t.NNO IV -N. 9-10 . . SETTEMBRE-�TTOBRE 1951 

tRASSEGNA MENSILE 


DELL'AVVOCATURA DELLO STATO 


PUBBLICJAZIONE DI SERVIZIO 


LA DELEGAZIONE DI POTEST� LEGISLATIVA AL GOVERNO 
PER L'ATTUAZIONE DELLA RIFORMA FONDIARIA 


Nella legge 12 maggio 1950, n. 230, recante 
provvedimenti per la colonizzazione dell'altopiano 
silano, ~ contenuta una norma (art. 5) la quale 
testualmente dispone: <<Il Governo, per delegazione 
cone'essa con la presente legge, e secondo i principi 
e i criteri direttivi defi,niti dalla legge medesima, 
sentito il parere di una Commissione composta 
di tre senatori e di tre deputati, eletti dalle rispettive 
Camere, provvede, entro il 31 dicembre 1951, 
con decreti aventi valore di legge ordinaria: 

a) all'approvazione dei piani particolareggiati 
di espropriazioni; 
b) alle occupazioni d'urgenza d�i beni sottoposti 
ad espropriazione; 
e) ai trasferimenti dei terreni indicati all'articolo 
3 in favore dell'Opera �. 

In merito a questa norma, che contiene una 
vera e propria delega legislativa, (come ne fa fede 
la formula usata che � quella caratteristica d�lle 
deleghe legislative quali sono regolate dall'art. 76 
della Costituzione), si � aperto un acceso dibattito 
nella dottrina ed infatti, gi� in questa Rassegna 
(1950, pagg. 141, 204) abbiamo, molto sommariamente, 
esaminato i dubbi che sulla legittimit� 
della norma surriferita erano stati sollevati da 
qualche scrittore. 

Recentemente, peraltro, � comparso sulla Rivista 
Amministrativa (1950, pag. 518 e segg.) uno scritto 
del Consigliere di Stato Roehrseenn, il quale tratta 
la questione molto diffusamente, giungendo a conclusioni 
che pienamente condividiamo nella parte 
in cui affermano la impossibilit� di impugnare in 
via giurisdizionale gli atti emanati dal Governo 
in base al citato art. 5, ma la cui esattezza riteniamo 
di dover contestare nella parte in cui affermano 
che l'art. 5 in questione sarebbe incostituzionale. 


Secondo l'A. i decreti legislativi emanati dal 
Governo in forza della disposizione dell'art. 5 della 
legge sopra,citata sarebbero in s� e per s�, nella 
loro reale natura, atti amministriJ,tivi speciali 
perch� �essi hanno un fi,ne concreto pratico e specifi,
co di reg,lizzazione di un pubblico interesse; 
(nella specie, valorizzazione dell'altopiano silano 

o trasformazion� fondiaria ed agraria), cio� un 
interesse che riguarda l'intiera comunit� nazionale�; 
e�i ancora perch� <<sono atti necessari per l'esecuzlone 
d'una legge che, a sua� volta; rientra nella 
orbita del diritto amministrativo,� poich� essa medesima 
tende a soddisfare il cennato interesse 
collettivo �. 

L'esaltazione al piano legislativo di questi atti 
sarebbe, pertanto, puramente formale: l'art. 5 dellt1 
legge Sila non ne ha alterata, n� poteva alterare 
la sostanziale natura, n� i caratteri ontologici: fornia 
di legge contenuto e realt� di atto amministrativo. 


Fermiamoci a questo punto per osservare che 
il giurista, cui appartengono i sopra riassunti 
pensieri ed altri che verranno in seguito riferiti, 
nel far uso di termini cos� vaghi e generici per 
defi,nire la funzione amministrativa (il fine concreto 
pratico e specifi,co di realizzazione di un'interesse 
che riguarda l'intiera comunit� nazionale � 
notazione che pu� normalmente caratterizzare 
tutta quanta la multiforme attivit� dello Stato, 
non solo quella amministrativa) non � incorso 
affatto in un errore od in un l�ipus. � vero, invece, 
che egli si � trovato di fronte alla irresolubilit� 
del problema di defi,nire l'attivit� amministrativa 
(come funzione e come somma di singoli atti) 
f:-i,cendo astrazione da un termine necessario, la 
singola legge (costituzionale od ordinaria) che 
--di volta in volta -attribuisca agli organi 
dell'esecutivo questo o quell'altro potere in questa 
od in quell'altra misura. Ma tener presente questo 
elemento portava a negare la tesi dello <<atto amu1inistrativo 
di diritto naturale� e quindi a capoYolgere 
l'assunto. 

La verit� � che una definizione �per genus pro-
aimum ac per differentiam specificam � dell'attivit� 
amministrativa, defi,nizione che -cio� -non si 
limita ad una approssimativa descrizione empirica 
del contenuto pi� frequente degli atti amministrativi 
(supposti noti aliunde) non pu� essere data se 
11on ricorrendo al decisivo elemento di integrazione 
dell'attribuzione conferita alla Pubblica Amministrazione 
dall'ordinamento giuridico, che � 
Fesecuzione delle singole leggi. Quanto sopra si ._ 
~riferito va completato come segue: <<atti che hanno 
it fi,ne concreto, pratico e specifico di realizzare 
nn pubblico interesse, la cui soddisfazione l'ordinamento 
giuridico demanda agli organi della.Pub




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blica Amministrazione mediante l'applicazione delle 
leggi e degli atti aventi forza di legge�. 

Come si vede, non si � poi troppo lontani dalla 
scolastica � mimifestazione di volont�, ecc. di un 
Organo della Pubblica Amministrazione nell'esercizio 
della funzione amministrativa determinata 
dalle leggi�. Sol facendosi riferimento all'elemento 
delle leggi � possibile differenziare l'attivit� amministrativa 
da quella legislativa, e rendersi conto 
dei limiti e della natura di essa. 

Giacch� la defi,nizione di attivit� amministrativa 
sopra riferita, e che si confuta, va bene per 
tutto: il codice penale, il lodo De Gasperi, l'esecuzione 
d'un prestito e la concessione d'un pubblico 
servizio. Non esiste attivit� dello Stato senza riferimento 
all'attualit� politica e sociale, attivit� cio�-
che non sia concreta. Non esiste attivit� 
dello Stato che sia puramente teoretica o conoscitiva, 
e che cio� non sia pratica. E, per quanto 
riguarda la << specifi.cit� n, si vorr� dire che un� regolamento 
comunale non appartenga alla categoria 
degli atti amministrativi, unicamente. perch� le 
prescrizioni che esso contiene sono di carattere 
generale! 

L'atto amministrativo � funzione della legge 

ed in questa funzionalit� soltanto pu� defi.nirsi. � 

condizionato dalla legge e non pu� condizionarla. 

Rivendicare una autonomia categorica della atti


vit� amministrativa rispetto a quella legislativa 

(e meno che mai una dipendenza concettuale della 

seconda di fronte alla prima) � impresa impossibile. 

* * * 

Non trattasi soltanto di �subordinazione con


cettuale di rilevanza esclusivamente dogmatica, 

ma di vero e proprio rapporto di dipendenza fun


zionale ed organico, che dal punto di vista storico 

costituzionale si presenta in una luce veramente 

suggestiva. 

L'idea di una �riserva dell'atto amministrativo JJ 

(analoga al principio della riserva della legge) si 

sarebbe potuto avanzare in regime di Statuto al


bertino sopra una base positiva costituita parti, 
colarmente dagli articoli 5 e 6 di quel testo: al 
Re solo appartiene il potere esecutivo, il Re fa 
i decreti ed i regolamenti necessari per l'esecuzione 
delle leggi. 

Eppure, anche in presenza di queste affermazioni 

cos� chiare, nessuno pens� mai che una legge 

contenente disposizioni regolamentari, ovvero una 

legge ordinante, p. es., un'espropriazione per pub


blica utilit�, fosse in contrasto con le norme dello 

Statuto. Ci�, non gi� perch� tali leggi si conside


rassero come apportanti un emendamento alla 

Costituzione, allora flessibile, ma perch� s'intese 

che i poteri (del Governo) del Re cominciavano 

esattamente l� dove il legislatore aveva terminato 

di disporre e di ordinare. 

Dai notare, ancora, che il testo statutario del 

1848 confi.gurava un sistema costituzionale puro: 

dove, cio�, il Governo si assumeva giuridicamente 

e politicamente autonomo e nettamente separato 

dal Parlamento, restando legato solo alla fi,ducia 

del Sovrano. 

Nel vigente sistema costituzionale manca, invece, 
qualsiasi norma che direttamente od indirettamente 
ripeta gli articoli 5 e 6 dello Statuto albertino, 
mentre l'art. 94 della Costituzione instaura 
un vero e proprio rapporto giuridico costituzionale 
di dipendenza del Governo dal Parlamento. 

Insostenibile il principio della riserva dell'atto 
amministrativo di fronte a1lo Statuto, esso risulta 
pertanto ancora pi� insostenibile di fronte alla 
vigente Costituzione della Repubblica. 

* * * 

Dopo siffatta premessa, la tesi che forma oggetto 
di esame si snoda in due successivi anelli: 
la impossibilit� che il legislativo deleghi all'esecutivo 
una attribuzione che esso stesso non ha (e 
cio� quella di emettere atti amministrativi) e la 
impossibilit� che l'esecutivo riceva in via di delega 
un potere che esso stesso gi� -potenzialmente 
od attualmente non rileva -possiede primariamente 
ed istituzionalmente: il potere di ordinare 
espropriazioni ed occupazioni. 

Da qui l'asserita incostituzionalit� dell'art. 5 
della legge 12 maggio 1950, n. 230, e dei decreti 
legislativi di espropriazione emanati in esecuzione 
della legge predetta. 

Tali conseguenze sono sin troppo evidenti, se � 
vera la premessa che esista una sfera di �atti o 
tipicamente amministrativi >J preclusa al legislatore 
e di originaria, esclusiva ed inderogabile 
apportenenza dell'amministratore. Ma esse si manifestano, 
con altrettanta evidenza, prive di signifi.
cato giuridico se � vero -come si ritiene ormai 
sufficientemente dimostrato -che la legge � la 
misura delle attribuzioni dell'amministratore esecutore, 
il fondamento (e non solo il limite) delle 
sue potest�, la fonte delle sue funzioni. 

Ci� va, senz'altro, tenuto per fermo in linea 
di principio. Ma val la pena -anche in considerazione 
dell'importanza dottrinaria dell'assunto in 
istudio -esaminare i particolari della questione. 

* * * 

La teoria del TOSATO (Le leggi di delegazione, 
Padova, 1931), che si cita in questa trama di ragionamento, 
e per la quale � necessario avvertire che 
essa � in contrasto con le vedute di autorevolissimi 
Maestri del� diritto (ci si limita a ricordare 
MAYER, RANELLETTI, e lo stesso CAMMEO), si riduce, 
in sostanza, e per quel che interessa nella 
attuale discussione alle seguenti proposizioni (l. 
cit. pag. 33 seg.); non pu� ammettersi una delegazione 
di carattere puramente formale, e cio� 
non pu� ammettersi che per via di legge di delega 
il legislatore conferisca ad un diverso Organo dello 
Stato il potere di emanare atti che -senza avere 
natura legislativa, o, pi� esattamente, senza rientrare 
nell'ambito della competenza del l�gisTa-tivo 
-abbiano forza di legge. Non �, infatti, 
il potere legislativo che ha la competenza di emanare 
atti con forza di legge, ma sono, invece, gli 
atti del potere legislativo che hanno forza di legge. 

;;;;;;;;;;w :::::&::::::::::::: mm;mxz.:: 



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In altre parole perch� si abbia una vera e propria 
delegazione legislativa non basta soltanto 
che il legislatore dica all'Organo statale designato 
(ed ai terzi): <<l'atto che tu emanerai avr� forza 
di legge �. Occorre invece che l'atto emanando 
sia fra quelli che possono, in difetto della delega, 
essere compiuti dallostesso potere legislativo. 

Con ci� -avverte testualmente TOSATO (l. cit. 
pag. 36) non si esclude il fatto che taluni atti emanati 
da organi diversi dal potere legislativo e per 
volont� di quest'ultimo assumano talora forza di 
legge: si esclude soltanto che la forza di legge sia 
oggetto di delegazione da parte del potere considerato. 


* * * 

Sulla base della suesposta teoria (vedremo, poi, 
se e sino a che punto essa sia d'attualit�), occorre 
vedere nel caso attuale se il disporre con legge 
una espropriazione per pubblica utilit� rientri o 
non rientri nella competenza del potere legislativo. 

E poich� per la funzione legislativa � lecito 
ripetere quanto dai privatisti si dice per la propriet�, 
e cio� che essa pu� definirsi soltanto dai 
suoi limiti, bisogna stabilire se nel vigente sistema 
costituzionale esista, esplicito od implicito, un 
divieto analogo a quello delle XII tavole: <<privilegia 
ne inroganto �. 

Crediamo di potere dimostrare e provare che 
secondo la Costituzione attuale la lex generalis e 
la lex in privos lata sono esattamente sullo stesso 
piano, che -cio� -la competenza del legislatore 
include tanto la facolt� di emanare discipline 
generali ed astratte, quanto il potere di dettare 
comandi singoli ed individuali; che pertanto 
un comando di questa seconda specie � veramente 
e sostanzialmente legislativo, e la del�gazione ad 
emanarlo conferita ad altro Organo non � affatto 
meramente formale, ma propriamente materiale. 
;w Si rileggano a tal fine gli articoli 21, penultimo 
comma e 43 della Costituzione della Repubblica: 


21: �La legge pu� stabilire, con norme di carattere 
generale, che siano resi noti i mezzi 
di finanziamento della stampa periodica �. 
43: <<A. fini di utilit� generale la legge pu� 
riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione 
e salvo indennizzo, allo Stato ad enti 
pubblici o a comunit� di lavoratori o di utenti 
determinate imprese o categorie di imprese ... >>. 

Quale il significato della coesistenza di queste 
due norme nello stesso corpus, se� non che il costituente 
ha considerato la legge tanto idonea a dar 
vita a '{lrecetti generfl.li, quanto capace di regolare 
situazioni individuaM E che nel caso della pubblicit� 
dei mezzi di finanziamento della stampa 
periodica, ner evitare il costituirsi di privilegi 
odiosi a c>trico di singoli giornali, '{ll'ivilegi ritenuti 
politicamente sconsigliabili, ha imposta la disciplina 
generale; mentre nel caso di socializzazione 

o di nazionalizzazione di imprese, al fine di determinare 
l'adesione ni� perfetta alla variet� di condizioni 
che la realt� economica -presenta, ha voluto 
il comando individuale e s-pecifico~ 
Nello snirito della Costituzione tra precetto 
generale ed astratto e comando individuale, at


tuale e specifico non corre un rapporto n� di principio 
a deroga, n� di regola ad eccezione. Il legislatore 
� egualmente competente, a condizioni di 
parit�, ad emanare l'uno e l'altro: e l'uno e l'altro 
comando sono veramente e propriament� leggi. 

Come, del resto, argomentare. un divi!)tQ di 
emanare disposizioni << in singulos ))' quando � 
proprio la stessa Costituzione a dettare precetti 
di questo tipo~ Quel che vale per la norma legislativa 
ordinaria dovrebbe <<a fortiori>> valere per 
la norma costituzionale. Ma di << leges in privos 
latae)) la Costituzione ne contiene almeno una: 
la XIII Disposizione transitoria, per quel che 
attiene alla incapacit� dei membri di Casa Savoia 
e -pi� ancora -alla avocazione allo Stato 
dei beni dei medesimi! 

Con quanto precede crediamo di aver raggiunta 
la dimostrazione che, pur adottandosi le vedute 
del TOSATO, la delega legislativa di cui all'art. 5 
della legge Sila � costituzionalmente ortodossa. 

* * * 

Il fatto � che, per�, la nostra Costituzione in 
fatto di deleghe legislative ha delle vedute ben 
pi� ampie che non quelle dell'illustre costituzionalista 
test� citato. 

Le leggi di delegazione sono, infatti, considerate 
da due diversi articoli della Carta costituzionale: 
gli articoli 76 e 77. 

E se per il primo ben pu� dirsi che esso considera 
'la delegazione materiale (la delegazione Tosato 
per intenderci), per il secondo � da tenere 
altro discorso. 

Qui l'effettivo contenuto della volont� del Governo, 
e pertanto dell'atto destinato ad acquistare 
valore di legge, non viene minimamente in questione: 
la lettera della norma costituzionale considerando 
unicamente la forma del provvedimento 
mediante l'espressione<< decreto))' che -come ben 
si sa -serve sino ad un certo punto a determinare 
la provenienza soggettiva di un atto dagli 
Organi del potere esecutivo, ma non vale a specificare 
la portata e la qualificazione oggettiva di 
esso. In particolare, con << decreto >> tanto bene si 
denomina l'atto amministrativo quanto l'atto 
materialmente legislativo. 

La verit� � quella che le parole usate dalla 

Costituzione, il loro ordine e la loro connessione, 

la visione concr'eta della operazione giuridica pre


vista nell'art.. 77, conclamano. La �forza di legge))' 

il << valore di legge ordinaria ))' sono qui considerate 

come qualche cosa di esterno e di adiettizio al 

provvedimento: una qualit� acquisibile per voto 

del Parlamento da qualsiasi atto che sia posto 

in essere dal Governo. 

In sostanza, se si vuole dare una spiegazione 

razionale alla coesistenza nella Carta costituzio


nale degli articoli 76 e 77 primo comma, se -in 

altri termini -si vuole evitare di pervenire alla 

conclusione, per altro verso non giusti:~�cabile, 

che l'art. 77, primo comma, � una pleonastica _ 

ripetizione dell'art. 76 e che esso pertanto non 

deve essere letto dall'interprete, � forza dire che 

la Costituzione della Repubblica ha accolta la 

teoria opposta a quella sostenuta dal Tosato., de 



-..---1 


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ha espressamente regolata la possibilit� della delegazione 
meramente formale. 

In altri termini, per usare le parole del MAYER, 
Ja �forza di legge n nell'ordinamento costituzionale 
italiano rappresenta il grado di intensit� di volere 
assegnato al potere legislativo, grado essenzialmente 
superiore a quello attribuito agli altri 
Organi in cui si articola la sovranit� dello Stato 
(cfr. TOSATO, op. cit., pag. 35 e nota 1). La �forza 
di legge n si considera, cos�, come un potere -categoricamente 
individuato -di competenza propria 
degli Organi del legislativo, che questi possono 
delegare (consentendolo l'ordinamento positivo) ad 
Organi diversi, la cui volont� sia �ab origine n 
meno efficace e destinata ad operare �d un livello 
inferiore. In tal modo ha luogo una supervalutazione 
degli effetti dell'atto: questi saranno quelli 

di una legge. 

