ANNO LXX - N. 4 
OTTOBRE - DICEMBRE 2018 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 



COMITATO 
SCIENTIfICO: 
Presidente: Michele 
Dipace. Componenti: Franco Coppi 
- Giuseppe 
Guarino Natalino 
Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 


DIRETTORE 
RESPONSABILE: 
Giuseppe 
Fiengo 
-CONDIRETTORI: 
Maurizio 
Borgo, 
Danilo 
Del 
Gaizo 
e 
Stefano Varone. 


COMITATO 
DI 
REDAZIONE: 
Giacomo Aiello -Lorenzo 
D�Ascia 
-Gianni 
De 
Bellis 
-Francesco 
De 
Luca 
-
Wally 
Ferrante 
-Sergio 
Fiorentino 
-Paolo 
Gentili 
-Maria 
Vittoria 
Lumetti 
-Francesco 
Meloncelli 
Marina 
Russo. 


CORRISPONDENTI 
DELLE 
AVVOCATURE 
DISTRETTUALI: 
Andrea 
Michele 
Caridi 
-Stefano 
Maria 
Cerillo 
Pierfrancesco 
La 
Spina 
-Marco 
Meloni 
-Maria 
Assunta 
Mercati 
-Alfonso 
Mezzotero 
-Riccardo 
Montagnoli 
-Domenico 
Mutino 
-Nicola 
Parri 
-Adele 
Quattrone 
-Pietro 
Vitullo. 


HANNO 
COLLABORATO 
INOLTRE 
AL 
PRESENTE 
fASCICOLO: 
Federico 
Casu, 
Andrea 
Colaruotolo, 
Carla 
Colelli, 
Isabella 
Corsini, 
Enrico 
De 
Giovanni, 
Pierluigi 
Di 
Palma, 
Andrea 
Fedeli, 
Michele 
Gerardo, 
Daniela 
Giacobbe, 
Federico 
Gragnoli, 
Raffaele 
Greco, 
Antonio 
Mitrotti, 
Gaetana 
Natale, 
Alessandra 
Parente, 
Carlo 
Maria 
Pisana, 
Vincenzo 
Rago, 
Diana 
Ranucci, 
Agnese 
Soldani, 
Luca 
Soldini, 
Marco 
Stigliano 
Messuti, 
Antonio 
Tallarida. 


Email 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it 
danilodelgaizo@avvocaturastato.it 
stefanovarone@avvocaturastato.it 


ABBONAMENTO 
ANNUO 
..............................................................................� 40,00 
UN 
NUMERO 
.............................................................................................. � 12,00 


Per 
abbonamenti 
ed 
acquisti 
inviare 
copia 
della 
quietanza 
di 
versamento 
di 
bonifico 
bancario 
o 
postale 
a 
favore 
della 
Tesoreria 
dello 
Stato 
specificando 
codice 
IBAN: 
IT 
42Q 
01000 
03245 
348 
0 
10 
2368 
05, 
causale 
di 
versamento, 
indirizzo 
ove 
effettuare 
la 
spedizione, 
codice 
fiscale 
del 
versante. 


I 
destinatari 
della 
rivista 
sono 
pregati 
di 
comunicare 
eventuali 
variazioni 
di 
indirizzo 


AVVOCATURA 
GENERALE 
DELLO 
STATO 
RASSEGNA 
- Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia - Printed in Italy 


Autorizzazione 
Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 



indice 
-sommario 


CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
federico Gragnoli, La �saga Taricco� 
al 
capolinea. Brevi 
riflessioni 
offerte 
da questa singolar tenzone. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
1 
Carla 
Colelli, 
La tutela processuale 
nel 
rito �super 
accelerato� 
degli 
appalti 
pubblici 
e 
i 
principi 
eurounitari 
(C. giustizia 
UE, Sez. IV, ord. 14 
febbraio 2019, C-54/18) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
26 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
Andrea 
Colaruotolo, In tema di 
reato tributario di 
�omesso versamento 
di 
ritenute� 
il 
solo mod. 770 non prova il 
rilascio ai 
sostituiti 
della certificazione 
fiscale 
(Cass. pen., Sez. Un., sent. 1 giugno 2018 n. 24782) 
. . �� 
39 
federico 
Casu, 
Le 
Sezioni 
Unite 
della 
Cassazione 
penale 
tra 
�abnormit�� 
delle 
situazioni 
processuali 
e 
diritto di 
difesa: brevi 
considerazioni 
sulla 
sentenza n. 40984 del 
2018 (Cass. pen. Sez. Un., sent. 24 settembre 
2018 
n. 40984). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
56 
Carlo Maria 
Pisana, 
Cassazione 
civile: principio di 
chiarezza nella formulazione 
dei 
motivi 
di 
impugnazione 
(art. 
360 
c.p.c.) 
(Cass. 
civ., 
Sez. 
V, 
ord. 23 gennaio 2019 n. 1831) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
81 
La sentenza n. 2097/2017 del 
Tribunale 
di 
Cagliari 
sulla definizione 
di 
demanio 
marittimo 
(sistema 
dunale) 
(Trib. 
Cagliari, 
sent. 
27 
giugno 
2017 
n. 2097). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
91 
Luca 
Soldini, 
Qualche 
riflessione 
sull�accesso 
civico 
generalizzato 
a 
nota 
della 
sentenza 
n. 
1546/2019 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(Cons. 
St., 
Sez. 
III 
sent. 6 marzo 2019 n. 1546) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
99 
I PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 
Andrea 
fedeli, Gara pubblica, sulla regolarizzazione 
postuma della posizione 
previdenziale 
di 
un impresa subentrata in seguito a scorrimento 
della graduatoria 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
115 
Isabella 
Corsini, Il 
rimborso delle 
spese 
legali 
(ex 
art. 18 d.l. n. 67/1997) 
solo 
in 
caso 
di 
procedimenti 
giudiziari 
conseguenti 
ad 
atti 
compiuti 
o 
connessi 
all�espletamento dei compiti istituzionali 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
118 
Isabella 
Corsini, 
Il 
(non) 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
(ex 
art. 
18 
d.l. 
n. 
67/1997) 
in caso di 
assoluzione 
da parte 
del 
giudice 
penale 
per 
la particolare 
tenuit� della condotta in contestazione 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
120 
Vincenzo Rago, Il 
rimbordo delle 
spese 
legali 
(ex 
art. 18 d.l. n. 67/1997) 
solo in caso di 
esercizio dei 
compiti 
istituzionali 
espletati 
�senza violazione 
di doveri e senza conflitto di interessi con l�Amministrazione� 
. . . �� 
122 
Agnese 
Soldani, 
In 
merito 
alla 
sospensione 
della 
concessione 
di 
vitalizio 
a 
favore 
di 
Consigliere 
regionale 
a 
seguito 
di 
condanna 
definitiva 
comportante 
interdizione 
dai 
pubblici 
uffici: 
la 
�norma 
monito� 
(art. 
2, 
D.L. 
174/2012) 
�� 
126 



Daniela 
Giacobbe, 
Possibilit� 
di 
rateizzazione 
di 
un 
credito 
erariale 
vantato 
da 
un 
Ministero 
nei 
confronti 
di 
un 
Comune, 
la 
normativa 
applicabile 
... 


Enrico 
De 
Giovanni, 
Il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
(ex 
art. 
18 
d.l. 
n. 
67/1997) 
ai 
soli 
giudizi 
svoltisi 
nell�ambito 
dell�apparato 
giurisdizionale 
dell�ordinamento statale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Danilo Del 
Gaizo, Modalit� di 
applicazione 
della sospensione 
di 
diritto 
dalla carica elettiva ex art. 11, D.lgs. 31 dicembre 2012 n. 235 
. . . . . . . 

Andrea 
fedeli, 
Il 
(non) 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
(ex 
art. 
18 
d.l. 
n. 
67/1997) in caso di decreto di archiviazione per remissione della querela 


Enrico 
De 
Giovanni, 
Il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
(ex 
art. 
18 
d.l. 
n. 
67/1997) in �un caso� di procedimento civile conclusosi in rito 
. . . . . . 

Diana 
Ranucci, 
Accordo 
(ex 
art. 
15, 
L. 
241/90) 
tra 
una 
p.a. 
ed 
un 
ente 
pubblico economico per 
la concessione 
in uso di 
beni 
pubblici, presupposti 
e condizioni 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Giacomo Aiello, Accordi 
e 
convenzioni 
stipulati 
tra ICE 
e 
reti 
di 
distribuzione 
(GDO) in Paesi esteri, la normativa di riferimento 
. . . . . . . . . . 

Sergio fiorentino, 
Sulla esclusione 
delle 
imprese 
da gare 
pubbliche 
per 
pregresse condotte che integrano illeciti anticoncorrenziali 
. . . . . . . . . . 

Marco 
Stigliano 
Messuti, 
Convenzione 
tra 
una 
autorit� 
portuale 
ed 
un 
ente 
pubblico di 
ricerca (ex 
art. 15, l. 241/1990), in specie 
sulla ammissibilit� 
del rimborso delle spese per il personale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

LEGISLAZIONE 
ED 
ATTUALIT� 


Antonio Tallarida, I trasferimenti 
individuali 
nel 
rapporto di 
lavoro pubblico 
e privato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Pierluigi 
Di 
Palma, 
Problemi 
attuali 
del 
trasporto 
aereo 
nel 
nostro 
Paese 


Alessandra 
Parente, Il 
Dottorato di 
ricerca tra spinte 
internazionali 
e 
digitali 
in un difficile 
equilibrio tra mondo della formazione 
e 
mondo del 
lavoro 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 


Michele 
Gerardo, La selezione 
della burocrazia in Italia nell�attuale 
momento 
storico 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Un incontro (studio comparativo) in tema di 
esecuzione 
delle 
decisioni 
giudiziarie. Visita di Studio a Roma di una Delegazione Indonesiana 
. . 
Gaetana Natale, 
Effective civil decisions enforcement system in Italy 
Raffaele 
Greco, 
Enforcement 
proceedings 
in 
the 
italian 
admnistrative 
trial 


Antonio 
Mitrotti, 
L�estensiva 
interpretazione 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica: 
dai 
foreign 
fighters 
agli 
attacchi 
cyber. 
Riflessioni 
sulla 
dilatazione 
giurisprudenziale 
del 
diniego 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
per 
motivi 
di sicurezza 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 
133 
�� 
136 
�� 
140 
�� 
145 
�� 
146 
�� 
152 
�� 
159 
�� 
163 
�� 
181 
�� 
191 
�� 
204 
�� 
241 
�� 
259 
�� 
284 
�� 
292 



ConTenziosoComuniTarioedinTernazionaLe
La �saga Taricco� al capolinea. Brevi 
riflessioni offerte da questa singolar tenzone 


Federico Gragnoli* 


Sommario: 
1. 
Premessa 
-2. 
il 
casus 
belli 
-3. 
La 
sentenza 
Taricco 
e 
le 
reazioni 
dei 
giudici 
nazionali - 4. La Taricco bis e la replica della Consulta: divieto d�accesso della �regola Taricco� 
- 5. Prospettive de iure condendo. 
in 
aLLegaTo: Sentenza Taricco bis (CgUe, grande 
Sezione, sent. 5 dicembre 2017, C-42/2017); Sentenza Corte Costituzionale, n. 115/2018. 


1. 
Premessa. 
La 
vicenda 
giudiziaria 
che 
va 
sotto 
il 
nome 
di 
�Saga 
Taricco� 
pur 
da 
considerarsi, 
ormai, 
archiviata 
a 
seguito 
della 
sentenza 
di 
rigetto 
del 
10 
aprile 
2018 
(1) 
della 
nostra 
Corte 
Costituzionale, 
continua 
ad 
offrire 
interessanti 
spunti di riflessione, anche alla luce, come si dar� conto infra, di interessanti 
novit� legislative offerte dal diritto dell�Unione Europea. 

Infatti, quella che all�inizio poteva apparire come una �banale� vicenda 
giudiziaria ha, in realt�, palesato pi� implicazioni che, travalicando i confini 
delle 
aule 
dei 
Tribunali, 
attengono 
a 
problematiche 
di 
pi� 
ampio 
respiro, 
quali 
il bilanciamento dei diritti fondamentali sanciti nella Carta costituzionale con 
le norme dell�Unione Europea, oppure l�equilibrio tra potere legislativo (rectius 
diritto 
penale 
di 
produzione 
scritta) 
e 
quello 
giudiziario 
(rectius 
diritto 
penale 
di produzione magistratuale). 

Tale asserzione trova conforto in una riflessione critica della vicenda Taricco 
globalmente considerata; difatti, come si vedr�, si � assistito, da un lato, 
alla presa d�atto della Corte di Giustizia dell�UE della necessaria 
considera


(*) Dottore in Giurisprudenza, Ufficiale della Guardia di Finanza. 


(1) 
Sentenza n. 115 del 10 aprile 2018, Corte Costituzionale, Pres. Lattanzi. 

raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


zione da attribuire ai principi fondamentali scolpiti nella Costituzione italiana 
e, dall�altro, la nostra Corte Costituzionale, prendendo spunto dalla saga giudiziaria 
in questione, ha colto l�occasione per sottolineare la primazia del diritto 
positivo su un diritto frutto di creazionismo, dando risalto alla figura del 
giudice bouche de la loi 
rispetto a quella del giudice di scopo (2). 


Ha offerto, quindi, la possibilit� (3) di dare una concreta applicazione a 
quella teoria c.d. dei controlimiti, che si propone di essere il baluardo contro 
gli �attacchi� delle normative sovranazionali ai principi contenuti nella Costituzione 
repubblicana. 


2. 
il casus belli. 
Per 
dare 
un 
contenuto 
alle 
riflessioni 
offerte 
� 
necessario 
ripercorrere 
e 
chiarire 
la 
vicenda 
giudiziaria 
che 
ha 
coinvolto, 
tra 
gli 
altri, 
il 
Sig. 
Taricco, 
commerciante 
di 
champagne 
cuneese, 
coinvolto 
in 
una 
frode 
carosello 
all�IVa 
(4). 


In tale circostanza, il G.U.P. presso il Tribunale di Cuneo (5), chiamato a 
giudicare gli imputati, si avvide del fatto che i reati tributari ascritti erano destinati 
ad estinguersi per decorso del termine prescrizionale, in virt� dell�applicazione 
delle regole sul tema offerte dal codice penale. 


Tale status quo 
ha determinato nel giudice l�intendimento di promuovere 
un rinvio pregiudiziale dinanzi alla Corte di Giustizia dell�UE chiedendosi se 
con la norma che consente la decorrenza del termine di prescrizione dei reati 
fiscali 
durante 
il 
procedimento 
penale, 
con 
conseguente 
garantita 
impunit� 
per gli evasori dell�iVa, lo Stato italiano abbia creato un�ipotesi aggiuntiva 
di esenzione non prevista nella direttiva, violando l�obbligo imposto a livello 
comunitario, di prevenire qualsiasi forma di evasione, elusione ed abuso. 


In 
sostanza, 
il 
giudice 
piemontese 
si 
chiede 
se 
le 
disposizioni 
italiane 
ine


(2) 
La definizione di giudice di scopo � tratta da un articolo di D. PULITan�, il giudice e la legge 
penale, in Questione giustizia 
n. 2/2017. 
(3) 
Possibilit� definita dalla stessa Corte Costituzionale come sommamente improbabile nel paragrafo 
2 dell�Ordinanza n. 24 del 2017. 
(4) 
Tali tipologie di frode vengono poste in essere, nella loro modalit� pi� semplice, attraverso 
l�interposizione 
nella 
filiera 
commerciale, 
in 
particolare 
quale 
primo 
acquirente 
nazionale, 
di 
una 
societ� 
�scatola vuota� priva di alcuna attivit� imprenditoriale e di consistenza patrimoniale, avente l�esclusivo 
scopo di assorbire il debito IVa 
scaturente dalla cessione nazionale successiva all�acquisto intracomunitario, 
che � del tutto neutro ai fini IVa 
in quanto a seguito della registrazione della fattura nel registro 
degli acquisti, vi � anche la registrazione in quello delle vendite, annullando, di fatto, il vantaggio IVa 
derivante 
dall�acquisto. 
L�obiettivo 
che 
viene 
perseguito 
non 
� 
solo 
di 
carattere 
fiscale, 
finalizzato 
dunque 
all�evasione dell�IVa, ma � anche di carattere commerciale; la prima 
finalit� � quindi servente alla seconda 
che si esplica nella possibilit�, da parte degli appartenenti alla filiera commerciale criminale, di 
immettere sul mercato prodotti, beni o servizi ad un prezzo decisamente pi� basso rispetto alla concorrenza, 
proprio perch� in quella catena si � verificato un vuoto impositivo. � il c.d. �sotto-costo�. nei sistemi 
di frode pi� complessi, invece, il soggetto interposto non � solo la cartiera, ma ci sono anche i c.d. 
�filtri�, societ� funzionali all�allungamento della catena fraudolenta e tra i pi� insidiosi ai fini dell�accertamento 
del coinvolgimento in un contesto siffatto. 
(5) 
Tribunale di Cuneo, Ufficio del G.U.P., Ordinanza del 17 gennaio 2014. 

COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


renti alla prescrizione (6), in ragione del particolare meccanismo applicativo 
secondo 
il 
quale 
il 
termine 
prescrizionale, 
anche 
a 
seguito 
di 
interruzione, 
non 
pu� prolungarsi di oltre un quarto rispetto al termine naturale, violi talune disposizioni 
di matrice europea. 


Tali disposizioni riguardano: 


-il divieto di concorrenza sleale (articolo 101 TFUE); 


-il divieto di aiuti di Stato (articolo 107 TFUE); 


-il divieto di creare un�esenzione dell�IVa 
non prevista dalla normativa 
dell�UE (articolo 158, paragrafo 2, della direttiva 2006/112); 


-l�obbligo 
degli 
Stati 
di 
vigilare 
sul 
carattere 
sano 
delle 
finanze 
pubbliche 
(articolo 119 TFUE). 


Per 
superare 
l�impasse 
il 
G.U.P. 
di 
Cuneo 
ha, 
quindi, 
proposto 
rinvio 
pregiudiziale 
alla Corte di Giustizia dell�Unione Europea. 


3. 
La sentenza Taricco e la reazione dei giudici nazionali. 
Dalla lettura della sentenza (7) che va sotto il nome �Taricco� si percepisce 
immediatamente 
qual 
� 
il 
preminente 
interesse 
dell�UE 
sulla 
questione 
pregiudiziale che le viene sottoposta. 


Difatti, 
dal 
paragrafo 
34 
della 
sentenza 
in 
commento, 
la 
Corte 
inizia 
a 
discutere 
nel 
merito 
della 
questione 
iniziando 
proprio 
dalla 
fattispecie 
che 
riguarda 
il 
divieto 
di 
creare 
un�esenzione 
dell�IVa 
non 
prevista 
(articolo 
158, 
paragrafo 
2, 
della 
direttiva 
2006/112). 
Ci� 
in 
ragione 
di 
una 
specificazione 
che 
viene 
fornita 
nel 
paragrafo 
38 
in 
cui 
la 
Corte 
sottolinea 
che 
l�IVa 
costituisce 
una 
risorsa 
propria 
del 
bilancio 
dell�UE 
e 
che 
per 
tale 
ragione 
gli 
Stati 
devono, 
come 
statuisce 
l�articolo 
2 
paragrafo 
1 
della 
Convenzione 
PIF, 
prendere 
le 
misure 
necessarie 
affinch� 
le 
condotte 
che 
integrano 
una 
frode 
lesiva 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
siano 
passibili 
di 
sanzioni 
penali 
effettive, 
proporzionate 
e 
dissuasive 
che 
comprendano, 
almeno 
nei 
casi 
di 
frode 
grave, 
pene 
privative 
della 
libert�. 


Tale ultima asserzione � prima facie incompatibile con la disciplina della 
prescrizione 
italiana 
applicata 
al 
caso 
concreto, 
proprio 
perch� 
nella 
circostanza 
in esame il termine prescrizionale � maturo, quindi, in effetti, gli interessi 
finanziari dell�UE non sono stati adeguatamente tutelati. 


Questa valutazione, per�, spiega la Corte, deve essere effettuata dal giudice 
nazionale 
che, 
secondo 
un 
giudizio 
di 
prognosi 
postuma 
applicata 
alla 
fattispecie concreta, deve valutare se dall�applicazione delle disposizioni nazionali 
in 
materia 
di 
prescrizione 
consegue, 
in 
un 
numero 
considerevole 
di 
casi, l�impunit� penale a fronte di fatti costitutivi di una frode grave. 

(6) 
Con particolare riguardo al combinato disposto di cui agli articoli 160, ultimo comma, c.p. e 
161, comma secondo, c.p. 
(7) 
Sentenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea 
(Grande 
Sezione) 
del 
giorno 
8 
settembre 
2015 (Causa C-105/14). 

raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


In caso affermativo, il giudice dovr�, al fine di dare applicazione all�articolo 
325, 
paragrafi 
1 
e 
2 
del 
T.F.U.E., 
disapplicare 
la 
normativa 
italiana 
sulla 
prescrizione. 


La 
Corte, 
anticipando 
le 
possibili 
reazioni 
della 
magistratura 
italiana, 
sottolinea 
come 
tale 
disapplicazione, 
traducendosi 
in 
un 
allungamento 
del 
termine 
prescrizionale, 
non 
viola 
l�articolo 
49 
della 
c.d. 
Carta 
di 
nizza 
e 
rafforza 
questa 
conclusione 
sulla 
base 
della 
giurisprudenza 
maturata 
intorno 
all�articolo 
7 
della C.E.D.U. 


Per quanto concerne, invece, la possibilit� di valutare il caso Taricco alla 
luce degli articoli 101, 107 e 119 T.F.U.E. la Corte si limita a dichiarare che 
tale situazione non � valutabile alla luce di queste disposizioni. 


Le 
conclusioni 
cui 
giunge 
la 
Corte 
sono 
confortate, 
� 
bene 
introdurre 
l�argomento 
sin d�ora, essenzialmente da una visione del principio di legalit� in 
materia penale diversa da quella operata dai giudici nazionali; difatti secondo 
la C.G.U.E. tale principio si limiterebbe a perimetrare la fattispecie 
astratta e 
la 
pena 
da 
comminare, 
mentre, 
secondo 
la 
tradizione 
giurisprudenziale 
italiana, 
abbraccia ogni sfaccettatura della punibilit�, donde ne deriva anche la divergenza, 
di 
natura 
eminemente 
dogmatica, 
del 
concetto 
di 
prescrizione 
che 
viene 
inquadrato 
dalla 
C.G.U.E. 
come 
un 
istituto 
di 
diritto 
penale 
processuale, 
e 
non 
sostanziale. 


all�alba 
della 
sentenza 
appena 
riassunta 
era 
evidente 
attendersi 
comunque 
delle 
perplessit� 
da 
parte 
della 
dottrina, 
nonch� 
dubbi 
applicativi 
da 
parte 
della 
giurisprudenza, 
chiamata, 
in 
virt� 
del 
principio 
della 
prevalenza 
del 
diritto 
unionale sul diritto interno, a dare applicazione alla �regola Taricco�. 

E cos�, in alcuni casi (8), ha deciso di disapplicare l�articolo 161, comma 
2, reputando che il soggetto non ha alcun diritto soggettivo che prevale sulla 
pretesa punitiva dello Stato, dovendo escludersi ogni violazione del diritto di 
difesa, perch� non pu� assegnarsi alcun rilievo giuridico all�aspettativa del-
l�imputato al maturarsi della prescrizione (9). 


Prosegue la Cassazione asserendo che 
si tratta di un mutamento limitatamente 
per� 
a 
quel 
termine 
di 
natura 
squisitamente 
processuale, 
il 
quale 
deve 
considerarsi 
subvalente 
rispetto 
alla 
fedelt� 
agli 
obblighi 
europei 
discendenti 
dagli 
articoli 
4 
T.U.e. 
e 
325 
T.F.U.e.: 
il 
contrasto 
con 
gli 
obblighi 
europei 
concerne 
pertanto 
unicamente 
il 
regime 
della 
durata 
massima 
del 
termine 
che 
comincia a decorrere dopo l�interruzione della prescrizione, regime che non 
riceve copertura dall�art. 25 Cost. 

Un�interpretazione, 
questa, 
sicuramente 
deludente 
per 
quelli 
che 
si 
aspettavano 
una 
soluzione 
�conciliante�, 
che 
mediasse 
tra 
la 
posizione 
della 


(8) 
Tra tutte, Corte di Cassazione, Sez. III, Sentenza 2210 ud. 17 settembre 2015. 
(9) 
Ovviamente 
in 
relazione 
all�applicazione 
della 
regola 
del 
combinato 
disposto 
degli 
articoli 
160, comma 3, e 161, comma 2, c.p. 

COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


C.G.U.E. e 
le 
tradizioni 
del 
diritto italiano, allorquando, come 
sembra 
il 
caso, 
ci 
si 
trovi 
in presenza 
di 
una 
posizione 
giurisprudenziale 
in potenziale 
contrasto 
con i principi costituzionali del nostro Paese. 
Deludente 
anche 
perch�, in presenza 
di 
tale 
conflitto, ci 
si 
poteva 
anche 
aspettare 
che 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
interessasse 
la 
Corte 
Costituzionale, 
unica 
figura 
chiamata 
a 
circoscrivere, attuando la 
teoria 
dei 
controlimiti, la 
penetrazione 
del diritto di fonte internazionale all�interno del diritto italiano. 


Ulteriormente, quello che 
delude 
di 
questa 
sentenza 
� 
anche 
l�errore 
di 
valutazione 
che 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
effettuato 
in 
relazione 
al 
precedente 
giurisprudenziale citato a suffragio della propria tesi. 

Difatti, la 
sentenza 
n. 236/2011 della 
Corte 
Costituzionale, il 
precedente 
cui 
si 
� 
fatto 
cenno, 
riguardava 
un 
caso 
di 
retroattivit� 
di 
una 
norma 
favorevole 
all�imputato e 
nel 
contesto di 
quella 
vicenda 
si 
cercava 
di 
chiarire 
se 
la 
normativa 
sovranazionale 
(l�articolo 7 della 
C.E.D.U.) potesse 
applicarsi 
al 
caso 
concreto, 
chiedendosi, 
in 
estrema 
sintesi, 
se 
l�articolo 
7 
citato 
riguardasse 
anche i termini prescrizionali. 


In 
tale 
caso 
la 
risposta 
non 
fu 
positiva, 
sulla 
scorta 
del 
fatto 
che 
nella 
giurisprudenza 
della 
Corte 
Europea 
dei 
Diritti 
dell�Uomo 
la 
prescrizione 
� 
un 
istituto 
di natura processuale. 


Comunque, nella 
vicenda 
Taricco il 
problema 
era 
ben diverso, perch� 
riguardava 
non 
la 
retroattivit� 
della 
norma 
favorevole, 
bens� 
la 
irretroattivit� 
della 
norma 
sfavorevole, la 
quale 
va 
valutata 
alla 
luce 
dell�articolo 25 della 
nostra 
Costituzione 
e 
quindi 
secondo i 
paradigmi 
interpretativi 
proprio della 
nostra 
tradizione 
giurisprudenziale, 
tra 
i 
quali 
figura, 
ad 
esempio, 
la 
natura 
sostanziale 
della prescrizione. 


Queste 
le 
ragioni 
per cui 
la 
prima 
sentenza 
di 
applicazione 
della 
�regola 
Taricco� non � condivisibile. 


Difatti, 
altri 
giudici 
si 
sono 
mossi 
in 
direzione 
completamente 
diversa, 
ragionando intorno alla 
compatibilit� 
della 
�regola 
Taricco� 
con il 
diritto costituzionale 
italiano ed hanno adito la Corte Costituzionale. 


� 
l�adozione 
di 
una 
visione 
improntata 
al 
rigoroso rispetto di 
principi 
di 
matrice 
costituzionale, 
primo 
tra 
tutti 
quello 
della 
legalit� 
formale, 
ad 
aver 
ispirato una 
visione 
diversa 
dalla 
concezione 
del 
diritto penale 
adottata 
dalla 


C.G.U.E. 
La 
Corte 
d�appello di 
milano (10) ha, quindi, statuito che 
la disapplicazione 
delle 
norme 
di 
carattere 
sostanziale 
di 
cui 
agli 
articoli 
160, 
ultimo 
comma, e 
161, comma 2, c.p., [�] 
produrrebbe 
la retroattivit� in malam 
partem 
della normativa nazionale 
risultante 
da tale 
disapplicazione, implicante 
l�allungamento dei 
termini 
prescrizionali, con effetti 
che 
non sembrano compatibili 
con il principio di legalit� in materia penale 
[�]. 


(10) Corte d�appello di milano, Sez. II, sentenza del 18 settembre 2015. 

raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


a 
sua 
volta, 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
(11) 
ha 
sancito 
che 
la 
disapplicazione 
degli 
articoli 
160, ultimo comma, e 
161, comma 2, c.p., determinerebbe 
la retroattivit� 
in mala partem 
della normativa nazionale, anche 
a fatti 
commessi 
prima della sentenza Taricco, con conseguente 
violazione 
del 
diritto di 
difesa 
dell�imputato a non subire 
l�applicazione 
imprevista di 
una disciplina penale 
complessivamente 
pi� rigorosa rispetto a quella vigente 
al 
momento di 
commissione 
del fatto, oltre al principio di uguaglianza. 


Le 
conclusioni 
cui 
pervengono i 
giudici 
milanesi 
e 
della 
Suprema 
Corte, 
vengono 
fatte 
proprie 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
con 
l�ordinanza 
n. 
24 
del 
2017 
con 
la 
quale 
quest�ultima 
chiede 
in 
via 
pregiudiziale 
alla 
C.G.U.E. 
la 
soluzione 
interpretativa 
su 
tre 
questioni 
di 
diritto 
afferenti 
all�articolo 
325 


T.F.U.E. e alla Sentenza 
Taricco. 
In 
particolare, 
la 
sentenza 
della 
Consulta 
prende 
le 
mosse 
dalla 
presa 
di 
posizione 
su 
due 
questioni 
fondamentali 
per 
la 
risoluzione 
della 
controversia 
interpretativa: 
in 
primo 
luogo 
viene 
affermato 
che 
il 
principio 
di 
legalit� 
in 
materia 
penale 
esprime 
un 
principio 
supremo 
dell�ordinamento, 
posto 
a 
presidio 
dei 
diritti 
inviolabili 
dell�individuo, 
per 
la 
parte 
in 
cui 
esige 
che 
le 
norme 
penali 
siano 
determinate 
e 
non 
abbiano 
in 
nessun 
caso 
portata 
retroattiva; 
secondariamente 
viene 
precisato 
che 
nell�ordinamento 
giuridico 
nazionale 
il 
regime 
legale 
della 
prescrizione 
� 
soggetto 
al 
principio 
di 
legalit� 
in 
materia 
penale. 


La 
vexata 
quaestio, 
quindi, 
che 
si 
pone 
la 
Corte 
Costituzionale 
� 
del 
seguente 
tenore: 
l�articolo 
325 
T.F.U.E. 
deve 
essere 
interpretato 
cos� 
come 
statuito 
nella 
Sentenza 
Taricco, 
oppure 
pu� 
essere 
oggetto 
di 
formulazioni 
esegetiche 
tali 
da 
scongiurare 
qualsiasi 
attrito 
con 
l�articolo 
25 
della 
Costituzione? 


Il 
percorso logico-argomentativo affrontato dalla 
Corte 
Costituzionale 
si 
snoda 
attraverso 
un 
ragionamento 
operato 
su 
due 
distinte 
specificazioni 
del 
principio di 
legalit� 
in materia 
penale: 
la 
prevedibilit�, da 
parte 
dell�imputato 
ed in base 
al 
vigente 
quadro normativo, delle 
conclusioni 
interpretative 
rese 
in 
causa 
Taricco 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia, 
e 
il 
grado 
di 
determinatezza 
che 
l�ordinamento 
penale 
esige 
in 
relazione 
all�interpretazione 
fornita 
dell�articolo 
325 T.F.U.E., anche 
con particolare 
riguardo al 
potere 
dei 
giudici 
nell�applicazione 
della sentenza. 


Con riferimento al 
primo aspetto, la 
Corte 
candidamente 
afferma 
che 
la 
persona non potesse 
ragionevolmente 
pensare, prima della sentenza resa in 
causa Taricco, che 
l�art. 325 del 
TFUe 
prescrivesse 
al 
giudice 
di 
non applicare 
gli 
artt. 
160, 
ultimo 
comma, 
e 
161, 
secondo 
comma, 
cod. 
pen. 
ove 
ne 
fosse 
derivata l�impunit� di 
gravi 
frodi 
fiscali 
in danno dell�Unione 
in un numero 
considerevole di casi 
[�] 


(11) Corte di Cassazione, Sez. III, sentenza n. 28346 del 30 marzo 2016. 

COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


In 
relazione 
al 
secondo 
aspetto, 
la 
verifica 
cui 
� 
chiamata 
la 
Corte 
prevede 
un�analisi 
della 
sentenza 
Taricco alla 
luce 
di 
un giudizio in termini 
di 
idoneit� 
nel 
delimitare la discrezionalit� giudiziaria. 


anche 
tale 
verifica 
� 
chiaramente 
negativa, perch� 
il 
riferimento a 
concetti 
quali 
�numero 
considerevole 
di 
casi� 
non 
fa 
altro 
che 
attribuire 
ai 
giudici 
un 
obbligo 
di 
risultato 
in 
termini 
di 
politica 
criminale 
(la 
punizione 
di 
chi 
froda 
il 
bilancio dell�UE) ed � 
del 
tutto incompatibile 
con un sistema 
penale 
legalmente 
orientato, 
nel 
quale, 
per 
l�appunto, 
ogni 
aspetto 
della 
punibilit� 
soggiace 
al primato della legge. 


La 
Consulta, in ogni 
caso, si 
preoccupa 
di 
giustificare 
il 
rinvio pregiudiziale 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�UE 
specificando che 
l�impedimento del 
giudice 
nazionale 
ad applicare 
direttamente 
la regola enunciata dalla Corte 
non 
deriva da una interpretazione 
alternativa del 
diritto dell�Unione, ma esclusivamente 
dalla 
circostanza, 
in 
s� 
estranea 
all�ambito 
materiale 
di 
applicazione 
di 
quest�ultimo, 
che 
l�ordinamento 
italiano 
attribuisce 
alla 
normativa 
sulla 
prescrizione 
il 
carattere 
di 
norma penale 
sostanziale 
e 
la assoggetta al 
principio 
di 
legalit� 
espresso 
dall�art. 
25, 
secondo 
comma, 
Cost. 
� 
questa 
una 
qualificazione 
esterna rispetto al 
significato proprio dell�art. 325 del 
TFUe, 
che non dipende dal diritto europeo ma esclusivamente da quello nazionale. 


alla 
luce 
di 
queste 
formulazioni 
esegetiche, la 
Consulta 
formula 
rinvio 
pregiudiziale 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�UE, 
ravvedendo, 
nell�applicazione 
della 
regola 
Taricco, la 
violazione 
del 
principio di 
legalit� 
in materia 
penale 
e 
del 
suo 
corollario, 
la 
sufficiente 
determinatezza, 
ci� 
anche 
nell�ottica 
della 
concezione sostanzialistica del regime della prescrizione. 


4. La Taricco bis 
e 
la replica della Consulta: divieto d�accesso della �regola 
Taricco�. 
Si 
apre, a 
questo punto, l�ultimo capitolo della 
Saga 
Taricco, che 
prende 
le 
mosse 
dalle 
conclusioni 
dell�avvocato Generale 
Yves 
Bot 
presentate 
il 
18 
luglio 2017. 


Da 
una 
disamina 
di 
tale 
documento 
giudiziario 
non 
ci 
si 
sarebbe 
aspettata 
quella 
che 
� 
stata 
la 
conclusione 
adottata 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea. 


Difatti, 
l�avvocato 
Generale, 
sin 
dalle 
battute 
d�apertura 
difende 
l�operato 
della C.G.U.E. nella I Sentenza 
Taricco, asserendo che 
non si tratta di rimettere 
in discussione 
il 
principio stesso stabilito dalla Corte 
di 
giustizia nella 
sentenza Taricco, [�] quanto piuttosto di 
precisarne 
i 
criteri 
in base 
ai 
quale 
tale obbligo deve essere attuato. 


Si 
tratta, in estrema 
sintesi 
e 
secondo le 
indicazioni 
dell�avvocato Generale, 
di 
perimetrare 
ed 
offrire 
gli 
adeguati 
criteri 
ermeneutici 
che 
possano 
giustificare 
l�attuazione 
del 
principio 
per 
il 
quale 
il 
giudice 
nazionale 
deve 
disapplicare 
le 
norme 
italiane 
sulla 
prescrizione 
allorquando 
queste 
ultime 
non 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


possano garantire 
sanzioni 
effettive 
e 
dissuasive 
delle 
gravi 
frodi 
lesive 
del-
l�UE in un numero considerevole di casi. 


Tale 
operazione 
verrebbe 
posta 
in 
essere 
attraverso, 
da 
un 
lato, 
l�adozione 
di 
una 
nozione 
autonoma 
del 
diritto 
dell�Unione 
Europea 
di 
interruzione 
della 
prescrizione 
e, 
dall�altro, 
analizzando 
la 
portata 
del 
principio 
di 
legalit� 
dei 
reati e delle pene nel diritto unionale. 


nello specifico, l�avvocato Generale 
Yves 
Bot 
sostiene 
che 
la Corte 
di 
giustizia deve 
considerare 
la nozione 
di 
interruzione 
della prescrizione 
una 
nozione 
autonoma del 
diritto dell�Unione, e 
deve 
definirla nel 
senso che 
ogni 
atto diretto al 
perseguimento del 
reato nonch� 
ogni 
atto che 
ne 
costituisce 
la 
necessaria 
prosecuzione 
interrompe 
il 
termine 
di 
prescrizione; 
tale 
atto 
fa 
quindi 
decorrere 
un nuovo termine, identico al 
termine 
iniziale, mentre 
il 
termine 
di prescrizione gi� decorso viene cancellato. 


nell�analisi, 
invece, 
della 
portata 
del 
principio 
di 
legalit� 
l�avvocato 
Generale 
opera 
un ragionamento sillogistico che, a 
partire 
dal 
macro concetto di 
�ambito 
di 
applicazione 
del 
diritto 
dell�Unione�, 
finisce 
per 
suffragare 
la 
bont� 
dell�applicazione 
della 
regola 
Taricco 
sulla 
scorta 
dell�articolo 
49 
della 
Carta 
di nizza, dell�articolo 7 della C.E.D.U. e della relativa giurisprudenza. 

In sostanza, l�argomentazione 
che 
viene 
propugnata 
attiene 
al 
fatto che 
allorquando 
si 
tratti 
di 
interessi 
finanziari 
dell�UE, 
la 
relativa 
violazione 
rientra 
nell�ambito 
del 
diritto 
dell�UE 
e 
solo 
tale 
diritto 
deve 
essere 
applicato, 
con 
particolare 
riguardo alla 
nozione 
processuale 
di 
prescrizione. Ed � 
ovvio che 
solo seguendo tale 
interpretazione 
si 
pu� accettare 
la 
regola 
Taricco, diversamente 
censurabile per violazione del principio di legalit�. 


Ed 
� 
proprio 
questo 
aspetto, 
l�applicazione 
esclusiva 
del 
diritto 
dell�UE, 
che 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea 
(12) 
stigmatizza 
nella 
Taricco-bis. 


Difatti, 
viene 
affermato 
dapprima 
che 
il 
settore 
della 
tutela 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
rientra 
nella 
competenza 
concorrente 
dell�Unione 
e 
degli 
Stati 
membri, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
4, 
paragrafo 
2, 
del 
T.F.U.e; 
viene 
inoltre 
asserito che 
alla data dei 
fatti 
di 
cui 
al 
procedimento principale, il 
regime 
della 
prescrizione 
applicabile 
ai 
reati 
in 
materia 
di 
iVa 
non 
era 
stato 
oggetto 
di 
armonizzazione 
da 
parte 
del 
legislatore 
dell�Unione, 
armonizzazione 
che 
� 
successivamente 
avvenuta solo con l�adozione 
della direttiva Ue 
2017/1371 [�]. La repubblica italiana era quindi 
libera a tale 
data di 
prevedere 
che, 
nel 
suo 
ordinamento 
giuridico, 
detto 
regime 
ricadesse, 
al 
pari 
delle 
norme 
relative 
alla 
definizione 
dei 
reati 
e 
alla 
determinazione 
delle 
pene, 
nel diritto penale sostanziale 
[�]. 


appare 
chiaro, quindi, che 
l�Italia, all�epoca 
dei 
fatti, ben poteva 
(rectius 
doveva) operare 
un ragionamento intorno alla 
compatibilit� 
della 
regola 
Taricco 
con i propri principi costituzionali operanti in ambito penale. 


(12) Corte di Giustizia dell�Unione Europea (Grande Sezione), Sentenza del 5 dicembre 2017. 

COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


La 
conclusione 
non 
poteva 
essere 
diversa: 
i 
requisiti 
di 
determinatezza, 
prevedibilit� 
e 
irretroattivit� 
del 
principio 
di 
legalit� 
si 
devono 
applicare, 
nel-
l�ordinamento 
italiano, 
anche 
al 
regime 
della 
prescrizione 
relativo 
ai 
reati 
in 
materia 
di 
IVa, 
donde 
ne 
deriva 
che 
la 
regola 
Taricco 
non 
pu� 
trovare 
usbergo 
nel 
diritto 
italiano 
qualora 
si 
ravvisi 
insufficiente 
determinatezza 
nella 
legge 
applicabile 
o 
violazione 
dell�irretroattivit� 
di 
una 
norma 
sfavorevole 
all�imputato. 


Da 
queste 
ultime 
asserzioni 
la 
Consulta 
(13) tira 
le 
fila 
del 
discorso anticipato 
nell�ordinanza 
24/2017, precisando che, avuto riguardo al 
caso in trattazione, 
il 
divieto d�accesso della 
regola 
Taricco nell�ordinamento nazionale 
non 
deriva 
solo 
dal 
fatto 
che 
si 
tratta 
di 
eventi 
avvenuti 
prima 
dell�8 
settembre 
2015 (14), ma 
anche 
dall�aperto contrasto con il 
principio di 
determinatezza 
in materia penale che caratterizza la regola 
Taricco. 


In maniera 
lapidaria 
la 
Consulta 
chiude 
il 
discorso sancendo che 
la violazione 
del 
principio 
di 
determinatezza 
in 
materia 
penale 
sbarra 
la 
strada 
senza 
eccezioni 
all�ingresso 
della 
regola 
Taricco 
nel 
nostro 
ordinamento. 
Una 
conclusione, si potrebbe dire, tutt�altro che conciliante. 


5. Prospettive de iure condendo. 
La 
vicenda 
Taricco, 
come 
si 
� 
avuto 
modo 
di 
vedere, 
ha 
aperto 
un 
altro 
capitolo 
della 
saga 
sorta 
attorno 
al 
bilanciamento 
del 
principio 
del 
primato 
del 
diritto 
dell�UE 
e 
la 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali 
sanciti 
nella 
Costituzione 
italiana. 


E 
pare 
di 
intuire 
che 
in questa 
occasione 
il 
conflitto non abbia 
trovato un 
bilanciamento, 
ma 
sia 
stata 
trovata 
una 
soluzione 
tranchant 
da 
parte 
della 
Consulta, 
nonostante 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea 
abbia, vagamente 
ed in termini 
che 
in effetti 
si 
prestano a 
critiche, fatto riferimento ad una 
pacifica 
soluzione del problema. 


Ci 
si 
riferisce 
all�affermazione 
offerta 
dalla 
C.G.U.E. 
inerente 
all�adozione 
della 
direttiva 
UE 
2017/1371 
(15) 
ed 
in 
particolare 
al 
suo 
articolo 
12 
il 
quale 
nasce 
con 
il 
precipuo 
scopo 
di 
armonizzare 
la 
legislazione 
dei 
Paesi 
membri 
intorno 
al 
regime 
prescrizionale 
da 
adottare 
in 
contesti 
di 
frodi 
gravi 
all�IVa. 


armonizzazione 
che, si 
badi 
bene, opererebbe, come 
si 
desume 
dalla 
lit-
tera 
legis 
(16), 
sul 
piano 
del 
meccanismo 
di 
funzionamento 
(in 
particolare 
sulla 
durata) 
del 
termine 
prescrizionale 
e 
non 
su 
questioni 
dogmatiche 
del-
l�istituto della 
prescrizione, come 
la 
C.G.U.E. vorrebbe 
con la 
Taricco-bis, allorquando 
afferma 
che 
la repubblica italiana era quindi 
libera a tale 
data di 


(13) Corte Costituzionale, Sentenza n. 115 del 2018. 
(14) Per cui ci sarebbe violazione dell�irretroattivit� della norma penale sfavorevole. 
(15) Il cui termine di recepimento scadr� il 6 luglio 2019. 
(16) articolo 12 direttiva 
2017/1371 paragrafo 2: 
Gli 
Stati 
membri 
adottano le 
misure 
necessarie 
per permettere 
che 
le 
indagini, l�azione 
penale, il 
processo e 
la 
decisione 
giudiziaria 
per i 
reati 
di 
cui 
agli 
articoli 
3, 4 e 
5 punibili 
con una 
pena 
massima 
di 
almeno 4 anni 
di 
reclusione, possano intervenire 
per un periodo di almeno cinque anni dal momento in cui il reato � stato commesso. 

raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


prevedere che, nel suo ordinamento giuridico, detto regime ricadesse, al pari 
delle 
norme 
relative 
alla 
definizione 
dei 
reati 
e 
alla 
determinazione 
delle 
pene, 
nel diritto penale sostanziale, quasi a voler dire che, una volta armonizzate le 
legislazioni 
nazionali 
nei 
termini 
appena 
delineati, 
anche 
la 
natura 
dell�istituto 
della prescrizione debba subire una omologazione a livello di UE. 


Chiaramente 
� 
da 
destituire 
di 
fondamento 
tale 
conclusione 
in 
quanto, 
come 
evidenziato, 
la 
norma 
� 
chiara 
e 
non 
fa 
riferimento 
ad 
aspetti 
di 
carattere 
dogmatico. 


Conserva 
certamente 
validit� 
la 
direttiva 
citata 
allorquando 
si 
pone 
in 
evidenza 
non tanto la valenza �classificatoria�, quanto piuttosto la portata ed il 
significato 
del 
precetto 
in 
termini 
di 
bilanciamento 
degli 
interessi 
contrapposti 
citati precedentemente, ovvero la tutela dei diritti garantiti dalla Costituzione 
italiana in materia penale ed il principio del primato del diritto dell�UE. 


In relazione al primo principio, la direttiva offre, all�articolo 2, paragrafo 
2, una definizione chiara di reato grave, con ci� elidendo l�ostacolo (sottolineato 
in ultima istanza dalla Consulta nel paragrafo 14 della Sentenza 115 del 
2018) della indeterminatezza quale sbarramento all�accesso della regola Taricco 
nell�ordinamento italiano. 


In 
riferimento 
al 
secondo, 
invece, 
l�armonizzazione 
della 
legislazione 
render�, almeno per quanto concerne il regime della prescrizione, automatica 
l�aderenza della condotta dei Paesi membri al dettato di cui all�articolo 325 


T.F.U.E. o, per dirla diversamente, formalizzer� il primato del diritto dell�UE 
sulle questioni intorno al regime prescrizionale che riguardino gravi frodi in 
danno dell�UE. 
Infine, � opportuno sottolineare come il tema della prescrizione italiana, 
al di l� del caso oggetto di riflessione, sia comunque di profonda attualit� e 
di 
interesse 
da 
parte 
dell�UE; 
basti 
citare, 
a 
tal 
proposito, 
il 
�Documento 
di 
lavoro 
dei 
servizi 
della 
Commissione� 
siglato 
a 
Bruxelles 
il 
22 
febbraio 
2017, 
nel 
quale si fa rimando ad alcune raccomandazioni che la Commissione europea 
aveva fatto all�Italia, tra le altre cose, in materia di giustizia, ed in particolare 
propugnando una riforma della prescrizione. 


Probabile che questa serie di raccomandazioni, unitamente alla direttiva 
2017/1371 e alla Saga Taricco abbiano influenzato le ultimissime novit� legislative; 
il 
riferimento 
� 
alla 
legge 
9 
gennaio 
2019 
n. 
3 
che, 
all�articolo 
1, 
comma 1, lettere d), e) ed f) introduce una profonda rivoluzione dell�istituto 
della prescrizione (17), per cui il decorso del termine prescrizionale � sospeso 
dalla sentenza di primo grado fino alla data di esecutivit� della sentenza. 


(17) 
La cui entrata in vigore � fissata al 1 gennaio 2020. 

COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
11 


Corte 
di 
Giustizia 
dell�unione 
europea, 
Grande 
sezione, 
sentenza 
5 
dicembre 
2017, 
causa C-42/17 -Pres. K. Lenaerts, rel. J.L. da 
Cruz 
Vila�a 
- Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta dalla Corte costituzionale (Italia) il 26 gennaio 2017 - m.a.S., m.B. 


�rinvio 
pregiudiziale 
-articolo 
325 
TFUE 
-Sentenza 
dell�8 
settembre 
2015, 
Taricco 
e 
a. 
(C.105/14, 
EU:C:2015:555) 
-Procedimento 
penale 
riguardante 
reati 
in 
materia 
di 
imposta 
sul 
valore 
aggiunto 
(IVa) 
-normativa 
nazionale 
che 
prevede 
termini 
di 
prescrizione 
che 
possono 
determinare 
l�impunit� 
dei 
reati 
- Lesione 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
europea 


-Obbligo di 
disapplicare 
qualsiasi 
disposizione 
di 
diritto interno che 
possa 
pregiudicare 
gli 
obblighi 
imposti 
agli 
Stati 
membri 
dal 
diritto 
dell�Unione 
-Principio 
di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle pene� 
1 
La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
verte 
sull�interpretazione 
dell�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE 
come 
interpretato dalla 
sentenza 
dell�8 settembre 
2015, Taricco e 
a. 
(C.105/14, EU:C:2015:555) (in prosieguo: la �sentenza 
Taricco�). 


2 
Tale 
domanda 
� 
stata 
presentata 
nell�ambito 
di 
un 
procedimento 
penale 
a 
carico 
di 
m.a.S. 
e m.B. relativo a reati in materia di imposta sul valore aggiunto (IVa). 


Contesto normativo 


Diritto dell�Unione 


3 
L�articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE prevede quanto segue: 


�1. L�Unione 
e 
gli 
Stati 
membri 
combattono contro la 
frode 
e 
le 
altre 
attivit� 
illegali 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
stessa 
mediante 
misure 
adottate 
a 
norma 
del 
presente 
articolo, che 
siano dissuasive 
e 
tali 
da 
permettere 
una 
protezione 
efficace 
negli 
Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell�Unione. 
2. Gli 
Stati 
membri 
adottano, per combattere 
contro la 
frode 
che 
lede 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, le 
stesse 
misure 
che 
adottano per combattere 
contro la 
frode 
che 
lede 
i 
loro interessi finanziari�. 
Diritto italiano 


4 
L�articolo 25 della Costituzione cos� dispone: 
�nessuno pu� essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. 
nessuno pu� essere 
punito se 
non in forza 
di 
una 
legge 
che 
sia 
entrata 
in vigore 
prima 
del fatto commesso. 
nessuno pu� essere 
sottoposto a 
misure 
di 
sicurezza 
se 
non nei 
casi 
previsti 
dalla 
legge�. 


5 
L�articolo 157 del 
codice 
penale, come 
modificato dalla 
legge 
del 
5 dicembre 
2005, n. 
251 
(GUrI 
n. 
285 
del 
7 
dicembre 
2005; 
in 
prosieguo: 
il 
�codice 
penale�), 
prevede 
quanto 
segue: 
�La 
prescrizione 
estingue 
il 
reato decorso il 
tempo corrispondente 
al 
massimo della 
pena 
edittale 
stabilita 
dalla 
legge 
e 
comunque 
un tempo non inferiore 
a 
sei 
anni 
se 
si 
tratta 
di 
delitto e 
a 
quattro anni 
se 
si 
tratta 
di 
contravvenzione, ancorch� 
puniti 
con la 
sola 
pena 
pecuniaria. 
(...)�. 


6 
L�articolo 160 del codice penale � cos� formulato: 
�Il 
corso della 
prescrizione 
� 
interrotto dalla 
sentenza 
di 
condanna 
o dal 
decreto di 
condanna. 
Interrompono pure 
la 
prescrizione 
l�ordinanza 
che 
applica 
le 
misure 
cautelari 
personali 
e 
(...) il decreto di fissazione della udienza preliminare (...). 
La 
prescrizione 
interrotta 
comincia 
nuovamente 
a 
decorrere 
dal 
giorno 
della 
interruzione. 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


Se 
pi� sono gli 
atti 
interruttivi, la 
prescrizione 
decorre 
dall�ultimo di 
essi; 
ma 
in nessun 
caso i 
termini 
stabiliti 
nell�articolo 157 possono essere 
prolungati 
oltre 
il 
termine 
di 
cui 
all�articolo 161, secondo comma, fatta 
eccezione 
per i 
reati 
di 
cui 
all�articolo 51, commi 
3.bis e 3.quater, del codice di procedura penale�. 


7 
ai sensi dell�articolo 161, secondo comma, del codice penale: 
�Salvo che 
si 
proceda 
per i 
reati 
di 
cui 
all�articolo 51, commi 
3.bis 
e 
3.quater, del 
codice 
di 
procedura 
penale, 
in 
nessun 
caso 
l�interruzione 
della 
prescrizione 
pu� 
comportare 
l�aumento 
di pi� di un quarto del tempo necessario a prescrivere (...)�. 


8 ai 
sensi 
dell�articolo 2 del 
decreto legislativo del 
10 marzo 2000, n. 74, recante 
nuova 
disciplina 
dei 
reati 
in materia 
di 
imposte 
sui 
redditi 
e 
sul 
valore 
aggiunto (GUrI n. 76 del 
31 
marzo 
2000; 
in 
prosieguo: 
il 
�d.lgs. 
n. 
74/2000�), 
la 
presentazione 
di 
una 
dichiarazione 
IVa 
fraudolenta 
che 
menzioni 
fatture 
o altri 
documenti 
relativi 
a 
operazioni 
inesistenti 
� 
punita con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 
Procedimento principale e questioni pregiudiziali 


9 
nella 
sentenza 
Taricco, 
la 
Corte 
ha 
dichiarato 
che 
il 
combinato 
disposto 
dell�articolo 
160, 
ultimo comma, e 
dell�articolo 161 del 
codice 
penale 
(in prosieguo: 
le 
�disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione�), 
nella 
parte 
in 
cui 
tali 
disposizioni 
prevedono 
che 
un 
atto 
interruttivo 
della 
prescrizione 
verificatosi 
nell�ambito 
di 
procedimenti 
penali 
riguardanti 
frodi 
gravi 
in materia 
di 
IVa 
comporti 
il 
prolungamento del 
termine 
di 
prescrizione 
di 
solo un quarto della 
sua 
durata 
iniziale, � 
idoneo a 
pregiudicare 
gli 
obblighi 
imposti 
agli 
Stati 
membri 
dall�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE, nell�ipotesi 
in cui 
tali 
disposizioni 
nazionali 
impediscano di 
infliggere 
sanzioni 
effettive 
e 
dissuasive 
in un numero considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, o in cui 
prevedano, 
per 
i 
casi 
di 
frode 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dello 
Stato 
membro 
interessato, termini 
di 
prescrizione 
pi� lunghi 
di 
quelli 
previsti 
per i 
casi 
di 
frode 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione. La 
Corte 
ha 
altres� 
dichiarato che 
il 
giudice 
nazionale 
competente 
� 
tenuto a 
dare 
piena 
efficacia 
all�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE 
disapplicando, 
all�occorrenza, 
le 
disposizioni 
nazionali 
che 
abbiano 
per 
effetto 
di 
impedire 
allo Stato membro interessato di 
rispettare 
gli 
obblighi 
impostigli 
dalle 
suddette 
disposizioni 
del 
Trattato FUE. 

10 
La 
Corte 
suprema 
di 
cassazione 
(Italia) 
e 
la 
Corte 
d�appello 
di 
milano 
(Italia), 
che 
hanno 
rimesso 
alla 
Corte 
costituzionale 
(Italia) 
le 
questioni 
di 
costituzionalit�, 
ritengono 
che 
la 
regola 
tratta 
da 
detta 
sentenza 
sia 
applicabile 
nell�ambito 
di 
due 
procedimenti 
pendenti 
dinanzi 
alle 
medesime. 
Tali 
procedimenti, 
infatti, 
hanno 
ad 
oggetto 
reati 
previsti 
dal 
decreto 


n. 
74/2000 
suscettibili 
di 
essere 
qualificati 
come 
gravi. 
Inoltre, 
detti 
reati 
sarebbero 
prescritti 
ove 
si 
dovessero 
applicare 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione 
mentre, 
in 
caso 
contrario, 
i 
suddetti 
procedimenti 
si 
potrebbero 
concludere 
con 
una 
pronuncia 
di 
condanna. 
11 
La 
Corte 
d�appello di 
milano, inoltre, dubita 
che 
l�obbligo derivante 
dall�articolo 325, 
paragrafo 2, TFUE 
sia 
rispettato per quanto riguarda 
il 
procedimento pendente 
dinanzi 
ad essa. Infatti, il 
reato di 
associazione 
per delinquere 
finalizzata 
al 
contrabbando di 
tabacchi 
lavorati 
esteri, 
previsto 
all�articolo 
291 
quater 
del 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
del 
23 
gennaio 
1973, 
n. 
43, 
recante 
approvazione 
del 
testo 
unico 
delle 
disposizioni 
legislative 
in materia 
doganale 
(GUrI n. 80 del 
28 marzo 1973), bench� 
assimilabile 
a 
reati 
puniti 
dal 
decreto 
n. 
74/2000, 
come 
quelli 
oggetto 
dei 
procedimenti 
principali, 
non 
� 
soggetto 
alle 
medesime 
regole 
sul 
limite 
del 
termine 
di 
prescrizione 
previste 
per tali reati. 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
13 


12 
La 
Corte 
suprema 
di 
cassazione 
e 
la 
Corte 
d�appello di 
milano ritengono quindi 
di 
essere 
tenute, conformemente 
alla 
regola 
enunciata 
dalla 
sentenza 
Taricco, a 
disapplicare 
il 
termine 
di 
prescrizione 
previsto dalle 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in questione 
e 
a 
pronunciarsi 
sul merito. 


13 
La 
Corte 
costituzionale 
solleva 
dubbi 
sulla 
compatibilit� 
di 
una 
soluzione 
del 
genere 
con 
i 
principi 
supremi 
dell�ordine 
costituzionale 
italiano 
e 
con 
il 
rispetto 
dei 
diritti 
inalienabili 
della 
persona. In particolare, secondo tale 
organo giurisdizionale, questa 
soluzione 
potrebbe 
ledere 
il 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene, il 
quale 
impone, segnatamente, 
che le norme penali siano determinate con precisione e non possano essere retroattive. 


14 
a 
tale 
riguardo, la 
Corte 
costituzionale 
precisa 
che, nell�ordinamento giuridico italiano, 
il 
regime 
della 
prescrizione 
in 
materia 
penale 
riveste 
natura 
sostanziale 
e, 
pertanto, 
rientra 
nell�ambito di 
applicazione 
del 
principio di 
legalit�, previsto all�articolo 25 della 
Costituzione 
italiana. Di 
conseguenza, tale 
regime 
dovrebbe 
essere 
disciplinato da 
norme 
precise 
vigenti al momento della commissione del reato considerato. 


15 
alla 
luce 
di 
tali 
premesse, la 
Corte 
costituzionale 
ritiene 
di 
essere 
chiamata 
dai 
giudici 
nazionali 
interessati 
a 
pronunciarsi 
sul 
rispetto, da 
parte 
della 
regola 
enunciata 
nella 
sentenza 
Taricco, 
del 
requisito 
della 
�determinatezza� 
che, 
secondo 
la 
Costituzione, 
deve 
caratterizzare le norme di diritto penale sostanziale. 


16 
Pertanto, 
in 
primo 
luogo, 
si 
tratterebbe 
di 
verificare 
se 
l�interessato 
potesse 
sapere, 
al 
momento della 
commissione 
del 
reato considerato, che 
il 
diritto dell�Unione 
impone 
al 
giudice 
nazionale, in presenza 
dei 
presupposti 
individuati 
nella 
suddetta 
sentenza, di 
disapplicare 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in questione. Peraltro, il 
principio secondo 
cui 
la 
natura 
penale 
dell�illecito e 
la 
pena 
applicabile 
devono essere 
previamente 
e 
chiaramente 
determinabili 
dall�autore 
della 
condotta 
punibile 
discenderebbe, 
altres�, 
dalla 
giurisprudenza 
pertinente 
della 
Corte 
europea 
dei 
diritti 
dell�uomo relativa 
all�articolo 7 
della 
Convenzione 
europea 
per la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell�uomo e 
delle 
libert� 
fondamentali, 
firmata a roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la �CEDU�). 


17 
In secondo luogo, il 
giudice 
del 
rinvio rileva 
che 
la 
sentenza 
Taricco non precisa 
a 
sufficienza 
gli 
elementi 
che 
il 
giudice 
nazionale 
deve 
prendere 
in considerazione 
per riscontrare 
il 
�numero considerevole 
di 
casi� cui 
� 
legata 
l�applicazione 
della 
regola 
tratta 
da 
tale sentenza, e non pone quindi limiti al potere discrezionale dei giudici. 


18 
Secondo 
il 
suddetto 
organo 
giurisdizionale, 
peraltro, 
la 
sentenza 
Taricco 
non 
si 
pronuncia 
sulla 
compatibilit� 
della 
regola 
da 
essa 
enunciata 
con i 
principi 
supremi 
dell�ordine 
costituzionale 
italiano, e 
ha 
espressamente 
demandato questo compito ai 
giudici 
nazionali 
competenti. Esso rileva, a 
tale 
riguardo, come 
al 
punto 53 di 
tale 
sentenza 
si 
affermi 
che, 
se 
il 
giudice 
nazionale 
dovesse 
decidere 
di 
disapplicare 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in questione, detto giudice 
dovr� 
allo stesso tempo assicurarsi 
che 
i 
diritti 
fondamentali 
degli 
interessati 
siano 
rispettati. 
Esso 
aggiunge 
che 
al 
punto 
55 
di 
detta 
sentenza 
si 
precisa 
che 
una 
disapplicazione 
siffatta 
va 
disposta 
con riserva 
di 
verifica 
da 
parte 
del 
giudice 
nazionale in ordine al rispetto dei diritti degli imputati. 


19 
Inoltre, il 
giudice 
del 
rinvio rileva 
che 
la 
Corte, nella 
sentenza 
Taricco, si 
� 
pronunciata 
sulla 
questione 
della 
compatibilit� 
della 
regola 
enunciata 
in detta 
sentenza 
con l�articolo 
49 della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�Unione 
europea 
(in prosieguo: 
la 
�Carta�) riferendosi 
unicamente 
al 
principio di 
irretroattivit�. La 
Corte 
non avrebbe 
tuttavia 
esaminato 
l�altro profilo del 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene, ossia 
la 
necessit� 
che 
la 
norma 
relativa 
al 
regime 
di 
punibilit� 
sia 
sufficientemente 
determinata. 
Si 
tratterebbe 
tut



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


tavia 
di 
un 
principio 
comune 
alle 
tradizioni 
costituzionali 
degli 
Stati 
membri, 
presente 
anche 
nel 
sistema 
di 
tutela 
della 
CEDU, e 
che 
come 
tale 
corrisponde 
a 
un principio generale 
del 
diritto dell�Unione. Orbene, anche 
qualora 
si 
dovesse 
attribuire 
natura 
processuale 
al 
regime 
di 
prescrizione 
in 
materia 
penale 
nell�ordinamento 
giuridico 
italiano, 
nondimeno esso dovrebbe essere applicato in base a regole determinate. 


20 
alla 
luce 
di 
tali 
premesse, 
la 
Corte 
costituzionale 
ha 
deciso 
di 
sospendere 
il 
procedimento 
e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) Se 
l�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, (�) TFUE 
debba 
essere 
interpretato nel 
senso di 
imporre 
al 
giudice 
penale 
di 
non 
applicare 
una 
normativa 
nazionale 
sulla 
prescrizione 
che 
osta 
in un numero considerevole 
di 
casi 
alla 
repressione 
di 
gravi 
frodi 
in danno degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, ovvero che 
prevede 
termini 
di 
prescrizione 
pi� brevi 
per 
frodi 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
di 
quelli 
previsti 
per le 
frodi 
lesive 
degli 
interessi 
finanziari 
dello Stato, anche 
quando tale 
omessa 
applicazione 
sia 
priva 
di 
una base legale sufficientemente determinata. 
2) Se 
l�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, (�) TFUE 
debba 
essere 
interpretato nel 
senso di 
imporre 
al 
giudice 
penale 
di 
non applicare 
una 
normativa 
nazionale 
sulla 
prescrizione 
che 
osta 
in un numero considerevole 
di 
casi 
alla 
repressione 
di 
gravi 
frodi 
in danno degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, ovvero che 
prevede 
termini 
di 
prescrizione 
pi� brevi 
per 
frodi 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
di 
quelli 
previsti 
per le 
frodi 
lesive 
degli 
interessi 
finanziari 
dello Stato, anche 
quando nell�ordinamento dello Stato membro 
la prescrizione � parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalit�. 
3) 
Se 
la 
[sentenza 
Taricco] 
debba 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
di 
imporre 
al 
giudice 
penale 
di 
non applicare 
una 
normativa 
nazionale 
sulla 
prescrizione 
che 
osta 
in un numero considerevole 
di 
casi 
alla 
repressione 
di 
gravi 
frodi 
in danno degli 
interessi 
finanziari 
del-
l�Unione 
europea, 
ovvero 
che 
prevede 
termini 
di 
prescrizione 
pi� 
brevi 
per 
frodi 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
europea 
di 
quelli 
previsti 
per 
le 
frodi 
lesive 
degli 
interessi 
finanziari 
dello Stato, anche 
quando tale 
omessa 
applicazione 
sia 
in contrasto 
con i 
principi 
supremi 
dell�ordine 
costituzionale 
dello Stato membro o con i 
diritti 
inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione dello Stato membro�. 


21 
Con 
ordinanza 
del 
28 
febbraio 
2017, 
m.a.S. 
e 
m.B. 
(C.42/17, 
non 
pubblicata, 
EU:C:2017:168), 
il 
presidente 
della 
Corte 
ha 
deciso 
di 
accogliere 
la 
domanda 
del 
giudice 
del 
rinvio diretta 
a 
sottoporre 
la 
presente 
causa 
al 
procedimento accelerato previsto all�articolo 
23 bis 
dello Statuto della 
Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea 
e 
all�articolo 
105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. 
sulle questioni pregiudiziali 
Considerazioni preliminari 


22 
Occorre 
anzitutto ricordare 
che 
il 
procedimento di 
rinvio pregiudiziale 
previsto dall�articolo 
267 TFUE 
instaura 
un dialogo da 
giudice 
a 
giudice 
tra 
la 
Corte 
e 
i 
giudici 
degli 
Stati 
membri, il 
quale 
mira 
ad assicurare 
l�unit� 
di 
interpretazione 
del 
diritto dell�Unione 
nonch� 
la 
coerenza, 
la 
piena 
efficacia 
e 
l�autonomia 
di 
tale 
diritto 
[v., 
in 
tal 
senso, 
parere 
2/13 
(adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), 
del 
18 
dicembre 
2014, 
EU:C:2014:2454, 
punto 
176]. 


23 
Il 
procedimento ex articolo 267 TFUE 
funge 
dunque 
da 
strumento di 
cooperazione 
tra 
la 
Corte 
e 
i 
giudici 
nazionali, per mezzo del 
quale 
la 
prima 
fornisce 
ai 
secondi 
gli 
elementi 
d�interpretazione 
del 
diritto dell�Unione 
loro necessari 
per risolvere 
la 
controversia 
che 
essi 
sono 
chiamati 
a 
dirimere 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
5 
luglio 
2016, 
Ognyanov, 
C.614/14, EU:C:2016:514, punto 16). 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
15 


24 
a 
tale 
riguardo, 
occorre 
sottolineare 
che, 
quando 
risponde 
a 
questioni 
pregiudiziali, 
la 
Corte 
deve 
prendere 
in considerazione, nell�ambito della 
ripartizione 
delle 
competenze 
tra 
i 
giudici 
dell�Unione 
e 
i 
giudici 
nazionali, il 
contesto materiale 
e 
normativo nel 
quale 
si 
inseriscono dette 
questioni, quale 
definito dalla 
decisione 
di 
rinvio (sentenza 
del 
26 ottobre 
2017, argenta Spaarbank, C.39/16, EU:C:2017:813, punto 38). 


25 
Si 
deve 
rilevare 
che, nell�ambito del 
procedimento all�origine 
della 
sentenza 
Taricco, il 
Tribunale 
di 
Cuneo (Italia) ha 
interrogato la 
Corte 
sull�interpretazione 
degli 
articoli 
101 
TFUE, 107 TFUE 
e 
119 TFUE 
nonch� 
dell�articolo 158 della 
direttiva 
2006/112/CE 
del 
Consiglio, del 
28 novembre 
2006, relativa 
al 
sistema 
comune 
d�imposta 
sul 
valore 
aggiunto 
(GU 2006, L 347, pag. 1). 


26 
nella 
sentenza 
Taricco, la 
Corte 
ha 
tuttavia 
ritenuto necessario, ai 
fini 
del 
procedimento 
penale 
pendente 
dinanzi 
a 
detto 
giudice 
italiano, 
fornirgli 
un�interpretazione 
dell�articolo 
325, paragrafi 1 e 2, TFUE. 


27 
nel 
procedimento principale, la 
Corte 
costituzionale 
solleva 
la 
questione 
di 
un�eventuale 
violazione 
del 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
che 
potrebbe 
derivare 
dall�obbligo, 
enunciato dalla 
sentenza 
Taricco, di 
disapplicare 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione, 
in 
considerazione, 
da 
un 
lato, 
della 
natura 
sostanziale 
delle 
norme 
sulla 
prescrizione 
stabilite 
nell�ordinamento giuridico italiano, la 
quale 
implica 
che 
dette 
norme 
siano 
ragionevolmente 
prevedibili 
per 
i 
soggetti 
dell�ordinamento 
al 
momento 
della 
commissione 
dei 
reati 
contestati 
senza 
poter essere 
modificate 
retroattivamente 
in peius, e, 
dall�altro, della 
necessit� 
che 
qualunque 
normativa 
nazionale 
relativa 
al 
regime 
di 
punibilit� 
si 
fondi 
su una 
base 
giuridica 
sufficientemente 
determinata, al 
fine 
di 
poter delimitare 
e orientare la valutazione del giudice nazionale. 


28 
Spetta 
pertanto 
alla 
Corte 
precisare, 
tenuto 
conto 
degli 
interrogativi 
che 
sono 
stati 
sollevati 
dal 
giudice 
del 
rinvio con riferimento a 
tale 
principio e 
che 
non erano stati 
portati 
a 
conoscenza 
della 
Corte 
nella 
causa 
all�origine 
della 
sentenza 
Taricco, l�interpretazione 
del-
l�articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE operata da tale sentenza. 
Sulle questioni prima e seconda 


29 
Con le 
sue 
questioni 
prima 
e 
seconda, che 
occorre 
esaminare 
congiuntamente, il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
l�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE 
debba 
essere 
interpretato 
nel 
senso che 
esso impone 
al 
giudice 
nazionale 
di 
disapplicare, nell�ambito di 
un 
procedimento penale 
riguardante 
reati 
in materia 
di 
IVa, disposizioni 
interne 
sulla 
prescrizione, 
rientranti 
nel 
diritto sostanziale 
nazionale, che 
ostino all�inflizione 
di 
sanzioni 
penali 
effettive 
e 
dissuasive 
in 
un 
numero 
considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
o che 
prevedano, per i 
casi 
di 
frode 
che 
ledono tali 
interessi, 
termini 
di 
prescrizione 
pi� 
brevi 
di 
quelli 
previsti 
per 
i 
casi 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dello 
Stato 
membro 
interessato, 
e 
ci� 
anche 
qualora 
l�attuazione 
di 
tale 
obbligo 
comporti 
una 
violazione 
del 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
a 
causa 
dell�insufficiente 
determinatezza 
della 
legge 
applicabile 
o 
di 
un�applicazione 
retroattiva 
di 
quest�ultima. 


30 
Occorre 
ricordare 
che 
l�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE 
impone 
agli 
Stati 
membri 
di 
lottare 
contro le 
attivit� 
illecite 
lesive 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
con misure 
effettive 
e 
dissuasive 
nonch� 
di 
adottare, per combattere 
la 
frode 
lesiva 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, 
le 
stesse 
misure 
che 
adottano 
per 
combattere 
la 
frode 
lesiva 
dei 
loro 
interessi finanziari. 


31 
Poich� 
le 
risorse 
proprie 
dell�Unione 
comprendono 
in 
particolare, 
ai 
sensi 
della 
decisione 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


2014/335/UE, 
Euratom 
del 
Consiglio, 
del 
26 
maggio 
2014, 
relativa 
al 
sistema 
delle 
risorse 
proprie 
dell�Unione 
europea 
(GU 
2014, L 
168, pag. 105), le 
entrate 
provenienti 
dall�applicazione 
di 
un�aliquota 
uniforme 
agli 
imponibili 
IVa 
armonizzati 
determinati 
secondo 
regole 
dell�Unione, 
sussiste 
un 
nesso 
diretto 
tra 
la 
riscossione 
del 
gettito 
dell�IVa 
nel-
l�osservanza 
del 
diritto 
dell�Unione 
applicabile 
e 
la 
messa 
a 
disposizione 
del 
bilancio 
dell�Unione 
delle 
corrispondenti 
risorse 
IVa, dal 
momento che 
qualsiasi 
lacuna 
nella 
riscossione 
del 
primo 
determina 
potenzialmente 
una 
riduzione 
delle 
seconde 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenze 
del 
26 
febbraio 
2013, 
�kerberg 
Fransson, 
C.617/10, 
EU:C:2013:105, 
punto 26, nonch� 
Taricco, punto 38). 


32 
� 
compito 
degli 
Stati 
membri 
garantire 
una 
riscossione 
effettiva 
delle 
risorse 
proprie 
dell�Unione 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
7 
aprile 
2016, 
Degano 
Trasporti, 
C.546/14, 
EU:C:2016:206, punto 21). a 
questo proposito, tali 
Stati 
membri 
sono tenuti 
a 
procedere 
al 
recupero delle 
somme 
corrispondenti 
alle 
risorse 
proprie 
che 
sono state 
sottratte 
al 
bilancio 
dell�Unione in conseguenza di frodi. 


33 al 
fine 
di 
assicurare 
la 
riscossione 
integrale 
delle 
entrate 
provenienti 
dall�IVa 
e 
tutelare 
in 
tal 
modo 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, 
gli 
Stati 
membri 
dispongono 
di 
una 
libert� 
di 
scelta 
delle 
sanzioni 
applicabili, che 
possono assumere 
la 
forma 
di 
sanzioni 
amministrative, 
di 
sanzioni 
penali 
o di 
una 
combinazione 
delle 
due 
(v., in tal 
senso, sentenze 
del 
26 febbraio 2013, �kerberg Fransson, C.617/10, EU:C:2013:105, punto 34, nonch� 
Taricco, 
punto 39). 


34 
a 
tale 
riguardo, 
occorre 
tuttavia 
rilevare, 
in 
primo 
luogo, 
che 
possono 
essere 
indispensabili 
sanzioni 
penali 
per 
combattere 
in 
modo 
effettivo 
e 
dissuasivo 
determinate 
ipotesi 
di 
gravi 
frodi in materia di IVa (v., in tal senso, sentenza 
Taricco, punto 39). 


35 
Gli 
Stati 
membri, pena 
la 
violazione 
degli 
obblighi 
loro imposti 
dall�articolo 325, paragrafo 
1, TFUE, devono quindi 
assicurarsi 
che, nei 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
in materia 
di 
IVa, siano adottate 
sanzioni 
penali 
dotate 
di 
carattere effettivo e dissuasivo (v., in tal senso, sentenza 
Taricco, punti 42 e 43). 


36 
Deve 
pertanto 
ritenersi 
che 
gli 
Stati 
membri 
violino 
gli 
obblighi 
loro 
imposti 
dall�articolo 
325, paragrafo 1, TFUE 
qualora 
le 
sanzioni 
penali 
adottate 
per reprimere 
le 
frodi 
gravi 
in 
materia 
di 
IVa 
non 
consentano 
di 
garantire 
efficacemente 
la 
riscossione 
integrale 
di 
detta 
imposta. 
a 
tale 
titolo, 
detti 
Stati 
devono 
altres� 
assicurarsi 
che 
le 
norme 
sulla 
prescrizione 
previste 
dal 
diritto nazionale 
consentano una 
repressione 
effettiva 
dei 
reati 
legati 
a 
frodi 
siffatte. 


37 
In 
secondo 
luogo, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
325, 
paragrafo 
2, 
TFUE, 
gli 
Stati 
membri 
devono 
adottare, per combattere 
contro la 
frode 
che 
lede 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, in 
particolare 
in 
materia 
di 
IVa, 
le 
stesse 
misure 
che 
adottano 
per 
combattere 
contro 
la 
frode 
che lede i loro interessi finanziari. 


38 
Per quanto riguarda 
le 
conseguenze 
di 
un�eventuale 
incompatibilit� 
di 
una 
normativa 
nazionale 
con 
l�articolo 
325, 
paragrafi 
1 
e 
2, 
TFUE, 
dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
emerge 
che 
detto articolo pone 
a 
carico degli 
Stati 
membri 
obblighi 
di 
risultato precisi, che 
non 
sono accompagnati 
da 
alcuna 
condizione 
quanto all�applicazione 
delle 
norme 
enunciate 
da tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza 
Taricco, punto 51). 


39 
Spetta 
quindi 
ai 
giudici 
nazionali 
competenti 
dare 
piena 
efficacia 
agli 
obblighi 
derivanti 
dall�articolo 
325, 
paragrafi 
1 
e 
2, 
TFUE 
e 
disapplicare 
disposizioni 
interne, 
in 
particolare 
riguardanti 
la 
prescrizione, che, nell�ambito di 
un procedimento relativo a 
reati 
gravi 
in 
materia 
di 
IVa, ostino all�applicazione 
di 
sanzioni 
effettive 
e 
dissuasive 
per combattere 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
17 


le 
frodi 
lesive 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
Taricco, 
punti 49 e 58). 


40 
Si 
deve 
ricordare 
che, 
al 
punto 
58 
della 
sentenza 
Taricco, 
le 
disposizioni 
nazionali 
in 
questione 
sono 
state 
considerate 
idonee 
a 
pregiudicare 
gli 
obblighi 
imposti 
allo 
Stato 
membro 
interessato dall�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE, nell�ipotesi 
in cui 
dette 
disposizioni 
impediscano di 
infliggere 
sanzioni 
penali 
effettive 
e 
dissuasive 
in un numero considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
o in cui 
prevedano, 
per 
i 
casi 
di 
frode 
che 
ledono 
detti 
interessi, 
termini 
di 
prescrizione 
pi� 
brevi 
di 
quelli previsti in casi di frode che ledono gli interessi finanziari di tale Stato membro. 


41 
Spetta, 
in 
prima 
battuta, 
al 
legislatore 
nazionale 
stabilire 
norme 
sulla 
prescrizione 
che 
consentano 
di 
ottemperare 
agli 
obblighi 
derivanti 
dall�articolo 
325 
TFUE, 
alla 
luce 
delle 
considerazioni 
esposte 
dalla 
Corte 
al 
punto 
58 
della 
sentenza 
Taricco. 
� 
infatti 
compito 
del 
legislatore 
garantire 
che 
il 
regime 
nazionale 
di 
prescrizione 
in 
materia 
penale 
non 
conduca 
all�impunit� 
in 
un 
numero 
considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
in 
materia 
di 
IVa 
o 
non 
sia, 
per 
gli 
imputati, 
pi� 
severo 
nei 
casi 
di 
frode 
lesivi 
degli 
interessi 
finanziari 
dello 
Stato 
membro 
interessato 
rispetto 
a 
quelli 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione. 


42 a 
tale 
riguardo, occorre 
ricordare 
che 
il 
fatto che 
un legislatore 
nazionale 
proroghi 
un 
termine 
di 
prescrizione 
con applicazione 
immediata, anche 
con riferimento a 
fatti 
addebitati 
che 
non sono ancora 
prescritti, non lede, in linea 
generale, il 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
(v., in tal 
senso, sentenza 
Taricco, punto 57, e 
giurisprudenza 
della 
Corte europea dei diritti dell�uomo citata a tale punto). 


43 
Ci� premesso, occorre 
aggiungere 
che 
il 
settore 
della 
tutela 
degli 
interessi 
finanziari 
del-
l�Unione 
attraverso la 
previsione 
di 
sanzioni 
penali 
rientra 
nella 
competenza 
concorrente 
dell�Unione e degli Stati membri, ai sensi dell�articolo 4, paragrafo 2, TFUE. 


44 nella 
fattispecie, alla 
data 
dei 
fatti 
di 
cui 
al 
procedimento principale, il 
regime 
della 
prescrizione 
applicabile 
ai 
reati 
in materia 
di 
IVa 
non era 
stato oggetto di 
armonizzazione 
da 
parte 
del 
legislatore 
dell�Unione, armonizzazione 
che 
� 
successivamente 
avvenuta, in 
modo 
parziale, 
solo 
con 
l�adozione 
della 
direttiva 
(UE) 
2017/1371 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, del 
5 luglio 2017, relativa 
alla 
lotta 
contro la 
frode 
che 
lede 
gli 
interessi 
finanziari dell�Unione mediante il diritto penale (GU 2017, L 198, pag. 29). 


45 
La 
repubblica 
italiana 
era 
quindi 
libera, 
a 
tale 
data, 
di 
prevedere 
che, 
nel 
suo 
ordinamento 
giuridico, detto regime 
ricadesse, al 
pari 
delle 
norme 
relative 
alla 
definizione 
dei 
reati 
e 
alla 
determinazione 
delle 
pene, nel 
diritto penale 
sostanziale 
e 
fosse 
a 
questo titolo soggetto, 
come queste ultime norme, al principio di legalit� dei reati e delle pene. 


46 
Dal 
canto 
loro, 
i 
giudici 
nazionali 
competenti, 
quando 
devono 
decidere, 
nei 
procedimenti 
pendenti, 
di 
disapplicare 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione, 
sono 
tenuti 
ad 
assicurarsi 
che 
i 
diritti 
fondamentali 
delle 
persone 
accusate 
di 
aver 
commesso 
un 
reato 
siano 
rispettati (v., in tal senso, sentenza 
Taricco, punto 53). 


47 
a 
tale 
riguardo, resta 
consentito alle 
autorit� 
e 
ai 
giudici 
nazionali 
applicare 
gli 
standard 
nazionali 
di 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali, 
a 
patto 
che 
tale 
applicazione 
non 
comprometta 
il 
livello 
di 
tutela 
previsto 
dalla 
Carta, 
come 
interpretata 
dalla 
Corte, 
n� 
il 
primato, 
l�unit� 


o l�effettivit� 
del 
diritto dell�Unione 
(sentenza 
del 
26 febbraio 2013, �kerberg Fransson, 
C.617/10, EU:C:2013:105, punto 29 e giurisprudenza ivi citata). 
48 
In 
particolare, 
per 
quanto 
riguarda 
l�inflizione 
di 
sanzioni 
penali, 
spetta 
ai 
giudici 
nazionali 
competenti 
assicurarsi 
che 
i 
diritti 
degli 
imputati 
derivanti 
dal 
principio 
di 
legalit� 
dei 
reati e delle pene siano garantiti. 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


49 
Orbene, secondo il 
giudice 
del 
rinvio, tali 
diritti 
non sarebbero rispettati 
in caso di 
disapplicazione 
delle 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione, 
nell�ambito 
dei 
procedimenti 
principali, dato che, da 
un lato, gli 
interessati 
non potevano ragionevolmente 
prevedere, 
prima 
della 
pronuncia 
della 
sentenza 
Taricco, che 
l�articolo 325 TFUE 
avrebbe 
imposto 
al 
giudice 
nazionale, 
alle 
condizioni 
stabilite 
in 
detta 
sentenza, 
di 
disapplicare 
le 
suddette 
disposizioni. 


50 
Dall�altro, secondo detto giudice, il 
giudice 
nazionale 
non pu� definire 
il 
contenuto concreto 
dei 
presupposti 
in presenza 
dei 
quali 
esso dovrebbe 
disapplicare 
tali 
disposizioni 
ossia 
nell�ipotesi 
in cui 
esse 
impediscano di 
infliggere 
sanzioni 
effettive 
e 
dissuasive 
in 
un numero considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
- senza 
violare 
i 
limiti 
imposti 
alla 
sua 
discrezionalit� 
dal principio di legalit� dei reati e delle pene. 


51 
a 
tale 
riguardo, 
si 
deve 
ricordare 
l�importanza, 
tanto 
nell�ordinamento 
giuridico 
del-
l�Unione 
quanto negli 
ordinamenti 
giuridici 
nazionali, che 
riveste 
il 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene, nei 
suoi 
requisiti 
di 
prevedibilit�, determinatezza 
e 
irretroattivit� 
della legge penale applicabile. 


52 
Tale 
principio, 
quale 
sancito 
all�articolo 
49 
della 
Carta, 
si 
impone 
agli 
Stati 
membri 
quando attuano il 
diritto dell�Unione, conformemente 
all�articolo 51, paragrafo 1, della 
medesima, 
come 
avviene 
allorch� 
essi 
prevedano, 
nell�ambito 
degli 
obblighi 
loro 
imposti 
dall�articolo 325 TFUE, di 
infliggere 
sanzioni 
penali 
per i 
reati 
in materia 
di 
IVa. L�obbligo 
di 
garantire 
l�efficace 
riscossione 
delle 
risorse 
dell�Unione 
non pu� quindi 
contrastare 
con 
tale 
principio 
(v., 
per 
analogia, 
sentenza 
del 
29 
marzo 
2012, 
Belvedere 
Costruzioni, C.500/10, EU:C:2012:186, punto 23). 


53 
Inoltre, 
il 
principio 
di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
appartiene 
alle 
tradizioni 
costituzionali 
comuni 
agli 
Stati 
membri 
(v., per quanto riguarda 
il 
principio di 
irretroattivit� 
della 
legge 
penale, sentenze 
del 
13 novembre 
1990, Fedesa 
e 
a., C.331/88, EU:C:1990:391, punto 
42, nonch� 
del 
7 gennaio 2004, X, C.60/02, EU:C:2004:10, punto 63) ed � 
stato sancito 
da 
vari 
trattati 
internazionali, segnatamente 
all�articolo 7, paragrafo 1, della 
CEDU 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
3 
maggio 
2007, 
advocaten 
voor 
de 
Wereld, 
C.303/05, 
EU:C:2007:261, punto 49). 


54 
Dalle 
spiegazioni 
relative 
alla 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
(GU 
2007, C 303, pag. 17) 
emerge 
che, conformemente 
all�articolo 52, paragrafo 3, della 
Carta, il 
diritto garantito 
all�articolo 49 della 
medesima 
ha 
significato e 
portata 
identici 
al 
diritto garantito dalla 
CEDU. 


55 
Per quanto riguarda 
gli 
obblighi 
derivanti 
dal 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene, 
occorre 
rilevare, in primo luogo, che 
la 
Corte 
europea 
dei 
diritti 
dell�uomo ha 
dichiarato, 
a 
proposito dell�articolo 7, paragrafo 1, della 
CEDU, che, in base 
a 
tale 
principio, le 
disposizioni 
penali 
devono rispettare 
determinati 
requisiti 
di 
accessibilit� 
e 
di 
prevedibilit� 
per quanto riguarda 
tanto la 
definizione 
del 
reato quanto la 
determinazione 
della 
pena 
(v. 
Corte 
EDU, 
15 
novembre 
1996, 
Cantoni 
c. 
Francia, 
CE:ECHr:1996:1115JUD001786291, 
� 
29; 
Corte 
EDU, 
7 
febbraio 
2002, 
E.K. 
c. 
Turchia, 
CE:ECHr:2002:0207JUD002849695, 
� 
51; 
Corte 
EDU, 
29 
marzo 
2006, 
achour 
c. 
Francia, 
CE:ECHr:2006:0329JUD006733501, 
� 
41, 
e 
Corte 
EDU, 
20 
settembre 
2011, 
OaO 
neftyanaya 
Kompaniya 
Yukos 
c. 
russia, 
CE:ECHr:2011:0920JUD001490204, 
�� 
da 
567 
a 
570). 


56 In secondo luogo, occorre 
sottolineare 
che 
il 
requisito della 
determinatezza 
della 
legge 
applicabile, che 
� 
inerente 
a 
tale 
principio, implica 
che 
la 
legge 
definisca 
in modo chiaro 
i 
reati 
e 
le 
pene 
che 
li 
reprimono. Tale 
condizione 
� 
soddisfatta 
quando il 
singolo pu� co



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
19 


noscere, in base 
al 
testo della 
disposizione 
rilevante 
e, se 
del 
caso, con l�aiuto dell�interpretazione 
che 
ne 
sia 
stata 
fatta 
dai 
giudici, gli 
atti 
e 
le 
omissioni 
che 
chiamano in causa 
la 
sua 
responsabilit� 
penale 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
28 
marzo 
2017, 
rosneft, 
C.72/15, EU:C:2017:236, punto 162). 


57 
In terzo luogo, il 
principio di 
irretroattivit� 
della 
legge 
penale 
osta 
in particolare 
a 
che 
un 
giudice 
possa, nel 
corso di 
un procedimento penale, sanzionare 
penalmente 
una 
condotta 
non 
vietata 
da 
una 
norma 
nazionale 
adottata 
prima 
della 
commissione 
del 
reato 
addebitato, 
ovvero aggravare 
il 
regime 
di 
responsabilit� 
penale 
di 
coloro che 
sono oggetto di 
un procedimento 
siffatto 
(v., 
per 
analogia, 
sentenza 
dell�8 
novembre 
2016, 
Ognyanov, 
C.554/14, 
EU:C:2016:835, punti da 62 a 64 e giurisprudenza ivi citata). 


58 
a 
tale 
riguardo, come 
rilevato al 
punto 45 della 
presente 
sentenza, i 
requisiti 
di 
prevedibilit�, 
determinatezza 
e 
irretroattivit� 
inerenti 
al 
principio 
di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
si 
applicano, 
nell�ordinamento 
giuridico 
italiano, 
anche 
al 
regime 
di 
prescrizione 
relativo 
ai reati in materia di IVa. 


59 
ne 
deriva, da 
un lato, che 
spetta 
al 
giudice 
nazionale 
verificare 
se 
la 
condizione 
richiesta 
dal 
punto 58 della 
sentenza 
Taricco, secondo cui 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in questione 
impediscono di 
infliggere 
sanzioni 
penali 
effettive 
e 
dissuasive 
in un numero considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione, conduca 
a 
una 
situazione 
di 
incertezza 
nell�ordinamento giuridico italiano quanto alla 
determinazione 
del 
regime 
di 
prescrizione 
applicabile, 
incertezza 
che 
contrasterebbe 
con 
il 
principio 
della 
determinatezza 
della 
legge 
applicabile. Se 
cos� 
effettivamente 
fosse, il 
giudice 
nazionale 
non sarebbe tenuto a disapplicare le disposizioni del codice penale in questione. 


60 Dall�altro, i 
requisiti 
menzionati 
al 
punto 58 della 
presente 
sentenza 
ostano a 
che, in procedimenti 
relativi 
a 
persone 
accusate 
di 
aver 
commesso 
reati 
in 
materia 
di 
IVa 
prima 
della 
pronuncia 
della 
sentenza 
Taricco, 
il 
giudice 
nazionale 
disapplichi 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione. 
Infatti, 
la 
Corte 
ha 
gi� 
sottolineato, 
al 
punto 
53 
di 
tale 
sentenza, 
che 
a 
dette 
persone 
potrebbero, 
a 
causa 
della 
disapplicazione 
di 
queste 
disposizioni, 
essere 
inflitte 
sanzioni 
alle 
quali, con ogni 
probabilit�, sarebbero sfuggite 
se 
le 
suddette 
disposizioni 
fossero 
state 
applicate. 
Tali 
persone 
potrebbero 
quindi 
essere 
retroattivamente 
assoggettate 
a 
un 
regime 
di 
punibilit� 
pi� 
severo 
di 
quello 
vigente 
al 
momento 
della 
commissione 
del reato. 


61 
Se 
il 
giudice 
nazionale 
dovesse 
quindi 
essere 
indotto 
a 
ritenere 
che 
l�obbligo 
di 
disapplicare 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
in 
questione 
contrasti 
con 
il 
principio 
di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene, 
esso 
non 
sarebbe 
tenuto 
a 
conformarsi 
a 
tale 
obbligo, 
e 
ci� 
neppure 
qualora 
il 
rispetto 
del 
medesimo 
consentisse 
di 
rimediare 
a 
una 
situazione 
nazionale 
incompatibile 
con 
il 
diritto 
dell�Unione 
(v., 
per 
analogia, 
sentenza 
del 
10 
luglio 
2014, 
Impresa 
Pizzarotti, 
C.213/13, 
EU:C:2014:2067, 
punti 
58 
e 
59). 
Spetta 
allora 
al 
legislatore 
nazionale 
adottare 
le 
misure 
necessarie, 
come 
rilevato 
ai 
punti 
41 
e 
42 
della 
presente 
sentenza. 


62 
alla 
luce 
delle 
suesposte 
considerazioni, 
occorre 
rispondere 
alle 
questioni 
prima 
e 
seconda 
dichiarando che 
l�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFUE 
dev�essere 
interpretato nel 
senso 
che 
esso 
impone 
al 
giudice 
nazionale 
di 
disapplicare, 
nell�ambito 
di 
un 
procedimento 
penale 
riguardante 
reati 
in materia 
di 
IVa, disposizioni 
interne 
sulla 
prescrizione, rientranti 
nel 
diritto 
sostanziale 
nazionale, 
che 
ostino 
all�inflizione 
di 
sanzioni 
penali 
effettive 
e 
dissuasive 
in un numero considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione 
o che 
prevedano, per i 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono tali 
interessi, 
termini 
di 
prescrizione 
pi� brevi 
di 
quelli 
previsti 
per i 
casi 
che 
ledono gli 
interessi 
finan



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


ziari 
dello Stato membro interessato, a 
meno che 
una 
disapplicazione 
siffatta 
comporti 
una 
violazione 
del 
principio 
di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
a 
causa 
dell�insufficiente 
determinatezza 
della 
legge 
applicabile, o dell�applicazione 
retroattiva 
di 
una 
normativa 
che 
impone 
un regime 
di 
punibilit� 
pi� severo di 
quello vigente 
al 
momento della 
commissione 
del reato. 


Sulla terza questione 


63 
In considerazione 
della 
risposta 
fornita 
alle 
prime 
due 
questioni, non � 
necessario rispondere 
alla terza questione. 


sulle spese 


64 nei 
confronti 
delle 
parti 
nel 
procedimento principale 
la 
presente 
causa 
costituisce 
un incidente 
sollevato dinanzi 
al 
giudice 
nazionale, cui 
spetta 
quindi 
statuire 
sulle 
spese. Le 
spese 
sostenute 
da 
altri 
soggetti 
per presentare 
osservazioni 
alla 
Corte 
non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 


L�articolo 325, paragrafi 
1 e 
2, TFue dev�essere 
interpretato nel 
senso che 
esso impone 
al 
giudice 
nazionale 
di 
disapplicare, nell�ambito di 
un 
procedimento penale 
riguardante 
reati 
in 
materia di 
imposta sul 
valore 
aggiunto, disposizioni 
interne 
sulla 
prescrizione, rientranti 
nel 
diritto sostanziale 
nazionale, che 
ostino all�inflizione 
di 
sanzioni 
penali 
effettive 
e 
dissuasive 
in 
un 
numero 
considerevole 
di 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�unione 
europea o che 
prevedano, per 
i 
casi 
di 
frode 
grave 
che 
ledono 
tali 
interessi, 
termini 
di 
prescrizione 
pi� 
brevi 
di 
quelli 
previsti 
per 
i 
casi 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dello stato membro interessato, 
a meno che 
una disapplicazione 
siffatta comporti 
una violazione 
del 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene 
a causa dell�insufficiente 
determinatezza della legge 
applicabile, 
o dell�applicazione 
retroattiva di 
una normativa che 
impone 
un 
regime 
di 
punibilit� pi� severo di quello vigente al momento della commissione del reato. 


Corte 
Costituzionale, sentenza 31 maggio 2018 n. 115 
-Pres. e 
red. 
Lattanzi 
- Giudizi 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 2 della 
legge 
2 agosto 2008, n. 130 (ratifica 
ed esecuzione 
del 
Trattato 
di 
Lisbona 
che 
modifica 
il 
Trattato 
sull�Unione 
europea 
e 
il 
Trattato 
che 
istituisce 
la 
Comunit� 
europea 
e 
alcuni 
atti 
connessi, con atto finale, protocolli 
e 
dichiarazioni, fatto a 
Lisbona 
il 
13 dicembre 
2007), promossi 
dalla 
Corte 
d�appello di 
milano e 
dalla 
Corte 
di 
cassazione, 
con ordinanze del 18 settembre 2015 e dell�8 luglio 2016. 
(...) 


Considerato in diritto 

1.� 
La 
Corte 
di 
cassazione 
ha 
sollevato 
questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 
2 
della 
legge 
2 
agosto 
2008, 
n. 
130 
(ratifica 
ed 
esecuzione 
del 
Trattato 
di 
Lisbona 
che 
modifica 
il 
Trattato sull�Unione 
europea 
e 
il 
Trattato che 
istituisce 
la 
Comunit� 
europea 
e 
alcuni 
atti 
connessi, con atto finale, protocolli 
e 
dichiarazioni, fatto a 
Lisbona 
il 
13 dicembre 
2007), in 
riferimento agli 
artt. 3, 11, 24, 25, secondo comma, 27, terzo comma, e 
101, secondo comma, 
della Costituzione. 

2.� a 
sua 
volta 
la 
Corte 
d�appello di 
milano ha 
sollevato una 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 2 della 
legge 
n. 130 del 
2008, in riferimento all�art. 25, secondo comma, 
Cost. 


COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


3.� 
La 
disposizione 
censurata 
ordina 
l�esecuzione 
del 
Trattato 
sul 
funzionamento 
del-
l�Unione 
europea 
(TFUE), 
come 
modificato 
dall�art. 
2 
del 
Trattato 
di 
Lisbona 
del 
13 
dicembre 
2007 
e 
ratificato 
dalla 
legge 
n. 
130 
del 
2008, 
e, 
conseguentemente, 
dell�art. 
325 
di 
tale 
trattato. 

I rimettenti 
dubitano della 
legittimit� 
costituzionale 
della 
norma, nella 
parte 
in cui, imponendo 
di 
applicare 
l�art. 
325 
TFUE, 
come 
interpretato 
dalla 
sentenza 
della 
Grande 
sezione 
della 
Corte 
di 
giustizia 
8 settembre 
2015, in causa 
C-105/14, Taricco, comporta 
che 
in taluni 
casi 
venga 
omessa 
l�applicazione 
degli 
artt. 160, terzo comma, e 
161, secondo comma, del 
codice 
penale, nei 
confronti 
dei 
reati 
in materia 
di 
imposta 
sul 
valore 
aggiunto (IVa) che 
costituiscono 
frode in danno degli interessi finanziari dell�Unione. 

Il 
combinato disposto degli 
artt. 160, terzo comma, e 
161, secondo comma, cod. pen. pone 
un 
limite 
all�aumento 
del 
termine 
di 
prescrizione 
in 
seguito 
a 
un 
atto 
interruttivo. 
Questo 
limite 
per� non opera 
per i 
delitti 
elencati 
dall�art. 51, commi 
3-bis 
e 
3-quater, del 
codice 
di 
procedura penale. 

La 
sentenza 
resa 
in 
causa 
Taricco 
dalla 
Corte 
di 
giustizia 
ha 
stabilito 
che 
il 
giudice 
nazionale 
deve 
disapplicare, alle 
condizioni 
che 
poi 
si 
vedranno, gli 
artt. 160, terzo comma, e 
161, secondo 
comma, cod. pen., omettendo di 
dichiarare 
prescritti 
i 
reati 
e 
procedendo nel 
giudizio 
penale, in due 
casi: 
innanzitutto, secondo una 
regola 
che 
� 
stata 
tratta 
dall�art. 325, paragrafo 
1, TFUE, quando questo regime 
giuridico della 
prescrizione 
impedisce 
di 
infliggere 
sanzioni 
effettive 
e 
dissuasive 
in 
un 
numero 
considerevole 
di 
gravi 
casi 
di 
frode 
che 
ledono 
gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione; 
in 
secondo 
luogo, 
in 
base 
a 
una 
regola 
desunta 
dall�art. 
325, 
paragrafo 
2, 
TFUE 
(cosiddetto 
principio 
di 
assimilazione), 
quando 
il 
termine 
di 
prescrizione, 
per 
effetto 
delle 
norme 
indicate, 
risulta 
pi� 
breve 
di 
quello 
fissato 
dalla 
legge 
nazionale 
per 
casi 
analoghi 
di frode in danno dello Stato membro. 

Entrambi 
i 
rimettenti 
giudicano imputati 
ai 
quali 
sono addebitati 
reati 
che, ove 
fossero applicati 
gli 
artt. 160, terzo comma, e 
161, secondo comma, cod. pen., dovrebbero ritenersi 
prescritti. 
Diversamente 
si 
dovrebbe 
decidere, invece, se 
in applicazione 
della 
�regola 
Taricco� 
tali disposizioni non potessero operare. 

I 
giudici 
a 
quibus 
osservano 
che 
questa 
regola 
� 
senz�altro 
applicabile 
nei 
rispettivi 
giudizi, 
che 
vertono 
su 
gravi 
frodi 
in 
materia 
di 
IVa, 
con 
conseguente 
lesione 
degli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione. Le 
frodi, inoltre, ricorrerebbero in un numero considerevole 
di 
casi, cos� 
da 
integrare 
tutte le condizioni che concretizzano la �regola 
Taricco�. 

nel 
solo 
processo 
milanese 
rileverebbe 
anche, 
e 
con 
il 
medesimo 
effetto, 
il 
paragrafo 
2 
dell�art. 325 TFUE, perch� 
ad alcuni 
imputati 
� 
contestato il 
reato di 
associazione 
per delinquere 
finalizzata 
alla 
commissione 
di 
reati 
tributari 
attinenti 
all�IVa. Questa 
figura 
criminosa 
non � 
compresa 
nell�elenco dei 
delitti 
previsti 
dall�art. 51, commi 
3-bis 
e 
3-quater, cod. proc. 
pen., che 
invece, nel 
comma 
3-bis, include 
l�art. 291-quater del 
d.P.r. 23 gennaio 1973, n. 43 
(approvazione 
del 
testo 
unico 
delle 
disposizioni 
legislative 
in 
materia 
doganale), 
ovvero 
l�associazione 
per delinquere 
finalizzata 
al 
contrabbando di 
tabacchi 
lavorati 
esteri. Vi 
sarebbe 
perci� un�ipotesi 
di 
frode 
in danno dell�Italia 
dal 
profilo analogo a 
quello del 
reato per cui 
procede 
la 
Corte 
d�appello 
rimettente, 
per 
la 
quale 
l�ordinamento 
nazionale 
prevede 
un 
regime 
della prescrizione pi� severo, violando cos� il principio di assimilazione. 

4.� I rimettenti, dopo aver dato conto della 
necessit� 
di 
applicare 
la 
�regola 
Taricco�, reputano 
che 
essa 
sia 
in contrasto con i 
principi 
supremi 
dell�ordine 
costituzionale 
dello Stato 
e 
censurano 
pertanto 
la 
normativa 
nazionale 
che, 
dando 
esecuzione 
all�art. 
325 
TFUE, 
accoglie 
nel nostro ordinamento tale regola. 

Premesso 
che 
l�istituto 
della 
prescrizione 
appartiene 
alla 
legalit� 
penale 
sostanziale, 
la 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


Corte 
di 
cassazione 
ritiene 
violato l�art. 25, secondo comma, Cost. per i 
profili 
della 
riserva 
di 
legge 
in materia 
penale, posto che 
il 
regime 
della 
prescrizione 
cesserebbe 
di 
essere 
legale, 
della 
determinatezza, a 
causa 
della 
genericit� 
dei 
concetti 
di 
�grave 
frode� e 
di 
�numero considerevole 
di 
casi�, 
intorno 
ai 
quali 
ruota 
la 
�regola 
Taricco�, 
e 
del 
divieto 
di 
retroattivit�, 
considerato 
che 
i 
fatti 
addebitati 
agli 
imputati 
sono 
anteriori 
all�8 
settembre 
2015, 
data 
di 
pubblicazione 
della sentenza 
Taricco. 

Inoltre 
sarebbe 
leso l�art. 101, secondo comma, Cost., perch� 
verrebbe 
demandata 
al 
giudice 
un�attivit� 
implicante 
una 
�valutazione 
di 
natura 
politico-criminale� che 
spetterebbe 
invece 
al legislatore. 

Sarebbero poi 
violati 
gli 
artt. 3 e 
24 Cost., a 
causa 
della 
irragionevolezza 
manifesta 
della 
�regola 
Taricco� 
e 
dell�impedimento che 
essa 
avrebbe 
costituito per gli 
imputati 
di 
prevedere 
la 
data 
di 
prescrizione 
del 
reato e 
conseguentemente 
di 
valutare 
l�opportunit� 
di 
accedere 
a 
un rito alternativo. 

Infine, sarebbe 
leso l�art. 27, terzo comma, Cost., perch� 
legare 
il 
termine 
di 
prescrizione 
esclusivamente 
a 
considerazioni 
attinenti 
alla 
tutela 
di 
interessi 
finanziari 
farebbe 
venire 
meno 
la finalit� rieducativa della pena. 

La 
Corte 
d�appello 
di 
milano, 
a 
sua 
volta, 
premessa 
la 
natura 
sostanziale 
della 
prescrizione, 
reputa 
leso l�art. 25, secondo comma, Cost., a 
causa 
del 
carattere 
retroattivo in malam 
partem 
della 
�regola 
Taricco�, 
tenuto 
conto 
del 
fatto 
che 
i 
reati 
contestati 
nel 
giudizio 
a 
quo 
sono 
stati 
commessi prima dell�8 settembre 2015. 

5.� Questa 
Corte 
con l�ordinanza 
n. 24 del 
2017 ha 
riunito i 
giudizi 
e 
disposto un rinvio 
pregiudiziale 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
per l�interpretazione 
relativa 
al 
corretto significato da 
attribuire 
all�art. 325 TFUE e alla sentenza 
Taricco. 

Secondo questa 
Corte 
l�eventuale 
applicazione 
della 
�regola 
Taricco� 
nel 
nostro ordinamento 
violerebbe 
gli 
artt. 25, secondo comma, e 
101, secondo comma, Cost., e 
non potrebbe 
perci� essere consentita neppure alla luce del primato del diritto dell�Unione. 

Tuttavia 
� 
sembrato a 
questa 
Corte 
che 
la 
stessa 
sentenza 
Taricco (paragrafi 
53 e 
55) tenda 
ad escludere 
tale 
applicazione 
ogni 
qual 
volta 
essa 
venga 
a 
trovarsi 
in conflitto con l�identit� 
costituzionale 
dello Stato membro e 
in particolare 
implichi 
una 
violazione 
del 
principio di 
legalit� 
penale, secondo l�apprezzamento delle competenti autorit� di tale Stato. 

Di ci� � stata chiesta conferma alla Corte di giustizia. 

6.� La 
Grande 
sezione 
della 
Corte 
di 
giustizia, con sentenza 
5 dicembre 
2017, in causa 
C42/
17, m.a. S. e 
m. B., ha 
compreso il 
dubbio interpretativo di 
questa 
Corte 
e 
ha 
affermato 
che 
l�obbligo per il 
giudice 
nazionale 
di 
disapplicare 
la 
normativa 
interna 
in materia 
di 
prescrizione, 
sulla 
base 
della 
�regola 
Taricco�, viene 
meno quando ci� comporta 
una 
violazione 
del 
principio di 
legalit� 
dei 
reati 
e 
delle 
pene, a 
causa 
dell�insufficiente 
determinatezza 
della 
legge 
applicabile 
o dell�applicazione 
retroattiva 
di 
una 
normativa 
che 
prevede 
un regime 
di 
punibilit� pi� severo di quello vigente al momento della commissione del reato. 

7.� La nuova pronuncia della Corte di Lussemburgo opera su due piani connessi. 

In 
primo 
luogo, 
provvede 
a 
chiarire 
che, 
in 
virt� 
del 
divieto 
di 
retroattivit� 
in 
malam 
partem 
della 
legge 
penale, la 
�regola 
Taricco� 
non pu� essere 
applicata 
ai 
fatti 
commessi 
anteriormente 
alla 
data 
di 
pubblicazione 
della 
sentenza 
che 
l�ha 
dichiarata, 
ovvero 
anteriormente 
all�8 
settembre 
2015 
(paragrafo 
60). 
Si 
tratta 
di 
un 
divieto 
che 
discende 
immediatamente 
dal 
diritto 
dell�Unione 
e 
non 
richiede 
alcuna 
ulteriore 
verifica 
da 
parte 
delle 
autorit� 
giudiziarie 
nazionali. 

In 
secondo 
luogo 
demanda 
a 
queste 
ultime 
il 
compito 
di 
saggiare 
la 
compatibilit� 
della 
�regola 
Taricco� 
con 
il 
principio 
di 
determinatezza 
in 
materia 
penale 
(paragrafo 
59). 
In 
tal 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


caso, per giungere 
a 
disapplicare 
la 
normativa 
nazionale 
in tema 
di 
prescrizione, � 
necessario 
che 
il 
giudice 
nazionale 
effettui 
uno scrutinio favorevole 
quanto alla 
compatibilit� 
della 
�regola 
Taricco� 
con il 
principio di 
determinatezza, che 
�, sia 
principio supremo dell�ordine 
costituzionale 
italiano, 
sia 
cardine 
del 
diritto 
dell�Unione, 
in 
base 
all�art. 
49 
della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�Unione 
europea 
(CDFUE), 
proclamata 
a 
nizza 
il 
7 
dicembre 
2000 
e, 
in 
una 
versione 
adattata, 
il 
12 
dicembre 
2007 
a 
Strasburgo 
(paragrafi 
51 
e 
52 
della 
sentenza 
m.a.S.). 

8.� 
a 
quest�ultimo 
proposito 
va 
ribadito 
quanto 
gi� 
affermato 
con 
l�ordinanza 
n. 
24 
del 
2017. 
L�autorit� 
competente 
a 
svolgere 
il 
controllo 
sollecitato 
dalla 
Corte 
di 
giustizia 
� 
la 
Corte 
costituzionale, 
cui 
spetta 
in 
via 
esclusiva 
il 
compito 
di 
accertare 
se 
il 
diritto 
dell�Unione 
� 
in 
contrasto 
con 
i 
principi 
supremi 
dell�ordine 
costituzionale 
e 
in 
particolare 
con 
i 
diritti 
inalienabili 
della 
persona. a 
tale 
scopo il 
ruolo essenziale 
che 
riveste 
il 
giudice 
comune 
consiste 
nel 
porre 
il 
dubbio sulla 
legittimit� 
costituzionale 
della 
normativa 
nazionale 
che 
d� 
ingresso 
alla 
norma 
europea 
generatrice 
del 
preteso contrasto. Perci� non pu� essere 
accolta 
la 
richiesta 
di 
restituzione 
degli 
atti 
avanzata 
dal 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
ministri 
e 
da 
una 
parte 
del 
giudizio 
davanti 
alla 
Corte 
d�appello 
di 
milano, 
dato 
che 
in 
seguito 
alla 
sentenza 


m.a. S. spetta 
innanzi 
tutto a 
questa 
Corte 
la 
valutazione 
circa 
l�applicabilit� 
della 
�regola 
Taricco� nel nostro ordinamento. 
9.� 
alla 
luce 
del 
chiarimento 
interpretativo 
offerto 
dalla 
sentenza 
m.a. 
S., 
tutte 
le 
questioni 
sollevate 
da 
entrambi 
i 
rimettenti 
risultano non fondate, perch� 
la 
�regola 
Taricco� 
non � 
applicabile 
nei giudizi a quibus. 

10.� In entrambi 
i 
processi 
principali 
si 
procede 
per fatti 
avvenuti 
prima 
dell�8 settembre 
2015, sicch� 
l�applicabilit� 
degli 
artt. 160, terzo comma, e 
161, secondo comma, cod. pen. e 
la 
conseguente 
prescrizione 
dei 
reati 
oggetto 
dei 
procedimenti 
a 
quibus 
sono 
riconosciute 
dalla 
stessa 
sentenza 
m.a. S., che 
ha 
escluso gli 
effetti 
della 
�regola 
Taricco� 
nei 
confronti 
dei reati commessi prima di tale data. 

Ci� 
per� 
non 
significa 
che 
le 
questioni 
sollevate 
siano 
prive 
di 
rilevanza, 
perch� 
riconoscere 
solo sulla 
base 
della 
sentenza 
m.a.S. l�avvenuta 
prescrizione 
significherebbe 
comunque 
fare 
applicazione della �regola 
Taricco�, sia pure individuandone i limiti temporali. 

Indipendentemente 
dalla 
collocazione 
dei 
fatti, 
prima 
o 
dopo 
l�8 
settembre 
2015, 
il 
giudice 
comune 
non pu� applicare 
loro la 
�regola 
Taricco�, perch� 
essa 
� 
in contrasto con il 
principio 
di determinatezza in materia penale, consacrato dall�art. 25, secondo comma, Cost. 

Questa 
Corte, 
nel 
compimento 
del 
relativo 
scrutinio 
di 
legittimit� 
costituzionale, 
che 
in 
questo peculiare 
caso � 
anche 
adempimento della 
verifica 
sollecitata 
dalla 
Corte 
di 
giustizia, 
non pu� che ricordare quanto aveva gi� osservato con l�ordinanza n. 24 del 2017. 

Un 
istituto 
che 
incide 
sulla 
punibilit� 
della 
persona, 
riconnettendo 
al 
decorso 
del 
tempo 
l�effetto di 
impedire 
l�applicazione 
della 
pena, nel 
nostro ordinamento giuridico rientra 
nel-
l�alveo 
costituzionale 
del 
principio 
di 
legalit� 
penale 
sostanziale 
enunciato 
dall�art. 
25, 
secondo 
comma, Cost. con formula di particolare ampiezza. 

La 
prescrizione 
pertanto deve 
essere 
considerata 
un istituto sostanziale, che 
il 
legislatore 
pu� 
modulare 
attraverso 
un 
ragionevole 
bilanciamento 
tra 
il 
diritto 
all�oblio 
e 
l�interesse 
a 
perseguire 
i 
reati 
fino a 
quando l�allarme 
sociale 
indotto dal 
reato non sia 
venuto meno (potendosene 
anche 
escludere 
l�applicazione 
per 
delitti 
di 
estrema 
gravit�), 
ma 
sempre 
nel 
rispetto 
di 
tale 
premessa 
costituzionale 
inderogabile 
(ex 
plurimis, 
sentenze 
n. 
143 
del 
2014, 
n. 
236 
del 
2011, n. 294 del 
2010 e 
n. 393 del 
2006; 
ordinanze 
n. 34 del 
2009, n. 317 del 
2000 e 
n. 
288 del 1999). 

11.� Ci� posto, appare 
evidente 
il 
deficit 
di 
determinatezza 
che 
caratterizza, sia 
l�art. 325, 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


paragrafi 
1 
e 
2, 
TFUE 
(per 
la 
parte 
da 
cui 
si 
evince 
la 
�regola 
Taricco�), 
sia 
la 
�regola 
Taricco� 
in s�. 

Quest�ultima, per la 
porzione 
che 
discende 
dal 
paragrafo 1 dell�art. 325 TFUE, � 
irrimediabilmente 
indeterminata 
nella 
definizione 
del 
�numero considerevole 
di 
casi� in presenza 
dei 
quali 
pu� operare, perch� 
il 
giudice 
penale 
non dispone 
di 
alcun criterio applicativo della 
legge 
che 
gli 
consenta 
di 
trarre 
da 
questo enunciato una 
regola 
sufficientemente 
definita. n� 
a 
tale 
giudice 
pu� essere 
attribuito il 
compito di 
perseguire 
un obiettivo di 
politica 
criminale 
svincolandosi 
dal 
governo della 
legge 
al 
quale 
� 
invece 
soggetto (art. 101, secondo comma, 
Cost.). 

ancor 
prima, 
� 
indeterminato 
l�art. 
325 
TFUE, 
per 
quanto 
qui 
interessa, 
perch� 
il 
suo 
testo 
non permette alla persona di prospettarsi la vigenza della �regola 
Taricco�. 

La 
sentenza 
m.a. 
S. 
ha 
enfatizzato, 
a 
tal 
proposito, 
la 
necessit� 
che 
le 
scelte 
di 
diritto 
penale 
sostanziale 
permettano 
all�individuo 
di 
conoscere 
in 
anticipo 
le 
conseguenze 
della 
sua 
condotta, in base 
al 
testo della 
disposizione 
rilevante, e, se 
del 
caso, con l�aiuto dell�interpretazione 
che 
ne 
sia 
stata 
fatta 
dai 
giudici 
(paragrafo 
56). 
Perlomeno 
nei 
paesi 
di 
tradizione 
continentale, 
e 
certamente 
in 
Italia, 
ci� 
avvalora 
(finanche 
in 
seno 
al 
diritto 
dell�Unione, 
in 
quanto 
rispettoso 
dell�identit� 
costituzionale 
degli 
Stati 
membri) 
l�imprescindibile 
imperativo 
che 
simili 
scelte 
si 
incarnino 
in 
testi 
legislativi 
offerti 
alla 
conoscenza 
dei 
consociati. 
rispetto 
a 
tale 
origine 
nel 
diritto scritto di 
produzione 
legislativa, l�ausilio interpretativo del 
giudice 
penale 
non � 
che 
un posterius 
incaricato di 
scrutare 
nelle 
eventuali 
zone 
d�ombra, individuando il 
significato 
corretto della 
disposizione 
nell�arco delle 
sole 
opzioni 
che 
il 
testo autorizza 
e 
che 
la 
persona pu� raffigurarsi leggendolo. 

Il 
principio di 
determinatezza 
ha 
una 
duplice 
direzione, perch� 
non si 
limita 
a 
garantire, 
nei 
riguardi 
del 
giudice, la 
conformit� 
alla 
legge 
dell�attivit� 
giurisdizionale 
mediante 
la 
produzione 
di 
regole 
adeguatamente 
definite 
per essere 
applicate, ma 
assicura 
a 
chiunque 
�una 
percezione 
sufficientemente 
chiara 
ed 
immediata� 
dei 
possibili 
profili 
di 
illiceit� 
penale 
della 
propria 
condotta 
(sentenze 
n. 
327 
del 
2008 
e 
n. 
5 
del 
2004; 
nello 
stesso 
senso, 
sentenza 
n. 
185 del 1992). 

Pertanto, quand�anche 
la 
�regola 
Taricco� 
potesse 
assumere, grazie 
al 
progressivo affinamento 
della 
giurisprudenza 
europea 
e 
nazionale, un contorno meno sfocato, ci� non varrebbe 
a 
�colmare 
l�eventuale 
originaria 
carenza 
di 
precisione 
del 
precetto penale� (sentenza 
n. 327 
del 2008). 

12.� � 
persino intuitivo (anche 
alla 
luce 
della 
sorpresa 
manifestata 
dalla 
comunit� 
dei 
giuristi 
nel 
vasto dibattito dottrinale 
seguito alla 
sentenza 
Taricco, pur nelle 
sfumature 
delle 
diverse 
posizioni) 
che 
la 
persona, 
prendendo 
contezza 
dell�art. 
325 
TFUE, 
non 
potesse 
(e 
neppure 
possa 
oggi 
in 
base 
a 
quel 
solo 
testo) 
immaginare 
che 
da 
esso 
sarebbe 
stata 
estrapolata 
la 
regola 
che 
impone 
di 
disapplicare 
un 
particolare 
aspetto 
del 
regime 
legale 
della 
prescrizione, 
in presenza 
di 
condizioni 
del 
tutto peculiari. Se 
� 
vero che 
anche 
�la 
pi� certa 
delle 
leggi 
ha 
bisogno di 
�letture� 
ed interpretazioni 
sistematiche� (sentenza 
n. 364 del 
1988), resta 
fermo 
che 
esse 
non possono surrogarsi 
integralmente 
alla 
praevia 
lex scripta, con cui 
si 
intende 
garantire 
alle 
persone 
�la 
sicurezza 
giuridica 
delle 
consentite, libere 
scelte 
d�azione� (sentenza 


n. 364 del 1988). 
Ci� 
� 
come 
dire 
che 
una 
scelta 
relativa 
alla 
punibilit� 
deve 
essere 
autonomamente 
ricavabile 
dal 
testo legislativo al 
quale 
i 
consociati 
hanno accesso, diversamente 
da 
quanto accade 
con 
la 
�regola 
Taricco�. Fermo restando che 
compete 
alla 
sola 
Corte 
di 
giustizia 
interpretare 
con 
uniformit� 
il 
diritto 
dell�Unione, 
e 
specificare 
se 
esso 
abbia 
effetto 
diretto, 
� 
anche 
indiscutibile 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


che, come 
ha 
riconosciuto la 
sentenza 
m.a. S., un esito interpretativo non conforme 
al 
principio 
di 
determinatezza 
in 
campo 
penale 
non 
possa 
avere 
cittadinanza 
nel 
nostro 
ordinamento. 

13.� Quanto appena 
rilevato concerne 
la 
�regola 
Taricco�, sia 
per la 
porzione 
tratta 
dal 
paragrafo 
1 dell�art. 325 TFUE, sia per quella desunta dal paragrafo 2. 

In 
quest�ultimo 
caso, 
anche 
se 
il 
principio 
di 
assimilazione 
non 
desse 
luogo 
sostanzialmente 
a 
un procedimento analogico in malam 
partem 
e 
potesse 
permettere 
al 
giudice 
penale 
di 
compiere 
un�attivit� 
priva 
di 
inaccettabili 
margini 
di 
indeterminatezza, essa, comunque 
sia, non 
troverebbe 
una 
base 
legale 
sufficientemente 
determinata 
nell�art. 325 TFUE, dal 
quale 
una 
persona 
non 
avrebbe 
potuto, 
n� 
oggi 
potrebbe, 
desumere 
autonomamente 
i 
contorni 
della 
�regola 
Taricco�. 

In altri 
termini, qualora 
si 
reputasse 
possibile 
da 
parte 
del 
giudice 
penale 
il 
confronto tra 
frodi 
fiscali 
in danno dello Stato e 
frodi 
fiscali 
in danno dell�Unione, al 
fine 
di 
impedire 
che 
le 
seconde 
abbiamo 
un 
trattamento 
meno 
severo 
delle 
prime 
quanto 
al 
termine 
di 
prescrizione, 
ugualmente 
l�art. 
325, 
paragrafo 
2, 
TFUE 
non 
perderebbe 
il 
suo 
tratto 
non 
adeguatamente 
determinato 
per 
fungere 
da 
base 
legale 
di 
tale 
operazione 
in 
materia 
penale, 
posto 
che 
i 
consociati 
non avrebbero potuto, n� 
oggi 
potrebbero sulla 
base 
del 
solo quadro normativo, raffigurarsi 
tale effetto. 

Bisogna 
aggiungere 
che 
una 
sufficiente 
determinazione 
non 
sarebbe 
rintracciabile 
neppure 
nell�enunciato della 
sentenza 
Taricco, relativo ai 
�casi 
di 
frode 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dello Stato membro interessato�, per i 
quali 
sono stabiliti 
�termini 
di 
prescrizione 
pi� 
lunghi 
di 
quelli 
previsti 
per i 
casi 
di 
frode 
che 
ledono gli 
interessi 
finanziari 
dell�Unione�. Si 
tratta 
infatti 
di 
un enunciato generico, che, comportando un apprezzamento largamente 
opinabile, 
non 
� 
tale 
da 
soddisfare 
il 
principio 
di 
determinatezza 
della 
legge 
penale 
e 
in 
particolare 
da assicurare ai consociati una sua sicura percezione. 

14.� L�inapplicabilit� 
della 
�regola 
Taricco�, secondo quanto riconosciuto dalla 
sentenza 


m.a. S., ha 
la 
propria 
fonte 
non solo nella 
Costituzione 
repubblicana, ma 
nello stesso diritto 
dell�Unione, sicch� 
ha 
trovato conferma 
l�ipotesi 
tracciata 
da 
questa 
Corte 
con l�ordinanza 
n. 
24 
del 
2017, 
ovvero 
che 
non 
vi 
sia 
alcuna 
ragione 
di 
contrasto. 
Ci� 
comporta 
la 
non 
fondatezza 
di 
tutte 
le 
questioni 
sollevate, perch�, a 
prescindere 
dagli 
ulteriori 
profili 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
dedotti, la 
violazione 
del 
principio di 
determinatezza 
in materia 
penale 
sbarra 
la 
strada senza eccezioni all�ingresso della �regola 
Taricco� nel nostro ordinamento. 
PEr 
QUESTI 
mOTIVI 
La COrTE COSTITUzIOnaLE 


riuniti i giudizi, 

dichiara 
non 
fondate 
le 
questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 
2 
della 
legge 
2 
agosto 
2008, 
n. 
130 
(ratifica 
ed 
esecuzione 
del 
Trattato 
di 
Lisbona 
che 
modifica 
il 
Trattato 
sull�Unione 
europea 
e 
il 
Trattato che 
istituisce 
la 
Comunit� 
europea 
e 
alcuni 
atti 
connessi, con 
atto 
finale, 
protocolli 
e 
dichiarazioni, 
fatto 
a 
Lisbona 
il 
13 
dicembre 
2007), 
sollevate 
dalla 
Corte 
di 
cassazione, in riferimento agli 
artt. 3, 11, 24, 25, secondo comma, 27, terzo comma, 
e 
101, secondo comma, della 
Costituzione, e 
dalla 
Corte 
d�appello di 
milano, in riferimento 
all�art. 25, secondo comma, Cost., con le ordinanze indicate in epigrafe. 

Cos� 
deciso in roma, nella 
sede 
della 
Corte 
costituzionale, Palazzo della 
Consulta, il 
10 
aprile 2018. 


raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


La tutela processuale nel rito �super accelerato� 
degli appalti pubblici e i principi eurounitari 


CorTe 
di 
giUSTizia 
Ue, Sezione 
QUarTa, ordinanza 
14 Febbraio 
2019, C-54/18 


In 
rassegna 
l�ordinanza 
con 
cui 
la 
Corte 
UE 
si 
� 
pronunciata 
sulla 
compatibilit� 
con 
i 
principi 
eurounitari 
in 
materia 
di 
tutela 
processuale 
delle 
disposizioni 
del 
c.p.a. 
relative 
al 
c.d. 
rito 
superaccelerato 
in 
materia 
di 
appalti 
pubblici. 


La 
Corte 
ha 
risposto ai 
due 
quesiti 
posti 
dal 
giudice 
di 
rinvio affermando 
che: 


1) 
La 
direttiva 
89/665/CEE 
del 
Consiglio, 
del 
21 
dicembre 
1989, 
che 
coordina 
le 
disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
al-
l'applicazione 
delle 
procedure 
di 
ricorso 
in 
materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori, 
come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2014/23/UE 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
26 
febbraio 
2014, 
e 
in 
particolare 
i 
suoi 
articoli 
1 
e 
2 
quater, 
letti 
alla 
luce 
dell'articolo 
47 
della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
europea, 
deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
essa 
non 
osta 
ad 
una 
normativa 
nazionale, 
come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
prevede 
che 
i 
ricorsi 
avverso 
i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
o 
esclusione 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
debbano 
essere 
proposti, 
a 
pena 
di 
decadenza, 
entro 
un 
termine 
di 
30 
giorni 
a 
decorrere 
dalla 
loro 
comunicazione 
agli 
interessati, 
a 
condizione 
che 
i 
provvedimenti 
in 
tal 
modo 
comunicati 
siano 
accompagnati 
da 
una 
relazione 
dei 
motivi 
pertinenti 
tale 
da 
garantire 
che 
detti 
interessati 
siano 
venuti 
o 
potessero 
venire 
a 
conoscenza 
della 
violazione 
del 
diritto 
dell'Unione 
dagli 
stessi 
lamentata. 


2) La 
direttiva 
89/665, come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2014/23, e 
in particolare 
i 
suoi 
articoli 
l 
e 
2 quater, letti 
alla 
luce 
dell'articolo 47 della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
europea, 
deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
essa 
non osta 
ad una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
prevede 
che, 
in 
mancanza 
di 
ricorso 
contro 
i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
degli 
offerenti 
alla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
appalto pubblico entro un termine 
di 
decadenza 
di 
30 giorni 
dalla 
loro comunicazione, agli 
interessati 
sia 
preclusa 
la 
facolt� 
di 
eccepire 
l'illegittimit� 
di 
tali 
provvedimenti 
nell'ambito 
di 
ricorsi 
diretti 
contro gli 
atti 
successivi, in particolare 
avverso le 
decisioni 
di 
aggiudicazione, purch� 
tale 
decadenza 
sia 
opponibile 
ai 
suddetti 
interessati 
solo a 
condizione 
che 
essi 
siano venuti 
o potessero venire 
a 
conoscenza, tramite 
detta comunicazione, dell'illegittimit� dagli stessi lamentata. 


La 
pronuncia 
pu� 
ritenersi 
pienamente 
favorevole 
posto 
che 
l'ordinamento 
gi� 
ricollega 
la 
decorrenza 
dei 
suddetti 
termini 
alla 
effettiva 
conoscenza 
dei provvedimenti da impugnare, corredati di motivazione. 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
27 


In tal 
senso l'art. 29, comma 
1, del 
d.lgs. 50/2016, in base 
al 
quale 
�.. al 
fine 
di 
consentire 
l�eventuale 
proposizione 
del 
ricorso 
ai 
sensi 
dell�articolo 
120, comma 2-bis, del 
codice 
del 
processo amministrativo, sono altres� 
pubblicati, 
nei 
successivi 
due 
giorni 
dalla 
data 
di 
adozione 
dei 
relativi 
atti, 
il 
provvedimento 
che 
determina 
le 
esclusioni 
dalla 
procedura 
di 
affidamento 
e 
le 
ammissioni 
all�esito della verifica della documentazione 
attestante 
l�assenza 
dei 
motivi 
di 
esclusione 
di 
cui 
all�articolo 
80, 
nonch� 
la 
sussistenza 
dei 
requisiti 
economico-finanziari 
e 
tecnico-professionali. 
entro 
il 
medesimo 
termine 
di 
due 
giorni 
� 
dato 
avviso 
ai 
candidati 
e 
ai 
concorrenti, 
con 
le 
modalit� 
di 
cui 
all�articolo 5-bis 
del 
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante 
il 
Codice 
dell�amministrazione 
digitale 
o 
strumento 
analogo 
negli 
altri 
Stati 
membri, di 
detto provvedimento, indicando l�ufficio o il 
collegamento informatico 
ad 
accesso 
riservato 
dove 
sono 
disponibili 
i 
relativi 
atti. 
il 
termine 
per 
l�impugnativa 
di 
cui 
al 
citato 
articolo 
120, 
comma 
2-bis, 
decorre 
dal 
momento 
in cui 
gli 
atti 
di 
cui 
al 
secondo periodo sono resi 
in concreto disponibili, corredati 
di motivazione�. 

Carla Colelli* 


Corte 
di 
Giustizia dell�unione 
europea, sezione 
Quarta, ordinanza 14 febbraio 2019, 
C-54/18 
-Pres.e 
rel. 
m. 
Vilaras 
-Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta 
dal 
Tribunale 
amministrativo regionale 
per il 
Piemonte 
(Italia) il 
29 gennaio 2018 - Cooperativa 
animazione 
Valdocco S.C.S. Impresa 
Sociale 
Onlus 
/ 
Consorzio Intercomunale 
Servizi 
Sociali 
di 
Pinerolo, azienda Sanitaria Locale 
To3 di Collegno e Pinerolo. 


�rinvio pregiudiziale 
- appalti 
pubblici 
- Procedure 
di 
ricorso - Direttiva 
89/665/CEE 
- articoli 
1 
e 
2 
quater 
-ricorso 
contro 
i 
provvedimenti 
di 
ammissione 
o 
esclusione 
degli 
offerenti 


-Termini 
di 
ricorso - Termine 
di 
decadenza 
di 
30 giorni 
- normativa 
nazionale 
che 
esclude 
la 
possibilit� 
di 
eccepire 
l�illegittimit� 
di 
un provvedimento di 
ammissione 
nell�ambito di 
un ricorso 
contro gli 
atti 
successivi 
- Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�Unione 
europea 
- articolo 
47 - Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva� 
1 
La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
verte 
sull�interpretazione 
dell�articolo 
1, 
paragrafi 


1 
e 
2, 
della 
direttiva 
89/665/CEE 
del 
Consiglio, 
del 
21 
dicembre 
1989, 
che 
coordina 
le 


disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all�applicazione 
delle 
pro


cedure 
di 
ricorso 
in 
materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori 


(GU 
1989, 
L 
395, 
pag. 
3), 
come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2014/23/UE 
del 
Parlamento 


europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
26 
febbraio 
2014 
(GU 
2014, 
L 
94, 
pag. 
1) 
(in 
prosieguo: 
la 


�direttiva 
89/665�), 
dell�articolo 
47 
della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�Unione 
eu


ropea 
(in 
prosieguo: 
la 
�Carta�) 
nonch� 
dei 
principi 
di 
equivalenza 
e 
di 
effettivit�. 
2 Tale 
domanda 
� 
stata 
presentata 
nell�ambito 
di 
una 
controversia 
tra 
la 
Cooperativa 
ani


mazione 
Valdocco 
Soc. 
coop. 
soc. 
Impresa 
Sociale 
Onlus 
(in 
prosieguo: 
la 
�Cooperativa 


(*) avvocato dello Stato. 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


animazione 
Valdocco�), 
da 
una 
parte, 
e 
il 
Consorzio 
Intercomunale 
Servizi 
Sociali 
di 
Pinerolo 
(in 
prosieguo: 
il 
�CISS 
di 
Pinerolo�) 
e 
l�azienda 
Sanitaria 
Locale 
To3 
di 
Collegno 
e 
Pinerolo, 
dall�altra, 
in 
merito 
all�assegnazione 
di 
un 
appalto 
pubblico 
di 
servizi 
di 
assistenza 
domiciliare 
ad 
un 
raggruppamento 
temporaneo 
di 
imprese 
costituito 
dalle 
societ� 
ati 
Cilte 
Soc. 
coop. 
soc., 
Coesa 
Pinerolo 
Soc. 
coop. 
soc. 
arl 
e 
La 
Dua 
Valadda 
Soc. 
coop. 
soc. 
(in 
prosieguo: 
il 
�raggruppamento 
temporaneo 
di 
imprese 
aggiudicatario�). 


Contesto normativo 


Il diritto dell�Unione 


3 
L�articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, e 
paragrafo 3, della 
direttiva 
89/665 cos� 
prevede: 


�1. (...) 
Gli 
Stati 
membri 
adottano 
i 
provvedimenti 
necessari 
per 
garantire 
che, 
per 
quanto 
riguarda 
gli 
appalti 
disciplinati 
dalla 
direttiva 
2014/24/UE 
[del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
26 
febbraio 
2014, 
sugli 
appalti 
pubblici 
e 
che 
abroga 
la 
direttiva 
2004/18/CE 
(GU 
2014, 
L 
94, 
pag. 
65),] 
o 
dalla 
direttiva 
[2014/23], 
le 
decisioni 
prese 
dalle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
possano essere 
oggetto di 
un ricorso efficace 
e, in particolare, quanto pi� 
rapido 
possibile, 
secondo 
le 
condizioni 
previste 
negli 
articoli 
da 
2 
a 
2 
septies 
della 
presente 
direttiva, sulla 
base 
del 
fatto che 
tali 
decisioni 
hanno violato il 
diritto dell�Unione 
in materia 
di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali di recepimento�. 
(...) 
3. 
Gli 
Stati 
membri 
provvedono 
a 
rendere 
accessibili 
le 
procedure 
di 
ricorso, 
secondo 
modalit� 
che 
gli 
Stati 
membri 
possono determinare, a 
chiunque 
abbia 
o abbia 
avuto interesse 
a 
ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un determinato appalto e 
sia 
stato o rischi 
di 
essere 
leso a causa di una presunta violazione�. 
4. 
L�articolo 
2 
quater 
di 
tale 
direttiva, 
relativo 
ai 
�[t]ermini 
per 
la 
proposizione 
del 
ricorso
�, dispone quanto segue: 
�Quando uno Stato membro stabilisce 
che 
qualsiasi 
ricorso avverso una 
decisione 
presa 
da 
un�amministrazione 
aggiudicatrice 
nel 
quadro di 
o in relazione 
ad una 
procedura 
di 
aggiudicazione 
di 
un appalto disciplinata 
dalla 
direttiva 
[2014/24] o direttiva 
[2014/23] 
debba 
essere 
presentato prima 
dello scadere 
di 
un determinato termine, quest�ultimo � 
di 
almeno dieci 
giorni 
civili 
a 
decorrere 
dal 
giorno successivo alla 
data 
in cui 
la 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
� 
stata 
inviata 
all�offerente 
o al 
candidato, se 
la 
spedizione 
� 
avvenuta 
per fax o per via 
elettronica, oppure, se 
la 
spedizione 
� 
avvenuta 
con 
altri 
mezzi 
di 
comunicazione, di 
almeno quindici 
giorni 
civili 
a 
decorrere 
dal 
giorno successivo 
alla 
data 
in cui 
la 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
� 
stata 
inviata 
all�offerente 
o al 
candidato o di 
almeno dieci 
giorni 
civili 
a 
decorrere 
dal 
giorno successivo 
alla 
data 
di 
ricezione 
della 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice. La 
comunicazione 
della 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
ad 
ogni 
offerente 
o 
candidato � 
accompagnata 
da 
una 
relazione 
sintetica 
dei 
motivi 
pertinenti. In caso di 
presentazione 
di 
un ricorso relativo alle 
decisioni 
di 
cui 
all�articolo 2, paragrafo 1, lettera 
b), della 
presente 
direttiva 
che 
non sono soggette 
ad una 
notifica 
specifica, il 
termine 
� 
di 
almeno dieci 
giorni 
civili 
dalla 
data 
della 
pubblicazione 
della 
decisione 
di 
cui 
trattasi�. 
Il diritto italiano 


5 L�articolo 
120, 
comma 
2-bis, 
dell�allegato 
I 
al 
decreto 
legislativo 
del 
2 
luglio 
2010, 
n. 
104 
-Codice 
del 
processo 
amministrativo 
(supplemento 
ordinario 
alla 
GUrI 
n. 
156, 
del 
7 
luglio 
2010), 
nella 
versione 
di 
cui 
all�articolo 
204 
del 
decreto 
legislativo 
del 
18 
aprile 
2016, 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
29 


n. 
50 
-Codice 
dei 
contratti 
pubblici 
(supplemento 
ordinario 
alla 
GUrI 
n. 
91, 
del 
19 
aprile 
2016) 
(in 
prosieguo: 
il 
�codice 
del 
processo 
amministrativo�), 
� 
cos� 
formulato: 
�Il 
provvedimento che 
determina 
le 
esclusioni 
dalla 
procedura 
di 
affidamento e 
le 
ammissioni 
ad essa 
all�esito della 
valutazione 
dei 
requisiti 
soggettivi, economico-finanziari 
e 
tecnico-professionali 
va 
impugnato 
nel 
termine 
di 
trenta 
giorni, 
decorrente 
dalla 
sua 
pubblicazione 
sul 
profilo del 
committente 
della 
stazione 
appaltante, ai 
sensi 
dell�articolo 
29, comma 
1, del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
(...). L�omessa 
impugnazione 
preclude 
la 
facolt� 
di 
far valere 
l�illegittimit� 
derivata 
dei 
successivi 
atti 
delle 
procedure 
di 
affidamento, 
anche 
con ricorso incidentale. � 
altres� 
inammissibile 
l�impugnazione 
della 
proposta 
di 
aggiudicazione, 
ove 
disposta, 
e 
degli 
altri 
atti 
endo-procedimentali 
privi 
di 
immediata lesivit��. 
6 
L�articolo 29 del 
decreto legislativo del 
18 aprile 
2016, n. 50 - Codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
cos� 
come 
modificato 
dal 
decreto 
legislativo 
del 
19 
aprile 
2017, 
n. 
56 
(supplemento 
ordinario 
alla 
GUrI 
n. 
103, 
del 
5 
maggio 
2017; 
in 
prosieguo: 
il 
�codice 
dei 
contratti 
pubblici
�) prevede quanto segue: 
�(...) al 
fine 
di 
consentire 
l�eventuale 
proposizione 
del 
ricorso ai 
sensi 
dell�articolo 120, 
comma 
2-bis, del 
codice 
del 
processo amministrativo, sono altres� 
pubblicati, nei 
successivi 
due 
giorni 
dalla 
data 
di 
adozione 
dei 
relativi 
atti, il 
provvedimento che 
determina 
le 
esclusioni 
dalla 
procedura 
di 
affidamento 
e 
le 
ammissioni 
all�esito 
della 
verifica 
della 
documentazione 
attestante 
l�assenza 
dei 
motivi 
di 
esclusione 
di 
cui 
all�articolo 80, nonch� 
la 
sussistenza 
dei 
requisiti 
economico-finanziari 
e 
tecnico-professionali. Entro il 
medesimo 
termine 
di 
due 
giorni 
� 
dato avviso ai 
candidati 
e 
ai 
concorrenti 
(...) di 
detto provvedimento, 
indicando l�ufficio o il 
collegamento informatico ad accesso riservato dove 
sono disponibili 
i 
relativi 
atti. Il 
termine 
per l�impugnativa 
di 
cui 
al 
citato articolo 120, 
comma 
2-bis, decorre 
dal 
momento in cui 
gli 
atti 
di 
cui 
al 
secondo periodo sono resi 
in 
concreto disponibili, corredati di motivazione�. 


7 
L�articolo 53, commi 2 e 3, del codice dei contratti pubblici dispone quanto segue: 


�2. Fatta 
salva 
la 
disciplina 
prevista 
dal 
presente 
codice 
per gli 
appalti 
secretati 
o la 
cui 
esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, il diritto di accesso � differito: 
a) 
nelle 
procedure 
aperte, 
in 
relazione 
all�elenco 
dei 
soggetti 
che 
hanno 
presentato 
offerte, 
fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime; 
b) nelle 
procedure 
ristrette 
e 
negoziate 
e 
nelle 
gare 
informali, in relazione 
all�elenco dei 
soggetti 
che 
hanno fatto richiesta 
di 
invito o che 
hanno manifestato il 
loro interesse, e 
in 
relazione 
all�elenco 
dei 
soggetti 
che 
sono 
stati 
invitati 
a 
presentare 
offerte 
e 
all�elenco 
dei 
soggetti 
che 
hanno presentato offerte, fino alla 
scadenza 
del 
termine 
per la 
presentazione 
delle 
offerte 
medesime; 
ai 
soggetti 
la 
cui 
richiesta 
di 
invito 
sia 
stata 
respinta, 
� 
consentito 
l�accesso all�elenco dei 
soggetti 
che 
hanno fatto richiesta 
di 
invito o che 
hanno 
manifestato il 
loro interesse, dopo la 
comunicazione 
ufficiale, da 
parte 
delle 
stazioni 
appaltanti, 
dei nominativi dei candidati da invitare; 
c) in relazione alle offerte, fino all�aggiudicazione; 
d) in relazione 
al 
procedimento di 
verifica 
della 
anomalia 
dell�offerta, fino all�aggiudicazione. 
3. 
Gli 
atti 
di 
cui 
al 
comma 
2, 
fino 
alla 
scadenza 
dei 
termini 
ivi 
previsti, 
non 
possono 
essere 
comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti�. 
Procedimento principale e questioni pregiudiziali 


8 
Con 
decisione 
del 
19 
maggio 
2017, 
il 
CISS 
di 
Pinerolo 
ha 
aggiudicato, 
secondo 
il 
criterio 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


dell�offerta 
economicamente 
pi� vantaggiosa, al 
raggruppamento temporaneo d�imprese 
aggiudicatario l�appalto pubblico di 
servizi 
di 
assistenza 
domiciliare 
all�interno del 
suo 
ambito territoriale, per il periodo compreso tra il 1� giugno 2017 e il 31 maggio 2020. 


9 Una 
volta 
intervenuta 
l�aggiudicazione 
dell�appalto, 
la 
Cooperativa 
animazione 
Valdocco, 
seconda 
classificata, 
ha 
proposto 
dinanzi 
al 
giudice 
del 
rinvio, 
ossia 
il 
Tribunale 
amministrativo 
regionale 
per 
il 
Piemonte 
(Italia), 
un 
ricorso 
di 
annullamento 
contro 
la 
decisione 
di 
assegnazione 
dell�appalto 
in 
questione 
nonch� 
contro 
i 
vari 
atti 
della 
procedura 
di 
gara, 
compresa 
la 
mancata 
esclusione 
del 
raggruppamento 
temporaneo 
di 
imprese 
aggiudicatario, 
facendo 
segnatamente 
valere 
che, 
in 
difetto 
del 
deposito 
di 
una 
cauzione 
provvisoria 
dell�importo 
richiesto 
e 
in 
mancanza 
della 
dimostrazione 
del 
possesso 
dei 
requisiti 
di 
partecipazione, 
detto 
raggruppamento 
non 
avrebbe 
dovuto 
essere 
ammesso 
a 
partecipare 
alla 
procedura 
di 
gara. 


10 
Il 
giudice 
del 
rinvio 
precisa 
che 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
e 
il 
raggruppamento 
temporaneo 
di 
imprese 
aggiudicatario 
hanno 
eccepito 
l�irricevibilit� 
del 
ricorso, 
per 
il 
motivo che 
era 
stato proposto avverso la 
decisione 
di 
aggiudicazione 
definitiva. Orbene, 
conformemente 
al 
rito 
�super 
accelerato� 
organizzato 
dal 
combinato 
disposto 
dell�articolo 
29 del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
e 
dell�articolo 120, comma 
2-bis, del 
codice 
del 
processo 
amministrativo, il 
ricorso della 
Cooperativa 
animazione 
Valdocco avrebbe 
dovuto 
essere 
proposto entro un termine 
di 
30 giorni 
dalla 
comunicazione 
del 
provvedimento di 
ammissione degli offerenti a partecipare alla procedura di gara d�appalto. 

11 
Tale 
giudice 
osserva, 
a 
tal 
riguardo, 
che 
l�introduzione 
del 
rito 
�super 
accelerato� 
d�impugnazione 
dei 
provvedimenti 
di 
esclusione 
o 
di 
ammissione 
degli 
offerenti, 
di 
cui 
all�articolo 
120, 
comma 
2-bis, 
del 
codice 
del 
processo 
amministrativo, 
risponde 
alla 
necessit� 
di 
consentire 
la 
definizione 
della 
controversia 
prima 
della 
decisione 
di 
aggiudicazione, 
determinando 
in 
maniera 
esaustiva 
i 
soggetti 
ammessi 
a 
partecipare 
alla 
gara 
d�appalto 
in 
un 
momento 
antecedente 
all�esame 
delle 
offerte 
e 
alla 
conseguente 
aggiudicazione. 


