e per tutto il suo iter e pur non 
sussistendo i presupposti del simultaneus processus. 

Sulla base degli esposti rilievi, dovendosi considerare le due cause 
inscindibili, e non gi� cause omogenee e parallele cumulate in uno stesso 
processo per connessione quoad causam petendi, non si pu� ritenere decorso 
nei confronti dell'amministrazione il termine per ricorrere, in quanto 
esso � stato fatto salvo dalla tempestivit� dell'impugnazione proposta dal 
Dalla Piet�, nei sessanta giorni, contro l'altro intimato. 

N� a ci� osta la considerazione che i. giudici del merito abbiano, in 
definitiva, ritenuto una responsabilit� solidale tra l'Amministrazione e il 
ricorrente a favore del Richetti, giacch� nel giudizio de quo, non si � verificata 
una situazione di conflitto tra i due condebitori solidali, che potesse 
essere risolta indipendentemente dalla lite promossa dal Richetti, ma, 
come � agevole desumere dagli atti del processo, del tutto diversa � la natura 
delle questioni esaminate e risolte da quella che oppongono meramente 
ad un preteso creditore molteplici condebitori uniti dal vincolo della 
solidarieta. 

Passando all'esame dei mezzi di ricorso, la Corte osserva che, con il 
primo motivo, il ricorrente denuncia violazione dell'art. 295 c.p.c. in_ relazione 
all'art. 360 n. 3 e 5, adducendo che il ricorso diretto alla revoca della 


580 RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

confisca era evidentemente pr�giudiziale all'esito del giudizio civile nel 
senso che, ove la confisca fosse stata revocata, sarebbe venuta meno la 
vendita stipulata tra la Dogana di Trieste e il Richetti e, quindi sarebbe 
caduta ogni sua responsabilit�. 


Il motivo � infondato. 

Sul piano strettamente processuale, deve rilevarsi che il provvedimento 
di confisca, essendo il ricorrente terzo estraneo al procedimento penale 
(res inter atios), er� ricorribile attraverso la procedura degli incidenti di 
esecuzione, disciplinata d�lle norme di cui agli artt. 628 e segg. cod. proc. 
pen., mentre la legge (art. 624 c.p.p.) demanda al giudice civile la risoluzione 
d� conflitti di natura privatistica in ordine ai beni sequestrati e confiscati 
e sono, altres�, salvi i rimedi civili (es. azioni di revindica ed altre) contro 
il capo della sentenza irrevocabile che pregiudichi i diritti dei terzi, tenuto 
conto della natura ambivalente della confisca, considerata, ad alcuni 
effetti, misura civile. 

Ci� posto, il ricorrente non ha seguito il normale iter processuale, ma, 
in un primo tempo si � limitato a ~proporre alla Corte d'Appello penale 
di Triest� un'istanza per ottenere l'attribuzione del ricavato della vendita 
effettuata dalla Dogana al Richetti senza promuovere incidente d'esecuzione, 
come 'si rileva dall'esame della ordinanza della Corte, sulla base della 

l quale � agevole escludere che siano state adottate le forme di tale proceI 
dura, tra cui, in particolare, la citazione dell'Amministrazione, parte neces\ 
saria nel processo incidentale in tema di revoca della confisca (v. Cass., 

I

20 di<:embre 1962, in Giust. Pen., 1964). 
Successivamente, il Dalla Piet� ha presentato al Tribunale penale di 
Trieste un ricorso diretto a tale revoca, ma, nel momento in cui ebbe . a 

I

richiedere la sospensione necessaria del giudizio civile, non risultava iniziata 
la procedura incidentale, e neppure in sede di appello, il ricorrente, 
pur r�iterando l'istanza di sospensione ha dato alcuna prova di avere pro; 
mosso il relativo procedimento, di cui tuttora si ignora l'esistenza. 

Di conseguenza non appare ipotizzabile un'ipotesi di pregiudizialit� 
tecnica tra la richiesta revoca della confisca e il processo civile in corso. 

� noto, invero, che la condizione primaria della sospensione di cui 
all'art. 295 c.p.c. � la coesistenza di due controversie di �ui l'una costituisca 
l'antecedente logico e giuridico dell'altra, la cui definizione, quindi, dipenda 
dall'esito della prima conclusasi con provvedimento definitivo e irrevocabile 
(giurisprudenza costante). 

� stato, al riguardo, precisato che la pendenza del giudizio che si assume 
pregiudiziale comporti che questo sia gi� in corso, non essendo, all'uopo, 
sufficiente la semplice presentazione di un ricorso, di un'istanza o di una 
denuncia, perch� possa, considerarsi avverata la prima condizione della 
sospensione necessaria e affinch� si debba valutare nel merito l'influenza 
dell'una controversia rispetto all'altra. 



PARTE I, SEZ. IV, GIURISPRUDENZA CIVILE 

Da quanto sopra esposto deriva che, nella fattispecie, la presentazione 
di una istanza di revoca non � sufficiente, di per s�, ad integrare gli estremi 
della condizione voluta dalla legge. 

Col secondo motivo di ricorso il Dalla Piet� ha denunciato la violazione 

del disposto dell'art. 2808 cod. civ. in .!apporto all'art. 360 n. 3 e 5 codice 

di rito lamentando la carenza di motivazione della impugnata sentenza, la 

quale non avrebbe tenuto conto che egli, per il fatto di essere custode del 

sequestro prima e della confisci:t poi, non per ci� aveva perduto i diritti a 

lui spettanti in virt� della sua qualit� di creditore ipotecario. 

Il mezzo � fondato, per quanto di ragione, giacch� i giudici del merito 
hanno s� preso in considerazione, censurandola, la condotta del ricorrente 
nella sua veste di custode giudiziale, ma hanno om�sso di esaminare, nell'ambito 
delle di~ese da lui prospettate, il profilo essenziaie d,i diritto sui 
rapporti tra confisca e garanzia ipotecaria e il coordinamento tra i due 
istituti con gli effetti relativi alla fattispecie sottoposta al loro esame. 

A parere di questa Corte, nella doglianza, seppure espressa in maniera 
alquando equivoca e confusa, si deve considerare, contrariamente all'assunto 
dell'Avvocatura dello Stato, implicita la censura sul punto della sentenza 
impugnata relativo alla condanna solidale (confermata dalla Corte 
d'appello) del ricorrente e 'dell'amministrazione al rimborso al Richetti del 
prezzo della vendita stipulata tra altri s�ggetti, e cio� di un contratto del 
quale il Dalla Piet� non aveva partecipato e che, per lui, costituiva res 
inter alios acta. 

Ci� posto, devesi osservare che, in conformit� della dottrina civilistica 

pi� accreditata, la confisca non estingue la gararizia ipotecaria (il principio 

� anche sostenuto nel campo del diritto pubblico), non essendovi motivo 

perch� gli effetti della misura dj sicurezza debbano gravare sui creditori 

estranei alle circostanze che hanno determinato il provvedimento. Per 

vero, pur dovendosi considerare l'interesse dello Stato preminente rispetto 

al diritto del creditore preferenziale~ tuttavia (a parte il caso di cosa confi


scata, intrinsecamente pericolosa, rispetto alla quale nessun terzo pu� van


tare diritti), avendo l'istituto della confisca carattere preventivo la pre


venzione non � frustrata, se sottratta la cosa per motivi contingenti alla 

sfera di disponibilit� del possessore in esecuzione della misura, siano ri"'
spettati i diritti dei terzi gravati sulla cosa. 

N� varrebbe opporre che, comportando la misura di sicurezza un 

acquisto a titolo originario, ci� escluderebbe la conservazione della garanzia 

patrimoniale, in quanto si pu�, agevolmente, replicare che anche tale acqui


sto fa acquisire i1 bene al nuovo proprietario nella condizione giuridica in 

cui, al momento, si trova e quindi, con tutti i diritti che vi gravano. 

In applicazione tale principi, quindi, si pu� concludere: a) che le cose 

confiscate restano assoggettate all'ipoteca; b) che il creditore ipotecario 

conserva nei confronti della pubblica Amministrazione,. sia per il tempo 


582 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

in cui le cose rimangono nel suo patrimonio, e nei confronti dei successivi 
acquirenti, il diritto di espropriare i beni vincolati a garanzia del suo credito; 
e) che, qualora l'espropriazione abbia luogo, l'amministrazione e i 
successivi acquirenti vengono ad essere surrogati nel diritto del creditore 
ipotecano soddisfatto nei confronti del debitore (art..1203 n. 3 cod. civ.). 

Ci� posto, alla luce degli esposti principi, la Corte del merito avrebbe 
dovuto valutare la posizione del ricorrente, sia quale custode giudiziale, 
sia quale .creditore ipotecario del bene confiscato, con tutte le implicazioni 
che tale pi� complessa valutazione avrebbe dovuto comportare sulle conseguenti 
statuizioni in merito alla responsabilit� del ricorrente stesso, la 
quale � stata ritenuta solidale con l'Amministrazione sul punto della condanna 
alla restituzione del prezzo a favore del Richetti. 

Questa statuizione � senza dubbio errata, giacch� il Dalla Piet� non 
poteva rispondere per un titolo, e cio� per la vendita Dogana-Righetti, al, 
quale era rimasto del tutto estraneo e non poteva essere condannato al 
rimborso di un prezzo che non aveva riscosso. Tutt'al pi�, la sua posizione 
poteva essere esamiriata nell'ambito una responsabilit� ex.tracontrattuale 
e la condanna, se del caso, poteva avere luogo per un titolo diverso (risarcimento 
del danno). 

La Corte d'Appello ha dunque, del tutto trascurato di esaminare il 
punto essenziale della controversia, e forse partendo dal presupposto che 
la confisca fosse soppressiva della garanzia ipotecaria, ha incentrato la sua 

indagine sulla efficacia giuridica della misura di sicurezza traendo delle 
conseguenze che si rivelano errate e devono essere, dopo opportuna indagine, 
corrette sulla base dei principi sopra enunciati. 

Non appare, invero, censurabile l� statuizione relativa alla risoluzione 
del contratto di compra-vendita in dipendenza dell'inadempimento dell'aroministrazione 
resistente. 

Le conseguenze da rivedere ed emendare, come innanzi si � detto, 
sono sia quelle relative alla pronunciata condanna del Dalla Piet� a restitu�-
re al Richetti il prezzo pagato per l'acquisto del natante, sia quelle relative 
alla condanna dello stesso Dalla Piet� alla restituzione del detto natante 
all'amministrazione finanziaria. 

Considerato, invero, che come gi� si � esposto, il Dalla Piet� non aveva 
perduto il suo diritto ipotecario sul natante, la condanna a riconsegnare 
detto bene all'Amministrazione finanziaria, non pu� non apparire subordinata 
al nuovo accertamento da compiere sulla ritualit� della procedura 
esecutiva che egli condusse sul bene medesimo. -(Omissis). 


-


SEZIONE QUINTA 

GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 21 marzo 1978, n. 241 -Pres. (ff.) Pezzana, 
Est. Trotta -Ministero difesa (Avv. Gen. Stato) c. Maiellaro 
(avv. Dodaro) -Regolamento di competenza. 

Giustizia amministrativa -Giurisdizione amministrativa -Competenza e 
giurisdizione -Pubblico impiego -Competenza dei T.A.R. ex art. 3, 
2Q comma, I. 6 dicembre 1971, n. 1034 -Impiegati collocati a riposo Limiti. 


Giustizia amministrativa -Giurisdizione amministrativa -Competenza e 
giurisdizione � Pubbljco impiego -Criterio per la determinazione della 
competenza -Rilevanza dell'efficacia soggettiva dell'atto -Effetti. 

Ai fini della determinazione dell'ambito di applicazione del criterio 
di ripartizione della competenza fra i T.A.R. in materia di pubblico impiego 
ai sensi del 2� comma, ultima parte, dell'art. 3 della legge 6 dicembre 
1971, n. 1034 (il quale stabilisce, in deroga ai criteri generali di ripartizione 
della competenza fra i T.A.R., che in ordine ai provvedimenti adottati 
nei confronti dei pubblici dipendenti da organi centrali dello Stato o 
di enti pubblici a carattere ultraregionale � competente il T.A.R. nella cui 
giurisdizione si trova la sede di servizio del dipendente alla data di emissione 
dell'atto impugnato) occorre operare una interpretazione rigorosa 
di detta normativa di favore del pubblico dipendente, posta la sua natura 
derogatoria che preclude ogni possibilit� di estensione oltre i termini 
e i casi in essa previsti, di tal che essa operer� solo con riferimento ai 
pubblici dipendenti in servizio alla data di emissione dell'atto, non gi� 
al dipendente gi� collocato in pensione per limiti di et�, il cui giudice 

-competente andr� individuato non in relazione al foro del pubblico impiego, 
ma con riferimento ai principi generali in tema di competenza (1). 

Ai fini della determinazione della competenza in ordine ad un 
ricorso avverso un provvedimento ministeriale di rigetto di una istanza 
di riconoscimento dell'equo indennizzo per una menomazione fisica verificatasi 
in conseguenza di zm servizio prestato nell'Amministrazione dello 

(1-2) Sulla natura derogatoria che comporta di necessit� una interpretazione 
rigorosa dell'art. 3, 2� comma, L. 1034/1971, cfr. VI Sez., 19 dicembre 1975, 

n. 707, in Il Consiglio di Stato, 1975, I, 1443; VI Sez., 24 gennaio 1976, n. 114, 
ivi, 1976, I, 241. Si ricordi che l'espressione � pubblico dipendente in servizio� 
non deve essere intesa esclusivamente come servizio attivo, ma ricomprende 
anche tutte quelle situazioni destinate ad affievolire il rapporto (comando, fuori 
ruolo, aspettativa, disponibilit�), ma che non escludono comunque che il dipendente 
sia da considerarsi ugualmente �in servizio� (cfr. VIRGA, I Tribunali am-, 
ministrativi regionali, Milano 1972, 33 e sgg.). 



584 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Stato va tenuto presente l'elemento non equivoco dell'efficacia soggettiva 
dell'atto in relazione all'ubicazione del destinatario" del provvedimento 
individuale il cui effetto, in quanto riferito ad un soggetto determinato, 
acquista in conseguenza della soggettivizzazione una dimensione spaziale, 
suscettibile conseguentemente di individuare l'efficacia territoriale del 
provvedimento; tale localizzazione prescinde dal carattere negativo del 
provvedimento, posto che la lo�alizzazione. dell'efficacia' va fatta non solo 
in relazione alla pretesa del ricorrente ma soprattutto con riferimento al 
corrispondente provvedimento positivo richiesto e al luogo di esecuzione 
dello stess9 (nella specie la Direzione Provinciale del Tesoro competente 
al pagamento) (2). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 4 aprile 1978, n. 254 -Pres, (ff.) Pezzana, 
Est. Agresti -Torlonia (avv.ti Guarino e Lubrano) c. Ministero pubblica 
istruzione (avv. Stato Vitucci). 

-Demanio e patrimonio -Antichit� e belle arti -Vincolo di notifica ai sensi 
della l. 1� giugno 1939, n. 1089 -Motivazione congrua � Necessit�. 

Demanio e patrimonio -Antichit� e belle arti -Vincolo di interesse storicoartistico 
-Complessi artistici e monumentali -Criteri -Specificazione. 

Il provvedimento con il quale l'Amministrazione per i� beni culturali e 
ambientali impone un vincolo di interesse storico-artistico ai sensi della 
legge 1� giugno 1939, n. 1089, per potersi ritenere congruamente motivato, 
deve contenere le seguenti specificazioni: a) individuazione precisa dei 
beni colpiti dal vincolo; b) indicazione delle caratteristiche obiettive della 
cosa da vincolare; e) specifico riferimento agli eventi storici cui la stessa 
risulti in ipotesi collegata e che la caratterizzino conseguentemente rispetto 
ad altre cose uguali o similari; d) giudizio tecnico che giustifichi 
il. valore storico o artistico della cosa; e) indicazione esatta e analitica 
della natura ed estensione dei limiti del vincolo (1). 

� irrilevante e pertanto non idonea a configurare vizi del provvedi~ 
mentQ di vincolo la circostanza di fatto che un bene oggetto di tutela 
come complesso artistico e monumentale sia stato in un primo tempo 
ritenuto meritevole di protezione sotto lo specifico profilo dell'interesse 
storico e solo successivamente sotto il diverso profilo dell'interesse 
artistico, ci� in quanto dev� ritenersi consentita alla P.A. la facolt�, insin


{1-2) Cfr. in termini Sez. VI, 19 .giugno 1963, n. 350, in Il Consiglio di Stato 
1963, I, 1039; Sez. IV, 11 dicembre 1973, n. 1225, ivi, 1973, I, 1840; Sez. IV, 12 novembre 
1974, n. 789, ivi, 1974, I, 1387. Sui requisiti di forma e di motivazione dei 
vincoli previsti dalla 1. 1089/1939 cfr. fusius ALIBRANDI�FERRI, I beni culturali e 
ambientali, Milano 1978, 256 e sgg. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 585 

dacabile, di procedere, in sede di riesame, a diverse valutazioni dei criteri 
da seguire, idonei a giustificare l'imposizione del provvedimento di notifica 
(2). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 febbraio 1978, n. 20 (ord.za) -Pres. 
Aru, Est. Lignani -Di Fazio (avv. Prospf:!retti) c. Regione Puglia 
(n.c.), Comune di San Severo (avv. Troccoli) e Operamolla ed altro 
(n.c.) -Appello ord.za T.A.R. Puglla, 6 luglio 1977, n. 481. 

Giustizia amministrativa � Ricorso giurisdizionale � Giudizio di appello . 

Ordinanza di sospensione � Appellabllit� � Opere pubbliche e impianti 

.industriali � Non manifesta infondatezza �per contrasto con artt. 3, 24 

e 113 Costituzione, dell'art. 5 u.c. I. 1/1978. 

Non � manifestamente infondata la questione di costituzionalit�, per 
contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, dell'art. 5 u.c. della 
legge 3 gennaio r978 n. 1, laddove esclude l'impugnabilit� innanzi al 
Consiglio di Stato. dell'ordinanza del T.A.R. emessa sull'istanza di sospen-� 
sione dell'esecuzione dei provvedimenti impugnati nelle materie relative 
ad �secuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali 
disciplinate dallo stesso testo normativo (1). 

(1) La Sezione trae lo spunto dalla dizione del testo normativo di cui all'art. 
5�della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (Accelerazione delle procedure per la 
esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali) per affermare, 
anzitutto ed esattamente, che esso costituisce comunque una ulterio~e 
conferma della volont� del legislatore di ritenere come regola generale il principio 
della ammissibilit� della impugnativa in via immediata e diretta avverso 
le ordinanze del T.A.R. emesse in sede di istanza di sospensione, ammissibilit� 
affermata .dalla stessa Sezione con ordinanza 22 aprile 1977, n. 29 (in Il Consiglio 
di Stato 1977, I, 563) e confermata dalla Ad. Plenaria con la decisione 
n. 1/1978 (supra massimata) pressoch� contemporanea alla entrata in vigore 
della legge n. 1/1978. 
In� relazione .alle perplessit� sorte in sede interpretativa circa la valutazione 
della portata dell'art. 5, ultimo comma, .di detto testo normativo, e pi� 
precisamente se esso vada riferito esclusivamente alle ordinanze indicate nei 
precedenti commi dello stesso articolo (come ci sembra di dover ritenere) e 
relative quindi alle sole materie oggetto della legge stessa o non piuttosto indistintamente 
a tutte le ordinanze di sospensione pronunciate dai T.A.R. la Sez. 
VI, coh ordinanza n. 452 del 21 marzo 1978 (in La Settimana Giuridica 1978, I, 
197) ha ritenuto opportuno investire l'Adunariza Plenaria, della quale non resta 
che attendere le decisioni. 

La legge 3 gennaio 1978, n. 1, � stata anche sottoposta al giudizio della 
Corte Costituzionale con ricorso depositato il 22 febbraio 1978 dalla Giunta 
Regi�nale della Lombardia. 

Per una interessante e vivace critica dell'art. 5 del citato testo legislativo 
cfr. MORETTI B., Giustizia amministrativa e ingiustizia legislativa (a proposito 
della l. n. 1 del 1978 e della Ad. Plen. 20 gennaio 1978, n. 1) in Foro Amm.vo 
1978, I, 2, 20. 



�RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 3 marzo 1978, n. 309 -Pres. Levi Sandri, 
Est. Virgilio -Provveditore agli studi di Verona e Ministero pubblica 
istruzione (avv. Stato Caramazza) c. Visentini ed altri (avv. Filippi) e 
Pongilupi ed altri (n.c.) -Appello avverso T.A.R. Veneto, 24 gennaio 
1977, n. 156. 

Giustizia amministrativa � Giurisdizione � Appello � � Jus novorum � � 
Inammissibilit� -Estensione e limiti. 

Impiego pubblico -Insegnante medio -Nomina in ruolo� Art. 17 1. 477/1973 
e successiva circolare n. 29/1976 -Impugnativa di atto di mera esecuzione 
-Omessa impugnazione della circolare � Inammissibilit�. 

Rientrano nel divieto di proporre domande ed eccezioni nuove in 
appello tutte le domande destinate ad alterare i presupposti e la natura 
delle richieste formulate in primo grado, rimanendo pertanto esc1use da 
siffatto divieto le nuove eccezioni di merito e le difese non proposte in 
primo grado, le quali, indipendentemente dalle posizioni processuali delle ~ 
parti, risultino idonee a respingere la pretesa originaria (1). 

I 

Poich� con il Decreto .Ministeriale 7 marzo 1974 del Ministro della 

P.I. venne demandato ai Provveditorati agli Studi unicamente lo speci-
I 

fico e determinato potere di compilare le graduatorie per l'immissione in ,.f: 
~ 
ruolo ai sensi dell'art. 17 l. 30 luglio 1973, n. 477, degli insegnanti medi, ~ 
mentre solo con successiva circolare ministeriale n. 29 del 9 febbraio 1976 ~ 

I 
I 
f: 

vennero fissati i criteri e le modalit� da seguire per detta ~ompilazione 
delle graduatorie, � inammissibile il ricorso proposto avverso la graduatoria 
qualora non risulti con esso impugnata, quale atto presupposto, anche 
la predetta circolare n. 29 (2). 

I 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 7 marzo 1978, n. 322 � Pres. Daniele, Est. ~ 
!annotta -Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Braguglia) c. 
Scarnati ed altro (n.c.) -Regolamento di competenza. 

I 

Competenza e giurisdizione � Impugnativa di atti connessi � Competenza 
del T .A.R. del Lazio � Condizioni. 

� fissata la competenza del T.A.R. del Lazio per l'intera controversia 

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ove si tratti di impugnative proposte in un unico contesto e dirette contro 
un atto generale e a carattere normativo dell'Autorit� centrale nonch� E 

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(1-3) Sulla impugnativa contemporanea di atto normativo e di atto ap1pli! 
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cativo emesso da una autorit� periferica cfr. Ad. PI. 19 aprile 1977, n. 5, in 
Foro Amm.vo, 1977, I, 2, 745; Sez. VI, 7 febbraio 1978, n. 207, in Il Consiglio di 

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Stato, 1978, I, 276; Sez. IV, 4 aprHe 1978, n. 281, ivi, 1978, I, 568; Sez. VI, 13 mag\gio 
1977, n. 411, ivi, 1977, I 847; Sez. VI, 28 gennaio 1977, n. 38; ivi, 1977, I, 159. 

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PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 587 

contro l'atto applicativo del primo che� risulti emanato da� un'Autorit� 
periferica, ogniqualvolta l'illegittimit� dell'atto applicativo sia da ricollegare, 
in funzione derivativa, alla illegittimit� dell'atto generale a carattere 
normativo che ne costituisce il presupposto (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 17 marzo 1978, n. 374 -Pres. (ff.) !annotta, 
Est. Virgilio -Ministero pubblica istruzione (avv. Stato Imponente) 

c. Congedo (avv. Marzo) -Regolamento competenza. 
Competenza e giurisdizione � T.A.R. � Regolamento di competenza � Termine 
per la proposizione della istanza � Decorrenza �.Computo � Perent�riet�. 


Giustizia amministrativa � Giurisdizione � Procedimento innanzi al 

T .A.R. � Termine per la costituzione delle parti � Sospensione feriale 
ex I. 742/1969 � Applicabilit�. 
Competenza. e giurisdizione � Giudizio amministrativo � Principi generali 


T.A.R. -Regolamen~o di competenza� Determinazione� Criteri� Limiti. 
Il termine di decadenza per la proposizione dell'istanza di regolamento 
di competenza fra i T.A.R. ai sensi degli artt. 21, 22 e 31 della 
legge 6 dicembre 1971 n. 1034 � di 20 giorni dalla costituzione in giudizio; 
a tale fine va considerato perentorio (anche se tale non � ai fini della 
semplice costituzione) il termine fissato dall'art. 22, primo comma, della 
citata l. 1034 per il deposito da parte del ricorrente, ch� diversamente 
non potrebbero realizzarsi la lettera e lo spirito dell'art. 31 della legge, 
il quale pone un breve termine alla proposizione del regolamento allo 
scopo evidente di definire sollecitamente la questione di competenza (1). 
� La determinazione del te.rmine utile per la costituzione in giudizio 
davanti ai T.A.R. a( sensi della l. 6 dicembre 1971 n. 1034 non risulta 
fissata con riferimento all'avvenuto deposito del ricorso, bens� al termine 
astrattamente fissato per il deposito stesso, posto che la parte resistente 
� a conoscenza solo della data di notificazione del ricorso e non pu� 
sapere n� presumere_ quando verr� effettuato concretamente il deposito 
del ricorso presso la Segreteria del T.A.R.; e poich� il termine iniziale ai 
fini di controllare la ritualit� della costituzione comincia a decorrere 
dall'ultimo giorno utile per .il deposito del ricorso (indipendentemente 
dalla data effettiva del deposito), detta scadenza. viene necessariamente 
influenzata da tutte le cause di sospensione o interruzione del termine 

(1-3) Decisione esatta e pienamente da condividere. Cfr. Sez. VI, 14 novembre 
1975, n. 617, in Il Consiglio .di Stato, 1975, I, 1268; Sez. IV, 30 marzo 1976, n. 234, 
ivi, 1976, I, 329. 



588 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

per legge previste, ivi compresa, in particolare e principalmente, la 
sospensione feriale prevista dalla legge 7 ottobre 1969 n. 742 (2). 

Posto che la competenza va ricollegata solo al contenuto della domanda 
giudiziale, co!11e risulta proposta, indipendentemente dall'accertamento 
della sua infondatezza, essa si determina a priori e deve essere 
decisa sulla base della sola domanda, indipendentemente da ogni indagine 
sulle richieste (principali e subordinate) proposte nel ricorso, poich�, 
diversamente, si renderebber� necessari preventivamente l'esame e la 
discussione della vertenza con l'ulteriore cons~guenza di subordinare ad 
una eventuale decisione parzial� di merito sulla domanda principale il 
criterio per la determinazione d~lla competenza stessa (3). 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. VI, 18 aprile 1978, n. 492 -Pres. Levi Sandri, 
Est. Santoni Rugiu G. -Comune di Venezia (avv.ti Benvenuti, Mascarin 
e Lorenzoni) c. Ministero marina mercantile e Capitaneria di 
Porto di Venezia (avv. Stato Caramazza). 

D~manio e patrimonio � Tutela � Criteri per la sdemanializzazione � Presupposti 
� Diniego � Legittimit� � Sussiste anche in relazione a richie� 
ste del Comune. 

Dema;nio e patrimonio -Beni del demariio marittimo -Disciplina -Rapporto 
con i piani regolatori comunali � Effetti in tema di sdemaniaIizzazione. 


L'Amministrazione preposta alla tutela del bene demaniale ben pu� 
rifiutare la sdemanializzazione del bene richiesta dal Comune adducendo 
nella motivazione del rifiuto il persistere delle caratteristiche fondamentali 
del bene stesso in quanto idonee a soddisfare meglio esigenze di uso 
pubblico (1). 

Anche se la particolare disciplina dei piani regolatori generali � 
idonea ad incidere su tutto il territorio comunale, ricomprendendovi anche 
i beni del demanio marittimo, ci� comporta peraltro solo che il 
Comune debba essere sentito dall'Amministrazione statale; con il che 
resta esclusa la possibilit� che il Comune possa influenzare, in funzione 
del P.R.G. o del R.E. la sdemaniali'{.zazione dei terreni demaniali compresi 
nel territorio comunale, la quale potr� pertanto essere rifiutata ove 

(1-2) Decisione esatta e pienamente da condividere in quanto costituisce 
puntuale applicazione della normativa contenuta nell'art. 10 della legge 6 agosto 
1967, n. 765, che, come � noto, ha sostituito l'art. 31 della legge urbanistica 
(17 agosto 1942, n. 1150) prevedendo che per le opere da eseguirsi su terreni 
demaniali, compreso il demanio marittimo e ad eccezione delle opere destinate 
all~ difesa ,nazionale, compete alla Amministrazione dei lavori pubblici, di 


PARTE I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 589 

l'Autorit� competente ravvisi la necessit� di conservare il bene demaniale 
e di siffatta esigem,a dia congrua e adeguata motivazione al Comitne 
(2). 

intesa con le Amministrazioni interessate e sentito il Comune, di accertare che 
le opere stesse non risultino in contrasto col piano regolatore e col regolamento 
edilizio vigenti nel territorio comunale in cui esse sono destinate a ricadere. 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO, Sez. I, 11 gennaio 
1978, n. 42 -Pres. Tozzi -Est. Alibrandi -~ociet� Italcementi (avv.ti 

A. e M. Pallottino) c. Regione Lazio (avv.ti Ramelli di Celle, Colica), 
Comune di Tolfa (avv. Venitucci), Ministero industria e commercio 
(avv. Stato Bruno), Ingegnere Capo distretto minerario di Roma (n.c.). 
Edilizia e urbanistica � Piano regolatore -Vincolo di zona -Soggetti legittimati 
all'impugnazione -Individuazione. 

Edilizia e urbanistica � Piano regolatore -Pianificazione urbanistica del 
territorio � Beni del demanio minerario -Esclusione. 

Anche la sola imposizione di un vincolo di zona che risulti dal piano 
regolatore costituisce elemento sufficiente a concretare gli estremi della 
lesione delle posizioni soggettive dei proprietari di aree comprese nella 
zona stessa (1). 

(1-2) Limiti alla pianificazione urbanistica regionale e comunale. 

Trattasi di un ricorso avverso la delibera 18 luglio 1975, n. 2801, della 
Giunta Regionale del Lazio con la quale era stato approvato il nuovo pianp 
regolatore generale del Comune di Tolfa. 

La decisione, pregevole e lineare nella motivazione, � esatta e pienamente 
da condividere. 

Essa costituisce, se non andiamo errati, uno dei primi esempi di puntuale 
applic'hzione della nuova disciplina normativa collegata al trasferimento di competenze 
alle Regioni per effetto del d.P.R. 24� luglio 1977, n. 616, di attuazione 
della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382; detto D.P.R., come 
� noto, agli artt. 50, 61 e 62 ha disposto il trasferimento delle relative funzioni 
amministrative statali alle Regioni solo per le acque minerali e termali, le cave 

e le torbiere, con esclusione delle miniere (come previsto, del resto, dall'articolo 
'117 della Costituzione; cfr. anche d.P:R. 14 gennaio 1972, n. 2), per le quali � 
rimasta ferma la competenza statale. 

Come rilevato nella motivazione della decisione de qua, la legislazione anteriore 
al trasferimento delle funzioni alle Regioni era rappresentata, da un lato, 
dal 2� comma dell'art. 31 della legge urbanistica (nel testo risultante dall'art. 
10 della legge 6 agosto 1967, n. 765: �Per le opere da eseguire su terreni demaniali, 
compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate allf! 
difesa nazionale, compete all'Amministrazione dei lavori pubblici, d'intesa con 

6 



590 RASSEGNA DELL'AVVQCATURA DELLO STATO 

I beni del demanio minerario non possono essere ricompresi negli 
atti, di competenza regionale o comunale, di pianificazione urbanistica del 
territorio qualora difetti il previo concerto, b intesa, con ..le amministrazioni 
statali interessate, e ci� in forza alla �disciplina territoriale delle 


le� amministrazioni ~nteressate e sentito il Comune, ac,certare che le opere stesse 
non siario in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore generale o del 
regolamento edil.jzio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono �; 
l'eventuale contrasto, quindi, doveva esser accertato dalle amministrazioni statali 
competenti sentito il Comune) e, dall'altro, dall'art. 10, ,2� comma, lett. b) e 
c) della stessa legge urbanistica (come modificato dall'art. 3 della citata legge 
765/1967, a norma della quale spettava allo Stato, in sede di approvazione del 
piano regolatore generale, il potere di introdurre anche dtuffu:io 'le modifiche 
che risultassero indispensabili ad assicurare il rispetto di interessi di preminente 
rilievo nazionale e precisa:rp.ente: � ...b) la riu.ionale e coord�nata sistemazione 
delle opere e degli impianti di interesse dello Stato; c) la tutela del 
paesa~gio e di complessi storici, monumentali, arp,bientali e archeologici�). 


Con il passaggio delle funzioni alle Regioni in materia urbanistica, non sussiste 
pi� il potere di approvazione ministeriale dei piani regolatori, con conseguente 
carenza di tutela, sotto tale profilo, degli interessi statali coinvolti nella 
pianificazione territoriale; peraltro, in linea con la analoga decisione 14 luglio 
1976, n. 175, della Corte Costituzionale (in Giustizia Civile 1976, III, 416), emanata 
con specifico riferimento al problt:ma di tutela di un parco nazionale (del 


Circeo) compreso in un piano regolatore regionale, il T .A.R. nella decisione in 
rassegna ha ribadito la necessit� che intervenga costantemente l'intesa tra Comune,. 
Regione e competenti Organi dello Stato ogniqualvolta nel piano regolatore 
�figurino comprese parti incidenti su� beni di interesse statale; tale intesa 
non pu� risolversi in un atto a contenuto meramente tecnico e di natura consultiva, 
ma � deve implicare una precisa deliberazione dispositiva degli interessi 
in gioco (di natura, quindi, propriamente provvedimentale) � ad opera dell'organo 
di amministrazione attiva preposto alla cura dello specifico interesse sta


. tale da salvaguardare. 
La decisione, conseguentemente, recepisce in toto la linea difensiva svolta 

'daJ.l'Avvocatura con memoria 4 novembre 1977 (avv. Stato Bruno), nella quale 
viene, fra l'altro, espressamente ribadito il costante insegnamento giurisprudenziale 
che esclude la possibilit� di individuare,� nella legge urbanistica, una 
normativa idonea a limitare la propriet� privata nella esplicazione di attivit� 
diverse .da quella costruttiva, quale, per l'~ppunto, l'attivit� mineraria, la quale 
dunque non pu� essere ritenuta soggetta a tale disciplina n� sotto il profilo 
della necessit� della licenza edilizia, n� sotto quello della concessione edilizia di 
cui all'art. l della recente legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la edificabilit� dei 

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suoli, posto che l'attivit� mineraria non � attivit� di trasformazione urbanistica 
ed edilizia d�l territorio comunale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 12 lu


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glio � 1968, n. 1121, in Il Consiglio di Stato 1968, I, 1221; 3 aprile 1970, n. 3.25;( 
ivi, 1970, I, 618; 21 aprile 1972, n. 271, ivi, 1972, I, 644; 22 maggio 1964, n. 574, ivi, ' 
1964, I, 962; 5 giugno 1964, n. 654, ivi, 1964, I, 1174; T.A.R. Toscana, �4 novembre 


I 

1974, n. 149, in I Tribunali Amministrativi Regionali, 1975, I; 195; T.A.R. Marche t 
20 maggio 1975, n. 50, ivi, �1975, I, 2361; T.A.R. Piemonte, 28 maggio 1975, n. 161,Jvi, i 
~ 

(

1975, I, 1287; contra T.A1R. Emilia Romagna, 27 novembre 1975, n. 554, ivi, 1976, I, 
174, con riferimento espresso, comunque, in motivazione all'elemento qualificativo 
della costruzione e alla rilevanza. quantitativa del manufatto, da rapportarsi 
ai luoghi e caratteristiche degli stessi). 


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PARm I, SEZ. V, GIURISPRUDENZA AMMINISTRATIVA 591 

miniere alle quali il legislatore, costituzionale e ordinario, sul presupposto 
dell'interesse prevalentemente statuale dal1e stesse rivestito, ha tenuta 
ferma la riserva di competenze dello Stato (2). 

A proposito dei limiti di estensione della normativa introdotta dal citato 
art. 1 della legge n. 10/1977, sembra preclusa la possibilit� di una applicazione 
della disciplina della concessione anche relativamente agli interventi restaurativi 
previsti dagli artt. 14 e 16 della legge 1� giuigno 1939, n. 1089. 

Invero -anche se non risulta che la q�estione abbia formato ex professo 
oggetto di specifica indagine in sede giurisprudenziale -gli interventi diretti 
previsti dagli artt. 14 e 16 della legge citata si ricollegano direttamente all'esercizio 
di una inderogabile funzione istituzionale di tutela, esercizio, cio�, di un 
potere-dovere fissato per legge, attribuito all'autorit� statale, di natura squi� 
sitamente pubblicistica, cui sono e debbono rimanere estranee ,.._ e quindi 
inapplicabili -normative volte a disciplinare attivit� diverse, come l'istituto 
della concessione per la edificabilit� dei suoli. 

Va sottolineata, peraltro, la distinzione fra le ipotesi di cui ai citati artt. 
14 e 16 da quelle concementi gli interventi dell'Amministrazione dei beni culturali 
e ambientali nei progetti dei privati ex art. 18 L 1089/11939, relativamente 
ai quali l'approvazione della Soprintendenza, pur mantenendo la su� autonomia 
in relazione alle valutazioni tecniche alla stessa demandate, costituisce una 
soltanto delle condizioni richieste al privato, il quale dovr� conseguentemente 
munirsi anche della concessione nelle forme previste dalla legge sulla edificabilit� 
dei suoli. 