Storicamente ci� sembra dimostrabile proprio 
sulla base di quella supremazia, non solo politica, 
ma veramente giuridico-costituzionale, che nel nostro 
diritto il Parlamento ha .nei confronti del 
Governo, ed alla quale si � gi� fatto cenno. Se � 
vero questo rapporto di dipedenza organico-funzionale, 
� facilmente inducibile che nello spirito 
del Costituente ci� -sia stato come una prevalenza 
qualitativa deJla volont� del legislatore su quella 
dell'esecutivo (quel che comunemente si dice del 
Parlamento �sovrano n). Ed una volta che si discorre 
di preponderanza di volont�, gi� si � in pieno 
nella dottrina della delega meramente formale. 

Ma, con la dottrina di Mayer, di Ranelletti e 

di Cammeo, la questione del contenuto dell'atto 

delegato si trova ad essere istantaneamente e 

completamente svalutata. Non ha pi�i, infatti, 

importanza di sorta l'esaminare se l'atto delegato 

abbia contenuto di atto legislativo o di atto ammi


nistrativo, una volta che la cc vis ac potestas legis >> 

(non sindacabilit� e modificabilit� solo per legge) 

pu� essere applicata a qualunque atto del Gover


no, con un voto di valore esclusivamente formale. 

* * * 

E non � neppure il caso di discorrere come fa 

il Roherssen di atti emanati, se non in violazione, 

in elusione dell'art. 113 della Costituzione. Il legisla


tore ordinario, per frustrare il normale sindacato 

di legittimit� �negli atti amministrativi, avrebbe 

rivestito questi decreti del fittizio abito della legge. 

Insomma, rileva qui il fine per cui il legislatore 

ha agito. E la considerazione di questo fine rende 

condannabile l'atto, ancorch� emanato in termini 

di regolarit� formale. 

Va senz'altro osservato che, almeno sul piano 

del diritto (che � poi l'unico sul quale possono 

porsi le argomentazioni presenti) non � consentita 

una siffatta apertura di ragionamento. L'cc eccesso 

di potere legislativo n -con tutto il riguardo 

alle opinioni professate dal 0ALAMANDREI -� 

nozione politica e non giuridica. Al giurista non �, 

infatti, consentito scrutare la rispondenza della 

legge ad un certo o ad un diverso fine, quando il 

fine -storicaniente inteso -della legge appar


tiene al dominio della politica e non a quello del 

diritto. Giuridicamente, invece, si deve, di necesc 

sit�, rimanere a SUAREZ (De legibus et de De 
legislatore, lib. III, XII e XX), il quale insegnava 
che cc finis legis non cadit sub lege n, giacch� cc finis 
legis est ipsa lex n. . 

Ci�, almeno, sino a quando la Carta costituzionale 
non indirizzi espressamente ad un certo 
fine l'opera del legislatore: se questa finalizzazione 
esista, l'indagine intesa a stabilire se la norma 
della legge eventualmente contrasti al voto della 
Costituzione � sindacato di violazione cc stricto 
sensu � di norma costituzionale, e non figura di 
eccesso di potere. 

Del resto, a voler discendere proprio sul terreno 
di codesto non plausibile sindacato, qual'� il 
compito del giudice di legittimit� degli atti aromi


�nistrativi, nell'esercizio di quel sindacato, che ora 
si lamenta per eluso, se non quello di stabilire 
la conformit� del provvedimento alla volont� del 
legislatore' In altri termini quello di immaginare 
un legislatore . proteso a regolare il singolo 
caso, e paragonare, poi, l'operato dell'esecutore 
a quello che sarebbe stato il provvedimento del 
legislatore, se questi fosse stato al posto del prii:no' 
Ed allora dov'� l'elusione dell'art. 113, quando 
� il legislatore stesso a far propria l'opera del 
Governo' Dov'� l'elusione dell'art. 113, quando, 
per giunta, � il Parlamento stesso ad essere realmente 
ed immanentemente presente nell'emanazione 
del provvedimento <<de quo n, attraverso la 
Commissione di cui all'art. 5 della legge Sila' 

A meno che, con curiosa interversione �di ter~ 
mini, non si muova dalla posizione mentale che 
non i controlli debbano essere istituiti per gli 
atti, ma gli atti per i controlli. Ohe, cio�, soJo 
allora un atto sia legittimo quando esso possa 
essere dichiarato illegittimo. 

Ma nessuno, si ritiene, pu� seriamente far leva 
su cosi� manifesto sofisma. 

* * * 

Esposti i punti di dissenso con il lavoro che si 
esamina, � doveroso esprim�re il consenso con le 
opinioni ivi professate in merito alla attuale impugnabilit� 
degli atti in questione e cio�: � � 

10 non � possibile attualmente assoggettare 
ad un controllo giurisdizionale sostanziale i decreti 
legislativi in questione; 

20 l'impugnazione in via principale e diretta 
� da escludere; � 

30 non � configurabile l'impugnazione in via 
incidentale degli atti in questione, giacch� essi 
sono di per s� oltre che atti costituzionali anche 
atti di esecuzione, n� il fatto materiale dell'esproprio 
pu� formare oggetto di imp�gnativa; 

40 il controllo della stessa futura Carta costituzionale, 
a' sensi dell'art. 134 della Costituzione, 
dovr� essere contenuto in limiti assai circos�critti; 

50 non si possono impugnare questi decreti 
legislativi avanti al Giudice normale, per ottenere 
il rinvio alla Corte costituzionale. Trattasi, 
infatti, di �ricorsi inammissibili in �rito,' eh-e nonpossono 
diventare ammissibili solo perch� intesi a 
provocare la pronuncia del Giudice �ostituzionale. 

LA REDAZIONE 



NOTE D I DOTTRINA 


Crno VITTA : Afti presidenziali e proposte ministeriali 
nella vigente Costituzione. cc Riv. Amministrati 
vaii, 1951, p. 297 segg. 

Il principio della irresponsabilit� del Capo dello 
Stato, sia nelle costituzioni monarchiche sia in 
quelle repubblicane, � collegato all'altro, per cui 
nessun atto del Capo dello Stato � valido se non 
sia controfi,rmato dai ministri proponenti che ne 
assumono la responsabilit�. 

Cosicch� la irresponsabilit� del Capo dello Stato 
viene integrata dalla responsabilit� dei ministri, 
cui si riportano gli atti del Capo dello Stato, che, 
quali atti complessi, secondo la formulazione generalmente 
accolta dalla dottrina, sono attribuiti 
a quel supremo organo solo sotto l'aspetto formale, 
invece, dal punto di vista materiale, sono considerati 
atti dei ministri controfi.rmanti, che ne 
hanno determinato il contenuto. 

Mentre per gli atti del Presidente della Repubblica 
i quali sostanzialmente sono determinati dai 
ministri responsabili non sorge dubbio alcuno sulla 
controfi.rma da parte di questi ultimi, diversa � la 
situazione per taluni atti che sembra costituiscano 
manifestazione di un potere d'iniziativa del Capo 
dello Stato. 

Difatti, per coloro i quali riconoscono che, per 
alcuni atti, il Capo dello Stato possa agire di sua 
iniziativa, rimane da esaminare come possa farsi 
luogo alla controfi,rma di essi nel caso in cui il ministro 
competente non ne condivida il contenuto, 
non potendosi prescindere dalla controfi.rma ministeriale. 


Nell'articolo oggetto della presente recensione, 
il Vitta, dopo aver rilevato cc che non soltanto gli 
atti presidenziali che hanno contenuto giuridico, 
ma ogni altra manifestazione scritta od orale che 
il Presidente compia nell'esercizio delle sue alte 
funzioni, debbono essere emanati col consenso 
ministeriale �, esamina degli atti per i quali la 
necessit� della controfi,rma ministeriale pu� dar 
luogo a dubbi o a difficolt� politiche nella sua applicazione, 
dato che essi si presentano come tipica 
manifestazione d'iniziativa del Capo dello Stato. 

Innanzi tutto egli esamina se l'atto di nomina 
del Presidente del Consiglio dei ministri debba 
essere controfirmato dal Presidente uscente o da 
quello di nuova nomina.1 

La questione, la quale si � agitata nel nostro 
sistema costituziona[e prima delle riforme attuate 
dal regime fascista, si pone tutt'ora, non essendo 

stata dettata alcuna norma al riguardo dalla nuova 
Costituzione. 

Sia l'una che l'altra tesi offre il fi,anco alla critica, 
in quanto, se da una,parte, contro la fi.rma 
del Presidente del Consiglio dimissionario, si osserva 
essere illogico che a quello si faccia assumere 
la responsabilit� per una nomina che prelude ad 
un indirizzo politico che egli assai probabilmente 
non condivide, responsabilit� di cui, peraltro, non 
potr� pi� rispondere di fronte alle Camere, d'altra 
parte, contro la fi,rma del Presidente di nuova nomina, 
sotto il rifl�sso giuridico si rileva che egli 
non pu:� esercitare funzioni inerenti a tale carica 
prima di aver� prestato giuramento e, dal lato 
politico, si afferma che l'arrogarsi da rn stesso 
il titolo ad essere il solo responsabile porta a dare 
una preminenza tale alla fi,gura del Presidente del 
Consiglio dei ministri che male si addice ad un 
sistema parlamentare. 

Fra i due sistemi, i quali presentano entrambi 
manchevolezze, il Vitta propende per il primo, 
che � poi quello seguito in Inghilterra ed in Francia 
e che in Italia � stato osservato fi,no al 1925. 

Sebbene la risoluzione cui accede il Vitta abbia 
il s�:ffragio dell'accennata prassi costituzionale e 
sia condivisa dalla dottrina di gran lunga prevalente 
non ci sembra che essa sia accettabile. 

Ed invero, il principio di fare controfi.rmare la 
nomina del Capo del Governo alla perrnna chiamata 
a coprire tale ufficio, pur non avendo ancora 
essa la veste giuridica di ministro, fu introdotto 
con la legge 24 dicembre 1925, n. 2263, art. 2 comma 
secondo, al fi,ne di evitare il grave inconveniente 
di addossare la responsabilit� a chi non poteva 
pi� rispondere politicamente dell'atto. 

Di conseguenza, nulla disponendo la nuova Costituzione 
circa la persona che dovr� controfi,rmare 
la nomina del Presidente del Consiglio dei ministri, 
� da esaminare in primo luogo se il principio 
sancito dalla citata legge 24 dicembre 1924 sia 
tutt'ora in vigore, per non ernere in contrasto con 
la Costituzione, ovvero sia stato impli,pitamente 
abrogato da questa.. 

. Al problema, secondo noi, bisogna dare risposta 

positiva, posto che l'accennata disposizioJ).e, costi


tuzionale s'inquadra perfettamente nei principi_ 

che stanno a base della nuova struttura costitu


zionale dello Stato. 

Non ci sembra esatta, difatti, l'affermazione del 

Vitta, che � condivisa da una larga parte della 

dottrina (in merito cfr. LETTIERI: La controfor'ma 


-158 


degli atti del Presidente della Repubblica, Roma, 
1951, p. 87 e segg), secondo cui tale disposizione 
sarebbe in contrasto con il regime parlamentare 
per il fatto di dare preminenza alla fi,gura del Presidente 
del Consiglio dei ministri, poich� la controfirma 
non equivale a proposta della nomina, ma 
indica solamente assunzione di responsabilit� per 
l'indirizzo politico che sar� attuato da quel Presidente 
con il concorso degli altri ministri. 

Ritenendo vigente la disposizione in esame si 
supera anche, come � intuitivo, l'ostacolo giuridico 
che si rinviene nel fatto di fare apporre la controflrma 
al subentrante prima che egli possa esercitare 
le sue funzioni, in quanto tale disposizione si 
pone come eccezione al principio generale del non 
esercizio di funzioni prima del giuramento. 

Una conferma della compatibilit� della disposizione 
in esame con i principi del regime parlamentare 
pu� trarsi dal fatto che, nel recente periodo 
costituzionale transitorio, in cui manifestamente 
si volle attuare un ritorno al regime parlamentare 
sia pure nei limiti consentiti dalla mancanza di 
alcuni organi rappresentativi, si ritenne vigente 
tale disposizione essendo stati controfirmati i decreti 
di nomina del Presidente del Consiglio Bonomi, 
Parri e De Gasperi dai rispettivi interessati. 


Non � dato, invece, stabilire se anche dopo la 
entrata in vigore della nuova Cost:ltuzione abbia 
voluto seguirsi lo stesso sistema, in quanto la contronrma 
dei due decreti di nomina del Presidente 
del Consiglio De Gasperi, che fu effettuata ~da 
questi, non indica se l'intervento debba attribuir~i 
al Presidente dimissionario ovvero a quello suben


_ 
trante. essendo identica la persona nelle due funzioni. 


Anche la contronrma dell'atto di scioglimento 
delle Camere � oggetto di particolare esame da 
parte dell' A. 

Lo scioglimento delle Camere pu� avvenire per 
una delle tre seguenti cause: 
1� perch� le Camere non funzionino regolarmente; 


2� perch�, pur funzionando con regolarit�, si 
ritenga che i loro atti non corrispondano pi� all'orientamento 
politico del paese; 

30 perch� il Capo dello Stato ritenga che l'orientamento 
politico del paese, pur non essendo in 
contrasto con l'indirizzo politico segu�to dalle Camere, 
sia pregiudizievole ai supremi interessi della 
Nazione e, quindi, si renda necessario richiamare 
il popolo ad una nuova manifestazione della sua 
volont�. 

Mentr~ la prima ipotesi non d� luogo a dubbi 
quanto alla controfuma, dato che il Capo dello 
Stato trover� consenziente il Governo allo scioglimento 
delle Camere, se non � stato sollecitato 
addirittura da esso, diversamente avviene negli 
altri due casi, nei quali il Governo molto facilmente 
dissentir� dallo scioglimento delle Camere 
di cui gode la nducia. 

Qualora ci� si veriflchi, ritiene il Vitta che i ministri, 
i quali non intendano assumersi la responsabilit� 
di controfumare l'atto di scioglimento, 
<<dovranno essere persuasi a dare le proprie di


missioni ed il Presidente della Repubblica proceder� 
alla nomina di un gabinetto d'affari, incaricato 
di indire le elezioni �. 

Con analoghi argomenti l'A. conclude per la 
controfirma del veto sospensivo alla promulgazione 
delle leggi da parte del Presidente della Repubblica. 


Pur convenendo con il Vitta che, sia .l'atto di 
scioglimento delle Camere sia quello del veto sospensivo 
alla promulgazione delle leggi, debbano 
essere contronrmati dai Ministri responsabili, non 
condividiamo, invece, l'idea che, in caso di dissenso 
con il Governo, il Capo dello �Stato possa 
nominare, qualora il Governo stesso si dimetta, un 
Gabinetto d'affari incaricato d'indire le elezioni. 

Un governo del genere assumerebbe la fi,sionomia 
di quello che viene chiamato gabinetto di lotta e 
che � stato oggetto di contrastanti opinioni, soprattutto 
fra gli studiosi stranieri. 

Avendo riguardo af nostro sistema costituzionale 
un simile Gabinetto potrebbe raggiungere lo 
scopo controfi,rmando l'atto di scioglimento delle 
Camere e quello successivo che ind�ce le elezioni 
prima della sua presentazione al Parlamento per 
ottenere il voto di fi,ducia, essendo presumibile 
che questo voto gli manchi. 

Ma ci� non sembra che sia giuridicamente legittimo 
in quanto, quand'anche si ritenga che la presentazione 
del Gabinetto dinanzi alle Camere ed 
il voto di fi,ducia non costituisca condizione di effi,
cacia della nomina, bens� condizione risolutiva 
di una nomina gi� regolarmente effettuata, rimane 
sempre il fatto che, per una consuetudine che si 
era affermata nel nostro ordinamento costituzionale 
e che tutt'ora deve ritenersi vigente, essendo 
perfettamente aderente ai principi della nuova 
Costituzione, prima della presentazione al Parlamento 
per il voto di fiducia, il Gabinetto pu� svolgere 
solo attivit� di ordinaria amministrazione, 
salvo che si presentino situazioni di particolaTi 
gravit�, nelle quali, ceTt~mente, non va compreso 
lo scioglimento delle Camere, che, per di pi�, costituisce 
lo scopo della formazione del Gabinetto 
d'affari. 

Questo principio, peraltro, � una diretta conseguenza 
dell'altro statuito dall'art. 94 della Costituzione, 
secondo il quale il Governo deve avere 
la fiducia delle Camere. 

Se la fiducia delle Camere investe l'indirizzo 
politico che il Governo intende attuare � logico 
che quest'ultimo non possa svolgere attivit� di 
indirizzo politico, in cui rientra l'atto di scioglimento 
delle Camere, prima di avere ottenuta tale 
fi,ducia. Altrimenti, qualora si riconoscesse la facolt� 
di agire per lo scioglimento delle Camere ad 
un Gabinetto che non ha ancora avuto la fi,ducia 
del Parlamento, si altererebbe l'equilibrio del sistema 
parlamentare e si trasformerebbe l'istituto 
dello scioglimento in mio strumento di dittatura 
presidenziale (in questo senso v. VIRGA: Le crisi e 
le dimissioni del Gabinetto, Milano 1948, p. 60}. 

Anche per quanto riguarda l'atto di nomina di 
cinque giudici dell'Alta Corte di Giustizia e di 
cinque senatori a vita, il Vitta ritiene necessaria 
la controfi,rma ministeriale, pur osse1vando che, 
per i primi, la questione, mmai, pu� dirsi superata 


wm&& 

--159 


per il fatto che nel disegno di legge sulla Corte 
costituzionale � disposto che la nomina di quei 
giudici ha luogo su proposta del Ministero di grazia 
e giustizia. 

Relativamente all'atto di nomina dei cinque 
senatori l'A. osserva che la controfi,rma non postula 
necessariamente la proposta del controfi,rmante, 
dato che �nomina controfi,rmata non � 
sempre equivalente a nomina proposta �. � Vero 
� -aggiunge -che l'art. 89 parla in genere di 
proposta ministeriale, ma pu� ben darsi che con 
ci� esso accenni a id quod plerumque accidit, e si 
riferisca a quei numerosi atti che sono compresi 
nell'elenco degli articoli immediatamente anteriori, 
mentre per altri casi la stessa regola non 
imperi, purch� vi siano buone ragioni per recarvi 
qualche eccezione. Queste ragioni di eccezioni non 
mancano certamente per' le nomine presidenziali 
dei cinque senatori vitalizi e dei cinque giudici 
della Corte costituzionale, per le quali la Costitu-. 
zione sembra indicare chiaramente che si tratta 

di una iniziativa del Presidente: anzi per la nomina 
dei cinque senatori si vede che questa � mera 
facolt�, non obbligo, del Presidente stesso>>. 

Anche quest'opinione dell'illustre A. non ci 
sembra accettabile poich� conduce necessariamente 
alla possibilit� di nominare un governo di lotta, 
che gi� abbiamo criticato. 

