ANNO XI -N. 9-10 SETTEMBRE-�TTOBRE 1958 

RASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE DI SERVIZIO 


L'ASTENSIONE NEI COLLEGI DELIBERANTI AMMINISTRATIVI 


SOMMARIO -I. Il principio della partecipazione dei componenti alle adunanze col� 
legiali. -2. L'asten;iione e. il conflitto di interessi: nozione dell'una e delraltro, e 
conseguente divieto di svolgere, da parte del componente int.eressato, qualsiasi ingerenza 
nel procedimento collegiale (intervento alla seduta, discussione, votazione). 

3. Applicabilit� dell'istituto ai collegi amministrativi titolari di competenze, e limiti 
in cui essa va intesa. -4. Disamina dei casi di astensione previsti dal diritto po� 
sitivo e dei casi in cui, pur non es.;;end� essa prevista, si applica il principio generale, 
per il quale in qualsiasi collegio pubblico non pu� concorrere a de'iberare chi, per 
un determinato affare, abbia un interesse morale o materiale. -5. Il vizio, determinato 
dalla partecipazione del componente non legittimato, va qualificato come violazione 
della legge che regola la composizione del collegio. -6. A-.petti particolari dell'asten� 
sione e della ricusazione nei collegi amministrativi. 
1. Vastensione ha formato oggetto di indagini 
superficiali e incomplete allorch� � stata riferita 
ai collegi deliberanti amministrativi, nei quali invece 
essa ha aspetti particolari e desta particolare 
interesse, perch�, essendo tali collegi regolati dai 
principi di diritto amministrativo, riesce difficile, 
se non impossibile, ammettere la completa e integrale 
applicabilit� dell'istituto com'� inteso e regolato 
dal diritto processuale civile e penale. La ragione 
dello scarso interesse all'indagine' va, forse, 
ricercat3' nella esistenza di leggi amministrative, le 
quali, al fine di vietare la interferenza, nell'esercizio 
del potere pubblico, di interessi privati, o comunque 
di interessi non propri dell'organo, prevedono 
in molti casi situazioni d'incompatibilit�, per ragioni 
oggettive e permanenti, sancendo una incapacit� 
di assumere o conservare determinati uffici 
(gli esempi sono infiniti: vi rientrano le condizioni� 
di ineleggibilit�, le altre situazioni previste dagli 
artt. 11, 136, 288 Testo unico c. e p. 1915; artt. 6 
e 15 testo unico.,.n. 203 del 1951, ecc.), e va ricercata 
ancora nell'esistenza del principio generale, per 
il quale ogni qualvolta un atto amministrativo manifesta 
una deviazione del suo processo psichico dal 
corretto procedimento logico, perseguendo finalit� 
diverse da quelle sue proprie, esso va 1;1nnullato sia 
che i titolari dell'organo si trovino sia che non si 
trovino, nei confronti dei soggetti o dei beni destinatari 
dell'atto, in una particolare posizione che determina 
un loro vizio di legittimazione. 

Per contro, un interesse all'indagine � stato talvolta 
suscitato dall'esistenza di altre leggi amministrative, 
le quali, anche se di rado, prevedono, 
per ragioni soggettive e transitorie, situazioni di 
incompatibilit�, nelle quali i titolari dell'organo 
vengono a trovarsi allorch� devono emanare uno 

o pi� atti. Come vedremo, sono tali situazioni clie 
danno, invero, luogo all'astensione e che hanno 
spinta talvolta la dottrina (1), spesso la giurisprudenza 
(2), ad esaminare l'istituto nel campo del diritto 
amministrativo. Le ricerche, dall'una e dall'altra 
compiute, hanno dato per� risultati che non 
sono n� pacifici n� accettabili, come in seguito 
verr� dimostrato. Per ora, nei collegi deliberanti 
amministrativi l'astensione (con la ricusazione che 
ad essa si accompagna) va, anzitutto, precisata 
nella sua nozione e poi tracciata nella sua particolare 
fisionomia. 
Va primieramente osservato che uno dei principi 
fondamentali che regola il funzionamento dei collegi 
deliberanti stabilisce la partecipazione dei componenti 
alle sedute collegiali: � il prinoipio della 
parteoipazione, in virt� del quale ogni componente 
deve prendere parte alle riunioni collegiali affi.nch� 
sia posto in grado di provvedere alla tutela dell'interesse 
di� cui � portatore. Varie norme, infatti, 
stabiliscono un vincolo dei componenti a intervenire 
nelle riunioni (3): talvolta il vincolo non crea 
un obbligo, ma stimola l'intervento in vario modo, 
o attraverso la corresponsione di una indennit� o 
attraverso la dichiarazione di decadenza (cosi ad. 

(1) GuIOOIARDI, Esercizio di pubbliche funzioni e interesse 
personale nei collegi amministrativi (con riferimento 
alla G.P.A.), � Riv. amm. � 1948, 130. Tale lavoro-�centiene 
acute e importanti osservazioni che verranno tenute . 
presenti successivamente. 
(2) La giurisprudenza sar� esaminata nel corso dello 
studio. 
(3) Mezzi coattivi di intervento furono sanciti nell'antichit� 
in Grecia (ARISTOTILE, La Costituzione di Atene), 

-106 


esempio per i consiglieri comunali e provinciali) (4); 
talvolta crea un obbligo di intervento, come ad 
esempio per i componenti di uffici eollegiali che 
siano legati da rapporto d'impiego. 

2. Ma il principio va anche studiato nel suo 
aspetto negativo (nei casi nei quali i. componenti 
si debbano astenere dall'intervenire): tale aspetto 
ha senza dubbio carattere eccezionale. Da un punto 
di vista generale l'astensione richiede l'esistenza di 
un conflitto fra l'interesse personale di un componente 
e l'interesse pubblico perseguito dal collegio, 
e cio� una� divergenza tra l'uno e l'altro interesse, 
nel senso che il cotnponente ha interesse a una deliberazione 
secondo un certo orientamento, il collegio 
invece ha interesse a una deliberazione secondo 
un ilrientamento diverso. Pi� precisamente, 
l'astensione presuppone che un soggetto compia 
un'attivit� nell'interesse di� altro soggetto e si verifica 
laddove l'uno sia spinto, nell'esercizio di codesta 
attivit�, da un interesse in conflitto con l'interesse 
dell'altro. 
Essa, negando l'intervento, evita qualsiasi partecipazione 
ai lavori collegiali. Il conflitto, invero, 
deve impedire qualsiasi ingerenza del componente 
interessato nel procedimento collegiale, escludendolo 
non solo dall'intervento, ma anche dall� discus 
sione e dalla votazione. Si verifica, infatti, una 
incompatibilit� la quale, pur essendo determinata 
da ragioni soggettive e contingenti, va intesa in 
senso completo, assoluto, rigoroso, come esclusione 
del componente e dal momento iniziale (intervento) 
e dal momento finale (votazione) del procedimento 
collegiale: il contrasto tra l'interesse individuale e 
l'interesse pubblico collegiale ha luogo allorch� il 
collegio comincia a trattare l'affare, e cio� fin da 
quando ha inizio la discussione, la quale pu� essere 
turbata anche con la sola presenza dell'interessato; 
costui, astenendosi tuttavia dal parlare, pu� influire, 
con la sua presenza, sulla discussione altrui. 
Ecco perch� occorre impedire anche la sua sola 
partecipazione alla seduta (5). Ci� va detto e per 
i collegi politici, nei quali legami di partito poi,sono 
vincolare i componenti, e per i collegi amministrativi, 
nei quali vincoli gerarchici possono intercorrere 
tra i componenti, siano essi numerosi ovvero 
di numero limitato: in ogni caso, infatti, il legame, 
qualsiasi natura abbia, pu� influenzare la libert� di 
parola nella discussione e la indipendenza della 

a Roma (MOMMSEN, .Le droit publique romain, VII, 94) 
(e altrove). 

(4) La giurisprudenza ha limitato la decadenza a casi 
eccezionali: cos� � stato ritenuto che legittimamente il 
Consiglio Comunale pronuncia, ai sensi dell'art. 289, 
T. U. del 1915, la decadenza di un consigliere che non 
sia intervenuto a tre consecutive sessioni ordinarie senza 
fornire al�una giustificazione: Cons. Stato 15 gennaio 
1955, �Foro amm. �, 1955, I, 2, 128. 

(5) L'art. 49, io comma del regolamento comunale e 
provinciale, in applicazione dell'art. 290 del T. U. 1915, 
prevede che i componenti dei Consigli, comunale e provinciale, 
in conflitto di interesse, possono partecipare alle 
sedute collegiali (�i consiglieri presenti ... �), ma non alle 
volont� nella votazione. Non�vi �, pertanto, alcun 
motivo, logico o giuridico, in base al quale possa 
consentirsi al componente la partecipazione alla seduta 
collegiale e negarsi la partecipazione al voto, 

o vieeversa. In ogni collegio vige, quindi, il principio 
che il conflitto d'interessi determina l'astenl!
ione da qualsiasi attivit� collegiale, tranne quando 
la legge, espressamente, legittimi il componente 
a partecipare alla seduta collegiale e alla discussione, 
escludendolo dalla votazione (ricorrono allora 
particolari motivi che giustificano l'eccezione), e 
tranne quando la legge, espressamente, escluda la 
astensione. 
Pertanto l'istituto va esaminato con riguardo a 
qualsiasi attivit� collegiale, come astensione dalla 
partecipazione alla seduta (intervento) e come 
astensione dalla votazione. 

3. E va esaminato con riguardo ai collegi che 
siano titolari di competenze (6). Sono questi i collegi, 
cl�e pi� interessano, i quali compongono la 
struttura, il complesso apparato dell'organizzazione 
di un ente pubblico, e sono regolati dalle norme 
organizzatorie, che da un lato creano i centri di 
riferimento (uffici) dell'interesse pubblico, dall'altro 
lato disciplinano l'attivit� (funzione) necessaria 
� alla soddisfazione degli interessi, preponendo all'ufficio 
diversi titolari che agiscano per esso (agenti) 
e delimitando il complesso dei compiti che costituiscono 
la competenza dell'ufficio. 

In tali collegi l'astensione pu� configurarsi perch� 
il conflitto d'interessi pu� assumere rilevanza. 
Esiste la possibilit� di due interessi in conflitto: 
l'interesse del componente a una deliberazione secondo 
un certo orientamento; l'interesse del collegio 
a una deliberazione secondo un orientamento 

diverso. Benvero i componenti devono valutare, ciascuno 
per un limitato quantum, l'interesse pubblico 
che qualifica la competenza dell'ufficio colle-

votazioni. Ora non sembra che tale norma -anche se 
� attualmente in vigore -sia conforme all'art. 290 della 
legge, la quale esclude che quei componenti pr�ndano 
parte alle deliberazioni, e cio� che intervengono, comunque, 
nel procedimento deliberativo. Anche se la espressione 
usata non � precisa, deve ritenersi che la norma 
dell'art. 290, nel prevedere la ipotesi della astensione, 
abbia vietato che i consiglieri prendano parte in qualsiasi 
modo all'attivit� collegiale. Tale interpretazione, 
che � poi confermata dall'art. 279 {iel T. U. del 1934 
(che sanciva l'obbligo di allontanarsi dalla sala delle 
adunanze), � conforme, del resto, al principio, enunciato 
nel testo, sull'astensione, la quale va intesa in senso 
assoluto e rigoroso, come esclusione sia dalla partecipazione 
alle sedute collegiali, sia dalla votazione (per altra f 
itpplicazione di tale principio, cfr. art. 253 T. U. 1915). 
Un trattamento diverso, .a seconda che si consideri l'in


l

tervento nelle sedute ovvero nella votazione�, non avrebbe 
ragione di concepirsi (per altra critici!!. d,ell'art. 49 vedi 

I

SAREDO, Commento alla legge c. e p. n. 404). 

i 

(6) Sono fuori dell'indagine gli altri collegi, quelli 
! 

composti da membri titolari di diritti soggettivi pro


r 

pri e quelli composti da membri titolari di rnunera. . ! 
I primi comprendono i casi nei quali l'interesse � pro-

i

! 

~ 

-



-107 


giale e ne individua la funzione. I comportamenti 
che essi pongono in essere sono vincolati nel fine, 
sono qualificati dall'interesse pubblico puntualizzato 
nell 'u:ffieio. Il vincolo concerne, sia il comportamento 
di un solo componente, sia il comportamento 
deJla maggioranza, dovendo pure la maggioranza 
uniformarsi all'interesse pubblico. Perci� 
il conflitto pu� ipotizzarsi tra l'interesse pubblico 
e l'interesse di un solo componente o l'interesse 
della maggioranza, concretamente espresso nella 
deliberazione adottata. Ma occorre indicare i limiti 
nei quali ha rilevanza il conflitto di interessi, con 
l'astensione che lo presuppone. 

Si pu� subito avvertire che, nei collegi qui in 
esame, l'astensione si applica sia nei casi in cui si 
verificano le fattispecie che norme giuridiche espressamente 
prevedono, sia nei casi in cui, pur non� 
esistendo norme espresse, sussiste un conflitto di 
interessi in virt� del principio generale, per il quale 
non pu� concorrere a deliberare il componente che, 
per un determinato affare, abbia un interesse suo 
proprio morale o materiale. 

Tuttavia i limiti di codesta applicabilit� non sono 
pacifici. 

La giurisprudenza in un primo momento ha esaminato 
�'astensione (con la ricusazione che ad essa 
si accompagna) nei collegi che. pongono in essere 
un giudizio, di natura giurisdizionale (per es. G.P . .A. 
in s. g.) e di natura amministrativa (per es. le Commissioni 
di disciplina), ed ha, di massima, ritenuto 
l'istituto applicabile solo nei casi nei quali l'ordinamento 
(o i principi che si desumono dalle leggi 
speciali di volta in volta in esame) espressamente 
lo prevede (7); in un secondo momento, rielaborando 
e sviluppando i concetti ora esposti, ha preso 
le mosse dall'istituto dell'astensione, come � previsto 
e regolato dai codioi di procedura penale e civile, ed 
ha affermato che codeste norme sono manifestazione 
del principio generale gi� accennato, il quale 
non pu� non trovare cittadinanza anche nel campo 
del diritto amministrativo, e di conseguenza l'astensione 
si applica non solo nei casi in cui � prevista 

prio del componente, il quale diviene cos� titolare 
di diritti soggettivi (se ne ha un esempio nella comunione). 
I secondi comprendono i casi nei quali l'interesse 
proprio del membro � in funzione dell'interesse 
della collettivit�: egli interviene in un corpo collegiale 
in qualit� di membro della comunit� organizzata 
in vista di uno scopo comune e cos� partecipa ad esprimere 
l'interesse collettivo, che si identifica con tale scopo 

(se ne hanno esempi nei vari collegi elettorali politici ed 
amministrativi). Negli uni e negli altri collegi l'astensione 
ha aspetti particolari che qui non interessano. 

(7) Tale orientamento pu� ritenersi prevalente: cfr. 
Cons. Stato 18 agosto 1936, n. 801, cc Foro amm. � 1937, 
I, 2, 29 (che ritiene ammissibile l'intervento del Capo 
del personale nella commissione di disciplina a carico 
di impiegati comunali); Cons. Stato 27 ottobre 1937, 
n. 474, �Foro amm. � 1938, I, 1, 51 (che ritiene ammissibile 
l'intervento del Comandante del battaglione nella 
commissione di disciplina a carico di ufficiali). 
In via eccezionale l'astensione � stata applicata a casi 
non previsti dalle leggi: Cons. Stato 5 luglio 1935, n. 681, 

espressamente, ma anche in ogni altro caso in cui 

si verifichi un conflitto di interessi (8). La dottrina, 

invece, ha battuto strada diversa: ha ritenuto che 
l'astensione nei collegi amministrativi � essenzialmente 
diversa da quella dei collegi . giUrlsdizionali, 
malgrado abbia la stessa denominazione; 
e, tenendo conto ~he l'esigenza di imparzialit� 
per le autorit� amministrative talvolta non � sentita 
(nei rapporti coi cittadini la stessa .Amministrazione 
� parte, qualche volta � anche giudice 
come nei ricorsi amministrativi) e che uno 
stesso collegio (o alcuni componenti), per la revocabilit� 
propria degli atti amministrativi, pu� pronunciarsi 
due volte sulla medesima questione, ha 
affermato che l'astensione � applicabile, con una 
disciplina propria, solo nei casi nei quali � prevista 
dall'ordinamento ed � quindi obbligatoria, con la 
conseguenza che la partecipazione del componente 
non legittimato (iudex inhabilis) rende, in ogni caso, 
la deliberazione invalida, mentre nei casi nei quali 
non � prevista l'astensione � volontaria, e perci� 
i.rrilevante dal� punto di vista giuridico, essendo 
rimessa la sua soluzione interamente alla coscienza 
individuale del .componente, il quale pu� sempre, 
per motivi di personale correttezza, astenersi dal 
partecipare alla votazione (9). 

�Riv. dir. pubbl. �, 1935, II, 521 (che ritiene nulla la 
decisione della G.P.A. con la quale si respinge un ricorso 
di un impiegato, quando a far parte del collegio giudicante 
� stato chiamato un consigliere di prefettura che 
era presidente della commissione di disciplina che aveva 
gi� giudicato il licenziamento dello stesso impiegato; in 
tal senso, Cons. Stato 12 maggio 1939, n. 373, �Riv. 
dir. pubbl. � 1939, II, 398; Cons. Stato 28 aprile 1936 
cc Foro amm. � 1936, I, 2, 230). 

(8) Con questo secondo orientamento la giurisprudenza 
ha prima ritenuto la astensione (e la ricusazione) 
applicabile ai collegi amministrativi e sottoposta alla 
stessa disciplina prevista dai codici di procedura penale 
e civile (Cons. St.ato 12 febbraio 1943, n. 40 cc Foro amm. � 
1943, I, 2, 70); poi ha ritenuto l'istituto applicabile agli 
uffici amministrativi con opportuni temperamenti (Cons. 
Stato 9 giugno 1951, n. 531 cc Foro amm. � 1951, I, 2, 256), 
sviluppando il concetto che nel campo del diritto amministrativo 
non pu� applicarsi l'istituto come � previsto 
e regolato dai predetti codici, bens� il principio generale, 
di cui l'istituto stesso � manifestazione, secondo il quale 
qualsiasi giudizio, espresso da organi giurisdizionali o da 
organi amministrativi, si deve compiere con serenit� ed 
obbiettivit�, con la conseguenza che, se il collegio (o 
alcuni suoi componenti) dimostra l'assenza di tali requisiti, 
esso non pu� assolvere la sua funzione secondo legge 
ed il suo operato rimane inficiato (Cons. Stato 25 febbraio 
1952, n. 65, �Foro amm. � 1952, I, 3, 310; con, 
tale argomentazione il Consiglio di Stato ha superato 
la tesi, gi� sostenuta in dottrina (Guicciardi), sulla inapI 
plicabilit� ai collegi amministrativi della astensione prevista 
dal c. p. c.; cfr. anche Cons. Stato 7 maggio 1954, 
I 

n. 308, �Foro amm. � 1954, I, 1, 269; 11 luglio 1953, 
n. 507 �Foro amm. � 1954, I, 2, 81). II
(9) GuIOOIARDI, Esercizio di pubbliche funzioni e interesse 
personale dei collegi amministratim, cit. 130. 
l 

~-~_J 



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A nostro avviso, come si � accennato, non possono 
condividersi le premesse dalle quali la giurisprudenza 
ha preso le mosse, n� le conclusioni cui 
essa � in un-primo momento pervenuta ritenendo 
la astensione applicabile solo nei casi espressamente 
previsti dall'ordinamento. I casi esaminati sono: 
l'art. 7 4 del r. d. 30 dicembre 1923 n. 2960 sullo 
stato giuridico degli impiegati dello Stato fa divieto 
al Capo del personale di partecipare alle deliberazioni 
del Consiglio di disciplina, in quanto egli esercita 
attribuzioni istruttorie in materia disciplinare; 
gli artt. 65, 66 e 71 del reg. 12 ottobre 1933 n. 1364 
sul personale della Corte dei Conti esclude che il 
f:3egretario Generale partecipi, per analogo motivo, 
alle deliberazioni della Commissione di disciplina; 
l'art. 211 del testo unico 3 marzo 1934, n. 383 sulla 
Commissione di disciplina dei segretari comunali 
(a modifica dell'art. 5 del r. d. 1. �17 agosto 1928, 

n. 1253) esclude l'intervento nella Commissione 
dell'ispettore provinciale che svolge funzione inquirente, 
sostituendolo con un consigliere di prefettura. 
In detti casi, come � evidente, non ricorre 
l'istituto dell'astensione. Questa, invero, presuppone 
che il funzionario faccia parte del collegio, 
sia cio� componente, e. che venga a verificarsi un 
conflitto tra l'interesse suo e l'interesse del collegio. 
Nei casi esaminati, invece, l'ordinamento esclude 
che determinati funzionari facciano parte del collegio, 
vietando espressamente che essi assumano 
la qualit� di componente, e, di conseguenza, non � 
neppure a parlare di conflitto, n� di astensione. Pi� 
precisamente -come la dottrina ha rilevato -si 
tratta di casi di incompatibilit� che l'ordinamento 
prevede erisolve, disponendo che taluni funzionari, 
in relazione all'attivit� che svolgono, non possono 
divenire componenti; si tratta di incompatibilit� 
sancite per ragioni oggettive, che escludono qualsiasi 
partecipazione ai lavori collegiali, e perci� un 
conflitto non sorge n� in modo attuale, n� in modo 
virtuale, perch� esso � escluso istituzionalmente 
(v. anche l'art. 10 del r. d. 1. 4 aprile 1944, n. 111 
secondo il quale non possono far parte della G.P.A. 
taluni funzionari della Provincia, del Comune, ecc.). 
D'altronde, non si pu� ammettere -come la 
dottrina ha ammesso -che ove la legge amministrativa 
nulla prevede, il problema della partecipazione 
di un componente al collegio, in relazione a 
un affare nel quale egli abbia interesse, � irrilevante 
per il diritto, essendone rimessa la soluzione alla 
coscienza individuale di lui, senza che resti infirmata 
la legittimit� della deliberazione. L'astensione, 
se non � prevista, non sembra resti limitata 
all'ambito della coscienza individuale, e sia quindi 
irrilevante dal punto di vista giuridico: infatti l'attivit� 
del componente, o attraverso la dichiarazione 
di voto, la deliberazione ccllegiale, ed ha sempre 
rilevanza talvolta decisiva per la maggioranza 

o attraverso la discussione, talvolta orientata in un 
certo senso dal suo intervento, determina o influisce, 
per il diritto. Di conseguenza, anche l'astensione, 
che esclude quell'attivit�, non pu� restare mai circoscritta 
all'ambito della coscienza individuale. 
D'altra parte, la limitazione dell'astensione ai 
casi espressamente previsti :q.on si pu� giustificare 
in base al rilievo della dottrina soprarichiamata 

secondo la quale la esigenza di imparzialit� per le 
autorit� amministrative talvolta non � sentita 
(nei rapporti coi cittadini la stessa amministrazione 
� parte., qualche volta � anche giudice come 
nei ricorsi ammin:is-trativi}. Il rilievo � esatto 
laddove si consideri l'attivit� che l'Amministrazione 
svolge come giudice (come nell'esempio addotto 
del ricorso amministrativo), ma non nei casi 
nei quali l'Amministrazione agisce in concerto 
nell'emanazione dei suoi atti amministrativi; e a 
questi casi appunto fa riferimento la astensione. 