Si ricordi, infine, per i suoi indubbi riflessi sulla problematica della ripartizione 
delle competenze in materia di lavori eseguiti da amministrazioni pub� 
bliche, che ai sensi dell'ultimo comma dell'art, 9 della legge n. 10/1977 restano 
ferme le norme di cui agli artt. 29 e 31, 2� comma, della citata legge urbanistica 
1150/1942, la quale, come � noto, (cfr. art. 29), demanda al Ministero dei 
Lavori pubblici l'accertamento della conformit� alle prescrizioni di piano regolatore 
e di regolamento edilizio relativamente alle opere da eseguirsi da Amministrazioni 
dello Stato; tale normativa ha trovato recentemente ulteriore, sostanziale 
conferma nel 2� comma dell'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, 
il quale ribadisce per l'appunto la competenza dello Stato a compiere siffatto� 
accertamento, d'intesa con la Regione interessata. 

RAFFAELE TAMIOZZO 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA SARDEGNA, 22 
febbraio 1978; n. 105 -Pres. Eboli -Est. Turco -Mozzarini (avv.ti 
Coni e Marras) c. Ministero beni culturali e ambientali (Avv.tura 
distr. Stato). 

Demanio e patrimonio -Beni storici e artistici -Notifica di zona di interesse 
archeologico � Motivazione � Motivazione � per reladonem � Legittimit� 
-Fattispecie. 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Demanio e patrimonio -Beni storici e artistici -Notifica di zona di inte


resse archeologico� -Motivazione -Rilevanza delle valutazioni tecnico


amministrative -Effetti. 

Costituisce idonea e sufficiente motivazione di un vincolo di importante 
interesse archeologico su una determinata zona territoriale ai sensi della 
legge 1� giugno 1939 n. 1089 il richiamo espresso, contenuto nel provvedimento 
di vincolo, ad una ampia e circostanziata relazione scientifica 
del competente Sopraintendente alle antichit� che evidenzi gli studi approfonditi 
compiuti sulla zona per anni e i risultati acquisiti in sede di 
indagine esplorativa del terreno in questione (1). 

Sussiste piena discrezionalit� tecnico-amministrativa del competente 
Ministero per i beni culturali e ambientali nella determinazione della 
importanza dei ritrovamenti archeologici e della estensione delle zone di 
esplorazione ai fini di operare gli interventi di tutela necessari a garantirne 
la conservazione, essendo limitata, in sede di giudizio di legittimit�, 
l'indagine al solo accertamento della insussistenza oggettiva dei presupposti 
per l'imposizione del provvedimento di vincolo, o della presenza 
del vizio di illogicit� nel vincolo stesso (2). 

(1-2) Chiara e precisa decisione, che conferma ancora una volta la estensione 
della sfera di esercizio della potest�-funzione di tutela delle zone di interesse 
archeologico, demandata agli origani della Amministrazione dei beni culturali 
e ambientali, ai quali � e deve essere riservato il maggior margine possibile 
di discretionalit�, anche nella scelta degli strumenti amministrativi di 
tutela (vincolo diretto, indiretto, esproprio, etc.), ci� in relazione alla particolare, 
specifica importanza del bene oggetto di protezione, l'area da esplorare, 
la quale pu� essere sottoposta a ricerche contestualmente alla imposizione del � 
vincolo, ma pu� anche essere (e in genere �) destinata ad esplorazioni future, 
con ci� evidenziandosi la sua specifica qualificazione di patrimonio scientifico 
in senso stretto. 


-. 
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' 
SEZIONE SESTA 

GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 3 aprile 1978, n. 1502 -Pres. Mirabelli Est. 
Carnevale -P. M. Minetti (conf.) -Ministeri delle Finanze e del 
Tesoro (avv. Stato Carafa) c. Amori. 

Imposte e tasse in genere -Violazione di leggi finanziarie e valutarie Pena 
pecuniaria -Caratteri. 

(I. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3 e 8; r.d. 5 dicembre 1938, n. 1928, artt.' 3 e 4). 
Imposte e tasse in genere -Violazione di leggi finanziarie e valutarie Pena 
pecuniaria -Prescrizione -Decorrenza -Atti interruttivi -Verbale 
di accertamento -Interruzione con effetto istantaneo. 
(cod. civ., art. 2943; I. 7 gennaio 1929, n. 4, artt. 3 e 17). 

La pena pecuniaria, quale sanzione civile, si distingue dalla sanzione 
penale perch� in caso di inesecuzione per insolvibilit� non d� luogo a 
conversione in pena detentiva, nel caso di illecito addebitabile a pi� 
persone non � irrogata distintamente e per intero a ciascun sogg�tto ma 
� unitariamente inflitta in solido a tutti i responsabili, ha un regime particolare 
quanto alla continuazione, � direttamente imputabile anche alle 
persone giuridiche, � trasmissibile agli er�di del trasgressore, ed � irrogata 
con provvedimento amministrativo (1). 

La prescrizione del diritto alla riscossione della pena pecuniaria decorre 
dal giorno della commessa vioiazione; essa � interrotta dalla contestazione 
eseguita con il verbale di accertamento, ma l'interruzione ha 
soltanto effetto istantaneo (2). 

(Omissis). -Con l'unico motivo del loro ricorso -denunciando 
la violazione e la falsa applicazione degli artt.. 3 del r.d.l. 5 dicembre 
1938, n. 1928, 17 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, 2934, 2935, 2943 e 2945 

(1-2) La prima massima delinea con preclSlone i caratteri distintivi della 
pena pecuniaria rispetto �alla sanzione penale. Al riguardo si pu� solo rilevare, 
quanto all'imputabilit� della pena pecuniaria direttamente alla persona giuridica, 
che obbligato principale per la sanzione deve ritenersi la persona fisica 
che ha la rappresentanza mentre la persona giuridica � responsabile in via 
sussidiaria (contra Cass., 22 luglio 1976, n. 2903 in questa Rassegna, 1977, I, 147 
con annotazione critica). Rigua11do al procedimento sanzionatorio sembra troppo 
assoluta l'affermazione che esso � totalmente dichiarativo; � sicuramente dichiarativo 
il procedimento volto all'accertamento della violazione ed alla determinazione 
dell'obbligazione tributaria che fa da presupposto della sanzione, ma � 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELl..O STATO 

cod. civ., nonch� dei principi generali in materia di interruzione della 
prescrizione -le Amministrazioni del Tesoro e delle Finanze sostengono 
che la prescrizione del diritto alla pena pecuniaria prevista per le 
infrazioni valutarie resta interrotta per tutta la durata del procedimento 
amministrativo di accertamento dell'infrazione. 

Deducono in proposito che l'atto iniziale del detto procedimento 
-previsto dalla legge come necessario sia per l'accertamento delle 
violazioni contestate al trasgressore, sia per la conseguente applicazione 
in concreto della pena astrattamente comminata dalla norma -deve 
essere assunto nella categoria degli atti interruttivi della prescrizione 
ad efficacia continuativa, in base al principio, che trova il suo riflesso 
normativo nella disposizione contenuta nell'art. 2945, capoverso, cod. civ., 
secondo . cui, rispetto alla durata degli effetti degli atti interruttivi della 
prescrizione, opera il criterio della corrispondenza tra causa ed effetto, 
ed al relativo corollario della durata dell'effetto interruttivo per tutto 
il pedodo durante il quale � operante la causa di interruzione; con la� 
conseguenza che la prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione 
della pena pecuniaria non corre per tutto il tempo in cui sussiste la 
causa .dell'interruzi~ne, cio� per tutto il tempo in cui � pendente il 
procedimento amministrativo. Aggiungono che -non essendo consentito 
allo Stato, durante la pendenza del procedimento amministrativo, di far 
valere altrimenti il . proprio diritto -dovrebbe trovare applicazione 
il principio, sancito dall'art. 2935 cod. civ., secondo cui la prescrizione 

costitutiva la determinazione discrezionale della misura della pena pecumana. 
infine in ordine alla trasmissibilit� agli eredi dell'obbligazione, si pu� rilevare 
che oggi le sanzioni depenalizzate che sono sicuramente sanzioni civili e, in 
materia tributaria e valutaria, sono irrogate con lo stesso procedimento della 

legge 7 gennaio 1929, n. 4, si estinguono con la morte del trasgressore (artt. 4, 
10 e 11 legge 24 dicembre 1975, n. 706). 

Sull'argomento della seconda massima, mentre� si riconosce concordemente 
il valore interruttivo del verbale di contestazione, si � attribuito ad esso effetto 
durevole fino alla conclusione del procedimento sanzionatorio con la sent. 29 ottobre 
1974, n. 3261 (lmp. dir. erar., 1975, 17) ed invece effetto istantaneo con la 
sent. 28 giugno 1975, .n. 2559 (in questa Rassegna, 1975, I, 895); altre pronunzie 
sono meno precise sul ipunto specifico (17 maggio 1969, n. 1692; 27 gennaio 1971; 

n. 207; 21 aprile 1972, n. 1264; 7 aprile 1976, n. 1223, ivi, 1969, I, 707; 1971, I, 426; 
1972, I, 499; 1976, I, 608). 
La soluzione della sentenza in esame desta perplessit�. In essa si riconosce 
ampiamente che la regola dell'art. 2945, secondo comma e.e. si applica anche ai 
procedimenti amministrativi che, �come quelli giurisdizionali, secondo la norma 
di portata generale dell'art. 141 de�'abrogata le~ge di registro, impongono alle 
parti una fase di attesa, ma si limita l'applicabilit� di tale ,principio ai ricorsi 
amministrativi a carattere sostanzialmente contenzioso, nei quali la P.A., in una 
funzione di giustizia, emette una decisione amministrativa e non al procedimento 
sanzionatorio nel quale la P.A. interviene come parte creditrice, 

In generale la restrizione appare eccessiva perch� anche nei procedimenti 
amministrativi tipici (diversi dai ricorsi contenziosi) nei quali l'Amministrazione 


PARTE I; SEZ. V:I, GIURISPRUDENZA TRmUTARIA 595 

comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere. 
Rilevano �ancora che, dovendo tenersi corito della fondamentale distinzione 
tra attivit� decisoria della controversia e attivit� satisfattoria "del 
diritto, non pu� dubitarsi che il Ministro del Tesoro, quando giudica 
su una controversia in materia di infrazioni valutarie, agisce come 
organo decidente, operando super partes ed adempiendo urta funzione 
di �giustizia�, che � ben distinta dall'attivit� della parte intesa alla 
realizzazione del credito; con la conseguenza che ~ non potendo l'esercizio 
d'una funzione di � giustizia � soggiacere, come un qualsiasi atto 
di parte, ad un termine acceleratorio, qual'� quello prescrizionale, implicante 
un conflitto di interessi tra soggetti paritetici -, in pendenza 
del procedimento mediante il quale la medesima funzione viene esercitata, 
il diritto dello Stato, come non pu� realizzarsi, cos� non pu� 
neppure prescriversi. Osservano altres� che -costituendo l'espletamen� 
to del procedimento amministrativo anche esercizio del diritto e, anzi, 
il solo modo in cui, prima dell'emanazione del decreto ministeriale, il 
diritto dello Stato possa essere esercitato (non �essendo possibile, prima 
dell'emanazione del provvedimento conclusivo del procedimento, intimare 
il pagamento della pena pecuni;ria e, a fortiori, perseguire coattivamente 
la soddisfazione del credito) -la prescrizione, la quale presuppone 
il non eserc1zio del diritto, non pu� decorrere durante la pendenza 
del procedimento, del quale nessuna norma prevede l'illegittimit� 

o la nullit� ove non si esaurisca entro cinque anni delia data della commessa 
infrazione. Deducono infine che la sentenza impugnata non ha tenuto 
conto dei principi fissati in materia da questa Corte Suprema con 
le sentenze 14 aprile 1969, n. 1186, e 29 ottobre 1974, n. 3264. 
La tesi delle Amministrazioni� ricorrenti, anche se sostenute da argomenti 
che rivelano il notevole impegno dispiegat� dall'accorta difesa 
delle stesse Amministrazioni, non possano essere condivise. 

ha 'il dovere di pronunziarsi, la prescrizione non dovrebbe correre, per n�ssuna 
delle parti, mentre si � in attesa del provvedimento (si pensi alla dichiarazione 
con contestuale domanda di rimborso che deve essere seguita dall'accertamento). 

Ma pi� specificalJlente va approfondita la natura del .procedimento san� 
zionatorio. Con riferimento alla legge 7 .gennaio 1929, n. 4 dovrebbe distinguersi 
la fase .intercorrente tra il verbale di accertamento e la pronuncia dell'ordinanza 
dell'intendente durante la quale la prescrizione potrebbe maturare atteso il 
carattere istantaneo .dell'interruzione operata con il verbale, e la fase successiva 
del ricorso gerarchico al Ministro � contro l'ordinanza dell'intendente che 
sicuramente d� luogo ad una interruzione con effetto durevole (testuale sul punto 
Cass. 26 aprile 1971 n. 2582, in questa Rassegna, 1971, I, 1467). Ma a ben riflettere 
una tale distinzione non sembra . ragionevole. Il procedimento sanzionatorio � 
composito e ad oggetto multiplo: esso � ad un tempo di accertamento, sanzionatorio 
ed esecutivo ed � anche a carattere contenzioso, perch� il provvedimento 
� emesso dopo che il trasgressore � stato invitato a presentare le sue deduzioni 
(art. 55 legge n. 4 del 1929) che possono appunto dar luogo ad istruttorie e valutazioni 
che richiedono tempo; parallelamente la P.A., quanto alla sanzione, 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

596 

� da osservare -anzitutto -che le dette tesi sono state accolte 
da questa Corte Suprema soltanto con la sentenza n. 3264 del 1974, nella 
quale si � osservato che ogni atto del procedimento amministrativo 
volto all'accertamento di una infrazione alle norme in materia valutaria 
� manifestazione della volont� dell'Amministrazione di ottenere il soddisfacimento 
del proprio credito, ed � specificamente diretto a renderlo 
liquido; che, d'altro lato, l'Amministrazione ha, in quella precedente, la 
qualit� di parte che attende la decisione del Ministro-giudice; che, pertanto, 
la pendenza del procedimento non potrebbe -contraddittoriamente 
-essere considerata prova di quella inerzia nel far valere il 
proprio diritto che � il fondamentale della prescrizione. 

L'altra sentenza meno recente (la sent. n. 1186 del 1969), anch'essa 
citata dalle Amministrazioni ricorrenti �come favorevole �lle loro tesi, 
si � invece limitata ad affermare, ribadendo e precisando un principio 
gi� fissato con la precedente sentenza 8 gennaio 1968, n. 34, che i verbali 
di accertamento di un'infrazione valutaria redatti dalla polizia tributaria 
e notificati ai trasgressori sono idonei ad interrompere la prescrizione 
del diritto dello Stato ad esigere la pena pecuniaria, in quanto 
gli organi della polizia tributaria agiscono nell'interesse e in rappresentanza 
del Ministro del Tesoro e i verbali da essi redatti esprimono la 
chiara volont� dell'Amministrazione creditrice di ottenere il soddisfacimento 
del proprio diritto ad esigere la pena pecuniaria che sar� poi 
determinata dal Ministro del Tesoro, mentre non � necessario che l'atto 
interrutivo indichi la misura del credito e che questo sia liquidato nel 
suo ammontare. Con questa sentenza non si � quindi risolto il diverso 
problema, peraltro non sottoposto in quell'occasione all'esame della 
Corte, dell'efficacia -istantanea o continuativa (o permanente) -dell'interruzione 
della prescrizione conseguente agli atti del procedimento 

compie una funzione di giustizia tanto che il suo provvedimento di natura costitutiva 
(rimesso ad un origano superiore all'ufficio tributario) non � soggetto 
ad impugnazione di merito. Il procedimento � del tutto simile a quello che era 
previsto per la pronuncia, in sede ,giurisdizionale, del decreto penale dell'intendente. 
Ci� risulta ancor pi� evidente per le infrazioni valutarie per le quali � previsto 
il parere di una commissione consultiva presso il Ministero del Tesoro. In 
sostanza le deduzioni del trasgressore sulle quali deve pronunziarsi la P.A. equivalgono 
al ricorso amministrativo del trasgressore, che si svolge contestualmente 
a quello di accertamento, e danno luogo ad una fase di attesa inconciliabile 
con il corso della prescrizione. 

Si deve ancora considerare che vi � una combinazione di effetti interruttivi, 
come nel caso dell'accertamento o dell'ingiunzione seguita da ricorso (v. in 
proposito C. BAFILE, Interruzione della prescrizione e solidariet� tributaria, in 
questa Rassegna, 1975, I, 736), dell'atto proveniente dall'Amministrazione (contestazione 
della infrazione e successiva notifica del verbale) e dell'atto proveniente 
dal contribuente {deduzioni) il secondo dei quali, dando luogo alla necessit� 
di una pronuncia in contraddittorio, aggiunge un effetto durevole alla 

interruzione gi� operata dal primo, in ipotesi con effetto istantaneo. 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

amministrativo diretto alla irrogazione delle sanzioni previste per le 
infrazioni alle norme in materia valutaria. 

Il principio secondo cui il procedimento amministrativo iniziato con 
il verbale di accertamento dell'infrazione valutaria comunicato al trasgressore 
incide sul corso della prescrizione per l'intera durata del medesimo 
procedimento, costituendo questo un'attivit� necessaria prima 
del cui esaurimento il provvedimento di irrogazione della pena non pu� 
essere emesso, � stato affermato anche, in epoca pi� recente, dalla sentenza 
7 aprie �l976, n. 1223. Ma, c�me chiaramente emerge dalla motivazione 
di questa sentenza, il principio stesso � del tutto estraneo 
alla ratio decidendi, giacch�, anche in quell'occasione, la Corte Suprema 
era stata investita dell'esame del solo problema se alla comunicazione 
de~ verbale di accertamento dell'infrazione (rectius, al verbale di accertamento 
comunicato al trasgressore) potesse riconoscersi o meno natura 
di atto introduttivo della prescrizione,� natura che i ricorrenti negavano 
sotto il duplice profilo che il detto verbale era privo dell'indicazione 
della somma dovuta e dei requisiti necessari per realizzare una valida 
costituzione in mora �, comunque, non poteva essere compreso tra gli 
atti interruttivi per il principio di tassativit� delle cause di interruzione 
e sospensione della prescrizione. 

Cos� delineato il quadro della giurisprudenza di questa Corte Suprema 
in ordine al problema proposto, � opportuno precisare che l'indagine per 
risolverlo deve muovere da un punto assolutamente fermo nella giurisprudenza 
di .questa Corte in materia di infrazioni valutarie: e cio� dalla 
natura di obbligazione civile dell'obbligazione nascente, a carico del trasgressore, 
dall'infrazione alle norme, valutarie ed avente come contenuto 
il pagamento di una somma a titolo di pena pecuniaria. 

Appare risolutivo in proposito il richiamo, contenuto nell'art. 3 del 

r.d.l. 5 cj.icembre 1938, n. 1928, tra gli altri, dell'art. 3 della legge 7 gennaio 
1929, n. 4, sulla repressione delle leggi finanziarie, a norma del quale 
-ripudiandosi ogni altro criterio distintivo tra illecito penale e illecito 
amministrativo diverso da quello, di natura esclusivamente formale, del 
nomen juris della sanzione comminata per �iascuna categoria di illeciti costituiscono 
illeciti amministrativi le violazioni delle norme per le quali 
sorga, per il trasgressore, l'obbligazione di pagare una somma, a titolo 
di pena pecuniaria, a'. favore dello Stato: obbligazione che, come espressamente 
dispone il secondo comma dello stesso articolO, ha carattere 
civile. 
La pena pecuniaria -quale sanzione tipica dell'illecito amministrativo 
-(di cui quello tributario e quello valutario, soggetto alla stessa disciplina 
del primo, costituiscono particolari species), pur avendo in comune 
con le pene pecuniarie (multa e ammenda) comminate per i reati (rispettivamente, 
delitti e contravvenzioni) la duplice finalit� di reprimere gli ille



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELW STATO 

citi gi� commessi e di prevenire la commissione di altri illeciti -se ne 
distingue tuttavia per la diversa disciplina giuridica, la quale non consente 
di riscontrare tra i due tipi di sanzione altro denominatore comune 
se non quello della comune appartenenza al genus della sanzione. 

Limitando l'indagine all'illecito tributario (e a quello valutario equiparato 
ad esso per la disciplina}, va osservato che la differenza di disciplina 
giuridica tra la pena pecuniaria, quale sanzione dell'illecito amministrativo, 
e le pene pecunia~ie (muita � ammenda) comminate per l'illecito 
penale si coglie principalmente in ci� che -mentre le seconde, in caso 
di mancata esecuzione per insolvi6ilit� del condannato, si convertono. 
(art. 136 cod. pen.) in pene detentive (rispettivamente, reclusione e arresto) 
e, ove il reato sia commesso da pi� persone,' si applicano, in virt� 
dei principi, propri del diritto penale, della responsabilit� personale e 
dell'individualit� della pena, -distintamente a ciascuna di esse -'-, la 
pena pecuniaria comminata per l'illecito amministrativo non � invece 
convertibile in pena detentiva e -nel caso in cui rillecito sia addebitabile 
a pi� persone -d� luogo, in armonia con la natura civile dell'obbligaz:
ione da esso nascente e con il principio della solidariet� che informa 
la disciplina dell'ill�cito civile (art. 2055 cod. civ.), ad un'obbligazione 
solidale a carico di esse (art. 11 della citata legge n. 4 del 1929). 

La diversit� di disciplina tra i due tipi di sanzione � poi confermata 
da ci� che -per poter rendere applicabili alla pena pecuniaria comminata 
per l'illecito tributario (o valutario) criteri per la sua determinazione 
in concreto, entro i limiti minimi e massimi stabiliti dalla legge, analoghi 
a quelli fissati dall'art. 133 cod. pen. per la determinazione della pena e 
il particolare regime previsto per il reato cont�nuato, nel caso di pi� 
violazioni commesse anche in tempi diversi in esecuzione della medesima 
risoluzione -sono state necessarie apposite disposizioni di legge 
(rispettivamente, artt. 4, secondo e terzo comma, e 8, secondo e terzo 
comma, della legge n. 4 del 1929). 

Il carattere di obbligazione civile della pena pecuniaria comporta 
che l'�llecito tributario (o valutario) � direttamente imputabile anche alle 
persone giuridiche (a differenza dell'illecito penale per il quale vige 
il principio sancito dall'art. 27, primo comma, della Costituzione, della 
responsabilit� personale); che l'obbligazione relativa al pagamento della 
pena pecuniaria si trasmette agli eredi del �trasgressore, anche se questi 
sia deceduto prima dell'effettiva irrogazione della s�nzione (sent. 4 luglio 
1962, n. 1703); che alla pena pecuniaria non si applica il principio, fissato 
nell'art. 2, secondo .comma, cod. pen., secondo cui nessuno, pu� essere 
punito per un fatto che, in base ad una legge successiva alla sua emanazione, 
non costituisce reato (sent. 11 agosto 1961, �n. 1974). 

Alla diversa disciplina dei due tipi di illecito sotto l'aspetto sostanziale 
si aggiunge, quale ulteriore connotato distintivo, la diversa natura 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

dei procedimenti pr�visti dall'ordinamento per l'accertamento dell'illecito 
e� per l'applicazione della relativa sanzione. 

Il procedimento mediante il quale viene accertato il reato� e applicata 
la pena � un procedimento tipicamente giurisdizionale, attraverso il 
quale il giudice attua l'interesse generale e obiettivo dell'ordinamento 
e non realizza alcun interesse proprio dello Stato-amministrazione. In 
tale procedimento trovano applicazione i principi costituzionali della 
indipendenza e dell'imparzialit� del-giudice (artt. 101 e 108, secondo comma, 
Cost.) e della garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, 
Cost.). L'atto conclusivo di esso ha natura di sentenza e, quindi, � soggetto 
ai mezzi di impugnazione previsti dall'ordinamento per i provvedimenti 
di questa natura...:... e, in ogni caso, in m.ancanza di altri rimedi, al ricorso 
per cassazione ai sensi del.l'art. 111 della Costituizone -ed � idoneo a 
costituire la �osa giudicata. 

Il procedimento per l'accertamento dell'illecito amministrativo e per 
la determinazione della pena pecuniaria �, invece, un procedimento 
amministrativo, classificabile tra i procedimenti sanzionatori, dei quali 
rappresenta una delle diverse figure. 

In particolare, quello previsto per le trasgressioni in materia valutaria, 
disciplinato dal r.d.l. 12 maggio 1938, n. 794, ha inizio con il verbale 
di accertamento dell'infrazione� redatto dall'ufficio italiano cambi (che 
ha sostituito l'uffieio di ispezione dell'istituto nazionale per i cambi con 
l'estero) e notificato al trasgressore con la fissazione di un t~rmine per 
la presentazione di deduzioni scritte; si svolge attraverso la rimessione 
degli atti, insieme ad una relazione illustrativa, all'apposita commissione 
consultiva istituita presso il Ministero del Tesoro e l'emissione del 
parere da parte di quest'ultima; e si conclude con l'emanazione del 
decreto de1 Ministro per il Tesoro che determina la misura della pena 
inflitta per la trasgressione. 

In tale procedimento la P.A. esercita il potere di supremazia generica 
attribuitole dall'ordinamento e opera n�n gi� per l'attuazione di una 
funzione di giustizia, ma per la realizzazione degli interessi pubblici 
puntuali o specific~ compresi nell'area funzionale affidata alla sua gestione, 
applicando direttamente -nell'esplicazione del potere di autotutela 
istituzionalmente spettantele -le sanzioni stabilite dall'ordinamento per 
garantire l'osservanza delle norme impositive di obblighi e di doveri a 
tutela degli interessi pubblici affidati alle sue cure. 

L'autorit� amministrativa competente ad adottare il provvedimento 

conclusivo del procedimento n�n si trova, quindi, nella �posizione di 

terziet� rispetto agli interessi in conflitto che � propria del giudice, ma 

si presenta come titolare dell'interesse pubblico leso dal trasgressore 

e del diritto alla riscossione della somma dovutale da -costui a titolo 

di sanzione. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

600 

Anche se strutturato in forma contenziosa -essendo consentito 
all'interessato di prospettare le proprie ragioni prima che rautorit� decidente 
adotti il provvedimento conclusivo -, il procedimento sanzionatorio 
deve ascriversi al tipo dei procedimenti in c�ntraddittorio, ma 
senza' lite, in quanto il provvedimento che lo conclude non risolve un 
conflitto di interessi facenti capo a parti distinte, ma attua esclusivamente 
lo specifico interesse dello Stato-amministrazione. di cui l'autorit� 
decidente ha la cura. 

A differenza dei provvedimenti giurisdizionali, il provvedimento senzionatorio 
-per la sua natura di provvedimento amministrativo, classificabile 
tra le deduzioni, diretto a soddisfare direttamente ed esaurientemente 
uno specifico e puntuale i~teresse amministrativo -non � soggetto 
ai mezzi di impugnazione propri delle sentenze -e, in particolare, al 
ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 11_1 della Costituzione -n� � 
suscettibile di dar luogo alla formazione della cosa giudicata. Nei confronti 
di esso � ammessa la tutela giurisdizionale davanti al giudice 

ordinario, in quanto la posizione soggettiva di colui al quale l'autorit� 
amministrativa abbia irrogata la pena pecuniaria si configura come 
diritto soggettivo. Il giudice ordinario pu� conoscere per� soltanto delle 
eventuali illegittimit�, formali o sostanziali, del provvedimento, restandogli 
precluso il sindacato sulla misura della sanzione inflitta, salvo il caso 
in cui questa sia stata irrogata in misura superiore al limite massimo 
fissato dalla legge: la concreta determinazione della pena pecuniaria, 
nell'ambito dei limiti tegali, �, infatti, istituzionalmente riservata all'autorit� 
amministrativa, involgendo valutazioni di merito esulanti dal sindacato 
di mera legittimit� che �il giudice ordinario ha il potere d� esercitare, 
sia pure al solo f;ne di disapplicarli, sui provvedimenti amministrativi 
lesivi di diritti soggettivi. 

L'inquadramento del procedimento sanzionatorio e del relativo provvedimento 
conclusivo nell'ambito, rispettivamente, dei procedimenti amministrativi 
in contraddittorio, ma senza lite, e delle decisioni dirette a 
realizzare esclusivamente un interesse amministrativo, e non anche un 
interesse giustiziale, rende pi� agevole la soluzione del problema relativo 
all'influnza del procedimento per l'accertamento delle trasgressioni in 
materia valutaria e la determinazione della sanzione sulla prescrizione 
del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria. 

In proposito � opportuno "premettere che, come questa Corte Suprema 
ha avuto pi� volte occasione di precisare, dalla norma contenuta 
nell'art. 3 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, richiamata, insieme a quella 
dell'art. 17, dal r.d.l. 5 dicembre 1938, n. 1928, per la repressione delle 
infrazioni in materia valutaria, emerge il princ1p10 che l'obbligazione di 
pagare allo Stato una somma a titolo di pena pecuniaria sorge, a 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 601 

carico del trasgressore, per effetto dell'infraizone e nel momento in cui 
questa � commessa. 

Tale principio risulta confermato dalla norma contenuta nell'art. 17 
della stessa legge, secondo cui la prescrizione del diritto dello Stato alla 
riscossione della pena pecuniaria comincia a decorrere dal giorno della 
commessa violazione. 

Da esso discend~ un duJ>lice corollario. 

. Anzitutto che il procedimento sanzionatorio disciplinato dal r.d.l. 
5 di�embre 1938, n. 1928, ha natura dichiarativa e non costituiva, avendo 
esclusivamente la funzione di accertare l'infrazione valutaria, di individuare 
il soggetto che l'ha commessa e di determinare in concreto la 
misura della sanzione da infliggere. 

In secondo luogo, che :__ a differenza di quanto accade in materia 
penale, in cui sono distintamente disciplinate la prescrizione del reato 
e quella della pena, decorrenti, rispettivamente dal giorno in cui il reato 
� commesso o da quello del verificarsi della condizione di punibilit� 
(art. 158 cod. pen.) e dal giorno in cui la condanna � divenuta irrevocabile 
o il condannato si � sottratto all'esecuzione gi� iniziata della pena o 
� scaduto il termine o si � verificata la condizione alla cui scadenza o al 
cui avverarsi l'esecuzione della pena � subordinata (art. 172, terzo comma, 
cod. pen.) -in tema di illecito valutario la prescrizione incide esclusivamente 
sul diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria e 
decorre non dalla data del provvedimento sanzionatorio, ma dal giorno 
in cui l'infrazione � commessa. 

La disciplina positiva della prescrizione in materia di illecito ammi


nistrativo �valutario (o finanziario) non consente quindi di distinguere, 

come � stato sostenuto da una parte del1a dottrina, tra prescrizione del


l'illecito o del diritto dello Stato all'irrogazione della sanzione, decor


rente dal giorno in cui l'infrazione � stata commessa e suscettibile di 

essere interrotta da atti analoghi a quelli che interrompono la prescri


zione del reato, e prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione della 

pena irrogata, decorrente dalla data del provvedimento con cui la san


zione � applicata e suscettibile di essere interrotta dagli atti che inter


rompono la prescrizione dei diritti. 

La detta disciplina positiva �, d'altra parte, coerente con la natura 

civile dell'obbligazione di pagare la pena pecuniaria nascente a carico del 

trasgressore dalla commissione dell'illecito amministrativo valutario (o 

finanziario). 

� noto, infatti, che in materia civile la prescrizione incide sul diritto, 

e non sul fatto che ne ha determinato la nascita; e decorre dal giorno 

in cui il diritto stesso pu� essere fatto valere, e non da quello in cui 

esso sia stato accertato nella sua esistenza e nel suo contenuto; come 

emerge, senza possibilit� di equivoci, dall'art. 2947 cod. civ., il quale, 


602 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

disponendo. che la prescrizione del '.diritto del risarcimento del danno 
derivante da fatto illecito decorre dal giorno in cui il fatto si � verificato, 
conferma elle la decorrenza della prescrizione non postula l'accertamento 
del diritto, ma presuppone soltanto che esso si~ sorto, anche 
se, trattand.osi di diritto di credito, il mancato accertamento� di esso nelI'an 
e nel quantum impedisce al suo titolare di esigere dal debitore 
l'immediato adempimento della prestazione che ne costit�isce il contenuto. 

Ci� comporta che, contrariamente a quanto sostengono le Amministrazioni 
ricorrenti, l'impossibilit� in� cui si trova lo Stato di riscuotere 
coattivamente dal trasgressore la somma dovutagli a titolo di pena 
pecuniaria, prima che il procedimento sanzionatorio sia concluso, non 
impedisce che la prescrizione del diritto alla riscossione cominci a decorrere 
dal giorno in cui, essendo stata con;i.messa l'infrazione, il diritto 
stesso � sorto. 

Come la prescrizione del diritto del danneggiato decorre dal giorno 
in cui si � verificato il fatto illecito produttivo del danno e l'impossibilit� 
in cui si trova il titolare del diritto di pretenderne coattivamente la realizzazione, 
in difetto di una liquidazione del danno risultante da un atto 
avente efficacia di titolo esecutivo non � di ostacolo a che la prescrizione 
del diritto al risarcimento cominci a decorrere, cos� la prescrizione 
del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria decorre 
dal giorno in cui l'illecito amministrativo � stato commesso �e il fatto 
che' lo Stato, avvalendosi del potere di autotutela riconosciutogli dall'ordinamento, 
debba avviare e portare a termine il procedimento sanzionatorio 
prima di poter esigere coattivamente la riscossione della pena 
pecuniaria non pu� influire in akun ;modo sulla decorrenza della prescrizione. 


Non sembra inopportuno aggiungere in proposito che il principio, 
sancito dall'art. 2935 cod. civ., secondo cui la prescrizione C?mincia a 
decorrere dal giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere, non ha una 
portata assoluta e generale, in quanto l'impossibilit� dell'esercizio del 
diritto, cui la legge attribuisce rilevanza di fatto� impeditivo della decorrenza 
della prescrizione, � solo quella che derivi da cause giuridiche che 
ostacolino l'esercizio del diritto (come, ad esempio, la mancata scadenza 
di un termine inizi�le o il mancato avverarsi di una condizione sospensiva), 
e non con.iprende anche gli impedimenti soggeftivi e gli ostacoli 
di mero fatto (salvo che essi non integrino una delle cause di sospensione 
della prescrizione tassativamente previste dalla legge), come quelli che 
trovino la loro causa nell'ignoranza, da parte del titolare, del fatto 
generatore del suo diritto (purch� essa non sia determinata da un fatto 
doloso imputabile al soggetto interessato a far valere la prescrizione) e 
nel ritardo con cui egli proceda ad accertarlo o a farlo accertare. i 

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PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 603 

Una volta stabil�to che U procedimento sanzionatorio non impedisce 
la decorrenza della prescrizione, pu� esaminarsi il diverso problema 
se la pendenza del procedirriento comporti l'interruzione, per tutta la 
durata di esso, della prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione 
della pena � pecuniaria ovvero se l'interruzione della prescrizione, con 
effetto meramente istantaneo, possa ricollegarsi esclusivamente agli atti 
(o ad alcuni di essi) del procedimento. 

La prima soluzione � sostenuta dalle Amministrazioni ricorrenti sotfo 
ur� duplice profilo: con riferimento al principio secondo cui, in conformit� 
al criterio della corrispondenza tra causa ed effetto, l'effetto interruttivo 
della prescrizione dura per tutto il tempo in cui opera la causa 
di interruzione; e in base all'applicabilit�, am:he al procedimento sanzionatorio, 
del principio, fissato dall'art. 2945, secondo comma, cod. civ., 
secondo cui l'interruzione della prescrizione prodotta dalla domanda giudiziale 
opera fino al momento del passaggio in giudicato della sentenza 
che definisce il giudizio. 

Riguardo al primo profilo � opportuno osservare -anzitutto -che 
il principio richiamato dalle Amministrazioni. ricorrenti, contrariamente 
a quanto. sost�ngono le stesse Amministrazioni, non ha il suo riflesso 
normativo nella citata disposizione dell'art. 2945, secondo comma, cod. civ. 
-la quale, come sar� meglio precisato in seguito, riposa su una diversa 
ratio -, ma poggia sul criterio �razionale della corrispondenza tra causa 
ed effetto, in base al quale l'interruzione della prescrizione � continuativa, 
se � tale anche la causa che l'ha determinata, mentre � istantanea, 
se la sua causa consiste in un atto o in un fatto che si esaurisce in un 
determinato momento del tempo. 

Esso trova appliciizione principalmente rispetto alle cause di interruzione 
della prescrizione concretantisi in atti di esercizio del diritto da 
parte del suo titolare, cio� a quegli atti di esercizio che, come avviene 
specialmente per i diritti reali in re aliena consistono in un'attivit� materiale 
che non richiede la cooperazione del soggetto a vantaggio del quale 
si matura la prescrizione e che -secondo una classificazione accolta dal 
codice civ�le 'def 1865 (art. 2123), non riprodotta nel codice civile vigente 
e ripudiata da una parte � della dottrina pi� moderna (la quale nega 
addirittura. che gli atti di esercizio, in quanto presuppongono una situazione 
di normale vitalit� del diritto, possan0 classificarsi, anche se producono 
effetti analoghi, tra le cause interruttive della prescrizione, aventi 
come logico presupposto una situazione di logoramento del diritto, di 
cui esse impediscono il verificarsi degli sviluppi distruttivi) -vanno 
annoverate tra le cause naturali, in contrapposizione alle cause c.d. civili 
di interruzione della prescrizione, consistenti -come� gli atti interruttivi 
indicati negli artt. 2943 e 2944 cod. civ. 1942 -in mezzi istitutivi dell'esercizio 
del diritto posti in essere (come la domanda giudiziale e la 


604 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

costituzione in mora) dal titolare del diritto stesso o (come il riconosci


mento) dal soggetto in favore del quale la prescrizione si compie. 

La distmz1one di effetti postulate dal detto principio � applicabile 

anche agli atti interruttivi della prescrizione diversi dalla notificazione 

di un atto con il quale si inizia un giudizio o dalla preposizione di una 

domanda nel corso del giudizio ma limitatamente a quello di essi 

-cio� al riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il 

diritto stesso pu� essere fatto valere -che, sia pure in alcune parti


colari situazioni, pu� consistere in un atto avente una durata che non 

si esaurisce nel momento stesso in cui esso � posto in essere. 