12 
Esso 
sottolinea, 
tuttavia, 
che 
tale 
rito 
�super 
accelerato� 
presenta 
alcuni 
profili 
di 
criticit�, 
in particolare alla luce del diritto dell�Unione. 


13 In proposito, esso rileva, in primo luogo, che 
tale 
rito impone 
all�offerente 
che 
non sia 
stato ammesso a 
partecipare 
alla 
gara 
d�appalto l�obbligo di 
impugnare 
il 
provvedimento 
di 
ammissione 
o 
di 
non 
esclusione 
di 
tutti 
gli 
offerenti, 
mentre, 
da 
un 
lato, 
in 
tale 
momento 
egli 
non pu� sapere 
chi 
sar� 
l�aggiudicatario e, dall�altro, potrebbe 
egli 
stesso non trarre 
alcun 
vantaggio 
dal 
contestare 
l�aggiudicazione, 
non 
essendo 
in 
posizione 
utile 
nella 
graduatoria 
finale. Detto offerente 
sarebbe 
quindi 
costretto a 
promuovere 
l�azione 
giurisdizionale 
senza 
alcuna 
garanzia 
che 
tale 
iniziativa 
gli 
procurer� 
una 
concreta 
utilit�, 
obbligandolo 
al 
contempo 
ad 
assumere 
gli 
oneri 
connessi 
all�esperimento 
immediato 
dell�azione. 


14 
Il 
giudice 
del 
rinvio 
osserva, 
poi, 
che 
l�offerente 
in 
tal 
modo 
obbligato 
a 
promuovere 
un�azione 
secondo il 
rito �super accelerato� non solo non ha 
un interesse 
concreto e 
attuale, 
ma 
subisce 
altres�, 
per 
l�applicazione 
dell�articolo 
120, 
comma 
2-bis, 
del 
codice 
del 
processo amministrativo, vari 
danni. Il 
primo deriverebbe 
dai 
notevoli 
esborsi 
economici 
collegati 
alla 
proposizione 
di 
ricorsi 
plurimi. Il 
secondo sarebbe 
legato alla 
potenziale 
compromissione 
della 
propria 
posizione 
agli 
occhi 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice. 
Il 
terzo 
sarebbe 
relativo 
alle 
nefaste 
conseguenze 
della 
sua 
classificazione, 
dal 
momento 
che 
l�articolo 
83 
del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
individua 
come 
parametro 
di giudizio negativo l�incidenza dei contenziosi attivati dall�offerente. 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
31 


15 
Il 
giudice 
del 
rinvio precisa, infine, che 
il 
carattere 
eccessivamente 
gravoso dell�accesso 
alla 
giustizia 
amministrativa 
viene 
inasprito ulteriormente 
dall�articolo 53 del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
il 
cui 
terzo 
comma 
vieta 
ai 
funzionari 
pubblici 
o 
incaricati 
di 
un 
servizio 
pubblico di 
comunicare 
o comunque 
rendere 
noti, a 
pena 
di 
sanzione 
penale, gli 
atti 
di 
gara, l�accesso ai 
quali 
� 
differito all�aggiudicazione. Considerata 
la 
cogenza 
di 
tale 
divieto, 
i 
soggetti 
responsabili 
della 
procedura 
sarebbero restii 
a 
divulgare, oltre 
al 
provvedimento 
di 
ammissione, 
la 
documentazione 
amministrativa 
dei 
concorrenti, 
costringendo 
gli operatori economici a proporre ricorsi �al buio�. 

16 In tale 
contesto, il 
Tribunale 
amministrativo regionale 
per il 
Piemonte 
ha 
deciso di 
sospendere 
il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
1) 
Se 
la 
disciplina 
europea 
in 
materia 
di 
diritto 
di 
difesa, 
di 
giusto 
processo 
e 
di 
effettivit� 
sostanziale 
della 
tutela, segnatamente, gli 
artt. 6 e 
13 della 
[Convenzione 
europea 
per la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell�uomo e 
delle 
libert� 
fondamentali, firmata 
a 
roma 
il 
4 novembre 
1950], l�art. 47 della 
Carta 
(...) e 
l�art. 1 Dir. 89/665/CEE 
[paragrafi] 1 e 
2 della 
Direttiva, ostino ad una 
normativa 
nazionale, quale 
l�art. 120 comma 
2 bis 
c.p.a., che 
impone 
all�operatore 
che 
partecipa 
ad 
una 
procedura 
di 
gara 
di 
impugnare 
l�ammissione/mancata 
esclusione 
di 
un altro soggetto, entro il 
termine 
di 
30 giorni 
dalla 
comunicazione 
del 
provvedimento 
con 
cui 
viene 
disposta 
l�ammissione/esclusione 
dei 
partecipanti; 
2) se 
la 
disciplina 
europea 
in materia 
di 
diritto di 
difesa, di 
giusto processo e 
di 
effettivit� 
sostanziale 
della 
tutela, segnatamente, gli 
artt. 6 e 
13 della 
[Convenzione 
europea 
per la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell�uomo e 
delle 
libert� 
fondamentali], l�art. 47 della 
Carta 
(...) 
e 
l�art. 1 Dir. 89/665/CEE[, paragrafi] 1 e 
2 della 
Direttiva, osti 
ad una 
normativa 
nazionale, 
quale 
l�art. 120 comma 
2 bis 
c.p.a., che 
preclude 
all�operatore 
economico di 
far valere, 
a 
conclusione 
del 
procedimento, anche 
con ricorso incidentale, l�illegittimit� 
degli 
atti 
di 
ammissione 
degli 
altri 
operatori, in particolare 
dell�aggiudicatario o del 
ricorrente 
principale, 
senza 
aver 
precedentemente 
impugnato 
l�atto 
di 
ammissione 
nel 
termine 
suindicato
�. 
sulle questioni pregiudiziali 


17 
ai 
sensi 
dell�articolo 99 del 
suo regolamento di 
procedura, quando la 
risposta 
a 
una 
questione 
pregiudiziale 
pu� 
essere 
chiaramente 
desunta 
dalla 
giurisprudenza, 
la 
Corte, 
su 
proposta 
del 
giudice 
relatore, sentito l�avvocato generale, pu� statuire 
in qualsiasi 
momento 
con ordinanza motivata. 


18 
Tale articolo deve essere applicato alla presente causa. 


Sulla ricevibilit� della domanda di pronuncia pregiudiziale 


19 In via 
preliminare 
si 
deve 
rilevare 
che, come 
emerge 
dalle 
osservazioni 
presentate 
alla 
Corte, 
il 
valore 
dell�appalto 
pubblico 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale 
ammontava 
a 
EUr 
5 
684 
000, 
vale 
a 
dire 
una 
cifra 
ampiamente 
superiore 
alle 
soglie 
di 
cui 
all�articolo 
4 
della 
direttiva 2014/24. 


20 
La 
direttiva 
89/665 � 
quindi 
applicabile 
all�appalto in questione, conformemente 
all�articolo 
46 della 
direttiva 
2014/23, e, pertanto, la 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
non 
pu� 
essere 
dichiarata 
irricevibile 
per 
la 
sola 
omessa 
indicazione, 
nell�ordinanza 
di 
rinvio, 
del 
valore 
dello stesso appalto, contrariamente 
a 
quanto fatto valere 
dal 
governo italiano. 


21 
La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
non 
pu� 
essere 
dichiarata 
irricevibile 
neppure 
per il 
motivo che 
con essa 
si 
chiederebbe 
alla 
Corte 
di 
sindacare 
la 
scelta 
discrezionale 
del 
legislatore 
italiano nel 
recepimento della 
direttiva 
89/665, come 
sostenuto dal 
CISS 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


di 
Pinerolo. Infatti, le 
questioni 
poste 
vertono chiaramente 
sull�interpretazione 
di 
varie 
disposizioni della direttiva citata. 


22 
Di conseguenza, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale � ricevibile. 
Sulla prima questione 


23 
Con la 
sua 
prima 
questione 
il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
l�articolo 1, paragrafi 
1 e 
2, della 
direttiva 
89/665, letto alla 
luce 
dell�articolo 47 della 
Carta, debba 
essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
esso 
osta 
ad 
una 
normativa 
nazionale, 
come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento principale, che 
prevede 
che 
i 
ricorsi 
avverso i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
o 
esclusione 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
debbano essere 
proposti 
entro un termine 
di 
30 giorni, a 
pena 
di 
decadenza, a 
decorrere 
dalla 
comunicazione 
degli 
stessi 
agli 
interessati. 

24 
Si 
deve 
anzitutto ricordare 
che, ai 
sensi 
dell�articolo 2 quater della 
direttiva 
89/665, gli 
Stati 
membri 
possono stabilire 
termini 
per presentare 
un ricorso avverso una 
decisione 
presa 
da 
un�amministrazione 
aggiudicatrice 
nel 
quadro 
di 
una 
procedura 
di 
aggiudicazione 
di un appalto disciplinata dalla direttiva 2014/24. 

25 
Tale 
disposizione 
prevede 
che 
il 
termine 
in parola 
sia 
di 
almeno dieci 
giorni 
civili 
a 
decorrere 
dal 
giorno successivo alla 
data 
in cui 
la 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
� 
stata 
inviata 
all�offerente 
o al 
candidato, se 
la 
spedizione 
� 
avvenuta 
per fax o 
per 
via 
elettronica, 
oppure, 
se 
la 
spedizione 
� 
avvenuta 
con 
altri 
mezzi 
di 
comunicazione, 
di 
almeno quindici 
giorni 
civili 
a 
decorrere 
dal 
giorno successivo alla 
data 
in cui 
la 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
� 
stata 
inviata 
all�offerente 
o al 
candidato o di 
almeno dieci 
giorni 
civili 
a 
decorrere 
dal 
giorno successivo alla 
data 
di 
ricezione 
della 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice. La 
stessa 
disposizione 
precisa 
inoltre 
che 
la 
comunicazione 
della 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
ad ogni 
offerente 


o candidato � accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti. 
26 
Dallo stesso tenore letterale dell�articolo 2 quater della direttiva 89/665 si evince quindi 
che 
un termine 
di 
30 giorni, come 
quello di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento principale, in 
cui 
i 
ricorsi 
contro i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
o 
esclusione 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
disciplinati 
dalla 
direttiva 
2014/24 
devono 
essere 
proposti, 
a 
decorrere 
dalla 
loro 
comunicazione 
alle 
parti 
interessate, a 
pena 
di 
decadenza 
�, in linea 
di 
principio, compatibile 
con il 
diritto dell�Unione, a 
condizione 
che 
tali 
provvedimenti 
siano accompagnati 
da una relazione dei motivi pertinenti. 


27 
Inoltre, 
l�articolo 
1, 
paragrafo 
1, 
della 
direttiva 
89/665 
impone 
agli 
Stati 
membri 
l�obbligo 
di 
garantire 
che 
le 
decisioni 
prese 
dalle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
possano 
essere 
oggetto 
di 
un 
ricorso 
efficace 
e 
quanto 
pi� 
rapido 
possibile. 
Orbene, 
come 
la 
Corte 
ha 
gi� 
avuto 
modo 
di 
sottolineare, 
la 
fissazione 
di 
termini 
di 
ricorso 
a 
pena 
di 
decadenza 
consente 
di 
realizzare 
l�obiettivo di 
celerit� 
perseguito dalla 
direttiva 
89/665, obbligando gli 
operatori 
a 
contestare 
entro 
termini 
brevi 
i 
provvedimenti 
preparatori 
o 
le 
decisioni 
intermedie 
adottati 
nell�ambito del 
procedimento di 
aggiudicazione 
di 
un appalto (v., in tale 
senso, 
sentenza 
del 
28 
gennaio 
2010, 
Commissione/Irlanda, 
C.456/08, 
EU:C:2010:46, 
punto 
60 
e giurisprudenza ivi citata). 


28 
La 
Corte 
ha 
inoltre 
dichiarato che 
la 
fissazione 
di 
termini 
di 
ricorso ragionevoli 
a 
pena 
di 
decadenza 
risponde, 
in 
linea 
di 
principio, 
all�esigenza 
di 
effettivit� 
derivante 
dalla 
direttiva 
89/665, in quanto costituisce 
applicazione 
del 
fondamentale 
principio della 
certezza 
del 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
33 


diritto (sentenze 
del 
12 dicembre 
2002, Universale-Bau e 
a., C.470/99, EU:C:2002:746, 
punto 
76, 
nonch� 
del 
21 
gennaio 
2010, 
Commissione/Germania, 
C.17/09, 
non 
pubblicata, 
EU:C:2010:33, punto 22), e 
che 
essa 
� 
compatibile 
con il 
diritto fondamentale 
a 
un�effettiva 
tutela 
giurisdizionale 
(v., in tale 
senso, sentenza 
dell�11 settembre 
2014, Fastweb, 
C.19/13, EU:C:2014:2194, punto 58). 


29 
L�obiettivo di 
celerit� 
perseguito dalla 
direttiva 
89/665 deve 
essere 
tuttavia 
realizzato nel 
diritto 
nazionale 
nel 
rispetto 
delle 
esigenze 
di 
certezza 
del 
diritto. 
Pertanto, 
gli 
Stati 
membri 
hanno l�obbligo di 
istituire 
un sistema 
di 
termini 
di 
decadenza 
sufficientemente 
preciso, 
chiaro e 
prevedibile 
onde 
consentire 
ai 
singoli 
di 
conoscere 
i 
loro diritti 
ed obblighi 
(v., 
in 
tale 
senso, 
sentenze 
del 
30 
maggio 
1991, 
Commissione/Germania, 
C.361/88, 
EU:C:1991:224, 
punto 
24, 
e 
del 
7 
novembre 
1996, 
Commissione/Lussemburgo, 
C.221/94, EU:C:1996:424, punto 22). 


30 al 
riguardo, nel 
definire 
le 
modalit� 
procedurali 
dei 
ricorsi 
giurisdizionali 
destinati 
ad 
assicurare 
la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
conferiti 
dal 
diritto dell�Unione 
ai 
candidati 
ed agli 
offerenti 
lesi 
da 
decisioni 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici, gli 
Stati 
membri 
devono 
garantire 
che 
non 
sia 
compromessa 
n� 
l�efficacia 
della 
direttiva 
89/665 
n� 
i 
diritti 
conferiti 
ai 
singoli 
dal 
diritto dell�Unione, in particolare 
il 
diritto a 
un ricorso effettivo e 
a 
un giudice 
imparziale, sancito dall�articolo 47 della 
Carta 
(v., in tale 
senso, sentenza 
del 
15 settembre 
2016, Star Storage 
e 
a., C.439/14 e 
C.488/14, EU:C:2016:688, punti 
da 
43 a 
45). 


31 
L�obiettivo 
posto 
dall�articolo 
1, 
paragrafo 
1, 
della 
direttiva 
89/665 
di 
garantire 
l�esistenza 
di 
ricorsi 
efficaci 
contro le 
violazioni 
delle 
disposizioni 
applicabili 
in materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
pu� essere 
quindi 
conseguito soltanto se 
i 
termini 
prescritti 
per proporre 
siffatti 
ricorsi 
iniziano a 
decorrere 
solo dalla 
data 
in cui 
il 
ricorrente 
abbia 
avuto 
o 
avrebbe 
dovuto 
avere 
conoscenza 
dell�asserita 
violazione 
di 
dette 
disposizioni 
[sentenze 
del 
28 gennaio 2010, Uniplex (UK), C.406/08, EU:C:2010:45, punto 32; 
del 
12 
marzo 
2015, 
eVigilo, 
C.538/13, 
EU:C:2015:166, 
punto 
52, 
nonch� 
dell�8 
maggio 
2014, Idrodinamica Spurgo Velox e a., C.161/13, EU:C:2014:307, punto 37]. 


32 
ne 
consegue 
che 
una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale, che 
prevede 
che 
i 
ricorsi 
avverso i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
o 
esclusione 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
debbano essere 
proposti, a 
pena 
di 
decadenza, entro 
un 
termine 
di 
30 
giorni 
a 
decorrere 
dalla 
loro 
comunicazione 
agli 
interessati 
� 
compatibile 
con 
la 
direttiva 
89/665 
solo 
a 
condizione 
che 
i 
provvedimenti 
in 
tal 
modo 
comunicati 
siano 
accompagnati 
da 
una 
relazione 
dei 
motivi 
pertinenti, 
tale 
da 
garantire 
che 
i 
suddetti 
interessati 
siano venuti 
o potessero venire 
a 
conoscenza 
della 
violazione 
del 
diritto del-
l�Unione dagli stessi lamentata. 


33 
Secondo costante 
giurisprudenza 
della 
Corte, infatti, l�efficacia 
del 
controllo giurisdizionale 
garantito dall�articolo 47 della 
Carta 
presuppone 
che 
l�interessato possa 
conoscere 
la 
motivazione 
su cui 
si 
fonda 
la 
decisione 
adottata 
nei 
suoi 
confronti, vuoi 
in base 
alla 
lettura 
della 
decisione 
stessa 
vuoi 
a 
seguito 
di 
comunicazione 
della 
motivazione 
effettuata 
su sua 
richiesta, al 
fine 
di 
consentirgli 
di 
difendere 
i 
suoi 
diritti 
nelle 
migliori 
condizioni 
possibili 
e 
di 
decidere, 
con 
piena 
cognizione 
di 
causa, 
se 
gli 
sia 
utile 
adire 
il 
giudice 
competente, 
nonch� 
per 
porre 
pienamente 
in 
grado 
quest�ultimo 
di 
esercitare 
il 
controllo 
sulla 
legittimit� 
della 
decisione 
nazionale 
in 
questione 
(v., 
in 
tale 
senso, 
sentenze 
del 
15 
ottobre 
1987, Heylens 
e 
a., 222/86, EU:C:1987:442, punto 15, nonch� 
del 
4 giugno 2013, zz, 
C.300/11, EU:C:2013:363, punto 53). 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


34 
Il 
giudice 
del 
rinvio osserva 
tuttavia 
che 
l�offerente 
che 
intenda 
impugnare 
un provvedimento 
di 
ammissione 
di 
un concorrente 
deve 
proporre 
il 
proprio ricorso entro un termine 
di 
30 giorni 
a 
decorrere 
dalla 
sua 
comunicazione, vale 
a 
dire 
in un momento in cui 
egli 
spesso non � 
in grado di 
stabilire 
se 
abbia 
realmente 
interesse 
ad agire, non sapendo se 
alla 
fine 
il 
suddetto concorrente 
sar� 
l�aggiudicatario oppure 
se 
sar� 
egli 
stesso nella 
posizione 
di ottenere l�aggiudicazione. 

35 
Occorre 
rammentare, al 
riguardo, che 
l�articolo 1, paragrafo 3, della 
direttiva 
89/665 impone 
agli 
Stati 
membri 
di 
garantire 
che 
le 
procedure 
di 
ricorso siano accessibili, secondo 
modalit� 
che 
gli 
Stati 
membri 
possono 
determinare, 
per 
lo 
meno 
a 
chiunque 
abbia 
o 
abbia 
avuto interesse 
a 
ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un determinato appalto e 
sia 
stato o rischi 
di essere leso a causa di una presunta violazione. 

36 
Quest�ultima 
disposizione 
� 
applicabile, segnatamente, alla 
situazione 
di 
qualunque 
offerente 
che 
ritenga 
che 
un provvedimento di 
ammissione 
di 
un concorrente 
a 
una 
procedura 
di 
aggiudicazione 
di 
un 
appalto 
pubblico 
sia 
illegittimo 
e 
rischi 
di 
cagionargli 
un 
danno, in quanto simile 
rischio � 
sufficiente 
a 
giustificare 
un immediato interesse 
ad impugnare 
detto 
provvedimento, 
indipendentemente 
dal 
pregiudizio 
che 
pu� 
inoltre 
derivare 
dall�assegnazione dell�appalto ad un altro candidato. 

37 
La 
Corte 
ha 
comunque 
riconosciuto 
che 
la 
decisione 
di 
ammettere 
un 
offerente 
a 
una 
procedura 
d�appalto 
configura 
un 
atto 
che, 
in 
forza 
dell�articolo 
1, 
paragrafo 
1, 
e 
dell�articolo 
2, paragrafo 1, lettera 
b), della 
direttiva 
89/665, pu� costituire 
oggetto di 
ricorso giurisdizionale 
autonomo (v., in tale 
senso, sentenza 
del 
5 aprile 
2017, marina 
del 
mediterr�neo 
e a., C.391/15, EU:C:2017:268, punti da 26 a 29 e 34). 


38 
Pertanto, occorre 
rispondere 
alla 
prima 
questione 
dichiarando che 
la 
direttiva 
89/665, e 
in particolare 
i 
suoi 
articoli 
1 e 
2 quater, letti 
alla 
luce 
dell�articolo 47 della 
Carta, deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso che 
essa 
non osta 
ad una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento principale, che 
prevede 
che 
i 
ricorsi 
avverso i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
o esclusione 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
debbano 
essere 
proposti, 
a 
pena 
di 
decadenza, entro un termine 
di 
30 giorni 
a 
decorrere 
dalla 
loro comunicazione 
agli 
interessati, a 
condizione 
che 
i 
provvedimenti 
in tal 
modo comunicati 
siano accompagnati 
da 
una 
relazione 
dei 
motivi 
pertinenti 
tale 
da 
garantire 
che 
detti 
interessati 
siano 
venuti 
o 
potessero 
venire 
a 
conoscenza 
della 
violazione 
del 
diritto 
dell�Unione 
dagli 
stessi 
lamentata. 
Sulla seconda questione 


39 
Con la 
sua 
seconda 
questione, il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
l�articolo 1, paragrafi 
1 
e 
2, 
della 
direttiva 
89/665, 
letto 
alla 
luce 
dell�articolo 
47 
della 
Carta, 
debba 
essere 
interpretato nel 
senso che 
esso osta 
a 
una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento principale, che 
prevede 
che, in assenza 
di 
ricorso contro i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
degli 
offerenti 
alla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
entro un termine 
di 
30 giorni 
dalla 
loro comunicazione, agli 
interessati 
sia 
preclusa 
la 
facolt� 
di 
eccepire 
l�illegittimit� 
di 
tali 
provvedimenti 
nell�ambito di 
ricorsi 
diretti 
contro gli 
atti 
successivi, 
e in particolare contro le decisioni di aggiudicazione. 


40 
al 
riguardo, 
la 
Corte 
ha 
ripetutamente 
dichiarato 
che 
la 
direttiva 
89/665 
deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
essa 
non 
osta, 
in 
linea 
di 
principio, 
ad 
una 
normativa 
nazionale 
che 
prevede 
che 
ogni 
ricorso 
avverso 
una 
decisione 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 



COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 
35 


debba 
essere 
proposto 
nel 
termine 
all�uopo 
previsto 
e 
che 
qualsiasi 
irregolarit� 
del 
procedimento 
di 
aggiudicazione 
invocata 
a 
sostegno 
di 
tale 
ricorso 
vada 
sollevata 
nel 
medesimo 
termine 
a 
pena 
di 
decadenza 
talch�, 
scaduto 
tale 
termine, 
non 
sia 
pi� 
possibile 
impugnare 
detta 
decisione 
o 
eccepire 
la 
suddetta 
irregolarit�, 
purch� 
il 
termine 
in 
parola 
sia 
ragionevole 
(sentenze 
del 
12 
dicembre 
2002, 
Universale-Bau 
e 
a., 
C.470/99, 
EU:C:2002:746, 
punto 
79; 
del 
27 
febbraio 
2003, 
Santex, 
C.327/00, 
EU:C:2003:109, 
punto 
50, 
nonch� 
dell�11 
ottobre 
2007, 
L�mmerzahl, 
C.241/06, 
EU:C:2007:597, 
punto 
50). 


41 
Tale 
giurisprudenza 
� 
fondata 
sulla 
considerazione 
secondo 
cui 
la 
realizzazione 
completa 
degli 
obiettivi 
perseguiti 
dalla 
direttiva 
89/665 
sarebbe 
compromessa 
se 
ai 
candidati 
e 
agli 
offerenti 
fosse 
consentito far valere, in qualsiasi 
momento del 
procedimento di 
aggiudicazione, 
infrazioni 
alle 
norme 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti, 
obbligando 
quindi 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
a 
ricominciare 
l�intero procedimento al 
fine 
di 
correggere 
tali 
infrazioni 
(sentenze 
del 
12 
dicembre 
2002, 
Universale-Bau 
e 
a., 
C.470/99, 
EU:C:2002:746, 
punto 
75; 
dell�11 
ottobre 
2007, 
L�mmerzahl, 
C.241/06, 
EU:C:2007:597, 
punto 51, nonch� 
del 
28 gennaio 2010, Commissione/Irlanda, C.456/08, EU:C:2010:46, 
punto 
52). 
Infatti, 
un 
comportamento 
del 
genere, 
potendo 
ritardare 
senza 
una 
ragione 
obiettiva 
l�avvio 
delle 
procedure 
di 
ricorso 
che 
la 
direttiva 
89/665 
impone 
agli 
Stati 
membri 
di 
porre 
in 
essere, 
� 
tale 
da 
nuocere 
all�applicazione 
effettiva 
delle 
direttive 
del-
l�Unione 
in 
materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
(sentenza 
del 
12 
febbraio 
2004, Grossmann air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 38). 


42 
nel 
caso di 
specie, dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
discende 
che 
la 
direttiva 
89/665, e 
in 
modo del 
tutto particolare 
il 
suo articolo 2 quater, deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso che 
essa 
non osta, in linea 
di 
principio, a 
che, in difetto di 
un ricorso avverso una 
decisione 
di 
un�amministrazione 
aggiudicatrice 
entro 
il 
termine 
di 
30 
giorni 
previsto 
dalla 
normativa 
italiana, 
non 
sia 
pi� 
possibile 
per 
un 
offerente 
eccepire 
l�illegittimit� 
di 
tale 
decisione 
nell�ambito di un ricorso diretto contro un atto successivo. 


43 nondimeno, se 
norme 
nazionali 
di 
decadenza 
non risultano, di 
per s�, in contrasto con 
quanto prescritto dall�articolo 2 quater della 
direttiva 
89/665, non pu� tuttavia 
escludersi 
che, in particolari 
circostanze 
o in considerazione 
di 
talune 
delle 
loro modalit�, la 
loro 
applicazione 
possa 
pregiudicare 
i 
diritti 
conferiti 
ai 
singoli 
dal 
diritto 
dell�Unione, 
segnatamente 
il 
diritto a 
un ricorso effettivo e 
a 
un giudice 
imparziale, sancito dall�articolo 47 
della 
Carta 
(v., 
in 
tale 
senso, 
sentenze 
del 
27 
febbraio 
2003, 
Santex, 
C.327/00, 
EU:C:2003:109, 
punto 
57, 
nonch� 
dell�11 
ottobre 
2007, 
L�mmerzahl, 
C.241/06, 
EU:C:2007:597, punti 55 e 56). 


44 
La 
Corte 
ha 
infatti 
gi� 
avuto 
occasione 
di 
dichiarare 
che 
la 
direttiva 
89/665 
doveva 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
essa 
osta 
a 
che 
norme 
di 
decadenza 
stabilite 
dal 
diritto 
nazionale 
siano applicate 
in modo tale 
che 
l�accesso, da 
parte 
di 
un offerente, ad un ricorso avverso 
una 
decisione 
illegittima 
gli 
sia 
negato, 
sebbene 
egli, 
sostanzialmente, 
non 
potesse 
essere 
a 
conoscenza 
di 
detta 
illegittimit� 
se 
non 
in 
un 
momento 
successivo 
alla 
scadenza 
del 
termine 
di 
decadenza 
(v., in tale 
senso, sentenze 
del 
27 febbraio 2003, Santex, C.327/00, 
EU:C:2003:109, 
punto 
60, 
nonch� 
dell�11 
ottobre 
2007, 
L�mmerzahl, 
C.241/06, 
EU:C:2007:597, punti da 59 a 61 e 64). 


45 
Va 
inoltre 
sottolineato, come 
ricordato al 
punto 31 della 
presente 
ordinanza, che 
la 
Corte 
ha 
altres� 
dichiarato che 
ricorsi 
efficaci 
contro le 
violazioni 
delle 
disposizioni 
applicabili 
in materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
possono essere 
unicamente 
garantiti 
qualora 
i 
termini 
imposti 
per 
proporre 
tali 
ricorsi 
inizino 
a 
decorrere 
solo 
dalla 
data 
in 



raSSEGna 
aVVOCaTUra 
DELLO 
STaTO - n. 4/2018 


cui 
il 
ricorrente 
abbia 
avuto 
o 
avrebbe 
dovuto 
avere 
conoscenza 
della 
presunta 
violazione 
di 
dette 
disposizioni 
(v., in tale 
senso, sentenza 
del 
12 marzo 2015, eVigilo, C.538/13, 
EU:C:2015:166, punto 52 e giurisprudenza ivi citata). 


46 
Spetta 
pertanto 
al 
giudice 
del 
rinvio 
verificare 
se, 
nelle 
circostanze 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale, la 
Cooperativa 
animazione 
Valdocco sia 
effettivamente 
venuta 
o sarebbe 
potuta 
venire 
a 
conoscenza, 
grazie 
alla 
comunicazione 
da 
parte 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
del 
provvedimento 
di 
ammissione 
del 
raggruppamento 
temporaneo 
di 
imprese 
aggiudicatario, ai 
sensi 
dell�articolo 29 del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, dei 
motivi 
di 
illegittimit� 
del 
suddetto 
provvedimento 
dalla 
stessa 
lamentati, 
vertenti 
sul 
mancato 
deposito di 
una 
cauzione 
provvisoria 
dell�importo richiesto e 
sull�omessa 
dimostrazione 
della 
sussistenza 
dei 
requisiti 
di 
partecipazione, e 
se 
essa 
sia 
stata 
quindi 
posta 
effettivamente 
in condizione 
di 
proporre 
un ricorso entro il 
termine 
di 
decadenza 
di 
30 giorni 
di 
cui all�articolo 120, comma 2-bis, del codice del processo amministrativo. 


47 Detto giudice 
deve 
in particolare 
garantire 
che, nelle 
circostanze 
del 
procedimento principale, 
l�applicazione 
combinata 
delle 
disposizioni 
dell�articolo 
29 
e 
dell�articolo 
53, 
commi 
2 e 
3, del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, che 
disciplinano l�accesso alla 
documentazione 
delle 
offerte 
e 
la 
sua 
divulgazione, non escludesse 
del 
tutto la 
possibilit� 
per la 
Cooperativa 
animazione 
Valdocco 
di 
venire 
effettivamente 
a 
conoscenza 
dell�illegittimit� 
del 
provvedimento 
di 
ammissione 
del 
raggruppamento 
di 
imprese 
aggiudicatario 
dalla 
stessa 
lamentata 
e 
di 
proporre 
un ricorso, a 
decorrere 
dal 
momento in cui 
la 
medesima 
ne 
ha 
avuto conoscenza, entro il 
termine 
di 
decadenza 
di 
cui 
all�articolo 120, comma 
2-bis, 
del codice del processo amministrativo. 


48 
Occorre 
aggiungere 
che 
il 
giudice 
nazionale 
deve 
fornire 
alla 
normativa 
interna 
che 
� 
chiamato ad applicare 
un�interpretazione 
conforme 
agli 
obiettivi 
della 
direttiva 
89/665. 
Qualora 
tale 
interpretazione 
non sia 
possibile, esso deve 
disapplicare 
le 
disposizioni 
nazionali 
contrarie 
a 
tale 
direttiva 
(v., 
in 
tale 
senso, 
sentenza 
dell�11 
ottobre 
2007, 
L�mmerzahl, 
C.241/06, EU:C:2007:597, punti 
62 e 
63), dal 
momento che 
l�articolo 1, paragrafo 
1, della 
stessa 
� 
incondizionato e 
sufficientemente 
preciso per essere 
fatto valere 
nei 
confronti 
di 
un�amministrazione 
aggiudicatrice 
(sentenze 
del 
2 giugno 2005, Koppensteiner, 
C.15/04, 
EU:C:2005:345, 
punto 
38, 
e 
dell�11 
ottobre 
2007, 
L�mmerzahl, 
C.241/06, 
EU:C:2007:597, punto 63). 


49 
alla 
luce 
di 
quanto precede, occorre 
rispondere 
alla 
seconda 
questione 
dichiarando che 
la 
direttiva 
89/665, e 
in particolare 
i 
suoi 
articoli 
1 e 
2 quater, letti 
alla 
luce 
dell�articolo 
47 della 
Carta, deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso che 
essa 
non osta 
ad una 
normativa 
nazionale, 
come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
prevede 
che, 
in 
mancanza 
di 
ricorso 
contro 
i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
degli 
offerenti 
alla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
appalto pubblico entro 
un 
termine 
di 
decadenza 
di 
30 
giorni 
dalla 
loro 
comunicazione, 
agli 
interessati 
sia 
preclusa 
la 
facolt� 
di 
eccepire 
l�illegittimit� 
di 
tali 
provvedimenti 
nell�ambito 
di 
ricorsi 
diretti 
contro 
gli 
atti 
successivi, in particolare 
avverso le 
decisioni 
di 
aggiudicazione, purch� 
tale 
decadenza 
sia 
opponibile 
ai 
suddetti 
interessati 
solo a 
condizione 
che 
essi 
siano venuti 
o 
potessero 
venire 
a 
conoscenza, 
tramite 
detta 
comunicazione, 
dell�illegittimit� 
dagli 
stessi 
lamentata. 
sulle spese 


50 
nei 
confronti 
delle 
parti 
nel 
procedimento principale 
la 
presente 
causa 
costituisce 
un incidente 
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. 


COnTEnzIOSO 
COmUnITarIO 
ED 
InTErnazIOnaLE 


Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara: 


1) La direttiva 89/665/Cee del 
Consiglio, del 
21 dicembre 
1989, che 
coordina le 
disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all�applicazione 
delle 
procedure 
di 
ricorso in 
materia di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori, 
come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2014/23/ue 
del 
Parlamento 
europeo e 
del 
Consiglio, del 
26 febbraio 2014, e 
in 
particolare 
i 
suoi 
articoli 
1 e 
2 quater, letti 
alla luce 
dell�articolo 47 della Carta dei 
diritti 
fondamentali 
del-
l�unione 
europea, 
deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
essa 
non 
osta 
ad 
una 
normativa 
nazionale, 
come 
quella 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
prevede 
che 
i 
ricorsi 
avverso i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
o esclusione 
dalla partecipazione 
alle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
debbano essere 
proposti, a pena di 
decadenza, 
entro un 
termine 
di 
30 giorni 
a decorrere 
dalla loro comunicazione 
agli 
interessati, a condizione 
che 
i 
provvedimenti 
in 
tal 
modo comunicati 
siano accompagnati 
da 
una 
relazione 
dei 
motivi 
pertinenti 
tale 
da 
garantire 
che 
detti 
interessati 
siano 
venuti 
o 
potessero 
venire 
a 
conoscenza 
della 
violazione 
del 
diritto 
dell�unione dagli stessi lamentata. 

2) 
La direttiva 89/665, come 
modificata dalla direttiva 2014/23, e 
in 
particolare 
i 
suoi 
articoli 
1 e 
2 quater, letti 
alla luce 
dell�articolo 47 della Cartadei 
diritti 
fondamentali 
dell�unione 
europea, deve 
essere 
interpretata nel 
senso che 
essa non 
osta ad 
una normativa nazionale, come 
quella di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
prevede 
che, 
in 
mancanza 
di 
ricorso 
contro 
i 
provvedimenti 
delle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
recanti 
ammissione 
degli 
offerenti 
alla partecipazione 
alle 
procedure 
di 
appalto pubblico entro un 
termine 
di 
decadenza di 
30 
giorni 
dalla 
loro 
comunicazione, 
agli 
interessati 
sia 
preclusa 
la 
facolt� 
di 
eccepire 
l�illegittimit� di 
tali 
provvedimenti 
nell�ambito di 
ricorsi 
diretti 
contro gli 
atti 
successivi, in 
particolare 
avverso le 
decisioni 
di 
aggiudicazione, purch� 
tale 
decadenza 
sia opponibile 
ai 
suddetti 
interessati 
solo a condizione 
che 
essi 
siano venuti 
o 
potessero 
venire 
a 
conoscenza, 
tramite 
detta 
comunicazione, 
dell�illegittimit� dagli stessi lamentata. 


Lussemburgo, 14 febbraio 2019. 



CONTENZIOSONAZIONALE
In tema di reato tributario di �omesso versamento 
di ritenute� il solo mod. 770 non prova il 
rilascio ai sostituiti della certificazione fiscale 


Nota 
a 
CasssazioNe 
peNale, sezioNi 
UNite, seNteNza 
1 giUgNo 
2018 N. 24782 


Andrea Colaruotolo* 


Con 
la sentenza Cass., Sez. Unite, pen., 22 marzo 2018 (dep. 1 giugno 2018), n. 24782 la 
Suprema 
Corte 
ha 
chiarito, 
con 
riguardo 
alla 
formulazione 
dell�art. 
10 
bis 
D.lgs. 
n. 
74/2000 
anteriore 
all�entrata in 
vigore 
del 
D.lgs. n. 158/2015, che 
la dichiarazione 
modello 770 del 
sostituto d�imposta non 
� 
di 
per 
s� 
sola idonea a provare 
l�avvenuto rilascio al 
sostituito 
della 
certificazione 
fiscale, 
presupposto 
della 
condotta 
punita. 
Tuttavia, 
il 
modello 
770 
� 
prova 
sufficiente 
in 
sede 
cautelare 
reale 
atteso 
il 
diverso 
standard 
richiesto 
rispetto 
a 
quello 
necessario nel giudizio di penale responsabilit�. 


Questa la norma oggetto dell�interpretazione delle Sezioni Unite: 
art. 10-bis. Omesso versamento di ritenute dovute o certificate. 
ante riforma: 
� 
punito 
con 
la 
reclusione 
da 
sei 
mesi 
a 
due 
anni 
chiunque 
non 
versa 
entro 
il 
termine 
previsto 
per 
la 
presentazione 
della 
dichiarazione 
annuale 
di 
sostituto 
di 
imposta 
ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti, 
per 
un 
ammontare 
superiore 
a 
cinquantamila 
euro 
per ciascun periodo d'imposta. 
post riforma D.lgs. n. 158 2015: 
� 
punito 
con 
la 
reclusione 
da 
sei 
mesi 
a 
due 
anni 
chiunque 
non 
versa 
entro 
il 
termine 
previsto 
per 
la presentazione 
della dichiarazione 
annuale 
di 
sostituto di 
imposta ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della stessa dichiarazione 
o risultanti 
dalla certificazione 
rilasciata ai 
sostituiti, per 
un 
ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta. 


(*) Dottore in Giurisprudenza, gi� praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


1. Fatto. 
A 
conferma 
della 
sentenza 
del 
giudice 
di 
prime 
cure, 
la 
Corte 
d�appello 
di 
Ancona 
ha 
condannato 
E.M., 
legale 
rappresentante 
della 
M. 
s.r.l., 
alla 
pena 
di 
otto 
mesi 
di 
reclusione 
per 
il 
reato 
di 
cui 
all�art. 
10 
bis 
D.lgs. 
n. 
74/2000. 
In 
particolare, 
all�imputato 
era 
stato 
contestato 
di 
aver 
omesso, 
nei 
termini 
previsti 
per 
la 
presentazione 
della 
dichiarazione 
annuale 
di 
sostituto 
d�imposta, 
il 
versamento 
delle 
ritenute 
relative 
agli 
emolumenti 
erogati 
nell�anno 
di 
imposta 
2010. 
Avverso 
la 
sentenza 
di 
condanna, 
l�imputato 
ha 
proposto 
ricorso 
per 
cassazione. 


Con 
un 
primo 
motivo, 
il 
ricorrente 
ha 
dedotto 
la 
violazione 
ed 
erronea 
applicazione 
dell�art. 10 bis 
D.lgs. n. 74/2000 e 
dell�art. 4, commi 
1 e 
6 ter, 


D.p.r. 322/1998 per aver il 
giudice 
d�appello ritenuto integrato il 
reato tributario 
sulla base dell�allegazione, da parte dell�accusa, del solo modello 770. 
Con 
un 
secondo 
motivo, 
� 
stata 
eccepita 
la 
violazione 
degli 
artt. 
27 
Cost., 
6 Conv. Edu e 
533 c.p.p. per aver violato il 
Giudicante 
la 
regola 
secondo cui 
la dimostrazione della responsabilit� penale compete all�accusa. 

Con 
un 
terzo 
motivo, 
l�imputato 
ha 
denunciato 
il 
vizio 
motivazionale 
della sentenza di condanna. 

Con il 
quarto motivo, il 
ricorrente 
ha 
censurato l�applicazione 
della 
confisca 
per equivalente 
da 
parte 
della 
Corte 
territoriale 
in quanto la 
misura 
ablatoria 
non era prevista al momento della commissione del fatto. 

Con 
il 
quinto 
ed 
ultimo 
motivo 
di 
doglianza, 
il 
ricorrente 
ha 
impugnato 
la 
sentenza 
di 
condanna 
per 
aver 
il 
Giudicante 
respinto 
come 
manifestamente 
infondata 
la 
prospettata 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 
322 
ter 
c.p. 


Con 
ordinanza 
del 
23 
novembre 
2017, 
la 
terza 
sezione 
penale 
della 
Cassazione 
ha 
rimesso 
alle 
Sezioni 
Unite 
la 
risoluzione 
della 
questione 
di 
massima 
relativa 
all�idoneit� 
del 
solo 
modello 
770 
a 
provare 
-sotto 
la 
vigenza 
dell�art. 
10-bis, 
D.lgs. 
n. 
74/2000 
anteriore 
alla 
riforma 
introdotta 
con 
il 
D.lgs. 
n. 
158/2015 
-l�avvenuto 
rilascio 
ai 
sostituiti 
delle 
certificazioni 
delle 
ritenute 
fiscali 
operate. 


2. sull�idoneit� del 
solo modello 770 ad integrare 
la prova del 
rilascio della 
certificazione 
nel 
delitto 
di 
omesso 
versamento 
di 
ritenute: 
i 
due 
orientamenti 
in seno alla sez. iii.(1) 
Come 
� 
noto, 
la 
ragion 
d�essere 
della 
sostituzione 
di 
imposta 
risponde 


(1) I precedenti 
Conformi: 
Cass. pen. Sez. III Sent., 8 aprile 
2014, n. 40526: 
Nel 
reato di 
omesso versamento di 
ritenute 
certificate, 
la 
prova 
dell'elemento costitutivo rappresentato dal 
rilascio ai 
sostituiti 
delle 
certificazioni 
attestanti 
le 
ritenute 
effettivamente 
operate, il 
cui 
onere 
incombe 
all'accusa, non pu� essere 
costituita 
dal 
solo contenuto 
della dichiarazione modello 770 proveniente dal datore di lavoro. 
Cass. 
pen. 
Sez. 
III 
Sent., 
15 
ottobre 
2014, 
n. 
11335: 
In 
tema 
di 
omesso 
versamento 
di 
ritenute 
certificate, 
la 
presentazione 
del 
modello 770 da 
parte 
del 
datore 
di 
lavoro non � 
sufficiente 
a 
dimostrare 
l'avvenuto 
rilascio della 
certificazione 
delle 
ritenute 
operate, come 
sostituto di 
imposta, sulle 
somme 
corrisposte 
ai 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


all�esigenza 
dell�Amministrazione 
finanziaria 
di 
tassare 
immediatamente 
la 
ricchezza 
nel 
momento 
della 
sua 
produzione. 
Si 
tratta, 
quindi, 
di 
uno 
strumento 
impositivo in forza 
del 
quale 
l�Erario incassa 
il 
tributo dal 
soggetto erogatore 
dell�emolumento retributivo, cd. sostituto imposta, in luogo della 
riscossione 
dell�imposta 
dal 
soggetto percettore, cd. sostituito. In tale 
ottica, l�operativit� 
del 
meccanismo della 
sostituzione 
di 
imposta 
implica 
che 
il 
sostituto debba 
provvedere: 


a) 
al 
versamento all�Amministrazione 
finanziaria 
degli 
importi 
delle 
ritenute 
operate alla fonte entro scadenze predeterminate; 


b) 
entro 
il 
31 
marzo 
dell�anno 
successivo 
a 
quello 
di 
erogazione 
delle 
somme, 
al 
rilascio 
in 
capo 
al 
sostituito 
della 
cd. 
certificazione 
unica 
attestante 
l�ammontare complessivo delle somme corrisposte e delle ritenute operate; 


c) 
a 
trasmettere 
telematicamente 
la 
certificazione 
all�Agenzia 
delle 
Entrate 
entro 
il 
7 
marzo 
dell�anno 
successivo 
e 
a 
presentare 
la 
dichiarazione 
anuale unica di sostituto d�imposta, cd. modello 770. 


Ora, 
la 
questione 
risolta 
dalle 
Sezioni 
Unite 
non 
ha 
ad 
oggetto 
la 
struttura 
del 
fatto punito, quanto piuttosto la 
possibilit� 
o meno di 
provare 
per mezzo 
della 
sola 
dichiarazione 
mod. 770 del 
sostituto, che 
il 
reo ha 
rilasciato ai 
sostituiti 
le 
relative 
certificazioni. 
la 
questione 
della 
idoneit� 
astratta 
di 
tale 
tipo 
di 
prova 
prescinde 
dall�inquadramento teorico che 
si 
voglia 
dare 
al 
rilascio di 
tali 
certificazioni; 
secondo alcuni 
considerato elemento costitutivo della 
fattispecie 
delittuosa, secondo altri mero fatto presupposto della condotta. 

Per l�indirizzo ermeneutico minoritario, invero, la 
prova 
delle 
certificazioni 
attestanti 
le 
ritenute 
operate 
dal 
datore 
di 
lavoro, come 
sostituto di 
imposta, 
sulle 
retribuzioni 
corrisposte 
ai 
sostituiti 
pu� 
essere 
fornita 
mediante 


dipendenti, 
in 
quanto 
tale 
modello, 
non 
contenendo 
alcuna 
dichiarazione 
in 
tal 
senso, 
costituisce 
un 
semplice indizio privo dei caratteri di gravit� e precisione. 
Cass. pen. Sez. III Sent., 16 dicembre 
2016, n. 10509: 
In tema 
di 
omesso versamento di 
ritenute 
certificate, 
alla 
luce 
della 
modifica 
apportata 
dall'art. 7 del 
D.lgs. 24 settembre 
2015, n. 158, all'art. 10 bis 
del 
D.lgs. 
10 
marzo 
2000, 
n. 
74, 
che 
ha 
esteso 
l'ambito 
di 
operativit� 
della 
norma 
alle 
ipotesi 
di 
omesso 
versamento di 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
dichiarazione 
proveniente 
dal 
datore 
di 
lavoro (c.d. mod. 
770), deve 
ritenersi 
che 
per i 
fatti 
pregressi 
la 
prova 
dell'elemento costitutivo del 
reato non pu� essere 
costituita 
dal 
solo 
contenuto 
della 
dichiarazione, 
essendo 
necessario 
dimostrare 
l'avvenuto 
rilascio 
ai 
sostituiti 
delle 
certificazioni 
attestanti 
le 
ritenute 
operate 
dal 
datore 
di 
lavoro quale 
sostituto di 
imposta. 
Difformi: 
Cass. pen. Sez. III Sent., 15 novembre 
2012, n. 1443: 
Nel 
reato di 
omesso versamento di 
ritenute 
certificate, 
la 
prova 
delle 
certificazioni 
attestanti 
le 
ritenute 
operate 
dal 
datore 
di 
lavoro, 
quale 
sostituto 
d'imposta, 
sulle 
retribuzioni 
effettivamente 
corrisposte 
ai 
sostituiti, 
pu� 
essere 
fornita 
dal 
pubblico 
ministero 
mediante 
documenti, 
testimoni 
o 
indizi. 
(Fattispecie 
nella 
quale 
� 
stata 
ritenuta 
sufficiente 
la 
allegazione 
dei mod. 770 provenienti dallo stesso datore di lavoro). 
Cass. pen. Sez. III Sent., 30 maggio 2014, n. 27479: 
In tema 
di 
omesso versamento delle 
ritenute 
previdenziali 
e 
assistenziali, il 
mod. 770 sottoscritto dal 
datore 
di 
lavoro, contenendo la 
dichiarazione 
relativa 
alle 
trattenute 
operate 
a 
titolo di 
imposta 
su compensi, salari 
e 
previdenza, pu� essere 
valutato, in 
assenza 
di 
elementi 
contrari, come 
prova 
piena 
della 
effettiva 
corresponsione 
delle 
retribuzioni 
ai 
lavoratori 
dipendenti. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


documenti, testimoni 
o indizi; 
da 
ci� discende 
l�asserita 
idoneit� 
anche 
della 
sola 
allegazione 
del 
mod. 770 al 
fine 
di 
provare 
l�avvenuto rilascio della 
certificazione. 
la 
premessa 
di 
fondo 
di 
tale 
ragionamento 
poggia 
sull�assunto 
per 
cui 
non 
avrebbe 
senso 
dichiarare 
ci� 
che 
non 
� 
stato 
corrisposto 
e, 
quindi, 
certificato. 
Ne 
consegue, dunque, che 
l�onere 
probatorio in capo all�accusa 
pu� 
dirsi 
assolto 
anche 
attraverso 
il 
ricorso 
a 
documentazione 
equipollente 
alle 
certificazioni, come 
� 
la 
dichiarazione 
mod. 770 (Cass. pen. Sez. III, 15 novembre 
2012, n. 1443; Cass. pen. Sez. III, 30 maggio 2014, n. 27479). 

Per l�orientamento interpretativo maggioritario, invece, non � 
sufficiente 


-stando alla 
littera legis 
dell�art. 10 bis 
ante 
riforma 
- la 
sola 
allegazione 
del 
mod. 
770 
ai 
fini 
della 
dimostrazione 
dell�effettuazione 
delle 
ritenute 
e 
del 
successivo 
rilascio ai 
sostituiti 
della 
relativa 
certificazione. la 
citata 
preclusione 
deriva, 
infatti, 
dalla 
diversit� 
di 
presupposti, 
finalit� 
e 
contenuti 
tra 
il 
mod. 
770 e 
la 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti. tanto � 
vero che 
il 
mod. 770 attesta 
esclusivamente 
l�erogazione 
delle 
retribuzioni 
e 
l�effettuazione 
delle 
ritenute, 
mentre 
non 
postula 
il 
rilascio 
delle 
certificazioni 
ai 
sostituiti 
(Cass. 
pen. Sez. III Sent., 8 aprile 
2014, n. 40526; 
Cass. pen. Sez. III Sent., 16 dicembre 
2016, n. 10509). 
3. la soluzione delle sezioni Unite.(2) 
A 
seguito 
del 
predetto 
contrasto 
interpretativo, 
le 
Sezioni 
Unite 
hanno 
aderito all�impostazione 
maggioritaria, affermando l�inidoneit� 
della 
sola 
dichiarazione 
mod. 770 a 
provare 
l�avvenuto rilascio delle 
certificazioni 
fiscali. 

In particolare, il 
quadro St 
del 
mod. 770 non presuppone 
il 
rilascio delle 
certificazioni, avendo ad oggetto solo i 
dati 
dell�importo versato e 
delle 
ritenute 
operate. 

Diversamente, 
con 
l�entrata 
in 
vigore 
del 
D.lgs. 
n. 
158/2015 
l�operativit� 
della 
previsione 
di 
cui 
all�art. 10 bis 
D.lgs. n. 74/2000 � 
stata 
estesa 
anche 
all�omesso 
versamento delle 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
dichiarazione, ampliandosi 
in tale 
modo la 
portata 
del 
precetto antecedente 
al 
2015, riferito alle 
sole 
ritenute 
risultanti 
dalle 
certificazioni 
rilasciate 
ai 
sostituiti, dunque 
mod. 
CUD 
e 
CU. 
Per 
l�effetto, 
l�idoneit� 
della 
dichiarazione 
mod. 
770 
a 
dimostrare 
l�integrazione 
degli 
estremi 
del 
reato fiscale 
� 
maturata 
soltanto successivamente 
alla 
modifica 
normativa 
del 
2015. In ordine 
a 
quest�ultima, i 
giudici 
di 
legittimit� 
ne 
hanno ribadito la 
portata 
innovativa 
e 
non meramente 
interpretativa, 
con esclusione 
di 
applicazione 
retroattiva 
in conformit� 
agli 
artt. 2 c.p. 
e 
25, 2� 
co., Cost. Ne 
consegue, quindi, che 
il 
contrasto giurisprudenziale 
e 
la 


(2) 
la 
soluzione 
delle 
Sezioni 
Unite: 
�Con 
riferimento 
all'art. 
10 
bis 
nella 
formulazione 
anteriore 
alle 
modifiche 
apportare 
dal 
d.lgs. 
n. 
158 
/2015, 
la 
dichiarazione 
modello 
770 
proveniente 
dal 
sostituto 
di 
imposta non pu� essere 
ritenuta di 
per 
s� 
sola sufficiente 
ad integrare 
la prova della avvenuta consegna 
al sostituito della certificazione fiscale�. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


relativa 
risoluzione 
hanno riguardo solo i 
fatti 
anteriori 
alla 
entrata 
in vigore 
del 
D.lgs. n. 158/2015. In sostanza, per la 
punibilit� 
di 
fatti 
di 
omesso versamento 
di 
ritenute 
di 
cui 
all�art. 10 bis 
D.lgs. n. 74/2000, commessi 
anteriormente 
al 
2015, 
occorre 
il 
raggiungimento 
della 
prova 
in 
merito 
al 
rilascio 
delle 
certificazioni 
ai 
sostituiti 
mediante 
il 
ricorso ad elementi 
ulteriori 
e 
diversi 
rispetto 
alla 
sola 
produzione 
del 
mod. 
770. 
In 
tale 
contesto, 
� 
irrilevante 
l�omessa 
allegazione 
da 
parte 
dell�imputato di 
circostanze 
di 
segno contrario, 
giacch� 
l�affermazione 
della 
responsabilit� 
penale 
al 
di 
l� 
di 
ogni 
ragionevole 
dubbio � 
onere 
della 
sola 
accusa. In sede 
cautelare 
reale, invece, i 
giudici 
di 
legittimit� 
hanno riconosciuto l�idoneit� 
della 
dichiarazione 
mod. 770 ai 
fini 
dell�applicazione 
delle 
relative 
misure, ferma 
restando la 
sua 
insufficienza 
in 
sede di giudizio di merito. 

tutto 
ci� 
precisato, 
la 
Cassazione 
ha 
manifestato 
alcuni 
dubbi 
critici 
rispetto 
alla 
disciplina 
vigente. 
Profili 
di 
eccesso 
di 
delega 
sembrano, 
infatti, 
emergere 
dalla 
estensione 
della 
portata 
dell�art. 
10 
bis 
D.lgs. 
n. 
74/2000 
operata 
con 
l�art. 
7 
D.lgs. 
n. 
158/2015, 
a 
fronte 
delle 
previsioni 
contenute 
nella 
legge 
delega 
di 
riduzione 
del 
trattamento 
sanzionatorio 
per 
gli 
illeciti 
fiscali 
meno 
gravi, 
tra 
cui 
� 
da 
ricomprendersi 
quello 
in 
esame. 
Invero, 
l�art. 
8 
della 
legge 
delega 
di 
riforma 
del 
sistema 
tributario 
n. 
23/2014 
stabiliva 
esclusivamente 
di 
ridurre 
le 
sanzioni 
o 
di 
applicare 
sanzioni 
amministrative, 
mentre 
non 
autorizzava 
il 
Governo 
ad 
estendere 
la 
portata 
delle 
fattispecie 
incriminatrici. 
Incontroverso 
�, 
infatti, 
l�ampliamento 
della 
portata 
dell�art. 
10 
bis 
D.lgs. 
n. 
74/2000 
con 
l�art. 
7 
del 
D.lgs. 
n. 
158/2015 
attraverso 
la 
previsione 
di 
una 
condotta 
in 
precedenza 
penalmente 
irrilevante. 
Ed 
ancora, 
perplessit� 
sono 
state 
espresse 
dalla 
Suprema 
Corte 
in 
merito 
alla 
differenziazione 
tra 
illecito 
amministrativo 
e 
reato 
tributario 
a 
seguito 
della 
rilevanza 
penale 
attribuita 
all�omesso 
versamento 
di 
ritenute 
risultanti 
anche 
solo 
dalla 
dichiarazione 
con 
conseguenti 
pericoli 
di 
violazione 
del 
ne 
bis 
in 
idem. 
Da 
ultimo, 
la 
Suprema 
Corte 
ha 
evidenziato 
che 
le 
ritenute 
risultanti 
dalle 
certificazioni 
potrebbero 
non 
corrispondere 
a 
quelle 
riportate 
in 
dichiarazione. 
Pertanto, 
a 
fronte 
del-
l�attuale 
equipollenza 
probatoria 
tra 
le 
due 
documentazioni, 
l�interprete 
potrebbe, 
non 
senza 
conseguenze 
critiche 
rispetto 
ad 
un�esigenza 
di 
certezza, 
propendere 
per 
quella 
recante 
gli 
importi 
pi� 
elevati, 
per 
soddisfare 
la 
necessit� 
di 
superare 
la 
soglia 
di 
punibilit� 
della 
fattispecie 
delittuosa. 


Cassazione 
penale, Sezioni 
Unite, sentenza 1 giugno 2018 (ud.: 22 marzo 2018) 
-pres. 


D. Carcano, Rel. 
G. Andrezza. 
CONSIDErAtO IN DIrIttO 


1. la 
questione 
di 
diritto in ordine 
alla 
quale 
il 
ricorso, con riferimento essenzialmente 
al 
primo motivo, � 
stato rimesso alle 
Sezioni 
Unite, � 
sinteticamente 
riassumibile 
nei 
seguenti 
termini: 
"se, 
ai 
fini 
dell'accertamento 
del 
reato 
di 
cui 
al 
D.lgs. 
10 
marzo 
2000, 
n. 
74, 
art. 
10-bis, 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


nel 
testo 
anteriore 
all'entrata 
in 
vigore 
del 
D.lgs. 
24 
settembre 
2015, 
n. 
158, 
art. 
7, 
comma 
1, 
lett. 
b), 
sia 
sufficiente 
la 
sola 
dichiarazione 
modello 
770 
proveniente 
dal 
datore 
di 
lavoro 
per 
integrare 
la 
prova 
dell'avvenuta 
consegna 
ai 
sostituiti 
delle 
certificazioni 
delle 
ritenute 
fiscali". 


2. 
� 
necessario 
in 
primo 
luogo 
richiamare 
i 
tratti 
essenziali 
della 
disciplina 
relativa 
al 
versamento 
delle 
ritenute, 
operate 
sulle 
retribuzioni, 
da 
parte 
del 
sostituto 
d'imposta 
e, 
subito 
dopo, 
soffermarsi 
sulla 
regolamentazione, 
sotto 
il 
profilo 
sanzionatorio, 
delle 
relative 
omissioni. 
va 
quindi 
anzitutto ricordato che 
la 
sostituzione 
predetta 
� 
uno strumento impositivo con 
il 
quale 
l'Amministrazione 
finanziaria, 
in 
luogo 
della 
riscossione 
dell'imposta 
direttamente 
dal 
percettore 
del 
reddito, incassa 
il 
tributo da 
un altro soggetto, ovvero quello che 
eroga 
gli 
emolumenti, 
il 
quale 
assume 
la 
qualifica 
di 
"sostituto" 
d'imposta 
in 
quanto 
tenuto 
al 
pagamento 
in luogo dell'altro (normale 
soggetto passivo, c.d. "sostituito"), sotto forma 
di 
prelievo di 
una 
percentuale 
(c.d. 
"ritenuta 
alla 
fonte") 
della 
somma 
oggetto 
di 
erogazione 
(costituente 
reddito) 
e del suo successivo versamento all'Erario (in genere con cadenza mensile). 


l'istituto 
ha 
la 
sua 
ragion 
d'essere 
nell'esigenza 
pratica 
di 
colpire 
la 
ricchezza 
da 
tassare 
nel 
momento 
della 
produzione, 
prima 
ancora 
che 
la 
stessa 
giunga 
nella 
disponibilit� 
del 
destinatario 
e 
si 
applica, 
in 
base 
a 
quanto 
stabilito 
dal 
titolo 
III 
del 
D.P.r. 
29 
settembre 
1973, 
n. 
600, 
ad 
una 
platea 
di 
soggetti 
comprendente 
gli 
enti 
pubblici, 
gli 
istituti 
di 
credito, 
i 
soggetti 
esercenti 
attivit� 
di 
impresa, 
ovvero 
artistica 
e 
professionale, 
che 
corrispondono 
redditi 
di 
lavoro 
dipendente 
o 
assimilati, 
redditi 
di 
lavoro 
autonomo, 
redditi 
di 
capitale, 
provvigioni 
inerenti 
a 
rapporti 
di 
commissione, 
agenzia, 
mediazione, 
rappresentanza 
di 
commercio 
e 
procacciamento 
d'affari 
o 
redditi 
diversi. 
l'operativit� 
del 
meccanismo 
di 
sostituzione 
d'imposta 
comporta 
l'adempimento 
di 
determinati 
obblighi 
strumentali 
a 
carico 
del 
sostituto, 
il 
quale 
deve 
essenzialmente: 
provvedere, 
entro 
scadenze 
predeterminate 
(precisamente 
entro 
il 
16 
del 
mese 
successivo 
a 
quello 
in 
cui 
le 
somme 
sono 
state 
corrisposte), 
al 
versamento 
in 
favore 
dell'Erario 
degli 
importi 
delle 
ritenute 
operate 
alla 
fonte; 
rilasciare 
al 
sostituito 
(entro 
il 
31 
marzo 
dell'anno 
successivo 
a 
quello 
di 
erogazione 
delle 
somme) 
una 
"certificazione 
unica" 
(CU) 
attestante 
l'ammontare 
complessivo 
delle 
somme 
corrisposte 
e 
delle 
ritenute 
operate 
(in 
modo 
da 
permettere 
al 
soggetto 
passivo 
di 
documentare 
e 
di 
dimostrare 
il 
prelievo 
subito), 
delle 
detrazioni 
di 
imposta 
effettuate 
e 
dei 
contributi 
previdenziali 
e 
assistenziali; 
trasmettere 
in 
via 
telematica 
detta 
certificazione 
all'Agenzia 
delle 
Entrate 
entro 
il 
7 
marzo 
sempre 
dell'anno 
successivo; 
presentare 
infine 
la 
dichiarazione 
annuale 
unica 
di 
sostituto 
d'imposta 
(mod. 
770) 
dalla 
quale 
risultino 
tutte 
le 
somme 
pagate 
e 
le 
ritenute 
operate 
nell'anno 
precedente. 


A 
loro volta 
i 
contribuenti 
sono obbligati 
a 
conservare 
le 
certificazioni 
cos� 
rilasciate 
e 
ad 
esibirle 
a 
richiesta 
degli 
uffici 
competenti 
per i 
dovuti 
controlli 
(come 
previsto dal 
D.P.r. 29 
settembre 1973, n. 600, art. 3, comma 3). 


2.1. 
Quanto 
alla 
disciplina 
sanzionatoria, 
va 
ricordato 
che 
inizialmente 
l'omesso 
versamento 
di 
ritenute 
da 
parte 
del 
sostituto era 
previsto dal 
D.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 2, convertito 
dalla 
l. 
7 
agosto 
1982, 
n. 
516, 
che, 
nel 
suo 
testo 
originario, 
contemplava 
espressamente 
come 
condotta 
delittuosa 
il 
fatto di 
non versare 
"all'erario le 
ritenute 
effettivamente 
operate, a 
titolo 
di acconto o di imposta, sulle retribuzioni corrisposte ai lavoratori". 
la 
norma 
veniva 
successivamente 
modificata 
dal 
D.l. 
16 
marzo 
1991, 
n. 
83, 
art. 
3, 
convertito 
dalla 
l. 
15 
maggio 
1991, 
n. 
154 
che 
provvedeva, 
diversificando 
la 
risposta 
sanzionatoria, 
a 
contemplare, 
alla 
lett. 
a), 
il 
fatto 
del 
mero 
"mancato 
versamento 
nel 
termine 
delle 
ritenute" 
ed 
invece, 
alla 
lett. 
b), 
il 
fatto 
del 
"mancato 
versamento 
nel 
termine 
delle 
ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti", 
con 
ulteriore 
diversificazione, 
in 
tale 
secondo 
ambito, 
della 
sanzione 
a 
seconda 
del 
superamento 
o 
meno 
di 
determinate 
soglie 
di 
punibilit�. 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Allo stesso tempo, la 
condotta 
veniva 
sanzionata 
anche 
in via 
amministrativa 
per effetto 
del 
D.lgs. 18 dicembre 
1997, n. 471, art. 13, comma 
1, attesa 
l'introduzione 
di 
una 
specifica 
previsione 
in 
tal 
senso 
riguardante 
i 
versamenti 
tributari 
in 
generale 
dovuti 
"alle 
prescritte 
scadenze". 


la 
previsione 
penale 
veniva 
tuttavia 
soppressa 
dal 
D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 25, 
lett. d), espressamente 
abrogativo del 
titolo 1 del 
D.l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito dalla 


l. 7 agosto 1982, n. 516, ivi 
compresi, dunque, anche 
i 
reati 
a 
carico del 
sostituto di 
imposta, 
senza 
alcuna 
contestuale 
introduzione 
di 
fattispecie 
di 
reato in continuit� 
normativa 
rispetto 
a quella di cui al citato art. 2 della l. n. 516. 
Ne 
derivava, pertanto, che 
la 
condotta 
omissiva 
pi� volte 
indicata, non pi� prevista 
come 
reato, residuava 
solo come 
illecito di 
carattere 
amministrativo, attesa 
la 
scelta 
del 
legislatore 
di 
eliminare, testualmente, una 
"figura 
criminosa 
(...) pi� di 
altre 
(...) al 
centro di 
vivaci 
polemiche" 
anche 
in ragione 
della 
sua 
caratterizzazione, n� 
pi� n� 
meno, come 
di 
mero inadempimento 
di 
un 
debito, 
sia 
pure 
nei 
confronti 
dello 
Stato, 
non 
caratterizzato 
da 
alcuna 
componente di tipo fraudolento. 


Il 
fatto 
tornava 
per� 
a 
riacquistare 
le 
caratteristiche 
di 
illecito 
penale 
con 
la 
l. 
30 
dicembre 
2004, n. 311, art. 1, comma 
414, (legge 
finanziaria 
per l'anno 2005), che 
provvedeva 
ad inserire 
nell'impianto normativo del 
D.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 l'art. 10-bis 
dal 
titolo "Omesso 
versamento di 
ritenute 
certificate", venendo questa 
volta, infatti, sanzionato l'omesso versamento, 
unicamente 
ove 
riguardante 
"ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti", 
per un ammontare superiore a cinquantamila Euro per ciascun periodo di imposta. 


la 
norma 
� 
stata 
infine 
modificata 
per effetto del 
D.lgs. 24 settembre 
2015, n. 158, art. 7, 
s� 
che 
attualmente 
� 
punito "chiunque 
non versa 
entro il 
termine 
previsto per la 
presentazione 
della 
dichiarazione 
annuale 
di 
sostituto di 
imposta 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
stessa 
dichiarazione 
o 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti, 
per 
un 
ammontare 
superiore 
a centocinquantamila Euro per ciascun periodo d'imposta". 


2.2. 
A 
parte 
l'innalzamento 
della 
soglia 
della 
rilevanza 
penale, 
appare 
dunque 
evidente 
l'elemento 
differenziale 
nelle 
due 
versioni 
della 
norma: 
mentre 
in quella 
ante 
2015 si 
faceva 
riferimento 
alle 
sole 
"ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti" 
(quindi 
il 
CUD 
o 
CU) 
ad 
oggi 
la 
norma 
appare 
operare 
anche, 
ed 
alternativamente, 
il 
riferimento 
alle 
"ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
stessa 
dichiarazione" 
(cio� 
quella 
annuale 
del 
sostituto, e, quindi, il 
mod. 770). 
3. tanto premesso, la 
questione 
portata 
al 
vaglio delle 
Sezioni 
Unite 
-per vero la 
stessa 
questione 
era 
stata 
rimessa 
nel 
2015, ma, in ragione 
della 
sopravvenuta 
estinzione 
del 
reato, 
la 
Corte, 
con 
la 
sentenza 
n. 
19755 
del 
24/09/2015 
(dep. 
2016), 
Mondello, 
non 
� 
potuta 
entrare 
nel 
merito 
-affonda 
le 
sue 
radici 
nel 
contrasto 
(che, 
come 
si 
dir� 
in 
seguito, 
� 
in 
realt� 
contrasto 
non gi� 
in ordine 
all'esegesi 
della 
norma 
bens�, piuttosto, sulle 
conseguenze, sotto il 
profilo 
probatorio, della 
caratterizzazione 
normativa 
delle 
ritenute, il 
cui 
versamento venga 
omesso, 
come 
necessariamente 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata) che 
si 
� 
formato in seno alla 
terza 
Sezione 
penale, nella 
vigenza 
della 
formulazione 
dell'art. 10-bis 
cit. anteriore 
alla 
modifica 
del 
2015, 
quanto 
in 
particolare 
alla 
sufficienza 
della 
dichiarazione 
mod. 
770 
del 
sostituto 
a 
dimostrare 
l'avvenuto rilascio ai 
sostituiti 
delle 
certificazioni; 
e 
ci� a 
fronte 
della 
necessit� 
di 
considerare 
tale 
rilascio, sulla 
base 
della 
formulazione 
della 
norma, se 
non quale 
elemento 
costitutivo del reato, quanto meno di suo presupposto. 
3.1. 
Un 
primo 
orientamento 
� 
stato 
originato 
dalla 
pronuncia 
di 
Sez. 
3, 
n. 
1443 
del 
15/11/2012 
(dep. 
2013), 
Salmistrano, 
rv. 
254152: 
nell'affermare 
che 
nel 
reato 
di 
omesso 
ver

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


samento di 
ritenute 
certificate, la 
prova 
delle 
certificazioni 
attestanti 
le 
ritenute 
operate 
dal 
datore 
di 
lavoro, quale 
sostituto d'imposta, sulle 
retribuzioni 
effettivamente 
corrisposte 
ai 
sostituiti, 
pu� essere 
fornita 
dal 
pubblico ministero mediante 
documenti, testimoni 
o indizi, la 
sentenza 
riconosce 
espressamente 
come 
sufficiente 
a 
tal 
fine 
la 
allegazione 
dei 
mod. 
770 
provenienti 
dal 
datore 
di 
lavoro. 
Dopo 
avere 
premesso 
che 
l'art. 
10-bis, 
pur 
costituendo 
"una 
nuova 
fattispecie 
criminosa 
introdotta 
o reintrodotta 
dalla 
novella 
citata 
senza 
alcuna 
continuit� 
normativa 
con 
le 
disposizioni 
previgenti", 
opera 
sullo 
stesso 
piano 
della 
norma 
abrogata, 
seguendo una 
ratio 
consistente 
nell'"impedire, attraverso la 
sanzione 
penale, che 
il 
datore 
di 
lavoro 
ometta 
di 
versare 
le 
somme 
trattenute, 
quale 
sostituto 
di 
imposta, 
sulle 
retribuzioni 
corrisposte 
al 
lavoratori", la 
pronuncia 
sottolinea 
come 
la 
norma, mediante 
il 
riferimento alle 
"certificazioni 
rilasciate 
ai 
sostituiti" 
in luogo della 
pi� generica 
formula 
che 
si 
rinveniva 
nel 


D.l. 10 luglio 1982, n. 429, art. 2, convertito in l. 7 agosto 1982, n. 516 ("le 
ritenute 
effettivamente 
operate, 
a 
titolo 
di 
acconto 
o 
di 
imposta, 
sulle 
somme 
pagate") 
abbia 
inteso 
esplicitare 
in 
modo 
assolutamente 
chiaro 
che 
la 
sanzione 
penale 
trova 
applicazione 
soltanto 
sulle 
ritenute 
effettivamente 
operate 
sulle 
retribuzioni 
corrisposte 
ai 
dipendenti; 
non vi 
sarebbe 
dunque 
ragione 
"per 
ritenere 
che 
la 
prova 
del 
rilascio 
quale 
elemento 
costitutivo 
del 
reato 
debba 
ricavarsi 
solo dalle 
"certificazioni" 
senza 
possibilit� 
di 
ricorrere 
ad "equipollenti" 
potendo l'onere 
probatorio 
essere 
assolto dal 
pubblico ministero "mediante 
il 
ricorso a 
prove 
documentali 
o testimoniali 
oppure 
attraverso la 
prova 
indiziaria". Di 
qui, dunque, l'idoneit� 
a 
tal 
fine 
anche 
del 
modello 770 posto che 
da 
esso emerge 
la 
prova 
delle 
ritenute 
operate 
e 
che 
tali 
ritenute 
"devono 
ritenersi 
per 
ci� 
stesso 
certificate, 
dal 
momento 
che 
non 
avrebbe 
senso 
dichiarare 
quello che non � stato corrisposto e, perci� stesso, certificato". 
tale 
indirizzo 
risulta 
successivamente 
seguito, 
tra 
le 
altre, 
da 
Sez. 
3, 
n. 
33187 
del 
12/06/2013, Buzi, rv. 256429; 
Sez. 3, n. 20778, del 
06/03/2014, leucci, rv. 259182; 
Sez. 3, 


n. 19454 del 
27/03/2014, Onofrio, rv. 260376, ove 
i 
concetti 
gi� 
enucleati 
dalla 
pronuncia 
Salmistrano vengono ripresi 
e 
ribaditi 
pur nella 
qualificazione 
del 
rilascio delle 
certificazioni 
talora 
come 
elemento 
costitutivo 
del 
reato 
(in 
tal 
senso 
Sez. 
3, 
n. 
33187 
del 
12/06/2013, 
Buzi, 
cit., 
e 
Sez. 
3, 
n. 
19454 
del 
27/03/2014, 
Onofrio, 
cit.) 
e 
talaltra 
quale 
presupposto 
del 
reato 
stesso (in tal 
senso Sez. 3, n. 20778, del 
06/03/2014, leucci, cit.). la 
differente 
valutazione 
giuridica 
dell'elemento in oggetto, affidata 
da 
tutte 
le 
pronunce 
richiamate 
ad una 
mera 
enunciazione 
definitoria 
a 
ben 
vedere 
non 
supportata 
dalla 
manifestazione 
delle 
specifiche 
ragioni 
determinanti 
la 
scelta 
in un senso oppure 
nell'altro, non appare 
infatti 
rilevare 
quanto all'esigenza, 
riconosciuta 
da 
tutte 
le 
pronunce, che 
dell'elemento in questione 
sia 
comunque 
necessaria 
la 
dimostrazione 
in 
giudizio; 
� 
la 
pronuncia 
leucci 
in 
particolare 
a 
chiarire 
che, 
pur 
dovendo il 
rilascio delle 
certificazioni 
essere 
individuato quale 
presupposto del 
reato (la 
fattispecie 
penalmente 
rilevante 
sarebbe 
integrata 
dalla 
sola 
condotta 
omissiva 
che 
si 
realizza 
con il 
mancato versamento entro il 
termine 
previsto per la 
presentazione 
della 
dichiarazione 
annuale 
di 
sostituto di 
imposta 
delle 
ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti), 
il rilascio della certificazione � comunque necessario per integrare il reato de quo. 
va 
anzi 
constatato che 
le 
stesse 
Sezioni 
Unite, intervenute 
sul 
punto dell'affermata 
applicabilit� 
della 
norma, entrata 
in vigore 
in data 
1 gennaio 2005, anche 
alle 
omissioni 
dei 
versamenti 
relativi 
all'anno 
2004, 
e 
richiamate 
dalla 
sentenza 
leucci 
(S.U., 
n. 
37425 
del 
28/03/2013, 
Favellato, rv. 255760), pur qualificando il 
reato come 
"omissivo proprio", non appaiono sottrarsi 
ad una 
sostanziale 
linea 
di 
incertezza 
proprio con riguardo alla 
qualificazione 
dell'elemento 
in 
questione, 
definito, 
dapprima, 
come 
"presupposto" 
del 
reato 
(analogamente 
alla 
erogazione 
delle 
somme 
al 
sostituito) e, poco dopo, come 
"elemento costitutivo", significati



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


vamente 
richiesto 
per 
il 
solo 
illecito 
penale 
e 
non 
anche 
per 
l'illecito 
amministrativo 
e 
dunque 
idoneo a 
rappresentare, insieme 
alle 
diverse 
scadenze 
temporali 
previste 
per il 
versamento, la 
linea di demarcazione tra l'uno e l'altro tipo. 


In 
ogni 
caso, 
anche 
le 
sentenze 
appena 
sopra 
richiamate 
appaiono 
"sposare" 
le 
impostazioni 
adottate 
in via 
generale 
dalla 
sentenza 
Salmistrano, puntualizzandosi, quanto al 
modello 770, 
che 
nello stesso sono "comunicati 
in via 
telematica 
all'Agenzia 
delle 
Entrate 
i 
dati 
fiscali 
relativi 
alle 
ritenute 
operate 
nell'anno 
precedente 
nonch� 
gli 
altri 
dati 
contributivi 
ed 
assicurativi 
richiesti, tra 
cui 
i 
dati 
relativi 
alle 
certificazioni 
rilasciate 
ai 
soggetti 
cui 
sono stati 
corrisposti 
in tale 
anno redditi 
di 
lavoro dipendente, equiparati 
ed assimilati 
o indennit� 
di 
fine 
rapporto" 
(vedi, testualmente, sul punto, sempre la sentenza leucci). 


3.2. 
Un 
secondo 
orientamento, 
che 
ha 
ben 
presto 
assunto, 
nella 
giurisprudenza 
della 
Corte, 
le 
dimensioni 
di 
indirizzo largamente 
maggioritario, � 
stato inaugurato da 
Sez. 3, n. 40256 
del 08/04/2014, Gagliardi, rv. 259198. 
Dopo 
avere 
premesso 
che 
anche 
secondo 
l'interpretazione 
fatta 
propria 
dalle 
Sezioni 
Unite 
e 
dalla 
prevalente 
dottrina 
l'elemento 
specializzante 
che 
determina 
il 
configurarsi 
della 
natura 
delittuosa 
della 
fattispecie 
� 
costituito 
dal 
rilascio 
della 
certificazione 
al 
sostituito 
e 
che 
quindi 
la 
norma 
penale 
non pu� trovare 
applicazione, non solo nei 
casi 
in cui 
il 
sostituto non abbia 
operato le 
ritenute, ma 
anche 
nei 
casi 
in cui 
non abbia 
rilasciato la 
certificazione 
o la 
abbia 
rilasciata 
in un momento successivo alla 
scadenza 
del 
termine 
per effettuare 
il 
versamento, si 
afferma 
che 
"gli 
elementi 
costitutivi 
della 
fattispecie, 
necessari 
per 
attribuire 
rilevanza 
penale 
alla 
fattispecie 
sono costituiti 
dalle 
parti 
di 
condotta 
attiva 
comprendenti 
sia 
l'effettuazione 
della 
ritenuta 
e 
sia 
la 
successiva 
emissione 
della 
certificazione". Si 
aggiunge 
che 
"trattandosi 
(...) 
di 
elementi 
costitutivi 
del 
reato 
(ma 
le 
conseguenze 
non 
cambierebbero 
anche 
se 
si 
volesse 
parlare 
di 
presupposti 
del 
reato) 
per 
ritenere 
sussistente 
il 
delitto 
� 
necessario 
che 
l'accusa 
fornisca 
la 
prova 
di 
tali 
elementi 
e, in particolare 
(...) che 
il 
sostituto abbia 
rilasciato ai 
sostituiti 
la 
certificazione 
(o le 
certificazioni) da 
cui 
risultino le 
ritenute 
il 
cui 
versamento � 
stato poi 
omesso", 
dovendo, 
peraltro, 
detta 
prova 
non 
essere 
necessariamente 
data 
dalla 
produzione 
delle 
certificazioni 
stesse, 
ma 
potendo 
consistere 
anche 
in 
altre 
prove 
documentali 
ovvero 
anche 
orali. tra 
di 
esse, tuttavia, si 
aggiunge, non pu� essere 
ricompresa 
la 
sola 
dichiarazione 
modello 770: 
da 
un lato perch� 
la 
stessa 
non contiene 
la 
dichiarazione 
di 
avere 
tempestivamente 
emesso 
le 
certificazioni 
ma 
solo 
di 
avere 
erogato 
le 
retribuzioni 
ed 
effettuato 
le 
ritenute, 
e 
dall'altro perch�, tra 
dichiarazione 
modello 770 e 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti, disciplinati 
da 
fonti 
distinte, rispondenti 
a 
finalit� 
non coincidenti 
e 
che 
non devono essere 
consegnati 
o 
presentati 
contestualmente, 
vi 
sono 
differenze 
sostanziali 
tali 
da 
non 
consentire 
di 
ritenere, automaticamente, che 
l'uno non possa 
risultare 
indipendente 
dall'altro. Di 
qui, dunque, 
le diverse conclusioni rispetto al primo indirizzo ricordato. 


Gli 
assunti 
della 
pronuncia 
Gagliardi 
sono stati 
successivamente 
ribaditi 
da 
numerose 
pronunce, 
tutte 
nel 
senso, per le 
medesime 
ragioni, della 
inidoneit� 
della 
sola 
dichiarazione 
modello 
770 
a 
provare 
l'avvenuto 
rilascio 
delle 
certificazioni 
(Sez. 
3, 
n. 
10475/15 
del 
9/10/2014, 
Calderone, rv. 263007; 
Sez. 3, n. 11335/15 del 
15/10/2014, Pareto, rv. 262855; 
Sez. 3, n. 
6203 del 
29/10/2014, rispoli, rv. 262365; 
Sez. 3, n. 37075/15 del 
19/12/2014, ravelli; 
Sez. 
3, n. 5736 del 
21/01/2015, Patti; 
Sez. 3, n. 10104 del 
7/1/2016, Grazzini, rv. 266301; 
Sez. 3, 


n. 
7884 
del 
4/2/2016, 
Bombelli; 
Sez. 
3, 
n. 
41468 
del 
30/03/2016, 
Pappalardo; 
Sez. 
3, 
n. 
48591 
del 
26/4/2016, 
Pellicani, 
rv. 
268492; 
Sez. 
3, 
n. 
48302 
del 
20/09/2016, 
Donetti; 
Sez. 
7, 
n. 
53249 
del 
23/09/2016; 
D'Ambrosi; 
Sez. 
3, 
n. 
51417 
del 
29/11/2016, 
Fontanella; 
Sez. 
3, 
n. 
10509/17 del 
16/12/2016, Pisu, rv. 269141; 
Sez. 3, n. 57104 del 
12/4/2017, Polinari; 
Sez. 3, 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


n. 
30139 
del 
15/6/2017, 
Fregolent, 
rv. 
270464; 
Sez. 
3, 
n. 
36057 
del 
11705/2017, 
Cerere; 
Sez. 
3 n. 1439/18 del 
12/7/2017, Sesana; 
Sez. 3, n. 46390 del 
9/10/2017, Gambardella; 
Sez. 3, n. 
2393 del 22/1/2018, vecchierelli). 
va 
anche 
qui 
precisato che, in tale 
ambito, appare 
essersi 
riproposta 
(senza 
che 
ci�, come 
gi� 
detto, 
abbia 
potuto 
comportare 
una 
differente 
conclusione 
quanto, 
comunque, 
alla 
necessit� 
di 
prova 
del'elemento) la 
divergenza 
circa 
la 
qualificazione 
da 
dare 
al 
rilascio delle 
certificazioni, 
se 
cio�, di 
presupposto del 
reato (in tal 
senso, solo Sez.3, n. 7884 del 
2016, Bombelli 
cit.) 
ovvero 
di 
elemento 
costitutivo 
dello 
stesso 
(in 
tal 
senso, 
Sez.3, 
n. 
1439 
del 
2017, 
Sesana, 
cit.; 
Sez. 3, n. 10475 del 
2015, Calderone, cit.; 
Sez. 3, n. 10509 del 
2017, Pisu, cit.; 
Sez.3, n. 
11335 del 
2015, Pareto, cit.; 
Sez. 3, n. 30139 del 
2017, Fregolent, cit.; 
Sez. 3, n. 57104 del 
2017, Polinari, cit.; Sez. 3, n. 36057 del 2017, Cerere, cit.). 


In seno a 
tale 
indirizzo, peraltro, una 
particolare 
attenzione 
va 
assegnata 
a 
quelle 
pronunce 
che, 
a 
cominciare, 
cronologicamente, 
da 
Sez. 
3, 
n. 
10104 
del 
7/1/2016, 
Grazzini, 
rv. 
266301, 
sono 
giunte 
a 
confermare 
gli 
approdi 
ermeneutici 
della 
sentenza 
Gagliardi 
anche 
tenendo 
conto delle modifiche operate dal D.lgs. n. 158 del 2015. 


Infatti, 
dopo 
avere 
escluso 
che 
alla 
novella 
operata, 
l� 
dove 
la 
stessa 
ha 
posto, 
come 
visto 
in 
principio, 
accanto 
alle 
ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituti, 
anche 
le 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
dichiarazione 
di 
interpretazione 
autentica, 
possa 
assegnarsi, 
in 
ragione 
dell'esigenza 
di 
dipanare 
il 
contrasto 
creatosi, 
natura 
di 
norma 
di 
interpretazione 
autentica 
a 
fronte 
della 
problematica 
coesistenza 
di 
disposizioni 
di 
tal 
fatta 
con 
la 
necessit� 
di 
rispettare 
il 
principio 
di 
irretroattivit� 
proprio 
delle 
norme 
incriminatrici, 
la 
sentenza 
ha 
colto 
la 
incidenza 
"interpretativa" 
della 
nuova 
disposizione: 
se 
il 
legislatore, 
si 
� 
affermato, 
ha 
inteso 
estendere 
la 
tipicit� 
del 
reato 
anche 
alle 
ipotesi 
di 
omesso 
versamento 
delle 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
dichiarazione 
modello 
770, 
deve 
ritenersi 
che 
non 
soltanto 
la 
precedente 
formulazione 
racchiudesse 
nel 
proprio 
perimetro 
di 
tipicit� 
soltanto 
l'omesso 
versamento 
di 
ritenute 
risultanti 
dalle 
certificazioni 
rilasciate 
ai 
sostituiti, 
ma 
richiedesse, 
sotto 
il 
profilo 
probatorio, 
la 
necessit� 
di 
una 
prova 
del 
rilascio 
delle 
certificazioni 
ai 
sostituiti. 
Di 
qui, 
dunque, 
l'ulteriore 
conferma 
del-
l'indirizzo 
negativo 
quanto 
alla 
idoneit� 
probatoria 
del 
solo 
modello 
770. 


tali 
assunti 
sono stati 
seguiti 
anche 
da 
Sez.3, n. 48591 del 
2016, Pellicani, cit.; 
Sez. 3, n. 
48302 del 
2016, Donetti, cit.; 
Sez. 7, n. 53249 del 
2016, D'Ambrosi, cit.; 
Sez. 3, n. 51417 del 
2016, Fontanella, cit.; 
Sez. 3, n. 10509 del 
2017, Pisu, cit.; 
Sez. 3, n. 57104 del 
12/4/2017, 
Polinari, 
cit.; 
Sez. 
3, 
n. 
30139 
del 
2017, 
Fregolent, 
cit.; 
Sez. 
3, 
n. 
36057 
del 
2017, 
Cerere, 
cit.; 
Sez. 3 n. 1439 del 
2018, Sesana, cit.; 
Sez. 3, n. 46390 del 
2017, Gambardella, cit.; 
Sez. 
3, n. 2393 del 
2018, vecchierelli, cit.). In particolare, Sez. 3, n. 10509 del 
2017, Pisu, cit., ha 
specificato, 
quanto 
alla 
nuova 
norma, 
che 
la 
natura 
innovativa 
e 
non 
meramente 
interpretativa 
della 
stessa 
non 
pu� 
essere 
posta 
in 
discussione 
per 
il 
solo 
fatto 
che, 
nella 
relazione 
illustrativa 
al 
D.lgs. n. 158 del 
2015, si 
sia 
affermato che 
la 
modifica 
ha 
"chiarito" 
la 
portata 
del 
precedente 
modello legale 
della 
fattispecie 
incriminatrice 
a 
fronte 
comunque 
dell'oggettivo precipitato 
della norma. 


4. 
Queste 
Sezioni 
Unite 
ritengono 
che, 
con 
riferimento 
alla 
normativa 
previgente 
alla 
modifica 
intervenuta 
nell'anno 
2015 
(il 
reato 
contestato 
all'imputato 
� 
stato 
commesso 
nell'anno 
2011, 
s� 
che 
la 
nuova 
formulazione, 
di 
chiaro 
stampo 
innovativo 
per 
come 
si 
dir� 
oltre, 
non 
pu� 
in 
alcun 
modo 
retroagire), 
debba 
essere 
condiviso 
l'indirizzo, 
maggioritario, 
che 
esclude 
la 
idoneit� 
del 
solo 
modello 
770 
(di 
dichiarazione 
delle 
erogazioni 
effettuate 
e 
delle 
ritenute 
operate), 
a 
provare 
l'elemento, 
da 
considerare 
presupposto 
del 
reato, 
del 
rilascio 
delle 
certificazioni. 
4.1. Deve 
anzitutto premettersi 
come 
non possa 
porsi 
in dubbio la 
circostanza 
che 
il 
legi

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


slatore 
del 
2004, 
nel 
reintrodurre 
(secondo 
il 
percorso 
illustrato 
sopra) 
l'illecito 
penale 
di 
omesso versamento delle 
ritenute, gi� 
previsto, anteriormente, dalla 
l. n. 516 del 
1982 e 
successivamente 
abrogato dal 
D.lgs. n. 74 del 
2000, abbia 
condizionato testualmente 
l'illecito 
alle 
sole 
ritenute, il 
cui 
omesso versamento viene 
sanzionato, "risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti"; 
in altri 
termini, solo le 
ritenute 
che 
risultino, ovvero siano attestate, 
dalle 
certificazioni 
predette 
sono quelle 
idonee 
ad attingere 
il 
grado di 
disvalore 
penale 
considerato 
dal legislatore. 


N� 
un tale 
dato, la 
cui 
evidenza 
� 
tale 
che 
nessuna 
delle 
pronunce 
di 
questa 
Corte 
che 
si 
sono occupate 
del 
tema 
al 
vaglio di 
queste 
Sezioni 
Unite, sia 
se 
riconducibili 
al 
primo sia 
se 
riconducibile 
al 
secondo degli 
indirizzi 
illustrati, ha 
mai 
potuto affermare 
il 
contrario, appare 
revocabile 
in 
dubbio 
sulla 
base 
di 
pur 
plausibili 
considerazioni 
di 
carattere 
sistematico: 
la 
eventuale 
irrazionalit� 
della 
scelta 
di 
assoggettare 
a 
sanzione 
penale, diversamente 
dalla 
originaria 
impostazione 
della 
l. n. 516 del 
1982, il 
mancato versamento delle 
ritenute 
solo se 
accompagnato dal 
rilascio delle 
relative 
certificazioni 
(s� 
che 
una 
condotta 
altrimenti 
penalmente 
irrilevante 
verrebbe 
ad assumere 
significato penalistico solo l� 
dove 
ad essa 
si 
accosti 
un comportamento costituente 
adempimento di 
un dovere, finalizzato a 
garantire 
al 
sostituito 
il 
diritto a 
detrarre 
la 
ritenuta 
subita, evitando cos� 
il 
prodursi 
di 
una 
doppia 
imposizione) non 
potrebbe 
certo 
offuscare 
il 
chiaro 
significato 
della 
norma, 
insuscettibile, 
per 
il 
rispetto 
dovuto 
al 
principio 
di 
legalit�, 
di 
interpretazioni 
in 
definitiva 
abrogatrici 
della 
locuzione 
qui 
in 
esame. 
Ed anche 
restando sul 
piano di 
una 
interpretazione 
di 
ordine 
logico-critico, non potrebbe 
sottacersi 
il 
significato 
di 
un 
elemento 
(quello, 
appunto, 
del 
rilascio 
delle 
certificazioni) 
che, 
come 
a 
suo 
tempo 
gi� 
evidenziato 
da 
Sez. 
Un. 
Favellato, 
appare 
svolgere 
in 
realt� 
la 
funzione 
di 
differenziare 
l'illecito 
penale 
dal 
mero 
illecito 
amministrativo: 
una 
funzione, 
dunque, 
di 
carattere 
selettivo, che, sia 
pure 
comportando il 
sacrificio della 
realt� 
materiale 
al 
fine 
di 
privilegiare 
solo 
quella 
"contabilizzata" 
o 
"certificata", 
appare 
tutt'altro 
che 
incomprensibile, 
ove 
si 
rifletta 
sulla 
necessit�, alla 
luce 
del 
principio del 
ne 
bis 
in idem 
e 
della 
sua 
portata 
sempre 
pi� cogente, di 
una 
precisa 
demarcazione, a 
partire 
soprattutto dal 
momento della 
legiferazione, 
tra 
il 
"fatto" 
intrinsecamente 
penale 
(a 
prescindere 
dalle 
denominazioni 
coniate 
dal 
legislatore) 
e quello solo amministrativo. 


Del 
resto, 
non 
� 
secondario 
considerare, 
sempre 
nell'ambito 
di 
una 
razionale 
differenziazione 
dei 
due 
campi, 
la 
maggiore 
gravit� 
di 
una 
condotta 
destinata 
ad 
incidere, 
proprio 
perch� 
accompagnata 
dal 
rilascio 
delle 
certificazioni, 
sullo 
stesso 
rapporto 
fiduciario 
con 
il 
sostituito. 


4.2. 
Ne 
deriva 
dunque 
che, 
ai 
fini 
della 
consumazione 
del 
reato 
in 
oggetto, 
occorre 
il 
rilascio 
delle 
certificazioni, sia 
che 
lo stesso venga 
configurato come 
elemento costitutivo del 
reato 
(come 
� 
dato 
rinvenire 
nella 
gran 
parte 
delle 
decisioni 
sopra 
segnalate), 
sia 
invece 
che 
lo 
stesso venga 
configurato quale 
presupposto di 
esso (come 
una 
parte 
minoritaria 
della 
giurisprudenza 
mostra di ritenere). 
Entrambi 
gli 
indirizzi 
segnalati, 
come 
gi� 
visto, 
significativamente 
non 
uniformi 
al 
loro 
interno proprio su questo punto, convengono su tale 
postulato, in definitiva 
implicitamente 
fatto 
proprio 
anche 
dalle 
gi� 
rammentate 
Sezioni 
Unite 
Favellato 
che, 
sia 
pure 
restando, 
come 
visto, ondivaghe 
sulla 
esatta 
qualificazione 
di 
tale 
elemento, hanno per� implicitamente 
considerato 
necessario, ai fini della consumazione del reato, il rilascio delle certificazioni. 


Cos� 
come 
entrambi 
gli 
indirizzi 
appaiono convenire 
sul 
fatto (o comunque 
appaiono implicitamente 
muovere 
dallo 
stesso, 
non 
essendovi 
affermazioni 
di 
segno 
contrario) 
che, 
ai 
fini 
di 
provare 
il 
rilascio delle 
certificazioni, non � 
necessaria 
l'acquisizione 
materiale 
delle 
certificazioni 
stesse, 
perch� 
ben 
possono 
supplire 
prove 
documentali 
anche 
di 
altro 
genere 
o 
prove 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


orali 
(tra 
cui 
in 
primis 
le 
dichiarazioni 
rese 
dal 
sostituito), 
conclusione, 
questa, 
del 
tutto 
corretta 
e 
logicamente 
discendente, evidentemente, dal 
principio di 
atipicit� 
delle 
prove 
penali 
insito 
nel 
disposto di 
cui 
all'art. 189 c.p.p., dovendo, dunque, anche 
qui 
ribadirsi 
l'incompatibilit�, 
con l'assetto processuale penale, di un sistema di prove tipiche o legali. 


N� 
appare 
infine 
in discussione 
il 
fatto che 
l'onere 
di 
tale 
prova 
incomba, ancora 
una 
volta 
non essendo determinante 
sul 
punto la 
classificazione 
formale 
dell'elemento in oggetto quale 
elemento 
costitutivo 
o, 
piuttosto, 
quale 
presupposto 
del 
reato, 
sul 
pubblico 
ministero 
giacch�, 
riprendendo 
le 
parole 
della 
gi� 
citata 
sentenza 
leucci, 
"incombe 
appunto 
al 
pubblico 
ministero 
di 
provare 
i 
fatti 
costitutivi 
dell'addebito 
contestato, 
tra 
cui, 
per 
quanto 
qui 
interessa, 
il 
rilascio 
delle 
certificazioni" 
e 
incombendo 
invece 
all'imputato 
"provare 
i 
fatti 
(estintivi 
o 
modificativi) 
che paralizzino la "pretesa punitiva"". 


4.3. 
In 
definitiva, 
dunque, 
il 
contrasto 
verte, 
in 
realt�, 
su 
null'altro 
che 
su 
una 
valutazione 
di 
carattere 
probatorio. 
Semplificando, 
si 
potrebbe 
affermare 
che 
l'unico 
vero 
sostanziale 
effetto 
differentemente 
conseguente 
ai 
due 
orientamenti 
sarebbe 
quello 
di 
esonerare 
o 
meno 
il 
pubblico 
ministero 
dall'onere 
di 
ricercare, 
al 
fine 
del 
raggiungimento 
della 
prova 
richiesta 
sul 
punto 
gi� 
sottolineato, 
elementi 
ulteriori 
e 
diversi 
(orali, 
come 
ad 
esempio 
le 
dichiarazioni 
dei 
sostituiti, 
o 
documentali) 
rispetto 
alla 
sola 
dichiarazione 
modello 
770 
(nel 
panorama 
giurisprudenziale 
gi� 
complessivamente 
richiamato 
solo 
Sez. 
3, 
n. 
37075 
del 
2015, 
ravelli, 
cit., 
sostiene, 
con 
affermazione 
che 
parrebbe 
presentare 
margini 
di 
equivocit� 
rispetto 
al 
principio 
di 
atipicit� 
delle 
prove 
penali, 
che 
il 
giudice 
deve 
fornire 
anche 
"risposte 
precise 
e 
concrete 
sulle 
ragioni 
per 
le 
quali 
non 
ha 
percorso 
la 
strada 
diretta 
dell'acquisizione 
dei 
certificati 
stessi 
privilegiando 
una 
prova 
pur 
sempre 
indiretta 
del 
reato 
ma 
a 
rischio 
di 
derive 
analogico 
sostanzialistiche"). 
Ed il 
pubblico ministero, vale 
ribadire, non � 
comunque 
esonerato da 
tale 
prova 
per il 
fatto 
che 
l'imputato 
non 
abbia 
allegato 
circostanze 
ed 
elementi 
in 
senso 
contrario, 
non 
essendo, 
nell'ordinamento processuale 
penale, previsto un onere 
probatorio a 
carico dell'imputato modellato 
sui 
principi 
propri 
del 
processo civile 
(Sez. 5, n. 32937 del 
19/05/2014, Stanciu, rv. 
261657). Infatti, sia 
norme 
sovraordinate 
di 
carattere 
generale 
internazionali 
(specificamente 
l'art. 6.2. della 
Convenzione 
Edu e 
l'art. 14 n. 2 del 
Patto internazionale 
sui 
diritti 
civili 
e 
politici, 
entrambe 
espressamente 
indicanti 
la 
necessit� 
che 
la 
colpevolezza 
dell'accusato 
sia 
provata 
secondo legge) e 
interne 
(art. 25 Cost. in ordine 
alla 
presunzione 
di 
non colpevolezza 
sino alla 
condanna 
definitiva), sia 
norme 
processuali 
(specificamente 
l'art. 533 c.p.p. ove 
si 
stabilisce 
che 
il 
giudice 
pronuncia 
sentenza 
di 
condanna 
solo l� 
dove 
l'imputato risulta 
colpevole 
del 
reato contestatogli 
al 
di 
l� 
di 
ogni 
ragionevole 
dubbio) appaiono indicative 
della 
fissazione 
in senso "sostanziale", a 
carico di 
chi 
sostenga 
la 
tesi 
di 
accusa 
nel 
processo penale, 
di 
un preciso onere 
di 
prova 
(in tale 
ultimo senso, Sez. 3, n. 2393 del 
2018, vecchierelli, cit.). 


5. Escluso, dunque, che 
il 
contrasto segnalato riguardi 
l'esegesi 
della 
norma, in particolare 
con 
riguardo 
all'elemento 
oggettivo 
del 
reato 
contemplato, 
ci� 
su 
cui 
gli 
indirizzi 
gi� 
illustrati 
divergono viene, in definitiva, ad essere 
rappresentato dalla 
possibilit� 
o meno di 
includere 
di 
per s� 
solo, tra 
gli 
elementi 
indicativi 
dell'avvenuto rilascio della 
certificazione 
unica 
attestante 
le 
ritenute 
effettuate, il 
"documento" 
rappresentato dal 
mod. 770 (dichiarazione 
del 
sostituto 
d'imposta). 
Appare 
allora 
significativo un primo dato oggettivo: 
il 
quadro St 
del 
modello 770 non appare, 
come 
ben 
posto 
in 
risalto 
dall'indirizzo 
maggioritario, 
recare 
alcuna 
specifica 
indicazione 
in ordine 
al 
rilascio delle 
certificazioni 
avendo invece 
ad oggetto, per quanto qui 
interessa, 
unicamente 
i 
dati 
dell'"importo 
versato" 
e 
delle 
"ritenute 
operate". 
N� 
alcun 
valore 
probatorio 
potrebbe 
evidentemente 
connettersi 
alle 
istruzioni 
per la 
compilazione 
del 
modello 770 sem



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


plificato l� 
dove 
si 
prescrive 
che 
"detto modello contiene 
i 
dati 
relativi 
alle 
certificazioni 
rilasciate 
ai 
soggetti 
cui 
sono 
stati 
corrisposti 
(...) 
i 
redditi 
di 
lavoro 
dipendente" 
(dizione 
questa, 
testualmente 
ripresa 
da 
Sez. 
3, 
n. 
20778 
del 
2014, 
leucci, 
cit. 
al 
fine 
di 
giungere 
alla 
soluzione 
gi� 
vista 
sopra), 
essendo 
chiara 
in 
tale 
dizione 
la 
volont� 
di 
riferirsi 
non 
gi� 
al 
fatto 
del 
rilascio, 
ma 
a 
quello della 
necessit� 
di 
indicazione, in dichiarazione, delle 
medesime 
ritenute 
di 
cui 
alla certificazione unica, ove rilasciata. 


Ed infatti, proprio per superare 
un tale 
impasse, l'indirizzo pi� risalente 
� 
ricorso sostanzialmente 
ad un ragionamento di 
carattere 
presuntivo, essendosi 
affermato che 
"non avrebbe 
senso dichiarare 
quello che 
non � 
stato corrisposto e 
perci� stesso certificato" 
(testualmente, 
Sez. 3, n. 20778 del 
2014, leucci, cit.). Sennonch�, intesa 
tale 
affermazione 
come 
volta 
ad 
affermare 
che, 
secondo 
l'id 
quod 
plerumque 
accidit, 
ci� 
che 
si 
dichiarerebbe 
nel 
mod. 
770 
sarebbe 
allo stesso tempo anche 
ci� che 
si 
certifica 
(il 
riferimento alla 
"corresponsione" 
deve 
ritenersi 
improprio perch� 
ci� di 
cui 
si 
tratta 
non sono gli 
emolumenti 
ma 
le 
ritenute, che 
non 
si 
corrispondono ma 
si 
effettuano), ed equiparati 
dunque 
l'indicazione 
nel 
modello 770 alla 
attestazione 
nelle 
certificazioni, resta 
tuttavia, anche 
in tale 
assioma, ancora 
una 
volta 
"scoperto", 
e non colmabile dal punto di vista logico, il dato del rilascio. 


Correttamente, pertanto, la 
sentenza 
Sez. 3, n. 40256 del 
2014, Gagliardi, cit. ha 
potuto affermare 
che 
"se 
davvero la 
presentazione 
della 
dichiarazione 
di 
sostituto presupponesse, secondo 
il 
criterio 
dell'id 
quod 
plerumque 
accidit, 
sempre 
e 
comunque 
la 
formazione 
e 
consegna 
dei 
certificati 
ai 
sostituiti, il 
legislatore 
ne 
avrebbe 
certamente 
tenuto conto ed avrebbe, con 
notevole 
semplificazione 
probatoria, punito unicamente 
il 
mancato versamento delle 
ritenute 
riportate 
nella 
dichiarazione 
modello 770. Se 
ci� non ha 
fatto, ed ha 
anzi 
modificato la 
precedente 
normativa 
(che 
richiedeva 
soltanto 
l'omesso 
versamento 
delle 
ritenute), 
� 
proprio 
perch� 
il 
legislatore 
era 
ben consapevole 
delle 
differenze 
strutturali 
e 
della 
radicale 
autonomia 
dei 
due 
distinti 
documenti, sicch� 
non era 
possibile 
desumere 
automaticamente 
dall'esistenza 
dell'uno la sussistenza dell'altro". 


Anche 
la 
questione 
della 
natura 
da 
attribuire 
al 
modello 
770, 
se 
cio� 
avente 
valore 
di 
confessione 
stragiudiziale, 
come 
parrebbe 
adombrato 
da 
Sez. 
3, 
n. 
10104 
del 
2016, 
Grazzini, 
cit., 
ma 
escluso 
da 
Sez. 
3, 
n. 
11335 
del 
2015, 
Pareto, 
cit., 
e 
da 
Sez. 
3, 
n. 
2393 
del 
2018, 
vecchierelli, 
cit. 
(nel 
senso 
della 
dichiarazione 
fiscale 
quale 
"mera 
esternazione 
di 
scienza", 
Sez. 
U. 
Civ. 
n. 
13378 
del 
07/06/2016, 
vetro 
Associati 
S.r.l. 
contro 
Ministero 
delle 
Finanze, 
rv. 
640206) 
appare 
fondamentalmente 
irrilevante 
proprio 
perch� 
il 
modello 
non 
contiene 
alcun 
riferimento 
al 
rilascio 
delle 
certificazioni 
s� 
che 
da 
esso 
potrebbe 
dunque 
eventualmente 
dedursi 
la 
"confessione" 
di 
avere 
operato 
le 
ritenute 
ma 
non 
certo 
quella 
di 
avere 
rilasciato 
le 
relative 
certificazioni. 


Infine, 
anche 
il 
riferimento 
al 
modello 
DM 
10 
di 
versamento 
dei 
contributi 
previdenziali 
attestante 
le 
retribuzioni 
corrisposte 
ai 
dipendenti 
e 
l'ammontare 
degli 
obblighi 
contributivi 
(la 
cui 
accertata 
presentazione 
da 
parte 
del 
datore 
di 
lavoro 
� 
valutabile, 
in 
assenza 
di 
elementi 
di 
segno 
contrario, 
secondo 
questa 
Corte, 
come 
prova 
della 
effettiva 
corresponsione 
degli 
emolumenti 
ai 
lavoratori: 
tra 
le 
altre, 
Sez. 
3, 
n. 
21619 
del 
14/04/2015, 
Moro, 
rv. 
263665) 
appare 
impropriamente 
evocato 
ove 
si 
tenga 
conto 
della 
diversit� 
di 
contenuto 
della 
prova 
necessaria 
(corresponsione 
degli 
emolumenti 
da 
un 
lato, 
appunto, 
e 
rilascio 
delle 
certificazioni 
dall'altro). 


Di 
qui, dunque, la 
condivisibilit� 
della 
conclusione 
secondo cui 
le 
indicazioni 
contenute 
nel 
modello 770 non sono da 
sole 
idonee 
a 
provare 
il 
fatto del 
rilascio delle 
certificazioni, essendo 
indizio 
che, 
se 
pu� 
essere 
sufficiente 
in 
sede 
cautelare 
reale 
a 
fronte 
del 
differente 
standard 
dimostrativo richiesto (Sez. 3, n. 46390 del 
2017, Gambardella, cit., e 
Sez. 3, n. 48591 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


del 
2016, Pellicani, cit.), non lo � 
per� in giudizio a 
fronte 
del 
canone, ad esso riferito, del-
l'accertamento al 
di 
l� 
di 
ogni 
ragionevole 
dubbio cristallizzato dall'art. 533 c.p.p.; 
e 
ci�, va 
sottolineato, 
a 
prescindere, 
come 
gi� 
affermato 
in 
talune 
delle 
pronunce 
sopra 
richiamate, 
dalla 
attribuibilit�, alla 
circostanza 
del 
rilascio delle 
certificazioni, della 
veste 
di 
presupposto 
del reato ovvero di elemento costitutivo dello stesso. 


Sul 
punto deve 
essere 
anzitutto chiarito, sul 
piano generale, come 
una 
formale 
distinzione 
tra 
"presupposti 
del 
reato" 
ed "elementi 
costitutivi" 
dello stesso sia 
impropriamente 
posta: 
si 
� 
correttamente 
puntualizzato in dottrina 
come 
i 
presupposti 
del 
reato, tra 
i 
quali 
vengono annoverati, 
tra 
gli 
altri, il 
soggetto attivo e 
passivo, la 
condotta 
e 
l'oggetto materiale, altro non 
siano, logicamente, che 
quegli 
stessi 
requisiti 
necessari 
per la 
qualificazione 
del 
fatto come 
illecito penale 
ovvero, in altri 
termini, gli 
stessi 
elementi 
costitutivi, s� 
che 
nessuno spazio di 
reale 
differenziazione 
tra 
i 
due 
concetti 
potrebbe 
evidentemente 
sussistere. Dovrebbe 
allora 
pi� correttamente 
parlarsi 
di 
"presupposti 
della 
condotta", da 
intendersi, atteso anche 
il 
significato 
lessicale 
della 
locuzione 
("ci� che 
si 
pone 
come 
precedente 
ad altro e 
come 
sua 
condizione"), 
come 
circostanze, 
di 
fatto 
o 
di 
diritto, 
preesistenti 
alla 
realizzazione 
di 
essa 
(in 
relazione 
al 
criterio di 
anteriorit� 
cronologica 
necessariamente 
discendente 
dal 
gi� 
indicato 
significato letterale 
del 
sostantivo) e 
necessarie 
per attribuire 
un "significato criminoso" 
alla 
condotta 
stessa; 
ma 
anche 
in tal 
caso, va 
subito detto, e 
proprio perch� 
anche 
tali 
circostanze 
sarebbero comunque 
necessarie 
ai 
fini 
dell'integrazione 
del 
reato, sarebbe 
assai 
difficile 
individuare 
una 
reale 
differenza 
rispetto agli 
elementi 
costitutivi 
del 
reato, se 
non in termini 
di 
elemento psicologico posto che, essendosi 
tali 
circostanze 
gi� 
realizzate, le 
stesse 
potrebbero 
essere unicamente conosciute, ma non volute dal soggetto agente. 


Del 
resto, il 
sintomo della 
difficolt� 
di 
attribuire 
un significato autonomo alla 
nozione 
di 
presupposto rispetto a 
quella 
di 
elemento costitutivo del 
reato appare 
nella 
specie 
plasticamente 
dato dalla 
incertezza 
in cui, con riferimento alla 
questione 
di 
specie 
qui 
trattata, appaiono 
essere 
incorse 
le 
pronunce 
gi� 
richiamate 
allorquando 
si 
� 
trattato 
di 
inquadrare 
il 
rilascio 
delle 
certificazioni 
nell'una 
o 
nell'altra 
delle 
due 
categorie. 
E 
tale 
incertezza 
appare 
nella 
specie 
accentuata 
dal 
fatto 
che 
il 
rilascio 
delle 
certificazioni 
� 
circostanza 
ordinariamente 
consistente 
in 
una 
condotta 
posta 
in 
essere 
dallo 
stesso 
soggetto 
agente 
che 
incorra 
nell'omissione 
del 
versamento 
salvo 
che, 
successivamente 
al 
rilascio 
e 
prima 
della 
scadenza 
del 
termine 
annuale 
prevista 
per 
la 
presentazione 
della 
dichiarazione, 
abbia 
a 
mutare 
la 
persona 
fisica 
del 
sostituto 
di 
imposta; 
sicch�, in tal 
caso, anche 
l'eventuale 
margine 
di 
utile 
significato rinvenibile 
nel 
concetto 
di 
presupposto 
della 
condotta 
(conosciuto 
ma 
non 
voluto 
secondo 
appunto 
la 
dottrina 
sopra richiamata) verrebbe, nella specie, quasi sempre a dissolversi. 


Ed allora, ove, come 
pare 
necessario, si 
debba 
privilegiare 
il 
significato letterale 
del 
termine, 
chiaramente 
volto 
ad 
evidenziare 
la 
anteriorit� 
cronologica 
del 
fatto, 
il 
rilascio 
delle 
certificazioni, fisiologicamente 
anteriore 
alla 
scadenza 
del 
termine 
per il 
versamento (anche 
nella 
struttura 
della 
norma, che 
significativamente 
appare 
impiegare 
il 
participio passato "rilasciate"), 
appare 
pi� 
correttamente 
inquadrabile 
nella 
categoria 
del 
presupposto 
della 
condotta 
senza 
che, per�, ci� possa 
portare 
ad escludere 
la 
necessit� 
(su cui, come 
visto, convengono, 
infatti, esplicitamente 
o implicitamente, tutte 
le 
pronunce 
di 
questa 
Corte) che 
di 
tale 
circostanza, 
necessaria 
per integrare 
l'illecito penale 
anche 
soprattutto per differenziare 
quest'ultimo, 
come ricordato in premessa, dall'illecito amministrativo, debba essere data prova. 


6. la 
fondatezza 
degli 
approdi 
raggiunti 
dalla 
giurisprudenza 
di 
segno pi� rigoroso appare 
poi 
non 
contraddetta 
dagli 
sviluppi 
normativi 
gi� 
segnalati 
con 
riguardo 
in 
particolare 
alle 
modifiche operate, sul 
corpus 
dell'art. 10-bis 
cit., dal D.lgs. n. 158 del 2015, art. 7. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Come 
gi� 
anticipato 
sopra, 
la 
revisione 
della 
norma 
� 
consistita 
nella 
integrazione 
della 
rubrica 
dell'articolo (passata 
da 
"omesso versamento di 
ritenute 
certificate" 
a 
"omesso versamento 
di 
ritenute 
dovute 
o 
certificate") 
e 
nella 
apposizione, 
accanto 
al 
periodo 
"risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata", 
del 
periodo 
"dovute 
sulla 
base 
della 
stessa 
dichiarazione". 
In 
tal 
modo, anzich� 
ricostruire 
la 
fattispecie 
nel 
senso di 
un ritorno all'impianto come 
disciplinato 
dal 
D.l. n. 429 del 
1982, ove 
l'obbligo di 
versamento penalmente 
presidiato riguardava 
semplicemente 
le 
ritenute 
"effettivamente 
operate", si 
� 
scelto non solo di 
mantenere 
la 
necessit� 
di 
una 
"fonte" 
di 
attestazione 
delle 
stesse, ma 
altres� 
di 
duplicare 
la 
stessa 
mediante 
il 
ricorso 
anche al contenuto della dichiarazione. 


la 
stessa 
strada 
prescelta 
trova 
del 
resto come 
spiegazione 
logica 
quanto esternato dallo 
stesso legislatore 
nella 
relazione 
illustrativa 
allo schema 
del 
D.lgs. n. 158 cit. ove 
si 
� 
scritto 
essere 
stata 
"chiarita, 
con 
l'articolo 
7, 
la 
portata 
dell'omesso 
versamento 
di 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
dichiarazione 
o 
risultanti 
dalla 
certificazione 
rilasciata 
ai 
sostituiti 
di 
cui 
all'art. 
10-bis 
(mediante 
l'aggiunta 
del 
riferimento 
alle 
ritenute 
dovute 
sulla 
base 
della 
dichiarazione)". 


Ora, una 
tale 
necessit� 
di 
chiarimento del 
significato della 
norma 
non pu� che 
essere 
rapportata, 
logicamente, 
all'incertezza 
determinata 
dal 
dibattito 
giurisprudenziale 
avutosi 
appunto 
con riguardo alle 
modalit� 
probatorie 
del 
fatto del 
rilascio della 
certificazione 
unica 
essendo 
la 
disposizione 
stata 
ricostruita 
quanto al 
momento "attestativo" 
delle 
ritenute, non pi� confinato 
solo a 
quanto risultante 
dalla 
certificazione 
ma 
esteso anche 
a 
quanto dovuto sulla 
base 
del 
contenuto 
della 
dichiarazione 
modello 
770 
(che 
riporta 
l'indicazione 
delle 
ritenute 
operate): 
in tal 
modo si 
� 
reso dunque 
non pi� indispensabile 
provare 
il 
previo rilascio della 
certificazione 
unica 
potendo guardarsi, per l'individuazione 
delle 
ritenute 
il 
cui 
omesso versamento 
deve essere sanzionato, anche al solo modello 770. 


Se 
questo � 
il 
significato della 
modifica, non pu� allora 
sussistere 
dubbio sulla 
portata 
innovativa 
della 
norma 
che, 
prendendo 
atto 
del 
prevalente 
orientamento 
di 
questa 
Corte, 
ha 
obiettivamente 
inciso sullo stesso oggetto materiale 
della 
condotta 
la 
cui 
omissione 
� 
sanzionata, 
la 
cui 
individuazione, dapprima 
limitata 
a 
quelle 
sole 
ritenute 
che 
risultavano dalla 
certificazione, 
� oggi estesa alle ritenute emergenti dalla dichiarazione modello 770. 


N� 
in senso contrario, come 
la 
stessa 
ordinanza 
di 
rimessione 
a 
questa 
Corte 
pare 
invece 
prospettare, pu� valorizzarsi 
la 
volont� 
di 
mero "chiarimento" 
che 
avrebbe 
animato il 
legislatore 
nell'effettuare 
la 
interpolazione 
in oggetto: 
se 
il 
chiarimento si 
� 
tradotto, come 
pare 
indubitabile, 
nella 
individuazione 
di 
un oggetto dell'omesso versamento alternativo a 
quello in 
origine 
contenuto 
nella 
norma 
e 
in 
precedenza 
in 
alcun 
modo 
ricavabile 
dal 
testo 
(il 
riferimento 
alla 
dichiarazione 
compare 
solo 
nella 
nuova 
versione), 
appare 
non 
corretto 
discorrere 
di 
norma 
di 
interpretazione 
autentica; 
e 
ci�, 
tanto 
pi� 
ove 
si 
consideri 
quanto 
correttamente 
evidenziato 
in particolare 
dalla 
sentenza 
Gagliardi 
in ordine 
alle 
differenze 
e 
alle 
diverse 
finalit� 
di 
certificazione 
unica 
da 
una 
parte 
e 
dichiarazione 
del 
sostituto d'imposta 
dall'altra; 
in particolare 
va 
ribadito che 
la 
certificazione 
delle 
ritenute 
� 
regolata, per quanto qui 
interessa, dal 
D.P.r. 


n. 322 del 
1998, art. 4, comma 
6 -ter, ed ha 
la 
funzione 
di 
attestare 
l'importo delle 
somme 
corrisposte 
dal 
sostituto di 
imposta 
e 
delle 
ritenute 
da 
lui 
operate, dovendo essere 
consegnata 
entro il 31 marzo di ogni anno. 
la 
dichiarazione 
mod. 770 � 
invece 
disciplinata 
dal 
D.P.r. n. 322 del 
1998, art. 4, comma 
1, e 
segg., ed � 
destinata 
ad informare 
l'Agenzia 
delle 
entrate 
delle 
somme 
corrisposte 
ai 
sostituiti, 
delle 
ritenute 
operate 
sulle 
stesse 
e 
del 
loro 
versamento 
all'erario 
e 
deve 
essere 
inoltrata 
nella 
data 
fissata 
volta 
per volta 
dal 
legislatore. Infine, mentre 
le 
certificazioni 
devono essere 
emesse 
soltanto 
quando 
il 
datore 
ha 
provveduto 
a 
versare 
le 
ritenute, 
la 
dichiarazione 
va 
invece 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


obbligatoriamente 
presentata 
entro 
il 
termine 
stabilito 
per 
legge 
(salva, 
in 
caso 
contrario, 
l'applicazione 
di sanzioni amministrative). 


va 
del 
resto 
osservato 
come 
nella 
stessa 
relazione 
illustrativa 
al 
decreto 
legislativo 
si 
precisi 
anche, subito dopo il 
passaggio gi� 
ricordato, che 
la 
integrazione 
della 
rubrica 
del 
novellato 
art. 
10-bis 
� 
stata 
imposta 
dalle 
"modifiche 
introdotte 
e, 
in 
particolare 
dell'estensione 
del 
comportamento 
omissivo non pi� alle 
sole 
ritenute 
"certificate" 
ma 
anche 
a 
quelle 
"dovute" 
sulla 
base 
della 
dichiarazione 
annuale 
del 
sostituto 
d'imposta", 
una 
tale 
precisazione 
finendo 
quanto 
meno per neutralizzare 
la 
possibile 
portata 
del 
riferimento all'esigenza 
di 
"chiarimento" 
nel 
senso della natura mera interpretativa del nuovo testo. 


6.1. Soccorre, del 
resto, sul 
punto, quanto affermato dalla 
Corte 
Costituzionale 
con riferimento 
al 
fatto 
che 
l'essenza 
di 
una 
norma 
interpretativa 
deve 
essere 
quella 
di 
imporre 
per 
legge 
una 
scelta 
nell'interpretazione 
di 
una 
norma 
che 
"rientri 
tra 
le 
possibili 
varianti 
di 
senso 
del 
testo 
originario, 
con 
ci� 
vincolando 
un 
significato 
ascrivibile 
alla 
norma 
anteriore" 
(Corte 
cost. n. 525 del 
2000). Sempre 
il 
giudice 
delle 
leggi 
ha 
poi 
chiarito che 
"va 
riconosciuto il 
carattere 
interpretativo ad una 
legge, la 
quale, fermo restando il 
testo della 
norma 
interpretata, 
ne 
chiarisca 
il 
significato 
normativo 
e 
privilegi 
una 
delle 
tante 
interpretazioni 
possibili, 
di 
guisa 
che 
il 
contenuto 
precettivo 
sia 
espresso 
dalla 
coesistenza 
di 
due 
norme, 
quella 
precedente 
e 
quella 
successiva, che 
ne 
esplica 
il 
significato e 
che 
rimangono entrambe 
in vigore" 
(Corte 
cost. n. 455 del 
1992) e, in altra 
decisione, ha 
chiarito essere 
necessario che 
"la 
scelta 
ermeneutica 
imposta 
dalla 
legge 
interpretativa 
rientri 
fra 
una 
delle 
possibili 
varianti 
di 
senso del 
testo 
interpretato, 
cio� 
stabilisca 
un 
significato 
che 
ragionevolmente 
poteva 
essere 
ascritto 
alla legge anteriore" (Corte cost. n. 480 del 1992). 
Ora, 
come 
appena 
evidenziato 
sopra, 
la 
diversit� 
strutturale 
e 
funzionale 
dei 
due 
documenti 
impedisce 
che, 
nel 
testo 
anteriore 
della 
norma, 
potesse 
rinvenirsi 
il 
significato 
oggetto 
del 
"chiarimento" attuato con la nuova formulazione. 


N� 
pu� trascurarsi 
che 
uno dei 
limiti 
all'adozione 
di 
norme 
interpretative 
� 
da 
ravvisarsi 
proprio nella 
materia 
penale 
(Corte 
cost. n. 525 del 
2000, n. 311 del 
1995 e 
n. 397 del 
1994). 


6.2. Ne 
deriva 
il 
dato della 
portata 
innovativa 
della 
modifica 
legislativa, allo stesso tempo 
di 
indiretta 
"conferma" 
dell'indirizzo maggioritario della 
Corte, che 
esclude 
qualunque 
possibilit� 
di 
sua 
applicazione 
retroattiva 
in ossequio all'art. 2 c.p. e 
art. 25 Cost., con la 
conseguenza 
che 
il 
contrasto devoluto a 
queste 
Sezioni 
Unite, riguardante 
un'omissione 
realizzata 
nell'anno 2011, deve essere sciolto unicamente sulla base del dato previgente. 
Allo stesso tempo, e 
per le 
stesse 
ragioni, diviene 
irrilevante, nella 
specie, ogni 
possibile 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
o 
di 
violazione 
del 
divieto 
di 
bis 
in 
idem, 
pur 
prospettate 
da attenta dottrina a seguito dell'analisi del nuovo testo. 


va 
solo ricordato che, quanto al 
primo punto, si 
� 
dubitato della 
conformit� 
del 
D.lgs. n. 
158 
del 
2015, 
art. 
7, 
cit. 
(modificativo 
appunto 
dell'art. 
10-bis 
cit.) 
ai 
criteri 
direttivi 
della 
legge 
delega 
con 
conseguente 
possibile 
attrito 
rispetto 
all'art. 
76 
Cost. 
posto 
che 
la 
l. 
11 
marzo 
2014, n. 23, art. 8 (di 
delega 
di 
riforma 
del 
sistema 
tributario), con riferimento alle 
fattispecie 
meno 
gravi 
(cui 
viene 
ricondotta 
l'omissione 
in 
questione), 
prevedeva 
solo 
ed 
esclusivamente 
di 
ridurre 
le 
sanzioni 
o di 
applicare 
sanzioni 
amministrative 
e 
non autorizzava 
il 
Governo in 
alcun 
modo 
ad 
estendere 
la 
portata 
dell'incriminazione 
attraverso 
la 
previsione 
di 
una 
condotta 
in precedenza penalmente irrilevante. 


Quanto 
poi 
al 
secondo 
punto, 
a 
fronte 
della 
precisazione 
gi� 
operata 
dalle 
Sez. 
U. 
n. 
37425/2013, Favellato, cit. con riguardo all'elemento di 
differenziazione 
tra 
illecito amministrativo 
e 
reato tributario rappresentato dal 
rilascio al 
sostituito della 
certificazione 
delle 
rite



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


nute, previsto solo in quest'ultimo, si 
� 
posto in rilievo come, venendo ora 
sanzionato penalmente 
l'omesso 
versamento 
di 
ritenute 
anche 
solo 
risultanti 
dalla 
dichiarazione, 
la 
distinzione 
in oggetto rischi 
di 
venire 
quanto meno offuscata 
se 
non vanificata 
con conseguente 
sovrapposizione 
tra loro delle fattispecie penale ed amministrativa. 


E 
tutto ci� a 
prescindere 
dai 
non trascurabili 
aspetti 
critici 
che 
la 
novazione 
legislativa 
appare 
avere 
comportato, primo fra 
tutti 
il 
fatto che 
le 
ritenute 
risultanti 
dalla 
certificazione 
potrebbero 
anche, 
nella 
variegata 
realt� 
dei 
casi, 
non 
coincidere 
con 
quelle 
riportate 
in 
dichiarazione 
(il 
legislatore 
parrebbe 
invece 
muovere 
dal 
presupposto in senso contrario), s� 
che 
l'interprete, a 
fronte 
della 
equipollenza, oggi 
posta 
dalla 
norma, dell'una 
e 
dell'altra 
documentazione, 
resterebbe 
libero 
di 
propendere 
per 
la 
prima 
ovvero 
per 
la 
seconda 
pur 
in 
presenza 
della 
possibile 
differenza 
di 
importi 
tanto pi� rilevante 
attesa 
la 
previsione 
della 
soglia 
di 
punibilit� 
contemplata dalla disposizione in esame. 


7. 
In 
definitiva, 
dunque, 
va 
affermato 
il 
seguente 
principio: 
"con 
riferimento 
all'art. 
10-bis 
nella 
formulazione 
anteriore 
alle 
modifiche 
apportate 
dal 
D.lgs. 
n. 
158 
del 
2015, 
la 
dichiarazione 
modello 
770 
proveniente 
dal 
sostituto 
di 
imposta 
non 
pu� 
essere 
ritenuta 
di 
per 
s� 
sola 
sufficiente 
ad 
integrare 
la 
prova 
della 
avvenuta 
consegna 
al 
sostituito 
della 
certificazione 
fiscale". 
8. tenuto dunque conto di tale principio, la sentenza impugnata deve essere annullata. 
Premesso 
che 
il 
terzo 
motivo, 
in 
realt� 
avente 
carattere 
logicamente 
pregiudiziale, 
� 
manifestamente 
infondato 
assumendosi, 
pur 
a 
fronte 
dell'incontestata 
omissione 
del 
versamento 
e 
della 
altrettanto 
incontestata 
provenienza 
dall'imputato, 
rappresentante 
legale 
della 
"MrC 
S.r.l.", 
della 
dichiarazione 
modello 
770, 
che 
la 
sentenza 
non 
avrebbe 
indicato 
gli 
elementi 
di 
responsabilit�, 
sono 
invece 
fondati 
i 
primi 
due 
motivi 
di 
ricorso, 
tra 
loro 
strettamente 
connessi. 


la 
Corte 
dorica, infatti, ha 
desunto dalla 
dichiarazione 
suddetta 
il 
solo elemento sulla 
cui 
base 
ritenere 
dimostrato il 
rilascio delle 
certificazioni 
a 
fronte 
del 
silenzio serbato sul 
punto 
dall'imputato, in tal 
modo ponendosi 
in contrasto con il 
principio sopra 
enunciato e 
non considerando 
che � onere del pubblico ministero provare il rilascio delle predette certificazioni. 


Si 
impone 
pertanto 
l'annullamento 
della 
sentenza 
con 
rinvio 
alla 
Corte 
d'Appello 
di 
Perugia 
che 
proceder� 
a 
nuovo giudizio nell'osservanza 
dei 
criteri 
di 
valutazione 
probatoria 
posti 
da 
questa Corte. 


P.Q.M. 
Annulla 
la 
sentenza 
impugnata 
e 
rinvia 
per nuovo giudizio alla 
Corte 
d'appello di 
Perugia. 
Cos� deciso in roma, il 22 marzo 2018. 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


Le Sezioni Unite della Cassazione penale tra �abnormit�� 
delle situazioni processuali e diritto di difesa (brevi 
considerazioni sulla sentenza n. 40984 del 2018) 


Federico Casu* 

soMMaRio: 1. introduzione 
- 2. l�abnormit� fra dottrina e 
giurisprudenza - 2.1 
(segue): 
ulteriori 
considerazioni 
sulla 
figura 
dell�abnormit� 
-2.2 
(segue): 
la 
natura 
dell�atto 
abnorme 


- 3. la sentenza ss.UU. n. 40984 del 2018. 
1. introduzione. 
Con 
la 
pronuncia 
in 
commento 
le 
Sezioni 
Unite 
sono 
tornate 
ad 
occuparsi 
della 
categoria 
giuridica 
dell�abnormit� 
(1), con particolare 
riferimento ai 
poteri 
del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
a 
fronte 
di 
una 
richiesta 
di 
archiviazione 
formulata 
dal 
pubblico ministero e 
alla 
sussistenza 
o meno, in capo 
alla 
persona 
indagata, 
del 
diritto 
di 
attivare 
il 
rimedio 
impugnatorio 
contro 
l�ordinanza del giudice ritenuta, giustappunto, abnorme. 


In 
proposito 
� 
fin 
troppo 
nota, 
in 
letteratura 
e 
in 
giurisprudenza, 
la 
delicatezza 
di 
questa 
particolare 
fase 
del 
procedimento 
penale 
(2), 
ove 
la 
presenza 
di 
un�autorit� 
terza 
e 
imparziale, 
qual 
� 
il 
g.i.p., 
� 
funzionale 
a 
garantire 
e 
a 
stimolare 
l�attuazione 
del 
principio 
costituzionale 
dell�obbligatoriet�, 
per 
il 
p.m., 
dell�azione 
penale 
(art. 
112 
Cost.) 
(3). 
Ed 
� 
altrettanto 
noto 
come 
il 
ricorso, 
in 


(*) viceprefetto. 


(1) Il 
tema 
dell�abnormit�, in diritto processuale 
penale, � 
vastissimo. Ampi 
riferimenti 
bibliografici 
in BEllOCChI 
A., voce 
�abnormit�� 
(dir. proc. pen.), in Digesto discipline 
penalistiche, anno di 
pubblicazione 
2008; 
BEllOCChI 
A., l�atto abnorme 
nel 
processo penale, Utet, torino, 2011; 
CAtAlANO 
E.M., l�abnormit� tra crisi 
della legalit� e 
crisi 
della Cassazione, l�indice 
penale, Anno II 
-n. 1, Gennaio-
Aprile 2016, Dike giuridica, roma, pp. 113-138. 
Nella 
manualistica 
contemporanea 
il 
tema 
� 
accennato nella 
parte 
relativa 
all�invalidit� 
degli 
atti 
e 
alle 
impugnazioni: 
cfr. GArOFOlI 
v., Diritto processuale 
penale, II ed., Giuffr�, Milano, 2012, pp. 188-196 
e 489-497, 516-526; 
tONINI 
P., Manuale di procedura penale, Giuffre, Milano, pp. 222 ss. e 975 ss. 
Ed 
ancora, 
in 
CONSO 
G. 
e 
GrEvI 
v., 
Compendio 
di 
procedura 
penale 
(a 
cura 
di 
MArtA 
BArGIS), 
CEDAM, 
Milano, 2018, si 
vedano le 
parti 
dedicate 
agli 
atti, pp. 284-287, di 
vOENA 
G.P. 
e 
alle 
impugnazioni, pp. 
859-861, di BArGIS 
M. 
Nel 
manuale 
collettaneo Diritto processuale 
penale 
di 
SIrACUSANO 
D., GAlAtI 
A., trANChINA 
G., zAP-
PAl� 
E. 
(a 
cura 
di 
DI 
ChIArA 
G., 
PAtAN� 
v., 
SIrACUSANO 
F.), 
Giuffr�, 
Milano, 
2018, 
si 
veda 
la 
parte 
sulle 
impugnazioni 
(curata da GAlAtI 
A., zAPPAl� 
E., PAtAN� 
v., SIrACUSANO 
F.), pp. 777 ss. 
(2) Anche 
per ulteriori 
e 
ampi 
riferimenti 
bibliografici 
cfr. BrESCIANI 
l., voce 
�giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari�, in Digesto discipline 
penalistiche, anno di 
pubblicazione 
1991. Nella 
manualistica 
contemporanea 
cfr. GIUlIANI 
l., indagini 
preliminari 
e 
udienza preliminare, in CONSO 
G. 
e 
GrEvI 
v., 
Compendio di 
procedura penale, cit., pp. 588-611; 
SIrACUSANO 
D., GAlAtI 
A., trANChINA 
G., zAPPAl� 
E., 
DI 
ChIArA 
G., 
PAtAN� 
v., 
le 
indagini 
preliminari 
e 
l�udienza 
preliminare, 
in 
SIrACUSANO 
D., 
GAlAtI 
A., trANChINA 
G., zAPPAl� 
E., Diritto processuale 
penale, cit., pp. 546 ss.; 
rUGGErI 
F., 
Diritto processuale 
e pratiche criminali, zanichelli, Bologna, 2018, pp. 201-209. 
(3) D�ElIA 
G., Commento all�art. 112 della Costituzione, in Commentario della Costituzione, a 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


questa 
fase, 
da 
parte 
della 
Cassazione, 
alla 
categoria 
dell�abnormit� 
sia 
servita 
da 
argine 
per 
evitare 
che 
il 
g.i.p. 
debordasse 
dalle 
sue 
prerogative 
per 
incidere 
su 
quelle 
del 
p.m. 
e, 
cos� 
facendo, 
consentire 
a 
tendenze 
di 
tipo 
inquisitorio 
di 
snaturare 
l�impianto 
accusatorio 
del 
Codice 
di 
procedura 
del 
1988. 


Con riserva 
di 
analizzare 
in seguito il 
percorso argomentativo della 
Cassazione 
- invertendo i 
tradizionali 
canoni 
di 
un commento a 
sentenza 
- � 
utile 
evidenziare 
sin 
d�ora 
che 
i 
giudici 
di 
Piazza 
Cavour 
hanno 
riconosciuto 
all�indagato 
il 
diritto di 
impugnare 
per abnormit� 
l�ordinanza 
con la 
quale 
il 
g.i.p. 
chiede 
al 
p.m. di 
formulare 
l�imputazione 
ex 
art. 409, comma 
5, c.p.p. per un 
reato diverso da 
quello oggetto della 
richiesta 
di 
archiviazione. In particolare, 
la 
Cassazione 
evidenzia 
come 
sia 
condivisibile 
�.. quella dottrina orientata a 
ritenere 
che 
�sulla scena dell�art. 409, comma 5, cod. proc. pen., si 
profila un 
terzo principio costituzionale: il 
diritto di 
difesa. in questo terreno di 
incontro/
scontro 
tra 
principi 
costituzionali, 
l�unico 
potere 
di 
intervento 
modificativo 
dell�imputazione 
che 
la giurisprudenza sembra lasciare 
in capo al 
giudice 
� 
costituito 
dalla 
possibilit� 
di 
riqualificazione 
del 
fatto, 
che 
del 
resto, 
costituendo 
corretta 
applicazione 
della 
legge, 
ius 
dicere 
e, 
pertanto, 
attuazione 
del 
principio di legalit�, si deve estendere a tutte le fasi del processo��. 


verrebbe, tuttavia, da 
chiedersi 
fino a 
che 
punto quest�ulteriore 
apertura 
garantista 
della 
Cassazione 
sia 
-non 
importa 
se 
intenzionalmente 
o 
meno 
fine 
a 
se 
stessa 
oppure 
funzionale 
e 
coerente 
alla 
ratio 
dell�abnormit� 
che, nel 
tempo, � 
divenuta 
la 
chiave 
di 
volta 
di 
un complesso sistema 
di 
istituti 
di 
cui 
l�ordinamento 
(specie 
nel 
settore 
processuale 
penale) 
si 
serve 
per 
difendere 
ed affermare la propria intrinseca, oggettiva, strutturale razionalit�. 


2. l�abnormit� fra dottrina e giurisprudenza. 
Una 
prima 
compiuta 
elaborazione 
dottrinale 
e 
giurisprudenziale 
dell�abnormit� 
nel 
processo 
penale 
si 
deve 
ad 
Ugo 
Aloisi 
che 
a 
partire 
dagli 
anni 
�30, 
come 
studioso 
e 
presidente 
di 
Sezione 
della 
Corte 
di 
Cassazione, 
deline� 
i 
tratti 
caratteristici 
di 
questa 
figura, nel 
cui 
ambito sarebbero dovuti 
confluire 
tutti 
quegli 
atti 
strutturalmente 
e 
funzionalmente 
anomali 
verso 
i 
quali 
sarebbe 
stato possibile 
ricorrere 
al 
di 
l� 
dei 
tradizionali 
mezzi 
di 
impugnazione 
tassativamente 
individuati 
dall�ordinamento. Interessanti, al 
riguardo, le 
considerazioni 
tratte dal libro III del suo Manuale pratico di procedura penale: 


�trattasi, in sintesi, del 
sindacato che 
ai 
giudici 
dell�impugnazione 
pu� 
essere 
attribuito 
non 
soltanto 
sulle 
sentenze 
che 
presentino 
un 
vizio 
fondamentale 
di 
forma ma anche 
su ogni 
altra sentenza, la quale, pur 
dovendosi 
a 


cura 
di 
rAFFAElE 
BIFUlCO, AlFONSO 
CElOttO, MArCO 
OlIvEttI, Utet, torino, 2008, III, pp. 2127 ss.; 
NEPPI 
MODONA 
G., Commento agli 
articoli 
112 e 
117, 4� 
comma, della Costituzione, in Commentario 
della 
Costituzione 
(diretto 
da 
GIUSEPPE 
BrANCA), 
zanichelli 
(Bologna) 
-Soc. 
Ed. 
del 
Foro 
Italiano 
(roma), 1987, pp. 39-85. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


rigore 
considerare 
come 
non 
impugnabile 
secondo 
le 
norme 
dettate 
dalla 
legge 
per 
le 
impugnazioni 
dei 
provvedimenti 
dei 
giudici, tuttavia presenti 
tali 
vizi 
in 
procedendo 
da 
renderla 
non 
soltanto 
manifestamente 
illegale 
ma 
altres� 
manifestamente 
incompatibile 
col 
nostro ordinamento giuridico; onde 
si 
impone 
che 
un 
giudice 
superiore 
la 
ponga 
nel 
nulla..�. 
Ed 
ancora: 
�Colle 
norme 
dettate 
sia 
per 
l�appello 
che 
per 
il 
ricorso 
in 
cassazione, 
il 
legislatore 
ha 
inteso 
riferirsi 
soltanto 
a 
determinati 
schemi 
di 
sentenze, 
rientranti 
normalmente 
nella potest� del 
giudice 
decidente 
e 
che 
per 
il 
loro pi� frequente 
ricorso in 
pratica o per 
altra particolare 
ragione 
era opportuno, a suo giudizio, di 
prevedere 
e 
sancire 
la possibilit� di 
deferire 
le 
sentenze 
dei 
giudici 
di 
un determinato 
grado 
al 
sindacato 
del 
giudice 
superiore. 
Non 
poteva, 
viceversa, 
il 
legislatore 
medesimo 
prendere 
in 
considerazione 
quelle 
altre 
sentenze 
che 
per 
il 
loro 
contenuto 
assolutamente 
abnorme� 
non 
era 
agevole 
prevedere 
e 
tanto 
meno sarebbe 
stato possibile 
contenere 
in schemi 
legislativi 
determinabili 
a 
priori. Codeste 
sentenze 
non possono in verun caso contenere 
diritto di 
cittadinanza 
nel 
nostro 
ordinamento 
giuridico, 
ma 
debbono 
essere 
assoggettate 
agli 
ordinari 
controlli 
giurisdizionali 
alfine 
di 
essere 
poste 
nel 
nulla, 
come 
meritano. 
Nella 
pratica 
il 
sindacato 
di 
cui 
� 
cenno 
� 
stato 
finora 
esercitato 
dalla 
corte 
di 
cassazione 
conformemente 
ai 
suoi 
compiti 
istituzionali; 
esso 
peraltro 
non 
costituisce 
una 
prerogativa 
della 
suprema 
magistratura 
dello 
stato; 
ma 
pu� 
e 
deve 
essere 
esercitato 
da 
qualsiasi 
giudice 
dell�impugnazione 
cos� richiedendo elementari esigenze di giustizia� 
(4). 


E 
invece 
detta 
prerogativa 
rimase 
e 
rimane, tuttora, in capo alla 
Cassazione 
in 
un 
sistema 
processuale 
penale 
ben 
attestato 
sul 
principio 
dell�atipicit� 
del ricorso avverso provvedimenti abnormi. 


In 
proposito, 
la 
relazione 
al 
progetto 
preliminare 
del 
Codice 
di 
procedura 
penale dell�88, nella parte dedicata alle impugnazioni, evidenzia come: 


�.. sia rimasta esclusa [dalle 
disposizioni 
del 
Codice] l�espressa previsione 
dell�impugnazione 
dei 
provvedimenti 
abnormi, attesa la rilevante 
difficolt� 
di 
una 
possibile 
tipizzazione 
e 
la 
necessit� 
di 
lasciare 
sempre 
alla 
giurisprudenza di 
rilevarne 
l�esistenza e 
di 
fissarne 
le 
caratteristiche 
ai 
fini 
dell�impugnabilit�. se 
infatti, proprio per 
il 
principio di 
tassativit�, dovrebbe 
essere 
esclusa ogni 
impugnazione 
non prevista, � 
vero pure 
che 
il 
generale 
rimedio 
del 
ricorso 
per 
cassazione 
consente 
comunque 
l�esperimento 
di 
un 
gravame 
atto 
a 
rimuovere 
un 
provvedimento 
non 
inquadrabile 
nel 
sistema 
processuale o adottato a fini diversi da quelli previsti dall�ordinamento�. 


Sul 
versante 
giurisprudenziale 
pu� 
essere 
interessante 
notare 
come 
le 
Sezioni 
Unite 
della 
Cassazione 
si 
siano pi� volte 
trovate 
davanti 
alla 
necessit� 


(4) 
AlOISI 
U., 
Manuale 
pratico 
di 
procedura 
penale. 
volume 
III. 
Delle 
impugnazioni 
-Disciplina 
generale 
-impugnazioni 
istruttorie 
-appello 
-Ricorso 
in 
Cassazione 
-Revisione, 
Giuffr�, 
Milano, 
1952, pp. 44, 46-47. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


di 
dover elaborare 
una 
definizione 
consolidata 
del 
concetto di 
abnormit� 
che, 
tuttavia, 
sembrerebbe 
non 
ancora 
giunta 
a 
compiuta 
maturazione 
in 
quanto 
sprovvista 
di 
puntuali 
criteri 
per 
stabilire, 
proprio 
nella 
pratica 
dell�attivit� 
processuale, quando un atto sia da considerarsi abnorme o meno. 


In 
altri 
termini, 
� 
come 
se 
la 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
invece 
di 
rinchiudere 
in 
uno 
spazio 
concettuale 
e 
giuridico 
definito 
atti 
da 
considerarsi 
abnormi, 
abbia 
privilegiato 
l�opzione 
di 
delineare, 
con 
una 
definizione 
molto 
ampia, 
i 
confini 
di 
uno 
spazio 
vuoto 
da 
riempire, 
poi, 
volta 
per 
volta 
e 
in 
via 
residuale. 


Un�analisi 
delle 
varie 
pronunce 
delle 
Sezioni 
Unite 
che 
si 
sono occupate 
di 
questo argomento (5) evidenzia, infatti, una 
graduale 
estensione 
della 
nozione 
di 
atto abnorme 
- anche 
sulla 
scorta 
dei 
contributi 
nel 
frattempo forniti 
dalle 
varie 
Sezioni 
penali 
della 
Corte 
- e 
il 
tentativo di 
consolidarla 
nell�alveo 
di un canone condiviso. 


la fasi di questo processo sono tre. 


la 
prima 
� 
rappresentata 
dall�ordinanza 
delle 
Sezioni 
Unite 
del 
26 aprile 
1989, 
pres. 
zucconi 
Galli 
Fonseca, 
rel. 
teresi 
(6), 
secondo 
cui 
gli 
atti 
abnormi 
sono: 


�.. quelli 
affetti 
da vizi 
�in procedendo o in iudicando� cos� 
radicali, e 
al 
tempo stesso cos� 
imprevedibili, da non poterli 
inquadrare 
in alcun schema 
legale�. 