Difatti, dal principio secondo il quale il Capo 
dello Stato nell'esercizio del potere in esame agisce 
di sua iniziativa e la controfi.rma dei relativi atti 
da parte del Ministro responsabile non equivale a 
proposta, discende che, qualora il Ministro non 
intenda firmare una nomina che non condivide, il 
Presidente della Repubblica, per attuare il suo 
proposito, potrebbe ricorrere ad un gabinetto di 
lotta, agire cio� in una ma.niera �he. come si � 
detto, non � consentita nel nostro ordinamento 
costituzionale. 

Bisogna, pertanto, concludere che nel nostro 
sistema costituzionale l'iniziativa del Capo dello 
Stato pu� assumere solo rilevanza politica, provocando 
cio� l'assentimento dei ministri responsabili 
in merito agli atti che egli intende adottare 
(iniziativa questa che indubbiamente pu� essere 
fruttuosa quando sia esercitata da persona di largo 
prestigio personale), mentre dal punto di vista 
giuridico l'azione di quell'organo costituzionale 
non pu� che manifestarsi in relazione alle proposte 

o comunque con l'assentimento del Governo, che 
ne assume la responsabilit�. 
(C. C.) 
GINO VITTA : Competenza giudiziaria su diniego di 
potere discrezionale in atti amministrativi. �Giur. 
It. �, 1951, I, 1, 519. 

In questa nota alla-sentenza delle Sezioni Unite 
4 luglio 1949, n. 1657, l'egregio A. svolge delle 
interessanti osservazioni sui limiti della competenza 
giudiziaria in tema di sindacato su atti ammin1strativi 
discrezionali. Riconosciuti esatti i 
principi affermati dalla sentenza -secondo i 
quali� il cittadino resta titolare di un diritto subbiettivo 
anche di fronte aill' Amministrazione pub


blica fi,nch� questa non abbia il potere di sopprimerlo 
o limitarlo, e quindi l'accertare l'esistenza 
di quel diritto rientra nella competenza dei Tribunali 
ordinari -, l'A. passa a considerare i casi nei 
quali il diritto subbiettivo perm�linga, malgrado 
qualche atto o fatto che appaia proveniente dalla 
Pubblica Amministrazione intenda limitarlo; e 
cio� i casi nei quali l'atto abbia solo la parvenza, 
ma non la sostanza di atto amministrativo, o meglio 
sia un atto radicalmente nullo o, secondo alcuni, 
inesistente. 

L'indagine venne �prima rivolta all'elemento 
soggettivo, e cio� all'agente che deve porre in essere 
l'atto, ritenendosi idoneo a produrre effetti 
giuridici l'atto che emani da una Autorit� amministrativa, 
anche se l'investitura nell'ufficio sia 
per qualche motivo viziata, e improduttivo di ef-. 
fetti l'atto che sia stato posto in essere da un privato 
che non abbia ottenuto l'investitura, ovvero 
da un funzionario che apparte�ga ad un ramo del1'
Amministrazione pubblica del tutto diverso da 
quello che avrebbe dovuto emanare l'atto. Trattasi 
in questa ultima ipotesi di un caso di incompetenza 
assoluta che potrebbe ravvisarsi allorch� 
i limiti della sfera di attribuzioni dell'organo siano 
stati violati in modo cosi grave che il vizio sia 
accertabile ictu oculi, senza necessit� di indagini 
approfondite. 

Un altro caso di ine~istenza si ha quando all'atto 
il funzionario sia stato costretto da una violenza 
assoluta che impedisca la libera manifestazione 
volitiva. Ogni atto �, infatti, estrinsecazione 
di un comportamento volontario. 

Altri vizi possono riguardare l'oggetto o il contenuto, 
e si verificano quando l'uno non � determinato 
e l'altro sia impossibile ad eseguirsi o 
concerna una azione delittuosa. 

L'atto pu� ritenersi inesistente anche quand� 
non abbia la forma scritta, che sia richiesta dalla 
legge ad substantiam. 

Il vizio della causa non determina mai la inesistenza, 
ma solo l'annullabilit�, risolvendosi esso 
nel vizio di eccesso di potere, nel quale vengono 
compresi anche i casi in cui la causa manchi o sia 
addirittura illecita. 

Enunciati questi casi di atto amministrativo 
apparente, ma improduttivo di effetti giuridici, 
l'A. passa a risolvere la questione se e chi debba 
giudicarne. Secondo la sentenza annotata la competenza 
spetta al giudice ordinario, perch� non 
solo manca l'esercizio di un potere discrezionale, 
ma assolutamente l'esercizio di una qualsiasi pubblica 
funzione idonea a limitare il diritto individuale. 


Questa conclusione che potrebbe apparire indiscutibile, 
� stata invece contrastata dalla stessa 
giurisprudenza, perch�, portata la questione innanzi 
al Consiglio di Stato, questo talvolta ha ritenuto 
la impugnabilit� dell'atto, soggiungendo 
che la impugnazione non fosse soggetta aWordinario 
termine di decadenza, talvolta ha ritenuto 
inammissibile il ricorso, mentre la dottrina, con 
diversa giustifi,cazione, non ha mai negato la competenza 
del giudice ordinario. Il Redenti, per 
es., ha espresso l'avviso che nei casi di inesistenza 
dell'atto il giudice amministrativo 11011 ha il po



rn= u 00 &. 3;;; rn= u 00 &. 3;;; 
-160 


tere di decidere. Il potere di annullamento per illegittimit� 
spettante al Consiglio di Stato ha, infatti 
-secondo il Redenti -carattere costitutivo 
in quanto annulla un atto fi,no ad allora produttivo 
di effetti, e non pu� comprendere anche il diverso 
potere di mero accertamento della inesistenza o 
nullit� assoluta dell'atto, perch� codesto accertamento 
ha carattere dichiarativo. 

A questa conclusione aderisce il Vitta, sebbene 
con diverso ragionamento. La giurisdizione amministrativa, 
secondo il V., ha competenza solo su 
atti amministrativi, mentre ne� casi sovraccennati 
non siamo in presenza di atti della Pubblica Amministrazione, 
ma solo di� atti apparentemente amministrativi. 
Orbene, se non vi � un atto della 
Pubblica Amministrazione, il diritto del cittadino 
resta tale, non si affievolisce a interesse legittimo, 
e su di esso ferma rimane la competenza del giudice 
ordinario. 

A questi casi di inesistenza il V. aggiunge gli 
altri nei quali manca una pronuncia di giudizio di 
volont�, e si ha solo un fatto materiale dell'Ammi~ 
nistrazione Pubblica, non appoggiato ad alcun 
titolo. I tribunali ordinari dovrebbero dichiarare 
come illeciti codesti fatti materiali e limitarsi ad 
aggiudicare i danni, tranne quando l'Amministrazione 
regolarizzi, con effetto ex nunc, la suaposizione 
emanando una formale pronuncia. 

Il titolo pu� mancare anche se esso viene riferito 
all'oggetto, attribuendo talvolta la legge il potere 
di prendere certi provvedimenti solo su alcuni oggetti 
e non su altri, come, per es., l'espropriazione 
pu� esgere limitata solo ad alcuni beni enumerati 
in apposito elenc�; onde la espropriazione adottata 
su beni diversi non costituisce titolo legittimo per 
sorreggere la pretesa dell'Amministrazione Pubblica. 


Dopo questi rilievi che riguardano la limitazione 
del diritto di propriet�, I'A. ricorda gli altri 
limiti che possono essere imposti ad altri diriW 
dei cittadini, �ome per es., l'incolumit�, la libert� 
personale, la inviolabilit� di domicilio. Pure essendo 
possibile che in qualche caso tali diritti vengano 
in contrasto col pubblico interesse, il cittadino 
� sempre garentito dal fatto che il potere di 
limitarli � riservato esclusivamente all'a.g.o., essendo 
ammesso solo in ipotesi eccezionali l'intervento 
del funzionario amministrativo che resta 
per� sotto il controllo del giudice ordinario. 

Identico ragionamento vale anche per il sequestro 
di stampati non periodici che pu� avvenire 
solo con atto motivato dell'a.g.o., mentre per 
quelli periodici � consentito in alcune evenienze 
il sequestro da parte di ufficiali di polizia giudiziaria 
con l'obbligo di denuncia entro le 24 ore 
al giudice ordinario. 

Venunciazione ora svolta dei casi di inesistenza 
dt;Jll'atto amministrativo, anche se pu� apparire 
praticamente esatta, non offre tuttavia la possibilit� 
di affermare un principio generale che valga 
ad individuare i limiti di esistenza dell'atto amministrativo, 
al di l� dei quali possa riconoscersi la 
con:ipetenza del giudice ordinario. Non sembra, 
infatti, ��_a potersi accettare la tesi del Vitta secondo 
la qua,le l'atto deve ritenersi inesistente 
q�~~ndo sia affetto da un vizio macroscopico che 

si rilevi ictu oculi, senza necessit� di indagini a11-� 
profondite. N� sembra che il criterio per la individuazione 
di quei limiti possa essere diverso a seconda 
che l'atto sia discrezionale o vincolato, pur 
non potendosi discono~cere che . nell'ipotesi della 
discrezionalit� l'indagine � pi� delicata e complessa. 


Inoltre, in qualche caso citate dal Vitta si deve 
invece riconoscere che un atto amministrativo 
possa esistere. Si pu� ricordare l'esempio dell'atto 
che un privato, sprovvisto di legittima investitura., 
compie nella esplicazione, di una funzione amministrativa. 
In tal caso il cittadino pu� essere qualificato 
all'esercizio dell'attivit� pubblica (anche 
se non sia stato legittimamente investito) dalla 
necessit� di svolgere una attivit� che rivesta carattere 
essenziale ed indifferibile. 

Il fenomeno della funzione di fatto, invero, ricorre 
sia quando l'investitura nell'ufficio sia per 
qualche motivo viziata, sia quando essa non esiste 
affatto e sorga la necessit� di compiere una funzione 
essenziale e indifferibile che l'autorit� legittimamente 
investita si trova nell'impossibilit� di 
compiere. 

Ci� premesso, a nostro avviso, l'indagine va rivolta 
non sugli elementi dell'atto, bens� sui fattori 
del potere, e cio� sui fattori che sono rilevanti per 
esistenza del potere e su quelli che sono rilevanti 
per il suo esercizio. Solo se tra gli uni e gli altri 
una esatta discriminazione viene compiuta, possono 
distinguersi i casi di defi,cienza del potere ove 
manchi un fattore della prima categoria, dai casi 
di vizi nell'esercizio del potere se difetti o sia viziato 
un fattore della seconda categoria. Nella 
seconda ipotesi l'atto, nel quale la estrinsecazione 
del potere si risolve, pu� considerarsi come venuto 
in vita, perch� si presuppone gi� superato il problema 
dell'esistenza del potere. 

Infatti, secondo la pi� autorevole dottrina (vedi 
in particolare MrnLE, Principio di diritto amministrativo, 
Pisa, 1945; SANDUI.Ll: Per la delimitazione 
del vizio di incompetenza degli atti amministrativi, 

in � Rass. Dir. Pubbl. �, 1947, I), una volta accertato 
che nessuna potest� pubblica ricorre, con la 
esclusione di ogni interferenza tra quella potest� 
e le situazioni giuridiche subbiettive, a tali situazioni 
va riconosciuta la qualit� dei diritti soggettivi. 
Ammesso invece l'esistenza di una potest� 
pubblica, ne deriva insieme con la interverenza 
del pubblico potere sulle situazioni giuridiche soggettive, 
la degradazione dei diritti ad interessi 
legittimi, intendendosi per tali sia quelli indirettamente 
o occasionalmente protetti dalle norme rivolte 
invece a disciplinarn l'esercizio del pubblico 
potere, sia i; diritti che vengono ad affievolirsi a 
seguito dell'esercizio di un potere discrezionale. 

Occorre ora considerare da quali fattori dipenda 
la esistenza del potere e quali invece ineriscano al 
suo esercizio. In conformit� alla dottrina che si � 
particolarmente dedicata a tale i~dagine (Sandulli), 
sono fattori della prima categoria, i termini. 
del potere, quello attivo (soggetto) e quello passsivo 
(oggetto), e gli elementi che concernino l'aspetto 
sostanziale del potere (contenuto e causa). Se 
quindi la fattispecie concreta non coincida con 
quella normativa perch� manC'a uno solo dei cen




ml : Q E ilrnfil J&SrnfilQ& ml : Q E ilrnfil J&SrnfilQ& 
-161 


nati fattori, pu� affermarsi che il potere, che si � 
inteso esercitare, non esiste, con la conseguenza 
c.he le situazioni giuridiche soggettive possono riconoscersi 
come diritti subbiettivi, nessuna interferenza 
essendosi consentita al pubblico potere in 
ordine ad essa. "'~ 

Ai fattori di tale categoria possono appartenere 
anche le circostanze che fanno parte della situazione 
storico ambientale in seno alla quale il potere 
li inquadra. Al riguardo occorre per� indagare 
come la circostanza viene inquadrata dalla norma 
nella fattispecie; se cio� essa sia un elemento dal 
quale dipenda la esistenza ovvero l'attribuzione 
del potere. 

� quindi un problema di interpretazione della 
norma, (cfr. IACCARINO: In tema di sindacato di 
incompetenza, � Foro It. >> 1947, III, 93). Per es.: col 
concorso dell'urgenza il potere viene attribuito ad 
un organo, mentre normalmente � attribuito ad un 
altro organo. Vedesi per es., l'art. 251 del Testo 
unico comm. e provv. del 1915. In questa ipotesi, 
ove venga accertato che l'urgenza non esiste, non 
si potr� dedurre che il potere non esiste, bensi che 
vi � un vizio nell'esercizio del potere stesso, e cio� 
che il vizio concerne la legittimazione dell'OTgano 
ad agire, o, meglio, la competenza dell'organo. 

� anche opportuno chiarire che se nella fattispecie 
concreta il termine attivo del potere, e cio� 
il soggetto, non coincida con quello previsto dalla 
norma, potr� aversi, a seconda dei casi, una deficienza 
del potere ovvero un dif�tto nella legittimazione 
attiva. Si ha la prima ipotesi se l'organo 
che ha agito appartiene ad un ordine diverso da 
quello di cui fa parte l'organo previsto dalla norma; 
si ha la seconda se l'organo che ha agito � dello 
stesso ordine..Il vizio � di incompetenza, quindi, 
presuppone gi� superato il problema dell'esistenza 
del potere, e riguarda invece la fase dell'esercizio, 
concerne cio� la legittimazione dell'organo ad 
agire. Appartengono ancora agli elementi rilevanti 
nell'esercizio del potere la forma che questo deve 
rivestire e l'uso col quale esso va impiegato. 

L'indagine sulla validit� formale pu� portare 
alla violazione di legge con l'annullabilit� dell'atto. 

Porta invece a ritenere l'atto inesistente e quindi 
l'esercizio del potere come non avvenuto, se non 
� stata adottata quella forma che la legge richiedeva 
ad substantiam. 

L'indagine sul modo dell'uso del potere importa 
la valutazione del fine e rientra ncl sindacato per 
eccesso di potere. 

Concludendo, il problema dei limiti del sindacato 
da parte del giudice ordinario su un atto amministrativo, 
vincolato o discrezionale, si riduce a 
quello della discriminazione dei fattori dal cui 
concorso dipenda la esistenza del potere giuridico, 
dai fattori i quali invece ne condizionano l'esercizio, 
con la conseguenza che la mancanza di nn 
fattore della prima categoria importa la deficienza 
del potere e quin.di la qualifica di diritti alle situazioni 
giuridiche soggettive con le quali la potest� 
pubblica apparentemente � venuta a contatto,. e 
sulle quali resta ferma la competenza del giudice 
ordinario; la defi.cienza di un fattore della seconda 
categoria importa un vizio nell'esercizio del potere 
nelle tre forme dell'incompetenza, violazione 
di legge ed eccesso di potere, e quindi la degradazione 
a ihteressi legittimi dei diritti subbiettivi 
con la competenza del giudice amministrativo. 

Ecco perch� l'Avvocatura dello Stato ha sempre 
sostenuto che la discriminazione fra giurisdizione 
ordinaria e amministrativa va fatta sulla 
base della causa petenti, ma poi ricercando obbiettivamente 
la volont� di legge e stabilendo se inbase 
ad essa possa ritenersi che il potere esiste ovvero 
no. E la sentenza 4 luglio 1949, 11. 1657, si presta 
a una qualche misura per non essere stata del tutto 
chiara su questo punto, sembrando che ai fini 
della competenza si sia voluto rimettere a quello 
che il privato sostiene nella sua domanda; anzich� 
a quella che � invece la risultanza obbiettiva di 
legge. Pertanto la suddetta sentenza, come l'altra 
successiva delle Sezioni Unite 9 febbraio 1950, 

n. 767 sono state esaminate gi� sotto questo profilo 
nella Rassegna Mensile (1950, 151), e in quella 
sede sono stati esposti dettagliatamente i motivi 
che portano su questo punto a dissentire dalle 
affermazioni della Corte Cuprema. 
(U. G.) 

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RACCOLTA DI GIURISPRUDENZA 


ACQUE PUBBLICHE -Tribunale delle acque -Gravame 
-Ricorso per violazione di legge contro la 
decision2 del Tribunale S�_:,eriore in sede di giustizia 
amministrativa, art. 111 della Costituz.:one. (Corte di 
Cass., Sez. Unite, Sent. n. 194.8-51 -Pres.: Ferrara, 
Est.: D'Apolito, P. M.: Eula -Spina contro Milone 
e Ministero dei lavori pubblici). 

In forza dell'art. 111 della Costituzione (che 
non pone alcuna distinzione tra le giurisdizioni di 
mera legittimit� e quelle chiamate a decidere su 
diritti subiettivi, salvo le eccezioni espresse), 
avverso le decisioni del Tribunale Superiore delle 
Acque sulle materie contemplate nell'art. 143 del 

T. U. sulla acque pubbliche, contro le quali era 
ammesso ricorso alle Sezioni Unite della Corte di 
Cassazione soltanto per incompetenza o eccesso di 
potere (art. 201 del citato T. U.) � ora ammesso 
ricorso alla Corte Suprema per violazione di legge. 
Riportiamo anzitutto il testo della motivazione 
della sentenza per la parte che si riferisce alla massima 
sopra trascritta. 

� Questa disposizione a dir vero, offre adito a 
dubbi. La Costituzione, pur adottando, in via di 
massima, il principio della giurisdizione unica, 
ha posto alcune eccezioni (art. 103) mantenendo 
tre giurisdizioni speciali, e cio�, oltre i tribunali 
militari e la Corte dei Conti, " il Consiglio di Stato 
e gli altri organi di giurisdizione amministrativa,, 
per la tutela nei confronti della Pubblica Amministrazione 
degli interessi legittimi (e, in particolari 
materie, anche dei d,iritti soggettivi). Ora tra le 
'' giurisdizioni speciali , , , cos� genericamente indicate 
nel secondo comma dell'art. 111, non possono comprendere 
n� il Tribunale militare, n� la Corte dei 
Conti, n� il Consiglio di Stato, per i quali lo stesso 
articolo specificamente dispone, e nemmeno gli 
altri organi di giustizia amministrativa accennati 
nell'art. 113, i quali, come fu chiarito in sede parlamentare 
dal Presidente della Commissione, non 
sono altri che gli organi locali o periferici (articoli 
125-130); che, come anche fu ivi detto, "confluiscono 
al vertice del Consiglio di Stato , , e come tali, costituendo, 
in genere, rispetto a questo, il giudice di 
primo grado, non sono soggetti direttamente al 
controllo di legalit�, della Corte di Cassazione. 