Questa Corte Suprema ha gi� avut_?, infatti, occasione di precisare 

in proposito (sent. 20 luglio 1957 n. 3080) che -mentre gli atti ricogni


tivi del diritto, che, come, ad esempio, la richiesta di dilazione del paga


mento o il pagamento parziale, si esauriscono in una sola operazione e in 

�n solo momento di tempo, hanno un'efficacia interruttiva istantanea 


il riconoscimento attuato mediante un negozio giuridico che si protrae nel 

tempo (come, nel caso preso in .esame nella sentenza citata, un'apertura 

di credito a favore del creditore su conto corrente bancario) produce 

un'interruzione continuativa della prescrizione in corrispondenza con la 

durata nel tempo degli effetti del negozio. 

La distinzione tra mezzi interruttivi della prescrizione ad efficacia 

continuativa non trova spazio, invece, all'interno dell'altra categoria di 

atti interruttivi previsti dalla legge, e cio� di quella degli atti che valgano 

a costituire in mora il debitore. 

L'efficacia interruttiva della prescrizione propria di tale categoria di atti 

non pu�, infatti, che essere istantanea, in quanto quesfult�mi -consi


stendo in atti che, pur senza contenere una formale intimazione di adem


piere, esprimono, in modo chiaro ed univoco, la volont� del creditore di 

esigere dal debitore il soddisfacimento del suo credito, anche se questo 

non sia precisato nella misura o non sia ancora liquidato -si esauri


scono sempre nel momento stesso in cui la richiesta di adempimento 

del creditore � portata a conoscenza del debitore. 

Il procedimento sanzionatorio -pur essendo lo strumento necessario 

mediante il quale lo Stato, esercitando il suo potere di autotutela, fa 
�valere il suo diritto alla riscossione della pena pecuniaria -non pu� 
essere inquadrato tra gli atti di esercizio del d�ritto qualificabili come 
cause naturali di interruzione della prescrizione, cio� tra quegli atti che 

ne realizzano, sia pure in parte, il contenuto. Tali atti comportano, infatti, 

che l'interesse del titolare sia, anche se parzialmente, soddisfatto: ci� 

che, riguardo ai diritti di credito, pu� avvenire soltanto mediante l'adem


pimento del debitore o l'esecuzione forzata e non anche in forza dei 

mezzi sostitutivi dell'esercizio del diritto, i quali, anche se rivelano 



PARTE I, S.EZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

l'intenzione dei titolari di mantenere in vita il diritto, non sono, appunto 

perch� sostitutivi, atti di esercizio del diritto. 

Il medesimo procedimento non pu� essere sussunto neppure nella 

categoria degli atti di riconoscimento del diritto, in quanto, mentre il 

procedimento � avviato e condotto alla sua conclusione dal titolare del 

diritto, gli atti ricognitivi debbono provenire dal soggetto a vantaggio 

del quale la prescrizione si matura. 

Il procedimento sanzionatorio -anche se gli atti in esso compiuti 

dal titolare del diritto alla riscossione della pena pecuniaria costituiscono 

indubbiamente manifestazioni dell'intenzione dello stesso titolare di otte


nere il soddisfacimento del suo eredit� in contrasto� con la presunzione 

d� rinuncia implicita nel decorso del tempo -non pu�, quindi, essere 

compreso tra gli atti interruttivi della prescrizione ad efficacia conti


nuativa. 

Deve esaminarsi a questo punto -e con ci� si passa all'esame del 

secondo profilo della tesi sostenuta dalle Amministrazioni ricorrenti 


la quest~one se l'atto di iniziativa del procedimento sanzionatorio possa 

essere assimilato, agli �effetti dell'interruzione della prescriiione del dirit


to ,alla riscossione della pena pecuniaria, all'atto con il quale si inizia un 

giudizio� o al ricorso-amministrativo in materia tributar�a, cui l'ordina


mento ricollega l'effetto di interrompere la prescrizione per tutta la, 

durata del procedimento (e, per quanto riguarda il ricors.o amministra


tivo, la prescrizione non solo del diritto del ricorrente, ma anche di quella 

del diritto dell'ufficio). 

In proposito � opportuno un primo rilievo preliminare: e� cio� che 

l'effetto interruttivo continuativo (o permanente) � ricollegato dall'ordi


namento direttamente ed e'sclusivamente all'atto introduttivo del proce


dimento giurisdizionale o del procedimento contenzioso tributario e non 

gi� al procedimento (o pi� esattamente alla sua pendenza) in s� consi


derato, in quanto quest'ultimo viene assunto non come causa (continua


tiva) dell'effetto interruttivo, ma soltanto come parametro di riferi


mento per determinare, in rapporto alla sua durata, la durata dell'effetto 

interruttivo prodotto dal suo atto introduttivo. 

Il rilievo trova una significativa conferma nella discipina dell'inter


ruzione della prescrizione del reato: l'effetto interruttivo, a carattere sem


pre istantaneo, � ricollegato, infatti, anche in 'materia penale, a singoli 

atti del processo e non a quest'ultimo in s� considerato, salvo il limite 
, che, in cas,o di �pluralit� di atti interruttivi, il termine d� prescrizione 

'del reato non pti� essere prolungato oltre la met�. 

� opportuno, sempre in via preliminare, anche un secondo �rilievo. 

A differenza di quanto si riteneva sotto il vigore del codice civile 

del 1865, il quale non conteneva una disposizione analoga a quella del 

secondo comma dell'art. 2945 del codice vigente, l'atto introduttivo del 


606 RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

giudizio determina l'interruzione della prescrizione fino al passaggio in 
giudicato della sentenza che definisce ii giudizio medesimo. 

In pendenza di quest'ultimo, non si verificano, quindi, come sostiene 
una parte della dottrina anche con riferimento al codice civile vigente, 
n� la trasformazione dell'interruzione della prescrizione in sospensione, 
n� l'aggiunta di un periodo di sospensione della prescrizione (rapportato 
alla durata del processo) all'interruzione della prescrizione determinata 
dall'atto introduttivo, ma si ha soltanto l'interruzione della prescrizione 
con effetti permanenti, comportando la pendenza del processo il perpetuarsi 
degli effetti dell'interruzione propri della domanda-fino al passaggio 
in giudicato della sentenza (per la dimgstrazione del principio, 

v. Sez. Un. 10 novembre 1973, n. 2970). 
Lo, stesso principio vale anche in relazione all'interruzione della prescrizione 
determinata dalla proposizione del reclamo del contribuente 
(espressamente prevista dagli artt. 141 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, 
sull'imposta di registro, e 90 del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, sull'imposta 
di successione, ritenuti tuttavia da questa Corte Suprema come 
espressione di un principio di portata generale applicabile a tutta la 
materia tribufaria), pur se le norme che la disciplinano sono formulate 
in termini diversi dalla norma contenuta nel secondo comma dell'art. 2945 

I 

cod. civ. (per la dimostrazione, v. Sez. Un. 10 novembre 1973, n. 2970, cit.). 
In terzo luogo, va rilevato che l'effetto interruttivo permanente � 
ricollegato alla proposizione non di una domanda che, in quanto ritenuta 

Ifondata, sia stata accolta, ma di una domanda introdotta in un giudizio 

I t: 

che si sia concluso con una sentenza passata in giudicato, mentre l'efficacia 
interruttiva permanente � esclusa, residuando soltanto-quella istantanea, 
quando il processo si estingue. 

L'effetto interruttivo permanente della prescrizione si presenta quindi 

I

f

come uno degli effetti sostanziali della domanda e come espressione di 

!

quell'esigenza fondamentale del processo che impone di impedire che la 

I l 

durata di questo possa risolversi in un pregiudizio per l'attore. 
Il titolare del diritto che si rivolge al giudice (o, nel caso del ricorso 
amministrativo tributario, a un'autorit� diversa e sopraordinata rispetto 

I 

all'ufficio che ha compiuto l'accertamento impugnato) non pu�, �nfatti, 
influire, se non marginalmente mepiante il compimento degli atti di 
impulso previsti dalla legge processuale, sulla durata del procedimento. 

Qualora l'interruzione della prescrizione ricollegata alla proposizione 
della domanda giudiziale (o del ricorso amministrativo tributario) fosse. 
soltanto istantanea o comportasse quindi solamente l'inizio, dalla sua 
data, di un nuovo termine di prescrizione, il diritto fatto valere nel 
processo dal suo titolare potrebbe estinguersi per prescrizione prima del 
passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio; e il tito� 
lare del diritto sarebbe costretto, per evitarne l'estinzione, a porre in 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

essere, prima del maturarsi del termine prescrizionale decorrente dalla 
data della domanda (o del ricorso) o dei successivi atti interruttivi, un 
nuovo atto interruttivo, che, mentre per i diritti di credito potrebbe concretarsi 
anche in un atto idoneo a costituire ln mora il creditore, per 
i diritti reali, non essendo configurabile rispetto ad essi un atto di costituzione 
in mora, dovrebbe consistere nella proposizione di una nuova 
domanda. 

A\ruto riguardo alla ratio che giustifica l'efficacia permanente dell'interruzione 
della prescrizione determinata dalla notificazione dell'atto 
introduttivo di un giudizio dalla proposizione del ricorso amministrativo 
tributario, deve escludersi che analoga efficacia possa riconoscersi 
all'atto con cui la P.A., titolare del diritto alla riscossione della pena 
pecuniaria, promuove il procedimento per l'accertamento del suo diritto. 

Le considerazioni gi� svolte sulla natura di tale procedimento e 
sulla posizione in esso assunta dalla P.A. titolare del diritto che vi si fa 
valere sono, infatti, sufficienti a dimostrare l'infondatezza della proposta 
assimilazione tra atto di iniziativa del procedimento e domanda giudiziale 
(o ricorso amministrativo tributario). 

Quesli due ultim� atti danno luogo a procedimenti -giurisdizionale, 
il primo, e amministrativo contenzioso, il secondo -diretti alla decisione 
di una lite, cio� alla risoluzione di un conflitto di interessi facenti capo 
a parti contrapposte, ad opera di un'autorit� che si trova in una posizione 
di terziet� rispetto agli interessi in contrasto e tende all'attuazione 
dell'interesse generale ed obiettivo dell'ordinamento (o, quanto meno, 
come nel caso del procedimento contenzioso tributario, realizza una funzione 
giustiziale, ponendosi super partes e non perseguendo in modo 
diretto la realizzazione di uno specifico interesse amministrativo). 

L'atto di iniziativa del procedimento sanzionatorio, -anche se posto 
in essere da un organo diverso da quello competente ad adottare il 
provvedimento conclusivo, ma appartenente pur sempre allo stesso complesso 
organizzatorio della P.A. -d� luogo invece a un procedimento 
tipicamente amministrativo, diretto -anc.he se svolgentesi in contraddittorio 
e nell'osservanza dei principi di legalit� e di .imparzialit� che regolano 
l'attivit� della �P.A. -alla realizzazione di uno specifico. e puntuale 
interesse amministrativo ad opera dello stesso complesso ~rganizzativo 
della P.A. nella cui area funzionale � compresa la cura dell'interesse 
pubblico leso dall'illecito commesso dal trasgressore. 

La durata di tale procedimento dipende esclusivamente dall'iniziativa 
dalla P.A. titolare d�l diritto e non pu� essere in alcun modo influenzata 
n� dall'attivit� del trasgressore n� dalla eventuale pendenza di 
procedimenti giurisdizionali riguardanti il medesimo fatto che, in quanto 
qualificato come illecito amministrativo, forma oggetto di accertamento 
e di valutazione nel procedimento sanzionatorio. 


608 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Manca, quindi, la possibilit� di ravvisare rispetto a questo ultimo 
quelle esigenze che costituiscono la ratio delle norme che attribuiscono 

""efficacia permanente all'interruzione della prescrizione determinata dalla 
notificazione dell'atto intmduttivo di un giudizio o dalla proposizione 
di un ricorso amministrativo in materia tributaria; e, conseguentemente, 
di applicare il principio sancito dalle stesse norme all'atto di iniziativa del 
proc�dimento sanzionatorio. 

Gli atti compiuti, nell'ambito di tale procedimento, dalla P.A. titolare 
del diritto arra riscossione della p�na pecuniaria -pur rivelando l'intenzione 
del titolare di mantenere in vita il diritto e ponendosi, quindi, in 
contrasto con la presunzione di rinuncia al diritto che sta a base della 
prescrizione -non sono, tuttavia, tutti idonei ad interromperla. 

Il carattere tassativo delle cause interruttive della prescrizione, giustificatb 
dalle finait� 'di ordine pubblico dell'istituto, impedisce, infatti, 
di ricollegare l'effetto interruttivo a quelli tra essi che, non essendo stati 
portati a conoscenza del trasgressore -debitore, non possano valere 
come atti di costituzione in mora. 

Il medesimo effetto interruttivo, a carattere istantaneo, deve essere 
riconosciuto invece a qualunque atto del procedimento portato dafla 

P.A. a conoscenza del trasgressore e, quindi, non soltanto al verbale di 
accert~mento de)l'infrazione valutaria notificato al trasgressore o da lui 
sottoscritto, sia esso formato dall'ufficio italiano cambi avente una 
propria personalit� distinta da quella. dello Stato (v. sent. 29 gennaio 
196i!, n. 241) o dagli organi della polizia tributaria Ev. sentt. 7 aprile 1976, 
n. 1223; 17 maggio 1969, n. 1692; 14 aprile 1969, n. 1186; 8 gennaio 1968, 
n. 34), ma anche ad ogni altro atto dello stesso procedimento che sia 
comunque portato a conoscenza de trasgressore e qu�lunque sia il contenuto, 
essendo esso in ogni caso diretto per la funzione che svolge nell'ambito 
del procedimento sanzionatorio, a far valere il diritto dello 
Stato alla riscossione della pena pecuniaria e non essendo necessario, 
perch� un atto proveniente dal creditore possa consider_arsi idoneo a 
costituire in mora il debitore, che esso contenga I'indicazione della precisa 
misura del credito. 
In caso di pluralit� di atti interruttivi della prescrizione ciascuno 
di essi produce l'effetto che gli � proprio; e, quindi, determina l'inizio, 
dalla sua data, di un nuovo termine di prescrizione, non operando in 
tema di prescrizione del diritto dello Stato alla riscossione della pena 
pecuniaria stabilita dalle norme sulle infrazioni valitarie -avuto riguardo 
al carattere civile della relativa obbligazione ed alla conseguente applicabilit� 
della disciplina dell'interruzkme della prescrizione dettata dal 
codice civile -il limite massimo del termine prescrizionale stabilito 
dall'art. 160, terzo comma, cod. pen. con riferimento alla prescrizione 
del reato. 



P~TE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 609 

Il procedimento sanzionatorio pu�, quindi, legittimamente esaurirsi, 
in conseguenza del compimento di atti interruttivi della prescrizione, 
ben oltre il termine di cinque anni dal giorno in cui l'infrazione valutaria 
sia stata commessa. 

Ma quando -come, secondo l'ipcensurato accertamento dei giudici 
del merito, � accaduto nel caso in esame -il provvedimento sanzionatorio 
sia stato adottato dopo oltre cinque anni dal compimento dell'ultimo 
atto interruttivo, il trasgressore pu� dedurre -nel giudizio di accertamento 
negativo del diritto dello Stato alla riscossione della pena pecuniaria, 
da lui promosso davanti al giudice ordinario -che la pena pecuniaria 
�inflittagli con il dettQ provvedimento non � dovuta, essendo prescritto 
il diritto dello Stato a riscuoterlo. 

Il ricorso delle Amministrazioni d�ve, conseguentemente, essere 
rigettato. (Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 aprile 1978 n. 1549 -Pres. La Torre Est. 
Martinelli -P. M. Minetti (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Soprano) c. Soc. I.B.I. 

Imposte e tasse in genere -Interessi -Credito per soprattassa -Sono 
dovuti. 

(I. 22 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 2). 
Poich� la soprattassa � soggetta alla, stessa disciplina del tributo cui 
afferisce, � a questo equiparata anche agli effetti degli interessi moratori, 
che sono pertanto dovuti sulla soprattassa anche per il periotf.Q antecedente 
alla liquidaizane (1). 

(1) Sulfa questione generale cfr. la recente sentenza 16 febbraio 1978, n. 727, 
in questa Rassegna, 1978, I, 385. Notevole la precisazione che la decorrenza dell'obbligazione 
di interessi va stabilita, come per il tributo, dal momento della commessa 
violazione, anche se la liquidazione avviene successivamente. Ci� �, particolarmente 
rilevante per la legislazione attuale che prevede che il paigamento della 
soprattassa, come della pena pecuniaria, debba essere eseguito dopo la definitivit� 
dell'accertamento o dopo la pronuncia di decisione definitiva o di terzo 
grado (art. 61 d.P.R. n. 633/1972; art. 73 d.P.R. 634/1972; art. 54 d.P.R. 637/1972); 
ma questo non esclude che gli interessi decorrano, mentre si procede all'accertamento 
o si controverte sulla debenza della soprattassa, dal momento dell'evento 
che d� h~ogo alla sanzione. 

RASSEGNA DEU.'AVVOCATURA DELLO STATO 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 maggio 1978 n. 2115 -Pres. Caporaso Est. 
D'Orsi -P. M. Del Grosso (conf.) Soc. Ceramica Richard G�nori 

c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Bafile). 
Imposte dirette -Imposte dirette varie -Imposta cedolare -Legge 29 dicembre 
1962, n. 1745 -Imputazione degli utili a riserva e contestuale 
distribuzione ai soci del fondo sovrapprezzo azioni -� soggetta alla 
ritenuta. 

(I. 29 dicembre 1962, n. 1745). 
L'imputazione degli utili a riserva e la contestuale distribuzione per 
lo stesso importo del fondo sovrapprezzo azioni concreta una partita di 
giro soggetta all'imposta cedolare dell'art. 1 della Legge 29 ~icembre 
1962 n. 1745 (1). 

(Omissis). -Il Consiglio di amministrazione della S.p.A. Ceramica italiana 
Richard Ginori di Milano nella relazione al bilancio 31 dicembre 
1962 pr�poneva una ripartizione dell'utile conseguito in L. 577.831.0~7, nella 
quale era previsto un dividendo di L. 35 per azione, per complessive 

L. 525.000.000. 
L'assemblea dei soci tenutasi il 3 maggio 1963 nell'approvare il bilancio, 
stabiliva una diversa ripartizione dell'utile, del quale oltre al 5% alla 
riserva ordinaria (per L. 28.891.551) ed oltre al 3,50% al Consiglio di Amministrazione 
(per L. 19.212.881) passava a riserva -da utilizzare per la 
costruzione di uno stabilimento a Gaeta -L. 420.000.000 con il residuo 
utile a nuovo di L. 22.228.510. 

L'assemblea decideva anche di assegnare a ciascuna azione un dividendo 
unitario di L. 25, pari a complessive L. 500.000.000, utilizzando !.'.importo 
del fondo sovrapprezzo azioni. 

L'ufficio delle imposte di Mnano, ritenendo che con tale operazione 
fosse stata eseg1;1ita indirettamente una distribuzione degli utili di eser


(1) .Questione di molto interesse. La manovra, eh.e potrebbe articolarsi anche 
in forme diverse, consistente nel non distribuire gli utili (per passarli a riserva 
o ad aumento di capitale) e distribuire invece, per rpari importo, la riserva o il 
capitale ridotto, non pu� essere impiegata per eludere la tassazione degli utili 
che vengono in concreto distribuiti mediante una �partita di giro. In sostanza 
qualunque distribuzione anche differita di somme provenienti da utili � soggetta 
all'imposta, quali che siano state le imputazioni date agli utili stessi. Non � 
valsa allo scopo la manovra attraverso la distribuzione del fondo sovrapprezzo 
azioni che (particolarmente oggi in forza dell'art. 45 d.P.R. 29 settembre 'i973, 
n. 597) non costituisce reddito; il fondo sovrapprezzo azioni non � pi� tal� 
quando viene distribuito in conseguertza dell'imputazione a riserva di utili 
(solo formalmente) non distribuiti. Lo stesso art. 45 precisa, nella rubrica, che 
non costituiscono reddito le riserve non costituite con utili e, per esclusione, 
sono reddito le riserve, anche mediatamente, costituite con utili. 
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PARTll I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

cizio, determinava in L. 75.000.000 la ritenuta d'acconto dovuta per l'imposta 
cedolare s�lla somma distribuita ai soci, oltre a L. 37.000.000 per 
l'omissione della ritenuta e la pena pecuniaria. 

Avverso questo accertamento proponeva ricorso la societ�, sostenendo 
che nella specie non vi era stata una distribuzione di utili, bens� la restituzione 
ai soci del sovrapprezzo da loro in precedenza versato. 

La Commissione distrettuale accoglieva il ricorso, annullando l'accertamento 
e la Commissione Provinciale confermava tale decisione. 

Su ricorso dell'ufficio la Commissione Centrale con decisione 16 febbraio 
'76, depositata il 23 febbraio successivo, annullava la decisione della 
Commissione Provinciale confermando l'accertamento. 

Con atto 17 marzo 1977 la S.p.A. Ceramica Italiana Richard Ginori ha 
proposto ricorso per cassazione. 
Resiste l'Amministrazione delle Finanze con controricorso. 

MOTIVI DELLA DECISIONE 

La Commissione Centrale � partita dalla premessa che l'art. l, primo 
comma, della legge n. 1745 del 1962 assoggetta alla ritenuta d'acconto gli 
utili � in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione distribuiti � e 
che. quindi non aveva rilievo la diversa forma dell'operazione, intesa a 
mascherare l'effettiva distribuzione di profitti. 

Ha cos� ritenuto che l'operazione di accantonamento degli utili a 
capitale e la ripartizione tra i soci del fondo sovrapprezzo azioni non era 
consistita in realt� nella distribuzione di somme facenti parte del capitale, 
bens� in quella di utili. 

E la considerazione che le due operazioni erano state deliberate 
contestualmente � stata decisiva per la Commissione centrale la quale 
in linea di fatto, ha anche negato validit�, ritenendola errata, alla considerazione 
della Commissione Provinciale secondo cui era eccessiva la 
ritenuta d'acconto operata su L. 500 milioni. La Commissione Centrale ha 
infatti chiarito che l'importo degli utili al 31 dicembre 1962 era stato in 
realt� di L. 577.831.017. 

L'unico motivo di ricorso avverso tale decisione denuncia la violazione 
di legge per errata interpretazione ed applicazione dell'art. 1 della 
legge 29 dicembre 1962 n. 1745: La ricorrente nega che possano trarsi a 
suo sfavore elementi presuntivi dalla contestualit� delle deliberazioni 
adottate e pone in rilievo il dato normativo che per l'assoggettamento a 
ritenuta d'acconto � pur sempre necessario .che ai soci siano distribuiti 
utili, laddove nella specie si era tr�ttato di restituzione del soprapprezzo 
precedentemente �versato dai soci medesimi. 

A conferma di tale interpretazione invoca l'art. 45 della_ legge n. 597 
del 1973, il quale espressamente esclude che costituiscano reddito le 


612 . RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 
somme percepite dai soci a titolo di ripartizione di riserve costituite, 

tra l'altro con soprapprezzo di emissione delle azioni o quote. 

N~lla successiva memoria, illustrando questi concetti, la ricorrente 

pone anche in rilievo la circostanza che nel 1966 gli utili accantonati, 

essendo stato nel frattempo costruito lo stabilimento di Gaeta, furono 

distribuiti ai soci e sul loro ammontare fu corrisposta la ritenuta d'ac


conto, con la conseguenza che la tesi adottata dalla Commissione centrale 

veniva ad avere come conseguenza una duplicazione di. imposizione tribu


taria allo stesso titolo. 

Il mezzo deve essere rigettato. 

Va premesso che in questa sede non � possibile un riesame della 

portata della �leliberazione della societ� cos� come effettuato dalla Com


mission_e Centrale, talch� l'indagine resta circoscritta all'esatt~zza o meno 

dell'applicaizone della legge al caso concreto. 

Orbene la dizione dell'art. 1 della legge 29 dicembre 1962, n. 1745, 

secondo cui sono sogetti alla ritenuta d'acconto (( gii utili in. qualsiasi 

forma e sotto qualsiasi denominazione distribuiti anche a titolo di accon


to � � tale da comprendere ogni forma con cui vengono fatti pervenire 
. ai soci i profitti realizzati dalla societ�. 

Sono pertanto necessari due requisiti costituiti l'uno dall'apporto di 

poste attive realizzata con l'attivit�, sociale, l'altro dalla distribuzim;ie 

di corrispondenti somme ai soci in proporzione delle azioni e delle 

quote. 

L'eventuale imputazione delle nuove somme a riserva al fine �di di


stribuire ai soci le precedenti riserve si risolve in realt� in una p�rtita 

di giro, la quale, qualunque sia �u suo valore sul piano contabile, non 

pu� valere su quello fiscale, che, sulla base di un principio generale, 

codificato anche nell'art. 8 L.R. del 1923 (ora art. 19 del d.P.R. n. 634 

del 1972) bada alla realt� dei fenomeni economici costituenti la fatti


specie impositiva e non alla forma apparente. 

Gli � che la riserva, una volta costituita, esplica una sua precisa 

funzione e potr� essere distribuita ai soci (in tutto o in parte) solo 

quando sar� cessata la necessit� della sua esistenza o quando potr� 

essete legittimamente ridotta. Ma finch� essa deve esistere un'opera


zione, quale quella di cui � causa, �, come si � detto solo una partita 

di giro, che non pu� far eludere l'imposizione fiscale (ritenuta d'ac


conto) prevista ogni qualvolta alla societ� affluiscono profitti, i quali 

poi sotto qualsiasi forma pervengono ai soci. 

Il -richiamo all'art. 2430 cod. civ., secondo cui una volta ricostituita 

la riserva legale � possibile distribuire ai soci le somme ris�osse a 

titolo di soprapprezzo delle azioni, non ha rilievo nel caso in esame, 

perch� riguarda la disciplina giuridica della consistenza economica della 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

societ� prescritta per legge e non il fenomeno tributario, alla cui base' 
c'� una ratio completamente diversa. 

A ribadire 11esattezza della decisione della Commissione Centrale 
circa l'inammissibilit� ai fini fisca,li della suddetta �partita di giro� 
va fatta l'ulteriore considerazione che se in ipotesi la riserva dovesse 
successivamente essere consumata per uno sfavor�vole andamento della 
societ�, i soci avrebbero in realt� percepito ut�li in esenzione dalla ritenuta 
d'acconto. 

Lo s,tn1mento escogitato dalla ricorrente finisce, quindi, con il riversare 
sul Fisco due conseguenze: l'una di un ritardo nella percezione 
della ritenuta d'acconto, la quale verr� corrisposta al momento non 
dell'introito dei profitti e della loro distribuzione, ma a quello in cui 
sar� possibile distribuire la riserva, l'altra pi� grave, di riversare sull'Erario 
il rischio della polverizzazione della riserva. 

N� pu� sussistere il pericolo della doppia imposizione. Una volta, 
infatti, ristabilita la realt� della situazione e risolto il problema nel 
senso del pagamento della ritenuta d'acconto sulle somme distribuite 
ai soci sotto forma mascherata, la ricorrente potr� richiedere la restituzione 
di quanto corrisposto successivamente coi:ne ritenuta d'acconto 
sulle riserve all'atto della loro distribuzione. 

Infine al richiamo all'art. 45 della legge n. 597 del 1973 non sposta 
i termini della questione perch� si risolve in una petizione di principio, 
dando per certo che nel 1963 ai soci fossero state distribuite riserve 
e non utili. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 5 maggio 1978, n. 2116 -Pres. Falletti Est. 
Lipari -P. M. Pedac.e (conf.). -Soc. Coop. Latteria di Cameri (avv. 
Lucerenza) c. Ministero delle Finanze (avv. Stato Sacchetto). 

Imposte e tasse in genere � Notificazioni � Persone giuridiche � Servizio 
postale � Firma illeggibile dell'avviso di ricevimneto senza indicazione 
della qualifica � Irregolarit� � Sanatoria. 

(cod. proc. civ., artt. 145 e 149). 

Imposte e tasse in genere � Contenzioso tributario � Ricorso per Cassa� 
zione contro decisione della Commissione Centrale � Termine � di 
sessanta giorni � Applicabilit� del termine di sei mesi � Esclusione. 

(cod. proc. civ., art. 325). 

La notificazione alla persona giuridica presso a sede sociale a mezza 
del servizio postale recante nell'avviso di ricevimento un� firma illeggibile 
non inaicante la qualifica non i inesistente, ma d� luogo ad una 


614 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

irregolarit� irrilevante. e comunque sanata dalla successiva impugnazione 
proposta, se pure fuori termine, dal destinatario che non abbia eccepito 
il difetto di una delle qualit� dell'art. 145 c.p.c. 

Il termine per impugnare con il ricorso per Cassazione la decisione 
della Commissione CentraZ.e � in-ogni caso quello di 60 giorni dell'articolo 
325 c.p.c. sia per le decisioni del precedente ordinamento sia per 
quelle dell'attuale; in nessun caso pu� essere riferito al ricorso per 
Cassazione il termine di sei mesi un tempo previsto per la proposizione 
dell'autonoma azione ordinaria innanzi al tribunale dopo la pronuncia 
delle Commissioni, ormai soppressa e non sostituita dal gi� esistente rimedio 
del ricorso per cassazione (2). 

(1-~) La iprima massima, che si allinea sul pi� recente indirizzo meno rigoristico; 
riconosce validit� alla notificazione alla persona giuridica eseguita a 
mezzo del servizio postale quando l'avviso di ricevimento sia sottoscritto con 
firma illeggibile non indicante la qualifica, purch� la consegna del plico sia 
avvenuta presso la sede sociale. La massima non precisa se questa sia una 
mera irregolarit� che non vizia la validit� della notificazione ovvero una nullit� 
sanata dalla proposizione dell'atto di reazione del destinatario (nella specie 
ricorso per cassazione contro la decisione della Commissione centrale) e neppure, 

ove s� contesti il rapporto tra la persona che ha ricevuto l'atto e l'ente cui � 
diretto, a chi spetti l'onere della prova. Sul primo punto sembrerebbe pi� corretto 
ritenere che la notifica sia valida di iper s�, senza bisQgno di sanatoria; 
e nella specie la proposizione fuori termine del ricorso per cassazione ha rilevanza 
pi� come mezzo di prova e di riconferma della regolarit� originaria che 
come atto che. produce la sanatatoria, apparendo dubbio il raggiungimento dello 
scopo. La sentenza 7 aprile 1976, n. 1223 (in questa Rassegna, 1976, I, 608) pi� 
esplicitamente afferma che la firma se pure illeggibile � pur sempre dotata di 
una certa impronta personalistica che fa presumere (ove non sia disconosciuta) 
la regolare ricezione; non spetta quindi al notificante dare la iprova del rapporto 
di servizio ex art. 145 (come era stato affermato con la meno recente sentenza 
ormai non pi� condivisa 29 maggio 1972, n. 1683, in questa Rassegna, 1972, I, 816), 
ma ,se mai al soggetto che ha ricevuto la notifica dimostrare (non semplicemente 
dichiarare) l'estraneit� all'ente della persona che presso la sede sociale 
ha ri�evuto l'atto. 

La seconda massima, di evidente esattezza, respinge un tentativo, per vero 
alquanto fantasioso, di allungare il termine per proporre il ricorso per cassazione, 
che � regolato esclusivamente dalle norme del rito ordinario. 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 29 maggio 1978 n. 2689 -Pres. Mirabelli Est. 
Virgilio -P. M. Grimaldi (conf.) -Della Ch� c. Ministero delle Finanze 
(avv. Stato Soprano). 

Imposta di successione � Presunzione per mobili denaro e gioielli � Prova 
contraria � Inventario di eredit� beneficiata eseguito a richiesta del 
legatario -� valido. 

(r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, art. 31; cod. civ., artt. 484, 490, 510, 540; cod. proc. civ., 
artt. 769 e segg.). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 615 

Imposte e tasse in genere � Interessi � Sopratasse � Sono dovuti. 

(I. 26 gennaio 1961, n. 29, artt. 1 e 3). 
Bench� il coniuge (nella legislazione anteriore alla riforma del diritto 
di famiglia), non essendo erede, non fosse legittimato all'accettazione 
con ben�ficio di inventario e quindi alla formazione dell'inventario, � 
tuttavia efficace per vincere la presunzione dell'art. 31 dell'abrogata legge 
tributaria sulle successioni, l'inventario che sia stato comunque fatto 
nei modi .previsti per l'eredit� beneficiata e nel rispetto delle forme di 1 
rito (1). 

Gli interessi moratori sono dovuti anche sulla soprattassa soggetta 
alla stessa disciplina dell'imposta (2). 

(Omissis). -Con il primo (violazione degli articoli 490, 510, 1010 e.e., 
769 e seguenti c.p.c., 31 del r.d. 30 dicembre 1923 n. 3270, in relazione 
all'art. 360 n. 3 c.p.c.) le ricorrenti censurano la sentenza impugnata sotto 
due profili: a) perch� la� Corte di appello ha escluso che il semplice usufruttuario 
dell'eredit� possa procedere ad accettazione con il beneficio 
dell'inventario, omettendo cos� di consideqtre che il ricorso a tale strumento 
giuridico deve ritenersi consentito all'usufruttuario al fine di sottrarsi 
all'eventualit� del pagamento ultra vires hereditatis delle annualit� 
e degli interessi dei debiti o dei legati gravanti sull'eredit�, cui � 
tenuto a norma dell'art. 1010 cod. civ.; b) perch� la Corte ha, comunque, 
ritenuto che l'inventario richiesto da soggetto non abilitato ad avvalersi 
della facolt� dell'accettazi~ne beneficiata � sempre inidoneo, pur se 
redatto con l'osservanza di tutte le formalit� prescritte, a vincere la 
presunzione stabilita dal primo comma dell'art. 31 del r.d. n. 3270 
del 1923. 

La prima delle suddette censure non � fondata. 

Va premesso che il coniuge superstite, succeduto ad una quota di 

usufrutto, ai sensi delle disposizioni del �odice civile vigenti anterior


mente all'entrata in vigore della legge 19 maggio 1975 n. 151 sulla riforma 

(1-2) Sulla prima massima non constano precedenti (le decisioni richiamate 

nel testo sono nel senso che un inventario completo � necessario a vincere 

la presunzione, ma non si pongono il problema se esso sia sempre sufficiente); 

� lecita qualche perplessit� specie sul punto che un inventario eseguito dal lega


tario possa essere utile non ad esso, ma all'erede che ha accettato l'eredit� in 

modo puro e semplice e quindi sulla possibilit� che l'erede, in possesso dei 

beni abbia disposto di essi non essendo soggetto alle limitazioni dell'accettante 

con beneficio di inventario. Certo � che l'accettazione con beneficio di inven


tario fatta dal legatario perch� giovi all'erede � un mezzo tortuoso da guardare 

con sospetto. 

La seconda�massima riconferma la statuizione delle recenti sentenze 16 feb


brai'�:d978, n. 727 e 5 aprile 1978, n. 1549 in questa Rassegna, 1978, I, 385 e 609). 



616 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

del diritto di famiglia, non era erede, ma semplice legatario �ex lege 
(da utimo, Cass. 23 aprile 1976 n. 1465). 

In tale veste il coniuge del de cuius non era� legittimato all'accettazione 
beneficiata, come ?On lo sono -pur dopo la riforma del 1975 il 
legatario o il semplice usufruttuario, in quanto possono avvalersi dell'istituto 
del beneficio di inventario soltanto i soggetti che, indicati con 
il termine inciso di �chiamati� nell'art. 510 cod. civ. abbiano la qualit� di 
� chiamati all'eredit� � e cio� di eredi. 

Ci� si desume senza possibilit� di dubbi dal c�ordinamento della 
citata dispostzione con le altre che, riferendosi alla stessa materia (art. 484 
e seguenti e.e.) chiariscono e completano il concetto di chiamato, con l'uso 
di inequivocabili esptessioni (�chiamati all'eredit��, �erede�). 

Oltre a questo elemento letterale, di per s�. decisivo, anche la ratio 
delle suddette disposizioni concorre ad escludere che la tesi prospettata 
dalle ricorrenti abbia fondamento, giacch� il beneficio dell'inventario, 
secondo il chiaro disposto dell'art. 490 e.e., mira a tener �distinto il 
patrimon~o. del defunto da quello dell'erede�, e cio� ad evitare il fenomeno 
della confusione dei patrimoni stessi (che per l'erede deriverebbe 
dall'accettazione pura e semplice), onde egli possa scongiurare il pericolo 
di dover rispondere dei debiti e pesi ereditari ultra vires hereditatis. 

Per l'usufruttuario e per il legatario una tale eventualit� non � configurabile, 
perch� essi non sono eredi e non sono tenuti a rispondere 
delle passivit� ereditarie, per cui una loro accettazione con beneficio 
di inventario �sareb~e priva del presupposto giuridico in relazione al 
quale l'istituto � esclusivamente preordinato. 

N� le obbligazioni previste a carico dell'usufruttuario per le passivit� 
gr:avanti sull'eredit� (art, 1010) possono indurre a diversa conclusione, 
in quanto anche in tale ipotesi l'usufruttuario -eventualmente 
tenuto a sopportare gli oneri connessi con la conservazione dell'usufrutto 
o, nel caso previsto dall� norma, anche a sopportare la vendita del 
bene oggetto del suo .diritto per il pagamento di debiti ereditari -non 
� giammai esposto al pericofo (che l'accettazione beneficiata ha appunto 
la finalit� di prevenire) di dover rispondere con il suo patrimO'nio 
personale. 

Fondato �, invece, l'altro profilo di censura prospettato con il primo 

motivo. 

Questa Corte Suprema ha avuto ripetutamente occasione di preci" 

sare che, ai fini del terzo comrp.a dell'art. 31 dell'abrogato r.d. 30 dicem


bre 1923 n. 3270 (e cio� per vincere la presunzione di esistenza, nell'ere


dit�, di gioielli, denaro e mobilia in una percentuale predeterminata 

rispetto al valore dell'asse), la norma tributaria ha fatto riferimento alle 

risultanze di inventari di tutela o di eredit� beneficiata o fallimentare, o 

fatti in seguito ad apposiz�one di suggelli; in quanto ha ritenuto che 

f. 
--. I 
~ 
f 


PARTE I, SEZ. VI, GltJRISPRUDENZA TRIBUTARIA 

-per le fina1it� di ordine fiscale -l'inventario-documento, a causa della 
sua tipica funzione �certificante� e 'della provenienza da pubblico ufficiale, 
costituisse atto idoneo di rilevazione della consistenza concreta 
dell'asse, e fosse quindi sufficiente per escludere la presunzione legale di 
esistenza di gi�ielli, denaro o mobilia in misura astrattamente determinata, 
dovendosi in tal caso aver riguardo, come stabilisce il quarto 
comma dello stesso art. 31, �al val9r<;! di gioielli, del denaro e della 
mobilia quale risulta da detti �documenti� (e cio� dagli inventari). 

