ANNO LXX I - N. 2 
APRILE - GIUGNO 2019 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 



COMITATO 
SCIENTIfICO: 
Presidente: Michele 
Dipace. Componenti: Franco Coppi 
- Giuseppe 
Guarino Natalino 
Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 


DIRETTORE 
RESPONSABILE: 
Giuseppe 
Fiengo 
-CONDIRETTORI: 
Maurizio 
Borgo, 
Danilo 
Del 
Gaizo 
e 
Stefano Varone. 


COMITATO 
DI 
REDAZIONE: 
Giacomo Aiello -Lorenzo 
D�Ascia 
-Gianni 
De 
Bellis 
-Francesco 
De 
Luca 
-
Wally 
Ferrante 
-Sergio 
Fiorentino 
-Paolo 
Gentili 
-Maria 
Vittoria 
Lumetti 
-Francesco 
Meloncelli 
Marina 
Russo. 


CORRISPONDENTI 
DELLE 
AVVOCATURE 
DISTRETTUALI: 
Andrea 
Michele 
Caridi 
-Stefano 
Maria 
Cerillo 
Pierfrancesco 
La 
Spina 
-Marco 
Meloni 
-Maria 
Assunta 
Mercati 
-Alfonso 
Mezzotero 
-Riccardo 
Montagnoli 
-Domenico 
Mutino 
-Nicola 
Parri 
-Adele 
Quattrone 
-Piero 
Vitullo. 


HANNO 
COLLABORATO 
INOLTRE 
AL 
PRESENTE 
fASCICOLO: 
Guglielmo 
Bernabei, 
Alessandra 
Bruni, 
Fausto 
Capelli, 
Sabina 
Cenciotti, 
Giacomo 
Cotti, 
Alessandro 
D�Amico, 
Maria 
Chiara 
Di 
Franco, 
Michele 
Gerardo, 
Antonio 
Grumetto, 
Giacomo 
Montanari, 
Gaetana 
Natale, 
Margherita 
Pagnotta, 
Stefano 
Pizzorno, 
Fabio 
Ratto 
Trabucco, 
Luca 
Soldini, 
Massimiliano 
Stagno. 


Email 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it 
danilodelgaizo@avvocaturastato.it 
stefanovarone@avvocaturastato.it 


ABBONAMENTO 
ANNUO 
..............................................................................� 40,00 
UN 
NUMERO 
.............................................................................................. � 12,00 


Per 
abbonamenti 
ed 
acquisti 
inviare 
copia 
della 
quietanza 
di 
versamento 
di 
bonifico 
bancario 
o 
postale 
a 
favore 
della 
Tesoreria 
dello 
Stato 
specificando 
codice 
IBAN: 
IT 
42Q 
01000 
03245 
348 
0 
10 
2368 
05, 
causale 
di 
versamento, 
indirizzo 
ove 
effettuare 
la 
spedizione, 
codice 
fiscale 
del 
versante. 


I 
destinatari 
della 
rivista 
sono 
pregati 
di 
comunicare 
eventuali 
variazioni 
di 
indirizzo 


AVVOCATURA 
GENERALE 
DELLO 
STATO 
RASSEGNA 
- Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia - Printed in Italy 


Autorizzazione 
Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 



indice 
-sommario 


TEMI 
ISTITUZIONALI 


Patrocinio 
delle 
Aziende 
Ospedaliere 
Universitarie, 
Circolare 
A.G.A. 
prot. 399733 del 16 luglio 2019 n. 22 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Protocollo d�intesa tra la Fondazione 
Teatro Carlo Felice 
di 
Genova e 
l�Avvocatura Distrettuale 
dello Stato di 
Genova. Patrocinio legale, CircolareA.
G.A. prot. 400060 del 16 luglio 2019 n. 23. . . . . . . . . . . . . . . . 

Protocollo 
d�intesa 
tra 
la 
Fondazione 
Teatro 
Massimo 
di 
Palermo 
e 
l�Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Palermo. 
Patrocinio 
legale, 
Circolare 


A.G. prot. 447573 del 9 agosto 2019 n. 28. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Protocollo 
d�intesa 
tra 
la 
Fondazione 
Teatro 
Comunale 
di 
Bologna 
e 
l�Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Bologna. 
Patrocinio 
legale, 
Circolare 


A.G. prot. 474040 del 6 settembre 2019 n. 29 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


Sabina 
Cenciotti, Il 
discrimen tra ci� che 
� 
tributario e 
ci� che 
tributario 
non 
�: 
sui 
corrispettivi 
al 
fondo 
antincendi 
degli 
aeroporti 
(C. 
Cost., 
sent. 
20 luglio 2018 n. 167) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Massimiliano 
Stagno, 
Il 
giudice 
di 
legittimit� 
avalla 
la 
misura 
del 
sequestro 
preventivo c.d. impeditivo (ex 
art. 321, co. 1, c.p.p.) anche 
nei 
confronti 
delle societ� (Cass. pen., Sez. II, sent. 10 luglio 2018 n. 34293) 
. . 

Alessandra 
Bruni, 
Alessadro 
D�Amico, 
Interventi 
pubblici 
di 
sostengo 
alle 
imprese 
(d.lgs. n. 123/1998): finalmente 
chiarezza sui 
crediti 
privilegiati 
(Cass. civ., Sez, I, sent. 26 giugno 2019 n. 17101) 
. . . . . . . . . . . . 

Giacomo 
Cotti, 
Sentenza 
Aemilia: 
il 
Tribunale 
riconosce 
la 
valenza 
eversiva 
dell�associazione 
mafiosa 
�locale� 
(Trib. 
Reggio 
Emilia, 
sent. 
31 
ottobre 2018 n. 1155) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Piero 
Vitullo, 
Procedura 
semplificata 
di 
autorizzazione 
per 
impianti 
di 
produzione 
di 
energie 
rinnovabili 
(minieolico), 
tutela 
indiretta 
anche 
inibitoria 
delle 
areee 
contermini 
a quelle 
vincolate 
e 
rilevanza in materia 
paesaggistica 
del 
silenzio-assenso. 
Profili 
sostanziali 
e 
processuali 
(Cons. 
St., Sez. IV, sent. 4 settembre 
2018 n. 5181; 
Cons. St., Sez. IV, sent. 18 
marzo 2019 n. 1729). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Wally ferrante, 
�Una 
obiettiva 
situazione 
di 
incertezza� 
sull�applicazione 
del 
rito 
superaccelerato 
ex 
art. 
120, 
comma 
2 
bis 
e 
comma 
6 
bis 
c.p.a. 


(Cons. 
St., 
Sez.V, 
sent. 
17 
giugno 
2019 
n.4046).. 
. 
. 
. 
.. 
. 
. 
. 
.. 
.. 
. 
. 
. 
.. 
. 
. 


LEGISLAZIONE 
ED 
ATTUALIT� 


Guglielmo Bernabei, Assetti 
del 
sistema di 
autonomie 
locali 
tra attualit� 
e prospettive 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Guglielmo Bernabei, L�area vasta e 
il 
suo territorio. Il 
caso Emilia Romagna 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 
1 
�� 
7 
�� 
11 
�� 
14 
�� 
17 
�� 
29 
�� 
40 
�� 
56 
�� 
72 
�� 
103 
�� 
113 
�� 
142 



Margherita 
Pagnotta, 
Il 
�concordato 
in 
bianco�, 
vantaggi 
e 
limiti 
del-
l�istituto. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
156 
Luca 
Soldini, Riduzione 
del 
numero dei 
parlamentari: riflessioni 
a caldo 
sul 
p.d.l. 
cost. 
1585-B. 
Un 
difficile 
equilibrio 
tra 
razionalizzazione 
e 
tutela 
della rappresentanza 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
177 
fabio 
Ratto 
Trabucco, 
Solidariet� 
e 
crisi 
dei 
rifugiati 
in 
Europa: 
il 
blocco 
degli Stati Ue antimmigrazione 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
188 
CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 
Michele Gerardo, Soggetti pubblici operanti nell�economia 
. . . . . . . . . . �� 
195 
Gaetana 
Natale, 
Antonio 
Grumetto, 
Recenti 
sviluppi 
dell�innovazione 
tecnologica 
nel mondo del diritto 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
234 
Stefano 
Pizzorno, 
Prima 
Sezione 
Civile 
contro 
Prima 
Sezione 
Civile. 
Spunto 
per 
alcune 
considerazioni 
in 
tema 
di 
attivit� 
interpretativa 
del 
giudice ed in particolae di interpretazione costituzionalmente orientata 
�� 
252 
Maria 
Chiara 
Di 
franco, 
L�immigrazione 
clandestina 
nelle 
ipotesi 
di 
soccorso 
in mare: quid iuris? 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
262 
RECENSIONI 
fausto Capelli, Per 
salvare 
la democrazia in Italia. Cultura dell�etica e 
della 
legalit� 
in 
un 
mondo 
dominato 
dalla 
politica 
e 
dall�economia, 
Rubbettino 
Editore, 2019 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
287 
Guglielmo Bernabei, Giacomo Montanari 
(a 
cura 
di), Regionalismo differenziato 
e 
coordinamento della finanza pubblica, Cleup Editore 
- Universit� 
degli Studi di Padova, 2019 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
293 



TemiisTiTuzionali
Avvocatura 
Generaledello 
Stato 


CirColare 
n. 22/2019 
oggetto: Patrocinio delle 
aziende ospedaliere Universitarie. 


Si 
rappresenta 
che, 
con 
l'unito 
parere 
reso 
con 
la 
nota 
del 
21 
gennaio 
2019, si 
� 
preso atto che, con la 
sentenza 
n. 24545 del 
2018, la 
Corte 
Suprema 
di 
Cassazione 
-Sezione 
Terza 
Civile, all'esito di 
una 
articolata 
ricognizione 
del 
complessivo assetto normativo che 
regola 
le 
aziende 
ospedaliere 
universitarie, 
ha 
ritenuto loro estensibili 
gli 
stessi 
principi 
sul 
c.d. patrocinio autorizzato 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
applicabili, 
in 
base 
all'ormai 
consolidato 
orientamento delle Sezioni Unite, alle Universit� statali. 


Detto 
parere 
� 
stato 
reso 
all'esito 
di 
una 
previa 
consultazione 
del 
Ministero 
dell'istruzione, dell'universit� 
e 
della 
ricerca 
e 
del 
Ministero della 
salute 
che 
si sono espressi in senso conforme con le conclusioni del citato parere. 


La 
questione 
di 
diritto 
-qualificata 
in 
sentenza 
di 
indubbia 
"connotazione 
nomofilattica" 
-stata 
risolta 
dalla 
Cassazione 
che 
ha 
ravvisato 
"una 
piena 
osmosi 
ed 
una 
sostanziale 
cogestione" 
tra 
le 
Aziende 
ospedaliere 
universitarie 
e 
le 
Universit� 
ad 
esse 
collegate, 
tale 
da 
escludere 
"quell'autonomia 
delle 
prime 
rispetto alle 
seconde" 
che 
giustificherebbe 
un'eventuale 
deroga 
alle 
regole 
sul patrocinio autorizzato. 


Alla 
luce 
della 
motivazione 
di 
tale 
citato arresto, in attesa 
che 
i 
citati 
Ministeri 
definiscano le 
linee 
guida 
per assicurare 
un'uniforme 
applicazione 
dei 
principi 
enunciati 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione 
a 
tutte 
le 
Aziende 
ospedaliere, 
questa 
Avvocatura 
Generale 
ritiene 
che 
non 
non 
sia 
necessario, 
allo 
stato, 
l'adozione 
di 
un provvedimento normativo n� 
amministrativo che 
consenta 
loro di 
accedere al patrocinio autorizzato. 


Infatti, la 
Corte 
di 
Cassazione, sulla 
scorta 
del 
riportato passaggio motivazionale 
ha 
confermato l'illegittimit� 
della 
delibera 
di 
conferimento del 
patrocinio 
a 
un avvocato del 
foro libero, che 
era 
stata 
affermata 
dai 
giudici 
di 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


merito - che 
avevano anche 
concesso termine, ai 
sensi 
dell'art. 182, comma 
2 
c.p.c., 
per 
sanare 
il 
relativo 
vizio 
-in 
quanto 
non 
erano 
state 
indicate, 
nella 
delibera 
di 
conferimento del 
mandato difensivo, le 
ragioni 
per le 
quali 
si 
era 
ritenuto di non avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. 


La 
Corte 
ha 
escluso espressamente 
l'asserita 
"diversit� intrinseca tra le 
universit� statali 
e 
le 
aziende 
ospedaliere 
universitarie", argomentazione 
invece 
sostenuta dall'Azienda ricorrente. 


Deve, 
quindi, 
ritenersi, 
sulla 
scorta 
del 
ripetuto 
arresto 
che 
i 
principi 
enunciati 
in tema 
di 
patrocinio autorizzato ai 
sensi 
dell'art. 43 del 
R.D. n. 1611 del 
1933 siano applicabili 
alle 
Aziende 
ospedaliere 
universitarie 
senza 
necessit� 
di 
un 
provvedimento 
normativo 
o 
amministrativo 
espresso, 
in 
quanto 
derivante 
dalla natura delle 
Aziende stesse. 


Quanto 
ai 
giudizi 
pendenti, 
si 
ritiene 
che 
il 
carattere 
innovativo 
della 
pronuncia 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
suggerisca 
cautela 
nell'adozione 
di 
iniziative 
processuali. 
In 
particolare, 
appare 
opportuno, 
salva 
diversa 
determinazione 
di 
ciascuna 
Azienda 
ospedaliera 
universitaria 
interessata, che 
l'Avvocatura 
dello 
Stato non intervenga 
"d'ufficio" 
nei 
giudizi 
pendenti, anche 
considerando che 
l'eventuale 
vizio determinante 
la 
nullit� 
della 
procura 
al 
difensore 
pu� essere 
sanato 
previa 
assegnazione 
di 
un 
termine 
alle 
parti 
per 
la 
regolarizzazione 
(art. 
182, comma 
2, c.p.c.: 
disposizione, come 
noto, non applicabile 
nel 
giudizio 
dinanzi alla Cassazione). 


Per 
i 
nuovi 
giudizi, 
non 
potr� 
invece 
derogarsi 
al 
disposto 
dell'articolo 
43 gi� citato. 


L'AVVOCATO GENERALE 
AGGIUNTO 
Carlo Sica 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 


AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO 


CAGLIARI 
Via dei Portoghesi, 12 
00186 Roma 
(CS 1878/2018 Avv. Steri) 
cagliari@mailcert.avvocaturastato.it 
21/01/2019-35596 P 
Tipo Affare CT 43401/2018 Sez. VII 
aGs Roma / PosTa CeRTiFiCaTa 
Avv. D�Avanzo 
p.c. 
Rif. 31.10. 2018, n. 35156 
MINISTERO DELL�ISTRUZIONE 
DELL�UNIVERSIT� 
E 
DELLA 
RICERCA 
UffICIO 
LEGISLATIVO 
ROMA 
(Rif. 18.12.2018, N. 5576 - P) 
@postacert.istruzione.it 
21/01/2019-35597 P 
aGs Roma / PosTa CeRTiFiCaTa 
MINISTERO 
DELLA 
SALUTE 
UffICIO 
LEGISLATIVO 
(Rif. 24.12.2018, n. 5720 - P) 
leg@postacert.sanit�.it 
21/01/2019-35598 P 
aGs Roma / PosTa CeRTiFiCaTa 


OGGETTO: 
Richiesta 
di 
parere 
-Corte 
Suprema 
di 
Cassazione 
-Sez 
III 
Civile 
-Sentenza 
n. 
24545/2018. 
Patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato. 
Questione 
di massima. 


Codesta 
Avvocatura 
Distrettuale 
ha 
trasmesso 
il 
quesito 
dell'Azienda 
Ospedaliero 
Universitaria 
di 
Sassari 
concernente 
l'applicabilit�, 
anche 
nei 
confronti 
delle 
aziende 
universitarie 
di 
provenienza 
ospedaliera 
di 
cui 
all'art. 2, 
comma 
2, lett. b) D.L.vo n. 517/1999, dei 
principi 
enunciati 
dalla 
Corte 
Suprema 
di 
cassazione, 
Sezione 
Terza, 
in 
tema 
di 
patrocinio 
autorizzato 
delle 
aziende ospedaliere universitarie, con la sentenza n. 24545 del 2018. 


Secondo 
codesta 
Avvocatura, 
infatti, 
le 
conclusioni 
cui 
� 
pervenuta 
la 
Corte 
di 
cassazione 
nel 
citato 
arresto 
muoverebbero 
"dal 
presupposto 
dell�esistenza 
di 
un unico tipo di 
azienda", mentre 
dal 
quadro normativo e 
convenzionale 
dei 
rapporti 
tra 
Universit� 
e 
SSN 
emergerebbe 
invece 
che, 
"di 
fatto", 
esistono tuttora 
due 
tipologie 
di 
azienda, individuate 
all'art. 2, comma 
2, sub 
lett. a) e 
sub lett. b) del 
D.L.vo n. 517 del 
1999. Sicch�, i 
principi 
enunciati 
dalla 
Cassazione 
varrebbero solo per i 
policlinici 
di 
cui 
alla 
lett. a), nei 
quali 
"� 
evidente 
lo stretto legame 
con l'Universit�. In questo caso pare 
si 
possa affermare 
che 
si 
� 
in presenza di 
un c.d. organo dotato di 
autonoma personalit� 
giuridica". 


Diversamente, tale 
legame 
"sfuma nel 
caso delle 
aziende 
del 
c.d. tipo b) 
[tipologia 
alla 
quale 
apparterrebbe, alla 
luce 
degli 
atti 
costitutivi, l'A.O.U. di 
Sassari] nelle 
quali 
� 
stato interrotto l'originario legame 
che 
legava i 
policlinici 
all'Universit� e 
che, per 
giunta, la posizione 
della Regione 
pare 
preva



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


lente. Basti 
al 
riguardo considerare 
la procedura di 
nomina del 
direttore 
generale". 


Con 
successiva 
nota 
9.11.2018, 
n. 
26624, 
codesta 
Avvocatura 
Distrettuale 
ha 
fornito le 
necessarie 
indicazioni 
all'Azienda 
Ospedaliera 
Universitaria 
di 
Sassari 
in ordine 
alla 
richiesta 
di 
autorizzazione 
ex art. 43 del 
r.d. n. 1611 del 
1933, 
ed 
ha 
confermato 
il 
proprio 
interesse 
a 
conoscere 
l'avviso 
della 
Scrivente 
sull'argomento, trattandosi di questione di massima. 


La 
Scrivente, considerato che 
il 
quesito di 
diritto ha 
valenza 
sul 
territorio 
nazionale, ha 
chiesto agli 
Uffici 
legislativi 
dei 
Ministeri 
in indirizzo "se, per 
quanto 
riguarda 
le 
aziende 
universitarie 
di 
provenienza 
ospedaliera, 
di 
cui 
all�art. 2, comma 2 sub lett. b) del 
D.L.vo n. 517 del 
1999, vi 
siano motivi 
per 
discostarsi 
dalla 
sentenza 
in 
parola, 
la 
quale, 
peraltro, 
risulta 
avere 
tenuto 
presente 
l'assetto normativo riguardante 
la specifica tipologia organizzativa 
di cui trattasi". 


Entrambi 
i 
predetti 
Uffici 
hanno fornito riscontro alla 
richiesta, concludendo, 
all'esito di 
una 
complessiva 
ricognizione 
del 
quadro normativo di 
riferimento, 
per l'applicabilit� 
dell'istituto del 
patrocinio autorizzato alle 
aziende 
ospedaliere universitarie 
in toto 
considerate. 


Questa 
Avvocatura 
Generale, 
preso 
anche 
atto 
dei 
convergenti 
avvisi 
resi 
dagli 
Uffici 
legislativi 
del 
MIUR e 
del 
Ministero della 
Salute, che 
si 
condividono, 
ritiene 
che 
i 
principi 
in 
tema 
di 
patrocinio 
autorizzato 
enunciati 
dalla 
Corte 
di 
cassazione 
con il 
noto arresto n. 24545 del 
2018, ai 
quali 
occorre 
necessariamente 
conformarsi, 
trovino 
applicazione 
anche 
nei 
confronti 
delle 
aziende 
universitarie 
di 
provenienza 
ospedaliera 
di 
cui 
all'art. 
2, 
comma 
2, 
lett. 
b) D.L.vo n. 517/1999. 


Com'� 
noto, per quanto qui 
interessa, l'art. 2 del 
D.l.vo 517 del 
1999, rubricato 
"Aziende 
ospedaliero 
-universitarie" 
ha 
previsto 
solo 
"in 
via 
sperimentale" 
e 
per "un periodo transitorio di 
quattro anni 
dall'entrata in vigore 
del 
presente 
decreto" 
l'articolazione 
nelle 
due 
tipologie 
organizzative 
di 
cui 
al comrna 2 lett. a) (1) 
e b) (2) 
della citata disposizione. 


A 
regime, 
l'art. 
2, 
prevede, 
al 
comma 
3, 
che 
"alle 
aziende 
di 
cui 
al 
comma 
1 si 
applica la disciplina prevista dal 
presente 
decreto, salvo gli 
adattamenti 
necessari, in base 
anche 
ai 
risultati 
della sperimentaztone, per 
pervenire 
al 
modello aziendale unico di azienda ospedaliero - universitaria". 


L'espresso riferimento alle 
aziende 
di 
cui 
al 
comma 
1 - "aziende 
ospedaliere-
universitarie, 
aventi 
personalit� 
giuridica" 
attraverso 
le 
quali 
si 
realizza 


(1) 
a) 
aziende 
ospedaliere 
costituite 
in 
seguito 
alla 
trasformazione 
dei 
policlinici 
universitari 
a 
gestione 
diretta, denominate aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale; 
(2) b) 
aziende 
ospeda1iere 
costituite 
mediante 
trasformazione 
dei 
presidi 
ospedalieri 
nei 
quali 
insiste 
la prevalenza del 
corso di 
laurea in medicina e 
chirurgia, anche 
operanti 
in strutture 
di 
pertinenza del-
l'universit�, denominate aziende ospedaliere integrate con l'universit�. 

TEMI 
ISTITUZIONALI 


"la collaborazione 
fra Servizio sanitario nazionale 
e 
universit�" 
- avvalora 
la 
tesi 
che 
le 
due 
tipologie 
organizzative 
di 
Aziende 
Ospedaliere, previste, in via 
sperimentale 
e 
transitoria, alle 
lettere 
a) e 
b) dell�art. 2 del 
D.L.vo n. 517 del 
1999, 
non 
incidono 
sul 
"modello 
aziendale 
unico" 
che 
il 
legislatore 
ha 
stabilito, 
a 
regime, per le 
aziende 
di 
cui 
al 
comma 
1 ("aziende 
ospedaliero - universitarie 
aventi autonoma personalit� giuridica"). 


V'� 
poi 
da 
considerare 
il 
significativo 
dato 
normativo 
costituito 
dal 
comma 
6 della 
disposizione 
all'esame, che, nel 
richiamare 
"le 
aziende 
di 
cui 
ai 
commi 
1 e 
2" 
non distingue 
tra 
le 
due 
tip�logie 
di 
azienda, evidentemente 
ritenendole 
operanti 
"nell'ambito della programmazione 
sanitaria nazionale 
e 
regionale" 
e 
volte 
"entrambe 
sia al 
raggiungimento degli 
obiettivi 
di 
quest'ultima, 
sia 
alla 
realizzazione 
dei 
compiti 
istituzionali 
dell'universit�", 
il 
che, 
come 
rileva 
la 
stessa 
Corte 
di 
cassazione 
nella 
sentenza 
n. 24545/2018, "� 
un 
indizio forte del collegamento esistente fra le une e le altre". 


Sotto 
al 
profilo, 
non 
pu� 
che 
condividersi 
l'avviso 
dell'Ufficio 
legislativo 
del 
MIUR, 
secondo 
il 
quale 
anche 
nell'atto 
di 
indirizzo 
e 
coordinamento 
adottato 
con il 
DPCM 
24.5.2001 - Linee 
guida concernenti 
i 
protocolli 
di 
intesa 
da stipulare 
tra regioni 
e 
universit� per 
lo svolgimento delle 
attivit� assistenziali 
delle 
universit� 
tra 
la 
programmazione 
nazionale 
e 
regionale, 
ai 
sensi 
dell'art. 1, comma 2 del 
decreto legislativo 21 dicembre 
1999, n. 517. Intesa 
ai 
sensi 
dell'art. 8 della legge 
15 marzo 1997 n. 59 
- il 
riferimento alle 
due 
tipologie 
organizzative 
sia 
stato inteso "quale 
unico modello aziendale", cos� 
trovando 
conferma 
"l'interpretazione 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
che 
riconosce 
una piena osmosi 
ed una sostanziale 
cogestione 
tra le 
universit� e 
le 
aziende 
ospedaliere universitarie". 


Negli 
stessi 
termini 
� 
l'avviso dell'Ufficio legislativo del 
Ministero della 
Salute, il 
quale 
sottopone 
all'esame 
anche 
l'ulteriore 
riflessione 
secondo cui, 
come 
rilevato dalla 
stessa 
Corte 
Suprema 
nel 
citato arresto 24545/2018, l'istituto 
del 
patrocinio autorizzato trova 
"il 
proprio fondamento anche 
nelle 
prevalenti 
esigenze 
di 
tutela della finanza pubblica", esigenza 
che 
rileva 
per le 
aziende 
ospedaliero 
universitarie 
in 
toto 
considerate, 
posto 
che, 
"in 
ogni 
caso, 
le 
due 
componenti 
che 
si 
interfacciano 
nella 
gestione 
sono 
di 
natura 
pubblica 
e 
i 
compiti 
e 
le 
funzioni 
cui 
sono 
preposte 
sono 
le 
medesime 
e 
richiamate 
nella 
... sentenza che ci occupa". 


Si 
soggiunge 
infine 
che, come 
si 
evince 
dalla 
lettura 
di 
detta 
pronuncia, 
l'azienda 
ospedaliera 
ricorrente 
(nella 
specie, 
si 
trattava 
dell'AOU 
federico 
II) 
aveva 
contestato 
l'applicazione 
del 
patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
sulla 
base 
di 
argomenti 
pressocch� 
analoghi 
a 
quelli 
che 
sono stati 
prospettati 
dal-
l'AOU di Sassari. 


Si 
riporta 
il 
passaggio della 
sentenza 
in cui 
la 
Suprema 
Corte 
di 
cassazione 
d� 
conto 
della 
tesi 
dell'Azienda 
ricorrente: 
"... 
Richiamato 
il 
quadro 
normativo 
di 
riferimento, la censura rileva che 
aziende 
ospedaliere 
universitarie 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


sono 
state 
costituite 
come 
enti 
aventi 
autonoma 
personalit� 
giuridica 
integrate 
con 
il 
servizio 
sanitario 
nazionale. 
Conclusa 
la 
fase 
transitoria 
di 
quattro 
anni 
di 
cui 
all'art. 2, comma 2 del 
d.lgs. n. 517 del 
1999, nella quale 
le 
aziende 
dovevano 
tendere 
ad integrarsi 
con le 
universit�, si 
sarebbe 
venuto a creare 
un 
sistema 
caratterizzato 
da 
piena 
autonomia; 
e 
la 
costituzione 
dell'azienda 
ospedaliera 
universitaria 
in 
questione 
si 
sarebbe 
verificata 
in 
un 
momento 
successivo 
rispetto 
alla 
fase 
transitoria, 
essendo 
il 
decreto 
istitutivo 
del 
31 
luglio 
2003. Poich�, quindi, tali 
aziende 
sono ormai 
enti 
autonomi 
sotto il 
controllo 
regionale 
e 
non aziende 
dell'universit� 
esse 
non avrebbero alcun obbligo di 
rivolgersi, 
per 
il 
patrocinio 
legale, 
all'Avvocatura 
dello 
Stato. 
Da 
ci� 
consegue 
che 
il 
direttore 
generale, ben potrebbe 
rilasciare 
la procura alle 
liti 
senza bisogno 
di 
alcuna autorizzazione, come 
sarebbe 
confermato anche 
dall'art. 18 
della legge 
reg. Campania suindicata e 
dalla giurisprudenza della Corte 
di 
cassazione (viene citata la sentenza 10 luglio 2014, n. 14951)". 


Com'� 
noto, il 
ricorso �, stato respinto dalla 
Corte 
di 
Cassazione 
con la 
seguente 
motivazione: 
"� 
piuttosto 
da 
tenere 
presente, 
invece, 
un 
significativo 
dato normativo costituito dall'art. 2 comma 6 del 
D.L.vo n. 517 del 
1999, il 
quale 
prevede 
che 
le 
aziende 
ospedaliere 
concorrono 
alla 
realizzazione 
dei 
compiti 
istituzionali 
dell'universita" 
e 
che, "tirando le 
file 
del 
ragionamento 
fin 
qui 
svolto, 
il 
complesso 
assetto 
normativo 
che 
regola 
le 
aziende 
ospedaliere 
universitarie, unitamente 
ai 
principi 
enunciati 
da questa Corte 
nei 
precedenti 
richiamati, convergono nel 
senso di 
riconoscere 
una piena osmosi 
ed una sostanziale 
cogestione 
tra le 
universit� e 
le 
aziende 
ospedaliere 
universitarie, 
contrariamente 
a 
quanto 
sostiene 
l'odierna 
ricorrente, 
che 
fonda 
il 
ricorso 
proprio sull'esistenza di una totale autonomia tra le due". 


In 
conclusione, 
la 
Scrivente 
-pur 
tenendo 
conto 
delle 
approfondite 
riflessioni 
di 
codesta 
Avvocatura 
dello 
Stato, 
sostanzialmente 
incentrate 
sul 
diverso 
regime 
normativo 
che 
sarebbe 
riconosciuto, 
in 
ragione 
della 
tipologia 
organizzativa 
di 
rispettiva 
appartenenza, alle 
aziende 
ospedaliero-universitarie 
di 
cui 
all'art. 2 co. 2 D.lgs. n. 517/1999 - non ritiene 
che 
possa 
attribuirsi, rilevanza 
all'anzidetto aspetto classificatorio (e 
transitorio), al 
fine 
di 
escludere 
l'applicabilit�, 
anche 
nei 
confronti 
dell�AOU 
di 
Sassari, 
di 
quanto 
statuito 
dalla 
Cassazione. 


Sar� 
cura 
delle 
Amministrazioni 
in indirizzo fornire 
le 
necessarie 
indicazioni 
alle 
Aziende 
Ospedaliere 
per 
il 
puntuale 
adempimento 
dei 
principi 
enunciati 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione, 
con 
la 
nota 
sentenza 
n. 
24545 
del 
2018, 
in 
materia di patrocinio dell'Avvocatura dello Stato. 


l�Avvocato Generale 
Massimo Massella Ducci 
Teri 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


Avvocatura 
Generaledello 
Stato 


CirColare 
n. 23/2019 
oggetto: Protocollo d'intesa tra la Fondazione 
Teatro Carlo Felice 
di 
Genova 
e l'avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova. Patrocinio legale. 


Si 
comunica 
che 
con 
protocollo 
d'intesa 
sottoscritto 
in 
data 
27 
giugno 
2019 tra 
l'Avvocatura 
Distrettuale 
dello Stato di 
Genova 
e 
la 
fondazione 
Teatro 
Carlo felice 
di 
Genova, che 
si 
acclude 
alla 
presente, sono state 
definite 
le 
modalit� 
di 
esplicazione 
del 
patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato in favore 
della fondazione stessa. 


L' 
AVVOCATO GENERALE 
AGGIUNTO 
Carlo Sica 


PRoToCollo Di inTesa 


TRa 
la 
FonDazione 
TeaTRo 
CaRlo 
FeliCe 
Dl 
GenoVa, 
in 
persona 
del 
Sovrintendete 
dott. 
Maurizio 
Roi 


e 
l'aVVoCaTuRa 
DisTReTTuale Dello 
sTaTo 
Di 
GenoVa, in persona 
dell'Avvocato Distrettuale 
dello Stato, Avv. Anna Maria Bonomo 


PRemesso 


-che 
la 
fondazione 
Teatro 
Carlo 
felice 
di 
Genova, 
(di 
seguito 
denominata 
solo 
"fondazione") 
ai 
sensi 
dell'art. 
1, 
comma 
4, 
del 
D.L 
n. 
345/2000, 
conv. 
in 
Legge 
n. 
6/2001, 
e 
dell'art. 
43 
R.D. 


n. 
1611/1933, 
e 
dell'art. 
14 
del 
proprio 
Statuto 
pu� 
avvalersi 
della 
consulenza 
e 
del 
patrocinio 
legale 
dell'Avvocatura 
dello Stato (di 
seguito denominata 
solo "Avvocatura'), e 
che 
detto patrocinio 
� 
stato in anni 
risalenti 
gi� 
saltuariamente 
prestato con reciproca 
soddisfazione 
delle 
parti firmatarie del presente protocollo; 
-che 
la 
caratteristica 
del 
patrocinio dell'Avvocatura 
dello Stato, anche 
nella 
forma 
facoltativa 
di 
cui 
al 
citato 
art. 
43 
del 
R.D. 
1611/1933, 
� 
sempre 
stata 
quella 
di 
essere 
organico 
ed 
esclusivo 
come 
espressamente 
previsto dal 
terzo comma 
del 
citato art. 43, con conseguente 
necessit� 
che 
le 
ipotesi 
di 
non utilizzo dello stesso siano del 
tutto residuali 
e 
possibilmente 
concordate 
con la 
stessa 
Avvocatura 
e 
supportate 
da 
motivata 
delibera 
dei 
propri 
organi 
deliberativi 
soggette 
alla verifica degli organi di controllo; 
-che 
in 
tal 
senso 
la 
giurisprudenza 
si 
� 
pi� 
volte 
pronunziata 
e 
di 
recente 
anche 
specificamente 
in relazione 
alla 
stessa 
fondazione 
genovese 
con una 
decisione 
nella 
quale 
� 
stato ribadito 
tale 
imprescindibile 
assetto del 
patrocinio come 
defin�to dal 
combinato disposto delle 
norme 
dianzi richiamate (cfr. Cass. Sez. lavoro, 30118/2018); 
-che, a 
tal 
riguardo, ai 
sensi 
dell�art. 43, comma 
4, R.D. n. 1611/1933, � 
stata 
gi� 
ritenuta 
l�ammissibilit� 
e 
legittimit� 
(gi� 
espressa, riguardo alle 
fondazioni 
lirico-sinfoniche, dal 
Comitato 
Consultivo 
dell'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
nel 
parere 
19/7/2012 
e 
nel 
parere 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


26/6/2015) dell'utilizzo dello strumento convenzionale 
per poter disciplinare 
concordemente 
non solo le 
modalit� 
di 
prestazione 
del 
predetto patrocinio, ma 
anche 
eventualmente 
anche 
in 
casi 
in cui, la 
stessa 
fondazione 
- previa 
delibera 
ad hoc 
del 
Consiglio di 
Indirizzo - possa 
prevedere, 
in 
limitata 
deroga 
al 
carattere 
generale 
ed 
esclusivo 
del 
patrocinio 
dell�Avvocatura, 
che 
una 
serie 
predeterminata 
di 
controversie 
in ragione 
della 
loro natura 
seriale 
e/o modesta 
rilevanza, possano essere affidate ad avvocati del libero foro; 
. 
. 
... 


-che 
il 
predetto strumento convenzionale 
appare 
anche 
il 
pi� idoneo, anche 
in ragione 
del 
rilevante 
carico 
di 
lavoro 
che, 
grava 
in 
via 
generale 
sull�Avvvocatura 
dello 
Stato 
rispetto 
al 
numero 
degli 
avvocati 
in 
servizio 
e 
della 
correlata 
necessit� 
di 
far 
fronte 
a 
moltelici 
e 
contestuali 
incombenti 
processuali 
dinanzi 
a 
tutte 
le 
Autorit� 
Giurisdizionali, 
in 
sede 
civile, 
penale 
ed 
amministrativa, ad assicurare 
una 
pi� organica 
definizione 
delle 
modalit� 
di 
collaborazione 
in ambito legale tra i due istituti. 
Tutto quanto fin qui 
premesso, che 
costituisce 
parte 
integrante 
anche 
della 
parte 
dispositiva 
del 
presente 
atto, tra la Fondazione 
Teatro Carlo Felice 
di 
Genova e 
l'avvocatura 
Distrettuale dello stato di Genova 


si conviene quanto segue 


a) attivit� consultiva 


1) 
La 
fondazione 
pu� 
ricorrere 
ai 
sensi 
dell'art. 
47 
del 
R.D. 
1611/1933 
all�attivit� 
consultiva 
dell'Avvocatura 
in 
merito 
a 
questioni 
giuridiche 
particolari 
o 
interpretative 
di 
carattere 
generale 
relative 
ad ogni 
ambito della 
propria 
attivit� 
istituzionale 
ovvero anche 
in relazione 
a 
vertenze 
potenziali 
o gi� 
in atto, precisando nella 
richiesta 
anche 
il 
relativo grado 
di 
urgenza 
della 
consultazione 
e 
corredando 
la 
stessa 
della 
necessaria 
documentazione 
atta ad evidenziare la fattispecie oggetto del quesito. 


2) Considerato che 
l'efficacia 
dell'attivit� 
consultiva 
� 
direttamente 
correlata 
alla 
tempestiva 
acquisizione 
dei 
chiesti 
pareri, 
l'Avvocatura 
si 
impegna 
a 
rendere 
la 
richiesta 
consultazione 
con tempestivit� 
e, comunque, nel 
rispetto dei 
termini 
eventualmente 
indicati 
come 
imposti 
dai 
vari 
procedimenti 
amministrativi 
in relazione 
ai 
quali 
la 
consulenza 
� 
richiesta. 


B) assistenza e rappresentanza in giudizio 


1) 
L'Avvocatura 
Distrettuale 
dello Stato di 
Genova, ai 
sensi 
dell�art. 43, 1 comma 
del 
R.D. 
1611/1933 fornisce 
il 
proprio patrocinio in tutte 
le 
fasi 
di 
merito dei 
contenziosi 
davanti 
al 
Giudice 
Ordinario, anche 
in sede 
esecutiva, al 
fine 
di 
assicurare, nel 
modo migliore, la 
piena 
tutela 
degli 
interessi 
pubblici 
di 
competenza 
della 
fondazione, con esclusione 
dei 
casi 
in cui 
nella 
vertenza 
vi 
sia 
un conflitto di 
interessi 
con Amministrazioni 
dello Stato 
soggette 
al 
patrocinio obbligatorio ex art. 1 del 
R.D. 1611/1933. L'eventuale 
fase 
di 
giudizio 
in sede 
di 
legittimit� 
sar� 
assicurata 
dall'Avvocatura 
Generale 
dello Stato ex art. 9, 
1 e 2 comma, della legge 103/1079. 


2) Sempre 
in applicazione 
della 
stessa 
norma, nei 
giudizi 
davanti 
al 
giudice 
Amministrativo 
l'Avvocatura 
distrettuale 
curer� 
la 
trattazione 
davanti 
al 
Tribunale 
Amministrativo regionale 
della 
Liguria 
mentre 
l'Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
tratter� 
il 
contenzioso 
davanti 
al Consiglio di Stato. 


3) 
Previo 
parere 
positivo 
del 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
Generale 
su 
richiesta 
dell�Avvocato Distrettuale, ex art. 9 comma 
3, della 
predetta 
disposizione 
la 
trattazione 
dei 
ricorso per Cassazione 
e 
davanti 
al 
Consiglio di 
Stato pu� essere 
anche 
affidata 
al



TEMI 
ISTITUZIONALI 


l'avvocato dello Stato in servizio nella 
sele 
distrettuale 
che 
ha 
seguito la 
causa 
in primo 
grado e, in tale 
ipotesi, le 
spese 
d� 
missione 
del 
predetto per la 
trattazione 
delle 
cause 
davanti 
alle magistrature superiori sono a carico dell'Ente patrocinato. 


4) 
Ove 
un 
atto 
introduttivo 
del 
giudizio 
venga 
notificato 
direttamente 
alla 
fondazione, 
la 
stessa 
provvede 
ad 
interessare 
l�Avvocatttra 
con 
la 
massima 
sollecitudine, 
anche 
nell'ipotesi 
in 
cui 
non 
sia 
ancora 
in 
grado 
di 
fornire 
una 
completa 
informazione 
e 
documentazione 
in merito alla 
vertenza 
per cui 
� 
causa. Tale 
completa 
e 
documentata 
relazione 
sui 
fatti 
oggetto 
di 
causa 
e 
sulle 
questioni 
di 
diritto 
controverse, 
quale 
necessario 
supporto 
per 
l�efficace 
difesa 
delle 
ragioni 
della 
stessa 
fondazione, dovr� 
essere 
comunque 
rimessa 
all'Avvocatura 
nel 
pi� beve 
tempo possibile 
e 
comunque 
non 
oltre 
i 
dieci 
giorni 
precedenti 
la scadenza del primo termine processuale. 


5) 
Al 
fine 
di 
rendere 
praticabile, operativamente, un percorso di 
immediata 
� 
diretta 
comunicazione, 
anche 
informale, in sede 
di 
richiesta 
verr� 
precisato il 
nominativo del 
funzionario 
responsabile 
del 
procedimento, con le 
modalit�, per la 
sua 
immediata 
reperibilit� 
(telefono, fax, e-mail); 
analogamente 
l�Avvocatura 
provveder� 
a 
segnalare 
alla 
struttura 
richiedente 
il 
nominativo dell'Avvocato incaricato dell'affare 
e 
le 
suindicate 
modalit� 
di 
immediata 
reperibilit�. 
Qualora 
gli 
atti 
introduttivi 
del 
giudizio, 
o 
di 
un 
grado 
di 
giudizio, 
vengano notificati 
all'Avvocatura, sono da 
quest'ultinia 
prontamente 
inviati 
alla 
fondazione 
con ogni relativa occorrenda richiesta istruttoria. 


6) 
L�Avvocatura. provvede 
a 
tenere 
informata 
la 
fondazione 
dei 
significativi 
sviluppi 
delle 
controversie 
in corso dalla 
stessa 
curate, anche 
con l�eventuale 
invio di 
ogni 
atto o documento 
proprio 
o 
delle 
controparti 
che 
venga 
ritenuto 
necessario 
sottoporre 
all�esame 
dello 
stesso Ente 
patrocinato, dando comunque 
pronta 
comunicazione 
dell�esito del 
giudizio 
con la 
trasmissione, di 
copia 
della 
decisione, in particolare 
se 
notificata. Ove, si 
tratti 
d� 
pronuncia 
sf�vorevole 
per la 
fondazione 
suscettibile 
di 
gravame, l'Avvocatura 
render� 
tempestivamente 
il 
proprio parere 
in ordine 
alle 
possibilit� 
di 
utile 
impugnabilit� 
della 
medesima. 


7) 
A 
richiesta 
della 
fondazione, l'Avvocatura 
pu� assumere, ai 
sensi 
dell'art. 44 del 
R.D. n. 
1611 
del 
1933, 
la 
rappresentanza 
e 
la 
difesa 
di 
dipendenti 
della 
stessa 
fondazione 
nei 
giudizi 
civili 
e 
penali 
che 
li 
interessano 
per 
fatti 
e 
cause 
di 
servizio. 
In 
tal 
caso 
la 
richiesta 
del 
dipendente 
dovr� 
essere 
inoltrata 
per 
via 
gerarchica 
alla 
fondazione 
che 
dovr� 
poi 
inviarla 
all' 
Avvocato Generale 
direttamente 
o per il 
tramite 
dell'Avvocatura 
Distrettuale, 
unitamente 
ad una 
propria 
determinazione 
nella 
quale 
venga 
esclusa, nella 
posizione 
del 
dipendente, 
l'esistenza 
di 
ogni 
profilo 
di 
conflitto 
di 
interesse 
con 
lo 
stesso 
Ente 
nella 
specifica vertenza. 


8) 
L'Avvocatura, in applicazione 
dell'art. 21, terzo comma 
come 
modificato dall'art. 9 del 
decreto 
legge 
140/2014, 
provvede 
al 
diretto 
recupero 
nei 
confronti 
delle 
controparti 
delle 
competenze 
ed onorari 
di 
giudizio, posti 
a 
loro carico per effetto di 
sentenza, ordinanza, 
rinuncia 
o 
transazione 
ai 
fini 
dell'acquisizione 
al 
bilancio 
dello 
Stato 
per 
le 
finalit� 
ivi 
prescritte. 
. 


9) 
Il 
patrocinio della 
fondazione, compatibilmente 
con le 
esigenze 
d� 
servizio, sar� 
prevalentemente 
affidato a 
due 
avvocati 
dello Stato in servizio che 
verranno indicati 
dall'Avvocato 
Distrettuale 
con successiva 
nota; 
i 
suddetti 
avvocati 
assicureranno l'espletamento 
di 
tutti 
gli 
incombenti. 
necessari 
ed 
opportuni 
in 
sede 
contenziosa 
e 
consultiva 
e 
potranno 
essere contattati anche per le vie brevi presso i recapiti che gli stessi forniranno. 


10) 
Restano 
escluse 
dal 
patrocinio 
ex 
lege 
dell'Avvocatura 
le 
controversie 
di 
natura 
tributaria 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


instaurate, 
o 
da 
instaurare, 
dinanzi 
alle 
Commissioni 
Tributarie 
provinciali 
e 
regionali 


nelle 
quali 
siano ravvisabili 
conflitti 
anche 
virtuali 
di 
interessi 
fra 
le 
posizioni 
della 
fon


dazione 
e 
gli 
Uffici 
finanziari 
tutelati 
e 
rappresentati 
ex 
officio 
dall'Avvocatura 
dello 


Stato; 
per tali 
controversie 
la 
fondazione 
si 
riserva 
di 
individuare, sulla 
base 
di 
un rap


porto 
fiduciario, 
avvocati 
del 
libero 
foro 
cui 
affidare 
la 
rappresentanza 
processuale 
e 
l�as


sistenza necessaria alla difesa dei propri interessi. 


11) Analogamente, si 
conviene 
fra 
le 
parti 
che 
- con delibera 
generale 
del 
Consiglio di 
Indirizzo 
della 
fondazione 
- possano essere 
affidate 
ad avvocati 
del 
libero foro cause 
seriali 
e 
non, promosse 
o da 
promuovere 
nei 
vari 
gradi 
di 
giudizio dinanzi 
al 
Giudice 
ordinario 
in materia 
di 
lavoro, previdenza 
e 
assistenza, fatta 
eccezione 
per quelle 
di 
notevole 
rilevanza 
generale 
in 
quanto 
interpretative 
di 
norme 
di 
CCNL 
ed 
aventi 
considerevoli 
riflessi 
sugli 
assetti 
organizzativi 
e 
finanziari 
della 
fondazione 
(che, saranno individuate 
dalle 
parti 
d'intesa 
fra 
loro, 
anche 
in 
occasione 
degli 
incontri 
di 
cui 
al 
successivo 
paragrafo 
12). 


12) Restano escluse 
dalla 
deroga 
al 
patrocinio dell�Avvocatura 
tutte 
le 
controversie 
di 
competenza 
dei 
Tribunali 
Amministrativi 
Regionali 
e 
quelle 
dinanzi 
alle 
Magistrature 
Superiori; 
dette 
controversie 
come 
gi� 
chiarito 
al 
preccedente 
punto 
2 
saranno 
curate 
dall�Avvocatura 
Generale 
dello Stat�, ad eccezione 
di 
quelle 
dinanzi 
alla 
Corte 
di 
Cassazione 
relative 
ai 
procedimenti 
affidati 
ad avvocati 
del 
libero foro ai 
sensi 
del 
precedente 
punto, salvo, diverso accordo fra 
la 
fondazione 
e 
l'Avvocatura. La 
stessa 
disciplina 
sul 
patrocinio 
trover� 
applicazione 
anche 
nelle 
fasi 
pre-contenziose, 
di 
negoziazione 
assistita 
e 
conciliative 
previste 
dalla 
legge 
nelle 
rispettive 
materie 
precisandosi 
che 
in 
tale 
fase 
l'Avvocatura 
eserciter� 
attivit� 
prevalentemente 
consultiva 
in 
merito 
alla 
possibilit� 
di 
conciliazione della lite in tali ambiti. 


13) 
L'Avvocatura 
e 
la 
fondazione 
si 
impegnano 
a 
segnalare 
reciprocamente 
tutte 
le 
difficolt� 
operative 
eventualmente 
insorte 
nella 
gestione 
dei 
rapporti 
oggetto 
del 
presente 
protocollo. 
Allo scopo di 
provvedere 
- nello spirito della 
migliore 
collaborazione 
- al 
superaniento 
delle 
stesse; 
saranno 
anche 
concordate 
riunioni 
periodiche 
e, 
comunque, 
ogni 
qual 
volta 
se 
ne 
presenti 
la 
necessit�, 
al 
fine 
di 
affrontare 
per 
le 
vie 
brevi 
le 
problematiche 
connesse 
e 
conseguenti 
alla 
corretta 
gestione 
dell'attivit� 
amministrativa 
della 
fondazione 
e 
del contenzioso in atto o in formazione. 


14) Il 
presente 
protocollo ha 
durata. illimitata 
e 
potr� 
essere 
in ogni 
momento modificato e 
integrato d'intesa 
fra 
le 
parti; 
potr� 
essere 
risolto da 
entrambe 
le 
parti 
con le 
conseguenze 
di 
legge, con preavviso formale 
di 
tre 
mesi 
o per intervenuta 
diversa 
disciplina 
norma


tiva. 
Genova 27 GIU. 2019 
avvocatura Distrettuale dello stato Fondazione 
Teatro Carlo Felice 
l�avvocato Distrettuale dello stato il sovrintendente 
avv. anna maria Bonomo Dott. maurizio Roi 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


CirColare 
n. 28/2019 
oggetto: Protocollo d'intesa tra la Fondazione 
Teatro Massimo di 
Palermo 
e l'avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo. Patrocinio legale. 


Si 
comunica 
che 
con 
protocollo 
d'intesa 
sottoscritto 
in 
data 
18 
luglio 
2019 
tra 
l'Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Palermo 
e 
la 
fondazione 
Teatro 
Massimo di 
Palermo, che 
si 
acclude 
alla 
presente, sono state 
definite 
le 
modalit� 
di 
esplicazione 
del 
patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
in 
favore 
della 
fondazione stessa. 


L' 
AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Gabriella Palmieri Sandulli 


AVVOCATURA DELLO STATO - PALERMO 


PRoToCollo D'inTesa FRa l'aVVoCaTuRa 


DisTReTTuale Dello sTaTo Di PaleRmo e la 


FonDazione TeaTRo massimo Di PaleRmo 


-Considerato 
che 
la 
fondazione 
Teatro 
Massimo 
di 
Palermo 
(di 
seguito 
denominata 
solo 
"fondazione") pu� avvalersi, sia 
ai 
sensi 
dell'art. 1, comma 
3, del 
D.L. n. 345/2000, conv. in 
Legge 
n. 6/2001, e 
dell'art. 43, comma 
4, R.D. n. 1611/1933, sia 
secondo il 
proprio Statuto, 
della 
consulenza 
e 
del 
patrocinio legale 
dell'Avvocatura 
dello Stato (di 
seguito denominata 
solo "Avvocatura"), salva diversa deliberazione del Consiglio di Indirizzo; 


-Considerato 
che 
detto patrocinio � 
stato finora 
prestato con reciproca 
soddisfazione 
delle 
parti firmatarie del presente protocollo; 
-Considerato, d'altro canto, che 
l'Avvocatura 
dello Stato � 
costantemente 
gravata 
da 
un contenzioso 
esorbitante 
rispetto 
al 
numero 
degli 
avvocati 
in 
servizio, 
con 
la 
necessit� 
di 
far 
fronte 
a 
molteplici 
e 
contestuali 
incombenti 
processuali 
dinanzi 
a 
tutte 
le 
Autorit� 
Giurisdizionali, 
in sede civile, penale ed amministrativa; 
-Considerata, 
a 
tal 
riguardo, 
ai 
sensi 
dell'art. 
43, 
comma 
4, 
R.D. 
n. 
1611/1933, 
l'ammissibilit� 
(gi� 
espressa, riguardo alle 
fondazioni 
lirico-sinfoniche, dal 
Comitato Consultivo dell'Avvocatura 
Generale 
dello Stato nel 
parere 
19/7/2012 e 
nel 
parere 
26/6/2015) di 
un eventuale 
strumento 
in 
deroga 
al 
carattere 
generale 
ed 
esclusivo 
del 
patrocinio, 
da 
assumersi 
-previa 
delibera 
ad 
hoc 
del 
Consiglio 
di 
Indirizzo 
-per 
una 
serie 
predeterminata 
di 
controversie 
che, 
in 
ragione 
della 
loro natura 
e/o modesta 
rilevanza, potrebbero essere 
affidate 
e 
seguite 
da 
avvocati 
del 
libero foro; 
TRA LA fONDAZIONE 
TEATRO MASSIMO DI PALERMO E 
L'AVVOCATURA DISTRETTUALE DELLO STATO DI PALERMO 
SI CONVIENE QUANTO SEGUE: 


attivit� Consultiva 


1 - La 
fondazione 
provvede 
alla 
proposizione 
di 
quesiti 
e 
richieste 
di 
pareri 
che 
involgono 
questioni 
particolari 
o 
interpretative 
di 
carattere 
generale. 
Tutte 
le 
suddette 
richieste 
dovranno 
pervenire esclusivamente via pec o altra forma di corrispondenza istituzionale. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


2 - Considerato che 
l'efficacia 
dell'attivit� 
consultiva 
� 
direttamente 
correlata 
alla 
tempestiva 
acquisizione 
dei 
chiesti 
pareri, l'Avvocatura 
provvede 
a 
corrispondere 
con tempestivit� 
alle 
relative richieste. 


assistenza e Rappresentanza �n Giudizio 


3 - L'Avvocatura 
fornisce 
ogni 
assistenza 
richiesta, anche 
in sede 
esecutiva, al 
fine 
di 
assicurare 
nel modo migliore la piena tutela degli interessi pubblici. 
4 - Ove 
un atto introduttivo del 
giudizio sia 
notificato direttamente 
alla 
fondazione, la 
stessa 
provvede 
ad 
investirne 
l'Avvocatura 
con 
il 
pi� 
ampio 
margine 
possibile 
rispetto 
alle 
scadenze, 
fornendo 
una 
completa 
e 
documentata 
relazione 
quale 
necessario 
supporto 
per 
l'efficace 
difesa 
delle ragioni della stessa fondazione. 
Al 
fine 
di 
rendere 
praticabile 
operativamente 
un percorso di 
immediata 
e 
diretta 
comunicazione, 
anche 
informale, in sede 
di 
richiesta 
verr� 
precisato il 
nominativo del 
funzionario responsabile 
del 
procedimento, 
con 
le 
modalit� 
per 
la 
sua 
immediata 
reperibilit� 
(telefono, 
e-mail); 
analogamente 
l�Avvocatura 
provveder� 
a 
segnalare 
alla 
struttura 
richiedente 
il 
nominativo 
dell'Avvocato 
incaricato 
dell'affare 
e 
le 
suindicate 
modalit� 
di 
immediata 
reperibilit�. 
Qualora 
gli 
atti 
introduttivi 
del 
giudizio, o di 
un grado di 
giudizio, vengano notificati 
all'Avvocatura, 
sono 
da 
quest'ultima 
prontamente 
inviati 
alla 
fondazione 
con 
ogni 
relativa 
richiesta 
istruttoria. 
5 - L�Avvocatura 
provvede 
a 
tenere 
informata 
la 
fondazione 
dei 
significativi 
sviluppi 
delle 
controversie 
in 
corso 
dalla 
stessa 
curate, 
anche 
con 
l'eventuale 
invio 
degli 
atti 
difensivi 
propri 
e 
delle 
controparti, dando comunque 
pronta 
comunicazione 
dell'esito del 
giudizio con la 
trasmissione 
di 
copia 
della 
decisione, in particolare 
se 
notificata. Ove 
si 
tratti 
di 
pronuncia 
sfavorevole 
per la 
fondazione 
suscettibile 
di 
gravame, l'Avvocatura 
rende 
tempestivamente 
il 
proprio parere in ordine alla impugnabilit� della decisione stessa. 
6 - A 
richiesta 
della 
fondazione 
pu� trovare 
applicazione 
l'art. 44 del 
R.D. n. 1611 del 
1933. 
7 
-L'Avvocatura 
provvede 
al 
diretto 
recupero 
nei 
confronti 
delle 
controparti 
delle 
competenze 
ed onorari 
di 
giudizio, posti 
a 
loro carico per effetto di 
sentenza, ordinanza, rinuncia 
o transazione. 
8 - Il 
patrocinio della 
fondazione 
sar�, compatibilmente 
con le 
esigenze 
di 
servizio, affidato 
a 
uno o due 
avvocati 
dello Stato in servizio che 
verranno indicati 
dall'Avvocato Distrettuale; 
i 
suddetti 
Avvocati 
assicureranno 
l'espletamento 
di 
tutti 
gli 
incombenti 
necessari 
ed 
opportuni 
in sede 
contenziosa 
e 
consultiva 
e 
potranno essere 
contattati 
anche 
per le 
vie 
brevi 
presso i 
recapiti che gli stessi forniranno. 
9 - Restano escluse 
dal 
patrocinio ex lege 
dell'Avvocatura 
le 
controversie 
d� 
natura 
tributaria 
instaurate, o da 
instaurare, dinanzi 
alle 
Commissioni 
Tributarie 
provinciali 
e 
regionali 
nelle 
quali 
siano ravvisabili 
conflitti, anche 
virtuali, di 
interessi 
fra 
le 
posizioni 
della 
fondazione 
e 
gli 
Uffici 
finanziari 
tutelati 
e 
rappresentati 
ex 
officio 
dall'Avvocatura 
dello 
Stato; 
per 
tali 
controversie 
la 
fondazione 
si 
riserva 
di 
individuare, 
sulla 
base 
di 
un 
rapporto 
fiduciario, 
avvocati 
del 
libero foro cui 
affidare 
la 
rappresentanza 
processuale 
e 
l'assistenza 
necessaria 
alla 
difesa 
dei propri interessi. 
Analogamente, si 
conviene 
fra 
le 
parti 
che 
- con delibera 
generale 
del 
Consiglio di 
Indirizzo 
della 
fondazione, 
accompagnata 
da 
determina 
del 
Sovrintendente 
della 
fondazione 
-possono 
essere 
affidate 
ad avvocati 
del 
libero foro cause 
seriali 
e 
non, promosse 
o da 
promuovere 
nei 
vari 
gradi 
di 
giudizio 
dinanzi 
al 
Giudice 
ordinario 
in 
materia 
di 
lavoro, 
previdenza 
e 
assistenza, 
fatta 
eccezione 
per quelle 
di 
notevole 
rilevanza 
generale 
ed aventi 
considerevoli 
riflessi 
sugli 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


assetti 
organizzativi 
e 
finanziar� 
della 
fondazione 
(che 
saranno 
individuate 
dalle 
parti 
d'intesa 
fra loro, anche in occasione degli incontri di cui al successivo articolo 13). 
10 - Si 
conviene, altres�, tra 
le 
parti 
che, al 
fine 
di 
non appesantire 
il 
carico di 
lavoro dell'Avvocatura 
dello Stato, con delibera 
motivata 
del 
Consiglio di 
Indirizzo, accompagnata 
da 
determina 
del Sovrintendente, possano essere affidate ad Avvocati del libero foro: 


1. Procedimenti 
monitori 
ed azioni 
esecutive 
volte 
al 
recupero di 
crediti 
di 
modesto valore 
economico; 
2. Giudizi bagatellari di modesto valore economico; 
3. 
Contenziosi 
che 
richiedano 
una 
specifica 
attivit� 
istruttoria 
propedeutica 
all'avvio 
del 
processo e/o contraddistinti da termini procedimentali particolarmente brevi. 
11 
-Il 
patrocinio 
dell'Avvocatura 
Distrettuale 
ricomprende 
tutte 
le 
controversie 
di 
competenza 
del 
Tribunale 
Amministrativo Regionale 
della 
Sicilia 
- Sezione 
Palermo e 
quelle 
dinanzi 
al 
Consiglio di Giustizia 
Amministrativa della Regione Siciliana. 
12 
-La 
stessa 
disciplina 
sul 
patrocinio 
trover� 
applicazione 
anche 
nella 
sola 
fase 
pre-contenziosa 
della 
negoziazione 
assistita, 
con 
eventuale 
incontro 
conciliativo 
da 
tenersi 
presso 
gli 
Uffici 
del-
l'Avvocatura 
Distrettuale, 
fatto 
salvo 
quanto 
previsto 
al 
precedente 
art. 
10 
punti 
1 
e 
2. 
13 
-L'Avvocatura 
e 
la 
fondazione 
si 
impegnano 
a 
segnalare 
reciprocamente 
tutte 
le 
difficolt� 
operative 
eventualmente 
insorte 
nella 
gestione 
dei 
rapporti 
oggetto del 
presente 
protocollo, 
allo 
scopo 
di 
provvedere 
nello 
spirito 
della 
migliore 
collaborazione 
-al 
superamento 
delle 
stesse; 
a 
tal 
uopo, ogni 
qual 
volta 
se 
ne 
presenti 
la 
necessit�, verranno concordate 
apposite 
riunioni, 
al 
fine 
di 
affrontare 
per 
le 
vie 
brevi 
le 
problematiche 
connesse 
e 
conseguenti 
alla 
corretta 
gestione 
dell'attivit� 
amministrativa 
della 
fondazione 
e 
del 
contenzioso in atto o in 
formazione. 
14 - L'Avvocatura, in collaborazione 
con la 
fondazione 
fornir�, ove 
richiesta, una 
sintetica 
relazione 
sulla 
situazione 
del 
contenzioso attivo e 
passivo al 
31 dicembre 
dell'anno a 
cui 
il 
bilancio 
si 
riferisce 
e 
alla 
stessa 
affidato, 
con 
indicazione 
del 
possibile 
rischio 
di 
soccombenza 
ai 
fini 
della 
predisposizione 
della 
relazione 
annuale 
sul 
contenzioso a 
corredo del 
bilancio di 
esercizio della fondazione. 
15 - La 
presente 
convenzione 
ha 
durata 
illimitata 
e 
potr� 
essere 
in ogni 
momento modificata 
e 
integrata 
d'intesa 
fra 
le 
parti; 
potr� 
essere 
risolta 
da 
entrambe 
le 
parti, con le 
conseguenze 
di legge, con preavviso formale di tre mesi o per intervenuta diversa disciplina normativa. 


Palermo, 18/07/2019 


l'avvocato Distrettuale dello stato di Palermo 
avv. Giuseppina Tutino De-lisi 


il sovrintendente della Fondazione 
Teatro massimo 
Dott. Francesco Giambrone 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2019 


CirColare 
n. 29/2019 
oggetto: 
Protocollo 
d'intesa 
tra 
la 
Fondazione 
Teatro 
Comunale 
di 
Bologna 
e l'avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna. Patrocinio legale. 


Si 
comunica 
che 
con 
protocollo 
d'intesa 
sottoscritto 
in 
data 
19 
luglio 
2019 
tra 
l'Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Bologna 
e 
la 
fondazione 
Teatro 
Comunale 
di 
Bologna, che 
si 
acclude 
alla 
presente, sono state 
definite 
le 
modalit� 
di 
esplicazione 
del 
patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
in 
favore 
della 
fondazione stessa. 


L' 
AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Gabriella Palmieri Sandulli 


PROTOCOLLO D'INTESA 
fra 
l'Awocatura dello Stato e la fondazione 
Teatro Comunale di Bologna 


-considerato 
che, alla 
stregua 
dell'art. 1, comma 
3, del 
D.L. n. 345/2000, conv. in Legge 
n. 
6/2001, nonch� 
dell'art. 10, comma 
4, del 
proprio Statuto, la 
fondazione 
Teatro Comunale 
di 
Bologna 
(di 
seguito denominata 
solo �fondazione") pu� avvalersi 
della 
consulenza 
e 
del 
patrocinio 
legale dell'Avvocatura dello Stato (d� seguito denominata solo "Avvocatura"); 
-considerato 
che, come 
precisato dalla 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
nella 
recente 
sentenza 
n. 30118 del 
21.11.2018, la 
sopra 
indicata 
disposizione 
legislativa 
configura 
un�ipotesi 
di 
patrocinio 
c.d. autorizzato disciplinato dall'art. 43 R.D. n. 1611/1933 nel 
senso che 
la 
rappresentanza 
e 
difesa 
della 
fondazione 
sono 
assunte 
dall'Avvocatura 
"in 
via 
organica, 
ed 
esclusiva", salvo le deroghe ivi espressamente e tassativamente previste; 
tra fa Fondazione Teatro Comunale di Bologna e l'Avvocatura dello Stato 


si conviene quanto segue: 


Attivit� Consultiva 
1 - La 
fondazione 
provvede 
alla 
proposizione 
di 
ques�ti 
e 
richieste 
di 
pareri 
che 
involgono 
questioni particolari o interpretative di carattere generale. 
2 
-Considerato 
che 
l�efficacia 
dell�attivit� 
consultiva 
� 
direttamente 
correlata 
alla 
tempestiva 
acquisizione 
dei 
chiesti 
pareri, l�Avvocatura 
provvede 
a 
corrispondere, con tempestivit� 
alle 
relative 
richieste 
e, comunque, nei 
termini 
imposti 
dai 
procedimenti 
amministrativi 
interessati. 
Assistenza e Rappresentanza In Giudizio 
3 - L'Avvocatura 
fornisce 
ogni 
assistenza 
richiesta, anche 
in sede 
esecutiva, al 
fine 
di 
assicurare 
nel modo migliore la piena tutela degli interessi pubblici. 
4 - Allorquando un atto introduttivo del 
giudizio sia 
notificato direttamente 
alla 
fondazione, 
la 
stessa 
provvede 
ad investirne 
l'Avvocatura 
con il 
pi� ampio margine 
rispetto alle 
scadenze, 
fornendo 
una 
completa 
e 
documentata 
relazione 
in 
fatto 
e 
in 
diritto, 
quale 
necessario 
supporto 
per l'efficace 
difesa 
delle 
ragioni 
della 
stessa 
fondazione. Al 
fine 
di 
rendere 
praticabile 
operativamente 
un 
percorso 
di 
efficace 
comunicazione, 
anche 
informale, 
tra 
l'Avvocatura 
e 
la 



TEMI 
ISTITUZIONALI 


fondazione, questa 
si 
impegna 
ad individuare 
all'interno del 
settore 
Affari 
Generali 
un soggetto, 
dotato 
di 
adeguate 
e 
specifiche 
competenze 
giuridico-amm�nistrative, 
deputato 
a 
curare 
i 
rapporti 
con l'Avvocatura 
con modalit� 
di 
immediata 
reperibilit� 
(telefono, fax, e-mail), ed 
a 
fornire 
alla 
medesima 
tutti 
gli 
atti 
e 
le 
informazioni 
necessarie; 
analogamente 
l'Avvocatura 
provveder� 
a 
segnalare 
alla 
fondazione 
il 
nominativo dell'Avvocato incaricato, dell'affare 
e 
le suindicate modalit� di immediata reperibilit�. 
Qualora 
gli 
atti 
introduttivi 
del 
giudizio, o di 
un grado di 
giudizio, vengano notificati 
all'Avvocatura, 
sono 
da 
quest�ultima 
prontamente 
inviati 
alla 
fondazione 
con 
ogni 
relativa 
richiesta 
istruttoria. 
5 - L'Avvocatura 
provvede 
a 
tenere 
informata 
la 
fondazione 
dei 
significativi 
sviluppi 
delle 
controversie 
in 
corso 
dalla 
stessa 
curate, 
anche 
con 
l'eventuale 
invio, 
dietro 
specifica 
richiesta, 
degli 
atti 
difensivi 
propri 
e 
delle 
contropart�, 
dando 
comunque 
ampia 
comunicazione 
dell'esito 
del 
giudizio con la 
trasmissione 
di 
copia 
della 
decisione, in particolare 
se 
notificata. Ove 
si 
tratti 
di 
pronuncia 
sfavorevole 
per la 
fondazione 
suscettibile 
di 
gravame, l'Avvocatura 
rende 
tempestivamente il proprio parere in ordine alla impugnabilit� della decisione stessa. 
6 - A 
richiesta 
della 
fondazione, l'Avvocatura 
pu� assumere, ai 
sensi 
dell'art. 44 del. R.D. n. 
1611 del 
1 933 la 
rappresentanza 
e 
la 
difesa 
di 
dipendenti 
della 
stessa 
fondazione 
nei 
giudizi 
civili e penali che li interessano per fatti e cause di servizio. 
7 
-L'Avvocatura 
provvede 
al 
diretto 
recupero 
nei 
confronti 
delle 
controparti 
delle 
competenze 
ed onorari 
di 
giudizio, posti 
a 
loro carico per effetto di 
sentenza, ordinanza, rinuncia 
o transazione. 
8 - Il 
patrocinio della 
fondazione 
sar�, compatibilmente 
con le 
esigenze 
di 
servizio, affidato 
a 
uno o due 
avvocati 
dello Stato che 
verranno indicati 
dall'Avvocato Disnettuale 
dello Stato; 
i 
suddetti 
avvocati 
assicureranno l'espletamento di 
tutti 
gli 
incombenti 
necessari 
ed opportuni 
in sede 
contenziosa 
e 
consultiva 
e 
potranno essere 
contattati 
anche 
per le 
vie 
brevi 
presso i 
recapiti che gli stessi forniranno. 
9 - Restano escluse 
dal 
patrocinio ex 
lege 
dell�Avvocatura 
le 
controversie 
di 
natura 
tributaria 
instaurate, o da 
instaurare, dinanzi 
alle 
Commissioni 
Tributarie 
provinciali 
e 
regionali, nelle 
quali 
siano ravvisabili 
conflitti 
anche 
virtuali 
di 
interessi 
fra 
le 
posizioni 
della 
fondazione 
e 
gli Uffici finanziari tutelati e rappresentati 
ex officio 
dall'Avvocatura dello Stato. 
Le 
controversie, 
dinanzi 
alle 
Magistrature 
Superiori 
saranno 
curate 
dall�Avvocatura 
Generale 
dello Stato, ad eccezione 
di 
quelle 
dinanzi 
alla 
Corte 
di 
Cassazione 
relative 
alle 
controversie 
tributarie. 
La 
stessa 
disciplina 
sul 
patrocinio trover� 
applicazione 
anche 
nelle 
fasi 
pre-contenziose, di 
negoziazione assistita, e conciliative previste dalla legge nelle rispettive materie. 
10 
-L'Avvocatura 
e 
la 
fondazione 
si 
impegnano 
a 
segnalare 
reciprocamente 
tutte 
le 
difficolt� 
operative 
eventualmente 
insorte 
nella 
gestione 
dei 
rapporti 
oggetto del 
presente 
protocollo, 
allo 
scopo 
di 
provvedere 
nello 
spirito 
della 
migliore 
collaborazione 
al 
superamento 
delle 
stesse; 
saranno anche 
concordate 
riunioni 
periodiche 
e, comunque, ogni 
qual 
volta 
se 
ne 
presenti 
la 
necessit�, 
al 
fine 
di 
affrontare 
per 
le 
vie 
brevi 
le 
problematiche 
connesse 
e 
conseguenti 
alla 
corretta 
gestione 
dell'attivit� 
amministrativa 
della 
fondazione 
e 
del 
contenzioso in atto o 
in formazione. 
Bologna, 19 luglio 2019 


per l'Avvocatura dello Stato 
per la Fondazione Comunale di Bologna 
L�Avvocato Distrettuale dello Stato di Bologna Il Sovrintendente 
Avv. Michele Damiani Fulvio Macciardi 



ContenzIosonazIonale
Il 
discrimen 
tra ci� che � tributario e ci� che tributario 
non �: sui corrispettivi al fondo antincendi degli aeroporti 


NotA 
A 
Corte 
CoStitUzioNAle, SeNteNzA 
20 lUglio 
2018 N. 167 


Sabina Cenciotti* 


SoMMArio: 1. la vicenda processuale 
- 2. la pronuncia della Consulta: la legittimit� 
delle 
norme 
interpretative. 
Cenni 
-3. 
la 
questione 
della 
natura 
tributaria 
o 
negoziale 
dei 
corrispettivi 
a 
carico 
delle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
relativamente 
ai 
servizi 
antincendi 
negli aeroporti - 4. Conclusioni. 


1. la vicenda processuale. 
La 
vicenda 
processuale, 
conclusasi 
con 
la 
pronuncia 
della 
Consulta 
in 
esame, 
ha 
inizio 
con 
l�impugnazione, 
da 
parte 
di 
tredici 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale, 
della 
nota 
con la 
quale 
l�ENAC aveva 
richiesto loro il 
versamento 
delle 
somme 
dovute 
ai 
sensi 
dell�art. 
1, 
comma 
1328, 
della 
l. 
296 
del 
2006 
(1). Con tale 
disposizione 
� 
stato istituito un apposito fondo per il 
servizio antincendio 
negli 
aeroporti 
di 
maggiori 
dimensioni, fondo al 
quale, in base 
alla 


(*) 
Dottoressa 
in 
Giurisprudenza, 
ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
(avv. Ettore Figliolia). 


(1) Tale 
articolo recita 
testualmente: 
�Al 
fine 
di 
ridurre 
il 
costo a carico dello Stato del 
servizio 
antincendi 
negli 
aeroporti, 
l'addizionale 
sui 
diritti 
d'imbarco 
sugli 
aeromobili, 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
comma 
11, 
della 
legge 
24 
dicembre 
2003, 
n. 
350, 
e 
successive 
modificazioni, 
� 
incrementata 
a 
decorrere 
dall'anno 2007 di 
50 centesimi 
di 
euro a passeggero imbarcato. Un apposito fondo, alimentato dalle 
societ� aeroportuali 
in proporzione 
al 
traffico generato, concorre 
al 
medesimo fine 
per 
30 milioni 
di 
euro annui. Con decreti 
del 
Ministero dell'interno, da comunicare, anche 
con evidenze 
informatiche, al 
Ministero dell'economia e 
delle 
finanze, tramite 
l'Ufficio centrale 
del 
bilancio, nonch� 
alle 
competenti 
Commissioni 
parlamentari 
e 
alla Corte 
dei 
conti, si 
provvede 
alla ripartizione 
del 
fondo tra le 
unit� 
previsionali 
di 
base 
del 
centro 
di 
responsabilit� 
"Dipartimento 
dei 
vigili 
del 
fuoco, 
del 
soccorso 
pubblico 
e della difesa civile" dello stato di previsione del Ministero dell'interno�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


previsione 
legislativa, 
le 
suddette 
societ� 
avrebbero 
dovuto 
contribuire 
in 
proporzione 
al 
traffico aereo da 
ciascuna 
di 
esse 
generato, al 
fine 
precipuo di 
ridurre 
il costo a carico dello Stato del servizio stesso. 


In riferimento a 
tali 
corrispettivi 
insorse 
una 
questione 
di 
giurisdizione, 
dal 
momento che, in primo grado, la 
Commissione 
Tributaria 
Provinciale 
di 
Roma 
afferm� 
la 
giurisdizione 
del 
giudice 
tributario 
e 
successivamente 
accolse 
il 
ricorso presentato dalle 
societ� 
(2) mentre 
la 
Commissione 
Tributaria 
Regionale 
del 
Lazio, decidendo sulla 
base 
del 
sopravvenuto art. 39-bis 
del 
d.l. 1 
ottobre 
2007, 
n. 
159, 
su 
Appello 
proposto 
dall�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato, dichiar� la giurisdizione del giudice ordinario. 

L�articolo 
summenzionato, 
rubricato 
�diritti 
aeroportuali 
di 
imbarco�, 
in 
particolare 
stabilisce: 
�le 
disposizioni 
in 
materia 
di 
tassa 
d'imbarco 
e 
sbarco 
sulle 
merci 
trasportate 
per 
via 
aerea 
di 
cui 
al 
decreto-legge 
28 
febbraio 
1974, 
n. 
47, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
16 
aprile 
1974, 
n. 
117, 
e 
successive 
modificazioni, 
di 
tasse 
e 
di 
diritti 
di 
cui 
alla 
legge 
5 
maggio 
1976, 
n. 
324, 
di 
corrispettivi 
dei 
servizi 
di 
controllo 
di 
sicurezza 
di 
cui 
all'articolo 
8 
del 
regolamento 
di 
cui 
al 
decreto 
del 
Ministro 
dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione 
29 
gennaio 
1999, 


n. 
85, 
nonch� 
in 
materia 
di 
addizionale 
comunale 
sui 
diritti 
di 
imbarco 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
comma 
11, 
della 
legge 
24 
dicembre 
2003, 
n. 
350, 
si 
interpretano 
nel 
senso 
che 
dalle 
stesse 
non 
sorgono 
obbligazioni 
di 
natura 
tributaria�. 
Con 
tale 
norma 
d�interpretazione 
autentica 
(3) 
il 
legislatore 
ha 
escluso 
espressamente 
la 
natura 
tributaria 
dei 
cosiddetti 
�diritti 
aeroportuali�, 
con 
conseguenze 
sul 
piano 
della 
giurisdizione, 
dal 
momento 
che 
la 
previsione 
legislativa, 
che 
ha 
effetti 
ex 
tunc, non permette 
di 
devolvere 
al 
giudice 
tributario 
la 
cognizione 
delle 
relative 
controversie, 
pena 
la 
violazione 
dell�art. 
102, 
II 
comma, Cost., il quale vieta l�istituzione di giudici speciali. 


Nell�ambito 
del 
giudizio 
di 
legittimit� 
successivamente 
instaurato 
avverso 
la 
pronuncia 
della 
Commissione 
Tributaria 
Regionale 
del 
Lazio, venne 
sollevata 
da 
dodici 
delle 
tredici 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
ricorrenti 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 
1, 
478� 
comma, 
della 
legge 
28 
dicembre 
2015, n. 208, intervenuto a 
novellare 
il 
sopra 
indicato art. 39-bis, 1� 
comma, del d.l. n. 159 del 2007. 


Tale 
articolo, 
in 
particolare, 
interpolava 
l�art. 
39-bis, 
aggiungendo 
espressamente 
all�elencazione 
delle 
materie 
dalle 
quali 
�non sorgono obbligazioni 
di 
natura tributaria� 
i 
�corrispettivi 
a carico delle 
societ� di 
gestione 
aeroportuale 
relativamente 
a servizi 
antincendi 
negli 
aeroporti, di 
cui 
all�art. 1, 
comma 1328, della legge 27 dicembre 2006, n. 296�. 


(2) 
Poich�, 
a 
detta 
del 
giudice, 
la 
contribuzione 
al 
fondo, 
classificabile 
come 
�tassa 
di 
scopo�, 
sarebbe 
stata 
successivamente 
devoluta 
a 
scopi 
diversi 
da 
quelli 
previsti 
dalla 
legge 
istitutiva 
del 
fondo 
stesso. 
(3) La 
natura 
interpretativa 
della 
disposizione 
de 
qua 
� 
stata 
affermata 
dalle 
Sezioni 
Unite 
della 
Corte di Cassazione con le ordinanze n. 379 del 2008 e n. 3044 del 2013. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


La 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione, 
individuata 
la 
rilevanza 
della 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
nella 
incidenza 
della 
norma 
censurata, sopravvenuta 
nelle 
more 
del 
giudizio, sulla 
individuazione 
del 
giudice 
giurisdizionalmente 
competente, con ordinanza 
n. 27074 del 
2016 sollevava 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale, in relazione 
agli 
artt. 3, 24, 25, 102, 111 e 
117 Cost. 


A 
giudizio 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione, 
la 
norma 
interpretativa 
censurata 
avrebbe 
violato il 
canone 
generale 
di 
ragionevolezza 
ex 
art. 3 Cost., 
poich� 
avrebbe 
escluso 
la 
natura 
tributaria 
dei 
corrispettivi 
al 
fondo 
antincendi 
nonostante 
essi 
avessero presentato tutti 
gli 
elementi 
identificativi 
dei 
tributi 
ed inoltre 
�in assenza di 
una situazione 
di 
oggettiva incertezza del 
dato normativo�. 


La 
norma 
interpretativa 
avrebbe 
avuto 
inoltre 
l�effetto 
di 
sottrarre 
la 
causa 
al 
giudice 
tributario, 
che 
sarebbe 
stato 
il 
giudice 
naturale, 
precostituito 
per 
legge, ex 
art. 25 Cost. 

Inoltre, il 
legislatore 
avrebbe 
attentato alle 
norme 
costituzionali 
interne 
ed europee 
che 
garantiscono la 
parit� 
delle 
parti 
e 
l�equo processo: 
l�art. 102, 
1 
comma, 
Cost., 
l�art. 
111 
e 
l�art. 
117 
Cost., 
in 
relazione 
all�art. 
6 
della 
CEDU, 
come interpretato dalla Corte Europea. 


Con la 
sentenza 
n. 167 del 
2018 la 
Corte 
Costituzionale 
si 
� 
infine 
pronunciata, 
dichiarando 
l�illegittimit� 
costituzionale 
dell�art. 
1, 
comma 
478, 
della 
legge 28 dicembre 2015, n. 208, per violazione dell�art. 3 Cost. 


Infine, 
la 
recente 
sentenza 
della 
Cass. 
civ. 
Sez. 
Unite, 
n. 
3162 
del 
2019, 
ha 
cassato 
la 
sentenza 
impugnata, 
dichiarando 
la 
giurisdizione 
del 
giudice 
tributario 
e 
rinviando 
il 
giudizio 
alla 
Commissione 
Tributaria 
Regionale 
del 
Lazio. 


Ad avviso della 
Suprema 
Corte, il 
giudice 
dell�Appello avrebbe 
erroneamente 
applicato l�art. 39-bis, il 
quale 
non comprendeva, al 
tempo della 
pronuncia, 
i corrispettivi destinati ad alimentare il fondo antincendi. 


2. 
la 
pronuncia 
della 
Consulta: 
la 
legittimit� 
delle 
norme 
interpretative. 
Cenni. 
La 
sentenza 
in commento, con la 
quale 
la 
Consulta 
ha 
dichiarato l�illegittimit� 
costituzionale 
della 
norma 
che 
esclude 
la 
natura 
tributaria 
dei 
corrispettivi 
al 
fondo antincendi, risulta 
interamente 
incentrata 
sulla 
censura 
della 
violazione del principio di ragionevolezza 
ex 
art. 3 Cost. 


Secondo 
la 
Corte 
Costituzionale, 
la 
quale 
ha 
aderito 
pedissequamente 
alla 
ricostruzione 
delle 
Sezioni 
Unite 
della 
Corte 
di 
Cassazione, 
il 
legislatore 
avrebbe, 
con 
un�operazione 
solo 
nominalistica, 
attribuito 
alla 
norma 
un 
significato 
non 
ascrivibile 
al 
testo 
della 
disposizione 
interpretata, 
un 
significato 
�non compatibile 
con la intrinseca ed immutata natura tributaria della prestazione�, 
con 
ci� 
determinando 
una 
lesione 
del 
principio 
di 
coerenza 
e 
di 
certezza 
dell�ordinamento 
giuridico 
e 
dunque 
del 
principio 
di 
ragionevolezza, 
desumibile dall�art. 3 Cost. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Il 
ragionamento della 
Corte 
pu� cos� 
sintetizzarsi: 
i 
corrispettivi 
a 
carico 
delle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
presentano 
tutte 
le 
caratteristiche 
dei 
tributi, 
dunque 
la 
norma 
interpretativa, 
e 
retroattiva, 
che 
ne 
esclude 
la 
natura 
tributaria 
deve ritenersi irragionevole. 


� 
necessario 
dunque 
preliminarmente 
svolgere 
alcune 
brevi 
considerazioni 
circa 
l�ambito e 
i 
limiti 
dell�intervento del 
legislatore 
mediante 
lo strumento 
della 
legge 
interpretativa, 
con 
particolare 
riguardo 
alla 
materia 
tributaria, nella 
disciplina 
della 
quale 
le 
summenzionate 
leggi 
sono tutt�altro 
che infrequenti. 


In termini 
generali, l�interpretazione 
autentica, tecnica 
normativa 
con la 
quale 
lo stesso soggetto che 
ha 
emanato l�atto normativo interviene 
ad interpretarne 
le 
disposizioni 
con efficacia 
ex 
tunc, ha 
la 
funzione 
di 
garantire 
esigenze 
di 
certezza 
del 
diritto, 
poich� 
favorisce 
l�intelligibilit� 
del 
precetto 
normativo; 
tuttavia, 
specialmente 
nella 
materia 
tributaria, 
si 
� 
sovente 
assistito 
ad 
uno 
snaturamento 
della 
funzione 
di 
tale 
strumento, 
del 
quale 
viene 
fatto 
abuso o che 
viene 
ad ogni 
modo utilizzato anche 
per finalit� 
diverse 
rispetto 
a quelle che gli sono proprie (4). 


La 
principale 
problematica 
delle 
norme 
interpretative 
� 
costituita 
dalla 
loro intrinseca 
natura 
retroattiva, la 
quale 
in termini 
generali 
non trova 
limite 
costituzionale 
se 
non in materia 
penale, ex 
art. 25 Cost. (5), ma 
che 
pu� porsi 
concretamente 
in 
contrasto 
con 
diversi 
principi 
generali 
dell�ordinamento 
giuridico, 
come 
il 
principio 
di 
certezza 
del 
diritto, 
il 
principio 
di 
stabilit� 
e 
il 
principio 
del legittimo affidamento del cittadino (6). 

La 
Corte 
Costituzionale, 
nel 
tentativo 
di 
limitare 
gli 
abusi, 
ha 
adottato 
nel 
tempo una 
pluralit� 
di 
orientamenti 
interpretativi 
(7), ai 
quali 
� 
possibile 
in tale sede unicamente fare cenno. 


In 
sostanza, 
ad 
una 
impostazione 
(8) 
che 
tendeva 
a 
sindacare 
la 
natura 


(4) 
Si 
tratta 
delle 
leggi 
cosiddette 
�pseudo 
interpretative�. 
Sul 
punto, 
si 
veda 
L. 
PERRoNE, 
Certezza 
del diritto, affidamento e retroattivit�, in rass. tributaria, 2016, 4, p. 933. 
(5) 
Si 
consideri 
tuttavia 
il 
limite 
-sulla 
portata 
del 
quale 
molto 
si 
discute 
in 
dottrina 
-posto 
dall�art. 
3 dello Statuto dei 
diritti 
del 
contribuente 
(Efficacia 
temporale 
delle 
norme 
tributarie), il 
quale 
afferma: 
�Salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 
2, le 
disposizioni 
tributarie 
non hanno effetto retroattivo. 
Relativamente 
ai 
tributi 
periodici 
le 
modifiche 
introdotte 
si 
applicano 
solo 
a 
partire 
dal 
periodo 
d'imposta 
successivo a 
quello in corso alla 
data 
di 
entrata 
in vigore 
delle 
disposizioni 
che 
le 
prevedono. In ogni 
caso, le 
disposizioni 
tributarie 
non possono prevedere 
adempimenti 
a 
carico dei 
contribuenti 
la 
cui 
scadenza 
sia 
fissata 
anteriormente 
al 
sessantesimo giorno dalla 
data 
della 
loro entrata 
in vigore 
o dell'adozione 
dei 
provvedimenti 
di 
attuazione 
in 
esse 
espressamente 
previsti. 
I 
termini 
di 
prescrizione 
e 
di 
decadenza per gli accertamenti di imposta non possono essere prorogati�. 
(6) Sul punto, si veda ancora L. PERRoNE, ibidem. 
(7) 
Si 
veda 
A. 
PUGIoTTo, 
la 
labirintica 
giurisprudenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
in 
tema 
di 
leggi 
di interpretazione autentica, in Studium iuris, 1997, I, pp. 64 ss. 
(8) In tal 
senso, si 
veda 
Corte 
Cost., sentenza 
n. 187 del 
1981, la 
quale 
afferma 
che 
l�intervento 
interpretativo 
� 
legittimo 
allorquando 
�la 
legge 
anteriore 
riveli 
gravi 
ed 
insuperabili 
anfibologie 
o 
abbia 
dato luogo a contrastanti applicazioni, specie in sede giurisdizionale�. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


della 
norma 
interpretativa, ricercando gli 
elementi 
strutturali 
in base 
ai 
quali 
essa 
potesse 
ritenersi 
legittima, 
si 
� 
sostituito 
un 
orientamento 
in 
base 
al 
quale 
al 
centro del 
giudizio di 
legittimit� 
costituzionale 
vi 
sono i 
limiti 
della 
retroattivit� 
della norma. 

� 
ben possibile 
ad esempio, come 
affermato in diverse 
pronunce 
(9) da 
parte 
della 
Consulta, che 
il 
legislatore 
interpreti 
autenticamente 
una 
disposizione 
anche 
laddove 
non 
si 
sia 
in 
presenza 
di 
una 
situazione 
di 
incertezza 
normativa 
o di 
anfibologie 
giurisprudenziali; 
� 
possibile 
inoltre 
che 
il 
legislatore 
utilizzi 
la 
suddetta 
tecnica 
al 
fine 
precipuo 
di 
contrastare 
un 
orientamento 
giurisprudenziale 
sgradito, 
sempre 
che 
l�opzione 
ermeneutica 
prescelta 
trovi 
fondamento 
nella cornice della norma interpretata (10). 

L�interpretazione 
autentica 
� 
dunque 
da 
concepire, 
in 
termini 
generali, 
come 
uno strumento di 
politica 
legislativa, tuttavia 
la 
natura 
retroattiva 
delle 
norme 
interpretative 
non deve 
porsi 
in contrasto con altri 
principi 
o valori 
di 
�civilt� 
giuridica� 
come, si 
ripete, il 
principio di 
certezza 
del 
diritto, la 
separazione 
dei poteri, il legittimo affidamento del cittadino etc. 


Tali 
principi 
sono stati 
ritenuti 
tutelabili 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
sindacando 
l�intervento interpretativo alla 
stregua 
del 
principio generale 
- significativamente 
ampio 
-di 
ragionevolezza, 
il 
quale 
trova 
fondamento 
costituzionale nel dettato dell�art. 3 Cost. 

A 
tal 
proposito, � 
importante 
accennare 
anche 
all�importanza 
in tale 
materia 
della 
giurisprudenza 
europea, 
la 
quale, 
con 
la 
sentenza 
Arras 
e 
al. 
c. 
italia 
del 
14 febbraio 2012, ha 
ritenuto non in contrasto con l�art. 6, par. I, CEDU, 
l�intervento interpretativo retroattivo che 
sia 
tuttavia 
giustificato dalla 
sussistenza 
di 
�motivi imperativi d�interesse generale� 
(11). 

Nel 
caso 
di 
specie, 
lo 
si 
ripete, 
la 
norma 
che 
ha 
escluso 
la 
natura 
tributaria 
dei 
corrispettivi 
al 
fondo antincendi 
� 
stata 
ritenuta 
dalla 
Consulta 
contraria 
al 
principio di 
ragionevolezza, poich� 
tali 
forme 
di 
contribuzione 
avrebbero 
presentato le 
caratteristiche 
�ontologiche� 
del 
tributo; 
si 
rende 
conseguentemente 
necessario effettuare 
alcune 
brevi 
considerazioni 
circa 
la 
natura 
giuridica 
di dette prestazioni patrimoniali. 


3. la questione 
della natura tributaria o negoziale 
dei 
corrispettivi 
a carico 
delle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
relativamente 
ai 
servizi 
antincendi 
negli 
aeroporti. 
La 
questione 
della 
natura 
giuridica 
dei 
diritti 
corrisposti 
dalle 
societ� 
di 


(9) Si 
veda, ad esempio, Corte 
Cost., sentenze 
n. 15 del 
2012, n. 227 del 
2014, n. 209 del 
2010, 
n. 25 del 2009. 
(10) Cos� Corte Cost., sentenza n. 271 del 2011. 
(11) La 
Corte 
EDU 
dunque 
non vieta 
tout 
court 
l�intervento interpretativo retroattivo, ma 
ne 
individua 
i 
limiti. Sul 
punto, I. RIvERA, 
la legge 
di 
interpretazione 
autentica tra Costituzione 
e 
Cedu, I 
tomo, Servizi Studi Corte Costituzionale, pp. 65 ss. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


gestione 
aeroportuale 
� 
effettivamente 
complessa, cos� 
come 
non semplice 
� 
l�individuazione precisa della nozione stessa di �tributo�. 


La 
difficolt� 
di 
ricomprendere 
talune 
prestazioni 
patrimoniali 
fra 
quelle 
tributarie 
o viceversa 
fra 
quelle 
cosiddette 
�extratributarie� 
era 
emersa 
gi� 
in 
riferimento ai diritti aeroportuali, di cui all�art. 39-bis 
d.l. n. 159 del 2007. 

In particolare, dapprima 
la 
Cass., Sez. Un., n. 22245 del 
2006 aveva 
analizzato 
la 
natura 
giuridica 
di 
tali 
diritti, arrivando ad affermare 
che 
essi 
avessero 
natura 
tributaria, 
con 
la 
conseguente 
attribuzione 
delle 
relative 
controversie alla cognizione delle Commissioni 
Tributarie (12). 

Successivamente 
all�entrata 
in vigore 
dell�art. 39-bis, la 
Cass., Sez. Un., 


n. 379 del 
2008, in sede 
di 
prima 
applicazione 
dell�art. 39 bis 
del 
d.l. n. 159 
del 
2007, aveva 
invece 
stabilito che 
le 
controversie 
in materia 
di 
diritti 
aeroportuali 
dovessero essere assegnate al giudice ordinario (13). 
I 
diritti 
aeroportuali 
contemplati 
dall�art. 
39-bis 
-ossia 
i 
diritti 
relativi 
alla 
movimentazione 
delle 
merci, 
i 
diritti 
relativi 
all�utilizzo 
delle 
infrastrutture 
aeroportuali, i 
corrispettivi 
dei 
servizi 
di 
sicurezza 
e 
infine 
l�addizionale 
comunale 
sui 
diritti 
d�imbarco dei 
passeggeri 
- differiscono rispetto ai 
corrispettivi 
per 
i 
servizi 
antincendi 
negli 
aeroporti, 
oggetto 
della 
pronuncia 
in 
commento, 
sotto 
il 
profilo 
dei 
soggetti 
obbligati 
a 
corrispondere 
la 
prestazione 
patrimoniale: 
nel 
caso dei 
corrispettivi 
volti 
ad alimentare 
il 
fondo antincendi 
si 
tratta 
delle 
stesse 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale, negli 
altri 
casi 
i 
soggetti 
tenuti 
al 
pagamento nei 
confronti 
di 
dette 
societ� 
sono i 
vettori 
aerei, i 
quali 
traslano poi il costo sul passeggero. 


Dalla 
lettera 
dell�art. 
1, 
comma 
1328, 
della 
legge 
n. 
296 
del 
2006 
si 
evince 
tuttavia 
che 
l�addizionale 
sui 
diritti 
d�imbarco 
sugli 
aeromobili 
ed 
il 
fondo 
alimentato 
dalle 
societ� 
aeroportuali 
concorrono al 
medesimo fine, che 
� 
quello 
di 
�ridurre 
il 
costo 
a 
carico 
dello 
Stato 
del 
servizio 
antincendi 
negli 
aeroporti�. 


occorre 
dunque 
soffermare 
l�attenzione 
sul 
ragionamento 
della 
Consulta, 
sulla 
base 
del 
quale 
l�esclusione 
della 
natura 
tributaria 
dei 
corrispettivi 
corrisposti 
dalle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
� 
stata 
dichiarata 
contraria 
al 
principio 
di ragionevolezza. 


In 
generale, 
� 
possibile 
affermare 
che 
la 
difficolt� 
di 
stabilire 
la 
natura 
tributaria 
di 
una 
prestazione 
patrimoniale 
sia 
dovuta 
al 
dato 
che 
non 
esiste 
una 
definizione 
legislativa 
del 
�tributo�; 
gli 
unici 
parametri 
normativi 
in tal 
senso 
sono 
l�art. 
23 
Cost., 
il 
quale 
afferma 
che 
�nessuna 
prestazione 
personale 
o 
patrimoniale 
pu� essere 
imposta se 
non in base 
alla legge� 
e 
l�art. 53 Cost., 
che 
afferma: 
�tutti 
sono tenuti 
a concorrere 
alle 
spese 
pubbliche 
in ragione 


(12) Sul 
punto, si 
veda 
v. GUIDo, la natura giuridica dei 
diritti 
aeroportuali 
tra orientamento 
giurisprudenziale e legislazione sopravvenuta, in riv. dir. trib., fasc. 6, 2008, pag. 535. 
(13) Si veda anche l�ordinanza Cass. n. 3044 del 2013. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


della loro capacit� contributiva. il 
sistema tributario � 
informato a criteri 
di 
progressivit��. 


L�interprete 
ha 
dunque, in tale 
materia, il 
ruolo estremamente 
rilevante 
di 
valutare 
- caso per caso e 
indipendentemente 
dal 
nomen iuris 
utilizzato dal 
legislatore - se si sia in presenza di una fattispecie tributaria. 

Nel 
caso di 
specie, la 
Consulta 
ha 
richiamato la 
propria 
giurisprudenza 
sul 
tema 
- da 
ultimo, la 
sentenza 
n. 89 del 
2018 - sulla 
base 
della 
quale 
�una 
fattispecie 
deve 
ritenersi 
"di 
natura tributaria, indipendentemente 
dalla qualificazione 
offerta 
dal 
legislatore, 
laddove 
si 
riscontrino 
tre 
indefettibili 
requisiti: 
la 
disciplina 
legale 
deve 
essere 
diretta, 
in 
via 
prevalente, 
a 
procurare 
una 
definitiva decurtazione 
patrimoniale 
a carico del 
soggetto passivo; la decurtazione 
non deve 
integrare 
una modifica di 
un rapporto sinallagmatico; le 
risorse, 
connesse 
ad 
un 
presupposto 
economicamente 
rilevante 
e 
derivanti 
dalla 
suddetta 
decurtazione, 
debbono 
essere 
destinate 
a 
sovvenire 
pubbliche 
spese" 
(ex plurimis, da ultimo, sentenze n. 269 e n. 236 del 2017)�. 


Ebbene, 
secondo 
la 
Corte 
Costituzionale, 
nel 
caso 
in 
esame 
il 
presupposto 
economicamente 
rilevante, indice 
di 
capacit� 
contributiva, sarebbe 
costituito 
dal volume del traffico aereo generato. 


Afferma 
inoltre 
la 
Consulta 
che 
sussisterebbe, nel 
caso di 
specie, anche 
il 
nesso 
con 
la 
spesa 
pubblica, 
dal 
momento 
che 
il 
comma 
1328 
dell�art. 
1 
della 
legge 
n. 296 del 
2006 prevedeva 
originariamente 
che 
le 
somme 
versate 
dalle 
societ� 
aeroportuali 
fossero finalizzate 
a 
ridurre 
il 
costo a 
carico dello 
Stato del 
servizio antincendio, mentre 
sono oggi 
finalizzate 
a 
coprire 
le 
spese 
generali del Corpo Nazionale dei 
vigili del Fuoco. 

Il 
punto 
principale 
riguarda 
inoltre 
e 
soprattutto 
la 
possibilit� 
di 
ricostruire 
il 
rapporto tra 
la 
prestazione 
patrimoniale 
a 
cui 
sono tenute 
le 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
e 
il 
servizio 
reso 
negli 
aeroporti 
in 
termini 
di 
�sinallagma� 
contrattuale. 

Difatti, 
la 
dottrina 
e 
la 
giurisprudenza 
sono 
concordi 
nel 
ritenere 
che 
la 
presenza 
di 
una 
corrispettivit� 
tra 
le 
prestazioni 
delle 
parti 
possa 
essere 
elemento 
dirimente 
in 
tutti 
i 
casi 
�di 
confine� 
tra 
le 
forme 
di 
prelievo 
e 
gli 
obblighi 
di 
fonte 
negoziale. 
A 
tale 
riguardo, 
si 
segnalano 
le 
recenti 
pronunce 
della 
Cass. 
Civ., 
n. 
24738 
del 
2018 
e 
Cass. 
Civ. 
n. 
7647 
del 
2018, 
nelle 
quali 
si 
individua 
l�assenza 
di 
sinallagma 
come 
requisito 
strutturale 
necessario 
del 
tributo. 


In tali 
ipotesi, la 
dottrina 
tende 
inoltre 
ad orientarsi 
nel 
senso dell�esclusione 
della 
natura 
tributaria 
di 
una 
prestazione 
se 
l�attivit� 
esercitata 
dall�ente 
pubblico non sia 
ad esso affidata 
in via 
esclusiva 
ma 
sia 
suscettibile 
di 
essere 
svolta anche da un privato in regime di libera concorrenza (14). 

L�Avvocatura 
Generale 
dello Stato ha 
a 
tale 
proposito sostenuto, in termini 
diametralmente 
opposti 
rispetto alle 
posizioni 
del 
giudice 
di 
legittimit�, 


(14) Cos� G. TINELLI, istituzioni di diritto tributario, CEDAM, 2016, p. 15. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


che 
il 
�traffico 
generato� 
dovesse 
ritenersi 
un 
parametro 
al 
quale 
commisurare 
oggettivamente 
il 
costo del 
servizio e 
non invece 
un aspetto sintomatico della 
capacit� contributiva. 


Similmente 
a 
quanto avviene 
per i 
cosiddetti 
�diritti 
aeroportuali�, L�Avvocatura 
Generale 
ha 
sostenuto la 
sussistenza 
di 
un collegamento diretto tra 
la 
contribuzione 
al 
fondo antincendi 
e 
l�utilizzo delle 
infrastrutture 
aeroportuali; 
il 
costo 
del 
servizio, 
commisurato 
al 
traffico 
aereo 
generato, 
avrebbe 
dovuto 
conseguentemente 
essere 
configurato 
in 
termini 
di 
controprestazione 
rispetto all�entit� del servizio reso dal Corpo Nazionale dei 
vigili del Fuoco. 


Ulteriore 
elemento, 
che 
� 
stato 
evidenziato 
negli 
atti 
difensivi 
dell�Avvocatura 
Generale 
e 
che 
risulta 
di 
indubbia 
importanza, 
come 
sopra 
sottolineato, 
per 
riflettere 
criticamente 
circa 
la 
natura 
dei 
corrispettivi 
al 
fondo 
antincendi, 
� 
costituito 
dal 
dato 
che 
soltanto 
negli 
aeroporti 
di 
maggiori 
dimensioni 
(15) 
il 
servizio 
� 
assunto 
a 
gestione 
diretta 
da 
parte 
dello 
Stato, 
mentre 
negli 
aeroporti 
cosiddetti 
�minori� 
esso 
� 
affidato 
a 
determinate 
categorie 
di 
soggetti 
privati 
(16). 


Tale 
dato, da 
un lato avrebbe 
dovuto sostenere 
la 
tesi 
della 
�sinallagmaticit�� 
tra 
le 
prestazioni 
delle 
parti, dall�altro avrebbe 
dovuto far propendere 
per una 
configurazione 
della 
contribuzione 
al 
fondo come 
obbligo non avente 
natura tributaria ma di corrispettivo di pubblico servizio (17). 

4. Conclusioni. 
La 
tesi 
sostenuta 
dalle 
societ� 
aeroportuali, 
ed 
accolta 
dalle 
pronunce 
della 
Cassazione 
prima 
e 
della 
Consulta 
successivamente, � 
quella 
per cui 
la 
contribuzione 
al 
fondo 
antincendi 
sarebbe 
riconducibile 
alle 
entrate 
tributarie, 
in particolare 
alla 
figura 
della 
cosiddetta 
�tassa 
di 
scopo�; 
nel 
merito, la 
Corte 
di 
Cassazione, in una 
pronuncia 
in materia 
di 
tariffa 
di 
igiene 
ambientale 
(cosiddetta 
�TIA�), 
ha 
definito 
tale 
forma 
di 
prelievo 
come 
quell�entrata 
pubblica 
che 
mira 
a 
�fronteggiare 
una 
spesa 
di 
carattere 
generale 
ripartendone 
l'onere 
sulle 
categorie 
sociali 
che 
da questa traggono vantaggio o che 
comunque 
determinano 
l'esigenza 
per 
la 
mano 
pubblica 
di 
provvedere� 
(18), 
senza 
che 
sussista 
un rapporto di �sinallagmaticit�� tra le prestazioni delle parti. 


Configurando il 
contributo al 
fondo come 
�tassa 
di 
scopo�, le 
societ� 
aeroportuali 
hanno inoltre 
sostenuto che 
la 
modifica 
legislativa 
intervenuta 
- la 
quale 
ha 
mutato la 
destinazione 
del 
gettito fiscale, attualmente 
finalizzato, lo 
si 
ripete, a 
coprire 
le 
spese 
generali 
del 
Corpo Nazionale 
dei 
vigili 
del 
Fuoco 


(15) Aeroporti inseriti nella tabella 
A della legge n. 930 del 1980. 
(16) Si 
tratta, in particolare, dei 
soggetti 
titolari 
della 
licenza 
di 
cui 
all�art. 788 cod. nav., come 
previsto dalla legge n. 930 del 1980. 
(17) Per la 
distinzione 
tra 
entrate 
di 
tipo tributario ed entrate 
�extratributarie�, si 
veda 
L. DEL 
FE-
DERICo, tasse, tributi paracommutativi e prezzi pubblici, Torino, 2000, pp. 74 ss. 
(18) Sentenza n. 2320 del 17 febbraio 2012. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


-avesse 
determinato il 
venir meno nei 
loro confronti 
dell�obbligo giuridico di 
corrispondere la prestazione patrimoniale. 
Infatti, 
a 
detta 
delle 
suddette 
societ�, 
la 
nuova 
destinazione 
della 
tassa 
sarebbe 
del 
tutto 
incompatibile 
con 
le 
finalit� 
originariamente 
previste 
dalla 
legge 
istitutiva 
del 
tributo e 
pertanto il 
contributo patrimoniale 
richiesto loro 
risulterebbe oggi privo di una causa giustificativa. 


Detta 
tesi, 
accolta 
dal 
giudice 
tributario 
chiamato 
a 
pronunciarsi 
in 
seguito 
alle 
sentenze 
della 
Cassazione 
e 
della 
Corte 
Costituzionale, non pu� non suscitare 
una 
certa 
perplessit�, dal 
momento che 
ha 
determinato nella 
sostanza 
la �disapplicazione� giudiziale di una legge dello Stato. 


Si 
ritiene 
invece 
che, per pervenire 
ad un siffatto esito (dichiarare 
�non 
dovuta� 
la 
prestazione 
patrimoniale), 
dovrebbe 
quantomeno 
intervenire 
una 
pronuncia 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
della 
legge 
che 
ha 
modificato la 
destinazione 
del tributo. 

Ad ogni 
modo, rimanendo nel 
perimetro della 
pronuncia 
in commento, 
si 
sottolinea 
come 
il 
giudizio 
di 
legittimit� 
de 
quo 
sia 
stato 
incentrato 
sull�ampia 
formula 
della 
�ragionevolezza�, richiamata 
per censurare 
l�intervento interpretativo 
del legislatore. 


Tale 
principio, 
che 
� 
stato 
storicamente 
e 
che 
� 
ancor 
oggi 
di 
indubbia 
importanza 
per giudicare 
il 
cosiddetto �eccesso di 
potere� 
legislativo, sembra 
avere 
qualche 
zona 
d�ombra 
in casi 
come 
quello proposto, in cui 
� 
in effetti 
complessa 
l�individuazione 
di 
un discrimen 
tra 
ci� che 
� 
tributario e 
ci� che 
tributario non �. 


Probabilmente, 
avrebbero 
potuto 
essere 
valorizzati 
nella 
motivazione 
della 
Corte 
alcuni 
elementi 
forniti 
dalla 
difesa 
dell�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato, 
come, 
ad 
esempio, 
la 
possibilit� 
di 
ricostruire 
in 
termini 
di 
�sinallagma� 
il 
rapporto 
tra 
le 
prestazioni 
delle 
parti 
o 
come 
il 
dato 
che 
il 
servizio 
antincendi 
negli aeroporti � sovente affidato anche a soggetti privati. 

Tali 
aspetti 
possono, ad ogni 
modo, costituire 
interessanti 
spunti 
per approfondire 
- e 
per riflettere 
criticamente 
- sulle 
conclusioni 
alle 
quali 
la 
Corte 
� pervenuta. 


Corte 
Costituzionale, sentenza 20 luglio 2018 n. 167 
-Pres. Lattanzi, red. Coraggio - Giudizio 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 1, comma 
478, della 
legge 
28 dicembre 
2015, n. 
208, recante 
�Disposizioni 
per la 
formazione 
del 
bilancio annuale 
e 
pluriennale 
dello Stato 
(legge 
di 
stabilit� 
2016)�, promosso dalla 
Corte 
di 
cassazione, sezioni 
unite 
civili, nel 
procedimento 
vertente 
tra 
la 
Sagat 
spa 
e 
altri 
e 
l�Ente 
nazionale 
per l�aviazione 
civile 
(ENAC) e 
altri, con ordinanza del 28 dicembre 2016. 


Considerato in diritto 


1.- Le 
sezioni 
unite 
civili 
della 
Corte 
di 
cassazione 
hanno sollevato, in riferimento agli 
art. 
3, 24, 25, 1� 
comma, 102, 1� 
comma, 111, 1� 
e 
2� 
comma, e 
117, 1� 
comma, Cost. - quest�ul



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


timo in relazione 
all'art. 6 della 
convenzione 
per la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell'uomo e 
delle 
libert� 
fondamentali 
(Cedu), firmata 
a 
Roma 
il 
4 novembre 
1950, ratificata 
e 
resa 
esecutiva 
con l. 4 agosto 1955 n. 848 -, questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell'art. 1, comma 
478, l. 
28 dicembre 
2015 n. 208, recante 
�disposizioni 
per la 
formazione 
del 
bilancio annuale 
e 
pluriennale 
dello Stato (legge di stabilit� 2016)�. 


2.-La 
disposizione 
censurata 
stabilisce 
che: 
�All'art. 
39 
bis, 
1� 
comma, 
d.l. 
1� 
ottobre 
2007 


n. 
159, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
l. 
29 
novembre 
2007 
n. 
222, 
dopo 
le 
parole: 
�della 
l. 24 dicembre 
2003 n. 350�, sono inserite 
le 
seguenti: 
�e 
di 
corrispettivi 
a 
carico delle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
relativamente 
ai 
servizi 
antincendi 
negli 
aeroporti, di 
cui 
all'art. 1, 
comma 1328, l. 27 dicembre 2006 n. 296��. 
A 
sua 
volta, 
il 
richiamato 
art. 
39 
bis 
d.l. 
1� 
ottobre 
2007 
n. 
159 
(interventi 
urgenti 
in 
materia 
economico-finanziaria, 
per 
lo 
sviluppo 
e 
l'equit� 
sociale), 
convertito, 
con 
modificazioni, 
nella 


l. 29 novembre 
2007 n. 222, prevede 
che 
le 
disposizioni 
da 
esso prese 
in considerazione 
�si 
interpretano nel senso che dalle stesse non sorgono obbligazioni di natura tributaria�. 
L'art. 
1, 
comma 
1328, 
l. 
27 
dicembre 
2006 
n. 
296, 
recante 
�disposizioni 
per 
la 
formazione 
del 
bilancio 
annuale 
e 
pluriennale 
dello 
Stato 
(legge 
di 
stabilit� 
2006)�, 
infine, 
dispone 
che, 
�Al 
fine 
di 
ridurre 
il 
costo 
a 
carico 
dello 
Stato 
del 
servizio 
antincendi 
negli 
aeroporti, 
l'addizionale 
sui 
diritti 
d'imbarco 
sugli 
aeromobili, 
di 
cui 
all'art. 
2, 
11� 
comma, 
l. 
24 
dicembre 
2003 


n. 
350, 
e 
successive 
modificazioni, 
� 
incrementata 
a 
decorrere 
dall'anno 
2007 
di 
50 
centesimi 
di 
euro 
a 
passeggero 
imbarcato. 
Un 
apposito 
fondo, 
alimentato 
dalle 
societ� 
aeroportuali 
in 
proporzione 
al 
traffico 
generato, 
concorre 
al 
medesimo 
fine 
per 
trenta 
milioni 
di 
euro 
annui. 
Con 
decreti 
del 
ministero 
dell'interno, 
da 
comunicare, 
anche 
con 
evidenze 
informatiche, 
al 
ministero 
dell'economia 
e 
delle 
finanze, 
tramite 
l'ufficio 
centrale 
del 
bilancio, 
nonch� 
alle 
competenti 
commissioni 
parlamentari 
e 
alla 
Corte 
dei 
conti, 
si 
provvede 
alla 
ripartizione 
del 
fondo 
tra 
le 
unit� 
previsionali 
di 
base 
del 
centro 
di 
responsabilit� 
�dipartimento 
dei 
vigili 
del 
fuoco, 
del 
soccorso 
pubblico 
e 
della 
difesa 
civile� 
dello 
stato 
di 
previsione 
del 
ministero 
dell'interno�. 
3.-Secondo 
il 
rimettente, 
la 
disposizione 
censurata 
violerebbe, 
in 
primo 
luogo, 
l'art. 
3 
Cost., 
perch� 
il 
legislatore, con una 
norma 
di 
interpretazione 
autentica, avrebbe 
irragionevolmente 
escluso la 
natura 
tributaria 
dei 
contributi 
al 
fondo antincendi, in assenza 
di 
una 
situazione 
di 
incertezza 
del 
dato normativo e 
pur ricorrendo tutti 
gli 
elementi 
strutturali 
dei 
tributi, individuati, 
dalla 
giurisprudenza 
costituzionale 
e 
di 
legittimit�, nella 
matrice 
legislativa 
della 
prestazione 
imposta, nella sua doverosit� e nel nesso con la spesa pubblica. 


Essa, poi 
violerebbe 
l'art. 25, 1� 
comma, Cost., perch� 
l'esclusione 
retroattiva 
della 
natura 
tributaria 
del 
prelievo comporterebbe 
la 
sottrazione 
della 
materia 
al 
giudice 
precostituito per 
legge, ossia 
quello tributario, gi� 
pronunciatosi, in primo grado e 
in altri 
giudizi, nel 
merito 
della questione controversa. 


La 
disposizione 
censurata, 
ancora, 
violerebbe 
gli 
art. 
24, 
102, 
1� 
comma, 
111, 
1� 
e 
2� 
comma, e 
117, 1� 
comma, Cost., quest�ultimo in relazione 
al 
parametro interposto dell'art. 6 
Cedu, 
perch� 
inciderebbe 
retroattivamente 
sull'affidamento 
delle 
ricorrenti, 
in 
assenza 
di 
motivi 
imperativi 
d'interesse 
generale, interferirebbe 
con la 
funzione 
giurisdizionale, sottraendo 
al 
giudice 
tributario controversie 
gi� 
instaurate 
e 
travolgendo la 
sentenza 
di 
primo grado di 
accoglimento delle 
ragioni 
delle 
contribuenti, e 
violerebbe 
la 
parit� 
delle 
armi, favorendo lo 
Stato in controversie di cui � parte. 


Essa, 
infine, 
violerebbe 
l'art. 
111, 
2� 
comma, 
Cost., 
perch� 
�non 
si 
pu� 
escludere� 
che 
l'inevitabile 
dilazione 
dei 
tempi 
processuali, 
conseguente 
al 
mutamento 
di 
giurisdizione 
a 
processi 
in corso, �possa vulnerare il principio della ragionevole durata del processo�. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


4.- La censura di violazione dell'art. 3 Cost. � fondata. 


4.1.- Secondo la 
costante 
giurisprudenza 
di 
questa 
corte, �una 
fattispecie 
deve 
ritenersi 
�di 
natura 
tributaria, indipendentemente 
dalla 
qualificazione 
offerta 
dal 
legislatore, laddove 
si 
riscontrino 
tre 
indefettibili 
requisiti: 
la 
disciplina 
legale 
deve 
essere 
diretta, in via 
prevalente, 
a 
procurare 
una 
definitiva 
decurtazione 
patrimoniale 
a 
carico del 
soggetto passivo; 
la 
decurtazione 
non deve 
integrare 
una 
modifica 
di 
un rapporto sinallagmatico; 
le 
risorse, connesse 
ad 
un 
presupposto 
economicamente 
rilevante 
e 
derivanti 
dalla 
suddetta 
decurtazione, 
debbono 
essere 
destinate 
a 
sovvenire 
pubbliche 
spese� 
(ex 
plurimis, 
da 
ultimo, 
sentenze 
n. 
269 
del 
2017, Foro it., 2018, I, 26, e n. 236 del 2017)� (sentenza n. 89 del 2018, ibid., 2302). 


4.2.- Il contributo al fondo antincendi presenta tutte le caratteristiche del tributo. 


vi 
� 
una 
disciplina 
legale 
che 
determina 
una 
definitiva 
decurtazione 
patrimoniale 
a 
carico 
dei 
soggetti 
passivi, 
rinvenibile 
nell'art. 
1, 
comma 
1328, 
l. 
n. 
296 
del 
2006 
e 
nell'art. 
4, 
comma 
3 bis, d.l. 29 novembre 
2008 n. 185 (misure 
urgenti 
per il 
sostegno a 
famiglie, lavoro, occupazione 
e 
impresa 
e 
per 
ridisegnare 
in 
funzione 
anti-crisi 
il 
quadro 
strategico 
nazionale), 
convertito, 
con modificazioni, nella l. 28 gennaio 2009 n. 2. 


La 
contribuzione 
� 
connessa 
a 
un presupposto economico, essendo ancorata 
e 
parametrata 
al 
volume 
del 
traffico aereo generato e 
quindi 
al 
fatturato realizzato, indice 
di 
capacit� 
contributiva, 
e 
sussiste 
il 
nesso con la 
spesa 
pubblica, poich�, il 
citato art. 1, comma 
1328, l. n. 
296 del 
2006 prevedeva 
che 
le 
somme 
versate 
dalle 
societ� 
aeroportuali 
fossero utilizzate 
per 
compensare 
la 
riduzione 
della 
spesa 
statale 
per il 
pagamento del 
servizio antincendi 
negli 
aeroporti, 
e 
il 
successivo art. 4, comma 
3 bis, d.l. n. 185 del 
2008 ha 
destinato tali 
somme 
al 
pagamento 
di 
indennit� 
salariali 
integrative 
previste 
in favore 
di 
tutti 
i 
vigili 
del 
fuoco (e 
non 
solo di quelli che prestano servizio negli aeroporti). 


Non 
convincono, 
poi, 
gli 
argomenti 
addotti 
dall'Avvocatura 
generale 
dello 
Stato 
a 
sostegno 
della natura sinallagmatica e non tributaria del prelievo. 


Il 
rilievo 
che 
il 
servizio 
antincendi 
� 
assunto 
a 
gestione 
diretta 
da 
parte 
dello 
Stato 
solo 
negli 
aeroporti 
maggiori, mentre 
in quelli 
minori 
graverebbe 
sui 
titolari 
della 
licenza 
di 
navigazione 
aerea, con la 
conseguenza 
che 
solo le 
societ� 
di 
gestione 
dei 
primi 
sono assoggettate 
alla contribuzione al fondo, non � idoneo a fare luce sulla natura di quest�ultima. 


La 
circostanza 
che 
il 
prelievo 
sia 
proporzionato 
al 
traffico 
generato, 
poi, 
non 
� 
sufficiente 
a 
far 
emergere 
una 
relazione 
sinallagmatica 
con 
il 
servizio 
antincendi, 
ove 
si 
consideri 
che 
la 
misura 
della 
contribuzione 
annua 
complessivamente 
gravante 
sulle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
non 
� 
parametrata 
al 
costo 
effettivo 
di 
quel 
servizio 
reso 
in 
tutti 
gli 
aeroporti 
(n�, 
conseguentemente 
la 
misura 
richiesta 
alle 
singole 
societ� 
di 
gestione 
� 
parametrata 
al 
servizio 
reso 
nei 
relativi 
aeroporti) 
e, 
soprattutto, 
che 
a 
decorrere 
dal 
2009 
i 
prelievi 
non 
vanno 
pi� 
a 
coprire 
la 
riduzione 
della 
spesa 
per 
il 
servizio 
antincendi, 
ma 
le 
integrazioni 
salariali 
di 
cui 
si 
� 
detto. 


Si 
deve 
infine 
convenire 
con le 
parti 
private 
sull'osservazione 
che 
l'assenza 
di 
sinallagma 
si 
desume 
anche 
dalla 
circostanza 
che 
il 
contributo, 
nella 
versione 
originaria, 
era 
dovuto 
a 
fronte 
di 
un servizio pubblico indivisibile 
reso in favore 
non delle 
sole 
societ� 
aeroportuali, 
ma 
di 
tutti 
gli 
utenti 
degli 
aeroporti 
e, a 
maggior ragione, dal 
rilievo che 
esso, nella 
versione 
attuale, � 
dovuto per finanziare 
una 
componente 
salariale 
di 
soggetti 
che 
prestano un servizio 
pubblico in favore di tutta la collettivit�. 


4.3.- La 
disposizione 
censurata 
afferma 
la 
natura 
�non tributaria� dei 
contributi 
al 
fondo 
antincendi, ma 
tale 
qualificazione 
legislativa 
si 
risolve 
in una 
operazione 
meramente 
nominalistica, 
che 
non si 
accompagna 
alla 
modifica 
sostanziale 
dei 
ricordati 
elementi 
strutturali 
della fattispecie tributaria. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


La 
norma 
interpretativa 
censurata, dunque, lungi 
dall'esplicitare 
una 
possibile 
variante 
di 
senso della 
norma 
interpretata, incongruamente 
le 
attribuisce 
un significato non compatibile 
con la 
intrinseca 
ed immutata 
natura 
tributaria 
della 
prestazione, cos� 
ledendo la 
coerenza 
e 
la 
certezza 
dell'ordinamento giuridico (tra 
le 
tante, sentenze 
n. 73 del 
2017; 
n. 170 del 
2013, 
id., 2014, I, 1721; n. 78 del 2012, id., 2012, I, 2585, e n. 209 del 2010, id., 2011, I, 375). 


Poich� 
tale 
lesione 
si 
traduce 
in una 
violazione 
del 
principio di 
ragionevolezza 
(sentenze 


n. 86 del 
2017, id., 2017, I, 1805; 
n. 87 del 
2012, id., 2012, I, 1667, e 
n. 335 del 
2008, id., 
Rep. 2009, voce 
Acque 
pubbliche, n. 128), va 
dichiarata 
l'illegittimit� 
costituzionale 
dall'art. 
1, comma 478, l. n. 208 del 2015, per contrasto con l'art. 3 Cost. 
5.- Restano assorbiti 
gli 
altri 
profili 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
della 
norma 
censurata, 
prospettati 
in riferimento agli 
art. 24, 25, 1� 
comma, 102, 1� 
comma, 111, 1� 
e 
2� 
comma, e 
117, 1� comma, Cost., quest�ultimo in relazione all'art. 6 Cedu. 


PER 
QUESTI 
MoTIvI 


LA 
CoRTE 
CoSTITUzIoNALE 


dichiara 
l'illegittimit� 
costituzionale 
dell'art. 1, comma 
478, l. 28 dicembre 
2015 n. 208, 
recante 
�disposizioni 
per la 
formazione 
del 
bilancio annuale 
e 
pluriennale 
dello Stato (legge 
di stabilit� 2016)�. 


Cos� 
deciso in Roma, nella 
sede 
della 
Corte 
costituzionale, Palazzo della 
Consulta, il 
3 luglio 
2018. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Il giudice di legittimit� avalla la misura del 
sequestro preventivo c.d. impeditivo (ex art. 321, 
co. 1, c.p.p.) anche nei confronti delle societ� 

NotA 
A 
CASSAzioNe 
PeNAle, Sez. ii, SeNt. 20 lUglio 
2018 N. 34293 


Massimiliano Stagno* 


�in tema di 
responsabilit� da reato degli 
enti 
e 
persone 
giuridiche, � 
ammissibile 
il 
sequestro 
impeditivo di 
cui 
al 
comma primo dell�art. 321 cod. proc. pen., non essendo riscontrabile 
alcuna 
sovrapposizione 
e, 
quindi, 
nessuna 
incompatibilit� 
di 
natura 
logico 
-giuridica 
fra 
il 
suddetto sequestro e le misure interdittive� 


1. 
La 
pronuncia 
in 
commento 
ha 
avuto 
origine 
da 
un 
procedimento 
penale 
per fatti 
di 
truffa 
aggravata 
finalizzata 
al 
conseguimento di 
erogazioni 
pubbliche 
nel 
quale 
il 
Gip del 
Tribunale 
di 
Trani 
disponeva 
il 
sequestro preventivo 
di 
tre 
impianti 
fotovoltaici 
direttamente 
nei 
confronti 
dell�indagata 
societ� 
Sunflower S.r.l., non ravvisando incompatibilit� 
di 
un simile 
provvedimento 
con il sistema di cui al d.lgs. n. 231 del 2001. 
In 
particolare, 
contestando 
la 
creazione 
di 
impianti 
fotovoltaici 
(di 
appartenenza 
della 
societ�) che 
solo apparentemente 
erano utilizzati 
per la 
coltivazione 
agricola, 
inducendo 
in 
errore 
il 
Ministero 
per 
lo 
sviluppo 
economico 
per 
il 
tramite 
del 
Gestore 
dei 
Servizi 
Economici 
(GSE 
S.p.A.), con conseguente 
ingiusto 
profitto 
in 
capo 
all�ente, 
il 
Pubblico 
Ministero 
richiedeva 
il 
sequestro 
preventivo 
dei 
suddetti 
impianti, 
in 
quanto 
considerati 
beni 
la 
cui 
libera 
disponibilit� 
in 
capo 
all�ente 
fosse 
in 
grado 
di 
aggravare 
le 
conseguenze 
del 
reato; 
il 
Gip del 
Tribunale 
di 
Trani, ritenendo sussistenti 
i 
presupposti 
di 
cui 
all�art. 321 c.p.p., disponeva il sequestro. 

Avverso 
detto 
decreto 
veniva 
presentato 
riesame 
e, 
a 
seguito 
del 
rigetto 
dello 
stesso, 
la 
societ� 
Sunflower 
S.r.l. 
proponeva 
ricorso 
in 
Cassazione 
sostenendo, 
fra 
i 
vari 
motivi, 
la 
violazione 
degli 
artt. 
19 
e 
53 
d.lgs. 
n. 
231 
del 
2001; 
nello 
specifico, 
il 
ricorrente 
lamentava 
l�illegittima 
applicazione 
del 
sequestro 
preventivo 
(c.d. 
impeditivo) 
di 
cui 
all�art. 
321, 
co. 
1, 
c.p.p. 
nei 
confronti 
della 
societ�, 
non 
solo 
perch� 
il 
menzionato 
art. 
53, 
nel 
disciplinare 
il 
sequestro 
preventivo 
applicabile 
all�ente, 
richiama 
espressamente 
l�art. 
321 
solo 
con 
riguardo 
ai 
commi 
3, 
3-bis 
e 
3-ter 
dello 
stesso, 
ma 
anche 
in 
ragione 
di 
un 
argomento 
sistematico: 
le 
finalit� 
precauzionali 
nei 
confronti 
di 
una 
persona 
fisica 
sarebbero 
del 
tutto 
estranee 
all�ente 
per 
il 
quale 
� 
stato 
previsto 
il 
sequestro 
solo 
funzionale 
alla 
successiva 
confisca, 
anche 
perch�, 
se 
cos� 
non 
fosse, 
si 
verrebbe 
a 
creare 
una 
sovrapposizione 
tra 
il 
sequestro 
preventivo 
e 
l�interdizione 
dell�attivit�. 


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura Generale dello Stato. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Dette 
argomentazioni, tuttavia, non venivano condivise 
dalla 
Cassazione 
che 
confermava 
il 
sequestro preventivo applicato dal 
Gip attraverso una 
ricostruzione 
originale 
e 
sinora 
inedita 
dei 
rapporti 
tra 
le 
misure 
cautelari 
reali 
previste, rispettivamente, dal codice di rito e dal d.lgs. n. 231 del 2001. 

2. 
Segnatamente, la 
sentenza 
in questione 
mette 
in risalto un aspetto assolutamente 
innovativo del 
diritto �penale� 
degli 
enti; 
per la 
prima 
volta, infatti, 
� 
stato ritenuto legittimo un provvedimento di 
sequestro preventivo ex 
art. 321, co. 1 c.p.p. applicato nei 
confronti 
di 
una 
persona 
giuridica, quando, 
fino ad oggi, dottrina 
e 
giurisprudenza 
sembravano, invece, concordi 
nel 
ritenere 
incompatibile 
con la 
responsabilit� 
degli 
enti 
un simile 
provvedimento 
per una serie di ragioni. 
in primis, vi 
era 
la 
Relazione 
Ministeriale 
al 
cennato decreto che 
espressamente 
dichiarava 
il 
sequestro preventivo impeditivo inapplicabile 
nei 
confronti 
della 
persona 
giuridica, 
ritenendo 
tale 
provvedimento 
incompatibile 
con 
le sanzioni interdittive ivi previste (1). 


Tuttavia, nonostante 
l�art. 11, co. 1 lett. o l. n. 300 del 
2000 (2) richiedesse 
espressamente 
la 
predisposizione 
di 
norme 
concernenti 
soltanto le 
misure 
cautelari 
interdittive, il 
legislatore 
del 
d.lgs. 231 del 
2001 ha 
ugualmente 
avvertito 
la 
necessit� 
di 
introdurre 
una 
disciplina 
concernente 
anche 
le 
misure 
cautelari 
reali, limitatamente, per�, alle 
sole 
ipotesi 
del 
sequestro preventivo 
a 
scopo di 
confisca 
e 
al 
sequestro conservativo (artt. 53 e 
54) (3). In tema 
di 


(1) Sul 
punto v. � 17 della 
Relazione 
Ministeriale 
al 
decreto legislativo n. 231 del 
2001, nel 
quale 
si 
afferma 
testualmente: 
�[�] discorso a 
s� 
stante 
meritano, infine, le 
previsioni 
di 
cui 
agli 
artt. 53 e 
54. Queste 
introducono due 
ipotesi 
di 
cautele 
autonome 
rispetto all�apparato di 
misure 
interdittive 
irrogabili 
alle 
persone 
giuridiche. Per quanto non espressamente 
previsto dalla 
legge 
delega, si 
� 
ravvisata 
la 
necessit� 
di 
disciplinare 
le 
ipotesi 
di 
sequestro preventivo a 
scopo di 
confisca 
e 
del 
sequestro conservativo, 
posto 
che 
la 
loro 
operativit� 
in 
ragione 
del 
generale 
rinvio 
alle 
regole 
processuali 
ordinariamente 
vigenti 
[�] non si 
sarebbe 
potuto mettere 
seriamente 
in discussione 
in ragione 
di 
una 
incompatibilit� 
con le 
sanzioni 
interdittive 
irrogabili 
nei 
confronti 
delle 
persone 
giuridiche, in realt� 
non ravvisabile 
se 
non in relazione 
al 
sequestro preventivo in senso proprio, che 
pertanto � 
da 
ritenersi 
ipotesi 
non applicabile 
nella specie�. 
(2) Si 
tratta 
della 
legge 
contente 
la 
delega 
al 
Governo per l�introduzione 
della 
responsabilit� 
da 
reato degli 
enti, la 
quale 
ha 
ratificato e 
reso esecutiva 
la 
Convenzione 
oCSE 
(Convenzione 
sulla 
lotta 
contro 
la 
corruzione 
dei 
funzionari 
pubblici 
stranieri 
nelle 
transazioni 
commerciali 
internazionali); 
quest�ultima, all�art. 2, imponeva 
di 
assumere 
�le 
misure 
necessarie 
a stabilire 
la responsabilit� delle 
persone morali�, nel caso di corruzione di un funzionario pubblico straniero. 
(3) In dottrina 
non � 
mancato chi 
ha 
ravvisato dubbi 
di 
legittimit� 
costituzionale 
in ragione 
di 
un 
possibile 
contrasto con l�art. 76 Cost. nella 
parte 
in cui 
si 
vincola 
l�esercizio del 
potere 
legislativo del 
Governo 
alla 
determinazione, 
da 
parte 
del 
Parlamento, 
di 
principi 
e 
criteri 
direttivi. 
Sul 
punto, 
v. 
C. 
BoNzANo, il 
procedimento penale 
a carico degli 
enti: restano incerti 
i 
confini 
per 
l�applicazione 
delle 
norme 
in tema di 
sequestro preventivo, in Dir. pen. proc., 2007, 7, 940 ss. In senso contrario, A. BASSI, 
T.E. 
EPIDENDIo, 
enti 
e 
responsabilit� 
da 
reato. 
Accertamento, 
sanzioni 
e 
misure 
cautelari, 
Milano, 
2006, 
429, secondo i 
quali, mentre 
le 
misure 
cautelari 
interdittive, rappresentando un�assoluta 
novit� 
del 
sistema, 
non 
potevano 
non 
essere 
oggetto 
di 
una 
specifica 
indicazione 
nella 
legge 
delega, 
per 
quanto 
concerne 
le 
regole 
in tema 
di 
sequestro, trovando gi� 
una 
compiuta 
disciplina 
nel 
codice 
di 
rito, dal 
canto 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


cautele 
reali 
sono, 
dunque, 
riscontrabili 
espressamente: 
da 
una 
parte, 
il 
sequestro 
conservativo 
la 
cui 
finalit� 
� 
�evitare 
la 
dispersione 
delle 
garanzie 
delle 
obbligazioni 
civili 
derivanti 
da 
reato�; 
dall�altra, 
il 
sequestro 
preventivo 
previsto 
-allo 
stesso 
modo 
delle 
cautele 
interdittive 
-allo 
scopo 
di 
�paralizzare 


o 
ridurre 
l�attivit� 
dell�ente 
quando 
la 
prosecuzione 
della 
stessa 
possa 
aggravare 
o protrarre 
le 
conseguenze 
del 
reato ovvero agevolare 
la commissione 
di altri reati�. 
In secondo luogo, � 
lo stesso art. 53 del 
d.lgs. n. 231 del 
2001 a 
riferirsi 
alla 
possibilit� 
per 
il 
giudice 
di 
disporre 
esclusivamente 
�il 
sequestro 
delle 
cose 
di 
cui 
� 
consentita 
la 
confisca 
a 
norma 
dell�art. 19�, osservando le 
disposizioni 
di 
cui 
agli 
artt. 321 co. 3, 3-bis 
e 
3-ter, 322-bis 
e 
323 c.p.p. (4); 
si 
nota, 
pertanto, l�assenza 
di 
qualsivoglia 
riferimento all�art. 321, co. 1, c.p.p. vale 
a 
dire al sequestro c.d. impeditivo (5). 


Pertanto, il 
circoscritto oggetto della 
misura 
cautelare 
reale 
prevista 
dal 
cennato 
decreto 
-individuato 
dall�art. 
19 
d.lgs. 
n. 
231 
del 
2001 
e 
costituito 
dal 
prezzo o dal 
profitto del 
reato o da 
denaro e 
beni 
di 
valore 
equivalente 
evidenzia 
ancora 
una 
volta 
la 
scelta 
del 
legislatore 
di 
riservare 
alla 
stessa 
esclusivamente 
un 
ruolo 
di 
mera 
anticipazione 
dell�applicazione 
della 
sanzione 
definitiva 
della confisca (6). 


In 
altre 
parole, 
il 
fatto 
che 
il 
citato 
art. 
53 
d.lgs. 
non 
preveda 
la 
possibilit� 
che 
vengano sottoposte 
a 
sequestro cose 
pertinenti 
al 
reato la 
cui 
libera 
disponibilit� 
possa 
aggravare 
o protrarre 
le 
conseguenze 
dello stesso ovvero agevolare 
la 
commissione 
di 
altri 
reati, e 
l�ulteriore 
mancato richiamo al 
primo 


suo 
il 
legislatore, 
in 
virt� 
dell�art. 
11 
lett. 
q) 
della 
legge 
delega 
-nei 
limiti 
della 
compatibilit� 
-era 
tenuto 
semplicemente ad uniformarsi. 

(4) Secondo taluni, la 
finalit� 
assegnata 
dal 
legislatore 
alla 
misura 
ablativa 
patrimoniale 
sarebbe 
smentita 
proprio dalla 
lettera 
dell�art. 53. Il 
sequestro preventivo, infatti, pi� che 
impedire 
l�aggravamento 
o la 
protrazione 
delle 
conseguenze 
del 
reato o la 
commissione 
di 
altri 
reati, sembra, piuttosto, diretto 
solo a 
garantire 
la 
fruttuosit� 
della 
confisca 
di 
cui 
all�art. 19. Sul 
punto v. F. LATTANzI, i sequestri, 
in G. LATTANzI 
(a 
cura 
di), reati 
e 
responsabilit� degli 
enti. guida al 
d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Milano, 
2010, 582; 
A. BERNASCoNI, Confisca e 
sequestro preventivo: vecchi 
arnesi 
interpretativi 
e 
nuove 
frontiere 
di 
legalit�, in www.rivista231.it; 
M. RoBERTI, l�applicazione 
delle 
misure 
interdittive, in G. 
LANCELLoTTI 
(a 
cura 
di), la responsabilit� della societ� per 
il 
reato dell�amministratore, Torino, 2003, 
168. 
(5) Sulla 
base 
di 
ci�, autorevole 
dottrina 
ha 
da 
sempre 
ritenuto che 
le 
finalit� 
spiccatamente 
preventive 
assegnate 
alla 
disciplina 
dei 
sequestri, 
nel 
contesto 
della 
disciplina 
sulla 
responsabilit� 
dell�ente, 
vengano 
svolte 
dalle 
misure 
cautelari 
interdittive 
appositamente 
disciplinate. 
Cfr. 
M. 
CERESA 
GASTALDo, 
Procedura penale delle societ�, Torino, 2015, 129 ss.; F. LATTANzI, i Sequestri, cit. 
(6) v.R. BRICChETTI, Anticipo della pena con il 
sequestro preventivo, in guida dir., 2001 n. 26, 
90 ss., tale 
presunta 
anticipazione 
- analogamente 
a 
quanto accade 
con riguardo alle 
misure 
cautelari 
interdittive 
- mette 
in luce 
un possibile 
profilo di 
incostituzionalit� 
della 
disciplina 
con riferimento alla 
presunta 
violazione 
della 
presunzione 
di 
non 
colpevolezza 
(intesa 
come 
divieto 
di 
assimilare 
l�imputato 
al 
colpevole) ex 
art. 27, co. 2 Cost. Con specifico riferimento al 
sequestro preventivo, la 
misura 
viene 
ad assumere 
una 
spiccata 
finalit� 
�conservativa� 
del 
patrimonio dell�ente, determinando un�impropria 
sovrapposizione tra la cautela reale e la sanzione finale rappresentata dalla confisca. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


comma 
dell�art. 321 c.p.p. hanno da 
sempre 
fatto pensare 
all�impossibilit� 
di 
disporre il sequestro preventivo impeditivo a carico degli enti. 


A 
tal 
proposito, 
non 
pu� 
che 
sorprendere 
il 
totale 
disinteresse 
da 
parte 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
verso il 
dato letterale 
dell�art. 53 d.lgs.; 
dato che 
risalta 
maggiormente 
se 
si 
considera 
che 
il 
legislatore 
della 
231/2001 ha 
dato 
espressamente 
atto 
delle 
ragioni 
che 
fondano 
e 
giustificano 
la 
scelta 
di 
non 
includere 
anche il sequestro c.d. impeditivo tra le misure applicabili agli enti. 

3. 
Nella 
motivazione 
della 
sentenza 
in esame, tuttavia, non si 
� 
ritenuto 
dirimente 
la 
scelta 
del 
legislatore 
delegato 
di 
escludere 
dal 
novero 
delle 
misure 
cautelari reali anche il sequestro preventivo c.d. impeditivo. 
Secondo la 
Suprema 
Corte, infatti, la 
presunta 
sovrapponibilit� 
(e, dunque, 
incompatibilit�) tra 
le 
finalit� 
delle 
cautele 
interdittive 
e 
la 
misura 
di 
cui 
all�art. 321, co. 1, c.p.p., in realt�, non sussisterebbe; 
ci�, per una 
duplice 
ragione: 
da 
un lato, la 
temporaneit� 
del 
vincolo derivante 
dal 
sequestro; 
dall�altro, 
l�incidenza 
soltanto 
indiretta 
che 
la 
misura 
interdittiva 
determinerebbe 
sulla libera circolazione dei beni. 


In primo luogo, dunque, l�effetto �paralizzante� 
di 
un provvedimento interdittivo 
sui 
beni 
il 
cui 
possesso 
potrebbe 
protrarre 
o 
aggravare 
le 
conseguenze 
del 
reato viene 
considerato alla 
stregua 
di 
una 
conseguenza 
indiretta 
e 
tendenzialmente 
temporanea; 
mentre 
il 
sequestro 
impeditivo 
-a 
parere 
dei 
Giudici 
di 
legittimit� 
-avrebbe 
un 
effetto 
definitivo, 
ove, 
all�esito 
del 
processo, 
fosse tramutato in confisca. 


In secondo luogo, il 
diverso effetto: 
mentre 
la 
cautela 
interdittiva 
�bloccherebbe� 
l�uso del 
bene 
soltanto come 
conseguenza 
indiretta, quale 
effetto 
delle 
misure 
interdittive 
applicate 
all�ente, il 
sequestro preventivo, invece, ha 
effetti 
diretti 
sul 
bene, eliminando, per sempre, il 
rischio che 
possa 
essere 
utilizzato 
per commettere 
altri 
reati. In altre 
parole, mentre 
con il 
sequestro preventivo 
si 
mira 
a 
colpire 
direttamente 
l�utilizzo della 
res 
(non a 
caso, esso � 
denominato �reale� 
ed � 
riferito alle 
�cose�) sottraendola 
alla 
disponibilit� 
di 
chi 
la 
possiede, diversamente, le 
misure 
interdittive 
sono dirette 
in via 
immediata 
contro la 
societ�, tantՏ 
che 
i 
criteri 
per la 
loro applicazione 
sono stati 
parametrati sulla scia di quelli per le misure cautelari personali. 

Per 
cui 
-ad 
avviso 
della 
Corte 
-�se 
� 
vero 
che 
l�interdizione 
dell�esercizio 
dell�attivit� 
pu� 
paralizzare 
anche 
l�utilizzo 
delle 
cose 
�criminogene�, 
� 
anche 
vero che 
nulla vieta all�ente 
di 
continuare 
a disporre 
di 
quei 
beni: una cosa, 
infatti, � 
la paralisi 
dell�attivit� dell�ente 
(al 
fine 
di 
impedirgli 
di 
continuare 
a trarre 
profitto dal 
reato), ben altra cosa � 
il 
blocco dei 
singoli 
e 
ben determinati 
beni�. 


In conclusione, esclusa 
qualsivoglia 
forma 
di 
sovrapposizione 
tra 
le 
cautele 
interdittive 
e 
il 
sequestro 
ex 
art. 
321, 
co. 
1, 
c.p.p. 
-avendo 
finalit� 
differenti 


-l�applicazione 
della 
misura 
cautelare 
reale 
viene 
giustificata, a 
livello siste

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


matico, tramite 
l�amplissimo disposto dell�art. 34 del 
d.lgs. n. 231 del 
2001, 
ai 
sensi 
del 
quale 
�per 
il 
procedimento relativo agli 
illeciti 
amministrativi 
dipendenti 
da reato si 
osservano 
[�] 
in quanto compatibili, le 
disposizioni 
del 
codice di procedura penale e del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271�. 


4. 
Con la 
pronuncia 
in commento, dunque, la 
Corte 
di 
Cassazione 
si 
mostra 
favorevole 
al 
superamento 
della 
presunta 
incompatibilit� 
tra 
le 
finalit� 
del 
sequestro preventivo c.d. impeditivo e 
le 
cautele 
interdittive, tramite 
l�uso di 
argomentazioni, tuttavia, non esenti da talune criticit�. 
La 
diversa 
temporaneit� 
ed efficacia 
delle 
due 
forme 
di 
cautele, infatti, 
sembrano 
argomenti 
superabili 
se 
si 
considera 
la 
�disciplina 
231� 
nel 
suo 
complesso: 
le 
misure 
cautelari 
interdittive 
ivi 
previste 
parrebbero risultare 
gi� 
di 
per s� 
sufficienti 
a 
soddisfare 
i 
bisogni 
di 
prevenzione 
che 
sorgono nella 
fase 
procedimentale dell�accertamento dell�illecito. 

in 
primis, con specifico riguardo alla 
temporaneit�, � 
sicuramente 
vero 
che 
le 
misure 
cautelari 
interdittive, a 
differenza 
del 
sequestro, sono soggette 
a 
termini 
specifici 
previsti 
dallo stesso decreto legislativo (art. 51) (7), tuttavia, 
va 
rammentata 
la 
possibilit� 
che 
anche 
la 
cautela 
interdittiva, 
all�esito 
del 
processo, 
e 
fermo 
restando 
la 
sussistenza 
di 
specifiche 
condizioni, 
venga 
applicata 
in via 
definitiva, tramutandosi 
- formalmente 
- nella 
corrispondente 
sanzione 
(art. 16) (8). 

� 
innegabile 
che 
tale 
applicazione 
definitiva, 
essendo 
soggetta 
a 
requisiti 
alquanto stringenti, dovrebbe 
considerarsi 
come 
una 
mera 
eccezione, ma 
ci� 
solo 
non 
la 
differenzia 
-sotto 
il 
profilo 
dell�efficacia 
temporale 
-dal 
sequestro 
impeditivo. 

Del 
resto, anche 
il 
provvedimento di 
confisca, successivo al 
sequestro, � 
da 
considerarsi 
eventuale 
nella 
misura 
in 
cui 
esso 
� 
subordinato 
alla 
circostanza 
che 
il 
sequestro abbia 
ad oggetto cose 
di 
cui 
� 
consentita 
la 
confisca 
in 
caso di condanna. 


(7) L�art. 51 del 
d.lgs. n. 231 del 
2001, rubricato �Durata 
massima 
delle 
misure 
cautelari�, stabilisce 
che 
�nel 
disporre 
le 
misure 
cautelari 
il 
giudice 
ne 
determina 
la 
durata, 
che 
non 
pu� 
superare 
la 
met� 
del 
termine 
massimo 
indicato 
all�art. 
13, 
comma 
2� 
(ossia 
un 
anno). 
Si 
tratta, 
tuttavia, 
di 
un 
termine 
che 
subisce 
significative 
variazioni 
nel 
caso 
in 
cui 
sia 
stata 
disposta 
sentenza 
di 
condanna 
di 
primo 
grado. Il 
comma 
2 dell�art. 51, infatti, prevede 
un prolungamento del 
termine 
della 
misura 
irrogata, fino 
all�entit� 
della 
corrispondente 
sanzione; 
ma 
comunque 
il 
trattamento interdittivo non potr� 
durare 
pi� 
di due terzi del termine indicato dall�art. 13, co. 2. 
(8) L�art. 16, co. 1, del 
decreto stabilisce 
che 
�pu� essere 
disposta 
l�interdizione 
definitiva 
del-
l�esercizio 
dell�attivit� 
se 
l�ente 
ha 
tratto 
dal 
reato 
un 
profitto 
di 
rilevante 
entit� 
ed 
� 
gi� 
stato 
condannato, 
almeno tre 
volte 
negli 
ultimi 
sette 
anni, alla 
interdizione 
temporanea 
dell�esercizio dell�attivit��. L�applicazione 
in via 
definitiva 
delle 
sanzioni 
(e, dunque, anche 
delle 
misure 
cautelari) non riguarda 
solo 
l�interdizione 
dall�esercizio dell�attivit�; 
il 
secondo comma 
dell�art. 16 prevede 
infatti 
che 
�il 
giudice 
pu� applicare, in via 
definitiva, la 
sanzione 
del 
divieto di 
contrattare 
con la 
pubblica 
amministrazione 
ovvero del 
divieto di 
pubblicizzare 
beni 
o servizi 
quando � 
gi� 
stato condannato alla 
stessa 
sanzione 
almeno 
tre volte negli ultimi sette anni�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Quella 
appena 
citata 
di 
certo non pu� definirsi 
un�ipotesi 
sempre 
ricorrente. 
Si 
ponga 
il 
caso, a 
titolo esemplificativo, che 
in sede 
di 
indagine 
emergano 
le 
condizioni 
di 
cui 
al 
comma 
1 dell�art. 321 c.p.p., le 
quali 
sono idonee 
a 
giustificare 
il 
sequestro, e 
poi, anche 
in caso di 
condanna, il 
bene 
vada 
restituito 
perch� non � consentita l�ablazione definitiva. 

La 
differenza 
tra 
le 
due 
forme 
di 
cautele, 
dunque, 
pu� 
essere 
ravvisata 
certamente 
nel 
fatto che 
solo in relazione 
ad una 
di 
esse 
(cautele 
interdittive) 
sia 
stato previsto un termine 
specifico (anche 
se, come 
visto, non mancano i 
casi 
in 
cui 
la 
misura 
possa 
essere 
disposta 
in 
via 
definitiva), 
ma 
questa 
pu� 
dirsi 
una 
mera 
conseguenza 
del 
fatto che 
solo le 
misure 
cautelari 
interdittive 
trovano espressa disciplina nel decreto 231. 

oltretutto, parte 
della 
dottrina 
gi� 
dubitava 
in ordine 
al 
carattere 
di 
temporaneit� 
di 
alcune 
misure 
interdittive, tanto da 
ritenerle 
incompatibili 
con le 
finalit� 
cautelari: 
il 
riferimento � 
all�ipotesi 
di 
cui 
all�art. 9, co. 2 lett. b) (�la 
sospensione 
o la revoca delle 
autorizzazioni, licenze 
o concessioni 
funzionali 
alla commissione 
dell�illecito�), nonch� 
a 
quella 
di 
cui 
all�art. 9, co. 2, lett. d) 
(�l�esclusione 
di 
agevolazioni, 
finanziamenti, 
contributi 
o 
sussidi 
e 
l�eventuale 
revoca di quelli gi� concessi�) (9). 


Con 
riguardo 
al 
tema 
dell�asserita 
diversit� 
in 
termini 
di 
effettivit� 
dei 
due 
modelli 
di 
misure 
cautelari, la 
Corte 
di 
Cassazione 
non sembra 
aver considerato 
come 
se 
� 
vero che, l�oggetto dei 
due 
provvedimenti 
sia 
diverso tra 
loro, 
d�altra 
parte, 
l�effetto 
materiale 
degli 
stessi 
risulta 
comunque 
il 
medesimo: 
a 
seguito 
di 
una 
misura 
interdittiva, 
infatti, 
l�ente 
viene 
parimenti 
privato 
della disponibilit� dei propri beni. 

Non 
� 
un 
caso, 
del 
resto, 
che 
il 
legislatore 
consapevole 
dalle 
conseguenze 
che 
l�interdizione 
pu� 
comportare 
sulla 
vita 
dell�ente 
(sia 
in 
termini 
economici, 
sia 
di 
immagine), ha 
configurato la 
corrispondente 
misura 
cautelare 
come 
ultima 
ratio. 


In aggiunta, per evitare 
un ulteriore 
utilizzo del 
bene, vi 
sarebbe 
la 
possibilit� 
-riconosciuta 
dagli 
stessi 
giudici 
di 
legittimit� 
-di 
disporre 
il 
commissariamento 
dell�ente 
in via 
cautelare 
(art. 45, co. 3) (10), al 
fine 
di 
impedire 
l�utilizzo materiale e giuridico di determinati beni �criminogeni�. 


(9) 
In 
tal 
senso, 
v. 
G. 
FIDELBo, 
le 
misure 
cautelari, 
in 
G. 
LATTANzI 
(a 
cura 
di), 
enti 
e 
responsabilit� 
da reato. guida al 
d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, 2010, 507; 
F. PERoNI, il 
sistema delle 
cautele, in G. GARUTI 
(a 
cura 
di), responsabilit� degli 
enti 
per 
illeciti 
amministrativi 
dipendenti 
da reato, Padova, 2002, 
247; 
M. CERESA 
GASTALDo, il 
processo alle 
societ� nel 
d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Torino, 2002, 42 
ss. il 
quale 
sostiene 
in particolare 
che 
�stando a 
consolidate 
concettualizzazioni 
giuridiche, mentre 
le 
locuzioni 
�sospensione� 
ed �esclusione 
temporanea� 
esprimono una 
connotazione 
di 
interinalit� 
tipica 
dello strumento cautelare, non cosi 
pu� dirsi 
per la 
revoca, che 
si 
concretizza 
nella 
rimozione, potenzialmente 
anche definitiva, del provvedimento che ne � investito�. 
(10) La 
norma 
prevede 
che 
�in luogo della 
misura 
cautelare 
interdittiva, il 
giudice 
pu� nominare 
un commissario giudiziale, a 
norma 
dell�art.15 per un periodo pari 
alla 
durata 
della 
misura 
che 
sarebbe 
stata 
applicata�. Il 
rinvio all�art. 15, rubricato �Commissario giudiziale�, oltre 
a 
determinare 
le 
condi

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Qualora 
si 
ritenesse 
opportuno consentire 
il 
proseguimento dell�attivit� 
dell�ente, la 
citata 
misura 
rappresenterebbe, di 
certo, una 
valida 
soluzione 
per 
soddisfare 
lo scopo di 
prevenzione 
e, al 
contempo, impedire 
un utilizzo improprio 
dei beni finalizzato alla commissione di altri reati. 

5. 
Dall�analisi 
appena 
esposta, 
si 
pu� 
concludere 
nel 
senso 
che 
il 
sequestro 
preventivo 
c.d. 
impeditivo 
(art. 
321, 
co.1 
c.p.p.) 
rappresenta 
forse 
un 
surplus 
in 
un 
sistema 
gi� 
di 
per 
s� 
idoneo 
a 
soddisfare 
gli 
scopi 
e 
le 
esigenze 
cautelari, 
che 
non 
fa 
altro 
che 
incrementare 
una 
politica 
di 
repressione 
nei 
confronti 
del-
l�ente. 
D�altronde, 
lo 
stesso 
legislatore 
nella 
relazione 
ministeriale, 
come 
visto, 
deliberatamente 
aveva 
deciso 
di 
non 
disciplinare 
tale 
forma 
di 
sequestro 
a 
carico 
dell�ente 
proprio 
per 
la 
sua 
sovrapposizione 
con 
le 
cautele 
interdittive. 
La 
Cassazione, dunque, con tale 
sentenza, sembra 
aver ignorato le 
intenzioni 
del 
legislatore, con conseguenti 
frizioni 
rispetto al 
principio di 
legalit�; 
i 
giudici, 
utilizzando 
l�ampio 
meccanismo 
dell�art. 
34 
del 
d.lgs. 
n. 
231 
del 
2001, hanno esteso all�ente 
una 
misura 
con forti 
caratteri 
di 
afflittivit� 
sostanzialmente 
contra legem 
e, soprattutto, senza 
che 
ci� fosse 
realmente 
necessario: 
per 
le 
ragioni 
sopra 
esposte, 
infatti, 
le 
finalit� 
alla 
base 
del 
sequestro 
preventivo impeditivo parrebbero gi� 
insite 
nella 
disciplina 
delle 
cautele 
interdittive 
e del commissariamento dell�ente. 


Neppure 
il 
ricorso all�art. 34 convince 
particolarmente. In un simile 
contesto, 
sembra 
che 
i 
giudici 
della 
suprema 
Corte 
considerino il 
disposto di 
tale 
norma 
come 
una 
sorta 
di 
�lascia 
passare� 
che 
consentirebbe 
l�ingresso 
nel-
l�autonomo sistema 
di 
responsabilit� 
degli 
enti 
di 
tutte 
quante 
le 
norme 
previste 
dal codice di rito a carico della persona fisica. 

Tale 
impostazione, 
tuttavia, 
risulta 
in 
contrasto 
con 
gli 
insegnamenti 
giurisprudenziali 
in 
materia 
che 
subordinano 
l�estensione 
applicativa 
di 
una 
norma 
al 
sistema 
di 
responsabilit� 
degli 
enti 
ad una 
valutazione 
di 
compatibilit� 
con il 
procedimento di 
applicazione 
delle 
sanzioni 
amministrative 
di 
cui 
al Capo III del d.lgs. 231/2001 (11). 

Un simile 
giudizio nel 
caso di 
specie 
� 
- come 
visto in precedenza 
- gi� 
stato operato dal 
legislatore 
che 
concludeva 
in senso negativo circa 
l�applicazione 
del sequestro impeditivo. 

zioni 
in presenza 
delle 
quali 
pu� avvenire 
tale 
nomina 
(cio� 
quando �l�ente 
svolge 
un pubblico servizio 


o un servizio di 
pubblica 
necessit� 
la 
cui 
interruzione 
pu� provocare 
un grave 
pregiudizio alla 
collettivit�
� ovvero quando �l�interruzione 
dell�attivit� 
dell�ente 
pu� provocare, tenuto conto delle 
sue 
dimensioni 
e 
delle 
condizioni 
economiche 
del 
territorio 
in 
cui 
� 
situato, 
rilevanti 
ripercussioni 
sull�occupazione�), affida al giudice il compito di determinare i compiti ed i poteri del commissario. 
(11) Sul punto cfr. Cass. pen., sez. vI, 5 ottobre 2010, n. 2251 in Cass. pen. 
2010, 2539. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Corte 
di 
Cassazione, 
seconda 
sezione 
Penale, 
sentenza 
20 
luglio 
2018 
(Ud. 
10 
luglio 
2018) 


n. 34293 
-Pres. P. Davigo, rel. G. Rago. 
(...) 


4.1. IL SEQUESTRo IMPEDITIvo 
Risulta 
dall'ordinanza 
impugnata 
(pag. 12) nonch� 
dallo stesso decreto emesso dal 
giudice 
delle 
indagini 
preliminari 
(pag. 42) che, su richiesta 
del 
Pubblico Ministero, il 
giudice 
delle 
indagini 
preliminari 
ordin� �il 
sequestro preventivo ex art. 321 cod. proc. pen. degli 
impianti 
fotovoltaici, in quanto beni 
che 
hanno permesso la 
realizzazione 
dei 
fatti-reato e 
il 
conseguimento 
di 
erogazioni 
pubbliche 
che 
altrimenti 
gli 
indagati 
non avrebbero potuto conseguire: 
� 
quindi 
evidente 
che 
la 
libera 
disponibilit� 
di 
siffatti 
impianti, 
in 
quanto 
beni 
pertinenti 
al 
reato, 
potrebbero 
aggravare, 
protrarre 
o 
agevolare 
la 
commissione 
di 
altri 
reati� 
(pag. 
42 
decreto 
giudice delle indagini preliminari). 


Il 
sequestro 
degli 
impianti 
fotovoltaici 
fu, 
quindi, 
ordinato 
a 
norma 
dell'art. 
321/1 
cod. 
proc. 
pen. 
-come 
letteralmente 
si 
desume 
dalla 
motivazione 
dinnanzi 
riportata 
-nei 
confronti 
della 
societ� 
ricorrente 
(pacificamente 
proprietaria 
dei 
suddetti 
impianti) in quanto indagata 
ex 
artt. 
5/1 
lett 
a) 
e 
24 
dlgs 
231/2001 
ed 
il 
cui 
legale 
rappresentante 
risulta 
essere 
omissis, 
allo stato non indagato, almeno stando a quanto risulta dallo stesso decreto di sequestro. 


Il 
Tribunale 
(pag. 
31 
ss) 
ha 
ritenuto 
di 
confermare 
il 
suddetto 
sequestro 
adducendo 
una 
motivazione che, in pratica, ricalca quella del giudice delle indagini preliminari. 


4.1.1. La censura � infondata per le ragioni di seguito indicate. 
La 
legge 
n. 231/2001 prevede 
un complesso sistema 
di 
repressione 
degli 
illeciti 
commessi 
dall'ente, basato sulle 
sanzioni 
amministrative 
indicate 
nell'art. 9 che 
vengono applicate 
all'esito 
del processo che si concluda con la condanna dell'ente (art. 69). 


Non potendosi 
tuttavia, attendere 
sempre 
l'esito definitivo del 
processo, il 
legislatore 
ha 
previsto che, nel 
corso delle 
indagini 
o durante 
lo stesso processo (art. 47), all'ente 
si 
possano 
applicare 
delle 
misure 
cautelari: 
�L'esigenza 
di 
apprestare 
un 
sistema 
di 
cautele 
con 
riferimento 
all'illecito imputabile 
alla 
persona 
giuridica 
ubbidisce 
a 
un duplice 
scopo: 
evitare 
la 
dispersione 
delle 
garanzie 
delle 
obbligazioni 
civili 
derivanti 
dal 
reato; 
"paralizzare" 
o ridurre 
l'attivit� 
dell'ente 
quando 
la 
prosecuzione 
dell'attivit� 
stessa 
possa 
aggravare 
o 
protrarre 
le 
conseguenze 
del 
reato ovvero agevolare 
la 
commissione 
di 
altri 
reati 
evitare 
la 
dispersione 
delle garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato� (Relazione Ministeriale � 17). 


Il 
sistema 
delle 
misure 
cautelari 
(art. 45) si 
basa, da 
una 
parte, sulle 
sanzioni 
interdittive 
di 
cui 
all'art. 
9/2, 
e, 
dall'altra, 
sul 
sequestro 
preventivo 
(art. 
53) 
e 
sul 
sequestro 
conservativo 
(art. 
54). 


L'art. 53/1 dispone 
�1. Il 
giudice 
pu� disporre 
il 
sequestro delle 
cose 
di 
cui 
� 
consentita 
la 
confisca 
a 
norma 
dell'articolo 19. Si 
osservano le 
disposizioni 
di 
cui 
agli 
articoli 
321, commi 
3, 3-bis e 3-ter, 322, 322-bis e 323 del codice di procedura penale, in quanto applicabili�. 


Il 
suddetto articolo, prevede 
testualmente 
che, nei 
confronti 
degli 
enti, si 
possa 
applicare 
il 
solo sequestro (del 
prezzo o del 
profitto del 
reato) a 
fini 
di 
confisca 
di 
cui 
all'art. 321/2 cod. 
proc. pen. 


Quindi, il 
sequestro preventivo di 
cui 
all'art. 53 non coincide 
con quello previsto nell'art. 
321 
cod. 
proc. 
pen. 
non 
solo 
perch� 
non 
� 
previsto 
il 
sequestro 
impeditivo 
di 
cui 
al 
primo 
comma, 
ma 
anche 
perch� 
il 
sequestro 
a 
fini 
di 
confisca 
non 
ha 
l'ampia 
latitudine 
di 
quello 
previsto dall'art. 321/2 cod. proc. pen. ("il 
giudice 
pu� disporre 
il 
sequestro delle 
cose 
di 
cui 
� 
consentita 
la 
confisca") 
essendo 
ristretto 
e 
limitato, 
in 
virt� 
del 
rinvio 
all'art. 
19, 
al 
solo 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


prezzo o profitto del 
reato (la 
confisca 
del 
profitto ex artt. 6/5 e 
15/4 � 
consentita 
solo con la 
sentenza 
di 
condanna 
e 
non � 
anticipabile 
con il 
sequestro essendo questo previsto solo per 
l'ipotesi di cui all'art. 19). 


La 
suddetta 
disposizione 
�, 
peraltro, 
coerente 
con 
quanto 
si 
legge 
nella 
Relazione 
Ministeriale 
in 
cui, 
al 
� 
17 
-dedicato 
alle 
misure 
cautelari 
-si 
trova 
scritto: 
�Discorso 
a 
s� 
stante 
meritano, 
infine, 
le 
previsioni 
di 
cui 
agli 
artt. 
53 
e 
54. 
Queste 
introducono 
due 
ipotesi 
di 
cautele 
autonome 
rispetto 
all'apparato 
di 
misure 
interdittive 
irrogabile 
alle 
persone 
giuridiche. 
Per 
quanto 
non 
espressamente 
previsto 
dalla 
legge 
delega, 
si 
� 
ravvisata 
la 
necessit� 
di 
disciplinare 
le 
ipotesi 
di 
sequestro 
preventivo 
a 
scopo 
di 
confisca 
e 
del 
sequestro 
conservativo, 
posto 
che 
la 
loro 
operativit� 
in 
ragione 
del 
generale 
rinvio 
alle 
regole 
processuali 
ordinariamente 
vigenti 
-questo 
espressamente 
previsto 
dalla 
delega 
-non 
si 
sarebbe 
potuta 
mettere 
seriamente 
in 
discussione 
in 
ragione 
di 
una 
incompatibilit� 
con 
le 
sanzioni 
interdittive 
irrogabili 
nei 
confronti 
delle 
persone 
giuridiche, 
in 
realt� 
non 
ravvisabile 
se 
non 
in 
relazione 
al 
sequestro 
preventivo 
in 
senso 
proprio, 
che 
pertanto 
� 
da 
ritenersi 
ipotesi 
non 
applicabile 
nella 
specie. 
Da 
qui 
la 
disciplina 
sopra 
richiamata 
che 
consente 
il 
sequestro 
preventivo 
in 
funzione 
di 
confisca 
con 
conseguente 
richiamo 
di 
parte 
della 
disciplina 
codicistica, 
nonch� 
l'altra 
previsione, 
che 
appunto 
rende 
possibile 
il 
sequestro 
conservativo 
-anche 
qui 
con 
richiamo 
della 
disciplina 
codicistica 
in 
quanto 
applicabile 
-dei 
beni 
o 
delle 
somme 
dovute 
o 
che 
garantiscano 
il 
pagamento 
della 
sanzione 
pecuniaria, 
delle 
spese 
del 
procedimento 
e 
di 
ogni 
altra 
somma 
dovuta 
all'erario�. 


Quindi, 
non 
fu 
prevista 
la 
possibilit� 
del 
sequestro 
impeditivo 
perch� 
la 
funzione 
cautelare 
da 
questo assolta 
(impedire 
che 
"la 
libera 
disponibilit� 
di 
una 
cosa 
pertinente 
al 
reato possa 
aggravare 
o protrarre 
le 
conseguenze 
di 
esso ovvero agevolare 
la 
commissione 
di 
altri 
reati)", 
avrebbe 
determinato "una 
incompatibilit� 
con le 
sanzioni 
interdittive 
irrogabili 
nei 
confronti 
delle persone giuridiche", anch'esse aventi la stessa finalit�. 


4.1.2. Poich� 
l'incompatibilit� 
fra 
il 
sequestro impeditivo e 
le 
misure 
interdittive 
ha 
costituito 
l'unico 
motivo 
per 
cui 
il 
sequestro 
di 
cui 
all'art. 
321/ 
cod. 
proc. 
pen. 
� 
stato 
ritenuto 
inapplicabile 
nei 
confronti 
degli 
enti, non resta 
allora 
che 
verificare 
se 
la 
suddetta 
affermazione 
sia 
fondata 
oppure 
se, al 
contrario, il 
sequestro impeditivo abbia 
un suo autonomo raggio di 
azione: 
in 
quest'ultimo 
caso, 
occorre 
stabilire 
quale 
sia 
il 
finium 
regundorum 
fra 
i 
due 
suddetti 
istituti. 
La 
paventata 
incompatibilit� 
potrebbe 
ravvisarsi 
laddove 
la 
misura 
interdittiva 
avesse 
lo 
stesso 
effetto 
di 
un 
sequestro 
impeditivo: 
ad 
es., 
la 
misura 
interdittiva 
dell'esercizio 
dell'attivit� 
(che, pu� essere 
disposta 
anche 
in via 
definitiva 
ex art. 16), paralizzando l'attivit� 
dell'ente 
pu�, 
apparentemente, 
sortire 
lo 
stesso 
effetto 
di 
un 
sequestro 
impeditivo 
che 
colpisca 
le 
"cose 
che sono pertinenti al reato". 


In realt�, non � cos�. 


Infatti, se 
� 
vero che 
l'uso delle 
suddette 
"cose" 
pu� rimanere 
"paralizzato" 
a 
seguito di 
un 
provvedimento interdittivo, � 
anche 
vero, per�, che 
si 
tratta 
solo di 
un effetto indiretto e 
tendenzialmente 
temporaneo (art. 13/2, fatta eccezione l'ipotesi di cui all'art. 16). 


Tale 
effetto, 
invece, 
non 
si 
verifica 
con 
il 
sequestro 
impeditivo 
perch�, 
a 
norma 
dell'art. 
323/3 
cod. 
proc. 
pen, 
"se 
� 
pronunciata 
sentenza 
di 
condanna, 
gli 
effetti 
del 
sequestro 
permangono 
quando 
� 
stata 
disposta 
la 
confisca 
della 
cose 
sequestrate" 
ex 
art. 
240 
cod. 
proc. 
pen. 


Si 
pu�, 
quindi, 
affermare 
che 
il 
campo 
d'applicazione 
del 
sequestro 
impeditivo 
non 
coincide 
con le misure interdittive per una molteplicit� di ragioni. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Innanzitutto, per la 
temporaneit� 
della 
misura 
interdittiva 
laddove 
il 
sequestro � 
tendenzialmente 
definitivo ove, all'esito del giudizio di cognizione, sia disposta la confisca. 


In 
secondo 
luogo, 
per 
l'effetto: 
mentre 
la 
misura 
interdittiva 
"paralizza" 
l'uso 
del 
bene 
"criminogeno" 
solo in modo indiretto (quale 
effetto di 
una 
delle 
misure 
interdittive), al 
contrario, 
il 
sequestro (e 
la 
successiva 
confisca) colpisce 
il 
bene 
direttamente 
eliminando, quindi, per 
sempre, il pericolo che possa essere destinato a commettere altri reati. 


Infatti, 
il 
sequestro 
� 
diretto 
contro 
le 
"cose" 
(non 
a 
caso, 
� 
denominato 
"reale") 
che 
abbiano 
una 
potenzialit� 
lesiva 
dei 
diritti 
costituzionali 
sicch� 
� 
finalizzato a 
sottrarle 
a 
chi 
ne 
abbia 
la 
disponibilit� 
proprio a 
tutela 
della 
collettivit�: 
sul 
punto, � 
opportuno rammentare, che 
sulla 
scia 
dei 
lavori 
preparatori 
- � 
stato ritenuto che 
�i 
limiti 
di 
disponibilit� 
dei 
beni 
si 
correlano 
alla 
funzione 
preventiva 
della 
cautela 
e, 
quindi, 
ad 
esigenze 
connesse 
ad 
una 
situazione 
di 
pericolo per la 
collettivit� 
che 
ben possono giustificare 
l'imposizione 
del 
vincolo�: 
Corte 
Cost. n. 48/1994. Al 
contrario, le 
misure 
interdittive 
sono dirette 
contro la 
societ�, tant'� 
che 
i 
criteri 
per 
la 
loro 
applicabilit� 
sono 
stati 
parametrati 
su 
quelli 
delle 
misure 
cautelari 
personali 
(artt. 45-46). 