Infine non si pu� ammettere -come la giurisprudenza 
ha ammesso -che le norme dei codici 
di procedura penale e civile sull'astensione sono 
applicazione del principio generale, per il quale non 
pu� concorrere a deliberare il componente che, per 

'un determinato affare, abbia un interesse morale 
o materiale. Non sono, infatti, le cennate norme a 
potersi ritenere applicazione del principio generale; 
bensi sono esse a far ammettere, per induzione, la 
enunciazione del principio generale, il quale si desume 
in genere dalla combinazione di pi� casi regolati, 
risalendo da easi particolari a concetti pi� 
generali (9-bis). Se si prescindesse da quelle norme 
che sono le sole a regolare compiutamente l'astensione, 
non si saprebbe da quali altre norme, espres. 
samente enunciate, poter desumere la esistenza del 
principio generale ammesso dalla giurisprudenza. 

Ci� premesso, al fine di esaminare l'applicabilit� 
dell'astensione nei collegi titolari di competenze (di 
natura amministrativa), e la sua rilevanza giuridica, 
occorre individuare l'istituto con riguardo al 
campo del diritto amministrativo e precisare se 
tale sua disciplina gli conferisce una propria fisionomia. 
L'astensione, che presuppone la esistenza 
di un conflitto di interessi (nel senso gi� accennato) 
-il quale � limitato a un singolo affare ed � determinato 
da ragioni contingenti e subiettive (trattasi 
di una incompatibilit� relativa che si differenzia 
dalla incompatibilit�, gi� esaminata, che � assoluta, 
obbiettiva) -pu� ipotizzarsi solo nei collegi 
che svolgono attivit� individuale e concreta, non 
anche nei collegi che svolgono attivit� generale ed 
astratta: nei primi, infatti, che si pronunciano su 
singoli affari, � possibile che un compc;nente abbia 
un interesse, morale o materiale, in contrasto con 
l'interesse pubblico perseguito dal collegio; nei secondi, 
invece, che deliberano in via generale, il 
contrasto sembra potersi escludere per la mancanza 
di attualit� nella lesione d'interessi. Questi sono i 
collegi attivi, svolgenti attivit� direttiva;� quelli 
sono i collegi che talvolta manifestano una volont�, 
spesso esprimono un giudizio e, nella seconda ipotesi, 
svolgono sia attivit� amministrativa (per es. 
le commissioni di esami, le commissioni di promozioni, 
le commissioni disciplinari), sia attivit� giurisdizionale. 


Posta tale limitazione, pu� affermarsi che costituisce 
una esigenza fondamentale di ogni pubblica 
attivit� che questa si svolga con serenit�, obbietti


(9-bis) Cfr., per tutti, Ferrara, Trattato di dir. civ., I, 
228; MIELE, Principi di dir. amm., 224; LEVI, Teoria 
generale del diritto, Milano, 1950, 55. 



-109 


vit�, imparzialit� e, se fatti certi e gravi possono 
turbarla, il componente si deve astenere. Esiste, 
infatti, un principio ancora pi� generale, di logica 
e di giustizia, che � applicabile in qualsiasi collegio 
rhe svolga attivit� pubblica, in base al qual� non 
pu� concorrere a deliberare chi, per un determinato 
affare, abbia un proprio interesse, morale e materiale. 
Tale principio che, come si � d( tto, si desume 
dalle norme di procedura penale e civile che regolano 
l'astensione (e la ricusazione che ad essa si 
accompagna), non pu� non trovare cittadinanza 
anche nel campo del diritto amministrativo sia nei 
collegi che manifestano una volont�, sia nei collegi 
che esprimono un giudizio.� Senonch� vi sono 
alcune leggi amministrative che nel disciplinare la 
composizione dei collegi prevedono i casi di astensione: 
per esempio l'art. 290 del testo unico del 
1915 che riguarda l'astensione dei componenti della 

G.P..A. (10). Vi sono poi altre leggi, che, pur regolando 
la composizione dei collegi, nulla prevedono 
circa l'astensione: per esempio le norme sulle Commissioni 
di concorsi, sulle commissioni di disciplina, 
sulle commissioni di promozioni. Di massima, secondo 
l'orientamento giurisprudenziale ora prevalente; 
nella seconda ipotesi � stata ritenuta applicabile 
la stessa disciplina prevista nella prima ipotesi, 
nel senso che l'astensione � in ogni caso obbligatoria 
e la partecipazione del componente inhabilis 
produce in ogni caso la illegittimit� della delibera. 

4. A nostro avviso, invece, l� disamina dei casi 
di astensione previsti dal diritto positivo va tenuta 
distinta da quella relativa ai casi di astensione non 
espressamente previsti. 
Nei primi casi la fattispecie � prevista dalla 
norma e, di conseguenza, tutti i suoi elementi costitutivi 
devono concorrere, altrimenti l'astensione 
non ha luogo. Non � perci� consentito all'interprete 
limitare la fattispecie legale nel suo nucleo costitutivo 
ovvero estenderla a casi diversi (per esempio 
l'art. 290 testo unico c.e.p. 1915). La previsione 
legislativa della fattispecie configura una ipotesi 
di conflitto, il quale si presume esistente iuris et 
de iure, anche se in concreto la situazione di contrasto 
non esiste; in altri termini, per l'astensione, 

(10) Non sono casi di astensione, bens� di incompatibilit� 
quelli nei quali viene escluso in base a speciali prin� 
cipi che taluni funzionari facciano parte del collegio: 
per esempio il procedimento disciplinare � regolato dal 
principio che la funzione inquirente e la funzione giudicante 
debbono essere separate ed esercitate da persone 
diverse e, di conseguenza, � sufficiente la partecipazione 
di un solo funzionario inquirente nella Commissione di 
disciplina perch� la delibera sia invalida (Cons. Stato . 
30 novembre 1935, n. 649, �Foro amm. n 1954, I, 3, 122); 
il procedimento disciplinare militare � disciplinato dal 
principio che tra componente e inquisito non deve sussistere 
un vincolo di dipendenza d'ufficio e di conseguenza 
il consiglio di disciplina composto in violazione di tale 
principio � irregolare e la deliberazione adottata invalida 
� sufficiente che la fattispecie si verifichi, ma non 
� necessario che il contrasto di interessi operi e si accerti; 
� un conflitto astratto che per legge esiste;non 
� un conflitto concreto che in fatto va constatato. 

Nei casi nei quali la legge nulla dispone circa 
l'astensione, si applica il principio generale, gi� 
richiamato, secondo il quale il componente che per 
un determinato affare abbia un interesse, morale 

o materiale, non pu� concorrere a deliberare; � 
per� necessario che si verifichi una situazione tale 
da turbare la sua volont�., il suo giudizio, e in presenza 
della quale egli � legittimato ad astenersi. 
Ma occorre individuare la situazione di conflitto, 
descriverla, circoscriverla, delimitarla, perch� non 
tutte le situazioni danno luogo ad un conflitto giuridicamente 
rilevante. 
Vi sono infatti delle situazioni, nelle quali il componente. 
solo per motivi di personale correttezza 
pu� astenersi. � allora evidente che il conflitto 
resta limitato all'ambito della sua coscienza e non 
ha rilevanza giuridica; e l'astensione costituisce 
una facolt�, non un obbligo. Vi sono altre situazioni, 
le quali consistono in fatti certi, gravi, inequivocabili 
(per esempio rapporto oggettivi o soggettivi 
tra il componente e il destinatario della delibera: 
parentela, affinit�, relazioni di credito o di 
debito, grave inimicizia), al cui concorso pu� con 

. certezza ritenersi che il componente non � in grado 
di provvedere, in ordine a un determinato affare, 
con serenit�, obbiettivit�, imparzialit�. In tali casi 
il conflitto non esiste ope iuris, ma si presume esistente 
iuris tantum, e perci�, per dar luogo alla 
astensione, deve di fatto esistere. La fattispecie 
concreta deve accertarsi; � necessario che un contrasto 
di interessi sussista; il conflitto non � astratto, 
non esistendo ex lege; � un conflitto concreto, che 
in fatto va constatato (11). Ma il conflitto non deve 
essere necessariamente attuale, nel senso che deve 
essersi gi� estrins~cato nella deliberazione emanata 
in conformit� al particolare interesse del componente, 
in contrasto con l'interesse pubblico perseguito 
dal collegio; il conflitto deve, invece, essere 
virtuale, nel senso che � rilevante anche se 
non ancora si � estrinsecato nella deliberazione 
collegiale. � necessario il conflitto, di per se 
stesso, e cio� la interferenza potenziale tra 1'.interesse 
del componente e l'interesse pubblico (e 
ci� � rilevante .ai fini della individuazione del vizio, 
come vedremo), E gli 'interessi in collisione non devono 
essere generici, come per esempio l'interesse 
che consiste nel vincolo gerarchico (il componente 
e il destinatario della delibera possono appartenere 
alla stessa aniministrazione e in posizione 
gerarchica l'uno rispetto all'altro); devono essere 
$,pecifici, qualificati da fatti gravi, certi, inequivo 
cabili (per esempio grave inimicizia, lite pendente). 

Come rilevasi, nei collegi titolari di competenze, 
esistono fattispecie legali che descrivono gli elementi 
al cui concorso si verifica il conflitto, ma 
esiste anche il principio generale secondo il. quale 

(Cons. Stato 23 giugno 1936, n. �344, "Riv. dir. pubbl. n � (Il) In tal senso, Cons. Stato~15 maggio: 1946, n. 150, 
1936, II, 562; 6 ottobre 1936, n. 451, � Riv. dir. pubbl. n �Foro amm. n 1946, I, 1, 154; contra: Cons. Stato 11 ago~. 
1936, II, 712). f


sto 1950, n. 380, "Foro amm. n 1951, I, 1, 19. 

' -----~J 
! 


-110 


il componente che per un determinato affare abbia 
un interesse, morale o materiale, non pu� partecipare 
�i lavori collegiali; e tale principio si applica 
laddove norme espresse sulla astensione non 
esistono. 

5. Si tratta ora di precisare la qualificazione del 
vizio dell'atto, emanato dal collegio al quale abbia 
partecipato il componente in conflitto di interessi. 
Ma anche su tale punto non regnano idee chiare 
e pacifiche. Chi ha ammesso la astensione solo nei 
casi espressamente previsti dalla legge, � venuto 
cosi a limitare l'annullabilit� ed ha ritenuto l'atto 
inficiato da violazione di legge (11-bis). Chi, invece, 
l'ha estesa anche oltre i casi espressamente previsti, 
ammettendo l'esistenza del principio generale, 
non ha potuto non attenuare le ipotesi di annullabilit�, 
ritenendo inficiato l'atto da eccesso di potere, 
che sussisterebbe solo quando la partecipazione 
del componente abbia concretamente influito 
sulla deliberazione in modo da farla risultare conforme 
al suo assunto (12). La prima teoria � senza 
dubbio pi� coerente; la seconda ammette una soluzione 
in contrai;ito con le sue premesse (a parte il 
rilievo che, come vedremo, non sempre � possibile 
accertare se l'atto conforme all'assunto del componente 
interessato violi l'interesse pubblico). 
Idee chiare non si rinvengono neppure nella giurisprudenza 
del Consiglio di Stato, il quale talvolta 
ha ritenuto che il vizio si verifica se sussiste la situazione 
potenziale di incompatibilit�; talvolta, che 
il vizio ha luogo solo se la situazione abbia influenzato 
l'atto in modo da farlo divergere dal fine di 
interesse pubblico (12-bis). 

A nostro avviso, la partecipazione del componente 
non legittimato determina in ogni caso un 
vizio che inerisce alla composizione del collegio, e 
comporta la violazione delle leggi (comprendenti 
oltre le norme espresse, anche la enunciazione di 

(11-bis) Cfr. GUIOOIARDI, Esercizio di pubbliche funzioni, 
cit., 159. 

(12) VITTA, Gli atti collegiali, 166 (con applicazione 
specifica ai collegi titolari di munera, che qui non interessano). 
(12-bis) La giurisprudenza del Consiglio di Stato � 
incerta nel defi.nire il vizio in esame, che ha inquadrato 
talvolta nella incompetenza, talvolta nell'eccesso di potere. 
Da un lato infatti ha ritenuto che tutti i vizi concernenti 
ia scelta delle persone fisiche che sono organi 
della p. a. (esempio: nullit� di nomina o di elezione), e 
quindi tutti i vizi per la formazione e la costituzione 
degli organi collegiali, investono la competenza, determinando 
la incapacit� soggettiva del collegio (Cons. 
Stato, 15 maggio 1946, n. 150, "Foro amm." 1946, I, 
1, 154); dall'altro lato ha affermato che se la ricusazione 
non viene fatta valere prima che l'organo adotti il provvedimento, 
ma a provvedimento gi� adottato, si pu� 
configurare un vizio di legittimit�; occorre per� dimostrare 
in concreto che la situazione di incompatibilit� 
dell'organo con il soggetto destinatario del provvedimento 
abbia influenzato il contenuto di questo, facendolo 
dive1gere dal fine d'interesse pubblico (Cons. Stato 
9 giugno 1951, n, 527 cc Foro amm. " 1951, I, 2, 256). 

un principio generale) che regolano appunto la formazione 
del collegio. Non si tratta n� del vizio di 
incompetenza, perch� la illegittima composizione 
� cosa diversa da tale vizio, che ricorre laddove il 
collegio ha esorbitato dai limiti della propria competenza, 
invadendo la sfera di attribuzione�di una 
altra autorit� amministrativa; n� si tratta del vizio 
di eccesso di potere perch� la illegittima composizione 
� cosa anche diversa da tale vizio, che ricorre 
laddove il collegio compie una deviazione del suo 
processo psichico dal corretto procedimento logico, 
proprio della deliberazione. Non si pu� tuttavia 
escludere che la partecipazione del componente in 
conflitto di interessi, o attraverso la discussione o 
attraverso la decisivit� del voto, incide sulla deliberazione 
che viene ad essere deviata dal suo corretto 
procedimento logico. Ma, sia che tale ipotesi 
ricorra, sia che non ricorra, il vizio esiste sempre e 
va qualificato come violazione di legge, in quanto 
viene violato il principio generale che abbiamo 
enucleato dal sistema delle norme processuali sull'astensione. 
Cosi qualificato, il vizio � coerente con 
la nozione di conflitto che � stato sopra ritenuto 
rilevante per generare la situazione di incompatibilit�: 
se, come si � detto, il conflitto � virtuale, 
il vizio esiste a. prescindere dal contenuto dell'atto 
in rapporto alla sua eventuale deviazione dal fine, 
perch� esso inerisce alla composizione del collegio, 

e non all'atto in se stesso. 

Ma, cosi configurato, il vizio meglio risponde 
alle esigenze di imparzialit� e di giustizia che ispirano 
l'esercizio dell'attivit� amministrativa, perch� 
esso evita che tali esigenze siano comunque compromesse, 
impedendo al componente non legittimato 
di partecipare alle adunanze collegiali e supera 
anche la ricerca, non sempre possibile, sulla 
concreta deviazione dell'atto dal suo fine di interesse 
pubblico. In.fatti -ove si configurasse il vizio 
come eccesso di potere -occorrerebbe accertare 
ancora se l'atto emanato in conformit� all'assunto 
del componente non legittimato sia o non sia conforme 
al fine pubblico che esso deve perseguire; il 
che riuscirebbe logicamente diffi�ile, a parte il pericolo 
di invadere il c. d. merito amministrativoche 
� lasciato al libero apprezzamento dell'amministrazione. 


In definitiva, l'astensione presuppone una situazione 
contingente e subiettiva di incompatibilit�, 
che determina un vizio di legittimazione, in presenza 
del quale il componente interessato deve, su 
sua iniziativa, adempiere l'obbligo di non partecipare 
al procedimento collegiale. 

La ricusazione, invece, � l'istituto rivolto a im


pedire, su istanza dei destinatari dell'atto colle


giale, la partecipazione del componente interessato. ! 

� stato per� ritenuto che essa non sia applicabile 

ai collegi amministrativi: la ricusazione pu� tro


vare giustificazione nel processo civile, perch�, con


cretandosi i motivi di nullit� in motivi di impu


gnazione, la pronuncia dovuta daL.iudex inhabilis, 

I 

� pur sempre valida ed efficace, salva impugnazione; 
ma non pu� trovare giustificazione nei collegi 
amministrativi perch� l'atto amministrativo, 

. ! I 

essendo in ogni caso invalido, viene radicalmente 

eliminato dal giudizio di annullamento e di conse-t


i 


-111 


guenza la ricusazione non esplica nessuna funzione. 
Codesta obiezi6ne, anche se utile per individuare 
la diversa fisionomia dell'istituto nei collegi giurisdizionali 
e nei collegi amministrativi, non � deci~ 
siva. Infatti, anche per questi ultimi si pu� configurare 
un rimedio rivolto preventivamente ad evitare 
il compiersi di un atto viziato, contro il quale 
se � ammissibile la impugnazione, non pu� escludersi, 
in vece di questa, la ricusazione. D'altra parte 
se la sentenza emessa dal iudex inhabilis � pur 
sempre valida, mentre non lo � l'atto amministrativo, 
ci� deriva dalla diversa natura della legge che 
vien!'.l violata: nell'un caso la legge � predisposta 
nell'interesse privato, nell'altro � di natura pubblica 
(il che, come vedremo, influisce sulla diversa 
fisionomia dell'istituto). 

6. Dalle premesse considerazioni rilevasi che la 
astensione nei collegi titolari di competenze � essenzialmente 
diversa da quella prevista dalle norme di 
procedura penale e civile per i collegi giurisdizionali, 
e gli aspetti differenziali vanno ricercati sia 
nell'istituto stesso, sia nei principi propri del diritto 
amministrativo. 
�D.zitutto l'astensione nei collegi titolari di competenze 
� sempre obbligatoria, mentre nei collegi 
giurisdizionali � facoltativa (come la ricusazione 
che opera su iniziativa degli interessati). � obbligatoria 
sia quando � prevista, sia quando non � 
prevista espressamente, appunto perch� la parteqipazione 
del componente inabile comporta una 
violazione di legge, la quale va in ogni caso preventivamente 
evitata. Di ci� si ha conferma ove 
si rifletta che la deliberazione, affetta da violazione 
di legge, deve in ogni caso annullarsi. Essa viola 
infatti un interesse pubblico, il quale va sempre 
protetto, e non un interesse privato (come nella 
astensione processuale civile) che pu� essere tutelato 
o meno a volont� del titolare. 

Inoltre l'astensione, applicata al campo del diritto 
amministrativo,non pu� non risentire dei principi 
propri di tale campo, coi quali deve amalgamarsi. 
Se infatti si richiama il principio della revocabilit� 
degli atti amministrativi, non pu� escludersi che 
un ufficio collegiale, con identica composizione, pu� 
pronunciarsi due volte su un medesimo affare (per 
esempio i componenti di una co:mmJ.ssione di disci


plina possono pronunciarsi una seconda volta sulla 
punizione�, nel caso di rinnovazione del procedimento 
disciplinare a seguito dell'annullamento dello 
stesso per vizi di procedura). Se poi si hanno presenti 
le norme organizzatorie . che prev~dono la 
competenza dei vari uffici, non pu� escludersi che 
identici funzionari possono partecipare a diversi 
collegi e pronunciarsi due volte su un medesimo 
affare (i consiglieri di Stato possono pronunciarsi 
sia come componenti di una sezione consultiva, 
sia come componenti dell'Adunanza Generale, su 
una stessa questione) (13) ovvero che. funzionari 
tra di loro collegati da vincolo gerarchico partecipano 
taluni come componenti del collegio, altri 
come destinatari della delibera. Di conseguenza, 
l'astensione non ha luogo nei casi accennati, nei 
quali viene esclusa daJ principio della revocabilit� 
degli atti amministrativi ovvero dalle norme orga' 
nizzatorie, ma ha luogo solo se si verifica il conflitto 
di interessi che � previsto in casi indicati tassativamente 
ovvero se si verificano fatti certi e 
gravi che del pari possono determinare un conflitto 

di interessi (i quali non sono generici, bens� specifici 
e qualificati). 

Infine, se il componente non si astiene, l'istanza 
di ricusazione talvolta va presentata, come nei collegi 
giurisdizionali, al collegio stesso; talvolta, invece, 
va presentata all'amministrazione che ha proceduto 
alla nomina dei componenti (14) e che deve� 
adottare i provvedimenti del caso. 