(5) Sezioni 
Unite 
penali: 
ordinanza 
del 
26 aprile 
1989, pres. zucconi 
Galli 
Fonseca, rel., teresi; 
sent. 
n. 
19 
del 
18 
giugno 
1993, 
pres. 
Brancaccio, 
rel. 
D�Urso; 
sent. 
n. 
8 
del 
24 
marzo 
1995, 
pres. 
zucconi 
Galli 
Fonseca, rel. lattanzi; 
sent. n. 10 del 
9 luglio 1997, pres. Jacomini, rel. Silvestri; 
sent. n. 11 del 
9 
luglio 1997, pres. Jacomini, rel 
Silvestri; 
sent. n. 17 del 
10 dicembre 
1997, pres. Scorzelli, rel. Di 
Noto; 
ordinanza 
n. 26 del 
24 novembre 
1999 (dep. il 
26 gennaio 2000), pres. viola, rel. losapio; 
sentenza 
n. 
25 del 
24 novembre 
1999 (dep. il 
6 dicembre 
1999), pres. viola, rel. Canzio; 
sent. 33 del 
22 novembre 
2000 (dep. il 
13 dicembre 
2000), pres. vessia, rel. Nappi; 
sentenza 
n. 34 del 
22 novembre 
2000 (dep. il 
15 gennaio 2001), pres. vessia, rel. Marrone; 
sentenza 
n. 4 del 
31 gennaio 2001 (dep. in data 
8 febbraio 
2001), pres. vessia, rel. Canzio; 
sentenza 
n. 34536 del 
11 luglio 2001 (dep. il 
24 settembre 
2001), pres. 
vessia, rel. Marrone; 
sentenza 
n. 28807 del 
29 maggio 2002 (dep. il 
26 luglio 2002), pres. Marvulli, rel. 
lattanzi; 
sent. n. 19289 del 
25 febbraio 2004 (dep. il 
23 aprile 
2004), pres. Marvulli, rel. Gironi; 
sent. 
n. 25957 del 
26 marzo 2009 (dep. il 
22 giugno 2009), pres. Gemelli, rel. Galbiati; 
sent. n. 22909 del 
17 
giugno 2005, pres. Marvulli, rel. Carmenini; 
sent. n. 4319 del 
28 novembre 
2013 (dep. il 
30 gennaio 
2014), pres. Santacroce, rel. lombardi. 
Queste 
pronunce 
si 
sono concentrate 
su una 
articolata 
tipologia 
di 
provvedimenti 
adottati 
dai 
giudici 
e 
riguardanti 
l�archiviazione 
di 
procedimenti, 
decreti 
di 
citazione 
diretta 
a 
giudizio, 
il 
potere 
di 
cestinazione 
del 
p.m. delle 
c.d. �pseudonotizie�, citazioni 
di 
testimoni 
di 
parte 
e 
ordini 
del 
g.i.p. al 
p.m. di 
prosecuzione 
delle indagini o di formulazione dell�imputazione. 
(6) 
l�ordinanza, 
importante 
perch� 
riguardava 
un 
procedimento 
a 
carico 
dell�on. 
Giovanni 
Goria, 
gi� 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
per 
reati 
ministeriali, 
nell�ambito 
della 
nuova 
disciplina 
in 
materia 
a 
seguito 
della 
legge 
costituzionale 
n. 
1 
del 
1989, 
fu 
commentata 
�a 
caldo�, 
tra 
gli 
altri, 
da 
rOMEO 
G., Quale 
giudice 
per 
i 
politici?, in la giustizia penale 
(parte 
terza: 
Procedura 
Penale), roma, 
pp. 742-746; 
SAU 
S., sulla nuova disciplina dei 
procedimenti 
in materia di 
reati 
ministeriali, in Rivista 
italiana di Diritto e procedura penale, fasc. 2 (aprile-giugno 1990), Giuffr�, Milano, 748-759. 
� stato possibile 
reperire 
e 
consultare 
il 
testo integrale 
dell�ordinanza attraverso i 
Servizi 
bibliotecari 
della Biblioteca del 
Ministero dell�Interno e 
della Biblioteca Centrale 
Giuridica del 
Ministero della 
Giustizia, che si ringraziano. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


Questa 
definizione, 
in 
s� 
molto 
generica, 
viene 
successivamente 
arricchita 
(seconda 
fase) da 
SS.UU. Cass. pen., n. 11 del 
9 luglio 1997, pres. Jacomini, 
rel. Silvestri: 


�in mancanza di 
una definizione 
legislativa, la giurisprudenza di 
questa 
Corte 
ha 
configurato 
il 
paradigma 
del 
provvedimento 
abnorme 
ponendo 
in 
risalto 
i 
caratteri 
salienti 
nel 
fatto 
che 
esso 
si 
discosta 
e 
diverge 
non 
solo 
dalla 
previsione 
di 
determinate 
norme 
ma anche 
dall�intero sistema organico della 
legge 
processuale, tanto da porsi 
come 
atto insuscettibile 
di 
ogni 
inquadramento 
normativo e 
da risultare 
imprevisto e 
imprevedibile 
rispetto alla tipizzazione 
degli 
atti 
processuali 
compiuta 
dal 
legislatore� 
[� 
stato, 
peraltro,] 
precisato 
che 
� 
abnorme 
non 
solo 
il 
provvedimento 
che, 
per 
la 
sua 
singolarit�, 
non 
sia 
inquadrabile 
nell�ambito 
dell�ordinamento 
processuale, 
ma 
anche 
quello 
che, 
pur 
essendo 
in 
astratto 
manifestazione 
di 
legittimo 
potere, 
si 
esplichi 
al 
di 
fuori 
dei 
casi 
consentiti 
e 
delle 
ipotesi 
previste, al 
di 
l� di 
ogni 
ragionevole 
limite� 
Nella 
ricerca 
degli 
elementi 
qualificanti 
la 
figura 
del 
provvedimento 
abnorme 
� 
stato 
altres� 
stabilito 
che 
l�atto 
abnorme 
rappresenta 
un�evenienza del 
tutto eccezionale 
essendo emesso in assoluta carenza 
di 
potere, oltre 
che 
con radicale 
divergenza dagli 
schemi 
e 
dai 
principi 
ispiratori 
dell�ordinamento processuale�, e 
che 
l�abnormit� inerisce 
soltanto a 
quei 
provvedimenti 
che 
si 
presentano 
avulsi 
dagli 
schemi 
normativi 
e 
non 
anche 
a quelli 
che, pur 
essendo emessi 
in violazione 
di 
specifiche 
norme 
processuali, 
rientrano 
tra 
gli 
atti 
tipici 
dell�ufficio 
che 
li 
adotta�: 
inoltre, 
� 
stato 
posto 
in 
luce 
che 
l�abnormit� 
dell�atto 
processuale 
pu� 
riguardare 
tanto 
il 
profilo strutturale, allorch�, per 
la sua singolarit�, si 
pone 
fuori 
dal 
sistema 
organico 
della 
legge 
processuale, 
quanto 
il 
profilo funzionale, 
quando, 
pur 
non estraneo al 
sistema normativo, determina la stasi 
del 
processo e 
l�impossibilit� 
di 
proseguirlo� 
l�assenza di 
criteri 
omogenei 
e 
uniformi 
di 
identificazione 
dei 
caratteri 
distintivi 
del 
provvedimento abnorme 
ha contribuito ad 
una progressiva estensione 
di 
tale 
categoria alla quale 
la giurisprudenza di 
legittimit� ha fatto ricorso per 
rimuovere 
situazioni 
processuali 
�extra ordinem� 
- altrimenti 
non eliminabili 
- create 
da provvedimenti 
del 
giudice 
inficiati 
da 
anomalie 
genetiche 
o 
funzionali 
che 
ne 
impediscono 
l�inquadramento 
nei 
tipici 
schemi 
normativi 
e 
li 
rendono 
incompatibili 
con 
le 
linee 
fondanti 
del 
sistema processuale�. 


la 
terza 
fase, che 
evidenzia 
un ulteriore 
tentativo di 
sintesi, � 
rappresentata 
da 
SS.UU. 
Cass. 
pen. 
n. 
25957 
del 
26 
marzo 
2009 
(dep. 
il 
22 
giugno 
2009), pres. Gemelli, rel. Galbiati, secondo cui: 


�� 
� 
affetto da vizio di 
abnormit�, sotto un primo profilo, il 
provvedimento 
che, per 
singolarit� e 
stranezza del 
suo contenuto, risulti 
avulso dal-
l�intero ordinamento processuale, ovvero quello che, pur 
essendo in astratto 
manifestazione 
di 
legittimo potere, si 
esplichi 
al 
di 
fuori 
dei 
casi 
consentiti 
e 
delle 
ipotesi 
previste 
al 
di 
l� di 
ogni 
ragionevole 
limite. sotto altro profilo, si 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


� 
detto che 
l�abnormit� pu� discendere 
da ragioni 
di 
struttura allorch� 
l�atto 
si 
ponga al 
di 
fuori 
del 
sistema organico della legge 
processuale, ovvero pu� 
riguardare 
l�aspetto funzionale 
nel 
senso che 
l�atto stesso, pur 
non essendo 
estraneo 
al 
sistema 
normativo, 
determini 
la 
stasi 
del 
processo 
e 
l�impossibilit� 
di proseguirlo�. 


tuttavia, il 
canone 
cos� 
elaborato presenta 
tali 
e 
tanti 
contorni 
di 
incertezza 
da 
non essere 
comunque 
in grado di 
fornire 
univoci 
criteri, anche 
e 
soprattutto 
per 
consentire 
ai 
giudici 
della 
fase 
delle 
indagini 
preliminari 
o 
del 
processo di 
evitare, con valutazioni 
ex 
ante 
applicative 
del 
predetto canone, 
l�adozione 
di 
atti 
abnormi, limitando cos� 
al 
minimo i 
casi 
di 
ricorso in Cassazione 
in 
deroga 
al 
principio 
di 
tassativit� 
delle 
impugnazioni. 
Ed 
infatti, 
cosa 
vogliono 
significare 
in 
concreto 
�singolarit�� 
e 
�stranezza� 
del 
contenuto 
del 
provvedimento? 
E 
quandՏ 
che 
il 
contenuto di 
un provvedimento, pur essendo 
in astratto manifestazione 
di 
legittimo potere, si 
esplica 
�� 
al 
di 
fuori 
dei 
casi 
consentiti 
e 
delle 
ipotesi 
previste 
al 
di 
l� 
di 
ogni 
ragionevole 
limite� 
? 
Ed ancora, cosa 
significano le 
espressioni 
�ragioni 
di 
struttura� 
o �aspetto 
funzionale�, quest�ultima 
in relazione 
alla 
possibilit� 
che 
si 
determini 
la 
�.. 
stasi del processo e l�impossibilit� di proseguirlo� 
? 


2.1 (segue): 
ulteriori considerazioni sulla figura dell�abnormit�. 
rispetto 
alle 
argomentazioni 
della 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
si 
ha, 
dunque, l�impressione 
che 
il 
concetto di 
abnormit� 
possa 
essere 
meglio definito 
e 
compreso 
con 
un 
ragionamento 
a 
contrario, 
ovvero 
domandandosi 
quando un provvedimento non sia da considerarsi abnorme. 


Si 
pu�, allora, cominciare 
a 
dire 
che 
non � 
abnorme 
un atto di 
parte, ma 
solo del giudice: 


�e, 
in 
giurisprudenza, 
� 
consolidato 
il 
principio 
per 
cui 
gli 
atti 
di 
parte, 
quali 
quelli 
del 
p.M., 
non 
sono 
annoverabili 
nella 
categoria 
del 
provvedimento 
abnorme 
la 
quale 
comprende 
solo 
i 
provvedimenti 
aventi 
natura 
giurisdizionale 
e, 
quindi, 
i 
provvedimenti 
dotati 
di 
uno 
specifico 
contenuto 
giurisdizionale� 
la 
decisione 
contrastante 
con 
tale 
principio 
� 
quella 
riguardante 
il 
caso 
Cappelli 
(Cass., 
sez. 
Vi, 
sent. 
n. 
3583 
del 
10 
novembre 
1999), 
che 
riconnette 
l�intervento 
della 
Cassazione 
alla 
necessit� 
di 
ovviare 
alla 
elusione 
del 
principio 
della 
obbligatoriet� 
dell�azione 
penale 
(art. 
112 
Costit.) 
che 
consegue 
all�uso 
improprio 
del 
registro 
delle 
pseudonotizie 
da 
parte 
del 
p.M. 
quando 
(con 
atto 
perci� 
abnorme) 
archivia 
direttamente 
una 
notitia 
criminis. 


tesi 
non condivisibile, per�, perch� 
viola il 
principio fondante 
del 
processo 
penale 
per 
il 
quale 
tutto il 
sistema delle 
impugnazioni 
� 
imperniato sul 
controllo dei 
provvedimenti 
adottati 
dall�autorit� giudiziaria (e 
aventi 
contenuto 
giurisdizionale). le 
decisioni 
e 
gli 
atti 
delle 
parti 
(pubbliche 
o private) 
assumono rilievo solo se 
e 
quando filtrate 
dal 
provvedimento del 
giudice. Di 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


tal 
che 
non 
� 
configurabile 
l�abnormit� 
degli 
atti 
e 
dei 
provvedimenti 
delle 
parti processuali� 
(7). 


tanto 
meno 
pu� 
ricondursi 
alla 
categoria 
dell�abnormit� 
il 
provvedimento 


c.d. �inesistente�, ovvero quell�atto che, per le 
sue 
gravi 
anomalie 
strutturali, 
� 
inidoneo 
a 
produrre 
effetti 
e 
a 
conseguire 
un 
qualsiasi 
riconoscimento 
da 
parte 
dell�ordinamento ed � 
insuscettibile 
di 
passare 
in giudicato, con la 
conseguenza 
che la sentenza la quale: 
�� 
accerti 
le 
condizioni 
per 
emettere 
tale 
pronuncia, 
a 
differenza 
di 
quella che 
rilevi 
la presenza di 
nullit� assolute, ha carattere 
meramente 
dichiarativo� 
(8). 


N� 
pu� 
essere 
considerato 
abnorme 
il 
provvedimento 
del 
giudice 
che 
abbia 
usurpato 
attribuzioni 
del 
potere 
legislativo 
o 
amministrativo, 
ovvero 
una potest� non riconosciuta ai pubblici poteri perch�, ad esempio, riservata 
esclusivamente 
alla 
sfera 
dell�autonomia 
e 
della 
libert� 
private: 
in 
questo 
caso, 
infatti, 
esso 
potr� 
essere 
impugnato 
in 
Cassazione 
ai 
sensi 
dell�art. 
606, 
comma 
1, 
lett. 
a, 
c.p.p.). 
Stesso 
discorso 
pu� 
essere 
fatto 
per 
quei 
provvedimenti 
inosservanti 
norme 
processuali 
stabilite 
a 
pena 
di 
nullit� 
(art. 
606, 
comma 
1, 
lett. 
c) 
c.p.p.). 


Dall�area 
dell�abnormit� 
vanno, altres�, escluse 
le 
ordinanze 
emesse 
nel 
corso del 
dibattimento e 
per le 
quali 
� 
stabilito il 
principio della 
loro impugnabilit� 
congiuntamente 
alla 
conseguente 
relativa 
sentenza 
(art. 586 c.p.p.), 
salvo, ovviamente, quelle 
ordinanze 
sulla 
libert� 
personale 
immediatamente 
ricorribili 
in Cassazione 
quando non altrimenti 
impugnabili 
(ex 
art. 568 c.p.p. 
e art. 111 Cost.). 


Da 
questa 
breve 
ricognizione 
�, 
dunque, 
possibile 
sostenere 
che 
l�atto 
abnorme, 
nell�ambito di 
un procedimento penale, si 
configura 
come 
provvedimento 
atipico del 
giudice 
in grado di 
produrre 
effetti 
giuridici 
e 
suscettibile 
di 
passare in giudicato. 


tuttavia, non tutti 
i 
provvedimenti 
atipici 
sono abnormi, ma 
solamente 
quelli 
i 
cui 
effetti 
risultino distonici 
rispetto alla 
ratio 
del 
sistema 
processuale 
penale 
e 
che 
l�ordinamento non � 
in grado di 
prevedere 
a priori 
e 
di 
fronteggiare 
con i normali rimedi previsti dalla legge. 


In altri 
termini, sembrerebbe 
che 
nella 
trama 
del 
Codice 
di 
procedura 
penale 
sia 
presente 
uno spazio non definito e 
non definibile 
in cui 
residuino in 
capo al 
giudice 
poteri 
�atipici� 
che 
il 
giudice 
stesso pu� s� 
esercitare, ma 
in 


(7) 
Cassazione 
penale, 
SS.UU. 
n. 
34536 
del 
11 
luglio 
2001 
(dep. 
il 
24 
settembre 
2001), 
pres. 
vessia, 
rel. Marrone. 
(8) 
Cassazione 
penale, 
SS.UU. 
ordinanza 
del 
26 
aprile 
1989, 
pres. 
zucconi 
Galli 
Fonseca, 
rel. 
teresi, gi� 
citata 
alla 
nota 
6. Si 
veda, altres�, per il 
caso di 
una 
sentenza 
emessa 
dopo il 
decesso dell�imputato 
(si 
trattava 
di 
una 
sentenza, adottata 
da 
un tribunale, di 
non doversi 
procedere 
contro l�imputato, 
nel 
frattempo deceduto, per estinzione 
del 
reato per amnistia), Cassazione 
penale, SS.UU. sentenza 
n. 
3489 del 23 gennaio 1982 (dep. il 30 marzo 1982), pres. Mirabelli, rel. Piccininni. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


coerenza 
con i 
fini 
dell�ordinamento; 
solo se 
ci� non accade, l�atto � 
abnorme 
e rimuovibile attraverso il rimedio del ricorso in Cassazione. 


Ed � 
proprio su questo crinale 
che 
la 
Suprema 
Corte 
ha, di 
volta 
in volta, 
stabilito l�abnormit� 
o meno degli 
atti, pervenendo a 
soluzioni 
diverse, anche 
a 
fronte 
di 
casi 
simili, a 
seconda 
degli 
scopi 
perseguiti 
dai 
singoli 
provvedimenti 
in relazione ai fini generali dell�ordinamento. 


� 
il 
caso, 
ad 
esempio, 
di 
tutto 
quel 
filone 
giurisprudenziale 
riguardante 
le 
ordinanze 
atipiche 
adottate 
dai 
pretori 
con 
le 
quali 
veniva 
disposta 
la 
trasmissione 
degli 
atti 
al 
p.m. 
per 
la 
rinnovazione 
della 
citazione 
diretta 
a 
giudizio: 
esse, 
infatti, 
venivano 
considerate 
valide 
o 
abnormi 
a 
seconda, 
rispettivamente, 
che 
fossero 
riscontrate 
cause 
di 
nullit� 
della 
citazione 
prima 
della 
corretta 
instaurazione 
del 
giudizio 
(9) 
ovvero 
a 
giudizio 
instaurato. 


Per 
la 
Cassazione, 
infatti, 
solo 
in 
quest�ultimo 
caso 
una 
remissione 
degli 
atti 
al 
p.m. 
avrebbe 
comportato 
una 
irragionevole 
regressione 
del 
procedimento 
penale 
ad 
una 
fase 
precedente 
e 
una 
conseguente 
abnormit� 
dell�ordinanza, 
spettando 
quindi 
al 
pretore 
(e 
non 
al 
p.m.) 
provvedere 
alla 
rinnovazione 
della 
citazione; 
e 
ci� 
sulla 
base 
di 
un 
potere 
sostanzialmente 
atipico 
in 
capo 
al 
giudice 
ricavato 
da 
un�interpretazione 
estensiva 
dell�art. 
143 
delle 
disposizioni 
attuative, 
di 
coordinamento 
e 
transitorie 
del 
c.p.p. 
in 
base 
al 
quale 
�Negli 
atti 
preliminari 
al 
dibattimento, 
in 
tutti 
i 
casi 
in 
cui 
occorre, 
per 
qualunque 
motivo, 
rinnovare 
la 
citazione 
a 
giudizio 
o 
la 
relativa 
notificazione, 
vi 
provvede 
il 
presidente�. 


In proposito, pu� essere 
interessante 
ricordare 
che 
la 
Cassazione 
estese 
l�ambito 
di 
applicazione 
del 
citato 
art. 
143, 
ricomprendendovi 
anche 
il 
pretore, 
attraverso un�opera 
ermeneutica 
di 
tipo sistematico, riguardante 
i 
principi 
generali 
dell�ordinamento, 
rafforzata 
da 
un�interpretazione 
estensiva 
dell�art. 
549 c.p.p. (10): 


�� 
essendo 
l�art. 
143 
disp. 
att. 
espressione 
di 
principi 
sistematici 
immanenti 
nell�orditura 
strutturale 
della 
disciplina 
codicistica, 
il 
suo 
tratto 
normativo, 
ove 
attribuisce 
la 
competenza 
per 
il 
provvedimento 
de 
quo 
al 
giudice 
del 
giudizio, 
� 
da 
ritenere 
disposto 
attuativo 
di 
principio 
desunto 
dalla 
sistematica 
processuale, 
onde 
ne 
rinviene 
la 
sua 
generale 
applicabilit� 
nella 
fase 
del 
giudizio, 
indipendentemente 
dalla 
natura, 
collegiale 
o 
monocratica, 
del 
giudice, 
che 
deve 
trattarlo. 
Con 
ci� 
emergendo, 
gi� 
col 
solo 
ausilio 
degli 
accennati 
criteri 
ermeneutici, 
la 
ricomprensione, 
nella 
sfera 
di 
previsione 
della 
norma, 
delle 


(9) 
Quindi 
nel 
passaggio 
dalla 
fase 
delle 
indagini 
preliminari 
al 
giudizio, 
ovvero 
quando 
il 
giudice 
non era 
stato ancora 
formalmente 
investito: 
era 
il 
caso, ad esempio, di 
un decreto di 
citazione 
notificato 
all�imputato o al 
suo difensore 
in violazione 
del 
termine 
minimo di 
quarantacinque 
giorni 
tra 
la 
notificazione 
e 
il 
giudizio previsto dall�art. 555, terzo comma, c.p.p. nel 
testo ante 
riforma 
(del 
1999); 
detta 
violazione era considerata in grado di determinare un vulnus 
al diritto della difesa. 
(10) 
Nella 
sua 
formulazione 
originaria 
(ante 
riforma 
del 
�99) 
in 
base 
alla 
quale 
�Nel 
procedimento 
davanti 
al 
pretore, 
per 
tutto 
ci� 
che 
non 
� 
previsto 
nel 
presente 
libro 
o 
in 
altre 
disposizioni, 
si 
osservano 
le norme relative al procedimento davanti al tribunale, in quanto applicabili�. 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


omologhe 
ipotesi, 
pur 
verificabili 
nella 
fase 
giudiziale 
del 
procedimento 
davanti 
al 
pretore, 
rimane 
contemporaneamente 
dimostrata 
l�inevitabile 
confluenza 
del 
disposto 
di 
cui 
trattasi 
nel 
novero 
delle 
�norme 
relative 
al 
procedimento 
davanti 
al 
tribunale�, 
di 
cui 
l�art. 
549 
detta 
l�osservanza, 
in 
quanto 
applicabili, 
nel 
procedimento 
pretorile. 
Di 
guisa 
che 
� 
consentito 
approdare 
all�esito 
interpretativo, 
gi� 
raggiunto, 
sul 
piano 
del 
criterio 
sistematico-
strutturale, 
anche 
alla 
stregua 
di 
quanto 
espressamente 
sancito 
dalla 
norma 
appena 
ricordata. 
Non 
sembra, 
dunque, 
che 
possa 
fondatamente 
porsi 
in 
discussione 
l�incidenza 
del 
disposto 
in 
esame 
nel 
giudizio 
pretorile, 
derivandone 
l�indubitabile 
attribuzione 
al 
pretore 
della 
competenza 
a 
provvedere 
alla 
rinnovazione 
della 
citazione, 
�in 
tutti 
i 
casi, 
in 
cui 
occorre, 
per 
qualunque 
motivo� 
� 
(11). 


Ed ancora, la 
Cassazione 
stabil� 
fosse 
legittimo, da 
parte 
del 
pretore, restituire 
gli 
atti 
al 
p.m. per la 
rinnovazione, nei 
confronti 
dell�indagato, della 
citazione 
colpita 
ab origine 
(ovvero in una 
fase 
antecedente 
all�instaurazione 
del 
giudizio) da 
nullit� 
per mancata 
notifica, ma 
non anche 
nel 
caso analogo 
riguardante la persona offesa: 


�il 
Collegio ritiene 
che 
l�interpretazione 
logica e 
sistematica della normativa 
fornisca dati 
precisi 
e 
inequivoci 
in base 
ai 
quali 
deve 
escludersi 
che 
l�omessa 
notificazione 
della 
citazione 
alla 
persona 
offesa 
precluda 
la 
progressione 
alla fase 
del 
giudizio e 
possa costituire 
una legittima causa di 
regressione 
del procedimento alla fase anteriore� 
(12). 

2.2 (segue): 
la natura dell�atto abnorme. 
Gli 
esempi 
sintetizzati 
nel 
precedente 
paragrafo (13) evidenziano come 
la 
Corte 
di 
Cassazione, attraverso un�opera 
di 
interpretazione 
sistematica 
dei 
principi 
su cui 
poggia 
l�ordinamento processuale 
penale, abbia 
individuato in 
capo al 
giudice 
una 
sfera 
di 
poteri 
atipici 
suscettibili 
di 
produrre 
atti 
abnormi 
solo se esercitati in modo non conforme ai fini dell�ordinamento. 


Ma 
proprio 
l�analisi 
della 
casistica 
giurisprudenziale 
consente 
di 
superare 
quella 
definizione 
dell�abnormit� 
affinata 
nel 
tempo 
dalla 
Cassazione 
secondo 
quella 
linea 
temporale 
riassunta 
nel 
paragrafo 2 e 
che 
distingue 
un�abnormit� 
di tipo strutturale da una di tipo funzionale. 


In 
altri 
termini, 
al 
di 
l� 
delle 
definizioni, 
che 
rischiano 
di 
restare 
delle 
�scatole 
vuote�, sembrerebbe 
possibile 
sostenere 
che 
l�abnormit� 
non sia 
mai 
riconducibile 
ad un fenomeno di 
tipo strutturale, ovvero riguardante 
la 
forma 
e 
il 
contenuto dell�atto rispetto ai 
modelli 
precostituiti 
dal 
Codice, perch� 
se 


(11) Cassazione penale, SS.UU. n. 19 del 18 giugno 1993, pres. Brancaccio, rel. D�Urso. 
(12) Cassazione penale, SS.UU. n. 10 del 9 luglio 1997, pres. Jacomini, rel. Silvestri. 
(13) Ai 
quali 
se 
ne 
potrebbero aggiungere 
altri 
tratti 
da 
vicende 
processuali 
sulle 
quali 
le 
SS.UU. 
della 
Cassazione 
sono state 
chiamate 
ad intervenire, dalla 
ordinanza 
Goria 
del 
1989 sino alla 
pronuncia 
in commento. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


l�atto abnorme 
� 
comunque 
un atto atipico, non � 
poi 
sempre 
vero il 
contrario 
potendo esistere 
atti 
atipici 
non abnormi, se 
adottati 
non in contrasto con le 
finalit� dell�ordinamento. 


Dunque, 
l�atipicit� 
non 
� 
un 
requisito 
identificante 
dell�abnormit� 
che, 
viceversa, 
sembrerebbe 
essere 
sempre 
spiegabile 
in 
termini 
funzionali, 
non 
solamente, come 
sostiene 
la 
Cassazione, perch� 
e 
nella 
misura 
in cui 
il 
provvedimento 
abnorme 
pu� 
determinare 
una 
irragionevole 
stasi 
del 
procedimento 
e 
l�impossibilit� 
di 
proseguirlo (14), ma 
in quanto esso � 
sempre 
in contrasto 
-e 
proprio 
in 
questo 
senso 
manca 
di 
�funzionalit�� 
-con 
le 
finalit� 
del 
sistema 
cos� come ricavabili dai principi dell�ordinamento. 

Mutato 
il 
quadro 
prospettico, 
l�abnormit� 
di 
un 
atto 
non 
� 
determinata 
dalla 
sua 
atipicit� 
rispetto alle 
forme 
e 
ai 
contenuti 
dei 
modelli 
disciplinati 
dal 
Codice, 
ma 
dalla 
non 
conformit�, 
a 
prescindere 
dal 
suo 
essere 
atipico 
o 
meno, 
agli scopi del sistema. 


Questo significa 
che 
alla 
base 
del 
fenomeno dell�abnormit� 
vi 
� 
sempre 
un vizio di 
tipo funzionale 
molto simile 
a 
quello che 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
riconduce 
alla 
nozione 
di 
eccesso di 
potere 
nella 
forma 
dello �sviamento� 
(d�tournement de pouvoir). 


Pur 
con 
le 
dovute 
differenze 
con 
il 
diritto 
amministrativo, 
segnatamente 
per 
quanto 
concerne 
la 
categoria 
dell�invalidit� 
degli 
atti 
amministrativi 
e 
della 
loro 
tipicit� 
connessa 
al 
principio 
di 
legalit� 
e 
riserva 
di 
legge, 
la 
storia 
di 
questo 
particolare 
vizio 
pu� 
essere 
utile 
per 
fornire 
qualche 
ulteriore 
spunto 
di 
riflessione. 


l�eccesso di 
potere, infatti, nasce 
nella 
Francia 
repubblicana 
per indicare 
un�usurpazione 
del 
potere 
giudiziario rispetto alle 
attribuzioni 
del 
potere 
esecutivo, 
in un ordinamento ideologicamente 
caratterizzato dal 
principio della 
divisione 
dei 
poteri. In un secondo momento, questa 
figura 
si 
evolve 
sino a 
ricomprendere 
il 
fenomeno opposto (usurpazione 
di 
attribuzioni 
giudiziarie 
da 
parte 
del 
potere 
esecutivo) per poi 
designare 
il 
cattivo uso del 
potere 
da 
parte 
della Pubblica 
Amministrazione. 


Ed 
�, 
appunto, 
in 
questa 
accezione 
che 
il 
vizio 
dell�eccesso 
di 
potere 
transita 
dalla 
giurisprudenza 
francese 
a 
quella 
del 
nostro Consiglio di 
Stato, che 
lo 
arricchisce 
di 
nuovi 
significati 
con 
uno 
scopo 
preciso: 
ampliare 
l�ambito 
del 
sindacato 
giurisdizionale 
sugli 
atti 
amministrativi 
dall�area 
tipica 
delle 
violazioni 
di 
legge, 
a 
quella 
atipica 
dei 
motivi 
che 
hanno 
spinto 
la 
P.A. 
a 
distorcere 
l�esercizio di un potere attribuitole dalla legge (15). 


Oggi, mentre 
l�eccesso di 
potere 
nella 
forma 
dell�usurpazione 
� 
per gli 


(14) Circostanza 
(quella 
dell�impossibilit�) in teoria 
discutibile: 
infatti, nell�ipotesi 
(possibile 
in 
astratto) in cui 
le 
parti 
interessate 
e 
legittimate 
non attivassero il 
ricorso in Cassazione 
per abnormit�, il 
procedimento 
potrebbe 
regredire 
ad 
una 
fase 
precedente 
per 
poi 
proseguire 
normalmente 
verso 
l�instaurazione 
del giudizio e la decisione. 
(15) 
Sulla 
figura 
dell�eccesso 
di 
potere 
cfr. 
CASEttA 
E., 
Manuale 
di 
Diritto 
amministrativo 
(a 
cura 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


atti 
processuali 
penali 
e 
per i 
provvedimenti 
amministrativi, rispettivamente, 
transitata 
nell�alveo 
del 
tipico 
vizio 
del 
ricorso 
in 
Cassazione 
ex 
art. 
606, 
comma 
1, lett. a) e 
della 
nullit�, nella 
forma 
della 
mancanza 
di 
elementi 
essenziali 
o del 
difetto assoluto di 
attribuzione 
ex 
art. 21-septies 
della 
legge 
241 
del 
1990, 
una 
sorte 
in 
qualche 
modo 
simile 
sembrerebbe, 
invece, 
individuabile 
con riferimento all�eccesso di potere in termini di �sviamento�. 


Nel 
diritto amministrativo quest�ultimo - che 
si 
configura 
come 
vizio residuale, 
rispetto 
alle 
violazioni 
di 
legge, 
ivi 
comprese 
quelle 
sulla 
competenza 
-ha 
occupato, 
nel 
tempo, 
un 
ruolo 
di 
rilievo 
nell�ambito 
dell�invalidit� 
relativa 
(annullabilit�), riferita 
a 
provvedimenti 
suscettibili 
di 
assumere 
una 
stabilit� 
giuridica 
certa 
e 
definitiva 
a 
seguito del 
decorso dei 
termini 
di 
legge 
previsti 
per attivare il sindacato del giudice amministrativo. 


Anche 
nel 
diritto 
processuale 
penale, 
del 
resto, 
� 
accaduto 
qualcosa 
di 
simile 
per 
quanto 
concerne 
l�abnormit�, 
che, 
configurandosi 
come 
vizio 
residuale, 
rispetto ai 
casi 
di 
illegittimit� 
ordinariamente 
ricorribili 
in Cassazione, 
coinvolge 
atti 
comunque 
in grado di 
acquisire 
la 
forma 
del 
giudicato se 
non 
impugnati nei termini di legge. 


In 
ultima 
analisi, 
anche 
se 
la 
tematica 
meriterebbe 
pi� 
ampio 
sviluppo 
argomentativo, 
si 
pu� osservare 
che 
l�eccesso di 
potere, nella 
forma 
dello sviamento, 
ha 
finito 
per 
ampliare, 
sia 
nel 
diritto 
amministrativo 
che 
in 
quello 
processuale 
penale, 
la 
possibilit� 
del 
sindacato 
giurisdizionale 
a 
tutela 
dell�intrinseca 
razionalit� 
dell�ordinamento giuridico, ovvero della 
salvaguardia 
di 
quegli 
scopi 
ancorati 
alle 
ragioni 
ultime 
ideologicamente 
giustificanti 
l�esistenza 
stessa 
della 
comunit� 
statale, nell�attuale 
forma 
storicamente 
determinata 
(16); 
scopi 
che, 
nel 
presente 
assetto, 
non 
possono 
che 
ricondursi 
ai 
principi della Costituzione repubblicana. 


di 
FABrIzIO 
FrACChIA), Giuffr�, Milano, 2017, pp. 572-577; 
CErUllI 
IrEllI 
v., Corso di 
Diritto amministrativo, 
Giappichelli, torino, 2001, pp. 581-589; 
vIllAtA 
r., l�atto amministrativo, in Diritto amministrativo 
(a 
cura 
di 
l. MAzzArOllI 
- G. PErICU 
- A. rOMANO 
- F.A. MONACO 
- F.G. SCOCA), vol. II, 
Monduzzi 
ed., 1998, pp. 1472-1482; 
vIrGA 
P., Diritto amministrativo, vol. 2 atti 
e 
ricorsi, Giuffr�, Milano, 
2011, pp. 124-128. Per la 
manualistica 
classica 
cfr. GIANNINI 
M.S., Diritto amministrativo, vol. II 
(II 
edizione), 
Giuffr�, 
Milano, 
1988, 
pp. 
750-757; 
SANDUllI 
A.M., 
Diritto 
amministrativo, 
XIv 
edizione, 
vol. 1, Jovene 
editore, Napoli, 1984, pp. 677-682; 
zANOBINI 
G., Corso di 
diritto amministrativo, vol. I 
principi 
generali, 
Giuffr�, 
Milano, 
1950, 
pp. 
250-253 
e 
vol. 
II 
la 
giustizia 
amministrativa, 
Giuffr�, 
Milano, 1948, pp. 141-144. 


(16) 
Nel 
giudizio 
di 
legittimit� 
costituzionale 
possono 
essere 
rinvenute 
assonanze 
nel 
criterio 
della 
ragionevolezza/proporzionalit�, 
se 
solo 
si 
pensa 
che 
la 
Corte 
costituzionale 
si 
� 
spinta 
a 
considerare 
il 
sindacato di 
ragionevolezza 
come 
un sindacato sull�eccesso di 
potere 
legislativo: 
�perch� 
sia dunque 
possibile 
operare 
uno scrutinio che 
direttamente 
investa il 
merito delle 
scelte 
sanzionatorie 
operate 
dal 
legislatore, � 
pertanto necessario che 
l'opzione 
normativa contrasti 
in modo manifesto con il 
canone 
della ragionevolezza, vale 
a dire 
si 
appalesi, in concreto, come 
espressione 
di 
un uso distorto della discrezionalit� 
che 
raggiunga una soglia di 
evidenza tale 
da atteggiarsi 
alla stregua di 
una figura per 
cos� 
dire 
sintomatica di 
"eccesso di 
potere" 
e, dunque, di 
sviamento rispetto alle 
attribuzioni 
che 
l'or

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


3. la sentenza ss.UU. n. 40984 del 2018. 
la 
sentenza 
in commento si 
inserisce, coerentemente, nel 
contesto tematico 
delineato nei paragrafi precedenti. 


Ecco i fatti di causa. 


Il 
24 
settembre 
2015 
l�indagato, 
subito 
dopo 
aver 
fatto 
rifornimento 
in 
una 
stazione 
di 
servizio, lamentava 
la 
mancata 
corrispondenza 
tra 
il 
quantitativo 
di 
carburante 
erogato e 
la 
somma 
versata, chiedendo ai 
titolari, con �particolare 
virulenza�, 
la 
restituzione 
della 
somma. 
Nel 
corso 
del 
litigio, 
egli 
accusava 
i 
titolari 
di 
analoghe 
condotte 
truffaldine, 
�esibendo 
il 
tesserino 
dell�arma dei 
Carabinieri 
e 
minacciando, forte 
della sua posizione, accertamenti 
sulla stazione di benzina�. 


Successivamente, 
in 
data 
3 
febbraio 
2016, 
l�indagato, 
presentatosi 
nuovamente 
presso 
l�impianto, 
di 
fronte 
al 
rifiuto 
dei 
titolari 
di 
consentire 
l�erogazione 
del 
carburante, 
�.. 
lasciava 
ferma 
la 
sua 
vettura 
davanti 
alle 
colonnine 
.. 
, 
cos� 
impedendo 
il 
funzionamento 
dell�impianto 
per 
circa 
trenta 
minuti.. 
�. 


Il 
p.m. 
procedeva, 
per 
i 
soli 
fatti 
del 
settembre 
2015, 
per 
tentata 
concussione 
(artt. 
56 
e 
317 
c.p.), 
ma 
successivamente 
si 
determinava 
per 
la 
richiesta 
di 
archiviazione. 
Il 
g.i.p., 
per 
tutta 
risposta, 
riqualificava 
la 
condotta 
da 
tentata 
concussione 
a 
esercizio 
arbitrario 
delle 
proprie 
ragioni 
con 
violenza 
alle 
persone 
(art. 
393 
c.p.), 
mentre 
per 
i 
fatti 
del 
febbraio 
2016, 
non 
presi 
in 
considerazione 
dalle 
indagini, 
individuava 
la 
fattispecie 
della 
violenza 
privata 
(art. 
610 
c.p.). 


rigettava, quindi, la 
richiesta 
di 
archiviazione, chiedendo al 
p.m. di 
procedere 
a formulare l�imputazione per detti reati 
ex 
art. 409, comma 5, c.p.p. 


Avverso l�ordinanza 
del 
giudice, l�imputato proponeva 
ricorso in Cassazione, 
rilevando 
l�abnormit� 
del 
provvedimento 
sulla 
base 
del 
principio 
secondo 
cui 
il 
g.i.p. 
non 
pu� 
chiedere 
al 
p.m. 
di 
formulare 
imputazioni 
per 
fattispecie 
diverse 
da 
quelle 
per cui 
si 
procede 
a 
seguito dell�iscrizione 
della 
notizia di reato. 


le 
SS.UU., va 
detto subito, dichiareranno ammissibile 
il 
ricorso e 
annulleranno, 
perch� 
abnorme, 
l�ordinanza 
limitatamente 
alla 
richiesta 
di 
formulare 
l�imputazione 
per 
il 
reato 
di 
violenza 
privata, 
trasmettendo 
per 
i 
seguiti 
gli 
atti 
alla Procura competente. 


Al 
riguardo, 
va 
evidenziato 
che 
la 
Sezione 
assegnataria 
del 
ricorso 
(la 
vI) 


dinamento assegna alla funzione 
legislativa� 
(sentenza 
n. 313/1995, pres. Baldassarre, rel. vassalli). Si 
veda, altres�, Coste costituzionale sentenza n. 146/1996, pres. Ferri, rel. Cheli. 
Assonanze, suggestioni 
appunto, echi 
di 
un�esigenza 
di 
unitariet� 
e 
coerenza 
dell�ordinamento, anche 
se 
va 
ricordato che 
la 
stessa 
Corte, in una 
precedente 
pronuncia 
(n. 37/1969), aveva 
escluso che 
fosse 
ipotizzabile 
consentire 
l�ingresso, nel 
giudizio di 
legittimit� 
costituzionale, alla 
figura 
dell�eccesso di 
potere legislativo. 
Sulla 
questione 
SCACCIA 
G., eccesso di 
potere 
legislativo e 
sindacato di 
ragionevolezza, in politica del 
diritto, volume 
XXX, n. 3, settembre 
1999, il 
Mulino, Bologna, pp. 387-421 (con ampi 
riferimenti 
bibliografici). 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


rimette 
la 
decisione 
alle 
Sezioni 
Unite 
non tanto per quanto concerne 
il 
tema 
dell�abnormit� 
in s� 
del 
provvedimento, questione 
che 
resta 
sullo sfondo del-
l�intera 
vicenda 
processuale, ma 
con riferimento all�ammissibilit� 
o meno del 
ricorso 
proposto 
da 
parte 
dell�indagato 
avverso 
un 
atto 
potenzialmente 
abnorme. 


In 
merito 
all�abnormit� 
le 
SS.UU., 
richiamandosi 
a 
precedente 
giurisprudenza 
(17), 
mentre 
ritengono 
compatibile 
con 
il 
ruolo 
e 
i 
poteri 
del 
g.i.p. 
la 
possibilit� 
di 
quest�ultimo 
di 
�riformulare� 
l�ipotesi 
accusatoria 
e, 
contestualmente, 
ordinare 
l�imputazione 
coatta, 
considerano 
abnorme 
che 
ci� 
possa 
avvenire 
con 
riferimento 
a 
fatti 
non 
contestati 
dal 
p.m. 
e 
non 
iscritti 
fra 
le 
notizie 
di 
reato. 


In 
quest�ultimo 
caso, 
infatti, 
il 
giudice 
travalicherebbe 
le 
sue 
funzioni, 
spingendosi 
fino 
a 
compartecipare 
con 
il 
p.m. 
all�esercizio 
dell�azione 
penale, 
che, 
viceversa, 
come 
� 
noto, 
la 
Costituzione 
riserva 
in 
esclusiva 
alla 
pubblica 
accusa. 


Ma 
vi 
� 
di 
pi�, 
ed 
ecco 
il 
quid 
pluris 
della 
pronuncia, 
perch� 
in 
un�ipotesi 
siffatta 
la 
mancata 
iscrizione 
della 
notitia 
criminis 
lederebbe 
il 
diritto 
di 
difesa 
dell�indagato che 
non potrebbe 
interloquire 
con il 
p.m. a 
seguito della 
comunicazione 
di 
chiusura 
delle 
indagini 
ex 
art. 415 bis 
c.p.p. e 
della 
possibilit�, 
per evitare 
ulteriori 
seguiti, di 
presentare 
memorie 
e 
documenti, di 
chiedere 
un supplemento istruttorio o di essere interrogato. 


Un 
vulnus 
che, 
invece, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
della 
Cassazione 
e 
della 
Corte 
costituzionale, non si 
verificherebbe 
nel 
caso della 
riformulazione 
della 
fattispecie 
contestata 
ove, comunque, l�indagato, nell�ipotesi 
di 
una 
richiesta 
di 
archiviazione 
formulata 
dal 
p.m., ma 
non accolta 
dal 
g.i.p., avrebbe 
la 
possibilit� 
di 
difendersi 
nell�udienza 
camerale 
fissata 
dal 
giudice 
ai 
sensi 
dell�art. 
409 c.p.p. (18). 


A 
quest�ultimo riguardo, invero, ci 
si 
potrebbe 
continuare 
a 
domandare, 
nonostante 
la 
presenza 
di 
autorevoli 
arresti 
giurisprudenziali 
in senso contrario, 
se 
anche 
nell�ipotesi 
di 
una 
semplice 
riformulazione 
dell�ipotesi 
accusatoria 
da 
parte 
del 
g.i.p. 
l�indagato 
e 
il 
p.m. 
non 
subiscano 
una 
limitazione 
delle 
proprie 
prerogative 
costituzionali 
e 
se, quindi, non sia 
maggiormente 
in linea 
con la 
tutela 
del 
principio dell�obbligatoriet� 
dell�azione 
penale 
e 
del 
diritto 
di 
difesa 
far 
regredire 
�ragionevolmente� 
il 
procedimento 
con 
restituzione 
degli 
atti 
alla 
pubblica 
accusa 
perch� 
quest�ultima, avviando nuove 
indagini 
sulla 
base 
di 
una 
nuova 
iscrizione 
nel 
registro delle 
notizie 
di 
reato, attivi 
la 
fase interlocutoria dell�art. 415 bis 
c.p.p. 


In altri 
termini, proprio nel 
quadro delle 
finalit� 
e 
dei 
principi 
dell�ordi


(17) 
Cassazione 
penale, 
SS.UU. 
n. 
22909 
del 
17 
giugno 
2005, 
pres. 
Marvulli, 
rel. 
Carmenini; 
SS.UU. n. 4319 del 28 novembre 2013 (dep. il 30 gennaio 2014), pres. Santacroce, rel. lombardi. 
(18) tra 
l�altro l�indagato avrebbe 
la 
possibilit� 
di 
disporre 
di 
tutti 
gli 
atti 
di 
indagine 
in relazione 
ai quali il sistema prevede la piena ostensibilit� (art. 408 c.p.p.). 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


namento, potrebbe 
non esserci 
spazio per un potere 
del 
g.i.p. (�atipico� 
e 
non 
abnorme) 
di 
riformulazione 
del 
fatto, 
con 
la 
conseguenza 
che 
il 
giudice, 
a 
fronte 
di 
una 
richiesta 
di 
archiviazione 
per una 
data 
ipotesi 
accusatoria, potrebbe: 
accogliere 
la 
richiesta 
di 
archiviazione, 
chiedere 
al 
p.m. 
nuove 
indagini 
ovvero ancora 
ordinare 
l�imputazione 
coatta 
nei 
limiti 
dello schema 
accusatorio, 
senza 
poter d�embl�e 
�cambiare 
le 
carte 
in tavola� 
valutando la 
possibilit� 
di sussumere il fatto storico in una diversa fattispecie incriminatrice. 

Ma 
al 
di 
l� 
di 
queste 
considerazioni, 
va 
rilevato 
che 
per 
la 
sentenza 
in 
commento 
un�imputazione 
per 
un 
fatto 
non 
contestato 
consentirebbe 
di 
saltare 
a 
pi� 
pari 
la 
fase 
dell�art. 415 bis 
(19), con conseguente 
lesione 
del 
diritto di 
difesa 
dell�indagato, titolare, quindi, di 
uno specifico e 
legittimo interesse 
a 
ricorrere avverso l�ordinanza abnorme (20). 


la 
peculiarit� 
della 
pronuncia 
in 
parola, 
quindi, 
sta 
nel 
fatto 
che 
le 
SS.UU. 
hanno 
aperto 
le 
porte 
del 
ricorso 
per 
abnormit� 
anche 
alla 
parte 
privata, 
oltrech� 
al 
p.m., 
quando 
quest�ultima 
abbia 
uno 
specifico 
e 
diretto 
interesse 
ad 
impugnare. 


Un�apertura 
senz�altro 
garantista 
a 
tutela 
del 
diritto 
di 
difesa 
che, 
per�, 
nel 
contesto 
giurisprudenziale 
e 
dottrinale 
sull�abnormit�, 
finisce 
per 
divenire 
essa 
stessa 
funzionale 
agli 
scopi 
di 
questo 
particolare 
e 
atipico 
istituto 
impugnatorio 
il 
quale, 
come 
gi� 
sopra 
evidenziato, 
consente 
di 
rimuovere 
atti 
in 
contrasto 
con 
le 
finalit� 
�oggettive� 
dell�ordinamento, 
specie 
in 
quella 
parte, 
il 
sistema 
processuale 
penale 
appunto, 
dove 
pi� 
delicata 
� 
quella 
dinamica 
di 
incontro-
scontro 
tra 
la 
sovranit� 
�interna� 
dello 
Stato 
e 
la 
libert� 
degli 
individui. 


In conclusione, la 
pronuncia 
rappresenta 
un significativo rafforzamento 
dell�istituto 
del 
ricorso 
per 
abnormit�, 
perch� 
lo 
rende 
ancora 
pi� 
centrale, 
aumentandone 
le 
possibilit� 
di 
utilizzo e, quindi, le 
occasioni 
per attivare 
il 
sindacato 
della Suprema Corte. 

Cassazione 
penale, 
Sezioni 
Unite, 
sentenza 
24 
settembre 
2018 
(Ud. 
22 
marzo 
2018) 
n. 
40984 -pres. D. Carcano, Rel. F.M.S. Bonito. 


rItENUtO IN FAttO 
(...) 


2. Avverso questo provvedimento ha 
proposto ricorso per cassazione 
il 
G., denunciandone 
la 
illegittimit� 
per violazione 
dell'art. 409 c.p.p., artt. 111 e 
112 Cost., sul 
rilievo che 
il 
provvedimento 
impugnato, 
risolvendosi 
nell'imposizione 
al 
pubblico 
ministero 
di 
atti 
non 
previsti 
(19) la 
tesi 
dell�incompatibilit� 
tra 
imputazione 
coatta 
e 
avviso di 
conclusione 
delle 
indagini 
ex 
art. 415 bis 
trova, peraltro, autorevole 
avvallo nella 
giurisprudenza 
costituzionale. Cfr., per tutte, Corte 
costituzionale, ord. 286 del 5 dicembre 2012 (dep. il 12 dicembre 2012), pres. Quaranta, rel. lattanzi. 
(20) In ci� le 
SS.UU. aderiscono ad un indirizzo minoritario per il 
quale 
cfr. Cassazione 
penale, 
vI, n. 34811 del 
20 luglio 2016, pres. e 
rel. Petruzzellis. l�indirizzo opposto (maggioritario) � 
stato, invece, 
seguito da 
Cassazione 
penale, II, n. 47613 del 
18 ottobre 
2016, pres. Fiandanese, rel. Pardo; 
Cassazione 
penale, vI, n. 49093 del 11 ottobre 2017, pres. Conti, rel. ricciarelli. 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


dall'ordinamento processuale, integrasse 
un'ipotesi 
di 
atto abnorme. A 
sostegno del 
motivo il 
ricorrente 
richiama 
l'insegnamento 
di 
Sez. 
U, 
n. 
4319 
del 
28/11/2013, 
dep. 
2014, 
l., 
rv. 
257786, 
e 
quello 
di 
Sez. 
5, 
n. 
12987 
del 
16/02/2012, 
Di 
Felice, 
rv. 
253313, 
decisioni 
assertive 
del 
principio secondo cui 
� 
inibita 
al 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
la 
richiesta, rivolta 
al 
pubblico ministero, di 
formulare 
imputazioni 
per reati 
diversi 
da 
quelli 
per cui 
sia 
stata 
domandata 
l'archiviazione, potendo semplicemente 
disporre 
la 
iscrizione 
nel 
registro notizie 
di 
reato qualora 
rilevi 
fattispecie 
diverse 
da 
quelle 
per le 
quali 
si 
procede 
e 
di 
cui 
ritenga 
emergenti 
i 
requisiti 
dagli 
atti 
di 
indagine. tanto a 
presidio ed a 
salvaguardia 
della 
titolarit� 
del-
l'azione penale in capo al pubblico ministero. 


3. la 
Sesta 
Sezione, cui 
il 
ricorso � 
stato assegnato, con ordinanza 
del 
12 ottobre 
2017 ha 
rimesso la 
decisione 
alle 
Sezioni 
Unite, avendo rilevato l'esistenza 
di 
un contrasto interpretativo, 
avente 
ad oggetto l'ammissibilit� 
del 
ricorso per cassazione 
proposto dall'indagato avverso 
il 
provvedimento 
del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
che, 
respinta 
la 
richiesta 
di 
archiviazione, 
disponga 
la 
formulazione 
dell'imputazione, 
ai 
sensi 
dell'art. 
409 
c.p.p., 
comma 
5, 
per 
un 
reato 
diverso 
da 
quello 
per 
il 
quale 
il 
pubblico 
ministero 
ha 
richiesto 
l'archiviazione. 
3.1. 
la 
Sezione 
rimettente 
ha 
richiamato 
un 
primo 
orientamento, 
maggioritario, 
secondo 
il 
quale 
sarebbe 
inammissibile 
il 
ricorso 
per 
cassazione 
dell'indagato 
avverso 
il 
provvedimento 
del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
che 
non 
accolga 
la 
richiesta 
di 
archiviazione 
e 
disponga, 
nel 
contempo, 
la 
formulazione 
dell'imputazione 
relativamente 
ad 
una 
notizia 
di 
reato 
iscritta 
contro 
ignoti, 
in 
quanto 
unico 
soggetto 
legittimato 
ad 
impugnare, 
anche 
in 
questo 
caso, 
� 
il 
pubblico 
ministero 
(cos� 
Sez. 
3, 
n. 
15251 
del 
14/12/2016, 
De 
Bosini, 
rv. 
269649, 
in 
un 
caso 
in 
cui 
l'imputato 
aveva 
eccepito 
l'abnormit� 
del 
provvedimento 
del 
giudice 
che 
aveva 
ordinato 
l'imputazione 
coatta 
relativamente 
ad 
una 
notizia 
di 
reato 
iscritta 
contro 
ignoti). 
Nella 
fattispecie 
data 
il 
pubblico 
ministero 
sarebbe 
l'unico 
legittimato 
all'impugnazione 
per 
cassazione 
perch�, 
nella 
fase 
procedimentale 
nella 
quale 
il 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
dispone 
l'imputazione 
coatta 
a 
carico 
di 
un 
nominativo 
non 
iscritto 
nel 
relativo 
registro, 
il 
rapporto 
processuale 
riguarda 
esclusivamente 
il 
giudice 
stesso 
ed 
il 
pubblico 
ministero 
e 
su 
di 
esso 
l'indagato 
non 
ha 
alcun 
interesse 
al 
preventivo 
controllo 
sulla 
regolarit� 
di 
quella 
interlocuzione 
interna. 
Inoltre, 
secondo 
l'ordinanza, 
l'orientamento 
appena 
richiamato 
si 
pone 
in 
continuit� 
anche 
con 
quello 
precedente 
alla 
pronuncia 
delle 
Sez. 
U, 
n. 
4319 
del 
2013, 
peraltro 
espresso 
sempre 
nelle 
ipotesi 
"fisiologiche" 
di 
imputazione 
coatta 
a 
carico 
di 
indagato 
per 
fattispecie 
di 
reato 
gi� 
iscritte 
nel 
registro 
di 
cui 
all'art. 
335 
c.p.p. 
(Sez. 
4, 
n. 
10877 
del 
20/01/2012, 
rossi, 
rv. 
251986). 


3.2. la 
Sesta 
Sezione 
ha 
poi 
rilevato che 
un diverso ed opposto orientamento giurisprudenziale, 
minoritario, assume 
che, qualora 
l'imputazione 
coatta 
imposta 
dal 
giudice 
abbia 
ad 
oggetto 
un'ipotesi 
di 
reato 
diversa 
da 
quella 
per 
la 
quale 
il 
pubblico 
ministero 
ha 
avanzato 
domanda 
di 
archiviazione, l'indagato � 
legittimato all'impugnazione 
per cassazione 
avverso la 
relativa 
ordinanza. In tal 
senso si 
� 
espressa 
Sez. 6, n. 34881 del 
20/07/2016, Sparaciari, rv. 
267988, che 
valorizza 
il 
profilo secondo cui 
l'abnormit� 
dell'atto del 
giudice, gi� 
affermata 
dalle 
Sezioni 
Unite 
citate 
sia 
per 
l'ordine 
d'imputazione 
coatta 
emesso 
nei 
confronti 
di 
persona 
non indagata 
sia 
per quello emesso nei 
confronti 
dell'indagato per reati 
diversi 
da 
quelli 
per i 
quali 
il 
pubblico ministero aveva 
richiesto l'archiviazione 
- ipotesi 
ricorrente 
anche 
nella 
fattispecie 
in esame 
-, esclude 
in radice 
la 
inammissibilit� 
del 
ricorso dell'indagato, atteso il 
radicale 
vizio 
che 
inficerebbe 
l'atto 
del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari, 
caratterizzato 
dall'esorbitanza 
dei 
poteri 
ad 
esso 
riconosciuti, 
giacch� 
in 
stridente 
contrasto 
con 
le 
prerogative 
del 
pubblico ministero, unic� titolare 
dell'azione 
penale. Di 
qui 
la 
necessit� 
di 
assicurare 
la 
difesa 
dell'indagato ed il 
suo evidente 
interesse 
a 
vedersi 
tutelato nel 
rispetto delle 
regole 
del 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


contraddittorio e 
di 
quelle 
costituzionali 
in ordine 
al riparto dei poteri 
tra 
pubblico ministero 
e giudicante. 


CONSIDErAtO IN DIrIttO 


1. le 
Sezioni 
Unite 
sono chiamate 
a 
risolvere 
la 
seguente 
questione 
di 
diritto: 
"se 
sia ricorribile 
per 
cassazione, dalla persona sottoposta ad indagine, il 
provvedimento del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
che, non accogliendo la richiesta di 
archiviazione, ordini, ai 
sensi 
dell'art. 409 c.p.p., comma 5, al 
pubblico ministero di 
formulare 
l'imputazione 
per 
un reato 
diverso da quello oggetto della richiesta stessa". 
2. 
la 
questione 
di 
diritto 
sottoposta 
all'attenzione 
del 
Collegio 
presuppone, 
quale 
dato 
ormai 
non controverso, i 
risultati 
dell'elaborazione 
giurisprudenziale 
in merito alla 
nozione 
giuridica 
di 
abnormit� 
e 
all'atteggiarsi 
di 
quest'ultima 
con 
riferimento 
agli 
atti 
resi 
dal 
giudice 
per le indagini preliminari nel procedimento di archiviazione. 
In merito al 
primo profilo, deve 
essere 
qui 
ribadito che 
ai 
fini 
dell'individuazione 
dell'atto 
abnorme 
si 
richiede, 
in 
negativo, 
che 
non 
si 
tratti 
di 
atto 
adottato 
semplicemente 
in 
violazione 
di 
norme 
processuali 
e, in positivo, che 
l'atto stesso si 
caratterizzi 
per contenuti 
talmente 
atipici, 
da 
renderlo estraneo all'ordinamento processuale 
ovvero che, pur espressione 
di 
una 
legittima 
potest� 
processuale, 
esso 
sia 
adottato 
al 
di 
fuori 
dei 
casi 
consentiti 
e 
delle 
ipotesi 
previste, tanto da 
determinare 
una 
stasi 
del 
processo, la 
impossibilit� 
di 
proseguirlo ovvero la 
sua 
inammissibile 
regressione 
ad una 
fase 
processuale 
ormai 
esaurita 
(cos�, Sez. U, n. 17 del 
10/12/1997, 
Di 
Battista, 
rv. 
209603; 
Sez. 
U, 
n. 
26 
del 
24/11/1999, 
Magnani, 
rv. 
215094; 
Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, toni, rv. 243590). 


In merito al 
secondo profilo, Sez. U, n. 22909 del 
31/05/2005, Minervini, rv. 231163, si 
sono 
occupate 
del 
tema 
in 
relazione 
all'ipotesi 
in 
cui 
il 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari, 
non 
accogliendo 
la 
richiesta 
di 
archiviazione 
del 
pubblico 
ministero, 
ordini 
l'iscrizione 
nel 
registro delle 
notizie 
di 
reato di 
altri 
soggetti 
mai 
prima 
indagati 
e 
per i 
quali 
il 
pubblico ministero 
non 
aveva 
formulato 
alcuna 
richiesta, 
disponendo 
nuove 
indagini 
e 
fissando 
contestualmente 
una nuova udienza di rinvio. 


la 
Corte 
ha 
ritenuto l'abnormit� 
della 
decisione 
impugnata, limitatamente 
alla 
fissazione 
da 
parte 
del 
giudice 
di 
una 
nuova 
udienza 
di 
rinvio, 
ritenendo 
che, 
in 
tal 
modo, 
il 
giudice 
aveva 
determinato 
un 
vincolo 
per 
le 
valutazioni 
conclusive 
del 
pubblico 
ministero 
circa 
l'idoneit� 
degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio (Sez. U, Minervini, cit.). 


I 
giudici 
hanno 
colto 
l'occasione 
per 
tracciare 
una 
chiara 
linea 
di 
demarcazione 
tra 
l'attivit� 
del 
pubblico 
ministero 
ed 
il 
potere 
di 
controllo 
del 
giudice 
nel 
procedimento 
di 
archiviazione. 


richiamandosi 
alla 
giurisprudenza 
costituzionale, hanno affermato che 
i 
confini 
tracciati 
dal 
legislatore 
sui 
poteri 
dei 
due 
organi 
che 
si 
occupano delle 
indagini 
preliminari 
sono ben 
definiti 
e 
conformi 
ai 
principi 
costituzionali 
dell'obbligatoriet� 
dell'azione 
penale 
e 
della 
sua 
titolarit� 
in capo all'organo requirente 
(art. 112 Cost.), riservando al 
giudice 
delle 
indagini 
la 
funzione 
di 
controllo e 
di 
impulso (v. Corte 
cost. n. 88 del 
1991, n. 478 del 
1993, n. 263 del 
1991, n. 417 del 1991, n. 34 del 1994, n. 176 del 1999, n. 349 del 2002). 


Il 
dato saliente, emergente 
dall'arresto in parola 
e 
che 
adesso si 
intende 
ribadire, attiene 
alla 
sfera 
di 
valutazione 
del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari, non limitata 
ad un semplice 
esame 
della 
richiesta 
finale 
del 
pubblico ministero, ma 
estesa 
al 
complesso degli 
atti 
procedimentali 
rimessi 
al 
giudice 
dall'organo 
requirente, 
nel 
rispetto, 
per�, 
sempre 
delle 
prerogative 
del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale. 


Il 
travalicamento 
di 
questo 
limite 
determina, 
sulla 
base 
della 
nozione 
giuridica 
di 
abnormit� 
sopra chiarita, l'abnormit� della decisione. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


2.1. 
Nel 
solco 
di 
questa 
impostazione, 
si 
inseriscono 
le 
Sez. 
U, 
rv. 
257786, 
le 
quali 
hanno 
ritenuto 
che, 
in 
materia 
di 
procedimento 
di 
archiviazione, 
sono 
affetti 
da 
abnormit�, 
in 
quanto 
esorbitano dai 
poteri 
del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari, sia 
l'ordine 
d'imputazione 
coatta 
emesso nei 
confronti 
di 
persona 
non indagata, sia 
quello emesso nei 
confronti 
dell'indagato 
per 
reati 
diversi 
da 
quelli 
per 
i 
quali 
il 
pubblico 
ministero 
ha 
richiesto 
l'archiviazione, 
dovendo, 
in 
queste 
ipotesi, 
il 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
limitarsi 
ad 
ordinare 
le 
relative 
iscrizioni 
nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. 
Questa 
seconda 
pronunzia 
fornisce 
un'ulteriore 
significativa 
indicazione 
ermeneutica, in 
quanto opera 
un chiaro distinguo tra 
le 
ragioni 
dell'abnormit� 
dell'atto (attinenti 
al 
rapporto 
pubblico ministero/giudice) e 
gli 
effetti 
pregiudizievoli 
dell'atto medesimo, concernenti 
non 
soltanto l'alterazione 
del 
riparto di 
attribuzioni 
tra 
l'organo deputato in via 
esclusiva 
all'esercizio 
dell'azione 
penale 
ed il 
suo "controllore", ma 
anche 
il 
diritto di 
difesa 
della 
persona, imputata 
per 
effetto 
del 
provvedimento, 
senza 
mai 
avere 
potuto 
interloquire, 
da 
indagata, 
sul 
fatto contestatole. 


3. Quanto sin qui 
esposto consente 
di 
concordare 
con quanto osservato dalla 
Sezione 
rimettente, 
secondo la 
quale 
pu� ormai 
considerarsi 
ius 
receptum 
il 
principio secondo cui 
� 
abnorme 
il 
provvedimento del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
del 
tenore 
venuto all'odierno 
esame 
del 
Collegio, 
in 
quanto 
caratterizzato 
da 
anomalia 
incidente 
sulla 
delimitazione 
dei 
poteri 
del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
rispetto alle 
potest� 
proprie 
dell'organo inquirente 
ed alla 
sua 
autonomia, organo inquirente 
destinatario di 
un ordine 
per il 
compimento di 
atti 
al di fuori delle ipotesi espressamente contemplate dalla legge. 
4. 
Siffatta 
affermazione 
non 
�, 
tuttavia, 
da 
sola 
sufficiente 
per 
risolvere 
la 
questione 
portata 
all'esame 
delle 
Sezioni 
Unite, 
e 
cio� 
se 
sussista 
o 
meno 
un 
interesse 
dell'indagato 
ad 
impugnare 
per cassazione un provvedimento giudiziale abnorme secondo i profili appena evidenziati. 
Si 
consideri, 
invero, 
che, 
anche 
nei 
casi 
di 
abnormit�, 
ai 
fini 
della 
legittimazione 
a 
ricorrere 
non basta 
dedurre 
un vizio del 
provvedimento impugnato, ma 
occorre 
anche 
che 
il 
ricorrente 
abbia 
un interesse 
pratico e 
attuale 
all'annullamento dell'atto del 
quale 
deduce 
l'abnormit� 
e 
affinch� 
detto interesse 
sussista 
� 
necessario che 
l'impugnazione 
sia 
idonea 
a 
rimuovere 
un 
pregiudizio, considerato come 
conseguenza 
concreta 
derivante 
dagli 
effetti 
primari 
e 
diretti 
della 
pronuncia 
impugnata 
(Sez. 
6, 
n. 
25683 
del 
02/04/2003, 
Donzelli, 
rv. 
228307; 
in 
termini 


v. anche Sez. 6, n. 42542 del 06/10/2004, Marino, rv. 231186). 
Al 
riguardo, le 
Sezioni 
Unite 
hanno avuto modo di 
affermare 
che 
la 
facolt� 
di 
attivare 
i 
procedimenti 
di 
gravame 
non � 
assoluta 
e 
indiscriminata, ma 
� 
subordinata 
alla 
esistenza 
di 
una 
situazione 
in forza 
della 
quale 
il 
provvedimento del 
giudice 
risulti 
idoneo a 
produrre 
la 
lesione 
della 
sfera 
giuridica 
dell'impugnante 
e 
la 
eliminazione 
o 
la 
riforma 
della 
decisione 
gravata renda possibile il conseguimento di un risultato vantaggioso. 


Nell'occasione 
� 
stato 
altres� 
specificato 
che 
la 
legge 
processuale 
non 
ammette 
l'esercizio 
del 
diritto 
di 
impugnazione 
avente 
di 
mira 
la 
sola 
esattezza 
teorica 
della 
decisione 
o 
la 
correttezza 
formale 
del 
procedimento, 
senza 
che 
alla 
posizione 
giuridica 
del 
soggetto 
derivi 
alcun 
risultato 
pratico 
favorevole, 
nel 
senso 
che 
miri 
a 
soddisfare 
una 
posizione 
oggettiva 
giuridicamente 
rilevante 
e 
non 
un 
mero 
interesse 
di 
fatto 
(Sez. 
U, 
n. 
42 
del 
13/12/1995, 
timpani, 
rv. 
203093). 


Coniugando tali 
affermazioni 
con la 
tematica 
che 
qui 
interessa, occorre 
verificare 
l'an 
ed 
il 
quantum 
del 
pregiudizio arrecato all'indagato dall'imputazione 
coatta 
"abnorme" 
e 
di 
conseguenza 
l'eventuale interesse del predetto alla rimozione dell'atto. 


5. l'analisi 
richiede 
di 
rivolgere 
l'attenzione 
al 
rapporto tra 
imputazione 
coatta 
e 
diritto di 
difesa. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Si 
tratta 
di 
un 
tema 
ripetutamente 
affrontato 
dalla 
Corte 
costituzionale 
che, 
pur 
dichiarando 
sempre 
infondate 
le 
specifiche 
questioni 
sottoposte 
al 
suo esame, non ha 
tralasciato di 
rimarcare 
l'ineludibile 
garanzia 
da 
accordare 
al 
diritto di 
difesa 
dell'indagato nella 
fase 
camerale 
del procedimento di archiviazione. 


Solo 
attraverso 
questa 
puntualizzazione 
il 
giudice 
costituzionale 
� 
pervenuto 
alla 
conclusione 
di 
escludere 
che 
la 
mancata 
previsione 
normativa 
dell'avviso 
ex 
art. 
415-bis 
c.p.p., 
nel-
l'ipotesi 
di 
imputazione 
coatta, 
determini 
lesione 
di 
alcuna 
delle 
prerogative 
difensive, 
trovando 
queste 
"assicurazione 
nella 
piena 
ostensione 
della 
documentazione 
relativa 
alle 
indagini 
espletate 
(ai 
sensi 
dell'art. 
408 
c.p.p., 
comma 
1, 
il 
pubblico 
ministero 
deve 
infatti 
trasmettere 
il 
fascicolo 
contenente 
la 
notizia 
di 
reato, 
la 
documentazione 
relativa 
alle 
indagini 
espletate 
e 
i 
verbali 
degli 
atti 
compiuti 
davanti 
al 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari) 
e 
nel 
diritto 
di 
intervento 
dell'imputato 
nell'udienza 
camerale 
ex 
art. 
409 
c.p.p." 
(ordinanza 
n. 
348 
del 
2005). 


la 
questione 
successivamente 
riproposta 
� 
stata 
nuovamente 
dichiarata 
manifestamente 
infondata con ordinanza n. 286 del 2012. 


In 
questa 
seconda 
occasione 
la 
Corte, 
richiamando 
la 
propria 
giurisprudenza 
e 
nello 
specifico 
l'ordinanza 
n. 
460 
del 
2002, 
ha 
affermato 
che 
"la 
funzione 
dell'avviso 
di 
cui 
al 
richiamato 
art. 
415-bis 
appare 
essere 
chiaramente 
quella 
di 
assicurare 
una 
fase 
di 
"contraddittorio" 
tra 
indagato 
e 
pubblico 
ministero, 
in 
ordine 
alla 
completezza 
delle 
indagini", 
e 
che, 
pertanto, 
l'espletamento 
di 
quella 
fase 
e 
la 
garanzia 
di 
uno 
specifico 
ius 
ad 
loquendum 
dell'indagato 
in 
tanto 
si 
giustificano, 
in 
quanto 
il 
pubblico 
ministero 
intenda 
coltivare 
una 
prospettiva 
di 
esercizio 
del-
l'azione 
penale"; 
pertanto 
"quando 
ricorre 
una 
ipotesi 
di 
esercizio 
dell'azione 
penale 
conseguente 
all'ordine 
di 
formulare 
l'imputazione 
a 
seguito 
di 
richiesta 
di 
archiviazione 
non 
accolta, 
il 
contraddittorio 
sulla 
eventuale 
incompletezza 
delle 
indagini 
trova 
necessariamente 
sede 
nella 
udienza 
in 
camera 
di 
consiglio 
che 
il 
giudice 
� 
tenuto 
a 
fissare 
ove 
la 
domanda 
di 
"inazione" 
del 
pubblico 
ministero 
non 
possa 
trovare 
accoglimento", 
sicch�, 
tra 
l'altro, 
"nessuna 
lesione 
al 
diritto 
di 
difesa 
pu� 
prospettarsi 
in 
tale 
situazione, 
in 
quanto 
tale 
diritto 
�, 
nella 
specie, 
congruamente 
assicurato 
nella 
sede 
camerale 
che 
precede 
l'ordine 
di 
formulare 
l'imputazione". 


In precedenza 
anche 
le 
ordinanze 
n. 491 del 
2002 e 
n. 441 del 
2004 avevano avuto modo 
di 
affermare 
che 
"ove 
l'esercizio 
dell'azione 
penale 
consegua 
all'ordine 
del 
giudice 
di 
formulare 
l'imputazione, 
previsto 
dall'art. 
409 
c.p.p., 
comma 
5, 
il 
contraddittorio 
sulla 
eventuale 
incompletezza 
delle 
indagini 
si 
esplica 
necessariamente 
nell'udienza 
in camera 
di 
consiglio che, ai 
sensi 
del 
comma 
2 
dello 
stesso 
articolo, 
il 
giudice 
� 
tenuto 
a 
fissare 
ove 
non 
accolga 
la 
richiesta 
di 
archiviazione 
del 
pubblico 
ministero; 
(...) 
tale 
circostanza 
esclude 
dunque 
la 
configurabilit� 
della violazione degli artt. 3 e 24 Cost., ventilata dal rimettente". 


la 
Corte 
esclude 
che 
la 
presentazione 
della 
richiesta 
di 
archiviazione, sulla 
quale 
pu� innestarsi 
la 
vicenda 
procedimentale 
destinata 
a 
sfociare 
nell'imputazione 
coatta, sia 
accompagnata 
da 
una 
discovery 
di 
minore 
portata 
rispetto 
a 
quella 
che 
caratterizza 
la 
notificazione 
dell'avviso della 
conclusione 
delle 
indagini 
preliminari. Osserva, inoltre, che 
anche 
l'assunto 
secondo 
cui 
nell'ipotesi 
prevista 
dalla 
disciplina 
censurata 
non 
vi 
sarebbe 
alcun 
obbligo 
di 
procedere 
all'interrogatorio dell'indagato che 
ne 
faccia 
richiesta 
non � 
fondato, in quanto la 
disciplina 
generale 
del 
procedimento in camera 
di 
consiglio, richiamata 
dall'art. 409 c.p.p., 
comma 
2, assicura 
all'indagato, prima 
della 
"imputazione 
coatta", uno ius 
ad loquendum 
idoneo 
ad 
escludere 
la 
violazione 
dei 
parametri 
costituzionali 
invocati 
dal 
rimettente. 
Infatti, 
proprio 
con 
specifico 
riferimento 
all'udienza 
camerale 
ex 
art. 
409 
c.p.p. 
la 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
ritiene 
che 
integri 
l'ipotesi 
di 
nullit� 
di 
cui 
all'art. 127 c.p.p., comma 
3, la 
mancata 
audizione della parte comparsa, che abbia chiesto di essere sentita. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


Nei 
medesimi 
arresti 
i 
giudici 
hanno, infine, reputato priva 
di 
fondamento la 
censura 
secondo 
cui 
nel 
rito camerale 
"archiviativo" 
mancherebbe 
una 
contestazione 
"delineata 
e 
cristallizzata", 
che 
sarebbe 
invece 
assicurata 
dalla 
notificazione 
dell'avviso 
della 
conclusione 
delle 
indagini 
preliminari. 
Si 
legge 
al 
riguardo 
che 
"la 
mancanza 
di 
una 
contestazione 
del 
fatto 
di 
reato analoga 
a 
quella 
prevista 
dall'art. 415-bis 
c.p.p. non pu� considerarsi 
lesiva 
dei 
parametri 
evocati 
dal 
rimettente 
e, segnatamente, del 
diritto di 
difesa 
e 
del 
principio del 
contraddittorio, 
adeguatamente 
salvaguardati 
dall'accesso completo agli 
atti 
di 
indagine 
e 
dallo ius 
ad loquendum, riconosciuti 
all'indagato, l'uno e 
l'altro strumentali 
al 
contraddittorio garantito 
dinanzi 
al 
giudice 
nella 
"sede 
camerale 
che 
precede 
l'ordine 
di 
formulare 
l'imputazione" 
(ord. 


n. 460 del 2002). 
6. l'esposizione 
che 
precede 
consente 
di 
svolgere 
una 
serie 
di 
considerazioni, dirimenti 
ai 
fini della soluzione della questione all'esame del Collegio: 
-lo schema 
del 
rito camerale 
"archiviativo" 
non si 
esaurisce 
nella 
dinamica 
pubblico mi-
nistero/giudice 
(cui 
si 
correla 
la 
problematica 
della 
limitazione 
delle 
prerogative 
del 
pubblico 
ministero a 
garanzia 
dell'effettivit� 
del 
principio di 
obbligatoriet� 
dell'azione 
penale), ma 
investe 
anche l'indagato ed il suo diritto di difesa; 
-analogamente 
a 
quanto 
previsto 
in 
merito 
all'esercizio 
dell'azione 
penale 
che 
deve 
essere 
preceduto 
dall'avviso 
ex 
art. 
415-bis 
c.p.p., 
l'imputazione 
coatta 
presuppone 
che 
l'indagato 
sia 
stato 
posto 
nelle 
condizioni 
di 
partecipare 
all'udienza 
camerale 
ed 
ivi 
interloquire 
sui 
fatti 
oggetto 
della richiesta di archiviazione; 


-l'assenza 
di 
tali 
previsioni 
avrebbe 
esposto 
la 
norma 
ad 
inevitabile 
censura 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
e 
in questo senso il 
riferimento all'art. 6 della 
Convenzione 
EDU, pur non costituendo 
disposizione 
da 
potere 
invocare 
come 
parametro al 
fine 
di 
affermare 
l'incostituzionalit� 
delle 
norme 
denunciate, dal 
momento che 
la 
stessa 
costituisce 
solo norma 
interposta 
al 
fine 
di 
accertare 
la 
violazione 
dell'art. 117, primo comma, Cost., non invocato dal 
giudice 
a 
quo 
(ordinanza 
n. 163 del 
2010), rafforzerebbe 
la 
censura 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
con 
riguardo all'art. 111 Cost. (ordinanza n. 286 del 2012); 


-il 
mancato riconoscimento, nel 
caso concreto, delle 
predette 
garanzie 
all'indagato determina 
una 
lesione 
del 
diritto 
di 
difesa 
e 
di 
conseguenza 
un 
interesse 
del 
predetto 
alla 
rimozione 
del provvedimento a s� sfavorevole. 
tutto ci� induce 
a 
concordare 
con quella 
dottrina 
orientata 
a 
ritenere 
che 
"sulla 
scena 
del-
l'art. 409 c.p.p., comma 
5, si 
profila 
un terzo principio costituzionale: 
il 
diritto di 
difesa. In 
questo terreno di 
incontro/scontro tra 
principi 
costituzionali, l'unico potere 
di 
intervento modificativo 
dell'imputazione 
che 
la 
giurisprudenza 
sembra 
lasciare 
in 
capo 
al 
giudice 
� 
costituito 
dalla 
possibilit� 
di 
riqualificazione 
del 
fatto, che 
del 
resto, costituendo corretta 
applicazione 
della 
legge, 
ius 
dicere 
e, 
pertanto, 
attuazione 
del 
principio 
di 
legalit�, 
si 
deve 
estendere 
a 
tutte 
le fasi del processo". 


7. I rilievi 
da 
ultimo svolti 
offrono al 
Collegio le 
coordinate 
per risolvere 
il 
contrasto interpretativo 
sottoposto alla sua attenzione. 
8. ribadita 
ancora 
una 
volta 
la 
natura 
abnorme 
del 
provvedimento di 
imputazione 
coatta 
imposta 
dal 
giudice 
in relazione 
a 
soggetti 
o reati 
non contemplati 
nella 
richiesta 
di 
archiviazione, 
le 
Sezioni 
Unite 
ritengono 
che 
i 
principi 
suesposti 
rivelino 
tutte 
le 
debolezze 
dell'orientamento 
favorevole alla tesi dell'inammissibilit� del ricorso dell'indagato. 
Peraltro, le 
pronunzie 
ricomprese 
in questo indirizzo, pur convergenti 
nella 
conclusione, 
vi 
approdano attraverso percorsi 
argomentativi 
alternativi 
dettati 
anche 
dalla 
diversit� 
delle 
fattispecie esaminate. 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Ci� impone di procedere separatamente alla loro disamina. 


a) Un primo gruppo di 
pronunzie 
(peraltro ripetutamente 
richiamate 
in successivi 
arresti 
come 
caposaldi 
dell'orientamento in parola) si 
riferiscono, in realt�, ad ipotesi 
in cui 
il 
provvedimento 
di 
imputazione 
coatta, oggetto di 
ricorso, non recava 
alcuna 
divergenza 
rispetto al 
nominativo ed al 
reato indicati 
nella 
richiesta 
di 
archiviazione 
non accolta, per cui 
esulava 
dalle ipotesi di abnormit� che caratterizzano, invece, la fattispecie in esame. 


Il 
riferimento 
� 
alla 
sentenza 
emessa 
da 
Sez. 
4, 
n. 
10877 
del 
20/01/2012, 
rossi, 
rv. 
251986 
(in termini anche Sez. 5, n. 6807 del 21/01/2015, Dr., rv. 262688). 


In quel 
caso, invero, l'indagato aveva 
impugnato l'ordinanza 
del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
deducendone 
la 
nullit� 
per 
carenza 
della 
motivazione 
e 
per 
un 
vizio 
attinente 
l'opposizione 
della persona offesa. 


la 
Corte 
aveva 
dichiarato 
inammissibile 
il 
ricorso, 
enunciando 
il 
principio 
secondo 
cui 
l'unico 
soggetto 
legittimato 
ad 
impugnare 
� 
il 
pubblico 
ministero 
e 
ritenendo 
che 
l'ordinanza 
adottata 
dal 
giudice 
non 
potesse 
essere 
qualificata 
come 
abnorme, 
perch� 
era 
stata 
"assunta 
nell'ambito 
del 
potere 
ordinatorio 
riconosciuto 
al 
giudice 
ai 
sensi 
dell'art. 
409 
c.p.p., 
comma 
5. 
Essa 
poteva 
eventualmente 
ritenersi 
illegittima, 
ma 
il 
suo 
contenuto 
non 
� 
sicuramente 
avulso 
dal 
sistema 
e 
gli 
effetti 
non 
sono 
tali 
da 
pregiudicare 
in 
concreto 
lo 
sviluppo 
del 
processo". 


I 
giudici 
precisavano, 
altres�, 
che 
"solo" 
qualora 
il 
provvedimento 
impugnato 
fosse 
affetto 
da 
abnormit� 
ne 
sarebbe 
consentita 
l'impugnazione 
al 
di 
fuori 
del 
principio di 
tassativit� 
dei 
mezzi di impugnazione. 


Nel 
caso 
di 
specie, 
l'atto 
poteva 
eventualmente 
essere 
ritenuto 
illegittimo, 
ma 
non 
abnorme 
in 
quanto 
assunto 
nell'ambito 
dei 
poteri 
riconosciuti 
al 
giudice 
dall'ordinamento, 
(anche 
se 
i 
presupposti 
che 
ne 
legittimano 
l'emanazione 
sono 
stati 
ritenuti 
sussistenti 
in 
modo 
errato) 
e 
il 
pubblico 
ministero 
poteva 
sempre 
compiere 
il 
successivo 
atto 
senza 
incorrere 
in 
alcuna 
nullit�. 


Queste 
affermazioni 
conferiscono, 
dunque, 
al 
principio 
di 
diritto 
enunciato 
dalla 
Corte 
una 
portata 
pi� limitata, circoscritta 
alle 
ipotesi 
di 
patologie 
dei 
provvedimenti 
non trasbordanti 
nell'abnormit�. 


In 
questi 
casi, 
� 
agevole 
ritenere 
che 
la 
conformit� 
del 
provvedimento 
adottato 
allo 
schema 
disciplinato dall'art. 409 c.p.p. escluda 
ogni 
lesione 
del 
diritto di 
difesa 
dell'indagato (posto 
nelle 
condizioni 
di 
interloquire 
all'udienza 
camerale 
sulla 
sussistenza 
della 
contestazione 
nei 
suoi 
confronti) e, per l'effetto, la 
legittimazione 
del 
predetto ad impugnare 
il 
provvedimento 
avente natura ordinatoria. 


b) 
Confacente, 
invece, 
alla 
fattispecie 
in 
esame 
� 
un 
secondo 
gruppo 
di 
arresti 
che, 
pur 
in 
presenza 
dell'abnormit� 
dell'atto, 
ne 
ha 
escluso 
l'impugnabilit� 
da 
parte 
dell'indagato/imputato. 


tra 
questi, Sez. 3, n. 15251 del 
14/12/2016, dep. 2017, De 
Bosini, rv. 269649, senza 
operare 
alcun 
distinguo 
tra 
atto 
abnorme 
e 
atto 
puramente 
illegittimo 
(tanto 
da 
richiamare 
le 
suindicate 
Sez. 5, n. 6807/15 e 
Sez. 4, n. 10877/12), ha 
ritenuto "inammissibile 
l'impugnazione 
proposta 
con ricorso per cassazione 
dall'indagato, avverso il 
provvedimento del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
che 
non 
accolga 
la 
richiesta 
di 
archiviazione 
e 
disponga 
la 
formulazione 
dell'imputazione, 
ex 
art. 409 c.p.p., comma 
5, in quanto unico soggetto legittimato ad impugnare 
�, in tal caso, il pubblico ministero". 


Nell'arresto in commento, i 
giudici 
hanno rilevato che 
nell'ordinamento giuridico non � 
previsto un diritto dell'indagato (o dell'indagando) ad impugnare 
l'ordine 
del 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
che 
disponga 
l'imputazione 
coatta, 
ancorch� 
il 
pubblico 
ministero 
non 
abbia 
ancora 
proceduto 
all'iscrizione 
del 
nominativo 
nel 
registro 
degli 
indagati, 
perch�, 
in 
questa 
fase, l'interlocuzione 
� 
esclusivamente 
tra 
il 
giudice 
per le 
indagini 
preliminari 
ed il 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


pubblico 
ministero 
il 
quale, 
nella 
specie, 
si 
riteneva 
aver 
prestato 
"implicitamente 
acquiescenza 
all'ordine 
del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari, 
procedendo 
alla 
preventiva 
iscrizione 
del ricorrente a modello 21, ed esercitando conseguentemente l'azione penale. 


la 
Corte, 
nel 
corpo 
della 
motivazione, 
dimostra, 
tuttavia, 
di 
non 
trascurare 
le 
affermazioni 
delle 
Sezioni 
Unite 
nella 
sentenza 
n. 4319 del 
28/11/2013, dep. 2014, l., in tema 
di 
lesione 
del 
diritto di 
difesa, dalle 
quali 
ritiene 
di 
non discostarsi 
in ragione 
della 
peculiarit� 
del 
caso 
concreto. 


Nella 
fattispecie, invero, era 
accaduto che 
il 
pubblico ministero, in ottemperanza 
a 
quanto 
disposto 
dal 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari, 
aveva 
proceduto 
all'iscrizione 
del 
nominativo, 
indicato nel 
provvedimento, nel 
registro degli 
indagati 
ed aveva 
esercitato nei 
confronti 
del 
"neo indagato" 
l'azione 
penale 
attraverso la 
richiesta 
di 
decreto penale 
di 
condanna. Soltanto 
a 
seguito dell'emissione 
di 
questo da 
parte 
del 
g.i.p. il 
ricorrente 
era 
venuto a 
conoscenza 
del-
l'imputazione coatta disposta nei suoi confronti. 


Secondo 
la 
Corte 
di 
cassazione, 
"nella 
specifica 
ipotesi 
in 
esame, 
sicuramente 
il 
ricorrente 
non 
aveva 
la 
legittimazione 
ad 
impugnare 
perch� 
non 
aveva 
neanche 
un 
interesse 
pretensivo 
al 
controllo 
sulla 
regolarit� 
dell'interlocuzione 
interna 
tra 
il 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
ed 
il 
pubblico 
ministero, 
potendo 
formulare 
la 
richiesta 
relativa 
solo 
nell'ipotesi 
in 
cui 
il 
pubblico 
ministero 
non 
abbia 
esercitato 
l'azione 
penale, 
nell'alveo 
del 
meccanismo 
disegnato 
dall'art. 
413 
c.p.p.". 


Al 
di 
l� 
di 
tale 
ultima 
notazione, deve 
rilevarsi 
che, nel 
caso in esame, l'imputato era 
privo 
di 
interesse 
ad impugnare 
il 
provvedimento di 
imputazione 
coatta 
per l'assenza, in concreto, 
di alcun pregiudizio subito. 


l'esercizio 
dell'azione 
penale 
da 
parte 
del 
pubblico 
ministero 
attraverso 
la 
richiesta 
del 
decreto 
penale 
di 
condanna 
avrebbe, 
invero, 
comunque 
esonerato 
l'organo 
dell'accusa 
(ove 
anche 
il 
giudice 
si 
fosse 
correttamente 
limitato ad ordinare 
l'iscrizione 
del 
nominativo del-
l'indagando nel registro di cui all'art. 335 c.p.p.) dal compiere l'avviso ex 
art. 415-bis 
c.p.p. 


Come 
� 
agevole 
cogliere, si 
tratta 
di 
un caso del 
tutto peculiare, in ragione 
anche 
del 
momento 
in cui 
l'indagato ebbe 
ad avere 
notizia 
del 
provvedimento del 
gip a 
lui 
sfavorevole, nel 
quale 
non si 
registra 
in danno del 
predetto alcuna 
menomazione 
del 
diritto di 
interlocuzione 
per impedire 
l'esercizio dell'azione 
penale 
nei 
suoi 
confronti. Da 
qui 
il 
difetto di 
un interesse 
concreto ad impugnare la decisione emessa dal giudice. 


c) Un terzo gruppo di 
arresti 
affronta 
la 
questione 
oggi 
dibattuta 
sotto un diverso angolo 
prospettico e 
perviene 
all'inammissibilit� 
del 
ricorso proposto dal 
soggetto, sfavorevolmente 
colpito 
dal 
provvedimento 
di 
imputazione 
coatta 
abnorme, in 
ragione 
della 
non 
irreversibilit� 
del 
pregiudizio subito dal 
predetto. Cos�, Sez. 5, n. 32753 del 
19/05/2014, Fasanella, in una 
fattispecie 
in cui 
l'imputazione 
coatta 
era 
stata 
disposta 
nei 
confronti 
di 
un soggetto diverso 
da 
quelli 
iscritti 
nel 
registro delle 
notizie 
di 
reato, ha 
dichiarato inammissibile 
il 
ricorso del-
l'indagato sulla 
base 
del 
seguente 
ragionamento: 
"la 
abnormit� 
del 
provvedimento garantisce 
l'ammissibilit� 
del 
ricorso solo a 
fronte 
di 
atti 
caratterizzati 
da 
assoluta 
peculiarit� 
rispetto al 
sistema 
legale 
del 
processo 
ovvero 
tali 
da 
determinare 
l'impossibilit� 
di 
prosecuzione 
del 
processo 
(Sez. U, n. 25957 del 
26/03/2009, toni, rv. 243590). la 
categoria 
presenta, invero, indubbi 
caratteri 
di 
eccezionalit�, 
in 
relazione 
alla 
deroga 
che 
viene 
attuata 
al 
principio 
di 
tassativit� 
delle 
nullit� 
(art. 177 c.p.p.) e 
dei 
mezzi 
di 
impugnazione 
(art. 568 c.p.p.), talch� 
essa, come 
precisato dalla 
sentenza 
n. 25957 del 
2009 appena 
menzionata, � 
ravvisabile 
solo 
in mancanza 
di 
ulteriori 
strumenti 
di 
gravame 
lato sensu, ovvero in assenza 
di 
possibilit� 
offerte 
dal 
sistema 
per rimediare 
con prontezza 
all'anomalia 
della 
pronuncia 
giudiziale 
nell'ambito 
dello sviluppo processuale e delle sue fasi". 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


la 
Corte 
non precisa, tuttavia, in che 
termini 
il 
pregiudizio subito dall'imputato sarebbe 
nel 
caso specifico ovviabile, in quanto dalla 
premessa 
in diritto passa 
direttamente 
alla 
conclusione 
per 
cui 
"l'abnormit� 
non 
consente 
di 
estendere 
la 
platea 
dei 
legittimati 
attivi 
a 
proporre 
ricorso per cassazione, rispetto al 
novero dei 
soggetti 
gi� 
individuati 
dal 
vigente 
ordinamento 
processuale". 


la 
lacuna 
non 
si 
riscontra, 
invece, 
in 
Sez. 
2, 
n. 
47613 
del 
18/10/2016, 
Bongiorno, 
la 
quale 
ha 
ritenuto che 
"il 
diritto al 
contraddittorio dell'indagato nella 
fase 
delle 
indagini 
preliminari 
non 
pu� 
essere 
assicurato 
anche 
nella 
fase 
della 
richiesta 
di 
archiviazione 
e 
della 
conseguente 
imputazione 
coatta 
poich� 
a 
seguito di 
tale 
ordine 
non si 
verifica 
il 
diretto rinvio a 
giudizio 
bens� 
il 
procedimento 
trova 
successivi 
snodi 
nei 
quali 
l'indagato 
pu� 
esercitare 
conformemente 
a 
quanto previsto dalla 
legge 
il 
proprio diritto di 
difesa. Si 
pensi, infatti, che 
a 
seguito dell'ordine 
di 
imputazione 
formulato dal 
giudice 
e 
diretto al 
pubblico ministero questi 
dovr� 
procedere 
alla 
chiusura 
delle 
indagini 
e 
quindi 
ad 
inviare 
l'avviso 
di 
cui 
all'art. 
415-bis 
c.p.p., 
in 
occasione 
del 
quale 
l'indagato 
potr� 
formulare 
mediante 
memorie 
le 
proprie 
richieste 
ed 
anche 
chiedere 
di 
essere 
sentito. Ancor dopo segue 
l'udienza 
preliminare 
nella 
quale 
l'indagato ha 
piena 
possibilit� 
nel 
contraddittorio con il 
pubblico ministero e 
di 
fronte 
al 
giudice 
terzo di 
far valere 
le 
proprie 
ragioni 
con specifico riferimento all'esito delle 
indagini 
preliminari 
ed al 
materiale 
probatorio sin l� 
raccolto, deducendo anche 
la 
non adeguatezza 
dello stesso per sostenere 
l'accusa 
in giudizio. A 
fronte 
di 
un cos� 
vasto quadro di 
possibilit� 
deve 
quindi 
essere 
escluso 
che 
il 
diritto 
al 
contraddittorio 
nella 
fase 
delle 
indagini, 
che 
pure 
deve 
ritenersi 
limitato 
in ragione 
della 
strumentalit� 
delle 
stesse 
alla 
raccolta 
delle 
prove, possa 
esser anticipato sin 
dalla 
fase 
dell'imputazione 
coatta 
di 
cui 
all'art. 409 c.p.p., comma 
5, e 
consenta 
all'indagato 
di 
impugnare 
per abnormit� 
detto provvedimento che 
attiene 
esclusivamente 
ai 
rapporti 
tra 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
e 
pubblico 
ministero 
e 
non 
prevede 
alcun 
autonomo 
mezzo 
di 
gravame. 
Unico 
legittimato 
ad 
impugnare 
detto 
provvedimento 
anche 
per 
abnormit� 
rimane 
pertanto 
sempre 
il 
pubblico 
ministero 
al 
quale 
l'ordine 
del 
giudice 
si 
rivolge. 
In 
ogni 
caso, 
nella 
specie 
(provvedimento 
che 
aveva 
disposto 
la 
formulazione 
dell'imputazione 
in 
relazione 
a 
titoli 
di 
reato diversi 
da 
quelli 
oggetto di 
iscrizione), l'ordinanza 
adottata 
dal 
giudice 
non 
pu� qualificarsi 
come 
abnorme, perch� 
� 
stata 
in ogni 
modo assunta 
nell'ambito del 
potere 
ordinatorio riconosciutogli 
ai 
sensi 
dell'art. 409 c.p.p., comma 
5. Essa 
pu� eventualmente 
ritenersi 
illegittima, ma 
il 
suo contenuto non � 
sicuramente 
avulso dal 
sistema 
e 
gli 
effetti 
non 
sono tali da pregiudicare in concreto lo sviluppo del processo". 


l'arresto 
in 
commento 
contiene 
una 
serie 
di 
affermazioni 
che 
il 
Collegio 
ritiene 
di 
non 
condividere: 


-il 
diritto al 
contraddittorio dell'indagato nella 
fase 
delle 
indagini 
preliminari 
non pu� essere 
assicurato 
anche 
nella 
fase 
della 
richiesta 
di 
archiviazione; 
principio, 
questo, 
in 
apparente 
contrasto, 
oltre 
che 
con 
il 
dato 
normativo, 
con 
quanto 
ripetutamente 
affermato 
dalla 
Corte 
costituzionale 
secondo cui 
la 
disciplina 
generale 
del 
procedimento in camera 
di 
consiglio, richiamata 
dall'art. 
409 
c.p.p., 
comma 
2, 
assicura 
all'indagato, 
prima 
della 
"imputazione 
coatta", 
uno ius ad loquendum 
idoneo ad escludere la violazione dei parametri costituzionali; 
-a 
seguito 
dell'ordine 
di 
imputazione 
formulato 
dal 
giudice 
e 
diretto 
al 
pubblico 
ministero 
questi 
dovr� 
procedere 
alla 
chiusura 
delle 
indagini 
e 
quindi 
ad inviare 
l'avviso di 
cui 
all'art. 
415-bis 
c.p.p., in occasione 
del 
quale 
l'indagato potr� 
formulare 
mediante 
memorie 
le 
proprie 
richieste 
ed anche 
chiedere 
di 
essere 
sentito; 
affermazione, questa, difforme 
rispetto alla 
giurisprudenza 
consolidata 
(ex 
multis, Sez. 6, n. 45126 del 
22/10/2014, Grimaldi, rv. 260824; 
Sez. 4, n. 48033 del 
19/11/2009, Caldarar, rv. 245795; 
Sez. 6, n. 5369 del 
08/10/2002, dep. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


2003, taormina, rv. 223690) e 
che 
sembra 
non tener conto della 
richiamata 
giurisprudenza 
costituzionale (cfr., Corte cost., ord. n. 460 del 2002 e ord. n. 491 del 2002); 


-l'ordinanza 
che 
dispone 
la 
formulazione 
dell'imputazione 
in relazione 
a 
titoli 
di 
reato diversi 
da 
quelli 
oggetto 
di 
iscrizione 
non 
pu� 
qualificarsi 
come 
abnorme, 
in 
quanto 
assunta 
nell'ambito del 
potere 
ordinatorio riconosciuto al 
giudice 
ai 
sensi 
dell'art. 409 c.p.p., comma 
5; 
affermazione, questa, che 
pone 
la 
decisione 
in questione 
in contrasto con quanto ritenuto 
dalle Sezioni Unite n. 4319 del 28/11/2013, dep. 2014, l., ed oggi ribadito dal Collegio. 
Sulla 
scia 
della 
pronunzia 
da 
ultimo esaminata, Sez. 6, n. 49093 dell'11/10/2017, russo, 
rv. 271499, non trascurando, anch'essa, il 
profilo delle 
garanzie 
del 
diritto di 
difesa, ha 
affermato 
che 
il 
soggetto, nei 
cui 
confronti 
� 
stata 
formulata 
l'imputazione, pur non legittimato a 
ricorrere 
per cassazione, non resta 
privo di 
tutela: 
"ed invero, secondo il 
fisiologico sviluppo 
del 
procedimento, l'imputazione 
coatta 
deve 
essere 
preceduta 
dal 
contraddittorio in camera 
di 
consiglio, che 
solo giustifica 
sul 
piano delle 
garanzie 
il 
venir meno dell'obbligo per il 
pubblico 
ministero di inviare l'avviso ex 
art. 415-bis 
c.p.p. 


Correlativamente, 
la 
circostanza 
che 
l'epilogo 
della 
fase 
delle 
indagini 
preliminari 
sia 
stato 
contrassegnato dall'anomalia 
rappresentata 
dall'emissione 
dell'ordine 
di 
formulare 
l'imputazione, 
non preceduto dall'udienza 
nella 
quale 
deve 
essere 
assicurato il 
contraddittorio tra 
le 
parti 
interessate, 
implica 
che 
venga 
ad 
assumere 
rilievo 
la 
mancata 
comunicazione 
dell'avviso 
ex 
art. 415-bis 
c.p.p., ci� che 
l'imputato pu� utilmente 
dedurre 
in sede 
di 
udienza 
preliminare 
o, in mancanza di questa, dinanzi al giudice del dibattimento". 


Il ragionamento non pare poter essere condiviso. 


I 
giudici, 
pur 
riconoscendo 
il 
pregiudizio 
subito 
dall'imputato 
per 
la 
mancata 
interlocuzione 
all'udienza 
camerale 
innanzi 
al 
giudice, 
lo 
ritengono 
ovviabile 
attraverso 
lo 
strumento 
dell'art. 
415-bis 
c.p.p., omettendo di 
considerare 
la 
non operativit� 
di 
questa 
norma 
nel 
caso di 
imputazione 
coatta. 


Al 
riguardo, a 
quanto gi� 
esposto nei 
paragrafi 
che 
precedono deve, ora, aggiungersi, mutuando 
le 
affermazioni 
della 
Corte 
cost., n. 286 del 
2012, che 
"il 
meccanismo procedimentale 
basato sull'avviso previsto dall'art. 415-bis 
c.p.p. � 
diverso da 
quello relativo all'imputazione 
coatta, perch� 
l'avviso in questione 
� 
diretto a 
consentire 
all'indagato l'esplicazione 
di 
un'ulteriore 
attivit� 
difensiva, che 
potrebbe 
incidere 
sulle 
determinazioni 
del 
pubblico ministero, 
inducendolo 
a 
richiedere 
l'archiviazione, 
mentre 
dopo 
l'ordine 
del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
di 
formulare 
l'imputazione 
viene 
meno 
qualunque 
ulteriore 
spazio 
per 
l'attivit� 
difensiva; 
infatti, 
se 
il 
giudice 
delle 
indagini 
preliminari, 
all'esito 
della 
udienza 
camerale 
avente 
ad oggetto la 
decisione 
sulla 
richiesta 
di 
archiviazione 
del 
pubblico ministero, ritiene 
che 
la 
notizia 
di 
reato non sia 
infondata 
e 
che 
debba 
dunque 
farsi 
luogo all'esercizio dell'azione 
penale, 
n� 
il 
pubblico ministero n� 
l'indagato sono in grado di 
contrastare 
tale 
valutazione 
(Sez. 
6, n. 5369 del 08/10/2002, dep. 2003, taormina, rv.223690)". 


In 
definitiva, 
contrariamente 
a 
quanto 
sostenuto 
in 
sentenza, 
l'avviso 
ex 
art. 
415-bis 
c.p.p., 
non pu� sanare 
la 
violazione 
del 
diritto di 
difesa 
patita 
dall'indagato all'udienza 
camerale 
ex 
art. 409 c.p.p., per la 
semplice 
ragione 
che, una 
volta 
definito il 
procedimento archiviativo 
con 
l'emissione 
dell'ordinanza 
di 
imputazione 
coatta, 
la 
norma 
di 
garanzia 
anzidetta 
non 
trova 
alcuno spazio di operativit�. 


9. 
A 
differenza 
dell'indirizzo 
maggioritario 
appena 
esaminato, 
quello 
c.d. 
minoritario 
sembra 
coerente con i principi di diritto suesposti. 
Secondo 
Sez. 
6, 
n. 
34881 
del 
20/07/2016, 
Sparaciari, 
rv. 
267988, 
sussiste 
la 
legittimazione 
dell'indagato 
a 
proporre 
ricorso 
per 
cassazione 
avverso 
il 
provvedimento 
del 
giudice 
per 
le 
in



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


dagini 
preliminari 
che 
dispone 
la 
formulazione 
dell'imputazione, 
ex 
art. 
409 
c.p.p., 
comma 
5, 
in 
ordine 
a 
reati 
diversi 
da 
quelli 
per 
i 
quali 
il 
pubblico 
ministero 
aveva 
richiesto 
l'archiviazione. 


Il 
percorso 
argomentativo 
seguito 
prende 
avvio 
dalle 
affermazioni 
contenute 
nella 
sentenza 
delle 
Sez. U, n. 4319 del 
28/11/2013, dep. 2014, l., in ordine 
alla 
abnormit� 
sia 
dell'ordine 
d'imputazione 
coatta 
emesso nei 
confronti 
di 
persona 
non indagata, sia 
di 
quello emesso nei 
confronti 
dell'indagato 
per 
reati 
diversi 
da 
quelli 
per 
i 
quali 
il 
pubblico 
ministero 
aveva 
richiesto 
l'archiviazione. 


Si 
afferma, in particolare, che 
"l'anomalia 
strutturale 
realizzatasi 
nel 
procedimento attraverso 
l'esercizio da 
parte 
del 
giudice 
per l'udienza 
preliminare 
di 
poteri 
di 
surroga 
delle 
attribuzioni 
del 
pubblico ministero integra 
la 
figura 
dell'atto abnorme, che 
deve 
essere 
annullato 
per ripristinare 
il 
corretto svolgimento del 
procedimento, attraverso le 
determinazioni 
che 
il 
pubblico ministero vorr� 
formulare 
rispetto alle 
segnalazioni 
provenienti 
dal 
giudice 
per le 
indagini preliminari". 


Passando, quindi, al 
profilo che 
qui 
interessa, la 
Corte, in consapevole 
contrasto con l'indirizzo 
maggioritario 
seguito 
dalla 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
chiarisce 
che 
"non 
appare 
possibile 
dubitare 
della 
legittimazione 
a 
proporre 
impugnazione 
dell'indagato 
(...) 
sia 
per 
l'accertata 
ricorrenza 
di 
un 
atto 
abnorme, 
ipotesi 
chiaramente 
esclusa 
dalla 
valutazione 
sull'inammissibilit� 
del 
ricorso 
contenuta 
nella 
decisione 
richiamata, 
sia 
soprattutto 
per 
la 
presenza 
dell'interesse 
diretto dell'indagato il 
quale, nel 
caso in cui 
il 
pubblico ministero non ritenga 
di 
reagire 
con l'impugnazione, si 
troverebbe 
dinanzi 
all'intervenuto esercizio dell'azione 
penale, 
in mancanza 
della 
necessaria 
interlocuzione 
in contraddittorio prevista 
a 
garanzia 
dei 
diritti 
delle 
parti 
dall'art. 409 c.p.p., comma 
2, cos� 
come 
efficacemente 
ribadito dalla 
Corte 
costituzionale 
nell'ordinanza 
n. 286 del 
2012 a 
conferma 
di 
precedenti 
decisioni 
della 
medesima 
autorit� sul punto (ord. n. 460 e n. 491 del 2002 e ord. n.441 del 2004)". 


10. Il 
percorso argomentativo svolto conduce 
le 
Sezioni 
Unite 
a 
concludere 
nel 
senso che 
l'imputazione 
coatta 
per fatti 
non contemplati 
dal 
pubblico ministero nella 
richiesta 
di 
archiviazione 
incide 
pesantemente 
sulla 
possibilit� 
per l'indagato di 
interloquire 
sull'accusa 
e 
sulla 
sua 
legittimit� 
e, in ultima 
analisi, sulla 
possibilit� 
di 
difendersi 
per impedire 
di 
essere 
sottoposto 
a 
processo; 
interesse 
questo per nulla 
soddisfatto dalle 
possibilit� 
difensive 
offerte 
dal-
l'ordinamento nel prosieguo procedimentale. 
In questa 
situazione, l'indagato �, dunque, pienamente 
legittimato ad impugnare 
il 
provvedimento 
a lui sfavorevole per ottenerne la rimozione. 


11. l'odierna 
questione 
controversa 
pu�, pertanto, essere 
risolta 
con la 
formulazione 
del 
seguente principio di diritto: 
"� 
atto abnorme 
e 
quindi 
ricorribile 
per 
cassazione 
anche 
dalla persona sottoposta ad 
indagine 
il 
provvedimento del 
giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari 
che, non accogliendo la richiesta 
di 
archiviazione, 
ordini, 
ai 
sensi 
dell'art. 
409 
c.p.p., 
comma 
5, 
che 
il 
pubblico 
ministero 
formuli l'imputazione per un reato diverso da quello oggetto della richiesta". 


12. tornando ora 
al 
caso concreto sottoposto alla 
valutazione 
della 
Corte, giova 
ribadire 
che 
l'ordinanza 
impugnata, a 
fronte 
di 
una 
richiesta 
di 
archiviazione 
riferita 
alla 
ipotesi 
di 
indagine 
di 
cui 
al 
reato 
di 
tentata 
corruzione 
(artt. 
56 
e 
317 
c.p.), 
ha 
disposto 
l'imputazione 
coatta 
per 
i 
reati 
di 
esercizio 
arbitrario 
delle 
proprie 
ragioni 
(art. 
392 
c.p.) 
e 
di 
violenza 
privata 
(art. 610 c.p.). 
Per quanto riguarda 
il 
reato di 
violenza 
privata 
non pu� dubitarsi 
che 
si 
tratta 
di 
una 
fattispecie 
non 
delibata 
da 
parte 
del 
pubblico 
ministero, 
del 
tutto 
estranea 
alle 
condotte 
per 
le 
quali 
il 
rappresentante 
della 
pubblica 
accusa 
aveva 
chiesto 
l'archiviazione 
della 
notizia 
di 
reato. 
Sul 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


punto 
pertanto, 
in 
applicazione 
delle 
regole 
di 
diritto 
appena 
enunziate 
e 
delle 
ragioni 
esposte, 
deve 
ritenersi 
abnorme 
l'ordinanza 
in esame 
e 
sussistente 
l'interesse 
dell'indagato ad impugnarla. 
Consegue 
l'annullamento 
senza 
rinvio 
dell'ordinanza 
stessa 
e 
la 
trasmissione 
degli 
atti 
al 
Procuratore 
della 
repubblica 
presso il 
tribunale 
di 
teramo affinch� 
provveda, comunque, 
all'iscrizione della notizia di reato indicata dal giudice nel registro di cui all'art. 335 c.p.p. 


A 
diverse 
conclusioni 
occorre 
pervenire 
in riferimento all'ordinanza 
in esame 
nella 
parte 
in cui 
l'imputazione 
coatta 
� 
stata 
disposta 
per il 
delitto di 
cui 
all'art. 393 c.p., giacch� 
al 
riguardo 
non ricorre 
l'ipotesi 
di 
nuova 
contestazione 
di 
reato rispetto alla 
quale 
manchi 
l'iniziativa 
del 
pubblico ministero, bens� 
quella 
di 
una 
diversa 
qualificazione 
della 
condotta 
per la 
quale 
il 
pubblico 
ministero 
aveva 
comunque 
promosso 
l'azione 
penale, 
di 
guisa 
che 
il 
giudizio 
espresso 
risulterebbe 
coerente 
con 
la 
disciplina 
procedimentale 
vigente 
e 
rispettosa 
del 
riparto 
di 
poteri 
(Sez. 
1, 
n. 
47919 
del 
29/09/2016, 
Guarnieri, 
rv. 
268138; 
Sez. 
2, 
n. 
31912 
del 
07/07/2015, Giovinazzo, rv. 264509; 
Sez. 5, n. 24030 del 
04/06/2015, richetto; 
Sez. 6, n. 
34284 del 22/06/2011, Polese, rv. 250836). 


P.Q.M. 
Annulla 
senza 
rinvio 
l'ordinanza 
impugnata 
limitatamente 
all'ordine 
di 
formulazione 
della 
imputazione 
per 
il 
reato 
di 
cui 
all'art. 
610 
c.p.; 
dispone 
la 
trasmissione 
degli 
atti 
al 
Procuratore 
della repubblica di 
teramo. rigetta nel resto il ricorso. 


Cos� deciso in roma, il 22 marzo 2018. 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Cassazione civile: principio di chiarezza nella 
formulazione dei motivi di impugnazione (art. 360 c.p.c.) 


Nota 
a 
CassazioNe 
CiVile, sezioNe 
V, oRDiNaNza 
23 geNNaio 
2019 N. 1831 


Carlo Maria Pisana* 


Con 
ordinanza Cass. V, 23 gennaio 2019, n. 1831 la Corte 
di 
Cassazione 
civile 
nel 
ribadire 
che 
devono 
ritenersi 
inammissibili 
i 
motivi 
di 
impugnazione 
per 
cassazione 
formulati 
in 
modo contestuale 
e 
indistinto, richiama il 
�principio di 
chiarezza che 
presiede 
alla formulazione 
dei 
motivi 
di 
ricorso per 
cassazione�. 
Nel 
presente 
articolo si 
cerca di 
ricostruire 
tale 
principio, peraltro talvolta invocato nelle 
difese 
dell�Avvocatura dello Stato davanti 
al 
giudice di legittimit�. 


l�ordinanza 
Cass. 
v, 
23 
gennaio 
2019, 
n. 
1831 
della 
Corte 
di 
Cassazione, 
ribadita 
l�inammissibilit� 
dei 
motivi 
di 
impugnazione 
per 
cassazione 
formulati 
in modo contestuale 
e 
indistinto, richiama 
a 
giustificazione 
della 
decisione 
il 
�principio di 
chiarezza che 
presiede 
alla formulazione 
dei 
motivi 
di 
ricorso 
per 
cassazione�. Al 
fine 
di 
ricercare 
il 
significato da 
attribuire 
a 
tale 
nozione, 
appare opportuno partire dai fatti di causa. 


1. il fatto. 
la 
pronuncia 
in esame 
trae 
origine 
da 
una 
lite 
tributaria 
proposta 
da 
una 
societ� 
di 
informatica, a 
cui 
il 
Fisco aveva 
ripreso a 
tassazione 
l�Iva 
detratta, 
nonch� 
i 
costi 
dedotti, in relazione 
a 
operazioni 
ritenute 
soggettivamente 
inesistenti 
per l�adozione del noto schema della �frode carosello�. 


la 
societ� 
aveva 
impugnato 
gli 
atti 
impositivi, 
restando 
soccombete 
in 
primo e 
secondo grado. Essa 
aveva 
pertanto proposto ricorso per cassazione, 
criticando 
la 
sentenza 
della 
Commissione 
regionale 
tributaria 
del 
lazio 
(l�ordinanza 
in commento per un errore 
materiale 
parla 
della 
Ct 
della 
Basilicata) 
a mezzo di tre motivi. 

Qui 
rileva 
prendere 
in 
considerazione 
la 
formulazione 
del 
primo 
e 
del 
terzo, di cui si riporta la rubrica: 


�1) violazione 
dell�art. 360 c. 1 n. 5 in relazione 
all�art. 2697 c.c. e 
all�art. 
2729 
c.c., 
alla 
c.m. 
45/D 
del 
17 
novembre 
2005 
per 
incompleta 
ricostruzione 
del 
fatto 
storico 
complesso 
e 
per 
insufficiente 
e 
contraddittoria 
motivazione circa un punto decisivo della controversia�; 


�3) 
violazione 
dell�art. 
360 
c. 
1 
nn. 
3 
e 
5 
per 
falsa 
applicazione 
di 
norme 
di 
diritto 
in 
relazione 
al 
combinato 
disposto 
degli 
artt. 
19 
e 
21 
del 
d.p.r. 
633/72, 
nonch� 
omessa 
motivazione 
su 
un 
punto 
decisivo 
della 
controversia�. 


(*) Avvocato dello Stato. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


Come 
preannunciato dalla 
rubrica 
dei 
due 
motivi 
in esame, l�argomentazione 
che 
seguiva 
in entrambi 
i 
casi 
si 
risolveva 
in una 
critica 
libera 
della 
sentenza 
di 
merito, portata 
sotto pi� profili, astrattamente 
censurabili 
in sede 
di 
legittimit�, 
ma 
concretamente 
svolti 
in 
modo 
contestuale 
e 
indistinto 
e 
pertanto 
l�argomentazione 
non risultava 
riferibile 
ai 
motivi 
indicati 
dall�art. 360 c.p.c., 
se non attraverso un�operazione ermeneutica del testo dell�atto difensivo. 


l�Avvocatura, costituitasi 
con controricorso e 
ricorso incidentale 
condizionato 
per l�Erario, oltre 
a 
contestare 
il 
fondamento delle 
doglianze 
nel 
merito, 
aveva brevemente segnalato l�inammissibilit� dei due motivi predetti. 


2. la pronuncia. 
In 
relazione 
a 
tale 
contesto 
processuale, 
la 
Corte 
ha 
ribadito 
l�inammissibilit� 
dei 
motivi 
volti 
a 
lamentare 
in 
modo 
contestuale 
e 
indistinto 
pi� 
censure. 


I passi 
rilevanti 
dell�ordinanza 
in commento hanno il 
seguente 
tenore 
testuale: 


-in relazione 
al 
primo motivo, �il 
motivo � 
inammissibile, traducendosi 
in 
una 
inestricabile 
commistione 
di 
violazioni 
di 
legge 
e 
vizi 
motivazionali, 
lamentando 
la 
ricorrente, 
al 
contempo, 
sia 
l'errata 
ripartizione 
dell'onere 
della prova, sia il 
difetto del 
ragionamento presuntivo da parte 
del 
giudice 
di 
merito, sia l'omessa considerazione 
di 
elementi 
fattuali 
asseritamente 
costitutivi 
della fattispecie�; 
-in relazione 
all�altro, �pure 
tale 
censura � 
inammissibile, presentando 
i 
medesimi 
vizi 
rilevati 
con riguardo al 
primo motivo, con evidente 
violazione 
del 
principio 
di 
chiarezza 
che 
presiede 
alla 
formulazione 
dei 
motivi 
di 
ricorso 
per cassazione�. 
Ora, l�inammissibilit� 
dei 
ricorsi 
formulati 
con le 
modalit� 
di 
cui 
sopra 
non costituisce 
una 
novit�. la 
novit� 
sta 
invece 
nel 
motivare 
tale 
inammissibilit� 
mediante 
il 
riferimento 
ad 
un 
�principio 
di 
chiarezza�, 
da 
ritenersi 
sotteso 
alle 
norme 
che 
presiedono alla 
formulazione 
dei 
motivi 
di 
impugnazione 
in 
sede 
di 
legittimit�. Questa 
espressione 
� 
stata 
talvolta 
impiegata 
nelle 
difese 
in cassazione 
allo scopo di 
puntualizzare 
che 
al 
ricorrente 
incombe 
l�onere 
di 
formulare 
i 
motivi 
di 
ricorso in modo, non soltanto specifico, ma 
anche 
chiaramente 
ed 
inequivocabilmente 
riferibile 
ad 
uno 
dei 
motivi 
predeterminati 
dalla legge processuale. 


3. la ricostruzione teorica. 
A 
nostro 
avviso, 
tale 
onere 
di 
chiarezza 
imposto 
alla 
parte 
ricorrente 
trova 
ragione 
nella 
stessa 
natura 
di 
giudizio 
a 
critica 
vincolata 
propria 
dell�impugnazione 
per cassazione. 

la 
caratteristica 
di 
giudizio a 
critica 
vincolata 
comporta, infatti, l�impossibilit� 
per 
il 
giudice 
di 
legittimit� 
di 
giudicare 
in 
ordine 
a 
censure 
che 
non 
siano 
riconducibili 
alle 
tipologie 
predefinite 
dalla 
legge 
processuale, 
ossia 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


dall�art. 
360 
c.p.c. 
Siffatta 
peculiarit� 
� 
legata 
alla 
stessa 
origine 
storica 
del 
giudizio di 
legittimit�. Come 
� 
noto, le 
moderne 
corti 
di 
cassazione 
derivano 
dall�archetipo 
maturato 
nel 
travaglio 
intellettuale 
della 
rivoluzione 
Francese. 
Per essere 
pi� precisi, l�Assemblea 
nazionale, con decreto del 
27 novembre 
1790, istitu� 
il 
�tribunal 
de 
Cassation�. Ma 
la 
nuova 
istituzione 
fu collocata 
presso il 
corpo legislativo e 
non presso quello giurisdizionale, proprio perch� 
volta 
a 
fornire 
la 
corretta 
interpretazione 
delle 
norme, in cui 
i 
principi 
rivoluzionari 
ravvisavano 
la 
volont� 
del 
Popolo. 
In 
quell�occasione 
fu 
chiarito 
il 
fondamentale 
carattere 
del 
giudizio 
di 
legittimit�, 
che 
lo 
caratterizza 
anche 
oggi: 
in nessun caso la 
Corte 
potr� 
conoscere 
�du fond des 
affaires� 
e 
la 
sua 
competenza 
sar� 
limitata 
all�accertamento della 
�contravvention au texte 
de 
la 
loi�. 
l�Assemblea 
precis� 
fin 
da 
allora, 
che 
non 
si 
trattava 
di 
un 
terzo 
grado 
di 
giudizio, poich� 
�il 
y 
aurait 
deux 
degr�s 
de 
jurisdiction en mati�re 
civile�. 
la 
Cassazione 
nacque 
quindi 
come 
custode 
della 
legge 
con 
il 
compito 
di 
�annullare 
le 
sentenze 
e 
non 
giudicare� 
e 
anche 
oggi 
mantiene 
tale 
carattere, 
bench� 
sia 
ormai 
da 
secoli 
parte 
integrante 
del 
potere 
giurisdizionale, di 
cui 
anzi 
costituisce 
nel 
nostro ordinamento l�organo supremo (r.D. 30 gennaio 1941, 


n. 12, Art. 65). 
4. la giurisprudenza della Corte 
di 
Cassazione 
in tema di 
formulazione 
dei 
motivi contestuali e indistinti. 
la 
delimitazione 
dell�ambito 
della 
cognizione 
del 
giudice 
di 
legittimit�, 
bench� 
abbia 
lontane 
origini 
storiche, 
� 
cosa 
attuale 
e 
la 
giurisprudenza 
della 
nostra 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
ribadito, 
anche 
in 
tempi 
a 
noi 
vicini, 
l�attualit� 
di 
tale 
principio. 
Pacificamente 
si 
esclude 
infatti 
l�ammissibilit� 
delle 
censure 
volte 
ad 
ottenere 
un 
riesame 
del 
merito 
della 
controversia 
(Cass. 
civ. 
Sez. 
Unite, 
4 
marzo 
2016, 
n. 
4254). 
In 
proposito 
la 
Corte 
afferma 
costantemente 
che: 


�Con la proposizione 
del 
ricorso per 
cassazione, il 
ricorrente 
non pu� 
rimettere 
in discussione, contrapponendone 
uno difforme, l'apprezzamento in 
fatto 
dei 
giudici 
del 
merito, 
tratto 
dall'analisi 
degli 
elementi 
di 
valutazione 
disponibili 
ed in s� 
coerente, atteso che 
l'apprezzamento dei 
fatti 
e 
delle 
prove 
� 
sottratto 
al 
sindacato 
di 
legittimit�, 
dal 
momento 
che, 
nell'ambito 
di 
quest'ultimo, 
non 
� 
conferito 
il 
potere 
di 
riesaminare 
e 
valutare 
il 
merito 
della 
causa, 
ma 
solo 
quello 
di 
controllare, 
sotto 
il 
profilo 
logico 
formale 
e 
della 
correttezza giuridica, l'esame 
e 
la valutazione 
fatta dal 
giudice 
di 
merito, cui 
resta riservato di 
individuare 
le 
fonti 
del 
proprio convincimento e, all'uopo, 
di 
valutare 
le 
prove, controllarne 
attendibilit� e 
concludenza e 
scegliere, tra 
le 
risultanze 
probatorie, quelle 
ritenute 
idonee 
a dimostrare 
i 
fatti 
in discussione� 
(Cass. civ. Sez. vI - 5 Ordinanza, 7 aprile 
2017, n. 9097; 
in senso analogo: 
Cass. civ. Sez. lavoro, 24 gennaio 2017, n. 1749; 
Cass. civ. Sez. vI - 1 
Ordinanza, 
21 
settembre 
2016, 
n. 
18542; 
Cass. 
civ. 
Sez. 
v, 
13 
settembre 
2013, 


n. 20973). 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


Il 
Giudice 
di 
legittimit� 
quindi, come 
il 
suo antenato francese, non conosce 
�du 
fond 
des 
affaires�, 
del 
merito 
delle 
liti, 
ma 
ha 
una 
cognizione 
limitata 
alla 
disamina 
della 
ricorrenza 
o meno di 
alcuni 
vizi 
della 
sentenza 
di 
merito 
predeterminati dal legislatore. 

la 
preclusione 
della 
piena 
conoscenza 
del 
merito delle 
liti 
ha 
come 
corollario 
la 
natura 
vincolata 
del 
giudizio di 
legittimit�. Infatti, se 
il 
giudice 
di 
legittimit� 
non pu� conoscere 
liberamente 
tutta 
la 
controversia, allora 
pu� conoscerne 
soltanto 
la 
parte 
oggetto 
di 
impugnazione 
entro 
il 
limite 
costituito 
dalle 
tipologie 
di 
censure 
rimesse 
alla 
sua 
cognizione 
dalla 
legge 
(nel 
nostro 
ordinamento i 
nn. da 
1 a 
5 del 
comma 
1 dell�art. 360 c.p.c.). Ma, se 
la 
cognizione 
� 
delimitata 
a 
determinate 
censure, � 
allora 
indispensabile 
che 
possano 
ammettersi 
soltanto 
i 
motivi 
di 
impugnazione, 
che 
siano 
riportabili 
alle 
censure 
predeterminate dalla legge processuale in modo specifico e distinto. 


� 
pertanto 
coerente 
con 
tale 
impostazione 
la 
costante 
giurisprudenza 
della 
Corte, 
che 
ritiene 
inammissibili 
le 
censure 
che 
non 
si 
riferiscano 
distintamente 
ai 
vizi 
censurabili 
elencati 
dall�art. 
360 
c.p.c. 
In 
proposito 
la 
Corte 
ha 
affermato 
che: 


�il ricorso appare inammissibile e se ne propone il rigetto. 


infatti, 
con 
l'unico 
motivo 
di 
impugnazione 
(privo 
di 
rubrica) 
la 
parte 
qui 
ricorrente 
si 
duole 
- contemporaneamente 
e 
sotto una molteplicit� di 
profili 
tra loro confusi 
e 
inestricabilmente 
combinati 
- dell'esito della controversia, 
censurando 
liberamente 
le 
conclusioni 
a 
cui 
il 
giudice 
del 
merito 
� 
pervenuto. 


siffatto modo di 
articolare 
la censura nei 
confronti 
della decisione 
impugnata 
(nel 
difetto di 
qualsivoglia coordinamento con le 
fattispecie 
di 
vizio 
tassativamente 
previste 
dall'art. 360 c.p.c.) non � 
rispettoso del 
sistema processuale 
vigente, in relazione 
alla formula prevista per 
il 
ricorso per 
cassazione, 
cos� come inveratasi nella norma dell'art. 360 c.p.c. 

a 
tal 
proposito, basta qui 
richiamare 
il 
noto principio giurisprudenziale 
secondo cui: "il 
giudizio di 
cassazione 
� 
un giudizio a critica vincolata, delimitato 
e 
vincolato 
dai 
motivi 
di 
ricorso; 
il 
singolo 
motivo, 
infatti, 
anche 
prima 
della 
riforma 
introdotta 
con 
il 
D.lgs. 
n. 
40 
del 
2006, 
assume 
una 
funzione 
identificativa 
condizionata 
dalla 
sua 
formulazione 
tecnica 
con 
riferimento 
alle 
ipotesi 
tassative 
di 
censura formalizzate 
con una limitata elasticit� dal 
legislatore. 
la tassativit� e 
la specificit� del 
motivo di 
censura esigono, quindi, 
una precisa formulazione, di 
modo che 
il 
vizio denunciato rientri 
nelle 
categorie 
logiche 
di 
censura enucleate 
dal 
codice 
di 
rito" 
(Cass. civ. Sez. vI - 5, 
Ord., 8 gennaio 2014, n. 186). 


Ancora 
pi� pregnante 
nell�enunciazione 
di 
un�esigenza 
di 
enunciazione 
chiara 
e 
distinta 
dei 
motivi 
riferibili 
alle 
tipologie 
ammesse 
dall�art. 
360 
c.p.c. 
appare la seguente motivazione: 


�il 
motivo del 
ricorso principale 
� 
inammissibile, in quanto sotto la rubrica 
che 
denuncia la nullit� della sentenza e 
contestualmente 
il 
vizio della 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


sua motivazione, i vizi proposti sono generici e privi della specificit�, manca 
l'individuazione 
delle 
norme 
alla stregua delle 
quali 
la sentenza impugnata 
sarebbe 
nulla, n� 
emergono con chiarezza quali 
siano gli 
elementi 
necessari 
per 
individuare 
le 
dedotte 
violazioni 
processuali; � 
�, infatti, insegnamento 
di 
questa Corte, quello secondo cui 
"il 
giudizio di 
cassazione 
� 
un giudizio a 
critica vincolata, delimitato e 
vincolato dai 
motivi 
di 
ricorso, che 
assumono 
una funzione 
identificativa condizionata dalla loro formulazione 
tecnica con 
riferimento alle 
ipotesi 
tassative 
formalizzate 
dal 
codice 
di 
rito. Ne 
consegue 
che 
il 
motivo 
del 
ricorso 
deve 
necessariamente 
possedere 
i 
caratteri 
della 
tassativit� 
e 
della specificit� ed esige 
una precisa enunciazione, di 
modo che 
il 
vizio 
denunciato 
rientri 
nelle 
categorie 
logiche 
previste 
dall'art. 
360 
c.p.c., 
sicch� 
� 
inammissibile 
la 
critica 
generica 
della 
sentenza 
impugnata, 
formulata 
con un unico motivo sotto una molteplicit� di 
profili 
tra loro confusi 
e 
inestricabilmente 
combinati, 
non 
collegabili 
ad 
alcuna 
delle 
fattispecie 
di 
vizio 
enucleata 
dal 
codice 
di 
rito" 
(Cass. 
civ. 
Sez. 
v, 
Sent., 
9 
novembre 
2016, 
n. 
22766). 
Quest�ultima 
pronuncia 
merita 
attenzione 
anche 
per due 
ulteriori 
aspetti. 


In 
primo 
luogo, 
fa 
riferimento 
alla 
�rubrica�, 
ossia 
al 
titoletto 
che 
precede 
l�enunciazione 
del 
motivo nella 
prassi 
espositiva 
delle 
impugnazioni 
per cassazione, 
rilevando 
gi� 
da 
tale 
elemento 
il 
carattere 
indistinto 
del 
motivo 
di 
impugnazione 
poi 
dichiarato 
inammissibile. 
la 
�rubrica� 
dell�atto 
difensivo 
peraltro da 
mero elemento stilistico, privo di 
rilievo giuridico, tende 
ad assumere 
una 
valorizzazione 
nell�attuale 
diritto vivente, quale 
indispensabile 
elemento 
di 
anticipazione 
della 
esposizione 
del 
motivo 
di 
impugnazione. 
Si 
richiama 
in 
proposito 
il 
�protocollo 
d�intesa� 
del 
17 
dicembre 
2015 
tra 
il 
Primo 
Presidente 
della 
Corte 
e 
il 
Presidente 
del 
Consiglio 
Nazionale 
Forense, 
che 
nell��adottare 
un 
modulo 
redazionale 
dei 
ricorsi� 
per 
cassazione, 
indica 
la 
�sintesi 
dei 
motivi� 
e 
in 
relazione 
alla 
esposizione 
dei 
motivi 
richiede 
che 
questi 
rispondano al 
critierio di 
�specificit� e 
concentrazione�. tale 
documento, 
sia 
pur 
privo 
di 
valore 
precettivo 
proprio, 
assume 
comunque 
valore 
indicativo 
dell�orientamento condiviso della 
Corte 
in tema 
di 
applicazione 
delle 
norme 
processuali. 


In secondo luogo, la 
pronuncia 
del 
2016 puntualizza 
che 
non soltanto i 
motivi 
devono 
essere 
specifici 
e 
rispondenti 
a 
quelli 
predeterminati 
dalla 
legge 
processuale, 
ma 
anche 
che 
devono 
emergere 
�con 
chiarezza� 
dall�esposizione 
contenuta nel ricorso. 


la 
ragione 
sottesa 
al 
predetto onere 
di 
chiarezza 
nella 
specifica 
formulazione 
dei 
motivi 
di 
censura 
� 
rappresentata 
in 
modo 
puntuale 
nella 
motivazione 
di 
una 
sentenza 
non 
recentissima. 
la 
Corte, 
nel 
dichiarare 
inammissibili 
alcuni 
motivi 
d�impugnazione 
formulati 
in modo indistinto e 
contestuale, ebbe 
occasione 
di chiarire che: 


�l'esposizione 
diretta e 
cumulativa delle 
questioni 
concernenti 
l'apprezzamento 
delle 
risultanze 
acquisite 
al 
processo e 
il 
merito della causa mira a 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


rimettere 
al 
giudice 
di 
legittimit� il 
compito di 
isolare 
le 
singole 
censure 
teoricamente 
proponibili, 
onde 
ricondurle 
ad 
uno 
dei 
mezzi 
d'impugnazione 
enunciati 
dall'art. 360 cod. proc. civ., per 
poi 
ricercare 
quale 
o quali 
disposizioni 
sarebbero utilizzabili 
allo scopo, cos� 
attribuendo, inammissibilmente, al 
giudice 
di 
legittimit� 
il 
compito 
di 
dare 
forma 
e 
contenuto 
giuridici 
alle 
lagnanze 
del 
ricorrente, al 
fine 
di 
decidere 
successivamente 
su di 
esse� 
(Cass. civ. Sez. 
I, 23 settembre 
2011, n. 19443). tale 
pronuncia 
ha 
il 
pregio di 
puntualizzare 
inoltre 
quale 
sia 
il 
limite 
dei 
poteri 
di 
interpretazione 
dell�atto 
processuale 
propri 
del 
Giudice 
di 
legittimit�: 
a 
questi 
non pu� attribuirsi 
infatti 
il 
compito di 
ricercare 
e 
individuare 
le 
censure 
riconducibili 
ai 
vizi 
codificati 
all�interno 
dell�esposizione compiuta dalla parte. 

A 
nostro 
avviso, 
peraltro, 
l�onere 
di 
chiarezza 
nell�esposizione 
dei 
motivi 
di 
cassazione 
risponde 
non 
soltanto 
agli 
interessi 
pubblicistici 
sottesi 
alla 
configurazione 
del 
giudizio di 
legittimit�, ma 
anche 
al 
diritto di 
difesa 
della 
parte 
resistente, la 
quale 
deve 
essere 
posta 
in grado di 
esercitare 
la 
propria 
difesa 
nei 
confronti 
di 
una 
domanda 
chiara, 
che 
non 
imponga 
la 
necessit� 
di 
ricorrere 
alla 
difesa 
�bifida�. Ci 
si 
riferisce 
a 
quella 
tecnica 
defensionale 
in virt� della 
quale, a 
fronte 
di 
una 
domanda 
ambigua 
del 
ricorrente, espone 
distintamente 
le 
proprie 
controdeduzioni 
in relazione 
alle 
diverse 
ipotesi 
di 
possibile 
interpretazione 
del 
ricorso 
di 
controparte 
(�per 
il 
caso 
in 
cui 
l�avverso 
motivo 
abbia 
inteso ��) per contestarle entrambe. 

Il 
principio 
di 
chiarezza 
sembra 
quindi 
esprimere 
l�esigenza 
apprezzabile 
a 
che 
i 
motivi 
di 
ricorso 
per 
cassazione 
siano 
specifici 
e 
riferibili 
a 
uno 
dei 
vizi 
codificati 
dal 
legislatore 
e 
che, 
inoltre, 
tanto 
emerga 
in 
modo 
palese, 
senza 
cio� 
il 
concorso di 
una 
particolare 
opera 
di 
interpretazione 
dell�atto processuale 
da parte del Giudicante. 


l�affermazione 
del 
principio 
di 
chiarezza, 
ossia 
dell�onere 
di 
indicazione 
dei 
motivi 
in 
modo 
distinto 
e 
palesemente 
riferibile 
alle 
tipologie 
previste 
dall�art. 
360 
c.p.c., 
non 
deve 
per� 
spingersi 
fino 
a 
pretendere 
l�adozione 
di 
inderogabili 
formule. Non sarebbe 
insomma 
auspicabile 
un ritorno alle 
cinque 
�legis 
actiones�, esperibili 
soltanto mediante 
la 
pronuncia 
di 
�certa verba�. 
la 
tendenza 
ad un certo ritorno al 
formalismo propria 
delle 
legislazione 
processuale 
degli 
ultimi 
anni, cos� 
come 
di 
una 
parte 
della 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
� 
opportunamente 
bilanciata 
dall�opposta 
tendenza 
volta 
a 
circoscrivere le ipotesi di inammissibilit� alle violazioni pi� gravi. 

In 
relazione 
allo 
specifico 
tema 
della 
formulazione 
dei 
motivi 
qui 
trattato, 
la Corte ha affermato che: 


-l'erronea 
intitolazione 
del 
motivo 
di 
ricorso 
per 
cassazione 
non 
osta 
alla 
riqualificazione 
della 
censura 
e 
alla 
sua 
sussunzione 
in altre 
fattispecie 
di 
cui 
all'art. 
360, 
comma 
1, 
c.p.c., 
n� 
determina 
l'inammissibilit� 
del 
ricorso, 
se 
dal-
l'articolazione 
del 
motivo 
sia 
chiaramente 
individuabile 
il 
tipo 
di 
vizio 
denunciato 
(Cass. civ. Sez. v Ord., 23 gennaio 2019, n. 1802); 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


-�il 
fatto che 
un singolo motivo sia articolato in pi� profili 
di 
doglianza, 
ciascuno dei 
quali 
avrebbe 
potuto essere 
prospettato come 
un autonomo motivo, 
non costituisce, di 
per 
s�, ragione 
d'inammissibilit� dell'impugnazione, 
dovendosi 
ritenere 
sufficiente, 
ai 
fini 
dell'ammissibilit� 
del 
ricorso, 
che 
la 
sua 
formulazione 
permetta 
di 
cogliere 
con 
chiarezza 
le 
doglianze 
prospettate� 
(Cass. 
civ. 
Sez. 
v, 
Ord., 
5 
dicembre 
2018, 
n. 
31443 
e 
Cass. 
civ. 
Sez. 
Unite 
Sent., 6 maggio 2015, n. 9100); 


-fermo 
che 
il 
ricorso 
per 
cassazione 
�deve 
essere 
articolato 
in 
specifici 
motivi 
riconducibili 
in 
maniera 
immediata 
ed 
inequivocabile 
ad 
una 
delle 
cinque 
ragioni 
di 
impugnazione 
stabilite 
dalla 
citata 
disposizione�, 
la 
Corte 
ha 
puntualizzato 
che 
non 
� 
necessaria 
adozione 
di 
formule 
sacramentali 
o 
l'esatta 
indicazione 
numerica 
di 
una 
delle 
predette 
ipotesi 
e 
pertanto, 
anche 
quando 
sia 
stata 
omessa 
l�indicazione 
della 
specifica 
fattispecie 
di 
cui 
all�art. 
360 
c.p.c. 
il 
motivo 
� 
comunque 
ammissibile 
quando 
�rechi 
univoco 
riferimento� 
alla 
censura 
che 
la 
parte 
ha 
inteso 
far 
valere 
(Cass. 
S.U. 
n. 
17931 
del 
24 
luglio 
2013). 


In definitiva, l�inammissibilit� 
non pu� derivare 
dal 
semplice 
fatto che 
la 
parte 
abbia 
indicato 
in 
modo 
erroneo 
la 
tipologia 
di 
censura, 
per 
esempio 
qualificandola 
in relazione 
al 
n. 4 in luogo che 
al 
n. 5 dell�art. 360 c.p.c., n� 
� 
indispensabile 
la 
stessa 
indicazione 
del 
numero riferito al 
vizio che 
si 
intende 
fare 
valere, 
n� 
dalla 
indicazione 
in 
un�unica 
rubrica 
di 
censure 
diverse 
che 
avrebbero trovato migliore esposizione se trattate distintamente, 

Ma 
resta 
indispensabile 
che 
la 
censura 
proposta 
dalla 
parte 
ricorrente 
sia 
individuabile 
in modo palese 
e 
inequivoco. Pertanto le 
predette 
omissioni 
o 
errate 
indicazioni 
darebbero 
luogo 
a 
inammissibilit�, 
qualora 
non 
fossero 
presenti 
altri 
elementi 
nella 
rubrica 
o nell�argomentazione 
e 
in particolare 
nella 
conclusione 
del 
motivo, che 
rendano evidente 
l�univoco riferimento a 
uno dei 
motivi predeterminati dalla legge processuale. 

5. Conclusione. 
l�ordinanza 
in 
commento 
richiama 
il 
risultato 
della 
elaborazione 
giuridica 
che 
precede, facendo propria 
l�espressione 
sintetica 
�principio di 
chiarezza�. 

In 
conclusione, 
tale 
�principio 
di 
chiarezza 
che 
presiede 
alla 
formulazione 
dei 
motivi 
di 
ricorso per 
cassazione� 
trova 
la 
sua 
fonte 
positiva 
direttamente 
nell�art. 
360 
c.p.c. 
e 
si 
pu� 
individuare 
nell�onere 
della 
parte 
ricorrente, 
a 
pena 
di 
inammissibilit�, di 
formulare 
in modo specifico, distinto, univoco e 
chiaro, i 
motivi 
di 
impugnazione, che 
intende 
sottoporre 
al 
giudice 
di 
legittimit�. 
Ai 
fini 
dell�assolvimento di 
tale 
onere 
assume 
rilievo, ma 
non determinante, 
anche 
l�indicazione 
sintetica 
contenuta 
nella 
�rubrica� 
del 
singolo 
motivo e nell�intestazione del ricorso. la nozione non appare inutile: 


-sul 
piano 
ricostruttivo 
poich� 
consente 
di 
richiamare 
sinteticamente 
i 
requisiti 
dei 
motivi 
di 
impugnazione 
per cassazione 
gi� 
elaborati 
dalla 
giurisprudenza; 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


-sul 
piano 
pratico, 
perch�, 
enfatizzando 
la 
necessit� 
di 
chiarezza 
della 
domanda 
giudiziale, concorre 
alla 
semplificazione 
della 
risposta 
del 
Giudice 
di legittimit�. 

� 
essenziale 
per� 
che 
l�esigenza 
di 
semplificazione 
e 
di 
deflazione 
del 
contenzioso 
di 
tale 
tipo 
non 
si 
risolva 
in 
uno 
sbarramento 
all�accesso 
alla 
Giustizia 
sostanziale, la 
quale 
resta 
pur sempre 
lo scopo ultimo dell�intero apparato 
del 
potere 
giurisdizionale. 
Orbene, 
siffatti 
limiti 
non 
paiono 
superati 
dall�elaborazione 
del 
principio di 
chiarezza, di 
cui 
si 
� 
detto, che 
potr� 
essere 
invece 
utile 
alla 
definizione 
pi� puntuale 
dei 
limiti 
e 
degli 
scopi 
dell�istituto 
del 
ricorso per cassazione, purch� 
non se 
ne 
faccia 
in futuro un utilizzo indiscriminato. 