Il 
sequestro impeditivo ha, quindi, una 
selettivit� 
che 
la 
misura 
interdittiva 
non ha. E, cos�, 
proseguendo 
nell'esempio 
ipotizzato 
(che, 
a 
fortiori, 
pu� 
essere 
esteso 
anche 
alle 
altre 
misure 
meno invasive), se 
� 
vero che 
l'interdizione 
dell'esercizio dell'attivit� 
pu� paralizzare 
anche 
l'utilizzo 
delle 
cose 
"criminogene", 
� 
anche 
vero 
che 
nulla 
vieta 
all'ente 
di 
continuare 
a 
disporre 
di 
quei 
beni: 
una 
cosa, infatti, � 
la 
paralisi 
dell'attivit� 
dell'ente 
(al 
fine 
di 
impedirgli 
di 
continuare 
a 
trarre 
profitto dal 
reato), ben altra 
cosa 
� 
il 
blocco di 
singoli 
e 
ben determinati 
beni 
che, ove 
non sequestrati, ben potrebbero continuare 
ad esplicare 
la 
loro carica 
criminogena 
ad es. perch� 
utilizzati 
dall'ente 
in altri 
rami 
dell'attivit� 
non colpita 
dall'interdittiva 
o perch�, 
addirittura, ceduti a terzi che continuino ad utilizzarli. 


L'unico caso in cui 
le 
conseguenze 
ipotizzate 
si 
potrebbero evitare 
� 
quello del 
commissariamento 
dell'ente 
(art. 
45/3) 
e 
sempre 
che 
il 
commissario, 
motu 
proprio, 
blocchi 
l'utilizzo 
materiale e giuridico dei beni "criminogeni. 


Ma, a 
parte 
la 
temporaneit� 
e 
le 
stringenti 
condizioni 
che 
devono sussistere 
per disporre 
il 
commissariamento (art. 15), sembra 
evidente 
che 
il 
mezzo utilizzato sarebbe 
sproporzionato 
per lo scopo che 
si 
volesse 
raggiungere 
(impedire 
che 
singoli 
beni 
possano aggravare 
o protrarre 
le 
conseguenze 
del 
reato o agevolare 
la 
commissione 
di 
altri 
reati): 
il 
che 
costituisce 
un'ulteriore 
conferma 
del 
fatto che 
la 
cautela 
interdittiva 
- o perch� 
inidonea 
o perch� 
troppo 
invasiva 
- non ha 
quella 
duttilit� 
(anche 
in considerazione 
dei 
ferrei 
criteri 
cui 
deve 
sottostare 
ex art. 46) che ha, invece, il sequestro impeditivo. 


Il 
sequestro impeditivo, ha, quindi, una 
finalit� 
che 
la 
misura 
interdittiva 
non ha: 
impedire 
l'utilizzo di 
singoli 
beni 
ed evitare, sottraendoli 
alla 
disponibilit� 
dell'ente, che 
possano continuare 
-nonostante 
la 
misura 
interdittiva 
-quantomeno 
ad 
"agevolare 
la 
commissione 
di 
altri 
reati" con conseguente pericolo per la collettivit�. 

4.1.3. 
Individuato 
l'autonomo 
raggio 
d'azione 
del 
sequestro 
impeditivo 
rispetto 
alle 
misure 
interdittive, 
resta, 
per�, 
da 
capire 
in 
base 
a 
quale 
argomento 
il 
suddetto 
sequestro 
possa 
essere 
veicolato nell'ambito della normativa di cui al dlgs n. 231/2001. 
A 
livello sistematico, l'applicazione 
del 
sequestro impeditivo si 
pu�, innanzitutto, giustificare 
laddove 
si 
tenga 
presente 
che 
si 
tratta 
di 
un istituto generale 
(in quanto previsto nel 
cod. 
proc. pen.) che 
non trova 
ostacolo di 
natura 
logica-giuridica, per quanto si 
� 
ampiamente 
illustrato, 
ad essere 
applicato anche 
agli 
enti, proprio perch� 
il 
pericolo di 
sovrapposizione 
paventato 
nella Relazione Ministeriale non � ipotizzabile. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


A 
livello letterale, la 
norma 
che 
consente 
di 
applicare 
il 
sequestro Impeditivo anche 
agli 
enti, 
va 
rinvenuta 
nell'amplissimo 
disposto 
dell'art. 
34 
a 
norma 
del 
quale 
�per 
il 
procedimento 
relativo 
agli 
illeciti 
amministrativi 
dipendenti 
da 
reato 
si 
osservano 
[....] 
in 
quanto 
compatibili, 
le 
disposizioni 
del 
codice 
di 
procedura 
penale 
e 
del 
decreto 
legislativo 
28 
luglio 
1989, 
n. 
271�. 


D'altra 
parte, non appare 
superfluo evidenziare 
che 
solo un'interpretazione 
costituzionalmente 
orientata 
- come 
quella 
alla 
quale 
si 
ritiene 
di 
dover pervenire 
- pu� fugare 
i 
dubbi 
di 
costituzionalit� 
che 
sorgerebbero 
laddove 
si 
volesse 
teorizzare 
per 
l'ente 
un 
regime 
privilegiato 
rispetto a 
quello generale 
previsto dal 
codice 
di 
rito e, quindi, privare 
la 
collettivit� 
di 
un formidabile 
ed agile 
strumento di 
tutela 
finalizzato ad eliminare 
dalla 
circolazione 
beni 
criminogeni. 


ovviamente, 
nulla 
vieta, 
come 
pure 
� 
stato 
proposto 
in 
dottrina, 
di 
disporre 
il 
sequestro 
impeditivo nei 
confronti 
della 
persona 
fisica 
indagata 
o imputata 
che 
utilizzi 
il 
bene 
"criminogeno" 
di 
propriet� 
dell'ente 
che, 
quindi, 
sia 
pure 
in 
modo 
indiretto, 
ne 
verrebbe 
privato: 
ma 
si tratta di una possibilit� che va ritenuta aggiuntiva o alternativa ma non sostitutiva. 


Il 
che 
significa, in ultima 
analisi 
che, oltre 
all'espressa 
e 
speciale 
ipotesi 
prevista 
dall'art. 
53, del 
sequestro preventivo del 
prezzo o del 
profitto del 
reato, nei 
confronti 
dell'ente 
deve 
ritenersi 
ammissibile 
(in virt� del 
rinvio alle 
disposizioni 
del 
cod. proc. pen. "in quanto compatibili") 
anche 
la 
normativa 
generale 
del 
sequestro preventivo di 
cui 
all'art. 321/1 cod. proc. 
pen., spettando al 
Pubblico Ministero individuare, di 
volta 
in volta, quello pi� funzionale 
all'esigenza 
cautelare che intenda conseguire. 


Deve, 
pertanto, 
ritenersi 
la 
legittimit� 
del 
disposto 
sequestro 
impeditivo 
non 
essendovi 
alcun 
dubbio 
sul 
nesso 
di 
pertinenzialit� 
fra 
il 
reato 
contestato 
(di 
cui 
� 
stato 
ampiamente 
provato 
il 
fumus: 
cfr supra) e 
le 
"cose" 
sottoposte 
a 
sequestro (le 
serre 
votovoltaiche) che, ove 
lasciate 
nella 
libera 
disponibilit� 
della 
ricorrente 
avrebbero 
continuato 
"a 
produrre 
una 
lesione 
del 
bene 
giuridico protetto dalla 
norma 
incriminatrice 
(art. 640 bis 
cod. pen.) poich� 
risulta 
acquisita 
la 
prova 
che 
le 
serre 
negli 
anni 
di 
esercizio 
non 
sono 
state 
destinate 
n� 
a 
coltivazione 
agricola, n� 
ad attivit� 
di 
floricoltura, circostanza 
che, in assenza 
di 
revoca 
della 
concessione 
da parte del G.S.E., aggrava le conseguenze del reato" (pag. 32 ordinanza impugnata). 


In 
conclusione, 
la 
censura 
dev'essere 
disattesa 
alla 
stregua 
del 
seguente 
principio 
di 
diritto: 
�in tema di 
responsabilit� dipendente 
da reato degli 
enti 
e 
persone 
giuridiche, � 
ammissibile 
il 
sequestro impeditivo di 
cui 
al 
comma primo dell'art. 321 cod. proc. pen., non essendovi 
totale 
sovrapposizione 
e, quindi, alcuna incompatibilit� di 
natura logica-giuridica fra il 
suddetto 
sequestro e le misure interdittive�. 


(...) 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Interventi pubblici di sostegno alle imprese (d.lgs. n. 
123/1998): finalmente chiarezza sui crediti privilegiati 


NotA 
A 
CASSAzioNe 
Civile, SezioNe 
i, SeNteNzA 
26 giUgNo 
2019 N. 17101 


Alessandra Bruni* 
Alessandro D�Amico** 


SoMMArio: 1. introduzione 
- 2. l'orientamento preclusivo della natura privilegiata del 
credito - 3. il 
nuovo corso inaugurato da Cass. 30 gennaio 2019, n. 2664 - 4. la sentenza del 
26 giugno 2019, n. 17101. 


1. introduzione. 
La 
questione 
affrontata 
dalla 
sentenza 
in commento � 
se 
il 
finanziamento 
sotto forma 
di 
garanzia, possa 
essere 
o meno ricondotto nell�ambito di 
applicazione 
dell�art. 9, comma 
5, D.Lgs. n. 123/1998. In particolare 
la 
Suprema 
Corte 
� 
stata 
chiamata 
a 
pronunciarsi 
sulla 
possibilit� 
di 
qualificare 
come 
�privilegiato� 
il credito (�di firma�) nascente da una prestazione di garanzia. 

� preliminare un breve richiamo alla normativa di riferimento. 


Il 
D.Lgs. 
n. 
143/1998 
detta 
disposizioni 
in 
materia 
di 
commercio 
con 
l�estero 
ed 
individua 
tra 
le 
funzioni 
di 
Sace 
S.p.a. 
(parte 
nel 
processo 
di 
cui 
alla 
sentenza 
in 
commento) 
quella 
di 
garantire 
gli 
operatori 
con 
riferimento 
alla 
loro 
attivit� 
con 
l�estero 
ed 
alla 
internazionalizzazione 
dell�economia. 
In 
particolare 
Sace 
S.p.a. 
� 
autorizzata 
a 
rilasciare 
garanzie 
e 
coperture 
assicurative 
per 
il 
rischio 
di 
mancato 
rimborso 
relativamente 
a 
finanziamenti 
e 
strumenti 
finanziari 
connessi 
al 
processo 
di 
internazionalizzazione 
di 
imprese 
italiane. 


Il 
D.Lgs. 
n. 
123/1998 
individua 
i 
principi 
che 
regolano 
i 
procedimenti 
amministrativi 
concernenti 
gli 
interventi 
di 
sostegno per lo sviluppo delle 
attivit� 
produttive 
effettuati 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche. Tali 
interventi 
secondo 
l�art. 
7 
possono 
consistere 
�in 
una 
delle 
seguenti 
forme: 
credito 
d'imposta, 
bonus 
fiscale, 
concessione 
di 
garanzia, 
contributo 
in 
conto 
capitale, 
contributo 
in 
conto 
interessi, 
finanziamento 
agevolato�. 
Il 
successivo 
art. 
9 
disciplina 
la 
revoca 
dei 
suddetti 
benefici, la 
misura 
delle 
restituzioni 
in conseguenza 
della 
revoca 
e 
prevede 
i 
casi 
in 
cui 
opera 
il 
privilegio. 
In 
particolare, 
la 
revoca 
dei 
benefici 
� 
prevista: 
a) in caso di 
�assenza 
di 
uno o pi� requisiti, 
ovvero di 
documentazione 
incompleta 
o irregolare, per fatti 
comunque 
imputabili 
al 
richiedente 
e 
non sanabili� 
(comma 
1); 
b) nel 
caso in cui 
�i 
beni 
acquistati 
con 
l'intervento 
siano 
alienati, 
ceduti 
o 
distratti 
nei 
cinque 
anni 
successivi 
alla 
concessione, ovvero prima 
che 
abbia 
termine 
quanto previsto 


(*) Avvocato dello Stato. 
(**) 
Dottore 
in 
Giurisprudenza, 
ammesso 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


dal 
progetto ammesso all�intervento� 
(comma 
3); 
c) nel 
caso di 
�azioni 
o fatti 
addebitati 
all�impresa 
beneficiaria� 
(comma 
4). Gli 
interventi 
pubblici 
di 
sostegno 
all�economia 
si 
realizzano 
dunque 
attraverso 
un 
procedimento 
complesso, 
in cui 
la 
fase 
di 
natura 
amministrativa 
di 
selezione 
dei 
beneficiari 
in 
vista 
della 
realizzazione 
di 
interessi 
pubblici 
� 
seguita 
da 
un negozio privatistico 
di 
finanziamento o di 
garanzia, nella 
cui 
struttura 
causale 
si 
inserisce 
la 
destinazione 
delle 
somme 
ad uno specifico scopo. La 
deviazione 
dallo scopo 
determina 
la 
violazione 
della 
causa 
del 
contratto 
di 
finanziamento 
o 
di 
garanzia 
e 
costituisce 
presupposto alla 
revoca 
del 
beneficio. � 
in tale 
contesto che 
si 
colloca 
il 
privilegio 
di 
cui 
all�art. 
9, 
comma 
5, 
secondo 
cui 
�per 
le 
restituzioni 
di 
cui 
al 
comma 4 i 
crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto 
legislativo 
sono 
preferiti 
a 
ogni 
altro 
titolo 
di 
prelazione 
da 
qualsiasi 
causa derivante, ad eccezione 
del 
privilegio per 
spese 
di 
giustizia e 
di 
quelli 
previsti 
dall'articolo 
2751-bis 
del 
codice 
civile 
e 
fatti 
salvi 
i 
diritti 
preesistenti 
dei 
terzi. Al 
recupero dei 
crediti 
si 
provvede 
con l'iscrizione 
al 
ruolo, 
ai 
sensi 
dell'articolo 
67, 
comma 
2, 
del 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
28 
gennaio 
1988, 
n. 
43, 
delle 
somme 
oggetto 
di 
restituzione, 
nonch� 
delle 
somme a titolo di rivalutazione e interessi e delle relative sanzioni�. 

Il 
decreto peraltro non introduce 
affatto una 
nuova 
procedura 
ad hoc 
per 
l�erogazione 
di 
agevolazioni 
pubbliche, costituendo invece 
una 
sorta 
di 
codificazione 
generale 
che 
riconduce 
ad unit� 
la 
frammentaria 
legislazione 
agevolativa 
creatasi nel corso degli ultimi decenni. 


Alla 
luce 
del 
quadro 
normativo 
di 
riferimento 
appena 
tratteggiato, 
la 
giurisprudenza 
ha 
affrontato la 
questione 
relativa 
alla 
natura 
del 
privilegio di 
cui 
all�art. 9 comma 
5 e 
alla 
sua 
applicabilit� 
al 
caso di 
specie, ovvero all�ipotesi 
di 
concessione 
di 
garanzia 
(che 
costituisce 
uno 
degli 
interventi 
previsti 
all�art. 
7 del decreto). 

Il 
comma 
5 dell�art. 9, infatti, fa 
espresso riferimento ai 
�crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti 
erogati�. 
I 
giudici, 
di 
merito 
prima 
e 
di 
legittimit� 
in 
seguito, 
hanno 
pertanto 
posto 
l�attenzione 
al 
dato 
letterale 
interrogandosi 
sull�ampiezza 
semantica 
e 
normativa 
di 
tale 
espressione 
e, in particolare, se 
essa 
sia 
idonea 
a 
comprendere 
anche 
gli 
interventi 
che 
consistono nel 
rilascio di 
garanzie 
a 
favore 
delle 
imprese 
beneficiarie, e 
quindi 
non riferibili 
ad erogazioni 
dirette 
di denaro. 


Il 
combinato 
disposto 
degli 
artt. 
7 
e 
9, 
comma 
5, 
sembrerebbe 
non 
dar 
luogo 
ad 
equivoci 
interpretativi. 
� 
evidente, 
infatti, 
gi� 
dal 
dato 
letterale, 
che 
il 
legislatore 
abbia 
inteso 
ricomprendere 
nell�espressione 
�finanziamenti� 
tutte 
le 
modalit� 
d�intervento 
previste 
dall�art. 
7. 
Tuttavia 
questa 
apparente 
chiarezza 
non 
ha 
impedito 
il 
sorgere 
di 
un 
contrasto 
interpretativo 
presso 
la 
giurisprudenza 
di 
merito 
circa 
l�attribuibilit� 
o 
meno 
della 
natura 
privilegiata 
a 
crediti 
derivanti 
dalla 
concessione 
di 
garanzie, 
oltremodo 
definibili 
crediti 
per 
cassa. 


La 
Suprema 
Corte 
inizialmente, ai 
fini 
del 
riconoscimento del 
privilegio, 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


ha 
attribuito natura 
costitutiva 
alla 
revoca 
cui 
fa 
riferimento il 
pi� volte 
citato 
art. 
9 
comma 
5 
del 
D.lgs. 
del 
1998, 
interpretazione 
modificata 
con 
la 
sentenza 
in commento, con cui 
invece 
si 
attribuisce 
alla 
revoca 
natura 
meramente 
dichiarativa 
nascendo 
il 
credito 
privilegiato 
perch� 
ha 
ad 
oggetto 
fondi 
pubblici. 


Con la 
sentenza 
sez. I, 26 giugno 2019, n. 17101, la 
Corte 
Suprema 
ha 
fatto chiarezza 
interpretativa 
relativamente 
alla 
natura 
e 
tipologia 
dei 
crediti 
ex 
d.lgs. 123 del 
1998, approdando, come 
gi� 
anticipato in alcune 
precedenti 
decisioni, 
ad 
attribuire 
natura 
privilegiata 
al 
credito 
ex 
tunc, 
scollegandolo 
dal 
riferimento 
al 
momento 
di 
presentazione 
della 
revoca, 
poich� 
il 
credito 
-come 
correttamente 
evidenziato 
dalla 
Corte 
-nasce 
ab 
origine, 
ontologicamente 
privilegiato, 
ci� in ragione della sua sottesa finalit� pubblicistica. 


Da 
tale 
presupposto 
derivano 
conseguenze 
non 
prive 
di 
rilevanza 
sul 
piano 
pratico. 
Infatti, 
se 
si 
sostiene 
che 
il 
credito 
nasca 
privilegiato 
fin 
dal-
l�inizio, 
il 
privilegio 
pu� 
essere 
eccepito 
nei 
confronti 
del 
debitore 
anche 
a 
seguito 
della 
presentazione 
del 
ricorso 
in 
pendenza 
della 
procedura 
di 
concordato 
preventivo. Gli 
altri 
creditori, infatti, non potrebbero, in tale 
ipotesi, invocare 
il 
dettato normativo dell�art. 168, ultimo comma, L.F. Tale 
norma, che 
regolamenta 
il 
divieto di 
acquisire 
diritti 
di 
prelazione 
a 
danno dei 
creditori 
concorrenti 
con conseguente 
degradazione 
dal 
privilegio al 
rango di 
chirografo, 
trova 
infatti 
applicazione 
unicamente 
per 
diritti 
di 
prelazione 
che 
non 
sono 
stati 
regolarmente 
costituiti 
prima 
della 
presentazione 
della 
domanda 
di 
concordato. 


2. l�orientamento preclusivo della natura privilegiata del credito. 
L�ormai 
superato indirizzo dei 
giudici 
di 
merito si 
fondava 
su alcuni 
elementi 
di seguito riportati. 


In 
primo 
luogo 
� 
contestato 
che 
il 
privilegio 
previsto 
dal 
D.lgs. 
n. 
123 
del 
1998, art. 9, comma 
5, si 
possa 
ritenere 
riferito a 
tutti 
i 
benefici 
di 
cui 
all'art. 
7 
del 
decreto 
medesimo 
e, 
quindi, 
anche 
ai 
crediti 
derivanti 
dalle 
"concessioni 
di 
garanzia" 
previsti 
da 
tale 
norma. Il 
detto privilegio sarebbe 
riferibile, per 
contro, ai soli casi di erogazione diretta di danaro. 


Il 
sostegno di 
questa 
tesi 
sarebbe 
corroborato da 
tre 
distinti 
ordini 
di 
assunti 
critici. 
In 
primo 
luogo 
il 
termine 
utilizzato 
dal 
legislatore 
(�finanziamenti�), 
nonostante 
la 
sua 
ampiezza 
semantica, 
non 
trova 
nel 
D.lgs. 
una 
specifica 
definizione 
normativa. 
Tale 
mancanza 
non 
pu� 
condurre, 
tuttavia, 
ad 
un 
utilizzo 
improprio 
dell'espressione 
al 
fine 
di 
ricomprendervi 
l�intera 
gamma 
dei 
c.d. �benefici� 
elencati 
all�art. 7 del 
medesimo decreto. Il 
termine 
"finanziamenti", 
viceversa, 
viene 
impiegato 
dal 
legislatore 
per 
individuare 
uno 
solo 
dei 
modelli 
dei 
sei 
modelli 
di 
intervento 
contemplati 
(ex 
art. 
7 
D.lgs.). 
Solo attraverso tale 
assunto si 
potrebbe, infatti, escludere 
l'ambiguit� 
dell'art. 
9 comma 
5, nella 
parte 
in cui 
esso fornisce 
specifiche 
indicazioni 
circa 
la 
restituzione 
dei 
"crediti 
nascenti 
da finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


D.lgs.". 
Pertanto solo alla 
revoca 
di 
un'erogazione 
diretta 
di 
denaro consegue 
fisiologicamente 
un 
obbligo 
di 
restituzione 
delle 
somme. 
Tale 
automatismo 
non opera 
invece 
per la 
revoca 
di 
quelle 
misure 
che, come 
la 
prestazione 
di 
garanzia, 
non 
sostanziano 
un'erogazione 
diretta 
di 
danaro. 
Tale 
assunto 
sarebbe 
avvalorato 
anche 
dalla 
circostanza 
che 
l'erogazione 
diretta 
di 
un 
finanziamento 
comporta 
una 
forma 
di 
sostegno 
all'impresa 
ben 
pi� 
"impegnativa" 
rispetto 
ad 
un'assunzione di garanzia. 


In secondo luogo, viene 
posta 
l�attenzione 
sul 
dato letterale 
della 
norma 
ed in particolare 
sull�espressione 
utilizzata 
dal 
legislatore 
nel 
primo periodo 
del 
quinto 
comma: 
"crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto 
legislativo". 
Il 
legislatore, 
non 
a 
caso, 
non 
ha 
utilizzato 
il 
termine 
"benefici" 
di 
cui 
all'art. 7, comma 
1, che 
comprende 
anche 
la 
"concessione 
di 
garanzia", ma 
ha 
scelto di 
utilizzare 
il 
termine 
"finanziamenti". E 
se 
per "finanziamenti" 
possono estensivamente 
intendersi 
(oltre 
alle 
erogazioni 
finanziarie 
a 
titolo di 
mutuo), tutte 
le 
contribuzioni 
dirette 
in danaro in favore 
del 
soggetto 
beneficiario, 
quali 
i 
contributi 
in 
conto 
capitale 
e 
i 
contributi 
in 
conto 
interessi, �restano invece 
escluse 
le 
prestazioni 
in favore 
di 
terzi, tra 
cui 
le 
garanzie 
prestate 
a 
favore 
del 
soggetto finanziatore� 
(1). Quindi, da 
tale 
espressione 
normativa 
sembrerebbe 
che 
il 
legislatore 
abbia 
ben chiaro il 
rapporto di 
genere 
a 
specie 
intercorrente 
tra 
la 
categoria 
generale 
dei 
"benefici" 
o "interventi" 
e 
la 
sottocategoria 
dei 
"finanziamenti". Conseguentemente, ove 
avesse 
voluto attribuire 
natura 
privilegiata 
anche 
a 
crediti 
derivanti 
dalla 
restituzione 
di 
interventi 
diversi 
dai 
"finanziamenti", 
avrebbe 
evitato 
di 
fare 
riferimento 
espresso 
a 
quest'ultima 
sottocategoria. 
Pertanto 
il 
riferimento 
contenuto 
nel 
quinto 
comma 
dell'art. 
9 
ai 
"finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto 
legislativo" 
deve 
essere 
inteso 
come 
circoscritto 
alle 
sole 
ipotesi 
di 
erogazioni 
dirette 
di 
denaro. 
Inoltre 
si 
evidenzia 
un 
ulteriore 
argomento 
letterale 
contrario 
alla 
tesi 
dell'applicabilit� 
del 
privilegio 
in 
contestazione 
ai 
crediti 
derivanti 
dalle 
garanzie 
prestate 
da 
Sace. 
Si 
sottolinea 
che 
l'art. 
9, 
comma 
5, 
d.lgs. 
123/98 
prevede 
che 
i 
crediti 
assistiti 
dal 
privilegio 
siano 
riscossi 
mediante 
iscrizione 
a 
ruolo, diversamente 
da 
quanto accade 
per le 
ipotesi 
di 
garanzia, 
in riferimento alle 
quali, a 
fronte 
dell'escussione 
da 
parte 
del 
beneficiario (la 
banca), si 
determina 
una 
surrogazione 
da 
parte 
del 
garante 
nei 
diritti 
del 
creditore 
surrogato ai sensi dell'art. 1203 c.c. (2). 


Da 
ultimo, per sostenere 
che 
il 
privilegio sarebbe 
riferibile 
ai 
soli 
casi 
di 
erogazione 
diretta 
di 
danaro, 
viene 
richiamato 
il 
principio 
di 
tassativit� 
dei 


(1) In tal senso Trib. Roma, XvII sez. civ., 10/01/2019, n. 579. 
(2) In questi 
termini, Trib. Roma, XvII sez. civ., 10/01/2019, n. 579; 
Trib. Roma, IX 
sez. civ., 2 
marzo 2017, (dep. 2 marzo 2017) sostiene 
che 
�secondo un�interpretazione 
letterale 
e 
sistematica, il 
riferimento 
contenuto nell�art. 9, co. 5, del 
D.lgs. 123/1998 deve 
ritenersi 
applicabile 
esclusivamente 
alle 
ipotesi 
di 
crediti 
derivanti 
da 
�finanziamenti 
erogati� 
e 
poi 
�revocati�. Resta 
quindi 
esclusa 
la 
diversa 
fattispecie della garanzia prestata a favore del soggetto finanziatore�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


privilegi. La 
materia 
dei 
privilegi, infatti, � 
di 
stretta 
interpretazione 
attesa 
la 
eccezionalit� 
delle 
norme 
che 
li 
prevedono 
in 
deroga 
al 
principio 
della 
par 
condicio 
creditorum, 
di 
cui 
all�art. 
2741 
del 
codice 
civile. 
Ne 
consegue 
l�esclusione 
dell�interpretazione 
analogica 
(art. 14 delle 
disposizioni 
preliminari 
del 
Codice 
Civile) delle 
norme 
che 
stabiliscono privilegi, pena 
la 
violazione 
del 
principio di 
tassativit� 
dei 
privilegi. Di 
tale 
avviso � 
la 
stessa 
Corte 
di 
Cassazione, 
secondo la 
quale 
�le 
norme 
che 
stabiliscono privilegi 
in favore 
di 
determinati 
crediti 
costituiscono 
norme 
eccezionali 
e 
non 
sono 
suscettibili 
di 
interpretazione 
analogica, ma 
solo di 
interpretazione 
estensiva� 
(3). Ebbene 
alla 
luce 
di 
un'interpretazione 
letterale 
e 
sistematica 
� 
esclusa 
la 
possibilit� 
di 
ricondurre 
i 
crediti 
da 
concessione 
di 
garanzia 
al 
disposto 
dell'art. 
9, 
in 
ragione 
del 
fatto 
che 
tra 
quest'ipotesi 
e 
quella 
rappresentata 
dalle 
erogazioni 
dirette 
corre una differente conformazione genetica (4). 


Altra 
questione 
che 
porta 
a 
negare 
la 
natura 
privilegiata 
del 
credito 
attiene 
al 
momento in cui 
lo stesso possa 
ritenersi 
�privilegiato�. Si 
sostiene, infatti, 
che 
il 
credito 
in 
esame 
non 
sarebbe 
intrinsecamente 
privilegiato, 
ma 
eventualmente 
potrebbe 
essere 
considerato 
privilegiato 
solo 
in 
conseguenza 
alla 
revoca 
degli 
�interventi� 
a 
cui 
fa 
riferimento l�art. 9 comma 
1, il 
quale 
prevede 
che 
�in caso di 
assenza 
di 
uno o pi� requisiti, ovvero di 
documentazione 
incompleta 
o irregolare, per fatti 
comunque 
imputabili 
al 
richiedente 
e 
non sanabili, 
il 
soggetto competente 
provvede 
alla 
revoca 
degli 
interventi�. Pertanto si 
deduce 
che 
il 
credito non nasce 
privilegiato, ma 
lo diviene 
solo a 
seguito della 
revoca 
dell'intervento, 
dunque 
� 
il 
provvedimento 
amministrativo 
di 
revoca 
che integra il presupposto costitutivo del privilegio (5). 


Tale 
conclusione 
porta 
ad 
escludere 
la 
natura 
di 
credito 
privilegiato 
in 
tutte 
quelle 
ipotesi 
in cui 
la 
revoca 
dell�intervento avvenga 
in seguito al 
fallimento 
dell�impresa 
beneficiaria 
della 
garanzia. Infatti 
il 
privilegio, sorto non 
potrebbe 
essere 
opposto 
alla 
massa 
fallimentare 
per 
la 
preclusione 
segnata 
dal-
l'art. 
2916 
cod. 
civ. 
A 
maggior 
ragione 
tale 
conclusione 
andrebbe 
sostenuta 
nel 
caso in cui 
il 
credito, prima 
della 
nascita 
del 
privilegio, sia 
gi� 
stato acquisisto 
nella 
procedura 
fallimentare 
(come 
chirografario). 
�, 
infatti, 
principio 
acquisito che 
"nel 
procedimento fallimentare 
l'ammissione 
di 
un credito, sancita 
poi 
dalla 
definitivit� 
dello 
stato 
passivo, 
una 
volta 
che 
questo 
sia 
stato 
reso 
esecutivo 
con 
il 
decreto 
emesso 
dal 
giudice 
delegato 
ai 
sensi 
della 
L. 
Fall., 
art. 
97, 
acquisisce 
all'interno 
della 
procedura 
concorsuale 
un 
grado 
di 
stabilit� 
assimilabile al giudicato� (6). 


(3) Cos�, Cass. civ., sez. I, 5/3/2009 n. 5297, Pres. Carnevale, Rel. Ragonesi. 
(4) In maniera critica, Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664. 
(5) In tal 
senso Cass. civ., sez. I, 07/07/2017, n.16870, nonch� 
decreto del 
Tribunale 
di 
Bologna, 
depositato il 23/08/2012. 
(6) Cfr., tra 
le 
altre, Cass., 16 marzo 2001, n. 3830, richiamata 
da 
Cass. civ., sez. I, 27/10/2017, 
n. 25640. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Da 
ultimo, � 
stato evidenziato che 
il 
credito non possa 
ritenersi 
intrinsecamente 
privilegiato 
dalla 
nascita 
poich� 
deriva 
da 
una 
modificazione 
dal 
lato 
attivo 
dell�obbligazione. 
Pertanto 
in 
tutti 
quei 
casi 
in 
cui 
la 
societ� 
garante 
agisca 
in 
veste 
di 
fideiussore 
(in 
garanzia 
del 
debito 
della 
societ� 
beneficiaria), 
adempiendo il 
debito restitutorio contratto da 
questa 
nei 
confronti 
dell'istituto 
erogante, 
essa 
si 
surroga 
nei 
diritti 
del 
creditore 
ai 
sensi 
dell'art. 
1949 
cod. 
civ. 
A 
seguito della 
surrogazione 
la 
societ� 
garante 
sar� 
titolare 
di 
un credito munito 
di 
privilegio solo ove 
lo stesso sia 
stato anche 
in precedenza 
privilegiato. 
La 
Cassazione 
ha, 
infatti, 
evidenziato 
che 
"il 
fideiussore 
che 
intenda 
surrogarsi 
al 
creditore 
garantito nei 
diritti 
vantati 
verso il 
debitore 
subentra 
ai 
sensi 
del-
l'art. 1204 cod. civ. anche 
nelle 
garanzie 
concesse 
da 
terzi 
in favore 
del 
creditore 
originario 
solo 
a 
condizione 
che 
queste 
ultime 
siano 
accessorie 
e 
dipendenti 
dall'obbligazione 
principale 
adempiuta 
dal 
fideiussore" 
(7). 
Pertanto 
si 
tratterebbe 
di 
un'evidente 
forzatura 
logica 
assumere 
che, se 
il 
credito 
della 
banca 
non 
fosse 
ab 
origine 
munito 
di 
privilegio lo 
possa 
essere 
divenuto 
a seguito del pagamento effettuato da Sace (8). 

3. il nuovo corso inaugurato da Cass. 30/01/2019 n. 2664. 
La 
Cassazione 
civile, gi� 
a 
partire 
dal 
2010, si 
� 
mossa 
in senso contrario 
ai 
giudici 
del 
merito 
attribuendo 
rilievo 
alla 
natura 
pubblicistica 
del 
credito 
quale causa giustificatrice del privilegio. 


Il 
principio 
generale 
� 
figlio 
delle 
Sezioni 
Unite 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
(Cass. 
Civ., 
Sez. 
Unite, 
17 
maggio 
2010, 
n. 
11930) 
secondo 
cui 
�le 
norme 
[...] 
che 
stabiliscono 
i 
privilegi 
in 
favore 
di 
determinati 
crediti 
possono 
essere 
oggetto 
di 
interpretazione 
estensiva, 
la 
quale 
costituisce 
il 
risultato 
di 
un'operazione 
logica 
diretta 
ad 
individuare 
il 
reale 
significato 
e 
la 
portata 
effettiva 
della 
norma, 
che 
permette 
di 
determinare 
il 
suo 
esatto 
ambito 
di 
operativit�, 
anche 
oltre 
il 
limite 
apparentemente 
segnato 
dalla 
sua 
formulazione 
testuale; 
e 
di 
identificare 
l'effettivo 
valore 
semantico 
della 
disposizione, 
tenendo 
conto 
del-
l'intenzione 
del 
legislatore, 
e 
soprattutto 
dalla 
"causa" 
del 
credito 
che, 
ai 
sensi 
dell'art. 
2745 
c.c., 
rappresenta 
la 
ragione 
giustificatrice 
di 
qualsiasi 
privilegio�. 


Con la 
sentenza 
del 
20 settembre 
2017 la 
Suprema 
Corte 
ha 
chiarito che 
gli 
interventi 
pubblici 
di 
sostegno 
all'economia 
(disciplinati 
dal 
decreto 
123/98) si 
realizzano, �attraverso un procedimento complesso, in cui 
la fase 
di 
natura amministrativa di 
selezione 
dei 
beneficiari 
in vista della realizzazione 
di 
interessi 
pubblici 
� 
seguita 
da 
un 
negozio 
privatistico 
di 
finanziamento 


o 
di 
garanzia, 
nella 
cui 
struttura 
causale 
si 
inserisce 
la 
destinazione 
delle 
somme ad uno specifico scopo� 
(9). 
(7) In questi termini, Cass., Sez. 3, 12/12/2008, n. 29216. 
(8) In tal senso, Cass., 7 luglio 2017, n. 16870. 
(9) Cos�, Cass. civ., sez. I, 20/09/2017, n. 21841. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


L�attenzione 
� 
stata 
focalizzata 
sullo scopo perseguito dalla 
societ� 
garante, 
sulla 
base 
del 
quale 
viene 
stipulata 
una 
convenzione 
con una 
banca 
al 
fine 
di 
erogare 
i 
mutui 
alle 
imprese 
beneficiare, 
individuate 
nella 
fase 
di 
natura 
amministrativa. 
Pertanto, 
ai 
fini 
della 
revoca 
dell�intervento, 
riveste 
particolare 
importanza 
il 
rispetto, da 
parte 
dell�impresa 
beneficiaria, dello scopo che 
giustifica 
l�intera 
operazione: 
dunque 
l�accertamento 
di 
una 
deviazione 
dallo 
scopo determina 
la 
violazione 
della 
causa 
del 
contratto di 
finanziamento o di 
garanzia 
e 
costituisce 
presupposto 
alla 
revoca 
del 
beneficio. 
A 
tale 
conclusione 
si 
ricollega 
la 
disciplina 
del 
privilegio 
previsto 
dall�art. 
9, 
comma 
5. 
Infatti 
tale 
norma, 
ai 
fini 
dell�applicazione 
del 
privilegio 
generale 
ai 
�crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti� 
di 
cui 
al 
4 
comma 
(che 
disciplina 
la 
revoca 
di 
tutte 
le 
somme 
erogate) fa 
riferimento non solo ai 
crediti 
aventi 
la 
loro fonte 
nell�irregolare 
concessione 
dell�intervento o nell�indebito conseguimento del 
beneficio 
ma 
anche 
a 
quelli 
derivanti 
da 
�ragioni 
o 
fatti 
addebitati 
all�impresa 
beneficiata� 
o da 
qualsiasi 
altra 
ragione 
(�in tutti 
gli 
altri 
casi�) anche 
se 
attinente 
alla fase negoziale successiva all�erogazione del contributo (10). 


La 
Cassazione 
dunque 
con 
le 
prime 
pronunce 
configura 
i 
crediti 
come 
privilegiati 
a 
prescindere 
dalla 
causa 
che 
ha 
determinato la 
revoca 
dell�intervento, 
potendo 
la 
stessa 
attenere 
sia 
alla 
�fase 
amministrativa� 
del 
procedimento 
sia a quella �negoziale�. 


Dello stesso avviso � 
anche 
una 
successiva 
pronuncia 
della 
Corte 
che 
richiama 
a 
pi� riprese 
le 
soluzioni 
adottate 
dalla 
sentenza 
n. 21841/2017, sostenendo 
che 
�l'art. 
9, 
quinto 
comma, 
del 
d.lgs. 
31 
marzo 
1998, 
n. 
123, 
in 
materia razionalizzazione 
degli 
interventi 
di 
sostegno pubblico alle 
imprese, 
nel 
prevedere 
la revoca del 
beneficio e 
disporre 
il 
privilegio in favore 
del 
credito 
alle 
restituzioni, si 
riferisce 
non solo a patologie 
attinenti 
alla fase 
genetica 
dell'erogazione 
pubblica, 
ma 
si 
estende 
anche 
a 
quella 
successiva 
di 
gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione� 
(11). 


Una 
siffatta 
interpretazione, sembra 
peraltro l�unica 
coerente 
con le 
finalit� 
proprie 
dei 
finanziamenti 
ed 
alle 
necessarie 
garanzie 
che 
lo 
Stato 
introduce 
per la 
tutela 
delle 
proprie 
ragioni 
di 
credito, anche 
al 
fine 
di 
consentire 
alle 
risorse 
pubbliche 
di 
trovare 
adeguata 
protezione 
per poter garantire 
una 
continuit� 
ai 
finanziamenti 
pubblici 
e, quindi, una 
pi� sicura 
e 
certa 
soddisfazione 
(Cass. civ. Sez. I ordinanza, 20 settembre 2017, n. 21841). 


La 
prestazione 
di 
crediti 
di 
firma 
mediante 
la 
stipula 
di 
contratto 
autonomo 
di 
garanzia 
non ha 
alcuna 
diversa 
conformazione 
strutturale 
rispetto al 
finanziamento diretto, essendo la 
posizione 
di 
rischio omologa 
a 
quella 
della 
consegna materiale delle somme nelle mani del mutuatario. 


Con la 
decisione 
n. 2664 del 
2019 la 
S.C. incide 
ancor pi� chiaramente 


(10) In tal senso, Cass. civ., sez. I, 20/09/2017, n. 21841. 
(11) In tal senso, Cass. civ., sez. I, 20/04/2018, n. 9926. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


sulla 
qualificazione 
della 
natura 
giuridica 
dei 
crediti 
confutando le 
numerose 
tesi contrarie alla sussistenza del privilegio (12). 


Dapprima 
la 
Suprema 
Corte 
si 
sofferma 
sul 
termine 
�finanziamento�, di 
cui 
al 
comma 
5 dell�art. 9 D.lgs. n. 123 del 
1998 e 
alla 
possibilit� 
che 
il 
legislatore 
desiderasse 
ricomprendervi, 
oltre 
all�erogazione 
diretta 
di 
denaro, 
anche 
il 
rilascio di 
garanzie. Evidenziato il 
fatto che 
il 
legislatore 
non dia 
una 
definizione 
del 
termine 
"finanziamento", la 
Corte 
procede 
ad una 
operazione 
di 
carattere 
ermeneutico basata 
su norme 
estranee 
al 
decreto n. 123, per verificare 
il 
significato che 
l�espressione 
�finanziamento� 
assume 
in altri 
contesti 
(13). Sulla 
base 
di 
detti 
riscontri 
la 
Corte 
di 
legittimit� 
accoglie, infine, una 
nozione 
generale 
ed 
ampia 
di 
�finanziamento�, 
idonea 
a 
ricomprendere, 
a 
fianco 
delle 
operazioni 
di 
erogazione 
di 
denaro, 
anche 
quelle 
attivit� 
costituite 
�dal rilascio di garanzie ed impegni di firma� (14). 


Tale 
accezione 
e 
ampia 
del 
termine 
�finanziamenti�, 
in 
cui 
rientrano 
anche 
le 
concessioni 
di 
garanzia, 
si 
giustifica 
anche 
con 
il 
fatto 
che 
la 
Corte 
respinge 
l�idea 
secondo 
cui 
la 
diversa 
struttura 
di 
queste 
operazioni 
rispetto 
a 
quelle 
di 
erogazione 
diretta 
di 
danaro 
giustificherebbe 
un 
differente 
trattamento 
normativo 
sul 
piano 
del 
privilegio 
di 
cui 
all'art. 
9, 
comma 
5. 
�Nel 
caso 
di 
concessione 
di 
garanzia, 
l'intervento 
di 
sostegno 
pubblico 
comporta 
l'assunzione 
di 
un 
impegno 
negoziale 
diretto 
nei 
confronti 
del 
soggetto 
mutuante 
(�) 
che 
� 
impegno 
destinato 
a 
rimanere 
fermo 
pure 
in 
caso 
di 
"revoca" 
del 
beneficio 
al 
debitore 
principale� 
(15). 
Secondo 
la 
Suprema 
Corte, 
infatti, 
l'intervento 
di 
sostegno 
a 
mezzo 
di 
garanzia 
personale 
sembra 
proporre, 
per 
qualit�, 
una 
tipologia 
di 
ri


(12) Cfr., Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664. 
(13) 
In 
particolare 
viene 
fatto 
riferimento 
alla 
norma 
dell'art. 
47 
del 
testo 
unico 
bancario 
(rubricata 
"finanziamenti 
agevolati 
e 
gestione 
di 
fondi 
pubblici") 
che 
dispone 
che 
"tutte 
le 
banche 
possono 
erogare 
finanziamenti 
o prestare 
servizi 
previsti 
dalle 
vigenti 
leggi 
di 
agevolazione, purch� 
essi 
siano regolati 
da 
contratto con l'amministrazione 
pubblica 
competente 
e 
rientrino tra 
le 
attivit� 
che 
le 
banche 
possono 
svolgere 
in via 
ordinaria". A 
fianco di 
quella 
data 
dalle 
"operazioni 
di 
prestito" 
(e 
a 
fianco pure 
di 
una 
ulteriore 
e 
nutrita 
serie 
di 
attivit�, di 
diversa 
tipologia 
e 
struttura), tra 
queste 
attivit� 
"ordinarie" 
pure 
compare, infatti, quella 
costituita 
dal 
"rilascio di 
garanzie 
e 
di 
impegni 
di 
firma" 
(art. 1, comma 
2, lett. 
f. di 
detto testo unico). In secondo luogo viene 
richiamato, sempre 
a 
titolo esemplificativo, il 
"finanziamento 
destinato a 
uno specifico affare" 
di 
cui 
alla 
norma 
dell'art. 2447 decies 
c.c., �nel 
cui 
alveo la 
dottrina 
pacificamente 
ricomprende, 
oltre 
ai 
contratti 
di 
credito, 
le 
strutture 
negoziali 
di 
stampo 
partecipativo 
(dal 
c.d. mutuo parziario all'associazione 
in partecipazione, alla 
cointeressenza) e 
pure 
le 
operazioni 
di 
finanza 
strutturata 
(quali 
quelle 
di 
cartolarizzazione 
e 
quelle 
di 
leveraged)�. Ed infine 
la 
norma 
dell'art. 
106, comma 
1, del 
testo unico bancario, che, nel 
lungo elenco di 
operazioni, con cui 
la 
normativa 
secondaria 
d� 
corpo al 
lemma 
"finanziamento" 
di 
cui 
alla 
legge, compaiono operazioni 
di 
"rilascio di 
garanzie", 
di 
"acquisto 
di 
crediti 
a 
titolo 
oneroso", 
di 
"apertura 
di 
credito 
documentaria", 
di 
"avallo" 
e 
"girata" (cfr. D.M. Economia e finanze 2 aprile 2015, n. 53, art. 2). 
(14) In tal 
modo la 
Corte 
si 
pone 
in contrasto con l�interpretazione 
data 
all�espressione 
�finanziamenti� 
avallata 
dal 
Tribunale 
di 
Roma 
(Trib. Roma, sez. XvII, 10/01/2019, n. 579). Secondo tale 
impostazione, 
infatti, 
il 
riferimento 
contenuto 
nel 
quinto 
comma 
dell'art. 
9 
ai 
finanziamenti 
erogati 
avrebbe 
dovuto essere inteso come circoscritto alle sole ipotesi di erogazioni dirette di denaro. 
(15) Cfr., Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


schio 
imprenditoriale 
non 
dissimile 
da 
quella 
propriamente 
conseguente 
alla 
concessione 
dei 
mutui 
o 
comunque 
dalle 
erogazioni 
dirette 
di 
somme 
all'impresa 
beneficiaria, 
con 
obbligo 
di 
restituzione 
delle 
somme 
medesime. 


Concludendo 
per 
la 
sentenza 
2664 
del 
2019 
il 
privilegio 
trova 
la 
sua 
fonte 
nella 
legge, (per il 
principio espresso dalla 
norma 
dell'art. 2745 c.c.), la 
quale 
lo prevede 
in ragione 
della 
peculiare 
"causa" 
che 
lo viene 
a 
sorreggere. Pertanto, 
atteso il 
principio della 
tassativit� 
dei 
privilegi, che 
si 
atteggiano come 
deroga 
al 
principio 
della 
par 
condicio 
fra 
i 
creditori, 
l'ordinamento 
prevede 
un privilegio quando ritiene 
una 
data 
ragione 
di 
credito come 
portatrice 
di 
interessi 
particolarmente 
meritevoli 
di 
tutela 
e 
protezione. 
Dunque, 
�nel 
caso 
concreto, 
fonte 
del 
privilegio 
� 
la 
norma 
dell'art. 
9, 
comma 
5. 
Che 
lo 
riconosce 
appunto in ragione del sostegno pubblico che 
viene 
dato alle attivit� produttive, 
consegnandolo al 
garante, che 
ha pagato la banca garantita, in ragione 
del 
credito 
che 
questi 
vanta 
verso 
il 
debitore 
principale, 
in 
quanto 
destinatario 
finale 
del 
depauperamento 
patrimoniale 
connesso 
all'estinzione 
della 
relativa 
obbligazione�. Da 
ci� si 
evince 
che 
si 
tratta 
di 
un privilegio accordato solo al 
Garante 
e 
non 
alla 
Banca 
erogatrice 
dei 
mutui. 
Se 
il 
privilegio, 
infatti, 
afferisse 
(anche) 
alla 
banca, 
la 
previsione 
normativa 
sarebbe 
del 
tutto 
ingiustificata. 
Difatti 
� 
la 
concessione 
della 
garanzia 
che 
�ha 
propriamente 
causa 
nell'intervento 
di 
sostegno 
pubblico: 
sarebbe 
disparit� 
del 
tutto 
non 
giustificata, 
perci�, 
se 
l'intervento di 
garanzia non si 
giovasse 
del 
privilegio che 
pur 
assiste 
(nel 
contesto 
normativo 
del 
D.lgs. 
n. 
123 
del 
1998) 
le 
altre 
forme 
di 
intervento 
poste a sostegno pubblico delle attivit� produttive� 
(16). 


4. la sentenza del 26 giugno 2019 n. 1701. 
Chiude 
il 
cerchio 
interpretativo 
sul 
perimetro 
applicativo 
dell�art. 
9 
comma 
5 
del 
decreto 
123/98 
la 
sentenza 
del 
26 
giugno 
2019 
con 
cui 
la 
Suprema 
Corte 
si 
pone 
in linea 
di 
continuit� 
con la 
lettura 
dell�istituto data 
dalle 
precedenti 
pronunce, facendo proprie 
le 
motivazioni 
favorevoli 
e 
soffermandosi 
sui 
profili 
giustificavi 
della 
nascita 
del 
privilegio in capo a 
Sace 
caratterizzanti 
il procedimento di cui al d.lgs. del 1998. 


La 
pronuncia 
parte 
dal 
principio secondo cui 
il 
privilegio di 
cui 
all�art. 9, 
comma 
5, del 
d.lgs. n. 123 del 
1998 � 
destinato a 
valere 
non solo per i 
crediti 
restitutori 
da 
finanziamento, ma 
bens� 
per tutti 
quelli 
che 
sono esito di 
restituzione 
di 
erogazioni 
pubbliche 
in qualunque 
forma 
attuate. Tale 
assunto si 
giustifica 
in primo luogo per il 
fatto che 
la 
finalit� 
pubblica 
che 
� 
alla 
base 
del 
riconoscimento 
del 
privilegio 
accomuna 
sia 
le 
operazioni 
di 
diretta 
erogazione 
di 
denaro 
che 
quelle 
di 
concessione 
di 
una 
garanzia 
(i 
cc.dd. 
�crediti 
di 
firma�). 
Infatti 
da 
una 
interpretazione 
complessiva 
degli 
articoli 
del 
decreto citato si 
evince la disciplina di un disegno unitario tratteggiato dal legislatore. 

(16) In questi termini, Cass. civ., sez. I, 30/01/2019, n. 2664. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Si 
tratta 
di 
un progetto inteso alla 
realizzazione 
e 
riorganizzazione 
del-
l�intero settore 
che, mediante 
il 
sistema 
di 
revoca 
e 
restituzione 
previsto dal-
l�art. 9, realizza 
il 
recupero del 
sacrificio patrimoniale 
sopportato dallo Stato 
con l�ulteriore 
conseguenza 
di 
procurare 
altri 
fondi 
per interventi 
futuri 
finalizzati 
al medesimo scopo (17). 

vero destinatario del 
privilegio � 
fin dall�inizio il 
garante. Quest�ultimo 
infatti 
non 
mutua 
la 
propria 
posizione 
di 
creditore 
privilegiato 
dalla 
Banca 
garantita. 
� 
infatti, 
il 
garante 
ad 
essere 
il 
�destinatario 
finale 
del 
depauperamento 
patrimoniale connesso all�estinzione della relativa obbligazione� (18). 

La 
Corte 
ritorna, 
inoltre, 
sulla 
natura 
della 
fase 
patologica 
dell�intervento 
che 
comporta 
l�eventuale 
revoca 
dello stesso. Sulla 
scorta 
delle 
osservazioni 
gi� 
sviluppate 
dalle 
pronunce 
precedenti, si 
afferma 
che 
la 
normativa 
di 
cui 
all�art. 
9 
si 
riferisce 
non 
solo 
alle 
patologie 
relative 
alla 
fase 
genetica 
dell�erogazione 
pubblica, ma 
anche 
a 
quella, successiva, della 
gestione 
del 
rapporto 
di 
credito 
insorto 
in 
seguito 
alla 
concessione 
e 
per 
la 
quale 
viene 
in 
rilievo 
l�inadempimento dell�obbligo di 
pagamento delle 
rate 
del 
mutuo (19). La 
revoca 
comporta 
da 
parte 
della 
P.A. un mero accertamento circa 
il 
venir meno 
del 
presupposto previsto dalla 
legge 
per la 
concessione 
del 
beneficio, e 
se 
ne 
ribadisce dunque la natura meramente dichiarativa. 

L�accertamento, 
pertanto, 
non 
� 
frutto 
di 
una 
valutazione 
discrezionale 
perch� 
l�Amministrazione 
si 
limita 
ad accertare 
il 
venir meno di 
un presupposto 
gi� 
previsto 
in 
modo 
puntuale 
dalla 
legge, 
senza 
che 
l�atto 
di 
revoca 
abbia 
a 
possedere 
una 
qualche 
valenza 
costitutiva 
e 
rimanendo perci� opponibile 
alla 
massa 
anche 
se 
intervenuto 
a 
seguito 
della 
sentenza 
dichiarativa 
del 
fallimento 
dell�impresa 
beneficiaria 
inadempiente. 
Di 
conseguenza 
nessuna 
rilevanza, 
ai 
fini 
del 
soddisfacimento 
del 
credito, 
potr� 
avere 
la 
circostanza 
che 
la 
presentazione 
del 
ricorso sia 
successiva 
rispetto a 
quella 
degli 
altri 
creditori 
concorrenti (20). 


La 
Suprema 
Corte 
ribadisce 
la 
linea 
interpretativa 
della 
decisione 
del 
gennaio 
2019, soffermandosi 
sulla 
natura 
pubblica 
dei 
fondi 
erogati. Nel 
procedimento, 
il 
rilascio dell�impegno in garanzia 
nei 
confronti 
del 
creditore, con 
relativa 
manleva 
del 
debitore 
principale, costituisce 
�il 
vero presupposto del 
privilegio diretto a segnarne, con la nascita, il 
tempo stesso della sua opponibilit� 
ai crediti dei terzi, creditori concorrenti� 
(21) . 


Prima 
di 
chiudere 
sar� 
necessario evidenziare 
che 
il 
credito SACE, parte 
ricorrente 
della 
decisione 
in commento, nasce 
privilegiato anche 
perch� 
sono 


(17) 
In 
tal 
senso, 
Cass. 
civ., 
sez. 
I, 
26/06/2019, 
n. 
17101, 
che 
richiama 
Cass. 
2664/2019, 
cit. 
(pag. 
13 
ss.). 
(18) Cass., 2664/2019, cit., pag. 17. 
(19) Cos� sentenza del 26/06/2019, cit., richiamando 2664/2019, cit., e 9926/2018, cit. 
(20) Cos� sentenza del 26/06/2019, pp. 10 s. 
(21) In tal senso sentenza del 26/06/2019, cit., pp. 10 s. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


la 
stessa 
natura 
dell�ente 
quale 
impresa 
pubblica 
(cfr. art. 2, lettera 
b, della 
direttiva 
2006/111/Commissione 
Europea, nonch� 
sentenza 
Corte 
Europea, 25 
giugno 
2015, 
proc. 
305-13) 
ma 
soprattutto 
la 
sua 
funzione 
istituzionale 
ad 
imporgli 
di 
muoversi 
all�interno della 
disciplina 
del 
decreto 123/1998, che 
riconosce 
chiaramente 
questo 
tipo 
di 
privilegio 
agli 
interventi 
rientranti 
nell�attivit� di sostegno pubblico alle imprese. 

Si 
rammenta 
infatti 
che 
SACE 
svolge 
istituzionalmente 
attivit� 
di 
assicurazione 
e 
garanzia 
dei 
rischi 
ai 
quali 
sono 
esposti 
gli 
operatori 
nazionali 
nella loro attivit� di internazionalizzazione. 


I 
suoi 
interventi 
-effettuati 
con 
fondi 
pubblici 
nell�ambito 
dei 
plafond 
annualmente 
previsti 
dalla 
Legge 
Finanziaria 
-sono 
volti 
al 
rilascio 
di 
una 
garanzia 
per il 
rischio di 
mancato rimborso di 
finanziamenti 
erogati 
alle 
piccole 
e 
medie 
imprese 
e 
che, soprattutto, beneficia 
della 
controgaranzia 
dello Stato 
italiano (art. 11 quinquies, quarto comma, d.l. 35/2005). 


Le 
garanzie 
SACE 
hanno lo scopo di 
agevolare 
la 
crescita 
di 
piccole 
e 
medie 
imprese, assicurando gli 
operatori 
nazionali 
nei 
loro progetti 
di 
internazionalizzazione. 


Dunque, al 
pari 
di 
ogni 
altro intervento di 
supporto pubblico teso ad incentivare 
lo 
sviluppo 
di 
attivit� 
produttive, 
sono 
rilasciate 
in 
presenza 
dei 
presupposti 
ed ai sensi del citato d.lgs. n. 123/1998. 

� 
opportuno 
ricordare, 
che 
la 
giurisprudenza 
e 
la 
dottrina 
dominanti 
hanno ormai 
abbandonato la 
definizione 
classica 
e 
statica 
di 
Pubblica 
Amministrazione 
in favore 
di 
una 
nozione 
a 
geometria 
variabile 
che 
vede 
pacificamente 
convivere 
una 
Amministrazione 
divisa 
per 
Ministeri 
con 
una 
Amministrazione 
che 
opera 
con 
forme 
di 
tipo 
privatistico, 
cui 
il 
legislatore 
consente 
di 
operare 
attraverso moduli 
di 
diritto privato per il 
raggiungimento 
dell�interesse pubblico. 


In conclusione, come 
correttamente 
evidenziato nella 
decisione 
in commento 
il 
credito di 
Sace 
nasce 
fin dall�origine 
privilegiato. Il 
privilegio accordato 
dall�art. 
9, 
comma 
5 
non 
trova, 
la 
sua 
fonte 
n� 
nella 
surrogazione 
nei 
diritti 
della 
Banca, a 
seguito dell�inadempimento del 
creditore 
principale, n� 
a 
seguito della 
revoca 
degli 
interventi 
ex 
art. 9, comma 
1. Da 
ci� ne 
consegue 
che 
anche 
l�eventuale 
apertura 
di 
una 
procedura 
di 
concordato 
preventivo 
della 
societ� 
beneficiaria 
lascia 
impregiudicato 
il 
diritto 
di 
credito 
del 
garante 
Sace, 
in quanto sorto antecedentemente 
all�apertura 
della 
procedura 
e 
munito, nella 
sua natura pubblica, da privilegio 
ex lege 
(22). 


(22) Cos� sentenza del 26/06/2019, cit., p. 12. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Cassazione 
civile, sezione 
I, sentenza 26 giugno 2019 n. 17101 -Pres. M.C. Giancola, rel. 


L. Scalia. 
(..) il 
Tribunale 
di 
Modena, respingendo la 
domanda 
di 
S.A.C.E. - Servizi 
Assicurativi 
per 
il 
Commercio 
Estero 
S.p.A., 
d'ora 
in 
poi 
solo 
S.A.C.E., 
dichiarava 
chirografario 
il 
credito 
dalla prima vantato nei confronti di EDUE ITALIA S.p.A. 


veniva 
in 
tal 
modo 
rigettata 
la 
richiesta 
di 
accertamento 
del 
privilegio 
di 
cui 
all'art. 
9, 
comma 
5, 
d.lgs. 
n. 
123 
dei 
1998 
proposta 
da 
S.A.C.E. 
sul 
credito 
da 
restituzione 
dell'intervento 
di 
sostegno pubblico alle 
imprese 
che 
aveva 
maturato avverso la 
convenuta 
in surroga 
delle 
ragioni 
dell'istituto mutuante, in esito all'intervenuto pagamento, in qualit� 
di 
garante, della 
Cassa di Risparmio di Bologna, istituto finanziatore dell'impresa. 


Giusta 
missive 
del 
10 e 
30 settembre 
2009, notificate 
al 
commissario giudiziale 
della 
procedura 
di 
concordato preventivo a 
cui 
l'impresa 
beneficiata 
era 
stata 
ammessa, SACE 
aveva 
esercitato la 
revoca 
dell'intervento di 
sostegno, consistito nella 
garanzia 
all'istituto mutuante 
della 
restituzione 
di 
mutuo di 
scopo concesso all'impresa 
e 
vincolato al 
sostegno pubblico al-
l'attivit� d� internazionalizzazione. 


Il 
Tribunale 
aveva 
concluso 
nel 
senso 
della 
natura 
chirografaria 
del 
credito, 
nell'apprezzata 
indole 
privatistica 
del 
rapporto tra 
impresa 
ed attrice, da 
inquadrarsi 
nella 
surroga 
e 
nel 
regresso 
del 
garante 
nei 
termini 
del 
diverso art. 7 d.lgs. cit., nella 
offerta 
precisazione 
che 
il 
privilegio 
azionato 
si 
sarebbe 
applicato 
al 
credito 
da 
restituzione 
dei 
finanziamenti 
erogati 
e 
non 
anche alle prestazioni di garanzia. 


2. 
La 
Corte 
di 
appello 
di 
Bologna 
con 
sentenza 
del 
10 
gennaio 
2014 
confermava 
l'ordinanza 
impugnata, 
nell'assorbente 
ritenuto 
rilievo 
che, 
ai 
fini 
del 
riconoscimento 
del 
privilegio, 
S.A.C.E. avrebbe 
dovuto dimostrare 
l'esistenza 
dei 
presupposti 
applicativi 
della 
revoca, nella 
specie 
ritenuti 
non sussistenti 
perch� 
non integrati 
dalla 
mancata 
restituzione 
del 
prestito alle 
scadenze 
pattuite 
e 
dalla 
conseguente 
erogazione 
della 
garanzia, vicende, queste 
ultime, apprezzate 
come 
di 
mero 
rilievo 
civilistico 
ed 
in 
siffatte 
forme 
tutelabili, 
in 
quanto 
non 
integranti 
�deviazione dallo scopo�. 
L'art. 
168, 
ultimo 
comma, 
l. 
fall. 
avrebbe, 
in 
ogni 
caso, 
reso 
non 
opponibile 
ai 
creditori 
concorrenti, una 
volta 
aperto il 
concordato preventivo, il 
privilegio azionato, e 
tanto nell'osservanza 
anche 
del 
disposto 
di 
cui 
all'art. 
9 
d.lgs. 
n. 
123 
del 
1998 
che, 
istitutivo 
della 
garanzia, 
faceva 
salvi 
i 
diritti 
preesistenti 
dei 
terzi, tra 
i 
quali 
dovevano intendersi 
ricompresi 
quelli 
dei 
creditori concorrenti prima dell'atto unilaterale di revoca. 


3. Avverso l'indicata sentenza ricorre in cassazione S.A.C.E. con cinque motivi. 
Resiste con controricorso Edue Italia S.r.l., in liquidazione e concordato preventivo. 
All'esito di 
adunanza 
camerale 
il 
ricorso � 
stato rimesso all'odierna 
udienza 
pubblica 
per il 
rilievo delle questioni sottese al giudizio. 
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa. 


RaGIonI Della DeCIsIone 


1. Con il 
primo motivo la 
ricorrente 
denuncia 
l'omessa 
motivazione 
su un punto decisivo 
della 
controversia 
con riferimento all'art. 360, comma 
1, n. 5 cod. proc. civ., non avendo la 
Corte 
di 
appello motivato sul 
perch�, l� 
dove 
l'impresa 
beneficiata 
non riesca 
a 
restituire 
le 
somme 
erogate 
a 
sostegno della 
produttivit�, non vi 
sarebbe 
spazio per una 
revoca 
del 
beneficio, 
nell'operato rilievo che 
il 
soggetto che 
ha 
erogato il 
prestito ed il 
garante 
resterebbero 
tutelati 
dalle 
sole 
norme 
civilistiche 
non 
registrandosi 
per 
l'indicata 
fattispecie 
una 
deviazione 
dal mutuo di scopo, legittimante la revoca. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


La 
posizione 
di 
S.A.C.E. sarebbe 
stata 
erroneamente 
apprezzata 
quale 
quella 
di 
un garante 
che 
secondo 
le 
ordinarie 
regole 
civilistiche 
si 
sarebbe 
surrogato 
ai 
diritti 
del 
garantito, 
l'istituto 
di 
credito 
erogatore 
delle 
somme, 
senza 
poter 
beneficiare 
di 
alcun 
privilegio 
e 
tanto 
nonostante 
i 
contenuti 
della 
Convenzione 
intercorsa 
tra 
garante 
ed 
istituto 
di 
credito 
e 
del 
mutuo 
contratto 
dal beneficiario con l'istituto erogatore. 


2. Con il 
secondo motivo si 
fa 
valere 
la 
violazione 
dell'art. 360, comma 
1, n. 3 cod. proc. 
civ. con riferimento alle norme sulla interpretazione dei contratti. 
La 
mera 
lettura 
della 
Convenzione 
stipulata 
il 
28 novembre 
2005 tra 
la 
banca 
e 
S.A.C.E. 
ed il 
contratto di 
mutuo del 
18 aprile 
2007 avrebbe 
fatto emergere 
che 
l'escussione 
della 
garanzia 
era 
connessa, 
per 
comune 
volont� 
delle 
parti, 
al 
mancato 
pagamento 
delle 
rate 
di 
mutuo, 
senza 
che 
rilevasse 
il 
raggiungimento, 
o 
meno, 
dello 
scopo 
per 
il 
quale 
il 
mutuo 
era 
stato 
concesso. 


L'omesso pagamento di 
una 
rata 
di 
mutuo sarebbe 
stata 
una 
delle 
motivazioni 
poste 
a 
base 
della 
revoca 
del 
beneficio da 
valere 
insieme, per espressa 
previsione 
contenuta 
nella 
lettera 
di manleva, al mancato adempimento degli obblighi di comunicazione. 


3. Con il 
terzo motivo si 
deduce 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
di 
norme 
di 
diritto ex art. 
360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in relazione agli artt. 1, 7 e 9 d.lgs. n. 123 del 1998. 
La 
corretta 
interpretazione 
delle 
norme 
in evidenza 
avrebbe 
dovuto condurre 
la 
Corte 
territoriale 
a 
ritenere 
ricompresi 
tra 
i 
benefici 
derivanti 
dalla 
normativa 
di 
settore 
anche 
la 
concessione 
di garanzia oltre che l'erogazione diretta di una somma di denaro. 


Si 
sarebbe 
verificata 
una 
delle 
situazioni 
ex art. 9 dlgs. cit. incidenti 
sulla 
veridicit� 
della 
dichiarazione, resa 
dalla 
garantita, di 
insussistenza 
di 
situazioni 
tali 
da 
dare 
diritto ai 
terzi 
di 
dichiarare 
la 
decadenza 
dal 
beneficio 
del 
termine 
o 
di 
esercitare 
la 
risoluzione 
o 
il 
recesso 
anche per situazioni di insolvenza o di sottoposizione a procedure di insolvenza. 


4. 
Con 
il 
quarto 
motivo 
si 
fa 
valere 
violazione 
di 
legge 
ex 
art. 
360, 
comma 
1, 
n. 
3 
cod. 
proc. civ. in relazione all'art. 168, comma 3, l. falI. 
La 
Corte 
di 
merito avrebbe 
erroneamente 
ritenuto che 
la 
disposizione 
di 
cui 
all'art. 168 l. 
fall., dettata 
a 
tutela 
della 
par 
condicio creditorum 
e 
per la 
quale 
�i creditori 
non possono acquistare 
diritti 
di 
prelazione 
con efficacia rispetto ai 
creditori 
concorrenti, salvo che 
vi 
sia 
autorizzazione 
del 
giudice 
nei 
casi 
previsti 
dall'articolo 
precedente�, 
si 
ponesse 
come 
ostativa 
al riconoscimento del privilegio di cui al comma 5 dell'art. 9 d.lgs. n. 123 del 1998. 


operandosi 
una 
lettura 
combinata 
dell'art. 
168 
cit. 
e 
del 
precedente 
art. 
167 
-che 
assoggetta 
all'autorizzazione 
del 
giudice 
l'acquisto 
di 
diritti 
d� 
prelazione 
e, 
in 
genere, 
il 
compimento 
degli 
atti 
di 
straordinaria 
amministrazione, 
pena, 
in 
difetto 
della 
prima 
l'inefficacia 
dei 
secondi 


-si 
deduce 
che 
tanto dovrebbe 
valere, a 
maggior ragione, quando fosse 
stata 
la 
legge 
stessa 
a 
segnare 
la 
nascita 
del 
diritto 
di 
prelazione, 
nella 
conseguente 
apprezzabile 
superfluit� 
dell'autorizzazione 
del giudice. 
5. Con il 
quinto motivo si 
deduce 
la 
violazione 
di 
legge 
ex art. 360, comma 
1, n. 3 cod. 
proc. 
civ. 
in 
relazione 
all'art. 
9, 
comma 
5, 
d.lgs. 
n. 
123 
del 
1998; 
l'interpretazione 
della 
norma 
offerta 
dall'impugnata 
sentenza 
avrebbe 
impedito 
della 
prima 
ogni 
applicazione 
con 
il 
ritenere 
che 
tra 
i 
terzi 
i 
cui 
preesistenti 
diritti 
sono fatti 
salvi 
dal 
comma 
5 sono compresi 
anche 
i 
creditori 
del beneficiario. 
La 
disposizione 
in questione 
determina 
il 
sorgere 
di 
un privilegio per il 
recupero del 
beneficio 
revocato che deve necessariamente incidere sui diritti preesistenti degli altri creditori. 


6. Deve 
darsi 
congiunta 
trattazione 
a 
tutti 
i 
proposti 
motivi 
di 
ricorso che, tra 
loro strettamente 
connessi, propongono una 
condivisibile 
lettura 
dell'istituto del 
privilegio di 
cui 
all'art. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


9, comma 
5, del 
d.lgs. n. 123 del 
1998 - dettato per la 
razionalizzazione 
degli 
interventi 
di 
sostegno 
pubblico 
alle 
imprese 
a 
norma 
dell'articolo 
4, 
comma 
4, 
lettera 
c), 
della 
legge 
15 
marzo 
1997, n. 59, che, ricomprendendo nell'area 
dei 
crediti 
privilegiati 
quelli 
"nascenti 
dai 
finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto legislativo" 
-, destinata 
a 
valere 
non solo per i 
crediti 
restitutori 
da 
finanziamento, ma 
per tutti 
quelli 
che 
sono esito di 
restituzione 
di 
erogazioni 
pubbliche in qualunque forma attuate. 


La 
natura 
di 
credito dello Stato a 
cui 
si 
correla 
l'interesse 
pubblico al 
suo soddisfacimento 
d� 
giustificazione 
dell'esistenza 
stessa 
del 
privilegio e 
della 
sua 
operativit� 
in deroga 
alla 
par 
condicio creditorum 
di cui all'art. 2741 cod. civ. 


6.1. La 
direttrice 
lungo la 
quale 
muove 
il 
proposto ricorso � 
infatti 
quella 
per la 
quale 
il 
privilegio di 
cui 
all'art. 9, comma 
5, d.lgs. 123/1998 resta 
finalizzato a 
sostenere 
tutti 
gli 
interventi 
di 
cui 
al 
precedente 
art. 7 del 
medesimo decreto e 
quindi 
non solo quelli 
alle 
imprese 
che 
si 
traducano in una 
diretta 
erogazione 
del 
credito, sia 
esso in conto capitale 
o interessi, 
ma 
anche 
gli 
interventi 
in garanzia, in quanto comunque 
integrativi 
di 
una 
forma 
di 
sostegno 
pubblico alle 
attivit� 
produttive 
e 
destinati 
ad affermarsi 
nei 
termini 
di 
cui 
all'art. 2745 cod. 
civ., 
con 
prevalenza 
sui 
crediti 
chirografari 
in 
procedure 
fallimentari 
o 
comunque 
segnate 
dalla regola della 
par condicio creditorum. 
6.2. 
La 
struttura 
dell'operazione 
di 
concessione 
della 
garanzia, 
destinata 
ad 
operare 
al-
l'escussione 
del 
creditore 
garantito, la 
banca 
che 
abbia 
erogato il 
finanziamento all'impresa 
e 
la 
capacit� 
della 
revoca 
del 
beneficio di 
ricomprendere 
non solo vicende 
connesse 
alla 
fase 
genetica 
di 
riconoscimento del 
beneficio all'impresa, ma 
anche 
quelle 
relative 
alla 
gestione 
del 
rapporto e 
per la 
quale 
viene 
in considerazione 
l'eventuale 
inadempimento nel 
pagamento 
delle 
rate 
del 
finanziamento, valgono compiutamente 
a 
definire 
nella 
critica 
contenuta 
in ricorso, 
in adesione 
ai 
pi� recenti 
approdi 
della 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
di 
legittimit�, 
l'operativit�, piena, dell'istituto. 
7. 
La 
deduzione 
difensiva 
che 
sostiene 
l'invocata 
lettura 
della 
norma 
a 
cui 
si 
accompagnano, 
quale 
portato, 
gli 
ulteriori 
delineati 
temi 
su 
finalit� 
e 
composizione 
dell'operazione 
di 
garanzia, 
in un quadro di 
sostegno alle 
imprese 
nell'attivit� 
di 
internazionalizzazione 
di 
cui 
al 
d.lgs. n. 
123 del 1998, � fondata. 
8. va 
data, in tal 
senso, continuit� 
applicativa 
ai 
principi 
di 
cui 
questa 
Corte 
di 
legittimit� 
si 
� 
gi� 
fatta 
portatrice 
in 
pi� 
recenti 
pronunciamenti 
nei 
quali, 
chiamata 
a 
determinarsi 
su 
contenuti 
e 
termini 
di 
applicabilit� 
del 
privilegio di 
cui 
all'art. 9, comma 
5, d.lgs. n. 123 cit. 
alle 
operazioni 
di 
sostegno pubblico all'impresa 
e 
sulla 
posizione 
goduta 
dai 
crediti 
derivati 
in sede 
fallimentare 
e 
nelle 
procedure 
concorsuali 
in genere, ha 
ritenuto che 
la 
finalit� 
pubblica, 
giustificativa, ai 
sensi 
dell'art. 2745 cod. civ., della 
natura 
privilegiata 
del 
credito accomuna 
sia 
le 
operazioni 
di 
diretta 
erogazione 
di 
denaro 
che 
quelle 
di 
concessione 
di 
una 
garanzia, integrative dei cdd. "crediti di firma". 
Si 
� 
cos� 
evidenziato, in modo condivisibile, nelle 
diverse 
forme 
di 
intervento pubblico in 
favore 
delle 
attivit� 
produttive 
l'espressione 
di 
un disegno unitario, inteso alla 
razionalizzazione 
e 
riorganizzazione 
dell'intero settore, che 
attraverso il 
sistema 
della 
revoca 
e 
della 
restituzione 
previsto 
dall'art. 
9 
d.lgs. 
cit. 
realizza, 
con 
l'assorbimento 
ed 
il 
recupero 
del 
sacrificio 
patrimoniale 
sopportato dal 
sostegno pubblico, l'effetto di 
procurare 
la 
provvista 
per ulteriori 
e 
futuri 
interventi 
di 
sostegno della 
produzione 
secondo quanto significativamente 
dispone 
il 
comma 
6 del 
medesimo art. 9 (Cass. 30/01/2019 n. 2664, pp. 13 e 
ss. della 
motivazione 
che 
richiama, per l'indicata 
finalit�, Cass. n. 21841 del 
2017, Cass. n. 17111 del 
2015 e 
Cass. n. 
9926 del 2018; Cass. n. 14915/2019 non massimata, p. 8). 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


8.1. 
Alla 
struttura 
delle 
due 
operazioni 
l'una 
di 
erogazione 
di 
credito 
diretto 
e 
l'altra 
di 
concessione 
di 
garanzia 
personale 
nei 
confronti 
del 
terzo, entrambe 
assentite 
da 
privilegio ex art. 
9, comma 
5, d.lgs. cit., corrisponde 
una 
medesima 
tipologia 
di 
rischio imprenditoriale 
in misura 
che 
pu� essere 
finanche 
superiore, come 
accade 
in caso di 
contributo in conto interessi 
dove il rischio non comprende la sorte capitale (Cass. n. 2664 cit. p. 15, par. 11.5.). 
Il 
garante, che 
non mutua 
la 
propria 
posizione 
privilegiata 
dal 
creditore 
garantito, diviene 
egli 
stesso 
destinatario 
del 
privilegio 
in 
quanto 
in 
seguito 
alla 
sua 
escussione 
da 
parte 
del-
l'istituto erogante 
in ragione 
del 
credito da 
questo vantato verso il 
debitore 
principale, integra 
la 
posizione 
di 
"destinatario finale 
del 
depauperamento patrimoniale 
connesso all'estinzione 
della relativa obbligazione" 
(Cass. 2664 cit. p. 17 par. 11.7) realizzando, a 
seguito dell'escussione 
e 
surrogandosi 
al 
creditore 
banca, la 
funzione 
perseguita 
dall'indicata 
normativa 
(Cass. 
2664 cit., p. 17). 


8.2. 
Resta 
fermo 
l'ulteriore 
rilievo 
operato 
dalla 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
per 
il 
quale 
la 
normativa 
di 
cui 
all'art. 9 d.lgs. cit. si 
riferisce 
non solo alle 
patologie 
relative 
alla 
fase 
genetica 
dell'erogazione 
pubblica, ma 
anche 
a 
quella, successiva, della 
gestione 
del 
rapporto di 
credito insorto in seguito alla 
concessione 
e 
per la 
quale 
viene 
in rilievo l'inadempimento all'obbligo 
di 
pagamento delle 
rate 
di 
mutuo (Cass. n. 2664 cit. e 
Cass. n. 9926 del 
2018), nella 
infondatezza 
della 
tesi 
che 
riconduce 
la 
revoca 
ad una 
pretesa 
a 
matrice 
sanzionatoria 
delle 
condotte dell'impresa beneficiata (Cass. nn. 9926 e 2664 citt.). 
9. Quanto al 
profilo del 
ricorso che 
pi� propriamente 
attiene 
alle 
condizioni, integrate 
le 
quali 
pu� 
darsi 
prevalenza 
al 
credito 
di 
specie 
rispetto 
a 
quelli 
concorrenti 
della 
procedura 
fallimentare, o equiparate, a 
fronte 
del 
disposto dell'art. 168 della 
legge 
fallimentare 
che 
al 
terzo 
comma 
sancisce 
l'inefficacia 
delle 
cause 
di 
prelazione 
"acquisite" 
dopo 
la 
presentazione 
del 
ricorso, ritiene 
questo Collegio di 
condividere 
le 
ragioni 
gi� 
esposte 
sul 
punto dalla 
giurisprudenza 
di legittimit�, nei termini che seguono. 
La 
revoca 
di 
cui 
all'art. 9 d.lgs. n. 123 del 
1998 comporta 
da 
parte 
dell'Amministrazione 
un mero accertamento circa 
il 
venir meno del 
presupposto previsto dalla 
legge 
per la 
concessione 
del 
beneficio, 
per 
un'attivit� 
a 
cui 
resta 
estranea, 
pertanto, 
ogni 
valutazione 
discrezionale 
e 
che 
resta, 
come 
tale, 
opponibile 
alla 
massa 
anche 
se 
intervenuta 
dopo 
la 
sentenza 
dichiarativa 
del 
fallimento dell'impresa 
beneficiaria 
senza 
che, per l'effetto, rilevi 
ai 
fini 
del 
soddisfacimento 
del credito la posteriorit� della presentazione del ricorso rispetto agli altri creditori. 


La 
causa 
del 
credito, 
che 
assiste 
ai 
sensi 
dell'art. 
2745 
cod. 
civ. 
il 
privilegio, 
rinviene 
il 
proprio 
fondamento 
nella 
concessione 
dell'intervento 
pubblico, 
consista 
questo 
nell'erogazione 
diretta 
del 
credito o in altra 
forma 
di 
intervento, e 
nella 
peculiare 
natura 
pubblica, data 
dal-
l'erogazione 
di 
fondi 
pubblici, fa 
s� 
che 
assuma 
rilievo il 
procedimento di 
erogazione 
del 
contributo. 


In siffatto procedimento si 
inserisce 
il 
rilascio dell'impegno in garanzia 
nei 
confronti 
del 
creditore 
con relativa 
manleva 
del 
debitore 
principale 
che 
� 
vero presupposto del 
privilegio 
(Cass. 2664 cit., pp. 21 e 
22) diretto a 
segnarne, con la 
nascita, il 
tempo stesso della 
sua 
opponibilit� 
ai crediti dei terzi, creditori concorrenti. 


Ferma 
la 
puntualizzazione 
che 
la 
banca 
erogatrice 
se 
si 
avvantaggia 
dell'intervento pubblico, 
potendo approfittare 
della 
garanzia 
cos� 
prestata, essa 
per� non prende 
in alcun modo 
parte 
allo svolgimento di 
quest'intervento, colto il 
�senso finale 
della figura della surroga� 
in �quello di 
dar 
vita a uno strumento idoneo a apportare 
al 
solvens 
eventuali 
"vantaggi" 
e 
tutele ulteriori rispetto a quelli propriamente connessi al regresso" 
(Cass. 2664 cit.). 


La 
disposizione 
di 
legge 
qualifica 
la 
posizione 
del 
garante, 
che 
ha 
pagato, 
in 
termini 
di 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


semplice 
�rivalsa� ovvero di 
�regresso�, in tal 
modo individuando il 
soggetto che 
ha 
comunque 
diritto di 
recuperare 
dal 
debitore 
finale 
quanto per lui 
pagato, dal 
debitore 
finale 
che 
� 
colui 
su cui 
deve 
ricadere 
il 
depauperamento patrimoniale 
conseguente 
alla 
indicata 
operazione 
nella rilevata sussistenza di un debito. 


10. Si 
tratta 
di 
principi 
di 
diritto ribaditi 
con la 
recentissima 
ordinanza 
di 
questa 
Corte 
n. 
14915/2019 
anche 
sotto 
il 
cono 
di 
previsione 
di 
cui 
all'art. 
8-bis, 
comma 
3, 
della 
legge 
24 
marzo 
2015, 
n. 
33, 
di 
"Conversione 
in 
legge, 
con 
modificazioni, 
del 
decreto-legge 
24 
gennaio 
2015, n. 3, recante misure urgenti per il sistema bancario e gli investimenti". 
Nella 
persuasivit� 
dell'argomento adottato per il 
quale 
l� 
dove, l'art. 8-bis 
cit. prevede 
che 
"il 
diritto alla restituzione, nei 
confronti 
del 
beneficiario finale 
e 
dei 
terzi 
prestatori 
di 
garanzie, 
delle 
somme 
liquidate 
a titolo di 
perdite 
dal 
Fondo di 
garanzia di 
cui 
all'articolo 2, 
comma 100, lettera a), della legge 
23 dicembre 
1996, n. 662, costituisce 
credito privilegiato 
e 
prevale 
su ogni 
altro diritto di 
prelazione, da qualsiasi 
causa derivante 
ad eccezione 
del 
privilegio 
per 
spese 
di 
giustizia 
e 
di 
quelli 
previsti 
dall'articolo 
2751-bis 
del 
codice 
civile, 
fatti 
salvi 
i 
precedenti 
diritti 
di 
prelazione 
spettanti 
a terzi", esso non va 
considerato n� 
come 
una 
disposizione 
di 
interpretazione 
autentica, e 
dunque 
retroattiva, n� 
come 
disposizione 
innovativa, 
trattandosi 
invece 
di 
disposizione 
meramente 
confermativa 
del 
regime 
gi� 
vigente 


(n. 14915 cit. sub 
par. 14), ricostruito nei termini sopra cennati. 
11. In via conclusiva. 
In 
ragione 
dell'epoca 
il 
28 
novembre 
2005 
della 
convezione 
conclusa 
da 
S.A.C.E. 
con 
l'istituto 
di 
credito nell'ambito di 
operazioni 
di 
sostegno alle 
imprese 
e 
della 
lettera 
di 
manleva 
emessa 
il 
5 aprile 
2007 da 
S.A.C.E. in favore 
della 
Societ� 
Edue 
Italia, per le 
obbligazioni 
nascenti 
dal 
mutuo 
stipulato 
il 
successivo 
18 
aprile 
2007 
con 
la 
CARISBo, 
vincolato 
allo 
scopo di 
sostegno alla 
attivit� 
di 
internazionalizzazione 
dell'impresa, nell'intervenuta 
escussione 
della 
garanzia 
da 
parte 
dell'istituto 
di 
credito, 
con 
surroga 
di 
S.A.C.E. 
il 
28 
ottobre 
2008, 
l'apertura 
della 
procedura 
di 
concordato preventivo della 
Edue 
Italia 
per decreto del 
9 giugno 
2008 
del 
Tribunale 
di 
Modena 
lascia 
impregiudicato 
il 
diritto 
di 
credito 
della 
garante 
S.A.C.E. 
in 
quanto 
accordato 
in 
data 
precedente 
all'apertura 
della 
procedura 
ed 
assistito, 
nella 
sua 
natura 
pubblica, da privilegio ex 
legge. 


12. Gli 
indicati 
presupposti 
di 
fatto, integrati 
agli 
atti, lasciano pieno a 
questo Collegio il 
potere 
di 
decidere 
il 
merito 
della 
vicenda 
in 
esame, 
ai 
sensi 
dell'art. 
384, 
comma 
2, 
ultima 
parte, 
cod. 
proc. 
civ., 
e 
di 
cassare, 
in 
accoglimento 
del 
ricorso, 
nei 
sensi 
di 
cui 
alla 
motivazione 
che 
precede, 
l'impugnata 
sentenza 
dichiarando 
il 
credito 
di 
S.A.C.E. 
S.p.A. 
privilegiato 
ex 
art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123 del 1998. 
13. Le 
spese 
di 
lite 
restano compensate 
tra 
le 
parti 
nella 
novit� 
della 
questione 
oggetto del 
giudizio. 
P.Q.M. 
Accoglie 
il 
ricorso, 
cassa 
la 
sentenza 
impugnata 
e, 
decidendo 
nel 
merito, 
dichiara 
il 
credito 
di S.A.C.E. S.p.A. privilegiato ex 
art. 9, comma 5, d.lgs. n. 123 del 1998. 


Compensa tra le parti le spese di lite. 


Cos� deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio 2019. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


sentenza Aemilia: il 
tribunale riconosce la 
valenza eversiva dell�associazione mafiosa �locale� 


NotA 
A 
tribUNAle 
Di 
reggio 
eMiliA, SeNteNzA 
31 ottobre 
2018 N. 1155 


Giacomo Cotti * 


SoMMArio: 1. introduzione 
- 2. la costituzione 
di 
parte 
civile 
dello Stato-ordinamento 


-3. lo Stato come 
parte 
civile 
nei 
processi 
per 
associazione 
a delinquere 
di 
tipo mafioso in 
giurisprudenza e 
dottrina - 4. il 
metodo mafioso: la questione 
della c.d. �mafia silente� 
- 5. 
la 'ndrangheta emiliana - 6. il 
risarcimento del 
danno non patrimoniale 
riconosciuto allo 
Stato-ordinamento: la valenza eversiva dell�associazione mafiosa - 7. Conclusioni. 
1. introduzione. 
Il 
18 
luglio 
2019 
il 
Tribunale 
di 
Reggio 
Emilia 
ha 
provveduto 
al 
deposito 
delle 
motivazioni 
della 
sentenza 
n. 
1155 
del 
31 
ottobre 
2018, 
c.d. 
Aemilia, 
ponendo 
cos� 
la 
parola 
fine 
al 
primo 
grado 
di 
quello 
che 
� 
stato 
efficacemente 
definito 
come 
�il 
pi� 
grande 
processo� 
mai 
celebrato 
�contro 
la 
'ndrangheta� 
(1). 


La 
pronuncia 
in commento non � 
certo il 
primo procedimento per mafia 
al 
Nord, n� 
il 
primo avente 
ad oggetto cosche 
presenti 
(anche) in Emilia-Romagna, 
essendo 
stato 
anzi 
preceduto 
da 
diversi 
rilevanti 
precedenti 
giudiziari, 
richiamati 
in motivazioni 
(2), tanto che 
la 
stessa 
Corte 
d�Appello di 
Bologna, 
trovandosi 
a 
sentenziare 
sui 
medesimi 
fatti 
nel 
segmento del 
giudizio abbreviato, 
� 
arrivata 
a 
qualificare 
la 
presenza 
delle 
associazioni 
di 
stampo 
mafioso 
(in specie, la 
'ndrangheta) nella 
regione 
quale 
fatto notorio (3). L�importanza 
del 
procedimento de 
quo � 
dato piuttosto dal 
riconoscimento giudiziale 
della 
sussistenza 
di 
una 
nuova 
�locale�, 
ossia 
di 
una 
autonoma 
associazione 
'ndranghetista 
sorta 
e 
prosperata 
in 
Emilia, 
depositaria 
di 
una 
continuit� 
logica, 
sotto 
i 
profili 
oggettivo e 
soggettivo, rispetto alle 
consorterie 
delinquenziali 
ex 
art. 
416-bis 
c.p. gi� 
insediatesi 
sul 
territorio, e 
oggetto delle 
sopracitate 
sentenze 
di condanna (4). 

(*) 
Dottore 
in 
Giurisprudenza, 
ammesso 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di Bologna (avv. St. Mario zito). 


(1) Cfr., ad esempio, Processo Aemilia, https://www.processoaemilia.com/. 
(2) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 
2018, n. 1155, pp. 29-48, 1941-1942 motivazioni. Si 
richiamano 
in particolare 
i 
procedimenti 
grande 
Drago 
(Trib. Bologna, ufficio GUP, 25 giugno 2006, n. 712; 
Trib. 
Piacenza, 
18 
dicembre 
2008, 
n. 
616); 
l�operazione 
edilpiovra 
(Trib. 
Bologna, 
ufficio 
GUP, 
16 
febbraio 
2004, n. 122; 
CdA 
Bologna, 27 giugno 2012, n. 1517; 
CdA 
Bologna, 23 maggio 2015, n. 1284); 
Scacco Matto 
(CdA 
Catanzaro, 16 dicembre 
2008, n. 712); 
Pandora 
(Trib. Crotone, 7 marzo 2012, n. 
311; 
Ass. App. Catanzaro, 17 dicembre 
2012, n. 30); 
nonch� 
il 
processo Aemilia 
abbreviato (Trib. Bologna, 
22 aprile 
2016, n. 797; 
CdA 
Bologna, 12 dicembre 
2017, n. 3911; 
Cass., sez. v, 24 ottobre 
2018, 
n. 27043). 
(3) CdA Bologna, sez. III penale, 12 settembre 2017, n. 3911, p. 31 motivazioni. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Proprio 
le 
estreme 
pervasivit� 
e 
capacit� 
aggressiva 
penalmente 
accertate, 
nei 
confronti 
di 
beni 
giuridici 
tanto materiali 
quanto immateriali, concretizzatesi 
nei 
singoli 
reati-scopo e 
nel 
delitto associativo, hanno costituito il 
compendio 
logico-probatorio su cui 
il 
Tribunale 
di 
Reggio Emilia 
ha 
innestato la 
pronuncia 
di 
condanna 
al 
risarcimento del 
danno non patrimoniale 
richiesto 
dalle 
costituite 
parti 
civili, con specifico riferimento, per quanto qui 
interessa, 
alla 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
Ministri, rappresentata 
in giudizio dall�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Bologna. 
Il 
quid 
novi 
della 
statuizione 
� 
fornito proprio dal 
riconoscimento, operato dal 
giudice 
di 
prime 
cure, avendo 
riguardo 
alle 
finalit� 
costituzionali 
proprie 
dello 
Stato 
(5), 
della 
fondatezza 
nel 
merito della 
domanda 
risarcitoria, sia 
con riferimento al 
reato associativo, 
sia 
per i 
delitti-fine 
aggravati 
ex 
art. 416-bis,1 c.p. Tale 
pronuncia 
ha 
imposto 
alla 
Corte 
di 
affrontare, 
in 
fatto 
e 
in 
diritto, 
le 
complesse 
questioni 
relative 
alla 
legittimazione 
a 
costituirsi 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio, con riferimento al-
l�individuazione 
di 
una 
fonte 
di 
danno che 
prescindesse 
dalla 
titolarit� 
di 
altri 
enti 
territoriali, e 
delle 
modalit� 
di 
esteriorizzazione 
del 
c.d. metodo mafioso. 
Questa 
breve 
trattazione, anticipando in parte 
quello che 
si 
dir�, non intende 
esaurire 
la 
fenomenologia 
della 
costituzione 
di 
parte 
civile 
degli 
enti 
territoriali 
nei 
procedimenti 
di 
mafia, n� 
proporre 
una 
soluzione 
all�enigma 
delle 
�mafie 
silenti�; 
serve 
piuttosto 
a 
dar 
conto 
dei 
nodi 
interpretativi 
che 
il 
collegio 
di 
primo grado si 
� 
trovato ad affrontare 
nel 
delicatissimo processo Aemilia, e 
delle 
coordinate 
entro cui 
deve 
essere 
calata 
la 
condanna 
al 
risarcimento del 
danno 
non 
patrimoniale 
disposta 
nel 
processo 
de 
quo 
in 
favore 
della 
Presidenza 
del Consiglio. 

2. la costituzione di parte civile dello Stato-ordinamento. 
Per analizzare 
l�iter 
ermeneutico di 
questo capo della 
pronuncia, occorre 
innanzi 
tutto 
rammentare 
i 
presupposti 
dell�azione 
civile 
in 
sede 
penale, 
in 
base 
alla 
quale, il 
soggetto che 
abbia 
subito un danno da 
reato, patrimoniale 
o 
non 
patrimoniale, 
pu� 
avviare 
l�azione 
risarcitoria, 
al 
fine 
di 
ottenere 
un 
ristoro 
al 
pregiudizio subito, nella 
stessa 
sede 
processuale 
in cui 
si 
accerta 
la 
responsabilit� 
dell�autore 
(6). Risulta 
nondimeno inconferente, ai 
fini 
della 
presente 
trattazione, 
affrontare 
l�ipotesi 
relativa 
alla 
possibilit� 
delle 
persone 
giuridiche 
di 
costituirsi 
ai 
sensi 
dell�art. 74 c.p.p., al 
fine 
di 
chiedere 
il 
risarcimento dei 
danni 
extrapatrimoniali, essendo questa 
una 
problematica 
ormai 
risolta 
posi


(4) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 2018, n. 1155, p. 1941-1942 motivazioni. 
(5) Ed invero, mutatis mutandis, anche degli altri enti locali costituiti. 
(6) R. CANToNE, sub art. 74 c.p.p., in Codice 
di 
procedura penale: rassegna di 
giurisprudenza e 
dottrina. Aggiornamento, vol. I, a 
cura 
di 
E. APRILE 
[et 
al.], Milano, 2012, 1275. In generale, vedi 
G. DI 
ChIARA, Parte 
civile, in Dig. disc. pen., vol. IX, Torino, 1995, pp. 223 ss.; 
I. IAI, sub art. 74 c.p.p., in 
Codice 
di 
procedura 
penale 
commentato, 
vol. 
II, 
a 
cura 
di 
A. 
GIARDA 
-G. 
SPANGhER, 
5a 
ed., 
Assago 
(MI), 2017, pp. 844 ss. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


tivamente 
ed 
in 
via 
pacifica 
sia 
in 
dottrina 
che 
in 
giurisprudenza 
(7). 
Lo 
stesso 
dicasi 
per quanto riguarda 
la 
legitimatio ad causam 
degli 
enti 
territoriali, configurabile 
laddove 
il 
reato abbia 
arrecato un pregiudizio civilmente 
risarcibile 
a 
un bene 
giuridico che 
trascende 
quello dei 
singoli 
consociati, e 
direttamente 
riferibile 
alla 
comunit� 
di 
cui 
l�ente 
� 
esponenziale 
(8). Quel 
che 
rileva, nella 
pronuncia 
in commento, � 
piuttosto il 
vaglio operato sulla 
fondatezza 
a 
costituirsi 
in 
giudizio 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
se 
possa 
cio� 
validamente 
considerarsi 
lo 
Stato-ordinamento 
persona 
offesa 
o 
parte 
danneggiata 
dal 
delitto ex 
art. 416-bis, ovvero dai 
delitti-scopo realizzati 
nel-
l'esecuzione del medesimo. 

Come 
noto, 
e 
senza 
pretesa 
di 
esaustivit�, 
la 
costituzione 
di 
parte 
civile 
dello 
Stato, 
nelle 
vesti 
della 
Presidenza 
in 
quanto 
�soggetto 
che 
rappresenta 
la 
sintesi 
politica 
e 
di 
governo 
dello 
Stato-comunit�� 
(9), 
� 
stata 
storicamente 
ritenuta 
ammissibile, 
nella 
giurisprudenza 
del 
Supremo 
Collegio 
(10), 
in 
presenza 
di 
fattispecie 
di 
eccezionale 
gravit�, 
tali 
da 
indurre 
un 
perdurante 
turbamento 
morale 
nei 
consociati 
(11); 
ovvero 
in 
procedimenti 
concernenti 
delitti 
commessi 
contro 
la 
personalit� 
dello 
Stato, 
laddove 
sia 
stato 
contestato 
il 
delitto 
di 
banda 
armata 
finalizzato 
all'associazione 
sovversiva, 
all'insurrezione 
armata 
contro 
i 
poteri 
dello 
Stato 
ed 
alla 
guerra 
civile 
(12); 
o 
ancora 
nel 
caso 
si 
sia 
proceduto 
per 
crimini 
di 
cui 
al 
Capo 
I, 
Titolo 
II, 
Libro 
II 
del 


(7) 
o. 
MAzzA, 
Commento 
all�art. 
74 
c.p.p., 
in 
Commentario 
breve 
al 
codice 
di 
procedura 
penale: 
complemento giurisprudenziale, a cura di G. CoNSo 
- G. ILLUMINATI, Milano, 2017, pp. 239-242. 
(8) T. BENE, ruolo e 
funzione 
delle 
parti 
civili 
private 
e 
istituzionali, in le 
associazioni 
di 
tipo 
mafioso, a cura di B. RoMANo, Torino, 2015, p. 471. 
(9) Cass., sez. vI, 4 novembre 2009 n. 5447. 
(10) 
Cfr., 
Tribunale 
di 
Torino, 
in 
composizione 
collegiale, 
in 
sede 
penale, 
ordinanza 
8 
marzo 
2013, 
per un excursus 
sui 
casi 
di 
ammissibilit� 
della 
costituzione 
di 
p.c. della 
Presidenza 
del 
Consiglio nella 
giurisprudenza della Corte di Cassazione. 
(11) Cass., sez. I, 8 novembre 
2007, n. 4060. Secondo tale 
pronuncia, basata 
sul 
reato ex 
art. 185 
c.p.m.g. (�Concorso in violenza con omicidio contro privati 
nemici, pluriaggravata e 
continuata�) in 
relazione 
all�eccidio, commesso dalla 
16a 
Divisione 
SS, di 
parte 
della 
popolazione 
civile 
di 
Sant'Anna 
di 
Stazzema, costituita 
in prevalenza 
da 
anziani, donne 
e 
bambini, il 
crimine 
di 
guerra 
in questione, "attuato 
con modalit� efferate, in totale 
dispregio del 
pi� elementare 
senso di 
umanit� e 
dei 
valori 
comunemente 
accolti 
in 
ogni 
societ� 
civile, 
anche 
in 
tempo 
di 
guerra", 
ha 
�provocato 
dolore, 
sofferenze, 
sbigottimento nella collettivit� di 
cui 
le 
parti 
civili 
costituiscono enti 
esponenziali, creando nella memoria 
collettiva - per 
l'inimmaginabile 
livello di 
spietatezza e 
di 
crudelt� - una ferita non rimarginata, 
che 
ancora 
oggi 
� 
fonte 
di 
indelebile 
turbamento 
ed 
� 
produttiva 
di 
danno 
non 
patrimoniale 
risarcibile". 
vedi 
anche 
F. 
CALLARI, 
la 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nei 
processi 
penali 
per 
crimini 
nazifascisti, 
in 
giust. pen., 2017, n. 5, pp. 280-283. 
(12) Cass., sez. I, 14 dicembre 
1988, n. 13850. Tale 
sentenza 
sancisce 
che 
"lo Stato, e 
per 
esso il 
Presidente 
del 
Consiglio che 
lo rappresenta come 
organo di 
vertice 
dell'esecutivo, ha il 
potere 
e 
la legittimazione 
ad agire 
in giudizio per 
ottenere 
il 
risarcimento del 
pregiudizio derivato da tale 
reato, costituito 
non 
solo 
dagli 
eventuali 
danni 
patrimoniali, 
ma 
anche 
da 
quelli 
non 
patrimoniali 
che 
sono 
rappresentati, 
oltre 
che 
da 
sofferenze 
fisiche 
o 
psichiche 
logicamente 
non 
rapportabili 
alle 
persone 
giuridiche, 
anche 
da 
turbamenti 
morali 
della 
collettivit� 
pregiudizievoli 
all'attivit� 
dello 
Stato". 
Da 
ultimo, 
vedi Cass. pen., sez. I, 19 marzo 2019, n. 26633. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


codice 
penale, 
quali 
peculato 
e 
truffa 
commessi 
da 
un 
curatore 
fallimentare 
nel 
corso 
della 
procedura 
concorsuale 
(13), 
corruzione 
da 
parte 
di 
pubblici 
funzionari 
(14), 
corruzione 
e 
corruzione 
in 
atti 
giudiziari 
(15), 
o, 
infine, 
in 
caso 
di 
corruzione 
commessa 
da 
un 
magistrato 
(16). 
Si 
tratta, 
a 
tutta 
evidenza, 
di 
figure 
delinquenziali 
in 
grado 
di 
arrecare 
un 
danno 
civile, 
nei 
confronti 
delle 
quali 
lo 
stesso 
ordinamento 
pu� 
legittimamente 
vantare 
una 
pretesa, 
non 
solo 
(e 
non 
tanto) 
sul 
piano 
patrimoniale, 
ma 
anche 
(e 
soprattutto) 
sul 
piano 
morale, 
in 
virt� 
della 
quale 
si 
�, 
nei 
citati 
arresti 
giurisprudenziali, 
giunti 
ad 
una 
valida 
costituzione 
ex 
art. 
74 
c.p.p. 
ed 
al 
soddisfacimento 
della 
richiesta 
risarcitoria 
(17). 


Proprio 
a 
fronte 
della 
diffusivit� 
del 
danno 
arrecato, 
e 
della 
immaterialit� 
dei 
beni 
giuridici 
aggrediti, non riconducibili 
solo ai 
singoli 
segmenti 
di 
vita 
pubblica 
curati 
dallo Stato inteso come 
soggetto dell�ordinamento giuridico, 
ossia 
lo 
Stato-apparato 
(18), 
si 
� 
valorizzata 
in 
giurisprudenza 
la 
legittimazione 
ad ottenere 
il 
ristoro del 
nocumento subito da 
parte 
dell'organo di 
vertice 
del 
potere 
esecutivo, 
sia 
nella 
sua 
veste 
di 
ente 
esponenziale 
dell�intera 
comunit�, 
scossa 
dal 
compimento di 
delitti 
particolarmente 
esecrabili 
e 
dall�infrazione 
di 
quei 
canoni 
di 
imparzialit� 
e 
diligenza 
che 
dovrebbero informare 
l'attivit� 
dei 
pubblici 
uffici, 
sia 
nella 
sua 
qualit� 
di 
soggetto 
direttamente 
leso 
dal 
reato; 
e 
se 
ci� appare 
evidente 
per i 
delitti 
di 
cui 
al 
Titolo I, Libro II c.p., non meno 
chiaro � 
che 
la 
commissione 
di 
illeciti 
penali 
da 
parte 
di 
un pubblico funzionario, 
realizzati 
nell'esercizio delle 
proprie 
attribuzioni, cagioni 
un danno al-
l�amministrazione 
stessa, 
e 
quindi 
al 
suo 
apice, 
ossia 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio, �per la 
perdita 
di 
credibilit� 
e 
di 
prestigio dell'apparato statuale 
nel 
suo complesso� (19). 

(13) Cass., sez. vI, 4 novembre 
2009 n. 5447. In tale 
arresto si 
� 
affermato che 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio 
sarebbe 
legittimata 
all'esercizio 
dell'azione 
civile 
in 
quanto 
�portatrice 
dell'interesse 
della 
collettivit� all'esercizio imparziale e indipendente della funzione giudiziaria". 
(14) Cass., sez. I, 27 ottobre 2003, n. 4177. 
(15) Cass. 4 maggio 2006, n. 33435. Tale 
decisione 
basa 
la 
legittimazione 
della 
Presidenza 
a 
costituirsi 
ex 
art. 
74 
c.p.p. 
nel 
processo 
penale 
sulla 
lesione 
al 
prestigio 
dell'Amministrazione 
arrecato 
dalle condotte poste in essere dagli imputati. 
(16) 
Cass., 
sez. 
vI, 
13 
aprile 
1999 
n. 
9754, 
Curt�. 
Invero 
"l'interesse 
della 
collettivit� 
all'esercizio 
imparziale 
ed 
indipendente 
della 
funzione 
giurisdizionale" 
pu� 
essere 
rappresentato 
"solamente 
dal 
soggetto 
che 
rappresenta 
la 
sintesi 
politica 
e 
di 
governo 
dello 
Stato-comunit� 
ovvero 
dal 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri". 
Cfr. la 
nota 
adesiva 
di 
A. CIAvoLA, Chi 
� 
il 
soggetto danneggiato dalla perdita 
di imparzialit� per la corruzione di un magistrato? 
in Cass. pen. 
2000, pp. 1355-1362. 
(17) Il 
danno civile, patrimoniale 
ed extrapatrimoniale, sub�to dallo Stato, va 
tenuto nettamente 
distinto 
dal 
c.d. 
�danno 
criminale�, 
che 
viene 
arrecato 
all�ordinamento 
al 
compimento 
di 
ogni 
reato. 
Sul 
punto, vedi 
G. FERRERo, il 
risarcimento dei 
danni 
subiti 
dallo Stato a seguito di 
reato, in Cass. pen., 
1996, p. 691. 
(18) A. BARBERA 
- C. FUSARo, Corso di diritto costituzionale, 4a 
ed., Bologna, 2018, p. 42. 
(19) Trib. Torino, in sede penale, ordinanza 8 marzo 2013. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


3. 
lo 
Stato 
come 
parte 
civile 
nei 
processi 
per 
associazione 
a 
delinquere 
di 
tipo mafioso in giurisprudenza e dottrina. 
Analogamente, 
alla 
luce 
della 
predetta 
consolidata 
interpretazione, 
pu� 
ritenersi 
sussistente 
la 
legitimatio 
ad 
causam 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
in 
procedimenti 
per 
reati 
associativi 
di 
stampo 
mafioso, 
nei 
quali 
la 
consorteria, 
per 
concretezza 
ed 
ampiezza 
del 
programma 
criminale, 
risulti 
in 
grado 
di 
mettere 
a 
repentaglio 
gli 
�interessi 
generali 
dello 
Stato-comunit�� 
(20). 
Al 
riguardo 
va 
segnalato 
che, 
in 
relazione 
ai 
processi 
nei 
confronti 
di 
imputati 
del 
delitto 
ex 
art. 
416-bis 
c.p. 
tale 
opzione, 
per 
quanto 
desueta 
(21), 
gi� 
� 
stata 
prefigurata 
in 
passato 
da 
accorte 
conquiste 
di 
giurisprudenza 
e 
dottrina. 


Per 
quanto 
riguarda 
il 
primo 
versante, 
l�affermazione 
della 
carica 
eversiva 
insita 
nell�associazione 
ex 
art. 
416-bis 
c.p. 
si 
registrava 
primamente 
nella 
sentenza 
della 
Corte 
d�assise 
di 
Caltanissetta 
del 
24 
luglio 
1984, 
relativa 
all�attentato 
mafioso 
commesso 
ai 
danni 
del 
magistrato 
Rocco 
Chinnici 
(22). 
In 
questo 
dictum 
emergevano 
infatti 
due 
significative 
novit�: 
per 
la 
prima 
volta 
un 
omicidio 
plurimo 
di 
mafia 
riceveva 
la 
qualificazione 
di 
strage 
politica 
(art. 
285 
c.p.), 
tanto 
che 
al 
delitto 
in 
parola 
veniva 
riconosciuta 
l�aggravante 
della 
finalit� 
di 
terrorismo 
o 
di 
eversione 
dell�ordine 
democratico 
(23). 
Come 
conseguenza, 
dalla 
statuizione 
di 
colpevolezza 
degli 
imputati 
discendeva 
la 
condanna, 
in 
solido, 
al 
risarcimento 
dei 
danni 
e 
alla 
refusione 
delle 
spese 
in 
favore 
delle 
parti 
civili 
costituite 
fra 
cui 
figurava, 
tra 
gli 
altri, 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
(24). 
Tale 
prospettazione 
non 
veniva 
tuttavia 
accolta 
in 
appello, 
laddove 
i 
giudici 
di 
secondo 
grado 
in 
ultimo 
escludevano 
la 
caratura 
terroristica 
del 
reato 
de 
quo 
(25). 
Una 
definitiva 
af


(20) ibid. 
(21) A. ToRRI, la costituzione 
di 
parte 
civile 
degli 
enti 
territoriali 
nei 
processi 
per 
associazione 
per 
delinquere 
di 
stampo mafioso, in il 
contrasto alla criminalit� organizzata: contributi 
di 
studio, a 
cura 
di 
v. FANChIoTTI 
e 
M. MIRAGLIA, Torino, 2016, p. 132. Secondo l�Autore, fra 
i 
diversi 
enti 
territoriali, 
� il Comune a figurare maggiormente in giurisprudenza come parte civile costituita in tali casi. 
(22) Ass. Caltanissetta, 24 luglio 1984, in Foro it., 1985, vol. CvIII, parte 
II, col. 10-18, con nota 
adesiva di G. FIANDACA, Strage mafiosa e giurisprudenza �sociologica�. 
(23) 
Cfr. 
G. 
FIANDACA, 
riflessi 
penalistici 
del 
rapporto 
mafia-politica, 
in 
Foro 
it., 
1993, 
vol. 
CXvI, parte 
v, col. 143, dove 
l�Autore 
riporta 
come 
nelle 
motivazioni 
della 
sentenza 
si 
poteva 
leggere 
che 
�la mafia, nell�attuale 
contesto storico, ha acquistato la fisionomia di 
vero e 
proprio contropotere 
criminale 
che 
si 
erge 
al 
di 
sopra dello Stato e 
realizza attacchi 
frontali 
al 
cuore 
dello stesso, laddove 
veda intralciate 
le 
sue 
possibilit� di 
espansione 
[�] 
essa esige 
dallo Stato la legittimazione 
della sua 
esistenza e 
non esita, pertanto, ad entrare 
in conflittualit� con esso, laddove 
tale 
legittimazione 
non le 
venga 
riconosciuta, 
mutuando, 
perci�, 
dalle 
associazioni 
terroristiche 
e 
sovversive 
una 
valenza 
politica 
che 
mai 
aveva contraddistinto le 
sue 
azioni 
[�] 
con l�azione 
criminosa posta in essere 
la mafia, oltre 
ad attentare 
la sicurezza dello Stato [�] ha inteso metterne 
in discussione 
l�ordine 
democratico e 
soprattutto 
l�esclusivit� del 
suo potere, realizzando cos�, sul 
piano della strategia operativa, un aggravamento 
del 
livello 
di 
scontro 
e 
manifestando 
il 
pi� 
assoluto 
disprezzo 
del 
concetto 
stesso 
di 
legalit� 
e 
soprattutto di quei principi costituzionali che la democraticit� dello Stato riassumono�. 
(24) 
ibid. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


fermazione 
dell�attacco 
alla 
libert� 
democratica 
mosso 
dalle 
associazioni 
mafiose, 
sorretto 
dalla 
forza 
del 
giudicato, 
si 
aveva 
invece 
con 
la 
sentenza 
greco, 
nella 
quale 
i 
giudici 
di 
legittimit� 
segnalavano 
come 
la 
consorteria 
ex 
art. 
416-bis 
c.p. 
fosse 
risultata 
invero 
in 
grado 
di 
generare 
�una 
situazione 
di 
pericolo, 
[�], 
nonch� 
di 
compromettere 
il 
principio 
di 
legalit� 
democratica 
e 
rappresentativa 
delle 
istituzioni 
politiche� 
(26). 
Nonostante 
l�affermazione 
di 
principio, 
non 
si 
faceva 
qui 
ancora 
questione 
dell�intervento 
nel 
processo 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio, 
pur 
depositaria 
dei 
predetti 
interessi, 
in 
qualit� 
di 
parte 
civile. 
Questa 
incertezza 
interpretativa 
veniva 
in 
seguito 
superata 
con 
una 
significativa 
ordinanza, 
emessa 
dal 
Tribunale 
di 
Paola 
in 
data 
13 
dicembre 
2005, 
con 
la 
quale 
i 
giudici 
calabresi 
affrontavano, 
ex 
professo, 
la 
questione 
relativa 
all'azione 
risarcitoria 
avanzata 
dalla 
Presidenza 
del 
Consiglio, 
valutandola 
legittima 
e 
circoscrivendone 
la 
pretesa 
alla 
salvaguardia 
dei 
primari 
interessi 
dell'ordine 
democratico, 
minacciato 
dall'esistenza 
di 
una 
consorteria 
mafiosa, 
le 
cui 
attivit� 
criminali 
venivano 
ritenute 
idonee, 
di 
per 
s� 
sole, 
ad 
integrare 
una 
�lesione 
dell'essenza 
costituzionale 
della 
sovranit� 
dello 
Stato 
e, 
conseguentemente, 
dell'immagine 
interna 
ed 
internazionale 
del 
Governo 
italiano� 
(27). 


Tali 
statuizioni 
giurisprudenziali 
trovavano (e 
trovano tuttora) uno specifico 
contraltare 
sul 
piano 
dommatico. 
Pacifico 
� 
il 
dato 
secondo 
cui 
il 
delitto 
di 
associazione 
per 
delinquere 
di 
tipo 
mafioso 
sia 
stato 
scolpito 
dal 
legislatore 
quale 
reato plurioffensivo di 
danno e 
di 
pericolo, a 
condotta 
multipla 
ed alternativa, 
volto a 
proteggere, in via 
principale, i 
beni 
giuridici 
dell�ordine 
pubblico 
(inteso 
in 
senso 
materiale) 
e 
della 
libert� 
morale 
dei 
consociati; 
ed 
in 
via 
mediata 
interessi 
quali 
il 
corretto 
ordine 
economico 
(artt. 
41 
e 
42 
Cost.), 
il 
buon 
andamento 
e 
l�imparzialit� 
della 
pubblica 
amministrazione 
(artt. 
97 
e 
98 
Cost.), nonch� 
la 
�distribuzione 
del 
potere 
reale�, la 
quale 
deve 
rispecchiare 
fedelmente 
il 
consenso 
dei 
cittadini 
(artt. 
1 
e 
3 
Cost.) 
(28). 
Proprio 
in 
relazione 
a 
quest�ultimo profilo, l�assoluta 
contrariet� 
all�ordinamento giuridico incarnata 
dall�associazione, ed esternata 
nel 
suo modus 
operandi 
caratteristico, ha 
portato 
gli 
studiosi 
ad 
interrogarsi 
sulla 
potenzialit� 
aggressiva 
della 
mafia 
nei 
confronti 
di 
quel 
bene 
giuridico 
frutto 
della 
�saldatura 
tra 
ordine 
pubblico, 
or


(25) Qualificando infatti 
l�attentato non quale 
atto di 
una 
guerra 
dichiarata 
all�ordinamento, ma 
quale 
rappresaglia 
posta 
in essere 
contro un esponente 
dello Stato intento ad ostacolare 
i 
traffici 
illeciti 
della consorteria. Cfr. Ass. App. Caltanissetta, 14 giugno 1985, n. 10. 
(26) Cass., sez. vI, 19 dicembre 1997, n. 4070, Greco. 
(27) Trib. Paola, in sede 
penale, ordinanza 
13 dicembre 
2005. Per un approfondimento, si 
veda 
A. 
MEzzoTERo 
-L. 
MATARESE, 
l�ammissibilit� 
della 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nell�interesse 
dello 
Stato 
nei 
processi 
di 
mafia. Alla ricerca del 
bene 
giuridico oggetto della pretesa risarcitoria, in rass. Avv. 
Stato, 2005, n. 4, pp. 145-163. 
(28) G. TURoNE, il 
delitto di 
associazione 
mafiosa, 2a 
ed., Milano, 2008, pp. 323-348. Cfr. anche 
G. SPAGNoLo, l�associazione 
di 
tipo mafioso, 5a 
ed., Padova, 1997, pp. 103-114; 
G. INSoLERA 
- T. GUERINI, 
Diritto penale e criminalit� organizzata, Torino, 2019, pp. 70-71. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


dine 
economico e 
convivenza 
civile�: 
ossia, l�ordine 
democratico (29). Il 
dibattito 
affonda 
le 
radici 
nella 
cosiddetta 
teoria 
�istituzionale� 
del 
sodalizio 
criminoso 
(30), 
memore 
della 
quale 
parte 
della 
dottrina 
ha 
sostenuto 
che 
l�interesse 
alla 
tutela 
dell�ordine 
pubblico sarebbe 
risultato direttamente 
leso 
dal 
delitto associativo di 
stampo mafioso, anche 
prescindendo da 
una 
verifica 
circa 
la 
concreta 
attuazione 
del 
programma 
delinquenziale; 
ci� 
in 
quanto 
la 
consorteria 
ex 
art. 416-bis 
c.p. rappresenterebbe, in antitesi 
alla 
Repubblica, 
un vero e 
proprio negativo dell�ordine 
costituito, un�istituzione 
di 
natura 
criminale 
e 
politica 
insieme 
che 
- grazie 
alla 
propria 
struttura 
e 
metodo tipico, 
basato su intimidazione, assoggettamento ed omert� 
- risulta 
in grado di 
porsi 
come 
inconciliabile 
alternativa 
rispetto a 
quella 
statuale, cagionando quindi, 
con la 
sua 
mera 
esistenza, un immediato evento di 
danno allo Stato (31). Una 
seconda 
linea 
di 
pensiero vede 
invece 
tale 
prospettazione 
come 
condivisibile 
solo in parte, ossia 
consona 
solo a 
manifestazioni 
mafiose 
ad alta 
intensit�, le 
quali 
abbiano 
materialmente 
prodotto 
un 
danno 
specifico 
a 
quegli 
interessi 
protetti 
dall�art. 
416-bis 
c.p. 
comma 
3 
in 
via 
mediata 
(32). 
Al 
di 
l� 
del 
dibattito 
inerente 
il 
grado di 
attuazione 
del 
programma 
criminoso e 
le 
forme 
di 
esternazione 
del 
sodalizio, 
comune 
ad 
entrambe 
le 
visioni 
� 
il 
dato 
secondo 
cui 
l'accertamento penale 
della 
costituzione 
di 
una 
consorteria 
insediata 
ed operante 
sul 
territorio permette 
di 
individuare 
l�offesa 
al 
bene 
giuridico tutelato 
dalla 
norma 
in questione, �consistente 
nel 
turbamento non meramente 
potenziale 
ed ipotetico, bens� 
effettivo dell'ordine 
pubblico con grave 
e 
diffusa 
lesione 
dei 
diritti 
fondamentali 
dei 
cittadini�, 
con 
ci� 
legittimando 
lo 
Stato 
a 
promuovere 
l�azione 
riparatoria 
nel 
processo penale 
per il 
ristoro dei 
pregiudizi, 
patrimoniali 
e 
non, discendenti 
dalla 
formazione 
ed attivit� 
del 
sodalizio 
mafioso (33). 

(29) G.M. FLICk, l�associazione 
a delinquere 
di 
tipo mafioso. interrogativi 
e 
riflessioni 
sui 
problemi 
proposti dall�art. 416 bis c.p., in riv. it dir. e proc. pen., 1988, n. 3, p. 853. 
(30) Cfr. G. FIANDACA, la mafia come 
ordinamento giuridico. Utilit� e 
limiti 
di 
un paradigma, 
in Foro it., vol. CXvIII, parte 
v, 1995, col. 21-28. La 
teoria 
si 
richiama 
alla 
nota 
opera 
di 
S. RoMANo, 
l�ordinamento giuridico. Studi sul concetto, le fonti e i caratteri del diritto, Pisa, 1917. 
(31) G. NEPPI 
MoDoNA, Criminalit� organizzata e 
prospettive 
di 
riforma dei 
delitti 
contro la personalit� 
dello Stato, in Materiali 
per 
una riforma del 
sistema penale, Milano, 1984, pp. 368-369; 
ID., 
l�associazione 
di 
tipo 
mafioso, 
in 
Studi 
in 
memoria 
di 
giacomo 
Delitala, 
vol. 
II, 
Milano, 
1984, 
pp. 
887888; 
v. PATALANo, l�associazione 
per 
delinquere, Napoli, 1971, pp. 176-178. Le 
considerazioni 
sono in 
verit� 
svolte 
dall�Autore 
in 
relazione 
all�associazione 
ex 
art. 
416 
c.p., 
ma 
ben 
possono 
valere, 
a 
fortiori, 
per il pi� grave caso del sodalizio mafioso. 
(32) 
G. 
TURoNE, 
il 
delitto 
di 
associazione 
mafiosa, 
cit. 
338-339, 
nota 
34. 
Cfr. 
anche 
G. 
SPAGNoLo, 
l�associazione 
di 
tipo mafioso, 5a 
ed., Padova, 1997, pp. 15-16, 104-105, 112, che 
parla 
di 
�macrofenomeni 
mafiosi�, in grado di 
mettere 
a 
repentaglio l�ordine 
demo-costituzionale 
e 
alterare 
il 
funzionamento 
del 
sistema 
parlamentare. 
In 
senso 
nettamente 
contrario, 
vedi 
invece 
G. 
FIANDACA, 
riflessi 
penalistici del rapporto mafia-politica, cit., col. 142-146. 
(33) 
A. 
MEzzoTERo 
-L. 
MATARESE, 
l�ammissibilit� 
della 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nell�interesse 
dello Stato nei 
processi 
di 
mafia. Alla ricerca del 
bene 
giuridico oggetto della pretesa risarcitoria, cit., 
147. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


4. il metodo mafioso: la questione della c.d. �mafia silente�. 
Si 
pone 
a 
questo 
punto 
la 
necessit� 
di 
un�ulteriore 
approfondimento, 
strumentale 
a 
comprendere 
il 
percorso 
ermeneutico 
seguito 
dai 
giudici 
in 
Aemilia. 
Uno 
degli 
argomenti 
principali 
avanzati 
dalle 
difese 
dei 
prevenuti 
nel 
processo 
in 
parola, 
volto 
in 
primo 
luogo 
ad 
eccepire 
l�incompetenza 
territoriale 
del 
Tribunale 
di 
Reggio Emilia, e 
per smentire 
poi 
il 
teorema 
accusatorio avanzato 
dalla 
Procura 
della 
Repubblica 
-secondo 
cui 
i 
prevenuti 
avrebbero 
fatto 
parte, 
con diversi 
ruoli, di 
un�associazione 
'ndranghetista 
(34) operante 
in territorio 
emiliano (35) -, � 
stata 
la 
prospettazione 
della 
presenza, nel 
caso per cui 
era 
processo, di 
una 
mera 
associazione 
per delinquere, la 
quale 
sarebbe 
stata 
tuttavia 
priva 
di 
connotazione 
mafiosa, e 
che 
quindi 
tale 
contenuto specifico sarebbe 
stato 
da 
circoscrivere 
alla 
sola 
cosca 
cutrese 
(36). 
L�interpretazione 
offerta 
dai 
patroni 
degli 
imputati 
postulava 
dunque 
un�adesione 
a 
quell�orientamento, 
dottrinale 
e 
giurisprudenziale, 
restio 
a 
riconoscere 
l�espansione 
delle 
mafie 
in 
aree 
del 
paese 
diverse 
da 
quelle 
d�origine, 
e 
tradizionalmente 
ritenute 
refrattarie, 
per 
ragioni 
sociali 
e 
storiche, 
al 
contagio 
mafioso 
(37). 
La 
strategia 
difensiva 
portava 
dunque 
il 
collegio giudicante 
sul 
piano delle 
concrete 
esternazioni 
del 
metodo ex 
art. 416-bis 
comma 
3 in Emilia 
e, per questa 
via, sul 
dibattuto 
terreno della 
c.d. �mafia 
silente�, che 
rappresenta 
attualmente 
uno dei 
fronti 
pi� caldi 
del 
tema 
- come 
riconosciuto peraltro espressamente 
anche 
in 
sentenza 
-, 
caratterizzato 
da 
contrastanti 
prese 
di 
posizione 
nella 
giurisprudenza 
di legittimit� (38). 

Secondo una 
prima 
linea 
ermeneutica, restrittiva, al 
fine 
di 
riconoscere 
il 
delitto 
associativo 
come 
mafioso 
dovrebbe 
sempre 
venir 
integrata 
processualmente 
la 
prova 
di 
una 
concreta 
pratica 
del 
metodo tipico del 
sodalizio, attuata 
nel 
contesto 
socio-economico 
di 
nuovo 
insediamento 
(39). 
Tale 
ragionamento 
� 
efficacemente 
descritto 
dalla 
definizione 
secondo 
cui 
�se 
la 
mafia 
� 
�silente�, 
almeno 
in 
zone 
del 
paese 
in 
cui 
storicamente 
non 
� 
riscontrabile 
�quell�humus 
in 
cui 
alligna 
e 
prolifera 
la 
devianza 
mafiosa�, 
allora 
non 
� 
mafia 
in 
senso 
giuridicamente 
rilevante� 
(40). La 
ratio 
di 
questa 
interpretazione 
� 
quella 
di 
individuare 
un 
unico 
standard 
probatorio 
per 
il 
metodo 
mafioso, 
evitandone 
applicazioni 
�a 
geometria 
variabile� 
(41), ed evitando parimenti 
di 
dar luogo 


(34) Del delitto p. e p. dall�art. 416-bis 
c.p. commi 1, 2, 3, 4, 6 e 8. 
(35) Province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Piacenza. 
(36) M. zITo, la memoria dell�Avvocatura dello Stato nel 
procedimento penale 
c.d. Aemilia, in 
rass. Avv. Stato, 2018, n. 1, p. 244. 
(37) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 2018, n. 1155, p. 1931 motivazioni. 
(38) 
ibid. 
(39) Cass., sez. v, 13 febbraio 2006, n. 19141, Bruzzaniti e altri. 
(40) C. vISCoNTI, Mafie 
straniere 
e 
'ndrangheta al 
Nord. Una sfida alla tenuta dell�art. 416bis 
c.p.?, in Dir. pen. contemp., 2015, n. 1, 369. 
(41) F. SALvIANI, 
la delocalizzazione 
dell�associazione 
di 
tipo mafioso, in Cass. pen., 2017, nn. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


ad 
un�anticipazione 
della 
tutela 
penale 
ad 
un 
momento 
in 
cui 
il 
requisito 
di 
cui 
all�art. 416-bis 
comma 
3 non si 
sia 
ancora 
esplicitato (42). Questa 
prima 
accezione 
di 
�mafia 
silente� 
� 
tuttavia 
contrastata 
da 
un 
diverso 
orientamento, 
tutto interno alla 
Suprema 
Corte, che 
inquadra 
la 
fattispecie 
nella 
figura 
di 
un 
sodalizio che 
impiega 
effettivamente 
il 
modus 
operandi 
mafioso, ma 
in modo 
celato, ossia 
senza 
far ricorso alle 
sue 
manifestazioni 
pi� appariscenti 
(come 
gli 
omicidi), pur �tuttavia 
avvalendosi 
di 
quella 
forma 
di 
intimidazione 
- per 
certi 
aspetti 
ancora 
pi� 
temibile 
-che 
deriva 
dal 
non 
detto, 
dall�accennato, 
dall�evocazione 
di 
una 
potenza 
criminale 
cui 
si 
ritenga 
vano resistere� 
(43). Il 
pericolo 
a 
cui 
questo 
iter 
logico 
cerca 
di 
ovviare, 
come 
sottolineato 
in 
dottrina, 
� 
quello 
di 
fornire 
un 
lasciapassare 
interpretativo 
alla 
diffusione 
di 
associazioni 
che, 
pur 
prive 
di 
una 
manifesta 
metodologia 
mafiosa, 
siano 
comunque 
in 
grado 
di 
conculcare 
gli 
interessi 
protetti 
dalla 
norma 
incriminatrice 
- l�ordine 
economico, 
politico e 
sociale 
- godendo anche 
in zone 
delocalizzate 
della 
fama 
intimidatoria 
guadagnata 
dal 
sodalizio nelle 
zone 
d�origine 
(44). La 
diatriba 
in questione 
si 
riverbera 
dunque 
sul 
piano della 
verifica 
dei 
rapporti 
tra 
�as-
sociazioni-madri� 
e 
�associazioni-figlie� 
(45), 
in 
merito 
al 
quale 
non 
� 
bastato 
un 
provvedimento 
del 
Primo 
Presidente 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
a 
ridurre 
ad 
unit� 
gli 
orientamenti 
proposti 
dalle 
diverse 
Sezioni 
(46). 
Nell�assetto 
attuale, 
l�orientamento 
dominante 
continua 
a 
ritenere 
che 
la 
mafiosit� 
della 
locale, 
formatasi 
in quei 
luoghi 
dove 
l�habitat 
sociale 
non si 
mostra, ex 
se, propenso al-
l�infiltrazione 
mafiosa, richieda 
in ogni 
caso la 
prova 
dell�impiego, da 
parte 
della 
societas 
sceleris, di 
una 
forza 
intimidatrice 
attuale, effettiva 
ed obiettivamente 
riscontrabile, indipendentemente 
dalla 
sussistenza 
di 
rapporti, anche 
palesi, con l�associazione 
d�origine 
(47). Nondimeno, ad esso continua 
a 
contrapporsi 
una 
fiorente 
linea 
ermeneutica 
che 
considera 
integrato il 
metodo tipico 
anche 
laddove 
la 
carica 
intimidatoria 
risulti 
solo 
potenziale, 
esaltando 
cos� 
la 
natura 
di 
reato di 
pericolo dell�art. 416-bis 
c.p. (48), e 
la 
struttura 
uni


7-8, p. 2779; 
cfr. anche 
C. vISCoNTI, i giudici 
di 
legittimit� ancora alle 
prese 
con la �mafia silente� 
al 
nord: dicono di pensarla allo stesso modo, ma non � cos�, in Dir. pen. contemp., 5 ottobre 2015. 


(42) C. vISCoNTI, Mafie 
straniere 
e 
'ndrangheta al 
Nord. Una sfida alla tenuta dell�art. 416bis 
c.p.?, cit., 379-381. 
(43) 
Cass., 
sez. 
II, 
30 
gennaio 
2015, 
n. 
15412, 
Agresta 
e 
altri. 
Esisterebbe 
in 
realt� 
anche 
una 
terza 
accezione 
di 
�mafia 
silente�, che 
si 
verifica 
nel 
caso in cui 
la 
consorteria 
�dalle 
caratteristiche 
mafiose, 
pur costituita 
ed esistente, non si 
sia 
ancora 
proiettata 
all�esterno in iniziative 
delinquenziali 
per la 
realizzazione 
del 
suo programma 
criminoso�. Cfr., ex 
multis, Cass. sez. II, 15 giugno 2017, n. 53477, Benedetto. 
(44) A. BALSAMo 
- S. RECChIoNE, Mafie 
al 
Nord. l�interpretazione 
dell�art. 416-bis 
c.p. e 
l�efficacia 
degli strumenti di contrasto, in Dir. pen. contemp., 18 ottobre 2013, pp. 12-13. 
(45) L. BARoNE 
- A.A. SALEMME, il 
reato di 
associazione 
mafiosa, in Cass. pen., 2018, n. 4S, p. 
166. 
(46) Provvedimento del 28 aprile 2015. 
(47) Cass., sez. I, 17 giugno 2016, n. 55359, Pesce. 
(48) Cass., sez. II, 4 aprile 2017, n. 24851, Garcea. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


taria 
della 
'ndrangheta 
(49). La 
vexata quaestio, non trovando componimento 
nel 
diritto 
vivente, 
� 
stata 
recentemente 
oggetto 
di 
un�ordinanza 
di 
remissione 
alle 
Sezioni 
Unite, nelle 
more 
del 
cui 
responso � 
intervenuta 
la 
pronuncia 
dei 
giudici reggiani (50). 

5. la 'ndrangheta emiliana. 
Per quanto attiene 
alla 
presente 
trattazione, la 
sentenza 
in commento affronta 
la 
tematica 
relativa 
alla 
sussistenza 
della 
�locale� 
mafiosa 
emiliana 
sotto 
un duplice 
aspetto: 
gli 
effetti 
dell�agire 
criminale 
sul 
territorio e 
i 
rapporti 
con 
la �casa-madre� di Cutro. 


Per 
quanto 
riguarda 
il 
primo 
aspetto, 
la 
Corte 
ha 
rigettato 
la 
tesi 
difensiva, 
secondo la 
quale 
non sarebbe 
emerso dall�istruttoria 
alcun elemento dal 
quale 
poter 
inferire 
una 
penetrazione 
associativa 
nell'ambito 
territoriale 
di 
riferimento, 
che 
sia 
stata 
caratterizzata 
da 
quell'omert� 
ed assoggettamento tipici 
della 
zona 
d�origine, invocando a 
sostegno la 
minima 
rilevanza 
degli 
episodi 
d�intimidazione 
contestati; 
i 
quali, 
nella 
logica 
difensiva, 
avrebbero 
invece 
rappresentato iniziative 
di 
singoli 
individui, operanti 
fuori 
dal 
contesto geografico 
d�appartenenza, 
inidonei, 
quindi, 
a 
fondare 
la 
percezione 
dell'esistenza 
di 
una 
locale 
struttura 
qualificabile 
come 
mafiosa. In senso contrario si 
pone 
il 
Tribunale, il 
quale, pur ammettendo il 
precitato contrasto in giurisprudenza, 
ha 
inteso 
richiamarsi 
al 
primo 
fra 
i 
due 
orientamenti 
interpretativi 
sopra 
richiamati 
(51), 
attribuendo 
valore 
dirimente 
all�effettivit� 
del 
metodo 
mafioso, 
purch� 
da 
esso 
possano 
evincersi 
indicatori 
di 
stabilit� 
ed 
organizzazione 
della 
consorteria, 
a 
dimostrazione 
del 
potere 
intimidatorio 
dell�associazione 
e 
dello 
stato di 
assoggettamento che 
ne 
discende 
(52). Ed invero, i 
giudici 
hanno ravvisato 
questi 
indici 
nel 
caso concreto, non tanto nell�uso attuale 
della 
forza 
e 
della 
prevaricazione, comunque 
non aliene 
all�agere 
del 
sodalizio, ma 
soprat


(49) 
F. 
vASSALLo, 
la 
competenza 
territoriale 
in 
materia 
di 
criminalit� 
organizzata 
di 
stampo 
mafioso, 
in Strumenti 
di 
contrasto alla criminalit�: profili 
interni, comparati 
e 
sovranazionali, a 
cura 
di 
v. 
FANChIoTTI, Torino, 2017, pp. 10-20. Per una 
critica 
alla 
struttura 
unitaria 
della 
'ndrangheta, vedi 
A. CISTERNA, 
esegesi 
sulla struttura che 
mostra i 
suoi 
limiti 
sulle 
�mafie 
silenti�, in guida dir., 2019, n. 31, 
pp. 79-85. 
(50) Cass. sez. I, 15 marzo 2019, ord. n. 15768. Il 
quesito: 
"Se 
sia configurabile 
il 
reato di 
cui 
all'art. 
416 - bis 
cod. pen. con riguardo a una articolazione 
periferica (cd. �locale�) di 
un sodalizio mafioso, 
radicata 
in 
un'area 
territoriale 
diversa 
da 
quella 
di 
operativit� 
dell'organizzazione 
�madre�, 
anche 
in 
difetto 
della 
esteriorizzazione, 
nel 
differente 
territorio 
di 
insediamento, 
della 
forza 
intimidatrice 
e 
della relativa condizione 
di 
assoggettamento e 
di 
omert�, qualora emerga la derivazione 
e 
il 
collegamento 
della 
nuova 
struttura 
territoriale 
con 
l'organizzazione 
e 
i 
rituali 
del 
sodalizio 
di 
riferimento". 
Per un approfondimento, vedi 
L. NINNI, Alle 
Sezioni 
Unite 
la questione 
della configurabilit� del 
delitto 
di 
associazione 
di 
tipo 
mafioso 
con 
riguardo 
ad 
articolazioni 
periferiche 
di 
un 
sodalizio 
mafioso 
in 
aree 
�non tradizionali�, in 
Dir. pen. contemp., 2019, n. 6, pp. 23 ss. 
(51) 
Cfr. 
nota 
47. 
La 
Corte 
nota 
nondimeno 
come 
l�impressionante 
compendio 
probatorio 
a 
carico 
degli imputati renda poco problematico il conflitto in parola, ai fini della decisione. 
(52) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 2018, n. 1155, p. 1933 motivazioni. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


tutto in quell��indispensabile 
riserva 
di 
violenza 
percepibile 
all�esterno� 
alla 
quale 
fare 
all�occorrenza 
ricorso per raggiungere 
gli 
illeciti 
scopi 
sociali 
(53); 
una 
triste 
fama 
(fondata 
sul 
sangue 
della 
guerra 
consumata 
tra 
i 
clan Dragone 
e 
Grande 
Aracri, 
fra 
l�Emilia 
e 
la 
Calabria), 
mediante 
la 
quale 
il 
gruppo 
ha 
continuativamente 
esteso la 
propria 
influenza 
e 
le 
proprie 
propaggini 
in vaste 
aree 
dell�economia 
locale 
e 
sul 
piano 
dei 
rapporti 
istituzionali, 
fino 
a 
poter 
vantare 
interlocutori 
anche 
tra 
gli 
stessi 
esponenti 
delle 
forze 
dell�ordine 
e 
del 
mondo 
politico 
(54). 
Un 
capitale 
di 
delitti 
che 
ha 
permesso 
l�instaurarsi 
di 
un�egemonia 
nella 
regione, 
e 
garantito 
il 
�suo 
perpetuarsi 
nel 
tempo� 
(55). 
Non 
solo: 
indici 
del 
metodo 
mafioso, 
sub 
specie 
di 
capacit� 
intimidatoria, 
vengono 
rinvenuti 
dalla 
Corte 
anche 
nell�accertata 
disponibilit� 
di 
armi 
da 
parte 
del 
sodalizio, e 
dall�insieme 
di 
relazioni 
intrattenute 
con 'ndrine 
altrove 
dislocate 
(56). Ma 
l�elemento di 
novit� 
del 
modus 
operandi 
della 
locale 
emiliana, 
suo 
�tratto 
caratterizzante� 
secondo 
i 
giudici 
di 
Reggio, 
viene 
rintracciato 
nelle 
strategie, pi� raffinate 
ma 
non meno insidiose 
di 
quelle 
classiche, impiegate 
per creare 
falsa 
ricchezza 
e 
spietata 
efficienza, grazie 
alla 
quale 
accreditarsi 
nell�ambiente 
produttivo 
regionale 
ed 
allettare 
imprenditori 
e 
professionisti 
del 
territorio 
con 
il 
miraggio 
di 
facili 
guadagni, 
ossia 
spingendo 
gli 
stessi 
a 
venire 
incontro ai 
desiderata 
del 
sodalizio (57). Strategie 
quali 
le 
false 
fatturazioni, 
il 
lavoro nero, l�offerta 
di 
protezione, l�accesso a 
finanziamenti 
e 
al 
servizio 
di 
recupero 
crediti, 
che 
hanno 
permesso 
alla 
cosca 
di 
inserirsi 
nel 
tessuto 
socio-economico di 
riferimento, specie 
in aree 
ad alta 
intensit� 
di 
manodopera 
e 
a 
modesto contenuto tecnologico, dando cos� 
vita 
ad una 
�economia 
mafiosa 
emiliana�, fonte 
di 
legittimazione 
e 
arricchimento parassitario per la 
consorteria (58). 

Con 
riferimento 
all�autonomia 
della 
cosca, 
parimenti 
i 
giudici 
hanno 
concluso 
in senso contrario rispetto alle 
argomentazioni 
difensive. Essi 
hanno infatti 
riconosciuto 
come 
il 
sodalizio 
delinquenziale 
abbia 
rappresentato 
una 
filiazione 
del 
consesso ex 
art. 416-bis 
c.p. basato a 
Cutro, e 
come, in qualit� 
di 
associazione-figlia 
di 
questo, abbia 
beneficiato della 
capacit� 
intimidatoria 


(53) ivi, p. 2200 motivazioni. 
(54) ibid. 
(55) ibid. 
(56) ivi, 2201. 
(57) ivi, 2202. Nello stesso senso concludeva 
il 
segmento di 
Aemilia abbreviato (Trib. Bologna, 
22 
aprile 
2016, 
n. 
797; 
CdA 
Bologna, 
12 
dicembre 
2017, 
n. 
3911; 
Cass., 
sez. 
v, 
24 
ottobre 
2018, 
n. 
27043). 
Cfr. 
N. 
DALLA 
ChIESA 
-F. 
CABRAS, 
rosso 
Mafia, 
la 
'ndrangheta 
a 
reggio 
emilia, 
Milano, 
2019, 102-103, secondo cui 
�[l]o stato di 
soggezione 
continuava a serpeggiare. Stava solo assumendo 
forme 
pi� 
elaborate 
e 
strategicamente 
funzionali, 
all�interno 
delle 
quali 
la 
condivisione 
di 
un 
vantaggio 
economico per 
la maggior 
parte 
degli 
imprenditori 
costituiva nient�altro che 
un incentivo a sottostare 
ad angherie propriamente mafiose�. 
(58) N. DALLA 
ChIESA 
- F. CABRAS, la 'ndrangheta a reggio emilia. Un caso di 
conquista dal 
basso, in rass. Arma dei 
Carabinieri, 2017, n. 3, pp. 17-21. Per un�analisi 
generale 
del 
fenomeno, vedi 
S. PELLEGRINI, l�impresa grigia. le infiltrazioni mafiose nell�economia legale, Roma, 2018, pp. 85 ss. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


costruita 
dalla 
consorteria 
calabrese 
anche 
al 
di 
fuori 
dell�area 
d�origine. 
Quella 
che 
emerge 
in Aemilia 
� 
dunque 
un�autonoma 
struttura 
'ndranghetista, 
nata 
grazie 
all�associazione 
di 
delinquenti 
gi� 
precedentemente 
inquadrati 
in 
consessi 
mafiosi 
del 
crotonese, 
decimati 
da 
pregresse 
inchieste. 
Tale 
congrega 
godeva 
dunque 
di 
autonomia 
sul 
piano 
decisionale, 
organizzativo, 
economico, 
nonch� 
su quello pratico, relativo alle 
esternazioni 
del 
metodo mafioso, e 
parimenti 
operava 
con indipendenza 
anche 
in ordine 
alle 
scelte 
affaristico-criminali 
da 
compiere 
(59). 
Sempre 
in 
ossequio 
al 
suo 
caratteristico 
modus 
operandi 
mimetizzato, la 
cosca 
emiliana 
si 
rivelava 
poi 
in grado di 
effettuare 
scelte 
autonome 
in 
relazione 
alle 
strategie 
pubbliche, 
politiche 
e 
comunicative 
da 
impiegare, 
specie 
nei 
momenti 
di 
massima 
tensione 
con 
le 
istituzioni 
locali, 
nel 
tentativo di 
screditarle 
o condizionarle; 
tattiche 
che, riconosce 
il 
collegio, 
�rappresentano 
la 
pi� 
solida 
conferma 
dell�autonomia 
operativa 
della 
cosca 
'ndranghetista 
emiliana� 
(60). 
Del 
resto 
il 
collegamento 
con 
la 
cellula 
di 
Cutro, 
a 
conferma 
di 
quanto riconosciuto dai 
giudici 
di 
merito, era 
s� 
costante, ma 
de 
minimis: 
il 
terminale 
di 
questo rapporto era 
la 
figura 
di 
Nicolino Grande 
Ara-
cri, che 
doveva 
infatti 
venire 
tenuto al 
corrente 
solo delle 
questioni 
di 
importanza 
cruciale 
per 
la 
vita 
della 
cosca 
emiliana 
(affiliazioni, 
attribuzione 
di 
�doti�, 
omicidi), 
e 
ricevere 
il 
cosiddetto 
�fiore� 
(ossia 
una 
piccola 
percentuale 
delle 
entrate 
dell�associazione-figlia) nonch� 
percepire 
i 
proventi 
delle 
intraprese 
criminali 
della 
'ndrina 
di 
Cutro, 
una 
volta 
investite 
gli 
stessi 
nelle 
attivit� 
controllate o gestite dalla locale in Emilia (61). 

Un 
lampante 
esempio 
della 
inusitata 
capacit� 
operativa 
raggiunta 
dal 
sodalizio 
mafioso 
locale, 
con 
riferimento 
al 
modus 
operandi 
ed 
al 
grado 
di 
autonomia, 
si 
pu� 
rinvenire 
appunto 
nella 
reazione 
seguita 
alle 
numerose 
interdittive 
antimafia 
emesse 
dall�allora 
Prefetto 
di 
Reggio 
Emilia, 
Antonella 
De 
Miro 
(62). 
Quest�ultima, 
forte 
dell�esperienza 
professionale 
maturata 
nella 
sua 
terra 
d�origine 
(63), 
si 
trov� 
a 
costatare, 
sin 
dal 
suo 
insediamento, 
come 
di 
fatto 
la 
citt� 
fosse 
�indifesa� 
dinanzi 
all�infiltrazione 
mafiosa 
(64). 
L�avvento 
della 
De 
Miro 
coincise 
dunque 
con 
una 
stagione 
repressiva 
senza 
pre


(59) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 2018, n. 1155, p. 2214 motivazioni. 
(60) ivi, p. 2214 motivazioni. 
(61) 
ibid. 
Nello 
stesso 
senso 
concludeva 
il 
segmento 
di 
Aemilia 
abbreviato 
(Trib. 
Bologna, 
22 
aprile 
2016, 
n. 
797; 
CdA 
Bologna, 
12 
dicembre 
2017, 
n. 
3911; 
Cass., 
sez. 
v, 
24 
ottobre 
2018, 
n. 
27043). 
(62) M. zITo, la memoria dell�Avvocatura dello Stato nel 
procedimento penale 
c.d. Aemilia, cit., 
pp. 249, 257. 
(63) La 
Dott.ssa 
De 
Miro, attuale 
Prefetto della 
Provincia 
di 
Palermo, � 
nata 
a 
Catania, ed ha 
prestato 
servizio 
per 
oltre 
vent�anni, 
con 
diversi 
ruoli, 
presso 
svariate 
Prefetture 
siciliane 
(Agrigento, 
Enna, 
Messina). 
(64) N. DALLA 
ChIESA 
- F. CABRAS, rosso Mafia, la 'ndrangheta a reggio emilia, cit., 112, 199. 
Tale 
consapevolezza 
le 
deriv� 
dall�allarme 
lanciato 
dalle 
categorie 
economiche 
e 
dai 
numerosi 
reati-
spia 
registrati 
nella 
provincia, 
quali 
estorsioni 
e 
soprattutto 
incendi 
ai 
danni 
di 
imprese 
calabresi, 
troppo 
spesso non accompagnati da alcuna denuncia. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


cedenti 
a 
Reggio, 
con 
largo 
ricorso 
allo 
strumento 
dell�informazione 
interdittiva, 
applicato 
alle 
aziende 
sia 
cutresi 
che 
emiliane 
in 
odore 
di 
mafia 
-in 
pieno 
ossequio 
alla 
logica 
preventiva 
sottesa 
allo 
strumento 
de 
quo 
(65). 
Un 
simile 
approccio, 
accompagnato 
da 
una 
maggiore 
attenzione 
al 
fenomeno 
mafioso 
prestato 
dagli 
organi 
di 
stampa 
locali, 
dest� 
inevitabilmente 
la 
reazione 
degli 
associati, 
ostacolati 
nella 
realizzazione 
dei 
loro 
progetti 
affari-
stico-criminali. 
La 
reazione 
tuttavia 
non 
si 
espresse, 
per 
lo 
pi�, 
in 
atti 
violenti 
espliciti 
(66). 
Al 
contrario, 
la 
strategia 
di 
contrasto 
perseguita 
dalla 
cosca 
si 
mosse 
su 
di 
un 
piano 
politico-mediatico, 
volto, 
nelle 
parole 
dei 
giudici 
di 
Aemilia, 
a 
�condizionare, 
addirittura 
imbavagliare, 
gli 
organi 
di 
informazione 
e 
[�] 
cercare 
il 
sostegno 
della 
politica, 
individuata 
quale 
strumento 
fondamentale 
per 
attuare 
la 
controffensiva 
[�]�(67). 
La 
ripetuta 
delegittimazione 
del-
l�operato 
del 
Prefetto, 
condotta 
via 
televisione 
e 
stampa, 
la 
fittizia 
mobilitazione 
della 
comunit� 
calabrese 
contro 
la 
presunta 
discriminazione 
sofferta 
per 
le 
iniziative 
dell�ufficiale 
del 
governo, 
e 
i 
ricorsi 
al 
TAR 
sono 
stati 
i 
principali 
tra 
gli 
stratagemmi 
impiegati 
per 
ottenere 
un 
allentamento 
della 
pressione 
istituzionale 
sulle 
imprese 
connesse 
all�associazione 
(68). 
Stratagemmi 
che 
si 
sono 
spinti 
fino 
al 
punto 
di 
cercare 
l�abboccamento 
con 
esponenti 
del 
mondo 
politico 
reggiano, 
strumentale 
alla 
scelta 
di 
un 
�cavallo� 
su 
cui 
puntare 
in 
questa 
sfida 
alle 
autorit� 
-e 
da 
impiegare 
anche 
in 
vista 
delle 
successive 
consultazioni 
elettorali 
(69). 
Si 
tratta, 
nel 
complesso, 
di 
risultanze 
che 
illustrano 
come 
in 
Emilia 
la 
'ndrangheta 
abbia 
saputo 
mutare 
veste 
e 
linee 
d�azione 
in 
virt� 
del 
diverso 
contesto 
sociale 
e 
dei 
diversi 
ostacoli 
da 
abbattere, 
travisando 
da 
azioni 
legittime 
o 
da 
esercizio 
di 
diritti 
quelli 
che 
in 
realt� 
si 
sono 
rivelati 
essere 
indici 
delle 
�grandi 
strategie� 
(70) 
perseguite 
dal 
sodalizio. 


6. il 
risarcimento del 
danno non patrimoniale 
riconosciuto allo Stato-ordinamento: 
la valenza eversiva dell�associazione mafiosa. 
All�interno di 
questo quadro probatorio-interpretativo, il 
collegio ha 
accolto 
in pieno la 
richiesta 
di 
risarcimento avanzata 
dalla 
Presidenza 
del 
Con


(65) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 
2018, n. 1155, p. 2022 motivazioni. va 
peraltro sottolineato 
che 
l�emissione 
delle 
interdittive 
non poteva 
perseguire, come 
sostenuto dagli 
imputati, un disegno unitario 
del 
Prefetto volto ad emarginare 
la 
comunit� 
cutrese, poich� 
le 
informazioni 
sono il 
risultato delle 
richieste 
operate 
dalle 
singole 
amministrazioni. Cfr. M. zITo, la memoria dell�Avvocatura dello Stato 
nel 
procedimento 
penale 
c.d. 
Aemilia, 
cit., 
p. 
250, 
il 
quale 
significativamente 
afferma 
che 
�[i]l 
momento 
unitario lo hanno dato gli imputati di questo processo�. 
(66) 
I 
quali, 
tuttavia, 
non 
mancarono: 
il 
20 
marzo 
2012 
furono 
infatti 
recapitate 
al 
prefetto 
De 
Miro una busta con un proiettile ed una lettera dai contenuti intimidatori. 
(67) Trib. Reggio Emilia, 31 ottobre 2018, n. 1155, p. 2021 motivazioni. 
(68) ivi, pp. 2036-2037 motivazioni. 
(69) ivi, pp. 2024-2025 motivazioni. 
(70) ivi, p. 2021 motivazioni. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


siglio 
dei 
Ministri 
in 
relazione 
agli 
imputati 
di 
cui 
al 
delitto 
associativo 
di 
stampo 
mafioso, 
come 
domandato 
dall'Avvocatura 
Distrettuale 
(71). 
La 
Corte 
ha 
riconosciuto 
infatti 
come 
la 
presenza 
dominante 
e 
l�operativit� 
nella 
regione 
di 
una 
consorteria 
di 
matrice 
'ndranghetista 
abbia 
configurato 
un�autonoma 
fonte 
di 
responsabilit� 
extracontrattuale, 
che 
prescinde 
dal 
danno 
specifico 
arrecato 
alle 
singole 
amministrazioni 
coinvolte 
(72). 
L�insediamento 
mafioso 
ha 
infatti 
comportato 
la 
realizzazione 
�di 
un�alternativa 
anti-giuridica 
allo 
Stato-ordinamento�, un �anti-Stato� 
concretantesi 
in un�istituzione 
in grado 
di 
annoverare 
tutte 
le 
caratteristiche 
proprie 
di 
un�entit� 
sovrapersonale 
sovrana, 
in quanto non solo fornita 
di 
una 
propria 
struttura, ma 
anche 
in grado 
di 
produrre 
norme 
di 
comportamento 
vincolanti 
sul 
territorio, 
e 
di 
assistere 
queste 
ultime 
con 
(invero 
temibili) 
sanzioni 
(73). 
La 
'ndrangheta 
in 
Emilia 
non 
abbisogna 
di 
atti 
eclatanti, 
ma 
si 
giova 
della 
propria 
fama 
criminale 
e 
della 
nuova 
�rispettabile� 
veste 
affaristica 
per 
infiltrare 
il 
territorio 
(74), 
facendo 
propri 
quegli 
interessi 
la 
cui 
tutela 
� 
rimessa 
(in primis) allo Stato, con riferimento 
non 
solo 
all�ordine 
pubblico 
e 
alla 
libert� 
morale 
dell�individuo, 
ma 
anche 
all�ordine 
economico, al 
buon andamento e 
all�imparzialit� 
della 
pubblica 
amministrazione, all�ordine 
democratico (75). Ed � 
proprio sulla 
base 
di 
questa 
larvata 
sottrazione 
di 
sovranit� 
che 
viene 
motivato il 
risarcimento del 
danno a 
cui 
sono condannati 
in solido gli 
imputati 
del 
delitto ex 
art. 416-bis 


c.p. 
Come 
evidenzia 
il 
collegio, 
�[i]l 
delitto 
associativo 
manifesta, 
invero, 
una 
valenza 
eversiva. Si 
pone 
come 
un sistema 
(non solo "di 
valori") in relazione 
di 
concorrenzialit� 
con 
quello 
statale� 
(76). 
Tale 
circostanza 
integra 
la 
lesione 
delle 
pi� basilari 
funzioni 
dello Stato-ordinamento, quali 
il 
monopolio legale 
dell�uso della 
forza 
sul 
territorio, la 
rappresentanza 
e 
l�esclusiva 
potest� 
normativa 
sulla 
comunit� 
di 
riferimento (77). Con ci�, la 
�locale� 
emiliana 
arrivava 
ad 
arrecare 
un 
notevole 
pregiudizio 
alle 
funzioni 
normativa 
e 
rappresentativa, garantite 
in primo luogo dalla 
Costituzione 
(ex 
artt. 5 e 
117 
Cost.) ed assunte 
dagli 
Statuti 
degli 
enti 
territoriali 
(art. 114 Cost.) (78). Allo 
stesso 
modo, 
la 
signoria 
mafiosa 
ha 
comportato, 
come 
accolto 
dai 
giudici, 
un�aggressione 
anche 
agli 
altri 
interesse 
tutelati 
dalla 
norma 
incriminatrice, 
ossia 
i 
beni 
giuridici 
di 
livello costituzionale 
quali 
lo sviluppo di 
corretti 
rapporti 
economico-sociali, nonch� la salvaguardia della dignit� umana (79). 
(71) ivi, p. 3066 motivazioni. 
(72) ibid. 
(73) ivi, p. 3062 motivazioni. 
(74) ivi, p. 2203 motivazioni. La 
Corte 
parla 
di 
due 
aree 
della 
mafia, l�una 
�militare�, l�altra 
�imprenditoriale�. 
(75) ivi, p. 3066 motivazioni. 
(76) ibid. Nello stesso senso si 
esprime 
anche 
la 
ricerca 
sociologica, cfr. N. DALLA 
ChIESA 
- F. 
CABRAS, rosso Mafia, la 'ndrangheta a reggio emilia, cit., 214, 233. 
(77) ibid. 
(78) ivi, p. 3062 motivazioni. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Parimenti, per ci� che 
attiene 
ai 
singoli 
reati-fine 
aggravati 
ex 
art. 416bis, 
1 
c.p., 
il 
giudice 
di 
prime 
cure 
vi 
ha 
ravvisato 
un�inscindibile 
collegamento 
con il 
delitto associativo, in quanto essi 
avrebbero assunto a 
proprio presupposto 
la 
forza 
stessa 
del 
consesso criminale, contribuendo cos� 
al 
contempo al 
suo 
rafforzamento 
ed 
alla 
sua 
affermazione 
(80). 
Anch�essi, 
dunque, 
avrebbero 
conculcato 
non 
solo 
le 
posizioni 
soggettive 
delle 
persone 
offese 
individuali 
(anche 
e 
soprattutto private), ma 
la 
stessa 
affermazione 
delle 
finalit� 
costituzionali 
(e 
statutarie) 
degli 
enti 
locali 
(tra 
i 
quali, 
in 
primis, 
la 
promozione 
della 
parit� 
dei 
diritti 
e 
della 
dignit� 
dell�individuo, la 
rappresentanza 
territoriale 
e 
comunitaria) (81). 

La 
prova 
delle 
condotte 
illecite 
contestate 
e 
del 
vincolo associativo sono 
state 
dunque 
ritenute 
indici 
di 
un�eversione 
di 
interessi 
protetti 
della 
collettivit�, 
e 
perci� bastevoli 
a 
legittimare, prima, la 
proposizione 
della 
domanda 
risarcitoria 
per 
la 
lesione 
derivata 
allo 
Stato-ordinamento 
dall�esistenza 
e 
operativit� 
del 
consorzio mafioso e, nel 
merito, la 
condanna 
al 
risarcimento 
del danno non patrimoniale. 

7. Conclusioni. 
Nella 
sentenza 
in 
parola, 
il 
Tribunale 
ha 
accolto 
la 
richiesta 
riparatoria 
avanzata 
dalla 
Presidenza 
del 
Consiglio 
sposando 
quell�opzione 
ermeneutica, 
carsicamente 
riproposta 
da 
parte 
di 
giurisprudenza 
e 
dottrina, che 
individua 
nel 
fenomeno mafioso e 
nelle 
sue 
manifestazioni 
esteriori 
un attacco ai 
valori 
fondamentali 
dello Stato-ordinamento. Ma 
quest�interpretazione 
viene 
dalla 
Corte 
reggiana 
plasmata 
ed aggiornata, sulla 
base 
della 
pi� recente 
elaborazione 
giurisprudenziale 
in 
materia 
di 
�mafia 
silente� 
e 
dello 
specifico 
compendio 
probatorio 
a 
disposizione 
degli 
inquirenti, 
senza 
mai 
venir 
meno 
ai 
presupposti 
del 
dato normativo di 
cui 
all�art. 416-bis 
c.p. Il 
quadro che 
esce 
da 
Aemilia 
� 
quindi 
quello 
di 
una 
mafia 
eversiva, 
ma 
non 
legata 
alle 
linee 
d�azione 
della 
Cosa 
Nostra 
dinamitarda 
e 
stragista 
degli 
anni 
�80 e 
�90 - anni 
in 
cui 
questo 
indirizzo 
si 
� 
primamente 
formato. 
Dalla 
pronuncia 
emerge 
piuttosto 
un�associazione 
mafiosa 
borghese, la 
cui 
carica 
anti-istituzionale 
non si 
esplica 
nella 
lotta 
armata 
contro lo Stato, ma 
in un contro-potere 
pi� subdolo 
e 
sottile, la 
cui 
cifra 
caratteristica 
� 
il 
silenzio. Cos� 
facendo, la 
cosca 
non attacca 
frontalmente 
le 
istituzioni, ma 
le 
avvelena, le 
svuota, le 
priva 
del 
loro 
contenuto 
secundum 
legem 
e 
vi 
si 
sostituisce, 
lasciando 
di 
esse 
un 
mero 
simulacro. 
Il 
ristoro 
del 
danno 
non 
patrimoniale 
viene 
infatti 
fondato 
su 
questa 
progressiva 
erosione 
che, 
lungi 
dall�intaccare 
solo 
la 
comunit� 
territoriale 


(79) ivi, p. 3066 motivazioni. Cfr. anche 
M. zITo, la memoria dell�Avvocatura dello Stato nel 
procedimento penale c.d. Aemilia, cit., p. 242. 
(80) ivi, p. 3063 motivazioni. 
(81) ibid. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


emiliana, 
per 
la 
quale 
sono 
legittimamente 
costituiti 
gli 
enti 
locali 
competenti, 
mette 
in discussione 
la 
stessa 
rule 
of 
law 
nella 
regione 
e 
la 
sua 
appartenenza 
(de 
facto) alla 
Repubblica 
e 
al 
suo sistema 
di 
valori, consacrato nella 
Costituzione. 
A 
fronte 
di 
ci�, � 
lo stesso principio di 
sussidiariet� 
ad imporre 
il 
risarcimento 
da 
reato 
nei 
confronti 
dello 
Stato-ordinamento, 
costituitosi 
nelle 
vesti 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
Ministri, in quanto diretto titolare 
dei 
beni 
giuridici offesi dall�eversione della cosca locale emiliana. 


Sia 
consentita 
un�ultima 
notazione. La 
costituzione 
di 
parte 
civile 
dello 
Stato 
in 
siffatto 
procedimento 
non 
acquisisce 
solo 
funzione 
strumentale 
all�ottenimento 
della 
posta 
riparatoria. Laddove 
gli 
�anticorpi� 
(82) culturali 
non 
hanno retto all�infezione 
'ndranghetista, e 
la 
risposta 
politico-amministrativa 
si 
� 
rivelata 
tutt�al 
pi� sporadica, l�azione 
adesiva 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio, 
esperita 
con 
successo 
nel 
locus 
del 
rito 
criminale, 
lungi 
dal 
rappresentare 
una 
criticabile 
�accusa 
privata� 
a 
sostegno 
delle 
contestazioni 
del 
pubblico 
ministero (83), risulta 
potenzialmente 
in grado di 
assumere 
invece, a fortiori, 
un ruolo di 
stigmatizzazione, agli 
occhi 
della 
comunit� 
nazionale, delle 
pubbliche 
e 
private 
infedelt� 
registratesi 
in Emilia, a 
dimostrazione 
dell�irriducibile 
alterit� fra Stato democratico e associazione mafiosa (84). 

(82) N. DALLA 
ChIESA 
- F. CABRAS, la 'ndrangheta a reggio emilia. Un caso di 
conquista dal 
basso, in rass. Arma dei Carabinieri, cit., pp. 21-25. 
(83) 
C. 
SANToRIELLo 
-A. 
GAITo, 
Ma 
davvero 
il 
processo 
penale 
� 
luogo 
adatto 
al 
soddisfacimento 
delle istanze civilistiche?, in Arch. pen., 2013, n. 2, p. 401. 
(84) 
Una 
funzione 
del 
resto 
che 
ben 
si 
sposa 
con 
le 
prerogative 
della 
stessa 
Avvocatura 
dello 
Stato, 
che 
rappresenta 
ope 
legis 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio, dato che, come 
sottolinea 
accorta 
dottrina, il 
suo 
ruolo �si 
� 
[�] spostato dalla tutela legale 
di 
interessi 
prevalentemente 
patrimoniali 
a quella di 
tutti 
i 
primari 
valori 
giuridici 
dell'ordinamento 
dello 
Stato 
e 
del 
suo 
assetto 
costituzionale 
[�]�. 
Cfr. 
G. 
MANzARI, 
Avvocatura dello Stato, in Dig. disc. pubb., vol. II, Torino, 1987, p. 114. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


Procedura semplificata di autorizzazione per impianti 
di produzione di energie rinnovabili (minieolico), 
tutela indiretta anche inibitoria delle aree contermini 
a quelle vincolate e rilevanza in materia paesaggistica 
del silenzio-assenso. Profili sostanziali e processuali 


CoNSiglio 
Di 
StAto, Sez. QUArtA, SeNteNzA 
4 SetteMbre 
2018 N. 5181 
CoNSiglio 
Di 
StAto, Sez. QUArtA, SeNteNzA 
18 MArzo 
2019 N. 1729 


Piero Vitullo* 


SoMMArio: 1. Premessa ricostruttiva - 1.1. la questione 
controversa - 2. l�approccio 
giurisprudenziale 
alla tematica - 3. Conclusioni: 3.1. Profili 
processuali 
- 3.2. l�insopprimibilit� 
del 
contributo 
partecipativo 
dell�Amm.ne 
b.A.C.t. 
al 
procedimento 
autorizzatorio 
semplificato 
per 
impianti 
�minori� 
- 3.3. (continua) 
insussistenza di 
conflitto tra linee 
guida e 
normativa statale 
di 
riferimento (art. 152 d.lgs. 42/2004, art. 6 l. 28/2011) - 3.4. Potere 
di 
vigilanza 
dell�Amm.ne 
b.A.C.t. e 
tutela inibitoria - 3.5. inconfigurabilit� del 
silenzio-assenso 
in materia specifica. 


1. Premessa ricostruttiva. 
Le 
fattispecie 
di 
cui 
si 
tratta 
si 
incentrano 
sulle 
determinazioni 
dirigenziali 
con 
cui 
due 
diversi 
Comuni 
della 
provincia 
di 
Campobasso 
hanno 
rilasciato 
a 
imprese 
private 
dei 
provvedimenti 
autorizzativi 
favorevoli 
alla 
realizzazione 
di 
impianti 
minori 
di 
produzione 
di 
energia 
da 
fonte 
rinnovabile 


(c.d. 
minieolico); 
fattispecie, 
accomunate 
dall�indebita 
pretermissione 
dai 
procedimenti 
autorizzatori 
in 
questione 
dell�Amministrazione 
per 
i 
Beni 
e 
le 
Attivit� 
Culturali. 
Le 
vicende 
giudiziali 
sono 
sorte 
a 
seguito 
delle 
iniziative 
del 
Segretariato 
Regionale 
MiBACT 
che, dopo essere 
venuto a 
conoscenza 
di 
Procedure 
Autorizzative 
Semplificate 
(P.A.S.), avviate 
presso i 
Comuni 
interessati 
all�insaputa 
dell�Amministrazione 
tutrice 
dei 
beni 
culturali, 
ha 
disposto 
la 
sospensione 
dei 
lavori 
in 
questione 
ai 
sensi 
dell�art. 
155 
d.lgs. 
42/2004 
quale 
forma 
di 
tutela 
dell�interesse 
pubblico 
leso, 
in 
tre 
casi 
doppiata 
anche 
da 
apposito 
ricorso 
straordinario 
(poi 
traslato in sede 
giurisdizionale 
a 
seguito di 
opposizione 
della 
parte 
resistente 
privata) recante 
la 
richiesta 
della 
declaratoria 
di 
nullit� 
o del-
l�annullamento della 
determinazione 
autorizzatoria 
finale. In entrambi 
i 
casi 
infatti 
l�Amministrazione 
statale 
non � 
stata 
coinvolta 
nel 
procedimento abilitativo 
comunale, senza 
dunque 
essere 
stata 
posta 
in grado di 
interloquire, ai 


(*) Avvocato dello Stato. 


Alla 
redazione 
dell�articolo 
hanno 
collaborato 
la 
dott.ssa 
Mariarosaria 
Mastromonaco 
e 
il 
dott. 
Marco 
Scarano. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


sensi 
dell�art. 152 d.lgs. 42/2004 (1) e 
delle 
Linee 
Guida 
Nazionali 
approvate 
con D.M. 10 settembre 
2010, nel 
percorso amministrativo finalizzato al 
rilascio 
del 
nulla 
osta 
per l�installazione 
di 
turbine 
per la 
produzione 
di 
energia 
elettrica 
da 
fonte 
rinnovabile 
eolica, 
localizzate 
a 
distanza 
inadeguata 
da 
aree, 
considerate 
�contermini� 
rispetto a 
zone 
in concreto sottoposte 
a 
vincolo diretto 
archeologico ai 
sensi 
del 
D.M. del 
15 giugno 1976 ovvero a 
beni 
sottoposti 
a 
vincolo diretto culturale 
e 
paesaggistico ai 
sensi 
dell�art. 142 comma 
1 lett. g) del d.lgs. n. 42/2004 oppure qualificato come area SIC. 


Invero, 
le 
Linee 
Guida 
Nazionali 
approvate 
con 
D.M. 
10 
settembre 
2010, 
riproposte, con i 
medesimi 
contenuti 
e 
numerazione, dalle 
omologhe 
Disposizioni-
Linee 
Guida 
Regionali, 
approvate 
dalla 
Regione 
Molise 
con 
la 
del. 


G.R. 
n. 
621/2011, 
hanno 
delineato 
le 
condizioni 
di 
intervento 
dell�Autorit� 
statale 
di 
tutela 
paesaggistica: 
�il 
Ministero 
[BACT] 
� 
partecipa 
� 
c) 
al 
procedimento 
per 
l�autorizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da fonti 
rinnovabili 
localizzati 
in 
aree 
contermini 
a 
quelle 
sottoposte 
a 
tutela 
ai 
sensi 
del 
decreto 
legislativo 
22 
gennaio 
2004, 
n. 
42, 
� 
il 
Ministero 
esercita 
unicamente 
in 
quella sede i poteri previsti dall�articolo 152 di detto decreto�. 
In 
tale 
ipotesi, 
infatti, 
la 
convocazione 
dell�Amministrazione 
ministeriale 
da 
parte 
di 
ciascun ente 
locale 
procedente 
avrebbe 
consentito alla 
competente 
Soprintendenza 
l�emissione 
del 
parere 
vincolante 
ex 
art. 152 d.lgs. 42/2004, 
dal 
momento che 
tale 
disposizione 
formula 
specifiche 
prescrizioni 
al 
fine 
di 
garantire 
la 
conservazione 
dei 
valori 
espressi 
dai 
beni 
tutelati, 
ricadenti 
all�interno 
dell�area contermine all�impianto. 