Prof. UGO GARGIULO 
AVVOCATO DELLO STATO 

(13) Un altro esempio, esaminato dalla giurisprudenza, 
si aveva nel caso che il prefetto venisse considerato come 
presidente sia della Commissione provinciale per il confino 
(quando era in vigore), sia della G.P.A. in s. g.: 
egli, in tale ipotesi, poteva pronunciarsi due volte su 
una punizione da infliggere a un dipenqente comunal!'J, 
cio� quando applicava la punizione e quando giudicava 
il ricorso proposto dall'impiegato alla G.P.A. (Cons. 
Stato 31 ottobre 1950, n. 536, �Foro amm. � 1951, I, 
l, 121). 
(14) Cons. Stato .25 febbraio 1952, n. 65 cc Foro amm. � 
1952, I, 3, 305. 
: 

~~~:rn7..==='..J.E>";mm::~;,m>-p��,.-�,.-,.-/~~/.'Wffi".o/&.c&;=',m===~-/fl>'..,,,,,,.,,,,,...,,,_,.,.,,_mm.mmmnm= ., 


NOTE DI DOTTRINA 


-------------------------------------------------------~ 

P. C.ARUGNo: L'espropriazione per pubblica utilit�. per il tempo decorso fra la determinazione della 
. (Giuffr�, Milall;o, IV ed. 1958). indennit� preventiva e la emanazione del decreto 
di esproprio, la indennit�, stabilita pi� non corri-
Si susseg�ono, chiaro indice di una diffusione sponda al valore venale del bene -(Cons. Stato, 
ampiamente meritata� fra gli studiosi, le edizioni IV Sez., 3 maggio 1957 n. 479, in � Riv. amm. i> 
di questa monografia, fondamentale in materia, 1957, 711): qualunque sia la ragione per la quale 
che sempre pi� va completandosi ed accrescen-la indennit� non corrisponda al valore venale 
dosi, pur rimanendo aderente allo schema che ci dell'immobile, il decreto di esproprio non pu� 
presenta l'istituto della espropriazione per pubblica per ci� essere dichiarato illegittimo; mentre quella 
utilit� nella sua unit� concettuale e giuridica. non corrispondenza apre l'adito soltanto ad altra, 
In occasione della terza edizione si diede ampio e diversa, azione giudiziaria: la opposizione davanti 
conto dell'opera (in questa � Rassegna �, 1950, al giudice ordinarfo, a sensi dell'art. 51 (pag. 270, 
212); epper� ci si limiter� a far rilevare come la nota 14). 
odierna edizione non soltanto tiene il debito L'altro punto riguarda la adesione (pag. 353-360) 
conto � della ulteriore elaborazione scientifica e alla pi� recente giurisprudenza della Corte di Cassagiurisprudenziale 
che � intervenuta nel pi� recente zione in ordine alla applicabilit� del termine 
periodo, frutto di continuo � aggiornamento al biennale, di cui all'art. 73, anche alle occupazioni 
quale non � certo estranea la stessa attivit� pro-di urgenza disposte per opere dichiarate urgenti 
fessionale dell'autore; m.a si presenta pi� ricca ed indifferibili (cosi dette occupazioni anticipate, 
di spunti interessanti e di nuove meditazioni perch� destinate a diventar definitive: sul quale 
offerte agli studiosi della materia, ed a quanti punto, peraltro, non si possono non richiamare 
-. magistrati, amininistrat9ri, avvocati -di le riserve gi� formulate in altra sede (Il Cont. 
questo particolare istituto si occupano. Stato 1951-1955, II, 504). Cosi come non si saprebbe 

� stato, cosi, riesaminato il problema della condividere l'opinione manifestata a pagg. 390-392, 
discriminazione delle giurisdizioni fra il giudice secondo cui -nel caso che durante l'occupazione 
ordinario e quello amministrativo; � stata ana-preordinata all'esproprio sul bene occupato sia 
lizzata a fondo la questione delle dichiarazioni stata eseguita l'opera pubblica, e il procedimento 
implicite di pubblica utilit�, alla luce della pi� di espropriazione non sia stato portato a com.pirecente 
giurisprudenza. del Consiglio di Stato; mento nel biennio -non si pu� pi� attribuire 
� stato rimeditato il tema, particolarmente sentito una indennit�, nella misura e secondo le forme 
e scottante, della retrocessione; � stato ancora previste dalla legge applicabile per quella partiuna 
volta rigorosamente affermato, con dovizia colare espropriazione, ma sar� sempre dovuto 
di argomentazioni ~ con impeccabile conseguen-un risarcimento integrale del danno, e cio� il 
zialit�, il principio della non incidenza della valore pieno del bene, ancorch� la procedura 
svalutazione monetaria sulla determinazione della espropriativa sia poi portata a com.pimento. E 
indennit�. la ragione del dissenso (sul qual punto pu� vedersi 

Nella nuova edizione si � fatto, inoltre, un il gi� citato Cont. Stato 1951-55, II, n. 513) sta 
pi� ampio posto alla materia dei piani regolatori, precisamente in ci�: che, decorso il biennio, non 
secondo la legge urbanistica; per quanto questo per questo viene meno il diritto a proseguir la 
settore, come pure quello dei piani di ricostruzione, espropriazione, con la conseguenza che la indennit�, 
meriti di certo, per la sua importanza, una tratta-quale corrispettivo del trapasso di propriet�, sar� 
zione pi� approfondita, �he � augurabile possa dovuta nei modi e nella misura all'uopo prevista 
seguire entro breve termine. dalla legge, generale o speciale; mentre per il 

Due punti, infine, meritano di esser segnalati periodo intermedio sar� dovuto u:r!-.risarcimento 
in modo particolare. dei danni, in relazione alla occupazione .che.. s.! 
. Anzitutto la sobria, ma non per questo meno � ~rotratta senza titolo. � 

decisa, reazione contro una tendenza del Consi-:El peraltro evidente che le riserve che doverosaglio 
di Stato ad affermare la propria giurisdizione, mente si fanno su qualche particolare soluzione 
e la illegittimit� del decreto di espropri~, quando, adottata dall'autore su singole questioni nulla 


-113 


tolgono alla adesione gi� �fatta alla monografia 

�nel suo complesso; mentre non si possono non condividere 
taluni rilievi sulla opportunit� di apportare 
qualche ritocco alla legge fondamentale,soprattutto 
per cercare di unificare le procedure 
espropriative e, pi� ancora, i criteri di determinazione 
della indennit�. 

N..G. 

J. 
OHEVALLIER: La slgnature d�calqu�e du double 
d'un acte sous seing priv� par utilisation d'un 
papier carbone. (In cc Recueil Dalloz. � 1958, 631). 
In questa interessante nota alla sentenza del 
Tribunale di Rennes del 22 novembre 1957 la quale 
aveva affermato la piena validit�, come scrittura 
privata originale di un esemplare riprodotto con 
carta carbone simultaneamente con il primo esem-� 
plare direttamente redatto, l'.A. contesta l'esattezza 
del principio sopra esposto, rilevando che nell'esemplare 
riprodotto per decalco mancano tutti gli elementi 
richiesti dal Codice per la validit� della 
scrittura privata. 

Infatti, secondo l'.A., pur essendo certo che le 
.lettere tracciate sull'esemplare riprodotto con carta 
carbone provengano dalla mano di colui contro il 
quale l'esemplare stesso � prodotto, non si riscontra, 
perch� se ne possa affermare il carattere di 

scrittura privata, quell'elemento necessario di collegamento 
tra scrittura ed autore di essa che � costituito 
dalla necessit� che le lettere formate dallo 
scrittore siano state scritte immediatamente sul 
documento (o altra materia) ehe viene oontro di 
lui prodotto. 

Inoltre, quando si tratta di far valere contro una 
persona la sua firma apposta sotto un documento 
col sistema del r,icalco su carta carbone, mancherebbe 
anche, ai fini della sua validit� come scrittura 
privata, l'altro elemento che consiste nella 
certezza che colui che ha firmato conosca ed abbia 
approvato il contenuto del documento ch� firma. 
Infatti, mentre questo elemento ricorre nei casi in 
cui la firma sia stata apposta direttamente sotto il 
documento, esso pu� dirsi che manchi quando la 
firma risulta apposta con il ricalco. 

Il Tribunale aveva affermato la validit� della 
firma apposta al ricalco sostenendo che sia sufficiente 
per tale validit� che la firma sia prodotta 
dal �movimento della mano di colui che la redige �, 
non essendovi alcuna disposizione di legge �. che limiti 
i procedimenti di scrittura capaci di costituire 
una firma, cos� come non esistono limiti alla materia 
che si impiega per firmare (inchiostro, matita, 
altri liquidi coloranti, ecc.) . 

Non ci constano precedenti giurisprudenziali nel 
nostro diritto, pur potendo, evidentemente, la questione 
presentarsi anche secondo le norme degli 
artt. 2702 e segg. del codice civile. 

I 

I 
Ii 


-�"---



MASSIMARIO DI GIURISPRUDENZA 
DELLA CORTE COSTITUZIONALE 


(ORDINATO SEOONDO GLI ARTIOOLI DELLA OOSTITUZIONE) 

.Art. 39 

1) LAVORO -CONTRATTI COLLETTIVI DI DIRITTO 
PRIVATO -APPRENDISTATO (art. ll, 
lett. e) legge 19 gennaio 1955, n. 25). (Sentenza n. 10 
del 18 gennaio 1957. Pres. De Nicola; Rel. Battaglini), 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale fra l'art. 11, lett. e e 23, lett. b) della 
legge 19 gennaio 1955, n. 25 sull'apprendistato e 
l'art. 39 della Costituzione. 

2) LAVORO -INOSSERVANZA DEI CONTRATTI 
COLLETTIVI (art. 509 C. P.). (Sentenza n. 55 del 10 
aprile 1957. Pres. Azzariti; Rel. Battaglini). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 509, 10 comma, C. P. che stabilisce 
pene per la inosservanza dolosa dei contratti 
collettivi di lavoro e l'art. 39 della Costituzione. 

.Art. 40 

1) LAVORO -INOSSERVANZA DEI CONTRATTI 
COLLETTIVI (art. 509 C. P.). (Sentenza n. 55 del 10 
aprile 1957. Pres. Azzariti; Rel. Battaglini). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 509, 10 comma, C. P. che stabilisce 
pene per la inosservanza dolosa dei contratti 
collettivi di lavoro e l'art. 40 della Costituzione. 

2) SCIOPERO -DANNEGGIAMENTO DA PARTE DI 
LAVORATORI IN OCCASIONE DI SCIOPERO (art. 
635, 20 comma del C. P.). (Sentenza n. 110 del 27 

giugno 1957. Pres. Azzariti; Rel. Cosatti). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale trlt l'art. 635, 20 comma, O. P. che 
punisce il danneggiamento commesso da lavoratori 
in occasione di sciopero o da datori di lavoro 
in occasione di serrata e l'art. 40 della Costituzione. 

.Art. 41 

t) LEGGl SANITARIE-VENDITA DI SPECIALITA 
MEDICINALI (art. 125, 60 e 8� comma T. U. leggi 
sanitarie). (Sentenza n. 29 del 22 gennaio 1957. Pres. 
De Nicola; Rel. Gabrieli). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 125, 60 e so comma del T. U. 

delle leggi sanitarie, approvato con R. D. 27 luglio 
1934, n. 1265 e modificato con la legge 7 novembre 
1942, n.-1528 e l'art. 41 della Costituzione. 


2) LEGGE DI P. S. -VENDITA AMBULANTE DI 
SCRITTI O DISEGNI (art. 121 delle leggi di P. S.). 
(Sentenza n. 33 del 23 gennaio 1957, Pres. De Nicola; 
Rel. Azzariti). 

Non sussiste contrasto determinate illegittimit� 
costituzionale fra l'art. 121 del Testo unico delle 
leggi di P. S., regolante l'esercizio dei mestieri 
ambulanti e l'art. 41 della Costituzione. 

3) DIVIETI DI IMPORTAZIONE E DI ESPORTA� 
ZIONE -INIZIATIVA ECONOMICA PRIVATA LIMITI 
(artt. ll e 13 R. D. L. 14 novembre 1926, 

n. 1923). (Sentenza n. 50 del 5 aprile 1957. Pres. Azzariti; 
Rel. Petrocelli) . 
Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra gli artt. 11 e 13 del R. D. L. 
14 novembre 1926, n. 1923, che stabiliscono pene 
per garantire l'osservanza dei divieti di importazione 
e di esportazione, e l'art. 41 della Costituzione. 


4) LAVORO -INOSSERVANZA DEI CONTRATTI 
COLLETTIVI (art. 509 �C. P.). (Sentenza n. 55 del 10 
aprile 1957. Pres. Azzariti; Rel. Battaglini). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 509, 1� comma, C. P. che 
stabilisce pene per la inosservanza dolosa dei contratti 
collettivi di lavoro, e l'art. 41 della Costituzio 
ne. 

5) PREZZI-DISCIPLINA -COMITATO INTERMINISTERIALE 
E COMITATI PROVINCIALI DEI 
PREZZl (DD. LL. 19 ottobre 1944, n. 347 e 15 settembre 
1947, n. 896). (Sentenza n. 103 del 25 giugno 1957. 
Pres. Azzariti; Rel. Gabrieli). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra i decreti legislativi 19 -6ttobre 
1944, n. 347 e 15 settembre 1947, n. 896, 
riguardanti la disciplina dei prezzi, e l'art. 41, 
2� comma, della Costituzione. 



115 


6) CONTRATTI AGRARI-CONTRATTI DI MEZZA� 
DRIA (Legge salari 29 maggio 1956, n. 500). (Sentenza 
n. 118 del 2 luglio 1957. Pres. Azzariti; Rel. 
Sandulli). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra le norme della legge Salari 
29 maggio 1956, n. 500, che disciplina con effetto 
retroattivo rapporti derivanti dallo scioglimento 
del contratto di mezzadria e l'art. 41 della Costituzione. 


7) TITOLI DI CREDITO -NOMINATIVITA OBBLIGATORIA 
DEI TITOLI AZIONARI (R. D. L. 25 ottobre 
1941, n. 1148). (Sentenza n. 129 del 12 dicembre 
1957. Pres. Azzariti; Rel. Cassandro). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra il R.D.L. 25ottobre1941, n. 1148 
sulla nominativit� obbligatoria dei titoli azionari, 
e l'art. 41 della Costituzione. 

8) LIBERT� DI COMMERCIO-TUTELA DELLE DENOMINAZIONI 
TIPICHE (art. 3 legge 10 aprile 1954, 

n. 125). (Sentenza n. 4 del 17 gennaio 1958. Pres. 
Azzariti; Rel. Ambrosini). 
Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 3 della legge 10 aprile 1954, 

n. 125, sulla tutela delle denominazioni di origine 
e tipiche dei formaggi e l'art. 41 della Costituzione. 
Art. 42 

1)ENTE NAZIONALE IDROCARBURI-CORRISPET� 
TIVO PER L'USO DI BOMBOLE PER METANO 

(art. IO e 12 legge 8 luglio 1950, n. 640). (Sentenza n. 30 
del 23 gennaio 1957. Pres. De Nicola; Rel. Manca). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra gli artt. 10 e 12 della legge 8 luglio 
1950, n. 640, concernente la disciplina dell'uso 
delle bombole di gas metano, e l'art. 42 della Costituzione. 


2) ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� INDENNIZZO-
CONCETTO (art. 42, Legge 27 dicembre 
1950; n. I04). (Sentenza n. 61 del 13 maggio 1957. 
Pres. Azzariti; Rel. Petrocelli}. 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 42 della legge regionale 
siciliana di riforma fondiaria del 27 dicembre 1950 
1'.L. 104 e l'art. 42 della Costituzione. 

3) CONTRATTI AGRARI-CONTRATTI DI MEZZA� 
DRIA (Legge salari 29 maggio 1956, n. 500). (Sentenza 
n. 118 del 2 luglio 1957. Pres. Azzariti; Rel. 

Sandulli). ' 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra le norme della legge Salari 29 
maggio 1956, n. 500, che disciplina i rapporti derivanti 
dallo scioglimento del contratto di mezzadria 
e l'art. 42 della Costituzione. 

4) TITOLI DI CREDITO -NOMINATIV)T� OBBLl� 
GATORIA DEI TITOLI AZIONARI (R. D. L. 25 ottobre 
1941, n. 1148). (Sentenza n. 129 del 12 dicembre 
1957. Pres. Azzariti; Rel. Cassandro). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra il R.D.L. 25 ottobre 1941, n. 1148 
sulla nominativit� obbligatoria dei titoli azionari e 
l'art. 42 della Costituzione. 

5) LIBERT� DI COMMERCIO -TUTELA DELLE 
DENOMINAZIONI TIPICHE (art. 3 legge IO aprile 
1954, n. 125). (Sentenza n. 4 del 17 gennaio 1958. 
Pres. Azzariti; Rel. Ambrosini). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 3 della legge 10 aprile 1954, 

n. 125, sulla � tutel� delle denominazioni di origine 
e tipiche dei formaggi� e l'art. 42 della Costituzione. 
Art. 44 

1) RIFORMA FONDIARIA -PERCENTUALE DI 
SCORPORO (Legge 16 agosto 1952, n. 1206). (Sentenza 
n. 62 del 13 maggio 1957. Pres. Azzariti; Rel. 
Jaeger). 

Non sussiste contrasto determinante illegitW 
mit� costituzionale tra le norme della legge 16 agosto 
1952, n. 1206 e l'art. 44 della Costituzione. 

Art. 45 

1) LEGGE DI P.S. -PUBBLICA RACCOLTA DIFONDI 
COLLETTE E QUESTUE (art. 156 T. U. legge di 

P. S.). (Sentenza n. 2 del 16 gennaio 1957. Pres. 
De Nicola; Rel. Petrocelli). 
Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 156 del Testo unico delle 
leggi di P. S., regolante la pubblica raccolta di 
fondi, collette e questue e l'art. 45 della Costituzione. 


Art. 47 

1) TITOLI DI CREDITO-NOMINATIVIT� OBBLI� 
GATORIA DEI TITOLI AZIONARI (R. D. L. 25 ottobre 
1941, n. 1148). (Sentenza n. 129 del 12 dicembre 
1957. Pres. Azzariti; Rei. Cassandro). 

Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra il R. D. L. 25 ottobre 1941, 

n. 1148 sulla nominativit� obbligatoria dei titoli 
azionari e l'art. 4 7 della Costituzione. 
Art. 49 

1) LEGGE DIP.S.-PUBBLICA RACCOLTA DI FONDI 
COLLETTE E QUESTUE (art. 159 T. U. legge di 

P. S.). (Sentenza n. 2 del 16 gennaio 195'?~ )?res. 
De Nicola; Rel. Petrocelli). 
Non sussiste contrasto determinante illegittimit� 
costituzionale tra l'art. 156 delle leggi di P. S., 
regolante la pubblica raccolta di fondi, collette e 
questue e l'art. 49 della Costituzione. 



RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


COSTITUZIONE -Corte Costituzionale -Leggi anteriori 
all'entrata in vigore della Costituzione -Compatibilit� 
con le norme costituzionali -Competenza 
esclusiva della Corte costituzionale. 

CONTROVERSIE IN MATERIA DOGANALE -Decisioni 
del Ministro -Atti amministrativi -Impugnazione. 
(Corte Costit. -Sent. n. 40 del 1958; Pres. 
Perassi; Rel. Sandulli -Soc. Squinzano -Ministero 
Finanze. 

Le questioni relative alla compatibilit�. di una 
disposizione legislativa con la norma regolamentare 
sono questioni di legittimit�. costituzionale, di . 
esclusiva competenza della Corte Costituzionale, 
anche se riguardano disposizioni. anteriori all'entrata 
in vigore della norma costituzionale con cui 
siano incompatibili. 

L'art. 26 comma 2, T. U. 22giugno1924, n. 1054, 
esentando da ogni sindacato che non sia per �incompetenza 
od eccesso di potere � le determinazioni 
ministeriali in materia doganale, � costituzionalmente 
illegittimo limitatamente alla controversie 
doganali, contrasiiando con il precetto del 
comma 2 dell'art. 113 della Costituzione. 

Il testo della sentenza � pubblicato in Foro it., 
1958, I, 1054, e in Giurisprudenza Costituzionale, 
1958, 525. 

In quest'ultima Rivista essa � annotata dal Mortati 
e dall'Esposito (pag. 829). 

Dal punto di vista costituzionale la sentenza � soprattutto 
importante per quanto attiene alla delimitazione 
dei poteri della Oorte in relazione al sindacato 
sulle leggi anteriori alla Oostituzione. 

Oi sembra che la presente sentenza costituisca il 
logico sviluppo dei principi affermati nella sentenza n. 
1del1956 (in questa Rassegna11956, pag. 126 e segg.) 

Oon le parole del Mortati pu� oramai affermarsi� 
che � la sola soluzione soddisfacente � quella secondo 
cui nessuna disapplicazione di atti con forza di legge 
(siano anteriori siano posteriori alla Oost#uzione 


n. d. r.) si rende possibile senza la previa pronunzia 
della Oorte Oostituzionale �. 
Per quanto riguarda la questione specifica decisa 
dalla Oorte Oostituzionale, dopo l'intervenuta dichiarazione 
di illegittimit� costituzionale del 2� comma 
dell'art. 26 del T. U. 22 giugno 1924, n. 1054, la 
questione � tornata all'esame dell'Adunanza Plenaria 
del Oonsiglio di Stato, avanti la quale l'Avvocatura 
ha sollevato l'eccezione di difetto di giurisdizione, 
deducendo che la controversia attiene a diritti soggettivi 
e rientra quindi nella competenza dell'Autorit� 
giudiziaria ordinaria. 

OPERE PUBBLICHE-Capitolato generale di appalto 
per le~opere del Ministero dei LL. PP. -Natura giuridica. 
(C. Cass., Sez. I, Sent. del 2 aprile 1958 -Pres. 
Zappia; Est. Stella Richter; P. �M. Macarrone (conf.) 
-Quadrato c. Amm.ne Prov.le di Bari). 

Il Capitolato Generale di .Appalto per le Opere 
dipendente dal Ministero dei Lavori Pubblici, applicabile 
anche alle opere eseguite dalla Cassa del 
Mezzogiorno direttamente o per concessione, non 
ha carattere n� contrattuale n� legislativo ma carattere 
regolamentare. 

Riportiamo la parte fondamentale della motivazione 
di questa sentenza che riconferma,. ancora una 
volta, la giurisprudenza costante della Oorte Suprema 
sulla natura non contrattuale del Oapitolato Generale 
di Appalto. Si veda sull'argomento quanto abbi�mo 
ripetutamente scritto in questa Rassegna, da 
ultimo 1957, pag. 46. 

� Oom'� noto, la giurisprudenza di questo Supremo 
Oollegio ha abbandonato la tesi secondo la quale le 
disposizioni del detto capitolato avrebbero natura legislativa, 
in quanto ha escluso l'esistenza di una delegazione 
legislativa nella legge del 1895 sui lavori pubblici, 
ma ha attrib�ito alle medesime disposizioni 
carattere regolamentare, e pii� precisamente il regolamento 
di organizzazione, sempre .che si tratti di contratti 
interessanti lo Stato, mentre per i contratti posti 
in essere da privati o da enti pubblici diversi dallo 
Stato, ha riconosciuto che quelle disposizioni hanno� 
invece valore contrattuale, in quanto solo di fronte 
allo Stato il contraente � in un rapporto di subordinazione, 
che giustifica la sua sottoposizione a norme 
regolamentari obbligatorie. 

� In conseguenza nei contratti con lo Stato le norme 
del capitolato generale sono senz'altro vincolanti, mentre 
nei contratti con altri possono esserlo solo se sono 
richiamate nel contratto, e, qualora si tratti delle 
clausole previste dall'art. 1342 capv. O. O. in quanto 
queste siano specificamente approvate per iscritto, ai 
sensi del medesimo articolo (sentenze 20 marzo 1958, 

n. 923; 4 febbraio 1957, n. 413; 24 marzo 1955, 
n. 870; 2 marzo 1955, n. 715; 30 settembre 1954, 
n. 3174). 
�Ric�nosciuto nei limiti anzidetti, il carattere regolamentare 
delle norme in oggetto, si giustifica la deroga 
alla competenza del giudice ordinario, ancorch� 
non sia attuata in virt� di legge o di atto avente forza 
di legge. � 

�Poich� lo Stato non pu� concludere contratti se 