Cassazione 
civile, Sezione 
Tributaria, ordinanza 23 gennaio 2019 n. 1831 
-pres. E. Manzon, 
Rel. 
G. 
Fuochi 
tinarelli 
-GPWAY 
Computer 
Srl 
(avv. 
G. 
Marzio) 
c. 
Agenzia 
delle 
entrate 
(avv. gen. Stato). 


rIlEvAtO ChE 


-GPWAY 
Computer Srl 
impugnava 
gli 
avvisi 
di 
accertamento per Iva 
per gli 
anni 
d'imposta 
2003-2006, emessi 
dall'Agenzia 
delle 
entrate 
per operazioni 
soggettivamente 
inesistenti 
nel-
l'ambito 
di 
attivit� 
di 
commercio 
intracomunitario 
di 
prodotti 
informatici, 
acquistati 
da 
societ� 
cartiere; 
-la 
Commissione 
tributaria 
provinciale 
di 
roma 
dichiarava 
inammissibili 
per 
tardivit� 
i 
ricorsi 
avverso gli 
avvisi 
per gli 
anni 
2003-2005 e 
rigettava 
il 
ricorso con riguardo all'anno 2006; 
la 
Ctr, in parziale 
riforma 
della 
decisione 
di 
primo grado, riteneva 
la 
nullit� 
della 
notifica 
con 
riguardo 
agli 
avvisi 
per 
le 
prime 
tre 
annualit� 
e, 
quindi, 
ammissibili 
tutti 
i 
ricorsi, 
che, 
peraltro, 
rigettava nel merito; 
-GPWAY 
Computer 
Srl 
propone 
ricorso 
per 
cassazione 
con 
tre 
motivi; 
resiste 
l'Agenzia 
delle 
entrate 
con 
controricorso, 
proponendo 
altres� 
ricorso 
incidentale 
condizionato 
con 
un 
motivo, 
cui si oppone la contribuente con controricorso; 
CONSIDErAtO ChE 


-il 
primo motivo denuncia, ai 
sensi 
dell'art. 360 n. 5 c.p.c., violazione 
degli 
artt. 2697 e 
2729 
c.c., nonch� 
della 
circolare 
ministeriale 
n. 45/D 
del 
17 novembre 
2005, "per incompleta 
ricostruzione 
del 
fatto storico complesso e 
per insufficiente 
e 
contraddittoria 
motivazione 
circa 
un punto decisivo della 
controversia", per, aver la 
Ctr ritenuto fondata 
la 
pretesa 
dell'Amministrazione 
fiscale 
pur in assenza 
della 
prova 
della 
consapevolezza 
dell'indebita 
detrazione 
da 
parte 
della 
contribuente, non essendo stato n� 
indicato, n� 
individuato il 
soggetto dissimulato 
asseritamente 
effettivo fornitore 
della 
societ�; 
rileva, inoltre, che 
l'acquisto era 
stato effettivamente 
operato 
con 
versamento 
del 
relativo 
costo 
e 
che 
i 
beni 
non 
erano 
stati 
successivamente 
venduti 
ad un prezzo inferiore 
a 
quello di 
mercato; 
contesta, infine, il 
ragionamento 
presuntivo operato dalla Ctr; 
-il 
motivo 
� 
inammissibile, 
traducendosi 
in 
una 
inestricabile 
commistione 
di 
violazioni 
di 
legge 
e 
vizi 
motivazionali, lamentando la 
ricorrente, al 
contempo, sia 
l'errata 
ripartizione 
del-
l'onere 
della 
prova, sia 
il 
difetto del 
ragionamento presuntivo da 
parte 
del 
giudice 
di 
merito, 
sia l'omessa considerazione di elementi fattuali asseritamente costitutivi della fattispecie; 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


- al di l� dell'irrituale formulazione, peraltro, la doglianza � comunque infondata; 
-giova 
premettere, 
sul 
punto, 
che 
in 
tema 
di 
operazioni 
soggettivamente 
inesistenti 
questa 
Corte, con la sentenza n. 9851 del 10 aprile 2018, ha affermato che: 
1. l'Amministrazione 
finanziaria, la 
quale 
contesti 
che 
la 
fatturazione 
attenga 
ad operazioni 
soggettivamente 
inesistenti, inserite 
o meno nell'ambito di 
una 
frode 
carosello, ha 
l'onere 
di 
provare, 
anche 
solo 
in 
via 
indiziaria, 
l'oggettiva 
fittiziet� 
del 
fornitore 
e 
la 
consapevolezza 
del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta; 
2. la 
prova 
della 
consapevolezza 
dell'evasione, peraltro, non richiede 
che 
l'Amministrazione 
finanziaria 
provi 
la 
partecipazione 
del 
soggetto all'accordo criminoso od anche 
la 
sua 
piena 
consapevolezza 
della 
frode 
ma 
che 
essa 
dimostri, 
in 
base 
ad 
elementi 
oggettivi 
e 
specifici 
non 
limitati 
alla 
mera 
fittiziet� 
del 
fornitore, che 
il 
contribuente 
sapeva 
o avrebbe 
dovuto sapere, 
con l'ordinaria 
diligenza 
in rapporto alla 
qualit� 
professionale 
ricoperta, che 
l'operazione 
si 
inseriva 
in una 
evasione 
fiscale, ossia 
che 
egli 
disponeva 
di 
indizi 
idonei 
a 
porre 
sull'avviso 
qualunque 
imprenditore 
onesto e 
mediamente 
esperto sulla 
sostanziale 
inesistenza 
del 
contraente; 
3. incombe 
sul 
contribuente 
la 
prova 
contraria 
di 
aver agito in assenza 
di 
consapevolezza 
di 
partecipare 
ad un'evasione 
fiscale 
e 
di 
aver adoperato, per non essere 
coinvolto in una 
tale 
situazione, 
la 
diligenza 
massima 
esigibile 
da 
un operatore 
accorto secondo criteri 
di 
ragionevolezza 
e 
di 
proporzionalit� 
in rapporto alle 
circostanze 
del 
caso concreto, non assumendo 
rilievo, 
a 
tal 
fine, 
n� 
la 
regolarit� 
della 
contabilit� 
e 
dei 
pagamenti, 
n� 
la 
mancanza 
di 
benefici 
dalla rivendita delle merci o dei servizi; 
- orbene, la 
Ctr si 
� 
attenuta 
ai 
principi 
sopra 
esposti, ritenendo, sulla 
base 
degli 
elementi 
introdotti 
dall'Ufficio e 
con motivazione 
congrua, gli 
acquisti 
effettuati 
da 
societ� 
cartiere 
e 
la 
consapevolezza 
della 
contribuente, 
che 
avrebbe 
dovuto 
sapere 
�data 
la 
sistematicit� 
di 
dette 
operazioni 
compiute 
per 
numero 
e 
importi 
rilevanti�, 
senza 
che, 
per 
contro, 
sia 
stata 
fornita alcuna idonea prova contraria; 
-� 
poi 
irrilevante 
che 
non siano stati 
identificati 
gli 
effettivi 
fornitori 
della 
merce 
atteso che 
una 
volta 
fornita 
la 
prova 
della 
fittiziet� 
dell'apparente 
venditore 
non 
� 
necessario 
che 
sia 
anche 
dimostrata 
l'identit� 
di 
quello effettivo, che 
nulla 
aggiunge 
alla 
ormai 
conseguita 
dimostrazione 
dell'alterit� soggettiva rispetto a quella reale; 
-quanto, infine, alla 
contestazione 
in ordine 
al 
ragionamento presuntivo operato in base 
agli 
elementi 
introdotti 
in giudizio, la 
censura 
� 
ulteriormente 
inammissibile, traducendosi 
in una 
non condivisione 
del 
percorso motivazionale 
adottato dal 
giudice 
di 
merito giudice, in vista, 
dunque, di una nuova valutazione di merito, non consentita in sede di legittimit�; 
-il 
secondo motivo denuncia, ai 
sensi 
dell'art. 360 n. 5 c.p.c., violazione 
dell'art. 54 d.P.r. n. 
633 del 
1972 "per incompleta 
ricostruzione 
del 
fatto storico complesso e 
per insufficiente 
e 
contraddittoria 
motivazione 
circa 
un punto decisivo della 
controversia" 
per non aver la 
Ctr 
tenuto conto della nullit� dell'avviso di accertamento, generico ed incompleto; 
- il motivo � inammissibile e per pi� ragioni; 
-per novit� 
della 
questione, nulla 
risultando dalla 
sentenza, n� 
avendo la 
ricorrente 
indicato 
(e riprodotto i relativi atti) ove la stessa era stata posta in primo e in secondo grado; 
-per l'assoluta 
genericit� 
della 
doglinza, nulla 
essendo stato precisato in ordine 
alle 
asserite 
insufficienze dell'avviso; 
- per difetto di autosufficienza, non essendo stato in alcun modo riprodotto l'atto censurato; 
-il 
terzo motivo denuncia, ai 
sensi 
dell'art. 360 n. 3 e 
5 c.p.c., violazione 
e 
falsa 
applicazione 
degli 
artt. 19 e 
21 d.P.r. n. 633 del 
1972, nonch� 
omessa 
motivazione 
su un punto decisivo 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


della 
controversia; 
la 
ricorrente 
lamenta 
che 
l'obbligo di 
versare 
l'imposta 
incomberebbe, in 
caso di 
operazioni 
soggettivamente 
inesistenti, solo in capo all'emittente 
le 
fatture 
e 
non sull'utilizzatore 
delle 
stesse 
e 
che, inoltre, indebitamente 
l'Ufficio avrebbe 
ripreso i 
costi 
documentati 
anche ai fini delle imposte dirette; 
-pure 
tale 
censura 
� 
inammissibile, 
presentando 
i 
medesimi 
vizi 
rilevati 
con 
riguardo 
al 
primo 
motivo, con evidente 
violazione 
del 
principio di 
chiarezza 
che 
presiede 
alla 
formulazione 
dei 
motivi di ricorso per cassazione; 


-la 
censura, peraltro, da 
un lato neppure 
si 
traduce 
in una 
doglianza 
nei 
confronti 
della 
decisione 
della 
Ctr (fermo restando che, per la 
costante 
giurisprudenza 
nazionale 
e 
unionale, il 
diritto a 
detrazione 
per il 
destinatario della 
fattura 
presuppone 
l'effettivit� 
dell'operazione: 
v. 
ex 
multis 
Corte 
di 
Giustizia, 
sentenza 
6 
settembre 
2012, 
in 
C-324/11, 
t�th; 
sentenza 
22 
ottobre 
2015, 
in 
C-277/14, 
ppuh; 
sentenza 
19 
ottobre 
2017, 
in 
C-101/16, 
sC 
paper 
Consult); 
dall'altro, 
poi, 
trascura 
che 
gli 
avvisi 
di 
accertamento 
di 
cui 
al 
giudizio 
hanno 
ad 
oggetto 
esclusivamente 
l'Iva, sicch� 
del 
tutto irrilevanti 
sono le 
censure 
in ordine 
all'indicata 
ripresa 
ai 
fini 
delle 
imposte 
dirette; 
- il ricorso va pertanto rigettato per inammissibilit� dei motivi; 
-il 
ricorso incidentale 
condizionato - con cui 
l'Agenzia 
denuncia 
la 
violazione 
degli 
artt. 145 
c.p.c., 7 l. n. 890 del 
1982, 2700 c.c. e 
20 d.lgs. n. 546 del 
1992 per aver la 
Ctr ritenuto tempestivi 
i ricorsi della contribuente per le annualit� 2003-2005 - resta assorbito; 
- le spese, regolate per soccombenza, sono liquidate come in dispositivo; 
P.Q.M. 
la 
Corte 
rigetta 
il 
ricorso e 
dichiara 
assorbito il 
ricorso incidentale 
condizionato. Condanna 
il 
contribuente 
al 
pagamento 
delle 
spese 
a 
favore 
dell'Agenzia 
delle 
entrate, 
che 
liquida 
in 
complessive in � 13.000,00, oltre spese prenotate a debito. 
Deciso in roma, nell'adunanza camerale del 18 dicembre 2018. 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


La sentenza n. 2097/2017 del 
Tribunale di Cagliari sulla 
definizione di demanio marittimo (sistema dunale) 


tRibUNale 
CiVile 
Di 
CagliaRi, sezioNe 
ii, seNteNza 
27 giUgNo 
2017 N. 2097 


Il 
tribunale 
di 
Cagliari, 
con 
l�unita 
sentenza 
n. 
2097/ 
2017, 
nel 
frattempo 
passata 
in 
giudicato, 
ha 
enunciato le 
seguenti 
massime 
(per noi, in Sardegna, importanti 
e 
mi 
auguro in generale 
utili): 
�Della 
spiaggia 
fanno 
parte 
altres�, 
costituendone 
una 
particolare 
tipologia 
morfologica, 
le 
dune 
costiere, 
vale 
a 
dire 
quegli 
accumuli 
sabbiosi 
originati 
dal 
vento 
e 
dai 
moti 
ondosi 
delle 
correnti 
marine, 
che 
sono 
interessate 
da 
costanti 
interazioni 
con 
la 
spiaggia 
antistante, 
attraverso 
continui 
apporti 
ovvero 
prelevamenti 
di 
sabbia, 
si 
da 
costituire 
altres� 
la 
principale 
difesa 
naturale 
contro 
i 
fenomeni 
di 
erosione. 
In 
ragione 
di 
tali 
processi 
simbiotici 
naturali, 
il 
sistema 
dunale 
non 
� 
quindi 
naturalisticamente 
e 
giuridicamente 
distinguibile 
dal 
concetto 
di 
spiaggia�. 
�Nella 
nozione 
di 
lido, 
possono 
rientrare 
diverse 
categorie 
di 
beni, 
come 
i 
tratti 
di 
costa 
elevati 


o a 
picco sul 
mare, le 
scogliere, gli 
scogli 
ed i 
promontori 
che 
si 
presentino immediatamente 
a 
contatto 
col 
mare 
e 
siano 
appunto 
raggiunti 
dalle 
ordinarie 
mareggiate 
invernali 
(arg. 
ex 
art. 
55 
Codice 
della 
Navigazione, 
che 
assoggetta 
ad 
autorizzazione 
la 
realizzazione 
di 
opere 
entro 
una fascia di rispetto dal demanio marittimo e 'dal ciglio dei terreni elevati sul mare..')�. 
giandomenico tenaglia* 


In 
effetti, 
l�affermazione 
mi 
pare 
notevole. 
Spesso 
per 
la 
definizione 
di 
spiaggia 
si 
� 
in 
passato 
fatto riferimento alla 
potenziale 
destinazione 
agli 
usi 
pubblici 
del 
mare, con una 
sorta 
di 
formula 
tralaticia. 
Secondo 
parte 
della 
dottrina 
e 
della 
giurisprudenza 
addirittura 
il 
criterio 
fisico 
sarebbe 
irrilevante, 
rilevando 
invece, 
quale 
autonomo 
criterio 
la 
asservibilit� 
all�uso 
pubblico 
del mare. 
la 
cosa 
non 
mi 
ha 
mai 
convinto 
perch� 
condurrebbe 
a 
escludere 
la 
qualificazione 
come 
spiaggia 
di 
un terreno in caso di 
lontananza 
dal 
mare 
sebbene 
dotato delle 
caratteristiche 
fisiche 
e 
naturali della spiaggia. 
Notevole 
pure 
l�apertura 
per le 
coste 
rocciose, sebbene 
timidamente 
limitata 
al 
�quatenus 
hybernus 
fluctus 
maximus 
excurrit�. Non si 
comprende 
infatti 
quale 
sia 
la 
logica 
di 
considerare 
demanio necessario una costa in dipendenza della �morbidezza del suolo�. 

Carlo Maria pisana* 


Tribunale 
di 
Cagliari, 
Sezione 
II 
civile, 
sentenza 
27 
giugno 
2017 
n. 
2097 
-giud. 
Gabriella 
Dess� 
- Accademia 
Societ� 
GI Gestione 
del 
risparmo s.p.a. (avv.ti 
l. Frau, P. Frau, M. Frau, 


A. Contini) c. Agenzia del demanio (avv. distrett. Stato Cagliari). 
Oggetto: accertamento negativo propriet�. Occupazione senza titolo immobile. 
(...) 
l�amministrazione 
convenuta 
ha 
resistito 
in 
giudizio, 
contestando 
radicalmente 
la 
fondatezza 
delle avverse domande eccependo in particolare quanto segue: 


(*) Avvocati dello Stato. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


-i 
lotti 
di 
terreno 
oggetto 
di 
causa 
s� 
appartengono 
indubitabilmente 
al 
pubblico 
demanio 
MArIttIMO, 
in primo luogo perch� da sempre catastalmente intestati al demanio dello Stato; 


-gli 
stessi 
inoltre, presentano inequivocabilmente 
i 
caratteri 
naturalistici 
propri 
del 
Demanio 
Marittimo, 
e 
non 
possono 
pertanto 
perdere 
tale 
connotazione 
per 
fatto 
ascrivibile 
all'intervento 
artificiale 
dell'uomo, 
come 
parrebbe 
nella 
specie 
essere 
avvenuto 
ad 
opera 
della 
stessa 
societ� 
attrice ovvero della sua dante causa; 
-stante 
il 
particolare 
regime 
normativo che 
da 
sempre 
connota 
i 
beni 
del 
pubblico demanio 
marittimo, neppure 
potrebbe 
ad ogni 
buon conto rilevare 
l'eventuale 
immutazione 
che 
detti 
beni 
dovessero avere 
subito nel 
tempo per effetto di 
fenomeni 
naturali, richiedendosi 
anche 
in tal 
caso un espresso provvedimento di 
sclassificazione 
rimesso al 
prudente 
apprezzamento 
della 
amministrazione 
competente 
anche 
in relazione 
al 
venir meno della 
concreta 
loro idoneit� 
ai pubblici usi del mare; 
-nessun rilievo poteva 
infine 
rivestire 
il 
verbale 
di 
delimitazione 
in data 
30 giugno 1960, sia 
perch� 
ove 
posto in essere 
in contrasto coi 
parametri 
di 
legge 
non potrebbe 
certo valere 
a 
far 
venir 
meno 
la 
ritenuta 
demanialit� 
dei 
luoghi, 
sia 
perch� 
-in 
ogni 
caso 
-contrariamente 
a 
quanto ritenuto da 
parte 
attrice, detto verbale 
non era 
stato portato a 
compimento proprio in 
relazione 
al 
tratto di 
litorale 
oggetto della 
odierna 
contesa, non avendo l'ufficio procedente 
reputato sussistere le condizioni di legge. 
ha concluso per il rigetto della avversa domanda col favore delle spese di lite. 
la 
causa, istruita 
con produzioni 
documentali 
e 
consulenza 
tecnica 
d'ufficio, all'udienza 
del 
2 dicembre 
2016 � 
stata 
infine 
trattenuta 
per la 
decisione 
sulle 
sopra 
trascritte 
conclusioni 
di 
parte. 
le 
domande 
proposte 
nell'interesse 
dell'attrice 
sono 
tutte 
risultate 
infondate 
e 
devono 
pertanto 
essere rigettate per le ragioni in fatto o diritto meglio di seguito specificate. 
Preliminarmente 
all'esame 
del 
merito 
della 
controversia, 
deve 
essere 
dichiarata 
la 
giurisdizione 
di 
questo tribunale 
a 
conoscere 
del 
merito del 
presente 
procedimento, vertendosi 
pacificamente 
-come 
costantemente 
ribadito 
dalla 
giurisprudenza 
amministrativa 
e 
del 
Supremo 
Collegio 
-in 
materia 
di 
diritti 
soggettivi 
pieni, 
relativamente 
ai 
quali 
non 
� 
configurabile 
l�esercizio di discrezionalit� amministrativa. 
Invero, le 
procedure 
di 
delimitazione 
del 
Demanio Marittimo comunque 
attuate 
dalla 
amministrazione 
competente, 
hanno 
sempre 
natura 
di 
mero 
accertamento 
e 
non 
carattere 
costitutivo, 
non comportano l'esercizio di 
poteri 
discrezionali 
da 
parte 
della 
PA 
atti 
a 
degradare 
a 
meri 
interessi 
i 
diritti 
soggettivi 
eventualmente 
implicati 
dalle 
operazioni 
di 
confinamento, 
sono 
pertanto 
suscettibile 
di 
contestazione 
davanti 
al 
Giudice 
ordinario, 
che 
avr� 
il 
potere 
di 
disapplicare 
ogni 
provvedimento 
e 
determinazione 
illegittimamente 
adottato, 
ai 
sensi 
dell'art. 
5 della legge abolitrice del contenzioso amministrativo. 
Invero 
�.. 
il 
procedimento 
di 
delimitazione 
del 
demanio 
marittimo, 
previsto 
dall'art. 
32 
c. 
nav., tendendo a rendere 
evidente 
la demarcazione 
fra tale 
demanio e 
le 
propriet� private 
finitime, 
si 
presenta quale 
proiezione 
specifica della normale 
azione 
di 
regolamento di 
confini 
di 
cui 
all'art. 950 c.c., e 
si 
conclude 
con un atto di 
delimitazione, il 
quale 
ha una funzione 
di 
mero accertamento, in sede 
amministrativa, dei 
confini 
del 
demanio marittimo rispetto alle 
propriet� dei 
privati, senza l�esercizio di 
un potere 
discrezionale 
della p.a.; ne 
consegue 
che 
il 
privato, il 
quale 
contesti 
l'accertata demanialit� del 
bene, pu� invocare 
la tutela della propria 
situazione 
giuridica 
soggettiva 
dinanzi 
al 
g.o., 
abilitato 
alla 
disappllcaziorie 
dell'atto 
amministrativo, se od in guanto illegittimo.. 
(in tal senso, fra l'altro, Cass. 10817/2009). 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Ci� chiarito, la 
difesa 
di 
parte 
attrice 
contesta 
la 
correttezza 
della 
recente 
rivisitazione 
della 
cartografia 
SID 
- Sistema 
Informativo Demanio Marittimo - che 
avrebbe 
comportato la 
indebita 
inclusione 
nell'ambito del 
pubblico Demanio Marittimo di 
due 
lotti 
di 
terreno - rispettivamente 
distinti 
nel 
catasto del 
Comune 
di 
Sorso al 
foglio 26, mappale 
9, sub. c, attualmente 
mappale 
12, di 
ettari 
10.52.31, e 
al 
foglio 27, mappale 
24, sub. d), attualmente 
dal 
mappale 
69, di 
ettari 
4.81.55 - in realt� 
appartenenti 
all'attrice, che 
li 
aveva 
acquisiti 
dalla 
originaria 
proprietaria 
ItA 
Industria 
turistica 
Alberghiera, 
titolare 
degli 
stessi 
per 
legittimi 
titoli 
risalenti 
al ben oltre il ventennio. 
Come 
gi� 
in 
premessa 
meglio 
evidenziato, 
e 
conformemente 
a 
quanto 
ripetutamente 
affermato 
dalla 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
allorquando 
si 
controverte 
in 
merito 
alla 
effettiva 
estensione 
delle 
aree 
demaniali 
e 
alla 
loro delimitazione 
dalle 
contigue 
propriet� 
dei 
privati, si 
configura 
una 
situazione 
non 
dissimile 
a 
quella 
che 
costituisce 
il 
presupposto 
dell'azione 
di 
regolamento 
di 
confini, alla 
cui 
disciplina 
dovr� 
quindi 
essere 
assoggettata 
la 
relativa 
cognizione, anche 
tenuto canto della pariteticit� del rapporto che in proposito si configura tra le parti in causa. 
In forza 
di 
quanto disposto dall'art. 950 CC �I) Quando il 
confine 
tra due 
fondi 
� 
incerto, ciascuno 
dei 
proprietari 
pu� chiedere 
che 
sia stabilito giudizialmente 
[ii] 
ogni 
mezzo di 
prova 
� 
ammesso. [iii] 
in mancanza di 
altri 
elementi, il 
giudice 
si 
attiene 
al 
confine 
delineato dalle 
mappe catastali..�. 


tali 
regole 
di 
giudizio trovano piena 
applicazione 
anche 
nei 
rapporti 
tra 
propriet� 
pubblica 
e 
propriet� 
privata, pertanto - stante 
il 
carattere 
puramente 
residuale 
delle 
mappe 
catastali 
e 
la 
non vincolativit� 
della 
speciale 
procedura 
di 
accertamento prevista 
per i 
beni 
demaniali 
marittimi 
dall'art. 32 del 
Codice 
della 
Navigazione 
- dovr� 
in concreto aversi 
riguardo alla 
specifica 
normativa 
che 
connota 
ogni 
singola 
categoria 
di 
beni, 
e 
segnatamene 
alle 
previsioni 
che attengono all'acquisto e alla perdita della loro demanialit�. 
Ai 
sensi 
dell'art. 
822 
CC 
e 
28 
Codice 
della 
Navigazione, 
appartengono 
allo 
Stato 
e 
fanno 
parte 
del 
pubblico 
demanio 
marittimo 
il 
lido 
del 
mare, 
la 
spiaggia, 
le 
rade 
e 
i 
porti, 
oltre 
alle 
lagune, 
alle foci dei fiumi che sboccano in mare ed ai canali utilizzabili per i pubblici usi del mare. 
l'elencazione 
contenuta 
in tali 
previsioni 
normative 
� 
ritenuta 
comunemente 
tassativa, anche 
in ragione 
del 
fatto che 
dalla 
sua 
applicazione 
derivano importanti 
implicazioni 
in tema 
di 
regime 
giuridico e 
circolazione 
dei 
beni, e 
tuttavia 
- considerato che 
nessuna 
di 
tali 
previsioni 
contiene 
una 
puntuale 
definizione 
delle 
singole 
categorie 
di 
beni 
- le 
stesse 
sono di 
fatto il 
risultato 
di 
un risalente 
processo di 
elaborazione 
di 
dottrina 
e 
giurisprudenziale, che 
muove 
dal 
condivisibile 
presupposto che 
la 
tipizzazione 
normativamente 
operata 
- non essendo espressamente 
comprensiva 
di 
tutte 
le 
moltepici 
variet� 
morfologiche 
che 
compongono l'oggettiva 
entit� 
del 
Demanio 
Marittimo 
-� 
da 
ritenersi 
riferita 
a 
particolari 
categorie 
o 
tipologie 
di 
beni, 
comprensive di tutte le entit� che presentano le caratteristiche proprie del tipo. 
Cos�, ad esempio, il 
lido del 
mare 
� 
la 
porzione 
di 
terraferma 
a 
diretto contatto con le 
acque 
del 
mare, 
da 
cui 
resta 
normalmente 
coperta 
in 
occasione 
delle 
ordinarie 
mareggiate, 
con 
esclusione 
dei momenti di tempesta. 
Nella 
nozione 
di 
lido cos� 
determinata, peraltro, possono rientrare 
diverse 
categorie 
di 
beni, 
come 
i 
tratti 
di 
costa 
elevati 
o a 
picco sul 
mare, le 
scogliere, gli 
scogli 
ed i 
promontori 
che 
si 
presentino immediatamente 
a 
contatto col 
mare 
e 
siano appunto raggiunti 
dalle 
ordinarie 
mareggiate 
invernali 
(arg. ex art. 55 Codice 
della 
Navigazione, che 
assoggetta 
ad autorizzazione 
la 
realizzazione 
di 
opere 
entro una 
fascia 
di 
rispetto dal 
demanio marittimo e 
�..dal 
ciglio dei 
terreni elevati sul mare..�). 
la 
spiaggia 
comprende 
i 
tratti 
di 
terra, sabbiosi 
o ghiaiosi 
o di 
altra 
natura, che 
dal 
lido del 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


mare 
si 
estendono 
verso 
la 
terraferma, 
con 
estensione 
variabile 
a 
seconda 
dell'andamento 
delle 
mareggiate anche straordinarie. 
Strettamente 
coessenziale 
alla 
nozione 
di 
spiaggia 
� 
quella 
di 
arenile, che 
comprende 
i 
tratti 
di 
terra 
gi� 
alluviati 
ma 
non 
pi� 
bagnato 
dalle 
acque 
del 
mare 
neppure 
in 
occasione 
della 
straordinarie 
mareggiate, che 
risultano pertanto relitti 
dal 
naturale 
ritirarsi 
delle 
acque, restando 
tuttavia 
idonei, per la 
loro contiguit� 
alla 
spiaggia 
ancora 
interessata 
dai 
cicli 
delle 
maree, ai 
pubblici usi del mare anche se in via soltanto potenziale. 
Della 
spiaggia 
fanno 
parte 
altres�, 
costituendone 
una 
particolare 
tipologia 
morfologica, 
le 
dune 
costiere, 
vale 
a 
dire 
quegli 
accumuli 
sabbiosi 
originati 
dal 
vento 
e 
dai 
moti 
ondosi 
delle 
correnti 
marine, 
che 
sono 
interessate 
da 
costanti 
interazioni 
con 
la 
spiaggia 
antistante, 
attraverso 
continui 
apporti 
ovvero 
prelevamenti 
di 
sabbia, 
s� 
da 
costituire 
altres� 
la 
principale 
difesa 
naturale 
contro 
i 
fenomeni 
di 
erosione. 
In 
ragione 
di 
tali 
processi 
simbiotici 
naturali, 
il 
sistema 
dunale 
non 
� 
quindi 
naturalisticamente 
e 
giuridicamente 
distinguibile 
dal 
concetto 
di 
spiaggia. 
trattandosi 
di 
beni 
appartenenti 
al 
demanio naturale 
necessario, l�acquisto della 
demanialit� 
e 
la 
conseguente 
appartenenza 
allo Stato coincide 
coi 
fenomeni 
naturali 
che 
ne 
determinano 
la formazione, indipendentemente dalla adozione di specifici provvedimenti amministrativi. 
Al 
contrario, il 
mutamento dello stato dei 
luoghi 
non � 
di 
per s� 
solo idoneo a 
modificare 
lo 
status 
giuridico 
di 
detti 
beni, 
essendo 
opinione 
pressoch� 
unanime 
in 
giurisprudenza 
che, 
giusta 
quanto disposta 
dall�art. 35 del 
Codice 
delta 
Navigazione 
(".. le 
zone 
demaniali 
che 
dal 
capo del 
compartimento non siano ritenute 
utilizzabili 
per 
pubblici 
usi 
del 
mare 
sono escluse 
dal 
demanio marittimo con decreto del 
ministro dei 
trasporti 
e 
della navigazione 
di 
concerto 
con quello per 
le 
finanze..") la 
sdemanializzazione 
dei 
beni 
del 
demanio marittimo richiede 
necessariamente 
un formale 
provvedimento amministrativo che 
- diversamente 
dagli 
atti 
di 
mera 
classificazione 
e 
mappatura 
- assumono efficacia 
costitutiva, non potendo detti 
effetti 
prodursi per meri fatti concludenti di tacita sdemanializzazione. 
l'applicazione 
di 
tale 
speciale 
normativa 
presuppone, 
naturalmente, 
la 
riconducibillt� 
del 
bene 
di 
volta 
in volta 
considerato nel 
novero delle 
specifiche 
e 
tassative 
categorie 
naturalistiche 
test� 
evidanziate, 
ed 
impone 
pertanto 
una 
indagine 
di 
carattere 
fattuale 
-da 
condursi 
alla 
stregua 
di 
rigorosi 
parametri 
scientifico-naturalistici 
incentrati 
sull'esame 
dello stato e 
delle 
caratteristiche 
morfologiche 
dei 
luoghi 
-alla 
quale 
-solamente 
potr� 
far 
seguito 
la 
individuazione 
della 
normativa 
correttamente 
applicabile, 
dovendosi 
solo 
residualmonte 
conferire 
rilievo alle 
vicende 
traslative 
e 
alle 
emergenze 
catastali 
che 
normalmente 
improntano 
la indagine valutativa ex art. 950 CC. 
Peraltro, 
un 
volta 
accertata 
l'appartenenza 
del 
bene 
ad 
una 
delle 
categorie 
normalivamente 
contemplate 
come 
costitutive 
del 
Demanio 
Marittimo 
naturale, 
la 
sua 
natura 
demaniale 
dovr� 
essere 
senz'altro affermata 
e 
mantenuta 
fino alla 
comprovata 
sopravvenienza 
di 
un provvedimento 
amministrativo 
di 
sdemanializzazione 
che 
comporti 
il 
venir 
meno 
di 
tale 
peculiare 
status 
giuridico del 
bene, all'esito di 
una 
valutazione 
ampiamente 
discrezionale 
circa 
la 
utilit� 
strumentale che l'area mantiene con riguardo ai potenziali usi del mare. 
Nella 
specie, 
nel 
rispondere 
ai 
quesiti 
formulati 
all'udienza 
del 
10 
febbraio 
2015, 
il 
consulente 
tecnico incaricato ing. roberto Balia ha riferito quanto segue: 


- i lotti di terreno oggetto del presente giudizio, in catasto al foglio 26, mappale 9, sub. c, attualmente 
mappale 
12, 
di 
ettari 
10.52.31, 
e 
al 
foglio 
27, 
mappale 
24, 
sub. 
d), 
attualmente 
mappale 
69, di 
ettari 
4.81.55, ricadono interamente 
all'interno della 
striscia 
di 
terreno ricompresa 
fra 
la 
dividente 
demaniale 
derivante 
dalle 
operazioni 
d� 
confinamento 
risalenti 
agli 
anni 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


1960/1961 fatta 
propria 
da 
parte 
attrice, e 
la 
nuova 
linea 
di 
confine 
oggi 
risultante 
dal 
SID, 
Sistema 
informatico Demanio Marittimo, che 
risulta 
mediamente 
arretrata 
rispetto alla 
precedente 
di 
circa 
70 metri, quantunque 
pi� prossima 
al 
mare 
di 
circa 
metri 
2,40 rispetto alla 
dividente demaniale tracciata nell'anno 1935; 


-sotto il 
profilo naturalistico detta 
area 
� 
interamente 
ricompresa 
nell'ambito del 
sistema 
dunale 
costiero che, per uno sviluppo lineare 
di 
svariati 
chilometri, contraddistingue 
la 
localit� 
Marina di Sorso 
-tale 
sistema 
dunale 
� 
rimasto inalterato nel 
tempo quanto meno, per quanto rileva 
ai 
fini 
del 
presente 
giudizio, dagli 
inizi 
del 
secolo scorso, come 
chiaramente 
si 
evince, procedendo a 
ritroso 
a) dallo stato attuate 
dei 
luoghi 
come 
rilevato dal 
CtU 
in sede 
d� 
espletamento della 
indagine 
peritale, graficamente 
restituito attraverso documentazione 
fotografica 
ed elaborati 
grafici 
e 
planimetrici 
b) dalla 
orto foto risalente 
all�anno 1968, che 
mostra 
l'imponente 
corpo dunale 
tagliato in due 
dalla Strada Provinciale e con la presenza di alcune discese a mare (Figura 19 prima CtU) 
c) 
dallo 
stralcio 
di 
mappa 
redatto 
dall'Istituto 
Geografico 
Militare 
intorno 
agli 
anni 
1961/1962, 
sulla 
scorta 
di 
un 
rilievo 
aerofotogrammetrico 
risalente 
all'anno 
1958, 
attestante 
come 
l'intera 
area 
fosse, al 
momento, dal 
punto di 
vista 
naturalistico del 
tutto integra 
ed incontaminata, e 
pertanto 
contrassegnata 
in 
mappa 
come 
�..dune 
eoliche 
pi� 
o 
meno 
vegetate..� 
(Figura 
20 
prima relazione di CtU; 
d) dalla 
orto foto risalente 
all'anno 1954, che 
mostra 
il 
medesimo fronte 
dunale 
del 
tutto intonso 
nella sua conformazione naturale (Figura 18 prima relazione di CtU); 
e) e 
soprattutto dal 
verbale 
delle 
operazioni 
di 
perimetrazione 
risalenti 
all'anno 1935 - con risultati 
pressoch� 
sovrapponibili 
a 
quelli 
oggi 
recepiti 
nella 
contestata 
cartografia 
SID 
- contenente 
analitica 
descrizione 
dell'assetto 
naturale 
dei 
luoghi, 
connotati 
dalla 
presenza 
"..di 
dune 
mobili 
alte 
fino a 20 metri, coperte 
di 
boscaglia fitta di 
ginepro e 
tamerici..", ritenute 
sufficienti 
ad attestare 
la 
natura 
demaniale 
dei 
luoghi, siccome 
costituenti 
per tali 
"..inoppugnabili 
indizi... dominio del mare e pertinenza del demanio marittimo.."; 
-in dipendenza 
di 
tali 
risultanze, la 
dividente 
demaniale 
derivata 
delle 
operazioni 
di 
delimitazione 
risalenti 
agli 
anni 
1960/61, 
deve 
ritenersi 
determinata 
senza 
tenere 
in 
alcun 
conto 
l'asseto 
naturale dei luoghi, come ampiamente documentato da epoca risalente, posto che 
-viene 
definita 
arenile 
quella 
che 
in realt� 
� 
una 
spiaggia 
ancora 
soggetta 
ai 
moti 
ondosi 
del 
mare 
-viene 
definito costa rialzata 
quella 
che 
in concreto � 
il 
fronte 
a 
mare 
del 
banco dunale 
incorporato 
nella spiaggia, che si protende per diverse centinaia di metri verso la terraferma; 
-viene 
definita 
vegetazione 
colturale 
quella 
che 
in realt� 
� 
una 
tipica 
vegetazione 
spontanea 
dunale 
(lecci, tamerici, lentischio) - deputata 
ad accrescere 
la 
compattezza 
dei 
banchi 
dunali 
e 
a 
regolare 
i 
processi 
di 
accumulo e 
di 
cessione 
della 
sabbia 
alla 
spiaggia 
- come 
incontrovertibilmente 
attestato dalle 
orto foto degli 
anni 
1954 e 
1968, e 
soprattutto dal 
verbale 
delle 
operazioni 
di 
perimetrazione 
espletate 
dell'anno 1935, che 
gi� 
espressamente 
documenta 
la 
copiosa esistenza di tale vegetazione spontanea. 
Alla 
luce 
di 
tali 
emergenze 
di 
ordine 
fattuale, facendo applicazione 
al 
caso di 
specie 
delle 
regole 
di 
giudizio meglio in premessa 
evidenziate, tenuto segnatamente 
conto del 
carattere 
meramente 
dichiarativo 
e 
non 
costitutivo 
delle 
operazioni 
-peraltro 
meramente 
eventuali 
-di 
confinamento 
e 
mappatura 
via 
via 
operate 
dagli 
organi 
tecnici 
dell'amministrazione 
demaniale 
e 
della 
loro non vincolativit� 
nella 
presente 
sede 
processuale, deputata 
a 
conoscere 
dei 
limiti 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


fra 
propriet� 
privata 
e 
propriet� 
demaniale 
alla 
sola 
stregua 
dei 
parametri 
di 
legge 
in concreto 
applicabili 
alla 
tipologia 
di 
bene 
considerato, 
le 
domande 
proposte 
nell'interesse 
di 
parte 
attrice 
devono tutte essere rigettate. 
� 
invero 
indubitabile 
che 
i 
lotti 
di 
terreno 
oggetto 
degli 
atti 
traslativi 
e 
delle 
formalit� 
catastali 
versati in atti dalla difesa di parte attrice 


-hanno sempre 
fatto parte 
e 
fanno parte 
tutt'ora 
del 
Demanio Marittimo naturale 
necessario 
- sono sempre appartenuti ed appartengono tutt'ora allo Stato 
-sono stati 
sempre, per conseguenza, assoggettati 
al 
regime 
giuridico di 
incommerciabilit�, 
inalienabilit�, ed inuscettibilit� 
di 
usucapione 
e 
possesso da 
parte 
dei 
privati 
che 
dei 
pubblici 
beni demaniali � proprio 
-sono 
sempre 
ricaduti 
e 
ricadono 
altres� 
sotto 
la 
sfera 
applicativa 
dell�art. 
35 
del 
Codice 
della 
Navigazione, in forza 
del 
quale, come 
gi� 
detto, le 
zone 
demaniali 
che 
per modifiche 
sopra-
venute 
non siano ritenute 
utilizzabili 
per pubblici 
usi 
del 
mare 
possono essere 
escluse 
dal 
demanio 
marittimo con decreto del 
ministro dei 
trasporti 
e 
della 
Navigazione 
di 
concerto con 
quello per le Finanze. 
Per constante 
giurisprudenza, alla 
luce 
di 
tale 
normativa 
deve 
ritenersi 
che 
"..per 
i 
beni 
del 
demanio marittimo, quale 
la spiaggia, da intendersi 
comprensiva dell'arenile, e 
cio� 
di 
quel 
tratto di 
terraferma che 
risulti 
relitto dal 
naturale 
ritirarsi 
delle 
acque, restando potenzialmente 
idoneo ai 
pubblici 
usi 
dei 
mare, la cosiddetta sdemanializzazione 
non pu� verificarsi 
tacitamente, ma richiede 
un espresso e 
formale 
provvedimento dell'autorit� amministrativa, 
di 
carattere 
costitutivo, tanto sotto il 
vigore 
dell'attuale 
codice 
della navigazione 
(art. 35), 
quanto 
in 
base 
alla 
legislazione 
anteriore 
(art. 
157 
codice 
della 
marina 
mercantile 
del 
1877). 
pertanto, in difetto di 
tale 
provvedimento, l'arenile 
non perde 
la propria qualit� di 
bene 
demaniale, 
con 
la 
conseguenza 
che 
il 
possesso 
del 
medesimo 
da 
parte 
del 
privato 
� 
improduttivo 
di 
effetti 
nei 
rapporti 
con l'amministrazione 
(art. 690 c.c. del 
1865 e 
1145 comma 1 c.c. vigente), 
e, 
in 
particolare, 
� 
inidoneo 
all'acquisto 
della 
propriet� 
per 
usucapione.." 
(in 
tal 
senso, 
fra l'altro, Cass. 2995/1980), 
In 
concreto, 
dunque, 
il 
venir 
meno 
della 
demanialit� 
del 
bene 
pu� 
essere 
affermato 
solo 
a 
fronte 
del 
concomitante 
verificarsi 
di 
due 
distinte 
condizioni 
rappresentate 
a) 
dalla 
perdita 
delle 
caratteristiche 
naturali 
che 
ne 
determinano la 
riconduzione 
nell'ambito delle 
tipologie 
normativamente 
ascritte 
al 
Demanio 
Marittimo 
naturale 
b) 
e 
dalla 
adozione 
da 
parte 
delle 
competenti 
Autorit� 
del 
formale 
provvedimento di 
sdemanializzazione 
di 
cui 
all'art. 35 del 
Codice della Navigazione. 
Nessuna 
di 
tali 
condizioni 
pu� 
dirsi 
in 
concreto 
perfezionata 
nel 
caso 
oggetto 
del 
presente 
giudizio. 
Non quella 
sub a), posto che, come 
univocamente 
emerso all'esito della 
esperita 
indagine 
peritale, 
i 
due 
lotti 
di 
terreno oggetto di 
causa 
ricadono interamente 
- da 
epoca 
remota 
e 
certamente 
da 
prima 
dell'inizio 
del 
secolo 
scorso 
-nell'ambito 
del 
sistema 
dunale 
facente 
parte 
della spiaggia e dell'arenile che connotano la localit� Maria di Sorso. 
N�, 
tanto 
meno, 
quella 
sub. 
b), 
posto 
che 
nessun 
provvedimento 
ministeriale 
risulta 
essere 
stato mai 
adottato in tal 
senso, mentre 
nessun rilievo pu� essere 
a 
tal 
fine 
riconosciuto alle 
operazioni 
di 
delimitazione 
risalenti 
agli 
anni 
1960/1961, 
il 
cui 
valore 
meramente 
dichiarativo 
-comunque 
disapplicabile 
nella 
presente 
sede 
processuale 
ordinaria 
deputata 
all'accertamento 
della 
demanialit� 
del 
bene 
alla 
stregua 
degli 
astratti 
parametri 
di 
legge 
-� 
stato 
costantemente 
ribadito dalla giurisprudenza amministrativa e di legittimit�. 
Emerge, deil 
resto, pacificamente 
in atti 
come 
le 
risultanze 
delle 
operazioni 
di 
delimitazione 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


di 
cui 
sopra 
si 
� 
detto non furono mai 
introdotte 
nelle 
mappe 
catastali, non essendo stati 
mai 
in proseguo eseguiti i necessari rilievi tecnici dal competente Ufficio tecnico Erariale. 
Allo 
stesso 
modo, 
del 
resto, 
non 
erano 
state 
mai 
inserite 
in 
catasto, 
con 
le 
opportune 
variazioni 
di 
mappa 
e 
volture, le 
risultanze 
delle 
operazioni 
di 
delimitazione 
risalenti 
all'anno 1935, che 
avevano - tuttavia 
- chiaramente 
collocato il 
limite 
demaniale 
ben aldil� 
della 
dividente 
risultante 
dalle 
mappe 
catastali 
d'impianto e 
segnatamente 
arretrandola 
di 
ben ".. 38 metri 
dalla 
parte 
verso terra.." 
�n ragione 
della 
gi� 
descritta 
conformazione 
naturale 
dei 
luoghi, contraddistinta 
dalla 
presenza 
"di 
dune 
mobili 
alte 
fino 
a 
20 
metri, 
coperte 
di 
boscaglia 
fitta 
di 
ginepro 
e tamerici..". 


Non casualmente 
del 
resto - come 
risultante 
dalla 
relazione 
integrativa 
di 
CtU 
- in sede 
di 
predisposizione 
della 
nuova 
cartografia 
informat�zzata 
SID, in assenza 
di 
un diverso confine 
formalmente 
introdotto 
nella 
cartografia 
ufficiale 
relativamente 
alla 
zona 
d'interesse 
-non 
essendosi 
mai 
dato 
attuazione 
alle 
operazioni 
di 
delimitazione 
intraprese 
negli 
anni 
1935 
e 
1960 


-veniva 
prudenzialmente 
recepita 
la 
dividente 
demaniale 
risultante 
dalla 
mappa 
catastale 
di 
impianto, ben pi� favorevole 
alla 
difesa 
di 
parte 
attrice 
di 
quella 
che 
sarebbe 
risultata 
dall'applicazione 
del 
confine 
naturale 
- a 
tutt'oggi 
esistente 
- individuata 
in loco fin dall'anno 1935 
e 
del 
tutto ignorato, invece, in occasione 
della 
successiva 
perimetrazione 
operata 
negli 
anni 
1960/61 (allorquando, come 
gi� 
detto, il 
fronte 
dunale 
veniva 
limitato alla 
sua 
faccia 
a 
mare, 
estromettendone del tutto il corpo sabbioso che lo costituiva). 
trattandosi 
- come 
gi� 
detto - di 
procedura 
a 
carattere 
meramente 
dichiarativo, suscettibile 
di 
sindacato e 
contestazione 
in sede 
giudiziale 
alla 
stregua 
dei 
parametri 
normativi 
che 
improntano 
la 
individuazione 
e 
qualificazione 
giuridica 
dei 
beni 
appartenenti 
al 
Demanio Marittimo 
Statale, deve 
affermarsi 
la 
correttezza 
della 
dividente 
demaniale 
oggi 
recepita 
nel 
nuovo sistema 
informatizzato 
SID, 
che 
ha 
prudenzialmente 
recepito 
la 
linea 
di 
demarcazione 
risultante 
dalle 
mappe 
catastali 
d'impianto, prima 
che 
il 
fronte 
dunale 
si 
insinuasse 
ulteriormente 
verso 
l'entroterra per circa 38 metri. 
l'opera 
di 
forestazione 
costiera 
intrapresa 
negli 
anni 
'60 a 
cura 
del 
locale 
Corpo Forestale, 
dovette, del 
resto, essere 
finalizzata 
proprio ad arginare 
lo spostamento verso terra 
di 
tale 
imponente 
fronte 
dunale 
-chiaramente 
apprezzabile 
dalla 
cartografia 
e 
dalle 
vedute 
aeree 
versate 
in 
atti 
-previo 
incremento 
della 
vegetazione 
spontanea 
frangivento 
che 
gi� 
aveva 
colonizzato 
i corpi sabbiosi. 
tale 
intervento 
era, 
peraltro, 
ben 
lungi 
dal 
poter 
far 
venir 
meno 
i 
connotati 
naturalistici 
e 
quindi 
il 
carattere 
demaniale 
della 
fascia 
di 
terreno interessata 
dalla 
presenza 
dei 
corpi 
dunali 
pi� prossimi 
al 
mare 
e 
all'antistante 
tratto di 
spiaggia, degradandola 
ad una 
non meglio specificata 
"costa rialzata" 
priva di qualsivoglia aderenza all'assetto dei luoghi. 
Sotto altro profilo, la 
sequenza 
temporale 
ed il 
contenuto degli 
atti 
traslativi 
- peraltro inopponibili 
alla 
amministrazione 
convenuta 
avendo 
ad 
oggetto 
beni 
incommerciabili 
-che 
ebbero 
ad 
interessare 
i 
lotti 
di 
terreno 
oggetto 
di 
causa 
comprovano 
ulteriormente 
come 
gli 
stessi 
fossero 
al 
momento - come 
del 
resto in passato - sempre 
intestati 
al 
Demanio dello Stato, quanto 
meno fino al 
limite 
risultante 
dalla 
cartografia 
catastale 
d'impianto oggi 
recepito nel 
sistema 
informatizzato SID. 
In tal 
senso si 
� 
costantemente 
pronunciata 
la 
giurisprudenza 
del 
Supremo Collegio secondo 
la 
quale 
"..Qualora 
venga 
in 
discussione 
l'appartenenza 
di 
un 
determinato 
bene, 
nella 
sua 
attuale 
consistenza, al 
demanio naturale, il 
giudice 
ha il 
potere-dovere 
di 
controllare 
ed accertare 
con quali 
caratteri 
obiettivi 
esso si 
presenti 
al 
momento della decisione 
giudiziale, 
sicch�, nel 
caso in cui 
un bene 
acquisisca la connotazione 
di 
lido del 
mare, inteso quale 
por

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


zione 
di 
riva a contatto diretto con le 
acque 
del 
mare 
da cui 
resta normalmente 
coperta per 
le 
ordinarie 
mareggiate, 
ovvero 
di 
spiaggia 
(ivi 
compreso 
l'arenile), 
che 
comprende 
quei 
tratti 
di 
terra prossimi 
al 
mare, che 
siano sottoposti 
alle 
mareggiate 
straordinarie, esso assume 
i 
connotati 
naturali 
di 
bene 
appartenente 
al 
demanio 
marittimo 
necessario, 
indipendentemente 
da un atto costitutivo della p.a. o da opere 
pubbliche 
sullo stesso realizzate, mentre 
il 
preesistente 
diritto 
di 
propriet� 
privata 
subisce 
una 
corrispondente 
contrazione, 
fino, 
se 
necessario, 
alla totale 
eliminazione, sussistendo, ormai, quei 
caratteri 
che, secondo l'ordinamento giuridico 
vigente, 
precludono 
che 
il 
bene 
possa 
formare 
oggetto 
di 
propriet� 
privata.." 
(Cassazione 
civile, sez. I, 01/04/2015, n. 6619). 
Nella 
specie, 
come 
gi� 
detto, 
i 
luoghi 
oggetto 
di 
causa 
hanno 
posseduto 
i 
connotati 
naturalistici 
(sistema 
dunale 
incorporato alla 
spiaggia 
in localit� 
Marina 
di 
Sorso) atti 
a 
determinarne 
la 
riconducibilit� 
al 
demanio pubblico dello Stato quanta 
meno a 
partire 
dall'inizio del 
secolo 
scorso. 
le 
domande 
proposte 
dall'attrice 
devono 
quindi 
essere 
tutte 
rigettate, 
con 
ogni 
consequenziale 
effetto di legge. 
le 
spese 
processuali 
- tenuto conto della 
situazione 
di 
incertezza 
venutasi 
a 
determinare 
a 
seguito 
delle 
operazioni 
di 
delimitazione 
intraprese 
nell'anno 
1961 
-possano 
tuttavia 
essere 
compensate 
fra 
le 
parti 
in ragione 
del 
50%, con onere 
per la 
parte 
attrice 
del 
residuo importo. 
A 
carico di 
entrambe 
le 
parti, nella 
paritetica 
quota 
del 
50% ciascuna, devono invece 
essere 
posti i costi di perizia. 
Il 
presente 
provvedimento 
deve 
infine 
come 
per 
legge 
essere 
dichiarato 
provvisoriamente 
esecutivo. 


PQM 


Il 
trIBUNAlE 
Definitivamente pronunciando; 
disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione; 
a) rIGEttA 
le domande proposte nell'interesse dell'attrice; 
b) 
DIChIArA 
per 
l'effetto 
che 
le 
particelle 
di 
terreno 
in 
Comune 
di 
Sorso 
(SS) 
localit� 
Marina 
di 
Sorso 
distinte 
nel 
catasto 
terreni 
di 
detto 
Comune 
al 
foglio 
26, 
mappale 
9, 
sub. 
c, 
oggi 
mappale 
12, 
di 
ettari 
10.52.31, 
ed 
al 
foglio 
27, 
mappale 
24, 
sub. 
d), 
oggi 
mappale 
69, 
di 
ettari 
4.81.55, presentano i 
caratteri 
della 
demanialit� 
marittima 
naturale 
di 
cui 
agli 
art. 822 CC e 
28 Codice 
della 
Navigazione, e 
sono pertanto da 
intendersi 
interamente 
ricompresi 
entro i 
limiti 
del 
Demanio Marittimo dello Stato, fino alla 
dividente 
oggi 
risultante 
dalla 
cartografia 
SID, Sistema Informatizzato Demanio Marittimo 
c) CONDANNA 
per l�effetto parte 
attrice 
a 
rifondere 
alla 
controparte 
- in ragione 
del 
50% del 
totale 
come 
di 
seguito liquidato e 
compensato il 
residuo - le 
spese 
del 
presente 
giudizio che, 
cos� 
ridotte, liquida 
in complessivi 
euro 5.000,00 per compenso professionale, oltre 
accessori 
di legge, spese generali 
d) PONE 
le 
spese 
di 
CtU 
a 
carico delle 
parti 
nella 
paritetica 
quota 
del 
50% ciascuna, devono 
invece essere posti i costi di perizia 
e) DIChIArA 
provvisoriamente esecutivo il presente provvedimento. 
Cagliari 19 giugno 2017. 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


Qualche riflessione sull�accesso civico generalizzato 
a nota della sentenza n. 1546/2019 del Consiglio di Stato 


CoNsiglio 
Di 
stato, sezioNe 
teRza, seNteNza 
6 MaRzo 
2019 N. 1546 


Luca Soldini* 


Con la 
sentenza 
n. 1546/2019, il 
Consiglio di 
Stato annulla 
la 
sentenza 
di 
primo grado con la 
quale 
il 
tAr lazio aveva 
rigettato il 
ricorso della 
Confederazione 
Nazionale 
Coldiretti 
avverso 
il 
diniego 
opposto 
dal 
Ministero 
della 
Salute 
all�istanza 
diretta 
a 
conoscere 
le 
�specifiche 
quantit� di 
importazione 
di 
latte 
e 
prodotti 
lattiero caseari 
da paesi 
Ue 
ed extra Ue 
da parte 
di 
operatori 
economici italiani�. 


Nell�occasione, 
vengono 
affrontate 
una 
serie 
di 
questioni 
connesse 
al-
l�applicazione dell�istituto dell�accesso civico generalizzato. 


Innanzi 
tutto, dell�accesso in generale 
- sia 
esso documentale 
o civico il 
Consiglio 
di 
Stato 
evidenzia 
la 
stretta 
funzionalit� 
alla 
trasparenza 
ed 
al-
l�imparzialit� della Pubblica 
Amministrazione. 

l�enfasi 
giustamente 
attribuita 
a 
tale 
aspetto, 
da 
un 
lato, 
conferma 
che 
l�accesso civico � 
strumento concepito per la 
massimizzazione 
del 
buon andamento 
dell�Amministrazione, che 
viene 
realizzata 
per il 
tramite 
di 
una 
vera 
e 
propria 
cooperazione 
virtuosa 
fra 
privato cittadino ed amministrazione; 
al 
tempo stesso, ragionevolmente, essa 
sottintende 
il 
rifiuto della 
diversa 
impostazione 
ricostruttiva, 
che 
nell�accesso 
civico 
generalizzato 
ravvisa 
-piuttosto 


-uno strumento per la 
soddisfazione 
non gi� 
di 
un interesse 
generale, bens� 
di 
un diritto individuale, latamente 
collegato a 
quello di 
informazione 
di 
cui 
all�art. 
21 
Cost. 
Quest�ultima 
tesi, 
del 
resto 
-portata 
alle 
sue 
estreme 
conseguenze 
-finirebbe 
paradossalmente 
per 
trasformare 
lo 
strumento 
in 
un 
boomerang, legittimando finanche 
le 
istanze 
pretestuose, emulative, o dettate 
da 
mera 
curiosit�, e 
costringendo l�Amministrazione 
a 
destinarvi 
tempo e 
risorse 
che 
meglio sarebbe 
dedicare 
a 
quel 
�perseguimento delle 
funzioni 
istituzionali� 
che la legge dichiaratamente intende tutelare. 
Il 
giudice 
affronta, 
poi, 
il 
tema 
della 
legittimazione 
attiva 
della 
ricorrente, 
profilo - questo - che 
desta 
speciale 
interesse 
in ragione 
della 
particolarit� 
del 
caso. 


l�associazione 
che 
ha 
proposto l�istanza 
di 
accesso ed il 
ricorso avverso 
il 
diniego 
�, 
infatti, 
un 
ente 
esponenziale 
di 
interessi 
di 
categoria; 
ci� 
ha 
indotto 


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 


Cfr. in questa 
Rassegna, vol. 2/2018, pp. 151 ss., ANNA 
PASCAlE, il 
diritto di 
accesso civico generalizzato: 
una 
sentenza 
del 
t.a.r. 
lazio 
sull�interpretazione 
dell�art. 
5, 
co. 
2, 
d.lgs. 
33/2013 
(nota 
a 
t.a.r. 
lazio, Sez. III quater, 16 marzo 2018 n. 2994). 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


la 
difesa 
della 
parte 
pubblica 
a 
rilevare 
la 
possibile 
sussistenza 
di 
un conflitto 
d�interesse 
interno alla 
categoria 
rappresentata, tale 
da 
incidere 
- elidendola 
sulla 
legittimazione 
ad agire 
dell�ente: 
l�ampia 
formulazione 
della 
norma, pur 
consentendo a 
�chiunque� 
di 
richiedere 
l�accesso civico, dovrebbe 
a 
rigore 
incontrare 
un 
limite 
nell�omogeneit� 
dell�interesse 
azionato 
all�intera 
categoria 
rappresentata. 


Il 
giudice 
dell�appello 
ha 
tuttavia 
superato 
l�obiezione, 
assumendo 
che 
l�ostensione 
dei 
dati 
richiesti 
da 
Coldiretti 
giovi, per definizione, al 
mercato 
�in 
cui 
essa 
rappresenta 
la 
maggioranza 
degli 
operatori 
economici�, 
e 
che 
gli 
eventuali 
contrapposti 
interessi 
di 
taluni 
fra 
detti 
operatori 
debbano 
pertanto 
necessariamente 
recedere 
rispetto a 
quello, generale, del 
complessivo settore 
di mercato in cui opera la totalit� degli aderenti. 


tale 
valutazione 
(che, per via 
della 
stretta 
correlazione 
con le 
peculiarit� 
del 
caso, 
non 
sembrerebbe 
comunque 
assumere 
valenza 
di 
principio 
generale) 
resta 
tuttavia 
sganciata 
da 
un�indagine 
concreta 
ed effettiva 
sia 
sull�entit� 
numerica 
dei 
controinteressati, 
sia 
sulla 
meritevolezza 
di 
tutela 
degli 
interessi 
contrari 
di 
cui 
i 
controinteressati 
sono 
portatori, 
sia 
-infine 
-sulla 
stessa 
compatibilit� 
statutaria 
di 
un�iniziativa 
dell�ente 
che 
risulti 
potenzialmente 
pregiudizievole 
per 
soggetti 
ad 
essa 
aderenti, 
peraltro 
neppure 
evocati 
in 
giudizio. 


Altra 
questione 
rilevante, 
ed 
al 
contempo 
problematica, 
emersa 
dalla 
sentenza 
in commento attiene 
al 
grado di 
approfondimento ed al 
tipo di 
controllo 
consentito a 
chi 
esercita 
il 
diritto di 
accesso civico: 
essa, in particolare, non 
ha 
ritenuto sufficiente 
l�ostensione 
di 
dati 
aggregati 
offerta 
dall�Amministrazione, 
ma 
non si 
� 
- a 
ben considerare 
- affatto soffermata, foss�anche 
solo per 
confutarla, 
sull�esame 
della 
motivazione 
addotta 
dal 
Ministero 
a 
giustificazione 
di 
tale 
offerta, 
motivazione 
consistente 
nella 
concreta 
difficolt� 
di 
gestire 
le 
numerose 
informative 
ai 
controinteressati: 
� 
andata 
cos� 
perduta 
un�occasione 
di 
approfondimento da 
parte 
del 
giudice 
di 
ultima 
istanza, sull�onere 
di 
motivazione 
del 
diniego delle 
istanze 
massive, offerta 
da 
uno dei 
primi 
casi 
(se 
non il 
primo in assoluto) in cui 
il 
Consiglio di 
Stato � 
stato chiamato a 
decidere 
sull�argomento. 


Infine 
-prescindendo 
dal 
caso 
di 
specie, 
ma 
comunque 
traendo 
spunto 
dalla 
constatazione 
che 
l�accesso � 
stato consentito con modalit� 
tali 
da 
consentire 
la 
visione 
di 
dati 
disaggregati 
estremamente 
dettagliati 
-si 
osserva 
come, 
in 
linea 
di 
massima, 
sia 
comunque 
auspicabile 
che 
l�accesso 
civico 
non 
venga, 
nel 
tempo, 
forzatamente 
piegato 
al 
conseguimento 
di 
conseguire 
informazioni 
�minute�. 

Ove 
ci� accadesse, infatti, si 
finirebbe 
per superare 
il 
perimetro del 
consentito 
�controllo diffuso sul 
perseguimento delle 
funzioni 
istituzionali�, con 
un inaccettabile 
appiattimento dell�istituto dell�accesso civico su quello - diverso 
per 
fine, 
presupposti 
e 
modalit� 
di 
esercizio 
-dell�accesso 
documentale. 

la 
distinzione 
fra 
i 
due 
istituti 
non 
� 
causale, 
n� 
priva 
di 
utilit�, 
ed 
� 
perci� 



CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


bene 
che 
entrambi 
vengano conservati: 
la 
diversa 
sede 
nella 
quale 
l�accesso 
civico 
concretizza 
il 
�controllo� 
sulla 
legittimit� 
dell�azione 
amministrativa 
rispetto all�accesso documentale, invero, � 
essa 
stessa 
giustificazione 
del 
diverso 
grado 
di 
approfondimento 
consentito: 
sarebbe 
infatti 
inutile 
(se 
non 
controproducente, 
nella 
misura 
in 
cui 
potrebbe 
facilmente 
prestarsi 
a 
divenire 
strumento 
di 
manipolazione 
dell�opinione 
pubblica), 
consentire 
un 
accesso 
dettagliato ad informazioni 
specifiche 
la 
cui 
comprensione 
esige 
competenze 
tecniche, per consentirne 
il 
vaglio non gi� 
in una 
sede 
(quella 
del 
processo) 
altrettanto 
tecnica 
e 
come 
tale 
attrezzata 
adeguatamente 
alla 
critica 
dell�azione 
tecnico-amministrativa 
- bens� 
in quella 
della 
pubblica 
�agor��, che 
non disporrebbe 
degli 
strumenti 
necessari 
per un esercizio critico consapevole 
e 
costruttivo 
di un tal genere di informazioni. 


Consiglio di 
Stato, Sezione 
Terza, sentenza 6 marzo 2019 n. 1546 -pres. f.f. 
G. veltri, est. 


r. Sestini 
- Confederazione 
Nazionale 
Coldiretti 
(avv.ti 
B.G. Mattarella, M. Petitto) c. Ministero 
della Salute (avv. gen. Stato). 
FAttO e DIrIttO 
1 
� 
la 
Coldiretti, 
confederazione 
nazionale 
che 
associa 
gran 
parte 
dei 
coltivatori 
diretti 
italiani, 
appella 
la 
sentenza 
n. 02994/2018 del 
tar lazio, Sezione 
III Quater, che 
ha 
respinto il 
ricorso 
ed i 
motivi 
aggiunti 
contro il 
diniego opposto dal 
Ministero della 
salute 
alla 
sua 
richiesta 
di 
accesso 
civico, 
avanzata 
ai 
sensi 
dell'articolo 
5, 
comma 
2, 
del 
decreto 
legislativo 
n. 
33 
del 
2013, e 
volta 
a 
conoscere, anche 
mediante 
un collegamento permanente 
alla 
banca 
dati 
esistente, 
le 
specifiche 
quantit� 
di 
importazioni 
di 
latte 
e 
prodotti 
lattiero caseari 
da 
Paesi 
UE 
ed 
extra 
Ue 
da 
parte 
di 
operatori 
economici 
italiani, 
nonch� 
contro 
il 
diniego 
(impugnato 
con 
motivi 
aggiunti) opposto a 
una 
seconda 
domanda 
pi� limitata 
quanto ai 
prodotti 
interessati 
e 
senza 
la 
richiesta 
di 
collegamento telematico. l�Amministrazione 
si 
� 
costituita 
in giudizio e 
le parti hanno scambiato plurime memorie. 
2 � In particolare, nel 
2017 la 
Coldiretti 
presentava 
alla 
Direzione 
Generale 
della 
Sanit� 
animale 
e 
dei 
farmaci 
veterinari 
ed alla 
Direzione 
Generale 
per la 
Prevenzione 
sanitaria 
del 
Ministero 
della 
Salute 
due 
diverse 
istanze 
di 
accesso civico, aventi 
il 
medesimo oggetto, con la 
finalit� 
di 
ottenere 
i 
dati 
ed 
i 
documenti 
relativi 
alle 
importazioni 
di 
latte 
e 
dei 
prodotti 
lattiero 
caseari 
provenienti 
da 
Paesi 
comunitari 
ed 
extracomunitari. 
la 
Direzione 
Generale 
della 
Sanit� 
animale 
e 
dei 
farmaci 
veterinari, 
vista 
l�ampiezza 
dell�istanza 
e 
la 
mancata 
individuazione 
dei 
controinteressati, rispondeva 
richiedendo alla 
Coldiretti 
di 
�circostanziare 
l�istanza, individuando 
specificamente 
i 
dati 
e/o i 
documenti 
di 
interesse� 
riferendo che, secondo l�art. 5 
bis, comma 
2 del 
d.lgs. n. 33 del 
2013 e 
secondo le 
linee 
Guida 
dell�ANAC, l�Amministrazione 
doveva 
poter interpellare 
gli 
eventuali 
controinteressati 
onde 
venire 
a 
conoscenza 
degli 
eventuali 
motivi 
di 
pregiudizio 
recati 
dall�istanza. 
la 
Direzione 
generale 
concludeva 
facendo 
riserva 
comunque 
�di 
fornire 
tali 
dati 
e/o documenti 
attraverso un report 
contenente 
le 
informazioni 
aggregate 
per 
paese 
estero di 
spedizione 
e 
per 
provincia di 
destinazione 
in italia, 
senza i 
riferimenti 
delle 
ditte 
individuali 
e 
dei 
soggetti 
giuridici 
nazionali 
ed esteri�. D�altra 
parte, invece, la 
Direzione 
Generale 
per la 
Prevenzione 
sanitaria 
eccepiva 
la 
propria 
incompetenza 
in materia di latte e dei prodotti lattiero caseari. 


rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


2.1. la 
Coldiretti 
proponeva 
poi 
ricorso al 
responsabile 
della 
trasparenza 
del 
Ministero della 
salute 
ai 
sensi 
dell� 
art. 5 del 
decreto legislativo n. 33 del 
2013, chiedendo di 
accedere 
alla 
documentazione 
gi� 
richiesta 
con l�istanza 
di 
accesso civico ai 
sensi 
dell�art. 5 del 
decreto legislativo 
n. 33/2013, presentata 
il 
27 aprile 
2017, con conseguente 
richiesta 
di 
condanna 
del-
l�Amministrazione resistente ad esibire la documentazione, ma otteneva un nuovo diniego. 
3 � la 
Coldiretti 
presentava, quindi, ricorso al 
tribunale 
Amministrativo per il 
lazio chiedendo 
l�annullamento: 
-della 
nota 
della 
Direzione 
generale 
della 
sanit� 
animale 
e 
dei 
farmaci 
veterinari 
del 
Ministero 
della 
Salute 
riguardante 
la 
richiesta 
di 
accesso 
ai 
dati 
dei 
flussi 
commerciali 
del 
latte 
e 
dei 
prodotti lattiero caseari oggetto di scambio intracomunitario e provenienti dall�estero; 
-della 
nota 
della 
Direzione 
generale 
della 
prevenzione 
sanitaria 
avente 
il 
medesimo oggetto; 
- della nota del responsabile della trasparenza del Ministero della Salute; 
-della 
risposta 
del 
responsabile 
della 
trasparenza 
del 
Ministero della 
salute 
avverso il 
ricorso 
che 
contestava 
la 
legittimit� 
delle 
due 
risposte 
all�istanza 
di 
accesso civico fornite 
dalle 
due 
direzioni generali del Ministero della salute. 
3.1. Con motivi 
aggiunti 
depositati 
il 
5 dicembre 
2017, la 
ricorrente 
impugnava 
anche 
la 
risposta 
alla 
nuova 
richiesta 
di 
accesso civico presentata 
dal 
Presidente 
della 
Coldiretti 
in data 
11 ottobre 
2017 per conoscere 
i 
dati 
relativi 
alla 
importazione 
di 
latte 
e 
di 
prodotti 
lattiero caseari 
provenienti 
da 
Paesi 
non aderenti 
all�UE 
ovvero oggetto di 
scambio intracomunitario, 
che aveva ottenuto una nuova risposta negativa. 
3.2. Avverso gli 
atti 
summenzionati, la 
ricorrente, premessa 
la 
propria 
legittimazione 
a 
proporre 
la 
domanda 
di 
accesso civico, deduceva 
sia 
la 
violazione 
degli 
artt. 5 e 
5 bis 
del 
d. lgs 
n. 33 del 
2013, sia 
il 
difetto di 
motivazione 
e 
la 
violazione 
dell�art. 3 della 
l. n. 241 del 
1990. 
4 - Si 
costituiva 
in giudizio il 
Ministero intimato per contestare 
la 
legittimazione 
e 
l�interesse 
della 
Coldiretti 
e 
per difendere 
la 
legittimit� 
del 
proprio operato. Seguiva 
un ampio scambio 
di 
memorie, con le 
quali, in particolare, la 
Coldiretti 
ribadiva 
il 
proprio interesse 
all�accesso 
civico pur in presenza 
di 
un obbligo di 
legge 
di 
etichettatura 
in ordine 
all�origine 
degli 
ingredienti 
di 
alcuni 
alimenti 
in quanto, da 
un lato, un tale 
obbligo non sussisteva 
per i 
formaggi 
affettati 
e 
venduti 
a 
peso 
dal 
commerciante 
e, 
d�altro 
lato, 
molti 
prodotti 
caseari 
erano 
prodotti 
e 
confezionati 
in Italia 
sulla 
base 
di 
altri 
prodotti 
caseari 
(come 
i 
cagliati) con conseguente 
impossibili� 
per il 
consumatore 
di 
ottenere 
una 
piena 
informazione 
sugli 
ingredienti; 
infine, 
in quanto la 
disciplina 
dell�etichettatura 
e 
della 
tracciabilit� 
consentiva 
di 
vendere, come 
prodotti 
Italiani, alimenti 
che 
avevano subito in Italia 
alcune 
fasi 
della 
produzione 
ma 
le 
cui 
materie 
prime 
erano 
importate, 
conseguendone 
che 
�le 
informazioni 
prescritte 
nelle 
etichette 
sono 
ben 
minori 
di 
quelle 
a 
cui 
si 
chiede 
di 
accedere 
e 
soprattutto 
non 
consentono 
di 
tracciare 
i 
prodotti 
lattiero 
caseari 
dei 
quali 
il 
latte 
importato 
sia 
ingrediente.�. 
In 
conclusione, 
la 
Coldiretti 
confermava 
la 
richiesta 
di 
conoscere 
la 
quantit� 
di 
latte 
importata 
da 
ciascuna 
impresa 
operante 
sul 
territorio italiano, ribadendo che 
non erano, viceversa, oggetto della 
domanda 
di 
accesso civico il 
prezzo e 
le 
condizioni 
contrattuali 
praticate 
dalle 
imprese 
importatrici, n� 
l�identit� dell�esportatore straniero, n� l�uso fatto dei prodotti importati. 
5 
� 
Il 
tribunale 
Amministrativo 
regionale 
per 
il 
lazio 
considerava 
non 
meritevole 
di 
tutela 
la 
domanda 
di 
accesso 
della 
Confederazione 
Nazionale 
Coldiretti 
e 
rigettava 
il 
ricorso. 
riteneva 
infatti 
che 
il 
consumatore 
fosse 
in 
grado 
di 
conoscere 
la 
provenienza 
del 
latte 
lavorato 
o 
il 
tipo 
di 
latte 
usato 
attraverso 
l�articolo 
2 
del 
D.M. 
9 
dicembre 
2016, 
che 
espressamente 
si 
riferisce 
alla 
�indicazione 
dell'origine 
in 
etichetta 
della 
materia 
prima 
per 
il 
latte 
e 
i 
prodotti 
lattieri 
caseari, 
in 
attuazione 
del 
regolamento 
(Ue) 
n. 
1169/2011, 
relativo 
alla 
fornitura 
di 
informazioni 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 
103 


sugli 
alimenti 
ai 
consumatori� 
e 
secondo 
il 
quale 
l�etichetta 
deve 
fornire 
�l'indicazione 
di 
origine 
del 
latte 
o 
del 
latte 
usato 
come 
ingrediente 
nei 
prodotti 
lattiero-caseari 
di 
cui 
all'allegato�. 


Il 
tar rilevava, poi, che 
le 
risposte 
offerte 
dall�Amministrazione 
in data 
26 maggio 2017 ed 
in data 
9 novembre 
2017 non si 
ponevano come 
un diniego, in quanto entrambe 
offrivano, in 
alternativa, un report 
di 
dati 
aggregati 
per Paese 
estero di 
spedizione 
e 
per provincia 
di 
destinazione 
in Italia. Statuiva, inoltre, che 
ҏ 
legittimo il 
diniego di 
accesso motivato in base 
alla 
necessit� di 
impedire 
che 
all'ente 
venga imposto un facere 
straordinario quale 
produrre 
- in 
formato 
analogico 
o 
digitale 
-una 
mole 
irragionevole 
di 
dati 
o 
documenti� 
(citando 
tAr 
lombardia, Milano Sez. III, 11-10-2017, n. 1951). 
6 
� 
la 
Coldiretti 
proponeva 
appello, 
argomentando 
che 
la 
pubblica 
amministrazione 
aveva 
opposto un sostanziale 
ed illegittimo diniego alla 
domanda 
di 
accesso civico e 
che 
ci� aveva 
comportato, 
al 
contrario 
di 
quanto 
ritenuto 
dal 
tAr, 
l�impossibilit� 
per 
il 
consumatore 
di 
poter conoscere 
la 
provenienza 
dei 
prodotti 
mediante 
il 
raffronto fra 
le 
importazioni 
di 
latte 
e 
prodotti 
lattiero caseari 
da 
parte 
di 
una 
determinata 
azienda, e 
le 
etichette 
dalla 
stessa 
apposte 
sui 
propri 
prodotti, 
ledendo, 
cos�, 
sia 
il 
diritto 
del 
consumatore 
ad 
essere 
informato, 
sia 
il 
buon 
andamento e 
lo sviluppo di 
un mercato largamente 
rappresentato dalla 
medesima 
Confederazione 
Nazionale 
Coldiretti, quale 
pi� grande 
associazione 
delle 
imprese 
agricole 
italiane 
con 
oltre 1.300.000 associati, di cui oltre 600.000 titolari attivi di impresa. 

DIrIttO 
7 
� 
Ai 
fini 
della 
decisione, 
considera 
preliminarmente 
il 
Collegio 
che 
con 
l�appello 
la 
Coldiretti 
deduce 
in 
primo 
luogo 
la 
violazione 
della 
nuova 
disciplina 
dell�accesso 
civico, 
come 
oggi 
normata 
dagli 
articoli 
5 
e 
5 
bis 
del 
d.lgs. 
n. 
33 
del 
2013 
e 
successive 
modifiche 
ed 
integrazioni. 
Si 
tratta, osserva 
ancora 
il 
Collegio, di 
un innovativo istituto di 
recente 
introduzione, di 
non 
facile 
coordinamento con i 
preesistenti 
istituti 
sulla 
trasparenza 
amministrativa 
e 
di 
non semplice 
inserimento nel 
nostro ordinamento giuridico. Pertanto, ai 
fini 
della 
sua 
corretta 
interpretazione 
e 
della 
conseguente 
decisione 
sul 
ricorso si 
impone, in primo luogo, una 
attenta 
ricostruzione 
storica 
e 
sistematica 
del 
nuovo 
istituto 
dell�accesso 
civico 
nell�ambito 
del 
nostro 
sistema Costituzionale. 

7.1. 
In 
particolare, 
il 
citato 
art. 
5 
prevede 
che 
�1. 
l'obbligo 
previsto 
dalla 
normativa 
vigente 
in 
capo 
alle 
pubbliche 
amministrazioni 
di 
pubblicare 
documenti, 
informazioni 
o 
dati 
comporta 
il 
diritto 
di 
chiunque 
di 
richiedere 
i 
medesimi, 
nei 
casi 
in 
cui 
sia 
stata 
omessa 
la 
loro 
pubblicazione. 
2. allo scopo di 
favorire 
forme 
diffuse 
di 
controllo sul 
perseguimento delle 
funzioni 
istituzionali 
e 
sull'utilizzo delle 
risorse 
pubbliche 
e 
di 
promuovere 
la partecipazione 
al 
dibattito pubblico, 
chiunque 
ha 
diritto 
di 
accedere 
ai 
dati 
e 
ai 
documenti 
detenuti 
dalle 
pubbliche 
amministrazioni, ulteriori 
rispetto a quelli 
oggetto di 
pubblicazione 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto, 
nel 
rispetto dei 
limiti 
relativi 
alla tutela di 
interessi 
giuridicamente 
rilevanti 
secondo 
quanto previsto dall'articolo 5-bis. 
3. l'esercizio del 
diritto di 
cui 
ai 
commi 
1 e 
2 non � 
sottoposto ad alcuna limitazione 
quanto 
alla legittimazione 
soggettiva del 
richiedente. l'istanza di 
accesso civico identifica i 
dati, le 
informazioni 
o 
i 
documenti 
richiesti 
e 
non 
richiede 
motivazione. 
l'istanza 
pu� 
essere 
trasmessa 
per 
via telematica secondo le 
modalit� previste 
dal 
decreto legislativo 7 marzo 2005, 
n. 
82, 
e 
successive 
modificazioni, 
ed 
� 
presentata 
alternativamente 
ad 
uno 
dei 
seguenti 
uffici: 
a) all�ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti; 
b) all�Ufficio relazioni con il pubblico; 
c) 
ad 
altro 
ufficio 
indicato 
dall'amministrazione 
nella 
sezione 
"amministrazione 
trasparente" 
del sito istituzionale; 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


d) al 
responsabile 
della prevenzione 
della corruzione 
e 
della trasparenza, ove 
l'istanza abbia 
a oggetto dati, informazioni 
o documenti 
oggetto di 
pubblicazione 
obbligatoria ai 
sensi 
del 
presente decreto. 

4. 
il 
rilascio 
di 
dati 
o 
documenti 
in 
formato 
elettronico 
o 
cartaceo 
� 
gratuito, 
salvo 
il 
rimborso 
del 
costo 
effettivamente 
sostenuto 
e 
documentato 
dall'amministrazione 
per 
la 
riproduzione 
su supporti materiali. 
5. Fatti 
salvi 
i 
casi 
di 
pubblicazione 
obbligatoria, l'amministrazione 
cui 
� 
indirizzata la richiesta 
di 
accesso, se 
individua soggetti 
controinteressati, ai 
sensi 
dell'articolo 5-bis, comma 
2, � 
tenuta a dare 
comunicazione 
agli 
stessi, mediante 
invio di 
copia con raccomandata con 
avviso di 
ricevimento, o per 
via telematica per 
coloro che 
abbiano consentito tale 
forma di 
comunicazione. 
entro 
dieci 
giorni 
dalla 
ricezione 
della 
comunicazione, 
i 
controinteressati 
possono presentare 
una motivata opposizione, anche 
per 
via telematica, alla richiesta di 
accesso. 
a 
decorrere 
dalla comunicazione 
ai 
controinteressati, il 
termine 
di 
cui 
al 
comma 6 � 
sospeso 
fino 
all'eventuale 
opposizione 
dei 
controinteressati. 
Decorso 
tale 
termine, 
la 
pubblica 
amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione. 
6. il 
procedimento di 
accesso civico deve 
concludersi 
con provvedimento espresso e 
motivato 
nel 
termine 
di 
trenta giorni 
dalla presentazione 
dell'istanza con la comunicazione 
al 
richiedente 
e 
agli 
eventuali 
controinteressati. in caso di 
accoglimento, l'amministrazione 
provvede 
a trasmettere 
tempestivamente 
al 
richiedente 
i 
dati 
o i 
documenti 
richiesti, ovvero, nel 
caso 
in 
cui 
l'istanza 
riguardi 
dati, 
informazioni 
o 
documenti 
oggetto 
di 
pubblicazione 
obbligatoria 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto, 
a 
pubblicare 
sul 
sito 
i 
dati, 
le 
informazioni 
o 
i 
documenti 
richiesti 
e 
a comunicare 
al 
richiedente 
l'avvenuta pubblicazione 
dello stesso, indicandogli 
il 
relativo 
collegamento 
ipertestuale. 
in 
caso 
di 
accoglimento 
della 
richiesta 
di 
accesso 
civico 
nonostante 
l'opposizione 
del 
controinteressato, salvi 
i 
casi 
di 
comprovata indifferibilit�, l'amministrazione 
ne 
d� comunicazione 
al 
controinteressato e 
provvede 
a trasmettere 
al 
richiedente 
i 
dati 
o i 
documenti 
richiesti 
non prima di 
quindici 
giorni 
dalla ricezione 
della stessa comunicazione 
da 
parte 
del 
controinteressato. 
il 
rifiuto, 
il 
differimento 
e 
la 
limitazione 
dell'accesso 
devono 
essere 
motivati 
con 
riferimento 
ai 
casi 
e 
ai 
limiti 
stabiliti 
dall'articolo 
5-bis. 
il 
responsabile 
della 
prevenzione 
della 
corruzione 
e 
della 
trasparenza 
pu� 
chiedere 
agli 
uffici 
della relativa amministrazione informazioni sull'esito delle istanze. 
7. Nei 
casi 
di 
diniego totale 
o parziale 
dell'accesso o di 
mancata risposta entro il 
termine 
indicato 
al 
comma 6, il 
richiedente 
pu� presentare 
richiesta di 
riesame 
al 
responsabile 
della 
prevenzione 
della corruzione 
e 
della trasparenza di 
cui 
all'articolo 43, che 
decide 
con provvedimento 
motivato, entro il 
termine 
di 
venti 
giorni. se 
l'accesso � 
stato negato o differito a 
tutela 
degli 
interessi 
di 
cui 
all'articolo 
5-bis, 
comma 
2, 
lettera 
a), 
il 
suddetto 
responsabile 
provvede 
sentito il 
garante 
per 
la protezione 
dei 
dati 
personali, il 
quale 
si 
pronuncia entro il 
termine 
di 
dieci 
giorni 
dalla 
richiesta. 
a 
decorrere 
dalla 
comunicazione 
al 
garante, 
il 
termine 
per 
l'adozione 
del 
provvedimento da parte 
del 
responsabile 
� 
sospeso, fino alla ricezione 
del 
parere 
del 
garante 
e 
comunque 
per 
un 
periodo 
non 
superiore 
ai 
predetti 
dieci 
giorni. 
avverso 
la 
decisione 
dell'amministrazione 
competente 
o, 
in 
caso 
di 
richiesta 
di 
riesame, 
avverso 
quella 
del 
responsabile 
della prevenzione 
della corruzione 
e 
della trasparenza, il 
richiedente 
pu� 
proporre 
ricorso al 
tribunale 
amministrativo regionale 
ai 
sensi 
dell'articolo 116 del 
Codice 
del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 
8. 
Qualora 
si 
tratti 
di 
atti 
delle 
amministrazioni 
delle 
regioni 
o 
degli 
enti 
locali, 
il 
richiedente 
pu� altres� 
presentare 
ricorso al 
difensore 
civico competente 
per 
ambito territoriale, ove 
costituito. 
Qualora tale 
organo non sia stato istituito, la competenza � 
attribuita al 
difensore 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


civico 
competente 
per 
l'ambito 
territoriale 
immediatamente 
superiore. 
il 
ricorso 
va 
altres� 
notificato all'amministrazione 
interessata. il 
difensore 
civico si 
pronuncia entro trenta giorni 
dalla presentazione 
del 
ricorso. se 
il 
difensore 
civico ritiene 
illegittimo il 
diniego o il 
differimento, 
ne 
informa 
il 
richiedente 
e 
lo 
comunica 
all'amministrazione 
competente. 
se 
questa 
non conferma il 
diniego o il 
differimento entro trenta giorni 
dal 
ricevimento della comunicazione 
del 
difensore 
civico, 
l'accesso 
� 
consentito. 
Qualora 
il 
richiedente 
l'accesso 
si 
sia 
rivolto 
al 
difensore 
civico, il 
termine 
di 
cui 
all'articolo 116 del 
Codice 
del 
processo amministrativo 
decorre 
dalla data di 
ricevimento, da parte 
del 
richiedente, dell'esito della sua istanza al 
difensore 
civico. se 
l'accesso � 
stato negato o differito a tutela degli 
interessi 
di 
cui 
all'articolo 
5-bis, comma 2, lettera a), il 
difensore 
civico provvede 
sentito il 
garante 
per 
la protezione 
dei 
dati 
personali, il 
quale 
si 
pronuncia entro il 
termine 
di 
dieci 
giorni 
dalla richiesta. a 
decorrere 
dalla comunicazione 
al 
garante, il 
termine 
per 
la pronuncia del 
difensore 
� 
sospeso, 
fino 
alla 
ricezione 
del 
parere 
del 
garante 
e 
comunque 
per 
un 
periodo 
non 
superiore 
ai 
predetti 
dieci giorni. 

9. Nei 
casi 
di 
accoglimento della richiesta di 
accesso, il 
controinteressato pu� presentare 
richiesta 
di 
riesame 
ai 
sensi 
del 
comma 7 e 
presentare 
ricorso al 
difensore 
civico ai 
sensi 
del 
comma 8. 
10. Nel 
caso in cui 
la richiesta di 
accesso civico riguardi 
dati, informazioni 
o documenti 
oggetto 
di 
pubblicazione 
obbligatoria ai 
sensi 
del 
presente 
decreto, il 
responsabile 
della prevenzione 
della 
corruzione 
e 
della 
trasparenza 
ha 
l'obbligo 
di 
effettuare 
la 
segnalazione 
di 
cui 
all'articolo 43, comma 5. 
11. Restano fermi 
gli 
obblighi 
di 
pubblicazione 
previsti 
dal 
Capo ii, nonch� 
le 
diverse 
forme 
di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.� 
7.2. Dal 
complessivo testo dell�articolo si 
evince 
il 
diritto di 
chiunque 
di 
richiedere 
dati, informazioni 
e 
documenti 
detenuti 
dalle 
pubbliche 
amministrazioni, non solo quando l�Amministrazione 
non ottemperi 
all�obbligo di 
legge 
di 
pubblicarli 
(comma 
1), bens� 
anche 
(comma 
2) �allo scopo di 
favorire 
forme 
diffuse 
di 
controllo sul 
perseguimento delle 
funzioni 
istituzionali�, 
nel 
rispetto 
della 
procedura 
di 
tutela 
degli 
eventuali 
controinteressati 
disciplinata 
dai 
commi 
seguenti 
e 
nei 
(soli) limiti 
relativi 
alla 
tutela 
di 
interessi 
giuridicamente 
rilevanti 
secondo quanto previsto dall'articolo 5 bis 
del 
medesimo decreto legislativo n. 33/2013 (che, 
nel caso di specie, la Coldiretti ritiene egualmente violato), secondo cui: 
�1. l'accesso civico di 
cui 
all'articolo 5, comma 2, � 
rifiutato se 
il 
diniego � 
necessario per 
evitare 
pregiudizio 
concreto 
alla 
tutela 
di 
uno 
degli 
interessi 
pubblici 
inerenti 
a: 
a) 
la 
sicurezza 
pubblica e 
l�ordine 
pubblico; b)la sicurezza nazionale; c)la difesa e 
le 
questioni 
militari; d) 
le 
relazioni 
internazionali; e) la politica e 
la stabilit� finanziaria ed economica dello stato; 
f) la conduzione 
di 
indagini 
sui 
reati 
e 
il 
loro perseguimento; g) il 
regolare 
svolgimento di 
attivit� 
ispettive. 2. l'accesso di 
cui 
all'articolo 5, comma 2, � 
altres� 
rifiutato se 
il 
diniego � 
necessario 
per 
evitare 
un 
pregiudizio 
concreto 
alla 
tutela 
di 
uno 
dei 
seguenti 
interessi 
privati: 
a) la protezione 
dei 
dati 
personali, in conformit� con la disciplina legislativa in materia; b) 
la libert� e 
la segretezza della corrispondenza; c) gli 
interessi 
economici 
e 
commerciali 
di 
una persona fisica o giuridica, ivi 
compresi 
la propriet� intellettuale, il 
diritto d'autore 
e 
i 
segreti commerciali. 

3. il 
diritto di 
cui 
all'articolo 5, comma 2, � 
escluso nei 
casi 
di 
segreto di 
stato e 
negli 
altri 
casi 
di 
divieti 
di 
accesso 
o 
divulgazione 
previsti 
dalla 
legge, 
ivi 
compresi 
i 
casi 
in 
cui 
l'accesso 
� 
subordinato dalla disciplina vigente 
al 
rispetto di 
specifiche 
condizioni, modalit� o limiti, 
inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990. 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


4. Restano fermi 
gli 
obblighi 
di 
pubblicazione 
previsti 
dalla normativa vigente. se 
i 
limiti 
di 
cui 
ai 
commi 
1 e 
2 riguardano soltanto alcuni 
dati 
o alcune 
parti 
del 
documento richiesto, 
deve essere consentito l'accesso agli altri dati o alle altre parti�. 
5. i limiti 
di 
cui 
ai 
commi 
1 e 
2 si 
applicano unicamente 
per 
il 
periodo nel 
quale 
la protezione 
� 
giustificata in relazione 
alla natura del 
dato. l'accesso civico non pu� essere 
negato ove, 
per 
la tutela degli 
interessi 
di 
cui 
ai 
commi 
1 e 
2, sia sufficiente 
fare 
ricorso al 
potere 
di 
differimento. 
6. ai 
fini 
della definizione 
delle 
esclusioni 
e 
dei 
limiti 
all'accesso civico di 
cui 
al 
presente 
articolo, 
l'autorit� nazionale 
anticorruzione, d'intesa con il 
garante 
per 
la protezione 
dei 
dati 
personali 
e 
sentita 
la 
Conferenza 
unificata 
di 
cui 
all'articolo 
8 
del 
decreto 
legislativo 
28 
agosto 
1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative.� 
7.3. l�art. 5 bis 
citato consente, quindi, di 
individuare 
casi 
eccezionali 
in cui 
il 
soggetto non 
pu� ottenere 
l�accesso civico, mediante 
l�individuazione 
tassativa 
delle 
fattispecie 
in cui, nel 
bilanciamento di 
interessi 
contrapposti, l�accesso � 
suscettibile 
di 
pregiudicare 
un interesse 
generale di natura pubblica ovvero un affidamento tutelato di natura privata. 
8 � Non � 
controverso che 
il 
diritto di 
accesso di 
cittadini 
ed imprese 
ai 
documenti 
ed alle 
informazioni 
detenuti 
dall�Amministrazione 
costituisca 
il 
necessario corollario dei 
principi 
di 
trasparenza 
e 
di 
partecipazione 
che 
devono 
caratterizzare 
l�attivit� 
amministrativa 
alla 
stregua 
dei 
principi 
fondamentali 
di 
legalit�, di 
tutela 
dei 
diritti 
della 
persona 
e 
di 
uguaglianza 
e 
non 
discriminazione 
sanciti 
dai 
primi 
tre 
articoli 
della 
Costituzione 
che, al 
contempo, esso attui 
l�art. 97 e i principi di imparzialit� e di buon andamento dell�Amministrazione. 
9 - Gi� 
con la 
legge 
n. 241 del 
1990, il 
legislatore 
nazionale 
ha 
previsto il 
�diritto degli 
interessati 
di 
prendere 
visione 
e 
di 
estrarre 
copia di 
documenti 
amministrativi� 
(art. 22, comma 
1, lett. a), legge 
n. 241/1990) configurando tale 
previsione 
come 
�principio generale 
dell�attivit� 
amministrativa al 
fine 
di 
favorire 
la partecipazione 
e 
di 
assicurare 
l�imparzialit� e 
la 
trasparenza� 
e 
includendo, 
giuste 
le 
previsioni 
di 
cui 
all�art 
29, 
comma 
2 
bis, 
della 
medesima 
legge, i 
contenuti 
di 
tale 
�diritto� 
tra 
i 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
ai 
sensi 
dell�art. 117, 
comma 2, lett. m), Cost.. 
In tale 
primigenia 
configurazione 
della 
posizione 
giuridica 
soggettiva, l�accesso viene 
garantito 
�agli 
interessati�: 
non basta, come 
precisato dalla 
giurisprudenza, la 
semplice 
curiosit�, 
essendo necessario invece 
un interesse 
di 
base 
differenziato e 
meritevole 
di 
tutela, secondo la 
titolarit� e nei limiti dell�utilit� di una posizione giuridicamente rilevante. 
9.1. la 
legge 
n. 241/1990 ha 
costruito il 
�diritto di 
accesso� 
in termini 
di 
protezione 
diretta 
di 
un bene 
della 
vita, secondo lo schema 
del 
diritto soggettivo. Sotto il 
profilo processuale 
la 
tutela 
di 
tale 
diritto � 
stata 
ricompresa 
nell�ambito delle 
materie 
devolute 
alla 
giurisdizione 
esclusiva del giudice amministrativo. 
Ci� nonostante 
� 
comunque 
prevalsa 
la 
tesi 
che 
non si 
tratti 
di 
un diritto soggettivo in senso 
proprio e 
che 
l�accesso vada 
inquadrato, al 
di 
l� 
del 
nomen 
utilizzato dalla 
legge, nella 
categoria 
dell�interesse 
legittimo, 
conseguendone 
la 
necessit� 
che 
il 
diniego 
di 
accesso, 
quale 
provvedimento 
in 
senso 
proprio, 
sia 
impugnato 
nel 
termine 
di 
decadenza 
di 
60 
giorni, 
piuttosto 
che 
nel 
termine 
pi� 
lungo 
di 
prescrizione 
applicabile 
in 
via 
ordinaria 
ai 
diritti 
soggettivi 
(Consiglio 
di stato, Adunanza Plenaria 18 aprile 2006 n. 6 e 20 aprile 2006 n. 7). 
10 - Accanto a 
questa 
prima 
forma 
di 
accesso sono state 
introdotte, di 
recente, nell�ordinamento, 
altre 
fattispecie 
di 
accesso 
qualificabili 
in 
termini 
di 
diritto 
soggettivo 
in 
senso 
proprio, 
tra 
le 
quali 
la 
recente 
disposizione 
sul 
cosiddetto accesso civico, noto anche 
come 
Freedom 
of 
information 
act 
(Foia) 
sulla 
scorta 
dell�esempio 
statunitense 
-introdotta 
nell�ambito 
della 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


normativa 
anticorruzione 
con 
il 
sopra 
riportato 
art. 
5 
del 
decreto 
legislativo 
del 
14 
marzo 
2013 


n. 33, come modificato dal decreto legislativo n. 97 del 2016, che prevede due fattispecie: 
a) In primo luogo, chiunque 
pu� richiedere 
l�accesso alle 
informazioni 
e 
ai 
dati 
che 
le 
amministrazioni 
avrebbero comunque 
l�obbligo di 
pubblicare 
sui 
propri 
siti 
o con altre 
modalit� 
tutte le volte in cui esse hanno omesso questo adempimento. 
b) 
In 
secondo 
luogo, 
con 
previsione 
ancor 
pi� 
generale 
volta 
a 
�favorire 
forme 
diffuse 
di 
controllo 
sul 
perseguimento delle 
funzioni 
istituzionali 
e 
sull�utilizzo delle 
risorse 
pubbliche 
e 
di 
promuovere 
la partecipazione 
al 
dibattito pubblico,� 
si 
dispone 
che 
chiunque 
abbia 
diritto di 
accedere 
ai 
dati 
e 
documenti 
detenuti 
dalle 
pubbliche 
amministrazioni, anche 
a 
quelli 
per i 
quali 
non 
sussiste 
un 
obbligo 
di 
pubblicazione, 
anche 
se 
l�art. 
5 
bis 
prevede 
una 
serie 
di 
esclusioni 
in relazione 
alla 
necessit� 
di 
tutelare 
interessi 
pubblici 
e 
privati 
come 
ad esempio la 
sicurezza 
nazionale, 
la 
difesa, 
le 
relazioni 
internazionali, 
la 
protezione 
dei 
dati 
personali, 
la 
libert� 
e 
la 
segretezza 
della 
corrispondenza 
e 
pi� in generale 
tutti 
i 
casi 
di 
esclusione 
di 
cui 
all�art. 24, comma 1, della legge n. 241/1990. 
11 
-Dunque, 
osserva 
il 
Collegio, 
sia 
l�accesso 
documentale 
ex 
art. 
22 
della 
legge 
n. 
241/1990, 
sia 
l�accesso civico ex art. 5 del 
d.lgs. n. 33/2013, hanno lo scopo di 
assicurare 
l�imparzialit� 
e 
la 
trasparenza 
dell�attivit� 
amministrativa 
e 
di 
favorire 
la 
partecipazione 
dei 
privati, ed entrambi 
gli 
istituti 
scontano talune 
limitazioni 
risultanti 
dalla 
ponderazione 
con altri 
interessi 
costituzionalmente 
rilevanti. tuttavia 
nel 
primo caso il 
diritto di 
accesso � 
riconosciuto solamente 
al 
soggetto titolare 
di 
un interesse 
qualificato in relazione 
ad un procedimento amministrativo. 
Nel 
caso dell�accesso civico, viceversa, tale 
diritto � 
esteso a 
qualunque 
soggetto, 
singolo o associato, e 
non vi 
� 
la 
necessit� 
di 
dimostrare 
un particolare 
interesse 
qualificato a 
richiedere 
gli 
atti 
o 
le 
informazioni, 
secondo 
il 
modello 
del 
Freedom 
of 
information 
act 
(Foia), che trae ispirazione dalle esperienze storiche d�oltralpe e d�oltreoceano. 
12 � Al 
fine 
di 
interpretare 
ed applicare 
correttamente 
il 
nuovo istituto, occorre 
considerare 
che 
il 
modello FOIA 
� 
da 
tempo presente 
nella 
storia 
delle 
moderne 
democrazie: 
gi� 
nel 
1766 
si 
parlava 
in Svezia 
di 
libert� 
d�informazione, ed oggi 
� 
divenuto uno standard informativo il 
modello entrato in vigore 
negli 
Stati 
Uniti 
nel 
1966, mediante 
il 
quale 
le 
agenzie 
dell�Executive 
Branch del 
Governo Federale 
hanno l�obbligo di 
rendere 
noti 
e 
di 
pubblicare, in modo 
celere, nel �Federal register�, un�ampia variet� di documenti a vantaggio dei cittadini. 
Il 
FOIA 
statunitense 
inoltre 
stabilisce 
che 
ogni 
ente 
governativo deve 
rendere 
disponibili 
a 
chiunque 
i 
documenti 
non inerenti 
agli 
obblighi 
di 
pubblicazione. Si 
tratta 
dunque 
di 
un�accessibilit� 
pressoch� 
totale 
(i 
cui 
limiti 
sono specificamente 
delineati 
in nove 
eccezioni) che 
ne 
fa, secondo i 
commentatori 
pi� attenti, uno degli 
indicatori 
pi� significativi 
del 
tasso di 
democraticit� del sistema di governo americano. 
In particolare, nel 
Freedom 
of 
information act 
il 
�right 
to know�, diritto di 
essere 
informati, 
persegue 
tre 
diversi 
obiettivi, 
il 
primo, 
�accountabilty�, 
vuole 
consentire 
un 
controllo 
diffuso 
sull�operato degli 
enti 
pubblici 
allo scopo di 
evitare 
fenomeni 
di 
corruzione. la 
seconda 
finalit�, 
�partecipation�, vuole 
garantire 
ai 
cittadini 
una 
partecipazione 
consapevole 
alle 
decisioni 
pubbliche. 
Infine, 
con 
la 
�legitimacy� 
si 
vogliono 
rafforzare 
le 
stesse 
pubbliche 
amministrazioni, che devono agire in completa trasparenza nei confronti dei cittadini. 
Ad oggi 
esiste 
una 
versione 
del 
Freedom 
of 
information act 
in oltre 
cento Paesi 
del 
mondo, 
e 
l�accesso alle 
informazioni 
raccolte 
dallo Stato costituisce 
un punto di 
riferimento per gli 
Stati 
democratici, 
tanto 
da 
essere 
riconosciuto 
a 
livello 
internazionale 
come 
diritto 
umano 
collegato 
alla 
libert� 
di 
espressione 
dell�individuo 
in 
generale; 
a 
sostegno 
del 
FOIA 
si 
schiera 
la 
Convenzione 
Onu 
contro 
la 
Corruzione, 
che 
include 
l�obbligo 
per 
gli 
Stati 
di 
fornire 
accesso 

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


alle 
informazioni 
per promuovere 
la 
partecipazione 
della 
societ� 
civile 
nella 
prevenzione 
e 
nella 
lotta 
alla 
corruzione, 
mentre 
l�Unesco 
riconosce 
�il 
28 
settembre 
come 
la 
Giornata 
mondiale 
del diritto di accesso.� 
13 
-Il 
percorso 
per 
la 
trasparenza 
nel 
nostro 
Paese 
� 
iniziato 
solo 
in 
tempi 
pi� 
recenti: 
la 
prima 
norma 
contenente 
il 
diritto 
di 
accesso 
� 
entrata 
in 
vigore 
solo 
nel 
1990 
con 
la 
gi� 
citata 
legge 


n. 
241 
sul 
procedimento 
amministrativo. 
Successivamente, 
il 
sopra 
citato 
decreto 
legislativo 
n. 
33/2013 
ha 
disciplinato 
la 
pubblicazione 
on 
line 
di 
informazioni 
rilevanti 
sui 
siti 
web 
istituzionali 
delle 
pubbliche 
amministrazioni. 
Peraltro 
l�obbligo 
di 
pubblicazione, 
riguardante 
grandi 
quantit� 
di 
dati 
talvolta 
di 
scarso 
interesse 
per 
le 
imprese 
e 
per 
i 
cittadini, 
� 
stato 
nuovamente 
disciplinato 
dal 
decreto 
legislativo 
n. 
97/2016, 
che 
ha 
modificato 
il 
decreto 
n. 
33/2013 
precisando 
le 
informazioni 
da 
pubblicare 
nelle 
pagine 
web 
istituzionali. 
la 
medesima 
fonte 
ha 
infine 
introdotto, 
com� 
gi� 
ricordato, 
un 
nuovo 
sistema 
di 
accesso 
civico, 
tendenzialmente 
generalizzato, 
che 
si 
ispira 
al 
sopracitato 
FOIA 
statunitense 
secondo 
la 
regola 
primaria 
della 
general 
disclosure 
di 
qualsiasi 
atto, 
salvo 
tassative 
eccezioni, 
anche 
se 
non 
sottoposto 
a 
pubblicazione. 
14 
� 
l�introduzione 
del 
nuovo 
istituto 
di 
matrice 
anglosassone 
� 
stata 
accompagnata 
da 
talune 
perplessit� 
ed 
incertezze 
applicative, 
riferite 
sia 
ai 
problemi 
di 
coordinamento 
derivanti 
dal 
mantenimento 
dei 
precedenti 
istituti 
di 
trasparenza 
amministrativa, 
sia 
alla 
radicale 
ridefinizione 
del 
rapporto 
fra 
cittadino 
e 
pubblica 
amministrazione 
ed 
alle 
possibili 
difficolt� 
organizzative 
derivanti 
per 
quest�ultima 
dalla 
possibilit� 
generalizzata 
e 
diffusa 
di 
presentare 
richieste 
di 
accesso 
alle 
informazioni 
o 
agli 
atti 
pubblici 
senza 
dover 
fornire 
alcuna 
motivazione. 
Osserva 
tuttavia 
il 
Collegio che 
il 
nuovo accesso civico risponde 
pienamente 
ai 
sopraindicati 
principi 
del 
nostro ordinamento nazionale 
di 
trasparenza 
e 
imparzialit� 
dell�azione 
amministrativa 
e 
di 
partecipazione 
diffusa 
dei 
cittadini 
alla 
gestione 
della 
�Cosa 
pubblica� 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
1 e 
2 della 
Costituzione, nonch�, ovviamente, dell�art. 97 cost., secondo il 
principio 
di sussidiariet� di cui all�art. 118 della Costituzione. 
15 - In particolare 
l�art. 118 Cost., nella 
sua 
vigente 
formulazione, al 
primo comma 
prevede 
che 
�le 
funzioni 
amministrative 
sono attribuite 
ai 
Comuni 
salvo che, per 
assicurarne 
l'esercizio 
unitario, siano conferite 
a province, Citt� metropolitane, Regioni 
e 
stato, sulla base 
dei 
princ�pi 
di 
sussidiariet�, differenziazione 
ed adeguatezza�, sancendo il 
principio di 
sussidiariet� 
c.d. �verticale�, volto ad avvicinare 
le 
competenze 
dei 
pubblici 
uffici 
ai 
cittadini 
e 
alle 
imprese 
e 
alle 
loro 
associazioni 
e, 
quindi, 
ai 
bisogni 
del 
territorio, 
secondo 
il 
modello 
di 
�Stato 
delle 
Autonomie� 
gi� 
delineato dall�art. 5 Cost. Esso, al 
quarto ed ultimo comma, introduce, 
ed � 
la 
vera 
novit�, anche 
il 
principio di 
sussidiariet� 
in senso c.d. �orizzontale�, sancendo 
che 
�stato, Regioni, province, Citt� Metropolitane 
e 
Comuni 
favoriscono l'autonoma iniziativa 
dei 
cittadini, singoli 
e 
associati, per 
lo svolgimento di 
attivit� di 
interesse 
generale, sulla 
base del principio della sussidiarit�". 
Il 
�nuovo� 
principio di 
sussidiariet� 
�, quindi, volto a 
favorire 
�l�autonoma iniziativa dei 
cittadini, 
singoli 
e 
associati�, 
ovvero 
a 
favorire 
la 
partecipazione 
dei 
cittadini 
e 
delle 
formazioni 
sociali 
(imprenditoriali 
ed 
associative) 
nelle 
quali 
si 
svolge 
la 
loro 
personalit�, 
ai 
sensi 
dell�art. 
2 Cost., alla 
cura 
e 
al 
buon andamento della 
�Cosa 
pubblica� 
mediante 
�lo svolgimento di 
attivit� 
d�interesse 
generale�. 
In 
tal 
modo, 
viene 
riconosciuto 
in 
primis 
il 
valore 
del 
volontariato, 
che 
insieme 
alla 
cooperazione 
costituisce 
un patrimonio storico della 
nostra 
nazione 
(attualmente 
il 
�terzo settore� 
annovera 
in Italia 
circa 
sette 
milioni 
di 
volontari 
impegnati 
a 
vario 
titolo, 
insieme 
a 
pi� 
di 
tremila 
associazioni 
e 
organizzazioni 
�no 
profit�, 
nell�assistenza 
ai 
pi� 
bisognosi 
e 
nella 
tutela 
della 
persona, 
dell�ambiente 
e 
della 
cultura, 
dando 
uno 
spontaneo 
adempimento ai 
�doveri 
inderogabili 
di 
solidariet� politica, economica e 
sociale� 
previsti 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


dall�art. 2 Cost.). Al 
tradizionale 
modello solidaristico va 
progressivamente 
affiancandosi 
un 
nuovo modello di 
�cittadinanza 
attiva�, gi� 
patrimonio della 
lunga 
storia 
della 
democrazia 
in 
Europa 
e 
nei 
Paesi 
anglosassoni 
ma 
non estraneo alla 
storia 
Italiana, dai 
Comuni 
alle 
repubbliche 
marinare, dalle 
Societ� 
di 
mutuo soccorso alle 
Cooperative 
di 
lavoro, dalle 
Signorie 
alle 
attuali 
�Misericordie� 
che 
affiancano 
i 
servizi 
sociali 
comunali. 
tale 
nuovo 
modello 
� 
caratterizzato, 
alla 
stregua 
delle 
previsioni 
degli 
artt. 1, 2 e 
118 della 
Costituzione, dalla 
spontanea 
cooperazione 
dei 
cittadini 
con le 
Istituzioni 
pubbliche 
mediante 
la 
partecipazione 
alle 
decisioni 
e 
alle 
azioni 
che 
riguardano la 
cura 
dei 
beni 
comuni, anzich� 
dei 
pur rispettabili 
interessi 
privati, e 
che 
quindi 
cospirano alla 
realizzazione 
dell�interesse 
generale 
della 
societ� 
assumendo a 
propria 
volta 
una 
valenza 
pubblicistica, nella 
consapevolezza 
che 
la 
partecipazione 
attiva 
dei 
cittadini 
alla 
vita 
collettiva 
pu� concorrere 
a 
migliorare 
la 
capacit� 
delle 
istituzioni 
di 
dare 
risposte 
pi� 
efficaci 
ai 
bisogni 
delle 
persone 
e 
alla 
soddisfazione 
dei 
diritti 
sociali che la Costituzione riconosce e garantisce. 
16 
� 
la 
sopradescritta 
disciplina 
nazionale 
del 
nuovo 
accesso 
civico, 
inquadrandosi 
in 
questo 
secondo modello, si 
pone 
in diretta 
attuazione 
delle 
previsioni 
costituzionali 
risultanti 
dalla 
riforma 
del 
titolo 
v 
della 
Costituzione 
del 
2001, 
quale 
istituto 
strumentale 
volto 
ad 
assicurare 
le 
condizioni 
-ovvero 
la 
conoscibilit� 
generalizzata 
degli 
atti 
e 
delle 
informazioni 
in 
possesso 
dell�Amministrazione 
-necessarie 
�al 
fine 
di 
favorire 
forme 
diffuse 
di 
controllo 
sul 
perseguimento 
delle 
funzioni 
istituzionali 
e 
sull�utilizzo delle 
risorse 
pubbliche 
e 
di 
promuovere 
la 
partecipazione 
al 
dibattito 
pubblico� 
(art. 
5, 
citato, 
sull�acceso 
civico) 
e 
quindi 
volte 
a 
favorire 
la 
�autonoma iniziativa dei 
cittadini, singoli 
e 
associati, per 
lo svolgimento di 
attivit� di 
interesse 
generale� 
(art. 118 Cost., citato, che introduce il principio di sussidiariet�). 


17. la 
ricostruzione 
del 
predetto quadro normativo consente 
al 
Collegio di 
evidenziare 
che 
il 
nuovo accesso civico, che 
attiene 
alla 
cura 
dei 
beni 
comuni 
a 
fini 
d�interesse 
generale, si 
affianca 
senza 
sovrapposizioni 
alle 
forme 
di 
pubblicazione 
on line 
del 
2013 ed all�accesso agli 
atti 
amministrativi 
del 
1990, 
consentendo, 
del 
tutto 
coerentemente 
con 
la 
ratio 
che 
lo 
ha 
ispira 
e 
che 
lo differenzia 
dall�accesso qualificato previsto dalla 
citata 
legge 
generale 
sul 
procedimento, 
l�accesso alla 
generalit� 
degli 
atti 
e 
delle 
informazioni, senza 
onere 
di 
motivazione, a 
tutti 
i 
cittadini 
singoli 
ed associati, in guisa 
da 
far assurgere 
la 
trasparenza 
a 
condizione 
indispensabile 
per favorire 
il 
coinvolgimento dei 
cittadini 
nella 
cura 
della 
�Cosa 
pubblica�, oltrech� 
mezzo per contrastare 
ogni 
ipotesi 
di 
corruzione 
e 
per garantire 
l�imparzialit� 
e 
il 
buon 
andamento dell�Amministrazione. 
18. 
Ci� 
accade, 
a 
giudizio 
del 
Collegio, 
anche 
nella 
specifica 
fattispecie 
in 
esame. 
la 
Coldiretti 
infatti, dopo una 
prima 
domanda 
di 
accesso generalizzato che 
comprendeva 
la 
richiesta 
di 
un 
collegamento alle 
banche 
dati 
dell�Amministrazione 
- ritenuta 
eccessivamente 
generica 
dal-
l�Amministrazione 
e 
pertanto 
respinta 
con 
l�atto 
gravato 
con 
il 
ricorso 
principale 
di 
primo 
grado - ha 
liberamente 
proposto una 
nuova 
domanda, analoga 
ma 
molto pi� circostanziata 
e 
quindi 
sostitutiva 
della 
precedente, sostanzialmente 
volta 
a 
verificare 
la 
corrispondenza 
e 
la 
non 
contraddittoriet� 
fra 
le 
importazioni 
di 
latte 
e 
di 
prodotti 
a 
base 
di 
latte 
da 
parte 
dei 
singoli 
operatori 
nazionali, da 
un lato, e 
le 
indicazioni 
fornite 
al 
consumatore 
in etichetta 
a 
termini 
di 
legge 
circa 
l�origine 
delle 
materie 
prime 
utilizzate 
dall�altro. tal� 
finalit� 
corrispondono proprio 
a 
quelle 
forme 
diffuse 
di 
controllo 
sul 
perseguimento 
delle 
funzioni 
istituzionali 
e 
di 
partecipazione 
degli 
amministrati 
al 
dibattito pubblico, previste 
dalla 
nuova 
normativa 
del 
2016 
sull�accesso civico. 
18 � Dalle 
pregresse 
considerazioni 
emerge, innanzitutto sul 
piano processuale: 
a) la 
sopravvenuta 
carenza 
d�interesse 
alla 
definizione 
dell�originario ricorso di 
primo grado contro il 
di

rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


niego opposto alla 
prima 
domanda, spontaneamente 
sostituita 
dall�Associazione 
appellante; 
b) 
la 
necessit� 
di 
esaminare 
nel 
merito 
i 
motivi 
aggiunti, 
di 
ordine 
sostanziale, 
proposti 
contro 
il 
secondo 
diniego, 
che 
sono 
ugualmente 
incentrati 
sulla 
violazione 
della 
nuova 
disciplina 
dell�accesso civico. 


19. Ai 
fini 
della 
decisione 
della 
specifica 
questione 
di 
cui 
al 
punto b) del 
par. 18, il 
Collegio 
deve preliminarmente dare risposta ai seguenti quesiti: 
-se 
la 
Coldiretti 
abbia 
la 
legittimazione 
a 
proporre 
la 
domanda 
di 
accesso, 
e 
se 
vi 
possa 
essere 
un conflitto d�interessi 
con i 
suoi 
iscritti 
che 
potrebbero essere 
pregiudicati 
dalla 
richiesta 
informativa; 
- se 
la 
possibilit� 
di 
Coldiretti 
di 
acquisire 
i 
dati 
dai 
propri 
iscritti, oppure 
l�offerto 
report 
periodico con dati 
aggregati, oppure 
il 
vigente 
obbligo di 
riportare 
in etichetta 
le 
indicazioni 
di legge, siano idonei a far venire meno l�interesse di Coldiretti all�accesso; 
-se 
la 
domanda 
di 
accesso sia 
inammissibile 
poich� 
emulativa 
o comunque 
sproporzionata 
rispetto alle 
finalit� 
dichiarate 
di 
tutela 
dei 
consumatori 
e 
del 
mercato, o se 
ci� comporti 
comunque 
oneri insostenibili per l�Amministrazione; 
-se 
l�accesso ai 
dati 
richiesti 
possa 
compromettere 
i 
diritti 
dei 
contro interessati, ed in particolare 
degli operatori economici che importano latte o suoi derivati. 
19.1. Procedendo con ordine, considerato che 
il 
diritto di 
accesso civico spetta 
a 
�chiunque� 
non appare 
dubbia 
la 
legittimazione 
della 
Coldiretti 
a 
proporre 
una 
domanda 
di 
accesso a 
documenti 
e 
ad 
informazioni, 
a 
maggior 
ragione 
se 
riguardanti 
un 
mercato 
in 
cui 
essa 
rappresenta 
la 
maggioranza 
degli 
operatori 
economici 
perseguendone, per finalit� 
statutaria, la 
tutela 
e 
lo 
sviluppo, posto che 
la 
completa 
informazione 
dei 
consumatori 
(oltre 
a 
costituire 
un diritto di 
questi 
ultimi, sancito dal 
Codice 
del 
consumo) pu� favorire 
un corretto e 
regolato confronto 
concorrenziale, nonch� 
un aumento dei 
consumi 
interni 
ed un ulteriore 
sviluppo di 
quel 
mercato. 
Ci� 
� 
vero 
e 
dirimente 
anche 
laddove 
dovesse 
tradursi 
in 
un 
danno 
per 
alcuni 
dei 
singoli 
operatori 
associati, posto che 
l�eventuale 
pregiudizio dei 
singoli 
non pu� andare 
a 
detrimento 
delle finalit� associative statutariamente condivise. 
In altre 
parole, e 
indipendentemente 
da 
ogni 
considerazione 
circa 
le 
dinamiche 
economiche 
sottese 
alla 
produzione 
nazionale 
ovvero alla 
importazione 
del 
latte 
e 
dei 
suoi 
derivati 
in una 
economia 
ormai 
globalizzata, non � 
ictu oculi 
priva 
di 
fondamento la 
tesi 
che 
la 
trasparenza 
e 
la 
credibilit� 
di 
fronte 
ai 
consumatori 
circa 
la 
provenienza 
delle 
materie 
prime 
possa 
favorire 
lo sviluppo del 
mercato interno di 
riferimento, e 
che, conseguentemente, l�interesse 
di 
alcuni 
associati 
alla 
Coldiretti, potenzialmente 
pregiudicati 
dalle 
informazioni 
pubblicate, debba 
essere 
considerato recessivo in quanto non in linea con lo scopo comune della Coldiretti. 
19.2. D�altro canto i 
dati 
e 
le 
informazioni 
richieste 
per conseguire 
la 
predetta 
finalit�, ossia 
per ricostruire 
la 
filiera 
delle 
importazioni 
di 
ogni 
singolo produttore 
nazionale 
al 
fine 
di 
suscitare 
un 
controllo 
diffuso 
ed 
un 
dibattito 
circa 
la 
rispondenza 
fra 
etichette 
dei 
singoli 
prodotti 
offerti 
sul 
mercato e 
reali 
importazioni 
dei 
singoli 
produttori, non potrebbero essere 
raccolti 
dall�Associazione 
solo 
presso 
i 
propri 
iscritti 
(che 
costituiscono 
solo 
una 
parte 
degli 
operatori) 
n� potrebbero essere sostituite dal proposto report periodico con dati aggregati. 
19.3. 
Neppure 
gli 
obblighi 
d�informazione 
in 
etichetta 
gi� 
presenti 
per 
legge, 
sono, 
del 
resto, 
idonei 
a 
far 
venire 
meno 
l�interesse 
di 
Coldiretti 
all�accesso, 
atteso 
che, 
a 
superamento 
di 
quanto 
argomentato 
dal 
tAr, 
l�Associazione 
persegue 
proprio 
la 
verifica 
della 
credibilit� 
di 
quelle 
dichiarazioni 
riportate 
in 
etichetta. 
In 
particolare, 
erra 
il 
tar 
quando 
considera 
che 
la 
Coldiretti 
non 
avrebbe 
interesse 
a 
proporre 
l�istanza 
di 
accesso 
generalizzato 
poich� 
allo 
stesso 
fine 
� 
prevista 
statutariamente 
la 
disciplina 
sulle 
etichette 
(decreto 
ministeriale 
del 
9 
dicembre 
2016 
sulla 
etichettatura 
dei 
prodotti 
alimentari). 
Anche 
a 
voler 
seguire 
questa 
prospettazione, 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


in 
ogni 
caso 
rimane 
l�interesse 
della 
Coldiretti 
ad 
�accedere 
ai 
dati 
e 
ai 
documenti 
detenuti 
dalle 
pubbliche 
amministrazioni, 
ulteriori 
rispetto 
a 
quelli 
oggetto 
di 
pubblicazione� 
(art. 
5, 
comma 
2, 
cit.). 
Infatti, 
il 
richiesto 
accesso 
ai 
dati 
a 
disposizione 
dell�Amministrazione 
in 
relazione 
ai 
procedimenti 
amministrativi 
concernenti 
l�importazione 
di 
materie 
prime 
e 
semilavorati 
da 
parte 
dei 
singoli 
operatori, 
oltre 
a 
consentire 
una 
verifica 
circa 
la 
complessiva 
affidabilit� 
del 
controllo 
pubblico 
in 
ordine 
al 
rispetto 
dell�obbligo 
degli 
stessi 
operatori 
di 
indicare 
in 
etichetta 
l�origine 
degli 
ingredienti 
di 
alcuni 
alimenti, 
consentirebbe 
di 
integrare 
la 
predetta 
forma 
di 
pubblicit� 
quanto 
alla 
complessiva 
provenienza 
delle 
materie 
prime 
utilizzate 
per 
produrre 
in 
Italia 
gli 
ingredienti 
ed 
i 
semilavorati 
a 
propria 
volta 
utilizzati 
nei 
prodotti 
commercializzati 
dal 
medesimo 
operatore, 
ma 
non 
indicati, 
a 
termini 
di 
legge, 
in 
etichetta. 
Pertanto, a 
giudizio del 
Collegio le 
informazioni 
richieste 
dalla 
Coldiretti 
al 
Ministero della 
Salute, da 
un lato, integrano quelle 
oggetto di 
pubblicit� 
obbligatoria 
ma 
non coincidono con 
esse 
e, dall�altro, non consentono di 
individuare 
alcun �abuso del 
diritto� 
d�informazione, in 
quanto 
rispondono 
alle 
dichiarate 
esigenze 
legate 
alla 
tutela 
dei 
consumatori 
e 
alla 
stessa 
ratio 
della 
rintracciabilit� 
della 
filiera 
che 
motiva 
gli 
obblighi 
di 
etichettatura, operando quel 
�controllo 
diffuso sull�attivit� amministrativa� perseguito dalla nuova norma. 

19.4. venendo agli 
ulteriori 
quesiti, � 
pur vero che 
sebbene 
il 
summenzionato art. 5 del 
d.lgs. 
n. 33/2013 non richieda 
all�istante 
di 
fornire 
una 
specifica 
qualificazione 
o motivazione, la 
giurisprudenza 
ha 
talvolta 
attribuito rilievo al 
carattere 
emulativo o non proporzionato della 
domanda rispetto alle finalit� perseguite. 
tuttavia 
le 
pregresse 
considerazioni 
consentono di 
escludere 
che 
ricorra 
una 
tale 
circostanza 
nella 
fattispecie 
in 
esame, 
considerata 
la 
corrispondenza 
fra 
la 
domanda 
e 
la 
dichiarata 
finalit� 
di 
tutela 
della 
trasparenza 
del 
mercato 
e, 
quindi, 
del 
diritto 
dei 
consumatori 
di 
essere 
informati. 
In particolare, la 
richiesta 
di 
Coldiretti 
risulta 
conforme 
alle 
finalit� 
di 
tutela 
dei 
consumatori 
del 
Codice 
del 
consumo che, all�art. 2, garantisce 
una 
serie 
di 
diritti 
del 
consumatore, alcuni 
dei 
quali 
appaiono connessi 
alla 
domanda 
di 
accesso civico in esame. l�art. 2 del 
Codice 
del 
Consumo afferma, infatti, che 
�1. sono riconosciuti 
e 
garantiti 
i 
diritti 
e 
gli 
interessi 
individuali 
e 
collettivi 
dei 
consumatori 
e 
degli 
utenti, ne 
� 
promossa la tutela in sede 
nazionale 
e 
locale, anche 
in forma collettiva e 
associativa, sono favorite 
le 
iniziative 
rivolte 
a perseguire 
tali 
finalit�, anche 
attraverso la disciplina dei 
rapporti 
tra le 
associazioni 
dei 
consumatori 
e 
degli utenti e le pubbliche amministrazioni. 
2. ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti: 
a) alla tutela della salute; 
b) alla sicurezza e alla qualit� dei prodotti e dei servizi; 
c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicit�; 
c-bis) all'esercizio delle 
pratiche 
commerciali 
secondo principi 
di 
buona fede, correttezza e 
lealt�; 
d) all'educazione al consumo; 
e) alla correttezza, alla trasparenza ed all'equit� nei rapporti contrattuali; 
f) alla promozione 
e 
allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e 
democratico tra 
i consumatori e gli utenti; 
g) all'erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualit� e di efficienza.�. 
tale 
articolo si 
mostra, quindi, in linea 
con le 
richieste 
della 
Coldiretti, che 
vuole 
indagare 
sul 
latte 
e 
sui 
prodotti 
caseari 
al 
fine 
di 
informare 
e 
rendere 
consapevoli 
i 
consumatori, coerentemente 
con la 
ratio 
dell�accesso civico generalizzato, cos� 
come 
disciplinato dal 
decreto 
del 2013 e modificato da quello del 2016. 



rASSEGNA 
AvvOCAtUrA 
DEllO 
StAtO - N. 4/2018 


19.5. 
Assume 
inoltre 
rilievo 
la 
circostanza 
che 
la 
seconda 
istanza 
proposta 
da 
Coldiretti 
� 
stata 
depurata 
di 
tutti 
quegli 
elementi 
che 
conferivano un carattere 
di 
genericit� 
alla 
prima 
istanza, 
in conformit� alle linee Guida emanate dall�ANAC in materia. 
19.6. 
Neppure 
pu� 
ritenersi 
che 
la 
domanda 
comporti 
oneri 
eccesivi 
o 
sproporzionati 
per 
l�Amministrazione. 
la 
stessa 
mira 
infatti 
ad 
ottenere 
dati 
disaggregati 
senza 
alcuna 
previa 
rielaborazione, la 
cui 
messa 
a 
disposizione 
(al 
contrario del 
report 
offerto dall�Amministrazione) 
non implica 
particolari 
oneri 
organizzativi 
o gestionali 
dell�Amministrazione 
(l�Associazione, 
nella 
prima 
domanda 
aveva 
anche 
proposto un diretto collegamento telematico alla 
banca 
dati, 
ma 
la 
questione, 
in 
disparte 
il 
rischio 
di 
interferenza 
della 
fattispecie 
con 
la 
diversa 
disciplina 
della 
pubblicazione 
on line 
erga omnes, non costituisce 
pi�, come 
sopra 
indicato, 
oggetto del presente giudizio). 
19.7. 
Infine, 
quanto 
all�obiezione 
che 
l�accesso 
potrebbe 
compromettere 
i 
diritti 
degli 
operatori 
economici 
importatori, 
evidenzia 
il 
Collegio 
che 
l�art. 
5 
soprariportato 
disciplina 
dettagliatamente 
il 
procedimento 
in 
contraddittorio 
che 
l�Amministrazione 
deve 
obbligatoriamente 
avviare 
al 
ricevimento 
della 
domanda 
al 
fine 
di 
tutelare 
i 
possibili 
controinteressati, 
non 
potendo 
certamente 
l�Amministrazione 
limitarsi 
a 
prefigurare 
il 
rischio 
di 
un 
pregiudizio 
in 
via 
generica 
e 
astratta, 
e 
dovendo 
invece 
motivare, 
in 
modo 
puntuale, 
la 
effettiva 
sussistenza 
di 
un 
reale 
e 
concreto 
pregiudizio 
agli 
interessi 
considerati 
dai 
commi 
1 
e 
2 
del 
soprariportato 
art. 
5 
bis. 
Sulla 
questione 
l�ANAC ha 
emanato nel 
2016 le 
linee 
Guida 
recanti 
�indicazioni 
operative 
ai 
fini 
della definizione 
delle 
esclusione 
e 
dei 
limiti 
all�accesso civico di 
cui 
all�art. 5, co 2 
del 
D.lgs 
33/2013�, ed in tale 
documento viene 
affermato che 
�affinch� 
l�accesso possa essere 
rifiutato, il 
pregiudizio agli 
interessi 
considerati 
ai 
commi 
1 e 
2 deve 
essere 
concreto, 
quindi 
deve 
sussistere 
un preciso nesso di 
causalit� tra l�accesso e 
il 
pregiudizio. l�amministrazione, 
in altre 
parole, non pu� limitarsi 
a prefigurare 
il 
rischio di 
un pregiudizio in via 
generica e astratta, ma dovr�: 
a) indicare 
chiaramente 
quale 
- tra gli 
interessi 
elencati 
all�art. 5 bis, co. 1 e 
2 - viene 
pregiudicato; 
b) 
valutare 
se 
il 
pregiudizio 
(concreto) 
prefigurato 
dipende 
direttamente 
dalla 
disclosure 
del-
l�informazione richiesta; 
c) valutare 
se 
il 
pregiudizio conseguente 
alla disclosure 
� 
un evento altamente 
probabile, e 
non soltanto possibile�. 
risulta, 
quindi, 
confermata 
l�erroneit� 
del 
diniego 
di 
accesso 
alla 
informazioni 
richieste 
dalla 
Coldiretti, 
in 
quanto 
il 
pregiudizio 
paventato 
ai 
controinteressati 
era 
solo 
ipotetico 
e 
comunque 
agevolmente 
rimovibile 
mediante 
la 
richiesta 
inziale 
di 
segnalare 
specifiche 
ed 
ipotetiche 
circostanze 
ostative, purch� 
riferite 
a 
profili 
diversi 
rispetto alle 
informazioni 
gi� 
obbligatoriamente 
riportate 
in 
etichetta, 
alla 
stregua 
del 
comma 
5 
del 
citato 
art. 
5, 
che 
disciplina 
la 
comunicazione 
ai 
soggetti 
controinteressati 
�fatti 
salvi 
i 
casi 
di 
pubblicazione 
obbligatoria�. 
Alla 
luce 
della 
predetta 
precisazione 
normativa, in particolare, neppure 
pu� assumere 
rilievo 
la 
considerazione, 
svolta 
dalla 
Difesa 
dell�Amministrazione, 
circa 
il 
diverso 
impatto 
derivante 
dai 
diversi 
modi 
di 
divulgazione 
dei 
dati 
ai 
consumatori, i 
quali 
non possono essere 
pregiudizialmente 
ritenuti 
disattenti 
nella 
lettura 
delle 
informazioni 
gi� 
obbligatoriamente 
riportate 
in etichetta e nel conseguente giudizio sui prodotti. 


20. Conclusivamente, la 
risposta 
ai 
quesiti, nei 
termini 
di 
cui 
al 
par. 19), conduce 
al 
riconoscimento 
del 
diritto 
d�accesso 
civico 
in 
capo 
all�associazione 
ricorrente. 
Alla 
stregua 
delle 
pregresse 
considerazioni 
l�appello deve 
essere 
accolto, e 
per l�effetto deve 
essere 
annullato, 
in riforma 
dell�appellata 
sentenza, il 
diniego impugnato in primo grado con i 
motivi 
aggiunti, 

CONtENzIOSO 
NAzIONAlE 


dovendo 
invece 
essere 
dichiarata 
la 
sopravvenuta 
carenza 
d�interesse 
in 
ordine 
al 
ricorso 
principale 
di primo grado. 


21. Ne 
consegue 
l�obbligo dell�Amministrazione 
intimata 
di 
dare 
corso, senza 
alcun indugio, 
alla 
seconda 
domanda 
di 
�accesso civico� 
dell�Associazione 
appellante, previa 
attivazione 
e 
conclusione, nei 
termini 
di 
legge, della 
procedura 
di 
confronto con i 
potenziali 
controinteressati, 
i 
quali, 
in 
relazione 
alla 
specificit� 
del 
caso, 
potranno 
essere 
interpellati 
preliminarmente 
in via 
generale 
secondo modalit� 
telematiche. l�Amministrazione 
potr�, se 
del 
caso, tenere 
conto (mediante 
il 
parziale 
oscuramento dei 
dati) solo di 
eventuali 
specifiche 
ragioni 
di 
riservatezza 
dei 
controinteressati, puntualmente 
motivate 
e 
circostanziate, eventualmente 
ritenute 
meritevoli 
di 
protezione, ma 
con riferimento a 
profili 
diversi 
ed ulteriori 
rispetto a 
quelli 
gi� 
implicitamente superate dai vigenti obblighi di informazione dei consumatori. 
22. Quanto, infine, alle 
spese 
del 
presente 
giudizio, la 
novit� 
e 
complessit� 
delle 
questioni 
ne 
giustificano l�integrale compensazione fra le parti. 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio di 
Stato in sede 
giurisdizionale 
(Sezione 
terza), definitivamente 
pronunciando 
sull'appello, come 
in epigrafe 
proposto, lo accoglie 
e, per l�effetto, in riforma 
dell�appellata 
sentenza 
dichiara 
improcedibile 
il 
ricorso principale 
ed accoglie 
i 
motivi 
aggiunti, ai 
sensi 
e 
per gli effetti di cui in motivazione. 
Compensa fra le Parti le spese del presente grado di giudizio. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019. 

PareridelComitatoConsultivo
Gara pubblica, sulla regolarizzazione postuma della 
posizione previdenziale di un impresa subentrata 
in seguito a scorrimento della graduatoria 


Parere 
del 
05/12/2017-583778, al 43320/2017, avv. andrea 
Fedeli 


Con 
riferimento 
alla 
richiesta 
di 
parere 
formulata 
da 
codesta 
Amministrazione 
il 20 ottobre 2017, si comunica quanto segue. 


Codesto Provveditorato ha 
bandito la 
gara 
per la 
progettazione 
esecutiva 
e 
l'esecuzione 
dei 
lavori 
di 
realizzazione 
di 
efficientamento energetico ed uso 
di 
fonti 
rinnovabili 
sull'edificio H, presso la 
Caserma 
del 
Carabinieri 
"Salvo 
D'Acquisto" 
in 
Roma. 
La 
procedura 
di 
gara 
prescelta 
� 
stata 
quella 
dell�offerta 
economicamente 
pi� vantaggiosa, conclusasi 
in data 
8 aprile 
2015 con l�aggiudicazione 
provvisoria al Consorzio I. 


Avverso l�aggiudicazione 
l�impresa 
C., seconda 
classificata, ha 
proposto 
ricorso dinanzi al 
TAR Lazio. 


Con 
sentenza 
n. 
6527/2016, 
depositata 
il 
7 
giugno 
2016 
il 
TAR 
ha 
accolto 
la domanda disponendo l�aggiudicazione dell�appalto all�impresa ricorrente. 


Avverso tale 
pronuncia, il 
Consorzio Stabile 
I. ha 
proposto ricorso in appello 
al 
Consiglio 
di 
Stato 
che, 
con 
sentenza 
n. 
5475/2016 
del 
28 
dicembre 
2016 ha rigettato il gravame. 


Al 
fine 
di 
procedere 
alla 
stipula 
del 
contratto con la 
C., codesto Provveditorato 
ha 
richiesto, in data 
25 giugno 2017 un nuovo DURC nel 
frattempo 
scaduto. 


Tale documento � risultato �NON REGOLARE�. 


All�impresa 
veniva, 
pertanto, 
richiesta 
la 
regolarizzazione 
del 
DURC 
con 
la concessione di vari termini per procedere all�adempimento richiesto. 


In data 
20 settembre 
2017 la 
C. comunicava 
di 
aver presentato domanda 
di 
concordato prenotativo e, in data 
21 settembre 
2017, l�impresa 
trasmetteva 
la 
sentenza 
del 
Tribunale 
Ordinario 
di 
Prato 
n. 
1869/2017 
del 
15 
settembre 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


2017 
che 
ordinava 
agli 
Enti 
Previdenziali 
il 
rilascio 
del 
�DURC 
REGOLARE�; 
in 
data 
21 
settembre 
2017, 
a 
seguito 
di 
ulteriore 
verifica 
dell�Ufficio, 
il 
DURC � 
risultato regolare 
con validit� 
confermata 
fino al 
19 gennaio 2018. 

Alla 
luce 
del 
quadro 
fattuale 
cos� 
sinteticamente 
delineato, 
codesto 
Provveditorato 
chiede 
parere 
sulla 
possibilit� 
di 
stipulare 
il 
contratto con l'impresa 
che 
versa 
in 
concordato 
preventivo 
secondo 
la 
procedura 
prevista 
dall'art. 
161 
comma 
7 
della 
legge 
fallimentare 
ovvero 
passare 
al 
concorrente 
successivo 
in 
graduatoria, 
considerando 
fatale 
l'interruzione 
della 
regolarit� 
contributiva 
del-
l'aggiudicatario ai sensi dell'art. 38 del D.Lgs. 163/2006. 


Preliminarmente, 
occorre 
evidenziare 
che, 
con 
riferimento 
alla 
procedura 
di 
concordato, 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
(tra 
le 
altre 
Cons. 
di 
Stato, 
VI, n. 426/2016) ritiene 
legittima 
la 
partecipazione 
alle 
gare 
e 
l�assunzione 
di 
contratti, 
anche 
in 
caso 
di 
domanda 
di 
concordato 
�in 
bianco�, 
alle 
condizioni 
di 
cui 
all�art. 186 bis 
L.F. (autorizzazione 
del 
Tribunale, ecc.), per non vanificare 
la 
finalit� 
precipua 
dell�istituto 
del 
concordato 
con 
continuit�, 
che 
� 
quella 
di 
garantire, 
attraverso 
la 
prosecuzione 
delle 
attivit�, 
la 
migliore 
soddisfazione 
dei 
creditori; 
finalit� 
che 
lo distingue 
dal 
concordato preventivo comune 
definito 
liquidatorio (in tal senso anche l�Anac, det. n. 5/2015). 


Con riferimento al 
DURC, a 
partire 
dalla 
data 
della 
domanda 
di 
concordato, 
l�impresa 
si 
considera 
�regolare� 
se 
nel 
piano ex art. 161 L.F. � 
prevista 
la 
integrale 
soddisfazione 
dei 
crediti 
degli 
enti 
previdenziali, potendo comunque 
essere 
concessa 
una 
moratoria 
di 
un anno per il 
pagamento (art. 5 d.m. 30 
gennaio 2015, art. 186 bis 
l.f.). 


In relazione 
alla 
regolarit� 
contributiva 
l�orientamento giurisprudenziale 
consolidato (cfr. Cons. Stato n. 5501/2016 e, da 
ultimo TAR Lazio, sez. III, n. 
10965/2017 e 
TAR Lazio, sez. III quater, n. 3096/2017), � 
quello secondo cui 
non sono consentite 
regolarizzazioni 
postume 
della 
posizione 
previdenziale, 
dovendo l'impresa 
essere 
in regola 
con l'assolvimento dei 
relativi 
obblighi 
fin 
dalla 
presentazione 
dell'offerta, conservare 
tale 
stato per tutta 
la 
durata 
della 
procedura 
di 
aggiudicazione 
e 
per tutta 
la 
durata 
del 
rapporto contrattuale 
con 
la 
stazione 
appaltante, 
restando 
dunque 
irrilevante 
un 
eventuale 
adempimento 
tardivo dell'obbligazione contributiva. 


Orbene, � 
pacifico che 
la 
C. successivamente 
al 
provvedimento di 
aggiudicazione 
definitiva non fosse in regola con il DURC. 

Sotto tale 
profilo, come 
evidenziato dalla 
citata 
sentenza 
del 
TAR Lazio 


n. 
10965/2017 
l�impresa 
non 
pu� 
utilmente 
richiamare 
�gli 
effetti 
della 
domanda 
di 
ammissione 
alla 
procedura 
di 
concordato 
preventivo 
proposta 
ai 
sensi 
dell'art. 161, sesto comma, l.F., posto che 
anche 
ai 
sensi 
dell'art. 5 del 
decreto del 
Ministero del 
lavoro e 
delle 
politiche 
sociali 
("Semplificazione 
in 
materia di 
documento unico di 
regolarit� contributiva - dUrC"), l'effetto di 
regolarit� contributiva che 
consegue 
all'inibizione 
del 
pagamento dei 
debiti 
pregressi 
alla pubblicazione 
nel 
registro delle 
imprese 
del 
ricorso di 
ammis

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


sione 
in parola (perdurante 
fino al 
decreto di 
omologazione) non comporta 
alcuna 
sanatoria 
delle 
irregolarit� 
contributive 
pregresse, 
operando 
invece 
soltanto de futuro (cfr cit. Tar lazio, sez. iii quater, n. 3096/2017)�. 


Peraltro, 
nel 
caso 
di 
specie, 
chiarito 
che 
gli 
effetti 
del 
concordato 
preventivo 
non hanno efficacia 
ex 
tunc 
ma 
solo dalla 
data 
di 
presentazione 
della 
relativa 
domanda, 
risulta 
dai 
documenti 
trasmessi 
che 
le 
contestate 
inadempienze 
(accertate 
da 
codesto Provveditorato a 
seguito della 
richiesta 
del 
DURC scaduto, 
effettuata 
il 
25 
giugno 
2017) 
si 
riferiscano 
a 
periodi 
che 
precedono 
la 
data di presentazione della domanda di concordato (28 luglio 2017). 


N�, 
da 
altro 
punto 
di 
vista, 
appare 
applicabile 
alla 
fattispecie 
de 
qua 
il 
principio giurisprudenziale 
(tra 
le 
altre, Consiglio di 
Stato, sez. III, 6 marzo 
2017, n. 1050, e 
sez. VI, 25 settembre 
2017 n. 4470) secondo cui, in caso di 
subentro in seguito a 
scorrimento della 
graduatoria, non si 
applica 
il 
principio 
della 
continuit� 
nel 
possesso 
dei 
requisiti. 
Questi 
ultimi, 
infatti, 
devono 
essere 
posseduti 
al 
momento del 
subentro, ma 
non necessariamente 
con continuit� 
dal 
momento della 
presentazione 
dell�offerta, poich�, quando la 
gara 
giunge 
all�aggiudicazione, 
deve 
differenziarsi 
la 
posizione 
dell�aggiudicatario 
da 
quella 
degli 
altri 
concorrenti. Mentre 
per il 
primo si 
impone 
il 
mantenimento 
dei 
requisiti 
con 
continuit�, 
secondo 
i 
principi 
espressi 
nella 
sentenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato, A.P. n. 8/2015, per gli 
altri 
l�offerta 
formulata 
non � 
pi� vincolante 
nei 
confronti 
dell�amministrazione 
e 
cessa 
il 
rapporto 
che 
si 
era 
instaurato 
con la 
domanda 
di 
partecipazione. In caso di 
scorrimento della 
graduatoria, i 
requisiti andranno, pertanto, verificati al momento del subentro. 


Le 
suindicate 
decisioni, 
tuttavia, 
riguardano 
la 
sussistenza 
di 
requisiti 
specifici 
indicati 
nel 
bando di 
gara 
(in particolare 
SOA), mentre 
appare 
quanto 
meno 
dubbia 
l�applicazione 
dei 
suddetti 
principi 
giurisprudenziali 
nell�ipotesi 
di 
irregolarit� 
DURC 
anche 
se 
accertata 
successivamente 
allo 
scorrimento 
della 
graduatoria; 
ci� 
in 
quanto 
la 
regolarit� 
del 
DURC 
� 
un 
requisito 
-previsto 
sotto pena 
di 
esclusione 
- di 
ordine 
generale 
di 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
evidenza 
pubblica, con lo scopo di 
contrastare 
il 
lavoro sommerso e 
irregolare 
e di tutelare, di conseguenza, i diritti dei lavoratori. 


Alla 
luce 
di 
quanto sopra, pur non potendosi 
sottacere 
l�alea 
di 
un contenzioso 
con la 
societ� 
C., appare 
maggiormente 
cautelativo per codesta 
Amministrazione 
disporre 
l�esclusione 
dalla 
gara 
dell�impresa 
ed 
operare 
lo 
scorrimento della graduatoria. 


Questa 
Avvocatura 
resta 
a 
disposizione 
per 
quanto 
ulteriormente 
possa 
occorrere. 


Il 
presente 
parere 
� 
stato sottoposto all�esame 
del 
Comitato Consultivo, 
ai 
sensi 
dell�art. 26 della 
L. 3 aprile 
1979 n. 103, che 
si 
� 
espresso in conformit�. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) 
solo in caso di procedimenti giudiziari conseguenti ad atti 
compiuti o connessi all�espletamento dei compiti istituzionali 


Parere 
del 
11/12/2017-591316, al 39953/2017, avv. iSabella 
CorSini 


Il 
dipendente 
indicato in oggetto ha 
presentato istanza 
diretta 
ad ottenere 
il 
rimborso 
delle 
spese 
di 
difesa 
sostenute 
nell�ambito 
del 
procedimento 
penale 
per i 
reati 
di 
�insubordinazione 
con minaccia 
ed ingiuria 
continuate�, definito 
con 
sentenza 
resa 
dal 
Tribunale 
militare 
di 
Roma 
che, 
con 
sentenza 
confermata 
dalla 
Corte 
di 
Appello militare, ha 
assolto il 
militare 
perch� 
il 
fatto non sussiste. 
Il 
dipendente 
ha 
allegato alla 
domanda 
una 
fattura 
predisposta 
dal 
legale 
che 
ha 
patrocinato il 
giudizio nei 
due 
gradi, per l�importo complessivo di 
� 
900,85 (comprensivi di CPA ed IVA). 

Risulta 
che 
a 
seguito dei 
fatti 
oggetto di 
contestazione 
in sede 
penale 
� 
stato adottato provvedimento sanzionatorio ministeriale 
di 
perdita 
del 
grado 
per rimozione, ai 
fini 
della 
responsabilit� 
disciplinare. L�amministrazione 
di 
appartenenza 
ha 
espresso 
perplessit� 
in 
merito 
alla 
spettanza 
del 
rimborso, 
non ritenendo sussistenti i requisiti richiesti dalla norma. 


Alla 
luce 
degli 
atti 
trasmessi, si 
esprime 
parere 
sfavorevole 
al 
rimborso. 
A 
parere 
della 
Scrivente, la 
condotta 
posta 
in essere 
dal 
militare 
non rientra 
tra 
quelle 
contemplate 
dal 
sopra 
citato 
art. 
18 
d.l. 
n. 
67/1997, 
in 
quanto 
nel 
compiere 
i 
fatti 
per i 
quali 
� 
stato sottoposto a 
giudizio, egli 
non ha 
agito nello 
svolgimento 
del 
proprio 
servizio 
istituzionale, 
con 
una 
condotta 
attribuibile 
direttamente 
alla 
amministrazione 
di 
appartenenza, in virt� del 
rapporto organico 
esistente tra pubblico dipendente e pubblica amministrazione. 


L�art. 18 del 
D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 
23 maggio 
1997, n. 135, consente 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
a 
favore 
dei 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali, 
qualora 
vengano 
sottoposti 
a 
giudizi 
�in 
conseguenza 
di 
fatti 
ed atti 
connessi 
con l�espletamento del 
servizio o con l�assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali�, 
�conclusi 
con 
sentenza 
o 
provvedimento 
che escluda la loro responsabilit��. 


La 
�ratio� 
del 
rimborso � 
quella 
di 
tenere 
indenni 
i 
pubblici 
dipendenti 
dalle 
spese 
legali 
affrontate 
per 
i 
procedimenti 
giudiziari 
relativi 
agli 
atti 
compiuti 
nel o connessi all�espletamento dei compiti istituzionali. 

Nel 
caso di 
specie, l�operato dell�imputato non � 
neppure 
incardinabile 
nell�ambito del 
rapporto di 
servizio con l�Amministrazione 
di 
appartenenza 
essendo 
risultato, 
dal 
testo 
della 
sentenza 
di 
assoluzione 
della 
Corte 
di 
Appello, 
che 
i 
fatti 
che 
hanno danno luogo all�imputazione 
sono estranei 
al 
rapporto di 
servizio, avendo egli 
lamentato, con tono alterato, in un colloquio con il 
suo 
superiore 
gerarchico, nel 
suo ufficio, �il 
cattivo stato manutentivo nonch� 
le 
condizioni 
pessime 
dell�alloggio 
di 
servizio� 
a 
lui 
assegnato: 
(cfr. 
pag. 
4 
della 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


sentenza 
di 
primo 
grado, 
confermate 
dai 
giudici 
di 
appello 
a 
pag. 
9. 
�... 
le 
parole 
pronunciate 
dall�imputato costituivano una reazione 
al 
fatto che 
altri 
e 
non 
il 
C., 
dopo 
avergli 
promesso 
una 
migliore 
sistemazione 
alloggiativa 
non 
avevano 
poi 
rispettato 
tale 
impegno. 
reazione 
che 
sicuramente 
rilevante 
sotto 
il 
profilo disciplinare 
non pu� costituire 
il 
reato di 
insubordinazione 
con ingiuria 
che si pretende commesso in danno del magg. C.��). 


La 
condotta 
posta 
in 
essere 
dal 
militare 
non 
rientra, 
dunque, 
tra 
quelle 
contemplate 
dal 
sopra 
citato art. 18, in quanto nel 
compiere 
i 
fatti 
per i 
quali 
� 
stato 
sottoposto 
a 
indagini 
preliminari 
(presunte 
dichiarazioni 
offensive 
rese 
in occasione 
di 
un dialogo dai 
toni 
alterati 
con il 
suo diretto superiore 
relativo 
allo 
stato 
dell�alloggio 
di 
servizio 
a 
lui 
assegnato) 
egli 
non 
ha 
agito 
nello 
svolgimento 
del 
proprio servizio istituzionale, con una 
condotta 
attribuibile 
direttamente 
all�amministrazione 
di 
appartenenza, in virt� del 
rapporto organico 
esistente tra pubblico dipendente e pubblica amministrazione. 


Alla luce di tali considerazioni si esprime parere negativo al rimborso. 


Sul 
presente 
parere 
si 
� 
espresso in conformit� 
il 
Comitato Consultivo in 
data 24 novembre 2017. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


il (non) rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) 
in caso di assoluzione da parte del giudice penale per la 
particolare tenuit� della condotta in contestazione 


Parere 
del 
13/12/2017-595824, al 38066/2017, avv. iSabella 
CorSini 


Il 
dipendente 
indicato in oggetto ha 
presentato istanza 
diretta 
ad ottenere 
il 
rimborso 
delle 
spese 
di 
difesa 
sostenute 
nell�ambito 
del 
procedimento 
penale 
per il 
reato militare 
di 
truffa 
militare 
continuata 
e 
pluriaggravata, definito con 
sentenza 
di 
assoluzione 
della 
Corte 
militare 
di 
appello 
di 
Roma, 
che, 
in 
riforma 
della 
sentenza 
di 
condanna 
di 
primo 
grado, 
assolveva 
il 
militare 
perch� 
il 
fatto 
non sussiste, con la 
seguente 
precisazione 
�.. pur 
ritenendo provata la condotta 
in contestazione 
ma avendo tuttavia a riferimento la pochezza della fattispecie 
sottoposta ad esame ..�. 

Il 
militare 
ha 
allegato alla 
domanda, nota 
spese 
predisposta 
dal 
proprio 
legale 
per un importo complessivo di 
euro 20.898,00 (importo comprensivo 
di CPA ed IVA). 

La 
scala 
gerarchica 
e 
codesta 
Amministrazione 
hanno 
espresso 
parere 
sfavorevole 
al 
rimborso, 
precisando 
che 
gli 
aspetti 
disciplinari 
della 
vicenda 
sono 
ancora 
al 
vaglio dell�Amministrazione, in attesa 
della 
definizione 
di 
un procedimento 
penale 
avviato 
dalla 
procura 
della 
Repubblica 
di 
Crotone 
per 
i 
reati 
di 
falsit� 
materiale 
ed ideologica 
commessa 
da 
p.u. in atti 
pubblici 
e 
rifiuto di 
atti 
legalmente 
dovuti, sempre 
con riferimento ai 
medesimi 
fatti 
esaminati 
dai 
giudici militari. 

La 
Scrivente 
concorda 
con il 
parere 
negativo espresso, alla 
luce 
del 
consolidato 
indirizzo 
della 
giurisprudenza, 
che 
ha 
inteso 
l�art. 
18 
del 
D.L. 
25 
marzo 1997, n. 67, convertito con L. 23 maggio 1997, n. 135 
come 
norma di 
stretta interpretazione, e 
deve 
essere 
applicata nel 
senso di 
rigettare 
ogni 
richiesta 
risarcitoria che 
non sia suffragata da un provvedimento che 
escluda 
qualsiasi 
profilo di 
responsabilit�, risultando applicabile 
ai 
soli 
casi 
espressamente 
disciplinati ex lege. 