Al 
contrario, le 
autorizzazioni 
sono state 
unilateralmente 
adottate 
da 
ciascun 
Comune 
senza, 
peraltro, 
alcun 
coinvolgimento 
preventivo 
e 
nemmeno 
comunicazione 
successiva 
alla 
Soprintendenza. Di 
qui 
l�esercizio del 
potere 
inibitorio 
(2), 
inteso 
a 
evitare 
ulteriori 
manomissioni 
dei 
luoghi 
destinatari 
dei 
divisati interventi. 


La 
questione 
oggetto 
della 
presente 
trattazione 
� 
stata 
affrontata 
dal 
Consiglio 
di 
Stato dapprima 
con la 
sentenza 
n. 5181 del 
2018 (similari 
le 
coeve 
n. 


(1) Si 
riporta 
il 
contenuto dell�art. 152 d.lgs. 42/2004: 
�Nel 
caso di 
aperture 
di 
strade 
e 
di 
cave, 
di 
posa di 
condotte 
per 
impianti 
industriali 
e 
civili 
e 
di 
palificazioni 
nell'ambito e 
in vista delle 
aree 
indicate 
alle 
lettere 
c) e 
d) del 
comma 1 dell'articolo 136 ovvero in prossimit� degli 
immobili 
indicati 
alle 
lettere 
a) e 
b) del 
comma 1 dello stesso articolo, l'amministrazione 
competente, su parere 
vincolante, 
salvo quanto previsto dall'articolo 146, comma 5, del 
soprintendente, o il 
Ministero, tenuto conto della 
funzione 
economica delle 
opere 
gi� realizzate 
o da realizzare, hanno facolt� di 
prescrivere 
le 
distanze, 
le 
misure 
e 
le 
varianti 
ai 
progetti 
in 
corso 
d'esecuzione, 
idonee 
comunque 
ad 
assicurare 
la 
conservazione 
dei 
valori 
espressi 
dai 
beni 
protetti 
ai 
sensi 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
titolo. Decorsi 
inutilmente 
i 
termini 
previsti 
dall'articolo 146, comma 8, senza che 
sia stato reso il 
prescritto parere, l'amministrazione 
competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146�. 
(2) Con la 
superiore 
Direzione 
regionale 
poi 
Segretariato regionale 
in luogo dell�allora 
Soprintendenza 
B.A.A.A.P., 
in 
ragione 
della 
confluenza 
di 
interessi 
sia 
paesaggistici 
che 
archeologici: 
cfr. 
Cons. Stato, sez. vI, 15 marzo 2013, n. 1562. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


5182 del 
2018; 
n. 5183 del 
2018; 
n. 5189 del 
2018; 
n. 5190 del 
2018; 
n. 5191 
del 
2018) 
e 
successivamente 
con 
la 
decisione 
n. 
1729 
del 
2019, 
oggettivamente 
identica a quella n. 1731 del 2019. 


Con tali 
ultime 
pronunce 
il 
Supremo Consesso ha 
definitivamente 
confermato 
l�orientamento interpretativo delineato dalla 
sentenza 
n. 5181/2018 e 
seguenti 
sopra 
citate, 
in 
tema 
di 
mancato 
coinvolgimento 
del 
Ministero 


B.A.C.T. nella 
procedura 
di 
autorizzazione 
alla 
realizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili 
inferiori, 
nel 
caso 
in 
esame, 
ai 
300 
kw, 
localizzati 
in 
aree 
c.d. 
contermini 
a 
quelle 
sottoposte 
a 
tutela 
archeologica, 
culturale 
e 
paesaggistica, ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004. 
In particolare, con la 
sentenza 
n. 1729/2019 e 
la 
coeva 
n. 1731/2019, � 
stato nuovamente 
esaminato dal 
Consiglio di 
Stato il 
tema 
precedentemente 
affrontato dalla 
sentenza 
n. 5181/2018, concernente, nello specifico, l�applicabilit� 
delle 
Linee 
Guida 
Nazionali 
per 
l'autorizzazione 
degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili, approvate 
con D.M. del 
10 settembre 
2010, alla 
procedura 
abilitativa 
semplificata, 
in 
pieno 
recepimento 
dell�impostazione 
propugnata dall�Amministrazione statale. 


1.1. la questione controversa. 
Le 
ragioni 
spese 
dalle 
societ� 
interessate 
sono complessivamente 
sintetizzabili 
nei seguenti termini: 


1) l�aggravio procedurale 
invocato dal 
MiBACT 
non doveva 
essere 
applicato 
alla 
realizzazione 
di 
impianti 
mini-eolici, alla 
stregua 
delle 
previsioni 
delle 
sopravvenute 
Linee 
Guida 
nazionali 
(e 
anche 
di 
quelle 
confermative 
regionali, 
approvate 
con del. G.R. n. 621 del 
4 agosto 2011), in particolare 
in 
virt� di 
quanto previsto dal 
punto 2 dell�Allegato 4 (impianti 
eolici: elementi 
per 
il 
corretto inserimento nel 
paesaggio e 
sul 
territorio) al 
D.M. del 
10 settembre 
2010 
(linee 
guida 
nazionali 
per 
l'autorizzazione 
degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili), 
determinative 
dell�insussistenza 
delle 
condizioni 
di applicabilit� alla fattispecie in esame dell�art. 152 d.lgs. 42/2004; 


2) 
non 
� 
qualificabile 
ex 
lege 
la 
pretesa 
dell�Amministrazione 
ministeriale 
alla 
partecipazione 
alla 
procedura 
semplificata 
autorizzativa, non venendo in 
evidenza 
luoghi 
rinvenibili 
nell�elenco dei 
beni 
sottoposti 
a 
vincolo paesaggistico 
o archeologico, diretto o indiretto; 


3) � 
contestabile 
l�utilizzo di 
una 
potest� 
riferibile 
non alla 
vigilanza 
ex 
art. 155 d.lgs. 42/2004 sui 
beni 
culturali 
ma 
alla 
salvaguardia, ex 
art. 150 precedente, 
di 
assetti 
vincolistici 
mai 
proposti 
nei 
termini 
prescritti, 
dovendosi 
dunque 
ritenere 
l�insussistenza 
di 
poteri 
interdittivi 
a 
fronte 
di 
atti 
autorizzatori 
validi 
ed efficaci, non presidiati 
nemmeno da 
termini 
di 
durata 
della 
sospensione 
certi e determinati. 


va 
detto 
che 
nel 
ricorso 
straordinario 
la 
Soprintendenza 
ha 
propugnato 
un diverso inquadramento delle 
procedure 
semplificate 
di 
cui 
all�art. 6 d.lgs. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


28/2011 (3), sostenendo che 
l�omessa 
acquisizione, in sede 
conferenziale, del 


(3) Se 
ne 
riporta 
l�integrale 
contenuto: 
�Ferme 
restando le 
disposizioni 
tributarie 
in materia di 
accisa sull'energia elettrica, per 
l'attivit� di 
costruzione 
ed esercizio degli 
impianti 
alimentati 
da fonti 
rinnovabili 
di 
cui 
ai 
paragrafi 
11 e 
12 delle 
linee 
guida, adottate 
ai 
sensi 
dell'articolo 12, comma 10, 
del 
decreto legislativo 29 dicembre 
2003, n. 387 si 
applica la procedura abilitativa semplificata di 
cui 
ai 
commi 
seguenti. il 
proprietario dell'immobile 
o chi 
abbia la disponibilit� sugli 
immobili 
interessati 
dall'impianto e 
dalle 
opere 
connesse 
presenta al 
Comune, mediante 
mezzo cartaceo o in via telematica, 
almeno trenta giorni 
prima dell'effettivo inizio dei 
lavori, una dichiarazione 
accompagnata da una dettagliata 
relazione 
a firma di 
un progettista abilitato e 
dagli 
opportuni 
elaborati 
progettuali, che 
attesti 
la compatibilit� del 
progetto con gli 
strumenti 
urbanistici 
approvati 
e 
i 
regolamenti 
edilizi 
vigenti 
e 
la 
non 
contrariet� 
agli 
strumenti 
urbanistici 
adottati, 
nonch� 
il 
rispetto 
delle 
norme 
di 
sicurezza 
e 
di 
quelle 
igienico-sanitarie. Alla dichiarazione 
sono allegati 
gli 
elaborati 
tecnici 
per 
la connessione 
redatti 
dal 
gestore 
della rete. Nel 
caso in cui 
siano richiesti 
atti 
di 
assenso nelle 
materie 
di 
cui 
al 
comma 4 dell'articolo 
20 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
devono 
essere 
allegati 
gli 
elaborati 
tecnici 
richiesti 
dalle 
norme 
di 
settore 
e 
si 
applica il 
comma 5. Per 
la procedura 
abilitativa semplificata si 
applica, previa deliberazione 
del 
Comune 
e 
fino alla data di 
entrata 
in vigore 
dei 
provvedimenti 
regionali 
di 
cui 
al 
comma 9, quanto previsto dal 
comma 10, lettera c), e 
dal 
comma 11 dell'articolo 10 del 
decreto-legge 
18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla 
legge 
19 
marzo 
1993, 
n. 
68. 
il 
Comune, 
ove 
entro 
il 
termine 
indicato 
al 
comma 
2 
sia 
riscontrata 
l'assenza 
di 
una o pi� delle 
condizioni 
stabilite 
al 
medesimo comma, notifica all'interessato l'ordine 
motivato di 
non effettuare 
il 
previsto intervento e, in caso di 
falsa attestazione 
del 
professionista abilitato, informa 
l'autorit� giudiziaria e 
il 
consiglio dell'ordine 
di 
appartenenza; � 
comunque 
salva la facolt� di 
ripresentare 
la dichiarazione, con le 
modifiche 
o le 
integrazioni 
necessarie 
per 
renderla conforme 
alla normativa 
urbanistica ed edilizia. Se 
il 
Comune 
non procede 
ai 
sensi 
del 
periodo precedente, decorso il 
termine 
di 
trenta giorni 
dalla data di 
ricezione 
della dichiarazione 
di 
cui 
comma 2, l'attivit� di 
costruzione 
deve 
ritenersi 
assentita. 
Qualora 
siano 
necessari 
atti 
di 
assenso, 
di 
cui 
all'ultimo 
periodo 
del 
comma 2, che 
rientrino nella competenza comunale 
e 
non siano allegati 
alla dichiarazione, il 
Comune 
provvede 
a 
renderli 
tempestivamente 
e, 
in 
ogni 
caso, 
entro 
il 
termine 
per 
la 
conclusione 
del 
relativo 
procedimento 
fissato 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
successive 
modificazioni. 
Se 
gli 
atti 
di 
assenso non sono resi 
entro il 
termine 
di 
cui 
al 
periodo precedente, l'interessato pu� adire 
i 
rimedi 
di 
tutela di 
cui 
all'articolo 117 del 
decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Qualora l'attivit� 
di 
costruzione 
e 
di 
esercizio degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 1 sia sottoposta ad atti 
di 
assenso di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
l'amministrazione 
comunale 
provvede 
ad acquisirli 
d'ufficio ovvero convoca, entro venti 
giorni 
dalla 
presentazione 
della dichiarazione, una conferenza di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 e 
seguenti 
della 
legge 
7 agosto 1990, n. 241 e 
successive 
modificazioni. il 
termine 
di 
trenta giorni 
di 
cui 
al 
comma 2 � 
sospeso fino alla acquisizione 
degli 
atti 
di 
assenso ovvero fino all'adozione 
della determinazione 
motivata 
di 
conclusione 
del 
procedimento 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14-ter, 
comma 
6-bis, 
o 
all'esercizio 
del 
potere 
sostitutivo ai 
sensi 
dell'articolo 14-quater, comma 3, della medesima legge 
7 agosto 1990, n. 241. la 
realizzazione 
dell'intervento 
deve 
essere 
completata 
entro 
tre 
anni 
dal 
perfezionamento 
della 
procedura 
abilitativa 
semplificata 
ai 
sensi 
dei 
commi 
4 
o 
5. 
la 
realizzazione 
della 
parte 
non 
ultimata 
dell'intervento 
� 
subordinata a nuova dichiarazione. l'interessato � 
comunque 
tenuto a comunicare 
al 
Comune 
la data 
di 
ultimazione 
dei 
lavori. la sussistenza del 
titolo � 
provata con la copia della dichiarazione 
da cui 
risulta 
la data di 
ricevimento della dichiarazione 
stessa, l'elenco di 
quanto presentato a corredo del 
progetto, 
l'attestazione 
del 
professionista 
abilitato, 
nonch� 
gli 
atti 
di 
assenso 
eventualmente 
necessari. 
Ultimato l'intervento, il 
progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di 
collaudo finale, che 
deve 
essere 
trasmesso al 
Comune, con il 
quale 
si 
attesta la conformit� dell'opera al 
progetto presentato 
con 
la 
dichiarazione, 
nonch� 
ricevuta 
dell'avvenuta 
presentazione 
della 
variazione 
catastale 
conseguente 
alle 
opere 
realizzate 
ovvero dichiarazione 
che 
le 
stesse 
non hanno comportato modificazioni 
del 
classamento 
catastale. 
le 
regioni 
e 
le 
Province 
autonome 
possono 
estendere 
la 
soglia 
di 
applicazione 
della 
procedura 
di 
cui 
al 
comma 
1 
agli 
impianti 
di 
potenza 
nominale 
fino 
ad 
1 
MW 
elettrico, 
definendo 
altres� 
i 
casi 
in cui, essendo previste 
autorizzazioni 
ambientali 
o paesaggistiche 
di 
competenza di 
amministra

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


parere, obbligatorio e 
vincolante 
ex 
art. 146, commi 
4, 5, 7, 8, o 152, d.lgs. 
42/2004, ha 
comportato l�adozione 
di 
un provvedimento mancante 
di 
un elemento 
essenziale 
e 
comunque 
inficiato dall�esercizio abusivo di 
attribuzioni 
riservate allo Stato, in quanto tale, nullo 
ex 
art. 21-septies 
L. 241/1990. 


L�Amministrazione 
ha 
invero 
rivendicato 
il 
diritto, 
sancito 
dalle 
Linee 
Guida 
sia 
Nazionali 
che 
Regionali, 
oltre 
che 
di 
esprimere 
il 
proprio 
parere 
vincolante, 
di 
indicare 
anche 
prescrizioni 
circa 
le 
distanze 
e 
le 
altre 
misure 
giudicate 
idonee 
alla 
tutela 
dei 
beni 
del 
patrimonio culturale 
sui 
quali 
andrebbe 
ad insistere 
l�impianto, cos� 
come 
stabilito dal 
citato art. 152 d.lgs. 42/2004 e 
ribadito da 
ordinanze 
cautelari 
del 
giudice 
di 
prima 
istanza, riguardo a 
provvedimenti 
inibitori 
resi 
per analoghe 
fattispecie 
in aree 
contermini 
(ad esempio, 
si veda l�ord. n. 85/2015) (4). 


L�Amministrazione 
ha 
quindi 
richiamato la 
fondamentale 
sentenza 
n. 
1144/2014 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
che 
ha 
inquadrato 
in 
modo 
netto 
e 
definitivo 
argomenti 
deponenti 
per 
la 
validit� 
della 
decretazione 
inibitoria 
adottata 
dalla 
Soprintendenza, 
in 
un 
caso 
similare 
di 
sospensione 
d�autorit� 
dello 
svolgimento 
dei 
lavori 
per 
l�installazione 
di 
un 
aerogeneratore, 
valorizzando, 
proprio 
in 
virt� 
dell�articolo 
152 
d.lgs. 
42/2004, 
l��effetto 
di 
irradiamento� 
della 
tutela 
paesaggistica 
indiretta 
-ex 
art. 
142 
d.lgs. 
42/2004 
-concernente 
le 
aree 
contermini. 


La 
Soprintendenza 
ha 
altres� 
argomentato circa 
l�inconfigurabilit� 
di 
limitazioni 
interpretative 
dell�ambito 
di 
applicabilit� 
dell�art. 
152 
d.lgs. 
42/2004, cos� 
come 
desumibile 
dal 
CdS 
n. 1144/2014, a 
mente 
del 
quale 
non 
appare 
sostenibile 
che 
�il 
potere 
conformativo di 
cui 
al 
richiamato art. 152 
sussisterebbe 
in 
capo 
all�autorit� 
paesaggistica 
soltanto 
limitatamente 
ai 
beni 


zioni 
diverse 
dal 
Comune, la realizzazione 
e 
l'esercizio dell'impianto e 
delle 
opere 
connesse 
sono assoggettate 
all'autorizzazione 
unica 
di 
cui 
all'articolo 
5. 
le 
regioni 
e 
le 
Province 
autonome 
stabiliscono 
altres� 
le 
modalit� e 
gli 
strumenti 
con i 
quali 
i 
Comuni 
trasmettono alle 
stesse 
regioni 
e 
Province 
autonome 
le 
informazioni 
sui 
titoli 
abilitativi 
rilasciati, anche 
per 
le 
finalit� di 
cui 
all'articolo 16, comma 


2. Con le 
medesime 
modalit� di 
cui 
al 
presente 
comma, le 
regioni 
e 
le 
Province 
autonome 
prevedono 
la corresponsione 
ai 
Comuni 
di 
oneri 
istruttori 
commisurati 
alla potenza dell'impianto. i procedimenti 
pendenti 
alla data di 
entrata in vigore 
del 
presente 
decreto legislativo sono regolati 
dalla previgente 
disciplina, ferma restando per 
il 
proponente 
la possibilit� di 
optare 
per 
la procedura semplificata di 
cui 
al 
presente 
articolo. la comunicazione 
relativa alle 
attivit� in edilizia libera, di 
cui 
ai 
paragrafi 
11 
e 
12 delle 
linee 
guida adottate 
ai 
sensi 
dell'articolo 12, comma 10, del 
decreto legislativo 29 dicembre 
2003, n. 387 continua ad applicarsi, alle 
stesse 
condizioni 
e 
modalit�, agli 
impianti 
ivi 
previsti. le 
regioni 
e 
le 
Province 
autonome 
possono estendere 
il 
regime 
della comunicazione 
di 
cui 
al 
precedente 
periodo 
ai 
progetti 
di 
impianti 
alimentati 
da fonti 
rinnovabili 
con potenza nominale 
fino a 50 kW, nonch� 
agli 
impianti 
fotovoltaici 
di 
qualsivoglia potenza da realizzare 
sugli 
edifici, fatta salva la disciplina in 
materia di valutazione di impatto ambientale e di tutela delle risorse idriche�. 
(4) Della 
stessa 
lunghezza 
d�onda 
anche 
la 
sentenza 
del 
Consiglio di 
Stato n. 3652 del 
23 luglio 
2015, in cui 
� 
dato evincere 
che: 
�� 
diversamente 
dalla discrezionalit� amministrativa, la discrezionalit� 
tecnica 
non 
pu� 
dar 
luogo 
ad 
alcuna 
forma 
di 
comparazione 
e 
valutazione 
eterogenea. 
Nell�esercizio 
della 
funzione 
di 
tutela 
spettante 
al 
MibAC, 
l�interesse 
che 
va 
preso 
in 
considerazione 
� 
solo 
quello 
circa la tutela paesaggistica, il 
quale 
non pu� essere 
aprioristicamente 
sacrificato dal 
MibAC stesso, 
nella formulazione 
del 
suo parere, in considerazione 
di 
altri 
interessi 
pubblici 
la cui 
cura esula dalle 
sue attribuzioni ��. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


ed alle 
aree 
indicate 
all�art. 136, comma 1, lett. a), b), c) e 
d) del 
d.lgs. n. 42 
del 
2004 � 
va premesso che 
questa sezione 
ha gi� avuto modo di 
osservare 
che 
quando vengono in rilievo opere 
infrastrutturali 
di 
grande 
impatto visivo 
(cfr., 
sia 
pure 
in 
relazione 
alla 
procedura 
di 
v.i.a. 
la 
sentenza 
di 
questa 
sezione 
26 marzo 2013 n 1674) il 
paesaggio, quale 
bene 
potenzialmente 
pregiudicato 
dalla realizzazione 
di 
opere 
di 
rilevante 
impatto ambientale, si 
manifesta in 
una proiezione 
spaziale 
pi� ampia di 
quella riveniente 
dalla sua semplice 
perimetrazione 
fisica consentita dalle 
indicazioni 
contenute 
nel 
decreto di 
vincolo. 
in altri 
termini, il 
paesaggio si 
manifesta in tali 
casi 
quale 
componente 
qualificata ed essenziale 
dell�ambiente, nella lata accezione 
che 
di 
tale 
bene 
giuridico ha fornito l�evoluzione 
giurisprudenziale, anche 
di 
matrice 
costituzionale 
(tra le 
tante, Corte 
Cost. 14 novembre 
2007, n. 378). gi� nell�ordinanza 
n. 416 del 
2013, resa nell�ambito di 
questo giudizio in sede 
di 
appello 
cautelare, 
questo 
Consiglio 
aveva 
sinteticamente 
richiamato 
il 
particolare 
effetto 
di 
�irradiamento� 
del 
regime 
vincolistico 
che 
assiste 
i 
beni 
paesaggistici 
allorquando, 
come 
nella 
specie, 
vengono 
in 
rilievo 
opere 
infrastrutturali 
di 
rilevante impatto sul paesaggio� 
(5). 


In definitiva, la 
Soprintendenza 
ha 
rivendicato l�applicabilit�, ai 
casi 
de 
quibus, delle 
regole 
generali 
di 
tutela 
dei 
beni 
culturali, non derogabili 
nemmeno 
a 
fronte 
della 
semplificazione 
insita 
nelle 
procedure 
in questione, inidonea 
a 
consentire 
la 
compressione 
della 
tutela 
paesaggistico/archeologica, 
dovendosi 
adeguatamente 
considerare 
i 
sottesi 
interessi 
pubblici, 
vagliati 
e 
introdotti 
nel 
procedimento autorizzatorio, merc� 
l�utilizzo del 
modulo procedimentale 
della conferenza di servizi (6). 


Ci�, anche 
in virt� del 
fatto che 
le 
Linee 
Guida 
non hanno recato alcuna 
distinzione, ai 
fini 
di 
tale 
tutela, tra 
impianti 
di 
grandi 
e 
di 
piccole 
dimensioni 
(se non con riguardo alle distanze rilevanti). 


L�istanza 
inibitoria, poi 
accolta 
dal 
Consiglio di 
Stato, � 
stata 
supportata 
da 
ragioni 
inerenti 
all�esigenza 
di 
dare 
adeguato 
spazio 
al 
principio 
di 
precauzione, 
considerata la valenza costituzionale del bene paesaggio (7). 


(5) 
A 
conforto 
di 
tale 
impostazione 
si 
veda 
di 
recente 
T.A.R. 
Emilia-Romagna 
Bo, 
Sez. 
II, 
10 
gennaio 
2018, 
n. 
16 
che 
ha, 
infatti, 
ricordato 
autorevolmente 
che 
�costituisce 
massima 
giurisprudenziale 
consolidata quella secondo cui 
il 
potere 
di 
controllo del 
Ministero dei 
beni 
culturali 
ai 
sensi 
dell�art. 
146 del 
d.lgs. n. 42 del 
2004, si 
estende 
oltre 
il 
dato meramente 
cartografico del 
vincolo o di 
quello 
fisico 
del 
bene 
tutelato, 
pur 
dovendo 
esso 
sempre 
giustificare 
l�esercizio 
dei 
propri 
poteri 
sulle 
aree 
esterne 
di 
interferenza, in quanto strettamente 
strumentali 
alla conservazione 
del 
bene 
paesaggistico 
tutelato�. in proposito, ҏ 
stato, in ogni 
caso, affermato che 
�in tale 
ambito valutativo, infatti, il 
paesaggio, 
quale 
bene 
potenzialmente 
pregiudicato dalla realizzazione 
di 
opere 
di 
rilevante 
impatto ambientale, 
si 
manifesta 
in 
una 
proiezione 
spaziale 
pi� 
ampia 
di 
quella 
riveniente 
dalla 
sua 
semplice 
perimetrazione 
fisica consentita dalle 
indicazioni 
contenute 
nel 
decreto di 
vincolo� e 
che 
�ai 
fini 
della 
valutazione 
dell�impatto ambientale 
il 
paesaggio si 
manifesta quale 
componente 
qualificata ed essenziale 
dell�ambiente, nella lata accezione 
che 
di 
tale 
bene 
giuridico ha fornito l�evoluzione 
giurisprudenziale, 
anche costituzionale� (ex aliis, Corte Cost. 14 novembre 2007, n. 378)�. 
(6) Cfr. ad es. T.A.R. Molise, sentt. nn. 98/2011 e 109/2011; Cons. Stato, sent. n. 3039/2012. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


2. l�approccio giurisprudenziale alla tematica. 
L�impostazione 
suesposta, propugnata 
dall�Amministrazione, ha 
dunque 
valorizzato innanzitutto il 
comma 
5 dell�art. 6 d.lgs. 28/2011, posto a 
fondamento 
della 
procedura 
abilitativa, il 
quale 
precisa 
che 
�Qualora l�attivit� di 
costruzione 
e 
di 
esercizio degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 1 sia sottoposta ad 
atti 
di 
assenso di 
competenza di 
amministrazioni 
diverse 
da quella comunale, 
e 
tali 
atti 
non siano allegati 
alla dichiarazione, l�amministrazione 
comunale 
provvede 
ad acquisirli 
d�ufficio ovvero convoca, entro venti 
giorni 
dalla presentazione 
della 
dichiarazione, 
una 
conferenza 
di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 e 
seguenti 
della legge 
7 agosto 1990, n. 241 e 
successive 
modificazioni. il 
termine 
di 
trenta giorni 
� 
sospeso fino alla acquisizione 
degli 
atti 
di 
assenso 
ovvero 
fino 
all�adozione 
della 
determinazione 
motivata 
di 
conclusione 
del 
procedimento ai 
sensi 
dell�articolo 1-ter, comma 6-bis, o all�esercizio del 
potere 
sostitutivo 
ai 
sensi 
dell�articolo 
14 
quater, 
comma 
3, 
della 
medesima 
legge 
7 agosto 1990, n. 241�. 


Ciononostante, in entrambi 
i 
casi 
in osservazione 
il 
T.A.R. adito in prime 
cure, 
nel 
considerare 
prevalenti 
gli 
interessi 
produttivi 
rispetto 
a 
quelli 
di 
tutela 
paesistico/ambientale, ha 
accolto le 
tesi 
sostenute 
dalle 
imprese 
private, ritenendo 
non 
estensibili 
i 
�poteri 
ministeriali 
anche 
agli 
impianti 
ricadenti 
in 
zone 
contermini 
non oggetto di 
vincolo diretto� 
- previsti 
dall�art. 12 d.lgs. n. 
387/2003 - alle 
ipotesi 
di 
procedura 
autorizzativa 
semplificata, di 
cui 
all�art. 
6 del d.lgs. 28/2011. 


Di 
conseguenza 
il 
Tribunale 
territoriale 
non ha 
reputato applicabili 
alle 
ipotesi 
esaminate 
i 
poteri 
ministeriali 
previsti 
dal 
punto 
14.9 
delle 
Linee 
Guida 
nazionali, ravvisando la 
necessit�, per il 
loro esercizio, di 
uno specifico addentellato 
normativo, nella fattispecie non rilevato. 


Peraltro, in considerazione 
del 
fatto che 
�la procedura semplificata � 
un 
istituto 
ispirato 
al 
principio 
di 
liberalizzazione 
secondo 
il 
modello 
della 
D.i.A. 


(7) Cfr. T.A.R. Molise, sent. n. 100/2011: 
�la tutela del 
paesaggio costituisce 
un valore 
di 
rango 
superiore 
(o 
almeno 
pari) 
rispetto 
all�ambiente 
e 
alla 
libert� 
di 
iniziativa 
economica. 
Se, 
nella 
previsione 
costituzionale, il 
principio di 
protezione 
ambientale 
� 
pretermesso, a mente 
dell�art. 41 della Costituzione, 
l�iniziativa 
economica 
� 
libera, 
ma 
non 
pu� 
svolgersi 
in 
contrasto 
con 
l�utilit� 
sociale. 
viceversa, 
per 
l�art. 9 secondo comma, la repubblica tutela il 
paesaggio e 
il 
patrimonio storico e 
artistico della 
Nazione, senza limitazioni, condizioni 
o vincoli 
teleologici. Mentre 
la tutela del 
paesaggio e 
dei 
beni 
culturali 
� 
incondizionata e 
assoluta, la garanzia della libert� economica � 
subordinata alla sua �funzione 
sociale�, rientrando sicuramente 
nella generale 
accezione 
della funzionalizzazione 
anche 
la salvaguardia 
delle 
bellezze 
naturali, del 
patrimonio pubblico e 
dei 
beni 
destinati 
alla fruizione 
collettiva. 
Pertanto, 
la 
disciplina 
costituzionale 
del 
paesaggio 
erige 
il 
valore 
estetico-culturale 
a 
principio 
primario 
dell�ordinamento 
(Cons. 
Stato 
v, 
12.6.2009 
n. 
3770), 
mentre 
la 
limitazione 
della 
libert� 
di 
iniziativa 
economica 
per 
ragioni 
di 
utilit� 
sociale 
appare 
giustificata 
non 
solo 
nell�ottica 
costituzionale, 
ma 
anche 
in quella di 
cui 
all�art. 6 C.e.d.u. (Convenzione 
europea dei 
diritti) e 
dell�art. 1 del 
relativo Protocollo 
addizionale, poich�, in essi, la garanzia dell�autonomia privata non � 
incompatibile 
con la prefissione 
di limiti a tutela dell�interesse generale (cfr. Corte Cost. 22.5.2009 n. 162�. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


o della S.C.i.A.�, lo stesso T.A.R. ha 
affermato che 
�appare 
intrinsecamente 
contraddittoria 
la 
tesi 
che 
vorrebbe 
convertire 
un 
potere 
di 
controllo 
eventuale 
�ex 
post� 
- qual 
� 
quello dell�art. 152 del 
Codice 
- in un parere 
di 
controllo 
preventivo obbligatorio, secondo lo schema del 
punto 14.9 lett. c) del 
D.M. 
10.9.2010�, 
fermi 
restando, 
comunque, 
i 
poteri 
interdittivi 
e 
di 
controllo 
esercitabili 
una volta avvenuto l�intervento. 
Le 
sentenze 
in 
questione 
sono 
cos� 
state 
impugnate 
dall�Amministrazione 
ministeriale 
dinanzi 
al 
Consiglio 
di 
Stato, 
il 
quale 
ha 
ritenuto 
fondati 
entrambi 
gli 
appelli, al 
pari 
di 
altri 
coevi, reputando erronee 
le 
gravate 
sentenze 
nella 
parte 
in cui 
il 
Tribunale 
amministrativo ha 
stabilito che 
la 
procedura 
autorizzativa 
semplificata, applicata 
per la 
realizzazione 
degli 
impianti 
mini-eolici, 
non prevedrebbe, ai 
sensi 
dell�art. 152 del 
Codice 
dei 
beni 
culturali, l�autorizzazione 
da 
parte 
del 
Ministero anche 
per le 
aree 
non sottoposte 
a 
vincolo diretto 
-definite 
al 
punto 
14.9 
del 
D.M. 
del 
10 
settembre 
2010 
-ricadenti 
in 
aree 
poste 
a 
distanza 
pari 
a 
50 volte 
l�altezza 
del 
manufatto da 
realizzare, rispetto 
al bene oggetto di vincolo. 


Il 
Supremo 
Consesso 
ha 
cos� 
affermato 
che 
l�art. 
6 
comma 
2 
del 
d.lgs. 
28/2011, 
�lungi 
dall�escludere 
la 
necessit� 
dell�intervento 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
culturali 
ed 
ambientali, 
prevede 
che 
l�interessato 
(proprietario 
o 
altro 
soggetto 
avente 
la 
disponibilit� 
del 
bene 
sul 
quale 
realizzare 
l�impianto 
alimentato 
da 
fonti 
rinnovabili) 
alleghi 
l��atto 
di 
assenso� 
dell�amministrazione 
competente 
per 
la 
tutela 
del 
patrimonio 
culturale 
e 
paesaggistico�, 
peraltro 
sottolineando 
la 
circostanza 
per 
cui 
l�art. 
20 
comma 
4 
della 
Legge 
n. 
241/1991, 
cui 
rinvia 
l�art. 
6 
comma 
2 
del 
d.lgs. 
n. 
28/2011, 
riguarda 
materie 
tra 
cui 
la 
tutela 
del 
patrimonio 
culturale 
e 
paesaggistico, 
sottratte 
in 
via 
generale 
all�istituto 
del 
silenzio-assenso. 


Pertanto, 
nel 
caso 
di 
mancata 
acquisizione 
dell�assenso 
dell�Amministrazione 
statuale 
da 
parte 
del 
privato, 
il 
Comune 
ha 
l�obbligo 
di 
ottenerlo 
d�ufficio 
ovvero 
indire 
una 
conferenza 
di 
servizi, 
con 
conseguente 
sospensione 
del 
termine 
di 
30 
giorni 
per 
l�avvio 
dei 
lavori, 
decorrente 
dalla 
presentazione 
della 
dichiarazione. 


In 
conclusione, 
per 
il 
Consiglio 
di 
Stato, 
i 
compiti 
di 
tutela 
trovano 
espressione 
proprio nel 
predetto parere 
vincolante, non solo con riguardo alle 
aree 
di 
cui 
all�art. 
136 
d.lgs. 
152/2006, 
ma 
anche 
con 
riguardo 
alle 
aree 
contermini, 
sconfessando 
la 
tesi 
per 
cui 
in 
caso 
contrario 
si 
snaturerebbe 
il 
principio 
di 
autoresponsabilit� 
del 
privato, 
sotteso 
al 
principio 
di 
liberalizzazione, 
previsto 
dalle procedure di D.I.A./S.C.I.A. 


Quindi, 
in 
considerazione 
della 
disposizione 
di 
legge 
richiamata, 
la 
P.A.S., nella 
misura 
in cui 
stabilisce 
il 
formale 
rilascio dell�atto di 
assenso o 
prevede 
soluzioni 
alternative 
qualora 
ci� non avvenga, � 
qualificabile 
come 
un istituto di 
semplificazione 
procedimentale, ma 
non di 
liberalizzazione 
sic 
et simpliciter. 

Di 
conseguenza, per il 
Supremo Consesso, le 
Linee 
Guida 
di 
cui 
al 
D.M. 
del 
10 
settembre 
2010 
-invocate 
dalle 
imprese 
private 
al 
fine 
di 
escludere 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


l�applicazione 
del 
regime 
disposto per le 
c.d. aree 
contermini 
- sono da 
considerarsi 
n� 
dirimenti 
n� 
ostative, 
per 
il 
semplice 
motivo 
che 
la 
procedura 
semplificata 
� 
stata 
introdotta 
da 
fonte 
successiva 
(il 
decreto legislativo del 
2011) 
rispetto all�istituto dell�autorizzazione unica (decreto legislativo del 2003). 


Infatti, 
nella 
propria 
argomentazione 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
sostenuto 
che, 
laddove 
l�Amministrazione 
ministeriale 
debba 
pronunciarsi 
nell�esercizio 
del 
proprio potere 
tecnico-discrezionale 
sulla 
compatibilit� 
di 
un impianto di 
fonte 
eolica 
inferiore 
alla 
potenza 
di 
300 kw 
da 
realizzare 
in area 
contermine 
a 
una 
zona 
oggetto 
di 
vincolo 
paesaggistico, 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
152 
del 
d.lgs. n. 42/2004 e 
6 del 
d.lgs 
n. 28/2011 pu� far ragionevolmente 
ricorso ai 
parametri di identificazione dell�area contermine gi� previamente definiti. 

Quindi, presupposto che 
un impianto di 
tal 
guisa 
� 
da 
considerarsi 
certamente 
di 
non irrilevante 
impatto sul 
paesaggio, coerentemente 
ai 
principi 
gi� 
espressi 
in 
passato 
dal 
Consiglio 
di 
Stato, 
quest�ultimo 
ha 
ribadito 
la 
circostanza 
per cui 
i 
beni 
sottoposti 
a 
regime 
vincolistico sono assistiti 
da 
un particolare 
effetto 
di 
irradiamento 
alle 
aree 
limitrofe 
ricadenti 
sotto 
vincolo 
di 
tutela indiretto. 

Inoltre, � 
stata 
evidenziata 
l�urgenza 
di 
evitare 
ogni 
pericolo di 
soggettivismo 
amministrativo e 
giudiziario laddove 
non venga 
richiesta 
l�autorizzazione 
ministeriale, 
prevista 
ex 
lege, 
in 
virt� 
di 
un 
asserito 
minore 
impatto 
paesaggistico dell�impianto oggetto di D.I.A. 


Dunque, non sono le 
caratteristiche 
tecniche 
dell�impianto e 
la 
maggiore 


o 
minore 
potenza 
delle 
turbine 
a 
determinare 
l�incidenza 
dell�opera 
infrastrutturale 
sul 
bene 
archeologico-paesaggistico che 
si 
intende 
tutelare, bens� 
l�accertamento 
delle 
concrete 
caratteristiche 
fisiche 
e 
l�ingombro 
dell�impianto 
stesso, 
ai 
sensi 
del 
punto 
e) 
del 
par. 
3.2 
del 
D.M. 
del 
10 
settembre 
2010, 
il 
quale 
dispone 
infatti 
che: 
�si 
dovr� 
esaminare 
l�effetto 
visivo 
provocato 
da 
un�alta 
densit� 
di 
aerogeneratori 
relativi 
a 
un 
singolo 
parco 
eolico 
o 
a 
parchi 
eolici 
adiacenti; tale 
effetto deve 
essere 
in particolare 
esaminato e 
attenuato 
rispetto ai 
punti 
di 
vista o di 
belvedere, accessibili 
al 
pubblico, di 
cui 
all�articolo 
136, comma 1, lett. d), del 
Codice, distanti 
in linea d�aria non meno di 
50 volte l�altezza massima del pi� vicino aerogeneratore�. 
3. Conclusioni. 
3.1. Profili processuali. 
Preliminarmente, 
cos� 
come 
confermato 
dagli 
arresti 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
le 
fattispecie 
in 
analisi 
si 
svolgono 
con 
rito 
�ordinario� 
piuttosto 
che 
con 
quello 
speciale 
(rito 
abbreviato) 
previsto 
ai 
sensi 
dell�art. 
119 
c.p.a., 
il 
quale, in riferimento alla 
lett. l), contempla 
le 
sole 
�controversie 
comunque 
attinenti 
alle 
procedure 
e 
ai 
provvedimenti 
della pubblica amministrazione 
in 
materia di 
impianti 
di 
generazione 
di 
energia elettrica di 
cui 
al 
decreto legge 
7 
febbraio 
2002, 
n. 
7, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
9 
aprile 
2002, 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


n. 55, comprese 
quelle 
concernenti 
la produzione 
di 
energia elettrica da fonte 
nucleare, i 
rigassificatori, i 
gasdotti 
di 
importazione, le 
centrali 
termoelettriche 
di 
potenza termica superiore 
a 400 MW nonch� 
quelle 
relative 
ad infrastrutture 
di 
trasporto 
ricomprese 
o 
da 
ricomprendere 
nella 
rete 
di 
trasmissione 
nazionale o rete nazionale di gasdotti�. 
Di 
conseguenza, non appare 
applicabile 
a 
tali 
tipologie 
di 
controversie 
la 
dimidiazione 
dei 
termini 
prevista 
dall�art. 119 c.p.a., alla 
luce 
di 
quanto previsto 
dal 
sopra 
citato 
articolo, 
il 
quale 
richiama 
espressamente 
l�art. 
1, 
comma 
1 del 
D.l. 7/2002, da 
cui 
si 
evince 
chiaramente 
che 
gli 
impianti 
ivi 
considerati 
sono quelli aventi potenza superiore a 300 MW. 


Inoltre, 
in 
tema 
di 
ricevibilit� 
dell�atto 
introduttivo 
va 
osservato 
che 
il 
principio 
distributivo 
dell�onere 
probatorio 
incombe 
sulla 
parte 
proponente 
l�eccezione 
di 
tardivit�, 
la 
quale 
� 
tenuta 
a 
provare 
l�effettiva, 
piena 
e 
non 
presuntiva 
conoscenza 
degli 
atti 
impugnati 
(cfr. 
Cons. 
Stato, 
sez. 
vI, 
28 
dicembre 
2011, n. 6908), in mancanza 
di 
pubblicazioni 
o notificazioni 
degli 
atti 
autorizzatori 
impugnati, 
idonee 
ad 
accreditarne 
la 
conoscibilit� 
legale; 
pertanto, 
la 
tempestivit� 
dell�impugnazione 
non pu� che 
farsi 
risalire 
alla 
conoscenza 
piena 
del 
provvedimento 
impugnando, 
la 
quale 
si 
concretizza 
con 
la 
cognizione 
dei 
suoi 
elementi 
essenziali, della 
sua 
portata 
dispositiva 
e 
della 
sua 
valenza 
lesiva 
e 
non nella 
mera 
richiesta 
di 
svolgere 
indagini 
accertative 
dello 
stato di fatto e di diritto concernente gli interventi in questione. 


Un 
approfondimento 
merita 
la 
problematica 
della 
nullit� 
del 
provvedimento 
autorizzatorio reso dall�Autorit� 
procedente, senza 
il 
previo coinvolgimento 
dell�Amministrazione statale deputata alla tutela dei beni culturali. 


Al 
riguardo non pu� prescindersi 
dall�indirizzo interpretativo favorevole 
all�Amministrazione 
B.A.C.T., inaugurato dalla 
Sesta 
Sezione 
del 
Consiglio 
di 
Stato con la 
fondamentale 
decisione 
n. 3039/2012. Con essa, per la 
prima 
volta 
e 
in riforma 
di 
contrario orientamento del 
medesimo T.A.R., il 
Supremo 
Consesso ha 
recepito la 
tesi 
della 
nullit� 
(anzich� 
annullabilit�) dell�atto autorizzatorio 
finale 
adottato ai 
sensi 
dell�art. 12 d.lgs. 387/2003, che 
prescinde 
dal 
parere 
dell�Amm.ne 
dei 
beni 
e 
delle 
attivit� 
culturali, portatrice 
e 
tutrice 
di 
interessi 
qualificati 
di 
superiore 
rango costituzionale. Invero in tali 
ipotesi 
si 
� 
al 
cospetto 
di 
un 
palese 
difetto 
di 
attribuzioni, 
che 
comporta 
l�ingiustificata 
compressione 
dei 
poteri 
statali 
afferenti 
al 
regime 
cogestionale 
della 
materia, 
in attuazione 
dei 
quali 
l�Amm.ne 
B.A.C.T. deve 
poter comunque 
esprimere 
le 
proprie 
valutazione 
e 
di 
cui 
l�Amm.ne 
procedente 
e 
ricevente 
deve 
tenere 
conto, 
senza 
potersi 
arrogare 
potest� 
di 
surrogazione 
ovvero 
di 
sostanziale 
modifica o, peggio, soppressione unilaterale. 


Le 
amministrazioni 
titolari 
di 
interessi 
qualificati 
quali 
ad 
esempio 
quello 
paesaggistico devono infatti 
poter esprimere 
le 
loro determinazioni 
in sede 
di 
conferenza, 
in 
modo 
che 
venga 
assicurata 
l�unicit� 
del 
procedimento 
mediante 
il 
coordinamento 
dei 
vari 
interessi 
pubblici, 
che 
rilevano 
per 
il 
rilascio 
del



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


l�autorizzazione 
unica 
o 
simile. 
La 
mancata 
indizione 
della 
conferenza 
o 
l�aver 
disatteso in modo unilaterale 
quanto espresso in quella 
sede, comporta, conseguentemente, 
l�illegittimit� dell�atto abilitativo. 


Si 
verifica 
infatti 
un�ipotesi 
di 
sostanziale 
e 
totale 
pretermissione 
delle 
amministrazioni 
preposte 
alla 
tutela 
paesaggistica 
e 
ambientale, sia 
nel 
caso 
di 
mancata 
convocazione 
alla 
conferenza 
di 
servizi, 
o 
di 
mancata 
applicazione 
del 
modulo previsto dall�art. 14 quater 
l. n. 241/1990, sia 
nel 
caso di 
dissenso 
manifestato, ma disatteso da parte dell�autorit� procedente (8). 


La 
compressione 
dei 
poteri 
statali 
va 
quindi 
ad 
inficiare 
il 
provvedimento 
finale, nei 
termini 
indicati 
dalla 
giurisprudenza 
amministrativa 
pi� avveduta 
(a 
partire 
da 
CdS 
sez. 
vI, 
23 
maggio 
2012, 
n. 
3039), 
secondo 
cui 
� 
ravvisabile 
un�ipotesi 
di 
nullit� 
dell�autorizzazione 
unica 
regionale 
per 
difetto 
assoluto 
di 
attribuzione 
nel 
caso 
di 
pretermissione 
delle 
prerogative 
delle 
amministrazioni 
preposte alla tutela paesaggistica e ambientale (9). 

(8) 
Sul 
punto 
cfr. 
Cons. 
Stato, 
Sez. 
vI, 
10 
febbraio 
2015, 
n. 
709, 
che 
ha 
opportunamente 
evidenziato 
(con 
richiamo 
ad 
esempio 
di 
Cons. 
Stato, 
sez. 
vI, 
5 
marzo 
2014, 
n. 
1059) 
l�impossibilit� 
giuridica 
per 
l�Autorit� 
regionale 
procedente 
di 
accantonare 
con 
decisione 
unilaterale 
il 
contenuto 
oppositivo 
di 
qualsivoglia 
parere 
ministeriale 
paesaggistico, 
anche 
qualora 
espresso 
in 
forme 
ipoteticamente 
irrituali, 
in 
quanto 
i 
pareri 
�espressi 
da 
parte 
di 
un�Amministrazione 
preposta 
alla 
tutela 
ambientale, 
paesaggistico-
territoriale, 
del 
patrimonio 
storico-artistico, 
ovvero 
della 
salute 
e 
della 
pubblica 
incolumit�� 
rendono 
la 
conferenza 
non 
pi� 
competente 
a 
provvedere, 
subentrando 
al 
riguardo 
i 
poteri 
di 
alta 
amministrazione 
del 
Governo, 
ex 
art. 
14 
quater 
L. 
241/90 
e 
CdS 
n. 
3039/2012, 
secondo 
cui 
l�Autorit� 
procedente 
non 
pu� 
sindacare, 
eludendolo, 
il 
dissenso 
motivato 
espresso 
in 
sede 
di 
conferenza 
di 
servizi 
dalla 
competente 
Soprintendenza. 
Espressione 
dello 
stesso 
orientamento 
sono 
ulteriori 
pronunce 
del 
Consesso 
amministrativo, 
quali 
CdS 
sez. 
v, 
7 
dicembre 
2015 
nn. 
5748-50 
e 
CdS 
sez. 
v, 
7 
dicembre 
2015 
nn. 
5748-50 
e 
5752, 
afferenti 
il 
rilascio 
dell�autorizzazione 
nonostante 
il 
dissenso 
manifestato 
dall�Amm.ne 
dei 
beni 
culturali 
e 
paesaggistici 
nella 
conferenza 
dei 
servizi. 
Il 
Supremo Consesso amministrativo ha 
evidenziato la 
sufficienza 
dell�esternazione 
di 
un avviso negativo 
dell�Amm.ne 
B.A.C.T., 
per 
consentire 
all�Amm.ne 
procedente 
di 
�determinarsi 
in 
modo 
conseguente, 
e 
cio� 
impugnare 
il 
parere 
negativo o rimettere 
la questione 
al 
Consiglio dei 
ministri, ai 
sensi 
del 
comma 3, del 
citato art. 14-quater� 
l. 241/1990, essendo �precluso alla medesima amministrazione 
sindacare 
le 
ragioni 
addotte 
a 
sostegno 
del 
parere 
negativo 
da 
parte 
dell�autorit� 
istituzionalmente 
competente alla tutela dell�interesse paesaggistico�. 
Tali 
sentenze 
hanno 
ribadito 
il 
�condivisibile 
rilievo 
del 
carattere 
imprescindibile 
dell�apporto 
istruttorio 
di 
competenza 
delle 
amministrazioni 
preposte 
alla 
tutela 
di 
beni 
sensibili 
di 
rilievo 
costituzionale 
(quali 
il 
paesaggio, come 
nel 
caso di 
specie) nei 
confronti 
di 
provvedimenti 
autorizzativi 
di 
opere 
aventi 
un 
impatto 
sulla 
collettivit�, 
nonch�, 
laddove 
queste 
siano 
sovraordinate 
rispetto 
all�amministrazione 
procedente, 
dell�effetto 
impeditivo 
della 
decisione 
finale 
sull�istanza 
da 
parte 
di 
quest�ultima 
e 
conseguente 
devoluzione dell�affare al vertice dell�organizzazione amministrativa nazionale�. 
(9) 
La 
soluzione 
valevole 
per 
il 
caso 
di 
aree 
vincolate 
paesaggisticamente 
� 
confermabile 
anche 
per 
quelle 
dichiarate 
di 
valore 
archeologico 
ex 
art. 
13 
d.lgs. 
42/2004; 
unitamente 
a 
queste 
ultime, 
anche 
quelle 
�a 
rischio 
archeologico� 
e 
in 
attesa 
del 
perfezionamento 
del 
relativo 
iter 
in 
corso 
(art. 
28 
d.lgs. 
42/2004). 
Su 
tale 
ultimo 
aspetto 
appare 
opportuno 
sottolineare 
la 
persistenza 
della 
potest� 
di 
vigilanza 
della 
Soprintendenza, 
anche 
in 
caso 
di 
vincolo 
non 
ancora 
formalmente 
dichiarato, 
con 
conseguente 
diritto 
al 
suo 
coinvolgimento 
nella 
conferenza 
di 
servizi 
decisoria, 
onde 
consentire 
in 
ogni 
caso 
l�introduzione 
e 
la 
valutazione 
nella 
Conferenza 
medesima 
degli 
interessi 
tutelati 
dal 
vincolo 
in 
fieri. 
Rilevano 
al 
riguardo 
le 
apposite 
previsioni 
delle 
Linee 
Guida 
sia 
Nazionali 
che 
Regionali, 
contenute 
nell�art. 
13.3 
(�13.3. 
Nei 
casi 
in 
cui 
l'impianto 
non 
ricada 
in 
zona 
sottoposta 
a 
tutela 
ai 
sensi 
del 
d.lgs. 
42 
del 
2004, 
il 
proponente 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


effettua 
una 
comunicazione 
alle 
competenti 
Soprintendenze 
per 
verificare 
la 
sussistenza 
di 
procedimenti 
di 
tutela 
ovvero 
di 
procedure 
di 
accertamento 
della 
sussistenza 
di 
beni 
archeologici, 
in 
itinere 
alla 
data 
di 
presentazione 
dell'istanza 
di 
autorizzazione 
unica. 
entro 
15 
giorni 
dal 
ricevimento 
della 
comunicazione, 
le 
soprintendenze 
informano 
l'amministrazione 
procedente 
circa 
l'eventuale 
esito 
positivo 
di 
detta 
verifica 
al 
fine 
di 
consentire 
alla 
stessa 
amministrazione, 
nel 
rispetto 
dei 
termini 
previsti 
dal 
punto 
14.6, 
di 
convocare 
alla 
conferenza 
di 
servizi 
le 
soprintendenze 
nel 
caso 
previsto 
dal 
punto 
14.9, 
lett. 
e) 
[rectius 
d)]�) 
in 
riferimento 
all�art. 
14.9 
(�14.9. 
in 
attuazione 
dei 
principi 
di 
integrazione 
e 
di 
azione 
preventiva 
in 
materia 
ambientale 
e 
paesaggistica, 
il 
Ministero 
per 
i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
partecipa: 
[��] 
d) 
nei 
casi 
in 
cui, 
a 
seguito 
della 
comunicazione 
di 
cui 
al 
punto 
13.3, 
la 
Soprintendenza 
verifichi 
che 
l'impianto 
ricade 
in 
aree 
interessate 
da 
procedimenti 
di 
tutela 
ovvero 
da 
procedure 
di 
accertamento 
della 
sussistenza 
di 
beni 
archeologici 
in 
itinere 
alla 
data 
di 
presentazione 
dell'istanza 
di 
autorizzazione 
unica�), 
da 
cui 
si 
evince 
l�ammissibilit� 
a 
considerazione 
e 
tutela 
(nel 
contesto 
procedimentale 
autorizzatorio 
in 
questione) 
degli 
interessi 
archeologici 
pur 
se 
non 
formalizzati 
in 
apposito 
vincolo. 
L�assunto trova significativi riscontri giurisprudenziali di legittimit�. 
CdS, 
v, 
n. 
5249/2014 
ha 
chiarito 
che 
l'onere 
di 
informazione 
previsto 
sia 
dal 
punto 
2.4 
che 
dal 
punto 
13.3 
del 
D.M. 
10 
settembre 
2010 
-finalizzato 
a 
consentire 
alle 
Soprintendenze 
di 
prendere 
cognizione 
delle 
modifiche 
che 
si 
registrano 
nel 
territorio 
e 
che 
potrebbero 
incidere 
su 
procedimenti 
di 
tutela 
che 
esse 
intendessero 
attivare 
in 
relazione 
a 
beni 
appena 
rinvenuti, 
ovvero 
che 
potrebbero 
rinvenirsi 
in 
corso 
d'opera 
-risponde 
a 
un�esigenza 
di 
fondo, 
del 
tutto 
coerente 
con 
il 
principio 
fondamentale 
della 
tutela 
del 
paesaggio 
e 
del 
patrimonio 
storico-artistico 
della 
Nazione 
(art. 
9 
Cost.), 
puntualmente 
assolta 
dall'art. 
13.3 
del 
D.M. 
10 
settembre 
2010, 
laddove 
dispone 
che 
"il 
proponente 
effettua 
la 
comunicazione 
alle 
competenti 
Soprintendenze 
per 
verificare 
la 
sussistenza 
di 
procedimenti 
di 
tutela 
ovvero 
di 
procedure 
di 
accertamento 
della 
sussistenza 
di 
beni 
archeologici, 
in 
itinere 
alla 
data 
di 
presentazione 
dell'istanza 
di 
autorizzazione 
unica". 
Ci� 
consente 
proprio 
di 
acclarare, 
alla 
data 
di 
presentazione 
dell'istanza 
di 
autorizzazione 
unica, 
l'eventuale 
pendenza 
di 
procedimenti 
di 
tutela 
attivati 
contemporaneamente 
dinanzi 
a 
diverse 
autorit� 
e 
consente 
anche 
di 
evitare 
che 
uno 
dei 
procedimenti 
possa 
definirsi 
in 
modo 
contrastante. 


�l'informazione 
preventiva 
alle 
Soprintendenze 
competenti 
risulta, 
del 
resto, 
utile 
per 
garantire 
la 
stessa 
materiale 
fattibilit� 
del 
progetto, 
ovviando 
in 
via 
preventiva 
a 
possibili 
ostacoli 
alla 
sua 
realizzazione; 
ed 
� 
intuitivo 
che 
la 
previsione 
in 
esame 
risulta 
quanto 
mai 
apprezzabile 
soprattutto 
per 
quanto 
attiene 
all'eventuale 
presenza 
di 
beni 
archeologici 
per 
i 
quali 
non 
sia 
stato 
apposto 
un 
vincolo 
per 
il 
timore 
che, 
in 
assenza 
di 
un'adeguata 
tutela 
per 
motivi 
di 
carattere 
economico, 
i 
beni 
siano 
esposti 
a 
furti 
o 
danneggiamenti�. 


N� 
pu� 
ravvisarsi 
in 
proposito 
-col 
coinvolgimento 
di 
Amministrazioni 
teoricamente 
non 
titolari 
di 
vincolo 
da 
far 
valere 
nella 
sede 
procedimentale 
in 
questione 
-un 
aggravio 
procedimentale 
ingiustificato, 
dal 
momento 
che 
�la 
partecipazione 
di 
ulteriori 
Amministrazioni 
alla 
conferenza 
dei 
servizi 
risulta 
di 
per 
s� 
priva 
di 
un'effettiva 
incidenza 
lesiva 
per 
la 
posizione 
dei 
destinatari 
del 
provvedimento 
finale, 
posto 
che 
gli 
stessi, 
ove 
tale 
partecipazione 
si 
dovesse 
rivelare 
in 
concreto 
determinante 
in 
sede 
di 
adozione 
di 
provvedimento 
finale 
sfavorevole, 
potranno 
comunque 
agire 
giudizialmente 
a 
tutela 
dei 
propri 
interessi�. 


La 
decisione 
richiama 
al 
riguardo la 
sentenza 
del 
Cons. Stato, Sez. vI, 29 aprile 
2013 n. 2343, secondo 
la 
quale 
- tra 
l'altro - "l'eccesso di 
consultazione 
(il 
fatto cio� 
che 
l'Amministrazione 
procedente 
chieda 
pareri 
non 
previsti 
o 
non 
imposti) 
non 
determina 
un 
vizio 
dell'istruttoria, 
ma, 
al 
contrario, 
ne 
arricchisce 
i 
contenuti. tale 
modus 
procedendi, pertanto, non � 
di 
per 
s� 
sufficiente 
ad inficiare 
la legittimit� del 
provvedimento che 
risulti 
nel 
suo contenuto dispositivo sostanzialmente 
corretto. il 
motivo di 
appello, 
quindi, 
solleva 
una 
questione 
meramente 
formale, 
ma 
non 
evidenzia 
in 
che 
modo, 
l'acquisizione 
dei 
due 
pareri 
contestati, abbia potuto tradursi 
in una diminuzione 
di 
garanzie 
procedimentali. il 
fatto, invero, 
che 
un determinato parere 
non sia previsto (o non sia reso obbligatorio) non impedisce 
all'Amministrazione 
procedente, ove 
ritenga utili 
le 
valutazioni 
di 
una diversa Amministrazione 
o di 
un determinato 
organo, 
di 
acquisire, 
prima 
di 
decidere, 
il 
suo 
apporto 
valutativo"), 
e 
ci� 
ovviamente 
anche 
dopo 
la 
presentazione dell�istanza di autorizzazione, anzi sul presupposto di quest�ultima. 
l�assunto collima peraltro con altri 
appositi 
pronunciamenti, da cui 
anzi 
emerge 
la sostanziale 
irrilevanza 
dell�adozione 
di 
un 
apposito 
e 
formale 
vincolo 
(Cfr. 
CdS, 
vi, 
n. 
1592/2013, 
con 
riguardo 
alle 
�evidenze 
archeologiche 
che, seppure 
non considerate 
in un formale 
provvedimento di 
vincolo, nondimeno 
evidenziano l'interesse 
dello Stato ad una sollecita tutela che 
postula, anche 
prima (ed eventualmente 
in funzione) dell'imposizione 
di 
uno specifico vincolo, la pi� attenta considerazione, resa, a ben 
vedere, ancora pi� necessaria proprio dall'assenza di 
una tutela formalizzata con specifici 
provvedi



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


L�autorizzazione 
finale 
irrispettosa 
dei 
canoni 
procedimentali 
-nonch� 
dei 
rapporti 
di 
cogestione 
Stato-regione, 
con 
conseguente 
pretermissione 
delle 
potest� 
dell�amm.ne 
statale 
-risulta 
di 
conseguenza 
inficiata 
da 
vizi 
ex 
art. 
21 
septies 
l. 


n. 
241/1990, 
per 
incompetenza 
assoluta 
e 
per 
difetto 
assoluto 
di 
attribuzione, 
in 
quanto 
espressione 
di 
potest� 
inesistenti 
in 
capo 
all�autorit� 
procedente. 
In tali 
casi 
� 
ravvisabile 
un�ulteriore 
ipotesi 
di 
nullit�, per mancanza 
di 
un 
elemento 
essenziale 
al 
provvedimento: 
la 
mancanza 
del 
parere 
obbligatorio 
e 
vincolante 
rende 
infatti 
l�autorizzazione 
finale 
priva 
di 
un elemento essenziale, 
tale 
da 
configurare 
gli 
estremi 
della 
nullit� 
ex 
art. 
21 
septies 
della 
Legge 


n. 241/1990 (10). 
Ci� 
appare 
compatibile 
con 
la 
deduzione 
di 
nullit� 
dell�atto 
finale 
dell�iter 
autorizzatorio, adottato in spregio del 
parere 
di 
Amm.ni 
qualificate, in quanto 
espressione 
di 
potest� 
inesistenti 
in 
capo 
all�autorit� 
procedente, 
riconducibili 
alle 
previsioni 
ex 
art. 21 septies 
l. 241/1990, oltre 
che 
all��incompetenza 
assoluta� 
e 
al 
�difetto di 
attribuzioni�, essendo i 
poteri 
di 
tale 
autorit� 
limitati, 
come 
sopra 
precisato, 
all�impugnativa 
giudiziale 
ovvero 
all�investitura 
del-
l�esecutivo nazionale. 


Corollario 
di 
quanto 
esposto 
� 
la 
rilevanza 
in 
termini 
di 
mera 
annullabilit� 
(e 
quindi 
la 
�sanabilit��), 
dell�atto 
finale 
di 
un 
iter 
autorizzatorio, 
caratterizzato 
dalla 
pretermissione 
di 
pronunciamenti 
rituali 
di 
amministrazioni 
titolari 
per 


menti. Del 
resto, la partecipazione 
ai 
lavori 
della conferenza � 
richiesta dall'art. 12 d.lgs. n. 387 del 
2003 non in relazione 
all'esistenza di 
un vincolo, e 
del 
settore 
dallo stesso presidiato, ma direttamente 
in relazione 
all'interesse 
tutelato dalle 
singole 
Amministrazioni: si 
veda, ad esempio, l'art. 14 bis 
della 
legge 
n. 
241 
del 
1990 
che 
richiede 
alle 
"amministrazioni 
preposte 
alla 
tutela 
ambientale, 
paesaggistico/territoriale, del 
patrimonio storico/artistico o alla tutela della salute 
e 
della pubblica incolumit�" 
di 
pronunciarsi 
sul 
progetto 
di 
opera 
pubblica 
sottoposto 
all'esame 
della 
conferenza 
"per 
quanto 
riguarda 
l'interesse 
da 
ciascuna 
tutelato". 
� 
quindi 
l'interesse 
espresso 
dal 
contesto, 
e 
non 
il 
settore vincolato, a determinare la competenza a rendere le valutazioni rilevanti�. 


La 
conclusione 
appare 
condivisibile, alla 
stregua 
del 
rilievo incontestabile 
sulla 
natura 
meramente 
dichiarativa 
dell�atto impositivo del 
vincolo di 
interesse 
archeologico, correlata 
a 
caratteristiche 
e 
peculiarit� 
intrinseche che il bene possedeva 
ab origine. 
In generale, sulla 
non necessit�, in materia 
di 
beni 
culturali, di 
apposito provvedimento formale 
che 
dichiari 
l�interesse 
artistico, 
storico, 
archeologico 
e 
etnoantropologico 
delle 
cose 
suscettibili 
di 
tutela 
statale 
ex 
d.lgs. 42/2004, cfr. Cass. pen., sez. III, 20 luglio 2010, n. 28239, per cui 
� 
�sufficiente 
un interesse 
culturale 
oggettivo, derivante 
da tipologia, localizzazione, rarit� o altri 
analoghi 
criteri 
[�] 
la 
cui 
prova 
pu� 
desumersi 
o 
dalla 
testimonianza 
di 
organi 
della 
P.A. 
o 
da 
una 
perizia 
disposta 
dall�autorit� 
giudiziaria� a fronte di percepibili emergenze archeologiche, meritevoli di tutela. 


(10) CdS 
n. 3039/2012: 
�la sottrazione 
della decisione 
circa una tale 
incidenza a quel 
livello, e 
alle 
inerenti 
modalit� e 
forme 
di 
riparto e 
distribuzione 
del 
potere, rappresenta un esercizio di 
attivit� 
amministrativa ormai 
senza pi� alcun titolo di 
competenza e 
dunque 
svolta in carenza dell�attribuzione 
di 
legge. Non solo: sempre 
alla luce 
dell�art. 21 septies 
vi 
� 
anche 
nullit� (..) 
delle 
stesse 
autorizzazioni 
uniche 
regionali 
per 
un�insanabile 
loro 
manchevolezza 
strutturale, 
cio� 
per 
difetto 
dell�elemento 
essenziale 
dell�assenza di 
dissensi 
qualificati 
nella previa conferenza di 
servizi 
(�)�. 
Nello stesso senso, 
T.A.R. Catanzaro, Calabria 
sez. I, 12 luglio 2014, n. 1238/2014, secondo cui 
� 
ravvisabile 
un�ipotesi 
di 
nullit� 
dell�autorizzazione 
unica 
regionale 
per 
difetto 
assoluto 
di 
attribuzione 
o 
per 
difetto 
dell�elemento 
essenziale, nel 
caso di 
compressione 
delle 
prerogative 
dell�Amm.ne 
preposta 
alla 
tutela 
paesaggistica 
e 
ambientale, e nel caso di mancata applicazione del modulo previsto dall�art. 14 quater 
l. n. 241/1990. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


legge 
di 
una 
competenza 
primaria, potendosi 
riscontrare, nel 
caso di 
specie, 
le condizioni previste dall'art. 21 septies 
della l. 241/1990 (11). 


Ci� consente, inoltre, di 
ovviare 
a 
quanto previsto dall�art. 31 comma 
4 
Cod. 
Proc. 
Amm., 
il 
quale 
ha 
introdotto 
ex 
novo, 
anche 
per 
l�istituto 
della 
nullit�, 
il 
presidio di 
un apposito termine 
decadenziale 
(12), in quanto riferibile 
solo all�azione 
in via 
principale, restando opponibile 
in fase 
resistente 
(e 
rilevabile 
ex 
officio) l�eccezione 
di 
nullit�, in analogia 
con quanto valevole 
nel 
settore del processo civile. 


3.2. l�insopprimibilit� del 
contributo partecipativo dell�Amm.ne 
b.A.C.t. al 
procedimento autorizzatorio semplificato per impianti �minori�. 
La 
soluzione 
da 
fornirsi 
al 
quesito 
essenziale 
incentrato 
sulla 
presunta 
estraneit� 
del 
c.d. 
�minieolico� 
alle 
prescrizioni 
restrittive 
e 
limitatrici, 
desumibili 
in 
termini 
generali 
dal 
D.M. 
10 
settembre 
2010 
(Linee 
Guida 
Nazionali), 
non 
pu� 
che 
essere 
allineata 
e 
conforme 
a 
quella, 
condivisibile, 
da 
ultimo 
recepita 
in 
sede 
giudiziale 
di 
seconda 
istanza, 
con 
cui 
si 
� 
sostenuto 
correttamente 
di 
non 
poter 
prescindere, 
anche 
in 
tal 
caso, 
dal 
rilievo 
dell�insopprimibilit� 
del 
parere 
statale, 
allorch� 
l�opera 
(anche 
quando 
pertinente 
al 
c.d. 
minieolico 
e 
dunque 
a 
interventi 
di 
minore 
impatto) 
interferisca 
con 
aree 
oggetto 
di 
tutela 
diretta 
o 
indiretta, 
in 
mancanza 
di 
una 
esplicita 
deroga 
alla 
previsione 
sull�acquisizione 
necessitata 
del 
parere 
statale 
in 
questione. 


Infatti 
l�art. 6 l. 28/2011 non ha 
introdotto alcuna 
deroga 
espressa 
al 
procedimento 
autorizzatorio per la 
produzione 
di 
impianti 
di 
energie 
rinnovabili 
-disciplinato 
in 
via 
generale 
dall�art. 
12 
D.P.R. 
387/2003 
e 
di 
conseguenza 
dal 
D.M. 10 settembre 
2010 nonch� 
dalle 
Linee 
guida 
regionali, conformi 
al 
primo 
e 
semmai 
legittimate 
a 
fini 
di 
attuazione 
del 
primo 
all�adozione 
di 
norme 
restrittive: 
cfr. 
� 
1.2 
-che 
dia 
luogo 
alla 
pretermissione 
lecita 
del 
parere 
paesaggistico MiBACT (ex 
art. 146 o 152 d.lgs. 42/2004). 


La 
norma 
in 
questione 
vale, 
infatti, 
ai 
soli 
fini 
di 
semplificazione 
dell�iter 
di 
autorizzazione 
urbanistico-edilizia, 
poich� 
rimarca 
esplicitamente, 
nella 
sua 
premessa, 
la 
necessit� 
di 
acquisire 
ogni 
altro 
parere, 
intesa, 
nulla 
osta 
e 
assenso 
ove 
previsto 
(13), 
in 
termini 
di 
sostanziale 
invarianza 
rispetto 
all�art. 
12 
D.P.R. 
387/2003; 
per 
altro 
verso, 
che 
il 
citato 
D.M. 
prevede 
al 
� 
11.1 
che 
�per 
gli 


(11) Cos� 
come 
sostenuto da 
Cons. Stato, sez. vI, 3039/2012. In senso conforme 
ad es. T.A.R. 
Calabria Cz, 12 luglio 2014, n. 1238. 
(12) 180 giorni. 
(13) 
Cfr. 
art. 
6, 
comma 
5 
seconda 
parte, 
l. 
28/2011: 
�Qualora 
l'attivit� 
di 
costruzione 
e 
di 
esercizio 
degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 1 sia sottoposta ad atti 
di 
assenso di 
competenza di 
amministrazioni 
diverse 
da quella comunale, e 
tali 
atti 
non siano allegati 
alla dichiarazione, l'amministrazione 
comunale 
provvede 
ad acquisirli 
d'ufficio ovvero convoca, entro venti 
giorni 
dalla presentazione 
della dichiarazione, 
una conferenza di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 e 
seguenti 
della legge 
7 agosto 1990, n. 241 e 
successive modificazioni�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


impianti 
di 
cui 
al 
paragrafo 12, l'autorit� competente 
non pu� richiedere 
l'attivazione 
del 
procedimento unico di 
cui 
all'articolo 12, comma 4, del 
decreto 
legislativo n. 387 del 
2003�, rinviando dunque 
al 
paragrafo 12 che 
tra 
l�altro 
prevede: 
�12.5 
i 
seguenti 
interventi 
sono 
considerati 
attivit� 
ad 
edilizia 
libera 
e 
sono 
realizzati 
previa 
comunicazione 
secondo 
quanto 
disposto 
dai 
punti 
11.9 
e 
11.10, 
anche 
per 
via 
telematica, 
dell'inizio 
dei 
lavori 
da 
parte 
dell'interessato 
all'amministrazione comunale: 


[�] 


12.6. Sono realizzabili mediante denuncia di inizio attivit�: 
1. 
a) 
impianti 
eolici 
non 
ricadenti 
fra 
quelli 
di 
cui 
alla 
lettera 
a) 
ed 
aventi 
capacit� di 
generazione 
inferiore 
alle 
soglie 
indicate 
alla tabella A 
allegata 
al 
d.lgs. 
387 
del 
2003, 
come 
introdotta 
dall'articolo 
2, 
comma 
161, 
della 
legge 
n. 244 del 2007. 
2. b) torri 
anemometriche 
finalizzate 
alla misurazione 
temporanea del 
vento di 
cui 
al 
punto 12.5 lettera b), nel 
caso in cui 
si 
preveda una rilevazione 
di durata superiore ai 36 mesi�. 
Quindi 
il 
� 12.5 del 
citato D.M. concerne 
gli 
interventi 
di 
vero �minieolico�, 
a 
edilizia 
libera 
(ma 
pur sempre 
sul 
presupposto dell�assenza 
di 
tutela 
ai 
sensi 
del 
Codice 
del 
Paesaggio), in cui 
non rientrano certamente 
le 
controversie 
in analisi. 


Il 
successivo 
� 
12.6 
riguarda 
invero 
impianti 
di 
maggiore 
consistenza, 
poich� 
introduce 
un 
iter 
agevolato 
(anticipatore 
della 
P.A.S. 
ex 
art. 
6 
l. 
28/2011), presupponente 
la 
D.I.A. per i 
fini 
edilizi 
comunali, con riguardo a 
impianti 
eolici 
di 
potenza 
non superiore 
a 
60 kw, come 
previsto dalla 
richiamata 
tabella 
A al D.P.R. 387/2003, in cui rientrano le opere in discussione. 


Al 
riguardo 
va 
sottolineato 
che 
il 
� 
11.2 
(sia 
delle 
Linee 
Guida 
Nazionali 
che 
di 
quelle 
regionali 
approvate 
con 
del. 
G.R. 
n. 
621 
del 
4 
agosto 
2011) 
stabilisce 
che 
�11.2. 
Nel 
caso 
di 
interventi 
soggetti 
a 
DiA, 
in 
relazione 
ai 
quali 
sia 
necessario 
acquisire 
concessioni 
di 
derivazioni 
ad 
uso 
idroelettrico, 
autorizzazioni 
ambientali, 
paesaggistiche, 
di 
tutela 
del 
patrimonio 
storico-artistico, 
della 
salute 
o 
della 
pubblica 
incolumit�, 
le 
stesse 
sono 
acquisite 
e 
allegate 
alla 
DiA, 
salvo 
che 
il 
Comune 
provveda 
direttamente 
per 
gli 
atti 
di 
sua 
competenza�. 


Si 
tratta 
di 
disposizione 
militante 
nella 
stessa 
area 
logica 
e 
giuridica 
del 
citato art. 6 l. 28/2011. 


Ci� significa 
che 
tali 
discipline 
non incidono sui 
profili 
paesaggistici 
di 
competenza 
statale, che 
quindi 
restano regolamentati 
sia, integralmente, dal 
� 
14 del medesimo D.M. (14) che dalla presupposta normativa legislativa. 


(14) 
Riprodotto 
pedissequamente 
nel 
corrispondente 
� 
14 
delle 
Linee 
Guida 
Regionali 
(del 
2011) 
sopravvenute al 
medesimo art. 6 l. 28/2011. L�identit� di contenuti 
in parte 
qua 
col 
D.M. 10 settembre 
2010 rende 
ininfluente 
ogni 
questione 
sull�attitudine 
del 
predetto art. 6 a 
richiamare, per il 
tramite 
delle 
Linee Guida Nazionali, anche le Linee Guida regionali attuative. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Non 
pu� 
pertanto 
essere 
ignorata 
e 
disapplicata 
la 
previsione 
generale 
contenuta, per quanto qui 
di 
interesse, nella 
lettera 
c) del 
� 14.9, per cui 
� 
[il 
Ministero per 
i 
beni 
e 
le 
attivit� culturali 
partecipa] 
c) al 
procedimento per 
l'autorizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da fonti 
rinnovabili 
localizzati 
in aree 
contermini 
a quelle 
sottoposte 
a tutela ai 
sensi 
del 
decreto legislativo 22 gennaio 
2004, 
n. 
42, 
recante 
il 
codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio; 
in 
queste 
ipotesi 
il 
Ministero 
esercita 
unicamente 
in 
quella 
sede 
i 
poteri 
previsti 
dall'articolo 
152 di 
detto decreto; si 
considerano localizzati 
in aree 
contermini 
gli 
impianti 
eolici 
ricadenti 
nell'ambito distanziale 
di 
cui 
al 
punto b) del 
paragrafo 
3.1. 
e 
al 
punto 
e) 
del 
paragrafo 
3.2 
dell'allegato 
4; 
per 
gli 
altri 
impianti 
l'ambito distanziale 
viene 
calcolato, con le 
stesse 
modalit� dei 
predetti 
paragrafi, 
sulla base della massima altezza da terra dell�impianto�. 


La 
predetta 
disposizione 
contempla 
la 
partecipazione 
ministeriale 
�al 
procedimento� 
senza 
alcuna 
specificazione 
o limitazione 
e 
quindi 
a 
ogni 
procedimento 
abilitativo 
in 
materia, 
non 
operando 
alcuna 
distinzione 
rispetto 
al 
�minieolico� 
e 
ancor meno a 
quanto assoggettato al 
regime 
semplificato della 
ex 
D.I.A., 
qualora 
interferenti 
con 
aree 
assoggettate 
a 
tutela 
diretta 
o 
indiretta. 


Dunque 
non pu� non rilevare 
la 
circostanza 
per cui 
l�ambito distanziale 
atto 
a 
definire 
l��area 
contermine�, 
individuato 
mediante 
i 
surrichiamati 
rinvii 
interni 
al 
D.M. (analogamente, le 
Linee 
Guida 
Regionali), sia 
coinciso col 
risultato 
della 
moltiplicazione 
dell�altezza 
complessiva 
del 
palo 
eolico 
per 
il 
parametro/
fattore 
50, 
desumibile 
dall�all. 
4, 
� 
3.1 
lett. 
b) 
e 
� 
3.2 
lett. 
e), 
espressamente 
richiamati 
dal 
punto 14.9 lett. c) delle 
Linee 
Guida 
Nazionali 
e Regionali. 


Da 
queste 
ultime 
si 
evince, 
in 
definitiva, 
la 
conferma 
che 
la 
partecipazione 
ministeriale 
non subisce 
limitazioni 
o deroghe 
per tipologie 
di 
interventi, in 
quanto si 
fa 
riferimento generico ai 
procedimenti 
autorizzativi 
in materia 
specifica. 


Lo stesso art. 6 d.lgs. 28/2011 legittima 
il 
coinvolgimento degli 
enti 
preposti 
alla 
tutela 
di 
interessi 
qualificati, 
prevedendone 
l�acquisizione 
necessaria, 
al 
pur 
semplificato 
iter 
autorizzatorio 
comunale, 
dei 
relativi 
nulla-osta, 
assensi 
e pareri. 


E, 
in 
effetti, 
la 
previsione 
della 
competenza 
dell�ente 
locale, 
quale 
autorit� 
procedente, 
si 
giustifica 
in 
relazione 
alle 
sue 
funzioni 
esclusive 
in 
materia 
urbanistica 
e 
si 
traduce 
nella 
semplificazione 
dei 
passaggi 
procedurali 
per 
pervenire 
all�assenso 
edilizio 
all�intervento, 
ma 
ci� 
non 
appare 
sufficiente 
a 
far 
reputare 
soppressa 
un�inderogabile 
funzione 
legale 
di 
garanzia, 
di 
spettanza 
statale, 
comprensiva 
dell�esercizio 
dei 
poteri 
contemplati 
dall�art. 
152 
d.lgs. 
42/2004. 


In difetto di 
espressa 
deroga, dunque, non vՏ 
ragione 
testuale, logica 
e 
sistematica per consentire la vanificazione 
ad personam 
di quella tutela. 


Di 
qui 
la 
legittimit� 
della 
pretesa 
dell�Amm.ne 
statale 
al 
coinvolgimento 
nella 
P.A.S. 
e, 
in 
considerazione 
della 
plateale 
elusione 
dell�autorit� 
comunale 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


procedente 
(15) 
di 
un 
preciso 
obbligo 
legale, 
la 
correlata 
necessit� 
di 
prevenire 
con urgenza 
un intervento abusivo e 
altamente 
lesivo dell�oggetto della 
tutela 
ex 
art. 152 d.lgs. 42/2004, altrimenti esposto a irrimediabile 
vulnus 
(16). 


3.3. (Continua) 
insussistenza di 
conflitto tra linee 
guida e 
normativa statale 
di riferimento (art. 152 d.lgs. 42/2004, art. 6 l. 28/2011). 
In 
realt�, 
in 
nessun 
luogo 
la 
nuova 
normativa, 
legislativa 
o 
regolamentare, 
nazionale 
o 
regionale, 
accredita 
l�assunto 
della 
pretermissione 
dei 
pareri 
paesaggistici 
statali, 
siano 
essi 
espressi 
ex 
art. 
146 
o 
ex 
art. 
152 
d.lgs. 
42/2004 
(17). 


L�art. 6 d.lgs. 28/2011, infatti, si 
limita 
a 
introdurre 
elementi 
di 
semplificazione 
procedimentale 
quanto 
all�introduzione 
dell�iter 
(18) 
e 
alla 
competenza 
(19) (20). 


Non 
a 
caso 
il 
comma 
5 
dell�art. 
6 
citato 
precisa 
che 
�Qualora 
l'attivit� 
di 
costruzione 
e 
di 
esercizio 
degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 
1 
sia 
sottoposta 
ad 
atti 
di 
assenso 
di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
l'amministrazione 
comunale 
provvede 


(15) Immemore 
dell�indeclinabilit� 
della 
funzione 
pubblica 
di 
tutela 
del 
paesaggio, per la 
particolare 
dignit� 
data 
dall�essere 
iscritta 
dall�art. 9 della 
Costituzione 
tra 
i 
principi 
fondamentali 
della 
Repubblica: 
cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., 14 dicembre 
2001, n. 9; 
Cons. Stato, Sez. vI, 18 aprile 
2011, n. 
2378; 
id. 22 settembre 2014, n. 4775. 
(16) L'applicabilit� 
dell'art. 152 del 
d.lgs. n. 42/2004 a 
fattispecie 
simile 
a 
quella 
controversa 
� 
stata 
esplicitamente 
affermata 
sempre 
da 
Cons. 
Stato, 
v, 
n. 
1144/2014, 
a 
prescindere 
e 
quindi 
anche 
prima 
dell'entrata 
in vigore 
delle 
linee 
guida 
nazionali 
approvate 
con D.M. 10 settembre 
2010, che 
al 
punto 14.9 lettera 
c) hanno espressamente 
riconosciuto la 
facolt� 
di 
esercitare 
i 
poteri 
previsti 
dall�art. 
152 
anche 
quando 
l�intervento 
ricada 
in 
aree 
contermini 
a 
quelle 
espressamente 
vincolate 
ex 
lege 
ai 
sensi dell�art. 142 d.lgs. n. 42/2004. 
(17) CdS 
n. 1144/2014, gi� 
sopra 
citata, ha 
delineato la 
ratio 
della 
norma 
protettiva 
delle 
�aree 
contermini�, ravvisabile 
nel 
c.d. effetto di 
irradiamento 
della 
tutela 
dei 
beni 
vincolati 
direttamente, sia 
ex 
lege 
che 
con 
apposita 
dichiarazione 
di 
interesse 
pubblico 
paesaggistico; 
ratio, 
che 
non 
pu� 
non 
valere 
anche nella materia specifica, in difetto di esplicita deroga. 
(18) Si 
veda 
l�onere 
di 
comunicazione, assimilabile 
alla 
DIA 
contemplata 
dal 
D.M. 10 settembre 
2010. 
(19) Si veda il coinvolgimento dei Comuni quali autorit� procedenti. 
(20) L�articolo 6 del 
decreto prevede 
esplicitamente 
che 
nelle 
Linee 
guida 
nazionali 
per l�autorizzazione 
(D.M. 10 settembre 
2010), tutti 
i 
riferimenti 
alla 
DIA 
vadano sostituiti, dall'entrata 
in vigore 
del decreto, con la nuova Procedura abilitativa semplificata. 
La 
PAS 
mantiene 
alcuni 
dei 
principi 
di 
base 
che 
regolavano la 
DIA, introducendo peraltro significative 
novit� 
rispetto alla 
disciplina 
previgente: 
particolarmente 
rilevante 
il 
fatto che 
ora 
le 
amministrazioni 
comunali 
sono tenute 
a 
rendere 
tempestivamente 
e/o acquisire 
d�ufficio gli 
�atti 
di 
assenso� 
eventualmente 
obbligatori 
(per 
vincoli 
ambientali, 
paesaggistici, 
storico-artistici, 
ecc.), 
in 
tutti 
i 
casi 
in 
cui 
questi 
non siano allegati alla dichiarazione. 
Le 
soglie 
di 
potenza 
prodotta 
di 
riferimento, al 
di 
sotto delle 
quali 
� 
sufficiente 
la 
PAS, in difetto di 
intervento 
legislativo 
regionale 
rimangono 
quelle 
della 
tabella 
A 
allegata 
al 
d.lgs. 
387/2003 
e 
riprese 
dalle 
Linee guida nazionali. 
La 
Comunicazione 
di 
inizio lavori 
al 
Comune 
non pare 
invece 
modificata 
dal 
d.lgs. 28/2011 e 
continua 
quindi 
a 
mantenere 
l�assimilazione 
agli 
interventi 
di 
�attivit� 
edilizia 
libera�, 
cos� 
come 
regolati 
dal 
Testo unico edilizia. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


ad 
acquisirli 
d'ufficio 
ovvero 
convoca, 
entro 
venti 
giorni 
dalla 
presentazione 
della 
dichiarazione, 
una 
conferenza 
di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 
e 
seguenti 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241 
e 
successive 
modificazioni�. 


Quindi 
la 
disposizione 
sopra 
richiamata 
prevede 
che 
l�Autorit� 
procedente 
indica 
una 
conferenza 
di 
servizi, laddove 
non possa 
acquisire 
d�ufficio 
le 
autorizzazioni 
richieste, 
circostanza 
che 
assimila 
la 
P.A.S. 
anche 
formalmente 
all�archetipo dell�autorizzazione 
unica 
ex 
art. 12 d.lgs. 387/2003, ma 
certamente 
non 
sopperisce 
al 
medesimo 
fine 
il 
complesso 
di 
norme 
desumibili 
dalle Linee Guida nazionali. 


A 
esse, 
innanzitutto, 
va 
attribuita 
valenza 
meramente 
regolamentare, 
come 
chiarito 
dalla 
giurisprudenza 
costituzionale 
(21), 
quindi 
non 
pu� 
esserle 
riconosciuta 
l�attitudine 
a 
incidere 
sull�applicabilit� 
di 
normativa 
di 
rango superiore 
(art. 152 d.lgs. 42/2004). 


Inoltre, va 
ribadito che 
le 
disposizioni 
contenute 
nel 
D.M. 10 settembre 
2010 e, analogamente, le 
disposizioni 
regionali 
contenute 
nelle 
Linee 
Guida 
approvate 
con del. G.R. 621/2001, avendo chiara 
natura 
regolamentare, sono 
di rango inferiore a quello legislativo. 


Dunque, se 
tali 
Linee 
Guida 
appaiono in contrasto col 
Codice 
del 
Paesaggio 
ovvero con la 
normativa 
statale 
�speciale� 
in tema 
di 
procedure 
abilitative 
semplificate 
- sia 
essa 
antecedente 
che 
sopravvenuta 
- non possono non 
esserne rimaste incise (arg. ex 
art. 10 l. 1953/1962). 


Inoltre, 
non 
� 
ravvisabile 
in 
esse 
alcuna 
restrizione 
tipologica 
che 
escluda 


il 
c.d. �minieolico� 
dal 
controllo paesaggistico, dal 
momento che 
si 
fa 
riferimento 
a 
procedimenti 
abilitativi 
in senso lato e 
non delimitato; 
la 
pretesa 
restrizione 
al 
dispiegamento 
dei 
poteri 
di 
vigilanza 
dello 
Stato 
in 
materia 
specifica, 
anzi, 
sarebbe 
in 
stridente 
contrasto 
con 
le 
apposite 
disposizioni 
dello 
stesso D.M., appunto in tema 
di 
�minieolico�, che 
semmai 
lo ammettono in 
riferimento all�attivit� 
il 
cui 
primo impulso � 
ricollegato alla 
mera 
comunicazione 
di 
inizio 
lavori, 
se 
prevista 
in 
aree 
(genericamente) 
presupponenti 
tutele 
ex 
d.lgs. 42/2004 (22). 
Peraltro, a 
voler ravvisare 
un contrasto tra 
norme, non potrebbe 
prescindersi 
dalla 
prevalenza 
della 
legislazione 
nazionale 
(nonch� 
delle 
Linee 
guida 


(21) Cfr. Corte Cost. n. 275/2011. 
(22) 
�12.5 
i 
seguenti 
interventi 
sono 
considerati 
attivit� 
ad 
edilizia 
libera 
e 
sono 
realizzati 
previa 
comunicazione 
secondo quanto disposto dai 
punti 
11.9 e 
11.10, anche 
per 
via telematica, dell'inizio dei 
lavori da parte dell'interessato all'amministrazione comunale: 
a) impianti 
eolici 
aventi 
tutte 
le 
seguenti 
caratteristiche 
(ai 
sensi 
dell'articolo 11, comma 3, del 
decreto 
legislativo 30 maggio 2008, n. 115): 
i. installati 
sui 
tetti 
degli 
edifici 
esistenti 
di 
singoli 
generatori 
eolici 
con altezza complessiva non superiore 
a 1,5 metri e diametro non superiore a 1 metro; 
ii. gli 
interventi 
non ricadono nel 
campo di 
applicazione 
del 
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 
e 
s.m.i. recante 
Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio, nei 
casi 
previsti 
dall'articolo 11, comma 3, 
del decreto legislativo n. 115 del 2008�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


nazionali 
per 
il 
tramite 
della 
norma 
interposta) 
su 
quella 
regionale 
(legislativa 
e 
a fortiori 
regolamentare), se 
incompatibile 
con i 
principi 
fondamentali 
regolatrici 
della materia (23). 


3.4 Potere di vigilanza dell�Amm.ne b.A.C.t. e tutela inibitoria. 
Appare 
opportuno 
un 
finale 
accenno 
al 
profilo 
incentrato 
sull�individuazione 
dei 
limiti 
al 
dispiegamento 
della 
potest� 
ex 
art. 
155 
d.lgs. 
42/2004, 
esercitata 
dall�Amm.ne 
B.A.C.T. 
a 
finalit� 
inibitorie 
di 
lavori 
per 
la 
realizzazione 
dell�impianto 
eolico, 
oggetto 
di 
discussione 
nei 
richiamati 
giudizi 
amministrativi. 


va 
innanzitutto 
evidenziato 
in 
contrapposizione 
il 
peculiare 
-e 
limitato 
ambito 
applicativo 
dell�apparentemente 
similare 
disposizione 
contenuta 
nell�art. 
150 
d.lgs. 
42/2004, 
che 
in 
realt� 
attiene 
alla 
mera 
inibitoria, 
tesa 
ad 
anticipare 
un 
futuro 
vincolo 
di 
�salvaguardia�, 
nelle 
more 
delle 
procedure 
di 
dichiarazione 
di 
interesse 
pubblico 
paesistico 
di 
un�area 
tutelanda, 
rispetto 
alla 
quale 
� 
ipotizzabile 
un 
intervento 
preventivo 
-temporalmente 
definito 
-qualora 
non 
sia 
stata 
pubblicata 
entro 
90 
giorni 
la 
�proposta 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
[della 
commissione] 
di 
cui 
all'articolo 
138 
o 
[della 
proposta 
dell'organo 


(23) In tal 
senso, sul 
principio generale, cfr. ad es. Cons. St., sez. v, 20 ottobre 
2008, n. 5115 e 
giur. ivi richiamata. 
Sul 
punto valga, infatti, il 
costante 
insegnamento, elaborato nella 
vigenza 
del 
previgente 
assetto costituzionale, 
ai 
sensi 
dell�art. 10, comma 
1, L. 62/1953, per cui 
le 
norme 
statali 
specie 
se 
sopravvenute 
che 
cristallizzano i 
principi 
fondamentali 
costituenti 
il 
limite 
all�esercizio delle 
competenze 
legislative 
regionali 
comportano, 
nel 
caso 
di 
accertata 
e 
diretta 
incompatibilit� 
fra 
la 
norma 
regionale 
e 
la 
legge 
statale 
di 
principio anche 
quando sopravvenuta, l�effetto dell�abrogazione 
della 
prima, ossia 
della 
norma 
regionale 
incompatibile 
(cfr. Corte 
Cost. sent. n. 153/1995; 
sent. n. 498/1993; 
sent. n. 50/1991 e 
sent. n. 
171/1974), ovvero della 
sua 
inapplicabilit�, se 
posteriore. Pertanto, in caso di 
conclamata 
antinomia, la 
norma regionale deve ritenersi parzialmente abrogata a seguito dell�entrata in vigore della seconda. 
Cfr. ad es. T.A.R. Molise, sentenze 
del 
16 ottobre 
2012, n. 571 e 
n. 574, vertente 
sul 
particolare 
tema 
del 
contrasto tra 
norma 
legislativa 
regionale 
e 
norma 
statale 
sopravvenuta, da 
risolversi 
senz�altro a 
favore 
di 
quest�ultima: 
�Quanto alla pretesa formazione 
di 
un provvedimento implicito di 
esclusione 
del 
progetto 
dalla 
procedura 
completa 
di 
viA 
prevista 
dall�art. 
7 
della 
legge 
regione 
Molise 
n. 
21 
del 
2000, 
la censura � 
infondata e 
va parimenti 
disattesa quella collegata relativa alla mancata attivazione 
del 
potere 
di 
autotutela per 
rimuovere 
il 
provvedimento tacito formatosi. Ci� in quanto l�art. 9, nella parte 
in 
cui 
prevede 
un�ipotesi 
di 
provvedimento 
implicito 
di 
esclusione, 
deve 
ritenersi 
in 
contrasto 
con 
la 
normativa comunitaria in materia di 
tutela dell�ambiente 
che 
in tale 
settore 
sensibile 
non tollera meccanismi 
di 
semplificazione 
amministrativa aventi 
per 
effetto il 
mancato esercizio del 
potere 
di 
accertamento 
in concreto della compatibilit� con i valori ambientali dei progetti di intervento proposti. 
l�art. 
9 
della 
legge 
regionale 
n. 
21 
del 
2000 
deve 
pertanto 
essere 
disapplicato 
in 
parte 
qua 
per 
contrasto 
con gli 
artt. 2, 3, 4, 5, 6 della direttiva 85/337/Ce 
in materia di 
valutazione 
dell�impatto ambientale 
dei 
progetti 
pubblici 
e 
privati 
(cfr. Cons. Stato, v, 25 agosto 2008, n. 4058, tAr 
bari, i, 19 settembre 
2011, 
n. 1367 e 
giurisprudenza ivi 
richiamata) e 
ci�, �a fortiori�, anche 
in considerazione 
della sua sopravvenuta 
cedevolezza rispetto alla norma statale 
di 
cui 
all�art. 20 del 
d.lgs. n. 4/2008 che 
introduce, alla 
stregua di 
un principio fondamentale 
della materia ed in conformit� col 
diritto comunitario, la regola 
opposta 
del 
silenzio 
inadempimento 
(la 
norma 
infatti 
non 
attribuisce 
alcun 
valore 
legale 
tipico 
all�eventuale 
inerzia nel 
provvedere), non recepita tuttavia dalla regione 
Molise 
nel 
termine 
di 
adeguamento a 
tal fine previsto dall�art. 35 del d.lgs. n. 4/2008. 
Deve 
conclusivamente 
escludersi 
che 
nella presente 
vicenda si 
sia formato un provvedimento implicito 
di esclusione del progetto dalla valutazione di impatto ambientale�. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


ministeriale 
prevista] 
all'articolo 
141, 
ovvero 
non 
sia 
stata 
ricevuta 
dagli 
interessati 
la 
comunicazione 
prevista 
dall'articolo 
139, 
comma 
3�. 


Ai 
fini 
dell�art. 155, infatti, rileva 
la 
sola 
immediata 
esigenza 
di 
prevenzione 
di 
un 
pregiudizio 
irreparabile, 
nel 
contesto 
di 
una 
generale 
potest� 
di 
�vigilanza�, 
che 
implica 
il 
controllo 
e 
la 
tutela 
dei 
beni 
protetti 
ex 
d.lgs. 
42/2004, 
in 
aggiunta 
a 
quelli 
dichiarati 
con 
apposita 
procedura 
(artt. 
136 
e 
ss.), 
in quanto inclusi 
ex lege 
(art. 142). 


In effetti 
il 
potere 
di 
vigilanza 
ex 
art. 155 citato non pu� all�occorrenza 
non tradursi, a 
fronte 
dell�emersione 
di 
attivit� 
idonee 
a 
incidere 
nell�immediato 
su bene 
a 
rilevanza 
costituzionale 
quale 
il 
paesaggio, anche 
in un�ampia 
potest� 
tecnico-discrezionale 
(24) che 
inibisce 
interventi 
quali 
quelli 
in questione, 
qualificabili 
in 
termini 
di 
abusivit�, 
in 
ragione 
dell�assenza 
del 
previsto 
e ineludibile nulla-osta paesistico statale. 


Il 
provvedimento 
di 
salvaguardia 
inibitoria 
(25) 
si 
delinea 
quindi 
come 
una 
tipica 
manifestazione 
del 
generale 
potere 
di 
vigilanza 
dell�Amm.ne 
B.A.C.T. 
sui 
beni 
culturali 
lato 
sensu, 
come 
delineato 
dall�art. 
155 
d.lgs. 
42/2004, 
rappresentando 
invero 
una 
concreta 
espressione 
dell�attivit� 
di 
peculiare 
controllo 
del 
territorio 
affidato 
al 
Ministero 
B.A.C.T., 
ai 
fini 
della 
tutela 
dei 
beni 
paesaggisticamente 
vincolati; 
infatti 
�l�adozione 
di 
misure 
inibitorie 
e 
cautelari, 
quali 
quelle 
in 
esame, 
costituisce, 
invero, 
la 
naturale 
ed 
ordinaria 
attivit� 
provvedi-
mentale 
conseguente 
all�avvenuto 
riscontro 
della 
violazione 
di 
norme 
regolatrici 
della 
materia, 
finalizzata 
al 
ripristino 
dell�equilibrio 
violato� 
(26). 


3.5 inconfigurabilit� del silenzio-assenso in materia specifica. 
Per 
completezza 
espositiva, 
sul 
tema 
inerente 
alla 
intervenuta 
formazione 
del 
c.d. silenzio-assenso pur se 
a 
seguito di 
pretermissione 
dell�Amministrazione 
ministeriale 
dalla 
c.d. 
P.A.S., 
va 
notato 
in 
termini 
generali 
e 
astratti, 
alla 
stregua 
della 
vigente 
e 
predominante 
normativa 
statale 
di 
principio contenuto 
nell�art. 20 d.lgs. 152/2006, che, in materia 
specifica, in caso di 
omessa 
pronuncia 
tempestiva 
dell�Amm.ne 
- ovviamente 
non nei 
casi 
di 
inerzia 
incolpevole 
- vige 
il 
principio del 
silenzio-inadempimento e 
non gi� 
quello del 
c.d. 
�silenzio-assenso�. 


valgono dunque 
con pienezza 
i 
dettami 
della 
Corte 
Costituzionale, affermati 
in 
pi� 
occasioni 
nella 
materia 
ambientale 
in 
senso 
lato, 
per 
cui 
vige 
il 


(24) 
Limitata 
solo 
dalla 
riscontrabilit� 
di 
adeguato 
accertamento 
istruttorio 
e 
di 
un 
sufficiente 
corredo 
motivazionale. 
Ci�, 
in 
coerenza 
col 
generale 
principio 
alla 
cui 
stregua 
il 
sindacato 
del 
giudice 
amministrativo 
sugli 
atti 
di 
esercizio 
di 
ampia 
discrezionalit� 
tecnica 
� 
di 
tipo 
intrinseco 
debole, 
ossia 
limitato 
alla 
verifica 
della 
sussistenza 
di 
vizi 
sintomatici 
dell'eccesso 
di 
potere 
quali 
la 
palese 
carenza 
di 
istruttoria 
e 
l'abnorme 
travisamento 
dei 
fatti 
nonch� 
la 
evidente 
illogicit� 
e 
incongruenza 
delle 
conclusioni. 
(25) Sottrattosi 
nei 
casi 
di 
specie 
alla 
qualificazione 
ex 
art. 150 d.lgs. 42/2004, pi� strettamente 
pertinente ai procedimenti inerenti alla dichiarazione di interesse pubblico dei beni culturali. 
(26) T.A.R. Campania 
SA, sez. I, 24 ottobre 
2012, n. 1426. In senso sostanzialmente 
conforme 
si 
veda anche 
T.A.R. Molise, 25 marzo 2016, n. 160. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


principio 
fondamentale, 
ricavabile 
da 
una 
serie 
di 
disposizioni, 
da 
interpretarsi 
unitariamente 
nel 
sistema, secondo cui 
il 
silenzio dell�amministrazione 
preposta 
al 
vincolo non pu� avere 
valore 
di 
assenso (cfr. ad es. Corte 
Cost., 17 
dicembre 1997, n. 404) (27). 


Ci� 
significa 
che 
al 
silenzio 
serbato 
dall�autorit� 
tutrice 
degli 
interessi 


(27) 
Per 
completezza 
va 
osservato 
che 
la 
formazione 
del 
silenzio-assenso 
non 
potrebbe 
nemmeno 
evincersi 
dall�art. 
17 
bis 
l. 
241/1990, 
essendo 
evidente 
che 
trattasi 
di 
disciplina 
applicabile 
per 
la 
formazione 
e 
l�acquisizione 
di 
atti 
endoprocedimentali 
tra 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
e 
non 
riferibile 
a 
privati 
(con 
esclusione 
dei 
gestori 
di 
beni 
e 
servizi 
pubblici) 
e 
a 
posizioni 
di 
interesse 
privato, 
quindi 
sarebbe 
irrilevante 
nei 
casi 
di 
specie, 
vertenti 
su 
un 
iter 
abilitativo 
a 
fini 
edilizi 
di 
un 
soggetto 
imprenditoriale. 
In tal 
senso militano i 
pareri 
del 
Consiglio di 
Stato (cfr. ad es. Cons. St., Comm. spec., 13 luglio 2016, 
n. 1640; 
in senso conforme, Cons. St., comm. spec., 13 luglio 2016, n. 1017), che 
espressamente 
hanno 
escluso che 
il 
nuovo silenzio-assenso tra 
pubbliche 
amministrazioni 
possa 
operare 
nei 
casi 
in cui 
l�atto 
di 
assenso sia 
chiesto da 
un�altra 
pubblica 
amministrazione 
non nel 
proprio interesse, ma 
nell�interesse 
del 
privato (destinatario finale 
dell�atto) che 
abbia 
presentato la 
relativa 
domanda 
tramite 
lo sportello 
unico; 
n� 
incide 
sull�applicabilit� 
del 
nuovo istituto la 
circostanza, del 
tutto irrilevante, che 
il 
privato 
presenti 
l�istanza 
direttamente 
o per il 
tramite 
di 
un�Amministrazione 
che 
si 
limita 
ad un ruolo di 
mera 
intermediazione, senza essere coinvolta, in qualit� di autorit� co-decidente, nel relativo procedimento. 
Al 
riguardo 
si 
osserva 
altres� 
che 
allo 
stato 
della 
legislazione 
attuale 
la 
tematica 
dell�eventuale 
tardivit� 
del 
parere 
della 
Soprintendenza 
non 
� 
affrontata 
in 
termini 
di 
sua 
inefficacia, 
dovendosi 
ribadire, 
come 
in 
precedenti 
occasioni 
similari, 
quanto 
indicato 
dal 
Servizio 
Iv 
per 
la 
Tutela 
e 
la 
Qualit� 
del 
Paesaggio 
-Dir. 
Gen. 
per 
il 
Paesaggio 
B.A.A.A.C., 
con 
circolare 
n. 
27/2011 
emanata 
per 
la 
diffusione 
del 
parere 
reso 
dall'Ufficio 
Legislativo 
del 
MiBACT 
con 
nota 
18883 
del 
18 
ottobre 
2011. 
In 
essa 
viene 
ulteriormente 
chiarito 
che, 
allo 
stato 
attuale 
della 
pianificazione 
paesaggistica 
congiunta, 
il 
silenzio 
della 
Soprintendenza 
non 
si 
configura 
come 
silenzio/assenso, 
ma 
semplicemente 
"consente" 
all'amministrazione 
competente 
di 
agire 
autonomamente. 
Il 
decorso 
del 
termine 
non 
"consuma" 
il 
relativo 
potere 
della 
Soprintendenza, 
trattandosi 
di 
termine 
non 
perentorio, 
ma 
solo 
sollecitatorio. 
Quindi 
nulla 
vieta 
che 
il 
Soprintendente 
si 
pronunci 
tardivamente, 
ove 
la 
Regione 
o 
l'Ente 
delegato 
non 
abbia 
ancora 
concluso 
il 
procedimento. 
N� 
pu� 
darsi 
per 
scontata 
la 
perdita 
del 
connotato 
di 
vincolativit� 
del 
parere 
in 
questione. 
Tanto 
si 
desume 
da 
CdS, sez. vI, n. 4914/2013 che 
ha 
puntualizzato quanto segue: 
�la 
sentenza 
ha 
rilevato 
la 
mera 
tardivit� 
del 
parere 
reso 
dalla 
Soprintendenza, 
senza 
esaminare 
il 
quadro 
normativo 
di 
riferimento, 
dal 
quale 
si 
evince 
che 
-nel 
caso 
di 
mancato 
rispetto 
del 
termine 
fissato 
dall'art. 
146, 
comma 
5, 
cos� 
come 
del 
termine 
fissato 
dall'art. 
167, 
comma 
5, 
del 
decreto 
legislativo 
22 
gennaio 
2004, 
n. 
42 
(Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio, 
ai 
sensi 
dell'articolo 
10 
della 
legge 
6 
luglio 
2002, 
n. 
137) 
-il 
potere 
della 
Soprintendenza 
continua 
a 
sussistere 
(tanto 
che 
un 
suo 
parere 
tardivo 
resta 
comunque 
disciplinato 
dai 
richiamati 
commi 
5 
e 
mantiene 
la 
sua 
natura 
vincolante), 
ma 
l'interessato 
pu� 
proporre 
ricorso 
al 
giudice 
amministrativo, 
per 
contestare 
l'illegittimo 
silenzio-inadempimento 
dell'organo 
statale: 
la 
perentoriet� 
del 
termine 
riguarda 
non 
la 
sussistenza 
del 
potere 
o 
la 
legittimit� 
del 
parere, 
ma 
l'obbligo 
di 
concludere 
la 
fase 
del 
procedimento 
(obbligo 
che, 
se 
rimasto 
inadempiuto, 
pu� 
essere 
dichiarato 
sussistente 
dal 
giudice, 
con 
le 
relative 
conseguenze 
sulle 
spese 
del 
giudizio 
derivato 
dall'inerzia 
del 
funzionario). 
Poich� 
nel 
caso 
di 
superamento 
del 
termine 
in 
questione 
il 
Codice 
non 
ha 
determinato 
n� 
la 
perdita 
del 
relativo 
potere, 
n� 
alcuna 
ipotesi 
di 
silenzio 
qualificato 
o 
significativo, 
va 
riformata 
la 
sentenza 
con 
cui 
il 
tAr 
ha 
rilevato 
la 
tardivit� 
del 
parere, 
senza 
nemmeno 
occuparsi 
delle 
conseguenze 
della 
constatata 
tardivit��. 
Pu� 
solo 
farsi 
residua 
questione 
di 
eventuale 
perdita 
del 
connotato 
vincolante 
del 
parere 
(che 
resterebbe 
peraltro 
�obbligatorio�) 
ma 
-nella 
prospettiva 
della 
successiva 
azione 
comunale 
-l�eventuale, 
residuale 
natura 
solo �obbligatoria� 
del 
parere 
non necessariamente 
implica, in caso di 
condivisione 
come 
avvenuto 
nella 
fattispecie, 
una 
motivazione 
aggiuntiva, 
imponendosi 
semmai 
l�impegno 
giustificativo 
in 
caso 
di 
mancato 
recepimento 
del 
parere 
obbligatorio, 
qualora 
l�Amm.ne 
decidente 
intenda 
discostarsene 
(cfr. ad es. T.A.R. Lazio, sez. I, 28 aprile 
2017, n. 4987, per cui 
l�obbligo specifico di 
motivazione 
in 
capo all'Amministrazione 
si 
profila 
solo per il 
caso in cui 
essa, per gli 
elementi 
di 
cui 
dispone, ritenga 
di non aderire al parere, che � obbligatorio ma non vincolante). 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


paesaggistico-ambientali 
oltre 
il 
termine 
previsto per la 
conclusione 
del 
procedimento 
di 
specifica 
competenza, non pu� essere 
attribuito il 
valore 
di 
volont� 
tacitamente espressa della P.A. 

Pertanto, 
qualora 
l�autorit� 
competente 
ometta 
di 
pronunciarsi 
nel 
termine 
previsto dall�art. 20, comma 
4, D.lgs. 152/2006 o in similare 
termine, il 
proponente 
potr� 
esperire 
la 
procedura 
gi� 
disciplinata 
dall�art. 
21 
bis 
l. 
1034/1971, ora 
dall�art. 117 Cod. Proc. Amm., per la 
tutela 
avverso il 
c.d. silenzio-
inadempimento. 


Consiglio di 
stato, sezione 
Quarta, sentenza 4 settembre 
2018 n. 5181 
-Pres. F. Patroni 
Griffi, 
est. 
o. 
Forlenza 
-Ministero 
dei 
Beni 
e 
delle 
Attivit� 
Culturali 
(Avv. 
gen. 
Stato) 
c. 
Azienda 
Agricola 
Bollella 
Pierdomenico 
Lucio 
(avv. 
S. 
Di 
Pardo); 
Comune 
di 
Sant'Elia 
a 
Pianisi 
(non costituito in giudizio). 

FATTo 


1.1.Con l�appello in esame, il 
Ministero per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
impugna 
la 
sentenza 
15 marzo 2017 n. 85, con la 
quale 
il 
TAR per il 
Molise, sez. I, ha 
respinto il 
ricorso proposto 
avverso l�autorizzazione 
rilasciata 
dal 
Comune 
di 
Sant�Elia, in favore 
della 
parte 
appellata, 
per la 
realizzazione 
di 
un impianto di 
produzione 
di 
energia 
elettrica 
da 
fonte 
eolica, senza 
la 
previa 
acquisizione 
del 
parere 
della 
amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
(da 
questa 
ritenuto di 
natura obbligatoria e vincolante). 
Il 
ricorso 
giurisdizionale 
risulta 
proposto 
innanzi 
al 
TAR 
Molise 
per 
effetto 
della 
trasposizione 
di precedente ricorso straordinario al Capo dello Stato, richiesta dalla controparte privata. 
Come 
precisato dalla 
sentenza 
impugnata, la 
controversia 
oggetto del 
presente 
giudizio ha 
ad 
oggetto il 
provvedimento con il 
quale 
il 
Comune 
di 
Sant�Elia 
a 
Pianisi 
ha 
rilasciato il 
nulla 
osta 
alla 
realizzazione 
dell�impianto cd. minieolico in un�area 
non sottoposta 
a 
vincoli 
paesaggistici, 
ma 
che 
l�amministrazione 
ricorrente 
ritiene 
situata 
in zona 
contermine 
rispetto ad 
un bene paesaggistico sottoposto a vincolo ex lege. 
Posto che, ai 
sensi 
del 
punto 14.9 D.M. 10 settembre 
2010 (recante 
le 
linee 
guida 
nazionali 
in 
tema 
di 
autorizzazione 
unica 
ex art. 12 d. lgs. n. 387/2003), per �zona 
contermine� 
deve 
intendersi 
l�area 
sulla 
quale 
si 
intende 
collocare 
l�impianto 
posta 
a 
distanza 
pari 
a 
cinquanta 
volte 
l�altezza 
del 
manufatto da 
realizzare 
rispetto al 
bene 
oggetto di 
vincolo, l�amministrazione 
ritiene 
che 
i 
poteri 
di 
cui 
all�art. 152 d. lgs. n. 142/2004 devono essere 
esercitati 
sia 
nel 
caso di 
impianti 
eolici 
ordinari, sia 
nel 
caso di 
quelli 
cd. �minieolici�, come 
definiti 
al 
punto 


12.6 
delle 
predette 
Linee 
guida, 
e 
per 
i 
quali 
si 
applica 
la 
procedura 
autorizzatoria 
semplificata 
di cui all�art. 6 d. lgs. n. 28/2011. 
1.2. La sentenza impugnata afferma, in particolare: 
-�l�art. 6 d. lgs. n. 28/2011 detta 
il 
procedimento semplificato per la 
realizzazione 
degli 
impianti 
cd. minieolici, indicando gli 
adempimenti 
che 
gli 
interessati 
devono porre 
in essere 
per 
conseguire 
il 
titolo abilitativo, con una 
formulazione 
di 
tipo esaustivo e 
sostitutivo rispetto 
alle 
previsioni 
dettate 
dall�art. 12 del 
d. lgs. n. 387/2003, con la 
conseguenza 
di 
rendere 
non 
applicabile 
alle 
fattispecie 
in 
questione 
la 
disciplina 
dettata 
da 
tale 
ultimo 
articolo 
e 
dalle 
Linee Guida che ne costituiscono ex professo applicazione�; 
-�il 
d.lgs. n. 28/2011 non contiene 
una 
deroga 
alla 
disciplina 
dell�autorizzazione 
unica 
. . . 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


ma 
detta 
un regime 
autonomo che 
non richiama 
l�applicazione 
delle 
Linee 
guida 
e 
che 
quindi 
non 
contempla 
nemmeno 
l�estensione 
dei 
poteri 
ministeriali 
con 
riguardo 
alle 
aree 
contermini, 
non previste 
nel 
regime 
semplificato (e 
previste 
invece 
all�art. 14.9 delle 
Linee 
guida), con 
ci� esprimendo una 
scelta 
sul 
piano sostanziale 
coerente 
con l�impatto paesaggistico, certamente 
minore, data la limitata potenza di siffatti impianti di produzione di energia�; 
-in 
particolare, 
l�art. 
6 
d. 
lgs. 
n. 
28/2011 
non 
ha 
�portata 
solo 
procedimentale� 
e 
�un�eventuale 
estensione 
del 
potere 
ministeriale 
anche 
agli 
impianti 
in 
discorso 
dovrebbe 
trovare 
un 
espresso 
addentellato 
normativo, 
non 
bastando 
a 
tal 
fine 
la 
previsione 
di 
cui 
all�art. 
14.9 
delle 
Linee 
guida, 
esplicitamente 
applicabili 
alla 
sola 
autorizzazione 
unica 
di 
cui 
all�art. 
12 
del 
d. 
lgs. 
n. 
387/2003�: 


-peraltro, posto che 
�la 
procedura 
semplificata 
(�) istituto ispirato al 
principio di 
liberalizzazione 
secondo il 
modello della 
SCIA 
. . . prevedere, in assenza 
di 
vincolo paesaggistico, la 
necessit� 
del 
preventivo 
rilascio 
di 
un 
parere 
equivale 
sostanzialmente 
a 
riprocedimentalizzare 
un istituto di 
liberalizzazione 
fondato sul 
diverso principio di 
autoresponsabilit� 
del 
privato�. 
1.3. Avverso tale 
decisione 
vengono proposti 
i 
seguenti 
motivi 
di 
appello (come 
desunti 
dalle 
pagg. 6-10 del ricorso): 
a) error 
in 
iudicando, violazione 
art. 6 d. lgs. n. 28/2011, poich� 
tale 
disposizione 
si 
limita 
�a 
introdurre 
elementi 
di 
semplificazione 
procedimentale 
quanto all�introduzione 
dell�iter e 
alla 
competenza�, prevedendo espressamente 
(co. 2) che 
�nel 
caso in cui 
siano richiesti 
atti 
di 
assenso nelle 
materie 
di 
cui 
al 
co. 4 dell�art. 20 della 
l. 7 agosto 1990 n. 241, e 
tali 
atti 
non 
siano allegati 
alla 
dichiarazione, . . . si 
applica 
il 
co. 5�. Quest�ultimo dispone 
che 
l�amministrazione 
comunale 
provvede 
ad acquisire 
di 
ufficio eventuali 
atti 
di 
assenso di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, ovvero procede 
a 
convocare 
una 
conferenza 
di 
servizi. In definitiva, �l�interessato deve 
allegare 
alla 
dichiarazione 
o agli 
elaborati 
tecnici 
l�autorizzazione 
paesaggistica 
. . . o, in mancanza 
di 
allegazione, il 
Comune 
deve 
acquisire 
l�autorizzazione di ufficio o convocare una conferenza di servizi�; 
b) error 
in 
iudicando, poich� 
la 
ratio della 
tutela 
delle 
aree 
contermini 
� 
ravvisabile 
nel 
cd. 
�effetto 
di 
irradiamento 
della 
tutela 
dei 
beni 
vincolati 
direttamente 
sia 
ex 
lege 
che 
con 
apposita 
dichiarazione 
di 
interesse 
pubblico paesaggistico; 
ratio che 
non pu� non valere 
anche 
nella 
materia 
specifica, in difetto di 
esplicita 
deroga�; 
peraltro, �non � 
prevista 
alcuna 
restrizione 
per 
tipo 
(pretesa 
esclusione 
del 
minieolico), 
poich� 
si 
fa 
riferimento 
a 
procedimenti 
abilitativi 
in senso lato e non delimitato�; 
c) error 
in 
iudicando, poich� 
la 
sentenza 
�sostanzialmente 
disapplica 
le 
norme 
indicate 
e 
ritiene 
eventuale 
ed 
ex 
post 
il 
giudizio 
tecnico 
che 
esprime 
l�amministrazione�, 
la 
quale 
� 
invece 
chiamata 
a 
rendere 
�un atto di 
assenso qualificato espressamente 
dalla 
norma 
in termini 
di 
parere vincolante e preventivo�. 
1.4. Si 
� 
costituita 
in giudizio l�Azienda 
Agricola 
Bollella 
Pierdomenico Lucio, che 
ha 
preliminarmente 
eccepito: 
-l�inammissibilit� 
dell�appello, poich� 
il 
ricorso straordinario sarebbe 
stato notificato all�attuale 
appellata ad un indirizzo errato; 
-l�irricevibilit� 
dell�appello in conseguenza 
della 
tardivit� 
del 
ricorso straordinario, poich� 
proposto oltre 
il 
termine 
di 
120 giorni, prescritto dall�art. 9 DPR n. 1199/1971; 
infatti, �l�atto 
impugnato, definito impropriamente 
dall�amministrazione 
determina 
dirigenziale, ma 
che 
in 
realt� 
� 
un atto comunicativo del 
Comune 
di 
verifica 
positiva 
della 
d.i.a. all�esito dell�acquisizione 
di 
tutti 
i 
pareri 
favorevoli, riporta 
la 
data 
del 
15 gennaio 2015�, mentre 
il 
ricorso straordinario 
� stato proposto solo il 13 gennaio 2016; 
-l�inammissibilit� 
dell�appello, per effetto dell�irricevibilit� 
del 
ricorso instaurativo del 
giu

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


dizio di 
I grado, poich� 
�la 
costituzione 
innanzi 
al 
TAR � 
stata 
tardivamente 
depositata�, in 
violazione 
degli 
artt. 
48 
e 
119 
Cpa, 
�che 
prevedono 
i 
termini 
dimezzati 
per 
il 
deposito 
dell�atto 
di 
costituzione 
in 
giudizio 
del 
ricorrente 
in 
sede 
di 
trasposizione 
di 
ricorso 
straordinario 
al 
Capo dello Stato, conseguente ad opposizione del controinteressato�. 
La 
parte 
appellata 
ha 
comunque 
concluso richiedendo il 
rigetto dell�appello, stante 
la 
sua 
infondatezza. 
All�udienza pubblica di trattazione, la causa � stata riservata in decisione. 


DIRITTo 


2. 
Preliminarmente, 
occorre 
rigettare 
le 
eccezioni 
proposte 
dalla 
parte 
appellata, 
stante 
la 
loro 
infondatezza. 
2.1. Quanto alla 
prima 
di 
esse, fondata 
su un difetto di 
notificazione 
del 
ricorso straordinario, 
giova 
osservare 
che 
la 
correttezza 
della 
notificazione 
degli 
atti 
processuali 
� 
strumentale 
ad 
assicurare 
il 
diritto di 
difesa 
della 
parte 
cui 
gli 
stessi 
sono rivolti; 
di 
modo che, laddove 
risulti 
che 
l�atto, nonostante 
difetti 
e/o irregolarit� 
della 
notificazione 
attuata, abbia 
comunque 
raggiunto 
il 
suo scopo, i 
predetti 
vizi 
della 
notificazione 
non possono assumere 
rilevo (ex art. 
156 cpc). 
Nel 
caso di 
specie, la 
parte 
appellata 
ha 
avuto comunque 
contezza 
del 
ricorso straordinario, 
del 
quale 
ha 
richiesto 
la 
trasposizione 
in 
sede 
giurisdizionale, 
costituendosi 
anche 
in 
tale 
sede. 
Appare, quindi, pienamente 
raggiunto lo scopo della 
notificazione, stante 
l�effetto �sanante� 
dell�attivit� 
processuale 
svolta 
dalla 
parte, 
tale 
da 
dimostrare 
come 
non 
sia 
intervenuta 
alcuna 
compromissione 
del 
suo 
diritto 
di 
difesa 
(da 
ultimo, 
Cass. 
Civ., 
sez. 
v, 
27 
aprile 
2018 
n. 
10242; 
sez. lav., 28 marzo 2018 n. 7703; sez. vI, 9 febbraio 2018 n. 3240). 
2.2. Quanto alla 
eccezione 
di 
irricevibilit� 
dell�appello in conseguenza 
della 
tardivit� 
del 
ricorso 
straordinario, occorre 
osservare 
che 
la 
parte 
appellata 
non fornisce 
alcuna 
prova 
certa 
in ordine 
alla 
piena 
conoscenza 
sia 
dell�atto sia 
della 
d.i.a., in data 
antecedente 
di 
120 giorni 
rispetto alla proposizione del ricorso straordinario. 
Difatti, 
come 
peraltro 
sottolinea 
la 
stessa 
parte 
eccipiente, 
la 
propria 
attivit� 
si 
� 
svolta 
in 
base 
a 
d.i.a 
e, quindi, l�amministrazione 
appellante 
non poteva 
avere 
contezza 
della 
tipologia 
del-
l�attivit� 
da 
intraprendersi, 
n� 
delle 
iniziative 
eventualmente 
assunte 
dall�amministrazione 
comunale, se 
non per il 
tramite 
di 
accertamenti 
all�uopo richiesti 
al 
Comando provinciale 
del 
Corpo forestale 
dello Stato, e 
ricevuti 
solo in data 
17 settembre 
2015 (dies 
a quo in relazione 
al quale il ricorso straordinario risulta tempestivo). 
In difetto di 
diverse 
e 
pi� probanti 
allegazioni, non pu� farsi 
risalire 
la 
piena 
conoscenza 
del 
Ministero ricorrente 
n� 
alla 
data 
di 
adozione 
dell�atto (successivamente 
impugnato) da 
parte 
del 
Comune 
di 
Sant�Elia 
a 
Pianisi, n� 
alla 
data 
della 
richiesta 
di 
accertamenti 
rivolta 
al 
Corpo 
Forestale 
(che, in quanto tale, semmai 
prova 
il 
difetto - e 
non la 
sussistenza 
- di 
conoscenza). 
D�altra 
parte, se 
l�art. 19, co. 6-ter l. n. 241/1990 afferma 
che 
la 
Scia, la 
denuncia 
e 
la 
d.i.a. 
non costituiscono provvedimenti 
taciti 
direttamente 
impugnabili, ma, avverso gli 
stessi, �gli 
interessati 
possono sollecitare 
l�esercizio delle 
verifiche 
spettanti 
all�amministrazione, e, in 
caso di 
inerzia, esperire 
esclusivamente 
l�azione 
di 
cui 
all�art. 31� 
del 
Cpa 
(ricorso avverso il 
silenzio), appare 
evidente 
come 
non possa 
farsi 
decorrere 
un termine 
di 
impugnazione 
n� 
dal 
mero avvio dell�attivit�, n� 
dalla 
data 
di 
adozione 
di 
un atto da 
parte 
dell�autorit� 
comunale 
competente, a 
meno che, in questo caso, non si 
dimostri 
l�intervenuta 
piena 
conoscenza 
del 
medesimo da data tale da determinare la decadenza dal potere di impugnazione. 
2.3. Anche la terza eccezione di inammissibilit� dell�appello � infondata. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


La 
parte 
sostiene 
la 
propria 
eccezione 
di 
inammissibilit�, affermando che 
vi 
sarebbe 
irricevibilit� 
del 
ricorso instaurativo del 
giudizio di 
I grado, poich� 
�la 
costituzione 
innanzi 
al 
TAR 
� stata tardivamente depositata�, in violazione degli artt. 48 e 119 Cpa. 
orbene, contrariamente 
a 
quanto sostenuto dalla 
parte 
appellata, la 
realizzazione 
di 
opere 
in 
base 
ad autorizzazione 
semplificata, di 
cui 
all�art. 8, d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, non rientra 
tra 
le 
ipotesi 
per le 
quali 
trova 
applicazione 
l�art. 119, co. 1, lett. f) Cpa, e 
la 
dimidiazione 
dei 
termini processuali ivi prevista. 
Ed infatti, l�ipotesi 
di 
cui 
al 
citato art. 8 d. lgs. n. 28/2011 � 
diversa 
da 
quella 
disciplinata 
dal-
l�art. 
12 
d. 
lgs. 
n. 
387/2003, 
in 
ordine 
alla 
quale 
la 
giurisprudenza 
di 
questo 
Consiglio 
di 
Stato 
(sez. v, 28 febbraio 2013 n. 1218) ha 
affermato l�applicazione 
del 
citato art. 119, co. 1, lett. 
f) e della connessa dimidiazione dei termini processuali, 
Nelle 
ipotesi 
di 
cui 
all�art. 12 d. lgs. 28 dicembre 
2003 n. 387, �le 
opere 
per la 
realizzazione 
degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili, nonch� 
le 
opere 
connesse 
e 
le 
infrastrutture 
indispensabili 
alla 
costruzione 
e 
all'esercizio degli 
stessi 
impianti� 
soggette 
ad autorizzazione 
unica 
regionale 
ai 
sensi 
del 
co. 3, �sono di 
pubblica 
utilit� 
ed indifferibili 
ed urgenti� 
(co. 1). 
Si 
tratta 
di 
opere 
oggetto 
di 
un 
provvedimento 
che 
abilita 
il 
destinatario 
a 
realizzare 
l�impianto, 
anche 
in deroga 
agli 
strumenti 
urbanistici 
e 
che 
costituisce 
presupposto per l�imposizione 
del 
vincolo 
espropriativo 
(non 
a 
caso, 
il 
provvedimento 
oggetto 
della 
citata 
sentenza 
n. 
1218/2013 
era stato emanato anche ai sensi dell�art. 10 DPR n. 327/2001). 
Ne 
consegue, a 
tutta 
evidenza, la 
riconducibilit� 
di 
tale 
ipotesi 
all�ambito disciplinato dal 
pi� 
volte 
citato art. 119 Cpa., tutte 
le 
volte 
in cui 
alla 
autorizzazione 
unica 
sia 
riconosciuta 
una 
�valenza� nell�ambito delle procedure 
lato sensu espropriative. 
Al 
contrario, l�ipotesi 
disciplinata 
dall�art. 6 d. lgs. n. 28/2011 concerne 
la 
realizzazione 
di 
particolari 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili 
in base 
ad una 
�procedura 
abilitativa 
semplificata�, 
attivata 
dal 
�proprietario 
dell�immobile� 
ovvero 
da 
�chi 
abbia 
la 
disponibilit� 
sugli 
immobili interessati dall�impianto e dalle opere connesse�. 
In 
questo 
caso, 
dunque, 
attesa 
la 
disponibilit� 
dell�immobile 
(in 
regime 
di 
propriet� 
o 
ad 
altro 
titolo) non vi 
� 
alcuna 
procedura 
espropriativa 
o di 
previa 
occupazione 
di 
urgenza 
da 
attuare, 
n� alcun vincolo espropriativo da imporre. 
Da 
ci� 
consegue, 
a 
tutta 
evidenza, 
l�inapplicabilit� 
della 
dimidiazione 
dei 
termini 
processuali, 
di 
cui 
all�art. 119, co. 1, lett. f) Cpa,, stante 
l�estraneit� 
del 
caso alla 
materia 
ivi 
disciplinata, 
e, quindi, il rigetto della proposta eccezione di inammissibilit�. 

3. 
L�appello 
� 
fondato 
e 
deve 
essere, 
pertanto, 
accolto, 
con 
conseguente 
riforma 
della 
sentenza 
impugnata. 
3.1. Come 
si 
� 
detto, l�art. 6 d. lgs. 3 marzo 2011 n. 28 prevede 
una 
procedura 
semplificata 
per la realizzazione di particolari impianti alimentati da fonti rinnovabili. 
Per quel che interessa nella presente sede, l�art. 6 dispone: 
�1. 
Ferme 
restando 
le 
disposizioni 
tributarie 
in 
materia 
di 
accisa 
sull'energia 
elettrica, 
per 
l'attivit� 
di 
costruzione 
ed esercizio degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili 
di 
cui 
ai 
paragrafi 
11 
e 
12 
delle 
linee 
guida, 
adottate 
ai 
sensi 
dell'articolo 
12, 
comma 
10 
del 
decreto 
legislativo 29 dicembre 
2003, n. 387 si 
applica 
la 
procedura 
abilitativa 
semplificata 
di 
cui 
ai 
commi seguenti. 
2. Il 
proprietario dell'immobile 
o chi 
abbia 
la 
disponibilit� 
sugli 
immobili 
interessati 
dall'impianto 
e 
dalle 
opere 
connesse 
presenta 
al 
Comune, mediante 
mezzo cartaceo o in via 
telematica, 
almeno 
trenta 
giorni 
prima 
dell'effettivo 
inizio 
dei 
lavori, 
una 
dichiarazione 
accompagnata 
da 
una 
dettagliata 
relazione 
a 
firma 
di 
un progettista 
abilitato e 
dagli 
opportuni 
elaborati 
pro

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


gettuali, che 
attesti 
la 
compatibilit� 
del 
progetto con gli 
strumenti 
urbanistici 
approvati 
e 
i 
regolamenti 
edilizi 
vigenti 
e 
la 
non contrariet� 
agli 
strumenti 
urbanistici 
adottati, nonch� 
il 
rispetto 
delle 
norme 
di 
sicurezza 
e 
di 
quelle 
igienico-sanitarie. Alla 
dichiarazione 
sono allegati 
gli 
elaborati 
tecnici 
per la 
connessione 
redatti 
dal 
gestore 
della 
rete. Nel 
caso in cui 
siano richiesti 
atti 
di 
assenso 
nelle 
materie 
di 
cui 
al 
comma 
4 
dell'articolo 
20 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
devono 
essere 
allegati 
gli 
elaborati 
tecnici richiesti dalle norme di settore e si applica il comma 5. . . . 

4. Il 
Comune, ove 
entro il 
termine 
indicato al 
comma 
2 sia 
riscontrata 
l'assenza 
di 
una 
o pi� 
delle 
condizioni 
stabilite 
al 
medesimo 
comma, 
notifica 
all'interessato 
l'ordine 
motivato 
di 
non 
effettuare 
il 
previsto intervento e, in caso di 
falsa 
attestazione 
del 
professionista 
abilitato, informa 
l'autorit� 
giudiziaria 
e 
il 
consiglio dell'ordine 
di 
appartenenza; 
� 
comunque 
salva 
la 
facolt� 
di 
ripresentare 
la 
dichiarazione, 
con 
le 
modifiche 
o 
le 
integrazioni 
necessarie 
per 
renderla 
conforme 
alla 
normativa 
urbanistica 
ed 
edilizia. 
Se 
il 
Comune 
non 
procede 
ai 
sensi 
del 
periodo 
precedente, decorso il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
dalla 
data 
di 
ricezione 
della 
dichiarazione 
di 
cui comma 2, l'attivit� di costruzione deve ritenersi assentita. 
5. 
Qualora 
siano 
necessari 
atti 
di 
assenso, 
di 
cui 
all'ultimo 
periodo 
del 
comma 
2, 
che 
rientrino 
nella 
competenza 
comunale 
e 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
il 
Comune 
provvede 
a 
renderli 
tempestivamente 
e, 
in 
ogni 
caso, 
entro 
il 
termine 
per 
la 
conclusione 
del 
relativo 
procedimento 
fissato 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
successive 
modificazioni. 
Se 
gli 
atti 
di 
assenso 
non 
sono 
resi 
entro 
il 
termine 
di 
cui 
al 
periodo 
precedente, 
l'interessato 
pu� 
adire 
i 
rimedi 
di 
tutela 
di 
cui 
all'articolo 
117 
del 
decreto 
legislativo 
2 
luglio 
2010, 
n. 
104. 
Qualora 
l'attivit� 
di 
costruzione 
e 
di 
esercizio 
degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 
1 
sia 
sottoposta 
ad 
atti 
di 
assenso 
di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
l'amministrazione 
comunale 
provvede 
ad 
acquisirli 
d'ufficio 
ovvero 
convoca, 
entro 
venti 
giorni 
dalla 
presentazione 
della 
dichiarazione, 
una 
conferenza 
di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 
e 
seguenti 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241 
e 
successive 
modificazioni. 
Il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
di 
cui 
al 
comma 
2 
� 
sospeso 
fino 
alla 
acquisizione 
degli 
atti 
di 
assenso 
ovvero 
fino 
all'adozione 
della 
determinazione 
motivata 
di 
conclusione 
del 
procedimento 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14-ter, 
comma 
6-bis, 
o 
all'esercizio 
del 
potere 
sostitutivo 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14quater, 
comma 
3, 
della 
medesima 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241�. 
3.2. 
Come 
si 
evince 
dalla 
lettura 
delle 
disposizioni 
innanzi 
riportate, 
la 
speciale 
procedura 
di 
cui 
all�art. 
6 
cit., 
lungi 
dall�escludere 
la 
necessit� 
dell�intervento 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
culturali 
ed 
ambientali, 
prevede 
che 
l�interessato 
(proprietario 
o 
altro 
soggetto 
avente 
la 
disponibilit� 
del 
bene 
sul 
quale 
realizzare 
l�impianto 
alimentato 
da 
fonti 
rinnovabili) 
alleghi 
l��atto 
di 
assenso� 
dell�amministrazione 
competente 
per 
la 
tutela 
del 
patrimonio 
culturale 
e 
paesaggistico. 
Ci� si 
evince 
dall�espresso richiamo, contenuto nell�ultimo periodo del 
comma 
2 dell�art. 6 
alle 
materie 
indicate 
dall�art. 
20, 
co. 
4, 
l. 
n. 
241/1990, 
tra 
le 
quali 
rientra, 
appunto, 
quella 
della 
tutela 
del 
patrimonio culturale 
e 
paesaggistico (che, nella 
norma 
richiamata, viene 
sottratta, 
unitamente alle altre materie indicate, all�istituto del silenzio-assenso). 
Qualora 
l�interessato non provveda 
ad acquisire 
in proprio l�atto di 
assenso dell�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali, 
allegandolo 
alla 
dichiarazione 
inviata 
al 
Comune 
(co. 
2), 
quest�ultimo, 
ai 
sensi 
del 
comma 
5 (cui 
espressamente 
rinvia 
il 
co. 2) provvede 
ad acquisirlo d�ufficio ovvero 
convoca 
a 
tal 
fine 
una 
apposita 
conferenza 
di 
servizi 
(co. 
5, 
terzo 
periodo), 
restando, 
nelle 
more, 
sospeso 
il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
previsto 
dal 
comma 
2 
(cio� 
il 
termine 
per 
l�avvio 
concreto dei lavori, decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione). 
In definitiva, non pu� essere 
condivisa 
la 
sentenza 
impugnata 
laddove 
essa 
afferma 
che 
�la 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


procedura 
semplificata 
(�) istituto ispirato al 
principio di 
liberalizzazione 
secondo il 
modello 
della 
SCIA 
. . . prevedere, in assenza 
di 
vincolo paesaggistico, la 
necessit� 
del 
preventivo rilascio 
di 
un parere 
equivale 
sostanzialmente 
a 
riprocedimentalizzare 
un istituto di 
liberalizzazione 
fondato sul diverso principio di autoresponsabilit� del privato�. 
Come 
si 
� 
avuto modo di 
osservare 
(in ci� condividendo quanto affermato dall�appellante), � 
la 
stessa 
disciplina 
della 
procedura 
semplificata 
a 
prevedere 
l�intervento 
dell�amministrazione 
dei 
beni 
culturali, disponendo - proprio perch� 
si 
tratta 
di 
attivit� 
deprocedimentalizzata 
- che 
sia 
innanzi 
tutto lo stesso soggetto che 
invia 
la 
dichiarazione 
ad acquisirne 
l�atto di 
assenso 
prima dell�invio della dichiarazione medesima. 


3.3. Acclarato che 
l�art. 6 d. lgs. n. 28/2011 non esclude 
l�intervento dell�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
in funzione 
di 
tutela 
del 
vincolo paesaggistico anche 
nei 
casi 
di 
procedura 
semplificata 
per 
la 
realizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili, 
occorre 
verificare: 
-se 
tale 
potere 
di 
tutela 
del 
paesaggio possa 
riferirsi, oltre 
che 
ai 
beni 
direttamente 
oggetto di 
vincolo paesaggistico, anche alle cd. �aree contermini� ai medesimi; 
-in caso positivo, se, ai 
fini 
dell�esercizio di 
detto potere 
nelle 
ipotesi 
di 
cui 
all�art. 6 d.lgs. 
n. 28/2011, possa 
essere 
fatta 
applicazione 
di 
quanto previsto dal 
punto 14.9 del 
D.M. 10 settembre 
2010. 
Giova, 
a 
tali 
fini, 
ricordare 
che 
l�art. 
152 
d.lgs. 
22 
gennaio 
2004 
n. 
42 
(Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio) 
dispone 
in 
merito 
ad 
�interventi 
soggetti 
a 
particolari 
prescrizioni�, 
prevedendo: 
�1. 
Nel 
caso 
di 
aperture 
di 
strade 
e 
di 
cave, 
di 
posa 
di 
condotte 
per 
impianti 
industriali 
e 
civili 
e 
di 
palificazioni 
nell'ambito 
e 
in 
vista 
delle 
aree 
indicate 
alle 
lettere 
c) 
e 
d) 
del 
comma 
1 
dell'articolo 
136 
ovvero 
in 
prossimit� 
degli 
immobili 
indicati 
alle 
lettere 
a) 
e 
b) 
del 
comma 
1 
dello 
stesso 
articolo, 
l'amministrazione 
competente, 
su 
parere 
vincolante, 
salvo 
quanto 
previsto 
dal-
l'articolo 
146, 
comma 
5, 
del 
soprintendente, 
o 
il 
Ministero, 
tenuto 
conto 
della 
funzione 
economica 
delle 
opere 
gi� 
realizzate 
o 
da 
realizzare, 
hanno 
facolt� 
di 
prescrivere 
le 
distanze, 
le 
misure 
e 
le 
varianti 
ai 
progetti 
in 
corso 
d'esecuzione, 
idonee 
comunque 
ad 
assicurare 
la 
conservazione 
dei 
valori 
espressi 
dai 
beni 
protetti 
ai 
sensi 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
Titolo. 
Decorsi 
inutilmente 
i 
termini 
previsti 
dall'articolo 
146, 
comma 
8, 
senza 
che 
sia 
stato 
reso 
il 
prescritto 
parere, 
l'amministrazione 
competente 
procede 
ai 
sensi 
del 
comma 
9 
del 
medesimo 
articolo 
146.� 
oggetto 
dei 
compiti 
di 
tutela 
dell�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali, 
sono 
i 
procedimenti 
autorizzatori 
(e, 
per 
effetto 
del 
rinvio 
previsto 
dall�art. 
6 
d. 
lgs. 
n. 
28/2011, 
anche 
le 
�procedure 
semplificate� 
ivi 
previste) concernenti 
gli 
interventi 
descritti 
dalla 
norma, sia 
che 
si 
intenda 
realizzare 
gli 
stessi 
�nell�ambito� 
delle 
aree 
indicate 
dall�art. 136, sia 
che 
tali 
interventi 
si 
intendano 
realizzare 
�in 
vista� 
delle 
aree 
o 
�in 
prossimit�� 
degli 
immobili 
indicati 
dal 
medesimo 
art. 136, ai quali occorre aggiungere anche i beni �tutelati per legge�, di cui all�art. 142 T.U. 
Come 
ha 
affermato questo Consiglio di 
Stato (Sez. vI, 10 marzo 2014 n. 1144), �sarebbe 
illogico 
che 
tale 
sistema 
di 
ulteriore 
protezione 
(indiretta) dei 
beni 
paesaggistici 
assistesse 
unicamente 
quelli 
sottoposti 
a 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
(le 
cui 
categorie 
sono 
contemplate 
dall'art. 136 del 
Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio) e 
non invece 
i 
beni 
paesaggistici 
previsti 
dalla 
legge 
(art. 
142), 
in 
cui 
il 
valore 
paesaggistico 
compendiato 
nel 
vincolo ex 
lege 
che 
li 
assiste 
� 
una 
qualit� 
correlata 
originariamente 
al 
bene, non suscettibile 
di una protezione giuridica di minore intensit��. 
Si 
� 
altres� 
affermato che 
�quando vengono in rilievo opere 
infrastrutturali 
di 
grande 
impatto 
visivo . . . il 
paesaggio, quale 
bene 
potenzialmente 
pregiudicato dalla 
realizzazione 
di 
opere 
di 
rilevante 
impatto ambientale, si 
manifesta 
in una 
proiezione 
spaziale 
pi� ampia 
di 
quella 
riveniente 
dalla 
sua 
semplice 
perimetrazione 
fisica 
consentita 
dalle 
indicazioni 
contenute 
nel 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


decreto 
di 
vincolo. 
In 
altri 
termini, 
il 
paesaggio 
si 
manifesta 
in 
tali 
casi 
quale 
componente 
qualificata 
ed 
essenziale 
dell'ambiente, 
nella 
lata 
accezione 
che 
di 
tale 
bene 
giuridico 
ha 
fornito 
l'evoluzione 
giurisprudenziale, 
anche 
di 
matrice 
costituzionale 
(tra 
le 
tante, 
Corte 
Cost. 
14 
novembre 2007, n. 378)�. 
Ed in tal 
senso, la 
giurisprudenza 
amministrativa 
(Cons. Stato, sez. vI, n. 1144/2014 cit; 
sez. 
vI, 
ord. 
n. 
416/2013) 
riconosce 
un 
�particolare 
effetto 
di 
irradiamento 
del 
regime 
vincolistico 
che 
assiste 
i 
beni 
paesaggistici 
allorquando . . . vengono in rilievo opere 
infrastrutturali 
di 
rilevante 
impatto sul paesaggio�. 
Appare, dunque, evidente 
(cos� 
fornendo risposta 
alla 
prima 
delle 
due 
domande 
innanzi 
formulate), 
come 
il 
potere 
di 
tutela 
del 
paesaggio si 
riferisca 
certamente, ai 
sensi 
dell�art. 152 d. 
lgs. n. 42/2004, anche alle cd. �aree contermini� ai beni soggetti a vincolo paesaggistico. 
Ci� significa 
che 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
cultuali 
ben pu� (anzi 
deve) intervenire 
per la 
tutela 
delle 
aree 
contermini 
a 
quelle 
oggetto di 
vincolo paesaggistico, anche 
nelle 
ipotesi 
di 
�procedura 
semplificata� 
di 
cui 
all�art. 6 d. lgs. n. 28/2011, e 
ci� per effetto delle 
gi� 
citate 
disposizioni 
generali 
(e, quindi, anche 
se 
si 
ritenesse 
che 
le 
Linee 
guida 
di 
cui 
al 
D.M. 10 settembre 
2010 non siano applicabili a tali procedure). 
Peraltro, 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
ben 
pu� 
fare 
applicazione 
delle 
Linee 
guida 
(ed in particolare 
di 
quanto previsto al 
punto 14.9 delle 
medesime), in merito alle 
aree 
contermini 
a 
quelle 
vincolate, nel 
senso che 
essa 
ben pu� utilizzare, al 
fine 
di 
definire 
cosa 
si 
intenda 
per detto tipo di area, le indicazioni di cui al punto in esame, sub lett. c). 
Quest�ultimo prevede 
che 
�si 
considerano localizzati 
in aree 
contermini 
gli 
impianti 
eolici 
ricadenti 
nell'ambito distanziale 
di 
cui 
al 
punto b) del 
paragrafo 3.1 e 
al 
punto e) del 
paragrafo 


3.2 dell'allegato 4; 
per gli 
altri 
impianti 
l'ambito distanziale 
viene 
calcolato, con le 
stesse 
modalit� 
dei predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dell'impianto�. 
In 
particolare, 
il 
punto 
e) 
del 
par. 
3.2 
dispone 
che 
�si 
dovr� 
esaminare 
l'effetto 
visivo 
provocato 
da 
un'alta 
densit� 
di 
aerogeneratori 
relativi 
ad un singolo parco eolico o a 
parchi 
eolici 
adiacenti; 
tale 
effetto deve 
essere 
in particolare 
esaminato e 
attenuato rispetto ai 
punti 
di 
vista 
o 
di 
belvedere, accessibili 
al 
pubblico, di 
cui 
all'articolo 136, comma 
1, lettera 
d), del 
Codice, 
distanti 
in linea 
d'aria 
non meno di 
50 volte 
l'altezza 
massima 
del 
pi� vicino aerogeneratore�. 
orbene, 
anche 
se 
il 
D.M. 
10 
settembre 
2010, 
definisce 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
proprio 
allegato 
come 
�Linee 
guida 
per il 
procedimento d cui 
all�art. 12 del 
decreto legislativo 29 dicembre 
2003 n. 387� 
(n� 
avrebbe 
potuto essere 
altrimenti, atteso che 
la 
�procedura 
semplificata� 
� 
stata 
introdotta 
da 
fonte 
successiva), � 
del 
tutto ragionevole 
che 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
-dovendosi 
pronunciare, 
ai 
sensi 
degli 
artt. 
152 
d.lgs. 
n. 
42/2004 
e 
6 
d.lgs. 
n. 
28/2011, 
sulla 
compatibilit� 
di 
un 
impianto 
da 
localizzarsi 
in 
area 
contermine 
ad 
altra 
oggetto 
di 
vincolo 
paesaggistico - utilizzi, nell�esercizio del 
proprio potere 
tecnico-discrezionale, parametri 
di 
identificazione dell��area contermine� gi� previamente definiti. 
Il 
che, lungi 
dall�essere 
illegittimo o irragionevole, appare 
coerente 
con una 
maggiore 
trasparenza 
ed obiettivit� 
dell�azione 
amministrativa, in attuazione 
del 
principio di 
imparzialit� 
di 
cui all�art. 97 Cost. 
N� 
pu�, infine, condividersi 
la 
sentenza 
impugnata, laddove 
essa 
afferma 
che 
nelle 
ipotesi 
di 
cui 
alla 
procedura 
semplificata 
vi 
sarebbe 
un 
�impatto 
paesaggistico, 
certamente 
minore, 
data 
la limitata potenza di siffatti impianti di produzione di energia�. 
Difatti, 
come 
ben 
pu� 
desumersi 
dalla 
lettura 
delle 
disposizioni 
del 
D.M. 
10 
settembre 
2010 
sopra 
richiamate, 
ci� 
che 
rileva, 
ai 
fini 
delle 
valutazioni 
dei 
competenti 
organi 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
non 
� 
la 
potenza 
dell�impianto, 
bens� 
le 
concrete 
caratteristiche 
fisiche 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


e 
l�ingombro 
del 
medesimo 
e 
la 
sua 
incidenza 
sul 
bene 
paesaggistico 
che 
si 
intende 
tutelare. 


4. Per tutte 
le 
ragioni 
sin qui 
esposte, l�appello deve 
essere 
accolto e, per l�effetto, in riforma 
della 
sentenza 
impugnata, deve 
essere 
accolto il 
ricorso instaurativo del 
giudizio di 
I grado, 
con conseguente annullamento degli atti con il medesimo impugnati. 
Stante 
la 
natura 
e 
complessit� 
delle 
questioni 
trattate, 
sussistono 
giusti 
motivi 
per 
compensare 
tra le parti spese ed onorari del presente giudizio. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), 
definitivamente 
pronunciando sull�appello proposto dal 
Ministero per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
(n. 399/2017 r.g.), lo accoglie 
e, per l�effetto, in riforma 
della 
sentenza 
impugnata, accoglie 
il 
ricorso instaurativo del 
giudizio di 
I grado, con conseguente 
annullamento degli 
atti 
con il medesimo impugnati. 
Compensa tra le parti spese ed onorari del giudizio. 
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018. 
Consiglio di 
stato, sezione 
Quarta, sentenza 18 marzo 2019 n. 1729 
-Pres. L. Maruotti, 
est. 
D. 
Di 
Carlo 
-Ministero 
dei 
Beni 
e 
delle 
Attivit� 
Culturali 
e 
del 
Turismo 
(Avv. 
gen. 
Stato) 


c. La s.a.s. Aurora Energie Rinnovabili (non costituito in giudizio). 
FATTo e DIRITTo 


1. Con il 
ricorso n. 285/2015, proposto al 
Tribunale 
Amministrativo Regionale 
per il 
Molise, 
la 
s.a.s. Aurora 
Energie 
Rinnovabili 
ha 
chiesto l�annullamento di 
cinque 
provvedimenti 
(segnatamente, 
la 
nota 
n. 1697 del 
12 maggio 2015; 
la 
nota 
n. 1693 del 
12 maggio 2015; 
la 
nota 
n. 1696 del 
12 maggio 2015; 
la 
nota 
n. 1907 del 
21 maggio 2015; 
la 
nota 
n. 1908 del 
21 maggio 
2015, tutte 
notificate 
il 
26 maggio 2015), con i 
quali 
il 
Ministero dei 
beni 
culturali 
ha 
sospeso 
l�esecuzione 
dei 
lavori 
di 
installazione 
di 
cinque 
turbine 
mini-eoliche 
della 
potenza 
di 
60 kw 
ciascuna, nel 
territorio del 
Comune 
di 
Ripabottoni, in localit� 
Cerrosecco, cominciati 
dalla medesima a seguito della presentazione di cinque denunce di inizio di attivit�. 
1.1. 
I 
cinque 
impianti 
sono 
localizzati 
in 
aree 
contermini 
al 
percorso 
tratturale 
Celano-Foggia 
(sottoposto 
a 
tutela 
archeologica 
con 
DM 
15 
giugno 
1976) 
e 
a 
beni 
facenti 
parte 
del 
patrimonio 
culturale, come 
il 
bosco Difesa 
di 
Ripabottoni 
(ex art. 142, comma 
1, lett. g), del 
D.Lgs. n. 
42/2004 - codice 
dei 
beni 
culturali) e 
la 
chiesa 
di 
Montecastello (ex art. 12, comma 
1, del 
medesimo 
codice). 
1.2. 
Il 
territorio 
del 
Comune 
di 
Ripabottoni 
non 
� 
incluso 
in 
alcuno 
degli 
otto 
�Piani 
territoriali 
paesistici 
di 
area 
vasta� 
del 
Molise 
e 
le 
mini-turbine 
non ricadono neppure 
in aree 
SIC, zPS 
o IBA. 
2. Il 
T.a.r. per il 
Molise, con la 
sentenza 
n. 132 del 
10 aprile 
2017 (non notificata), ha 
accolto 
il 
ricorso, 
ha 
annullato 
gli 
atti 
impugnati 
e 
ha 
condannato 
il 
Ministero 
al 
pagamento 
delle 
spese 
di 
lite 
liquidate 
in complessivi 
euro 1.500,00, oltre 
i.v.a. e 
c.p.a., e 
al 
rimborso del 
contributo 
unificato anticipato. 
3. 
Il 
Ministero 
dei 
beni 
culturali 
ha 
impugnato 
la 
sentenza, 
asserendone 
l�erroneit�, 
nella 
parte 
in 
cui 
il 
giudice 
di 
prime 
cure 
ha 
ritenuto 
che 
la 
procedura 
semplificata 
di 
cui 
all�art. 
6 
del 
D.lgs. 
n. 
28 
del 
2011, 
relativa 
alla 
realizzazione 
degli 
impianti 
mini-eolici, 
escluda 
il 
coinvolgimento 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


del 
Ministero 
anche 
nelle 
�aree 
contermini�(le 
aree, 
cio�, 
non 
oggetto 
di 
vincolo 
diretto), 
definite 
dal 
punto 
14.9 
del 
D.M. 
10 
settembre 
2010 
(recante 
le 
Linee-guida 
nazionali 
in 
tema 
di 
autorizzazione 
unica 
di 
cui 
all�art. 
12 
del 
D.Lgs. 
n. 
387/2003), 
per 
il 
quale 
il 
Ministero 
esercita 
i 
poteri 
di 
cui 
all�art. 
152 
del 
codice 
dei 
beni 
culturali 
(�interventi 
soggetti 
a 
particolari 
prescrizioni�), 
anche 
con 
riguardo 
al 
procedimento 
relativo 
ad 
impianti 
ricadenti 
in 
aree 
poste 
a 
distanza 
pari 
a 
50 
volte 
l�altezza 
del 
manufatto 
da 
realizzare 
rispetto 
al 
bene 
oggetto 
di 
vincolo. 


4. 
La 
societ� 
Aurora, 
bench� 
ritualmente 
intimata 
(la 
notificazione 
dell�atto 
di 
appello 
a 
mezzo 
del servizio postale � stata ricevuta in data 12 luglio 2017), non si � costituita in giudizio. 
5. 
All�udienza 
camerale 
del 
9 
novembre 
2017, 
la 
Sezione 
(ordinanza 
n. 
4783 
del 
10 
novembre 
2017) ha 
accolto l'istanza 
cautelare 
proposta 
incidentalmente 
dall�appellante 
e, per l'effetto, 
ha sospeso l'esecutivit� della sentenza impugnata. 
6. All�udienza 
pubblica 
del 
20 dicembre 
2018, la 
parte 
costituita 
ha 
discusso la 
causa 
e 
la 
Sezione 
l�ha trattenuta in decisione. 
7. L�appello � fondato. 
7.1. va 
preliminarmente 
osservato che 
la 
Sezione 
si 
� 
gi� 
espressa 
sulla 
questione 
giuridica 
sottesa 
alla 
fattispecie 
per 
cui 
� 
causa, 
con 
una 
serie 
di 
sentenze 
che 
hanno 
valore 
di 
precedente 
conforme 
ai 
sensi 
degli 
artt. 74, comma 
1 e 
88, comma 
2, lett. d), del 
cod. proc. amm. (cfr., 
nello specifico, Consiglio di 
Stato, Sezione 
Iv, sentenze 
n. 5181 del 
2018; 
n. 5182 del 
2018; 
n. 5183 del 
2018; 
n. 5189 del 
2018; 
n. 5190 del 
2018; 
n. 5191 del 
2018), e 
il 
cui 
impianto logico 
- giuridico va pienamente condiviso. 
7.2. 
La 
Sezione, 
in 
particolare, 
nel 
ravvisare 
la 
necessit� 
del 
coinvolgimento 
dell�Amministrazione 
statale 
preposta 
alla 
tutela 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio 
nell�ambito 
del 
procedimento 
autorizzativo 
di 
impianti 
mini-eolici 
anche 
nelle 
aree 
�contermini�, 
osserva 
quanto 
segue: 
a) l�art. 6 del 
D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28, introduce 
una 
procedura 
semplificata 
per la 
realizzazione 
di 
particolari 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili, 
disponendo 
tra 
le 
altre 
cose 
che: 
�2. 
(�) 
Nel 
caso 
in 
cui 
siano 
richiesti 
atti 
di 
assenso 
nelle 
materie 
di 
cui 
al 
comma 
4 
dell'articolo 
20 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
devono 
essere 
allegati 
gli 
elaborati 
tecnici 
richiesti 
dalle 
norme 
di 
settore 
e 
si 
applica 
il 
comma 
5. 


5. 
(�) 
Qualora 
l'attivit� 
di 
costruzione 
e 
di 
esercizio 
degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 
1 
sia 
sottoposta 
ad 
atti 
di 
assenso 
di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
l'amministrazione 
comunale 
provvede 
ad 
acquisirli 
d'ufficio 
ovvero 
convoca, 
entro 
venti 
giorni 
dalla 
presentazione 
della 
dichiarazione, 
una 
conferenza 
di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 
e 
seguenti 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241 
e 
successive 
modificazioni. 
il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
di 
cui 
al 
comma 
2 
� 
sospeso 
fino 
alla 
acquisizione 
degli 
atti 
di 
assenso 
ovvero 
fino 
all'adozione 
della 
determinazione 
motivata 
di 
conclusione 
del 
procedimento 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14-ter, 
comma 
6-bis, 
o 
all'esercizio 
del 
potere 
sostitutivo 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14-quater, 
comma 
3, 
della 
medesima 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241�; 
b) l�art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, cui rinvia il comma 2 dell�art. 6 cit., riguarda 
materie 
(tra 
cui, la 
tutela 
del 
patrimonio culturale 
e 
paesaggistico) sottratte 
in via 
generale 
all�istituto 
del silenzio-assenso; 
c) la 
procedura 
semplificata, nella 
misura 
in cui 
presuppone 
il 
formale 
rilascio dell�atto di 
assenso 
o prevede 
le 
soluzioni 
alternative 
per il 
caso del 
mancato rilascio, � 
qualificabile 
come 
un istituto di semplificazione procedimentale, ma non di liberalizzazione 
sic et simplicter; 
d) il 
D.M. 10 settembre 
2010, nella 
misura 
in cui 
definisce 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
proprio allegato 
come 
�linee 
guida per 
il 
procedimento d cui 
all�art. 12 del 
decreto legislativo 29 dicembre 
2003 
n. 
387�, 
non 
� 
dirimente 
(n� 
ostativo) 
nel 
senso 
dell�esclusione 
dell�applicazione 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


del 
regime 
stabilito per le 
aree 
�contermini�, per la 
semplice 
ragione 
che 
la 
procedura 
semplificata 
� 
stata 
introdotta 
da 
fonte 
successiva 
(il 
decreto 
legislativo 
del 
2011) 
rispetto 
all�istituto 
della autorizzazione unica (decreto legislativo del 2003); 
e) � 
del 
tutto ragionevole 
che 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali, dovendosi 
pronunciare, 
ai 
sensi 
degli 
artt. 152 del 
D.lgs. n. 42/2004 e 
6 del 
D.lgs. n. 28/2011, sulla 
compatibilit� 
di 
un impianto da 
localizzarsi 
in area 
contermine 
ad altra 
oggetto di 
vincolo paesaggistico, utilizzi, 
nell�esercizio 
del 
proprio 
potere 
tecnico-discrezionale, 
parametri 
di 
identificazione 
della 
�area contermine� gi� previamente definiti; 
e) ci�, in particolare: 
-� 
coerente 
con 
l�obiettivo 
della 
trasparenza 
dell�azione 
amministrativa, 
in 
attuazione 
del 
principio di imparzialit� di cui all�art. 97 della Costituzione; 


-� 
coerente 
con l�obiettivo di 
salvaguardare 
i 
valori 
espressi 
dai 
beni 
protetti 
(l�art. 152 del 
D.lgs. 
22 
gennaio 
2004, 
n. 
42, 
nel 
disciplinare 
il 
potere 
ministeriale 
di 
dettare 
prescrizioni 
concernenti 
le 
distanze, le 
misure 
e 
le 
varianti 
ai 
progetti 
in corso d'esecuzione, concerne 
sia 
le 
aree 
indicate 
alle 
lettere 
c) 
e 
d) 
del 
comma 
1 
dell'articolo 
136, 
sia 
quelle 
poste 
in 
prossimit� 
degli immobili indicati alle lettere a) e b) del comma 1 dello stesso articolo); 
-� 
coerente 
coi 
principi, 
affermati 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
(cfr. 
Sez. 
vI, 
sentenza 
10 
marzo 
2014, n. 1144 e 
Sez. vI, ordinanza 
n. 416/2013, che 
riconosce 
un �particolare 
effetto di 
irradiamento 
del 
regime 
vincolistico che 
assiste 
i 
beni 
paesaggistici 
allorquando . . . vengono in 
rilievo opere infrastrutturali di rilevante impatto sul paesaggio�); 
-evita 
il 
pericolo di 
�soggettivismo amministrativo e 
giudiziario�, non potendo condividersi 
quanto 
ritenuto 
dal 
giudice 
di 
primo 
grado 
in 
ordine 
all�asserito 
minore 
impatto 
paesaggistico, 
data la limitata potenza di siffatti impianti di produzione di energia; 
-risulta 
coerente 
con 
l�interesse 
pubblico 
primario 
sotteso 
alla 
competenza 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
culturali, 
che 
non 
dipende 
dalle 
caratteristiche 
tecniche 
dell�impianto 
(la 
maggiore 
o 
la 
minore 
potenze 
delle 
turbine), 
ma 
dall�accertamento 
delle 
concrete 
caratteristiche 
fisiche 
dell�impianto 
e 
dell�ingombro 
del 
medesimo, 
rispetto 
all�incidenza 
sul 
bene 
paesaggistico 
che 
si 
intende 
tutelare 
(il 
punto 
e. 
del 
par. 
3.2 
del 
D.M. 
cit. 
dispone 
infatti 
che 
�si 
dovr� 
esaminare 
l'effetto 
visivo 
provocato 
da 
un'alta 
densit� 
di 
aerogeneratori 
relativi 
ad 
un 
singolo 
parco 
eolico 
o 
a 
parchi 
eolici 
adiacenti; 
tale 
effetto 
deve 
essere 
in 
particolare 
esaminato 
e 
attenuato 
rispetto 
ai 
punti 
di 
vista 
o 
di 
belvedere, 
accessibili 
al 
pubblico, 
di 
cui 
all'articolo 
136, 
comma 
1, 
lettera 
d), 
del 
Codice, 
distanti 
in 
linea 
d'aria 
non 
meno 
di 
50 
volte 
l'altezza 
massima 
del 
pi� 
vicino 
aerogeneratore�). 
8. Per tutte 
le 
ragioni 
sin qui 
esposte, l�appello deve 
essere 
accolto e, per l�effetto, in riforma 
della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso introduttivo del giudizio. 
9. 
La 
natura 
e 
la 
complessit� 
delle 
questioni 
trattate 
costituiscono 
giusto 
motivo 
per 
la 
integrale 
compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio. 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio di 
Stato, in sede 
giurisdizionale, Sezione 
Quarta, definitivamente 
pronunciando 
sull'appello n. 5260 del 
2017, come 
in epigrafe 
proposto, lo accoglie 
e, in riforma 
della 
sentenza 
impugnata, respinge 
il 
ricorso di 
primo grado e 
compensa 
tra 
le 
parti 
le 
spese 
di 
lite 
del 
doppio grado di giudizio. 
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorit� amministrativa. 
Cos� 
deciso, in Roma, in piazza 
Capo di 
ferro, nella 
camera 
di 
consiglio del 
giorno 20 dicembre 
2018. 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


�Una obiettiva situazione di incertezza� sulla 
applicazione del rito super accelerato ex art. 120, 
comma 2 bis 
e comma 6 
bis 
c.p.a. 


CoNSiglio 
Di 
StAto, SezioNe 
QUiNtA, SeNteNzA 
17 giUgNo 
2019 N. 4046 


La 
sentenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
del 
17 
giugno 
2019, 
n. 
4046 
ha 
accolto 
l�appello 
proposto 
dall�Avvocatura, 
previo 
rigetto 
dell�eccezione 
avversaria 
di 
irricevibilit� 
dell�appello 
atteso 
che 
�non 
� 
stato 
seguito 
nel 
giudizio 
di 
primo grado (e 
del 
resto neppure 
nel 
giudizio di 
appello) quanto alle 
modalit� 
di 
definizione, 
alle 
regole 
procedurali 
e 
ai 
termini 
per 
la 
costituzione 
delle 
parti 
e 
per il 
deposito delle 
memorie, il 
rito super-accelerato ai 
sensi 
dell�art. 
120, comma 
2 bis 
e 
comma 
6 bis 
c.p.a.� 
e 
�avendo ci� determinato un�obiettiva 
situazione 
di 
incertezza 
sul 
rito applicabile 
alla 
fattispecie 
oggetto di 
giudizio, 
ricorrono 
i 
presupposti 
per 
la 
concessione 
dell�errore 
scusabile 
alla 
parte 
appellante, 
con 
conseguente 
tempestivit� 
del 
gravame 
proposto 
entro 
il 
termine 
dimezzato di tre mesi decorrente dal deposito della sentenza�. 


Si 
allegano la 
memoria 
dell�Avvocatura 
che 
ha 
invocato il 
c.d. principio 
dell�apparenza, in relazione 
al 
tipo di 
procedimento effettivamente 
svoltosi, 
per l�individuazione 
dei 
termini 
e 
delle 
forme 
dell�impugnazione 
dei 
provvedimenti 
giurisdizionali, 
unitamente 
alla 
breve 
memoria 
fatta 
per 
il 
merito 
nella 
quale 
si 
evidenziava 
che, oltre 
al 
Giudice 
di 
primo grado, anche 
il 
Consiglio 
di 
Stato aveva 
applicato il 
rito appalti 
ordinario e 
non il 
rito super accelerato. 


Wally Ferrante* 


CT 32910/18 avv. Ferrante 


AvvoCATURA GENERALE DELLo STATo 


CoNSIGLIo DI STATo 


IN SEDE GIURISDIzIoNALE 


SEz. III - R.G. 8377/18 - UDIENzA 22.11.2018 


MEMoRIA DIFENSIvA 


Per il 
MINISTERo 
DELL�INTERNo 
(C.F. 97149560589) 
in persona 
del 
Ministro pro tempore 
- Ufficio Territoriale 
del 
Governo Prefettura 
di 
Caserta, rappresentato e 
difeso dall�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
(C.F. 
80224030587) 
per 
il 
ricevimento 
degli 
atti, 
FAX 
06/96514000 
e 
PEC 
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
presso 
i 
cui 
uffici 
� 
per 
legge 
domiciliato 
in 
Roma, 
via dei Portoghesi 12 


appellante 


C o NT R o 


SoCIET� 
CooPERATIvA 
SoCIALE 
SoLIDARCI, in personale 
del 
legale 
rappresentante 


(*) Avvocato dello Stato. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


pro tempore, rappresentata 
e 
difesa 
dall�Avv. Paolo Centore 
e 
domiciliata 
presso il 
suo studio 
in Napoli, via Santa Lucia, n. 15 
appellata 
E NEI CoNFRoNTI 
Dell�ATI 
costituita 
da 
MY 
WAY 
S.r.l. e 
da 
NIBIRU 
onlus 
Soc. Coop. in persona 
dei 
rispettivi 
legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio 
Appellata - controinteressata 
PER L�ANNULLAMENTo PREvIA SoSPENSIoNE 
della sentenza del 
TAR 
Campania del 21 luglio 2018, n. 4881. 
* * * 


Nel 
richiamare 
integralmente 
il 
contenuto del 
ricorso in appello, con la 
presente 
memoria 
si 
intende 
replicare 
all�eccezione 
avversaria 
di 
improcedibilit� 
dell�appello sollevata 
con la 
memoria 
in data 
16 novembre 
2018, con la 
quale 
si 
deduce 
la 
tardivit� 
dell�appello ai 
sensi dell�art. 120, commi 2-bis 
e 6-bis 
c.p.a. 


L�appellata 
sostiene 
che 
poich� 
la 
sentenza, depositata 
il 
21 luglio 2018, � 
stata 
comunicata 
dalla 
segreteria 
del 
TAR Campania 
all�Avvocatura 
Distrettuale 
dello Stato di 
Napoli 
il 
21 luglio 2018 (rectius 
il 
23 luglio 2018 come 
si 
evince 
dal 
sito di 
giustizia 
amministrativa), 
il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
per 
proporre 
appello, 
anche 
tenendo 
conto 
della 
sospensione 
feriale, 
sarebbe scaduto il 20 settembre 2018. 


L�eccezione � infondata. 


Ai 
sensi 
dell�art. 120, comma 
6-bis 
c.p.a., �nei 
casi 
previsti 
al 
comma 2 bis, [ovvero 
quando � 
impugnato �il 
provvedimento che 
determina le 
esclusioni 
dalla procedura di 
affidamento 
e 
le 
ammissioni 
ad essa all�esito della valutazione 
dei 
requisiti 
soggettivi, economico-
finanziari 
e 
tecnico professionale�] 
il 
giudizio � 
definito in 
una camera di 
consiglio 
da 
tenersi 
entro trenta giorni 
dalla scadenza del 
termine 
per 
la costituzione 
delle 
parti 
diverse 
dal 
ricorrente. 
Su 
richiesta 
delle 
parti 
il 
ricorso 
� 
definito 
negli 
stessi 
termini, 
in 
udienza 
pubblica. il 
decreto di 
fissazione 
dell�udienza � 
comunicato alle 
parti 
quindici 
giorni 
prima 
dell�udienza. 
le 
parti 
possono 
produrre 
documenti 
fino 
a 
dieci 
giorni 
liberi 
prima 
del-
l�udienza, memorie 
fino a sei 
giorni 
liberi 
prima 
e 
presentare 
repliche 
ai 
nuovi 
documenti 
e 
alle 
nuove 
memorie 
depositate 
in 
vista 
della 
camera 
di 
consiglio, 
fino 
a 
tre 
giorni 
liberi 
prima. 
la 
camera 
di 
consiglio 
o 
l�udienza 
possono 
essere 
rinviate 
solo 
in 
caso 
di 
esigenze 
istruttorie, 
per 
integrare 
il 
contraddittorio, per 
proporre 
motivi 
aggiunti 
o ricorso incidentale. l�ordinanza 
istruttoria fissa per 
il 
deposito di 
documenti 
un termine 
non superiore 
a tre 
giorni 
decorrenti 
dalla comunicazione 
o, se 
anteriore, notificazione 
della stessa. la nuova camera di 
consiglio 
deve 
essere 
fissata 
non 
oltre 
quindi 
giorni. 
Non 
pu� 
essere 
disposta 
la 
cancellazione 
della 
causa 
dal 
ruolo. 
l�appello 
deve 
essere 
proposto 
entro 
trenta 
giorni 
dalla 
comunicazione 
o, se 
anteriore, notificazione 
della sentenza e 
non trova applicazione 
il 
termine 
lungo decorrente 
dalla sua pubblicazione�. 


Ai 
sensi 
del 
successivo 
comma 
9 
�� 
Nei 
casi 
previsti 
dal 
comma 
6 
bis, 
il 
tribunale 
amministrativo 
regionale 
deposita la sentenza entro sette 
giorni 
dall�udienza, pubblica o in camera 
di 
consiglio, 
di 
discussione; 
le 
parti 
possono 
chiedere 
l�anticipata 
pubblicazione 
del 
dispositivo, che avviene entro due giorni dall�udienza�. 