non osservando certe determinate norme, e, d'altro 
canto, i privati che entrino in rapporti con lo Stato 
son<> soggetti alle norme regolamentari da questo ema




-117 


nate, essi devono sottopostare alla deroga della competenza 
stabilita con le norme medesime, a prescindere 
da un'apposita manifestazione di volont� contrattuale 
�. 
' La Corte Suprema, come si vede, nel riaffermare 
la natura di norme obiettive delle disposizioni del 
Capitolato Generale di Appalto, adotta la tesi del 
carattere regolamentare di esse e precisamente qualifica 
il Capitolato Generale come un regolamento di 


organizzazione. 

� Questa tesi, esposta per primo dal Presidente Eula, 
(in Foro amm., 1944-45, II, 77) � stata ripresa da 
noi in questa Rassegna 1955, 178. 

Essa � criticata dal Capaccioli in una nota alla 
presente sentenza (in Foro it., 1958, I,� 1442), nella 
quale riprende gli argomenti gi� esposti nel suo pregevole 
ed accurato volume su �L'arbitrato nel diritto 
amministrativo� (140 e segg.). Nel libro, a differenza 
che nella nota, il� Capaccioli si occupa a lungo delle 
tesi da noi sostenute per combatterle, ma finisce per 
dover riconoscere che, pur attribuendosi al Capitolato 
Generale il carattere di norme contrattuali, vi 
sono certamente in esso alcune norme che hanno carattere 
regolamentare (pag. 147 in nota) ma ritiene 
che il valore cogente di tali norme risieda in una specie 
di autonomia che spetterebbe non alla sola Pubblica 
Amministrazione ma a tutti i soggetti di diritto. 

Comunque il Capaccioli, nella nota sopra citdta, 
ritiene di scorgere nella sentenza in rassegna una 
tendenza della Corte Suprema verso l'affermazione 
del .carattere contrattuale del Capitolato Generale di 
Appalto, a noi, invece, sembra che la Corte, affinando 
gli strumenti di indagine giuridica, abbia oramai 
fornito alla tesi della natura normativa del Capitoun 
sostegno incrollabile. 

RESPONSABILITA CIVILE -Diritto al risarcimento 
di danno dipendente da reato -Sentenza penale modif�catrice 
del titolo del reato -Applicazione amnistia 
-Prescrizione civile -Decorrenza. Cass. Civile -III 
Sez. Sent. n. del 1958 -Presidente Duni Red. Prestamburgo, 
P. M. Gentile (conf.) -Amministrazione 

F. S. -Passoni. 
cc Quando l'estinzione del reato per amnistia non 
derivi immediatamente e direttamente dall'atto 
del Capo dello Stato, ma trovi la sua ragione di 
essere e la sua base nella sentenza del giudice, che, 
nel suo sovrano apprezzamento di merito, immutand<;
i e degradando il titolo di un reato inizialmente 
non amnistiabile, lo riporta nell'orbita del 
beneficio di clemenza, non dalla data di elargizione 
di questo, ma da quello della sentenza irrevocabile 
decorre il termine prescrizionale dell'azione civile�. 

* * * 

Pur col dovuto ossequio, ma con altrettanta fermezza, 
ci corre l'obbligo di porre in rilievo che la 
Corte Suprema nella sentenza, che si annota, sembra 
sfo incorsa in errori ed inesattezze. 

Torna opportuno, al fine di rendere pi� chiare le 
nostre osservazioni, trascrivere integralmente la parte 
motiva della sentenza sul punto in questione. 

<<Con il primo mezzo l'Amministrazione ricorrente, 

denunciando la violazione e falsa applicazione del


l'art. 2947, ripropone la questione del dies a quo 

del.termine di prescrizione dell'azione risarcitoria nel


l'ipotesi di fatto illecito considerato dalla legge come 

reato che sia rimasto estinto per amnistia. 

� 
principio ribadito, adottato da questa corte rego


latrice, anche nel caso di amnistia sottoposta a con


dizione o rinunciabile dall'imputato, che il termine 

prescrizionale decorre dalla data di entrata in. vigore 

dell'atto di clemenza (sent. n. 2608 e 3318 del 1953, 

n. 
145 e 530 del 1955, n. 731 del 1956): 
Il principio trova la sua radice nell'art. 183 del 
c. p., il quale dispone che le cause di .estinzione del 
reato retroagiscono al momento in cui intervengono: 
cc � il decreto d'indulgenza che cancella il reato, non 
la pronuncia giudiziale, di carattere dichiarativo e 
di mero accertamento, n� vale ad intaccare la struttura 
e le basi giuridiche dell'istituto il fatto che il 
beneficio sia sottoposto a condizione o sia consentita 
la facolt� di rinunciarvi, circostanze accidentali che 
si comportano come presupposti negativi per l'applicazione 
della causa di estinzione �. 
Consta che codesto indirizzo giurisprudenziale ha 

formato oggetto di dissenso in dottrina. 

� stato obiettato che esso non interpreta esatta


mente la lettera dell'art. 2947 c. c. e non tiene conto 

che l'effetto immediato delle cause estintive del reato 

opera soltanto in confronto dell'imputato, non anche 

nei rifiessi dei terzi e riguardo all'esercizio delle azioni 

civili che derivano loro dal fatto delittuoso; che, inoltre, 
il criterio di decorrenza del termine di prescri. 
zione dell'azione civile dalla. data del decreto di amnistia 
non appar�e consono alla modificazione apportata 
�dall'art. 376 c. p. p. dalla legge 18 giugno 1955, 

n. 517, la quale statuisce non potersi, a pena di nullit�, 
dichiarare non doversi procedere per amnistia 
se l'imputato non sia stato interrogato sul fatto costituente 
l'obietto dell'imputazione, ovvero se il fatto 
non sia stato enunciato in un mandato rimasto senza 
effetto: esigenze, queste, che ammettono la possibilit� 
del proseguimento del processo penale malgrado l'intervenuto 
atto di clemenza, e, quindi, rico noscono la tan.
gibile incidenza del provvedimento del giudice. 

Precipuamente � stato osservato che non si pu� 

spingere il criterio accolto a conseguenze estreme; 

ignorando la realt� che determinate situazioni con


crete presentano. 

Questo collegio, pur intendendo tener fermo, in 

linea di massima, il principio segnato dalle sentenze 

su richiamate, ritiene che esso non debba essere rece


pito in senso rigido e assoluto, ma sia indispensabile 

precisarlo e introdurvi dei limiti che lo rendano ade


rente alle peculiarit� dei diversi casi pratici, onde 

evitare che un'applicazione indiscriminata vulneri 

canoni fondamentali del diritto positivo. 

�, anzitutto, nozione di ragion comune che l'istituto 
della prescrizione ha il suo presupposto.,. nella 
in,erzia della parte. E inerzia non si pu� ad essa 
addebitare se � posta dalla legge nella impossibilit� 
giuridica di agire a tutela del suo diritto. Donde il �noto 
aforisma cc contra non valentem agere non currit 
praescriptio �, trasfuso nell'art. 2935 c. c., il quale 
statuisce che la prescrizione comincia a decorrere dal 
giorno in cui il diritto pu� essere fatto valere. 



-118 


Accanto a tali norme son da menzionare il divieto 
di proporre o proseguire l'azione civile nascente da 
reato, finch� sia in corso giudizio penale e, quali corollari, 
la concessione di un. pi� lungo termine di 
prescrizione e la fissazione di una diversa decorrenza 
di esso. 

Ora, tenuti presenti cotesti caposaldi, non � possibile 
disconoscere che non possono assoggettarsi ad 
unica disciplina il caso di un reato che per il suo 
titolo o per la pena edittale per esso comminata sia 
senz'altro compreso nel novero di quelli che un determinato 
atto di clemenza contempla quali suscettibili 
del beneficio, e il caso, invece, di un reato che nella 
ipotizzazione. fissata nel capo d'imputazione, resti 
fuori dall'amnistia e vi rientri solo pi� tardi perch� 
il giudice, a seguito di una completa valutazione degli 
elementi soggettivi ed oggettivi del fatto-reato ne modifica 
il titolo o lo degrada ad una figura giuridica 
minore. 

A nessuno sfugge che in siffatta seconda ipotesi 
non si pu� far carico al danneggiato di avere ignorato 
.il provvedimento di clemenza e di essere stato 
negligente nella salvaguardia del suo diritto. 

Il danneggiato da un fatto illecito costituente reato 
sa che la prescrizione della sua azione riparatoria � 
rapportata al pi� lungo termine stabilito per la prescrizione 
del reato. Ove intervenga un'amnistia che, 
comprendendo il reato per il quale si procede, fa rivivere 
la pi� breve prescrizione propria all'azione civile, 
imputet sibi l'interessato se lascia decorrere inutilmente 
il nuovo termine. Ma se dell'amnistia ha plausibile 
motivo di non preoccuparsi perch� essa non riguarda 
e non tocca il reato al quale la sua pretesa privata 
� indissolubilmente legata, sembr� eccessivo e certamente 
non aderente ad esigenze di giustizia sostanziale 
pretendere che debba prevedere l'ulteriore situazione 
che potr� per avventura determinarsi per effetto 
della decisione che sar� per emettere il giudice penale. 

Pu� ben dirsi che qui la causa estintiva del reato 

operi non gi� ipso jure, in attuazione, a cos� dire, 

automatica della largizione del Oapo dello Stato, si 

bene perch� ve la riconduce dentro la pronuncia del 

giudice, come una illazione logica e giuridica del la


voro di indagine e di accertamento�( degli elementi costi


tutivi del reato, delle condizioni di punibilit� di esso, 

ecc.) che egli ha compiuto per stabilire se e quale pre


cetto penalmente sanzionato l'imputato abbia violato. 

Cotesta concezione, che, ben s'intende, lascia integro 

a favore dell'imputato il precetto della operativit� ex 

tunc della causa di estinzione, non pu�, invece, non 

spiegare i suoi effetti nei riguardi dellar situazione 
.del leso. 

Nella fattispecie in esame i coniugi Passoni ave


vano tempestivamente proposto la loro azione risarci


toria, e il G. I. aveva sospeso il giudizio sino all'esito 

del procedimento. penale in corso. 

Se il Passoni, sopraggiunta l'amnistia, avessero 

divisato di cautelarsi da ogni possibile evenienza, 

avrebbero potuto chiedere al giudice istruttore che, 

dichiarato cessato il motivo della sospensione dispo


nesse la prosecuzione del processo, oppure indursi 

ad iniziare ex novo l'azione. Nel primo caso avreb


bero visto rigettare la loro istanza, in quanto, essendo 

il procedimento penale ancora in vita (e non gi� per 

un tardo esercizio dell'attivit� del giudice competente 

ad applicare l'amnistia, ma perch� questa non riguardava 
il reato ascritto all'imputato), continuava a sussistere 
la causa della sospensione; nell'altro caso si 
sarebbero esposti ad una eccezione di litispendenza, 

o avrebbero provocato nna nuov.a o,rdinanza di sospensione. 
Tutto ci� convince che non si possaprescindere dalla 
efjettiva realt� della situazione e devesi affermare il 
principio che quando l'estinzione del reato per amnisti 
a non derivi immediatamente e dirett�mente dall'atto 
del Oapo dello Stato ma trovi la sua ragion d'essere 
e la sua base nella sentenza del giudice, che, nel suo 
sovrano apprezzamento di merito, immutando o degradando 
il titolo di un reato inizialmente non amnistiabile, 
lo riporta nell'orbita del beneficio di clemenza, 
non dalla data della elargizione di questo, ma da 
quella della sentenza irrevocabile decorre il termine 
prescrizionale dell'azione civile. 

A cotesto criterio � informata la decisione della 
corte di Venezia, la quale resiste, quindi, alla censura 
dell'Amministrazione delle ferrovie. 

Oade acconcio far menzione che questa O. S. con 
sentenza n. 1527 del 1955 (mutando l'indirizzo seguito 
nella precedente sentenza n. 3979 del 1954) ha 
statuito che quando vi sia stata costituzione di parte 
civile nel procedimento penale, il termine di prescrizione 
del diritto di risarcimento ricomincia a decorrere 
dalla data della sentenza irrevocabile del giudice 
che dichiara estinto il resto per intervenuta amnistia. 

La decisione conforta l'adozione del medesimo principio 
nella fattispecie oggi esaminata, che presenta 
certamente, sotto vari aspetti, una situazione sostanzialmente 
analoga all'altra� 

* * * 

La Oorte Suprema, come si rileva dal testo della 

sentenza, dichiara di voler tenere fermo, in via di 

massima, il principio, ormai consolidato, che la pre


scrizione del diritto al risarcimento del danno decorre, 

in ipotesi di estinzione del reato per amnistia, dal 

giorno dell'entrata in vigore del provvedimento di cle


menza e non gi� da quello della sentenza dichiarativa 

del beneficio (1). Dopo aver premesso, per�, talune 

osservazioni, attribuite ad una non nominata dottrina 

dissenziente (2) soggiunge, poi, che il principio non 

deve essere inteso in senso rigido ed assoluto, ma deve 

essere temperato in modo da evitare che un'applica


zione indiscriminata possa determinare una lesione 

di cc canorii fondamentali del diritto positivo �. 

Ed in relazione a tale affermazione la Oorte afferma 

che non possa farsi decorrere la prescrizione dalla 

data di entrata in vigore del provvedimento di cle


menza nel caso che il reato rubricato non sia contem


(1) Oltre le sentenze citate nel testo vanno ricordate 
la sentenza n. 2267 del 1954, che dichiara valido il principio
�anche nella ipotesi di amnistia rinunciabile, nonch� 
la sentenza 1527 del 1955 che, nel casQ. di costituzione 
di parte civile, fa decorrere il termine di prescrizione...dal 
giorno del passaggio in giudicato della sentenza che definisce 
il procedimento penale. 
(2) In verit� dobbiamo confessare che precedenti dottrina,
ri contrari ci sono sfuggiti. Ed infatti, tranne che 

-119


plato dal provvedimento stesso, ma vi sia ricondotto 
dal provvedimento del giudice, che ne modifichi il 
titolo o lo degradi a figura giuridica minore. 

Ma le argomentazioni, addotte al riguardo, sono 
agevolmente confutabili, in quanto si adagiano su 
inesatta applicazione di norme e principii giuridici 

Benvero il richiamo al noto brocardo � contra non 
valentem agere non curit praescriptio ii, recepito dall'art. 
2935 c. c., � del tutto fuor di luogo, dal momento 
che la pendenza del giudizio penale. non impedisce al 
danneggiato l'esercizio del proprio diritto. 

Egli, infatti, pu� mediante la costituzione di parte 
civile inserirsi nel processo penale proprio allo scopo 
di conseguire il risarcimento del danno e ci� pu� fare 
anche quando abbia gi� proposto azione civile innan<:i 
al giudice civile (art. 24 c. p. p.), laddove non pu� 
dubitarsi che la sospensione del processo civile, a 

taluni dissensi in merito alla decorrenza del termine di 
prescrizione nel caso di amnistia rinunciabile (v. BoNASI� 
BENUCCI, in �~iv. Circolaz. � 1954, pagg. 607 e segg. e 
pagg. 936 e segg.; ma favorevole: CARNELUTTI, �Riv~ Proc. 
Civ. >>, 1954, II, 275), ci risulta che la dottrina si � dichiarata 
concorde col principio recepito dalla Suprema Corte 
RESTAINO, � Giur. Cass. Civ.>>, 1954, IV, 170; ROGNONI, 
<< Riv. Dir. Comm. >>, 1951, III, 185; TARIN, �Foro Padano>>, 
1950, I, 959; BELMONTE, cc Giur. Cass. Civ., 1954, 
I, 56; DEIANA, cc Riv. Div. Comm. �, 1955, II, 145, etc.). 
Per altro le osservazioni contenute nella sentenza che 
si annota sembrano agevolmente confutabili. Ed infatti 
proprio la lettera dell'art. 2947 c. c. fa chiaro che il termine 
di decorrenza della prescrizione coincide con la 
data di estinzione del reato e cio� con la data di entrata 

in vigore del provvedimento di clemenza (arg. ex art. 
183 c. p.), onde non ha senso affermare che �l'effetto 
immediato delle cause estintive del reato opera soltanto 
nei confronti dell'imputato, non anche nei riflessi 
dei terzi e riguardo all'esercizio delle azioni civili che 
derivano loro dal fatto delittuoso>>. N� siamo stati in 
grado di comprendere quale argomento possa trarsi dalle 
modifiche apportate all'art. 376 c. p. p. della legge 18 giugno 
1955, n. 517. Per vero la statuizione che, a pena di 
nullit�, non possa dichiararsi non luogo a procedere per 
amnistia, se l'imputato non sia stato interrogato sul fatto 
costituente l'obbietto.,dell'imputazione, ovvero se il fatto 
non sia stato enunciato in un mandato rimasto senza 
effetto, � diretta ad accrescere le garanzie di difesa dell'imputato 
(allo scopo, per esempio, di approfondire le 
indagini in relazione alla sussistenza delle condizioni per 
applicare il disposto del 20 comma dell'art. 152 c. p. p.), 
ma non spiega alcuna incidenza sulla natura dichiarativa 
della sentenza di applicazione dell'amnistia (sentenza 
di mero accertamento: LEONE, �Lineamenti di 
dir. proc. pen �, 1954, pag. 156; SANTORO, �Manuale di 
dir. proc. pen. �, 1954, pag. 366; SABATINI, �Istituz. di 
dir. proc. pen. >>, 1946, III, pagg. 55 e segg.) e conseguentemente 
sulla interpretazione, data all'art. 183 c. p. 
dalla pi� autorevole dottrina penalistica, che la estinzi.
one del reato coincide col momento in cui entra in 
vigore il provvedimento di clemenza: MANZINI, cc Dir. 
pen. ital. �, 1942, III, pag. 388 e segg.; SALTELLI ROMA� 
NO cc Commento del nuovo codice pen. �, 1940, II, n. 529; 
VANNINI, cc Manuale di dir. pen. >>,parte generale, 1948, 
pag. 234 e 289, etc.). 

I 
I 


norma degli artt. 3 c. p. p. e 295 c. p. c., non pu� 
raffigurarsi come un impedimento all'esercizio del 
diritto, avendo finalit� ed efficacia meramente processuali. 


N� sembra che possa reggers�i l'argomento principale 
su cui la Corte Suprema fonda la propria statuizione. 


E per V6ro il fatto che il reato nella sua originaria 
contestazione non sia compreso nel provvedimento di 
clemenza, ma in questo rientri per effetto di pronuncia 
del magistrato, non spiega infiuenza sulla natura 
dichiarativa di tale pronuncia. . 

Non pu�, infatti, dubitarsi che nell'un caso come 
nell'altro il giudice accerta l'esistenza dei presupposti 
per l'applicazione dell'amnistia, n� la complessit� 
delle indagini, che in relazione alle prove acquisite 
compie al fine di pervenire all'esatta definizione giuridica 
del fatto che costituisce il reato, importa una 
modificazione della natura della sentenza di proscioglimento. 
� 

Questa, in ogni caso, si pone come sentenza di 
accertamento con effetto, quindi, meramente dichiarativo. 


E qui cade ac�oncio porre in rilievo che proprio su. 
questo punto la sentenza in esame palesa la pi� grave 
lacuna, dal momento che trascura di dimostrare, �ome 
era necessario, che nella soggetta ipotesi il provvedimento 
del magistrato non potesse configurarsi come 
provvedimento di accertamento. 

Dobbiamo, per�, ritenere che la omissione non sia 

casuale, sibbene sia dovuta alla impossibilit� logica 

e giuridica di dare siffatta dimostrazione e ci� � pro


vato dal fatto che la Corte, avvertendo l'esigenza di 

dare contenuto giuridico alle proprie affermazioni, 

si abbandona a considerazioni, le quali, purtroppo, 

si manifestano in parte incongruenti ed in parte 

errate. 

Ed infatti non � agevole comprendere come sia giu


ridicamente possibile conservare solo � a favore del


l'imputato� la operativit� ex tunc d�lla causa di 

estinzione �, e stabilire un diverso criterio � nei ri


guardi della situazione del leso n. 

Benvero se il provvedimento del magistrato ha fun


zione di accertamento con effetti dichiarativi non si 

vede come possa, per un verso, spiegare efficacia ex 

tunc e, per altro verso, spiegare efficacia ex nunc. 

Ma vi � di pi�, perocch�, allorquando la Corte, 

come argomento di rincalzo, prospetta, in aderenza 
al caso concreto, gli inconvenienti di natura proces. 
suale che si sarebb�ro verificati, qualora, gli attori 
�sopraggiunta l'amnistia >i allo scopo <<di cautelarsi 
da �ogni possibile evenienza �, si fossero resi diligenti, 
non si accorge di dire cose non aderenti alla realt�. 
Ed infatti i coniugi Passoni, intervenuta l'amnistia 
non avevano alcuna necessit� di ricorrere a mezzi 
processuali per tutelarsi, dal momento che il giudizio 
civile, da essi tempestivamente iniziato, era stato 
sospeso in attesa della definizione del procedimento 
penale. Da ci� consegue che essi avrebbero dovuto, 
n� pi� e n� meno, che aspettare la conclusione del 
giudizio penale, e poi chiedere, a norma dell'art: 297 

c. p. c., la fissazione della nuova udienza per il proseguimento 
del giudizio civile. 
N� pu� tacersi che neppure � conferente il richiamo 
alla sentenza n. 1527 del 1955, con la quale la Corte 

L----fillill]fillill]ffi]lrafflrumrnmrumw::m:;:mi~~~~>.>.::;w.W..�'"'~ffe~&J:..?)JZt}.~J-Jl'J'JYJYJYJ:FRJ'l'#J'J'~H.ff.F//ilY/m_i')<'Yl')<__'��X�.�>JW?�n~H;,o".�FH 

, 


-120 


Regolatrice ebbe a statuire che, quando vi sia costituzione 
di parte .civile nel procedimento penale, il termine 
di prescrizione ricomincia a decorrere dal momento 
in cui passa in giudicato la sentenza che definisce 
il procedimento penale. 

Prescindendo, in vero, da ogni questione in merito 
all'esattezza dell'affermato principio, sta di fatto che 
non esiste l'analogia, conclamata dalla Oorte, fra le 
due specie. 

�Nell'un caso, infatti, si discute dell'efficacia itenrruttiva 
della domanda contenuta nella costituzione di 
parte civile e si dichiara applicabile anche in questa 
ipotesi il disposto dell'art. 2945, 20 comma, c. c., seeondo 
cui �se l'interruzione � avvenuta mediante uno 
degli atti indicati dai primi due commi dell'art. 2963, 
la prescrizion� non corre fino al momento in cui passa 
in giudicato la sentenza che definisce il giudizio �, 
nell'altro caso tornano in discussione soltanto natura 
ed effetti della sentenza di applicazione dell'amnistia. 

Siamo, dunque, su piani diversi e nessun argomento, 
pertanto, pu� trarsi, in relazione alla questione 