<<La tesi, accennata nal controricorso, che la Costituzione 
si riferisca solo alle giurisdizioni speciali 
che abbiano, in determinati campi, la tutela dei 
diritti soggettivi, e siano, perci�, escluse dalla soggezione 
alla norma le decisioni di qualsiasi organo 

avente mera gi-urisdizione di legittimit�, introduce 
nel testo una distinzione che s�mbra �arbitraria. La 
legge non appresta alcun elemento, riferibile alla 
materia controversa, per sorreggere questa interpretazione. 
Anzi la vol.ta limitazione, di cui non � 
traccia nei lavori prepa;ratori, � resistita dal tenore 
della norma, che contro tutte le sentenze, senza distinzione 
sul loro oggetto e sulla specie dell'organo 
da cui promanino, ammette '' sempre , , il ricorso 
in cassazione per violazione di legge, ed � resistita 
dal pales(J intento del legislatore costituente di reagire 
all'indirizzo, negli ultimi anni assai diffuso, di 
impedire un pi� penetrante controllo giurisdizionale, 
. con escludere in molti casi, generalmente in controversie 
di diritto amministrativo, l'impugnativa per 
violazione di legge. N � pu� infine ritenersi che la 
limitazione sorga dalla natura stessa del giudizio 
di legittimit�, in quanto il sindacato della Corte 
Supr�ma per violazione di legge si tradurrebbe 
in un riesame, in secondo grado, della legittimit� 
dell'atto amministrativo, perch� non sull'esistenza 

o meno del denunziato vizio dell'atto, in relazione 
alle circostanze di fatto, dovrebbe giudicare la Corte 
di Cassazione, ma sui principi di diritto che hanno 
servito di guida al giudice speciale sull'esistenza 
o meno di un suo fraintendimento o falsa applicazione 
di una norma astratta di legge, nel suo concreto 
giudizio, sulla legittimit� dell'atto. Si pu� piuttosto 
osservare che la menzione, nell'art. 111, degli organi 
di giurisdizione speciale -la quale aveva ragion 
d'essere quando, secondo il progetto, era ammessa la 
possibilit� di loro istituzione sia pure con legge da 
approvarsi con maggioranza qualificata -ha ormai 
valore di semplice direttiva generale e spiega, in 
realt�, efficacia meramente contingente, dopo che � 
stato sancito il divieto di altre giurisdizioni speciali, 
oltre le tre suaccennate, e disposta la revisione di 
quelle esistenti, ma intanto, in riguardo a queste 
ultime, pone un principio precettivo che basta� nella 
fattispecie, per la decisione del punto in esame. 
�Se, sotto l'accennato rifiesso, non appare possibile 
sottrarre fo decisioni del Tribunale Superiore 
all'applicabilit� del principio generale stabilito nell'art. 
111, nemmeno si pu� pervenire a quella conseguenza 
per altra via, facendo capo cio� al terzo 
capoverso della disposizione ed assimilando le decisioni 
del Tribunale Superiore in unico graao �a quelle 
del Consiglio di Stato. 

�Non � contestabile che per l'origine storica, per 
la natiira delle attribuzioni, per i poteri conferiti 
il Tribunale Superiore in sede di congnizione diretta 



163 

debba considerarsi sostituito, nella materia propria, 
al Consiglio di Stato, di cui ha assorbito le funzioni, 
esercitando come quest'ultimo, una giurisdizione di 
leggittimit�, con carattere generale, su tutti i provvedimenti 
dell'autorit� amministrativa in materia 
di acque pubbliche che ledano l'interesse del privato, 
nonch�, nei casi deter~inati dalla legge, una giurisdizione 
di merito. Ma ci�, come non importa assimilazione 
tra i due organi che hanno nell'ordinamento 
giuridico posizione autonoma, cos� non pu� nemmeno 
autorizzare una estensione analogica della citata 
disposizione della Carta costituzionale. Anzitutto, 
il procedimento per analogia, utile per la regolamentazione 
di rapporti giuridici sfuggiti alla specifica 
considerazione del legislatore, non pu� essere ammesso 
in materia di istituzione e organizzazione delle giurisdizioni, 
le quali non possono ripetere il loro potere, 
con le inerenti determinazioni circa il suo contenuto 
e il limite, che da esplicita disposizion12 di legge,� 
principio che � ancor pi� rigorosamente da aff efmare 
nei confronti di una norma costituzionale insuscettibile 
di subire modificazioni, nonch� attraverso un'interpretazione 
logica, nemmeno mediante una legge 
ordinaria. Mancherebbe, del resto, per la generica 
estensione di cui � parola, un criterio sicuro di guida, 
desumibile dalla materia controversa, laddove dai 
lavori parlamentari risulta chiaramente che la deroga 
al principio della impugnabilit� per violazione di 
legge tu� circoscritta nominativ�mente al Consiglio 
di Stato ed alla Corte dei Conti. L'on. Leoni faceva 
rilevare che rispetto a questi due organi non si poteva 
stabilire la impugnabilit� in cassazione per violazione 
di legge, ma doveva mantenersi il principio 
vigente della impugnabilit� per difetto di giurisdizione 
e di competenza '' perch� la stessa ragion d'essere 
di queste giurisdizioni, lo stesso motivo che ci ha indotti 
a defiettere dal principio dell'unit� della giurisdizione 
dal quale siano mossi, a mantenere queste 
giurisdizioni, deve valere per limitare il ricorso in 
Cassazione ai soli casi di difetto di giurisdizione ,, . 

E concludeva che affidandosi i giudici di legittimit� 
alla Corte di Cassazione, restavano " come 
unica eccezione quei soli organi speciali, come la 
Corte di Conti e il Consiglio di Stato ,, per i quali 
esistevano ragioni per '' discostarsi dal criterio generale 
di condurre nell'alveo della Cassazione i ricorsi 
avverso i giudici speciali, anche per violazione di 
legge''. 

Questa sentenza della Corte Suprema, che ha 
trovato una successiva conferma nella sentenza numero 
2518 del 1951 delle stesse Sezioni Unite, in causa 
Imperi contro S.R.E., � di gra-nde importanza, non 
tanto per aver deciso la questione relativa alla impugnabilit� 
delle sentenze del Tribunale Superiore delle 
Acque pubbliche, quanto per aver precisato la portata 
della norma dell'art. 111 della Costituzione in funzione 
del concetto di violazione di legge. 

Non crediamo, tuttavia, che il grave problema 
possa considerarsi definitivarnente risolto con la 
sentenza in esame, in quanto gli argomenti addotti 
dalla Corte Suprema per ammettere il ricorso per 
cassazione contro le sentenze degli organi di giurisdizione 
speciale anche per i capi che decidono 
questioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, 
non possono considerarsi decisivi. 

Ed invero potrebbe pensarsi ch,e la <Jorte Suprmna 
non eserciti la stessa funzione,� e non si valga di un 
identico potere, sia quando sindaca, sotto il profilo 
della violazione di legge, le sentenze degli organi di 
giurisdizione ordinaria e degli organi di giurisdizione 
speciale, sia quando le sindaca sotto il profi.lo 
del difetto di giurisdizione. � 

In altri termini, potrebbe dirsi che la Corte Suprema, 
nell'esercizio dei poteri previsti dall'art. 111 
della Costituzione, si presenta come l'organo supremo 
della giurisdizione ordinaria nel primo caso, e come 
il massimo organo regolatore della �giurisdizione, nel 
secondo caso, al di sopra cio� di tutte le giurisdizioni. 

Ci� significa che, la Corte Suprema, quando 
giudica sul vizio di violazione di legge, � soggetta a 
quei Umiti di giurisdizione ai quali sono soggetti 
tutti gli altri organi della giurisdizione ordinaria, 
tra i quali Umi ti c'� quello fondamentale che scaturisce 
dal nostro ordinamento giuridico in materia di ripartizione 
della giurisdizione, secondo il quale gli� organi 
di giurisdizione ordinaria sono competenti solo in 
materia di diritti soggettivi. 

Seguendo l'opinione contraria d'altra parte potrebbe 
sorgere il dubbio che l'art. 111 della Costituzione 
abbia attribuito alla Corte di Cassazione il potere 
di conoscere anche di quelle controversie che attengono 
all'uso del potere discrezionale da parte della Pubblica 
Amministrazione (nel che si concreta, vista 
dall'altro lato, la competenza in materia di interessi 
legittimi), con la conseguenza che, non potendosi 
attribuire alla espressione '' violazione di legge '', 
contenuta nel citato art. 111, la stessa portata limitata 
che quella espressione ha nell'art. 26 del T. U. delle 
leggi sul Consiglio di Stato si dovrebbe finire con 
l'ammettere la possibilit� per la Corte Suprema di 
accertare anche l'eventuale esistenza di un vizio di 
eccesso di potere che, in senso lato, costituisce anche 
esso una violazione di legge. 

Come si vede, le conseguenze sono troppo gravi perch� 
la questione non meriti di essere riesaminata a 
fondo; n� pu� ritenersi che essa sia pregiudicata 
dalle affermazioni ormai costanti della giurisprudenza 
deila stessa Corte Suprema in tema di impugnazione 
ea; art. 111 della Costituzione delle decisioni 
della Commissione centrale delle imposte in materia di 
profitti di regime, (si veda per tutte in cc Foro Amm. >>, 
1951, II, 1, 122) nelle quali si � costantemente 
esclusa l'applicazione del principio del sol ve et repete, 
con l'argomento che questo varrebbe solo nelle 
controversie d'imposte davanti l'Autorit� giudiziaria 
ordinaria. Invero, il dubbio che da una tale aff ermazione 
pu� sorgere, e cio� che �con essa la Corte 
Suprema abbia inteso affermare il principio che il 
potere da essa esercitato ex art. 111 attenga ad un 
suo carattere di organo 'supergiurisdizionale e non 
al suo carattere di mass�mo organo della giurisdizione 
ordinaria, sembra cadere di fronte alla considerazione 
che, per il suo evidente carattere eccezionale, il principio 
del solve et repete viene dalla giurisprudenza 
sempre pi� ristretto nella sua 'applicazione, escludendolo 
in tittti i casi di azione giudifdaria che, 
sotto qualche aspetto, siano diversi dalla procedura 
ordinaria (si veda in proposito in questa Rassegna, 
1949, pag. 87 e segg.). 

(A.S.) 


-164 


DEMANIO -Immobile espropriato per p. u., rientra 
nel patrimonio indisponibile -Patrimonio indisponibile, 
pu� essere oggetto di rapporti di diritto 
privato -Immobile espropriato per p. u., Continuazione 
di precedente locazione -Ammissibilit�. 

(Corte di Cass., Sez. III, ffant. n. 1741-951 -Presidente: 
Acampora, Est.: Ricc;, P. M.: Caruso (
conf.) Comune di Roma-Renzi). 

II carattere di demanialit� di un immobile 
deriva esclusivamente dal diritto positivo, il 
quale non consente di attribuire la qualit� demaniale 
ad un immobile solo per essere stata effettuata 
l'espropriazione da parte ed a favore di un Ente 
pubblico (nella specie Comune); tuttavia l'espropriazione, 
creando un rapporto. essenzialmente di 
Diritto pubblico, importa che l'immobile stesso 
entri a far parte del patrimonio indisponibile 
dell'Ente che ad essa ha proceduto. 

I beni appartenenti al patrimonio indisponibile 
dello Stato e degli Enti pubblici minori possono 
formare oggetto di private contrattazioni (e quindi 
di locazione), sempre che tali rapporti non contraddicano 
alla loro destinazione. 

Qualora il Comune, avendo proceduto alla espropriazione 
di un edif�.cio, al fine di attuazione di un 
piano regolatore, abbia soprassedendo alla demolizione, 
continuato a riconoscere la locazione 
stipulata dal conduttore con il proprietario espropriato, 
non pu� ritenersi che, per effetto della 
espropriazione, il rapporto di locazione sia trasformato 
in una concessione-contratto di bene demaniale, 
sottratta ai vincoli imposti dalle leggi in 
vigore in ordine alla misura del canone degli immobili 
urbani. Il passaggio, per effetto della espropriazione, 
dell'immobile nel patrimonio indisponibile 
del Comune, non altera la natura del precedente 
rapporto privato di locazi~ne-conduzione. 
Pertanto a tale rapporto sono applicabili gli aumenti 
previsti dalle vigenti leggi vincolistiche; e in caso 
di controversia tra Comune e conduttore circa 
la misura dovuta dell'ammontare, la domanda 
per fare risolvere la controversia relativa � proponibile 
da parte del conduttore, oltre che dal 
Comune, dinanzi alla Commissione arbitrale per 
l'equo f�.tto. 

La Cassazione ha avuto altre volte occassione di 
avvertire che, fra l'insorgere della demanialit� e 
l'atto espropriativo, il bene espropriato si trova in 
uno status di transizione, durante il quale esso � 
suscettibile di limitati usi da parte del privato. 
� Si �, infatti, in presenza dello stadio � formativo >> 
della demanialit� 7a quale, a tenore dei principi, 
non si attua con il semplice passaggio della propriet� 
del bene nell'Amministrazione espropriante, ma attraverso 
la destinazione successiva dello stesso al 
fine specifico di pubblica utilit� perseguito. V'�, 
pertanto, una fase di assestamento, determinata 
dalla necessit� di porre i debiti elementi di coesistenza 
fra la propriet�, destinata a far parte del 
p1tbblico demanio, e la parte residua, rimasta all' esvropriato, 
. . . Ove occorra, la Pubblica A mministrazione 
pu� perfino disporre della cosa demaniale, 
cambiandone la destinazione e stabilire su di essa 
diritti dei privati, purch� a ci� addivenga non con 
le forme e, quindi, con gli effetti del diritto civile, 
ma con le forme e l'efficacia che sono proprie del 

diritto amministrativo>>. (Cass. 5 agosto 1949, Giur. 
Compl. Cass. Civ. 1949, III, 1164 con nota). L'attuale 
sentenza meglio chiarisce il pensiero della 
Corte Suprema, attribuendo al bene, nella fase di 
transizione, il carattere specifico di �patrimonio 
indisponibile �: carattere dal quale seaturiscono effetti 
ben determinati, rispondendo esso ad una figura 
ben nota nel campo del. Diritto pubblico. � 

Le due sentenze sembrano, quindi, reciprocamente 
integrarsi, ribadendo il principio che la demanialit� 
sorge non per il solo momento soggetti,vo (manifesta.
zione di volont� dell'ente), ma per la combinazione 
di questo con l'elemento oggettivo (atti concreti di 
destinazione ad una funzione pubblica). Principio, 
del resto, che � dominante in dottrina (cfr. i richiami 
in nota alla sentenza 5 agosto 1949 sopra citata), 
e che ha trovato il consenso della Suprema Corte. 
Questa ha, infatti, costantemente escluso che una 
destinazione di fatto sia sufficiente a determinare 
la demanialit� (Cass. 26 febbraio 1943, Foro Amm. 
1944, II, 43; Carugno, Espropr. per p. u., ed. 1950, 

p. 366. Contra Papaldo, �Le cose demaniali come 
oggetto di appartenenza necessaria>> in Riv. dei 
beni pubblici, 1939, I, 180 e 566). Con l'attuale 
sentenza viene ribadito il principio parallelo dell'insufficienza 
del solo elemento soggettivo. 
Esclusa la demanialit�, restava da accertare la 
disciplina giuridica del bene prima della combinazione 
dei due elementi, Questi, infatti, non s�mpre 
si presentano contemporaneamente. E' anzi normale 
che l'effettiva utilizzazione del bene segua gli atti 
espropriativi ad una certa distanza di tempo. E non 
� raro il caso inverso, cio� che l'esecuzione dell'opera 
pubblica preceda l'espropriazione, la quale viene 
cos� a normalizzare un fatto compiuto: fenomeno in 
cui si estrinseca un esercizio pienamente legittitno 
del potere espropriativo (cfr. Cass. 26 febbraio 1943 
sopra cit. ). Proprio rispetto a questa ipotesi, la 
Cassazione aveva anzi rilevato (sent. 18 aprile 1941, 
Rep. Giur. It., 1941, 224, n. 56) che durante il 
periodo precedente nell'emanazione del decreto di 
esproprio i beni del privato, gi� di fatto utilizati, 
dovevano ritenersi in sostanza vincolati. � La gi� 
avvenuta concreta destinazione del bene privato allo 
scopo di' pubblica utilit�, l'occupazione o la trasformazione 
di esso in via di urgenza con la esecuzione 
di opere stabili, importano per il proprietario espropriando 
la definitiva perdita del possesso e della 
disponibilit�, e l'impossibilit� di farne un uso 
diverso da quello della gi� concretatasi sua destinazione 
all'opera di utilit� pubblica n. 

Se la Cassazione avesse osato allora affermare 

in modo esplicito che la gi� avvenuta destinazione 

inquadrava aitto�maticamente il bene nel patrimonio 

indisponibile dell'Ente espropriante, potremmo giun


gere a questa conclusione di portata generale � Il 

verificarsi di uno qualsiasi dei due momenti costi


tutivi della demanialit� (soggettivo od obbiettivo) 

� s1tfficiente per attribuire al bene il carattere dell'in


disponibilit� n. 

Ora, questo carattere sembra inconciliabile con 
l'insorgere di rapporti obbligatori di diritto privato, aventi 
per oggetto l'utilizzazione del bene. Possono 
costituirsi rapporti di contenuto analogo, ma essi 
rimangono disciplinati da norme di Diritto pubblico, 
poich� sono soltanto queste norme, ormai, che diret



-165 


tamente riguardano il bene indisponibile (828 C. C.). 
Questo pu� essere goduto dal privato cos� come ne 
godrebbe un conduttore, ma ci� non significa ancora 
che sia in, atto un rapporto di locazione, giacch� 
stilla natura di tale rapporto infiuisce in modo 
determinante la natura del bene. � Poich� questo 
� compreso nel patrimonio indisponibile dello Stato, 
essendo destinato, sia pure indirettamente, ad un 
pubblico servizio, � logico che una situazione giuridica 
a favore del privato in tanto possa "Sorgere in 
quanto l'Autorit� amministrativa abbia pre'l'iamente 
accertato la convenienza di far coesistere all'uso pubblico 
un uso privato della cosa; il che porta senza 
altro nel campo del Diritto pubblico ed alla figura 
della concessione>>. (Cons. Stato 31 marzo 1950, 
Foro Amm., 1950, I, 1,293; Rassegna Avv. 1950, 
107; Cons. Stato 19 aprile 1950, Giur. compl. 
Cass. Civ., 1950, III, 760 con nota). 