Dalla 
semplice 
lettura 
del 
richiamato 
articolo 
120, 
commi 
2-bis, 
6-bis 
e 
9 
c.p.a., 
si 
evince 
chiaramente 
che 
il 
giudice 
di 
primo 
grado 
non 
ha 
affatto 
applicato 
il 
c.d. 
�rito 
super 
accelerato� 
ma 
semplicemente 
il 
�rito appalti� 
di 
cui 
all�art. 120 c.p.a. per le 
controversie 
di 
cui 
all�art. 
119, comma 1, lett. a) c.p.a. 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Infatti, nonostante 
il 
richiamo meramente 
formale 
contenuto nella 
sentenza 
impugnata 
che, a 
p. 2, d� 
atto che 
la 
ricorrente 
ha 
impugnato il 
provvedimento di 
esclusione 
�con il 
rito 
speciale 
di 
cui 
all�art. 
120 
comma 
2-bis 
c.p.a.� 
e 
nonostante 
l�affermazione, 
pure 
meramente 
formale 
e 
contraddetta nei 
fatti, contenuta 
nell�ordinanza 
cautelare 
n. 441/18: 
�fissa per 
la 
trattazione 
del 
merito 
del 
ricorso 
ai 
sensi 
dell�art. 
120, 
comma 
2-bis 
c.p.a. 
la 
c.c. 
del 
9 
maggio 
2018�: 


-il 
giudizio non � 
stato definito in una 
sola 
camera 
di 
consiglio ma 
in 
una camera di 
consiglio e in una udienza pubblica; 
-il 
giudizio non � 
stato definito in una 
camera 
di 
consiglio da 
tenersi 
entro trenta 
giorni 
dalla 
scadenza 
del 
termine 
per 
la 
costituzione 
delle 
parti 
diverse 
dal 
ricorrente 
(ovvero 
60 
giorni: 
15 giorni 
per il 
deposito del 
ricorso + 15 giorni 
per la 
costituzione 
del 
resistente 
+ 30 
giorni) 
bens� 
entro 
61 
giorni 
dalla 
notifica 
del 
ricorso 
avvenuta 
il 
9 
marzo 
2018, 
essendo 
stata trattenuta la causa in decisione il 9 maggio 2018; 
-nonostante 
il 
rinvio alla 
�c.c. del 
9 maggio 2019�, disposto con l�ordinanza 
cautelare 
n. 441/18, la 
causa 
� 
stata 
decisa 
in 
udienza pubblica, in 
assenza di 
alcuna richiesta delle 
parti in tal senso; 
-il 
Ministero 
dell�Interno 
ha 
prodotto 
memoria 
il 
19.3.2018, 
ossia 
un 
giorno 
libero 
prima 
dell�udienza 
fissata 
per 
il 
21.3.2018, 
anzich� 
sei 
giorni 
liberi 
prima, 
senza 
che 
la 
controparte 
eccepisse 
alcunch�, 
e 
senza 
che 
il 
giudice 
espungesse 
tale 
memoria 
in 
quanto 
tardiva; 
del 
resto, la 
stessa 
controparte, in vista 
dell�udienza 
di 
merito, ha 
depositato memoria 
15 giorni 
liberi 
prima, nel 
rispetto dei 
termini 
dimezzati 
stabiliti 
per l�ordinario �rito appalti� 
e 
non per 
quello �super accelerato�; 


-la 
prima 
camera 
di 
consiglio 
� 
stata 
rinviata 
in 
assenza 
di 
esigenze 
istruttorie 
e 
senza 
necessit� di 
integrare 
il 
contraddittorio o di 
proporre 
motivi 
aggiunti 
o ricorso incidentale, 
uniche 
ipotesi 
tassativamente 
previste 
dall�art. 120, comma 
6-bis 
c.p.a. per il 
rinvio ad 
altra camera di consiglio, che deve essere di regola unica; 


-la 
seconda 
camera 
di 
consiglio, non � 
stata 
fissata 
entro 15 giorni 
ma 
dopo 49 giorni; 
-la 
sentenza 
non � 
stata 
depositata 
entro sette 
giorni 
dall�udienza 
del 
9 maggio 2018 
ma dopo 2 mesi e 12 giorni, il 21 luglio 2018. 
Da 
quanto sopra 
si 
evince 
chiaramente, che 
il 
giudice 
di 
primo grado non ha 
applicato 
il 
rito disciplinato dall�art. 120, commi 
2 bis 
e6 bis 
c.p.a. bens� 
l�ordinario rito appalti 
disciplinato 
dallo stesso art. 120 c.p.a. e 
che 
pertanto il 
giudizio di 
appello dovr� 
seguire 
lo stesso 
rito. 


Nella 
specie, l�appello, in assenza 
di 
notifica 
della 
sentenza, � 
stato correttamente 
proposto 
il 
18 ottobre 
2018 nel 
termine 
ordinario e 
dimezzato di 
tre 
mesi 
dal 
deposito della 
sentenza 
in data 21 luglio 2018. 


Sorprende, 
peraltro, 
che 
la 
controparte 
invochi 
una 
sentenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(Sez. 
III, 
25.11.2016, 
n. 
4994) 
che 
ha 
respinto 
l�eccezione 
di 
tardivit� 
dell�appello 
in 
quella 
sede 
sollevata. 


Nella 
citata 
sentenza 
il 
Consiglio di 
Stato ha 
chiarito che 
�innanzitutto, e 
in via dirimente, 
il 
presente 
grado di 
giudizio risulta certamente 
estraneo all'ambito applicativo della 
previsione 
del 
cui 
rispetto si 
discute, in quanto il 
termine 
per 
la proposizione 
dell'appello (ivi 
stabilito) 
si 
riferisce, 
evidentemente, 
alle 
sole 
impugnazioni 
delle 
decisioni 
pronunciate 
nel-
l'ambito del rito "superspeciale" introdotto dall'art. 204 D.Lgs. n. 50 del 2016. 

le 
regole 
procedurali 
dettagliate 
al 
comma 6-bis 
dell'art.120 c.p.a. descrivono, infatti, 
un rito accelerato per 
le 
impugnazioni 
delle 
ammissioni 
e 
delle 
esclusioni, nei 
casi 
meglio 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


definiti 
al 
comma 2-bis, ed esauriscono un sistema processuale 
chiuso e 
speciale, sicch� 
la 
previsione 
del 
termine 
breve 
(asseritamente 
inosservato) per 
la proposizione 
dell'appello si 
inserisce 
(anch'essa) 
nel 
predetto 
regime 
procedurale, 
nel 
senso 
che 
deve 
intendersi 
operativa 
solo al 
suo interno e, quindi, per 
la sola impugnazione 
di 
sentenze 
di 
primo grado pronunciate 
su 
ricorsi 
introdotti 
e 
definiti 
ai 
sensi 
del 
combinato disposto dei 
commi 
2-bis 
e 
6-bis 
dell'art.120 c.p.a. 

ora, � 
sufficiente 
osservare 
che, nella fattispecie 
in esame, il 
ricorso di 
primo grado 
non 
� 
stato 
"amministrato" 
con 
le 
regole 
procedurali 
del 
rito 
"superspeciale" 
in 
questione�. 


Appare 
evidente 
quindi 
che, anche 
nel 
caso di 
specie, il 
breve 
termine 
di 
impugnazione 
previsto dall�art. 120, comma 
6-bis 
c.p.a. non pu� ritenersi 
applicabile 
atteso che 
la 
sentenza 
di 
primo grado non � 
stata 
pronunciata 
su ricorso definito nel 
rispetto delle 
regole 
processuali 
previste dai commi 2-bis, 6-bis 
e 9 della predetta norma. 


� 
infatti 
ormai 
acquisito in giurisprudenza 
il 
c.d. principio dell�apparenza, applicabile 
ai 
fini 
dell�individuazione 
dei 
termini 
e 
delle 
forme 
dell�impugnazione 
dei 
provvedimenti 
giurisdizionali. 


Si 
veda 
al 
riguardo Cass. civ. Sez. lavoro Sent. 23/04/2010, n. 9694, secondo la 
quale, 
�il 
processo 
erroneamente 
introdotto 
con 
il 
rito 
ordinario 
� 
regolato 
dal 
rito 
speciale 
non 
dal 
momento in cui 
ne 
viene 
statuita la natura, bens� 
dal 
momento in cui 
il 
giudizio ha inizio 
in applicazione 
del 
relativo rito, in 
quanto in 
precedenza rileva il 
rito adottato dal 
giudice 
che, 
a 
prescindere 
dalla 
sua 
esattezza, 
costituisce 
per 
la 
parte 
il 
criterio 
di 
riferimento, 
anche 
ai 
fini 
del 
computo dei 
termini 
previsti 
per 
le 
attivit� processuali. Ne 
consegue 
che, ove 
una 
controversia in materia di 
lavoro sia erroneamente 
trattata fino alla conclusione 
con il 
rito 
ordinario, 
trova applicazione 
il 
principio dell'apparenza o dell'affidamento, per 
il 
quale 
la 
scelta fra i 
mezzi, i 
termini 
ed il 
regime 
di 
impugnazione 
astrattamente 
esperibili 
va compiuta 
in 
base 
al 
tipo 
di 
procedimento 
effettivamente 
svoltosi, 
a 
prescindere 
dalla 
congruenza 
delle 
relative 
forme 
rispetto alla materia controversa�. In applicazione 
di 
tale 
principio, la 
Suprema 
Corte 
ha 
confermato la 
sentenza 
impugnata, che, in una 
controversia 
in materia 
di 
lavoro 
erroneamente 
trattata 
con 
il 
rito 
ordinario 
anche 
in 
grado 
di 
appello, 
aveva 
ritenuto 
applicabile 
la 
sospensione 
feriale 
al 
termine 
per l'impugnazione 
di 
una 
sentenza 
di 
primo grado. 

In subordine, si 
chiede 
comunque 
la 
rimessione 
in termini 
per errore 
scusabile 
ex art. 
37 c.p.a. 


Come 
� 
noto, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(Cons. 
Stato 
Sez. 
Iv, 
2505-
2018, n. 3142) �la richiesta di 
rimessione 
in termini 
non pu� essere 
accolta qualora non 
sussistano 
le 
condizioni 
per 
la 
concessione 
del 
beneficio 
per 
errore 
scusabile 
previsto 
dall'art. 
37 
c.p.a., 
perch� 
tale 
istituto 
riveste 
carattere 
eccezionale 
nella 
misura 
in 
cui 
si 
risolve 
in 
una 
deroga al 
principio fondamentale 
di 
perentoriet� dei 
termini 
processuali, ed � 
soggetto a regole 
di 
stretta 
interpretazione. 
infatti, 
i 
termini 
in 
generale, 
e 
quelli 
dei 
riti 
speciali 
abbreviati 
in particolare, sono stabiliti 
dal 
legislatore 
per 
ragioni 
di 
interesse 
generale 
e 
hanno applicazione 
oggettiva. Pertanto, i 
presupposti 
per 
la concessione 
dell'errore 
scusabile 
sono individuabili 
esclusivamente 
nella 
oscurit� 
del 
quadro 
normativo, 
nelle 
oscillazioni 
della 
giurisprudenza, in comportamenti 
ambigui 
dell'amministrazione, nell'ordine 
del 
giudice 
di 
compiere 
un 
determinato 
adempimento 
processuale 
in 
violazione 
dei 
termini 
effettivamente 
previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore�. 


Ed 
� 
proprio 
l�incertezza 
derivante 
dal 
comportamento 
contraddittorio 
del 
giudice 
di 
primo grado che 
viene 
invocata 
nella 
fattispecie 
atteso che 
il 
TAR, pur richiamando formalmente 
un rito, ne 
ha 
di 
fatto applicato un altro, fissando una 
seconda 
udienza 
di 
merito, con 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


conseguente 
assegnazione 
di 
termini 
per 
la 
produzione 
di 
documenti 
e 
memorie, 
che 
non 
avrebbe dovuto essere fissata in base al rito disciplinato dall�art. 120, comma 6-bis 
c.p.a. 


� 
pacifico infatti 
che 
�Ai 
sensi 
dell�art. 37 D.lgs. n. 104/2010, il 
giudice 
pu� disporre 
anche 
di 
ufficio 
la 
rimessione 
in 
termini 
per 
errore 
scusabile 
in 
presenza 
di 
oggettive 
ragioni 
di 
incertezza su 
questioni 
di 
diritto 
o di 
gravi 
impedimenti 
di 
fatto� 
(Cons. Stato Sez. vI, 0509-
2017, n. 4200; Cons. Stato Sez. III, 18-07-2017, n. 3540). 


Nella 
fattispecie, l�incertezza 
su questioni 
di 
diritto si 
� 
sostanziata 
nel 
dubbio sul 
rito 
effettivamente 
applicato, a 
prescindere 
da 
quello astrattamente 
applicabile 
e 
dai 
richiami 
di 
mera 
forma, 
smentiti 
dalla 
scansione 
e 
dall�andamento 
dell�intero 
procedimento 
di 
primo 
grado che 
hanno ingenerato la 
convinzione 
e 
l�affidamento in ordine 
all�applicabilit� 
del 
rito 
appalti anzich� di quello super accelerato. 


Si richiamano pertanto le conclusioni gi� rassegnate. 


Roma, 20 novembre 2018 

Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato 


CT 32910/18 avv. Ferrante 


AvvoCATURA GENERALE DELLo STATo 


CoNSIGLIo DI STATo 


IN SEDE GIURISDIzIoNALE 


SEz. v - R.G. 8377/18 - UDIENzA 28.2.2019 


MEMoRIA PER IL MERITo 


Per il 
MINISTERo 
DELL�INTERNo 
(C.F. 97149560589) 
in persona 
del 
Ministro pro tempore 
- Ufficio Territoriale 
del 
Governo Prefettura 
di 
Caserta, rappresentato e 
difeso dall�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
(C.F. 
80224030587) 
per 
il 
ricevimento 
degli 
atti, 
FAX 
06/96514000 
e 
PEC 
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
presso 
i 
cui 
uffici 
� 
per 
legge 
domiciliato 
in 
Roma, 
via dei Portoghesi 12 


appellante 


C o NT R o 


SoCIET� 
CooPERATIvA 
SoCIALE 
SoLIDARCI, in personale 
del 
legale 
rappresentante 
pro tempore, rappresentata 
e 
difesa 
dall�Avv. Paolo Centore 
e 
domiciliata 
presso il 
suo studio 
in Napoli, via Santa Lucia, n. 15 


appellata 
E NEI CoNFRoNTI 
Dell�ATI 
costituita 
da 
MY 
WAY 
S.r.l. e 
da 
NIBIRU 
onlus 
Soc. Coop. in persona 
dei 
rispettivi 
legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio 
Appellata - controinteressata 
PER L�ANNULLAMENTo PREvIA SoSPENSIoNE 
della sentenza del 
TAR 
Campania del 21 luglio 2018, n. 4881. 


* * * 
Nel 
richiamare 
integralmente 
il 
contenuto del 
ricorso in appello nonch� 
della 
memoria 
in data 
20.11.2018 con la 
quale 
si 
� 
replicato all�eccezione 
avversaria 
di 
improcedibilit� 
per 
asserita 
tardivit� 
dell�appello ai 
sensi 
dell�art. 120, commi 
2-bis 
e 
6-bis 
c.p.a., si 
osserva 
ulteriormente 
quanto segue. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


1. Dopo avere 
dettagliatamente 
evidenziato, nella 
richiamata 
memoria 
del 
20.11.2018, 
che 
il 
giudice 
di 
primo grado non ha 
applicato il 
c.d. �rito super accelerato� 
disciplinato dal-
l�art. 
120, 
commi 
2 
bis 
e6 
bis 
c.p.a. 
(nonostante 
il 
richiamo 
meramente 
formale 
a 
dette 
norme) 
bens� 
l�ordinario �rito appalti� 
disciplinato dallo stesso art. 120 c.p.a., va 
osservato che 
anche 
il Giudice d�appello ha, giustamente, seguito quest�ultimo rito. 
Infatti, 
all�udienza 
in 
camera 
di 
consiglio 
del 
22.11.2018, 
codesto 
Ecc.mo 
Consiglio 
anzich� 
definire 
il 
giudizio in quella 
sede, come 
previsto dall�art. 120 comma 
6-bis 
c.p.a., ha 
rinviato all�udienza pubblica del 28.2.2019. 


Inoltre: 


-il 
giudizio non � 
stato definito in una 
sola 
camera 
di 
consiglio ma 
in 
una camera di 
consiglio e in una udienza pubblica; 
-il 
giudizio non � 
stato definito in una 
camera 
di 
consiglio da 
tenersi 
entro trenta 
giorni 
dalla 
scadenza 
del 
termine 
per 
la 
costituzione 
delle 
parti 
diverse 
dal 
ricorrente 
(ovvero 
60 
giorni: 
15 giorni 
per il 
deposito del 
ricorso + 15 giorni 
per la 
costituzione 
del 
resistente 
+ 30 
giorni) bens� 
entro 4 mesi 
e 
10 giorni 
dalla 
notifica 
del 
ricorso in appello, avvenuta 
il 
18 ottobre 
2018, essendo stata fissata l�udienza pubblica il 28 febbraio 2019; 
-l�udienza 
pubblica 
� 
stata 
fissata 
in 
assenza 
di 
alcuna 
richiesta 
delle 
parti 
in 
tal 
senso; 


-il 
Ministero 
dell�Interno 
ha 
prodotto 
memoria 
il 
20.10.2018, 
ossia 
un 
giorno 
libero 
prima 
dell�udienza 
fissata 
per 
il 
22.11.2018, 
anzich� 
sei 
giorni 
liberi 
prima, 
senza 
che 
la 
controparte 
eccepisse 
alcunch�, e 
senza che 
il 
Collegio espungesse 
tale 
memoria in 
quanto 
tardiva; 


-la 
prima 
camera 
di 
consiglio 
� 
stata 
rinviata 
in 
assenza 
di 
esigenze 
istruttorie 
e 
senza 
necessit� di 
integrare 
il 
contraddittorio o di 
proporre 
motivi 
aggiunti 
o ricorso incidentale, 
uniche 
ipotesi 
tassativamente 
previste 
dall�art. 120, comma 
6-bis 
c.p.a. per il 
rinvio ad 
altra camera di consiglio, che deve essere di regola unica; 


- la seconda udienza, non � stata fissata entro 15 giorni ma 
dopo 3 mesi e 6 giorni. 
Da 
quanto sopra 
si 
evince 
chiaramente, che 
anche 
il 
Giudice 
di 
appello, correttamente, 
non ha 
applicato il 
rito disciplinato dall�art. 120, commi 
2 bis 
e6 bis 
c.p.a. bens� 
l�ordinario 
rito appalti disciplinato dallo stesso art. 120 c.p.a. applicato, nei fatti, in primo grado. 


Pertanto, l�appello, in assenza 
di 
notifica 
della 
sentenza, � 
stato correttamente 
proposto 
il 
18 ottobre 
2018 nel 
termine 
ordinario e 
dimezzato di 
tre 
mesi 
dal 
deposito della 
sentenza 
in 
data 21 luglio 2018. 


2. 
va 
inoltre 
precisato, 
come 
si 
evince 
dalla 
nota 
della 
Prefettura 
di 
Caserta 
del 
7.2.2019 
versata 
in 
atti, 
che 
la 
stazione 
appaltante 
ha 
disposto 
l�ammissione 
alla 
gara 
della 
societ� 
odierna 
appellata 
�in 
esecuzione 
della sentenza del 
taR 
Campania n. 4881/2018� 
impugnata 
nel presente giudizio e che pertanto persiste l�interesse alla decisione del gravame. 
Nella 
predetta 
nota, 
si 
d� 
inoltre 
atto 
che, 
all�esito 
della 
procedura 
di 
gara, 
la 
societ� 
appellata 
si 
� 
collocata 
ultima 
nella 
graduatoria 
del 
lotto di 
riferimento ed � 
stata 
invitata 
alla 
sottoscrizione dell�accordo quadro n. 74558 del 10.8.2018. 


Successivamente, il 
contratto attuativo non � 
stato stipulato e 
pertanto, allo stato, la 
So


ciet� Cooperativa Solidarci non sta svolgendo il servizio. 
Si richiamano le conclusioni gi� rassegnate. 
Roma, 12 febbraio 2019 

Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato 



CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


Consiglio di 
stato, sezione 
Quinta, sentenza 17 giugno 2019 n. 4046 
-Pres. C. Saltelli, 
est. 
A. 
Rotondano 
-Ministero 
Interno, 
Ufficio 
Territoriale 
del 
Governo 
-Prefettura 
di 
Caserta 
(avv. gen. Stato) c. Solidarci Societ� Cooperativa Sociale (avv. P. Centore). 


FATTo 


1. 
La 
Societ� 
Cooperativa 
Sociale 
Solidarci 
(in 
seguito 
�Solidarci�) 
impugnava 
dinanzi 
al 
T.a.r. per la 
Campania 
il 
provvedimento - n. 17156 del 
19 febbraio 2018 - di 
esclusione 
dalla 
procedura 
di 
gara 
aperta, da 
aggiudicarsi 
con il 
criterio dell�offerta 
economicamente 
pi� vantaggiosa, 
indetta 
(con bando prot. 100827 del 
19 dicembre 
2017) dall�Ufficio Territoriale 
del 
Governo - Prefettura 
di 
Caserta 
per la 
conclusione 
di 
un accordo quadro ex art. 54 del 
D.lgs. 
18 aprile 
2016, n. 50, ai 
fini 
dell�affidamento in convenzione 
dei 
servizi 
di 
accoglienza 
e 
assistenza 
ai 
cittadini 
stranieri 
richiedenti 
asilo, 
da 
svolgersi 
nel 
territorio 
della 
Provincia 
di 
Caserta 
per il periodo dal 1 maggio 2018 al 31 dicembre 2018. 
In particolare 
l�esclusione 
(relativa 
al 
Lotto 2 per il 
quale 
la 
ricorrente 
aveva 
presentato domanda 
di 
partecipazione) era 
stata 
disposta 
all�esito dell�esame 
della 
documentazione 
amministrativa 
e 
del 
riscontro 
di 
alcune 
carenze 
documentali 
per 
non 
aver 
prodotto, 
oltre 
alle 
autocertificazioni 
dovute 
dai 
cessati 
dalle 
cariche 
societarie 
nell�anno antecedente 
la 
data 
di 
pubblicazione 
del 
bando, 
le 
certificazioni 
igienico-sanitarie 
rilasciate 
dall�ASL 
territorialmente 
competente 
in 
relazione 
alle 
strutture 
alloggiative, 
dichiarate 
in 
disponibilit�, 
da 
adibire 
a 
centro 
di 
accoglienza 
temporaneo, in violazione 
della 
prescrizione 
dell�art. 11.4 lett. b) del 
Disciplinare 
di 
gara 
(avendo 
la 
ricorrente 
inserito 
nella 
busta 
�A�, 
contenente 
la 
documentazione 
amministrativa, 
solo 
la 
richiesta 
di 
rilascio 
del 
certificato, 
risalente 
al 
24 
gennaio 
2018, 
a 
firma 
dei rispettivi proprietari delle due strutture alloggiative indicate nell�offerta). 
Il ricorso era affidato ai seguenti motivi di censura: 
�i. violazione 
e 
falsa applicazione 
della clausola n. 11.4, punto b), del 
disciplinare 
di 
gara; 
eccesso 
di 
potere 
per 
violazione 
del 
principio 
di 
tassativit� 
delle 
cause 
di 
esclusione 
dalle 
procedure 
ad evidenza pubblica; violazione 
e 
falsa applicazione 
dell'art. 83, comma 9, d.lgs. 


n. 50/2016 e 
della clausola n. 13 del 
disciplinare 
di 
gara; eccesso di 
potere 
per 
violazione 
del 
principio di 
par 
condicio dei 
partecipanti; violazione 
del 
principio di 
massima partecipazione 
alle procedure ad evidenza pubblica; 
ii. violazione 
e 
falsa applicazione 
dell'art. 83 del 
D. lgs. n.50/2016; violazione 
del 
principio 
di 
tassativit� delle 
clausole 
di 
esclusione 
dalle 
procedure 
ad evidenza pubblica, del 
principio 
del 
soccorso istruttorio. eccesso di 
potere 
per 
sviamento. violazione 
della par 
condicio dei 
concorrenti e del principio di massima partecipazione alle procedure ad evidenza pubblica; 
iii. eccesso di 
potere 
per 
disparit� di 
trattamento e 
mancata comparazione 
degli 
interessi 
in 
gioco; violazione 
del 
principio di 
par 
condicio e 
di 
massima partecipazione 
alle 
procedure 
ad evidenza pubblica; 
iv. eccesso di 
potere 
per 
contraddittoriet� e 
mancata comparazione 
degli 
interessi 
in gioco, 
violazione 
della 
par 
condicio 
tra 
i 
partecipanti 
alla 
procedura 
ad 
evidenza 
pubblica, 
manifesta 
ingiustizia; 
v) 
Quanto 
alla 
clausola 
n� 
11.a) 
del 
disciplinare 
di 
gara: 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
del-
l'art. 83 D. lgs. n. 50/2016. violazione 
del 
principio di 
tassativit� delle 
cause 
di 
esclusione 
dalle 
procedure 
ad evidenza pubblica. eccesso di 
potere 
per 
contraddittoriet� tra clausole 
dello stesso disciplinare�. 
1.2. In sintesi 
la 
ricorrente 
assumeva 
che 
il 
mancato tempestivo deposito del 
certificato igienico 
sanitario 
delle 
strutture 
alloggiative 
non 
avrebbe 
potuto 
determinare 
la 
sua 
esclusione 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


dalla 
gara, non essendo per detta 
inosservanza 
prevista 
la 
sanzione 
espulsiva 
dal 
disciplinare 
(punto b della 
clausola 
11.4, a 
differenza 
dei 
casi 
di 
cui 
al 
punto a 
dello stesso art. 11, relativi 
alla 
segnalazione 
certificata 
di 
agibilit�); 
l�amministrazione 
avrebbe 
dovuto pertanto attivare 
il 
soccorso 
istruttorio 
ai 
sensi 
dell�art. 
83, 
comma 
9, 
del 
D.Lgs. 
n. 
50 
del 
2016, 
consentendole 
di 
produrre 
la 
prescritta 
certificazione, 
del 
resto 
richiesta 
prima 
della 
scadenza 
del 
termine 
per la 
presentazione 
delle 
offerte 
(fissato al 
30 gennaio 2018) e 
poi 
effettivamente 
rilasciata 
dall�ASL in data 22 febbraio 2018. 

1.2. 
La 
ricorrente 
impugnava 
anche, 
per 
un 
verso, 
il 
disciplinare 
di 
gara 
(compresa 
la 
clausola 
11.a), laddove 
si 
fosse 
ritenuto che 
tra 
le 
cause 
di 
esclusione 
indicate 
fosse 
ricompresa 
anche 
la 
carenza 
del 
certificato 
di 
idoneit� 
alloggiativa, 
lamentando 
al 
riguardo 
la 
violazione 
del 
principio di 
tassativit� 
delle 
cause 
di 
esclusione 
di 
cui 
all�art. 83 del 
D.lgs. n. 50 del 
2016; 
per altro verso contestava 
poi, sotto il 
profilo della 
contraddittoriet�, irragionevolezza 
e 
della 
violazione 
della 
par 
condicio, le 
determinazioni 
della 
stazione 
appaltante 
con cui 
altri 
concorrenti 
erano stati 
ammessi 
al 
soccorso istruttorio per sanare 
carenze 
documentali 
ben pi� 
gravi 
finanche 
relative 
a 
carenze 
alloggiative 
di 
tipo strutturale, prospettando poi 
che 
l'Associazione 
temporanea 
di 
imprese 
costituita 
da 
My Way s.r.l., e 
da 
Nibiru onlus 
Societ� 
Cooperativa 
Sociale 
avrebbe 
indicato la 
stessa 
struttura 
alloggiativa, senza 
essere 
stata 
esclusa, 
risultando 
spuntati, 
nella 
griglia 
del 
verbale 
di 
gara 
relativa 
al 
certificato 
igienico-sanitario 
(definito certificato ASL), sia la presenza del documento che la conformit� dello stesso. 
2. 
Con 
la 
sentenza 
in 
epigrafe, 
nella 
resistenza 
dell�amministrazione 
statale 
intimata 
(che, 
costituitasi 
in giudizio, aveva 
insistito per il 
rigetto dell�impugnativa 
a 
ragione 
della 
sua 
infondatezza), 
il 
T.a.r. adito ha 
accolto il 
ricorso, ritenendo fondati 
il 
primo e 
il 
secondo motivo, 
con 
assorbimento 
delle 
altre 
censure: 
ci� 
in 
quanto 
la 
carenza 
documentale 
de 
qua 
era 
sanabile 
mediante 
soccorso 
istruttorio 
ai 
sensi 
dell�art. 
83, 
comma 
9, 
del 
Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici, 
e non dava luogo all�esclusione dalla gara. 
3. Per la 
riforma 
della 
sentenza 
ha 
proposto appello il 
Ministero, deducendone 
l�erroneit� 
per 
�violazione 
e 
falsa applicazione 
dell�art. 38, comma 9, d.lgs. n. 50 del 
2016 - errata interpretazione 
dell�art. 11, lett. a. punto 4, b) del disciplinare di gara�. 

3.1. Si 
� 
costituita 
in giudizio l�appellata 
Solidarci 
per resistere 
al 
gravame, del 
quale 
ha 
eccepito 
preliminarmente 
l�irricevibilit� 
per 
tardivit�, 
stante 
la 
mancata 
impugnazione 
della 
sentenza 
(concernente 
un provvedimento di 
esclusione 
dalla 
gara 
ai 
sensi 
dell�art. 120, comma 
2 
bis, c.p.a.) entro trenta 
giorni 
dalla 
sua 
comunicazione 
o notificazione, ex art. 120, comma 
6 
bis 
c.p.a. (non trovando nella 
specie 
applicazione 
il 
termine 
lungo decorrente 
dalla 
sua 
pubblicazione), 
e nel merito l�infondatezza. 
3.2. Sull�accordo delle 
parti 
la 
trattazione 
della 
domanda 
cautelare 
di 
sospensione 
dell�esecutivit� 
della sentenza impugnata � stata abbinata al merito. 
Nelle 
memorie 
in 
vista 
dell�udienza 
pubblica 
l�amministrazione 
appellante 
ha 
evidenziato 
che 
l�appellata 
� 
stata 
ammessa 
alla 
gara 
in esecuzione 
della 
sentenza 
di 
prime 
cure, persistendo 
pertanto l�interesse alla decisione del gravame. 
3.4. All�udienza 
pubblica 
del 
28 febbraio 2019, dopo la 
rituale 
discussione, nel 
corso della 
quale 
il 
difensore 
della 
societ� 
cooperativa 
ha 
dichiarato di 
avere 
interesse 
alla 
pubblicazione 
anticipata del dispositivo, la causa � stata trattenuta in decisione. 
DIRITTo 


4. Deve 
essere 
scrutinata 
preliminarmente 
l�eccezione 
di 
irricevibilit� 
dell�appello 
in limine 
sollevata 
dalla 
difesa 
dell�appellata, secondo cui 
alla 
violazione 
dei 
termini 
previsti 
per il 
rito 
super-accelerato in materia 
di 
impugnazioni 
avverso le 
ammissioni 
ed esclusioni, secondo la 

CoNTENzIoSo 
NAzIoNALE 


disciplina 
di 
cui 
all�art. 
120, 
commi 
2 
bis 
e6 
bis, 
c.p.a. 
conseguirebbe 
la 
tardivit� 
dell�appello, 
proposto nel 
caso di 
specie 
solo il 
18 ottobre 
2018, a 
fronte 
di 
un termine 
spirato, pur tenendo 
conto del periodo di sospensione feriale, gi� in data 20 settembre 2018. 
Sostiene, in particolare, l�appellata 
che 
nella 
fattispecie 
troverebbe 
applicazione 
l�art. 120 bis 
ultimo 
capoverso 
Cod. 
proc. 
amm. 
s� 
che 
l�appello 
avrebbe 
dovuto 
essere 
notificato 
entro 
trenta 
giorni 
dalla 
comunicazione 
o, se 
anteriore, dalla 
notificazione 
della 
sentenza: 
secondo 
l�appellata, 
a 
differenza 
del 
processo 
civile 
(si 
veda 
Cass., 
Sez. 
lavoro, 
23 
aprile 
2010, 
n. 
9694), nel 
giudizio amministrativo, in cui 
i 
riti 
non rientrano nella 
disponibilit� 
delle 
parti 
o 
del giudice, essendo imposti dalla legge per ragioni di interesse pubblico, va esclusa l�applicazione 
dei 
principi 
di 
ultrattivit� 
del 
rito e 
dell�apparenza 
(come 
statuito anche 
da 
Cons. di 
Stato, 
Adunanza 
Plenaria, 
9 
agosto 
2012, 
n. 
32), 
sicch� 
la 
parte 
non 
pu� 
prendere 
a 
riferimento, 
anche 
ai 
fini 
del 
computo dei 
termini 
previsti 
per le 
attivit� 
processuali 
(tra 
i 
quali 
quelli 
per 
la 
proposizione 
delle 
impugnazioni 
avverso la 
sentenza 
di 
prime 
cure), il 
rito non prescritto 
dalla 
legge, seppur erroneamente 
adottato dal 
giudice 
di 
primo grado. I termini, in generale, 
e 
quelli 
dei 
riti 
speciali 
abbreviati 
sono, infatti, stabiliti 
dal 
legislatore 
per ragioni 
di 
interesse 
generale 
e 
hanno applicazione 
oggettiva 
(in tal 
senso Cons. di 
Stato, Iv, 25 maggio 2018, n. 
3142). 

4.1. L�eccezione � infondata. 
4.2. La 
Sezione 
rileva 
come 
nella 
specie 
ricorrano i 
presupposti 
per la 
concessione 
d�ufficio 
del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile ai sensi dell�art. 37 c.p.a. 
4.3. Come 
chiarito dalla 
giurisprudenza 
amministrativa, le 
regole 
procedurali 
dettagliate 
al 
comma 
6-bis 
dell�art. 120 c.p.a. descrivono un rito accelerato per le 
impugnazioni 
delle 
ammissioni 
ed esclusioni 
ed esauriscono un sistema 
processuale 
chiuso e 
speciale, sicch� 
la 
previsione 
del 
termine 
breve 
per la 
proposizione 
dell�appello si 
inserisce 
anch�essa 
nel 
predetto 
regime 
procedurale 
�nel 
senso 
che 
deve 
intendersi 
operativa 
solo 
al 
suo 
interno 
e, 
quindi, 
per 
la 
sola 
impugnazione 
di 
sentenze 
di 
primo 
grado 
pronunciate 
su 
ricorsi 
introdotti 
e 
definiti 
ai 
sensi 
del 
combinato disposto dei 
commi 
2-bis 
e 
6-bis 
dell�art. 120 c.p.a.� 
(Cons. di 
Stato, 
III, 25 novembre 2016, n. 4994). 
4.4. Tanto premesso, deve 
dunque 
osservarsi 
come 
nel 
caso di 
specie 
non � 
stato seguito nel 
giudizio di 
primo grado (e 
del 
resto neppure 
nel 
giudizio di 
appello) quanto alle 
modalit� 
di 
definizione, alle 
regole 
procedurali 
e 
ai 
termini 
per la 
costituzione 
delle 
parti 
e 
per il 
deposito 
delle 
memorie, 
il 
rito 
super-accelerato 
ai 
sensi 
dell�art. 
120, 
commi 
2 
bis 
e 
comma 
6 
bis, 
c.p.a. 
Pertanto, non essendo stato il 
ricorso di 
primo grado amministrato con le 
regole 
procedurali 
e 
i 
termini 
effettivamente 
previsti 
del 
rito super-speciale 
in questione 
ed avendo ci� determinato 
un�obiettiva 
situazione 
di 
incertezza 
sul 
rito applicabile 
alla 
fattispecie 
oggetto di 
giudizio, 
ricorrono i 
presupposti 
per la 
concessione 
dell�errore 
scusabile 
alla 
parte 
appellante, con 
conseguente 
tempestivit� 
del 
gravame 
proposto entro il 
termine 
dimezzato di 
tre 
mesi 
decorrente 
dal deposito della sentenza (in data 21 luglio 2018). 
(...) 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio di 
Stato in sede 
giurisdizionale, Sezione 
Quinta, definitivamente 
pronunciando 
sull'appello, come 
in epigrafe 
proposto, lo accoglie 
ed in riforma 
della 
sentenza 
impugnata 
respinge il ricorso di primo grado. 
Dispone compensarsi tra le parti le spese del doppio grado di giudizio. 
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2019. 

LegisLAzioneedAttuALit�
Assetti del sistema di autonomie locali 
tra attualit� e prospettive 


Guglielmo Bernabei* 


SommarIo: 1. modelli 
di 
autonomie 
locali 
- 2. assetti 
del 
sistema di 
autonomia locale 



3. Finanza locale 
e 
Titolo V 
- 4. Il 
coordinamento della finanza pubblica nel 
processo di 
attuazione 
del 
Titolo V 
e 
la giurisprudenza costituzionale 
- 5. La legge 
delega 42/2009 tra attualit� 
e prospettive. 
1. modelli di 
autonomie locali. 
Il 
modello di 
Stato federale 
� 
comunemente 
definito come 
una 
forma 
di 
organizzazione 
politica 
che 
comporta 
la 
garanzia 
costituzionale 
della 
autonomia 
di 
enti 
territoriali 
posti 
anche 
in grado di 
concorrere 
alle 
funzioni 
statali 
(1). elemento caratteristico dello Stato federale 
� 
di 
essere 
a 
sovranit� 
divisa 
e 
territorialmente 
circoscritta, 
nel 
senso 
che 
l�entit� 
sovraordinata, 
lo 
Stato 
federale, 
e 
quella 
subordinata, gli 
Stati 
federati, dispongono entrambe 
di 
poteri 
propri, che 
derivano direttamente 
dai 
cittadini, ma 
la 
cui 
estensione 
incontra 
limiti 
per materia, dato che 
le 
competenze 
sono ripartite 
tra 
lo Stato federale 
e 
quelli 
federati, e 
per territorio, essendo la 
sovranit� 
degli 
Stati 
federati 
limitata 
al loro ambito territoriale (2). 


(*) Avvocato e 
Dottore 
di 
ricerca 
in diritto costituzionale. Cultore 
della 
materia 
in diritto amministrativo. 


Il 
presente 
studio � 
tratto da 
GuGlIelmo 
BernABeI, L�Italia dei 
comuni. Prospettive 
di 
sviluppo per 
il 
sistema di governo locale, Wolters Kluwer - CeDAm, 2018. 


(1) G. De 
VerGottInI, 
Stato federale, in Enc. Dir., milano, 1990, XXIII, pag. 831. 
(2) S. VezzoSo, Il 
federalismo fiscale: dalle 
innovazioni 
costituzionali 
del 
2001 al 
disegno Calderoli, 
in Diritto e 
pratica tributaria, 2008, I, pag. 855; 
HAmIlton 
- JAy 
- mADISon, Il 
federalista, Pisa, 
1955, saggi nn. 30, 32 e 35. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Questa 
nozione 
di 
Stato 
federale 
principalmente 
riguarda 
la 
genesi 
storica 
delle 
prime 
federazioni, che 
hanno visto lo Stato federale 
come 
il 
frutto di 
un 
passaggio da 
una 
precedente 
situazione 
confederale, caratterizzata 
da 
forme 
di 
collaborazione 
sancite 
da 
un patto tra 
Stati 
sovrani, che 
decidevano di 
mettere 
in 
comune 
alcune 
risorse 
e 
di 
precostituire 
organi 
di 
collaborazione, 
senza 
reali 
cessioni 
di 
sovranit� 
all�organismo comune. le 
difficolt� 
emerse 
hanno 
imposto 
il 
passaggio 
allo 
Stato 
federale, 
nel 
quale 
i 
cittadini 
degli 
Stati 
federati 
cedono ad una 
unit� 
superiore 
una 
quota 
di 
sovranit� 
per determinate 
materie, 
come 
difesa 
e 
politica 
estera, 
nonch� 
l�allocazione 
delle 
risorse 
finanziarie 
necessarie 
per l�esercizio delle 
funzioni 
assegnate. ne 
consegue 
che, se 
la 
confederazione 
trova 
la 
sua 
origine 
in 
un 
patto 
tra 
Stati, 
lo 
Stato 
federale 
ha 
invece 
la 
sua 
fonte 
in una 
Costituzione, e 
i 
rapporti 
tra 
questo e 
gli 
Stati 
federati 
non 
appartengono pi� al 
diritto internazionale, ma 
sono materia 
di 
diritto interno 
della 
nuova 
unit� 
costituitasi. 
l�esistenza 
di 
un 
patto 
costituzionale 
che 
escluda, inoltre, la 
possibilit� 
della 
secessione 
di 
una 
o pi� unit� 
federate, e 
la 
presenza 
di 
un 
organismo 
giudiziario 
responsabile 
di 
dirimere 
le 
eventuali 
controversie, 
sono 
gli 
elementi 
fondanti 
uno 
Stato 
federale, 
a 
prescindere 
dalla 
denominazione che esso pu� assumere (3). 

l�evoluzione 
storica 
ha 
per� 
evidenziato 
una 
duplice 
tendenza, 
che 
ha 
portato 
alla 
configurazione 
di 
modelli 
diversi 
da 
quello 
astrattamente 
delineato. 
Da 
un lato, lo Stato federale, nato con compiti 
limitati 
e 
rispettoso del-
l�autonomia 
degli 
Stati 
federati, che 
ha 
progressivamente 
esteso i 
suoi 
poteri 
a 
scapito 
delle 
entit� 
federate, 
provocando 
la 
dilatazione 
dell�amministrazione 
centrale 
e 
un pi� incisivo ruolo dell�esecutivo federale; 
dall�altro, si 
� 
manifestata 
una 
reazione 
all�eccessivo 
accentramento 
e 
una 
rivendicazione 
delle 
particolarit� 
socio-economiche 
di 
determinate 
comunit�, 
producendo 
una 
sorta 
di federalismo dissociativo (4), contrapposto a quello per aggregazione. 

Inoltre, 
il 
federalismo 
del 
tipico 
Stato 
federale 
contemporaneo 
diventa 
cooperativo, 
nel 
senso 
che 
le 
competenze 
di 
Stato 
centrale 
e 
Stato 
federale 
non sono pi� rigorosamente 
separate, ma 
tendono a 
sovrapporsi 
e 
richiedono 
strumenti di cooperazione (5). 


(3) 
m. 
AlBertInI, 
La 
federazione, 
in 
La 
politica 
e 
altri 
saggi, 
milano, 
1963, 
pag. 
33; 
G. 
BoGnettI, 
Federalismo, torino, 2006; 
B. CArAVItA, Lineamenti 
di 
diritto costituzionale 
federale 
e 
regionale, torino, 
2006; 
K.C. 
WeAre, 
Del 
Governo 
federale, 
milano, 
1949; 
C.J. 
FrIeDerICH, 
Governo 
costituzionale 
e 
democrazia, capitolo XI: 
Il 
federalismo e 
la divisione 
territoriale 
del 
potere, pagg. 272-317, Vicenza, 
1950. 
(4) C. FrAnCK, Federalismo dissociativo e 
autonomia fiscale; fra federalismo e 
nazionalregionalismo. 
Il 
caso 
belga, 
in 
A. 
mAJoCCHI 
-De 
VIto, 
Federalismo 
fiscale: 
una 
sfida 
per 
l�Europa, 
Padova, 
1999, pag. 112. 
(5) 
r. 
BIn, 
Veri 
e 
falsi 
problemi 
del 
federalismo 
in 
Italia, 
in 
AA. 
VV. 
Il 
federalismo 
preso 
sul 
serio, Bologna, 1996, pag. 61; 
l. BernArDI 
- G. GAnDullIA, Federalismo fiscale 
in Europa e 
in Italia, 
in riv. Dir. Fin., 2005, pagg. 189 - 249; 
C. mortAtI, Costituzione 
dello Stato (dottrine 
generali 
e 
Costituzione 
della repubblica italiana), in Enc. Dir., XI, 1989, pag. 185. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Questo 
processo 
evolutivo 
del 
federalismo 
pone 
l�interrogativo 
se 
sia 
ancora 
corretta 
la 
tradizionale 
distinzione 
tra 
Stato 
federale 
e 
Stato 
regionale, 
dove 
il 
secondo sarebbe 
semplicemente 
caratterizzato da 
un diffuso decentramento. 
l�utilit� 
di 
questa 
suddivisione 
� 
tendenzialmente 
negata. Sotto altro 
profilo � 
stato sostenuto che 
la 
differenza 
tra 
Stato federale 
e 
Stato regionale 
poteva 
avere 
un senso quando imperava 
l�equazione 
tra 
Stato e 
sovranit�, ma 
non pi� in presenza 
di 
una 
Costituzione 
che 
garantisce 
una 
serie 
di 
poteri 
alle 
unit� 
sub-statali 
e 
trova 
limiti 
in 
strutture 
sovranazionali, 
come 
ad 
esempio 
l�unione europea. 


Vanno 
comunque 
tenute 
presenti 
le 
motivazioni 
di 
vario 
tipo 
-economico, 
sociale 
linguistico 
e 
culturale 
-che 
sono 
alla 
radice 
di 
un 
processo 
di 
federalizzazione, 
sia 
che 
esso 
avvenga 
in 
termini 
di 
federalismo 
dissociativo 
sia 
in 
termini 
di 
federalismo 
di 
aggregazione. 
nel 
caso, 
poi, 
di 
federalismo 
associativo, 
sembra 
ragionevole 
che 
la 
difesa 
delle 
prerogative 
del 
potere 
centrale 
sia 
accompagnata 
da 
criteri 
rigorosi 
nella 
valutazione 
della 
legittimit� 
di 
eventuali 
tentativi 
di 
estendere 
questo 
potere 
oltre 
i 
limiti 
che 
gli 
sono 
stati 
attribuiti; 
al 
contrario, 
nel 
caso 
di 
federalismo 
dissociativo, 
vanno 
valutate 
con 
prudenza 
le 
pretese 
delle 
entit� 
sub-statali 
di 
interpretare 
estensivamente 
i 
loro 
poteri 
(6). 


Dinanzi 
alle 
difficolt� 
di 
una 
allocazione 
razionale 
dei 
poteri 
dei 
diversi 
livelli, 
si 
� 
fatto 
ricorso 
al 
concetto 
di 
�sussidiariet��, 
che 
richiama 
un 
meccanismo 
di 
ripartizione 
dei 
compiti 
tra 
centro 
e 
periferia 
antagonistico 
rispetto 
a 
rigide 
ripartizioni 
per 
materia. 
Il 
concetto 
� 
stato 
ribadito 
anche 
come 
principio 
cardine 
dell�unione 
europea 
(7). 
nell�ordinamento 
italiano 
il 
principio 
� 
stato 
sancito 
dalle 
cosiddette 
�leggi 
Bassanini� 
ed 
� 
ora 
indicato 
nell�art. 
118 
Cost., 
come 
criterio 
direttivo 
per 
la 
ripartizione 
delle 
funzioni 
tra 
i 
diversi 
organi 
sub 
statali. 


I valori 
all�origine 
del 
federalismo sono sostanzialmente 
congruenti 
con 
il 
concetto di 
sussidiariet�. una 
struttura 
federale 
deve 
tendere 
ad attribuire 
la 
responsabilit� 
dei 
problemi 
a 
livelli 
in 
cui 
essi 
potranno 
essere 
trattati 
pi� 
adeguatamente, 
con conseguente 
attribuzione 
dei 
mezzi 
necessari. Altro criterio 
direttivo � 
dato dalla 
limitazione 
dell�invadenza 
statale 
nella 
societ� 
civile 
e 
dalla 
salvaguardia 
dell�autonomia 
della 
seconda 
e 
delle 
sfere 
inviolabili 
di 
libert� 
degli individui. 


Applicando 
questi 
concetti 
al 
campo 
fiscale, 
il 
contributo 
del 
federalismo 
al 
buongoverno dovrebbe 
essere 
quello di 
valorizzare 
l�autonomia 
degli 
enti 
locali, 
facendo 
di 
essi 
centri 
di 
spesa 
responsabili. 
ne 
consegue 
l�affermazione 
che 
il 
modello federale 
ottimale 
� 
quello in cui 
il 
soggetto tassato vota 
il 
soggetto 
tassatore; 
in cui 
tanto l�oggetto tassato, quanto l�opera 
finanziaria, sono 


(6) S. PIPerno, La finanza decentrata in Italia, Bologna, 2013. 
(7) 
A. 
DuFF, 
The 
Treaty 
of 
amsterdam, 
Federal 
Trust, 
1997, 
pagg. 
100-106; 
C. 
zAnGHI, 
Istituzioni 
di diritto dell�Unione europea, torino, 2000, pag. 65. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


nella 
competenza 
dell�amministratore 
votato (8). ma 
nella 
realizzazione 
pratica 
di 
questi 
principi 
nascono rilevanti 
difficolt�. Secondo una 
impostazione 
liberistica, 
la 
potest� 
impositiva 
dovrebbe 
essere 
sottratta 
al 
potere 
centrale 
per 
essere 
affidata 
unicamente 
alle 
unit� 
sub-statali 
e 
territoriali. 
Quest�ultime 
sarebbero soggette 
a 
due 
sole 
condizioni: 
rispettare 
l�obbligo del 
pareggio del 
bilancio e devolvere una quota fissa delle loro entrate allo Stato federale. 

nello specifico, tale 
soluzione 
pu� essere 
forse 
compatibile 
con un federalismo 
che 
nasce 
per associazione, ma 
molto meno per il 
caso contrario. In 
un 
processo 
di 
federalismo 
associativo 
si 
pu� 
concepire 
che 
venga 
soltanto 
determinato il 
presumibile 
costo delle 
funzioni 
attribuite 
all�entit� 
sovraordinata, 
con 
conseguente 
conferimento 
alla 
stessa 
dei 
soli 
mezzi 
necessari 
per 
perseguire 
gli 
obiettivi 
assegnati. � 
nello sviluppo del 
sistema, nella 
misura 
in 
cui 
risulter� 
inevitabile 
una 
maggiore 
aggregazione 
e 
una 
espansione 
dei 
compiti 
e 
delle 
responsabilit� 
del 
governo federale 
che 
si 
dovr� 
affrontare 
la 
questione 
di 
come 
dotare 
il 
governo centrale 
di 
risorse 
maggiori 
per costruire 
un 
sistema 
fiscale 
coordinato. 
tuttavia, 
l�irrompere 
di 
esigenze 
sociali 
e 
di 
politica 
economica, 
anche 
di 
livello 
internazionale, 
comporta 
un 
processo 
di 
estensione 
di 
poteri 
del 
governo centrale 
e, quindi, dei 
mezzi 
di 
cui 
esso deve 
disporre, 
imponendosi, 
necessariamente, 
una 
qualche 
misura 
di 
coordinamento 
tra 
sistemi 
fiscali 
locali 
e 
sistema 
centrale. Quando, poi, il 
federalismo nasce 
per dissociazione, si 
pone 
il 
problema 
di 
disarticolare 
e 
allocare 
diversamente 
competenze 
e 
responsabilit� 
che, all�inizio del 
processo federativo, erano accentrate 
nello Stato unitario. Inoltre, per quanto forti 
siano le 
rivendicazioni 
di 
autonomia, in uno Stato unitario che 
intende 
disarticolarsi 
sono comunque 
presenti 
tradizioni 
e 
impostazioni 
solidaristiche 
e 
di 
armonizzazione 
dei 
sistemi 
di governo che non possono essere ignorate. 


la 
questione 
italiana 
vede 
al 
centro 
del 
dibattito 
il 
tentativo 
di 
far 
coincidere 
il 
pi� 
possibile 
il 
potere 
impositivo 
con 
la 
facolt� 
di 
spesa, 
allo 
scopo 
di 
giungere 
ad 
una 
gestione 
pubblica 
e 
responsabile, 
controllabile 
dai 
cittadini 
(9). 


l�avvio 
del 
processo 
compiuto 
di 
uno 
Stato 
delle 
autonomie 
in 
Italia 
� 
contenuto in pochi 
articoli 
della 
Costituzione 
raggruppati 
sotto il 
titolo V, il 
pi� 
rilevante 
dei 
quali 
ai 
fini 
degli 
aspetti 
di 
finanza 
locale 
� 
l�art. 
119, 
dedicato 
all�autonomia finanziaria degli enti territoriali. 


Il 
quadro che 
ne 
emerge 
ha 
portato ad introdurre, in maniera 
sempre 
pi� 
accentuata, il 
concetto di 
federalismo fiscale, anche 
se 
le 
modifiche 
costituzionali 
del 
2001 appaiono andare 
maggiormente 
nella 
direzione 
di 
un decentramento 
finanziario riconducibile all�art. 5 della Costituzione. 


(8) 
G. 
tremontI 
-G. 
VItAlettI, 
Il 
federalismo 
fiscale, 
autonomia 
municipale 
e 
solidariet� 
sociale, 
Bari, 1994, pag. 56. 
(9) A. FoSSAtI 
- r. leVAGGI, Dal 
decentramento alla devolution: il 
federalismo fiscale 
in Italia e 
in Europa, milano, 2007, pag. 60; 
A. AmAtuCCI, autonomia finanziaria e 
tributaria, in Enc. Giur. Treccani, 
roma, 2002. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Infatti, la 
nozione 
di 
federalismo fiscale 
(10), in dottrina, si 
fonda 
su alcuni 
aspetti, ricorrenti 
nelle 
diverse 
forme 
che 
il 
federalismo assume, disciplinati 
dalle 
Carte 
costituzionali. 
Il 
primo 
tra 
questi 
elementi 
� 
costituito 
dall�esistenza 
di 
enti 
dotati 
di 
autonomia 
politica, 
normativa 
e 
amministrativa. 
nello specifico, nei 
sistemi 
federali, i 
poteri 
normativi 
e 
amministrativi 
risultano 
divisi 
tra 
un centro e 
diverse 
periferie, seguendo l�indirizzo di 
allocare 
lo 
svolgimento 
delle 
funzioni 
tra 
differenti 
livelli 
di 
governo, 
prediligendo 
quelli 
pi� vicini 
ai 
cittadini. Questa 
struttura, oggi, pu� essere 
ricondotta 
al 
rispetto 
del 
principio 
di 
sussidiariet�, 
affermatosi 
tramite 
la 
normativa 
europea, 
in 
base 
al 
quale 
lo Stato centrale 
interviene 
soltanto nelle 
materie 
non gestibili, in termini 
di efficacia e di compiutezza delle scelte, da parte degli enti locali (11). 


Dato che 
i 
sistemi 
federali 
riguardano, necessariamente, pi� enti, una 
costante 
del 
federalismo consiste 
nella 
diversit� 
degli 
stessi 
che 
aderiscono ad 
uno 
stesso 
ordinamento 
federale. 
tale 
diversit�, 
poi, 
si 
concretizza 
in 
differenti 
gradi 
di 
autonomia 
riconosciuta 
ed esercitata. ne 
consegue 
che 
gli 
enti 
dotati 
di 
autonomia 
debbono poter usufruire 
di 
mezzi 
necessari 
a 
trasformare 
l�autonomia 
politica, legislativa 
e 
amministrativa 
in un aspetto sostanziale 
della 
loro azione. In tal 
modo, oltre 
a 
porre 
in essere 
norme 
proprie, definendone 
l�ambito di 
applicazione, attraverso i 
mezzi 
finanziari 
gli 
enti 
territoriali 
sviluppano 
interventi 
concreti. 
Se 
poi 
si 
intendesse 
analizzare 
le 
modalit� 
con 
cui 
i 
predetti 
mezzi 
finanziari 
vengono 
acquisiti, 
si 
rileverebbe 
che 
possono 
essere 
percorse 
due 
strade. Da 
un lato, infatti, con il 
trasferimento delle 
somme 
necessarie 
dal 
centro alla 
periferia, si 
attribuisce 
agli 
enti 
territoriali 
capacit� 
di 
bilancio e 
di 
spesa; 
dall�altro, con il 
riconoscimento di 
forme 
autonome 
di 
finanziamento, 
si 
permette 
il 
reperimento 
diretto 
di 
fondi 
sul 
territorio, 
in 
modo 
da coprire i costi delle funzioni (12). 

la 
nozione 
di 
federalismo fiscale 
si 
lega 
alla 
seconda 
opzione, in quanto 
essa 
intende 
esprimere 
una 
tendenza 
in base 
alla 
quale 
lo Stato centrale 
configura 
i 
rapporti 
con gli 
enti 
territoriali 
in modo che 
tali 
enti, sotto il 
profilo finanziario, 
siano 
responsabili 
delle 
entrate 
che 
percepiscono 
e 
della 
loro 
destinazione. 


tuttavia, nonostante 
la 
presenza 
di 
questo presupposto sia 
necessaria 
ad 
individuare 
la 
nozione, essa 
non � 
del 
tutto soddisfacente. Il 
federalismo fiscale, 
infatti, dipende 
anche 
dalle 
modalit� 
perseguite 
nella 
attuazione 
della 
disciplina 
e, 
in 
particolare, 
dall�entit� 
delle 
somme 
che 
l�ente 
� 
in 
grado 
di 


(10) G.C. De 
mArtIn, Il 
disegno autonomistico disatteso tra contraddizioni 
e 
nuovi 
scenari 
problematici, 
in Istituzioni del Federalismo, n. 1/2014, pag. 29. 
(11) l. VAnDellI, Dimensioni 
della democrazia locale. alla ricerca di 
nuovi 
equilibri 
tra democrazia 
rappresentativa, decisoria, partecipativa, in A. zAnottI 
(a 
cura 
di), Quale 
futuro dopo la democrazia, 
(in corso di pubblicazione). 
(12) S. PIPerno 
- G. BroSIo, Governo e 
finanza locale: una introduzione 
alle 
istituzioni 
del 
federalismo 
fiscale, torino, 2009. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


percepire 
sul 
territorio, 
sia 
esercitando 
la 
propria 
autonomia 
impositiva, 
sia 
beneficiando del trasferimento dallo Stato centrale. 


occorre, per�, sottolineare 
che 
l�autonomia 
finanziaria 
degli 
enti 
territoriali 
fatica 
a 
dispiegarsi 
pienamente. 
e 
ci� 
consente 
di 
introdurre 
due 
temi 
centrali 
che 
caratterizzano 
i 
federalismi 
fiscali 
attuali 
e 
che 
coinvolgono 
le 
autonomie locali. 


Infatti, la 
presenza 
di 
una 
variet� 
di 
enti 
territoriali 
pu� comportare 
una 
diversit� 
di 
risorse, e, quindi, di 
ricchezza, degli 
enti 
stessi. Diversit� 
che 
si 
pu� tradurre 
in disuguaglianza 
dei 
mezzi 
necessari 
per un compiuto esercizio 
delle funzioni attribuite. 


Per evitare 
questa 
disparit�, e, soprattutto, per impedire 
che 
alcune 
prestazioni, 
considerate 
di 
particolare 
rilevanza 
da 
parte 
dell�ordinamento, scendano 
sotto 
una 
certa 
soglia, 
lo 
Stato 
centrale 
svolge 
una 
attivit� 
di 
perequazione. non pu� essere 
accettabile 
che 
gruppi 
sociali 
insediati 
su territori 
riconducibili 
ad 
un�unica 
realt� 
statuale 
godano 
in 
misura 
eccessivamente 
difforme 
di 
prestazioni 
concernenti 
i 
diritti 
quali 
quelli 
civili 
e 
sociali 
che 
gli 
ordinamenti 
contemporanei 
intendono 
garantire 
sull�intero 
territorio 
nazionale. 
Pertanto, queste 
diversit� 
vengono attenuate 
attraverso una 
attivit� 
redistributiva 
dello Stato centrale 
e 
si 
traduce 
in una 
limitazione 
degli 
obiettivi 
e 
del-
l�impatto dell�ordinamento delle autonomie locali (13). 


Inoltre, 
la 
normativa 
comunitaria 
condiziona 
l�autonomia 
finanziaria 
degli 
enti 
territoriali. nello specifico, il 
trattato di 
Amsterdam 
ha 
imposto agli 
Stati 
membri 
dell�unione 
europea 
l�adesione 
ad un Patto di 
stabilit� 
e 
di 
crescita 
e 
la 
redazione 
di 
un patto di 
stabilit� 
interno i 
cui 
obiettivi, e 
i 
relativi 
mezzi 
per 
raggiungerli, sono gestiti 
dagli 
Stati 
centrali 
e 
controllati 
dalla 
Commissione 
europea (14). 


2. assetti del sistema di autonomia locale. 
Per 
la 
scienza 
giuspubblicistica 
il 
termine 
�autonomia� 
intende 
designare 
una 
posizione 
soggettiva 
di 
potere 
derivato 
dall�ordinamento 
sovrano 
ed 
esercitabile 
mediante 
atti 
che, seppur nell�ambito riconosciuto dalla 
Costituzione 
e 
attribuito 
in 
concreto 
dalla 
legge, 
sono 
idonei 
a 
spiegare 
l�efficacia 
perseguita 
dall�ente pubblico titolare (15). 


un 
ruolo 
particolare 
assume 
il 
concetto 
di 
autonomia 
normativa 
che 


(13) A. DI 
PIetro, Federalismo e 
devoluzione 
nella recente 
riforma costituzionale: profili 
fiscali, 
in rass. Trib., 2006, pag. 245. 
(14) 
u. 
DrAettA, 
Le 
competenze 
nell�Unione 
europea 
nel 
Trattato 
di 
Lisbona, 
in 
Dir. 
com. 
e 
degli 
scambi 
int., 2008, pagg. 245 e 
ss.; V.m. SBreSCIA, Le 
competenze 
dell�Unione 
europea nel 
Trattato di 
Lisbona, 
napoli, 
2008; 
F. 
PIzzettI, 
G. 
tIBerI, 
Le 
competenze 
dell�Unione 
e 
il 
principio 
di 
sussidiariet�, 
in F. BASSAnInI, G. tIBerI 
(a 
cura 
di), Le 
nuove 
istituzioni 
europee, Commento al 
Trattato di 
Lisbona, 
Astrid, Bologna, 2008, pag. 144. 
(15) C. PrezIoSI, I nuovi 
poteri 
tributari 
delle 
autonomie 
locali, in riv. Dir. Trib., 2005, I, pag. 
557. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


identifica 
il 
potere 
dell�ente 
di 
porre 
norme 
capaci 
di 
innovare 
l�ordinamento 
giuridico 
generale 
(16). 
A 
Costituzione 
invariata, 
la 
dottrina 
italiana 
e 
la 
giurisprudenza 
costituzionale 
hanno 
ampiamente 
condiviso 
la 
tesi 
che 
ai 
poteri 
dell�autonomia 
pu� 
assegnarsi 
soltanto 
una 
funzione 
integratrice 
rispetto 
alla 
normazione 
dello 
Stato. 
Questo 
tratto 
caratteristico 
dipende 
dall�indispensabile 
rapporto 
di 
gerarchia 
sussistente 
tra 
la 
fonte 
primaria 
del 
diritto, 
esplicata 
dallo 
Stato 
in 
modo 
da 
assicurare 
l�unit� 
complessiva 
del 
sistema, 
e 
le 
fonti 
secondarie 
degli 
enti 
locali 
comunali 
e 
provinciali, 
le 
quali 
possono 
esprimere 
una 
normazione 
entro 
limiti 
specificatamente 
assegnati 
e 
nelle 
forme 
appositamente 
stabilite 
dalle 
norme 
di 
produzione 
che 
le 
riguardano. 
In 
concreto, 
tuttavia, 
il 
grado 
di 
subordinazione 
gerarchica 
pu� 
risultare 
pi� 
o 
meno 
elevato, 
dal 
momento 
che 
viene 
rimesso 
alla 
sola 
fonte 
primaria 
il 
compito 
di 
determinare 
l�intensit� 
degli 
effetti 
di 
cui 
sono 
capaci 
le 
norme 
delle 
autonomie 
rispetto 
a 
se 
stessa 
(17). 


In 
termini 
generali, 
i 
poteri 
di 
autonomia 
sono 
attribuiti 
con 
legge 
statale, 
a 
meno 
che 
non 
vi 
provveda 
direttamente 
la 
Carta 
costituzionale. 
Si 
ritiene 
che 
siffatta 
costituzionalizzazione 
dell�autonomia 
assolva 
ad 
una 
funzione 
garantista, 
consistente 
nel 
porre 
le 
attribuzioni 
che 
ne 
formano 
l�oggetto 
al 
riparo 
da 
interventi 
invasivi 
del 
legislatore 
ordinario. Questo significa 
che 
la 
figura 
di 
autonomia 
dell�ente 
territoriale 
usufruisce 
necessariamente 
di 
un 
proprio 
ambito 
di 
competenze 
garantite 
e 
ripartite, 
destinate 
a 
rilevare 
sia 
per 
i 
fini 
dell�autonomia normativa sia per quella organizzatoria. 


Questa 
impostazione 
vuole 
sottolineare 
il 
fatto 
che 
la 
normazione 
del-
l�ente 
decentrato � 
chiamata 
ad intervenire 
fino a 
quando e 
nella 
misura 
in cui 
lo 
Stato 
centrale 
non 
ricorra 
al 
proprio 
potere 
legislativo. 
nella 
realt� 
delle 
cose, per�, � 
dato osservare 
che 
il 
riconoscimento costituzionale 
dell�autonomia 
non produce 
altro effetto che 
quello di 
impegnare 
lo Stato centrale 
nel-
l�attribuzione 
in 
suo 
favore 
di 
fasce 
pi� 
o 
meno 
ampie 
di 
poteri 
di 
normazione 
e/o di 
organizzazione, facendo ricorso a 
strumenti 
di 
legge 
ordinaria. ne 
consegue 
che 
un riconoscimento espresso in questi 
termini 
finisce 
per cristallizzarsi 
in 
una 
formale 
postulazione 
di 
principio, 
la 
cui 
attuazione 
risulta 
rimessa 
alle scelte discrezionali del legislatore. 


le 
norme 
cardinali 
della 
Costituzione 
repubblicana, capovolgendo l�indirizzo 
centralistico affermato dallo Statuto Albertino e 
rafforzato durante 
il 
periodo fascista, prefigurano alcune 
autonomie 
istituzionali 
laddove 
fissano, 
all�art. 5, il 
principio sistematico secondo cui 
�la repubblica, una ed indivisibile, 
riconosce 
e 
promuove 
le 
autonomie 
locali; attua nei 
servizi 
che 
dipen


(16) m.S. GIAnnInI, Sovranit�. Diritto vigente, in Enc. Dir., XlIII, 1990, pag. 225; 
r. morettI, 
Sovranit� popolare, Enc. Giur. Treccani, roma, 1993, 1. 
(17) l. Del 
FeDerICo, orientamenti 
di 
politica legislativa regionale 
in materia di 
tributi 
locali, 
in Fin. Loc., 2003, pag. 521; l. toSI, Finanza locale, milano, 1990, pag. 13. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


dono 
dallo 
Stato 
il 
pi� 
ampio 
decentramento 
amministrativo; 
adegua 
i 
principi 
e 
i 
metodi 
della sua legislazione 
alle 
esigenze 
dell�autonomia e 
del 
decentramento�. 
la 
disposizione 
dell�art. 5 Cost. merita 
di 
essere 
assunta 
a 
canone 
di 
interpretazione 
di 
tutta 
la 
normativa 
costituzionale 
concernente 
l�autonomia 
locale, 
apprezzandosi, 
da 
un 
lato, 
il 
valore 
ordinamentale 
impresso 
al 
concetto 
della 
necessaria 
promozione 
delle 
autonomie 
stesse, 
collocato 
tra 
i 
principi 
fondamentali 
della 
Carta 
e 
idoneo a 
completare 
la 
caratterizzazione 
costituzionale 
della 
repubblica, e, dall�altro, la 
connotazione 
del 
limite 
della 
salvaguardia 
dell�unit� 
e 
dell�indivisibilit� 
(18). � 
altres� 
opportuno chiarire 
che 
il 
sintagma 
si 
riferisce 
complessivamente 
alle 
regioni, 
alle 
Province, 
ai 
Comuni 
ed ora 
anche 
alle 
Citt� 
metropolitane, cos� 
come 
risulta 
dal 
confronto dall�art. 
5 
Cost, 
con 
l�art. 
114, 
quest�ultimo 
sia 
nel 
testo 
previgente 
che 
in 
quello 
varato 
dalla legge costituzionale n. 3/2001. 


Secondo 
la 
disposizione 
dell�art. 
114 
Cost., 
�la 
repubblica 
� 
costituita 
dai 
Comuni, 
dalle 
Province, 
dalle 
Citt� 
metropolitane, 
dalle 
regioni 
e 
dallo 
Stato. 
I 
Comuni, 
le 
Province, 
le 
Citt� 
metropolitane 
e 
le 
regioni 
sono 
enti 
autonomi 
con 
propri 
statuti, 
poteri 
e 
funzioni 
secondo 
i 
principi 
fissati 
dalla 
Costituzione�. 
Coniugando 
questa 
norma 
con 
le 
disposizioni 
successive 
degli 
artt. 
117, 
119, 
123 
e 
127, 
risulta 
che 
il 
titolo 
V 
della 
Costituzione 
riconosce 
a 
ciascuno 
degli 
enti 
territoriali 
tutte 
le 
forme 
di 
autonomia 
pubblica 
teorizzate 
dalla 
dottrina 
classica, 
ossia 
l�autonomia 
normativa, 
organizzatoria 
e 
politica 
(19). 


l�evoluzione 
della 
riforma 
del 
titolo V 
del 
2001 non � 
di 
poco conto, 
specie 
ove 
si 
considerino quali 
fossero gli 
approdi 
ermeneutici 
in relazione 
al 
sistema 
costituzionale 
previgente. In tal 
senso giova 
ricordare 
che 
l�art. 114 
Cost. previgente 
dichiarava 
semplicemente 
che 
�la repubblica si 
riparte 
in 
regioni, Province 
e 
Comuni�, l�art. 117 Cost. previgente 
attribuiva 
alla 
regione 
il 
potere 
di 
emanare 
norme 
legislative 
in 
determinate 
materie 
�nei 
limiti� 
dei 
principi 
fondamentali 
stabiliti 
dalle 
leggi 
dello Stato, l�art. 119 Cost. previgente 
riconosceva 
alla 
sola 
regione 
i 
poteri 
di 
autonomia 
finanziaria, 
ma 
ci� esclusivamente 
�nelle 
forme 
e 
nei 
limiti 
stabiliti 
dalle 
leggi 
della repubblica, 
che 
la coordinano con la finanza dello Stato, delle 
Province 
e 
dei 
Comuni�, 
con 
attribuzione 
di 
�tributi 
propri 
e 
quote 
di 
tributi 
erariali, 
in 
relazione 
ai 
bisogni 
delle 
regioni 
per 
le 
spese 
necessarie 
ad 
adempiere 
le 
loro 
funzioni 
normali�. 
Da 
questo 
quadro 
emerge 
che 
il 
sistema 
costituzionale 
previgente 
privilegiava 
la 
salvaguardia 
dei 
valori 
dell�unit� 
e 
della 
indivisibilit� 
della 
repubblica 
con 
una 
eccessiva 
limitazione 
delle 
esigenze 
dell�autonomia 
territoriale 
(20). Si 
ricordi, a 
riguardo, che 
all�adozione 
del 
criterio della 
legi


(18) G. lorenzon, Tributi 
locali, in 
Enc. del 
dir., XVl, 1989, pag. 133; 
C. SACCHetto, Federalismo 
fiscale tra modelli esteri e vincoli comunitari, in 
riv. It. Dir. Pubbl. com., 1998, pag. 658. 
(19) 
S. 
BArtole, 
Collaborazione 
e 
sussidiariet� 
nel 
nuovo 
ordine 
regionale, 
in 
Le 
regioni, 
2004, 
n. 1; 
A. morrone, La Corte 
costituzionale 
riscrive 
il 
Titolo V? in Forum 
di 
Quaderni 
costituzionali, 8 
ottobre 2003. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


slazione 
concorrente 
spettante 
allo Stato, mediante 
legge-cornice, e 
alla 
regione, 
in 
ordine 
alla 
normazione 
di 
dettaglio, 
secondo 
un 
riparto 
di 
competenze 
affidato alla 
tecnica 
enumerativa, si 
contrapponeva 
la 
circostanza 
che 
i 
poteri 
regionali restavano vincolati ad un triplice ordine di limitazioni. 


la 
prima 
di 
esse 
risiedeva 
nella 
regola 
che 
il 
rispetto 
dei 
principi 
dovesse 
assumere 
carattere 
di 
generalit� 
e 
necessariet�, nel 
senso che 
il 
legislatore 
regionale, 
sia 
a 
statuto ordinario che 
a 
statuto speciale, non potesse 
comunque 
prescinderne, seppure 
lo Stato, in relazione 
alle 
regioni 
a 
statuto ordinario, 
avesse 
trascurato di 
dettarli 
con la 
legge-cornice. la 
seconda 
limitazione 
era 
ravvisata 
nella 
circostanza 
che 
nella 
gran parte 
delle 
materie 
di 
competenza 
ripartita 
enumerati 
dall�art. 
117 
previgente 
Cost. 
compariva 
l�elemento 
restrittivo 
della 
sussistenza 
di 
uno specifico �interesse 
regionale�. ne 
conseguiva 
che 
l�intervento 
statale 
era 
considerato 
ammissibile 
ogni 
volta 
che 
il 
legislatore 
ravvisasse 
l�inesistenza 
dell�elemento fondante 
la 
competenza 
costituzionale 
della 
regione 
in 
una 
determinata 
materia. 
la 
terza 
limitazione, 
infine, 
discendeva 
da 
una 
interpretazione 
riduttiva 
dell�art. 
119 
previgente 
Cost., 
in 
materia 
di 
autonomia 
finanziaria 
della 
regione, 
visto 
che 
era 
accolta 
dalla 
stessa 
Corte 
costituzionale, ad esempio con la 
sentenza 
n. 271/1987, la 
tesi 
secondo cui 
il 
potere 
dell�ente 
di 
istituire 
�tributi 
propri� 
appartenesse 
ad 
una 
forma 
di 
competenza 
meramente 
integrativa, reputandosi 
indispensabile 
che 
alla 
base 
del 
relativo esercizio stesse 
comunque 
l�adozione 
di 
una 
legge 
statale 
sul 
�tipo di 
disciplina� 
della quale la regione era ammessa a dare attuazione (21). 


Quanto 
agli 
enti 
territoriali 
minori, 
mentre 
era 
alquanto 
diffusa 
l�opinione 
che 
dal 
principio sistematico posto dall�art. 5 Cost. occorresse 
comunque 
ricavare 
l�affermazione 
di 
una 
autonomia 
politica, 
risultava 
prevalentemente 
escluso 
che 
la 
Costituzione, 
nel 
suo 
complesso, 
potesse 
interpretarsi 
nel 
senso 
che 
essi 
godessero di 
forme 
costituzionalizzate 
di 
autonomia 
normativa, seppure 
subordinate 
all�esercizio 
del 
potere 
legislativo 
dello 
Stato. 
Il 
dibattito, 
infatti, incentrato soprattutto sulla 
portata 
dell�art. 128 previgente 
Cost., � 
rimasto 
acceso 
sullo 
specifico 
punto 
dell�autonomia 
finanziaria 
e 
tributaria 
delle 
Province 
e 
dei 
Comuni, nella 
proiezione 
dell�attitudine 
a 
normare 
con effetti 
di costitutivit� nell�ordinamento (22). 


Sulla 
questione 
si 
argomentava 
sul 
fatto 
che 
la 
sussistenza 
dell�autonomia 
finanziaria 
e 
normativa 
dovesse 
ricavarsi 
dal 
combinato disposto dell�art. 5 e 
128 previgenti 
Cost.; 
all�autonomia 
finanziaria, intesa 
come 
potere 
di 
deter


(20) F. GAllo, L�autonomia tributaria degli 
enti 
locali 
e 
l�imposta sui 
cespiti 
immobiliari, Bologna, 
1979; 
V. CrISAFullI, Lezioni di diritto costituzionale, I, Padova, 1962, pag. 242. 
(21) m. BertolISSI, 
L�autonomia finanziaria regionale, Padova, 1983; 
F. GAllo, Proposte 
per 
la 
realizzazione 
del 
federalismo fiscale, I, in Il 
fisco, allegato al 
n. 21 del 
maggio 1996; 
l. Perrone, La 
sovranit� impositiva tra autonomia e federalismo, in riv. Dir. Trib., 2004, I, pag. 1173. 
(22) l. Perrone, appunti 
sulle 
garanzie 
costituzionali 
in materia tributaria, in riv. Dir. Trib., I, 
1997, pag. 584. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


minare 
l�entit� 
sia 
dell�entrata 
sia 
della 
spesa 
secondo i 
criteri 
del 
cosiddetto 
principio 
della 
strumentalit� 
necessaria, 
andava 
affiancata 
l�autonomia 
normativa 
tributaria. Al 
riguardo, tale 
dottrina, osservava 
che 
le 
uniche 
possibili 
alternative 
si 
riducevano 
alla 
configurazione 
di 
risorse 
esclusivamente 
derivate 
dal 
finanziamento statale 
o regionale, ovvero reperite 
con mezzi 
di 
indebitamento 
sistematico con ricadute 
fortemente 
negative 
sulla 
struttura 
dei 
bilanci 
degli 
enti 
locali 
minori. Sulla 
stessa 
linea, si 
evidenziava, inoltre, che 
pi� verosimilmente 
l�affermazione 
dell�autonomia 
tributaria 
comunale 
avrebbe 
dovuto 
ricavarsi 
dalla 
stessa 
formulazione 
dell�art. 
119 
previgente 
Cost., 
laddove 
si 
alludeva 
a 
�leggi 
statali 
di 
coordinamento 
delle 
autonomie 
finanziarie 
delle 
regioni, 
dei 
Comuni 
e 
delle 
Province�. 
Infatti, 
il 
riferimento 
al 
�coordinamento� 
da 
attuarsi 
mediante 
legge 
implicava 
l�intendimento di 
valorizzare 
la 
presenza 
di 
enti 
coordinati, e 
tra 
questi 
in primis 
gli 
enti 
territoriali 
minori, in 
quanto titolari 
di 
appositi 
ed equiordinati 
poteri 
normativi, e 
di 
condizionarne 
l�azione 
all�intervento 
statale. 
In 
questo 
modo 
era 
esclusa 
la 
possibilit� 
di 
considerare 
autonomamente 
i 
singoli 
ordinamenti 
finanziari 
minori, per i 
quali, 
invece, esisteva 
l�esigenza 
di 
unitariet� 
nella 
formazione 
e 
nella 
rappresentazione 
dei 
diversi 
livelli 
di 
finanza 
pubblica, 
corrispondente 
al 
ruolo 
di 
ciascun 
ente nel sistema di autonomia in relazione alla finanza statale (23). 


A 
queste 
tesi 
si 
opponevano 
posizioni 
centraliste, 
le 
quali 
disconoscevano 
ogni 
fondamento 
costituzionale 
all�autonomia 
tributaria 
in 
questione, 
sostenendo 
che 
la 
sua 
fonte 
poteva 
ricavarsi 
unicamente 
dalla 
legge 
statale, 
sulla 
base 
di 
una 
valutazione 
discrezionale 
fondata 
sul 
cosiddetto 
�principio 
di 
ottimizzazione 
dei 
prelievi 
fiscali�. 
le 
argomentazioni 
addotte 
al 
riguarda 
si 
fondavano 
su 
una 
lettura 
dell�art. 
128 
previgente 
Cost. 
in 
comparazione 
con 
l�art. 
119 
previgente 
Cost., 
affermando 
che 
quest�ultima 
disposizione 
attribuiva 
testualmente 
l�autonomia 
tributaria 
alla 
sola 
regione 
e 
non 
anche 
al 
Comune. 


Queste 
tendenze 
�restrittive� 
hanno influenzato la 
legislazione 
statale 
in 
materia 
di 
autonomie 
locali, come 
� 
dato modo di 
verificare 
sia 
sul 
versante 
degli 
interventi 
effettuati 
nei 
confronti 
delle 
regioni 
sia 
su quello della 
disciplina 
delle funzioni comunali. 


Quanto 
alle 
regioni, 
infatti, 
� 
ampiamente 
condiviso 
il 
rilievo 
che 
le 
esperienze 
applicative 
hanno 
di 
fatto 
travolto 
gli 
argini 
dell�autonomia, 
seppure 
fissati 
dalla 
Carta 
costituzionale, muovendosi 
con eccessiva 
elasticit�. Significativa 
appare, nella 
materia 
finanziaria 
e 
tributaria, la 
tendenza 
ad adottare 
soluzioni 
legislative 
che 
non solo hanno ridotto la 
competenza 
regionale 
all�esercizio 
di 
funzioni 
meramente 
integratrici, 
si 
veda, 
su 
tutte, 
la 
legge 
n. 
291/1970, che 
ha 
individuato e 
disciplinato, quasi 
come 
norma 
di 
dettaglio, i 
�tributi 
propri� 
di 
cui 
all�art. 119 previgente 
Cost., relegando l�intervento re


(23) G. teSAuro, 
Le 
basi 
costituzionali 
della fiscalit� regionale 
e 
locale, in Fin. Loc., 2005, pag. 
13. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


gionale 
alla 
sola 
scelta 
dell�aliquota 
entro 
limiti 
prestabiliti, 
ma 
soprattutto 
hanno configurato il 
sistema 
finanziario delle 
regioni 
in maniera 
tale 
che 
la 
preponderante 
parte 
delle 
risorse 
disponibili, 
circa 
l�80%, 
fosse 
definita 
da 
trasferimenti 
erariali. 


Questi 
strumenti 
applicativi 
hanno deformato la 
logica 
stessa 
del 
�coordinamento� 
di 
cui 
era 
menzione 
nell�art. 
119, 
comma 
1, 
previgente, 
Cost.; 
tale 
disposizione 
racchiudeva 
in s� 
l�idea 
di 
una 
equiordinata 
autodeterminazione 
di 
ciascuno dei 
soggetti 
coordinati, ossia 
gli 
enti 
territoriali, rispetto al 
coordinatore, 
lo Stato. ne 
� 
derivata 
anche 
una 
seria 
compromissione 
dell�applicazione 
del 
principio 
di 
autonomia 
politica 
della 
regione, 
in 
quanto 
un 
bilancio 
finanziario 
affidato 
a 
prevalenti 
risorse 
derivate, 
e, 
pertanto, 
determinato 
in base 
a 
prelievi 
fiscali 
indirettamente 
attinti 
dallo Stato nei 
confronti 
della 
popolazione 
territoriale, non poteva 
che 
deresponsabilizzare 
gli 
amministratori 
locali dinanzi agli elettori (24). 


In riferimento a 
Province 
e 
Comuni, il 
legislatore 
statale, riprendendo e, 
per certi 
versi, accentuando le 
tendenze 
accentratrici 
affermatisi, senza 
soluzione 
di 
continuit�, 
dagli 
albori 
dello 
Stato 
unitario, 
durante 
il 
periodo 
fascista 
e 
fino all�avvento della 
Costituzione 
repubblicana, ha 
sempre 
operato sul 
presupposto 
che 
la 
Carta 
costituzionale 
non avesse 
concesso loro alcuna 
forma 
di 
autonomia, oltre 
a 
quella 
politica 
che 
si 
ricavava 
dalle 
dichiarazioni, intese 
come 
meramente 
programmatiche, dell�art. 5 Cost. e 
che 
si 
riteneva 
di 
poter 
trascurare o restringere mediante legge statale. 


Secondo 
questa 
logica, 
per 
tutte 
le 
figure 
di 
imposizione 
locale 
in 
vigore 
dal 
1948 
fino 
agli 
inizi 
degli 
anni 
�70, 
e, 
a 
loro 
volta, 
ereditate 
dal 
t.u.F.l. 
del 
1931 
o 
comunque 
radicate 
nell�ordinamento 
fascista, 
il 
quale, 
per 
sua 
stessa 
natura, 
negava 
qualsiasi 
autonomia 
agli 
enti 
locali, 
venne 
conservata 
una 
compiuta 
matrice 
statale, 
ritenuta 
la 
sola 
capace 
a 
fondarne 
l�esercizio, 
seppure 
nella 
residuale 
porzione 
di 
interventi 
normativi 
coerenti 
con 
il 
principio 
di 
legalit� 
formale 
e 
sostanziale 
dettato 
dall�art. 
23 
Cost.; 
va, 
inoltre, 
considerato, 
che 
le 
figure 
di 
imposizione 
locale 
in 
questione 
erano 
alquanto 
numerose 
ed 
articolate 
in 
modo 
da 
assicurare 
il 
50% 
delle 
entrate 
a 
fronte 
del 
gettito 
delle 
residue 
fonti 
garantite 
da 
compartecipazioni 
sui 
prelievi 
di 
stampo 
erariale. 


Questa 
posizione 
restrittiva 
e 
centralistica 
� 
poi 
giunta 
ad 
un 
approdo 
ancor pi� rilevante 
allorquando, con le 
leggi 
degli 
anni 
�70, si 
ritenne 
di 
modificare 
il 
sistema 
a 
causa 
di 
gravissime 
insufficienze 
dovute 
all�operare 
congiunto 
di 
diversi 
fattori 
(25). 
Questi 
consistevano, 
infatti, 
in 
diseconomie 
generate 
dalla 
irrazionale 
congerie 
di 
tributi, in incapacit� 
funzionali 
dei 
Co


(24) 
V. 
CerIAnI, 
Federalismo, 
perequazione, 
tributi, 
in 
rass. 
Trib., 
2002, 
pag. 
1664; 
G. 
mAC-
CIottA, A. zAnArDI, 
Il 
sistema perequativo delle 
regioni, in Per 
lo sviluppo. Un federalismo fiscale 
responsabile 
e solidale, a cura di 
A. zAnArDI, Bologna, 2006, pag. 126. 
(25) G. Putzolu, L�autonomia tributaria degli enti territoriali, Padova, 1996, pag. 56. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


muni 
in sede 
di 
gestione, in eccessiva 
frammentazione 
delle 
fonti 
normative, 
in una 
dilatazione 
della 
spesa 
locale 
tale 
da 
richiedere 
un costante 
monitoraggio 
delle entrate. 


Inoltre, si 
era 
andata 
affermando una 
volont� 
del 
potere 
statale 
di 
attuare 
un 
pi� 
marcato 
controllo 
politico 
delle 
autonomie 
locali 
e 
il 
quadro 
predisposto 
dalla 
legge 
delega 
n. 
825 
del 
1971 
si 
risolse 
in 
una 
ulteriore 
spinta 
centralistica. 
Spiccavano, infatti, da 
un lato, la 
soppressione 
della 
parte 
pi� qualificante 
dei 
tributi 
locali 
preesistenti, quali, ad esempio, quelli 
sulla 
famiglia, sul 
valore 
locativo e 
sui 
consumi, la 
creazione 
di 
pochi 
tributi 
nuovi, quali 
tasse 
e 
concessioni 
comunali, contributi 
di 
fognatura, contributi 
urbanistici, imposta 
di 
pubblicit�, 
e 
la 
contestuale 
creazione 
dell�Ilor 
e 
dell�Invim 
che 
avevano 
la 
natura 
di 
tributi 
eminentemente 
erariali; 
dall�altro, 
si 
stabiliva 
la 
determinazione 
di 
prevalenti 
trasferimenti 
erariali 
in 
compensazione 
dei 
tributi 
soppressi 
(26). 

ne 
conseguiva 
che 
l�autonomia 
concessa 
finiva 
per 
contenersi 
in 
una 
parziale 
libert� 
di 
spesa 
ed 
in 
un 
pressoch� 
simbolico 
livello 
di 
potere 
normativo, 
con sostanziale 
smantellamento del 
modello di 
finanza 
locale 
preesistente. A 
questo scenario legislativo si 
aggiunge 
la 
scelta 
del 
legislatore 
statale 
di 
non 
completare 
il 
mutato quadro di 
finanza 
locale 
con una 
riforma 
amministrativa 
degli enti locali. 


l�insufficienza 
dei 
trasferimenti 
erariali, 
pari, 
ad 
esempio, 
nel 
1978, 
all�85% 
delle 
entrate 
comunali, 
e 
l�inconsistenza 
delle 
entrate 
derivanti 
da 
tributi 
propri, 
nonch� 
una 
diffusa 
deresponsabilizzazione 
degli 
amministratori 
locali, sono tutti 
elementi 
che 
hanno causato un impressionante 
livello di 
indebitamento 
degli 
enti 
territoriali, e 
a 
poco giovarono i 
rimedi 
legislativi 
approntati 
per riparare ai danni indotti dal sistema locale. 


rilevano, 
a 
tal 
riguardo, 
le 
misure 
di 
consolidamento 
delle 
esposizioni 
bancarie 
dei 
Comuni, 
con 
conseguente 
assunzione 
dell�impegno 
dello 
Stato 
al 
pagamento 
degli 
ammortamenti 
e 
con 
il 
divieto 
di 
contrarre 
nuovi 
debiti, 
l�obbligo 
di 
pareggio 
di 
bilancio 
entro 
limiti 
annualmente 
e 
rigidamente 
prestabiliti 
per 
contenere 
l�espansione 
della 
spesa 
eccedente 
quella 
obbligatoria, 
il 
vincolo 
che 
imponeva 
l�aumento 
delle 
aliquote 
per 
i 
tributi 
e 
le 
tariffe 
comunali. 


Questi 
interventi, 
oggettivamente, 
apparivano 
ancor 
pi� 
lesivi 
dei 
principi 
costituzionali 
sulle 
autonomie 
locali, 
dato 
che 
realizzavano 
una 
sostanziale 
sperequazione 
tra 
territori 
ad economia 
forte 
e 
territori 
ad economia 
debole. 
Si 
rilevava, infatti, che 
questi 
ultimi 
contribuivano, esattamente 
come 
i 
primi, 
ad assicurare 
in misura 
proporzionale 
i 
flussi 
di 
entrata 
attraverso il 
prelievo 
operato con le 
imposizioni 
erariali 
e, al 
tempo stesso, essi 
erano ammessi 
ad 
attingere 
risorse, a 
titolo di 
trasferimento, solo in misura 
incoerente 
ed insufficiente 
rispetto al 
volume 
delle 
�entrate 
proprie�. non si 
teneva 
in adeguato 


(26) F. teSAuro, Istituzioni di diritto tributario, I, milano, 2006, pag. 118. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


conto del 
gettito inferiore 
rispetto a 
quello reso possibile, seppure 
dalla 
stessa 
legislazione restrittiva, nei territori ad economia forte. 


Alla 
luce 
di 
tali 
argomentazioni 
si 
spiega 
la 
sostanziale 
inversione 
di 
tendenza 
che 
si 
� 
andata 
registrando nella 
legislazione 
a 
partire 
dagli 
anni 
�80 e 
che 
si 
� 
progressivamente 
consolidata 
fino 
alle 
realt� 
presente 
nell�ordinamento 
italiano al 
tempo della 
legge 
costituzionale 
n. 3/2001 di 
riforma 
del 
titolo 
V della Costituzione (27). 


Si 
� 
iniziato con l�introduzione 
di 
innovazioni 
di 
natura 
prettamente 
fiscale, 
come 
l�istituzione 
della 
Socof nel 
1983 e 
dell�Iciap nel 
1989, le 
quali, 
bench� 
teoricamente 
finalizzate 
all�accrescimento 
della 
autonomia 
finanziaria 
dei 
Comuni, sotto l�aspetto pratico-operativo, aggiungevano interessanti 
segnali 
anche 
sul 
versante 
dell�autonomia 
normativa 
tributaria. Ad esempio, in 
materia 
di 
imposta 
comunale 
per l�esercizio di 
imprese, arti 
e 
professioni 
la 
legge 
consentiva 
all�ente 
comunale 
la 
fissazione 
dell�aliquota 
tra 
un minimo 
ed 
un 
massimo, 
riconoscendogli, 
altres�, 
il 
potere 
di 
regolamentare 
le 
fasi 
dell�accertamento e della riscossione del tributo. 


Si 
�, infine, pervenuti 
alle 
riforme 
degli 
anni 
�90 che 
hanno inciso anche 
sul 
complessivo 
aspetto 
organizzatorio 
ed 
amministrativo 
degli 
enti 
locali, 
autorizzando lo stesso legislatore 
statale 
ad impegnarsi 
con audaci 
autoqualificazioni 
di 
�federalismo� 
attribuite 
alle 
nuove 
fattispecie. 
Si 
vuole 
fare 
rifermento, 
nello 
specifico, 
alla 
legge 
n. 
142/1990 
e 
al 
decreto 
legislativo 
n. 
267/2000 che, abrogando la 
prima, ha 
trasfuso principi 
e 
regole 
in un testo 
unico che 
ha 
ampiamente 
rivisitato l�ordinamento degli 
enti 
locali. Si 
veda, 
ad esempio, ai 
fini 
dei 
temi 
qui 
trattati, all�art. 54 della 
legge 
n. 142/1990, all�art. 
149 del 
t.u.e.l. ed all�art. 52 del decreto legislativo n. 446/1997 (28). 


In 
particolare, 
l�art. 
54 
della 
legge 
142 
del 
1990 
ha 
posto 
le 
basi 
per 
il 
superamento 
dei 
criteri 
di 
finanza 
prevalentemente 
derivata 
mediante 
l�adozione 
di 
un 
nuovo 
modello 
nel 
quale 
figuravano, 
accanto 
a 
risorse 
erariali 
trasferite, 
anche 
entrate 
proprie 
di 
carattere 
tributario 
e 
entrate 
proprie 
di 
carattere 
extratributario. 


nello 
specifico 
vi 
era 
l�affermazione 
di 
due 
importanti 
principi. 
Il 
primo 
prevedeva 
che 
i 
trasferimenti 
erariali 
andavano 
finalizzati 
al 
solo 
finanziamento 
dei 
servizi 
indispensabili 
dell�ente, 
mentre 
le 
entrate 
proprie, 
fiscali 
ed 
extrafiscali, 
ivi 
comprese 
le 
tariffe 
e 
le 
relative 
risorse 
compensative, 
erano 
poste 
per 
garantire 
l�assolvimento 
dei 
servizi 
pubblici 
ritenuti 
necessari. 
Il 
secondo, 
invece, 
stabiliva 
che 
l�ordinamento 
della 
finanza 
locale 
veniva 
disciplinato 
e 
modificato 
unicamente 
con 
legge 
statale. 
In 
questo 
modo 
si 
affermava 
la 
regola 
della 
rigorosa 
derivazione 
dell�autonomia 
normativa 
degli 
enti 
locali 
dalla 
fonte 
primaria, 
secondo 
l�impostazione 
dell�art. 
128 


(27) F. GAllo, ancora in tema di 
autonomia tributaria delle 
regioni 
e 
degli 
enti 
locali 
nel 
nuovo 
Titolo V della Costituzione, in 
rass. Trib., 2005, pag. 1033. 
(28) G. PolA, La Finanza locale e regionale, in amministrare, nn. 2/3, 2016, pag. 249. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


previgente 
Cost. 
in 
relazione 
all�art. 
23 
della 
Costituzione. 
Si 
era 
architettato 
un 
sistema 
che 
condizionava 
il 
prelievo 
comunale 
al 
principio 
generale 
del 
collegamento 
funzionale 
rispetto 
alla 
spesa, 
altres� 
sanzionando 
l�obbligatoriet� 
del 
pareggio 
di 
bilancio. 
In 
questo 
senso, 
l�art. 
54 
della 
legge 
n. 
142/1990 
accreditava 
la 
possibilit� 
per 
gli 
enti 
locali 
di 
definire 
il 
livello 
delle 
entrate 
proprie 
entro 
l�ambito 
assicurato 
dall�intervento 
legislativo 
al 
fine 
di 
perseguire 
autonome 
finalit� 
di 
politica 
territoriale. 
Questo 
dato, 
poi, 
sarebbe 
risultato 
sufficiente 
a 
giustificare 
gli 
incrementi 
di 
disciplina 
in 
vista 
dell�adozione 
dell�art. 
149 
t.u.e.l. 
e 
poi 
della 
riforma 
del 
titolo 
V 
della 
Costituzione. 


l�art. 
149 
t.u.e.l. 
ha, 
infatti, 
modificato 
l�art. 
54 
della 
legge 
n. 
142/1990 
secondo 
due 
linee 
guida. 
la 
prima 
consisteva 
nell�escludere 
i 
trasferimenti 
erariali 
dal 
rispetto 
assoluto 
della 
regola 
del 
collegamento 
funzionale, 
non 
prescrivendo 
pi� 
che 
essi 
dovevano 
essere 
necessariamente 
ancorati 
all�ammontare 
dei 
servizi 
indispensabili. 
restava, 
inoltre, 
l�affermazione 
che 
i 
tributi 
propri 
finanziavano 
le 
spese 
ritenute 
necessarie. 
la 
seconda, 
invece, 
era 
tesa 
ad 
riaffermare 
e 
specificare 
la 
riserva 
di 
legge 
ex 
art. 
23 
Cost., 
in 
quanto 
l�art. 
149 
t.u.e.l. 
aggiungeva 
che 
l�ordinamento 
della 
finanza 
locale 
� 
coordinato, 
mediante 
legge 
statale, 
sia 
con 
la 
finanza 
statale 
sia 
con 
quella 
regionale. 
ne 
derivava 
che, 
in 
questo 
modo, 
si 
era 
inteso 
effettivamente 
implementare 
l�autonomia 
impositiva 
degli 
enti 
locali, 
seppure 
mantenendola 
soggetta 
alla 
riserva 
della 
legislazione 
statale 
per 
l�individuazione 
e 
la 
definizione 
delle 
fattispecie 
imponibili, 
dei 
soggetti 
passivi 
e 
dell�aliquota 
massima 
dei 
singoli 
tributi, 
nel 
rispetto 
delle 
esigenze 
di 
semplificazione 
degli 
adempimenti 
dei 
contribuenti. 
Infatti, 
veniva 
stabilito 
che 
la 
provvista 
occorrente 
per 
i 
cosiddetti 
�servizi 
necessari�, 
ed 
ottenuta 
attraverso 
il 
ricorso 
al-
l�imposizione, 
andava 
commisurata 
a 
quella 
frazione 
della 
copertura 
che, 
proprio 
grazie 
alle 
leggi 
di 
coordinamento, 
non 
dipendeva 
pi� 
dai 
trasferimenti 
programmati. 


Questo 
aspetto 
stava 
a 
significare 
che 
le 
innovazioni 
normative 
introdotte 
erano 
poste 
ad 
orientare 
l�attivit� 
finanziaria 
dello 
Stato 
e 
delle 
regioni 
in 
modo da 
garantire 
che 
anche 
la 
normativa 
riservata 
ai 
Comuni 
in sede 
di 
manovra 
tributaria 
potesse 
considerarsi 
fondata 
su certezze 
di 
risorse, in ragione 
della 
esplicita 
disposizione 
dell�art. 149 t.u.e.l. secondo la 
quale 
�i 
trasferimenti 
erariali 
sono 
ripartiti 
in 
base 
a 
criteri 
obiettivi 
che 
tengano 
conto 
della 
popolazione, 
del 
territorio 
e 
delle 
condizioni 
socio-economiche, 
nonch� 
in 
base 
ad una perequata distribuzione 
delle 
risorse 
che 
tenga conto degli 
squilibri 
di fiscalit� locali trasferite�. 


3. Finanza locale e Titolo V. 
la 
riforma, 
approvata 
alla 
fine 
della 
XII 
legislatura, 
riproduce 
ampiamente 
i 
frutti 
della 
lunga 
e 
complessa 
elaborazione 
proposta 
fin 
dal 
1998 
dalla 



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Commissione 
bicamerale 
per 
le 
riforme 
costituzionali. 
tuttavia, 
al 
tempo 
stesso, se 
ne 
discosta 
sia 
perch� 
parte 
dei 
lavori 
della 
Commissione 
� 
stata 
accolta 
dalla 
legge 
costituzionale 
n. 1/1999, riguardante 
l�autonomia 
statutaria 
delle 
regioni 
e 
l�elezione 
diretta 
dei 
Presidenti 
delle 
regioni, sia 
perch�, in 
prima 
lettura, la 
Camera 
aveva 
introdotto talune 
modificazioni, sia 
perch�, a 
seguito 
degli 
interventi 
spiegati 
sul 
Parlamento 
dalla 
Conferenza 
dei 
Presidenti 
delle 
regioni 
e 
dalla 
Associazione 
delle 
Autonomie 
locali, si 
volle 
imprimere 
all�impianto originario un assetto pi� autonomista. 

Con 
particolare 
riferimento 
alla 
finanza 
locale, 
il 
testo 
originario 
dell�art. 
119 Cost. dichiarava 
che 
le 
regioni 
hanno autonomia 
finanziaria 
nelle 
forme 
e 
nei 
limiti 
stabiliti 
dalle 
leggi 
della 
repubblica, alle 
quali 
era 
rimesso il 
compito 
del 
coordinamento 
con 
la 
finanza 
dello 
Stato, 
delle 
Province 
e 
dei 
Comuni. 
l�articolo, poi, stabiliva 
che 
alle 
regioni 
sono attribuiti 
tributi 
propri 
e 
quote 
di 
tributi 
erariali, 
in 
relazione 
ai 
loro 
bisogni, 
per 
le 
spese 
necessarie 
per 
adempiere 
le 
loro funzioni 
normali; 
inoltre, era 
prevista 
la 
possibilit� 
che 
lo 
Stato 
assegnasse 
alle 
regioni 
contributi 
speciali 
per 
finalit� 
determinate, 
come, 
ad esempio, la valorizzazione del mezzogiorno e delle isole. 

l�autonomia 
finanziaria, 
pertanto, 
era 
riconosciuta 
sotto 
condizione 
di 
uno stretto coordinamento da 
parte 
del 
potere 
centrale, anche 
sotto il 
profilo 
della 
compatibilit� 
della 
finanza 
regionale 
con 
quella 
delle 
Province 
e 
dei 
Comuni. 
Il 
riferimento alla 
normalit� 
delle 
funzioni 
introduceva 
un limite 
al 
finanziamento 
delle 
spese 
regionali 
e 
poneva 
la 
questione 
della 
definizione 
delle 
funzioni 
normali 
delle 
regioni 
e 
del 
livello 
di 
spesa 
necessario 
per 
soddisfarle. 
Infatti, sarebbe 
stata 
illegittima 
una 
attribuzione 
di 
entrate 
sproporzionata 
rispetto 
alle 
spese 
necessarie 
per 
le 
funzioni 
normali 
delle 
regioni. 
restava, 
per�, 
la 
difficolt� 
di 
determinare 
le 
funzioni 
normali 
e 
i 
livelli 
di 
normalit� 
della 
spesa. Di 
fatto, la 
disposizione 
del 
previgente 
art. 119 Cost. avrebbe 
dovuto 
prevedere 
una 
sorta 
di 
mansionario 
delle 
funzioni 
regionali, 
accompagnato 
da un rigoroso sistema di costi standard (29). 


la 
nuova 
formulazione 
dell�art. 
119 
Cost., 
rivisitata 
con 
la 
riforma 
del 
titolo 
V 
del 
2001, 
si 
distacca 
sostanzialmente 
dal 
precedente, 
come 
logica 
conseguenza 
del 
fatto 
che 
il 
nuovo 
art. 
117 
Cost. 
ha 
attribuito 
alla 
regioni 
notevoli 
poteri 
in 
termini 
sia 
di 
legislazione 
concorrente 
sia 
di 
legislazione 
esclusiva. 
Il 
testo 
dell�art. 
119 
Cost. 
specifica 
che 
l�autonomia 
finanziaria 
� 
di 
entrata 
e 
di 
spesa; 
inoltre 
l�autonomia 
� 
riconosciuta 
anche 
a 
Comuni, 
Province 
e 
Citt� 
metropolitane, 
nel 
momento 
in 
cui 
si 
afferma 
che 
le 
regioni 
e 
gli 
enti 
locali 
stabiliscono 
e 
applicano 
tributi 
propri. 
In 
questo 
modo 
non 
sarebbe 
pi� 
legittimo, 
ad 
esempio, 
un 
sistema 
configurato 
come 
nel 
periodo 
antecedente 
al 
1990, 
laddove 
una 
presunta 
autonomia 
di 
spesa 
risultava 


(29) G. CArBonI, Federalismo fiscale comparato, napoli, 2013. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


comunque 
sorretta 
da 
entrate 
pressoch� 
totalmente 
derivate. 
ne 
deriva 
che 
la 
Costituzione, 
anche 
modificando 
gli 
approdi 
ai 
quali 
era 
pervenuto 
il 
legislatore 
del 
t.u.e.l., 
si 
veda 
il 
gi� 
ricordato 
art. 
149, 
a 
proposito 
della 
formazione 
della 
provvista 
in 
relazione 
alle 
singole 
tipologie 
di 
spesa, 
fissa 
direttamente 
le 
regole 
cui 
dovr� 
attenersi 
il 
potere 
centrale 
negli 
interventi 
a 
sostegno 
della 
spesa 
locale. 
� 
sempre 
prevista 
una 
forma 
di 
coordinamento, 
espressa 
per� 
in 
termini 
pi� 
vaghi 
rispetto 
al 
testo 
precedente; 
si 
sancisce, 
infatti, 
il 
principio 
che 
l�attivit� 
impositiva 
delle 
autonomie 
regionali 
e 
locali 
si 
deve 
svolgere 
in 
armonia 
con 
la 
Costituzione 
e 
secondo 
i 
principi 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario, 
ai 
sensi 
dell�art. 
119, 
comma 
secondo, 
della 
Costituzione. 
� 
poi 
introdotto 
il 
principio 
della 
compartecipazione 
delle 
regioni 
al 
gettito 
di 
tributi 
erariali 
riferibili 
al 
loro 
territorio, 
aspetto 
che 
apre 
il 
problema 
di 
definire 
la 
parte 
di 
gettito 
tributario 
che 
pu� 
essere 
attribuita 
ai 
singoli 
territori. 
Sempre 
nel 
testo 
rivisitato 
dell�art. 
119 
Cost. 
non 
figura 
pi� 
il 
richiamo 
alle 
funzioni 
normali, 
ma, 
al 
quarto 
comma, 
si 
afferma 
che 
le 
risorse 
derivanti 
da 
tributi 
propri 
e 
compartecipati 
consentono 
ai 
vari 
enti 
di 
finanziare 
integralmente 
le 
funzioni 
pubbliche 
loro 
attribuite, 
dove 
l�espressione 
�consentono� 
va 
inteso 
come 
�devono 
consentire�. 
Se 
si 
aggiunge, 
per�, 
che 
il 
quinto 
comma 
dell�art. 
119 
Cost. 
prevede 
la 
destinazione 
di 
risorse 
aggiuntive 
da 
parte 
dello 
Stato 
per 
provvedere 
a 
scopi 
diversi 
dall�ordinario 
esercizio 
delle 
funzioni, 
si 
pu� 
constatare 
che, 
mentre 
permane 
l�esigenza, 
posta 
gi� 
dal 
testo 
previgente, 
di 
disporre 
di 
un 
sistema 
che 
porti 
a 
identificare 
le 
funzioni 
ordinarie 
dei 
diversi 
enti, 
si 
pone 
l�ulteriore 
esigenza 
di 
un 
sistema 
idoneo 
a 
determinare 
il 
livello 
di 
spesa 
adeguato 
allo 
svolgimento 
di 
queste 
funzioni 
(30). 


Inoltre, il 
coordinamento dell�art. 119 Cost. con l�art. 117 Cost., riguardante 
la 
ripartizione 
della 
funzione 
legislativa 
tra 
Stato e 
regioni, sottolinea 
che 
il 
mancato contrasto con l�interesse 
nazionale 
non costituisce 
pi� la 
condizione 
di 
legittimit� 
dei 
provvedimenti 
legislativi 
regionali. 
Va 
inoltre 
evidenziato 
che, 
tra 
le 
materie 
riservate 
alla 
legislazione 
esclusiva 
dello 
Stato, 
rientra 
il 
sistema 
tributario e 
contabile 
dello Stato (art. 117, comma 
secondo, 
lettera 
e), mentre 
alla 
legislazione 
concorrente, ai 
sensi 
del 
successivo terzo 
comma, rientra 
il 
coordinamento della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario. 
Quindi, 
il 
sistema 
tributario 
dello 
Stato 
rientra 
nella 
legislazione 
esclusiva 
statale, mentre, per quanto attiene 
al 
coordinamento della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario, 
attribuito 
alla 
legislazione 
concorrente, 
lo 
Stato 
si 
dovr� 
limitare 
alla 
definizione 
dei 
principi 
fondamentali 
da 
seguire 
nella 
legislazione 
applicativa, affidata 
alle 
regioni. tuttavia, resta 
aperta 
la 
questione 
di 
quale 
sia 
in 
concreto 
l�ambito 
entro 
il 
quale 
pu� 
venire 
esercitata 
la 
potest� 
tributaria, 


(30) Federalismo fiscale 
learning by 
doing: modelli 
comparati 
di 
raccolta e 
di 
distribuzione 
del 
gettito tra centro e periferia, a cura di 
A. PetrIS, Padova, 2010. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


rispettivamente, dello Stato e 
delle 
regioni 
e 
dei 
limiti 
di 
quest�ultima 
in relazione 
alla potest� dei minori enti territoriali (31). 


Su questo dato rilevante, il 
titolo V 
non fornisce 
alcuna 
esplicita 
indicazione. 
Sotto 
il 
profilo 
logico, 
ancor 
prima 
che 
giuridico, 
alle 
regioni 
e 
agli 
enti 
locali 
dovrebbe 
spettare 
la 
disciplina 
dei 
tributi 
il 
cui 
presupposto 
presenta 
una 
ragionevole 
collegamento con il 
territorio e 
relativamente 
a 
tali 
tributi 
lo 
Stato non dovrebbe 
legiferare 
(32). una 
simile 
conclusione 
assume, poi, una 
indubbia 
rilevanza 
giuridica 
sotto il 
profilo del 
principio di 
ragionevolezza 
e 
di 
capacit� 
contributiva 
di 
cui, rispettivamente, agli 
artt. 3 e 
53 della 
Costituzione. 
Sarebbe 
irragionevole 
che, 
in 
un 
sistema 
di 
enti 
equiordinati, 
Stato 
e 
regioni, 
lo 
Stato 
possa 
individuare 
e 
stabilire 
forme 
impositive 
ancorate 
a 
presupposti 
localizzati (33). 


tuttavia 
la 
Corte 
costituzionale 
ha 
seguito 
un 
orientamento 
prudente 
sulla 
questione. 


In assenza 
di 
una 
disciplina 
legislativa 
che 
detti 
i 
principi 
fondamentali 
in 
materia 
di 
�coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario�, 
la 
Corte 
costituzionale 
ha 
affermato, con la 
sentenza 
n. 37 del 
2004, che 
non 
� 
ammissibile, in materia 
tributaria, una 
piena 
esplicazione 
della 
potest� 
regionale 
e, di 
conseguenza, le 
regioni 
non possono legiferare 
in modo innovativo; 
non � 
pertanto possibile 
configurare 
una 
materia 
�sistema tributario 
degli enti locali� 
di competenza residuale delle regioni. 


nonostante 
la 
presa 
di 
posizione 
della 
giurisprudenza 
costituzionale, 
il 
problema 
resta 
e 
il 
sistema 
tributario regionale 
e 
locale 
non pu� essere 
strutturato 
semplicemente 
su addizionali, posto che 
queste 
comportano l�esplicazione 
di 
una 
limitatissima 
potest� 
normativa 
tributaria 
e, di 
fatto, si 
risolvono 
in una forma di compartecipazione al gettito di tributi erariali (34). 

la 
costruzione 
di 
un 
sistema 
di 
finanza 
locale 
dovrebbe 
articolarsi 
in 
una 
combinazione 
di 
tributi 
dal 
presupposto 
fortemente 
localizzato, 
come, 
ad 
esempio, 
il 
tributo 
immobiliare 
o 
sui 
servizi 
resi 
dall�ente 
locale 
o 
su 
attivit� 
produttive 
localmente 
insediate, 
e, 
per 
quanto 
riguarda 
la 
regione, 
volto 
alla 
tutela 
degli 
interessi 
sottesi 
all�elenco 
di 
materie 
per 
cui 
vi 
� 
legislazione 
concorrente. 
un 
sistema, 
dunque, 
che 
in 
relazione 
alla 
natura 
dei 
tributi, 
pu� 
atteggiarsi 
come 
imposte 
o 
come 
forme 
impositive 
paracommutative. 


(31) l. Perrone, La sovranit� impositiva tra autonomia e 
federalismo, in riv. Dir. Trib., I, pag. 
1173. 
(32) S.F. CoCIAnI, L�autonomia tributaria regionale 
nello studio sistematico dell�Irap, milano, 
2003, pag. 181; 
A. GIoVAnnInI, Normazione 
regionale 
in materia tributaria, in rass. Trib., 2003, pag. 
1174. 
(33) G. BerGonzInI, I limiti costituzionali quantitativi dell�imposizione fiscale, napoli, 2011. 
(34) F. GAllo, Federalismo fiscale 
e 
ripartizione 
delle 
basi 
imponibili 
tra Stato, regioni 
ed Enti 
locali, in rass. Trib., 2002, pag. 2009. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


4. Il 
coordinamento della finanza pubblica nel 
processo di 
attuazione 
del 
Titolo 
V e la giurisprudenza costituzionale. 
la 
ridefinizione 
dell�assetto 
dei 
rapporti 
tra 
Stato 
e 
autonomie 
territoriali 
delineato 
dal 
titolo 
V 
� 
passata 
anzitutto 
per 
l�apporto 
fornito 
dalla 
giurisprudenza 
costituzionale. 
la 
Corte, 
infatti, 
ha 
progressivamente 
determinato 
il 
superamento 
dell�allocazione 
formale 
delle 
competenze 
legislative, 
riconoscendo, 
tra 
i 
titoli 
di 
competenza 
esclusiva 
dello 
Stato, 
materie 
finalistiche 
e 
materie 
trasversali 
(35). 


tra 
le 
clausole 
trasversali 
che, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
costituzionale, 
hanno 
determinato 
la 
disarticolazione 
del 
riparto 
costituzionale 
di 
competenze 
in 
origine 
fissato 
dagli 
elenchi 
di 
materie, 
va 
annoverato 
il 
�coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario� 
(36). 
Secondo 
le 
ricostruzioni 
maggiormente 
pregnanti 
(37), 
la 
funzione 
di 
coordinamento 
pu� 
ricorrere 
solo 
in 
presenza 
di 
attivit� 
e 
di 
soggetti 
da 
coordinare 
da 
parte 
del 
soggetto 
coordinatore. 
ne 
deriva 
che, 
alla 
base 
dello 
stesso 
coordinamento, 
deve 
necessariamente 
esservi 
una 
posizione 
di 
autonomia 
del 
soggetto 
coordinato. 
In 
mancanza 
di 
autonomia, 
saremmo 
dinanzi 
a 
soggetti 
ordinati 
e 
non 
coordinati 
(38). 


Pertanto, in termini 
di 
rapporti 
tra 
Stato e 
autonomie 
territoriali, pu� esservi 
coordinamento 
finanziario 
in 
quanto 
vi 
sia 
autonomia 
finanziaria 
del 
soggetto 
da 
coordinare. Il 
coordinamento, infatti, non determina 
l�autonomia 
ma 
la 
presuppone, ne 
orienta 
l�esercizio e 
ne 
determina 
l�ambito materiale; 
esso 
meglio 
si 
esprime 
in 
istituti 
finalizzati 
a 
valorizzare 
l�autonomia 
degli 
enti 
territoriali 
coordinati. 


nella 
Costituzione 
vigente, 
il 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 


(35) G. rIVoSeCCHI, Il 
coordinamento della finanza pubblica: dall�attuazione 
del 
Titolo V 
alla 
deroga al 
riparto costituzionale 
delle 
competenze? 
in Il 
regionalismo italiano tra giurisprudenza costituzionale 
e 
involuzioni 
legislative 
dopo 
la 
revisione 
del 
Titolo 
V, 
a 
cura 
di 
S. 
mAnGIAmelI, 
milano, 
2014, 
pag. 147. 
(36) 
G. 
FAlCon, 
modello 
e 
transizione 
nel 
nuovo 
Titolo 
V 
della 
Parte 
seconda 
della 
Costituzione, 
in Le 
regioni, 2001, pag. 1252; 
F. BenellI, La �smaterializzazione� 
delle 
materie. Problemi 
teorici 
ed 
applicativi 
del 
nuovo Titolo V 
della Costituzione, milano, 2006, pag. 122; 
V. onIDA, Il 
giudice 
costituzionale 
e 
i 
conflitti 
fra i 
legislatori 
locali 
e 
centrali, in Le 
regioni, 2007, pag. 20; 
S. CAlzolAIo, Il 
cammino 
delle 
materie 
nello 
Stato 
regionale. 
Definizione 
delle 
competenze 
legislative 
dell�ordinamento, 
torino, 2012, pag. 255. 
(37) S. mAnGIAmelI, Il 
regionalismo italiano tra processo di 
federalizzazione 
interno ed europeo 
ed effetti 
della crisi 
globale, in S. mAnGIAmelI, Le 
regioni 
italiane 
tra crisi 
globale 
e 
neocentralismo, 
milano, 2013, pag. 18; 
V. BACHelet, voce 
Coordinamento, in Enc. Dir., X, milano, 1962, pag. 631; 
A. 
BrAnCASI, I due 
scrutini 
sul 
funzionamento dinamico del 
federalismo fiscale: autonomia finanziaria ed 
obbligo di 
copertura degli 
oneri 
posti 
a carico di 
altri 
enti 
del 
settore 
pubblico, in Giur. Cost., 2006, 
pag. 
1425; 
G. 
rIVoSeCCHI, 
Il 
coordinamento 
dinamico 
della 
finanza 
pubblica 
tra 
patto 
di 
stabilit�, 
patto 
di 
convergenza e 
determinazione 
dei 
fabbisogni 
standard degli 
enti 
territoriali, in Il 
coordinamento dinamico 
della finanza pubblica, a cura di l. CAVAllInI 
CADeDDu, napoli, 2012. 
(38) 
A. 
BrAnCASI, 
Il 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
nel 
federalismo 
fiscale, 
in 
Diritto 
pubblico, 
2011, pag. 452. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


esprime 
la 
delimitazione, 
da 
parte 
del 
legislatore 
statale, 
a 
dettare 
il 
quadro 
unitario 
di 
riferimento 
nel 
rispetto 
delle 
garanzie 
costituzionali 
poste 
a 
tutela 
del 
decentramento 
istituzionale 
e 
delle 
corrispondenti 
forme 
e 
modalit� 
di 
autonomia 
finanziaria 
di 
entrata 
e 
di 
spesa 
(39). 
Viene 
sottolineato 
che 
la 
piena 
esplicazione 
dell�autonomia 
finanziaria 
e 
tributaria 
� 
possibile 
solo 
mediante 
la 
tutela 
di 
inderogabili 
istanze 
unitarie 
che 
caratterizzano 
la 
Carta 
costituzionale 
sia 
sul 
piano 
istituzionale 
sia 
su 
quello 
funzionale, 
facendo 
assurgere 
il 
canone 
del 
coordinamento 
ad 
architrave 
del 
sistema 
delineato 
dal 
titolo 
V. 


nel 
coordinamento 
finanziario 
il 
quadro 
costituzionale 
individua 
uno 
degli 
elementi 
portanti 
e 
una 
condizione 
preliminare 
ai 
fini 
del 
rendimento 
della 
programmazione 
e 
della 
gestione 
delle 
risorse 
disponibili, 
dell�erogazione 
delle 
prestazioni 
pubbliche 
sulla 
base 
del 
principio 
di 
eguaglianza 
su 
tutto il 
territorio nazionale, del 
rispetto dei 
vincoli 
sovranazionali, e 
specificatamente 
comunitari, alla politica di bilancio. 


In 
secondo 
luogo, 
va 
richiamato 
il 
dato 
che 
l�art. 
119 
Cost. 
prevede 
la 
piena 
disponibilit� 
di 
risorse 
autonome 
per tutte 
le 
autonomie 
territoriali; 
ciascun 
ente 
� 
chiamato 
all�autosufficienza 
finanziaria 
mediante 
tre 
canali: 
tributi 
propri, 
compartecipazione 
al 
gettito 
di 
tributi 
erariali 
riscontrabili 
sul 
territorio 
secondo 
il 
criterio 
della 
territorialit� 
dell�imposta 
e 
risorse 
derivanti 
dal 
fondo 
perequativo. 
Queste 
tre 
componenti 
devono 
coprire 
integralmente 
le 
spese 
che 
ciascun ente 
territoriale 
� 
chiamato a 
sostenere, secondo il 
fondamentale 
e 
innovativo 
principio 
del 
finanziamento 
integrale 
delle 
funzioni, 
ex 
art. 
119, 
quarto comma, della 
Costituzione 
(40). ne 
consegue 
che 
le 
risorse 
aggiuntive 
e 
gli 
interventi 
speciali 
previsti 
dall�art. 119, quinto comma, Cost. per tutti 
i 
livelli 
territoriali 
di 
governo, 
costituiscono 
risorse 
straordinarie 
finalizzate 
alla 
promozione 
dello sviluppo economico, della 
coesione 
e 
della 
solidariet� 
sociale 
e 
si 
configurano 
quali 
interventi 
ulteriori 
rispetto 
all�ordinario 
sistema 
di finanziamento delle funzioni. 


Inoltre, 
l�art. 
119, 
sesto 
comma, 
Cost. 
implica 
la 
facolt� 
di 
ricorrere 
all�indebitamento 
da 
parte 
degli 
enti 
territoriali 
solo 
per 
finanziare 
spese 
di 
investimento, 
con 
l�esplicita 
esclusione 
di 
qualsiasi 
forma 
di 
garanzia 
da 
parte 
dello 
Stato 
sui 
prestiti 
da 
essi 
contratti. 
Per 
effetto 
dell�entrata 
in 
vigore 
dell�art. 
4, 
comma 
1, 
lett. 
b) 
della 
legge 
costituzionale 
20 
aprile 
2012, 


n. 
1, 
rubricata 
come 
�Introduzione 
del 
principio 
del 
pareggio 
di 
bilancio 
nella 
Carta 
costituzionale�, 
tale 
ricorso 
� 
possibile 
soltanto 
in 
caso 
di 
contestuale 
definizione 
di 
piani 
di 
ammortamento 
e 
a 
condizione 
che 
per 
il 
(39) A. morrone, Il 
sistema finanziario e 
tributario della repubblica. I principi 
costituzionali, 
Bologna, 
2004; 
G.m. 
SAlerno, 
alcune 
riflessioni 
sulla 
nuova 
Costituzione 
finanziaria 
della 
repubblica, 
in Federalismo fiscale, n. 1/2007, pag. 119. 
(40) 
AStrID, 
L�attuazione 
del 
federalismo 
fiscale. 
Una 
proposta, 
a 
cura 
di 
F. 
BASSAnInI 
e 
G. 
mAC-
CIottA, Bologna, 2003. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


complesso 
degli 
enti 
di 
ciascuna 
regione 
sia 
comunque 
rispettato 
l�equilibrio 
di 
bilancio 
(41). 


Di 
fronte 
alla 
scissione 
tra 
potest� 
impositiva 
propria 
di 
ciascun livello 
di 
governo e 
differenziata 
potest� 
legislativa, la 
Corte 
costituzionale, esercitando 
una 
delicata 
funzione 
di 
supplenza 
a 
causa 
della 
sostanziale 
non attuazione 
del 
titolo V 
(42), ha 
individuato nella 
legge 
generale 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario la 
precondizione 
per poter procedere 
all�attuazione 
del 
disegno autonomistico, sottolineando la 
necessit� 
di 
estendere 
i 
principi 
di 
coordinamento all�intero sistema 
delle 
autonomie 
territoriali 
(43). nell�inerzia 
del 
legislatore 
statale, la 
giurisprudenza 
costituzionale 
ha 
tutelato 
imprescindibili 
esigenze 
di 
unit� 
e 
garantito 
la 
funzione 
di 
coordinamento, 
comprimendo, 
per�, 
l�autonomia 
finanziaria 
e 
tributaria 
degli 
enti 
territoriali 
e 
dimostrando una 
prudenza 
che 
ha 
finito per avvalorare 
una 
concezione 
�centralista� 
(44) del 
coordinamento finanziario sia 
sul 
lato dei 
poteri tributari sia sul lato dei poteri di spesa (45). 


Come 
gi� 
ricordato, a 
partire 
dalla 
sentenza 
n. 37 del 
2004, la 
Corte 
ha 
affermato che 
l�attuazione 
dell�art. 119 Cost., e, pi� in generale, del 
titolo V, 
richiede 
la 
necessaria 
premessa 
dell�intervento di 
coordinamento del 
legislatore 
statale, 
il 
quale 
� 
tenuto 
a 
definire 
gli 
spazi 
e 
i 
limiti 
entro 
i 
quali 
pu� 
esplicarsi 
la 
potest� 
impositiva, rispettivamente, di 
Stato, regioni 
ed enti 
locali. 
la 
giurisprudenza 
costituzionale 
ha 
quindi 
sostanzialmente 
distinto 
regole 
di 
coordinamento della 
finanza 
pubblica 
in senso statico e 
in senso dinamico. 
Sono 
riconducibili 
alla 
prima 
categoria 
quelle 
regole 
di 
coordinamento 
fissate 
dalla 
Costituzione 
nei 
rapporti 
tra 
Governo 
e 
Parlamento, 
sottratte 
all�indirizzo 
di 
maggioranza 
o quelle 
funzionali 
ad edificare 
l�autonomia 
finanziaria 
e 
tributaria 
degli 
enti 
territoriali, il 
cosiddetto federalismo fiscale, mediante 
la 
determinazione 
degli 
ambiti 
materiali 
di 
entrata 
e 
di 
spesa 
delle 
autonomie. 
Assumono, invece, i 
caratteri 
di 
regole 
di 
coordinamento in senso dinamico 
quelle 
mutevoli 
nel 
tempo, lasciate 
alle 
politiche 
di 
maggioranza 
nei 
rapporti 
tra 
Governo 
e 
Parlamento, 
da 
un 
lato, 
e 
tra 
Stato 
e 
autonomie, 
dall�altro. 
Quest�ultime 
vengono 
modificate 
annualmente 
per 
garantire 
l�apporto 
delle 
autonomie 
al 
rispetto 
degli 
obiettivi 
parametrici 
nel 
governo 
dei 
conti 
pubblici, 
si pensi, ad esempio, al patto di stabilit� interno. 

(41) F. FerrArI, Il 
federalismo fiscale 
nella prospettiva comparatistica, in Studi 
in onore 
di 
Luigi 
arcidiacono, III, torino, 2010. 
(42) 
u. 
De 
SIerVo, 
Il 
regionalismo 
italiano 
fra 
i 
limiti 
della 
riforma 
del 
Titolo 
V 
e 
la 
sua 
mancata 
attuazione, in www.issirfa.cnr.it. 
(43) Corte Costituzionale, sentt. n. 267 del 2006; n. 179 del 2007; n. 60 del 2013. 
(44) A. BrAnCASI, Continua l�inarrestabile 
cammino verso una concezione 
statalista del 
coordinamento 
finanziario, in Le regioni, 2008, pag. 1235. 
(45) Corte 
costituzionale, sentt. n. 296 del 
2003; 
n. 37 del 
2004; 
n. 162 del 
2007; 
n. 102 del 
2008; 
n. 289 del 2008. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


l�orientamento 
restrittivo 
della 
Corte 
costituzionale 
viene 
ricondotto 
alla 
necessit� 
di 
colmare 
e 
compensare 
il 
vuoto normativo determinato dalla 
mancanza 
della 
legge 
generale 
di 
coordinamento, 
sulla 
base 
del 
riconoscimento 
di 
inderogabili 
istanze 
unitarie 
valevoli 
per tutti 
gli 
enti 
territoriali 
nella 
cornice 
della compiuta affermazione del principio autonomistico (46). 


Gi� 
all�indomani 
dell�entrata 
in 
vigore 
del 
titolo 
V, 
quanto 
all�individuazione 
dei 
principi 
fondamentali 
di 
coordinamento della 
finanza 
pubblica 
e 
del 
sistema 
tributario, la 
giurisprudenza 
costituzionale 
si 
� 
posta 
in una 
linea 
di 
continuit� 
rispetto 
al 
quadro 
costituzionale 
previgente. 
� 
risultato, 
pertanto, 
fin da 
subito, problematico il 
tentativo di 
costruire 
un sistema 
fiscale 
effettivamente 
decentrato mediante 
la 
valorizzazione 
della 
potest� 
legislativa 
residuale 
delle 
regioni, 
funzionale 
a 
garantire 
l�autonomia 
politica 
degli 
enti 
territoriali 
nelle 
materie 
di 
loro 
competenza. 
Infatti, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
costituzionale, l�azione 
di 
coordinamento della 
finanza 
pubblica, da 
parte 
del 
legislatore 
statale, presuppone 
che 
sia 
ad esso ascrivibile 
non soltanto l�individuazione 
delle 
norme 
fondamentali 
della 
materia, ma 
altres� 
la 
determinazione 
dei 
poteri 
puntuali 
necessari 
perch� 
la 
finalit� 
di 
coordinamento possa 
essere concretamente realizzata (47). 

In 
tal 
senso, 
la 
giurisprudenza 
costituzionale 
ha 
inteso 
le 
disposizioni 
dettate 
dal 
legislatore 
statale, 
finalizzate 
al 
contenimento 
della 
spesa 
corrente, 
nel-
l�ottica 
delle 
esigenze 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
(sentt. 
n. 
4 
e 
36 
del 
2004 
e 
n. 
417 
del 
2005), 
affermando 
che 
�il 
legislatore 
statale 
pu� 
legittimamente 
imporre 
alle 
regioni 
vincoli 
di 
bilancio 
per 
ragioni 
di 
coordinamento 
finanziario 
volte 
a 
salvaguardare, 
proprio 
attraverso 
il 
coordinamento 
della 
spesa 
corrente, 
l�equilibrio 
unitario 
della 
finanza 
pubblica 
complessiva, 
in 
connessione 
con 
il 
perseguimento 
di 
obiettivi 
nazionali, 
condizionati 
anche 
da 
obblighi 
comunitari� 
(sentt. 
n. 
139 
e 
237 
del 
2009, 
n. 
52 
del 
2010). 
ne 
consegue 
che 
�non 
pu� 
dubitarsi 
che 
la 
finanza 
delle 
regioni, 
delle 
Province 
autonome 
e 
degli 
enti 
locali 
sia 
parte 
della 
finanza 
allargata� 
(sentt. 
n. 
425/2004 
e 
267/2006), 
in 
considerazione 
anche 
dei 
vincoli 
posti 
dalla 
normativa 
comunitaria 
(sent. 
60/2013). 
In 
particolare, 
a 
partire 
dal 
2011, 
la 
Corte 
ha 
dato 
una 
lettura 
estensiva 
della 
competenza 
statale 
in 
tema 
di 
coordinamento 
finanziario, 
fino 
al 
punto 
da 
considerarla 
una 
materia 
di 
competenza 
esclusiva 
statale. 
Questa 
posizione 
� 
riassunta 
nella 
sentenza 
n. 
64 
del 
2016, 
laddove 
la 
Corte 
costituzionale 
ricorda 
che 
�il 
legislatore 
statale 
pu�, 
con 
una 
disciplina 
di 
principio, 
legittimamente 
imporre 
alle 
regioni 
e 
agli 
enti 
locali, 
per 
ragioni 
di 
coordinamento 
finanziario 
connesse 
ad 
obiettivi 
nazionali, 
condizionati 
anche 
dagli 
ob


(46) G. roVISeCCHI, Il 
federalismo fiscale 
tra giurisprudenza costituzionale 
e 
legge 
n. 42/2009, 
ovvero del 
mancato coordinamento della finanza pubblica e 
del 
sistema tributario, in riv. Diritto tributario, 
XX, n. 1/2010, pag. 55. 
(47) Corte costituzionale sent. n. 376 del 2003. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


blighi 
comunitari, 
vincoli 
alle 
politiche 
di 
bilancio, 
anche 
se 
questi 
si 
traducono, 
inevitabilmente, 
in 
limitazioni 
indirette 
all�autonomia 
di 
spesa 
degli 
enti 
territoriali� 
(nello 
stesso 
senso 
anche 
le 
sentenze 
nn. 
44 
e 
79 
del 
2014 
e 
n. 
182 
del 
2011). 
ne 
deriva 
che, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
costituzionale, 
le 
disposizioni 
statali 
possono 
imporre 
limiti 
alla 
spesa 
corrente 
regionale 
anche 
mediante 
puntuali 
riduzioni 
di 
singole 
voci 
di 
spesa, 
rendendo 
difficile 
enucleare 
principi 
fondamentali 
sulla 
base 
di 
una 
disciplina 
di 
estremo 
dettaglio 
(48). 


In 
questo 
ultimo 
periodo, 
poi, 
la 
Corte 
ha 
dovuto 
affrontare 
il 
delicato 
tema 
dell�impatto sul 
coordinamento finanziario del 
principio dell�equilibrio 
di 
bilancio, introdotto dalla 
legge 
costituzionale 
n. 1/2012. Va 
ricordato che, 
gi� 
prima 
della 
riforma 
costituzionale 
del 
2012, 
la 
Corte 
aveva 
sanzionato 
l�incostituzionalit� 
di 
leggi 
regionali 
di 
bilancio 
sia 
per 
contrasto 
con 
l�art. 
81, 
comma 
4, Cost., testo previgente, sia 
per violazione 
dei 
principi 
relativi 
al 
sistema 
contabile 
dello 
Stato 
e 
al 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica. 
ne 
consegue 
che 
le 
esigenze 
di 
coordinamento finanziario hanno rappresentato per 
la 
Corte 
un valore 
costituzionale 
funzionale 
anche 
al 
compimento di 
istanze 
di 
unit� 
economica. 
la 
costituzionalizzazione 
del 
principio 
di 
equilibrio 
di 
bilancio, 
pertanto, si 
pone 
in continuit� 
con tali 
istanze. la 
Corte 
ha 
avallato tipologie 
di 
coordinamenti 
finanziari 
�pervasivi� 
e 
giustificativi 
di 
politiche 
finanziarie 
anti 
crisi, con forte 
impatto sui 
debiti 
sovrani. l�unit� 
economica 
diviene 
causa 
di 
giustificazione 
dell�intervento statale, finalizzato a 
garantire 
l�equilibrio unitario della 
finanza 
pubblica, con la 
trasformazione, in particolare 
nella 
sentenza 
n. 79 del 
2013, del 
principio di 
coordinamento finanziario 
in un principio di contenimento della spesa pubblica. 


Va, inoltre, rilevato che 
dal 
2015 la 
Corte 
avvia 
un percorso di 
aggiustamento 
della 
propria 
giurisprudenza, senza 
tuttavia 
smentire 
l�illustrata 
posizione 
centralistica. 
Gli 
artt. 
117, 
comma 
3, 
e 
81, 
comma 
6, 
Cost., 
vengono 
intrepretati 
come 
un 
onere, 
per 
la 
legislazione 
statale, 
di 
giustificare 
l�esercizio 
del 
potere 
di 
coordinamento in funzione 
del 
perseguimento di 
obiettivi 
di 
politica 
di 
spesa. In questo modo, il 
coordinamento finanziario tende 
a 
divenire 
un �coordinamento per obiettivi�. 


In quest�ottica, la 
Corte, nelle 
sentenze 
n. 272 del 
2015 e 
n. 65 del 
2016, 
ricorre 
ai 
criteri 
di 
�proporzionalit�� 
e 
di 
�virtuosit��, ponendo condizioni 
precise 
allo 
stesso 
coordinamento, 
le 
quali, 
poi, 
dovranno 
essere 
sviluppate 
dal 
legislatore 
statale. ne 
deriva 
che 
l�intervento statale 
� 
giustificato solo dal 
fatto di 
una 
eventuale 
inerzia 
regionale 
nell�individuazione 
delle 
modalit� 
di 
tagli 
alla 
spesa 
(49). A 
tale 
proposito, si 
inerisce 
la 
sentenza 
n. 65 del 
2016, 


(48) F. GAllo, attualit� e 
prospettive 
del 
coordinamento della finanza pubblica alla luce 
della 
giurisprudenza della Corte costituzionale, in astrid rassegna, n. 6/2017. 
(49) m. BellettI, Corte 
costituzionale 
e 
spesa pubblica - le 
dinamiche 
del 
coordinamento finanziario 
ai tempi dell�equilibrio di bilancio, torino, 2016, pag. 144. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


laddove, 
alle 
contestazioni 
regionali, 
la 
Corte 
afferma 
che 
la 
normativa 
statale 
non 
impone 
di 
effettuare 
drastiche 
riduzioni 
di 
identico 
importo 
in 
tutti 
i 
comparti 
di 
spesa, ma 
di 
�intervenire 
in ciascuno di 
questi, limitandosi 
ad individuare 
un importo complessivo di 
risparmio, lasciando alle 
regioni 
il 
potere 
di 
decidere 
l�entit� 
dell�intervento 
in 
ogni 
singolo 
ambito�. 
Si 
riconosce, 
inoltre, 
�la possibilit�, per 
le 
regioni, di 
adottare 
misure 
alternative 
di 
contenimento 
della 
spesa 
corrente 
al 
fine 
di 
conseguire 
i 
risparmi 
comunque 
non 
inferiori 
agli 
importi 
indicati�. 
Interessante 
� 
l�osservazione 
secondo 
cui 
�non 
erra la regione 
ricorrente 
nel 
sottolineare 
l�utilit� della determinazione, da 
parte 
dello Stato, ai 
sensi 
dell�art. 117, comma 2, lett. m), Cost., dei 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
per 
i 
servizi 
concernenti 
i 
diritti 
civili 
e 
sociali 
che 
devono essere 
garantiti 
su tutto il 
territorio nazionale�. 
In questo modo, il 
legislatore 
statale 
viene 
stimolato 
sia 
a 
provvedere, 
mediante 
cooperazione 
Stato-regioni, alla 
definizione 
dei 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
riguardanti 
i 
diritti 
civili 
e 
sociali, sia 
ad offrire 
alle 
regioni 
un criterio di 
orientamento 
mediante 
il 
quale 
operare 
le 
economie 
di 
spesa 
senza 
incidere 
su 
quelle 
particolari situazioni definite come 
�livelli essenziali� 
(50). 


Il 
legislatore 
statale, 
dunque, 
coordina 
la 
finanza 
pubblica 
anche 
solo 
orientando 
la 
legislazione 
regionale; 
in 
questo 
senso, 
si 
veda 
la 
sentenza 
n. 
129 del 
2016, con la 
quale 
la 
Corte, dopo aver definito la 
norma 
che 
riduceva 
i 
fondi 
destinati 
ai 
Comuni 
come 
un principio di 
coordinamento della 
finanza 
pubblica, 
afferma 
che 
�non 
appare 
destituita 
di 
fondamento 
la 
considerazione, 
sviluppata dal 
giudice 
rimettente, che 
nella nozione 
di 
�consumi 
intermedi� 
possono rientrare 
non solo le 
spese 
di 
funzionamento dell�apparato amministrativo, 
ma 
anche 
le 
spese 
sostenute 
per 
l�erogazione 
dei 
servizi 
ai 
cittadini�, 
permettendo al 
�criterio utilizzato di 
colpire 
le 
inefficienze 
delle 
amministrazioni 
locali e di innescare comportamenti di risparmio�. 


l�attenzione 
si 
pone 
anche 
sul 
nesso essenziale 
che 
deve 
sussistere 
tra 
la 
dinamica 
democratica 
e 
quella 
di 
bilancio, in un contesto di 
coessenzialit� 
tra 
principio democratico e 
autonomia 
finanziaria. A 
riguardo, si 
ricorda 
la 
sentenza 
n. 184 del 
2016, concernente 
alcune 
disposizioni 
di 
una 
legge 
regionale 
toscana 
in tema 
di 
programmazione 
economica 
e 
di 
procedure 
contabili, impugnata 
dallo Stato in riferimento alla 
materia 
�armonizzazione 
dei 
bilanci�. 
la 
Corte 
osserva 
che, in relazione 
al 
coordinamento finanziario ex 
art. 117, 
comma 
3, 
�una 
tipizzazione 
della 
struttura 
del 
bilancio 
regionale 
� 
funzionale 
alla 
valorizzazione 
della 
democrazia 
rappresentativa, 
nell�ambito 
della 
quale 
deve 
essere 
assicurata 
ai 
membri 
della 
collettivit� 
la 
cognizione 
delle 
modalit� 
con le 
quali 
le 
risorse 
vengono prelevate, chieste 
in prestito, destinate, autorizzate 
in bilancio ed infine spese�. 


(50) l. AntonInI, armonizzazione 
contabile 
e 
autonomia finanziaria degli 
enti 
territoriali, in rivista 
aIC, n. 1/2017. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Il 
rischio di 
alterare 
i 
principi 
del 
federalismo fiscale 
� 
ben presente 
nella 
sentenza 
n. 
188 
del 
2016, 
relativa 
all�impugnazione 
da 
parte 
della 
regione 
Friuli 
Venezia 
Giulia 
di 
alcune 
disposizioni 
della 
legge 
di 
Stabilit� 
2014 
riguardanti 
il 
riparto dei 
gettiti 
tributari 
spettanti 
alla 
regione. la 
Corte, infatti, 
sottolinea 
che 
le 
prerogative 
del 
legislatore 
statale 
in tema 
di 
coordinamento 
finanziario non implicano �l�esonero per 
lo Stato dell�obbligo di 
rendere 
sostenibili 
e 
confrontabili 
con i 
dati 
necessari 
per 
una corretta attuazione 
del 
precetto costituzionale 
inerente 
la salvaguardia delle 
risorse 
spettanti 
all�autonomia 
speciale�, 
con 
la 
conseguenza 
che, 
l�inosservanza 
di 
tale 
precetto, 
comporta 
una 
ingiustificata 
compressione 
dell�autonomia 
regionale. 
la 
Corte, 
quindi, critica 
l�operato statale 
e 
nota 
che, durante 
il 
percorso di 
tentata 
attuazione 
della 
legge 
delega 
n. 
42 
del 
2009, 
lo 
Stato 
ha 
predisposto 
un 
quadro 
opaco ed autoreferenziale nella ripartizione del gettito tributario. 


Va 
ricordato, poi, che 
gi� 
il 
diritto positivo sembra 
assegnare 
presupposti 
espansivi 
per 
la 
funzione 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica. 
Si 
pensi 
alla 
riserva 
di 
legge 
posta 
dall�art. 
119 
Cost., 
secondo 
comma, 
la 
quale 
impone 
che 
il 
coordinamento finanziario sia 
legificato, non potendo, quindi, lo Stato 
esercitare 
tale 
funzione 
mediante 
atti 
amministrativi 
privi 
di 
esplicito fondamento 
legislativo o comunque 
non adeguatamente 
circoscritti, nella 
loro discrezionalit�, 
dalla 
legge 
stessa. 
l�esercizio 
di 
forme 
di 
coordinamento 
finanziario 
da 
parte 
dello 
Stato 
trova 
un 
duplice 
radicamento 
costituzionale 
negli 
artt. 117, terzo comma, Cost. e 
119 Cost., ben potendo il 
legislatore 
statale, 
proprio 
in 
virt� 
della 
richiamata 
riserva 
di 
legge, 
procedere 
all�individuazione 
dei 
principi 
che 
disciplinano 
il 
sistema 
finanziario 
della 
repubblica 
(51). 


In definitiva, il 
quadro che 
emerge 
dal 
diritto positivo sembra 
ascrivere 
al 
coordinamento della 
finanza 
pubblica 
un complesso di 
attivit� 
di 
carattere 
legislativo, 
regolamentare 
e 
amministrativo 
rivolte 
a 
rendere 
effettivi 
i 
fini 
del 
coordinamento stesso. 


In questa 
prospettiva 
� 
possibile 
individuare, non senza 
difficolt�, alcune 
linee 
mediante 
le 
quali 
il 
legislatore 
statale 
esercita 
la 
funzione 
di 
coordinamento 
della finanza pubblica e del sistema tributario. 


una 
prima 
linea, che 
pu� definirsi 
di 
coordinamento in senso statico, si 
esprime 
nella 
determinazione 
delle 
regole 
fondamentali 
del 
sistema 
di 
finanza 
pubblica 
nazionale, poste 
in parte 
dalla 
Costituzione, in parte 
dalla 
legge 
di 
contabilit�, si 
veda, ad esempio, le 
leggi 
n. 196 del 
2009 e 
n. 39 del 
2011, e 
nella 
legge 
n. 42 del 
2009 sul 
cosiddetto 
�federalismo fiscale�. A 
questo quadro 
si 
aggiunge 
il 
rispetto del 
principio di 
leale 
cooperazione 
mediante 
il 
sistema 
delle Conferenze. 


(51) G.m. SAlerno, Equilibrio di 
bilancio, coordinamento finanziario e 
autonomie 
territoriali, 
in Il 
Filangieri 
- Quaderno 2011, Costituzione 
e 
pareggio di 
bilancio, a 
cura 
di 
V. lIPPolIS, n. luPo, 
G.m. SAlerno, G. SCACCIA, 
napoli, 2011, pag. 153. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


una 
seconda 
linea, descrivibile 
come 
coordinamento in senso dinamico, 
si 
concretizza 
in 
regole 
di 
coordinamento 
mutevoli 
nel 
tempo, 
che 
definiscono 
l�apporto 
quantitativo 
e 
qualitativo 
delle 
autonomie 
territoriali 
al 
mantenimento 
dei 
vincoli 
al 
governo dei 
conti 
pubblici. Da 
questo punto di 
vista, il 
coordinamento 
finanziario 
si 
traduce 
in 
limiti 
specifici 
cui 
sono 
soggette 
le 
autonomie 
territoriali, rispetto ai 
quali 
il 
sistema 
delle 
Conferenze 
� 
piuttosto 
marginale. 
ne 
consegue 
che 
regioni 
ed 
enti 
locali 
risultano 
poco 
coinvolte 
nella fase di elaborazione e predisposizione dei suddetti vincoli (52). 


A 
queste 
linee 
direttrici 
se 
ne 
aggiunge 
una 
terza, 
di 
matrice 
ancor 
pi� 
centralista, 
che 
il 
legislatore 
statale 
ha 
sviluppato 
predisponendo 
meccanismi 
di 
reazione 
alle 
disfunzioni 
della 
finanza 
decentrata 
rispetto 
alle 
regole 
di 
sistema 
e 
ai 
vincoli 
posti 
ai 
fini 
di 
coordinamento. 
Si 
pensi 
a 
quel 
complesso 
di 
procedimenti 
in 
cui 
la 
funzione 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
si 
intreccia 
con 
la 
rinnovata 
disciplina 
di 
controlli 
sulla 
regolarit� 
dei 
conti 
pubblici, 
la 
verifica 
del 
rispetto 
del 
patto 
di 
stabilit� 
interno, 
l�obbligo 
di 
copertura 
e 
la 
sostenibilit� 
della 
spesa 
e 
dell�indebitamento 
degli 
enti 
territoriali. 
Si 
veda, 
inoltre, 
la 
disciplina 
finalizzata 
al 
rientro 
dal 
disavanzo 
sanitario 
delle 
regioni 
o 
i 
meccanismi 
sanzionatori 
e 
premiali 
previsti 
dal 
decreto 
legislativo 
n. 
149 
del 
2011. 
Infine, 
si 
pensi 
alle 
ulteriori 
misure 
spesso 
contenute 
in 
decreti-legge 
intervenuti 
in 
materia 
di 
governo 
dell�economia, 
volte 
a 
determinare 
parametri 
su 
cui 
rilevare 
la 
virtuosit� 
degli 
enti 
territoriali. 
Si 
tratta, 
spesso, 
di 
provvedimenti 
espressione 
dell�esercizio 
di 
una 
funzione 
di 
coordinamento 
che 
non 
si 
caratterizza 
per 
chiarezza 
e 
sistematicit�, 
in 
cui 
la 
disciplina 
del 
coordinamento 
finanziario 
si 
intreccia 
con 
funzioni 
di 
controllo 
e 
con 
il 
ricorso 
ai 
poteri 
sostitutivi. 


Alla 
luce 
delle 
argomentazioni 
svolte 
si 
evince 
che 
lo Stato pone 
una 
articolata 
tipologia 
di 
vincoli 
e 
di 
limiti 
di 
coordinamento finanziario alle 
autonomie 
territoriali. Questi 
vincoli 
sono stati 
determinati 
in via 
legislativa 
dallo 
Stato 
con 
uno 
scarso 
contributo 
degli 
enti 
territoriali 
stessi. 
Inoltre, 
tali 
principi 
sono stati 
frazionati 
in una 
pluralit� 
di 
normative 
di 
vario tipo, come 
riforme 
di 
tipo ordinamentale, interventi 
di 
carattere 
settoriale 
che 
hanno posto limiti 
qualitativi 
e 
quantitativi 
alla 
gestione 
dei 
conti 
pubblici. 
Si 
tratta 
di 
misure 
prive di organicit�, sistematicit� e stabilit�. 


In 
definitiva, 
data 
la 
diversificata 
tipologia 
di 
interventi 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
posti 
in 
essere 
dal 
legislatore 
statale 
manca 
proprio 
una 
regola 
generale 
di 
coordinamento in senso statico, riprendendo la 
definizione 
della 
Corte 
costituzionale, 
su 
cui 
edificare 
il 
sistema 
di 
federalismo 
fiscale. 
Finora, 
infatti, 
sono 
prevalse 
regole 
di 
coordinamento 
in 
senso 
dinamico, 
funzionali 
solo a conseguire obiettivi congiunturali mutevoli nel tempo. 


(52) A. D�AtenA, Le 
aperture 
dinamiche 
del 
riparto di 
competenze, tra punti 
fermi 
e 
nodi 
non 
sciolti, in Le regioni, 2008, pag. 815. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


5. Legge delega n. 42/2009 tra attualit� e prospettive. 
la 
legge 
delega 
n. 42/2009 (53), nelle 
intenzioni 
del 
legislatore, avrebbe 
dovuto dettare 
i 
principi 
generali 
per rispettare 
l�autonomia 
di 
entrata, al 
fine 
di 
attuare 
l�art. 
119 
della 
Costituzione. 
In 
questo 
senso, 
la 
relazione 
illustrativa, 
dopo aver evidenziato che 
�il 
tema del 
federalismo fiscale 
rappresenta una 
pagina bianca della nostra storia repubblicana che 
attende 
ancora di 
essere 
scritta�, 
affida 
alla 
riforma 
la 
funzione 
di 
�attuare 
presupposti 
e 
potenzialit�� 
di 
un 
assetto 
compiuto 
di 
finanza 
locale. 
l�intento 
dichiarato 
era, 
dunque, 
quello di 
contrastare 
politiche 
di 
spreco di 
denaro pubblico da 
parte 
delle 
amministrazioni 
locali, nell�ottica 
di 
consentire 
al 
cittadino-utente 
un controllo 
effettivo su entrate 
e 
spese, secondo 
�modelli 
di 
responsabilit� e 
di 
concorrenza 
emulativa tra comunit� e 
governi 
locali� 
(54). Significativo � 
l�art. 1 
che 
prevede 
�la 
graduale 
sostituzione, 
per 
tutti 
i 
livelli 
di 
governo, 
del 
criterio 
della spesa storica�, al 
fine 
di 
�garantire 
la massima responsabilizzazione 
e 
l�effettivit� 
e 
la 
trasparenza 
del 
controllo 
democratico 
nei 
confronti 
degli 
eletti� 
(55). 


In 
riferimento 
al 
finanziamento 
della 
spesa 
per 
prestazioni 
essenziali 
viene 
posto 
il 
criterio 
del 
costo 
standard, 
inteso 
come 
indicatore 
di 
valutazione 
dell�azione 
pubblica 
in luogo del 
criterio della 
spesa 
storica. tuttavia, va 
segnalato 
che, per assicurare 
servizi 
pubblici 
secondo standard omogenei, occorre 
assicurare 
dotazioni 
infrastrutturali 
omogenee, in quanto, in larga 
parte, 
sono proprio quest�ultime 
a 
misurare 
la 
qualit� 
dei 
servizi 
offerti 
e 
i 
costi 
intercorsi. 
ne 
consegue 
che, dato il 
contesto di 
sopraggiunta 
crisi 
economica, 
vanno ridefiniti 
i 
criteri 
di 
erogazione 
della 
spesa 
in relazione 
al 
riordino del 
potere 
di 
imposizione 
tra 
Stato, regioni 
e 
Comuni. la 
legge 
delega, dunque, 
richiama 
principi 
di 
solidariet� 
e 
di 
coesione 
sociale, prefigurando assetti 
finanziari 
solidali e cooperativi (56). 


l�attuazione 
di 
una 
pi� ampia 
ed articolata 
autonomia 
in capo a 
ciascun 


(53) 
la 
legge 
delega 
si 
articola 
in 
dieci 
Capi, 
distinti 
in 
funzione 
dei 
contenuti: 
il 
primo 
�Contenuti 
e 
regole 
di 
coordinamento finanziario�, comprende 
i 
primi 
sei 
articoli; 
il 
secondo, intitolato �rapporti 
finanziari 
Stato-regioni�, riassume 
gli 
articoli 
7, 8, 9 e 
10; 
il 
terzo, definito la 
�Finanza degli 
enti 
locali�, 
raccoglie 
quattro articoli, l�11, il 
12, il 
13 e 
il 
14; 
il 
quarto, il 
�Finanziamento delle 
citt� metropolitane�, 
si 
compone 
dell�art. 15; 
il 
quinto, gli 
�Interventi 
speciali�, si 
riduce 
ad un unico articolo, il 
16; 
il 
sesto recante 
il 
�Coordinamento dei 
diversi 
livelli 
di 
governo�, si 
sviluppa 
su due 
articoli, il 
17 e 
il 
18; 
il 
settimo, riguardante 
il 
�Patrimonio di 
regioni 
ed Enti 
locali�, costa 
di 
un solo articolo, il 
19; 
l�ottavo, reca 
le 
�Norme 
transitorie 
e 
finali�, raccoglie 
gli 
articoli 
20, 21, 22, 23, 24, 25 e 
26; 
il 
nono 
definisce 
gli 
�obiettivi 
di 
perequazione 
e 
solidariet� per 
le 
regioni 
a Statuto speciale 
e 
per 
le 
Province 
autonome 
di 
Trento 
e 
Bolzano�, 
attraverso 
un 
solo 
articolo, 
il 
27; 
l�ultimo, 
la 
�Salvaguardia 
finanziaria 
ed abrogazioni�, composto dagli articoli 28 e 29. 
(54) P. PAlASCA, C. lottIerI, Come 
il 
federalismo pu� salvare 
il 
mezzogiorno, Catanzaro, 2008, 
pag. 110. 
(55) A. urICCHIo, Il federalismo della crisi o la crisi del federalismo? 
Bari, 2012, pag. 66. 
(56) F. AmAtuCCI, Il nuovo sistema fiscale degli enti locali, torino, 2008, pag. 4. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


ente 
territoriale 
nello 
svolgimento 
dei 
compiti 
affidati 
deve 
consentire 
sia 
l�accesso 
alla 
perequazione 
finanziaria 
sia 
l�erogazione 
di 
risorse 
pubbliche 
in 
misura 
adeguata 
a 
fronteggiare 
le 
spese 
per le 
funzioni 
essenziali. Gli 
indicatori 
di 
fabbisogno finanziario utilizzati 
sono due: 
uno relativo alla 
copertura 
della 
spesa 
corrente 
e 
l�altro riguardante 
la 
copertura 
della 
spesa 
in conto capitale. 
Il 
regime 
dei 
trasferimenti 
perequativi 
viene 
posto 
tramite 
la 
�fiscalizzazione� 
dei 
precedenti 
trasferimenti 
statali 
e 
regionali, di 
ogni 
tipo, diretti 
al 
finanziamento 
degli 
enti 
locali. Per mezzo di 
una 
�clausola di 
garanzia�, la 
somma 
dei 
gettiti 
delle 
entrate 
di 
Comuni 
e 
Province, 
derivanti 
dal 
diverso 
regime 
delle 
entrate 
autonome 
e 
dai 
trasferimenti 
perequativi 
corrisponde 
al 
valore 
complessivo dei trasferimenti soppressi. 


Inoltre, 
va 
sottolineato 
che, 
sulla 
base 
della 
legge 
delega, 
assieme 
alle 
norme 
in materia 
di 
armonizzazione 
dei 
bilanci 
pubblici 
riconducibili 
all�osservanza 
del 
patto 
di 
stabilit� 
e 
di 
crescita 
europeo, 
si 
pone 
il 
tema 
della 
esatta 
individuazione 
dei 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
sanitarie, di 
quelle 
relative 
all�istruzione e al trasporto pubblico locale. 

In questo contesto emerge 
che 
il 
principio di 
territorialit� 
dei 
tributi 
regionali 
e 
locali 
e 
di 
riferibilit� 
territoriale 
delle 
compartecipazioni 
al 
gettito 
dei 
tributi 
erariali 
rappresentano l�asse 
portante 
del 
progetto di 
finanza 
locale 
delineato dal 
legislatore 
delegante, in base 
al 
quale 
la 
modifica 
dei 
criteri 
di 
riparto del 
carico fiscale 
si 
fonda 
sull�impiego nel 
territorio del 
gettito dei 
tributi 
locali 
ed erariali 
prelevati. tale 
principio implica, necessariamente, l�individuazione 
di 
fattispecie 
imponibili 
aderenti 
agli 
ambiti 
spaziali 
entro cui 
la 
comunit� 
locale 
interviene. 
In 
tal 
senso, 
il 
finanziamento 
integrale, 
nella 
logica 
del 
fabbisogno 
standard, 
delle 
funzioni 
fondamentali 
e 
dei 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
deve 
essere 
assicurato da 
tributi 
propri, dalle 
compartecipazioni 
al 
gettito di 
tributi 
erariali 
e 
regionali, da 
addizionali 
a 
tali 
tributi 
e 
dal 
fondo perequativo. Al 
fine, poi, di 
bilanciare 
il 
principio di 
legalit�, ex 
art. 23 
Cost., 
e 
l�autonomia 
finanziaria, 
ex 
art. 
119 
Cost., 
� 
posta, 
da 
parte 
della 
legge 
statale, la 
previsione 
dei 
presupposti, dei 
soggetti 
passivi 
e 
delle 
basi 
imponibili, 
in modo da 
garantire 
flessibilit� 
e 
manovrabilit� 
territoriale, in un�ottica 
di 
semplificazione. Inoltre, le 
imposte 
di 
carattere 
regionale 
vanno ricondotte 
alle 
competenze 
legislative 
ed 
amministrative 
riconosciute 
dagli 
artt. 
117 
e 
118 Cost., in relazione 
al 
modello di 
riorganizzazione 
del 
rapporto tra 
Stato, 
regioni 
ed 
enti 
locali 
delineato 
dal 
titolo 
V 
della 
Costituzione, 
in 
ragione 
del 
quale 
le 
distinte 
espressioni 
di 
autonomia 
si 
articolano 
secondo 
il 
principio 
della 
competenza. 
ne 
deriva 
che 
ogni 
ente, 
equiordinato 
rispetto 
agli 
altri, 
detiene 
una 
propria 
sfera 
di 
attribuzioni 
che, riguardo ad un determinato ambito 
materiale, territoriali 
e 
di 
interessi 
socio-economici, � 
inderogabile. ed � 
proprio 
in questa 
prospettiva 
che 
la 
potest� 
legislativa 
delle 
regioni 
trova 
la 
propria 
legittimazione. 

Il 
binomio 
�cosa 
amministrata 
-cosa 
tassata� 
si 
colloca 
come 
regola 



rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


ispiratrice 
della 
ricerca 
di 
ulteriori 
modelli 
di 
implementazione 
delle 
risorse 
locali. 
Infatti, 
ogni 
nuovo 
tributo 
deve 
presentare 
i 
caratteri 
della 
visibilit�, 
intesa 
come 
percepibilit� 
del 
grado di 
responsabilizzazione 
delle 
autonomie 
locali, 
della 
non 
esportabilit�, 
della 
semplicit� 
amministrativa 
e 
della 
corrispondenza 
con i 
servizi 
usufruiti 
e 
organizzati 
sul 
territorio (57). la 
progressiva 
moltiplicazione 
dei 
livelli 
di 
governo produce, inevitabilmente, una 
diversificazione 
delle 
funzioni 
svolte 
secondo criteri 
di 
sussidiariet� 
verticali. 
Ai 
livelli 
regionali 
e 
locali 
competono il 
governo del 
territorio e 
i 
servizi 
alla 
persona 
come 
sanit�, 
istruzione, 
sicurezza, 
trasporti, 
verde, 
asili, 
assistenza 
per i 
bisogni 
ultimi 
(58). Il 
collegamento tra 
competenze 
degli 
enti 
territoriali 
e 
tributi 
comporta 
che 
il 
gettito 
sia 
destinato 
al 
finanziamento 
del 
servizio 
stesso. 
Si 
realizza, 
cos�, 
il 
principio 
di 
correlazione 
tra 
prelievo 
e 
beneficio 
connesso alle 
funzioni 
svolte 
dall�ente 
locale. Si 
sottolinea 
la 
maggiore 
idoneit� 
dei tributi locali a soddisfare la condizione della correlazione. 


A 
parziale 
smentita 
di 
questo quadro si 
pone 
la 
normativa 
di 
attuazione 
della 
legge 
delega. Il 
legislatore 
delegato, pi� che 
coltivare 
i 
principi 
di 
autonomia 
finanziaria 
degli 
enti 
territoriali, 
sembra 
perseguire 
obiettivi 
contingenti 
ed emergenziali 
di 
contenimento della 
spesa 
pubblica 
e 
di 
riallocazione 
delle 
risorse 
lungo 
l�asse 
nord-Sud; 
la 
profonda 
crisi 
generale 
della 
finanza 
pubblica 
riduce 
l�assetto 
finanziario 
ad 
una 
mera 
operazione 
sulla 
spesa 
pubblica 
locale. 

richiamando, 
seppur 
brevemente, 
il 
contenuto 
dei 
principali 
provvedimenti 
delegati, 
si 
ricorda 
il 
d.lgs 
85/2010, 
riguardante 
il 
cosiddetto 
federalismo 
demaniale, finalizzato all�attribuzione, a 
titolo non oneroso, ad ogni 
livello di 
governo di 
distinte 
tipologie 
di 
beni, commisurate 
alle 
dimensioni 
territoriali, 
alla 
capacit� 
finanziaria, alle 
competenze 
e 
alle 
funzioni 
effettivamente 
esercitate 
dalle 
diverse 
regioni 
ed enti 
locali, ovvero l�assegnazione 
di 
beni 
immobili 
(59) secondo criteri 
di 
territorialit� 
e 
previa 
concertazione 
in sede 
di 
conferenza unificata. 


Il 
d.lgs 
156/2010 concerne 
gli 
assetti 
istituzionali 
e 
di 
governo di 
roma 


(57) K.C. meSSere, Tax policy in oecd countries. Choice and conflicts, Amsterdan, 1993. 
(58) I servizi 
pubblici 
locali 
si 
suddividono: 
1) servizi 
ai 
cittadini 
in quanto utenti. tra 
questi 
si 
hanno: 
la 
raccolta 
di 
rifiuti 
solidi 
urbani; 
la 
fornitura, tramite 
aziende 
comunali, delle 
�grandi 
utenze� 
come 
acqua 
depurata, elettricit�, gas 
o gasolio, telefono; 
l�illuminazione 
pubblica; 
la 
costruzione 
delle 
�reti 
per 
la 
circolazione�; 
la 
predisposizione 
di 
aree 
verdi; 
i 
piani 
regolatori; 
i 
servizi 
per 
le 
aree 
industriali 
ed artigiane; 
2) servizi 
ai 
cittadini 
per la 
mobilit� 
territoriale. tra 
questi 
vanno inclusi: 
la 
manutenzione 
della 
rete 
viaria 
comunale 
e 
dei 
marciapiedi; 
l�attivazione 
e 
la 
manutenzione 
delle 
reti 
per 
la 
circolazione 
collettiva 
di 
persone 
e 
cose; 
le 
aree 
di 
sosta 
per i 
mezzi 
di 
trasporto; 
la 
limitazione 
dei 
danni 
ambientali 
da 
emissioni 
e 
da 
circolazione 
di 
veicoli 
a 
motore; 
3) servizi 
socio-culturali. tra 
questi 
si 
segnalano: 
l�anagrafe; 
lo stato civile; 
la 
statistica; 
i 
servizi 
elettorali; 
gli 
asili; 
l�assistenza 
agli 
anziani; 
la 
lotta 
alle 
nuove povert�; le iniziative turistiche e culturali. 
(59) rientrano tra 
le 
categorie 
di 
beni 
previsti 
dall�art. 5 del 
d.lgs 
85/2010 �i 
beni 
appartenenti 
al 
demanio marittimo, beni 
appartenenti 
al 
demanio idrico, fiumi 
di 
ambito sovra regionale, laghi 
di 
ambito sovra regionale, aeroporti 
di 
interesse 
regionale 
o locale 
appartenenti 
al 
demanio aeronautico 
civile statale, miniere ed altri beni immobili dello Stato�. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Capitale, 
compreso 
il 
relativo 
conferimento 
di 
funzioni 
e 
compiti 
amministrativi. 
Il 
d.lgs 
216/2010 riguarda 
i 
costi 
e 
i 
fabbisogni 
standard di 
Comuni, Citt� 
metropolitane 
e 
Province; 
il 
d.lgs 
118/2011 detta 
i 
principi 
in materia 
di 
armonizzazione 
dei 
sistemi 
contabili 
e 
degli 
schemi 
di 
bilancio delle 
regioni, 
degli 
enti 
locali 
e 
dei 
loro enti 
e 
organismi 
strumentali. la 
normativa 
prevede 
l�adozione 
della 
contabilit� 
finanziaria 
alla 
quale 
si 
affianca 
un 
sistema 
di 
contabilit� 
economico-patrimoniale, 
garantendo 
la 
rilevazione 
unitaria 
dei 
fatti 
gestionali 
sia 
sotto il 
profilo finanziario sia 
sotto il 
profilo economico-patrimoniale. 
Il 
d.lgs. 149/2011, invece, reca 
la 
disciplina 
dei 
meccanismi 
sanzionatori 
e 
premiali 
per regioni, Province 
e 
Comuni 
nell�intento di 
contrastare 
inefficienze e sprechi, nell�ottica di favorire gestioni virtuose ed efficienti. 


Particolare 
attenzione 
merita 
il 
d.lgs. 23/2011. Innanzitutto esso prevedeva 
una 
importante 
compartecipazione 
dei 
Comuni 
al 
gettito 
di 
diversi 
tributi 
immobiliari 
erariali 
nell�ambito del 
processo di 
�fiscalizzazione� 
dei 
trasferimenti 
statali. la 
compartecipazione 
era 
parziale 
per i 
gettiti 
delle 
imposte 
sui 
trasferimenti 
immobiliari 
e 
da 
cedolare 
secca; 
in 
secondo 
luogo 
prevedeva 
una 
compartecipazione 
all�Iva 
di 
ammontare 
pari 
al 
2% del 
gettito Irpef e 
legata 
ai 
gettiti 
ricavati 
dai 
territori, clausola, di 
fatto, mai 
applicata. In terzo luogo, 
introduceva 
due 
imposte 
di 
scopo, 
l�una 
finalizzata 
alla 
realizzazione 
di 
opere 
pubbliche 
e 
l�altra 
preposta 
al 
potenziamento 
del 
turismo, 
sotto 
la 
veste 
di 
imposta 
di 
soggiorno. 
Inoltre, 
il 
d.lgs 
23/2011 
va 
ricordato 
per 
aver 
sostituito 
l�Ici 
con l�Imu, applicando quest�ultima 
anche 
alle 
abitazioni 
principali 
e 
prevedendo 
la 
rivalutazione 
dei 
valori 
catastali. 
Accanto 
ai 
contenuti 
del 
citato 
decreto attuativo meritano attenzione 
anche 
i 
correttivi 
introdotti 
dalle 
leggi 
di 
Stabilit� 
2013 e 
2014; 
la 
prima 
introduceva 
la 
tares 
su rifiuti 
e 
servizi, la 
seconda 
ha 
separato il 
servizio rifiuti, pagato con la 
tari 
sostitutiva 
delle 
precedenti 
tia 
1 e 
tia 
2, dai 
servizi 
indivisibili, la 
tasi. la 
costruzione 
di 
gran 
parte 
dell�autonomia 
finanziaria 
dei 
Comuni 
sulla 
base 
dei 
tributi 
immobiliari 
diversi 
tra 
territori 
nei 
valori 
e 
nella 
quantit� 
obbliga 
il 
legislatore 
a 
definire 
il 
sistema 
dei 
trasferimenti 
perequativi, 
previsti 
dalla 
legge 
42/2009 
e 
dai 
decreti 
delegati 23/2011 e 216/2010. 


In 
tal 
senso, 
i 
processi 
di 
federalismo 
fiscale, 
avviati 
e 
non 
conclusi, 
uniti 
all�asserita 
intenzione 
di 
rafforzare 
autonomia 
e 
decentramento 
non 
hanno 
concretamente 
determinato significativi 
rafforzamenti 
dello spazio di 
autonomia 
finanziaria 
locale. Al 
contrario, � 
facilmente 
rilevabile 
che 
si 
� 
proceduto 
ad una 
semplice 
trasformazione 
delle 
modalit� 
e 
degli 
strumenti 
attraverso i 
quali 
lo 
Stato 
esercita 
le 
proprie 
prerogative 
in 
materia 
di 
controllo 
finanziario 
sugli enti locali. 



rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


L�Area vasta e il suo territorio. il caso emilia Romagna 


Guglielmo Bernabei* 

SommarIo: 1. Premessa - 2. Quadro delle 
funzioni 
e 
riorganizzazione 
dell�area vasta. 
Prospettive 
di 
municipalismo differenziato - 3. Il 
caso Emilia romagna - 4. Principi 
di 
riferimento 
nell�ottica del regionalismo differenziato - 5. Conclusioni. 


1.Premessa. 


la 
configurazione 
territoriale 
dell�Area 
vasta 
deve 
essere 
presidiata 
da 
strumenti 
o 
istituti 
di 
natura 
giuridica 
che 
ne 
garantiscano 
una 
amministrazione 
coordinata, efficiente e funzionale. 


nel 
proporre 
alcune 
considerazioni 
sul 
tema, 
occorre 
muovere 
dal 
quadro 
tracciato dalla 
legge 
7 aprile 
2014, n. 56, per incentrare 
l�attenzione 
proprio 
sulla 
dimensione 
funzionale 
delle 
attivit� 
esercitate 
dai 
soggetti 
a 
vario titolo 
operanti 
nell�amministrazione 
infra-regionale, ponendo l�accento sulla 
correlazione 
esistente 
tra 
organizzazione 
interna 
degli 
enti, 
funzioni 
amministrative 
da 
esercitare 
e 
complessit� 
territoriale, con particolare 
riferimento al 
contesto 
emiliano-romagnolo. 