Proprio con riferimento all'efficacia attribuita al docum�nto -inventario, 
in s� stesso considerato, questa Corte Suprema ha anche avuto 
occasione di ritenere (Cass. 15 febbraio 19~3 n. 474, 22 ottobre 1975 

n. 3487, ed altre) che soltanto l'inventario completo, ossfa contenente 
tutte le tassative indicazioni di cui all'art. 775 c.p.c. pu� considerarsi 
idoneo a far venir meno la presunzione stabilita dall'art. 31, primo comma, 
della legge tributaria sulle successioni (r.d. n. 3270 del 1923) menfre 
l'omissione delle formalit� prescritte;per la completezza del documento, 
anche se non a,scrivibile a colpa dell'erede, lo rende inidoneo a costituire 
la prova contraria alia detta presunzione. 
Dai richiamati principi si desume chiaramente che quel che interessa, 
ai fini d'ordine tributario, � soltanto l'assoluta completezza, in senso 
sostanziale e formale, dell'inventario, il quale deve essere redatto con 
scrupolosa osservanza delle disposizioni che ne regolano il contenuto e 
le modalit� di formazione. 

Questi requisiti sono necessari, ma nello stesso tempo sufficienti, 
perch� il dbcumento assuma quell'efficacia � certificatoria � cui la norma 
tributaria ha. evidentemente avuto riguardo; considerandolo valido strumento 
per vincere la presunzione stabilita nel primo comma dell'art. 31 
del r.d. n. 3270 del 1923. 

' 

La Corte del merito ha ritenuto, seguendo la tesi dell'Amministrazione 
finanziaria, che neppure un inventario che fosse risultato tempestivo, 
ossia redatto nel termine prescritto, e completo (contenente tutte 
le indicazioni e i dati richiesti dall'art. 775 c.p.c.) poteva valere agli effetti 
di cui si discuteva, in quanto non era stato formato su iniziativa di 
soggetto avente qualit� di erede e,. quindi legittimato all'a�cettazione 
beneficiata, e conseguentemente ha considerato assorOita e superflua 
l'indagine sui requisiti concreti dell'inventario prodotto. 

L'elemento della provenienza dell'inventario da accettazione beneficiata 
necessariamente effettuata da chi abbia qualit� di erede non � richiesto 
dall'art. 31 in esame. 

Questo ri�hiede bens� che debba trattarsi di inventari di tutela o 
di eredit� beneficiata o fallimentare o fatti in seguito ad apposizione 
di suggelli, ma ci� significa soltanto che il documento -inventario deve 
essere stato predisp~sto a causa degli eventi giuridici indicati, e non anche 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

che si d~�ba --al solo ,fin,e di vincere la pres1JI1Zione di carattere tributario 
-allargare di volta in volta l'indagine fino al punto di accertare 
se il soggetto che ha promosso l'inventario avesse affettivamente la qualit� 
di erede come presupposto dell'interesse (sostanziale) alla separazione 
del patrimonio del defunto dal suo, e forse quindi legittimato all'accettazione 
beneficiata, ovvero (deve aggiungersi, per logica coerenza, in riferimento 
alle altre ipqtesi menzionate dalla norma) che si possa e si 
debba, sempre ai fini tributari che qui interessano, accertare se il fallimento, 
la tutela o !"apposizione dei suggelli, quali eventi che abbiano 
dato origine all'inventario, siano da, considerare validamente richiesti ed 
ottenuti, e per di pi� se le relative istanze siano state proposte da soggetti 
forniti di sicura legittimazione. 

Va considerato che l'inventario �giudiziale� (eseguito cio� secondo 
le disposizioni degli articoli 769 e seguenti del codice di pro�edura civile) 
si configura come necessario adempimento per il raggiungimento degli 
effetti che le procedure menzionate tendono a conseguire, ma nell'ambito 
di queste esso assume anche, quale atto � certificatorio � redatto da, 
pubblico ufficiale, ~n'autonoma efficacia probatoria, che resta valida 
-ai particolari fini che qui interessano -anche nel caso in cui, per 
altri motivl, le attuazioni giuridiche correlate alla redazione dell'inventario 
non hanno possibilit� di realizzarsi. 

La norma tributaria (art. 31) si � evidentemente riferita alla suindicata 
autonoma funzione dell'inventario, e non anche alla validit� delle 
procedure nelle quali esso si inserisce, e tanto meno al raggiungimento 
degli effetti concreti delle procedure stesse, essendo tutto ci� estraneo 
alle esigenze d'ordine fiscale tutelate dalla disposizione contenuta nell'art. 
31. 

Una cos� penetrante e complessa indagine non � affatto richiesta 
dal terzo comma del citato art. 31, il quale configura una fattispecie 
legale che si realizza compiutamente, e diventa quindi idonea a superare 
la presunzione stabilita dal primo comma, ogni qualvolta vi sia un 
inventario formalmi;:nte e sostanzialmente completo, redatto a causa 
degli eventi giuridici richiamati dalla norma (tutela, eredit� beneficiata, 
fallimento, apposizione di suggelli). 

Di fronte all'esistenza di un tale documento, ogni ulteriore indagine 

per quanto concerne il problema in discussione -esulerebbe dalle , 
esigenze della fattispecie concreta (che ha una finalit�" meramente probatoria 
sia pure operante nel settore tributario) e non pu� ritenersi 
consentita. 

A titolo di convalida dell'impossibilit� di sconfinare in indagini del 

tipo anzidetto � sufficiente rilevare che in alcune ipotesi, nel concorso 

cio� di pi� istituzioni testamentarie, ovvero di pi� testamenti da coordi


nare perch� non incpmpatibili tra loro, pu� essere di estrema delicatezza 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

stabilire chi degli istituti sia ~ceessor� In un�versum ius, e quindi erede, 
e chi, invece, sia soltanto legatario o fruttuario. 

Una tale penetra~te indagine non pu� essere ammessa (eventualmente 
in contrasto con l'interpretazione attribuita dagli interessati alla volont� 
del de cuius) al solo fine di stabilire se l'inventario per l'accettazione 
beneficiata provenga da soggetto avente effettivamente la qualit� di erede 
e quindi, abilitato a tale accettazione. 

Per dare una spiegazione alla ritenuta necessit� che l'inventario deve 
essere stato formato in base a procedura instaurata dall'erede la Corte 
del merito ha ritenuto maggiormente attendibile l'inventario promosso 
da soggetto legittimato all'accettazione beneficiata perch� -in caso di 
omesse o infedeli dichiarazioni -l'erede decade dal beneficio (art. 494 e.e.) 
donde un suo pi� marcato interesse a far risultare la verit�. . 

Non ha considerato la Corte di appello clie questa astratta maggiore 
attendibilit� dell'inventario eseguito su istanza dell'erede non costituisce 
argomentazione valida, e tanto meno decisiva, in favore della tesi accolta 
dalla Corte stessa, in quanto una siffatta evenienza, se ~i prospetta ipotizzabile 
per il chiamato in possesso dei beni ereditari (il quale �, pi� degli 
altri, in condizione di rendere dichiarazioni esatte o infedeli) non � invece. 
configurabile per l'erede che non abbia il possesso dei beni, il quale pu� 
essere, in tutto o in parte, ignaro della reale consistenza dell'asse e dei 
beni che lo compongono, e tuttavia � ammesso all'accettazione beneficiata, 
con tutte le conseguenze che ne derivano. 

Questo rilievo toglie di per s� consistenza al motivo addotto dai 

giudici di appello a sostegno della decisione adottata. 

Deve, comunque aggiungersi -in linea di principio -che l'eventuale, 
astratto pericolo di omissioni o di infedelt� nelle dichiarazioni 
rese al pubblico ufficiale incaricato di redigere !;inventario non � in alcun 
caso eliminabile in via assoluta, mentre il pericolo stesso � in parte 
scongiurato dalle cautele in cui � improntato tutto lo svolgimento della 
procedura d'inventariazione, e in parte trova remora nell'assistenza alle 
.relative operazioni di soggetti che, avendo interessi anche contrapposti, 

rappresentano un punto di equilibrio destinato ad incidere positivamente 

sulla verit� delle dichiarazioni rese in quella s�de dagli intervenuti. 

In conclusione, pu� affermarsi che l'ipotetico inco.nveniente indicato 
dalla corte di appello non costituisce valido argomento per autorizzare 
l'interprete ad includere, tra gli elementi costitutivi della fattispecie 
legale di cui al terzo comma dell'art. 31 del r.d. n. 3270 del 1923, componenti 
non menzionate dalla norma e non rientranti, n� dal punto di vista 
letterale, n� in base alla ratio della disposizione, negli estremi richiesti 
dalla fattispecie medesima. 

In accoglimento della seconda censura proposta con il primo motivo, 

la causa dev'essere rimessa in fase di appello affinch� i giudici di rinvio, 


RASS�GNA �OBLI/AVVOCATURA DELLO STATO

620 

uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati, procedano a nuovo 
esame della controversia. 

I detti giudici dovranno, ovviamente stabilire se in concerto l'inventario 
in discussione possa titenersi tempestivo e completo, perch� solo 
in tal caso il documento potr� essere considerato idoneo a vincere la 

presunzione stabilita dall'art. �31. 

Va aggiunto, che l'inventario, ove presenti i detti requisiti, potr� 
valere allo scopo indicato (superamento della presunzione agli effetti 
tributari), ma non potr� naturalmente giovare all'erede per le conseguenze � 
d'ordine successorio (accettazione beneficiata) mancando al riguardo come 
ha accertato la Corte del merito -una valida istanza proveniente 
da soggetto legittimato. 

Neppure potr� l'erede giovarsi dell'inventario ai fini del ritardo nella 
presentazione della denuncia: di successione, avvenuta peraltro il 1� luglio 

1953, come risulta dalla sentenza impugi:iata. 

Con il, secondo motivo (violazione e falsa appl�cazione degli articoli 
183, 184, 189, c.p.c. 1 e 3 legge 30 luglio 1959 n. 559 e 360 n. 3 e 5 c.p.c.) le 
ricorrenti sostengono che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto 
inammissibile la domanda di illegittimit� della pretesa tributaria relativa 
alla sopratassa per tardiva denuncia e tardivo pagamento, che era stata 
formulata con riferimento al condono fiscale previsto dalla citata legge 

n. 559 del 1959. 
La censura non � fondata perch� giustamente la Corte del merito ha 
osservato che la detta domanda (proposta soltanto nell'udienza di precisazione 
delle conclusioni in primo grado), pur lasciando invariato il petitum 
introduceva nuovi temi di �indagine -come quello della tempestivit� 
del pagamento dell'imposta principal~. cui era subordinata l'applicabilit� 
del condono, per cui una tale istanza non costituiva una semplice 
emendatio, ma assurgeva a vera e propria mutatio libelli, in ordine alla 
quale non era stato accettato il contraddittorio. 

L'esame della suddetta censura si � reso necessario perch� non risulta 
con chiarezza dagli atti quale parte delle somme richieste con le 
ingiunzioni a titolo di sopratassa si riferisce al ritardato pagamento dell'imposta 
liquidata in aggiunta a quella principale, per la ritenuta 
inoperativit� dell'inventario ai fini del superamento della presunzione 

I1

di cui all'art. 31, primo comma, del r.d. n. 3270 del 1923 e quale parte 

!

si riferisce, invece, ai ritardi di presentazione della denuncia di successione 
e del pagamento del tributo principale. 

I 

La quota-parte della sopratassa riferentesi alla maggiore imposta ! 

i

liquidata per effetto dell'applicazione della presunzione suindicata dovr� 

( 

seguire la stessa sorte di tale maggiore imposta, cui � correlata, nel senso ;
i 
che sar� dovuta solo se, in esito al giudizio di rinvio, l'inventario risul-'! 

! 

!I 

I 

-



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

ter� non completo e, quindi no_n idoneo a vincere la presunzione di cui 
avanti. 

Con il terzo motivo (violazione e falsa applicazione degli articoli 1 
e 4 della legge 26 gennaio 1961 n. 29, 1 e 3 della legge 20 luglio 1959 n. 559, 
e 360 n. 3 c.p.c.) le ricorrenti sostengono che erroneamente la Corte di 
appello ha ritenuto applicabili anche alla sopratassa gli interessi moratori 
previsti dalla legge n. 29 del 1961. 

La censura � infondata. 

,Questa Corte Suprema ha avuto gi� occasione di esaminare la specifica 
questione ora sollevata, ed ha ritenuto (da ultimo, cass. 16 febbraio 
1978 n. 727) che il testo dell'art. 1 della legge n. 29 del 1961 ha una 
formulazione ampia, in ordine alla materia considerata (�somme dovute 
per tasse e imposte indirette sugli affari�) per cui l'interprete non � 
autorizzato a limitarne la portata in riferimento alla denominazione 
formale del tributo. 

� stato perci� ritenuto che la sopratassa, essendo una prestazione integrativa 
del tributo al quale afferisce, costituisce una maggioraziOne di 
questo, e configura come un'obbligazione della stessa natura, soggetta alla 
medesima disciplina sia per l'accertamento che per la riscossione (v. Cass. 
Sez. Un. 16 dicembre 1968 n. 3983) alla quale sono pertanto applicabili 
gli interessi di mora previsti dalla legge n. 29 del 1961. -(Omissis). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 maggio 1978, n. 2294; Pres. Mirabelli 

-Est. Granata -P. M. Ferraiuolo (conf.) -Ministero delle Finanze 

(avv. Stato Bafile) c. Istituto di Credito Agrario per la Toscana 

(avv. Ciantelli). 

Imposte e tasse in genere -Imposte indirette � Privilegio speeiale . Concorso 
con ipoteca anteriormente iscritta � Prevalenza dell'ipoteca. 

(cod. civ., artt. 2741, 2748, 2772, 2808, 2836, cod. proc. civ., art. 619). 

Imposta di registro � Decadenza da agevolazioni � Nascita dell'obbligazione 
tributaria con effetto � ex tunc �, 

Imposta di registro � Momento della nascita dell'obbligazione tributaria � 
Data della stipulazione -Concorso di privilegio speciale e ipoteca � 
Ipoteca iscritta dopo la stipulazione e prima della registrazione -� 
anteriore il privilegio. 

L'ipoteca che va definita come diritto reale, � ricompresa nella previsione 
del primo comma seconda parte dell'art. 2772 che pone una 
deroga alla regola generale dell'art. 2748; di conseguenza il privilegio 
speciale dello Stato per crediti su tributi indiretti non pu� essere eser



622 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

citato in pregiudizio dell'ipoteca acquistata anteriormente sull'immobile 
trasferito al quale il privilegio si riferisce (1). 

Nell'ipotesi di decadenza da agevolazioni l'obbligazione tributaria 
deve intendersi sorta, anche ai fini della poziorit� dei privilegi, con . 
effetto ex tunc al momento in cui sarebbe stata dovuta l'imposta ordinaria 
(2). 

Il credito dello Stato per imposta di registro (a1_1che quando si tratti 
di imposta dovuta in misura ordinaria a seguito della decadenza da 
agevolazioni) nasce, in una al connesso privilegio speciale immobiliare 
di cui all'art. 2772 e.e., al momento e per effetto della confezione dell'atto 
e non al momento della successiva registrazione, s� che l'ipoteca 
iscritta dopo lq stipulai.ione, se pure prima della registrazione, cede al 
privilegio sorto anteriormente (3). 

(Omissis). -1. -Il conflitto tra il privilegio speciale, correlato 
al credito per l'imposta di registro pretesa dalla Finanza nella misura 
ordinaria a seguito della sopravvenuta decadenza del Drago dalle agevolazioni 
in favore della piccola propriet� contadina ex legge 6 agosto 
1954, n. 604, accordategli all'atto della registrazione del suo acquisto 
per rogito Tavassi in data 17 luglio 1959, e l'ipoteca, con questo regito 
concessa dal Drago sull'immobile da lui acquistato, a garanzia �del 
mutuo er�gatogli dall'Istituto federale di credito, oggi resistente, � stato 
dalla sentenza impugnata risolto in favore della seconda, affermando 
-in tesi -che fra i � diritti � dei terzi, in pregiudizio dei quali, se 
acquistati �anteriormente�, non pu� essere esercitato (ex art. 2772, comma 
1� e.e., nel testo anteriore alla legge 29 luglio 1975, n. 426) il privilegio 
speciale immobiliare per i tributi indire,tti dello Stato, .rientrano 
anche i diritti reali di garanzia, quale appunto l'ipoteca, e riconoscendo 
-in ipotesi -che la garanzia ipotecaria delflstituto mutuante 
sarebbe sorta prima del credito tributario fatto valere dalla 
Finanza, e del relativo privilegio. 

Contro l'argomentazione motiva di tesi si appuntano le censure 

svolte dal'l'Amministrazione finanziaria con il primo motivo di ricorso, 

(1-3) La sentenza ha affrontato per la prima volta con pienezza di ind�gine 
il complessd problema del conflitto tra privilegio speciale che assiste il credito 
per imposte indirette e l'ipoteca. 

La prima questione che si presenta � se l'art. 2772 e.e. (si fa riferimento al 
vecchio testo, ma la novella non � rilevante sul punto) introduca una deroga 
alla reigola generale dell'art. 2748; questa presuppone la soluzione dell'altro prob_
lema di diritto privato comune, se l'ipoteca sia un diritto reale. I due soli 
precedenti di giurisprudenza, non molto approfonditi, erano in netto contrasto 
(Cass. 14 dicembre 1971, n. 3637 e 27 luglio 1972, n. 2567, in questa Rassegna, 1972, 
I, 134 e 1170). La sentenza ora intervenuta con ampia motivazione ha affermato 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 623 

mentre l'argomentazione di ipotesi forma oggetto del secondo e del 
terzo motivo. 

2. -II primo motivo -. denunziando, in relazione all'art. 360, nn. 3 
e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 2741, 2748, 2772, 
2808, 2836 e.e., r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, erronea e contraddittoria 
motivazione --:-svolge, in sostanza, l'assunto che l'art. 2772 non conterebbe, 
quanto all'imposta di registro, alcuna deroga all'-art. 2748, che 
in linea generale, e cio� indipendent�mente dalla loro concreta sequenza 
cronologica, sancisce la prevalenza, salva diversa disposizione di legge, 
dei privilegi speciali immobiliari sulle ipoteche. Sulla .premessa che i 
�diritti�, di cui l'art. 2772 comma 1� (vecchio testo) sancisce la prevalenza 
sul privilegio immobiliare se acquistati anteriormente a questi, 
sono quelli di natura reale, l'Amministrazione trae argomento a favore 
della sua tesi in primo luogo dalla peculiare natura a suo dire certamente 
diversa da quella di vero e proprio diritto reale su cosa altrui, 
riconosciuta all'ipoteca dalla nuova codificazione sia attraverso la collocazione 
(nel titolo III del libro IV, sotto il titolo �della responsabilit� 
patrimoniale, delle cause di prelazione e della conservazione della garanzia 
patrimoniale�) e la definizione (appunto come causa legittima 
di prelazione, ex art, 2741 e.e.), sia attraverso il particolare regime del 
diritto di .seguito attribuitole, tale che essa non sottrae il bene cui si 
riferisce all'azione esecutiva e si estingue se non esercitata nel corso 
d!:!ll'esecuzione (�rt. 2878 n. 7). A conferma la ricorrente cita ancora 
l'art. 619 c.p.c., che nella locuzione � altro diritto reale �, oltre alla propriet�, 
alla cui titolarit� riconnette la legittimazione a proporre l'opposizione 
di terzo all'esecuzione, certamente non ricomprende il diritto 
che .,fra i � diritti � che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili, 
secondo l'espressione dell'art. 2772, � compresa l'ipoteca che pertanto, se ante� 
riormente iscritta, prevale sul privilegio speciale in deroga alla regola generale 
dell'art. 2748; a questa conclusione la S.C. perviene sia in base alla definizione 1 
dell'ipoteca come diritto reale secondo la tradizione non novata dal codice 

del 1942, sia iin base a consid�razioni pi� specifiche di carattere tributario. 

La soluzione di cos� sottile questione pu� autorizzare riserve o dissensi; 
ma le ulteriori statuizioni contengono la portata della deroga alla regola generale 
entro ristretti limiti, apportando ad un tempo chiarimenti importantissimi 
alla natura stessa dell'obbligazione di imposta di registro. 

La seconda massima esaurisce in poche battute la questione del momento 
della nascita dell'obbligazione per l'imposta ordinaria dovuta a seguito di decadenza 
da agevolazioni. Rifacendosi alle recenti decisioni che hanno ritenuto 
che la decorrenza degli interessi moratori va fissata al momento in cui doveva 
corrispondersi l'imposta normale se l'agevolazione non fosse stata domandata 
(Cass. 14 febbraio 1975, n. 565 e 28 giugno 1976, n. 2444, in questa Rassegna, 1975, 
I, 563; 1976, I, 1033), la S.C. enuncia con assoluta chiarezza il principio che 
l'evento che p_roduce la decadenza condiziona l'agevolazione non gi� gli effetti 
del negozio e della relativa tassazione, s� che presupposto dell'obbligazione � il 
negozio, non pi� fruente del beneficio, non l'evento che .provoca la decadenza. 



624 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di ipoteca, e sottolinea la diversit� testuale della espressione � diritti � 
senza ulteriore specificazione usata dall'art. 2772 rispetto a quella � diritti 
reali di ogni genere� scritta invece nel corrispondente art. 1962 
del e.e. 1865, qualificandola particolarmente significativa se considerata 
alla luce della contestuale scomparsa nel codice vigente, della espressa 
definizione dell'ipoteca come diritto reale, data, invece, dall'art. 1964 
del previgente codice: ed invero, essa osserva, il citato art. 2772, se 
effettivamente avesse un contenuto derogativo alla regola generale dell'art. 
2748, sarebbe d� stretta interpretazione, si che dopo la soppressione 
delle parole � di ogni genere � sarebbe arduo intenderlo riferito 
anche all'ipoteca. E che in realt� questa ne sia esclusa, si ricava -ad 
avviso della ricorrente -anche dal sistema della disciplina positiva 
dettata per i privilegi. Letteralmente, infatti, il raffronto con gli articoli 
2747 e 2748 dimostrerebbe che, ai fini della efficacia dei privilegi, 
ben netta � la separazione fra i diritti reali veri e propri, qui denominati 
semplicemente � diritti � ed il pegno e l'ipoteca, sicch� anche l'art. 2772, 
quando usa la stessa espressione, non potrebbe intendersi riferito all'ipoteca. 
Ci�, del resto., risponderebbe ad una ratio evidente. Il diritto reale 
limitato, una volta costituito, comporta una diminuzione del diritto 
inciso, che sol nella parte residua pu� formare oggetto di disposizione: 
solo al valore di questa parte pu� riferirsi il tributo ed � quindi logico 
che solo su di essa gravi il relativo privilegio, mentre il titolare del 
diritto � distaccato� ha il potere di sottrarre il bene, per la parte di 
sua spettanza, all'azione esecutiva del creditore privilegiato. L'ipoteca, 

Assai pi� importante, e pi� riccamente illustrato in motivazione, � il problema 
enunciato nella terza massima. Posto che l'ipoteca, se anteriore, prevale 
sul privilegio, occorre stabilire quale sia il momento della nascita dell'obbligazione 
tributaria e del relativo privilegio specie in riferimento al�'ipotesi che 
l'ipoteca sia stata iscritta nel tempo intercorrente tra la stipulazione (confezione) 
dell'atto e la sua registrazione ovvero alla situazione non infrequente che lo 
stesso atto abbia dato causa all'iscrizione di ipoteca e all'obbligazione di imposta 
di registro e l'ipoteca sia stata iscritta, come bene � possibile ex articolo 
2836 e.e., prima della registrazione, che pure sia stata eseguita nel termine' 
normale di venti giorni. Se si affermasse che l'obbligazione d'imposta di registro 
nasce al momento della registrazione, il privil~io speciale cederebbe irrepa


rabilmente all'ipoteca anche quando. essa, come nel caso discusso, presuppone 
il negozio soggetto all'imposta. Ma la S.C. ha escluso tale evenienza affermando 
(con statuizione di grande rilievo anche ad altri effetti, che mette chiarezza nel 
contrasto tra diverse pronunzie scarsamente meditate) che l'obbligazione sorge 
al momento della confezione dell'atto, sebbene il concreto adempimento a seguito 
della registrazione possa essere, anche lungamente, differito. 

Dopo aver accantonato l'argomentazione traibile dall'ultima parte del primo 
comma dell'art. 2772 (vecchio testo) che concerne esclusivamente l'imposta suppletiva, 
la sentenza in nota basa la sua conclusione su tre fondamentali considerazioni: 
1) la base imponibile � commisurata al valore venale in comune 
commercio alla data del trasferimento (art. 15, 16 e 19 r,d. 7 agosto, 1936, n. 1639); 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 625 

invece, argomenta l'Amministrazione, non distacca alcun contenuto del 
diritto inciso: il bene, quindi, bench� ipotecato, viene trasferito, nella 
pienezza di tal diritto, sicch�, ove ci� avvenga, l'imposta � naturalmente 
commisurata al val9re dell'intero bene, e cos� pure il privilegio, mentre 
� parimenti ovvio che il titolare dell'ipoteca non possa sottrarre l'intero 
bene all'azione esecutiva. Considerazione analoghe giustificherebbero 
anche il diverso trattamento previsto per l'imposta di successione dal 
successivo 2� comma dello stesso articolo 2772 (oggi comma 6� nel testo 
novellato), che non si spiegherebbe n� in termini di applicazione specifica 
di una. pi� generale funzione derogatoria dell'intero articolo alla 
regola sancita dal precedente art. 2748, n�, all'inverso, in chiave di 
eccezione, per ci� specificamente prevista, all'opposto (asserito) canone 
espresso nel primo comma (nel testo non novellato), ma si fonderebbe, 
invece, su una ratio affatto diversa: sul fatto, cio�, che i creditori del 
defunto possono iscrivere ipoteca successivamente alla morte di lui soltanto 
in base a tit�lo che abbia acquistato data certa anteriormente 
all'apertura della successione, ossia sulla base di titoli, in forza dei quali 
gli stessi debiti garantiti da ipoteca sono ammessi in deduzione dall'attivo 
dell'asse ereditario ex art. 45 r.d. 30 �dicembre 1923 n. 3270, sicch� 
non si giustificherebbe subordinare il diritto del creditore ipotecario 
al privilegio tributario quando l'imposta non � dovuta, come nel caso 
del diritto di godimento non trasferito. A conferma della tesi, la ricorrente 
adduce, infine, un ulteriore rilievo tratto dall'art. 2836 e.e., argomentando 
che questo, prevedendo la possibilit� di procedere ad� iscrizione 
dell'ipoteca in base ad atto pubblico ed a sentenza prima della 
registrazione con la sola incombenza della trasmissione all'ufficio tri


2) la decorrenza degli interessi in caso di omissione di formalit� (registrazione) 
� fissata al giorno in cui l'imposta sarebbe stata dovuta se la formalit� fosse 
stata eseguita (art. 3 legge 26 gennaio 1961, n. 29); 3) essendo la registrazione 

un obbligo giuridicamente sanzionato, non � concepibile che la nascita dell'obbligazione 
rpossa essere arbitrariamente ritardata sulla base della violazione di 
tale obbligo. 

In definitiva il termine di venti giorni � un termine per adempiere una 
obbligazione .gi� sorta non un termine che condiziona la nascita dell'obbligazione. 
Cos� concepita l'obbligazione tributaria, la prevalenza dell'ipoteca sul privilegio 
speciale pu� aversi solo quando l'ipoteca, in base ad un titolo diverso, sia stata 
iscritta prima della stipulazione dell'atto; in tal caso il trasferimento di un 
immobile gi� gravato di ipoteca non � assistito da privilegio, il che desta qualche 
perplessit� se non altro perch� la stessa regola non vale per il privilegio speciale 
che assiste i crediti per tributi diretti (art. 2771 cpv. in relazione all'art. 2748); 
ma resta acclarato che nell'ipotesi pi� frequente di concorso di privilegio e 
ipoteca fondati sullo stesso titolo non sia lasciato al privato il potere di manovrare 
sull'ordine delle cause di prelazione anticipando l'iscrizione dell'ipoteca 
e ritardando la registrazione e, pi� in generale, che l'esistenza dell'obbligazione 
per imposta di registro non dipende dalla iniziativa della parte che richiede 
la registrazione. 



626 RASSEGNA .DELL'AVVOCATURA DELW STATO 
butario di un esemplare della nota, presuppone che l'anticipata iscrizione 
non possa pregiudicare i privilegi da cui l'imposta stessa sia 
assistita. 
3. -I,.a censura � infondata. 
Il problema con essa posto � se, tra i � diritti � dei terzi -di cui 
l'art. �2772, nell'eventuale conflitto con il privilegio immobiliare �attribuito 
ai crediti dello Stato per tributi indiretti, proclama la salvezza 
se acquistati anteriormente (comma 1�, secondo periodo, n�el testo del 
1942; comma 4�, nel testo novellato dalla legge 29 luglio 1975, n. 426), 
ed anche successivamente quando il credito fiscale consista in una 
imposta suppletiva (comma citato, terza proposizione, nel testo. originario, 
con riferimento al solo tributo di registro; comma S9 , nel testo 
come sopra novellato, riferito genericamente a tutti i tributi suppletivi) 
-rientri, oppur no, anche la ipoteca, e se, conseguentemente, tale 
disposizione si ponga come deroga, o al contrario come un~ applicazione, 
rispetto alla regola sancita dal precedente art. 2748, comma 2�, 
sulla prevalenza dei -privilegi immobiliari di fronte alle ipoteche sia 
anteriori che successive. 
Nella vigenza del e.e. del 1865 il problema non risulta essersi neppure 
posto all'interprete (cfr. Cass. 5 giugno 1941 n. 1670; Cass. 21 luglio 
1937, n. 2616). E bene a ragione, che, in quel sistema normativo, la 
espressa definizione della ipoteca come diritto reale (art. 1964, comma 
1�) e la designazione con la locuzione � diritti reali di ogni genere � 
delle situazioni soggettive dei terzi fatte salve rispetto al privilegio immobiliare 
per tributi indiretti (art. 1962, comma 2�) non consentivano 
di dubitare essersi in tal guisa introdotta una deroga alla prevalenza 
indiscriminata del privilegio sulla ipoteca, sancita in via generale dall'art. 
1953, comma 1�. Di fronte a tale certezza, tratta dalla lettera e 
dal sistema, il riferimento ai soli �terzi possessori�, contenuto nel prosieguo 
del discorso normativo scritto nello stesso art. 1962 (comma 2�, 
secondo periodo, ultima parte), era argomento ermeneutico troppo scarso 
e troppo equivoco per giustificare le opposte illazioni trattene, a 
conforto di una conforme lettura del corrispondente art. 2772, comma 
1�, e.e. vigente, da una precedente sentenza di questa Corte Suprema 
(sent. 14 dicembre 1971, n. 3627). Per un verso, invero la delimitazione 
del novero dei terzi preferiti, nelle diverse fattispecie legali rispettivamente 
regolate dalle d~e proposizioni in cui' l'intero discorso svolto 
nel secondo periodo del secondo� comma dell'art. 1962 si articolava, 
appare in ciascuna tracciata su piani e con criteri eterogenei (situazione 
di diritto, nella prima proposizione; mera situazione possessoria, 
nella seconda), sicch� non sembrerebbe corretto volere argomentare dal-
l'una disposizione per meglio comprendere il significato dell'altra. Per 
altro verso, e pure a volere intendere il riferimento al possesso non 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 627 

in senso proprio, ma quale mero indice fattuale delle situazioni di diritto 
apparentem~nte ad esso sottese, non si ravvisa la ragione per la . 
quale la limitazione della prevalenza -nel caso di privilegio fiscale 
anteriore, correlato alla sola imposta suppletiva -ai diritti reali diversi 
dall'ipoteca sarebbe stato inconciliabile con la (statuizione di) prevalenza 
dei diritti reali di ogni genere, compresa fipoteca, nella div_ersa 
ipotesi di privilegio fiscale posteriore correlato ai tributi indiretti in 
genere. Senza dire, poi, che pure nel caso (denegato) di incompatibilit�, 
questa si sarebbe dovuta dall'interprete eliminare, attesa la certezza 
dell'inclusione anche della ipoteca fra i diritti dei terzi non pregiudicati, 
se anteriori, dal privilegio, mediante una lettura estensiva della disposizione 
successiva, concernente l'ipotesi del privilegio immobiliare posteriore 
correlato ad imposta suppletiva.. 

Meno netta, invece, � la situazione normativa configurata dal e.e. 
del 1942. (e non toccata, per i punti che qui interessano, dalla novella 
di cui alla citata legge n. 426 del 1975). 

Quanto alla natura dell'ipoteca, infatti -a parte la collocazione, 
giustificata da ragioni sistematicl).e affrenti a profilo tutt'affatto diverso 
della funzione dell'istituto . (Relaz. al Re n. 1065), di per s� non incompatibile 
con una struttura di �natura reale (anzi riconosciuta �ben 
spesso � non aliena al complesso degli istituti, aventi analoga funzione, 
raccolti sotto la stessa collocazione: Relaz. cit. loco cit.) -la volont� 
agnostica del legislatore chiaramente traspare sia dalla mancata riproduzione 
(cfr. art. 2808, comma 1�) della preced�nte formula definitoria, 
sia dalla intenzionalit� della omissione, attuata proprio al dichiarato 
proposito (ben comprensibile alla luce delle montanti polemiche dogmatiche 
sulla natura dell'ipoteca, della quale proprio negli anni della codificazione 
si era pervenuti anche a negare, autorev9hnente, l'appartenenza 
al diritto sostanziale) di lasciare all'interprete il compito definitorio 
� sulla base degli elementi testuali � e tenendo � presenti nella loro interdipendenza 
tutti gli effetti� della garanzia accordata con l'istituto (relazione 
cit. n. 1135). E se � vero che, ci� malgrado, talvolta il testo normativo 
all'evidenza utilizza anche per la ipoteca la formula �diritti 
reali �, come l'art. 813, che sotto siffatta rubrica menziona anche (comma 
3�) l'ipoteca, � vero anche che, altra volta, malgrado una apparenza 
definitoria analoga, traspare una intenzione opposta, come nell'art. 2862 

. che, mentre nella rubrica (�ipoteca ed altri diritti reali�) sembra guardare 
anch'esso alla ipoteca come ad uno dei pi� diritti reali configurati 
dall'ordinamento, invece nel testo adotta un ordine di enumerazione 
(ipoteca, servit� ed altri diritti reali) che, raffrontato con quello 
(servit�, ipoteca, altri diritti reali) seguito dal corrispondente art. 2017 
del e.e. 1865, lascia trasparire il preciso intento di evitare quanto pi� 
possibile, attraverso l'attenuazione anche del legame sintattico fra le 

llllllllllllttlllllllllllll�lllllllllllllllllllllllllllllllll�I 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

corrispondenti denominazioni, una intima assimilazione tra l'ipoteca e 
altri diritti reali. Inoltre � indubbio, come sottolinea l'Amministrazione 
ricorrente, che nel coevo codice di rito la locuzione �diritto reali� 
dell'art. 619 non ricomprende l'ipoteca'. 

Da tutto ci� discende la indubbia necessit� p~r l'interprete di usare 
molta cautela nella lettura di disposizioni espresse con formule riferite 
alla categoria dei diritti reali, o con formule comunque equivalenti. 

Ora, nell'art. 2772 -ed anche, sul �suo modello, nei successivi articoli 
2773, oggi abrogato per effetto della legge n. 426 del 1975 citata, 
e 2774 -si parla, come si � ripetutamente accennato, di � diritti �, e 
non pi� di � diritti reali di ogni genere �. Anche soltanto cl.i �� diritti �, 
in conflitto con i privilegi, si parla nei precedenti articoli 2747 e 2748, 
compresi fra le disposizioni generali della sezione I. Ed � vero, come 
in dottrina non si dubita sulla scorta, del resto, delle univoche precisazioni 
offerte dai lavori preparatori (Relaz. Comm. Reale dir. reali, 
pp. 167 e 168; Relaz. al Re, n. 1129), che tali �diritti� sono i diritti 
reali, donde la pertinenza e ragionevolezza, in principio, del richiamo 
alla regola che impone di adottare, almeno come linea di tendenza, 
la medesima lettura per la identica formula usata dal legislatore. in 
disposizioni topograficamente e concettualmente contermini. Ma in concreto, 
ai fini che qui interessano, il risultato ermenutico per tal via 
attingibile � equivoco, perch� se � vero che per il privilegio speciale 
sui mobili la locuzione �diritti� di cui all'art. 2747, comma 2�, non ricomprende 
quelli reali di garanzia, essendo per il pegno specificamente 
dettata, la successiva disposizione del 1� comma dell'art 2748, � per� 
anche vero che per il privilegio generale (ancora) sui mobili lo stesso 
art. 2727, nel 1� comma, intende i �diritti� pure in esso menzionati 
in senso assolutamente onnicomprensivo, con riferimento tanto a quelli 
di godimento che a quelli di garanzia. 

Ed allora, in mancanza d� una diversa -indicazione testuale precisa, 
la caduta dal testo normativo vigente (art. 2772 e.e. 1942) della specificazione 
� reali di ogni genere � non pu� valere a conferire alla locuzione 
residua � diritti >>, proprio per la ontologica universalit� semantica 
del termine, un significato pi� ristretto di quella usata dal testo 
previgente (art. 1962 e.e. 1865, ricomprendente, come si � visto, anche 
l'ipoteca); e ci�, del resto, in perfetta consonanza con l'intento per nulla 
innovatore perseguito dal legislatore, secondo l'indicazione a chiare lettere 
datane dalla Relazione al Re (n. 1132), la dove si legge che � l'articolo 
2772 riproduce, in sostanza, ma con formula pi� generica e comprensiva 
la disposizione dell'art. 1962, 2� comma, del codice del 1865 
relativamente alla prevalenza che sul privilegio :hanno f diritti acquistati 
dai terzi sull'immobile prima del sorgere del credito dello Stato�, cos� 
autenticamente chiarendosi che, contrariamente a quanto ritenuto dalla 


PARIB I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

citata sentenza n. 3637 del 1974, il precedente brano della stessa Relazione 
(n. 1129) sulla riproduzione, nell'art. 2748 secondo comma, del 
� principio tradizionale � che vuole il privilegio immobiliare prevalente 
sull'ipoteca sia anterior� che posteriore, non intende certo escludere la 
possibilit� di deroghe, secondo quanto del resto espressamente prevede 
lo stesso testo normativo cos� commentato. 