Nello stesso senso, e, cio�, per l'esclusione di rapporti 
di diritto privato su beni indisponibili, si era 
espressa anche la Corte Suprema in altra vertenza, 
stabilendo l'esatto principio che <<i beni indisponibili 
e come tali inalienabili e genericamente fuori commercio, 
sia direttamente che indirettamente assolvono 
ad un servizio pubblico e possono anche produrre 
1in reddito in relazione non al criterio di normale 
economia, ma per l'utilit� che ne ridonda al pubblico 
servizio. Questi beni, per tal titolo, possono essere 
oggetto di concessione amministrativa, la quale ha 
per carattere causale il pubblico 'interesse che � decisivo 
per la qualificazione giuridica del negozio>> (Cass. 
30 novembre 1949, Riv. Amm., 1950, 326; Giur. 
Compl. Cass. Civ., 1949, III, 929 con nota). E pi� 
oltre la stessa sentenza metteva in evidenza le caratteristiche 
del rapporto, cc fra le quali domina il pubblico 
interesse che afferisce alla indisponib~lit� del 
bene �, ricollegando quindi alla natura stessa del 
bene l'elemento determinante per la qualificazione 
del negozio. 

Conclusione esattissima, gi� chiaramente affermata 
dalla dottrina (ZANOBINI, Corso, vol. IV, p. 151) 
che parifica il bene indisponibile al bene demaniale 
per tutto ci� che riguarda la sua utilizzazione, infiuenzata 
in modo decisivo dalla destinazione al 
pubblico servizio. 

La sentenza annotata � di diverso avviso. La 
Cas8azione si � trovata di fronte ad una utilizzazione 
da parte del privato apparentemente immutata, nella 
quale, per�, si era verificato, per effetto dell'espropriazione, 
un mutamento nella natura giuridica del 
bene utilizzato: e, nonostante siffatto mutamento, 
ha ritenuto che il carattere originario (privatistico) 
rimanesse inalterato. 

Non sembra che si possa consentire in questa 
affermazione. Il raporto originario di locazione viene 
senz'altro troncato dall'espropriazione, che risolve 
de jure ogni diritto personale avente per oggetto il 
bene espropriato, ivi compreso il diritto del conduttore 
(CARUGNO, Espropriazione per p. u., ed. 1950, 147; 
SABBATLL';I, Espr. per p. u., vol. II. 199). Perfino 
i diritti reali vengono automaticamente risolti, apvunto 
per la trasformazione della natura del bene, 
che reagisce immediatamente siti rapporti che lo 
riguardano. (art. 52 legge 25 giugno 1865, n. 2359). 

In altri termini, il passaggio dellli condizione 
privatistica a quella pubblicistica muta tutta la 
disciplina legislativa del bene, con la conseguente 
impossibilit� di applicare ancora le norme prfoatistiche. 
Non dit'ersamente accade nel caso di un 
bene demaniale che venga trasferito ad uno .Stato 
straniero: con il cambiamento delle norme che lo 
regolano, cio� del suo status giuridico, vengono 
meno tutte quelle forme di utilizzazione che derivano 
dalla sua condizione precedente, non escluse le 
concessioni (Cons. Stato 2 luglio 1948, Giur. Compl. 
Cass. Oiv. 1948, III, 1024). Neppure il principio 
generale dell'art. 22 delle disposizioni della legge 
in generale pot� evitare, in questo caso singolare, la 
soverchiante e decisiva infiuenza del cambiamento della 
condizione giuridica del bene. 

� probabile che la Corte Suprema, nell'attuale 
vertenza, sia rimasta dominata dalla considerazione 
che, di fatto, l'Ente espropriante continii� a tollerare 
il godimento dell'immobile da parte dell'antico conduttore. 
Ma questa permanenza di una utilizzazione 
di fatto non ha alcuna rilevanza rispetto alla configurazione 
giuridica del rapporto. Perfino nel caso 
della ricondizione tacita di diritto privato la giurisprudenza 
nega costantemente la permanenza del 
vecchio contratto, ravvisando nella riconduzione la 
stipulazione di un nuovo negozio, sia pure con le 
stesse clausole del precedente: il che ribadisce l'impossibilit� 
di fondare una continuit� del contratto 
su una semplice continitit� della situazione di fatto, 
permessa o tollerata dal proprietario della cosa. 
Altrettanto irrilevante � la permanenza della situazione 
di fatto, allorquando muta la nat�ura giuridica 
del bene. Anche in questo caso il silenzio o la talle� 
ranza possono eventualmente provocare la costituzione 
di un nuovo rapporto, non l'eternarsi del vecchio: 
ed il nuovo rapporto non pu� prescindere dalla mutata 
natura del bene, alla quale deve per forza di cose 
adattarsi, assumendo la veste ed i contorni di una 
vera e propria concessione. N � sembra che l'essere il 
bene nella fase dt: transizione possa legittimare una 
diversa conclusione, giacch� anche al primo� gradino 
(indisponibilit�) il bene � svincolato dalle norme 
privatistiche, pur non avendo. ancora varcato la 
soglia della demanialit�. 

Nessuno contesta che l'indisponibilit� possa permettere 
determinati usi da parte del privato non 
incompatibili con la sua destinazione. La Cassazione 
ebbe anzi a decidere, con alquanta larghezza 
di criteri, che il proprierario espropriato, il quale 
continua nel possesso dell'immobile, in attesa dell'effettiva 
occupazione � possessore di buona fede, e 
quindi continua a far suoi i frutti (Cass. 1 luglio 
1940, Foro it., 1940, I, 921). Analogamente, si pu� 
riconoscere che il condiittore, rimasto nel godimento 
dell'immobile dopo l'e8proprio, non possa considerarsi 
occupante abusivo: ma la legittimit� della sua 
permanenza nell'immobile potrebbe essere fondata solo 
su un rapporto di concessione (ammesso che �ne 
ricorrano gli estr�ni), e non mai su un contratto di 

locazione di diritto privato, incompatibile con la 
natura del b01w. 
(A.C.) 


-lGG 


ESPROPRIAZIONE PER PUBBLICA UTILIT� -In� 
dennit� -Concorc!ata -Valore del bene -Vincola� 
tivit� del negozio -Protrarsi del procedimento di 
espropriazione -Colpa e dolo dell'AmministrazioneDanni 
-Svalutazione monetaria. (Corte di Cassazione, 
SJz. II, Sent. n. 1994-951 -Pres.: Russo, Est.: Flore, 

P. M.: Rossi -Guadalupi contro Ministero Difesa). 
dano fattori anormali, quali l'illegittimit� del comportamento 
dell'amministrazione o dell'espropriante 

o la colpa o il dolo dell'una (o dei suoi organi) ovvero 
dell'altro, non per questo l'accordo perder� efficacia; 
ne conseguir� invece l'obbligazione a risarcire il 
danno, con l'eliminazione conseguente dell'eventuale 
effetto della svalutazione monetaria. 

Nell'ipotesi di indennit� concordata l'espropriato, 
trattandosi di diritti patrimoniali e quindi disponibili, 
per quanto riflette il riferimento� del valore 
del bene ad un momento qualsiasi, anteriore, 
contemporaneo o posteriore all'accordo, � libero 

� di determinarsi come meglio creda; di talch� se 
egli non ha creduto di cautelarsi nei modi consentitigli 
dalla legge, il negozio, di per s�, lo vincola, 
qualunque sia il tempo decorso tra l'accordo ed 
il perfezionamento del procedimento di espropriazione. 
Oh� se sul protrarsi di questo abbiano inciso 
fattori anormali, quali l'illegittimit� del comportamento 
dell'amministrazione o dello espropriante 
o la colpa o il dolo dell'una o dei suoi 
organi ovvero dello altro, non per questo l'accordo 
perder� efficacia; ne conseguir� invece l'obbligazione 
conseguente dell'eventuale effetto della svalutazione 
monetaria. 

Con questa sentenza, prege'vole per la sobriet� e 
la chiarezza, la Corte Suprema dopo avere ancora" 
una volta con/ ermato il principio che il debito derivante 
da espropriazione per p. u. o comunque da 
responsabilit� per atti legittimi � un debito di valuta, 
ha fissato concetti precisi e definitivi sulla natura 
giuridica e sulle conseguenze dei cosiddetti accordi 
amichevoli in materia di indennit� di espropriazione, 
accogliendo integralmente la � tesi dell'Avvocatura 
dello Stato. 

Riportiamo qui di seguito la motivazione: 

� Oppongono i ricorrenti che l'indennit�, secondo 
il sistema, deve essere liquidata con riferimento al 
tempo del trasferimento del bene. 

L'assunto, che appare fondato, se riguarda la 
liquidazione amministrativa o giudiziale in seguito 
al rifiuto da parte dell'espropriando, dell'indennit� 
offerta, non ha pregio, se riferito all'indennit� concordata. 
Qui entra in giuoco il potere di disposizione 
della parte che, trattandosi di diritti patrimoniali 
e quindi disponibili, � libero e pu� esercitarsi come 
si crede, con riferimento, pertanto, al valore del bene 
considerato in un .momento qualsiasi anteriore o 
contemporaneo o posteriore all'accordo. La legge 
stessa, poi, d� al soggetto passivo del procedimento 
di espropriazione i mezzi per rendere piu aderente 
al proprio interesse la valutazione fra danno e in� 
dennit�, allorch� (art. 25 ultimo comma) gli consente 
di subordinare l'accettazione dell'indennit� offerta 
<tagli effetti delle sue osservazioni>> cio� all'avveramento 
di vere e proprie condizioni. 

<t Ne � escluso che la parte possa subordinare la 
efficacia vincolante del suo assenso alla condizione 
che atti del procedimento, come l'approvazione dell'accordo 
e il deposito, seguano in un tempo determinato. 
Di talch�, se l'espropriato non ha creditto 
di cautelarsi nei modi consentiti, il negozio di per 
s�, lo vincola, qualunque sia il tempo decorso tra 
l'accordo ed il perfezionamento dei procedimenti di 
nspropriazione. Che se sul protrarsi di questo inci


<<Resta il terzo mezzo; l'amministrazione, pagando 

un'indennit� vile, si sarebbe arricchita dell'incremento 

cli valore del bene, lucrando sul danno sofferto dal Gua


dalupi, al quale corrispose meno del valore ottenuto. 

Questo motivo non � piu fondata dei precedenti. 

Disse la Corte che, anche se l'azione fosse stata 
ammissibile per avere l'amministrazione, portando 
a termine il procedimento, riconosciuto l' in rem 
versum, non era superabile l'obiezione risultante 
da ci�, che mancava il presupposto dell'inesistenza 
di un titolo a conseguire il vantaggio; il titolo c'era 
ed era costituito dall'accqrdo relativo all'indennit�. 
Questa affermazione. � esatta e corrisponde agli insegnamenti 
della Corte Suprema (sentenze n. 17 del 
195/5, 2103 del 1949) >>. � 

OBBLIGAZIONI E CONTRATTI -Contratti con la 

Pubblica Amministrazione -Obbligo d'assegnazione 

della materia prima contingentata-Inadempimento 


Causa estranea -Fatto del debitore. Corte di Cas


sazione, Sez. Unite, Sent. n. 1912-951 -Pres. : Pelle


grini, Est.: Di Liberti, P. M.: P!lofundi -Ministero 

Difesa-Esercito contro Ditta Brigida). 

Se non sono previste speciali clausole contrattuali, 
lo Stato, esplicando una funzione amministrativa, 
non pu� di regola far venir meno di diritti 
che, coi contratti conclusi coi privati, esso ha 
fatto sorgere a favore di questi. 

Pertanto se nel contratto di fornitura l'Amministrazione 
si sia impegnata ad assegnare il ferro 
contingentato necessario alla esecuzione della fornitura, 
il diritto a detta prestazione non pu� essere 
annullato, affievolito o degredato alla categoria 
di interessi per il solo fatto che l'attivit� da svolgere 
per adempiere il vincolo aveva� carattere 
amministrativo e natura discrezionale. 

.Anche nel sistema del codice civile abrogato 
l'estraneit� della causa atta a scusare l'inadempimento 
dell'obbligazione (art. 125 c. c.) poteva 
rinvenirsi nel fatto del debitore, se la volont� di 
questi, nel non eseguire la prestazione, era stata 
determinata da motivi che si erano presentati 
come una necessitas altrettanto cogente come quello 
proveniente da un fatto materiale ed estraneo alla 
persona del debitore. 

La specie di fatto sottoposta all'esame della Cassazione 
era la seguente: 

Tra il Ministero della guerra e la Ditta Brigida 
era stato concluso nel maggio 1940 un contratto per 
la fornitura di letti, comodini e sgabelli per ospedali 
militari. La Ditta aveva l'obbligo di consegnare il 
materiale � entro tre mesi dalla data in .cui la ditta 
stessa avrebbe ricevuto tutta la materia prima --da , 
assegnarsi al ~Ministero della guerra>>. Il Ministero 
non aveva potuto procedere all'assegnazione di materia 
prima e in data 25 novembre z942, permanendo 
l'impossibilit� di tale assegnazione, decideva di 

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-167 


rescindere il contratto mediante il pagamento d'un 
� indennizzo.


La Ditta non era soddisfatta dell'indennizzo 
proposto, e, assumendo di aver dovuto . affrontare 
forti spese per mettersi in grado di effettuare la 
fornitura, chiedM1a che nel risarcimento dei danni 
dovutole fossero comprese anche queste spese. 

La questione da decidere era se la mancata assegnazione 
di materia prima da parte del Ministero 
della guerra dovesse considerarsi inadempimento contrattuale 
e quindi fosse un diritto soggettivo perfetto 
da parte della Ditta ad ottenere tale assegnazione, 
con il correlativo potere dell'autorit� giudiziaria di 
sindacare il modo in cui l'autorit� amministrativa 
aveva proceduto alle assegnazioni di materia prima 
disponibile. 

Su questo punto la Corte Suprema ha cos� moti-, 
vato: 

cc ����� baster� rilevare essere pacifico in causa 
che con lo stesso contratto con il quale la Ditta Brigida 
si obbligava alla fornitura..... verso l'amministrazione 
militare, si stabiliva che il ferro necessario 
alla � esecuzione della forni tura sarebbe stato 
consegnato a quella Ditta dalla stessa Amministrazione 
contraent�. 

Trattavasi, dunque, di una prestazione che �il 
contratto poneva chiaramente a carico dell'Amministrazione 
pubblica e che nel contratto trovava la 
sua norma e la sua garanzia, con la conseguenza 
di far sorgere un preciso dovere giuridico per detta 
Amministrazione e un perfetto diritto subiettivo per 
la Ditta appaltatrice per la esigibilit� di quanto, in 
ordine alla consegna del materiale, le veniva premesso. 

Tutto ci� naturalmente importava che questo diritto 
della Ditta appaltatrice non potesse essere . 
annullato o affievolito o degradato alla categoria di 
interesse per il solo fatto che l'attivit� da svolgersi 
dalla Pubblica Amministrazione per adempiere il 
vincolo assuntosi col contratto, avesse poi carattere 
amministrativo e fosse di natura discrezionale. 

� infatti principio noto, che se non sono previste 
speciali clausole contrattuali, lo Stato esplicando una 
funzione amministrativa, non possa, di regola, far 
venir meno i diritti che, coi contratti conclusi con i 
privati, esso ha fatto sorgere a favore di questi; 
soltanto con l'attivit� legislativa quando esterne necessit� 
di interesse pubblico lo iYmpongono, si pu� 
raggiungere un simile risultato. 

Quindi la discrezionalit� di cui, nel caso' in esame, 
poteva fa~ uso la Pubblica Amministrazione, rappresentata 
sia dal sottosegreta,rio per le fabbricazioni 
di guerra o dallo stesso Ministero della guerra nel 
procedere alle assegnazioni del ferro per gli usi di 
guerra, non costituisce elemento tale da poter incidere 
nella questione della competenza; poich'� la tutela 
invocata dalla Ditta contraente, avendo come presupposto 
l'inadempimento di un obbligo contrattuale 
da parte della Pubblica Amministrazione, 
obbligo contrattuale di cui, c�me si � detto, sarebbe 
vano contestare l'esistenza non poteva n� pu� essere 
presa in esame che nell'afmbito �dei diritti e dell' A utorit� 
giudiziaria� ordinaria �. 

Partendo da tali premesse, la Corte non ha potuto, 
tuttavia, non preoccuparsi delle gravi conseguenze 
cui si sarebbe andati� incontro seguendo rigorosamente 
i principi da essa enunciati e che ci riserviamo 

di criticare ed ha perci� ritenuto che, pur costituendo 
la mancata assegnazione un inadempimento contrattuale, 
dovesse esaminarsi se esso derivasse da 
colpa dell'Amministrazione contraente o da forza 
maggiore. E, in contrasto con la Corte d'Appello, 
la quale tale forza maggiore aveva esclusa;� ha cos� 
motivato: � 

cc Occ�rre premettere che la qitestione di cui trattasi, 
va esaminata e decisa non in base agli .articoli 
1218 e 1256 del Codice civile vigente, come 
erroneamente hanno ritenuto i giudici di merito e 
come mostra di ritenere anche la difesa dello Stato 
col richiamare nel motivo di censura alle norme di 
quel codice, ma bens� con i principi dettati sugli 
effetti delle obbligazioni dal Codice civile abrogato, 
poich� il contratto di appalto-fornitura di cui si 
discute fu concluso nell'agosto 1940 e la dichiarazione 
del Ministero della guerra, con la quale, prospettandosi 
la estrema difficolt� del rifornimento del ferro, 
si proponeva alla Ditta Brigida la rescissione di tal 
contratto, risale all'agosto 1941, cio� ad epoca anteriore 
alla data di entrata in vigore (21 aprile 1942) 
che gi� il regio decreto 30 gennaio 1941 articolo 16 
ebbe ad assegnare al libro delle .obbligazioni e che 
poi fu anche quella del nuovo codice civile. 

Questa circostanza potrebbe, a prima vista, far 
s�mbrare meno agevole la soluzione del problema 
proposto, dato che questo, come si � visto, � venuto 
a gravitare tutto sul punto se potesse considerarsi� 
impossibile la prestazione per l'Amministrazione la 
quale,, pur avendo avuto nella sua disponibilit� la 
quantit�. di ferro che avrebbe dovuto consegnare alla 
Ditta Brigida ci� non fece in obbedienza a certi criteri 
da essa ritenuti giusti. 