in esame, dalla citata sentenza n. 1527 del 1955. 

Dalle cose innanzi rilevate � agevole pervenire alla 
conclusione. 

La sentenza annotata, evidentemente ispirata da 
motivi pietistici, nulla ha detto di nuovo, che possa 
infirmare il principio ormai consolidato in materia 
di decorrenza del termine di prescrizione dell'azione 
civile nel caso di reato, dichiarato, poi estinto per amnistia; 
ma sta, anzi, a dimostrare che, allorquando 
si abbandona la strada maestra del ragionamento, si 
rischia di fare aff ermazfoni, purtroppo, sbagliate._ 

G. GENTILE 
RESPONSABILIT� CIVILE -Responsabilit� della 

P. A. -Attivit� di polizia -Atti illegittimi di polizia Autorizzazione 
di polizia illegittima -Obbligo del 
risarcimenti:> dei danni. (C. Cass., Sez. Un., Sent.n. 
1608/58 -Pres. Eula; Est. Gentile; P. M. Pafundi 
(conf.); Amm.ne dell'Interno c. Milillo). 
L'art. 7 del T. U. delle leggi di P. S. approvato 
con R. D. 18 giugno 1931, n. 773, esclude la responsabilit� 
della P. A. per i pregiudizi economici arrecati 
ai privati dai provvedimenti legittimi di polizia, 
ma non esclude la responsabilit� della P. A. 
per gli atti illegittimi di poliz~a, i quali, qualora 
diano luogo ad una lesione dei diritti soggettivi dei 
privati, concretano veri e propri fatti illegittimi, 
che a norma dell'art. 2043 c. c., obbligano al risarcimento 
dei danni. 

Il rilascio illegittimo di un'autorizzazione di polizia 
non d� luogo alla lesione di un diritto soggettivo 
dei terzi, essendo l'interesse di questi solo occasionalmente 
protetto dalle norme che prescrivono 
le condizioni per il rilascio. 

Pertanto, � improponibile contro la P. A., la 
quale abbia illegittimamente rilasciato un'autorizzazione 
di polizia, la domanda di risarcimento dei 
danni derivati ai terzi dall'attivit� autorizzata. 

(Nella specie, trattasi della licenza per l'accensione 
di fuochi artificiali in luogo abitato, previi:ita 
dall'art. 57 del T. U. delle leggi di P. S.). 

Oi sembra di poter affermare che il testo della massima 
relativo all'interpretazione dell'art. 7 del T. U. 
della .legge di P. S. sia andato oltre il pensiero della 
Oorte quale � espresso nella sentenza. Infatti la O orte 
distingue tra attivit� legittima che .non darebbe luogo 
a risarcimento di danno e attivit� illecita di polizia 
che a tale risarcimento obbligherebbe. 

Ora, non sembra che il concetto di illecito coincida 
con il concetto di illegittimo; per essere illecita una 
attivit� della P. A. deve essere illegittima ma non 
soltanto illegittima. Essa invece deve essere anche imputabile 
ad organi della P. A. a titolo di colpa e 
consistere sostanzialmente in atti materiali che incidano 
nella sfera dei diritti soggettivi del cittadino. 

Oos� un� atto amministrativo emanato in materia 
di P. S. e che sia illegittimo non d� titolo a risarcimento 
di danni se non sia estrinsecato in fatti materiali 
che abbiano leso la sfera patrimoniale del cittadino. 


Su questi concetti vedi lo scritto del Bavarese, in 
questa Rassegna, 1953, pag. 173 e segg. 
Per quanto riguarda la II massima, �di ovvia esattezza,
� si veda in �Foro it. �, 1937, I, 1409. 

* * * 

Riportiamo qui di seguito integralmente la sentenza 
della Oorte Suprema. 

� L'art. 7 del vigente T. U. delle leggi di P. S., approvato 
col R. D. 18 giugno 1931, n. 773 si limita 
a stabilire riproducendo quasi letteralmente l'art. 6 
del precedente T. U., approvato col R. D. 6 novembre 
1926, n. 1848, che �nessun indennizzo � dovuto 
per i provvedimenti dell'autorit� di P. S. nell'esercizio 
delle facolt� ad essa attribuite dalla legge. 

� Ora, � vero che sino� all'entrata in vigore della .Oostituzione 
della Repubblica una parte della dottrina 
riteneva che la portata della norma suddetta fosse appunto 
quella sostenuta col mezzo di ricorso in esame; 
ma gli argomenti addotti a sostegno di tale tesi 
non resistevano gi� allora ad una critica approfondita. 


�La tesi, infatti, poggiava soprattutto, da un lato, 
su alcune espressioni contenute nella relazione ministeriale 
al T. U. del 1926 e, dall'altro, sulla considerazione 
che l'estrema importanza e delicatezza della 
attivit� svolta dagli organi di polizia .nella difesa, 
preventiva, dell'ordine pubblico giustificasse l'esclusione 
di qualsiasi responsabilit� dello Stato per i 
danni che l'esplicazione, anche illegittima, di tale 
attivit� avesse potuto cagionare ai diritti dei privati. 

� A ben guardare, peraltro, il secondo di codesti argomenti 
si risolveva in una vera petizione di principio. 

Dire, invero, che l'esclusione della responsabilit� 
per gli atti illegittimi di polizia era giustificata dalla 
esigenza di assicurare che gli organi di polizia potes� 
sero svolgere liberamente e senza preoccupazioni di 
sorta la loro attivit� tanto necessaria all'interesse pubblico 
generale, presupponeva in realt� gi� risolto il 
problema che si doveva risolvere. 

� Ohe la responsabilit� della P . .A._pe.r i danni canati 
ai privati dagli atti illegittimi di polizia f-0.ssegio__ 
stata esclusa dalla norma di cui trattasi, ci�, appunto, 
erat demon11trandum, e non lo si dimostrava di certo 
con la semplice identificazione di quella che avrebbe 
potuto essere la giustificazione razionale della norma 


-121 


qualora questa si fosse dovuta interpretare in tal senso, 
tanto pi� che, come sar� chiarito di qui a poco, altra 
e assai pi� valida giustificazione razion-al< milita a 
favore dell'interpretazione contraria. 

�Quanto al primo argomento, questo era di una 
estrema fragilit�, giacch� il passo della relazione ministeriale 
su cui esso poggiava era del seguente tenore: 
�l'art. 6 risolvendo antiche dispute spesso insorgenti, 
ha inteso sancire il principio che -anche all'infuori 
del risarcimento a titolo di colpa -non � dovuto 
alcun indennizzo ai privati per i provvedime;,nti adottati 
dall'autorit� di P. S. nell'esercizio della competenza 
ad essa attribuita dalla legge �. 

e~ Ora, a parte ogni rilievo circa il limitatissimo valore 
interpretativo che in genere pu� essere riconosciuto 
ai lavori preparatori, qualora questi documentino 
una volont� del legislatore diversa da quella che 
risulta dal testo della norma a cui si riferiscono, � 
comunque da osservare che, data la struttura del periodo 
dinanzi trascritto, era pi� agevole interpretare 
l'inciso �anche all'infuori del risarcimento a titolo 
di colpa� piuttosto che nel senso dell'enunciazione di 
un limite all'affermato principio dell'irresponsabilit� 
della P. A. (in favore della quale tesi �militavano non 
solo l'espressione� aU'infuori �ma anche l'espressione 
�risarcimento � nonch� la contrapposizione di quest'ultima 
alla espressione �indennizzo� usata successivamente 
la quale, come sar� infra ribadito, � esclusivamente 
propria dell'istituto della responsabilit� 
per atti legittimi), che nel senso sostenuto dalla ricordata 
dottrina, la quale si limitava a porre l'accento 
sitlla parola �anche n, sostenendo che essa avesse l'effetto 
di annullare il significato contrario dell'espressione 
� all'infuori�. 

�Assunto, quest'ultimo, per lo meno estremamente 
discutibile, stante che la parola � anche � poteva invece 
essere interpretata nel senso di un mero rafformato 
dell'espressione immediatamente successiva � all'infuori 
�, con la conseguenza di convalidare la tesi 
opposta, secondo cui il legislatore aveva inteso soltanto 
escludere la responsabilit� della P. A. per 
gz.i atti legittimi di polizia produttivi di danni ai 
privati. 

� Tale tesi opposta, comunque, pi� che sull'interpretazione 
dei termini, per vero alquanto ambigui, della 
relazione ministeriale, poggia su validissimi argomenti 
testuali e sistematici, e� � perci� la sola che 
possa ritenersi fondata anche alla stregua dell'ordinamento 
esistente prima dell'entrata in vigore della 
Oostituzione Repubblicana. 

cc Gli argomenti testuali sono due, e discendono dalla 
considerazione che l'art. 7 si limita ad escludere� l'indennizzo
� per i provvedimenti adottati dall'autorit� 
di P. S. �nell'esercizio delle facolt� ad essa attribuite 
dalla legge �. 

�La parola << indennizzo � ha invero un significato 
tecnico-giuridico assai preciso, in quanto con essa si 
indica soltanto quella forma di ristoro patrimoniale 
che costituisce il compenso spettante a chi ha subito 
iure una perdita economica; e si distingue nettamente 
dal �risarcimento �, che mira invece ad eliminare le 
conseguenze dannose di un'attivit� illecita. 

� Oi� posto, e poich� -almeno sino a prova contraria 
deve ritenersi che i termini usati dal legislatore 
nella posizione delle norme giuridiche abbiano il signi


i 

I 

: 

ficato tecnico giuridico che � loro proprio -� mestiere 

riconoscere che l'art. 7 si limita ad escludere la responi 

sabilit� della P. A. per i pregiudi.zi economici co


munque arrecati ai privati dai provvedimenti legittim


di polizia; il che del resto trova conferma nel rilievo 

che la stessa norma, parlando di provvedimenti adot


tati dall'autorit� ad essa attribuite dalla legge, dimo


stra chiaramente di voler riferirsi soltanto ai provve


dimenti legittimi. 

cc N� si dica, come fa la ricorrente, che l'esclusione 

legislativa della responsabilit� per gli atti legittimi 

di polizia sarebbe stata inutile, per non essere identi


ficabile nel nostro ordinamento giuridico un princi


pio generale che sancisca, anche fuori dei casi espres


samente stabiliti dalla legge, la responsabilit� della 

P. A. per i pregiudizi cagionati ai privati dai suoi 
atti illegittimi. 
� � noto invero che una forte corrente dottrina ritie


ne, al contrario, che un siffatto principio generale, esi


ste nel nostro ordinamento; e ci� � sufficiente a spiegare 

il proposito del legfalatore di stabilire, allo scopo di 

evitare ogni dubbio al riguardo, che nessun indennizzo 

� dovuto per gli atti legittimi di polizia. 

cc Il testo della norma, quindi, non autorizza aff at


to a ritenere che questa abbia escluso la responsabilit� 
.della P. A. per gli atti illegittimi di polizia, i quali, 

qualora diano luogo ad una lesione dei diritti sog-� 

gettivi assoluti dei privati, concretano veri e propri 

fatti illeciti, che secondo il principio generale enun


ciato dall'art. 2043 codice civile, obbligano al risarci


mento dei danni. . � 

� Ed in maneanza di qualsiasi locuzione del testo 

legislativo che possa indurre a ritenere l'esistenza di 

una volont� del legislatore diretta ad escludere la re


sponsabilit� della P. A. per i fatti illeciti commessi 

nell'esercizio della funzione di polizia, tale responsa


bilit� deve essere senz'altro affermata in virt� appunto 

del predetto principio generale. 

� La deroga a codesto principio, perch� si fosse po


tuta ritenere disposta dal legislatore, avrebbe dovuto 

essere esplicita; ed una deroga del genere, invece, 

come si � visto, non risulta per nulla dal testo del


l'art. 7. 

� Sul piano sistematico va aggiunto che l'esclusione 

della responsabilit� per gli atti illeciti di polizia sa


rebbe stata anche contraria alla concezione stessa dello 

stato di diritto, che sta a fondamento di tutto il diritto 

pubblico moderno, ed in virt� della quale, tra l'altro, 

l'attivit� degli organi amministrativi dello Stato deve 

sempre svolgersi nei limiti posti dalla legge a garanzia 

dei diritti soggettivi dei cittadini. 

cc L'esclusione della responsabilit� dello Stato per 
le lesioni dei diritti soggettivi dei singoli prodotte 

dagli atti illegittimi di polizia, in quanto avrebbe privato 
i cittadini dell'unica adeguata tutela contro gli 
eventuali arbitri delle autorit� di polizia, si sarebbe 
praticamente risolta nell'attribuzione alle dette autorit� 
del potere di agire arbitrariamente in danno dei 
cittadini. 

�Ed � manifesta evidenza che, se l'art. 7�avesse 
avuto anche una siffatta portata, esso sarebbe stato, -nella 
parte in cui avesse negato ai privati il diritto 
al risarcimento dei danni cagionati dai fatti illeciti 
di polizia, viziato da illegittimit� costituzionale repubblicana. 


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122 


� Sotto questo rifiesso, per�, la questione di legittimit� 
costituzionale 'non si pone aflatto, giacch� come 

, si � visto, l'art. 7 va invece interpretato solo nel senso 
-della esclusione della responsabilit� dello Stato per 
gli atti legittimi di polizia. 
<< Si discute peraltro in dottrina se, anche inteso in 
tale limitato senso, l'art. 7 del T. U. delle leggi di 
pubblica sicurezza sia o meno pur sempre in contrasto 
con il predetto art. 113, nonch� con l'art. 42, terzo 
comma, della Costituzione. 
� Ma codesta questione di legittimit� costituzionale 
esula dai confini della presente causa, nella quale 
gli attuali resistenti hanno dedotto, a fondamento 
della domanda da essi proposta contro l'Amministrazione 
ricorrente, soltanto la responsabilit� di questa 
per un fatto illecito e, precisamente per aver rilasciato, 
con loro danno, un'autorizzazione di polizia, fuori 
dei limiti stabiliti dalla legge. 
� Il secondo mezzo del ricorso si articola in due distinte 
censure. 
� Con la prima di esse si deduce che la licenza per 
l'accensione dei fuochi artificiali in luogo abitato � 
rilasciata dall'autorit� di polizia ai sensi dell'art. 57 
del T. U. delle leggi di pubblica sicurezza e dell' articolo 
101 del relativo regolamento (approvato col 

R. D. 6 maggio 1940, n. 635), nell'esercizio di un. 
ampio potere discrezionale, e che tale esercizio non 
pu� essere sindacato dal giudice ordinario. 
� Con la seconda censura si sostiene poi che, comunque, 
il rilascio della licenza � prescritto dalla legge, 
e quindi � disposto nei singoli casi concreti, soltanto 
a tutela di interessi pubblici collettivi, e non pu� mai 
pertanto, anche se illegittimo, risolversi in una lesione 
dei diritti soggettivi dei privati. � 

� La prima censura non potrebbe ritenersi fondata 

� � vero, bens�, che per il rilascio della licenza di 
cui trattasi � riconosciuto all'autorit� di pubblica sicurezza 
un ampio potere discrezionale, al fine di valutare 
la non contrariet� all'interesse pubblico, dell'attivit� 
autorizzata, e, pi� precisamente, la non pericolosit� 
di questa. 

<< Ma tale potere discrezionale, di natura peraltro 
puramente tecnica, non � illimitato, e trova invece 
un ovvio limite, oltre che nelle norme regolamentari 
(tra cui appunto quella dell'art. 101 del regolamento 
di pubblica sicurezza) e nelle eventuali disposizioni 
generali di carattere interno impartite dalla stessa 
amministrazione, anche nel dovere che, come � ormai 
universalmente riconosciuto, grava s&mpre sulla pubblica 
amministrazione, di osservare in tutti i suoi 
atti le regole di comune prudenza e diligenza, onde il 
mancato rispetto di tale limite bene potrebbe essere 
acc'ert.ato dal giudice ordinario, al fine di stabilire 
l'illegittimit� del provvedimento di polizia concretatosi 
nel rilascio della licenza, qualora il detto provvedimento 
potesse considerarsi lesivo del diritto soggettivo 
di un terzo. 

� E nella specie, appunto, la sentenza denunziata 
ebbe a ritenere che il provvedimento col quale il sindaco 
di Giovinazzo, agendo quale organo di polizia, 
aveva autorizzato i pirotecnici Cortese e Spano ad 
accendere fuochi artificiali nelle immediate vicinanze 
di un deposito di legname fosse illegittimo, perch� 
oontrario ai criteri di elementare prudenza che sconsigliano 
nel modo pi� assoluto la accensione di fuochi 

artificiali in prossimit� di un luogo ove � posto un 
deposito di materiali infiammabili, il quale, per trovarsi 
sulla presumibile traiettoria dei fuochi medesimi, 
pu6 facilmente essere da essi raggiunto quando 
sono ancora in fase di combustion-e-, ed essere cos� da 
essi incendiato. 

�Fondata � invece la seconda censura. 

�La licenza per l'accensione di fuochi artificiali in 
luogo abitato, prevista dall'art. 57 del T. U. delle leggi 
di pubblica sicurezza, � una semplice autorizzazione 
di poliziq,, e quindi, come per tutte le autorizzazioni 
amministrative, la sua portata �e soltanto quella di 
rimuovere un limite posto dalla legge all'esercizio di 
un'attivit� privata. 

� A differenza della concessione amministrativa, la 
quale attribuisce al privato un diritto o un potere 
che egli prima non aveva, l'autorizzazione non fa che 
rimuovere un limite al libero esercizio di un diritto 

o di un potere che preesiste nel privat<;> a cui essa � 
rilasciata. 
�Il limite � posto in via generale dalla legge, la quale 
ritiene che l'esercizio incontrollato di quel determinato 
diritto o di quel determinato potere possa riuscire 
pericoloso all'interesse della collettivit�. 

� E l'autorizzazione rimuove tale limite a seguito di 
un accertamento preventivo della non pericolosit� in 
concreto dell'atto che il privato intende compiere. 

� Ricordate codeste nozioni istituzionali, giova in 
particolare ribadire, con riferimento alla questione 
prospettata dalla censura in esdme, che le norme di 
polizia le quali vietano l'esercizio di certe attivit� 
senza il preventivo rilascio di un'autorizzazione amministrativa 
sono poste esclusivamente per la tutela 
dell'interesse pubblico .. dello Stato all'ordinato e pacifieo 
svolgvmento della vita della collettivit�. 

� Le attivit� per eui � prescritta l'autorizzazione po


trebbero peraltro rilevarsi in eonereto anche produt


tive di danno a determinati diritti soggettivi dei terzi. 

� Ma alla tutela dei diritti dei terzi provvedono nel


l'ordinamento vigente ben altre norme, tra cui quella 

fondamentale del neminem laedere, presupposta dal


l'art. 2043 codice civile. 

� L'autorizzazione di polizia ha quindi per suo es


clusivo contenuto la rimozione del limite posto ad una 

data attivit� dei singoli dall'interesse pubblico gene


rale, e non incide per nulla sul limite che la mede


sima attivit� trova nella norma che impone il rispetto 

della sfera giuridica altrui. 

� Tale ultimo limite non resta affatto pregiudicato 

dal rilascio dell'autorizzazione, ed il titolare di questo 

� perci6 pur sempre obbligato a rispettarlo. 

� Ed � appunto per� questa ragione che, come � da 

tutti riconosciuto, l'autorizzazione si intende sempre 

concessa con la clausola della salvezza. dei diritti dei 

terzi. 

� Una puntuale applicazione del prineipio dianzi 
enunciato � del resto contenuta, proprio oon riferimento 
alle autorizzazioni di polizia, nell'art. 11 del 
regolamento di pubblica sicurezza approvato col R. D. 
6 maggio 1940, n. 635, in cui � esplicitamente stabilito 
che le autorizzazioni di polizia sono .conces.Be 
esclusivamente ai fimi di polizia e non possono essere 
invocate per escludere o diminuire la responsabilit� 
civile o penale in cui i concessionari possano essere 
incorsi nell'esereizio eoncreto dalla loro attivit�. 


-123 


� Non pu6 bens� disconoscersi che i terzi i quali potrebbero 
essere lesi dall'esercizio dell'attivit� autorizzata 
hanno un interesse di fatto a che l'autorizzazione 
non sia illegittimamente concessa. 

� Ma, poich� le norme che prescrivono le condizioni 
per il rilascio delle autorizzazioni di polizia tutelano 
direttdmente soltanto l'interesse pubblico generale, 
deve ritenersi che il cennato interesse dei terzi sia da 
esse solo occasionalmente protetto, e privo, quindi dei 
requisiti propri del diritto soggettivo. 

� Onde il rilascio illegittimo di una autorizzazione di 
polizia non pu� mai dar luogo alla lesione di un diritto 
soggettivo dei terzi; e conseguentemente la responsabilit� 
della P. A. per i danni che i terzi abbiano 
subito per effetto dell'esercizio di una attivit� illegittimamente 
autorizzata deve essere senz'altro 
esclusa. 

� Del resto, l'esclusione della responsabilit� della 

P. A. in tale ipotesi, discende anche dal rilievo che 
l'attivit� compiuta dal privato in conformit� all'autorizzazione 
ottenuta � riferibile solamente a lui e 
non pure alla P. A. che ha rilasciato l'autorizzazione. 
� Infatti l'autorizzazione rimuove soltanto il limite 
posto dall'interesse pubblico generale all'esercizio di 
una data attivit�; e, dopo averla ottenuta, il privato 

� del tutto libero di compiere o non compiere l'attivit� 
stessa. 

� Se decide di compiere, egli � per� obbligato, nello 
svolgimento di essa, al rispetto del l�mite costituito 
dall'esistenza dei diritti dei terzii limite della osservazione 
del quale l'autorizzazione, come si � visto, 
non ha per nulla dispensato. 

�E pertanto, se egli, nello svolgimento dell'attivit� 
autorizzata, lede alcuno di codesti diritti1 la lesione 
� conseguenza esclusiva del suo operato, del quale 
l'A. P. autorizzante non pu� mai essere ritenuta 
responsabile, neppure sotto il profilo del 'concorso di 
cause. 

Unica causa della lesione dei diritti dei terzi � 
sempre, nell'ipotesi esaminata, il fatto della persona 
autorizzata. 

�L'autorizzazione, anche se illegittimamente concessa, 
appunto p�rch� non ha in alcun modo inciso 
sulla tutela diretta di quei diritti stabiliti dall'ordinamento 
giuridico, non potrebbe mai considerarsi causa 
concorrente della loro lesione. 

cc Per le esposte ra.gioni deve concludersi che � sempre 
improponibile contro la P. A., la quale abbia illegittimamente 