Anzi, la eliminazione dal dettato legislativo del riferimento alla realit� 
dei diritti del terzo, fatti salvi rispetto al privilegio fiscale, palesa, 
a ben guardare, un significato di segno esattamente opposto a quello 
propugnato dalla ricorrente, in quanto ben si comprende -nella logica 
di un legislatore che intendeva mantenere l'ipoteca tra tali diritti come 
sia stata da lui avvertita la necessit� di adottare una formula 
verbale che, spogliandosi di ogni riferimento alla realit� delle situazioni 
soggettive considerate, non aprisse spiragli a dubbi nel momento 
stesso in cui la definizione dell'ipoteca come diritto reale non veniva 
riprodotta nella nuova codificazione. 

E che la norma di cui all'art. 2772, comma 1�, secondo periodo (nel 
testo originario) costituisca una delle deroghe che l'art. 2748, comma 2�, 
nel dettare la regola della .subvalenza delle ipoteche prevede possano 
essere introdotte da speciali disposizioni, trova conferma, sul piano razionale, 
nella considerazione che, tra tutti i privilegi immobiliari tipizzati 
dal legislatore, quelli previsti in favore dello Stato per i tributi 
indiretti si correlan,o a vicende giuridiche, quali i trasferimenti. inter 
vivos e le successioni mortis causa, predicati nella realt� storica dalla 
ineluttabilit�, per alcune, e dalla normalit� e frequenza, per altre, del 
loro verificarsi, onde soltanto il ripristino dell'elemento cronologico come 
criterio risolutivo del conflitto tra siffatti privilegi immobiliari e la 
garanzia ipotecaria si appalesa idoneo a conservare a quest'ultima effettiva 
capacjt� operativa. 

Per contro, non sembra trovare corrispondenza nel diritto positivo 
-per quanto riguarda l'allegazione fattane con riferimento alla disposizione 
dell'art. 2772, comma 2�; in tema d� imposta di successione la 
diversa ratio prospettata dall'Amministrazione ricorrente in relazione 
al differenziato modo in cui ipoteca, da un lato, e diritti reali di godimento; 
dall'altro, reagirebbero sull'imponibile tributario correlato alla 
vicenda traslativa del bene oggetto dell'una e degli altri. Il semplice 
raffronto tra l'enumerazione dei titoli che consentano l'iscrizion~ ipotecaria 
(scrittura privata autenticata, giudizialmente riconosciuta, alto pubblico, 
sentenza: artt. 2835 e 2836 e.e.) e quella dei titoli che consentono 
la deduzione delle passivit� dall'asse ereditario (al quale fine occorre, 
quanto alla scrittura privata, che le passivit� da dedurre siano da essa 
�nascenti� -e ci� pu� non sussistere nel caso di scrittura puramente 
concessiva della garanzia ipotecaria -e non soltanto � risultanti �, come 


630 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

� sufficiente, invece, per fafto pubblico e la sentenza sempre che, per�, 

quest'ultima sia anteriore alla apertura della successione, che � invece 

circostanza indifferente per l'iscrizione dell'ipoteca sui beni del defunto 

(art. 45, commi 1� e 2�, r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270, vigente al momento 

della codificazione) dimostra, invero, come non vi sia, fra le due serie 

di titoli, quella piena coincidenza, sulla quale si basa l'argomentazione 

della ricorrente. Ma quand'anche la ricostruzione della ratio legis da 

costei proposta fosse esatta, le implicazioni ermene1,1tiche derivabili sa


rebbero opposte a quelle che la stessa ricorrente vorrebbe trarne, giac-. 

ch�. -una volta postulata come indefettibile la coincidenza fra l'oggetto 
dell'imponibile, e del correlato privilegio fiscale, ed il contenuto effettivo 
del diritto trasferito con l'atto tassato (depauperato di quanto ne 
� _stato distaccato, nel caso di previa costituzione di un diritto reale 
di godimento; pieno ed integro, invece, nel caso di mera iscrizione ipotecaria) 
-ne segue che la espressa posiziop.e di una specifica norma, 
� volta a statuire la non opponibilit� del privilegio _al titolare di un diritto 
anteriormente acquistato, in tanto non si rivela inutile, in quanto 
la si intenda dettata (quanto meno anche) per dare prevalenza a quel 

diritto -l'ipoteca.-che a differenza degli altri -i diritti reali limi


tati di godimento -non l'avrebbero di per s�. 

Indicazioni contrarie alle conclusioni cui si ritiene di dover perve


nire neppure possono trarsi dall'art. 2772, comma 2� (nel testo non no


vellato; comma 6� nel testo novellato) o dall'art. 2836. Quanto al primo, 

perch� il tentativo di argomentare che il legis1atore, in tanto ha avver


tito I.a necessit� di dettare tale specifica regola �del conflitto tra privi


legio ed ipoteca, in quanto non ha contemplato � Ia ipoteca stessa nel 

comma precedente, non pu� avere fortuna, posto che l'esistenza della 

particolare disposizione considerata troverebbe in ogni caso giustifica


zione autonoma nelle altre sue peculiarit� (fiferimento alla sola impo


sta di successione e, soprattutto, statuizione di subv~lenza anche per il 

privilegio anteriore, entro il termine di tre mesi dall'apertura della 

successione). Quanto al secondo, perch� l'esigenza logica rappresentata 

dall'Amministrazione (di non ipotizzare un sistema normativo che, nello 

stesso momento in cui, da un -Iato, condiziona la garanzia approntata 

per i crediti tributari dello Stato iri ragione della-loro causa al dato 

cronologico della precedenza dei medesimi alle ipoteche costituite sui 

medesimi beni a favore di terzi, consentirebbe, dall'altro, l'utilizzazione 

di un meccanismo, in forza del quale il terzo interessato � messo in 

grado di rendere normalmente e sistematicamente il proprio titolo di 

prelazione anteriore a quello dello Stato) trova pieno soddisfacimento, 

come fr~ breve si dir� procedendosi all'esame del terzo motivo di ri


corso, nella constatazione che il privilegio, nascendo, in una al credito 

tributarfo assistito, con la stipulazione dell'atto tassato, non pu� mai 


PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

trovarsi cronologicamente anticipato dalla garanzia ipotecaria con l'atto 
stesso eventualmente accordata ad un terzo. 

Sicch�, concludendo sul punto dei rapporti fra l'art. 2772 e l'art. 2748 
cod. civ., afferma il Collegio -cos� uniformandosi al precedente arre~ 
sto n. 2567 del 27 luglio 19.72, con cui questa Corte Suprema ha gi� adottato, 
peraltro senza darsi e_Spressamente carico della complessa problematica 
connessa e senza comunque mostrare di avvertire il contrasto � 
giurisprudenziale cos� provocato, l'orientamento opposto a quello seguito 
dalla citata sentenza n. 3637 del 1971 -che, in deroga alla generale 
prevalenza accordata al privilegio speciale immobiliare sull'ip�teca qualunque 
sia la sequenza cronologica dell'uno rispetto all'altra, il privilegio 
accordato ai crediti dello Stato per tributi indiretti non pu� esercitarsi 
in pregiudizio della ipoteca da terzi acquistata anteriormente 
sull'immobile oggetto del trasferimento tassato. 

4. -Alla stregua di tale conclusione, diviene allora rilevante accertare 
se, nella specie, il prtvilegio -spettante allo Stato a garanzia del 
credito avente ad oggetto l'imposta ordinaria dovuta, a seguito della sopravvenuta 
decadenza dai benefici originariamente accordati, sul trasferimento 
immobiliare realizzato con il rogito Tavassi -sia anteriore o 
successivo alla (iscrizione della) ipoteca con lo stesso atto notarile accordata 
all'Istituto federale di credito. 
Questo aspetto della controversia forma oggetto del secondo e del 
terzo motivo di ricorso, con i quali l'Amministrazione critica la ragione 
dai giudici di appello addotta a fondamento della decisione ad essa sfavorevole, 
svolgendo un compless.o discorso articolato in due proposizioni: 
l'una, volta ad affermare che, pur nel caso di decadenza dai 
benefici fiscali originariamente concessi, il credito relativo all'imposta 
in misura ordinaria ed il connesso privilegio nascono ex tunc, e non a 
far tempo dal verificarsi della decadenza (secondo motivo, che denunzia, 
in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e falsa applicazione 
degli artt. �2772 e.e., 2, 7, 97 del r.d. 30 novembre 1923 n. 3269, 7 della 
legge 6 agosto 1954 n. 604 e dei principi generali in materia di imposta 
di registro, erronea e contraddittoria motivazione); l'altra, tesa a dimostrare 
che il momento, in cui credito tributario per imposta di registro 

�e connesso privilegio in via ordinarfa nascono, � quello della confezione 
dell'atto tassato e non quello della sua registrazione (terzo motivo, che 
denunzia, ancora in relazione ai nn. 3 e 5 d�ll'art. 360 c.p.c., violazione 
e falsa applicazione degli artt. 2748 e 2772 e.e., 1, 2, 7 e 97.rr.d. 30 dicembre 
1923, n. 3269, e dei principi generali in materia di imposta di 
registro, erronea e contraddittoria motivazione). 

Entrambi i profili di censura sono fondati. 
Quanto al primo, � sufficiente richiamare la pi� recente g�urisprudenza 
di questa Corte Suprema, consolidatasi a far tempo dalla sen



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

632 

tenz,a n. 565 del 14 febbraio 1975 (conformi, successivamente, sent. 27 
novembre 1975, n. 3966, e sent. 28 giugn� 1976, n. 2444), con la quale, 
al diverso effetto di determinare il momento iniziale di decorrenza degli 
interessi moratori di cui alla legge 26 gennaio 1961, n. 29 e 28 marzo 
1962, n. 147, sulle somme dovute a titolo di imposta di registro a seguito 
della decadenza dalle agevolazioni concesse all'atto della registra


zione, si � stabilito che gli stessi debbono essere corrisposti dal momento 
in cui, ove non fosse stata domandata dal contribuente l'agevolazione 
dalla quale per fatto proprio � poi decaduto, l'imposta sarebbe 
dovuta essere pagata nel suo normale ammontare (o dal momento 
dell'entrata in vigore della legge imponente l'obbligo degli interessi, se 
successivo alla registrazione). Ci� proprio-sul rilievo, tra gli altri, che 
il debito di imposta preesiste nella sua interezza alla decad�nza dal 
beneficio, per la ragione che quando un atto, invocante le agevolazioni, 
viene presentato alla registrazione si configura -s� -una situazione 
condizionante, la quale, per�, sospende (non gli effetti del negozio e, 
con essi, la tassazione, con conseguente differimento del sorgere della 
obbligazione tributaria), bens� la concessione stessa del beneficio, talch�, 
caduta la condizione, la situazione deve riportarsi all'origine. 

Pi� articolato discorso deve essere invece svolto a suffragio dell'analogo 
giudizio di fondatezza, anticipato anche in ordine all'altro profilo 
di censura. 

Va innanzi tutto negato che, il privilegio relativo all'imposta di registro 
in particolare; l'aggancio della sua nascita alla registrazione dell'atto 
debba ritenersi statuito espressamente dal legislatore del 1942, 
l� dove -omettendo il testuale riferimento al momento del � trasferimento 
soggetto alla tassa�, utilizzato dall'art. 1962, comma 2�, prima 
parte del secondo periodo, e.e.' 1865, per discriminare, riguardo ai tributi 
indiretti in genere, l'ordine di sequenza' delle situazioni soggettive 
(privilegio dello stato; diritti reali dei terzi) in conflitto -ha nell'articolo
� 2772, comma 1", terzo periodo, utilizzato come termine di riferimento 
-con la stessa funzione di criterio determinativo della relazione 
cronologica fra le medesime situazioni soggettive, rispetto alla diversa 
ipotesi particolare dell'imposta suppletiva -il momento, invece, 
della �registrazione dell'atto�. 

A parte, .invero, la labilit� storica defl'argomento, evidenziata dalla 
scomparsa, dal testo novellato dell'art. 2772 (attuale comma 5�) del � 

.~ 
suddetto riferimento alla registrazione in conseguenza della espansione 
anche letterale della norma alle imposte suppletive di tutti i tributi indiretti, 
conta sottolineare -a confutazione delia opposta tesi� recepita 
dalla corte di appello -che la scelta, in tema di imposta suppletiva, 
della registrazione dell'atto tassato come momento rispetto al quale 
va apprezzata la sequenza cronologica fra la nascita del privilegio fi. 

i : 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

scale e l'acquisto di diritti da parte dei terzi, al fine di fissare il punto 
di passaggio dalla prevalenza del primo alla prevalenza dei secondi, ri� 
sponde, come anche la dottrina ha avvertito, ad una ragione tutt'affatto 
propria al~a particolare logica dell'imposta suppletiva: Nei confronti della 
quale, la registrazione dell'atto interessante il trasferimento precedente 
all'acquisto del terzo costituisce per costui motivo di ragionevole affidamento 
per ritenere che la liquidazione dell'imposta effettuata in occasione 
di quella registrazione non sia inficiata da errori dell'ufficio e che 
quindi sotto tale profilo non sopravviva possibilit� che il proprio diritto, 
pur se acquistato successivamente, corra il pericolo di essere pregiudicato 
in forza del privilegio gi� spettante all'Amministrazione finanziaria. 
Onde non sembra possibile, data la specialit� della ragione che 
ispira la scelta effettuata nei riguardi dell'imposta suppletiva, postularne 
la riferibilit� anche alle imposte diverse da questa. 

Occorre pertanto affrontare il problema di fondo -accantonato dalla 
Corte di merito perch� ritenuto assorbito dalla peculiare ragione del 
decidere da essa ravvisata con specifico riferimento al privilegio immobiliare 
per tributi indiretti, or ora, per contro, disattesa dal Collegio concernente 
l'individuaizone del momento in cui sorge l'obbligazione per 
imposta di registro e, con essa, il privilegio immobiliare speciale dell'art. 
2772 e.e.: il problema, cio�, se tale momento coincida con la confezione 
dell'atto tassato o se, invece, questa comporti unicamente l'obbligazione 
di sottoporre l'atto alla registrazione, dalla quale soltanto nasca, 
poi, l'obbligazione di pagare il tributo. 

Le accennate ricostruzioni della vicenda costitutiva del credito per 
imposta di registro, autorevolmente proposte e dibattute in dottrina, 
hanno avuto entrambi un'eco nella giurisprudenza, anche di questa Corte 
Suprema, che in talune sentenze ha mostrato di recepire la prima 
(Cass._ 9 agosto 1973 n. 2293; Cass. 6 ottobre 1972 n. 2856; Cass. 5 maggio 
1969 n. 1508; Cass. 19 ottobre 1968 n. 3371; Cass. 17 marzo 1964 n. 510), 
in altre, invece, la seconda (Ca~s. 21 giugno 1969 n. 2204; Cass. 21 ottobre 
1967 n. 2565) o -in verit� contraddittoriamente -entrambe (Cass. 29 
ottobre 1966 n. 2711). 

Peraltro � la prima, che, ad avviso del Collegio, merita di essere 

preferit~. 

Di ci� convincono -come fondatamente osservava l'Amministrazione 
ricorrente -tre fondamentali indicazioni fornite dal diritto positivo, 
gi� alla stegua della previgente disciplina dell'imposta di registro: a) la 
commisurazione della base imponibile al valore venale in comune commercio 
al giorno del trasferimento (art. 15, 16 e 19 r.d. 7 agosto 1936 

n. 1636), la quale non avrebbe senso, se l'obbligazione tributaria effettivamente 
sorgesse solo nel successivo momento della registrazione; b) la 
decorrenza degli interessi, dovuti sull'imposta in caso di omissione di 

RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

formalit� (nel caso: di registrazione) dal giorno in cui l'imposta sarebbe 
stata dovuta se la formalit� fosse stata eseguita (art. 3, legge 26 gennaio 
1961 n. 29); disposizione, anche questa, che presuppone l'obbligazione 
t__ributaria sorta prima della registrazione, in concreto sopravvenibile anche 
a distanza di molti anni; c) l'inaccettabilit� di una ricostruzione ermeneutica 
che fondi la (pretesa) potest� del contribuente di ritardare la 
nascita dell'obbligazione tributaria sulla violazione di un obbligo, giuridicamente 
sanzionato, quale sicuramente � la registrazione in 'termine fisso: 
n� sembra possibile argomentare in contrario dalla pretesa natura di 
onere, che la registrazione avrebbe quando prescritta solo in caso di 
uso, posto che -come la'. stessa dottrina qui contraddetta mostra di 
non ignorare -trattasi di un � onere � ben particolare, se apprezzato 
ill' rapporto alla registrazione, posto che, a ben guardare, la scelta del 
contribuente, preteso onerato, cade direttamente sull'uso dell'atto, ma 
non gi� sulla registrazione in s�, che -in funzione dell'esercizio positivo 
di quella diversa scelta su altro oggetto -si q�alifica anch'essa 

come comportamento giuridicamente dovuto. 

Ed ulteriori consonanti indicazioni emergono pure da altri aspetti 
particolari della disciplina, ancor pi� accentuamente dopo ,che la recente 
riforma (d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633) ha rispetto ad essi eliminato talune 
delle ambiguit�, che nel sistema previgente ne offuscavano la nettezza del 
significato, rendendone attendibile anche una valorizz~zione in senso 
opposto. Ci� vale, ad esempio, per l'obbligo di far precedere il pagamento 
dell'imposta alla registrazione (donde la difficolt� di ravvisare in 
questa il momento g~netico di quello): univoci in tal senso sono gli 
artt. 15 e 16 del d.P.R. citato n. 633 del 1972, mentre dal successivo 
art. 52 (a differenza di quanto taluno riteneva di poter argomentare sulla 
base della corrispondente normativa previgente: art. 88, 91 r.d. 30 dicembre 
1923 n. 3269, in relazione al r.d. 26 settembre 1935 n. 1749, e art. 33 

d. 18 agosto 1866) risulta testualmente come nel caso di registrazione da, 
eseguirsi di ufficio la pretesa della Finanza, correlata alla registrazione 
(cfr. anche art. 15, comma 1�, proposizione introduttiva), abbia ad oggetto, 
in via �previa� (art. 15 cit.), il pagamento (art. 52, comma 4�) cio� la 
�riscossione� (art. 15 cit.) proprio dell'� imposta� (artt. 15 e 52 citati), 
oltre che della pena pecuniaria per omessa registrazione, e non il mero 
� deposito � di una somma sulla quale poi soddisfare il credito di impo,
sta successivamente alla registrazione. Altrettanto � a dirsi quanto alla 
disciplina dettata con le disposizioni transitorie dell'art. 77, che disciplinano 
la ~uccessione temporale dalla vecchia alla nuova legge di registro 
facendo riferimento, in via di regola, proprio al momento in cui gli atti 
vengono �formati�, laddove la corrispondente disposizione dell'art. 150 
r.d. del 1923 n. 3269, avendo riguardo, nella enunciazione della regola, 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

al momento della � registrazione � dell'atto, rendeva possibili illazioni 
di opposto significato. 

Ancora fondatamente, inoltre, l'Amministrazione ricorrente, ad ulteriore 
conforto della tesi da essa propugnata e qui accolta, argomenta in 
via sistematica dall'art. 2836 e.e., che, consentendo l'iscrizione dell'ipoteca 
anteriormente alla registrazione dell'atto che la costituisce, ed eventualmente 
insieme con altro negozio connesso soggetto pur esso ad 
imposta, si risolverebbe -ove fosse vera la premessa che l'obbligaziont> 
tributaria ed il relativo_ privilegio immobiliare nascono solei�con la registrazione 
-nell'approntamento, -da parte dello stesso legislatore, di 
un meccanismo conducente, nella fisiologia del sistema, a rend~re nel 

-concreto quasi sempre inoperante -perch� soccombente_ per ragioni 
di cronologia -il privilegio somministrato al credito tributario dello 
Stato. Onde solo rifiutando quella premessa ed accettando la contraria, 
ossia riconoscendo che credito di imposta e privilegio connesso nascono 
con la confezione dell'atto tassato, � possibile ricondurre a razionalit� il 
sistema. 

_Sicch� deve sul punto concludersi con l'enunciazione del principio di 

-diritto, alla stregua del quale il credito dello Stato per imposta di registro 
"'--anche quando si tratti1 di imposta dowta in misura ordinaria 
a seguit� della decadenza da agevolazioni co'ncesse all'atto della registra~
ione -nasce, in una al connesso privilegio immobiliare di cui all'articolo 
2772 c;c., al momento e per effetto della confezione dell'atto soggetto 
al tributo. Con il risultato -gi� del resto attinto, pur se in via 
quasi meramente enunziativa, dalla giurisprudenza di -questa Corte Suprema: 
cfr. Cass. 24 aprile 1963 n. 1086, nonch� le gi� citate sentenze 

n. 1670 del 1941 e n. 1016 _del 1937 -che quel privilegio prevale, indipendentemente 
dalla data di r�gistrazione dell'atto dall!l cui tassazione 
nasce il credito di imposta con esso garantito, sulle ipoteche di terzi 
iscritte sullo stesso immobile successivamente alla eonfezione del�'atto 
soggetto a registrazione. -(Omissis). 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 11 maggio 1978 n. 2297 -Pres. Caporaso Est. 
Gualtieri -P. M. La Valva (conf.) -Ministero delle Finanze (avv. 
Stato Bafile) c. Soc. SMEC. 

Imposte e tasse in genere � Competenza delle Commissioni . Pronuncia 
della Commissione di valutazione su questione di diritto � Incompetenza 
� Rilevabilit� d'ufficio. 

(d.l. 7 agosto 1936, n. 1639, art. 29). 
Quando la Commissione provinciale di valutazione abbia pronun-ziato 
su una questione di diritto, l'incompeten7:a pu� essere rilevata di 


636 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

ufficio dalla Corte di Cassazione adita soltanto per il merito sulla questione 
di diritto decisa (1). 

(1) Decisione esattissima. La ripartizione di competenza fra le commissioni 
dell'abrogato ordinamento era sicuramente inderogabile e quindi rilevabile d'ufficio 
fino a quando sul punto non sia passata in giudicato una pronunzia che 
presupponga la competenza del .giudice che l'ha emessa. Se q.indi la commissione 
di valutazione, senza averne il potere, decide una questione di diritto e 
viene impugnata sul merito� della questione di diritto decisa, la Corte di Cassazione 
deve rilevare d'ufficio l'incompetenza. 
CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I; 22 giugno 1978 n. 3082 -Pres. Caporaso Est. 
Granata -P. M. Marozzo della Rocca (conf.) -Giorgieri c. Ministero 
Finanze (avv. Stato Abignente). 

Imposta di ricchezza mobile -Redditi da lavoro autonomo -Rinuncia al 
compenso maturato � Irrilevanza sulla tassabilit� del reddito. 

(Lu. 29 gennaio 1958, n. 645, art. 81). 

I 

Mentre l'originaria pattuizione di prestazione gratuita di opera professionale 
esclude l'esistenza obiettiva di reddito, la successiva rinunzia 

I

al compenso maturato (presumibile ove l'originaria gratuit� non sia dimostrata) 
attiene alla disposizione del reddito prodotto e quindi non ne 
esclude la tassabilit� (1). 

I 

=~ 

(1) Identica � la decisione in pari data n. 3077 di cui si omette la pubblicazione. 
Decisione da condividere pienamente che fa applicazione della regola dell'irrilevanza 
degli atti di disposizione e destinazione del reddito .gi� prodotto 
(v; Cass. 28 giugno 1978, n. 3196 in questo fascicolo, pag....). 

CORTE DI CASSAZIONE, Sez. I, 28 giugno 1978 n. 3196 -Pres. Rossi 


I

Est. La Torre -P. M. Raja (conf.) -U.M.A. (avv. Sorrentino) c. Ministero 
delle Finanze (avv. Stato Bafile). 

Imposta di ricchezza mobile e sulle societ� � Presupposto -Ente pubblico 
. Utili di gestione -Costituiscono reddito tassabile. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 148 e 150). 
Imposta di ricchezza mobile e sulle societ� -Ente pubblico � Avanzi di 
gestione � Destinazione vincolata da norme statutarie � Irrilevanza. 

(t.u. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 81, 148 e 150). 
Gli incrementi patrimoniali 11,etti, non soggetti ad altri tributi diretti, 

I 

sono sempre soggetti all'imposta di ricchezza mobile e all'imposta sulle 

!

societ�, anche se prodotti da un ente pubblico non avente scopo di lucro 

I 

I 

. I 

. .

. I 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 637 

che tendenzialmente imposta il bilancio in modo da non realizzare 
attivo (1). 

La destinazione vincolata degli avanzi di gestione a copertura di 
precisi oneri o per diminuire il costo del servizio esclude la tassabil�t� 
solo quando il vincolo di destinazione � impo~to inderogabilmente da 
espresse norme di legge, ma � irrilevante quando sia imposta da disposiz_
ioni statutarie (2). 

(Omissis). -A sostegno della decisione qui impugnata la Commissione 
Tributaria centrale ha tra l'altro considerato: 

che il reddito, quale presupposto dell'imposta di ricchezza mobile 
(art. 81 t.u. 29 gennaio 1958 n. 645, alla specie applicabile), sussiste ogni 
qual volta il contribuente -non importa se soggetto privato o ente pubblico 
-consegue una ricchezza nuova, non identificabile in un semplice 
introito destinato a pareggiare le spese e a reintegrare una perdita; che, 
in presenza del conseguito reddito, non rileva n� il tipo dell'attivit� produttiva, 
che pu� avere o meno fini di lucro, n� il momento della erogazione, 
che � successivo ed estraneo a quello in cui fa ricchezza viene 
prodotta ed acquisi~a al patrimonio del 'percepiente; che anche i c.d. 
avanzi di gestione, i~ quanto proventi netti, rientrano riella nozione di 
reddito tassabile, a meno che -e � questa la sola eccezione -non 
sussista per essi un vincolo di destinazione imposto per legge e tale 
quindi, da sottrarli alla disponibilit� dell'ente, che in tal caso, si limita 
a gestirli in via puramente contabile; che tale eccezione, per�, non 
pu� essere utilmente invocata dall'UMA (Utenti Motori Agricoli), poich� 
manca del predetto ente una norma di legge/ che vincoli o almeno disciplini 
l'utilizzazione delle eccedenze attive di gestione, n� sussiste alcun 
valido elemento che permetta di ritenerle sottratte alla sua disponibilit� 
all'incremento del suo patrimonio. 

Contro questa decisione, e in particolare contro l'argomento conclusivo 
test� riassunto, si appuntano le critiche dedotte nell'unico motivo 

(1-2) La decisione con esemplare chiarezza riassume tutti i problemi recentemente 
dibattuti sulla tassabilit� dei redditi conseguiti da enti pubblici. 

La regola generale della soggezione all'imposta dei redditi degli enti pubblici, 
quale che sia il fine istituzionale, � stata sempr� riaffermata dalla giurisprudenza 
della S.C. anche in decisioni che, in casi particolari (come per gli 
ospedali) hanno escluso la tassabilit� (Sez. Un. 4 marzo 1974, n. 594, in questa 
Rassegna, 1974, I, 986), a meno che l'entrata non abbia natura tributaria. Ma � 
importante la precisazione che l'incremento patrimoniale costituisce reddito 
tassabile anche quando sia conseguito contro la stessa volont� dell'ente che, 
senza conseguire finalit� di lucro, tenta senza riuscirvi di impostare il bilancio 
in modo da chiudere in pareggio; la realt� oggettiva dell'incremento conseguito 
� il solo dato rilevante. 

Importante � ancora la precisazione che sulla tassabilit� del reddito � prodotto 
� � irrilevante la successiva destinazione quale che sia il lodevole scopo 

9 



638 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

di ricorso, fondato sulla violazione del citato art. 81 t.u. e dei principi 
sul presupposto dell'imposta di ricchezza mobile. 
Il contenuto del ricorso si articola nei seguenti punti: 
a) l'UMA � un ente pubblico, il cui scopo � � di contribuire all'in


cremento ed al �miglioramento della produzione agricola e alla riduzione 
dei costi di produzione, attraverso il razionale e pi� diffuso impiego dei 
mezzi meccanici in agricoltura�; 

b) tra i suoi compiti statutari vi � anche quello di provvedere 
�all'espletamento dei servizi e controlli riguardanti il prelevamento e 
l'uso dei carbt."anti agricoli�: al quale fine gli utenti assistiti dall'UMA 
corrispondono all'ente un contributo in cambio del quale ott�ngono i 
buoni che li autorizzano a prelevare il carburante a prezzo agevo�ato; 

e) la misura di questo contributo vi�ne fissato annualmente in sede 
di bilancio preventivo (sottoposto all'approvazione del Ministero vigilante), 
e poich� un canone elementare di buona amministrazione impone di 
'determinare gli introiti in modo che la somma di essi non sia inferiore 
alle spese d'affrontare, � del tutto normale che a fine esercizio si formino 
avanzi di gestione; 

d) ora quanto alla destinazione di tali avanzi, non vale a renderli 

tassabili il semplice rilievo che essi non siano in modo ~spressi vinco


lati per legge, occorrendo invece considerare quale sia in concreto la 

loro _destinazione secondo le regole di buona amministrazione a cui gli 

enti pubblici sono tenuti a ispirarsi; 

e) ebbene, l'UMA ha ammfnistrato gli avanzi di gestione conside


randosi non gi� titolare di un potere di disposizione, ma mero intestata-

con essa perseguito con buona amministrazione che non esclude � e pu� anche 

suggerire proficui o sicuri investimenti :patrimoniali�. A11gomntando sul testo 

dell'art. 19 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598 che per la prima volta sancisce 

la 'tassabilit� dei redditi � indipendentemente dalla loro destinazione�, si � 

sostenuto che tale regola non fosse contenuta nell'abrogato sistema delle im


poste dirette; ma questa tesi viene ora accantonata. 

Costituiscono eccezione a questi principi i c:d. avanzi di gestione, intesi 

come residui di cassa sottratti alla disponibilit� dell'ente e legislativamente vin


colati ad una destinazione prevalentemente volta alla ridill.ione, negli esercizi 

futuri, del costo del servizio. Ci� _� stato ritenu~o per gli enti di consumo e i 

mercati ittici comunali (Cass. 28 maggio 1966, n. 1397 e 26 aprile 1969, n. 1346, 

in questa Rassegna 1966; I, 1082 e 1969, I, 520) per il servizio per i contributi1 

agricoli unificati (3 febbraio 1969, n. 312, ivi 1969, I, 109) e infine per gli ospedali 

(sentenza delle Sez. unite gi� citata seguita da numerose altre dopo che sul


l'argomento aveva preso una posizione di dissenso la Commissione centrale); per 

vero in tutte queste ipotesi la individuazione dell'eccezione non � stata molto 

coerente �con la regola, s� che queste pronuncie, bench� ormai consolidate, non 

sono. state del tutto persuasive. Ci� ha incoraggiato una ondata di controversie 

nelle quali si � sostenuta l'intassabilit� di avanzi di gestione, pretendendo per 

tali ogni attivo del bilancio di enti, anche privati, non aventi fini di lucro. 

Cade quindi opportuna la sentenza in rassegna che restringe il concetto di 



PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRl,JDENZA TRIBUTARIA 639 

rio contabile, tant� che li ha sempre riportati nel bilancio preventivo 
dell'anno seg4ente in modo che essi hanno concorso a� tenere pi� bassa 
(o elevare di meno) la misura del contributo; 

f) tale destinazione, pertanto, � insita nella prassi costantemente 
seguita, onde pu� parlarsi di predeterminazione legale dell'impiego delle 
somme eccedenti a copertura di oneri della gestione successiva, escludendosi 
con ci�-stesso l'idea di una ricchezza che entra nel patrimonio 
dell'ente. 

Il ricorso � infondato. 

Sub a) Che l'UMA abbia personalit� di diritto pubblico � circostanza 
9e1 tutto irrilevante ai fini tributari: sia nel senso che un provento 
oggettivamente configurabile come reddito non muta natura se a produrlo 
� un ente pubblico; sia nel senso che questo rimane assoggettato 
alla relativa imposta se la legge non dispone una espressa esenzione. Del 
pari irrilevante, � lo scopo istituzionale dell'ente. Se questo, pur perseguendo 
finalit� non lucrative, riesce ci� malgrado a conseguire, come 
risultato concreto della sua attivit�, incrementi patrimoniali netti che, 
se non hanno natura di entrate tributarie e non sono colpite da altre 
imposte reali o sostitutive, ricadono sotto il dominio dell'imposta di ricchezza 
mobile, il cui presupposto, attesa la funzione residuale del tributo, 
� � la produzione di un reddito netto, in danaro o in natura, continuativo 
od occasionale, derivante... da qualsiasi altra fonte e non assoggettabile 
ad alcuna delle imposte previste nei titoli secondo terzo e quarto � 
(cio� sui terreni e sui fabbricati; art. 81 t.u.). Il fatto quind� che lo scopo 
dell'UMA si�!. quello di favorire la meccanizzazione in agricoltura non 
esclude di per s� che i mezzi all'uopo impiegati involgano un'attivit� 
produttiva di reddito, in. quanto fonte di entrate pecuniarie. 

Sub b) Tali, infatti, sono le somme di danaro che gli utenti, pagano 
all'ente in cambio dei buoni; rilasciati da quest'ultimo, per l'acquisto di 
carburante a prezzo agevolato. E non c'� dub�Jio che queste somme di 
danaro, tanto per chi le versa quanto per chi le riscuote, rappresentano 

avanzo di gestione a quell'attivo che l'ente amministra in via puramente contabile 
quando per espressa. ed univoca norma di legge debba esservi necessaria 
coincidenza tra gli introiti di una determinata attivit� e le spese occorrenti al 
suo esercizio e l'avanzo (che costituisce un'anomalia giustificabile con la impossibilit� 
contabile di far coincidere proventi e costi) abbia una destinazione 
vincolata (sempre per legge) tale da sottrarlo alla disponibilit� dell'ente, anche 
per leciti (o encomiabili) fini istituzionali. Ma ci� non pu� dirsi quando il vincolo 
di destinazione emerge solo da .disposizioni statutarie o da regole di condotta 
amministrativa o dalla impostazione del bilancio, se pure soggetto alla 
approvazione dello Stato, ovvero dall'avere in concreto destinato gli utili prodotti 
al riassorbimento nell'esercizio successivo per ridurre i costi del servizio, 
quando cio� nullo iure cogente sia stata data agli Utili per libera scelta una 
destinazione, quale che sia, che � un fatto successivo alla produzione del reddito, 
irrilevante sull'imponibilit� (Cass. 17 maggio 1974, n. 1445, ivi, 1974, I, 1004). 



RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

il corrispettivo di una prestazione, e per la parte eccedente il costo del 
servizio reso dall'ente che le percepisce, arrecano al patrimonio di qusto 
ultimo una utilit� pecuniaria netta. 

Sub e) Che poi questa utilit� sia un risultato non intenzionale, in 
quanto esorbita il programma di una gestione in pareggio, non sposta 
di nulla la realt� oggettiva delle cose; la sola che conti agli effetti tributari. 
N� vale a mutare questa realt�, valendo semmai a spiegarla e a rappresentarla 
come fenomeno meno occasionale di quanto potrebbe supporsi, 
il fatto che la misura degli introiti venga preventivamente calco� 
lata in_ modo da coprire con larghezza,' e quindi superare, l'ammontare 
delle spese previste. Si pu� dire allora che le risultanze attive del bilanc�o 
di esercizio sono previste e, almeno come eventualit�, sono anche volute, 
certo � che, come fatto oggettivo, esistono ed entrano nel patrimonio 
dell'ente. 

Sub d) L'utilizzazione da parte, di quest'ultimo, della ricchezza cos� 
conseguita, riguarda un momento successivo ed estraneo al presupposto 
dell'imposta che � � la produzione di un reddito netto � (art. 81 t.u. cit.); 
ai fini della sua tassabilit� non interessa il modo in cui esso verr� erogato 
da chi, intanto, lo ha prodotto e pu� disporre per �uno scopo o per un 
altro. La scelta potr� ispirarsi quando si voglia a regole di buona amministrazione, 
ma, a parte che questa non esclude e pu� anzi suggerire 
proficui o sicuri investimenti patrimoniali, resta il fatto che la destinazione 
di una ricchezza gi� acquisita non toglie il presupposto imponibile 
realizzatosi al momento della sua produzione. 

Sub e) Una eccezione alla regola della tassabilit� � data solo da quei 

casi per i quali la stessa legge prevede una gestione che, nell'interesse del 

servizio affidato all'ente, deve essere condotta in modo da escludere per 

esso la possibilit� cli realizzare e incamerare utili, onde le eventuali ecce


denze attive che ci� malgrado vengano a formarsi non possono essere 

destinate, per legge, se non a copertura di precisi oneri di gestione o per 

diminuire il costo del servizio: nel qual caso il vincolo legale di destina


zione impress? agli avanzi di gestione, che l'ente quindi amministra in via 

puramente contabile, impedisce a quest'ultimo di farli propri come ric


chezza nuova, effettiva e liberamente disponibile, venendo cos� a ma�n-� 

care il presupposto dell'imposta di t�cchezza mobile. Ma tutto ci� -� 

bene ribadirlo -si verifica quando, in forza di una espressa� e comun


que univoca determinazione �legislativa, vi sia e debba essere mantenuta 

una coincidenza necessaria tra gli introiti di una data attivit� e le spese 

occorrenti al suo esercizio; come � a dirsi, ad esempio, per gli avanzi 

di gestione dei mercati ittici, degli enti comunali di consumo, dei ser


vizi per i contributi agricoli unificati, degli enti ospe�lalieri (cfr. Cass. 

n. 2272 del 1965; n. 1397 del 1966; n. 136, n. 1345 e n. 1346 del 1969; n. 2696 
del 1971 n. 1294 del 1973; n. 3352 del 1976). 