Procedendo 
secondo 
tali 
direttive, 
� 
utile 
muovere 
da 
una 
analisi 
in 
ordine 
ai 
rapporti 
intercorrenti 
tra 
gli 
organi 
dell�ente 
intermedio, 
al 
fine 
di 
comprendere 
i 
riflessi 
di 
tali 
rapporti 
interni 
sui 
compiti 
amministrativi 
che 
Province 
e 
Citt� metropolitane devono in concreto svolgere sul territorio di pertinenza. 


2. 
Quadro 
delle 
funzioni 
e 
riorganizzazione 
dell�area 
vasta. 
Prospettive 
di 
municipalismo differenziato. 
nel 
quadro delle 
funzioni 
dell�Area 
vasta 
e 
dell�assetto di 
governance, si 
pone 
l�esigenza 
di 
definire 
l�insieme 
delle 
funzioni 
da 
esercitarsi 
a 
livello comunale. 
e 
ci� anche 
in considerazione 
del 
possibile 
assetto a 
geometria 
variabile 
che dovrebbe assumere la riorganizzazione dell�Area vasta (1). 


la 
legge 
n. 
56/2014, 
nella 
parte 
in 
cui 
individua 
le 
funzioni 
fondamentali 
della 
Provincia, 
dopo 
oltre 
un 
decennio 
trascorso 
a 
dibattere 
sulla 
dimensione 
attuativa 
dell�art. 
117, 
comma 
2, 
lett. 
p), 
Cost., 
definisce 
un 
elenco 
di 
funzioni 
intestate 
all�ente 
intermedio, 
cos� 
come 
confermato 
anche 
dalla 
pronuncia 
della 
Corte 
costituzionale 
n. 
50/2015. 
Il 
legislatore 
statale 
ha 
op


(*) Avvocato e Dottore di ricerca in diritto costituzionale. 


(1) F. PIzzettI, Una grande 
riforma di 
sistema. Scheda di 
lettura e 
riflessioni 
su Citt� metropolitane, 
Province, 
Unioni 
di 
Comuni: 
le 
linee 
principali 
del 
ddl 
Delrio, 
in 
www.astrid-online.it, 
24 
gennaio 
2014; 
D. SerVettI, Il 
riordino delle 
funzioni 
provinciali 
nella legge 
Delrio e 
nel 
primo anno di 
attuazione, 
in Il 
Piemonte 
delle 
autonomie, n. 2/2015, pp. 132 ss.; 
G.C. rICCIArDI, A. VenturI, La riorganizzazione 
territoriale e funzionale dell�area Vasta, Giappichelli, torino, 2018. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


tato 
per 
la 
sola 
determinazione 
delle 
funzioni 
fondamentali 
astenendosi 
dal 
disciplinarne 
l�esercizio, 
precisando, 
all�art. 
1, 
comma 
87, 
che 
le 
funzioni 
fondamentali 
sono 
�esercitate 
nei 
limiti 
e 
secondo 
le 
modalit� 
stabilite 
dalla 
legislazione 
statale 
e 
regionale 
di 
settore, 
secondo 
la 
rispettiva 
competenza 
per 
materia 
ai 
sensi 
dell�art. 
117, 
commi 
secondo, 
terzo 
e 
quarto 
della 
Costituzione
�. 
Per 
sottrazione, 
dunque, 
il 
novero 
delle 
funzioni 
disciplinate 
dalla 
legge 
regionale 
corrisponde 
al 
riparto 
secondo 
gli 
elenchi 
di 
cui 
ai 
commi 
secondo, 
terzo 
e 
quarto 
dell�art. 
117 
Cost. 
tale 
previsione 
assume 
un 
duplice 
valore 
ermeneutico, 
e 
ci� 
in 
considerazione 
del 
fatto 
che 
il 
legislatore 
regionale 
da 
una 
parte 
ha 
ampi 
margini 
per 
stabilire 
le 
modalit� 
di 
esercizio 
delle 
funzioni 
fondamentali, 
e 
non, 
nelle 
materie 
di 
competenza 
concorrente 
e 
residuale; 
dall�altra, 
pone, 
quale 
unico 
limite 
al 
riordino 
delle 
funzioni 
residue, 
quello 
proprio 
dell�Area 
vasta. 


Si 
evince 
un 
disegno 
volto 
a 
consolidare 
l�esistenza 
di 
un 
ente 
intermedio 
intestatario 
di 
funzioni 
che 
non 
si 
limitano 
al 
mero 
indirizzo 
e 
coordinamento. 
Il 
profilo 
funzionale 
delle 
Province, 
che 
spazia 
dalla 
programmazione, 
alla 
regolazione 
di 
attivit� 
pubbliche 
e 
private 
e 
alla 
gestione 
di 
attivit� 
amministrative 
e 
di 
servizi, 
esprime 
il 
riconoscimento 
della 
necessit� 
di 
definire 
un 
livello 
intermedio che 
eserciti 
funzioni 
sovracomunali 
e 
sub-regionali. Ci� non preclude 
la 
possibilit� 
di 
disegnare 
un assetto delle 
funzioni 
che 
tenga 
conto di 
geometrie 
variabili, anche 
differenziate 
in ragione 
della 
dimensione 
dei 
Comuni 
insistenti 
nel 
territorio regionale 
di 
riferimento. ne 
deriva 
che 
non tutte 
le 
funzioni 
di 
area 
vasta 
devono essere 
necessariamente 
intestate 
alla 
Provincia. 
l�elencazione 
delle 
funzioni 
fondamentali 
contenuta 
nel 
comma 
85 
lascia 
ampi 
margini 
di 
manovra 
alla 
regione 
- anche 
in conseguenza 
dell�accordo 
stipulato 
in 
Conferenza 
unificata 
nella 
seduta 
dell�11 
settembre 
2014 
riguardo 
alla 
ricognizione 
delle 
funzioni 
non 
fondamentali, 
che 
ha 
sostanzialmente 
modificato 
l�iter attuativo della 
legge 
n. 56/2014 - nel 
ridisegnare 
su scala 
territoriale 
il sistema delle autonomie (2). 


lo 
scenario 
che 
si 
prospetta 
� 
composito 
e 
prelude, 
almeno 
sotto 
il 
profilo 
sistematico, ad un riordino complessivo delle 
funzioni 
su base 
territoriale, investendo 
tutti 
i 
livelli 
di 
governo coinvolti: 
regioni, Province, Comuni 
e 
le 
loro 
forme 
di 
aggregazione. 
Quanto 
alle 
funzioni 
diverse 
da 
quelle 
fondamentali 
lo 
Stato 
e 
le 
regioni, 
secondo 
le 
rispettive 
competenze, 
provvedono 
ad 
attribuire 
le 
funzioni 
secondo 
quanto 
stabilito 
dall�art. 
118 
Cost., 
con 
un 
esplicito 
richiamo 
ai 
principi 
di 
sussidiariet�, 
differenziazione 
ed 
adeguatezza, 
e 
con 
l�obiettivo 
di 
perseguire 
alcuni 
criteri 
direttivi 
quali 
l�individuazione 
dell�am


(2) 
r. 
BIn, 
Il 
nodo 
delle 
province, 
in 
Le 
regioni, 
nn. 
5-6/2012, 
pp. 
899 
ss.; 
contra, 
cfr. 
l. 
CAStellI, 
Il 
territorio degli 
enti 
locali 
in Italia: caratteri, dimensioni, mutamenti, in ISSirFa, 
www.issirfa.cnr.it, 
luglio 2013; 
l. VAnDellI, Commi 
85-86. riordino delle 
funzioni 
delle 
province, in ID., 
Citt� metropolitane, 
province, unioni e fusioni di comuni, maggioli, Santarcangelo di romagna 2014, pp. 150 ss. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


bito territoriale 
ottimale 
di 
esercizio per ciascuna 
funzione; 
l�efficacia 
nello 
svolgimento delle 
funzioni 
fondamentali 
da 
parte 
dei 
Comuni 
e 
delle 
unioni 
di 
Comuni; 
la 
sussistenza 
di 
riconosciute 
esigenze 
unitarie; 
l�adozione 
di 
forme 
di 
avvalimento e 
deleghe 
di 
esercizio tra 
gli 
enti 
territoriali 
coinvolti 
nel 
processo 
di riordino, mediante intese o convezioni. 


In 
questo 
contesto, 
il 
legislatore 
individua 
nell�esercizio 
in 
forma 
associata 
delle 
funzioni 
uno 
snodo 
essenziale 
del 
riordino 
che 
coinvolge 
direttamente 
anche 
le 
autonomie 
funzionali, 
specie, 
per 
quel 
che 
riguarda 
i 
servizi 
e 
le 
funzioni 
di 
rilevanza 
economica. 
ne 
discende 
un 
quadro 
che 
non 
si 
limita 
a 
disegnare 
un 
processo 
di 
riordino 
riconducibile 
ad 
una 
attrazione 
delle 
funzioni 
non 
fondamentali 
verso 
l�alto 
ovvero 
verso 
il 
basso 
(3). 
Sono, 
dunque, 
veri 
e 
propri 
criteri 
direttivi 
capaci 
di 
orientare 
il 
processo 
di 
riordino 
del 
sistema 
delle 
autonomie, 
che 
vedono 
nella 
regione 
lo 
snodo 
essenziale. 


I 
criteri 
direttivi 
richiamati 
evocano 
una 
organizzazione 
delle 
funzioni 
non 
fondamentali 
passibile 
di 
un 
elevato 
grado 
di 
differenziazione. 
Se 
si 
considera, 
poi, 
la 
promozione 
di 
forme 
di 
cooperazione 
attraverso 
le 
deleghe 
di 
esercizio 
di 
funzioni 
si 
prefigura 
una 
dimensione 
proteiforme 
delle 
collaborazioni 
sia 
ascendente 
che 
discendente, 
legittimando 
anche 
una 
eventuale 
cooperazione 
interprovinciale. 
Pi� 
che 
a 
disegnare 
un 
ruolo 
recessivo 
della 
Provincia, 
dunque, 
le 
previsioni 
contenute 
nei 
commi 
88, 
89 
e 
90 
della 
legge 
56/2014 
mirano 
ad 
una 
complessiva 
ridefinizione 
delle 
funzioni 
e 
pongono 
le 
basi 
per 
una 
loro 
redistribuzione 
sia 
a 
livello 
comunale 
sia 
regionale. 


tale 
impostazione 
trova 
conferma 
nel 
citato accordo raggiunto in Conferenza 
unificata 
il 
14 settembre 
2014 e, segnatamente, nell�inciso �secondo le 
rispettive 
competenze� 
nell�interpretazione 
per 
cui 
la 
competenza 
ad 
attribuire 
le 
funzioni 
provinciali 
non 
fondamentali 
di 
potest� 
concorrente 
� 
delle 
regioni, 
fuoriuscendo dai 
limiti 
posti 
dalla 
legislazione 
statale 
nella 
definizione 
dei 
principi 
fondamentali 
della 
materia. l�accordo prevede 
altres�, al 
punto 8, 
lett. a) e 
b), che 
una 
funzione 
non confermata 
a 
livello provinciale, n� 
riassorbita 
dall�amministrazione 
regionale 
n� 
delegata 
a 
livello comunale 
- con indicazione 
obbligatoria, 
nel 
caso 
di 
esercizio 
associato, 
degli 
ambiti 
e 
delle 
soglie 
demografiche 
ottimali 
-possa 
venire 
soppressa 
ovvero 
�riclassificata� 
nel-
l�ambito dei 
processi 
di 
semplificazione, di 
ricorso alle 
nuove 
tecnologie 
ed 
alle 
pi� ampie 
forme 
di 
sussidiariet� 
orizzontale 
ai 
sensi 
dell�art. 118, comma 
4, Cost. 


Sembra 
corretto ritenere 
che 
l�accordo abbia 
rafforzato il 
ruolo regionale 
in ordine 
alla 
riorganizzazione 
delle 
funzioni 
provinciali, fondamentali 
e 
non, 
e 
aperto la 
strada 
per un complessivo ripensamento delle 
funzioni 
locali, investendo 
nel 
processo 
di 
riordino 
direttamente 
i 
Comuni 
e 
l�esercizio 
in 
forma 


(3) F.C. rAmPullA, La legge 
Bassanini 
e 
le 
autonomie 
locali, in Il 
Politico, n. 1/1997, pp. 131 ss. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


associata 
delle 
funzioni 
a 
regia 
regionale, 
in 
convenzione 
ovvero 
attraverso 
l�unione di Comuni. 


la 
rideterminazione 
dei 
contenuti 
della 
Provincia 
offre 
l�opportunit� 
per 
ripensare, 
in 
termini 
innovativi, 
il 
complesso 
riordino 
delle 
funzioni 
comunali. 
Sottratte 
le 
funzioni 
fondamentali 
individuate 
con legge 
dello Stato, pur nei 
limiti 
della 
loro 
elencazione, 
la 
regione 
ha 
ampi 
spazi 
per 
determinare 
le 
forme di esercizio delle funzioni di prossimit�. 


tale 
possibilit�, coerente 
con l�impianto del 
legislatore 
della 
cosiddetta 
�legge 
Delrio�, apre 
una 
nuova 
fase 
per il 
municipalismo �differenziato�, tale 
da 
promuovere 
la 
responsabilit� 
da 
parte 
degli 
enti 
pi� vicini 
ai 
cittadini 
con 
significativi 
impatti 
in 
ordine 
alle 
scelte 
organizzative 
per 
l�esercizio 
delle 
funzioni. 
Piuttosto che 
insistere 
con obblighi 
e 
sanzioni, che 
non hanno mai 
prodotto 
alcun 
miglioramento 
dell�amministrazione, 
la 
strada 
del 
riordino 
prelude 
a 
nuove 
forme 
di 
protagonismo locale, in relazione 
alla 
effettiva 
capacit� 
politica 
e 
gestionale 
dei 
Comuni 
di 
individuare 
forme 
organizzative 
per l�esercizio 
delle 
funzioni, al 
fine 
di 
promuovere 
le 
specificit� 
del 
contesto sociale, 
economico e territoriale. 


Quanto alle 
funzioni 
di 
prossimit� 
intestate 
al 
livello comunale 
ed al 
loro 
esercizio, 
il 
livello 
ottimale 
di 
programmazione, 
indirizzo 
e 
coordinamento 
sar� 
la 
zona 
omogenea 
individuata 
dalla 
Provincia, 
prevedendo 
che 
il 
loro 
esercizio 
avvenga, 
in 
forma 
associata, 
attraverso 
la 
convenzione 
ovvero 
l�unione 
di 
Comuni, 
a 
cui 
possono 
essere 
demandate 
tutte 
le 
ulteriori 
funzioni 
oggetto del 
riordino e 
richieste 
alla 
regione. l�elenco delle 
funzioni 
di 
prossimit� 
suggerisce 
il 
ricorso al 
loro esercizio in forma 
associata, in considerazione 
dell�individuazione 
del 
livello ottimale, sia 
sotto il 
profilo demografico 
che 
territoriale, 
tanto 
pi� 
se 
i 
Comuni, 
sulla 
base 
della 
legge 
regionale, 
possono 
intestarsi 
funzioni 
ulteriori 
gi� 
oggetto 
del 
riordino, 
quali 
l�organizzazione 
del-
l�amministrazione; 
la 
gestione 
finanziaria 
contabile 
e 
di 
controllo; 
i 
piani 
di 
governo 
del 
territorio; 
la 
formazione 
dei 
Piani 
di 
zona 
(4); 
la 
polizia 
locale 
urbana 
e 
rurale; 
la 
gestione 
del 
personale; 
i 
servizi 
di 
cui 
non 
sia 
economicamente 
conveniente 
la 
gestione 
da 
parte 
del 
singolo 
Comune; 
i 
piani 
delle 
opere 
pubbliche 
locali; 
il 
diritto allo studio ed i 
servizi 
inerenti 
l�istruzione; 
la 
protezione 
civile; il catasto; i servizi informatici e di sicurezza. 


Secondo 
questa 
direttrice, 
l�attuazione 
�regionalizzata� 
della 
legge 
Delrio 
pu� contribuire 
a 
ridefinire 
i 
rapporti 
anche 
tra 
la 
regione 
e 
i 
Comuni 
intestatari 
del 
controllo politico sui 
nuovi 
enti 
intermedi, favorendo reciproche 
sollecitazioni 
anche in ordine all�esercizio delle funzioni. 


(4) F.C. rAmPullA 
- A. VenturI 
- l. BrACHIttA 
- l.P. tronConI, Dalla pianificazione 
delle 
citt� 
al 
governo del 
territorio: evoluzioni 
statali 
e 
regionali, in riv. giur. urb., nn. 3-4/2010, pp. 512 ss.; 
P. 
PreVItAlI 
- P. FAVInI 
(a 
cura 
di), L�organizzazione 
dei 
Piani 
di 
Zona in provincia di 
Pavia, Pavia 
university 
Press, Pavia 2016. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


un 
disegno 
che 
pu� 
valorizzare 
il 
ruolo 
di 
governo 
della 
regione, 
con 
l�eventuale 
chiamata 
in sussidiariet� 
della 
Provincia, favorire 
l�esercizio associato 
delle 
funzioni 
a 
livello comunale 
nell�ambito di 
indirizzi 
comuni 
stabiliti 
nel 
contesto 
della 
zona 
omogenea, 
e, 
parimenti, 
riconoscere 
il 
ruolo 
delle 
Citt� 
metropolitane, potenzialmente 
candidate 
ad intestarsi 
funzioni 
aggiuntive. 
la 
correlazione 
tra 
risorse 
e 
funzioni 
comporta 
un duplice 
impegno, in 
quanto 
al 
riordino 
delle 
seconde 
deve 
necessariamente 
corrispondere 
un 
ripensamento 
complessivo 
delle 
prime. 
la 
�regionalizzazione� 
del 
riordino 
delle 
funzioni 
anima 
il 
contenuto strategico del 
progetto, consente 
di 
rafforzare 
il 
ruolo della 
regione 
nel 
contesto del 
sistema 
amministrativo locale 
e 
pone 
le 
condizioni 
per la 
nascita 
e 
lo sviluppo dei 
sistemi 
regionali 
delle 
autonomie 
locali. 


la 
maggior 
parte 
delle 
regioni 
a 
Statuto 
ordinario 
sono 
intervenute 
emanando 
una 
serie 
di 
leggi 
attuative 
del 
processo di 
riordino degli 
enti 
locali 
postulato 
dalla 
normativa 
nazionale. 
la 
legge 
Delrio 
ha 
dato 
avvio 
ad 
un 
processo di 
revisione 
dell�assetto degli 
enti 
locali, in cui 
le 
dimensioni 
organizzative 
ed il 
ruolo dei 
vari 
enti 
non sono stabiliti 
a 
priori 
secondo una 
dimensione 
organizzativa 
orizzontale 
e 
chiusa; 
anzi, 
il 
disposto 
della 
legge 
prevede 
la 
possibilit� 
di 
definire 
gli 
ambiti 
territoriali 
ottimali 
a 
cui 
allocare 
le 
funzioni, 
valorizzando 
ipotesi 
associazionistiche 
tra 
Comuni 
e 
fornendo 
nuovi ruoli alle 
Aree vaste e alle Citt� metropolitane. 

Dunque, 
� 
utile 
soffermarsi 
sulla 
normativa 
introdotta 
in 
emilia 
romagna, 
al 
fine 
di 
comprendere 
come 
questa 
realt� 
regionale 
abbia 
scelto di 
affrontare 
la 
complessa 
questione 
del 
riordino 
degli 
enti 
locali. 
In 
particolar 
modo, 
vanno 
considerate 
le 
principali 
soluzioni 
di 
ridefinizione 
degli 
enti 
di 
Area 
vasta 
postulate 
all�interno della 
rispettiva 
legge 
regionale, e 
come 
questi 
enti 
si 
rapportano 
alle 
tematiche 
legate 
all�associazionismo 
intercomunale, 
nonch� 
all�ottimale erogazione dei servizi ai cittadini. 


3. Il caso Emilia romagna. 
la 
regione 
emilia 
romagna 
ha 
adottato 
la 
legge 
regionale 
30 
luglio 
2015, n. 13, recante 
la 
�riforma del 
sistema di 
governo regionale 
e 
locale 
e 
disposizioni 
su 
Citt� 
metropolitana 
di 
Bologna, 
Province, 
Comuni 
e 
loro 
Unioni�. 
Questo testo, composto da 
89 articoli, pone 
un disegno organico di 
riordino 
dei 
soggetti 
del 
governo 
locale, 
disciplinando 
il 
riparto 
delle 
funzioni 
amministrative 
tra 
regione, Citt� 
metropolitana 
di 
Bologna, Aree 
vaste, Comuni 
ed unioni 
di 
Comuni. l�idea 
di 
fondo, che 
emerge 
in modo marcato rispetto 
ad altre 
regioni, � 
quella 
di 
identificare 
dei 
livelli 
ottimali 
mediante 
i 
quali 
esercitare 
le 
varie 
funzioni 
amministrative; 
in 
particolare, 
la 
finalit� 
� 
quella 
di 
stimolare 
l�associazionismo comunale 
che, peraltro, in emilia 
romagna 
costituisce 
una 
politica 
perseguita 
ormai 
da 
tempo e 
con risultati, nel 
complesso, soddisfacenti. A 
tal 
riguardo, va 
rilevato che 
nella 
regione 
emilia 



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


romagna 
esistono 
44 
unioni 
di 
Comuni, 
32 
delle 
quali 
coincidono 
con 
gli 
ambiti 
ottimali 
individuati 
dalla 
regione, 
e 
di 
queste 
18 
coincidono 
anche 
con 
i 
distretti 
sanitari. 
Dei 
334 
Comuni 
emiliani 
romagnoli, 
289 
aderiscono 
ad 
un�unione; 
l�89% del 
totale 
dei 
Comuni 
�, quindi, ricompreso all�interno di 
un�unione, contro una 
media 
nazionale 
del 
38%, mentre 
tra 
i 
45 Comuni 
non 
aderenti, 
che 
rappresentano 
il 
rimanente 
13% 
del 
totale, 
troviamo 
anche 
la 
Citt� 
metropolitana 
di 
Bologna 
e 
i 
capoluoghi 
di 
Provincia, 
eccetto 
il 
Comune 
di 
Forl�. le 
unioni 
di 
Comuni 
sono, tuttavia, molto diverse 
tra 
loro, non solo 
per 
dimensioni 
ma 
anche 
per 
consistenza 
delle 
funzioni 
delegate; 
le 
unioni 
pi� mature, ossia 
quelle 
che 
svolgono oltre 
nove 
funzioni 
delegate 
da 
tutti 
i 
Comuni 
appartenenti, sono solo 3, e 
10 sono quelle 
in via 
di 
sviluppo molto 
avanzato. le 
funzioni 
delegate 
riguardano soprattutto i 
servizi 
di 
protezione 
civile, 
polizia 
municipale, 
assistenza 
sociale, 
sportello 
unico 
attivit� 
produttive 
e 
centrale 
unica 
di 
committenza, mentre 
le 
funzioni 
a 
maggiore 
valenza 
stra-
tegico-politica, 
come 
la 
pianificazione 
territoriale 
e 
l�urbanistica, 
sono 
rimaste 
in capo ai 
singoli 
Comuni, nonostante 
i 
benefici 
che 
potrebbero derivare 
dal-
l�esercizio associato. Sono solo 9 le 
unioni 
dove 
i 
Comuni 
hanno delegato la 
funzione 
urbanistica 
e 
sono 
tutte 
localizzate 
nella 
parte 
orientale 
della 
regione 
e 
nel 
Ferrarese. Se 
la 
funzione 
urbanistica 
delegata 
� 
rara 
nelle 
unioni, molto 
pi� diffusi 
sono i 
piani 
strutturali 
comunali 
(PSC) elaborati 
in forma 
associata 
da 
pi� Comuni, anche 
grazie 
alla 
spinta 
di 
alcuni 
piani 
territoriali 
di 
coordinamento 
provinciale 
(PtCP), come 
� 
accaduto, per esempio, nell�area 
ricompresa 
nella ex Provincia di Bologna. 


�, 
poi, 
necessario 
dare 
conto 
della 
legge 
regionale 
21 
dicembre 
2012, 


n. 
21, 
recante 
�misure 
per 
assicurare 
il 
governo 
territoriale 
delle 
funzioni 
amministrative 
secondo 
i 
principi 
di 
sussidiariet�, 
differenziazione 
ed 
adeguatezza
�, 
che 
si 
pone 
in 
attuazione 
della 
normativa 
statale, 
stabilendo 
i 
criteri 
atti 
a 
definire 
la 
dimensione 
territoriale 
ottimale 
per 
la 
gestione 
associata 
obbligatoria 
delle 
funzioni 
fondamentali 
comunali. 
Gli 
ambiti 
previsti 
da 
tale 
legge 
vanno 
intesi 
come 
dimensionamenti 
territoriali 
speciali 
che 
si 
attagliano 
alle 
singole 
realt� 
e 
alle 
loro 
caratteristiche 
socio-economiche, 
coerentemente 
con 
la 
ripartizione 
territoriale 
dei 
Distretti 
sanitari 
regionali. 
Attualmente, 
il 
territorio 
dell�emilia 
romagna, 
oltre 
alle 
8 
Aree 
vaste 
e 
alla 
Citt� 
metropolitana 
di 
Bologna, 
� 
articolato 
in 
38 
Distretti 
sanitari 
e 
in 
46 
Ambiti 
territoriali 
ottimali. 
Ai 
fini 
della 
nostra 
analisi, 
occorre 
evidenziare 
il 
comma 
terzo 
dell�art. 
7 
della 
legge 
regionale 
n. 
21/2012, 
che 
prevede 
l�obbligo 
per 
i 
Comuni 
con 
popolazione 
inferiore 
ai 
5.000 
abitanti 
-3.000 
abitanti 
se 
appartenenti 
o 
appartenuti 
a 
Comunit� 
montane 
-di 
esercitare 
tra 
loro, 
in 
forma 
associata, 
tutte 
le 
funzioni 
fondamentali. 
Inoltre, 
tutti 
i 
Comuni, 
indipendentemente 
dall�ampiezza 
demografica 
e 
appartenenti 
all�ambito, 
devono 
esercitare 
in 
forma 
associata 
tra 
loro 
i 
servizi 
informatici 
ed 
almeno 
tre 
delle 
seguenti 
sette 
funzioni: 
Polizia 
municipale; 
Protezione 
ci

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


vile; 
SuAP; 
servizi 
sociali; 
pianificazione 
territoriale; 
gestione 
del 
personale; 
gestione 
dei 
tributi. 
Il 
comma 
5 
dell�art. 
7 
prevede, 
poi, 
che, 
all�interno 
di 
ciascun 
ambito, 
possa 
esistere 
una 
sola 
unione 
di 
Comuni 
di 
dimensioni 
demografiche 
pari 
ad 
almeno 
10.000 
abitanti 
(8.000 
se 
composta 
prevalentemente 
da 
Comuni 
montani). 
tuttavia, 
i 
commi 
7 
e 
8 
dell�art. 
7 
prevedono 
anche 
la 
possibilit� 
per 
i 
Comuni, 
sia 
appartenenti 
all�unione 
sia 
non 
appartenenti 
all�unione, 
di 
stipulare 
convenzioni 
con 
altri 
Comuni 
o 
con 
l�unione 
medesima. 


Si 
pu�, pertanto, affermare 
che 
l�emilia 
romagna 
mira 
ad assegnare 
un 
ruolo attivo alle 
autonomie 
locali 
nell�opera 
di 
ridefinizione 
dell�assetto degli 
enti 
locali; 
in particolare, vengono valorizzate 
le 
forme 
associative 
comunali, 
che 
si 
rivelano lo strumento maggiormente 
adeguato al 
fine 
di 
gestire 
in maniera 
efficiente 
le 
funzioni 
di 
prossimit�. A 
tal 
riguardo, occorre 
notare 
come 
le 
politiche 
proposte 
dalla 
regione 
emilia 
romagna 
abbiano costituito un riferimento 
a 
cui 
guardare 
anche 
per la 
legislazione 
di 
livello statale; 
l�implementazione 
di 
progetti 
associativi 
comunali, 
la 
definizione 
di 
ambiti 
territoriali 
ottimali 
per lo svolgimento di 
determinate 
funzioni 
e 
l�incentivo di 
forme 
associazionistiche 
strutturate 
come 
le 
fusioni 
di 
Comuni 
hanno, infatti, trovato 
eco in molte delle soluzioni accolte dal legislatore statale. 

In tema 
di 
politiche 
di 
Area 
Vasta 
occorre 
ragionare 
proprio sulla 
dimensione 
e 
sull�omogeneit� 
dei 
territori, che 
fortemente 
ne 
condizionano l�efficacia. 
l�obiettivo di 
una 
razionale 
allocazione 
delle 
funzioni 
all�ente 
idoneo ad 
assicurare 
l�efficace 
ed efficiente 
esercizio delle 
stesse, secondo il 
fondamentale 
principio 
della 
non-sovrapposizione 
e 
della 
non-frammentazione 
delle 
competenze 
tra 
i 
livelli 
di 
governo, richiede 
una 
attenta 
riflessione 
sui 
ruoli 
funzionali 
delle 
Province 
e 
delle 
unioni 
dei 
Comuni, che 
� 
fortemente 
condizionato 
dalle 
dimensioni 
e 
dall�omogeneit� 
delle 
caratteristiche 
dei 
territori 
interessati. 
� 
necessario 
sviluppare 
i 
cosiddetti 
�sistemi 
complessi 
di 
Area 
vasta�, 
andando 
oltre 
i 
confini 
amministrativi. 
la 
proposta 
potrebbe 
essere 
quella 
di 
ragionare 
su 
Aree 
vaste 
a 
confini 
variabili, 
non 
istituzionalizzate, 
che 
siano in grado di 
rispondere 
in tempo reale 
alle 
questioni 
contingenti, privilegiando 
aggregazioni, per temi 
e 
problemi, che 
favoriscano il 
coinvolgimento 
e la cooperazione. 


4. Principi di riferimento nell�ottica del regionalismo differenziato. 
la 
trasformazione 
del 
sistema 
delle 
autonomie 
oggi 
appare 
a 
met� 
del 
guado e 
dovrebbe 
essere 
portata 
ad effettivo compimento. Per esempio, anzich� 
procedere 
con grandi 
riforme 
costituzionali, potrebbe 
auspicarsi 
un intervento 
mirato 
sull�art. 
133, 
comma 
1, 
Cost., 
finalizzato 
a 
riservare 
maggior 
peso 
alle 
regioni 
nella 
determinazione 
delle 
circoscrizioni 
provinciali, 
prospettiva 
che 
indubbiamente 
conferirebbe 
nuova 
attualit� 
ad 
un 
dibattito 
che 
ha 
fatto affiorare 
esigenze 
sinora 
non soddisfatte. Abbandonando i 
profili 
co



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


stituzionali, 
occorrere 
chiedersi 
se, 
allo 
stato 
attuale, 
non 
sia 
desiderabile 
un�armonizzazione 
della 
dimensione 
finanziaria 
rispetto 
a 
quella 
organizzativa 
degli 
enti 
intermedi, seppur nell�ambito della 
sola 
fonte 
primaria. Se 
la 
configurazione 
delle 
Province, quali 
enti 
di 
secondo livello, sembra 
costituire 
un 
dato 
non 
reversibile, 
parimenti 
occorre 
prendere 
atto 
del 
fatto 
che 
il 
legislatore 
statale 
� 
posto 
dinanzi 
ad 
un 
bivio. 
Delle 
due 
opzioni 
in 
tema 
di 
Province, 
solo 
una 
pu� ritenersi 
percorribile: 
o sulla 
base 
di 
uno scenario impraticabile 
a 
Costituzione 
vigente, 
alla 
luce 
della 
residua 
dotazione 
organica 
e 
finanziaria 
vengono 
spogliate 
anche 
delle 
attuali 
funzioni 
amministrative 
fondamentali, con 
la 
conseguenza 
che 
verrebbe 
a 
porsi 
il 
problema 
di 
una 
diversa 
possibile 
rial-
locazione 
di 
tali 
funzioni, difficile 
da 
attuare 
e 
non rispondente 
a 
criteri 
ottimali; 
oppure 
se 
si 
vuole 
che 
continuino 
ad 
esercitare, 
non 
solo 
nominalmente, 
le 
funzioni 
fondamentali 
loro riconosciute 
dalla 
legge 
n. 56/2014, occorre 
assisterle 
con ulteriori 
entrate 
suscettibili 
di 
bilanciare 
i 
trasferimenti 
verso lo 
Stato centrale (5). 


Sul 
fronte 
regionale 
la 
stessa 
cosa 
vale 
per 
le 
funzioni 
amministrative 
delegate, 
rispetto alle 
quali 
la 
situazione 
complessiva 
appare 
assai 
meno critica. 
Gli 
spunti 
per azioni 
di 
merito, ci 
ricordano che 
lo Stato mantiene 
la 
propria 
potest� 
nello stabilire 
i 
profili 
ordinamentali 
degli 
enti, nonch� 
l�assetto delle 
funzioni 
fondamentali; 
tuttavia, alcuni 
spazi 
per l�esercizio della 
potest� 
legislativa 
di 
competenza 
si 
dischiudono anche 
a 
favore 
della 
regione, alla 
quale 
pertiene 
un livello di 
autorevolezza 
politica 
che 
dovrebbe 
trovare 
corrispondenza 
nei 
rapporti 
con 
il 
livello 
di 
governo 
centrale, 
nonch� 
esercitando 
la 
proiezione 
interregionale 
dell�autonomia, sinora 
sperimentata 
soltanto in relazione 
a 
pochi 
casi 
ed in modo discontinuo. A 
livello statale, a 
fronte 
della 
mancata 
revisione 
costituzionale 
propedeutica 
all�istituzione 
del 
Senato delle 
Autonomie 
(6), 
si 
potrebbe 
procedere 
all�integrazione 
della 
Commissione 
parlamentare 
per le 
questioni 
regionali 
con i 
rappresentanti 
delle 
regioni 
e 
degli 
enti 
locali, 
mentre 
sul 
fronte 
regionale 
si 
potrebbe 
tentare 
di 
rivitalizzare 
il 
Consiglio delle 
Autonomie 
locali 
(CAl), e 
puntare, da 
ultimo, a 
dar corso al 
regionalismo differenziato di cui all�art. 116, comma 3, Cost. 


Per 
quanto 
attiene 
a 
quest�ultimo 
tema, 
con 
specifico 
riferimento 
alla 
regione 
emilia 
romagna, � 
evidente 
che 
un rilancio del 
regionalismo differen


(5) m. GorlAnI, Quale 
futuro per 
le 
Province 
dopo l�esito del 
referendum 
costituzionale 
del 
4 dicembre 
2016, in Federalismi.it, n. 5/2017; 
S. CIVItAreSe 
mAtteuCCI, Il 
governo delle 
Province 
dopo il 
referendum, in Ist. Federalismo, n. 3/2016, pp. 623 ss.; 
C. PADulA, riflessioni 
sparse 
sulle 
autonomie 
territoriali, dopo la (mancata) riforma, in Le regioni, nn. 5-6/2016, p. 869. 
(6) e. CArlonI, Considerazioni 
sparse, tra Senato delle 
autonomie 
e 
�nuovissimo� 
Titolo V, in 
Ist. Federalismo, n. 2/2016, pp. 447 ss.; 
F. PAlermo, Dalle 
regioni 
senza Camera alla Camera senza 
regioni? ivi, pp. 463 ss.; 
l. VIolInI, Dopo il 
referendum: quale 
dei 
tanti 
regionalismi 
si 
prospetta? 
in 
Le 
regioni, 
nn. 
5-6/2016, 
pp. 
909 
ss.; 
G. 
FAlCon, 
Le 
piste 
possibili 
del 
regionalismo, 
dopo 
il 
referendum 
costituzionale, in Le regioni, nn. 5-6/2016, pp. 777 ss., spec. p. 782. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


ziato 
altro 
non 
costituirebbe 
che 
l�attuazione 
di 
un 
principio 
costituzionale 
del 
nostro 
ordinamento, 
pi� 
che 
mai 
giustificato 
con 
riferimento 
alla 
peculiare 
condizione 
territoriale 
dell�emilia 
romagna. 
la 
regione, 
dunque, 
� 
chiamata 
a 
percorrere 
tutte 
le 
possibili 
strade 
che 
possano condurre 
ad una 
modernizzazione 
del 
contesto interno delle 
autonomie. l�aspettativa 
verso la 
creazione 
di 
un 
vero 
contesto 
multilivello, 
caratterizzato 
dalla 
collaborazione 
e 
dalla 
cooperazione 
interistituzionale 
tra 
tutti 
gli 
attori 
del 
sistema 
locale, richiede 
di 
avviare 
quanto 
prima 
una 
nuova 
stagione 
di 
protagonismo 
regionale, 
eliminando 
la 
percezione 
di 
incertezza 
verso tutti 
i 
livelli 
di 
governo della 
repubblica. 


Sono stati 
a 
buon titolo evocati, anche 
nella 
normativa 
nazionale 
di 
riordino 
del 
governo locale, i 
principi 
costituzionali 
di 
sussidiariet�, differenziazione 
ed 
adeguatezza. 
In 
realt�, 
negli 
svolgimenti 
successivi 
all�entrata 
in 
vigore 
della 
riforma 
del 
titolo V 
del 
2001, � 
sembrato che 
il 
vero principio 
guida 
fosse 
quello 
di 
perseguire 
risparmi 
sistematici, 
nonch� 
di 
ridimensionare 
le 
funzioni 
dell�ente 
intermedio 
senza 
l�opportuna 
cura 
che 
pure 
avrebbero 
dovuto 
ricevere 
gli 
effetti 
di 
sistema 
pi� 
ampi. 
Ci� 
� 
accaduto 
sulla 
base 
di 
un�operazione 
formalmente 
fondata 
sul 
principio di 
sussidiariet� 
nell�allocazione 
delle 
funzioni, 
bench� 
preordinata 
alla 
modifica 
dell�intero 
sistema 
delle 
autonomie. Se 
questo profilo di 
incoerenza 
intrinseca, determinato dallo scostamento 
tra 
dimensione 
istituzionale 
e 
finanziaria 
del 
riordino, 
dovesse 
riproporsi 
ulteriormente 
nel 
tempo 
restandone 
confermato, 
allora 
sarebbe 
necessario rappresentarlo in tutte 
le 
sue 
implicazioni, ad ogni 
auspicabile 
livello 
(7). 


In 
una 
transizione 
complessa 
si 
confronteranno 
approdi 
consolidati, 
nuove 
ipotesi, 
elementi 
di 
incertezza, 
conflitti 
e 
mediazioni. 
un�agenda, 
non 
solo 
regionale, 
di 
qualche 
significato potrebbe 
prevedere 
di 
arrivare, nel 
medio periodo, 
sia 
a 
certezze 
operative 
per 
le 
Province, 
conducendole 
verso 
una 
dimensione 
radicalmente 
nuova 
(8), connotata 
dal 
ritorno alla 
stabilit� 
organizzativa 
ed alla 
vocazione 
programmatoria 
che 
deriva 
loro dalla 
valorizzazione 
dell�autonomia 
costituzionalmente 
garantita; 
sia 
a 
verifiche 
di 
fattibilit� 
che 
migliorino 
la 
governance 
inter-provinciale 
ed 
infra-provinciale, 
anche 
propedeutici 
alla 
valorizzazione 
del 
modello di 
amministrazione 
per 
pacta. 
nel 
frattempo possono essere 
definiti 
la 
dimensione 
funzionale 
ed il 
raccordo tra 


(7) 
G.C. 
De 
mArtIn, 
La 
funzione 
amministrativa 
tra 
regioni 
ed 
enti 
locali, 
in 
A. 
D�AtenA 
(a 
cura 
di), I nuovi statuti delle regioni ad autonomia ordinaria, Giuffr�, milano 2008, pp. 143 ss. 
(8) 
G.m. 
SAlerno, 
La 
sentenza 
n. 
50 
del 
2015: 
argomentazioni 
efficientistiche 
o 
neo-centralismo 
repubblicano 
di 
impronta 
statalistica? 
in 
Federalismi.it, 
n. 
7/2015; 
C. 
tuBertInI, 
Le 
Province 
a 
due 
anni 
dalla legge 
56/2014, in 
astrid-rassegna, n. 16/2016; 
J. lutHer, Le 
province 
in trasformazione: 
�miserere� 
o �resilienza�? 
in Il 
Piemonte 
delle 
autonomie, n. 2/2015, p. 49; 
S. mAnGIAmelI, Il 
regionalismo 
italiano dopo la crisi 
e 
il 
referendum 
costituzionale. appunti 
per 
concludere 
una lunga transizione, 
in ISSirFa, www.issirfa. cnr.it, marzo 2017. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Province 
e 
regione, nella 
consapevolezza 
che 
il 
destino delle 
regioni 
appare 
legato a 
doppio filo a 
quello delle 
Province 
e 
che 
dal 
voto referendario del 
dicembre 
2016 
ne 
esce 
ampiamente 
confermato 
il 
modello 
regionalistico. 
la 
regione 
rappresenta 
un reticolato territoriale, un intreccio di 
soggetti 
funzionali 
che 
pulsa 
nel 
quadro 
normativo 
regionale 
e 
necessita 
di 
un 
coordinamento 
autorevole, 
improntato 
alla 
relazionalit�. 
Quello 
che 
non 
pu� 
mancare 
� 
la 
percezione 
che 
buona 
parte delle 
soluzioni auspicate si concretizzeranno solo se 
effettivamente 
governate, cio� 
gestite 
per sintesi 
di 
un nuovo impegno regionale, 
attivo, propositivo, e non sub�to (9). 


Di 
particolare 
rilievo 
� 
il 
profilo 
finanziario 
ed 
operativo 
delle 
attuali 
Province 
e 
della 
Citt� 
metropolitana. 
Si 
tratta 
di 
assetti 
precisabili 
solo 
a 
condizione 
che 
si 
raggiunga 
un 
grado 
di 
maturazione 
pi� 
elevato, 
tale 
da 
definire 
la 
dimensione 
funzionale 
complessiva 
che 
dovrebbero 
raggiungere 
le 
Province 
di 
seconda 
generazione, 
comprensiva 
della 
specificazione 
del 
rapporto 
che 
queste 
dovrebbero 
intrattenere 
con 
la 
regione, 
anzitutto 
per 
quanto 
attiene 
al 
catalogo 
delle 
funzioni 
delegate. 
Peraltro, 
� 
opportuno 
valutare 
l�eventualit� 
che 
alcune 
funzioni, 
attualmente 
svolte 
dalle 
Province, 
possano 
venire 
riallocate 
ad 
una 
dimensione 
pi� 
alta, 
anche 
regionale, 
in 
applicazione 
dei 
principi 
costituzionali 
di 
sussidiariet� 
verticale 
ed 
adeguatezza. 
un 
esempio 
potrebbe 
essere 
rappresentato 
dalla 
materia 
della 
viabilit�, 
con 
le 
rilevanti 
implicazioni 
della 
manutenzione 
efficiente 
e 
continuativa, 
cui 
le 
Province 
fanno 
fronte 
con 
competenze 
tecniche 
non 
confortate 
dalle 
necessarie 
risorse. 
ne 
consegue 
che 
si 
pone 
il 
tema 
di 
una 
verifica 
che 
coinvolge 
l�intero 
assetto 
funzionale 
degli 
enti 
territoriali 
e 
dell�ente 
regionale, 
accompagnata 
da 
quesiti 
stringenti 
sulla 
possibilit� 
che 
alcune 
azioni 
di 
concreto 
interesse 
regionale 
vengano 
svolte 
secondo 
modalit� 
differenziate. 
naturalmente 
le 
possibili 
opzioni 
talora 
comportano 
una 
ponderazione 
in 
termini 
di 
alternativit� 
delle 
une 
verso 
le 
altre: 
rimanendo 
sul 
caso 
della 
viabilit�, 
ad 
esempio, 
l�opzione 
di 
riallocazione 
presso 
il 
livello 
regionale 
pu� 
seguire 
ad 
una 
prima 
verifica 
dell�impossibilit�, 
o 
della 
mancanza 
di 
volont�, 
di 
assegnare 
un�adeguata 
provvista 
finanziaria 
al 
livello 
di 
governo 
intermedio, 
affinch� 
possa 
autonomamente 
presidiare 
l�esercizio 
delle 
correlative 
funzioni. 


Inoltre, 
tra 
le 
funzioni 
che 
dovrebbero 
essere 
esercitate 
dalle 
Province, 
occorre 
chiarire 
quali 
spazi 
residuino 
in 
materia 
di 
sviluppo 
socio-econo


(9) 
G. 
PolA, 
recenti 
sviluppi 
attinenti 
il 
livello 
intermedio 
di 
governo, 
in 
Europa 
e 
altrove, 
in 
AA.VV., La finanza territoriale. rapporto 2016, Franco Angeli, milano 2016, pp. 259 ss. e, segnatamente, 
all�interno del 
� 12.3, dal 
titolo Secondo tema: processi 
in atto di 
ricentralizzazione 
di 
poteri, 
decisioni 
e 
finanza, 
pp. 
268 
ss. 
Da 
ultimo, 
cfr. 
A. 
CAnDIDo, 
Verso 
l�amministrativizzazione 
delle 
regioni? 
La metamorfosi 
del 
principio autonomista, in F. PIzzolAto 
- A. morellI 
- C. BuzzACCHI 
(a 
cura 
di), 
rappresentanza politica e 
autonomie, Atti 
del 
Convegno di 
Diritti 
regionali 
- rivista 
di 
diritto delle 
autonomie territoriali, milano 13 giugno 2016, Giuffr�, milano 2016, pp. 45 ss. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


mico, 
nell�attuale 
contesto 
�a 
operativit� 
ridotta�. 
Si 
tratta 
di 
una 
sottolineatura 
che 
qualifica 
la 
dignit� 
e 
l�estensione 
dell�impegno 
futuro 
su 
questi 
temi. 
Segnatamente, 
si 
dovrebbe 
valutare 
la 
permanenza 
di 
un 
qualche 
legame 
tra 
assetto 
dell�ente 
intermedio 
e 
ruolo 
attivo, 
mediato 
dall�azione 
di 
governo 
e 
dalla 
programmazione 
e 
pianificazione 
di 
settore, 
verso 
i 
molteplici 
profili 
socio-economico 
e 
territoriali 
che 
contraddistinguono 
le 
regioni 
e, 
fra 
queste, 
l�emilia 
romagna 
(10). 
molti 
di 
essi 
conoscono 
un�evoluzione 
autonoma, 
promanante 
dall�impulso 
e 
dalla 
forza 
dei 
soggetti 
economici 
e 
dalle 
tendenze 
dell�economia 
nazionale 
ed 
internazionale; 
altri 
sono, 
invece, 
graduabili 
ed 
assoggettati 
ad 
opportuna 
programmazione, 
in 
quanto 
interessati 
dall�esercizio 
di 
pubbliche 
potest� 
e 
condizionati 
dalle 
scelte 
degli 
enti 
di 
governo 
(11). 


Quando 
si 
parla 
di 
attrattivit� 
e 
competitivit� 
di 
un 
territorio 
ci 
si 
riferisce 
ad 
un 
concetto 
che 
appare 
evocativo 
di 
una 
capacit� 
degli 
attori 
operanti 
di 
creare 
sinergie 
e 
di 
saper 
catalizzare 
innovazione, 
risorse 
finanziarie, 
nonch� 
il 
pi� 
alto 
tasso 
possibile 
di 
benessere 
collettivo; 
ossia 
la 
promozione 
del 
c.d. 
�sviluppo 
locale�. 
Giova 
rammentare 
che 
gi� 
a 
partire 
dalla 
legge 
n. 
142/1990, 
la 
Provincia 
viene 
disciplinata 
come 
l�ente 
di 
riferimento 
nell�attivit� 
di 
coordinamento 
dello 
sviluppo 
locale, 
a 
seguito 
dell�irrobustimento 
della 
sua 
�fisionomia 
funzionale� 
(12); 
quest�ultima 
contempera 
funzioni 
programmatorie 
e 
di 
gestione, 
in 
un 
catalogo 
completato 
dalla 
facolt� 
di 
svolgere, 
ai 
sensi 
dell�art. 
14 
della 
legge 
n. 
142/1990, 
anche 
funzioni 
non 
espressamente 
riservate 
ad 
altri 
enti 
(13), 
rispetto 
alle 
quali 
pu� 
prefigurarsi 
anche 
un�attivit� 
amministrativa 
di 
mero 
coordinamento. 
tale 
profilo 
di 
ente 
a 
fini 
generali 
ed 
a 
vocazione 
anzitutto 
programmatoria, 
particolarmente 
idoneo 
alla 
promozione 
dello 
sviluppo 
locale, 
viene 
poi 
riconfermata 
dal 
d.lgs. 
n. 
112/1998 
e 
dal 
d.lgs. 
n. 
267/2000. 
Dai 
richiamati 
interventi 
del 
legislatore 
emerge, 
in 
materia 
di 
sviluppo 
economico 
ed 
attivit� 
produttive, 
un 
ruolo 
decisivo 
della 
Provincia, 
pur 
nel 
quadro 
di 
un�azione 
coordinata 
di 
interventi 


(10) 
A. 
morellI, 
Le 
vicende 
del 
regionalismo 
in 
Europa, 
in 
Federalismi.it, 
n. 
16/2018; 
A. 
PoGGI, 
Dove 
va il 
regionalismo in Europa? 
in Federalismi.it, n. 16/2018; 
l. murA, La �specialit�� 
regionale 
nell�ordinamento dell�Unione 
europea: la smart 
specialisation o specializzazione 
intelligente, in Federalismi.
it, 
n. 
19/2018; 
A. 
D�AtenA, 
Le 
regioni 
speciali 
ed 
i 
�loro� 
enti 
locali 
dopo 
la 
riforma 
del 
Titolo 
V, relazione 
al 
Convegno su �Le 
autonomie 
locali 
nelle 
regioni 
a statuto speciale 
e 
nelle 
Province 
autonome�, 
Cagliari, 20 marzo 2003; 
(11) C. BurAttI, Federalismo differenziato. Il 
punto di 
vista di 
un economista, in Federalismo fiscale, 
n. 
1/2007, 
pp. 
1-39; 
r.W. 
BAHl, 
Implementation 
rules 
for 
Fiscal 
decentralization, 
Working 
paper 
n. 99-1, 1999, Georgia 
State 
university, Andrew 
young School 
of Policy Studies, January; 
F. BenellI, 
La �smaterializzazione� 
delle 
materie, Giuffre, milano, 2006; 
r. BIn, Il 
�regionalismo differenziato�e 
utilizzazione 
dell�art. 116, terzo comma, Cost. alcune 
tesi 
per 
aprire 
il 
dibattito, in Istituzioni 
del 
federalismo, 
n. 
1/2008, 
pp. 
9-20; 
r. 
BIn, 
La 
crisi 
delle 
regioni. 
Che 
fare? 
in 
Le 
regioni, 
Bimestrale 
di 
analisi giuridica e istituzionale, n. 4/2012, pp. 735-749. 
(12) l. VAnDellI, voce 
Provincia, in enc. dir., Agg. II, Giuffr�, milano 1998, p. 819. 
(13) G. PAStorI, voce 
Provincia, in 
Dig. disc. pubbl., XII, utet, torino 1997, p. 206. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


multilivello 
che 
parte 
dalla 
regione 
e 
giunge 
alla 
dimensione 
di 
prossimit� 
comunale 
(14). 
la 
tensione 
verso 
la 
promozione 
dello 
sviluppo 
del 
territorio 
corrisponde 
al 
riconoscimento 
della 
capacit� 
di 
bilanciare 
tra 
loro 
i 
correlati 
interessi 
pubblici 
indipendentemente 
dalle 
scelte 
di 
valore 
operate 
da 
altri 
soggetti 
dell�ordinamento; 
in 
altri 
termini, 
essa 
costituisce 
espressione 
del 
principio 
di 
autonomia, 
sancito 
dall�art. 
5 
Cost. 
quale 
principio 
ispiratore, 
o 
meglio 
si 
potrebbe 
dire 
�ordinatore�, 
del 
c.d. 
�stato 
sociale 
delle 
autonomie�, 
in 
sostituzione 
del 
regime 
di 
autarchia 
(15). 
Questo 
profilo 
si 
esplica 
nell�esigenza 
di 
operare 
il 
raccordo 
e 
l�armonizzazione 
con 
la 
protezione 
di 
concorrenti 
interessi 
generali 
collegati 
ad 
una 
valutazione 
pi� 
ampia 
delle 
esigenze 
diffuse 
sul 
territorio 
pertinenti 
ad 
altri 
soggetti, 
quali 
regioni 
e 
Stato, 
fermo 
restando 
che 
la 
stessa 
Carta 
europea 
delle 
Autonomie 
locali, 
impone 
che 
sia 
garantito 
il 
diritto 
per 
le 
collettivit� 
locali 
di 
regolare 
ed 
amministrare, 
sotto 
la 
loro 
responsabilit� 
e 
a 
favore 
delle 
popolazioni, 
una 
parte 
importante 
di 
affari 
pubblici. 


5. Conclusioni. 
Va, infine, considerato che 
nell�attuale 
regime 
giuridico, ai 
sensi 
dell�art. 
1, comma 
86, lett. a), della 
legge 
n. 56/2014, le 
Province 
di 
cui 
al 
comma 
3, 
secondo periodo - Province 
montane 
e 
di 
confine 
- esercitano la 
funzione 
fondamentale 
di 
�cura 
dello 
sviluppo 
strategico 
del 
territorio 
e 
gestione 
di 
servizi 
in forma associata in base 
alle 
specificit� del 
territorio medesimo�. tuttavia, 
il 
riferimento 
puntuale 
al 
secondo 
periodo 
dell�art. 
1, 
comma 
3, 
sembra 
escludere 
le 
Province 
�ordinarie� 
da 
tale 
funzione. 
Stante 
il 
ridimensionamento 
che 
pare 
imporsi 
per effetto della 
legge 
Delrio, se 
le 
Province 
non venissero sufficientemente 
coinvolte 
nell�obiettivo di 
concorrere 
attivamente 
alla 
promozione 
dello sviluppo economico - che 
di 
per s� 
implica 
anzitutto la 
possibilit� 
di 
incidere 
sui 
territori 
di 
pertinenza, 
adottare 
gli 
opportuni 
strumenti 
programmatori, 
nonch� 
operare 
scelte 
di 
investimento 
e 
disporre 
dei 
margini 
finanziari 
per poterle 
adottare 
- verrebbe 
da 
chiedersi 
se 
la 
dimensione 
della 
cura 
dello 
sviluppo locale, negli 
ultimi 
decenni 
ritenuta 
coessenziale 
alla 
stessa 
definizione 
di 
Provincia, debba 
considerarsi, invece, estranea 
alla 
dimensione 
funzionale 
del livello intermedio. 


All�esito della 
mancata 
riforma 
costituzionale, tale 
aspetto del 
catalogo 
funzionale 
delle 
Province 
meriterebbe 
una 
revisione, o una 
precisazione, da 


(14) G. PAStorI, 
Intervento programmato, in G. BertI 
- G.C. De 
mArtIn 
(a 
cura 
di), Il 
sistema 
amministrativo dopo la riforma del 
Titolo V 
della Costituzione, luiss 
edizioni, roma 
2002, p. 120; 
G. 
PAStorI, 
Il 
conferimento 
delle 
funzioni 
dalle 
regioni 
agli 
enti 
locali. 
Considerazioni 
introduttive, 
in 
G.C. 
De 
mArtIn 
- F. merlonI 
- F. PIzzettI 
- l. VAnDellI 
(a 
cura 
di), Il 
decentramento amministrativo. La 
complessa attuazione del d. lgs. 112/98, maggioli, Santarcangelo di romagna 2000. 
(15) G. BertI, Commento all�art. 5, in G. BrAnCA 
(A 
cura 
di), Commentario della Costituzione, 
I, zanichelli, Bologna 1975, p. 286. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


parte 
del 
legislatore 
statale, 
nel 
senso 
di 
un 
ritorno 
alla 
dimensione 
funzionale 
strategica, cos� come tratteggiata dal d.lgs. n. 267/2000. 


Queste 
funzioni 
necessitano 
di 
una 
dimensione 
sufficientemente 
estesa 
per 
assicurarne 
l�esercizio 
unitario. 
Immaginando 
di 
muoverci 
nell�attuale 
quadro 
normativo, 
in 
subordine, 
ci 
si 
dovrebbe 
interrogare 
circa 
la 
possibilit� 
di 
attribuire 
una 
tale 
funzione 
ai 
Comuni 
o, 
come 
pare 
pi� 
ragionevole, 
farla 
assurgere 
a 
compito 
amministrativo 
esclusivo 
della 
regione, 
la 
quale 
dovrebbe 
farvi 
fronte 
con 
i 
propri 
strumenti 
programmatori 
e 
pianificatori 
generali, 
e 
con 
i 
numerosi 
piani 
di 
settore 
regionali. 
Sennonch� 
tale 
frangente, 
nell�allocare 
esclusivamente 
al 
livello 
regionale 
la 
relativa 
attivit�, 
contribuirebbe 
a 
spingere 
la 
regione 
verso 
una 
dimensione 
pi� 
marcatamente 
amministrativa. 


In conclusione, si 
tratta 
dei 
rischi 
e 
dei 
costi 
di 
un insufficiente 
presidio 
dei 
temi 
concernenti 
l�Area 
vasta. Finora 
il 
dibattito sul 
riordino istituzionale 
non ha 
palesato cenni 
significativi 
ai 
costi 
territoriali 
che 
possono derivare 
da 
un insufficiente 
presidio di 
tali 
aspetti, forse 
perch� 
non sono semplici 
da 
valutare, 
quantificare 
e 
neppure 
comunicare. 
tali 
rischi 
risultano 
essere 
espressivi 
di 
una 
minore 
efficienza 
del 
sistema 
delle 
infrastrutture, 
della 
caduta 
di 
qualit� 
dell�ambiente, 
della 
disordinata 
localizzazione 
delle 
funzioni, 
della 
persistenza 
di 
asimmetria 
di 
sviluppo e 
degli 
effetti 
di 
minore 
attrattivit� 
e 
capacit� 
competitiva 
dei sistemi locali, nonch� del sistema regionale. 


Per 
porvi 
attenzione, 
ad 
esempio, 
si 
devono 
cogliere 
le 
pi� 
aggiornate 
analisi 
sulla 
struttura 
del 
territorio dell�emilia 
romagna 
e 
sul 
suo assetto policentrico 
che, 
per 
funzionare 
con 
efficacia, 
richiede 
che 
le 
sue 
componenti 
interagiscano tra 
loro in modo organico e 
coordinato. In particolare, ci 
si 
riferisce 
alla 
Citt� 
metropolitana 
di 
Bologna, 
ai 
Comuni 
capoluogo 
e 
di 
media 
grandezza, alle 
piccole 
realt� 
locali, e 
ai 
distretti 
specializzati, ciascuno portatore 
di 
una 
presenza 
istituzionale 
che 
contribuisce 
a 
comporre 
il 
reticolato 
territoriale 
regionale. 
Insieme 
alle 
espressioni 
di 
eccellenza 
a 
livello 
nazionale 
e 
internazionale 
sono da 
affrontare 
i 
fenomeni 
di 
congestione, carico ambientale, 
spopolamento, 
svantaggio 
sociale, 
anche 
sviluppo 
di 
azioni 
criminose, 
tutti 
con 
caratterizzazione 
territoriale 
e 
necessit� 
di 
co-pianificazione 
tra 
le 
istituzioni competenti ai diversi livelli (16). 


la 
precondizione 
�, tuttavia, la 
presenza 
di 
un presidio di 
tali 
temi 
al 
livello 
intermedio, 
ovvero 
�di 
Area 
vasta�, 
termine 
che 
dovrebbe 
richiamare 
una 
dimensione 
sovracomunale 
avente 
carattere 
non 
solo 
dimensionale 
ma 


(16) DGCl, (2019) La taxe 
de 
sejour, Direction General 
des 
Collectivites 
locales, Paris; 
C. FerrArIo, 
V. FerrI, riflessioni 
sull�autonomia finanziaria dei 
Comuni, Quaderni 
Dem, universit� 
di 
Ferrara, 
2019; 
V. FerrI, Governare 
le 
citt� metropolitane. Un istituzione 
del 
federalismo, Carocci, roma, 
2008; 
V. FerrI, P. mAGAr�, La r�mun�ration du travail 
politique 
en Italie, De 
multiples 
possibilit�s 
offertes 
de 
vivre 
de 
la 
politique, 
en 
La 
r�mu�ration 
du 
travil 
politique 
en 
Europe, 
sous 
la 
direction 
de 
r�my le Sauot, Berger levrault, Paris, 2018. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


anche 
afferente 
al 
ruolo di 
governo e 
ad altri 
fattori, quali 
le 
relazioni 
socioeconomiche 
che 
si 
dispiegano 
al 
loro 
interno, 
le 
modalit� 
con 
cui 
i 
territori 
concretamente 
funzionano e 
la 
domanda 
di 
rappresentanza 
istituzionale 
che 
essi esprimono (17). 


(17) G. BernABeI, G. montAnArI, autonomie 
e 
finanza locale, Cleup Padova, 2017; 
G.m. BernAreGGI, 
La perequazione 
per 
gli 
effetti 
della mobilit� delle 
persone 
sulle 
finanze 
dei 
governi 
locali, in 
Economia 
Pubblica, 
numero 
unico 
2010; 
G.m. 
BernAreGGI, 
La 
popolazione 
non 
residente, 
l�economia 
delle 
citt� e 
il 
bilancio del 
governo locale, in amministrare, n. 1/2004a, pagg. 103- 102; 
G.m. BernAreGGI, 
L�onere 
delle 
popolazioni 
non residenti 
per 
il 
bilancio del 
Comune 
di 
milano, in amministrare, 
n. 1/2004b, pagg. 103-159. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


il �concordato in bianco�, vantaggi e limiti dell�istituto 


Margherita Pagnotta* 


SommarIo: 
1. 
Premessa 
-2. 
Concordato 
in 
continuit� 
aziendale 
e 
concordato 
in 
bianco: 
due 
figure 
simili? - 3. CosՏ 
e 
come 
funziona il 
concordato �in bianco� 
o �con riserva�? - 4. 
Nella domanda di 
concordato in bianco possono essere 
ravvisati 
gli 
estremi 
dell�abuso del 
diritto? - 5. Concordato in bianco e 
gare 
di 
appalto, come 
comportarsi? - 5.1. La Giurisprudenza 
del 
Consiglio di 
Stato e 
le 
Determinazioni 
dell�autorit� Nazionale 
anti 
Corruzione 



6. La parola della Corte di Giustizia UE sull�esclusione dalle gare - 7. Conclusioni. 
1. Premessa. 
la 
legge 
fallimentare, 
introdotta 
con 
regio 
Decreto 
n. 
267 
del 
1942 
(d�ora 
in avanti 
�l. fall.�) prediligeva, quale 
soluzione 
alla 
crisi 
dell�impresa, il 
fallimento. 
Il 
sistema 
del 
1942 era 
improntato sulla 
tutela 
del 
credito e 
dell�economia 
nazionale 
mediante 
il 
controllo 
giudiziale 
e 
la 
conseguente 
possibile 
esclusione 
dal 
mercato 
dell�impresa 
in 
difficolt�. 
Il 
fenomeno 
dell�insolvenza, 
in 
siffatto 
contesto, 
doveva 
ritenersi, 
di 
regola, 
disciplinato 
dalla 
procedura 
fallimentare, che 
prevedeva 
da 
un lato, la 
afflizione 
massima 
possibile 
per il 
debitore, 
e, 
dall�altro, 
la 
soddisfazione 
dei 
creditori 
concorsuali 
in 
esito 
al 
processo 
liquidatorio dell�impresa. 

In questa 
ottica, le 
procedure 
quali 
il 
concordato preventivo e 
le 
altre 
da 
sempre 
definite 
�minori�, 
rappresentavano 
l�eccezione 
alla 
regola 
e, 
conseguentemente, 
erano destinate ad una limitata applicazione. 


I 
pi� 
recenti 
interventi 
del 
legislatore 
in 
materia 
di 
procedure 
concorsuali 
hanno, invece, radicalmente 
invertito il 
rapporto tra 
le 
procedure 
stesse, ponendo 
quale 
principale 
obiettivo quello della 
continuit� 
aziendale, al 
fine 
di 
non disperdere 
i 
valori 
aziendali 
e 
le 
(gi� 
scarse) opportunit� 
di 
lavoro disponibili 
nell�economia nazionale. 

negli 
anni 
pi� 
recenti, 
infatti, 
il 
sistema 
che 
aveva 
costituito 
il 
fondamento 
della 
precedente 
disciplina 
si 
� 
rivelato 
non 
pi� 
adeguato 
alle 
nuove 
esigenze 
della 
realt� 
economica 
e 
di 
mercato, che 
devono ormai 
identificarsi 
nella 
volont� 
di 
cercare 
soluzioni 
alla 
crisi 
d�impresa 
e 
di 
favorire 
la 
competitivit� 
e lo sviluppo del sistema economico. 


Il 
tentativo 
svolto 
dalla 
riforma 
delle 
procedure 
concorsuali 
� 
stato, 
quindi, quello di 
relegare 
il 
fallimento ad un ruolo sempre 
pi� marginale, aumentando 
le 
tipologie 
di 
procedure 
alternative 
(quali 
ad 
esempio: 
piani 
attestati 
ex 
art. 67, accordi 
di 
ristrutturazione 
del 
debito ex 
art. 182 bis, concordati 
in 
continuit� 
ex 
art. 
186 
bis, 
concordati 
preventivi 
in 
altra 
forma 
ex 
art. 
160 
della 


(*) 
Dottoressa 
in 
Giurisprudenza, 
ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
(avv. 
Vincenzo nunziata). 



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


l. 
fall.) 
e 
cercando, 
al 
tempo 
stesso, 
di 
introdurre 
anche 
nel 
fallimento 
strumenti 
che 
aiutino 
il 
salvataggio 
dell�impresa 
in 
stato 
di 
crisi, 
come 
lo 
strumento 
dell�esercizio provvisorio (art. 104 l. fall.), dell�affitto dell�azienda 
o di 
rami 
della 
stessa 
(art. 104 
bis 
l. fall.) e 
della 
cessione 
dell�intero complesso aziendale 
(art. 105 l. fall.) in luogo dei singoli beni. 
Ai 
fini 
di 
quanto 
interessa 
in 
questa 
sede, 
ci 
soffermeremo 
sulle 
figure 
del 
concordato 
in 
continuit� 
aziendale 
e 
del 
concordato 
�in 
bianco�, 
entrambe 
introdotte 
nella 
legge 
fallimentare 
con il 
decreto legislativo n. 83/2012 (legge 
di 
conversione 
7 agosto 2012, n. 134). In particolare, il 
concordato in bianco, 
pur 
essendo 
tra 
le 
novit� 
pi� 
interessanti 
introdotte 
da 
questa 
riforma 
e 
di 
maggiore 
impatto sulla 
disciplina 
della 
crisi 
di 
impresa, presenta 
alcune 
criticit� 
legate, 
in 
primo 
luogo, 
ad 
un 
possibile 
utilizzo 
distorto 
dell�istituto 
(abuso 
del 
diritto) e, in secondo luogo, alla 
problematica 
questione 
circa 
la 
possibilit� 
o 
meno, per le 
imprese 
che 
si 
servono di 
questo strumento, di 
partecipare 
alle 
gare 
di 
appalto pubbliche. Su questo secondo punto si 
concentrer� 
la 
nostra 
analisi 
e, 
ripercorrendo 
alcuni 
dei 
momenti 
pi� 
rilevanti 
nello 
sviluppo 
del-
l�orientamento della 
giurisprudenza 
amministrativa 
nonch� 
delle 
Determinazioni 
dell�Autorit� 
Garante 
della 
Concorrenza 
e 
del 
mercato 
sul 
punto, 
si 
tenter� 
di 
comprendere 
quali 
siano, al 
momento, le 
possibili 
soluzioni 
al 
suddetto 
quesito, alla 
luce 
anche 
del 
recente 
intervento della 
Corte 
di 
Giustizia 
ue sul tema. 


2. Concordato in continuit� aziendale 
e 
concordato in bianco: due 
figure 
simili? 
tra 
le 
novit� 
pi� 
importanti 
introdotte 
dal 
decreto 
legislativo 
n. 
83 
del 
2012 
va 
senz�altro 
annoverata 
l�introduzione 
del 
cos� 
detto 
concordato 
con 
continuit� 
aziendale, 
disciplinato 
in 
massima 
parte 
dall�articolo 
186 
bis 
del 
regio decreto 267 del 
1942 (1). Per concordato con continuit� 
aziendale 
� 
da 


(1) Art. 186 bis, l. fall 
�I. Quando il 
piano di 
concordato di 
cui 
all'articolo 161, secondo comma, 
lettera e) prevede 
la prosecuzione 
dell'attivit� di 
impresa da parte 
del 
debitore, la cessione 
dell'azienda 
in esercizio ovvero il 
conferimento dell'azienda in esercizio in una o pi� societ�, anche 
di 
nuova costituzione, 
si 
applicano le 
disposizioni 
del 
presente 
articolo. Il 
piano pu� prevedere 
anche 
la liquidazione 
di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa. 
II. Nei casi previsti dal presente articolo: 
a) il 
piano di 
cui 
all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve 
contenere 
anche 
un'analitica indicazione 
dei 
costi 
e 
dei 
ricavi 
attesi 
dalla prosecuzione 
dell'attivit� d'impresa prevista dal 
piano di 
concordato, 
delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalit� di copertura; 
b) 
La 
relazione 
del 
professionista 
di 
cui 
all'articolo 
161, 
terzo 
comma, 
deve 
attestare 
che 
la 
prosecuzione 
dell'attivit� d'impresa prevista dal 
piano di 
concordato � 
funzionale 
al 
miglior 
soddisfacimento dei 
creditori; 
c) il 
piano pu� prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria fino 
a un anno dall'omologazione 
per 
il 
pagamento dei 
creditori 
muniti 
di 
privilegio, pegno o ipoteca, salvo 
che 
sia prevista la liquidazione 
dei 
beni 
o diritti 
sui 
quali 
sussiste 
la causa di 
prelazione. In tal 
caso, i 
creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


intendersi 
quel 
concordato 
il 
cui 
piano 
prevede 
la 
prosecuzione 
dell�attivit� 
di 
impresa, 
che 
pu� 
avvenire 
secondo 
due 
differenti 
modalit�: 
mediante 
la 
continuazione 
dell�attivit� 
da 
parte 
del 
debitore 
(continuit� 
societaria 
o 
�diretta�); 
ovvero 
mediante 
la 
cessione 
dell�azienda 
in 
esercizio 
o 
il 
conferimento 
dell�azienda 
in esercizio in una 
o pi� societ�, anche 
di 
nuova 
costituzione 
(discontinuit� 
societaria 
o �indiretta�), salva 
comunque 
la 
possibilit� 
di 
liquidazione 
di 
beni 
non funzionali 
all�esercizio dell�impresa 
(art. 186 bis 
comma 
1 


l. fall.). 
Il 
piano, presentato ai 
creditori 
ed al 
tribunale 
con la 
domanda 
di 
concordato 
in continuit�, dovr� 
contenere 
l�analitica 
indicazione 
di 
costi 
e 
ricavi 
che 
si 
prospettano 
per 
la 
continuazione 
dell�attivit�, 
delle 
risorse 
finanziarie 
e 
del-
l�indicazione 
della 
relativa 
copertura; 
inoltre, per il 
pagamento integrale 
dei 
creditori 
prelatizi 
(salvo che 
vengano liquidati 
i 
beni 
su cui 
insiste 
la 
garanzia 
dei 
crediti) 
(2), 
potr� 
essere 
fissato 
un 
termine 
di 
tempo 
che 
non 
va 
oltre 
l�anno 
dall�avvenuta omologazione. 

Dovranno, quindi, essere 
ricompresi 
nella 
categoria 
del 
�concordato con 
continuit� 
aziendale� 
tutti 
quei 
concordati 
dove 
l�attivit� 
prosegue 
concretizzandosi 
in 
una 
sorta 
di 
�esercizio 
provvisorio 
dell�impresa� 
in 
vista 
del 
ritorno 


III. Fermo quanto previsto nell'articolo 169-bis, i 
contratti 
in corso di 
esecuzione 
alla data di 
deposito 
del 
ricorso, 
anche 
stipulati 
con 
pubbliche 
amministrazioni, 
non 
si 
risolvono 
per 
effetto 
dell'apertura 
della procedura. Sono inefficaci 
eventuali 
patti 
contrari. L'ammissione 
al 
concordato preventivo non 
impedisce 
la continuazione 
di 
contratti 
pubblici 
se 
il 
professionista designato dal 
debitore 
di 
cui 
all'articolo 
67 ha attestato la conformit� al 
piano e 
la ragionevole 
capacit� di 
adempimento. Di 
tale 
continuazione 
pu� beneficiare, in presenza dei 
requisiti 
di 
legge, anche 
la societ� cessionaria o conferitaria 
d'azienda o di 
rami 
d'azienda cui 
i 
contratti 
siano trasferiti. Il 
giudice 
delegato, all'atto della cessione 
o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni. 
IV. 
L'ammissione 
al 
concordato 
preventivo 
non 
impedisce 
la 
partecipazione 
a 
procedure 
di 
assegnazione 
di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara: 
a) 
una 
relazione 
di 
un 
professionista 
in 
possesso 
dei 
requisiti 
di 
cui 
all'articolo 
67, 
terzo 
comma, 
lettera 
d), che attesta la conformit� al piano e la ragionevole capacit� di adempimento del contratto; 
b) la dichiarazione 
di 
altro operatore 
in possesso dei 
requisiti 
di 
carattere 
generale, di 
capacit� finanziaria, 
tecnica, economica nonch� 
di 
certificazione, richiesti 
per 
l'affidamento dell'appalto, il 
quale 
si 
� 
impegnato nei 
confronti 
del 
concorrente 
e 
della stazione 
appaltante 
a mettere 
a disposizione, per 
la 
durata 
del 
contratto, 
le 
risorse 
necessarie 
all'esecuzione 
dell'appalto 
e 
a 
subentrare 
all'impresa 
ausiliata 
nel 
caso in cui 
questa fallisca nel 
corso della gara ovvero dopo la stipulazione 
del 
contratto, ovvero 
non sia per 
qualsiasi 
ragione 
pi� in grado di 
dare 
regolare 
esecuzione 
all'appalto. Si 
applica l'articolo 
49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. 
V. Fermo quanto previsto dal 
comma precedente, l'impresa in concordato pu� concorrere 
anche 
riunita 
in raggruppamento temporaneo di 
imprese, purch� 
non rivesta la qualit� di 
mandataria e 
sempre 
che 
le 
altre 
imprese 
aderenti 
al 
raggruppamento non siano assoggettate 
ad una procedura concorsuale. In 
tal 
caso 
la 
dichiarazione 
di 
cui 
al 
quarto 
comma, 
lettera 
b), 
pu� 
provenire 
anche 
da 
un 
operatore 
facente 
parte del raggruppamento. 
VI. 
Se 
nel 
corso 
di 
una 
procedura 
iniziata 
ai 
sensi 
del 
presente 
articolo 
l'esercizio 
dell'attivit� 
d'impresa 
cessa o risulta manifestamente 
dannoso per 
i 
creditori, il 
tribunale 
provvede 
ai 
sensi 
dell'articolo 173. 
resta salva la facolt� del debitore di modificare la proposta di concordato�. 
(2) 
l. 
D�orAzIo, 
Il 
concordato 
preventivo 
con 
continuit� 
aziendale 
e 
le 
gare 
pubbliche, 
pagg. 
270 
ss., 
e 
di 
r. 
GIAnI, 
La 
partecipazione 
alle 
gare 
per 
l�affidamento 
dei 
contratti 
pubblici, 
pagg. 
450 
ss. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


in 
bonis 
della 
stessa, 
facendo 
capo 
sempre 
allo 
stesso 
imprenditore 
oppure 
mediante il trasferimento a soggetti terzi. 

Il 
nuovo art. 186 bis 
l. fall. ricomprende 
nella 
categoria 
del 
concordato 
con continuit� 
aziendale 
anche 
quello di 
tipo �misto� 
(3) (e 
nella 
prassi 
ve 
ne 
sono 
molti 
casi), 
nel 
quale 
l�attivit� 
prosegue 
mediante 
l�utilizzazione 
(ovvero, 
il 
mantenimento �in esercizio�) di 
una 
parte 
soltanto dell�attivo, ad esempio 
un ramo d�azienda, mentre 
l�altra 
parte 
dell�attivo (�non funzionale 
all�esercizio 
dell�impresa�) viene liquidata atomisticamente (4). 


Giova 
precisare 
che 
il 
concordato 
con 
continuit� 
aziendale 
si 
connota 
soprattutto 
per 
la 
presenza 
di 
due 
elementi: 
uno 
oggettivo, 
ossia 
la 
possibilit� 
per l�interessato di 
proseguire 
l�attivit� 
economica 
ab origine 
intrapresa; 
uno 
soggettivo, cio� 
la 
volont� 
del 
debitore 
di 
riportare 
in bonis 
l�impresa 
con soluzione 
di continuit� aziendale. 


Il 
legislatore, 
al 
fine 
di 
salvaguardare 
l�unit� 
del 
complesso 
produttivo 
aziendale, ha 
voluto cos� 
enucleare, nell�ampio genus 
concordatario, la 
particolare 
figura 
del 
concordato con continuit� 
aziendale, destinataria 
di 
una 
disciplina 
speciale 
(5). 
nell�attuale 
sistema 
del 
diritto 
concorsuale 
abbiamo, 
dunque, 
due 
diverse 
figure 
di 
concordato 
preventivo: 
il 
concordato 
preventivo 
�classico� 
che 
� 
quello di 
cui 
agli 
artt. 160 l. fall. e 
seguenti, ed il 
concordato 
con continuit� aziendale, di cui agli articoli 186 bis 
e 182 quinquies 
l. fall. 

A 
queste 
si 
aggiunge 
la 
discussa 
figura 
del 
concordato �in bianco�, art. 
161, comma 6, della legge fallimentare (6). 


(3) 
rileva 
in 
questa 
sede 
precisare 
che, 
nel 
caso 
di 
concordato 
misto, 
deve 
essere 
applicata 
un�unica 
disciplina, 
corrispondente 
alla 
componente 
�prevalente� 
in 
termini 
economici 
e 
funzionali, 
soluzione 
questa 
preferibile 
anche 
alla 
luce 
dalle 
modifiche 
apportate 
dalla 
legge 
n. 132/2015 all�art. 160 
l. fall. in tema 
di 
percentuale 
di 
pagamento dei 
creditori 
chirografari 
in caso di 
concordato liquidatorio. 
Sul 
punto il 
tribunale 
di 
mantova 
precisa 
che: 
�in ipotesi 
di 
concordato misto, in parte 
liquidatorio ed 
in parte 
con continuit� aziendale, per 
individuare 
le 
norme 
da applicare 
nel 
caso concreto occorre 
verificare 
se 
le 
operazioni 
di 
dismissione 
previste, ulteriori 
rispetto all�eventuale 
cessione 
dell�azienda in 
esercizio, siano o meno prevalenti, in termini 
quantitativi 
e 
qualitativi, rispetto al 
valore 
azienda che 
permane 
in esercizio, quand�anche 
per 
mezzo di 
cessione 
a terzi� 
(tribunale 
mantova 
n. 9478/2013, in 
www.ilcaso.it). 
(4) ArAto 
m., Il 
concordato con continuit� aziendale, in Il 
fallimentarista, Giuffr� 
editore, milano, 
pag. 3. 
(5) nIGro 
A. & 
VAttermolI 
D., Diritto della crisi 
delle 
imprese: le 
procedure 
concorsuali, terza 
ed., Il mulino 2014, pag. 352. 
(6) Art. 161, dal 
VI, l. fall. �VI. L'imprenditore 
pu� depositare 
il 
ricorso contenente 
la domanda 
di 
concordato unitamente 
ai 
bilanci 
relativi 
agli 
ultimi 
tre 
esercizi 
e 
all�elenco nominativo dei 
creditori 
con l�indicazione 
dei 
rispettivi 
crediti, riservandosi 
di 
presentare 
la proposta, il 
piano e 
la documentazione 
di 
cui 
ai 
commi 
secondo e 
terzo entro un termine 
fissato dal 
giudice 
compreso fra sessanta e 
centoventi 
giorni 
e 
prorogabile, in presenza di 
giustificati 
motivi, di 
non oltre 
sessanta giorni. Nello stesso 
termine, in alternativa e 
con conservazione 
sino all'omologazione 
degli 
effetti 
prodotti 
dal 
ricorso, il 
debitore 
pu� depositare 
domanda ai 
sensi 
dell'articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si 
applica 
l'articolo 
162, 
commi 
secondo 
e 
terzo. 
Con 
decreto 
motivato 
che 
fissa 
il 
termine 
di 
cui 
al 
primo 
periodo, 
il 
tribunale 
pu� nominare 
il 
commissario giudiziale 
di 
cui 
all�articolo 163, secondo comma, n. 3; si 
applica 
l�articolo 
170, 
secondo 
comma. 
Il 
commissario 
giudiziale, 
quando 
accerta 
che 
il 
debitore 
ha 
posto 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


3. CosՏ e come funziona il concordato �in bianco� o �con riserva�? 
Questa 
particolare 
tipologia 
di 
concordato 
� 
stata 
anch�essa 
introdotta 
con 
le 
modifiche 
alla 
disciplina 
del 
concordato preventivo mediante 
il 
decreto legislativo 
n. 
83/2012 
(legge 
di 
conversione 
7 
agosto 
2012, 
n. 
134) 
e 
mira 
a 
consentire 
al 
debitore 
di 
�prenotare� 
uno 
strumento 
negoziale 
di 
risoluzione 
della 
crisi 
(concordato preventivo o accordo di 
ristrutturazione), presentando la 
domanda 
di 
concordato 
senza 
allegare 
(immediatamente) 
alla 
stessa 
il 
piano 
contenente 
la 
descrizione 
analitica 
delle 
modalit� 
e 
dei 
tempi 
di 
adempimento 
della 
proposta 
rivolta 
ai 
creditori, anticipando cos� 
gli 
effetti 
del 
concordato 
(moratoria 
e 
protezione 
del 
patrimonio) ed avere, dunque, pi� tempo per definire 
una strategia di risanamento al riparo delle azioni dei creditori (7). 


I 
motivi 
che 
hanno 
determinato 
tale 
innovazione, 
che 
trae 
spunto 
dalla 
disciplina 
del 
Chapter 
11 
(8) americano, sono da 
ricercarsi 
nella 
situazione 
di 


in essere 
una delle 
condotte 
previste 
dall�articolo 173, deve 
riferirne 
immediatamente 
al 
tribunale 
che, 
nelle 
forme 
del 
procedimento di 
cui 
all�articolo 15 e 
verificata la sussistenza delle 
condotte 
stesse, pu�, 
con decreto, dichiarare 
improcedibile 
la domanda e, su istanza del 
creditore 
o su richiesta del 
pubblico 
ministero, accertati 
i 
presupposti 
di 
cui 
agli 
articoli 
1 e 
5, dichiara il 
fallimento del 
debitore 
con contestuale 
sentenza reclamabile a norma dell�articolo 18. 

VII. Dopo il 
deposito del 
ricorso e 
fino al 
decreto di 
cui 
all'articolo 163 il 
debitore 
pu� compiere 
gli 
atti 
urgenti 
di 
straordinaria 
amministrazione 
previa 
autorizzazione 
del 
tribunale, 
il 
quale 
pu� 
assumere 
sommarie 
informazioni 
e 
deve 
acquisire 
il 
parere 
del 
commissario giudiziale, se 
nominato. Nello stesso 
periodo e 
a decorrere 
dallo stesso termine 
il 
debitore 
pu� altres� 
compiere 
gli 
atti 
di 
ordinaria amministrazione. 
I crediti 
di 
terzi 
eventualmente 
sorti 
per 
effetto degli 
atti 
legalmente 
compiuti 
dal 
debitore 
sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111. 
VIII. Con il 
decreto che 
fissa il 
termine 
di 
cui 
al 
sesto comma, primo periodo, il 
tribunale 
deve 
disporre 
gli 
obblighi 
informativi 
periodici, 
anche 
relativi 
alla 
gestione 
finanziaria 
dell'impresa 
e 
all�attivit� 
compiuta 
ai 
fini 
della predisposizione 
della proposta e 
del 
piano, che 
il 
debitore 
deve 
assolvere, con periodicit� 
almeno mensile 
e 
sotto la vigilanza del 
commissario giudiziale 
se 
nominato, sino alla scadenza 
del 
termine 
fissato. 
Il 
debitore, 
con 
periodicit� 
mensile, 
deposita 
una 
situazione 
finanziaria 
dell�impresa 
che, entro il 
giorno successivo, � 
pubblicata nel 
registro delle 
imprese 
a cura del 
cancelliere. In caso di 
violazione 
di 
tali 
obblighi, 
si 
applica 
l'articolo 
162, 
commi 
secondo 
e 
terzo. 
Quando 
risulta 
che 
l�attivit� 
compiuta dal 
debitore 
� 
manifestamente 
inidonea alla predisposizione 
della proposta e 
del 
piano, il 
tribunale, 
anche 
d�ufficio, sentito il 
debitore 
e 
il 
commissario giudiziale 
se 
nominato, abbrevia il 
termine 
fissato con il 
decreto di 
cui 
al 
sesto comma, primo periodo. Il 
tribunale 
pu� in ogni 
momento sentire 
i 
creditori. 
IX. La domanda di 
cui 
al 
sesto comma � 
inammissibile 
quando il 
debitore, nei 
due 
anni 
precedenti, ha 
presentato 
altra 
domanda 
ai 
sensi 
del 
medesimo 
comma 
alla 
quale 
non 
abbia 
fatto 
seguito 
l'ammissione 
alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti. 
X. 
Fermo 
quanto 
disposto 
dall'articolo 
22, 
comma 
1, 
quando 
pende 
il 
procedimento 
per 
la 
dichiarazione 
di 
fallimento 
il 
termine 
di 
cui 
al 
sesto 
comma 
� 
di 
sessanta 
giorni, 
prorogabili, 
in 
presenza 
di 
giustificati 
motivi, di non oltre sessanta giorni�. 
(7) F. lAmAnnA, Le 
prime 
interpretazioni 
del 
Tribunale 
di 
milano, Sez. Fallimenti, delle 
norme 
concorsuali 
contenute 
nel 
D.L. Sviluppo, relazione 
al 
convegno �Crisi 
di 
impresa 
e 
ristrutturazione 
del 
debito nel 
D.l. Sviluppo�, milano, 11-12 dicembre, 2012; 
e. BertACCHInI, Casi 
pratici, possibili 
strategie 
ed esperienze 
operative 
dei 
diversi 
attori. Il 
concordato preventivo in bianco: questioni 
interpretative 
e 
applicative, 
relazione 
al 
convegno 
�Crisi 
di 
impresa 
e 
ristrutturazione 
del 
debito 
nel 
D.l. 
Sviluppo�, milano, 11-12 dicembre, 2012. e. CeCCHerInI, Il 
concordato preventivo con prenotazione, 
in Il diritto fallimentare e delle societ� commerciali, 2013, pag. 319. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


difficolt� 
nella 
quale 
notoriamente 
si 
trova 
il 
debitore 
che 
deve 
predisporre 
un 
piano di 
risanamento aziendale 
senza 
poter beneficiare 
di 
alcuna 
protezione 
nei 
confronti 
delle 
azioni 
esecutive 
dei 
creditori, 
dei 
sequestri 
e 
delle 
ipoteche 
giudiziali, 
iniziative 
tutte 
idonee 
a 
comprometterne 
il 
buon 
risultato. 
Prima 
della 
sua 
introduzione, infatti, spesso poteva 
accadere 
che 
la 
predisposizione 
del 
ricorso 
di 
concordato 
preventivo 
venisse 
vanificata 
da 
azioni 
cautelari 
che 
venivano nel frattempo messe in atto dai creditori. 


Con questa 
norma 
il 
legislatore 
ha, quindi, voluto fornire 
un rimedio alla 
insufficiente 
tutela 
del 
debitore 
durante 
la 
fase 
della 
preparazione 
del 
piano 
concordatario o di 
ristrutturazione, consentendo di 
presentare 
un ricorso anticipatorio 
a 
quella 
che 
sar� 
poi 
la 
proposta 
concordataria, con la 
conseguenza 
di 
sospendere 
tutte 
le 
azioni 
poste 
in 
essere 
dai 
creditori 
in 
attesa 
che 
il 
debitore 
predisponga il piano. 

lo 
spatium 
deliberandi 
concesso 
al 
debitore 
pu� 
cos� 
essere 
utilizzato 
sia 
per predisporre 
il 
piano e 
consentire 
all�esperto attestatore 
(professionista 
designato 
dal 
debitore, in possesso dei 
requisiti 
di 
cui 
all�articolo 67 comma 
3, 
lettera 
d), l. fall.) di 
verificare 
la 
veridicit� 
dei 
dati 
aziendali 
e 
la 
realizzabilit� 
del 
piano stesso, sia 
per raggiungere 
accordi 
con i 
creditori 
in modo tale 
da 
facilitarne 
il 
buon esito (un esempio pu� essere 
il 
raggiungimento di 
un accordo 
che comporti la rinuncia al privilegio da parte di alcuni creditori). 


Il 
concordato 
c.d. 
�in 
bianco�, 
noto 
anche 
come 
concordato 
�con 
riserva� 


o 
�con 
prenotazione�, 
consente, 
dunque, 
all�imprenditore 
di 
godere 
immediatamente 
degli 
effetti 
derivanti 
dall�apertura 
della 
procedura 
concordataria, 
pro(
8) Il 
Chapter 
11 
(letteralmente 
�Capitolo 11�) � 
una 
norma 
della 
legge 
fallimentare 
statunitense 
(Chapter 
11, 
Title 
11, 
del 
Bankruptcy 
Code 
statunitense, 
equivalente 
alla 
nostra 
legge 
fallimentare), 
consente 
alle 
imprese 
che 
lo utilizzano di 
procedere 
ad una 
ristrutturazione 
a 
seguito di 
un grave 
dissesto 
finanziario. 
Il 
piano 
pu� 
avere 
il 
contenuto 
pi� 
vario, 
pu� 
prevedere 
il 
soddisfacimento 
integrale 
di 
alcuni 
creditori 
e 
parziale 
di 
altri 
(salvo il 
diritto dei 
creditori 
garantiti 
di 
essere 
sempre 
soddisfatti 
interamente, 
nella misura della garanzia), e pu� suddividere i creditori stessi in classi. 
una 
volta 
approvato dalla 
maggioranza 
dei 
creditori, il 
piano deve 
essere 
valutato dal 
tribunale 
ai 
fini 
dell�omologazione. Se 
non sono state 
proposte 
opposizioni, il 
tribunale 
accerta 
solo che 
il 
debitore 
sia 
in buona 
fede 
e 
che 
non siano state 
violate 
norme 
imperative. In caso di 
opposizioni, il 
tribunale 
deve 
accertare 
anche 
che 
il 
piano sia 
realizzabile 
e 
che 
sia 
idoneo a 
soddisfare 
i 
creditori 
assegnando loro di 
pi� 
di 
quanto 
avrebbero 
ricevuto 
se 
il 
debitore 
fosse 
fallito. 
Con 
l�ingresso 
nel 
Chapter 
11 
tutte 
le 
azioni 
dei 
creditori 
volte 
a 
pretendere 
il 
pagamento 
dei 
loro 
debiti 
sono 
automaticamente 
bloccate. 
Alcuni 
contratti, 
conosciuti 
come 
contratti 
esecutivi, possono essere 
cancellati 
se 
� 
finanziariamente 
conveniente 
per la 
procedura. tali 
contratti 
includono i 
contratti 
di 
lavoro, i 
leasing 
immobiliari, contratti 
di 
manutenzione 
o fornitura. 
Il 
Chapter 
11 
� 
una 
procedura 
di 
riorganizzazione 
e 
non di 
liquidazione. Il 
suo scopo �, quindi, quello 
di 
risanare 
l'impresa 
e 
a 
tale 
scopo viene 
impostato un piano che 
nel 
giro di 
alcuni 
mesi 
o anche 
anni, a 
seconda 
della 
dimensione 
e 
della 
complessit� 
della 
procedura, 
dovrebbe 
risanare 
la 
situazione 
e 
far 
uscire 
l'impresa 
dalla 
crisi 
e, quindi, dal 
Chapter 
11. Il 
piano di 
risanamento deve 
essere 
proposto dal-
l�impresa 
stessa 
e 
approvato dal 
giudice. nel 
caso in cui 
un piano non venga 
accettato o non si 
riesca 
a 
portarlo avanti 
il 
giudice 
pu� convertire 
la 
procedura 
nel 
Chapter 
7 
che, invece, prevede 
l�inizio della 
liquidazione. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


cedura 
che, in questo caso prender� 
avvio con una 
domanda 
incompleta 
sia 
nel piano che nella proposta. 

Per 
quanto 
concerne 
la 
documentazione 
che 
deve 
contenere 
il 
ricorso, 
l�art. 
82 
del 
d.l. 
n. 
69/2013 
c.d. 
�Decreto 
del 
fare� 
ha 
modificato 
l�art. 
161 
comma 
6 della 
l. fall., introducendo una 
serie 
di 
obblighi 
aggiuntivi 
da 
rispettare, 
tra 
i 
quali 
spicca 
l�obbligo 
di 
corredare 
la 
domanda 
dei 
bilanci 
degli 
ultimi 
tre 
esercizi 
e 
dell�elenco 
nominativo 
dei 
creditori 
con 
l�indicazione 
dei 
rispettivi 
crediti. l�imprenditore, quindi, dovr� 
depositare 
il 
ricorso contenente 
la 
domanda 
di 
concordato insieme 
ai 
bilanci 
relativi 
agli 
ultimi 
tre 
esercizi, riservandosi 
di 
presentare 
la 
proposta 
rivolta 
ai 
creditori, 
il 
piano 
e 
la 
documentazione 
entro 
un 
termine 
fissato 
dal 
giudice, 
che 
vai 
dai 
sessanta 
ed 
ai 
centoventi 
giorni, 
prorogabile 
per 
giustificati 
motivi 
di 
ulteriori 
sessanta 
giorni, 
che 
dovrebbe 
essere 
altrimenti 
presentata 
con 
la 
ordinaria 
domanda 
di 
concordato 
(9). 

Il 
giudice 
assegnando il 
suddetto termine 
per il 
deposito della 
proposta 
e 
del 
piano, dispone 
altres� 
una 
serie 
di 
obblighi 
informativi 
periodici 
(mensili 


o addirittura 
bi-settimanali 
o settimanali, comma 
8 dell�art. 161 l. fall.), sotto 
la 
vigilanza 
del 
commissario 
giudiziale 
se 
nominato, 
sino 
alla 
scadenza 
del 
termine 
fissato in funzione 
della 
dimensione, della 
complessit� 
organizzativa 
e 
della 
natura 
dell�impresa 
ricorrente, tenendo conto anche 
dell�eventuale 
deposito 
di istanze di fallimento. 
Con 
riferimento 
al 
contenuto 
degli 
obblighi 
informativi, 
occorre 
riportare 
la 
situazione 
finanziaria 
concernente 
l�attivit� 
d�impresa 
alle 
date 
prestabilite, 
il 
prospetto di 
entrate 
ed uscite 
di 
un certo periodo, o l�indicazione 
dei 
pagamenti 
eccedenti 
determinati 
importi, con relativi 
destinatari 
e/o l�indicazione 
analitica 
degli 
atti 
di 
straordinaria 
amministrazione 
di 
cui 
si 
chieda 
eventuale 
autorizzazione ai sensi dell�art. 161, comma 7, l. fall. (10). 


(9) VellA, Il 
controllo giudiziale 
sulla domanda di 
concordato preventivo �con riserva�, in Il 
Fallimento, n. 1/ 
2013, pag. 80; 
FABIAnI, La domanda �prenotativa� 
di 
concordato preventivo, in Foro 
it., 2012, I, 3184; 
BAleStrA, Gli 
obblighi 
informativi 
periodici 
nel 
c.d. pre-concordato, in Fallimento, 
2013, pag. 106. 
(10) Per quanto attiene 
alla 
determinazione 
della 
periodicit�, della 
tipologia 
e 
del 
contenuto degli 
obblighi 
informativi 
la 
disposizione 
normativa 
attribuisce 
al 
tribunale 
un ampio potere 
discrezionale. I 
doveri 
informativi 
potranno dunque 
essere 
disposti 
secondo una 
diversa 
variet� 
di 
forme, dal 
contenuto 
pi� o meno analitico: 
potranno essere 
previsti 
generali 
relazioni 
oppure 
report 
informativi 
pi� specifici 
riguardo alle diverse attivit� o operazioni compiute. 
la giurisprudenza ha gi� avuto modo di esprimersi in merito ai confini del dovere di informativa. 
Particolare 
rilievo assume 
il 
decreto del 
tribunale 
di 
Velletri, 18 settembre 
2012, in Il 
Caso.it., secondo 
il 
quale 
�deve 
ritenersi 
ammissibile 
una eventuale 
attivit� istruttoria, sia pur 
limitata all�acquisizione 
di 
documenti 
e 
informazioni 
pertinenti 
con l�accertamento da compiere 
(ove 
occorrano, produzione 
del 
certificato camerale, informazioni 
ed altri 
atti 
utili 
per 
valutare 
la richiesta di 
un termine 
maggiore), 
come 
confermato 
dal 
fatto 
che 
il 
settimo 
comma 
autorizza 
espressamente 
l�acquisizione 
di 
informazioni 
al 
fine 
di 
autorizzare 
il 
compimento degli 
atti 
di 
straordinaria amministrazione; tenuto conto della tipologia 
e 
dell�importanza 
dell�impresa, 
nonch� 
delle 
passivit� 
ed 
attivit� 
risultanti 
dai 
bilanci, 
si 
ritiene 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Inoltre, quando pende 
un�istanza 
di 
fallimento (art. 161, comma 
10), il 
termine 
per la 
presentazione 
della 
proposta 
del 
piano � 
di 
soli 
sessanta 
giorni, 
prorogabili 
sempre 
per 
giustificati 
motivi, 
di 
altri 
sessanta. 
Il 
tribunale, 
anche 
in pendenza 
della 
domanda 
di 
concordato in bianco, �, infatti, libero di 
provvedere 
sull�istanza 
di 
fallimento quando ritenga 
di 
respingerla 
(il 
legislatore 
fa 
espressamente 
salvo 
il 
disposto 
del 
primo 
comma 
dell�art. 
22 
l. 
fall.). 
In 
questo ultimo caso il 
termine 
per la 
presentazione 
della 
proposta 
e 
del 
piano 
ritorner� ad essere quello ordinario. 


Alla 
scadenza 
del 
termine 
fissato, 
il 
decreto 
di 
ammissione 
alla 
procedura, 
di 
cui 
all�art. 163 l. fall., � 
pronunciato dal 
giudice 
soltanto a 
seguito dell�integrazione 
della 
domanda 
con i 
documenti 
mancanti 
ai 
fini 
dell�ammissione 
al 
concordato. Ci� si 
desume 
chiaramente 
dal 
comma 
9 dell�art. 161, secondo 
cui 
la 
domanda 
deve 
essere 
dichiarata 
inammissibile 
quando 
nei 
due 
anni 
precedenti 
alla 
presentazione 
del 
ricorso 
il 
debitore 
abbia 
presentato 
altra 
domanda 
analoga 
alla 
quale 
non 
abbia 
fatto 
seguito 
l�ammissione 
alla 
procedura 


o l�omologazione di un accordo di ristrutturazione. 
malgrado 
la 
citata 
incompletezza 
della 
domanda, 
la 
procedura 
consente 
di 
interrompere 
o 
sospendere 
le 
esecuzioni 
in 
corso 
dalla 
data 
di 
pubblicazione 
del 
ricorso 
nel 
registro 
delle 
imprese 
da 
parte 
del 
cancelliere 
entro 
il 
giorno 
successivo 
al 
deposito 
della 
domanda 
in 
cancelleria. 
l�apertura 
della 
procedura 
concordataria 
travolge 
le 
ipoteche 
giudiziali 
iscritte 
nei 
novanta 
giorni 
anteriori 
alla 
pubblicazione 
del 
ricorso. 
Inoltre, 
per 
quanto 
concerne 
i 
contratti 
in 
corso 
di 
esecuzione 
al 
momento 
del 
deposito 
della 
domanda 
di 
concordato, 
� 
prevista 
l�ipotesi 
che 
il 
tribunale 
possa 
autorizzare 
il 
debitore 
a 
sciogliersi 
da 
questi 
ove 
tale 
decisione 
possa 
risultare 
pi� 
favorevole 
al 
superamento 
della 
crisi 
(11). 


Il 
decreto 
�Destinazione 
Italia�, 
decreto 
legislativo 
n. 
145 
del 
2013 
(legge 
di 
conversione 
n. 43 del 
2014) che 
ha 
modificato l�art. 111, comma 
2, della 
l. 
fall., ha 
previsto, inoltre, la 
possibilit� 
per l�imprenditore 
di 
richiedere 
al 
giudice 
l�autorizzazione 
a 
stipulare 
contratti 
di 
finanziamento bancario in prededuzione, 
che 
non entrano a 
far parte 
della 
massa 
debitoria 
precedente, per cui 
sono 
destinati 
ad 
essere 
soddisfatti 
senza 
subire 
la 
falcidia 
concordataria 
o 
fallimentare. 
In particolare, la 
modificazione 
apportata 
dal 
suddetto decreto al-

di 
disporre 
il 
deposito nella cancelleria del 
tribunale, alla scadenza del 
trentesimo giorno di 
una aggiornata 
relazione 
economico e 
finanziaria sull'andamento delle 
attivit� d�impresa e 
l�indicazione 
di 
tutti 
gli 
atti 
di 
straordinaria 
amministrazione, 
di 
pagamenti 
d'importo 
superiore 
ad 
�. 
50.000, 
delle 
eventuali 
istanze 
di 
fallimento 
o 
delle 
richieste 
di 
pignoramento 
pervenute; 
dovr� 
essere 
depositato 
inoltre, non appena approvato e 
depositato, il 
bilancio�. Cfr. anche 
trib. modena, 22 ottobre 
2012 in 
Il Caso.it. e 
trib. la Spezia 25 settembre 2012, in Il Caso.it. 


(11) VellA, Il 
controllo giudiziale 
sulla domanda di 
concordato preventivo �con riserva�, in Il 
Fallimento, 
n. 1/2013, p. 87. PAttI, rapporti 
pendenti 
nel 
concordato preventivo riformato, in Il 
Fallimento 
n. 3/2013, pag. 270. FABIAnI, 
La consecuzione 
biunivoca fra accordi 
di 
ristrutturazione 
e 
concordato 
preventivo, in Foro it., 2013, I. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


l�art. 111, comma 
2, l. fall. deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso che 
i 
crediti 
sorti 
in relazione 
o in occasione 
alla 
procedura 
di 
concordato preventivo con �riserva� 
sono 
prededucibili 
a 
condizione 
che 
la 
proposta, 
il 
piano 
e 
la 
documentazione 
(indicati 
nei 
commi 
secondo 
e 
terzo) 
vengano 
presentati 
entro 
il 
termine 
fissato dal 
giudice 
(con possibile 
richiesta 
di 
proroga) e 
che 
la 
procedura 
sia 
aperta, senza 
soluzione 
di 
continuit� 
rispetto alla 
presentazione 
della 
domanda 
ai 
sensi 
dell�articolo 
161, 
comma 
6, 
l. 
fall., 
ai 
sensi 
dell�articolo 
163 


l. fall. del 
suddetto regio decreto. la 
prededucibilit� 
dei 
crediti, tra 
cui 
quelli 
erogati 
dalle 
banche 
per sostenere 
il 
piano, quindi, diverr� 
possibile 
solo se 
il 
ricorso sar� 
effettivamente 
depositato ed il 
concordato sar� 
ammesso ai 
sensi 
del 
citato 
art. 
163 
fall. 
Chiaramente, 
quando 
avviene 
il 
deposito 
della 
domanda, 
non si 
pu� effettivamente 
sapere 
se 
il 
ricorso sar� 
presentato e 
se, soprattutto, 
sar� dichiarato ammissibile. 
Di 
conseguenza, � 
possibile 
che 
i 
creditori, di 
fronte 
al 
rischio che 
la 
proposta 
venga 
dichiarata 
inammissibile 
e, 
quindi, 
di 
mancato 
riconoscimento 
della 
prededuzione, non accettino di 
prestare 
il 
loro servizio o la 
loro opera 
(forniture, nuova 
finanza, ecc.), mettendo in pericolo la 
continuit� 
aziendale 
e 
facendo cos� 
venire 
meno uno degli 
elementi 
fondanti 
per il 
concordato in 
bianco (12). 


Se 
alla 
domanda 
di 
concordato 
con 
riserva, 
non 
segue, 
nel 
termine 
fissato 
dal 
giudice, 
il 
deposito 
del 
piano, 
il 
tribunale 
dichiara 
inammissibile 
il 
ricorso 
con la conseguenza che vengono meno gli effetti protettivi. 

la 
procedura 
concordataria 
in 
bianco 
pu� 
avere 
come 
esito 
l�integrazione 
della 
domanda 
per accedere 
al 
concordato, proposta 
sulla 
base 
di 
piano liquidatorio 
o in continuit� 
aziendale 
ovvero il 
deposito di 
un accordo di 
ristrutturazione 
(art. 182 
bis) o, nella peggiore delle ipotesi, il fallimento. 


nell�ottica 
di 
un 
moderno 
sistema 
che 
tenta 
di 
privilegiare 
il 
pi� 
possibile 
la 
salvaguardia 
del 
residuo valore 
produttivo dell�impresa, tutelando, al 
contempo, 
le 
ragioni 
dei 
creditori 
(il 
difficile 
bilanciamento 
tra 
la 
salvaguardia 
del 
valore 
dell�impresa 
in crisi 
e 
la 
tutela 
del 
ceto creditorio), di 
particolare 
importanza 
� 
la 
funzione 
del 
concordato in bianco quale 
strumento �prenotativo� 
di 
un futuro concordato in continuit� 
aziendale, che 
consentir� 
all�imprenditore 
di 
continuare 
egli 
stesso 
o 
a 
soggetti 
terzi 
l�attivit� 
di 
impresa 
oggetto del temporaneo dissesto. 


In 
un 
paese 
come 
l�Italia, 
dove 
cՏ 
prevalenza 
di 
imprese 
medie 
e 
piccole 
non dotate 
di 
una 
struttura 
manageriale, la 
nuova 
disciplina 
per cui 
l�impresa 
in 
crisi 
pu� 
mantenere 
la 
continuit� 
aziendale 
mentre 
elabora, 
sotto 
il 
controllo 


(12) F. lAmAnnA, La legge 
fallimentare 
dopo il 
�Decreto sviluppo�, in Il 
Civilista, collana 
officina 
del 
Diritto, milano, 2012, 42. G.B. nArDeCCHIA, Verifiche 
e 
poteri 
di 
sindacato del 
tribunale 
in 
caso di 
preaccordo e 
di 
pre-concordato, relazione 
al 
convegno �Crisi 
di 
impresa 
e 
ristrutturazione 
del 
debito nel D.l. Sviluppo�, milano, 11-12 dicembre. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


bunale 
il 
potere 
di 
compiere 
una 
valutazione 
�in 
relazione 
alle 
peculiarit� 
del 
caso 
concreto, 
(del) 
rapporto 
di 
priorit� 
tra 
le 
procedure 
previo 
l�indefettibile 
apprezzamento 
circa 
l�intento 
sottostante 
la 
soluzione 
pattizia 
che 
deve 
essere 
esclusa laddove, esprimendo un proposito meramente 
dilatorio, manifesti 
un 
abuso del 
diritto del 
debitore, anche 
alla luce 
dell�affrancamento di 
quest�ultimo 
del requisito della meritevolezza� 
(14). 


Gli 
stessi 
rischi 
non 
si 
presentano, 
invece, 
solo 
nel 
caso 
di 
concordato 
con continuit� 
aziendale 
che, obbligando alla 
presentazione 
di 
un piano di 
risanamento 
aziendale 
fin 
dall�origine, 
viene 
richiesto 
dall�imprenditore 
al 
solo 
scopo 
di 
procedere 
al 
salvataggio 
dell�attivit� 
di 
impresa 
ed 
evitare 
il 
fallimento. 


l�abuso 
del 
diritto, 
come 
definito 
nella 
giurisprudenza 
dalla 
Suprema 
Corte, 
trova, 
quindi, 
applicazione 
per 
tutte 
le 
altre 
tipologie 
di 
concordato, 
compreso quello con riserva. l�abuso �, dunque, ravvisabile 
nel 
concordato 
in bianco quando gli 
strumenti 
predisposti 
dal 
legislatore 
vengono utilizzati 
in maniera 
distorsiva, cos� 
da 
arrecare 
danno ai 
creditori 
e 
con il 
solo intento 
di 
prolungare 
indebitamente 
la 
durata 
del 
procedimento e 
gli 
effetti 
protettivi 
connessi. 

Sul 
punto 
la 
giurisprudenza 
di 
merito 
si 
� 
espressa 
richiamando 
il 
concetto 
di 
abuso da 
intendersi 
come 
un uso improprio della 
domanda 
di 
concordato 
con riserva 
(15) (nel 
caso di 
specie, il 
tribunale 
rilevava 
un caso di 
abuso del 
diritto quando il 
debitore, anzich� 
modificare 
la 
domanda 
dopo che 
era 
stata 
gi� 
presentata 
una 
domanda 
di 
concordato 
preventivo 
dichiarata 
inammissibile, 
vi 
aveva 
del 
tutto 
rinunciato, 
e, 
successivamente, 
ne 
aveva 
presentata 
una 
nuova 
(calcolando attentamente 
i 
tempi 
necessari 
per la 
continuazione 
senza 
soluzione 
di 
continuit� 
degli 
effetti 
protettivi). Il 
debitore, cos� 
evitando le 
integrazioni 
richieste 
dal 
tribunale 
in merito ai 
motivi 
che 
avevano portato al-
l�inammissibilit� 
della 
prima 
domanda, 
proponendo 
la 
domanda 
nuova 
si 
sarebbe 
indebitamente 
garantito la 
protezione 
offerta 
dalla 
seconda, con conseguente 
pregiudizio dei 
creditori 
sociali 
e 
con un evidente 
utilizzo abusivo 
delle procedure). 


Il 
problema 
che, per�, maggiormente 
si 
cela 
dietro la 
particolare 
figura 
del 
concordato �in bianco� 
o con �riserva� 
� 
quello legato alla 
possibilit� 
per 
l�impresa, 
che 
ha 
presentato 
la 
domanda 
per 
accedere 
a 
questa 
procedura 
concordataria, 
di partecipare alle gare di appalto pubbliche (16). 


(14) Cass. n. 18190/2012; cfr. anche Cass. S.u. n. 1521/2013. 
(15) trib. milano 4 ottobre 2012, in Il Fallimentarista it. 
(16) G. VIottI, La prosecuzione 
dei 
contratti 
di 
appalto pubblico da parte 
dell�impresa in concordato 
preventivo, 
in Fallimento, 2019, 1, 5 ss. Sulla 
nuova 
disciplina 
di 
cui 
al 
Codice 
della 
crisi 
del-
l�impresa 
(d.lgs. 
n. 
14 
del 
2019) 
cfr. 
r. 
rorDorF, 
Prime 
osservazioni 
sul 
codice 
della 
crisi 
e 
dell�insolvenza 
in Contratti, 2019, 2, 129 ss.; 
G. lo 
CASCIo, Il 
Codice 
della crisi 
d�impresa e 
dell�insolvenza: 
considerazioni a prima lettura 
in Fallimento, 2019, 3, 263 ss. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


5. Concordato in bianco e gare di appalto, come comportarsi? 
Il 
dubbio sorge 
dalla 
lettura 
della 
disposizione 
contenuta 
nell�art. 38, 
comma 
1, 
lett. 
a) 
d.lgs. 
n. 
163 
del 
2006, 
secondo 
il 
quale 
sono 
esclusi 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
affidamento 
delle 
concessioni 
e 
degli 
appalti 
di 
lavori, 
forniture 
e 
servizi, 
n� 
possono 
essere 
affidatari 
di 
subappalti, 
e 
non 
possono 
stipulare 
relativi 
contratti, 
gli 
operatori 
economici 
�che 
si 
trovano 
in 
stato 
di 
fallimento, 
di 
liquidazione 
coatta, 
di 
concordato 
preventivo, 
salvo 
il 
caso 
di 
cui 
all�articolo 
186-bis 
del 
regio 
decreto 
16 
marzo 
1942, 
n. 
267, 
o 
nei 
cui 
riguardi 
sia 
in 
corso 
un 
procedimento 
per 
la 
dichiarazione 
di 
una 
di 
tali 
situazioni�. 


Per 
tentare 
di 
risolvere 
il 
quesito 
circa 
la 
possibile 
partecipazione 
o 
meno 
alle 
gare 
di 
appalto da 
parte 
di 
dette 
imprese, occorre 
affrontare 
il 
problema 
degli 
effetti 
della 
presentazione 
di 
un�istanza 
di 
concordato 
�con 
riserva� 
o 
�in bianco� 
(circostanza 
ritenuta 
idonea 
a 
determinare 
la 
pendenza 
del 
�procedimento 
concorsuale�) ai fini della partecipazione alle suddette gare. 

Va 
preliminarmente 
detto 
che 
nessun 
dubbio 
sussiste 
sul 
punto 
quando 
venga presentata domanda di ammissione agli altri due tipi di concordato. 


In caso di 
concordato ordinario, essendo lo stesso finalizzato alla 
liquidazione 
dell�impresa, viene 
pacificamente 
meno il 
requisito di 
cui 
all�art. 38, 
comma 
1, lett. a) del 
codice 
dei 
contratti; 
l�impresa, infatti, perde 
la 
qualificazione 
necessaria 
per la 
partecipazione 
alle 
gare 
d�appalto, in quanto non presenta 
pi� caratteristiche 
di 
affidabilit� 
economica 
tali 
da 
consentire 
rapporti 
contrattuali con le pubbliche amministrazioni. 


Si 
ha, 
invece, 
soluzione 
opposta 
in 
caso 
di 
domanda 
di 
ammissione 
al 
concordato 
con 
continuit� 
aziendale 
di 
cui 
all�art. 
186-bis 
della 
legge 
fallimentare; 
in tal 
caso, per espressa 
previsione 
del 
gi� 
citato art. 38, comma 
1, 
lett. a), l�impresa 
che 
sia 
stata 
ammessa 
a 
tale 
tipo di 
procedura 
concorsuale, 
finalizzata, 
come 
detto, 
a 
far 
tornare 
in 
bonis 
la 
stessa, 
pu� 
partecipare 
alle 
gare, alle condizioni previste dall�art. 186-bis 
stesso. 


Pi� problematica 
� 
la 
questione 
in ipotesi 
di 
domanda 
di 
ammissione 
al 
concordato in bianco, posto che, in tal 
caso, fino alla 
presentazione 
del 
piano, 
non � 
possibile 
sapere 
a 
quale 
tipo di 
concordato l�imprenditore 
chiede 
di 
essere 
ammesso (in continuit� aziendale o liquidatorio). 


5.1. La Giurisprudenza del 
Consiglio di 
Stato e 
le 
Determinazioni 
dell�autorit� 
Nazionale 
anti Corruzione. 
In 
epoca 
anteriore 
alle 
novit� 
introdotte 
dall�art. 
33 
del 
d.l. 
22 
giugno 
2012, n. 83 convertito con legge 
di 
modificazione 
del 
7 agosto 2012, n. 134, 
che 
ha 
novellato la 
legge 
fallimentare 
introducendo l�art. 186 bis 
ed ha 
modificato 
l�art. 
38, 
comma 
1, 
lett. 
a) 
del 
d. 
lgs. 
n. 
163/2006, 
inserendo 
un 
espresso 
rinvio alla 
previsione 
dell�art. 186 bis 
della 
l.fall., da 
intendersi 
come 
un�eccezione 
alla 
regola 
dell�esclusione 
dalle 
procedure 
di 
gara 
e 
dalla 
conseguente 
possibilit� 
di 
stipula 
del 
contratto, 
il 
Consiglio 
di 
Stato, 
con 
la 
sentenza 
n. 



rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


2155/2010 (17), aveva 
ritenuto che 
l�apertura 
delle 
procedure 
concordatarie 
costituirebbe 
di 
per s� 
una 
condotta 
�che 
ben pu� ritenersi 
confessoria della 
consapevolezza 
del 
proprio 
stato 
di 
dissesto�. 
l�Adunanza 
Plenaria 
sosteneva, 
infatti, 
che 
la 
domanda 
dell�imprenditore 
in 
stato 
di 
dissesto 
di 
�congelare� 
temporaneamente 
le 
istanze 
fallimentari 
avanzate 
dai 
creditori 
al 
fine 
di 
rinviare 
all�esito di 
una 
rinegoziazione 
con la 
massa 
dei 
creditori 
la 
scelta 
tra 
la 
presentazione 
di 
un piano di 
concordato ex 
articolo 161 l. fall. ovvero di 
un 
accordo di 
ristrutturazione 
aziendale 
ex 
articolo 182-bis 
l. fall., avrebbe 
ex 
se 
determinato un�incapacit� 
a 
contrattare 
con la 
Pubblica 
Amministrazione 
per 
la 
pendenza 
del 
procedimento finalizzato alla 
declaratoria 
di 
fallimento, di 
liquidazione 
coatta o di concordato preventivo. 

Il 
Consiglio 
di 
Stato, 
riteneva, 
inoltre, 
con 
riferimento 
al 
problema 
di 
quando possa 
dirsi 
�in corso� 
una 
procedura 
concorsuale, che 
non fosse 
sufficiente 
una 
mera 
istanza 
creditoria 
(la 
quale 
potrebbe 
essere 
proposta 
strumentalmente 
o 
comunque 
infondatamente), 
occorrendo 
almeno 
una 
pronuncia 
del 
giudice 
che 
accerti 
lo stato di 
insolvenza 
dell�impresa 
in modo oggettivo. 
tuttavia 
affermava 
che, nell�ipotesi 
di 
concordato preventivo, le 
evidenziate 
preoccupazioni 
potevano 
dirsi 
superate, 
essendo 
lo 
stesso 
imprenditore 
a 
chiedere 
l�ammissione 
alla 
procedura 
concorsuale, 
dimostrando 
di 
avere 
consapevolezza 
del proprio stato di dissesto. 


Il 
principio affermato dall�Adunanza 
Plenaria 
del 
Consiglio di 
Stato, con 
la 
menzionata 
sentenza 
del 
2010, era 
stato tuttavia 
reso con riferimento al 
c.d. 
concordato liquidatorio, dunque 
prima 
che 
il 
d.l. 83/2012 introducesse 
la 
fattispecie 
del concordato con continuit� aziendale con l�art. 186 bis 
l. fall. 


In seguito a 
tale 
novella, in giurisprudenza 
si 
discuteva 
se 
la 
deroga 
prevista 
dall�art. 
186 
bis 
alla 
regola 
della 
esclusione 
per 
le 
imprese 
in 
stato 
di 
fallimento 
fosse 
ammissibile 
solo in caso di 
formale 
ammissione 
al 
concordato 
con 
continuit� 
aziendale 
(18) 
o 
se, 
a 
tale 
fine, 
fosse 
sufficiente 
il 
deposito 
della 
mera istanza di ammissione (19). 

A 
risolvere 
il 
contrasto era 
intervenuto il 
legislatore 
con l�art. 13, comma 
11 
bis 
del 
d.l. 
23 
dicembre 
2013, 
n. 
145 
convertito 
dalla 
legge 
21 
febbraio 
2014, n. 9, che, inserendo il 
comma 
4 all�art. 186 bis 
l. fall., a 
mente 
del 
quale 


(17) Consiglio di 
Stato, sentenza 
n. 2155/2010, pubblicata 
in Foro it., 2010, III, 374 con nota 
di 
trAVI. 
(18) In questo senso v. Consiglio di 
Stato, sez. III, 14 gennaio 2014, n. 101, in Urbanistica e 
appalti, 
2014, p. 417 e ss. con nota di CIPPItAnI. 
(19) In questo senso v. Consiglio di 
Stato, sez. V, 27 dicembre 
2013, n. 6272, in Urbanistica e 
appalti, 2014, pp. 417 e 
ss. con nota 
di 
CIPPItAnI; 
cfr. Consiglio di 
Stato, sez. V, 22 dicembre 
2014, n. 
6303 
e 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
IV, 
con 
sentenze 
3 
luglio 
2014, 
n. 
3344 
e 
5 
marzo 
2015, 
n. 
1091; 
in 
senso 
contrario 
nella 
giurisprudenza 
di 
primo 
grado 
si 
sono 
espressi 
t.A.r 
del 
lazio 
-roma, 
sez. 
I, 
19 
giugno 
2014, n. 6537; 
sez. III ter, 4 giugno 2014, n. 5901; 
sez. II ter 
11 maggio 2015, n. 6781; 
t.A.r del 
Piemonte, 
sez. I, 18 marzo 2014, n. 463; 
t.A.r della 
toscana, sez. I, 16 giugno 2014, n. 1052, tutte 
in Foro 
it. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


�Successivamente 
al 
deposito 
del 
ricorso, 
la 
partecipazione 
a 
procedure 
di 
affidamento 
di 
contratti 
pubblici 
deve 
essere 
autorizzata 
dal 
tribunale, 
acquisito 
il 
parere 
del 
commissario 
giudiziale, 
se 
nominato; 
in 
mancanza 
di 
tale 
nomina, provvede 
il 
tribunale�, aveva 
riconosciuto espressamente 
che 
il 
solo 
deposito 
dell�istanza 
di 
ammissione 
� 
sufficiente 
a 
far 
operare 
la 
deroga 
purch� 
accompagnata dalla autorizzazione del 
tribunale (20). 

Come 
anticipato, analoghe 
divergenze 
si 
sono riscontrate 
relativamente 
agli 
effetti 
della 
domanda 
di 
concordato preventivo ex 
art. 161, comma 
6, l. 
fall. 
(c.d. 
concordato 
�in 
bianco� 
o 
�con 
riserva�) 
sulla 
disciplina 
degli 
appalti 
pubblici, 
con 
particolare 
riferimento 
alla 
partecipazione 
alle 
gare 
pubbliche 
stante 
la 
previsione 
dell�art. 
38, 
comma 
1, 
lettera 
a) 
del 
d.lgs. 
n. 
163/2006 
(21). 


I giudici 
di 
Palazzo Spada 
con la 
sentenza 
n. 6311/2014, in tema 
di 
raggruppamento 
temporaneo di 
imprese 
e, in particolare, sulla 
possibile 
modificazione 
del 
rapporto 
tra 
le 
imprese 
del 
gruppo 
ex 
art. 
37, 
comma 
9, 
d.lgs. 
163/2006, affermavano che 
�ai 
sensi 
dell�art. 37, comma 9, d.lgs., 12 aprile 
2006 n. 163, nel 
caso in cui 
la mandante 
di 
un costituendo raggruppamento 
temporaneo di 
imprese, risultato aggiudicatario di 
un appalto pubblico, dichiara 
di 
non 
potere 
fare 
definitivamente 
parte 
dello 
stesso 
per 
aver 
presentato 
istanza di 
ammissione 
a procedura di 
concordato preventivo, � 
illegittimo il 
provvedimento con il 
quale 
la stazione 
appaltante, aderendo all�istanza della 
mandataria, le 
assegna l�appalto come 
concorrente 
in proprio, trattandosi 
di 
un non consentito mutamento soggettivo, sia pure 
per 
riduzione 
della originaria 
composizione 
del 
raggruppamento, che 
deve 
intendersi 
consentito solo 
nel 
caso 
di 
ammissione 
a 
procedura 
di 
concordato 
preventivo 
�con 
continuit� 
aziendale�, 
situazione 
questa 
contrastante 
con 
il 
divieto 
di 
variazioni 
di 
composizione 
del 
raggruppamento temporaneo nel 
caso sia di 
aumento che 
di 
riduzione 
dei suoi originari componenti�. 


Dal 
suddetto 
arresto 
giurisprudenziale 
si 
desumeva 
una 
interpretazione 
di 
tipo letterale 
dell�art. 38, comma 
1, lett. a) d.lgs. n. 163 del 
2006, volta 
a 
limitare 
esclusivamente 
alla 
azienda 
in 
stato 
di 
concordato 
con 
continuit� 
azien


(20) Sul 
concordato con continuit� 
aziendale 
quale 
causa 
di 
esclusione 
dalle 
procedure 
di 
gara 
e 
sulle 
vicende 
patologiche 
afferenti 
alle 
imprese 
mandanti 
e 
mandatarie 
delle 
associazioni 
temporanee, 
si 
vedano in dottrina: 
r. De 
nICtolIS, I nuovi 
appalti 
pubblici, Bologna, 2017, pagg. 749 e 
ss. e 
pagg. 
848 
e 
ss.; 
in 
particolare, 
sui 
rapporti 
fra 
concordato 
preventivo 
in 
continuit� 
e 
partecipazione 
a 
gare 
d�appalto, cfr. r. CIPPItAnI, Concordato con continuit� aziendale 
e 
partecipazione 
agli 
appalti 
pubblici 
-Il 
commento, in Urbanistica e 
appalti, 2014, pagg. 417 e 
ss.; 
m. PAllADIno, I contratti 
pubblici 
nel 
concordato 
con 
continuit� 
aziendale, 
in 
Giur. 
it., 
2014, 
pagg. 
12 
e 
ss.; 
l. 
D�orAzIo, 
Continuit� 
aziendale 
e gare per l'affidamento dei contratti pubblici, in Fallimento, 2017, pagg. 749 e ss. 
(21) In giurisprudenza 
si 
rinvengono sia 
pronunce 
nel 
senso della 
incompatibilit� 
del 
concordato 
in bianco con la 
partecipazione 
alle 
gare 
pubbliche 
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 16 agosto 2016, n. 3639) 
sia 
pronunce 
in senso favorevole 
alla 
ammissione 
alle 
gare 
(cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 
2014, 
n. 6306; 
id. 
27 dicembre 
2013, n. 6272; 
Cons. Stato, sez. IV, 3 febbraio 2016, n. 426; 
id. 3 luglio 2014, 
n. 3344; Cons. Stato, sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519). 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


dale 
la 
possibilit� 
di 
continuare 
a 
contrattare 
con 
la 
Pubblica 
Amministrazione 
e 
di 
agire, quindi, come 
un�impresa 
che 
non versa 
in stato di 
dissesto. l�apertura 
di 
ogni 
altro tipo di 
procedura 
concordataria 
era, invece, da 
ritenersi 
condizione 
ostativa 
alla 
contrattazione 
pubblica 
perch� 
non 
espressamente 
richiamata dal suddetto art. 38. 


In 
tale 
contesto 
si 
inseriva 
la 
Determinazione 
n. 
3 
del 
23 
aprile 
2014 
dell�Autorit� 
nazionale 
Anti 
Corruzione 
(AnAC), 
con 
la 
quale 
erano 
stati 
dettati 
alcuni 
�Criteri 
interpretativi 
in 
ordine 
alle 
disposizioni 
contenute 
nell�art. 
38, comma 1, lettera a) del 
D.lgs. n. 163/2006 afferenti 
alle 
procedure 
di 
concordato 
preventivo a seguito dell�entrata in vigore 
dell�articolo 186-bis 
della 
legge 
fallimentare 
(concordato 
con 
continuit� 
aziendale)�. 
mediante 
tale 
Determinazione, 
anche 
l�AnAC sosteneva 
un�interpretazione 
letterale 
della 
disposizione 
del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
escludendo 
che 
potesse 
essere 
ricompresa 
nell�eccezione 
di 
partecipazione 
alle 
gare 
riservata 
al 
concordato 
con continuit� aziendale anche la figura del concordato in bianco (22). 


Successivamente, con la 
Determinazione 
n. 5 dell�8 aprile 
2015, l�Autorit� 
interveniva 
nuovamente 
sulla 
delicata 
materia 
del 
concordato con riserva, 
giungendo per� ad una 
conclusione 
opposta 
rispetto alla 
Determinazione 
del 
2014. 

Partendo dalla 
circostanza 
di 
fatto secondo cui, nella 
maggior parte 
dei 
casi, le 
domande 
di 
ammissione 
al 
concordato preventivo �in bianco� 
sono 
finalizzate 
all�ammissione 
di 
un 
concordato 
preventivo 
�con 
continuit� 
aziendale, 
l�Autorit� 
riteneva 
possibile 
un�interpretazione 
della 
normativa 
di 
riferimento 
tale 
da 
rendere 
pi� 
agevole 
il 
recupero 
della 
situazione 
di 
crisi 
da 
parte 
delle 
imprese, consentendo l�utilizzo dell�istituto del 
concordato preventivo 
con 
�continuit� 
aziendale� 
anche 
nel 
caso 
di 
presentazione 
di 
ricorso 
�in 
bianco�. 
la 
condizione 
per 
tale 
tipo 
di 
interpretazione 
deve 
rinvenirsi 
nei 
chiari 
ed inconfutabili 
effetti 
�prenotativi� 
dell�istanza 
di 
concordato con continuit� 
aziendale. 


In particolare, l�AnAC si 
soffermava 
sulla 
possibilit� 
di 
una 
lettura 
sistematica 
degli 
artt. 
38, 
comma 
1, 
lettera 
a) 
della 
legge 
163/2006 
e 
186 
bis 
del 


r.D. 267/1942, ritenendo che 
la 
previsione 
dello stesso art. 38, facendo salva 
l�ipotesi 
di 
cui 
all�art. 
186-bis 
della 
l. 
fall. 
(�concordato 
con 
continuit��), 
considererebbe 
ostativi 
alla 
partecipazione 
alla 
gara 
nonch� 
alla 
conservazione 
dell�efficacia 
dell�attestato 
di 
qualificazione, 
la 
pendenza 
del 
procedimento 
per l�ammissione 
al 
concordato liquidatorio e 
non anche 
la 
pendenza 
del 
procedimento 
di 
ammissione 
al 
concordato con riserva. Conseguentemente, l�ec(
22) nello stesso senso t.A.r. per la 
Campania 
- napoli, sez. I, 29 aprile 
2015, n. 2428, il 
quale 
aveva 
negato che 
il 
concordato in bianco potesse 
legittimare 
la 
partecipazione 
alla 
gara 
di 
appalto in 
quanto per definizione 
privo del 
�piano di 
continuit� 
aziendale� 
richiesto invece 
per l�ammissione 
al 
concordato ex 
art. 186 bis 
l. fall. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


cezione 
riservata 
da 
detta 
norma 
al 
concordato con continuit� 
aziendale 
dovrebbe 
essere 
interpretata 
estensivamente, poich� 
non si 
potr� 
ritenere, sulla 
base 
di 
una 
interpretazione 
sistematica 
della 
disposizione, 
che 
la 
presentazione 
di 
una 
domanda 
di 
concordato preventivo �in bianco� 
con effetti 
prenotativi 
del 
concordato preventivo �con continuit� aziendale� 
comporti 
di 
per s� 
la 
pendenza del procedimento per l�ammissione al concordato liquidatorio. 

l�Autorit� 
affermava, 
inoltre, 
che 
l�art. 
186-bis, 
comma 
4 
del 
r.D. 
267/1942, laddove 
consente 
la 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
gara 
delle 
imprese 
in 
concordato 
preventivo 
con 
continuit� 
aziendale, 
fa 
espresso 
riferimento 
ad un parere 
del 
commissario giudiziale, se 
nominato. la 
circostanza 
che 
in questo caso la 
nomina 
del 
commissario giudiziale 
avrebbe 
luogo anticipatamente 
(mentre 
nel 
concordato preventivo ordinario la 
nomina 
avviene 
con il 
decreto di 
ammissione 
ex 
art. 163, commi 
2 e 
3 del 
r.D. 267/1942) determinerebbe, 
secondo 
l�Autorit�, 
che 
ai 
fini 
dell�ammissione 
alla 
gara, 
in 
caso 
di 
concordato �in bianco�, dovrebbe 
essere 
sufficiente 
la 
mera 
presentazione 
della 
domanda, 
con 
riserva 
di 
produrre 
successivamente 
gli 
ulteriori 
documenti. 
Ci� non va 
ad escludere 
che, in ogni 
caso, il 
giudice 
dovr� 
comunque 
valutare 
se 
autorizzare 
o meno la 
partecipazione 
alla 
gara, sulla 
base 
dell�effetto 
prenotativo della 
domanda 
in ordine 
alla 
futura 
presentazione 
del 
piano, 
ove ne sussistano le condizioni. 


Da 
tale 
interpretazione 
sistematica 
del 
dato 
normativo 
conseguiva, 
secondo 
l�AnAC, 
che 
la 
presentazione 
di 
una 
domanda 
di 
concordato 
preventivo 
in 
bianco 
non 
pu� 
ritenersi 
determinante 
di 
effetti 
preclusivi 
in 
ordine 
alla 
partecipazione 
alla 
gara 
d�appalto, 
n� 
causa 
di 
automatica 
decadenza 
dell�attestazione 
di 
qualificazione 
o della 
risoluzione 
di 
diritto dei 
contratti 
in corso, 
ove 
fossero riscontrabili 
chiari 
ed inconfutabili 
effetti 
�prenotativi� 
del 
concordato 
preventivo �con continuit� aziendale� 
(23). 


la 
suddetta 
Determinazione 
ha 
preparato il 
terreno ad una 
serie 
di 
pronunce 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
volte 
anch�esse 
a 
favorire 
una 
interpretazione 
estensiva 
dell�art. 38 in riferimento al 
concordato in bianco �ad effetti 
prenotativi� 
e, dunque, ad ammettere 
la 
partecipazione 
alle 
gare 
di 
appalto dell�impresa 
che, domandando l�ammissione 
al 
concordato con riserva, dimostra 
in 
modo chiaro ed inconfutabile 
di 
essere 
intenzionata 
a 
predisporre 
un piano di 
risanamento per l�azienda. 

In 
particolare, 
guardando 
alla 
giurisprudenza 
pi� 
recente, 
l�Adunanza 
Plenaria, 
con 
la 
sentenza 
n. 
1772/2018, 
ha 
affermato 
che: 
�Quanto 
poi 
agli 
effetti 
della 
domanda 
di 
concordato 
preventivo 
ex 
art. 
161, 
comma 
6, 
l. 
fall. 
(c.d. 
concordato �in bianco� 
o �con riversa�) sulla partecipazione 
alle 
gare 
pubbliche, 
� 
stato 
affermato 
che 
il 
principio 
secondo 
il 
quale, 
nelle 
more 
tra 
il 
deposito della domanda e 
l�ammissione 
al 
concordato preventivo con conti


(23) Determinazione 
AnAC 8/04/2015, n. 5. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


nuit� aziendale, l�impresa conserva la facolt� di 
partecipare 
alle 
gare 
di 
affidamento 
dei 
pubblici 
contratti, 
vale 
anche 
nell�ipotesi 
in 
cui 
l�impresa 
abbia 
inizialmente 
proposto una domanda di 
ammissione 
�in bianco�, con riserva 
di 
presentare, nel 
termine 
complessivo massimo, fissato dal 
giudice, di 
centottanta 
giorni 
decorrenti 
dal 
deposito 
della 
domanda 
(e, 
cio�, 
centoventi 
giorni, ai 
quali 
si 
aggiunge 
una eventuale 
proroga di 
sessanta giorni 
per 
giustificati 
motivi), la proposta, il 
piano e 
la documentazione 
di 
cui 
ai 
commi 
2 
e 3 dell�art. 186 bis, l. fall.� 
(24). 

tuttavia, 
con 
una 
ancor 
pi� 
recente 
pronuncia, 
il 
medesimo 
consesso 
giurisdizionale 
ha 
limitato 
simile 
estensiva 
interpretazione, 
affermando 
che: 
�Nella sostanza, in base 
alle 
ricordata disposizione, la deroga all�esclusione 
pu� 
operare: 
1) 
condizionatamente 
all�adempimento 
degli 
obblighi 
documentali 
di 
cui 
al 
ricordato 
quinto 
comma 
dell�art. 
186-bis, 
cio� 
condizionatamente 
alla 
tempestiva 
presentazione 
della 
relazione 
del 
professionista 
ed 
alla 
dichiarazione 
di 
avvalimento 
di 
idonea 
impresa 
ausiliaria; 
2) 
subordinatamente 
alla 
specifica espressa autorizzazione 
dal 
tribunale, previo il 
parere 
del 
commissario 
giudiziale, 
se 
nominato 
ai 
sensi 
del 
ricordato 
quarto 
comma 
dell�art. 
186-bis, che 
dovrebbe 
intervenire 
comunque 
prima dell�aggiudicazione 
definitiva 
(cfr. Cons. Stato, sez. III, 14 gennaio 2014, n. 101; Cons. Stato, Sez. V, 
27 dicembre 
2013, n. 6272; Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2014, n. 3344); 3) 
sempre che l�impresa non sia la mandataria del rTI� 
(25). 


Con questa 
pronuncia 
i 
giudici 
di 
Palazzo Spada 
sembrano voler delimitare 
in modo chiaro i 
confini 
entro i 
quali 
� 
effettivamente 
ammessa 
a 
partecipare 
alle 
gare 
di 
appalto 
l�impresa 
che, 
ricorrendo 
alla 
procedura 
concordataria, si 
riserva 
di 
presentare 
solo successivamente 
il 
piano di 
risanamento 
aziendale, imponendo a 
quest�ultima 
una 
serie 
di 
obblighi 
da 
rispettare 
in 
modo 
puntale. 
Il 
mancato 
rispetto 
dei 
suddetti 
obblighi 
comporter� 
per 
l�impresa 
la 
perdita 
della 
possibilit� 
di 
partecipare 
alla 
gara 
pubblica 
e, quindi, di 
beneficiare 
della 
deroga 
all�esclusione 
cos� 
come 
individuata 
mediante 
l�interpretazione 
estensiva dell�art. 38, comma 1, lett. a) del d.l. 163/2006. 


Sulla 
base 
delle 
considerazioni 
sino a 
qui 
formulate 
sarebbe, quindi, da 
considerare 
ormai 
consolidata 
la 
giurisprudenza 
del 
Consiglio di 
Stato che, in 
coerenza 
con 
le 
finalit� 
della 
riforma 
della 
legge 
fallimentare 
fondate 
sulla 
volont� 
di 
salvare 
l�impresa 
dalla 
crisi 
economica, consentendo l�avvio di 
un 
procedimento 
di 
risanamento 
economico 
anche 
per 
mezzo 
della 
partecipazione 
alle 
gare 
pubbliche, esclude, nei 
limiti 
poc�anzi 
ricordati, che 
la 
pendenza 
di 
una 
procedura 
di 
concordato 
in 
continuit� 
aziendale, 
ex 
art. 
161, 
comma 
6, 


(24) 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
III, 
sent. 
n. 
1772/2018; 
cfr. 
anche 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
V, 
n. 
4300/2017; 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
III, 
n. 
5519/2015; 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
IV, 
n. 
109/2015; 
tAr 
lazio, sez. I, n. 3421/2016. 
(25) Consiglio di Stato, sez. III, sent. n. 5966 del 18/10/2018. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


della 
l. 
fall., 
costituisca 
motivo 
di 
esclusione 
dalle 
gare 
per 
perdita 
dei 
requisiti 
di carattere generale 
ex 
art. 38 D.lgs. n. 163/2006. 


6. La parola della Corte di Giustizia UE sull�esclusione dalle gare. 
recentemente 
sul 
tema 
in esame 
� 
intervenuta 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
del-
l�unione 
europea 
che, chiamata 
a 
pronunciarsi 
in sede 
di 
rinvio pregiudiziale 
da 
Consiglio di 
Stato, sez. V, ordinanza 
del 
2 febbraio 2018, n. 686 (26), ha 
chiarito 
come 
non 
sia 
in 
contrasto 
con 
il 
diritto 
europeo 
la 
normativa 
nazionale 
che 
prevede 
l�esclusione 
da 
una 
procedura 
di 
gara 
per 
l�affidamento 
di 
un 
contratto 
pubblico 
dell�operatore 
che 
abbia 
presentato 
domanda 
di 
ammissione 
al 
concordato 
preventivo 
ai 
sensi 
dell�art. 
161, 
comma 
6, 
della 
legge 
fallimentare 


(r.D. 16 marzo 1942, n. 267), cio� 
riservandosi 
la 
presentazione 
di 
un piano 
che 
preveda 
la 
prosecuzione 
o meno dell�attivit� 
dell�impresa 
(c.d. domanda 
di concordato �in bianco�) (27). 
la 
Corte 
di 
giustizia 
ue, con sentenza 
del 
28/03/2019, causa 
C101/18, 
si 
� 
pronunciata 
sulla 
compatibilit� 
con le 
norme 
europee 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
all�art. 38, comma 
1, lett. a) (oggi 
contenute 
nell�art. 80, comma 
5, lett. 
b) del 
d.lgs. 50/2016) secondo le 
quali 
sono esclusi 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
appalto i 
soggetti 
che 
si 
trovano in stato di 
fallimento, di 
liquidazione 
coatta, di 
concordato preventivo, salvo il 
caso di 
concordato preventivo 
con continuit� 
aziendale, o nei 
cui 
riguardi 
sia 
in corso un procedimento 
per la dichiarazione di una di tali situazioni. 


nel 
caso di 
specie, si 
trattava 
dell�esclusione 
dalla 
gara 
per l�aggiudicazione 
di 
un appalto pubblico di 
servizi 
di 
un concorrente 
che 
aveva 
presentato 
una 
richiesta 
di 
concordato 
preventivo 
riservandosi, 
ai 
sensi 
dell�art. 
161, 
comma 
6, del 
r.D. 247/1942, di 
depositare 
successivamente 
un piano per la 
prosecuzione dell�attivit� (concordato preventivo in bianco) (28). 


(26) Consiglio di 
Stato, sez. V, ord. n. 686/2018, in Foro it., 2018, III, pagg. 121 e 
ss., con nota 
di 
trAVI. 
(27) Corte di giustizia ue, sentenza del 28/03/2019, causa C-101/18. 
(28) la 
fattispecie 
che 
ha 
portato alla 
pronuncia 
della 
Corte 
di 
giustizia, pu� essere 
cos� 
sintetizzata: 
l�Agenzia 
regionale 
campana 
difesa 
suolo (Arcadis), con bando del 
24 luglio 2013, aveva 
indetto 
una 
gara 
per 
l�aggiudicazione 
di 
un 
appalto 
pubblico 
di 
servizi 
vertente 
su 
direzione 
lavori, 
misurazione 
e 
contabilit� 
assistenza 
al 
collaudo, nonch� 
coordinamento in materia 
di 
sicurezza 
e 
di 
salute. la 
teI 
s.r.l. 
presentava, 
in 
quanto 
mandante 
di 
rtI, 
una 
domanda 
di 
partecipazione 
alla 
suddetta 
gara, 
ottenendo 
l�aggiudicazione 
provvisoria 
in data 
29 aprile 
2014. In data 
18 giugno 2014 la 
teI adiva 
il 
tribunale 
di 
milano con un ricorso diretto a 
ottenere 
l�ammissione 
al 
concordato preventivo, riservandosi, ai 
sensi 
dell�articolo 161, comma 
6, della 
legge 
fallimentare, di 
depositare 
successivamente 
un piano che 
prevedesse 
la 
prosecuzione 
dell�attivit� 
(concordato 
in 
bianco). 
l�ammissione 
al 
concordato 
preventivo 
con continuit� 
aziendale 
veniva 
pronunciata 
dal 
tribunale 
di 
milano solo con decreto in data 
5 febbraio 
2015, 
mentre 
l�autorizzazione 
a 
partecipare 
alla 
gara 
controversa 
� 
stata 
rilasciata 
dallo 
stesso 
tribunale 
il 
successivo 
19 
marzo 
2015; 
con 
decisione 
comunicata 
il 
9 
dicembre 
2014 
(data 
sotto 
la 
quale 
la 
societ� 
teI s.r.l., non solo non era 
ancora 
ammessa 
al 
concordato con continuit� 
ma 
era 
altres� 
priva 
dell�autorizzazione 
del 
tribunale 
a 
partecipare 
alla 
gara, imposta 
dall�art. 186 bis, quarto comma, l.F.) Arcadis 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Il 
Consiglio di 
Stato, con la 
citata 
ordinanza 
della 
Sezione 
Quinta 
n. 686 
del 2018, sottoponeva alla Corte di giustizia i seguenti quesiti: 


a) 
�se 
sia compatibile 
con l�art. 45, comma 2, lett. a) e 
b) della Direttiva 
2004/18/CE 
del 
31 
marzo 
2004, 
considerare 
�procedimento 
in 
corso� 
la 
mera 
istanza, 
presentata 
all�organo 
giudiziario 
competente, 
di 
concordato 
preventivo 
da parte del debitore�; 

b) 
�se 
sia compatibile 
con la predetta normativa, considerare 
la confessione 
del 
debitore 
di 
trovarsi 
in 
stato 
di 
insolvenza 
e 
di 
volere 
presentare 
istanza 
di 
�concordato 
preventivo 
in 
bianco� 
(le 
cui 
caratteristiche 
sono 
state 
sopra 
precisate) 
quale 
causa 
di 
esclusione 
dalla 
procedura 
d�appalto 
pubblico, 
interpretando cos� 
estensivamente 
il 
concetto di 
procedimento in corso 
sancito dalla normativa comunitaria (art. 45 Direttiva) e 
nazionale 
(art. 38 
d.lgs. n. 163-2006) citate�. 


Con le 
due 
questioni, che 
debbono essere 
esaminate 
congiuntamente, il 
giudice 
del 
rinvio 
chiede, 
in 
sostanza, 
se 
l�articolo 
45, 
paragrafo 
2, 
primo 
comma, lettera 
b), della 
direttiva 
2004/18 debba 
essere 
interpretato nel 
senso 
che 
esso non ammette 
una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale, che 
consente 
di 
estromettere 
da 
una 
procedura 
di 
aggiudicazione 
di 
appalto 
pubblico 
un�impresa 
che, 
al 
momento 
dell�esclusione, 
ha 
presentato un ricorso al 
fine 
di 
essere 
ammessa 
al 
concordato preventivo, riservandosi 
di 
presentare 
successivamente 
un 
piano 
di 
risanamento 
dell�attivit�. 
In particolare, al 
fine 
di 
garantire 
la 
solvibilit� 
della 
controparte 
contrattuale 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice, 
l�art. 
45, 
paragrafo 
2, 
primo 
comma, 
lettera 
b), della 
direttiva 
in questione 
consente 
che 
venga 
escluso dalla 
partecipazione 
a 
un appalto pubblico ogni 
operatore 
economico a 
carico del 
quale 
vi 
sia, nello specifico, un procedimento di 
concordato preventivo; 
l�art. 45, par. 
2, secondo comma, della 
suddetta 
direttiva, prevede 
poi 
che 
gli 
Stati 
membri 


escludeva 
il 
rtI 
dalla 
procedura 
di 
aggiudicazione 
dell�appalto 
pubblico, 
in 
applicazione 
della 
previsione 
dell�art. 38, comma 
1, d.lgs. n. 163 del 
2006. Il 
rtI escluso proponeva 
ricorso al 
tAr per la 
Campania 


-napoli, che 
lo respingeva 
con sentenza 
della 
I sez. n. 2428 del 
2015, evidenziando, tra 
l�altro, �che 
gli 
atti 
sopravvenuti 
[cio� 
sia l�ammissione 
al 
concordato con continuit� che 
l�autorizzazione 
alla partecipazione 
alla gara pubblica n.d.r.] 
non possano incidere 
sulla valutazione 
di 
legittimit� del 
provvedimento 
impugnato, non essendo rilevante, al 
fine 
dell�aggiudicazione 
di 
un appalto, l�acquisizione 
di 
un 
requisito di 
partecipazione 
alla procedura selettiva dopo che 
l�esclusione 
sia stata determinata, a ci� 
ostando le 
regole 
della par 
condicio proprie 
di 
ogni 
procedura selettiva�. Interposto appello avverso la 
suddetta 
sentenza, il 
Consiglio di 
Stato, con la 
citata 
ordinanza 
della 
Sezione 
Quinta 
n. 686 del 
2018 
sottoponeva 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
i 
seguenti 
quesititi 
: 
�a) se 
sia compatibile 
con l�art. 45, comma 2, 
lett. a) e 
b) della Direttiva 2004/18/ 
CE 
del 
31 marzo 2004, considerare 
�procedimento in corso� 
la 
mera istanza, presentata all�organo giudiziario competente, di 
concordato preventivo da parte 
del 
debitore�; 
b) �se 
sia compatibile 
con la predetta normativa, considerare 
la confessione 
del 
debitore 
di 
trovarsi 
in stato di 
insolvenza e 
di 
volere 
presentare 
istanza di 
concordato preventivo �in bianco� 
(le 
cui 
caratteristiche 
sono 
state 
sopra 
precisate) 
quale 
causa 
di 
esclusione 
dalla 
procedura 
d�appalto 
pubblico, 
interpretando 
cos� 
estensivamente 
il 
concetto 
di 
�procedimento 
in 
corso� 
sancito 
dalla 
normativa 
comunitaria (art. 45 Direttiva) e nazionale (art. 38 d.lgs. n. 163-2006) citate�. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


possano 
definire, 
in 
modo 
conforme 
al 
rispettivo 
diritto 
nazionale 
e 
nel 
rispetto 
del 
diritto dell�unione, le 
condizioni 
e 
le 
modalit� 
di 
attuazione 
di 
tale 
paragrafo. 


esaminando 
la 
questione 
oggetto 
del 
rinvio 
pregiudiziale, 
la 
Corte, 
in 
primo luogo, ha 
chiarito il 
concetto di 
�procedimento in corso�, affermando 
che 
il 
deposito 
del 
ricorso 
al 
fine 
di 
essere 
ammesso 
al 
concordato 
preventivo, 
producendo effetti 
giuridici 
sui 
diritti 
e 
sugli 
obblighi 
sia 
del 
ricorrente 
sia 
dei 
creditori, 
deve 
essere 
considerato 
come 
l�atto 
di 
avvio 
del 
procedimento 
di 
concordato preventivo. Conseguentemente, dovr� 
ritenersi 
che 
gi� 
dalla 
presentazione 
del 
ricorso sia 
in corso un procedimento di 
concordato preventivo 
a 
carico 
dell�operatore 
economico. 
tale 
conclusione 
�, 
altres�, 
giustificata 
dalla 
situazione 
economica 
e 
finanziaria 
del 
richiedente, 
poich�, 
nel 
momento 
in 
cui 
l�impresa 
presenta 
un siffatto ricorso, riconosce 
di 
trovarsi 
in uno stato di 
dissesto o comunque 
di 
difficolt� 
finanziaria, che 
potrebbe 
mettere 
in discussione 
la 
sua 
affidabilit� 
economica. 
non 
rileva 
a 
tal 
fine 
la 
circostanza 
che 
l�operatore 
economico, nel 
suo ricorso per ottenere 
il 
concordato preventivo, 
si 
riservi 
di 
presentare 
in un secondo momento un piano che 
prevede 
la 
prosecuzione 
della sua attivit�. 


I 
giudici 
europei 
hanno, 
quindi, 
riconosciuto 
la 
legittimit� 
del 
diverso 
trattamento previsto dalla 
normativa 
italiana 
tra 
le 
imprese 
che 
presentino fin 
da 
subito 
il 
piano 
di 
prosecuzione 
dell�attivit� 
(concordato 
con 
continuit� 
aziendale 
per il 
quale 
non � 
prevista 
l�esclusione 
dalla 
gara) e 
quelle 
che, invece, 
si 
riservino di 
presentarlo in un secondo momento (concordato preventivo 
in 
bianco). 
lo 
Stato 
membro 
interessato 
ha, 
infatti, 
il 
diritto 
di 
determinare 
le 
condizioni 
in cui 
si 
applichi 
o meno la 
causa 
di 
esclusione, come 
nel 
caso 
di concordato con continuit� (29). 

la 
Corte 
europea 
ha, inoltre, affermato che 
deve 
ritenersi 
altrettanto in 
linea 
con i 
principi 
del 
diritto dell�unione 
e, in particolare, con il 
principio di 
uguaglianza 
che 
governa 
la 
procedura 
di 
aggiudicazione 
di 
appalti 
pubblici, 
per la 
legislazione 
degli 
stati 
membri 
non ammettere 
la 
partecipazione 
ad una 
gara 
di 
appalto pubblico un operatore 
economico che 
ha 
presentato una 
domanda 
di 
concordato in bianco piuttosto che 
ammetterlo, giacch� 
egli, a 
differenza 
dell�operatore 
che 
ha 
gi� 
presentato 
istanza 
di 
concordato 
con 
un 
piano 
di 
risanamento aziendale, non si 
� 
ancora 
impegnato, alla 
data 
in cui 
la 
decisione 
di 
esclusione 
� 
adottata, alla 
prosecuzione 
dell�attivit� 
d�impresa 
(30). 


(29) 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
europea 
evidenzia 
come 
venga 
nella 
specie 
in 
considerazione 
una 
causa 
di 
esclusione 
facoltativa, rientrante 
nella 
previsione 
dell�art. 45, par. 2, della 
direttiva 
2004/18/Ce, cos� 
che 
anche 
l�individuazione 
del 
significato del 
disposto che 
esclude 
dalla 
gara 
l�operatore 
economico �a 
carico del 
quale 
sia in corso un procedimento (...) di 
concordato preventivo�, deve 
essere 
rimessa 
al 
diritto 
nazionale. 
(30) 
la 
massima 
elaborata 
dalla 
Corte 
� 
nel 
senso, 
gi� 
riferito, 
secondo 
cui 
il 
diritto 
europeo 
�non 
osta 
a 
una 
normativa 
nazionale, 
come 
quella 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale, 
che 
consente 
di 
escludere 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Il 
suddetto principio di 
uguaglianza 
deve 
essere, infatti, interpretato in senso 
sostanziale: 
parit� 
di 
trattamento in situazioni 
eguali; 
diversificazione, in presenza 
di situazioni non assimilabili. 


Pertanto, 
in 
presenza 
di 
presupposti 
oggettivamente 
differenziati, 
l�esclusione 
dei 
concorrenti 
che 
intendano accedere 
al 
concordato �in bianco� 
� 
pienamente 
ragionevole. 


la 
diversit� 
di 
tali 
presupposti, 
come 
evidenzia 
la 
stessa 
Corte, 
� 
integrata 
dal 
diverso grado di 
affidabilit� 
del 
contraente 
obiettivamente 
apprezzabile: 
la 
situazione 
di 
un 
operatore 
economico 
che 
-proponendo 
domanda 
�in 
bianco� 
- non s�impegna 
a 
proseguire 
la 
sua 
attivit� 
gi� 
alla 
data 
in cui 
la 
decisione 
di 
esclusione 
� 
adottata 
�non � 
paragonabile, con riguardo alla sua 
affidabilit� economica, alla situazione 
di 
un operatore 
economico che 
s�impegna 
a tale data a proseguire la propria attivit� economica�. 


7. Conclusioni. 
la 
pronuncia 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
sembra 
aprire 
nuove 
criticit� 
nella 
complessa 
applicazione 
della 
figura 
del 
concordato in bianco. Se, infatti, da 
un 
lato 
pare 
voler 
lasciare 
libere 
le 
normative 
nazionali 
nell�individuazione 
delle 
cause 
di 
esclusione 
delle 
imprese 
dalle 
gare 
di 
appalto 
pubblico, 
dall�altro 
afferma 
con 
decisione 
come, 
ammettere 
la 
partecipazione 
alle 
gare 
di 
imprese 
in stato di 
crisi 
senza 
che 
esse 
abbiano presentato fin da 
subito un piano di 
risanamento 
aziendale, 
possa 
dimostrarsi 
un 
comportamento 
discriminatorio 
nei 
confronti 
delle 
altre 
imprese 
che 
presentano 
un 
grado 
di 
affidabilit� 
economica 
pi� elevato. 


In 
conclusione, 
in 
vista 
della 
necessit� 
di 
giungere 
ad 
una 
interpretazione 
dell�art. 38, comma 
1, lett. a), d.l. 163/2006 conforme 
alla 
disciplina 
europea 
e, quindi, in linea 
con l�interpretazione 
della 
Corte 
ue, non possiamo ancora 
considerare 
definitivamente 
risolto il 
quesito circa 
la 
possibilit� 
per l�impresa 
in concordato in bianco di 
partecipare 
o meno alla 
contrattazione 
pubblica 
n�, 
di 
conseguenza, il 
dibattito circa 
l�ammissibilit� 
o meno di 
un�interpretazione 
estensiva, a 
favore 
dell�azienda 
che 
apre 
una 
procedura 
concordataria 
con riserva, 
della 
eccezione 
prevista 
dall�art. 
38, 
secondo 
cui 
l�azienda 
in 
concordato 
con continuit� aziendale � ammessa a partecipare alle gare di appalto. 

Sul 
punto � 
sicuramente 
auspicabile 
un intervento legislativo che 
definisca 
chiaramente 
i 
margini 
entro i 
quali 
si 
possa 
effettivamente 
leggere 
la 
disposizione 
di 
cui 
al 
suddetto 
art. 
38, 
cercando 
di 
recepire 
al 
meglio 
l�orientamento comunitario espresso sul tema dalla Corte. 


da una procedura di 
aggiudicazione 
di 
appalto pubblico un operatore 
economico che, alla data della 
decisione 
di 
esclusione, ha presentato un ricorso al 
fine 
di 
essere 
ammesso al 
concordato preventivo, 
riservandosi 
di 
presentare 
un piano che 
prevede 
la prosecuzione 
dell�attivit�� 
(C-101/18 pag. 13 della 
sentenza). 


leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Riduzione del numero dei parlamentari: riflessioni 


a caldo sul p.d.l. cost. 1585 
-B. un difficile equilibrio 

tra razionalizzazione e tutela della rappresentanza 


Luca Soldini* 


SommarIo: 1. Introduzione: un quesito risalente 
- 2. Breve 
storia dei 
�tentativi� 
di 
riforma 
- 3. L�iter 
ed il 
contenuto della riforma - 4.osservazioni 
e 
possibili 
prospettive 
future. 

1. Introduzione: un quesito risalente. 
marted� 
8 ottobre 
2019, con una 
- trasversale 
- maggioranza 
di 
553 voti 
favorevoli 
(1), la 
Camera 
dei 
deputati 
ha 
licenziato, in ultima 
lettura, la 
legge 
di 
revisione 
costituzionale 
1585 
-B, recante 
�modifiche 
agli 
articoli 
56, 57 e 
59 della Costituzione 
in materia di 
riduzione 
del 
numero dei 
parlamentari�. 
Il 
provvedimento, rappresentando uno dei 
punti 
programmatici 
del 
partito di 
maggioranza 
relativa, 
nonch� 
principale 
�azionista� 
della 
maggioranza 
di 
Governo, 
ed intervenendo su un aspetto viepi� centrale 
del 
nostro sistema 
istituzionale, 
merita qualche riflessione (2). 

Il 
tema 
della 
riduzione 
del 
numero dei 
parlamentari 
rappresenta, da 
qua-
rant�anni 
a 
questa 
parte, una 
delle 
questioni 
centrali 
del 
dibattito politico-istituzionale. 
A 
vario 
titolo, 
e 
con 
diversa 
intensit�, 
ogni 
progetto 
di 
revisione 
della 
II parte 
della 
Costituzione 
prevedeva 
- o paventava 
(3) - una 
riduzione 
pi� o meno drastica del numero di deputati e senatori. 

tale 
circostanza, assieme 
alla 
sostanziale 
rispondenza 
alle 
intenzioni 
del 
corpo elettorale 
e 
alla 
contiguit� 
del 
tema 
numerico con il 
concetto di 
rappresentanza, 
costituiscono 
tre 
�elementi 
di 
fatto 
che 
contribuiscono 
ad 
inquadrare 
il 
tema e 
che 
animano il 
confronto intorno a ci� che 
� 
avvenuto e 
sta avvenendo 
dei quali non pu� non tenersi conto� 
(4). 

� 
di 
tutta 
evidenza 
che 
gli 
elementi 
fattuali, 
per 
certi 
versi 
diacronici, 
che 
hanno accompagnato l�iter 
di 
questa 
riforma 
aiutano ad inquadrare 
una 
que


(*) Dottore 
in Giurisprudenza, ammesso alla 
pratica 
forense 
presso l�Avvocatura 
dello Stato (avv. marina 
russo). 


(1) XVIII legislatura 
- Discussioni 
- Seduta 
di 
marted� 
8 ottobre 
2019 - resoconto stenografico 
n. 234 (https://documenti.camera.it/leg18/resoconti/assemblea/html/sed0234/stenografico.pdf). 
(2) 
Sulla 
stessa 
opportunit� 
di 
procedere 
all�approvazione 
di 
una 
legge 
di 
revisione 
costituzionale 
si 
v., G. zAGreBelSKy, I paradossi 
della riforma costituzionale, in Politica del 
diritto, n. 1, 1986, pagg. 
165 e 
ss. Sul 
medesimo punto, si 
vedano altres� 
r. romBolI, rottura, revisione 
o riforma �organica�: 
limiti 
e 
procedure, 
in 
Il 
Ponte, 
n. 
6, 
Firenze 
e 
e. 
rIPePe 
-r. 
romBolI 
(a 
cura 
di), 
Cambiare 
Costituzione 
o modificare la Costituzione?, Giappichelli, 1995. 
(3) Per i distinguo tra le diverse proposte si v. infra, par. 2. 
(4) 
F. 
ClementI, 
Sulla 
proposta 
costituzionale 
di 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari: 
non 
sempre �less is more�, n. 2/2019. Disponibile in: http://www.osservatoriosullefonti.it, pag. 3. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


stione 
che, da 
molti 
anni, impegna 
studiosi, politici 
ed elettori. � 
altrettanto 
evidente 
che, considerata 
l�importanza 
di 
una 
simile 
vicenda, essa 
non possa 
essere ridotta a considerazioni partigiane. 

In 
definitiva, 
occorre 
fornire 
una 
risposta 
ad 
un 
quesito 
tanto 
semplice 
da 
formulare 
quanto 
complesso 
da 
decifrare, 
ossia 
se 
la 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari 
sia, 
ex 
se, 
sufficiente 
a 
garantire 
stabilit�, 
efficienza 
e 
ragionevole 
livello di rappresentanza alle istituzioni repubblicane. 


2. Breve storia dei �tentativi� di riforma (5) 
Come 
noto, 
il 
primo 
tentativo 
di 
organica 
revisione 
della 
II 
parte 
della 
Costituzione 
risale 
al 
1983. Il 
14 aprile 
di 
quell�anno, durante 
l�VIII legislatura, 
Camera 
dei 
deputati 
e 
Senato della 
repubblica 
manifestarono la 
volont� 


(6) 
di 
istituire 
una 
Commissione 
bicamerale 
ad 
hoc, 
presieduta 
dal 
liberale 
Aldo Bozzi, per la 
predisposizione 
di 
un progetto di 
revisione 
costituzionale. 
Per la 
verit�, il 
tema 
della 
riduzione 
del 
numero dei 
parlamentari 
rimase 
per 
lo pi� sullo sfondo. la 
Commissione, difatti, elabor� una 
relazione 
che 
considerava 
l�opportunit�, da 
un lato, di 
rafforzare 
la 
compagine 
governativa 
e, 
dall�altro, 
di 
rinvigorire 
l�istituzione 
parlamentare, 
nulla 
esplicitamente 
formalizzando 
in 
merito 
al 
quantum 
dei 
parlamentari. 
A 
causa 
di 
contingenze 
politiche 
(7), 
gli 
indirizzi 
emersi 
in 
seno 
alla 
Commissione 
Bozzi, 
che 
cess� 
i 
propri 
lavori 
nel 
1985, 
non 
furono 
mai 
cristallizzati 
in 
un 
articolato 
di 
riforma. 
Il 
secondo, rilevante, tentativo di 
organica 
revisione 
costituzionale 
si 
innest� 
su di 
un periodo storico, istituzionale 
e 
politico - per utilizzare 
un eufemismo 
- particolarmente 
travagliato. Durante 
le 
sedute 
del 
22 e 
23 luglio del 
1992 Camera 
e 
Senato approvarono due 
provvedimenti 
con i 
quali 
si 
disponeva 
l�istituzione 
di 
una 
Commissione 
parlamentare 
per le 
riforme 
istituzionali. 
tale 
Commissione 
venne 
presieduta 
da 
Ciriaco 
De 
mita, 
prima, 
e 
da 
nilde 
Iotti, 
successivamente. 
Dai 
lavori 
della 
Commissione, 
protrattisi 
anch�essi 
per appena 
due 
anni, emerse 
un indirizzo che 
aveva 
ad oggetto la 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari 
il 
quale, 
peraltro, 
non 
trov� 
formalizzazione nell�articolato finale (8). 

Come 
risulta 
evidente 
dalla 
breve 
rassegna 
dei 
primi 
due 
tentativi 
di 
revisione 
della 
II 
parte 
della 
Costituzione, 
la 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari, 
pur 
emergendo 
nel 
dibattito, 
non 
assurse 
mai 
alla 
dignit� 
di 
questione 
centrale 
e, per ci�, non venne 
mai 
formalizzata, come 
detto, negli 
articolati 
di 
riforma. 

Pertanto, 
i 
presupposti 
che 
hanno 
portato 
alla 
ribalta 
la 
questione 
che 


(5) Cfr., C. FuSAro, rivista trimestrale di diritto pubblico, 2015, Giuffr� editore, pag. 464. 
(6) Cfr., mozioni nn. 1-00013 e 1-00008. 
(7) nello specifico, vi fu una feroce opposizione da parte del Partito Comunista Italiano. 
(8) Piuttosto, l�articolato elaborato in seno alla 
c.d. Commissione 
De 
mita-Iotti 
prevedeva 
una 
limitazione concernente il numero dei ministri, fissato a 18. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


ci 
occupa 
debbono 
essere 
ricercati 
altrove. 
la 
fine 
della 
I 
repubblica 
travolse 
la 
tradizione 
partitica 
italiana. 
un 
sistema 
che, 
per 
quasi 
cinquant�anni, 
aveva 
governato 
il 
Paese 
spar�, 
lasciando 
posto 
agli 
homini 
novi 
della 
politica 
italiana 
(9). 


� 
proprio in occasione 
del 
primo tentativo di 
riforma 
incardinatosi 
nella 


c.d. 
�seconda 
repubblica� 
che 
la 
questione 
della 
riduzione 
del 
numero 
di 
parlamentari 
venne 
posta 
al 
centro del 
dibattito. la 
proposta 
di 
articolato di 
riforma 
costituzionale 
elaborata 
in 
seno 
alla 
c.d. 
Commissione 
�D�Alema�, 
istituita 
nel 
1997, prevedeva 
un numero variabile 
tra 
i 
400 ed i 
500 deputati 
da 
determinarsi 
con maggiore 
precisione 
in un momento successivo - e 
di 
200 
senatori 
(10). 
Per 
la 
prima 
volta, 
dunque, 
una 
esigenza 
rimasta 
per 
lungo 
tempo 
latente 
e, 
per 
certi 
versi, 
marginale 
si 
fece 
proposta 
concreta, 
e 
la 
riduzione 
del 
numero dei 
parlamentari 
venne 
definitivamente 
consegnata 
alla 
pubblica 
opinione. 
Da 
l� 
in 
avanti, 
ogni 
successiva 
proposta 
di 
riforma 
avrebbe 
dovuto 
tenere 
conto e, dunque, prevedere, una riduzione del numero di eletti. 

la 
forte 
tensione 
presidenzialista 
emersa 
in 
seno 
alla 
Bicamerale 
D�Alema 
formalizz� e 
diede 
piena 
legittimazione 
ad un nuovo modo di 
pensare 
le 
istituzioni 
parlamentari. Caduta 
anch�essa 
a 
causa 
di 
contingenze 
politiche, 
la 
Bicamerale 
ebbe, tuttavia, il 
merito - o la 
responsabilit�, a 
seconda 
delle 
vedute 
- di 
porre 
chiaramente 
all�ordine 
del 
giorno i 
temi 
della 
stabilit� 
e 
dell�efficienza. Si 
trattava, dunque, per coloro i 
quali 
sostenevano la 
incompatibilit� 
di 
un sistema 
presidenziale 
con la 
storia 
politica 
ed istituzionala 
italiana, 
di tracciare una nuova strada per il parlamentarismo (11). 

Secondo l�impostazione 
anglosassone 
del 
less 
is 
more 
(12), l�efficientamento 
delle 
istituzioni 
parlamentari 
non avrebbe 
potuto, da 
l� 
in avanti, non 
passare da un ragionamento sul numero di parlamentari. 

ebbene, come 
detto, i 
successivi 
due 
tentativi 
di 
revisione 
costituzionale 


-nel 
2006 e 
2016 - tennero in debita 
considerazione 
una 
simile 
impostazione. 
Con 
DPCm 
del 
2002 
venne 
istituito 
un 
Comitato 
di 
studio 
che, 
tra 
il 
2002 
ed il 
2003, oper� in funzione 
istruttoria. I lavori 
del 
Comitato portarono al


(9) Per una 
disamina 
completa 
sui 
rapporti 
tra 
Politica 
ed Istituzioni 
repubblicane 
si 
v., G. PA-
SQuIno, Partiti, istituzioni, democrazie, Il mulino, 2014. 
(10) 
Cfr., 
Camera 
dei 
deputati 
-Senato 
della 
repubblica 
-XIII 
legislatura 
-resoconti 
stenografici 
-Commissione 
parlamentare 
per le 
riforme 
costituzionali 
- seduta 
antimeridiana 
del 
30 giugno, Allegato. 
(11) 
tra 
i 
contributi 
neoparlamentaristi, 
ex 
multis, 
A. 
BArBerA, 
riforma 
elettorale 
ed 
elezione 
diretta 
del 
Premier, un�alternativa neoparlamentare 
al 
presidenzialismo, in Dem. Dir., n. 2, 1990; 
tra 
i 
contributi 
a 
sostegno di 
un sistema 
semipresidenziale, per converso, si 
veda 
G. SArtorI, 
Elogio del 
semipresidenzialismo, 
in riv. It. Sc. Pol., n. 1, 1995, pagg. 3 e ss. 
(12) l�espressione 
� 
mutuata 
da 
F. ClementI, Sulla proposta costituzionale 
di 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari: non sempre 
�less 
is 
more�, n. 2/2019. Disponibile 
in: 
http://www.osservatoriosullefonti.
it. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


l�approvazione 
in Consiglio dei 
ministri, durante 
la 
seduta 
del 
16 settembre 
2003, 
di 
una 
proposta 
di 
revisione 
costituzionale. 
Appena 
un 
mese 
dopo, 
il 
Governo (13) present� in Senato la 
proposta 
di 
legge 
n. 2544, recante 
�modificazione 
degli 
articoli 
55, 56, 57, 58, 59, 60, 64, 65, 67, 69, 70, 71, 72, 80, 
81, 83, 85, 86, 87, 88, 89, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 104, 114, 116, 117, 126, 127, 
135, e 138 della Costituzione� (14). 