rilasciato un'autorizzazione di polizia, 
la domanda di risarcimento dei danni prodotti ai 
terzi dall'attivit� autorizzata. 


ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


GIUDIZIO CIVILE E PENALE -Archiviazione procedimento 
penale -Irrilevanza agli effetti del giudizio 
di responsabilit� civile. Corte d'Appello de L'Aquila, 
13 marzo 1958, Pres. Foulques; Est. Severino; Ministero 
dell'Interno c. Battista e Aloisantonio. 

Il provvedimento di non doversi promuovere 
l'azione penale ai sensi dell'art. 74 c. p. p., essendosi 
ritenuta una certa condotta non colposa, non � preclusivo 
dell'esercizio dell'azione civile riparatoria 
ed il Giudice civile pu� ritenere colposo il comportamento 
gi� non ritenuto tale dal Giudice penale 
che ha emesso il provvedimento di archiviazione. 

* * * 

La sentenza ha cosi motivato: 

�L'Amministrazione appellante sostiene, come ebbe 
a fare in prime cure, che a seguito dell'archiviazione 
del procedimento penale per omicidio colposo instaurato 
contro il Carabiniere responsabile, l'azione civile 
non potrebbe mai concludersi con una sentenza di 
condanna senza che previamente venisse accertata, 
una responsabilit� penale. 

Di conseguenza il Giudice civile dovrebbe sospendere 
ogni pronunzia sull'azione di danno ed investire 
nuovamente quello penale. Non pare, pero, alla Corte 
che una tale teoria abbia f andamento, sia che venga 
essa guardata con riferimento alle norme che stabilisc~
no la pregiudizialit� (art. 3 c. p. p.), sia con riferimento 
a quelle che determinano la precl'l!sione della 
azione civile (art. 25 c. p. p.), e l'autorit� del giudicato 
penale nel giudizio di danno (art. 27 c. p. p.). 

Condizione essenziale perch� il giudizio civile debba 
sospendersi fino alla pronunzia di sentenza penale 
irrevocabile �, infatti, che l'azione penale abbia avuto 
eftettivo inizio e cio� che essa sia stata concretamente 
promossa dall'organo del Pitbblico Ministero. 

Tale condizione difetta nel caso in esame poich� 
col decreto di archiviazione si nego precisamente la 
promovibUit� dell'azione penale. Tanto meno ricorrono 
preelusioni forma li o vincoli logici per il Giudice 
civile dato che essi� postulano sempre l'esistenza 
di un giudicato penale che, nel caso, non si � mai 
formato. 

N� � possibile all'interprete, in applicazione del 
principio di unit� della giurisdizione, creare altri 
casi di preclusione all'infuori di quelli tassativamente 
previsti dalla legge.... � 

I) Il caso deciso nella sentenza della Corte di Appello 
de L'Aquila, della quale si annota il punto che 

'


investe il problema relativo ai rapporti tra il pro'VVtdimento 
di archiviazione adottato dal Giudice. penale 
e l'esercizio dell'azione civile riparatoria, puo rappresentarsi 
sinteticamente come segue (1). Tizio, di 
et� inferiore ai 18 anni, viene fermato dall'Arma dei 
Carabinieri quale sospetto autore di vari furti di notevole 
entit� consumati in un piccolo paese. Il fermo, 
su autorizzazione del Pretore competente, si protrae 
alcuni giorni: nel corso del quinto giorno il fermato, 
mentre risponde in sede di interrogatorio ad un ufficiale 
dei Carabinieri che si era sostituito al Comandante 
la Stazione nel tentativo di fare .opera di persuasione 
al fine di ottenere tutta la verit�, peraltro 
gi� sostanzialmente acclarata con la confessione di 
Tizio, dichiaratosi autore dei furti per i quali sarebbe 
stato obbligatorio il mandato di cattura, si sente male. 
Viene chiamato il 'medico del posto il quale, assente, 
interviene alcune ore dopo, e constatato che Tizio, 
ormai in via di ripresa, era stato colpito da choc per 
ipertensione nervosa, ne consiglia la custodia in luogo 
pi� accogliente della camera di sicurezza, almeno per 
un po' di tempo. Il fermato viene allora ospitato nella 
camerata in cui dormono i militari della Stazione e 
fatto adagiare su di un letto, sotto la vigilanza del 
carabiniere addetto alla custodia dei fermati (cinque 
in tutto: Tizio, ed altre quattro persone trattenute, 
per altri motivi, in camera di sicurezza). Il carabiniere, 
nel sedersi vicino al letto in cui Tizio riposa, 
depone la pistola a lui in dotazione, carica, nel cassetto 
del tavolino vicino al letto nel quale abitualmente 
dorme; e dopo un. po' di tempo, su richiesta di Tizio, 
che dice di aver sete, si avvia verso il ripiano della 
scala per invitare il collega di servizio azza porta della 
caserma a portare acqua al piano superior,. Nel breve 
intervallo di tempo dell'allontanamento del carabiniere 
di vigilanza, Tizio, che evidentemente aveva meditato 
l'azione e per compiere la quale aveva teso un 
tranello al carabiniere medesimo, si alza precipitosamente, 
si impadronisce della pistola di quello e si 

~ci~. I 

Il fatto viene riferito al Magistrato penale: il Giudice 
istruttore presso il Tribunale di Sulmona, su 
conforme richiesta del p. m. e facendo propria l'amplissima 
motivazione contenuta in essa, ordina che per 
il fatto non si promuova azione penale. Nel provvedi-

I 

(1) Abbiamo provveduto alla ricostruzione �el 'fatto 
attraverso l'esame degli atti di causa, non risultando gli 
elementi costitutivi. di esso, accertati in sede penale, 
I 

dalla narrazione che la sentenza che si annota attribuisce 
alla esposizione fatta dagli attori. 

I 


-125 -


mento � esaminata principalmente la condotta del 
carabiniere di vigilanza, ma non viene neppure omessa 

.la valutazione del comportamento di tutti gli altri 
componenti la Stazione, con particolare riguardo al 
Sottufficiale comandante. Ogni colpa (che, se fosse 
sussistita, avrebbe significato omicidio colposo) viene 
decisamente esclusa, con esonero quindi di ogni responsabilit� 
penale a carico di chicchessia, identificandosi 
sostanzialmente la causa dell'incidente nella 
depressione nervosa in cui era caduto Tizio per la 
vergogna derivante dall'essere stato scoperto autore di 
gravi reati, le conseguenze eccezionali della quale 
apparivano del tutto imprevedibili. 
I genitori del suicida intentano azione civile .di 
risarcimento di danni nei confronti del Ministero 
dell'Interno da cui dipende il carabiniere al quale si 
contesta grave negligenza nella custodia del �fermato 
ed il Tribunale, con sentenza poi confermata dalla 
Corte di Appello, ritenuta la colpa del carabiniere, 
condanna l'Amministrazione. 
Cos�. del Giudice di primo grado, come di quello di 
appello� si era richiamata l'attenzione sulla impossibilit� 
di addivenire a conclusioni diverse da quelle a 
cui era pervenuto il Giudice penale, per il principio 
della unitariet� della giurisdizione e del concetto di 
colpa. Come l'eccezione sia stata superata risulta dal 
passo della sentenza che si � riprodotto, ed � su tale 
aspetto del problema che si intende� por mente, senza 
indulgere in alcun modo alla rivalutazione, nori-conierente 
ai fini della presente annotazione, del punto 
se la morte di Tizio fosse da attribuire alla condotta 
01�iminosa colposa del carabiniere. 

II) Non v'ha dubbio che il provvedimento di non 
doversi promuovere l'azione penale ai sensi dell' articolo 
7 4 c. p. p. non � preclusivo dell'esercizio della 
azione civile, ma la valutazione del fenomeno limitata 
a tali aspetti esteriori appare del tutto superficiale 
se si pretenda di dedurne che il Giudice civile possa, 
come � avvenuto nella fattispecie in esame, considerare 
reato quel fatto che non � ritenuto tale dal Giudice 
penale. Si direbbe peraltro cosa inesatta se si 
affermasse avere la Giurisprudenza, anche della Suprema 
Corte, esaiminato a fondo il problema, con argomentazioni 
cio� idonee a penetrarne l'essenza fondamentale, 
e non invece utili a consentire solo la percezione 
della mera esteriorit� di esso. 

� stata esattamente sottolineata la proclivit� di 
affermare che il Giudice civile abbia competenza a 
conoscere del reato e la tendenza a ritenere ci� non 
g1,� un'anomalia del sistema dei rapporti tra la giurisdizione 
penale e quella civile rispetto al fatto illecito, 
bens� una conferma del principio inerente al 
sistema, che il Giudice civile, possa accertare il reato 
per fini diversi dall'applicazione della pena (2). 

Gli esempi per� che sono portati abitualmente (casi 
in cui il Giudice civile valuti il fatto illecito avente 
anche rilevanza pena.le, se non abbia avuto luogo il 
processo penale per mancanza di querela od il reato 
si � estinto per amnistia) non sono conferenti: finch� 

(2) ROMANO DI FALCO: Processo penale e azion�i civili 
e amministrative secondo i nuovi Codici. Milano, 1943 
10 e segg. 
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=jfily..@/kY//////,WkY//////////H. W////ff/,j W.&"ffi/. ~//.@#/.-��"/.-��'h>>>'//#~/~h 

il Giudicl? civile si limiti a valutare quel fatto ai fini 
della determinazione dei danni patrimoniali conse


.. guenti, la valutazione non investe il reato, cio� un 
fatto preveduto dalla legge come reato, ma semplicemente 
un fatto produttivo di danno privato, cagionato 
dalla lesione di un diritto privato. 
Il principio esatto � invece, a nostro avviso, il contrario, 
quale quello escludente che il Giudice civile 
abbia competenza a conoscere del reato, ad accertare 
il reato. Di regola, che, quale tale, ammette eccezione 
nell'ipotesi in cui� si pretenda il risarcimento dei 
danni non patrimoniali conseguenti ad un fatto illecito 
del quale si sostenga la natura criminosa non 
potuta accertare dal Giudice penale (3). 

III) La giurisprudenza non sembra peraltro essersi 
resa conto della diversa essenza dei fenomeni 
per i quali ha ritenuto la competenza del Giudice 
civile a valutare la rilevanza, ai fi.ni del risarcimento 
del danno, di un fatto illecito di natura anche penale, 
ed ha fatto, c.ome non raramente avviene, di ogni caso 
un fascio, accomunando nella stessa disciplina ipotesi 
sostanzialmente diverse e traendo di deduzione in 

� deduzione conseguenze non giustificabili per la non 
riferibilit�, data la diversa natura, dell'una all'altra 
deduzione. 
La pretesa invero di collegare la facolt� per il giudice 
civile di accertamento della sussistenza di un 
reato ai fini del risarcimento dei danni non patrimoniali 
qualora si� intervenuta una causa di estinzione 

o di improcedibilit� dell'azione (espressione dell'eccezione 
al noto principio), o sia mancato un procedimento 
penale per essere rimasti ignoti gli autori 
del reato, sicuramente peraltro attribuibile, nelle conseguenze 
civilistiche, alla persona giuridica alla quale 
appartengano detti autori non identificati (4), alla 
(3) L'eccezione � sorta dai contrasti in dottrina sul 
riconoscimento della risarcibilit� del danno non patrimoniale 
a causa di un fatto illecito meramente civile: 
tra le due tesi estreme la giurisprudenza della Cassazione 
si ferm� su una soluzione di compromesso, ammettendo 
che il Giudice civile avesse la possibilit� di occuparsi del 
risarcimento del danno non patrimoniale tutte le volte 
che il fatto illecito fosse contemplato come reato e quindi 
in tutti i casi in cui se ne fosse verificata l'estinzione. 
L'eccezione � codificata nella disposizione (art. 2059 e.e.) 
secondo la quale il danno non patrimoniale dev'essere 
risarcito anche nei casi determinati dalla legge: e poich� 
il risarcimento dei danni non patrimoniali � compreso 
nei limiti rigorosi� (allo stato della legislazione) di un'eccezione 
(che il fatto, da cui il danno proviene, costituisca 
reato}, non � sostenibile un preteso principio di competemrn 
del Giudice civile a conoscere il reato. 

(4) A tale collegamento si assiste nella recente sentenza 
della Corte Suprema 17 ottobre 1956, n. 3667, in 
cc Foro it:�, 1957, I, 171-172) la quale si richiama, tra 
l'altro, alla massima che rileverebbesi dalla precedente 
sentenza 16 giugno 1951, n. 1551 (in cc Resp. civ. �,.1951, 
512 e segg.}, secondo cui la facolt� del Giudice civile 
di accertare il reato sussisterebbe anche in tutte le ipotesi 
in cui sia mancato un procedimento penale. Al fine 
di stabilire quale significato debba darsi alla dizione si 
� provveduto a controllare il testo integrale della senf.
� 

~~"_J 
~ 


-126 


facolt� di tale accertamento quando il Giudice penale 
abbia disposto non doversi promuovere l'azione penale 
per ritenuta non responsabilit� a titolo di colpa, con 
la conclusione che la colpa invece sussista e per gli 
stessi fatti, appare assurda, come espressione dell'altro 
principio (che supera, e di molto, l'eccezione alla regola 
contraria della non competenza per il Giudice 
civile a conoscere il reato), secondo il quale detto Giudice 
avrebbe facolt� addirittura di accertare un reato 
in contrasto al Giudice penale che ha ritenuto il fatto 
non reato (5). 

IV) Dall'essenziale identit� del potere di giurisdizione 
scaturisce il concetto secondo il quale la giurisdizione 
dev'essere concepita come essenzialmente unitaria. 
Nel sistema dei rapporti fra le varie giurisdizioni 
si constata che tra le diverse attribuzioni fun


tenza ma, non comprendendosi la ragione per la quale 
il procedimento pen�le non vi era stato, non pu� dirsi 
se si tratti di ipotesi di precedente archiviazione per 
non ritenuta colpa da parte del Giudice penale o di assoluta 
mancanza di valutazione del caso da parte di questi 
(� chiaro che tratterebbesi di fattispecie di natura ben 
diversa). 

Anche nel caso in cui sia mancato il procedimento 
penale per essere rimasti ignoti gli autori del reato (sicuramente 
peraltro appartenenti allo Stato a cui si riferiscono 
le conseguenze civilistiche di risarcimento del 
danno patrimoniale) la facolt� del Giudice civile di valutare 
il reato non suona offesa al principio secondo il quale 
non � ammissibile un contrasto di valutazioni da parte 
dei due Giudici, il civile ed il penale, quale applicazione 
piuttosto della nota eccezione, anche da noi ammessa, 
alla regola della non competenza del Giudice civile a 
conoscere il reato (cons. BERRI: Pronwncia sul risarcimento 
dei danni non patrimoniali da parte del giudice 
civile e sentenza penale istruttoria di non luogo a procedere, 
in � Giur. it. >>, 1957, I, 1, 443 e segg., in particolare 
448). 

(5) L'assurdit� � stata rilevata altre volte dalla stessa 
Corte Suprema la quale ha escluso che il Giudice civile 
possa accertare il reato. ai fini del risarcimento dei danni 
non patrimoniali, quando vi sia stata archiviazione ai 
sensi dell'art. 74 c. p. p. (Cass. 27 maggio 1942, n. 826, 
in<< Resp. civ.>>, 1942, 47 e segg.; 26 aprile 1957, n. 1401, 
in� Temi>>, 1958, 16 e segg., con nota contraria del MANCINELLI: 
Oasi di accertamento del reato da parte del Giudice 
civile) o quando vi sia stata sentenza istruttoria 
di non doversi procedere perch� il fatto non costituisce 
reato (6 aprile 1957, n. 1178, in � Giur. it. >>, 1957, I, 1, 
443 e segg.). Tali conclusioni sarebbero per� di evidente 
compromesso: se si ritenga non ammissibile un contrasto 
tra il Giudice civile ed il Giudice penale circa la valutazione 
della sussistenza del reato, la non ammissibilit� 
ha da essere affermata non solo per quanto riguarda il 
risarcimento dei danni non patrimoniali, ma anche per 
quanto riguarda il risarcimento dei danni patrimoniali. 
Una volta cio� che si ritenga che il Giudice civile non 
pu� andare in avviso diverso rispetto a quello espresso 
dal Giudice penale, tale avviso ha da essere coincidente 
per quanto riguarda il risarcimento dei danni patrimoniali. 
� la inammissibilit� della contraddittoriet� delle 
valutazioni la chiave di soluzione del problema, non la 

zionali dei Giudici non intercede un rapporto di separazione, 
bens� un rapporto di coordinata integrazione. 
Coordinata integrazione che non si consegue certo 
attraverso pronunce diametralmente contrarie del Giudice 
civile e di quello penale, rnOt piuttosto, se, non 
nell'assoluta economia, in ogni caso, di attivit� processuali, 
con la coincidenza delle decisioni, espressione, 
tra l'altro, di maggior certezza e bont� del deciso. 

Se ci� � esatto, e sembra indubbio lo sia, a soddisfacimento 
di esigenze fondamentali dell'amministrazione 
della giustizia, e posto che la legge non prevede 
una preclusione procedurale del provvedimento di 
archiviazione rispetto all'eser�cizio dell'azione civile 
riparatoria, il sistema accolto dall'ordinamento vigente 
non pu� non essere interpretato come segue: il 
legislatore acconsente che il caso, gi� valutato in un 
certo senso dal Giudice penale, sia sottoposto alla valutazione 
del Giudice civile affinch� anche questi ponga 
mente al problema della sussistenza di motivi di illi


distinzione tra danno patrimoniale e non patrimoniale. 
La critica non pu� essere peraltro formulata alle citate 
sentenze del 1942 e del 1957 in quanto, trattandosi di 
omicidio colposo cagionato da circolazione di veicolo, 
per la particolare incidenza dell'onere della prova (che 
fa carico al conducente l'automezzo) e per la consistenza 
di essa (occorre dimostrare di aver fatto tutto il possibile 
per evitare il danno), � pur in teoria ammissibile 
che ad un provvedimento di archiviazione in sede penale 
per insussistenza di reato (omicidio colposo) segua, in 
sede civile, una condanna al risarcimento del danno 
patrimoniale per non avere il conducente dimostrato di 
aver fatto tutto il possibile per evitare il danno. La 
massima contenuta nella sentenza del 1942, prima di 
essere confermata nella sentenza n. 1401 del 1957, era 
stata disattesa nella citata sentenza n. 3667 del 1956, 
dopo aver gi� subito una trasformazione nella sentenza 
28 marzo 1952, n. 839 (� Resp. civ. >>, 1953, 140 e segg.), 
nella quale si dichiar� ammissibile una contraria valutazione 
del Giudice civile, rispetto a quella fatta dal 
Giudice penale che aveva� disposto l'archiviazione, nella 
considerazione che, dopo il procedimento di archiviazione, 
era intervenuto l:!1l provvedimento legislativo di 
clemenza che avrebbe in ogni modo impedito al Giudice 
penale di occuparsi ancora della fattispecie. Quanto sia 
specioso l'argomento appare evidente, tanto pi� se si 
ponga mente al fatto che nella specie trattavasi di amnistia 
rimmciabile ! 

� da rilevare infine che si � restii nella pratica a far 
risultare la contraddittoriet� nella sua pi� evidente consistenza, 
astenendosi di regola dal chiedere il risarcimento 
dei danni non patrimoniali conseguenti ad un 
fatto ritenuto non reato dal Giudice penale e che si pretende 
invece sia ritenuto tale dal Giudice civile, sia trascurata 
cio� la insuperabile coincidenza secondo la quale 
se fatto illecito �, non pu� non essere fatto illecito penale. 
Anche nel caso di cui alla sentenza che si annota. gli 
attori si sono astenuti dal chiedere il risarcimento dei 
danni non patrimonfali, ritenendo forse in tal modo di 
aiutare il Giudice civile a superare la riluttanza alla-co:p.traddittoriet� 
che peraltro, ad osservatore non superficiale, 
risulta parimenti evidente, anche� esaminandosi il 
fenomeno sotto il limitato angolo di visuale del risarcimento 
dei soli danni patrimoniali. 



WFCTL& ZWCT @E WFCTL& ZWCT @E 
127 


ceit� che eventualmente lo permeino, illiceit� che, se 
sussistente, non _pu6 non essere penale, onde l'esigenza 
per il Giudice civile di riferire. al Giudice penale 
su quelle prove di illiceit� che gi� da questi non 
siano state prese in considerazione. Della inosservanza 
della quale esigenza, ben ha motivo di dolersi 
l'autore del preteso fatto illecito, gi� ritenuto non tale 
dal Giudice penale. Il rilevare che il potere-dovere di 
cui all'art. 3 del Codice di rito penale. � posto dalla 
legge nel superiore interesse della giustizia, e non gi� 
in quello privatistico delle parti litiganti, le quali non 
potrebbero dolersi della eventuale inosservanza di un 
simile obbligo, non sembra tenere conto dei preminenti 
motivi per i quali il cittadino, che abbia commesso 
un fatto che si pretende penalmente illecito, -ha il 

diritto di essere giudicato dal Giudice al quale � istituzionalmente 
affidato tale compito, cio� dal Giudice 
penale (6). La giurisdizione del Giudice civile, in 
materia di fatti penalmente illeciti, non pu� non 
essere conseguenziale alla. giuris.dizione del Giudice 
penale, subentra cio� so_lo in quanto lo consenta l'avvenuto 
esercizio� di questa, e non invece se tale esercizio 
sia mancato e sia ancora possibile. 

Se si esprimesse sorpresa sulla ortodossia della 

interpretazione, quale proposta del sistema, tenuto 

conto della non de'finitivit� del provvedimento di archi


viazione, essendo l'istruzione suscettibile di riaper


tura, onde appare quanto meno strano che si apprezzi 

la utilit� del ricorso al Giudice civile quando in ogni 

caso sarebbe possibile richiedere ancora l'intervento 

di quello penale, ci sembra agevole obiettare che, de 

jure condendo, tale sorpresa potrebbe anche apparire 

meritevole di attenzione, ma, de jure condito, ben 

maggiore sorpresa, con conseguenze ben pi� gravi, 

merita l'eventualit� di un contrasto di pronunce (7). 

(6) Cass. 4 dicembre 1957, n. 4553, in cc Giust. Pen. >>, 
1953, I, 298 e segg. La Corte Suprema rileva anche, in 
questa sentenza, che quando il Procuratore della Repubblica 
sia stato informato della sussistenza di un fatto 
penalmente illecito, quando cio� si sia soddisfatta la 