Nel 
caso di 
specie, dal 
testo della 
sentenza 
di 
assoluzione 
della 
Corte 
di 
Appello 
appare 
evidente 
che 
in 
sede 
penale, 
pur 
non 
ritenendo 
raggiunta 
la 
certezza 
di 
un 
illecito 
penale, 
la 
condotta 
del 
P. 
� 
stata 
ritenuta 
non 
rispondente 
agli 
interessi 
dell�Amministrazione: 
(cfr. pag. 21 ��la Corte 
pur 
ritenendo 
provata la condotta in contestazione 
ma avendo tuttavia a riferimento la pochezza 
della fattispecie 
sottoposta al 
suo esame, � 
portata a concludere 
che 
non risulta integrato il 
reato militare 
di 
truffa ipotizzato, non potendosi 
ritenere 
il 
danno patrimoniale 
conseguente 
all�attivit� decettiva contestata come 
economicamente 
apprezzabile: 
si 
tratta 
invero 
di 
circa 
due 
ore 
di 
servizio, 
forse 
di 
un tempo anche 
inferiore, stando alla versione 
dei 
testi 
a discarico, 
la cui 
deposizione 
pu� avere 
al 
massimo determinato incertezza sul 
preciso 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


momento 
del 
rientro 
e 
dunque, 
sul 
tempo 
dell�assenza 
non 
giustificata 
ma 
giammai 
sulla 
sussistenza 
dell�allontanamento 
stesso. 
in 
sostanza 
la 
Corte 
ritiene 
di 
aderire 
ai 
numerosi 
arresti 
dei 
Supremi 
Giudici 
che 
hanno affermato 
in tema di 
allontanamento del 
pubblico dipendente 
dai 
luoghi 
di 
lavoro che 
i 
periodi 
di 
assenza devono poter 
esser 
considerati 
economicamente 
apprezzabili: 
tale 
non 
� 
di 
certo 
l�indebita 
percezione 
di 
poco 
pi� 
di 
una 
ventina 
di 
euro��). 


A 
parere 
della 
Scrivente 
la 
formula 
assolutoria 
utilizzata 
sembra 
consistere 
nel 
riconoscimento 
di 
una 
causa 
di 
non 
punibilit� 
per 
la 
particolare 
tenuit� 
della condotta tenuta. 

Nel 
caso di 
specie, dall�esame 
della 
sentenza 
risulta 
che 
�il 
fatto� 
- allontanamento 
dal 
servizio -per il 
quale 
il 
militare 
� 
stato tratto a 
giudizio � 
pacifico e 
l�imputato � 
stato assolto poich� 
il 
giudice 
penale 
non ha 
escluso la 
responsabilit�, 
ma 
in 
ragione 
della 
pochezza 
della 
fattispecie 
ha 
escluso 
la 
punibilit� 
- v. sentenza pag. 21. 


Si esprime, pertanto, parere negativo al rimborso. 


Sul 
presente 
parere 
si 
� 
espresso in conformit� 
il 
Comitato Consultivo in 
data 24 novembre 2017. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) 
solo in caso di esercizio dei compiti istituzionali 
espletati �senza violazione di doveri e senza conflitto 
di interessi con l�amministrazione� 


Parere 
del 
18/12/2017-602712, al 26925/2017, avv. vinCenzo 
raGo 


Con riferimento all�istanza 
di 
rimborso in oggetto, preso atto del 
parere 
sfavorevole espresso da codesta 
Amministrazione, si osserva quanto segue. 


Com� 
� 
noto l�art. 18 della 
legge 
23 maggio 1997, n. 135 richiede, per il 
rimborso, 
che 
le 
spese 
legali 
siano 
relative 
a 
�giudizi 
per 
responsabilit� 
civile, 
penale 
e 
amministrativa promossi 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali 
in conseguenza di 
fatti 
o atti 
connessi 
con l�espletamento del 
servizio 
o con l�assolvimento di obblighi istituzionali�. 

Va 
osservato che 
la 
�ratio� 
del 
rimborso � 
quella 
di 
tenere 
indenni 
i 
soggetti 
che 
abbiano agito in nome 
e 
per conto, oltre 
che 
nell�interesse, dell�Amministrazione, 
dalle 
spese 
legali 
affrontate 
per 
i 
procedimenti 
giudiziari 
relativi 
agli 
atti 
connessi 
all�espletamento dei 
compiti 
istituzionali. In questo senso, � 
possibile 
imputare 
gli 
effetti 
degli 
atti 
del 
dipendente 
direttamente 
all�amministrazione 
di 
appartenenza 
solo 
quando 
risulti 
che 
l�agire 
incriminato 
di 
questi 
sia 
strettamente 
strumentale 
al 
regolare 
e 
diligente 
adempimento dei 
compiti 
istituzionali 
di 
servizio, 
vi 
sia 
quindi 
coincidenza 
di 
posizioni 
e 
non 
si 
concreti 
invero 
un 
conflitto 
di 
interessi 
con 
l�Amministrazione 
di 
appartenenza 
(cfr. 
Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 2005, n. 2041). 

Naturalmente, il 
rimborso trova 
applicazione 
- a 
tutela 
del 
corretto esercizio 
dei 
compiti 
istituzionali 
- alla 
condizione 
�che 
processualmente 
emerga 
l�espletamento degli 
stessi 
senza violazione 
di 
doveri 
e 
senza conflitto di 
interessi 
con l�amministrazione� 
(cos� 
Cons. Stato, n. 2041 del 
2005, cit.) e 
che 
�la 
sentenza 
di 
assoluzione 
abbia 
accertato l�insussistenza 
di 
qualsiasi 
forma 
di 
colpa 
nell�operato del 
soggetto prosciolto� 
(cos� 
CGA, sez. consultiva, parere 
del 
4 
aprile 
2006, 
n. 
358/2006, 
che 
richiama 
il 
parere 
del 
Consiglio 
di 
Stato, n. 3218 del 
29 ottobre 
2003), non ravvisandosi 
altrimenti 
alcuna 
valida 
ragione, meritevole 
di 
tutela, per tenere 
indenne 
il 
dipendente 
che 
abbia 
compiuto 
atti 
estranei 
al 
diligente 
espletamento 
dei 
propri 
compiti 
e 
al 
regolare 
andamento dell�attivit� amministrativa. 


Il 
giudizio 
di 
�connessione� 
(tra 
la 
condotta, 
posta 
in 
essere 
dal 
dipendente, 
e 
l�espletamento del 
servizio o l�assolvimento di 
obblighi 
istituzionali) 
deve 
essere 
formulato 
in 
concreto 
e 
non 
in 
astratto 
e 
dovr� 
dunque 
essere 
svolto 
facendo 
riferimento 
al 
giudizio 
di 
fatto 
formulato 
dall�organo 
giudicante 
che 
adotta 
il 
provvedimento conclusivo del 
processo ed alle 
valutazioni 
eventualmente 
espresse dai superiori gerarchici. 


Il 
corretto espletamento del 
servizio va 
valutato con riferimento alle 
sin



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


gole 
imputazioni 
e 
al 
contenuto della 
sentenza 
di 
assoluzione 
e 
non sussiste 
nel 
caso di 
specie 
con riferimento alle 
imputazioni 
formulate 
avverso il 
sig. 


G. ed al contenuto della sentenza della Corte di 
Appello. 
L�istante 
� 
stato imputato per vari 
episodi 
di 
peculato e 
falso, per svariate 
e spregiudicate operazioni effettuate nella sua qualit� di cassiere (...). 
La 
Corte 
di 
Appello, 
giudicando 
in 
sede 
di 
rinvio 
dalla 
Cassazione, 
ha 
assolto il 
sig. G. dal 
reato di 
peculato, confermando peraltro la 
ricostruzione 
dei fatti da parte dei giudici di merito (cfr. sentenza pag. 13). 


In 
particolare, 
la 
Corte 
-nella 
motivazione 
della 
sentenza 
-ha 
chiarito 
che 
�il 
l. 
(uno 
dei 
co-imputati 
n.d.r.) 
a 
seguito 
di 
problemi 
economici 
derivati 
dalla gestione 
della macelleria di 
famiglia, utilizzava la cassa (...) per 
operazioni 
di 
cambio assegni 
per 
poi 
ideare 
un vero e 
proprio meccanismo di 
prelievo 
di 
denaro 
o 
di 
monetizzazione 
di 
assegni 
bancari, 
avvalendosi 
del 
necessario contributo del 
G., quale 
cassiere 
(...), e 
del 
T., quale 
direttore 
del-
l�agenzia interna bPM; in sintesi, per 
quanto accertato anche 
a seguito della 
disposta consulenza tecnica, resasi 
necessaria dal 
rilevante 
numero di 
conti 
correnti 
accesi 
dal 
l. e 
del 
vorticoso giro di 
titoli, risulta che 
sugli 
assegni 
bancari 
emessi 
dal 
l. 
e 
da 
altri 
soggetti 
veniva 
apposto 
a 
firma 
del 
G. 
il 
timbro 
�per 
conoscenza e 
garanzia� 
e 
che 
tali 
assegni, presentati 
presso l�agenzia 
interna bPM, venivano poi 
�monetizzati� 
con il 
rilascio di 
assegni 
circolari 
(carta in cambio di 
denaro, come 
efficacemente 
riferito da un teste 
escusso�; 
risulta, infine, che 
tali 
operazioni, protrattesi 
per 
un apprezzabile 
periodo, in 
assenza 
di 
adeguate 
forme 
di 
controllo 
interno, 
avevano 
comportato 
per 
l�istituto 
bancario 
un 
danno 
economico 
rilevante 
(circa 
1.700.000 
euro) 
in 
quanto 
gli 
assegni 
bancari 
erano 
privi 
della 
necessaria 
provvista, 
mentre 
la 
cassa 
(...) non aveva registrato alcun ammanco a seguito del 
�rocambolesco� 
rinvenimento 
della somma di 
412 mila euro, in contanti 
e 
in titoli, custodita all�interno 
di una scatola di scarpe�. 


Quindi, pur essendo stato escluso il 
reato di 
peculato, essendo stata 
riconosciuta 
valida 
la 
giustificazione 
offerta 
dai 
difensori 
degli 
imputati 
per uno 
degli 
episodi 
contestati 
-ovvero 
che, 
��a 
fronte 
dell�emissione 
di 
tale 
assegno 
circolare 
non vi 
era stato versamento di 
denaro pubblico ma, secondo un sistema 
collaudato, 
l�emissione 
di 
assegni 
bancari 
da 
parte 
di 
soggetti 
privati..� 
(pag. 14 sentenza), � 
stata 
confermata 
la 
circostanza 
che 
�il 
l., a seguito di 
problemi 
economici 
derivati 
dalla gestione 
della macelleria di 
famiglia, utilizzava 
la cassa (...) per 
operazioni 
di 
cambio assegni 
per 
poi 
ideare 
un vero 
e 
proprio 
meccanismo 
di 
prelievo 
di 
denaro 
o 
di 
monetizzazione 
di 
assegni 
bancari, 
avvalendosi 
del 
necessario 
contributo 
del 
G., 
quale 
cassiere 
(...) 
e 
del T., quale direttore dell�agenzia interna bPM��. 


Ci� che conferma il non corretto espletamento del servizio. 


Quanto 
al 
falso, 
la 
Corte 
di 
Appello 
ha 
�confermato 
la 
declaratoria 
di 
estinzione 
del 
reato per 
intervenuta prescrizione, in assenza di 
elementi 
certi 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


di 
innocenza degli 
imputati; in tal 
caso, difatti, l�argomento logico che 
solo 
gli 
imputati 
avevano un precipuo interesse 
a falsificare 
gli 
atti 
per 
�far 
quadrare 
i 
conti� 
� 
ulteriormente 
rafforzato 
dalle 
dichiarazioni 
rese 
del 
M. 
il 
quale 
esclude 
di 
avere 
sottoscritto l�atto nel 
gennaio 2003��� 
(pag. 15) e, 
quindi, 
anche 
sotto 
questo 
profilo, 
la 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
va 
esclusa, cos� 
come 
ripetutamente 
ritenuto dal 
questa 
Avvocatura 
in precedenti 
consultazioni 
(cfr., 
in 
terminis, 
parere 
del 
Comitato 
Consultivo 
n. 
240745 
del 
4 giugno 2014, seduta 
del 
22 maggio 2014, CS 
47105/13), non avendo il 
Giudice escluso la sussistenza di fatti penalmente rilevanti. 


Del 
resto il 
sig. G., per i 
fatti 
oggetto del 
procedimento penale 
ha 
subito 
anche 
un procedimento disciplinare 
che 
si 
� 
concluso con sanzione 
della 
sospensione 
disciplinare 
dall�impiego, 
essendo 
stata 
riconosciuta 
la 
commissione 
di atti contrari ai doveri di ufficio. 


Sotto questo profilo, va 
considerato che 
la 
rimborsabilit� 
va 
esclusa, secondo 
l�orientamento consolidato della 
giurisprudenza 
(cfr. ancora 
sent. Consiglio 
di 
Stato n. 1190 del 
26 febbraio 2013; 
parere 
Corte 
dei 
Conti 
Abruzzo 


n. 13/2013), in particolare, nel 
caso della 
rilevanza 
disciplinare 
della 
condotta 
tenuta dal dipendente. 
Il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
chiarito, 
con 
riferimento 
appunto 
ad 
ipotesi 
di 
responsabilit� 
disciplinare, 
che: 
�ai 
fini 
dell'applicazione 
dell'art. 
18 
comma 
1, 


d.l. 
25 
marzo 
1997 
n. 
67, 
conv. 
nella 
l. 
23 
maggio 
1997 
n. 
135, 
in 
tema 
di 
rimborso 
di 
spese 
legali, 
la 
connessione 
dei 
fatti 
con 
l'espletamento 
del 
servizio 
o 
con 
l'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali 
va 
intesa 
nel 
senso 
che 
tali 
atti 
e 
fatti 
siano 
riconducibili 
all'attivit� 
funzionale 
del 
dipendente 
stesso 
in 
un 
rapporto 
di 
stretta 
dipendenza 
con 
l'adempimento 
dei 
propri 
obblighi, 
dovendo 
trattarsi 
di 
attivit� 
che 
necessariamente 
si 
ricollegano 
all'esercizio 
diligente 
della 
pubblica 
funzione, 
nonch� 
occorre 
che 
vi 
sia 
un 
nesso 
di 
strumentalit� 
tra 
l'adempimento 
del 
dovere 
e 
il 
compimento 
dell'atto, 
nel 
senso 
che 
il 
dipendente 
non 
avrebbe 
assolto 
ai 
suoi 
compiti 
se 
non 
compiendo 
quel 
fatto 
o 
quell'atto. 
ai 
fini 
del 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
da 
un 
pubblico 
dipendente 
(nella 
specie, 
un 
maresciallo 
aiutante), 
affinch� 
sia 
ravvisabile 
una 
connessione 
tra 
la 
condotta 
tenuta 
e 
l'attivit� 
di 
servizio 
del 
dipendente, 
� 
necessario 
che 
la 
suddetta 
attivit� 
sia 
tale 
da 
poterne 
imputare 
gli 
effetti 
dell'agire 
del 
pubblico 
dipendente 
direttamente 
alla 
amministrazione 
di 
appartenenza, 
poich� 
il 
beneficio 
del 
ristoro 
delle 
spese 
legali 
richiede 
un 
rapporto 
causale 
con 
una 
modalit� 
di 
svolgimento 
di 
una 
corretta 
prestazione 
lavorativa 
le 
cui 
conseguenze 
ricadrebbero 
sull'amministrazione 
n� 
� 
sufficiente 
che 
l'evento 
avvenga 
durante 
e 
in 
occasione 
della 
prestazione 
(tra 
tante, 
Consiglio 
Stato 
sez. 
iii, 
1 
marzo 
2010, 
n. 
275)� 
La 
possibilit� 
del 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
� 
da 
escludersi 
qualora 
vi 
sia 
conflitto 
di 
interessi 
tra 
dipendente 
ed 
amministrazione, 
emergendo 
o 
comunque 
potendo 
emergere 
estremi 
di 
natura 
disciplinare 
ed 
amministrativa, 
per 
mancanze 
attinenti 
al 
compimento 
dei 
doveri 
d'ufficio�. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Cos� 
stando 
le 
cose, 
tenuto 
conto 
del 
non 
diligente 
comportamento 
tenuto 
dall�imputato, si esprime parere contrario al rimborso. 


Sulla 
questione 
� 
stato sentito il 
Comitato Consultivo che 
si 
� 
espresso in 
conformit�. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


in merito alla sospensione della concessione di vitalizio a 
favore di Consigliere regionale a seguito di condanna 
definitiva comportante interdizione dai pubblici uffici: 
la �norma monito� (art. 2, d.l. 174/2012) 


Parere 
del 
21/12/2017-610901, al 46117/2017, avv. aGneSe 
Soldani 


L�Avvocatura 
Distrettuale 
in indirizzo ha 
qui 
trasmesso, in quanto questione 
di 
massima, la 
richiesta 
di 
parere 
pervenuta 
dall�Ufficio di 
Presidenza 
della 
Regione 
Sardegna 
relativa 
alla 
materia 
in oggetto, con particolare 
riferimento 
alla 
problematica 
sollevata 
da 
una 
nota 
interna 
predisposta 
dal 
Segretario 
Generale 
della 
medesima 
regione, 
che 
solleva 
dubbi 
sulla 
legittimit� 
dell�attuale 
formulazione 
dell�art. 
12 
bis 
del 
�regolamento 
per 
gli 
assegni 
vitalizi 
dei 
consiglieri 
regionali 
eletti 
fino alla Xiv 
legislatura� 
per contrasto 
con la normativa primaria contenuta nell�art. 28 del codice penale. 


Pi� in particolare la norma regolamentare stabilisce: 


�Qualora 
il 
titolare 
dell'assegno 
vitalizio 
sia 
condannato 
in 
via 
definitiva 
per 
uno 
dei 
delitti 
di 
cui 
al 
libro 
ii 
(dei 
delitti 
in 
particolare), 
titolo 
ii 
(dei 
delitti 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione) 
del 
codice 
penale, 
per 
fatti 
commessi 
successivamente 
all'entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
n. 
213 
del 
2012 
e 
la 
condanna 
importi 
l'interdizione 
dai 
pubblici 
uffici, 
l'erogazione 
del 
vitalizio 
� 
sospesa 
a 
titolo 
di 
sanzione 
per 
una 
durata 
pari 
a 
quella 
dell'interdizione 
stessa�. 


Detta 
norma 
� 
stata 
introdotta 
nel 
predetto regolamento al 
fine 
di 
adempiere 
a 
quanto 
statuito 
dall�art. 
2 
D.L. 
174/2012, 
come 
convertito 
dalla 
l. 
213/2012, 
secondo 
cui 
�ai 
fini 
del 
coordinamento 
della 
finanza 
pubblica 
e 
per 
il 
contenimento 
della 
spesa 
pubblica, 
a 
decorrere 
dal 
2013 
una 
quota 
pari 
all'80 
per 
cento 
dei 
trasferimenti 
erariali 
a 
favore 
delle 
regioni, 
diversi 
da 
quelli 
destinati 
al 
finanziamento del 
Servizio sanitario nazionale, delle 
politiche 
sociali 
e 
per 
le 
non autosufficienze 
e 
al 
trasporto pubblico locale, � 
erogata 
a 
condizione 
che 
la 
regione, 
con 
le 
modalit� 
previste 
dal 
proprio 
ordinamento, entro il 
23 dicembre 
2012, ovvero entro sei 
mesi 
dalla data di 
entrata in vigore 
della legge 
di 
conversione 
del 
presente 
decreto qualora occorra 
procedere a modifiche statutarie: 


a) �.. 


n) abbia escluso, ai 
sensi 
degli 
articoli 
28 e 
29 del 
codice 
penale, l'erogazione 
del 
vitalizio 
in 
favore 
di 
chi 
sia 
condannato 
in 
via 
definitiva 
per 
delitti 
contro la pubblica amministrazione� (art. 2, comma 1 lett. n). 


Il 
comma 
2 della 
medesima 
norma 
stabilisce 
poi 
che 
�Ferme 
restando le 
riduzioni 
di 
cui 
al 
comma 1, alinea, in caso di 
mancato adeguamento alle 
disposizioni 
di 
cui 
al 
comma 
1 
entro 
i 
termini 
ivi 
previsti, 
a 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 
2013 
i 
trasferimenti 
erariali 
a 
favore 
della 
regione 
inadempiente 
sono 
ridotti 
per 
un 
importo 
corrispondente 
alla 
met� 
delle 
somme 
da 
essa 
destinate 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


per 
l'esercizio 
2013 
al 
trattamento 
economico 
complessivo 
spettante 
ai 
membri 
del 
consiglio 
regionale 
e 
ai 
membri 
della 
giunta 
regionale�, 
cos� 
introducendo, 
come 
chiarito anche 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
nella 
sentenza n. 23/2014, 
la 
sanzione 
del 
taglio 
dei 
trasferimenti 
erariali 
in 
caso 
di 
mancato 
adempimento 
dell�onere gravante sulle Regioni (1). 

Secondo 
l�avviso 
del 
Segretario 
Generale, 
la 
norma 
regolamentare 
regionale, 
cos� 
come 
strutturata 
-e 
pi� 
in 
particolare 
nella 
parte 
in 
cui 
individua 
l�ambito 
di 
applicazione 
della 
sospensione 
dell�erogazione 
del 
vitalizio 
alle 
condanne 
comportanti 
interdizione 
dai 
pubblici 
uffici 
per fatti 
commessi 
successivamente 
all�entrata 
in 
vigore 
della 
l. 
213/2012 
e 
non 
anche 
alle 
condanne 
per 
fatti 
commessi 
antecedentemente 
a 
tale 
momento 
-si 
porrebbe 
in 
contrasto 
con gli 
artt. 28 e 
29 del 
codice 
penale, che 
da 
sempre 
(e 
quindi 
molto prima 
dell�entrata 
in vigore 
della 
legge 
del 
2012) disciplina 
l�istituto della 
pena 
accessoria 
dell�interdizione 
dai 
pubblici 
uffici, istituto che 
priva 
il 
condannato, 
in via 
temporanea 
o definitiva, �degli 
stipendi, delle 
pensioni 
e 
degli 
assegni 
che 
siano a carico dello Stato o di 
un altro ente 
pubblico� 
(art. 28, comma 
2 


n. 5 c.p.), quindi anche del vitalizio corrisposto agli ex consiglieri regionali. 
Oltre 
al 
quesito relativo all�ambito applicativo della 
sospensione 
del 
vitalizio 
in 
caso 
di 
sentenza 
di 
condanna 
definitiva 
con 
interdizione 
dai 
pubblici 
uffici 
sollevata 
dal 
Segretario generale, il 
Presidente 
della 
Regione, nella 
richiesta 
di 
parere 
a 
codesta 
Distrettuale, 
ne 
formula 
anche 
un 
secondo, 
relativo 
alla 
�natura pensionistica o meno del 
vitalizio�, problematica, questa, la 
cui 
soluzione � a ben vedere prodromica a quella del primo quesito. 


Invero, 
la 
Corte 
Costituzionale 
con 
la 
sentenza 
n. 
3/1966, 
ha 
dichiarato 
l�illegittimit� 
costituzionale 
dell�art. 28, secondo comma, n. 5, c.p. nella 
parte 
in cui 
prevedeva 
che 
l�interdizione 
dai 
pubblici 
uffici 
comportasse 
anche 
la 
perdita 
dei 
diritti 
- quali 
la 
pensione 
- che 
traggono titolo da 
un rapporto di 
lavoro, 
e 
in conseguenza 
di 
tale 
sentenza 
la 
l. 424/1966 ha 
abrogato tutte 
le 
disposizioni 
che 
prevedono, 
a 
seguito 
di 
condanna 
penale 
o 
disciplinare, 
la 
perdita, la 
riduzione 
o la 
sospensione 
delle 
pensioni 
a 
carico dello Stato o di 
altro ente pubblico. 


Da 
ci� 
consegue 
che 
ove 
al 
vitalizio 
del 
consigliere 
regionale 
dovesse 
attribuirsi 
natura 
pensionistica, il 
problema 
del 
coordinamento tra 
le 
norme 
sin 


(1) 
Al 
riguardo 
la 
Corte 
Costituzionale 
nella 
predetta 
sentenza 
n. 
23/2014 
ha 
infatti 
affermato: 
�occorre 
� 
tenere 
presente 
la 
struttura 
della 
norma 
censurata, 
che 
� 
ispirata 
alla 
logica 
premiale 
e 
sanzionatoria 
gi� 
delineata 
dal 
legislatore 
all'art. 
2, 
comma 
2, 
lettera 
z), 
della 
legge 
n. 
42 
del 
2009, 
quale 
criterio 
direttivo 
generale 
nell'esercizio 
della 
delega 
al 
Governo 
in 
materia 
di 
federalismo 
fiscale. 
il 
censurato 
art. 
2, 
comma 
1, 
infatti, 
pur 
contenendo 
alcune 
previsioni 
puntuali, 
le 
configura 
non 
come 
obblighi 
bens� 
come 
oneri. 
esso 
non 
utilizza, 
dunque, 
la 
tecnica 
tradizionale 
d'imposizione 
di 
vincoli 
alla 
spesa 
ma 
un 
meccanismo 
indiretto 
che 
lascia 
alle 
regioni 
la 
scelta 
se 
adeguarsi 
o 
meno, 
prevedendo, 
in 
caso 
negativo, 
la 
conseguenza 
sanzionatoria 
del 
taglio 
dei 
trasferimenti 
erariali
�. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


qui 
richiamate 
nemmeno si 
porrebbe 
perch� 
l�art. 28, comma 
2 n. 5) c.p. non 
si potrebbe applicare a tale istituto. 


In 
estrema 
sintesi, 
al 
fine 
di 
fornire 
risposta 
ai 
quesiti 
posti 
si 
tratta 
di 
stabilire: 


a) 
Se 
la 
sanzione 
dell�interdizione 
(temporanea 
o perpetua) dai 
pubblici 
uffici, disciplinata 
dagli 
artt. 28 e 
29 del 
codice 
penale, comporti 
come 
conseguenza 
anche 
quella 
della 
perdita 
(temporanea 
o perpetua) del 
vitalizio, ove 
il 
condannato sia un ex consigliere regionale; 


b) 
In caso di 
risposta 
positiva 
al 
primo quesito, se 
l�istituto della 
sospensione 
del 
vitalizio 
dei 
consiglieri 
della 
regione 
Sardegna, 
disciplinato 
dal 
combinato 
disposto dell�art. 2 D.L. 174/2012 convertito con modificazioni 
dalla 


l. 213/2012 e 
dell�art. 12 bis 
del 
relativo Regolamento, debba 
o meno applicarsi 
anche 
a 
sentenze 
di 
condanna 
comportanti 
interdizione 
dai 
pubblici 
uffici 
per fatti commessi prima dell�entrata in vigore della l. 213/2012. 
a) 


Quanto 
al 
primo 
quesito, 
la 
questione 
� 
gi� 
stata 
ampiamente 
affrontata 
dal 
parere 
di 
questo 
G.U. 
del 
27 
ottobre 
2014, 
approvato 
dal 
Comitato 
Consultivo, 
menzionato 
anche 
da 
codesta 
Distrettuale, 
e 
che 
in 
questa 
sede 
si 
conferma. 


Sia 
la 
giurisprudenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
(2) 
che 
quella 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
(3) 
hanno 
evidenziato 
la 
differenza 
di 
natura 
e 
struttura 
esistente 
tra 
rapporto di 
lavoro ed esercizio del 
mandato pubblico elettivo e, quindi, la 
differenza 
tra 
l�istituto della 
pensione 
e 
quello dell�assegno vitalizio goduto 
in conseguenza 
della 
cessazione 
dalla 
carica, che 
non ha 
natura 
pensionistica 
perch� non trova titolo in un rapporto di lavoro. 


Ci� comporta 
che 
la 
dichiarazione 
di 
parziale 
incostituzionalit� 
dell�art. 
28, comma 
2 n. 5) del 
c.p. non riguarda 
il 
vitalizio dei 
consiglieri 
regionali, 
che a quella norma resta assoggettato. 


Si 
pu� 
quindi 
affermare 
che 
la 
sanzione 
accessoria 
dell�interdizione 
(temporanea 
o 
perpetua) 
dai 
pubblici 
uffici 
comporta 
la 
perdita 
(temporanea 
o 
perpetua) 
del diritto a percepire detto vitalizio. 


b) 


Anche 
con riferimento al 
secondo quesito devono sostanzialmente 
confermarsi 
le 
tesi 
gi� 
espresse 
nel 
citato precedente 
parere 
di 
questo G.U. con le 
ulteriori precisazioni che seguono. 


L�art. 
28 
c.p. 
(rubricato 
�interdizione 
dai 
pubblici 
uffici�) 
stabilisce 
ai 
commi 2 e 3, per quel che in questa sede interessa, che: 


�l'interdizione dai pubblici uffici � perpetua o temporanea. 

l'interdizione 
perpetua dai 
pubblici 
uffici, salvo che 
dalla legge 
sia altrimenti 
disposto, priva il condannato: 


(2) Corte Cost., sentenza n. 289/1994. 
(3) Cass. 10177/2012, 23793/2010, 20538/2010, 6557/201.. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


..... 


5. degli 
stipendi, delle 
pensioni 
e 
degli 
assegni 
che 
siano a carico dello 
Stato o di un altro ente pubblico. 


� 


l'interdizione 
temporanea priva il 
condannato della capacit� di 
acquistare 
o 
di 
esercitare 
o 
di 
godere, 
durante 
l'interdizione, 
i 
predetti 
diritti, 
uffici, 
servizi, qualit�, gradi, titoli e onorificenze�. 


L�art. 29 c.p. (rubricato: 
�Casi 
nei 
quali 
alla condanna consegue 
l'interdizione 
dai pubblici uffici�) stabilisce inoltre: 


�la condanna all'ergastolo e 
la condanna alla reclusione 
per 
un tempo 
non 
inferiore 
a 
cinque 
anni 
importano 
l'interdizione 
perpetua 
del 
condannato 
dai 
pubblici 
uffici; e 
la condanna alla reclusione 
per 
un tempo non inferiore 
a 
tre 
anni 
importa 
l'interdizione 
dai 
pubblici 
uffici 
per 
la 
durata 
di 
anni 
cinque. 

la dichiarazione 
di 
abitualit� o di 
professionalit� nel 
delitto, ovvero di 
tendenza a delinquere, importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici�. 


Peraltro viene 
in rilievo, con specifico riferimento ai 
reati 
contro la 
pubblica 
amministrazione, 
anche 
l�art. 
317 
bis 
del 
c.p. 
(introdotto 
dalla 
l. 
86/1990), 
a 
tenore 
del 
quale 
�la condanna per 
i 
reati 
di 
cui 
agli 
articoli 
314 
[ndr: 
peculato], 
317 
[n.d.r.: 
concussione], 
319 
[n.d.r.: 
corruzione 
propria] 
e 
319-ter 
[n.d.r.: 
corruzione 
in atti 
giudiziari] importa l'interdizione 
perpetua dai 
pubblici 
uffici. nondimeno, se 
per 
circostanze 
attenuanti 
viene 
inflitta la reclusione 
per 
un 
tempo 
inferiore 
a 
tre 
anni, 
la 
condanna 
importa 
l'interdizione 
temporanea�. 


Dunque 
secondo 
le 
norme 
del 
codice 
penale 
del 
1930 
qualunque 
condanna 
alla 
reclusione 
a 
pi� 
di 
cinque 
anni, 
nonch� 
la 
dichiarazione 
di 
abitualit�, 
professionalit� 
o 
tendenza 
a 
delinquere, 
comportano 
l�interdizione 
perpetua 
dai 
pubblici 
uffici 
e 
quindi 
la 
perdita 
definitiva 
del 
vitalizio se 
il 
condannato 
� 
un ex consigliere 
regionale, mentre 
la 
condanna 
ad una 
pena 
detentiva 
tra 
i 
tre 
e 
i 
cinque 
anni 
comporta 
l�interdizione 
temporanea 
dai 
pubblici 
uffici 
e 
quindi la perdita temporanea del predetto vitalizio. 


Queste 
soglie 
di 
pena 
si 
abbassano per� (art. 317 
bis 
c.p.) in caso di 
condanna 
per 
peculato, 
concussione 
o 
per 
le 
forme 
pi� 
gravi 
di 
corruzione. 
In 
questi 
casi 
infatti 
la 
condanna 
alla 
reclusione 
comporta 
come 
minimo 
l�interdizione temporanea e, per condanne dai tre anni in su, quella perpetua. 


Queste 
norme 
si 
applicano a 
tutti 
i 
fatti 
commessi 
dopo la 
loro entrata 
in 
vigore, quindi 
dal 
1930 in poi 
e 
- per quel 
che 
riguarda 
le 
pi� rigorose 
soglie 
di pena dell�art. 317 bis 
- dal 1990 in poi. 


Nel 
quadro normativo cos� 
delineato � 
poi 
intervenuto l�art. 2, comma 
1 
lett. n) D.L. 174/2012, come 
convertito dalla 
l. 213/2012, secondo cui 
(lo ricordiamo) 
�ai 
fini 
del 
coordinamento della finanza pubblica e 
per 
il 
contenimento 
della spesa pubblica, a decorrere 
dal 
2013 una quota pari 
all'80 per 
cento dei 
trasferimenti 
erariali 
a favore 
delle 
regioni, diversi 
da quelli 
desti



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


nati 
al 
finanziamento del 
Servizio sanitario nazionale, delle 
politiche 
sociali 
e 
per 
le 
non autosufficienze 
e 
al 
trasporto pubblico locale, � 
erogata 
a condizione 
che 
la regione, con le 
modalit� previste 
dal 
proprio ordinamento, entro 
il 
23 
dicembre 
2012, 
ovvero 
entro 
sei 
mesi 
dalla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
di 
conversione 
del 
presente 
decreto qualora occorra procedere 
a modifiche 
statutarie: 


a) �.. 


n) abbia escluso, ai 
sensi 
degli 
articoli 
28 e 
29 del 
codice 
penale, l'erogazione 
del 
vitalizio 
in 
favore 
di 
chi 
sia 
condannato 
in 
via 
definitiva 
per 
delitti 
contro la pubblica amministrazione�. 


Detta 
norma 
in nulla 
ha 
modificato le 
caratteristiche 
dell�istituto dell�interdizione 
dai 
pubblici 
uffici 
(il 
richiamo espresso all�art. 28 c.p. testimonia 
infatti 
la 
chiara 
volont� 
legislativa 
di 
mantenere 
intatta 
la 
disciplina 
dell�istituto, 
che 
sin dalla 
sua 
originaria 
esistenza 
comportava, per quel 
che 
in questa 
sede 
interessa, la 
perdita 
del 
diritto al 
vitalizio da 
parte 
dell�ex consigliere 
regionale 
condannato) n� 
i 
presupposti 
in base 
ai 
quali 
scatta 
l�interdizione 
dai 
pubblici uffici (prova ne � il richiamo espresso all�art. 29 c.p.). 


Non 
sembra 
pertanto 
praticabile 
l�opzione 
interpretativa 
secondo 
cui 
il 
legislatore 
con tale 
norma 
avrebbe 
inteso estendere 
gli 
originari 
confini 
del-
l�istituto prevedendo che 
la 
pena 
accessoria 
della 
sospensione 
o della 
perdita 
definitiva 
del 
vitalizio si 
applichi 
a 
tutte 
le 
condanne 
per reati 
contro la 
p.a., a 
prescindere dall�entit� della condanna. 


Considerando 
che 
in 
materia 
penale 
vige 
il 
principio 
di 
tassativit� 
e 
di 
stretta 
interpretazione, con il 
corollario che 
nel 
dubbio va 
scelta 
l�opzione 
interpretativa 
pi� favorevole 
al 
reo, osta 
ad una 
simile 
soluzione 
l�espresso richiamo 
all�art. 29 e dunque alle soglie di condanna ivi previste. 


Quanto al 
rischio, paventato dall�Avvocatura 
Distrettuale 
in indirizzo, di 
�privare 
di 
alcun significato e 
ambito applicativo le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
decreto 
legge 
n. 
174 
del 
2012�, 
pare 
non 
inutile 
anzitutto 
richiamare 
il 
contenuto 
dei 
lavori 
preparatori 
al 
relativo 
Disegno 
di 
legge, 
nei 
quali 
viene 
evidenziato, 
in via 
generale, che 
l�art. 2 risponde 
all�esigenza 
di 
porre 
un freno alla 
sostanziale 
elusione 
di 
obblighi 
derivanti 
dalle 
leggi 
dello Stato (e 
dunque 
gi� 
previgenti) 
da parte delle Regioni (4). 

(4) La relazione di accompagnamento al d.d.l. 5520 presentata alla Camera chiarisce: 
�la disposizione 
di 
cui 
all'articolo 2 intende 
rendere 
effettivo l'apporto delle 
regioni 
al 
contenimento 
dei 
costi 
della politica. le 
vicende 
giudiziarie 
in corso e 
le 
cronache 
recenti 
hanno reso indifferibile 
e 
urgente 
per 
il 
Governo 
intervenire 
con 
misure 
incisive 
considerate 
le 
dimensioni 
e 
la 
vastit� 
dei 
fenomeni 
di 
malcostume 
riscontrati 
tra i 
rappresentanti 
eletti 
nei 
consigli 
regionali. Tali 
fenomeni 
non hanno un 
carattere 
episodico o circoscritto ad un'area del 
Paese 
e, per 
tale 
ragione 
e 
per 
la loro gravit�, sono in 
grado di 
minare 
gli 
stessi 
princ�pi 
costituzionali 
posti 
alla base 
dell'istituto democratico della rappresentanza 
politica 
regionale 
rischiando 
nel 
contempo 
di 
compromettere 
gli 
enormi 
sforzi 
messi 
in 
campo 
dal 
Governo che 
con misure, anche 
impopolari, ha richiesto ai 
cittadini 
italiani 
un apporto gravoso al 
risanamento della finanza pubblica. ancorch� 
tali 
fenomeni 
siano o meno perseguibili 
per 
via giudi



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


In questo senso l�elemento di 
novit� 
� 
rappresentato essenzialmente 
dal-
l�introduzione 
- a 
fronte 
del 
mancato adempimento di 
un preciso onere 
cui 
le 
Regioni 
sono sottoposte 
- della 
sanzione 
della 
decurtazione 
dei 
trasferimenti 
erariali alle regioni stesse (5). 

Per 
utilizzare 
un�espressione 
impiegata 
per 
definire 
alcuni 
tipi 
di 
sentenze 
della 
Corte 
Costituzionale, 
si 
tratta 
quindi 
di 
una 
sorta 
di 
�norma 
monito�, 
che 
non 
mira 
tanto 
ad 
innovare 
l�ordinamento 
mediante 
l�introduzione 
di 
nuovi 
istituti 
giuridici 
o la 
modifica 
di 
quelli 
gi� 
vigenti, quanto a 
garantirne, 
�con 
le 
modalit� 
previste 
dal 
proprio 
ordinamento�, 
come 
sancisce 
l�art. 
2 
del 
D.L. 
174/2012 convertito, l�effettiva 
applicazione, prevedendo una 
serie 
di 
conseguenze 
negative in caso di loro elusione da parte delle Regioni. 


Con 
riferimento 
specifico 
alla 
lett. 
n), 
si 
trattava 
quindi 
di 
assicurare 
l�effettivo 
adempimento dell�obbligo della 
sospensione 
dell�erogazione 
del 
vitalizio 
ai 
consiglieri 
regionali 
condannati, 
per 
la 
durata 
della 
interdizione 
dai 
pubblici 
uffici, non tanto mediante 
una 
regolamentazione 
della 
fattispecie 
- in 
quanto 
detta 
fattispecie 
era 
gi� 
disciplinata 
dagli 
artt. 
28 
e 
29 
del 
codice 
penale 


ziaria, 
si 
rende 
pertanto 
assolutamente 
urgente 
intervenire 
nuovamente 
con 
disposizioni 
incisive, 
da 
realizzare 
nel 
breve 
periodo, 
in 
quanto 
le 
misure 
approvate 
fino 
ad 
oggi 
con 
legge 
dello 
Stato 
sono 
state 
sostanzialmente 
eluse 
dai 
consigli 
regionali 
che 
non hanno provveduto, nell'ambito della propria autonomia 
statutaria 
e 
legislativa, 
ad 
adeguare 
i 
rispettivi 
ordinamenti 
ai 
parametri 
richiesti 
dal 
legislatore 
statale 
con l'articolo 14 del 
decreto-legge 
13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla 
legge 
14 settembre 
2011, n. 148, per 
il 
conseguimento degli 
obiettivi 
stabiliti 
nell'ambito del 
coordinamento 
della finanza pubblica�. 


(5) La 
Relazione 
del 
16 ottobre 
2012 delle 
Commissioni 
riunite 
I (Affari 
Costituzionali) e 
V 
(Bilancio) 
della Camera chiarisce: 
�Quanto al 
contenuto dell'articolo 2, il 
comma 1 reca la maggior 
parte 
delle 
misure 
di 
risparmio introdotte 
dall'articolo in esame, finalizzate 
al 
coordinamento della finanza pubblica e 
per 
il 
contenimento 
della spesa pubblica. 
Si 
tratta di 
una serie 
di 
misure 
che 
ciascuna regione 
deve 
adottare 
entro il 
30 novembre 
2012, oppure 
entro 
6 
mesi 
dalla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
decreto 
-e 
quindi 
entro 
l'11 
aprile 
2013 
-qualora 
il 
recepimento nell'ordinamento regionale 
necessiti 
di 
modifiche 
statutarie, ai 
sensi 
dell'articolo 123, 
commi secondo e terzo, della Costituzione. 
Si 
stabilisce 
quindi 
che 
l'applicazione 
di 
tali 
misure 
costituisce 
condizione 
inderogabile 
per 
l'erogazione 
dell'80 
per 
cento 
dei 
trasferimenti 
erariali 
a 
favore 
delle 
regioni. 
Sono 
esclusi 
dal 
vincolo 
i 
finanziamenti 
del 
trasporto 
pubblico 
locale, 
mentre 
quelli 
per 
il 
servizio 
sanitario 
nazionale 
subiranno, 
in 
caso 
di 
inadempienza, 
una decurtazione limitata al 5 per cento. 
Una prima parte 
di 
misure 
� 
contenuto nella lettera a) e 
riguarda, oltre 
alla riduzione 
del 
numero dei 
consiglieri 
e 
degli 
assessori 
regionali, la riduzione 
degli 
emolumenti 
percepiti 
dagli 
stessi, la commisurazione 
del 
trattamento economico all'effettiva partecipazione 
alle 
sedute 
del 
Consiglio, il 
passaggio 
al 
sistema previdenziale 
contributivo per 
i 
consiglieri 
regionali; l'istituzione 
del 
Collegio dei 
revisori 
dei conti quale organo di vigilanza del Consiglio regionale. 
ComՏ 
noto, tali 
misure 
erano gi� state 
previste 
dall'articolo 14 del 
decreto-legge 
n. 138 del 
2011, 
convertito, con 
modificazioni, dalla legge 
n. 148 del 
2011, prevedendo recepimento da parte 
delle 
regioni 
al 
fine 
della collocazione 
nella classe 
di 
enti 
pi� virtuosi 
in relazione 
all'applicazione 
del 
patto di 
stabilit�. 
Con 
la 
disposizione 
in 
esame 
si 
aggiungerebbe 
quindi 
la 
sanzione 
della 
suddetta 
decurtazione 
dei 
trasferimenti 
erariali�. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


espressamente 
richiamati 
dal 
legislatore 
statale 
- quanto mediante 
l�adozione 
dei 
necessari 
provvedimenti 
idonei 
a 
far 
cessare, 
entro 
il 
termine 
del 
23 
dicembre 
2013 imposto dal 
medesimo D.L., l�eventuale 
erogazione 
dei 
predetti 
vitalizi, se ancora in atto, pena il taglio dei trasferimenti erariali. 


Dalle considerazioni sin qui esposte deriva, in conclusione, che: 


1. 
le 
Regioni 
sono 
tenute 
a 
sospendere 
temporaneamente 
o 
a 
non 
elargire 
pi� in via 
definitiva 
il 
vitalizio ai 
consiglieri 
regionali 
condannati 
in via 
definitiva, 
qualora 
la 
condanna 
comporti 
l�interdizione 
- rispettivamente 
- temporanea 
o perpetua 
dai 
pubblici 
uffici, in quanto ci� � 
previsto dalle 
gi� 
citate 
norme del codice penale, che hanno diretta applicazione; 
2. 
tale 
misura 
si 
applica 
a 
tutte 
le 
condanne 
per 
fatti 
commessi 
dopo 
l�entrata 
in vigore 
delle 
relative 
norme 
del 
codice 
penale 
e 
non ai 
soli 
fatti 
commessi 
dopo 
l�entrata 
in 
vigore 
dell�art. 
2, 
comma 
1 
lett. 
n) 
D.L. 
174/2012, 
come convertito dalla l. 213/2012; 
3. 
al 
fine 
di 
assicurare 
la 
coerenza 
complessiva 
del 
sistema, si 
condivide 
pertanto l�avviso del 
Segretario Generale 
della 
regione 
Sardegna 
in ordine 
all�esigenza 
di 
riformare 
l�art. 12 bis 
del 
Regolamento per gli 
assegni 
vitalizi 
dei 
consiglieri 
regionali 
della 
Regione 
Sardegna, espungendo da 
detta 
norma 
la 
parte 
che 
individua 
l�ambito di 
applicazione 
della 
sospensione 
dell�erogazione 
del 
vitalizio alle 
sole 
condanne 
per fatti 
commessi 
successivamente 
all�entrata 
in vigore della l. 213/2012. 
Sulla 
questione 
� 
stato sentito il 
Comitato Consultivo che, nella 
seduta 
del 20 dicembre 2017, si � espresso in conformit�. 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Possibilit� 
di 
rateizzazione 
di 
un 
credito 
erariale 
vantato 
da 
un 
ministero 
nei 
confronti 
di 
un 
Comune, 
la 
normativa 
applicabile 


Parere 
del 
12/02/2018-80064, al 43772/2010, avv. daniela 
GiaCobbe 


Con la 
nota 
che 
si 
riscontra 
codesto Ministero chiede 
il 
parere 
di 
questo 


G.U. in ordine 
alla 
possibilit� 
di 
accoglimento della 
richiesta, formulata 
dal 
Comune 
di 
Catania, relativa 
alla 
concessione 
di 
una 
dilazione 
dei 
tempi 
di 
restituzione 
delle 
somme 
corrisposte 
al 
medesimo Comune 
ai 
sensi 
del 
D.Lgs. 
n. 237/1998 (e 
di 
cui 
� 
incontestato l'obbligo di 
restituzione), articolata 
su un 
piano di ammortamento trentennale. 
Codesto 
Ministero 
riferisce, 
in 
particolare, 
che 
il 
Comune 
di 
Catania 
avrebbe 
rappresentato una 
situazione 
di 
particolare 
difficolt�, che 
renderebbe 
�non 
sostenibile 
un 
esborso 
di 
cassa 
in 
un 
solo 
esercizio 
o 
anche 
in 
pochi 
esercizi� 
e 
che, 
in 
situazione 
analoga 
(relativa 
al 
Comune 
di 
Isola 
di 
Capo 
Rizzuto), 
sarebbe 
stato 
gi� 
perfezionato 
un 
accordo 
transattivo 
sul 
quale 
la 
Corte dei Conti avrebbe espresso il proprio parere favorevole. 


Si 
premette 
che 
dall�esame 
della 
documentazione 
trasmessa 
-da 
ultimo, 
con 
nota 
31 
maggio 
2017, 
integrata 
per 
le 
vie 
brevi 
in 
data 
5 
giugno 
2017 
-risulta 
che 
l�accordo 
transattivo 
stipulato 
con 
il 
Comune 
di 
Isola 
di 
Capo 
Rizzuto 
presenta 
profili 
particolari, 
che 
non 
sembrano 
riscontrabili 
nella 
vicenda 
in 
esame. 
Infatti, 
nella 
nota 
in 
data 
15 
settembre 
2016 
n. 
6201 
codesto 
Ministero 
rappresentava 
all�Avvocatura 
Distrettuale 
di 
Catanzaro 
-che 
ha 
reso 
il 
parere 
3 
dicembre 
2016 
n. 
55742 
-che 
i 
fondi 
all�epoca 
concessi 
al 
Comune 
erano 
inseriti 
nella 
contabilit� 
infruttifera 
dell�Ente 
presso 
la 
Banca 
d�Italia, 
il 
che 
costituiva 
garanzia 
per 
la 
restituzione 
della 
somma, 
considerati 
i 
tempi 
concordati. 


Nella 
citata 
nota 
si 
rappresentava, 
inoltre, 
che 
in 
detto 
accordo 
erano 
previsti 
interessi 
ad 
un 
tasso 
che 
avrebbe 
consentito 
comunque 
un 
recupero 
di 
somme 
maggiori 
rispetto 
a 
quelle 
risultanti 
dal 
criterio 
di 
calcolo 
proposto 
dalla D.G. 


Le 
circostanze 
di 
fatto sopra 
evidenziate 
- alla 
stregua 
delle 
quali 
l�Avvocatura 
di 
Catanzaro 
aveva 
reso 
parere 
favorevole 
alla 
definizione 
transattiva 
della 
vicenda 
-non 
sembrerebbero 
presenti 
nella 
situazione 
del 
Comune 
di 
Catania, con il 
quale 
era 
stato gi� 
sottoscritto un accordo transattivo, che 
prevedeva 
la 
restituzione 
delle 
somme 
corrisposte 
ai 
sensi 
del 
citato 
D.Lgs. 
n. 
237/1998. Tale 
accordo, approvato con Decreto Direttoriale 
n. 44 del 
2013 e 
registrato alla 
Corte 
dei 
Conti 
in data 
1 agosto 2013, non � 
stato eseguito dal 
Comune, nonostante i numerosi solleciti effettuati dall�Amministrazione. 


Tale 
essendo 
la 
situazione 
questa 
Avvocatura 
ritiene, 
in 
linea 
generale, 
che 
la 
richiesta 
del 
Comune 
di 
Catania 
di 
rateizzare 
il 
suo 
debito 
in 
un 
periodo 
di 
trent'anni 
non possa, allo stato, trovare 
accoglimento per mancanza 
di 
una 
base normativa, prevista invece: 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


-per "le 
somme 
a debito a qualsiasi 
titolo dovute 
dagli 
enti 
locali 
al 
Ministero 
dell'interno" 
(art. 
1 
comma 
128 
della 
legge 
n. 
228/12 
(1)), 
con 
una 
durata 
massima della dilazione di cinque anni; 
-per i 
crediti, gi� 
iscritti 
a 
ruolo, vantati 
"dalle 
agenzie 
fiscali" 
nonch� 
"dagli 
enti 
gestori 
di 
forme 
di 
previdenza e 
assistenza obbligatori" 
(art. 243bis 
del 
D.Lgs. n. 267/2000, commi 
da 
7-bis 
a 
7-quinquies, introdotti 
con l'art. 
1, comma 
890, della 
legge 
di 
Bilancio 2018 n. 205/2017 (2)), con una 
durata 
massima della dilazione di dieci anni. 
Un termine 
di 
trenta 
anni 
� 
invece 
previsto in via 
eccezionale 
dall'art. 1, 
comma 
714, della 
legge 
n. 208/2015 per la 
restituzione 
delle 
anticipazioni 
di 
liquidit� 
erogate 
agli 
enti 
locali 
che 
si 
trovino nelle 
particolari 
condizioni 
indicate 
nella stessa disposizione (3). 


In ogni 
caso, considerata 
la 
particolare 
situazione 
nella 
quale 
il 
Comune 
di 
Catania 
assume 
di 
trovarsi, si 
osserva 
che, in mancanza 
di 
una 
specifica 
disposizione 
normativa 
che 
consenta 
una 
rateizzazione 
per i 
crediti 
vantati 
da 
codesto Ministero nei 
confronti 
degli 
enti 
locali, si 
potrebbe 
pensare 
di 
utiliz


(1) La 
disposizione 
prevede 
che 
solo per taluni 
crediti 
�il 
Ministero dell'interno, su richiesta del-
l'ente 
locale 
a firma del 
suo legale 
rappresentante, del 
Segretario e 
del 
responsabile 
finanziario, che 
attesta la necessit� di 
rateizzare 
l'importo dovuto per 
non compromettere 
la stabilit� degli 
equilibri 
di 
bilancio, procede 
all'istruttoria ai 
fini 
della concessione 
alla rateizzazione 
in un periodo massimo di 
cinque 
anni 
dall'esercizio 
successivo 
a 
quello 
della 
determinazione 
definitiva 
dell'importo 
da 
recuperare, 
con 
gravame 
di 
interessi 
al 
tasso 
riconosciuto 
sui 
depositi 
fruttiferi 
degli 
enti 
locali 
dalla 
disciplina 
della tesoreria unica al momento dell'inizio dell'operazione�. 
(2) I nuovi quattro commi introdotti nell'art. 243-bis 
del D.Lgs. n. 274/2000 cos� dispongono: 
�7-bis. al 
fine 
di 
pianificare 
la rateizzazione 
dei 
pagamenti 
di 
cui 
al 
comma 7, l'ente 
locale 
interessato 
pu� 
richiedere 
all'agente 
della 
riscossione 
una 
dilazione 
dei 
carichi 
affidati 
dalle 
agenzie 
fiscali 
e 
relativi 
alle 
annualit� 
ricomprese 
nel 
piano 
di 
riequilibrio 
pluriennale 
dell'ente. 
le 
rateizzazioni 
possono 
avere 
una 
durata 
temporale 
massima 
di 
dieci 
anni 
con 
pagamenti 
rateali 
mensili. 
alle 
rateizzazioni 
concesse 
si 
applica la disciplina di 
cui 
all'articolo 19, commi 
1-quater, 3 e 
3-bis, del 
decreto del 
Presidente 
della 
repubblica 
29 
settembre 
1973, 
n. 
602. 
Sono 
dovuti 
gli 
interessi 
di 
dilazione 
di 
cui 
all'articolo 
21 del citato decreto del Presidente della repubblica n. 602 del 1973. 
7-ter. le 
disposizioni 
del 
comma 7-bis 
si 
applicano anche 
ai 
carichi 
affidati 
dagli 
enti 
gestori 
di 
forme 
di previdenza e assistenza obbligatoria. 
7-quater. 
le 
modalit� 
di 
applicazione 
delle 
disposizioni 
dei 
commi 
7-bis 
e 
7-ter 
sono 
definite 
con 
decreto 
del 
Ministero dell'economia e 
delle 
finanze, di 
concerto con il 
Ministero del 
lavoro e 
delle 
politiche 
sociali, 
da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. 
7-quinquies. 
l'ente 
locale 
� 
tenuto 
a 
rilasciare 
apposita 
delegazione 
di 
pagamento 
ai 
sensi 
dell'articolo 
206 quale 
garanzia del 
pagamento delle 
rate 
relative 
ai 
carichi 
delle 
agenzie 
fiscali 
e 
degli 
enti 
gestori 
di forme di previdenza e assistenza obbligatoria di cui ai commi 7-bis e 7-ter�. 
(3) La 
possibilit� 
di 
una 
rateizzazione 
fino a 
trenta 
anni 
� 
inoltre 
prevista 
(come 
limite 
massimo 
per le 
regioni 
e 
gli 
enti 
locali) dall'art. 62 ("Contenimento dell'uso degli 
strumenti 
derivati 
e 
dell'indebitamento 
delle 
regioni 
e 
degli 
enti 
locali") del 
D.L. n. 112/2008, il 
cui 
comma 
2 dispone 
che 
"alle 
regioni, 
alle 
province 
autonome 
di 
Trento 
e 
di 
bolzano 
e 
agli 
enti 
locali 
di 
cui 
all'articolo 
2 
del 
testo 
unico 
di 
cui 
al 
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, � 
fatto divieto di 
emettere 
titoli 
obbligazionari 
o 
altre 
passivit� che 
prevedano il 
rimborso del 
capitale 
in un'unica soluzione 
alla scadenza, nonch� 
titoli 
obbligazionari 
o altre 
passivit� in valuta estera. Per 
tali 
enti, la durata di 
una singola operazione 
di 
indebitamento, 
anche 
se 
consistente 
nella rinegoziazione 
di 
una passivit� esistente, non pu� essere 
superiore 
a trenta n� inferiore a cinque anni". 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


zare 
la 
disciplina 
di 
cui 
al 
D.P.R. n. 602/1973, recante 
"disposizioni 
sulla riscossione 
delle 
imposte 
sul 
reddito", in materia 
di 
riscossione 
dei 
crediti 
pubblici 
tramite 
l'Agente 
della 
riscossione 
(ADER, 
Agenzia 
delle 
Entrate-Riscossione, gi� Equitalia s.p.a.). 


In particolare 
all'art. 19 di 
tale 
D.P.R. ("dilazione 
di 
pagamento"), l'art. 
1-quinquies 
(introdotto 
con 
l'art. 
52, 
comma 
1, 
lett. 
a), 
n. 
1 
del 
D.L. 
n. 
69/2013) 
prevede 
che 
in presenza 
di 
determinati 
presupposti 
la 
rateizzazione 
prevista 
nei 
precedenti 
commi, "pu� essere 
aumentata fino a centoventi 
rate 
mensili". 


Ora, 
sebbene 
tale 
possibilit� 
di 
rateizzazione 
sia 
dettata 
nei 
confronti 
del-
l'Agente 
della 
riscossione 
per i 
crediti 
iscritti 
a 
ruolo, sembrerebbe 
logico ritenere 
che 
della 
stessa 
si 
possano 
avvalere 
anche 
le 
Amministrazioni 
creditrici 
prima 
della 
iscrizione 
a 
ruolo del 
credito di 
cui 
sono titolari, credito che 
- in 
forza 
degli 
artt. 
17 
e 
21 
del 
D.Lgs. 
n. 
46/1999 
-pu� 
essere 
oggetto 
di 
iscrizione 
a 
ruolo e 
successiva 
riscossione 
ex D.P.R. n. 602/1973, ed in quella 
sede 
suscettibile 
di rateizzazione ai sensi del citato art. 19. 


A 
tale 
riguardo 
si 
evidenzia 
che 
l�art. 
26 
del 
D.Lgs. 
n. 
46 
del 
1999, 
ha 
esteso la 
disciplina 
prevista 
dal 
citato art. 19 a 
tutte 
le 
entrate 
iscritte 
a 
ruolo 
dalle 
Amministrazioni 
statali 
e 
da 
vari 
enti 
e 
autorit�, a 
conferma 
di 
una 
volont� 
di 
consentire, in determinate 
situazioni, una 
soluzione 
in grado di 
contemperare 
gli opposti interessi. 

Tutto ci� a 
prescindere 
dalla 
possibilit�, per il 
Comune, di 
utilizzare 
la 
disciplina 
di 
cui 
all�art. 243 bis 
del 
D.Lgs. 267/2000, in vigore 
dal 
1� 
gennaio 
2018, secondo cui 
i 
comuni 
per i 
quali 
sussistano squilibri 
finanziari 
del 
bilancio, 
in grado di 
provocarne 
il 
dissesto, possono ricorrere 
alla 
procedura 
di 
riequilibrio 
finanziario, 
secondo 
un 
piano 
di 
riequilibrio 
finanziario 
pluriennale 
di durata complessiva tra quattro e venti anni. 


Ovviamente, 
� 
rimessa 
alla 
discrezionalit� 
di 
codesta 
Amministrazione 
la 
valutazione 
della 
sussistenza 
dei 
presupposti 
per 
concedere 
una 
rateizzazione, 
nonch� 
dei 
tempi 
e 
delle 
modalit� 
di 
essa, 
in 
relazione 
allo 
specifico 
caso 
concreto. 
La 
concessione 
della 
rateizzazione 
dovr�, 
comunque, 
essere 
subordinata 
al 
rilascio 
di 
idonee 
garanzie, 
soprattutto 
in 
relazione 
ai 
tempi 
concordati per la restituzione del debito. 

Inoltre, poich�, come 
si 
� 
detto, il 
nuovo accordo che 
si 
dovrebbe 
concludere 
con il 
Comune 
di 
Catania 
consegue 
all�inottemperanza, da 
parte 
del 
Comune 
stesso, 
ad 
un 
precedente 
accordo, 
approvato 
con 
Decreto 
Direttoriale 


n. 
44 
del 
2013 
e 
registrato 
alla 
Corte 
dei 
Conti 
in 
data 
1 
agosto 
2013, 
si 
ritiene 
che 
anche 
in 
questo 
caso 
debbano 
essere 
seguite 
le 
medesime 
procedure 
in 
precedenza 
adottate 
(approvazione 
con 
decreto 
direttoriale 
e 
approvazione 
della Corte dei Conti). 
La 
questione 
� 
stata 
sottoposta 
all'esame 
del 
Comitato 
Consultivo 
del-
l�Avvocatura 
dello Stato di 
cui 
all�art. 26 della 
legge 
3 aprile 
1979 n. 103, che 
si � espresso in conformit� nella riunione del 2 febbraio 2018. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) 
ai soli giudizi svoltisi nell�ambito dell�apparato 
giurisdizionale dell�ordinamento statale 


Parere 
del 
08/05/2018-243671, al 42064/2017, avv. enriCo 
de 
Giovanni 


Con 
riferimento 
all'istanza 
di 
rimborso 
in 
oggetto 
si 
osserva 
quanto 
segue. 


L'istante 
chiede 
il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
relative 
al 
giudizio 
promosso 
dall'Ufficio di 
Procura 
Antidoping, dinanzi 
al 
Tribunale 
Nazionale 
Antidoping. 


Il fatto si pu� cos� riassumere. 


Il 
procedimento trae 
origine 
dagli 
atti 
della 
Procura 
Antidoping relativi 
agli 
accertamenti 
ad ampio raggio svolti 
nella 
c.d. indagine 
"Olimpia", dalla 
quale 
era 
emerso 
che 
nel 
periodo 
primo 
trimestre 
2011/secondo 
trimestre 
2012 
numerosi 
atleti 
appartenenti 
alla 
Federazione 
Italiana 
di 
Atletica 
Leggera 
- tra 
i 
quali 
l'istante 
-non avevano adempiuto agli 
obblighi 
relativi 
ai 
c.d. "whereabouts" 
(Informazioni 
sulla 
reperibilit� 
presso il 
luogo di 
permanenza) che 
prevedono 
la 
comunicazione 
delle 
reperibilit� 
per 
i 
controlli 
antidoping 
nel 
periodo considerato, di 
fatto eludendoli. La 
Procura 
Antidoping ha 
proceduto 
all'audizione 
di 
nr. 
65 
atleti, 
compreso 
l'atleta 
S., 
convocato 
il 
30 
gennaio 
2015. 
Sulla 
base 
degli 
elementi 
acquisiti 
l'atleta 
veniva 
deferito innanzi 
al 
Tribunale 
Nazionale 
Antidoping, 
venendogli 
contestata 
la 
violazione 
degli 
artt. 
2.3 
delle 
NSA 
(Norme 
Sportive 
Antidoping) vigenti, con conseguente 
richiesta 
di 
applicazione 
della 
sanzione 
della 
squalifica 
per un periodo di 
due 
anni, ai 
sensi 
del previgente art. 4.3.1. NSA. 


All'esito 
del 
giudizio, 
con 
decisione 
del 
TNA 
del 
21 
aprile 
2016, 
lo 
S. 
veniva 
assolto dall'addebito ascrittogli nel procedimento disciplinare. 


Al 
fine 
di 
riscontrare 
la 
richiesta 
di 
parere 
occorre 
valutare 
l'applicabilit� 
dell'articolo 18 del 
D.L. 25 marzo 1997 n. 67, convertito in legge 
23 maggio 
1997, 
n. 
135, 
al 
giudizio 
promosso 
dall'Ufficio 
di 
Procura 
Antidoping 
nei 
confronti 
del 
sig. S. dinanzi 
al 
Tribunale 
Nazionale 
Antidoping: 
si 
ritiene 
che 
il 
rimborso vada 
escluso e 
ci� per le 
varie 
ragioni 
di 
seguito esposte, ciascuna 
autonoma e sufficiente 
ex s� 
a motivare il diniego. 


a) 
Ai 
fini 
della 
corretta 
soluzione 
della 
questione, 
occorre 
preliminarmente 
considerare 
il 
contesto giuridico nel 
quale 
� 
inserito il 
procedimento in 
esame e valutare l'applicabilit� allo stesso dell'art. 18 d.l. 67/97. 


Il 
giudizio 
in 
questione 
si 
inquadra 
nell'ambito 
dell'ordinamento 
sportivo 
nazionale, 
il 
quale 
costituisce 
un 
ordinamento 
giuridico 
settoriale, 
articolazione 
dell'ordinamento 
sportivo 
internazionale, 
in 
rapporto 
di 
autonomia 
rispetto 
all'ordinamento 
giuridico 
statale 
(come 
chiaramente 
sancito 
dalla 
legge 


n. 
280 
del 
2003, 
legge 
di 
conversione 
del 
decreto-legge 
19 
agosto 
2003, 
n. 
220, recante disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva). 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Detto 
ordinamento 
fa 
capo, 
a 
livello 
nazionale, 
al 
CONI 
(Comitato 
Olimpico 
Nazionale 
Italiano), ente 
pubblico confederato che 
cura 
l'organizzazione 
ed il 
potenziamento dello sport 
nazionale, nonch� 
l'adozione 
di 
misure 
di 
prevenzione 
e 
repressione 
del 
doping. 
Nell'ambito 
di 
quest'ultima 
azione, 
il 
CONI 
ha 
adottato le 
Norme 
Sportive 
Antidoping e 
ha 
istituito una 
serie 
di 
organismi 
deputati 
all'esercizio di 
attivit� 
di 
controllo, accertamento e 
repressione 
delle 
violazioni 
delle 
NSA, tra 
i 
quali 
l'Ufficio di 
Procura 
Antidoping e 
il 
Tribunale 
Nazionale 
Antidoping. 


Il 
caso in esame 
si 
inserisce 
proprio nell'ambito del 
descritto quadro giuridico. 


Il 
Sig. 
S. 
� 
stato 
infatti 
convenuto 
in 
giudizio 
dall'Ufficio 
di 
Procura 
Antidoping, 
dinanzi 
al 
Tribunale 
Nazionale 
Antidoping 
per 
la 
violazione 
delle 
Norme 
Sportive 
Antidoping 
(in 
particolare 
per 
l'addebito 
di 
cui 
agli 
artt. 
2.3 
"eludere, 
rifiutarsi 
od 
omettere 
d� 
sottoporsi 
al 
prelievo 
di 
campioni 
biologici"). 


Ci� 
chiarito 
occorre 
definire 
l'ambito 
di 
applicazione 
dell'articolo 
18 
citato 
e 
la 
sua 
ratio, 
per 
valutare 
se 
detta 
norma 
possa 
applicarsi 
al 
caso 
di 
specie. 


L'articolo 18 dispone 
espressamente 
che: 
"le 
spese 
legali 
relative 
ai 
giudizi 
per 
responsabilit� civile, penale 
e 
amministrativa, promossi 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali 
in conseguenza di 
fatti 
e 
atti 
connessi 
con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento di 
obblighi 
istituzionali 
e 
conclusi 
con 
sentenza 
o 
provvedimento 
che 
escluda 
la 
loro 
responsabilit�, 
sono 
rimborsate 
dalle 
amministrazioni 
di 
appartenenza 
nei 
limiti 
riconosciuti 
congrui 
dall'avvocatura 
dello 
Stato. 
le 
amministrazioni 
interessate, 
sentita 
l'avvocatura 
dello 
Stato, 
possono 
concedere 
anticipazioni 
del 
rimborso, 
salva 
la ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit�". 


Affinch� 
un 
dipendente 
di 
un�amministrazione 
statale 
possa 
correttamente 
invocare l'applicazione di detta disposizione � dunque necessario che: 


1) sia 
stato sottoposto ad un procedimento giudiziario volto ad accertare 
la sua responsabilit� civile, penale o amministrativa; 


2) sia 
stato sottoposto a 
detto procedimento in conseguenza 
di 
fatti 
o atti 
connessi con l'espletamento del suo servizio; 


3) sia 
stato pienamente 
assolto o sia 
stata 
comunque 
accertata 
l'assenza 
della sua responsabilit�. 


ratio 
della 
norma 
� 
dunque 
quella 
di 
�tenere 
indenni 
i 
soggetti 
che 
abbiano 
agito in nome 
e 
per 
conto e 
nell'interesse 
della P.a., dalle 
spese 
legali 
sopportate 
per 
i 
procedimenti 
giudiziari 
relativi 
agli 
atti 
strettamente 
connessi 
all'espletamento dei 
compiti 
istituzionali�, in applicazione 
del 
principio generale 
secondo cui 
chi 
agisce 
diligentemente 
nel 
perseguimento dei 
fini 
pubblici 
non 
pu� 
-e 
non 
deve 
-sopportare 
le 
conseguenze 
economiche 
svantaggiose 
o 
dannose 
che 
gli 
derivano 
a 
causa 
delle 
attivit� 
svolte 
(cos� 


T.A.R. Lazio Latina 
Sez. I, 24 febbraio 2015, n. 187 e 
T.A.R. Brescia, Lombardia, 
Sez. I, 20 gennaio 2012, n. 82; 
nello stesso senso T.A.R. Toscana 
Fi

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


renze 
Sez. I. 20 giugno 2013, n. 982; 
Consiglio di 
Stato Sez. IV, Sentenza 
17 
maggio - 6 giugno 2011, n. 3396). 


Va 
inoltre 
sottolineato che 
la 
norma 
� 
di 
stretta 
interpretazione: 
come 
ripetutamente 
affermato dalla 
giurisprudenza, infatti, trattandosi 
di 
norma 
che 
incide 
sulla 
spesa 
pubblica, essa 
� 
di 
carattere 
eccezionale 
e 
ne 
va 
data 
un'interpretazione 
restrittiva, 
che 
sia 
oltretutto 
coerente 
con 
la 
ratio 
legis, 
che 
� 
quella 
di 
tenere 
indenne 
il 
dipendente 
pubblico per condotte 
riferibili 
al 
servizio, 
in cui il dipendente agisce come organo o comunque agente della P.A. 


Ci� 
chiarito 
ben 
si 
comprende 
come 
la 
norma 
in 
questione 
non 
possa 
trovare 
applicazione nel caso di specie per differenti ragioni. 


Il 
primo 
ostacolo 
risiede 
nell'estraneit� 
e 
nell'autonomia 
dell'ordinamento 
sportivo e del suo sistema di giustizia rispetto all'ordinamento statale. 


Difatti, 
la 
disposizione 
in 
esame 
non 
pu� 
che 
trovare 
applicazione 
nel 
solo 
ambito 
dell'ordinamento 
giuridico 
nel 
quale 
� 
stata 
prodotta, 
cio� 
in 
quello 
statale. 


Siffatta 
considerazione 
� 
peraltro 
coerente 
con 
la 
portata 
stessa 
della 
norma 
che, incidendo negativamente 
sul 
bilancio dello Stato (poich� 
dispone 
un 
obbligo 
di 
rimborso 
a 
carico 
delle 
amministrazioni 
statali), 
necessit� 
di 
un'interpretazione restrittiva. 


Deve 
dunque 
concludersi 
per 
l'applicazione 
della 
previsione 
del 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
ai 
soli 
giudizi 
svoltisi 
nell'ambito dell'apparato giurisdizionale 
dell'ordinamento statale. 


b) 
In 
secondo 
luogo 
si 
rileva 
come, 
in 
ogni 
caso, 
nella 
situazione 
in 
esame 
non 
sia 
configurabile 
un 
procedimento 
giudiziario 
volto 
ad 
accertare 
la 
responsabilit� 
civile, penale o amministrativa del Sig. S. 


Esclusa 
a 
priori 
la 
sussistenza 
di 
un 
giudizio 
d� 
responsabilit� 
civile 
o 
penale, 
in merito alla 
sussistenza 
di 
una 
responsabilit� 
amministrativa 
si 
rileva 
quanto segue. 


Per 
responsabilit� 
amministrativa 
si 
intende 
la 
responsabilit� 
in 
cui 
incorre 
un soggetto persona 
fisica, avente 
una 
relazione 
funzionale 
con un ente 
pubblico, il 
quale, in violazione 
di 
doveri 
derivanti 
da 
tale 
relazione 
abbia 
cagionato 
un danno diretto o indiretto all'amministrazione; 
come 
precisato dalla 
Suprema 
Corte 
(Sez. U, Sentenza 
n. 1377 del 
25 gennaio 2006) "l'esistenza di 
una relazione 
funzionale 
tra l'autore 
dell'illecito causativo di 
danno patrimoniale 
e 
l'ente 
pubblico che 
il 
danno subisce" 
� 
il 
"presupposto per 
la formulazione 
di un addebito di responsabilit� amministrativa". 


Tale 
tipo di 
responsabilit� 
non pu� dirsi 
configurabile 
nel 
caso di 
specie. 


Nella 
situazione 
in 
esame 
manca 
infatti 
la 
diretta 
relazione 
funzionale 
tra 
il 
soggetto autore 
dell'ipotizzato (ma 
non realizzato) illecito e 
l'attivit� 
posta 
in 
essere 
nell'interesse 
dell'Amministrazione, 
nonch� 
la 
conseguente 
violazione 
di 
doveri 
derivanti 
da 
tale 
rapporto; 
manca, inoltre, anche 
il 
potenziale 
danno erariale. 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


L'illecito 
sportivo 
ipotizzato 
all'art. 
2.3 
NSA 
trovava 
la 
propria 
origine 
non nel 
rapporto di 
servizio intercorrente 
con l'Amministrazione 
ma 
semplicemente 
nella 
circostanza 
che 
lo S. aveva 
il 
dovere 
di 
comunicare 
la 
propria 
reperibilit� agli organismi sportivi ai fini degli accertamenti antidoping. 


Dunque 
nessuna 
violazione 
dei 
doveri 
derivanti 
dal 
rapporto di 
servizio 
con l'ente 
pubblico era 
prospettabile 
nel 
caso in esame 
(n� 
alcun potenziale 
danno a 
carico dell'Amministrazione) e 
di 
conseguenza 
non vi 
� 
nessun giudizio 
di 
responsabilit� 
amministrativa 
legittimante 
il 
diritto di 
rimborso a 
favore 
del dipendente e a carico del Ministero. 


Alla 
stregua 
delle 
considerazioni 
che 
precedono si 
esclude 
sotto qualunque 
profilo 
l'applicabilit� 
dell'art. 
18 
d.l. 
67/97 
con 
riferimento 
al 
giudizio 
promosso 
dall'Ufficio di 
Procura 
Antidoping nei 
confronti 
del 
sig. S. dinanzi 
al 
Tribunale Nazionale 
Antidoping. 


Sul 
presente 
parere 
si 
� 
espresso 
in 
senso 
conforme 
il 
Comitato 
consultivo 
dell'Avvocatura dello Stato in data 4 maggio 2018. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


modalit� di applicazione della sospensione di diritto dalla 
carica elettiva ex art. 11, d.lgs 31 dicembre 2012 n. 235 

Parere 
reSo 
in 
via 
ordinaria 
del 
11/05/2018-253361-253362, 
al 24089/2017, avv. danilo 
del 
Gaizo 


Con le 
note 
alle 
quali 
si 
fa 
riscontro codesto Ministero ha 
chiesto un parere 
in 
merito 
all'interpretazione 
dell'art. 
11 
del 
D.Lgs. 
n. 
235 
del 
31 
dicembre 
2012 (Testo unico delle 
disposizioni 
in materia di 
incandidabilit� e 
di 
divieto 
di 
ricoprire 
cariche 
elettive 
e 
di 
Governo conseguenti 
a sentenze 
definitive 
di 
condanna 
per 
delitti 
non 
colposi, 
a 
norma 
dell'articolo 
1, 
comma 
63, 
della 
legge 
6 
novembre 
2012, 
n. 
190), 
rappresentando 
che 
il 
dr. 
(..), 
allorch� 
rivestiva 
la 
carica 
di 
Assessore 
e 
Vicesindaco del 
Comune 
di 
(..), era 
stato condannato 
per 
il 
reato 
di 
abuso 
d'ufficio 
di 
cui 
all'art. 
323 
del 
codice 
penale, 
con 
sentenza 
non 
definitiva 
del 
10 
novembre 
2016; 
conseguentemente 
il 
Prefetto 
di 
Reggio 
Calabria, 
con 
decreto 
del 
12 
novembre 
2016, 
aveva 
accertato 
nei 
suoi 
confronti 
l'esistenza 
di 
una 
causa 
di 
sospensione 
di 
diritto 
dalla 
carica, 
ai 
sensi 
dei 
commi 1 e 5 del predetto art. 11. 


La 
consiliatura 
nel 
corso della 
quale 
la 
sospensione 
aveva 
operato si 
era, 
per�, 
interrotta, 
a 
seguito 
della 
sospensione 
del 
Consiglio 
comunale, 
con 
provvedimento 
prefettizio 
del 
23 
dicembre 
2016, 
e 
del 
suo 
successivo 
scioglimento, 
disposto 
con 
d.P.R. 
3 
febbraio 
2017, 
adottato 
ai 
sensi 
dell'art. 
141, 
comma 1, lettera b), n. 4), del D.Lgs. 235/2012. 


Poich� 
l'interessato si 
era 
candidato alla 
carica 
di 
Sindaco dell'ente 
nelle 
successive 
consultazioni 
amministrative 
dell'11 giugno 2017, codesto Ministero, 
rilevando 
che, 
nell'eventualit� 
in 
cui 
egli 
fosse 
risultato 
eletto, 
il 
Prefetto 
avrebbe 
dovuto 
adottare 
un 
nuovo 
provvedimento 
accertativo 
dell'esistenza 
di 
una 
temporanea 
causa 
ostativa 
all'espletamento del 
mandato, ha 
formulato, 
nella richiesta di parere, i seguenti due quesiti: 


a) se, ricorrendo le 
suddette 
condizioni, il 
decreto di 
sospensione 
possa 
essere 
adottato senza 
attendere 
che 
il 
nuovo consiglio comunale 
proceda 
alle 
operazioni 
disciplinate 
dall'art. 
41 
del 
D.Lgs. 
267/2000 
(T.U.E.L.), 
ovvero 
debba 
essere 
assunto 
solo 
dopo 
che 
il 
Consiglio 
comunale 
abbia 
proceduto 
alla 
verifica 
della 
condizione 
degli 
eletti, 
constatando 
l'assenza 
di 
cause 
di 
ineleggibilit� 
nei confronti del sindaco e convalidandone l'elezione; 


b) se, considerato che 
il 
fatto ostativo all'espletamento del 
mandato elettivo 
- id est 
la 
sentenza 
di 
condanna 
non definitiva 
- � 
unico, ai 
fini 
dell'individuazione 
del 
termine 
finale 
della 
misura 
comminata, si 
debba 
tenere 
conto 
del 
periodo 
di 
sospensione 
gi� 
trascorso, 
scomputandolo 
dalla 
durata 
della 
sospensione 
conseguente 
al 
nuovo provvedimento, ovvero debba 
ritenersi 
che, 
trattandosi 
di 
diverse 
cariche 
elettive 
e 
di 
diverse 
consiliature, all'atto dell'assunzione 
della 
nuova 
carica 
inizi 
a 
decorrere 
un autonomo periodo di 
sospen



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


sione 
della 
durata 
di 
diciotto mesi, prevista 
dall'art. 11, comma 
4, del 
D.Lgs. 
235/2012. 


***** 


1.-Per 
quanto 
riguarda 
la 
prima 
questione 
prospettata, 
si 
rileva 
che, 
subito 
dopo lo svolgimento delle 
elezioni 
comunali, in data 
12 giugno 2017 il 
dr. (..) 
� 
stato proclamato Sindaco del 
Comune 
di 
(..) e, in pari 
data, ha 
provveduto a 
nominare 
la 
signora 
(..) quale 
Assessore, conferendole 
l'incarico di 
Vicesindaco 
dell'ente. 


Il 
successivo 13 giugno 2017 il 
Prefetto di 
Reggio Calabria, con proprio 
decreto, ha 
accertato la 
sussistenza 
della 
causa 
di 
sospensione 
dalla 
carica 
di 
Sindaco del dr. (..). 


Con manifesto elettorale 
in pari 
data 
il 
signor (..) ha 
reso nota 
l'avvenuta 
proclamazione del Sindaco e dei consiglieri comunali. 


Con atto del 
19 giugno 2017, la 
signora 
(..) ha 
convocato il 
Consiglio comunale 
in seduta 
ordinaria, fissando al 
punto 1 dell'ordine 
del 
giorno l'esame 
delle 
condizioni 
di 
eleggibilit� 
e 
di 
compatibilit� 
degli 
eletti 
alla 
carica 
di 
Sindaco 
e 
di 
consigliere 
comunale, 
nonch� 
il 
giuramento 
del 
Vicesindaco 
e, 
al 
punto 3, la 
comunicazione 
dei 
componenti 
della 
Giunta 
e 
presentazione 
delle 
linee programmatiche. 


Con 
sentenza 
n. 
862 
del 
5 
ottobre 
2017, 
il 
TAR 
Calabria 
-Reggio 
Calabria 


-Sez. I, ha 
annullato i 
citati 
atti 
degli 
organi 
comunali, impugnati 
da 
alcuni 
consiglieri 
di 
minoranza, ritenendo che 
la 
sospensione 
ex 
art. 11, comma 
1, 
D.Lgs. 235/2012 operasse 
gi� 
in virt� della 
sentenza 
di 
primo grado, indipendentemente 
dall'adozione 
del 
nuovo decreto prefettizio e 
che, inoltre, la 
nomina 
del 
Vicesindaco fosse stata effettuata in violazione dell'art. 46 T.U.E.L. 
La 
predetta 
decisione 
� 
stata 
annullata 
in sede 
di 
appello dal 
Consiglio di 
Stato, Sez. III, con sentenza 
n. 1328 del 
5 marzo 2018, per motivi 
meramente 
procedurali 
(erronea 
applicazione 
del 
rito 
abbreviato 
elettorale 
anzich� 
del 
rito 
ordinario), 
con 
conseguente 
rinvio 
della 
causa 
al 
TAR 
Calabria, 
dinanzi 
al 
quale il giudizio risulta riassunto nei termini. 


Pertanto, 
poich� 
la 
questione 
� 
tuttora 
sottoposta 
all'esame 
del 
giudice 
amministrativo, appare, allo stato, opportuno attendere 
l'esito definitivo della 
controversia, prima di esprimere un parere sullo stesso quesito. 


2.-La 
seconda 
questione 
sottoposta 
da 
codesto 
Ministero 
ha 
formato 
oggetto 
di 
analoga 
richiesta 
di 
parere 
all'Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Reggio 
Calabria, 
avanzata 
dal 
Prefetto 
di 
tale 
Provincia 
con 
nota 
del 
26 
aprile 
2018. 


Al 
riguardo si 
osserva 
che 
l'attuale 
formulazione 
dell'art. 11 del 
D.Lgs. 
235/2012 riproduce 
sostanzialmente, per quanto qui 
interessa, il 
testo dell'art. 
59 T.U.E.L., il 
quale, a 
sua 
volta, deriva 
dalle 
disposizioni 
contenute 
nell'art. 
15 (commi 
da 
4-bis 
a 
4-septies, 5 e 
6) della 
legge 
19 marzo 1990, n. 55, nel 
testo in vigore dal 1� gennaio 2000. 


Nell'interpretare 
il 
citato art. 59 con riferimento al 
meccanismo della 
so



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


spensione 
di 
diritto dalla 
carica 
degli 
amministratori 
locali 
che 
abbiano riportato 
condanna 
non 
definitiva 
per 
taluni 
reati 
previsti 
dal 
codice 
penale, 
il 
Consiglio 
di 
Stato, 
in 
sede 
consultiva 
(Sez. 
I, 
par. 
n. 
427/2001 
del 
9 
maggio 
2001), 
ha 
chiarito che 
nella 
sua 
applicazione 
"vengono in contrapposto rilievo valori 
primari 
che 
l'ordinamento 
protegge 
in 
uguale 
misura: 
alla 
ineludibile 
esigenza 
di 
salvaguardia 
della 
trasparente 
gestione 
degli 
enti 
locali, 
si 
contrappongono 
infatti 
la presunzione 
di 
non colpevolezza fino a sentenza definitiva (art. 27 
Cost.) ed il 
diritto all'elettorato passivo (art. 51 Cost.) ed al 
connesso svolgimento 
del 
mandato elettivo"; 
ed ha 
rilevato, in conformit� 
con la 
giurisprudenza 
costituzionale 
in materia, "la conseguente 
necessit� di 
bilanciamento 
fra valori 
di 
tale 
rilievo costituzionale 
... indica all'operatore 
la necessit� di 
attenersi a criteri di stretta interpretazione". 


Nello stesso parere 
il 
Consiglio di 
Stato ha 
evidenziato che 
la 
previsione 
della 
sospensione 
a 
tempo 
determinato 
dell'amministratore 
non 
irrevocabilmente 
condannato, per diciotto mesi, con possibilit� 
di 
prolungamento di 
tale 
periodo in caso di 
conferma 
della 
sentenza 
di 
condanna 
in sede 
di 
appello contenuta 
nell'art. 
15, 
comma 
4-bis, 
1. 
55/1990 
e 
poi 
riprodotta 
nell'art. 
59, 
commi 
1, 
lett. 
a), 
e 
3, 
T.U.E.L., 
e 
nell'art. 
11, 
commi 
1, 
lett. 
a) 
e 
4, 
D.Lgs. 
235/2012 - � 
stata 
introdotta 
dalla 
legge 
n. 475/1999, in luogo dell'originaria 
previsione 
della 
sospensione 
a 
tempo 
indeterminato, 
a 
seguito 
della 
pronuncia 


n. 
141/1996, 
con 
la 
quale 
la 
Corte 
Costituzionale 
aveva 
dichiarato 
l'illegittimit� 
costituzionale 
dello stesso art. 15, nella 
parte 
in cui 
prevedeva 
la 
non candidabilit� 
alle 
elezioni 
regionali 
e 
locali 
dei 
soggetti 
condannati, per i 
delitti 
indicati 
dalla norma, con sentenza non ancora passata in giudicato. 
Invero, nella 
citata 
sentenza, il 
Giudice 
delle 
leggi 
aveva 
affermato che 
le 
"Finalit� 
di 
ordine 
cautelare 
-le 
uniche 
che 
possono 
farsi 
valere 
in 
presenza 
di 
un 
procedimento 
penale 
non 
ancora 
conclusosi 
con 
una 
sentenza 
definitiva 
di 
condanna - valgono a giustificare 
misure 
interdittive 
provvisorie, che 
incidono 
sull'esercizio di 
funzioni 
pubbliche 
da parte 
dei 
titolari 
di 
uffici, e 
anche 
dei 
titolari 
di 
cariche 
elettive, ma non possono giustificare 
il 
divieto di 
partecipare 
alle elezioni�. 


3.-Sulla 
base 
dei 
principi 
sopra 
riportati, 
pare 
a 
questa 
Avvocatura 
che 
le 
disposizioni 
contenute 
nell'art. 
11, 
commi 
1, 
lett. 
a), 
e 
4, 
D.Lgs. 
235/2011, 
debbano 
interpretarsi 
nel 
senso 
che, 
ove, 
come 
� 
avvenuto 
nel 
caso 
di 
specie, 
la 
sospensione 
da 
una 
delle 
cariche 
contemplate 
dalla 
norma 
non 
abbia 
esaurito 
il 
decorso 
dei 
diciotto 
mesi 
ivi 
previsti, 
tale 
circostanza 
determini 
il 
perdurare 
della 
sospensione 
per 
il 
solo 
periodo 
residuo, 
in 
relazione 
alla 
successiva 
assunzione 
di 
una 
qualsiasi 
tra 
le 
cariche 
sopra 
indicate, 
anche 
se 
diversa 
da 
quella 
ricoperta 
al 
momento 
in 
cui 
l'applicazione 
della 
misura 
aveva 
avuto 
inizio. 


A 
sostegno di 
tale 
conclusione 
si 
osserva, in primo luogo, che 
il 
comma 
1 
citato 
fa 
riferimento 
alla 
sospensione 
di 
diritto 
"dalle 
cariche 
indicate 
al 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


comma 
1 
dell'articolo 
10", 
senza 
operare 
distinzioni 
tra 
le 
stesse, 
mentre 
il 
successivo 
comma 
4 
stabilisce 
la 
durata 
temporale 
della 
misura, 
menzionando 
quest'ultima 
unitariamente 
e 
senza 
specificare 
che 
essa 
si 
riferisce 
ad una 
singola 
carica; 
dunque 
l'interpretazione 
della 
norma 
qui 
proposta 
appare 
pienamente 
coerente 
col 
significato 
letterale 
della 
stessa, 
tanto 
pi� 
se 
inteso 
in 
senso 
rigoroso, 
in 
conformit� 
con 
il 
canone 
ermeneutico 
indicato 
dalla 
giurisprudenza 
costituzionale. 


Inoltre, come 
la 
stessa 
Corte 
Costituzionale 
e 
la 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
hanno pi� volte 
indicato, la 
misura 
in esame 
non persegue 
una 
finalit� 
sanzionatoria, n� 
costituisce 
un effetto penale 
della 
condanna, trattandosi 
"di 
una misura tipicamente 
interinale, di 
mera anticipazione 
dell'effetto interdittivo 
derivante 
dal 
giudicato, anch'esso parimenti 
non diretto a finalit� punitive. 
Tale 
effetto 
trova 
il 
suo 
fondamento 
nella 
valutazione, 
compiuta 
dal 
legislatore, 
delle 
condizioni 
che 
sconsigliano 
provvisoriamente 
la 
permanenza 
dell'eletto in una determinata carica pubblica, al 
fine 
di 
sottrarre 
l'ufficio a 
dubbi 
sulla 
onorabilit� 
di 
chi 
lo 
riveste 
che 
potrebbero 
metterne 
in 
discussione 
il 
prestigio 
e 
pregiudicarne 
il 
buon 
andamento" 
(Corte 
Cost. 
276/2016; 
v. 
anche 
Corte 
Cost. 
236/2015 
e 
giurisprudenza 
ivi 
citata; 
nello 
stesso 
senso, 
per 
quanto riguarda 
la 
giurisprudenza 
del 
giudice 
amministrativo, cfr., ex 
multis, 
CdS, sez. V, 23 ottobre 2013, n. 5222). 


Come 
ha, 
altres�, 
evidenziato 
ancora 
il 
Giudice 
delle 
leggi 
nella 
citata 
sentenza 
n. 141/1996, allorch� 
ha 
dichiarato l'illegittimit� 
costituzionale 
della 
previsione 
di 
incandidabilit� 
assoluta 
degli 
amministratori 
locali 
destinatari 
di 
sentenze 
penali 
di 
condanna 
non definitive, nel 
contemperamento dei 
concorrenti 
valori 
costituzionali 
della 
salvaguardia 
della 
correttezza 
e 
trasparenza 
della 
gestione 
degli 
enti 
locali, della 
presunzione 
di 
non colpevolezza 
fino a 
sentenza 
definitiva, 
del 
diritto 
all'elettorato 
passivo 
ed 
al 
connesso 
svolgimento 
del 
mandato elettivo, le 
restrizioni 
del 
contenuto di 
questi 
ultimi 
sono ammissibili 
solo nei 
limiti 
indispensabili 
alla 
tutela 
di 
altri 
interessi 
di 
rango costituzionale, 
in 
base 
alla 
regola 
della 
necessariet� 
e 
della 
ragionevole 
proporzionalit� di tale limitazione. 


Ora, pare 
evidente 
che 
interpretare 
la 
norma 
in esame 
nel 
senso che 
essa 
determini 
la 
decorrenza 
di 
un 
nuovo 
periodo 
di 
sospensione 
della 
durata 
di 
diciotto 
mesi, cumulabile 
con i 
precedenti, ogni 
qualvolta 
l'interessato assuma 
nuovamente 
una 
delle 
cariche 
contemplate 
dalla 
disposizione, consentirebbe 
il 
prolungamento della 
misura 
a 
tempo indeterminato, ripristinando, nella 
sostanza, 
un 
istituto 
espunto 
dall'ordinamento, 
perch� 
ritenuto 
irragionevole 
e 
costituzionalmente 
illegittimo, per di 
pi� in conseguenza 
della 
durata 
del 
giudizio 
di 
impugnazione 
in sede 
penale, anzich� 
nel 
perseguimento delle 
ricordate 
finalit� di correttezza e trasparenza. 


Pu� 
aggiungersi, 
infine, 
che 
nella 
prassi 
applicativa 
dell'art. 
15, 
comma 
4bis, 
l. 
55/1990 
(contenente, 
come 
si 
� 
detto, 
sul 
punto 
una 
disciplina 
del 
tutto 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


analoga 
a 
quella 
della 
norma 
in 
esame), 
il 
Governo 
ha 
gi� 
avuto 
occasione 
di 
provvedere 
in 
senso 
conforme 
all'interpretazione 
formulata 
nel 
presente 
parere. 


Invero, 
con 
d.P.C.M. 
21 
aprile 
2011 
(pubblicato 
in 
G.U. 
n. 
119 
del 
24 
maggio 
2011), 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
prestando 
acquiescenza 
a 
un'ordinanza 
del 
Tribunale 
di 
Napoli, dispose 
la 
correzione 
del 
proprio 
precedente 
decreto 
di 
sospensione 
di 
un 
consigliere 
regionale, 
il 
quale 
era 
gi� 
stato sospeso, in virt� della 
stessa 
sentenza 
non definitiva 
di 
condanna 
in 
primo grado, nella 
precedente 
consiliatura 
regionale, precisando che 
il 
nuovo 
periodo 
di 
sospensione 
avrebbe 
operato 
fino 
a 
decorrenza 
dei 
18 
mesi 
previsti 
dalla 
norma, a 
far tempo dalla 
data 
in cui 
era 
iniziato il 
primo periodo di 
sospensione. 


Il 
contenuto del 
menzionato precedente 
risulta 
pienamente 
coerente 
con 
la 
predetta 
interpretazione: 
a 
tale 
conclusione 
non pare 
opporsi, infatti, la 
circostanza 
che 
in quel 
caso il 
consigliere 
in questione 
abbia 
ricoperto lo stesso 
tipo di 
carica 
in entrambe 
le 
consiliature, poich� 
la 
cesura 
tra 
il 
primo e 
il 
secondo 
mandato 
sembra 
in 
ogni 
caso 
differenziare 
il 
contenuto 
delle 
diverse 
cariche ricoperte. 


4.- In conclusione 
appaiono sussistere 
numerosi 
e 
validi 
argomenti 
che 
suffragano l'interpretazione 
della 
norma 
esposta 
nel 
presente 
parere. Nel 
confermare 
la 
stessa, peraltro, pare 
altres� 
opportuno precisare, visto che 
la 
questione 
� 
stata 
segnalata 
per le 
vie 
brevi 
dall'Avvocatura 
distrettuale 
di 
Reggio 
Calabria, 
che, 
in 
considerazione 
delle 
stesse 
finalit� 
di 
correttezza 
e 
trasparenza 
perseguite 
dalla 
disposizione 
in esame, se 
pu� correttamente 
affermarsi 
che 
il 
periodo di 
sospensione 
di 
diciotto mesi 
opera 
una 
sola 
volta, anche 
nel-
l'ipotesi 
di 
successiva 
assunzione 
di 
diverse 
cariche 
nel 
tempo, nel 
computo 
del 
suddetto termine 
non pare 
possibile 
fare 
rientrare 
anche 
i 
periodi 
nei 
quali 
l'interessato non abbia 
ricoperto alcuna 
carica, come, ad esempio, pare 
avvenuto 
nel 
caso di 
specie, durante 
le 
fasi 
di 
sospensione 
e 
scioglimento del 
Consiglio 
comunale, disposte 
con i 
provvedimenti 
indicati 
in premessa, fino alla 
nuova proclamazione degli eletti. 


Invero, 
ragionando 
diversamente, 
si 
finirebbe 
con 
l'attribuire 
alla 
sospensione 
un carattere 
meramente 
virtuale, contrastante 
con le 
stesse 
finalit� 
della 
misura in questione perseguite dalla legge. 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


il 
(non) rimborso delle 
spese 
legali 
(ex art. 18 d.l. n. 67/1997) 
in 
caso di 
decreto di 
archiviazione 
per 
remissione 
della querela 


Parere 
del 
21/05/2018-269433, al 43341/2016, avv. andrea 
Fedeli 


In 
riscontro 
alla 
nota 
sopra 
indicata, 
relativa 
alla 
richiesta 
avanzata 
dal 
nominato in oggetto, questa 
Avvocatura 
non ritiene 
sussistere 
il 
diritto al 
rimborso 
delle 
spese 
giudiziali, ex art. 18 D.l. n. 67/1997, convertito in legge 
n. 
135/1997. 


Nel 
caso di 
specie, infatti, il 
decreto di 
archiviazione 
non ha 
escluso la 
responsabilit� 
del 
Prof. 
(..) 
esaminando 
nel 
merito 
le 
imputazioni, 
come 
invece 
richiesto 
dall'art. 
18 
tenuto 
conto 
che 
il 
decreto 
� 
stato 
disposto 
esclusivamente 
per ragioni 
di 
rito, senza 
che 
sia 
stata 
effettivamente 
esclusa, con certezza, la 
responsabilit� 
in 
ordine 
ai 
fatti 
addebitati 
(cfr. 
Tar 
Campania 
-Napoli, 
sez. 
VII, 
30 
luglio 
2008 
n. 
9616; 
Tar 
Campania 
-Napoli, 
sez. 
VI, 
27 
febbraio 
2008 


n. 
968; 
C. 
conti, 
sez. 
giur. 
reg. 
Abruzzo, 
29 
novembre 
1999 
n. 
1122/EL; 
Cons. 
St., sez. III, 11 novembre 
2008, n. 1914/2008; 
parere 
Coco prot. 115247 del 
11 
novembre 
2000 
-sentenza 
declaratoria 
di 
prescrizione/estinzione 
del 
reato). 
Nell'ipotesi 
di 
remissione 
della 
querela, il 
rimborso non spetta 
perch� 
la 
remissione 
della 
querela 
deve 
esser 
sempre 
accettata 
dall'imputato 
che 
potrebbe 
anche 
decidere 
di 
non 
avvalersene 
e 
proseguire 
il 
procedimento 
per 
giungere 
ad 
una 
pronuncia 
nel 
merito 
che 
escluda 
la 
esistenza 
di 
responsabilit� 
penale. 


Il 
presente 
parere 
� 
stato sottoposto all'esame 
del 
Comitato Consultivo, 
ai 
sensi 
dell'art. 26 della 
L. 3 aprile 
1979 n. 103, che 
si 
� 
espresso in conformit�. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


il rimborso delle spese legali (ex art. 18 d.l. n. 67/1997) 
in �un caso� di procedimento civile conclusosi in rito 


Parere 
del 
15/06/2018-321483, al 28649/2016, avv. enriCo 
de 
Giovanni 


Con 
riferimento 
al 
quesito 
posto 
da 
codesta 
Avvocatura 
distrettuale 
in 
relazione 
all�istanza 
di 
rimborso 
in 
oggetto, 
esaminati 
gli 
atti, 
si 
osserva 
quanto 
segue. 


Come 
� 
noto l�art. 18 del 
D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge, 
con 
modificazioni, 
dall'art. 
1, 
L. 
23 
maggio 
1997, 
n. 
135, 
cos� 
recita: 
�le 
spese 
legali 
relative 
a 
giudizi 
per 
responsabilit� 
civile, 
penale 
e 
amministrativa, 
promossi 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali 
in conseguenza di 
fatti 
ed atti 
connessi 
con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento di 
obblighi 
istituzionali 
e 
conclusi 
con sentenza o provvedimento che 
escluda la 
loro responsabilit�, sono rimborsate 
dalle 
amministrazioni 
di 
appartenenza 
nei 
limiti 
riconosciuti 
congrui 
dall'avvocatura 
dello 
Stato. 
le 
amministrazioni 
interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere 
anticipazioni 
del 
rimborso, salva la ripetizione 
nel 
caso di 
sentenza definitiva che 
accerti 
la responsabilit��. 


Dunque 
la 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
legali 
affrontate 
da 
un dipendente 
pubblico 
in 
occasione 
di 
un 
procedimento 
giudiziario 
a 
suo 
carico 
presuppone 
non 
solo 
che 
l�agire 
incriminato 
sia 
strumentalmente 
connesso 
al 
diligente 
espletamento della 
pubblica 
funzione, come 
ripetutamente 
posto in luce 
dalla 
giurisprudenza 
(cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 aprile 
2005, n. 2041), ma 
anche 
l�esistenza 
di 
una 
sentenza 
di 
assoluzione 
che 
�abbia 
accertato l�insussistenza 
di 
qualsiasi 
forma 
di 
colpa 
nell�operato del 
soggetto prosciolto� 
(cos� 
CGA, 
sez. consultiva, parere 
del 
4 aprile 
2006, n. 358/2006, che 
richiama 
il 
parere 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
n. 
3218 
del 
29 
ottobre 
2003; 
il 
parere 
si 
riferisce 
in 
concreto, come � evidente, ad un giudizio penale). 


Ci� premesso ritiene 
la 
Scrivente 
che 
tale 
ultimo presupposto debba 
essere 
declinato in modo specifico ed appropriato con riferimento da 
un lato ai 
procedimenti 
penali 
e 
dall�altro a 
quelli 
civili, alla 
luce 
dei 
generali 
principi 
che 
reggono 
i 
due 
giudizi 
e 
della 
diversa 
natura 
dell�accertamento 
che 
essi 
hanno ad oggetto, onde 
evitare 
che 
un�applicazione 
testuale 
e 
pedissequa 
del 
dato normativo determini, in concreto, uno sviamento rispetto alla 
ratio legis 
che ha ispirato il legislatore nel delineare l�istituto in esame. 

Va 
al 
riguardo 
sottolineato 
che 
i 
giudizi 
penali 
sono 
sempre 
diretti 
alla 
valutazione 
della 
riprovevolezza 
di 
una 
condotta 
antisociale, e 
che 
il 
giudizio 
penale 
� 
retto 
dal 
principio 
dell�obbligatoriet� 
dell�esercizio 
dell�azione 
penale 
(art. 
112 
Cost.), 
cosicch� 
esso 
si 
sottrae 
alla 
disponibilit� 
in 
capo 
alle 
parti 
processuali; 
dunque 
esso non pu� che 
concludersi 
con l�accertamento o con 
l�esclusione 
della 
responsabilit�, salvo che 
alla 
conclusione 
con un giudizio 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


di 
merito ostino ragioni 
di 
rito. Pertanto, il 
provvedimento che 
lo conclude, 
laddove 
consista 
in una 
pronuncia 
di 
mero rito, non � 
idoneo ad escludere 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente 
pubblico 
nel 
merito 
delle 
imputazioni, 
e, 
di 
conseguenza, 
non 
pu� 
fondare 
il 
diritto 
al 
rimborso 
delle 
spese 
sostenute, 
che 
presuppone, 
secondo legge, la predetta esclusione di responsabilit�. 


Il 
processo civile 
� 
invece 
contraddistinto dal 
principio dell�impulso di 
parte, secondo cui 
la 
scelta 
se 
chiedere 
o meno la 
tutela 
giurisdizionale 
� 
rimessa 
interamente 
alla 
volont� 
della 
parte 
interessata, in accordo con il 
principio 
della 
disponibilit� 
dei 
diritti 
soggettivi. 
Essendo, 
dunque, 
l�oggetto 
di 
tale 
attivit� 
di 
cognizione 
il 
petitum 
contenuto nella 
domanda, quest�ultima, 
oltre 
a 
poter essere 
accolta 
o respinta, ben pu� essere 
abbandonata 
dall�attore. 
Pertanto, solo laddove 
un giudizio civile 
si 
concluda 
con un provvedimento 
che 
decida 
nel 
merito, 
accogliendo 
in 
tutto 
o 
in 
parte 
quanto 
chiesto 
dall�attore 
ovvero respingendolo, pu� senz�altro ritenersi 
accertata ovvero esclusa 
la responsabilit� 
del 
dipendente 
pubblico, 
con 
le 
relative 
conseguenze 
in 
merito 
alla 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
di 
giudizio. Qualora, invece, il 
procedimento si 
concluda 
per ragioni 
di 
natura 
processuale, quale 
ad esempio l�inattivit� 
delle 
parti, viene 
meno, nella 
decisione 
che 
definisce 
il 
giudizio, ogni 
valutazione 
sulla 
responsabilit� 
del 
convenuto, e 
ci� sempre 
in virt� dell�applicazione 
del 
generale 
principio 
dispositivo 
che 
regge 
il 
giudizio 
civile; 
va 
inoltre 
osservato 
che 
l�accertamento della 
responsabilit� 
non � 
l�oggetto diretto del 
giudizio civile, 
ma 
� 
connesso 
logicamente 
all�accoglimento 
del 
petitum 
sostanziale 
(nel 
caso de 
quo, l�oggetto immediato della 
domanda 
consisteva 
nella 
restituzione 
delle 
armi 
sequestrate 
e 
nel 
risarcimento dei 
danni 
provocati); 
dunque 
esso � 
necessariamente 
subordinato 
all�accoglimento 
della 
domanda. 
Nel 
caso 
di 
pronuncia 
avente 
contenuto meramente 
processuale, comՏ 
quella 
sul 
difetto di 
giurisdizione, 
manca 
dunque 
un 
accertamento 
in 
merito 
alla 
responsabilit� 
del 
dipendente 
pubblico 
per 
una 
ragione 
riconducibile 
alla 
domanda 
stessa 
e 
al 
modo in cui 
essa 
� 
stata 
proposta 
dalla 
parte 
attrice; 
e 
la 
successiva 
estinzione 
del giudizio per inerzia dell�attore impedisce una decisione nel merito. 


In tali 
casi 
occorre 
valutare 
se, ai 
sensi 
del 
citato art. 18, possa 
riconoscersi 
un 
diritto 
al 
rimborso, 
ove 
ne 
sussistano 
le 
ulteriori 
condizioni, 
affinch� 
non 
si 
concretizzi 
un�applicazione 
sostanzialmente 
iniqua 
dell�articolo 
18 
che 
si pone in aperto contrasto con la relativa 
ratio legis. 

Se, infatti, si 
negasse 
la 
refusione 
delle 
spese 
di 
un procedimento estinto 
per inattivit� 
della 
parte 
attrice, si 
dovrebbe 
ammettere 
la 
possibilit� 
che 
il 
dipendente 
possa 
restare 
gravato 
delle 
spese 
di 
difesa 
sopportate 
in 
conseguenze 
delle scelte processuali della controparte. 


Ci� premesso, si 
rende 
necessaria 
un�interpretazione 
dell�articolo 18 del 


d.l. 
67/1997 
che 
consenta 
di 
realizzare 
le 
finalit� 
e 
i 
principi 
equitativi 
espressi 
nella 
relazione 
illustrativa 
che 
accompagn� 
l�approvazione 
della 
norma 
in 
esame, relazione che si trascrive. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


�relazione illustrativa: 


articolo 18. - la norma prevede 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
per 
dipendenti 
ed 
amministratori 
i 
quali, 
per 
fatti 
connessi 
all�esercizio 
dei 
loro 
compiti 
istituzionali, abbiano subito un procedimento civile, penale 
o contabile 
conclusosi 
a loro favore. 


detta disposizione 
risponde 
ad esigenza di 
equit� sostanziale 
e 
di 
tutela 
degli 
amministratori 
e 
funzionari 
onesti; 
essa 
contribuisce, 
altres�, 
a 
superare 
il 
diffuso clima di 
incertezza (cosiddetta �paura della firma�) che 
tuttora caratterizza 
gran parte dell�attivit� dei manager pubblici�. 


Il 
principio 
sotteso 
alla 
disciplina 
del 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
� 
dunque 
riconducibile 
a 
esigenze 
di 
equit� 
sostanziale, 
le 
quali 
esigono 
che 
i 
funzionari 
onesti 
che 
abbiano agito in nome 
e 
per conto dell�Amministrazione 
siano tenuti 
indenni 
delle 
spese 
legali 
affrontate 
per 
i 
procedimenti 
relativi 
agli 
atti 
strettamente 
connessi 
all� 
�assolvimento degli 
obblighi 
istituzionali�, ove 
tali 
procedimenti si siano conclusi �a loro favore�. 


La 
ratio legis, come 
ricostruita 
alla 
luce 
degli 
intenti 
perseguiti 
dal 
legislatore, 
impone 
di 
considerare 
la 
disposizione 
in 
esame 
come 
un�applicazione 
generale 
del 
divieto di 
locupletatio cum 
aliena iactura, secondo cui 
il 
mandatario 
che 
agisce 
diligentemente 
nel 
perseguimento 
dell�interesse 
altrui, 
non 
dovendo 
sopportare 
le 
conseguenze 
svantaggiose 
che 
derivano 
dall�attivit� 
svolta, ha 
diritto di 
esigere 
dal 
mandante 
il 
risarcimento dei 
danni 
(cfr. Cons. 
Stato, 
sez. 
IV, 
11 
aprile 
2007, 
n. 
1681; 
CGA, 
sez. 
Consultiva, 
parere 
del 
4 
aprile 
2006, 
n. 
358/2006, 
che 
richiama 
i 
pareri 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
n. 
1215/98 e 
n. 3218/2003; 
Cons. Stato, 14 aprile 
2000, n. 2242), purch�, ovviamente, 
sia 
stata 
giudizialmente 
esclusa 
ogni 
forma 
di 
responsabilit� 
del 
mandatario 
ovvero 
quest�ultima 
non 
sia 
stata 
oggetto 
di 
valutazione 
per 
causa 
riconducibile alla domanda di parte attrice. 

Il 
principio di 
disponibilit� 
dei 
diritti 
soggettivi 
e 
delle 
relative 
azioni 
in 
materia 
civile 
mal 
si 
concilia, dunque, con un�applicazione 
rigorosamente 
testuale 
del 
primo periodo del 
comma 
1 dell�articolo 18, che 
richieda 
necessariamente 
la 
pronuncia 
di 
un 
decisione, 
definitiva, 
di 
merito 
che 
escluda 
la 
responsabilit�; 
applicazione 
rigorosa, 
peraltro, 
sconsigliata, 
sul 
piano 
ermeneutico, 
dallo stesso secondo periodo del 
comma 
1 dell�art. 18 in esame, laddove, 
nel 
caso sia 
stata 
concessa 
un�anticipazione 
del 
rimborso, ne 
prevede 
la 
�ripetizione 
nel 
caso di 
sentenza 
definitiva 
che 
accerti 
la 
responsabilit��, non 
richiedendo, 
dunque, 
nello 
specifico 
caso, 
l�esplicito 
accertamento 
dell�esclusione 
della 
responsabilit� 
bens�, pi� limitatamente, il 
mancato accertamento 
dell�esistenza della responsabilit� medesima. 

Sul 
piano pratico, poi, tornando alla 
ratio 
dell�art. 18, va 
sottolineato che 
la 
proposizione 
di 
iniziative 
processuali 
infondate 
o addirittura 
temerarie, ovvero 
di 
condotte 
manipolative, come 
pu� essere 
quella 
dell�attore 
che 
arbitrariamente 
proponga 
azione 
contro 
un 
funzionario 
diligente 
e 
poi 
coscientemente 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


abbandoni 
il 
procedimento in seguito a 
una 
pronuncia 
di 
mero rito, potrebbe 
potenzialmente 
ingenerare 
proprio 
quel 
sentimento, 
denominato 
dal 
legislatore 
nella 
ricordata 
relazione 
illustrativa 
�paura 
della 
firma�, 
che 
pu� 
indurre 
il 
pubblico dipendente 
a 
preferire 
comportamenti 
omissivi 
o comunque 
non zelanti 
pur di 
evitare 
vicende 
processuali 
indesiderate, in palese 
contrasto con 
la rammentata finalit� dell�art. 18 in esame. 

Dunque, l�esclusione 
del 
rimborso delle 
spese 
legali 
tutte 
le 
volte 
in cui 
il 
procedimento 
civile 
si 
sia 
concluso 
in 
rito 
oltre 
ad 
essere 
contrario 
alla 
ratio 
legis, alla 
luce 
della 
mancanza 
di 
un accertamento positivo in merito alla 
responsabilit� 
del 
convenuto, risulta 
anche 
profondamente 
inopportuno poich�, 
di 
riflesso, 
idoneo 
a 
ledere 
il 
corretto 
esplicarsi 
della 
funzione 
pubblica 
laddove 
possa 
indurre 
il 
funzionario 
pubblico 
ad 
ispirare 
la 
propria 
azione 
pi� 
alla 
realizzazione 
dell�interesse 
individuale 
dell�integrit� 
del 
proprio patrimonio che 
a quello del pieno ed efficace perseguimento dei fini dell�Amministrazione. 


In 
sostanza, 
quindi, 
si 
ritiene 
che 
l�espressione 
�conclusi 
con 
sentenza 
o 
provvedimento 
che 
escluda 
la 
loro 
responsabilit��, 
contenuta 
nel 
citato 
art. 
18 
(formulata 
probabilmente, 
sul 
piano 
letterale, 
sulla 
base 
di 
una 
particolare 
attenzione 
dedicata 
dal 
legislatore 
al 
processo 
penale), 
vada 
intesa 
alla 
luce 
dei 
principi 
di 
disponibilit� 
del 
giudizio 
in 
capo 
alle 
parti 
processuali, 
principi 
diversi 
fra 
il 
giudizio 
penale 
e 
quello 
civile, 
con 
la 
conseguenza 
che 
rispetto 
al 
giudizio 
civile 
la 
sentenza 
o 
comunque 
la 
soluzione 
in 
rito 
non 
sia 
necessariamente 
ostativa 
del 
rimborso, 
consentendo 
all�Amministrazione 
a 
cui 
viene 
richiesto 
il 
rimborso 
di 
valutare 
caso 
per 
caso, 
con 
la 
collaborazione 
consultiva 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato, 
la 
riconducibilit� 
della 
richiesta 
di 
rimborso 
nelle 
previsioni 
di 
cui 
al 
citato 
art. 
18 
come 
sopra 
interpretata; 
si 
ritiene, 
peraltro 
che 
siffatta 
lettura 
sia 
costituzionalmente 
orientata, 
con 
particolare 
riferimento 
al 
principio 
di 
buon 
andamento 
dell�azione 
amministrativa 
di 
cui 
all�art. 
97 
Cost. 


In sostanza, dunque, si 
ritiene 
che, in questi 
casi, si 
debba 
procedere 
ad 
un 
esame 
complessivo 
dell�intera 
vicenda 
processuale, 
che 
consenta 
l�attribuzione 
al 
pubblico dipendente 
del 
beneficio del 
rimborso laddove 
emerga 
che 
la 
soluzione 
in 
rito 
sia 
dipesa 
dalla 
volont� 
della 
controparte 
e 
che 
l�andamento 
del 
giudizio 
consenta 
di 
inferire, 
anche 
a 
prescindere 
da 
un 
giudicato 
in 
tal 
senso, l�esclusione 
di 
ogni 
responsabilit� 
del 
dipendente 
e 
dunque 
il 
diligente 
espletamento 
della 
pubblica 
funzione. 
Peraltro 
la 
mancata 
riassunzione 
del 
giudizio da 
parte 
dell�attore, consolida 
una 
situazione 
processuale 
favorevole 
al 
convenuto, 
che 
non 
subisce 
alcuna 
affermazione 
dell�accertamento 
di 
responsabilit� 
nell�ambito del 
processo, che 
si 
estingue; 
appare 
comunque 
opportuno, 
in tali 
casi, considerando che 
l�estinzione 
riguarda 
il 
giudizio e 
non 
l�azione, 
che 
l�eventuale 
rimborso 
sia 
cautelativamente 
concesso 
con 
salvezza 
di 
ripetizione 
nei 
confronti 
del 
beneficiato qualora 
l�azione 
civile 
venga 
nuovamente 
esercitata 
e 
si 
risolva 
in sentenza 
che 
accerti 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


Va 
infine 
affrontata, 
per 
completezza, 
anche 
la 
questione 
relativa 
ai 
poteri 
di 
impulso processuale 
comunque 
spettanti 
al 
convenuto; 
in altri 
termini, occorre 
chiedersi 
se 
e 
fin a 
qual 
punto sia 
possibile 
far gravare 
sul 
dipendente 
convenuto in sede 
civile 
l�onere 
di 
dare 
impulso al 
giudizio in difetto di 
iniziative 
di 
parte 
attrice 
anche 
al 
solo fine 
di 
ottenere 
una 
favorevole 
condanna 
sulle 
spese 
legali, allo scopo di 
farle 
gravare 
sulla 
controparte 
e 
non sull�Amministrazione 
in sede di rimborso ex art. 18. 


Anche 
in 
questo 
caso 
si 
ritiene 
che 
solo 
una 
valutazione 
caso 
per 
caso 
possa, in modo soddisfacente, comparare 
i 
diversi 
interessi 
in gioco e 
individuare 
una 
soluzione 
conforme 
alle 
finalit� 
dell�art. 
18; 
laddove, 
infatti, 
l�eventuale 
impulso al 
giudizio esponga 
il 
dipendente 
a 
rischi 
di 
soccombenza 
o ad 
ulteriori 
spese 
processuali 
(che, sia 
detto per inciso, finirebbero con il 
gravare 
ulteriormente 
sull�Erario in caso di 
esclusione 
di 
responsabilit�) non pu� ritenersi, 
in 
base 
ad 
un 
principio 
di 
valorizzazione 
della 
diligenza, 
della 
buona 
fede 
e 
della 
prudenza, che 
sussista 
sul 
convenuto un onere 
di 
impulso a 
cui 
subordinare 
il 
diritto 
al 
rimborso 
delle 
spese 
legali; 
laddove 
invece 
la 
mancata 
iniziativa 
non abbia 
valide 
ragioni 
e 
finisca 
con il 
trasferire 
in modo ingiustificato 
sull�Amministrazione 
oneri 
che 
ben 
avrebbero 
potuto 
essere 
gravati 
sulla 
controparte, si 
ritiene 
che 
la 
condotta 
processuale 
del 
dipendente 
debba 
essere considerata ai fini dell�eventuale esclusione del rimborso. 


Alla 
luce 
delle 
suesposte 
valutazioni 
interpretative 
di 
ordine 
generale 
si 
pu� esaminare il caso di specie. 


La 
domanda 
di 
risarcimento del 
danno proposta 
contro l�istante, respinta 
nel 
merito in primo grado, fu poi 
oggetto di 
appello al 
termine 
del 
quale 
fu dichiarato 
il 
difetto di 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario. Decorsi 
i 
termini 
di 
cui 
all�art. 
59 
L. 
n. 
69/2009 
senza 
che 
l�attore 
avesse 
riassunto 
la 
causa 
davanti 
all�autorit� 
amministrativa, 
il 
processo 
si 
estinse 
e 
le 
spese 
sostenute 
dal-
l�istante 
rimasero a 
suo carico in virt� di 
un parere 
negativo reso con nota 
22 
febbraio 2017 n.79973 dalla 
Avvocatura 
Distrettuale 
dello Stato di 
Firenze, la 
quale 
ha 
ravvisato 
l�insussistenza 
di 
uno 
dei 
presupposti 
per 
il 
riconoscimento 
del 
diritto 
al 
rimborso. 
Tuttavia, 
un�interpretazione 
orientata 
alla 
realizzazione 
dei 
principi 
sopra 
esposti, che 
l�istituto di 
cui 
all�art. 18 intende 
perseguire, 
suggerisce 
di 
riconoscere 
la 
sussistenza 
del 
diritto al 
rimborso delle 
spese 
sostenute 
dall�istante, la 
cui 
responsabilit�, esclusa 
in primo grado, non � 
stata 
oggetto 
di 
accertamento 
definitivo 
per 
cause 
riconducibili 
esclusivamente 
alla 
domanda 
prima 
(diretta 
a 
giudice 
privo di 
giurisdizione) e 
poi 
all�inerzia 
(la 
mancata 
riassunzione) di 
parte 
attrice. L�andamento del 
giudizio, ed in particolare 
l�esito 
del 
primo 
grado 
del 
giudizio, 
ancorch� 
sia 
poi 
intervenuta 
la 
sentenza 
di 
appello 
che 
ha 
riformato 
la 
prima 
decisione 
e 
ha 
escluso 
la 
giurisdizione 
del 
giudice 
civile, lasciano comunque 
chiaramente 
inferire 
l�assenza 
di ogni responsabilit� del dipendente. 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Peraltro 
l�istante, 
all�esito 
del 
giudizio 
d�appello, 
conclusosi 
con 
una 
sentenza 
di 
difetto di 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario in favore 
di 
quello amministrativo, 
non avrebbe 
avuto alcun interesse 
alla 
riassunzione 
della 
causa, 
mancando 
l�accoglimento 
della 
domanda 
di 
parte 
attrice, 
con 
conseguente 
implicito 
riconoscimento 
della 
legittimit� 
della 
propria 
condotta. 
Dunque, 
pur 
in 
assenza 
di 
un giudicato sul 
merito, impedito dall�inerzia 
della 
controparte, la 
lettura 
della 
documentazione 
processuale 
consente 
di 
ritenere, allo stato, sussistente 
il 
requisito 
dell�esclusione 
della 
responsabilit� 
del 
dipendente 
nei 
sensi 
richiesti dal citato art. 18 come sopra interpretato. 


Si 
ritiene, pertanto, che 
nel 
caso di 
specie 
il 
rimborso possa 
essere 
concesso, 
rimettendo ogni 
valutazione 
sulla 
congruit� 
del 
rimborso medesimo a 
codesta 
Avvocatura distrettuale. 


Sul 
presente 
parere 
si 
� 
espresso in senso conforme 
il 
Comitato Consultivo 
in data 4 maggio 2018. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


accordo (ex art. 15, l. 241/90) tra una p.a. ed 


un ente pubblico economico per la concessione 


in uso di beni pubblici, presupposti e condizioni 


Parere 
del 
06/07/2018-363198, al 19666/2017, avv. diana 
ranUCCi 


a) 
Con 
nota 
del 
14 
aprile 
2017 
codesta 
Amministrazione 
chiedeva 
alla 
Scrivente 
di 
esprimere 
il 
proprio 
parere 
in 
ordine 
alla 
possibilit� 
di 
interpretare 
in 
via 
estensiva 
il 
comma 
233 
dell�art. 
4 
della 
L. 
n. 
350/03, 
recante 
disposizioni 
in 
materia 
di 
concessioni 
di 
spazi 
in 
comodato 
d�uso 
gratuito 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
pubbliche, 
al 
fine 
di 
verificare 
la 
possibilit� 
di 
applicare 
tale 
disciplina 
nei 
confronti 
di 
ENIT 
-Ente 
nazionale 
italiano 
del 
turismo. 
Il 
problema 
si 
poneva 
in 
quanto, 
a 
seguito 
della 
trasformazione 
di 
ENIT 
in 
ente 
pubblico 
economico, 
questo 
aveva 
perso 
il 
carattere 
di 
�amministrazione 
pubblica�, 
che 
costituisce 
il 
requisito 
indispensabile 
per 
poter 
accedere 
alla 
disciplina 
di 
cui 
al 
comma 
233 
citato. 
Tale 
disposizione 
infatti 
prevede 
la 
possibilit�, 
per 
gli 
uffici 
all�estero, 
di 
concedere 
in 
comodato 
d�uso 
gratuito 
spazi 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all�art. 
1, 
comma 
2, 
del 
D.lgs 
n. 
165/2001. 


A 
tale 
quesito la 
Scrivente, con nota 
del 
5 luglio 2017, dava 
risposta 
negativa, 
nel 
rilievo 
che 
l�art. 
4 
comma 
233 
cit. 
contiene 
una 
disciplina 
di 
favore 
e 
speciale 
rispetto 
al 
principio 
generale 
per 
cui 
i 
beni 
dello 
Stato 
devono 
essere 
fruttiferi 
e 
che, quindi, non poteva 
applicarsi 
a 
soggetti 
non contemplati 
nel-
l�elenco, da 
ritenersi 
tassativo, di 
cui 
all�art. 1 comma 
2 d.lgs. n. 165/2001, 
nel quale non risultano inseriti enti pubblici economici. 


Pertanto, Codesta 
Amministrazione, preso atto del 
negativo parere 
della 
Scrivente 
sotto 
il 
profilo 
sopra 
esaminato, 
chiede 
ora 
un 
nuovo 
parere, 
sempre 
in relazione 
alla 
concessione 
ad ENIT 
di 
spazi 
presso gli 
immobili 
del 
patrimonio 
indisponibile 
in uso agli 
Uffici 
di 
codesta 
Amministrazione 
all�estero 
(Rappresentanze, Ambasciate, Consolati 
ed Istituti 
Italiani 
di 
Cultura), sulla 
base di una diversa impostazione giuridica. 


B) 
In dettaglio, codesta 
Direzione 
fornisce 
la 
seguente 
analisi 
della 
questione: 


1) 
in 
via 
preliminare 
-dopo 
avere 
richiamato 
l�art. 
16, 
comma 
3, 
del 
D.L. 
31 
maggio 
2014, 
n. 
83 
(1) 
e 
l�art. 
37, 
comma 
3, 
del 
DPR 
5 
gennaio 
1967, 
n. 


(1) Art. 16, comma 
3, del 
D.L. 31 maggio 2014, n. 83: 
�l�eniT 
ha autonomia statutaria, regolamentare, 
organizzativa, 
patrimoniale, 
contabile 
e 
di 
gestione. 
ne 
costituiscono 
gli 
organi 
il 
presidente, 
il 
consiglio di 
amministrazione 
e 
il 
collegio dei 
revisori 
dei 
conti. la sua attivit� � 
disciplinata dalle 
norme 
di 
diritto privato. l�eniT 
stipula convenzioni 
con le 
regioni 
e 
le 
province 
autonome 
di 
Trento e 
di 
bolzano, 
gli 
enti 
locali 
ed 
altri 
enti 
pubblici. 
Fermo 
restando 
quanto 
disposto 
dall�articolo 
37, 
comma 
terzo, del 
decreto del 
Presidente 
della repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, le 
attivit� riferite 
a mercati 
esteri 
e 
le 
forme 
di 
collaborazione 
con 
le 
Rappresentanze 
diplomatiche, 
gli 
Uffici 
consolari 
e 
gli 
Istituti 
italiani di cultura sono regolate da intese stipulate con il Ministero degli affari esteri�. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


18 
(2) 
-codesto 
MAECI 
evidenzia 
che 
lo 
Statuto 
dell�ENIT, 
adottato 
con 
DPCM 
21 
maggio 
2015, 
contiene 
un 
riferimento 
al 
principio 
delle 
intese, 
prevedendo 
tra 
le 
finalit� 
ed 
i 
compiti 
dell�Ente 
quelli 
di 
�attuare 
intese 
e 
forme 
di 
collaborazione 
con 
enti 
pubblici 
e 
con 
gli 
Uffici 
della 
rete 
diplomatico-consolare 
del 
Ministero 
degli 
affari 
esteri 
e 
della 
Cooperazione 
internazionale, 
compresi 
gli 
istituti 
di 
cultura, 
secondo 
quanto 
previsto 
da 
appositi 
protocolli 
di 
intesa 
e 
con 
le 
altre 
sedi 
di 
rappresentanza 
italiana 
all�estero, 
anche 
ai 
sensi 
dell�art. 
1 
della 
legge 
31 
marzo 
2005, 
n. 
56� 
(art. 
2, 
comma 
1, 
lett. 
h)); 


2) 
a 
parere 
di 
codesta 
amministrazione 
sembrerebbe 
possibile 
riportare 
la 
nozione 
di 
�intese� 
di 
cui 
all�art. 
16 
dello 
Statuto 
-tenuto 
conto 
anche 
del 
principio 
di 
coordinamento 
della 
Missione 
diplomatica, 
al 
quale 
l�art. 
16 
del 
D.L. 
83/14 
rinvia 
-nell�ambito 
degli 
�accordi 
fra 
amministrazioni� 
ai 
sensi 
dell�art. 
15 
della 
l. 
241/90 
o 
comunque 
di 
poter 
trattare 
le 
intese 
in 
discorso 
alla 
stregua 
degli 
accordi, 
assoggettandole 
alle 
stesse 
disposizioni 
di 
garanzia; 


3) considerato che 
l�ENIT 
svolge 
attivit� 
di 
interesse 
comune 
pubblico, 
sembrerebbe 
quindi 
possibile 
concludere 
intese 
con ENIT 
aventi 
ad oggetto 
la 
concessione 
di 
spazi 
presso 
gli 
immobili 
del 
patrimonio 
indisponibile 
di 
codesta 
Amministrazione 
-a 
titolo 
oneroso, 
ma 
a 
canoni 
agevolati 
-tenuto 
conto 
delle 
sinergie 
istituzionali 
tra 
l�Ente 
e 
le 
Missioni 
diplomatiche 
e 
della 
non 
esclusivit� 
degli 
spazi 
da 
concedere 
ad ENIT, la 
cui 
fruizione 
sarebbe 
limitata 
alla collaborazione nelle attivit� di interesse comune; 


4) il 
ricorso all�istituto giuridico delle 
intese, oltre 
ai 
generali 
rapporti 
di 
collaborazione 
di 
cui 
all�art. 15 della 
L. 241/90, potrebbe 
regolare 
anche 
il 
regime 
della 
concessione 
degli 
spazi 
-a 
titolo 
oneroso 
agevolato 
-riconoscendo 
all�enit 
la possibilit� di 
non 
dover 
concorrere 
con 
soggetti 
privati 
nella 
concessione 
degli 
spazi. 
Tale 
soluzione, da 
indicare 
nelle 
�intese�, assicurerebbe 
ad 
ENIT 
una 
preferenza, 
nel 
rispetto 
dell�onerosit�, 
ma 
senza 
obbligarlo 
a 
concorrere 
con 
soggetti 
privati 
e 
costringere 
gli 
uffici 
all�estero 
all�adozione 
di 
nuove 
procedure 
selettive 
ogni 
volta che 
si 
profili 
una possibile 
collaborazione con tale ente; 


5) 
in 
base 
a 
tali 
considerazioni, 
ritiene 
codesta 
Amministrazione 
che 
sembrerebbe 
possibile 
trattare 
le 
�intese� 
di 
cui 
al 
D.L. 83/14 alla 
stregua 
degli 
�accordi 
fra 
Amministrazioni�, ex 
art. 15 della 
L. 241/90, con facolt� 
di 
regolare 
in 
modo 
preferenziale 
le 
modalit� 
di 
concessione 
di 
spazi, 
fermo 
restando 
il 
principio dell�onerosit�. I relativi 
accordi, inoltre, sarebbero motivati 
e 
soggetti 
ai 
controlli 
ordinari, 
in 
ragione 
delle 
materie 
trattate 
(Corte 
dei 
Conti, 
Ufficio Centrale di Bilancio). 

(2) Art. 37, comma 
3, del 
DPR 5 gennaio 1967, n. 18: 
�la Missione 
diplomatica esercita altres� 
azione 
di 
coordinamento 
e, 
nei 
casi 
previsti, 
di 
vigilanza 
o 
di 
direzione 
dell�attivit� 
di 
uffici 
ed 
enti 
pubblici 
italiani, operanti nel territorio dello Stato di accreditamento�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


C) 
Tanto 
premesso, 
la 
Scrivente 
esprime 
le 
seguenti 
considerazioni 
in 
relazione 
alla 
possibilit� 
di 
codesta 
Amministrazione 
di 
adottare 
lo strumento 
giuridico 
degli 
�accordi 
fra 
amministrazioni�, 
previsto 
dall�art. 
15 
della 
L. 
241/90, al 
fine 
di 
regolare 
i 
rapporti 
con l�ENIT 
circa 
la 
concessione 
a 
quest�ultimo 
degli 
spazi 
presso gli 
immobili 
del 
patrimonio indisponibile 
in uso 
agli 
Uffici 
all�estero 
(Rappresentanze, 
Ambasciate, 
Consolati 
ed 
Istituti 
Italiani 
di Cultura). 

L�art. 15 della 
L. 241/90 stabilisce 
che 
�1. anche 
al 
di 
fuori 
delle 
ipotesi 
previste 
dall�articolo 
14, 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono 
sempre 
concludere 
tra loro accordi 
per 
disciplinare 
lo svolgimento in 
collaborazione 
di 
attivit� di 
interesse 
comune. 
2. Per 
detti 
accordi 
si 
osservano, in quanto applicabili, 
le 
disposizioni 
previste 
dall�articolo 11, commi 
2 e 
3. 2-bis. a 
fare 
data dal 
30 giugno 2014, gli 
accordi 
di 
cui 
al 
comma 1 sono sottoscritti 
con 
firma digitale, ai 
sensi 
dell�articolo 24 del 
decreto legislativo 7 marzo 2005, 


n. 
82, 
con 
firma 
elettronica 
avanzata, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
1, 
comma 
1, 
lettera 
q-bis), 
del 
decreto 
legislativo 
7 
marzo 
2005, 
n. 
82, 
ovvero 
con 
altra 
firma 
elettronica 
qualificata, 
pena 
la 
nullit� 
degli 
stessi. 
dall�attuazione 
della 
presente 
disposizione 
non 
devono 
derivare 
nuovi 
o 
maggiori 
oneri 
a 
carico 
del 
bilancio 
dello 
Stato. 
all�attuazione 
della 
medesima 
si 
provvede 
nell�ambito 
delle 
risorse 
umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente�. 
a) 
La natura giuridica dell�ENIT 


In 
via 
preliminare, 
si 
reputa 
necessario 
analizzare 
la 
natura 
giuridica 
dell�ENIT, al 
fine 
di 
verificare 
se 
l�Ente 
in questione 
possa 
rientrare 
nella 
nozione 
di 
�Amministrazione 
pubblica�, di 
cui 
all�art. 15 della 
L. 241/90, nozione 
che, 
come 
si 
vedr�, 
non 
coincide 
con 
quella 
contenuta 
nell�art. 
1, 
comma 
2, D.lgs n. 165/2001. 


Con l�art. 16 del 
D.L. 83/2014, l�ENIT 
� 
stato trasformato in Ente 
Pubblico 
Economico 
(di 
seguito, 
e.p.e.), 
sottoposto 
alla 
vigilanza 
del 
Ministro 
dei 
beni 
e 
delle 
attivit� 
culturali 
e 
del 
turismo. I caratteri 
distintivi 
dell�e.p.e., gi� 
messi 
in risalto nel 
precedente 
parere 
(Prot. n. 339616) reso all�Amministrazione 
in data 
5 luglio 2017, possono essere 
cos� 
sintetizzati: 
�l�e.p.e. si 
configura 
come 
uno dei 
principali 
strumenti 
attraverso il 
quale 
lo Stato interviene 
nel 
settore 
economico: a tal 
fine, infatti, l�ente 
possiede 
una propria personalit� 
giuridica, 
un 
proprio 
patrimonio 
e 
un 
proprio 
personale 
dipendente, 
godendo al 
contempo di 
un accentuato grado di 
autonomia amministrativa, 
finanziaria, patrimoniale 
e 
contabile. Pertanto, gli 
e.p.e. si 
collocano, in determinati 
settori 
della produzione 
e 
dello scambio di 
beni 
e 
servizi, in concorrenza 
con le 
imprese 
private 
dalle 
quali 
si 
distinguono per 
la peculiarit� del 
fine 
che 
non � 
quello di 
lucro, bens� 
quello pubblicistico per 
cui 
sono stati 
costituiti. 
a 
tal 
proposito 
occorre 
sottolineare 
che 
l�assenza 
del 
fine 
di 
lucro 
non 
significa che 
tali 
enti 
non debbano essere 
comunque 
guidati 
dal 
criterio del



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


l�obiettivit� economica, tale 
per 
cui 
i 
ricavi 
devono ricoprire 
i 
costi. l�e.p.e. 
viene 
spesso considerato un ente 
pubblico strumentale, in quanto legato alla 
P.a.: difatti, gli 
organi 
di 
vertice 
dell�ente 
di 
norma sono nominati 
in tutto o 
in parte 
dai 
Ministeri 
competenti 
nel 
settore 
in cui 
opera l�ente 
e, di 
conseguenza, 
ad 
essi 
spetta 
un 
potere 
di 
indirizzo 
generale 
e 
di 
vigilanza 
[�]. 
Spesso poi 
gli 
e.p.e. rappresentano una tappa intermedia in vista della privatizzazione 
delle 
aziende 
autonome, 
le 
quali, 
prima 
della 
trasformazione 
in 
societ� 
per azioni, vengono trasformate in e.p.e.�. 


A 
parere 
della 
Scrivente, 
la 
locuzione 
�amministrazioni 
pubbliche� 
utilizzata 
nell�art. 
15, 
comma 
1, 
della 
l. 
241/90 
ricomprende 
anche 
gli 


e.p.e. 
Invero, a differenza della formulazione 
impiegata nell�art. 1, comma 
2, 
del 
d.lgs. 
165/2001 
(preso 
in 
considerazione 
dalla 
Scrivente 
nel 
precedente 
parere 
reso 
a 
codesta 
Amministrazione), 
il 
quale 
prevede 
un�elencazione 
tassativa, 
che 
non 
annovera 
gli 
e.p.e. 
e 
non 
� 
suscettibile 
n� 
di 
interpretazione 
analogica 
n� 
di 
interpretazione 
estensiva, 
il 
termine 
�amministrazioni 
pubbliche� che 
figura nell�art. 15, comma 1, della l. 241/90 viene 
interpretato 
in 
senso 
lato 
ed 
esteso 
sia 
dalla 
dottrina 
che 
dalla 
giurisprudenza. 

Il 
Consiglio 
di 
Stato 
(Sez. 
III, 
n. 
3194 
del 
24 
giugno 
2014) 
ha 
avuto 
modo 
di 
chiarire 
che 
�l� 
art. 15 della l. n. 241 contiene 
una vera e 
propria clausola 
generale 
che 
consente 
alle 
pubbliche 
amministrazioni 
di 
concludere 
accordi 
per 
disciplinare 
lo svolgimento, in collaborazione, di 
attivit� di 
interesse 
comune, 
riconducibili 
all�esercizio delle 
pubbliche 
funzioni 
loro assegnate 
dal-
l�ordinamento�; 
ancora, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
(Sez. 
III, 
n. 
1837 
del 
16 
dicembre 
2013) ha 
ulteriormente 
chiarito che 
�deve 
essere 
riconosciuta valenza generale 
agli 
accordi 
organizzativi 
di 
cui 
all�art. 
15, 
l. 
241/1990, 
in 
forza 
del 
quale 
gli 
enti 
pubblici 
possono �sempre� 
utilizzare 
lo strumento convenzionale 
per 
concludere 
tra loro accordi 
organizzativi 
volti 
a disciplinare 
lo svolgimento 
in 
collaborazione 
di 
attivit� 
di 
interesse 
comune. 
Una 
cooperazione 
del 
genere 
tra 
autorit� 
pubbliche 
non 
pu� 
interferire 
con 
l�obiettivo 
principale 
delle 
norme 
comunitarie 
in materia di 
appalti 
pubblici, vale 
a dire 
la libera circolazione 
dei 
servizi 
e 
l�apertura alla concorrenza non falsata in tutti 
gli 
Stati 
membri, poich� 
l�attuazione 
di 
tale 
cooperazione 
� 
retta unicamente 
da considerazioni 
e 
prescrizioni 
connesse 
al 
perseguimento di 
obiettivi 
d�interesse 
pubblico e 
poich� 
viene 
salvaguardato il 
principio della parit� di 
trattamento 
degli 
interessati 
di 
cui 
alla direttiva 92/50, cosicch� 
nessun impresa privata 
viene posta in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti�. 

Anche 
la 
dottrina 
ricomprende 
gli 
e.p.e 
tra 
le 
�Amministrazioni 
pubbliche�. 
In particolare, si 
legge 
che 
�il 
nostro sistema non � 
improntato a una visione 
centralistica 
che 
contempla 
un 
solo 
ente 
pubblico, 
ma 
� 
basato 
sull�approccio 
pluralistico 
che 
affianca 
allo 
Stato 
una 
molteplicit� 
di 
enti 
pubblici 
volti 
al 
perseguimento del 
pubblico interesse 
[�]. [�] occorre 
richia



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


mare 
le 
diverse 
classificazioni 
tracciate 
dalla 
dottrina 
[in 
relazione 
alle 
figure 
degli 
enti 
Pubblici]: 
� 
g) 
enti 
autarchici 
ed 
enti 
pubblici 
economici. 
[�] 
Spiccano in questo nuovo quadro, in modo particolare, lo Stato, gli 
enti 
territoriali 
e 
altri 
soggetti 
attraverso 
i 
quali 
si 
realizzano 
finalit� 
di 
interesse 
pubblico, come 
gli 
enti 
pubblici 
economici� 
(F. CARINGELLA, Manuale 
di 
diritto 
amministrativo). 


In conclusione, sembra 
possibile 
affermare 
che 
gli 
Enti 
Pubblici 
Economici 
rientrano nel 
concetto di 
�Amministrazioni 
pubbliche�, di 
cui 
all�art. 15, 
comma 1, della L. 241/90. 


b) 
Le attivit� di interesse comune svolte con l�ENIT. 


Appurato 
che 
nel 
concetto 
di 
�Amministrazioni 
pubbliche�, 
di 
cui 
all�art. 
15 
della 
L. 
241/90, 
possono 
essere 
ricompresi 
anche 
gli 
e.p.e, 
la 
norma 
dispone 
che 
�le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono 
sempre 
concludere 
tra 
loro 
accordi 
per 
disciplinare 
lo 
svolgimento 
in 
collaborazione 
di 
attivit� 
di 
interesse 
comune�. 

Sul 
punto, 
la 
Scrivente 
concorda 
con 
quanto 
esposto 
da 
codesta 
Direzione 
Generale: 
tenendo in considerazione 
la 
previsione 
contenuta 
nell�art. 16 del 


D.L. 
83/14, 
che 
fa 
riferimento 
alle 
�forme 
di 
collaborazione� 
sui 
mercati 
esteri 
tra 
l�ENIT 
e 
gli 
Uffici 
all�estero, 
nonch� 
la 
disciplina 
espressa 
nello 
statuto 
dell�ENIT, 
sembra 
possibile 
affermare 
la 
sussistenza 
di 
attivit� 
di 
interesse 
comune 
fra 
ENIT 
e 
gli 
Uffici 
all�estero, tali 
da 
soddisfare 
il 
requisito posto dal-
l�art. 15, comma 1, L. 241/90. 
Esemplificando, 
tra 
le 
�attivit� 
di 
interesse 
comune� 
svolte 
con 
l�ENIT 
� 
possibile 
ricordare: 
�i 
compiti 
pubblicistici, 
finalizzati 
all�internazionalizzazione 
e 
alla 
promozione 
del 
Sistema 
Paese, 
quali: 
l�individuazione, 
l�organizzazione, 
la 
promozione 
e 
la 
commercializzazione 
dei 
servizi 
turistici, 
culturali 
e 
dei 
prodotti 
enogastronomici, 
tipici 
e 
artigianali 
in 
italia 
e 
all�estero; 
la 
cura 
dell�immagine 
turistica 
unitaria 
italiana, 
delle 
varie 
tipologie 
dell�offerta 
turistica 
nazionale 
e 
la 
promozione 
integrata 
delle 
risorse 
turistiche 
delle 
regioni, 
delle 
Province 
autonome 
e 
degli 
enti 
locali; 
la 
realizzazione 
di 
strategie 
promozionali 
a 
livello 
nazionale 
e 
internazionale 
e 
di 
informazione 
all�estero 
e 
di 
sostegno 
alle 
imprese 
per 
la 
commercializzazione 
dei 
prodotti 
turistici 
italiani, 
in 
collegamento 
con 
la 
produzione 
di 
qualit� 
degli 
altri 
settori 
economici 
e 
produttivi; 
la 
promozione 
del 
�marchio 
italia� 
nel 
settore 
turistico�. 


(...). 


In conclusione, sembra 
alla 
Scrivente 
che 
anche 
le 
indicazioni 
previste 
nella seconda parte dell�art. 15, comma 1, della L. 241/90 siano soddisfatte. 

c) 
Le condizioni dell�Accordo da stipulare con l�ENIT 


Alla 
luce 
di 
quanto affermato nei 
punti 
a) e 
b), a 
parere 
della 
Scrivente, 
codesta 
Direzione 
Generale 
pu� legittimamente 
stipulare 
accordi 
con l�ENIT 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


ex 
art. 15 della 
L. 241/90. tuttavia, nella redazione 
dell�accordo, l�amministrazione 
dovr� osservare le condizioni di seguito esplicitate. 


Dall�analisi 
della 
giurisprudenza 
comunitaria 
e 
nazionale 
emerge 
che 
gli 
accordi 
fra 
Amministrazioni 
pubbliche 
-per essere 
legittimi 
-devono avere 
ad 
oggetto 
una 
collaborazione 
tra 
le 
stesse 
finalizzata 
a 
garantire 
l�adempimento 
di una funzione di servizio pubblico di interesse comune. 

In dettaglio, la 
Corte 
di 
Giustizia 
UE 
ha 
fornito una 
serie 
di 
indicazioni 
che 
risultano fondamentali 
per capire 
a 
quali 
condizioni 
gli 
accordi 
fra 
Amministrazioni 
pubbliche 
possano 
considerarsi 
legittimi 
e, 
quando, 
al 
contrario, 
siano da ritenersi conclusi in violazione delle norme di legge. 


In particolare, la 
Corte 
di 
Giustizia 
UE 
con la 
sentenza 
del 
19 dicembre 
2012, causa C-159/11, ha enucleato le seguenti condizioni: 


1) 
l�accordo deve 
essere 
indirizzato ad 
una cooperazione 
tra gli 
enti 
Pubblici 
interessati, 
avente 
alla 
base 
unicamente 
esigenze 
connesse 
al 
perseguimento 
di obiettivi di interesse pubblico; 


2) 
la 
funzione 
di 
servizio 
pubblico, 
cui 
la 
collaborazione 
� 
indirizzata, 
deve 
essere 
comune 
ad 
entrambi 
gli 
enti, nel 
senso indicato dalla giurisprudenza 
(cfr. infra, Consiglio di stato n. 3849/2013); 


3) 
l�accordo 
deve 
essere 
stipulato 
unicamente 
tra 
enti 
Pubblici, 
senza 
la partecipazione 
di 
soggetti 
privati; nessun 
soggetto privato - in 
virt� 
di 
tale 
accordo - deve 
essere 
posto in 
posizione 
privilegiata rispetto ai 
suoi 
concorrenti. 

Dall�analisi 
complessiva 
della 
giurisprudenza 
comunitaria 
� 
poi 
possibile 
estrapolare 
ulteriori 
indicazioni, 
che 
si 
aggiungono 
a 
quelle 
appena 
richiamate: 


4) 
alla base 
dell�accordo deve 
esserci 
una reale 
divisione 
di 
compiti 
e 
responsabilit�; 


5) 
in 
relazione 
all�onerosit�, 
� 
stato 
statuito 
che 
alla 
base 
dell�accordo 
non 
deve 
esserci 
pagamento di 
un 
corrispettivo comprensivo di 
un 
margine 
di 
guadagno: 
l�unico 
scambio 
finanziario 
ammesso 
tra 
i 
partecipanti 
pu� 
essere 
un 
mero 
ristoro 
dei 
costi 
sostenuti, 
nella 
forma 
del 
c.d. 
rimborso 
spese. 


Anche la giurisprudenza nazionale � conforme a quella comunitaria. 