Per quel 
che 
qui 
interessa, si 
consideri 
che 
il 
progetto di 
revisione 
costituzionale 
in parola 
prevedeva 
la 
riduzione 
dei 
deputati 
a 
518 in luogo di 
630 
e 
dei 
senatori 
a 
252 in luogo di 
315. Venne 
cos� 
confermata 
una 
esigenza 
di 
efficientamento 
che, 
in 
concreto, 
si 
ritenne 
di 
poter 
perseguire 
-anche, 
ma 
non 
esclusivamente - attraverso la riduzione del numero dei parlamentari. 

una 
simile 
impostazione 
pervadeva 
altres� 
la 
c.d. 
riforma 
�renzi-Boschi�. 
nata 
in 
un 
contesto 
mutato 
e, 
per 
certi 
versi, 
mutevole 
(15) 
rispetto 
al 
passato, 
anche 
la 
riforma 
in 
parola 
prevedeva 
la 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari. 
Per 
essere 
pi� 
precisi, 
era 
previsto 
un 
eguale 
numero 
di 
deputati 
-630 
-ai 
quali 
si 
sarebbero affiancati 
95 senatori 
�rappresentativi 
delle 
istituzioni 
territoriali� 
(16), pi� altri cinque nominati dal Capo dello Stato (17). 

Come 
appare 
evidente 
dalla 
brevissima 
sintesi 
dei 
precedenti 
tentativi 
di 
revisione 
costituzionale, 
l�esigenza 
di 
snellire 
le 
istituzioni 
parlamentari 
attraverso 
la 
riduzione 
del 
numero degli 
eletti 
- rectius, la 
sua 
definitiva 
affermazione 
-pu� 
essere 
fatta 
ragionevolmente 
risalire 
alla 
nascita 
della 
II 
repubblica. 
Si 
riteneva, 
allora, 
e 
si 
ritiene, 
ancora 
oggi, 
che 
parte 
della 
asserita 
inefficienza 
di 
Camera 
e 
Senato 
dipenda 
dalla 
elefantiaca 
quantit� 
di 
parlamentari. 
la 
presenza 
di 
un 
numero 
spropositato 
di 
eletti 
implicherebbe 
un 
numero 
uguale 
- o maggiore 
- di 
proposte 
di 
legge, ordini 
del 
giorno, risoluzioni 
ed emendamenti. 

Anche 
parte 
della 
dottrina, a 
fronte 
di 
una 
simile 
esigenza, ha 
proposto 
una 
soluzione 
coerente 
con quanto poi 
approvato recentemente 
in aula 
(18), 


(13) oltre 
agli 
aspetti 
che 
qui 
interessano, si 
tenga 
a 
mente 
che, per la 
prima 
volta, fu il 
Governo 
ad assumere l�iniziativa in materia costituzionale. 
(14) Cfr., http://www.senato.it/leg/14/BGt/Schede/Ddliter/cons/20444_cons.htm. 
(15) Si 
tenga 
presente 
che 
le 
elezioni 
del 
2013 hanno rappresentato un vero e 
proprio spartiacque 
nella 
storia 
istituzionale 
recente. Venuto meno il 
bipolarismo de 
facto 
che 
aveva 
caratterizzato, in vario 
modo, per quasi 
un ventennio il 
nostro sistema 
politico, ci 
si 
� 
trovati 
a 
fare 
i 
conti 
con una 
esigenza 
improcrastinabile: 
il 
rinnovamento 
dell�architettura 
istituzionale 
italiana. 
Si 
consideri, 
altres�, 
che 
la 
riforma 
prese 
le 
mosse 
dalla 
relazione 
elaborata 
dalla 
c.d. �Commissione 
dei 
saggi�, istituita 
dall�allora 
Capo 
dello Stato Giorgio napolitano. Da 
ultimo, per rimarcare 
la 
assoluta 
particolarit� 
del 
contesto storico e 
politico, 
si 
rammenti 
che 
il 
Presidente 
napolitano, 
unico 
caso 
in 
pi� 
di 
settant�anni 
di 
storia 
repubblicana, 
ebbe ad accettare un secondo mandato presidenziale. 
(16) XVII legislatura 
- Camera 
dei 
deputati 
- Servizio Studi 
- la 
riforma 
costituzionale, testo di 
legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016, pag. 3. 
(17) occorre 
rammentare 
che 
i 
95 senatori 
sarebbero stati 
oggetto di 
una 
elezione 
di 
secondo livello, 
ai sensi di quanto previsto dall�art. 57, co. 6, cos� come modificato dalla riforma. 
(18) G. AzzArItI, appunti per le lezioni, Giappichelli, torino, 2015, Cap. I �Il Parlamento�. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


nella 
convinzione 
che 
una 
oculata 
riduzione 
del 
numero di 
parlamentari 
potesse 
essere 
funzionale 
al 
conseguimento di 
quella 
efficienza 
funzionale 
alla 
quale, da 
molti 
anni 
a 
questa 
parte, si 
ritiene 
di 
dover addivenire, salvaguardando 
un nucleo intangibile di rappresentanza. 

3. L�iter ed il contenuto della riforma. 
Con il 
voto di 
marted� 
8 ottobre 
2019 si 
� 
concluso un 
iter 
lungo pressappoco 
12 
mesi. 
Come 
noto, 
ai 
sensi 
dell�art. 
138 
Cost., 
una 
legge 
costituzionale 
e 
di 
revisione 
costituzionale 
deve 
essere 
approvata 
con due 
distinte 
deliberazioni 
di 
Camera 
e 
Senato, a 
distanza 
di 
almeno tre 
mesi. la 
conferma 
che 
il 
tema 
della 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari 
sarebbe 
stato 
centrale 
� 
pervenuta 
dalla 
audizione, 
innanzi 
alle 
Commissioni 
riunite 
Affari 
Costituzionali 
di 
Camera 
e 
Senato, 
del 
ministro 
per 
i 
rapporti 
col 
Parlamento 
e 
la 
democrazia 
diretta Fraccaro (19). 


nella 
intenzione 
di 
contrapporsi, soprattutto da 
un punto di 
vista 
mediatico, 
alle 
precedenti 
esperienze 
riformatrici 
-tutte, 
d�altro 
canto, 
rivelatesi 
fallimentari 
-l�iter 
della 
proposta 
� 
stato 
tanto 
rapido 
quanto 
poco 
eclatante 
(20). 

Prima 
di 
descrivere, sinteticamente, il 
percorso che 
ha 
portato all�approvazione 
della 
riforma 
in parola, corre 
l�obbligo di 
fare 
una 
precisazione. rispetto 
alle 
passate 
esperienze 
�, 
certamente, 
mutato 
profondamente 
il 
contenuto 
della 
riforma. 
non 
si 
parla 
pi� 
di 
forma 
di 
Governo 
ed 
eliminazione 
di 
bicameralismo paritario. � 
cambiato, peraltro, anche 
il 
modus 
operandi. Se 
nelle 
passate 
esperienze 
si 
tentava 
di 
elaborare 
un articolato di 
riforma 
organico, 
che 
non lasciasse 
in sospeso alcuna 
questione, in questa 
occasione 
registriamo 
un netto cambio di 
passo. Si 
� 
scelto - a 
torto o a 
ragione 
- di 
operare 
interpolazioni 
puntuali. Questa 
modalit�, a 
ben vedere, presenta 
un vantaggio 
e, contemporaneamente, un difetto. Il 
vantaggio � 
rappresentato dal 
fatto che 
una 
modifica 
chirurgica, minimale, non comportando alcuno stravolgimento 
del 
testo 
costituzionale, 
potrebbe 
essere 
dai 
consociati 
accolta 
con 
minore 
pregiudizio; 
parallelamente, lo svantaggio � 
evidente: 
per addivenire 
ad un risultato 
soddisfacente 
si 
renderebbero 
necessari 
numerosi 
interventi, 
i 
quali 
ultimi 
richiederebbero una 
stabilit� 
istituzionale 
che, come 
noto, il 
nostro Paese 
raramente 
riesce 
a 
garantire. 
Soppesando 
vantaggi 
e 
svantaggi, 
ci 
si 
potrebbe 
trovare nella spiacevole situazione di lasciare un lavoro a met�. 


Ci� detto, � 
opportuno ripercorrere 
i 
momenti 
salienti 
dell�iter 
di 
approvazione 
della proposta che ci occupa. 

(19) Cfr. Camera 
dei 
deputati, XVIII legislatura, resoconti 
Stenografici 
delle 
sedi 
legislativa, 
redigente 
e 
referente, Commissioni 
riunite, resoconto stenografico della 
seduta 
n. 1 di 
gioved� 
12 luglio 
2018. 
(20) 
da 
F. 
ClementI, 
Sulla 
proposta 
costituzionale 
di 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari: 
non 
sempre �less is more�, n. 2/2019. Disponibile in: http://www.osservatoriosullefonti.it., pag. 12. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Concluso 
il 
19 
dicembre 
2018 
il 
rapido 
passaggio 
in 
Commissione 
Affari 
Costituzionali, 
il 
provvedimento 
� 
approdato 
in 
Senato, 
dove 
� 
stato 
approvato 
il 
7 
febbraio 
2019. 
Parimenti, 
alla 
Camera 
dei 
deputati, 
dopo 
il 
passaggio 
in 
Commissione, 
il 
provvedimento 
� 
stato 
approvato 
in 
data 
9 
maggio 
2019. 
Ai 
sensi 
del 
precitato 
art. 
138 
Cost., 
prima 
il 
Senato 
-in 
data 
11 
luglio 
2019 
-poi 
la 
Camera 
-in 
data 
8 
ottobre 
2019 
-hanno 
definitivamente 
licenziato 
il 
testo 
che, 
nella 
versione 
pubblicanda 
in 
Gazzetta 
ufficiale, 
reca 
�modifiche 
agli 
articoli 
56, 
57 
e 
59 
della 
Costituzione 
in 
materia 
di 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari�. 
In 
considerazione 
del 
fatto 
che 
nella 
votazione 
dell�11 
luglio 
u.s. 
non 
si 
� 
raggiunta 
una 
maggioranza 
dei 
2/3 
degli 
aventi 
diritto, 
perch� 
la 
riforma 
entri 
pienamente 
in 
vigore 
occorrer� 
attendere 
l�eventuale 
proposizione 
di 
un 
referendum 
confermativo, 
ai 
sensi 
dell�art. 
138, 
co. 
2, 
Cost. 


l�art. 1 della 
proposta 
in esame, modificando l�art. 56 Cost., riduce 
il 
numero 
dei 
deputati 
a 
400, stabilendo, altres�, una 
contestuale 
riduzione 
dei 
deputati 
eletti 
nella 
Circoscrizione 
estero da 
dodici 
ad otto. Viene 
modificato, 
inoltre, 
il 
co. 
4 
della 
medesima 
disposizione 
che, 
secondo 
l�impostazione 
della 
riforma, stabilirebbe 
che 
�La ripartizione 
dei 
seggi 
tra le 
circoscrizioni, fatto 
salvo il 
numero dei 
seggi 
assegnati 
alla circoscrizione 
Estero, si 
effettua dividendo 
il 
numero 
degli 
abitanti 
della 
repubblica, 
quale 
risulta 
dall'ultimo 
censimento 
generale 
della popolazione, per 
trecentonovantadue 
e 
distribuendo i 
seggi 
in proporzione 
alla popolazione 
di 
ogni 
circoscrizione, sulla base 
dei 
quozienti interi e dei pi� alti resti�. 

l�art. 
2, 
rubricato 
�numero 
dei 
senatori�, 
provvede 
a 
ridurre 
il 
numero 
dei 
senatori 
a 
200, in luogo degli 
attuali 
315. Anche 
in questo caso, si 
� 
provveduto 
alla 
riduzione 
degli 
eletti 
nella 
circoscrizione 
estero, da 
sei 
a 
quattro. 
Coerentemente 
con la 
ratio del 
provvedimento, il 
legislatore 
interviene 
anche 
sulla 
attribuzione 
di 
una 
quota 
minima 
di 
senatori 
per ogni 
regione. Facendo 
un passo indietro, si 
tenga 
presente 
che 
la 
proposta 
di 
legge 
oggetto della 
presente 
dinamica 
non inficia 
la 
divergenza 
ontologica 
della 
base 
elettorale 
delle 
due 
Camere. 
Il 
Senato, 
dunque, 
verrebbe 
in 
ogni 
caso 
�eletto 
a 
base 
regionale�. 
Dal 
richiamato assetto, dunque, emerge 
chiaramente 
la 
volont� 
di 
conservare 
intatto 
il 
sistema 
bicamerale 
cos� 
come 
attualmente 
vigente. 
Il 
medesimo art. 2, infine, prevede 
l�eliminazione 
dal 
quarto comma 
dell�art. 57 
Cost. di qualsiasi riferimento alla circoscrizione estero. 

In 
conclusione, 
tralasciando 
l�art. 
4, 
rubricato 
�decorrenza 
delle 
disposizioni�, 
l�art. 
3 
opera 
una 
integrale 
sostituzione 
dell�art. 
59 
Cost., 
ponendo 
fine 
ad 
un 
annoso 
dibattito 
che, 
per 
la 
verit�, 
si 
trascinava 
da 
tempo 
immemore. 
Segnatamente, 
in 
materia 
di 
senatori 
a 
vita, 
si 
stabilisce 
che 
�Il 
numero 
complessivo 
dei 
senatori 
in 
carica 
nominati 
dal 
Presidente 
della 
repubblica 
non 
pu� 
in 
alcun 
caso 
essere 
superiore 
a 
cinque�. 
Sul 
punto, 
si 
deve 
peraltro 
tenere 
in 
massima 
considerazione 
che, 
diminuendo 
il 
numero 
assoluto 
di 
se



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


natori, 
e 
permanendo 
tuttavia 
la 
concreta 
possibilit� 
-rectius, 
il 
rischio 
-che 
in 
Senato 
si 
delinei 
una 
maggioranza 
diversa 
da 
quella 
della 
Camera 
(21), 
i 
cinque 
senatori 
nominati 
dal 
Capo 
dello 
Stato 
-nonch� 
gli 
ex 
Presidenti 
della 
repubblica 
-verrebbero 
ad 
acquisire 
una 
valenza 
oltremodo 
operativa 
e 
determinante, 
distante 
dal 
significato 
simbolico 
che, 
originariamente, 
gli 
veniva 
riconosciuto. 


Con poche 
puntuali 
interpolazioni 
il 
legislatore, apparentemente 
intervenendo 
solo 
sul 
quantum 
degli 
eletti, 
opererebbe 
tuttavia 
una 
profonda 
modifica 
sulla qualit� della rappresentanza parlamentare. 


4. osservazioni e possibili prospettive future. 
Preliminarmente, 
si 
tenga 
presente 
che 
la 
riforma 
in 
parola 
suscita 
qualche 
perplessit� 
tanto 
dal 
punto 
di 
vista 
della 
complessiva 
stabilit� 
del 
sistema, 
quanto in punto di qualit� della rappresentanza. 

Per quanto concerne 
il 
primo aspetto, la 
semplice 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari 
potrebbe 
comportare 
un 
aggravio 
della 
instabilit� 
di 
Governo. 
nello specifico, come 
detto, spesso � 
accaduto che 
la 
maggioranza 
in Senato 
fosse 
diversa 
dalla 
maggioranza 
alla 
Camera. una 
simile 
differenza 
ha 
spesso 
obbligato 
i 
Governi 
a 
reggersi 
su 
un 
numero 
risibile 
di 
senatori. 
Al 
fine 
di 
semplificare 
il 
ragionamento, 
occorre 
rammentare 
che 
la 
maggioranza 
che 
sostiene 
l�attuale 
Governo Conte 
II ha 
un margine, sull�opposizione, di 
appena 
16 senatori. 
Come 
spesso 
accade, 
la 
maggioranza 
alla 
Camera 
dei 
deputati 
� 
pi� 
solida; 
tuttavia, ai 
sensi 
dell�art. 94 Cost. (22) � 
necessario che 
il 
Governo ottenga 
e 
mantenga 
per 
tutta 
la 
durata 
del 
proprio 
mandato 
la 
fiducia 
da 
entrambe 
le 
Camere. Qualora 
fosse 
stata 
vigente 
la 
riforma 
che 
oggi 
ci 
occupa, a 
percentuali 
di 
voti 
e 
legge 
elettorale 
invariati, la 
situazione 
sarebbe 
decisamente 
peggiore. 
Difatti, 
l�attuale 
maggioranza, 
su 
200 
senatori, 
avrebbe 
avuto 
un 
margine 
di 
vantaggio sull�opposizione 
di 
appena 
due 
(2) parlamentari, tre 
in 
meno dei senatori a vita. 

� 
di 
tutta 
evidenza 
che 
una 
situazione 
del 
genere 
risulterebbe 
dannosa 
per la 
stabilit� 
di 
Governo e 
certamente 
distante 
da 
quella 
esigenza 
di 
razionalizzazione 
pi� volte manifestata negli anni passati. 

(21) Ci�, naturalmente, in ragione 
del 
rilievo assorbente 
che 
la 
profonda 
diversit� 
della 
base 
elettorale 
- nazionale 
alla 
Camera 
dei 
deputati 
e 
regionale 
al 
Senato della 
repubblica 
- potrebbe 
produrre, 
cos� 
come 
accaduto 
nella 
stragrande 
maggioranza 
dei 
casi, 
due 
maggioranze 
diverse. 
Cos�, 
a 
ben 
vedere, 
risulterebbe 
fiaccato 
a 
priori 
l�intento 
di 
razionalizzazione 
ed 
efficientamento 
delle 
istituzioni 
parlamentari, 
atteso che 
la 
sopravvivenza 
di 
un esecutivo dipenderebbe 
da 
un numero di 
parlamentari 
necessariamente 
minore. 
(22) Sui 
rapporti 
fiduciari 
e 
sulla 
loro concreta 
declinazione 
si 
v., inter 
alia, C. PInellI, Forme 
di 
Stato e 
forme 
di 
Governo, Jovene 
editore, 2009; 
A. mAnzellA, Note 
sulla questione 
di 
fiducia. ancora 
sui 
rapporti 
fra maggioranza ed opposizione, in Studi 
parlamentari 
e 
di 
politica costituzionale, n. 4, 
pagg. 43 e ss. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Secondo parte 
della 
dottrina 
(23), infatti, occorre 
porre 
un rimedio alla 
endemica 
fragilit� 
del 
nostro sistema 
istituzionale 
(24), apprestando meccanismi 
che, nel 
pieno rispetto della 
rappresentanza, delineino Governi 
duraturi 
in grado di 
portare 
avanti 
politiche 
coerenti, scongiurando il 
rischio di 
schizofrenia 
legislativa 
che, da 
troppo tempo, caratterizza 
una 
parte 
del 
nostro ordinamento 
giuridico. 

Corre 
l�obbligo, 
dunque, 
di 
attenzionare 
le 
questioni 
sollevate 
dalla 
riforma 
in punto di rappresentanza. 


Come 
noto, 
da 
anni 
la 
rappresentanza 
parlamentare 
vive 
una 
crisi 
profonda 
ed 
apparentemente 
irreversibile 
(25). 
Spesso, 
soprattutto 
nel 
dibattito 
politico, 
si 
ritiene 
che 
a 
siffatta 
crisi 
possa 
essere 
data 
risposta 
approvando 
provvedimenti 
che 
rappresentino, latu sensu, sacrifici 
della 
classe 
dirigente. 
Cos�, 
la 
riduzione 
del 
numero 
dei 
parlamentari 
diviene 
rinuncia 
alle 
cc.dd. 
�poltrone�. ebbene, quel 
che 
si 
deve 
sempre 
tenere 
a 
mente 
� 
che 
le 
prerogative 
di 
un parlamentare 
ed il 
numero stesso degli 
eletti 
riguarda 
tutti 
i 
consociati, 
non solo chi 
pro tempore 
siede 
sugli 
scranni 
di 
montecitorio o Palazzo 
madama. 

la 
rappresentanza, 
termine 
sotto 
il 
quale 
si 
riconducono 
buona 
parte 
degli 
elementi 
che 
caratterizzano il 
rapporto di 
profonda 
connessione 
tra 
eletto ed 
elettore, vive 
anche 
di 
numeri. Il 
canale 
della 
rappresentanza, come 
correttamente 
affermato 
da 
parte 
della 
dottrina, 
� 
�lo 
strumento 
essenziale 
che 
garantisce 
al 
popolo l�esercizio della sovranit�� 
(26) di 
cui 
all�art. 1 Cost. Senza 
rappresentanza 
- o meglio, con una 
rappresentanza 
fiaccata 
- l�esercizio della 
sovranit� 
apparirebbe 
quantomeno ridotto, se 
non del 
tutto svuotato di 
senso. 

tanto premesso, il 
ragionamento che 
ci 
occupa 
non pu� prescindere 
da 
una 
breve 
analisi 
sulla 
relazione 
intercorrente 
tra 
numero dei 
parlamentari 
e 
legge elettorale. 

l�esercizio concreto della 
sovranit�, in una 
democrazia 
rappresentativa 
come 
la 
nostra, si 
attua 
attraverso libere 
elezioni 
a 
suffragio universale. Pertanto, 
assume 
rilevanza 
cruciale 
la 
legge 
elettorale 
che, 
lungi 
dal 
rappresentare 
esclusivamente 
un insieme 
di 
meccanismi 
che 
operano una 
matematica 
conversione 
di 
voti 
in seggi, si 
configura 
quale 
concreta 
modalit� 
di 
attuazione 
del 
principio fondante 
il 
nostro sistema 
istituzionale 
(27). la 
circostanza 
che 


(23) G. PItruzzellA, Diritto Costituzionale, XII ed. 
(24) Da 
molti, d�altro canto, definito �a debole 
razionalizzazione�, 
ossia 
sprovvisto di 
quei 
meccanismi 
finalizzati alla stabilizzazione della compagine governativa. 
(25) Sulle 
ragioni 
diacroniche 
e 
sulle 
prospettive 
della 
crisi 
di 
cui 
si 
fa 
menzione 
Cfr., ex 
multis, 
G. SerGeS, Crisi 
della rappresentanza parlamentare 
e 
moltiplicazione 
delle 
fonti, in osservatorio sulle 
fonti, n. 3/2017. Disponibile in http://www.osservatoriosullefonti.it. 
(26) l. GIAnnItI, n. luPo, Corso di diritto parlamentare, III ed., Il mulino, 2018. 
(27) Sulle 
possibili 
alternative, si 
v. A. BArBerA, Quali 
riforme 
elettorali? Un aiuto (semiserio) 
da F. Bacone, in Italiani Europei, 2013. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


il 
Costituente 
non 
abbia, 
consapevolmente, 
inteso 
dettare 
una 
disciplina 
anche 
scarna - sulla legge elettorale (28), rende quest�ultima malleabile e suscettibile 
di 
essere 
modificata 
con 
massima 
leggerezza 
(29). 
eppure, 
non 
� 
indifferente 
come un parlamentare venga eletto. 

orbene, qualora 
dovesse 
entrare 
in vigore, senza 
alcun correttivo, la 
proposta 
di 
revisione 
costituzionale 
qui 
posta 
sotto 
osservazione, 
in 
combinato 
disposto con l�attuale 
legge 
elettorale, si 
porrebbero seri 
problemi 
in punto di 
rappresentanza 
e 
rappresentativit�. 
una 
riduzione 
significativa 
del 
numero 
dei 
parlamentari 
implica, quale 
conseguenza 
logica, la 
rimodulazione 
dei 
collegi 
elettorali. 
Sul 
punto, 
si 
tenga 
inoltre 
presente 
che 
il 
legislatore, 
con 
l. 
n. 
51/2019, 
ha 
sostituito 
il 
riferimento 
ai 
231 
seggi 
con 
una 
proporzione 
variabile 
di 
3/8 
tra 
parte 
uninominale 
e 
plurinominale. 
Volendo 
semplificare 
la 
questione 
(30), si 
pu� affermare 
che 
il 
legislatore 
abbia 
inteso �rendere 
neutra, rispetto 
al 
numero 
dei 
parlamentari 
fissato 
in 
Costituzione, 
la 
normativa 
elettorale 
per 
le 
Camere 
(�)� 
(31). la 
legge 
elettorale, dunque, �funzionerebbe� 
indistintamente 
dalle vicende dei due rami del Parlamento. 


Il 
risultato, 
tuttavia, 
appare 
dirompente. 
un 
numero 
inferiore 
di 
parlamentari, 
come 
detto, implica 
logicamente 
l�ampliamento dei 
collegi. ragionando 
a contrario, si 
addiverrebbe 
al 
risultato di 
lasciare 
alcuni 
territori 
non 
solo sostanzialmente 
ma 
anche 
formalmente 
sprovvisti 
di 
qualsiasi 
forma 
di 
rappresentanza. 
ebbene, 
l�ampliamento 
dei 
collegi 
implicherebbe, 
a 
sua 
volta, 
la 
difficolt� 
- per non dire, impossibilit� 
- per un parlamentare 
di 
�coprirne� 
l�intero territorio, lasciando porzioni 
di 
nazione, formalmente 
rappresentate, 
sostanzialmente 
prive 
di 
un 
rappresentate 
che 
ne 
accolga 
le 
istanze. 
D�altro 
canto, 
la 
biunivocit� 
della 
rappresentanza 
risiede 
in 
quella 
che 
gli 
anglosassoni 
definiscono accountability, ossia 
la 
necessaria 
rendicontazione 
- termine 
che 
non rappresenta 
in toto 
il 
senso della 
locuzione 
inglese 
ma 
che 
vi 
si 
avvicina 


(28) Si 
veda, per una 
disamina 
pi� approfondita, G. tArlI 
BArBIerI, La legislazione 
elettorale 
nell'ordinamento italiano (1948-2017), milano, Giuffr�, 2018 nonch� 
l. GIAnnItI, n. luPo, Corso di 
diritto parlamentare, III ed., Il mulino, 2018, pagg. 108-115. 
(29) 
Circostanza 
che, 
purtroppo, 
� 
accaduta. 
Dal 
1948 
al 
1993 
rimase 
in 
vigore 
una 
legge 
elettorale 
proporzionale, 
con 
voto 
di 
preferenza. 
Dal 
1993 
al 
2005 
si 
pass� 
ad 
un 
quasi-maggioritario 
-il 
c.d. 
mattarellum. 
Dal 
2005 al 
2015 l�Italia 
si 
dot� di 
una 
legge 
elettorale 
- c.d. legge 
Calderoli 
- proporzionale 
con effetti 
fortemente 
maggioritari. Come 
ogni 
buona 
eccezione 
che 
si 
rispetti, dal 
2015 al 
2017, � 
rimasta 
in vigore 
- senza 
tuttavia 
trovare 
mai 
applicazione 
- la 
l. n. 52/2015 - c.d. Italicum 
- ossia 
una 
legge 
elettorale 
maggioritaria 
a 
doppio turno. Da 
ultimo, le 
elezioni 
del 
2018 si 
sono celebrate 
con un 
sistema 
misto, 
che 
prevede 
-salvo 
future 
probabili 
modifiche 
-che 
circa 
il 
65% 
dei 
seggi 
venga 
attribuito 
su base 
proporzionale 
ed il 
restante 
35% su base 
maggioritaria, attraverso lo strumento dei 
collegi 
uninominali. 
(30) Per la 
cui 
disamina 
puntuale 
si 
rinvia, ex 
multis, a 
G. tArlI 
BArBIerI, alcune 
osservazioni 
sul 
disegno di 
legge 
a.S. n. 881 (�Disposizioni 
per 
assicurare 
l'applicabilit� delle 
leggi 
elettorali 
indipendentemente 
dal 
numero dei 
parlamentari�), in astrid rassegna, n. 2, 2019, 6 (memoria 
depositata 
dell�Audizione 
presso 
la 
1� 
Commissione 
permanente 
(Affari 
Costituzionali), 
seduta 
n. 
51 
del 
4 
dicembre 
2018). 
(31) Cfr., sul punto, diffusamente, F. ClementI, cit., pagg. 15-20. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


-dell�attivit� 
dell�eletto nei 
confronti 
ed a 
favore 
dell�elettore. Quest�ultimo, 
d�altro canto, deve 
essere 
messo nelle 
condizioni 
di 
sollecitare 
tale 
rendicontazione 
(32). 
� 
evidente 
che 
una 
simile 
relazione, che 
si 
basa 
sull�assunto della 
prossimit�, 
viene 
ad 
essere 
frustrata 
dalla 
lontananza. 
Come 
osservato 
dalla 
pi� 
attenta 
dottrina 
�in 
una 
democrazia 
rappresentativa 
(�) 
le 
elezioni 
hanno 
una funzione 
di 
legittimazione 
e 
al 
contempo di 
espressione 
delle 
opinioni 
e 
degli 
interessi, assicurando che 
la determinazione 
dell�indirizzo politico avvenga 
attraverso un reale 
processo di 
mediazione 
dei 
conflitti 
sociali, nella 
prospettiva di 
un�integrazione 
politica complessiva del 
sistema; (�) 
permettono 
un 
controllo 
dei 
rappresentati 
sui 
rappresentati, 
e 
quindi 
dei 
cittadini 
sulle strutture dello Stato� 
(33). 

A 
rigore 
di 
quanto sin qui 
affermato, un parlamentare 
al 
quale 
venga, di 
fatto, impedito di 
intrattenere 
con il 
territorio nel 
quale 
viene 
eletto una 
virtuosa 
relazione 
di 
scambio 
e, 
per 
l�appunto, 
accountability, 
�, 
a 
tutti 
gli 
effetti, 
meno rappresentativo. Se 
si 
rapporta 
l�ultima 
considerazione 
alla 
totalit� 
dei 
parlamentari, 
si 
ottiene 
un 
Parlamento 
deabilitato 
e, 
certamente, 
inidoneo 
a 
svolgere il proprio ruolo di organo costituzionale centrale. 

Con 
ci�, 
ovviamente, 
non 
si 
intende 
affermare 
che 
il 
numero 
di 
parlamentari 
rappresenti 
un totem 
inviolabile. tutt�al 
pi�, si 
vuole 
mettere 
in guardia 
da 
interpretazioni 
semplicistiche. 
Il 
numero 
dei 
parlamentari, 
se 
il 
legislatore 
lo 
ritiene, 
pu� 
certamente 
essere 
modificato. 
� 
necessario, 
tuttavia, 
che 
vengano apprestati 
meccanismi 
e 
soluzioni 
di 
tutela 
affinch� 
siffatta 
riduzione 
non produca, nemmeno in parte, i gravi effetti di cui si � detto supra. 

Dovranno, 
certamente, 
essere 
adattati 
i 
regolamenti 
parlamentari, 
di 
modo 
che 
tengano in considerazione 
la 
riduzione 
del 
numero degli 
eletti. Sar� 
opportuno, 
inoltre, 
ragionare 
sul 
quorum 
necessario 
per 
l�elezione 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
e 
cos� 
via. Insomma, la 
modifica 
di 
cui 
al 
progetto di 
legge 
qui in esame non pu� essere considerata come un approdo definitivo. 

la 
II parte 
della 
Costituzione, d�altro canto, � 
stata 
oggetto, come 
supra 
rammentato, 
di 
numerosi 
tentativi 
di 
revisione, 
ognuno 
dei 
quali, 
a 
ben 
vedere, 
era 
finalizzato a 
scardinare 
un equilibrio ritenuto - correttamente, secondo chi 
scrive 
- anacronistico, nell�ottica 
di 
sostituirvi 
un equilibrio nuovo, coerente 
con il tempo attuale (34). 

� 
umile 
opinione 
di 
chi 
scrive, in risposta 
al 
quesito formulato in principio, 
che 
la 
riduzione, sic 
et 
simpliciter, del 
numero dei 
parlamentari, che 
non 


(32) Cfr., A. ASCAnI, 
accountability. La virt� della politica democratica, Citt� nuova, 2014. 
(33) Il 
virgolettato � 
integralmente 
ripreso da 
l. GIAnnItI, n. luPo, cit., pag. 107. Sul 
tema, si 
v., 
inoltre, F. lAnCHeSter, Sistemi elettorali e forma di governo, Bologna, Il mulino, 1981. 
(34) Cfr., P. BIlAnCIA 
e 
F. SCuto, La riforma costituzionale 
tra superamento del 
bicameralismo 
paritario e 
riordino delle 
competenze 
Stato-regioni, in Centro studi 
sul 
federalismo - research papers, 
milano. 

leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


sia 
accompagnata 
da 
un 
serio 
ragionamento 
sulla 
forma 
di 
Governo 
e, 
dunque, 
sui 
rapporti 
che 
intercorrono 
tra 
diversi 
organi 
costituzionali 
(35) 
rischia 
di 
essere 
un vero e 
proprio boomerang, che 
riduce 
gli 
spazi 
della 
rappresentanza 
e nulla risolve in termini di stabilit� del sistema. 

(35) Sulla 
nozione 
di 
forma 
di 
Governo si 
v. AA.VV.: 
F. moDuGno, Diritto Pubblico, pag. 63; 
l. 
elIA, voce 
Governo 
(forme 
di), in Enciclopedia del 
diritto, vol. XIX, milano, pagg. 747 e 
ss.; 
C. mortAtI, 
Le 
forme 
di 
Governo, Padova; 
l. elIA, L�evoluzione 
della forma di 
Governo, in Studi 
in onore 
di 
Gianni 
Ferrare, torino; 
C. FASone, Sistemi 
di 
commissioni 
parlamentari 
e 
forme 
di 
Governo, Padova; 
n. luPo 
e 
G. PICCIrIllI, Le 
recenti 
evoluzioni 
della forma di 
Governo italiana: una conferma della sua 
natura parlamentare, in Democrazia e 
diritto, nn. 1-2, pagg. 590-600; 
m. olIVettI, appunto sulle 
trasformazioni 
della 
forma 
di 
Governo 
italiana, 
in 
riforme 
costituzioni 
e 
itinerari 
della 
democrazia 
in 
Europa: 
Italia e 
Polonia a confronto, Atti 
del 
I colloquio italo-polacco sulle 
trasformazioni 
istituzionali; 
m. olIVettI, voce 
Forme di Stato e di Governo, in Il Diritto. Enciclopedia giuridica, vol. VI, milano. 

rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


solidariet� e crisi dei rifugiati in europa: 
il blocco degli stati ue antimmigrazione 


Fabio Ratto Trabucco* 


Appare 
lapalissiano che 
l�europa 
intesa 
come 
unione 
europea 
(ue), organizzazione 
sovranazionale 
regionale, sta 
affrontando una 
generale 
crisi 
di 
democrazia. le 
posizioni 
anti-pluraliste, il 
razzismo (o presunto tale) e 
la 
disuguaglianza 
sociale 
sono in aumento e 
le 
posizioni 
buoniste 
striscianti 
nella 
societ� 
civile, 
nell�accademia 
e 
nei 
media 
parlano 
sovente 
di 
una 
sorta 
di 
grande regressione continentale. 

la 
crisi 
� 
ulteriormente 
rafforzata 
dal 
fatto 
che 
l�establishment, 
sia 
del-
l�unione, 
che 
dei 
singoli 
Paesi 
membri, 
faticano 
a 
trovare 
risposte 
a 
questi 
fenomeni, 
e 
figuriamoci 
serie 
strategie, 
per 
affrontarli, 
stante 
la 
presenza 
di 
un 
architettura 
europea 
calata 
dall�alto 
che 
si 
perpetua 
alla 
stregua 
di 
mera 
burocrazia 
ad 
ogni 
rinnovo 
del 
Parlamento 
europeo, 
mero 
simulacro 
di 
democrazia. 


Inoltre, i 
decisori 
sembrano non essere 
in grado di 
far sufficientemente 
fronte 
ad un mondo globalizzato, al 
rigore 
neoliberista 
e 
alla 
�paura� 
dei 
�cittadini� 
- o almeno non in grado di 
trasmettere 
all�elettorato che 
vi 
stanno effettivamente 
facendo fronte. 

Al 
contrario, al 
fine 
della 
conservazione 
del 
potere, i 
leaders 
europei 
si 
rivolgono 
sempre 
pi� 
ai 
partner 
nazionalisti 
della 
coalizione 
di 
Paesi 
e 
sposano 
la 
stessa 
retorica 
anti-migranti 
per combattere 
il 
cd. �inforestieramento� 
del 
Continente, 
riprendendo 
un 
corretto 
termine 
ben 
caro 
agli 
svizzeri 
italofoni 
del 
Cantone 
ticino ma 
non utilizzato in Italia, n� 
dalla 
politica, n� 
dall�accademia, 
per supposte 
ragioni 
di 
mero politically 
correct. Certamente, termini 
come 
questo evocano concetti 
ed ideologie 
vaste 
e 
ben possono fare 
orrore 
o 
similare 
ma 
sono meri 
pareri 
personali 
e 
dunque 
assolutamente 
irrilevanti 
in 
questa sede. 


Al 
riguardo 
si 
rinvia 
anche 
al 
concetto 
gramsciano 
d�interregno 
come 
metafora 
dello stato attuale 
dell�europa 
e 
dell�ue 
e 
come 
punto di 
partenza 
per 
pensare 
al 
futuro 
del 
continente. 
Quindi, 
lo 
stato 
attuale 
dell�europa 
quale 
punto 
d�inizio 
per 
elaborare 
quello 
che 
pu� 
essere 
�il 
nuovo� 
per 
l�europa. 
Pensare 
oltre 
l�interregno, 
verso 
una 
futura 
architettura 
politica, 
sociale, 
legale 
ed economica per l�europa. 


(*) Professore a contratto, Ist. Diritto pubblico, universit� di 
Venezia. 


relazione a Convegno tenutosi presso la Scuola Nazionale dell�amministrazione. 
International 
Society 
of 
Public 
Law - ICoN-S Italia, Conferenza inaugurale, �Unit� e 
frammentazione 
dentro e oltre lo Stato�, roma, 23-24 novembre 2018. 


le posizioni espresse nella relazione impegnano esclusivamente l�Autore. 



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


Con particolare 
attenzione 
al 
tema 
dell�immigrazione 
clandestina 
in europa, 
in massima 
parte 
peraltro costituita 
da 
veri 
e 
propri 
meri 
migranti 
economici, 
quindi 
di 
fatto 
in 
punto 
di 
diritto 
non 
destinatari 
del 
beneficio 
dell�asilo 
politico, 
si 
pone 
attenzione 
al 
tema 
del 
cd. 
blocco 
degli 
Stati 
anti-immigrazione 
ad oggi 
composto da 
almeno otto Paesi 
(i 
quattro di 
Visegr�d 
- ossia 
Polonia, 
repubblica 
Ceca, 
Slovacchia 
ed 
ungheria 
-oltre 
Austria, 
Italia, 
romania 
e 
Slovenia). 
e 
dunque 
evidenziare 
in 
che 
modo 
gli 
attori 
della 
societ� 
civile 
che 
assistono 
migranti 
e 
rifugiati 
nel 
corso 
della 
�crisi 
europea 
dei 
rifugiati�, 
attiva 
ormai 
dall�anno 
2014, 
hanno 
sub�to, 
e 
combattuto, 
aspetti 
dell�agenda 
anticontrabbando 
dell�ue 
e 
dei 
suoi 
Stati 
membri 
in chiave 
denigratoria. Il 
riferimento 
� 
al 
fenomeno dei 
cd. �taxi 
del 
mare�, neologismo giornalistico teso 
ad 
additare 
negativamente 
l�attivit� 
delle 
imbarcazioni 
di 
buona 
parte 
delle 
onG 
operanti 
nel 
mediterraneo impegnate 
a 
�recuperare� 
i 
migranti 
al 
limite 
delle 
acque 
territoriali 
libiche 
nel 
canale 
di 
Sicilia 
onde 
trasferirli 
sistematicamente 
in 
territorio 
italiano 
e 
cos� 
anche 
bypassando 
malta 
quale 
primo 
�porto sicuro�. 

In questa 
sede 
s�intende 
analizzare 
la 
tensione 
esistente 
tra 
la 
logica 
comunitaria 
della 
deterrenza 
e 
dell�esclusione 
esposta 
dalle 
istituzioni 
dell�ue 
durante 
la 
crisi, da 
un lato, e 
la 
volont� 
di 
assistere 
ed includere 
i 
migranti 
in 
una 
parte 
significativa 
della 
societ� 
civile 
europea, dall�altro. tale 
dicotomia 
pu� essere 
intesa 
come 
parte 
di 
una 
tensione 
fondamentale 
nella 
grande 
democrazia 
liberale a livello europeo. 


In 
questo 
quadro 
s�inserisce 
la 
critica 
al 
malcelato 
�progetto� 
nordeuropeo 
di 
bloccare 
il 
flusso 
nei 
Paesi 
di 
prima 
accoglienza, 
sfruttando 
il 
regolamento 
di 
Dublino, 
col 
fine 
inconfessato 
di 
trasformare 
Grecia 
ed 
Italia 
in 
una 
sorta 
di 
�magazzino� 
d�anime. 
Il 
tutto 
dissimulando 
i 
principi 
di 
solidariet� 
intracomunitaria 
vieppi� 
a 
fronte 
del 
fallimento 
dei 
piani 
di 
relocation 
e 
resettlement 
stabiliti 
nel 
2015 
nonch� 
della 
chiusura 
delle 
frontiere 
interne 
ai 
clandestini, 
come 
di 
fatto 
avviene 
ai 
confini 
italo-francesi, 
elvetici 
ed 
austriaci, 
con 
i 
pedissequi 
respingimenti 
anche 
in 
violazione 
delle 
regole 
di 
sovranit� 
italiana 
come 
nei 
reiterati 
casi 
della 
polizia 
transalpina 
apparendo 
labili 
sia 
le 
risposte 
diplomatiche 
che 
le 
iniziative 
giudiziarie 
delle 
competenti 
Procure. 


A 
sua 
volta, 
il 
nodo 
del 
rifiuto 
dei 
programmi 
di 
relocation 
e 
resettlement 
da 
Grecia 
ed Italia 
invita 
alla 
riflessione 
sulla 
particolare 
avversione 
alla 
questione 
degli 
immigrati 
particolarmente 
nei 
Paesi 
dell�europa 
centrale 
e 
orientale 
con attenzione ai quattro del Gruppo di 
Visegr�d. 


Questa 
repulsione 
- indipendentemente 
dalle 
politiche 
interne 
dei 
singoli 
Paesi 
- appare 
derivare 
dal 
fatto che 
l�europa 
orientale 
non ha 
partecipato alla 
colonizzazione 
e 
storicamente 
ha 
avuto 
meno 
contatti 
con 
l��altro�, 
il 
che 
rende 
la 
popolazione 
timorosa 
dello straniero, ricordando quindi 
il 
significato 
letterale di �xenofobia�, come �paura della differenza�. 


rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


Durante 
la 
guerra 
fredda 
e 
gli 
anni 
novanta, 
l�europa 
occidentale 
ha 
detenuto 
una 
vasta 
esperienza 
di 
migrazioni 
che 
non 
riguardavano 
l�altro 
lato 
della 
cortina 
di 
ferro, 
tra 
cui 
nordafricani 
in 
Francia, 
turchi 
in 
Germania, 
indo-pakistani 
in 
Inghilterra, 
nordafricani 
e 
sub-sahariani 
in 
Italia: 
nulla 
di 
tutto 
ci� 
� 
successo 
nell�europa 
centro-orientale, 
intesa 
come 
i 
Paesi 
ue 
ex 
socialisti. 


Infine, 
emerge 
l�aspetto 
sanzionatorio, 
poich� 
come 
dichiarato 
dalla 
Commissione 
ue, mentre 
buona 
parte 
degli 
Stati 
membri 
hanno, quantomeno in 
parte, ricollocato e 
preso impegni 
in tema 
di 
relocation 
e 
resettlement, circa 
i 
quattro 
di 
Visegr�d: 
l�ungheria 
non 
ha 
mai 
intrapreso 
alcuna 
azione; 
la 
Polonia 
non ha 
ricollocato alcuno e 
non ha 
preso impegni 
sin dal 
dicembre 
2015; 
la 
repubblica 
Ceca 
non 
ha 
redistribuito 
nessuno 
dall�agosto 
2016 
e 
non 
ha 
preso 
alcun impegno successivo. 

Dal 
canto suo e, paradossalmente, a 
dimostrazione 
della 
scarsa 
capacit� 
concreta 
di 
Bruxelles 
in materia, per la 
Slovacchia 
� 
stato sufficiente 
attivare 
l�accoglienza 
a 
titolo volontario di 
un limitatissimo numero di 
rifugiati 
provenienti 
dalle 
zone 
di 
conflitto 
in 
Siria 
ed 
Iraq, 
peraltro 
poi 
in 
buona 
parte 
rientrati nei loro Paesi trattandosi soprattutto di soggetti anziani. 

la 
Commissione 
ha 
quindi 
avviato nei 
confronti 
dei 
tre 
ridetti 
Paesi 
una 
procedura 
di 
infrazione 
nel 
giugno 2016, procedura 
che 
� 
poi 
passata 
alla 
fase 
successiva 
del 
deferimento alla 
Corte 
di 
giustizia. Polonia, repubblica 
Ceca 
ed ungheria 
hanno infatti 
pacificamente 
violato i 
loro obblighi 
giuridici 
circa 
il 
meccanismo 
di 
ricollocazione 
dei 
migranti 
in 
base 
agli 
impegni 
assunti 
dall�ue 
nel 
luglio e 
settembre 
2015, quando presa 
coscienza 
della 
crisi 
umanitaria 
nel 
mediterraneo 
si 
� 
chiesto 
agli 
stati 
membri 
uno 
sforzo 
di 
solidariet� 
nei confronti di Grecia ed Italia. 


Infine, come 
non rammentare 
che 
un tema 
strettamente 
connesso � 
la 
riforma 
di 
Dublino III e 
cio� 
il 
sistema 
d�asilo dell�ue, in via 
di 
aggiornamento 
per distribuire �in maniera pi� equa� il carico migratorio fra i vari Paesi ue. 

Il 
�Dublino III� (reg. 604/2013) � 
il 
regolamento europeo che 
disciplina 
l�accoglienza 
dei 
richiedenti 
asilo in europa, figlio di 
un precedente 
testo, il 
�Dublino 
II�, 
entrato 
in 
vigore 
nel 
2003 
ed 
sua 
volta 
ispirato 
dalla 
convenzione 
firmata 
a 
Dublino 
il 
15 
giugno 
1990. 
Come 
noto, 
il 
regolamento 
stabilisce, 
fra 
le 
altre 
cose, che 
la 
richiesta 
di 
asilo debba 
essere 
gestita 
nel 
Paese 
di 
primo 
arrivo: 
un principio diventato insostenibile 
negli 
anni 
di 
picchi 
dei 
flussi 
migratori, 
soprattutto 
per 
i 
Paesi 
pi� 
esposti 
alle 
rotte 
del 
mediterraneo 
come 
Grecia 
ed Italia, di 
fatto pacificamente 
discriminati 
in sede 
di 
equa 
distribuzione 
dei 
migranti. 
Da 
qui 
il 
tentativo 
di 
riforma 
verso 
un 
regolamento 
aggiornato, 
il �Dublino IV�, presentato per la prima volta nel 2016. 


Da 
allora 
sono 
passati 
tre 
anni 
e 
sei 
presidenze 
del 
Consiglio 
ue, 
ma 
i 
negoziati 
non 
riescono 
a 
sbloccarsi. 
CՏ 
stato 
il 
�s�� 
dell�europarlamento 
ormai 
scaduto, ma 
il 
Consiglio ue 
� 
rimasto sempre 
troppo frammentato. la 



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


proposta 
della 
Presidenza 
bulgara 
del 
I semestre 
2018 ha 
tentato di 
offrire 
un 
compromesso aumentando il 
grado di 
responsabilit� 
dei 
Paesi 
(obbligati 
a 
gestire 
un richiedente 
asilo per almeno otto anni), salvo alleggerire 
di 
molto la 
solidariet� 
(gli 
altri 
Paesi 
si 
dovrebbero 
prendere 
in 
carico 
i 
migranti 
solo 
quando 
altrove 
si 
� 
raggiunto 
un 
�sovraccarico� 
del 
180%, 
pagando 
una 
penale 
di 
30mila 
euro 
per 
ogni 
richiedente 
asilo 
respinto). 
tuttavia, 
cinque 
Paesi 
mediterranei 
(Cipro, Grecia, Italia, malta 
e 
Spagna) hanno risposto con un paper 
che 
contestava 
tale 
proposta, chiedendo ad esempio di 
abbreviare 
il 
periodo 
di 
responsabilit� 
da 
otto a 
due 
anni. la 
bocciatura 
della 
proposta 
bulgara 
non 
ha 
poi 
avuto seguito nel 
corso delle 
successive 
presidenze 
austriaca 
e 
romena 
notoriamente contrarie. 


Da 
ultimo, 
a 
giugno 
2018 
sette 
Paesi 
(Austria, 
Italia, 
romania, 
Slovacchia, 
Slovenia, 
Spagna 
ed 
ungheria) 
hanno 
espressamente 
respinto 
la 
proposta. 
In 
tre 
(estonia, 
Polonia, 
regno 
unito) 
si 
sono 
astenuti. 
I 
restanti 
diciotto 
hanno 
lasciato 
aperti 
spiragli 
di 
negoziazione, 
con 
qualche 
sorpresa: 
nell�elenco 
compaiono 
anche 
Cipro, 
Grecia 
e 
malta, 
con 
una 
scelta 
di 
campo 
che 
rischia 
seriamente 
di 
spaccare 
il 
�fronte 
mediterraneo� 
di 
opposizione 
alle 
politiche 
migratorie 
ue. 
Al 
pari 
per 
Polonia 
e 
repubblica 
Ceca 
del 
gruppo 
di 
Visegr�d 
che 
non 
si 
sono 
accodati 
ai 
restanti 
due 
membri 
al 
fine 
di 
rigettare 
la 
proposta. 


In origine 
si 
parlava 
di 
un muro contro muro fra 
europa 
del 
nord ed europa 
del 
Sud. Da 
un lato Germania, Paesi 
Bassi 
e 
Paesi 
scandinavi, favorevoli 
alla 
riforma 
di 
Dublino e, in generale, alle 
politiche 
migratorie 
ue. Dall�altro 
Grecia, Italia 
e 
�colleghi� 
del 
Sud europa, penalizzati 
da 
un sistema 
che 
pacificamente 
ne sovraccarica i confini. 

nel 
frattempo, 
per�, 
l�ascesa 
dei 
populismi 
e 
del 
blocco 
dell�est 
europa 
ha 
rimescolato 
le 
carte 
in 
tavola, 
fino 
a 
provocare 
una 
divisione 
in 
due 
fazioni 
pi� 
articolate: 
a) 
un�asse 
dell�europa 
centro-orientale 
che 
respinge 
in 
blocco 
il 
disegno 
di 
Dublino, 
capeggiata 
da 
Austria 
(Kurz), 
ungheria 
(orban) 
e 
Italia 
(Salvini), 
accanto 
ai 
leaders 
di 
romania 
(D.ncil.), 
Slovacchia 
(Pellegrini) 
e 
Slovenia 
(.arec); 
b) 
l�asse 
dei 
Paesi 
dell�europa 
del 
Centro-
nord, 
disponibile 
al 
negoziato, 
con 
l�adesione 
a 
sorpresa 
di 
Cipro, 
Grecia 
e 
malta. 
In 
questo 
caso 
il 
timone 
avrebbe 
dovuto 
essere 
nelle 
mani 
della 
Germania, 
ma 
la 
posizione 
di 
Berlino 
� 
sfumata 
fino 
a 
diventare 
pi� 
titubante 
che 
aperta 
alla 
riforma. 
la 
decisione 
� 
da 
ultimo 
passata 
al 
presidente 
del 
Consiglio 
ue, 
ma 
� 
improbabile 
che 
le 
trattative 
portino 
in 
qualche 
direzione 
nel 
breve 
termine. 


Appare 
evidente 
che 
mentre 
l�accademia, italiana 
ed europea, appare 
affaccendata 
a 
sostenere 
discutibili 
posizioni 
liberal-globaliste 
sia 
a 
�tutela� 
dell�immigrazione 
clandestina 
per mere 
finalit� 
economiche 
e 
non certo per 
effettive 
persecuzioni 
politiche 
(salvo 
eritrei, 
somali 
e 
siriani) 
che 
dell�unione 
monetaria 
europea 
ed annessi 
trattati 
(Fiscal 
Compact 
in primis) che 
hanno 



rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


strangolato l�economia 
nazionale 
italiana 
per la 
�gioia� 
dell�establishment 
e 
delle 
�lite 
filo-europeisti, gi� 
alla 
guida 
del 
governo italiano con il 
corollario 
degli 
interessi 
delle 
lobbies 
bancarie 
e 
cooperativistiche, 
gli 
altri 
ventisette 
Paesi 
ue 
hanno trasformato Grecia 
ed Italia 
nel 
classico �deposito� 
di 
clandestini 
sovente dediti ad attivit� criminali. 


In 
termini 
di 
solidariet� 
europea 
circa 
rifugiati 
e 
migranti, 
risulta 
pacifico 
che 
l�Italia 
� 
stata 
lasciata 
sola 
dall�europa. rispetto agli 
enormi 
costi 
sostenuti, 
il 
nostro Paese 
(e 
per esso i 
tre 
Governi 
succeduti 
nella 
XVII legislatura 
(letta, renzi 
e 
Gentiloni) si 
� 
accontentato di 
ben poco: 
stando ai 
dati 
forniti 
dalla 
Commissione 
ue, 
tra 
il 
2014 
e 
il 
2020 
all�Italia 
sono 
stati 
destinati 
finora 
847 milioni 
di 
euro, di 
cui 
653 provengono dal 
Fondo per l�asilo e 
193 come 
assistenza 
d�emergenza. Cifre 
comunque 
contenute 
rispetto a 
quanto il 
nostro 
Paese 
dichiara 
di 
spendere 
in questo settore 
tra 
accoglienza 
e 
assistenza: 
nel 
2017, il 
ministero dell�economia 
ha 
certificato spese 
per 4,3 miliardi. Il 
contributo 
ue, secondo i 
calcoli 
dello stesso ministero, ammonta 
a 
77 milioni: 
si 
tratta di mere briciole. 


In 
cambio 
i 
governi 
della 
sinistra 
italiana 
filo-immigrazione 
per 
interessi 
cooperativistici, 
hanno 
ottenuto 
la 
flessibilit� 
sui 
conti. 
ossia, 
hanno 
potuto 
non 
conteggiare 
i 
miliardi 
spesi 
per 
i 
migranti 
nel 
calcolo 
del 
deficit 
di 
bilancio, 
avendo 
cos� 
maggiori 
margini 
di 
manovra 
per 
altri 
investimenti 
senza 
venire 
meno 
alle 
regole 
del 
deleterio 
�trattato 
sulla 
stabilit�, 
sul 
coordinamento 
e 
sulla 
governance� 
quale 
�meglio� 
conosciuto 
con 
il 
nome 
di 
Fiscal 
Compact. 
la 
responsabilit� 
della 
sinistra 
italiana 
risulta 
evidente 
nei 
confronti 
dell�abbandono 
europeo 
in 
punto 
di 
migrazioni 
ma 
del 
resto 
rima 
con 
la 
classica 
e 
notoria 
incapacit� 
diplomatica 
ed 
internazionale 
della 
medesima 
parte 
politica. 
la 
�sostituzione 
di 
popoli� 
cui 
stiamo 
lentamente 
assistendo 
in 
Italia 
ha 
due 
evidenti 
colpevoli: 
l�establishment 
europeo 
guidato 
dai 
Paesi 
nordici 
e 
centro-orientali 
nonch� 
l�oligarchia 
del 
Partito 
Democratico 
che 
ha 
guidato 
il 
Paese 
nei 
cinque 
lunghi 
maledetti 
anni 
che 
-a 
partire 
dall�operazione 
del 
2013, 
tanto 
unilaterale 
quanto 
demagogica, 
mare 
Nostrum 
hanno 
trasformato 
i 
confini 
marini 
italiani 
in 
un 
autentico 
colabrodo 
perfetto 
per 
i 
cd. 
�taxi 
del 
mare� 
di 
supposte 
onG 
ben 
sovente 
in 
assenza 
di 
trasparenza 
alcuna 
circa 
il 
loro 
finanziamento 
da 
parte 
d�imprecisate 
lobbies 
finanziarie 
ovvero 
riconducibili 
a 
Paesi 
che 
in 
tal 
modo 
supportano 
il 
trasferimento 
dei 
clandestini 
in 
Italia 
in 
luogo 
dei 
medesimi 
(in 
primis 
malta 
ma 
anche 
Francia 
e 
Germania). 


Combattere 
il 
cd. 
�inforestieramento� 
nei 
confronti 
dell�immigrazione 
clandestina 
per finalit� 
economiche 
� 
un dovere 
per ogni 
Paese, a 
maggior ragione 
laddove 
siano azzerati 
gli 
obblighi 
di 
solidariet� 
europea 
(che 
appaiono 
valere 
solo per versare 
fondi 
di 
sviluppo agli 
illiberali 
Paesi 
dell�europa 
centro-
orientale, proprio quelli 
che 
per primi 
sono venuti 
meno ai 
doveri 
di 
relocation), 
ma 
non 
anche 
per 
l�establishment 
europeo 
e 
per 
il 
globalismo 



leGISlAzIone 
eD 
AttuAlIt� 


buonista, 
italiano 
o 
internazionale 
che 
sia, 
che 
seguitano 
ad 
accusare 
in 
chiave 
razzista 
il 
governo 
italiano 
a 
matrice 
sovranista 
per 
la 
sua 
capacit� 
di 
chiudere, 
e finalmente, i porti siciliani alle navi illegali. 


lungi 
dal 
voler 
essere 
apparso 
qui 
troppo 
irridente 
ovvero 
poco 
rispettoso 
delle 
posizioni 
altrui 
aventi 
carattere 
aperturista 
ovvero 
liberal-globalista, 
n� 
assertivo 
al 
punto 
tale 
d�esprimere 
affermazioni 
nette 
-posti 
gli 
evidenti 
limiti 
degli 
approfondimenti 
che 
il 
presente 
lavoro 
ovviamente 
e 
legittimamente 
non 
pu� 
contenere 
-sՏ 
inteso 
assicurare 
il 
�minimo 
sindacale� 
per 
un 
luogo 
che 
intende 
ospitare 
discussioni 
serene 
tra 
menti 
libere, 
sine 
ira 
et 
studio, 
a 
peculiare 
favore 
del 
populismo 
sovranista 
ed 
avverso 
il 
lento 
�sgocciolio� 
indiscriminato 
del 
Continente 
africano 
in 
europa 
e 
particolarmente 
in 
Italia. 
Peraltro, 
ed 
al 
contrario, 
la 
letteratura 
dal 
forte 
stile 
assertivo, 
quasi 
mai 
argomentativo 
e 
problematico, 
e 
dunque 
tesa 
a 
dissimulare 
quella 
continua 
dialettica, 
dirimente 
requisito 
del 
dibattito 
accademico, 
si 
registra 
fra 
i 
sostenitori 
del 
diritto 
costituzionale 
indiscriminato 
all�accoglienza 
ed 
al 
conseguente 
asilo 
politico 
a 
prescindere 
dalla 
situazione 
di 
conflitto 
del 
Paese 
d�origine 
dei 
clandestini, 
agitando 
insussistenti 
spauracchi 
discriminatori 
e 
cos� 
pure 
artatamente 
falsando 
il 
dibattito 
sulla 
dicotomia 
migranti 
politici 
aventi 
diritto 
all�asilo 
versus 
migranti 
economici 
privi 
di 
alcun 
diritto 
alla 
permanenza 
sul 
territorio 
nazionale 
e 
legittimamente 
rimpatriati 
al 
Paese 
d�origine. 


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rASSeGnA 
AVVoCAturA 
Dello 
StAto - n. 2/2019 


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in Common market Law review, 2016, 1545 ss. 
VArJu 
m., 
Veronika 
Czina 
Hitting 
where 
it 
hurts 
the 
most: 
Hungary�s 
Legal 
Challenge 
against the EU�s refugee Quota System, in VerfassungBlog, 17 february 2016. 
VIKArSKA 
z., 
The 
Slovak 
Challenge 
to 
the 
asylum-Seekers�relocation 
Decision: 
a 
Balancing 
act Tuesday, in EU Law analysis, 29 december 2015. 



CONTRIBUTIDIDOTTRINA
Soggetti pubblici operanti nell�economia 


Michele Gerardo* 


Sommario: 1. Soggetti 
operanti 
nell�economia: aspetti 
generali 
- 2. Pubblica amministrazione 
che 
esercita direttamente 
attivit� economica (cd. impresa di 
diritto pubblico o impresa-
organo) - 3. Enti 
pubblici 
economici 
(cd. impresa pubblica di 
diritto comune) - 4. Enti 
privati 
partecipati 
da 
enti 
pubblici 
-5. 
(segue) 
Enti 
privati 
partecipati 
da 
enti 
pubblici. 
in 
specie 
associazioni 
e 
fondazioni 
-6. 
(segue) 
Enti 
privati 
partecipati 
da 
enti 
pubblici. 
in 
specie 
le 
societ� - 7. (segue) Enti 
privati 
partecipati 
da enti 
pubblici. in specie 
le 
societ� in house 



8. imprese 
che 
agiscono in settori 
di 
rilevante 
interesse 
per 
la collettivit� (cd. public 
utilities) 
- 9. Enti �funzionalizzati�: organismi di diritto pubblico - 10. Conclusioni. 
1. Soggetti operanti nell�economia: aspetti generali. 
Il 
mondo 
della 
produzione 
e 
scambio 
di 
beni 
o 
di 
servizi, 
con 
metodo 
economico, 
ha 
quale 
protagonista 
l�imprenditore, 
ossia 
quel 
soggetto 
che 
svolge attivit� economica rivolta al mercato. 


La 
produzione 
e 
lo 
scambio 
di 
beni 
o 
di 
servizi, 
a 
seconda 
della 
disciplina 
positiva, pu� essere 
svolta 
con il 
modello dell�impresa, ma 
anche 
con modelli 
diversi 
dall�impresa, 
quali 
quelli 
a 
carattere 
sociale. 
Il 
servizio 
sanitario 
svolto 
da 
un 
ente 
pubblico, 
ad 
esempio, 
in 
Italia, 
non 
� 
modellato 
sull�impresa, 
atteso 
che 
viene 
garantita 
la 
prestazione 
di 
servizi 
sanitari 
gratuiti 
agli 
utenti. Vuol 
dirsi 
che 
� 
l�ordinamento positivo a 
connotare 
i 
caratteri 
di 
una 
determinata 
attivit� diretta alla produzione e scambio di beni o di servizi. 

Imprenditore 
-avendo 
ad 
archetipo 
la 
definizione 
del 
Giudice 
dell�Unione 
Europea 
nell�applicazione 
della 
normativa 
europea 
sulla 
concorrenza 
-� 
qualsiasi 
entit�, 
pubblica 
o 
privata, 
persona 
fisica 
o 
giuridica, 
che 
svolga 
un�attivit� 
economicamente 
rilevante 
(consistente, cio�, nell�offrire 
beni 
o servizi 
su un 


(*) Avvocato dello Stato. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


determinato mercato). L�attivit� 
economica 
pu� rivestire 
carattere 
industriale 


o 
commerciale 
o 
di 
prestazione 
di 
servizi; 
deve 
rispettare, 
quantomeno 
il 
principio 
di 
economicit�, ossia 
di 
copertura 
dei 
costi 
con i 
ricavi. non � 
imprenditore 
l�ente 
che 
gestisce 
un 
servizio 
pubblico 
di 
carattere 
sociale, 
la 
cui 
attivit� 
� 
svolta 
secondo principi 
estranei 
alle 
leggi 
di 
mercato o che 
agisce 
in veste 
di 
pubblica 
autorit�, avvalendosi 
di 
prerogative 
che 
esorbitano dal 
diritto comune, 
di privilegi e di poteri coercitivi sui privati. 
In particolare, nell�ambito dei 
servizi 
di 
interesse 
generale 
vanno distinti 
i servizi sociali ed i servizi di interesse economico generale. 


I 
servizi 
sociali 
-quali 
i 
servizi 
sanitari, 
l�assistenza 
a 
lungo 
termine, 
i 
servizi 
previdenziali, 
i 
servizi 
per 
l�occupazione, 
i 
servizi 
scolastici 
-sono 
ispirati 
al 
principio di 
solidariet� 
e 
sono erogati 
senza 
il 
vincolo del 
principio di 
economicit�. Vengono in rilievo servizi 
organizzati 
secondo il 
modello burocratico. 
Con l�adozione 
di 
tale 
modello, l�attivit� 
diviene 
un�articolazione 
di 
un apparato amministrativo, nel 
seno del 
quale 
non si 
differenzia 
se 
non per 
aspetti 
gestionali, come 
per esempio una 
qualche 
autonomia 
organizzativa 
o 
finanziaria. 
L�erogazione 
del 
servizio 
pu� 
procurare 
proventi 
(l�ente 
previdenziale, 
per esempio, impone 
e 
percepisce 
contributi 
per poter erogare 
assegni 
e 
pensioni; 
l�ente 
sanitario pu� percepire 
un ticket 
per la 
prestazione); 
tuttavia 
non opera 
il 
principio di 
economicit� 
della 
gestione. Il 
dato caratterizzante 
� 
che 
l�organizzazione 
segue 
il 
tipo 
delle 
organizzazioni 
amministrative 
in 
senso 
stretto 
e 
ne 
segue 
le 
tecniche 
procedimentali 
nei 
rapporti 
giuridici 
tra 
erogatore 
del 
servizio e 
fruitore 
del 
servizio (con esclusione 
di 
rapporti 
di 
natura 
contrattuale) 
(1). 


I 
servizi 
di 
interesse 
economico 
generale 
sono 
erogati 
da 
un 
ente 
utilizzando 
il 
sistema 
di 
mercato; 
tale 
ente 
� 
da 
qualificare 
imprenditore 
-come 
confermato 
dall�art. 
106, 
comma 
2, 
T.F.U.E. 
di 
seguito 
esaminato 
-atteso 
che 
viene 
svolta 
una 
attivit� 
economica 
nel 
rispetto 
del 
principio 
di 
economicit� 
(2). 


Questo � 
un settore 
nel 
quale 
forte 
� 
l�influenza 
del 
diritto dell�Unione 
Europea. Il 
modello - declinato nei 
Trattati 
(T.U.E 
e 
T.F.U.E.) e 
nelle 
fonti 
derivate 
- � quello di un�economia liberale aperto alla libera concorrenza (3). 


(1) Per tali 
rilievi: 
M.S. GIAnnInI, Diritto pubblico dell�economia, III edizione, Il 
Mulino, 1989, 
p. 142. 
(2) Su tali aspetti, G. TESAUro, Diritto dell�Unione Europea, CEDAM, 2012, pp. 630-637. 
(3) Art. 3, comma 
3, T.U.E.: 
�L'Unione 
instaura un mercato interno. Si 
adopera per 
lo sviluppo 
sostenibile 
dell'Europa, 
basato 
su 
una 
crescita 
economica 
equilibrata 
e 
sulla 
stabilit� 
dei 
prezzi, 
su 
un'economia 
sociale 
di 
mercato 
fortemente 
competitiva, 
che 
mira 
alla 
piena 
occupazione 
e 
al 
progresso 
sociale, e 
su un elevato livello di 
tutela e 
di 
miglioramento della qualit� dell'ambiente. Essa promuove 
il 
progresso scientifico e 
tecnologico�; 
art. 119, comma 
1, T.F.U.E.: 
�ai 
fini 
enunciati 
all'articolo 3 del 
trattato sull'Unione 
europea, l'azione 
degli 
Stati 
membri 
e 
dell'Unione 
comprende, alle 
condizioni 
previste 
dai 
trattati, l'adozione 
di 
una politica economica che 
� 
fondata sullo stretto coordinamento delle 
politiche 
economiche 
degli 
Stati 
membri, 
sul 
mercato 
interno 
e 
sulla 
definizione 
di 
obiettivi 
comuni, 
condotta conformemente 
al 
principio di 
un'economia di 
mercato aperta e 
in libera concorrenza�; 
art. 

DoTTrInA 
197 


In tale 
modello vi 
sono regole 
della 
concorrenza 
applicabili 
alle 
imprese 
(artt. 101-105 T.F.U.E. e fonti derivate), ossia: 


-il 
divieto di 
cartelli. Art. 101, comma 
1, T.F.U.E.: 
�Sono incompatibili 
con il 
mercato interno e 
vietati 
tutti 
gli 
accordi 
tra imprese, tutte 
le 
decisioni 
di 
associazioni 
di 
imprese 
e 
tutte 
le 
pratiche 
concordate 
che 
possano pregiudicare 
il 
commercio tra Stati 
membri 
e 
che 
abbiano per 
oggetto o per 
effetto 
di 
impedire, 
restringere 
o 
falsare 
il 
gioco 
della 
concorrenza 
all'interno 
del 
mercato 
interno�; 
il 
secondo 
comma 
dell�articolo 
dispone: 
�Gli 
accordi 
o 
decisioni, 
vietati 
in 
virt� 
del 
presente 
articolo, 
sono 
nulli 
di 
pieno 
diritto�. 
norma 
omologa, 
per 
le 
intese 
restrittive 
della 
libert� 
di 
concorrenza 
di 
ambito 
nazionale, � l�art. 2 L. 10 ottobre 1990, n. 287; 
-il 
divieto 
di 
abuso 
di 
posizione 
dominante. 
Art. 
102 
T.F.U.E.: 
�� 
incompatibile 
con il 
mercato interno e 
vietato, nella misura in cui 
possa essere 
pregiudizievole 
al 
commercio tra Stati 
membri, lo sfruttamento abusivo da parte 
di 
una o pi� imprese 
di 
una posizione 
dominante 
sul 
mercato interno o su una 
parte 
sostanziale 
di 
questo�. norma 
omologa, per l�abuso di 
posizione 
dominante 
di ambito nazionale, � l�art. 3 L. n. 287/1990; 


-il 
controllo sulle 
concentrazioni 
(regolamento (CE) 20 gennaio 2004, 
n. 139 del 
Consiglio). Le 
concentrazioni 
tra 
imprese 
- a 
seguito di 
fusione, di 
controllo societario, mediante 
creazione 
di 
societ� 
comune 
- possono determinare 
una 
restrizione 
della 
concorrenza; 
sicch� 
le 
operazioni 
di 
concentrazione 
vanno 
previamente 
valutate 
dalle 
Autorit�. 
norme 
omologhe, 
nell�ambito nazionale, sono gli artt. 4-7 L. n. 287/1990. 
Vi 
sono altres� 
regole 
della 
concorrenza 
applicabili 
agli 
Stati 
(artt. 106109 
T.F.U.E. 
e 
fonti 
derivate), 
imponenti 
la 
neutralit� 
della 
condotta 
dello 
Stato 
nell�attivit� di mercato: 


-art. 106, commi 
1 e 
2, T.F.U.E.: 
�1. Gli 
Stati 
membri 
non emanano n� 
mantengono, nei 
confronti 
delle 
imprese 
pubbliche 
e 
delle 
imprese 
cui 
riconoscono 
diritti 
speciali 
o 
esclusivi, 
alcuna 
misura 
contraria 
alle 
norme 
dei 
trattati, specialmente 
a quelle 
contemplate 
dagli 
articoli 
18 [divieto di 
ogni 
discriminazione 
in base 
alla 
nazionalit�] e 
da 101 a 109 inclusi. 2. Le 
imprese 
incaricate 
della gestione 
di 
servizi 
di 
interesse 
economico generale 
o aventi 
carattere 
di 
monopolio 
fiscale 
sono 
sottoposte 
alle 
norme 
dei 
trattati, 
e 
in 
particolare 
alle 
regole 
di 
concorrenza, 
nei 
limiti 
in 
cui 
l'applicazione 
di 
tali 
norme 
non 
osti 
all'adempimento, 
in 
linea 
di 
diritto 
e 
di 
fatto, 
della 
specifica 
missione 
loro affidata. Lo sviluppo degli 
scambi 
non deve 
essere 
compromesso in mi120 
T.F.U.E.: 
�Gli 
Stati 
membri 
attuano la loro politica economica allo scopo di 
contribuire 
alla realizzazione 
degli 
obiettivi 
dell'Unione 
definiti 
all'articolo 
3 
del 
trattato 
sull'Unione 
europea 
e 
nel 
contesto 
degli 
indirizzi 
di 
massima di 
cui 
all'articolo 121, paragrafo 2. Gli 
Stati 
membri 
e 
l'Unione 
agiscono nel 
rispetto dei 
principi 
di 
un'economia di 
mercato aperta e 
in libera concorrenza, favorendo un'efficace 
allocazione delle risorse, conformemente ai principi di cui all'articolo 119�. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


sura contraria agli 
interessi 
dell'Unione�. 
All�evidenza, l�ordinamento unionistico 
ha 
un atteggiamento di 
neutralit� 
rispetto alla 
propriet� 
pubblica 
o privata 
delle 
imprese, 
sempre 
che 
siano 
assicurate 
condizioni 
di 
parit� 
concorrenziale. 
Sicch� 
la 
decisione 
se 
favorire 
o 
contrastare 
il 
fenomeno 
delle 
societ� in mano pubblica dipende da scelte esclusivamente nazionali; 


-art. 107, comma 
1, T.F.U.E.: 
�Salvo deroghe 
contemplate 
dai 
trattati, 
sono incompatibili 
con il 
mercato interno, nella misura in cui 
incidano sugli 
scambi 
tra 
Stati 
membri, 
gli 
aiuti 
concessi 
dagli 
Stati, 
ovvero 
mediante 
risorse 
statali, sotto qualsiasi 
forma che, favorendo talune 
imprese 
o talune 
produzioni, 
falsino o minaccino di falsare la concorrenza�. 
Anche 
la 
nostra 
Costituzione 
riconosce 
il 
principio della 
libera 
concorrenza, 
enunciando, all�art. 41, che 
�L'iniziativa economica privata � 
libera. 
Non 
pu� 
svolgersi 
in 
contrasto 
con 
l'utilit� 
sociale 
o 
in 
modo 
da 
recare 
danno 
alla 
sicurezza, 
alla 
libert�, 
alla 
dignit� 
umana. 
La 
legge 
determina 
i 
programmi 
e 
i 
controlli 
opportuni 
perch� 
l'attivit� economica pubblica e 
privata 
possa essere 
indirizzata e 
coordinata a fini 
sociali�, con la 
precisazione 
che 
�a 
fini 
di 
utilit� generale 
la legge 
pu� riservare 
originariamente 
o trasferire, 
mediante 
espropriazione 
e 
salvo indennizzo, allo Stato, ad enti 
pubblici 
o a 
comunit� 
di 
lavoratori 
o 
di 
utenti 
determinate 
imprese 
o 
categorie 
di 
imprese, 
che 
si 
riferiscano 
a 
servizi 
pubblici 
essenziali 
o 
a 
fonti 
di 
energia 
o 
a 
situazioni 
di 
monopolio ed abbiano carattere 
di 
preminente 
interesse 
generale� 
(art. 43 
Cost.). 


Alla 
stregua 
del 
delineato 
modello 
anche 
la 
pubblica 
amministrazione, 
oltre 
che 
intervenire 
come 
regolatore, pu� direttamente 
svolgere 
attivit� 
economica, 
quale 
operatore 
economico, 
purch� 
siano 
rispettate 
le 
regole 
della 
concorrenza. ovviamente 
lo svolgimento diretto di 
attivit� 
economica 
- imposto 
dalla 
legge 
o scaturente 
da 
autonoma 
decisione 
amministrativa 
- � 
possibile 
solo in quanto funzionale al perseguimento di finalit� pubblicistiche. 


Le 
modalit� 
con 
le 
quali 
l�amministrazione 
pubblica 
agisce 
come 
imprenditore 
sono riconducibili a tre: 


a) 
esercizio diretto di attivit� economica rivolta al mercato; 


b) 
creazione 
di 
un 
ente 
ad 
hoc, 
distinto 
dall�ente 
di 
riferimento, 
che 
svolge 
in 
via 
esclusiva 
o 
prevalente 
attivit� 
economica 
(cd. 
ente 
pubblico 
economico); 


c) 
azionista 
in societ� 
di 
diritto privato o partecipante 
in altro ente 
di 
diritto 
privato (4). 

(4) Sulla 
problematica, ex 
plurimis: 
S. D�ALbErGo, impresa pubblica, in Novissimo Digesto, vol. 
VIII, UTET, 1962, pp. 378-382; 
V. oTTAVIAno, impresa pubblica, in Enciclopedia del 
Diritto, vol. XX, 
Giuffr�, 1970, pp. 669-691; 
M.S. GIAnnInI, Diritto pubblico dell�economia, cit., pp. 125-173; 
G. CoT-
TIno, ascesa e 
tramonto dello Stato imprenditore: morte 
e 
resurrezione?, in Storia d�italia, 
annali 
14, 
Legge 
Diritto Giustizia, Einaudi, 1998, pp. 299-336; 
F.G. SCoCA 
(a 
cura 
di), Diritto amministrativo, III 
ed., Giappichelli, 2014, pp. 147-156. 

DoTTrInA 
199 


2. 
Pubblica 
amministrazione 
che 
esercita 
direttamente 
attivit� 
economica 
(cd. 
impresa di diritto pubblico o impresa-organo). 
ricorre 
la 
figura 
dell�impresa 
di 
diritto 
pubblico 
o 
impresa-organo 
allorch� 
l�ente 
pubblico 
adotta 
un 
modello 
imprenditoriale 
e 
svolge 
direttamente 
attivit� 
economica 
rivolta 
al 
mercato, 
mediante 
una 
data 
branca 
del 
proprio 
apparato 
amministrativo, 
dotato 
di 
forti 
autonomie 
organizzative 
(le 
amministrazioni 
autonome 
nell�ambito 
di 
un 
Ministero; 
le 
Aziende 
municipalizzate 
nell�ambito 
del 
Comune). 
Viene 
in 
rilievo 
l�impresa 
di 
diritto 
pubblico 
(5). 
In 
questi 
casi 
l�attivit� 
d�impresa 
� 
per 
definizione 
secondaria 
ed 
accessoria 
rispetto 
ai 
fini 
istituzionali 
dell�ente 
pubblico. 
Si 
parla 
perci� 
anche 
di 
impresa-organo 
(6). 


L�autonomia 
organizzatoria 
dell�impresa-organo 
� 
molto 
ampia, 
poich� 
l�impresa 
ha, 
oltre 
che 
organi 
propri 
e 
personale 
proprio, 
proprie 
entrate 
che 
derivano 
direttamente 
dalla 
sua 
qualit� 
di 
imprenditore 
(sono 
cio� 
corrispettivi 
dei 
contratti 
che 
conclude 
con 
gli 
utenti), 
proprio 
patrimonio, 
proprio 
bilancio. 


L�impresa-organo ha 
un rapporto di 
subordinazione 
con l�ente 
di 
riferimento, 
con un contenuto di direzione e, in alcuni settori, gerarchico. 


L�impresa-organo, e 
stesso discorso vale 
per l�ente 
pubblico economico, 
tuttavia 
difetta 
di 
un requisito fondamentale 
dell�impresa 
privata: 
quello del 
rischio d�impresa 
e 
delle 
sue 
conseguenze. Difatti, in essi 
� 
totalmente 
modificato 
l�elemento rischio, in quanto le 
responsabilit� 
patrimoniali 
hanno, per 
legge, copertura 
da 
parte 
dell�ente 
pubblico di 
direzione, ed il 
rischio si 
trasforma 
in responsabilit� 
amministrative 
e 
politiche 
degli 
amministratori 
del-
l�impresa 
e 
di 
quelli 
dell�ente 
di 
direzione. 
Inoltre 
l�esistenza 
dei 
poteri 
di 
direzione 
dell�ente 
di 
riferimento fa 
s� 
che 
una 
fascia, pi� o meno ampia, di 
scelte 
di 
indirizzo 
imprenditoriale, 
e 
di 
riflesso, 
di 
decisione 
contrattuale, 
passi 
dagli 
organi 
dirigenti 
dell�impresa 
a 
quelli 
dell�ente 
di 
direzione. 
In 
ogni 
caso, 
per queste 
imprese 
si 
ha 
una 
dissociazione 
fra 
il 
potere 
di 
indirizzo politico-
amministrativo 
e 
potere 
di 
determinazione 
gestionale, 
il 
primo 
degli 
organi 
degli enti di direzione, il secondo degli organi imprenditoriali (7). 


� 
questo il 
modello pi� antico di 
esercizio diretto di 
attivit� 
economica 
da 
parte 
di 
un 
ente 
pubblico, 
un 
tempo 
molto 
diffuso 
ed 
oggi 
recessivo. 
Di 
tale 
modalit� 
vi 
� 
l�eco nel 
Codice 
Civile, il 
quale 
all�art. 2093 cos� 
dispone: 
�Le 
disposizioni 
di 
questo 
libro 
si 
applicano 
agli 
enti 
pubblici 
[rectius: 
gli 
enti 
pubblici 
economici] inquadrati 
nelle 
associazioni 
professionali. agli 
enti 
pubblici 
non inquadrati 
[rectius: il 
nostro caso] 
si 
applicano le 
disposizioni 


(5) Per tale 
qualificazione: 
A.M. SAnDULLI, manuale 
di 
diritto amministrativo, vol. II, XV 
edizione, 
Jovene, 1989, pp. 1146-1147. 
(6) G.F. CAMPobASSo, Diritto commerciale. 1. Diritto dell�impresa, UTET, V ed., 2006, p. 76. 
(7) Per tali rilievi: M.S. GIAnnInI, Diritto pubblico dell�economia, cit., pp. 144-145. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


di 
questo 
libro, 
limitatamente 
alle 
imprese 
da 
essi 
esercitate. 
Sono 
salve 
le 
diverse 
disposizioni della legge�. 


Gli 
enti 
pubblici 
titolari 
di 
imprese-organo, 
ossia 
gli 
enti 
che 
svolgono 
attivit� 
imprenditoriale 
in 
modo 
accessorio 
sono 
sottoposti 
-in 
virt� 
del 
citato 
art. 
2093 
c.c. 
-allo 
statuto 
generale 
dell�imprenditore 
(disciplina 
dell�azienda, 
della 
concorrenza, 
ecc.), 
nonch�, 
ove 
l�attivit� 
� 
commerciale, 
a 
tutte 
le 
restanti 
norme 
previste 
per 
gli 
imprenditori 
commerciali 
e, 
fra 
l�altro, 
all�obbligo 
della 
tenuta 
delle 
scritture 
contabili 
(artt. 
2214 
e 
ss. 
c.c.), 
per 
il 
quale 
manca 
espressa 
norma 
di 
esonero. 
Tali 
enti, 
invece 
sono 
implicitamente 
esonerati 
dall�obbligo 
di 
iscrizione 
nel 
registro 
delle 
imprese, 
in 
quanto 
prevista 
solo 
per 
gli 
enti 
pubblici 
che 
hanno 
per 
oggetto 
esclusivo 
o 
principale 
un�attivit� 
commerciale 
(art. 
2201 c.c.). Sono inoltre 
espressamente 
esonerati 
dalle 
procedure 
concorsuali 
(art. 2221 c.c.) (8). 


Ci� 
evidenziato 
in 
via 
generale, 
si 
passa 
ora 
all�esame 
delle 
figure 
pi� 
importanti 
della 
categoria, 
ossia: 
amministrazioni 
autonome 
nell�ambito 
di 
un 
Ministero ed Aziende municipalizzate nell�ambito del Comune. 


nell�organizzazione 
di 
alcuni 
Ministeri 
sono incardinate 
organizzazioni 
differenziate 
denominate 
Aziende 
autonome 
dello 
Stato 
o 
amministrazioni 
dello Stato ad ordinamento autonomo (9) (usa 
quest�ultimo termine 
l�art. 1, 
comma 
2, D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165). Le 
Aziende 
sono in genere 
adibite 
ad attivit� 
di 
tipo operativo-produttivo. Il 
modello dell�Azienda 
autonoma 
� 
in via 
di 
superamento (10). L�art. 1 del 
D.L. 5 dicembre 
1991, n. 386, conv. L. 
29 gennaio 1992, n. 35 dispone 
che, tra 
l�altro, le 
aziende 
autonome 
statali, 
possono essere trasformate in societ� per azioni. 

Le 
Aziende 
autonome 
dello 
Stato 
sono 
parte 
dell�organizzazione 
complessiva 
dello 
Stato, 
pur 
separatamente 
connotate 
sul 
piano 
funzionale, 
rispetto 
ai 
Ministeri, 
con, 
pi� 
o 
meno 
ampia, 
autonomia 
decisionale 
e 
contabile. 
Le 
Aziende 
continuano 
ad 
essere 
organi 
del 
rispettivo 
ministero, 
atteso 
che 
sono 
prive 
di 
distinta 
soggettivit�; 
dispongono 
di 
capacit� 
contrattuale 
e 
sono 
titolari 
di 
rapporti 
giuridici 
ed 
altres� 
godono 
di 
una 
legittimazione 
separata 


(8) Per tali 
rilievi 
G.F. CAMPobASSo, Diritto commerciale. 1. Diritto dell�impresa, cit., pp. 77-78. 
(9) Su tali 
figure: 
M.S. GIAnnInI, Diritto pubblico dell�economia, cit., pp. 143-145; 
V. CErULLI 
IrELLI, 
Lineamenti 
del 
diritto amministrativo, VI ed., Giappichelli, 2017, pp. 104-105; 
G. CorSo, manuale 
di 
diritto 
amministrativo, 
VIII 
ed., 
Giappichelli, 
2017, 
p. 
103; 
E. 
CASETTA, 
manuale 
di 
diritto 
amministrativo, 
XVI ed., Giuffr�, 2014, pp. 242-243. 
(10) 
Talune 
Amministrazioni 
autonome 
sono 
state 
soppresse 
(Amministrazione 
autonoma 
di 
monopoli 
dello 
Stato, 
incorporata 
nell�Agenzia 
delle 
Dogane; 
Azienda 
di 
Stato 
per 
le 
foreste 
demaniali; 
Azienda 
di 
Stato 
per 
i 
servizi 
telefonici; 
Azienda 
per 
gli 
interventi 
sul 
mercato 
agricolo-AIMA, 
in 
suo 
luogo 
� 
stata 
istituita 
l�Agenzia 
per 
le 
erogazioni 
in 
agricoltura-AGEA), 
altre 
sono 
state 
trasformate 
(Amministrazione 
autonoma 
delle 
poste 
e 
delle 
telecomunicazioni, 
l�Azienda 
autonoma 
delle 
ferrovie 
dello 
Stato 
e 
l�Azienda 
autonoma 
di 
assistenza 
al 
volo 
per 
il 
traffico 
aereo 
trasformate 
prima 
in 
enti 
pubblici 
economici 
e, 
poi, 
in 
societ� 
per 
azioni; 
l�Azienda 
nazionale 
autonoma 
delle 
strade-AnAS, 
trasformata 
in 
societ� 
per 
azioni; 
la 
Cassa 
depositi 
e 
prestiti 
trasformata 
in 
societ� 
per 
azioni). 

DoTTrInA 
201 


in 
forza 
della 
quale 
stanno 
in 
giudizio 
in 
proprio; 
dispongono 
del 
patrimonio 
dello 
Stato 
per 
lo 
svolgimento 
delle 
attivit�. 
Svolgono 
-nel 
rapporto 
con 
i 
terzi 
-un�attivit� 
prevalentemente 
nelle 
forme 
del 
diritto 
privato 
dalla 
quale 
ricavano, 
in 
tutto 
o 
in 
parte, 
le 
risorse 
che 
servono 
per 
la 
loro 
attivit�, 
amministrando 
in 
modo 
autonomo 
le 
relative 
entrate. 
Sono 
amministrate 
in 
regime 
di 
diritto 
pubblico. 


Prive 
di 
norma 
di 
personalit� 
giuridica, esse 
sono di 
solito rette, con la 
qualit� 
di 
presidente, dal 
Ministro che 
ne 
ha 
altres� 
la 
rappresentanza 
oppure 
da 
una 
persona 
nominata 
dal 
Consiglio dei 
Ministri; 
il 
Ministro � 
affiancato 
da 
un organo collegiale 
(consiglio di 
amministrazione) - da 
lui 
presieduto con 
compiti consultivi e talora deliberativi - e dal direttore generale. 


Tale 
dato comporta 
che 
la 
composizione 
degli 
organi 
dell�Azienda 
autonoma 
costituisce 
diretta 
emanazione 
dell�Amministrazione 
statale, che 
il 
regime 
giuridico 
del 
personale 
da 
esse 
dipendenti 
� 
equiparato 
al 
personale 
statale, che 
la 
modalit� 
di 
approvazione 
del 
bilancio � 
parte 
integrante 
del 
bilancio 
dello Stato. 


Alcune 
Aziende 
restano 
in 
vita 
nel 
vigente 
ordinamento 
-ad 
esempio 
il 
Fondo 
edifici 
di 
culto 
(artt. 
56 
e 
ss. 
L. 
20 
maggio 
1985, 
n. 
222) 
(11) 
-ma 
ormai 
svolgono 
un 
ruolo 
del 
tutto 
marginale 
nel 
complesso 
dell�organizzazione 
dello 
Stato. 


Gli 
enti 
locali 
oltre 
alle 
attivit� 
amministrative 
e 
negoziali 
gestiscono altres� 
servizi 
pubblici 
che 
hanno per oggetto produzione 
di 
beni 
ed attivit� 
rivolte 
a 
realizzare 
fini 
sociali 
e 
a 
promuovere 
lo sviluppo economico e 
civile 
delle comunit� locali (art. 112 D.L.vo n. 267/2000). 


Il 
modello 
storico 
di 
gestione 
dei 
servizi 
pubblici, 
ad 
inizio 
novecento, 
� 
stato 
quello 
delle 
Aziende 
municipalizzate, 
aventi, 
a 
livello 
locale, 
lo 
stesso 
schema 
delle 
Aziende 
o 
Amministrazioni 
autonome 
statali, 
istituite 
dai 
Comuni 
per 
la 
gestione 
di 
uno 
o 
pi� 
servizi 
pubblici 
locali 
(trasporti 
urbani, 
raccolta 
e 
smaltimento 
rifiuti, 
distribuzione 
dell�acqua, 
del 
gas, 
ecc.) 
(12). 
Come 
nelle 
aziende 
o 
Amministrazioni 
autonome 
statali, 
i 
servizi 
municipali 
sono 
amministrati 
in 
regime 
di 
diritto 
pubblico 
e 
vengono 
resi 
ai 
terzi 
in 
regime 
di 
diritto 
civile. 


Le 
Aziende 
municipalizzate 
sono organi 
del 
Comune, dotati 
di 
legittimazione 
separata. 
I 
dipendenti 
non 
sono 
dipendenti 
pubblici 
(ora 
dipendenti 
pubblici 
privatizzati), 
ma 
privati. 
L�autonomia 
organizzatoria 
� 
notevole, 
maggiore 
di 
quella 
delle 
corrispondenti 
aziende 
statali 
nel 
campo finanziario e 
contrattuale. 


(11) Sul 
fondo per il 
culto: 
L.M. DE 
bErnArDIS, Fondo per 
il 
culto, in Novissimo Digesto. appendice, 
Vol. III, UTET, 1982, p. 812. 
(12) La 
disciplina 
� 
operata 
dal 
r.D. 15 ottobre 
1925, n. 2578, recante 
l�approvazione 
del 
testo 
unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


3. Enti pubblici economici (cd. impresa pubblica di diritto comune) (13) 
L�ente 
pubblico economico � 
un ente 
- dotato di 
una 
propria 
personalit� 
giuridica 
(14) 
-che 
in 
via 
esclusiva 
o 
prevalente 
svolge 
un�attivit� 
economica, 
rectius: 
di 
impresa. 
Viene 
in 
rilievo 
l�impresa 
pubblica 
di 
diritto 
comune 
(15). 
L�attivit� 
economica 
implica 
la 
produzione 
di 
beni 
o 
servizi 
(attivit� 
industriale) 
o lo scambio dei 
beni 
(attivit� 
commerciale), con metodo economico, 
ossia 
coprendo almeno i 
costi 
con i 
ricavi. non � 
necessario il 
fine 
di 
lucro, 
ossia 
la 
necessit� 
che 
i 
ricavi 
superino 
le 
spese; 
per 
l�imprenditore 
-anche 
pubblico - � richiesto solo l�economicit� della gestione. 


La 
creazione 
dell�ente 
pubblico 
economico 
� 
motivata 
dalla 
necessit� 
di 
svolgere 
una 
attivit� 
che 
richiede 
procedure 
snelle, 
necessit� 
non 
conseguibile 
con 
le 
regole 
di 
condotte 
della 
amministrazione 
pubblica. 
non 
diversamente 
dagli 
altri 
enti 
pubblici, 
anche 
quelli 
economici 
sono 
caratterizzati 
da 
una 
specifica 
finalit� 
statutaria 
al 
servizio 
di 
obiettivi 
che 
l�interesse 
generale 
vuole 
siano 
perseguiti: 
la 
protezione 
di 
certe 
categorie 
produttrici, 
la 
calmierazione 
dei 
prodotti 
occorrenti 
alla 
soddisfazione 
di 
bisogni 
primari, 
la 
bonifica 
delle 
terre, 
la 
promozione 
di 
certi 
settori 
economici, 
l�incremento 
del 
credito 
in 
certi 
campi 
dell�economia, 
in 
certe 
regioni, 
in 
favore 
di 
certe 
categorie, 
ecc. 
(16). 


L�ente 
pubblico economico ha 
la 
qualit� 
di 
imprenditore, con i 
connotati 
di 
cui 
all�art. 2082 c.c. (17), ed � 
sottoposto, in via 
di 
principio - attesa 
la 
previsione 
del 
citato art. 2093 c.c. secondo cui 
�Le 
disposizioni 
di 
questo libro si 
applicano 
agli 
enti 
pubblici 
inquadrati 
nelle 
associazioni 
professionali�-e 
salve 
le 
deroghe 
di 
legge, 
allo 
statuto 
dell�imprenditore 
in 
generale 
(ditta, 
segni 
distintivi, tutela 
della 
concorrenza, ecc.) e 
allo statuto dell�imprenditore 
commerciale 
(iscrizione 
nel 
registro delle 
imprese, rappresentanza 
commerciale, 
scritture 
contabili, fallimento), se 
svolge 
attivit� 
commerciale. L�ente 
agisce 
tramite 
atti 
negoziali 
- con l�eccezione 
degli 
atti 
di 
autorganizzazione 
- ed � 
sottoposto, in via 
di 
principio e 
salve 
deroghe 
espresse, alle 
norme 
di 
diritto 
privato. 

In ordine allo statuto dell�imprenditore commerciale, si evidenzia che: 


-l�art. 
2201 
c.c. 
dispone 
che 
�Gli 
enti 
pubblici 
che 
hanno 
per 
oggetto 


(13) 
Sull�ente 
pubblico 
economico: 
S. 
CASSESE, 
Ente 
pubblico 
economico, 
in 
Novissimo 
Digesto, 
vol. VI, UTET, 1960, pp. 573-575; 
M.S. GIAnnInI, Diritto amministrativo, vol. I, II ed., Giuffr�, 1988, 
pp. 212-215; 
M. CLArICh, manuale 
di 
diritto amministrativo, III ed., Il 
Mulino, 2017, pp. 342-343; 
L. 
MAzzAroLLI, 
G. 
PErICU, 
A. 
roMAno, 
F.A. 
roVErSI, 
F.G. 
SCoCA 
(a 
cura 
di), 
Diritto 
amministrativo, 
vol. 
I, IV ed., Monduzzi, 2005, pp. 464-467. 
(14) Cos�: F.G. SCoCA 
(a cura di), Diritto amministrativo, cit., p. 148. 
(15) Per tale qualificazione: 
A.M. SAnDULLI, manuale di diritto amministrativo, cit., p. 1147. 
(16) Cos�: 
A.M. SAnDULLI, manuale di diritto amministrativo, cit., p. 1148. 
(17) �� 
imprenditore 
chi 
esercita professionalmente 
una attivit� economica organizzata al 
fine 
della produzione o dello scambio di beni o di servizi�. 

DoTTrInA 
203 


esclusivo o principale 
un'attivit� commerciale 
sono soggetti 
all'obbligo del-
l'iscrizione 
nel 
registro delle 
imprese� 
(18). Alla 
iscrizione 
nel 
registro delle 
imprese, in generale, sono tenute, per effetto di 
novelle 
legislative, anche 
le 
imprese che svolgono attivit� agricole; 


-la 
portata 
generale 
delle 
disposizioni 
sulla 
rappresentanza 
commerciale 
(institori, procuratori, commessi) contenuta 
negli 
artt. 2203-2213 c.c., e 
sulle 
scritture 
contabili 
(artt. 2214-2220 c.c.) comporta 
che 
tali 
istituti 
si 
applicano 
anche all�ente pubblico economico; 
-in continuit� 
con il 
testo originario dell�art. 2221 c.c. - e 
in deroga 
alla 
regola 
per cui 
all�ente 
pubblico economico che 
svolge 
attivit� 
commerciale 
si 
applica 
lo statuto dell�imprenditore 
commerciale 
- l�art. 1 del 
D.L.vo 12 gennaio 
2019, n. 14, recante 
il 
Codice 
della 
crisi 
d'impresa 
e 
dell'insolvenza, dispone 
che 
le 
situazioni 
di 
crisi 
o 
insolvenza 
del 
debitore, 
sia 
esso 
consumatore 
o professionista, ovvero imprenditore 
che 
eserciti, anche 
non a 
fini 
di 
lucro, 
un'attivit� 
commerciale, artigiana 
o agricola, operando quale 
persona 
fisica, 
persona 
giuridica 
o 
altro 
ente 
collettivo, 
gruppo 
di 
imprese 
o 
societ� 
pubblica, 
non si applicano allo Stato e agli enti pubblici; 
-in virt� della 
pi� generale 
norma 
di 
richiamo di 
cui 
all�art. 2093 c.c. le 
norme 
relative 
alla 
gestione 
dell'impresa 
sono, 
in 
linea 
di 
principio 
e 
salvo 
eccezioni, 
estese 
agli 
enti 
economici, comprese 
quelle 
non collocate 
nel 
codice; 
ne 
restano 
invece 
al 
di 
fuori, 
le 
disposizioni 
sulle 
societ�, 
dato 
che 
gli 
enti 
pubblici 
economici sono dotati di una propria e diversa forma giuridica. 
Svolgendo 
attivit� 
di 
impresa 
l�attivit� 
pubblicistica 
� 
marginale, 
limitata 
alla 
potest� 
di 
certificazione 
ed ai 
poteri 
di 
autorganizzazione 
interni, questi 
ultimi 
relativi 
all�individuazione 
del 
disegno organizzativo dell�ente 
(costituzione, 
modificazione 
e 
organizzazione 
degli 
uffici 
e 
nomina 
dei 
titolari 
degli 
uffici 
di 
vertice 
quale, 
ad 
esempio, 
il 
direttore 
generale) 
(19). 
Ci� 
anche 
perch� 
il 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
i 
dipendenti 
� 
sempre 
stato 
di 
diritto 
privato, 
con 
conseguente 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario 
e, 
in 
specie, 
quello 
del 
lavoro 
(art. 
409 c.p.c.: 
�Si 
osservano le 
disposizioni 
del 
presente 
capo nelle 
controversie 
relative 
a: [�] 4) rapporti 
di 
lavoro dei 
dipendenti 
di 
enti 
pubblici 
che 
svolgono 
esclusivamente 
o prevalentemente 
attivit� economica�). Gli 
atti 
di 
gestione 
del 
rapporto 
di 
lavoro 
non 
sono 
atti 
amministrativi, 
ma 
atti 
di 
diritto 
privato. Circostanza, questa, che, prima 
della 
privatizzazione 
del 
cd. pubblico 
impiego, 
differenziava 
considerevolmente 
il 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
l�ente 
pubblico 
economico 
da 
quello 
con 
gli 
altri 
enti 
pubblici. 
Va 
precisato 
che 
il 
D.L.vo 


n. 165/2001 - contenente 
lo statuto del 
rapporto di 
lavoro �privatizzato� 
- non 
(18) 
Le 
modalit� 
operative 
dell�iscrizione 
dell�ente 
pubblico 
nel 
registro 
delle 
imprese 
sono 
fissate 
nell�art. 12 del D.P.r. 7 dicembre 1995, n. 581. 
(19) Ex 
plurimis: 
E. CASETTA, manuale 
di 
diritto amministrativo, cit., p. 256, il 
quale 
richiama 
altres� la prerogativa dell�autotutela. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


si 
applica, giusta 
l�art. 1, comma 
2, agli 
enti 
pubblici 
economici; 
ci� implica 
che 
il 
rapporto di 
lavoro con gli 
enti 
pubblici 
economici 
� 
sottoposto interamente 
- salve 
deroghe 
espresse 
- alle 
norme 
del 
diritto privato, mentre 
il 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
gli 
enti 
pubblici 
non 
economici 
� 
sottoposto 
ad 
una 
disciplina 
speciale 
costituita 
dalle 
norme 
del 
diritto 
privato 
adattate 
alla 
qualit� 
del 
datore 
di 
lavoro (ad es.: 
specialit� 
della 
disciplina 
sullo ius 
variandi, del 
lavoro a termine, ecc.). 

Come 
detto, lo svolgimento di 
attivit� 
economica 
da 
parte 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
a 
mezzo dell�ente 
pubblico economico � 
possibile 
solo in 
quanto funzionale 
al 
perseguimento di 
finalit� 
pubblicistiche. Ci� comporta 
una 
relazione 
organizzativa 
di 
potest�-soggezione, 
e 
in 
specie 
di 
direzione, 
con lo Stato. Questa 
si 
articola 
nello stesso modo che 
in capo agli 
enti 
strumentali; 
difatti 
allo Stato spetta, di 
norma, la 
nomina 
dei 
titolari 
degli 
uffici 
di 
vertice 
degli 
enti 
e 
a 
volte 
la 
revoca 
degli 
stessi, i 
poteri 
di 
indirizzo e 
di 
controllo 
circa 
l�attivit� 
dell�ente, 
il 
potere 
di 
approvare 
gli 
atti 
pi� 
importanti 
dell�ente 
(i 
bilanci, 
i 
programmi 
di 
attivit�, 
ecc.) 
e 
cos� 
via: 
poteri 
che 
si 
esprimono 
nell�adozione 
di 
provvedimenti 
amministrativi. Il 
rapporto di 
strumentalit� 
tra 
lo Stato e 
i 
singoli 
enti 
economici 
� 
un rapporto di 
diritto pubblico, 
come quello relativo agli altri enti (20). 


L�impresa-ente 
pubblico � 
di 
regola 
modellata 
sulla 
corrispondente 
impresa 
privata; 
non avendo struttura 
societaria, non ha 
assemblea 
dei 
soci. organi 
dell�ente 
pubblico 
economico 
sono 
il 
presidente; 
il 
consiglio 
di 
amministrazione; 
il 
collegio 
dei 
sindaci, 
con 
poteri 
analoghi 
a 
quelli 
dei 
sindaci 
delle societ� per azioni. 


Gli 
enti 
pubblici 
economici 
- rientrando normalmente 
fra 
quelli 
a 
cui 
lo 
Stato contribuisce 
in via 
ordinaria 
ex 
L. 21 marzo 1958, n. 259 - sono sottoposti 
al 
controllo 
successivo 
sul 
rendiconto 
ed 
i 
bilanci, rectius: 
sulla 
gestione 
finanziaria, della Corte dei Conti (21). 


La 
qualit� 
di 
ente 
pubblico - in assenza 
di 
deroghe 
espresse 
- comporta 
inoltre 
la 
giurisdizione 
della 
Corte 
dei 
Conti 
sull'azione 
di 
responsabilit� 
a 
carico 
di 
amministratori, funzionari 
ed impiegati 
dell�ente, per atti 
connessi 
al 
rapporto di servizio o d'impiego e produttivi di un danno (22). 


Agli 
enti 
pubblici 
economici 
si 
applica 
la 
disciplina 
relativa 
alla 
respon


(20) Per tali 
aspetti: 
M.S. GIAnnInI, Diritto amministrativo, cit. p. 214; 
V. CErULLI 
IrELLI, Lineamenti 
del 
diritto 
amministrativo, 
cit., 
p. 
124; 
M. 
CLArICh, 
manuale 
di 
diritto 
amministrativo, 
cit., 
p. 
342. 
(21) Conf.: 
V. oTTAVIAno, impresa pubblica, in Enciclopedia del 
Diritto, cit., pp. 687-689. Sulla 
problematica: S. D�ALbErGo, impresa pubblica, cit., pp. 378-382. 
(22) Conf. Cass. S.U. 22 dicembre 
2003, n. 19667, secondo cui, a 
norma 
dell'art. 1, L. n. 20 del 
1994 sussiste 
la 
responsabilit� 
per danno erariale 
nei 
confronti 
di 
amministratori 
di 
enti 
pubblici 
economici, 
istituiti 
per il 
raggiungimento di 
interessi 
pubblici, anche 
se 
perseguano le 
proprie 
finalit� 
istituzionali 
mediante un'attivit� disciplinata in tutto o in parte dal diritto privato. 

DoTTrInA 
205 


sabilit� 
amministrativa 
degli 
enti 
per gli 
illeciti 
amministrativi 
dipendenti 
da 
reato di cui al D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231 (23). 


Giusta 
l�art. 2-bis 
D.L.vo 14 marzo 2013, n. 33, la 
disciplina 
riguardante 
il 
diritto 
di 
accesso 
civico 
e 
gli 
obblighi 
di 
pubblicit�, 
trasparenza 
e 
diffusione 
di 
informazioni 
da 
parte 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
si 
applica 
altres� 
agli 
enti pubblici economici. 


Un 
tempo 
molto 
diffusi 
-soprattutto 
negli 
anni 
�60 
e 
�70 
del 
secolo 
scorso, 
ove 
la 
categoria 
annoverava: 
i 
grandi 
gestori 
di 
servizi 
pubblici 
nazionali; 
gran 
parte 
del 
sistema 
bancario; 
gli 
enti 
di 
gestione 
delle 
partecipazioni 
statali 
(24) 
- oggi 
sono in via 
di 
estinzione, con la 
ritrazione 
dello Stato dalla 
diretta 
presenza 
nell'economia, in conseguenza 
delle 
c.d. privatizzazioni 
operate 
all�inizio 
degli 
anni�90 del 
secolo passato, mediante 
le 
quale 
i 
pi� importanti 
enti 
pubblici 
economici 
sono 
stati 
o 
soppressi 
oppure 
trasformati 
in 
societ� 
per 
azioni o, in casi minori, in fondazioni. Tale vicenda ha riguardato: 


-gli 
enti 
creditizi 
di 
diritto pubblico, ossia 
banco di 
napoli, banco di 
Sicilia, 
banco 
di 
Sardegna, 
Istituto 
S. 
Paolo 
di 
Torino, 
Monte 
dei 
Paschi 
di 
Siena, 
banca 
nazionale 
del 
Lavoro, 
le 
Casse 
di 
risparmio 
(D.L.vo 
20 
novembre 
1990, 
n. 
356). 
Le 
azioni 
delle 
societ� 
scaturenti 
dalla 
trasformazione 
sono 
state 
conferite 
a distinte Fondazioni di diritto privato, create 
ex novo; 
-l'Istituto 
nazionale 
per 
la 
ricostruzione 
industriale 
-IrI, 
l'Ente 
nazionale 
idrocarburi 
EnI, 
l'Istituto 
nazionale 
assicurazioni 
-InA 
e 
l'Ente 
nazionale 
energia 
elettrica 
-EnEL, 
trasformati 
ope 
legis 
in 
societ� 
per 
azioni 
in 
virt� 
dell�art. 
15 
D.L. 
11 
luglio 
1992, 
n. 
333, 
conv. 
L. 
8 
agosto 
1992, 
n. 
359. 
Il 
terzo 
comma 
dell�art. 
15 
ha 
disposto 
che 
�Le 
azioni 
delle 
societ� 
[�] 
[derivanti 
dalla 
trasformazione], sono attribuite 
al 
ministero del 
tesoro. il 
ministro del 
tesoro 
esercita 
i 
diritti 
dell'azionista 
secondo 
le 
direttive 
del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
ministri 
d'intesa con il 
ministro da lui 
delegato, con il 
ministro 
del 
bilancio e 
della programmazione 
economica e 
con il 
ministro dell'industria, 
del commercio e dell'artigianato. [�]�; 


-l�Istituto 
Poligrafico 
e 
zecca 
dello 
Stato, 
trasformato 
in 
societ� 
per 
azioni con l�art. 1 del D.L.vo 21 aprile 1999, n. 116; 
-l�EnAV 
s.p.a., 
derivante 
dalla 
trasformazione 
dell�Ente 
nazionale 
di 
assistenza 
al volo disposta con l�art. 35 della L. 17 maggio 1999, n. 144; 
-l�AnAS 
s.p.a., 
derivante 
dalla 
trasformazione 
dell�Ente 
nazionale 
per 
le 


(23) Tale 
disciplina 
non si 
applica 
allo Stato, agli 
enti 
pubblici 
territoriali, agli 
altri 
enti 
pubblici 
non 
economici 
nonch� 
agli 
enti 
che 
svolgono 
funzioni 
di 
rilievo 
costituzionale 
(art. 
1, 
comma 
3, 
D.L.vo 
n. 231/2001). 
(24) 
ossia 
IrI, 
EnI 
ed 
EFIM, 
con 
funzioni 
di 
holding 
finanziaria. 
Detti 
enti 
erano 
titolari 
in 
modo 
diretto o indiretto delle 
azioni 
delle 
societ� 
partecipate 
dallo Stato ed esercitavano l�influenza 
su queste 
ultime 
attraverso il 
diritto di 
voto nelle 
assemblee 
e 
la 
nomina 
degli 
amministratori. Tali 
enti 
erano sottoposti 
agli 
atti 
di 
indirizzo e 
alle 
direttive 
del 
Ministero delle 
partecipazioni 
statali 
creato nel 
1956 e 
soppresso, in parallelo con le privatizzazioni, negli anni �90 del secolo scorso. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


strade 
(art. 
7, 
comma 
1, 
D.L. 
8 
luglio 
2002, 
n. 
138, 
conv. 
L. 
8 
agosto 
2002, 
n. 
178); 


-la 
SACE 
S.p.A. - Servizi 
Assicurativi 
del 
Commercio Estero, derivante 
dalla 
trasformazione 
dell�Istituto 
per 
i 
servizi 
assicurativi 
del 
commercio 
estero 
(SACE), in virt� dell�art. 6, comma 
1, D.L. 30 settembre 
2003, n. 269, conv. 
L. 24 novembre 2003, n. 326; 
-la 
Cassa 
depositi 
e 
prestiti 
societ� 
per 
azioni 
(CDP 
S.p.A.), 
derivante 
dalla 
trasformazione 
della 
Cassa 
depositi 
e 
prestiti 
disposta 
con 
l�art. 
5 
del 


D.L. n. 269/2003; 
-tutti 
gli 
ulteriori 
enti 
pubblici 
economici 
(art. 1 D.L. 5 dicembre 
1991, 
n. 386, conv. L. 29 gennaio 1992, n. 35; 
art. 18 D.L. n. 333/1992). Sulla 
base 
dell�art. 18 citato si 
� 
proceduto a 
trasformare 
numerosi 
altri 
importanti 
enti. 
Sono 
cos� 
divenute 
societ�, 
tra 
gli 
altri, 
le 
Ferrovie 
dello 
Stato, 
le 
Poste 
Italiane 
nonch�, in sede locale, alcune aziende municipalizzate. 
Va 
distinta 
la 
privatizzazione 
"formale" 
o �fredda�, consistente 
nel 
mero 
mutamento della 
forma 
giuridica 
- trasformazione 
in societ� 
per azioni, con 
l�attribuzione 
della 
titolarit� 
delle 
azioni 
allo 
Stato 
-ed 
una 
"sostanziale" 
o 
�calda�, che 
si 
realizza 
con la 
collocazione 
sul 
mercato della 
totalit� 
o della 
maggior parte 
delle 
azioni. Fin quando il 
controllo � 
in mano allo Stato o al-
l�ente 
pubblico di 
riferimento permane 
il 
controllo della 
Corte 
dei 
Conti 
sulle 
societ� 
derivate 
dalla 
trasformazione 
degli 
enti 
economici; 
ci� � 
stato statuito 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
che, 
risolvendo 
un 
conflitto 
di 
attribuzioni 
sollevato 
dall'organo 
contabile, 
ha 
ritenuto 
che 
fin 
quando 
sussista 
la 
composizione 
prevalentemente 
pubblica 
del 
capitale 
sociale 
- e 
cio� 
finch� 
duri 
la 
privatizzazione 
(solo) 
formale 
-persiste 
il 
controllo 
della 
Corte 
dei 
Conti 
nelle 
medesime 
forme 
gi� 
esercitate 
nei 
confronti 
dell'originario 
ente 
pubblico 
economico 
(25). 


Altra 
causa 
che 
ha 
concorso alla 
estinzione, o quanto meno alla 
perdita 
di 
interesse 
per 
la 
fruibilit� 
del 
modello 
� 
da 
rinvenire 
nella 
cd. 
privatizzazione 
del rapporto di pubblico impiego avviata a partire dal 1993. 

Tra 
i 
pochi 
enti 
pubblici 
economici 
rimasti 
citiamo 
l�Agenzia 
del 
demanio 
ed i consorzi di bonifica (26). 


4. Enti privati partecipati da enti pubblici. 
L�ente 
pubblico sovente 
partecipa, quale 
componente 
di 
minoranza 
o di 


(25) Corte Cost. 28 dicembre 1993, n. 466. 
(26) Secondo Cass. civ. Sez. I, ord., 29 maggio 2019, n. 14668 �ai 
sensi 
della normativa statale 
(r.D. 13 febbraio 1933, n. 215, recante 
"Nuove 
norme 
per 
la bonifica integrale") i 
consorzi 
di 
bonifica, 
costituiti 
tra i 
proprietari 
degli 
immobili 
che 
traggono beneficio dalla bonifica, sono soggetti 
dotati 
di 
personalit� giuridica di 
diritto pubblico, aventi 
natura di 
enti 
pubblici 
economici 
(Sez. L, n. 12242 del 
17/07/2012, rv. 623272 - 01; Sez. L, n. 10992 del 
05/05/2008, rv. 603009 - 01; nonch� 
Cons. Stato, Vi, 
20/5/2011, n. 3020). Le 
funzioni 
amministrative 
in materia di 
bonifica sono state 
trasferite 
dallo Stato 
alle 
regioni 
con il 
D.P.r. 24 luglio 1077, n. 616, che 
le 
hanno poi 
disciplinate 
con specifiche 
leggi 
dedicate 
ai compiti, alla costituzione degli organi e alle modalit� di finanziamento dei consorzi�. 

DoTTrInA 
207 


maggioranza, ad un ente 
di 
diritto privato quale 
associazioni, fondazioni, comitati, 
societ�. Evidentemente 
la 
partecipazione 
� 
ritenuta 
funzionale 
alla 
tutela 
degli interessi pubblici in attribuzione. 

In 
linea 
tendenziale 
l�ente 
partecipato, 
salvo 
deroghe 
normative, 
resta 
sottoposto 
alla 
disciplina 
propria. 
Se 
si 
partecipa 
ad 
una 
associazione 
riconosciuta 
si 
applicano, 
quindi, 
gli 
artt. 
14-34 
c.c.; 
se 
si 
partecipa 
ad 
una 
societ� 
a 
responsabilit� 
limitata 
si 
applicano gli 
artt. 2462-2483 c.c. Il 
fatto della 
partecipazione 
dell�ente 
pubblico, la 
strumentalit� 
dell�ente 
ad un pubblico interesse 
non intacca la disciplina detta. 


Sicch�, 
ad 
esempio, 
un 
ente 
pubblico 
partecipante 
ad 
una 
associazione 
non riconosciuta 
in liquidazione 
non pu� intervenire 
finanziariamente 
in fase 
di 
liquidazione 
qualora 
l'ammontare 
dei 
debiti 
ecceda 
la 
massa 
attiva. Ci� in 
quanto deve 
applicarsi 
in maniera 
inderogabile 
- stante 
il 
divieto di 
finanziamento 
da 
parte 
dell�ente 
pubblico di 
debito altrui 
in assenza 
di 
specifica 
previsione 
normativa 
-l'art. 
38 
c.c. 
che 
sancisce: 
�Per 
le 
obbligazioni 
assunte 
dalle 
persone 
che 
rappresentano 
l'associazione, 
i 
terzi 
possono 
far 
valere 
i 
loro 
diritti 
sul 
fondo 
comune. 
Delle 
obbligazioni 
stesse 
rispondono 
anche 
personalmente 
e 
solidalmente 
le 
persone 
che 
hanno 
agito 
in 
nome 
e 
per 
conto 
dell'associazione" 
(27). 


Di 
regola, 
come 
detto, 
la 
partecipazione 
� 
ritenuta 
funzionale 
alla 
tutela 
degli 
interessi 
pubblici 
in 
attribuzione. 
Ad 
esempio: 
in 
vista 
della 
candidatura 
ad 
ospitare 
un 
evento 
sportivo 
(olimpiade, 
torneo 
sportivo 
internazionale, 
ecc.) 
in 
una 
data 
citt�, 
gli 
enti 
territoriali 
coinvolti 
-Comuni, 
Provincia, 
regione 
-decidono 
di 
costituire 
un 
comitato 
promotore; 
per 
dare 
sostegno 
morale 
ad 
una 
associazione 
di 
beneficenza 
il 
comune 
nel 
cui 
territorio 
vi 
� 
la 
sede 
dell�associazione 
decide 
di 
aderire 
alla 
stessa 
nella 
qualit� 
di 
socio 
promotore; 
per 
creare 
sinergie 
di 
azioni 
la 
regione 
decide 
di 
partecipare 
ad 
una 
fondazione 
culturale. 


Specifiche 
norme 
sono 
state 
dettate 
al 
fine 
di 
evitare 
che 
la 
partecipazione 
di 
un 
ente 
pubblico 
ad 
un 
ente 
privato 
possa 
dare 
luogo 
a 
favoritismi, 
condotte 
opache o conflitti di interesse. Tra queste ricordiamo: 


a) 
l�art. 
6, 
comma 
2, 
D.L. 
31 
maggio 
2010, 
n. 
78, 
conv. 
L. 
30 
luglio 
2010, 


n. 122, per il 
quale 
la 
partecipazione 
agli 
organi 
collegiali, anche 
di 
amministrazione, 
degli 
enti, che 
comunque 
ricevono contributi 
a 
carico delle 
finanze 
pubbliche, nonch� 
la 
titolarit� 
di 
organi 
dei 
predetti 
enti 
� 
onorifica; 
essa 
pu� 
dar luogo esclusivamente 
al 
rimborso delle 
spese 
sostenute 
ove 
previsto dalla 
normativa 
vigente; 
qualora 
siano 
gi� 
previsti 
i 
gettoni 
di 
presenza 
non 
possono 
superare 
l'importo 
di 
30 
euro 
a 
seduta 
giornaliera. 
La 
violazione 
di 
quanto 
previsto 
determina 
responsabilit� 
erariale 
e 
gli 
atti 
adottati 
dagli 
organi 
degli 
enti 
(27) Conf. Corte dei Conti Lombardia Sez. contr., Delib., 24 settembre 2019, n. 355. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


e 
degli 
organismi 
pubblici 
interessati 
sono 
nulli. 
Gli 
enti 
privati 
che 
non 
si 
adeguano 
a 
quanto 
disposto 
non 
possono 
ricevere, 
neanche 
indirettamente, 
contributi o utilit� a carico delle pubbliche finanze (28). 

b) 
giusta 
l�art. 
2-bis, 
comma 
2, 
D.L.vo 
14 
marzo 
2013, 
n. 
33, 
la 
disciplina 
riguardante 
il 
diritto 
di 
accesso 
civico 
e 
gli 
obblighi 
di 
pubblicit�, 
trasparenza 
e 
diffusione 
di 
informazioni 
da 
parte 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
si 
applica 
altres�: 
a) 
alle 
societ� 
in 
controllo 
pubblico, 
ossia 
alle 
societ� 
in 
cui 
una 
o 
pi� 
amministrazioni 
pubbliche 
esercitano 
poteri 
di 
controllo 
(29); 
b) 
alle 
associazioni, 
alle 
fondazioni 
e 
agli 
enti 
di 
diritto 
privato 
comunque 
denominati, 
anche 
privi 
di 
personalit� 
giuridica, 
con 
bilancio 
superiore 
a 
cinquecentomila 
euro, 
la 
cui 
attivit� 
sia 
finanziata 
in 
modo 
maggioritario 
per 
almeno 
due 
esercizi 
finanziari 
consecutivi 
nell'ultimo 
triennio 
da 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
in 
cui 
la 
totalit� 
dei 
titolari 
o 
dei 
componenti 
dell'organo 
d'amministrazione 
o 
di 
indirizzo 
sia 
designata 
da 
pubbliche 
amministrazioni 
(30). 


c) 
le 
disposizioni 
in 
materia 
di 
inconferibilit� 
e 
incompatibilit� 
di 
incarichi 
presso 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
contenute 
nel 
D.L.vo 
8 
aprile 
2013, 
n. 
39 
si 
applicano altres� 
agli 
incarichi 
presso gli 
enti 
privati 
in controllo pubblico 
(art. 
2, 
comma 
1), 
ossia 
le 
societ� 
e 
gli 
altri 
enti 
di 
diritto 
privato 
che 
esercitano 
funzioni 
amministrative, attivit� 
di 
produzione 
di 
beni 
e 
servizi 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
o di 
gestione 
di 
servizi 
pubblici, sottoposti 
a 
controllo 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2359 
c.c. 
da 
parte 
di 
amministrazioni 
pubbliche, 
oppure 
gli 
enti 
nei 
quali 
siano 
riconosciuti 
alle 
pubbliche 
amministrazioni, 
anche 
in assenza 
di 
una 
partecipazione 
azionaria, poteri 
di 
nomina 
dei 
vertici 


o dei 
componenti 
degli 
organi 
(giusta 
la 
definizione 
di 
cui 
all�art. 1, comma 
2, lett. c). 
(28) La 
disposizione 
non si 
applica 
agli 
enti 
previsti 
nominativamente 
dal 
decreto legislativo n. 
300 del 
1999 e 
dal 
decreto legislativo n. 165 del 
2001, e 
comunque 
alle 
universit�, enti 
e 
fondazioni 
di 
ricerca 
e 
organismi 
equiparati, alle 
camere 
di 
commercio, agli 
enti 
del 
Servizio sanitario nazionale, agli 
enti 
indicati 
nella 
tabella 
C della 
legge 
finanziaria 
ed agli 
enti 
previdenziali 
ed assistenziali 
nazionali, 
alle 
onLUS, alle 
associazioni 
di 
promozione 
sociale, agli 
enti 
pubblici 
economici 
individuati 
con decreto 
del 
Ministero 
dell'economia 
e 
delle 
finanze 
su 
proposta 
del 
Ministero 
vigilante, 
nonch� 
alle 
societ�. 
(29) 
Sono 
escluse 
le 
societ� 
quotate 
come 
definite 
dall'articolo 
2, 
comma 
1, 
lettera 
p), 
dello 
stesso 
decreto 
legislativo, 
nonch� 
le 
societ� 
da 
esse 
partecipate, 
salvo 
che 
queste 
ultime 
siano, 
non 
per 
il 
tramite 
di societ� quotate, controllate o partecipate da amministrazioni pubbliche. 
(30) Il 
comma 
3 dell�articolo precisa 
che 
�La medesima disciplina prevista per 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
[�] si 
applica, in quanto compatibile, limitatamente 
ai 
dati 
e 
ai 
documenti 
inerenti 
al-
l'attivit� di 
pubblico interesse 
disciplinata dal 
diritto nazionale 
o dell'Unione 
europea, alle 
societ� in 
partecipazione 
pubblica 
come 
definite 
dal 
decreto 
legislativo 
emanato 
in 
attuazione 
dell'articolo 
18 
della 
legge 
7 
agosto 
2015, 
n. 
124, 
e 
alle 
associazioni, 
alle 
fondazioni 
e 
agli 
enti 
di 
diritto 
privato, 
anche 
privi 
di 
personalit� giuridica, con bilancio superiore 
a cinquecentomila euro, che 
esercitano funzioni 
amministrative, 
attivit� 
di 
produzione 
di 
beni 
e 
servizi 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
o 
di 
gestione di servizi pubblici�. 

DoTTrInA 
209 


5. 
(segue) 
Enti 
privati 
partecipati 
da 
enti 
pubblici. 
in 
specie 
associazioni 
e 
fondazioni. 
numerose 
sono le 
associazioni 
e 
fondazioni 
partecipate 
da 
enti 
pubblici. 
Alcuni 
enti 
privati 
partecipati 
da 
enti 
pubblici 
derivano dalle 
privatizzazioni 
avviate 
a 
partire 
degli 
anni 
�90 del 
secolo scorso; 
in dati 
casi 
gli 
enti 
derivanti 
dalla 
trasformazione 
hanno mantenuto, in tutto o in parte, le 
funzioni 
pubblicistiche, 
esercitate 
a 
mezzo di 
concessione 
amministrativa 
o convenzioni 
con 
le autorit� competenti (31). � il caso: 


-delle 
istituzioni 
pubbliche 
di 
assistenza 
e 
beneficenza 
(IPAb) trasformate 
in associazioni o fondazioni di diritto privato (oppure soppresse); 
-delle 
banche 
pubbliche, dalle 
quali 
sono gemmate 
le 
societ� 
per azioni 
e 
le 
correlative 
fondazioni 
di 
diritto 
privato 
titolari 
dei 
pacchetti 
azionari. 
L�attivit� 
principale 
delle 
fondazioni 
consiste 
nel 
finanziare 
o 
gestire 
iniziative 
nel 
campo del 
non profit 
(cultura, sanit�, assistenza sociale, ecc.); 
-della 
Croce 
rossa 
Italiana 
e 
degli 
enti 
lirici, 
enti 
pubblici 
non 
economici, 
trasformati in fondazioni (enti 
non profit 
di natura privata); 


-degli 
enti 
autonomi 
lirici 
e 
delle 
istituzioni 
concertistiche 
assimilate, 
trasformati 
- con l�art. 1 D.L. 24 novembre 
2000, n. 345, conv. L. 26 gennaio 
2001, n. 6 (32) - in fondazione con persona giuridica di diritto privato; 


-di 
vari 
enti 
pubblici 
operanti 
in 
gran 
parte 
nel 
settore 
della 
cultura 
come 
ad 
esempio: 
La 
biennale 
di 
Venezia 
(33), 
La 
Triennale 
di 
Milano 
(34) 
e 
l�Istituto 
nazionale 
per 
il 
dramma 
antico 
-trasformati 
in 
enti 
privati 
privi 
di 
scopo 
di 
lucro; 


-di 
molti 
enti 
previdenziali 
alimentati 
da 
contribuzioni 
obbligatorie 
a 
carico 
degli 
appartenenti 
a 
categorie 
professionali 
(notai, commercialisti, avvocati, 
ecc.), trasformati in associazioni o in fondazioni di natura privata (35). 


In 
linea 
tendenziale, 
mentre 
gli 
enti 
pubblici 
economici 
sono 
stati 
trasformati 
in 
societ� 
per 
azioni, 
gli 
enti 
pubblici 
non 
economici 
sono 
stati 
trasformati 
in associazioni e in fondazioni. 


6. (segue) Enti privati partecipati da enti pubblici. in specie le societ�. 
Il 
caso pi� diffuso e 
noto � 
quello della 
partecipazione 
di 
enti 
pubblici 
a 


(31) Su tali aspetti: M. CLArICh, manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 342-343. 
(32) Il 
comma 
3 dell�art.1 precisa 
che 
la 
fondazione 
pu� continuare 
ad avvalersi 
del 
patrocinio 
dell'Avvocatura dello Stato. 
(33) Secondo gli 
articoli 
1 e 
2 del 
D.L.vo 29 gennaio 1998, n. 19 l'ente 
autonomo �La 
biennale 
di 
Venezia�, � 
trasformato in �Fondazione 
La 
biennale 
di 
Venezia�, alla 
quale 
si 
riconosce 
preminente 
interesse 
nazionale, con personalit� 
giuridica 
di 
diritto privato, disciplinata, per quanto non espressamente 
previsto 
dal 
D.L.vo 
n. 
19, 
dal 
codice 
civile 
e 
dalle 
disposizioni 
di 
attuazione 
del 
codice 
medesimo. 
(34) Secondo l�art. 1 D.L.vo 20 luglio 1999, n. 273 l�ente 
autonomo �La 
Triennale 
di 
Milano�, 
gi� ente pubblico, � trasformato in fondazione ed acquisisce la personalit� giuridica di diritto privato. 
(35) Sulla base del D.L.vo 30 giugno 1994, n. 509. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


societ� 
di 
diritto privato gi� 
esistenti 
o create 
ex 
novo 
(36). Le 
motivazioni 
di 
tale partecipazione sono, ad una analisi del fenomeno, diverse: 


-disporre 
di 
un 
modello 
agile 
e 
snello 
per 
esercitare 
determinate 
funzioni 
a 
fronte 
della 
complessit� 
e 
lentezza 
dell�azione 
dell�ente 
pubblico (� 
il 
caso 
delle 
cd. 
societ� 
in 
house). 
ricorre 
il 
caso 
delle 
partecipazioni 
pubbliche 
equivalenti 
di organizzazioni pubbliche; 


-essere 
presenti 
operativamente 
in un determinato mercato a 
fronte 
del-
l�assenza 
di 
privati 
o perch� 
quel 
determinato mercato � 
reputato strategico. 
In 
questa 
ultima 
evenienza 
la 
partecipazione 
� 
strumentale 
alla 
direzione 
pubblica 
di settori economici; 
-scopo 
di 
conoscenza, 
allorch� 
l�ente 
pubblico 
partecipa 
a 
societ� 
perch� 
vuol sapere intorno a costi di produzione, fissazione prezzi, cicli economici; 


- svolgere attivit� calmieratrice; 
-intervenire 
in 
soccorso 
di 
societ� 
private 
in 
stato 
d�insolvenza, 
per 
lenire 
le conseguenze della crisi (es: tutelare i livelli occupazionali); 


- gestione di societ� frutto di privatizzazione di enti pubblici; 
-e 
anche, conseguenza 
di 
cattiva 
politica, per disporre 
di 
enti 
dove 
allocare, 
nei 
posti 
di 
comando 
ma 
anche 
nella 
manovalanza, 
persone 
da 
sistemare 
per affinit� politica o semplicemente per amicizia o affetto (37). 
Per 
la 
descritta 
convergenza 
delle 
indicate 
cause 
si 
� 
assistito 
negli 
ultimi 
decenni 
alla 
creazione 
di 
un 
numero 
immenso 
di 
societ� 
pubbliche 
-il 
numero 
esatto 
non 
� 
noto 
a 
nessuno 
(38) 
-per 
la 
maggior 
parte 
dei 
casi 
non 
necessarie, 
con 
lievitazione 
di 
spese 
improduttive. 
Tante 
societ� 
hanno 
pi� 
amministratori 
che dipendenti. 


L�unico 
caso 
di 
societ� 
nelle 
quali 
� 
ragionevole 
la 
partecipazione 
del-
l�ente 
pubblico 
� 
quello 
delle 
cd. 
societ� 
in 
house. 
Difatti: 
la 
partecipazione 
a 
societ� 
in 
crisi 
in 
funzione 
di 
ammortizzazione 
sociale 
in 
via 
di 
principio 
� 
vietata 
dalla 
regola 
del 
divieto 
di 
aiuti 
di 
Stato; 
la 
presenza 
operativa 
in 
mercati 
particolari 
non 
� 
opportuna 
perch� 
il 
socio 
ente 
pubblico 
non 
ha 
la 
capacit� 
e 
mentalit� 
del 
management 
privato; 
la 
privatizzazione 
formale 
� 
uno 
stato 
intermedio 
rispetto 
a 
quella 
sostanziale; 
ovviamente 
vietata 
� 
la 
partecipazione-gar�onni�re 
per 
distribuire 
poltrone 
e 
strapuntini 
a 
sodali, 
parenti 
ed 
amici. 


Il 
modello della 
societ� 
per azioni 
a 
partecipazione 
pubblica 
si 
� 
esteso 
sino 
a 
coprire 
settori 
di 
azione 
pubblica, 
tradizionalmente 
organizzati 
nella 
forma dell�ente pubblico o della pubblica amministrazione. 

(36) Sulle 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
ex 
plurimus: 
L. TorChIA 
(a 
cura 
di), il 
sistema amministrativo 
italiano, 2009, Il Mulino, pp.34-38 e 202-207. 
(37) Sulle possibili motivazioni: M.S. GIAnnInI, Diritto amministrativo, cit. pp. 227-228. 
(38) 
�alla 
fine 
del 
2014 
venivano 
censite 
8000 
societ� 
pubbliche 
(dal 
Commissario 
alla 
spending 
review, 
Carlo 
Cottarelli), 
mentre 
il 
ministero 
dell�Economia 
ne 
registrava 
7.700)�: 
cos� 
G. 
CorSo, 
manuale 
di diritto amministrativo, cit., p. 113. 

DoTTrInA 
211 


Spesso le 
societ� 
pubbliche 
sono concessionarie 
di 
un pubblico servizio. 
� 
con 
l�occhio 
rivolto 
a 
tale 
aspetto 
che 
la 
legge 
contenente 
le 
norme 
in 
materia 
di 
procedimento 
amministrativo 
e 
di 
diritto 
di 
accesso 
ai 
documenti 
(L. 
n. 
241/1990) 
dispone: 
�Le 
disposizioni 
della 
presente 
legge 
si 
applicano, 
altres�, 
alle 
societ� con totale 
o prevalente 
capitale 
pubblico, limitatamente 
all'esercizio 
delle 
funzioni 
amministrative� 
(art. 
29, 
comma 
1). 
La 
stessa 
legge 
dispone 
altres� 
che 
i 
soggetti 
privati 
preposti 
all'esercizio 
di 
attivit� 
amministrative 
assicurano il 
rispetto dei 
criteri 
di 
economicit�, di 
efficacia, di 
imparzialit�, 
di 
pubblicit� 
e 
di 
trasparenza, 
nonch� 
dei 
principi 
dell'ordinamento 
comunitario, con un livello di 
garanzia 
non inferiore 
a 
quello cui 
sono 
tenute 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
in 
forza 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
citata 
legge 
(art. 1, comma 
1-ter). nell�esercizio di 
tali 
funzioni 
le 
societ� 
adottano 
atti amministrativi, impugnabili dinanzi al giudice amministrativo. 


Ci� rilevato in via 
generale, si 
osserva 
che 
la 
maggiore 
problematica 
sul 
tema 
riguarda, 
quindi, 
la 
partecipazione 
alle 
societ� 
in 
house. 
� 
in 
house 
la 
societ� 
che 
produce 
beni, 
servizi 
o 
lavori 
in 
favore 
del 
socio 
pubblico. 
ricorre 
il 
fenomeno denominato in house 
providing 
con il 
quale 
la 
P.A. acquisisce 
un 
bene 
o un servizio attingendoli 
all�interno della 
propria 
compagine 
organizzativa, 
senza ricorrere a terzi tramite gara e dunque al mercato. 


Fin dall�entrata 
in vigore 
del 
codice 
civile 
- introducente, con gli 
articoli 
da 
2458 a 
2461, alcune 
disposizioni 
relative 
alle 
societ� 
commerciali 
partecipate 
dalla 
P.A. - � 
stato posto il 
problema 
della 
rilevanza 
dell�interesse 
pubblico 
di 
cui 
� 
portatore 
l�ente 
azionista, anche 
ad altri 
fini, ed in particolare 
se 
esso, 
venendo 
a 
contrastare 
con 
l�interesse 
sociale, 
debba 
oppure 
no 
prevalere 
nei 
confronti 
di 
questo, 
con 
riferimento 
soprattutto 
all�ipotesi 
in 
cui 
l�ente 
pubblico 
sia 
socio di 
maggioranza, ci� con inevitabili 
ricadute 
sulla 
disciplina 
e 
finanche sulla qualificazione della societ� (39). 


Tutto ci� evidenziato, si 
osserva 
che 
la 
materia 
delle 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
� 
stata 
disciplinata, in modo parziale, con il 
D.L.vo 19 agosto 
2016, n. 175, con la 
finalit� 
di 
limitare 
la 
proliferazione 
delle 
societ� 
con la 
partecipazione 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
(40) e 
di 
snellire, con ampie 
potature, il sistema delle societ� preesistenti. 


Il 
D.L.vo citato introduce 
una 
normativa 
speciale 
nella 
materia, mante


(39) Per una 
sintesi: 
A. GrAzIAnI 
- G. MInErVInI 
- U. bELVISo, manuale 
di 
diritto commerciale, 
Morano editore, 1990, p. 208; 
G.F. CAMPobASSo, Diritto commerciale. 1. Diritto dell�impresa, cit., p. 
75; 
E. CASETTA, manuale 
di 
diritto amministrativo, cit., p. 100; 
L. TorChIA 
(a 
cura 
di), il 
sistema amministrativo 
italiano, cit., p. 202; 
P. SAnToro, manuale 
di 
contabilit� e 
finanza pubblica, Maggioli 
editore, 
V 
ed., 
2012, 
p. 
414; 
F. 
FIMMAn�, 
il 
fallimento 
delle 
�societ� 
pubbliche�, 
in 
Gazzetta 
Forense, 
2013, novembre-dicembre 2013, p. 13. 
(40) 
Ai 
fini 
del 
decreto 
in 
esame 
si 
intendono 
amministrazioni 
pubbliche 
�le 
amministrazioni 
di 
cui 
all'articolo 
1, 
comma 
2, 
del 
decreto 
legislativo 
n. 
165 
del 
2001, 
i 
loro 
consorzi 
o 
associazioni 
per 
qualsiasi 
fine 
istituiti, 
gli 
enti 
pubblici 
economici 
e 
le 
autorit� 
di 
sistema 
portuale� 
(art. 
2, 
co. 
1, 
lett. 
a). 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


nendo fermo il 
principio - diversamente 
la 
forma 
societaria 
varrebbe 
quanto 
una 
foglia 
di 
fico - secondo cui 
�Per 
tutto quanto non derogato dalle 
disposizioni 
del 
presente 
decreto, 
si 
applicano 
alle 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
le 
norme 
sulle 
societ� 
contenute 
nel 
codice 
civile 
e 
le 
norme 
generali 
di 
diritto 
privato� 
(art. 1, comma 
3). Anche 
il 
consolidato orientamento giurisprudenziale 
� 
coerente 
con l�enunciato principio; 
il 
giudice 
di 
legittimit� 
pi� volte 
ha 
affermato 
che 
�la 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
ha 
autonoma 
soggettivit�, 
con autonomia giuridica e 
patrimoniale 
rispetto al 
socio pubblico, non perdendo 
la propria natura di 
ente 
privato per 
il 
solo fatto che 
il 
capitale 
sia alimentato 
(anche) 
da 
conferimenti 
provenienti 
dallo 
Stato 
o 
da 
altro 
ente 
pubblico, 
e 
conservando 
natura 
privata 
con 
organizzazione 
secondo 
il 
tipo 
societario 
di 
stampo 
civilistico, 
pubblico 
essendo 
soltanto 
il 
soggetto 
che 
partecipa 
ad esse, [�] 
(v. Cass., Sez. Un., 27/12/2017, n. 30978; Cass., Sez. Un., 
15/5/2017, 
n. 
11983; 
Cass., 
Sez. 
Un., 
22/1/2015, 
n. 
1159; 
Cass., 
Sez. 
Un., 
19/12/2009, n. 26806)� 
(41). 


Anche 
le 
societ� 
pubbliche, 
quindi, 
dovrebbero 
perseguire 
il 
fine 
di 
lucro 
giusta 
la 
connotazione 
civilistica 
di 
cui 
all�art. 
2247 
c.c. 
(�esercizio 
in 
comune 
di una attivit� economica allo scopo di dividerne gli utili�). 


Preliminarmente 
vanno 
evidenziate 
le 
disposizioni 
del 
codice 
civile 
sulla 
specifica 
materia 
de 
qua, 
richiamate 
dall�art. 
1 
del 
D.L.vo 
n. 
175/2016. 
ossia: 


-art. 
2449 
(rubricato�Delle 
societ� 
con 
partecipazione 
dello 
Stato 
e 
degli 
enti 
pubblici�): 
�Se 
lo 
Stato 
o 
gli 
enti 
pubblici 
hanno 
partecipazioni 
in 
una 
societ� 
per 
azioni 
che 
non 
fa 
ricorso 
al 
mercato 
del 
capitale 
di 
rischio, 
lo 
statuto 
pu� 
ad 
essi 
conferire 
la 
facolt� 
di 
nominare 
un 
numero 
di 
amministratori 
e 
sindaci, 
ovvero 
componenti 
del 
consiglio 
di 
sorveglianza, 
proporzionale 
alla 
partecipazione 
al 
capitale 
sociale. 
Gli 
amministratori 
e 
i 
sindaci 
o 
i 
componenti 
del 
consiglio 
di 
sorveglianza 
nominati 
a 
norma 
del 
primo 
comma 
possono 
essere 
revocati 
soltanto 
dagli 
enti 
che 
li 
hanno 
nominati. 
Essi 
hanno 
i 
diritti 
e 
gli 
obblighi 
dei 
membri 
nominati 
dall'assemblea. 
Gli 
amministratori 
non 
possono 
essere 
nominati 
per 
un 
periodo 
superiore 
a 
tre 
esercizi 
e 
scadono 
alla 
data 
del-
l'assemblea 
convocata 
per 
l'approvazione 
del 
bilancio 
relativo 
all'ultimo 
esercizio 
della 
loro 
carica. 
i 
sindaci, 
ovvero 
i 
componenti 
del 
consiglio 
di 
sorveglianza, 
restano 
in 
carica 
per 
tre 
esercizi 
e 
scadono 
alla 
data 
dell'assemblea 
convocata 
per 
l'approvazione 
del 
bilancio 
relativo 
al 
terzo 
esercizio 
della 
loro 
carica. 
alle 
societ� 
che 
fanno 
ricorso 
al 
capitale 
di 
rischio 
si 
applicano 
le 
disposizioni 
del 
sesto 
comma 
dell'articolo 
2346. 
il 
consiglio 
di 
amministrazione 
pu� 
altres� 
proporre 
all'assemblea, 
che 
delibera 
con 
le 
maggioranze 
previste 
per 
l'assemblea 
ordinaria, 
che 
i 
diritti 
amministrativi 
previsti 
dallo 
statuto 
a 
favore 
dello 
Stato 
o 
degli 
enti 
pubblici 
siano 
rappresentati 
da 
una 
particolare 


(41) Cass. civ. Sez. Unite, ord., 11 settembre 2019, n. 22713. 

DoTTrInA 
213 


categoria 
di 
azioni. 
a 
tal 
fine 
� 
in 
ogni 
caso 
necessario 
il 
consenso 
dello 
Stato 


o 
dell'ente 
pubblico 
a 
favore 
del 
quale 
i 
diritti 
amministrativi 
sono 
previsti�; 
-art. 2451 (rubricato �Delle 
societ� di 
interesse 
nazionale�) �Le 
disposizioni 
di 
questo capo si 
applicano anche 
alle 
societ� per 
azioni 
d'interesse 
nazionale, compatibilmente 
con le 
disposizioni 
delle 
leggi 
speciali 
che 
stabiliscono 
per 
tali 
societ� una particolare 
disciplina circa la gestione 
sociale, la 
trasferibilit� delle 
azioni, il 
diritto di 
voto e 
la nomina degli 
amministratori, 
dei 
sindaci 
e 
dei 
dirigenti�. Tra 
le 
societ� 
di 
interesse 
nazionale 
ricordiamo la 
rAI-TV, concessionaria 
del 
servizio pubblico radiofonico, televisivo e 
multimediale; 
l'affidamento 
in 
concessione 
del 
detto 
servizio 
pubblico 
ha 
durata 
decennale (art. 49, comma 2, D.L.vo 31 luglio 2005, n. 177). 
Ci� 
evidenziato, 
le 
fattispecie 
di 
societ� 
regolate 
-in 
modo 
specifico 
dal 
decreto 
sono 
tre: 
societ� 
partecipate 
dall�ente 
pubblico, 
societ� 
controllate 
ex 
art. 2359 c.c. (42) da questo, societ� 
in house. 


restano fuori dalla disciplina specifica: 


-le 
societ� 
quotate 
alle 
quali 
le 
disposizioni 
del 
D.L.vo 
n. 
175/2016 
si 
applicano, come 
precisa 
l�art. 1 comma 
5, solo nei 
casi 
in cui 
esso le 
richiama 
espressamente 
(in 
specie: 
art. 
18 
(43)). 
Tanto 
al 
fine 
di 
non 
penalizzarle 
rispetto 
alle societ� quotate private; 


-le 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
di 
diritto 
singolare 
costituite 
per 
l'esercizio della 
gestione 
di 
servizi 
di 
interesse 
generale 
o di 
interesse 
economico 
generale 
o 
per 
il 
perseguimento 
di 
una 
specifica 
missione 
di 
pubblico 
interesse, 
per 
le 
quali 
restano 
ferme 
le 
specifiche 
disposizioni, 
contenute 
in 
leggi 
o 
regolamenti 
governativi 
o 
ministeriali, 
che 
le 
disciplinano 
(art. 
1, 
comma 
4). Questo � 
il 
caso della 
rAI e 
dell�Ente 
nazionale 
per l�assistenza 
al 
volo-EnAV, 
le 
cui 
disposizioni 
speciali 
continuano 
a 
trovare 
applicazione 
per 
quanto 
non 
previsto 
nelle 
dette 
disposizioni 
-in 
aggiunta 
a 
quelle 
contenute 
nel D.L.vo n. 175/2016. 


Il 
decreto si 
pone, quindi, come 
un complesso di 
deroghe 
alla 
disciplina 
delle 
societ� 
contenuta 
nel 
codice 
civile 
e 
nelle 
norme 
generali 
di 
diritto privato. 
Queste le principali deroghe o previsioni speciali: 


a) 
�Le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono partecipare 
esclusivamente 
a 
societ�, anche 
consortili, costituite 
in forma di 
societ� per 
azioni 
o di 
societ� 


(42) 
Per 
l�art. 
2, 
comma 
1, 
lett. 
b), 
D.L.vo 
n. 
175/2016 
�il 
controllo 
pu� 
sussistere 
anche 
quando, 
in applicazione 
di 
norme 
di 
legge 
o statutarie 
o di 
patti 
parasociali, per 
le 
decisioni 
finanziarie 
e 
gestionali 
strategiche 
relative 
all'attivit� sociale 
� 
richiesto il 
consenso unanime 
di 
tutte 
le 
parti 
che 
condividono 
il controllo�. 
(43) �1. Le 
societ� controllate 
da una o pi� amministrazioni 
pubbliche 
possono quotare 
azioni 
o 
altri 
strumenti 
finanziari 
in mercati 
regolamentati, a seguito di 
deliberazione 
adottata ai 
sensi 
dell'articolo 
5, comma 1, secondo le 
modalit� di 
cui 
all'articolo 7, comma 1. L'atto deliberativo prevede 
uno 
specifico 
programma 
avente 
ad 
oggetto 
il 
mantenimento 
o 
la 
progressiva 
dismissione 
del 
controllo 
pubblico 
sulla 
societ� 
quotata. 
2. 
L'atto 
deliberativo 
avente 
ad 
oggetto 
la 
richiesta 
di 
ammissione 
alla 
quotazione 
� adottato con le modalit� di cui all'articolo 7, comma 1. [�]�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


a 
responsabilit� 
limitata, 
anche 
in 
forma 
cooperativa� 
(art. 
3, 
comma 
1). 
non 
vi 
� 
quindi 
la 
libert� 
di 
scelta 
nell�ambito dei 
tipi 
legali 
individuati 
nell�art. 
2249 c.c. 


b) 
L�oggetto 
sociale 
� 
intuitivamente 
limitato. 
non 
pu� 
essere 
scelto 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche 
in 
sede 
di 
costituzione 
della 
societ�, 
come 
per 
i 
privati, qualsivoglia 
oggetto sociale 
purch� 
non illecito, e, quindi, anche 
un 
oggetto sociale futile. 


L�attivit� 
che 
costituisce 
oggetto sociale 
ex 
artt. 2328 n. 3 e 
2463 n. 3 c.c. 
individuata 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche 
in sede 
di 
costituzione 
della 
societ�, 
pu� essere 
solo quella 
diretta 
alla 
produzione 
di 
beni 
e 
servizi 
strettamente 
necessaria 
per il 
perseguimento delle 
proprie 
finalit� 
istituzionali 
(art. 
4, comma 
1). Il 
comma 
2 precisa 
che 
�2. Nei 
limiti 
di 
cui 
al 
comma 1, le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono, 
direttamente 
o 
indirettamente, 
costituire 
societ� 
e 
acquisire 
o mantenere 
partecipazioni 
in societ� esclusivamente 
per 
lo 
svolgimento delle 
attivit� sotto indicate: a) produzione 
di 
un servizio di 
interesse 
generale, ivi 
inclusa la realizzazione 
e 
la gestione 
delle 
reti 
e 
degli 
impianti 
funzionali 
ai 
servizi 
medesimi; 
b) 
progettazione 
e 
realizzazione 
di 
un'opera 
pubblica 
sulla 
base 
di 
un 
accordo 
di 
programma 
fra 
amministrazioni 
pubbliche, ai 
sensi 
dell'articolo 193 del 
decreto legislativo n. 50 del 
2016; c) 
realizzazione 
e 
gestione 
di 
un'opera 
pubblica 
ovvero 
organizzazione 
e 
gestione 
di 
un servizio d'interesse 
generale 
attraverso un contratto di 
partenariato di 
cui 
all'articolo 
180 
del 
decreto 
legislativo 
n. 
50 
del 
2016, 
con 
un 
imprenditore 
selezionato con le 
modalit� di 
cui 
all'articolo 17, commi 
1 e 
2; d) autoproduzione 
di 
beni 
o servizi 
strumentali 
all'ente 
o agli 
enti 
pubblici 
partecipanti 
o 
allo 
svolgimento 
delle 
loro 
funzioni, 
nel 
rispetto 
delle 
condizioni 
stabilite 
dalle 
direttive 
europee 
in 
materia 
di 
contratti 
pubblici 
e 
della 
relativa 
disciplina 
nazionale 
di 
recepimento; e) servizi 
di 
committenza, ivi 
incluse 
le 
attivit� di 
committenza ausiliarie, apprestati 
a supporto di 
enti 
senza scopo di 
lucro e 
di 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
di 
cui 
all'articolo 3, comma 1, lettera a), del 
decreto legislativo n. 50 del 2016�. 


I commi 
successivi 
prevedono, in aggiunta 
ai 
casi 
visti, altre 
attivit� 
possibili. 
Tra questi richiamiamo: 


-il 
comma 
3: 
�al 
solo fine 
di 
ottimizzare 
e 
valorizzare 
l'utilizzo di 
beni 
immobili 
facenti 
parte 
del 
proprio patrimonio, le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono, altres�, anche 
in deroga al 
comma 1, acquisire 
partecipazioni 
in societ� 
aventi 
per 
oggetto 
sociale 
esclusivo 
la 
valorizzazione 
del 
patrimonio 
delle 
amministrazioni 
stesse, 
tramite 
il 
conferimento 
di 
beni 
immobili 
allo 
scopo 
di 
realizzare 
un 
investimento 
secondo 
criteri 
propri 
di 
un 
qualsiasi 
operatore 
di mercato�; 
-il 
comma 
7: 
�Sono 
altres� 
ammesse 
le 
partecipazioni 
nelle 
societ� 
aventi 
per 
oggetto sociale 
prevalente 
la gestione 
di 
spazi 
fieristici 
e 
l'organizzazione 
di 
eventi 
fieristici, 
la 
realizzazione 
e 
la 
gestione 
di 
impianti 
di 
trasporto 
a 
fune 



DoTTrInA 
215 


per 
la mobilit� turistico-sportiva eserciti 
in aree 
montane, nonch� 
la produzione 
di energia da fonti rinnovabili�; 


-il 
comma 
9-bis: 
�Nel 
rispetto della disciplina europea, � 
fatta salva la 
possibilit� per 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
acquisire 
o mantenere 
partecipazioni 
in societ� che 
producono servizi 
economici 
di 
interesse 
generale 
a 
rete, di 
cui 
all'articolo 3-bis 
del 
decreto-legge 
13 agosto 2011, n. 138, convertito, 
con modificazioni, dalla legge 
14 settembre 
2011, n. 148, anche 
fuori 
dall'ambito territoriale 
della collettivit� di 
riferimento, in deroga alle 
previsioni 
di 
cui 
al 
comma 2, lettera a), purch� 
l'affidamento dei 
servizi, in corso 
e 
nuovi, sia avvenuto e 
avvenga tramite 
procedure 
ad evidenza pubblica. Per 
tali 
partecipazioni, trova piena applicazione 
l'articolo 20, comma 2, lettera 
e). resta fermo quanto previsto dall'articolo 16�. 
c) 
L�atto 
deliberativo, 
dell�amministrazione, 
di 
costituire 
una 
societ� 
a 
partecipazione 
diretta 
�deve 
essere 
analiticamente 
motivato con riferimento 
alla 
necessit� 
della 
societ� 
per 
il 
perseguimento 
delle 
finalit� 
istituzionali, 
evidenziando, 
altres�, 
le 
ragioni 
e 
le 
finalit� 
che 
giustificano 
tale 
scelta, 
anche 
sul 
piano 
della 
convenienza 
economica 
e 
della 
sostenibilit� 
finanziaria 
nonch� 
di 
gestione 
diretta o esternalizzata del 
servizio affidato. La motivazione 
deve 
anche 
dare 
conto della compatibilit� della scelta con i 
princ�pi 
di 
efficienza, 
di 
efficacia 
e 
di 
economicit� 
dell'azione 
amministrativa� 
(art. 
5, 
comma 
1) 
(44). La 
disposizione 
specifica 
i 
contenuti 
della 
motivazione 
di 
cui 
all�art. 3 
della L. n. 241/1990. 


La 
deliberazione 
di 
partecipazione 
di 
un'amministrazione 
pubblica 
alla 
costituzione 
di 
una 
societ� 
� 
adottata 
con: 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri, 
su 
proposta 
del 
Ministro 
dell'economia 
e 
delle 
finanze 
di 
concerto 
con i 
ministri 
competenti 
per materia, previa 
deliberazione 
del 
Consiglio dei 
ministri, in caso di 
partecipazioni 
statali; 
provvedimento del 
competente 
organo 
della 
regione, in caso di 
partecipazioni 
regionali; 
deliberazione 
del 
consiglio 
comunale, 
in 
caso 
di 
partecipazioni 
comunali; 
delibera 
dell'organo 
amministrativo dell'ente, in tutti 
gli 
altri 
casi 
di 
partecipazioni 
pubbliche 
(art. 
7 comma 1). 


Le 
regole 
ora 
enunciate 
in ordine 
all�onere 
della 
motivazione 
analitica 
e 
alla 
competenza 
ad 
adottare 
la 
deliberazione 
di 
partecipazione 
si 
applicano 
al


(44) 
L�art. 
5, 
commi 
2 
e 
3, 
precisa 
che 
�2. 
L'atto 
deliberativo 
di 
cui 
al 
comma 
1 
d� 
atto 
della 
compatibilit� dell'intervento finanziario previsto con le 
norme 
dei 
trattati 
europei 
e, in particolare, con 
la disciplina europea in materia di 
aiuti 
di 
Stato alle 
imprese. Gli 
enti 
locali 
sottopongono lo schema 
di 
atto deliberativo a forme 
di 
consultazione 
pubblica, secondo modalit� da essi 
stessi 
disciplinate. 3. 
L'amministrazione 
invia l'atto deliberativo di 
costituzione 
della societ� o di 
acquisizione 
della partecipazione 
diretta 
o 
indiretta 
alla 
Corte 
dei 
conti, 
a 
fini 
conoscitivi, 
e 
all'autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato, che 
pu� esercitare 
i 
poteri 
di 
cui 
all'articolo 21-bis 
della legge 
10 ottobre 
1990, n. 287 
[ossia: 
attivare 
i 
poteri 
di 
diffida 
e 
di 
impugnazione 
innanzi 
al 
giudice 
amministrativo, 
se 
sussistano 
profili 
di distorsione del mercato]�. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


tres� 
nel 
caso delle 
vicende 
pi� significative 
della 
vita 
della 
societ�, ossia 
di 
modifiche 
di 
clausole 
dell'oggetto 
sociale 
che 
consentano 
un 
cambiamento 
significativo 
dell'attivit� 
della 
societ�; 
di 
trasformazione 
della 
societ�; 
di 
trasferimento 
della 
sede 
sociale 
all'estero; 
di 
revoca 
dello stato di 
liquidazione 
(art. 
7, comma 
7); 
di 
operazioni, anche 
mediante 
sottoscrizione 
di 
un aumento di 
capitale 
o 
partecipazione 
a 
operazioni 
straordinarie, 
che 
comportino 
l'acquisto 
da 
parte 
di 
un'amministrazione 
pubblica 
di 
partecipazioni, anche 
indirette, in 
societ� gi� esistenti (art. 8, comma 1). 


Gli 
atti 
deliberativi 
aventi 
ad 
oggetto 
l'alienazione 
o 
la 
costituzione 
di 
vincoli 
su 
partecipazioni 
sociali 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
sono 
adottati 
con motivazione 
analitica, secondo le 
modalit� 
di 
cui 
all'articolo 7, comma 
1. 
L'alienazione 
delle 
partecipazioni 
� 
effettuata 
nel 
rispetto dei 
princ�pi 
di 
pubblicit�, 
trasparenza 
e 
non 
discriminazione. 
In 
casi 
eccezionali, 
a 
seguito 
di 
deliberazione 
motivata 
dell'organo competente 
che 
d� 
analiticamente 
atto della 
convenienza 
economica 
dell'operazione, con particolare 
riferimento alla 
congruit� 
del 
prezzo di 
vendita, l'alienazione 
pu� essere 
effettuata 
mediante 
negoziazione 
diretta 
con 
un 
singolo 
acquirente, 
� 
fatto 
salvo 
il 
diritto 
di 
prelazione 
dei 
soci 
eventualmente 
previsto dalla 
legge 
o dallo statuto (art. 10, 
comma 1). 


d) 
�Le 
societ� 
a 
controllo 
pubblico, 
che 
svolgano 
attivit� 
economiche 
protette 
da 
diritti 
speciali 
o 
esclusivi, 
insieme 
con 
altre 
attivit� 
svolte 
in 
regime 
di 
economia di 
mercato, in deroga all'obbligo di 
separazione 
societaria previsto 
dal 
comma 
2-bis 
dell'articolo 
8 
della 
legge 
10 
ottobre 
1990, 
n. 
287, 
adottano 
sistemi 
di 
contabilit� separata per 
le 
attivit� oggetto di 
diritti 
speciali 
o 
esclusivi 
e 
per 
ciascuna attivit�� 
(art. 6, comma 
1). La 
disposizione 
recepisce 
gli 
orientamenti 
unionistici 
-enunciati 
sulla 
materia 
degli 
aiuti 
di 
Stato 
-in 
ordine 
al 
principio di 
trasparenza 
allorch� 
si 
tratta 
di 
valutare 
se 
le 
compensazioni 
finanziarie 
accordate 
dallo 
Stato 
ad 
imprese 
esercenti 
servizi 
di 
interesse 
economico 
generale 
siano 
proporzionate 
a 
quanto 
necessario 
allo 
svolgimento 
della 
missione 
di 
interesse 
generale 
affidata 
a 
dette 
imprese; 
a 
tal 
fine 
sono 
stati 
predisposti, con atti 
vincolanti 
unionistici 
appositi 
meccanismi 
di 
rilevazione 
contabile 
dei 
ricavi 
e 
dei 
costi 
riconducibili 
rispettivamente 
alle 
attivit� 
di servizio ed alle altre attivit� svolte in regime di libera concorrenza (45). 


Inoltre, 
le 
societ� 
a 
controllo 
pubblico 
predispongono 
specifici 
programmi 
di 
valutazione 
del 
rischio 
di 
crisi 
aziendale 
e 
valutano 
l'opportunit� 
di 
integrare, 
in considerazione 
delle 
dimensioni 
e 
delle 
caratteristiche 
organizzative 
nonch� 
dell'attivit� 
svolta, gli 
strumenti 
di 
governo societario con, tra 
l�altro, 
i 
seguenti: 
regolamenti 
interni 
volti 
a 
garantire 
la 
conformit� 
dell'attivit� 
della 
societ� 
alle 
norme 
di 
tutela 
della 
concorrenza, 
nonch� 
alle 
norme 
di 
tutela 
della 


(45) Sul punto G. TESAUro, Diritto dell�Unione Europea, cit., pp. 820-824. 

DoTTrInA 
217 


propriet� 
industriale 
o intellettuale; 
un ufficio di 
controllo interno strutturato 
secondo criteri 
di 
adeguatezza 
rispetto alla 
dimensione 
e 
alla 
complessit� 
del-
l'impresa 
sociale, 
che 
collabora 
con 
l'organo 
di 
controllo 
statutario, 
e 
trasmette 
periodicamente 
all'organo 
di 
controllo 
statutario 
relazioni 
sulla 
regolarit� 
e 
l'efficienza 
della 
gestione; 
codici 
di 
condotta 
propri, 
o 
adesione 
a 
codici 
di 
condotta 
collettivi 
aventi 
a 
oggetto la 
disciplina 
dei 
comportamenti 
imprenditoriali 
nei 
confronti 
di 
consumatori, utenti, dipendenti 
e 
collaboratori, nonch� 
altri 
portatori 
di 
legittimi 
interessi 
coinvolti 
nell'attivit� 
della 
societ� 
(art. 6, 
commi 2 e 3). 


e) 
nelle 
societ� 
a 
controllo 
pubblico 
-tanto 
societ� 
per 
azioni, 
quanto 
societ� 
a 
responsabilit� 
limitata 
-in 
deroga 
ai 
limiti 
minimi 
di 
partecipazione 
previsti 
dall'articolo 
2409 
del 
codice 
civile, 
ciascuna 
amministrazione 
pubblica 
socia, 
indipendentemente 
dall'entit� 
della 
partecipazione 
di 
cui 
� 
titolare, 
� 
legittimata 
a presentare denunzia di gravi irregolarit� al tribunale. 


f) 
Circa 
la 
gestione 
delle 
partecipazioni 
pubbliche 
l�art. 9 dispone 
per le 
partecipazioni 
pubbliche 
statali 
i 
diritti 
del 
socio sono esercitati 
dal 
Ministero 
dell'economia 
e 
delle 
finanze, di 
concerto con altri 
Ministeri 
competenti 
per 
materia, individuati 
dalle 
relative 
disposizioni 
di 
legge 
o di 
regolamento ministeriale; 
per le 
partecipazioni 
regionali 
i 
diritti 
del 
socio sono esercitati 
secondo 
la 
disciplina 
stabilita 
dalla 
regione 
titolare 
delle 
partecipazioni; 
per le 
partecipazioni 
di 
enti 
locali 
i 
diritti 
del 
socio sono esercitati 
dal 
sindaco o dal 
presidente 
o da 
un loro delegato; 
in tutti 
gli 
altri 
casi 
i 
diritti 
del 
socio sono 
esercitati 
dall'organo amministrativo dell'ente. La 
violazione 
delle 
or dette 
disposizioni 
non determina 
l'invalidit� 
delle 
deliberazioni 
degli 
organi 
della 
societ� 
partecipata, 
ferma 
restando 
la 
possibilit� 
che 
l'esercizio 
del 
voto 
o 
la 
deliberazione 
siano invalidate 
in applicazione 
di 
norme 
generali 
di 
diritto privato. 


g) L�art. 11 detta 
regole 
peculiari 
in ordine 
agli 
organi 
amministrativi 
e 
di controllo delle societ� a controllo pubblico, tra cui: 


-l�organo amministrativo delle 
societ� 
a 
controllo pubblico � 
costituito, 
di 
norma, da 
un amministratore 
unico. Ci� al 
fine 
di 
efficienza 
e 
di 
risparmio 
di 
spesa. 
L'assemblea 
della 
societ� 
a 
controllo 
pubblico, 
con 
delibera 
motivata 
con 
riguardo 
a 
specifiche 
ragioni 
di 
adeguatezza 
organizzativa 
e 
tenendo 
conto 
delle 
esigenze 
di 
contenimento dei 
costi, pu� disporre 
che 
la 
societ� 
sia 
amministrata 
da 
un 
consiglio 
di 
amministrazione 
composto 
da 
tre 
o 
cinque 
membri, 
ovvero che 
sia 
adottato uno dei 
sistemi 
alternativi 
di 
amministrazione 
e 
controllo previsti 
dai 
paragrafi 
5 e 
6 della 
sezione 
VI-bis 
del 
capo V 
del 
titolo 
V 
del 
libro 
V 
del 
codice 
civile. 
La 
delibera 
� 
trasmessa 
alla 
sezione 
della 
Corte 
dei 
conti 
competente 
ai 
sensi 
dell'articolo 5, comma 
4, e 
alla 
struttura 
competente 
per l'indirizzo, il 
controllo e 
il 
monitoraggio sull'attuazione 
del 
presente, 
individuata 
nell'ambito del 
Ministero dell'economia 
e 
delle 
finanze, di 
cui 
all'articolo 
15; 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


-nella 
scelta 
degli 
amministratori 
delle 
societ� 
a 
controllo 
pubblico, 
le 
amministrazioni 
assicurano il 
rispetto del 
principio di 
equilibrio di 
genere, almeno 
nella 
misura 
di 
un 
terzo, 
da 
computare 
sul 
numero 
complessivo 
delle 
designazioni o nomine effettuate in corso d'anno; 


-con 
decreto 
del 
Ministro 
dell'economia 
e 
delle 
finanze, 
previo 
parere 
delle 
Commissioni 
parlamentari 
competenti, 
per 
le 
societ� 
a 
controllo 
pubblico 
sono definiti 
indicatori 
dimensionali 
quantitativi 
e 
qualitativi 
al 
fine 
di 
individuare 
fino a 
cinque 
fasce 
per la 
classificazione 
delle 
suddette 
societ�. Per le 
societ� 
controllate 
dalle 
regioni 
o dagli 
enti 
locali, il 
decreto di 
cui 
al 
primo 
periodo � 
adottato previa 
intesa 
in Conferenza 
unificata 
ai 
sensi 
dell'articolo 
9 del 
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Per ciascuna 
fascia 
� 
determinato, 
in proporzione, il 
limite 
dei 
compensi 
massimi 
al 
quale 
gli 
organi 
di 
dette 
societ� 
devono fare 
riferimento, secondo criteri 
oggettivi 
e 
trasparenti, 
per la 
determinazione 
del 
trattamento economico annuo onnicomprensivo da 
corrispondere 
agli 
amministratori, 
ai 
titolari 
e 
componenti 
degli 
organi 
di 
controllo, 
ai 
dirigenti 
e 
ai 
dipendenti, che 
non potr� 
comunque 
eccedere 
il 
limite 
massimo 
di 
euro 
240.000 
annui 
al 
lordo 
dei 
contributi 
previdenziali 
e 
assistenziali 
e 
degli 
oneri 
fiscali 
a 
carico 
del 
beneficiario, 
tenuto 
conto 
anche 
dei 
compensi 
corrisposti 
da 
altre 
pubbliche 
amministrazioni 
o 
da 
altre 
societ� 
a 
controllo pubblico. Va 
rilevato che 
questo importante 
decreto, a 
tre 
anni 
dalla 
entrata in vigore del D.L.vo n. 175/2016 non � stato ancora emanato; 


-gli 
amministratori 
delle 
societ� 
a 
controllo 
pubblico 
non 
possono 
essere 
dipendenti delle amministrazioni pubbliche controllanti o vigilanti; 


-coloro che 
hanno un rapporto di 
lavoro con societ� 
a 
controllo pubblico 
e 
che 
sono al 
tempo stesso componenti 
degli 
organi 
di 
amministrazione 
della 
societ� 
con cui 
� 
instaurato il 
rapporto di 
lavoro, sono collocati 
in aspettativa 
non retribuita 
e 
con sospensione 
della 
loro iscrizione 
ai 
competenti 
istituti 
di 
previdenza 
e 
di 
assistenza, 
salvo 
che 
rinuncino 
ai 
compensi 
dovuti 
a 
qualunque 
titolo agli amministratori; 
-restano ferme 
le 
disposizioni 
in materia 
di 
inconferibilit� 
e 
incompatibilit� 
di incarichi di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39; 
-agli 
organi 
di 
amministrazione 
e 
controllo delle 
societ� 
in house 
si 
applica 
il 
decreto-legge 
16 maggio 1994, n. 293, convertito, con modificazioni, 
dalla legge 15 luglio 1994, n. 444 in tema di 
prorogatio. 
h) 
La 
responsabilit� 
dei 
componenti 
degli 
organi 
delle 
societ� 
partecipate 
� 
regolata 
dall�art. 12, il 
quale 
enuncia 
che 
i 
componenti 
degli 
organi 
di 
amministrazione 
e 
controllo 
delle 
societ� 
partecipate 
sono 
soggetti 
alle 
azioni 
civili 
di 
responsabilit� 
previste 
dalla 
disciplina 
ordinaria 
delle 
societ� 
di 
capitali. 
All�evidenza, la 
scelta 
della 
pubblica 
amministrazione 
di 
acquisire 
partecipazioni 
in 
societ� 
private 
implica 
il 
suo 
assoggettamento 
alle 
regole 
proprie 
della 
forma 
giuridica 
prescelta; 
da 
ci� 
consegue 
la 
responsabilit� 
dei 
componenti 
degli 
organi 
sociali 
di 
una 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica, pur quando di



DoTTrInA 
219 


rettamente 
designati 
dal 
socio pubblico, nei 
confronti 
della 
societ�, dei 
soci, 
dei 
creditori 
e 
dei 
terzi 
in 
genere, 
nei 
medesimi 
termini 
-contemplati 
dagli 
artt. 2392 c.c. e 
segg. - in cui 
tali 
diverse 
possibili 
proiezioni 
della 
responsabilit� 
sono configurabili 
per gli 
amministratori 
e 
per gli 
organi 
di 
controllo di 
qualsivoglia altra societ� privata (46). 