esigenza sociale relativa alla esplicazione dell'attivit� 
punitiva dello Stato, il Giudice civile non ha altri doveri 
al riguardo e pu� regolarsi come crede, se la sua denuncia 
sia stata archiviata. L'art. 3 sarebbe osservato, secondo 
la Cassazione: secondo noi non nella sostanza, che va 
molto al di l� di una formale applicazione della norma. 
(7) Il quale contrasto risulterebbe anche, ed ancor 
pi�, se possibile, evidente nelle ipotesi in cui il Giudice 
civile non si ritenesse vincolato da una assoluzione da 
imputazione da reato colposo perch� il fatto non costituisce 
reato per mancanza di colpa ed affermasse nel 
contempo l'obbligo al risarcimento del danno per responsabilit� 
colposa, cio�, sostanzialmente, perch� il fatto 
costituisce reato. Dovrebbe presumersi peraltro che la 
contradditoriet� potrebbe essere evit.ata desumendosi 
l'efficacia preclusiva del giudicato penale dal dispositivo 
della sentenza in relazione alla motivazione: interpretandosi 
cio� il dispositivo come espressione di insussistenza 
del fatto (da considerarsi questo nel complesso 
degli elementi oggettivi e soggettivi del reato) e quindi 
preclusivo dell'esercizio dell'azione civile ai sensi dell'articolo 
25 c. p. p. (cons. GIONFRIDA: L'efficacia della sentenza 
penale nel processo civile, in � Riv. dir. proc. �, 1957, 

L'uomo di buon senso, per il quale sostanzialmente 
la giustizia viene amministrata, non riesce a rendersi 
conto c<Yme un fatto, che ai fini dell'accertamento della 
sua rilevanza penale a tutti' gli effetti, anche di conseguenziale 
natura vivilistica, viene valutato.-0ome non 
reato dal Giudice penale, cui � affidato �istituzional 
mente, in via esclusiva rispetto ad ogni altro Giudice, 
tale compito, possa invece essere ritenuto reato dal 
Giudice civile (8). 

N � si obietti che si tratta di anomalia del sistema: 
tale anomalia sta in mente di chi non vuole accorgersi 
che la soluzione del problema trova� fondamento 
su principi inderogabili di diritto sostanziale e processuale 
che si esprimono in queste proposizioni: a) la 
valutazione della rilevanza penale di un fatto spetta 
al Giudice penale; b) non pu� ammettersi contraddittoriet� 
di valutazione sulla rilevanza penale di un 
fatto, anche ai limitati fini delle sue conseguenze di 
natura civilistica, tra il Giudice penale ed il Giudice 
civile. 

V) La conclusione quindi alla quale, a nostro avviso, 
deve addivenirsi, � la seguente: se il Giudice 
civile ravvisi nuove prove a carico della persona a 
cui viene contestata responsabilit� per colpa non ritenuta 
dal Giudice penale, ne d� notizia a questi ed in 
relazione all'eventuale inizio dell'azione penale (ne_l 
significato, non preso in considerazione dalla sentenza 
che si annota, che alla nozione deve attribuirsi in 
relazione al contenuto del capoverso dell'art. 1 del 


R. D. L. 28 maggio 1931, n. 602, con il quale, a completamento 
della locuzione dell'art. 3 c. p. p., � stato 
fatto riferifmento anche ad una fase del processo penale 
-procedimento penale in corso -in cui non possa 
essere riscontrato che sia stata iniziata la predetta 
azione), sospende il giudizio civile; se ci� non avvenga, 
questo Giudice concluda cio� non doversi promuovere 
l'azione penale per l'irrilevanza delle nuove 
prove indicate, per il principio dell'unitariet� della 
18 e segg.; LIEBMAN: L'efficacia della sentenza penale nel 
processo civue, in cc Riv. dir. proc. �, 1957, 5 e segg.). 
Sul fondamento dell'istituto degli effetti mediati ed indiretti 
del giudicato penale, con tendenza a limitarne il 
contenuto, cons. GuARNERI: Autorit� della cosa giudicata 
penale nel giudizio civile, Milano, 1942, passim, in particolare 
295 e segg.; Limiti soggettivi ed oggettivi all'efficacia 
del giudicato penale nel giudizio civile, in cc Giur. 
it. '" 1957, I, 1, 189 e segg. 

(8) Nella fattispecie giudicata in sentenza che si an.
nota in parte de qua il contrasto � destinato ad avere 
ulteriori incidenze: quando in sede di giudizio di responsabilit� 
si chieder� al carabiniere, ritenuto autore di una 
condotta colposa dal Giudice civile, la restituzione delle 
somme che l'Amministrazione ha dovuto pagare ai genitori 
del suicida a risarcimento dei danni conseguenti alla 
morte del loro figlio, cosa si potr� opporre all'eccezione 
riferentesi al diverso avviso del Giudice penale che ha 
ritenuto tale condotta non suscettibile di censW'a? Sarebbe 
giusto che il carabiniere fosse condannato al rim-�borso 
nonostante la valutazione a lui favorevole del Giudice 
penale? In caso negativo appare giusto che l'Amministrazione 
sia stata condannata al risarcimento� dei 
danni? 

-128 


giurisdizione e del concetto di colpa, la pronuncia del 

Giudice civile non pu6 essere in contrasto con la. valu


tazione gi� fatta dal Giudice penale. L'ammissibi


lit� processuale della valutazione in sede civile della 

fattispecie non pu� risolversi in contraddittoriet� di 

valutazioni. L'appuntare il fulcro del problema sulla 

non sussistenza del giudicato penale, al quale, non 

si dimentichi, non si addiviene per la mancanza as


soluta di elementi di responsabilit� ed a cui pu� 

sempre addivenirsi anche in seguito, se tali elementi 

appaiano, � sacrificare la sostanza del problema a 

trappolerie di forma che offendono i principi sopra 

indicati. 

Il che appare ancor pi� evidente se si considerino 
le ragioni affatto apprezzabili che sono la 1Vera causa 
della contraddittoriet�: � la sfiducia del Giudice civile 
(il quale non raramente ha scarsa dimestichezza con 
il contenuto, le difficolt� e la delicatezza dell'esercizio 
della giurisdizione penale) (9) nei confronti del Giudice 
penale. Ohe ci� avvenga con pregiudizio degli 
stessi appartenenti all'Ordine giudiziario � noto, 
ma non sembra possa ragionevolmente ammettersi che 
tale sfiducia all'interno si esprima all'esterno nella 
ben pi� grave sfiducia verso l'Amministrazione della 
giusti.zia (10). 

F. O. 
(9) Fino al punto da dimenticare che l'art. 74 c. p. p. 
� stato modificato nel senso che non � pi� il p. m. ad ordinare 
la trasmissione degli atti all'archivio, ma � il Giudice 
istruttore a pronunciare il decreto (cons. la sentenza 
n. 3667 della Corte Suprema gi� citata): ed il significato 
sostanziale della modifica non � davvero trascurabile. 
(10) Gli esempi sono numerosi: ci sembra opportuno 
indicarne uno tra i pi� significativi. Tizio e Caio, rispettivamente 
dipendente l'uno da una Amministrazione 
statale e l'altro da una impresa privata, sono tratti a 
giudizio con imputazione di triplice omicidio colposo, 
per avere, per negligenza nell'attivit� di controllo loro 
affidata, causato la morte di.tre operai addetti alla rimozione 
di macerie provenienti da distruzioni belliche. Dopo 
alterne vicende, il giudizio penale si conclude con la 
condanna dei due imputati alla stessa pena (un anno e 
due mesi di reclusione), essendo stati comminati in concreto 
per ogni omicidi.o sette mesi (la quale misura, si 
consideri non � il minimo, che � di mesi sei) ridotti di 
un terzo (quindi a quattro mesi e venti giorni, che moltiplicati 
per tre danno come prodotto l'anno ed i due 
mesi di cui sopra) per le attenuanti generiche concesse 
per i buoni precedenti penali degli imputati e per altre 
ragioni non influenti sulla gravit� dei reati commessi. 
Dal dispositivo della sentenza penale risulta, e se ne ha 
conferma nella motivazione, che il Giudice penale 
ha ritenuto i reati commessi da Tizio di pari gravit� 
rispetto a quelli commessi da Caio. In ultima analisi la 
colpa di Tizio � uguale a quella di Caio. Il Giudice civile 
(Tribunale di Roma, sentenza 27 maggio-12 giugno 1958 
in causa De Meo Ida ed altri c. Ministero Difesa ed altri) 
ha ritenuto che la valutazione fatta dal Giudice penale 
della entit� delle colpe, ai fini della comminazione di una 
pena restrittiva della libert� personale (il che sembrerebbe 
attivit� non meno delicata di quella che si risolve 
nel condannare al risarcimento dei danni), non sia esatta 
ed accolla a Caio un terzo delle somme da pagarsi ed a 
REGISTRO -Agevolazioni previste dal D.L.L. 1 giugno 
1945, n. 322 e dal D.L.L. 26 marzo 1946, n. 221 
-Contratti di appalto per riparazione di edifici danneggiati 
da requisizioni alleate. (Tribunale di Ancona 
Sez. II -Sentenza 16 aprile -19 maggio 1958; Pres. 
Evangelisti, Est. Maggio -Soc. U.N.E.S. c. Finanze). 


L'attestazione del Sindaco circa la sussistenza 
e l'entit� del danneggiamento dell'immobile per 
eventi bellici costituisce la condizione preliminare 
per farsi luogo alla registrazione. a tassa fissa del 
contratto di appalto concerne:i;tte i relativi lavori 
di riparazione, ma non impedisce all'Amministrazione 
finanziaria dello Stato di contrastare -a 
seguito di accertamenti da essa compiuti -la sussistenza 
degli estremi per l'applicabilit� dei benefici 
fiscali o il grado del danno. 

Il beneficio fiscale della registrazione a tassa 
fissa, previsto dal D. L. L. 7 giugno 1945, n. 322 1 
e dal D. L. L. 26 marzo 1946, n. 221, non si applica 
ai contratti di appalto per la rirostruzione o riparazione 
di immobili, distrutti o danneggiati per 
requisizioui disposte dalle forze armate alleate. 

1. La prima massima � conforme ad un indirizzo 
ormai pacifico e consolidato. Le risultanze dei certificati 
delle autorit� amministrative possono costituire 
elementi di convinzione del giudice, ma non assurgere 
al valore di atto pubblico che faccia fede fino a 
querela di falso. 
Nel campo delle agevolazioni tributarie in particolar.
e, non pu� riconoscersi ad attestazioni del genere 
l'efficacia di vincolare l'attivit� dell'Amministrazione 
Finanziaria in ordine alla asserita sussistenza 
delle condizioni di legge all'uopo richieste (nella specie, 
distruzione o dannegyiamento dell'immobile per 
�eventi bellici�). L'accertamento delle condizioni per 
la concessione del beneficio tributario �, infatti, sempre 
di competenza esclusiva della stessa Amministrazione, 
alla quale quindi spetta valutare l'idoneit� o meno 
di tutti i mezzi probatori offerti (cfr., <<Il Contenzioso 
dello Stato �, Relazione 1951-55, vol. I, pag. 616 
e segg.; da ultimo, in questa Rassegna 1958, 63 e 
segg.). 

2. L'altro principio affermato, sul quale non risultano 
precedenti giurisprudenziali in termini, risponde 
ad un'esatta interpretazione del sistema delle leggi sul 
risarcimento dei danni di guerra e dei danni da requisizioni 
alleate in relazione alle indicate leggi tributarie 
di favore. 
Sul contratto di appalto dei lavori di riparazione 
di alcuni locali, danneggiati per effetto della requisizione 
a suo tempo disposta dalle forze� armate alleate, 
era stata richiesta l'applicazione del beneficio della 
registrazione a tassa fissa previsto dall'art. 3 del 

D. L. L. 7 giugno 1945, n. 322, recante agevolazioni 
tributarie per la ricostruzione edilizia. 
I 

I 

Tizio due terzi, nella convinzione, contraria a quella I 
espressa dal Giudice penale, che la colpa di Tizi�-sia I 
stata pi� grave di quella di Caio.� L'offesa al principio 
della unitariet� della giurisdizione ci sembra, anche in 
questo caso, evidente. 

J 



129 

. La norma citata, confermata dall'art. 2 del D. L: L. 
26 .marzo 1946, n. 221, prevede che �l'imposta di 

� registro sui contratti di appalto stipulati per atto pubblico 
o scrittura prilvata, occorrenti per le riparazioni 
e ricostruziof!J contemplate nei precedenti articoli, � 
dovuta nella misura fissa �. E le dette riparazioni e 
ricostruzioni sono riferite dall'art. 1, 10 e 20 comma, 
a danneggiamenti e distruzioni �derivanti da cc eventi 
bellici �. 

� allora da stabilirsi l'esatta portata ed estensione 
del concetto di cc evento bellico �, se esso corrisponde 
a quello di fatto di guerra, fissato. da ultimo nell'art. 3 
della legge 27 dicembre 1953, n. 968, o comprenda 
anche le requisizioni ed occupazioni alleate, regolate 
in modo autonomo dalla legge 9 gennaio 1951, n. 10. 
L'indagine � diretta anche alla indicazione dei precisi 
confini di due fa.ttispecie, che ppssono presentare 
alcuni punti di contatto f! quasi di commistione. 

Il concetto di fatto di guerra, secondo l'orientamento 
della Suprema Corte di Cassazione (Sez. Un., sent. 
8 litglio 1958, n. 2462, in �Mass. Giur. It. �, 1958, 
col. 554), �originariamente fissato nell'art. 2 della 
legge 26 ottobre 1940, n. 1543 (poi sostituito dall'articolo 
1 del D. L. 6 settembre 1946, n. 226) � stato 
ampliato e integrato dall'art. 3 della legge 27 dicembre 
1953, n. 968, s� da comprendere, oltre al fatto 
delle forze armate nemiche, dei cobelligeranti alleati 
e n.azionali nella preparazione o nella condotta delle 
operazioni belliche, anche i rastrellamenti, le azioni 
di rappresaglia, i saccheggi ed, in genere, le irregolari 
occupazioni di immobili ... (omissis) �. 

Fatto di. guerra si riferisce nel suo significato letterale 
e logieo, appunto �al f�tto connesso alla preparazione 
o alla condotta delle opera.zioni di guerra, 
secondo il sistema della legge n. 1543 del 1940; la 
pi� recente del 27 dicembre 1953, n. 968, ha notevolmente 
ampliato l'originaria previsione fino a comprendervi 
ulteriori fatti e attivit�, che si presentano 
solo indirettamente connessi alle operazioni di guerra. 
Tra questi risultano le cc irregolari � occupazioni di 
immobili (art. 3, 2� comma). 

Invece, le requisizioni (regolari) di guerra delle 
autorit� civili o militari italiane sono state disciplinate 
dal R. D. L. 18 agosto 1940, n. 1741; or non 

� dubbio che, in un primo tempo e fin quando non 
hanno ricevuto una disciplina autonoma, le requisizioni 
alleate siano state regolate dalla citata disposizione 
(cfr., Cass. Sez. Un., 27 giugno 1952, n.!.1908, 
in <<Foro It. �, 1953, I, 22; Cass. Sez. I, 12 febbraio 
1957, n. 398, ib., 1957, I, 367). 

� intervenuto poi il R. D~ 21 maggio 1946, n. 226 
che, fatta eccezione per le requisizioni di autoveicoli, 
ha inteso disciplinare le requisizioni alleate. Infine, 
tutta la materia � stata riordinata con legge 9 gennaio 
1951, n. 10 (v., per alcune limitazioni, FAVARA, 
in �Foro It. �, 1953, IV., 83). 

L'art.1 di quest'ultima legge prevede la conoessione 
di una indennit�, tra l'altro, per le requisizioni di 
beni mobili e per le requisizioni ed occupazioni di 
beni immobili operate dalle forze armate alleate norwli� 
per i danni immediati e diretti causati da:ne requisizioni 
e occupazioni medesime. � 

Il legislatore, in altri termini, ha sempre regolato 
in via del tutto autonoma dai danni bellici le requi~ 
sizioni e le occupazioni di autorit� civili e militari 
in tempo di guerra; ha dettato poi una disciplina 
tutta speciale sulle requisizioni e occupa~ioni effettuate 
dalle forze armate alleate. 

Invero, tra fatti di guerra e queste ultime non correrebbe 
una vera e propria differenza ontologica e 
sostanziale: in effetti, anche le requisizioni e le occupazioni 
di immobili in tempo di guerra, e quelle alleate 
in ispecie, po,ssono essere considerate fra gli atti 
necessari per la preparazione o per la condotta delle 
operazioni belliche. La distinzione � stata invece segnata. 
in termini netti e precisi dal legislatore: oggi, 
la legge�n. 10 del 1951 ha per oggetto tutte le requisizioni 
e occupazioni alleate con i danni ad essi conseguenti; 
dall'ambito della legge n. 968 del 1953 sono poi 
escluse tutte le requisizioni e occupazioni regolari. 

Trattasi dunque di un criterio meramente formale, 
ma � quello valido (cfr., Cons. Stato, SeP?. IV, 17 
maggio 1957, n. 534, in �Foro Amm. �, 1957, I, 
1, 607). 

3. Evento bellico (art. 3 D. L. 7 giugno 1945, 
n. 322) significa avvenimento, accadimento di guerra 
.e si ricollega, con rapporto. di causa ad etf etto, a un 
fatto di guerra; questo non pu� essere inteso che nella 
sua accezione normativa, quale � previsto, al fine del 
risarcimento del danno, della legge. n. 968 (v., in 
� Riv. Leg. Fisc. � 1945, 215, circolare Dir. Gen. 
Tasse). Le requisizioni (regolari) in genere e quelle 
alleate in ispe�ie non vi sono comprese. Esse hanno 
sempre ricevuto una discipli_na autonoma, indipendente 
e distinta da quella dei danni di guerra. Allora, 
l'interpretazione, oltre che letterale, anche sistematica 
della disposizione di favo.re e delle altre indicate conferma 
l'equivalenza tra �evento bellico� e �fatto di 
guerra�. 
Da quanto sopra detto risulta che solo il procedimento 
analogico legittimerebbe l'applicazione della 
disposizione legislativa in esame anche ai contratti 
di appalto, aventi per oggetto le riparazioni di beni 
immobili danneggiati .per requisizioni disposte dalle 
forze armate alleate. 

Ma il D. L. L. n. 322, non pu� essere interpretato 
in via analogica, per il divieto di cui all'art. 14 
dell� disposizioni sulla legge in generale, recando 
un'agevolazione tributaria e avendo quindi carattere 
e.ccezionale. 

R. L.ASCHEN.A 

INDICE SIS'l1 EMATICO 
DELLE CONSULTAZIONI 


!-A FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE ~N ALOUN MODO LA SOLUZIONE OHE NE � STATA DAT� 

AERONAUTICA E AEROMOBILI 

.SERVIT� AERONAUTICHE. -Se ed in quali casi possa 
procedersi ad imposizione di servit� aeronautiche mediante 
manifesto dei Comandi di Zona Aerea Territoriale 
ai sensi del 5� comma dell'art. 4 della legge 20 dicembre 
1932, n. 1849 (n. 7). 

AGRICOLTURA E FORESTE 

APPALTATORI FORESTALI. -I) Se per la istituzione 
di un albo di appaltatori forestali, ai fini della migliore 
tutela degli interessi dell'Amministrazione statale, debba 
provvedersi mediante legge ovvero median,te decreto del 
Presidente della Repubblica (n. 18). 

UTILIZZAZIONI BOSCHIVE. -II) Quale sia l'interpretazione 
dell'art. 54 del Regolamento per l'amministrazione 
del patrimonio e la Contabilit� generale dello Stato 
relativamente ai depositi cauzionali per la vendita dei 
soprassuoli boschivi, appartenenti all'Azienda di Stato 
per le Foreste demaniali (n. 19). 

ALBERGHI 

ESERCIZI AJ,BERGHIERI. -Quali sanzioni debbano 
essere applicate in relazione al comportamento assunto 
da alcuni albergatori che praticano prezzi superiori a 
quelli denunciati e pubblicati nell'Annuario Alberghi 
d'Italia, ma sempre inferiori a quelli stabiliti dal Comi� 
tato Italiano Prezzi (n. 12). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA 

ENTE DELTA PADANO. -I) Se l'Avvocatura dello 
Stato possa assumere la rappresentanza e la difesa in 
giudizio dell'Ente Colonizzaz10ne Delta Padano (n. 225). 

SEGRETO D'UFFICIO. -II) Se la tutela del "segreto 
d'ufficio� valga, allo stato della legislazione comune, 
anche nei confronti delle attivit� svolte da una Commissione 
di inchiesta parlamentare (n. 226). 

3) Se la Pubblica Amministrazione abbia la disponibilit� 
di rivelare, attraverso i pubblici ufficiali, al magistrato 
o ad una Commissione parlamentare, atti e documenti 
che sono per legge specificamente tutelati dal 
segreto di ufficio, senza che i predetti pubblici ufficiali 
incorrano in reato (n. 226). 

APPALTO 

APPALTATORI FORESTALI. -I) Se per la istituzione 
di un albo di appaltatori forestali, ai fini della migliore 

tutela degli interessi dell'Amministrazione statale, debba 
provvedersi.mediante legge ovvero mediante decreto del 
Presidente della Repubblica (n. 237). 

CONTRATTI. -II) Se le Casse Provinciali Malattie 
che all'atto della stipulazione di un contratto di arpal. 
to funzionavano come centri autonomi possano fruire 
dei particolari benefici fiscali riconosciuti all'I.N.A.M. 
con l'articolo 35 della legge 11 gennaio 1943, n. 138 

(n. 238). 
SERVIZI DI CASERMAGGIO. -III) Se, ai sensi del capitolato 
generale di appalto del servizio di casermaggio 
per i carabinieri approvato con D. M. 22 novembre 1956, 
possa chiedersi all'appaltatore, nel corso di esecuzione 
del contratto, un aumento delle prestazioni entro i limiti 
del quinto della forza contrattuale, senza che ci� comporti 
un aumento proporzionale del minimo garantito 

(n. 239). 
AUTOVEICOLI 

AUTOLINEE PUBBLICHE IN CONCESSIONE. -I) Se, ai 
sensi della legge 8 gennaio 1952, n. 53, il concessionario 
dell'autolinea pubblica sia tenuto a sottoscrivere la cartella 
d'oneri per il trasporto postale sull'intero percorso 
dell'autolinea anche se rinunzi al canone (n. 55). 

II) Se possa assumere l'esecuzione del trasporto degli 
effetti postali un'altra impresa concessionaria di autolinee 
pubbliche diversa da quella che sia vincolata dalla 
cartella d'oneri (n. 55). 

A VVOCA'l'I E-PROCURATORI 

ESECUZIONE FORZATA. -I) Se alle dichiarazioni di 
terzo, che dalle Amministrazioni dello Stato si debbano 
rendere per pignoramenti o sequestri presso di esse, debbano 
provvedervi le competenti Avvocature DistrettuaJi 
dello Stato (n. 42). 

RAPPRESENTANZA DELL'AVVOCATURA. -II) Se, ai 
sensi dell'art. 44 del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, l'Av� 
vocatura dello Stato possa assumere la difesa degli aventi 
causa di un impiegato dell'Amministraz'ione danneggiati 
dalla morte di questi avvenuta per ��opera d~. un terzo 

(n. 43). . .. .. 
III) Se l'Avvocatura dello Stato possa assumere la 
rappresentanza e la difesa in giudizio dell'Ente Colonizzazione 
Delta Padano (n. 44). 



-131 


BANCHE 

TITOLI DI CREDITO. -I) Se debbano ritenersi prescritti, 
ai sensi dell'art. 1, 4� comma, della legge 31 gennaio 