Quindi in definitiva, in questa situazione poteva 
ben dirsi che la causa dell'inadempimento non fosse 
estranea alla volont� della stessa Amministrazione 
ed � noto che la dottrina formatasi in base al vecchio 
codice, richiamandosi a quanto stabiliva per scusare 
l'inadempimento dell'obbligazione (causa estranea 
e non imputabile al debitore) l'art. 1225 riteneva 
che non poteva concepirsi una impossibilit� della 
prestazione l� dove questa era dipesa dal fatto del 
debitore e finiva con l'identificare questa impossibilit� 
nell'ostacolo assoluto e insormontabile che nessuna 
forza umana avrebbe potuto evitare. 

Invece il nuovo codice, abbandonando ogni f ormulazione 
impegnativa e specifica al riguardo si � 
riferito, negli articoli 1218 e 1256, che regolano la 
impossibilit� della prestazione e i suoi effetti, al solo 
estremo della cc non imputabilit� � della causa da 
cui qitella impossibilit� � derivata e cos�, come spiega 
la relazione, d� agio di valittare ai fini liberatori 
cc anche gli impedimenti che si verifichino nella persona 
o nella economia del debitore..... quando incidano 
sulla prestazione considerata in s� e � per s� 
nella sua sostanza o nei suoi obiettivi presupposti �. 

8 enoncb,� come anche detta Relazione ebbe cura di 
avvertire, non mancarono le dispute, quando ancora 
vigeva il vecchio codice�, sul modo di intendere la 
cc estraneit� >> della causa che aveva imp.edito al 
debitore di eseguire la prestazione contro coloro che,appellandosi 
specialmente ad un principio affermato 
nelle fonti romane circa il permanere delle obbligazioni 
di chi in buona fede distrugge la cosa 
dovuta ex legati causa aut ex stipulata, sostene




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vano che il fatto proprio del debitore non � mai 
un fortuito che possa liberarlo da responsabilit� ed 
escludevano, quindi, senz'altro come causa liberatrice, 
ogni impossibilit� soggettiva di eseguire la prestazione 
non mancava chi contestava lo eccessivo rigore di un 
simile principio e opponeva che la � estraneit� )) della 
causa poteva rinvenirsi anche nel fatto del debitore 
se la volont� di questi, nel non eseguire la prestazione 
era stata determinata da motivi che si erano presentati 
come una cc necessitas J> altrettanto cogente e 
irresistibile come quella proveniente da un fatto 
materiale ed estraneo alla persona del debitore. � 

Orbene, ritiene questo Supremo Collegio che appunto 
alla stregua di un tal principio, che, pur 
vigendo il vecchio codice, aveva gi� ai,uto non rare 
affermazioni giurisprudenziali e che comunque appare 
consono al concetto moderno dell'obbligazione 
accolta nel nuovo codice, potesse e dovesse essere 
esdminata la situazione giuridica determinatasi 
tra la Am'ministrazione militare e la Ditta Brigida, 
in relazione alla quantit� di ferri che la prima si era 
obbligata a forni re alla seconda. 

In definitiva l'Amministrazione adduceva una 

duplice necessit�, per giustificare l'impossibilit� in 

cui si era venuta a trovare di consegnare quel ferro 

e precisamente: 

a) il fatto che aveva dovuto dare la precedenza 
in queste consegne a quelle Ditte che erano state 
incaricate di fabbricare per suo conto materiale 
sanitario pi� necessario per essa che non i letti e 
gli sgabelli; 

b) il fatto che suoi contraenti per la fornitura 
di questi letti non era la sola Ditta ma anche altre 
ditte, a cui aveva pur dovuto in proporzionata misura, 
consegnare una parte del ferro che era stato messo a 
sua dispos,izione dal Sottosegretario per le fabbrieazioni 
di guerra. 

La Corte di merito ritenne che queste ragioni 
non valessero ad esonerare da responsabilit� l' A mministrazione 
militare perch� esse attenevano all'esercizio 
di un potere discrezionale da cui il vincolo del 
contratto non le consentiva di fare uso. 

Ma in ci� sta il fonda mentale errore in cui quella 
Corte � incorsa, giacch� non si trattava affatto di un 
potere discrezionale amministrativo che nel caso in 
esame veniva in questione, ma di un diritto che in 
situazione analoga neppure ad un debitore privato 

-si sarebbe potuto negare di esercitare. 

Se infatti, la Pubblica Amministrazione aveva 
dovuto obbligarsi in un medesimo tempo verso varie 
ditte, per procurarsi tutti quei beni che le occorrevano 
per le necessit� del momento, vi era in campo, 
quanto al rifornimento della materia prima indispensabile 
per l'approntamento di �questi ben da 
parte dei fornitori non il solo interesse della Ditta 
Brigida,� ma anche quello delle altre Ditte e tutti 
questi iriteressi avevano, una uguale tutela nel dovere 
giuridico assuntosi dall'Amministrazione di dare ad 
esse la possibilit� di eseguire la fornitura. 

In questa situazione l'Amministrazione non avreb


be potuto procedere all'assegnazione del ferro posto a 

sua disposizione in quantit� non sufficiente a soddi


sfare tutti i suoi contraenti, tener conto soltanto 

dell'interesse della Ditta Brigida ed a questa soltanto 

assegnare tutto il ferro disponibile, invece cli ripar


tirlo in equa proporzione anche alle altre ditte cui 

l'equale fornitura dei mobili di ferro era stata commessa. 


Se questo realmente avesse fatto, come avrebbe 
voluto la Corte di merito, per ritenerla esente da colpa, 
avrebbe violato indubbiamente i diritti che dai rispettivi 
contratti sorgevano ancne a f avor� delle altre ditte, 
il che non sarebbe stato lecito, poieh� l'adempimento 
dell'obbligo attraverso la violazione di un diritto che 
ctd altri competa non � concetto che pu� accogliersi 
in un ordinamento giuridico per il quale tutti 
comandi posti dalla legge e dal contratto devono 
essere validi e meritevoli di essere osservati. 

Ma nella situazione prospettata vi era anche l'interesse 
dell'Amministrazione che, pur nell'ambito 
del contratto, meritava tutela ed era quello che derivava 
d{Jlla varia importanza dei beni che essa doveva 
procurarsi. 

Non si entra certamente nel merito della -causa 
quando ~i osserva che per le necessit� in cui versava 
l'Amministrazione, la eostruzione del materiale chirurgico 
per curare i feriti era innegabilmente pi� 
indispensabile e pi� urgente che non f asse la suppellettile 
occorrente per arredare gli ospedali, onde 
non pu� dirsi che abbia operato fuori del 'diritto 
detta Amministrazione quando ha ritenuto di dover 
fornire con precedenza il ferro alle ditte costruttive 
di quel materiale >> � 

Non possiamo nascondere un vivo senso di perplessit� 
di fronte a questa sentenza della Corte Suprema 
della quale non pu� non dirsi che �, per lo 
meno, viziata da una intima ed insanabile contraddizione. 


Come si pu�, infatti, ammettere che l'Amministrazione 
che si � i'mpegnata a fornire materiale soggetto 
a vincoli di assegnazione ad una ditta alla quale ha 
co.mmesso la fornitura di determinati manufatti, 
si trovi nei confronti di questa impegnata alla pari 
di un qualsiasi contraente privato, e nello stesso tempo 
riconoscere che quest'obbligo contrattuale possa essere 
eliminato, per forza maggiore, dalla circostanza che 
il materiale disponibile non fosse sufficiente a coprire 
tutti gli impegni analoghi assunti verso altre ditte e, 
peggio ancora, che non fosse sufficiente a far fronte 
ad impegni analoghi considerati pi� urgenti e pi� 
importanti ? Se una tale teoria si dovesse applicare 
nei riguardi di qualsiasi privato contraente si arriverebbe 
addirittura al rovesci�mento del principio 
codificato ri;ell'art. 2740 del c. c.; e, cio�, all'assurda 
affermazione che assumere obbligazioni superiori 
alle proprie possibilit� economiche non rappresenta 
un aggravamento della responsabilit� del debitore 
che la legge colpisce anche con la sanzione del fallimento, 
ma rappresenta, invece, una giustificazione 
per l'inadempimento; e alla non meno assurda tesi 
secondo la quale � consentito al debitore, o anche al 
giudice per lui, graduare l'importanza (per il debitore 
e non per il creditore) delle varie prestazioni, al 
fine di giustificare l'inadempimento di quelle meno 
importanti, ove la potenzialit� del debitore fosse tale 
da determinarne necessariamente il sacrificio a 
favo re delle pi� importanti. 

Una contraddizione cos� stridente come quella sopra 
esposta, deve necessariamente trovare la sua origine 
in un radicale errore di impostazione del problema 
giuridico. E l'errore si riscontra facilmente nel fatto 
che la Corte Suprema ha confuso in una sola le due 


-16!) 


posizioni in cui l' .Amministrazione si presenta nei 
rapporti con i privati: la posizione di contraente, 
sullo stesso piano del contraente privato, e la posizione 
di pubblica autorit�, su un piano .nettamente 
superiore. 

Nella fattispecie in esame, la confusione consiste 
appunto nell'aver considerato unitariamente la situazione 
giuridica derivante dall'attivit� svolta dalla 
Amministrazione come contraente nel rapporto di 
fornitura e quella derivante dall'attivit� svolta come 
autorit� cui � dalla legge attribuito il potere di assegnazione 
di merci contingentate. 

Ora tale confusione poteva essere tanto pi� facilmente 
evitata in quanto normalmente ai due tipi di 
attivit� corrispondono addirittura organi ed uffici 
diversi, ed infatti; nella specie, mentre nel rapporto 
(lOntrattuale di fornitura l' .Amministrazione si impersonava 
negli uffici di commissariato del Ministero 
della guerra, per il rapporto autoritativo di assegnazione 
di merci, l'Amministrazione si impersonava 
negli appositi uffici creati per la disciplina della 
produzione bellica (Fabbriguerra, Ministero della 
produzione bellica, ecc.). N � alla concepibilit� di una 
distinzione organica come effetto di una distinzione 
funzionale si pu� opporre il principio della unitariet� 
della personalit� dello Stato, in quanto, come 
la stessa Corte Suprema ha aff er'mato ripetutamente 

(v. per tutte in questa Rassegna, 1948, fase. 1-2, 
pag. 9), �se la personalit� dello Stato � unica, tuttavia, 
per il raggiungimento dei suoi fini molteplici, 
il sistema delle nostre leggi riconosce� a ciascuno dei 
Dicasteri e delle .Amministrazioni autonome dello 
Stato una propria individualit� giuridica�. 
Su ~uesto punto, d'altronde, gi� abbiamo. espresso 
diffusamente la nostra opinione (v. in Rassegna, 
1943, fase. 5, pag. 13), n� gli argomenti allora esposti 
possono considerarsi minimamente confutati dalle 
dffermazioni contenute nella sentenza in esame la 
quale, come abbiamo visto, sembra implicitamente 
ammettere la pussibilit� che l'Amministrazione possa 
essere rappresentata indifferentemente dall'uno o 
dall'altro Ufficio nella materia delle assegnazioni, e 
che questo fatto non abbia alcun rilievo ed alcuna 
incidenza sugli obblighi contrattuali da essa assunti. 

Per rendersi conto della erroneit� di questa posizione, 
baster�, inoltre, rilevare come in tal modo si 
viene a fare all' .Amministrazione itna posizione 
deteriore di quella che si farebbe al privato. � evidente, 
infatti, che itn privato il quale si sia impegnato 

a dare materia prima per una fornitura da lui commessa, 
sarebbe liberato dal suo obbligo �ove, essendo 
la materia prima contingentata, l'ufficio pitbblico 

assegnatore gliene rifiutasse l'assegnazione. 

Non si capisce perch� una tale liberazione non 
dovrebbe valere quando contraente nel rapporto di fornitura 
sia l' .Amministrazione, la quale nel rapporha 
�vincolato la sua responsabilit� patrimoniale ma 
non (e d'altronde le era giuridicamente impossibile) 
l'esercizio di pubblici poteri. 

� stata questa assurda conseguenza che ha spinto 
la Corte a trovare una via d'uscita che salvasse il 
principio da essa incautamente ammesso nella prima 
parte della decisione sopra riportata, ed insieme ne 
evitasse gli inaccettabili effetti. 

JJIa appare chiaro come per giungere a tanto, la via 
giusta da seguire avrebbe dovuto essere diversa da 
quella segnata dalla Cassazione. 

In altri termini, per arrivare alla soluzione cui 
� arrivata la Corte, sotto l'inesorabile spinta della 
realt�, doveva affermarsi esplicitamente, in conformit� 
della tesi sempre sostenuta dall' .Avvocatura, e nei 
confronti del potere di assegnazione di merci contingentate 
il privato si pu� trovare solo in una posizione 
di interesse legittimo e di diritto affievolito: si trova 
in una posizione di interesse legittimo quando la 
sua pretesa all'assegnazione prescinda da ogni rapporto 
precedente con l' .Amministrazione pubblica, 
(quando cio� si chieda l'assegnazione di materie 
contingentate per esigenze della produzione privata): 
si trova, invece, in una posizione di diritto affievolito 
quando la pretesa alla assegnazione si basi su 
un impegno contrattuale della Pubblica .Amministrazione 
per le esigenze di una fornitura che ad essa 
debba essere prestata. Ci� significa che il fornitore 
al quale l' .Amministrazione committente abbia promesso 
l'assegnazione di materia prima per l' esecuzione 
della fornitura non ha diritto soggettivo a conseguire 
l'assegnazione stessa ma, la sua pretesa pu� 
essere sacrificata ove le materie di assegnazione non 
siano tali da soddisfare tutte le esigenze degli altri 
fornitori valutate al lume dell'interesse pubblico 
secondo il quale soltanto deve graduarsi l'importanza 
relativa delle varie forniture. 

.Abbi�mo ritenuto di dedicare ampio spazio alla 
questione perch� tutto lascia ritenere che il problema 
delle assegnazioni di m�terie prime e dei loro rifiessi 
nel campo del diritto pubblico e privato sia tutt'altrq 
(jhe inattuale. 



ORIENTAMENTI GlURISPR UDENZIALI 
DELLE CORTI DI MERITO 


AMMINISTRAZIONE PUBBLICA -Enti Statali 


Caratteri distintivi -Aziende portuali, mezzi mec


canici -Sono enti statali. (Tr:b. La Spezia, 24 apri


le 1950 -Pres. ed est.: Antonini -Soc. It.ahnarina 

contro Azienda portuale mezzi meccanici di L8' Spo


. zia ed a.Itri). 

Per stabilire se un Ente pubblico sia un Ente 
statale si deve guardare non solo alla sua struttura 
giuridica. ma anche alla sua composizione, alla 
intensit� del controllo e delle direttive statali cui 
� sottoposto, ed in genere al rapporto in cui l'ente 
si trova con lo Stato. 

Le Aziende portuali mezzi meccanici, disciplinate 
dal R. D. 9 gennaio 1941, n. 541, sono enti 
statali. 

Questa sentenza del Tribunale di La Spezia, 
estesa dallo stesso Presidente, merita di essere segnalata 
per la chiarezza con la qua.le ha fissato i criteri 
distintivi del carattere statale di Ente pubblico. 

Il problema si ricollega all'altro, recentemente 
dibattuto in dottrina, della possibilit� di un'autonoma 
personalit� giuridica di alcuni enti statali. 

(R. SANDULLI: .In tema di Ente economico della 
Zootecnica e di tassa di occupazione di suolo pubblico 
cc Foro it. ))' 1949, I, 1171; U. FRAGOLA: Nuovi 
aspetti della teoria organica dello Stato, cc Foro 
it. ))' 1950, IV, 84 e recensione in questa Rassegna 
1950, 167; COLZI: Soggettivit� giuridica dell'organo 
e organo persona giuridica, cc Foro Pad. ))' 1951, 
I, 88). L'elaborazione giurisprudenziale appare in 
materia scarsa e, in un certo senso, faticosa. L'annotata 
sentenza imposta il problema nei suoi punti 
essenziali e lo risolve con questa esatta motivazione: 
cc Quali sono i criteri per distinguere 1tna amministrazione 
dello Stato ad ordinamento autonomo da 
una azienda pubblica non statale ? 

cc Per rispondere a tale delicato quesito �, anzitutto, 
opportuno tener presente che le amministrazioni 
dette con termine impreciso, autonome, traggono 
la loro ragione dal decreto 24 ottobre 1866, n. 2306, 
che all'art .. 3 attribuiva ai capi di amministrazione 
generale, non costituenti uffici inerenti ai Ministeri, 
la trattazione di tutti gli affari riuniti sotto la loro 
direzione ed il potere di risolvere definitivamente gli 
affari di loro competenza. Sorsero cosi, nell'ambito 
dell'Amministrazione centrale dello Stato, amministrazioni 
la cui natura statale non pu� essere posta 
in dubbio per essere esse dipendenti da un dato 

Ministero e fornite soltanto di una limitata autonomia 
amministrativa. Ma ci. si pu� trovare di fronte 
ad amministrazioni fornite di personalit� giuridica, 
nelle quali l'organo che le rappresenta appare come 
organo esterno ed essere non dello Stato; anche in 
tal caso si pu� avere, qualora concorrano particolari 
elementi, una amministrazione autonoma statale. 

cc Che un ramo dell'Amministrazione statale possa 
avere personalit� giuridica � generalmente ammesso, 
in quanto una persona giuridica pu�, come una 
persona, fisica, essere investita d'un pubblico ufficio, 
e perci� p1t� anche essere considerata Amministrazione 
dello Stato se il suo rapporto organico con lo 
Stato sia tale, per la sua struttura, da incastrarla, 
da collegarla intimamente all'ordinamento dello 
Stato cosi da costituire una parte di questa. 

cc Nell'indagine se una persona giuridica pubblica 
possa essere considerata amministrazione autonoma 
statale ben poco vale il criterio del fine; la 
dimostrazione che il fine di una persona giuridica � 
comune con lo Stato, se pu� valere a provare che essa 
� persona di diritto pubblico, non � idonea a provare 
che essa costituisca una amministrazione dello Stato. 
Per stabilire se una persona giuridica debba essere 
considerata Amministrazione dello Stato ai fini della 
distinzione tra cc Amministrazione dello Stato eventualmente 
a ordinamento autonomo >> ed Enti pubblici 
non statali, si deve aver riguardo al rapporto in cui 
l'Ente si trova con lo Stato. Ci si trover� di fronte 
ad ima Amministrazione statale ogni qual volili 
tale rapporto determini l'attivit� prevalente e caratteristica 
dell'Ente, influendo sulla sua struttura 
e determinandone le posizione nell'organizza.zione 
dello Stato; l'Ente deve presentarsi nella sua attivit� 
caratteristica come organo esterno dello Stato, in 
modo da esser prevalente non la titolarit� di una 
attivit� amministrativa propria ma la titolarit� 
dell'esercizio di una attivit� amministrativa dello 
Stato; -in altri termini l'Ente deve essere nella 
sua attivitd prevalente e caratteristica organo attivo 
della Amministrazione statale fornito di una generica 
capacit� giuridica che potrebbe anche mancare. 

cc Ne consegue che, nella ricerca, si deve avere 
riguardo non tanto alla struttura giur�dica intema._ 
dell'Ente, che pu� anche avere analogia con la struttura 
delle societ� commerciali, quanto alla sua composizione, 
alla intensit� del controllo e delle direttive 
statali a cui esso Ente � sottoposto. La circostanza 
che i dirigenti dell'Ente siano funzionari 



-171 


dello Stato e siano di nomina statale, la stretta dipendenza 
della sua attivit� dalle direttive impartite da 
organi statali e dal loro controllo, dimostrano che 
esso Ente si trova in rapporto di subordinazione con 
lo Stato pi� intenso di quello proprio di ogni persona 
giuridica pubblica e che pi� si avvicina al rapporto 
di gerarchia n. 