Eccezione, 
prevista 
dall�art. 
12, 
a 
tale 
regola 
� 
la 
giurisdizione 
della 
Corte 
dei 
conti 
per il 
danno erariale 
causato dagli 
amministratori 
e 
dai 
dipendenti 
delle 
societ� 
in house 
(47). Come 
si 
illustrer� 
di 
seguito, la 
societ� 
in house, 
�, 
nella 
sostanza, 
una 
articolazione 
interna 
alla 
P.A.; 
di 
conseguenza, 
l' 
attivit� 
dell'ente 
e 
dei 
suoi 
organi 
-i 
quali 
sono 
assoggettati 
a 
vincoli 
gerarchici 
facenti 
capo alla 
P.A. - non � 
riconducibile 
ad un soggetto privato dotato di 
una 
autonoma 
soggettivit� 
ma 
resta 
sostanzialmente 
imputata 
alla 
P.A. medesima, sicch� 
gli 
amministratori 
e 
i 
dipendenti 
della 
societ� 
sono legati 
alla 
P.A. da 
un 
vero e 
proprio rapporto di 
servizio, non diversamente 
da 
quanto accade 
per i 
dirigenti 
preposti 
ai 
servizi 
erogati 
direttamente 
dall'ente 
pubblico. Quindi, il 
danno dai 
medesimi 
arrecato rileva 
come 
danno al 
patrimonio dell'ente 
pubblico, 
seppure 
formalmente 
separato dallo schermo societario, il 
che 
radica 
la 
giurisdizione 
della 
Corte 
dei 
conti 
sulla 
relativa 
azione 
di 
responsabilit� 
(48). 


La 
suindicata 
ipotesi 
eccezionale 
in cui 
� 
configurabile 
la 
giurisdizione 
della 
Corte 
dei 
Conti 
ricorre, quindi, allorquando l'ente 
pubblico viene 
danneggiato 
dall'azione 
illecita 
non 
di 
riflesso, 
quale 
conseguenza 
indiretta 
del 
pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, bens� direttamente (49). 


i) La 
crisi 
d'impresa 
di 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
� 
regolata 
dal-
l�art. 14. Due in particolare sono gli aspetti significativi: 


-ponendo 
fine 
ad 
un 
contrasto 
dottrinale 
e 
giurisprudenziale 
il 
primo 


(46) Conf. Cass. n. 22713/2019 cit. 
(47) 
Il 
comma 
2 
dell�art. 
12 
precisa 
che 
�Costituisce 
danno 
erariale 
il 
danno, 
patrimoniale 
o 
non 
patrimoniale, subito dagli 
enti 
partecipanti, ivi 
compreso il 
danno conseguente 
alla condotta dei 
rappresentanti 
degli 
enti 
pubblici 
partecipanti 
o comunque 
dei 
titolari 
del 
potere 
di 
decidere 
per 
essi, che, 
nell'esercizio 
dei 
propri 
diritti 
di 
socio, 
abbiano 
con 
dolo 
o 
colpa 
grave 
pregiudicato 
il 
valore 
della 
partecipazione�. 
(48) Conf. Cass. n. 22713/2019 cit. 
(49) Cass. n. 22713/2019 cit. evidenzia 
che 
la 
stessa 
situazione 
ricorre 
anche 
nel 
caso delle 
c.d. 
societ� 
legali: 
�Quanto 
alle 
societ� 
legali, 
lo 
speciale 
Statuto 
di 
talune 
societ� 
partecipate 
che 
svolgono 
attivit� amministrativa in forma privatistica consente 
di 
qualificarle 
come 
sostanziali 
enti 
pubblici, e 
giustifica pertanto la giurisdizione 
della Corte 
dei 
Conti. L'affermazione, ricorrente 
nelle 
pronunce 
relative 
alla 
societ� 
rai 
s.p.a. 
(v. 
Cass., 
Sez. 
Un., 
9/5/2011, 
n. 
10063; 
Cass., 
Sez. 
Un., 
22/12/2009, 
n. 
27092), Enav 
s.p.a. (v. Cass., Sez. Un., 3/3/2010, n. 5032), anas 
s.p.a. (v. Cass., Sez. Un., 9/7/2014 n. 
15594), SCr 
Piemonte 
s.p.a. (v. Cass., Sez. Un., 5/12/2016, n. 24737) e 
societ� Ferrovie 
del 
Sud Est 
e 
Servizi 
automobilistici 
s.r.l. (v. Cass., Sez. Un., 15/5/2017, n. 11983) poggia su plurimi 
e 
specifici 
indici 
(quali 
la designazione 
della societ� come 
concessionaria ex 
lege, la sottoposizione 
a penetranti 
poteri 
di 
vigilanza 
ad 
opera 
dell'apparato 
statale, 
la 
previsione 
di 
un 
canone 
con 
natura 
d'imposta 
per 
i 
servizi 
erogati 
all'utenza) 
dai 
quali 
si 
inferisce 
la 
peculiare 
natura 
dell'ente 
e 
la 
necessit� 
di 
applicare 
un 
regime 
sui 
generis 
(v., da ultimo, Cass., Sez. Un., 27/12/2017, n. 30978). in tali 
ipotesi 
si 
� 
in presenza di 
un 
cosiddetto danno erariale, in quanto il danno � provocato al patrimonio dell'ente pubblico�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


comma 
consente 
di 
sottoporre 
le 
societ� 
pubbliche 
alle 
procedure 
concorsuale 
(�Le 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
sono 
soggette 
alle 
disposizioni 
sul 
fallimento 
e 
sul 
concordato preventivo, nonch�, ove 
ne 
ricorrano i 
presupposti, 
a quelle 
in materia di 
amministrazione 
straordinaria delle 
grandi 
imprese 
in 
stato di 
insolvenza di 
cui 
al 
decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e 
al 
de-
creto-legge 
23 
dicembre 
2003, 
n. 
347, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 18 febbraio 2004, n. 39�); 


-viene 
posta 
una 
disciplina 
tendente 
ad 
evitare 
aiuti 
pubblici 
a 
societ� 
partecipate. 
Ci� 
per 
non 
alterare 
il 
meccanismo 
della 
libera 
concorrenza 
di 
mercato. Si 
dispone 
che 
qualora 
emergano, uno o pi� indicatori 
di 
crisi 
aziendale, 
l'organo amministrativo della 
societ� 
a 
controllo pubblico adotta 
senza 
indugio 
i 
provvedimenti 
necessari 
al 
fine 
di 
prevenire 
l'aggravamento 
della 
crisi, 
di 
correggerne 
gli 
effetti 
ed 
eliminarne 
le 
cause, 
attraverso 
un 
idoneo 
piano di 
risanamento. Si 
precisa 
che 
non costituisce 
provvedimento adeguato 
la 
previsione 
di 
un ripianamento delle 
perdite 
da 
parte 
dell'amministrazione 
o 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
socie, anche 
se 
attuato in concomitanza 
a 
un 
aumento di 
capitale 
o ad un trasferimento straordinario di 
partecipazioni 
o al 
rilascio di 
garanzie 
o in qualsiasi 
altra 
forma 
giuridica, a 
meno che 
tale 
intervento 
sia 
accompagnato 
da 
un 
piano 
di 
ristrutturazione 
aziendale, 
dal 
quale 
risulti 
comprovata 
la 
sussistenza 
di 
concrete 
prospettive 
di 
recupero 
dell'equilibrio 
economico delle 
attivit� 
svolte, approvato anche 
in deroga 
al 
comma 
5. 
Il 
comma 
5 
dispone: 
�Le 
amministrazioni 
di 
cui 
all'articolo 
1, 
comma 
3, 
della 
legge 
31 
dicembre 
2009, 
n. 
196 
(50), 
non 
possono, 
salvo 
quanto 
previsto 
dagli 
articoli 
2447 e 
2482-ter 
del 
codice 
civile, sottoscrivere 
aumenti 
di 
capitale, 
effettuare 
trasferimenti 
straordinari, 
aperture 
di 
credito, 
n� 
rilasciare 
garanzie 
a 
favore 
delle 
societ� 
partecipate, 
con 
esclusione 
delle 
societ� 
quotate 
e 
degli 
istituti 
di 
credito, che 
abbiano registrato, per 
tre 
esercizi 
consecutivi, perdite 
di 
esercizio 
ovvero 
che 
abbiano 
utilizzato 
riserve 
disponibili 
per 
il 
ripianamento 
di 
perdite 
anche 
infrannuali. 
Sono 
in 
ogni 
caso 
consentiti 
i 
trasferimenti 
straordinari 
alle 
societ� di 
cui 
al 
primo periodo, a fronte 
di 
convenzioni, contratti 
di 
servizio 
o 
di 
programma 
relativi 
allo 
svolgimento 
di 
servizi 
di 
pubblico 


(50) 
L�art. 
1, 
commi 
2 
e 
3, 
della 
legge 
31 
dicembre 
2009, 
n. 
196 
cos� 
dispongono: 
�2. 
ai 
fini 
della 
applicazione 
delle 
disposizioni 
in materia di 
finanza pubblica, per 
amministrazioni 
pubbliche 
si 
intendono, 
per 
l'anno 2011, gli 
enti 
e 
i 
soggetti 
indicati 
a fini 
statistici 
nell'elenco oggetto del 
comunicato 
dell'istituto 
nazionale 
di 
statistica 
(iSTaT) 
in 
data 
24 
luglio 
2010, 
pubblicato 
in 
pari 
data 
nella 
Gazzetta 
Ufficiale 
della 
repubblica 
italiana 
n. 
171, 
nonch� 
a 
decorrere 
dall'anno 
2012 
gli 
enti 
e 
i 
soggetti 
indicati 
a fini 
statistici 
dal 
predetto istituto nell'elenco oggetto del 
comunicato del 
medesimo istituto in data 30 
settembre 
2011, 
pubblicato 
in 
pari 
data 
nella 
Gazzetta 
Ufficiale 
della 
repubblica 
italiana 
n. 
228, 
e 
successivi 
aggiornamenti 
ai 
sensi 
del 
comma 3 del 
presente 
articolo, effettuati 
sulla base 
delle 
definizioni 
di 
cui 
agli 
specifici 
regolamenti 
dell'Unione 
europea, le 
autorit� indipendenti 
e, comunque, le 
amministrazioni 
di 
cui 
all'articolo 1, comma 2, del 
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e 
successive 
modificazioni. 
3. 
La 
ricognizione 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
al 
comma 
2 
� 
operata 
annualmente 
dall'iSTaT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre�. 

DoTTrInA 
221 


interesse 
ovvero alla realizzazione 
di 
investimenti, purch� 
le 
misure 
indicate 
siano contemplate 
in un piano di 
risanamento, approvato dall'autorit� di 
regolazione 
di 
settore 
ove 
esistente 
e 
comunicato 
alla 
Corte 
dei 
conti 
con 
le 
modalit� 
di 
cui 
all'articolo 
5, 
che 
contempli 
il 
raggiungimento 
dell'equilibrio 
finanziario entro tre 
anni. al 
fine 
di 
salvaguardare 
la continuit� nella prestazione 
di 
servizi 
di 
pubblico 
interesse, 
a 
fronte 
di 
gravi 
pericoli 
per 
la 
sicurezza 
pubblica, l'ordine 
pubblico e 
la sanit�, su richiesta della amministrazione 
interessata, 
con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
ministri, adottato su 
proposta del 
ministro dell'economia e 
delle 
finanze, di 
concerto con gli 
altri 
ministri 
competenti 
e 
soggetto a registrazione 
della Corte 
dei 
conti, possono 
essere 
autorizzati 
gli 
interventi 
di 
cui 
al 
primo periodo del 
presente 
comma�. 
l) 
La 
gestione 
del 
personale 
delle 
societ� 
pubbliche 
� 
disciplinata 
dall�art. 


19. Queste le disposizioni fondamentali: 
-ai 
rapporti 
di 
lavoro dei 
dipendenti 
delle 
societ� 
a 
controllo pubblico si 
applicano 
le 
disposizioni 
del 
capo 
I, 
titolo 
II, 
del 
libro 
V 
del 
codice 
civile, 
dalle 
leggi 
sui 
rapporti 
di 
lavoro subordinato nell'impresa 
e 
dai 
contratti 
collettivi, 
ossia quella ordinaria; 
-le 
societ� 
a 
controllo pubblico stabiliscono, con propri 
provvedimenti, 
criteri 
e 
modalit� 
per 
il 
reclutamento 
del 
personale 
nel 
rispetto 
dei 
princ�pi, 
anche 
di 
derivazione 
europea, di 
trasparenza, pubblicit� 
e 
imparzialit� 
e 
dei 
princ�pi 
di 
cui 
all'articolo 35, comma 
3, del 
D.L.vo n. 165/2001 (51). In caso 
di 
mancata 
adozione 
dei 
suddetti 
provvedimenti, trova 
diretta 
applicazione 
il 
suddetto 
articolo 
35, 
comma 
3, 
del 
D.L.vo 
n. 
165/2001. 
Salvo 
quanto 
previsto 
dall'articolo 
2126 
c.c., 
ai 
fini 
retributivi, 
i 
contratti 
di 
lavoro 
stipulati 
in 
assenza 
dei 
provvedimenti 
o delle 
procedure 
ora 
descritte, sono nulli. resta 
ferma 
la 
giurisdizione 
ordinaria 
sulla 
validit� 
dei 
provvedimenti 
e 
delle 
procedure 
di 
reclutamento del personale. 
La 
disposizione 
impone, nella 
sostanza, il 
meccanismo concorsuale 
e 
all�evidenza, 
mira 
ad evitare 
elusioni 
del 
detto meccanismo, richiesto dall�art. 
97 della 
Costituzione 
per le 
assunzioni 
nella 
Pubblica 
Amministrazione. Una 


(51) 
Il 
quale 
cos� 
dispone: 
�Le 
procedure 
di 
reclutamento 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
si 
conformano 
ai 
seguenti 
principi: a) adeguata pubblicit� della selezione 
e 
modalit� di 
svolgimento che 
garantiscano 
l'imparzialit� 
e 
assicurino 
economicit� 
e 
celerit� 
di 
espletamento, 
ricorrendo, 
ove 
� 
opportuno, all'ausilio di 
sistemi 
automatizzati, diretti 
anche 
a realizzare 
forme 
di 
preselezione; b) adozione 
di 
meccanismi 
oggettivi 
e 
trasparenti, 
idonei 
a 
verificare 
il 
possesso 
dei 
requisiti 
attitudinali 
e 
professionali 
richiesti 
in relazione 
alla posizione 
da ricoprire; c) rispetto delle 
pari 
opportunit� tra lavoratrici 
e 
lavoratori; d) decentramento delle 
procedure 
di 
reclutamento; e) composizione 
delle 
commissioni 
esclusivamente 
con 
esperti 
di 
provata 
competenza 
nelle 
materie 
di 
concorso, 
scelti 
tra 
funzionari 
delle 
amministrazioni, docenti 
ed estranei 
alle 
medesime, che 
non siano componenti 
dell'organo 
di 
direzione 
politica dell'amministrazione, che 
non ricoprano cariche 
politiche 
e 
che 
non siano 
rappresentanti 
sindacali 
o 
designati 
dalle 
confederazioni 
ed 
organizzazioni 
sindacali 
o 
dalle 
associazioni 
professionali; [�] 
e-ter) possibilit� di 
richiedere, tra i 
requisiti 
previsti 
per 
specifici 
profili 
o livelli 
di 
inquadramento, il 
possesso del 
titolo di 
dottore 
di 
ricerca, che 
deve 
comunque 
essere 
valutato, ove 
pertinente, 
tra i titoli rilevanti ai fini del concorso�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


P.A. 
che 
voglia 
assumere 
amici 
e 
sod�li, 
non 
potendo 
provvedervi 
atteso 
il 
principio 
costituzionale, 
crea 
un 
distinto 
soggetto, 
da 
essa 
controllato, 
per 
procedere 
a 
tanto. Al 
fine 
di 
evitare 
tale 
abuso il 
meccanismo concorsuale 
si 
applica 
anche 
al 
caso che 
l�organizzazione 
pubblica 
assuma 
forme 
privatistiche, 
come nel caso in esame; 
-le 
amministrazioni 
pubbliche 
socie 
fissano, con propri 
provvedimenti, 
obiettivi 
specifici, annuali 
e 
pluriennali, sul 
complesso delle 
spese 
di 
funzionamento, 
ivi 
comprese 
quelle 
per il 
personale, delle 
societ� 
controllate, anche 
attraverso il 
contenimento degli 
oneri 
contrattuali 
e 
delle 
assunzioni 
di 
personale, 
ovvero 
delle 
eventuali 
disposizioni 
che 
stabiliscono, 
a 
loro 
carico, 
divieti 
o limitazioni 
alle 
assunzioni 
di 
personale, tenendo conto del 
settore 
in cui 
ciascun 
soggetto opera. Le 
societ� 
a 
controllo pubblico garantiscono il 
concreto 
perseguimento 
degli 
obiettivi 
fissati 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche 
socie 
tramite 
propri 
provvedimenti 
da 
recepire, 
ove 
possibile, 
nel 
caso 
del 
contenimento 
degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello. 
m) 
onde 
evitare 
la 
proliferazione 
di 
enti 
inutili 
� 
disciplinata, 
all�art. 
21, 
la 
razionalizzazione 
periodica 
delle 
partecipazioni 
pubbliche. 
All�uopo 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
effettuano 
annualmente 
-entro 
il 
31 
dicembre 
-con 
proprio 
provvedimento, 
un'analisi 
dell'assetto 
complessivo 
delle 
societ� 
in 
cui 
detengono 
partecipazioni, 
dirette 
o 
indirette, 
predisponendo 
un 
piano 
di 
riassetto 
per 
la 
loro 
razionalizzazione, 
fusione 
o 
soppressione, 
anche 
mediante 
messa 
in 
liquidazione 
o 
cessione. 
I 
piani 
di 
razionalizzazione, 
corredati 
di 
un'apposita 
relazione 
tecnica, 
con 
specifica 
indicazione 
di 
modalit� 
e 
tempi 
di 
attuazione, 
sono 
adottati 
ove, 
in 
sede 
di 
analisi 
periodica, 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
rilevino: 
a) 
partecipazioni 
societarie 
che 
non 
rientrino 
in 
alcuna 
delle 
categorie 
di 
cui 
all'articolo 
4; 
b) 
societ� 
che 
risultino 
prive 
di 
dipendenti 
o 
abbiano 
un 
numero 
di 
amministratori 
superiore 
a 
quello 
dei 
dipendenti; 
c) 
partecipazioni 
in 
societ� 
che 
svolgono 
attivit� 
analoghe 
o 
similari 
a 
quelle 
svolte 
da 
altre 
societ� 
partecipate 
o 
da 
enti 
pubblici 
strumentali; 
d) 
partecipazioni 
in 
societ� 
che, 
nel 
triennio 
precedente, 
abbiano 
conseguito 
un 
fatturato 
medio 
non 
superiore 
a 
un 
milione 
di 
euro; 
e) 
partecipazioni 
in 
societ� 
diverse 
da 
quelle 
costituite 
per 
la 
gestione 
di 
un 
servizio 
d'interesse 
generale 
che 
abbiano 
prodotto 
un 
risultato 
negativo 
per 
quattro 
dei 
cinque 
esercizi 
precedenti; 
f) 
necessit� 
di 
contenimento 
dei 
costi 
di 
funzionamento; 
g) 
necessit� 
di 
aggregazione 
di 
societ� 
aventi 
ad 
oggetto 
le 
attivit� 
consentite 
all'articolo 
4. 


La 
titolarit� 
e 
la 
gestione 
delle 
partecipazioni 
azionarie 
dello 
Stato 
in 
tutte 
le 
societ� 
- con l�eccezione 
di 
quelle 
bancarie 
scaturenti 
dalla 
trasformazione 
degli 
enti 
pubblici 
economici, nelle 
quali 
titolare 
delle 
azioni 
� 
la 
Fondazione 


- da questo partecipate spetta al Ministero dell�Economia e delle Finanze. 
In 
base 
all�entit� 
della 
partecipazione 
del 
socio 
pubblico, 
le 
societ� 
vanno 

DoTTrInA 
223 


distinte 
in 
societ� 
a 
partecipazione 
mista 
pubblico-privata 
e 
in 
societ� 
in 
house. 
Tali 
societ�, oltre 
alla 
disciplina 
specifica 
innanzi 
esposta, sono sottoposte 
ad 
ulteriori regole, in ragione dei loro connotati. 

Le 
societ� 
a 
partecipazione 
mista 
pubblico-privata 
sono disciplinate 
all�art. 
17 del decreto. Questa la disciplina fondamentale: 


-nelle 
societ� 
a 
partecipazione 
mista 
pubblico-privata 
la 
quota 
di 
partecipazione 
del 
soggetto 
privato 
non 
pu� 
essere 
inferiore 
al 
trenta 
per 
cento 
e 
la 
selezione 
del 
medesimo 
si 
svolge 
con 
procedure 
di 
evidenza 
pubblica 
a 
norma 
dell'articolo 
5, 
comma 
9, 
del 
decreto 
legislativo 
n. 
50 
del 
2016 
e 
ha 
a 
oggetto, 
al 
contempo, 
la 
sottoscrizione 
o 
l'acquisto 
della 
partecipazione 
societaria 
da 
parte 
del 
socio 
privato 
e 
l'affidamento 
del 
contratto 
di 
appalto 
o 
di 
concessione 
oggetto 
esclusivo 
dell'attivit� 
della 
societ� 
mista. 
Il 
socio 
privato 
deve 
possedere 
i 
requisiti 
di 
qualificazione 
previsti 
da 
norme 
legali 
o 
regolamentari 
in 
relazione 
alla 
prestazione 
per 
cui 
la 
societ� 
� 
stata 
costituita. 
All'avviso 
pubblico 
sono 
allegati 
la 
bozza 
dello 
statuto 
e 
degli 
eventuali 
accordi 
parasociali, 
nonch� 
degli 
elementi 
essenziali 
del 
contratto 
di 
servizio 
e 
dei 
disciplinari 
e 
regolamenti 
di 
esecuzione 
che 
ne 
costituiscono 
parte 
integrante. 
Il 
bando 
di 
gara 
deve 
specificare 
l'oggetto 
dell'affidamento, 
i 
necessari 
requisiti 
di 
qualificazione 
generali 
e 
speciali 
di 
carattere 
tecnico 
ed 
economico-finanziario 
dei 
concorrenti, 
nonch� 
il 
criterio 
di 
aggiudicazione 
che 
garantisca 
una 
valutazione 
delle 
offerte 
in 
condizioni 
di 
concorrenza 
effettiva 
in 
modo 
da 
individuare 
un 
vantaggio 
economico 
complessivo 
per 
l'amministrazione 
pubblica 
che 
ha 
indetto 
la 
procedura. 
I 
criteri 
di 
aggiudicazione 
possono 
includere, 
tra 
l'altro, 
aspetti 
qualitativi 
ambientali, 
sociali 
connessi 
all'oggetto 
dell'affidamento 
o 
relativi 
all'innovazione; 


-la 
durata 
della 
partecipazione 
privata 
alla 
societ� 
non pu� essere 
superiore 
alla durata dell'appalto o della concessione; 
-nelle 
societ� 
a 
partecipazione 
mista 
pubblico-privata 
: 
a) 
gli 
statuti 
delle 
societ� 
per 
azioni 
possono 
contenere 
clausole 
in 
deroga 
delle 
disposizioni 
del-
l'articolo 2380-bis 
e 
dell'articolo 2409-novies 
del 
codice 
civile 
al 
fine 
di 
consentire 
il 
controllo interno del 
socio pubblico sulla 
gestione 
dell'impresa; 
b) 
gli 
statuti 
delle 
societ� 
a 
responsabilit� 
limitata 
possono prevedere 
l'attribuzione 
all'ente 
o agli 
enti 
pubblici 
partecipanti 
e 
ai 
soci 
privati 
di 
particolari 
diritti, 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2468, 
terzo 
comma, 
del 
codice 
civile, 
e 
derogare 
all'articolo 2479, primo comma, del 
codice 
civile 
nel 
senso di 
eliminare 
o limitare 
la 
competenza 
dei 
soci; 
c) gli 
statuti 
delle 
societ� 
per azioni 
possono 
prevedere 
l'emissione 
di 
speciali 
categorie 
di 
azioni 
e 
di 
azioni 
con 
prestazioni 
accessorie 
da 
assegnare 
al 
socio privato; 
d) i 
patti 
parasociali 
possono avere 
durata 
superiore 
a 
cinque 
anni, in deroga 
all'articolo 2341-bis, primo comma, 
del 
codice 
civile, purch� 
entro i 
limiti 
di 
durata 
del 
contratto per la 
cui 
esecuzione 
la societ� � stata costituita; 


-alle 
societ� 
in esame 
che 
non siano organismi 
di 
diritto pubblico, costi

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


tuite 
per 
la 
realizzazione 
di 
lavori 
o 
opere 
o 
per 
la 
produzione 
di 
beni 
o 
servizi 
non destinati 
ad essere 
collocati 
sul 
mercato in regime 
di 
concorrenza, per la 
realizzazione 
dell'opera 
pubblica 
o alla 
gestione 
del 
servizio per i 
quali 
sono 
state 
specificamente 
costituite 
non si 
applicano le 
disposizioni 
del 
decreto legislativo 
n. 50 del 
2016, se 
ricorrono le 
seguenti 
condizioni: 
a) la 
scelta 
del 
socio privato � 
avvenuta 
nel 
rispetto di 
procedure 
di 
evidenza 
pubblica; 
b) il 
socio privato ha 
i 
requisiti 
di 
qualificazione 
previsti 
dal 
decreto legislativo n. 
50 del 
2016 in relazione 
alla 
prestazione 
per cui 
la 
societ� 
� 
stata 
costituita; 
c) 
la 
societ� 
provvede 
in via 
diretta 
alla 
realizzazione 
dell'opera 
o del 
servizio, 
in misura superiore al 70% del relativo importo. 


7. 
(segue) 
Enti 
privati 
partecipati 
da 
enti 
pubblici. 
in 
specie 
le 
societ� 
in 
house. 
Le 
societ� 
in house 
sono disciplinate, oltrech� 
dalle 
disposizioni 
specifiche 
innanzi 
indicate, anche 
dall�art. 16 del 
decreto, che 
- nella 
sostanza 
- recepisce 
e 
sistematizza 
gli 
orientamenti 
giurisprudenziali, 
nazionali 
ed 
unionistici, sulla materia. 


La 
prima 
definizione 
giurisprudenziale 
della 
figura 
� 
fornita 
dalla 
sentenza 
della 
Corte 
di 
giustizia 
delle 
Comunit� 
europee 
del 
18 
novembre 
1999, 
causa 
C-107/98 
-Teckal, 
che 
ha 
esaminato 
il 
problema 
dell�applicabilit� 
delle 
regole 
della 
gara 
in 
materia 
di 
appalti 
nella 
evenienza 
che 
la 
committente 
sia 
una 
P.A. 
e 
che 
aggiudicatario 
sia 
una 
societ� 
partecipata 
dalla 
prima. 
All�uopo 
la 
Corte 
ha 
affermato 
che 
non 
� 
necessario 
rispettare 
le 
regole 
della 
gara 
in 
materia 
di 
appalti 
nell�ipotesi 
in 
cui 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
esercita 
sul 
soggetto 
aggiudicatario 
un 
"controllo 
analogo" 
a 
quello 
esercitato 
sui 
propri 
servizi 
ed 
il 
soggetto 
aggiudicatario 
svolge 
la 
maggior 
parte 
della 
propria 
attivit� 
in 
favore 
dell�ente 
pubblico 
di 
appartenenza. 
In 
ragione 
del 
"controllo 
analogo" 
e 
della 
"destinazione 
prevalente 
dell�attivit�", 
l�ente 
in 
house 
non 
pu� 
ritenersi 
"terzo" 
rispetto 
all�amministrazione 
controllante, 
ma 
deve 
considerarsi 
come 
uno 
dei 
servizi 
propri 
dell�amministrazione 
stessa: 
non 
�, 
pertanto, 
necessario 
che 
l�amministrazione 
ponga 
in 
essere 
procedure 
di 
evidenza 
pubblica 
per 
l�affidamento 
di 
appalti 
di 
lavori, 
servizi 
e 
forniture. 
Ci� 
in 
quanto 
nel 
caso 
di 
specie 
ricorre 
un 
rapporto 
organico 
(o 
di 
delegazione 
interorganica), 
venendo 
a 
mancare 
la 
qualit� 
di 
terzo 
in 
capo 
al 
soggetto 
affidatario. 
La 
delega 
interorganica 
e 
il 
conseguente 
rapporto 
di 
strumentalit� 
dell�ente 
affidatario 
rispetto 
all�amministrazione 
aggiudicatrice 
rendono 
allora 
lo 
svolgimento 
della 
prestazione 
una 
vicenda 
tutta 
interna 
alla 
pubblica 
amministrazione. 


Questa la disciplina fondamentale contenuta nel citato art. 16. 


Connotati 
delle 
societ� 
in 
house 
sono 
due: 
a) 
l�oggetto 
sociale, 
per 
la 
quasi 
totalit�, 
consiste 
nello 
svolgimento 
dei 
compiti 
ad 
esse 
affidati, 
mediante 
contratti 
pubblici, dall'azionista 
ente 
pubblico; 
b) l�azionista 
pu� essere 
solo 



DoTTrInA 
225 


una 
o 
pi� 
amministrazioni 
pubbliche. 
L�ente 
pubblico 
esercita 
su 
di 
esse 
il 
controllo analogo (se 
pi� sono gli 
azionisti 
enti 
pubblici, questi 
esercitano su 
di 
esse 
il 
controllo 
analogo 
congiunto). 
� 
ammessa 
la 
partecipazione 
di 
capitali 
privati 
solo 
se 
prevista 
da 
norme 
di 
legge 
e 
che 
avvenga 
in 
forme 
che 
non 
comportino controllo o potere 
di 
veto, n� 
l'esercizio di 
un'influenza 
determinante 
sulla societ� controllata. 


Ai 
fini 
della 
realizzazione 
del 
descritto 
assetto 
organizzativo: 
a) 
gli 
statuti 
delle 
societ� 
per 
azioni 
possono 
contenere 
clausole 
in 
deroga 
delle 
disposizioni 
dell'articolo 
2380-bis 
e 
dell'articolo 
2409-novies 
del 
codice 
civile; 
b) 
gli 
statuti 
delle 
societ� 
a 
responsabilit� 
limitata 
possono 
prevedere 
l'attribuzione 
all'ente 


o agli 
enti 
pubblici 
soci 
di 
particolari 
diritti, ai 
sensi 
dell'articolo 2468, terzo 
comma, 
del 
codice 
civile; 
c) 
in 
ogni 
caso, 
i 
requisiti 
del 
controllo 
analogo 
possono 
essere 
acquisiti 
anche 
mediante 
la 
conclusione 
di 
appositi 
patti 
parasociali; 
tali 
patti 
possono 
avere 
durata 
superiore 
a 
cinque 
anni, 
in 
deroga 
all'articolo 2341-bis, primo comma, del codice civile. 
Gli 
statuti 
delle 
societ� 
in house 
devono prevedere 
inoltre 
che 
oltre 
l'ottanta 
per cento del 
loro fatturato sia 
effettuato nello svolgimento dei 
compiti 
a 
esse 
affidati 
dall'ente 
pubblico o dagli 
enti 
pubblici 
soci. La 
produzione 
ulteriore 
rispetto al 
limite 
di 
fatturato, che 
pu� essere 
rivolta 
anche 
a 
finalit� 
diverse, 
� 
consentita 
solo 
a 
condizione 
che 
la 
stessa 
permetta 
di 
conseguire 
economie 
di 
scala 
o 
altri 
recuperi 
di 
efficienza 
sul 
complesso 
dell'attivit� 
principale 
della societ�. 


L�art. 
4, 
comma 
4, 
D.Lvo 
n. 
175/2016 
dispone, 
poi, 
che 
le 
societ� 
in 
house 
hanno 
come 
oggetto 
sociale 
esclusivo 
una 
o 
pi� 
delle 
attivit� 
di 
cui 
alle 
lettere 
a), b), d) ed e) del comma 2. 

resta 
fermo quanto previsto dagli 
articoli 
5 e 
192 del 
decreto legislativo 


n. 50 del 2016 in ordine all�acquisto di lavori, beni e servizi. 
L�art. 
5 
del 
D.L.vo 
n. 
50/2016 
d� 
rilevanza 
giuridica 
al 
dato 
sostanziale 
che 
la 
societ� 
in 
house 
� 
una 
articolazione 
dell�amministrazione 
controllante, 
una 
longa 
manus: 
nella 
sostanza 
non 
vi 
� 
una 
alterit� 
giuridica. 
Sicch� 
laddove 
l�amministrazione 
affida 
l�esecuzione 
di 
un�opera 
o 
un 
servizio 
alla 
propria 
partecipata 
non 
deve 
applicarsi 
la 
disciplina 
sugli 
affidamenti 
pubblici. 
Pertanto 
l�articolo 
citato 
enuncia 
che 
una 
concessione 
o 
un 
appalto 
pubblico, 
nei 
settori 
ordinari 
o 
speciali, 
aggiudicati 
da 
un'amministrazione 
aggiudicatrice 
o 
da 
un 
ente 
aggiudicatore 
a 
una 
persona 
giuridica 
di 
diritto 
pubblico 
o 
di 
diritto 
privato, 
non 
rientra 
nell'ambito 
di 
applicazione 
del 
presente 
codice 
quando 
sono 
soddisfatte 
tutte 
le 
seguenti 
condizioni: 
a) 
l'amministrazione 
aggiudicatrice 
o 
l'ente 
aggiudicatore 
esercita 
sulla 
persona 
giuridica 
di 
cui 
trattasi 
un 
controllo 
analogo 
a 
quello 
esercitato 
sui 
propri 
servizi; 
b) 
oltre 
l'80 
per 
cento 
delle 
attivit� 
della 
persona 
giuridica 
controllata 
� 
effettuata 
nello 
svolgimento 
dei 
compiti 
ad 
essa 
affidati 
dall'amministrazione 
aggiudicatrice 
controllante 
o 
da 
altre 
persone 
giuridiche 
controllate 
dall'amministrazione 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


aggiudicatrice 
o 
da 
un 
ente 
aggiudicatore 
di 
cui 
trattasi 
(52); 
c) 
nella 
persona 
giuridica 
controllata 
non 
vi 
� 
alcuna 
partecipazione 
diretta 
di 
capitali 
privati, 
ad 
eccezione 
di 
forme 
di 
partecipazione 
di 
capitali 
privati 
le 
quali 
non 
comportano 
controllo 
o 
potere 
di 
veto 
previste 
dalla 
legislazione 
nazionale, 
in 
conformit� 
dei 
trattati, 
che 
non 
esercitano 
un'influenza 
determinante 
sulla 
persona 
giuridica 
controllata. 
Il 
comma 
2 
del 
D.L.vo 
statuisce 
che 
�Un'amministrazione 
aggiudicatrice 
o 
un 
ente 
aggiudicatore 
esercita 
su 
una 
persona 
giuridica 
un 
controllo 
analogo 
a 
quello 
esercitato 
sui 
propri 
servizi 
ai 
sensi 
del 
comma 
1, 
lettera 
a), 
qualora 
essa 
eserciti 
un'influenza 
determinante 
sia 
sugli 
obiettivi 
strategici 
che 
sulle 
decisioni 
significative 
della 
persona 
giuridica 
controllata. 
Tale 
controllo 
pu� 
anche 
essere 
esercitato 
da 
una 
persona 
giuridica 
diversa, 
a 
sua 
volta 
controllata 
allo 
stesso 
modo 
dall'amministrazione 
aggiudicatrice 
o 
dall'ente 
aggiudicatore�. 


L�eccezione 
alla 
regola 
dell�affidamento pubblico vale 
altres� 
nel 
caso di 
controllo congiunto, da 
parte 
di 
pi� amministrazioni 
aggiudicatrici 
o pi� enti 
aggiudicatori, sulla 
societ� 
in house 
in presenza 
delle 
condizioni 
indicate 
nel 
comma 5 dell�art. 5. 


L�art. 192 del 
D.L.vo n. 50/2016 sottopone 
a 
precise 
condizioni 
l�affidamento 
diretto 
di 
commesse 
da 
parte 
dell�amministrazione 
partecipante 
alla 
societ� 
in 
house, 
onde 
evitare 
che 
il 
detto 
affidamento 
sia 
antieconomico. 
La 
disposizione, 
al 
comma 
2, 
pertanto 
enuncia: 
�ai 
fini 
dell'affidamento 
in 
house 
di 
un contratto avente 
ad oggetto servizi 
disponibili 
sul 
mercato in regime 
di 
concorrenza, le 
stazioni 
appaltanti 
effettuano preventivamente 
la valutazione 
sulla congruit� economica dell'offerta dei 
soggetti 
in house, avuto riguardo 
all'oggetto e 
al 
valore 
della prestazione, dando conto nella motivazione 
del 
provvedimento di 
affidamento delle 
ragioni 
del 
mancato ricorso al 
mercato, 
nonch� 
dei 
benefici 
per 
la 
collettivit� 
della 
forma 
di 
gestione 
prescelta, 
anche 
con riferimento agli 
obiettivi 
di 
universalit� e 
socialit�, di 
efficienza, di 
economicit� 
e 
di 
qualit� 
del 
servizio, 
nonch� 
di 
ottimale 
impiego 
delle 
risorse 
pubbliche�. L�indicata 
disposizione 
ha 
altres� 
istituito presso l'AnAC, anche 
al 
fine 
di 
garantire 
adeguati 
livelli 
di 
pubblicit� 
e 
trasparenza 
nei 
contratti 
pubblici, 
l'elenco delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
e 
degli 
enti 
aggiudicatori 
che 
operano 
mediante 
affidamenti 
diretti 
nei 
confronti 
di 
proprie 
societ� 
in 
house 
di 
cui 
all'articolo 5; 
l�iscrizione 
nell'elenco avviene 
a 
domanda, dopo 
che 
sia 
stata 
riscontrata 
l'esistenza 
dei 
requisiti, secondo le 
modalit� 
e 
i 
criteri 
che l'Autorit� definisce con proprio atto. 


Delineato 
il 
quadro 
normativo, 
cosa 
� 
dato 
desumere? 
La 
societ� 
in 
house 


(52) Per determinare 
la 
percentuale 
delle 
attivit� 
�si 
prende 
in considerazione 
il 
fatturato totale 
medio, 
o 
una 
idonea 
misura 
alternativa 
basata 
sull'attivit�, 
quale 
i 
costi 
sostenuti 
dalla 
persona 
giuridica 
o 
amministrazione 
aggiudicatrice 
o 
l'ente 
aggiudicatore 
nei 
settori 
dei 
servizi, 
delle 
forniture 
e 
dei 
lavori 
per i tre anni precedenti l'aggiudicazione dell'appalto o della concessione� 
(art. 5, comma 7). 

DoTTrInA 
227 


� 
una 
�vera 
e 
propria� 
societ� 
oppure 
� 
una 
articolazione 
nell�ambito 
di 
un 
ente 
pubblico 
(azionista 
di 
essa 
societ�) 
o 
� 
un 
ente 
pubblico 
distinto 
dall�azionista 
pubblico? 


A 
grandi 
tratti, 
un 
primo 
orientamento 
ritiene 
che 
la 
scelta 
della 
P.A. 
di 
acquisire 
partecipazioni 
in 
societ� 
private 
implica 
il 
suo 
assoggettamento 
alle 
regole 
proprie 
della 
forma 
giuridica 
prescelta; 
sicch� 
la 
scelta 
di 
gestire 
un 
servizio 
pubblico 
essenziale, 
utilizzando 
il 
modello 
della 
societ� 
di 
capitali, 
anzich� 
l�azienda 
speciale 
o 
la 
concessione 
a 
terzi, 
comporta 
l�applicazione 
dello 
statuto 
dell�imprenditore 
commerciale 
in 
pieno, 
qualsiasi 
sia 
l�attivit� 
economica 
svolta 
ed 
a 
prescindere 
dalla 
relativa 
collocazione 
in 
un 
mercato 
concorrenziale, 
e 
non 
solo 
i 
vantaggi 
derivanti 
dalla 
segregazione 
patrimoniale. 


Altro orientamento, diversamente, esaltando gli 
aspetti 
sostanziali 
ed altres� 
l�attivit� 
di 
tali 
societ� 
ha 
riqualificato esse 
societ� 
come 
ente 
pubblico o 
le 
ha 
qualificate 
come 
mere 
articolazioni 
interne 
all�ente 
azionista, 
ossia 
mero 
patrimonio separato dell'ente pubblico e non distinto soggetto giuridico. 


Dal 
delineato quadro normativo si 
evince 
che 
la 
societ� 
in house 
non � 
da 
qualificare, 
in 
via 
esclusiva, 
come 
soggetto 
di 
diritto 
privato 
e 
neppure 
come 
un 
autonomo 
ente 
pubblico. 
La 
societ� 
in 
house 
si 
immedesima 
con 
l�ente 
pubblico partecipante; 
vi 
� 
un rapporto di 
non alterit� 
della 
societ� 
in 
house 
rispetto all�ente 
per il 
quale 
svolge 
funzioni 
ancillari, compatibilmente 
con il possesso della persona giuridica. Difatti: 


-la 
societ� 
in house, non � 
un'entit� 
posta 
al 
di 
fuori 
dell'ente 
pubblico, 
atteso che 
quest�ultimo ne 
dispone 
come 
di 
una 
propria 
articolazione 
interna; 
-la 
societ� 
non � 
altro che 
una 
longa manus 
della 
pubblica 
amministrazione, 
al 
punto 
che 
l�affidamento 
pubblico 
mediante 
in 
house 
contract 
neppure 
consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo; 
-l'ente 
in house 
non pu� ritenersi 
terzo rispetto all'amministrazione 
controllante 
ma 
deve 
considerarsi 
come 
uno 
dei 
servizi 
propri 
dell'amministrazione 
stessa; 
-l'uso 
del 
vocabolo 
societ� 
qui 
serve 
solo 
allora 
a 
significare 
che, 
ove 
manchino specifiche 
disposizioni 
di 
segno contrario, il 
paradigma 
organizzativo 
va 
desunto 
dal 
modello 
societario; 
tuttavia 
di 
una 
societ� 
di 
capitali, 
intesa 
come 
persona 
giuridica 
autonoma 
cui 
corrisponda 
un autonomo centro decisionale 
e 
di 
cui 
sia 
possibile 
individuare 
un interesse 
suo proprio, non � 
possibile 
parlare; 


-non 
risultando 
possibile 
configurare 
un 
rapporto 
di 
alterit� 
tra 
l'ente 
pubblico 
partecipante 
e 
la 
societ� 
in house 
che 
ad esso fa 
capo, la 
distinzione 
tra 
il 
patrimonio dell'ente 
e 
quello della 
societ� 
si 
pu� porre 
in termini 
di 
separazione 
patrimoniale, ma non di distinta titolarit�; 


-l�ente 
pubblico esercita 
sulla 
societ� 
un potere 
di 
governo del 
tutto corrispondente 
a quello esercitato sui propri organi interni. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


All�evidenza, il 
dato insopprimibile 
nelle 
societ� 
in house 
� 
che 
queste 
curano interessi 
pubblici 
a 
mezzo di 
risorse 
della 
collettivit�. La 
forma 
societaria 
costituisce 
principalmente 
un 
mezzo 
per 
agire 
in 
modo 
snello, 
mezzo 
che 
deve essere, tuttavia, coerente con i dati sostanziali. 


La 
personalit� 
giuridica 
della 
societ� 
in house 
rileva 
ai 
fini 
della 
separazione 
patrimoniale, ai 
fini 
della 
reciproca 
insensibilit� 
delle 
vicende 
patrimoniali 
interessanti 
la 
societ� 
ed 
il 
socio. 
Sicch� 
nell�ipotesi 
del 
ricorso 
alla 
societ� 
per 
azioni 
�per 
le 
obbligazioni 
sociali 
risponde 
soltanto 
la 
societ� 
con 
il 
suo 
patrimonio� 
(art. 
2325, 
comma 
1 
c.c.); 
analoga 
regola 
vale 
per 
la 
societ� 
a 
responsabilit� 
limitata 
(art. 
2462 
comma 
1 
c.c.). 
Delle 
obbligazioni 
della 
societ� 
in 
house 
non 
risponde 
la 
pubblica 
amministrazione, 
socio 
di 
riferimento, 
bens� soltanto la societ� con il suo patrimonio. 


Ci� 
in 
coerenza 
con 
il 
proprium 
dell�acquisto 
della 
personalit� 
giuridica 
ed 
in 
coerenza, 
altres�, 
con 
la 
tendenza 
del 
sistema 
normativo 
contemporaneo 
il 
quale, 
per 
favorire 
l�iniziativa 
economica, 
mette 
a 
disposizione 
degli 
operatori 
variegati 
strumenti 
per 
limitare 
la 
responsabilit� 
patrimoniale. 
Valga 
per 
tutti 
l�esempio 
del 
patrimonio 
destinato 
ad 
uno 
specifico 
affare 
(artt. 
2447-bis 
e 
ss. 
c.c.). 
In 
tale 
evenienza 
i 
creditori 
della 
societ� 
per 
azioni 
-a 
date 
condizioni, 
anche 
pubblicitarie 
-non 
possono 
far 
valere 
alcun 
diritto 
sul 
patrimonio 
destinato 
(art. 
2447-quinquies, 
comma 
1, 
c.c.); 
inoltre 
per 
le 
obbligazioni 
contratte 
in 
relazione 
allo 
specifico 
affare 
la 
societ� 
risponde 
nei 
limiti 
del 
patrimonio 
ad 
esso 
destinato 
(art. 
2447 
quinquies, 
comma 
3, 
c.c.). 


La 
qualificazione 
della 
societ� 
in house 
quale 
mero patrimonio separato 
dell'ente pubblico ha importanti ricadute sulla disciplina della stessa. 


nella 
evenienza 
che 
la 
societ� 
in house 
abbia 
come 
azionista 
una 
Amministrazione 
Statale 
saranno applicabili 
alla 
stessa 
- in coerenza 
con il 
presupposto 
- le 
norme 
caratterizzanti 
l�organizzazione 
dello Stato, a 
meno che 
non 
vi 
sia 
una 
espressa 
deroga 
legislativa; 
ci� 
in 
aggiunta 
alla 
disciplina 
codicistica 
del 
tipo di 
societ� 
prescelta, sul 
rilievo che, ove 
manchino specifiche 
disposizioni 
di 
segno contrario, il 
paradigma 
organizzativo va 
desunto dal 
modello 
societario. 


Vuol 
dirsi 
che 
il 
principio generale 
in materia 
� 
quello che 
si 
applica 
alla 
societ� 
la 
normativa 
relativa 
alla 
organizzazione 
amministrativa 
dello 
Stato 
senza 
necessit� 
di 
alcuna 
norma 
di 
richiamo; 
ove 
vi 
fosse 
una 
norma 
di 
richiamo 
o fosse 
presente 
una 
disposizione 
che 
dichiara 
applicabili 
alla 
societ� 
determinati 
istituti 
organizzativi 
dello 
Stato, 
saremmo 
in 
presenza 
di 
una 
norma 
ricognitiva, 
senza 
alcuna 
capacit� 
di 
innovare 
l�ordinamento 
giuridico, 
introdotta 
solo al 
fine 
di 
specificazione, di 
chiarezza 
e 
di 
evitare 
equivoci. Viceversa 
per escludere 
l�applicazione 
alla 
societ� 
di 
un istituto o di 
una 
disposizione 
relativa 
alla 
detta 
organizzazione 
statale 
� 
necessaria 
una 
norma 
primaria di deroga. 



DoTTrInA 
229 


In conseguenza 
di 
quanto detto, nella 
evenienza 
che 
la 
societ� 
in house 
abbia 
come 
azionista 
una 
Amministrazione 
Statale 
saranno 
applicabili 
le 
norme caratterizzanti l�organizzazione dello Stato. Tra queste, si richiama: 


a) 
la 
normativa 
sulla 
contabilit� 
di 
Stato. 
Il 
bilancio 
ha 
ad 
oggetto 
l�attivit� 
delle 
Amm.ni 
Statali, 
ivi 
comprese 
le 
societ� 
in 
house. 
In 
tal 
senso, 
ad 
esempio, 
l�art. 
4, 
comma 
14, 
D.L. 
13 
agosto 
2011 
n. 
138, 
conv. 
L. 
14 
settembre 
2011, 
n. 
148 
e 
succ. 
mod. 
-per 
il 
quale 
�Le 
societ� 
cosiddette 
�in 
house� 
affidatarie 
dirette 
della 
gestione 
di 
servizi 
pubblici 
locali 
sono 
assoggettate 
al 
patto 
di 
stabilit� 
interno 
secondo 
le 
modalit� 
definite, 
con 
il 
concerto 
del 
ministro 
per 
gli 
affari 
regionali, 
in 
sede 
di 
attuazione 
dell'articolo 
18, 
comma 
2-bis 
del 
decreto-legge 
25 
giugno 
2008, 
n. 
112, 
convertito 
con 
legge 
6 
agosto 
2008, 
n. 
133, 
e 
successive 
modificazioni. 
Gli 
enti 
locali 
vigilano 
sull'osservanza, 
da 
parte 
dei 
soggetti 
indicati 
al 
periodo 
precedente 
al 
cui 
capitale 
partecipano, 
dei 
vincoli 
derivanti 
dal 
patto 
di 
stabilit� 
interno� 
-costituisce 
precetto 
confermativo 
e 
specificativo 
del 
principio 
generale 
sopracitato; 


b) 
la 
normativa 
sulla 
rappresentanza 
e 
difesa 
dello 
Stato 
in 
giudizio 
(r.D. 
30 ottobre 
1933 n. 1611). Anche 
per le 
societ� 
in house 
varr� 
quindi 
la 
regola 
fissata 
dall�art. 1 r.D. cit. relativa 
alla 
difesa 
in giudizio - in via 
organica 
ed 
esclusiva 
-dell�Avvocatura 
dello 
Stato. 
Sicch� 
per 
tutte 
le 
societ� 
in 
house 
aventi 
quale 
azionista 
una 
Amministrazione 
Statale 
vale 
la 
regola, a 
prescindere 
da 
una 
puntuale 
previsione 
normativa, 
della 
rappresentanza 
e 
difesa 
in 
giudizio - in via 
organica 
ed esclusiva 
- dell�Avvocatura 
dello Stato. Difatti, 
costituendo 
le 
societ� 
in 
house 
mere 
articolazioni 
interne 
dell�Amministrazione 
Statale 
azionista, mero patrimonio separato dell'ente 
pubblico e 
non distinto 
soggetto 
giuridico 
vale 
il 
precetto 
posto 
dall�art. 
1 
r.D. 
30 
ottobre 
1933 


n. 
1611 
per 
il 
quale 
�La 
rappresentanza, 
il 
patrocinio 
e 
l'assistenza 
in 
giudizio 
delle 
amministrazioni 
dello Stato, anche 
se 
organizzate 
ad ordinamento autonomo, 
spettano alla avvocatura dello Stato�. 
I rilievi 
ora 
fatti 
valgono, mutatis 
mutandis, anche 
nel 
caso che 
socio sia 
una 
pubblica 
amministrazione 
diversa 
dallo Stato. Molto rilevante 
� 
il 
settore 
delle 
societ� 
partecipate 
dalle 
regioni 
e 
dagli 
altri 
enti 
locali, 
a 
mezzo 
delle 
quali viene operata la gestione dei pubblici servizi locali. 

Quanto ricostruito trova 
conferma 
nella 
evoluzione 
della 
normativa 
disciplinatrice 
delle societ� in esame. 


Al 
fine 
di 
evitare 
equivoci 
o dubbi 
interpretativi 
- sul 
presupposto che 
le 
societ� 
in 
house 
gestiscono 
interessi 
pubblici 
con 
risorse 
della 
collettivit� 
sono 
state 
introdotte 
varie 
disposizioni 
dirette 
ad 
estendere 
regole 
valevoli 
per 
la P.A. alle societ� da questa partecipate. 


oltre 
alle 
norme 
sopracitate 
alla 
lettera 
a) in tema 
di 
bilancio, particolarmente 
significativo � 
l�art. 19 D.L.vo 19 agosto 2016, n. 175, gi� 
analizzato, 
prescrivente 
procedure 
trasparenti, pubbliche 
ed imparziali 
in tema 
di 
reclu



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


tamento del 
personale 
delle 
societ� 
pubbliche. La 
ragione 
dei 
precetti 
� 
intuitiva. 
Circa 
il 
limite 
delle 
assunzioni, 
ad 
esempio, 
questo 
potrebbe 
essere 
eluso 
dalla P.A. a mezzo di una societ� partecipata (53). 


8. imprese 
che 
agiscono in settori 
di 
rilevante 
interesse 
per 
la collettivit� (cd. 
public utilities). 
Vi 
� 
poi 
una 
disciplina 
speciale 
relativa 
alle 
imprese 
che 
agiscono in settori 
di 
rilevante 
interesse 
per la 
collettivit� 
(cd. public 
utilities), contenuta 
nel 


D.L. 15 marzo 2012, n. 21, conv. L. 11 maggio 2012, n. 56. I settori 
sono: 
a) 
difesa 
e 
sicurezza 
nazionale 
(art. 1), ivi 
comprese 
le 
reti 
di 
telecomunicazione 
elettronica 
a 
banda 
larga 
con tecnologia 
5G 
(art. 1-bis); 
b) attivi 
strategici 
nei 
settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni (art. 2). 
Tale 
disciplina 
si 
applica 
prescindendo dalla 
circostanza 
che 
l�impresa 
� 
partecipata 
dallo Stato. La 
disciplina 
si 
applica 
a 
tutte 
le 
imprese, individuali 
e 
collettive. nella 
pratica 
le 
imprese 
pi� rilevanti 
sono partecipate 
dallo Stato 
ed hanno la 
forma 
della 
societ�. ove 
la 
societ� 
sia 
partecipata 
da 
un ente 
pubblico 
si 
applicano, ovviamente, anche 
le 
disposizioni 
del 
D.L.vo n. 175/2016. 


La legge attribuisce poteri speciali allo Stato. In specie: 


a) 
per le 
imprese 
operanti 
nei 
settori 
della 
difesa 
e 
della 
sicurezza 
nazionale 
� 
previsto che, ove 
vengano in rilievo attivit� 
di 
rilevanza 
strategica 
per 
il 
sistema 
di 
difesa 
e 
sicurezza 
nazionale, con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, adottato su conforme 
deliberazione 
del 
Consiglio dei 
Ministri, 
possono essere 
esercitati 
i 
seguenti 
poteri 
speciali 
in caso di 
minaccia 
di 
grave 
pregiudizio per gli 
interessi 
essenziali 
della 
difesa 
e 
della 
sicurezza 
nazionale: 


-imposizione 
di 
specifiche 
condizioni 
relative 
alla 
sicurezza 
degli 
approvvigionamenti, 
alla 
sicurezza 
delle 
informazioni, ai 
trasferimenti 
tecnologici, 
al 
controllo delle 
esportazioni 
nel 
caso di 
acquisto, a 
qualsiasi 
titolo, di 
partecipazioni 
in 
imprese 
che 
svolgono 
attivit� 
di 
rilevanza 
strategica 
per 
il 
sistema di difesa e sicurezza nazionale; 


-veto all'adozione 
delle 
delibere 
pi� rilevanti 
nella 
vita 
della 
societ� 
del-
l'assemblea 
o degli 
organi 
di 
amministrazione 
di 
un'impresa 
de 
qua, quali 
ad 
esempio: 
fusione 
o la 
scissione 
della 
societ�, trasferimento dell'azienda 
o di 
rami 
di 
essa 
o di 
societ� 
controllate, il 
trasferimento all'estero della 
sede 
sociale, 
il 
mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della 
societ�, le 
cessioni 
di 
diritti 
reali 
o 
di 
utilizzo 
relative 
a 
beni 
materiali 
o 
immateriali 
o 
l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego; 
- opposizione 
all'acquisto, a 
qualsiasi 
titolo, di 
partecipazioni 
in un'im


(53) Per gli 
evidenziati 
rilievi: 
M. GErArDo, Corollari 
della societ� in house: esclusione 
dal 
fallimento 
ed applicazione 
della normativa organizzatoria relativa al 
socio pubblico. in specie, ove 
l�ente 
ausiliato sia una P.a., patrocinio dell�avvocatura dello Stato, in rass. avv. Stato, 2014, 1, pp. 32-41. 

DoTTrInA 
231 


presa 
de 
qua 
da 
parte 
di 
un soggetto diverso dallo Stato italiano, enti 
pubblici 
italiani 
o soggetti 
da 
questi 
controllati, qualora 
l'acquirente 
venga 
a 
detenere, 
direttamente 
o 
indirettamente, 
anche 
attraverso 
acquisizioni 
successive, 
per 
interposta 
persona 
o tramite 
soggetti 
altrimenti 
collegati, un livello della 
partecipazione 
al 
capitale 
con diritto di 
voto in grado di 
compromettere 
nel 
caso 
specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. 


L�art.1-bis 
del 
D.L. 
n. 
21/2012 
precisa 
che 
costituiscono, 
ai 
fini 
del-
l'esercizio 
dei 
poteri 
di 
cui 
al 
comma 
2, 
attivit� 
di 
rilevanza 
strategica 
per 
il 
sistema 
di 
difesa 
e 
sicurezza 
nazionale 
i 
servizi 
di 
comunicazione 
elettronica 
a 
banda 
larga 
basati 
sulla 
tecnologia 
5G. 
Il 
comma 
2 
precisa: 
�La 
stipula 
di 
contratti 
o 
accordi 
aventi 
ad 
oggetto 
l'acquisto 
di 
beni 
o 
servizi 
relativi 
alla 
progettazione, 
alla 
realizzazione, 
alla 
manutenzione 
e 
alla 
gestione 
delle 
reti 
inerenti 
i 
servizi 
de 
quibus, 
ovvero 
l'acquisizione 
di 
componenti 
ad 
alta 
intensit� 
tecnologica 
funzionali 
alla 
predetta 
realizzazione 
o 
gestione, 
quando 
posti 
in 
essere 
con 
soggetti 
esterni 
all'Unione 
europea, 
sono 
sottoposti 
all�esercizio 
del 
potere 
di 
veto 
o 
dell'imposizione 
di 
specifiche 
prescrizioni 
o 
condizioni 
[�]�. 


b) 
per le 
imprese 
operanti 
nei 
settori 
degli 
attivi 
strategici 
nei 
settori 
del-
l'energia, 
dei 
trasporti 
e 
delle 
comunicazioni 
� 
previsto, 
ove 
vengano 
in 
rilievo 
reti 
ed 
impianti, 
beni 
e 
rapporti 
di 
rilevanza 
strategica 
per 
l'interesse 
nazionale 
nei 
settori 
dell'energia, dei 
trasporti 
e 
delle 
comunicazioni, con riferimento a 
qualsiasi 
delibera, atto o operazione, adottato da 
una 
societ� 
che 
detiene 
uno 


o pi� degli attivi innanzi descritti, 
-il 
potere 
di 
veto 
del 
governo 
all'adozione 
delle 
delibere 
pi� 
rilevanti 
nella 
vita 
della 
societ� 
dell'assemblea 
o 
degli 
organi 
di 
amministrazione 
di 
un'impresa 
de 
qua, 
espresso 
con 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
adottato 
su 
conforme 
deliberazione 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
se 
le 
delibere, 
atti 
e 
operazioni 
diano 
luogo 
a 
una 
situazione 
eccezionale, 
non 
disciplinata 
dalla 
normativa 
nazionale 
ed 
europea 
di 
settore, 
di 
minaccia 
di 
grave 
pregiudizio 
per 
gli 
interessi 
pubblici 
relativi 
alla 
sicurezza 
e 
al 
funzionamento 
delle 
reti 
e 
degli 
impianti 
e 
alla 
continuit� 
degli 
approvvigionamenti; 


-nel 
caso 
di 
acquisto, 
a 
qualsiasi 
titolo, 
da 
parte 
di 
un 
soggetto 
esterno 
all'Unione 
europea 
di 
partecipazioni 
in 
societ� 
che 
detengono 
gli 
attivi 
individuati 
come 
strategici, 
di 
rilevanza 
tale 
da 
determinare 
l'insediamento 
stabile 
dell'acquirente 
in 
ragione 
dell'assunzione 
del 
controllo 
della 
societ� 
la 
cui 
partecipazione 
� 
oggetto 
dell'acquisto, 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2359 
c.c. 
e 
del 
testo 
unico 
di 
cui 
al 
decreto 
legislativo 
24 
febbraio 
1998, 
n. 
58, 
che 
con 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
adottato 
su 
conforme 
deliberazione 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
l'efficacia 
dell'acquisto 
pu� 
essere 
condizionata 
all'assunzione 
da 
parte 
dell'acquirente 
di 
impegni 
diretti 
a 
garantire 
la 
tutela 
dei 
predetti 
interessi. 
In 
casi 
eccezionali 
di 
rischio 
per 
la 
tu



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


tela 
dei 
predetti 
interessi, 
non 
eliminabili 
attraverso 
l'assunzione 
degli 
impegni 
di 
cui 
al 
primo 
periodo, 
il 
Governo 
pu� 
opporsi, 
sulla 
base 
della 
stessa 
procedura, 
all'acquisto. 


9. Enti �funzionalizzati�: organismi di diritto pubblico. 
Uno dei 
casi 
pi� rilevanti 
dell�influsso del 
diritto unionistico nel 
nostro 
ordinamento 
� 
la 
categoria 
dell�organismo 
di 
diritto 
pubblico, 
soggetto 
recante 
peculiari connotati. 

La 
categoria 
in esame 
� 
finalizzata 
esclusivamente 
all�applicazione 
della 
disciplina 
relativa 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici, di 
lavori, forniture e servizi. 


Si 
intende 
per organismi 
di 
diritto pubblico, qualsiasi 
organismo, anche 
in forma 
societaria, �1) istituito per 
soddisfare 
specificatamente 
esigenze 
di 
interesse 
generale, aventi 
carattere 
non industriale 
o commerciale; 2) dotato 
di 
personalit� 
giuridica; 
3) 
la 
cui 
attivit� 
sia 
finanziata 
in 
modo 
maggioritario 
dallo Stato, dagli 
enti 
pubblici 
territoriali 
o da altri 
organismi 
di 
diritto pubblico 
oppure 
la cui 
gestione 
sia soggetta al 
controllo di 
questi 
ultimi 
oppure 
il 
cui 
organo d'amministrazione, di 
direzione 
o di 
vigilanza sia costituito da 
membri 
dei 
quali 
pi� della met� � 
designata dallo Stato, dagli 
enti 
pubblici 
territoriali 
o da altri 
organismi 
di 
diritto pubblico� 
(art. 3, comma 
1, lett. d, 
D.l.vo 18 aprile 
2016, n. 50). Atteso il 
tenore 
della 
norma 
i 
tre 
requisiti 
debbono 
esistere in modo cumulativo. 


Da 
un 
punto 
di 
vista 
formale 
l�organismo 
di 
diritto 
pubblico 
� 
un 
soggetto 
privato, tuttavia 
il 
collegamento �forte� 
- diretto o indiretto - con un ente 
pubblico 
di 
riferimento comporta 
che, limitatamente 
all�aggiudicazione 
dei 
contratti 
di 
appalto, 
esso 
� 
assimilato 
ad 
una 
pubblica 
amministrazione 
(54), 
sicch� 
ove 
agisca 
quale 
committente 
va 
applicata 
la 
disciplina 
relativa 
all�aggiudicazione 
dei contratti pubblici, organismi di diritto pubblico. 


Al 
di 
fuori 
di 
tale 
settore 
l�ente 
resta, in tutto e 
per tutto, una 
persona 
giuridica 
di diritto privato. 


10. Conclusioni. 
Dalla 
ricognizione 
innanzi 
operata 
si 
evincono 
le 
profonde 
trasformazioni, 
nel 
corso 
dell�ultimo 
trentennio, 
della 
diretta 
presenza 
degli 
enti 
pubblici 
nell�economia. 


Causa 
l�influsso 
della 
disciplina 
comunitaria, 
della 
crisi 
economica, 
delle 
gestioni 
deficitarie 
delle 
imprese-organo e 
delle 
imprese-enti 
pubblici, della 
trasformazione 
complessiva 
della 
macchina 
amministrativa 
italiana, ormai 
il 


(54) Difatti 
l�art. 3, comma 
1, lett., D.L.vo n. 50/2016) enuncia 
che 
per �amministrazioni 
aggiudicatrici�, 
si 
intende 
non solo le 
amministrazioni 
dello Stato, ma 
anche 
- tra 
gli 
altri 
- gli 
organismi 
di 
diritto pubblico. 

DoTTrInA 
233 


modo normale 
della 
diretta 
presenza 
del 
pubblico nell�economia 
quale 
operatore 
� quello della partecipazione societaria. 

risulta 
ancora 
carente 
una 
disciplina 
organica 
sulle 
societ� 
partecipate 
dagli 
enti 
pubblici, 
atteso 
che 
-come 
sopra 
rilevato 
-quella 
contenuta 
nel 
D.l.vo n. 175/2016 � incompleta. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


Recenti sviluppi dell�innovazione 
tecnologica nel mondo del diritto 


Gaetana Natale, Antonio Grumetto* 


Sommario: 1. il 
processo di 
digitalizzazione 
e 
i 
suoi 
riflessi 
nel 
diritto - 2. Vantaggi 
e 
criticit� delle 
nuove 
tecnologie 
- 3. responsabilit� amministrativa nei 
casi 
in cui 
le 
decisioni 
vengano adottate 
da un algoritmo - 4. Vantaggi 
della blockchain in materia di 
contratti 
pubblici. 


1. il processo di digitalizzazione e i suoi riflessi nel diritto. 
L�innovazione 
tecnologica 
rappresenta 
oggi 
per 
il 
giurista 
l�indice 
di 
evoluzione 
sistematica 
sia 
del 
diritto 
civile 
sia 
del 
diritto 
amministrativo, 
ponendo 
in primis 
nella 
scienza 
ermeneutica 
un quesito di 
fondo: 
fino a 
che 
punto la 
tecnologia 
pu� 
influire 
e 
modificare 
le 
categorie 
giuridiche 
nel 
rispetto 
dei 
principi 
fondamentali 
contenuti 
nella 
carte 
costituzionali 
nazionali 
(cd. 
Grundnorm) 
e 
sovranazionali? 
In altri 
termini, l�adeguamento interpretativo delle 
categorie 
giuridiche 
alle 
categorie 
informatiche 
o 
algoritmiche 
sta 
configurando 
un 
vero 
e 
proprio 
�diritto 
digitale� 
attraverso 
quella 
che 
da 
pi� 
parti 
viene 
definita 
la 
�tecnificazione 
dei 
principi� 
(1), 
immanenti 
in 
un 
ordinamento 
giuridico, 
in 
quanto 
fonti 
metagiuridiche 
con 
funzione 
normogenetica? 


Per 
rispondere 
a 
questo 
quesito 
di 
fondo 
occorre 
descrivere 
sul 
piano 
normativo 
lo stato dell�arte 
in materia 
di 
digitalizzazione 
ed evidenziare 
le 
problematiche 
emerse dalla casistica giurisprudenziale. 

Il 
tema 
dell�utilizzo delle 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione 
per 
lo 
svolgimento 
dell�attivit� 
amministrativa 
� 
al 
centro 
del 
dibattito 
mondiale ed europeo (2) da circa un ventennio. 

Con 
la 
�terza 
rivoluzione 
industriale� 
(3) 
il 
mondo 
in 
cui 
viviamo 
� 
profondamente 
cambiato: 
i 
personal 
computer 
in 
pochi 
anni 
sono 
entrati 
nelle 
case 


(*) Avvocati dello Stato. 


Lo 
studio 
che 
si 
pubblica 
sviluppa 
la 
relazione 
tenuta 
in 
due 
Convegni, 
uno 
dell�11 
settembre 
2019 
presso il 
Centro Alti 
Studi 
per la 
Difesa 
(CASD), l�altro presso la 
Confindustria 
alla 
presenza 
del 
Capo 
di Stato Maggiore della Difesa, in tema di Innovazione Digitale. 


(1) 
L�espressione 
� 
presa 
da 
S. 
CIVITArESE 
MATTEUCCI 
-L. 
TorChIo 
(a 
cura 
di) 
�La 
tecnificazione�, 
2016. 
(2) Gi� 
nel 
maggio 2010 la 
Commissione 
Europea 
ha 
lanciato l�Agenda 
Digitale 
Europea 
che 
definisce 
gli 
obiettivi 
da 
perseguire 
per 
lo 
sviluppo 
dell�economia 
e 
della 
cultura 
digitale 
nell�ambito 
della 
Strategia Europea 2020. 
(3) La 
terza 
rivoluzione 
industriale 
� 
spesso definita 
come 
�rivoluzione 
digitale� 
o �informatica� 
in quanto ha 
avuto scaturigine 
dalla 
creazione 
di 
semiconduttori 
negli 
anni 
Sessanta 
e 
ha 
visto lo sviluppo, 
negli 
anni 
Settanta 
e 
ottanta, dei 
personal 
computer e, negli 
anni 
novanta, della 
rete 
internet. 
Cfr. K. SChwAb, La quarta rivoluzione industriale, Franco Angeli Editore, Milano, 2016, pag. 20. 

DoTTrInA 
235 


delle 
persone 
e 
hanno 
rivoluzionato 
le 
modalit� 
di 
comunicazione 
tra 
i 
soggetti 
(4). 
Grazie 
all�impiego 
di 
questi 
strumenti, 
inoltre, 
la 
conoscenza 
� 
divenuta 
a 
�portata 
di 
mano� 
e 
chiunque, 
con 
il 
mero 
ausilio 
di 
una 
connessione 
internet, 
pu� 
accedere 
in 
pochi 
secondi 
alle 
informazioni 
di 
cui 
necessita. 


L�avvento della 
nuova 
societ� 
tecnologica 
non poteva 
non incidere 
sul-
l�operato della Pubblica 
Amministrazione. 

� 
proprio 
grazie 
al 
repentino 
diffondersi 
delle 
ICT 
(information 
and 
Communications 
Technology) 
che 
il 
Legislatore 
ha 
sentito 
l�esigenza 
di 
creare 
un�Amministrazione 
al 
passo con i 
tempi, cos� 
da 
poter trarre 
tutti 
i 
vantaggi 
derivanti dall�utilizzo della digitalizzazione. 

La 
principale 
fonte 
normativa 
di 
tale 
processo 
di 
ammodernamento 
� 
rinvenibile 
nel 
Codice 
dell�Amministrazione 
Digitale 
(di 
seguito 
anche 
solo 
CAD), introdotto con il 
D.lgs. 7 marzo 2005 n. 82, di 
recente 
modificato ad 
opera del D.lgs. 13 dicembre 2017 n. 217. 

Tale 
Codice 
ha 
sancito espressamente 
il 
principio del 
�Digital 
first�, introducendo 
all�art. 
2 
l�obbligo 
per 
le 
Amministrazioni 
di 
assicurare 
�la 
disponibilit�, 
la 
gestione, 
l�accesso, 
la 
trasmissione, 
la 
conservazione 
e 
la 
fruibilit� 
dell�informazione in modalit� digitale� 
(5). 


La 
Corte 
Costituzionale 
dal 
canto 
suo 
ha 
ulteriormente 
avvalorato 
tale 
principio, 
stabilendo 
nella 
nota 
sentenza 
n. 
251/2016 
che 
le 
prestazioni 
e 
i 
servizi 
digitali 
debbano 
considerarsi 
Lep, 
ossia 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
rientranti 
nella 
competenza 
esclusiva 
statale 
ex 
art. 
117, 
comma 
2, 
lett. 
m) 
della Costituzionale. 

La 
complessit� 
delle 
situazioni 
giuridiche 
soggettive 
che 
vengono in rilievo 
in tale 
delicata 
materia 
ha 
indotto il 
Legislatore 
a 
prevedere 
la 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo 
nel 
caso 
in 
cui 
tale 
diritto 
fondamentale, scaturente 
dal 
principio del 
�digital 
by 
default�, venga 
compresso 
(art. 1, comma 1-ter 
del CAD) (6). 

Dunque, 
anche 
l�Amministrazione 
si 
� 
dovuta 
dotare 
di 
strumenti 
digitali 
per lo svolgimento della propria attivit�. 

Il 
CAD 
ha 
richiesto 
l�introduzione 
di 
tecnologie 
quali 
la 
posta 
elettronica 
certificata, 
l�identit� 
digitale, 
i 
pagamenti 
elettronici 
e, 
soprattutto, 
ha 
previsto 
il 
diritto dei 
cittadini 
di 
partecipare 
al 
procedimento amministrativo con modalit� 
informatizzate. 

(4) La 
relazione 
annuale 
dell�AGCM 
per l�anno 2017 ha 
evidenziato che 
in Italia 
il 
90,7% delle 
famiglie 
nelle 
quali 
vi 
� 
almeno un minorenne 
ha 
a 
disposizione 
una 
connessione 
a 
banda 
larga 
fissa 
e 
mobile, 
mentre 
tale 
dato 
scende 
al 
20,7% 
per 
le 
famiglie 
formate 
unicamente 
da 
infra-sessantacinquenni. 
(5) 
Per 
un 
commento 
recente 
sul 
Codice 
dell�amministrazione 
digitale, 
aggiornato 
alle 
ultime 
modifiche, 
v. 
C. 
boCCIA, 
C. 
ConTESSA, 
E. 
DE 
GIoVAnnI, 
Codice 
dell�amministrazione 
Digitale, 
La 
Tribuna, 
ed. 2018. 
(6) V. C. boCCIA, C. ConTESSA, E. DE 
GIoVAnnI, 
Codice 
dell�amministrazione 
Digitale, cit., pag. 
50. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


Tale 
diritto, 
previsto 
dall�art. 
4 
del 
codice, 
permette 
ai 
cittadini 
di 
accedere 
alle 
informazioni 
detenute 
dalla 
PA 
mediante 
strumenti 
informatici, 
nonch� 
di 
inviare tutti i documenti necessari con modalit� telematiche. 

In alcuni 
casi, la 
modalit� 
telematica 
non costituisce 
una 
mera 
modalit� 
operativa 
o un formalismo giuridico, ma 
lo stesso elemento di 
configurabilit� 
del 
provvedimento amministrativo. Si 
pensi 
alla 
SCIA 
(Segnalazione 
Certificata 
di 
Inizio di 
Attivit�) per la 
quale 
� 
richiesto l�invio della 
segnalazione 
al 
SUAP 
(Sportello 
Unico 
delle 
Attivit� 
Produttive) 
unicamente 
con 
modalit� 
digitali 
(v. TAr bari 
sentenza 
16 ottobre 
2015 n. 1330 (7)), pena 
l�impossibilit� 
di ritenere sussistente un silenzio-assenso sull�attivit� intrapresa. 


Il 
Codice 
dell�Amministrazione 
Digitale 
ha, 
quindi, 
segnato 
il 
primo 
passo verso la 
digitalizzazione 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
e 
tale 
Codice, 
per quanto non sia 
stato ancora 
completamente 
attuato, rappresenta 
il 
livello 
minimo di informatizzazione richiesto oggi alle 
Amministrazioni. 

Infatti, l�attuazione 
del 
D.lgs. n. 82 del 
2005 ha 
trovato non poche 
resistenze 
nella 
mancanza 
di 
risorse 
economiche 
e 
nella 
scarsa 
formazione 
in 
materia 
di digitalizzazione dei funzionari e dei cittadini. 

Secondo 
l�indice 
DESI 
(Digital 
Economy 
and 
Society 
index) 
l�Italia 
si 
posiziona 
nella 
parte 
pi� 
alta 
della 
classifica 
degli 
Stati 
europei 
in 
relazione 
all�offerta 
di 
servizi 
pubblici 
digitali, 
mentre 
in 
riferimento 
all�utilizzo 
effettivo 
di 
tali 
strumenti 
da 
parte 
dei 
cittadini 
il 
nostro 
Paese 
� 
tra 
gli 
ultimi 
(8). 


Al 
fine 
di 
perseguire 
gli 
obiettivi 
individuati 
dall�Agenda 
Digitale 
Europea, 
il 
Governo italiano ha 
adottato la 
strategia 
per la 
crescita 
digitale 
20142020 
e, nel 
2017, il 
piano triennale 
per l�informatica 
nella 
PA. Quest�ultimo 
prevede 
una 
maggiore 
diffusione 
degli 
strumenti 
gi� 
disponibili 
nel 
nostro 
Paese 
quali 
il 
Sistema 
Pubblico 
di 
Identit� 
Digitale, 
il 
Fascicolo 
Sanitario 
Elettronico, 
la 
fatturazione 
elettronica, il 
PagoPA, il 
Digital 
Security (CErT-PA) 
(9), cloud computing, gli 
open data, e 
l�SPC (Sistema 
Pubblico di 
connettivit�). 
Si 
pensi, 
nell�ambito 
delle 
previsioni 
del 
nuovo 
Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici 
di 
cui 
al 
D.lgs. n. 50 del 
2016 (10) all�E-Procurement, agli 
appalti 
elettronici 
end-to-end, al 
MEPA 
(Mercato Elettronico della 
Pubblica 
amministrazione), 
allo 
SDAPA 
(Sistema 
dinamico 
di 
acquisizione 
della 
Pubblica 
am


(7) Per un commento approfondito alla 
decisione, v. M. DEoDATI, il 
nuovo procedimento amministrativo 
digitale, Maggioli, ed. 2017, pagg. 169 ss. 
(8) 
Tale 
dato 
� 
confermato, 
altres�, 
dall�Eurostat 
dal 
quale 
emerge 
che, 
nonostante 
la 
maggioranza 
degli 
italiani 
richieda 
una 
maggiore 
snellezza 
nei 
rapporti 
con 
la 
pubblica 
amministrazione, 
i 
servizi 
pubblici 
digitali 
vengono utilizzati 
solo dal 
13% dei 
cittadini 
a 
fronte 
di 
una 
media 
europea 
pari 
al 
30%. 
(9) ossia 
una 
struttura 
che 
opera 
all�interno dell�Agenzia 
per l�Italia 
digitale 
(AGID) con l�obiettivo 
di fronteggiare e prevenire gli incidenti di sicurezza informatica. 
(10) Modificato dal 
c.d. Decreto Sblocca 
Cantieri, decreto 
-legge 
n. 32/2019, convertito in legge 
n. 55/2019, su cui, in modo approfondito, si 
v. DE 
nICToLIS, Le 
novit� del 
D.L. Sblocca cantieri, in riv. 
Urbanistica e appalti, n. 4 del 2019, pag. 443. 

DoTTrInA 
237 


ministrazione), 
alle 
altre 
piattaforme 
telematiche 
di 
negoziazione, 
alle 
aste 
elettroniche, al catalogo elettronico. 

Di 
recente, 
il 
c.d. 
Decreto 
Semplificazioni 
(11) 
ha, 
altres�, 
previsto 
un 
espresso 
riconoscimento 
giuridico 
delle 
tecnologie 
della 
Blockchain 
e 
degli 
Smarts Contracts. 


Ci� detto, giova 
evidenziare 
che 
le 
novit� 
in materia 
di 
digitalizzazione 
della 
Pubblica 
amministrazione 
sopradescritte 
debbono 
essere 
considerate 
ormai 
come 
un 
dato 
di 
fatto 
all�interno 
di 
un 
paese 
sviluppato 
e 
che 
il 
dibattito 
europeo e mondiale si � spostato verso nuovi orizzonti. 

negli 
ultimi 
anni 
si 
� 
passati 
a 
parlare 
di 
una 
�quarta rivoluzione 
industriale�, 
che 
realizza 
il 
passaggio 
dalla 
interconnessione 
degli 
esseri 
umani 
mediante 
l�impiego 
delle 
nuove 
tecnologie 
all�interconnessione 
di 
quest�ultime 
tra 
di 
loro (12). Se 
fino a 
pochi 
anni 
fa 
le 
ICT 
erano viste 
come 
uno strumento 
idoneo 
a 
rendere 
pi� 
rapido 
l�operato 
dell�uomo, 
i 
nuovi 
algoritmi 
tentano 
di 
riprodurre 
interamente 
il 
funzionamento 
della 
mente 
umana 
cos� 
da 
permettere la realizzazione automatizzata di numerose attivit�. 

In 
ambito 
amministrativo 
sono 
molteplici 
gli 
studiosi 
che 
auspicano 
la 
realizzazione 
di 
procedimenti 
amministrativi 
quasi 
interamente 
automatizzati, 
nei 
quali 
sia 
ridotto 
al 
minimo 
l�intervento 
dell�uomo 
(13). 
Ci� 
soprattutto 
per 
permettere 
ai 
funzionari 
di 
concentrarsi 
esclusivamente 
sulle 
mansioni 
pi� 
complesse, 
che 
per 
loro 
natura 
richiedono 
l�intervento 
dell�essere 
umano; 
nonch� 
di 
tralasciare 
quelle 
attivit� 
ripetitive 
e 
sequenziali 
che 
possono 
essere 
pi� 
efficientemente svolte da un elaboratore. 

Sono molteplici 
i 
vantaggi 
che 
deriverebbero dall�impiego di 
dispositivi 
intelligenti 
all�interno del 
procedimento amministrativo. In particolare, oltre 
alla 
maggiore 
celerit� 
dell�agire 
amministrativo, 
il 
corretto 
utilizzo 
di 
tali 
strumenti 
garantirebbe 
un passo in avanti 
nel 
perseguimento degli 
obiettivi 
di 
imparzialit�, 
trasparenza, buon andamento, efficienza ed economicit�. 


non 
mancano 
per� 
aspetti 
di 
criticit� 
dell�impiego 
delle 
nuove 
tecnologie 
di 
cui 
il 
giurista 
deve 
farsi 
carico per coordinare 
l�avvento dell�innovazione 
con la tradizione degli istituti giuridici del nostro ordinamento. 


2. Vantaggi e criticit� delle nuove tecnologie. 
Le 
nuove 
tecnologie 
sono 
�neutre� 
e 
ragionano 
mediante 
l�utilizzo 
di 
schemi 
logici 
composti 
da 
molteplici 
passaggi 
senza 
lasciarsi 
influenzare 
dai 
pregiudizi tipici dell�essere umano. 

Tuttavia, ci� non basta 
per escludere 
la 
presenza 
di 
bias 
nei 
risultati 
da 


(11) V. art. 8 ter 
del D.L. 14 dicembre 2018 n. 135, convertito nella legge n. 12/2019. 
(12) Cfr. K. SChwAb, cit., pag. 21. 
(13) 
Per 
una 
trattazione 
generale 
dell�argomento, 
v. 
M.C. 
CAVALLAro 
e 
G. 
SMorTo, 
Decisione 
pubblica 
e 
responsabilit� 
dell�amministrazione 
nella 
societ� 
dell�algoritmo, 
Federalismi.it, 
fascicolo 
n. 16/2019. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


esse 
prodotti: 
i 
dati 
elaborati 
dalle 
macchine 
(ossia 
gli 
input) 
sono 
forniti 
dagli 
esseri umani e, quindi, spesso possono essere influenzati da �pre-giudizi�. 

Dunque, le 
predizioni 
degli 
algoritmi, per quanto neutre 
e 
razionali 
nella 
fase della formazione, rischiano di fondarsi su presupposti non imparziali. 

Le 
decisioni 
automatizzate, quindi, potrebbero portare 
a 
un incremento 
della diseguaglianza e a una maggiore discriminazione (14). 

Si 
profila 
come 
necessaria, pertanto, l�affermazione 
di 
un �accountable 
algoritms�, 
ossia 
di 
un 
meccanismo 
automatizzato 
capace 
di 
qualificarsi 
come 
�trustworthy�, ossia altamente affidabile. 


Sotto questo profilo, il 
bilanciamento �Ermessen� 
tra 
il 
principio di 
trasparenza 
delle 
decisioni 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
e 
le 
necessarie 
implicazioni 
della 
tutela 
del 
diritto di 
privativa 
legato al 
codice 
sorgente 
� 
stato 
di 
recente 
affrontato 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
con 
la 
sentenza 
n. 
2270 
dell�8 
aprile 2019. 


nell�ambito 
di 
una 
controversia 
relativa 
all�impugnazione 
delle 
proposte 
di 
assunzioni 
conseguente 
al 
piano 
straordinario 
di 
mobilit� 
dei 
docenti, 
il 
Consiglio di 
Stato ha 
per un verso ammesso che 
in alcuni 
casi, come 
quello 
relativo alla 
�buona 
scuola�, il 
ricorso a 
una 
procedura 
automatizzata 
deve 
ritenersi 
legittimo, 
anzi 
utile 
e 
vantaggioso, 
poich� 
in 
presenza 
di 
procedure 
seriali 
o 
standardizzate 
consente 
di 
addivenire 
a 
una 
decisione 
in 
tempi 
pi� 
celeri, 
a 
garanzia 
dell�interesse 
pubblico e 
dei 
principi 
di 
efficienza 
e 
di 
buon andamento 
ex 
art. 97 Cost. D�altra 
parte, il 
Supremo Consesso afferma 
che 
�l�utilizzo 
di 
procedure 
robotizzate 
non pu� essere 
motivo di 
elusione 
dei 
principi 
che 
conformano 
il 
nostro 
ordinamento 
e 
che 
regolano 
lo 
svolgersi 
dell�attivit� 
amministrativa�. 
Ci� significa 
che, se 
� 
vero che 
�l�algoritmo, ossia il 
software, 
deve 
essere 
considerato a tutti 
gli 
effetti 
come 
un atto amministrativo 
informatico� 
che 
si 
fonda 
su 
una 
�regola 
tecnica�, 
� 
altrettanto 
vero 
che 
l�atto 
cos� 
generato e 
la 
regola 
tecnica 
che 
esso incorpora, devono essere 
soggetti 
ai 
principi 
fondamentali 
dell�azione 
amministrativa, 
tra 
cui 
la 
trasparenza 
e 
la 
conoscibilit�, nonch� 
il 
pieno sindacato del 
giudice 
amministrativo, il 
quale 
deve 
poter 
valutare 
�la 
correttezza 
del 
processo 
informatico 
in 
tutte 
le 
sue 
componenti: 
dalla 
sua 
costruzione, 
all�inserimento 
dei 
dati, 
alla 
loro 
validit�, 
alla loro gestione�. 

Il 
punto � 
che 
pu� accadere 
che 
l�algoritmo inteso come 
regola 
tecnica, 
assuma 
un ruolo che 
si 
spinge 
al 
di 
l� 
del 
mero presupposto tecnico su cui 
si 
fonda 
la 
decisione, 
potendo 
giungere 
a 
costituire 
un 
sistema 
di 
formazione 
della 
stessa 
volont� 
procedimentale. In altri 
termini 
l�algoritmo potrebbe 
costituire 
non solo un �mere 
tool�, ossia 
un elemento di 
esecuzione 
di 
dati 
e 
in


(14) v. M.C. CAVALLAro 
e 
G. SMorTo, Decisione 
pubblica e 
responsabilit� dell�amministrazione 
nella societ� dell�algoritmo, cit., pag. 7, sull�impiego in Inghilterra 
di 
un software, denominato �hart� 
a fini predittivi in materia penale. 

DoTTrInA 
239 


formazioni 
nella 
fase 
istruttoria 
del 
procedimento amministrativo, ma 
anche 
un elemento costitutivo del 
provvedimento amministrativo nella 
fase 
pi� propriamente 
decisoria. 

Il 
tema 
evoca 
il 
rapporto tra 
tecnica 
e 
amministrazione 
e 
la 
soluzione 
potrebbe 
essere 
quella 
che 
individua 
nel 
sapere 
tecnico e 
scientifico, e 
dunque 
nell�algoritmo, il 
presupposto tecnico della 
decisione 
amministrativa. Ma 
per 
altro 
verso 
il 
quid 
novi 
dell�algoritmo 
consiste 
nella 
possibilit� 
che 
esso, 
in 
quanto 
strumento 
di 
formazione 
della 
volont� 
dell�amministrazione, 
possa 
sostituirsi 
alla 
decisione 
finale. Pertanto, sulla 
scorta 
delle 
argomentazioni 
condotte 
dal 
giudice 
amministrativo, come 
pure 
dalle 
indicazioni 
contenute 
nel 
recente 
regolamento UE 
2016/679 sulla 
tutela 
dei 
dati 
personali, appare 
utile 
provare 
a 
cogliere 
nella 
�sequenza 
di 
passaggi 
elementari, 
univoci 
e 
non 
contestabili 
in 
un 
tempo 
finito 
(if 
this, 
then 
that)� 
che 
caratterizzano 
un 
algoritmo 
e 
che, 
dunque, 
costituiscono 
l�essenza 
della 
decisione 
automatizzata, 
i 
principi 
fondamentali 
dell�ordinamento che 
assicurano il 
corretto dispiegarsi 
del 
procedimento 
amministrativo. 

occorre, dunque, enucleare 
un complesso di 
regole 
e 
principi 
che 
definiscano 
�un giusto processo tecnologico� 
(technological 
due 
process) secondo 
un�espressione 
che 
riassume 
l�esigenza 
che 
gli 
algoritmi 
che 
ci 
governano riflettano 
i 
valori 
fondanti 
e 
condivisi 
della 
nostra 
societ� 
e 
siano 
soggetti 
al 
controllo democratico. occorre 
considerare 
come 
fondante 
il 
rapporto tra 
algoritmi 
e 
diritti 
fondamentali 
della 
persona 
alla 
luce 
degli 
artt. 
13 
e 
14 
del 
regolamento 
UE 
2016/679, 
secondo 
cui 
l�interessato 
deve 
essere 
informato 
dell�eventuale 
esecuzione 
di 
un 
processo 
decisionale 
automatizzato 
e 
dell�art. 
22 del 
suddetto regolamento che 
esclude 
la 
possibilit� 
che 
la 
decisione 
sia 
basata 
unicamente sul trattamento automatizzato. 

Sull�onda 
di 
tali 
problematiche 
alcuni 
Stati 
europei 
hanno iniziato a 
regolamentare 
l�utilizzo 
degli 
algoritmi 
da 
parte 
della 
pubblica 
amministrazione. 

Ad 
esempio 
la 
Francia, 
con 
una 
legge 
del 
7 
novembre 
2016, 
ha 
introdotto 
nel 
�codice 
dei 
rapporti 
tra 
pubblico e 
amministrazione� 
due 
articoli 
relativi 
all�amministrazione algoritmica. 

Il 
primo articolo, L. 331-3-1, prevede 
che, nel 
caso in cui 
le 
decisioni 
individuali 
vengano 
prese 
sulla 
base 
di 
una 
elaborazione 
algoritmica, 
il 
soggetto 
privato deve 
essere 
informato della 
natura 
automatizzata 
della 
decisione 
e, a 
sua 
richiesta, 
la 
PA 
deve 
fornire 
maggiori 
informazioni 
circa 
le 
modalit� 
di 
adozione della stessa da parte del software. 

Il 
secondo, r. 311-3-1-2 prevede 
che, in caso di 
richiesta 
di 
accesso, la 
PA 
debba 
fornire 
in 
forma 
intellegibile 
il 
grado 
e 
le 
modalit� 
di 
contributo 
dell�elaborazione 
algoritmica 
al 
processo decisionale, i 
dati 
trattati 
e 
le 
loro 
fonti, i 
parametri 
di 
trattamento applicati 
alla 
situazione 
della 
persona 
interessata 
e, 
se 
applicabile, 
la 
loro 
ponderazione 
e, 
infine, 
le 
operazioni 
eseguite 
dall�algoritmo (15). 


rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


Il 
tema 
centrale 
nella 
decisione 
automatizzata 
diviene, cos�, quello della 
sua 
�spiegabilit�� 
(explainability), 
attraverso 
l�individuazione 
di 
strumenti 
che 
consentano di 
interpretare 
il 
codice 
sorgente 
per ricostruire 
i 
passaggi 
logici 
che 
lo compongono e 
stabilire, per questa 
via, i 
passaggi 
e 
le 
procedure 
che 
hanno determinato i 
risultati. Sotto tale 
profilo la 
spiegabilit� 
della 
procedura 
automatizzata, la 
cui 
necessit� 
� 
stata 
sottolineata 
dal 
Consiglio di 
Stato, non 
si 
allontana 
molto dalla 
necessaria 
motivazione 
del 
provvedimento: 
l�amministrazione 
che 
assume 
una 
decisione 
attraverso 
il 
ricorso 
a 
un 
algoritmo 
deve 
essere 
in grado di 
spiegare 
l�iter 
logico-giuridico che 
conduce 
alla 
decisione 
finale. 

Trasparenza 
e 
conoscenza, o spiegabilit�, della 
procedura 
automatizzata 
assicurano, 
a 
loro 
volta, 
un�adeguata 
partecipazione 
del 
privato 
alla 
procedura 
algoritmica. 

L�esigenza 
� 
quella 
di 
evitare 
che 
l�automatizzazione 
della 
procedura 
possa 
generare 
un processo di 
spersonalizzazione 
della 
decisione, con un duplice 
effetto distorsivo: 
per un verso, perch� 
impedisce 
la 
virtuosa 
partecipazione 
del 
privato 
al 
procedimento, 
in 
quanto 
manca 
nelle 
procedure 
automatizzate 
un 
interlocutore 
al 
quale 
il 
privato 
possa 
rivolgersi; 
per 
altro 
verso, 
perch� 
rischia 
di 
generare 
una 
polverizzazione 
della 
responsabilit� 
conseguente 
alla decisione assunta. 

D�altra 
parte, se 
l�algoritmo si 
proietta 
nella 
decisione 
finale, sino a 
sostituirla 
del 
tutto, ancora 
di 
pi�, i 
profili 
di 
interesse 
si 
concentrano sulle 
prospettive 
di 
tutela 
e 
sulle 
garanzie 
dei 
privati 
dinanzi 
a 
una 
decisione 
pubblica 
assunta 
attraverso 
procedure 
automatizzate. 
In 
tal 
caso, 
oltre 
ai 
menzionati 
principi 
di 
trasparenza 
e 
partecipazione, 
assume 
particolare 
rilievo 
il 
�principio 
di 
responsabilita�. 
Su 
tale 
principio 
si 
� 
elaborato 
il 
concetto 
di 
illegittimo 
esercizio del 
potere 
che 
legittima 
l�azione 
di 
risarcimento del 
danno nei 
confronti 
della Pubblica amministrazione di cui all�art. 30 c.p.a. 

Ma 
molte 
altre 
sono le 
problematiche 
che 
il 
digital 
first 
pone 
nell�ambito 
del diritto amministrativo. 

Ci 
si 
chiede, 
infatti, 
se 
l�utilizzo 
del 
digitale, 
che 
consente 
di 
svolgere 
operazioni 
in tempo reale, possa 
incidere 
sulla 
concezione 
fasica 
del 
procedimento 
amministrativo 
che 
si 
sviluppa 
tradizionalmente 
secondo 
una 
scansione 
temporale 
strutturata 
in 
fasi 
(fase 
dell�iniziativa, 
fase 
istruttoria, 
fase 
decisoria 
e 
fase 
integrativa 
dell�efficacia) 
o 
se 
la 
violazione 
delle 
norme 
sul 
procedimento 
telematico possa 
ingenerare 
illegittimit� 
non invalidanti, ai 
sensi 
del-
l�art. 21-octies 
della L. n. 241/1990. 


(15) J.b. AUby, Le 
droit 
administratif 
face 
aux 
d�fis 
du num�rique, actualit� 
Juridique 
Droit 
administratif, 
23 aprile 2018, pag. 835. 

DoTTrInA 
241 


3. responsabilit� amministrativa nei 
casi 
in cui 
le 
decisioni 
vengano adottate 
da un algoritmo. 
Un�altra 
criticit� 
dell�utilizzo 
degli 
algoritmi 
nell�azione 
della 
PA 
sta 
nella 
individuazione 
del 
soggetto 
responsabile 
delle 
�cattive 
decisioni� 
prese 
dai 
software. 

Chi 
� 
il 
responsabile 
in 
caso 
di 
malfunzionamenti 
del 
sistema? 
Lo 
sviluppatore 
o il dipendente pubblico? oppure il 
software 
stesso? 


Il 
dibattito in materia 
� 
ancora 
aperto sia 
a 
livello europeo che 
nazionale. 

L�Europa 
si 
� 
occupata 
di 
tale 
aspetto con la 
risoluzione 
del 
Parlamento 
Europeo 
del 
16 
febbraio 
2017, 
recante 
raccomandazioni 
alla 
Commissione 
concernenti norme di diritto civile sulla robotica (2015/2103 (InL)). 

Quest�ultima, 
partendo 
dalla 
considerazione 
secondo 
la 
quale 
siamo 
all�alba 
di 
una 
nuova 
rivoluzione 
industriale, 
ritiene 
necessario 
che 
gli 
Stati 
membri 
inizino 
a 
predisporre 
norme 
di 
diritto 
civile 
sulla 
robotica 
e, 
in 
particolare, 
si 
occupino 
della 
responsabilit� 
contrattuale 
ed 
extracontrattuale 
dei 
robot. 


Attualmente 
il 
quadro giuridico dell�UE 
per la 
responsabilit� 
extracontrattuale 
prevede 
la 
cd. 
responsabilit� 
da 
prodotto 
(secondo 
la 
quale 
il 
produttore 
di 
un 
prodotto 
� 
responsabile 
dei 
malfunzionamenti 
dello 
stesso) 
e 
la 
responsabilit� per 
le 
azioni 
dannose 
(in virt� della 
quale 
� 
l�utente 
responsabile 
per i 
danni 
scaturenti 
dai 
comportamenti 
posti 
in essere 
in modo non conforme 
alle caratteristiche del prodotto). 

Tuttavia, 
questa 
bipartizione 
mal 
si 
concilia 
con 
le 
caratteristiche 
delle 
nuove 
intelligenze 
artificiali: 
quest�ultime 
hanno un grado di 
autonomia 
dal-
l�uomo sempre maggiore e sono in grado di adottare decisioni proprie. 

L�Europa, 
riconoscendo 
l�esigenza 
di 
creare 
diverse 
categorie 
di 
robot 
autonomi 
intelligenti 
sulla 
base 
della 
capacit� 
della 
macchina 
a) di 
acquisire 
in autonomia 
i 
dati 
direttamente 
dall�ambiente 
mediante 
l�utilizzo di 
sensori, 
b) di 
apprendere 
mediante 
l�esperienza 
e 
l�interazione 
con altre 
macchine, c) 
della 
tipologia 
di 
supporto fisico del 
robot 
e 
d) della 
capacit� 
di 
adeguare 
il 
suo comportamento e 
le 
sue 
azioni 
all�ambiente, ha 
ritenuto di 
dover mitigare 
la 
responsabilit� 
del 
soggetto umano in relazione 
ai 
danni 
arrecati 
dalle 
macchine 
in base 
alla 
categoria 
di 
appartenenza 
delle 
stesse. Maggiore 
sar� 
l�intervento 
umano nella 
fase 
della 
formazione 
della 
macchina 
e 
maggiore 
sar� 
la responsabilit� civile dello stesso. 


Tuttavia, il 
Parlamento non ha 
sciolto il 
nodo gordiano 
relativo al 
tipo di 
responsabilit� 
applicabile, ossia 
se 
applicare 
una 
forma 
di 
responsabilit� 
oggettiva 
del 
soggetto �formatore� 
dell�AI ovvero un approccio legato alla 
possibilit� 
di gestione dei rischi da parte dello stesso. 

Dall�altro 
lato, 
per 
risolvere 
la 
questione 
relativa 
al 
risarcimento 
patrimoniale 
dei 
danni, il 
Parlamento ha 
ritenuto auspicabile 
introdurre 
un regime 
di 
assicurazione 
obbligatoria 
per le 
AI al 
pari 
di 
quello utilizzato per le 
automobili. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


Infine, 
la 
risoluzione 
richiede, 
altres�, 
il 
riconoscimento 
di 
uno 
status 
giuridico 
per i 
robot 
pi� sofisticati 
che 
li 
veda 
assimilati 
a 
persone 
giuridiche 
responsabili 
patrimonialmente 
dei 
danni 
causati; 
mentre 
per 
le 
intelligenze 
artificiali 
pi� 
basilari, 
che 
si 
limitino 
ad 
adottare 
decisioni 
automatizzate, 
� 
previsto 
il 
riconoscimento 
di 
una 
forma 
di 
personalit� 
elettronica. 
A 
livello 
giurisprudenziale 
in Italia 
sul 
punto si 
� 
pronunciato il 
TAr Trento, che 
con 
sentenza 
n. 149 del 
15 aprile 
2015 ha 
affermato �orbene, osserva il 
Collegio 
come 
l�informatica 
costituisca 
sicuramente, 
per 
la 
pubblica 
amministrazione, 
uno strumento ormai 
doveroso e 
imprescindibile, puntualmente 
disciplinato 
dall�ordinamento (d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, e 
relative 
norme 
attuative) al 
fine 
di 
raggiungere 
crescenti 
obiettivi 
di 
efficienza e 
efficacia dell�azione 
amministrativa. 
Sarebbe 
nondimeno 
gravemente 
errato 
vedere 
nel 
procedimento 
informatico una sorta di 
amministrazione 
parallela, che 
opera in piena indipendenza 
dai 
mezzi 
e 
dagli 
uomini, e 
che 
i 
dipendenti 
si 
devono limitare 
a osservare 
con 
passiva 
rassegnazione 
(se 
non 
con 
il 
sollievo 
che 
pu� 
derivare 
dal 
discarico 
di 
responsabilit� 
e 
decisioni): 
le 
risposte 
del 
sistema 
informatico 
sono 
invece 
oggettivamente 
imputabili 
all�amministrazione, 
come 
plesso, 
e 
dunque 
alle 
persone 
che 
ne 
hanno la responsabilit�. Cos�, se 
lo strumento informatico 
determina situazioni 
anomale, vi 
� 
anzitutto una responsabilit� di 
chi 
ne 
ha predisposto il 
funzionamento senza considerare 
tali 
conseguenze; 
ma vՏ 
altres� 
la responsabilit�, almeno omissiva, del 
dipendente 
che, tempestivamente 
informato, non si 
� 
adoperato per 
svolgere, secondo i 
principi 
di 
legalit� 
e 
imparzialit�, 
tutte 
quelle 
attivit� 
che, 
in 
concreto, 
possano 
soddisfare 
le 
legittime 
pretese 
dell�istante, nel 
rispetto, comunque 
recessivo, delle 
procedure 
informatiche�. 

Da 
ultimo, � 
evidente 
che 
in un mondo in cui 
i 
robot 
sono in grado di 
stipulare 
contratti 
e 
di 
dare 
loro esecuzione 
autonomamente 
� 
necessario riscrivere, 
altres�, la normativa relativa alla responsabilit� contrattuale. 

Tuttavia, per ora 
tale 
aspetto non � 
stato trattato dall�Unione 
Europea 
in 
maniera approfondita. 

Si 
segnala, a 
tal 
riguardo, nell�ambito del 
nostro ordinamento nazionale 
il 
�Libro Bianco sull�intelligenza artificiale 
al 
servizio del 
cittadino�, curato 
dalla 
task 
force 
promossa 
dall�Agenzia 
per l�Italia 
digitale, al 
fine 
di 
studiare 
le 
opportunit� 
offerte 
dall�Intelligenza 
artificiale 
nel 
miglioramento 
dei 
servizi 
pubblici e del rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini. 

Di 
recente, sono state, altres�, adottate, dal 
gruppo di 
esperti 
sull�intelligenza 
artificiale 
della 
Commissione 
Europea 
in 
materia 
di 
ICT, 
le 
Linee 
Guida 
Etiche 
per 
una intelligenza artificiale 
affidabile, le 
quali 
prevedono una 
lista 
non esaustiva 
dei 
requisiti 
minimi 
dell�intelligenza 
artificiale. In particolare, 
gli 
sviluppatori 
devono garantire: 
la 
possibilit� 
di 
controllo e 
di 
supervisione 
dell�attivit� 
del 
computer da 
parte 
dell�essere 
umano, il 
rispetto della 
privacy, 
la 
sicurezza 
e 
la 
robustezza 
tecnica 
e 
il 
perseguimento degli 
obiettivi 
di 
tra



DoTTrInA 
243 


sparenza, non discriminazione, giustizia, massimizzazione 
del 
benessere 
sociale 
ed ambientale. 


La 
problematica 
ambientale 
diventa 
centrale 
nell�analisi 
della 
quarta 
rivoluzione 
industriale definita rivoluzione 4.0. 

Le 
nuove 
intelligenze 
artificiali, difatti, necessitano di 
ingenti 
quantit� 
di 
energia 
per 
funzionare 
e, 
vista 
la 
velocit� 
con 
la 
quale 
diventano 
obsolete, 
comportano la produzione di numerosi rifiuti. 

� 
proprio per far fronte 
a 
tali 
problematiche 
che 
il 
Parlamento europeo, 
con la 
risoluzione 
del 
16 febbraio 2017 recante 
raccomandazioni 
alla 
Commissione 
Europea, 
ha 
ribadito 
la 
necessit� 
di 
instaurare 
un 
regime 
di 
economia 
circolare 
dei 
rifiuti 
elettronici 
e 
di 
utilizzare 
fonti 
di 
energia 
rinnovabili 
per 
permettere il loro funzionamento. 


� 
relativamente 
recente 
la 
notizia 
che 
in 
Sardegna 
� 
stata 
avviata 
una 
sperimentazione 
per 
il 
monitoraggio 
del 
territorio 
attraverso 
satelliti 
radar 
che 
tra 
i 
diversi 
obiettivi 
si 
propone 
anche 
quello di 
individuare 
manufatti 
ed edifici 
abusivi. In particolare, la 
neMea 
Sistemi, che 
dal 
2015 � 
socia 
del 
distretto 
aerospaziale 
della 
Sardegna, intende 
calcolare 
un algoritmo che 
consentir� 
di 
misurare 
se 
i 
fabbricati 
si 
innalzano oppure 
no, offrendo alla 
pubblica 
amministrazione 
uno 
strumento 
formidabile 
per 
individuare 
abusi 
edilizi 
a 
tutela 
delle aree protette. 

Volendo 
ampliare 
l�angolo 
visuale 
di 
un�attenta 
analisi 
giuridica 
non 
pu� 
non considerarsi 
che 
il 
pensiero computazionale 
che 
consente 
di 
passare 
dal-
l�algoritmo al 
coding 
non ha 
inciso solo sui 
concetti 
tradizionali 
di 
procedimento 
e 
provvedimento amministrativo, ma 
anche 
sul 
concetto privatistico di 
contratto. 

Si 
sta, infatti, ponendo in essere 
un mutamento genetico dello strumento 
contrattuale 
sempre 
pi� espressione 
di 
eterodeterminazione 
e 
non di 
autodeterminazione 
delle parti. 

Si 
pensi 
alla 
figura 
degli 
smart-contracts: 
pur non essendo dei 
contratti 
in senso giuridico possono integrare 
atti 
della 
vicenda 
contrattuale, laddove 
gli 
algoritmi 
che 
li 
costituiscono siano programmati 
per il 
compimento di 
atti 
che 
costituiscono 
fasi 
(o 
esauriscono) 
la 
conclusione 
o 
esecuzione 
del 
contratto. 
� 
cos� 
possibile 
che 
uno 
smart-contract 
o 
pi� 
smart-contracts 
siano 
programmati 
in maniera 
tale 
da 
individuare 
quando coincidono le 
richieste 
di 
due 
o pi� parti 
(ai 
fini 
della 
conclusine 
di 
un contratto) ovvero per trasferire 
un determinato bene 
digitale 
al 
verificarsi 
di 
certe 
condizioni, avendo intercettato 
un algoritmo che 
� 
programmato per il 
pagamento, al 
verificarsi 
della 
medesima condizione. 

Ad 
esempio, 
un 
protocollo 
pu� 
essere 
istruito 
al 
fine 
di 
vendere/acquistare 
un 
certo 
tipo 
di 
bene 
(es. 
partecipazioni 
azionarie) 
una 
volta 
che 
il 
prezzo 
raggiunga 
una 
certa 
soglia 
o ulteriori 
condizioni 
vengano soddisfatte 
(secondo la 
sequenza informativa dell�if-then). 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


�, 
altres�, 
possibile 
che 
uno 
smart-contract 
svolga 
un 
ruolo 
nella 
sola 
fase 
di 
esecuzione 
del 
contratto, prevedendo il 
pagamento on line 
una 
volta 
che 
il 
bene sia consegnato al compratore, ovvero nei rapporti di durata. 

Una 
delle 
pi� note 
manifestazioni 
di 
smart-contract 
sono quelle 
che 
applicano 
un 
registro 
decentralizzato 
ai 
rapporti 
di 
scambio 
costituite 
dalla 
blockchain, 
che 
� 
la 
tecnologia 
alla 
base 
del 
software-protocollo 
bit-coin 
per 
il 
trasferimento moneta/valore digitale. 

La 
Blockchain 
� 
una 
piattaforma 
senza 
intermediari 
- e 
perci� decentralizzata, 
priva 
di 
sorveglianza 
o 
intervento 
di 
terzi 
sulle 
operazioni 
-per 
la 
conclusione, 
formalizzazione 
e 
gestione 
di 
rapporti 
di 
scambio digitali 
(ambiente 
informatico 
dematerializzato) 
di 
beni 
dematerializzati. 
Il 
controllo 
� 
decentralizzato 
grazie 
ad un data base 
pubblico e 
condiviso da 
tutti: 
i 
minier 
del 
network 
rappresentati da tutti gli utenti del 
Bitcoin. 


Il 
sistema 
di 
registri 
decentralizzati 
opera 
come 
un 
sistema 
di 
contabilit�: 
i 
blocchi 
di 
operazioni 
vengono man mano validati 
ed eseguiti 
con una 
tempistica 
serrata 
di 
10 
minuti, 
in 
maniera 
tale 
da 
non 
poter 
essere 
modificati 
dopo 
questo intervallo. 

oltre 
alla 
pseudonimia 
degli 
utenti, l�utilit� 
di 
questo registro decentralizzato 
sta 
nel 
fatto che, tramite 
la 
piattaforma, qualsiasi 
bene 
virtuale 
o tangibile, 
ma 
rappresentato digitalmente, pu� essere 
trasferito mediante 
la 
stessa 
ed � 
registrato in maniera 
indelebile. Questa 
tecnologia 
veloce 
riduce 
i 
rischi 
di errori dell�intermediario. 

Se 
si 
guarda 
al 
funzionamento 
della 
blockchain 
dalla 
prospettiva 
delle 
vicende 
giuridiche 
della 
fase 
esecutiva, 
appare 
evidente 
che 
l�automazione 
delle 
operazioni 
riduce 
il 
rischio di 
inadempimento implicito nella 
conclusione 
del 
contratto. 
L�esecuzione 
viene 
affidata 
ad 
una 
rete 
e 
non 
pu� 
essere 
influenzata 
una volta lanciato lo smart-contract 
nella 
blockchain. 

L�automazione 
pu� 
inerire 
esclusivamente 
alla 
formazione 
di 
un 
contratto: 
ci� si 
realizza 
qualora 
un algoritmo sia 
impiegato nella 
definizione 
del 
contenuto 
contrattuale, 
ossia 
nella 
definizione 
delle 
obbligazioni 
delle 
parti 
prima o dopo la conclusione del contratto (cd. gap filler). 

Si 
parla 
a 
tal 
proposito di 
Self-driving contracts, allorquando le 
parti 
individuano 
un obiettivo comune, lasciando all�algoritmo, che 
in questo caso � 
una 
forma 
di 
intelligenza 
artificiale 
(analytics), il 
compito di 
definire 
il 
contenuto 
del contratto. 

Un 
esempio 
del 
genere 
� 
gi� 
chiaro 
in 
quelle 
assicurazioni 
in 
cui 
il 
premio 
varia 
a 
seconda 
dello stile 
di 
guida 
per come 
monitorato dall�applicazione 
per 
smartphone 
che 
permette 
di 
conoscere 
l�esatta 
posizione 
del 
veicolo, 
la 
sua 
velocit� 
e 
la 
quantit� 
dei 
chilometri 
percorsi. Allo stato attuale, la 
valutazione 
tramite 
analitycs, 
tuttavia, 
non 
modifica 
automaticamente 
il 
contenuto/oggetto 
del 
contratto. 
Un 
punteggio 
elevato 
corrisponde 
ad 
una 
certificazione 
di 
basso 
profilo di 
rischio e 
se 
l�assicurazione 
decide 
di 
inserire 
la 
valutazione 
nel 
cal



DoTTrInA 
245 


colo della 
tariffa, il 
cliente 
usufruisce 
di 
uno sconto al 
momento del 
rinnovo 
della 
polizza. 
Abbiamo, 
poi, 
i 
contratti 
cd. 
High 
Frequency 
Trading 
o 
Dynamic 
Pricing, come 
il 
servizio amazon�s 
Dash replenishment. 
Quest�ultimo consente 
a 
dispositivi 
tra 
loro 
connessi 
tramite 
sensori 
di 
ordinare 
beni 
su 
Amazon, 
quando lo stesso si stia esaurendo presso l�utente del servizio. 


Alla 
luce 
degli 
esempi 
sopradescritti, 
il 
giurista 
non 
pu� 
non 
chiedersi 
fino 
a 
che 
punto 
l�intelligenza 
artificiale 
possa 
riprodurre 
il 
processo 
decisorio 
dell�uomo, 
atteso 
che 
il 
contratto 
� 
la 
sede 
naturale 
dell�autonomia 
delle 
parti. 

Ci 
si 
chiede 
se 
l�algoritmo 
possa 
costituire 
una 
dichiarazione 
contrattuale 
tacita, ovvero costituire 
un inizio di 
esecuzione 
valevole 
alla 
conclusione 
del 
contratto o al compimento di altro atto esecutivo. 

Pi� critico � 
il 
problema 
del 
malfunzionamento del 
programma 
e 
del 
governo 
della responsabilit�. 

Tale 
tematica 
� 
presente 
anche 
nell�ambito 
del 
diritto 
amministrativo 
come 
sopra 
esposto, ma 
nell�ambito del 
diritto civile 
assume 
delle 
connotazioni 
particolari. 

Il 
malfunzionamento dell�algoritmo va 
valutato nell�ambito della 
distribuzione 
del 
rischio contrattuale 
in un�accezione 
ampia 
che 
non si 
riduce 
alla 
gestione 
delle 
sopravvenienze, 
ma 
al 
rischio 
di 
inadempimento 
e 
diminuita 
soddisfazione economica dell�affare. 

Il 
malfunzionamento dell�algoritmo rientrerebbe 
nel 
caso fortuito o nel 
generale 
concetto 
del 
rischio 
nell�attivit� 
di 
impresa 
che 
pone 
la 
responsabilit� 
su una 
valutazione 
fondata 
sulla 
colpa, imprescindibile 
elemento soggettivo 
da valutare ai fini dell�inadempimento qualificato della prestazione. 

occorrerebbe 
de 
iure 
condendo 
distinguere 
in 
base 
al 
grado 
di 
autonomia 
dell�agente 
(rectius: 
algoritmo), se 
mere 
tool 
o dotato di 
ability 
to learn and 
decide. 


Quest�ultima 
prospettiva 
� 
stata 
fatta 
propria 
dalla 
recente 
risoluzione 
del 
Parlamento Europea 
del 
16 febbraio 2017 recante 
raccomandazioni 
alla 
Commissione 
concernenti 
norme 
di 
diritto 
civile 
sulla 
robotica 
che, 
come 
sopra 
esposto, pone 
non solo un problema 
di 
riconoscimento della 
personalit� 
elettronica 
per i 
robot 
autonomi 
e 
decisionali, ma 
anche 
di 
responsabilit� 
contrattuale 
delle macchine. 


Ma 
il 
vero banco di 
prova 
del 
processo di 
digitalizzazione 
nella 
sua 
componente 
di 
interconnessione, 
interoperabilit� 
e 
cooperazione 
applicativa 
� 
rappresentato 
dagli appalti pubblici. 

occorre, infatti, considerare 
che 
il 
rivoluzionario processo di 
digitalizzazione 
dell�Amministrazione 
non 
poteva 
non 
investire 
uno 
dei 
settori 
nevralgici 
dell�agire amministrativo: i contratti pubblici. 

� 
proprio all�interno di 
tale 
settore 
che 
l�esigenza 
di 
digitalizzazione 
si 
fa 
sentire 
maggiormente: 
l�E-Public 
Procurement 
� 
visto 
a 
livello 
europeo 
come 
uno 
degli 
strumenti 
atti 
a 
risolvere 
le 
problematiche 
endemiche 
della 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


contrattazione 
pubblica, quali 
la 
corruzione, la 
scarsit� 
dei 
controlli 
sull�utilizzo 
delle 
risorse 
da 
parte 
delle 
Amministrazioni 
e 
la 
limitata 
concorrenza 
tra 
le imprese nel mercato delle commesse pubbliche. 

A 
conferma 
del 
ruolo centrale 
delle 
ICT 
nella 
riduzione 
dell�inefficienza 
delle 
procedure 
di 
affidamento troviamo la 
normativa 
europea 
e 
italiana 
degli 
ultimi venti anni. 

Le 
numerose 
riforme 
in materia, che 
hanno pi� volte 
modificato la 
disciplina 
di 
settore 
negli 
ultimi 
anni 
sono 
connesse 
tra 
di 
loro 
da 
un 
filo 
conduttore 
comune: 
ossia, la 
spinta 
verso la 
�digitalizzazione� 
della 
procedura 
di 
aggiudicazione. 


Lo 
Stato 
italiano 
� 
stato 
precursore 
nel 
settore 
delle 
gare 
elettroniche: 
gi� 
nel 
2000 
il 
Consiglio 
dei 
Ministri 
adott� 
il 
Piano 
nazionale 
per 
l�e-Government 
che 
al 
punto n. 12 (Azione 
12 con un richiamo alla 
legge 
finanziaria 
del 
2000 L. n. 488/1999) pose 
le 
basi 
per la 
realizzazione 
di 
un sistema 
elettronico 
di approvvigionamento. 

Il 
sistema 
si 
fondava 
su 
due 
pilastri 
importanti: 
la 
pubblicazione 
dei 
bandi 
di 
gara 
per via 
telematica, cos� 
da 
permettere 
a 
un maggior numero di 
privati 
di 
averne 
conoscenza, e 
l�attivazione 
di 
un�asta 
telematica 
permanente 
in cui 
domanda 
e 
offerta 
potessero incontrarsi 
in tempo reale, garantendo alla 
Pubblica 
Amministrazione le migliori condizioni contrattuali. 

Successivamente 
intervennero 
le 
direttive 
europee 
2004/17/CE 
e 
2004/18/CE 
(dette 
direttive 
di 
terza 
generazione) che, rispettivamente 
ai 
considerando 
nn. 13 e 
21, evidenziavano la 
necessit� 
di 
creare 
una 
procedura 
di 
affidamento 
elettronica 
al 
passo 
con 
lo 
sviluppo 
tecnologico 
dei 
Paesi 
europei, 
con l�obiettivo di 
gestire 
in maniera 
ottimale 
le 
risorse 
dell�Amministrazione. 

nello 
specifico, 
la 
Direttiva 
2004/18/CE 
promuoveva 
l�utilizzo 
delle 
tecnologie 
dell�informazione 
nell�ambito 
degli 
appalti, 
introducendo 
una 
serie 
di 
tecniche 
di 
acquisto elettronico quali 
il 
Sistema 
Dinamico di 
Acquisizione, le 
aste elettroniche e i cataloghi elettronici. 

Tale 
direttive 
furono recepite 
in Italia 
con il 
primo Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici 
(D.lgs. 12 aprile 
2006 n. 163), il 
quale 
prevedeva, tra 
l�altro, la 
pubblicazione 
dei 
bandi 
e 
degli 
avvisi 
di 
gara 
in 
rete, 
nonch� 
la 
trasmissione 
degli 
stessi 
mediante 
procedura 
elettronica 
alla 
Commissione 
Europea, 
il 
ricorso 
all�asta 
elettronica 
come 
strumento per l�aggiudicazione 
di 
contratti 
che 
non 
avessero 
ad 
oggetto 
prestazioni 
intellettuali 
e 
l�istituzione 
del 
sistema 
dinamico 
di acquisizione. 


Pi� 
di 
recente, 
nel 
2014, 
sono 
state 
adottate 
dall�Unione 
Europea 
le 
direttive 
di 
c.d. 
�quarta 
generazione� 
(2014/23/UE 
sui 
contratti 
di 
concessione, 
2014/24/UE 
sugli 
appalti 
nei 
settori 
ordinari 
e 
2014/25/UE 
sugli 
appalti 
nei 
settori 
speciali) 
che 
prevedono 
l�utilizzo 
dei 
mezzi 
telematici 
e 
informatici 
come 
strumenti 
ordinari 
del 
processo 
di 
aggiudicazione 
dei 
contratti 
pubblici. 



DoTTrInA 
247 


Queste 
direttive, oltre 
ad affinare 
ed estendere 
l�ambito di 
applicazione 
dei 
vecchi 
strumenti, 
quali 
aste 
elettroniche, 
i 
cataloghi 
elettronici 
e 
il 
Sistema 
Dinamico di 
Acquisizione, introducono nuovi 
elementi 
quali 
il 
Documento di 
gara Unico Europeo o il registro online dei Certificati (e-certis). 


L�obbligo 
di 
gestire 
gli 
appalti 
mediante 
strumenti 
elettronici 
deve 
essere 
introdotto 
in 
maniera 
graduale 
nel 
nostro 
ordinamento 
e, 
segnatamente, 
le 
Direttive 
europee 
hanno 
previsto 
dei 
termini 
ultimi 
per 
la 
realizzazione 
degli 
obiettivi di medio termine. 

In 
particolare, 
tutti 
gli 
Stati 
membri 
avrebbero 
dovuto 
garantire: 
entro 
marzo 2016 la 
notifica 
elettronica 
dei 
bandi 
e 
degli 
avvisi 
e 
l�accesso elettronico 
ai 
documenti 
del 
bando 
di 
gara; 
entro 
marzo 
2017 
la 
presentazione 
esclusivamente 
con 
mezzi 
elettronici 
delle 
offerte 
per 
le 
centrali 
di 
committenza 
ed 
entro settembre 
2018 tale 
ultimo obbligo avrebbe 
dovuto essere 
esteso a 
tutte 
le amministrazioni aggiudicatrici. 

Le 
direttive 
sono 
state 
recepite 
nel 
nostro 
Stato 
con 
il 
D.lgs. 
18 
aprile 
2016 n. 50 che 
rafforza 
l�utilizzo delle 
ICT 
in materia 
di 
appalti 
e 
all�art. 44 
prevede 
la 
digitalizzazione 
delle 
procedure 
di 
affidamento. Tale 
articolo non 
� 
stato 
modificato 
dal 
Decreto 
Sblocca 
-Cantieri, 
ma, 
come 
sopra 
esposto, 
prevede 
la 
digitalizzazione 
della 
sola 
fase 
di 
affidamento dei 
contratti 
pubblici, 
escludendo, 
quindi, 
la 
fase 
di 
pianificazione, 
programmazione 
e 
progettazione 
e quella successiva all�aggiudicazione dell�esecuzione del contratto. 

L�Agenzia 
per l�Italia 
Digitale 
ha 
dedicato il 
punto 6 del 
Piano Triennale 
per l�Informatica 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
2019-2021 all� 
e-procurement 
e 
ha 
disposto un piano di 
azione 
volto a 
realizzare 
un �quadro complessivo 
delle 
procedure 
telematiche 
di 
acquisto 
e 
di 
negoziazione 
delle 
Pa 
e 
delle 
banche 
dati 
necessarie 
al 
funzionamento dei 
processi 
di 
procurement�. 
A 
tal 
fine 
l�AGID 
ha, inoltre, istituito un gruppo di 
lavoro in tema 
di 
procedure 
telematiche 
di 
acquisto 
che 
ha 
prodotto 
un 
documento 
di 
supporto 
per 
la 
stesura 
del 
Decreto 
Ministeriale 
di 
cui 
all�art. 
44 
del 
predetto 
Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici. 

Dall�altro lato, la 
Commissione 
Europea 
con una 
serie 
di 
Comunicazioni 
destinate 
al 
Parlamento 
Europea 
e 
al 
Consiglio 
(CoM(2012)179 
e 
CoM(2017)572) ha 
pi� volte 
auspicato la 
realizzazione 
dei 
cd. �appalti 
elettronici 
end to end�, ossia 
di 
una 
�procedura per 
gli 
appalti 
elettronici 
interamente 
automatizzata, in cui 
tutte 
le 
fasi, dalla pubblicazione 
(e-notification) 
al pagamento (e-payment) sono effettuate per via elettronica�. 

Se 
questo 
� 
l�auspicio 
della 
Commissione 
Europea, 
occorre 
comprendere 
il 
livello 
attuale 
dell�informatizzazione 
dei 
contratti 
pubblici, 
chiarendone 
i 
profili applicativi. 


L�art. 56 del Codice dei Contratti pubblici disciplina l�asta elettronica. 

Quest�ultima 
non rappresenta 
una 
vera 
e 
propria 
procedura 
di 
gara, bens� 
una 
modalit� 
di 
aggiudicazione 
della 
gara 
stessa 
attuata 
con l�ausilio di 
un di



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


spositivo 
elettronico, 
alla 
quale 
la 
Pubblica 
amministrazione 
potr� 
ricorrere 
in presenza di determinati requisiti. 


L�asta 
elettronica, in particolare, garantisce 
l�automatismo nella 
valutazione 
delle 
offerte, 
e, 
pertanto, 
� 
necessario 
che 
le 
specifiche 
tecniche 
richieste 
siano 
individuate 
in 
maniera 
rigorosa 
e 
che 
possano 
essere 
verificate 
in 
via 
automatica. Questa 
procedura 
� 
idonea 
a 
soddisfare 
i 
requisiti 
di 
trasparenza, 
economicit� 
e 
rapidit� 
delle 
gare 
ed � 
volta 
ad ampliare 
il 
novero dei 
soggetti 
partecipanti 
realizzando una 
maggiore 
concorrenza. Ad esempio, le 
Amministrazioni 
sono obbligate 
a 
rendere 
noto in qualsiasi 
momento a 
ciascun partecipante 
la 
propria 
classificazione. Inoltre, mediante 
la 
valutazione 
numerica 
ed interamente 
automatizzata 
vengono ridotti 
i 
tempi 
di 
attesa 
e 
gli 
oneri 
in 
capo all�Amministrazione. Come, altres�, evidenziato dal 
Consiglio di 
Stato 
con la 
sentenza 
n. 3042/2014, le 
aste 
elettroniche, rispetto alle 
gare 
tradizionali, 
permettono una 
maggiore 
adesione 
delle 
imprese 
�spazialmente 
distanti 
rispetto 
alla 
sede 
di 
svolgimento 
delle 
gare�, 
soprattutto 
grazie 
all�abbattimento 
dei costi per la partecipazione. 

Infine, 
devono 
essere 
annoverate 
le 
procedure 
di 
gara 
interamente 
gestite 
dai 
sistemi 
telematici 
di 
negoziazione: 
in questi 
casi 
i 
documenti 
di 
gara 
sono 
necessariamente 
documenti 
informatici 
sottoscritti 
con 
firma 
digitale. 
Tali 
procedure 
sono interamente 
gestite 
da 
una 
piattaforma 
telematica 
(ad esempio il 
MEPA), nel pieno rispetto dei principi di trasparenza e imparzialit�. 

Il 
MEPA 
(Mercato Elettronico della 
Pubblica 
Amministrazione) consiste 
nel 
mercato digitale 
predisposto dalla 
Consip, nel 
quale 
le 
Amministrazioni 
possono 
approvvigionarsi 
dei 
beni, 
servizi, 
e 
lavori 
di 
cui 
abbisognano, 
purch� 
si 
tratti 
di 
acquisti 
per 
importi 
sotto 
la 
soglia 
comunitaria 
ex 
art. 
35 
del 
Codice 
dei contratti pubblici. 

La 
Consip 
s.p.a. 
� 
la 
principale 
centrale 
di 
committenza 
italiana: 
� 
una 
societ� 
per 
azioni 
a 
capitale 
interamente 
pubblico, 
e 
in 
particolare 
� 
interamente 
partecipata 
dal 
Ministero dell�Economia 
e 
delle 
Finanze, che 
opera 
nel 
solo interesse dello Stato. 

Giova 
precisare 
che 
nel 
caso 
del 
MEPA, 
cosi 
come 
accade 
per 
lo 
SDAPA, 
a 
differenza 
delle 
Convenzioni 
e 
degli 
Accordi 
Quadro, 
la 
Consip 
non 
� 
parte 
contrattuale. 
Quest�ultima 
si 
limita 
esclusivamente 
a 
fornire 
le 
piattaforme 
telematiche. 
Il 
ricorso 
al 
MEPA 
� 
previsto 
espressamente 
dall�art. 
36 
del 
Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici, 
anche 
se 
l�obbligo 
per 
le 
Pubbliche 
amministrazioni 
centrali 
e 
periferiche 
dello 
Stato, 
ad 
esclusione 
di 
alcune 
categorie, 
di 
ricorrere 
a 
questa 
piattaforma 
di 
acquisto 
� 
stata 
introdotta 
fin 
dalla 
legge 
finanziaria 
del 
2007. 
In 
questa 
piattaforma 
telematica 
di 
negoziazione 
le 
Amministrazioni 
possono 
scegliere 
tra 
un�ampia 
variet� 
di 
prodotti 
offerti 
da 
fornitori 
abilitati, 
mentre 
i 
fornitori 
potranno 
abilitarsi 
per 
i 
bandi 
per 
i 
quali 
soddisfano 
le 
condizioni 
generali 
e 
i 
requisiti. 
Una 
volta 
abilitati, 
spetta 
agli 
stessi 
pubblicare 
le 
loro 
offerte 
sulla 
piattaforma. 
Le 
PPAA 
che 
intendono 
acquistare 
beni 
e 
prodotti 
su 



DoTTrInA 
249 


tale 
mercato 
dovranno 
accedere 
alla 
vetrina 
o 
visitare 
il 
catalogo 
prodotti 
ed 
effettuare 
gli 
ordini. 
Inoltre, 
� 
possibile 
instaurare 
negoziazioni 
dirette 
con 
il 
venditore 
per 
ottenere 
prezzi 
e 
condizioni 
di 
fornitura 
migliorativi. 
L�utilizzo 
di 
tale 
strumento 
comporta 
un 
notevole 
risparmio 
di 
tempo 
per 
le 
Amministrazioni 
e 
garantisce 
la 
trasparenza 
e 
la 
tracciabilit� 
del 
processo 
di 
acquisto. 


Il 
Sistema 
Dinamico 
di 
Acquisizione 
della 
Pubblica 
Amministrazione, 
analogamente 
al 
MEPA, � 
un mercato digitale 
nel 
quale 
le 
Amministrazioni 
possono effettuare 
un processo di 
acquisizione 
interamente 
elettronico. A 
differenza 
di 
quanto 
avviene 
nel 
MEPA, 
in 
questa 
piattaforma 
possono 
essere 
aggiudicati 
appalti 
per importi 
superiori 
alla 
soglia 
europea. Anche 
in questo 
la 
Consip 
pubblica 
i 
bandi 
istitutivi 
per 
le 
varie 
categorie 
merceologiche 
ai 
quali 
i 
fornitori 
possono 
abilitarsi. 
Tuttavia, 
a 
differenza 
di 
quanto 
avviene 
nel 
MEPA, le 
Amministrazioni 
pubblicano e 
aggiudicano appalti 
specifici 
e 
non 
possono 
procedere 
ad 
effettuare 
ordini 
diretti. 
Dunque, 
l�ammissione 
al 
bando 
istitutivo 
della 
Consip 
permette 
alle 
imprese 
solo 
di 
poter 
partecipare 
alla 
procedura 
di appalto specifico indetta dall�Amministrazione. 

Ma 
il 
vero 
elemento 
di 
innovativit� 
� 
l�introduzione 
della 
tecnologia 
Block Chain 
nell�ambito delle procedure degli appalti pubblici. 

L�idea 
di 
introdurre 
la 
block-chain 
nell�ambito della 
Pubblica 
Amministrazione 
deriva 
da 
una 
serie 
di 
raccomandazioni 
adottate 
dal 
World 
Economic 
Forum 
e 
da 
una 
serie 
di 
sollecitazioni 
emerse 
dalla 
conferenza 
�anti-corruption 
& 
integrity 
forum�, organizzata 
dall�organizzazione 
per la 
cooperazione 
e lo sviluppo economico a marzo 2019. 

Prima 
delle 
suddette 
raccomandazioni 
alcuni 
paesi 
si 
erano gi� 
dotati 
di 
piani anticorruzioni utilizzando la tecnologia 
block-chain. 


Il 
Messico, 
ad 
esempio, 
nel 
settembre 
2017 
ha 
introdotto 
un 
progetto 
chiamato 
�Blockchian HaCKmaX�, volto a 
dare 
avvio al 
processo di 
digitalizzazione 
dell�azione 
amministrativa, 
soprattutto 
mediante 
l�introduzione 
dello 
blockchain 
per risolvere 
il 
problema 
della 
dilagante 
corruzione 
nel 
settore 
dei 
contratti pubblici. 


Successivamente 
nel 
marzo 2018 il 
Messico ha 
approvato la 
�ley 
para 
regular 
las 
instituciones 
de 
tecnologia financiera�, con la 
quale, tra 
l�altro, 
ha 
riconosciuto alle 
criptovalute 
la 
qualifica 
di 
patrimonio digitale, in collaborazione 
con 
l�Unidad 
de 
Gobierno 
Digital, 
ossia 
l�Agenzia 
del 
Governo 
messicano 
che 
si 
occupa 
della 
promozione 
delle 
ICT 
nel 
settore 
della 
Pubblica 
Amministrazione. 

Questo comprova 
che 
il 
problema 
della 
lotta 
alla 
corruzione 
di 
rilevanza 
internazionale 
pu� 
trovare 
nella 
tecnologia 
uno 
strumento 
di 
contrasto 
altamente 
efficace. Vediamo perch�. 


4. Vantaggi della blockchain in materia di contratti pubblici. 
La 
blockchain 
� 
un registro distribuito (16) che 
pu� contenere 
varie 
in



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


formazioni 
(ad esempio, in materia 
appalti 
potrebbe 
contenere 
tutte 
le 
transazioni 
e gli altri dati importanti relativi ad un�azienda). 

La 
peculiarit� 
di 
tale 
sistema 
sta 
nel 
fatto che 
tutte 
le 
informazioni 
contenute 
nel 
registro sono immutabili 
e, nel 
momento in cui 
un soggetto introduce 
un nuovo 
input 
o va 
a 
modificare 
quelli 
precedenti, rimane 
traccia 
di 
tali 
operazioni sul registro. 


-Tracciabilit� 
dell�intero ciclo della 
contrattazione 
pubblica: 
date 
le 
caratteristiche 
della 
blockchain, 
far 
s� 
che 
l�intera 
procedura 
di 
contrattazione 
pubblica 
venga 
eseguita 
mediante 
l�impiego 
di 
tale 
strumento 
andrebbe 
ad 
aumentare 
esponenzialmente 
la 
trasparenza 
dell�azione 
amministrativa. Chiunque, 
anche 
il 
semplice 
cittadino, 
potrebbe 
controllare 
la 
correttezza 
della 
procedura 
di 
affidamento ed esprimere, inoltre, un feedback 
sul 
tipo di 
contratto 
effettivamente stipulato. 
Un ulteriore 
vantaggio della 
blockchain 
sta 
nel 
fatto che 
attaccare 
il 
suddetto 
sistema 
� 
quasi 
impossibile. 
Infatti, 
al 
di 
l� 
dei 
costi 
eccessivi 
di 
tale 
operazione, 
ogni 
mutamento 
anomalo 
dei 
dati 
contenuti 
nel 
registro 
verrebbe 
immediatamente registrato, rendendo facilmente rintracciabili i colpevoli. 

Ci� in quanto la 
blockchain 
� 
composta 
da 
blocchi 
di 
codici, scritti 
mediante 
un 
linguaggio 
criptografico, 
collegati 
tra 
loro 
e, 
qualora 
si 
decida 
di 
cambiare 
il 
precedente, si 
dovrebbero cambiare 
i 
successivi. Inoltre, tale 
modifica 
dovrebbe essere riportata in tutti i registri tra loro collegati. 

-riduzione 
delle 
asimmetrie 
informative 
nella 
fase 
antecedente 
all�offerta: 
grazie 
ai 
registri 
condivisi, 
le 
informazioni 
verrebbero 
condivise 
con 
tutti 
i 
partecipanti 
in 
tempo 
reale. 
Cos� 
facendo, 
da 
un 
lato, 
si 
garantirebbe 
una 
maggiore 
partecipazione 
delle 
PMI 
alla 
fase 
dell�affidamento 
dei 
contratti 
pubblici 
e, dall�altro, verrebbero tutelati 
gli 
interessi 
delle 
pubbliche 
amministrazioni. 
Quest�ultime, 
soprattutto 
se 
piccole 
amministrazioni, 
venendo 
a 
conoscenza 
dell�esigenze 
delle 
altre 
potrebbero unirsi 
nella 
richiesta 
di 
fornitura 
dei 
servizi 
e, 
di 
conseguenza, 
aumentare 
il 
loro 
potere 
contrattuale. 
Inoltre, 
sarebbero messe 
in grado di 
conoscere 
anche 
i 
prezzi 
fatti 
alle 
altre 
pubbliche 
amministrazioni per i medesimi servizi. 

-Decentralizzazione 
della 
fase 
della 
valutazione 
dell�offerta: 
l�offerta 
potrebbe 
essere 
valutata 
da 
parte 
di 
soggetti 
esterni 
alla 
PA 
aventi 
determinati 
requisiti 
in termini 
di 
conoscenze 
tecniche 
(17) e 
i 
cui 
dati 
sensibili 
sarebbero 
sconosciuti 
alle 
imprese. Cos� 
si 
garantirebbe 
una 
maggiore 
trasparenza, imparzialit�, 
efficienza 
con 
una 
consequenziale 
riduzione 
dei 
processi 
corruttivi. 


occorre, 
per�, 
considerare 
che 
alla 
base 
di 
tali 
tecnologie 
deve 
essere 
configurata 
e 
sviluppata 
una 
vera 
e 
propria 
�strategia digitale�, attraverso la 


(16) ossia 
i 
suoi 
contenuti 
sono condivisi 
in tempo reale 
con tutti 
i 
soggetti 
che 
hanno accesso al 
sistema. 
(17) Si v. artt. 230 e 231 della legge n. 145/2018 (legge di bilancio 2019). 

DoTTrInA 
251 


formazione 
ed 
il 
potenziamento 
della 
figura 
del 
manager 
per 
l�innovazione 
tecnologica 
che 
esalti 
il 
profilo della 
scienza 
dell�organizzazione 
nei 
processi 
produttivi sia per la Pubblica 
Amministrazione che per le imprese private. 

Di 
tale 
necessit� 
si 
� 
fatto interprete, di 
recente, il 
legislatore 
italiano che 
con 
l�art. 
1, 
commi 
228, 
230 
e 
231 
della 
legge 
145/2018 
(legge 
di 
bilancio 
2019) ha, - con successivo decreto del 
Ministero dello Sviluppo Economico 
del 
7 maggio 2019 e 
consequenziale 
decreto direttoriale 
del 
29 luglio 2019 -, 
introdotto 
la 
figura 
del 
Manager 
per 
l�Innovazione, 
prevedendo, 
attraverso 
una 
tecnica 
premiale 
nell�ambito del 
Piano nazionale 
Impresa 
4.0., finanziamenti 
alle 
imprese 
che 
si 
avvalgono di 
qualificate 
figure 
professionali 
idonee 
ad attivare 
e 
supportare 
il 
processo 
di 
innovazione 
tecnologica. 
I 
settori 
volti 
a 
creare 
tale 
dinamismo 
economico 
sono 
i 
pi� 
vari: 
big 
data, 
cloud, 
fog,e 
quantum 
computing, cyber 
security, integrazione 
delle 
tecnologie 
della 
Next 
Production 
revolution 
(nPr), 
prototipazione 
rapida, 
robotica 
avanzata 
e 
collaborativa, 
interfaccia 
uomo-macchina, 
integrazione 
e 
sviluppo 
digitale 
dei 
processi 
aziendali, 
programmi 
di 
digital 
marketing 
legati 
al 
cd. 
Branding, 
programmi 
di 
open innovation, strumenti 
di 
finanza 
alternativa 
e 
digitale 
come 
l�equity crowfunding 
e l�invoice financing. 

L�innovazione 
tecnologica 
richiede, dunque, formazione 
e 
strategia, affinch� 
si 
possa 
valorizzare 
l�expansion of 
capabilities, lo sviluppo dei 
talenti, 
attraverso l�educazione 
al 
pensiero strategico volto a 
realizzare 
uno sviluppo 
sostenibile per il benessere dell�uomo e dell�ambiente. 

Il 
diritto, insieme 
alla 
scienza 
dell�organizzazione, nella 
complessit� 
del 
fenomeno in corso diviene 
uno degli 
strumenti 
essenziali 
per la 
realizzazione 
di 
un dinamismo evolutivo che 
veda 
l�uomo non sottomesso alla 
Digital 
Domination, 
ma protagonista attivo e consapevole delle proprie scelte future. 



DoTTrInA 
253 


condizioni 
sostanziali 
di 
rilascio, mentre 
deve 
applicare 
la 
nuova 
quanto alla 
durata del permesso da rilasciare. 


Questa 
decisione 
della 
Corte 
� 
duramente 
contestata 
dall�ordinanza 
11749/2019. Questa 
accusa 
la 
prima 
di 
aver creato una 
norma 
nuova, avendo 
operato 
un 
�intervento 
ortopedico 
sul 
testo 
della 
norma 
che 
incide 
sul 
delicato 
aspetto della vigenza (cio� 
della stessa esistenza e 
applicabilit�) della legge, 
all�esito di 
un bilanciamento di 
valori 
e 
interessi 
costituzionali� 
che 
� 
riservato 
esclusivamente 
al 
legislatore 
ed � 
controllabile 
dal 
giudice 
della legge�. 
In altri 
termini 
l�ordinanza 
sottolinea 
come 
la 
sentenza 
abbia 
invaso apertamente 
il 
campo del 
legislatore, realizzando essa 
stessa 
un bilanciamento tra 
diversi valori costituzionali, che non spetta al Giudice ma al Parlamento. 


L�ordinanza 
osserva 
come 
l�attivit� 
interpretativa 
del 
Giudice 
debba 
fermarsi 
dinanzi 
alla 
�lettera� 
della 
norma. 
Se 
il 
significato 
e 
l�intento 
della 
legge 
� 
chiaro, non � 
infatti 
consentito all�interprete 
individuare 
significati 
diversi 
da quello che risulta dal testo. 


rimanendo sempre 
in tema 
dei 
limiti 
concessi 
all�attivit� 
interpretativa 
del 
Giudice, il 
Collegio critica 
del 
resto anche 
la 
giurisprudenza 
che 
aveva 
individuato 
i 
parametri 
per 
il 
rilascio 
del 
permesso 
per 
motivi 
umanitari, 
dichiarando 
apertamente 
di 
non 
condividere 
in 
particolare 
la 
sentenza 
della 
Cassazione 
4445/2018, 
che 
pur 
aveva 
operato 
uno 
sforzo 
diretto 
al 
fine 
di 
rendere 
meno evanescenti 
i 
criteri 
per il 
rilascio del 
permesso stesso. Secondo la 
sentenza 
4445/2018, quest�ultimo poteva 
essere 
concesso all�esito di 
una 
valutazione 
individuale, 
caso 
per 
caso, 
fondata 
sull�integrazione 
sociale 
in 
Italia 
del 
richiedente, 
comparata 
alla 
situazione 
personale 
che 
il 
medesimo 
aveva 
vissuto prima 
della 
partenza 
e 
cui 
si 
sarebbe 
trovato esposto in conseguenza 
del 
rimpatrio. L�ordinanza 
11749 ha 
facile 
gioco nell�osservare, occorre 
dire, 
a 
ragione 
(4), che 
i 
parametri 
cos� 
individuati 
non solo restano estremamente 
vaghi, in modo tale 
da 
alimentare 
il 
contenzioso, ma 
lo stesso criterio dell�integrazione 
sociale 
sarebbe 
il 
frutto di 
un�attivit� 
sostanzialmente 
creatrice 
da 
parte 
del 
Giudice; 
esso 
infatti 
�poggia 
su 
basi 
normative 
assai 
fragili, 
non 
ravvisandosi 
alcuna disposizione 
che 
la preveda come 
condizione 
per 
il 
rilascio 
del permesso umanitario�. 


Questo contrasto all�interno della 
Suprema 
Corte 
tra 
interpretazione 
letterale 
e 
volont� 
del 
legislatore 
da 
un lato e 
interpretazione 
conforme 
a 
Costituzione 
dall�altro, 
si 
ritrova 
anche, 
in 
maniera 
persino 
pi� 
evidente 
se 
vogliamo, a 
livello di 
Corti 
inferiori, ancora 
con riguardo a 
una 
disposizione 
del 
decreto legge 
113/2018, quella 
che 
stabilisce 
che 
il 
permesso di 
soggiorno 
per richiesta 
di 
asilo non costituisce 
titolo per l�iscrizione 
anagrafica 
(5). Alcuni 
tribunali 
hanno 
optato 
per 
un�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata 


(4) rimando alle osservazioni svolte in PIzzorno, Considerazioni, anche di costituzionalit�, cit. 
(5) art. 4, comma 1 bis 
del D.lgs. n. 142/2015, come modificato dall�art. 13 del D.L. 113/2018 . 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


della 
norma, accogliendo i 
ricorsi 
dei 
richiedenti 
asilo a 
cui 
il 
Comune 
aveva 
rifiutato 
l�iscrizione 
nel 
registro 
anagrafico 
della 
popolazione 
residente 
(6); 
altri 
giudici 
hanno 
invece 
ritenuto 
che 
l�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata 
presuppone 
che 
il 
testo normativo da 
applicare 
non sia 
del 
tutto stravolto 
nel 
suo significato palese, altrimenti 
si 
arriverebbe 
a 
espungere 
di 
fatto 
delle 
norme 
dall�ordinamento 
giuridico 
(7). 
Una 
posizione 
in 
linea 
con 
quanto 
espresso efficacemente 
da 
quella 
dottrina 
che 
ha 
sottolineato come 
l�opera di 
�adeguamento� 
della 
disposizione 
alla 
Costituzione 
non pu� essere 
condotta 
sino al 
punto di 
leggere 
nella disposizione 
quel 
che 
non cՏ, anche 
quando la 
Costituzione vorrebbe che vi fosse 
(8). 


2. L�interpretazione costituzionalmente orientata e i suoi limiti. 
La 
stessa 
Corte 
Costituzionale 
ha 
avuto 
modo 
di 
affermare 
che 
l�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata 
deve 
essere 
in ogni 
caso compatibile 
con 
il 
portato 
semantico 
della 
disposizione 
(9). 
Secondo 
la 
formula 
spesso 
usata 
dalla 
Corte, e 
richiamata 
anche 
dalla 
Cassazione 
nell�ordinanza 
11749 
sopraindicata, la 
lettera 
della 
disposizione 
costituisce 
�il 
confine, in presenza 
del 
quale 
il 
tentativo interpretativo deve 
cedere 
il 
passo al 
sindacato di 
legittimit� 
costituzionale�. La 
Corte 
ha 
anche, negli 
ultimi 
anni, modificato il 
tradizionale 
orientamento secondo cui 
il 
giudice 
� 
tenuto a 
verificare 
l�esistenza 
di 
possibili 
interpretazioni 
conformi 
a 
Costituzione 
della 
disposizione, incorrendo 
altrimenti, qualora 
rimetta 
la 
questione 
alla 
Corte, in una 
pronuncia 
di 
inammissibilit�. Secondo il 
nuovo orientamento il 
giudice 
� 
tenuto ad operare 
solo 
un�interpretazione; 
l�esistenza 
di 
possibili, 
alternative 
interpretazioni 
� 
questione 
che 
attiene 
non all�ammissibilit� 
della 
questione 
ma 
al 
merito della 
medesima. 
In 
altri 
termini, 
qualora 
la 
Corte 
ritenga 
possibile 
un�interpretazione 
della 
disposizione 
diversa 
da 
quella 
indicata 
dal 
giudice 
a 
quo 
e 
tale 
da 
rendere 
la 
norma 
conforme 
a 
Costituzione, non dichiarer� 
inammissibile 
la 
questione 
ma 
la 
riterr� 
infondata 
nel 
merito (10). Questo orientamento della 
Corte 
(11) 


(6) Trib. Firenze, ord. 18 marzo 2019; 
Trib. bologna, ord. 2 maggio 2019. 
(7) Trib. Trento, ord. 11 giugno 2019; 
Trib. Trento, ord. 15 giugno 2019. 
(8) 
LUCIAnI, 
Le 
funzioni 
sistemiche 
della 
Corte 
Costituzionale, 
oggi, 
e 
l�interpretazione 
�conforme 
a�, 2007, in www.federalismi.it. 
(9) Corte 
Cost. sentenza 
42/2017. Sulla 
circostanza 
che, se 
il 
significato della 
norma 
�, in base 
alla 
sua 
formulazione 
letterale, univoco, non sono consentite 
operazioni 
ermeneutiche, v. anche 
Corte 
Cost. 231/2013, 91/2013 e 
78 del 
2012. nel 
senso che 
l�interpretazione 
deve 
essere 
conforme 
al 
testo, 
v. LUCIAnI, interpretazione 
conforme 
a Costituzione, in Enc. Dir., annali 
iX, Giuffr�, 2016; 
AzzArITI, 
interpretazione 
e 
teoria 
dei 
valori: 
tornare 
alla 
Costituzione, 
in 
A. 
PALAzzo 
(a 
cura 
di), 
L�interpretazione 
della legge alle soglie del XXi secolo, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001. 
(10) Corte 
Cost. sentt. 144, 78 e 
12 del 
2019, 240, 40 e 
15 del 
2018, 254, 218, 213, 208, 194, 69, 
53, 42 del 
2017, 95/2016, 221/2015. In dottrina 
v. rUoToLo, Quando il 
giudice 
deve 
fare 
da s�, in questionegiustizia.
it. 
(11) su cui 
v. SorrEnTI, La (parziale) riconversione 
delle 
�questioni 
di 
interpretazione� 
in questioni 
di legittimit� costituzionale, in www.giurcost.org, 25 luglio 2016. 

DoTTrInA 
255 


� 
stato 
evidentemente 
adottato 
al 
fine 
di 
correggere 
gli 
effetti 
dell�orientamento 
precedente 
(12) che 
aveva 
finito con il 
mettere 
troppa 
pressione 
sul 
giudice 
a 
quo, spingendolo a 
ricercare 
ad ogni 
costo un�interpretazione 
conforme 
della 
norma, per timore di incorrere nella pronuncia di inammissibilit�. 


Il 
principio 
dell�obbligo 
del 
giudice 
di 
ricercare 
un�interpretazione 
conforme 
a 
Costituzione, 
del 
resto, 
come 
� 
stato 
da 
molti 
sottolineato, 
mette 
in 
crisi 
il 
sistema 
del 
sindacato 
di 
costituzionalit� 
accentrato, 
sostituendolo 
con 
un 
sistema 
di 
sindacato 
diffuso 
(13) 
nel 
quale 
la 
rimessione 
alla 
Corte 
Costituzionale 
della 
questione 
si 
configura 
come 
l�extrema 
ratio 
(14). 
non 
� 
inopportuno 
ricordare 
che, 
in 
sede 
di 
dibattito 
all�Assemblea 
Costituente, 
il 
sistema 
anglosassone 
di 
controllo 
di 
costituzionalit� 
delle 
leggi 
fondato 
sul 
sindacato 
diffuso 
dei 
giudici 
era 
stato 
scartato 
pressoch� 
all�unanimit�, 
volendosi 
evitare 
quello 
che 
nell�esperienza 
americana 
era 
stato 
qualificato 
come 
governo 
dei 
giudici. 
Si 
potrebbe 
obiettare 
che 
ci� 
era 
inevitabile 
nel 
momento 
in 
cui 
si 
riconosceva 
al 
giudice 
il 
potere 
di 
disapplicare 
la 
norma 
interna 
in 
contrasto 
con 
il 
diritto 
comunitario 
(15), 
ma 
� 
indiscutibile 
che 
i 
principi 
stabiliti 
dalla 
Costituzione, 
per 
la 
loro 
estensione, 
lasciano 
al 
giu


(12) Che 
si 
sviluppa 
dalla 
met� 
degli 
anni 
novanta, con il 
noto principio, ripreso da 
tutta 
la 
giurisprudenza 
successiva, 
affermato 
dalla 
sentenza 
356 
del 
1996, 
secondo 
cui 
in 
linea 
di 
principio, 
le 
leggi 
non 
si 
dichiarano 
costituzionalmente 
illegittime 
perch� 
� 
possibile 
darne 
interpretazioni 
incostituzionali 
(e 
qualche 
giudice 
ritenga 
di 
darne), 
ma 
perch� 
� 
impossibile 
darne 
interpretazioni 
costituzionali. 
Questa 
affermazione 
� 
stata 
poi 
corretta 
nell�altra 
secondo cui 
se 
� 
improbabile 
o difficile 
prospettarne 
un�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata, la 
questione 
deve 
essere 
scrutinata 
nel 
merito, v. giurisprudenza 
citata 
alla 
nota 
10. 
Aveva 
auspicato 
la 
correzione 
MoDUGno, 
Sulla 
specificit� 
dell�interpretazione 
costituzionale, in ID., Scritti 
sull�interpretazione 
costituzionale, Editoriale 
Scientifica, 2008. In precedenza, 
prima 
dello sviluppo dell�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata, la 
Corte 
Costituzionale 
viceversa 
affermava che 
uno dei 
principi 
basilari 
del 
nostro sistema costituzionale 
� 
quello per 
cui 
i 
giudici 
sono 
tenuti 
ad 
applicare 
le 
leggi, 
e, 
ove 
dubitino 
della 
loro 
legittimit� 
costituzionale, 
devono 
adire 
questa Corte 
che 
sola pu� esercitare 
tale 
sindacato, pronunciandosi, ove 
la questione 
sia riconosciuta 
fondata, con sentenze 
aventi 
efficacia erga omnes. Questo principio non pu� soffrire 
eccezione 
alcuna, sent. 285 del 
1990. La 
sentenza 
356 del 
1996 costituisce 
il 
punto di 
partenza 
dell�indirizzo che 
sanziona 
il 
giudice 
che 
non 
proceda 
a 
verificare 
se 
non 
esista 
un�interpretazione 
conforme 
a 
Costituzione 
della 
disposizione 
legislativa, ma 
al 
tempo stesso � 
il 
punto di 
arrivo di 
un processo che 
si 
sviluppa 
fin 
dalla 
sentenza 
3 del 
1956 in cui 
la 
Corte 
emette 
una 
sentenza 
interpretativa 
di 
rigetto, ponendo in essere 
un rapporto dinamico tra 
Corte 
e 
giudici 
comuni, passando attraverso lo scontro tra 
Corte 
e 
Cassazione 
con il 
rifiuto di 
quest�ultima, nel 
1965, di 
seguire 
l�interpretazione 
proposta 
dalla 
prima 
in un�interpretativa 
di 
rigetto, costringendola 
ad emettere 
una 
sentenza 
manipolativa 
di 
accoglimento (sentt. 11 e 
52 
del 
1965); 
v. AGro, Note 
storiche 
sui 
rapporti 
tra l�interpretazione 
del 
giudice 
comune 
e 
quella della 
Corte Costituzionale, in Giur. Cost., 2004, 3341 ss. 
(13) LUCIAnI, D�orAzIo 
et 
al. (a 
cura 
di), il 
giudizio sulle 
leggi 
e 
la sua diffusione. Verso un controllo 
di 
costituzionalit� di 
tipo diffuso? Atti 
del 
seminario di 
Pisa 
svoltosi 
il 
25-26 maggio 2001 in ricordo 
di 
Giustino D�orazio, Giappichelli, 2002. ritengono invece 
che 
non si 
possa 
parlare 
di 
controllo 
diffuso di 
costituzionalit� 
zAGrEbELSKy, Giustizia costituzionale, Il 
Mulino, 2018; 
LAMArQUE, Prove 
generali 
di 
sindacato di 
costituzionalit� accentrato-collaborativo, in AA.VV., Studi 
in onore 
di 
Franco 
modugno, Ed. scientifica, 2011. 
(14) Cfr. DoLSo, Giudici e Corte alle soglie del giudizio di costituzionalit�, Giuffr�, 2003. 
(15) 
rUoToLo, Quando il giudice deve fare da s�, cit. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


dice, 
anche 
al 
giudice 
che 
pi� 
che 
applicare 
la 
legge 
voglia 
fare 
giustizia, 
un 
campo 
d�azione 
vastissimo. 


Comunque 
sia, 
anche 
i 
fautori 
dell�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata 
sono d�accordo sul 
fatto che 
il 
significato univoco e 
chiaro della 
disposizione 
normativa 
dovrebbe 
costituire 
il 
limite 
invalicabile 
dell�interpretazione 
(16). 
Il 
giudice 
non 
pu� 
disapplicare 
la 
legge 
(17). 
Altrimenti 
vi 
� 
evidentemente 
un�invasione 
delle 
prerogative 
non 
solo 
della 
Corte 
Costituzionale, 
ma anche del legislatore (18). 


3. Cenni storici sul conflitto tra legislatori e interpreti. 
Al 
riguardo � 
vero che 
il 
conflitto tra 
lettera 
e 
interpretazione, potremmo 
dire 
tra 
il 
potere 
legislativo e 
gli 
interpreti, cՏ 
sempre 
stato. Gi� 
Giustiniano 
aveva 
vietato l�interpretazione 
del 
Digesto, riservandola 
all�imperatore 
(19). 
nella 
seconda 
met� 
del 
Settecento, contemporaneamente 
all�idea 
di 
rendere 
chiaro e 
semplice 
l�accesso al 
diritto attraverso il 
sistema 
delle 
codificazioni 
(20), ritorna, ad esempio in Austria 
e 
in Prussia, il 
principio gi� 
stabilito da 
Giustiniano. In Francia, i 
rivoluzionari 
accusarono le 
Corti 
di 
aver boicottato, 
richiamandosi 
ad 
antiche 
Costituzioni 
del 
regno, 
le 
riforme 
di 
Luigi 
XVI, 
che 
avrebbero 
migliorato 
la 
situazione 
finanziaria 
del 
Paese 
ma 
intaccato 
i 
privilegi 
dei 
nobili 
(21), 
e 
vietarono 
l�interpretazione 
delle 
leggi. 
Anche 
napoleone, 
dopo un primo momento in cui, con il 
codice 
del 
1804, aveva 
consentito l�in


(16) SCIArAbbA, L�interpretazione 
conforme 
tra Costituzione 
e 
Cedu: cenni 
ricostruttivi 
e 
spunti 
di 
riflessione, 
forumcostituzionale.it, 
14 
maggio 
2019; 
rUoToLo, 
Quando 
il 
giudice 
deve 
fare 
da 
s�, 
cit.; 
LAnEVE, L�interpretazione 
conforme 
a Costituzione: problemi 
e 
prospettive 
di 
un sistema diffuso di 
applicazione 
costituzionale 
all�interno di 
un sindacato (che 
resta) accentrato, in federalismi.it, 17 settembre 
2011. MoDUGno, in difesa dell�interpretazione 
conforme 
a Costituzione, in rivista aiC, rivistaaic.
it, 18 aprile 
2014, ritiene 
che 
si 
verifichi 
una 
dilatazione 
dei 
poteri 
interpretativi 
del 
giudice 
- fino al 
punto da 
stravolgere 
il 
testo normativo di 
partenza 
- allorch� 
questi 
sia 
guidato da 
un principio in precedenza 
fissato dalla giurisprudenza costituzionale. 
(17) 
zAGrEbELSKy 
e 
MArCEn�, 
Giustizia 
costituzionale, 
vol. 
II, 
oggetti, 
procedimenti, 
decisioni, 
Il Mulino, 2018. 
(18) Il 
quale 
non ha 
rimedi 
per difendersi, neppure 
sollevando conflitto di 
attribuzione, visto che 
la 
Corte 
afferma 
che 
il 
conflitto di 
attribuzione 
non pu� essere 
trasformato in un atipico mezzo di 
gravame 
avverso le 
pronunce 
dei 
giudici, v. ordinanza 
334 del 
2008 sul 
caso Englaro; 
v. anche 
sentt. 252 
del 2013, 81 e 72 del 2012, 150 del 2007, 326 e 276 del 2003. 
(19) 
cui 
soli 
concessum 
est 
et 
leges 
condere 
et 
interpretari, 
Constitutio 
Tanta. 
Il 
divieto 
di 
allestire 
commentarii 
(ut 
nemo 
neque 
eorum, 
qui 
in 
praesenti 
iuris 
peritiam 
habent, 
nec 
qui 
postea 
fuerint 
audeat 
commentarios 
isdem 
legibus 
adnectere) � 
motivato sia 
in base 
alla 
competenza 
esclusiva 
del 
legislatore 
a 
interpretare 
in modo autentico le 
norme 
da 
esso poste 
(ex 
auctoritate 
augusta manifestetur, cui 
soli 
concessum 
est 
leges 
et 
condere 
et 
interpretari), sia 
a 
causa 
dell'incertezza 
del 
diritto (alias 
autem 
legum 
interpretationes, 
immo 
magis 
perversiones 
eos 
iactare 
non 
concedimus, 
ne 
verbositas 
eorum 
aliquid 
legibus 
nostris adferat ex confusione dedecus), Dig., praef. II, � 21. 
(20) TArELLo, Storia della cultura giuridica moderna. assolutismo e 
codificazione 
del 
diritto, Il 
Mulino, 1976. 
(21) MAnnonI, La tradizione 
costituzionale 
in Europa. Tre 
itinerari 
nazionali 
tra diritto e 
storia: 
inghilterra, Germania e Francia, goware. 

DoTTrInA 
257 


terpretazione 
delle 
Corti, 
ci 
ripens�, 
e 
al 
grido 
di 
altrimenti 
�mon 
Code 
est 
perdu� 
attribu� 
l�interpretazione 
al 
Consiglio di 
Stato che 
nel 
suo sistema 
era 
il redattore delle leggi (22). 


Una 
campagna 
radicale 
contro 
l�interpretazione 
delle 
leggi 
fu 
condotta 
proprio 
in 
Italia. 
I 
maggiori 
rappresentanti 
dell�illuminismo 
italiano, 
Filangeri 


(23) 
beccaria 
(24), 
Verri, 
si 
schierarono 
risolutamente 
contro 
l�interpretazione 
giudiziale 
delle 
disposizioni 
normative 
(25). In particolare 
Verri 
afferm� che 
�il giudice diviene legislatore se gli � permesso di interpretare le leggi�. 


4. i rischi degli eccessi nell�attivit� interpretativa. 
ora, � 
ovvio che 
oggi 
nessuno mette 
in discussione 
il 
fatto che 
le 
leggi 
possano e 
debbano essere 
interpretate. Per� proprio quest�ultimo punto, colto 
tra 
gli 
altri 
da 
Verri, � 
importante 
perch� 
mette 
in luce 
come, l�interpretazione 
troppo spinta, che 
va 
oltre 
il 
chiaro dettato normativo, mette 
in crisi 
il 
fondamentale 
principio della 
separazione 
dei 
poteri, che 
� 
uno dei 
fondamenti 
del 
liberalismo. La 
separazione 
dei 
poteri, che 
impedisce 
al 
potere 
politico, che 
si 
esprime 
nell�esecutivo e 
nel 
legislativo, di 
interferire 
nell�attivit� 
di 
chi 
rende 
giustizia, 
deve 
necessariamente 
funzionare 
anche 
in 
direzione 
opposta, 
evitando 
invasioni 
di 
campo 
del 
potere 
giudiziario 
nella 
sfera 
del 
legislatore 
(26). 
non 
a 
caso 
il 
teorico 
del 
principio 
della 
separazione, 
Montesquieu, 
che 
tra 
l�altro 
era 
un 
giudice, 
� 
stato 
anche 
uno 
degli 
avversari 
dell�interpretazione 
giudiziale (27). 


Con riferimento all�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata, si 
� 
osservato 
che 
essa 
mette 
in 
crisi 
i 
principi 
di 
certezza 
del 
diritto 
e 
di 
affidamento 
del 
cittadino nella 
certezza 
delle 
situazioni 
giuridiche, nonch� 
il 
principio di 
eguaglianza 
dinanzi 
alla 
legge. In prospettiva 
si 
pu� intravvedere 
il 
passaggio 
dal 
diritto legislativo ad un diritto giurisprudenziale 
e 
casistico, nel 
quale 
diviene 
inevitabile 
il 
declino 
del 
tenore 
letterale 
della 
disposizione 
normativa 
(28); 
sviluppo che 
peraltro inevitabilmente 
� 
destinato ad alimentare 
il 
con


(22) 
nIorT, 
Homo Civilis: Contribution � l�histoire 
du Code 
Civil 
francais, Presses 
universitaires 
d�Aix-Marseille, 2004. In particolare il capitolo III, Les premi�res interpr�tations du Code napol�on. 
(23) FILAnGErI, riflessioni politiche sull�ultima legge del sovrano, 1774. 
(24) bECCArIA, Dei 
Delitti 
e 
delle 
Pene, 1764, in particolare 
il 
capitolo IV, Dell�Interpretazione 
delle leggi. 
(25) V. DEL 
FrATE, Honos 
alit 
artes. Studi 
per 
il 
settantesimo compleanno di 
mario ascheri. A 
cura di MAFFEI 
e 
VArAnInI, reti Medievali E-book, 19, Firenze University Press, Firenze, 2014. 
(26) 
Cfr. 
bIn, 
La 
Corte 
costituzionale 
tra 
potere 
e 
retorica: 
spunti 
per 
la 
costruzione 
di 
un 
modello 
ermeneutico dei 
rapporti 
tra Corte 
e 
giudici 
di 
merito, in Anzon 
- CArAVITA 
- LUCIAnI 
- VoLPI 
(a 
cura 
di), La Corte costituzionale e gli altri poteri dello Stato, Giappichelli, 1993. 
(27) 
Les 
juges 
de 
la 
nation 
ne 
sont 
que 
la 
bouche 
qui 
prononce 
les 
paroles 
de 
la 
loi, 
MonTESQUIEU, 
De l'esprit des lois, 1748. 
(28) IAnnUCCILLI, L�interpretazione 
secundum 
constitutionem 
tra Corte 
Costituzionale 
e 
Giudici 
comuni, 
2009, 
in 
cortecostituzionale.it. 
Il 
quadro 
di 
un 
sistema 
in 
cui 
la 
disposizione 
di 
legge 
costituisce 
solo il 
punto di 
partenza 
dell�interprete, tra 
diritto comunitario, Convenzione 
dei 
Diritti 
dell�uomo, sen

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


tenzioso. D�altro canto, mentre 
la 
decisione 
della 
Corte 
Costituzionale 
di 
accoglimento 
ha 
valore 
erga omnes, l�interpretazione 
operata 
dal 
giudice, oltre 
a 
valere 
solo 
nel 
singolo 
giudizio, 
� 
suscettibile 
di 
contestazione 
nei 
successivi 
gradi. 


Si 
� 
anche 
affermato che 
dietro l�ampio spazio interpretativo lasciato al 
giudice, 
si 
cela 
una 
concezione 
aristocratica, 
frutto 
di 
un 
atteggiamento 
sospettoso 
nei confronti dell�esercizio democratico del potere normativo (29). 


Del 
resto, 
se 
si 
fa 
fare 
alla 
Corte 
il 
suo 
lavoro, 
vi 
possono 
essere 
delle 
sorprese. 
Prendiamo 
il 
caso 
della 
disposizione 
(art. 
18, 
comma 
1 
lett. 
b), 
ultimo 
periodo 
legge 
240 
del 
2010) 
che 
ha 
escluso 
dalla 
partecipazione 
ai 
procedimenti 
di 
chiamata 
dei 
professori 
universitari 
coloro 
che 
abbiano 
un 
grado 
di 
parentela 
o 
affinit� 
fino 
al 
quarto 
grado 
compreso 
con 
un 
professore 
appartenente 
al 
dipartimento 
o 
alla 
struttura 
che 
effettua 
la 
chiamata 
ovvero 
con 
il 
rettore, 
il 
direttore 
generale 
o 
un 
componente 
del 
consiglio 
di 
amministrazione. 
Questa 
disposizione 
� 
stata 
interpretata 
da 
diversi 
Tribunali 
Amministrativi 
(30), 
nonch� 
dallo 
stesso 
Consiglio 
di 
Stato 
(31), 
nel 
senso 
che 
anche 
il 
coniuge 
deve 
ritenersi 
escluso, 
pur 
non 
essendo 
espressamente 
contemplato. 
Il 
Consiglio 
di 
giustizia 
amministrativa 
per 
la 
regione 
Siciliana, 
ritenendo 
per� 
di 
non 
poter 
accedere 
a 
quell�interpretazione, 
data 
la 
tassativit� 
dei 
casi 
indicati, 
ha 
rimesso 
la 
questione 
alla 
Corte 
Costituzionale, 
ritenendo 
la 
mancata 
previsione 
del 
coniuge 
incostituzionale. 
La 
Corte, 
dopo 
aver 
ribadito 
il 
pi� 
recente 
orientamento 
secondo 
cui 
la 
circostanza 
che 
il 
giudice 
remittente 
abbia 
consapevolmente 
reputato 
che 
il 
tenore 
letterale 
della 
disposizione 
censurata 
imponga 
un�interpretazione 
e 
ne 
impedisca 
altre, 
eventualmente 
conformi 
a 
Costituzione, 
non 
� 
ragione 
di 
inammissibilit�, 
ha 
viceversa 
ritenuto 
la 
mancata 
inclusione 
del 
vincolo 
matrimoniale 
come 
motivo 
di 
incandidabilit� 
alla 
procedura 
concorsuale 
del 
tutto 
conforme 
a 
Costituzione. 
Il 
diverso 
trattamento 
riservato 
al 
coniugio 
rispetto 
ad 
altri 
rapporti 
parentali 
non 
pu� 
infatti 
dirsi 
irragionevole 
in 
considerazione 
della 
necessit� 
di 
bilanciare 
il 
principio 
dell�imparzialit� 
con 
le 
ragioni 
dell�unit� 
familiare, 
anch�esse 
costituzionalmente 
tutelate 
(sentenza 
78/2019). 
La 
Corte 
non 
ha 
quindi 
dichiarato 
la 
norma 
incostituzionale, 
ritenendo 
che 
non 
vi 
fossero 
spazi 
per 
un�interpretazione 
conforme 
a 
Costituzione; 
non 
ha 
neppure 
emesso 
una 
decisione 
interpretativa 
di 
rigetto, 
interpretando 
la 
disposizione 
in 
modo 
da 
renderla 
conforme 
alla 
Carta. 
ha 
invece 
ritenuto 
che 
la 
disposizione 
stessa, 


tenze 
CGUE 
e 
CEDU, con il 
coronamento dell�interpretazione 
conforme 
a 
Costituzione, � 
un dato di 
fatto. Il 
sogno illuminista 
di 
un diritto facilmente 
accessibile 
anche 
ai 
non giuristi, che 
aveva 
ispirato le 
grandi codificazioni, � definitivamente tramontato. 