1953, n. 51, bigliet,ti della Banca d'Italia, cessati 
di aver corso legale mentre erano sotto sequestro in 
quanto costituenti corpo di reato (n. 9). 

TUTELA DEL RISPARMIO. -II) Se perch� sia operante 
la disciplina della legge bancaria (R. D. L. 12 marzo 1936, 

n. 376, convertito in legge 7 marzo 1938, n. 141, e successive 
modificazioni) e le relative sanzioni debbano concorrere 
i due elementi della cc raccolta del risparmio fra il 
pubblico� e dell'� esercizio del credito>>, ovvero sia sufficiente 
che venga esplicata una sola di tali attivit� (n. 10). 
BORSA 

AGENTI DI CAMBIO. -Quale sia l'i:nterpretazibne e 
l'applicazione della norma transitoria (art. 16) della legge 
23 maggio 1956, n. 515, sui concorsi ad agente di cambio 

(n. 13). 
CACCIA E PESCA 

PESCA -PRIVILEGI SPECIALI. -Se il privilegio speciale 
di cui all'art. 50 del T. U. sulla pesca (R. D. 8 ottobre 
1931, n. 1604) debba essere collocato dopo le eventuali 
ipoteche e nei suoi confronti trovi applicazioni 
l'art. 559 cod. navigazione (n. 11). 

CINEMATOGRAFIA 

CONTRIBUTI GOVERNATIVI. -Se il giudice delegato 
al fallimento di una societ� cinematografica possa ordinare 
all'Amministrazione di versare alla curatela e non 
ai cessionari iscritti prima del fallimento l'importo dei 
premi e dei contributi disposti per la produzione di un 
film (n. 24). 

COMUNI E PROVINCIE 

ASSUNZIONI DI LAVORATORI. -Se, in base agli artt. 79 
e 81 del T. U. 30 maggio 1955, n. 797 sugli assegni familiari, 
i Comuni possano legittimamente emanare regolamenti 
per stabilire particolare trattamento� di famiglia 
per i lavoratori assunti con carattere contingente, ovvero 
se tali lavoratori debbano necessariamente �ssere iscritti 
alla Cassa per gli assegni familiari a cura del Comune 
stesso (n. 71). 

CONSIGLIO DI STATO 

GIUDICATO. -Se la decisione del Consiglio di Stato, 
che accoglie il ricorso avverso il provvedimento che interpreta 
restrittivamente una norma sul trattamento 
economico di una categoria di pubblici impiegati, estende 
gli effetti rispetto agli altri interessati che non ebbero �a 
proporre tempestivi reclami, di modo che l'Amministrazione 
debba provvedere all'automatica revisione degli 
stipendi arretrati di tutto il personale di quella categoria 
(n. 1). 

I 

CONTABILITA GENERALE DELLO STATO 

CONTRATTI. -I) Se coloro che contraggono obbligazioni 
verso lo Stato possano ottemperare all'obbligo 
della prestazione di idonea garanzia mediante una cauzione 
costituita da fideiussione (n. 170). 

II) Se debba essere applicata la tassa graduale o quella 
fissa, sulle cauzioni costituite da fideiussione, che siano 
accettate a norma delle disposizioni contenute nel R.D.P. 
29 luglio 1948, n. 1309 (n. 170). 

VENDITA SOPRASSUOLI BOSCHIVI. -III) Quale sia 
l'interpretazione dell'art. 34 del Regolamento per l'amministrazione 
del Patrimonio e la Contabilit� generale 
dello Stato relativamente ai depositi cauzionali per la 
vendita dei soprassuoli boschivi, appartenenti all'Azienda 
di Stato per le Foreste demaniali (n. 171). 

CONTRIBUTI E FINANZIAMENTI 

GESTIONE. -�-Quale sia l'interpretazione degli artt. 3, 
�4 e 5 della legge 4 febbraio 1956, n. 54, rec�nte norme 
integrative sulla gestione di finanziamenti statali e garantiti 
dallo Stato (n. 27). 

DANNI DI GUERRA 

CONTRIBUTI DI RICOSTRUZIONE. -I) Quale sia l'interpretazione 
e l'applicazione dell'art. 11 della legge 27 dicembre 
1953, n. 968 ai fini della detrazione di provvidenze 
gi� ottenute dal danneggiato (n. 85). 

DANNI CAUSATI DA AZIONI NON DI COMBATTIMENTO 
DEGLI ALLEATI. -II) Se avverso la sentenza penale che 
ha condannato l'Amministrazione Militare britannica al 
risarcimento del danno verso un cittadino italiano, possa 
lo Stato italiano (Ministero del Tesoro), su cui, ai sensi 
della legge 9 gennaio 1951, n. 10, grava l'onere dell'indennizzo 
su fatti causati da militari alleati, proporre 
impugnazione quale sostituto processuale dell'Amministrazione 
britannica, o anche proporre opposizione di 
terzo davanti al giudice civile ai sensi dell'art. 404 c.p.c. 
�(n. 86). 

REQUISIZIONE DI AUTOMEZZI. -III) Se nel caso di 
perdita totale di automezzi requisiti in uso in territorio 
soggetto alla sovranit� italiana e distrutti in altro territorio 
ove si erano venuti a trovare a seguito di disposizioni 
delle autorit� militari, la perdita dell'automezzo, 
ai fini della corresponsione dell'indennizzo, deve ritenersi 
avvenuta nel territorio in cui avvenne la requisizione 
ovvero nel territorio in cui il danno si � verificato (n. 87) 

T. L. T. -IV) Quale sia l'interpretazione e l'applicazione 
nel Territorio Libero di Trieste delle norme contenute 
nell'art. 6 della legge 27 dicembre 1953, n. 968 
(n. 88). 
DEMANIO 

PIANI REGOLATORI. -Quale sia l� procedura da seguire 
nei casi in cui l'Amministrazione Militare intenda 
opporsi alla� destinazione data da un piano regolatore e 
<la successive varianti, ad immobili demaniali, allorch� 
tale destinazione sia lesiva degli interessi militari (n: 143). 

DONAZIONI 

1 ALLO STATO. -Se l'ufficiale rogante, autorizzato a 
ricevere i contratti stipulati dalle Amministrazioni dello 
Stato, sia autorizzato a ricevere l'atto con cui un terzo 
manifesti unilateralmente la volont� di donare a favore 
di un'Amministrazione dello Stato (n. 28). 



132 


EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE 

COOPERATIVE EDILIZIE. -I) Se l'atto di assegnazione 
dell'appartamento al socio di una cooperativa edilizia, 
costituita ai sensi e per gli effetti della legge 10 agosto 

1950, n. 715, debba considerarsi traslativo della propriet� 
(n. 78). 

Il) Se, nella risposta affermativa, al notaio rogante 
spetti l'onorario ridotto previsto dall'art. 151 del T. U. 
approvato con R. D. 28 aprile 1938, n. 1165, e successive 
modificazioni (n. 78). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI 

TESTAMENTI. -Se, ai sensi dell'art. 29, lett. d) del 
Concordato con la S. Sede, sia valido un testamento istitutivo 
di un �legato pio " redatto in epoca anteriore al 
1865 non scritto n� sottoscritto dal testatore (;ma semplicemente 
munito di un segno di croce convalidato da 
testimoni) (n. 28). 

ESECUZIONE FISCALE 

T. U. 1910. -Se sia viziata da illegittimit� costituzionale 
la disposizione contenuta nel T. U. 14 aprile 
1910, n. 639, che d� facolt� all'Intendenza di Finanza 
di emettere ingiunzione a pagamento a carico dei cittadini 
(n. 40). 
ESECUZIONE FORZATA 

PROCEDURA DEL T. U. 1910 SULLA RISCOSSIONE DELLE 
ENTRATE PATRIMONIALI. -I) Se nelle procedure esecutive 
a sensi della legge 14 aprile 1910, n. 639 sulla riscossione 
delle entrate patrimoniali dello Stato, le attribuzioni 
del Segretario comunale siano solo limitate all'assistenza 
alle operazioni di vendita ed al relativo verbale, 
nonch� al rinnovo dell'incanto, ove il primo sia andato 
deserto, spettando all'Amministrazione procedente ogni 
altro incombente relativo aila procedura esecutiva (n. 19). 

SEQUESTRI E PIGNORAMENTI PRESSO LE AMMINISTRAZIONI. 
-Il) Se alle dichiarazioni di terzo, che dalle 
Amministrazioni dello Stato si debbono rendere per 
pignoramenti o sequestri presso di esse, debbano provvedervi 
le competenti Avvocature Distrettuali. dello Stato 

(n. 20). 
VENDITA MOBILIARE. -Ili) Se la norma dell'art. 536 

c. p. c., riguardante i poteri di chi � incaricato della vendita 
mobiliare, sia applicabile al procedimento esecutivo 
amministrativo previsto dalla legge 14 aprile 1910, n. 639 
(n. 21). I 
ESPROPRIAZIONE PER P. U. 

PIANI DI RICOSTRUZIONE. -I) Se quando lo Stato si 
sostituisce ai Comuni nella esecuzione dei piani di ricostruzione, 
le espropriazioni possano essere ab initio chieste 
ed espletate per conto e nel nome del Comune (n. 144). 

DETERMINAZIONE INDENNIT� -NOTIFICA. -Il) Se 

� 

l'ordinanza con la quale il Prefetto determina l'indennit� 
e ne ordina il deposito presso la Cassa DD. PP., 
nonch� il decreto di espropriazione debbano essere notificati 
agli espropriandi a mezzo di utp.ciale giudiziario 
(art. 9 legge 27 ottobre 1951, n. 1402; art. 51 legge 25 
giugno 1865, n. 2359) (n. 144). � 

FALLIMENTO 

SOCIET� CINEMATOGnAFICA. -Se il giudice delegato 
al fallimento di una societ� cinematografica possa ordinare 
all'Amministrazione di versare alla curatela e non 
ai cessionari iscritti prima del falliillento 1'4uporto dei 
premi .e dei contributi disposti per la produzione di un 
film (n. 39). 

FERROVIE 

GESTIONE LA PROVVIDA. -I) Se la Gestione Viveri 
" La Provvida >> possa beneficiare �della franchigia nella 
trasmissione dei telegrammi di servizio sui fili della rete 
dell'Amministrazione Ferroviaria ed in caso di interruzione 
della medesima sulla rete delle Poste e Telecomunicazioni 
(n. 276). 

PERSONALE FERROVIARIO. -Il) Se il personale ferroviario, 
neWambito delle rispettive attribuzioni, abbia 
l'obbligo di accertare le infrazioni al Regolamento di 
Pol'.zia ferroviaria (n. 277). 

III) Se debba riconoscersi al suddetto personale nel 
disimpegno di tale attivit�, la qualifica di Ufficiale o 
Agente di Polizia ferroviaria (n. 277). 

IV) Se detto personale sia abilitato ad eseguire legittimamente 
il sequestro del corpo di reato ai sensi dell'art. 
44 delle Istruzioni per l'accertamento alle infrazioni 
alla Polizia Ferroviaria (n. 277). 

TRASPORTO DI PERSONE. -V) Se, ai sensi dell'art. 1, 
paragr. 3, delle CC.TT. FF.SS., e dell'art. 28, paragr. 1, 
C.l.V., sia legittima la richiesta di un viaggiatore diretta 
ad ottenere un indennizzo in seguito al ritiro (con conseguente 
mancato uso per tutt~ o parte del viaggio) di 
una carrozza in servizio diretto internazionale (n. 278). 

IMPIEGO PUBBLICO 

DECISIONE CONSIGLIO DI STATO. -I) Se la decisione 
del Consiglio di Stato, che accoglie il ricorso avverso 
il provvedimento che interpreta restrittivamente una 
norma sul trattamento economico di una categoria di 
pubblici impiegati, estende gli effetti rispetto agli altri 
interessati che non ebbero a proporre tempestivi reclami, 
di modo che l'Amministrazione debba provvedere alla 
automatica revisione degli stipendi arretrati di tutto il 
personale di quella categoria (n. 471). 

IMPIEGATO STATALE -DESTITUZIONE. -Il) Se la 
destituz.ione ope legis prevista dall'art. 66 lett. a) del 

R. D. 30 ottobre 1923, n. 2960, in relazione all'art. 144 
pel D. P. R. 11 gennaio 1956, n. 17; possa essere applicata 
anche nel caso di reato tentato (nella specie concussione) 
(n. 472). 
IMPIEGATO STATALE -IRREPERIBILIT� -III) Se, in 
mancanza o nella inerzia di privati, comwque interessati 
alla successione del cittadino divenuto irreperibile 
1 er fatto di guerra, il procedimento per la dichiarazione 
di morte presunta possa essere promosso dalla Pubblica 
Amministrazione presso la quale tale cittadino era impiegato 
(n. 473). 

ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO. -IV} Quali Ii1 
siano, ai sensi dell'art. 18 della legge 26 agosto 1950, J 

n. 860, le retribuzioni spettanti alle impiegate dell'Isti-I 
tuto Poligrafico dello Stato per il periodo di assenza I 
per parto (n. 474). j 
! 


-133 


MORTE DI I:MPilllGATO. --V) Se, ai sensi dell'art. 44 
del T. U. 30 ottobre 1933, n. 1611, l'Avvocatura dello 
Stato possa assumere la difesa degli aventi causa di� un 
impiegato della Amministrazione danneggiati dalla morte 
di questi avvenuta per opera di un terzo, imputato di 
omicidio colposo (n. 475). 

IMPORTAZIONE -ESPORTAZIONE 

I.G.E. -EsENZIONT. -Quale sia, ai sensi dell'art. 21 
della legge organica sull'I.G.E. 19 giugno 1940, n. 762 
il trattamento tributario da applicare alle forniture delle 
provviste di bordo ed alla somministrazione del vitt.o 
(panatiche) relativamente ai rifornimenti di navi (n. 16). 
IMPOSTA GENERALE SULL'ENTRATA 

ESENZIONI. -i) Se le Casse Provinciali Malattie che 
all'atto della stipulazione di un contratto di appalto funzionavano 
come centri autonomi, possano fruire dei particolari 
benefici fiscali riconosciuti all'I.N.A.M. con l'articolo 
35 della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (n. 75). 

II) Quale sia, ai sensi dell'art. 21 della legge organica 
s~ll'I.G.E. 19 giugno 1940, n. 762, il trattamento tributario 
da applicare alle forniture delle provviste di bordo 
ed alla somministrazione del vitto (panatiche) relativamente 
ai rifornimenti di navi (n. 76). 

INFRAZIONI. -III) Se, nel caso di I.G.E. irregolarmente 
corrisposta, l'Amministrazione debba limitarsi ad 
applicare la pena pecuniaria di cui all'art. 37 della legge 
19 giugno 1940, n. 762 o debba richiedere che l'I.G.E. 
gi� corrisposta dall'opponente sia nuovamente pagata 

(n. 77). 
RIMBORSO. -IV) Da che giorno decorra il termine 
pr�visto dall'art. 47 della legge 19 giugno 1940, n. 762, 
nei casi in cui l'I.G.E. sia stata pagata mediante ritenuta 
su ordinativi di pagamento (n. 78). 

IMPOSTE E TASSE 

IMPOSTA STRAORDINARIA PROGRESSIVA SUL PATRIMONIO. 
-I) In quali casi, ai sensi dell'art. 50 della legge 
tributaria sulle successioni, l'import.o complessivo dell'imposta 
straordinaria progressiva sul patrimonio possa 
essere ammesso per intero in deduzione dell'attivo ereditario 
(n. 304). 

IMPOSTA SULLE OBBLIGAZIONI. -II) Se siano esenti 
dall'imposta del 5 per mille sulle obbligazioni, istituita 
dall art. 17 della legge 6 agosto 1954, n. 603, le obbligazioni 
emesse in seguito ad una operazione di mutuo 
tra l'Amministrazione delle FF. SS. ed il Consorzio di 
Credito per le Opere pubbHche (n. 305). 

IMPOSTE DI ABBONAMENTO. -III) Se sull'imposta in 
abbonamento dovuta dalla Banca Nazionale del Lavoro 
per il credito peschereccio sia dovuta l'addizionale per 
il fondo di solidariet� nazionale istituito con il D. L. 
27 maggio 1946, n. 619 (n. 306). 

IMPOSTE DI CONSUMO 

ESENZIONI. -Se l'esenzione stabilita dall'art. 29, n. 5 

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LOCAZIONI 

CANONI. -Se l'aumento supplementare di cui all'articolo 
18 della legge n. 253 del 1950 dovuto dal conduttore 
al locatore, che abbia eseguito sull'immobile locato 
importanti ed improrogabili opere di riparazi�ne, debba 
essere corrisposto anche se il canone abbia gi� raggiunto 
il limite mP-ssimo previsto dall'art.. 4 della legge 1� maggio 
1955, n. 368 (n. 106). 

MONOPOLI 

RIABILITAZIONE; -Se la riabilitazione valga a far 
cadere la indegnit�, stabilita dall'art. 55 del R. D. 14 giugno 
1941, n. 577, per il conferimento e .la gestione dei 
magazzini di vendita e delle rivendite di generi di monopolio 
(n. 32). 

NOTAIO 

ONORARI. -I) Se l'atto di assegnazione dell'appartamento 
al socio di una cooperativa edilizia, costituita 
ai sensi e per gli effetti della legge 10 agosto 1950, n. 715, 
debba considerarsi traslat.ivo della propriet� (n. 9). 

II) Se, nella riposta affermativa, al notaio rogante 
spetti l'onorario ridotto previsto dall'art.. 151 del T. U. 
approvato con R. D. 28 aprile 19:\8, n. 1165, e successive 
modificazioni (n. 9). 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 

PRIVILEGI. -Se il privilegio speciale di cui all'art. 50 
del T. U. sulla pesca (R. D..8 ottobre 1931, n. 1604) 
debba esFlere collocato dopo le eventuali ipoteche e nei 
suoi confronti trovi applicazione l'art. 559 cod. nav. 

(n. 36). 
PIANI REGOLATORI 

IMMOBILI DEMANIALI. -Quale sia la procedura da 
seguire nei casi in cui l'Amministrazione militare intenda 
opporsi alla destinazione data da un piano regolatore e 
da successive varianti, ad immobili demaniali, allorch� 
tale destinazione sia lesiva degli int.eressi militari 

(n. 5). 
PIGNORAMENTO 

VENDITA MOBILIARE. -Se la norma dell'art. 536 
C.P.C., riguardante i poteri di chi � incaricato della vendita 
mobiliare; sia applicabile al procedimento esemitivo 
amministrativo previsto dalla legge 14 aprile 1910, n. 639 

(n. 1). 
POSTE E TELEGRAFI 

CORRISPONDENZA FERMO POSTA. -I) Se la corrispondenza 
fermo posta debba essere consegnata agli eredi del 
destinatario che ne abbiano concordemente fatto richiesta 
(n. 68). 

GESTIONE LA PROVVIDA. -II) Se la Gestione .Viveri 
�La Provvida � possa beneficiare della franch�gia nella 
trasmissione dei telegrammi di servizio sui fili della rete 1 

della Amministrazione Ferroviaria ed in caso di inter-f

::.::'i'\:."::;im� �ulla rete delle. PooOO e Teleoo I 

-�� 



-184 -


TRASPORTI POSTALI. -III) Se, ai sensi della legge 
8 gennaio 1952, n. 53, il concessionario dell'autolinea 
pubblica sia tenut,o a sottoscrivere la cartella d'oneri 
per �I trasporto postale sull'intero percorso dell'autolinea, 
anche se rinu zi al canone (n. 70). 

IV) Se possa assumere l'esecuzione del trasporto degli 
effetti postali un'altra impresa concessionaria di autolinee 
pubbliche diversa da quella che sia vincolata dalla 
cartella d'oneri (n. 70). 

TRASPORTI POSTALI MARITTIMI. -V) Se, ai sensi dell'art.. 
87 del Codice Postale e dell'art: 32 della Convenzione 
di Bruxelles 11 luglio 1952, l'Amministrazione 
delle Poste e Telegrafi sia responsabile per la perdita,di 
pacchi postali t,rasportati per via marittima, determinata 
da cause di forza maggiore (n. 71). 

PUBBLICO UFFICIALE 

Se l'Ufficiale rogant.e, autorizzato a ricevere i contratti 
stipulati dalle Amministrazioni dello Stato, sia autorizzato 
a ricevere l'atto con cui un terzo manifesti unilateralmente 
la volont� di donare a favore di un'Amministrazione 
dello Stato (n. 1). 

REGIONI 

LEGGI REGIONALI. -Quale sia la procedura da seguire 
per la promulgazione delle leggi regionali e provinciali 
che siano state solo parzialmente dichiarate illegittime 
in sede di giudizio costituzionale (n. 67). 

REGISTRO 

CONTRATTI STIPULATI CON LO STATO. -I) Se coloro 
i quali contraggono obbligazioni verso lo Stato possano 
ottemperare all'obbligo della prestazione di idonea garanzia 
mediante una cauzione costituita da fideiussione 

(n. 3). 
II) Se debba essere applicata la tassa graduale ovvero 
quella fissa, sulle cauzioni costituite da fideiussione, 
che siano accettate a norma delle disposizioni contenute 
nel R.D.P. 29 luglio 1948, n. 1309 (n. 3). 

RIABILITAZIONE 

Se la riabilitazione valga a. far cadere la indegnit� 
stabilita dall'art. 55 del R. D. 14 giugno 1941, n. 577, 
per il conferimento e la gestione dei magazzini di vendita 
�e delle rivendite di generi di monopolio (n. 2). 

REQUISIZIONI 

REQUISIZIONI ALLEATE. -I) Se il decreto ministeriale 
con il quale era stata liquidata l'indennit� per danni 
derivanti da requisizione operata dalle forze armate 
alleate, possa essere soggetto a revoca per motivi di 
legittimit� (n. 115). 

REQUISIZIONE DI AUTOMEZZI. -Il) Se nel caso di 
perdita totale di automezzi requisiti in uso in territorio 
soggett.o alla sovranit� italiana e distrutti in altro territorio 
ove si erano venuti a trovare a seguito di dispo


sizioni delle autorit� militari la perdita dell'automezzo 
per la corresponsione dell'indennizzo, deve ritenersi avvenuta 
nel territorio in cui avvenne la requisizione ovvero 
nel territorio in cui il danno si � verificato (n. 116). 

SEQUESTRO 

PRESCRlZIO~. -I) Se debbano ritenersi prescritti, 
ai�sensi dell'art. 1, 4� comma, della legge 31 gennaio 1953, 

n. 51, biglietti della Banca d'Italia, cessati di aver corso 
legale, mentre erano sotto sequestro in quanto costituenti 
corpo di reato (n. Il). 
SEQUESTRO CONSERVATIVO. -II) Se la istanza per 
l'autorizzazione al sequestro conservativo previsto dall'art. 
26 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, debba essere 
presentata dall'Avvocatura dello Stato in rappresentanza 
dell'Intendente di Finanza competente ovvero 
dall'Intendente in proprio (n. 12). 

SERVIT� 

SERVIT� MILITARI. -Se ed in quali casi possa procedersi 
ad imposizione di servit� aeronautiche mediante 
manifesto dei Comandi di Zona Aerea Territoriale ai 
sensi del 5� comma dell'art. 4 della legge 20 dicembre 
1932, n. 1849 (n. 23). 

SUCCESSIONI 

TESTAMENTI. -Se, ai sensi dell'art. 29, lett. d) del 
Concordato con la S. Sede sia valido un test.amento istitutivo 
di un "legato pio � redatto in epoca anteriore al 
1865 non scritto n� sottoscritto dal testatore (ma semplicemente 
munito di un segno di croce convalidato da 
testimoni) (Ii.. 56). 

TRASPORTO 

TRASPORTI POSTALI MARITTIMI. -I) Se, ai sensi dell'art. 
87 Codice Postale e dell'art. 32 della Convenzione 
di Bruxelles 11 luglio 1952, l'Amministrazione delle 
Poste e Telegrafi sia responsabile per la perdita di pacchi 
postali trasportati per via marittima, determinata da 
cause di forza maggiore (n. 44). 

TRASPORTO INTERNAZIONALE. -Quali sian�9, ai sensi 
dell'art. 53 della Convenzione Internazionale per il trasporto 
merci, -le disposizioni che devono ritenersi applicabili 
al trasporto delle casse mobili in servizio internazionale 
(n. 45). 

TURISMO 

AGENZIE DI VIAGGIO -RESPONSABILIT�:. -I) Se la 
agenzia che ha organizzato un viaggio collettivo sia 
responsabile dei danni arrecati a chi partecipa al viaggio 
da terzi nell'espletamento di servizi non assunti da essa 
agenzia in proprio (n. 10). 

II) Se il contratto stipulato fra l'agenzia turistica e 
i suoi clienti sia da configurarsi come un contratto atipico 
ovvero abbia la natura di un mandato o commissione 
o mediazione (n. 10). 


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