Il 
Consiglio di 
Stato, (Sez. V, n. 3849 del 
15 luglio 2013) ha 
affermato 
che 
�[�] 
il 
requisito 
dell�interesse 
pubblico 
�comune� 
non 
pu� 
essere 
inteso 
in termini 
di 
identit� ontologica, incentrato cio� 
sul 
settore 
materiale 
di 
intervento 
delle 
amministrazioni 
stipulanti. 
la 
considerazione 
sembra 
a 
ben 
guardare 
ovvia, 
perch� 
ad 
opinare 
in 
questo 
senso 
si 
finirebbe 
per 
limitare 
ingiustificatamente 
le 
forme 
di 
cooperazione 
tra enti 
pubblici, circoscrivendole 
a 
quelle 
concluse 
tra 
soggetti 
appartenenti 
alla 
medesima 
branca 
amministrativa. 
[�] 
il 
predicato in questione 
[pu�] 
essere 
soddisfatto allorch� 
vi 
sia 
una �sinergica convergenza� 
su attivit� di 
interesse 
comune, pur 
nella diversit� 
del fine pubblico perseguito da ciascuna amministrazione�. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


Ci� 
premesso, 
ritiene 
la 
Scrivente 
che 
codesta 
Amministrazione 
possa 
siglare 
�intese� 
con l�ENIT, ex 
art. 15 della 
L. 241/90, al 
fine 
di 
regolare 
i 
generali 
rapporti 
di 
collaborazione 
disciplinati 
da 
tale 
norma, 
e 
quindi 
concedere 
ad 
ENIT 
spazi 
presso 
gli 
immobili 
del 
proprio 
patrimonio 
indisponibile, 
a 
patto che 
l�accordo stipulato sia pienamente 
rispettoso delle 
indicazioni 
riportate 
ai 
numeri 
1), 2), 3), 4) e 
5), e 
l�utilizzo degli 
spazi 
in questione 
sia 
quindi 
funzionale 
al 
perseguimento di 
obiettivi 
comuni 
nel 
senso sopra 
precisato. 


Di 
conseguenza, 
codesta 
Direzione 
Generale 
potr� 
siglare 
con 
l�ENIT 
intese 
volte 
a 
riconoscere 
a 
quest�ultimo la 
concessione 
degli 
spazi 
solo al 
ricorrere 
delle 
riferite 
condizioni, 
mancando 
le 
quali 
l�eventuale 
accordo 
concluso sarebbe 
illegittimo, nella 
misura 
in cui 
concederebbe 
ad ENIT 
una 
preferenza 
rispetto 
agli 
altri 
operatori. 
ENIT 
infatti 
verrebbe 
dispensato 
dal 
partecipare 
alle 
procedure 
selettive 
ogni 
qual 
volta 
si 
profili 
una 
possibile 
collaborazione, 
e 
il 
relativo 
accordo 
sarebbe 
tale 
da 
dissimulare 
l�affidamento 
diretto 
di 
una 
concessione 
(o 
di 
una 
locazione), 
in 
violazione 
del 
principio 
di 
contabilit� 
di 
stato che 
impone, da 
un lato, il 
ricorso a 
procedure 
competitive 
per la 
concessione 
in uso di 
beni 
pubblici, quali 
sono i 
beni 
del 
patrimonio indisponibile, 
e, dall�altro, la 
tendenziale 
onerosit� 
della 
stessa, salvo che 
non 
esista 
una 
norma 
di 
legge 
che 
consenta 
un 
affidamento 
del 
bene 
a 
terzi 
a 
titolo 
gratuito ovvero a canone agevolato. 


Inoltre, 
si 
osserva 
che 
codesta 
Amministrazione 
dovr� 
predisporre 
un 
testo di 
Accordo che, oltre 
ad essere 
aderente 
alle 
indicazioni 
fornite 
nel 
presente 
parere, contenga 
clausole 
e 
principi 
validi 
in via 
generale 
e 
astratta 
per 
tutte 
le 
sedi 
diplomatiche, da 
utilizzare 
ogniqualvolta 
ricorrano le 
condizioni 
per 
concedere 
ad 
ENIT 
spazi 
presso 
gli 
immobili 
del 
patrimonio 
indisponibile 
in uso agli 
Uffici 
all�estero. Sar� 
poi 
cura 
di 
ogni 
singola 
sede 
adattare 
il 
contenuto 
dell�accordo alle proprie esigenze e al caso concreto. 

Infine, 
come 
affermato 
da 
codesta 
Direzione 
Generale, 
i 
futuri 
accordi 
dovranno essere 
motivati 
e 
soggetti 
ai 
controlli 
ordinari, in ragione 
delle 
materie 
trattate (Corte dei Conti, Ufficio Centrale di Bilancio etc.). 

La 
questione 
� 
stata 
sottoposta 
all'esame 
del 
Comitato 
Consultivo 
del-
l�Avvocatura 
dello Stato di 
cui 
all�art. 26 della 
legge 
3 aprile 
979 n. 103, che 
si � espresso in conformit� nella seduta del 3 luglio 2018. 


PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


accordi e convenzioni stipulati tra iCe e reti di distribuzione 
(Gdo) in Paesi esteri, la normativa di riferimento 


Parere 
del 
01/08/2018-416103, al 15952/2018, avv. GiaCoMo 
aiello 


Con la 
nota 
del 
11 aprile 
2018 � 
stato richiesto l�avviso della 
Scrivente 
in 
merito 
all�applicazione 
dell�art. 
63, 
comma 
2 
lett. 
b) 
punto 
2 
del 
D.Lgs. 
50/2016, agli 
accordi 
stipulati 
da 
codesta 
Agenzia 
con le 
reti 
di 
distribuzione 
(GDO) di 
Paesi 
esteri, in ossequio a 
quanto prescritto dall�art. 30, comma 
2 
lett. d) 
della L. 164/2014. 


Codesta 
Agenzia 
con la 
nota 
che 
si 
riscontra, in esito alla 
richiesta 
istruttoria 
avanzata 
dalla 
Scrivente, ha 
trasmesso copia 
degli 
accordi 
gi� 
stipulati 
al 
fine 
di 
promuovere 
la 
penetrazione 
dei 
mercati 
internazionali 
da 
parte 
delle 
PMI italiane. 


Dall�esame 
della 
documentazione 
pervenuta 
risulta 
che 
le 
convenzioni 
gi� 
perfezionate 
sono essenzialmente 
finalizzate 
a 
definire 
una 
cornice 
regolatoria 
che 
ha 
lo 
scopo 
di 
promuovere 
una 
forma 
di 
collaborazione 
definita 
�strategic 
partnership� 
con i 
primari 
operatori 
della 
grande 
distribuzione 
internazionali. 


Questi 
si 
impegnano non solo a 
incentivare 
la 
vendita 
di 
prodotti 
italiani, 
spesso 
anche 
in 
spazi 
dei 
centri 
commerciali 
appositamente 
dedicati, 
ma 
anche 
a 
promuovere 
adeguate 
campagne 
pubblicitarie 
per sensibilizzare 
il 
mercato 
di riferimento circa le loro qualit�. 


Le 
forme 
attraverso le 
quali 
si 
esplica 
la 
collaborazione 
con le 
reti 
di 
distribuzione 
(GDO) presenti 
in paesi 
esteri 
sono le 
pi� varie 
perch� 
possono 
anche 
consistere 
nel 
coinvolgimento 
in 
eventi 
di 
promozione 
del 
Made 
in 
italy 
che 
si 
svolgono 
sul 
territorio 
nazionale 
per 
stimolare 
la 
conoscenza 
dei 
prodotti 
e 
per 
aprire 
un 
canale 
di 
comunicazione 
diretto 
degli 
acquirenti 
con 
i 
produttori 
che, altrimenti, per le 
proprie 
dimensioni 
economiche 
ed organizzative, non 
potrebbero accedere a mercati altamente selettivi e complessi. 


Codesta 
Agenzia, attraverso la 
propria 
rete 
internazionale, � 
in grado di 
individuare 
le 
migliori 
opportunit� 
per 
l�esportazione 
dei 
prodotti 
italiani 
e 
procede 
pertanto 
all�individuazione 
delle 
GDO, 
con 
cui 
definire 
accordi 
di 
collaborazione, 
in 
base 
ad 
una 
serie 
di 
fattori 
tra 
cui 
rientra 
sia 
l�elemento 
della 
copertura 
geografica, 
sia 
l�affidabilit� 
dell�interlocutore 
e 
la 
coerenza 
delle 
linee 
di 
prodotti 
da 
questo 
tipicamente 
commercializzati 
con 
quelli 
italiani 
che 
si intende promuovere. 


I contratti 
esaminati, che 
realizzano alcune 
delle 
finalit� 
individuate 
dal-
l�art. 
30, 
comma 
2 
D.L. 
133/2014, 
convertito 
con 
modificazioni 
dalla 
l. 
n. 
164/2012 
(in 
particolare 
quelle 
di 
cui 
alle 
lett. 
d) 
ed 
f)), 
prevedono 
anche 
l�erogazione 
di 
un 
contributo 
a 
favore 
della 
rete 
di 
distribuzione 
che 
serve 
a 
coprire, 
in misura 
talvolta 
estremamente 
ridotta, i 
costi 
delle 
campagne 
pubblicitarie 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


o 
di 
promozione 
dei 
prodotti 
italiani 
che 
saranno 
in 
seguito 
avviate, 
con 
il 
consenso 
previo di 
codesta 
Agenzia, per il 
lancio dei 
beni 
che 
si 
intende 
commercializzare. 
Spetta 
in 
ogni 
caso 
alla 
rete 
di 
distribuzione 
scegliere 
in 
maniera 
del 
tutto 
autonoma 
sia 
le 
modalit� 
della 
campagna 
di 
promozione, sia 
il 
compito di 
selezionare 
i 
prodotti 
italiani 
che 
si 
intende 
commercializzare 
nel 
quadro 
di 
un�offerta 
di 
varie 
tipologie 
merceologiche 
che 
viene 
predisposta 
a 
seguito di 
apposita selezione interna da parte dell�ICE. 


Il 
beneficiario diretto della 
contribuzione 
corrisposta 
dall�ICE 
� 
la 
GDO 
anche 
se 
i 
benefici 
si 
ripercuotono in maniera 
indiretta, ma 
economicamente 
assai 
pi� rilevante, sui 
produttori 
italiani 
ammessi 
ai 
canali 
distributivi 
internazionali, 
che ne divengono i reali destinatari. 


La 
determinazione 
dell�oggetto 
della 
prestazione 
dedotta 
negli 
accordi 
sottoposti 
all�esame 
della 
Scrivente, 
dipende 
di 
volta 
in 
volta 
dalla 
valutazione 
di 
una 
serie 
di 
fattori 
tutti 
correlati 
alle 
peculiarit� 
del 
singolo mercato considerato 
rilevante per il 
Made in italy. 


Detta 
ponderazione 
discende 
dall�analisi 
delle 
caratteristiche 
proprie 
di 
ciascun 
contesto 
commerciale 
rispetto 
al 
quale 
la 
scelta 
della 
controparte 
consiste 
nel 
riconoscimento dell�unicit� 
di 
un determinato tipo di 
offerta 
in relazione 
al contesto geografico, economico e sociale che si intende penetrare. 


Sono 
dunque 
modalit� 
di 
scelta 
che 
possono 
sfuggire, 
tenuto 
conto 
di 
volta 
in 
volta 
delle 
risultanze 
dell�analisi 
di 
mercato 
effettuata 
da 
codesta 
Agenzia 
e 
della 
situazione 
giuridica 
ed 
economica 
del 
Paese 
presso 
il 
quale 
si 
intende 
intervenire, 
alla 
predeterminazione 
dei 
criteri 
di 
massima 
valevoli 
per 
una 
pluralit� 
di 
concorrenti 
perch�, 
per 
le 
loro 
caratteristiche 
intrinseche, 
i 
medesimi 
presentano 
profili 
di 
unicit� 
rispetto 
agli 
obbiettivi 
che 
si 
intende 
realizzare. 


Le 
convenzioni 
trasmesse 
da 
codesta 
Agenzia 
rientrano 
anzitutto 
nella 
categoria 
dei 
contratti 
di 
diritto internazionale 
e 
sono assoggettati 
alla 
disciplina 
giuridica del Paese a cui appartiene la GDO. 


Le 
medesime 
presentano 
caratteristiche 
affatto 
peculiari 
che, 
per 
certi 
versi, sono proprie 
dell�appalto di 
servizi 
di 
cui 
all�art. 1655 c.c., sebbene 
il 
carattere 
sinallagmatico rilevi 
solo parzialmente, atteso che 
la 
contribuzione 
corrisposta 
dall�ICE 
copre 
solo 
in 
minima 
parte 
il 
costo 
complessivo 
della 
campagna di promozione pubblicitaria. 


Non 
possono 
nemmeno 
considerarsi 
stricto 
iure 
contratti 
in 
favore 
del 
terzo ex 1411 c.c. perch�, nel 
caso di 
specie, il 
diritto del 
terzo non trova 
il 
suo esclusivo fondamento nel 
contratto, occorrendo un apposito negozio tra 
il 
produttore e la rete di distribuzione. 


Non si 
tratta 
neanche 
di 
contratti 
di 
sponsorizzazione 
perch� 
l�ICE 
non 
acconsente all�uso di marchi propri. 
Le 
convenzioni 
in esame 
non rientrano nemmeno pienamente 
nella 
categoria 
dei 
contratti 
di 
diffusione 
pubblicitaria, perch� 
la 
GDO 
si 
assume, oltre 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


al 
compito della 
promozione 
del 
prodotto italiano, anche 
quello ben pi� rilevante 
della sua vendita. 


I 
contratti 
in 
questione 
non 
sembrano 
infine 
appartenere 
alla 
categoria 
del 
contratto 
di 
partenariato 
pubblico 
privato 
come 
definito 
dall�art. 
1, 
comma 
3 lett. ee), come � stato correttamente rilevato da codesta 
Agenzia. 


Codesta 
Agenzia 
rappresenta 
di 
avere 
operato in analogia 
al 
combinato 
disposto degli 
art. 57 comma 
2 lett. b) D.lgs. 163/2006 e 
63, punto 2 lett. b) 
sub 
2 del 
nuovo codice 
dei 
contratti 
pubblici, di 
cui 
al 
D.Lgs. n. 50/2016, ritenendo 
che 
la 
selezione 
del 
contraente 
per le 
fattispecie 
esaminate 
e 
quindi 
della 
rete 
di 
distribuzione 
commerciale 
nello stato straniero, possa 
essere 
effettuata 
con 
la 
procedura 
negoziata, 
senza 
previa 
pubblicazione 
del 
bando, 
per 
l�affidamento di 
un servizio ad un fornitore 
che 
presenta 
carattere 
di 
unicit� 
tecnica. 


Rispetto 
al 
parametro 
normativo 
da 
ultimo 
indicato 
ed 
allo 
stato 
degli 
atti, se 
� 
possibile 
ritenere 
che 
nelle 
fattispecie 
scrutinate 
non esistano �soluzioni 
alternative 
ragionevoli� 
potrebbero 
emergere 
perplessit� 
in 
relazione 
all��assenza di 
concorrenza� 
che 
� 
l�altro presupposto cui 
viene 
fatto riferimento 
nel secondo periodo della lett. b) del comma 2 dell�art. 63 richiamato. 


Da 
quanto 
precede 
consegue 
l�indubbia 
natura 
atipica 
dei 
contratti 
in 
esame, ed il 
fatto che 
le 
convenzioni 
con i 
GDO 
possono considerarsi 
ricomprese 
nell�attivit� di diritto privato della P.A. 


Come 
� 
noto, 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
possono 
stipulare 
negozi 
iure 
privatorum, 
in 
quanto 
� 
riconosciuta 
la 
loro 
capacit� 
di 
diritto 
privato 
(Cfr. 
CdS 
parere 
6 
dicembre 
2000; 
Ad. 
Plen 
6/2002). 
Detta 
attivit� 
risponde 
tuttavia 
ad un principio di 
funzionalizzazione 
non potendosi 
prescindere 
dallo scopo 
di 
realizzare 
fini 
di 
pubblico interesse 
assegnati 
all�Amministrazione 
procedente. 
Questa 
pu� utilizzare 
quasi 
tutti 
i 
modelli 
di 
contratto previsti 
e 
disciplinati 
dal 
Codice 
civile, 
seppure 
la 
formazione 
e 
la 
efficacia 
del 
contratto 
stesso siano vincolate al rispetto di particolari procedimenti. 


I contratti 
di 
diritto privato stipulati 
dalla 
pubblica 
amministrazione 
sono 
pertanto riconducibili alla nozione degli artt. 1321 e 1322 c.c. 

Pur 
essendo 
l'amministrazione 
una 
parte 
giuridicamente 
equiparata 
ad 
un 
qualsiasi 
soggetto privato contraente, essa 
non pu� tuttavia 
prescindere 
dalle 
proprie 
caratteristiche 
intrinseche, 
quali 
la 
personalit� 
giuridica 
e 
l'interesse 
pubblico perseguito attraverso l'attivit� contrattuale. 

Queste 
circostanze 
si 
riflettono in particolare 
sul 
procedimento di 
formazione 
della 
volont� 
contrattuale 
dell'amministrazione 
attraverso 
l�adozione 
della 
delibera 
a 
contrarre, l'approvazione 
o il 
diniego o la 
revoca 
dell'approvazione, 
la 
registrazione 
e 
il 
visto, 
ovvero 
il 
diniego 
degli 
stessi, 
atti 
che 
hanno 
pacificamente natura provvedimentale, 


Con 
riferimento 
alla 
scelta 
del 
contraente, 
permane 
in 
ogni 
caso 
la 
necessit� 
che vengano offerte le pi� ampie garanzie di trasparenza e concorrenza. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


La 
normativa 
di 
riferimento 
per 
tutti 
i 
contratti 
di 
diritto 
privato 
della 
pubblica 
amministrazione 
� 
rappresentata 
dalle 
norme 
contenute 
nel 
Codice 
civile, 
dalla 
legge 
sulla 
contabilit� 
generale 
dello 
Stato 
(r.d. 
18 
novembre 
1923 
n. 
2440) e 
dal 
relativo regolamento di 
esecuzione 
(r.d. 23 maggio 1924 n. 827), 
nonch� 
dalla 
normativa 
in 
materia 
di 
procedimento 
amministrativo 
e 
di 
diritto 
di accesso ai documenti amministrativi (l. 7 agosto 1990 n. 241). 


Rispetto alle 
fattispecie 
esaminate 
si 
ritiene 
altres� 
necessario fare 
riferimento 
all�art. 
4 
primo 
comma 
D.lgs. 
50/2016 
a 
mente 
del 
quale: 
�l'affidamento 
dei 
contratti 
pubblici 
aventi 
ad oggetto lavori, servizi 
e 
forniture, dei 
contratti 
attivi, esclusi, in tutto o in parte, dall'ambito di 
applicazione 
oggettiva 
del 
presente 
codice, avviene 
nel 
rispetto dei 
principi 
di 
economicit�, efficacia, 
imparzialit�, 
parit� 
di 
trattamento, 
trasparenza, 
proporzionalit�, 
pubblicit�, tutela dell'ambiente ed efficienza energetica�. 


Ad avviso della 
Scrivente, nella 
negoziazione 
che 
determina 
la 
stipulazione 
delle 
convenzioni 
oggetto d�esame, codesta 
Agenzia 
dovr� 
quindi 
certamente 
attenersi 
alle 
regole 
fin qui 
richiamate, diretta 
attuazione 
dei 
principi 
contenuti 
nell�art. 97 Cost., allo scopo di 
assicurare 
il 
raggiungimento degli 
obbiettivi 
definiti 
dal 
D.L. 133/2014, indicando con un�espressa 
ed articolata 
motivazione 
le 
ragioni 
che 
di 
volta 
in volta 
suggeriscono la 
scelta 
di 
una 
determinata 
GDO 
al 
fine 
del 
migliore 
conseguimento 
della 
promozione 
del 
Made 
in italy. 


Si resta a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti. 
*** 


Involgendo 
questioni 
di 
massima, 
il 
presente 
parere 
� 
stato 
sottoposto 
all�esame 
del 
Comitato 
consultivo, 
ai 
sensi 
dell�art. 
26 
della 
legge 
3 
aprile 
1979, n. 103, che si � espresso in conformit� nella seduta del 19 luglio 2018. 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


sulla esclusione delle imprese da gare pubbliche per 
pregresse condotte che integrano illeciti anticoncorrenziali 


al 27806/2018, avv. SerGio 
FiorenTino 
i) Parere 
del 
06/08/2018-424435 

Con la 
nota 
indicata 
a 
margine, codesto Ufficio - richiestone 
da 
Consip 


S.p.A. - ha 
posto alla 
scrivente 
alcuni 
quesiti 
relativi 
alla 
rilevanza, quale 
motivo 
di 
esclusione 
dalla 
partecipazione 
alle 
procedure 
di 
gara 
per 
l�affidamento 
di 
contratti 
pubblici, di 
pregresse 
condotte 
delle 
imprese 
che 
integrano illeciti 
anticoncorrenziali. 
Si 
chiede 
in primo luogo di 
conoscere 
- alla 
luce 
del 
pertinente 
quadro 
normativo e 
delle 
Linee 
guida 
pubblicate 
dall�ANAC - se, al 
fine 
anzidetto, la 
stazione 
appaltante 
debba 
valutare 
esclusivamente 
le 
condotte 
accertate 
con 
provvedimento 
dell�Autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato 
divenuto 
inoppugnabile 
o 
confermato, 
quanto 
meno 
nella 
direzione 
di 
accertamento 
del-
l�illecito, con sentenza 
passata 
in giudicato, ovvero se 
possano avere 
rilievo 
anche 
illeciti 
che 
non siano divenuti 
gi� 
incontestabili 
da 
parte 
delle 
imprese 
interessate (�primo quesito�). 


In 
secondo 
luogo 
-e 
in 
relazione 
a 
una 
limitazione, 
in 
tal 
senso, 
contenuta 
nelle 
vigenti 
Linee 
guida 
dell�ANAC - si 
chiede 
di 
conoscere, anche 
con specifico 
riferimento 
a 
un 
recente 
cartello 
anticoncorrenziale 
accertato 
dal-
l�AGCM, 
se, 
ai 
fini 
suddetti, 
debba 
esserci 
integrale 
coincidenza 
tra 
il 
mercato 
rilevante 
nel 
cui 
contesto si 
� 
realizzato l�illecito antitrust 
e 
mercato oggetto 
del contratto da affidare (�secondo quesito�) 

** 


I. 
il quadro normativo e regolamentare. 
La 
direttiva 
2014/24/UE, 
del 
26 
febbraio 
2014, 
sugli 
appalti 
pubblici, 
all�art. 
57, 
rubricato 
�Motivi 
di 
esclusione�, 
par. 
4, 
dispone 
quanto 
segue: 


�Le 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
possono escludere, oppure 
gli 
Stati 
membri 
possono 
chiedere 
alle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
di 
escludere 
dalla 
partecipazione 
alla 
procedura 
d�appalto 
un 
operatore 
economico 
in 
una 
delle seguenti situazioni: 


a) - b) (�) 


c) 
se 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
pu� 
dimostrare 
con 
mezzi 
adeguati 
che 
l�operatore 
economico si 
� 
reso colpevole 
di 
gravi 
illeciti 
professionali, il 
che rende dubbia la sua integrit�; 


d) se 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
dispone 
di 
indicazioni 
sufficientemente 
plausibili 
per 
concludere 
che 
l�operatore 
economico ha sottoscritto 
accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza; 


e) - i) (�)� (1). 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


Nell�interpretazione 
di 
tale 
disposizione 
� 
opportuno 
tener 
conto 
del 
�considerando� 
n. 101, che ha il seguente tenore: 


�le 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
dovrebbero 
continuare 
ad 
avere 
la 
possibilit� 
di 
escludere 
operatori 
economici 
che 
si 
sono 
dimostrati 
inaffidabili, 
per 
esempio a causa di 
violazioni 
di 
obblighi 
ambientali 
o sociali, comprese 
le 
norme 
in materia di 
accessibilit� per 
le 
persone 
con disabilit�, o di 
altre 
forme 
di 
grave 
violazione 
dei 
doveri 
professionali, 
come 
le 
violazioni 
di 
norme 
in materia di 
concorrenza o di 
diritti 
di 
propriet� intellettuale. � 
opportuno 
chiarire 
che 
una grave 
violazione 
dei 
doveri 
professionali 
pu� mettere 
in discussione 
l�integrit� 
di 
un 
operatore 
economico 
e 
dunque 
rendere 
quest�ultimo 
inidoneo ad ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un appalto pubblico 
indipendentemente 
dal 
fatto che 
abbia per 
il 
resto la capacit� tecnica ed economica per 
l�esecuzione dell�appalto. 


Tenendo 
presente 
che 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
sar� 
responsabile 
per 
le 
conseguenze 
di 
una 
sua 
eventuale 
decisione 
erronea, 
le 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
dovrebbero 
anche 
mantenere 
la 
facolt� 
di 
ritenere 
che 
vi 
sia 
stata grave 
violazione 
dei 
doveri 
professionali 
qualora, prima che 
sia stata 
presa una decisione 
definitiva e 
vincolante 
sulla presenza di 
motivi 
di 
esclusione 
obbligatori, possano dimostrare 
con qualsiasi 
mezzo idoneo che 
l�operatore 
economico 
ha 
violato 
i 
suoi 
obblighi, 
inclusi 
quelli 
relativi 
al 
pagamento di 
imposte 
o contributi 
previdenziali, salvo disposizioni 
contrarie 
del 
diritto nazionale. dovrebbero anche 
poter 
escludere 
candidati 
o offerenti 
che 
in occasione 
dell�esecuzione 
di 
precedenti 
appalti 
pubblici 
hanno messo 
in evidenza notevoli 
mancanze 
per 
quanto riguarda obblighi 
sostanziali, per 
esempio mancata fornitura o esecuzione, carenze 
significative 
del 
prodotto o 
servizio fornito che 
lo rendono inutilizzabile 
per 
lo scopo previsto o comportamenti 
scorretti 
che 
danno adito a seri 
dubbi 
sull�affidabilit� dell�operatore 
economico. il 
diritto nazionale 
dovrebbe 
prevedere 
una durata massima per 
tali esclusioni. 


nell�applicare 
motivi 
di 
esclusione 
facoltativi, 
le 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
dovrebbero 
prestare 
particolare 
attenzione 
al 
principio 
di 
proporzionalit�. 
lievi 
irregolarit� 
dovrebbero 
comportare 
l�esclusione 
di 
un 
operatore 
economico 
solo 
in 
circostanze 
eccezionali. 
Tuttavia, 
casi 
ripetuti 
di 
lievi 
irregolarit� possono far 
nascere 
dubbi 
sull�affidabilit� di 
un operatore 
economico che potrebbero giustificarne l�esclusione�. 

l�art. 80 del 
d.lgs 
18 aprile 
2016, n. 50 
(�Codice 
dei 
contratti�), intitolato 
�Motivi di esclusione�, al 
comma 5 
stabilisce quanto segue: 


�le 
stazioni 
appaltanti 
escludono 
dalla 
partecipazione 
alla 
procedura 


(1) Questi 
motivi 
di 
esclusione 
sono richiamati, dall�art. 80 della 
direttiva 
2014/25/UE, per gli 
appalti 
dei 
settori 
c.d. �speciali�. Analoghe 
cause 
di 
esclusione 
sono previste, in materia 
di 
concessioni, 
dall�art. 38, par. 7 della direttiva 2014/23/UE. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


d�appalto un operatore 
economico in una delle 
seguenti 
situazioni, anche 
riferita 
a un suo subappaltatore 
nei 
casi 
di 
cui 
all�articolo 105, comma 6, qualora: 


a) - b) (�) 


c) 
la 
stazione 
appaltante 
dimostri 
con 
mezzi 
adeguati 
che 
l�operatore 
economico 
si 
� 
reso 
colpevole 
di 
gravi 
illeciti 
professionali, 
tali 
da 
rendere 
dubbia la sua integrit� o affidabilit�. Tra questi 
rientrano: le 
significative 
carenze 
nell�esecuzione 
di 
un precedente 
contratto di 
appalto o di 
concessione 
che 
ne 
hanno 
causato 
la 
risoluzione 
anticipata, 
non 
contestata 
in 
giudizio, 
ovvero 
confermata 
all�esito 
di 
un 
giudizio, 
ovvero 
hanno 
dato 
luogo 
ad 
una 
condanna 
al 
risarcimento 
del 
danno 
o 
ad 
altre 
sanzioni; 
il 
tentativo 
di 
influenzare 
indebitamente 
il 
processo decisionale 
della stazione 
appaltante 
o di 
ottenere 
informazioni 
riservate 
ai 
fini 
di 
proprio vantaggio; il 
fornire, anche 
per 
negligenza, 
informazioni 
false 
o 
fuorvianti 
suscettibili 
di 
influenzare 
le 
decisioni 
sull�esclusione, la selezione 
o l�aggiudicazione 
ovvero l�omettere 
le 
informazioni 
dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione; 

d) - m) (�)�. 

Il 
successivo 
comma 
13 
del 
medesimo 
articolo 
80 
stabilisce, 
inoltre, 
che: 


�Con linee 
guida l�anaC, da adottarsi 
entro novanta giorni 
dalla data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
codice, 
pu� 
precisare, 
al 
fine 
di 
garantire 
omogeneit� di 
prassi 
da parte 
delle 
stazioni 
appaltanti, quali 
mezzi 
di 
prova 
considerare 
adeguati 
per 
la dimostrazione 
delle 
circostanze 
di 
esclusione 
di 
cui 
al 
comma 5, lettera c), ovvero quali 
carenze 
nell�esecuzione 
di 
un precedente 
contratto di 
appalto siano significative 
ai 
fini 
del 
medesimo comma 5, 
lettera c)�. 


In 
attuazione 
di 
tale 
comma, 
l�ANAC 
ha 
approvato, 
con 
delibera 
n. 
1293 
del 
16 novembre 
2016, le 
Linee 
guida n. 6, successivamente 
aggiornate 
con 
deliberazione n. 1008 dell�11 ottobre 2017. 


Riguardo 
alle 
cause 
di 
esclusione 
consistenti 
in 
gravi 
illeciti 
professionali, 
al 
punto 2.1. 
delle vigenti Linee guida si afferma quanto segue: 


�rilevano quali 
cause 
di 
esclusione 
ai 
sensi 
dell�art. 80, comma 5, lett. 
c) del 
codice 
gli 
illeciti 
professionali 
gravi 
accertati 
con provvedimento esecutivo, 
tali 
da 
rendere 
dubbia 
l�integrit� 
del 
concorrente, 
intesa 
come 
moralit� 
professionale, 
o 
la 
sua 
affidabilit�, 
intesa 
come 
reale 
capacit� 
tecnico 
professionale, 
nello 
svolgimento 
dell�attivit� 
oggetto 
di 
affidamento. 
al 
ricorrere 
dei 
presupposti 
di 
cui 
al 
periodo precedente, gli 
illeciti 
professionali 
gravi 
rilevano 
ai 
fini 
dell�esclusione 
dalle 
gare 
a prescindere 
dalla natura civile, penale 
o amministrativa dell�illecito�. 


Con particolare 
riferimento agli 
illeciti 
sanzionati 
dall�AGCM, il 
punto 


2.2.3.1 
delle medesime Linee guida recita: 
�al 
ricorrere 
dei 
presupposti 
di 
cui 
al 
punto 2.1, la stazione 
appaltante 
deve valutare, ai fini dell�eventuale esclusione 
del concorrente: 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


tipizzata 
ipotesi 
di 
grave 
illecito 
professionale 
(si 
veda, 
in 
tal 
senso, 
il 
�considerando� 
n. 
101 
nonch� 
Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea, 
sentenza 
18 
dicembre 
2014, 
causa 
C-470/13, 
Generali-Providencia 
biztos�t�, 
punti 
35 
e 
37). 


La 
direttiva 
consente, 
inoltre, 
agli 
Stati 
membri 
di 
imporre 
tale 
esclusione 
(�oppure 
gli 
Stati 
membri 
possono chiedere 
alle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
di 
escludere�), al 
ricorrere 
di 
una 
di 
delle 
situazioni 
che 
legittimerebbero 
l�esclusione facoltativa. 

Con l�art. 80, comma 
5, del 
Codice 
dei 
contratti 
il 
legislatore 
si 
� 
avvalso 
di 
tale 
possibilit�, 
stabilendo 
che 
le 
stazioni 
appaltanti 
�escludano� 
-e 
non 
che 
esse 
abbiano la 
mera 
facolt� 
di 
escludere 
- gli 
operatori 
economici 
allorquando 
emerga, 
sulla 
base 
di 
fonti 
di 
prova 
�adeguate�, 
che 
i 
medesimi 
si 
siano 
resi 
colpevoli 
di 
gravi 
illeciti 
professionali, tali 
da 
mettere 
in dubbio la 
loro 
integrit� 
e 
affidabilit�. 
L�obbligo 
�, 
del 
resto, 
ribadito 
al 
comma 
6: 
�le 
stazioni 
appaltanti 
escludono 
un 
operatore 
economico 
in 
qualunque 
momento 
della 
procedura, qualora risulti 
che 
l�operatore 
economico si 
trova, a causa di 
atti 
compiuti 
o omessi 
prima o nel 
corso della procedura, in una delle 
situazioni 
di cui ai commi 1, 2, 4 e 5�. 


Alle 
stazioni 
appaltanti 
residua, 
dunque, 
un 
margine 
di 
apprezzamento 
circa 
il 
rilievo quale 
�grave 
illecito� 
professionale 
del 
fatto escludente 
ipotizzato, 
circa 
l�adeguatezza 
della 
prova 
del 
fatto medesimo e 
circa 
la 
proporzionalit� 
della 
misura 
di 
esclusione, 
in 
relazione 
alla 
gravit� 
dell�illecito, 
non 
anche un margine di discrezionalit� sull�opportunit� di disporre l�esclusione. 


La 
norma 
nazionale 
enumera, a 
titolo esemplificativo, alcune 
ipotesi 
di 
grave 
illecito 
professionale, 
tra 
le 
quali 
non 
figurano 
espressamente 
gli 
illeciti 
anticoncorrenziali. 


In 
questo 
contesto 
intervengono 
le 
Linee 
guida 
n. 
6, 
non 
vincolanti, 
emanate 
dell�ANAC 
con 
la 
finalit� 
appunto 
di 
coadiuvare 
le 
stazioni 
appaltanti 
nell�attivit� 
di 
individuazione 
dei 
fatti 
escludenti 
e 
di 
uniformare 
le 
prassi 
sul 
territorio nazionale. 


In sintesi, per quanto qui interessa, nelle Linee guida: 


-si 
esclude 
che 
possa 
venire 
in 
rilievo, 
e 
dunque 
che 
la 
stazione 
appaltante 
possa 
ritenere 
adeguatamente 
provato, 
un 
illecito 
professionale 
che 
non 
sia 
stato quanto meno accertato con �provvedimento esecutivo� 
(cfr. punto 2.1 e 
punto 2.2.3.1.); 


(3) 
Il 
termine 
�sottoscritto� 
non 
deve 
evidentemente 
intendersi 
in 
senso 
letterale, 
essendo 
da 
escludere, 
nella 
generalit� 
dei 
casi, 
che 
accordi 
intesi 
a 
falsare 
la 
concorrenza 
siano 
formalmente 
�sottoscritti� 
dalle 
parti. La 
fattispecie 
va, dunque, riferita 
alla 
�conclusione� 
di 
simili 
accordi, come 
si 
evince, tra 
l�altro, 
dalla 
versione 
francese 
della 
disposizione 
(�le 
pouvoir 
adjudicateur 
dispose 
dՎl�ments 
suffisamment 
plausibles 
pour 
conclure 
que 
l�op�rateur 
�conomique 
a 
conclu 
des 
accords 
avec 
d�autres 
op�rateurs 
�conomiques 
en vue 
de 
fausser 
la concurrence�) e 
da 
quella 
inglese 
(�where 
the 
contracting 
authority 
has 
sufficiently 
plausible 
indications 
to conclude 
that 
the 
economic 
operator 
has 
entered 
into 
agreements with other economic operators aimed at distorting competition�). 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


-si 
chiarisce 
che 
costituiscono gravi 
illeciti 
professionali, che 
la 
stazione 
appaltante 
deve 
valutare, 
gli 
illeciti 
antitrust 
gravi, 
ivi 
incluse 
le 
pratiche 
commerciali 
scorrette 
(e 
non solo gli 
accordi 
contemplati 
dall�art. 57, par. 4, lett. 
d 
della 
direttiva), 
alla 
condizione, 
tuttavia, 
che 
questi 
abbiano 
o 
possano 
avere 
effetti 
sulla 
�contrattualistica 
pubblica� 
e 
siano stati 
posti 
in essere 
�nel 
medesimo 
mercato oggetto del contratto da affidare�(4); 
-non si 
richiede 
- a 
differenza 
della 
soluzione 
individuata 
in una 
prima 
versione 
delle 
Linee 
guida 
-che 
tali 
illeciti 
antitrust 
si 
debbano considerare 
definitivamente 
accertati, in ragione 
della 
inoppugnabilit� 
del 
provvedimento 
o della 
definitivit� 
della 
sentenza 
che 
ha 
confermato la 
valutazione 
di 
sussistenza 
dell�illecito, con la 
conseguenza 
che 
si 
potr� 
dare 
il 
caso di 
un�impresa 
esclusa 
dalla 
procedura 
di 
gara 
sulla 
base 
di 
un provvedimento dell�AGCM 
che sia successivamente annullato dal giudice. 
*** 


II. 
Sul primo quesito. 
Cos� 
brevemente 
ricostruito 
il 
quadro 
regolamentare, 
si 
pu� 
passare 
a 
esaminare 
il 
primo quesito, con il 
quale 
si 
chiede 
alla 
scrivente 
di 
valutare 
se 
sia 
praticabile 
un�ipotesi 
interpretativa 
secondo 
la 
quale 
-come 
si 
era 
ritenuto 
nella 
prima 
versione 
delle 
Linee 
guida 
n. 6 - possano venire 
in rilievo, ai 
fini 
dell�esclusione 
di 
un 
operatore 
economico, 
i 
soli 
illeciti 
antitrust 
gravi 
accertati 
con 
provvedimento 
dell�AGCM 
divenuto 
inoppugnabile 
o, 
comunque, 
confermati 
- quanto meno nella 
direzione 
di 
accertamento dell�illiceit� 
della 
condotta 
- con sentenza passata in giudicato. 


Ritiene 
la 
scrivente 
che 
una 
simile 
soluzione 
non sarebbe 
in linea 
con le 
fonti normative sopra richiamate. 


L�art. 80, comma 
5, del 
Codice 
dei 
contratti 
d� 
chiaramente 
rilievo, nel 
suo 
tenore 
letterale, 
a 
illeciti 
professionali 
gravi 
non 
ancora 
accertati 
con 
provvedimento 
definitivo o con sentenza 
passata 
in giudicato, rispetto ai 
quali 
la 
stazione 
appaltante 
dispone, tuttavia, di 
prove 
serie 
e 
�adeguate�. In tal 
senso 


(4) 
Nel 
vigore 
del 
D.lgs. 
n. 
163 
del 
2006, 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
aveva, 
invece, 
costantemente 
escluso 
che 
l�illecito 
anticoncorrenziale 
integrasse 
il 
�grave 
errore 
professionale� 
previsto 
dal-
l�art. 38, lett. f), d.lgs. n. 163 del 
2006. Ci�, in applicazione 
del 
principio di 
determinatezza 
delle 
cause 
di 
esclusione 
da 
procedure 
di 
affidamento di 
contratti 
pubblici 
e 
in considerazione 
del 
fatto che 
la 
disciplina 
di 
cui 
al 
previgente 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, come 
pure 
la 
legge 
n. 287 del 
1990, con riguardo 
alle 
sanzioni 
pecuniarie 
irrogate 
dall�AGCM, 
non 
prevedeva 
alcuna 
sanzione 
accessoria 
rilevante 
in 
termini 
di 
esclusione 
dalla 
gara: 
cfr. 
Consiglio 
di 
Stato, 
Sez. 
V, 
17 
aprile 
2017, 
n. 
3505 
e 
4 
dicembre 
2017, 
n. 5704, che 
ha 
anche 
affermato che 
l�art. 80, comma 
5, lett. c) del 
nuovo codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
nella 
misura 
in cui 
attribuisce 
rilievo all�illecito anticoncorrenziale, non risulta 
comunque 
estensibile 
in 
via 
retroattiva 
a 
procedure 
di 
affidamento 
ricadenti 
nell�alveo 
applicativo 
del 
previgente 
codice. 
Merita, 
al 
riguardo, 
segnalare 
tuttavia 
che, 
con 
ordinanza 
21 
giugno 
2018, 
n. 
7770, 
il 
T.A.R. 
Piemonte 
ha 
rimesso 
in Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea 
la 
questione 
di 
compatibilit� 
comunitaria 
di 
tale 
previgente 
regime, appunto nella 
parte 
escludeva 
�dalla sfera di 
operativit� del 
c.d. �errore 
grave� 
commesso da 
un 
operatore 
economico 
�nell�esercizio 
della 
propria 
attivit� 
professionale�, 
i 
comportamenti 
integranti 
violazione delle norme sulla concorrenza accertati e sanzionati dalla autorit� nazionale antitrust�. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


milita, tra 
le 
altre, la 
considerazione 
che 
il 
medesimo comma 
5 richiede, rispetto 
a 
diversa 
fattispecie 
(le 
�significative 
carenze 
nell�esecuzione 
di 
un 
precedente 
contratto 
di 
appalto 
o 
di 
concessione 
che 
ne 
hanno 
causato 
la 
risoluzione 
anticipata�), che 
tale 
situazione 
sia 
stata 
�non contestata in giudizio, 
ovvero confermata all�esito di 
un giudizio�. Inoltre, lo stesso art. 80, ai 
commi 
1 e 
4, relativi 
a 
ipotesi 
di 
esclusione 
obbligatorie, richiede 
espressamente 
la 
presenza 
di 
condanne 
�con sentenza definitiva� 
o di 
violazioni 
definitivamente 
accertate 
in quanto �contenute 
in sentenze 
o atti 
amministrativi 
non 
pi� 
soggetti 
ad 
impugnazione�. 
Il 
mancato 
riferimento 
alla 
definitivit� 
dell�accertamento 
degli 
illeciti 
di 
cui 
al 
comma 
5 
-salvo 
il 
caso 
di 
cui 
si 
� 
detto - impedisce, dunque, sul 
piano letterale-sistematico, di 
ritenere 
che 
sia 
possibile 
circoscrivere 
in tal 
senso il 
dovere 
delle 
stazioni 
appaltanti 
di 
escludere 
l�operatore 
economico 
che 
si 
assume 
incorso 
in 
illeciti 
professionali 
gravi. 
Una 
volta 
ritenuto - come 
appare 
pacifico - che 
in tale 
novero rientrino anche 
gli 
illeciti 
antitrust 
gravi, si 
deve, pertanto, concludere 
che 
il 
descritto regime 
si applichi anche a dette ipotesi. 


La 
conclusione 
-che 
sembra 
discendere 
pianamente 
dalla 
lettura 
delle 
norme 
interne 
di 
recepimento 
-�, 
d�altronde, 
imposta 
dalla 
direttiva 
2014/24/UE 
che, 
come 
si 
� 
visto, 
all�art. 
57, 
par. 
4, 
esige 
che 
sia 
dato 
rilievo 
a 
illeciti 
rispetto 
ai 
quali 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
disponga 
di 
mezzi 
di 
prova 
�adeguati� 
o 
di 
�indicazioni 
sufficientemente 
plausibili�, 
senza 
richiedere 
un 
accertamento 
definitivo 
dell�illecito 
medesimo 
(accertamento 
definitivo 
che 
� 
invece 
richiesto, 
per 
altre 
ipotesi, 
dai 
parr. 
1 
e 
2 
del 
medesimo 
art. 
57). 


* 


Nessuno degli 
argomenti 
prospettati 
nella 
richiesta 
di 
parere 
sembra 
deporre 
decisivamente in senso contrario. 
* 


II.1 
il parere 3 novembre 2016, n. 2286, del Consiglio di Stato. 
Il 
parere 
3 novembre 
2016 n. 2286 della 
Commissione 
speciale 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
� 
stato 
reso 
con 
riferimento 
alla 
prima 
versione 
delle 
Linee 
guida 
n. 
6 
dell�ANAC, 
che, 
come 
si 
� 
visto, 
imponevano 
di 
valutare 
solo 
provvedimenti 
dell�AGCM 
divenuti 
definitivi, 
mentre 
analogo 
requisito 
non 
era 
previsto per i provvedimenti sanzionatori dell�ANAC. 


In tale contesto, il Consiglio di Stato si limit� a osservare quanto segue: 


�il 
paragrafo 
2.1.3. 
delle 
linee 
guida 
individua 
casistica 
ulteriore, 
rispetto 
al 
codice, 
in 
ordine 
al 
grave 
illecito 
professionale, 
desunta 
dagli 
illeciti 
antitrust 
definitivamente 
accertati 
ovvero da provvedimenti 
sanzionatori 
del-
l�anaC iscritti nel casellario informatico. 


Mentre 
i 
provvedimenti 
sanzionatori 
dell�aGCM acquisiscono rilevanza 
solo 
se 
inoppugnabili, 
i 
provvedimenti 
sanzionatori 
dell�anaC 
acquistano 
rilevanza 
quando 
iscritti 
nel 
casellario 
dell�autorit�. 
Sarebbe 
opportuno 
circoscrivere 
la 
rilevanza 
ai 
soli 
provvedimenti 
sanzionatori 
dell�anaC 
divenuti 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


inoppugnabili, o quanto meno, se 
contestati 
in giudizio, non sospesi 
dal 
giudice 
amministrativo�. 


Sembra, 
pertanto, 
alla 
scrivente 
che 
in 
questo 
passaggio 
non 
vi 
sia 
alcuna 
valutazione, fondata 
sull�interpretazione 
delle 
pertinenti 
disposizioni 
normative, 
circa 
la 
doverosit� 
della 
soluzione 
all�epoca 
identificata 
dall�ANAC con 
riguardo agli 
illeciti 
antitrust. Anzi, nel 
momento in cui 
nel 
parere 
si 
afferma 
che 
possano 
venire 
in 
rilievo 
anche 
provvedimenti 
dell�ANAC 
contestati, 
purch� 
�non sospesi� 
dal 
giudice 
amministrativo, si 
deve 
coerentemente 
ammettere 
che 
analoga 
soluzione 
sia 
stata 
implicitamente 
ritenuta 
praticabile 
con 
riferimento ai provvedimenti dell�AGCM. 


* 


II.2 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea 
18 
dicembre 
2014, resa in causa C-470/13, 
Generali-Providencia Biztos�t�. 
Non sembra, poi, che 
la 
soluzione 
secondo la 
quale 
solo l�accertamento 
definitivo 
dell�illecito 
antitrust 
grave 
darebbe 
ingresso 
al 
motivo 
di 
esclusione 
di 
cui 
all�art. 
80, 
comma 
5, 
del 
Codice 
dei 
contratti 
sia 
imposta 
dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea 
e, in particolare, dalla 
gi� 
citata 
sentenza 
18 dicembre 
2014, causa 
C-470/13, 
Generali-Providencia 
biztos�t�. 


Nell�occasione, la 
Corte 
di 
giustizia 
si 
� 
limitata 
a 
valutare 
la 
compatibilit� 
con 
il 
diritto 
dell�Unione 
di 
una 
disposizione 
ungherese 
che 
consentiva 
alle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
di 
escludere 
dalle 
procedure 
di 
affidamento 
di 
appalti 
pubblici 
imprese 
che 
avevano commesso illeciti 
professionali, ivi 
inclusi 
quelli 
antitrust, �constatati� 
con �decisione 
giurisdizionale 
passata 
in 
giudicato�. 


La 
fattispecie 
� 
stata 
scrutinata 
dalla 
Corte 
con 
riferimento 
a 
un�epoca 
nella 
quale 
era 
in vigore 
la 
precedente 
direttiva 
(n. 2004/18/CE), non la 
direttiva 
2014/24/UE, e 
- peraltro - nell�accertata 
inapplicabilit� 
anche 
di 
tale 
direttiva, 
trattandosi 
di 
appalto 
c.d. 
�sottosoglia� 
al 
quale, 
per 
il 
riscontrato 
interesse 
transfrontaliero, 
risultavano 
applicabili 
i 
soli 
principi 
desumibili 
dagli 
artt. 49 e 56 TFUE. 


In 
disparte 
tali 
pur 
decisive 
considerazioni, 
emerge 
dalla 
piana 
lettura 
della 
sentenza 
che, nella 
circostanza, la 
Corte 
si 
� 
limitata 
a 
dichiarare 
che 
i 
predetti 
articoli 
del 
TFUE 
non ostano a 
una 
norma 
nazionale 
come 
quella 
ungherese, 
senza 
nel 
contempo 
affermare 
che 
l�esclusione 
sarebbe 
legittima 
solo 
in caso di 
accertamento giudiziale 
definitivo dell�illecito e 
che, pertanto, sarebbe 
contraria 
al 
diritto dell�Unione 
una 
soluzione 
che 
consentisse 
di 
anticipare 
l�esclusione 
ai 
casi 
di 
grave 
illecito 
professionale 
di 
cui 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
�pu� 
dimostrare 
con 
mezzi 
adeguati 
che 
l�operatore 
economico 
si 
� 
reso colpevole� 
ovvero rispetto ai 
quali 
�dispone 
di 
indicazioni 
sufficientemente 
plausibili�. 


* 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


II.3 Gli 
argomenti 
di 
interpretazione 
logica e 
sistematica ritraibili 
dal-
l�art. 80, comma 10, del Codice dei contratti. 
Da 
ultimo, 
non 
sembra 
ravvisabile 
alcun 
�contrasto� 
tra 
le 
indicazioni 
contenute 
nell�attuale 
versione 
delle 
Linee 
guida 
n. 6 e 
il 
comma 
10 dell�art. 
80 del Codice dei contratti. 


Tale comma dispone quanto segue: 


�Se 
la sentenza di 
condanna definitiva non fissa la durata della pena accessoria 
della incapacit� di 
contrattare 
con la pubblica amministrazione, ovvero 
non 
sia 
intervenuta 
riabilitazione, 
tale 
durata 
� 
pari 
a 
cinque 
anni, 
salvo 
che 
la pena principale 
sia di 
durata inferiore, e 
in tale 
caso � 
pari 
alla durata 
della pena principale 
e 
a tre 
anni, decorrenti 
dalla data del 
suo accertamento 
definitivo, nei 
casi 
di 
cui 
ai 
commi 
4 e 
5 ove 
non sia intervenuta sentenza di 
condanna�. 


Il 
contrasto 
tra 
tale 
disposizione 
e 
la 
soluzione 
contenuta 
nelle 
Linee 
guida 
risiederebbe 
nel 
fatto che 
la 
durata, fissata 
in tre 
anni, della 
condizione 
di 
incapacit� 
a 
contrattare 
con 
la 
pubblica 
amministrazione, 
�nei 
casi 
di 
cui 
ai 
commi 
4 
e 
5 
ove 
non 
sia 
intervenuta 
sentenza 
di 
condanna�, 
verrebbe 
fatta 
decorrere 
dal 
suo 
�accertamento 
definitivo�, 
il 
che 
confermerebbe 
che 
sarebbe 
necessaria 
l�inoppugnabilit� 
del 
provvedimento o la 
sentenza 
non soggetta 
a 
impugnazione. 


Merita 
al 
riguardo 
premettere 
che, 
nella 
disposizione 
contenuta 
al 
comma 
10, l�art. 80 del 
Codice 
dei 
contratti 
manifesta 
con maggiore 
evidenza 
quella 
lacunosit� 
che 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
rilevato 
nel 
citato 
parere 
n. 
2286 
del 
2016 (v. � 13.1 del parere medesimo). 


La 
norma, 
nel 
suo 
tenore 
letterale, 
sembra 
voler 
disciplinare 
la 
durata 
della 
pena 
accessoria 
dell�incapacit� 
a 
contrattare 
con 
la 
pubblica 
amministrazione 
(anche 
in deroga 
all�art. 32-ter, comma 
secondo, cod. pen.), che 
�, peraltro, 
condizione 
diversa 
dalla 
soggezione 
a 
uno 
dei 
motivi 
di 
esclusione 
dalle 
procedure di gare previsti dall�art. 80 del Codice dei contratti 


Il 
parere 
n. 
2286/2016 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
rileva, 
al 
riguardo, 
che 
�l�art. 
80, 
c. 
10, 
a 
causa 
di 
un 
evidente 
errore 
materiale 
commesso 
nel 
testo 
definitivo 
rispetto 
allo 
schema, 
indica 
la 
durata 
massima 
di 
rilevanza 
delle 
cause 
di 
esclusione 
solo con riferimento alle 
condanne 
penali, e 
non anche 
con riferimento 
alle altre cause di esclusione contemplate dall�art. 80�. 


Sennonch� 
lo 
stesso 
comma 
10 
dell�art. 
80 
si 
riferisce 
a 
ipotesi 
-comprese 
nella 
casistica 
di 
cui 
ai 
commi 
4 
e 
5 
del 
medesimo 
articolo 
-per 
le 
quali 
la 
pena 
accessoria 
dovrebbe 
avere 
durata 
di 
tre 
anni, 
bench� 
non 
sia 
intervenuta 
sentenza 
di 
condanna 
(e 
tuttavia 
vi 
sia 
stato 
�accertamento 
definitivo� 
dell�illecito). 


Ora, � 
noto per� che 
non si 
danno casi 
in cui, in assenza 
di 
una 
sentenza 
di 
condanna, 
si 
renda 
applicabile 
una 
pena 
accessoria 
e, 
in 
particolare, 
la 
pena 
accessoria 
dell�incapacit� 
di 
contrattare 
con la 
pubblica 
amministrazione. Ai 
sensi 
dell�art. 
20 
cod. 
pen., 
le 
pene 
accessorie 
�conseguono 
di 
diritto 
alla 
con



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


danna, come 
effetti 
penali 
di 
essa�, non sono applicabili 
in caso di 
patteggiamento 
(cfr. art. 445 cod. proc. pen.) - salvo deroghe 
specifiche 
(cfr. ad es., art. 
609 nonies, comma 
primo. cod. pen.), che 
tuttavia 
non constano rispetto alla 
sanzione 
interdittiva 
in esame 
- n� 
con la 
sentenza 
che 
accerti 
una 
intervenuta 
causa di estinzione del reato. 

Non resta 
che 
concludere, pertanto, che 
con l�ultima 
parte 
del 
comma 
10 
dell�art. 80 il 
legislatore 
abbia 
voluto regolare 
-non la 
durata 
di 
una 
(inesistente) 
pena 
accessoria 
di 
incapacit� 
a 
contrattare 
con 
la 
pubblica 
amministrazione 
- ma 
la 
durata 
massima 
dei 
motivi 
di 
esclusione 
previsti 
dai 
commi 
4 e 
5 del medesimo articolo (5). 


In altre 
parole, con tale 
parte 
del 
comma 
in esame 
sarebbe 
stato recepito 
l�art. 57, par. 7, della 
direttiva 
2014/24/UE, che 
� 
disposizione 
a 
recepimento 
effettivamente necessario. 


Sennonch� tale disposizione stabilisce quanto segue: 


�in 
forza 
di 
disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
o 
amministrative 
e 
nel 
rispetto del 
diritto dell�Unione, gli 
Stati 
membri 
specificano le 
condizioni 
di 
applicazione 
del 
presente 
articolo. in particolare 
essi 
determinano il 
periodo 
massimo di 
esclusione 
nel 
caso in cui 
l�operatore 
economico non adotti 
nessuna 
misura di 
cui 
al 
paragrafo 6 per 
dimostrare 
la sua affidabilit�. Se 
il 
periodo 
di 
esclusione 
non 
� 
stato 
fissato 
con 
sentenza 
definitiva, 
tale 
periodo 
non supera i 
cinque 
anni 
dalla data della condanna con sentenza definitiva 
nei 
casi 
di 
cui 
al 
paragrafo 1 e 
i 
tre 
anni 
dalla data del 
fatto 
in questione 
nei 
casi di cui al paragrafo 4�. 


Si 
vede, 
quindi, 
come 
-con 
riferimento 
ai 
casi 
qui 
in 
esame, 
contemplati 
dal 
par. 
4 
dell�art. 
57 
-la 
direttiva 
limita 
a 
tre 
anni 
l�operativit� 
del 
motivo 
di 
esclusione, 
ma 
con 
decorrenza 
dalla 
data 
del 
�fatto� 
e 
non 
dall�accertamento 
definitivo 
(a 
conclusiva 
conferma 
dell�interpretazione 
sopra 
illustrata, 
secondo 
la 
quale 
tale 
accertamento 
non 
� 
presupposto 
della 
causa 
di 
esclusione, 
mentre 
lo 
� 
nei 
casi 
stabiliti 
dal 
par. 
1, 
di 
talch�, 
in 
tali 
diversi 
casi, 
la 
direttiva 
fa 
coerentemente 
decorrere 
il 
periodo 
massimo 
di 
esclusione 
dalla 
sentenza 
definitiva). 


Di 
qui 
gli 
inconvenienti 
segnalati 
nel 
punto 13.1 del 
pi� volte 
citato parere 
n. 2286/16 del 
Consiglio di 
Stato, nel 
quale 
si 
conclude 
nel 
senso che 
�la 
lacuna del 
codice 
non pu� che 
essere 
colmata mediante 
diretta applicazione 
della direttiva in parte 
qua, la quale, piaccia o meno, fa decorrere 
i 
tre 
anni 
non 
dalla 
notizia 
del 
fatto, 
o 
dall�accertamento 
definitivo 
del 
fatto, 
come 
pure 
sarebbe 
logico 
e 
razionale, 
ma 
�dalla 
data 
del 
fatto�, 
ossia 
dall�accadimento 
storico (come 
dimostra anche 
l�esame 
comparato dalla versione 
delle 
norma 
nelle varie lingue, sopra riportata), nella specie, l�illecito professionale�. 


(5) Secondo questa 
lettura, la 
locuzione 
�tale 
durata�, contenuta 
nella 
proposizione 
subordinata 
del 
comma 
10, non andrebbe 
riferita 
alla 
locuzione 
�la durata della pena accessoria�, contenuta 
nella 
proposizione reggente, ma - genericamente - alla durata massima delle cause di esclusione. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


La 
soluzione 
va 
evidentemente 
condivisa, 
con 
la 
precisazione 
che 
gli 
aspetti 
di 
irrazionalit� 
del 
sistema 
rilevati 
dal 
Consiglio di 
Stato - indotti 
dalla 
circostanza 
che 
il 
termine 
del 
periodo di 
esclusione 
iniziasse 
a 
decorrere 
dal 
fatto, mentre 
l�esclusione 
medesima 
non poteva 
essere 
disposta 
se 
non dopo 
l�accertamento definitivo del 
fatto medesimo (che, in ipotesi, poteva 
intervenire 
anche 
dopo il 
decorso del 
triennio) - vengono in gran parte 
meno con la 
soluzione 
individuata 
nella 
pi� recente 
versione 
delle 
Linee 
guida, giacch� 
la 
stazione 
appaltante 
dispone 
del 
potere 
di 
escludere 
l�impresa 
dall�epoca 
della 
commissione 
del 
fatto, momento dal 
quale 
decorre 
anche 
il 
periodo triennale 
di vigenza della causa di esclusione. 


Peraltro, 
un 
residuo 
ambito 
di 
autonoma 
applicazione 
dell�ultima 
parte 
del 
comma 
10 
dell�art. 
80 
potrebbe 
comunque 
ravvisarsi, 
con 
riferimento 
a 
quegli 
specifici 
motivi 
di 
esclusione 
che, ai 
sensi 
dei 
commi 
4 e 
5 del 
medesimo 
articolo, postulano il 
previo accertamento definitivo del 
fatto: 
segnatamente, 
le 
violazioni 
gravi 
rispetto 
agli 
obblighi 
relativi 
al 
pagamento 
delle 
imposte 
e 
tasse 
o 
dei 
contributi 
previdenziali 
e 
le 
significative 
carenze 
nel-
l�esecuzione 
di 
un 
precedente 
contratto 
di 
appalto 
o 
di 
concessione 
che 
ne 
hanno causato la 
risoluzione 
anticipata 
(la 
durata 
dell�esclusione 
conseguente 
all�ulteriore 
ipotesi 
della 
violazione 
del 
divieto 
di 
intestazione 
fiduciaria 
di 
cui 
all�articolo 17 della 
legge 
19 marzo 1990, n. 55 essendo autonomamente 
determinata dalla lettera h del comma 5). 


Va 
da 
s�, poi, che 
se 
l�operatore 
economico, in conseguenza 
della 
condanna 
per un reato, risulta 
destinatario della 
pena 
accessoria 
dell�incapacit� 
di 
contrarre 
con la 
pubblica 
amministrazione 
(o, se 
strutturato in forma 
societaria, 
della 
sanzione 
amministrativa 
del 
�divieto 
di 
contrattare 
con 
la 
pubblica 
amministrazione, 
salvo 
che 
per 
ottenere 
le 
prestazioni 
di 
un 
pubblico 
servizio� 
di 
cui 
all�art. 
9, 
comma 
2, 
lett. 
c, 
del 
D.lgs. 
n. 
231 
del 
2001), 
anche 
questa 
causa 
di 
esclusione 
si 
render� 
applicabile, con decorrenza 
dall�accertamento 
giudiziale e con la durata stabilita dalla misura interdittiva. 


** 


II.4 
Conclusioni. 
Sulla 
base 
della 
ricostruzione 
che 
precede, 
ritiene 
la 
scrivente 
che 
sia 
condivisibile 
la 
soluzione 
che 
ispira 
le 
Linee 
Guida 
n. 6 dell�ANAC, secondo la 
quale 
l�accertamento definitivo dell�illecito antitrust 
grave 
non � 
condizione 
necessaria per l�esclusione. 


L�indicazione 
secondo 
cui 
il 
grave 
illecito 
professionale, 
ivi 
compreso 
l�illecito antitrust, debba 
risultare 
quanto meno da 
un provvedimento emesso 
da 
parte 
dell�autorit� 
amministrativa 
competente 
-restando cos� 
circoscritto 
l�ambito 
dell�apprezzamento 
discrezionale 
circa 
la 
prova 
dell�illecito, 
rimesso 
alla 
stazione 
appaltante 
-costituisce 
suggerimento 
opportuno, 
dovendosi 
escludere, 
nella 
generalit� 
dei 
casi, che 
la 
stazione 
appaltante 
possa 
ritenere 
sufficientemente 
provato un illecito antitrust 
che 
non sia 
stato ancora 
sanzionato 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


dall�Autorit� 
competente. 
Considerato, 
tuttavia, 
che 
l�esclusione 
non 
costituisce 
sanzione 
accessoria 
al 
provvedimento dell�AGCM, ma 
misura 
che 
la 
stazione 
appaltante 
adotta 
sulla 
base 
della 
propria 
conoscenza 
dei 
fatti 
e 
del 
proprio autonomo apprezzamento dei 
medesimi, non � 
in radice 
da 
escludere 
che 
i 
presupposti 
per 
disporre 
l�esclusione 
possano 
emergere 
anche 
in 
una 
fase 
precedente 
all�adozione 
del 
provvedimento 
sanzionatorio 
dell�illecito 
antitrust 
(si 
pensi, ad esempio, a 
quegli 
illeciti 
anticoncorrenziali 
- come 
i 
cartelli 
volti 
alla 
spartizione 
delle 
commesse 
pubbliche 
- che 
possono integrare 
anche 
illeciti 
penali). 

In 
ogni 
caso, 
nelle 
Linee 
Guida 
l�esistenza 
del 
provvedimento 
del-
l�AGCM 
- cui 
si 
affianca 
la 
sua 
perdurante 
esecutivit� 
(aspetto che, nelle 
pi� 
recenti 
Linee 
guida, appare 
essere 
stato inserito in recepimento del 
citato parere 
del 
Consiglio di 
Stato, ma 
che 
sembrerebbe 
ultroneo, giacch� 
la 
sospensione 
giudiziale 
dell�atto 
amministrativo 
non 
sempre 
implica 
un�effettiva 
valutazione 
del 
fumus 
di 
infondatezza 
del 
provvedimento) 
-� 
prospettata 
quale 
condizione necessaria, ma non sufficiente ai fini dell�esclusione. 


Come 
nota 
correttamente 
codesto 
Ufficio, 
infatti, 
le 
Linee 
guida 
del-
l�ANAC 
non 
instaurano 
alcun 
automatismo 
tra 
l�esistenza 
di 
un 
provvedimento 
esecutivo 
dell�AGCM 
e 
l�esclusione 
dalle 
procedure 
di 
gara: 
ben 
diversamente, nelle 
Linee 
guida 
si 
afferma 
che 
la 
stazione 
appaltante 
�deve 
valutare� 
i 
provvedimenti 
esecutivi 
dell�AGCM 
ai 
fini 
della 
�eventuale 
esclusione� 
del concorrente (6). 


Nella 
sostanza, ci� che 
rileva 
non � 
il 
provvedimento in s�, ma 
i 
fatti 
ivi 
contestati 
e 
le 
fonti 
di 
prova 
sulla 
base 
delle 
quali 
la 
condotta 
� 
stata 
accertata: 
elementi 
che 
la 
stazione 
appaltante 
deve 
valutare 
autonomamente, per verificare 
se 
essa 
dispone 
effettivamente 
di 
�indicazioni 
sufficientemente 
plausibili� 
circa 
la 
sussistenza 
dell�illecito. Condizione, quest�ultima, che 
non � 
escluso 
possa 
intervenire 
solo nel 
corso del 
giudizio di 
impugnazione 
del 
provvedimento 
dell�AGCM 
(ad 
esempio, 
per 
effetto 
di 
una 
sentenza 
di 
primo 
grado 
che 
confermi, 
con 
motivazioni 
che 
si 
dimostrino 
persuasive, 
la 
valutazione 
dell�AGCM) o, in ipotesi, solo all�esito di 
tale 
giudizio, con la 
sentenza 
che 
definitivamente confermi il provvedimento sanzionatorio. 


*** 


III. 
Sul secondo quesito. 
Con 
il 
secondo 
quesito, 
codesto 
Ufficio 
chiede 
di 
conoscere 
se, 
ai 
fini 


(6) In tal 
senso si 
veda 
anche, nella 
prassi 
dell�ANAC, il 
parere 
precontenzioso reso con delibera 
n. 266 del 
14 marzo 2018: 
�spetta alla stazione 
appaltante 
valutare 
in concreto la rilevanza dei 
fatti 
richiamati 
dall�operatore 
economico ai 
fini 
dell�esclusione 
ai 
sensi 
dell�art. 80, comma 5, lett. c), d.lgs. 
n. 
50/2016, 
tenendo 
conto, 
a 
tal 
fine, 
anche 
dei 
provvedimenti 
esecutivi 
dell�autorit� 
Garante 
della 
Concorrenza e 
del 
Mercato di 
condanna per 
pratiche 
commerciali 
scorrette 
o per 
illeciti 
antitrust 
gravi 
aventi 
effetti 
sulla 
contrattualistica 
pubblica 
e 
posti 
in 
essere 
nel 
medesimo 
mercato 
oggetto 
del 
contratto 
da affidare�. 

PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


della 
rilevanza 
di 
un illecito antitrust 
quale 
motivo di 
esclusione 
da 
una 
gara 
pubblica, debba 
esservi 
integrale 
coincidenza 
tra 
mercato rilevante 
accertato 
dall�AGCM e mercato oggetto del contratto da affidare. 


La 
questione 
si 
pone 
in quanto, come 
si 
� 
visto, al 
punto 2.2.3.1, par. 1, 
delle 
Linee 
Guida 
n. 
6 
dell�ANAC 
si 
prevede 
che 
la 
stazione 
appaltante 
debba 
valutare 
esclusivamente 
provvedimenti 
sanzionatori 
dell�AGCM 
�posti 
in 
essere 
nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare�. 


Al 
riguardo, si 
deve 
premettere 
che 
non appaiono del 
tutto comprensibili 
le 
ragioni 
di 
tale 
limitazione, 
ove 
si 
consideri 
la 
ratio 
del 
motivo 
di 
esclusione 
che 
fa 
perno sulla 
commissione 
di 
gravi 
illeciti 
professionali, ivi 
compresi 
gli 
illeciti antitrust. 


L�esclusione 
dalle 
procedure 
di 
gara 
dell�operatore 
economico in simili 
casi, si 
giustifica, infatti, con la 
considerazione 
che 
si 
tratta 
di 
condotte 
�tali 
da 
rendere 
dubbia 
la 
sua 
integrit� 
o 
affidabilit�� 
(art. 
80, 
comma 
5, 
del 
Codice 
dei 
contratti. 
V. 
anche 
art. 
57, 
par. 
4, 
lett. 
c, 
della 
direttiva 
2014/24/UE), 
in 
considerazione 
del 
fatto 
che 
�una 
grave 
violazione 
dei 
doveri 
professionali 
pu� 
mettere 
in 
discussione 
l�integrit� 
di 
un 
operatore 
economico 
e 
dunque 
rendere 
quest�ultimo 
inidoneo 
ad 
ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un 
appalto 
pubblico 
indipendentemente 
dal 
fatto che 
abbia per 
il 
resto la capacit� tecnica 
ed economica per 
l�esecuzione 
dell�appalto� 
(v. �considerando� 
n. 101 della 
direttiva 2014/24/UE). 


Ora, 
la 
valutazione 
di 
integrit� 
e 
affidabilit� 
dell�operatore 
non 
sembra 
poter risentire, in maniera 
significativa, del 
fatto che 
l�illecito antitrust 
grave 
sia 
stato 
posto 
in 
essere 
nel 
medesimo 
mercato 
oggetto 
del 
contratto 
da 
affidare 


o in un mercato diverso, dal punto di vista geografico o anche del prodotto. 
Il 
requisito introdotto dalle 
Linee 
Guida 
introduce, quindi, una 
rilevante 
restrizione 
del 
campo di 
applicazione 
delle 
norme 
primarie, plausibile 
solo in 
presenza 
di 
una 
ragione 
giustificatrice 
forte, 
che 
tuttavia 
non 
sembra 
nella 
specie 
identificabile. La 
limitazione 
era, peraltro, presente 
anche 
nella 
versione 
originaria 
delle 
Linee 
guida 
e 
nessuna 
osservazione, al 
riguardo, � 
stata 
formulata 
nel 
pi� volte 
citato parere 
2286 del 
2016 del 
Consiglio di 
Stato (che, 
in effetti, non si 
� 
pronunciato - n� 
in senso favorevole, n� 
in senso contrario 


- su questo punto delle Linee guida). 
Quanto precede 
porta 
a 
ritenere 
che 
la 
stazione 
appaltante 
- laddove 
non 
ritenga 
di 
doversi 
motivatamente 
discostare 
dall�indicazione 
contenuta 
nelle 
Linee 
guida 
(cos� 
come 
si 
� 
visto essere 
possibile 
nel 
caso di 
strumento non 
vincolante) 
-debba 
comunque 
privilegiare 
un�interpretazione 
restrittiva 
del 
criterio, tale 
da 
circoscrivere 
quanto pi� possibile 
la 
portata 
della 
limitazione 
all�applicazione della disciplina di fonte primaria. 


Ci� premesso, la 
questione 
che 
si 
pone 
consiste 
nello stabilire 
se, alludendo 
al 
�medesimo 
mercato 
oggetto 
del 
contratto 
da 
affidare�, 
le 
Linee 
guida 
dell�ANAC abbiano inteso richiamare 
la 
nozione 
di 
�mercato rilevante� 
vale



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


vole 
ai 
fini 
dell�applicazione 
del 
diritto 
della 
concorrenza, 
stabilendo, 
cos�, 
che 
l�esclusione 
debba 
riguardare 
solo le 
gare 
che 
intervengono nello stesso 
segmento 
del 
mercato 
nel 
quale 
era 
stata 
posta 
in 
essere 
l�intesa 
restrittiva 
della concorrenza o l�abuso di posizione dominante. 


Come 
noto, 
la 
nozione 
di 
mercato 
rilevante 
si 
articola 
in 
una 
dimensione 
�del 
prodotto� 
e 
in 
una 
dimensione 
�geografica�: 
il 
mercato 
del 
prodotto 
rilevante 
comprende 
tutti 
i 
prodotti 
e/o 
servizi 
che 
sono 
considerati 
intercambiabili 


o 
sostituibili 
dal 
consumatore, 
in 
ragione 
delle 
loro 
caratteristiche, 
dei 
loro 
prezzi 
e 
dell�uso 
al 
quale 
sono 
destinati; 
il 
mercato 
geografico 
rilevante 
comprende 
l�area 
in 
cui 
le 
imprese 
interessate 
forniscono 
o 
acquistano 
prodotti 
o 
servizi, 
nella 
quale 
le 
condizioni 
di 
concorrenza 
sono 
sufficientemente 
omogenee. 
Per mercato rilevante, dunque, si 
intende 
�quella zona geograficamente 
circoscritta dove, dato un prodotto o una gamma di 
prodotti 
considerati 
tra 
loro sostituibili, le 
imprese 
che 
forniscono quel 
prodotto si 
pongono fra loro 
in rapporto di 
concorrenza� 
(cfr. Consiglio di 
Stato, Sez. VI, 11 luglio 2016, 


n. 3047 e giurisprudenza ivi richiamata). 
La 
definizione 
del 
mercato rilevante 
� 
elemento da 
considerare 
nell�accertamento 
dell�illecito antitrust, di 
guisa 
che 
deve 
darsi 
per scontato che, in 
presenza 
di 
un provvedimento dell�AGCM 
che 
accerti 
un cartello anticoncorrenziale 
o un abuso di 
posizione 
dominante, si 
disponga 
anche 
di 
una 
definizione 
del 
mercato 
rilevante 
nel 
quale 
l�illecito 
� 
stato 
realizzato, 
ossia 
dell��ambito 
economico 
interessato 
dall�illecito 
anticoncorrenziale 
addebitato 
in concreto alle 
imprese� (cfr. Consiglio di 
Stato, Sez.VI, 28 febbraio 2017, 


n. 928). 
Tuttavia, 
per 
giurisprudenza 
costante, 
�(d)iversamente 
dai 
casi 
di 
concentrazioni 
e 
di 
accertamenti 
della posizione 
dominante, in cui 
la definizione 
del 
mercato rilevante 
� 
presupposto dell�illecito, in presenza di 
una intesa illecita 
la definizione 
del 
mercato rilevante 
� 
successiva rispetto all�individuazione 
dell�intesa 
poich� 
l�ampiezza 
e 
l�oggetto 
dell�intesa 
medesima 
circoscrivono 
il 
mercato. 
anche 
le 
gare 
di 
pubblici 
appalti 
possono 
costituire, 
avuto riguardo alle 
circostanze 
del 
caso concreto, un 
mercato a s� 
stante, in 
quanto la definizione 
del 
mercato rilevante 
varia in funzione 
delle 
diverse 
situazioni 
di 
fatto� 
(cos�, 
tra 
le 
innumerevoli, 
Consiglio 
di 
Stato, 
Sez. 
VI, 
12 
ottobre 
2017 
n. 
4733. 
V. 
anche 
Consiglio 
di 
Stato, 
Sez. 
VI, 
n. 
3047/16, 
cit. 
e 
Sez. VI, 29 maggio 2018, n. 3197). 


In sintesi 
(non essendo questa 
la 
sede 
per una 
trattazione 
diffusa 
del 
fenomeno), 
nei 
casi, 
che 
maggiormente 
rilevano 
ai 
nostri 
fini, 
di 
c.d. 
bid 
rigging 


-vale 
a 
dire 
di 
accordi 
o pratiche 
concordate 
posti 
in essere 
in occasione 
di 
gare 
ad evidenza 
pubblica 
- il 
mercato di 
riferimento pu� venire 
a 
coincidere 
con l�oggetto della gara in seno alla quale l�intesa � stata realizzata. 
In tal 
senso, si 
vedano anche 
le 
indicazioni 
richiamate, nella 
richiesta 
di 
parere, 
dell�Autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato 
-secondo 
la 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


quale 
il 
mercato di 
riferimento, nel 
caso da 
cui 
origina 
la 
richiesta 
di 
parere, 
ha 
�riguardato esclusivamente 
l�ambito dei 
servizi 
oggetto della gara Consip 
nei 
cui 
confini 
� 
stata 
individuata 
l�intesa 
(�) 
ossia 
i 
servizi 
di 
assistenza 
tecnica 
all�autorit� 
di 
audit� 
-e 
dell�ANAC, 
secondo 
la 
quale 
�il 
medesimo 
mercato 
oggetto 
del 
contratto 
da 
affidare 
� 
quello 
definito 
nel 
provvedimento 
sanzionatorio, che, di regola, coincide con lo specifico oggetto della gara�. 


Se 
ci� 
� 
vero, 
� 
evidente 
come 
una 
lettura 
eccessivamente 
rigorosa 
del 
criterio 
stabilito 
nelle 
Linee 
guida 
n. 
6 
-un�interpretazione, 
cio�, 
che 
pretendesse 
che 
vi 
sia 
esatta 
coincidenza 
tra 
il 
mercato 
rilevante, 
nella 
dimensione 
geografica 
e 
di 
prodotto, 
nel 
quale 
si 
� 
realizzato 
l�illecito 
e 
il 
mercato 
oggetto 
del 
(successivo) 
contratto 
da 
affidare 
-rischierebbe 
di 
impedire 
l�applicazione 
del 
motivo 
di 
esclusione 
nei 
casi, 
invece 
indubbiamente 
rilevanti 
sotto 
il 
profilo 
dell�integrit� 
dell�operatore 
economico, 
di 
bid 
rigging, 
essendo 
di 
regola 
da 
escludere 
che 
l�ambito 
oggettivo 
di 
gare 
differenti 
possa 
perfettamente 
coincidere 
(7). 


Considerata 
anche 
la 
descritta 
necessit� 
di 
dare 
interpretazione 
restrittiva 
al 
criterio, 
ritiene, 
pertanto, 
la 
scrivente 
che 
il 
�medesimo 
mercato 
oggetto 
del 
contratto da affidare�, cui 
si 
riferiscono le 
Linee 
guida, non debba 
pedissequamente 
identificarsi 
-n� 
con 
riferimento 
alla 
dimensione 
geografica, 
n� 
con 
riferimento 
alla 
dimensione 
del 
prodotto 
-con 
il 
mercato 
rilevante 
individuato 
nel 
provvedimento 
sanzionatorio 
dell�AGCM 
(nel 
caso 
specifico 
oggetto 
della 
richiesta 
di 
parere, le 
�attivit� di 
supporto e 
assistenza tecnica per 
l�esercizio 
e 
lo sviluppo della Funzione 
di 
Sorveglianza e 
audit 
dei 
programmi 
cofinanziati 
dall�Unione 
europea�), ma 
debba 
piuttosto investire 
il 
contesto merceologico 
di 
riferimento 
(nel 
caso 
di 
specie, 
i 
�servizi 
di 
supporto 
e 
consulenza�). 


Da 
ultimo, nel 
caso di 
affidamento di 
contratti 
�misti� 
- ossia 
comprendenti 
prestazioni 
di 
tipologia 
eterogenea, della 
quali 
solo una, o solo alcune, 
sono interessate 
dall�illecito antitrust 
- non sembra 
vi 
sia 
spazio per affermare 
la 
astratta 
inapplicabilit� 
della 
causa 
di 
esclusione, fermo restando che 
la 
stazione 
appaltante, in applicazione 
del 
principio di 
proporzionalit� 
(richiamato, 
come 
si 
� 
visto, 
anche 
dal 
�considerando� 
101 
della 
direttiva 
2014/24/UE), 
dovr� 
in 
concreto 
valutare 
l�incidenza 
della 
prestazione 
�colpita� 
nell�oggetto 
complessivo 
del 
contratto 
da 
affidare 
e, 
quindi, 
deliberare 
l�esclusione 
solo 
nei 
casi 
in 
cui 
tale 
prestazione 
abbia 
un�importanza 
significativa 
nell�economia 
complessiva del contratto posto a gara. 


* 


Sulle 
questioni 
oggetto 
del 
presente 
parere 
� 
stato 
sentito 
il 
Comitato 
Consultivo, 
che si � espresso in conformit� nella seduta del 31 luglio 2018. 


(7) La 
questione 
acquista 
particolare 
rilievo nel 
settore 
dei 
lavori 
pubblici, caratterizzato da 
un 
mercato geografico molto segmentato, di 
livello provinciale 
o anche 
inferiore, quanto meno con riferimento 
ad alcune 
delle 
subforniture: 
si 
pensi 
al 
c.d. �movimento terra� 
o alla 
fornitura 
di 
materiali 
difficilmente 
trasportabili come il calcestruzzo. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


al 27806/2018, avv. SerGio 
FiorenTino 
ii) Parere 
del 
26/11/2018-606595 


Con 
nota 
prot. 
424435/6 
P 
del 
6 
agosto 
2018, 
che 
si 
unisce 
in 
copia, 
la 
scrivente, 
in 
risposta 
alla 
nota 
indicata 
a 
margine, 
ebbe 
a 
rendere 
un 
parere 
sulla 
questione 
in 
oggetto 
[Illeciti 
antitrust 
gravi 
ex 
art. 
80, 
comma 
5, 
lett. 
c) 
del 
Codice 
dei 
contratti 
pubblici 
nelle 
posizioni 
di 
ANAC 
e 
AGCOM, 
ndr], 
relativamente 
-tra 
l�altro 
-alla 
operativit�, 
quale 
motivo 
di 
esclusione 
dalle 
procedure 
di 
gara 
per 
l�affidamento 
di 
contratti 
pubblici, 
di 
pregresse 
condotte 
delle 
imprese 
che 
integrano 
illeciti 
anticoncorrenziali. 


Nell�occasione, si 
� 
sostenuto che 
era 
da 
condividere 
la 
soluzione 
contenuta 
nelle 
Linee 
guida 
n. 
6, 
non 
vincolanti, 
approvate 
dall�ANAC 
con 
delibera 


n. 
1293 
del 
16 
novembre 
2016, 
secondo 
la 
quale 
l�accertamento 
definitivo 
dell�illecito antitrust 
- conseguente 
alla 
mancata 
impugnazione 
del 
provvedimento 
dell�Autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato 
che 
lo 
ha 
accertato 
o 
al 
passaggio 
in 
giudicato 
della 
decisione 
del 
giudice 
amministrativo 
di 
rigetto 
del 
ricorso dell�impresa 
interessata 
- non � 
condizione 
necessaria 
per disporre 
l�esclusione dell�impresa dalle gare. 
Nel 
motivare 
tale 
conclusione, 
si 
era, 
tra 
l�altro, 
richiamato 
l�orientamento 
espresso dal 
Consiglio di 
Stato nel 
parere 
n. 2286/16 con riferimento alla 
durata 
massima 
del 
periodo 
di 
esclusione, 
che 
l�art. 
57, 
par. 
7, 
della 
direttiva 
2014/24/UE 
(parzialmente 
recepito 
nell�art. 
80, 
comma 
10, 
del 
Codice 
dei 
contratti), 
fissa 
in 
�tre 
anni 
dalla 
data 
del 
fatto�. 
Si 
era, 
quindi, 
dato 
conto 
del 
fatto che, in base 
all�interpretazione 
datane 
nel 
citato parere 
del 
Consiglio di 
Stato, tale 
locuzione 
doveva 
intendersi 
riferita 
all��accadimento storico (�) 
nella specie, l�illecito professionale�. 


� 
ora 
opportuno 
ritornare 
brevemente 
sulla 
questione, 
in 
ragione 
di 
alcune 
sopravvenienze di cui si deve dar conto a codesta 
Amministrazione. 


Innanzi 
tutto, nell�adunanza 
del 
23 ottobre 
2018, il 
Consiglio di 
Stato ha 
reso il 
parere 
n. 2616/2018 sulle 
Linee 
guida 
n. 6 dell�ANAC, pubblicato il 
successivo 11 novembre. 


Nel 
parere, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
in 
primo 
luogo 
dichiarato 
di 
�prende(re) 
atto della proposta dell�anaC, condivisa dall�aGCM, di 
ammettere 
l�efficacia 
escludente 
dei 
provvedimenti 
sanzionatori 
(dell�una) 
e 
di 
quelli 
(dell�altra) di 
condanna per 
pratiche 
commerciali 
scorrette 
o per 
illeciti 
antitrust 
gravi 
solo se 
�definitivi��. 
Secondo questa 
lettura, la 
rilevanza 
dell�illecito 
antitrust 
grave 
quale 
causa 
di 
esclusione 
dalle 
procedure 
di 
gara 
ha, 
quindi, 
come 
presupposto 
la 
�definitivit�� 
del 
provvedimento 
dell�AGCM 
che 
lo 
ha 
accertato: 
condizione, 
questa, 
che 
� 
data 
dalla 
�inoppugnabilit� 
del 
provvedimento 
dell�aGCM perch� 
non contestato; ovvero, laddove 
invece 
contestato 
in giudizio, dalla sua conferma in giudizio�. 


Ci� 
con 
la 
precisazione 
che 
la 
seconda 
ipotesi 
si 
realizza 
nel 
caso 
di 
con



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


ferma 
dei 
provvedimenti 
�all�esito del 
giudizio di 
merito di 
cui 
all�art. 119, 
comma 1, lett. b) c.p.a.�: 
in breve, non incide 
su detta 
condizione 
la 
proposizione 
di 
un 
ricorso 
per 
revocazione, 
del 
ricorso 
per 
cassazione 
ai 
sensi 
dell�art. 
110 
c.p.a. 
e 
dell�opposizione 
di 
terzo. 
Soluzione, 
quest�ultima, 
non 
diffusamente 
argomentata 
nel 
parere 
e 
non del 
tutto priva 
di 
una 
certa 
opinabilit�, in 
presenza 
di 
un 
pacifico 
orientamento 
secondo 
il 
quale 
il 
passaggio 
in 
giudicato 
di 
una 
sentenza 
del 
giudice 
amministrativo 
si 
ha 
quando 
nei 
suoi 
confronti 
non � 
pi� ammessa 
un�impugnazione 
c.d. ordinaria: 
l�appello al 
Consiglio di 
Stato, il 
ricorso alla 
Corte 
di 
cassazione 
per motivi 
di 
giurisdizione, la 
revocazione 
nei 
casi 
previsti 
dall�art. 395, numeri 
4 e 
5 del 
cod. proc. civ. Il 
parere 
non chiarisce, inoltre, se 
su tale 
condizione 
incida, o meno, l�eventuale 
provvedimento 
di 
sospensione 
della 
sentenza 
impugnata 
che 
consegua 
- come 
non 
� del tutto infrequente - a una delle suddette impugnazioni. 


In 
secondo 
luogo, 
e 
in 
coerenza 
con 
tale 
impostazione, 
il 
Consiglio 
di 
Stato ha 
dichiarato che 
l�art. 80, comma 
10, del 
Codice 
dei 
contratti 
pubblici 
deve 
essere 
interpretato nel 
senso che 
il 
periodo massimo triennale 
di 
esclusione 
dalle 
gare 
dell�impresa 
decorre, anch�esso, dalla 
data 
in cui 
il 
provvedimento 
� divenuto definitivo, nei sensi sopra chiariti. 

Sulla 
questione 
si 
�, tuttavia, recentemente 
pronunciata 
anche 
la 
Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea 
con 
sentenza 
del 
24 
ottobre 
2018, 
resa 
nella 
causa 
C-124/17, vossloh loss. La 
sentenza 
non poteva 
essere 
conosciuta 
dal 
Consiglio di 
Stato che, come 
detto, ha 
reso nell�adunanza 
del 
giorno precedente 
il parere (il quale, infatti, non tratta di tale sentenza). 


In questa 
decisione, la 
Corte 
di 
giustizia 
ha 
chiarito che 
�(l)�articolo 57, 
paragrafo 
7, 
della 
direttiva 
2014/24 
deve 
essere 
interpretato 
nel 
senso 
che, 
qualora un operatore 
economico abbia tenuto un comportamento che 
integra 
il 
motivo di 
esclusione 
di 
cui 
all�articolo 57, paragrafo 4, lettera d), di 
tale 
direttiva, comportamento che 
� 
stato sanzionato da un�autorit� competente, 
il 
periodo massimo di 
esclusione 
� 
calcolato a decorrere 
dalla data della decisione 
di tale autorit�� (1). 


(1) Si vedano, in particolare, i punti da 37 a 39 della sentenza: 
�37 Sebbene 
il 
paragrafo 7 dell�articolo 57 della direttiva 2014/24 non precisi 
ulteriormente 
la natura 
del 
�fatto in questione� n�, in particolare, il 
momento in cui 
esso si 
verifica, occorre 
rilevare 
che 
tale 
disposizione 
prevede, 
per 
i 
motivi 
di 
esclusione 
obbligatori 
di 
cui 
al 
paragrafo 
1 
di 
tale 
articolo 
e 
quando 
il 
periodo di 
esclusione 
non sia stato fissato con sentenza definitiva, che 
detto periodo di 
cinque 
anni 
deve 
essere 
calcolato dalla data della condanna con sentenza definitiva, senza tener 
conto della data 
dei 
fatti 
che 
hanno 
dato 
luogo 
a 
tale 
sentenza 
di 
condanna. 
Pertanto, 
per 
i 
suddetti 
motivi 
di 
esclusione, 
tale 
periodo 
� 
calcolato 
a 
decorrere 
da 
una 
data 
che, 
in 
determinati 
casi, 
� 
di 
molto 
successiva 
alla 
commissione dei fatti costitutivi della violazione. 
38 
nel 
caso 
di 
specie, 
il 
comportamento 
che 
integra 
il 
pertinente 
motivo 
di 
esclusione 
� 
stato 
sanzionato 
da una decisione 
dell�autorit� competente 
pronunciata nell�ambito di 
una procedura disciplinata dal 
diritto dell�Unione 
o dal 
diritto nazionale 
e 
intesa a constatare 
un comportamento che 
viola una norma 
di 
diritto. in tale 
situazione, per 
ragioni 
di 
coerenza con le 
modalit� di 
calcolo del 
termine 
previsto per 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


Ora, 
considerato 
che 
il 
disposto 
dell�art. 
57, 
par. 
7, 
della 
direttiva 
2014/24/UE 
ha, a 
tutta 
evidenza, un contenuto �chiaro, preciso e 
incondizionato�, 
gli 
interessati 
potrebbero invocarne 
il 
c.d. effetto diretto verticale 
nei 
confronti 
della 
stazione 
appaltante, per opporsi 
a 
un provvedimento di 
esclusione 
che 
intervenga 
a 
distanza 
di 
oltre 
tre 
anni 
dall�adozione 
del 
provvedimento 
dell�AGCM 
che 
lo abbia 
accertato (bench� 
entro i 
tre 
anni 
dalla 
data 
in 
ipotesi 
di 
molto successiva 
- in cui 
il 
provvedimento � 
divenuto definitivo). 

Inoltre, se, come 
ha 
stabilito la 
Corte 
di 
giustizia, il 
periodo massimo di 
esclusione 
dalle 
gare 
decorre 
dalla 
data 
del 
provvedimento 
dell�autorit� 
nazionale 
o 
europea 
di 
concorrenza 
che 
lo 
accerta 
(e 
non 
dalla 
data 
in 
cui 
il 
provvedimento 
� 
divenuto 
definitivo), 
ne 
dovrebbe, 
con 
ogni 
evidenza, 
derivare 
che 
la 
definitivit� 
di 
tale 
provvedimento 
non 
� 
condizione 
per 
deliberare 
l�esclusione. 


Ci� posto, ritiene 
la 
scrivente 
che 
l�efficacia 
vincolante, diretta 
e 
prevalente 
sull�ordinamento nazionale 
delle 
sentenze 
interpretative 
della 
Corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea 
(cos� 
come 
confermato anche 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
con sentenze 
nn. 168/1981 e 
170/1984) suggerisca 
- nell�attesa 
di 
una 
pi� 
chiara 
definizione 
del 
quadro 
giurisprudenziale 
in 
materia 
di 
esclusioni 
dalle 
gare 
(sulla 
quale 
insistono, tra 
l�altro, diverse 
questioni 
pregiudiziali 
in 
Corte 
di 
giustizia, 
alcune 
delle 
quali 
sollevate 
da 
giudici 
nazionali) 
-che 
si 
faccia 
un�applicazione 
prudente 
della 
soluzione 
interpretativa 
contenuta 
nel 
pi� recente 
parere 
del 
Consiglio di 
Stato, nei 
punti 
in cui 
essa 
si 
pone 
in possibile 
contrasto con l�interpretazione della Corte di giustizia. 


Allo 
stato, 
si 
pu� 
tuttavia 
affermare 
con 
sicurezza 
che 
il 
periodo 
massimo 
triennale 
di 
esclusione 
non decorre, come 
affermato nel 
parere 
n. 2286/16 del 
Consiglio di 
Stato, dalla 
data 
dell�illecito, essendo tuttavia 
ancora 
incerto se 
esso 
decorra 
dalla 
data 
del 
provvedimento 
dell�AGCM 
che 
lo 
accerti 
(secondo 
la 
soluzione 
contenuta 
nella 
sentenza 
del 
24 
ottobre 
2017 
della 
CGUE) 
o 
dalla 
data 
in cui 
il 
provvedimento � 
divenuto definitivo (secondo la 
soluzione 
contenuta 
nel parere 2616/18 del Consiglio di Stato). 

* 


Sulle 
questioni 
oggetto 
del 
presente 
parere 
� 
stato 
sentito 
il 
Comitato 
Consultivo, 
che si � espresso in conformit� nella seduta del 22 novembre 2018. 


i 
motivi 
obbligatori 
di 
esclusione, ma anche 
di 
prevedibilit� e 
di 
certezza del 
diritto, occorre 
ritenere 
che 
il 
periodo di 
tre 
anni 
di 
cui 
all�articolo 57, paragrafo 7, della direttiva 2014/24 sia calcolato a decorrere 
dalla data della suddetta decisione. 
39 Tale 
soluzione 
appare 
tanto pi� giustificata in quanto, come 
rilevato dall�avvocato generale 
ai 
paragrafi 
da 83 a 85 delle 
sue 
conclusioni, l�esistenza di 
comportamenti 
restrittivi 
della concorrenza pu� 
essere dimostrata solo dopo una decisione che qualifichi giuridicamente i fatti in tal senso�. 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Convenzione tra una autorit� portuale ed un ente 
pubblico di ricerca (ex art. 15, l. 241/90), in specie sulla 
ammissibilit� del rimborso delle spese per il personale 


(Parere 
del 
30/11/2018-619847, al 4909/2016, avv. MarCo 
STiGliano 
MeSSUTi) 


Con la 
nota 
emarginata 
codesta 
Avvocatura 
ha 
sottoposto allo scrivente 
una 
richiesta 
di 
parere 
avente 
ad oggetto la 
disciplina 
applicabile 
alle 
convenzioni 
tra pubbliche amministrazioni, ex art. 15, l. 241 del 7 agosto 1990. 


Tale 
quesito 
origina 
dal 
parere 
richiesto 
dall'allora 
Autorit� 
Portuale 
di 
Olbia 
-Golfo 
Aranci 
-Porto 
Torres, 
oggi 
AdSP 
del 
Mare 
di 
Sardegna, 
ex 
D.lgs. 
169/2016 (con nota 
prot. n. 364 del 
15 gennaio 2016), in merito ad una 
eventuale 
convenzione, di 
cui 
� 
stata 
allegata 
la 
bozza, tra 
la 
stessa 
e 
l'Istituto superiore 
per la 
Protezione 
e 
la 
Ricerca 
Ambientale 
(ISPRA), avente 
ad oggetto 
lo studio di 
"nuove 
soluzioni 
di 
dragaggio e 
deposizione 
dei 
sedimenti 
in ambienti 
confinati e sensibili". 


1) 
Il 
quesito 
ha 
ad 
oggetto 
il 
tema 
dell'ammissibilit� 
del 
rimborso 
delle 
spese 
previste 
dalla 
bozza 
di 
convenzione, 
con 
specifico 
riferimento 
alle 
spese 
per 
il 
personale 
sulle 
quali 
permanevano 
dei 
dubbi 
da 
parte 
della 
stessa 
Autorit�. 


Codesta 
Avvocatura, rimettendo la 
questione 
allo scrivente, ritenendola 
di 
carattere 
generale 
e 
di 
massima, evidenziava 
altre 
perplessit� 
riguardo alla 
legittimit� della bozza di convenzione in oggetto. 


Nello specifico: 


2) se il parere richiesto dall'Autorit� potesse essere reso; 


3) se 
sussista 
la 
possibilit� 
"di 
potere 
legittimamente 
procedere 
alla stipula 
della convenzione e, nel caso, a quali condizioni"; 


4) se 
la 
bozza 
di 
convenzione 
rientri 
nelle 
previsioni 
di 
cui 
al 
D.M. 21 
maggio 2010, n. 123, con specifico riguardo agli artt. 12 e 13; 


5) se 
la 
convenzione 
in oggetto sia 
compatibile 
con il 
diritto dell'unione 
europea, anche 
in ossequio alla 
determinazione 
dell'AVCP 
n. 7 del 
21 ottobre 
2010 (richiamata espressamente dalla bozza di convenzione); 


6) se 
la 
previsione 
della 
clausola 
di 
recesso, di 
cui 
all'art. 13 della 
bozza 
di 
convenzione, 
possa 
ritenersi 
ammissibile, 
ancor 
pi� 
in 
presenza 
di 
un 
limite 
al 
rimborso 
delle 
spese 
sostenute, 
fissato 
in 
300.000,00 
euro 
(art. 
5 
della 
bozza 
di convenzione). 


*** 


Preliminarmente, 
al 
fine 
di 
una 
compiuta 
risoluzione 
del 
quesito, 
si 
rende 
necessario 
qualificare 
la 
natura 
giuridica 
e 
la 
disciplina 
applicabile 
all'accordo 
tra pubbliche amministrazioni, cd. orizzontale. 

Tale 
istituto, previsto dell'art. 15 della 
l. 241 del 
7 agosto 1990, viene 
definito 
come 
"accordo di 
diritto pubblico" 
e 
nasce 
con lo scopo di 
facilitare 
la 
cooperazione 
tra 
pubbliche 
amministrazioni, 
nel 
perseguimento 
dei 
propri 
ob



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


biettivi 
istituzionali. 
Specificamente 
si 
afferma 
come 
"[�] 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono 
sempre 
concludere 
tra 
loro 
accordi 
per 
disciplinare 
lo 
svolgimento 
in collaborazione 
di 
attivit� di 
interesse 
comune. 2. Per 
detti 
accordi 
si 
osservano, per 
quanto applicabili, le 
disposizioni 
previste 
dall'articolo 11, 
commi 2 e 3". 


La 
scarna 
disposizione 
normativa, quindi, oltre 
a 
stabilire 
lo scopo a 
cui 
tali 
accordi 
debbano 
tendere, 
si 
riporta 
specificamente 
alle 
norme 
che 
regolano 
gli 
accordi 
tra 
amministrazioni 
e 
privati 
di 
cui 
all'art. 11, con esclusione 
del 
comma che prevede il diritto di recesso unilaterale per l'amministrazione. 

La 
giurisprudenza, 
anche 
su 
spinta 
di 
quella 
eurounitaria, 
ha 
ritenuto 
ammissibile 
tale 
strumento 
anche 
allo 
scopo 
di 
prestazione 
di 
attivit� 
e 
di 
fornitura 
di 
servizi 
tra 
amministrazioni, 
escludendo 
tali 
accordi 
dall'applicazione 
del 
codice dei contratti pubblici. 


Affinch�, 
per�, 
operi 
tale 
esclusione 
devono 
ricorrere 
alcuni 
presupposti, 
ben 
definiti 
dal 
legislatore 
comunitario 
con 
la 
direttiva 
2014/24/UE, 
cos� 
come 
recepita 
dall'art. 
5, 
comma 
6, 
del 
d.lgs. 
n. 
50, 
del 
18 
aprile 
2016, 
specificamente: 
"l�accordo stabilisce 
o realizza una cooperazione 
tra le 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
o 
gli 
enti 
aggiudicatori 
partecipanti, 
finalizzata 
a 
garantire 
che 
i 
servizi 
pubblici 
che 
essi 
sono tenuti 
a svolgere 
siano prestati 
nell�ottica di conseguire gli obiettivi che essi hanno in comune; 


l�attuazione 
di 
tale 
cooperazione 
� 
retta 
esclusivamente 
da 
considerazioni 
inerenti all�interesse pubblico; 


le 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
o 
gli 
enti 
aggiudicatori 
partecipanti 
svolgono 
sul 
mercato 
aperto 
meno 
del 
20% 
delle 
attivit� 
interessate 
dalla 
cooperazione". 


A 
tale 
ammissibilit� 
di 
massima, 
deve 
aggiungersi 
la 
ricostruzione 
operata 
dalla giurisprudenza amministrativa, in ordine al rimborso delle spese. 


Se 
infatti, una 
remunerazione 
per l'attivit� 
originata 
da 
un accordo ex art. 
15 ben si 
pone 
in contrasto con i 
principi 
della 
concorrenza, impedendo il 
verificarsi 
delle 
condizioni 
di 
cui 
all'art. 5, d.lgs. 50/2016, diverso � 
il 
caso in 
cui 
venga 
previsto un mero ristoro delle 
spese 
effettivamente 
sostenute 
dal-
l'amministrazione. 
Questo, 
ovviamente 
"purch� 
il 
trasferimento 
di 
risorse 
resti 
entro i 
ristretti 
limiti 
del 
riconoscimento di 
un corrispettivo [�] 
a copertura 
delle 
spese 
vive 
sostenute", 
cos� 
come 
affermato 
dal 
Consiglio 
di 
Stato, 
nel 
parere 
del 
22 aprile 
2015, n. 1178 (Cfr. anche 
Consiglio di 
Stato, Sez. III, 22 
febbraio 2018, n. 1132). 


Quanto premesso in via 
generale 
e 
preliminare, si 
procede 
ora 
all'analisi 
di ogni specifico quesito. 

*** 


1) 
Con 
riferimento 
all'ammissibilit� 
della 
convenzione 
in 
oggetto, 
la 
questione 
pi� annosa 
risulta 
essere 
relativa 
al 
rimborso delle 
spese 
del 
personale, 
e 
quindi 
alla 
loro 
annoverabilit� 
tra 
le 
"spese 
vive 
sostenute" 
cos� 
come 
chiarito 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


dalla 
citata 
giurisprudenza. 
Tale 
elemento 
risulter� 
dirimente 
rispetto 
alla 
qualificazione 
dell'onerosit� 
come 
avente, o meno, natura 
lucrativa. Solo in assenza 
di 
quest'ultimo elemento l'accordo potr� 
ritenersi 
al 
di 
fuori 
dell'ambito 
di applicazione della disciplina del codice dei contratti pubblici. 

Alla 
luce 
dell'analisi 
sopra 
compiuta, 
pu� 
osservarsi 
come 
il 
rimborso 
delle 
spese 
sia 
ben 
ammissibile 
nei 
rapporti 
disciplinati 
dall'art. 
15 
della 
legge 
sul 
procedimento amministrativo, richiedendosi 
per� che 
questo non celi 
un 
trasferimento economico di natura remunerativa/lucrativa. 

A 
parere 
dello scrivente, il 
rimborso delle 
spese 
del 
personale 
dovrebbe 
configurarsi come ammissibile, alla luce di una pluralit� di considerazioni: 


a) il 
trasferimento economico non ha 
natura 
forfettaria; 
viene 
richiesta, 
infatti, la giustificazione specifica di ogni singola voce di costo; 


b) 
il 
rimborso 
risulta 
essere 
"fuori 
campo 
IVA", 
ex 
art. 
4 
del 
DPR 
633/1972, 
laddove 
si 
prevede 
l'esclusione 
dalle 
attivit� 
commerciali, 
cos� 
come 
affermato dalla 
convenzione 
stessa. L'assenza 
dell'imposizione 
dell'IVA, perci�, 
pu� considerarsi indice della sua natura non remunerativa; 


c) la 
sussistenza 
di 
un tetto massimo alle 
spese 
(300.000,00 euro), lascerebbe 
emergere 
la 
volont� 
dell'Autorit� 
di 
impedire 
una 
proliferazione 
dei 
costi, mantenendoli nei limiti di quanto effettivamente sostenuto; 


d) 
la 
necessit� 
della 
precisa 
attestazione 
delle 
spese, 
cos� 
come 
la 
loro 
qualificabilit� 
in 
termini 
di 
necessariet� 
ed 
inerenza, 
sembra 
escludere 
la 
natura 
lucrativa per l'Ente. 


Conclusivamente, 
la 
previsione 
di 
un 
onere 
di 
rimborso 
posto 
a 
carico 
solamente 
all'Autorit� 
di 
Sistema 
Portuale, non sembra 
possa 
ritenersi 
come 
un elemento che giustifichi la natura lucrativa dell'accordo. 

Sul 
punto pu� osservarsi, inoltre, cos� 
come 
evidenziato da 
codesta 
Avvocatura 
e 
dall'Autorit�, che 
nella 
maggior parte 
delle 
convenzioni 
tra 
amministrazioni 
rinvenibili 
sul 
sito 
istituzionale 
della 
PDCM, 
sia 
possibile 
individuare 
il 
rimborso delle 
spese 
per il 
personale 
(cfr. accordo tra 
PDCM 
Dipartimento 
Politiche 
Antidroga 
e 
Consiglio Nazionale 
delle 
Ricerche 
- Istituto 
di 
Fisiologia 
Clinica; 
accordo tra 
PDCM 
e 
Istituto degli 
Innocenti). Non 
da 
ultimo 
tale 
previsione 
� 
rinvenibile 
anche 
negli 
accordi 
tra 
amministrazioni 
derivanti 
dall'art. 64, del 
d.lgs. 30 luglio 1999, n. 300, cos� 
come 
modificato 
ed integrato dall'art. 6 del 
d.l. n. 16/2012. In tale 
caso, essendo direttamente 
la 
legge 
a 
riconoscere 
la 
possibilit� 
di 
questo tipo di 
rimborso, non potrebbe 
ritenersi configurato un utilizzo illegittimo dell'art. 15, della L. 241/1990. 


Confrontando altre 
ipotesi 
convenzionali 
rinvenibili 
su numerosi 
siti 
di 
altre 
amministrazioni, pu� notarsi 
la 
presenza, inoltre, di 
una 
simile 
clausola. 
Elemento questo che 
seppur non possa 
qualificarsi 
come 
validante 
di 
per s�, 
certo si 
pone 
come 
indice 
di 
una 
prassi 
non censurata, quantomeno in via 
generale, 
dalla giurisprudenza amministrativa. 


Fermo quanto sopra 
detto si 
rende 
necessario comunque 
svolgere 
alcune 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


precisazioni. 
Nello 
specifico 
bisogna 
osservare 
come 
qualche 
dubbio 
permanga 
in 
merito 
all'applicazione 
generica 
ed 
indiscriminata 
dell'art. 
5, 
comma 
3, laddove 
si 
afferma 
vagamente 
come 
tra 
le 
spese 
rimborsabili 
rientrano le 


"spese 
di 
personale 
(sia esso dipendente, ovvero titolare 
di 
contratti 
di 
collaborazione 
a progetto, collaborazione 
occasionale, di 
borse 
di 
studio, assegni 
di 
ricerca o altre 
forme 
contrattuali 
al 
personale 
esterno chiamato a collaborare, 
il 
tutto comprensivo degli 
oneri 
contributivi 
e 
differiti 
in genere); progetto, 
collaborazione 
occasionale, 
di 
borse 
di 
studio, 
assegni 
di 
ricerca 
o 
altre 
forme 
contrattuali 
al 
personale 
esterno chiamato a collaborare, il 
tutto comprensivo 
degli oneri contributivi e differiti in genere)". 


Nello 
specifico, 
in 
relazione 
al 
personale 
dipendente 
dell'ISPRA, 
si 
ritiene 
che 
l'attivit� 
lavorativa 
ulteriormente 
remunerabile 
(e 
conseguentemente 
rimborsabile) 
sembrerebbe 
essere 
solo quella 
relativa 
a 
prestazioni 
straordinarie, 
rientrando 
l'ordinaria 
prestazione 
nell'ambito 
dei 
rapporti 
di 
lavoro 
dipendente, 
precedentemente stabiliti e relativi all'incardinamento presso l'Istituto. 

A 
questo deve 
aggiungersi 
anche 
una 
valutazione 
in ordine 
al 
finanziamento 
di 
"borse 
di 
studio, assegni 
di 
ricerca o altre 
forme 
contrattuali 
al 
personale 
esterno chiamato a collaborare". 
In merito, seppur non sembrerebbe 
rinvenirsi 
alcuna 
specifica 
impossibilit� 
o illegittimit� 
della 
previsione, l'istituzione 
di 
tali 
rapporti, stante 
la 
loro natura 
fortemente 
flessibile, comporter� 
una 
puntuale 
verifica 
e 
motivazione 
in ordine 
alla 
"necessit� ed inerenza" 
richiamata 
dall'art. 5, comma 2. 


Conclusivamente, 
a 
parere 
dello 
scrivente, 
il 
rimborso 
delle 
spese 
del 
personale, 
oggetto dell'unico quesito posto dall'Autorit�, non sembrerebbe 
ritenersi 
di natura lucrativa, tale da escludere l'accordo ex art. 15. 


*** 


Per completezza 
espositiva 
e 
di 
analisi 
non pu� che 
segnalarsi, in via 
autonoma 
rispetto 
al 
quesito 
posto 
dall'Autorit�, 
come 
l'art. 
5 
della 
bozza 
di 
convenzione 
preveda 
che 
l'attivit� 
di 
rendicontazione 
sia 
regolata 
dai 
"successivi 
art. 6, 6bis, 6ter". Non risulta 
per�, allo scrivente, l'esistenza 
degli 
art. 6bis 
e 
6ter 
nella bozza di convenzione. 

*** 


Codesta 
Avvocatura 
ha 
autonomamente 
sottoposto, come 
detto, ulteriori 
quesiti ed in particolare: 


2) 
se 
possa 
"provvedersi 
a 
rendere 
il 
richiesto 
parere 
o, 
in 
alternativa, 
quali 
siano 
le 
modalit� 
con 
le 
quali 
lo 
stesso 
deve 
essere 
reso. 
invero 
nel 
caso 
di 
specie 
detto 
parere 
concerne 
una 
convenzione 
che 
deve 
essere 
stipulata 
con 
l'iSPra, che pure gode del patrocinio dell'avvocatura dello Stato". 

Non si 
ravvisano motivi 
ostativi 
al 
rilascio del 
presente 
parere 
atteso che 
trattasi 
entrambi 
di 
soggetti 
che 
godono del 
patrocinio dell'Avvocatura 
dello 
Stato e 
che 
possono richiedere 
il 
parere 
ai 
sensi 
dell'art. 47 del 
Regio Decreto 
30 ottobre 
1933, n. 1611, laddove 
si 
afferma 
come 
"l'avvocatura dello Stato 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


d� 
i 
pareri 
che 
le 
siano 
richiesti 
dagli 
enti 
dei 
quali 
assume 
la 
rappresentanza 
e la difesa a norma del titolo iii". 


Conclusivamente 
� 
perfettamente 
legittima 
l'evasione 
del 
parere 
in 
oggetto. 


*** 


3) 
Quanto 
alla 
"possibilit� 
di 
potere 
legittimamente 
procedere 
alla 
stipula 
della convenzione 
e, nel 
caso, a quali 
condizioni", non ci 
si 
pu� che 
riportare 
alla 
disciplina 
contenuta 
nell'art. 15, della 
l. 241 del 
1990, in combinato disposto 
con l'art. 5, comma 
6 del 
d.lgs. n. 50 del 
2016, cos� 
come 
gi� 
ampiamente 
chiarito. 


L'inserimento 
di 
entrambi 
i 
soggetti 
stipulanti 
tra 
le 
amministrazioni 
pubbliche, 
cos� 
come 
la 
sussistenza 
della 
personalit� 
giuridica 
in capo agli 
stessi, 
lascerebbe 
propendere 
per la 
sussistenza 
dell'effettivo potere 
di 
stipula 
della 
convenzione. 


*** 


4) 
Altra 
questione 
sottoposta 
riguarda 
l'ammissibilit� 
dell'accordo, 
con 
specifico riguardo all'ISPRA, alla 
luce 
del 
D.M. 21 maggio 2010, n. 123 dove 
all'art. 13, rubricato "Rapporti 
convenzionali" 
prevede 
che 
"nell'ambito delle 
proprie 
competenze 
e 
garantendo 
prioritariamente 
l'efficace 
svolgimento 
delle 
attivit� ricomprese 
nella convenzione 
di 
cui 
all'art. 12 del 
presente 
decreto, 
l'iSPra, 
previa 
comunicazione 
al 
Ministro, 
pu� 
svolgere 
incarichi 
di 
carattere 
tecnico-scientifico, 
mediante 
convenzioni, 
per 
conto 
di 
pubbliche 
amministrazioni, 
enti 
o 
organizzazioni 
pubbliche 
o 
private, 
anche 
internazionali. 
l'iSPra 
pu�, altres�, ferma restando la previa comunicazione 
di 
cui 
al 
periodo precedente, 
partecipare 
o costituire 
consorzi 
con amministrazioni 
pubbliche 
e 
private, 
nazionali o internazionali". 

Codesta 
Avvocatura 
ritiene 
che, 
non 
rientrando 
la 
convenzione 
in 
oggetto 
tra 
quelle 
previste 
nell'elenco 
della 
convenzione 
di 
cui 
all'art. 
12, 
questa 
debba 
ritenersi illeggittima. 

Tale 
avviso non appare 
condivisibile, alla 
luce 
del 
dato letterale 
dell'art. 
13 laddove 
non risulta 
vietata 
la 
stipula 
di 
convenzioni 
al 
di 
fuori 
dell'ambito 
dell'elenco previsto. Ci� che 
viene 
richiesto � 
che, riguardo agli 
incarichi 
ulteriori, 
questi 
garantiscano 
comunque 
lo 
svolgimento 
"prioritario" 
delle 
attivit� 
ricomprese nella convenzione di cui all'art. 12. 

Non risulta 
n� 
da 
quanto dichiarato da 
codesta 
Avvocatura, n� 
da 
alcun 
atto allegato, la 
sussistenza 
di 
alcuna 
mancanza 
(o di 
un rischio di 
essa) nello 
svolgimento 
delle 
attivit� 
prescritte 
dell'art. 
12 
e 
dalla 
convenzione 
ad 
esso 
legata, perci� non si 
ritiene 
condivisibile 
l'interpretazione 
fornita 
da 
codesto 
distrettuale ufficio. 


Per tali 
motivi, a 
parere 
di 
questa 
avvocatura, la 
convenzione 
in oggetto 
non si pone in contrasto con il D.M. 21 maggio 2010, n. 123. 


*** 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


5) 
Altra 
questione, 
riguarda 
la 
compatibilit� 
della 
convenzione 
in 
oggetto 
con la 
disciplina 
eurounitaria. Sul 
punto codesta 
Avvocatura, richiama 
la 
determinazione 
dell'AVCP 
n. 
7 
del 
21 
ottobre 
2010, 
in 
quanto 
indicata 
anche 
nella 
convenzione, 
a 
sostegno 
della 
sua 
legittimit�. 
Similmente 
viene 
indicato 
anche il parere del Consiglio di Stato, sez. II, 11 marzo 2015, n. 1178. 

Come 
gi� 
affermato, pu� ritenersi 
che 
una 
convenzione 
tra 
amministrazioni, 
ritenuta 
esclusa 
dal 
campo 
di 
applicazione 
della 
disciplina 
sulla 
contrattualistica 
pubblica, 
sia 
coerente 
con 
l'assetto 
normativo 
europeo, 
nello 
specifico con la direttiva 2014/24/UE, laddove: 


a) "l'accordo regola la realizzazione 
di 
un interesse 
pubblico, effettivamente 
comune 
ai 
partecipanti, 
che 
le 
parti 
hanno 
l'obbligo 
di 
perseguire 
come 
compito principale, da valutarsi 
alla luce 
delle 
finalit� istituzionali 
degli 
enti 
coinvolti; 


b) alla base 
dell'accordo deve 
esserci 
una reale 
divisione 
di 
compiti 
e 
responsabilit�; 


c) 
i 
movimenti 
finanziari 
tra 
i 
soggetti 
che 
sottoscrivono 
l'accordo 
devono 
configurarsi 
solo come 
ristoro delle 
spese 
sostenute, essendo escluso il 
pagamento 
di 
un vero e 
proprio corrispettivo, comprensivo di 
un margine 
di 
guadagno". 


Si 
rende 
necessario, 
perci�, 
analizzare 
compiutamente 
l'accordo 
in 
oggetto, 
con riferimento ai 
singoli 
punti 
sopra 
esposti, al 
fine 
di 
verificarne 
la 
compatibilit� con il diritto dell'unione europea. 

*** 


a) Riguardo al 
perseguimento dell'interesse 
pubblico, si 
rende 
necessario 
verificare 
quali 
siano gli 
obiettivi 
dell'attivit� 
dei 
due 
soggetti 
pubblici, cos� 
come quale sia lo scopo centrale della convenzione in oggetto. 

All'art. 2 della 
bozza 
di 
convenzione 
si 
osserva 
come 
questa 
sia 
rivolta 
"all'esecuzione 
del 
programma 
di 
attivit� 
di 
collaborazione 
[�], 
nelle 
attivit� 
di 
programmazione, progettazione 
e 
realizzazione 
delle 
attivit� di 
movimentazione 
dei 
sedimenti, con le 
connesse 
attivit� di 
formazione 
e 
divulgazione 
inerenti 
le 
differenti 
attivit� tecnico-scientifiche 
oggetto della collaborazione 
tra i 
due 
enti 
[�]". Nella 
sostanza, tale 
accordo avrebbe 
ad oggetto attivit� 
di 
studio dello stato dei 
fondali 
di 
competenza 
dell'AdSP, cos� 
come 
di 
studio 
e 
supporto nell'attivit� 
di 
dragaggio degli 
stessi. Questo anche 
in ossequio al 
"Piano operativo Triennale 
dell'autorit�, laddove 
si 
prevedono significative 
attivit� 
di 
manutenzione 
dei 
fondali 
portuali 
per 
portarli 
a 
migliori 
condizioni 
operative" 
(elemento 
contenuto 
nei 
"considerato" 
della 
bozza 
di 
convenzione). 


Venendo all'AdSP, i 
compiti 
e 
le 
funzioni 
a 
questa 
assegnati 
sono deducibili 
dall'articolo 6, della 
legge 
28 gennaio 1994, n. 84, cos� 
come 
modificata 
dal 
comma 
4, dell'art. 7, del 
D.Lgs. 4 agosto 2016, n. 169, laddove 
specificamente 
si 
prevede 
come 
"l'adSP 
nel 
perseguimento degli 
obiettivi 
e 
delle 
finalit� 
di cui all'articolo 1 svolge i seguenti compiti: 



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


a) 
indirizzo, 
programmazione, 
coordinamento, 
regolazione, 
promozione 
e 
controllo, 
anche 
mediante 
gli 
uffici 
territoriali 
portuali 
secondo 
quanto 
previsto 
all'articolo 
6-bis, 
comma 
1, 
lettera 
c), 
delle 
operazioni 
e 
dei 
servizi 
portuali, 
delle 
attivit� 
autorizzatorie 
e 
concessorie 
di 
cui 
agli 
articoli 
16, 
17 
e 
18 
e 
delle 
altre 
attivit� 
commerciali 
ed 
industriali 
esercitate 
nei 
porti 
e 
nelle 
circoscrizioni 
territoriali. 
all'autorit� 
di 
sistema 
portuale 
sono, 
altres�, 
conferiti 
poteri 
di 
ordinanza, 
anche 
in 
riferimento 
alla 
sicurezza 
rispetto 
a 
rischi 
di 
incidenti 
connessi 
alle 
attivit� 
e 
alle 
condizioni 
di 
igiene 
sul 
lavoro 
ai 
sensi 
dell'articolo 
24; 


b) 
manutenzione 
ordinaria 
e 
straordinaria 
delle 
parti 
comuni 
nell'ambito 
portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali; 


c) 
affidamento 
e 
controllo 
delle 
attivit� 
dirette 
alla 
fornitura 
a 
titolo 
oneroso 
agli 
utenti 
portuali 
di 
servizi 
di 
interesse 
generale, 
non 
coincidenti 
n� 
strettamente 
connessi 
alle 
operazioni 
portuali 
di 
cui 
all'articolo 16, comma 
1, individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; 


d) 
coordinamento 
delle 
attivit� 
amministrative 
esercitate 
dagli 
enti 
e 
dagli 
organismi 
pubblici 
nell'ambito 
dei 
porti 
e 
nelle 
aree 
demaniali 
marittime 
comprese 
nella circoscrizione territoriale; 


e) 
amministrazione 
in 
via 
esclusiva 
delle 
aree 
e 
dei 
beni 
del 
demanio 
marittimo 
ricompresi nella propria circoscrizione". 


Cos� 
come, nella 
stessa 
legge, sono previste 
specifiche 
norme 
relative 
al 
dragaggio delle 
aree 
portuali 
e 
marino costiere 
(art. 5-bis), lasciando perci� 
evidenziare 
come 
questo 
settore 
sia 
di 
competenza 
ed 
interesse 
dell'AdSP. 
Specificamente 
la 
"manutenzione 
ordinaria 
e 
straordinaria 
delle 
parti 
comuni 
nell'ambito portuale, ivi 
compresa quella per 
il 
mantenimento dei 
fondali" 
si 
configura 
come 
perfettamente 
coerente 
con 
gli 
obiettivi 
e 
gli 
interessi 
della 
convenzione in oggetto. 


Venendo 
ora 
all'ISPRA 
e 
alle 
funzioni 
ed 
interessi 
a 
cui 
questo 
� 
preposto, 
possiamo 
osservare 
come 
l�Istituto 
superiore 
per 
la 
protezione 
e 
la 
ricerca 
ambientale 
(ISPRA) 
sia 
un 
ente 
pubblico 
di 
ricerca, 
dotato 
di 
personalit� 
giuridica 
di 
diritto pubblico, autonomia 
tecnica, scientifica, organizzativa, finanziaria, 
gestionale, amministrativa, patrimoniale 
e 
contabile. Tale 
ente, vede 
i 
propri 
compiti 
cristallizzati 
nello statuto dove 
all'art. 2, rubricato "compiti 
istituzionali", 
prevede 
che 
"l'istituto svolge 
attivit� di 
ricerca e 
sperimentazione; attivit� 
conoscitiva, 
di 
controllo, 
monitoraggio 
e 
valutazione; 
attivit� 
di 
consulenza 
strategica, 
assistenza 
tecnica 
e 
scientifica, 
nonch� 
di 
informazione, 
divulgazione, educazione 
e 
formazione, anche 
post-universitaria, in materia 
ambientale, con riferimento alla tutela delle 
acque, alla difesa dell'ambiente 
atmosferico, del 
suolo, del 
sottosuolo, della biodiversit� marina e 
terrestre 
e 
delle 
rispettive 
colture"; 
eguale 
previsione 
� 
rinvenibili 
nel 
Decreto ministeriale 
21 maggio 2010 n. 123. 

Proprio l'attribuzione 
di 
compiti 
in ambito di 
ricerca 
e 
sperimentazione, 
con 
specifico 
riguardo 
alla 
materia 
ambientale 
e 
alla 
tutela 
delle 
acque, 
la



PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


Altres� 
deve 
osservarsi 
come 
l'AdSP 
� 
chiamata 
a 
mettere 
a 
disposizione 
dei 
mezzi 
nautici, oltrech� 
a 
coordinare 
le 
attivit� 
di 
prelevamento dei 
campioni 
di 
studio, 
lasciando 
emergere 
l'utilizzo 
della 
propria 
expertise 
e 
della 
propria competenza sull'area delle operazioni. 

Le 
articolate 
competenze 
dei 
singoli 
enti, modulate 
sulle 
rispettive 
capacit�, 
lascerebbero 
propendere 
per 
la 
sussistenza 
del 
requisito 
in 
analisi, 
non 
configurandosi 
un 
rapporto 
di 
appalto, 
in 
cui 
una 
parte 
demanda 
all'altra 
alcune 
attivit� 
o servizi, quanto piuttosto una 
cooperazione 
nei 
rispettivi 
ambiti 
istituzionali. 


Il 
requisito 
richiesto 
dalla 
disciplina 
eurounitaria, 
risulterebbe 
perci� 
presente. 


*** 


c) 
Venendo 
ora 
al 
requisito 
cd. 
"finanziario", 
quale 
cio� 
l'elemento 
rispetto 
al 
quale 
"i 
movimenti 
finanziari 
tra soggetti 
devono configurarsi 
come 
rimborso 
delle 
spese 
sostenute". Non pu� che 
richiamarsi 
quanto gi� 
affermato 
al punto 1) del presente parere. 

Nello specifico sembrerebbe, perci�, potersi 
ritenere 
il 
trasferimento finanziario 
previsto dalla 
convenzione 
come 
avente 
natura 
meramente 
di 
rimborso, 
e privo di connotati lucrativi. 

*** 


6) 
L'ultima 
questione 
posta 
da 
codesta 
Avvocatura, 
� 
relativa 
alla 
validit� 
della clausola di recesso contenuta nell'art. 13 della bozza di convenzione. 


Tale 
articolo 
prevede 
come 
"le 
Parti 
possono 
recedere 
dalla 
presente 
Convenzione 
mediante 
comunicazione 
scritta da notificare 
con preavviso di 
almeno sessanta (60) giorni 
mediante 
lettera raccomandata con avviso di 
ricevimento 
ovvero con posta elettronica certificata (PeC), fatto salvo il 
rimborso 
delle spese sostenute per le attivit� sino a quel momento eseguite". 

Si 
configura, 
in 
tal 
modo, 
un'ipotesi 
di 
recesso 
unilaterale 
prevista 
in 
capo 
a 
ciascun 
contraente, 
comprensiva 
della 
possibilit� 
di 
rimborso 
delle 
spese 
sostenute 
fino a tal momento. 


Nonostante 
ampio 
dibattito 
abbia 
coinvolto 
il 
mancato 
richiamo 
dell'art. 
15 della 
l. n. 241 del 
1990 all'ipotesi 
di 
recesso unilaterale 
di 
cui 
all'art. 11, 
comma 
4 
e 
la 
conseguente 
ammissibilit� 
dell'applicazione 
del 
recesso 
unilaterale 
per 
sopravvenuti 
motivi 
di 
interesse 
pubblico, 
il 
caso 
di 
specie 
risulta 
differente. 
Infatti 
in 
tale 
ipotesi 
non 
si 
rientrerebbe 
in 
una 
causa 
di 
recesso 
specifico 
prevista 
dalla 
legge, 
quanto 
nel 
pi� 
generale 
caso 
di 
recesso 
convenzionale. 


Sul 
punto, 
devono 
ritenersi 
applicabili 
i 
generali 
principi 
civilistici 
relativi 
alle 
obbligazioni 
ed ai 
contratti, cos� 
come 
stabilito dall'art. 11, comma 
2, richiamato 
specificamente 
dalla 
disciplina 
degli 
accordi 
tra 
pubbliche 
amministrazioni 
(cfr. 
in 
tema 
di 
recesso, 
con 
previsione 
anche 
della 
possibilit� 
di 
esercizio unilaterale 
tra 
amministrazioni, Consiglio di 
Stato, sez. VI, 23 novembre 
2011, n. 6162). 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 4/2018 


Altres�, 
la 
sentenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
n. 
849 
del 
2013 
citata 
da 
codesta 
avvocatura 
(che 
alla 
scrivente 
risulta 
depositata 
in 
data 
12 
febbraio 
2013, 
e 
non 
15 
luglio 
come 
affermato 
nella 
nota 
che 
si 
riscontra), 
non 
risulterebbe 
pertinente 
al 
caso di 
specie, non sembra 
riferirsi, infatti 
al 
diritto di 
recesso, n� 
pi� 
genericamente 
agli 
accordi 
tra 
amministrazioni, 
di 
cui 
all'art. 
15 
l. 
241/1990, quanto a concessioni edilizie in sanatoria. 


Pertanto, 
nonostante 
appaia 
scarsamente 
opportuna 
la 
previsione 
della 
possibilit� 
di 
recesso qualora 
le 
spese 
sostenute 
dall'ISPRA 
superino la 
soglia 
massima 
per il 
rimborso prevista 
dall'art. 5 della 
convenzione, non si 
ritiene 
a 
parere 
dello scrivente 
che 
si 
incorra 
in ipotesi 
di 
illegittimit�, stante 
l'assenza 
di 
uno specifico riferimento normativo volto ad impedire 
una 
tale 
configurazione. 


*** 


Conclusivamente, 
nulla 
sembrerebbe 
ostare, 
da 
parte 
dello 
scrivente, 
alla 
stipula della convenzione in oggetto. 


Il 
Comitato Consultivo, nella 
seduta 
del 
22 novembre 
2018, si 
� 
espresso 
in conformit�. 



LegIsLazIoneedattuaLIt�
I trasferimenti individuali nel rapporto 
di lavoro pubblico e privato 


Antonio Tallarida* 


Sommario: 1. Trasferimenti 
d�ufficio - 2. Norma generale 
- 3. La giurisprudenza in materia 
- 4. Disposizioni 
speciali 
- 5. ricongiungimento familiare 
- 6. Distacco, comando, trasferta 
o 
missione 
-7. 
Trasferimenti 
a 
domanda 
-8. 
il 
lavoro 
agile 
-9. 
Contrattazione 
collettiva 
nazionale - 10. Considerazioni finali. 


1. Trasferimenti d�ufficio. 
La 
materia 
del 
trasferimento di 
sede 
nell�ambito del 
rapporto di 
lavoro 
con la 
PA 
o con il 
privato riveste 
particolare 
importanza 
per il 
singolo dipendente. 
Essa 
infatti 
attiene 
agli 
interessi 
primari 
e 
concreti 
del 
lavoratore, 
spesso 
alle 
prese 
con 
le 
necessit� 
della 
propria 
vita 
sociale 
o 
pi� 
strettamente 
familiare 
(del 
coniuge 
che 
lavora, 
dei 
figli 
che 
studiano, 
dei 
genitori 
anziani, 
dei 
parenti 
disabili, ecc.), sovente difficilmente conciliabili con quelli aziendali. 


La 
legislazione 
cerca 
di 
districare 
questo groviglio di 
interessi 
con poche 
ma 
significative 
disposizioni, 
suscettibili 
di 
essere 
integrate 
dalla 
contrattazione 
collettiva, il 
tutto oggetto di 
attento esame 
da 
parte 
della 
giurisprudenza 
di merito e di legittimit�. 


Anzitutto 
va 
specificato 
che 
non 
tutti 
i 
mutamenti 
di 
sede 
lavorativa 
rientrano 
nel 
concetto 
di 
trasferimento. 
Non 
sono 
tali 
infatti 
le 
assegnazioni 
di 
nuova 
sede 
a 
seguito di 
promozione 
interna 
o di 
favorevole 
esito di 
procedura 
concorsuale, che ricadono nella categoria appunto della prima assegnazione. 


Non rientrano nel 
tema 
nemmeno i 
trasferimenti 
collettivi 
conseguenti 
a 
spostamenti 
territoriali 
dell�azienda 
per scelte 
imprenditoriali 
o per fusioni 
e 


(*) Gi� 
Vice 
Avvocato Generale dello Stato. 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


incorporazioni 
o per mutamenti 
di 
titolarit�, rispondendo questi 
a 
vicende 
che 
riguardano l�azienda 
nel 
suo insieme 
e 
non solo il 
singolo lavoratore, i 
cui 
interessi 
possono trovare 
una 
qualche 
tutela 
in altri 
istituti 
pi� generali, quali 
il 
preventivo esame 
in sede 
sindacale 
della 
programmata 
dislocazione, se 
previsto 
dalla contrattazione collettiva. 


Infine 
non sono veri 
e 
propri 
trasferimenti 
i 
meri 
spostamenti 
di 
ufficio 
nell�ambito della 
stessa 
sede 
(di 
stanza, di 
piano, di 
edificio) o quelli 
che 
non 
comportano 
un 
apprezzabile 
spostamento 
topografico 
del 
luogo 
di 
prestazione 
del 
lavoro, tendendo la 
normativa 
a 
tutelare 
le 
esigenze 
di 
vita 
sociale 
e 
familiare 
del 
lavoratore 
che 
non sono normalmente 
compromesse 
da 
questo tipo 
di 
mobilit�, n� 
quelli 
di 
natura 
meramente 
temporanea 
(distacchi, missioni), 
cui provvede altra normativa (v. � 6). 


In sostanza, si 
ha 
trasferimento solo quando si 
� 
in presenza 
di 
uno spostamento 
individuale 
(o 
anche 
di 
pi� 
lavoratori) 
apprezzabile 
del 
luogo 
di 
prestazione 
del 
lavoro, 
senza 
mutamento 
della 
qualifica 
posseduta 
e 
con 
carattere 
di tendenziale stabilit�. 


2. Norma generale. 
La 
regola 
generale 
che 
disciplina 
la 
materia 
� 
costituita 
dall�art. 
2103 
cod. 


civ. (prestazione 
del 
lavoro), come 
sostituito dall�art. 13 dello Statuto dei 
Lavoratori, 
che 
impone 
di 
adibire 
il 
lavoratore 
alle 
mansioni 
per le 
quali 
� 
stato 
assunto e 
dispone 
che 
�egli 
non pu� essere 
trasferito da una unit� produttiva 
ad un'altra, se 
non per 
comprovate 
ragioni 
tecniche, organizzative 
e 
produttive. 
ogni patto contrario � nullo�. 
A 
questa 
disposizione 
si 
ricollega 
la 
legge 
n. 183/2010 che 
ha 
fissato il 
termine 
di 
decadenza 
in 60 gg. dalla 
ricezione della 
comunicazione di 
trasferimento 
per l'impugnazione 
dello stesso: 
il 
lavoratore 
ha 
poi 
180 gg. per ricorrere 
in Tribunale 
o per richiedere 
il 
tentativo di 
conciliazione 
o l'arbitrato. 


Il 
trasferimento deve 
essere 
comunicato entro 5 gg. al 
Centro per l�impiego 
competente 
per 
territorio 
(d.lgs. 
n. 
181/2000, 
art. 
4-bis, 
comma 
5), 
sotto 
pena di una sanzione amministrativa (d.lgs. 176/2003, art. 19, comma 3). 


Le 
disposizioni 
dettate 
per 
il 
rapporto 
di 
lavoro 
privato 
si 
applicano 
anche 
per 
il 
rapporto 
di 
impiego 
pubblico, 
stante 
la 
generale 
sottoposizione 
di 
questo 
alla 
normativa 
del 
codice 
civile 
e 
alle 
leggi 
sul 
rapporto 
di 
lavoro 
subordinato 
nell'impresa, 
salvo 
diversa 
specifica 
disposizione 
(art. 
2, 
comma 
2, 
d.lgs. 
30 
marzo 
2001 
n. 
165), 
quale 
in 
materia 
l�art. 
30, 
comma 
2, 
d.lgs. 
n. 
165/2001 
cit. 
(come 
sostituito 
dall�art. 
4 
d.l. 
24 
giugno 
2014 
n. 
90, 
conv. 
in 


l. 
n. 
114/2014) 
che, 
nell�intento 
di 
agevolare 
la 
mobilit� 
nel 
pubblico 
impiego, 
dispone 
che: 
�Nell'ambito 
dei 
rapporti 
di 
lavoro 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
comma 
2, 
i 
dipendenti 
possono 
essere 
trasferiti 
all'interno 
della 
stessa 
amministrazione 
o, 
previo 
accordo 
tra 
le 
amministrazioni 
interessate, 
in 
altra 
amministrazione, 
in 
sedi 
collocate 
nel 
territorio 
dello 
stesso 
comune 
ovvero 
a 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


distanza 
non 
superiore 
a 
cinquanta 
chilometri 
dalla 
sede 
cui 
sono 
adibiti. 
ai 
fini 
del 
presente 
comma 
non 
si 
applica 
il 
terzo 
periodo 
del 
primo 
comma 
del-
l'articolo 
2103 
del 
codice 
civile�. 
In 
tal 
modo 
e 
in 
detti 
limiti 
si 
possono 
attuare 
trasferimenti 
d�autorit� 
a 
prescindere 
dalle 
condizioni 
poste 
dalla 
suddetta 
norma 
generale, 
salvo 
i 
casi 
in 
cui 
� 
comunque 
necessario 
il 
consenso 
dell�interessato 
(v. 
� 
4). 


A 
siffatta 
disciplina 
deve 
poi 
aggiungersi 
quella 
normalmente 
prevista 
nei CCNL di settore, che ha una funzione integrativa e complementare. 


3. La giurisprudenza in materia. 
Le 
principali 
questioni 
sorte 
in sede 
applicativa 
di 
dette 
disposizioni 
riguardano 
la 
nozione 
di 
trasferimento, la 
forma 
e 
la 
motivazione 
del 
provvedimento, 
il 
concetto di 
unit� 
produttiva, le 
ragioni 
o causali 
del 
trasferimento, il 
rifiuto del lavoratore a trasferirsi, la reintegrazione nel posto di lavoro. 


In particolare, secondo Cass. sez. lav., 28 febbraio 2013 n. 5011, posto 
che 
a 
seguito della 
contrattualizzazione 
del 
lavoro pubblico vanno applicate 
le 
norme 
civilistiche, va 
qualificato come 
trasferimento una 
assegnazione 
di 
durata 
elevata 
(12 anni), con conseguente 
applicabilit� 
dell�art. 2103 cod. civ. 
Per T.a.r. Lazio roma 
I-bis, 20 aprile 
2018 n. 4400, � 
trasferimento d�autorit� 
qualsiasi 
spostamento che 
sia 
il 
risultato di 
una 
determinazione 
autoritativa 
a 
prescindere dalla disponibilit� espressa su invito dell�amministrazione. 


La 
giurisprudenza 
� 
concorde 
nel 
ritenere 
non necessaria 
la 
forma 
scritta 
n� 
la 
comunicazione 
contestuale 
dei 
motivi 
n� 
quella 
successiva 
a 
richiesta 
(Cass. 18 gennaio 2019 n. 1383; 
Cass. 28 settembre 
2018 n. 23595; 
Cass. 5 
gennaio 
2007 
n. 
43). 
ritengono 
invece 
che 
i 
motivi 
vadano 
comunicati 
in 
caso 
di 
specifica 
richiesta 
del 
lavoratore: 
Cass. 15 maggio 2004 n. 9290; 
C. app. 
Milano, sez. lav., 20 febbraio 2004, in Lav. nella giur., 2004, 907; 
Trib. Bologna, 
sez. lav., 21 giugno 2002, in id., 2003, 92, in applicazione 
analogica 
del-
l�art. 2 L. 15 luglio 1966 n. 604, dettato per il caso del licenziamento. 

Sul 
concetto 
di 
unit� 
produttiva, 
la 
giurisprudenza 
individua 
come 
tale 
ogni 
articolazione 
autonoma 
dell�azienda 
avente, sotto il 
profilo funzionale, 
idoneit� 
a 
svolgere 
in 
tutto 
o 
in 
parte 
l�attivit� 
dell�impresa, 
anche 
se 
composta 
da 
uffici 
e 
stabilimenti 
dislocati 
in zone 
diverse 
dello stesso Comune 
(Cass. 
22 marzo 2005 n. 6117; Cass. 14 febbraio 2014 n. 2873). 

Quanto alle 
ragioni 
del 
trasferimento, queste 
devono essere 
quelle 
indicate 
nell�art. 2103 cod. civ., devono essere 
oggettive 
e 
non meramente 
soggettive 
(Trib. Milano, sez. lav., 16 marzo 2017; 
Trib. Milano, 8 giugno 2002, 
in D&L, 2002, 955) e 
devono essere 
comprovate 
nel 
giudizio con onere 
a 
carico 
del 
datore 
di 
lavoro 
(Trib. 
Milano, 
sez. 
lav., 
29 
giugno 
2017; 
id., 
9 
ottobre 
2014, in Lav. in giur., 2015, 421). Peraltro il 
Giudice 
non pu� sostituirsi 
al-
l�Amministrazione 
nella 
valutazione 
dell�opportunit� 
del 
trasferimento (Trib. 
roma, 
4 
marzo 
2002) 
o 
delle 
esigenze 
dell�impresa, 
rientrando 
tale 
valuta



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


zione 
nella 
potest� 
organizzativa 
datoriale 
(Cass. 15 marzo 2016 n. 5056) e 
nemmeno in quella 
della 
scelta 
del 
luogo di 
svolgimento dell�attivit� 
e 
del 
lavoro 
(Cass. 28 novembre 2016 n. 24112; Cass. 15 marzo 2016 n. 5056). 

Possono 
integrare 
ragioni 
valide 
di 
trasferimento 
anche 
le 
situazioni 
di 
incompatibilit� 
ambientale 
o aziendale 
quante 
volte 
determinino disorganizzazione 
o 
disfunzioni 
nell�attivit� 
dell�azienda 
(Cass. 
26 
ottobre 
2018 
n. 
27226; 
Cass. 12 febbraio 2002 n. 17786; 
Cass. 9 marzo 2001 n. 3525; 
C. app. 
Firenze, sez. lav., 4 marzo 2003, in Dir. e 
lav., 2003, 705) o la 
sussistenza 
di 
procedimenti 
disciplinari 
(Cass. 6 luglio 2011 n. 14875; 
Cass. 17 marzo 2009 


n. 6462; 
Trib. Firenze, sez. lav., 27 maggio 2009, in Lavoro, 2009, 715) o penali 
(Trib. 
roma, 
sez. 
lav., 
4 
marzo 
2002), 
ove 
possano 
determinare 
grave 
turbamento 
nell�attivit� della pubblica amministrazione o dell�azienda. 
Si 
ritiene 
inoltre 
che 
in 
caso 
di 
trasferimento 
nullo, 
in 
quanto 
non 
adeguatamente 
giustificato 
a 
norma 
dell�art. 
2103 
cod. 
civ., 
il 
rifiuto 
del 
lavoratore 
di 
assumere 
servizio 
nella 
sede 
di 
destinazione 
sia 
legittimo 
(Cass. 
24 
luglio 
2017 
n. 
18178; 
Cass. 
28 
ottobre 
2013 
n. 
24260), 
anche 
se 
deve 
essere 
proporzionato 
all�inadempimento 
datoriale, 
ai 
sensi 
dell�art. 
1460, 
comma 
2, 
cod. 
civ., 
ed 
essere 
accompagnato 
da 
una 
seria 
ed 
effettiva 
disponibilit� 
a 
prestare 
servizio 
presso 
la 
sede 
originaria 
(Cass. 
10 
gennaio 
2019 
n. 
434; 
Cass. 
5 
dicembre 
2017 
n. 
29054, 
nella 
specie 
si 
trattava 
di 
un 
trasferimento 
da 
Pomezia 
a 
Milano). 


Infine, in caso di 
reintegra 
del 
lavoratore 
a 
seguito di 
annullamento del 
licenziamento, questi 
deve 
essere 
reinserito nel 
luogo e 
nelle 
mansioni 
originarie, 
a 
meno 
che 
il 
datore 
di 
lavoro 
non 
intenda 
disporre 
il 
trasferimento 
dello 
stesso ad altra 
unit� 
produttiva, sempre 
che 
ricorrano le 
condizioni 
per il 
mutamento 
di 
sede 
di 
cui 
all�art. 2103 cod. civ. (Cass., 9 agosto 2013 n. 19095; 
Cass. 
2013 
n. 
11927; 
Cass. 
30 
dicembre 
2009 
n. 
27844) 
e 
salvo 
sia 
intervenuta 
acquiescenza 
del 
lavoratore 
(C. 
app. 
roma, 
sez. 
lav., 
28 
novembre 
2018 
n. 
3923; Cass. 8 aprile 2016 n. 6900). 

4. Disposizioni speciali. 
disposizioni 
legislative 
speciali 
tutelano 
particolari 
categorie 
di 
lavoratori 
in ragione della situazione in cui versano o delle funzioni che espletano. 

Cos� 
il 
dipendente 
pubblico 
o 
privato 
che 
assiste 
con 
continuit� 
un 
parente 


o affine 
entro il 
terzo grado, anche 
non convivente, in mancanza 
di 
altri 
soggetti 
idonei 
a 
prendersene 
cura, �non pu� essere 
trasferito senza il 
suo consenso 
ad altra sede� 
(L. n. 104/1992, art. 33, comma 
5; 
L. n. 53/2009, artt. 
19, 20), come 
pure 
la 
persona 
handicappata 
maggiorenne 
in situazione 
di 
gravit� 
(art. 33, comma 6). 
Anche 
l�art. 
30 
d.lgs. 
n. 
165/2001 
subordina, 
in 
alcuni 
casi, 
il 
trasferimento 
al 
consenso 
del 
pubblico 
dipendente 
interessato 
disponendo 
che 
�le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
presente 
comma si 
applicano ai 
dipendenti 
con figli 
di 
et� 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


inferiore 
a tre 
anni, che 
hanno diritto al 
congedo parentale, e 
ai 
soggetti 
di 
cui 
all'articolo 
33, 
comma 
3, 
della 
legge 
5 
febbraio 
1992, 
n. 
104, 
e 
successive 
modificazioni, con il 
consenso degli 
stessi 
alla prestazione 
della propria attivit� 
lavorativa in un'altra sede�. 

L�art. 22 dello Statuto dei 
Lavoratori 
condiziona 
il 
trasferimento del 
dirigente 
di 
rSA 
al 
preventivo nulla 
osta 
del 
sindacato di 
appartenenza. disposizione 
analoga 
tutela 
il 
militare 
eletto negli 
organi 
di 
rappresentanza 
istituiti 
nell�amministrazione 
militare 
(d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, codice 
dell�ordinamento 
militare, artt. 1476, 1480). 