(29) LUCIAnI, interpretazione conforme a Costituzione, in Enc. Dir., Annali IX, 2016. 
(30) Tra 
gli 
altri, Tar Emilia-romagna 
22 novembre 
2018 n. 887, Tar Campania 
24 maggio 2013 
n. 2748. 
(31) Cons. Stato, sez. VI, 6 agosto 2018 n. 4841, Cons. Stato, sez. VI, 24 dicembre 
2018, n. 7216. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


5. Conclusioni. 
Per 
concludere, 
occorre 
anche 
osservare 
che 
l�uso 
estensivo 
del 
potere 
interpretativo 
da 
parte 
del 
giudice, 
favorito 
dalla 
teoria 
dell�obbligo 
di 
ricercare 
un�interpretazione 
costituzionalmente 
conforme 
della 
disposizione 
di 
legge, 
� 
suscettibile 
di 
creare 
tensioni 
con 
il 
potere 
politico 
(38), 
che 
esercita 
l�attivit� 
di 
produzione 
normativa. 
Al 
riguardo 
sarebbe 
importante 
che 
il 
limite 
che 
la 
Corte 
ha 
individuato, 
unitamente 
alla 
dottrina, 
del 
rispetto 
del 
tenore 
univoco 
della 
disposizione 
normativa, 
fosse 
rispettato. 
non 
potendosi 
per� 
questo 
pretendere 
dalla 
generalit� 
dei 
giudici, 
il 
ruolo 
decisivo 
non 
pu� 
che 
essere 
svolto 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione, 
a 
cui 
spetterebbe 
il 
ruolo 
principale, 
(vedremo 
cosa 
diranno 
le 
sezioni 
unite 
nel 
caso 
che 
ha 
costituito 
l�introduzione 
del 
presente 
articolo) 
e 
dalla 
Corte 
Costituzionale, 
che 
dovrebbe 
tentare 
di 
mettere 
un 
freno 
agli 
eccessi 
interpretativi 
(evitando 
in 
primo 
luogo 
essa 
stessa 
di 
ricercare 
a 
tutti 
i 
costi 
interpretazioni 
conformi 
a 
Costituzione, 
in 
luogo 
di 
ricorrere 
a 
pronunce 
di 
accoglimento). 
Un 
passo 
in 
questo 
senso 
pu� 
essere 
suggerito 
dalla 
stessa 
ordinanza 
11749 
laddove 
contesta 
che 
la 
sentenza 
4890 
abbia 
operato 
un 
bilanciamento 
di 
valori 
costituzionali 
che 
sarebbe 
riservato 
solo 
al 
legislatore. 
In 
definitiva, 
tutte 
le 
volte 
che 
entrano 
in 
gioco 
pi� 
principi 
che 
trovano 
fondamento 
nella 
Costituzione 
e 
che 
possono 
trovarsi 
in 
conflitto, 
non 
cՏ 
pi� 
spazio 
per 
l�attivit� 
interpretativa 
del 
giudice, 
altrimenti 
costretto 
a 
cercare 
di 
conformare 
la 
disposizione 
a 
Costituzione, 
ma 
lo 
stesso 
deve 
necessariamente 
investire 
la 
Corte 
della 
questione 
di 
costituzionalit�. 
In 
questo 
modo 
si 
riduce 
il 
rischio, 
sopra 
sottolineato, 
che 
il 
giudice 
possa 
impropriamente 
sacrificare 
un 
principio 
della 
Costituzione 
a 
scapito 
di 
un 
altro. 


La 
stessa 
Suprema 
Corte 
del 
resto, 
che 
talvolta 
ha 
ritenuto 
di 
operare 
essa 
stessa 
questo bilanciamento, facendo prevalere 
un principio costituzionale 
su 


festazioni 
sportive 
a 
chi 
si 
� 
reso autore 
di 
determinati 
comportamenti. Dal 
momento che 
la 
norma 
prevede 
che 
il 
Daspo possa 
essere 
inflitto a 
chi 
sia 
stato condannato o denunciato per determinati 
reati 
ovvero 
abbia 
preso parte 
ad episodi 
di 
violenza 
in occasione 
di 
manifestazioni 
sportive, � 
sorto il 
dubbio 
se 
il 
provvedimento possa 
essere 
disposto nei 
confronti 
di 
chi 
abbia 
commesso o sia 
stato denunciato 
per uno dei 
reati 
contemplati 
dalla 
norma 
senza 
che 
vi 
sia 
alcun collegamento con un evento sportivo. 
In 
questo 
caso, 
dal 
momento 
che 
il 
Daspo 
� 
finalizzato 
esclusivamente 
a 
non 
permettere 
la 
partecipazione 
a 
manifestazioni 
sportive, � 
evidentemente 
possibile 
un�interpretazione 
secondo cui 
il 
reato commesso 
necessita 
di 
un collegamento con quel 
tipo di 
eventi. Il 
Tar Lazio ha 
per� ritenuto fosse 
pi� semplice, 
senza 
peraltro citare 
in concreto alcuna 
specifica 
norma 
della 
Costituzione, ritenere 
il 
provvedimento 
illegittimo alla luce dell�interpretazione costituzionalmente orientata dell�art. 6, l. n. 401/1989. 


(38) Sui 
problemi 
che 
da 
questo punto di 
vista 
pone 
la 
discrezionalit� 
giudiziale 
nell�interpretazione 
costituzionale, 
con 
riferimento 
al 
judicial 
review 
of 
legislation 
nei 
sistemi 
di 
common 
law, 
v. 
ChESSA, i giudici 
del 
diritto. Problemi 
teorici 
della giustizia costituzionale, FrancoAngeli, 2014. I problemi 
che 
si 
pongono sono infatti 
riferibili 
anche 
a 
un sistema 
in cui, pur esistendo una 
Corte 
incaricata 
di 
dichiarare 
incostituzionali 
le 
leggi 
in contrasto con la 
Costituzione, sia 
presente 
la 
pratica 
dell�interpretazione 
conforme 
con il 
rilevante 
ruolo che 
questa 
assegna 
ai 
giudici 
comuni, come 
giustamente 
osserva 
SorrEnTI, La (parziale) riconversione, cit. 

DoTTrInA 
261 


un altro (39), ha 
per� allo stesso tempo anche 
affermato proprio che 
il 
bilanciamento 
tra 
diverse 
situazioni 
giuridiche 
tutte 
costituzionalmente 
tutelate 
pu� 
essere 
effettuato solo dal 
legislatore 
(40). � 
vero che 
la 
Cassazione 
ha 
enunciato 
questo principio per escludere 
che 
quel 
bilanciamento potesse 
essere 
effettuato 
nell�esercizio 
di 
un 
potere 
amministrativo 
(41); 
resta 
comunque 
il 
fatto 
che 
se 
esso � 
riservato al 
legislatore 
(con il 
controllo della 
Corte 
Costituzionale) 
e non pu� essere effettuato neppure dal giudice. 


In questo modo si 
possono porre 
dei 
limiti 
effettivi 
all�attivit� 
interpretativa 
del 
giudice; 
� 
vero che 
questi 
limiti 
non sarebbero del 
tutto chiari 
e 
alcuni 
potrebbero 
obiettare 
che 
gli 
spazi 
per 
l�interpretazione 
conforme 
a 
Costituzione 
si 
ridurrebbero eccessivamente 
per l�indeterminatezza 
dei 
principi 
costituzionali, 
ma 
questa 
non sarebbe 
altro che 
la 
stessa 
obiezione 
mossa 
contro 
la 
teoria 
dell�interpretazione 
costituzionalmente 
orientata, 
che 
al 
momento 
consente al giudice una discrezionalit� pressoch� senza freni. 


Come 
conclusione, 
vogliamo 
ricordare 
le 
parole 
di 
un 
grande 
giurista 
italiano: 
�nessuno � 
autorizzato - e 
tanto meno lo � 
il 
giudice 
- a reperire 
germi 
di 
ingiustizia 
in 
ogni 
articolo 
di 
legge 
(�) 
allo 
specifico 
scopo 
di 
disapplicarlo 


o di 
applicarlo secondo il 
proprio capriccio (il 
che 
forse 
� 
peggio). 
(�) 
Se 
egli 
fa scempio di 
questa, non � 
pi� meritevole 
del 
nome 
di 
giudice, perch� 
insegna ai 
concittadini 
a violare 
la legge 
secondo il 
proprio arbitrio: il 
che 
� 
seminare 
il 
caos, il 
disordine, la pi� ingiustificata anarchia, cio� 
seguire 
una 
linea 
di 
condotta 
del 
tutto 
opposta 
a 
quella 
che 
costituzionalmente 
gli 
incombe 
per il sacrosanto principio dell�art. 101 della Costituzione� 
(42). 
(39) Come 
avvenuto in occasione 
della 
sent. della 
Suprema 
Corte 
9 ottobre 
2008 n. 24883 che 
ha 
reinterpretato l�art. 37 c.p.c. (Secondo cui 
il 
difetto di 
giurisdizione 
� 
rilevato, anche 
d�ufficio, in ogni 
stato e 
grado del 
processo) alla 
luce 
del 
principio della 
ragionevole 
durata 
del 
processo stabilendo che 
se 
contro la 
decisione 
che 
ha 
deciso nel 
merito non � 
stato proposto specifico motivo di 
appello riguardante 
la 
giurisdizione, quest�ultima 
non � 
pi� rilevabile; 
sul 
punto v. diffusamente 
LAnEVE, L�interpretazione 
conforme, cit. 
(40) Cass. Sez .Un., ordinanza 9 settembre 2009 n. 19393. 
(41) La 
Suprema 
Corte, seguendo questo percorso argomentativo, ha 
attribuito la 
giurisdizione 
sulle 
controversie 
in tema 
di 
rilascio del 
permesso umanitario al 
giudice 
ordinario, affermando che 
La 
situazione 
giuridica soggettiva dello straniero che 
richieda il 
permesso di 
soggiorno per 
motivi 
umanitari, 
pertanto, 
gode 
quanto 
meno 
della 
garanzia 
costituzionale 
di 
cui 
all�articolo 
2 
Cost., 
sulla 
base 
della 
quale, 
anche 
ad 
ammettere, 
sul 
piano 
generale, 
la 
possibilit� 
di 
bilanciamento 
con 
altre 
situazioni 
giuridiche 
costituzionalmente 
tutelate... esclude 
che 
tale 
bilanciamento possa essere 
rimesso al 
potere 
discrezionale 
della 
pubblica 
amministrazione, 
potendo 
eventualmente 
essere 
effettuato 
solo 
dal 
legislatore, 
nel rispetto dei limiti costituzionali. 
(42) bErrI, Fede nella giustizia, Giuffr�, 1984. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


L�immigrazione clandestina nelle ipotesi 
di soccorso in mare: quid iuris? 


Maria Chiara Di Franco* 


Il 
massiccio fenomeno migratorio che 
da 
qualche 
anno interessa 
la 
nostra 
penisola 
e 
monopolizza 
l�attuale 
dibattito mediatico, giuridico e 
politico-criminale, � 
suscettibile, quando si 
verifichi 
illegalmente 
e 
tramite 
le 
modalit� 
individuate 
di 
seguito, 
di 
sollevare 
non 
pochi 
profili 
critici: 
il 
riferimento, 
nel 
corso 
del 
presente 
lavoro, 
� 
in 
particolare 
a 
quelle 
operazioni 
di 
soccorso 
in mare 
che, lungi 
dal 
rappresentare 
episodici 
interventi 
connotati 
da 
un carattere 
di 
eccezionalit�, 
sono 
divenute 
tassello 
costante 
tramite 
il 
quale 
si 
realizzano 
gli 
ingressi 
nello 
Stato Italiano e, conseguentemente, rappresentano il 
prevedibile 
e 
atteso sviluppo del 
proprio 
disegno criminoso da 
parte 
dei 
trafficanti. Il 
problema, dunque, � 
se 
la 
condotta 
di 
chi 
sia 
entrato 
nel 
territorio dello Stato a 
seguito di 
tali 
interventi, rivestiti 
di 
un carattere 
di 
legittimit�, 
possa 
dirsi 
allo stesso modo penalmente 
rilevante 
e 
se 
la 
condotta 
dei 
soccorritori 
sia 
suscettibile 
di integrare la fattispecie di favoreggiamento dell�immigrazione clandestina. 

Sommario: 
1. 
La 
rilevanza 
penale 
dell�immigrazione 
irregolare: 
tra 
crimmigration 
e 
tipo 
d�autore 
-2. 
il 
complesso 
intreccio 
delle 
cause 
di 
giustificazione 
nelle 
vicende 
di 
soccorso 
in mare: i 
confini 
delle 
scriminanti 
comuni 
- 3. La (persistente) rilevanza penale 
delle 
condotte: 
altre rotte possibili. 


1. 
La 
rilevanza 
penale 
dell�immigrazione 
irregolare: 
tra 
crimmigration 
e 
tipo 
d�autore. 
Il 
fenomeno della 
immigrazione 
irregolare 
rappresenta 
un tema 
che 
riveste 
crescente 
interesse, oltre 
che 
in ragione 
delle 
cospicue 
dimensioni 
che 
lo 
caratterizzano (1), in quanto sembra 
detenere 
il 
monopolio dell�attuale 
dibattito 
mediatico, giuridico e politico-criminale. 


Meritevoli 
di 
attenzione, 
in 
particolare, 
risultano 
essere 
alcuni 
profili 
della 
configurazione 
giuridica 
del 
fenomeno migratorio nel 
nostro ordinamento, a 


(*) Dottoressa in Giurisprudenza, gi� praticante forense presso l�Avvocatura Generale dello Stato. 


(1) Secondo le 
stime 
dell'Istituto nazionale 
di 
statistica, nel 
nostro Paese, al 
31 dicembre 
2018, 
sono 5 milioni 
255 mila 
gli 
stranieri 
residenti 
con un aumento del 
2,2% (+111 mila) e 
rappresentano 
l'8,7% della 
popolazione. I cittadini 
divenuti 
italiani 
per acquisizione 
della 
cittadinanza 
nel 
2018 sono 
meno 
di 
113 
mila, 
22 
ogni 
mille 
stranieri, 
il 
23% 
in 
meno 
rispetto 
al 
2017. 
Al 
1� 
gennaio 
2018 
gli 
italiani 
per acquisizione 
di 
cittadinanza 
sono in totale 
oltre 
1 milione 
e 
340 mila 
nella 
popolazione 
residente; 
nel 
56,3% dei 
casi 
si 
tratta 
di 
donne. Sommando questa 
popolazione 
a 
quella 
dei 
cittadini 
stranieri 
si 
ottiene 
un totale 
di 
quasi 
6,5 milioni 
di 
cittadini 
stranieri 
o di 
origine 
straniera 
(ISTAT, bilancio demografico 
nazionale 
2018, 3 luglio 2019). nel 
2018 il 
numero di 
migranti 
sbarcati 
nelle 
coste 
italiane 
� 
stato 
pari 
a 
23.370 persone, di 
cui 
quasi 
13 mila 
provenienti 
dalla 
Libia. Comparati 
con i 
dati 
riferiti 
agli 
anni 
precedenti, si 
registra 
una 
diminuzione 
del 
87,90% rispetto al 
2017 e 
del 
92,85 al 
2016 (Ministero del-
l'interno, 
Cruscotto 
statistico 
giornaliero, 
31 
dicembre 
2018). 
nei 
primi 
6 
mesi 
del 
2019 
(dati 
aggiornati 
al 
27 giugno 2019) le 
persone 
sbarcate 
sono state 
2.544 di 
cui 
326 minori 
(Ministero dell'interno, Cruscotto 
statistico giornaliero, 27 giugno 2019). 

DoTTrInA 
263 


proposito della 
quale 
si 
� 
efficacemente 
parlato di 
crimmigration 
(2): 
il 
riferimento 
� 
quel 
processo osmotico, che 
pare 
registrarsi 
in diversi 
ordinamenti, 
europei 
e 
non, tra 
il 
diritto penale 
e 
il 
diritto dell�immigrazione, tale 
da 
condurre 
a 
una 
contaminazione 
reciproca 
delle 
due 
discipline 
e 
dei 
relativi 
strumenti 
(3). 


La 
regolamentazione 
generale 
dell�immigrazione 
� 
stata 
affidata 
all�omonimo 
Testo Unico, il 
decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico 
sull'immigrazione 
e 
sulla 
condizione 
dello 
straniero) 
(4), 
che 
consolida 
le 
linee 
generali 
delle 
politiche 
pubbliche 
in materia 
di 
immigrazione 
in Italia, fissate 
dalla 
legge 
40/1998 (cosiddetta 
"legge 
Turco 
-napolitano") e 
sul 
quale 
sono 
intervenute 
numerose 
modifiche 
-tra 
cui 
quelle 
apportate 
dalla 
legge 
189/2002 
(la 
cosiddetta 
"legge 
bossi 
-Fini") e, da 
ultimo, quelle 
disposte 
dal 
decreto-
legge 
n. 113 del 
2018, senza 
che 
queste 
ne 
abbiano alterato l'impianto complessivo. 


Con 
speciale 
riguardo 
alla 
risposta 
penale 
al 
predetto 
fenomeno, 
assumono 
rilevanza, ai 
fini 
della 
presente 
trattazione 
le 
fattispecie 
di 
favoreggiamento 
della immigrazione clandestina e quella dell�immigrazione irregolare. 


(2) Con questa 
espressione 
si 
allude 
alla 
�sovrapposizione 
o intersezione� 
tra 
il 
diritto penale 
e 
il 
diritto dell'immigrazione, funzionale 
a 
tre 
direttrici 
che 
sembrano riassumere 
le 
rispettive 
e 
convergenti 
strategie 
politico-criminali: 
a) la 
previsione 
di 
conseguenze 
penalistiche 
(pene 
detentive 
e/o pecuniarie) 
per violazioni 
del 
diritto dell'immigrazione; 
b) la 
previsione 
di 
conseguenze 
amministrativistiche 
connesse 
a 
condanne 
penali 
(mancata 
ammissione 
nello 
Stato 
ed 
espulsione); 
c) 
il 
ricorso 
a 
misure 
privative 
o 
limitative 
della 
libert� 
personale 
di 
tipo 
penalistico 
(arresto 
e 
detenzione 
funzionale 
all'espulsione) 
nel 
contesto 
del 
diritto 
dell'immigrazione. 
Sul 
punto 
v. 
GATTA 
G.L. 
La 
pena 
nell�era 
della 
crimmigration: 
tra Europa e 
Stati 
Uniti, rivista italiana di 
Diritto e 
Procedura Penale, fasc. 2, 1 giugno 2018, pag. 
675. 
(3) nell�ampia 
letteratura 
in materia, si 
segnalano in particolare 
CAVALIErE 
A., Diritto penale 
e 
politica dell'immigrazione, in Critica del 
diritto, 2013, 17 s.; 
DonInI 
M., il 
cittadino extracomunitario 
da 
oggetto 
materiale 
a 
tipo 
d'autore 
nel 
controllo 
penale 
dell'immigrazione, 
in 
Questione 
Giustizia, 
2009, 101 s.; 
MArInUCCI 
G., Soggettivismo e 
oggettivismo nel 
diritto penale. Uno schizzo dogmatico e 
politico-criminale, 
in 
rivista 
italiana 
di 
Diritto 
e 
Procedura 
Penale, 
2011, 
1 
s.; 
MASErA 
L., 
�Terra 
bruciata� 
attorno al 
clandestino: tra misure 
penali 
simboliche 
e 
negazione 
reale 
dei 
diritti, in o. MAzzA, 
F. VIGAn� 
(a 
cura 
di), il 
�Pacchetto sicurezza� 
2009, Torino, 2009, 27 s.; 
VIGAn� 
F., Diritto penale 
e 
immigrazione: qualche 
riflessione 
sui 
limiti 
alla discrezionalit� del 
legislatore, in Dir. imm. e 
cittad., 
2010, 13. 
(4) 
Il 
testo 
unico 
interviene 
su 
entrambi 
gli 
ambiti 
principali 
del 
diritto 
dell'immigrazione: 
il 
diritto 
dell'immigrazione 
in senso stretto, concernente 
la 
gestione 
del 
fenomeno migratorio nel 
suo complesso, 
vale 
a 
dire 
la 
definizione 
di 
regole 
di 
ingresso, di 
soggiorno, di 
controllo, di 
stabilizzazione 
dei 
migranti 
ed anche 
la 
repressione 
delle 
violazioni 
a 
tali 
regole; 
e 
il 
diritto dell'integrazione, che 
riguarda 
l'estensione, 
in 
misura 
pi� 
o 
meno 
ampia, 
ai 
migranti 
dei 
diritti 
propri 
dei 
cittadini 
(diritti 
civili, 
sociali, 
politici). 
I princ�pi 
fondamentali 
che 
sono alla 
base 
del 
testo unico sono essenzialmente 
tre: 
la 
programmazione 
dei 
flussi 
migratori 
e 
il 
contrasto all'immigrazione 
clandestina 
(per quanto riguarda 
il 
diritto dell'immigrazione); 
la 
concessione 
di 
una 
ampia 
serie 
di 
diritti 
volti 
all'integrazione 
degli 
stranieri 
regolari 
(diritto 
dell'integrazione). In Italia 
l'immigrazione 
dei 
cittadini 
stranieri 
non appartenenti 
all'Unione 
europea 
� 
regolata 
secondo il 
principio della 
programmazione 
dei 
flussi. ogni 
anno il 
Governo, sulla 
base 
della 
necessit� 
di 
manodopera 
interna, stabilisce 
il 
numero di 
stranieri 
che 
possono entrare 
nel 
nostro Paese 
per motivi 
di 
lavoro. In particolare, la 
gestione 
dei 
flussi 
di 
immigrazione 
� 
realizzata 
attraverso una 
serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale e il decreto annuale sui flussi. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


La 
prima, che 
si 
caratterizza 
per la 
sua 
esatta 
individuazione 
anche 
�in 
negativo�, 
rispetto 
a 
quella 
distinta, 
ma 
ad 
essa 
affine, 
della 
tratta 
(5), 
presenta 
la 
peculiarit� 
di 
non 
richiedere, 
ai 
fini 
della 
sua 
integrazione, 
n� 
che 
l�ingresso 
nel 
territorio dello Stato abbia 
effettivamente 
luogo (6), n� 
che 
a 
sorreggerlo 
sia 
una 
finalit� 
lucrativa 
(7), che, se 
presente, darebbe 
luogo al 
pi� a 
una 
circostanza 
aggravante, con la 
conseguenza 
di 
una 
compatibilit� 
della 
figura 
del 
favoreggiamento con le condotte guidate da una finalit� umanitaria (8). 


La 
fattispecie 
di 
immigrazione 
irregolare, 
che 
rinviene 
la 
sua 
disciplina 
all�art. 
10-bis 
T.U., 
non 
ha 
mancato, 
dal 
canto 
suo, 
di 
sollevare 
critiche, 
essenzialmente 
imperniate 
su 
una 
ritenuta 
inadeguatezza 
dello 
strumento 
penale 
a 
reprimerla 
(9), 
nonch� 
sull�assunto 
che, 
lungi 
dall�incriminare 
una 
condotta, 
in 
tale 
fattispecie 
si 
darebbe 
rilievo 
ad 
un 
mero 
status 
soggettivo, 
tale 
da 
far 
parlare 
-nonostante 
le 
contrarie 
conclusioni 
cui 
� 
pervenuta 
la 


(5) 
Il 
distinguo 
tra 
il 
trafficking 
e 
lo 
smuggling 
� 
stato 
essenzialmente 
realizzato 
ponendo 
mente 
a 
tre 
elementi, 
che 
il 
pi� 
delle 
volte 
sono 
suscettibili 
di 
essere 
considerati 
congiuntamente 
�ai 
fini 
di 
un�actio 
finium 
regundorum 
indubbiamente 
complessa 
e 
che 
attengono, 
rispettivamente, 
alla 
direzione 
finalistica 
dell�attivit� 
posta 
in 
essere 
dai 
trafficanti 
o 
dagli 
sfruttatori, 
al 
ruolo 
svolto 
dal 
migrante 
e 
al 
bene 
giuridico 
tutelato� 
Cos� 
MASSAro 
A. 
L�immigrazione 
irregolare 
via 
mare 
e 
la 
triade 
soggettiva 
�soccorritori-
trafficanti-migranti�, 
in 
Giustizia 
insieme, 
11 
aprile 
2019 
(https://www.giustiziainsieme.it/it/diritto-
processo-penale/625-l-immigrazione-irregolare-via-mare-e-la-triade-soggettiva-soccorritori-traffica 
nti-migranti 
cui 
si 
rinvia 
per 
una 
chiara 
e 
completa 
analisi 
sul 
tema 
in 
oggetto). 
(6) Cfr. ex 
multis, Cass. S.U. n. 40982/2018, Cass. n. 28819/2014; 
ma 
anche 
MASSAro 
A., L�immigrazione 
irregolare 
via 
mare, 
cit. 
e 
bErnArDI 
S., 
i 
(possibili) 
profili 
penalistici 
delle 
attivit� 
di 
ricerca 
e soccorso in mare, in Diritto Penale Contemporaneo, fasc. 1/2018. 
(7) �It 
is 
crucial 
to note 
that 
Art. 12 does 
not 
require 
that 
financial 
gain or profit 
arises 
for it 
to be 
a 
punishable 
offence. Pursuant 
to Art. 12 par. 3 ter let. b), profit 
simply constitutes 
an aggravating circumstance 
for the 
offence: 
in such a 
case, the 
length of detention is 
raised and a 
fine 
of � 25.000 for 
each 
third-country 
national 
assisted�. 
Sul 
punto, 
v. 
TrEVISAn 
S. 
e 
MoELLEr 
U. 
Punishing 
the 
facilitation 
of 
irregular 
migration. a 
comparative 
criminal 
law analysis 
of 
Germany 
and italy, su Giurisprudenza 
Penale, 
http://www.giurisprudenzapenale.com/wp-content/uploads/2019/07/Trevisan_gp_2019_7_8.pdf 
(8) �The 
legal 
framework and case 
law 
show 
that 
the 
Italian legal 
system 
fails 
to sufficiently distinguish 
between 
criminal 
facilitation 
and 
humanitarian 
assistance. 
Art. 
12 
par. 
2 
of 
the 
law 
n. 
286/1998 
fails 
to provide 
any robust 
definition and is 
seldom 
accepted by the 
Courts. Such a 
wide 
margin of interpretation 
left 
to prosecutors 
to criminalise 
various 
acts 
without 
criminal 
intent 
is 
detrimental 
to the 
protection 
of 
civil 
society 
organizations 
who 
uphold 
the 
rights 
of 
refugees 
and 
other 
vulnerable 
groups�, 
cos� 
TrEVISAn 
S,, 
MoELLEr 
U. 
Punishing, 
cit. 
Come 
evidenziato 
nell�analisi 
citata, 
tale 
costruzione 
della 
fattispecie 
di 
favoreggiamento non rappresenta 
un novum 
nel 
contesto europeo, nel 
quale 
l�affine 
esperienza 
giuridica tedesca mostra anch�essa di non connotare il reato con una finalit� di trarne profitto. 
(9) 
Queste 
sono 
essenzialmente 
da 
ricondurre 
alla 
scelta 
della 
sanzione 
pecuniaria, 
la 
cui 
efficacia 
deterrente 
� 
piuttosto debole, prevista 
in risposta 
alla 
contravvenzione 
de 
qua. 
occorre 
in ogni 
caso sottolineare 
che 
l�Unione 
Europea 
non 
preclude, 
cos� 
come 
non 
impone, 
il 
ricorso 
al 
diritto 
penale 
per 
porre 
un freno alla 
immigrazione 
irregolare, e 
prova 
ne 
� 
che 
diversi 
stati 
europei 
(Francia, Germania, 
regno Unito; 
non cos� 
la 
Spagna, nella 
quale 
integra 
un illecito amministrativo) hanno espresso un�opzione 
in tal 
senso; 
tuttavia, occorre 
che 
venga 
rispettato il 
principio che 
informa 
le 
prerogative 
europee 
in 
materia, 
ossia 
la 
priorit� 
dell�espulsione, 
che 
non 
dovrebbe 
essere 
incisa 
dal 
processo 
penale. 
L�espulsione 
� 
il 
vero obiettivo di 
tutta 
la 
disciplina 
in tema 
di 
immigrazione: 
in questo senso � 
anche 
la 
pronuncia 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
nel 
caso 
El 
Dridi, 
nella 
quale 
si 
era 
sottolineato 
come 
una 
pena 
detentiva 
impedisse 
alla 
espulsione 
di 
fare 
il 
suo corso, e 
quindi 
che 
fosse 
invece 
ammessa 
solo laddove 
consentisse 
di realizzarla. 

DoTTrInA 
265 


stessa 
Corte 
Costituzionale 
(10) 
-di 
una 
reviviscenza 
del 
tipo 
d�autore 
(11). 


nelle 
vicende 
che 
in particolare 
saranno oggetto della 
presente 
indagine, 
queste 
due 
fattispecie 
rivestono particolare 
importanza 
in considerazione 
del 
loro mutato atteggiarsi: 
nelle 
condotte 
riconducibili 
al 
modus 
operandi 
dello 
sbarco �frazionato� 
(12), invero, emergono incertezze 
a 
proposito della 
rile


(10) 
Sentenza 
n. 
250 
del 
2010, 
nel 
cui 
contesto 
la 
Corte 
ha 
cura 
di 
precisare 
che 
non 
si 
pu� 
ritenere 
che 
l�art. 10-bis 
del 
d.lgs. n. 286 del 
1998 penalizzi 
una 
mera 
�condizione 
personale 
e 
sociale� - quella, 
cio�, 
di 
straniero 
�clandestino� 
(o, 
pi� 
propriamente, 
�irregolare�) 
-della 
quale 
verrebbe 
arbitrariamente 
presunta 
la 
pericolosit� 
sociale. 
oggetto 
dell�incriminazione 
non 
� 
infatti 
un 
�modo 
di 
essere� 
della 
persona, 
ma 
uno specifico comportamento, trasgressivo di 
norme 
vigenti. Tale 
�, in specie, quello descritto 
dalle 
locuzioni 
alternative 
�fare 
ingresso� e 
�trattenersi� nel 
territorio dello Stato, in violazione 
delle 
disposizioni 
del 
testo unico sull�immigrazione: 
locuzioni 
cui 
corrispondono, rispettivamente, una 
condotta 
attiva 
istantanea 
(il 
varcare 
illegalmente 
i 
confini 
nazionali) e 
una 
a 
carattere 
permanente 
il 
cui 
nucleo 
antidoveroso 
� 
omissivo 
(l�omettere 
di 
lasciare 
il 
territorio 
nazionale, 
pur 
non 
essendo 
in 
possesso 
di 
un 
titolo 
che 
renda 
legittima 
la 
permanenza). 
Deve 
concludersi 
quindi 
che 
la 
condizione 
di 
cosiddetta 
�clandestinit�� 
non � 
un dato preesistente 
ed estraneo al 
fatto, ma 
rappresenta, al 
contrario, la 
conseguenza 
della 
stessa 
condotta 
resa 
penalmente 
illecita, 
esprimendone 
in 
termini 
di 
sintesi 
la 
nota 
strutturale 
di 
illiceit� 
(non diversamente 
da 
come 
la 
condizione 
di 
pregiudicato per determinati 
reati 
deriva, salvo 
il successivo accertamento giudiziale, dall�avere commesso i reati stessi). 
(11) �A 
crime 
of illegal 
immigration, in fact, - at 
least 
in the 
European legal 
systems 
- refers 
to 
poor migrants 
coming from 
Africa, near East, some 
Asian regions 
(e.g., Sri 
Lanka, Philippines), and, in 
part, eastern Europe 
as 
its 
specific 
type 
of author (Ta�tertyp). The 
fact 
that 
it 
is 
formally built 
upon the 
commission, or omission, of a 
certain type 
of action does 
not 
save 
it 
from 
ending up being a 
criminal 
ban on (certain) types 
of persons 
because 
of their poverty and geographical 
provenance. while, on the 
one 
hand, the 
crime�s 
formal 
structure 
revolves 
around a 
specific 
type 
of conduct 
(illegally entering, or 
staying on, the 
state�s 
territory), the 
state�s 
regulation on legal/illegal 
migration, on the 
other hand, is 
constructed in such a 
way as 
to make 
the 
illegality of such conduct 
- and thus 
its 
being a 
crime 
- a 
function 
of the 
personal 
and social 
conditions 
of those 
who commit 
it, of their being nationals 
of certain 
countries 
and 
of 
their 
lacking 
sufficient 
means 
of 
support�, 
sul 
punto 
v. 
SPEnA 
A., 
iniuria 
migrandi: 
Criminalization of 
immigrants 
and the 
Basic 
Principles 
of 
the 
Criminal 
Law, in Criminal 
Law and Philosophy, 
3 maggio 2013; 
�nessuna 
situazione 
concreta 
� 
richiesta, diversa 
dalla 
violazione 
del 
dovere, 
del 
divieto di 
ingresso o di 
permanenza 
per il 
clandestino extracomunitario. (�) Tipo d�autore 
e 
disobbedienza 
(�) fondano l�illecito, nella 
presunzione 
assoluta 
della 
messa 
in pericolo dell�attivit� 
amministrativa 
di 
controllo e 
disciplina 
dei 
flussi, in vista 
di 
interessi-scopo di 
sicurezza 
pubblica 
e 
ordine 
pubblico. La 
sola 
disobbedienza, come 
tale, non giustifica 
nessun reato: 
� 
solo il 
collegamento col 
dovere, 
con l�obbligo o il 
precetto violati 
che 
struttura 
una 
legittimazione 
penalistica. E 
qui, ancora 
una 
volta, 
� 
essenziale 
alla 
scelta 
punitiva 
che 
si 
tratti 
di 
clandestini 
extracomunitari. 
Siamo 
nel 
solco 
classico 
di 
un diritto penale 
di 
polizia, di 
prevenzione 
e 
di 
sicurezza, dove 
per� - questo il 
dato caratterizzante 
e 
nuovo - l�attenzione 
al 
tipo d�autore 
prevale 
sul 
significato offensivo del 
fatto�, cos� 
M. DonInI, il 
cittadino 
extracomunitario da oggetto materiale 
a tipo d�autore 
nel 
controllo penale 
dell�immigrazione, 
in Questione giustizia, 1, 2009, 126. 
(12) �Il 
dato pi� significativo, da 
un punto di 
vista 
non solo �politico� 
ma 
anche 
pi� strettamente 
�giuridico�, 
� 
quello 
relativo 
alle 
differenti 
modalit� 
del 
trasporto 
di 
migranti 
irregolari 
e 
al 
conseguente 
sbarco degli 
stessi 
sulle 
coste 
italiane. (�) Pi� di 
recente, invece, i 
trafficanti 
ricorrono a 
modalit� 
di 
trasporto 
basate 
su 
una 
deliberata 
segmentazione 
dell�iter 
che, 
dal 
Paese 
di 
partenza 
(nei 
casi 
pi� 
recenti, 
i 
Paesi 
nordafricani) conduce 
fino alle 
coste 
italiane: 
il 
tutto minimizzando il 
rischio per i 
trafficanti 
e 
aumentando quello per i 
migranti. Solitamente, infatti, il 
�viaggio� 
si 
divide 
in due 
parti. nella 
prima 
parte 
i 
migranti 
sono trasportati 
a 
bordo di 
navi 
robuste 
e 
capienti, mentre 
nella 
seconda 
parte 
gli 
stessi 
sono traferiti 
su imbarcazioni 
pi� piccole, inadeguate 
a 
raggiungere 
la 
riva 
perch� 
prive 
di 
carburante, 
viveri 
e 
strumenti 
di 
sicurezza, spesso affidate 
alla 
guida 
di 
uno dei 
migranti 
che 
abbia 
competenze 
minime 
relative 
alla 
conduzione 
di 
un�imbarcazione. L�obiettivo � 
quello di 
provocare 
�ad arte� 
le 
condi

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


vanza 
penale 
delle 
condotte 
dei 
soccorritori 
nonch� 
dei 
trafficanti 
e 
dei 
migranti 
stessi. 


Con riguardo alle 
condotte 
dei 
primi, � 
stato acutamente 
osservato che 
la 
inconfigurabilit� 
del 
favoreggiamento 
a 
carico 
dei 
soccorritori 
deriverebbe 
dalla 
stessa 
descrizione 
della 
relativa 
fattispecie, che 
si 
compone 
di 
una 
clausola 
di 
illiceit� 
speciale 
duplice, 
la 
quale 
consentirebbe 
l�integrazione 
del 
reato 
solo 
ove 
le 
condotte 
di 
soccorso 
fossero 
state 
illegittime 
(13). 
In 
questo 
modo, 
come 
� 
evidente, la 
risoluzione 
del 
problema 
viene 
affidata 
alla 
valutazione 
circa la liceit� o meno delle condotte di soccorso. 


nonostante 
fosse 
sufficiente 
la 
stessa 
struttura 
del 
favoreggiamento 
ad 
impedire 
che 
potessero 
sussumersi 
sotto 
la 
sua 
descrizione 
le 
condotte 
(lecite) 
di 
soccorso in mare, la 
giurisprudenza 
ha 
preferito ricorrere, per sancire 
caso 
per caso l�esclusione 
della 
responsabilit� 
penale 
in capo ai 
soccorritori, agli 
strumenti 
offerti 
dalle 
cause 
di 
giustificazione, 
dando 
luogo 
ad 
esiti 
non 
sempre 
coerenti con le premesse. 

2. il 
complesso intreccio delle 
cause 
di 
giustificazione 
nelle 
vicende 
di 
soccorso 
in mare: i confini delle scriminanti comuni. 
Il 
tema 
della 
possibile 
rilevanza 
penale 
delle 
condotte 
di 
soccorso 
in 
mare 
e 
di 
trasferimento 
in 
Italia 
dei 
migranti 
soccorsi 
� 
attualmente 
quanto 
mai 
controverso 
e 
una 
guida 
stabile 
e 
sicura 
per 
interpretare 
queste 
vicende 
non 
sembra 
provenire 
dalle 
soluzioni 
offerte 
nei 
recenti 
procedimenti 
che 
le 
hanno ad oggetto, 
incasellando le 
condotte 
dei 
soccorritori 
nell�alveo di 
differenti 
cause 
di 
giustificazione 
ed omettendo di 
fare 
lo stesso con riferimento ai 
pubblici 
ufficiali 
che, nell�essersi 
attenuti 
alle 
indicazioni 
impartite 
dalla 
catena 
di 
comando, 
avessero adempiuto a un dovere giuridicamente sancito. 


Pur nella 
consapevolezza 
delle 
infinite 
sfumature 
che 
sono suscettibili 
di 
assumere 
le 
singole 
situazioni 
concrete, appare 
quindi 
utile 
ripercorrere 
i 
recentissimi 
casi 
giudiziari 
sui 
quali 
sono intervenute 
dottrina 
e 
giurisprudenza, 
al 
fine 
di 
verificare 
se 
possano trarsene 
conclusioni 
di 
carattere 
generale 
utili 
ad 
una 
migliore 
comprensione 
e 
ad 
un 
futuro, 
pi� 
preciso 
inquadramento 
delle 
fattispecie in oggetto. 


zioni 
che 
legittimano (e, anzi, rendono doveroso) l�intervento da 
parte 
dei 
soccorritori, in conseguenza 
del 
quale 
i 
migranti 
raggiungono infine 
il 
nostro Paese. nella 
complessa 
vicenda 
che 
si 
viene 
a 
determinare 
si 
intravede 
dunque 
una 
triade 
soggettiva, 
costituita 
dai 
soccorritori, 
dai 
trafficanti 
e 
dai 
migranti 
trasportati, che 
diviene 
il 
crocevia 
di 
una 
serie 
di 
questioni 
problematiche, a 
mezza 
via 
tra 
diritto e 
processo 
penale�, cos� 
MASSAro 
A., L� immigrazione irregolare, cit. 


(13) 
�� 
pertanto 
fuori 
di 
dubbio 
che 
la 
condotta 
di 
salvataggio 
in 
mare, 
realizzata 
in 
adempimento 
dei 
numerosi 
obblighi 
ora 
illustrati, 
debba 
necessariamente 
ritenersi 
condotta 
legittima, 
e 
dunque 
non 
punibile 
ai 
sensi 
dell�art. 
12 
d.lgs. 
286/1998. 
Pu� 
tuttavia 
essere 
interessante 
approfondire 
come 
il 
connotato 
di 
legittimit� 
della 
condotta 
possa 
acquisire 
rilevanza 
gi� 
all�interno 
della 
fattispecie 
di 
c.d. 
favoreggiamento 
dell�immigrazione 
clandestina, 
che 
si 
caratterizza 
per 
la 
presenza 
di 
una 
duplice 
clausola 
di 
illiceit� 
speciale� 
cos� 
bErnArDI 
S., 
i 
(possibili) 
profili 
penalistici 
delle 
attivit� 
di 
ricerca 
e 
soccorso 
in 
mare, 
cit. 

DoTTrInA 
267 


Se 
si 
ritiene 
che 
tutte 
le 
cause 
di 
giustificazione 
introducano un bilanciamento 
con 
interessi 
ulteriori 
e 
diversi 
rispetto 
ai 
beni 
giuridici 
a 
favore 
dei 
quali 
sia 
stata 
predisposta 
una 
tutela 
penale, nella 
materia 
della 
immigrazione 
irregolare 
la 
particolare 
delicatezza 
della 
questione 
deriva 
dal 
fatto che 
sono 
in gioco molteplici 
e 
rilevanti 
interessi 
pubblici, il 
cui 
equilibrato contemperamento 
non sembra 
ancora 
raggiunto. Sono infatti 
coinvolti, da 
un lato, l'interesse 
al 
controllo 
dei 
flussi 
migratori 
da 
parte 
dello 
Stato 
e, 
dall'altro, 
l'esigenza di rispetto dei valori universali della dignit� e solidariet� umane. 


Sotto 
quest�ultimo 
aspetto, 
non 
pu� 
prescindersi 
dal 
fare 
applicazione 
delle 
norme 
internazionali 
relative 
alla 
salvaguardia 
della 
vita 
umana 
in mare 
(SoLAS), la 
Convenzione 
SAr (Search and rescue), la 
Convenzione 
delle 
nazioni 
Unite 
di 
Montego 
bay 
del 
1982 
sul 
diritto 
del 
mare; 
ma, 
d�altro 
canto, 
non si 
pu� nascondere 
l�esigenza 
di 
evitare 
la 
frequente 
strumentalizzazione 
degli 
obblighi 
internazionali 
sanciti 
nelle 
stesse 
norme 
pattizie 
e 
la 
metodica 
violazione 
delle 
norme 
nazionali 
ed europee 
in materia 
di 
sorveglianza 
delle 
frontiere marittime e di contrasto all�immigrazione illegale (14). 

Il 
primo caso dal 
quale 
si 
ritiene 
opportuno avviare 
l�esame 
dell�uso che 
viene 
fatto delle 
cause 
di 
giustificazione, � 
quello, noto alle 
cronache, della 
nave 
Vos 
Thalassa, non solo per la 
sua 
collocazione 
temporale, anteriore 
agli 
altri 
episodi 
di 
cui 
si 
dir� 
in seguito, ma 
anche 
perch� 
alcune 
delle 
considerazioni 
espresse 
riguardo 
a 
questa 
fattispecie 
concreta 
sono 
state 
recuperate 
dalle 
elaborazioni 
giurisprudenziali 
che 
si 
sono appuntate 
sulle 
vicende 
ad essa 
immediatamente 
successive. 


occorre, allora, ripercorrere 
preliminarmente 
i 
dati 
salienti 
del 
cd. Caso 
Vos-Thalassa (15). 

L�8 
luglio 
2018 
il 
rimorchiatore 
omonimo, 
battente 
bandiera 
italiana, 
soccorre 
67 
migranti 
che 
viaggiano 
su 
un 
natante 
in 
procinto 
di 
affondare; 
nel 
darne 
comunicazione 
al 
Centro 
nazionale 
di 
Coordinamento 
del 
Soccorso 
Marittimo, 
riceve 
da 
questo, inizialmente, l�invito a 
dirigersi 
verso Lampedusa. 
A 
breve 
distanza 
da 
questa 
prima 
indicazione, interviene 
quella 
della 
Guardia 
Costiera 
Libica, che 
ordina 
al 
comandante 
di 
condurre 
la 
nave 
verso le 
coste 
africane. 
Mentre 
il 
rimorchiatore 
� 
in 
viaggio 
verso 
la 
rotta 
stabilita, 
i 
migranti 
a 
bordo, con contegni 
aggressivi, minacciano l�equipaggio dei 
soccorritori 
di 
ricorrere all�uso della forza se avessero proseguito in quella direzione. 

In 
questo 
episodio, 
risoltosi 
poi 
con 
l�invio 
da 
parte 
del 
MrCC 
di 
una 


(14) Come 
si 
legge 
anche 
nella 
Direttiva 
del 
Ministro dell�Interno per il 
coordinamento unificato 
dell�attivit� 
di 
sorveglianza 
delle 
frontiere 
marittime 
e 
per 
il 
contrasto 
all�immigrazione 
illegale, 
n. 
14100/141. 
(15) Sul 
quale 
v. MASErA 
L., La legittima difesa dei 
migranti 
e 
l�illegittimit� dei 
respingimenti 
verso la Libia (caso Vos-Thalassa), in Diritto penale 
contemporaneo, 24 giugno 2019, https://www.penalecontemporaneo.
it/d/6754-la-legittima-difesa-dei-migranti-e-lillegittimita-dei-respingimenti-versola-
libia-caso-vos-thalassa. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


nave 
della 
Guardia 
Costiera 
che 
ha 
condotto i 
migranti 
in Italia 
e 
con l�imputazione 
di 
alcuni 
migranti 
per gli 
artt. 336, 337, 339 c.p. e 
per l�art. 12 co. 3 
d.lgs. 286/1998, la 
fattispecie 
principale, quindi, � 
quella 
del 
rinvio al 
porto 
di 
partenza, 
la 
cui 
fonte 
pu� 
essere 
rintracciata 
nel 
Protocollo 
addizionale 
della 
Convenzione 
delle 
nazioni 
Unite 
contro 
la 
criminalit� 
transnazionale, 
per 
combattere 
il 
traffico di 
migranti 
via 
terra, via 
mare 
e 
via 
aria 
(16), adottati 
a 
Palermo 
nel 
2000 
e 
nel 
2001, 
e 
ratificati 
con 
legge 
16 
marzo 
2006, 
n. 
146 
(17). 

Le 
�misure 
opportune� 
che 
fonderebbero la 
legittimit� 
della 
procedura, 
richiamate 
dall�art. 
8, 
e 
che 
lo 
Stato 
pu� 
adottare 
nel 
caso 
vi 
sia 
il 
sospetto 
che 
una 
nave 
senza 
nazionalit� 
si 
proponga 
di 
realizzare 
il 
traffico di 
migranti 
via 
mare, 
sarebbero 
inoltre 
specificate 
dal 
decreto 
del 
Ministro 
dell'Interno 
del 
14 
luglio 2003, in particolare dall�art. 7 ai commi 1, 2, e 5 (18). 

(16) Per una 
ricostruzione 
dell�istituto v. PALAzzo 
F. 
Scriminanti 
e 
immigrazioni 
clandestina (a 
proposito dei c.d. "respingimenti" in alto mare), riv. it. dir. e proc. pen., fasc. 2, 2011, pag. 458. 
(17) Art. 8 misure 
contro il 
traffico di 
migranti 
via mare. (1) Uno Stato Parte 
che 
ha 
ragionevoli 
motivi 
per sospettare 
che 
una 
nave 
che 
batte 
la 
sua 
bandiera 
o che 
vanta 
l�iscrizione 
sul 
suo registro, 
senza 
nazionalit�, 
o 
avendo 
in 
realt� 
la 
nazionalit� 
dello 
Stato 
Parte 
in 
questione, 
sebbene 
batta 
bandiera 
straniera 
o rifiuti 
di 
esibire 
bandiera, sia 
coinvolta 
nel 
traffico di 
migranti 
via 
mare, pu� richiedere 
ad 
altri 
Stati 
Parte 
assistenza 
per porre 
fine 
all�utilizzo della 
nave 
utilizzata 
a 
tal 
fine. Gli 
Stati 
Parte 
che 
hanno ricevuto tale 
richiesta 
forniscono detta 
assistenza 
nei 
limiti 
dei 
mezzi 
di 
cui 
dispongono. (2) Uno 
Stato Parte 
che 
ha 
ragionevoli 
motivi 
per sospettare 
che 
una 
nave, che 
esercita 
la 
libert� 
di 
navigazione 
in conformit� 
al 
diritto internazionale 
e 
che 
batte 
bandiera 
o che 
esibisce 
i 
segni 
di 
iscrizione 
al 
registro 
di 
un altro Stato Parte, sia 
coinvolta 
nel 
traffico di 
migranti 
via 
mare, pu� informare 
di 
ci� lo Stato di 
bandiera, 
chiedere 
conferma 
dell�iscrizione 
sul 
registro 
e, 
se 
confermata, 
chiedere 
l�autorizzazione 
a 
detto Stato a 
prendere 
misure 
opportune 
in relazione 
a 
tale 
nave. Lo Stato di 
bandiera 
pu� autorizzare 
lo Stato richiedente, tra 
le 
altre 
misure, a: 
a) fermare 
la 
nave; 
b) ispezionare 
la 
nave; 
e 
c) se 
vengono 
rinvenute 
prove 
che 
la 
nave 
� 
coinvolta 
nel 
traffico di 
migranti 
via 
mare, prendere 
le 
misure 
opportune 
in relazione 
alla 
nave, alle 
persone 
e 
al 
carico a 
bordo, come 
da 
autorizzazione 
da 
parte 
dello Stato di 
bandiera. 
(3) 
Uno 
Stato 
Parte 
che 
ha 
preso 
una 
delle 
misure 
ai 
sensi 
del 
paragrafo 
2 
del 
presente 
articolo 
informa 
immediatamente 
lo Stato di 
bandiera 
interessato dei 
risultati 
della 
misura. (4) Uno Stato Parte 
risponde 
senza 
ritardo 
alla 
richiesta 
di 
un 
altro 
Stato 
Parte 
per 
stabilire 
se 
una 
nave 
che 
vanta 
l�iscrizione 
al 
suo registro o che 
batte 
la 
sua 
bandiera 
� 
legittimata 
a 
fare 
ci�, nonch� 
ad una 
richiesta 
di 
autorizzazione 
in applicazione 
del 
paragrafo 2 del 
presente 
articolo. (5) Uno Stato di 
bandiera 
pu�, compatibilmente 
con 
l�articolo 
7 
del 
presente 
Protocollo, 
subordinare 
la 
sua 
autorizzazione 
alle 
condizioni 
da 
stabilire 
di 
comune 
accordo tra 
detto Stato e 
lo Stato richiedente, incluse 
le 
condizioni 
concernenti 
la 
responsabilit� 
e 
la 
portata 
delle 
misure 
efficaci 
da 
prendere. 
Uno 
Stato 
Parte 
non 
prende 
nessuna 
misura 
aggiuntiva 
senza 
l�espressa 
autorizzazione 
dello Stato di 
bandiera, ad eccezione 
delle 
misure 
necessarie 
per allontanare 
un pericolo imminente 
per la 
vita 
delle 
persone, o di 
quelle 
che 
derivano da 
relativi 
accordi 
bilaterali 
o 
multilaterali. 
(6) 
ogni 
Stato 
Parte 
designa 
un�autorit� 
o, 
laddove 
necessario, 
pi� 
autorit� 
per ricevere 
e 
rispondere 
a 
richieste 
di 
assistenza, di 
conferma 
di 
iscrizione 
sul 
registro o del 
diritto per 
una 
nave 
di 
battere 
la 
sua 
bandiera, nonch� 
richieste 
di 
autorizzazione 
per prendere 
misure 
opportune. 
Tale 
designazione 
deve 
essere 
notificata, tramite 
il 
Segretario Generale, a 
tutti 
gli 
Stati 
Parte 
entro un 
mese 
dalla 
designazione. (7) Uno Stato Parte 
che 
ha 
ragionevoli 
motivi 
per sospettare 
che 
una 
nave 
� 
coinvolta 
nel 
traffico di 
migranti 
via 
mare 
e 
che 
questa 
� 
senza 
nazionalit�, o pu� essere 
assimilata 
ad 
una 
nave 
senza 
nazionalit�, pu� fermare 
e 
ispezionare 
la 
nave. Se 
il 
sospetto � 
confermato da 
prove, 
detto Stato Parte 
prende 
misure 
opportune, conformemente 
al 
relativo diritto interno ed internazionale. 
(18) 
Art. 
7. 
Norme 
di 
comportamento. 
1. 
nell�assolvimento 
del 
compito 
assegnato 
l�azione 
di 
contrasto 
� 
sempre 
improntata 
alla 
salvaguardia 
della 
vita 
umana 
ed 
al 
rispetto 
della 
dignit� 
della 
persona. 
2. Su conformi 
direttive 
della 
Direzione 
centrale 
le 
unit� 
navali 
di 
cui 
al 
presente 
decreto procedono, 

DoTTrInA 
269 


Ancora, la 
possibilit� 
di 
ricorrere 
allo strumento del 
rinvio coatto ai 
porti 
di 
partenza, che 
potrebbe 
farsi 
rientrare 
nel 
pi� ampio fenomeno di 
una 
deterritorializzazione 
del 
controllo 
dei 
confini 
(19), 
risulta 
anche 
dalla 
decisione 
del 
Consiglio dell'Unione 
Europea 
del 
26 aprile 
2010 (2010/252 UE), che 
integra 
il 
codice 
frontiere 
Schengen, per quanto riguarda 
la 
sorveglianza 
delle 
frontiere marittime esterne. 


Il 
contraltare 
a 
queste 
previsioni 
viene 
tradizionalmente 
individuato nel 
principio di 
diritto internazionale, consuetudinario e 
pattizio, del 
non refoulement, 
riconosciuto 
dall�art. 
33 
della 
Convenzione 
di 
Ginevra 
(20), 
che 
statuisce 
come 
nessuno Stato possa 
respingere 
un rifugiato verso luoghi 
in cui 
la 
sua 
libert� 
possa 
essere 
messa 
a 
rischio 
da 
condotte 
discriminatorie, 
il 
quale 
starebbe 
altres� assurgendo al rango di 
jus cogens. 


In questo contesto, mentre 
la 
soluzione 
della 
questione 
giuridica 
offerta 
dal 
Giudice 
delle 
Indagini 
Preliminari 
di 
Trapani 
(21) 
� 
stata 
affidata 
alla 
scriminante 
della 
legittima 
difesa 
- scelta, come 
si 
vedr� 
fra 
breve, inconsueta 
ed 
inattesa 
in situazioni 
simili 
a 
quella 
di 
cui 
si 
discorre 
- un ruolo secondario, 
soprattutto in quanto si 
� 
ritenuto non ne 
ricorressero i 
presupposti, � 
stato assegnato 
alla scriminante dell�adempimento del dovere. 


In 
particolare, 
si 
� 
ammesso 
che 
fosse 
indiscutibile 
che 
le 
azioni 
delittuose 


ove 
ne 
ricorrano i 
presupposti, all�effettuazione 
dell�inchiesta 
di 
bandiera, alla 
visita 
a 
bordo, qualora 
sussista 
un�adeguata 
cornice 
di 
sicurezza, ed al 
fermo delle 
navi 
sospettate 
di 
essere 
utilizzate 
nel 
trasporto 
di 
migranti 
clandestini, anche 
al 
fine 
di 
un loro possibile 
rinvio nei 
porti 
di 
provenienza. 3. In 
acque 
internazionali, 
qualora 
a 
seguito 
dell�inchiesta 
di 
bandiera 
se 
ne 
verifichino 
i 
presupposti, 
pu� 
essere 
esercitato il 
diritto di 
visita. nell�ipotesi 
di 
navi 
battenti 
bandiera 
straniera, l�eventuale 
esercizio di 
tale 
diritto sar� 
richiesto formalmente 
dal 
Ministro dell�interno una 
volta 
acquisito, tramite 
Ministero 
degli 
affari 
esteri, l�autorizzazione 
del 
Paese 
di 
bandiera. Parimenti, l�esercizio del 
diritto di 
visita 
pu� 
essere 
richiesto formalmente 
dal 
Ministro dell�interno anche 
nell�ipotesi 
di 
interventi 
da 
effettuarsi 
su 
natanti 
privi 
di 
bandiera 
e 
dei 
quali 
non si 
conosce 
il 
porto di 
partenza. 4. La 
visita 
a 
bordo di 
mercantili 
sospettati 
di 
essere 
coinvolti 
nel 
traffico di 
migranti 
deve 
avvenire 
in una 
cornice 
di 
massima 
sicurezza, 
onde 
salvaguardare 
l�incolumit� 
del 
team 
ispettivo e 
dei 
migranti 
stessi. 5. Fermo restando quanto previsto 
dal 
comma 
1 del 
presente 
articolo, ove 
si 
renda 
necessario l�uso della 
forza, l�intensit�, la 
durata 
e 
l�estensione 
della 
risposta 
devono essere 
proporzionate 
all�intensit� 
dell�offesa, all�attualit� 
e 
all�effettivit� 
della 
minaccia. 6. Qualora 
le 
notizie 
fornite 
dalle 
navi 
mercantili, a 
seguito di 
interrogazione 
da 
parte 
dei 
mezzi 
aeronavali 
in pattugliamento, appaiano ragionevolmente 
sospette 
sulla 
natura 
del 
carico, 
porto 
di 
partenza 
o 
di 
arrivo, 
la 
Direzione 
centrale, 
immediatamente 
informata 
dalle 
amministrazioni 
di 
appartenenza, 
intraprende 
le 
opportune 
iniziative 
per 
verificare 
l�attendibilit� 
di 
tali 
notizie 
e 
per 
l�adozione di conseguenti misure. 


(19) Per la 
cui 
espressione 
v. 
AnDErSon 
M., The 
Transformation of 
Border 
Controls, in P. An-
DrEAS, T. SnyDEr 
(eds), The 
Wall 
around The 
West: State 
Borders 
and immigration Controls 
in North 
america and Europe, Lanham 
Md., rowman and Littlefield, 24, cit. in wALTErS 
w. 
Welcome 
to Schengenland 
in MEzzADrA 
S., (a 
cura 
di), il 
confine 
della libert�, Per 
un'analisi 
politica delle 
migrazioni 
contemporanee, Deriveapprodi, roma 2004, p. 51. 
(20) Art. 33. �nessuno Stato Contraente 
espeller� 
o respinger�, in qualsiasi 
modo, un rifugiato 
verso 
i 
confini 
di 
territori 
in 
cui 
la 
sua 
vita 
o 
la 
sua 
libert� 
sarebbero 
minacciate 
a 
motivo 
della 
sua 
razza, 
della 
sua 
religione, 
della 
sua 
cittadinanza, 
della 
sua 
appartenenza 
a 
un 
gruppo 
sociale 
o 
delle 
sue 
opinioni 
politiche". 
(21) GIP 
Trapani, sent. 23 maggio 2019 (dep. 3 giugno 2019). 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


fossero 
state 
effettivamente 
poste 
in 
essere 
dagli 
imputati, 
ma 
si 
� 
ritenuto 
che 
le 
loro 
condotte 
dovessero 
considerarsi 
scriminate 
in 
quanto 
rivolte 
verso 
l�aggressore. 


ripercorrendo analiticamente 
gli 
snodi 
argomentativi 
della 
pronuncia 
in 
esame, 
deve 
evidenziarsi 
come 
la 
ricostruzione 
della 
vicenda 
come 
fattispecie 
di legittima difesa non appaia troppo solida e immune da censure. 

In primo luogo, viene 
detto che 
i 
migranti 
soccorsi 
in mare 
sarebbero titolari 
di 
un diritto soggettivo al 
ricovero in un Place 
of 
Safety; 
da 
ci� deriva 
che 
l�offesa 
cui 
si 
sono opposti 
fosse 
ingiusta. Il 
pericolo della 
sua 
realizzazione, 
si 
aggiunge, non sarebbe 
stato da 
loro volontariamente 
determinato e 
la 
reazione 
messa 
in atto per sventarlo sarebbe 
stata 
proporzionata, in quanto, 
nel 
bilanciamento tra 
il 
diritto alla 
vita 
e 
quello alla 
autodeterminazione 
del-
l�equipaggio, quest�ultimo appare sicuramente come sacrificabile. 

Il 
mutamento 
di 
prospettiva 
adottato 
in 
sentenza 
trova 
il 
suo 
momento 
pi� 
peculiare 
proprio 
nell�individuare, 
nel 
contegno 
del 
Pubblico 
Ufficiale 
che 
si 
fosse 
determinato 
ad 
eseguire 
gli 
ordini 
impartiti, 
l�autore 
di 
una 
aggressione 
ingiusta, 
con 
ci� 
preferendo 
questa 
ricostruzione 
a 
quella 
riconducibile 
allo 
stato di 
necessit�, cui 
sarebbe 
bastato, per la 
sua 
integrazione, riscontrare 
nel 
fatto concreto un pericolo attuale di danno grave alla persona. 


Il 
nodo problematico che 
non pare 
sia 
stato adeguatamente 
sciolto dalla 
sentenza, pur dopo aver attentamente 
illustrato il 
quadro normativo di 
riferimento, 
� 
quindi 
proprio 
quello 
che 
si 
pu� 
riassumere 
nella 
ingiustizia 
della 
offesa 
e 
nella 
speculare 
reazione 
legittima, 
vale 
a 
dire 
i 
due 
poli 
opposti 
e 
speculari attorno ai quali ruota la descrizione della fattispecie. 

Soltanto una 
volta 
che 
si 
sia 
acquisita 
una 
prospettiva 
equidistante 
e 
sincretica 
delle 
disposizioni 
in materia, potr� 
dirsi 
di 
una 
�offesa�, individuata 
nel 
rinvio coatto al 
porto di 
partenza, che 
sia 
ingiusta. Altrimenti 
il 
rischio � 
di 
dare 
per dimostrato ci� che 
occorre 
puntualmente 
dimostrare. Ed il 
presupposto 
imprescindibile 
per poter parlare 
di 
una 
offesa 
ingiusta, in questa 
circostanza, 
� 
l�affermazione 
de 
plano 
che 
non 
vi 
fosse 
un 
dovere 
giuridico 
discendente da un ordine legittimo (22). 

Dunque, 
bench� 
con 
riferimento 
ad 
alcuni 
profili 
dell'episodio 
che 
qui 
occupa 
possa 
indubbiamente 
dirsi 
meritevole 
di 
interesse 
il 
riferimento 
alla 
fattispecie 
della 
legittima 
difesa, 
ve 
ne 
sono 
altri 
per 
i 
quali 
la 
sussunzione 
sotto 
lo 
schema 
di 
questa 
scriminante 
sembra 
poter 
avvenire 
solo 
forzatamente. 

Come 
� 
noto, l'introduzione 
dell'art. 52 (23) nel 
Codice 
Penale 
risponde 


(22) GALLo 
M., appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, il 
reato, Parte 
I, La fattispecie 
oggettiva, Giappichelli, 
Torino, 2001, p. 211. 
(23) Su cui 
v. AnGELInI 
M., L�elemento soggettivo nella scriminante 
della legittima difesa, in indice 
Penale, 2001, 191; 
boChELMAnn 
P., menschenrechtskonvention und Notwehrecht, in Fest 
Engish, 
1969, 456; 
FIErro 
CEnDErELLI 
P., Legittima difesa e 
provocazione, rilievi 
comparatistici, in riv. Dir. 
Proc. Pen. 
1978, 1394; 
GroSSo 
C.P., Difesa legittima e 
stato di 
necessit�, Giuffr�, 1964; 
roXIn 
C., an

DoTTrInA 
271 


al 
principio di 
autotutela, irrinunciabile 
anche 
nel 
pi� centralizzato tra 
gli 
ordinamenti, 
per 
tale 
intendendosi 
quello 
che, 
come 
il 
nostro, 
rimetta 
l�intero 
meccanismo 
sanzionatorio 
ad 
organi 
a 
ci� 
specificamente 
preposti 
(24): 
il 
suo 
fondamento � 
dato da 
una 
esigenza 
insopprimibile 
dell'uomo di 
difendere 
se 
stesso 
e 
i 
propri 
beni, 
dal 
momento 
che 
si 
ammette 
l�intervento 
difensivo 
a 
protezione sia dei diritti della persona, propri o altrui, che dei diritti reali. 

oltre 
a 
ci�, 
a 
questa 
causa 
di 
giustificazione 
viene 
riconosciuta 
anche 
una 
funzione 
di 
stabilizzazione 
dell'ordinamento, in considerazione 
del 
fatto che, 
nel 
contrastare 
l'aggressione 
di 
un terzo, il 
privato procederebbe 
a 
riaffermare 
la 
validit� 
e 
il 
primato 
del 
diritto 
(25). 
Volendo 
dunque 
ridurre 
l�essenza 
di 
questa 
causa 
di 
giustificazione 
ad 
un 
binomio 
concettuale, 
questo 
potrebbe 
individuarsi 
nella 
contrapposizione 
tra 
Diritto 
e 
non-diritto, 
con 
quest�ultima 
espressione 
intendendosi 
ci� che 
al 
diritto sfugga 
- non facendone 
oggetto di 
un�autorizzazione o di un dovere - o ci� di cui questo escluda la liceit�. 


Senonch�, uno dei 
profili 
critici 
dell'argomentazione 
sembra 
essere 
proprio 
questo: 
non pare 
che, riconoscendo una 
legittima 
difesa 
nel 
caso di 
reazioni 
scomposte 
o violente 
all'esecuzione 
di 
ordini, la 
cui 
illegittimit� 
- come, 
d'altronde, la 
loro legittimit� 
- non possa 
affermarsi 
pacificamente, l'ordinamento 
possa 
trarne 
l�auspicata 
stabilizzazione; 
anzi, 
come 
si 
vedr�, 
risultando 
dalla 
frammentata 
e 
contraddittoria 
risposta 
normativa 
uno scenario giuridico 
arduo da ricomporre. 


Mettendo 
sul 
piatto 
della 
bilancia, 
in 
questa 
specifica 
ipotesi, 
il 
diritto 
alla 
vita 
e 
quello alla 
autodeterminazione 
dell'equipaggio, seguendo la 
linea 
interpretativa 
prescelta 
dal 
GIP, � 
naturale 
e 
auspicabile 
farne 
discendere 
una 
indiscussa 
prevalenza 
dei 
primi, 
tale 
da 
giungere 
a 
giustificare 
il 
comportamento 
tenuto 
dai 
ribelli 
una 
volta 
a 
bordo. 
Di 
conseguenza, 
l�operazione 
�aritmetica� 
di 
bilanciamento 
degli 
interessi 
coinvolti, 
realizzata 
valutando 
il 
peso 
specifico di 
questi 
e 
ammettendo il 
sacrificio di 
quello riconducibile 
all�aggressore, 
risulta 
linearmente 
realizzata 
e 
coerente 
con 
le 
premesse 
assunte. 
Semmai, vi 
� 
da 
chiedersi 
se 
non vengano piuttosto in rilievo - e 
quindi 
siano 
in 
questo 
modo 
direttamente 
tutelate, 
anche 
se 
solo 
mediatamente 
considerate 


-differenti 
situazioni 
giuridiche 
soggettive 
non compiutamente 
riconosciute 
come 
tali 
e 
che 
diversamente 
non avrebbero potuto trovare 
spazi 
di 
tutela: 
si 
tigiuridicit� e 
cause 
di 
giustificazione, a 
cura 
di 
MoCCIA, Edizioni 
Scientifiche 
Italiane, 1996; 
VIGAn� 
F., Stato di 
necessit� e 
conflitto di 
doveri. Contributo alla teoria delle 
cause 
di 
giustificazioni 
e 
delle 
scusanti, Giuffr�, 2000. 


(24) GALLo 
M., appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, il 
reato, Parte 
I, La fattispecie 
oggettiva, cit., p. 
211 ss. Tipico anche 
nell�ordinamento internazionale, nel 
quale 
financo la 
rappresaglia 
- vale 
a 
dire 
la 
reazione 
ad 
un 
comportamento 
antigiuridico 
gi� 
posto 
in 
essere, 
assolutamente 
esclusa 
nel 
diritto 
penale 
interno, 
perch� 
verrebbe 
meno 
l�incombenza 
dell�offesa 
-rappresenta 
una 
forma 
di 
reazione 
consentita, 
perch� manca una autorit� centrale cui sia rimesso il potere coattivo sanzionatorio. 
(25) 
roMAno 
M., 
Commentario 
sistematico 
del 
codice 
penale, 
vol. 
I, 
art. 
52, 
Giuffr�, 
Milano, 
2012, p. 554. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


fa 
riferimento ad un diritto soggettivo allo sbarco, pacificamente 
ritenuto non 
esistente. 

Dubbi 
potrebbero 
sorgere 
anche 
a 
proposito 
del 
requisito 
dell�attualit� 
del 
pericolo, che 
si 
ritiene 
realizzato quando sia 
gi� 
presente 
la 
situazione 
dal 
cui 
sviluppo la 
lesione 
"� 
rilevantemente 
possibile 
che 
si 
verifichi". Sia 
esso, 
infatti, un elemento positivo della 
fattispecie 
o, come 
in questo caso, un connotato 
di 
un elemento negativo, pone 
sempre 
un problema 
di 
causalit� 
ipotetica, 
di 
�causabilit�� 
(26) 
rispetto 
a 
un 
evento. 
naturalmente, 
il 
criterio 
di 
accertamento 
selezionato 
per 
verificare 
la 
ricorrenza 
del 
requisito 
del 
pericolo 
condiziona 
il 
risultato dell�analisi 
svolta; 
cos�, ricorrendo a 
quello della 
prognosi 
postuma, 
valutando 
ex 
ante, 
al 
momento 
della 
azione, 
la 
sussistenza 
delle 
condizioni 
per 
ritenere 
probabile 
l�evento 
dannoso, 
si 
far� 
riferimento 
solo alle 
circostanze 
conoscibili 
e 
a 
quelle 
ulteriori 
eventualmente 
conosciute 
dal 
soggetto; 
diversamente 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
pericolo 
sia 
una 
conseguenza 
dell�azione, 
nella 
quale 
ipotesi 
la 
base 
di 
giudizio 
si 
amplierebbe 
fino 
a 
ricomprendere 
tutti 
gli 
elementi 
effettivamente 
presenti 
al 
momento della 
sua 
verificazione. 
Quando � 
requisito della 
esimente, come 
in questo caso, l�esistenza 
del 
pericolo 
si 
dovr� 
ammettere 
quando 
al 
momento 
del 
giudizio 
appaiono 
essersi 
realizzate 
quelle 
circostanze 
che 
avevano dato luogo alla 
rilevante 
possibilit� 
di danno (27). 


Tale 
rilevante 
possibilit�, 
in 
sentenza, 
viene 
sostenuta 
sulla 
base 
di 
un 
parere 
reso dall� 
UnhCr (28) sulla 
situazione 
dei 
campi 
di 
detenzione 
in Libia, 
tale 
da 
lasciare 
pochi 
dubbi 
sulla 
probabilit� 
che 
i 
fatti 
temuti 
avrebbero 
potuto 
trovare effettivamente conferma di l� a poco. 


Ci� detto, le 
vere 
perplessit� 
sorgono a 
proposito della 
"ingiustizia 
della 
offesa", dal 
momento che 
questa 
pone 
in risalto che 
chi 
realizza 
per reazione 
la 
condotta 
offensiva, sia 
in procinto di 
subire 
una 
lesione 
che 
l'ordinamento 
non impone 
o autorizza; 
solo a 
questa 
condizione 
sarebbe 
legittimato a 
difendersi. 
� 
ingiusta 
infatti 
l'offesa 
che 
costituisce 
un reato e 
anche 
quella 
che 
si 
verifica 
non iure, o sine 
iure 
(29). Ed in questa 
ipotesi, in cui, oltre 
al 
- controverso 
-Memorandum 
di 
Intesa 
con 
la 
Libia, 
diverse 
disposizioni 
normative 
regolamentano 
e 
ammettono 
il 
rinvio 
coatto 
e 
la 
competenza 
delle 
autorit� 
della 
zona 
SAr interessata 
ad indicare 
il 
porto cui 
dirigere 
l�imbarcazione, si 
potrebbe 
esitare 
a 
qualificare 
palmarmente 
come 
tale 
la 
condotta 
del 
comandante 
che 
abbia 
eseguito l�ordine. Soffermandosi 
anche 
solo sull�uso lingui


(26) GALLo 
M., appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, il 
reato, Parte 
I, 
La fattispecie 
oggettiva, cit., p. 
212. 
(27) GALLo 
M., 
appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, il 
reato, Parte 
I, La fattispecie 
oggettiva, cit., p. 
214. 
(28) MASErA 
L., La legittima difesa dei 
migranti 
e 
l�illegittimit� dei 
respingimenti 
verso la Libia 
(caso Vos-Thalassa), cit. 
(29) roMAno 
M., Commentario sistematico del codice penale, vol. I, art. 52, cit. p. 556. 

DoTTrInA 
273 


stico delle 
dizioni 
ricorrenti 
con riguardo alla 
ricostruzione 
della 
legittima 
difesa, 
ci 
si 
deve 
chiedere 
se 
in 
questo 
caso 
possa 
davvero 
fondatamente 
parlarsi 
di 
�aggressione� 
e 
�aggressore�, 
prima 
ancora 
di 
stabilire 
se 
si 
trattasse 
di 
�aggressione 
ingiusta�. 


Sotto questo aspetto, dovrebbe 
forse 
ammettersi 
che 
si 
� 
dimostrata 
infelice 
la 
scelta 
del 
giudice 
di 
non sollevare 
la 
domanda 
pregiudiziale 
- avanzata 
dal 
pubblico ministero - alla 
Corte 
di 
Giustizia 
UE 
per verificare 
se 
la 
disciplina 
della 
Convenzione 
di 
Amburgo (recepita 
con la 
legge 
3 aprile 
1989, n. 
147), nella 
parte 
in cui 
consente 
che 
le 
autorit� 
libiche 
responsabili 
della 
zona 
SAr possano impartire 
direttive 
che 
comportino il 
rimpatrio in Libia 
di 
migranti 
provenienti 
da 
tale 
Paese, si 
ponga 
in contrasto con il 
principio di 
protezione 
dal 
respingimento 
di 
cui 
all�art. 
21 
della 
direttiva 
2011/95/UE, 
nonch� 
con la 
disciplina 
della 
direttiva 
2013/32/UE 
recante 
procedure 
comuni 
ai 
fini 
del riconoscimento e della revoca dello status 
di protezione internazionale. 

nell�ipotesi 
in 
commento 
deve 
quindi 
riconoscersi 
che 
sia 
stata 
la 
sola 
circostanza 
che 
il 
luogo di 
destinazione 
fosse 
la 
Libia, e 
quindi 
non un vero 
Place 
of 
Safety, come 
invece 
richiesto dalla 
normativa 
internazionale, a 
permettere 
di 
connotare 
come 
�ingiusta� 
l�offesa. Diversamente 
si 
dovrebbe 
ritenere, 
quindi, con riguardo a 
generiche 
operazioni 
di 
respingimento coatto, 
da 
ammettere 
in 
quanto 
(come 
anticipato 
supra) 
legalmente 
previste 
e 
ammesse. 


Vale 
la 
pena 
precisare, quindi, che, se 
anche 
effettivamente 
in simili 
situazioni 
dovessero riconoscersi 
margini 
per una 
operativit� 
della 
legittima 
difesa, 
ci� varrebbe solo in considerazione delle peculiarit� del caso concreto. 


Detto altrimenti, si 
tratta 
di 
verificare 
se 
realmente 
- come 
� 
stato riconosciuto 
in questo caso - si 
possa 
dire 
integrata 
quella 
impedibilit� 
della 
azione 
del 
comandante 
cui 
si 
reagisce, 
caratteristica 
non 
altrimenti 
ascrivibile 
al 
rinvio 
ai 
porti 
di 
partenza; 
e 
ci� non pu� prescindere 
da 
una 
previa 
ed esatta 
determinazione 
del dovere gravante su di esso. 


La 
sentenza 
del 
GIP 
di 
Trapani, nell�escludere 
la 
responsabilit� 
dei 
migranti 
che 
avevano aggredito l�equipaggio che 
li 
aveva 
messi 
in salvo, riconosce 
come 
la 
scriminante 
de 
qua 
fosse 
venuta 
in rilievo solo putativamente: 
il 
comandante 
che 
aveva 
fatto rotta 
verso la 
Libia 
� 
andato esente 
da 
pena 
non 
perch� 
avesse, quindi, realmente 
adempiuto ad un dovere, ma 
perch� 
si 
era, 
in ragione di una falsa rappresentazione del fatto, figurato di farlo. 

Al 
fine 
di 
dichiararne 
la 
irresponsabilit� 
penale, si 
� 
ritenuto dunque 
sussistente 
in capo al comandante un errore di fatto. 


Come 
anticipato, 
il 
dovere 
che 
� 
posto 
al 
centro 
della 
richiamata 
fattispecie 
generale 
di 
cui 
all�art. 51 c.p. (30) � 
un dovere 
giuridico, che 
trae 
il 
suo 


(30) roMAno 
M., Commentario sistematico del 
codice 
penale, vol. i, art. 51, cit., p. 540 ss. V. altres� 
bETTIoL 
G., L'ordine 
dell'autorit� nel 
diritto penale, Milano 1934, CArACCIoLI 
I., L'esercizio del 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


fondamento o da 
una 
previsione 
normativa 
o da 
un ordine 
legittimo dell�autorit�. 
Di 
questa 
causa 
di 
giustificazione 
potrebbe 
dirsi 
che 
essa 
assuma 
una 
duplice 
configurazione 
- grazie 
alla 
suddetta 
poliedricit� 
del 
dovere 
giuridico 
stesso, suscettibile 
di 
trarre 
origine 
da 
una 
norma 
giuridica 
o da 
un ordine 
legittimo 
della 
autorit� 
- a 
tenere 
unite 
le 
quali 
cՏ, pur sempre, l�ovvia 
e 
ineluttabile 
derivazione 
da 
una 
norma 
giuridica 
a 
fondare 
lo 
stesso 
ordine 
della 
autorit� (31). 

La 
legittimit� 
che 
viene 
in 
essa 
in 
rilievo, 
in 
quanto 
predicato 
dell�ordine, 
viene 
pacificamente 
intesa 
in dottrina 
in senso formale 
e 
sostanziale; 
a 
proposito 
di 
quest�ultimo aspetto si 
deve 
invero osservare 
che 
si 
atteggerebbe 
pur 
sempre 
come 
�sostanzialmente 
formale�, dal 
momento che 
la 
verifica 
da 
realizzare 
avrebbe 
sempre 
come 
unico riferimento la 
sola 
integrazione 
dei 
presupposti 
stabiliti dalla legge. 

La 
distinzione 
tra 
aspetti 
sostanziali 
e 
formali 
della 
legittimit�, 
non 
essendo 
�ontologicamente� 
percepibile, 
ha 
tuttavia 
una 
sua 
ragion 
d�essere 
quando si 
comprenda 
come 
rappresenti 
il 
discrimine 
nel 
tipo di 
sindacato che 
pu� essere 
realizzato dal 
soggetto che, nel 
suo rapporto con la 
pubblica 
autorit�, 
sia in una posizione di inferiorit� (32). 

Invero, una 
diversa 
disciplina 
connota, in quest�ambito, la 
situazione 
del 
militare 
rispetto 
a 
quella 
del 
non 
militare 
(33), 
quando 
venga 
in 
rilievo 
l�ordine 
illegittimo 
della 
autorit�, 
con 
ovvie 
ripercussioni 
nel 
caso 
sia 
il 
primo 
a 
vedersi 
ingiunto un ordine nel corso delle operazioni di soccorso. 

In questo caso infatti 
solo un ordine 
manifestamente 
criminoso pu� - o 
meglio, deve - essere disatteso. 

nel 
caso che 
qui 
occupa, la 
peculiarit� 
della 
situazione 
sembra 
risiedere 
nel 
fatto che 
il 
dovere 
giuridico gravante 
sul 
comandante 
del 
rimorchiatore 
si 
fondi 
su una 
pluralit� 
di 
disposizioni 
(34) - quelle 
legittimanti 
le 
operazioni 


diritto, Milano, 1965, DELITALA 
G. adempimento di 
un dovere, Milano, Giuffre, 1960, MAnToVAnI 
F., 
Esercizio del diritto, in Enc. dir., vol. XV, Giuffre, 1966, 627. 


(31) roMAno 
M., Commentario sistematico del codice penale, vol. i, art. 51, cit., p. 548. 
(32) GALLo 
M., appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, il 
reato, Parte 
I, La fattispecie 
oggettiva, cit., p. 
205. 
(33) bench�, come 
� 
stato osservato, anche 
in quest�ambito vada 
affermandosi 
una 
sostanziale 
omogeneizzazione 
di 
disciplina 
che 
investe 
anche 
altre 
cause 
di 
giustificazione 
(in special 
modo la 
legittima 
difesa 
e 
lo stato di 
necessit�). nel 
diritto penale 
militare, cos� 
come 
nel 
diritto penale 
comune 
e 
nel 
diritto 
penale 
internazionale, 
si 
fa 
strada 
il 
principio 
secondo 
cui 
l'esecuzione 
dell�ordine 
pu� 
scusare 
se 
l'esecutore 
non era 
a 
conoscenza 
della 
sua 
illegittimit� 
e 
qualora 
l'ordine 
non fosse 
manifestamente 
illegale. Cos� 
FIAnDACA 
G., Quale 
specialit� per 
il 
diritto penale 
militare? In riv. it. dir. e 
proc. pen., 
fasc. 3, 2008, pag. 1059. Cfr. altres�, di 
recente, AMATI 
E., L'ordine 
del 
superiore, in E. AMATI 
e 
altri, introduzione 
al 
diritto 
penale 
internazionale, 
cit., 
213 
ss.; 
brUnELLI 
D. 
-MAzzI 
G., 
Diritto 
penale 
militare, 
IV ed., Milano, Giuffr� Editore, 2007, p. 79. 
(34) 
L�ipotesi 
non 
� 
nuova, 
e 
al 
riguardo 
non 
si 
� 
mancato 
di 
osservare 
come 
possano 
di 
frequente 
darsi 
casi 
di 
conflitti 
di 
leggi 
e 
conflitti 
di 
doveri, cos� 
GALLo 
M., appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, 
il 
reato, Parte I, La fattispecie oggettiva, cit., p. 206. 

DoTTrInA 
275 


anzidette 
- e 
altres� 
su un ordine, legittimamente 
impartito e 
con riferimento 
al 
quale 
- non essendo manifestamente 
criminoso - il 
sindacato non si 
sarebbe 
potuto 
estendere 
ad 
investirne 
il 
contenuto. 
Dalla 
prospettiva 
adottata, 
secondo 
la 
quale 
l�ordine 
di 
cui 
si 
discute 
fosse 
legittimo 
-in 
quanto 
alla 
legittimit� 
sostanziale 
basterebbe 
la 
sola 
integrazione 
in 
concreto 
dei 
presupposti 
legislativamente 
previsti 
-deriva 
che 
cadrebbe 
il 
presupposto 
per 
parlare 
di 
offesa 
ingiusta 
e 
quindi 
di 
configurare 
una 
legittima 
difesa; 
ben pi� opportuno, probabilmente, 
sarebbe 
stato, 
in 
questo 
caso, 
il 
ricorso 
alla 
scriminante 
dello 
stato 
di 
necessit�, pur facendo salve 
le 
inevitabili 
incertezze 
sulla 
provocazione 
del 
pericolo. 


A 
ci� 
deve 
aggiungersi 
che 
i 
pericoli 
cui 
espone 
la 
ritenuta 
esclusione 
della 
responsabilit� 
penale 
del 
comandante 
per 
errore 
di 
fatto 
non 
sono 
di 
poco 
momento: 
procedendo in questo modo, si 
finisce 
per assolvere 
- secondo la 
stessa 
controversa 
previsione 
dell�art. 51 c.p. - solo il 
pubblico ufficiale 
che 
avesse 
omesso 
di 
cogliere 
la 
vicenda 
fattuale 
in 
tutti 
i 
suoi 
aspetti 
e 
non 
quello 
che 
fosse 
incorso 
in 
errore 
sulla 
legittimit� 
dell�ordine 
ricevuto, 
situazione 
che 
pare 
maggiormente 
attagliarsi 
al 
caso in esame: 
nel 
caso in questione 
l'errore 
del 
comandante 
sulla 
legittimit� 
dell'ordine 
non pu� che 
essere 
un errore 
di 
diritto (35) (36). 

non vi 
� 
dubbio che 
si 
tratti 
di 
una 
situazione 
difficile 
da 
gestire 
(37): 
i 
pubblici 
ufficiali 
chiamati 
a 
dare 
esecuzione 
alle 
politiche 
governative 
e 
agli 
ordini 
delle 
autorit�, come 
si 
vedr� 
fra 
breve 
anche 
a 
proposito del 
caso rackete, 
sono esposti 
al 
rischio che 
i 
destinatari 
degli 
ordini 
impartiti 
non li 
riconoscano 
come 
legittimi 
e, 
in 
ipotesi 
di 
questo 
genere, 
i 
pubblici 
ufficiali 
potrebbero non vedersi 
tutelati 
dalle 
garanzie 
che 
l�ordinamento predispone 
a 
tutela 
del 
loro operato (come 
l�art. 337 c.p.) e 
che 
richiedono, quale 
loro presupposto, 
l�agire legittimo delle autorit� (38). 

(35) Vero tutto ci�, se 
ne 
dovrebbe 
dedurre 
che 
il 
giudice 
abbia 
in realt� 
fatto applicazione 
non 
gi� 
dell'art. 51.3 c.p. bens� 
dell'art. 59.4 c.p., cio� 
della 
disposizione 
sull'erronea 
supposizione 
dell'esistenza 
di 
una 
causa 
di 
giustificazione, in quanto l'errore 
di 
cui 
parla 
l'art. 59.4 c.p. pu� essere 
tanto un 
errore 
di 
fatto, 
di 
percezione, 
quanto 
un 
errore 
di 
diritto, 
che 
concerna 
comunque 
un 
elemento 
costitutivo 
della 
fattispecie 
scriminante, 
a 
somiglianza 
di 
quanto 
dispone 
l'art. 
47 
c.p. 
a 
proposito 
dell'errore 
sul 
fatto costitutivo di reato. Sul punto v. PALAzzo 
F., 
Le scriminanti, cit. 
(36) Il 
differente 
regime 
di 
responsabilit� 
del 
superiore 
(che 
va 
esente 
da 
responsabilit�, ex 
art. 
51 
c.p., 
anche 
nel 
caso 
di 
errore 
su 
legge 
extrapenale) 
da 
quella 
dell�inferiore 
non 
ha 
mancato 
di 
suscitare 
dubbi 
di 
illegittimit� 
costituzionale, 
configurando 
una 
chiara 
ipotesi 
di 
disparit� 
di 
trattamento. 
Cos� 
GALLo 
M. appunti di diritto penale, Vol. II, il reato, Parte I, La fattispecie oggettiva, cit., p. 206. 
(37) 
�In 
uno 
Stato 
democratico, 
in 
cui 
sia 
efficace 
il 
controllo 
giurisdizionale, 
lasciare 
nell'incertezza 
o 
peggio 
creare 
normativamente 
situazioni 
ambigue 
di 
falsa 
apparenza, 
pu� 
esporre 
il 
funzionario 
chiamato 
ad 
esercitare 
quei 
poteri 
a 
responsabilit� 
penale 
non 
calcolate 
e 
non 
facilmente 
prevedibili, 
n� 
pi� 
n� 
meno 
dell'ipotesi 
in 
cui 
indeterminata 
sia 
la 
norma 
incriminatrice. 
Tanto 
pi� 
questo 
vincolo 
dovrebbe 
essere 
stringente 
per 
il 
"legislatore" 
per 
quanto 
concerne 
la 
necessit� 
di 
assicurare 
il 
rispetto 
dei 
principi 
relativi 
alle 
fonti 
e 
la 
chiarezza 
del 
quadro 
normativo 
di 
riferimento. 
Altrimenti 
si 
potrebbe 
avere 
il 
sospetto 
di 
una 
legiferazione 
strumentalmente 
destinata 
a 
creare 
situazioni 
di 
ambiguit� 
e 
fatalmente 
foriera 
di 
tensioni 
istituzionali 
con 
la 
giurisdizione�, 
cos� 
PALAzzo 
F., 
Le 
scriminanti, 
cit. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


Il 
nucleo problematico, allora, non � 
- solo - penalistico, ma 
costituzionalistico, 
finendo con il 
riguardare 
la 
morfologia 
dei 
pubblici 
poteri, nonch� 
le condizioni del loro esercizio. 

La 
richiamata 
scriminante, disciplinata 
all�art. 51 c.p., viene 
in considerazione 
anche 
in un�altra, recentissima 
vicenda 
di 
soccorso in mare: 
� 
il 
caso 
dell�operazione 
realizzata 
dalla 
Sea 
watch 3 (39), in occasione 
della 
quale 
� 
stata 
riconosciuta 
dal 
GIP 
(40) 
l�operativit� 
dell�adempimento 
del 
dovere, 
per 
escludere 
la 
responsabilit� 
penale 
per le 
fattispecie 
di 
cui 
all�art. 1100 del 
Codice 
della 
navigazione 
(resistenza 
o 
violenza 
contro 
nave 
da 
guerra) 
e 
art. 
337 


c.p. (resistenza a pubblico ufficiale) (41). 
Il 
riferimento 
alla 
scriminante 
de 
qua 
per 
giustificare 
le 
condotte 
degli 
operatori 
che 
avessero prestato soccorso in mare 
non � 
certo nuovo: 
gi� 
nel 
Caso Cap Anamur il 
Tribunale 
di 
Agrigento (42) aveva 
riconosciuto l�operativit� 
di 
questa 
causa 
di 
giustificazione 
a 
favore 
dell�equipaggio della 
onG 
che, 
dopo 
aver 
abbordato 
in 
acque 
internazionali 
una 
nave 
pericolante 
che 
ospitava 
37 
persone, 
aveva 
fatto 
ingresso 
nelle 
acque 
italiane 
ed 
era 
approdata 
a Porto Empedocle. 

Quello 
che 
emergeva 
gi� 
dalla 
lettura 
del 
caso 
Vos 
Thalassa 
� 
che, 
per 
parlare 
di 
adempimento 
del 
dovere 
giuridico, 
si 
dovrebbe 
aver 
logicamente 
superato una 
qualunque 
potenziale 
antinomia 
esistente 
tra 
norme 
giuridiche 
che 
facciano riferimento a 
situazioni 
giuridiche 
differenti: 
le 
une 
impositive, 
le 
altre 
incriminatrici; 
cosa 
che 
pare 
non 
sia, 
oltre 
che 
nel 
caso 
poco 
sopra 


(38) Cos� 
anche 
MASErA 
L. 
il 
caso della capitana rackete 
e 
l�illegittimit� della politica governativa 
dei porti chiusi per le oNG, nota 
Trib. Agrigento, 2 luglio 2019, su Giustizia insieme. 
(39) L�equipaggio dell�onG 
Sea 
watch, il 
12 giugno scorso, prestava 
aiuto - in acque 
internazionali, 
nella 
zona 
SAr libica 
- ad un natante 
con a 
bordo una 
cinquantina 
di 
migranti 
provenienti 
dalla 
Libia. nonostante 
le 
indicazioni 
della 
Guardia 
costiera 
libica, la 
nave 
non si 
dirigeva 
verso Tripoli, ma 
faceva rotta verso Lampedusa, chiedendo all�Italia un place of safety. 
Il 
15 
giugno, 
mentre 
la 
Sea 
watch 
si 
trovava 
ancora 
in 
acque 
internazionali, 
il 
Ministro 
dell�Interno, 
conformemente 
a 
quanto 
previsto 
dal 
recente 
decreto 
sicurezza-bis, 
firmava 
il 
primo 
provvedimento 
diretto 
a 
vietare 
o limitare 
l�ingresso di 
imbarcazioni 
nelle 
acque 
territoriali 
per finalit� 
di 
contrasto al-
l�immigrazione 
irregolare 
(art. 1, che 
ha 
modificato l�art. 11 T.U. imm. inserendo il 
comma 
1-ter) nei 
confronti 
dell�equipaggio della 
Sea 
watch. Le 
autorit� 
italiane 
provvedevano a 
far sbarcare 
i 
migranti 
che 
versavano in situazioni 
di 
vulnerabilit�, mentre 
i 
restanti 
migranti 
e 
l�equipaggio Sea 
watch sostavano 
in acque internazionali. 
Frattanto, avverso il 
predetto provvedimento veniva 
esperito ricorso al 
TAr del 
Lazio, chiedendo di 
sospenderne 
in via 
cautelare 
l�efficacia. Tuttavia, il 
19 giugno, in considerazione 
del 
fatto che 
era 
stata 
prestata assistenza ai soggetti in condizioni vulnerabili, la richiesta di sospensiva veniva rigettata. 
Ai 
sensi 
dell�art. 39 del 
regolamento di 
procedura 
della 
Corte 
EDU, si 
faceva 
richiesta 
delle 
interim 
measures, anch�essa respinta. 
(40) Tribunale di 
Agrigento, Uff. GIP, ord. 2 luglio 2019. 
(41) Sulla 
vicenda 
v. amplius 
zIrULIA 
S., CAnCELLAro 
F., 
Caso Sea-Watch: Cosa ha detto e 
cosa 
non ha detto la Corte 
di 
Strasburgo nella decisione 
sulle 
misure 
provvisorie 
su Diritto Penale 
Contemporaneo, 
26 giugno 2019; 
nATALE 
A. Caso Sea Watch 3, la �scandalosa� 
ordinanza di 
rigetto del 
gip 
di 
agrigento, in Questione Giustizia. 
(42) Sentenza del 
Tribunale di 
Agrigento, 7 ottobre 2009, n. 954. 

DoTTrInA 
277 


esposto, anche 
in quello che 
ha 
visto come 
protagonista 
la 
comandante 
rackete, 
essendo, 
in 
questa 
ipotesi 
come 
anche 
nella 
prima, 
lo 
stesso 
intrico 
di 
norme 
di 
varia 
fonte 
e 
natura 
a 
determinare 
difficolt� 
di 
interpretazione 
delle 
vicende 
di 
soccorso. ne 
consegue 
che 
l�operazione 
di 
bilanciamento di 
interessi, 
non ricevendo indicazioni 
univoche 
a 
livello normativo, risulta 
essere 
stata interamente demandata all�organo giurisdizionale. 

Val 
la 
pena 
sottolineare 
come 
l�ordine 
- implicito nel 
divieto (43), rivolto 
all�equipaggio, 
di 
entrare 
in 
territorio 
italiano 
-fosse 
anch�esso 
legittimamente 
fonte 
di 
un 
dovere 
giuridico; 
il 
sindacato 
che 
� 
possibile 
per 
chi 
lo 
riceve 
deve 
limitarsi 
a 
considerazioni 
puramente 
formali, 
che 
in 
questo 
caso 
appaiono 
puntualmente 
rispettate, attenendo al 
solo profilo della 
esecutoriet� 
(44) dell�ordine. 


Soprattutto 
-bench� 
necessiti 
indubbiamente 
di 
approfondimenti 
ulteriori, 
volti 
a 
chiarire 
eventuali 
profili 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
-non 
appare 
esatto giustificare 
in partenza 
la 
mancata 
osservanza 
del 
provvedimento del 
Ministro dell�Interno sulla 
base 
di 
una 
ritenuta 
incostituzionalit� 
del 
Decreto 
Sicurezza 
bis 
ex 
art. 77 Cost., per il 
mancato rispetto dei 
requisiti 
di 
straordinaria 
necessit� 
e 
urgenza 
che 
soli 
dovrebbero indurre 
all�approvazione 
di 
un 
decreto legge 
e 
per l�integrazione 
dei 
quali, si 
dice, non sarebbe 
bastata 
una 
generica 
riconducibilit� 
delle 
materie 
oggetto dell�intervento alla 
tutela 
del-
l�ordine e della sicurezza pubblica (45). 

Invero, anche 
nel 
caso limite 
di 
una 
norma 
della 
quale 
si 
sospetti 
l�incostituzionalit�, 
deve 
riconoscersi 
che, fino alla 
dichiarazione 
in tal 
senso della 
Corte 
Costituzionale, questa 
� 
(e 
va 
osservata 
in quanto) pienamente 
vincolante 
(46). 

ben pi� frequente, bench� 
non preso in considerazione 
nei 
due 
casi 
sin 
qui 
esposti, 
� 
il 
ricorso 
alla 
causa 
di 
giustificazione 
dello 
stato 
di 
necessit�, 
della 
quale 
una 
delle 
molteplici 
applicazioni 
si 
rinviene 
nella 
vicenda 
della 
nave open Arms (47). 

(43) 
Tale 
misura 
� 
stata 
di 
recente 
introdotta 
dall 
Decreto 
Sicurezza-bis, 
che 
conferisce 
al 
Ministro 
dell�Interno, di 
concerto con i 
Ministri 
della 
difesa 
e 
dei 
trasporti, il 
potere 
di 
emanare 
provvedimenti 
volti 
a 
vietare 
o 
limitare 
l�ingresso, 
il 
transito 
o 
la 
permanenza 
nelle 
acque 
territoriali 
di 
navi, 
allorquando 
ricorrano due 
ordini 
di 
presupposti 
alternativi: 
i) �motivi 
di 
ordine 
e 
sicurezza 
pubblica�; 
ii) concretizzazione 
delle 
condizioni 
di 
cui 
all�art. 19, comma 
2, lett. g) della 
Convenzione 
di 
Montego bay, che 
a 
sua 
volta 
individua, quale 
ipotesi 
di 
passaggio non inoffensivo di 
nave 
straniera 
nelle 
acque 
territoriali, 
il 
caso in cui 
tale 
nave 
effettui 
�il 
carico o lo scarico di 
[�] persone 
in violazione 
delle 
leggi 
di 
immigrazione 
vigenti nello Stato costiero�. 
(44) roMAno 
M., Commentario sistematico del codice penale, vol. I, art. 51, cit., p. 550 ss. 
(45) In questo senso si 
veda 
zIrULIA 
S. Decreto Sicurezza-bis: novit� e 
profili 
critici, su Diritto 
penale 
contemporaneo, 18 giugno 2019, nonch� 
MASErA 
L. il 
caso della capitana rackete 
e 
l�illegittimit� 
della politica governativa dei porti chiusi per le oNG, in Giustizia insieme, 6 luglio 2019. 
(46) GALLo 
M., appunti 
di 
diritto penale, Vol. II, il 
reato, Parte 
I, La fattispecie 
oggettiva, cit., p. 
205. 
(47) 
La 
vicenda 
riguarda 
la 
nave 
open 
Arms, 
che 
svolge 
attivit� 
di 
soccorso 
in 
mare 
per 
conto 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


La 
principale 
questione 
controversa 
in 
questa 
vicenda 
� 
la 
configurabilit� 


o meno dello stato di 
necessit�, la 
cui 
applicazione 
veniva 
invocata 
da 
parte 
delle 
difese 
degli 
indagati, per il 
fatto che 
il 
rientro dei 
migranti 
in Libia 
significava 
per 
gli 
stessi 
l�andare 
incontro 
a 
gravi 
ripercussioni 
e 
quindi 
non, 
come 
di 
solito avviene, per lo stato in cui 
versava 
il 
natante 
soccorso, evidentemente 
non 
tanto 
pericoloso 
da 
non 
poter 
attendere 
l�intervento 
delle 
autorit� 
libiche. 
Il 
GIP 
catanese, chiamato a 
pronunciarsi 
sul 
sequestro della 
nave, ne 
disponeva 
la 
convalida 
(48), argomentando che 
l�interesse 
dei 
migranti 
� 
contemperato 
a 
livello 
normativo 
con 
le 
esigenze 
statali 
al 
controllo 
dei 
flussi 
migratori. I soccorsi 
in mare 
in particolare 
devono avvenire 
secondo una 
precisa 
sequenza 
e 
con modalit� 
illustrate 
anche 
dal 
Codice 
di 
Condotta, le 
cui 
previsioni 
l�onG 
spagnola 
ha 
nell�occasione 
infranto. 
Tale 
inosservanza 
avrebbe 
comportato, secondo il 
Giudice, il 
superamento della 
soglia 
entro cui 
il 
trasferimento 
in 
Italia 
di 
stranieri 
irregolari 
pu� 
considerarsi 
legittimo: 
�non 
pu� 
essere 
consentito 
alle 
onG 
di 
creare 
autonomi 
corridoi 
umanitari 
al 
di 
fuori del controllo statuale ed internazionale�. 


Il 
GIP 
escludeva 
inoltre 
la 
sussistenza 
dello 
stato 
di 
necessit�, 
dal 
momento 
che 
la 
presenza 
della 
nave 
libica 
pronta 
a 
prestare 
soccorso 
avrebbe 
escluso l�inevitabilit� del pericolo. 

Sulla 
stessa 
questione, il 
GIP 
presso il 
Tribunale 
di 
ragusa 
rigettava 
(49) 


della 
onG 
spagnola 
omonima. 
Lo 
specifico 
episodio 
oggetto 
del 
procedimento 
giudiziario 
risale 
al 
15 
marzo 
2018, 
data 
in 
cui 
la 
open 
Arms 
riceve 
una 
comunicazione 
da 
parte 
della 
Guardia 
costiera 
italiana, 
che 
le 
indica 
la 
presenza 
di 
un 
gommone 
con 
a 
bordo 
diversi 
migranti 
a 
circa 
40 
miglia 
da 
Tripoli 
e 
le 
richiede 
di 
recarsi 
sul 
posto 
per 
valutare 
la 
situazione, 
in 
quanto 
nave 
pi� 
vicina. 
nel 
frattempo, 
la 
Guardia 
costiera 
libica 
comunica 
a 
quella 
italiana 
di 
poter 
intervenire, 
cos� 
le 
autorit� 
italiane 
ingiungono 
alla 
nave 
prima 
contattata 
di 
sospendere 
l�operazione. 
L�equipaggio 
della 
onG 
decide 
ugualmente 
di 
recarsi 
sul 
luogo, 
e 
constatata 
la 
precariet� 
del 
mezzo 
utilizzato, 
nonostante 
le 
reiterate 
indicazioni 
delle 
autorit� 
italiane 
di 
lasciare 
che 
le 
attivit� 
di 
soccorso 
fossero 
prestate 
dai 
libici 
(in 
ottemperanza 
alle 
disposizioni 
del 
Codice 
di 
condotta 
sottoscritto 
dalla 
onG 
spagnola), 
d� 
inizio 
al 
trasbordo 
dei 
migranti. 
Frattanto 
le 
navi 
della 
guardia 
costiera 
libica 
arrivano 
sul 
posto, 
e 
richiedono 
la 
consegna 
dei 
migranti 
soccorsi; 
ciononostante, 
non 
viene 
dato 
seguito 
alle 
loro 
richieste. 
La 
nave 
open 
Arms 
chiede 
allora 
indicazioni 
alle 
autorit� 
italiane 
sulle 
operazioni 
successive, 
anche 
in 
considerazione 
della 
situazione 
di 
serio 
pericolo 
per 
la 
presenza 
a 
bordo 
di 
un 
neonato 
e 
della 
madre; 
le 
autorit� 
italiane 
replicano 
che 
competente 
in 
tal 
senso 
sarebbe 
stata 
l�autorit� 
della 
bandiera 
(e 
cio� 
la 
guardia 
costiera 
spagnola) 
dal 
momento 
che 
l�effettuazione 
del 
soccorso 
era 
avvenuta 
al 
di 
fuori 
del 
loro 
coordinamento; 
in 
ogni 
caso, 
indicano 
alla 
nave 
spagnola 
di 
rivolgersi 
alle 
autorit� 
maltesi, 
distanti 
dalla 
sua 
posizione 
sole 
quattro 
miglia. 
La 
nave, 
dopo 
avere 
affidato 
ai 
maltesi 
i 
due 
soggetti 
in 
imminente 
pericolo 
di 
vita, 
senza 
dare 
seguito 
alle 
indicazioni 
delle 
autorit� 
italiane 
e 
spagnole 
di 
chiedere 
ai 
maltesi 
stessi 
di 
poter 
sbarcare 
tutti 
i 
migranti, 
prosegue 
di 
propria 
esclusiva 
iniziativa 
la 
navigazione 
verso 
l�Italia, 
sino 
a 
quando 
giunge 
l�autorizzazione 
del 
Ministero 
dell�interno 
ad 
attraccare 
nel 
porto 
di 
Pozzallo. 
La 
Procura 
distrettuale 
della 
repubblica 
di 
Catania 
-considerata 
originariamente 
competente 
in 
quanto 
si 
era 
ritenuta 
configurabile 
la 
fattispecie 
di 
cui 
all�art. 
416 
co. 
6 
c.p., 
in 
concorso 
con 
gli 
artt. 
12 
co. 
3 
e 
3 
bis 
TU 
-ottiene 
il 
27 
marzo 
dal 
GIP 
etneo 
la 
convalida 
del 
sequestro 
preventivo 
della 
open 
Arms 
disposto 
pochi 
giorni 
prima. 


(48) Con provvedimento del 27 marzo 2018. 
(49) Con decreto depositato in data 16 aprile 2018. 

DoTTrInA 
279 


invece 
la 
richiesta 
di 
conferma 
del 
decreto 
di 
sequestro 
avanzata 
dalla 
Procura 
ragusana (50). 


Ad indurre 
il 
Giudice 
ragusano a 
conclusioni 
antitetiche 
rispetto a 
quelle 
raggiunte 
dal 
Giudice 
catanese 
� 
la 
diversa 
interpretazione 
che 
viene 
data 
della 
norma 
sullo 
stato 
di 
necessit�. 
Il 
GIP 
di 
ragusa 
rievoca 
gli 
obblighi 
di 
soccorso 
in mare 
come 
delineati 
dalle 
convenzioni 
internazionali, i 
quali 
non si 
�esauriscono 
nel 
mero recupero in mare 
dei 
migranti, ma 
devono completarsi 
con 
lo sbarco in un luogo sicuro (PoS, place 
of 
safety)� e 
tale 
non potrebbe 
considerarsi 
un luogo come 
la 
Libia, ove 
i 
migranti 
sono esposti 
a 
rischi 
di 
trattamenti 
inumani 
e 
degradanti, 
in 
ragione 
dei 
quali 
prenderebbe 
vita 
nella 
fattispecie 
concreta 
il 
pericolo 
attuale 
che 
avrebbe 
fatto 
propendere 
il 
Giudice 
per la sussistenza dello stato di necessit� (51). 

In altri 
arresti 
giurisprudenziali 
il 
ricorso all�alternativa 
offerta 
dal 
terzo 
comma 
dell�art. 54 c.p. � 
stato determinato dalla 
necessit� 
di 
sancire 
la 
giurisdizione 
italiana 
per le 
condotte 
dei 
trafficanti 
che 
si 
fossero realizzate 
fuori 
dalle 
acque 
italiane 
e 
che 
fossero state 
seguite 
da 
quelle 
di 
soccorso: 
si 
assiste 
ad un �rispolvero� 
(52) della 
figura 
dell�autore 
mediato, che 
suona 
come 
forzatura 
interpretativa 
sia 
per la 
sussunzione 
delle 
condotte 
dei 
trafficanti 
nella 
�minaccia� 
(53) 
di 
cui 
al 
comma 
tre, 
sia 
per 
la 
sostanziale 
inadeguatezza 
della 
trasposizione di questa elaborazione teorica nel nostro ordinamento. 

Semmai, 
come 
� 
stato 
osservato 
(54) 
nel 
caso 
di 
condotte 
dei 
soccorritori 
collusi 
la 
cui 
illiceit� 
sia 
fuor di 
dubbio, dunque 
quelle 
che 
darebbero luogo 
alle 
c.d. consegne 
concordate, potrebbe 
residuare 
uno spazio per il 
riconoscimento 
di 
uno stato di 
necessit� 
(nella 
declinazione 
del 
soccorso di 
necessit�) 


(50) 
Cfr. 
la 
nota 
di 
PATArnELLo 
M., 
Dissequestrata 
la 
nave 
open 
arms: 
soccorrere 
i 
migranti 
non 
� 
reato, in Quest. Giust., 19.4.2018; 
nonch� 
nATALE 
A. open arms: l�avviso di 
conclusione 
indagini. Se 
la disobbedienza diventa violenza� in Quest. Giust. 
18 dicembre 
2018; 
PErELLI 
S., il 
sequestro della 
nave open arms: � reato soccorrere migranti in pericolo di vita?, in Quest. Giust., 31 marzo 2018. 
(51) 
La 
decisione 
della 
open 
Arms 
di 
non 
consegnare 
i 
migranti 
ai 
libici 
pu� 
dunque 
considerarsi 
giustificata, 
secondo 
il 
giudice 
ragusano, 
ai 
sensi 
dell�art. 
54 
c.p. 
In 
ordine 
poi 
alla 
decisione 
del 
capitano 
della 
open Arms 
di 
non chiedere 
a 
Malta 
la 
possibilit� 
di 
sbarcare 
i 
migranti 
soccorsi, in aperta 
violazione 
delle 
indicazioni 
ricevute 
dalle 
autorit� 
italiane 
e 
di 
bandiera, il 
giudice 
ritiene 
che 
essa 
non valga 
ad escludere 
la 
sussistenza 
dello stato di 
necessit�, non disponendosi 
al 
momento di 
alcuna 
prova 
che 
le 
autorit� 
maltesi 
fossero concretamente 
disponibili 
a 
prestare 
l�accoglienza 
eventualmente 
richiesta. 
�Entrambe 
le 
condotte 
contestate 
sia 
in zona 
SAr libica, sia 
in zona 
SAr Malta, si 
risolvono in una 
disobbedienza 
alle 
direttive 
impartite 
dalle 
autorit� 
preposte 
al 
coordinamento dei 
soccorsi, che 
per� non 
vale ad impedire la configurabilit� della causa di giustificazione dello stato di necessit��. 
(52) Cos� MASSAro 
A. L�immigrazione irregolare via mare, cit. 
(53) 
Cos� 
bErnArDI 
S., 
i 
(possibili) 
profili, 
cit.: 
�(...) 
difettando 
qui 
quella 
prospettazione 
da 
parte 
dell�agente 
di 
un danno ingiusto, futuro e 
dipendente 
dalla 
volont� 
del 
minacciante 
che 
costituisce 
lo 
specificum 
della 
condotta 
minatoria. 
I 
trafficanti 
non 
prospettano 
affatto 
di 
infliggere, 
in 
futuro, 
essi 
stessi 
un male 
ai 
migranti, conservando - come 
d�ordinario nei 
casi 
di 
minaccia 
- anche 
la 
possibilit� 
di 
non infliggerlo; 
ma 
li 
espongono direttamente 
- �lanciandoli� 
in alto mare 
- a 
pericoli 
che 
deriveranno 
dal corso naturale degli eventi, e sui quali essi non avranno pi� alcun controllo�. 
(54) bErnArDI 
S. i (possibili) profili, 
cit. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


in 
loro 
favore, 
valorizzando 
l�elemento 
della 
finalit� 
umanitaria 
che 
li 
avrebbe 
guidati pur nello scendere a patto con i trafficanti. 

Tale 
scusante, si 
� 
detto, dovrebbe 
sussistere, ai 
fini 
di 
escludere 
la 
loro 
responsabilit� 
ex 
art. 12 d.lgs. 286/98, nel 
momento dell�accordo con i 
trafficanti; 
potendosi 
quindi 
certamente 
escludere 
nelle 
vicende 
in cui 
sia 
antecedente 
al 
viaggio 
in 
mare 
dei 
migranti: 
in 
tali 
situazioni, 
infatti, 
verrebbero 
meno sia 
il 
requisito dell�attualit� 
del 
pericolo che 
quello della 
non volontaria 
causazione dello stesso. 

ne 
consegue 
che 
qualche 
margine 
di 
applicabilit� 
della 
scriminante 
dello 
stato di 
necessit� 
potrebbe 
pertanto teoricamente 
ammettersi 
solo nel 
caso in 
cui 
l�accordo con i 
trafficanti 
intervenga 
quando i 
migranti 
si 
trovino gi� 
in 
alto mare, sempre 
ammesso che 
la 
sussistenza 
degli 
elementi 
costitutivi 
della 
scriminante regga alla prova dei fatti (55). 

Al 
riguardo, altra 
osservazione 
osterebbe 
all�uso disinvolto della 
scriminante 
in questa 
materia: 
non pu� trascurarsi 
di 
ricordare 
l�insegnamento della 
dottrina 
(56), stando alla 
quale, per evitarne 
usi 
impropri, lo stato di 
necessit� 
non potrebbe 
trovare 
applicazione 
in quelle 
attivit� 
gi� 
giuridicamente 
disciplinate 
nei 
loro presupposti, dal 
momento che 
eventuali 
conflitti 
di 
interessi 
avrebbero gi� trovato una loro composizione a livello normativo. 


Invero � 
proprio questa 
la 
strada 
che 
si 
dovrebbe 
seguire: 
emerge 
la 
necessit� 
di 
una 
precisa 
identificazione 
degli 
interessi 
-e 
del 
relativo 
peso 
-concretamente 
e 
immediatamente 
coinvolti, nonch� 
del 
termine 
di 
relazione 
del 
giudizio 
di 
pericolo, 
dal 
momento 
che 
quella 
dei 
diritti 
umani 
potrebbe 
rischiare 
di 
suonare 
come 
una 
valvola 
di 
sicurezza, bonne 
a tout 
faire, al 
fine 
di 
affermare 
tacitamente 
la 
rilevanza 
di 
distinti 
interessi 
e 
destinata 
a 
prevalere 
inevitabilmente 
e 
sistematicamente 
su quelli 
statali 
al 
controllo dei 
flussi 
migratori. 


ne 
deriva 
che 
dovrebbero delinearsi 
pi� nettamente 
i 
confini 
e 
gli 
ambiti 
di 
operativit� 
delle 
cause 
di 
giustificazione 
in questa 
complessa 
materia, dal 


(55) 
�In 
tali 
condizioni, 
invero, 
potrebbe 
non 
essere 
del 
tutto 
peregrino 
sostenere 
che 
i 
soccorritori, 
scendendo a 
patti 
con i 
trafficanti, siano stati 
indotti 
ad agire 
nel 
caso concreto dall�esistenza 
di 
un imminente 
pericolo 
di 
un 
grave 
danno 
alla 
persona 
corso 
dai 
migranti, 
pericolo 
che 
potrebbe 
ritenersi 
quantomeno 
minacciato dai 
trafficanti, i 
quali, nel 
richiedere 
la 
collaborazione 
della 
o.n.G., implicitamente 
prospetterebbero loro quale 
alternativa 
negativa 
l�abbandono dei 
migranti 
in alto mare. In questa 
ottica, 
la 
scelta 
da 
parte 
degli 
operatori 
di 
collaborare 
nel 
perfezionamento 
di 
un�attivit� 
sicuramente 
delittuosa 
potrebbe 
forse 
considerarsi 
scusata 
ai 
sensi 
dell�art. 54 c. 3 c.p., che 
in una 
situazione 
simile 
potrebbe 
concretamente 
svolgere 
un ruolo effettivo, diverso da 
quello richiamato dalla 
gi� 
citata 
Cassazione 
del 
2014. Senonch�, prima 
di 
abbracciare 
siffatta 
soluzione, i 
giudici 
di 
merito dovrebbero vagliare 
attentamente 
anche 
gli 
ulteriori 
requisiti 
(essenziali 
ai 
fini 
del 
riconoscimento dello stato di 
necessit�) della 
necessit� 
della 
condotta 
-e 
quindi 
dell�assenza 
di 
qualsiasi 
altra 
alternativa 
esigibile 
-e 
della 
costrizione, 
elemento 
che 
riveste 
una 
pregnante 
rilevanza 
autonoma 
all�interno 
dell�art. 
54 
c.p., 
almeno 
secondo 
quella 
parte 
della 
dottrina 
che 
vi 
rintraccia 
una 
circostanza 
scusante 
soggettiva, piuttosto che 
una 
causa 
di giustificazione� Cos� bErnArDI 
S., i (possibili) profili, cit. 
(56) MAnToVAnI 
F., Diritto penale, cit., p. 260. 

DoTTrInA 
281 


momento 
che 
esse, 
disegnando 
nuovi 
spazi 
di 
protezione, 
intaccano 
fortemente 
le aree di tutela penale. 

La 
differenza 
tra 
il 
riconoscere 
esistente, in una 
data 
situazione, l�adempimento 
del 
dovere 
o 
lo 
stato 
di 
necessit� 
non 
� 
di 
poco 
momento: 
nel 
secondo 
caso, il 
giudizio di 
residua 
illiceit� 
del 
fatto porterebbe 
con s� 
la 
corresponsione 
di un equo indennizzo (57). 

Con particolare 
riguardo alla 
situazione 
di 
coloro che 
realizzino le 
operazioni 
di 
respingimento al 
porto di 
partenza, una 
soluzione 
per rendere 
l�applicazione 
della 
misura 
certa 
ed 
efficace, 
nonch� 
per 
garantire 
al 
contempo 
una 
adeguata 
ponderazione 
con 
altri 
interessi 
coinvolti, 
potrebbe 
essere 
quella 
di 
�proceduralizzare� 
il 
ricorso alle 
scriminanti 
(58), ma 
non � 
da 
escludersi 
che 
la 
medesima 
operazione 
possa 
rivelarsi 
di 
proficua 
applicazione 
anche 
con riguardo alle stesse condotte dei soccorritori. 


3. La (persistente) rilevanza penale delle condotte: altre rotte possibili. 
Una 
volta 
che 
si 
sia 
ammesso (v. supra, par. 1) che, quando le 
attivit� 
di 
soccorso in mare 
sono state 
svolte 
entro le 
cornici 
di 
liceit� 
stabilite 
dall�ordinamento 
giuridico, le 
condotte 
dei 
soccorritori 
vadano esenti 
da 
pena 
- e 
ci� 
non in virt� del 
riconoscimento di 
una 
causa 
di 
giustificazione, ma 
grazie 
alla 
stessa 
struttura 
della 
fattispecie 
di 
favoreggiamento 
dell�immigrazione 
irregolare, 
che 
si 
compone 
di 
una 
clausola 
di 
illiceit� 
speciale 
- resta 
da 
stabilire 
quale 
sia 
la 
sorte 
di 
chi 
si 
sia 
introdotto volontariamente 
nel 
territorio italiano 
secondo queste 
modalit� 
e 
ci� perch�, invece, per il 
riconoscimento di 
una 
responsabilit� 
penale 
in capo ai 
trafficanti 
che 
si 
siano avvalsi 
di 
un simile 
iter 
criminoso 
basta 
la 
formulazione 
dell�art. 
12 
T.U. 
imm., 
che 
configura 
un 
reato 
di 
pericolo 
a 
consumazione 
anticipata 
(quindi 
punibile 
anche 
se 
l�ingresso 
non 


(57) MAnToVAnI 
F., Diritto penale, cit., p. 259. 
(58) �� 
ben possibile 
che 
l'armonizzazione 
tra 
gli 
interessi 
sottesi 
al 
rinvio e 
le 
esigenze 
di 
tutela 
umanitaria 
e 
internazionale 
avvenga 
mediante 
la 
previsione 
normativa 
di 
condizioni 
e 
requisiti 
procedurali 
concernenti 
l'esecuzione 
del 
provvedimento di 
rinvio (come, tra 
parentesi, � 
dimostrato dalla 
dettagliata 
disciplina 
oggi 
prevista 
dalla 
decisione 
del 
Consiglio 
UE 
gi� 
ricordata). 
Cos�, 
per 
ipotesi 
esemplificativa, 
la 
disciplina 
normativa 
potrebbe 
prevedere 
la 
condizione 
di 
un 
preliminare 
e 
sommario 
esame 
medico o addirittura 
la 
presenza 
sul 
luogo delle 
operazioni 
di 
un sanitario, medico o infermiere; 
cos� 
come 
potrebbe 
essere 
prevista 
la 
necessit� 
di 
un interprete 
o solamente 
l'utilizzazione 
di 
personale 
di 
polizia 
che 
conosca 
le 
principali 
lingue, 
e 
cos� 
via 
esemplificando. 
D'altronde, 
la 
"proceduralizzazione" 
delle 
scriminanti 
non 
� 
pi� 
un 
fenomeno 
raro 
nell'ordinamento: 
soprattutto 
quando 
si 
tratta 
di 
scriminanti 
consistenti 
in 
poteri 
conferiti 
all'autorit� 
pubblica 
e 
in 
specie 
di 
polizia, 
non 
� 
affatto 
raro 
che 
le 
esigenze 
di 
delimitazione 
e 
in 
qualche 
modo 
di 
formalizzazione 
dell'esercizio 
legittimo 
di 
quei 
poteri 
sia 
realizzato 
attraverso 
l'apposizione 
di 
una 
serie 
di 
condizioni 
che, 
proprio 
in 
quanto 
"formali", 
presentano 
un 
grado 
di 
rigidit� 
estraneo al 
bilanciamento sostanziale 
tra 
gli 
interessi 
in conflitto. Si 
pensi, ad esempio, alla 
disciplina 
delle 
varie 
ipotesi 
di 
c.d. operazioni 
sotto copertura 
o addirittura 
di 
agente 
provocatore, dove 
non 
raramente 
l'articolata 
disciplina 
della 
fattispecie 
impone 
anche 
obblighi 
comunicativi 
od 
informativi 
che 
sembrano pi� funzionali 
ad esigenze 
di 
controllo interno preventivo o successivo che 
all'individuazione 
del 
punto di 
equilibrio tra 
gli 
interessi 
sostanziali 
in conflitto�. Cos� 
PALAzzo 
F., 
Scriminanti 
ed 
immigrazione, cit. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


si 
verifica 
o 
se 
le 
condotte 
dei 
trafficanti 
si 
arrestino 
fuori 
dalle 
acque 
italiane). 


Si 
ritiene 
che 
una 
soluzione 
praticabile, che 
ha 
incontrato - sia 
pure 
implicitamente 
(59) - il 
favore 
della 
giurisprudenza, sia 
quella 
di 
ricorrere 
alla 
struttura 
del 
reato aberrante, nello specifico alla 
figura 
dell�aberratio causae 
(60), che 
rappresenta 
una 
ipotesi 
di 
divergenza 
tra 
il 
voluto e 
il 
realizzato (61) 
che 
interessa 
il 
solo 
percorso 
causale 
realizzatosi, 
�a 
parit� 
di 
evento�; 
per 
dirla 
con le 
locuzioni 
invalse 
in dottrina: 
non errore 
nell�ideazione, ma 
un errore 
nella esecuzione del reato. 

L�ammissibilit� 
di 
tale 
figura 
criminosa 
� 
stata 
riconosciuta 
sulla 
base 
di 
un avallo normativo rinvenuto nel 
codice 
all�art. 82, ma 
predisposto dal 
legislatore 
a 
disciplinare 
la 
- parzialmente 
- diversa 
ipotesi 
della 
aberratio ictus, 
con 
la 
quale 
ha 
in 
comune 
gli 
elementi 
che 
si 
illustreranno 
a 
breve, 
nonch� 
l�atteggiarsi 
della 
condotta 
che 
costituisce 
l�azione 
come 
viziata 
da 
un errore 
di 
inabilit� 
(62) e 
che 
con l�aberratio causae 
� 
in un rapporto di 
species 
ad 
genus. 


In prima 
battuta, � 
bene 
precisare 
che 
tale 
elaborazione 
dottrinale 
investe 
essenzialmente 
i 
reati 
a 
forma 
libera 
(63), 
per 
tali 
intendendosi 
quelli 
nella 
cui 
fattispecie 
la 
condotta 
sia 
stata 
descritta 
dal 
legislatore 
solo in quanto protesa 
ad 
un 
certo 
evento 
e 
non, 
come 
accade, 
invece, 
nei 
reati 
a 
forma 
vincolata, 
tramite 
la 
prescrizione 
di 
particolari 
note 
che 
oggettivizzino il 
disvalore 
nel-
l�azione. 

In queste 
ultime 
ipotesi, infatti, al 
divergere 
del 
fatto realizzato dal 
pi� 
stringente 
modello normativo descritto, corrisponderebbe 
una 
irrilevanza 
penale 
della 
condotta, spiegabile 
in ragione 
della 
circostanza 
che 
farebbe 
difetto 
lo stesso fatto oggettivo di 
reato: 
il 
soggetto agente 
avrebbe 
quindi 
realizzato 
un fatto atipico. 

nel 
caso delle 
fattispecie 
a 
forma 
libera, diversamente, la 
descrizione 
a 
maglie 
larghe 
della 
condotta 
impone 
di 
interrogarsi 
se 
la 
deviazione 
causale 
verificatasi 
-pur 
nell�identit� 
del 
risultato 
-possa 
egualmente 
ascriversi 
ad 
essa, essendo sufficiente 
che 
il 
soggetto agente 
si 
prefiguri 
il 
risultato come 
conseguenza normale della propria azione. 

Innanzitutto, 
la 
premessa 
necessaria 
per 
poter 
avviare 
una 
analisi 
-sia 
con riferimento alla 
stessa 
fattispecie 
generale 
che 
a 
quella 
concreta 
- sulla 
riconducibilit� 
al 
dolo della 
alterazione 
dell�iter 
causale, � 
quella 
di 
poter riconoscere 
l�imputazione 
oggettiva 
del 
fatto 
all�agente, 
ossia 
che 
il 
nesso 
causale 


(59) Tribunale di 
Trapani 29.11.2016. 
(60) Sulla 
figura 
in oggetto s.v. anche 
CornACChIA 
L. 
reato aberrante, in Dig. Disc. Pen., vol. 
XI, Utet, 1996, pp. 174 ss., DE 
FrAnCESCo 
G.A., Sul reato aberrante, in Studium iuris 2000, p. 256. 
(61) Per un�efficace 
e 
completa 
analisi 
su tutte 
le 
possibili 
declinazioni 
del 
fenomeno della 
divergenza, 
il rinvio � a 
TrAPAnI 
M., La divergenza tra il voluto e il realizzato, Torino, Giappichelli, 2006. 
(62) Cos� roMAno 
M., Commentario sistematico, Voll. I e II, cit. p. 736. 
(63) TrAPAnI 
M., 
La divergenza, cit. p. 16. 

DoTTrInA 
283 


non possa 
dirsi 
interrotto da 
cause 
sopravvenute, da 
sole 
sufficienti 
a 
determinare 
l�evento, ex 
art. 41 c.p. In applicazione 
del 
citato disposto - che 
recherebbe 
la 
regola 
della 
interruzione 
del 
nesso 
causale 
solo 
nel 
caso 
di 
intervento, 
successivo 
alla 
condotta 
dell�agente, 
di 
fattori 
assolutamente 
imprevedibili, 
�non ragionevolmente 
calcolabili 
neppure 
da 
un uomo della 
migliore 
scienza 
ed 
esperienza 
del 
suo 
momento 
storico� 
(64) 
-dovrebbe 
escludersi 
che 
le 
operazioni 
di 
soccorso - che 
siano realmente 
tali, cio� 
intervenute 
dopo l�inizio 
del 
viaggio intrapreso - siano considerate 
la 
sola 
e 
sufficiente 
causa 
dell�ingresso 
nel 
territorio dello Stato, cos� 
permanendo la 
possibilit� 
di 
una 
imputazione 
oggettiva 
dei 
fatti 
di 
favoreggiamento della 
immigrazione 
clandestina 
e di immigrazione irregolare. 


Presupposto implicito dell�imputazione 
di 
un fatto con riguardo al 
quale 
si 
sia 
registrata 
una 
aberrazione 
� 
quindi 
l�esistenza 
di 
un 
rapporto 
causale 
giuridicamente 
rilevante; 
il 
problema 
reale 
sotteso 
al 
fenomeno 
dell�aberratio 
causae 
�, 
quindi, 
quello 
della 
colpevolezza, 
se 
cio� 
il 
dolo 
del 
fatto 
voluto 
basti 
a 
coprire 
anche 
il 
fatto realizzato, che, sia 
pure 
identico al 
primo quanto 
all�esito, sia 
stato cagionato nel 
suo concreto atteggiarsi 
attraverso una 
anomalia 
causale. 

I tentativi 
che 
sono stati 
fatti, da 
parte 
della 
dottrina 
tedesca, di 
surrogare 
il 
dolo con una 
�prevedibilit�� 
della 
deviazione 
causale 
e 
con un esame 
condotto 
sulle motivazioni alla base dell�azione, non possono essere condivisi. 


nel 
primo 
caso, 
si 
finirebbe 
per 
ridurre 
il 
dolo 
ad 
un 
elemento 
psicologico 
meramente 
ipotetico; 
nel 
secondo, 
si 
assisterebbe 
ad 
una 
valorizzazione 
del 
processo 
formativo 
della 
volont� 
che 
non 
� 
confortata 
dall�ordinamento 
positivo. 


La 
conclusione 
cui 
arriva 
l�analisi 
dottrinale 
sul 
tema 
� 
che 
l�aberratio 
causae 
costituisce 
un fenomeno di 
divergenza, tra 
il 
voluto e 
il 
realizzato, penalmente 
irrilevante: 
se 
infatti, in ipotesi 
quali 
quelle 
di 
aberratio ictus, in cui 
la 
deviazione 
del 
decorso 
causale 
abbia 
comportato 
una 
modifica 
del 
soggetto 
passivo, comunque 
non preclude 
una 
imputazione 
a 
titolo di 
dolo (l�agente 
risponde 
infatti 
�come 
se 
avesse 
offeso 
la 
vittima 
designata�), 
a 
maiori 
ad 
minus 
non potr� 
escludersi 
il 
dolo quando la 
deviazione 
causale 
sia 
stata 
senza 
conseguenze. 


Il 
processo 
causale 
nel 
suo 
concreto 
atteggiarsi 
non 
�, 
quindi, 
oggetto 
del 
dolo; 
lo � 
nella 
sola 
parte 
che 
trova 
riscontro nel 
modello astratto di 
reato, essendo 
sufficiente 
che 
l�agente 
si 
rappresenti 
la 
propria 
condotta 
come 
idonea 
a 
realizzare 
un 
risultato 
normativamente 
equivalente 
a 
quello 
previsto 
dalla 
fattispecie (65). 

Tornando alla 
specificit� 
delle 
ipotesi 
che 
qui 
occupano, la 
contravvenzione 
di 
cui 
al 
citato 
art. 
10 
bis 
T.U. 
imm. 
incrimina, 
tra 
l'altro, 
la 
condotta 


(64) Cos� 
TrAPAnI 
M., La divergenza, cit. p. 19. 
(65) TrAPAnI 
M., La divergenza, cit., p. 21. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2019 


dello straniero che 
faccia 
ingresso nel 
territorio dello Stato in violazione 
della 
legge, 
a 
prescindere 
dunque 
da 
come 
detto 
ingresso 
sia 
avvenuto. 
oramai, 
che 
l'ingresso in Europa 
grazie 
alle 
operazioni 
di 
salvataggio e 
soccorso in mare 
sia 
il 
modo normale 
per varcare 
le 
frontiere 
del 
nostro continente, viene 
pacificamente 
riconosciuto anche in diversi arresti giurisprudenziali (66). 

Lo 
sbarco 
dei 
migranti, 
apparentemente 
conseguenza 
dello 
stato 
di 
necessit� 
che 
ha 
determinato l'intervento dei 
soccorritori, si 
atteggerebbe 
concretamente 
quale 
ultimo segmento di 
una 
attivit� 
pianificata 
ab initio, nel 
suo 
intero 
svolgimento, 
al 
punto 
da 
rappresentare 
lo 
stesso 
obiettivo 
perseguito 
dall'associazione 
criminale 
con la 
propria 
condotta, consistente 
nella 
provocazione 
e nello sfruttamento di uno stato di necessit� (67). 

Il 
nesso di 
causalit� 
non potrebbe 
quindi 
dirsi 
interrotto dall�intervento 
dei 
soccorritori, quale 
fattore 
sopravvenuto e 
inatteso inseritosi 
nel 
processo 
causale 
produttivo dell'evento, dal 
momento che 
non si 
tratterebbe 
di 
evento 
anomalo, 
imprevedibile 
o 
eccezionale, 
ma 
anzi 
fattore 
preso 
in 
considerazione 
dai 
trafficanti 
e 
dai 
migranti 
al 
fine 
di 
sfruttarlo a 
proprio favore 
e 
da 
essi 
provocato 
(68). 

non da 
ultimo, un�altra 
direttrice 
lungo la 
cui 
traiettoria 
potrebbero svilupparsi 
analisi 
successive, potrebbe 
delinearsi 
a 
partire 
dalla 
considerazione 
che, allorch� 
venga 
in rilievo - come 
� 
prassi 
- la 
corresponsione 
di 
un prezzo 
alle 
organizzazioni 
criminali 
volte 
a 
favorire 
l�immigrazione 
irregolare, 
potrebbero 
emergere 
profili 
di 
responsabilit� 
secondo 
lo 
schema 
del 
concorso 


(66) Cos� 
risulta 
in quelle 
sentenze 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
che 
affermano la 
giurisdizione 
italiana 
per il 
reato di 
cui 
all'art. 12, comma 
3, D.Lgs. n. 286/1998 (cfr., tra 
le 
altre, Cass., 22 dicembre 
2015, n. 11165, Almagasbi, GEo 
266430, ove 
si 
precisa 
che, �in tema 
di 
immigrazione 
clandestina, la 
giurisdizione 
nazionale 
� 
configurabile 
anche 
nel 
caso in cui 
il 
trasporto dei 
migranti 
- avvenuto in violazione 
dell'art. 12 del D.Lgs. n. 286 del 1998 a bordo di una imbarcazione priva di bandiera e, quindi, 
non 
appartenente 
ad 
alcuno 
Stato, 
secondo 
la 
previsione 
dell'art. 
110 
della 
Convenzione 
di 
Montego 
bay delle 
nazioni 
Unite 
sul 
diritto del 
mare 
- sia 
stato accertato in acque 
extraterritoriali, ma, successivamente, 
nelle 
acque 
interne 
e 
sul 
territorio 
nazionale 
si 
siano 
verificati, 
quale 
evento 
del 
reato, 
l'ingresso 
e 
lo sbarco dei 
cittadini 
extracomunitari 
per l'intervento dei 
soccorritori, quale 
esito causalmente 
collegato 
all'azione 
e 
previsto in considerazione 
delle 
condizioni 
del 
natante�. In motivazione, si 
argomenta 
che 
costituisce 
�un 
dato 
acquisito 
come 
la 
richiesta 
di 
soccorso 
in 
mare, 
in 
ragione 
dello 
stato 
del 
natante 
o 
delle 
condizioni 
del 
mare, 
sia 
uno 
strumento 
previsto 
e 
voluto 
per 
conseguire 
il 
risultato 
prefisso 
dello 
sbarco sulle 
coste 
italiane. Attivit� 
di 
soccorso cui 
ogni 
Stato � 
tenuto in forza 
di 
convenzioni 
internazionali 
(convenzione 
di 
Londra 
del 
1� 
novembre 
1974, ratificata 
con legge 
313 del 
1980; 
convenzione 
di 
Amburgo del 
27 aprile 
1979, ratificata 
con legge 
3 aprile 
89 numero 147; 
convenzione 
di 
Montego 
bay)�. 
(67) Cos� 
nella 
citata 
sent. Trib. Tapani 
del 
29.11.2016, nella 
quale 
si 
precisa 
che 
la 
volont� 
di 
operare 
in tale 
senso anima 
i 
trafficanti 
fin dal 
momento in cui 
vengono abbandonate 
le 
coste 
africane 
in vista 
dell'approdo in terra 
siciliana, senza 
soluzione 
di 
continuit�, ancorch� 
l'ultimo tratto del 
viaggio 
sia 
apparentemente 
riportabile 
all'operazione 
di 
soccorso, di 
fatto artatamente 
stimolato a 
seguito della 
messa 
in condizione 
di 
grave 
pericolo dei 
soggetti, strumentalmente 
sfruttata 
al 
fine 
di 
realizzare 
quel 
risultato (ingresso di 
clandestini 
nel 
nostro paese) che 
la 
previsione 
del 
D.Lgs. n. 286 del 
1998, art. 12 
intende scongiurare. 
(68) nello stesso senso: Cass., 11 marzo 2014, n. 18354. 

DoTTrInA 
285 


esterno nel 
reato associativo: 
una 
volta 
che 
si 
sia 
esclusa, come 
in origine 
si 
riteneva, la 
sussistenza 
del 
concorso eventuale 
de 
quo 
solo in situazioni 
di 
fibrillazione 
(69) 
dell�associazione 
criminosa, 
la 
si 
potrebbe 
invece 
riconoscere 
quando - come, appunto, nel 
caso di 
un finanziamento economico spesso ingente 
- si 
sia 
fiancheggiata 
l�attivit� 
criminale 
perpetrata 
dalla 
associazione, 
avendo coscienza 
del 
dolo degli 
associati, nonch� 
della 
finalit� 
da 
questa 
perseguita 
e 
volendo il 
propio contributo materiale 
alla 
stessa, causalmente 
rilevante, 
che sia consistito nel foraggiarla. 


Dalle 
osservazioni 
sin qui 
svolte 
emerge, quindi, come 
la 
scarsa 
compattezza 
del 
tessuto normativo produca 
come 
effetto ricostruzioni 
giurisprudenziali 
rapsodiche e poco coerenti. 

Probabilmente, 
una 
auspicata 
proceduralizzazione 
delle 
scriminanti 
in 
materia, 
istituto 
cui 
i 
giudici 
di 
merito 
hanno 
mostrato 
di 
attingere 
a 
piene 
mani, consentirebbe 
al 
diritto - almeno in queste 
questioni 
- di 
non essere 
pi�, 
cos� vistosamente, il terreno �del pressappoco e del perlopi�� (70). 


(69) Cass. S.U., sentenza 28 dicembre 1994. 
(70) bobbIo 
n., Eguaglianza e libert�, Einaudi, Torino, 1995, pag. 13. 

REcENSIONI
Fausto 
Capelli 
(*), per 
salvare 
la democrazia in 
italia. Cultura 
dell�etica e 
della legalit� in 
un 
mondo dominato dalla politica e 
dall�economia. 


(Rubettino 
editoRe, 2019, pp. XXii - 408) 


PRESENTAZIONE - INTRODUZIONE 


una delle autentiche soddisfazioni 
della vita deriva da un progetto concepito 
in giovent� e realizzato in et� matura. 


Quando si decide di conseguire 
un obiettivo, bisogna perseguirlo 
ad ogni costo. La soddisfazione di 
aver adempiuto ad un impegno 
complesso e difficile � immensa. 


Arthur Helps 


L'interesse 
per le 
tematiche 
trattate 
in questo libro � 
sorto in epoca 
lontana, 
ma 
l'occasione 
per 
studiarle 
e 
cominciare 
a 
scriverne 
si 
� 
presentata 
molto 
recentemente 
in conseguenza 
dell'invito ad un Convegno, nel 
quale 
avrei 
dovuto 
parlare di 
�etica e legalit� nell'attivit� economica� 
(1). 


Essendo l'oggetto del 
Convegno circoscritto all'attivit� 
delle 
imprese 
ed 
occupandosi 
gli 
altri 
relatori 
essenzialmente 
dell'etica 
nella 
gestione 
delle 
imprese 
e 
del 
rispetto 
dell'equit� 
all'interno 
delle 
organizzazioni 
aziendali, 
ho 
pensato di 
impiegare 
le 
ricerche 
necessarie 
alla 
preparazione 
della 
mia 
rela


(*) Professore 
di 
diritto dell�Unione 
europea 
al 
Collegio europeo/Universit� 
di 
Parma; 
avvocato in Milano, 
specializzato in diritto dell�Unione europea e in diritto internazionale. 


(1) Il 
Convegno � 
stato organizzato per il 
17 febbraio 2016 a 
Milano da 
ESTE 
(Edizioni 
Scientifiche 
Tecniche Europee) ed aveva come titolo: 
�Merito ed equit� nelle organizzazioni�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


zione, per ampliare 
l'indagine 
al 
di 
l� 
del 
tema 
concernente 
la 
missione 
del-
l'impresa 
e 
quella 
dell'imprenditore, estendendola 
anche 
agli 
aspetti 
che 
sempre 
mi 
avevano interessato ma 
che 
in passato non avevo mai 
avuto modo di 
studiare e di approfondire. 


Si 
trattava 
in particolare 
di 
approfondire 
la 
tematica 
dei 
rapporti 
tra 
etica 
e 
legalit� 
con l'economia, da 
un lato, e 
con la 
politica, dall'altro lato, per poter 
comprendere 
fino a 
che 
punto, con il 
rispetto dell'etica 
e 
della 
legalit�, si 
arrivasse 
ad 
incidere 
sul 
buon 
funzionamento 
delle 
organizzazioni 
pubbliche 
e 
private nonch� su quello delle istituzioni e della stessa democrazia. 


L'interesse 
per 
queste 
tematiche 
si 
era 
sviluppato, 
sotto 
il 
profilo 
teorico, 
con 
il 
trascorrere 
del 
tempo 
e 
si 
era 
accentuato, 
sotto 
quello 
pratico, 
con 
le 
esperienze 
accumulate 
nel 
corso 
degli 
anni. 
Sia 
l'attivit� 
professionale 
(2) 
sia 
quella 
accademica 
(3), 
svolte 
nel 
corso 
di 
molti 
anni 
e 
concentrate 
nel 
valutare 
tanto 
le 
implicazioni 
teoriche, 
quanto 
le 
conseguenze 
pratiche 
dell'applicazione 
della 
normativa 
delle 
Comunit� 
europee 
(ora 
Unione 
europea), 
che 
aveva 
cominciato 
ad 
imporsi 
negli 
anni 
sessanta 
del 
secolo 
scorso 
all'interno 
degli 
ordinamenti 
dei 
Paesi 
europei 
divenendo, 
in 
seguito, 
di 
decisiva 
rilevanza 
in 
tutti 
i 
settori 
legati 
all'economia, 
mi 
avevano 
consentito 
di 
seguire 
da 
vicino 
l'attivit� 
delle 
imprese 
e 
delle 
loro 
associazioni 
nonch� 
quella 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
(nazionali 
ed 
europee) 
come 
pure, 
di 
riflesso, 
la 
stessa 
attivit� 
politica 
(come 
risulta 
attestato 
dalla 
lettera 
scritta 
quasi 
cinquant 
'anni 
fa 
al 
Corriere 
della 
Sera 
e 
riportata 
alla 
fine 
di 
questo 
libro 
nell'Appendice, 
pp. 
369-374). 


A 
partire 
dagli 
anni 
settanta 
del 
secolo 
scorso, 
essendosi 
affermato 
in 
Italia, 
grazie 
ad 
una 
sentenza 
della 
nostra 
Corte 
costituzionale 
(4) 
il 
principio 
della 
prevalenza 
del 
diritto comunitario (europeo) sul 
diritto nazionale 
degli 
Stati 
membri, � 
stato possibile 
avvalersi 
delle 
ordinarie 
procedure 
giudiziarie, 
portate 
davanti 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
dell'Unione 
europea 
di 
Lussemburgo, 
per ottenere 
la 
soppressione 
delle 
disposizioni 
nazionali 
in vigore 
nel 
nostro 
Stato 
quando 
risultavano 
contrastanti 
con 
le 
norme 
comunitarie 
e 
pregiudizievoli 
per gli interessi delle imprese italiane (5). 


(2) L'attivit� 
professionale, come 
avvocato del 
Foro di 
Milano, � 
iniziata 
negli 
anni 
sessanta 
del 
secolo scorso in collaborazione con lo studio dell 'Avv. Prof. Giovanni Maria Ubertazzi. 
(3) L'attivit� 
accademica 
in diritto europeo � 
iniziata 
negli 
anni 
settanta 
del 
secolo scorso all'Universit� 
di 
Parma, come 
assistente 
del 
Prof. Giovanni 
Maria 
Ubertazzi 
in precedenza 
menzionato e 
proseguita 
negli 
anni 
ottanta 
e 
novanta 
anche 
come 
Direttore 
del 
Collegio 
europeo 
di 
Parma 
(e 
come 
responsabile della Rivista 
diritto comunitario e degli scambi internazionali). 
(4) Cfr. sentenza della Corte Costituzionale italiana del 27 dicembre 1973 n. 183 (Frontini). 
(5) 
Con 
l'art. 
8 
del 
protocollo 
n. 
2 
al 
Trattato 
sul 
funzionamento 
dell'Unione 
europea 
(TFUE) 
sull'applicazione 
dei 
principi 
di 
sussidiariet� 
e 
di 
proporzionalit�, � 
ora 
consentito agli 
Stati 
membri 
ricorrere 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
dell'Unione 
europea 
per 
contestare 
la 
legittimit� 
degli 
atti 
dell'Unione 
europea 
non conformi 
al 
principio di 
sussidiariet�; 
cfr. E. PERILLo, 
La justice 
europ�enne: au nom 
de 
qui?, in 
Liber 
Amicorum 
en l'honneur 
du juge 
Antonio tizzano, texte 
pr�sent� 
le 
29 juin 2018 � 
l�Universit� 
de 
Naple. 

RECENSIoNI 
289 


Le 
indagini 
che 
si 
rendevano necessarie 
per l'espletamento di 
tali 
procedure, 
solitamente 
consentivano di 
individuare 
le 
vere 
motivazioni 
sulle 
quali 
le disposizioni da sopprimere risultavano fondate (6). 


Ma 
le 
scoperte 
pi� sorprendenti 
dalle 
quali 
� 
stato possibile 
trarre 
il 
convincimento 
che 
in Italia 
sia 
l'attivit� 
politica 
sia 
quella 
economica 
venivano 
generalmente 
gestite 
senza 
curarsi 
n� 
dell'etica 
n� 
della 
legalit�, hanno preso 
avvio 
nella 
seconda 
met� 
degli 
anni 
ottanta 
del 
secolo 
scorso 
quando 
sono 
entrato 
a 
far 
parte 
del 
Comitato 
istituito 
presso 
la 
Commissione 
europea 
che 
aveva 
lo scopo di 
studiare 
le 
riforme 
da 
introdurre 
in Europa 
nel 
settore 
degli 
appalti 
pubblici 
(7). Le 
ricerche 
sull'applicazione 
in Italia 
delle 
regole 
in materia 
di 
appalti 
pubblici 
hanno messo in evidenza 
una 
situazione 
sconcertante. 


In 
altra 
sede 
sono 
state 
narrate 
le 
vicende 
riguardanti 
tale 
situazione 
(8), 
i 
cui 
risvolti 
pi� 
significativi 
vengono 
anche 
descritti 
in 
questo 
libro 
con 
riferimento 
agli 
aspetti 
che 
maggiormente 
interessano 
(cfr. 
pp. 
211-212, 
note 
1 
e 
2). 


Confortato 
da 
queste 
conoscenze 
e 
stimolato 
da 
nuove 
prospettive, 
ho 
quindi 
accettato l'invito a 
presentare 
la 
relazione 
richiesta 
dagli 
organizzatori 
del Convegno di Milano. 


� 
nata 
cos� 
l'idea 
di 
scrivere 
questo libro. Non poche 
sono state 
per� le 
perplessit� sul modo di redigerlo e strutturarlo. 


Senza 
dubbio 
occorreva 
in 
primo 
luogo 
prendere 
in 
considerazione 
le 
problematiche 
sotto 
il 
profilo 
teorico, 
per 
mettere 
in 
evidenza 
come 
gli 
studiosi 
del 
passato avessero, nel 
corso dei 
secoli, affrontato e 
approfondito i 
rapporti 
tra etica e legalit� con la politica e con l'economia. 


A 
questa 
indagine 
� 
stata 
dedicata 
la 
prima 
delle 
cinque 
parti 
del 
libro, 
nella 
quale 
vengono 
esaminate 
e 
discusse 
le 
opere 
dei 
classici, 
a 
partire 
da 
quelle 
dei 
filosofi 
greci 
fino a 
quelle 
degli 
autori 
pi� recenti, passando attraverso 
le opere di Machiavelli, degli illuministi e degli economisti del 1700. 


Nella 
seconda 
parte 
� 
apparso necessario descrivere, in concreto, il 
funzionamento 
di 
uno Stato nel 
quale 
il 
rispetto dell'etica 
e 
della 
legalit�, in rapporto 
alla 
politica 
e 
all'economia, 
fosse 
stato 
reso 
possibile, 
in 
pratica, 
dall'applicazione del sistema democratico rappresentativo. 


questo 
Stato 
non 
poteva 
che 
essere 
la 
Federazione 
degli 
Stati 
Uniti 
d'America, il 
primo esempio di 
Stato democratico che 
la 
storia 
ricordi 
(9), al 


(6) 
Si 
trattava 
di 
motivazioni 
frequentemente 
contrarie 
all'etica 
e, 
a 
volte, 
anche 
alla 
stessa 
legalit�. 
Molte 
delle 
norme 
contestate 
risalivano 
d'altronde 
al 
periodo 
anteguerra 
e 
perseguivano 
obiettivi 
illiberali 
o 
protezionistici. 
Cfr. 
le 
sentenze 
della 
Corte 
di 
giustizia 
europea 
di 
Lussemburgo 
elencate 
nel 
sito 
www.capellilex.it, nella sezione: 
"casi trattati". 
(7) Cfr. Decisione 
della 
Commissione 
europea 
del 
26 maggio 1987 (GUCE 
n. L 
152 del 
12 luglio 
1987). 
(8) 
Cfr. 
F. 
CAPELLI, 
Ambiente 
e 
democrazia: 
un'integrazione 
al 
dibattito, 
in 
Rivista 
giuridica 
del-
l'Ambiente, 2011, p. 41 ss. 
(9) 
Cfr. 
ALExIS 
DE 
ToCqUEvILLE, 
La 
democrazia 
in 
America, 
Utet, 
Torino, 
1968, 
p. 
592: 
�il 
grande 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


quale 
la 
seconda 
parte 
del 
libro � 
stata 
dedicata, seguendo le 
orme 
dello straordinario 
capolavoro di 
Alexis 
de 
tocqueville, "La democrazia in America", 
oggi 
pi� che 
mai 
di 
impatto impressionante 
per la 
profondit� 
e 
l'attualit� 
delle 
riflessioni 
in esso contenute 
e 
per la 
precisione 
e 
la 
validit� 
dei 
messaggi 
da 
esso diffusi. 


Nella 
terza 
parte 
del 
libro 
l'indagine 
viene 
estesa 
all'Italia. 
In 
questa 
parte 
la 
situazione 
italiana, 
cos� 
come 
condizionata 
dal 
sistema 
democratico 
rappresentativo 
di 
volta 
in volta 
praticato nel 
nostro Paese, � 
stata 
esaminata 
ponendola 
a 
confronto 
con 
quella 
americana, 
cos� 
da 
far 
emergere 
i 
rapporti 
rispettivamente 
esistenti 
nei 
due 
Paesi 
tra 
etica 
e 
legalit� 
con 
la 
politica 
e 
l'economia. 
La 
terza 
parte 
� 
stata 
divisa 
in 
due 
sezioni 
per 
consentire 
di 
concentrare 
le 
indagini 
sui 
due 
periodi 
che 
si 
riferiscono all'Italia 
democratica: 
quello anteriore 
alla dittatura e quello successivo al secondo conflitto mondiale. 


La 
funzione 
della 
quarta 
parte 
che 
contiene 
anche 
le 
valutazioni 
critiche 
degli 
argomenti 
discussi 
nelle 
parti 
precedenti 
�, per cos� 
dire, propedeutica 
alla 
quinta 
ed ultima 
parte, nella 
quale 
vengono presentate 
le 
proposte 
di 
modifica 
del 
sistema 
democratico 
rappresentativo 
attualmente 
applicato 
in 
Italia. 


Nella 
quinta 
parte 
del 
libro, 
anch'essa 
divisa 
in 
due 
Sezioni 
(10), 
vengono 
in 
particolare 
analizzate 
e 
discusse 
le 
riforme, 
sotto 
il 
profilo 
istituzionale, 
nonch� 
le 
modifiche, sotto il 
profilo socio-politico-culturale, che 
si 
vorrebbe 
proporre. 
oltre 
alle 
riforme 
e 
alle 
modifiche, 
appena 
menzionate, 
vengono 
proposti, 
nella 
quinta 
parte, 
nuovi 
metodi 
di 
controllo 
da 
attuare 
in 
ambito 
politico-
amministrativo per migliorare 
il 
funzionamento di 
quelli 
esistenti 
e 
per 
adattare 
il 
sistema 
democratico 
rappresentativo 
praticato 
in 
Italia, 
con 
l'intento 
di prevenirne il degrado. 


Per formulare 
le 
proposte 
di 
cambiamenti 
della 
parte 
quinta, � 
stato necessario 
sia 
ripercorrere 
quanto 
� 
emerso 
nelle 
quattro 
parti 
precedenti 
del 
presente 
lavoro, 
sia 
ripensare 
il 
tutto 
alla 
luce 
delle 
esperienze 
che 
l'Italia 
sta 
vivendo 
in 
questi 
tempi, 
sotto 
il 
profilo 
politico 
e 
sotto 
quello 
economico 
(11). 


In effetti, mai 
come 
in questi 
tempi 
si 
� 
manifestata 
con cos� 
grande 
evidenza 
la 
profonda 
verit� 
contenuta 
nella 
massima 
di 
Max 
Weber 
(12) 
pi� 
volte 
citata 
in questo libro: 
�Chi 
fa politica aspira al 
potere: potere 
come 
mezzo al 


vantaggio degli 
americani 
� 
di 
essere 
arrivati 
alla democrazia senza aver 
dovuto passare 
attraverso 
una rivoluzione democratica e di essere nati uguali invece di diventarlo�. 


(10) 
La 
Prima 
Sezione 
� 
dedicata 
alle 
proposte 
di 
riforma 
da 
apportare, 
mentre 
la 
Seconda 
contiene 
essenzialmente 
le 
valutazioni 
critiche 
di 
tali 
proposte 
e 
fornisce 
indicazioni 
sui 
problemi 
concreti 
che 
devono essere affrontati. 
(11) 
Dopo 
la 
Parte 
quinta 
� 
stata 
inserita 
un'Appendice 
nella 
quale 
vengono 
brevemente 
esaminati 
i 
problemi 
che 
l'Italia 
deve 
affrontare 
sul 
piano 
nazionale 
e 
su 
quello 
europeo 
e 
internazionale. 
ogni 
problema 
viene 
trattato in modo separato e 
per ognuno di 
essi 
viene 
fornita 
un'adeguata 
scheda 
bibliografica. 
Le 
pagine 
finali 
dell'Appendice 
riguardano 
tematiche 
originali, 
frutto 
di 
scavi 
dedicati 
al 
passato, 
al futuro, al presente ed alla storia. 
(12) M. WEbER, La politica come professione, Roma, Ed. Armando, 1997, p. 33. 

RECENSIoNI 
291 


servizio 
di 
altri 
obiettivi, 
ideali 
o 
egoistici, 
o 
potere 
"in 
senso 
stretto", 
cio� 
per godere del senso di prestigio che esso conferisce�. 


Negli 
anni 
passati, 
anche 
quando 
le 
ideologie 
non 
godevano 
pi� 
di 
grande 
prestigio 
e 
rispetto, 
era 
pur 
sempre 
ancora 
possibile, 
per 
chi 
entrava 
in 
politica, 
giustificare 
l'aspirazione 
al 
potere 
con le 
proprie 
convinzioni 
ideologiche. Ma 
oggigiorno, con il 
crollo di 
tutte 
le 
ideologie, l'aspirazione 
al 
potere 
non pu� 
pi� ammantarsi n� ricoprirsi di veli ideologici: � rimasta nuda. 


oggigiorno 
gli 
elettori 
dovrebbero 
quindi 
sapere, 
senza 
inganno, 
a 
chi 
sia 
destinato il loro mandato. 


Il 
mandato 
sar� 
purtroppo 
oggi 
conferito 
a 
chi, 
semplicemente 
e 
senza 
inf�ngimenti, aspira 
al 
potere, in contrasto con il 
monito di 
platone 
che 
(cfr. 
vII 
Libro 
della 
Repubblica) 
consigliava 
di 
attribuire 
il 
potere 
soltanto 
a 
coloro 
che non l'amavano. 


� 
notorio 
che 
il 
desiderio 
di 
potere 
eccita 
la 
vanit�, 
stimola 
l'orgoglio, 
esalta 
i 
difetti 
umani 
ed 
accentua 
le 
debolezze 
delle 
persone 
che 
lo 
gestiscono, 
attenuando la 
capacit� 
di 
autocontrollo che 
solo la 
saggezza 
� 
in grado di 
assicurare 
e di imporre (13). 


Ed � 
proprio la 
saggezza 
la 
dote 
che 
solitamente 
manca 
in chi 
ama 
il 
potere 
e possiede le altre per conquistarlo. 


Le 
verifiche 
e 
le 
ricerche 
effettuate 
per redigere 
questo libro, hanno aiutato 
a 
comprendere 
che 
chi 
riesce 
a 
conquistare 
il 
potere, 
se 
intende 
esercitarlo 
in modo corretto per governare 
bene, deve 
avvalersi 
soprattutto del 
requisito 
della 
saggezza, intesa 
come 
un'equilibrata 
capacit� 
di 
gestione 
e 
di 
controllo 
delle 
proprie 
doti 
politiche, costituite 
da 
intuito, intelligenza, solidit� 
di 
carattere, 
conoscenza 
dell'animo umano e, principalmente, dal 
rispetto dell'etica 
e 
della legalit� in politica e in economia (14). 


E 
poich� 
la 
necessit� 
di 
governare 
bene 
costituisce 
un valore 
che 
prevale 
su ogni 
altro valore 
(15), compreso quello della 
scelta 
di 
chi 
deve 
andare 
al 
potere 
per governare 
(16), si 
� 
cercato in questo libro di 
individuare 
in qual 


(13) 
Cfr. 
J. 
ALTHUSIUS, 
La 
politica 
(elaborata 
organicamente 
come 
metodo 
e 
illustrata 
con 
esempi 
sacri 
e 
profani), Torino, Claudiana, 2009, Tomo I, p. 517: 
�L'esperienza testimonia che 
il 
potere 
genera 
presunzione, 
la 
presunzione 
indolenza, 
l'indolenza 
disprezzo, 
il 
disprezzo 
diminuzione 
dell'autorevolezza
�. 
(14) Riteniamo straordinarie, al 
riguardo, le 
considerazioni 
espresse 
da 
ANToNIo 
GENovESI 
nelle 
sue 
"Lezioni 
di 
economia civile", del 
1765: 
�Quando in una nazione 
vacillano i 
fondamenti 
della fede 
etica, neppure quelli dell'economia e della politica possono stare saldi�. 
(15) Cfr. I. KANT, per 
la pace 
perpetua, Milano, Rusconi, 1997, p. 77-78, �per 
il 
popolo, per�, � 
incomparabilmente 
pi� importante 
il 
modo di 
governare 
che 
la forma dello Stato (sebbene 
dipenda in 
gran parte anche da quest'ultima la maggiore o minore adeguatezza del modo di governare al fine�. 
(16) A 
questo proposito appaiono illuminanti 
le 
conclusioni 
alle 
quali 
giunge 
ALExIS 
DE 
ToCqUEvILLE, 
nel 
suo capolavoro La democrazia in America, cit. supra 
in nota 
8, p. 815: 
�e, in effetti, difficile 
capire 
come 
uomini, 
che 
hanno 
interamente 
rinunciato 
all'abitudine 
di 
dirigersi 
da 
soli, 
potrebbero 
riuscire 
a scegliere 
bene 
quelli 
che 
debbono guidarli; e 
nessuno riuscir� mai 
a far 
credere 
che 
un governo 
libero, energico e saggio, possa mai uscire dai suffragi di un popolo di servi�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


modo sia 
possibile 
rendere 
il 
nostro sistema 
democratico rappresentativo pi� 
aperto 
e 
funzionale 
per 
garantire 
ed 
assicurare 
un 
'effettiva 
tutela 
degli 
interessi 
della 
generalit� 
dei 
cittadini 
che 
dovrebbe 
costituire 
sia 
il 
primario obiettivo 
perseguito da 
ogni 
Stato fondamentalmente 
democratico, sia 
l'obiettivo principale 
di 
ogni 
governante 
veramente 
democratico che, come 
tale, desideri 
essere 
ricordato (17). 


F. c. 
(17) E 
l'obiettivo che 
sicuramente 
ha 
perseguito ALExIS 
DE 
ToCqUEvILLE 
durante 
il 
corso della 
sua 
vita 
politica. quando Tocqueville 
� 
stato chiamato a 
far parte 
dell'Accademia 
di 
Francia 
nel 
1842, 
il 
Direttore 
dell'Accademia 
Conte 
Mol�, lo ha 
presentato con queste 
parole: 
�Voi 
mettete 
la verit� al 
di 
sopra del 
successo; avete 
quella specie 
di 
ritegno che 
danno le 
idee 
quando sono attinte 
alla sorgente 
di 
una convinzione 
profonda. da qui 
la fermezza, la sobriet�, la semplicit� dell'espressione, l'assenza 
di declamazione 
(...) 
la moralit� pura ed elevata che si respira nei vostri scritti�. 

RECENSIoNI 
293 


GuGlielmo 
BernaBei, GiaComo 
montanari 
(*) (a cura di) 
�regionalismo 
differenziato 
e 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica� 

(CLeup 
editoRe 
- uniVeRSit� 
degLi 
Studi 
di 
pAdoVA 
- 2019) 


La 
prospettiva 
volta 
all�attuazione 
del 
Regionalismo 
differenziato 
va 
vista 
nella 
sua 
rilevante 
portata 
autonomistica, in un rafforzato rapporto di 
responsabilit� 
diretta 
tra 
cittadini 
e 
governanti 
che 
trova, 
nella 
autonomia, 
la 
sua 
tipica 
espressione. 
Tale 
processo 
non 
pu� 
rimanere 
disgiunto 
ed 
isolato 
rispetto 
ad 
una 
pi� 
ampia 
esigenza 
di 
valorizzazione 
del 
principio 
costituzionale 
di 
cui 
all�art. 5 della 
Costituzione 
e 
delle 
norme 
del 
Titolo v, al 
fine 
di 
giungere, in 
maniera 
organica 
e 
nel 
rispetto dell�unit� 
e 
indivisibilit� 
del 
Paese, alla 
realizzazione 
della 
Repubblica 
delle 
autonomie, 
in 
cui 
i 
diversi 
attori 
del 
governo 
locale 
e 
regionale, 
nella 
specificit� 
delle 
reciproche 
posizioni 
istituzionali 
e 
dei 
ruoli, possano assumere 
la 
valenza 
che 
� 
loro propria, coniugando autonomia 
e responsabilit� per ciascun livello di governo. 

Il 
presente 
studio cerca 
di 
affrontare 
i 
temi 
principali 
in tema 
di 
regionalismo 
differenziato e 
coordinamento della 
finanza 
pubblica. L�incerto equilibrio 
del 
regionalismo 
differenziato 
sul 
piano 
finanziario, 
la 
crisi 
dell�autonomia 
finanziaria 
e 
l�espansione 
della 
funzione 
statale 
di 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica, e 
i 
rapporti 
tra 
regionalismo differenziato e 
la 
finanza 
locale 
costituiscono 
le 
tre 
linee 
guida 
secondo 
le 
quali 
� 
stato 
suddiviso 
il lavoro di ricerca. 


La 
presenza 
di 
contributi 
dei 
pi� qualificati 
studiosi 
e 
protagonisti 
delle 
tematiche 
riportate 
consente 
di 
offrire 
una 
valida 
base 
di 
riflessione 
e 
di 
analisi, 
secondo 
una 
impostazione 
giuridico-economica, 
funzionale 
ad 
orientarsi 
in 
un 
ambito 
cos� 
complesso 
e 
cruciale 
per 
lo 
sviluppo 
delle 
autonomie 
territoriali 
in 
Italia. 
In 
questo 
senso, 
non 
mancano, 
fin 
dall�Introduzione 
al 
volume, 
i 
contributi 
di 
profilo comparatistico che 
arricchiscono le 
argomentazioni 
esposte 
anche in un contesto sovranazionale. 

Il 
regionalismo 
differenziato 
pone 
questioni 
ineludibili 
sospese 
tra 
crescita 
economica 
e 
coesione 
territoriale, 
sulla 
base 
di 
modalit� 
nuove 
di 
utilizzo 
e di reperimento delle risorse da parte delle autonomie regionali e locali. 


(*) Guglielmo bernabei 
� 
Avvocato e 
Dottore 
di 
ricerca 
in Diritto costituzionale; 
Giacomo Montanari 
� 
Avvocato specializzato in Diritto tributario, politiche fiscali e finanza locale. 
Entrambi 
i 
curatori 
collaborano 
con 
le 
principali 
riviste 
giuridiche 
del 
settore. 
Tra 
le 
loro 
precedenti 
monografie 
si 
ricordano 
�Tributi 
propri 
e 
autonomie 
locali�, 
prima 
e 
seconda 
edizione 
2015-2016, 
Primiceri 
Editore; 
�Fiscalit� 
locale. 
Ricerca 
di 
un 
difficile 
equilibrio�, 
Aracne 
Editore, 
2016; 
�Autonomie 
e 
finanza 
locale�, CLEUP Editore - Universit� di Padova, 2017. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 2/2019 


INDICE 
Premessa 


� 
GUGLIELMo 
bERNAbEI, 
GIACoMo 
MoNTANARI 
�Regionalismo 
differenziato 
e 
coordinamento 
della finanza pubblica: alcune questioni preliminari� 
Parte Introduttiva 


� 
ANDREA 
FERRI 
�Regionalismo 
differenziato 
e 
profili 
finanziari: 
modi 
e 
contesti 
di 
attuazione. 
una introduzione� 
� 
JUAN 
CARLoS 
GARC�A 
qUI�oNES 
�il 
riparto di 
comeptenze 
in materia giuslavoristica tra lo 
Stato e le Comunit� autonome: il modello spagnolo� 
� 
LUCIo 
ALESSIo 
D�UbALDo 
�La 
forza 
dell�autonomia 
locale 
alla 
base 
del 
rinnovamento 
dello Stato� 
PARTE PRIMA 
Incerto equilibrio del regionalismo differenziato sul piano finanziario 


� 
GIoRGIo 
MACCIoTTA 
�Quale autonomia? tra ricentralizzazione e partecipazione� 
� 
ALbERTo 
ZANARDI 
�il 
finanziamento 
del 
regionalismo 
differenziato: 
osservazioni 
sulle 
bozze 
di intesa� 
� 
GIovAMbATTISTA 
PALUMbo 
�Autonomia finanziaria delle 
Regioni 
a Statuto speciale 
e 
Voluntary 
disclosure� 
� 
GIANCARLo 
PoLA 
�il 
distacco dall�uniformit� e 
la ricerca di 
autonomie 
territoriali 
differenziate: 
un caso non solo italiano� 
PARTE SECoNDA 
Crisi dell�autonomia finanziaria e l�espansione 
della funzione statale di coordinamento della finanza pubblica 


� 
GUGLIELMo 
bERNAbEI 
�esigenze 
di 
autonomia differenziata e 
questioni 
di 
finanza locale� 
� 
CLAUDIo 
DE 
vINCENTI 
�Regionalismo 
differenziato 
e 
comune 
cittadinanza 
italiana: 
la 
questione 
delle risorse e quella delle competenze� 
� 
ALESSANDRo 
PETRETTo 
�Federalismo differenziato e 
finanza delle 
Regioni 
a Statuto ordinario: 
due riforme necessariamente concomitanti� 
� 
ENZo 
bALboNI 
�Regionalismo differenziato ed attuazione 
dell�art. 116 della Costituzione� 
PARTE 
TERZA 
Regionalismo differenziato e questioni di finanza locale. Alcuni casi specifici 


� 
GIACoMo 
MoNTANARI 
�Local tax: obiettivo archiviato?� 
� 
GIUSEPPE 
DEbENEDETTo 
�Regionalismo 
differenziato 
e 
riscossione 
coattiva 
dei 
tributi 
locali� 
� 
CRISTINA 
CARPENEDo 
�Le 
criticit� dell�imposta di 
soggiorno in una prospettiva di 
autonomia 
differenziata� 
� 
LoRIS 
ToSI 
�natura 
e 
limiti 
dell�imposta 
di 
scopo 
in 
un 
contesto 
di 
autonomia 
locale 
in 
continua ed instabile evoluzione� 

RECENSIoNI 
295 


� 
PASqUALE 
MIRTo 
�incerte 
risorse 
per 
l�autonomia 
differenziata. 
La 
tariffa 
rifiuti 
corrispettiva 
tra caos normativo e applicazioni personalizzate� 
� 
NICoLA 
CoNDEMI 
�Le 
Autonomie 
speciali 
tra riserve 
di 
gettito fiscale 
ed accantonamenti 
a 
valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali� 
� 
vITToRIo 
FERRI 
�L�imposta di soggiorno, la finanza dei Comuni e il ruolo delle Regioni� 

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