PARTE I, SEZ. VI, GIURISPRUDENZA TRIBUTARIA 

Se invece quel vincolo di d�stinazione non esiste per., legge, ma 
deriva eventualmente da una disposizione statutaria dell'ente -che 
d'altronde, come po~e il vincolo cos� pu� toglierlo -si � in presenza 
di una comune ipotesi di erogazione df reddito gi� prodotto ed acquisito 
al patrimonio dell'ente medesimo; dalla cui libera determinazione dipende 
in tal caso impiegare le eccedenze attive in un modo piuttosto che in un 
altro (cfr. Cass. 17 maggio 1974 n. 1445 e n. 1446; 27 giugno 1975 n. 2522). 
E a maggior ragione ci� deve affermarsi qualora l'ipotetico vincolo 
-come nella specie -non sia previsto neppure dallo statuto dell'ente, 
la cui libera determinazione non incontra allora alcun limite, n� esterno 
n� interno, in ordine all'utilizzazione degli introiti dei quali esso ha e 
conserva la piena disponibilit�. 

Si rivela perci� priva di fondamento l'affermazione che l'UMA avrebbe 
amministrato gli avanzi di gestione come mero intestatario contabile 
e non come titolare di un potere di disposizione. Al contrario, � proprio 
nell'esercizio di un .tal potere e non gi� per l'adempimento di un obbligo 
di legge che l'ente ha stabilito in che modo impiegare gli utili di bilancio. 
E ov'anche fosse del tutto vero che questi utili sono riportati nel bilancio 
successivo per essere. interamente assorbiti nelle spese di gestione (del 
che � lecito dubitare considerando la lunga e ininterrotta serie di bilanci 
di chiusura sempre attivi), ci� l'ente avrebbe fatto nullo iure cogente, ma 
per una discrezionale scelta che, lungi dall'escludere presuppone la disponibilit� 
dell'acquisita ricchezza. 

Sub f) Non vale infine richiamarsi alla prassi seguita dall'UMA per 
argomentare che l'impiego delle somme eccedenti risulta ormai legalmente 
predeterminata nel sensd suddetto. A parte invero l'indipendenza 
di ciascun periodo d'imposta (art. 3 t.u. del 1958 cit.), � da osservare che, 
qualunque sia questa prassi, essa, proprio perch� espressione di una 
autonoma (e sempre modificabile) volont� dell'ente, non pu6 far luogo di 
una volont� legislativa inesistente, e tanto meno, p.� sostituirsi alla legge 
nel vincolare un introito a una destinazione che ne escluda la disponibilit� 
da parte del percipiente, e quindi, la stessa tassabilit�. N� una regola 
iuris di questo tipo, per di pi� con effetti negativ.i sull'imposizione tributaria, 
pu� farsi mai discendere dalla sempllce circostanza -del tutto 
estranea ed ininfluente rispetto al problema in esame -che i bilanci 
conformi a quella prassi siano stati sempre approvati dal Ministero 
alla cui vigilanza l'UMA � soggetto. 

Non sussiste, in definitica, alcuna valida ragione per negare la natura 
di reddito tassabile agli avanzi di gestione realizzati dal predetto ente; 
essi pertanto sono assoggettati all'imposta di ricchezza mobile (art. 81 
t.u.) e, di conseguenza, a decorrere dal primo gennaio 1954 (art. 1 legge 
6 agosto 1954 n. 603), aU'imposta sulle societ� (art. 148 lett. a), e art. 150 
comma 2� t.u.). -(Omissis). 


SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI AC,QUE ED APPALTI PUBBLICI 
SEZIONE SETTIMA 
GIURISPRUDENZA IN MATERIA 
DI AC,QUE ED APPALTI PUBBLICI 
TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 15 novembre 1977 n. 38 -Pres. Vallillo 
-Rel. Sgroi -Comune di Napoli (avv. Peccerillo) c. Fusco e altri 
(avv. Abbamonte e Della Valle), Narciso e altri (avv. Flora e Morgia), 
Amm.ne Provinciale di Napoli (avv. Ciampa e Cicala), Comune di 
Casavatore (avv. Jaccarino), Comune di Arzano (avv. M. Abbamonte) 
e Ministero dei Lavori Pubblici (avv. Stato Imponente). 

� Responsabilit� civile -Danno da cose in custodia -Qualit� di custode Requisiti. 
(Cod. civ., art. 2051).. 

Responsabilit� civile � Criteri di imputazione � Custodia � Pubblica amministrazione 
� Si applica. 
(Cod. civ., art. 2051). 

Responsabilit� civile -Criteri di imputazione � Custodia � Naturale condizione 
dannosa del bene -Inapplicabilit� del criterio � Esclusione � Fattispecie. 
(Cod. civ., art. 2051). 

Responsabilit� civile -Danno da cose in custodia � Fatto di un terzo noto 
al custode -Fortuito � Non � tale. 
. (Cod. civ., art. 2051). 

Responsabilit� civile -Danno ingiusto -Pregiudizio di situazione possessoria 
� Risarcibilit� � Sussiste. 
(Cod. civ., art. 2043). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Giudizio e procedimento � Tribunali regionali 
delle acque � Condanna al pagamento di provvisionale e :provvisoria 
esecuzione della sentenza � Ammissibilit�. 
(Cod. proc. civ., artt. 278 c.p.v. e 282 c.p.v.). 

La qualit� di custode, agli effetti dell'applicazione dell'art. 2051 
cod. civ., prescinde dalla titolarit� di un diritto di propriet� sulla cosa, 
richiedendo ~per contro che il soggetto, esercitando sulla c�sa un potere 
fisico, ne abbia l'effettiva padronanza e disponibilit� (1). 
(1-4) La sentenza confermata, Trib. reg. acque Napoli 28 gennaio 1976, n. 4, 
� pubblicata in questa Rassegna 1976, I, 1050. 
Sulla prima massima, nello stesso senso, cfr., da ultimo Cass. 3 giugno 1976, 
n. 1992, Giust. civ. 1976, I. 1241; Cass. 23 gennaio 1976, n. 221. Monit. trib. 1976, 187. 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 643 

La custodia della cosa � criterio di imputazione della responsabilit� 
che opera anche in confronto della P.A. (2). 

La responsabilit� dei danni derivati dalla esondazione di acque piovane 
da una depressione che assolva in concreto la funzione di vasca di 
raccolta .non � esclusa dalla circostanza che tale funzione non sia il risultato 
di specifiche opere a tal fine eseguite dal custode, n� da qu�lla del 
non potersi impedire in confronto di proprietari di fondi dominanti il 
naturale deflusso delle acque verso la depressione (3). 

L'immissione di acque in una vasca di raccolta, opera!a da soggetti 
privi di titoli al riguardo e per� non all'insaputa del custode, non esonera 
questi dalla responsabilit� verso i terzi, ancorch� tali immissioni abbiano 
dato causa o concorso a dare causa ed una esondazione di acque dalla 
vasca ed ai danni conseguitine (4). 

Costituisce danno risarcibile anche quello che incide nella sfera 
patrimoniale del soggetto che si trovi (ld esercitare un potere di fatto 
sulla cosa danneggiata (5). 

L'istituto della condanna al pagamento di una provvisionale e la connessa 
possibilit� di dichiarare provvisoriamente esecutiva la sentenza 
trovano applicazione anche nel giudizio avanti a tribunali regionali delle 
acque pubbliche (6). 

(Omissis). -All'esame degli specifici motivi di appello, che sostanzialmente 
ripropongono tutte le questioni di merito dibattute nel giudizio 
di primo grado, occorre premettere una serie di rilievi, che consentono 
di svolgere in maniera pi� chiara e spedita quell'esame. 

Innanzi tutto, non � discutibile che il Comune di Napoli sia proprietario 
dell'immobile denominato �Vasca Taglia�: la contestazione, tardivamente 
mossa al riguardo soltanto in sede di discussione in appello, � 
smentita dalla documentazione in atti provenient~ dal Comune stesso 
in cui la veste di proprietario viene espressamente indicata o presupposta; 
inoltre, il sistema difensivo imperniato sulla situazione giuridica 
del proprietario del fondo servente, tenuto come tale soltanto ad un 
�pat��, ritrova la sua premessa nella predetta qualit�. 

Sulla seconda massima, cfr. Trib. reg. acque Napoli 28 gennaio 1976, n. 4, 
cit., e la giurisprudenza ivi richiamata. 

Sulla terza e quarta massima, cfr. le decisioni, richiamate in motivazione, 
Cass. 24 gennaio 1975, n. 280 e 18 gi:.gno 1975, n. 2435, Giust. civ. Mass. 1975, 138 
e 1136; Cass. 15 dicembre 1975, n. 4124, Giust..civ. 1976, I, 591 con nota di A.I.VINO, 
Obblighi del custode ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. e questioni relative. 

(5) Nello stesso senso, Cass. 3 maggio 1976, n. 1569, Riv. giur. circ. trasp. 
1976, 607. ; 
(6) In termini, Trib. sup. acque 28 aprile 1971, n. 8, in Cons. Stato 1971, II, 414. 
Sull'arigomento della disciplina del ;giudizio aventi ai tribunali delle acque, 
cfr. Cass. 21 febbraio 1976, n. 576 e 9 gennaio 1974, n. 62 in questa Rassegna 
1976, I, 280 e 1974, I, 721. 

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RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO

644 


In secondo luogo �, nella specie, questione di responsabilit� del 
custode ex art. 2051 e.e. e, agli effetti dell'articolo citato, � custore colui 
che, esercitando un potere fisico sulla cosa, ne ha l'effettiva padronanza 
e disponibilit� (cfr. Cass. 12 luglio 1976 n. 2667, Cass. 17 novembre 1975 

n. 3853). La sussistenza di questa relazi�ne fra il Comune di Napoli e la 
Vasca -che risulta chiaramente acquisita agli atti e che non forma 
oggetto di discussione Ira le parti -toglie valore alla (del resto, tardiva 
ed artificiosa) disputa intorno alla propriet�. 
La Vasca Taglia fu acquistata per essere destinata e fu (ed �) in 
concreto adibita dal Comune di Napoli alla raccolta di acque proprie e 
di acque pluviali e di rifiuto provenienti dal territorio circostante, convogliate 
dal canale Cassano. In tal senso convincono sia la stessa denominazione 
dell'immobile (usata constantemente negli atti pubblici prodotti 
dalle parti) sia la circostanza che per provvedere ad una sistemazione 
della Vasca che garantisse un pi� efficiente svolgimenfo d�lla sua funzione 
di contenimento, �ssorbimento e smaltimento delle acque raccolte 
furono stanziate ed erogate rilevanti somme, ripartite fra i vari enti 
che vi immettono le proprie acque, con una partecipazione maggioritaria 
alla spesa del Comune di Napoli. Si discute tra le parti se, prima del-
l'evento per cui � causa, la Vasca fosse gi� stata adeguatamente attrezzata 
mediante la costruzione di argini e l'apertura di pozzi; ma il contrasto 
su questo punto non pu� distruggere la� prova, emergente dagli atti, 
che la Vasca -qualunque fosse lo stato delle opere compiutevi per 
adeguarla alle sue funzioni -avesse concretamente quella destinazione 
fin da epoca di gran lunga anteriore all'acquisforattone dal Comune (e 
motivato proprio dall'esigenza di garantirla mediante un controllo 
diretto). 

Un terzo aspetto della causa non � oggetto di contestazione. I beni, 
per la cui distruzione o per il cui danneggiamento si � chiesto il risarcimento, 
furono rispettivament� distrutti o danneggiati per effetto della 
inondazione della zona verificatasi nella notte sul 30 novembre 1969 e 
le acque che inondarono la zona provenivano proprio dalla Vasca Taglia. 
�, invece, discusso il punto residuale se vi sia stata tracimazione ovvero 
si sia avuta una rottura di argini per non avere questi resistito alla 
pressione esercitata dalle acque raccolte nella Vasca: questa seconda 
ipotesi � sostenuta dagli attori, mentre il Comune di Napoli nega che tra 
la �Vasca� e i fondi circostanti vi fossero opere di difesa e, in primo 
luogo, argini artificiali. 

Ci� precisato, si rileva che con il motivo principale del gravame 
l'appellante -nega la propria responsabilit� per 1 danni lamentati dagli 
attori in primo luogo sotto il pr�filo che la Vasca Taglia costituisce un 
impluvio naturale, dove le acque provenienti dal canale Cassano si raccolgono 
naturalmente a causa della depressione in cui giace l'immobile 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 645 

rispetto ai fondi circostanti, mentre esso � privo di specifici adattamenti, 
che possono rivelare la sua natura di opera destinata alla regolamentazione 
delle acque. 

In secondo luogo, il Comune nega di essere tenuto, quale proprietario 
del fondo servente, ad un � facere � (a costruire, cio�, opere di raccolta, 
di contenimento, di assorbimento e di deflusso delle acque), dovendosi 
limitare ad un mero � pati � (a subire, cio�, l'immissione delle acque 
di pertinenza dei titolari dei fondl. dominanti). 

Sotto entrambi i profili la doglianza si .rivela infondata, alla luce 
dei principi affermati dalla giurisprudenza della S.C. in materia di responsabilit� 
per danno cagionato da cose in custodia. 

Per la sussistenza della responsabilit� presunta iuris tantum a carico 
del custode, stabilita dall'art. 2051 e.e.; � rkhiesto che il danno sia prodotto 
dalla cosa in custodia o perch� la medesima sia, per la sua intrinseca 
natura, idonea a� produrlo o perch� in essa siano insorti agenti 
dannosi, anche se scaturiti da elementi o fatti provenienti dall'esterno 
(cfr. Cass. 18 giugno 1975 n. 2435; Cass. 24 gennaio 1975 n. 280). La cosa 
-cui si riferisce -l'art. 2051 -pu� e~ser_e immobile (cfr. Cass. 11 ottobre 
1971 n. 2839); e anche alla Pubblica Amministrazione �pu� spettare la 
veste di custode, responsabile in forza della disposizione citata (cfr. Cass. 
14 ottobre 1972 n. 3060; Cass. 18 marzo 1968 n. 882). 

Non importa, allora, stabilire se il Comune avesse adattato con specifiche 
opere la Vasca Taglia alla destinazione sopraindicata, ma conta soltanto 
che quella destinazione fosse stata concretamente impressa alla 
Vasca: e viene, cos�, a cadere il fondamento del primo profilo di doglianza, 
non potendo la responsabilit� del custode dipendere dalla preesistenza 
o meno di opere artificiali, come se la negligenza o l'inerzia tenuta 
per il passato in ordine alla manutenzione della Vasca potesse liberare 
dalla responsabilit� ex art. 2051 il custode della Vasca, stessa da cui si 
assume essere derivato il danno. 

La custodia implica, infatti, il dovere di non perdere il controllo della 
cosa in guisa da evitare ogni situazione di pericolo capace di tramutarsi 
in danno (cfr. Cass. 16 febbraio 1976 n. 506; Cass. 18 giugno 1975 n. 2435). 
Tale dovere viene osservato mediante l'adozione di un comportamento 
improntato alla diligenza normale, cosicch� mentre vi rientrano le misure 
ordinarie, ne esorbitano quelle implicanti mezzi straordinari (cfr. 
Cass. 15 dicembre 1975 n. 4124). 

A questo dovere il custode non pu� sfuggire, adducendo che il fondo 
-dal quale si sostiene essere provenuta l'inondazione -� assoggettato 
alla servit� di ricevere acque. � questa una situazione che -a parte la 
sua eventuale incidenza, ad altri fini, all'interno del rapporto tra il titolare 
del fondo dominante e il titolare del fondo servente -non assume 


RASSEGNA DELL'AWOCATURA DELLO STATO 

alcuna rilevanza nei rigu�rdi dei terzi estranei, quali sono coloro che� 
hanno proposto l'azione di risarcimento. 

Poich�, dunque, il Comune era tenuto all'osservanza del dovere di 
controllo (impregi.dicato, per ora, restando il quesito se lo abbia o non� 
lo abbia osservato), viene travolto anche il secondo profilo sotto il quale 
l'appellante imposta la sua doglianza principale per liberarsi in limine 
della responsabilit� dedotta dagli attori. 

Vero � che la responsabilit� per danni �agionati da cose in custodia 
� subordinata alla sussistenza di un nesso causale tra la cosa, su cui 
il custode ha il potere di fatto, e l'evento dannoso; e che. la dimostrazione 
di tale presupposto � a carico del danneggiato (cfr. Cass. 7 luglio 
1975 n. 2646; Cass. 20 luglio 1972 n. 2487). 

. Ma nel caso in esame il nesso eziologico � stato p:t:ovato perche la 
massa d'acqua, che produsse i crolli, si form� e si mosse dalla Vasca. 
Tale massa, dunque, � cost.itu� l'agente dannoso che, se pur proveniente 
dall'esterno, la Vasca Taglia, per la sua obiettiva conformazione e destinazione, 
doveva essere idonea a raccogliere e contenere; Uria volta fuoriuscite 
per inidoneit� della Vasca a svolgere adeguatamente la sua funzione 
quelle acque provocarono i lamentati� danni. Non importa qui accertare 
se la fuoriuscita fu dovuta alla rottura degli argini o alla tracimazione, 
dato che entr.ambe le ipotesi, che sono le uniche prospettabili, implicano 
la prova dell'inosservanza, da parte del Comune, del suo dovere di controllo 
e di vigilanza della cosa in cui potevano formarsi agenti dannosi 
per i terzi. 

La presunzione di responsabilit� ex art. 2051 pu� essere vinta solo 
con �a prova del fortuito, comprensivo, nella sua pi� lata accezione (oltre 
che della colpa del danneggiato, ipotesi che nella specie non interessa) 
anche del fatto di un terzo, che abbia direttamente cagionato .l'evento 
dannoso (cfr. Cass. 23 gennaio 1976 n. 221; Cass; 18 giugno 1975 n. 2435). 

Il caso fortuito, inteso in questo ampio significato, esclude la respowsabilit� 
del custode quando, nel determinismo dell'evento dannoso, si 
pone come dotato di impulso causale autonomo e con carattere di imprevedibilit� 
e di inevitabilit� nella sfera di azione del custode; questi, 
per vincere la presunzione di cui la legge lo grava, ha l'onere di allegare 
e provare la causa del danno estranea alla predetta sfera (cfr. Cass. 4 
settembre 1974 n. 2412; Cass. 13 ottobre 1973 n. 2584). 

Il tentativo fatto in questa direzione dal Comune di Napoli pu� dirsi 
fallito. 

Per quanto attiene al caso fortuito in senso stretto, � da escludere 
che il Comune abbia dato la dimostrazione del sopravvenire di un fattore 
imprevisto e imprevedibile che, inserendosi nel p'rotesso causale e 
soverchiando ogni possibilit� di resistenza e di contrast� da parte delle 

�: 

' 



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 647 

forze dell'uomo, abbia reso inevitabile il compiersi dell'evento (cfr. Cass. 
28 maggio 1975 n. 2189; Cass. 6 marzo 1962 n. 428). 

La documentazione esibita, invero, non prova che nel comprensorio 
de quo le precipitazioni atmosferiche della notte sul 30 novembre 1969 
abbiano avuto il carattere dell'eccezionalit�, t�nto da poters� �onfigurare 
come un evento estremamente improbabile, .alle cui conseguenze il Comune 
non avrebbe potuto preventivamente opporre gli opportuni rimedi. 
In realt�, sia per la stagione in cui ebbe a verificarsi' sia per il fatto che 
nel corso dell'anno vi erano state nella stessa zona precipitazioni di 
pari o maggiore intensit� senza apprezzabili conseguenze dannose, la 
pioggia di quella notte non costitu� un accadimento straordinario. Si 
pu� convenire sul punto che il dato quantitativo non pu� assumere un 
significato preciso se isolatamente considerato; ma si deve replicare che 
nel caso manca la prova di fattori concomitanti, non risalenti al comportamento 
del Comune, che abbiano conferito alla pioggia il carattere dell'eccezionalit�. 
Certo � che nelle pre�e�enti occasioni non si verificarono 
inondazioni per cedimento di argini o per tracimazione: e ci� conferma 
che il sinistro del 30 novembre deve farsi risalire alla difettosa manutenzione 
della Vasca. 

In ordine all'assunto, secondo cui la responsabilit� dovrebbe imputarsi, 
interamente o in parte, 'al comportamento degli' enti che immettono 
le acque di rispettiva pertinenza nella Vasca Taglia, non � stata data la 
prova che l'inondazione sia stata direttamente prodotta da tali immissioni, 
in quanto operate in misura e' con modalit� abnormi. 

Bisogna, in proposito, rilevare che i predetti enti non s�no gravati 

. da una presunzione di responsabilit� �n quanto sono privi tiella qualit� 
di custode della Vasca; e che, quindi, per poter sostenere che essi 
abbiano contribuito alla produzione del sinistro occorre la prova degli 
estremi del fatto illecito ex art. 2043 e.e. Una simile prova non � stata 
data; e neppure si � sostenuto che le immissioni fossero abusive (circostanza, 
questa, che peraltro non avrebbe esonerato il Comune _di Napoli 
dal dovere di impedirla e dalla responsabilit� per l'ipotesi di omesso impedimento. 
In realt� si tratta, nella specie, di una regolamentazione 
operata ab antiquo, ben nota al Comune, il quale era quindi perfettamente 
in grado di programmare ed adottare le cautele necessarie al fine 
di evitare che il contemporaneo confluire, nella Vasca drraccolta, di una 
maggiore (ma non straordinaria) quantit� d'acqua si ponesse come possibile 
fattore causativo di danno per i terzi. 

Poich�, insom~a. le immissioni, lungi dal rappresentare un fatto 
imprevedibile ed inevitabile, si ponevano come una costante del regime 
della Vasca, il Comune non poteva non tenerne conto nel predisporre 
misure adeguate e id~nee a prevenire i possibili effetti pregiudizievoli 
derivanti dalle difficolt� di. contenimento, di assorbimento o di smalti



648 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

mento delle acque immesse. Non essendo stato provato che il sinistro 
fu dovuto all'anormale immissione delle acque provenienti � dal Canale 
Cassano invece che al cedimento degli argini, in quanto mal costruiti 

o fatisceriti ovvero al mancato compimento nella Vasca di adeguate opere 
di assorbimento (come i pozzi) o di smaltimento, le Amministrazioni 
chiamate dal Comune di Napoli vanno esenti da responsabilit� e questa 
deve gravare sul custode della Vasca, a cui carico resta la causa ignota 
(cfr. Cass. 4 settembre 1974 n. 2412; Cass. 13 ottobre 1973 n. 2584). 
N� potrebbe il Comune invocare nei confronti di tali enti la pretesa 
di ottenere la rivalsa di quanto sar� condannato a pagare ai terzi danneggiati. 
Il rilievo svolto a proposito della mancata dimostrazione che dal 
comportamento di tali enti sia derivato il danno e l'inesistenza di un 
qualsiasi titolo contrattuale o legale che obbligasse gli enti stessi a provvedere 
direttamente alle opere necessarie per impedire che dalla Vasca 
Taglia si producessero inondazioni smentiscono la fondatezza di una 
simile pretesa, la quale non pu� neppure trovare la sua base nell'asserito 
rapporto di servit�, della cui esistenza il Comune non ha fornito 

II 

la necessaria prova. 
L'appellante rimprovera ancora al Tribunale r�g�onale di non aver 
�tenuto in alcuna considerazione la sua eccezione di difetto dei titoli 

I 
I 
f.: 

di propriet� degli attori �. 

A parte la genericit� della sua formulazione, questa censura � palesemente 
priva di base se con essa �si vuol dire che il g�udice di primo 
grado non ha pronunciato espressamente sul punto della titolarit�, in ~: 

~:

capo agli attori, -del ;diritto leso. Se, invece, si vuol significare che �ndagine 
non � stata approfondita, va rilevato, da una parte, che� 1e contew 


I ~:

stazioni al riguardo furono svolte dal Comune in termini molto vaghi e 
con espressioni meramente incidentali (essendosi il dibattito incentrato 
sul tema fondamentale della responsabilit� del custode) e, dall'altra parte, 
che, non vertendosi in materia di rivendicazione, non era richiesta una 
prova rigorosa del titolo di propriet�. 

Si aggiunga che, per giurisprudenza costante della S.C., danno patri-

IImoniale risarcibile, in quanto 'cagionato dall'altrui fatto illecito, � anche 
quello che incide nella sfera patrimonia:le del soggetto che si trovi ad 

I ~ 

esercitare un potere di fatto sulla cosa danneggiata o distrutta (cfr. 

Cass. 21 giugno 1976 n. 2329; Cass. 3 maggio 1976 n. 1569): e l'esistenza 
di questo potere di fatto non � stata, nella specie, mai contestata. 

L'appellante lamenta, infine, che il primo giudice abbia accordato 

I 
~ 

una provvisionale ai danneggiati, applicando un istituto estraneo alla i'. 
disciplina del procedimento davanti ai Tribunali regionali delle acque 
pubbliche e abbia, altres�, erroneamente ritenuto che ricorressero le ~ 


f 

I 
~condizioni per dichiarare provvisoriamente esecutiva la sentenza. 

Entrambe le critiche sono infondate. 

f.
f. 
I I: 
f 

PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 649 

Come questo Tribunale Superiore, con sentenza 28 aprile 1971 n. 8, 
ha gi� affermato, l'istituto della provvisionale, pur non essendo previsto 
nel codice di rito del 1865 -al quale fa generico rinvi6, in via suppletiva, 
l'art. 208 del T.U. 11 dicembre 1933 n. 1775 -� applicabile ai processi 
davanti ai tribunali delle acque, trattandosi di nuovo istituto, introdotto 
dal codice di procedura civile del 1942, avente portata generale per tutto 
il rito civile. 

Da tale principio discende l'applicabilit�' della norma dettata dall'art. 
282 cpv. c.p.c., che obbliga il giudice a concedere la richiesta provvisoria 
esecuzione � nel caso di sentenze che pronunciano condanna al 
pagamento di provvisionali... tranne quando ricorrono particolari motivi 
per rifiutarla �. Ora il motivo di rifiuto non pu� �erto consistere nella 
mera probabilit� di riforma della sentenza in appello, perch� una simile 
eventualit� non � mai da escludersi in astratto; e tanto varrebbe allora 
considerare eliminata la regola dtdla normale correlazione tra concessione 
della provvisionale ed esecuzione provvisoria. -(Omissis). 

TRIBUNALE SUPERIORE ACQUE, 13 dicembre 1977, n. 39 -Pres. Vallillo 
-Rel. Sgroi V. -Barozzi (avv. Annesi) c. Grazia (avv. Mesiano) e 
Ministero delle finanze (Avv. Gen. Stato). 

Acque pubbliche ed elettricit� -Acqua pubblica Configurazione -Scorrimento 
in acquedotti �comunali -Rilevanza ostativa -Esclusione. 

(T.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 1). 
Acque pubbliche ed elettricit� -Acqua pubblica -Possibile oggetto di 
propriet� privata -Esclusione. 

Acque pubbliche ed elettricit� -Diritti parziari preesistenti alla demanialit� 
� Subutenze -Trasformazione � Condizioni. 

Acque pubbliche ed elettricit� -Antica utenza e uso di fatto -Diritto al 
riconoscimento o alla concessione � Mancanza di tempestiva domanda 
� Decadenza. 

(T.u. 11 dcernbre 1933, n. 1775, artt. 2, 3, e 4). 
L'acqua, che per la sua attitudine ad usi di pubblico generale interesse 
ha natura di acqua pubblica, non perde il suo carattere di bene 
appartenente al demanio idrico statale per il fatto della sua immissione 
in canali o acquedotti di propriet� non statale, almeno sino a quando 
la rilevata attitudine permane, concretandosi nell'impiego per usi di 
irrigazione, alimentazione, forza mo'trice e simili (1). 

(1) Cass. 22 ottobre 1954, n. 3996, Giur. agr. 1955, Il, 465. 
Per la distinzione tra acquedotti -beni del demanio accidentale dell'ente territoriale 
cui appartengono -e acqua pubblica in essi fluente -bene del dema




650 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

,, 

Non � configurabile, rispetto ad acque cui sia riconosciuto il carattere 
pubblico, la esist'enza di un diritto di propriet� privata (2). m 
La trasformazione in subutenza dei diritti parziari di godimento 
di un'acqua poi riconosciuta demaniale presuppone la derivazione di 

I 

quei diritti da soggetto che dell'acqua fosse anteriormente il proprietario 
(3). 

La rilevanza giuridica della posizfone di utente di fatto in attesa 
del riconoscimento di antica utenza � condizionata alla tempestiva presentazione 
della domanda di riconoscimento secondo il disposto degli 

II

artt. 2 e 4, t.u. 11 dicembre 1933, n. 1i1s (4). 

(Omissis). -Nella seconda comparsa conclusionale l'appellante ha 
dedotto con formula alquanto vaga il difetto di legittimazione dei Gra


I 

zia, i quali, siccome privi della titolarit� di diritti sull'acqua fluente nel 

II

Canale s. Pietro, non sarebbero -seCOJ:\dO il suo avviso -legittimati 
ad agire in giudizio per ottenere l'accertamento delI'inesistenza di un 
diritto di esso Barozz� sulla medesima acqua. �. 

L'eccezione � infondata. Se con essa l'appellante si riferisce alla 
causa promossa dai Grazia davanti al Tribunale di Modena, per la parte 
di controversia che la S.C. ha ritenuto non di ~ompetenza del giudi�e 

I 

I t

specializzato, Teccezione esula dall'ambito del presente giudizio. Con 

riguardo al quale va rilevato che l'eccezione non tiene conto del rilievo 

f:' 
che questo Tribunale superiore � chiamato a risolvere la questione pre~ 
f: 
giudiziale -relativa alla natura. giuridica della predetta acqua -ricompresa 
entro la sfera di competenza delineata dall'art. 140 del t.u. 
11 dicembre �1933, n. 1775; e che l'indagine intorno alla legittimazione 
in ordine alla cau.sa circa fa deinani~lit� idrica, in, quanto si tratta, ap


I punto, di causa pregiudiziale, non pu� dissociarsi dall'esame della legittimazione 
relativa alla causa di merito. Sotto questo aspetto sostenere 
che i Grazia non sono legittimati perch� non sono titolari di diritti sull'acqua 
significa giustapporre i due profili della legittimazione e della 
titolarit� del diritto e dimenticare che la controversia di merito � stata 

nio idrico statale o regionale -cfr. Pret. Montegono 7 giugno 1974, Giur. me


rito 1975, I, 243;. Cass. 7 giugno 1973, n. 1637, Giust. civ. 1973, I, 1707; Trib. sup. 

acque 1 febbraio 1973, n. 3, Cons. Staro 1973, II, 219. 

(2) Cfr., nello stesso senso, Cass. 7 dicembre 1974, n. 4088, in questa Rassegna 
1975, I, 424; Trib. sup. acque 1 ottobre 1974, n. 16, ivi, 1975, I, 599. 
(3) Cfr. Trib. sup. acque 26 aprile 1974, n. 5, Giust. civ. 1974, I, 1312. 
(4) Le sentenze richiamate sul punto in motivazione possono leggersi, Trib. 
sup. acque 5 ,giugno 1974, n. 11, in questa Rassegna 1975, I, 252; Cass. 21 febbraio 
1974, n. 486, ivi 1974, I, 722; Cass. 19 luglio 1965, n. 1628, ibidem, 1965, I, 828; Cass. 
I

13 maggio 1965 n. 918, in Foro amm. 1965, I, 1, 375; Trib..sup. acque 1 aprile 1965, 

n. 8, in questa Rassegna 1965, I, 580; Cass. 14 aprile 1964, n. 891 in Giust. civ. 
1964, I, 1600. 
I 

I 

~ 

' 


PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 651 

introdotta sul tema dell'accertamento dell'inesistenza del diritto del Ba


rozzi. 

Con l'atto di appello il Barozzi ha chiesto �dichiararsi che l'acqua 

gratuita delle 24 ore festive di cui si contende � di esclusiva utilit� pri


vata e privilegiata dei terreni siti in territori di Vignola, Spilamberto 

e Castelnuovo Rangone e costituente diritto acce!�sorio alla yropriet� dei 

beni stessi per consu.etud�ni immemorabili convalidate da � Grida e 

Notificazioni� dei cessati Governi estensi, accettate e sempre osservate 

dal Governo italiano; e come tale � estranea a qualsiasi uso di pubblico 

generale interesse �. 

L'appello � infondato. 

L'art. 1 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 fa discendere il carattere 
demaniale delle acque dalla loro obiettiva attitudine a soddisfare fini 
di pubblico generale interesse e indica quali elementi rilevanti allo scopo 
di accertare la possibilit� di utilizzazione pubblica la portata delle acque, 
l'ampiezza del bacino imbrifero, il sistema idrografico al quale le acque 
.stesse appartengono (cfr. Cass. 28, aprile 1976, n. 1507; Cass. 15 marzo 
1975, n. 1014; Cass. 25 novembre 1974, n. 3814). In particolare, l'attitudine 
� di determinate acque ad usi di pubblico generale interesse non � esclusa 
dalla circostanza che per il passato tali acque siano state completamente 
utilizzate da� privati, allorch� quest'uso, come � per l'irrigazione, 
corrisponda all'interesse generale (cfr. Cass. 25 maggio 1971, n. 1534). 

Nella specie le acque che fluiscono nel Canale (artificiale) S. _Pietro 

sono derivate dal fiume Panaro, vale a dire da un corso d'acqua di 

indiscutibile rilevanza idrica in relazione sia alla sua portata che all'am


piezza del suo bacino sicch� il suo carattere pubblico, ai sensi dell'art. 1 

citato, non � seriamente contestabile. A sua volta l'appartenenza del 

Canale al Comune di Modena non incide minimamente sul carattere 

demaniale di tali acque. Infatti, se si eccettuano le der�ghe a favore 

di Regioni a statuto speciale, il demanio idrico appartiene esclusiva


mente allo Stato, mentre il demanio comunale o provinciale, di natura 

accidentale, comprende soltanto gli acquedotti e le relative attrezzature, 

non mai l'acqua cl;ie in essi viene immessa e fatta defluire (cfr. Cass. 

7 giugno 1973, n. 1637; Trib. sup. 18 aprile 1968, n. 9 e 1 febbraio 1973, 

n. 3); e, una volta accertato che determinate acque abbiano l'attitudine 
ad usi di pubblico generale interesse, la lor~ immissione in canali o 
acquedotti di propriet� non statale non determina la perdita del loro 
carattere demaniale finch� tale. attitudine permane, concretandosi nell'impiego 
per usi di irrigazione, di alimentazione, di forza motrice e 
simili (cfr. Cass. 22 ottobre 1954,. n. 3996). 
L'appartenenza al demanio idrico statale delle acque� del Canale 

S. Pietro �, del resto, sostanzialmente riconosciuta dallo stesso appel: 
lante, il quale si limita a svolgere un discorso inteso ad accreditare una 

~ ~ 
I 
I
ili

652 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

discriminazione tra le acque fluenti nei giorni feriali (delle quali non 
disconosce la natura pubblica) e quelle derivate nei giorni festivi per !i 
uso di irrigazione gratuita (che sarebbero private). 

Ora si deve escludere la configurabilit�, rispetto ad acque, cui sia 
riconosciuto il carattere pubblico, dell'esistenza di un diritto di propriet� r.-:

I 

privata. La natura stessa del bene considerato impedisce che esso sia, ad 
~:un 
tempo, in parte pubblico e in parte privato, sicch� � inammissibile la 
coesistenza sulla medesima acqua di diritti demaniali e di diritti di propriet� 
privata (cfr. Cass. 7 dicembre 1974 n. '4088); n� � possibile differenziare 
dagli altri il caso, che l'appellante prospetta, di diritti concorrenti 
ma distinti nel tempo (a seconda che siano esercitabili n�i giorni 
lavorativi ovvero nei giorni festivi), giacch� l'impiego dell'acqua ad uso 
di irrigazione, per di pi� relativa ad un vasto comprensorio, corrisponde 
ad evidenti fini di pubblico generale interesse. Sotto questo profilo, dunque, 
a togliere per periodi limitati, ma ricorrenti all'acqua stessa il crisma della 
demanialit� non giova il riferimento a giorni diversi della settimana, col 
variare dei quali muterebbe la natura del diritto e il relativo titolare. 

L'appellante ravvisa nella circostanza che l'acqua delle giornate festive 
non pu� essere utilizzata per un uso diverso dalla irrigazione dei terreni 
dei Comuni di Vignola, Spilamberto e Castelnuovo Rangone, una intrin


l 

seca inettitudine dell'acqua stessa ad usi di pubblico generale interesse. 
In questo enunciato si annidano una petizione di principio ed un 
errore di diritto. Sotto il primo profilo, � da notare che l'esistenza de~ 

I

preteso diritto �costituisce il thema demostrandum e non pu�, perci�, ri 
essere addotta come la prova o la conferma di quella inettitudine. 

Ii 

Al secondo profilo si � gi� accennato, allorch� si � detto che non contraddice 
alla natura demaniale delPacqua la circostanza che essa sia utilizzata 
solo da privati, se il fine dell'utilizzazione � rilevante come pubblico, 
qual � quello dell'irrigazione di un vasto comprensorio (cfr. Cass. 
25 maggio 1971 n. 1534). 

Nel tentativo di sorreggere il proprio assunto l'appellante, andando 
a:lla ricerca del titolo idoneo a fondare il suo preteso diritto, richiama 
sia il rogito Prampolini del 1890 (con il quale lo Stato vendette al Comune 
di Modena il Canale S. Pietro) sia il decreto ministeriale in data 28 gennaio 
1969 di concessione dell'acqua a favore del predetto Comune. 