Al 
fine 
di 
evitare 
trasferimenti 
ritorsivi, 
l�art. 
1 
della 
L. 
30 
novembre 
2017 


n. 179, che 
sostituisce 
l�art. 54-bis 
del 
d.lgs 
n. 165 del 
2001, vieta 
il 
trasferimento 
del 
pubblico 
dipendente 
che 
abbia 
segnalato 
illeciti 
al 
responsabile 
della 
prevenzione 
della 
corruzione 
e 
della 
trasparenza 
o all�Anac 
o all�A.G. o 
contabile, 
determinato 
dalla 
segnalazione. 
Misure 
discriminatorie, 
dirette 
o 
indirette, a 
carico del 
rPCT, in cui 
rientra 
il 
trasferimento collegato allo svolgimento 
delle 
sue 
funzioni, devono essere 
segnalate 
all�Anac 
che 
pu� intervenire 
ai sensi e nei modi di cui all�art. 15, comma 3, d.lgs. n. 39 del 2013. 
Anche 
per 
alcune 
di 
queste 
fattispecie 
si 
� 
occupata 
a 
pi� 
riprese 
la 
giurisprudenza 
di 
merito 
e 
legittimit�. 
In 
particolare, 
in 
materia 
di 
l. 
n. 
104/1992, 
si 
� 
ritenuto 
che 
il 
divieto 
di 
trasferimento 
del 
dipendente 
senza 
il 
suo 
consenso 
non 
costituisce 
un 
diritto 
soggettivo 
ma 
un 
interesse 
legittimo 
da 
valutare 
in 
base 
alle 
esigenze 
organizzative 
e 
all�efficienza 
complessiva 
del 
servizio 
(T.a.r. 
Piemonte 
Torino, 
2 
gennaio 
2018 
n. 
4; 
T.a.r. 
Toscana 
I, 
11 
luglio 
2017 
n. 
926) 
e 
pu� 
trovare 
limite 
nella 
sussistenza 
provata 
di 
esigenze 
aziendali 
effettive 
e 
urgenti, 
insuscettibili 
di 
essere 
altrimenti 
soddisfatte 
(Cass. 
19 
maggio 
2017 
n. 
12729; 
Cass. 
12 
dicembre 
.2016 


n. 
25379), 
da 
dimostrare 
da 
parte 
del 
datore 
di 
lavoro 
(Trib. 
roma, 
sez. 
lav., 
10 
gennaio 
2019), 
in 
un 
equo 
bilanciamento 
di 
interessi 
(Cass. 
12 
ottobre 
2017 
n. 
24015; 
Cass. 
Sez. 
un. 
27 
marzo 
2008 
n. 
7945) 
ovvero 
nella 
impossibilit� 
di 
prosecuzione 
del 
rapporto 
nella 
sede 
originaria 
per 
soppressione 
di 
posto 
o 
per 
incompatibilit� 
ambientale 
(Cass. 
23 
febbraio 
2007 
n. 
4265; 
Cass. 
23 
febbraio 
2006 
n. 
5320). 
Tale 
divieto 
sussiste 
anche 
se 
l�inabilit� 
del 
familiare 
non 
si 
configuri 
come 
grave 
(Cass. 
7 
giugno 
2012 
n. 
9201; 
Trib. 
Milano, 
sez. 
lav., 
2 
maggio 
2017), 
purch� 
per� 
la 
prestazione 
assistenziale 
sia 
oggettivamente 
utile 
all�assistito 
(Trib. 
Milano, 
sez. 
lav., 
20 
maggio 
2003, 
in 
D&L, 
2003, 
700). 
Il 
trasferimento del 
rappresentante 
sindacale 
senza 
il 
nulla 
osta 
del 
sindacato 
di 
appartenenza 
integra 
comportamento antisindacale 
ai 
sensi 
dell�art. 
28 Statuto dei 
Lavoratori 
(Trib. Catania, sez. lav., 26 marzo 2010, in riv. it. 
dir. lav., 2011, 156, con nota 
di 
G. PICArELLA; 
Trib. Milano, sez. lav., 28 gennaio 
2004, 
in 
D&L 
2004, 
308, 
con 
nota 
di 
G. 
CordEddA; 
id., 
28 
novembre 
2001, in D&L, 2002, 339, con nota 
di 
F. MAzzoNE; 
Trib. Bolzano, sez. lav., 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


22 
marzo 
2000, 
in 
D&L, 
2000, 
119; 
v. 
in 
argomento 
anche 
Cass. 
9 
aprile 
2004 


n. 8725). 
5. ricongiungimento familiare. 
Al 
fine 
di 
alleviare 
i 
disagi 
che 
possono accompagnare 
un trasferimento 
d�autorit�, 
la 
legislazione 
o 
la 
contrattazione 
collettiva 
prevedono, 
a 
tutela 
dell�unit� 
del 
nucleo 
familiare, 
la 
possibilit� 
per 
il 
coniuge 
del 
dipendente 
pubblico 
trasferito 
d�ufficio 
di 
chiedere 
il 
proprio 
trasferimento 
a 
certe 
condizioni. 


Cos�, prima 
con la 
legge 
10 marzo 1987 n. 100 (ora 
abrogata 
dal 
codice 
dell�ordinamento militare, d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, art. 2268, comma 
1 n. 
942) e 
poi 
in maniera 
pi� allargata 
con la 
L. 28 luglio 1999 n. 266 e 
s.m., si 
� 
disposto che 
il 
coniuge 
convivente 
del 
personale 
militare 
(Forze 
AA, Carabinieri, 
Guardia 
di 
Finanza, Forze 
di 
Polizia, Vigili 
del 
fuoco) in servizio permanente 
e 
dei 
piloti 
di 
complemento 
in 
ferma 
dodecennale, 
trasferito 
d�autorit� 
�ha 
diritto 
all�atto 
del 
trasferimento 
o 
dell�elezione 
di 
domicilio 
nel 
territorio 
nazionale 
ad essere 
impiegato presso l�amministrazione 
di 
appartenenza, per 
comando 
o 
distacco, 
presso 
altre 
amministrazioni 
nella 
sede 
di 
servizio 
del 
coniuge, o, in mancanza, nella sede 
pi� vicina� 
(art. 17). Tale 
disposizione 
� 
stata 
ritenuta 
costituzionalmente 
legittima 
dalla 
sentenza 
della 
Corte 
Cost. 30 
maggio 2008 n.183, in riferimento all�art. 97 Cost. 


Queste 
disposizioni 
sono 
state 
espressamente 
richiamate 
dal 
CCNI 
20182019 
per la 
mobilit� 
nella 
Scuola, ai 
fini 
del 
riconoscimento al 
personale 
docente 
e 
ATA di una preferenza nei trasferimenti a domanda (v. � 9). 

In via 
generale, l�art. 42-bis 
del 
d.lgs. 26 marzo 2001 n. 151, prevede 
che 
il 
genitore 
di 
figli 
minori 
di 
3 anni, dipendente 
di 
amministrazione 
pubblica, 
pu� essere 
assegnato a 
richiesta, per un periodo, anche 
frazionato, complessivamente 
non 
superiore 
a 
3 
anni 
ad 
una 
sede 
di 
servizio 
ubicata 
nella 
stessa 
provincia 
o regione 
nella 
quale 
l�altro genitore 
esercita 
la 
propria 
attivit� 
lavorativa, 
subordinatamente 
alla 
sussistenza 
di 
un posto vacante 
e 
disponibile, 
salvo motivato dissenso per casi 
o esigenze 
eccezionali, da 
esprimersi 
entro 
30 giorni dalla domanda. 


La 
salvaguardia 
dell�unit� 
del 
nucleo 
familiare 
trova 
riconoscimento 
per 
i 
magistrati 
con 
riguardo 
all�attivit� 
lavorativa 
svolta 
dal 
coniuge 
o 
alla 
presenza 
di 
figli 
minori 
attraverso 
l�attribuzione 
di 
un 
punteggio 
aggiuntivo 
secondo 
i 
criteri 
stabiliti 
nella 
Circ. 
CSM 
n. 
12046 
del 
20 
febbraio 
2014, 
par. 
XIII). 


Con riferimento a 
tali 
casi, la 
giurisprudenza 
ha 
chiarito che 
condizioni 
per godere 
del 
beneficio del 
ricongiungimento familiare 
sono lo svolgimento 
del 
rapporto di 
servizio nello stesso luogo e 
l�esistenza 
della 
convivenza 
all�atto 
dell�instaurazione 
del 
rapporto 
di 
servizio 
del 
dipendente 
che 
lo 
richiede 
(Cass. 11 luglio 2007 n. 15488), condizioni 
queste 
che 
non sussistono ove 
si 
sia 
in presenza 
di 
mera 
residenza 
comune 
anagrafica 
e 
non di 
convivenza 
effettiva 
nello stesso luogo (T.a.r. Lombardia-Brescia, I, 13 aprile 
2011 n. 566). 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Tale 
diritto non si 
applica 
al 
caso del 
trasferimento del 
militare 
nelle 
missioni 
all�estero (Cons. St. IV, 7 maggio 2007 n. 1974) spettando in tal 
caso al 
coniuge 
solo la 
speciale 
aspettativa 
prevista 
dalla 
legge 
11 febbraio 1980 n. 26 
(Cons. St. IV, 28 novembre 2005 n. 6706). 


All�amministrazione 
comunque 
residua 
sempre 
il 
potere 
discrezionale 
di 
valutare 
la 
compatibilit� 
dello 
spostamento 
con 
le 
proprie 
esigenze 
di 
servizio 
(Cons. St. VI, 23 novembre 2004 n. 7686). 


Per 
quanto 
attiene 
al 
beneficio 
previsto 
dall�art. 
42-bis 
del 
d.lgs. 
n. 
151/2001, la 
giurisprudenza 
ritiene 
che 
anche 
questo non configuri 
un diritto 
assoluto 
ma 
vada 
coniugato 
con 
le 
esigenze 
organizzative 
e 
di 
servizio 
del-
l�amministrazione 
di 
appartenenza 
(T.a.r. 
Campania 
Napoli 
VI, 
7 
gennaio 
2019 


n. 
71; 
T.r.g.a. 
Bolzano, 
9 
gennaio 
2018 
n. 
4) 
ma 
il 
diniego 
deve 
essere 
limitato 
a 
casi 
eccezionali 
e 
motivato da 
rilevanti 
esigenze 
di 
servizio (T.a.r. Piemonte 
Torino I, 2 gennaio 2019 n. 8; 
T.a.r. Calabria 
Catanzaro I, 15 novembre 
2018 
n. 1964). 
6. Distacco, comando, trasferta o missione. 
Si 
tratta 
di 
istituti 
caratterizzati 
dalla 
temporaneit� 
dello spostamento del 
luogo della 
prestazione 
di 
lavoro e 
come 
tali 
non soggetti 
alla 
disciplina 
del 
trasferimento. Essi 
non danno luogo alla 
modifica 
dello status 
del 
dipendente 
n� 
ad una 
novazione 
soggettiva 
del 
rapporto di 
lavoro ma 
solo alla 
modifica 
temporanea 
di 
questo. distacco e 
comando si 
differenziano per il 
fatto che 
il 
mutamento della 
sede 
di 
lavoro avviene 
nel 
primo caso nell�interesse 
del 
datore 
di 
lavoro o dell�amministrazione 
di 
appartenenza 
e 
nel 
secondo caso nel-
l�interesse 
dell�amministrazione 
di 
destinazione. In ambedue 
i 
casi 
il 
potere 
direttivo e quello disciplinare sono attribuiti al soggetto utilizzatore. 


Distacco 
- In 
particolare, 
il 
distacco 
� 
stato 
normato 
compiutamente 
per 
la 
prima 
volta 
dall�art. 
30 
d.lgs. 
10 
settembre 
2003 
n. 
276, 
come 
integrato 
dal-
l�art. 
7 
d.lgs. 
6 
ottobre 
2004 
n. 
251, 
e 
si 
configura 
quando 
il 
datore 
di 
lavoro, 
per 
soddisfare 
un 
proprio 
interesse, 
pone 
temporaneamente 
uno 
o 
pi� 
lavoratori 
a 
disposizione 
di 
altro 
soggetto 
per 
l�esecuzione 
di 
una 
determinata 
attivit� 
lavorativa, 
rimanendo 
responsabile 
del 
trattamento 
economico 
e 
normativo 
a 
favore 
del 
lavoratore 
distaccato. 
Tale 
provvedimento 
rientrando 
nel 
potere 
organizzativo 
del 
datore 
di 
lavoro 
non 
richiede 
normalmente 
il 
consenso 
del 
lavoratore 
salvo 
comporti 
un 
mutamento 
di 
mansioni; 
ma 
se 
lo 
spostamento 
avviene 
ad 
unit� 
produttiva 
distante 
pi� 
di 
50 
km 
devono 
sussistere 
comprovate 
ragioni 
organizzative, 
produttive 
o 
sostitutive. 
Il 
distacco 
pu� 
essere 
anche 
solo 
parziale 
(v. 
circ. 
Min. 
Lav. 
15 
gennaio 
2004 
n. 
3). 
Il 
distacco 
disposto 
in 
violazione 
dei 
suddetti 
requisiti 
comporta 
il 
diritto 
del 
lavoratore 
di 
chiedere 
la 
costituzione 
del 
rapporto 
di 
lavoro 
alle 
dipendenze 
del 
soggetto 
utilizzatore 
(comma 
4-bis) 
nonch� 
l�applicazione 
della 
sanzione 
dell�ammenda 
di 
50 
euro 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


per 
ogni 
giornata 
lavorativa 
(art. 
18). 
Tali 
disposizioni 
peraltro 
non 
trovano 
applicazione 
nei 
confronti 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
e 
del 
loro 
personale 
(art. 
1, 
comma 
2). 


una 
forma 
particolare 
di 
distacco � 
quella 
prevista 
dal 
TuEL 
(d.lgs. 18 
agosto 2000 n. 267), nell�ambito delle 
convenzioni 
tra 
Enti 
locali 
per lo svolgimento 
in modo coordinato di 
funzioni 
e 
servizi 
determinati 
(art. 30, comma 
4). Inoltre 
il 
personale 
delle 
Provincie 
in posizione 
di 
comando o distacco al 
momento 
della 
riforma 
ha 
avuto 
la 
possibilit� 
di 
essere 
immesso 
nei 
ruoli 
delle 
amministrazioni 
di 
servizio (art. 4, comma 
2, d.l. 19 giugno 2015 n. 78, conv. 
in l. n. 125/2015). 


Comando 
-Il 
comando 
consiste 
invece 
nell�invio 
del 
lavoratore 
a 
prestare 
servizio presso altro datore 
di 
lavoro o amministrazione 
nell�interesse 
di 
questi. 
� 
necessario il 
consenso espresso del 
lavoratore 
e 
la 
sua 
revoca 
ne 
determina 
la cessazione. 


L�istituto trova 
specifica 
disciplina 
nell�ambito del 
rapporto di 
pubblico 
impiego da 
parte 
dell�art. 56 t.u. 10 genniao 1957 n. 3 e 
s.m., che 
ne 
definisce 
le 
condizioni 
di 
legittimit� 
(temporaneit�, 
eccezionalit�, 
assenso 
del 
dipendente, 
decreto 
formale, 
riconosciute 
esigenze 
di 
servizio 
o 
necessit� 
di 
una 
specifica 
competenza). Il 
comando pu� essere 
disposto presso altra 
amministrazione 
statale 
o presso enti 
pubblici, esclusi 
quelli 
sottoposti 
alla 
vigilanza 
dell�amministrazione di appartenenza. 


Il 
comando 
� 
per� 
vietato 
per 
i 
professori 
universitari 
di 
ruolo 
presso 
altra 
universit� 
o 
altro 
Istituto 
di 
istruzione 
superiore 
(art. 
11 
L. 
18 
marzo 
1958 
n. 
311). 


Il 
trattamento 
economico 
resta 
a 
carico 
dell�amministrazione 
di 
provenienza 
se 
il 
comando 
� 
disposto 
verso 
altra 
amministrazione 
statale 
e 
va 
invece 
a 
carico 
dell�ente 
pubblico 
presso 
cui 
il 
dipendente 
va 
a 
prestare 
servizio 
(art. 
57 
t.u. 
cit., 
come 
sostituito 
dall�art. 
34 
dPr 
28 
dicembre 
1970 
n. 
1077). 
Peraltro 
l�art. 
70, 
comma 
12, 
d.lgs. 
n. 
165/2001 
(che 
riproduce 
l�art. 
45, 
comma 
23, 
d.lgs. 
n. 
80/1998), 
prevede 
che 
l�ente 
pubblico 
territoriale 
e 
l�ente 
pubblico 
non 
economico 
e 
le 
altre 
amministrazioni 
pubbliche 
dotate 
di 
autonomia 
finanziaria 
che 
siano 
tenute, 
in 
base 
a 
normative 
anche 
speciali, 
ad 
autorizzare 
la 
utilizzazione 
da 
parte 
di 
altre 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
proprio 
personale, 
devono 
essere 
rimborsate 
della 
spesa 
relativa 
al 
trattamento 
fondamentale. 


Inoltre 
la 
L. 27 dicembre 
2017 n. 205 ha 
previsto il 
comando o distacco 
di 
personale 
delle 
Forze 
di 
polizia 
e 
altro 
non 
dirigenziale 
appartenente 
a 
pubbliche 
amministrazioni 
presso 
l�Agenzia 
nazionale 
beni 
sequestrati 
e 
confiscati, 
con 
oneri 
a 
carico 
dell�amministrazione 
di 
appartenenza 
e 
successivo 
rimborso 
da 
parte 
dell�Agenzia 
dei 
soli 
oneri 
relativi 
al 
trattamento 
accessorio 
(art. 1, comma 291). 

Trasferta o missione 
- La 
trasferta 
o missione 
consiste 
nell�invio del 
lavoratore 
a 
svolgere 
il 
proprio lavoro sempre 
alle 
dipendenze 
del 
suo datore 
di 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


lavoro, per un breve 
lasso di 
tempo, in un luogo diverso da 
quello ordinario. 
Tale 
istituto trova 
generalmente 
regolamentazione 
nella 
contrattazione 
collettiva, 
in particolare 
per quanto riguarda 
la 
indennit� 
di 
trasferta 
o di 
missione 
(che pu� essere commisurata a km o calcolata a diaria giornaliera). 


La 
giurisprudenza, 
in 
materia 
di 
distacco, 
ritiene 
che 
il 
distacco 
non 
comporta 
una 
novazione 
soggettiva 
e 
l�insorgenza 
di 
un nuovo rapporto di 
lavoro 
con 
il 
destinatario 
ma 
solo 
una 
modificazione 
nell�esecuzione 
dello 
stesso 
(Cass. 22 marzo 2007 n. 7049) e 
che 
il 
requisito della 
temporaneit� 
non implica 
necessariamente 
una 
scadenza 
predeterminata 
pi� 
o 
meno 
breve, 
ma 
solo 
che 
la 
sua 
durata 
coincida 
con quella 
dell�interesse 
del 
datore 
di 
lavoro a 
che 
il 
lavoratore 
presti 
la 
sua 
opera 
a 
favore 
di 
un terzo (Cass. 5 ottobre 
2016 n. 
19916; Cass. 2 settembre 2004 n. 17748). 


In 
materia 
di 
comando, 
la 
giurisprudenza 
conferma 
che 
il 
comando 
e 
il 
distacco 
non 
modificano 
il 
rapporto 
d�impiego 
ma 
incidono 
solo 
sul 
rapporto 
di 
servizio, 
essendo 
l�impiegato 
chiamato 
a 
prestare 
temporaneamente 
il 
proprio 
servizio 
presso 
un�amministrazione 
diversa 
da 
quella 
di 
appartenenza 


(C. 
Conti 
Veneto 
15 
dicembre 
2008 
n. 
1470; 
Cons. 
St. 
V, 
22 
ottobre 
2007 
n. 
5492; 
T.a.r. 
Abruzzo 
L�Aquila 
I, 
8 
ottobre 
2007 
n. 
613; 
T.a.r. 
Lazio 
roma 
II-bis, 
16 
ottobre 
2006 
n. 
10399; 
Cons. 
St. 
VI, 
15 
settembre 
2006 
n. 
5390; 
Cons. 
St. 
IV, 
29 
settembre 
2003 
n. 
5542; 
T.a.r. 
Molise, 
9 
settembre 
2002 
n. 
770; 
Cass. 
8 
settembre 
2005 
n. 
17842). 
Ne 
consegue 
che 
le 
eventuali 
mansioni 
superiori 
svolte 
dal 
dipendente 
comandato 
presso 
l�amministrazione 
di 
destinazione 
non 
rilevano 
sul 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
la 
propria 
amministrazione 
(T.a.r. 
Lazio 
roma 
III, 
16 
novembre 
2015 
n. 
11322; 
Cons. 
St. 
IV, 
18 
gennaio 
2000 
n. 
425). 
La 
cessazione 
del 
comando � 
provvedimento ampiamente 
discrezionale 


(T.a.r. Marche 
Ancona 
I, 26 novembre 
2006 n. 1403; 
Cons. St. VI, 8 gennaio 
2003 n. 2; 
T.a.r. Campania 
Napoli 
V, 9 ottobre 
2001 n. 4522, ma 
non costituisce 
un 
contrarius 
actus) 
e 
compete 
esclusivamente 
all�amministrazione 
di 
appartenenza 
(Cons. St. IV, 30 gennaio 2001 n. 322; 
contra 
Trib. Salerno, sez. 
lav., 20 giugno 2000). 
La 
trasferta 
differisce 
dal 
comando per il 
fatto che 
si 
svolge 
�per un brevissimo 
arco di 
tempo� 
(T.a.r. Campania 
Salerno II, 31 gennaio 2008 n. 95) e 
non necessita 
del 
consenso o disponibilit� 
del 
dipendente 
(Cass. 27 novembre 
2002 n. 16812; Cass. 5 luglio 2002 n. 9744). 


7. Trasferimenti a domanda. 
I trasferimenti 
a 
domanda, o volontari, rientrano nella 
potest� 
organizzativa 
del 
datore 
di 
lavoro privato, da 
esercitarsi 
comunque 
sempre 
nel 
rispetto 
dei 
principi 
di 
correttezza 
e 
buona 
fede 
(artt. 1175 e 
1375 c.c.) o del 
potere 
discrezionale 
della 
pubblica 
amministrazione, 
e 
come 
tale 
sono 
soggetti 
ai 
limiti 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


di 
questo, 
quanto 
meno 
nell�ambito 
dei 
rapporti 
di 
impiego 
pubblico 
non 
contrattualizzato 
di cui all�art. 3 d.lgs. n. 165/2001. 


Non 
vi 
sono 
pertanto 
norme 
generali 
che 
disciplinano 
specificamente 
tale 
tipologia 
di 
trasferimenti, ma 
esistono disposizioni 
che 
riguardano situazioni 
particolari, 
oltre 
a 
quelle 
sopra 
ricordate 
in 
materia 
di 
ricongiungimento 
familiare 
al congiunto trasferito d�ufficio. 


In 
particolare, 
l�art. 
33, 
comma 
5, 
della 
L. 
n. 
104/1992, 
attribuisce 
al 
lavoratore, 
dipendente 
pubblico 
o 
privato, 
che 
assiste 
persona 
con 
handicap 
in 
situazione 
di 
gravit�, 
coniuge, 
parente 
o 
affine 
entro 
il 
2� 
grado 
ovvero 
entro 
il 
3� 
se 
ricorrono 
particolari 
condizioni, 
il 
diritto 
di 
scegliere 
�ove 
possibile� 
la 
sede 
di 
lavoro 
pi� 
vicina 
al 
domicilio 
della 
persona 
assistita. 
Stesso 
diritto 
di 
scegliere 
la 
sede 
pi� 
vicina 
al 
proprio 
domicilio 
spetta 
alla 
persona 
handicappata 
maggiorenne 
in 
situazione 
di 
gravit� 
(comma 
6). 
Inoltre 
l�art. 
21 
stessa 
legge 
attribuisce 
alla 
persona 
handicappata 
con 
invalidit� 
superiore 
ai 
due 
terzi 
o 
con 
minorazioni 
gravi 
�la 
precedenza 
in 
sede 
di 
trasferimento 
a 
domanda� 
(comma 
2). 


Secondo la 
giurisprudenza, ai 
fini 
dell�art. 33, comma 
5, L. n. 104/1992, 
anzitutto deve 
esistere 
disponibilit� 
nella 
dotazione 
organica 
riguardo la 
qualifica 
rivestita 
nella 
sede 
di 
destinazione 
(Cons. 
St. 
IV, 
11 
gennaio 
2019 
n. 
274; 
Cons. St. III, 11 maggio 2018 n. 2819), per mansioni 
corrispondenti 
al 
livello 
e 
categoria 
di 
inquadramento dell�istante 
con prova 
contraria 
a 
carico del 
datore 
di 
lavoro 
(Trib. 
roma, 
sez. 
lav., 
18 
maggio 
2017, 
con 
nota 
di 
M.V. 
dI 
TANNA, in Giur. lav. e 
prev. soc., 2017, 612). In ogni 
caso il 
diritto di 
scelta 
attribuito 
al 
dipendente 
che 
assiste 
con continuit� 
un parente 
handicappato non 
costituisce 
un diritto assoluto ma 
va 
contemperato con le 
esigenze 
organizzative 
del 
datore 
di 
lavoro, che 
ha 
per� l�onere 
di 
provare 
le 
circostanze 
ostative 
al 
suo esercizio (T.a.r. Campania 
Napoli 
VI, 7 gennaio 2019 n. 71; 
Cass. 12 
ottobre 
2017 
n. 
24015; 
Cass. 
11 
ottobre 
2017 
n. 
23857, 
con 
nota 
di 
F. 
dI 
NoIA, 
in riv. it. dir. lav., 2018, 82). Esso integra 
un interesse 
legittimo da 
valutare 
in 
base 
alle 
esigenze 
organizzative 
e 
dell�efficienza 
del 
servizio della 
P.A. (T.a.r. 
Campania 
Salerno I, 19 ottobre 
2018 n. 1468; 
T.a.r. Piemonte 
Torino, 2 gennaio 
2014 
n. 
4; 
T.a.r. 
Toscana 
Firenze, 
11 
luglio 
2017 
n. 
926; 
Trib. 
Milano, 
sez. lav., 21 aprile 
2014). Il 
diritto pu� essere 
esercitato anche 
quando la 
situazione 
di 
handicap sopravvenga 
nel 
corso del 
rapporto di 
lavoro (Trib. Milano, 
sez. lav., 1 giugno 2017). 

Circostanze 
ostative 
possono 
essere 
la 
scopertura 
di 
organico 
nella 
sede 
dell�istante, 
la 
inutilit� 
di 
un�aggiunta 
di 
organico 
o 
una 
situazione 
che 
sconsigli 
la 
presenza 
del 
medesimo 
in 
quella 
sede 
(T.a.r. 
Lazio 
roma 
I, 
5 
luglio 
2018 
n. 
7464; 
Cons. 
St. 
III, 
1 
luglio 
2015 
n. 
3262; 
Cass. 
28 
gennaio 
2016 
n. 
1608) 
fermo 
che 
gli 
unici 
parametri 
che 
l�amministrazione 
deve 
valutare 
per 
concedere 
o 
meno 
il 
trasferimento 
sono 
le 
proprie 
esigenze 
organizzative 
e 
operative 
e 
l�effettiva 
necessit� 
del 
parente 
assistito 
(Cons. 
St. 
III, 
10 
novembre 
2015 
n. 
5113). 


La 
precedenza 
ex art. 21 l. n. 104/1992 non attribuisce 
un diritto assoluto 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


prevalente 
sulle 
ragioni 
dell�Amministrazione, ma 
opera 
nei 
confronti 
di 
altri 
aspiranti al trasferimento (Trib. Milano, sez. lav., 6 febbraio 2017). 


Il 
diritto 
alla 
sede 
pi� 
vicina 
cessa 
con 
la 
morte 
della 
persona 
assistita 


(T.a.r. Emilia-romagna 
I, 7 dicembre 
2018 n. 924; 
T.a.r. Campania 
Napoli, 2 
luglio 2018 n. 5626) con conseguente 
possibilit� 
di 
riesame 
della 
situazione 
(Cons. St. III, 20 giugno 2018 n. 3789). 
8. il lavoro agile. 
Il 
lavoro 
agile, 
istituto 
recentemente 
disciplinato 
dalla 
L. 
22 
maggio 
2017 


n. 81, e 
applicabile 
sia 
nel 
rapporto di 
lavoro privato che 
in quello pubblico 
(in 
quanto 
compatibile), 
non 
rientra 
tecnicamente 
nella 
materia 
dei 
trasferimenti, 
ma 
potendo comportare 
una 
delocalizzazione 
del 
luogo di 
prestazione 
del 
lavoro, 
finisce 
con 
l�impattare 
sulla 
materia 
in 
questione, 
attenuando 
o 
modificando 
la 
propensione 
e 
le 
motivazioni 
a 
chiedere 
il 
trasferimento. 
Tale 
istituto 
infatti 
ha 
lo 
�scopo 
di 
incrementare 
la 
competitivit� 
e 
agevolare 
la 
conciliazione 
dei 
tempi 
di 
vita e 
di 
lavoro� 
e 
prevede 
che 
mediante 
accordo 
tra 
le 
parti 
possono essere 
predisposte 
forme 
di 
organizzazione 
per fasi, cicli 
e 
obiettivi, 
�senza 
precisi 
vincoli 
di 
orario 
o 
di 
luogo 
di 
lavoro, 
con 
il 
possibile 
utilizzo di strumenti tecnologici� 
(art. 18, comma 1). 
In effetti 
la 
legge 
(come 
integrata 
dall�art. 1, comma 
486, L. 30 dicembre 
2018 n. 145) prevede 
l�obbligo di 
riconoscere, nell�ambito degli 
accordi 
attuativi, 
priorit� 
alle 
richieste 
di 
esecuzione 
del 
rapporto di 
lavoro in modalit� 
agile 
formulate 
dalle 
lavoratrici 
madri 
nei 
successivi 
tre 
anni 
dal 
congedo di 
maternit� 
e 
dai 
lavoratori 
con 
figli 
in 
gravi 
condizioni 
di 
disabilit� 
(art. 
18, 
comma 
3-bis), 
categorie 
queste 
gi� 
considerate 
in 
maniera 
particolare 
dalla 
normativa sui trasferimenti volontari e sui ricongiungimenti. 


L�istituto costituisce 
una 
evoluzione 
del 
telelavoro e 
consente 
che 
la 
prestazione 
lavorativa 
sia 
eseguita 
in 
parte 
all�interno 
dei 
locali 
aziendali 
e 
in 
parte 
all�esterno senza 
una 
postazione 
fissa, entro i 
soli 
limiti 
di 
orario giornaliero 
e 
settimanale 
(quindi 
con 
diritto 
alla 
disconnessione 
fuori 
di 
questi 
orari), fermi 
il 
potere 
di 
controllo e 
disciplinare 
e 
la 
responsabilit� 
per la 
sicurezza 
e 
il 
buon 
funzionamento 
degli 
strumenti 
tecnologici 
del 
datore 
di 
lavoro. 
L�accordo pu� essere 
a 
termine 
o a 
tempo indeterminato, con preavviso di 
recesso 
non inferiore a 30 giorni (artt. 18-22). 


In 
previsione 
dell�introduzione 
dell�istituto, 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio 
ha 
emanato 
una 
apposita 
direttiva 
con 
annesse 
Linee 
Guida 
sul 
lavoro 
agile 
(PCM 
dir. 
26 
giugno 
2017 
n. 
3) 
e 
stipulato 
un 
protocollo 
d�intesa 
in 
data 
5 
aprile 
2017 
per 
l�avvio 
della 
sperimentazione 
del 
lavoro 
agile 
(o 
smart 
working). 


9. Contrattazione collettiva nazionale. 
Come 
accennato all�inizio, la 
materia 
dei 
trasferimenti 
individuali 
trova 
una disciplina integrativa nella contrattazione collettiva nazionale. 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Questa 
da 
una 
parte 
conferma 
le 
condizioni 
generali 
perch� 
si 
possa 
far 
luogo a 
trasferimento d�autorit�, richiamando espressamente 
l�art. 2103 cod. 


civ. o comunque 
le 
ragioni 
tecniche, organizzative 
e 
produttive 
menzionate 
in 
detta 
disposizione, dall�altra 
si 
preoccupa 
di 
introdurre 
ulteriori 
limiti 
(di 
et�, 
di 
condizioni 
familiari, di 
distanza) per il 
trasferimento o di 
prescrivere 
ulteriori 
garanzie 
(obbligo 
di 
preavviso, 
comunicazione 
scritta, 
motivazione, 
possibilit� 
di chiedere il riesame, collegio di conciliazione o arbitrato). 
In particolare 
il 
CCNL 
per le 
imprese 
creditizie 
finanziarie 
e 
strumentali 
2015-2018 
prevede 
che 
il 
trasferimento 
�terr� 
conto 
anche 
delle 
condizioni 
personali 
e 
familiari 
dell�interessato� 
e 
che 
� 
necessario il 
consenso espresso 
di 
questo 
a 
seconda 
dell�et�, 
dell�anzianit� 
di 
servizio, 
della 
distanza 
della 
nuova sede, della qualifica rivestita (artt. 88, 111). 


Anche 
il 
CCNL 
per 
il 
personale 
non 
dirigente 
di 
Poste 
Italiane 
2016-2018 
contiene 
disposizioni 
di 
maggior 
tutela, 
quali 
l�obbligo 
di 
preavviso, 
di 
comunicazione 
scritta, di 
motivazione 
nonch� 
quella 
di 
�tenere 
conto delle 
condizioni 
personali 
e 
familiari 
del 
lavoratore 
interessato�. Inoltre 
se 
il 
lavoratore 
� 
di 
et� 
superiore 
a 
55 anni 
(se 
uomo) o a 
53 anni 
(se 
donna) il 
trasferimento 
pu� 
essere 
disposto 
�solo 
in 
casi 
di 
carattere 
eccezionale� 
adeguatamente 
motivati. 
CՏ 
infine 
la 
possibilit� 
di 
chiedere 
il 
riesame 
del 
provvedimento 
in 
contraddittorio 
assistito (art. 38). 


Il 
CCNL 
Commercio 
2016-2019 
prevede 
a 
propria 
volta 
l�obbligo 
di 
preavviso 
e 
dispone 
che 
oltre 
una 
certa 
et� 
il 
trasferimento � 
possibile 
solo per 
gravi 
e 
comprovati 
motivi, 
con 
possibilit� 
per 
l�interessato 
di 
fare 
opposizione 
avanti ad un collegio di conciliazione e arbitrato (artt. 112, 170). 


Il 
CCNL 
per 
i 
lavoratori 
dell�industria 
alimentare 
2015-2019 
prevede 
che 
il 
provvedimento di 
trasferimento deve 
essere 
comunicato tempestivamente 
e 
per iscritto e 
che 
il 
lavoratore 
che 
non lo accetti, ove 
all�atto dell�assunzione 
fosse 
stata 
espressamente 
pattuita 
la 
facolt� 
di 
disporre 
il 
trasferimento, sar� 
considerato dimissionario. Tali 
disposizioni 
non si 
applicano al 
lavoratore 
in 
caso di richiesta di trasferimento volontario (art. 60). 


Il 
CCNL 
Pubblico Impiego - Funzioni 
centrali 
2016-2018 dispone 
che 
il 
comando non pu� eccedere 
la 
durata 
di 
12 mesi, rinnovabili 
e 
che 
necessita 
del 
consenso dell�interessato, il 
cui 
ritiro ne 
determina 
la 
cessazione 
(art. 51). 


Il 
CCNI 2018-2019 per la 
mobilit� 
nella 
Scuola, come 
sopra 
ricordato, 
accorda 
al 
personale 
docente 
e 
ATA 
una 
preferenza 
nei 
trasferimenti 
all�interno 
della 
provincia 
in cui 
� 
ubicato il 
comune 
nel 
quale 
� 
stato trasferito d�ufficio 
il 
coniuge 
militare 
o abbia 
eletto domicilio all�atto del 
collocamento in congedo 
(art. 18, VI). 


Il 
CCNL 
per 
il 
personale 
impiegatizio 
e 
quadro 
dell�Agenzia 
del 
demanio 
2016-2018 
contiene 
una 
norma 
di 
intenti 
per 
la 
stabilizzazione 
dello 
strumento 
del 
lavoro agile 
che 
consente 
di 
agevolare 
la 
conciliazione 
delle 
esigenze 
personali 
e familiari con quelle professionali (art. 52). 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Ma 
quasi 
tutti 
i 
CCNL 
contengono 
disposizioni 
specifiche 
sulle 
indennit� 
e 
i 
rimborsi 
per trasferte 
e 
missioni 
(v. ccnl 
Turismo, artt. 325 ss.; 
ccnl 
Poste 
Italiane, 
art. 
40; 
ccnl 
Industrie 
alimentari, 
art. 
59; 
ccnl 
Pubblico 
impiego 
-Funzioni 
centrali, art. 82; 
Funzioni 
locali 
2016-2018, art. 70-octies; 
ccnl 
Agenzia 
demanio, artt. 68, 69, cit.). 


Secondo la 
giurisprudenza, il 
mancato rispetto dell�obbligo di 
preavviso, 
previsto dalla 
contrattazione 
collettiva, non comporta 
la 
nullit� 
del 
disposto 
trasferimento, 
ma 
solo 
il 
diritto 
del 
lavoratore 
ad 
essere 
tenuto 
indenne 
dal 
pregiudizio del 
maggior disagio sopportato (Cass. 31 maggio 2018 n. 13968) 
n� 
ne 
giustifica 
l�inadempimento 
salvo 
che 
per 
la 
durata 
del 
mancato 
preavviso 
(App. Catanzaro, sez. lav., 11 aprile 2017). 


La 
giurisprudenza 
ha 
inoltre 
sottolineato 
che 
disposizioni 
contrattuali 
collettive 
possono 
attribuire 
rilievo 
anche 
a 
condizioni 
di 
ordine 
personale 
e 
familiare, 
la 
cui 
valutazione 
resterebbe 
esclusa 
in 
mancanza 
di 
espressa 
previsione 
in 
tal 
senso, 
salvo 
queste 
siano 
particolarmente 
consistenti 
alla 
stregua 
dei 
precetti 
di 
buona 
fede 
e 
correttezza 
(Cass. 
27 
novembre 
2002 
n. 
16801). 


Il 
diritto alla 
indennit� 
di 
prima 
sistemazione 
spetta 
solo in caso di 
effettivo 
trasferimento 
della 
residenza 
o 
del 
domicilio 
nel 
luogo 
di 
destinazione 


(T.a.r. Piemonte 
Torino I, 3 dicembre 2018 n. 1316). 
10. Considerazioni finali. 
La 
materia 
dei 
trasferimenti 
individuali 
d�autorit� 
appare 
adeguatamente 
presidiata 
dal 
canone 
generale 
introdotto dallo Statuto dei 
lavoratori. Si 
tratta 
di 
disposizione 
abbastanza 
garantista 
che 
�ncora 
lo spostamento territoriale 
a 
ragioni 
oggettive 
e 
comprovate, di 
natura 
tecnica 
e 
operativa, pur lasciando 
sufficiente 
spazio di 
manovra 
al 
datore 
di 
lavoro, anche 
se 
pubblica 
amministrazione, 
secondo le effettive necessit� aziendali. 


Situazioni 
particolari 
trovano 
puntuale 
considerazione 
in 
specifiche 
disposizioni 
di 
legge 
(disabilit�, 
unit� 
familiare) 
o 
nella 
contrattazione 
collettiva 
(condizioni 
personali 
o 
familiari, 
et�, 
anzianit� 
di 
servizio, 
distanza 
della 
nuova 
sede di lavoro) a maggior tutela del lavoratore interessato. 


Meno strutturata 
appare 
invece 
la 
materia 
dei 
trasferimenti 
a 
domanda, 
rientrando questi 
nella 
potest� 
datoriale 
dell�imprenditore 
o nel 
potere 
discrezionale 
della 
pubblica 
amministrazione, pur non mancando qualche 
temperamento 
di legge o utile alternativa (telelavoro, lavoro agile). 


Infine 
trovano una 
disciplina 
specifica 
anche 
quegli 
spostamenti 
a 
carattere 
transitorio che 
possono intervenire 
durante 
la 
normale 
vita 
del 
rapporto 
di lavoro dovuti ad esigenze temporanee. 


Insomma 
si 
� 
in presenza 
di 
un quadro organico e 
completo della 
materia 
dello spostamento del 
luogo di 
prestazione 
del 
lavoro, che 
la 
giurisprudenza 
non 
ha 
mancato 
di 
rendere 
il 
pi� 
possibile 
aderente 
agli 
obiettivi 
perseguiti 
dalla normativa nel suo complesso. 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Problemi attuali del trasporto aereo nel nostro Paese 


Relazione a cura di Pierluigi Di Palma (*) 


Si 
ritiene 
che 
una 
corretta 
analisi 
degli 
attuali 
problemi 
del 
trasporto 
aereo 
nel 
nostro Paese 
debba 
partire 
dal 
progetto �Malpensa 2000� 
- il 
grande 
hub 
del 
Sud 
Europa 
da 
24 
milioni 
di 
passeggeri 
l�anno, 
concorrente 
di 
Francoforte 
e 
Parigi 
-che 
prevedeva 
il 
riassetto 
proprietario 
ed 
economico 
di 
Alitalia, 
compagnia 
di 
riferimento 
nazionale, 
in 
un 
grande 
vettore 
europeo, 
in 
grado, 
in 
una 
joint 
venture 
con 
KLM, 
di 
intercettare 
importanti 
quote 
di 
traffico 
continentale, 
assicurando 
all�Italia 
una 
rinnovata 
centralit� 
nelle 
strategie 
economiche 
e 
politiche 
del trasporto aereo europeo e mondiale. 


In 
attuazione 
del 
d.m. 
101-T, 
il 
25 
ottobre 
1998, 
data 
di 
entrata 
in 
esercizio 
del 
nuovo aeroporto di 
Malpensa 
2000, cՏ 
il 
trasferimento di 
una 
considerevole 
mole 
di 
traffico 
da 
Linate 
ma 
solo 
dieci 
anni 
dopo, 
il 
30 
marzo 
2008, 
l�Alitalia 
lascia 
Malpensa, riducendo del 
70% i 
propri 
collegamenti 
operativi 
sullo 
scalo 
lombardo. 
Il 
lungo 
addio 
� 
iniziato 
il 
giorno 
prima, 
quando 
gli 
operai 
hanno 
smontato 
i 
banchi 
utilizzati 
dalla 
compagnia 
di 
riferimento 
nazionale 
in un clima 
surreale. L�Alitalia 
si 
� 
volatilizzata 
in una 
sola 
notte: 
i 
check-in 
Az 
sono 
deserti; 
i 
saloni 
dei 
transiti, 
fino 
al 
giorno 
prima 
una 
bolgia, 
sembrano 
corsie 
di 
un 
obitorio. 
Gli 
operai 
armati 
di 
trapani 
e 
muletti 
hanno 
lavorato 
tutta 
la 
notte 
di 
sabato 
29 
marzo 
per 
smontare 
24 
check-in 
della 
compagnia 
italiana. 
Poche, abili 
pennellate 
di 
verde 
hanno rimosso il 
logo Alitalia 
e 
i 
banchi 
abbandonati 
sono stati 
occupati 
da 
nuovi 
operatori 
e 
sono gi� 
visibili 
le 
insegne 
di 
Airone e della ungherese Malev. 


Con 
l�entrata 
in 
vigore 
dell�orario 
estivo 
2008, 
a 
Malpensa 
finisce 
un�epoca: 
quella 
iniziata 
il 
25 ottobre 
1998 con l�inaugurazione 
dell�avveniristico 
Terminal 
1 
dell�hub 
del 
Sud 
Europa. 
Infatti, 
secondo 
i 
piani 
del 
Governo 
italiano, 
Malpensa 
doveva 
essere 
presidiata 
da 
Az 
e 
KLM, 
unite 
in 
un�alleanza 
che, 
grazie 
alle 
sinergie 
determinate 
dalla 
diversit� 
delle 
rispettive 
flotte 
aeree, 
fondatamente 
riteneva 
di 
potersi 
imporre 
nella 
competizione 
del 
mercato comunitario 
a 
discapito di 
Air France, British Airways 
e 
Lufthansa, mettendo in 
difficolt� 
la 
crescita 
dei 
relativi 
hub 
di 
riferimento ed in particolare 
dell�aeroporto 
di 
Francoforte. Al 
contrario, prima 
KLM 
e 
poi 
Az, proprio in ragione 
del 
contrastato 
ed 
inefficace 
presidio 
di 
Malpensa, 
hanno 
dovuto 
gettare 
la 
spugna 
ed entrare 
progressivamente 
nell�orbita 
di 
Air France. Il 
Governo ita


(*) 
Presidente 
del 
Centro 
Studi 
demetra 
-development 
of 
European 
Mediterranean 
Transportation, 
avvocato 
dello Stato. 


Relazione 
predisposta per 
l�audizione, in 
data 14 marzo 2019, al 
Senato (8a 
Commissione) in 
merito 
al 
disegno di 
legge 
n. 727: Delega al 
Governo per 
il 
riordino delle 
disposizioni 
legislative 
in 
materia 
di trasporto aereo. 


LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


liano, nell�impossibilit� 
di 
continuare 
a 
sostenere 
economicamente 
Alitalia, � 
arrivato a 
trattare, in esclusiva, la 
vendita 
della 
compagnia 
ad Air France, gi� 
da 
tempo entrata 
nel 
capitale 
sociale 
di 
Az 
anche 
se, il 
21 aprile 
2008, all�indomani 
dell�affermazione 
di 
Berlusconi 
alle 
elezioni 
politiche, 
il 
vettore 
d�oltralpe 
ha 
ritirato 
formalmente 
la 
propria 
offerta 
per 
Alitalia. 
Ma 
questa 
� 
un�altra storia. 


Nel 
disastroso contesto operativo di 
Alitalia, a 
fine 
marzo 2008, lo scalo 
lombardo 
scende 
improvvisamente 
dai 
750 
movimenti 
tra 
arrivi 
e 
partenze, 
per 
un 
totale 
di 
60 
mila 
passeggeri 
giornalieri, 
a 
soli 
550 
movimenti 
e 
a 
35 
mila 
passeggeri: 
181 
i 
voli 
tagliati. 
Ne 
restano 
altri 
170, 
ma 
solo 
50 
di 
Alitalia; 
in media, 127 in meno al giorno. 


delle 
86 destinazioni 
del 
2007 ne 
rimangono 51. I 17 voli 
intercontinentali 
giornalieri 
si 
riducono 
a 
solo 
tre 
destinazioni: 
New 
York, 
San 
Paolo 
e 
Tokyo. 
Gli 
altri 
collegamenti, 
da 
aprile 
2008, 
arrivano 
e 
partono 
da 
Fiumicino. 
Lo scalo romano, nel 
primo giorno di 
riduzione 
dell�operativit� 
di 
Malpensa, 
aumenta 
il 
traffico di 
70 voli 
e 
15 mila 
passeggeri, con la 
preoccupazione 
che 
possano ripetersi 
in estate, nelle 
ore 
di 
picco, i 
gravi 
disservizi 
causati 
dalla 
congestione mal governata dell�omologa stagione di traffico 2007. 


Improvvisamente, a 
Malpensa 
non ci 
sono pi� voli 
da 
e 
per l�Argentina, 
la 
Bielorussia, la 
Cina, gli 
Emirati 
Arabi 
uniti, il 
Ghana, l�India, l�Iran, il 
Libano, 
la 
Nigeria, 
il 
Senegal, 
la 
Siria, 
il 
Venezuela. 
di 
fatto, 
sono 
stati 
cancellati 
i 
collegamenti 
per Cracovia, Ginevra, Malta, Marsiglia, Monaco, Nizza, Salonicco, 
Sarajevo, Skopje, Stoccarda, Strasburgo, Stoccolma, Timisoara, Valencia, 
zagabria, Shanghai, Mumbai, delhi, Chicago, Buenos 
Aires, osaka. 


Solo 
con 
altre 
compagnie 
si 
pu� 
raggiungere 
Londra, 
Francoforte, 
Atene, 
Barcellona, Berlino, Madrid, Lione, Lisbona 
e 
zurigo. Tagliati 
dalla 
compagnia 
nazionale 
anche 
i 
voli 
interni 
per 
Ancona, 
Bologna, 
Bolzano, 
Catania, 
Firenze, Genova, Napoli, Palermo, Pisa, Perugia, Trieste e 
Venezia. 


I pochi 
voli 
rimasti 
per le 
tratte 
intercontinentali 
rischiano di 
volare 
semivuoti, 
dato 
che 
non 
potranno 
contare 
sui 
passeggeri 
dei 
voli 
in 
coincidenza. 


una 
sorta 
di 
�tsunami�, 
che 
declassa 
l�aeroporto 
lombardo 
da 
hub 
a 
semplice 
scalo internazionale. Nel 
freddo linguaggio tecnico questo processo si 
definisce 
de-hubbing. Tradotto in cifre, significa 
passare 
da 
1.238 frequenze 
settimanali 
a 
352. 
Si 
parla 
di 
8.000 
posti 
di 
lavoro 
a 
rischio 
compreso 
l�indotto, 
900 
dipendenti 
SEA 
in 
cassa 
integrazione 
per 
due 
anni, 
6 
milioni 
di 
passeggeri 
in 
meno 
l�anno 
(da 
23 
a 
17 
milioni 
pax/anno), 
70 
milioni 
di 
euro 
di 
minori 
entrate 
per 
la 
societ� 
di 
gestione 
e 
un 
danno 
per 
l�economia 
territoriale 
stimato 
in 15 miliardi di euro. 


Per uno scherzo del 
destino, nello stesso giorno in cui 
la 
compagnia 
di 
riferimento nazionale 
abbandona 
il 
presidio di 
Malpensa 
trasferendo a 
Fiumicino 
gran 
parte 
dei 
collegamenti 
internazionali, 
il 
Ministro 
delle 
infrastrutture, 
di 
Pietro, ed il 
Governatore 
lombardo, Formigoni, inaugurano la 
superstrada 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Malpensa-Boffalora, 
la 
bretella 
che 
collega 
l�autostrada 
A4 
Milano-Torino 
all�aeroporto, per tanti 
anni 
raggiungibile 
solo dall�autostrada 
dei 
laghi 
A8 Milano-
Varese 
- e 
su ferro con il 
Malpensa 
Express. � 
una 
delle 
infrastrutture 
viarie 
che 
l�aeroporto ha 
atteso per anni, la 
cui 
mancata 
realizzazione 
ne 
ha 
limitato fortemente 
l�accessibilit�, incidendo in modo determinante 
sulla 
effettiva 
trasformazione dello scalo in hub. 


Nonostante 
questo 
triste 
epilogo, 
non 
vi 
� 
dubbio 
che 
il 
progetto 
mal-
pensa 
2000 
abbia 
rappresentato 
per 
il 
nostro 
Paese 
una 
irripetibile 
opportunit� 
di 
svolgere 
in Europa 
un ruolo leader 
nella 
politica 
del 
trasporto aereo, con la 
grande 
chance 
di 
condizionare 
il 
mercato continentale 
con il 
proprio vettore 
di 
riferimento, 
consolidato 
nel 
proprio 
ruolo 
dalla 
pari 
dignit� 
che 
avrebbe 
assunto 
nella 
competitiva 
alleanza 
internazionale 
con KLM 
che 
aveva, nell�hub 
di Milano, un atout 
di sicuro successo. 


� 
evidente 
che 
gli 
altri 
Stati 
membri, 
ed 
in 
particolare 
Germania 
e 
Francia, 
anche 
grazie 
alla 
potente 
lobby 
costituita 
attorno 
ai 
vettori 
di 
riferimento, 
Lufthansa 
e 
Air 
France, 
hanno 
fortemente 
osteggiato 
il 
progetto 
che, 
laddove 
realizzato, 
avrebbe 
relegato 
ad 
un 
ruolo 
di 
minor 
importanza 
gli 
interessi 
economici dei rispettivi Paesi. 


� 
indubbio 
che 
il 
business 
che 
ruota 
intorno 
al 
trasporto 
aereo, 
gi� 
di 
per 
se 
rilevante, 
rappresenta 
un 
volano 
per 
l�economia 
del 
bacino 
di 
riferimento 
dello 
scalo 
aeroportuale 
che 
garantisce 
agli 
abitanti 
del 
territorio 
circostante 
la 
mobilit� 
aerea. 
difatti 
oggi, 
in 
un 
mercato 
aperto 
alla 
competizione 
secondo 
le 
regole 
di 
liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
del 
settore, 
per 
incidere 
sullo 
sviluppo 
di 
un 
territorio 
secondo 
i 
canoni 
dell�economia 
globale, 
� 
necessario 
intercettare 
con 
immediatezza 
i 
bisogni 
legati 
alla 
mobilit� 
dei 
cittadini 
in 
un 
contesto 
territoriale 
-l�Europa 
-che 
non 
solo 
geograficamente, 
ma 
anche 
culturalmente, 
rappresenta 
l�identit� 
nazionale, 
quanto 
meno, 
per 
le 
giovani 
generazioni. 


Ci� posto, � 
di 
tutta 
evidenza 
che, per uno Stato membro della 
Comunit� 
Europea, 
poter 
disporre 
di 
una 
compagnia 
aerea 
che, 
anche 
attraverso 
alleanze 
con altri 
vettori, ha 
le 
potenzialit� 
per dominare 
il 
mercato del 
trasporto aereo 
continentale, significa 
altres� 
poter presidiare, nel 
proprio territorio, uno o pi� 
aeroporti 
centri 
collettori 
di 
traffico. Conseguentemente, la 
citt� 
in cui 
trova 
localizzazione 
l�hub, grazie 
ai 
flussi 
di 
traffico passeggeri 
e 
merci 
captati 
dal-
l�aeroporto, 
assurge 
a 
fondamentale 
centro 
di 
scambio 
per 
l�economia 
europea 
e necessario punto di riferimento per i collegamenti intercontinentali. 

� 
altres� 
chiaro che, in Europa, in relazione 
alle 
esigenze 
del 
mercato, le 
possibili 
partnership 
tra 
i 
vettori 
e 
i 
potenziali 
aeroporti 
hub 
sono numericamente 
limitati 
e, quindi, da 
un punto di 
vista 
economico, la 
sopravvivenza 
di 
uno pu� significare 
la 
scomparsa 
o la 
marginalizzazione 
di 
un altro. Indubbia 
� 
la 
stretta 
correlazione 
che 
sussiste 
tra 
la 
potenzialit� 
del 
vettore 
e 
la 
capacit� 
di 
presidio di 
un hub, fatto che 
porta 
a 
ritenere 
che, salvo eccezioni, un Paese 
comunitario non possa 
confidare 
sulle 
potenzialit� 
economiche 
di 
un hub 
se 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


non 
dispone 
di 
un 
vettore 
di 
riferimento 
�in 
salute�, 
partner 
di 
un�alleanza 
utile ad assicurare un rapporto sinergico con altri vettori 
�globali�. 


da 
quanto detto, � 
evidente 
che 
l�Italia, dopo il 
riconoscimento comunitario 
del 
progetto malpensa 2000 come 
hub 
del 
Sud Europa, inserito nel 
1994 
fra 
i 
14 progetti 
prioritari 
della 
rete 
TEN, avrebbe 
dovuto essere 
preparata 
a 
difendere, 
come 
sistema 
Paese 
e 
quindi 
senza 
divisioni 
legate 
all�appartenenza 
politica 
o 
territoriale, 
la 
realizzazione 
di 
una 
infrastruttura 
aeroportuale 
essenziale 
allo sviluppo dell�economia nazionale. 


Al 
riguardo, 
va 
precisato 
che 
il 
problema 
giuridico, 
per 
quanto 
importante, 
ha 
rivestito 
un 
carattere 
marginale 
rispetto 
alla 
possibilit� 
concreta 
di 
portare 
a 
completamento il 
progetto strategico per l�aviazione 
civile 
italiana 
in 
quanto 
le 
decisioni 
comunitarie, 
pur 
affermando 
dei 
principi 
non 
ancora 
consolidati 
nel 
settore 
del 
trasporto aereo, in sostanza, hanno esclusivamente 
censurato il 
Governo italiano per l�inosservanza 
del 
principio di 
proporzionalit� 
e di discriminazione indiretta. 


In 
ragione 
di 
ci�, 
il 
nostro 
Paese 
avrebbe 
potuto 
efficacemente 
rispondere 
alle 
contestazioni 
comunitarie 
laddove, 
anche 
per 
un 
breve 
periodo, 
avesse 
ricollocato 
la 
navetta 
Milano - roma 
su Ciampino invece 
che 
su Fiumicino e, 
nello stesso tempo, avesse, nei 
tempi 
previsti, provveduto ad implementare 
la 
rete 
di 
strade 
e 
binari 
da 
Milano e 
dagli 
altri 
centri 
del 
Nord per permettere 
di 
raggiungere agevolmente il 
maxi 
scalo aereo. 

Cos� non � stato. 


di 
talch�, il 
fallimento del 
progetto malpensa 2000 
� 
pressoch� 
interamente 
riconducibile 
ad una 
articolata 
e 
complessa 
problematica 
interna 
che, 
nel 
caso 
di 
specie, 
ha 
fatto 
emergere 
l�incapacit� 
del 
sistema 
Paese 
di 
interagire 
positivamente 
e 
unitariamente 
nei 
confronti 
dei 
vari 
livelli 
decisionali 
comunitari 
a 
difesa 
di 
un progetto che 
avrebbe 
garantito, pur con qualche 
rinuncia 
politico-ideologica 
da 
parte 
dei 
soggetti 
rappresentativi 
degli 
interessi 
pubblici 
e 
privati 
coinvolti, importanti 
ricadute 
economiche, non circoscritte 
esclusivamente 
all�hinterland 
milanese. 


La 
vicenda 
di 
Malpensa 
permette 
di 
ricondurre 
l�assenza 
di 
un�efficace 
azione 
del 
sistema 
Paese, principalmente, ai 
molteplici 
problemi 
di 
cui, sulla 
base 
di 
quanto 
sin 
qui 
detto, 
� 
possibile 
fornire 
un 
dettagliato 
elenco 
che 
si 
pu� sintetizzare nei seguenti punti: 


1. 
SCollAMenTo 
DellA 
RAPPReSenTAnzA 
iTAliAnA 
nel 
PARlAMenTo 
euRo-
Peo. 
a) 
nell�aprile 
del 
1995, 
la 
Commissione 
trasporti 
del 
Parlamento 
europeo, 
chiamata 
a 
pronunciarsi 
sulle 
�Grandi 
opere 
comunitarie� 
selezionate 
dalla 
Commissione 
europea 
al 
vertice 
di 
Essen, 
anche 
a 
causa 
dell�assenza 
di 
alcuni 
parlamentari 
italiani, tra 
cui 
il 
Sindaco di 
Milano, Formentini, e 
grazie 
al 
voto 
di 
altri 
eurodeputati 
italiani, 
favorevoli 
allo 
�scambio� 
di 
Malpensa 
con 
un 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


progetto sulla 
navigabilit� 
del 
Po, da 
Casale 
a 
Cremona, cancella 
il 
previsto 
potenziamento 
dell�aeroporto 
dalla 
lista 
dei 
quattordici 
progetti 
prioritari 
della 
rete 
TEN 
(Trans 
European Transport 
Network) destinati, tra 
l�altro, a 
ricevere 
ingenti finanziamenti comunitari; 


b) 
nel 
maggio 1995, l'Assemblea 
comunitaria 
di 
Strasburgo approva 
con 
237 voti 
a 
favore 
(110 i 
contrari 
e 
dieci 
gli 
astenuti) la 
relazione 
del 
deputato 
tedesco Piecyk (socialdemocratico) che 
cancella 
l'ampliamento di 
Malpensa 
dalla 
lista 
delle 
opere 
prioritarie 
da 
realizzare 
entro 
il 
2000 
e 
la 
sua 
sostituzione 
con 
il 
�corridoio� 
Monaco-Vienna-Bologna-Nord 
Africa. 
Si 
consuma 
cos� 
��un 
secondo 
pasticcio 
all�italiana 
che 
ha 
visto 
nuovamente 
una 
larga 
parte 
dei 
nostri 
eurodeputati 
sbagliare 
il 
voto in seduta plenaria, complice 
la confusione 
procedurale ...� 
(Corriere della Sera, 19 maggio 1995); 


c) 
nell�ottobre 
1995, il 
Parlamento europeo, con il 
voto determinante 
di 
due 
europarlamentari 
italiani, esclude 
malpensa 2000 
dall�elenco degli 
interventi 
della 
rete 
TEN, da 
inserire 
nel 
bilancio dell�unione 
per poter accedere, 
per 
la 
realizzazione, 
a 
finanziamenti 
comunitari. 
La 
mancata 
previsione 
di 
Malpensa 
nella 
lista 
delle 
infrastrutture 
di 
interesse 
comunitario, con 315 voti 
su un quorum 
richiesto di 
314, obbliga 
la 
Commissione 
europea 
ad una 
lunga 
trattativa 
con il 
Parlamento europeo per modificare 
la 
lista 
dei 
progetti 
da 
inserire 
a 
bilancio. In particolare, nel 
giugno 1996, il 
Parlamento europeo per 
dare 
il 
�via 
libera� 
al 
progetto 
di 
malpensa 
2000 
riesce 
ad 
ottenere, 
per 
la 
realizzazione 
delle 
infrastrutture 
della 
rete 
TEN, 
un 
rafforzamento 
della 
tutela 
ambientale 
ed 
il 
rispetto 
della 
normativa 
riguardante 
la 
conservazione 
degli 
habitat 
naturali e della fauna e flora selvatica; 


d) 
nel 
luglio 
1996, 
la 
Commissione 
europea, 
esaminata 
la 
petizione 
n. 
624/95 promossa 
da 
un eurodeputato verde 
italiano per richiedere 
la 
VIA 
su 
Malpensa, 
anche 
alla 
luce 
della 
deliberazione 
assunta 
dal 
Parlamento 
europeo 
che 
lega 
la 
realizzazione 
dei 
progetti 
TEN 
al 
rispetto della 
normativa 
ambientale 
comunitaria, chiede, sul 
punto, chiarimenti 
alle 
Autorit� 
italiane. Il 
progetto 
n. 
10 
malpensa 
2000, 
come 
noto, 
interessa 
l�area 
del 
Parco 
Naturale 
della 
Valle del 
Ticino. 


2. lATenTe 
ConfliTTo 
PoliTiCo 
TRA 
MAGGioRAnzA 
eD 
oPPoSizione 
in 
iTAliA 
AnChe 
PeR 
RAGioni 
TeRRiToRiAli. 
a) 
fino 
alla 
pubblicazione 
di 
una 
lettera 
del 
Presidente 
del 
Consiglio, 
romano 
Prodi, 
sul 
Corriere 
della 
Sera 
del 
25 
marzo 
1998, 
la 
realizzazione 
dell�hub 
di 
Malpensa 
risulta 
essere 
un progetto che 
unisce 
la 
maggioranza 
del 
Paese, 
al 
di 
l� 
di 
divisioni 
legate 
all�appartenenza 
politica 
e 
territoriale. Nella 
lettera 
indirizzata 
al 
direttore 
del 
quotidiano viene, al 
contrario, manifestato un insanabile 
dissidio 
tra 
il 
Governo 
centrale 
e 
il 
Comune 
di 
Milano, 
proprietario 
della 
societ� 
di 
gestione 
dell�aeroporto di 
Malpensa. Pubblicamente, il 
Presidente 
del 
Consiglio ricorda 
di 
aver avuto modo di 
sottolineare 
al 
Sindaco Al



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


bertini 
il 
grande 
effetto 
propulsivo 
che 
gli 
aeroporti 
organizzati 
in 
sistema 
possono 
offrire 
al 
Paese 
e 
di 
avergli 
manifestato la 
preoccupazione 
per una 
situazione 
che 
vede 
gli 
altri 
Stati 
europei 
sviluppare 
con 
grande 
aggressivit� 
la 
rete 
dei 
propri 
aeroporti 
e, nel 
contempo, vede 
in Italia 
la 
progressiva 
perdita 
di 
quote 
di 
traffico a 
favore 
di 
scali 
e 
compagnie 
aeree 
di 
altre 
nazionalit�. Secondo 
Prodi, a 
questo stato di 
cose 
e 
a 
questa 
tendenza, si 
pu� realisticamente 
reagire 
soltanto con un �progetto Paese� 
che 
individui 
due 
grandi 
hub 
- Malpensa 
e 
Fiumicino - e 
�su questi 
centri 
collettori 
di 
traffico, necessariamente 
coordinati 
fra 
loro, 
costruisca 
una 
fitta 
rete 
di 
collegamenti 
che 
assicuri 
il 
continuo 
ed 
efficace 
�rifornimento� 
dei 
passeggeri 
e 
delle 
merci, 
garantendo, 
nel 
contempo, 
occasioni 
di 
crescita 
anche 
agli 
aeroporti 
minori, 
preziosa 
espressione 
di 
realt� ricche 
e 
vitali�. 
Il 
Presidente 
del 
Consiglio ritiene 
che, 
laddove 
manchi 
la 
capacit� 
di 
attivare 
un grande 
e 
coordinato sforzo per riqualificare 
e 
rilanciare 
in 
modo 
integrato 
il 
sistema 
degli 
aeroporti 
italiani, 
chi 
ci 
perder� 
sar� 
proprio il 
progetto di 
malpensa 2000. Prodi 
� 
del 
parere 
che 
�lo scalo milanese, isolato dagli 
altri 
aeroporti 
nazionali 
e 
da roma Fiumicino 
sar� 
costretto 
ad 
assistere 
al 
rafforzarsi, 
prima, 
e 
all�esplosione, 
poi, 
dei 
mille 
contatti 
diretti 
fra gli 
altri 
aeroporti 
e 
i 
grandi 
centri 
di 
smistamento del 
Nord Europa e 
sar� condannato a una progressiva emarginazione 
e 
ad un sicuro 
declino�. 
Il 
Presidente 
del 
Consiglio scrive, inoltre, di 
aver prospettato e 
suggerito al 
Sindaco di 
Milano di 
percorrere 
con coraggio e 
con il 
consenso 
del 
capitale 
privato, innanzitutto, la 
strada 
di 
una 
sinergia 
con lo scalo di 
Fiumicino 
e 
successivamente 
con gli 
altri 
aeroporti 
dell�Italia 
settentrionale, ma 
la 
risposta 
ricevuta 
� 
stata 
una 
rigida 
difesa 
di 
un inesistente 
e 
indifendibile 
primato di 
Milano e 
di 
Malpensa, considerata, a 
dispetto di 
tutti 
i 
dati, come 
l�unico, autentico, naturale 
hub italiano. In questo modo, secondo Prodi, Milano 
segna 
la 
condanna 
di 
Malpensa 
e 
vanifica 
una 
straordinaria 
e 
irripetibile 
occasione 
di 
sviluppo per l�intera 
Lombardia, per le 
regioni 
del 
Settentrione, 
per tutta 
l�Italia. In sintesi, con questa 
lettera-manifesto il 
Presidente 
del 
Consiglio 
cerca 
di 
evitare 
una 
contesa 
tra 
roma 
e 
Milano 
e 
prefigura 
possibili 
scenari 
di 
sviluppo del 
trasporto aereo in Italia, proponendo strategicamente 
alla 
propriet� 
della 
SEA, 
a 
garanzia 
della 
concreta 
possibilit� 
per 
l�Italia 
di 
rendere 
operativo l�hub Malpensa, indispensabili 
e 
necessari 
assetti 
economico-industriali, 
riferibili a capitali privati, tali da coinvolgere l�intero sistema Paese; 


b) 
al 
contrario delle 
attese, inasprendo la 
polemica 
politica, la 
replica 
del 
Sindaco sul 
Corriere 
della 
Sera 
del 
27 marzo 1998 � 
tutta 
a 
difesa 
della 
centralit� 
di 
Malpensa 
e 
della 
citt� 
di 
Milano. Infatti, Albertini, in contrasto con 
la 
proposta 
del 
Presidente 
del 
Consiglio, 
rivendica 
un 
ruolo 
essenziale 
ed 
esclusivo dello scalo lombardo a 
tutela 
dell�accordo che, nel 
frattempo, si 
� 
realizzato 
tra 
Alitalia 
e 
KLM. 
Secondo 
il 
Sindaco 
di 
Milano, 
eventuali 
accordi 
di 
sistema 
non possono che 
essere 
subordinati 
alla 
centralit� 
di 
Malpensa 
e, 
laddove 
non praticabili, l�azionista 
della 
societ� 
di 
gestione 
ritiene 
preferibile 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


�una sana concorrenza con alleanze 
internazionali� 
tra 
roma 
e 
Milano. In 
sostanza, 
il 
Comune 
di 
Milano 
boccia 
il 
progetto 
�Hermes� 
sostenuto 
da 
Prodi, che 
avrebbe 
previsto l�acquisizione 
da 
parte 
di 
gruppi 
imprenditoriali 
italiani 
del 
100% della 
SEA 
e 
del 
55% di 
Adr, la 
societ� 
di 
gestione 
degli 
aeroporti 
della Capitale; 


c) 
per 
la 
�citt� 
eterna�, 
il 
fatto 
che 
Alitalia 
abbia 
la 
prospettiva 
di 
spostare 
voli 
su 
Malpensa 
nell�imminenza 
del 
Giubileo 
� 
comunque 
un 
evento 
che 
pu� 
avere 
riflessi 
assolutamente 
negativi 
ed 
il 
Sindaco 
rutelli 
stigmatizza 
l�iniziativa 
come 
�campanilistica 
e 
un 
po� 
rozza� 
(Corriere 
della 
Sera, 
2 
aprile 
1998). 
Come 
se 
non 
bastasse, 
il 
successivo 
21 
aprile, 
il 
Corriere 
della 
Sera 
pubblica 
una 
lettera 
del 
Primo 
cittadino 
capitolino 
che 
pone 
tre 
questioni 
a 
cui 
�l�alitalia e 
il 
ministro Burlando non stanno rispondendo�. In sostanza, rutelli 
chiede: 
a) se 
ha 
senso puntare 
sul 
potenziamento di 
Malpensa 
togliendo 
voli 
e 
passeggeri 
-anzich� 
agli 
aeroporti 
europei 
-all�aeroporto 
di 
Fiumicino; 
b) 
se 
non 
sia 
corretto 
sostenere 
che 
il 
principale 
aeroporto 
della 
Nazione 
debba 
collocarsi 
in una 
posizione 
geografica 
baricentrica 
senza 
�pensare 
che 
un imprenditore 
barese 
debba 
raggiungere 
Beirut 
via 
malpensa, 
o 
da 
Catania 
si 
debba 
andare 
a 
Johannesburg 
via 
Varese�; 
c) 
se 
non 
sia 
meglio 
puntare 
a 
sviluppare 
il 
traffico di 
Malpensa 
attraverso le 
compagnie 
straniere 
piuttosto che 
ipotizzare 
che 
Fiumicino, per garantire 
il 
flusso turistico ed istituzionale 
della 
Capitale, 
debba 
sostituire 
parte 
dei 
tagli 
di 
Alitalia 
con 
l�ingresso 
di 
altre 
compagnie 
straniere; 


d) 
nella 
polemica 
tra 
roma 
e 
Milano entra 
anche 
il 
Ministro degli 
esteri, 
Lamberto dini, che 
scrive 
al 
Presidente 
del 
Consiglio esprimendo la 
propria 
preoccupazione 
per il 
fatto che, in occasione 
del 
Giubileo, 
�le 
tante 
personalit� 
che 
arriveranno da tutto il 
mondo dovranno far 
riferimento a milano per 
viaggi la cui meta naturale non pu� che essere la nostra capitale�. 


3. DiffiColT� 
Di 
SinTeSi 
PoliTiCA 
TRA 
CoRRenTe 
RifoRMiSTA 
e 
RADiCAle 
Al 
GoveRno. 
a) 
il 
Ministro dell�ambiente, ronchi, in contrasto con il 
Ministro dei 
trasporti, 
Burlando, 
richiede 
formalmente 
di 
sottoporre 
il 
progetto 
malpensa 
2000 
alla 
Valutazione 
di 
Impatto Ambientale 
in ragione 
delle 
numerose 
modifiche 
apportate 
al 
progetto 
della 
SEA 
del 
1986 
-approvato 
prima 
dell�entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
n. 
349/86 
e 
del 
dPCM 
n. 
377/88 
-che 
hanno 
determinato 
�un enorme 
incremento dell�attivit� dello scalo e 
lo stravolgimento della sua 
originaria 
funzione�. 
Il 
Ministro 
ronchi 
ritiene 
che, 
secondo 
la 
normativa 
vigente, 
devono 
essere 
sottoposti 
alla 
procedura 
VIA 
anche 
gli 
interventi 
su 
opere 
gi� 
esistenti, 
qualora 
da 
tali 
interventi 
derivi 
un�opera 
con 
caratteristiche 
sostanzialmente 
diverse 
dalla 
precedente. 
All�esito 
dello 
studio, 
il 
25 
novembre 
1999, il 
Ministro 
�Verde� 
emana, di 
concerto con il 
Ministro per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali, 
il 
decreto 
VIA 
n. 
4231. 
In 
sostanza, 
il 
Ministro 
dell�ambiente 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


esprime 
�un giudizio di 
compatibilit� ambientale 
negativo sull�ulteriore 
incremento 
dei 
voli 
all�aeroporto di 
malpensa� 
e 
dichiara 
che 
�tale 
progetto di 
incremento dei 
voli 
potr� essere 
riesaminato a valle 
dell�attuazione 
del 
percorso 
di 
minimizzazione 
individuato�. 
Alcune 
compagnie 
aeree 
straniere, 
ormai 
da 
anni 
sul 
piede 
di 
guerra, 
non 
perdono 
l�occasione 
di 
fare 
presente 
che 
il 
decreto del 
Ministero dell�ambiente 
rimette 
in discussione 
le 
date 
previste 
per il 
trasferimento dei 
restanti 
voli 
da 
Linate 
a 
Malpensa 
(15 dicembre 
1999 e 15 gennaio 2000); 


b) 
in 
data 
3 
dicembre 
1999, 
su 
istanza 
presentata 
dal 
Ministro 
dei 
trasporti 
ai 
sensi 
dell�art. 
6, 
comma 
5, 
legge 
n. 
349/86, 
il 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
alla 
ricerca 
di 
una 
mediazione, 
accoglie 
parzialmente 
le 
indicazioni 
del 
Ministro 
ronchi, 
stabilendo 
che 
le 
misure 
di 
mitigazione 
e 
compensazione 
ambientale 
previste 
nel 
decreto 
interministeriale 
del 
25 
novembre, 
nell�ottica 
di 
accompagnamento 
dello 
sviluppo 
di 
Malpensa 
come 
scalo 
hub, 
vengano 
attuate 
immediatamente 
dopo 
il 
trasferimento 
della 
prima 
tranche 
di 
voli, 
confermato 
per 
il 
15 
dicembre. 
Il 
compromesso 
politico 
raggiunto 
in 
sede 
di 
Consiglio 
dei 
Ministri 
prevede, 
al 
contrario, 
che 
la 
seconda 
tranche 
dovr� 
attendere 
la 
verifica 
dell�efficacia 
delle 
misure 
adottate 
che 
si 
provvede 
a 
formalizzare 
in 
uno 
specifico 
allegato, 
parte 
integrante 
dell�emanando 
dPCM 
del 
13 
dicembre 
1999; 


c) 
le 
disavventure 
del 
decreto Burlando 
n. 101-T 
si 
scontrano anche 
con 
un 
episodio 
di 
�schizofrenia 
rappresentativa�: 
mentre 
la 
Commissaria 
europea 
ai 
trasporti 
Loyola 
de 
Palacio, 
viene 
rassicurata 
dal 
Ministro 
Treu 
sul 
fatto 
che 
verr� 
realizzata 
anche 
la 
seconda 
tranche 
di 
trasferimenti, il 
Ministro del-
l�ambiente 
Edo ronchi, intervenendo al 
Consiglio dei 
suoi 
omologhi 
comunitari, 
dichiara 
che 
il 
trasferimento del 
15 gennaio resta 
soggetto alla 
VIA 
e 
non 
� 
quindi 
certo. 
Questa 
mossa 
suicida, 
sommata 
al 
fatto 
che 
il 
testo 
del 
dPCM 
firmato 
da 
d�Alema, 
mentre 
ribadisce 
la 
volont� 
di 
procedere 
al 
primo 
trasferimento evita 
di 
impegnarsi 
sulla 
seconda 
data 
del 
15 gennaio 2000, fa 
scattare 
la 
reazione 
dell�Europa. Il 
14 dicembre, la 
Commissaria 
de 
Palacio, 
ritenendo 
che 
non 
ci 
siano 
garanzie 
sufficienti 
sulla 
seconda 
scadenza 
concordata, 
invia 
una 
lettera 
al 
Ministro dei 
trasporti 
italiano per segnalare 
la 
necessit� 
di 
sospendere 
ogni 
spostamento 
di 
traffico 
da 
Linate 
a 
Malpensa. 
Lo 
stesso 
giorno, il 
Ministro dei 
trasporti, d�intesa 
con il 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri, 
decide 
di 
sospendere 
l�obbligo 
del 
trasferimento 
dei 
voli 
previsto 
per 
il 
giorno successivo. In tale 
gi� 
problematico contesto, due 
europarlamentari 
�Verdi� 
accompagnano una 
delegazione 
di 
66 sindaci 
lombardi 
e 
piemontesi 
ad 
incontrare 
la 
Commissaria 
de 
Palacio 
per 
sottolineare 
l�incompatibilit� 
ambientale 
dell�aeroporto di Malpensa. 


4. Azioni 
iMPRoPRie 
Di 
AliTAliA. 
a) 
secondo l�assunto comunitario, l�effetto del 
decreto di 
ripartizione 
del 
traffico n. 46-T 
che 
lascia 
la 
sola 
�navetta� 
roma-Milano su Linate 
sarebbe 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


quello 
di 
garantire 
ad 
Alitalia 
un 
vantaggio 
competitivo 
sulle 
altre 
compagnie, 
con gravi 
effetti 
distorsivi 
della 
concorrenza. Le 
compagnie 
straniere 
si 
troverebbero, 
infatti, a 
competere 
con Alitalia 
in condizioni 
di 
netto svantaggio, 
poich� 
dovrebbero 
offrire 
i 
propri 
voli 
intercontinentali 
con 
partenza 
ed 
arrivo 
esclusivamente 
presso l�aeroporto di 
Malpensa, decisamente 
meno appetibile 
per gli 
utenti 
del 
Nord Italia 
a 
causa 
della 
sfavorevole 
ubicazione 
geografica. 
In 
tutte 
le 
fasi 
di 
giudizio, 
la 
prova 
�principe� 
di 
tale 
tesi 
sono 
le 
dichiarazioni 
del 
direttore 
Generale 
dell�Alitalia, 
secondo 
cui 
�la 
creazione 
di 
un 
hub 
a 
malpensa 
� 
parte 
fondamentale 
del 
piano 
di 
rilancio 
dell�alitalia 
e 
il 
decreto, 
oltre 
a 
garantire 
la 
piena 
utilizzazione 
dello 
scalo 
generale, 
consente 
alla 
compagnia di 
portare 
avanti 
il 
progetto senza dover 
far 
fronte 
alla concorrenza 
che 
vorrebbe 
usare 
ancora a lungo l�aeroporto di 
Linate, pi� vicino al 
centro 
cittadino. 
il 
ministro 
deve 
dimostrare 
grinta 
per 
portare 
avanti 
una 
decisione 
importante e tutelare gli interessi italiani�; 


b) 
l�altro punto critico della 
storia 
di 
Malpensa 
� 
costituito dalle 
regole 
di 
ripartizione 
del 
traffico 
che 
devono 
tendere 
a 
ridurre 
al 
minimo 
l�operativit� 
di 
Linate 
per garantire 
la 
concentrazione 
dei 
voli 
sull�hub. 
In controtendenza 
rispetto 
a 
tale 
prospettiva, 
� 
l�accordo 
raggiunto 
da 
Civilavia 
con 
le 
compagnie 
aeree 
-favorito 
dallo 
scetticismo 
di 
Alitalia 
che 
aveva 
portato 
l�azienda 
a 
stringere 
accordi 
per il 
trasporto merci 
con l�aeroporto di 
Torino - in base 
al 
quale 
dal 
1996, 
proprio 
a 
Linate, 
� 
possibile 
aumentare 
il 
traffico, 
portando 
le 
bande 
orarie 
utilizzabili 
sullo scalo, da 
22 a 
32 l�ora, con evidente 
forte 
incremento 
del volume passeggeri. 


5. 
DiSGuiDi 
e 
RiTARDi 
nellA 
ReAlizzAzione 
PRoGeTTuAle 
e 
DellA 
ReTe 
Di 
ACCeSSibiliT� 
AeRoPoRTuAle. 
a) 
il 
25 ottobre 
1998, l�avvio operativo di 
malpensa 2000 � 
tutt�altro che 
felice: 
code, proteste, ritardi 
e 
disguidi 
portano l�aeroporto al 
limite 
del 
collasso. 
Nel 
grande 
hub 
europeo 
va 
subito 
in 
cortocircuito 
il 
coordinamento 
delle 
operazioni 
gestito 
dal 
sistema 
telematico 
della 
SEA: 
dalla 
consegna 
dei 
bagagli 
al 
trasferimento 
dei 
passeggeri, 
dagli 
orari 
di 
decollo 
e 
arrivo, 
all�assegnazione 
delle 
piazzole 
di 
parcheggio. 
�L�elenco 
dei 
problemi 
che 
hanno 
rovinato 
il 
battesimo 
di 
malpensa 
2000, 
sembra 
non 
arrivare 
mai 
alla 
fine: 
ritardi 
record, 
strade 
e 
cieli 
intasati, passeggeri 
inferociti, talora persi 
nella nebbia o sotto 
la pioggia, autobus 
e 
navette 
fantasma, bagagli 
attesi 
per 
ore 
e 
spesso smarriti, 
code 
interminabili, 
cartelli 
assenti 
quando 
non 
sbagliati, 
ed 
in 
pi� 
la 
protesta, 
con i 
manifestanti 
che 
hanno bloccato il 
traffico in entrata e 
in uscita 
dall�aeroporto� 
(Corriere della Sera, 26 ottobre 1998); 


b) 
il 
giorno 
di 
Natale 
2000 
lo 
scalo 
rimane 
paralizzato 
per 
quasi 
due 
giorni a causa di una nevicata che intrappola migliaia di passeggeri; 


c) 
la 
realizzazione 
della 
linea 
ferroviaria 
tra 
Milano 
e 
Malpensa 
sulla 
quale 
sono 
destinati 
a 
correre, 
una 
ogni 
mezz�ora, 
le 
navette 
Malpensa 
Express 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


dura 
da 
anni: 
il 
quadruplicamento del 
tratto milanese 
Cadorna-Bovisa 
� 
stato 
attivato il 
9 settembre 
2007 dopo 9 anni 
di 
lavori 
e 
123 milioni 
di 
euro di 
investimento. 
Su questo snodo ferroviario della 
rete 
Ferrovie 
Nord convergono 
le linee da e per Saronno, Como, Asso, Varese-Laveno, Novara e Malpensa; 


d) 
per il 
completamento della 
tratta 
Saronno-Malpensa 
si 
attende 
l�apertura 
del 
tunnel 
destinato ad interrare 
la 
linea 
ferroviaria 
nel 
perimetro comunale 
di 
Castellanza 
come 
chiesto dal 
Comune 
nel 
1996. Il 
tunnel 
verr� 
per� 
attivato solo nel 
2009 e 
richieder� 
complessivamente 
(interramento, raccordi, 
nuova 
stazione 
e 
relative 
opere) un investimento di 
circa 
140 milioni 
di 
euro; 


e) 
il 
potenziamento ed il 
prolungamento delle 
strade 
di 
accesso ha 
subito 
un 
ritardo 
di 
anni: 
il 
completamento 
dei 
lavori 
di 
potenziamento 
della 
A8 
�autolaghi� 
che 
da 
Milano porta 
a 
Varese, collegata 
con l�aeroporto di 
Malpensa 
attraverso la 
statale 
336 - una 
sorta 
di 
bretella 
a 
doppia 
corsia 
e 
doppia 
carreggiata 
verso la 
Autostrada 
dei 
laghi 
- � 
avvenuto il 
13 ottobre 
1999, un anno 
dopo l�apertura del nuovo scalo; 


f) 
l�inaugurazione 
del 
raccordo 
con 
l'Autostrada 
A4 
� 
avvenuta 
solo 
il 
30 
marzo 
2008, 
mentre 
a 
tutt�oggi 
resta 
ancora 
allo 
stadio 
di 
progetto 
l'Autostrada 
Pedemontana 
Bergamo-Gallarate, prolungamento della 
statale 
336 dell'Aeroporto 
della Malpensa. 


La 
contesa 
comunitaria 
relativa 
al 
dossier 
malpensa 2000 
sembra 
finire 
nel 
2001, ma, al 
contrario, trascorrono altri 
7 anni 
fino all�abbandono del 
presidio 
aeroportuale 
da 
parte 
di 
Alitalia. In questo tempo, in Italia, si 
sono succeduti 
altri 
due 
Governi 
di 
diverso colore 
politico che, pur riconoscendo che 
la 
crisi 
del 
vettore 
di 
riferimento italiano � 
in gran parte 
da 
riconnettersi 
alla 
difficolt� 
ed antieconomicit� 
di 
mantenere 
surrettiziamente 
in vita 
l�hub 
del 
Sud del 
continente 
europeo, non hanno ritenuto di 
modificare 
le 
regole 
di 
ripartizione 
del 
traffico tra 
gli 
aeroporti 
di 
Milano, lasciando vivere 
il 
decreto 
Bersani 
bis 
che, a 
questa 
data, regola 
il 
traffico tra 
gli 
scali 
di 
Linate 
e 
Malpensa, 
invariati i numeri dei movimenti disponibili (18+70). 


Va, comunque, detto, che 
la 
fine 
dell�estate 
2001 � 
il 
momento che 
segna 
la 
crisi 
mondiale 
del 
trasporto aereo: 
basti 
pensare 
che, dopo l�attentato terroristico 
delle 
torri 
gemelle 
dell�11 
settembre 
a 
New 
York, 
la 
SEA 
ha 
riscontrato, 
nell�immediato, un calo del 
traffico aereo del 
25%, incidente 
soprattutto sulle 
rotte atlantiche. 


Inoltre, 
va 
ricordato 
che 
Linate, 
l�8 
ottobre 
2001, 
� 
il 
luogo 
della 
tragedia 
del 
pi� grave 
disastro aereo avvenuto su suolo italiano in cui 
hanno perso la 
vita 118 vittime innocenti. 


In 
tale 
contesto, 
per 
lungo 
periodo, 
il 
problema 
dell�hub 
di 
Malpensa 
viene 
accantonato 
dalla 
politica 
italiana 
anche 
se 
la 
compagnia 
di 
riferimento 
nazionale, 
fallita 
la 
strategica 
alleanza 
con 
KLM, 
nel 
2000 
entra 
in 
SkyTeam, 
un 
importante 
accordo 
tra 
vettori, 
prima 
commerciale 
e 
poi 
anche 
societario, 
nato 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


con 
la 
partecipazione 
di 
Aeroflot, 
AeroMexico, 
Air 
France, 
China 
Southern, 
Continental, 
CSA 
Czech 
Airlines, 
delta 
Airlines, 
KLM, 
Korean 
Air 
e 
Northwest, 
che 
garantisce 
ai 
passeggeri 
qualit�, 
efficienza 
e 
una 
rete 
di 
collegamenti 
unica 
al 
mondo: 
16.409 
voli 
giornalieri, 
verso 
841 
destinazioni 
in 
162 
Paesi. 


� 
evidente 
che 
questo 
forte 
legame 
con 
Air 
France, 
principale 
partner 
europeo di 
SkyTeam, condiziona 
la 
possibilit� 
per Alitalia 
di 
sostenere 
adeguatamente 
l�hub 
di 
Malpensa, tenuto conto dell�interesse 
francese 
di 
sviluppare 
gli scali antagonisti, Lione e Nizza. 


Ci� 
nonostante, 
in 
questi 
anni, 
scelte 
politiche 
deboli 
esercitate 
nella 
esasperata 
ricerca 
di 
equilibrismi 
politici 
hanno provocato un disastro. Era 
evidente 
che 
tentare 
di 
tenere 
pienamente 
operativi 
Linate 
e 
Malpensa 
avrebbe 
provocato una 
situazione 
contraddittoria 
tale 
da 
indebolire 
entrambi 
gli 
aeroporti 
e 
costringere 
una 
fragile 
Alitalia, peraltro legata 
alla 
politica 
industriale 
di 
Air France, a prendere decisioni difficili e risolute. 

Al 
riguardo, pare 
opportuno sottolineare 
che, nella 
stessa 
decisione 
della 
Commissione 
n. 2001/163/CE 
del 
21 dicembre 
2000, si 
�prende 
atto dell�impegno 
dell�italia a riconsiderare la situazione entro la fine dell�anno 2001�. 


In particolare, le 
motivazioni 
da 
approfondire 
per un�eventuale 
modifica 
del 
decreto di 
ripartizione 
del 
traffico del 
sistema 
aeroportuale 
di 
Milano, potevano 
essere le seguenti: 


a) 
dal 
2001, 
l�area 
comunitaria 
si 
� 
estesa 
con 
l�ingresso 
di 
10 
nuovi 
Paesi 
le cui capitali hanno quindi titolo a collegarsi con Linate; 


b) 
l�aeroporto 
di 
Malpensa, 
in 
mancanza 
di 
un 
vettore 
di 
riferimento 
o 
meglio di 
un�alleanza 
di 
vettori 
intesa 
a 
presidiare 
l�infrastruttura, non � 
pi� 
definibile 
hub, 
ma 
ha 
assunto 
la 
vocazione 
di 
scalo 
internazionale 
aperto 
a 
tutti i vettori interessati; 


c) 
dal 
2001, � 
oggettivamente 
migliorato il 
livello delle 
infrastrutture 
di 
accesso da 
Milano citt� 
a 
Malpensa 
tanto che, nel 
tempo, � 
stato garantito un 
livello di 
traffico che 
ha 
raggiunto picchi 
di 
70 mov/ora, superando la 
situazione 
denunciata 
dalle 
compagnie 
aeree 
nei 
ricorsi 
proposti 
alla 
Commissione 
europea 
e 
quindi 
la 
causa 
�da cui 
deriva una scarsa propensione 
degli 
utenti 
ad utilizzare questo aeroporto�; 


d) 
a 
differenza 
di 
quanto 
denunciato 
nei 
ricorsi 
che 
hanno 
dato 
luogo 
alla 
pronuncia 
della 
Commissione 
del 
21 
dicembre 
2000, 
la 
capacit� 
operativa 
dello scalo di 
Malpensa 
si 
� 
attestata, senza 
particolari 
problemi 
rispetto alla 
gestione 
dei 
servizi 
di 
terra, 
su 
70 
mov/ora 
e 
quindi 
ben 
al 
di 
sopra 
dei 
58 
mov/ora ipotizzati dai ricorrenti; 


e) 
l�ipotesi 
di 
limitazione 
del 
traffico 
aereo 
di 
Linate 
potrebbe 
trovare 
giustificazione 
in presenza 
di 
gravi 
problemi 
di 
carattere 
ambientale, secondo 
le previsioni dell�art. 9 reg. CEE n. 2408/92. 


Tutto ci� non � stato concretamente preso in considerazione. 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Con il 
senno di 
poi, � 
facile 
rendersi 
conto della 
disattenzione 
politico-
istituzionale 
che 
cՏ 
stata 
in 
questo 
lungo 
arco 
di 
tempo, 
se 
pensiamo 
che 
sembrava 
scontato 
che 
Alitalia 
dovesse 
sostenere 
due 
hub, 
Malpensa 
e 
Fiumicino, 
e 
che 
l�incapacit� 
di 
perseguire 
questo obiettivo industriale 
fosse 
da 
ricercare 
esclusivamente nelle carenze gestionali del vettore di riferimento nazionale. 


Come 
in 
altri 
casi, 
questa 
effimera 
verit� 
� 
risultata 
adeguatamente 
sostenuta 
da 
quanti 
intendevano 
nascondere 
le 
vere 
cause 
della 
crisi 
di 
Malpensa 
per 
tutelare 
precisi 
interessi 
economici 
e 
politici 
che, 
purtroppo, 
nel 
nostro 
Paese 
non sono abituati 
ad assicurare, con continuit�, rispetto anche 
ai 
cambiamenti 
di 
maggioranze 
parlamentari 
e 
all�alternarsi 
di 
Governi, programmi 
strategici 
di 
lungo periodo che 
si 
inseriscano in una 
visione 
di 
sviluppo economico 
non pi� ancorata 
a 
scelte 
territoriali, ma 
tenendo conto della 
necessit� 
di 
dotare 
il 
Vecchio Continente 
di 
una 
rete 
di 
collegamenti, stradali, ferroviari 
e 
aeroportuali, che 
tenda 
a 
semplificare 
e 
facilitare 
la 
mobilit� 
delle 
persone 
e 
delle 
merci 
e, soprattutto, favorisca 
la 
crescita 
dell�identit� 
del 
cittadino europeo, 
cos� 
facendo crescere 
nelle 
nuove 
generazioni 
un diverso senso di 
appartenenza 
che 
superi 
i 
confini 
nazionali 
e 
le 
integri, senza 
le 
difficolt� 
di 
chi 
� 
figlio della 
cultura 
del 
secolo scorso, in una 
democrazia 
ancorata 
ad un nuovo 
Stato: l�Europa. 


L�esame 
sin 
qui 
svolto, 
che 
riproduce 
il 
cap. 
12 
di 
dossier 
Malpensa, 
pubblicazione 
del 
2008 dei 
�Quaderni 
dell�aviazione 
Civile�, per quanto datato 
resta 
di 
forte 
attualit� 
e, 
sicuramente, 
assume 
un 
valore 
profetico 
quanto 
scritto 
da 
Prodi, all�epoca 
Presidente 
del 
Consiglio, nella 
lettera 
pubblicata 
dal 
Corriere 
della 
Sera 
il 
25 marzo 1998 che, cos� 
stigmatizzava 
la 
difficolt� 
di 
fare 
sistema 
del 
nostro 
Paese, 
in 
ragione 
delle 
appartenenze 
politiche 
e 
delle 
visioni 
campanilistiche 
dei 
referenti 
istituzionali: 
�lo 
scalo 
milanese, 
isolato 
dagli 
altri 
aeroporti 
nazionali 
e 
da roma Fiumicino sar� costretto ad assistere 
al 
rafforzarsi, prima, e 
all�esplosione, poi, dei 
mille 
contatti 
diretti 
fra gli 
altri 
aeroporti 
e 
i 
grandi 
centri 
di 
smistamento 
del 
Nord 
Europa 
e 
sar� 
condannato 
a una progressiva emarginazione e ad un sicuro declino�. 


In tale 
contesto, nonostante 
il 
fallimento del 
progetto del 
grande 
hub 
del 
Sud Europa 
e 
del 
piano industriale 
elaborato dall�Alitalia 
per affermarsi, con 
KLM, tra 
le 
pi� grandi 
compagnie 
europee, il 
traffico aereo nel 
nostro Paese, 
grazie 
alla 
politica 
di 
liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
avviata, con 
la condivisione 
di 
tutte 
le 
forze 
politiche, 
nella 
seconda 
met� 
degli 
anni 
�90, 
ha 
raggiunto ragguardevoli 
traguardi, tanto da 
registrare, nel 
2018, una 
complessiva 
movimentazione di oltre 185 milioni di passeggeri. 


Al 
riguardo, va 
ricordato che 
il 
Centro Studi 
demetra, all�indomani 
dal-
l�adozione 
dei 
decreti 
legislativi 
di 
riforma 
della 
parte 
aeronautica 
del 
codice 
della 
navigazione, 
pubblicava, 
nell�ambito 
della 
Collana 
i 
quaderni 
dell�aviazione 
civile, un volume, intitolato �il 
diritto degli 
aeroporti 
nel 
processo di 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
del 
trasporto 
aereo�, 
che 
ripercorreva 
le 
principali 
tappe 
di 
tale 
articolato percorso, prendendo le 
mosse 
dall�adozione 
dell�air 
deregulation act 
negli 
Stati 
uniti 
nel 
1978, per analizzare 
le 
novit� 
all�interno del 
Mercato Comune 
a 
partire 
dagli 
anni 
�80 ed illustrare, poi, il 
riassetto del 
sistema 
del 
trasporto aereo nel 
nostro Paese, con il 
superamento 
dei 
vecchi 
modelli 
basati 
sulla 
compagnia 
di 
bandiera 
e 
la 
sua 
trasformazione 
da 
trasporto dՎlite 
a 
quello di 
massa, divenendo il 
prezzo del 
biglietto l�elemento 
fondamentale, pur con immutata 
attenzione 
agli 
altri 
due 
canoni 
essenziali 
del settore: puntualit� e, soprattutto, sicurezza. 


Come 
si 
legge 
nella 
prefazione 
del 
Prof. 
Avv. 
Antonio 
Catrical�, 
allora 
Presidente 
dell�Autorit� 
garante 
per 
la 
concorrenza 
ed 
il 
mercato, 
la 
pubblicazione 
denunciava 
le 
resistenze 
culturali 
che 
all�epoca 
pervadevano 
il 
sistema: 


�il 
trasporto 
aereo, 
come 
gli 
altri 
servizi 
pubblici, 
� 
stato 
per 
lungo 
tempo 
sottoposto a un regime 
di 
riserva originaria caratterizzato dal 
presidio monopolistico 
dei 
collegamenti 
resi 
dalle 
compagnie 
di 
bandiera 
e 
dalla 
gestione 
dei 
servizi 
a terra affidata, per 
lo pi�, a societ� aeroportuali 
giuridicamente 
private, 
ma 
in 
controllo 
pubblico. 
il 
primo 
aspetto 
ha 
avuto 
l�effetto 
di 
limitare 
l�iniziativa economica dei 
soggetti 
privati 
e 
ha finito, quindi, per 
chiudere 
il 
settore 
al 
mercato e 
alla libera concorrenza. il 
secondo, a sua volta, ha favorito 
ingerenze 
di 
carattere 
politico burocratico e 
ha condotto a una gestione 
non sempre 
efficiente 
ed efficace 
del 
servizio. in questo contesto, la figura del 
passeggero utente 
� 
rimasta sullo sfondo: egli 
� 
stato considerato pi� il 
destinatario 
passivo 
di 
un 
servizio, 
che 
il 
soggetto 
titolare 
di 
pretese 
giuridicamente 
rilevanti. a 
partire 
dagli 
anni 
novanta, il 
sistema ha subito profondi 
cambiamenti, 
in 
conseguenza 
del 
processo 
di 
liberalizzazione 
avviato 
sulla 
spinta 
del 
diritto comunitario. Da un lato, la riserva originaria � 
venuta meno e 
il 
trasporto 
aereo si 
� 
aperto al 
mercato e 
alla libera concorrenza. Dall�altro, gli 
operatori 
del 
settore 
hanno 
dovuto 
migliorare 
la 
propria 
capacit� 
competitiva, 
anche 
in 
prospettiva 
di 
una 
possibile, 
e 
da 
pi� 
parti 
auspicata, 
privatizzazione 
sostanziale. 
in 
questo 
quadro, 
la 
figura 
del 
passeggero 
� 
emersa 
in 
tutta 
la 
sua evidenza. Non pi� vincolato nelle 
scelte, come 
nel 
precedente 
regime 
monopolistico, 
egli 
� 
diventato il 
vero arbitro del 
sistema, capace 
di 
decretare, 
in ragione 
della economicit�, sicurezza e 
puntualit� del 
servizio, il 
successo, 
il 
fallimento o, quanto meno, il 
declino dei 
soggetti 
operanti 
nel 
settore 
[�] 
L�auspicio 
� 
che 
si 
possa 
pi� 
attentamente 
definire 
l�ambito 
operativo 
dei 
soggetti 
pubblici 
e 
privati 
preposti 
al 
settore, in coerenza con le 
diverse 
funzioni, 
di 
indirizzo, gestione 
o regolazione 
tecnica, ad essi 
assegnate, cos� 
che 
la figura 
del 
passeggero sia meglio tutelata attraverso garanzie 
adeguate, capaci 
di 
assicurare 
un servizio realmente 
orientato alla customer 
satisfaction. 
(�). 
molti 
degli 
attuali 
operatori 
si 
sono affermati 
nel 
regime 
monopolistico, nel 
quale 
i 
diritti, meglio i 
privilegi, del 
vettore 
e 
del 
gestore 
aeroportuale 
erano 
garantiti 
pi� 
di 
quanto 
lo 
fossero 
quelli 
dei 
cittadini-utenti. 
Di 
qui 
la 
necessit� 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


di 
un�azione 
riformatrice 
pi� coraggiosa, che 
possa riconoscere 
alla figura 
del 
passeggero quella centralit�, che, di 
fatto, gi� il 
mercato gli 
attribuisce�. 


A 
tal 
proposito, il 
tradizionale 
accentramento, sia 
delle 
scelte 
strategiche 
della 
politica 
dei 
trasporti 
che 
della 
gestione 
di 
tematiche 
d�ordine 
generale 
o 
particolare, in una 
struttura 
ministeriale 
burocratizzata 
e 
da 
sempre 
frenata 
da 
una 
eccessiva 
frammentazione, 
e, 
talora, 
le 
sovrapposizioni 
di 
competenza, 
hanno generato, fin dagli 
anni 
�80 in modo via 
via 
pi� pressante, la 
necessit� 
di 
interventi 
di 
riforma 
legislativa 
degli 
assetti 
istituzionali 
preposti 
all�aviazione. 
Ci�, al 
fine 
di 
dare 
vita 
a 
strutture 
tecnico-amministrative 
in grado di 
assicurare 
l�organizzazione 
e 
l�efficienza 
adeguate 
alle 
nuove 
e 
diverse 
esigenze 
del 
settore 
e, 
correlate, 
ai 
livelli 
dei 
Paesi 
aeronauticamente 
pi� 
evoluti. 


di 
tal 
che, alla 
fine 
degli 
anni 
�90, all�esito di 
un avversato percorso politico-
istituzionale, si 
� 
imposta 
l�esigenza 
dell�emanazione 
di 
una 
normativa 
di 
settore 
coerente 
con i 
principi 
stabiliti 
dal 
d.lgs. n. 29/93 e 
s.m.i. di 
razionalizzazione 
dell�organizzazione 
della 
P.A., nella 
parte 
in cui 
ha 
tracciato una 
netta 
distinzione 
delle 
competenze 
tra 
centri 
di 
direzione 
politica 
e 
responsabilit� 
gestionali 
della 
P.A., e 
dalla 
legge 
n. 241/90 e 
s.m.i. sul 
procedimento 
amministrativo che 
ha 
introdotto un nuovo ruolo degli 
assetti 
burocratici, per 
offrire, anche 
attraverso la 
partecipazione 
del 
cittadino, risposte 
adeguate 
al 
miglior 
perseguimento 
dell�interesse 
pubblico. 
La 
misura 
della 
complessit� 
dell�operazione 
di 
revisione 
normativa 
nel 
settore 
del 
trasporto aereo appare 
evidente 
se 
si 
considera 
che 
in 
ogni 
aeroporto 
� 
necessaria 
una 
organizzazione 
assimilabile 
ad 
una 
complessa 
filiera 
imprenditoriale, 
pubblico-privata, 
diretta 
a 
fornire 
servizi 
operativi 
essenziali, come 
la 
realizzazione 
e 
manutenzione 
di 
piste, piazzali, viabilit�, impianti, l�assistenza 
al 
traffico aereo (meteorologia, 
telecomunicazioni, informazioni 
aeronautiche...), servizi 
di 
sicurezza, antincendio, 
sanitari, doganali. devono, altres�, essere 
assicurati 
i 
servizi 
di 
assistenza 
a 
terra 
agli 
aerei, 
ai 
passeggeri 
ed 
alle 
merci, 
nonch� 
i 
servizi 
commerciali 
intesi 
come 
attivit� 
dirette 
al 
benessere 
del 
passeggero 
come 
i 
parcheggi, 
negozi, 
bar, 
ristoranti, 
sale 
per 
conferenze 
(etc 
...). 
L�esigenza 
di 
un 
intervento 
normativo 
si 
� 
resa 
ancor 
pi� 
urgente, 
vista 
la 
velocit� 
di 
crescita 
del 
traffico aereo che, in Italia, nel 
decennio a 
cavallo degli 
anni 
�80/�90, ha 
fatto registrare incrementi del 45% delle attivit�. 

La 
riforma 
dell�aviazione 
civile 
si 
inquadra, pertanto, nel 
contesto di 
un 
pi� ampio programma 
normativo di 
carattere 
generale, diretto alla 
revisione 
dell�assetto amministrativo dello Stato e 
degli 
enti 
pubblici 
e 
ha 
preso forma, 
nel 
settore 
del 
trasporto aereo, con il 
d.lgs. n. 250/97. La 
legge 
n. 549/95, infatti, 
aveva 
affidato al 
Governo la 
delega 
per l�emanazione 
di 
un decreto legislativo 
diretto 
a 
razionalizzare, 
mediante 
la 
istituzione 
di 
un 
unico 
ente, 
le 
strutture 
degli 
organismi 
preposti 
all�aviazione 
civile, 
prevedendo, 
contestualmente, 
una 
iniziativa 
di 
modifica 
del 
codice 
della 
navigazione. In attuazione 
della 
delega, � 
stato emanato il 
decreto legislativo n. 250/97 che 
ha 
istituito 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


l�Ente 
Nazionale 
per l�Aviazione 
Civile 
(ENAC), con il 
quale 
si 
� 
provveduto 
all�unificazione 
dell�amministrazione 
statale 
dell�aviazione 
civile, 
con 
lo 
scopo di 
accorpare 
in un unico soggetto giuridico le 
funzioni 
prima 
suddivise 
tra 
direzione 
generale 
dell�aviazione 
civile 
(dGAC), 
registro 
Aeronautico 
Italiano (rAI) ed Ente 
nazionale 
della 
gente 
dell�aria 
(ENGA). Si 
� 
concretizzato, 
dunque, un decentramento organico che, pur mantenendo in capo al 
dicastero di 
settore, all�epoca 
Ministero dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione 
ora 
Ministero 
delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti, 
un 
ruolo 
di 
indirizzo 
e 
di 
vigilanza, 
ha 
inteso conseguire 
una 
pi� efficace 
azione 
di 
regolamentazione 
amministrativa 
e 
tecnica 
del 
settore, 
attraverso 
il 
progressivo 
distacco 
dell�Amministrazione 
dello Stato da 
un settore 
caratterizzato da 
una 
spiccata 
specificit� tecnica dei contenuti. 

L�ENAC 
ha 
assunto, 
in 
una 
prima 
fase, 
il 
ruolo 
di 
soggetto 
di 
regolazione 
del 
sistema 
di 
riferimento e, successivamente, di 
Autorit� 
di 
settore 
(art. 687 
Cod. Nav.), in un periodo storico di 
produzione 
normativa 
connotato, da 
una 
parte, dalla 
pressante 
esigenza 
di 
una 
radicale 
rivisitazione 
della 
risalente 
disciplina 
codicistica 
del 
1942 
e, 
dall�altra, 
dalla 
necessit� 
di 
dare 
attuazione 
alle 
importanti 
normative, nel 
frattempo intervenute, in materia 
di 
liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
del 
trasporto 
aereo, 
di 
affidamento 
delle 
gestioni 
aeroportuali, 
di 
apertura 
della 
concorrenza 
nell�assistenza 
a 
terra 
aeroportuale, 
conformemente al quadro normativo di carattere europeo. 

In 
parallelo, 
si 
avvia 
l�iter 
normativo 
per 
la 
concessione 
delle 
gestioni 
totali 
che, qui, vengono ripercorse, evidenziando tutta 
la 
loro complessit� 
e 
fornendo, 
in 
tal 
modo, 
un 
utile 
strumento 
per 
comprendere, 
a 
fondo, 
questo 
difficile 
e 
complesso 
percorso, 
che 
viene 
portato 
a 
termine, 
per 
la 
prima 
volta, 
nel 
2003, con l�affidamento, tramite 
provvedimento amministrativo, della 
gestione 
aeroportuale 
quarantennale 
in favore 
della 
S.E.A.P. (societ� 
concessionaria 
degli 
aeroporti 
pugliesi 
-ora 
AdP). 
Tutto 
questo 
accadeva 
dopo 
un 
decennio dall�entrata 
in vigore 
della 
l. n. 537/1993 che, all�art. 10, co. 13, nel 
prevedere 
la 
costituzione 
di 
societ� 
di 
capitale 
per 
l�affidamento 
della 
gestione 
degli 
aeroporti 
aperti 
al 
traffico civile 
controllati 
anche 
in parte 
dallo Stato, 
ha 
introdotto i 
principi 
per l�attuazione 
di 
un modello di 
gestione 
degli 
aeroporti 
nazionali 
da 
affidare 
a 
societ� 
di 
capitali, 
in 
grado 
di 
garantire 
lo 
sviluppo 
e 
l�ammodernamento 
delle 
infrastrutture 
e 
dell�organizzazione 
della 
gestione, 
in modo adeguato alle esigenze del traffico servito. 


Tali 
profonde 
trasformazioni 
che 
hanno interessato il 
settore 
sulla 
spinta 
del 
diritto europeo, hanno determinato, oltre 
al 
superamento del 
presidio monopolistico 
da 
parte 
delle 
compagnie 
di 
bandiera, 
la 
forte 
espansione 
della 
domanda 
da 
parte 
dei 
passeggeri, sempre 
pi� interessati 
ad un trasporto rapido, 
sicuro e 
a 
basso prezzo, e, come 
detto, il 
riassetto istituzionale, da 
cui 
� 
derivata, 
nel 1997, l�istituzione dell�ENAC. 


I criteri 
di 
liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
fortemente 
voluti 
dalla 
Co



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


munit� 
Europea 
- nonostante 
l�energica 
resistenza 
degli 
operatori 
economici 
che 
avevano consolidato importanti 
posizioni 
di 
mercato e 
di 
una 
burocrazia, 
il 
pi� 
delle 
volte 
interdittiva, 
ancorata 
ai 
sistemi 
monopolistici, 
che 
per 
decenni 
hanno dominato la 
scena 
senza 
dovere 
mettere 
alla 
prova 
alcuna 
capacit� 
imprenditoriale 
e 
competenza, impegnati 
unicamente 
a 
difendere 
le 
prerogative 
delle 
compagnie 
di 
bandiera 
- negli 
anni 
�80 cominciano ad affermarsi, dando 
concretezza 
ai 
principi 
del 
Trattato 
di 
roma 
del 
1957, 
che 
conteneva 
un�intesa 
diretta 
a 
garantire 
la 
libera 
circolazione 
di 
persone 
e 
di 
beni 
tra 
gli 
Stati 
membri 
e 
l�impegno per una 
comune 
politica 
dei 
trasporti. Il 
faticoso affermarsi 
del 
libero 
mercato 
del 
trasporto 
aereo, 
settore 
che 
era 
del 
tutto 
sottratto 
alle 
regole 
del 
mercato ed invece 
sottoposto alla 
potest� 
ed alla 
regolamentazione 
degli 
Stati 
membri, � 
stato possibile 
anche 
grazie 
alla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
che 
ha 
indotto 
il 
legislatore 
dell�unione 
ad 
allineare, 
progressivamente, 
il 
trasporto aereo alla 
disciplina 
degli 
altri 
servizi 
e, in generale, alle 
norme 
ed 
ai 
principi 
europei 
in 
tema 
di 
concorrenza, 
avendo, 
in 
pi� 
occasioni, 
affermato che 
tali 
principi 
sono da 
considerarsi 
applicabili 
al 
settore 
dei 
trasporti, 
ivi compresi quello marittimo e aereo. 


Naturalmente, 
una 
volta 
abbattuto 
il 
muro 
della 
resistenza 
monopolista, 
l�affermazione 
dei 
principi 
comunitari 
ha 
trovato 
attuazione, 
nel 
nostro 
Paese, 
con 
il 
d.lgs. 
n. 
18/99 
di 
recepimento 
della 
direttiva 
96/67/CE 
nel 
settore 
dei 
servizi 
aeroportuali 
di 
assistenza 
a 
terra, 
tradizionale 
roccaforte 
delle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale. 
In 
altre 
parole, 
l�intero 
sistema-aeroporto 
� 
stato 
interessato 
da 
importanti 
novit�, 
quali: 
la 
liberalizzazione 
del 
trasporto 
aereo 
a 
seguito 
dei 
regolamenti 
comunitari 
che 
hanno 
interessato 
le 
licenze 
ai 
vettori, 
l�accesso 
alle 
rotte 
intracomunitarie, 
le 
tariffe 
aeree, 
determinando 
mutamenti 
sostanziali 
(proliferare 
di 
nuove 
compagnie, 
apertura 
di 
nuovi 
collegamenti, 
affermarsi 
dei 
vettori 
low 
cost, 
competizione 
tariffaria) 
sugli 
assetti, 
fino 
a 
quel 
punto, 
incentrati 
su 
una 
disciplina 
rigorosamente 
monopolista 
del 
mercato. 


Tali 
profonde 
innovazioni 
hanno richiesto, contestualmente, la 
ridefinizione 
del 
panorama 
normativo 
aeroportuale: 
con 
il 
decreto 
ministeriale 
12 
novembre 
1997, 
n. 
521 
(1) 
-regolamento 
recante 
norme 
di 
attuazione 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
all�articolo 
10, 
co. 
13, 
della 
legge 
24 
dicembre 
1993, 
n. 
537, 
con 
cui 
� 
stata 
disposta 
la 
costituzione 
di 
societ� 
di 
capitali 
per 
la 
gestione 
dei 
servizi 
e 
infrastrutture 
degli 
aeroporti 
gestiti 
anche 
in parte 
dallo Stato - si 
� 
completato 
il 
processo 
di 
revisione 
della 
normativa 
aeroportuale, 
avviato 
dall�art. 10, co. 13, della 
legge 
citata 
e, poi, proseguito con il 
decreto legge 
n. 
251 del 28 giugno 1995, convertito dalla legge n. 351 del 3 agosto 1995. 


La 
disciplina 
introdotta 
ha 
configurato un nuovo modello di 
impresa 
ae


(1) Il 
decreto ministeriale 
12 novembre 
1997, n. 521 � 
stato pubblicato in GU 
Serie 
Generale 
n. 
83 del 9 aprile 1998 ed � entrato in vigore il 24 aprile 1998. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


roportuale, ispirato alle 
logiche 
del 
mercato, dove, a 
fronte 
di 
un ridimensionamento 
della 
presenza 
dell�Amministrazione 
pubblica 
(Stato, 
enti 
territoriali, 
camere 
di 
commercio, etc.) nella 
compagine 
societaria, la 
stessa 
impresa 
ha, 
nel 
tempo, assunto il 
ruolo di 
garante 
dell�efficienza 
dell�intera 
infrastruttura 
aeroportuale, responsabilizzata 
non soltanto sotto il 
profilo delle 
scelte 
strategiche, 
ma 
anche 
sotto quello degli 
investimenti. L�Amministrazione 
statale, 
in altri 
termini, ha 
abbandonato il 
suo tradizionale 
ruolo di 
accentratore 
delle 
scelte 
aeroportuali, 
mantenendo 
le 
funzioni 
di 
vigilanza 
sullo 
svolgimento 
delle 
attivit� 
affidate 
in concessione, che 
devono assicurare, in termini 
di 
efficienza, 
efficacia 
ed imparzialit�, gli 
interessi 
generali 
della 
collettivit�, e 
di 
controllo sui 
risultati 
gestionali 
dell�impresa 
concessionaria. In particolare, la 
previsione 
di 
legge 
ha 
disegnato 
uno 
scenario 
aeroportuale 
omogeneo 
nel 
quale 
scompaiono le 
eterogenee 
forme 
gestionali 
presenti, a 
favore 
di 
un tipo 
unico di 
impresa 
aeroportuale 
costituita 
nella 
forma 
di 
societ� 
di 
capitale 
(art. 
2, d.m. n. 521/1997), le 
cui 
quote, diversamente 
che 
in passato, non devono 
pi� essere 
necessariamente 
controllate 
per oltre 
il 
50% da 
soggetti 
pubblici. 
In sostanza, cade 
il 
vincolo della 
propriet� 
maggioritaria 
in mano a 
soggetti 
pubblici 
(Stato, 
enti 
territoriali, 
camere 
di 
commercio, 
etc.), 
favorendo 
un 
percorso 
verso la 
privatizzazione 
sostanziale 
delle 
stesse 
societ� 
di 
gestione, attraverso 
l�attrazione 
di 
capitali 
nuovi 
destinati 
ad assicurare 
gli 
investimenti 
necessari 
agli 
ammodernamenti 
e 
adeguamenti 
infrastrutturali 
imposti 
dal 
progressivo 
sviluppo del trasporto aereo. 

In tale 
contesto, va 
vista 
la 
possibilit�, da 
parte 
dello Stato, di 
estendere 
la 
durata 
delle 
concessioni 
sino ad un massimo di 
quarant�anni, termine 
inizialmente, 
fortemente 
contrastato, che, per�, consente 
alle 
societ� 
di 
ammortizzare 
le 
necessarie 
realizzazioni 
infrastrutturali 
da 
porre 
in 
essere 
e 
agli 
eventuali 
investitori 
privati 
la 
remunerazione 
del 
capitale 
investito. 
Scompare, 
nel 
nuovo 
contesto 
normativo, 
la 
figura 
del 
gestore 
parziale 
e 
precario, 
cui 
era 
demandato l�esercizio di 
alcune 
infrastrutture 
e 
di 
alcuni 
servizi, a 
favore 
del-
l�unica figura riconosciuta, quella del gestore totale. 


Il 
gestore 
totale 
assume 
non 
soltanto 
il 
ruolo 
di 
pianificatore 
dello 
sviluppo 
aeroportuale, ma 
anche 
quello di 
promotore 
e 
di 
coordinatore, secondo 
principi 
di 
efficienza 
ed 
imparzialit�, 
delle 
molteplici 
realt� 
imprenditoriali 
presenti 
nello stesso contesto aeroportuale, fatte 
logicamente 
salve 
le 
competenze 
attribuite 
ad enti 
istituzionali. A 
supporto del 
nuovo ruolo riconosciuto 
all�impresa 
aeroportuale 
e 
nel 
quadro del 
progressivo disimpegno finanziario 
dello Stato, � 
previsto che 
la 
societ� 
di 
gestione 
-a 
cui 
� 
addebitato un non 
marginale 
canone 
concessorio da 
corrispondere 
all�ENAC - percepisca 
tutte 
le 
entrate 
dirette 
ed indirette 
derivanti 
dall�esercizio aeroportuale 
e 
dalla 
utilizzazione 
delle 
aree 
demaniali, diritto prima 
riconosciuto soltanto ad alcuni 
gestori totali concessionari in base a leggi speciali. 


In 
particolare, 
il 
Governo, 
sulla 
base 
dei 
principi 
normativi 
di 
riferimento, 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


ha, inizialmente, previsto due 
distinti 
percorsi 
di 
affidamento della 
gestione, 
a 
seconda 
che 
la 
societ� 
affidataria 
sia 
titolare 
di 
un 
c.d. 
�diritto 
di 
insistenza�, 
essendo gi� 
concessionaria 
parziale, anche 
in regime 
precario, oppure 
che 
si 
tratti 
nuove 
societ� 
di 
capitali, 
da 
individuarsi 
all�esito 
di 
una 
procedura 
ad 
evidenza 
pubblica, previo accertamento dei 
prescritti 
adeguamenti 
statutari 
e 
valutazione di dettagliati piani economico-finanziari pluriennali. 


All�interno 
di 
questo 
nuovo 
riassetto, 
restano 
intestate 
allo 
Stato 
due 
funzioni 
ben 
precise: 
una 
di 
carattere 
strategico, 
esercitata 
attraverso 
la 
preventiva 
verifica 
dell�esistenza, 
in 
capo 
alla 
societ� 
di 
gestione, 
dei 
requisiti 
di 
idoneit� 
imprenditoriali 
e 
attraverso l�approvazione 
del 
cosiddetto programma 
di 
intervento; 
l�altra 
di 
controllo, alla 
luce 
dei 
parametri 
previsti 
dall�art. 10, d.m. 


n. 
521/1997. 
Si 
tratta, 
in 
quest�ultimo 
caso, 
di 
una 
sorta 
di 
controllo 
di 
qualit�, 
mirato 
a 
verificare 
che 
l�attivit� 
imprenditoriale 
si 
svolga 
non 
soltanto 
secondo 
criteri 
di 
derivazione 
comunitaria, di 
imparzialit�, non discriminazione 
e 
rispetto 
delle 
regole 
della 
concorrenza, ma 
anche 
secondo canoni 
di 
efficienza, 
economicit� 
e 
sicurezza, 
a 
tutela 
della 
regolarit� 
del 
sistema 
del 
trasporto 
aereo 
e degli interessi dell�utenza. 
del 
resto, 
l�inadeguatezza 
del 
Codice 
della 
Navigazione 
era 
elemento 
noto sin dai 
diversi 
tentativi 
di 
riforma 
del 
1965 condotti, senza 
risultati 
concreti, 
da 
pi� commissioni 
ministeriali 
specificamente 
costituite. In tale 
contesto, 
l�affidamento 
a 
societ� 
di 
capitale 
�della 
gestione 
dei 
servizi 
e 
la 
realizzazione 
delle 
infrastrutture 
degli 
aeroporti 
gestiti 
anche 
in parte 
dallo 
Stato�, la 
concentrazione 
in un unico ente, delle 
competenze 
amministrative 
e 
tecniche 
facenti 
capo 
a 
pi� 
soggetti 
burocratici, 
la 
trasformazione 
del-
l�Azienda 
autonoma 
di 
assistenza 
al 
volo per il 
traffico aereo generale 
(AAAVTAG) 
in 
Ente 
Nazionale 
per 
l�Assistenza 
al 
Volo 
(ENAV), 
da 
ultimo 
trasformato 
in 
s.p.a. 
e 
quotato 
in 
borsa, 
l�istituzione 
di 
assoclearance 
(2) 
quale 
soggetto deputato all�assegnazione 
delle 
bande 
orarie 
e 
dell�Agenzia 
Nazionale 
per la 
Sicurezza 
del 
Volo (ANSV), la 
liberalizzazione 
dei 
servizi 
di 
assistenza 
a 
terra, individuano le 
direttrici 
fondamentali 
lungo le 
quali 
si 
� 
posto 
il 
legislatore 
nazionale 
sul 
finire 
degli 
anni 
�90 per realizzare 
il 
disegno di 
riforma 
del comparto aeroportuale. 


Insomma, in tal 
modo, si 
� 
avviato �un paradigma aeroportuale� 
che 
ha 
teso 
ad 
adeguare 
il 
settore 
alle 
nuove 
e 
diverse 
esigenze 
di 
mercato, 
favorendo 


(2) 
In 
attuazione 
delle 
previsioni 
introdotte 
a 
livello 
comunitario 
con 
il 
reg. 
CEE 
n. 
95/93, 
nel 
1997 viene 
individuato il 
soggetto a 
cui 
affidare 
la 
gestione 
delle 
bande 
orarie 
in Italia, delineando il 
sistema 
di 
clearance 
tuttora 
vigente. 
In 
particolare, 
il 
decreto 
del 
Ministro 
dei 
trasporti 
n. 
44/T 
del 
4 
agosto 
1997 
conferisce 
ad 
assoclearance 
(Associazione 
italiana 
gestione 
clearance 
e 
slots, 
costituita 
il 
25 
luglio 
dello stesso anno in modo paritetico fra 
i 
vettori 
aerei 
e 
i 
gestori 
aeroportuali), l�incarico a 
tempo indeterminato 
�del 
coordinamento nell�assegnazione 
delle 
bande 
orarie 
negli 
aeroporti 
italiani 
designati 
come 
coordinati 
o pienamente 
coordinati� 
(art. 1), vincolando la 
stessa 
ad agire, in conformit� 
al 
reg. 
CEE n. 95/93, in modo imparziale, non discriminatorio e trasparente. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


il 
crescere 
delle 
imprese 
aeroportuali 
e, nel 
contempo, lo sviluppo dell�economia 
del 
territorio, piuttosto che 
dare 
tutela 
agli 
interessi 
del 
vettore 
monopolista 
(compagnia 
di 
bandiera) 
che, 
sino 
a 
questo 
momento, 
presidiava, 
in 
esclusiva, i collegamenti da e per lo scalo di interesse. 


riassumendo, il 
definitivo assenso al 
regolamento n. 521/1997 sulle 
gestioni 
totali 
e, 
in 
particolare, 
la 
condivisione 
del 
principio 
di 
�insistenza�, 
come 
interpretato dal 
Ministero dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione 
che 
ha 
riconosciuto 
al 
titolare 
di 
gestione 
parziale, anche 
precaria, una 
priorit� 
nella 
presentazione 
della 
domanda 
di 
affidamento 
della 
gestione 
totale 
aeroportuale, 
ha 
trovato formale 
ufficializzazione 
dopo: 
a) il 
parere 
tecnico favorevole 
del 
Ministero del 
tesoro; 
b) la 
richiesta 
di 
adempimenti 
istruttori 
del 
Consiglio di 
Stato; 
c) il 
parere 
favorevole 
del 
Consiglio di 
Stato; 
d) la 
sottoscrizione 
del 
regolamento 
da 
parte 
del 
Ministro 
dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione; 
e) 
l�acquisizione 
del 
concerto 
da 
parte 
del 
Ministro 
del 
tesoro; 
f) 
le 
osservazioni 
della 
ragioneria 
Centrale 
presso il 
Ministero dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione; 
g) 
la 
risposta 
alle 
osservazioni 
da 
parte 
del 
Gabinetto del 
Ministro dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione; 
h) le 
osservazioni 
della 
Corte 
dei 
conti; 
i) la 
richiesta 
del 
visto 
al 
Guardasigilli; 
l) 
l�adeguamento 
del 
testo 
ai 
rilievi 
del 
Ministero 
di 
grazia 
e 
giustizia; 
m) 
la 
�riproduzione� 
del 
testo 
del 
regolamento; 
n) 
la 
rinnovata 
acquisizione 
del 
concerto del 
Ministro del 
tesoro sul 
nuovo testo di 
provvedimento; 
o) 
l�acquisizione 
del 
visto 
del 
Guardasigilli; 
p) 
la 
registrazione 
del 
provvedimento da 
parte 
dei 
competenti 
uffici 
della 
ragioneria 
Centrale; 
q) la 
registrazione 
del 
provvedimento da 
parte 
della 
Corte 
dei 
conti; 
r) la 
pubblicazione 
del testo in Gazzetta ufficiale. 


Al 
termine 
di 
questo 
defatigante 
procedimento 
amministrativo 
che, 
in 
definitiva, 
nulla 
di 
sostanziale 
cambia 
rispetto 
all�originario 
testo 
del 
regolamento, 
emerge 
una 
nuova 
problematica 
relativa 
al 
coordinamento normativo 
di carattere temporale tra il regolamento n. 521/97 ed il d.lgs. n. 250/97. 


Al 
fine 
di 
evitare 
un 
insanabile 
contrasto, 
la 
soluzione 
venne 
individuata, 
dando 
applicazione 
all�art. 
3 
del 
d.lgs. 
n. 
250/1997 
che 
prevede 
la 
stipulazione 
di 
un contratto di 
programma 
per la 
definizione 
dei 
rapporti 
tra 
l�ENAC ed il 
Ministero dei trasporti e della navigazione. 


Sul 
punto, 
pare 
opportuno 
precisare 
che 
il 
regolamento 
n. 
521/97, 
pur 
pubblicato nella 
G.u. del 
9 aprile 
1998, successivamente 
al 
d.lgs. n. 250/97, 
risulta 
perfezionato in data 
anteriore, scontando un forte 
ritardo nella 
pubblicazione 
per 
effetto 
dei 
lunghi 
tempi 
che 
sono 
stati 
necessari 
per 
il 
procedimento 
di 
controllo, 
derivante 
anche 
da 
interdizioni 
di 
carattere 
burocratico, 
tese 
ad 
ostacolare 
il 
riassetto 
del 
settore 
a 
tutela 
di 
vecchi 
consolidati 
interessi. 


All�esito di 
questo percorso amministrativo che 
evidenzia 
le 
insidie 
burocratiche 
del 
nostro sistema 
rispetto alle 
esigenze 
di 
cambiamento, formalmente, 
pu� 
partire 
il 
progetto 
della 
privatizzazione 
degli 
aeroporti 
italiani, 
intestando 
all�Autorit� 
di 
settore, 
l�ENAC, 
un 
penetrante 
compito 
di 
vigilanza 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


a 
tutela 
degli 
interessi 
di 
carattere 
pubblicistico che, in ogni 
caso, continuano 
a 
permanere 
nell�ambito dell�operativit� 
degli 
scali 
che, ad esempio, sono da 
considerare 
come 
approdi 
e 
partenza 
da 
e 
verso Paesi 
terzi 
e, quindi, sostanzialmente, 
zona di confine territoriale nazionale. 


Come 
ben 
rimarcato 
dall�allora 
Presidente 
dell�ENAC 
Vito 
riggio, 
nella 
quarta 
di 
copertina 
del 
volume 
�il 
trasporto 
aereo 
nell�Europa 
delle 
regioni�, 
prima 
pubblicazione 
curata 
dal 
Centro 
Studi 
demetra: 
�in 
questo 
contesto, 
assume 
una 
valenza 
strategica 
il 
trasporto 
aereo 
che 
pu� 
assumere 
un 
ruolo 
fondamentale 
nello sviluppo, in particolare, di 
regioni 
geograficamente 
ed 
economicamente 
svantaggiate; 
la 
valorizzazione 
del 
sistema 
aeroportuale 
nazionale, 
collocato 
nell�ambito 
di 
un 
quadro 
pi� 
generale 
costituito 
dalla 
crescente 
domanda di 
servizi 
aerei 
per 
l�effettuazione 
di 
collegamenti 
tra scali 
europei 
di 
dimensione 
regionale, 
deve 
necessariamente 
essere 
perseguito, 
non 
solo 
al 
fine 
di 
garantire 
un 
ordinato 
sviluppo 
delle 
infrastrutture, 
ma 
anche 
come 
modello 
stabile 
di 
riferimento 
per 
esperienze 
analoghe. 
Per 
raggiungere 
questo 
obiettivo 
non 
si 
pu� 
prescindere 
da 
una 
valida 
riforma 
del 
settore 
che 
si 
fondi 
e 
promuova 
una 
efficace 
politica 
della 
concorrenza. 
Naturalmente, 
realizzare 
un 
vero 
sistema 
concorrenziale 
in 
un 
settore 
di 
tipo 
colbertista, 
cio� 
nel 
quale 
la 
presenza 
della 
pubblica 
autorit� 
� 
stata 
l�unica 
condizione 
per 
potersi 
dotare 
di 
un 
apparato 
efficiente 
nel 
trasporto 
aereo, 
comporta 
tuttora 
una 
serie 
di 
responsabilit� 
aggiuntive 
che 
vanno 
dalla 
riqualificazione 
degli 
apparati 
amministrativi 
ad 
un 
potenziamento 
dell�efficienza 
della 
dimensione 
dei 
vettori�. 


In 
tale 
nuovo 
quadro 
giuridico-istituzionale, 
l�attivit� 
di 
regolamentazione 
e 
le 
competenze 
amministrative 
e 
tecniche 
esercitate 
da 
diversi 
soggetti 
pubblici 
vengono, come 
gi� 
anticipato, ricollocate 
in capo all�Ente 
Nazionale 
per 
l�Aviazione Civile (ENAC) istituito con il d.lgs. 25 luglio 1997, n. 250. 


L�iter 
per l�adozione 
del 
decreto legislativo istitutivo dell�ENAC, perfezionatosi 
nell�arco 
di 
pochi 
mesi, 
non 
� 
stato 
semplice 
e 
lineare, 
avendo 
trovato 
non pochi 
ostacoli 
e 
resistenze, soprattutto da 
parte 
dei 
vecchi 
apparati 
burocratici 
avversi ai cambiamenti. 


La 
centralit� 
del 
ruolo 
dell�ENAC 
nell�ambito 
della 
governance 
dell�aviazione 
civile 
si 
ricava 
dalle 
importanti 
funzioni 
ad esso riservate 
dalla 
norma 
istitutiva 
(art. 
2, 
del 
d.lgs. 
n. 
250/1997) 
ed 
� 
stata, 
successivamente, 
confermata 
dalla 
riforma 
della 
parte 
aeronautica 
del 
codice 
della 
navigazione 
che, all�art. 
687 
Cod. 
Nav., 
attribuisce 
all�Ente 
la 
posizione 
di 
unica 
Autorit� 
di 
regolamentazione 
tecnica, certificativa, vigilanza 
e 
controllo per il 
settore 
dell�aviazione 
civile. 


In relazione 
alle 
singole 
attribuzioni 
dell�Ente, particolarmente 
rilevante 
appare 
la 
competenza 
regolamentare 
di 
carattere 
tecnico dell�intero settore 
di 
riferimento. 


Infatti, 
il 
d.lgs. 
n. 
250/1997 
prevede 
che 
l�Ente, 
con 
delibera 
del 
Consiglio 
di 
Amministrazione, 
svolge 
un�attivit� 
di 
regolamentazione 
tecnica 
sotto 
mol



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


teplici 
aspetti, 
tesa, 
fra 
l�altro, 
al 
raggiungimento 
di 
idonei 
standard 
di 
sicurezza. 


In particolare, superando difficolt� 
di 
carattere 
normativo del 
passato, ai 
sensi 
dell�art. 690 Cod. Nav., all�ENAC spetta 
emanare 
i 
regolamenti 
tecnici 
per 
il 
recepimento 
degli 
annessi 
alla 
Convenzione 
ICAo, 
delle 
loro 
modifiche 
e dell�ulteriore normativa tecnica applicativa. 


Per 
quanto 
riguarda 
la 
qualit� 
dei 
servizi, 
l�ENAC, 
nel 
2001, 
ha 
predisposto, 
per primo in Europa, una 
Carta 
dei 
servizi 
del 
passeggero e 
le 
linee 
guida della Carta dei servizi 
standard 
aeroportuali. 


Per 
il 
coordinamento 
delle 
attivit� 
a 
livello 
locale, 
l�ENAC 
si 
avvale 
delle 
proprie 
direzioni 
Aeroportuali 
e, con compiti 
consultivi, dei 
Comitati 
di 
Sicurezza 
Aeroportuale locali (CSA). 


L�ENAC esercita, inoltre, tramite 
le 
direzioni 
aeroportuali 
dislocate 
sul 
territorio nazionale, le 
funzioni 
di 
polizia 
di 
aerodromo e 
di 
polizia 
di 
navigazione, 
e svolge, altres�, un�importante attivit� sanzionatoria. 


Per permettere 
al 
nuovo ente 
di 
svolgere 
tali 
numerose 
funzioni 
e 
competenze, 
il 
legislatore 
del 
1997, all�art. 1 dell�atto istitutivo, ha 
attribuito al-
l�ENAC 
una 
forte 
autonomia 
sotto 
diversi 
profili, 
regolamentare, 
organizzativo, amministrativo, patrimoniale, contabile e finanziario. 


All�esito del 
descritto riassetto normativo, solo nel 
2003, dopo un contrastato 
cammino, 
la 
riforma 
delle 
gestioni 
aeroportuali 
giunge, 
con 
il 
caso 
Puglia, 
ad 
una 
prima 
concreta 
attuazione, 
secondo 
le 
previsioni 
del 
regolamento 
n. 521/97. In pratica, all�esito di 
un articolato procedimento, si 
rende 
possibile, senza 
il 
ricorso all�emanazione 
di 
specifiche 
leggi 
provvedimento, 
la 
trasformazione 
delle 
gestioni 
aeroportuali 
parziarie 
o 
precarie 
in 
gestioni 
totali, sebbene 
il 
percorso procedimentale 
per raggiungere 
tale 
obiettivo si 
sia 
dimostrato non sempre 
lineare 
e, in certi 
momenti, addirittura 
impervio, per il 
susseguirsi 
di 
ostacoli 
e 
ritardi 
da 
addebitarsi, per lo pi�, a 
resistenze 
di 
carattere 
burocratico. 

In 
tale 
quadro 
normativo, 
che, 
come 
precedentemente 
detto, 
ha 
avuto 
forti 
difficolt� 
nell�affermarsi, 
si 
colloca 
l�iniziativa 
della 
S.E.A.P. 
s.p.a. 
(oggi 
AdP) 
che, 
avendo 
presentato 
all�ENAC, 
nel 
gennaio 
1999, 
istanza 
per 
l�affidamento 
della 
concessione 
della 
gestione 
totale 
degli 
aeroporti 
di 
Bari, 
Brindisi, 
Foggia 
e 
Taranto, 
gi� 
in 
gestione 
parziale, 
vede 
riconosciuta 
la 
propria 
pretesa, 
solo, 
con 
decreto 
interministeriale 
del 
6 
marzo 
2003, 
dopo 
una 
lunga 
querelle 
istituzionale. 


La 
situazione 
di 
stallo venutasi 
a 
creare 
per ritardi 
e 
conflitti 
burocratici 
induce 
la 
regione 
Puglia, 
nel 
gennaio 
2003, 
a 
predisporre 
un 
disegno 
di 
legge 
regionale 
per �L�affidamento alla societ� S.E.a.P. s.p.a. della gestione 
totale 
del 
sistema aeroportuale 
della regione 
Puglia�, con l�intento di 
risolvere 
un 
intollerabile 
scenario precario, conferendo certezza 
nella 
gestione 
per una 
durata 
quarantennale. Il 
clamore 
suscitato dall�intervento del 
Legislatore 
regionale 
� 
prevedibile: 
le 
aspre 
critiche 
ad esso rivolte, per�, sembrano destinate 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


a 
non intaccare 
i 
presupposti 
giuridici 
della 
�legge 
Fitto�, dal 
nome 
del 
Presidente 
pro tempore 
dell�ente 
territoriale 
in questione, che 
pu� far valere, nei 
confronti 
dell�Amministrazione 
statale, la 
previsione 
di 
cui 
al 
nuovo art. 117, 
co. 
3, 
della 
Costituzione 
(cos� 
come 
modificato 
con 
legge 
costituzionale 
n. 
3/2001) 
che 
assegna 
alla 
legislazione 
concorrente, 
tra 
l�altro, 
la 
materia 
relativa 
a 
�porti e aeroporti civili�. 


Il 
suddetto disegno di 
legge 
non viene, poi, perfezionato, ma 
la 
forte 
funzione 
sollecitatoria, derivante 
dalla 
divulgazione 
dell�iniziativa 
della 
Puglia, 
� fuor di dubbio. 


Il 
progetto regionale, finalizzato a 
risolvere 
positivamente 
la 
situazione 
di 
precariet� 
della 
responsabilit� 
gestionale 
aeroportuale, alimenta, infatti, la 
preoccupazione 
del 
Governo 
centrale 
in 
ordine 
ad 
un 
eventuale 
conflitto 
di 
attribuzioni 
tra Stato e regione. 

una 
prudente 
valutazione 
di 
merito sconsiglia 
l�insorgere 
di 
un conflitto 
istituzionale 
in 
ordine 
all�individuazione 
delle 
norme-cornice 
recanti 
i 
principi 
fondamentali 
al 
cui 
rispetto deve 
essere 
ispirata 
la 
produzione 
normativa 
regionale, 
nel 
timore 
che 
esso 
possa 
risolversi 
con 
lo 
�scomodo� 
riconoscimento, 
da 
parte 
della 
Corte 
Costituzionale, 
della 
legittima 
pretesa 
della 
regione. 


Alla 
luce 
di 
tali 
considerazioni, l�impegno del 
Governo � 
diretto ad individuare 
una 
soluzione 
alternativa 
all�intervento del 
Legislatore regionale 
che 
assicuri, in tempi 
stretti, il 
conseguimento dell�obiettivo della 
gestione 
totale, 
con soddisfazione di tutte le parti interessate. 


A 
seguito 
dell�intesa 
raggiunta 
nella 
sede 
�tecnico-istituzionale�, 
il 
6 
marzo 
2003, 
con 
decreto 
del 
Ministro 
delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti, 
di 
concerto con il 
Ministro dell�economia 
e 
delle 
finanze 
e 
con il 
Ministro della 
difesa, viene 
approvata 
la 
Convenzione 
n. 40/2002 stipulata 
tra 
l�ENAC e 
la 


S.E.A.P. 
s.p.a., 
cos� 
perfezionando 
la 
concessione 
del 
sistema 
aeroportuale 
pugliese, 
e 
viene 
contestualmente 
disposto 
che 
l�ENAC 
proceda, 
in 
via 
d�urgenza, 
all�estensione 
della 
durata 
a 
quarant�anni. Con lo stesso decreto, viene 
disposta 
l�abrogazione 
della 
direttiva 
30 novembre 
2000, n. 141-T, che 
disciplinava 
le 
modalit� 
di 
affidamento della 
gestione 
totale 
per una 
durata 
provvisoriamente 
individuata, 
in 
attesa 
delle 
approfondite 
valutazioni 
sui 
programmi di sviluppo presentati dalle societ� richiedenti. 
Nella 
stessa 
data, 
con 
provvedimento 
del 
direttore 
generale 
adottato 
ai 
sensi 
dell�art. 4, co. 5, del 
d.lgs. n. 250/97 e 
dell�art. 7, co. 2, dello Statuto, 
l�ENAC d� 
attuazione 
alle 
indicazioni 
ministeriali, estendendo la 
durata 
del 
rapporto fino all�11 febbraio 2043. 


A 
seguire, 
l�11 
marzo 
2003, 
viene 
firmato 
il 
decreto 
interministeriale 
per 
la 
concessione 
della 
gestione 
totale 
dell�aeroporto 
di 
Napoli 
Capodichino 
alla 
societ� 
G.E.S.A.C. 
s.p.a., 
e, 
sempre, 
nello 
stesso 
periodo, 
viene 
firmato 
il 
decreto 
interministeriale 
per 
l�affidamento 
della 
gestione 
totale 
dell�aeroporto 
di 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Firenze 
Peretola, 
la 
cui 
estensione 
quarantennale, 
prevista 
sempre 
in 
via 
d�urgenza, 
viene, 
differentemente 
dai 
precedenti 
due 
casi, 
disposta 
direttamente 
con 
delibera 
consiliare 
dell�ENAC, 
adottata 
nella 
seduta 
del 
4 
aprile 
2003. 


Insomma, il 
caso Puglia 
� 
particolarmente 
importante, dal 
momento che 
individua 
la 
prima 
ipotesi 
di 
affidamento in concessione 
mediante 
provvedimento 
amministrativo della 
gestione 
totale 
degli 
aeroporti 
ex 
d.m. n. 521/97 
dando concreta 
attuazione 
ad una 
scelta 
del 
legislatore 
che, con legge 
del 
�93, 
aveva 
inteso 
avviare 
il 
processo 
di 
privatizzazione 
del 
sistema 
aeroportuale 
italiano, secondo i principi affermati dalla Comunit� Europea. 


Successivamente, 
la 
revisione 
della 
parte 
aeronautica 
del 
codice 
della 
navigazione, 
operata 
con 
il 
d.lgs. 
9 
maggio 
2005, 
n. 
96, 
in 
attuazione 
della 
delega 
di 
cui 
alla 
legge 
9 novembre 
2004, n. 265 (art. 2) ed entrata 
in vigore 
il 
21 ottobre 
2005, successivamente 
modificata 
e 
integrata 
dal 
decreto legislativo 15 
marzo 
2006, 
n. 
151, 
ha 
definitivamente 
disciplinato 
l�affidamento 
delle 
gestioni 
aeroportuali. 

In 
particolare, 
l�art. 
704 
Cod. 
Nav. 
� 
una 
norma 
procedurale 
che 
conferma 
la 
competenza 
ministeriale 
al 
rilascio della 
concessione, all�esito dell�istruttoria, 
culminante 
nella 
sottoscrizione 
della 
convenzione 
cui 
provvede 
l�ENAC, 
che 
propone, altres�, la 
durata 
della 
concessione 
fino ad un periodo massimo 
di 
quaranta 
anni. 
Il 
procedimento 
� 
incentrato 
sulla 
individuazione 
del 
soggetto 
gestore 
da 
scegliere 
secondo 
le 
modalit� 
della 
gara 
ad 
evidenza 
pubblica 
eletta, 
nel Codice, ad unico strumento di selezione. 

Cos�, per la 
prima 
volta, nella 
fonte 
codicistica 
risalente, come 
noto, al 
1942, compare 
la 
nozione 
di 
�gestore 
aeroportuale�. Infatti, l�art. 705 Cod. 
Nav., nella 
sua 
vigente 
formulazione, individua 
i 
compiti 
del 
gestore 
aeroportuale 
e 
ne 
fornisce 
un 
esauriente 
definizione, 
adeguando 
il 
settore 
alle 
profonde 
trasformazioni 
legate 
allo sviluppo delle 
infrastrutture 
e 
dei 
traffici, con l�ingresso 
in aeroporto di 
nuovi 
soggetti 
tra 
i 
quali, evidentemente, le 
societ� 
di 
gestione 
totale 
che, sulla 
base 
di 
una 
�trasposizione 
concessoria�, hanno assunto 
responsabilit� 
di 
pubbliche 
funzioni 
in 
ragione 
delle 
competenze 
che 
devono esercitare e dei servizi che sono tenute a fornire. 

L�art. 
705 
Cod. 
Nav., 
rifacendosi 
in 
parte 
alla 
definizione 
comunitaria 
gi� 
prevista 
dalla 
direttiva 
n. 96/67/CE, descrive 
puntualmente 
i 
compiti 
del 
gestore 
che, 
in 
tal 
modo, 
coerentemente 
all�importanza 
del 
ruolo 
progressivamente 
assunto, 
in 
virt� 
della 
richiamata 
trasposizione 
di 
funzioni 
pubblicistiche 
in 
suo 
favore, 
quale 
soggetto 
responsabile 
della 
complessiva 
filiera 
aeroportuale, 
ottiene 
un 
riconoscimento 
di 
rango 
legislativo, 
fino 
ad 
allora 
individuabile 
solo nelle 
leggi 
speciali 
di 
affidamento della 
gestione 
totale. In 
particolare, l�art. 705, co. 1, Cod. Nav. definisce 
il 
gestore 
come 
�il 
soggetto 
cui 
� 
affidato, sotto il 
controllo e 
la vigilanza dell�ENaC, insieme 
ad altre 
attivit� 
o 
in 
via 
esclusiva, 
il 
compito 
di 
amministrare 
e 
di 
gestire, 
secondo 
criteri 
di 
trasparenza e 
non discriminazione, le 
infrastrutture 
aeroportuali 
e 
di 
coor



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


dinare 
e 
controllare 
le 
attivit� 
dei 
vari 
operatori 
privati 
presenti 
nell�aeroporto 


o nel sistema aeroporto considerato��. 
Con riferimento alle 
modalit� 
per l�individuazione 
del 
gestore 
totale, va 
evidenziato 
che, 
in 
virt� 
della 
previsione 
di 
salvaguardia 
contenuta 
nell�art. 
3, co. 2, del 
d.lgs. n. 96/2005, anche 
dopo la 
novella 
codicistica, la 
norma 
di 
riferimento applicabile 
a 
tutti 
gli 
aeroporti 
di 
qualche 
rilevanza 
economica, � 
rinvenibile 
nel 
regolamento emanato con d.m. n. 521/97 che 
ha 
assunto carattere 
di 
regime 
transitorio, continuando a 
disciplinare 
l�affidamento della 
gestione 
degli 
aeroporti 
che 
avevano presentato, prima 
della 
novella, domanda 
di 
concessione 
ai 
sensi 
dell�art. 7 del 
citato regolamento. Conseguentemente, 
l�innovazione 
del 
Codice, 
per 
diversi 
anni, 
ha 
avuto 
una 
portata 
limitata, 
in 
quanto, di 
fatto, tenuto conto della 
citata 
norma 
di 
salvaguardia, si 
� 
previsto 
il 
ricorso alla 
gara 
europea 
solo per quei 
pochi 
e, economicamente 
irrilevanti, 
aeroporti 
ancora 
in 
gestione 
diretta 
dello 
Stato, 
oltre 
che 
per 
gli 
eventuali 
nuovi 
aeroporti, ovvero per quelli 
da 
affidare 
a 
seguito di 
intervenuta 
decadenza 
o 
cessazione del precedente gestore totale. 


Va 
sottolineato 
il 
fatto 
che 
il 
citato 
regolamento, 
di 
fatto 
�sopravvissuto� 
alla 
novella 
codicistica 
all�esito 
di 
un 
lungo 
iter, 
durato 
quasi 
dieci 
anni, 
� 
stato lo strumento giuridico grazie 
al 
quale 
� 
stato possibile 
attribuire, senza 
particolari 
conflitti 
e 
garantendo 
un 
importante 
sviluppo 
degli 
scali, 
uniformit� 
nella 
frammentata 
tipologia 
delle 
gestioni 
aeroportuali 
che 
si 
erano venute 
a 
delineare fin dall�inizio degli anni sessanta. 


Individuato 
il 
gestore 
aeroportuale, 
riveste, 
naturalmente 
importanza 
fondamentale 
la 
sottoscrizione 
della 
convenzione 
di 
affidamento della 
gestione, 
di 
cui 
allo 
schema-tipo 
contenuta 
nella 
circolare 
20 
ottobre 
1999, 
n. 
12479AC, 
pubblicata 
sulla 
G.u. del 
14 dicembre 
1999, come 
poi 
modificata 
e 
integrata 
per tener conto della successiva evoluzione normativa. 