Passando quindi all'esame della specifica natura 
delle Aziende portuali mezzi. meccanici, la sentenza 
annotata osserva che l'uso dei mezzi meccanici 
<<delle grue per l'imbarco e lo� sbarco delle merci n 
impianti dallo S~ato nei porti italiani, avveniva, 
vigente il R. D. 26 settermbre 1904, n. 713, o direttamente 
da parte delle Capitanerie di Porto o a mezzo 
di concessione a privati o ad enti morali (art. 122 
e 123). 

.Dopo che con R.D.L. 1� febbraio 1925, n. 232 il 
Jlfinistero delle comunicazioni venne autorizzato a 
istit-uire presso la Capitaneria di Porto un Ufficio 
del lavoro portuale, i decreti ministeriali istitutivi 
affidarono esplicit�mente a tale ufficio la gestione 
degli apparecchi meccanici: e cos� avvenne anche per 
il porto di La Spezia, dove (art. 1 del decreto ministeriale 
del 13 gennaio 1926) l'ufficio di lavori portuali 
ebbe, fin dalla sua costituzione << la gestione degli 
apparecchi meccanici di carico e scarico del porto l>. 

Segu�, infine, il regio decreto 9 gennaio 1941, 
.n. 541 il quale contiene (rileva la sentenza annotata) 
disposizioni tali da non lasciar alcun dubbio che 
l'azienda portuale mezzi meccanici debba considerarsi 
uri,a Amministrazione statale ad ordinamento 
autonomo, agente come organo esterno dello Stato 
attraverso l'attivit� dei suoi dirigenti. 

Questi elementi determinanti la natura statale 
delle Aziende portuali sono, in succinto, i seguenti: 

1o la dipendenza organica delle Aziende dal 
capitano di porto, giusta l'art. 3 del R. D. 9 gennaio 
1941, n. 541; 

2� la propriet� dello Stato sugli impianti di 
carico e scarico, gestiti dalla capitaneria mediante 
la costituzione delle Aziende (art. 1); 

30 il controllo finanziario esercitato dallo Stato 

sui bilanci di previsione ed i conti consuntivi (arti


colo 
9); 

40 la devoluzione degli avanzi di gestione ad un 
fondo vincolato per nuove opere portuali (art. 10), 
la cui spesa � a carico dello Stato, gravato anche di 
un contributo speciale del R.D.L. 7 settembre 1986, 

n. 
674; 
50 il potere ispettivo riservato al Ministero 
(art. 11). 
Dall'accertata natura statale dell'Azienda il Tribunale 
dedusse infine, nella fattispecie, l'obbligatoria 
devoluzione dell'intera causa al foro dello Stato, 
in applicazione dell'art. 6 R. D. 10 ottobre 1933, 

n. 1611. 
IMPOSTE E TASSE -Ricchezza mobile -Privilegio 
ex art. 2752 Cod. civ. -Ruoli supplettivi -Biennio Quali 
siano le annualit� da comprendersi in tale 
locuzione. 

<< Poich� gli ultimi due anni considerati dal 
primo comma dell'art. 2752 Codice civile debbono 
essere due anni continui ed ininterrotti, la locuzione 
<<ultimo biennio n contenuta nel secondo 

comma dello stesso articolo, afferente ai ruoli 
suppletivi, deve intendersi abbia la stessa portata 
di quella precedente. Di conseguenza anche il 
<<biennio n portato nei ruoli suppletivi comprende 
l'anno in cui si procede o si interviene nell'esecuzione 
e l'anno precedente n (Trib. �Parma, &e~. I, 
23 aprile 1949: Pres.: Stellatelli, Estens.: De Angelis; 
Esattoria Parma contro fall. Soc. Coop. 
<<Ricostruzione ll). 

<<L'ultimo. biennio di cui all'art. 2752, secondo 
comma, Codice civile non coincide necessariamente 
con gli ultimi due anni menzionati dal primo 
comma dello stesso articolo, giacch� per il ruolu 
suppletivo la legge esige soltanto che le due annualit� 
siano le due ultime inscritte nel ruolo medesimo 
e non anche che le annualit� predette, oltre ad 
essere le ultime, siano consecutive l'una all'altra. n. 
(Corte App. Bologna, Sez. I, 26 giugno 195]: 
Pres.: Gervasio, Estens.: Nardella, Esattoria Parmn 
contro fall. Soc. Coop. <<Ricostruzione n). 

Le difformi pronunzie sopra indicate invitano a 
meditare intorno alla effettiva portata dell'art. 2752 
Codice civile in punto di privilegio concesso alle 
annualit� d'imposta incluse in ruoli suppletivi e ci 
sembra che la Corte bolognese abbia fatto buon governo 
della legge riformando la sentenza del Tribunale 
di Parma che, in cospetto di ruolo suppletivo 
emesso nel 1947, portante imposte affere11,ti al 1947 
ed al 1946, aveva escluso dal privilegio la R. JI![, 
dovuta per quest'ultimo anno. 

La giurisprudenza della Suprema Corte sotto lo 
impero del codice abrogato ebbe ad accogliere l'interpretazione 
propugnata dalle Finanze dello Stato in 
ordine al concetto di anno in corso di cui all'art. 1957 
Codice civile 1865, giacch� pi� e pi� volte -in 
tema di ruoli suppletivi -decise che per anno in 
corso doveva intendersi quello nel quale il ruolo entrava 
in riscossione, non quello in cui il reddito si era 
prodotto. Da ci� conseguiva che il privilegio sancito 
dal detto articolo 1957 assisteva tutte le annate 
comprese nei ruoli suppletivi dell'anno in cui il 
ruolo cadeva in riscossione� e del precedente, anche se 
dette imposte si fossero riferite ad anni anteati di 
produzione del reddito. 

Il codice vigente, rielaborando la materia ha 
tenuto presenti sia l'orientamento giurisprudenziale, 
sia la dissenziente dottrina, disciplinando 
diversamente l'estensione temporale del privilegio in 
vista delle critiche mosse dalla dottrina medesimn 
all'opinamento della Cassazione. Cos� nel formulare 
l'art. 2752 del vigente Codice civile, il legislatore si � 
inspirato al concetto che la pur doverosa tutela dei 
diritti dell'Erario non dovesse soverchiamente sacrificare 
i diritti degli altri creditori, e la dottrina (Commentario 
del D'Amelio al O. O. Libro della tutela 
dei diritti, pagg. 478 e segg.; Commentario O.O. a 
cura di Scialoja e Branca, Libro VI, art. 2752) 
mette appunto in luce le innovazioni introdotte dal 
legislatore alla stregua dei criteri avanti indioati. 

In 
concreto si rileva che nel primo comma del


l'art. 2752 Oodiae civile viene precisato, senza possi


bilit� di equivoci, che per i ruoli principali il privilegio 

assiste le imposte portate nel ruolo dell'anno in 

01,1,i 
l'esattore procede alla riscossione o interviene 



-172 


(in procedura esecutiva o concorsuale) e di qtwllo 
precedente, mentre per i ruoli suppletivi si � invece 
stabilito che assistite da privilegio siano le imposte 
dell'ultimo biennio portate nei ruoli stessi. 

Cos�, data l'esplicita dizione della legge e l'indubbia 
innovazione introdotta rispetto al pensiero della 
Suprema' Corte, innovazione chiaramente palese 
attraverso la formulazione letterale dell'articolo 2752, 
� oggi impossibile sostenere l'estensione del privilegio 
a tutte le imposte inscritte nei ruoli principali� o 

suppletfoi dell'anno in corso e del precedente, poich� 
deve restare fermo il criterio generale informativo 
che limita il privilegio nel tempo. Questo � chiaramente 
precisato per i ruoli principali; resta quindi 
da esaminare l'iflettiva portata e l'esatto riferimento 
temporale della locuzione adottata dal corrtma secondo 
secondo per i ruoli suppletivi, in ordine ai quali � 
ivi sancito cc che il privilegio non pu� esercitarsi per 
un importo superiore a quello dell'ultimo biennio n. 

Le ipotesi possibili sono quattro: 

a) che anche per i ruoli suppletivi debbasi 
seguire lo stesso criterio adottato per quelli principali, 
e cio� che il privilegio si estenda soltanto alle imposte 
inscritte nei suppletivi per l'anno in cui l'esattore 
procede o interviene nell'esecuzione e per l'anno 
precedente; 

b) che il privilegio possa essere fatto valere non 
in relazione agli anni ma in relazione alla quantit� 
delle imposte arretrate; cio� intendere cc importo non 
superiore a quello dell'ulti1no biennio � colme importo 
di tributi portato nei ruoli suppletivi non superiore 
all'importo delle imposte assistite da privilegio per 
essere portate nei ruoli principali dell'anno in corso 
e del precedente; 

e) che il privilegio assista soltanto l'ultimo 
biennio portato nel ruolo o nei ruoli suppletivi, indipendentemente 
dal fatto che. detti anni coincidano con 
quelli assistiti da privilegio per i ruoli principali. 
Ad esempio, se l'esecuzione o l'intervento si sono 
verificati nel 1947 il privilegio non deve essere limitato 
ai suppletivi afferenti al 1946 e 1947. Anche se 
detti ruoli comprendono imposte del 1940-1941-1942 
e 1943 saranno assistite da privilegio solo quelle dell'ultimo 
biennio, e cio� quelle del 1942 e 1943. 

d) che il termine biennio non debba essere inteso 
nel senso rigoroso di due anni consecutivi, come 
nell'ipotesi precedente, .�ma soltanto nel senso dei due 
ultimi anni inscritti a ruolo. Cos� un suppletivo per 
gli anni 1945-1946-1948 potr� essere assistito da privilegio 
per gli ultimi due anni (1948 e 1946) ariche se 
trattasi di anni non consecutivi. 

Il Tribunale di Parma ha seguito la soluzione 
sub-a suffragandola con le seguenti argomentazioni: 

1o poich� il legislatore ha, nel primo comrna 
dell'art. 2752, fatto riferimento sicuro a due anni 
continiti ed ininterrotti, non si vedono motivi per cui 
al comma secondo possa essere stato seguito un criterio 
diverso: altrimenti verrebbe ampliato il concetto 
gi� espresso in modo certo per i ruoli principali e si 
allargherebbe l'estensione del privilegio non ad un solo 
biennio ma addirittura anche ad un quadriennio se 
ad esempio il suppletivo concernesse imposte pel 
1947 e 1944. 

2� Le disposizioni portate nella medesima norma 
(art. 2752) debbono essere interpretate in correlazi.
one l'una alValtra, cosicch� il punto di riferimento 

per calcolare l'ultimo biennio non pu� non essere, 
anche nel caso dei ruoli suppletivi, che il medesimo dei 
ruoli principali e cio� l'anno in cui l'esattore procede. 


3� Anche nel linguaggio comune la frase cc ultimo 
biennio �ha un significato ben� d�finito di due anni 
consecutivi, mentre inoltre il termine e< importo � 
che la precede, usato al singolare, rafforza notevolmente 
il concetto scaturente dalla frase che segue, in 
quanto si � tanto pensato ad un periodo continuo ed 
ininterrotto che si � usato il termine � importo � al singolare. 
Se si fosse usato il plurale si sarebbe potuto 
pensare che il legislatore avesse voluto tenere distinto 
l'importo riferentesi al suppletivo di un. anno da quello 
riferentesi al suppletivo dell'altro anno rlel biennio, 
ma l'uso del singolare chiarisce la mens legis. 

Ma valide ragioni� inducono a non condividere 
il pensiero del Tribunale. 

Se l'ultimo biennio dei suppletivi fosse identico 
a quello dei ruoli principali, non vi sarebbe stata 
necessit� di usare nel primo capoverso del 2752 un� 
locuzione diversa da quella adottata nella prima parte 
dello stesso articolo. Sarebbe bastato, anzich� formare 
apposito capo per il privilegio afferente ai ruoli suppletivi, 
aggiungere nella prima parte di detto articolo 
dopo � ruolo principale � la dizione cc e suppletivo � 
perch� il concetto del legislatore fosse palesato senza 
dubbi o perplessit�. 

L'aver invece usato termini diversi, induce a ritenerli 
non equivalenti, giacch� una diversit� di locuzione 
� conseguente ad un diverso criterio informativo 
che, altrimenti, non avrebbe avuto ragione di essere 
espresso in norma a s� stante. Tanto pi� quando in 
pratica � normale che i ruoli suppletivi siano formati 
per anni di tassazione diversi da quelli portati nei 
ruoli principali, come chiaramente si evince dagli 
artt. 107, 108, 109, 111 e 112 del regolamento 11 lu� 
glio 1907, n. 560 per l'imposta di R.M., in relazione 
all'art. 2 del T.U. 17 ottobre 1922, n�. 1461 sulla 
riscossione delle imposte dirette. 

Inoltre il voler identificare il biennio dei ruoli suppletivi 
con l'anno in corso e quello precedente indicati 
nella prima parte del 2752, porta necessariamente 
a ritenere che il legislatore abbia inteso limitare il 
privilegio agli stessi due anni sia per le imposte portate 
nei ruoli principali che per quelle portate nei suppletivi. 
Il che condurrebbe a negare in realt� ogni privilegio 
per le imposte portate in questi ult~mi ruoli, 
appunto perch� i tributi indicati nei medesimi non 
coincidono di norma con quelli degli anni compresi 
nei ruoli principali. 

L'ipotesi sub-b) che il Tribunale di Parma ha preso 
in considerazione per rafforzare, sia pure con argomento 
indiretto, la propria tesi, non appare rispondente 
alla mens legis. 

La quantit� dell'imposta assistita da privilegio 
per i ruoli suppletivi non pu� essere in relazione di 
parit� con un corrispondente importo dei ruoli principali, 
poich� tutto lo spirito della innovazione, in 
stretto e preciso riferimento al precedente orientamento 
giurisprudenziale ed alle criticlie �mosse __ dafla _ 
dottrina, esclude che si sia voluto far questione di� 
quantit� per i tributi compresi nei ruoli suppletivi, 
quantit� da c�mmisurare a pari c�mma segnata nei 
ruoli principali, in modo che si defJba osservare una 
esatta rispondenza di importo fra gli uni e gli altri. 


-173 


Se quest� fosse stato lo spirito della riforma, sarebbe 
stato ne�essario tradurlo in un chiaro, esplicito richiamo 
ai ruoli principali, il che non � stato fatto; 
cosicch� nel silenzio della legge -che avrebbe dovuto 
sanzionare siffatto criterio profondamente innovativo 
rispetto a quello vigente sotto l'impero del codice 1865 ~ 
non � consentito all'interprete introdurre s� radicale 
mutamento al criterio generale informatore della 
nuova disposizione. 

. Esclusa, adunque, la possibilit� di considerare 
identici i periodi di tempo indicati nel primo e nel 
secondo comma dell'art. 2752, restano soltanto da 
esaminare le ipotesi sub-e) e d), le quali si differenziano 
per il significato da dare al termine (( biennio )), 

Contro la soluzione che, in senso terrr,iinologicotecnico, 
considera il biennio come unit� temporale 
a s� stante ed inscindibile (due anni consecutivi) 
si erige sempre il concetto d�minante dell'innova-' 
zione attuata rispetto ai ruoli suppletivi; contro un privilegio 
prima esteso a tutte le annualit� inscritte nei 
suppletivi si � voluto. limitare a due .sole annualit� 
�l privilegio stesso, re8tando per� fermo il repudio 
di ogni riferimento all'anno d_i produzione del reddito. 
Ci�� posto, non si vede una ragione logica che imponga 
che debba trattarsi necessariamente di due anni consecutivi, 
poick� � da escludere che il legislatore -pur 
riconoscendo in i�stratto il diritto di prelazione alla 
imposta di due arini -abbia poi, in concreto, resa 
meno vantaggiosa la posizione creditoria delle Fin�n,
ze dello Stato prescrivendo che il diritto in. parola 
valga per due anni, ma solo se consecutivi. Il che, 
in pratica, condurreb.be spesso a concedere il privilegio 
per un anno soltanto, l'ultimo inscritto a ruolo, 
se yl{ uitimi due non sono consecutivi, quando non � 
facile individuare il motivo che renda necessaria tale 
~llogica eons�cutivit�. � 

Bene� ha quindi deciso� la Corte bolognese ripudiando 
il� criterio seguito dal� primo giudice, criterio che ha 
giudicato 'non accettabile (( poich� prescinde dal riftesso 
Che nel secondo comm� dell'art. 2752 si parla 
di esercwio d�l priviieg�o per un importo. non superiore 
a quello dell'ultimo biennio, fissandosi iw tal 
guisa un criterio quanti�ativo che dimostra come lo 
scopo j>ratico della norma si� quello di ritenere privilegiate 
le due Ultime� annualit� d'imposta inscritte 
nel ruolo suppletivo, indipendent�mente dall'essere 

o meno le due annualit� una susseguente all'altra. In 
altri termini, ci� che la legge esige � soltanto che le 
'due annua7it� 'Siano re due ultime inscritte nel ruolo 
suppletivo e non anche che� le medesime, oltre ad 
�essere� le ulti�me, siano consecutive l'una all'altra n 
Non pu� negarsi' che .l'uso della locuzione � biennio 
� possa indurre a valutare la locuZione medesima 
da un punto di vista rigorosamente lessicale, ma appare 
eccessivo dar 'peso determinante a criteri di strettissima 
terminologia, quanto il significato comune di 

-biennio � � ben quello di due �nni. 

Del r�sto la Corte� d'appello non ha mancato di 
invocare, a sostegno del suo assunto, l'unico autorevole 
precedente giurisprudenziale in subjecta materia, 
quello della sentenza n. 7 della Suprema Corte 
in data 9 gennaio 1947, resa in causa Anzil-Esattoria 
di Conegliano. (Foro It. 1947,.I, 188), la.quale 
occupandosi dell'art. 2771, ultimo comma, Codice 
civile vigente. redatto in termini identici a quelli 
del comma secondo del 2752, ha deciso appunto 
che, cc privilegiate dovevano considerarsi le due ultime 
annualit� inscritte nel ruolo suppletivo n senza fare 
distinzione alcuna fra annualit� consecutive e non. 