Senonch�, il suindicato atto di vendita non si pone affatto come fonte 
regolatrice o come atto ricognitivo di diritti spettanti ai danti causa del 
Barozzi in ordine all'utilizzazione dell'acqua del Canale. Da. un lato, 
infatti, � da rilevare che costitu� oggetto della vendita non gi� l'acqua 
fluente nel Canale, ma questo considerato nella sua struttura di opera 
idraulica; e perci� stesso quel rogito mal si presta ad avallare la tesi 
dell'esistenza di un diritto relat�vo all'acqua. Dall'altro lato, poi, i danti 
causa dell'appellante non risultano affatto menzionati nel rogito Prampo



PARTE I, SEZ. VII, GIURIS. IN MATERIA DI ACQUE ED APPALTI PUBBLICI 653 

lini; e il divieto imposto al Comune acquirente �di deviare le acque 
del Canale e di disporne in modo non conforme agli usi legittimi attuali� 
ha una portata cos_� generica da non giustificare T'idea che a tale divieto 
corrispondano automaticamente specifici diritti di utenti, per di pi� 
nominativamente non indicati. � da notare, ancora, che il riferimento alla 
irrigazione gratuita o privilegiata menzionata riel rogito come spett�nte 
a tutti gli utenti situati nel territorio di Modena, oltre a prensatare la 
stessa genericit�, viene svalutato dal rilievo che -come testualmente 
si esprime lo stesso atto �__: i diritti e gli obblighi del Demanio, che 
nascono dalla. sua qu�lit� di proprietario del Canale e nei quali subentra 
il Comune, sono �delineati in modo semplicemente dimostrativo senza 
punto intendere con ci� di dar base a diritti ed obblighi che non siano 
fondati sopra validi titoli �, 

� decisivo, infine, il rilievo� che il rogito Prampolini � di gran lunga 
anteriore all'entrata in vigore del regime della demanialit� e della connessa 
discipina -che impone per le antiche utenze il provvedimento 
ricognitivo. 

Considerazioni analoghe a quelle or ora svolte e basate sulla genericit� 
delle riserve a favore dei diritti di terzi (secondo un usuale modulo 
provvedimentale), suggerisce la lettura del decreto di concessione di 
utenza accordata al Comune: quelle riserve non possono equivalere ad un 
riconoscimento implicito del diritto vantato dal Barozzi, quando non si 
registra alcun cenno idoneo a legittimare, sia pure per via indiretta, la 
titolarit� di un simile diritto. 

Si aggiunga che il tema della trasformazione in subutenza del diritto 
di godimento iure. privato dell'acqua come riflesso della dichiarazione di 
demanialit� dell'acqua stessa non appartiene alla presente causa: e ci� 
non soltanto perch� l'appellante esclude di essere titolare di una subutenza, 
ma soprattutto perch� non si allega n� si dimostra che il Comune, 
divenuto utente, fosse proprietario dell'acqua prima della dichiarazione 
di demanialit� di questa e si esclude, coerentemente, che il preteso diritto 
di utilizzazione gratuita dell'acqya festiva fosse costituito sulla base di 
diritti del Comune. 

Altrettanto superfluo e fuori centro risulta qualsiasi discorso imperniato 
sulla posizione giuridicamente rilevante dell'utente di fatto in attesa 
del riconoscimento dell'utenza (cfr. Cass .. 21 febbraio 1974 n. 486; Cass. 
13 maggio 1965 n. 918; nonch� Cass. 9 marzo 1965 n. 378), dal momento che 
l'appellante non ha provato (ed anzi neppure sostiene) di aver presentato 
tempestiva domanda di riconoscimento di antica utenza ai sensi degli 
artt. 2 e 4 del testo unico n. 1775 del 1933 (cfr. Cass. 19 luglio 1965, n. 1628; 
Cass. 14 aprile 1964 n. 891; Cass. 13 febbraio 1964 n. 313; Trib. sup. 1� 
aprile 1965 n. 8; Trib. Sup. 5 giugno 1974 n. 11). 

IO 


654 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Questo rilievo non � in contraddizione con quanto si legge negli atti 
difensivi dell'appellante, g�acch� egli si riferisce ad un riconoscimento 
ex art. 2 lettera b) del r.d. 11 dicembre 1933 n. 1175 che sarebbe intervenuto 
(in via implicita, ma come appare evidente, in contrasto con il 
sistema posto dalla citata norma) prima dell'entrata in vigore del citato 
testo unico. E quando passa ad indicare l'atto di riconoscimento, pretende 
di ravvisarlo nella convenzione consacrata. nel rogito Prampolini e nel 
decreto di concessione di utenza in favore del Comune di Modena, la 
cui inidoneit� a questo effetto � gi� stata mess� in luce. 

La tempestiva presentazione della domanda di riconoscimento �, poi, 
presupposto necessario per l'applicabilit� della legge n. 42 del 1952 (il cui 
art. 1, comma 2�, richiama, appunto, gli artt. 2 e 3 del testo unico) e, quindi, 
anche questa deduzione, tardivamente svolta nella 2a comparsa conclusio.nale, 
non giova all'a�ssunto del ricorrente. 

Neppure il richiamo dell'art. 67 del testo unico, su cui l'appellante fa 
leva, vale a spostare i t�rmini della questione, giacch� la partecipazione, 
al consorzio obbligatorio di utenti di acqua per antico uso si intende 

l 

anch'essa condizionata, in base alla citata disposizione, al riconoscimento 

I

dei .rispettivi diritti ai sensi del precedente art. 3. 
In conclusione,� ove pure il diritto dominicale vantato dal Barozzi I 

f

sulle acque fluenti del Canale S. Pietro fosse esistito in epoca preunitaria 

! 

e comunque anteriore all'introduzione. del regime giuridico della demanialit� 
delle acque stesse, esso sarebbe venuto meno per effetto della f.[ 
% 
legislazione speciale che ha introdotto tale regime (cfr. Cass. 24 giugno 
1976 n. 2366; Cass. 25 maggio 1971 n. 1534; Trib. Sup. 1� febbraio 1973 n. 4); 


I 
e la caducazione non potrebbe essere neutralizzata pro parte della persistenza 
di un diritto (hon riconosciuto da un atto della P.A.) di natura 
reale, caratterizzato dalla peculiarit� del suo contenuto, consistente nella 

I

utilizzazione dell'acqua limitatamente ai giorni festivi, e strutturato se


~ 

I i 
!condo lo schema della servit� o del diritto propter rem o comunque d~l 
diritto accessorio alla propriet� del fondo (l'appellante prospetta promiscuamente 
questa serie di configurazioni giuridiche), quando la stessa 
natura demaniale del bene, che permane immodificabile nella sua identit� 
pubblicistica rifiuta, in forza del criterio di incompatibilit�, l'assog


I 
!

gettamento ad un simile diritto di carattere privatistico. -(Omissis). 

I 

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PARTE SECONDA 



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LEGISLAZIONE 


QUESTIONI DI LEGITTIMIT� COSTITUZIONALE 

III -QUESTIONI PROPOSTE 

Codice civile, a,rt. 250, ultimo comma (artt. 3 e 30 delilia Costi:tuzionre). 

Tribunalie per i minorenni di Venezi1a, ordinanza 20 aprilie 1978, n. 357, 

G. U. 11 ottobre 1978, n. 285. 
codice civile, art. 2'84 [niod. legge 19 maggio 1975, n. 151; art. 1Z5l 

(artt. 3, 29 e 30, comma terzo, de1La Costituzione). 

Tribuoolie per i minorenni di Napolii, ordinanza 6 aprile 1978, n. 382, 

G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 
codice c1ivile,� art. 284 (ari:t. 29 e 30, terzo comma, della Costituzione). 

Tribunalie per il minorenni di Roma, ordiinanza 23 gennaio 1918, n. 294, 

G. U. 13 settembre 1978, n. 257. 
codice civile, art. 1284 (artt. 3 e 47 del:IJa �Costituzione). 

Pretore di :Piombino, ordinanza 14 marzo 1978, n. 298, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

codice civile, art. 2948, n. 4 [modificato dalla sentenza �10 giugno 1966, 

n. 63 �della Corte cos+.ituzionalel (art. 3 de1La Costituzione). 
TribuooLe di .Massa, ordmanza 7 marzo 1978, n. 288, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

codice civile, art. 2948, n. 4 (artt. 136 �e 36, primo comma dell1a Costituzione). 


PtVetore di Parma, ordina.nza 14 1aprilie 1978, n. 356, G. U. 4 ottobre 1978, 

n. 278. 
codice di procedura civile, art. 419 (artt. 3 e 24 deLLa .Costituzione). 

Pretore di Napo~i, 011dinanza 17 apriLe 1978, n. 350, G. U. 4 ottobre 1978, 

n. 278. 
codice di pl"ocedura civile, art. 431, terzo comma (,artt. 3 e 24 deLLa 
Costrtuzione). 

TdbUJnaLe di Torino, ordinanza 20 apriLe 1978, n. 351, G. U. 4 ottobre 1978, 

n. 278. 

180 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

codice di procedu,ra civile, art. 700 (artt. 24, primo comma, e 3, primo 
comma, dehlia Costi>tru.zione). 

Pretore. di Genova, ordinanza 28. febbraio 1978, n. 290, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 
Pretore di Genova, ordinanza 24 marzo 1978, n. 312, G. U. 13 settembre 
1978, n. 257. 

codice di procedura civile, disposizioni di attuazione, art. 152 ('art. 24, 
commi primo e terzo, delila Costituzione). 

PTetcwe di Avezzano, ordinanza 23 marzo 1978, n. 362, G. V. 11 ottobre 
1978, n. 285. 

codice penale, art. 57 (art. 3 deHa Costituzione). 
' 


Tribunade di Millano, oiidinanza 13 maggio 1977, n. 389/1978, G. U. 25 ottobre 
1978, n. 300. 

codice penale, art. 176 cpv. (artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione). 

Giudice di ,sorveglianza presso i1 tribuna1e di Nuoro, ol1dinanza 28 febbraio 
1978, n. 299, G. U. 13 settembre 1978, n. 257. 

codice 9enale, ai:t. 222, primo e secondo comma (aTtt. 3; primo comma, 
e 32, secondo comma, dehla Costituzione). 

Giudice istruttore de~ tribuna1e di Pi:sa, ordinanza 18 febbraio 1978, n. 370, 
. G. V. 18 ottobre 1978, n. 293. 

codice penale (art+. 624 e 625, n. 4 (artt. 3, 13 e 27 della 'costituzione). 

Trj,bun~ di Calitanissetta, ordinanza 19 aprHe 1978, n. 380, G. U. 25 ottobre 
1978, 111. 300. 

codice penale, art. 636, . terzo comma, seconda parte (art. 3 deMa Costituzione). 


Pretore di Amagll!i, ord~nanza 9 febb:r~aio 1978, n. 300, G. V. 6 settembre 
1978, n. 250. 

cod,ice ,pena-le, art. 684 (artt. 3 e 21 deMa Costituzione). 

Tiribunalie di Macerata, oroirumza 3 aprile 1978, n. 324, G. V. 27 seHembre 
1978, n. 271. 

codice di procedura ,penale, art. 164; n. 1 (artt. 3 e 21 deUa Costituzione). 

0 

TribU>Dale di Macerata, ordinanza 3 apri1e 1978, n. 324, G. U. 27 settembI'.
e 1978, n. 271. � 

codice ,di procedura penale, art. 169 (artt. 3 .e 24, comma sec�ndo, 
deHa Costituzione). 

p,retore di MiJLano, ordinanza 15 marzo 1978, n. ,333, G. U. 27 settembre 
1978, n. 271. 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

codice di procedura penale, art. 489 (art. 3 de!ila Costituzione). 

Pretore di Roma, ordinanza 17 marzo 1977, n. 340/1978, G. U. 4 ottobre 
1978, n. 278. 

r.d'. 2�1 ottobre 1923, n. ��2393, art. 7 (artt. 3 e 24, comma secondo, dehla 
Costituzione). 

Pretore di MHano, ordinanza 15 marzo 1978, n. 333, G. U. 27 settembre 
1978, Il. 271. 

r.di. 30 dicembre 1923, n. 31269, artt. �l2 e 14 (artt. 3 e 53 ddLa Costituzione). 


Commissione tributaria di primo grado di Napoli, ordinanza 31 marzo 
1977, n. 384, G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 

r.d.I. 29 luglio 1'927 [convertito in legge 5 luglio 1928, n. 17601 art. 1O 
(artt. 3, comma priimo e 25, comma secondo, deLJ,a Costituzione). 

Pretore di Ferrara, ordinanza 10 febbraio 1978, n. 372, G. U. 18 ottobre 
1978, n. 293. 

legge 27 maggio 19,2�9,� n. 847, art+. 12 e 16 (art. 3 ddLa -Costituzione}. 

Tribunale di Treviso, ordinanza 16 marzo 1978, n. 278, G. U. 6 settemb11e 
1978, n. 250. 

r.d. 8 gen.naio 1931. n. 148, art. 27, !etera a), alegato A) (artt. 3, 4 e 38, 
primo capoverso, delJJa Costituzione). 
Pretore di Taranto, ordinanza 12 aprHe 1978, n. 359, G. U. 11 ottobrie 1978; 

n. 285. 
legge 26 apl'ile 1934, n. 653, art. 18 (.artt. 3 e 37 detJ,a Costituzione). 

Pi;etore di La Spezia, ordinanza 28 apriLe 1978, n. 377, G. U. 18 ottobre 
1978, n. 293. 

r.d.I. 5 giugno 1939, n. 1016, art. 3�2, quarto comma (art. 3 della Costituzione) 
. 
Pretore di Portomaggiore, ordinanza 13 �Settembi;e 1978, n. 336, G. U. 13 settembre 
1978, n. 257. 

~egg.e 3 9iugno 1940, n. 1078, artt. 5, 6 e 7 (.ai;tt. 3 e 24 deHa Costituzione). 


Tdbuna1e di Avezzano, ordinanza 10 marzo 1978, n. 287, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

legge 16 febbra.io 1942, n. 26, artt. 2 e 3, n. 4 (art. 11 deUa Costituzione). 

Proouratore del.ila Repubblica di Salerno, oi;dinnam 31 marzo 1978, n. 301, 

G. U. 13 settemb11e 1978, n. 257. 

182 
RASSEGNA DELL'A_VVOCATURA DELLO STATO 

legge 17 agosto 1942, n. 1150, art. 31, ultim�o comma [come moc�Hicato 

Ida legge 6 agosto 1967, n. 765, art. 10] (artt. 3, 41 e 42 delJ.ia Costituzione). 

Pretore di Bassano deL Grappa, 011d1nanza 20 febbraio 1978, n. 307, G. U. 
13 isettembre 1978, n. 257. 

I 

legge 17 agosto 1942, n. ll50, art. 41, lettera b) (art. 3 deLlia Co� f~ 
stituzione). 
~=� 

Piretore di� Gali!Ja11ate, mdinanza 21 ottobre 1977, n. 322/1978, G. U. 20 settembre 
1978, n. 264. 

d. legislativo del C.p.S. 1� aprl�le 1947, n. 273, art 1 (art. 44 della 
CostituziOIIle). 
Tribuna1e di Parma, sezione agraria, ordinanza 21 dicembre 1974, n. 361/1978, 

G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 
legge 8 febbraio 19418, n. 47, art. 3 (art. 3 de11a Costituzione). 

Tribuna1e di Mi1ano, ordinanza 13 maggio 1977, n. 389/1978, G.'!. 25 ottobre 
1978, n. 300. 

d. legislativo 11 febbraio 19�48, n. 50, art. 2 (art. 3 della Costituzione). 
�Pretore di Palermo, ordinanza 6 marzo 1978, n. 302, G. U. 6 settembre 1978, 

l

n. 250. 
ili 
d.P.R. 1� dicembre 194>9, n. H42, art. 75 (art. 24 deLla Costituzione). 
I

f:
Commissione trnbutaria di ;primo grado di Mistretta, O!'dinanz�a 18 febbraio 
1978, n. 367, G. U. 11 ottobre 1978, n. 285. lli 

legge 23 maggio '1950, �n. 253, art. 4, n. 2 (airt. 3 deLla Costituzione). 

Pretore di AJvigfilana, 011dinanza 25 marzo 1978, n. 314, G. U. 20 settembre 
1978, n. 264. 


I 

d.P.R. 310 maggiio 1955, n. 973, art. 3, primo comma (artt. 3, 29, secondo 
comma, 36, primo comma, e 37, primo comma, delilla Costituzione). 
Corte di CaJSsazione, ordinanzi;i 13 :f.�ebbraio 1978, n. 338, G. U. 11 ottobre 
1978, n. 285. 


I 

d.P.R. H gennaio 1958, n. 645, art. 1'51, lettera d) (art. 76 deLl!a Costi� 
tuzione). 
. '.:�';]ili/! 
CommiStsione tributaria centrale di Roma, 011dinanza 9 dicembre 1977, 

n. 368/1978, G. U. 11 ottobre 1978, n. 285. 
d.P.R. 15 giugno 1959, .n. 393, art. 121, comma te.rzo [mod. da legge 
5 maggio 1976, n. 31'3, art. 5] (artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, 
delila Costituzione). 
Pretore di Cento, ordinanza 19 apriLe 1978, n. 381, G. U. 25 ottobre 1978, 

D. 300. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 

legge 1~ agosto 1962, n. 1338, art. 2, secondo com.ma, lettera a) ~art. 3 
delta Costituzione). 

Pretore di Genova, ordinanza 23 marzo 1978, n. 316, G. U. 27 ,settembre 1978, 

n. 271. 
�legge 15 settembre 1964, n. 756, art. 14 (art. 44 deHa Costituzione). 

Tribunale di Parma, sezione agraria, ordinanza 21 dicembre 1977, n. 361/1978, 

G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 
d.P.R. 30 giugno 1965, n. l a4, art. 145, lettera A> .(ar�. 3 e 38 d.elLa 
Costituzione). 
Pretore di Torino, ordinanza 15 marzo 1978, n. 352, G. U. 4 ottobre 1978, 
Il. 278. 

legge 15. luglio 1'966, n. 604, artt. 8 e 11 (art. 3 dehla Costituzione). 

Pretoit1e di Bassano del Gmppa, ordinama 25. marno 1978, n. 295, G. U. 
6 settembre 1978, n. 250. 

legge 15 luglio 1966, n. 604, art 11 (artt. 3, primo comma, 4, primo 
e secondo comma, 37, primo cQIII1ma, e 38, secondo comma, del!1a Costitu�:ione). 

Pcretore di MiLano, ordinanza 21 febbraio 1978, n. 331, G. U. 20 settembre 
1978, n. 264. 

legge 29 maggio 19�6,7, n. 379, art. 7, terzo comma (artt. 3 e 24 defila 
Costituzione). 

TribuIJJaLe di fosvezzano, ordinanza lo marzo 1978, n. 287, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

legge 29 maggio 1967, n. 379, art. 7, quinto comma (art. 3 dehla Costituzione). 


Tlribunalle di Avezzano, 011dinanza lo marzo 1978, n. 287, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

legge ~ ottobre 1967, n. 895, art. 2 [mod. da legge 14 ottobre 1974, 

n. 497, art. 101] (art. 3 de11a Costituzione). 
Giudice istruttore presso il tribunaLe di Bo~ano, oa.idinanza 10 apdLe 1978, 

n. 303, G. U. 13 novembre 1978, n. 257. 
legge 8 marzo 1968, n. 152, art. 3 (artt. 3, 36 e 38 deUa Costituzione). 

TribunaLe amministmtivo 11egionaLe de1La CaLabria, ordinanza 10 novembre 
1977, n. 349/1978, G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 

legge 2 aprile 1968, n. 482, artt. 1 O e 20 (artt. 3 e 24 dehla Costituzione). 

T1ribunalle di Torino, ordinanza lo marzo 1978, n. 286/1978, G. U. 6 s'ettembre 
1978, n. 250. 


184 RASSEGNA D~L'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 27 apriile 1968, n. 488, art. 1 (artt. 3 e 38 deH<a Costituzione). 
P'11etore di Reggio Emilia, ordinanza }o marzo 1978, n. 308, G. U. 20 settembre 
l.978, n. 264. 

d.P.R. 27 marzo 1'969, n. 130, art. 37 (art. 76 de~1a Costituzione). 
TribunaLe Amministrativo Regiona1e per La Smidegna, ordinanza 24 novembre 
1977, n. 365/1978, G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 

d.P.R. ,2,7 marzo 1969, n. 130, artt. 60, lettera a), e 135 (art. 76 de11a 
Costituzione). 
Tribuna1e Amministrativo Regionale per L'Abruzzo, sezione stoocata di 
Pescara, ordhllianza 4 ottobre 1977, n. 276/1978, G. U. 6 settembre 1978, n. 250. 
T�tjbuna1e Amministrativo Regiona~e per l'Abruzzo, sezione staooata di 
Pescara, .ordinanza 21 febbraio 1978, n. 305, G. U. 13 settembre 1978, n. 257. 
Consigllio di Stato, V sezione giur1sdizionale, ordinanza 27 novembre 1975, 

n. 383/1978, G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 
l119ge 30 aprii~ 1969, n. 15�3, art. 9 (artt. 3 e 38 de11a Costituzione).

I . 
.Pretore di Reggio EmHia, ordinanza 1<> marzo 1978, n. 308, G. U. 20 settembre 
1978, n. 264. 

legge 26 �n�ovembre 1969, n. 833, art. 4 e �5 (art. 3 de& Costituzione). 

I

Pretore di Imperia, ordinanze (quattro) 4 maggio 1978, nn. 343, 344, 345 e 346, 

G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 
I

,legge 24 dicembre 1969, n. 990, combinato d'is.posto artt. 7, secondo 

[: 

comma, e 32 (art. 41, terzo comma, della Costituzione). 

I li

Pil'etore .di La Srpezia, ordinanza 5 aJ?<I'ilie 1978, n. 309, G. U. 20 settembre 
1978, n. 264. 

~= 

�legge 20 a.prile 1970, n. 300, art. 18, secondo comma (artt. 3 e 38 della 
Costituzione). 

Pret011e di Varese, ordinanza 15 dicembre 1977, n. 360/1978, G. U. 11 ottobre 
1978, l!l. 285. 

legge ~O maggio 1970, n. 300, art. 18 (art. 3 delta Costituzione). 

Pretore di iBassano del Graippa, ordinanza 25 marzo 1978, n. 295, G. U. 
6 settembre 1978, !Il. 250. 

legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 32, secondo comma (art. 3 della 
Costituzione). 

Pretore di Lucca, ordinal!lZa 23 dicembre 1977, n. 379/1978, G. U. 25 ottobre 
1978, l!l. 300. 

legge �9 ottobre 197'1, n. 824, art. 5, 'primo comma (art. 3 de1la Costituzione). 


1Consiglii.o di Stato, sezione IV giurisdiziona1e, ordinanza 17 febbraio 1978 

n. 339, G. U. 20 settembre 1978, n. 264. 

PARTE II, LEGISLAZIONE 18J 

d. legislativo 9 �ottobre 1971, n. 825, artt. 1O e 15 (art. 76 delLa Costituzione). 
Commissione mbutaria di primo grado di Matera, ordinanza 25 febbraio 
1978, n. 369, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 

'legge 22 ottobre 19,71, n. 865 (artt. 64, terw comina, e 72 de1lia Costituzione). 


Corte di appe11o di Cagliari, ovdinanza 9 dicembre 1977, n. 323/1978, G. U. 
27 settembre 1978, n. 271. 

leg.ge ,22 ottobre 19.71, n. 865, art. 16 (artt. 3, pdmo comma, e 42, 
terzo comma, della Costituzione). 

Cmte d~aippeli1o di Poten:m, ovdi:nanza 4 aprHe 1978, !Il. 358, G. U. ,11 ottobve 
1978, n. 285. 

legge 30 dicembre 1971, n. 1204, art. '17 (artt. 3, primo comma, 31 e 37 
defila Costituzione). 

Pr;etore di Mrnano, or;dinanza 10 aprire 1978, n. 332, G. U. 27 settembrn 1978, 
Il. 271. 

d,P.R. 26 otobre 11972, n. 633, art. 58 (art. 3 de1lia Costituzione). 

Commi:ssione tributaria di primo gmdo di Siracusa, ordinanza (due) 12 maggio 
1977 e 20 dkembve 1977, i!1Il. 363 e 364/1978, G. U. 11 ottobre 1978, !Il. 285. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art 58, quarto comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di lo gmdo di Ferrara, or;dinanza 7 novembr;e 1977, 

n. 281/1978, G. U. 6 settembre 1978, n. 250. 
Commissione tributaria di lo gmdo di Imperia, ordinan~e (due) 14 dicembre 
1977, IIln. 292 e 293/1978, G. U. 13 settembre 1978, n. 257. 

d.P.R. 26 ottobre 1972'. n. 636, artt. 3.5 cpv. e 39 primo comma (artt. 3, 
24, 76 e 77 delJIJa Costituzione). 
1Commissione tributaria di 1� grado di Terni, ordinanza 16 novembre 1977, 

n. 297, G. U. 6 settembr;e 1978, n. 250. 
d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39 (artt. 3, 24 e 113 delllia Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Pesaro, ordinanza 19 gennaio 
1978, n. 391, G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 

d.P.R. 26 ottobre 19'72, n. 636, art. 44 (artt. 3, 24 e 76 de11a.Costi:truzione). 
Commissione tribut�aria centl'.'a]e di Roma, ovdinanza 5 aprile 1976, 

n. 317/1978! G. U. 27 settembre 1978, n. 271. 
d.P.R. :26 ottobre 1972, n. 636, art. 44 (art. 76 delLa Costituzione). 
Commissione tl'.'ibutaria di primo grado di Matera, ordinanza 25 febbraio 
1978, n. 369, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 


RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 [mod. da d.P.R. 23 dicembre 1974, 
n. 688, da legge 2,7 dkembre 1975, n. 694 e da art. 8, legge 16 dicembre 1977, 
n. 9041 (art. 53, comma primo, della Costituzione). 
Con'lmissione tributaria di primo gr;ado di Gr<-!sseto, 011dinanza 3 maggio 
1978, n. 385, G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 61 [mod. con d.P.R. 23 dicembre 1974, � 
n. 688] (art. 53 della Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Lanciano, �ordinanza 11 ottobre 
1977, n. 375/1978, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 

d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 6 (art. 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grndo di Pistoia, 011dinanza 2 :novel:nb11e 
1977, n. 280, G. U. 6 settembre 1978, n. 250. 

�d.P.R. 26 ottobre 197'2, n. 643, artt. 6 e 14 [mod. con d.P.R. 23 dicembre 
1974, n. 680] (art. 53, comma primo, d:ehlia Costituzione). 

I

Commissione tributaria di pl'imo grado di Reggio Emiliia, or.dinanza 
26 aprilie 1978, n. 376, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 

l

' 

id.P.R. 26 ottobre l972, n. 643, artt. 6, 14 e 15 (artt. 3, 53 e 42 ,deUa � 

~ 

Costituzione). 

I ~ 

Commissione mbutar�Ja di primo grado di lsemia, mdinanza 9 marzo 
1978, n. 374, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 

I ! 

legge �11 agosto '1973, n. 533, art. 9 (art. 24, commi primo e. terzo, de11a 
Costituzione) .. 

Pxetore di Av,ezzano, ordinall2la 23 marzo 1978, n. 362, G. V. 11 ottobre 
1978, n. 285. 

I 

I

d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 34 (art. 3 d:ehlia Costituzione). 
Commissione tributaria di primo grado di Monza, oiirunanza 14 dicem


I 

bre 1977, n. 447/1978, G. U. �6 �Settembre 1978, n. 250. 

I 

d.I. 1� ottobre 19�73, art. 4, .primo 4!t terzo comma Cc. �in �legge 30 no� ! 
vembre 1973, n. 766] (artt. 3, primo coonma, 34, primo comma, 35, primo 
comma, 52, primo comma, e 97, primo "comma, dehlla Costituzione). 
TribunaLe amministrativo 11egionale per i1 Piemonte, Oiidinanza 30 gennaio 
1978, n. 315, G. U. 20 settembre 1978, n. 264. 

legge regione Abruzzo 1 �novembre 1973, artt. 22, 2,3�, 24, r/.7 e 29 [mod. 
legge reg.ionale Abruzzo 15 aprile 1975, n. 341 (artt. 97, 117 e 123 dehlia Costituzione). 
� 

Corte dei Conti, sezione II giurisdiziortale, ordinanza 18 giugno 1977, 

n. 296/1978, G. Tl. 6 'Settembre 1978, n. 250. 
. ' 


PARTE II, LEGISLAZIONE 

�legge 20 dicembre 1973, n. <831 (art. 107, terzo comma, e artt. 104, quarto 
comma, 106, terzo comma, 111, secondo e terzo comma, 153, secondo comma, 
della Costituzione). 

Consigltio di Stato, sez. IV giurisdizionale, ordinanza 2 dicembre 1977, 

n. 291/1978, G. U. 6 settembre 1978," n. 250. 
I 

1legge 20 dicembre 1973, n. 831, art. 21, sesto comm� (art. 3 della 
Costituzione). 

Consig!Jio di Stato, sez. IV giurisdizionale, ordinanza 2 dicembre 1977, 

n. 291/1978, G. U. 6 settembre 1978, n. 250. 
d.P.R. Z2 dicembre 1973, n. 834, art. 1 (art. 3 deUa Costituzione). 
Corte d'app.e1'1o di Roma, ordinanza. 20 aprile 1978, n. 341, G. U. 4 ottobre 
1978, ill. 278. 

d.P..R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 65, primo �comma (art. 3 della 
Costituzione). 
Corte dei conti, Sez. Iltl giurisdizionale, ordinanza ~ marzo 1977, n. 392/1978, 

G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 
d.P.R. 2'9 d�icembre 1973, n. 109'2, art. lU, secondo comma (artt. 3, 24 e 76 
delila Costituzione). 
Corte dei conti, sezione III �giul'isdizionale, Ol'dina:nza 25 marzo 1977, 

n. 316/1978, G. U. 20 settembre 1978, n. 264. 
legge 16 aprile 1974, n. 114, art. 2-ter (art. 3, comma primo, del1Ia Costituzione). 


Pretore di Porto Torres, Ol'dinanze (due) 19 settembre 1978, nn. 387 e 388, 

G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 
d.P.R. 2 a9osto 1974, n. 530, art. 31 (art. 11 deL!a Cosdtuzione)~ 
Procuratore de1'lia Repubblica di Salerno, ordinanza 31 marzo 1978, n. 301, 

G. U. 13 settembre 1978, n. 257. 
�legge della regione Veneto �8 settembre 01974, n. 48, art. 1 (artt. 117 e 119 
della Costituzione). 

Pretore di San Don� di Piave, ordinanza 5 giugno 1978, n. 454, G. U. 
18 ottobre 1978, n. 293. 

legge reg. del Veneto 17 aprile 1975, n. 36, art. 18 (artt. 117 e 42 della 
Costi tu:cione) . 

Tribunale amministrativo per H Veneto, ordinanze (due) 5 luglio 1977, 
nn. 320 e 321/1978, G. U. 27 �settembre 1978, n. 271. 

1

legge H aprile 1975, n. HO, art. 2, comma terzo (<art. 3 della Costi


tuzione). 

Tribunale di Sciacca, ordinanza 11 maggio 1978, n. 390, G. U. 25 ottobre 
1978, n. 300. 


'188 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

legge 18 aprile 1975, n. 11 O, art. 6 (art. 3 deHa Costituziooe). 

Pretore di Sora, ord1nanza 8 maggio 1978, n. 347, G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 

legge ,26 luglio 1975, n. 354, art. 22, primo c:omma (artt. 36 e 3, primo 
e secondo comma, della Costituzione). 

Giudice di sorveglianza presso il tribunale di Bo!IOgna, ordinanza 2 agosto 
1976, n. 318/1978, G. U. 20 settembre 1978, n. 264. 

legge ~6 luglio 1975, n. 354, art. 23, primo, secondo e terzo ~omma 
(artt. 36, primo comma, e 3, primo e sec01IJ:do comma, del~a Costituzione). 

Giudice di smvegtianza presso H tribunal1e di Bologna, mdinanza 2 agosto 
1976, n. 318/1978, G. U. 20 settembre 1978, n. 264. 

.legge 1 O dfoembre 1975, n. 724, artt. 1 e seguenti (artt. 3, 10, 11 e 41 della 
Costituzione). 

Corte d'appe1Lo di Napolri, ordinanza lo marzo 1978, n. 289, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

legge 22 dicembre 1975, n. 685, art. 82 (art. 3, secondo comma, della 
Costituzione). 

Giudice istruttore del tribunale di Torino, ordinanza 15 marzo 1978, n. 285, 

G. U. 6 settembre 1978, n. 250. 
legge 29� aprile 1976, n. 176, art. 8 (art. 3 della Costituzione). 

Corte dei conti, ordinanza 6 ottobre 1976, n. 284/1978, G. U. 6 settembre 
1978, n. 250. 

legge 5 maggio 1976, �n. lli3, art. 5 (art. 3 del1La Costituzione). 

Prietore di Ago11do, ordinanza 22 marzo 1978, n. 306, G. U. 13 settembre 
1978, n. 257. 
Pretore di Portogruaro, ordinanza �2 maggio 1978, n. 342, G. U. 4 ottobre 
1978, n. 278. 

legge 5 maggio H.76, n. 313, art. 121 (artt. 3 e 101 deHa Costituzione). 

P11etore di fiana degli .Mbanesi, ordinanza 11 aprHe )978, n. 335, G. U. 
27 settembre 1978, n. 271. 

legge 1O maggio 1�976, n. 319, artt. 15, commi secondo, 'o.ttavo e nono, 
e 2~1 (art. 3 deMa Costituzione). 

TribunaLe di Teramo, ordinanze (due) 3 aprile 1978, nn. 325 e 326, G. U. 
27 settembre 1978, n. 271. 

legge 10 maggio 197'6, n. 319, artt. 15, 21, 25 e 26 (artt. 2, 3, 9 e 32 della 
Costituzione). 

P.retore di Vigevano, ordrnanze (tre) 6 marzo 1978, nn. 353, 354 e 355, G. U . . 
4 diCembre 1978, n. 278. 



PARTE II, LEGISLAZIONE 

d.I. 11 ottobre 1976, n. 699, artt. 1, 2, 3 e 5 [conv. in legge 1 O dicem� 
bre 1976, n. 797l (artt. 3, 36, primo comma, e 53, primo comma, della 
Costituzione). 
Pretore di Napoli, ordinanza 5 gennaio 1978, n. 273, G. U. 6 settembre 1978, 

n. 250. 
legge 112 novembre 1976, n. 751, art. 1, ultimo comma (artt. 3, 31 e 53 
de1ha Costituzione). 

Commis1sione tributaria di primo grado di Busto Arisizio, ordinanza 17 febbraio 
1978, n. 304, G. U. 13 settembre 1978, n. 257. 
Commi1ssione tributaria di primo grado di Como, ordinanza 10 novembre 
1977, n. 327/1978, G. U. 27 settembre 1978, n. 271. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 1, ultimo comma, e 3, ultimo comma 
(artt. 136, 3,_ 29, 31 e 53 deLlia Costituzione). 

Commi1s:sione tributaria di primo grado di Isernia, ordinanza Io fiebbmio 
1978, n. 373, G. U. 25 ottobre 1978, n. 300. 

legge 12 novembre 1976, n. 751, artt. 4 e 5 (artt. 3, 24, 31 e 53 deLla 
Costituzione). 

Commi1ssione tributaria centrale di Roma, ordinanza 12 dicembre 1977, 

n. 319/1978, G. U. 20 settembre 1978, n. 264. 
legge della reg�ione siciliana 29 dicembre 1976, n. 87, art. 7 (1artt. 3 e 51 
ddha Costituzione). 
Tribunate di Pa1ermo, or:dinanza 28 aprile 1978, n. 348, G. U. 4 ottobre 1978, 

n. 278. 
legge della regione sicUiana 30 dicembre 1976, n. 90, art. 1 O (artt. 24, 
25 e 113 deh!Ja Costituzione). 

TribUinale ammini1strativo regionale per 1a 1Sicihia, ordinanza 12 novembre 
1977, n. 371/1978, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 

legge 28 gennaio 1'977, n. 10, art. 14 (artt. 3, comma primo, e 42, comma 
terzo, de1lia Costituzione). 
Corte d'apipelfo di Potenza, ol'dinanza 4 apriie 1978, n. 358, G. U. 11 ottobre 
1978, n. 285. 

legge 26 febbrai�o 1977, n. 39, ~rt. S�bis (.artt. 3 e 24, secondo com.ma, 
delJLa Costituzione). 

Tribuna1e di Roma, ordinanza 14 dicembre 1977, n. 279/1978, G. U. 6 settembre 
1977, n. 250. 

d.I. 17 giugno 1977, n. 3~6 [conv. in legge 8 agosto 1977, n. 510] ,art. 1, 
secondo comma (art. 3 deLLa Costituzione). 
Pretore di VoLtri, ordinanm 2 maggio 1978, n. 378, G. U. 18 ottobre 1978, 

n. 293. 
legge 8 agosto 1977, n. 510, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Legnano, ordinanza 28 marzo 1978, n. 
/ 
366, G. U. 18 ottobre 1978, 

n. 293. 

190 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

�legge 16 dicembre 1977, n. 904, art. �8 (artt. 3 e 58, comma primo, de1La 

C~tituziooe). 

Commissione tributaria di primo grado di Reggio Emiliia, ordinanza 
26 �aprile 1978, n. 376, G. U. 18 ottobre 1978, n. 293. 

legge 12'3 dicembre 1977, n. 928, art. 1 (art. 3 della Costituzione). 
Pretore di Legnano, ordi111anza 28 marzo 1978, n. 366, G. U. 18 ottobre 1978, 

n. 293. 
d.�I. 30 marzo 1978, .n. 77, art .. 2� ,.penultim�o comma, n. 2), e ultimo c:omma 

('art. 3 de11ia Costituzione). 

Pretore di Imperia, ordinanze (quattro) 4 maggio 1978, nn. 343, 344, 345 e 346, 

G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 
legge 4 agosto 197.8, n. 478, artt. 8, terzo c:omma, 26 bis, ultimo comma, 
16 ter e '16 quater (artt. 117, 118 e 119 detla �ostituzione). 

Presidente giunta regionale Lombardia, ricorso S ottobr� 1978, n. 27, G. U. 
11 ottobre 1978, n. 285. 

legge 5 agosto 1978, n. 468 (artt. 5, 97, 115, 117, 118, 119 e 123 deHa 
Costituzione). 

P<residente giunta regionale del Veneto, ricorso 29 settembre 1978, n. 26, 

G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 
legge 5 agosto H78, n. 468, artt. 11 e 31 (artt. 1 e seguenti, 7 e seguenti, 
3, lettera a), dehla legge costituzionalJe 26 febbraio 1948, n. 3, e artt. 32 
e seguenti d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250). 