E non vediamo ragioni sufficienti per ammettere 
che tal mancata distinzione possa essere sfuggita 
alla Corte regolatrice e non rispecchi appieno l'interpretazione 
data dal termine cc biennio n su cui era 
pur caduta l'indagine. 

(E. M.) 
IMPOSTE E TASSE -Salve et repete. (Trib. Roma, 

Sez. I, n. 3790 del 23 giugno 1951 -Pres. : Elia, 

Rel.: Milano -Societ� Molinari-Dogana. 

Il .pagamento del tributo � condizione necessaria 
per la� proponibilit� dell'opposizione giudiziale. Tale 
condizione deve sussistere prima dell'intitaurazione 
del giudizio. Non assolve al precetto del solve et 
repete il pagamento del tributo, effettuato dopo la 
notificazic;me dell'atto di citazione e prima della 
iscrizione della causa a ruolo. 

Per l'a:rt: 24 della legge doganale 15 aprile 1940, 

n. 1424 l'atto di opposizione non � valido, se non 
sia stato preceduto dal pagamento del tributo. 
Il pagamento eseguito a mezzo assegno . non � 
idoneo ad assolvere al precetto del solve et repete, 
l'unica prova ammessa essendo la regolare quie


tanza. 

La liberazione dello speditore dagli obblighi 
contratti con la bolletta di cauzione, avviene soltanto 
col rilascio del certifi,cato di scarico, emesso 
a segui~o di regolare visita, che accerti l'identit�, 
pef quantit� e qualit�, della, merce indicata nella 
bolletta. 

Le massime sono pacifiche, ma la sentenza merita 
di essere segnalata per la chiarezza della motivazione 
e la precisione dei concetti. Esattamente, nella specie, 
il precetto del solve et repete � stato applicato rigorosamente 
in considerazione dell'art. 24 legge doganale, 
che esclude ogni validit� dell'atto di .opposizione non 
preceduto dal pagamento del tributo, da provarsi 
esclusivamente con la quietanza, all'atto di emissione 
della quale, soltanto, pu� dirsi pagato il tributo. 

Il principio sembra, per�,. che debba applicarsi 
in ogni altra ipotesi di solve et repete. 



ili& ili& 
RASSEGNA DI LEGISLAZIONE 


I PROVVEDIMENTI SONO ELENO�TI SECONDO L'ORDINE 

DI PUBBLIO�ZIONE SULL� e G&ZZETT� UFFJO!�LE, 

I. 
I. 
Legge 1� ottobre 1951, n. 1140 (G..U. n. 259): Rapporti 
di impiego civile e di lavoro dei cittadini dichiarati 
irreperibili per eventi di guerra o connessi allo stato di 
guerra. -� la prima volta che si d� valore allo stato 
di irreperibilit� al di fuori dell'ambito strettamente 
militare. Com'� noto, infatti, l'irreperibilit� � un istituto 
proprio della legislazione militare per il tempo 
di guerra. Nella relazione alla legge (v. le leggi, 1951, 
pag. 1832) sono spiegati i motivi per i quali si � ritenuto 
necessaria una tale estensione. Naturalmente la portata 
delle norme della legge in esame non pu� andare oJtre 
i casi previsti, avendo esse natura evidentemente eccezionale. 
In altri termini l'irreperibile non pu� essere considerato 
morto se non per quei rapporti per i quali la 
legge lo prevede espressamente, per tutti gli altri rapporti 
occorrer� la dichiarazione di morte presunta 
secondo le norme del codice civile. 
II. 
SENATO DELLA REPUBBLICA 
I. 
Disegno di legge n. 900-C (iniziativa governativa) : 
Riforma della carriera diplomatica. -Con questo disegno 
di legge viene nuovamente unificata la carriera 
diplomatica che nel 1927 era scissa nei rami diplomatico 
e consolare. 
Notevole l'ultimo comma dell'art. 1 secondo il quale 
cc l'Amministrazione pu� non accogliere le domande 
di ammissione al concorso per difetto di attitudine 
professionale �. Non � questa norma da considerarsi 
simile alle disposizioni gi� contenute nella legislazione 
anteriore alla Costituzione, le quali permettevano 
all'Amministrazione di negare l'ammissione ai concorsi 
insindacabilmente; il difetto di attitudine professionale 
� invero una ragione che legittima la mancata 
ammissione, mentre la valutazione se un tale difetto 
sussista o meno involge evidentemente un esame di 
merito il cui sindacato � precluso in sede di giurisdizione 
di legittimit�. 

Il Senato aveva approvato una norma (art. 17)secondo 
la quale si potevano collocare a riposo funzionari della 

carriera diplomatica dopo dieci anni di servizio effettivo, 
sentito il Consiglio di Stato. La Camera ha soppresso 
l'obbligo di sentire questo parere e, se si considera 
che si trattava di una innovazione che non aveva 
precedenti nell'ordinamento dell'impiego statale in 
Italia, non vi � che da convenire cgn la Camera sulla 
opportunit� di tale emendamento. . 

2. Disegno di legge n. 1412-A (iniziativa parlamentare): 
_Disposizioni per la determinazione dell'annq finanziario 
e per l'esame e l'approvazione dei bilanci. -Con questo 
disegno di legge, proposto, da un gruppo di senatori, 
si vuole anzitutto far coincidere l'anno finanziario con 
l'anno solare modificando il sistema attuale. 

Si vuole, poi, snellire la procedura di approvazione dei 
bilanci e, abbandonando il sistema proposto in un precedente 
disegno di legge di iniziativa governativa (vedi 
in questa Rassegna, 1951,' 57), si propone che, pur 
essend�vi tanti disegni di legge quanti sono. gli stati 
di previsione delle. spese distinti per Ministeri (in ossequio 
all'art. 81 della Costituzione), la discussione generale, 
che deve precedere la votazione, sia una sola in 
sede di stato di previsione dell'entrata e di riepilogo 
della spesa, limitandosi, per i singoli stati di previsione 
della spesa, alla discussione ed approvazione per capitoli. 
Sembra che una tale soluzione urti contro il dispost.
o del regolamento della Camez:a (art. 80), secondo il 
quale la discussione generale � obbligatoria, per ogni 
progetto di legge; n� si vede .come risolvereilconflitto 
tra questa norma e una legge ordinaria contraria, specie 
ove si pensi che, a sensi dell'art. 64 della Costituzione, 
il regolamento delle Camere � adottato con una 
maggioranza qualificata che 'non � quella richiesta per 
l'approvazione delle leggi ordinarie. 

Infine l'art. 4 del disegno di legge in esame dispone che 
<< il Governo della Repubblica � autorizzato a coordinare 
con questa legge le disposizioni vigenti �. Ora se 
questa � una delega legislativa, ne difettano i requisiti 
richiesti dall'art. 76 della Costituzione (tempo determinato, 
criteri direttivi); se non � una��delega legislativa 
� una norma perfettamente inutile perch� la-co�r-dinazione 
che il Governo pu� fare � evidentemente 
solo quella che rientra nel suo potere regolamentare, 
per esercitare il quale non ha bisogno di alcuna autorizzazione. 




B Eli&d&M= '"i&Ak 

I N D I e E sI �s T E M A T I e o� 
DELLE CONSULTAZIONI 


LA FORMULAZIONE DEL QUESITO NON RIFLETTE IN ALCUN MODO LA SOLUZIONE CHE NE � STATA DATA 

ALBERGHI. -I) Se la mancata inclusione di uno 
stabile nell'elenco degli alberghi, pubblicato nella Gazzetta 
Uffioiale ai fini della loro classifica, escluda che lo 
stabile stesso possa essere soggetto al vincolo alberghiero 
previsto dalla legge 26 luglio 1936, n. 1692 e dal D.L.L. 
10 marzo 1945, n. 117 (n. 6). -II) Se il Commissariato 
per il Turismo possa dichiarare non necessaria alle esigenze 
del movimento turistico la destinazione di un edificio 
ad albergo anche contro il parere dell'Ufficio provinciale 
per il Turismo (n. 6�). -III) Quale sia il valore 
giuridico d'un impegno assunto da una Societ� di costruire 
un albergo, come condizione per ottenere l'autorizzazione 
a demolire un albergo gi� esistente (n. 7). 

AMMINISTRAZIONE PUBBLICA. -I) Come..debbano 
essere risolte le liti tra gli uffici stralcio delle disciolte 
Confederazioni sindacali fasciste e i vari Ministeri 
o uffici statali in genere (n. 117). -II) Quale sia la 
natura giuridica dei Consorzi anticoccidici (n. 118). III) 
Quale sia stata l'evoluzione e quale sia la natura 
giuridica attuale del servizio contributi unificati della 
agricoltura (n. 119). -IV Quale sia la natura giuridica 
dell'Ente nazionale Costruzioni ospedaliere e scolastiche 
in Albania (n. 120). 

ANTICHIT� E BELLE ARTI. -Se i cittadini di 
un determinato Comune abbiano diritto a che un quadro 
artistico gi� esistente in una chiesa e poi rimosso dallo 
Stato che ne era diventato proprietario secondo le leggi 
eversive dell'asse ecclesiastico, sia di nuovo rimesso al 
suo vecchio posto, come estrinsecazione della dioatio ad 
patriam (n. 18). 

APPALTI. -Se tra le somme che l'Amministrazione 
appaltante pu� pagare direttamente agli operai ai sensi 
dell'art. 357 della legge sui lavori� pubblici possano 
comprendersi anche quelle dovute a titolo di indennit� di 
licenziamento, e comunque, di cessazione di rapporto di 
lavoro (n. 148). 

CASE ECONOMICHE E POPOLARI. -Se possa subordinarsi 
la facolt� di riscatto prevista dall'art. 14 della 
legge 28 gennaio 1949, n. 43 all'obbligo dell'assegnatario 
riscattante di non vendere l'alloggio per un certo numero 
di anni se non a determinate condizioni (n. 3lj. 

CATASTO. -Se l'Amministrazione possa servirsi di 
mezzi coattivi di carattere giudiziario per obbligare i 
cittadini a compiere gli atti necessari per rendere possibili 
le volture catastali (n. 2). 

C.ONFISCA. -Se annullata in seguito a giudizio di 
revisione una sentenza di condanna per collaborazionismo� 
debbano restituirsi i beni confiscati al condannato, senza 
bisogno di un ordi�e di restituzione specifico (n. 8). 

. CONTABILIT� DELLO STATO. -I) Se le domande 
previste dal D.L. 19 aprile 1948, n. 517, per la liquidazione 
dei debiti contratti dalle formazioni partigiane, debbano 
essere presentate tutte alle Intendenze di Finanza o anche 
al Ministero a seconda del valore (n. 77). -II) Se ed in 
quali limiti possa esercitarsi dalla Amministrazione azione 
di rivalsa contro i componenti di una Commissione in; 
caricata di procedere alla aggiudicazione di merci �di propriet� 
dello Stato per asta pubblica, quando tale aggiudicazione 
sia seguita contro le norme fissate nelle condizioni 
di asta stabilite dalla Amministrazione (n. 78). III) 
Se vi siano norme che obblighino l'Amministrazione 
a dare la precedenza nei pagamenti dei mandati a quelli 
relativi a crediti ceduti nei confronti di quelli relativi a 
crediti non ceduti (n. 79). -IV) Se il termine previsto 
dall'art. 13 del Capitolato generale di appalto per le opere 
pubbliche e dall'art. 114 del Regolamento di contabilit� 
generale dello Stato si riferisca�alla sola emanazione 
del decreto di approvazione del contratto, o se �invece 
comprenda anche la registrazione di esso (n. 80). 

ENTI E BENI ECCLESIASTICI. -I) Se il diritto 
alla irrevocabile destinazione di un quadro al servizio di 
una chiesa previsto dall'art. 7 della legge 27 maggio 
1929, n. 848, possa essere fatto valere dai fedeli frequentatori 
della chiesa stessa o comunque appartenenti alla 
circoscrizione ecclesiastica in cui essa � posta (n. 16). 
-II) Se il titolare di una parrocchia incorporata in un 
convento sia il convento stesso anche ai fini del supplemento 
di congrua (n. 17). 

FERROVIE. -I) Sotto quale data debba intendersi 
smilitarizzato il personale ferroviario in servizio nel territorio 
controllato dalla r.s.i. (n. 135). -II) Se sia ammissibile 
il reintegro a favore delle Ferrovie concesse 


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dell'onere�da esse sopportato per la concessione di facilita~
ioni di viaggio stabilite posteriormente alla .data della 
convenzione tra esse e lo Stato, quando queste facilita:
i;ioni siano da esse dovute in via di estensione di norme 
stabilite nei riguardi delle Ferrovie dello Stato, norme che 
prevedano il reintegro dell'onere a carico del Tesoro 


(n. 136). 
IMPIEGO PUBBLICO. -I) Se la falsa dichiara~ione 
di essere combattente contenuta in una domanda di 
assunzione ad impiego pubblico costituisca reato (n. 273). 
-II) Se la rimozione dal grado considerata come pena 
accessoria per una condanna riportata per reato militare 
possa essere inflitta al di fuor delle ipotesi previste dall'art. 
33 del C.P.M.P. (n. 274). -III) Se l'Amministrazione 
statale sia tenuta a rimborsare l'I.N.A.I.L. di somme 
da questo pagate per l'infortunio subito da un inserviente 
diurnista assunto sotto il governo della r.s.i. e mantenuto 
in servizio dal governo legittimo senza un provvedimento 
formale (n. 275). -IV) Se vi sia nella nostra 
legislazione una norma esplicita la quale vieti la riassunzione 
nella stessa -Amministrazione o in altra Amministrazione 
statale o altro Ente pubblico degli impiegati 
gi� dispensati dal servizio per epurazione (n. 276). V) 
Quali siano le clausole �di un contratto di impiego con 
la Cassa del Mezzogiorno, compatibili con le norme della 
legge 10 agosto 1950, n. 646, che tale rapporto .di legge 
regolano in via generale (n. 277). 

IMPOSTA DI REGISTRO. -Se un contratto di 
un Comune soggetto al visto di esecutoriet� previsto 
dalla legge comunale e provinciale debb1;t considerarsi 
contratto soggetto all'approvazione ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 81 della legge di registro (n. ,70). 

IMPOSTE E TASSE. -I) Se al fine di stabilire le 
incompatibilt� per la,. gestione dell'appalto delle imposte 
di consumo possa farsi �riferimento all'art. 599 e.e. agli 
effetti di determinare se un aspirante appaltatore gestisca 
un commercio di generi soggetti ad imposta per interposta 
persona (n. 163). -II) Se il termine di sei mesi 
per l'impugnatura giudiziaria di decisioni delle Commissioni 
tributarie decorra dalla decisione della Commissione 
provinciale quando il ricorso alla Commissione 
centrale contro di questa sia stato. proposto per motivi 
tali da essere dichiar�to inammissibile (n. 164). -III) Se 
ai fini dell'esenzione venticinquennale dell'imposta sui 
fabbricati, la abitabilit� dell'edificio debba risultare 
nei modi prescritti dalla legge o possa essere provata in 
modo equipollente (n. 164). -IV) Se alla riscossione 
delle imposte dirette gra,vanti sugli assegni dei dipendenti 
della G.R.A. debba provvedersi_ a mezzo di ritenuta 
diretta (n. 165) 

PROPRIET� -Se costruito un edificio a distanza 
di pochi centimetri da un muro di un altro edificio,' distanza 
imposta da esigenze tecniche di costruzione che 
non consentono l'aderenza dei due muri, possa il proprietario 
del�'edificio gi� esistente, chiedere la coniunione del 

muro del nuovo edificio o, alterna:t;ivamente, il rispetto 
della distanza di tr,~ metri stabilita dall'art' 873 d~l 
Codice civile (n. 5). 

RAPPORTI DI LAVORO. -I)"Se costituisca m~dia


zione vietata in assunzione di mano-d'opera l'invio di 
_lavora_tori assunti da una ditt11-a proprio carico, a lavorare 
presso altre ditte mediante un compenso forfettario' 
(n. 17). -II) Se la pena pec~iaria da irifliggere per 
le contravvenzioni alla legge 21 agosto 1921, n. 1312, 
sull'assunzione degli invalidi di guerra debba corrispondere 
al risultato del calcolo aritmetico avente per fattori 
il numero degli invalidi non assunti, i giorni lavorativi di 
mancata assunzione e l'ammenda unitaria, o se possa il 
relativo prodotto essere assoggettato a discrezionale ridu


zione da parte del giudice (n. �8). 

RESPONSABILIT� CIVILE. -I) Se sussista responsabilit� 
dell'Amministrazione per danni derivati 
alle peschiere sarde in seguito all'uso di prodotti antianofelici 
per la lotta contro la malaria (n. 120). -II) Se lo 
Stato risponda dei danni derivanti dall'attivit� di disinfezione 
compiuta dai Consorzi anticoccidici (n. 121). hl) 
Se sia consentito_ all'Amministrazione, sulla quale 
gravi responsabilit� per investiment� automobilistico, 
ai obbligarsi nei confronti dell'I.N;A.I.L. a rimborsarlo 
delle rendite erogate all'infortunato annualmente, o se 
debba l'Amministrazione corrispondere all'Istituto il 
capitale della rendita stessa (n. 122). -IV) Se all'azione 
di rivalsa dell'Amministrazione verso il conducente di 
un. autoveicolo che abbia ~agionato danni_ si applichi 
la prescrizione ordinaria (n. 123). 

SEQUESTRO. -Se per l'applicazione del D.L.L. 
5 maggio 1946, n. 393, a favore degli appartenenti alla 
razzft ebraica sia indispensabile che costo~o . esibiscano 
l'atto formale col quale i loro beni furono sequestrati o 
confiscati, o se sia sufficiente che risulti che i loro beni 
furono presi per un atto dell'autorit� (n. 7). 

SINDACATI. -I) Quale sia stata e quale sia la natura 
giuridica del servizio interconfederale dei contribu'ti 
unificati (n. 10) . -II) Come debbano essere risolte le 
liti tra gli Uffici stralcio delle cessate organizzazioni sindacali 
fasciste e le Amministrazioni dello Stato (n. 11): 

SUCCESSIONI. -Se ed a quale titolo debbano essere 
dedotte dall'asse ereditario, ai fini dell'imposta di successioni, 
le somme dovute dal de ouius per la sua qualit� di 
amministratore giudiziario di beni (n. 28).. 

TRATTATO DI PACE. -I) Se possano essere liquidati 
ai sensi� dell'art. 79 del Trattato �di Pace i crediti 
vantati da. imrese italiane verso un ente pubblico costuito 
in Albania nel giugno del 1940 con�decreto del luogotenente_ 
del re d'Italia (n. 36). -U) Se possa r�ten�rsi 
invocabile l'art. '87 del Trattato di Pace nei casi in cui 
mediante scambio di lettere tra il Gov~rno francese e il 
Governoitaliano siano stat~ regolate questioni relative alla 
liquidabilit� di beni di cittadini italiani in Tunisia (n~ 37); 

(810s50I) Roma -Istituto Poligrafico dello Staio -G. C.