Presidente giunta regionale. deHa Sardegna, ricorso del 28 settembre 1978, 

n. 25, G. U. 4 ottobre 1978, n. 278. 
legge 5 agosto 1'9-78, n. 468, art. 31 (artt. 115 e 116 deLlla Costituzione 
e artt. 2, 4, 12, 14, 45, 46 e SO deHo statuto speciale de11ia regione Val'IJe d'Aosta). 

p,residente de1lia giunta regionale deL~a Valle d'Aosta, ricorso deL 27 settembre 
1978, n. 24, G. U. ~ ottobre 1978, n. 278. 

legge 5 agosto 19.7�8, n. 468, artt. 30, 31 e 36 (artt. 1, 4, n. l, 58 e 60 
delilo statuto delila regione Friubi-Venezia Giulia). 

Presidente dehla giunta regionaLe deL Friuli-Venezia Giulia, ricorso del 
27 settembre 1978, n. 23, G. U. 4 ottobre 1978, n. 278, 

legge 5 agosto 1978, n. 468, artt. 31, 34 e 36 (art. 127 cteLLa Costituzione 
e artt. l, 19, 20, 25, 36 e 38 de& statuto sicildano). 

P.residente regione siciliana, rico11so 
4 ottobre 1978, 111. 278. 

legge 18 agosto 1978, n. 497, art. 

(art. 8, nn. 5, 10, 17 e 22, de1lo 
Presidente giunta provinoiaLe 

G. U. 18 �ottobre 1978, n. 293. 
. 

statuto 

del 22 settembre 1978, n. 22, G. U. 

4, comma �primo, seQondo e quinto 

1specialie per il Trentino-A1to Adige). 

di Bolizano, ricorso 10 ottobre 1978, n. 28, 

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CONSULTAZIONI 


AE:RONAUTlCA E AEIROMOBILI 

Aeromobili � Immatricolazione -Societ� estere -Normativa disciplinante l'importazione 
di capitali esteri -Compatibilit� -(cod. nav., art. 751, 'lett. c) -. 

l. 7 febbraio 1956, n. 43, artt. 1 e 4 -d.P.R. 6 luglio 1956, n .758, art. 1). 
Se la legge 7 febbraio 1956, n. 43, e relativo regolamento approvato con 

d.P.R. 6 luglio 1956, n. 758, con i quali viene disciplinato il trasferimento cli 
capitali esteri in Italia comportino deroga all'art. 751 lett. c) del codice de11a 
navigazione, che per 1'1mmatricolazione di aeromobili richiede che essi .appartengono 
a societ� costituite e aventi sede in Italia, il cui capitale appartenga 
per almeno due terzi a cittadini italiani (n. 30). 
AMMINllS11RAZIONE PUBBLICA 

Conservatoria dei registri immobiliari Richiesta di cancellazione di sequ~stro 
conservativo -Rifiuto � Responsabilit� dello Stato -Esclusione (cod. civ. 
artt. 2674, 2675 e 2676 -l. 25 giugno 1943, n. 540, artt. 39 e 40 � Cost. art. 28 � 

l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 14). 
Se lo Stato sia tenuto al risarcimento nei confronti dei privati per fatti 
addebitabili al conservatore dei registri immobiliari (nella specie per rifiuto di 
cancellazione di sequestro conservativo richiesto in base a decreto del giudice 
istruttore che dichiara l'inefficacia del sequestro per mancata prestazione della 
cauzione) (n. 437). 

Dipendenti delle gestioni governative dei pubblici servizi di trasporto � Obbligo 
di denunzia dei fatti dannosi al procuratore generale della Corte dei Conti � 
Ambito soggettivo di tale obbligo (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83). 

Se per il personale dipendente dalle gestioni governative di pubblici servizi 
di trasporto l'obbligo di denunzia al procuratore generale della Corte dei Conti 
dei fatti che possano dar luogo a responsabilit� ai sensi della legge di contabilit� 
dello Stato (art. 83, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) gravi solo sul commissario 
governativo e sui preposti ai servizi nel cui ambito i fatti dannosi si 
sono verificati ovvero anche sul collegio dei revisori (n. 440). 

Dipendenti dalle� gestioni governative dei pubblici servizi di trasporto -Obbligo 
di denunzia di fatti dannosi .al procuratore generale della Corte dei Conti Sussistenza 
(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83). 

1Se per il personale dipendente dalle gestioni governative di pubblici servizi 
di trasporto sia applicabile la disposizione dell'art. 83, comma secondo, del 

r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, che. prevede l'obbligo della denunzia al procuratore 
generale della Corte dei Conti, da parte dei direttori e dei capi di 
servizio, dei fatti che possano dar luogo a responsabilit� a norma delle precedenti 
disposizioni sulla contabilit� generale dello Stato (n. 439). 

192 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dipendenti delle gestioni governative di pubblici servizi di trasporto � Sottoposizione 
alla giurisdizione della Corte dei Conti -18 luglio 1957, n. 614 

(r.d. 12 luglio 1934, n. 1214). 
Se il personale dipendente delle gestioni governative di pubblici servizi di 
trasporto sia sottoposto alla giurisdizione della Corte dei Conti al pari dei dipendenti 
dello Stato (n. 438). 

Ai:PPAILTO 

Appalto di ope11e pubbliche -Revisione prezzi contrattuali � Clausola di escl�sione 
della revisione � Ius superveniens (d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501 � 

l. 22 febbraio 1973, n. 37, art. 2). � 
Se, in virt� della nuova disposizione di cui all'art. 2 della legge 22 febbraio 
1973, n. 37, che vieta ogni fatto contrario al regime revisionale dei prezzi 
contrattuali negli appalti di opere pubbliche, si debba dare ingresso alla revisione 
in relazione ai contratti di appalto nei quali era inserita la clausola di 
esclusione della revisione, stipulati anteriormente all'entrata in vigore della 

(d.p. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). 
Appalto stipulato sotto il regime dell'l.G.E. � Pagamento di compensi revisionali 
dopo la data deZ. 31 dicembre 1972 e l'istituzione dell'I.V.A . � Regime 

(o.p. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). 
1Se il compenso revisionale pagato dopo il 31 dicembre 1972, in relazione a 
contratto di appalto soggetto ad l.G.E. con esclusione di risalva in quanto 
concluso anteriormente al 16 ottobre 1971, debba essere decurtato dell'ammontare 
corrispondente all'l.G.E. a norma dell'art. 89, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, 
istitutivo dell'I.V.A., che disciplina appunto la revisione dei prezzi per i contratti 
in corso alla data di entrata in vigore della legge 9 ottobre 1971, n. 825, 
concernente la delega legislativa al governo per la riforma tributaria (n. 416). 

Revisione prezzi -Forniture� Disciplina del r.d.l. n. 901/1940 �Vigenza (r.d.l. 13 giugno 
1940, n. 901). 

Se possano ritenersi tuttora in vigore le disposizioni del r.d.J. 13 giugno 
1940, n. 901 in materia di revisione prezzi di forniture militari e se il richiamo 
�di detto decreto possa ritenersi efficacemente operato nella clausola di revi


sione prezzi contenuta nel disdplinare tecnico-amministrativo (n. 415). 

CAMIBI E VALUTE 

Frodi valutarie � Re.pressione � Sanzioni penali -Accertamento � Funzionari della 

U.I.C. -Qualit� di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria (cod. proc. pen. 
art. 221 -1. 30 aprile 1976, n. 159, art. 3). 
Se l'ultimo� comma dell'art. 221 cod. proc. pen., secondo cui sono ufficiali od 
agenti di polizia giudiziaria nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo 
le attribuzioni ad essi conferite dalla legge e dai regolamenti tutte le altre 
persone incaricate di ricercare ed aocertare determinate specie di reati, sia applicabile, 
nel quadro della legge 30 aiprile 1976, n. 159 che prevede sanzioni penali 
'in materia valutaria ai fum.ionari dell'Ufficio Italiano Cambi (n. 26). 

Infrazioni valutarie -Sanzioni amministrative -Applicazione da parte del giudice 
penale . Natura giuridica � Trasformazione (l. 30 aprile 1976, n. 154, art. 8 � 
Cod. pen., artt. 19 e 20). 

� Se per effetto dell'art. 8 della legge 30 aprile 1976, n. 154, sulle infrazioni valutarie 
debba ritenersi trasformata la natura giuridica delle sanzioni amministra



PARTE �n, CONSULTAZIONI 

tive gi� previste dalla legislazione vigente in quella propria di pene accessorie 
penali ovvero debba semplicemente ritenersi che le dette sanzioni, pur conservando 
la� loro natura amministrativa, vengono applicate anche dal giudice penale 
quali pene accessorie al procedimento proprio delle pene accessorie (n. 25). 

COMUNITA' ECONOMICA EUROPEA 

Comunit� Europee -Importazione -Cauzione -Incameramento in misura supe'. 
riore al dovuto -Diritto alla restituzione -Prescrizione (Regol. CEE 21 agosto 
1967, n. 473 -Regol. CEE 7 aprile 1970, n. 638 -D.L: 20 febbraio 1968, 

n. 59 -D.M. 28 maggio 1968). � 
Quale sia il termine di decadenza ovvero di prescrizione per richiedere-in 
restituzione la parte di cam.ione all'importazione illegittimamente incamerata 

(n. 25). 
Comunit� europee -Importazione -Cauzione -Incameramento -Misura (Regolamento 
CEE 21 agosto 1967, n. 473 -Regol. CEE 7 aprile 1970, n. 638 -D.L. 20 febbraio 
1968, n. 59). 

Se nel caso di incameramento della cauzione per mancata importazione, 
totale o parziale, relativamente a certificati di importazione rilasciati sotto il 
vigore del regolamento CEE 21 agosto 1967, n. 473, la mis�ra dell'importo della 
cauzione da incamerare va:da stabilita calcolanqo il prelievo applicabile nel mese 
previsto per l'importazione ovvero il prelievo applicabile nell'ultimo mese di 
validit� del certificato (n. 24). 

CONTRATTI 

Contratti della p.a. � Fornitura -Eccessiva onerosit� sopraggiunta � Revisione 
prezzi -Clausola dt esclusione -Effetti -Applicabilit� della� risoluzione limiti 
(Cod. civ., art. 1467). 

Se la risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta sia applicabile ai contratti 
di fornitura stipulati dalla pubblica amministrazione anche quando la 
disciplina contrattuale regolamenti la revisione dei prezzi nel senso di escluderla 
(n. 336). 

RRevisione prezzi -Forniture -Disciplina del R.D.L. -N. 901/40 -Vigenza (R.D.L. 
13 giugno 1940, n. 901). 

Se possano ritenersi tuttora in vigore le disposizioni del r.d.l. 13 giugno 1940, 

n. 901, in materia di revisione prez:;.i di forniture militari e se il richiamo di detto 
decreto possa ritenersi efficacemente operato nella clausola di revisione prezzi 
contenuta nel disciplinare tecnico-amministrativo (n. 337). 
CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

Contributi per costruzioni navali -Divergenza tra progetto ed opera eseguita � 
Addebito alla societ� costruttrice -Natura (art. 52 legge 24 luglio 1959, n. 662 art. 
3 l. 9 gennaio 1962, n. 2). 

Se la somma che viene detratta, ai sensi dell'art. 52 legge 24 luglio 1959, 

n. 622 -in caso di discordanza tra progetto e costruzione eseguita -dai contributo 
previsto per le nuove costruzioni navali dall'art. 3 legge 9 gennaio 1962, n. 2, 
abbia natura di penale .(n. 122). 

194 RASSEGNA DEtL'AVVOCATURA �DELLO STATO 

CORTE DEI CONTI 

Dipendenti delle gestioni governative dei pubblici servizi di trasporto -Obbligo 
di denunzia dei fatti dannosi al procuratore generale della Corte dei conti Ambito 
soggettivo di tale obbligo (r.d'. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83). 

Se per il personale dipendente dalle gestioni governative di pubblici servizi 
di trasporto l'obbUgo di denunzia al procuratore generale della Cotte dei conti 
dei fatti che possano dar luogo a responsabilit� ai sensi della legtge di contabilit� 
dello Stato (art. 83 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) gravi solo sul commissario 
governativo e sui preposti ai servizi nel cui ambito i fatti dannosi si sono verificati 
ovvero anche sul collegio dei revisori (n. 19). 

Dipendenti dalle gestioni governative dei pubblici servizi di trasporto -Obbligo di 
denunzia di fatti dannosi al procuratore generale della Corte dei conti -Sussistenza 
(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83). 

Se per il personale dipendente dalle gestioni governative di pubblici servizi 
di trasporto sia applicabile fa disposizione dell'art. 83 comma secondo ,del r.d. 
18 novembre 1923, n. 2440 che prevede l'obbligo della denunzia al procuratore 
general� della Corte dei coriti, da� parte dei direttori e dei capi di servizio, dei 
fatti che possano dar luogo a responsabilit� a norma delle precedenti disposizioni 
sulla contabilit� generale dello Stato (n. 18). 

Dipendenti delle gestioni governative di pubblici servizi di trasporto -Sottoposizione 
alla giurisdizione della Corte dei conti, 18 luglio 1957, n. 614 (r.d. 
12 luglio 1934, n. 1224); 


Se il personale dipendente delle gestioni governative di pubblici servizi di 
trasporto sia sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti al pari dei dipendenti 
dello Stato (n. 17). 


EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

Case economiche -Asst. -Costruzione diretta con fondi� propri � Concessione in 
locazione ai dipendenti -Edilizia resid.enziale pubblica -Normativa -Applicabilit(
L (d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 21, 2� comma -d.P.R. 30 dicembre 1972, 


n. 1035, art. 1, 3� comma). 
Se gli alloggi economici costruiti direttamente dall'azien,da di stato per i servizi 
telefonici con fondi propri -ancorch� ricavati dall'alienazione di precedenti 
alloggi economici come prevista dall'art. 21, 2� comma, del d.P.R. 17 gennaio 1959, 


n. 2. -per essere concessi in locazione ai. propri dipendenti debbano ritenersi 
esclusi dall'ambito di applicazione della normativa per l'assegnazione e la revoca 
nonch� per la determinaziont e revisione dei canoni di locazione degli alloggi 
di edilizia residenziale pubblica di cui al d.P.R. 30 dicembre 1972, n. 1035 (n. 294). 
Industrializzazione del Mezzagiorno -Opifici industriali gi� strutturati -Possibilit� 
di esproprio -Esclusione (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, art. 83 e 147). 


Se ai sens~ dell'art. 147 del testo unico delle leggi sul Mezzogiorno approvato 
con d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, possa disporsi la espropriazione non solo di 
immobili in funzione str\lJillentale alla realizzazione di nuovi. impianti industriali, 
bens� anche immobili gi� all'attualit� strutturati in funzione produttiva ancorch� 
inattivi (n. 450). 


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PARTE II, CONSULTAZIONI 

FERROVIE 

Concessione di ferrovia -Gestione governativa in danno -Applicabilit� ai dipendenti 
della concessionaria dei benefici combattentistici di cui alla legge 
24 maggio 1970, n. 336 -Esclusione (l. 25 aprile 1970, n. 336). 

Se, al personale della societ� concessionaria di una ferrovia in regime di 
gestione governativa in danno, siano applicabili i benefici combattentistici previsti 
per i dipendenti pubblici della legge 24 maggio 1970, n. 336 (n. 465). 

' 


Dipendenti di concessionaria. di ferrovia -Dichiarata decaduta con passaggio alla 
gestione diretta -Applicabilit� dei benefici previsti per gli ex combattenti 
della legge 24 maggio 1970, n. 336 -Limiti temporali (t. 24 aprile 1970, n. 336 


l. 14 agosto 1974, n. 335 -t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 195). 
Se per il personale della societ� italiana per le strade ferrate sovvenzionate 
al quale le disposizioni di favore per gli ex combattenti di� cui alla legge 24 maggio 
1970, n. 336, tornano applicabili a far data dall'emanazione del decreto di 
decadenza che ha posto fine alla concessione della ferrovia con passaggio alla 
gestione governativa diretta ex art. 195 t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, l'onere della 
tempestiva presentazione delle intese a fruire dei benefici anzidetti sia escluso 
in conseguenza della disposta sospensione del decreto di decadenza impugnato 
in via giurisdizionale (n. 466). 

IMPIEGO PUBBLICO 

Concessione di ferrovia -Gestione governativa in danno -Applicabilit� ai dipendenti 
della concessionaria dei benefici combattentistici di cui alla legge 
24 m�ggio 1970, n. 336 -Esclusione (l. 25 aprile 1970, n. 336). 

Se, al personale della societ� concessionaria di una ferrovia .in regime di 
gestione governativa in danno, siano applicabili i benefici combattentistici previsti 
per i dipendenti pubblici della �legge 24 maggio 1970, n. 336 (n. 867). 

Dipendenti delle gestioni governative d.ei pubblici servizi di trasporto -Obbligo 
di denunzia dei fatti dannosi al procuratore generale della Corte dei conti ambito 
soggettivo di tale obbligo (r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 83). 

Se per il personale dipendente dalle gestioni governative di pubblici servizi 
di trasporto l'obbljgo di denunzia al procuratore generale della Corte dei conti 
dei fatti che possano dar luogo a responsabilit� ai sensi della legge di contabilit� 
dello Stato (art. 83 r.d. 18 novembre 1923, n. 2440) gravi solo sul commissario 
governativo e sui preposti ai servizi nel cui ambito i fatti dannosi si sono verificati 
ovvero anche sul collegio dei revisori (n. 871). 

Dipendenti dalle gestioni governative dei pubblici servizi di trasporto -Obbligo 
di denunzia di fatti dannosi al procuratore generale della Corte. dei conti Sussistenza 
(r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, drt. 83). 

Se per il personale dipendente dalle gestioni governative di pubblici servi<.i 
di trasporto sia applicabile la d:isposiziqne dell'art. 83, comma secondo del 

r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 che prevede l'obbligo della denunzia al procuratore 
generale della Corte dei conti, da parte dei direttori e dei capi di servizio, dei 
fatti che possano dar luogo a responsabilit� a norma delle precedenti disposizioni 
sulla contabilit� generale dello Stato (n. 870). 

196 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Dipendenti delle gestioni governative di pubblici servizi di trasporto � Sottoposizione 
alla giurisdizione della Corte dei conti � 18 luglio 1957, n. 614 (r.d. 
12 luglio 1934, n. 1214). 

Se il personale dipendente� delle gestioni governative di pubblici servizi di 
trasporto sia sottoposto alla giurisdizione della Corte dei conti al pari dei dipendenti 
dello Stato (n. 869). 

Dipendenti di concessionaria di ferrovia -Dichiarata decaduta con passaggio 
alla gestione diretta � Applicabilit� dei benefici previsti per gli ex combattenti 
della legge 24 maggio 1970, n. 336 -Limiti temporali (l. 24 aprile 1970, 

n. 336 -l. 14 agosto 1974, n. 335 � t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, art. 195). 
Se per il personale della societ� italiana per le strade ferrate sovvenzionate 
al quale le disposizioni di favore per gli ex combattenti di cui alla legge 24 maggio 
1970, n. 336, tornano applicabili a far data dall'emanazione del decreto di 
decadem.a che ha posto fine alla concessione della ferrovia con passaggio .alla 
gestione governativa diretta ex art. 195 t.u. 9 maggio 1912, n. 1447, l'onere della 
tempestiva presentazione delle intese a fruire dei benefici anzidetti sia escluso in 
conseguenza della disposta sospensione del decreto di decadenza impugnato in 
via giurisdizionale (n. 868). 

Insegnante -Interdizione temporanea dai pubblici uffici � Applicazione provvisoria 
-Conseguenze sul trattamento economico -Sospensione cautelare Analogia 
(Cod. pen., art. 140 -d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, art. 101, 1� comma). 

Se, nel caso di applicazione provvisoria della pena accessoria della interdizione 
temporanea dai pubblici uffici disposta dal giudice penale a carico di un 
insegnante, possa, nelle more del procedimento penale in atto per interposta 
impugnativa della sentenza, farsi luogo all'applica1.ione analogica dell'art. 101, 
1� comma, del d.P .R. 31 maggio 1974, n. 417 sullo stato giuridico del personale 
docente, che, per quanto concerne il trattamento economico, stabilisce che nel 
periodo di sospensione dall'ufficio � concesso un assegno alimentare in misura 

�pari alla met� dello stipendio oltre agli assegni :per carichi di famiglia (n. 864).1 

IMPORTAZIONE ED EiSPORTAZIONE 

Comun_it� europee -Importazione -Cauzione � Incameramento in misura superiore 
al dovuto -Diritto alla restituzione -Priescrizione (Regol. CEE 21 agosto 
1967, n. 473 -Regol. CEE 7 aprile 1970, n. 638 � D.L. 20 febbraio 1968, n. 59 � 

D.M. 28 aprile 1968)_ 
Quale sia il termine di decadenza ovvero di prescrizione per richiedere in 
restituzione la parte di cauzione all'importazione illegittimamente incamerata 

(n. 76). 
Comunit� europee -Importazione -Cauzione � Incameramento � Misura (Regolamento 
CEE 21 agosto 1967, n. 473 -Regol. CEE 7 aprile 1970, n. 638 � D.L. 
20 febbraio 1968, n. 59). 

Se nel caso di incameramento della cauzione per mancata importazione, 
totale o parziale, relativamente a certificati di importazione rilasciati sotto il 
vigore del regolamento CEE 21 agosto 1967, n. 473, la misura dell'importo della 
cauzione da incamerare vada stabilita calcolando il prelievo applicabile nel 
mese pr:evisto per l'importazione ovvero il prelievo applicabile nell'ultimo mese 
di vaHdit� del certificato (n. 75). 



-


197

PARTE II, CONSULTAZIONI 

IMPOSTA DI RICCHEZZA MOBILE 

Esenzioni -Agevolazioni -Nuovi investimenti � Locazione finanziaria natura e 
concetto (l. 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 8 l. 2 maggio 1976, n. 183, art. 17). 

Se, ai fini delle agevola:!.ioni fiscali ai nuovi investimenti nei settori dell'industria, 
del commercio e dell'artigianato previste dall'art. 8 della legge 25 ottobre 
1968, n. 1089, possa ritenersi compresa nel concetto di �locazione finanziaria Leasing 
-la �locazione effettuata direttamente dal produttore di macchinari 
ovvero se sia necessario, perch� si abbia locazione finanziaria, che ricorra l'ipotesi 
dell'acquistare per locare (n. 75). 

IMPOSTA DI SUOCESISIONE 

Eredit� accettata con beneficio o inventario -Liquidazione dell'imposta di trascrizione 
relativamente agli immobili ceduti in successione -Modalit� -Esazione 
dell'imposta -.Limiti di responsabilit� dell'erede (art. 102, r.d. 30 dicembre 
1923, n. 3270 -l. 2!:J giugno 1943, n. 540). 

Se nel caso di successione accettata con beneficio d'inventario, la liquidazione 
dell'imposta di trascrizione concernente gli immobili facenti parte dell'attivo 
ereditario vada fatto sui valori accertati ai sensi del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3270 
ancorch� non siano dovute le imposte successorie salvo l'esazione della stessa 
imposta di trascri:i.ione solo sulla parte che residuer� dalla procedura concor-. 
suale a favore dell'erede (n. 99). 

IMPOSTA SUL VALORE AGGIUNTO 

Appalto stipulato sotto il regime dell'l.G.E. -Pagamento di compensi revisionali 
dopo la data del 31 dicembre 1972 e l'istituzione dell'l.V.A. -Regime (d,P.R. 
26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). 


Se il compenso revisionale pagato dopo il 31 dicembre 1972, in relazione a 
contratto di appalto soggetto ad I.G.E. con esclusione di rivalsa in quanto concluso 
anteriormente al 16 ottobre 1971, debba essere decurtato de!J'ammontare 
corrispondente all'LG.E. a norma dell'art. 89, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, istitutivo 
dell'I.V.A., che disciplina appunto. la revisione dei prezzi per i contratti in 
corso alla data di entrata in vigore della legge 9 ottobre 1971, n. 825, concernente 
la delega legislativa al governo per la riforma tributaria (n. 15). 


IMPOSTE DIRETTE 

Esenzioni -Agevolazioni -Nuovi i11vestimenti -Locazione finanziaria natura e 
concetto (l. 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 8 -l. 2 maggio 1976, n. 183, art. 17). 

Se, ai fini delle agevolazioni fiscali ai nuovi investimenti nei settori dell'industria, 
del commercio e dell'artigianato previste dall'art. 8 della legge 25 ottobre 
1968, n. 1089, possa ritenersi compresa nel concetto di locazione finanziaria Leasing 
-la locazione effettuata direttamente dal produttore. di macchinari ovvero 
se sia necessario, perch� si abbia locazione finanziaria, che ricorra l'ipotesi 
dell'acquistare per locare (n. 38). 


198 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

I 

IMPOSTE E TASSE 

I 

Agevolazioni tributarie p~r i fabbricati di propriet� della Santa Sede considerati 
nel trattato lateranense -Estensione al santuario �di San Francesco di Assisi . 
Esclusione (d.P. 29 ottobr� 1973, n. 601, art. 2 -Trattato lateranense 11 feb


braio 1929, artt. 13, 14, 15 e 16). 

Se al SaI).tuario di San Francesco di Assisi e fabbricati annessi sia applica


'i

bile ~a esenzione dall'imposta locale sui redditi, dall'imposta sul reddito delle 
persone giuridiche e dall'imposta sull'incremento di valore degli immobiH stabilita 
dall'art .. 2 del d.P. 29 ottobre 1973, n. 601 per i fabbricati di propriet� dellia 
Santa Sede considerati nel trattato del Laterano (n. 639). 


IMPOSTE IPOTBCA.'RiIE 

Ered� accettata con beneficio d'inventario -Liquidazione dell'imposta di tra


scrizione relativamente agli immobili ceduti in successione -Modalit� -Esezione 
dell'imposta � Limiti di responsabilit� dell'erede (art. 102, r.d. 30 dicem-� 
bre 1923, n. 3270 � l. 25 giugno 1943, n. 540). 


Se, �lef caso di successione accettata con beneficio d'inventario, la liquidazione 
dell'imposta di trascrizione concernente gli immobili facenti parte dell'attivo 
ereditario vada fatto sui valori accertati ai sensi del r.d. 30 dicembre 1923, 


n. 3270 ancorch� non siano dovute le imposte S!Jccessorie salvo l'esazione della 
stessa imposta di trascrizione solo sulla parte che residuer� dalla procedura 
concorsuale a favore dell'erede (n. 15). 
�IMPOSTE VARIE 
Crediti del comune per INVIM -Crediti dello Stato verso il comune per altri 
titoli -Possibilit� di compensazione (cod. civ., art. 1241 -d.P.R. 26 ottobre 1972, 


n. 643, art. 29). 
Se sia lecito da parte dell'amministrazione finanziaria, procedere all'incameramento 
di somme spettanti ai comuni a titolo di INVIM, per soddisfare in compensazione 
crediti vantati verso i medesimi comuni per altro causale (n. 112). 


ISTRUZIONE 

Insegnante � Interdizione temporanea dai pubblici uffici -Applicazione provvisoria 
-Conseguenze sul trattato economico -Sospensione cautelare -Analogia 
(cod. pen., art. 140 d.P.R. 31 maggio 1974, n. 4p, art. 101, 1� comma). 


Se, nel caso di applicazione provvisoria della pena accessoria della interdizione 
temporanea dai pubblici uffici disposta dal giudice penale a carico di un 
insegnante, possa, nelle more del procedimento penale in atto per interposta 
impugnativa della sentenza, farsi luogo all'applicazione analogica dell'art. 101, 
1� comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 sullo stato giuridico del personale 



PARTE II, CONSULTAZIONI 

docente, che, per quanto concerne il trattamento economico, stabilisce che nel 

periodo di sospensione dall'ufficio � concesso un assegno alimentare in misura 

pari alla met� dello stipendio oltre agli assegni per carichi di famiglia (n. 53). 

MEZZOGIORNO 

Industrializzazione del Mezzogiorno � Opifici industriali gi� strutturati � Passi� 
bilit� di esproprio Esclusione (d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523, artt. 83 e 147). 

,Se ai sensi dell'art. 147 del testo unico delle leggi sul mez~ogiorno approvato . 
con d.P.R. 30 giugno 1967, n. 1523 possa disporsi l'espropriazione non solo di 
immobili in funzione strumentale alla realizzazione di nuovi impianti industriali, 
bens� anche immobili gi� all'attualit� strutturati in funzione produttiva ancorch� 
inattivi (n. 73). � 

NAVI E NAVIGAZIONE 

Contributi per costruzioni navali � Divergenza tra progetto ed opera eseguita 
Addebito alla societ� costruttrice � Natura (art. 52 l. 24 luglio 1959, n. 662 � 
art. 3 l ..9 gennaio 1962, n. 2). 

Se la somma che viene detratta, ai sensi dell'art. 52 legge 24 luglio 1959, 

n. 622 -in caso di discordanza tra progetto e costruzione eseguita -dal contributo 
previsto per le nuove costruzioni navali dall'art. 3 legge 9 gennaio 1962, n. 2 
abbia natura di penale (n. 143). 
OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

Contratti della p.a. � Fornitura -Eccessiva onerosit� sopraggiunta � Revisione 
prezzi � Clausola di esclusione � Effetti � Applicabilit� della risoluzione � 
Limiti (cod. Civ., art. 1467). 

Se la risoluzione per eccessiva onerosit� sopravvenuta sia applicabile ai 
contratti di fornitura stipulati dalla pubblica amministrazione anche quando la 
disciplina contrattuale regolamenti la revision!! dei prezzi nel senso di escluderla 
(n. 61). 

OPERE PUBBLICHE 

Appalto di opere pubbliche � Revisione prezzi contrattuali � Clausola di esclusione 
della revisione -Ins superveniens (d.l.c.p.s. 6 dicembre 1947, n. 1501 


l. 22' febbraio 1973, n. 37, art. 2). 
Se, in virt� della nuova disposizione di cui all'art. 2 della ,legge 22 febbraio 
1973, n. 37 che vieta ogni fatto contrario al regime revisionale dei prez;.i 
contrattuali negli appalti di opere pubbliche, si debba dare ingresso alla revisione 
della relazi<;me ai contratti di appalto nei quali era inserita la clausola di 
esclusione della revisione, stipulati anteriormente all'entrata in vigore della 
legge n. 37 del 1973 (n. 173). � 


200 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

Appalto stipulato sotto il regime dell'I.G.E. -Pagamento di compensi revisionali 
dopo la data del 31 dicembre 1972 e l'istituzione dell'I.V.A. -Regime 

(o.p. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 89). 
Se il compenso revisionale pagato dopo il 31 dicembre 1972, in relazione a 
contratto di appalto soggetto ad I.G.E. con esclusione di rivalsa in quanto concluso 
anteriormente al 16 ottobre 1971, debba essere decurtato dell'ammontare 
corrispondente all'l.G.E. a norma dell'art. 89, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 istitutivo 
dell'I.V.A., che disciplina appunto la revisione dei prezzi per i contratti in 
corso alla data di entrata m vigore della legge 9 ottobre 1971, n. 825 concernente 
la delega legislativa al governo per la riforma tributaria (n. 174). 

PENA 

Infrazioni valutarie -Sanzioni amministrative -Applicazione da parte del giudice 
penale -Natura giuridica -Trasformazione (1. 30 aprile 1976, n. 154, art. 8 cod. 
pen., artt. 19 e 20). 

Se per effetto dell'art. 8 della legge 30 aprile 1976, n. 154 sulle infrazioni valutarie 
debba ritenersi trasformata la natura giuridica delle sanzioni amministrative 
gi� previste dalla legislazione vigente in quella propria di pene accessorie 
penali ovvero debba semplicemente ritenersi che le dette sanzioni, pur conservando 
la loro natura amministrativa, vengono applicate anche dal giudice 
penale quali pene accessorie al procedimento proprio delle pene accessorie (n. 34). 

POSTE E TE!LEtCOMUNICAZIONI 

Case economiche -Asst. -Costruzione diretta con fondi propri -Concessione in 
locazione ai dipendenti -Edilizia residenziale pubblica -Norn;;zativa -Applicabilit� 
(d.P.R. 17 gennaio 1959, n. 2, art. 21, 2� comma -d.P.R. 30 dicembre 
1972, n. 1035, art. 1, 3� comma). 

Se gli alloggi economici costruiti direttamente dall'azienda di stato per i 
servizi telefonici con fondi propri -ancorch� ricavati dalla alienazione di precedenti 
alloggi economici come prevista dall'art. 21, 2� comma, del d.P.R. 17 gennaio 
1959, n. 2 -per essere concessi in locazione ai propri dipendenti debbano 
ritenersi esclusi dall'ambito di applicazione della normativa per l'assegna:t.ione 
e la revoca nonch� per la determinazione e revisione dei canoni di locazione 
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di cui al d.P.R. 30 dicembre 1972, 

n. 1035 (n. 156). 
PROCEDIMENTO PENALE 

Frodi valutarie -Repressione -Sanzioni penali -Accertamento -Funzionari 
dell'U.l.C. -Qualit� di ufficiali o agenti di polizia giudiziaria (cod. proc. pen., 
art. 221 -l. 30 aprile 1976, n. 159, art. 3). 

Se l'ultimo comma dell'art. 221 cod. proc. pen., secondo cui sono ufficiali od 
agent� di polizia giudiziaria nei limiti del servizio a cui sono destinati e secondo 
le attribuzioni ad essi. conferite dalla legge e dai regolamenti tutte le altre persone 
incaricate di ricercare ed accertare determinate specie di reati, sia applicabile, 
nel quadro della legge 30 aprile 1976, n. 159 che prevede sanzioni penali 
in materia valutaria funzionari dell'ufficio italiano cambi (n. 30). 


PARTE II, CONSULTAZIONI 

Insegnante -Interdizione temporanea dai pubblici uffici -Applicazione provvisoria 
-Conseguenze sul trattamento economico -Sospensione cautelare Analogia 
(cod. pen., art. 140 -d.P.R. 31 aprile 1974, n. 471, art. 101, 1" comma). 

Se, nel caso di applicazione provvisoria della pena accessoria della interdizione 
temporanea dai pubblici uffici disposta dal giudice penale a carico di un 
insegnante, possa, nelle more del procedimento penale in atto per interposta 
impugnativa della sentenza, farsi luogo all'applicazione analogica dell'art. 101, 
1� comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 sullo stato giuridico del personale 
docente, che, per quanto concerne il trattamento economico, stabilisce che nel 
periodo di sospensione dall'ufficio � concesso un assegno alimentare in misura 
pari alla met� dello stipendio oltre agli assegni per carichi di famiglia (n. 31). 

RBSPONSABILTA' CIV.ILE 

Conservatoria dei registri immobiliari -Richiesta di cancellazione di sequestro 
conservativo -Rifiuto � Responsabilit� dello stato -Esclusione (cod. civ., 
artt. 2674, 2675 e 2676 -l. 25 giugno 1943, n. 540, art. 39 e 40 -cast., art. 28 


l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 14).. 
Se Jo Stato sia tenuto rul risarcimento nei confronti dei privati per fatti 
addebitabili al conservatore dei registri immobiliari (neHa specie per rifiuto di 
cancellazj.one di sequestro conservativo richiesto in base a decreto del giudice 
istruttore che dichiara l'inefficacia del sequestro per mancata prestazione della 
cauzione) (n. 290). 

SOCIETA' 

Aeromobili -Immatricolazione -Societ� estere -Normativa disciplinante l'importazione 
di capitali esteri -Compatibilit� (cod. nav., art. 751, lett. c) 


l. 7 febbraio 1956, n. 43, artt. 1 e 4 -d.P.R. 6 luglio 1956, n. 758, art. 1). 
Se la legge 7 febbraio 1956, n. 43 e relativo regolamento approvato con d.P .R. 
6 luglio 1956, n. 758, con i quali viene disciplinato il trasferiipento di ca!pitali 
esteri in Itrulia comportino deroga aH'art. 751, 1ett. c) del codice della navigazione, 
che per l'immatricolazione di aeromobili richiede che essi appartengono a 
societ� costituite e aventi sede in Italia, il cui capitale appartenga per almeno 
due terzi a cittadini italiani (n. 141). 

TRASCRIZIONE 

Conservatoria dei registri immobiliari richiesta di cancellazione di sequestro 
conservativo -Rifiuto -Responsabilit� dello Stato -Esclusione (cod. civ., 
artt. 2674, 2675 e 2676 -l. 25 giugno 1943, n. 540, art. 39 e 40 -cost., art. 28 


l. 15 novembre 1973, n. 734, art. 14). 
Se lo stato sia tenuto al risarcimento nei confronti dei privati per fatti 
addebitabili al conservatore dei registri immobiliari (nella specie per rifiuto di 
cancellazione di sequestro conservativo richiesto in base a decreto del giudice 
istruttore che dichiara l'inefficacia del sequestro per mancata prestazione della 
cauzione) (n. 7). 


202 RASSEGNA DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 

TRATTATI E CONVBNZIONI 

Agevolazioni tributarie per i fabbricati di propriet� della Santa Sede considerati 
nel trattato lateranense -Estensione al santuario di San Francesco 
di Assisi -Esclusione (d.P. 29 ottobre 1973, n. 601, art. 2 -Trattato lateranense 
11 febbraio 1929, art. 13, 14, 15 e 16). 

Se al santuario di San Francesco di Assisi e fabbricati annessi sia applicabile 
la esenzione dall'imposta locale sui reddJti, dall'imposta sul reddito delle 
persone_ giuridiche e dall'imposta sull'incremento di valore degli immobili stabilita 
dall'art. 2 del d.p. 29 ottobre 1973; n. 601 per i fabbricati di propriet� della 
Santa Sede considerati nel Trattato del Laterano (n. 44). 

TRIBUTI LOCALI 

Crediti del comune per INVIM -Crediti dello Stato verso il comune per altri 
titoli. Possibilit� di compensazione (cod. civ., art. 1241 -d.P.R. 26 ottobre 1972, 

n. 643, art. 29). 
Se sia lecito da parte dell'amministrazione -finanziaria, procedere all'incameramento 
di somme spettanti ai comuni a titolo di INVIM, per soddisfare in compensazione 
crediti vantati verso i medesimi comuni per altro causale (n. 16). 


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