In particolare, a 
seguito dell�adozione 
del 
d.l. 8 settembre 
2004, n. 237, 
convertito con legge 
9 novembre 
2004, n. 265, recante 
�interventi 
urgenti 
nel 
settore 
dell�aviazione 
Civile�, e 
secondo le 
indicazioni 
ministeriali, l�ENAC 
ha 
dovuto adeguare 
i 
testi 
delle 
convenzioni 
sottoscritte, provvedendo ad integrare 
lo schema 
tipo diramato con la 
predetta 
circolare 
ministeriale, introducendo 
nuove 
e 
pi� stringenti 
previsioni 
fra 
cui 
quelle 
sanzionatorie, in caso 
di inadempimento del gestore rispetto agli obblighi su di esso gravanti. 

Quanto 
alle 
convenzioni 
gi� 
sottoscritte, 
ferma 
la 
previsione 
di 
salvaguardia 
in 
esse 
presente, 
secondo 
cui 
la 
convenzione 
si 
conforma 
automaticamente 
al 
contenuto delle 
successive 
modifiche 
normative, va 
segnalato che, mentre 
alcuni 
gestori 
hanno sottoscritto, su richiesta 
dell�ENAC, degli 
atti 
aggiuntivi 
(per 
disciplinare, 
in 
sostanza, 
il 
procedimento 
sanzionatorio 
in 
caso 
di 
inadempimento 
del 
gestore 
o 
per 
sopravvenuta 
perdita 
di 
requisiti 
oggettivi 
o 
soggettivi 
del 
concessionario medesimo), altri 
gestori 
hanno impugnato davanti 
al 
Giudice 
amministrativo gli 
atti 
aggiuntivi, ottenendo favorevoli 
pronunce 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


che 
hanno sancito che 
la 
convenzione, essendo un provvedimento-contratto, 
non pu� essere 
modificata 
unilateralmente 
e 
coattivamente 
dalla 
P.A. concedente, 
introducendo previsioni 
ulteriori 
e 
pi� stringenti 
rispetto a 
quelle 
previste 
normativamente, alle 
quali, come 
visto, le 
convenzioni 
si 
conformano, 
comunque, automaticamente. 


Ad ogni 
modo, non vՏ 
dubbio che 
resta 
l�esigenza 
di 
presidiare 
l�interesse 
pubblico che 
connota 
il 
sistema 
degli 
aeroporti 
ed impone, quindi, meccanismi 
di 
vigilanza 
affidati 
all�ENAC, 
anche 
se, 
sempre 
pi�, 
le 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
assumono ruoli 
di 
coordinamento delle 
attivit�, pubbliche 
e 
private, che 
si 
svolgono all�interno degli 
scali. recentemente, da 
segnalare 
l�adozione 
del 
reg. n. 139/2014 che 
ha 
intestato sulle 
societ� 
di 
gestione 
aeroportuale 
la 
responsabilit� 
sulla 
complessiva 
realt� 
aeroportuale, 
attribuendogli 
un ruolo di 
primaria 
importanza 
nel 
garantire 
la 
safety, intestandogli 
il 
ruolo di 
�responsabile 
del 
funzionamento dell�aeroporto� 
con il 
compito di 
provvedere direttamente alla fornitura dei servizi operativi aeroportuali. 


Conseguentemente, si 
� 
resa 
evidente 
la 
necessit� 
di 
un nuovo aggiornamento, 
anche 
di 
carattere 
codicistico, teso ad adeguare 
il 
vigente 
quadro normativo 
nazionale 
alle 
novit� 
di 
carattere 
comunitario che, da 
ultimo, sono da 
rinvenire 
nel 
regolamento (uE) 2018/1139 che 
innova, in modo sensibile, la 
normativa 
di 
interesse 
del 
settore. 
Al 
contempo, 
appare 
utile 
ridefinire 
le 
competenze 
dell�ENAC, anche 
con la 
modifica 
della 
sua 
natura 
giuridica 
di 
ente 
pubblico non economico e 
rafforzandone 
le 
funzioni 
di 
vigilanza 
e 
controllo 
del settore, in linea con l�evoluzione del quadro normativo europeo. 


In 
tale 
contesto, 
va 
evidenziato 
come, 
il 
sistema 
aeroportuale 
italiano, 
anche 
perch� 
fortemente 
policentrico e 
poco sistemico, presenta 
un grado di 
dipendenza 
e 
subalternit� 
dai 
vettori 
ancora 
elevato, con ampi 
margini 
di 
sviluppo 
di 
rotte 
alternative. In ogni 
caso, i 
fattori 
che 
influenzano i 
rapporti 
tra 
gestore 
aeroportuale 
e 
compagnie 
aeree, nonch� 
la 
concorrenza 
tra 
gli 
stessi 
gestori 
aeroportuali 
per 
l�offerta 
di 
rotte 
alternative 
hanno 
carattere, 
prevalentemente, 
industriale e tariffario. 


dal 
punto 
di 
vista 
industriale, 
occorre 
considerare 
che 
eventuali 
inefficienze 
da 
parte 
del 
gestore 
aeroportuale 
nell�offerta 
dei 
servizi 
di 
assistenza 
a 
terra 
ad 
aeromobili, 
passeggeri, 
bagagli, 
merci 
e 
posta 
possono 
tradursi 
in 
extra-costi 
per i 
vettori; 
questi, pertanto, saranno incentivati 
a 
scegliere 
i 
gestori 
aeroportuali pi� efficienti. 


dal 
punto di 
vista 
tariffario, invece, le 
tariffe 
rappresentano il 
corrispettivo 
che 
le 
compagnie 
aeree 
pagano ai 
gestori 
per i 
servizi 
di 
decollo e 
di 
atterraggio 
sulle 
piste 
da 
loro 
gestite 
(�diritti 
aeroportuali�). 
Se 
si 
considera 
che 
il 
biglietto 
pagato 
dal 
passeggero 
alla 
compagnia 
aerea 
include 
i 
diritti 
aeroportuali 
dovuti 
da 
quest�ultima 
sia 
al 
gestore 
dello scalo di 
partenza, sia 
a 
quello dello scalo di 
arrivo, � 
evidente 
che 
la 
competitivit� 
di 
un aeroporto � 
tanto maggiore quanto minori sono i diritti aeroportuali richiesti. 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


In un contesto economico liberalizzato, nel 
confronto fra 
le 
compagnie 
aeree, 
che 
operano 
in 
regime 
concorrenza, 
e 
gli 
aeroporti, 
che, 
data 
la 
concorrenza 
intermodale, 
rappresentano, 
sempre 
meno, 
dei 
monopoli 
naturali 
di 
carattere 
territoriale, 
i 
diritti 
aeroportuali 
devono 
riflettere 
il 
costo 
reale 
del 
servizio 
offerto, 
escludendo 
forme 
di 
rendita 
monopolistica, 
e 
assicurare 
un 
ragionevole 
ritorno 
sul 
capitale 
investito, 
incentivando 
la 
realizzazione 
delle 
opere 
infrastrutturali 
necessarie. 
La 
regolamentazione 
tariffaria 
tende, 
quindi, 
a 
definire 
le 
modalit� 
di 
determinazione 
dei 
diritti 
aeroportuali 
in 
modo 
tale 
che, 
al 
gestore 
aeroportuale, 
siano 
garantiti 
la 
copertura 
dei 
costi 
di 
ammortamento 
e 
delle 
spese 
operative 
ed 
una 
congrua 
remunerazione 
sul 
capitale 
investito. 


Al 
riguardo, vi 
� 
da 
dire 
che 
il 
sistema 
tariffario che 
si 
� 
venuto a 
configurare 
in Italia 
per effetto della 
stratificazione 
normativa 
dal 
2000 in avanti 
ha dato luogo a tariffe fortemente differenziate. 

Fino 
al 
2000 
i 
diritti 
aeroportuali 
venivano 
aggiornati 
periodicamente 
con 
decreto del 
Ministro dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione 
in modo simile 
per ogni 
tipologia 
di 
aeroporto (grande 
o piccolo) e 
non erano correlati 
ai 
costi 
dei 
servizi 
in quanto avevano natura 
di 
tassa 
per l�uso di 
aeroporti 
statali. da 
allora 
la 
regolamentazione 
aeroportuale 
riferibile 
alla 
determinazione 
dei 
diritti 
aeroportuali 
(regolamentazione 
tariffaria) 
� 
stata 
oggetto 
di 
numerose 
modifiche, 
articolate nei seguenti provvedimenti. 


La 
delibera 
CIPE 
n. 86/2000 ha 
adottato uno �Schema di 
riordino della 
tariffazione 
dei 
servizi 
aeroportuali 
offerti 
in regime 
di 
esclusiva�. Il 
provvedimento 
ha 
introdotto un meccanismo di 
price 
cap 
con dual 
till, da 
determinarsi 
attraverso 
un 
modello 
tariffario 
basato 
sull�evoluzione 
dei 
costi, 
della 
produttivit� 
e 
dei 
volumi; 
tali 
parametri 
sarebbero stati 
definiti 
nell�ambito di 
�contratti 
di 
programma� 
sottoscritti 
tra 
ENAC 
e 
ciascun 
gestore 
aeroportuale, 
finalizzati 
alla 
determinazione 
di 
obiettivi 
di 
investimento 
e 
produttivit� 
per un periodo da 3 a 5 anni. 

La 
delibera 
CIPE, 
ritenuta 
di 
complessa 
attuazione 
non 
ha 
mai 
trovato 
applicazione 
ed � 
stata 
abrogata 
dalla 
legge 
n. 248/05, in materia 
di 
�requisiti 
di sistema�, che ha previsto: 


a) 
l�eliminazione 
della 
maggiorazione 
notturna 
sui 
diritti 
di 
approdo 
e 
partenza sui voli notturni; 


b) 
l�abolizione della 
royalties 
applicate sulle forniture di carburante; 


c) 
la 
riallocazione 
delle 
attivit� 
(e 
dei 
ricavi) 
relative 
alla 
sicurezza 
tra 
gestori 
aeroportuali 
e 
vettori, 
secondo 
termini 
e 
condizioni 
da 
definire 
con 
apposito 
decreto; 


d) 
la 
rivisitazione 
dei 
meccanismi 
tariffari, prevedendo comunque 
il 
ribaltamento 
di 
almeno il 
50% del 
margine 
delle 
attivit� 
non 
aviation sulle 
tariffe 
aeroportuali. 
In 
via 
transitoria, 
la 
l. 
n. 
248/05 
ha 
disposto 
un 
abbattimento 
del 
75% 
dei 
canoni 
concessori 
corrisposti 
dagli 
operatori 
aeroportuali 
a 
ENAC, 
a fronte di una pari riduzione delle tariffe. 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


La 
delibera 
CIPE 
n. 38/2007, al 
fine 
di 
riordinare 
la 
materia 
e 
ricondurre 
la 
determinazione 
delle 
tariffe 
aeroportuali 
all�interno 
dello 
strumento 
del 
�Contratto di 
programma� 
ha 
introdotto specifici 
criteri 
da 
definirsi 
ex 
ante 
per ciascun periodo regolatorio di 
4 anni 
con riferimento, in particolare, al 
riconoscimento 
dei 
costi, 
rendicontati 
nella 
contabilit� 
analitica 
certificata 
da 
una 
societ� 
di 
revisione, 
direttamente 
e 
indirettamente 
imputabili 
ai 
servizi 
oggetto 
della 
regolamentazione, 
alla 
remunerazione 
del 
capitale 
investito 
netto 
e 
dei 
nuovi 
investimenti, al 
riconoscimento dei 
costi 
di 
ammortamento e 
delle 
spese 
operative 
derivanti 
dai 
nuovi 
investimenti 
programmati, 
e 
al 
margine 
commerciale 
per attivit� 
non regolamentate 
da 
portare 
in detrazione 
nella 
misura 
massima del 50% al costo riconosciuto per le attivit� regolamentate. 


Tale 
normativa 
ha 
condotto alla 
definizione 
di 
numerosi 
contratti 
di 
programma, 
per effetto dei 
quali 
si 
� 
configurato un sistema 
tariffario diversificato, 
con 
tariffe 
differenziate 
per 
gli 
aeroporti 
dotati 
di 
contratti 
di 
programma 
e quelli privi di tale contratto. 


A 
partire 
dal 
2009 
alcuni 
aeroporti 
hanno 
sottoscritto 
con 
l�ENAC 
un 
�contratto di 
programma�, in base 
al 
quale 
� 
stato riconosciuto un adeguamento 
dei 
diritti 
aeroportuali 
ai 
costi 
effettivamente 
sostenuti; 
al 
contempo, 
gli 
scali 
che 
non hanno sottoscritto il 
�contratto di 
programma�, hanno ottenuto 
un adeguamento delle tariffe all�inflazione, a partire dal 2008. 


In tale 
contesto, la 
legge 
n. 102/2009 ha 
introdotto specifiche 
regole 
per 
la 
promozione 
degli 
investimenti 
delle 
infrastrutture 
dedicate 
all�attivit� 
aeronautica 
degli 
aeroporti 
con dimensioni 
superiori 
a 
10 milioni 
di 
passeggeri 
per 
anno, 
soglia 
in 
seguito 
modificata 
in 
8 
milioni 
di 
passeggeri 
per 
anno 
dalla 
legge 
n. 
122/2010. 
In 
particolare, 
l�art. 
17, 
paragrafo 
34 
bis, 
della 
legge 
n. 
102/2009, 
ha 
stabilito, 
per 
gli 
aeroporti 
con 
volumi 
di 
passeggeri 
maggiori 
della 
soglia 
sopra 
indicata, che 
nel 
caso in cui 
gli 
investimenti 
si 
fondino sul-
l�utilizzo di 
capitali 
di 
mercato del 
gestore, l�ENAC � 
autorizzato a 
stipulare 
contratti 
di 
programma 
in deroga 
alla 
normativa 
vigente 
in materia, introducendo 
sistemi 
di 
tariffazione 
pluriennale 
che, tenendo conto dei 
livelli 
e 
degli 
standard 
europei, 
siano 
orientati 
ai 
costi 
delle 
infrastrutture 
e 
dei 
servizi, 
a 
obiettivi 
di 
efficienza 
e 
a 
criteri 
di 
adeguata 
remunerazione 
dei 
capitali, con 
modalit� di aggiornamento valide per l�intera durata del rapporto. 


A 
livello 
comunitario, 
intanto, 
la 
direttiva 
2009/12/CE, 
al 
fine 
di 
stabilire 
un 
quadro 
di 
regole 
comuni 
per 
la 
determinazione 
dei 
diritti 
aeroportuali 
applicabili 
agli 
aeroporti 
europei 
di 
maggiori 
dimensioni, 
ha 
previsto 
l�obbligo 
di 
istituire, 
per 
gli 
aeroporti 
con 
traffico 
annuo 
superiore 
ai 
5 
milioni 
di 
passeggeri, 
una 
procedura 
obbligatoria 
di 
consultazione 
tra 
il 
gestore 
e 
gli 
utenti 
e 
il 
ricorso 
ad 
un�Autorit� 
indipendente 
in 
caso 
di 
disaccordo 
tra 
vettori 
e 
gestore 
su 
una 
decisione 
inerente 
i 
diritti 
aeroportuali 
presa 
dal 
gestore 
aeroportuale, 
fatto 
salvo 
il 
caso 
in 
cui 
esista 
una 
procedura 
obbligatoria 
che 
prevede 
che 
i 
diritti 
aeroportuali, 
o 
il 
loro 
ammontare 
massimo, 
siano 
determinati 
o 
approvati 
dall�Autorit�. 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Con il 
d.l. n. 1/2012, convertito con modificazioni 
dalla 
legge 
n. 27 del 
24 
marzo 
2012, 
� 
stata 
recepita 
la 
direttiva 
2009/12/CE 
ed 
� 
stata 
prevista 
l�istituzione 
dell�Autorit� 
di 
regolazione 
dei 
Trasporti 
(ArT) 
chiamata 
a 
svolgere, 
tra 
l�altro, compiti 
di 
regolazione 
economica, nonch� 
di 
vigilanza, approvando 
le 
metodologie 
di 
tariffazione 
e 
l�ammontare 
dei 
diritti, 
inclusi 
metodi di tariffazione pluriennale. 


In 
tale 
rinnovato 
quadro 
normativo, 
deve 
essere 
collocato 
l�intervento 
dell�ArT 
che, con delibera 
n. 64/2014, a 
conclusione 
di 
un processo di 
consultazione 
pubblica 
(delibera 
n. 
31/2014), 
ha 
emanato 
3 
modelli 
di 
regolazione 
dei 
diritti 
aeroportuali, 
oggetto 
nel 
2017 
di 
aggiornamento 
(cfr. 
delibera 
n. 
92/2017): 
uno 
per 
gli 
aeroporti 
con 
traffico 
superiore 
ai 
5 
milioni 
di 
passeggeri 
per anno; 
uno per gli 
aeroporti 
con traffico compreso tra 
i 
3 e 
i 
5 milioni 
di 
passeggeri 
per anno; 
uno per gli 
aeroporti 
con traffico inferiore 
ai 
3 milioni 
di 
passeggeri per anno. 


Il 
quadro regolatorio istituito da 
ArT 
si 
sovrappone 
a 
quello precedente 
istituito da 
ENAC e 
si 
applica 
a 
tutti 
gli 
aeroporti 
con l�esclusione 
degli 
scali 
aeroportuali 
di 
roma, 
Milano 
e 
Venezia 
per 
i 
quali, 
al 
momento, 
restano 
in 
vigore i contratti di programma c.d. �in deroga� 
conclusi con ENAC. 


L�assetto 
che 
viene 
a 
profilarsi 
per 
i 
gestori 
tenuti 
all�applicazione 
dei 
modelli 
adottati 
dall�ArT 
prevede 
che 
il 
livello 
dei 
diritti 
aeroportuali 
sia 
fissato 
dai 
gestori, 
previa 
consultazione 
degli 
utenti 
aeroportuali, 
sulla 
base 
dei 
modelli 
tariffari 
elaborati 
da 
ArT, 
mentre 
all�ENAC 
resta 
affidata 
l�individuazione 
del 
livello 
degli 
investimenti 
e 
l�approvazione 
del 
piano 
della 
qualit� 
e 
dell�ambiente. 


Se, 
da 
una 
parte, 
l�istituzione 
e 
i 
primi 
interventi 
di 
ArT 
delineano 
un 
quadro regolatorio di 
riferimento che 
mette 
ordine 
nella 
pregressa 
stratificazione 
normativa, 
dall�altra, 
la 
compresenza 
di 
ArT 
e 
ENAC 
rappresenta 
un�anomalia 
nel 
panorama 
europeo. Si 
segnala, al 
riguardo, che 
la 
Commissione 
Europea 
ha 
avviato un procedimento di 
messa 
in mora, tuttora 
in corso 
(EU 
Pilot 
4424/12/MoVE), nei 
confronti 
del 
Governo italiano per verificare 
la 
compatibilit� 
di 
questo cd. �doppio binario� 
alle 
previsioni 
della 
direttiva 
2009/12/CE 
che 
si 
intende 
superare 
con la 
prossima 
legge 
comunitaria, ricollocando 
su ArT 
anche 
la 
competenza 
dei 
contratti 
di 
programma 
degli 
scali 
di roma, Milano e 
Venezia. 


Altro elemento di 
criticit�, dal 
punto di 
vista 
della 
regolamentazione 
tariffaria, 
� 
l�alternativa 
tra 
l�approccio single 
till 
e 
quello dual 
till. L�approccio 
single 
till 
prevede 
che 
i 
profitti 
derivanti 
dalle 
attivit� 
non aeronautiche 
di 
un 
aeroporto 
(ad 
esempio, 
quelle 
legate 
alla 
gestione 
degli 
spazi 
commerciale, 
parcheggi) siano dedotti 
dai 
ricavi 
consentiti 
per i 
servizi 
aeronautici 
prima 
di 
determinare 
il 
livello 
delle 
tariffe 
per 
i 
servizi 
regolati 
(riferibili 
ai 
diritti 
di 
decollo, 
atterraggio, 
parcheggio 
degli 
aeromobili). 
L�approccio 
dual 
till, 
invece, 
non considera 
i 
profitti 
delle 
attivit� 
non aeronautiche 
ai 
fini 
della 
determinazione 
delle tariffe per i servizi regolati. 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


L�approccio 
single 
till 
�, specificamente, da 
riferirsi 
alle 
dinamiche 
di 
un 
mercato concorrenziale 
meglio dell�approccio dual 
till: 
gli 
aeroporti 
che 
non 
hanno un significativo potere 
di 
mercato tendono a 
rispondere 
alla 
pressione 
competitiva 
compensando i 
profitti 
delle 
attivit� 
aeronautiche 
con quelli 
delle 
attivit� 
non aeronautiche. Tuttavia, un regime 
di 
single 
till, rappresentando un 
sistema 
di 
sussidio 
incrociato 
tra 
attivit� 
aeronautiche 
e 
commerciali, 
d� 
luogo 
a 
segnali 
di 
prezzo 
inappropriati 
e 
non 
riduce 
l�inefficienza 
allocativa 
associata 
alla 
posizione 
monopolistica 
del 
gestore 
aeroportuale 
nelle 
attivit� 
commerciali, 
limitandosi 
a 
definire 
vincoli 
di 
destinazione 
agli 
extraprofitti 
generati. 
La 
letteratura 
economica 
propende 
per 
l�approccio 
dual 
till 
laddove 
si 
dimostri 
la necessit� di supportare gli aeroporti in investimenti di capacit�. 


In 
Italia, 
l�approccio 
dual 
till 
� 
stato 
introdotto 
per 
la 
prima 
volta 
con 
la 
delibera 
CIPE 
n. 
86/2000. 
In 
seguito, 
la 
delibera 
CIPE 
n. 
38/2007 
ha 
fatto 
proprio 
un 
approccio 
di 
cd. 
semisingle 
till, 
modificato 
da 
ultimo 
dall�ArT 
che 
ha, 
nuovamente, 
fatto 
riferimento 
ad 
un 
sistema 
dual 
till, 
sancendo, 
cos�, 
la 
netta 
separazione 
tra 
il 
regime 
tariffario 
concernente 
le 
entrate 
cd. 
aviation 
e 
quello 
di 
mercato, 
legato 
alle 
entrate 
commerciali 
(non 
aviation). 
In 
particolare, 
l�ArT 
ha 
stabilito 
che 
il 
margine 
delle 
attivit� 
commerciali, 
non 
regolate, 
non 
debba 
essere 
considerato 
ai 
fini 
della 
determinazione 
del 
livello 
annuale 
dei 
diritti 
aeroportuali. 
Pertanto, 
in 
un 
contesto 
dual 
till, 
i 
ricavi 
per 
le 
attivit� 
aeronautiche 
non 
sono 
rettificati 
in 
alcun 
modo 
dai 
ricavi 
generati 
dalle 
attivit� 
commerciali 
e 
sono 
stabiliti 
dalla 
somma 
di 
remunerazione 
sul 
capitale 
investito, 
determinata 
dal 
prodotto 
tra 
la 
rAB 
ed 
un 
congruo 
tasso 
di 
remunerazione 
(weighted 
average 
cost 
of 
capital, 
WACC), 
costi 
di 
ammortamento 
e 
spese 
operative. 


In ogni 
caso, l�intervento dell�ArT 
ha 
messo ordine 
nella 
stratificazione 
normativa 
esistente, 
definendo 
un 
sistema 
tariffario 
che 
modula 
l�intensit� 
dell�intervento regolatorio in funzione 
della 
dimensione 
degli 
aeroporti, riducendone 
progressivamente 
l�impatto, e 
ha 
semplificato la 
procedura 
approvativa 
al diminuire dei volumi di traffico. 

La 
modularit� 
dell�intervento 
risponde 
all�esigenza 
di 
tutelare 
gli 
utenti 
degli 
aeroporti 
di 
grandi 
dimensioni, 
dove 
il 
gestore 
dispone 
potenzialmente 
di 
un 
significativo 
potere 
di 
mercato, 
semplificando 
allo 
stesso 
tempo 
le 
procedure 
per 
i 
gestori 
di 
aeroporti 
con 
volumi 
di 
traffico 
inferiori 
e 
riducendo 
progressivamente 
i 
costi 
connessi 
alla 
implementazione 
della 
regolamentazione. 


Ebbene, 
a 
distanza 
di 
oltre 
venti 
anni 
dal 
suo 
avvio, 
per 
quanto 
detto, 
possiamo 
constatare 
che 
il 
processo di 
liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
del 
trasporto 
aereo � 
andato avanti, eppure 
le 
resistenze 
rispetto al 
cambiamento del 
sistema 
ancora 
sussistono 
e 
sono 
il 
frutto 
di 
una 
visione 
legata 
ancora 
a 
vecchi 
baluardi 
monopolistici 
o comunque 
alla 
tutela 
degli 
interessi 
degli 
interessi, 
all�idea 
di 
una 
amministrazione 
da 
tenere 
�imbrigliata�, poco �indipendente� 
ed, 
in 
sostanza, 
subalterna 
agli 
interessi 
chiamata 
a 
governare: 
una 
concezione, 
dunque, �vecchia� che ostacola la crescita. 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Per tale 
ragione, soprattutto negli 
ultimi 
anni, il 
dibattito stimolato tra 
gli 
esperti 
del 
settore 
dal 
Centro Studi 
demetra 
nel 
corso dei 
numerosi 
convegni 
organizzati, 
di 
consueto, 
con 
la 
collaborazione 
dell�ENAC, 
si 
�, 
particolarmente, 
incentrato 
sulla 
necessit� 
di 
un 
riassetto 
istituzionale 
della 
Governance 
del trasporto aereo. 


Tale 
percorso 
di 
rinnovamento 
appare, 
allo 
stato, 
necessario 
per 
consentire 
all�Ente, 
Autorit� 
nazionale 
del 
settore, 
di 
consolidare 
i 
propri 
poteri 
di 
indirizzo, 
ispettivi 
e 
di 
vigilanza 
attiva 
e, 
al 
contempo, 
di 
proiettarsi 
nel 
futuro, 
investendo 
in 
nuovi 
progetti 
come 
quello 
degli 
aeromobili 
a 
pilotaggio 
remoto 
(APr) 
e 
la 
realizzazione, 
a 
Grottaglie, 
del 
�futuribile� 
Spazio-Porto, 
superando 
la 
critica 
riduzione 
delle 
risorse 
professionali 
a 
disposizione, 
cos� 
riaffermando 
il 
proprio 
ruolo 
di 
Amministrazione 
di 
eccellenza, 
capace 
di 
presidiare 
con 
riconosciute 
capacit� 
e 
competenze 
professionali 
il 
settore 
di 
interesse. 


Quando, 
infatti, 
nel 
1997, 
venne 
compiuto 
lo 
�sforzo� 
di 
istituire, 
nel-
l�arco di 
pochi 
mesi, l�Ente 
nazionale 
per l�aviazione 
civile 
(ENAC), fu possibile 
introdurre 
nell�ordinamento nazionale 
un ente 
del 
trasporto aereo dalle 
rilevanti 
funzioni, dotato di 
una 
forte 
autonomia, in grado di 
regolamentare 
e 
controllare 
il 
complesso settore, avente 
come 
obiettivo principale, non gi� 
la 
tutela del vecchio sistema monopolistico, ma la centralit� del passeggero. 


Non a 
caso, l�ENAC venne 
inserito tra 
gli 
Enti 
preposti 
a 
servizi 
di 
pubblico 
interesse, di 
cui 
alla 
Tabella 
IV 
dell�Allegato unico alla 
legge 
20 marzo 
1975, n. 70, che 
individuava 
i 
soggetti 
giuridici 
pubblici 
a 
cui 
assicurare 
una 
speciale 
autonomia 
in 
ragione 
del 
ruolo 
di 
garanzia 
chiamati 
a 
svolgere. 
In 
particolare, 
l�ENAC, 
dopo 
aver 
incorporato 
il 
registro 
aeronautico 
italiano 
(rAI), 
lo 
sostitu� 
nel 
predetto 
elenco 
in 
cui 
quest�ultimo 
risultava 
gi� 
presente. 


Come 
sopra 
anticipato, negli 
anni 
successivi, con la 
riforma 
del 
codice 
della 
navigazione 
l�ENAC � 
stato poi 
riconosciuto quale 
unica 
Autorit� 
di 
regolazione 
tecnica, 
di 
certificazione 
e 
di 
vigilanza 
nel 
settore 
dell�aviazione 
civile, 
assumendo cos� un ruolo sempre pi� centrale. 


Anche 
a 
livello internazionale, i 
riconoscimenti 
per l�ENAC, che 
rappresenta 
l'Italia 
nelle 
maggiori 
organizzazioni 
mondiali 
dell'aviazione 
civile, 
l'ICAo, l'ECAC, l'EASA, Eurocontrol, non sono mancati. 

Tuttavia, nonostante 
gli 
importanti 
traguardi 
e 
riconoscimenti 
ottenuti 
a 
livello 
internazionale, 
le 
vecchie 
resistenze 
�nostrane� 
sono 
riemerse 
ed 
un 
legislatore 
subalterno agli 
interessi 
degli 
interessi, a 
volte 
troppo frettoloso e 
poco 
accorto, 
ha, 
di 
fatto, 
gradualmente 
ridimensionato 
l�autonomia 
dell�Ente 
con una 
serie 
di 
norme 
che, fra 
l�altro, imponendo tagli 
alla 
spesa 
e, al 
contempo, 
il 
blocco 
delle 
assunzioni, 
hanno, 
nel 
giro 
di 
poco 
tempo, 
portato 
quasi 
al 
dimezzamento 
dell�organico 
in 
servizio 
dell�Ente, 
determinando 
altres�, 
l�innalzamento 
della 
media 
dell�et� 
anagrafica 
dei 
dipendenti, 
senza 
consentire 
di 
trasferire 
alle 
nuove 
generazioni 
il 
bagaglio 
di 
competenze 
e 
professionalit� 
che 
costituiscono, 
evidentemente, 
il 
vero 
patrimonio 
dell�ENAC 
che 
non 
deve 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


e 
non pu� essere 
disperso per garantire, soprattutto, quel 
necessario presidio 
professionale della sicurezza che � l�elemento fondante del trasporto aereo. 

occorre, dunque, a 
venti 
anni 
dalla 
sua 
istituzione, ripensare 
all�assetto 
organizzativo dell�ENAC al 
fine 
di 
permettere 
all�Autorit� 
nazionale 
del 
trasporto 
aereo di 
ritrovare 
quella 
necessaria 
autonomia, non pi� garantita 
dal-
l�originaria 
normativa, 
che 
possa 
permetterle 
di 
rientrare 
tra 
gli 
organismi 
pubblici 
di 
eccellenza, dando continuit� 
di 
presidio al 
processo di 
liberalizzazione 
del 
settore 
che 
non 
pu� 
e 
non 
deve 
trovare 
nella 
competizione 
economica 
l�unico obiettivo da perseguire. 


Prendendo le 
mosse 
dall�illustrazione 
delle 
principali 
tappe 
della 
storia 
ventennale 
dell�ENAC, 
la 
nostra 
pubblicazione 
sulla 
�Governance 
del 
trasporto 
aereo: 
trasformazione 
giuridica 
dell�enAC� 
ricostruisce 
e 
ripercorre, 
con l�ausilio di 
documenti 
e 
carteggi 
che 
sono stati 
accuratamente 
selezionati 
e 
collazionati 
in un�Appendice, le 
dispute 
ed i 
dibattiti 
che 
hanno preceduto 
la 
sua 
nascita 
e 
che 
hanno 
accompagnato 
i 
primi 
anni 
di 
attivit�, 
fino 
all�analisi 
dettagliata dei compiti e delle funzioni che gli sono state attribuite. 


Inquadrate 
le 
funzioni 
dell�ENAC, lo studio analizza 
le 
principali 
difficolt� 
e 
criticit� 
che 
l�Ente 
� 
chiamato ad affrontare 
nell�esercizio dei 
propri 
compiti. 


ripercorrendo 
l�evoluzione 
normativa 
in 
tema 
di 
spending 
review, 
lo 
studio 
evidenzia 
come 
siano 
state 
omologate 
dal 
legislatore 
amministrazioni 
profondamente 
diverse, con la 
conseguenza 
che 
enti 
come 
l�ENAC, operanti 
in 
settori 
speciali, 
particolarmente 
sensibili 
e 
di 
importanza 
strategica, 
si 
sono 
visti 
sottrarre 
flessibilit�, autonomia 
e 
poteri 
che, al 
contrario, erano stati 
loro 
inizialmente 
riconosciuti 
perch� 
assolutamente 
necessari 
a 
presidiare 
con 
competenze 
e 
professionalit� 
le 
funzioni 
normativamente 
attribuite 
che 
impattano 
fortemente con la sicurezza della mobilit� aerea. 


Stiamo 
assistendo, 
in 
definitiva, 
ad 
una 
brusca 
frenata 
che 
rischia 
di 
bloccare 
quel 
percorso di 
virtuoso cambiamento intrapreso, a 
fatica, venti 
anni 
fa, 
con 
un�inversione 
di 
tendenza 
proprio 
in 
un 
periodo 
storico, 
che 
mai 
come 
ora, 
impone 
di 
abbandonare 
i 
retaggi 
del 
passato, 
legati 
ad 
una 
concezione 
ormai 
superata 
di 
burocrazia 
interdittiva 
e 
di 
tutela 
di 
interessi 
particolari, e 
che 
necessita, per contro, di 
dotare 
l�amministrazione 
di 
strutture 
particolarmente 
snelle, 
super 
partes, dotate 
di 
autonomia 
al 
fine 
di 
perseguire 
al 
meglio 
i propri scopi. 


In tale 
contesto, il 
Centro Studi 
demetra 
tenta 
di 
individuare 
un�alternativa 
concreta 
che 
possa 
permettere 
all�ENAC di 
riacquisire 
la 
sua 
originaria 
autonomia 
per 
garantire 
l�espletamento 
delle 
sue 
numerose 
funzioni, 
passando 
al 
vaglio 
le 
varie 
vesti 
giuridiche 
alternative 
rispetto 
all�attuale 
forma 
dell�Ente 
pubblico non economico. 


L�analisi 
ha 
un taglio non solo teorico e 
dogmatico, ma 
anche 
pratico e 
muove 
dall�esame 
della 
casistica 
riguardante 
il 
cambiamento 
di 
veste 
giuridica 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


da 
parte 
di 
altre 
pubbliche 
amministrazioni, 
tenendo 
conto, 
al 
contempo, 
della 
evoluzione 
dottrinaria 
e 
giurisprudenziale 
che, 
soprattutto 
per 
quanto 
concerne 
l�espletamento di 
funzioni 
pubblicistiche 
ha 
ampliato la 
nozione 
di 
P.A. attraverso 
l�elaborazione della nozione di organismo di diritto pubblico. 


Lo studio individua 
alternative 
possibili 
che 
possano concretamente 
dare 
risposta 
alle 
attuali 
esigenze 
dell�ente 
e, a 
tal 
fine, viene 
ipotizzata 
l�omologazione 
dell�ENAC agli 
Enti 
pubblici 
di 
ricerca, per poi 
passare 
al 
vaglio la 
sua eventuale trasformazione in Ente pubblico economico. 

La 
prima 
delle 
due 
soluzioni 
proposte 
risulta 
particolarmente 
interessante, 
alla 
luce 
della 
recente 
riforma 
che 
ha 
riguardato gli 
enti 
di 
ricerca 
volta 
ad aumentare 
la 
loro autonomia 
ma 
che, tuttavia, non appare 
adatta, allo stato, alle 
esigenze dell�Ente. 


Verificata 
anche 
tale 
opzione, il 
lavoro di 
ricerca 
e 
studio approfondisce 
la 
praticabilit� 
di 
un�ultima 
soluzione, 
consistente 
nella 
trasformazione 
del-
l�ENAC in Ente pubblico economico (EPE). 


Tale 
alternativa 
�, 
senza 
dubbio, 
la 
pi� 
congeniale 
alle 
esigenze 
dell�Ente, 
tenuto conto degli 
evidenti 
vantaggi 
che 
ne 
deriverebbero, nonch� 
della 
particolare 
�facilit�� 
della sua realizzazione. 


Innanzitutto, 
atteso 
che 
la 
disciplina 
relativa 
al 
blocco 
delle 
assunzioni 
non 
trova 
applicazione 
per 
gli 
enti 
pubblici 
economici 
si 
prospetta, 
nei 
termini 
sopra 
esposti, una 
possibile 
fuoriuscita 
dell�ENAC dal 
campo di 
applicazione 
degli 
interventi 
normativi 
volti 
a 
limitare 
la 
selezione 
di 
personale 
degli 
enti 
pubblici 
non economici 
e, dunque, l�ente 
trasformato in EPE 
potrebbe 
procedere 
al 
reclutamento 
del 
personale, 
indispensabile 
per 
l�espletamento 
delle 
proprie 
numerose 
funzioni, che, negli 
ultimi 
anni, a 
causa 
della 
suddetta 
disciplina 
di 
�blocco�, si 
� 
sostanzialmente 
dimezzato ed invecchiato, quanto 
meno nella parte professionale pi� qualificata. 


Non solo, l�ENAC potrebbe 
non essere 
pi� inserito negli 
elenchi 
ISTAT 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, tenuto conto che, per scelta, potrebbe 
venire 
a 
mancare 
uno dei 
requisiti 
richiesti 
dalla 
legge, ossia 
il 
prevalente 
finanziamento 
pubblico. 


Come 
visto, 
infatti, 
l�ENAC 
vanta 
rilevanti 
entrate 
proprie, 
e 
da 
anni 
pu� 
considerarsi 
un ente 
virtuoso in quanto produce 
regolarmente 
avanzi 
di 
amministrazione, 
con bilanci in utile. 


Evidenti 
vantaggi, inoltre, deriverebbero anche 
sotto il 
profilo della 
contrattazione 
collettiva, 
in 
quanto 
l�Ente 
non 
verrebbe 
pi� 
rappresentato 
dal-
l�ArAN 
e, soprattutto, non risulterebbe 
interessato dall�atto di 
indirizzo del 
Governo, volto a 
far confluire 
enti 
come 
l�ENAC in un comparto unico, all�interno 
del 
quale 
ricomprendere, in modo del 
tutto disomogeneo, le 
Amministrazioni 
centrali 
dello 
Stato, 
cos� 
come 
soggetti 
del 
tutto 
diversi, 
quali 
le 
Agenzie fiscali. 


ovviamente, tale 
prospettiva 
di 
ulteriore 
indiscriminata 
�assimilazione� 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


alle 
altre 
Amministrazioni 
dello 
Stato 
non 
pu� 
che 
nuocere 
all�ENAC 
in 
quanto, 
ancora 
una 
volta, 
l�ente 
perderebbe 
parte 
della 
propria 
autonomia 
e 
della 
propria 
specificit�, con conseguente 
ulteriore 
lesione 
del 
ruolo di 
Amministrazione 
virtuosa e all�avanguardia. 


In 
conclusione, 
la 
trasformazione 
dell�ENAC 
in 
Ente 
pubblico 
economico 
non 
solo 
� 
possibile, 
ma 
si 
pone 
come 
necessaria 
ed 
urgente, 
tenuto 
conto 
che, 
oggi, sussistono tutte 
le 
condizioni 
per attuare 
quel 
cambiamento che, forse, 
nel 
1997, 
era 
�prematuro� 
e 
�pericoloso�(si 
pensi 
alle 
resistenze 
all�epoca 
opposte 
all�affermazione 
dell�ENAC come 
Autorit� 
di 
settore) e 
che, allo stato, 
invece, 
appare 
essere 
la 
migliore 
strada 
per 
un 
adeguamento 
dell�ente 
all�evoluzione 
del settore del trasporto aereo. 


In questo modo, si 
possono porre 
delle 
solide 
basi 
per guardare 
al 
futuro, 
permettendo all�Ente 
Nazionale 
per l�Aviazione 
Civile 
di 
svolgere, a 
pieno titolo, 
il 
proprio ruolo di 
unica 
Autorit� 
dell�Aviazione 
civile, garantendo efficacemente 
la 
tutela 
dei 
diritti 
del 
passeggero e 
la 
sicurezza 
dell�intero settore, 
che da sempre, rappresentano l�essenza della propria 
mission. 


Per 
quanto, 
in 
particolare, 
concerne 
la 
riforma 
delle 
gestioni 
aeroportuali 
pare 
opportuno 
ricordare 
le 
valutazioni, 
soprattutto 
di 
carattere 
economico, 
espresse, 
in 
un�intervista 
ad 
air 
Press 
del 
2000, 
dall�on. 
Pierluigi 
Bersani, 
Ministro 
dei 
trasporti 
e 
della 
navigazione 
dal 
dicembre 
1999 
al 
giugno 
2001, 
ove 
si 
evidenzia 
che 
�(...) 
l�attuazione 
del 
processo 
di 
privatizzazione 
del 
sistema 
aeroportuale 
ha 
subito 
notevoli 
ritardi 
dovuti 
non 
solo 
alla 
difficolt� 
di 
affermare 
principi 
di 
profonda 
riforma 
legati 
essenzialmente 
alle 
regole 
del 
libero 
mercato 
all�interno 
di 
un 
settore 
da 
decenni 
ancorato 
a 
logiche 
monopoliste 
ed 
assistenziali, 
ma 
anche 
al 
notevole 
cambiamento 
del 
ruolo 
assunto 
dalla 
parte 
pubblica 
che 
da 
soggetto 
direttamente 
interessato 
alla 
gestione 
degli 
scali 
ed 
alla 
realizzazione 
delle 
infrastrutture 
� 
chiamata 
a 
svolgere 
essenzialmente 
la 
funzione 
di 
regolatore 
degli 
equilibri 
di 
mercato 
e 
di 
presidio 
della 
sicurezza 
e 
della 
qualit� 
dei 
servizi 
resi 
all�utenza. 
Nell�ambito 
di 
tale 
percorso, 
inoltre, 
l�amministrazione 
statale 
finisce 
con 
il 
trasferire, 
senza 
drenare 
risorse 
per 
le 
finanze 
pubbliche 
statali, 
in 
favore 
di 
societ� 
partecipate 
per 
lo 
pi� 
da 
enti 
locali 
e 
territoriali, 
un 
importante 
patrimonio, 
essenziale 
allo 
sviluppo 
economico 
sociale 
dei 
bacini 
di 
traffico 
circostanti 
gli 
scali 
aeroportuali. 
Ne 
deriva 
che 
le 
societ� 
pubbliche 
che 
ottengono 
l�affidamento 
pluriennale 
della 
gestione 
dello 
scalo, 
in 
caso 
di 
ricollocazione 
sul 
mercato 
dell�impresa 
aeroportuale, 
potranno 
ottenere 
un 
beneficio 
economico 
da 
riutilizzare 
per 
investimenti 
produttivi 
con 
importanti 
ricadute 
anche 
in 
termini 
occupazionali. 
in 
definitiva, 
l�attuazione 
della 
riforma 
consente 
di 
ottenere 
due 
fondamentali 
risultati: 
da 
un 
lato, 
la 
razionalizzazione 
della 
gestione 
aeroportuale 
secondo 
schemi 
imprenditoriali, 
ove 
la 
parte 
pubblica 
svolge 
il 
compito 
di 
verificare 
il 
miglioramento 
della 
qualit� 
dei 
servizi 
e 
l�abbattimento 
dei 
costi 
per 
l�utenza; 
dall�altro, 
la 
possibilit� 
per 
gli 
enti 
locali 
e 
territoriali 
di 
effettuare 
investimenti 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


produttivi, 
avvalendosi 
delle 
plusvalenze 
determinate 
dall�affidamento 
pluriennale 
della 
gestione. 
in 
altre 
parole, 
attraverso 
la 
privatizzazione 
del 
sistema 
aeroportuale 
l�italia 
si 
allinea 
ai 
principi 
europei 
in 
tema 
di 
libera 
concorrenza 
in 
grado 
di 
incidere 
positivamente 
sia 
sul 
miglioramento 
della 
qualit� 
dei 
servizi 
resi 
dagli 
operatori 
in 
favore 
dell�utenza 
che 
sul 
contenimento 
dei 
loro 
costi. 
il 
modello 
che 
si 
afferma 
all�interno 
di 
un 
settore 
che 
va 
completamente 
a 
privatizzarsi 
consente, 
in 
definitiva, 
di 
superare 
la 
gestione 
monopolista-burocratica, 
attribuendo 
al 
contempo 
all�ENaC 
un 
potere 
autoritativo 
(anche 
sanzionatorio 
e 
di 
penalizzazione 
economica) 
finalizzato 
a 
garantire 
il 
rispetto 
dei 
diritti 
dei 
passeggeri 
attraverso 
la 
verifica 
puntuale 
di 
standards 
qualitativi 
dei 
servizi 
resi 
ed 
a 
responsabilizzare 
direttamente 
le 
societ� 
anche 
per 
i 
servizi 
resi 
da 
terzi, 
da 
esercitarsi 
nei 
confronti 
dei 
gestori, 
mossi 
da 
finalit� 
puramente 
di 
remunerazione 
del 
capitale 
investito 
(...)�. 


Il 
pensiero 
del 
Ministro 
Bersani 
sulla 
riforma 
del 
trasporto 
aereo 
conferma 
la 
diffusa 
opinione 
che 
trattasi 
di 
una 
privatizzazione 
�vigilata�, utile 
a 
sottrarre 
dalle 
mani 
pubbliche 
un settore 
che 
pu� garantire, se 
ben gestito, lo sviluppo 
economico 
del 
territorio, 
contaminando, 
positivamente, 
altre 
attivit� 
produttive. 
Naturalmente, 
questa 
gestione 
privata 
non 
esclude 
l�interesse 
pubblico 
dal 
mondo aeroportuale 
che 
viene 
esercitato ricollocando sull�Autorit� 
di 
settore, l�ENAC, un penetrante 
compito di 
vigilanza, al 
fine 
di 
verificare, 
secondo 
il 
dogma 
comunitario 
della 
liberalizzazione 
e 
privatizzazione 
del 
settore, 
il 
miglioramento 
della 
qualit� 
dei 
servizi, 
con 
particolare 
attenzione 
a 
tutto 
quanto 
attiene 
alla 
sicurezza, 
l�abbattimento 
dei 
costi 
e 
la 
tutela 
dei 
diritti 
dei passeggeri. 


Va 
ribadito 
che, 
a 
distanza 
di 
venti 
anni, 
il 
processo 
di 
privatizzazione 
delle 
infrastrutture 
aeroportuali 
del 
nostro 
Paese, 
con 
la 
contestuale 
istituzione 
dell�ENAC, ha 
trovato un suo positivo equilibrio ed un unanime 
consenso e, 
nonostante 
la 
crisi 
del 
vettore 
di 
riferimento 
nazionale, 
� 
risultato 
vincente, 
tanto da 
garantire 
una 
crescita 
esponenziale 
del 
traffico aereo, indubbiamente 
correlato ad un positivo trend 
globale, che, oggi, arriva 
a 
oltre 
185 milioni 
di 
passeggeri, con proiezioni ventennali che ne indicano il raddoppio. 

� 
del 
tutto 
evidente 
che, 
per 
intercettare 
questi 
incrementi 
di 
domanda 
di 
mobilit� 
aerea 
cՏ 
necessit� 
di 
importanti 
investimenti 
per 
adeguare 
ed 
ammodernare 
le 
infrastrutture 
aeroportuali 
alle 
nuove 
esigenze 
di 
un 
traffico 
esponenzialmente 
crescente 
e 
solo 
un 
sistema 
privatizzato 
con 
regole 
tariffarie 
certe, 
sottoposto 
ad 
una 
autorevole 
vigilanza 
istituzionale, 
pu� 
dare 
le 
attese 
risposte 
di 
investimento 
che 
la 
finanza 
pubblica 
non 
� 
pi� 
in 
grado 
di 
garantite. 


da 
ultimo, va 
detto che, nel 
condividere 
sostanzialmente 
i 
principi 
e 
criteri 
direttivi 
del 
ddl 
in 
esame 
anche 
per 
la 
loro 
positiva 
genericit�, 
risulta, 
per�, 
importante, che 
la 
Commissione 
competente, al 
fine 
di 
affrontare 
in modo del 
tutto 
conscio 
un 
percorso 
di 
carattere 
normativo 
di 
particolare 
delicatezza 
come 
quello di 
affidare 
al 
Governo, con legge 
delega, l�elaborazione 
di 
una 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


normativa 
di 
settore 
che 
pu� in modo importante 
favorire 
lo sviluppo economico 
del 
nostro 
Paese, 
� 
necessario 
che 
il 
Parlamento 
possa 
esprimere 
una 
oggettiva 
valutazione 
sulla 
visione 
del 
business 
del 
trasporto 
aereo 
che, 
da 
ultimo, 
ha 
determinato 
la 
cancellazione 
da 
parte 
di 
Airbus 
della 
produzione 
dell�A380, in ragione 
del 
mancato affermarsi 
nel 
terzo millennio del 
modello 
economico ritenuto vincente 
dell�hub and spoke, che, acriticamente, nella 
relazione 
del 
ddl 
viene 
rilanciato per contrastare 
i 
collegamenti 
garantiti 
dalle 
compagnie 
low-cost. 


A 
tal 
proposito, va 
messo in evidenza 
che, con la 
cancellazione 
di 
importanti 
ordinativi 
da 
parte 
di 
Qantas 
ed Emirates, va 
a 
concludersi, con un totale 
di 
251 consegne 
rispetto alle 
321 previste 
ed alle 
700 unit� 
programmate 
al 
momento 
del 
lancio 
dell�iniziativa, 
la 
produzione 
dell�A380, 
l�aereo 
commerciale 
pi� grande al mondo dal costo di listino di � 445,6 milioni di dollari. 


Il 
�superjumbo�, la 
cui 
produzione 
fu annunciata 
con grande 
enfasi 
po-
litico-industriale 
e 
tecnologica 
nel 
dicembre 
del 
2000 
e 
presentato 
ufficialmente 
a 
Tolosa, sede 
dell�Airbus, nel 
2005, � 
un aereo di 
due 
piani 
che 
pu� 
ospitare, 
a 
seconda 
della 
configurazione, 
tra 
500 
e 
850 
passeggeri, 
con 
un 
range 
operativo 
che 
supera 
i 
15.000 
km, 
ma 
con 
costi 
di 
esercizio 
sopportabili 
dalle 
compagnie 
aeree 
impegnate 
sul 
lungo raggio solo con load factor 
prossimi 
alla piena capacit�. 

Con 
i 
suoi 
80 
m 
di 
apertura 
alare 
e 
quasi 
400 
tonnellate 
di 
peso 
senza 
equipaggio, 
l�A380 
ha 
dato 
vita 
ad 
un 
modello 
di 
business 
tendente 
ad 
imporre 
una 
visione 
della 
politica 
del 
trasporto aereo incentrata 
sui 
collegamenti 
tra 
i 
grandi 
hub 
che, 
peraltro, 
presupponeva 
ingenti 
investimenti, 
da 
parte 
delle 
compagnie 
aree, 
per 
l�acquisto 
delle 
macchine 
e 
degli 
aeroporti 
internazionali 
che 
avrebbero dovuto attrezzarsi, allungando le 
piste, ingrandendo gli 
hangar 
e predisponendo finger 
dedicati ad uso esclusivo. 


In ragione 
delle 
difficolt� 
di 
voler imporre 
una 
politica 
industriale 
dirigista, 
non coerente 
con le 
esigenze 
del 
mercato liberalizzato, non � 
un caso che 
l�A380, 
oltre 
che 
nelle 
compagnie 
dei 
Paesi 
costruttori 
(Air 
France, 
Lufthansa, 
British Airways), sia 
entrato, per lo pi�, nelle 
flotte 
di 
vettori 
di 
compagnie 
di 
Paesi 
legati 
tuttora 
ad 
una 
concezione 
superata 
del 
trasporto 
aereo 
(Asia 
e 
Medio oriente) e 
l�operativit� 
sia 
limitata 
ai 
pochissimi 
aeroporti 
nel 
mondo 
in grado di 
adeguarsi, in tempi 
brevi, alle 
sue 
dimensioni, con la 
costruzione 
di nuove piste ed interventi infrastrutturali sui terminali. 

Il 
problema 
� 
che 
l�A380 permette 
di 
trasportare 
un numero importante 
di 
passeggeri 
ma 
in un mercato, per lo pi�, liberalizzato del 
trasporto aereo in 
cui 
il 
passeggero ha 
diverse 
opzioni 
per volare, risulta 
per le 
compagnie 
difficile 
da 
operare 
con un load factor 
economicamente 
utile, tenuto conto che 
la 
reddittivit� 
della 
macchina 
� 
strettamente 
correlata 
ad una 
piena 
capacit� 
di 
riempimento, ci� in ragione 
dell�elevato costo del 
carburante 
comunque 
necessario 
per volare. 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


La 
decisione 
di 
chiudere 
la 
produzione 
dell�A380, dopo poco pi� di 
un 
decennio di 
servizio, rappresenta, dunque, non solo l�atto conclusivo di 
una 
delle 
pi� grandi 
avventure 
industriali 
d�Europa 
- evidentemente 
poco apprezzata 
dal 
mercato che 
non ha 
creduto che 
la 
soluzione 
all�incremento esponenziale 
del 
traffico 
aereo 
possa 
ritrovarsi 
nel 
rimedio 
alla 
congestione 
dei 
grandi 
aeroporti 
favorendo, anche 
per garantirne 
una 
crescita 
del 
numero di 
passeggeri, 
una 
riduzione 
dei 
voli 
con macchine 
di 
maggiore 
capacit� 
- ma 
anche 
e 
soprattutto il 
superamento di 
una 
politica 
del 
trasporto aereo legata 
alla 
concentrazione 
dei 
voli 
nei 
grandi 
hub, senza 
dubbio, tendenti 
a 
favorire 
gli 
interessi 
economici 
delle 
compagnie 
aeree 
ma 
poco 
incline 
a 
riconoscere 
le 
esigenze 
dei 
passeggeri 
che, 
in 
un 
mercato 
liberalizzato 
preferiscono 
la 
qualit� 
del servizio e, quindi, i collegamenti 
point to point. 


Il 
sogno infranto di 
Airbus 
era 
quello di 
intercettare 
il 
nuovo traffico legato 
al 
boom 
di 
passeggeri 
delle 
classi 
medie 
asiatiche, che 
andavano ad affiancarsi 
ai 
turisti 
e 
ai 
viaggiatori 
d'affari 
dei 
Paesi 
occidentali, con un�offerta 
�rivoluzionaria� 
che, al 
contrario, si 
� 
rivelata 
contro tendenza 
rispetto alle 
preferite 
modalit� 
di 
volare 
del 
mondo globalizzato incentrate 
sulla 
soddisfazione 
delle esigenze dell�utenza. 


In 
altri 
termini, 
gli 
A380 
avrebbero 
consentito 
l�imbarco 
di 
un 
numero 
maggiore 
di 
passeggeri, con una 
riduzione 
del 
numero di 
voli 
e 
un notevole 
risparmio 
sul 
carburante, 
collegando 
i 
grandi 
scali 
internazionali, 
dai 
quali 
aerei 
pi� piccoli 
avrebbero, poi, condotto i 
passeggeri 
verso le 
mete 
prescelte, 
vicine ad aeroporti pi� decentrati, secondo il modello dell�hub and spoke. 


Il 
modello 
A380 
� 
stato 
progettato 
in 
un 
periodo 
di 
grande 
trasformazione 
del 
trasporto 
aereo 
in 
cui 
era 
in 
incremento 
esponenziale 
il 
quantitativo 
di 
passeggeri 
-da 
trasporto 
dՎlite 
a 
trasporto 
di 
massa 
-e 
risultava, 
altres�, 
necessario 
non 
aumentare 
il 
numero 
di 
voli, 
per 
evitare 
la 
congestione 
dei 
grandi 
scali. 


Tale 
velivolo il 
cui 
utilizzo economicamente 
sostenibile 
ha 
determinato 
una 
concentrazione 
dell�offerta 
di 
volare 
nei 
grandi 
scali, oggi, non risponde 
pi� 
alle 
esigenze 
che 
sono 
prevalse 
nel 
trasporto 
aereo, 
tenuto 
conto 
che, 
grazie 
all�innovazione 
tecnologica, 
� 
possibile 
ampliare 
la 
capacit� 
degli 
scali 
con 
decolli 
e 
atterraggi 
pi� 
frequenti 
e 
che 
l�esigenza 
di 
concentrare 
l�offerta 
di 
volare 
risulta 
per le 
compagnie 
aeree 
meno appetibile, per via 
della 
maggiore 
importanza 
data 
dai 
passeggeri 
ai 
collegamenti 
diretti 
degli 
aeroporti 
regionali 
rispetto ai grandi 
hub. 

Sicch�, 
la 
crescita 
del 
traffico 
aereo 
degli 
ultimi 
anni 
ha 
generato, 
da 
parte 
dei 
vettori 
interessati 
per 
sviluppare 
il 
proprio 
business 
e 
dare 
risposta 
alle 
esigenze 
dei 
passeggeri, una 
domanda 
di 
jet 
bimotore 
abbastanza 
agili 
in grado 
di 
volare 
direttamente 
negli 
scali 
minori, piuttosto che 
di 
ingombranti 
jet 
quadrimotore 
che 
costringono 
i 
passeggeri 
a 
cambiare 
velivolo, 
a 
volte 
con 
grande 
disagio, negli aeroporti 
hub. 


In 
tale 
contesto, 
va 
riconosciuto 
che 
Boeing, 
in 
particolare, 
con 
il 
787 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Dreamliner, 
pi� 
piccolo 
e 
pi� 
brillante 
dell�A380, 
ha 
vinto 
la 
battaglia 
dei 
cieli, con la 
realizzazione 
di 
un velivolo in grado di 
bypassare 
gli 
hub, permettendo 
ai 
vettori 
di 
riconciliarsi 
con i 
bisogni 
del 
mercato liberalizzato del 
trasporto aereo, garantendo servizi 
di 
collegamento diretti 
tra 
citt�, secondo 
la 
strategia 
nota 
come 
�point 
to 
point�, 
di 
certo, 
oggi, 
preferita 
dai 
passeggeri. 


La 
stessa 
Airbus 
si 
� 
adeguata 
al 
modello vincente 
di 
business 
aereo con 
la 
produzione 
dell�A350-900, un bimotore 
che 
garantisce, a 
costi 
contenuti, 
le 
stesse 
distanze 
sul 
lungo raggio, potendo ospitare, in configurazione 
standard 
poco 
meno 
della 
met� 
dei 
passeggeri 
dell�A380, 
cos� 
rispondendo 
meglio 
alle 
strategie 
commerciali 
dei 
vettori 
aerei 
che 
optano per tale 
tipologia 
di 
velivoli 
per 
l'ammodernamento 
della 
flotta. 
In 
altre 
parole, 
la 
previsione 
di 
Airbus 
che ha generato la realizzazione dell�A380, � stata smentita dai fatti. 


Le 
segnalate 
criticit�, unitamente 
alla 
crescente 
insofferenza 
da 
parte 
dei 
passeggeri 
per i 
disagi 
dei 
voli 
via 
hub e 
all�affermarsi 
delle 
compagnie 
aeree 
low 
cost 
che, 
nel 
medio 
raggio, 
sono 
in 
grado 
di 
volare, 
evitando 
il 
doppio 
imbarco 
imposto dall�hub, hanno contribuito a 
convincere 
le 
compagnie 
aeree 
a 
concentrarsi 
sugli 
aerei 
a 
fusoliera 
larga, ma 
di 
dimensioni, capacit� 
e 
costi 
di 
esercizio inferiori. 


A 
ci� deve 
aggiungersi 
che 
il 
modello point 
to point 
prevale 
sul 
cd. hub 
and spoke 
operato dall�A380 anche 
e 
soprattutto in termini 
di 
soddisfazione 
del 
passeggero che, ovviamente, preferisce 
la 
soluzione 
che 
consente 
di 
raggiungere 
direttamente lo scalo di destinazione finale, senza passare dall�hub. 


Confidando di 
aver contribuito ad una 
riflessione 
in merito al 
ddl 
n. 727, 
pare 
importante, 
per 
ultimo 
e 
non 
da 
ultimo, 
valorizzare 
la 
proposta 
normativa 
(art. 1, lett. c, del 
ddl 
n. 727) tesa 
a 
�potenziare 
gli 
interventi 
finalizzati 
a garantire 
una pi� efficace 
intermodalit� dei 
sistemi 
di 
trasporto, quale 
fattore 
di competitivit� delle imprese e del territorio�. 


A 
tal 
riguardo, 
� 
d�obbligo 
segnalare 
che 
con 
l�ultima 
pubblicazione, 
Port 
authority: 
privatizzazione 
ed 
integrazione 
infrastrutturale, 
demetra, 
prendendo 
spunto da 
una 
concreta 
ipotesi 
di 
polo logistico integrato rappresentato 
dalle 
potenzialit� 
sinergiche 
di 
carattere 
economico-sociale 
configurabili 
tra 
il 
porto di 
Taranto e 
l�aeroporto di 
Grottaglie 
come 
risposta 
alla 
crisi 
della 
siderurgia, 
prefigura, elaborando una 
specifica 
proposta 
di 
legge, un percorso 
di 
carattere 
normativo che 
affronti 
il 
tema 
della 
privatizzazione 
dei 
porti, che 
prenda 
a 
modello 
l�assetto 
ordinamentale 
del 
settore 
degli 
aeroporti 
che, 
dopo 
venti anni, ha trovato un definitivo assetto ed un generalizzato consenso. 



LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Il dottorato di ricerca tra spinte internazionali 
e digitali in un difficile equilibrio tra mondo 
della formazione e mondo del lavoro 


Alessandra Parente* 


Sommario: 1. introduzione 
-2. il 
sistema della formazione 
e 
della ricerca nel 
quadro 
europeo 
e 
nazionale 
-2.1. 
Dottorato 
di 
ricerca: 
evoluzione 
della 
disciplina 
interna 
-2.2. 
Dottorato 
di 
ricerca presso Universit� telematiche 
nazionali 
-2.3. Dottorato di 
ricerca presso 
Universit� 
straniere 
-3. 
Dipendente 
pubblico 
e 
congedo 
straordinario 
per 
dottorato 
di 
ricerca. 
i possibili 
risvolti 
giuridici 
tra punti 
di 
forza e 
criticit� - 3.1. il 
particolare 
caso del 
dottorato di 
ricerca conseguito presso un istituto straniero e 
telematico. riconoscimento del 
titolo: limiti e confini - 4. Considerazioni conclusive. 


1. introduzione. 
Il 
tema 
della 
formazione 
post 
laurea 
� 
divenuto, soprattutto negli 
ultimi 
decenni, centrale 
nell�esperienza 
professionale 
e 
personale 
di 
un numero crescente 
di persone. 

Si 
intravede 
in essa 
un passaggio necessario per l�avvio di 
determinate 
carriere 
e 
per l�arricchimento o il 
completamento di 
altre. del 
resto, la 
propensione 
alla 
specializzazione 
dei 
saperi 
trova 
terreno 
fertile 
in 
un 
contesto 
sempre 
pi� internazionale, nel 
quale 
si 
cerca 
di 
favorire 
la 
libera 
circolazione 
degli studenti ed anche dei lavoratori, quanto meno nel quadro europeo. 


La 
mobilit� 
nell�ambito 
degli 
studi 
universitari 
e 
della 
formazione 
post 
laurea 
nelle 
forme 
pi� 
diverse 
-dottorato 
di 
ricerca, 
master, 
corsi 
di 
perfezionamento 
e 
specializzazione 
fino 
ad 
arrivare 
alla 
figura 
del 
ricercatore 
di 
professione 
-� 
frutto 
del 
bilanciamento 
tra 
forze 
non 
univoche: 
da 
un 
lato 
ci 
sono 
principi 
costituzionali 
ed 
europei 
che 
la 
promuovono 
e 
salvaguardano, 
dall�altro 
cՏ 
quel 
fisiologico 
�sottobosco� 
di 
discipline 
interne 
in 
tema 
di 
istruzione, 
formazione 
e 
ricerca, 
non 
cos� 
armonizzate 
e 
con 
peculiarit� 
che 
rischiano 
di 
non 
poter 
essere 
sempre 
riconosciute 
ed 
esportate 
al 
di 
l� 
del 
territorio 
nazionale. 


Per quanto ogni 
Stato dell�unione 
riconosca 
il 
valore 
aggiunto di 
un sistema 
che 
permette, con relativa 
facilit�, la 
circolazione 
dei 
cittadini 
europei 
per formarsi 
e 
perfezionare 
il 
proprio percorso di 
studio e 
professionale 
oltre 
i 
confini 
dello Stato di 
appartenenza, � 
innegabile 
che 
la 
sfera 
dell�istruzione 
e 
della 
formazione 
rappresentino un 
unicum 
- a 
tratti 
anche 
in termini 
di 
identit� 
- a cui nessuna Nazione pu� e vuole rinunciare. 

Nel 
quadro 
appena 
descritto 
maturano 
nuove 
sfide, 
opportunit� 
e 
tensioni 


(*) 
dottore 
in 
Giurisprudenza, 
gi� 
praticante 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Napoli. 



rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


anche 
per 
il 
diritto, 
chiamato 
a 
fornire 
risposte 
e 
a 
dirimere 
controversie 
di 
varia natura, a progettare e ad unire. 


2. il 
sistema della formazione 
e 
della ricerca nel 
quadro europeo e 
nazionale. 
La 
Carta 
Europea 
dei 
ricercatori 
(1) 
ha 
rappresentato 
il 
primo 
e 
compiuto 
tentativo 
di 
definizione 
dei 
diritti 
e 
doveri 
comuni 
ai 
ricercatori 
che 
operano 
a 
livello 
europeo 
ed 
ha 
altres� 
individuato 
il 
codice 
di 
condotta 
dei 
datori 
di 
lavoro, 
incentivando 
la 
mobilit� 
dei 
ricercatori, 
la 
valorizzazione 
del 
merito, 
la 
trasparenza, 
l�esperienza 
professionale 
acquisita 
e 
i 
diritti 
di 
propriet� 
intellettuale. 


Nella 
terza 
sezione, 
recepite 
le 
definizioni 
gi� 
contenute 
nel 
c.d. 
manuale 
di 
Frascati 
(2), la 
Carta 
descrive 
i 
ricercatori 
come 
�professionisti 
impegnati 
nella 
concezione 
o 
nella 
creazione 
di 
nuove 
conoscenze, 
prodotti, 
processi, 
metodi 
e 
sistemi 
nuovi 
e 
nella 
gestione 
dei 
progetti 
interessati�; 
distingue, 
inoltre, 
i 
ricercatori 
nella 
fase 
iniziale 
di 
carriera 
(3) 
(ricercatori 
nei 
primi 
quattro 
anni 
di 
attivit� 
di 
ricerca, inclusi 
i 
periodi 
di 
formazione 
alla 
ricerca) dai 
ricercatori 
dalla 
comprovata 
esperienza 
(che 
vantano almeno quattro anni 
di 
esperienza 
nel 
campo della 
ricerca 
a 
decorrere 
dal 
momento in cui 
hanno ottenuto 
il 
diploma 
che 
d� 
accesso 
diretto 
agli 
studi 
di 
dottorato, 
nel 
paese 
in 
cui 
hanno ottenuto la 
laurea/il 
diploma, o che 
sono gi� 
titolari 
di 
un diploma 
di dottorato, indipendentemente dal tempo impiegato per ottenerlo). 


I 
principi 
e 
le 
garanzie 
contenute 
nella 
citata 
raccomandazione 
del 
2005 
hanno 
trovato 
un 
esplicito 
recepimento 
interno 
solo 
un 
decennio 
pi� 
tardi, 
nel 
d.lgs. 


n. 
218/2016 
(4) 
-sulla 
semplificazione 
dell�attivit� 
degli 
enti 
pubblici 
di 
ricerca. 
Conoscere 
l�orientamento 
che 
l�unione 
europea 
si 
� 
data 
in 
materia 
di 
ricerca 
e 
conoscere 
le 
tempistiche 
con le 
quali 
nel 
nostro ordinamento tali 
principi 
sono stati 
recepiti, � 
dirimente 
per inquadrare 
correttamente 
la 
disciplina 
interna, cogliendone sia i punti di forza sia i punti deboli. 


In via 
preliminare, � 
necessario far riferimento - nel 
rispetto della 
gerarchia 
delle 
fonti 
nazionali 
- agli 
artt. 9, 33 e 
34 della 
Costituzione, che 
definiscono 
il 
sistema 
valoriale 
sul 
quale 
l�istruzione 
e 
la 
formazione 
ai 
vari 
livelli 
debbono fondarsi. 

(1) Contenuta 
nella 
raccomandazione 
della 
Commissione 
uE 
dell�11 marzo 2005 riguardante 
la 
�Carta europea dei ricercatori e il codice di condotta per l�assunzione dei ricercatori�. 


(2) Il 
manuale 
di 
Frascati 
� 
un documento che 
stabilisce 
la 
metodologia 
per raccogliere 
ed utilizzare 
dati 
sulla 
ricerca 
e 
sullo sviluppo nei 
paesi 
membri 
dell�oCSE 
(organizzazione 
per la 
Cooperazione 
e 
lo Sviluppo Economico). La 
prima 
versione 
del 
documento - giunto ormai 
alla 
sesta 
edizione 
fu 
presentata 
nel 
1963 
da 
Christopher 
Freeman 
ed 
� 
conosciuta 
ufficialmente 
come 
�The 
Proposed 
Standard 
Practice for Surveys of research and Experimental Development�. 
(3) 
Cfr. 
il 
programma 
di 
lavoro 
�Strutturare 
lo 
Spazio 
europeo 
della 
ricerca�, 
settore 
risorse 
umane e mobilit� azioni marie Curie, edizione settembre 2004, pagg. 41, 42. 
(4) 
Il 
d.lgs. 
218/2016 
del 
25 
novembre, 
recante 
�Semplificazione 
delle 
attivit� 
degli 
enti 
pubblici 
di 
ricerca ai 
sensi 
dell�articolo 13 della legge 
7 agosto 2015, n. 214�, all�art. 2, co. 1, recepisce 
integralmente 
la raccomandazione della Commissione europea 2005/251/CE. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Il 
principio di 
libert� 
dell�arte 
e 
della 
scienza 
e 
del 
loro insegnamento, il 
ruolo della 
repubblica 
nel 
dettare 
le 
norme 
generali 
sull�istruzione, il 
diritto 
delle 
istituzioni 
di 
alta 
cultura, delle 
universit� 
e 
delle 
accademie 
di 
darsi 
ordinamenti 
autonomi 
nei 
limiti 
stabiliti 
dalle 
leggi 
dello 
Stato, 
il 
riconoscimento 
ai 
capaci 
e 
meritevoli, 
anche 
se 
privi 
di 
mezzi, 
del 
diritto 
a 
raggiungere 
i 
gradi 
pi� alti 
degli 
studi 
e 
l�obbligo per la 
repubblica 
di 
rendere 
effettivo, con misure 
adeguate, tale 
diritto sono alcuni 
dei 
principi 
fondamentali 
che 
ispirano 
la materia. 


2.1. Dottorato di ricerca: evoluzione della disciplina interna. 
Con 
particolare 
riferimento 
alla 
disciplina 
del 
dottorato 
di 
ricerca 
-prima 
di 
soffermarsi 
sui 
provvedimenti 
normativi 
che 
la 
caratterizzano - � 
bene 
evidenziare 
che 
si 
tratta 
di 
un istituto in continua 
evoluzione, sensibile 
alle 
sollecitazioni 
esterne 
e 
alle 
spinte 
digitali, oggetto di 
un �riparto di 
competenze� 
tra 
Stato, universit� 
ed altri 
organismi 
di 
supporto e 
consulenza, che 
genera 
un sistema a dir poco farraginoso e con varie zone d�ombra. 


Il 
dottorato di 
ricerca, istituito in Italia 
nel 
1980 (5), � 
stato definito per 
la 
prima 
volta 
come 
�titolo 
accademico 
valutabile 
unicamente 
nell�ambito 
della ricerca scientifica�; 
tra 
la 
fine 
degli 
anni 
novanta 
e 
l�inizio degli 
anni 
duemila 
� 
stato oggetto di 
un�importante 
revisione 
in coerenza 
sia 
con i 
principi 
di 
autonomia 
delle 
universit� 
che 
con i 
nuovi 
indirizzi 
europei, 
in primis 
la riforma avviata con il c.d. Processo di Bologna 
(6). 

Ne 
sono scaturiti 
una 
pluralit� 
di 
interventi 
(7) che 
hanno demolito l�impianto 
normativo 
precedente 
in 
materia 
di 
dottorato, 
lasciando 
in 
piedi 
una 
scarna 
disciplina 
di 
principio che 
attribuiva 
interamente 
alle 
universit� 
la 
responsabilit� 
dell�organizzazione dei corsi di dottorato. 

da 
questa 
riforma 
il 
dottorato 
di 
ricerca 
veniva 
ripensato 
e 
descritto 
come 
terzo ciclo (8) della 
formazione 
superiore 
e, al 
contempo, come 
primo stadio 


(5) Con il d.P.r. 11 luglio 1980, n. 382, Capo II, artt. 68 e ss. 
(6) Il 
�Processo di 
Bologna� 
del 
1999 ha 
rappresentato un processo di 
riforma 
internazionale 
dei 
sistemi 
di 
istruzione 
superiore 
dell�u.E., 
che 
si 
proponeva 
di 
realizzare, 
entro 
il 
2010, 
lo 
Spazio 
Europeo 
dell�istruzione 
superiore 
- SEIS 
- (effettivamente 
emanato nella 
Conferenza 
di 
Budapest 
e 
Vienna 
del 
marzo 2010). Mirava 
ad una 
riorganizzazione 
in senso comunitario delle 
politiche 
sull�istruzione, soprattutto 
al 
fine 
di 
una 
migliore 
spendibilit� 
del 
titolo 
di 
studio 
nel 
mercato 
del 
lavoro 
nell�area 
europea. 
Fondamentale 
per 
la 
sua 
realizzazione 
� 
stata 
la 
Convenzione 
di 
Lisbona, 
stipulata 
nel 
1997, 
recante 
�Convenzione 
sul 
riconoscimento dei 
titoli 
di 
studio relativi 
all�insegnamento superiore 
nella regione 
Europa� 
con la 
quale 
gli 
Stati 
si 
impegnarono a 
riconoscersi 
reciprocamente 
i 
titoli 
accademici 
finali. 
Tra 
le 
misure 
adottate 
a 
livello europeo ai 
fini 
della 
creazione 
del 
SEIS 
vi 
� 
stata 
l�adozione 
formale 
da 
parte 
del 
Parlamento europeo del 
quadro dei 
titoli 
per l�apprendimento permanente 
(European Qualifications 
Framework 
For 
LifeLongLearning EQF 
- LLL) ma 
vari 
reports 
successivi 
hanno mostrato che 
non tutti 
i 
Paesi 
uE 
hanno sviluppato un quadro nazionale 
dei 
titoli 
compatibile 
con il 
quadro generale 
dei titoli del SEIS. 
(7) In ordine 
cronologico: 
la 
L. n. 210/1998, art. 4; 
il 
d.M. n. 224 del 
30 aprile 
1999; 
il 
d.M. n. 
509 del 3 novembre 1999; il d.M. n. 270 del 22 ottobre 2004. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


dell�attivit� 
di 
ricerca, con il 
dottorando che 
assumeva 
le 
vesti 
di 
early 
stage 
researcher. 


un nuovo radicale 
mutamento, ancora 
oggi 
vigente, alla 
disciplina 
della 
materia 
arriva 
con la 
legge 
n. 240/2010, meglio conosciuta 
come 
legge 
Gelmini 
recante 
�Norme 
in materia di 
organizzazione 
delle 
universit�, di 
personale 
accademico e 
reclutamento, nonch� 
delega al 
Governo per 
incentivare 
la qualit� e 
l�efficienza del 
sistema universitario� 
che 
all�art. 19 (9) contiene 
disposizioni 
in materia 
di 
dottorato di 
ricerca 
e 
definisce 
le 
complesse 
procedure 
per l�istituzione 
e 
l�accreditamento dei 
corsi 
di 
dottorato. del 
sistema 
di 
accreditamento si 
occupa 
l�art. 5, comma 
3, della 
legge 
Gelmini 
il 
quale 
stabilisce 
che 
l�accreditamento 
ҏ 
fondato 
su 
specifici 
indicatori, 
definiti 
ex 
ante 
dall�aNVUr, per 
la verifica del 
possesso da parte 
degli 
atenei 
di 
idonei 
requisiti 
didattici, 
strutturali, 
organizzativi, 
di 
qualificazione 
dei 
docenti 
e 
delle 
attivit� di ricerca, nonch� di sostenibilit� economico-finanziaria� 
(10). 

Tra 
i 
principali 
provvedimenti 
attuativi 
della 
legge 
n. 240, in materia 
di 
dottorato di 
ricerca, vi 
� 
il 
d.M. 45 dell�8 febbraio 2013 (11) �regolamento 
recante 
modalit� di 
accreditamento delle 
sedi 
e 
dei 
corsi 
di 
dottorato e 
criteri 


(8) Il 
primo ciclo � 
dato dalla 
laurea 
triennale 
o di 
primo livello - corrispondente 
al 
�bachelor� 
anglosassone 
- ed il 
secondo dalla 
laurea 
specialistica/magistrale 
- corrispondente 
al 
�master� 
anglosassone. 
(9) 
L�art. 
19 
della 
l. 
240/2010, 
cos� 
modificando 
l�art. 
4, 
l. 
210/1988, 
al 
comma 
1, 
lett. 
a), 
dispone: 
�i 
corsi 
di 
dottorato 
di 
ricerca 
sono 
istituiti, 
previo 
accreditamento 
da 
parte 
del 
ministro 
dell�istruzione, 
dell�universit� 
e 
della 
ricerca, 
su 
conforme 
parere 
dell�agenzia 
nazionale 
di 
valutazione 
del 
sistema 
universitario e 
della ricerca (aNVUr), dalle 
universit�, dagli 
istituti 
di 
istruzione 
secondaria ad ordinamento 
speciale 
e 
da qualificate 
istituzioni 
italiane 
di 
formazione 
e 
ricerca avanzate. i corsi 
possono 
essere 
altres� 
istituti 
da consorzi 
tra universit� o tra universit� ed enti 
di 
ricerca pubblici 
e 
privati 
di 
alta qualificazione, fermo restando in tal 
caso il 
rilascio del 
relativo titolo accademico da parte 
delle 
istituzioni 
universitarie. Le 
modalit� di 
accreditamento delle 
sedi 
e 
dei 
corsi 
di 
dottorato, quale 
condizione 
necessaria ai 
fini 
dell�istituzione 
e 
dell�attivazione 
dei 
corsi, e 
le 
condizioni 
di 
eventuale 
revoca 
dell�accreditamento, nonch� 
le 
modalit� di 
individuazione 
delle 
qualificate 
istituzioni 
italiane 
di 
formazione 
e 
ricerca di 
cui 
al 
primo periodo, sono disciplinate 
con decreto del 
ministro dell�istruzione, 
dell�universit� e 
della ricerca, su proposta dell�aNVUr. il 
medesimo decreto definisce 
altres� 
i 
criteri 
e 
i 
parametri 
sulla base 
dei 
quali 
i 
soggetti 
accreditati 
disciplinano, con proprio regolamento, l�istituzione 
dei 
corsi 
di 
dottorato, le 
modalit� di 
accesso e 
di 
conseguimento del 
titolo, gli 
obiettivi 
formativi 
e 
il 
relativo programma di 
studi, la durata, il 
contributo per 
l�accesso e 
la frequenza, il 
numero, le 
modalit� 
di 
conferimento e 
l�importo delle 
borse 
di 
studio di 
cui 
al 
comma 5, nonch� 
le 
convenzioni 
di 
cui 
al comma 4�. 


(10) 
La 
valutazione 
periodica, 
ai 
sensi 
dell�art. 
5, 
comma 
3, 
lett. 
b), 
l. 
240/2010 
� 
basata 
�su 
criteri 
e 
indicatori 
stabiliti 
ex 
ante, da parte 
dell�aNVUr, dell�efficienza e 
dei 
risultati 
conseguiti 
nel-
l�ambito della didattica e della ricerca dalle singole universit� e dalle loro articolazioni interne�. 
(11) 
Il 
citato 
d.M. 
45/2013, 
entrato 
in 
vigore 
il 
6 
maggio 
2013, 
contiene 
una 
disciplina 
molto 
puntuale 
in materia 
di 
dottorato di 
ricerca 
relativa, tra 
gli 
altri, a: 
soggetti 
che 
possono richiedere 
l�accreditamento 
(art. 2), accreditamento dei 
corsi 
e 
delle 
sedi 
(art. 3), requisiti 
per l�accreditamento (art. 
4), principi 
e 
criteri 
generali 
per la 
disciplina 
dei 
corsi 
di 
dottorato di 
ricerca 
(art. 5), istituzione, durata 
e 
funzionamento dei 
corsi 
di 
dottorato (art. 6), modalit� 
di 
accesso ai 
corsi 
di 
dottorato e 
di 
conseguimento 
del 
titolo (art. 8), borse 
di 
studio (art. 9), dottorato in convenzione 
con istituzioni 
estere 
(art. 10), 
diritti e doveri dei dottorandi (art. 12), valutazione e finanziamento dei corsi di dottorato (art. 13). 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


per 
l�istituzione 
dei 
corsi 
di 
dottorato da parte 
degli 
enti 
accreditati� 
del 
Ministero 
dell�istruzione, dell�universit� 
e 
della 
ricerca, che 
ricostruisce 
un articolato 
sistema 
per 
la 
definizione 
dei 
soggetti 
che 
possono 
richiedere 
l�accreditamento, 
dei 
requisiti 
necessari 
per 
esso, 
dell�istituzione, 
durata 
e 
funzionamento 
dei 
corsi 
di 
dottorato, delle 
modalit� 
di 
accesso e 
delle 
borse 
di 
studio, nonch� della valutazione e finanziamento dei corsi di dottorato. 

Il 
risultato 
di 
questo 
provvedimento 
e 
a 
monte 
del 
quadro 
voluto 
dalla 
legge 
Gelmini 
� 
un modello italiano di 
dottorato di 
ricerca 
del 
tutto peculiare, 
seppur con le sue criticit�. 

Senza 
potersi 
soffermare 
nella 
presente 
trattazione 
su 
un�analisi 
dei 
punti 
deboli 
del 
sistema 
italiano sul 
dottorato di 
ricerca, giova 
fare 
un cenno ad alcuni 
profili 
di 
particolare 
rilievo, 
utili 
anche 
per 
la 
corretta 
comprensione 
della 
quaestio 
posta all�attenzione del lettore con questo contributo. 

Si 
fa 
riferimento alle 
perplessit� 
relative 
alla 
riduzione 
degli 
spazi 
di 
autonomia 
delle 
universit�, per la 
tendenza 
all�ipertrofia 
normativa 
del 
regolamento 
predetto, 
alla 
costante 
riduzione 
dell�impegno 
finanziario 
del 
Ministero 
sul 
finanziamento dei 
corsi 
di 
dottorato, sul 
prevalere 
di 
parametri 
valutativi 
ex 
ante 
nei 
diversi 
livelli 
dell�accreditamento 
iniziale, 
di 
quello 
periodico 
e 
della 
ripartizione 
delle 
diverse 
tranches 
dei 
finanziamenti 
ministeriali, senza 
dettagliare 
adeguatamente 
la 
valutazione 
ex 
post 
della 
qualit� 
scientifica 
e 
didattica 
del dottorato di ricerca. 

Si 
fa 
riferimento, altres�, in un contesto sempre 
pi� digitale 
e 
dematerializzato 
- anche 
in punto di 
istruzione 
e 
formazione 
- alla 
mancata 
indicazione 
di 
requisiti 
specifici 
che 
devono essere 
posseduti 
dalle 
universit� 
telematiche 
che 
chiedono l�accreditamento, in particolare 
per quanto riguarda 
lo svolgimento 
di 
documentata 
attivit� 
di 
ricerca 
ad 
alto 
livello 
internazionale 
negli 
specifici ambiti disciplinari (12). 


2.2 Dottorato di ricerca presso Universit� telematiche nazionali. 
Il 
proliferare, soprattutto nell�ultimo decennio, dell�offerta 
formativa 
in 
chiave 
telematica 
ha 
posto al 
legislatore 
italiano nuove 
stringenti 
sfide, legate 
sia 
alla 
definizione 
dei 
principi 
fondanti 
i 
corsi 
di 
studio a 
distanza 
da 
parte 
di 
universit� 
statali 
e 
non, sia 
la 
riconoscibilit� 
dei 
percorsi 
accademici 
istituiti, 
sia 
le 
garanzie 
di 
un sistema 
il 
quale, nonostante 
le 
differenti 
modalit� 
di 
erogazione, 
possa 
considerarsi 
sovrapponibile 
- e 
in grado di 
coesistere 
- con la 
didattica c.d. tradizionale. 


L�ordinamento interno ha 
affrontato tale 
nuova 
esigenza 
con un provvedimento 
omnibus: 
il 
decreto del 
Miur del 
17 aprile 
2003 su �Criteri 
e 
procedure 
di 
accreditamento dei 
corsi 
di 
studio a distanza delle 
universit� statali 
e 


(12) 
Attivit� 
di 
ricerca 
di 
alto 
livello 
internazionale 
� 
prevista 
per 
i 
soggetti 
che 
possono 
richiedere 
l�accreditamento dei corsi di dottorato dal d.M. 45/2013, art. 2. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


non statali 
e 
delle 
istituzioni 
universitarie 
abilitate 
a rilasciare 
titoli 
accademici 
di 
cui 
all�art. 
3 
del 
D.m. 
3 
novembre 
1999, 
n. 
509� 
(13). 
Il 
dato 
normativo 
emerso 
da 
tale 
misura 
� 
la 
necessit� 
di 
ricondurre 
ad 
una 
regolamentazione 
cogente 
e 
capillare, 
definita 
nel 
decreto, 
queste 
nuove 
forme 
di 
offerta 
universitaria, 
per evitare 
il 
sorgere 
di 
un vulnus, altrimenti 
difficile 
da 
colmare, in 
armonia 
con quanto previsto dagli 
artt. 1 e 
2 del 
citato d.M. 45/2013, sul 
necessario 
accreditamento dei corsi di dottorato. 

Negli 
anni 
successivi 
- nel 
solco del 
decreto - sono sorte 
cos� 
numerose 
universit� 
telematiche 
(14) 
nazionali 
con 
un�offerta 
formativa 
molto 
varia, 
dalla 
possibilit� 
di 
conseguire 
la 
laurea 
a 
quella 
di 
conseguire 
un master o un 
dottorato di 
ricerca. Anche 
le 
universit� 
telematiche 
- come 
quelle 
�tradizionali� 
-devono 
dotarsi 
di 
un 
regolamento 
didattico 
di 
ateneo 
(15) 
che 
tenga 
conto 
delle 
particolarit� 
dell�erogazione 
telematica 
del 
sapere, 
ma 
in 
cui 
l�unica 
differenza 
rispetto alle 
altre 
universit� 
sta 
nel 
mezzo scelto per veicolare 
la conoscenza ai propri iscritti. 

Si 
dotano, altres�, di 
un regolamento di 
ateneo in materia 
di 
dottorato di 
ricerca, che 
contiene 
- in coerenza 
con il 
regime 
giuridico del 
dottorato sopra 
descritto - importanti prescrizioni. 

Il 
dottorato 
di 
ricerca, 
ad 
esempio, 
anche 
se 
erogato 
da 
un�universit� 
telematica 
�comporta 
un 
impegno 
esclusivo 
e 
a 
tempo 
pieno� 
(16), 
al 
pari 
di 
qualsiasi 
altro 
corso 
della 
medesima 
specie 
offerto 
da 
un�universit� 
tradizionale. 


L�ordinamento interno, dunque, non sottrae 
le 
universit� 
telematiche 
dal 
rispetto della 
disciplina 
e 
delle 
garanzie 
previste 
in linea 
generale 
per i 
corsi 
di dottorato. 


2.3. Dottorato di ricerca presso Universit� straniere. 
La 
mobilit� 
di 
studenti 
e 
professionisti 
e 
l�internazionalizzazione 
dei 
percorsi 
formativi 
hanno 
posto 
all�attenzione 
del 
legislatore 
un�altra 
rilevante 
questione: 
il 
riconoscimento, 
a 
vari 
fini, 
di 
titoli 
di 
studio, 
qualifiche 
e 
specializzazioni 
conseguite 
all�estero 
e 
la 
loro 
successiva 
spendibilit� 
nell�ordinamento 
italiano. 


(13) Il 
d.M. 17 aprile 
2003 � 
stato pubblicato in G.U. 
del 
29 aprile 
2003, n. 98 e 
contiene 
- passando 
in disamina 
anche 
i 
profili 
tecnici 
di 
un servizio di 
erogazione 
telematico - le 
finalit� 
del 
decreto, 
la 
definizione 
di 
corsi 
di 
studio 
a 
distanza 
e 
di 
didattica 
a 
distanza, 
i 
criteri 
e 
requisiti 
per 
l�accreditamento 
dei 
corsi 
di 
studio, le 
procedure 
per l�accreditamento, gli 
effetti 
e 
i 
limiti 
della 
sua 
validit�, nonch� 
un 
Allegato tecnico con i 
requisiti 
del 
processo formativo in termini 
di 
modalit� 
di 
erogazione 
e 
fruizione, 
identificazione e verifica, tutoraggio. 
(14) Solo per citarne 
alcune: 
l�universit� 
telematica 
internazionale 
non statale 
�Uninettuno� 
con 
d.M. 15 aprile 
2005 e 
l�universit� 
telematica 
non statale 
�italian University 
Line� 
(IuL) con d.M. 2 
dicembre 2005. 
(15) 
Il 
regolamento 
didattico 
di 
ateneo 
dell�universit� 
�Uninettuno�, 
ad 
esempio, 
consultabile 
sul 
sito 
dell�universit�, 
si 
compone 
di 
cinque 
titoli, 
tra 
i 
quali: 
�Strutture 
generali 
di 
didattica 
a 
distanza�, 
�attivit� didattica�, �attivit� di ricerca scientifica e tecnologica�. 
(16) � 
quanto si 
legge, ad esempio, all�art. 18, co. 1, del 
regolamento dell�universit� 
�Uninettuno� 
in materia di dottorati di ricerca, emanato con d.r. n. 25/2018. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


In 
via 
preliminare 
all�analisi 
della 
disciplina 
relativa 
al 
riconoscimento 
in 
Italia 
del 
dottorato 
di 
ricerca 
estero 
-con 
il 
relativo 
giudizio 
di 
equipollenza 
� 
opportuno 
soffermarsi 
sugli 
elementi 
cardine 
della 
materia 
nel 
suo 
complesso. 


Innanzitutto, 
nel 
procedimento 
amministrativo 
volto 
al 
riconoscimento 
interno di 
un titolo di 
studio straniero il 
giudizio di 
equipollenza 
rappresenta 
un 
unicum, da 
non confondersi 
con il 
giudizio di 
equivalenza 
(17). un titolo 
accademico 
estero, 
infatti, 
� 
equipollente 
quando 
gli 
viene 
riconosciuta 
-dagli 
organismi 
preposti 
a 
farlo - la 
stessa 
efficacia 
di 
un titolo di 
studio conseguito 
in Italia, vale 
a 
dire 
che 
i 
due 
titoli 
sono equiparati 
a 
tutti 
gli 
effetti 
e 
per tutti 
gli 
effetti 
utili, avendo il 
medesimo valore 
legale. Con il 
giudizio di 
equivalenza 
al 
titolo 
di 
studio 
straniero 
� 
attribuito 
pari 
valore 
rispetto 
ad 
uno 
interno, 
esclusivamente 
per un fine 
specifico dichiarato (18) ed �, dunque, spendibile 
solo a 
quello scopo, non conferendo il 
procedimento di 
equivalenza 
valore 
legale 
al titolo - procedura c.d. di riconoscimento non accademico. 


Tra 
le 
ipotesi 
di 
riconoscimento 
accademico, 
vale 
a 
dire 
un 
riconoscimento 
finalizzato a 
conseguire 
il 
valore 
legale 
del 
titolo straniero nell�ordinamento 
italiano, vi 
sono l�accesso ad un corso e 
la 
prosecuzione 
degli 
studi, il 
riconoscimento di 
crediti, il 
conseguimento del 
corrispondente 
titolo italiano 
(equipollenza 
propriamente 
detta) 
e 
la 
specifica 
opzione 
dell�equipollenza 
del 
dottorato di ricerca. 

La 
valutazione 
di 
equipollenza 
di 
un dottorato di 
ricerca 
conseguito all�estero 
� 
di 
competenza 
del 
Ministero dell�istruzione, dell�universit� 
e 
della 
ricerca ed � regolata dall�art. 74 (19) del d.P.r. n. 382/1980. 


Nella 
valutazione 
che 
ai 
sensi 
di 
tale 
norma 
il 
Miur 
compie 
-quanto 
meno 
se 
trattasi 
di 
dottorato 
erogato 
in 
un 
paese 
dell�unione 
europea 
-deve 
attenersi 
ad 
una 
serie 
fondamentale 
di 
principi, 
fissati 
nella 
c.d. 
Convenzione 
di 
Lisbona 
(20). 


(17) Sui 
giudizi 
di 
equipollenza 
ed equivalenza 
ed i 
relativi 
procedimenti 
amministrativi 
si 
veda 
www.miur.gov.it 


(18) Tra 
i 
fini 
specifici 
per i 
quali 
� 
attivabile 
il 
giudizio di 
equivalenza 
vi 
sono: 
a) la 
valutazione 
del 
titolo 
estero 
ai 
fini 
dell�accesso 
ai 
pubblici 
concorsi 
(art. 
38, 
d.lgs. 
165/2001 
e 
art. 
2, 
d.P.r. 
189/2009 
- organismo competente 
alla 
valutazione 
� 
la 
P.C.M.- dipartimento della 
funzione 
pubblica); 
b) la 
valutazione 
del 
titolo estero per progressioni 
di 
carriera 
nella 
P.A., fini 
previdenziali, riscatto dei 
periodi 
di 
studi, iscrizione 
ai 
centri 
per l�impiego, accesso al 
praticantato e 
tirocini 
(art. 3, d.P.r. 189/2009 - organismo 
competente 
alla 
valutazione 
� 
il 
MIur); 
c) assegnazione 
borse 
di 
studio e 
altri 
benefici 
(art. 4, 
d.P.r. 189/2009 - organismo competente � l�Amministrazione interessata). 
(19) 
Il 
d.P.r. 
382/1980 
�riordinamento 
della 
docenza 
universitaria, 
relativa 
fascia 
di 
formazione 
nonch� 
sperimentazione 
organizzativa e 
didattica� 
all�art. 74 - contenuto nel 
Capo II sul 
dottorato di 
ricerca 
-in 
materia 
di 
�riconoscimenti 
ed 
equipollenze� 
dispone: 
�Coloro 
che 
abbiano 
conseguito 
presso le 
universit� non italiane 
il 
titolo di 
dottore 
di 
ricerca o analoga qualificazione 
accademica possono 
chiederne 
il 
riconoscimento con domanda diretta al 
ministero della pubblica istruzione. La domanda 
dovr� essere 
corredata dai 
titoli 
attestanti 
le 
attivit� di 
ricerca e 
dai 
lavori 
compiuti 
presso le 
universit� non italiane. L�eventuale 
riconoscimento � 
operato con decreto del 
ministro della pubblica 
istruzione su conforme parere del Consiglio universitario nazionale�. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


I 
quattro 
pilastri 
delle 
procedure 
di 
riconoscimento, 
applicabili 
anche 
al 
giudizio 
di 
equipollenza 
del 
dottorato 
di 
ricerca, 
sono: 
il 
riconoscimento 
del 
titolo 
deve 
avvenire 
esclusivamente 
sulla 
base 
di 
un�adeguata 
valutazione 
delle 
conoscenze 
e 
competenze 
acquisite; 
le 
procedure 
e 
i 
criteri 
impiegati 
per 
la 
valutazione 
dei 
titoli 
esteri 
e 
per 
il 
loro 
riconoscimento 
devono 
essere 
�trasparenti, 
coerenti 
ed 
affidabili�; 
la 
decisione 
di 
riconoscere 
un 
titolo 
estero 
deve 
essere 
adottata 
sulla 
base 
di 
adeguate 
informazioni; 
le 
decisioni 
relative 
al 
riconoscimento 
devono 
essere 
adottate 
entro 
un 
lasso 
di 
tempo 
ragionevole 
(21). 


ogni 
qual 
volta 
il 
Miur - su parere 
conforme 
del 
Consiglio universitario 
Nazionale 
-� 
chiamato 
a 
valutare 
l�equipollenza 
di 
un 
dottorato 
di 
ricerca 
conseguito 
all�estero, se 
difettano i 
requisiti 
anzidetti 
e 
quelli 
ancor pi� specifici 
della 
�metodologia 
valutativa� 
elaborati 
dal 
CIMEA 
o se 
sulle 
caratteristiche 
fondamentali 
del 
dottorato 
vi 
sia 
genericit� 
e 
confusione, 
� 
tenuto 
a 
negare 
l�equipollenza. 


3. 
Dipendente 
pubblico 
e 
congedo 
straordinario 
per 
dottorato 
di 
ricera. 
i 
possibili 
risvolti giuridici tra punti di forza e criticit�. 
La 
disciplina 
del 
dottorato di 
ricerca 
� 
in continua 
evoluzione 
grazie 
al 
diversificarsi 
dell�offerta 
formativa 
e 
alla 
sua 
internazionalizzazione 
ed 
� 
ricca 
di 
ulteriori 
profili 
applicativi, primo tra 
tutti 
il 
dottorato quale 
espressione 
del 
diritto allo studio in rapporto ai 
diritti 
e 
doveri 
del 
dottorando che 
� 
al 
contempo 
lavoratore dipendente. 

(20) Approvata 
dai 
rappresentanti 
dei 
vari 
Stati 
membri 
dell�allora 
Comunit� 
europea 
l�11 aprile 
1997 e 
successivamente 
ratificata 
dall�Italia 
con legge 
n. 148/2002. A 
seguito della 
stipula 
della 
Convenzione 
di 
Lisbona, i 
Ministri 
competenti 
nel 
2005 hanno deciso di 
realizzare, tra 
gli 
altri, il 
Quadro 
dei 
titoli 
dello Spazio europeo dell�istruzione 
superiore 
(Qualifications 
Framework 
for 
the 
European 
Higher 
Education area - QF 
for 
the 
EHEa). Il 
Quadro si 
articola 
nei 
tre 
cicli 
principali 
dell�istruzione 
superiore 
e 
presenta 
tutti 
i 
titoli 
rilasciati 
per ciascun ciclo; 
vuole, altres�, favorire 
una 
pi� corretta 
comprensione 
e 
comparabilit� 
dei 
titoli 
dei 
differenti 
sistemi 
nazionali 
d�istruzione 
superiore. Si 
veda 
per 
approfondimenti sul punto www.cimea.it. 
(21) Il 
CIMEA 
- Centro di 
Informazione 
sulla 
Mobilit� 
e 
le 
Equivalenze 
Accademiche 
- dal 
1984 
svolge 
attivit� 
di 
informazione 
e 
consulenza 
sulle 
procedure 
di 
riconoscimento dei 
titoli 
di 
studio e 
sui 
temi 
collegati 
all�istruzione 
e 
formazione 
superiore 
italiana 
ed internazionale. � 
proprio tale 
organismo 
che 
ha 
elaborato la 
�metodologia 
valutativa� 
da 
applicare 
per la 
valutazione 
di 
equipollenza, anche 
di 
un dottorato di 
ricerca 
conseguito all�estero. Tra 
i 
principi 
cardine 
vi 
sono: 
a) la 
valutazione 
caso per 
caso; 
b) 
il 
diniego 
al 
riconoscimento 
basato 
sul 
concetto 
di 
�differenza 
sostanziale�, 
sia 
in 
considerazione 
degli 
elementi 
della 
qualifica 
estera 
e 
di 
quella 
italiana 
corrispondente, sia 
considerando gli 
elementi 
strutturali 
del 
sistema 
estero di 
riferimento; 
c) la 
valutazione 
della 
qualifica 
estera 
� 
possibile 
solo per 
qualifiche 
ufficiali, rilasciate 
da 
istituzioni 
accreditate/riconosciute; 
d) la 
valutazione 
tiene 
conto dello 
status 
dell�istituzione 
che 
ha 
rilasciato il 
titolo finale 
(AWArdING 
INSTITuTIoN) e 
di 
quella 
presso la 
quale 
si 
sono effettivamente 
svolti 
gli 
studi 
o che 
li 
ha 
organizzati 
(TEACHING 
INSTITuTIoN); 
e) l�ottenimento 
di 
una 
qualifica 
estera 
tramite 
procedure 
o percorsi 
�speciali� 
che 
differiscano dalle 
modalit� 
ordinarie 
di 
rilascio 
del 
titolo 
o 
che 
siano 
frutto 
di 
operazioni 
valutative 
svolte 
da 
istituzioni 
o 
centri 
esteri sono generalmente da considerarsi come casi di �differenza sostanziale�. Si veda 
www.cimea.it. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Si 
intersecano 
in 
questo 
caso 
due 
pilastri 
irrinunciabili 
per 
l�affermazione 
culturale e professionale di ogni individuo. 

Il 
primo � 
il 
diritto a 
formarsi, specializzando sempre 
pi� le 
proprie 
competenze, 
dedicandosi, tra 
l�altro, all�attivit� 
di 
ricerca 
- che 
pu� contribuire 
a 
strutturare 
il 
patrimonio 
culturale 
della 
collettivit�, 
andando 
oltre 
i 
confini 
dell�esperienza 
del 
singolo 
-e 
che 
si 
traduce 
in 
un 
valore 
aggiunto 
direttamente 
spendibile 
nel 
proprio 
percorso 
lavorativo, 
di 
cui 
lo 
stesso 
datore 
di 
lavoro 
pu� beneficiare, cos� come l�utenza. 

Il 
secondo � 
l�insieme 
di 
diritti 
e 
doveri 
che 
caratterizzano il 
rapporto di 
lavoro. 
due 
variabili 
che 
devono 
trovare 
il 
giusto 
equilibrio 
applicativo, 
ancor 
pi� nel 
caso di 
un dipendente 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
(22), il 
quale 
ai 
sensi dell�art. 98 Cost. � al servizio esclusivo della Nazione. 


Il 
dipendente 
pubblico si 
vede 
riconosciuta 
la 
possibilit� 
di 
richiedere 
il 


c.d. congedo straordinario per dottorato di 
ricerca. La 
materia 
� 
disciplinata 
dal 
combinato disposto della 
legge 
n. 476/1984 (23) e 
s.m.i. e 
della 
legge 
n. 
498/1992, c.d. legge finanziaria. 
In 
particolare, 
l�art. 
2, 
primo 
periodo, 
della 
l. 
476/1984 
stabilisce 
che 
�il 
pubblico 
dipendente 
ammesso 
ai 
corsi 
di 
dottorato 
di 
ricerca 
� 
collocato, 
a 
domanda, 
compatibilmente 
con 
le 
esigenze 
dell�amministrazione, 
in 
congedo 
straordinario 
per 
motivi 
di 
studio, 
senza 
assegni, 
per 
il 
periodo 
di 
durata 
del 
corso 
ed 
usufruisce 
della 
borsa 
di 
studio 
ove 
ricorrano 
le 
condizioni 
richieste�. 


La 
l. 
498/1992 
all�art. 
4, 
comma 
2, 
ha 
esteso 
il 
congedo 
straordinario 
senza 
assegni 
per motivi 
di 
studio stabilendo che 
�al 
personale 
assegnatario 
di 
borse 
di 
studio 
da 
parte 
di 
amministrazioni 
statali, 
di 
Enti 
pubblici, 
di 
Stati 
ed Enti 
stranieri, di 
organismi 
o Enti 
internazionali, si 
applica il 
disposto di 
cui all�art. 2 della legge 476/84�. 


Successivamente 
l�art. 52, comma 
57, della 
legge 
n. 448/2001 e 
l�art. 19, 
comma 
3, della 
legge 
n. 240/2010 hanno integrato l�art. 2 disponendo che 
�in 
caso di 
ammissione 
ai 
corsi 
di 
dottorato di 
ricerca senza borsa di 
studio o di 
rinuncia a questa, l�interessato in aspettativa conserva il 
trattamento economico, 
previdenziale 
e 
di 
quiescenza in godimento da parte 
dell�amministrazione 
pubblica presso la quale � instaurato il rapporto di lavoro. 


Qualora, dopo il 
conseguimento del 
dottorato di 
ricerca, il 
rapporto di 
lavoro con l�amministrazione 
pubblica cessi 
per 
volont� del 
dipendente 
nei 
due 
anni 
successivi, � 
dovuta la ripetizione 
degli 
importi 
corrisposti 
ai 
sensi 
del secondo periodo. 


Non hanno diritto al 
congedo straordinario, con o senza assegni, i 
pubblici 
dipendenti 
che 
siano 
stati 
iscritti 
a 
corsi 
di 
dottorato 
per 
almeno 
un 
anno 


(22) Nella presente trattazione si fa riferimento al c.d. pubblico impiego privatizzato. 
(23) La 
legge 
n. 476 del 
13 agosto 1984 reca 
�Norme 
in materia di 
borse 
di 
studio e 
dottorato di 
ricerca nelle Universit��. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


accademico, 
beneficiando 
di 
detto 
congedo. 
i 
congedi 
straordinari 
e 
i 
connessi 
benefici 
in 
godimento 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
presente 
disposizione 
sono mantenuti�. 


Il 
contenuto del 
riportato art. 2, primo periodo, trova 
conferma 
anche 
nel 


d.M. 45/2013 (24) relativo al 
regolamento per l�accreditamento delle 
sedi 
e 
dei 
corsi 
di 
dottorato. Trova, altres�, conferma 
anche 
nei 
Contratti 
Collettivi 
Nazionali 
dei 
lavoratori 
del 
pubblico 
impiego, 
quali 
ad 
esempio 
il 
CCNL 
Comparto 
Funzioni 
Centrali 
2016-2018 
che 
prevede 
all�art. 
42, 
comma 
2, 
l�aspettativa 
per i 
dipendenti 
a 
tempo indeterminato ammessi 
ai 
corsi 
di 
dottorato 
di 
ricerca, nel 
rispetto delle 
norme 
gi� 
citate 
ed il 
CCNL 
- Comparto 
Personale 
Istruzione 
e 
ricerca 
- che 
all�art. 52 riconosce 
le 
medesime 
prerogative 
anche per i docenti. 
Con l�art. 19 della 
c.d. legge 
Gelmini 
il 
congedo straordinario ha 
subito 
una 
rilevante 
modificazione, divenendo oggetto di 
un provvedimento sostanzialmente 
discrezionale, con il 
dipendente 
pubblico che 
si 
vede 
riconosciuto 
solo un diritto sospensivamente 
condizionato al 
congedo ovvero un interesse 
legittimo (25). 

Alla 
luce 
delle 
intervenute 
novelle 
legislative, consegue 
che 
il 
dirigente 
potr� 
decidere 
di 
accordare 
il 
congedo all�esito di 
una 
valutazione 
ponderata 
tra 
l�interesse 
all�organizzazione 
e 
all�efficienza 
del 
suo ufficio e 
l�interesse 
alla 
ricerca 
scientifica 
e 
tecnica 
di 
cui 
beneficia 
la 
collettivit� 
e, nel 
medio periodo, 
la stessa pubblica amministrazione. 

Tale 
discrezionalit� 
rischia 
di 
essere 
in 
aperto 
contrasto 
con 
importanti 
principi 
costituzionali 
in 
materia 
di 
ricerca, 
formazione 
e 
diritto 
alla 
studio, 
espressi 
negli 
articoli 
3, 
9, 
33, 
34 
della 
Costituzione, 
nonch� 
con 
l�imparzialit� 
ed 
il 
buon 
andamento 
della 
P.A. 
ed 
�, 
altres�, 
in 
contrasto 
con 
i 
pi� 
importanti 
interventi 
legislativi 
dell�ultimo 
decennio 
relativi 
alla 
P.A. 
e 
alla 
sua 
gestione 
(26). 


(24) L�art. 12, comma 
4, del 
d.M. 45/2013 stabilisce 
che 
�i 
dipendenti 
pubblici 
ammessi 
ai 
corsi 
di 
dottorato godono per 
il 
periodo di 
durata normale 
del 
corso dell�aspettativa prevista dalla contrattazione 
collettiva (�) compatibilmente 
con le 
esigenze 
dell�amministrazione, ai 
sensi 
dell�articolo 2, l. 
13 
agosto 
1984, 
n. 
476 
e 
s.m., 
con 
o 
senza 
assegni 
e 
salvo 
esplicito 
atto 
di 
rinuncia, 
solo 
qualora 
risultino 
iscritti per la prima volta a un corso di dottorato, a prescindere dall�ambito disciplinare�. 
(25) Senza 
voler affrontare 
tutti 
i 
possibili 
risvolti 
dell�inciso �compatibilmente 
con le 
esigenze 
di 
servizio dell�amministrazione� 
inserite 
dall�art. 19, l. 240/2010 all�art. 2, l. 476/1984, che 
meriterebbero 
una 
trattazione 
a 
s�, 
giova 
compiere 
sul 
punto 
alcune 
brevi 
considerazioni. 
Il 
dipendente 
pubblico 
che 
richiede 
il 
congedo straordinario per frequentare 
un dottorato di 
ricerca 
� 
titolare 
di 
un interesse 
legittimo 
privato acch� 
la 
discrezionalit� 
venga 
esercitata 
dal 
dirigente 
- datore 
di 
lavoro in modo ragionevole 
e 
senza 
eccesso di 
potere. ante 
riforma 
Gelmini, al 
contrario, detto congedo era 
oggetto di 
un 
provvedimento amministrativo vincolato o, per meglio dire, di 
un �atto datoriale 
dovuto� 
ed il 
dipendente 
pubblico aveva un diritto soggettivo all�ottenimento. 
(26) 
Il 
riferimento 
� 
sia 
alla 
riforma 
Madia 
del 
2017 
-d.lgs. 
nn. 
74 
e 
75 
-che, 
tra 
gli 
altri, 
valorizza 
il 
titolo 
di 
dottore 
di 
ricerca 
quale 
requisito 
per 
l�accesso 
tramite 
concorso 
nella 
P.A., 
sia 
il 
d.lgs. 
150/2009 
-c.d. 
riforma 
Brunetta 
-che 
all�art. 
26 
dispone 
che 
la 
P.A. 
deve 
promuovere 
l�accesso 
dei 
propri dipendenti a percorsi di alta formazione, nonch� la loro crescita professionale. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


Il 
riconoscimento 
del 
congedo 
straordinario 
per 
dottorato 
di 
ricerca 
al 
dipendente 
pubblico porta 
con s� 
ulteriori 
problematiche 
legate 
alla 
sussistenza 
di 
un rapporto di 
lavoro pendente, quali 
la 
possibilit� 
di 
proroga 
del 
congedo 
oltre 
la 
effettiva 
durata 
del 
corso (27), l�opzione 
del 
congedo al 
personale 
con 
nomina 
a 
tempo determinato (28), l�eventuale 
ripetizione 
delle 
somme 
percepite 
(29) e 
il 
riconoscimento del 
congedo per frequentare 
un dottorato di 
ricerca 
indetto da universit� straniere, ancor pi� se telematiche. 


Il 
dipendente 
pubblico ammesso a 
frequentare 
un dottorato di 
ricerca 
indetto 
da 
un�universit� 
straniera, come 
gi� 
esposto, ha 
diritto al 
congedo straordinario 
ai 
sensi 
dell�art. 
2, 
l. 
476/1984 
-norma 
speciale 
che 
consente 
la 
sospensione 
delle 
prestazioni 
lavorative 
connesse 
al 
rapporto 
d�impiego 
e 
l�eventuale 
mantenimento del 
trattamento economico, pensata 
per le 
universit� 
italiane 
ma 
che 
non 
reca 
un�esplicita 
preclusione 
per 
un 
dottorato 
di 
ricerca 
da 
svolgersi 
presso atenei 
non italiani 
-pertanto applicabile 
anche 
in questi 
casi (30)(31), se sussistono, tuttavia, determinate garanzie. 


(27) Si 
legge 
sul 
punto, tra 
gli 
altri, nella 
Circolare 
Miur n. 15 del 
22 febbraio 2011: 
�si 
precisa 
che 
l�art. 2 della legge 
13 agosto 1984, n. 476 prevede 
la concessione 
del 
congedo straordinario per 
il 
periodo 
di 
durata 
del 
corso, 
nel 
cui 
ambito 
non 
pu�, 
quindi, 
prefigurarsi 
la 
preparazione 
e 
la 
discussione 
della 
tesi: 
in 
tal 
senso 
ha 
fornito 
il 
proprio 
parere 
l�Ufficio 
legislativo 
di 
questo 
ministero, 
appositamente 
interpellato 
in 
merito. 
Non 
si 
ritiene, 
pertanto, 
possibile 
la 
concessione 
di 
una 
proroga 
del 
congedo 
straordinario oltre 
tale 
limite, anche 
in considerazione 
dell�aggravio di 
spesa che 
ne 
deriverebbe, che, 
peraltro, non troverebbe 
giustificazione 
in alcuna disposizione 
normativa. Si 
ritiene, tuttavia, possibile 
che 
il 
personale 
interessato possa richiedere 
per 
il 
tempo necessario alla preparazione 
della relazione 
finale, l�aspettativa per motivi di studio di cui al comma 2 dell�art. 18 CCNL comparto scuola�. 
(28) Sul 
punto, sempre 
nella 
Circolare 
Miur n. 15/2011: 
� 
(�) 
al 
personale 
assunto a tempo determinato 
(�) 
si 
applicano nei 
limiti 
della durata del 
rapporto di 
lavoro, le 
disposizioni, in materia di 
ferie, 
permessi 
ed 
assenze 
stabilite 
dal 
presente 
contratto 
per 
il 
personale 
assunto 
a 
tempo 
indeterminato. 
Pertanto, 
anche 
a 
tale 
tipologia 
di 
personale 
si 
ritiene 
debbano 
essere 
applicate, 
nei 
limiti 
previsti 
dalla 
richiamata norma, le 
disposizioni 
riguardanti 
i 
congedi 
per 
il 
personale 
ammesso alla frequenza dei 
dottorati 
di 
ricerca: si 
ritiene 
comunque 
opportuno precisare 
che 
le 
predette 
disposizioni 
esplicano la 
propria 
validit� 
esclusivamente 
sotto 
il 
profilo 
giuridico 
(riconoscimento 
del 
servizio 
ai 
fini 
previsti 
dalle 
vigenti 
disposizioni) 
non 
ritenendosi 
che 
le 
stesse 
possano 
esplicare 
la 
validit� 
sotto 
il 
profilo 
economico 
(conservazione della retribuzione per il periodo di frequenza del dottorato)�. 
(29) Sul 
punto, sempre 
nella 
predetta 
Circolare: 
�L�ultimo periodo del 
comma 57, art. 52 della 
precitata legge 
448/2001 prevede 
che 
�Qualora, dopo il 
conseguimento del 
dottorato di 
ricerca, il 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
l�amministrazione 
pubblica 
cessi 
per 
volont� 
del 
dipendente 
nei 
due 
anni 
successivi, 
� 
dovuta la ripetizione 
degli 
importi 
corrisposti 
ai 
sensi 
del 
secondo periodo�. Si 
� 
ritenuto in passato 
che 
per 
amministrazione 
pubblica 
dovesse 
intendersi 
esclusivamente 
l�amministrazione 
pubblica 
riguardante 
il comparto di appartenenza del dottorando. 
in 
merito 
si 
ritiene 
dover 
precisare 
che 
dopo 
attenta 
valutazione 
del 
contenuto 
della 
norma 
di 
riferimento 
si 
� 
convenuto che 
il 
termine 
amministrazione 
pubblica deve 
essere 
riferito alla pubblica amministrazione 
in generale, per 
cui 
la ripetizione 
degli 
emolumenti 
percepiti 
dall�amministrazione 
di 
appartenenza 
sia dovuta esclusivamente 
se 
il 
dipendente 
cessi 
volontariamente 
dal 
rapporto intrattenuto con 
l�amministrazione 
pubblica 
(ad 
es. 
dimissione 
volontarie 
o 
per 
assumere 
servizio 
in 
altro 
ente 
non 
rientrante 
nell�ambito di una qualsiasi Pubblica amministrazione)�. 
(30) In armonia 
con la 
copertura 
costituzionale 
garantita 
al 
diritto allo studio e 
alla 
ricerca 
dagli 
artt. 9 e 
34 Cost., in forza 
della 
quale 
bisogna 
scegliere 
l�interpretazione 
della 
norma 
pi� conforme 
al 
dettato costituzionale e che eviti irragionevoli disparit� di trattamento. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Le 
garanzie 
richieste 
per 
il 
riconoscimento 
al 
dipendente 
pubblico 
del 
congedo straordinario retribuito per dottorato di 
ricerca 
presso un�universit� 
straniera, 
ancor 
pi� 
se 
telematica, 
e 
per 
il 
quale 
non 
risulti 
beneficiario 
di 
borsa 
di 
studio o rinunci 
ad essa, sono quelle 
previste 
dall�art. 74, d.P.r. 382/1980, 
vale 
a 
dire 
l�esito positivo del 
giudizio di 
equipollenza 
tra 
il 
titolo estero e 
un 
titolo 
italiano 
corrispondente, 
con 
l�eventuale 
riconoscimento 
ad 
opera 
del 
Miur, su parere conforme del Consiglio universitario nazionale. 

d�altronde 
la 
normativa 
che 
consente 
al 
dipendente 
di 
ricevere 
ugualmente 
la 
retribuzione, anche 
in assenza 
di 
prestazione 
lavorativa, � 
norma 
derogatoria 
rispetto 
al 
principio 
generale 
che 
lega 
gli 
emolumenti 
all�attivit� 
lavorativa 
impiegata 
(32) 
e, 
pertanto, 
pu� 
essere 
applicata 
solo 
se 
vi 
siano 
basi 
solide a giustificarla, quali la garanzia dell�equipollenza dei titoli. 


Come 
precisato 
dal 
CuN, 
infatti, 
l�aspettativa 
per 
l�intera 
durata 
del 
corso 
legale 
del 
dottorato 
presso 
universit� 
straniera, 
pu� 
essere 
concessa 
in 
quanto 
il 
titolo 
di 
studio 
conseguibile 
possa 
essere 
considerato 
equipollente 
ad 
un 
dottorato 
di 
ricerca 
italiano, poich� 
diversamente 
verrebbero meno sia 
il 
presupposto 
della norma che la sua finalit� (33). 

� 
necessaria, pertanto, una 
valutazione 
preventiva 
sull�idoneit� 
del 
titolo 
estero 
ad 
essere 
riconosciuto 
equipollente 
ad 
uno 
interno, 
per 
poter 
beneficiare 
del 
congedo 
straordinario, 
conservando 
il 
proprio 
trattamento 
economico, 
previdenziale 
e di quiescenza. 


In tal senso si � espressa ampia e costante giurisprudenza. 

in 
primis 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
che 
nella 
sentenza 
n. 
5066 
del 
2 
ottobre 
2007, con riferimento all�art. 2 della 
l. n. 476/1984 e 
alla 
sua 
applicabilit� 
ad 
una 
docente 
che 
aveva 
richiesto di 
beneficiare 
del 
congedo straordinario per 
frequentare 
un 
dottorato 
di 
ricerca 
presso 
l�universit� 
di 
Parigi, 
si 
� 
cos� 
espresso: 
�Si 
tratta 
tuttavia 
di 
disposizione 
che 
� 
indirizzata 
ad 
operare 
in 
via 


(31) 
La 
riferibilit� 
dell�impianto 
normativo 
complessivo 
alle 
ipotesi 
di 
dottorato 
presso 
universit� 
straniere 
trova 
conferma 
anche 
nella 
legge 
n. 398/1989 recante 
�Norme 
in materia di 
borse 
di 
studio 
universitarie� 
che 
all�art. 
4 
prevede 
il 
conferimento 
di 
borse 
di 
studio 
per 
attivit� 
di 
ricerca 
post 
dottorato 
e 
all�art. 5 per corsi 
di 
perfezionamento all�estero, attribuibili 
anche 
a 
chi 
abbia 
conseguito il 
dottorato 
di 
ricerca 
all�estero. Al 
successivo art. 6, comma 
7, dispone, inoltre, che 
ai 
dipendenti 
pubblici 
fruitori 
delle 
borse 
di 
studio 
si 
estende 
il 
collocamento 
in 
congedo 
straordinario 
di 
cui 
all�art. 
2, 
legge 
n. 
476/1984. 
(32) 
Cos� 
si 
� 
espresso 
il 
T.A.r. 
Lazio, 
roma, 
Sez. 
II, 
n. 
4699 
del 
24 
maggio 
2012: 
�(�) 
Tanto 
� 
vero 
che 
la 
norma 
stessa 
dispone 
l�obbligo 
di 
restituzione 
nel 
caso 
in 
cui, 
pur 
avendo 
il 
dipendente 
frequentato 
l�intero 
corso 
di 
studi 
e 
conseguito 
il 
titolo 
di 
dottore 
di 
ricerca, 
di 
sua 
volont� 
si 
dimetta 
nei 
due 
anni 
successivi. 
Ci� 
a 
ragion 
veduta 
perch� 
il 
legislatore, 
nel 
caso 
di 
frequenza 
ad 
un 
corso 
di 
dottorato 
che 
oggettivamente 
non 
abbia 
consentito 
al 
dipendente 
di 
svolgere 
la 
prestazione 
lavorativa, 
richiede 
un 
tempo 
minimo 
di 
due 
anni 
di 
permanenza 
nel 
posto 
di 
lavoro, 
periodo 
che 
risulta 
sufficientemente 
congruo 
perch� 
l�amministrazione 
possa 
fruire 
del 
rafforzamento 
del 
bagaglio 
accademico 
e 
culturale 
acquisito 
dal 
proprio 
dipendente 
e, 
cos�, 
tesaurizzare 
l�erogazione 
del 
trattamento 
economico 
e 
previdenziale 
(cfr. 
in 
questo 
senso 
specifico, 
T.a.r. 
Friuli 
Venezia 
Giulia, 
Sez. 
i, 
14 
luglio 
2011, 
n. 
346)�. 
(33) In questi 
termini 
si 
� 
espresso chiaramente 
il 
CuN, tra 
gli 
altri, in Parere 
generale 
n. 105 del 
16 settembre 2004. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


primaria per 
i 
corsi 
di 
dottorato istituiti 
presso le 
universit� italiane. Stabilisce, 
infatti, l�art. 74 della legge 
11 luglio 1980, n. 382, sotto il 
titolo di 
�riconoscimenti 
ed 
equipollenze�, 
che 
�coloro 
che 
abbiano 
conseguito 
presso 
universit� non italiane 
il 
titolo di 
dottore 
di 
ricerca o analoga qualificazione 
accademica 
possono 
richiederne 
il 
riconoscimento 
con 
domanda 
diretta 
al 
ministero della Pubblica istruzione�. 


Si 
versa a fronte 
di 
disposizione 
di 
sistema che, se 
ex 
post, ove 
il 
titolo di 
studio 
in 
argomento 
sia 
stato 
conseguito 
presso 
universit� 
estera, 
impone 
l�intermediazione 
del 
ministero della P.i. ai 
fini 
degli 
effetti 
abilitanti 
in italia, a 
maggior 
ragione 
impone 
ex 
ante 
la 
valutazione 
di 
equipollenza, 
ove 
dalla 
partecipazione 
al 
corso 
presso 
universit� 
non 
italiana 
si 
intenda 
trarre 
il 
beneficio 
dell�esonero dalla prestazione 
lavorativa in relazione 
al 
rapporto di 
pubblico 
impiego in atto�. 


Negli 
stessi 
termini 
si 
� 
espressa 
anche 
la 
Corte 
di 
Cassazione, sez. lav., 
con sentenza 
n. 21276 del 
15 ottobre 
2010, ponendo l�accento sulla 
necessit� 
di 
bilanciare 
i 
diversi 
interessi 
in ballo: 
la 
procedura 
di 
riconoscimento preventivo 
costituisce 
un adeguato contemperamento, anche 
all�interno dell�uE, 
tra 
l�esigenza 
di 
non 
limitare 
i 
benefici 
dell�aspettativa 
ai 
soli 
casi 
di 
dottorato 
italiano 
penalizzando, 
senza 
ragione, 
la 
frequenza 
di 
centri 
ed 
istituzioni 
di 
ricerca 
stranieri 
di 
riconosciuto 
valore 
scientifico 
e 
quella 
equivalente 
di 
non 
consentire 
al 
dipendente 
di 
fruire 
di 
rilevanti 
benefici 
anche 
in ordine 
a 
corsi 
sulla cui qualificazione non vi � alcuna possibilit� di controllo (34). 


Tale 
rischio � 
ancor pi� evidente 
qualora 
l�erogazione 
di 
corsi 
definiti 
di 
�dottorato� � fornita da Istituti stranieri per lo pi� telematici. 

3.1. il 
particolare 
caso del 
dottorato di 
ricerca conseguito presso un istituto 
straniero telematico. il riconoscimento del titolo: limiti e confini. 
Emblematico 
� 
il 
caso 
di 
un 
corso 
di 
dottorato 
di 
ricerca 
in 
�Diritto, 
Educazione 
e 
Sviluppo� 
(35) 
erogato 
da 
�Pegaso 
international 
Limited� 
di 
Malta. 

(34) 
Sul 
punto 
si 
� 
analiticamente 
pronunciata 
la 
Corte 
di 
Cassazione, 
sez. 
lav., 
sent. 
n. 
21276/2010, 
in 
un 
caso 
avente 
ad 
oggetto 
il 
riconoscimento 
del 
congedo 
retribuito 
per 
dottorato 
di 
ricerca 
ad un docente, vincitore 
di 
un corso di 
dottorato senza 
borsa 
presso la 
facolt� 
di 
Psicologia 
del-
l�universit� 
di 
Barcellona 
in Spagna. Si 
legge: 
�(�) 
infatti 
se 
tale 
intermediazione 
viene 
richiesta ex 
post, 
ove 
il 
titolo 
di 
studio 
in 
argomento 
sia 
stato 
conseguito 
presso 
l�Universit� 
estera, 
ai 
fini 
degli 
effetti 
abilitanti 
in 
italia, 
a 
maggior 
ragione 
si 
imporr� 
ex 
ante 
la 
valutazione 
di 
equipollenza, 
ove 
dalla 
partecipazione 
al 
corso presso Universit� non italiana si 
intenda trarre 
il 
beneficio dell�esonero dalla 
prestazione 
lavorativa 
in 
relazione 
al 
rapporto 
di 
pubblico 
impiego 
in 
atto. 
La 
conseguenza 
� 
la 
necessit� 
di 
richiedere, ai 
fini 
del 
riconoscimento del 
corso e 
del 
conseguente 
esonero, la valutazione 
(che 
deve 
essere 
favorevole) della competente 
autorit� ministeriale�. Ex 
plurimis, Cons. Stato, sez. IV, sentenza 
n. 1608/2013. 
(35) 
Il 
caso 
concreto, 
dal 
quale 
trae 
ispirazione 
questo 
contributo, 
� 
stato 
quello 
di 
un 
Istituto 
comprensivo statale 
che 
per il 
tramite 
del 
suo dirigente 
scolastico (dS) si 
� 
rivolto all�Avvocatura 
distrettuale 
di 
Napoli, competente 
per territorio, per una 
consulenza 
sulla 
disciplina 
operante 
in materia 
di 
concessione 
del 
congedo straordinario retribuito per dottorato di 
ricerca 
erogato da 
un�Istituzione 
te

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


Pegaso 
international 
Limited 
(36) 
risulta 
registrata 
nell�ordinamento 
maltese 
come 
un 
�Higher 
Education 
institution�, 
appartenente 
al 
Livello 
8 
del 
quadro delle 
qualifiche 
di 
Malta: 
offre 
corsi 
di 
laurea, masters 
e 
un corso di 
dottorato ma 
si 
vede 
inibito, in licenza, l�uso del 
termine 
�universit� 
� 
(37), 
con riferimento ai corsi erogati. 


Si 
tratta 
di 
un Istituto di 
recentissima 
creazione, essendo autorizzato ad 
operare 
dal 
1� 
febbraio 2017 e 
fino al 
31 gennaio 2022; 
mancano, pertanto, 
dei 
primi 
fondati 
e 
definitivi 
riscontri 
sulla 
natura 
e 
sulle 
caratteristiche 
effettive 
dei 
corsi 
erogati, 
ancor 
pi� 
con 
riferimento 
all�unico 
corso 
di 
dottorato 
offerto 
dalla 
Pegaso 
international 
Limited, 
vale 
a 
dire 
il 
gi� 
citato 
titolo 
in 
�Diritto, Educazione e Sviluppo�. 


Ne 
consegue 
che 
non vi 
sono ancora 
stati 
dei 
giudizi 
di 
equipollenza 
ex 
post 
in ordine 
a 
questo ciclo dottorale 
ed al 
suo possibile 
riconoscimento in 
Italia, quale titolo corrispondente ad altro titolo interno. 


� 
sorta, 
tuttavia, 
l�esigenza 
di 
una 
necessaria 
valutazione 
preventiva 
della 
possibile 
equipollenza 
del 
dottorato di 
ricerca 
erogato dalla 
Pegaso international, 
come 
conditio sine 
qua non per il 
riconoscimento del 
beneficio, per il 
docente 
che 
ne 
faccia 
richiesta, del 
congedo straordinario retribuito per tutti 
e 
tre 
gli 
anni 
di 
durata 
del 
dottorato - in armonia 
con il 
quadro normativo e 
giurisprudenziale 
anzidetto. 


Il 
Ministero dell�istruzione, dell�universit� 
e 
della 
ricerca 
- dipartimento 
per la 
formazione 
superiore 
e 
per la 
ricerca, competente 
alla 
valutazione 
preventiva 
in armonia 
con quanto disposto dall�art. 74, d.P.r. 382/1980, sul 
dot


lematica 
straniera. In un primo momento infatti, il 
dS, prima 
di 
rivolgersi 
all�Avvocatura 
- ricevuta 
la 
richiesta 
da 
parte 
di 
un docente 
di 
sostegno a 
tempo indeterminato, in assegnazione 
provvisoria 
presso 
quell�Istituto, di 
congedo retribuito per frequentare 
il 
dottorato di 
ricerca 
in �Diritto, Educazione 
e 
Sviluppo� 
presso la 
PEGASo INTErNATIoNAL LIMITEd 
di Malta - l�aveva concessa. 
Il 
tutto 
nelle 
more 
della 
pronuncia 
in 
merito 
al 
riconoscimento 
del 
predetto 
titolo 
da 
parte 
del 
competente 
Miur e 
nelle 
more, altres�, della 
pronuncia 
da 
parte 
della 
ragioneria 
dello Stato competente 
a 
vistare 
il 
decreto del dS, alla luce dell�impegno economico che questo comportava per le casse erariali. 
Il 
dS 
sulla 
base 
della 
documentazione 
prevista 
ex 
lege 
e 
fornita 
dal 
richiedente 
aveva 
concesso il 
congedo, 
apponendo 
al 
decreto 
di 
concessione 
una 
clausola 
di 
salvaguardia 
per 
la 
modifica 
o 
l�annullamento 
della 
concessione 
in caso di 
valutazione 
negativa 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
Centrale, in seguito a 
richiesta di chiarimenti. 
L�Avvocatura, investita 
della 
quaestio, aveva 
evidenziato al 
dS 
che, in mancanza 
della 
positiva 
valutazione 
di 
equipollenza 
da 
parte 
del 
Miur e 
in ottemperanza 
alla 
disciplina 
vigente, dando esecuzione 
alla 
clausola 
di 
salvaguardia, 
l�Istituto 
avrebbe 
dovuto 
procedere, 
con 
provvedimento 
dirigenziale, 
alla 
revoca 
del congedo straordinario retribuito al docente. 


(36) 
Sul 
sito 
www.pegasointernational.eu 
� 
possibile 
consultare 
la 
licenza 
con 
la 
quale 
la 
National 
Commission for Further and Higher Education di 
MALTA 
ha 
autorizzato, a 
condizioni 
precise 
e 
limiti 
particolari, l�operato della 
PEGASo INTErNATIoNAL LIMITEd. 
(37) Si 
legge, infatti, al 
punto 5 della 
citata 
licenza: 
�Pegaso international 
Limited is 
prohibited 
to use 
the 
terms 
�university� 
in any 
part 
of 
their 
name 
and the 
terms 
�university� 
in any 
media, advertising, 
published material, promotional 
material 
or 
in any 
information otherwise 
supplied to prospective/
current 
students, parents 
or 
the 
public 
in relation to any 
part 
of 
their 
name 
or 
in any 
title 
of, or 
with 
reference to, any programme provided or award conferred to them 
(�)�. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


torato erogato dalla 
Pegaso international 
si 
� 
cos� 
espresso (38): 
�allo stato 
attuale, 
appare 
difficile 
a 
questa 
amministrazione 
esprimere 
un 
parere 
riguardo 
ad 
un 
corso 
di 
dottorato 
di 
recente 
creazione, 
erogato 
in 
tele 
-didattica 
e 
offerto da una istituzione 
straniera non conosciuta in precedenza, a fronte 
della 
mancanza 
almeno 
di 
una 
coorte 
di 
un 
primo 
ciclo 
dottorale, 
per 
il 
quale 
non 
abbiamo 
quindi 
tutti 
gli 
elementi 
utili 
ai 
fini 
di 
una 
valutazione 
sostanziale 
del 
corso stesso. Pertanto questa amministrazione 
ritiene 
di 
non poter 
esprimere 
alcun 
preventivo 
parere 
sul 
futuro 
riconoscimento 
di 
titoli 
conseguiti 
presso 
l�istituzione 
straniera 
in 
oggetto 
e 
si 
riserva 
di 
chiedere 
sul 
titolo 
finale 
il previsto parere al CUN�. 

Questo 
orientamento 
ha 
trovato 
conferma 
anche 
nella 
giurisprudenza 
-con 
una 
pronuncia 
del 
Tar 
Toscana, 
sent. 
n. 
209/2018 
-che 
ha 
affrontato 
il 
tema 
dell�ammissibilit� 
del 
congedo 
retribuito 
per 
un 
insegnante 
ammesso 
a 
frequentare 
il 
dottorato 
presso 
la 
Pegaso 
international 
Limited, 
di 
fatto 
negandolo 
sulla 
base 
delle 
seguenti 
argomentazioni: 
�Le 
caratteristiche 
della 
domanda 
presentata 
sono 
state 
precisate 
dallo 
stesso 
ricorrente 
nella 
parte 
in 
cui 
ha 
affermato 
che 
�la 
natura 
della 
documentazione 
richiesta 
rivela 
chiaramente 
che 
la 
valutazione 
che 
compete 
all�Ufficio 
6 
DGSiNFS 
non 
riguarda 
l�equipollenza 
del 
titolo 
accademico 
ottenuto, 
che 
potr� 
avvenire 
per 
forza 
di 
cose 
solo 
all�esito 
del 
percorso 
dottorale, 
ma 
si 
deve 
appuntare 
sulla 
ammissibilit� 
al 
riconoscimento 
dell�equipollenza 
del 
titolo 
che 
sar� 
conseguito 
al 
termine 
del 
corso, 
che 
� 
cosa 
ben 
diversa 
dall�equipollenza 
e 
che 
pu� 
e 
deve 
essere 
fatta 
ex 
ante 
onde 
consentire 
al 
lavoratore 
interessato 
di 
frequentare 
il 
corso 
accademico 
che 
lo 
condurr� 
ad 
ottenere 
il 
sospirato 
titolo 
di 
studio 
(�). 


malgrado 
la 
difficolt� 
di 
inquadrare 
l�istanza 
di 
cui 
si 
tratta, 
l�amministrazione 
si 
� 
comunque 
pronunciata 
anche 
con 
riferimento 
all�equipollenza 
del 
titolo, 
ritenendo 
insussistenti 
i 
presupposti 
per 
l�equiparazione 
del 
corso 
del-
l�istituto 
Pegaso 
international 
di 
malta 
ad 
un 
corso 
tenuto 
da 
un�Universit� 
italiana, 
in 
considerazione 
della 
mancanza 
di 
almeno 
una 
coorte 
di 
un 
primo 
ciclo 
dottorale 
ed 
in 
ragione 
dell�assenza 
dei 
riscontri 
puntuali 
sulle 
caratteristiche 
del 
percorso 
estero 
di 
riferimento. 
(�) 
Ne 
consegue 
che 
a 
fronte 
di 
questa 
situazione 
l�amministrazione 
non 
poteva 
che 
assumere 
una 
valutazione 
prudenziale, 
rilevando 
l�insussistenza 
dei 
presupposti 
per 
il 
riconoscimento 
del 
titolo�. 


La 
atipicit� 
del 
corso in oggetto rispetto ai 
corsi 
di 
dottorato erogati 
da 


(38) 
Con 
due 
diverse 
note 
il 
Miur-dpfsr 
ha 
negato 
il 
necessario 
riconoscimento 
ex 
ante 
dell�equipollenza 
del 
titolo di 
dottore 
in �Diritto, Educazione 
e 
Sviluppo� 
erogato dalla 
PEGASo 
INTErNATIo-
NAL 
LIMITEd, a 
seguito delle 
richieste 
da 
parte 
di 
due 
docenti 
di 
congedo straordinario retribuito per 
frequentare 
il 
predetto dottorato. Si 
tratta 
della 
nota 
n. 5200 del 
19 febbraio 2018, relativa 
al 
caso dal 
quale 
prende 
spunto questo contributo e 
di 
una 
precedente 
nota, per un caso identico, n. 33615 del 
28 
novembre 
2017. Tale 
ultima 
nota 
� 
stata, insieme 
ad altri 
provvedimenti 
connessi 
relativi 
al 
caso di 
specie, 
impugnata 
innanzi 
al 
TAr Toscana, Firenze, sez. I, il 
quale 
si 
� 
pronunciato con sentenza 
n. 209 del 
5 febbraio 2018. 

rASSEGNA 
AVVoCATurA 
dELLo 
STATo - N. 4/2018 


universit� 
sia 
italiane 
che 
straniere, sia 
telematiche 
che 
non, emerge 
gi� 
dalla 
valutazione 
preliminare 
di 
alcuni 
aspetti 
attinenti 
al 
bando 
(39) 
relativo 
al 
dottorato 
in �Diritto, Educazione e Sviluppo�. 


Il 
bando, ad esempio, dispone 
che 
�le 
attivit� didattiche 
relative 
al 
corso 
di 
Dottorato sono compatibili 
con l�esercizio di 
attivit� lavorative 
esterne�; 
caratteristica 
che 
non appartiene 
ai 
corsi 
di 
dottorato italiani, pur se 
erogati 
da 
universit� telematiche (40). 


La 
compatibilit� 
con 
attivit� 
lavorative 
esterne, 
oltre 
a 
far 
presumere 
che 
l�erogazione 
dei 
contenuti 
del 
corso 
sia 
integralmente 
telematica 
o 
quasi, 
pone 
dubbi 
sulla 
effettiva 
necessit� 
di 
beneficiare 
di 
un congedo straordinario, per 
di pi� retribuito per seguire al meglio i contenuti del dottorato. 


un altro elemento atipico desumibile 
dal 
bando � 
la 
modalit� 
di 
ammissione 
al 
dottorato: 
seppur richiama 
una 
valutazione 
compiuta 
sul 
curriculum 
vitae 
del 
candidato, con particolare 
riferimento a 
titoli 
accademici, pubblicazioni, 
corsi 
universitari 
post 
laurea, borse 
di 
studio, abilitazioni 
all�esercizio 
di 
professioni, qualificate 
esperienze 
professionali, dispone 
che 
�la Commissione 
incaricata 
della 
valutazione 
comparativa 
dei 
candidati 
determiner� 
l�ammissione 
al 
corso di 
dottorato sulla base 
del 
punteggio attribuito ai 
titoli 
presentati 
da ciascun candidato, a giudizio insindacabile 
della Commissione 
giudicatrice stessa�. 

Il 
bando sul 
punto si 
rivela 
generico, se 
paragonato ad uno interno; 
non 
prevede 
prove 
orali 
per i 
candidati 
dopo la 
valutazione 
del 
curriculum 
e 
del 
progetto di 
ricerca, n� 
riferisce 
il 
punteggio attribuibile 
ai 
diversi 
titoli, non 
specifica 
il 
numero 
di 
posti 
messi 
a 
concorso 
e 
quante 
borse 
di 
studio 
sono 
previste, 
non 
riporta 
le 
aree 
scientifiche 
di 
riferimento 
ed 
il 
coordinatore 
scientifico 
del dottorato (41). 


Tali 
caratteristiche 
del 
bando e 
dell�Istituzione 
erogante 
il 
corso di 
dottorato 
- sulla 
base 
della 
metodologia 
valutativa 
che 
fonda 
il 
giudizio di 
equipollenza 
dei 
titoli, 
gi� 
affrontata 
in 
questo 
contributo 
-insinuano 
il 
dubbio 
di 
trovarsi 
di 
fronte 
ad 
un 
caso 
di 
�differenza 
sostanziale� 
(42), 
che 
potrebbe 
portare 
-anche 
a 
conclusione 
di 
un 
primo 
ciclo 
dottorale 
che 
fornisca 
informazioni 


(39) Il 
testo integrale 
del 
bando � 
consultabile 
sul 
sito della 
PEGASo 
INTErNATIoNAL 
LIMITEd 
www.pegasointernational.eu. 

(40) 
Come 
gi� 
evidenziato 
in 
questo 
contributo 
nel 
paragrafo 
dedicato 
alle 
universit� 
telematiche 
italiane, 
l�attivit� 
di 
dottorato 
comporta 
un 
impegno 
esclusivo 
e 
a 
tempo 
pieno. 
Cos� 
dispone 
ad 
es. 
l�art. 
18, co. 1, regolamento dell�universit� telematica 
�Uninettuno� 
in materia di dottorato di ricerca. 
(41) Per un confronto con un bando di 
dottorato di 
ricerca 
erogato da 
un�universit� 
telematica 
italiana, si 
veda 
il 
Bando di 
concorso per l�ammissione 
ai 
corsi 
di 
dottorato di 
ricerca 
del 
XXXIV 
CICLo 
A.A. 2018-2019 
- Allegato 3 al 
d.r. 16 luglio 2018 n. 1 relativo al 
�Dottorato di 
ricerca in Scienze 
giuridiche 
e 
politiche� 
dell�universit� 
telematica 
�Guglielmo 
marconi� 
su 
www.unimarconi.it. 
Tale 
bando 
reca 
informazioni 
molto 
puntuali 
su 
aree 
scientifiche 
di 
riferimento, 
coordinatore, 
posti, 
borse 
di 
studio, 
prove d�esame, punteggi attribuibili alle varie prove, ecc. 
(42) Si veda la nota 21 sulla metodologia valutativa applicabile per i giudizi di equipollenza. 

LEGISLAzIoNE 
Ed 
ATTuALIT� 


ulteriori 
- al 
diniego dell�equipollenza 
tra 
il 
titolo di 
dottore 
in �Diritto, Educazione 
e Sviluppo� 
ed altro titolo di dottore di ricerca italiano. 


4. Considerazioni conclusive. 
Il 
tema 
della 
formazione 
e 
della 
ricerca 
- come 
in minima 
parte 
� 
emerso 
da 
questo contributo - si 
rivela 
ricco di 
risvolti 
applicativi, dimostrandosi 
pi� 
sensibile 
di 
altri 
alle 
spinte 
che 
provengono dal 
contesto europeo ed internazionale, 
agli 
stimoli 
del 
mondo digitale 
che 
stanno stravolgendo anche 
la 
tradizionale 
idea 
di 
offerta 
formativa 
e, in generale, ai 
mutamenti 
della 
realt�, di 
cui il sapere � da sempre indicatore e veicolo. 


L�istituto del 
dottorato di 
ricerca 
non pu�, pertanto, non risentire 
di 
tutte 
queste 
variabili 
ed 
essere 
oggetto 
di 
frequenti 
mutamenti 
di 
disciplina 
che 
cercano, 
con risultati non sempre brillanti, di intercettare queste nuove istanze. 


La 
formazione 
accademica 
superiore, 
di 
cui 
il 
dottorato 
� 
espressione, 
deve 
farsi 
trovare 
pronta 
alle 
sfide 
della 
globalizzazione 
e 
della 
circolazione 
delle 
persone 
e 
del 
sapere; 
tuttavia, al 
contempo, non deve 
perdere 
quei 
tratti 
identitari 
che 
possono rappresentare 
il 
suo valore 
aggiunto e 
che 
richiamano 
la storia e le radici di ogni Paese e, talvolta, di ogni ateneo. 

La 
formazione 
post 
laurea, rappresentando il 
primo gradino dell�attivit� 
di 
ricerca, deve 
avere 
basi 
solide, trasparenti, libere, meritocratiche, per poter 
tendere ai risultati migliori e valorizzare le persone pi� meritevoli. 

deve 
fondarsi 
su pilastri 
etici 
e 
su garanzie 
di 
applicazione, privi 
di 
zone 
d�ombra, incapaci 
di 
generare 
studenti 
e 
professionisti 
di 
serie 
a 
e 
serie 
b, in 
contrapposizione 
tra 
loro su di 
un difficile 
palcoscenico: 
quello del 
mercato 
del lavoro. 


Il 
diritto, che 
da 
sempre 
� 
la 
disciplina 
pi� sensibile 
ai 
mutamenti 
della 
realt� 
e 
dei 
soggetti 
che 
la 
animano, 
deve 
fornire 
le 
basi 
per 
correggere 
questo 
sistema 
quando rischia 
di 
incanalarsi 
su posizioni 
sbagliate 
e 
deve 
essere 
recettore 
delle evoluzioni positive, favorendone la propagazione. 


Al 
contempo, il 
diritto deve 
essere 
la 
chiave 
per risolvere 
quei 
potenziali 
conflitti 
tra 
valori 
di 
pari 
rango, come 
quelli 
generati 
dall�inevitabile 
intersecarsi 
del 
mondo della 
formazione 
e 
del 
mondo del 
lavoro - che 
del 
sapere 
dei 
professionisti che lo compongono si nutre. 


ContrIbutIdIdottrIna
La selezione della burocrazia in Italia 
nell�attuale momento storico 


Michele Gerardo* 


SoMMarIo: 
1. 
Premesse 
generali 
-2. 
Modalit� 
con 
le 
quali 
l�amministrazione 
procede 
alla 
provvista 
delle 
risorse 
umane 
-3. 
Contenuto 
della 
preparazione 
richiesta 
ai 
candidati 
-4. 
Piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
di 
personale 
-5. 
Presupposti 
delle 
assunzioni 
delle 
risorse 
umane 
(vincoli 
scaturenti 
dalla 
necessit� 
della 
adozione 
di 
atti 
generali) 
-6. 
atti 
prodromici 
al 
procedimento 
concorsuale 
-7. 
Procedimento 
concorsuale 
-8. 
Procedure 
selettive 
non 
concorsuali 
-9. 
Tecniche 
ulteriori 
di 
selezione 
dei 
fabbisogni 
-10. 
Considerazioni 
conclusive 
e 
de 
jure 
condendo. 


1. Premesse generali. 
il 
complesso dei 
pubblici 
impiegati, delle 
risorse 
umane 
alle 
dipendenze 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
italiane 
ammonta 
ad oltre 
tre 
milioni 
di 
unit� 
(1). A 
partire 
dalla 
crisi 
del 
2008 - allo scopo di 
contenere 
la 
spesa 
pubblica 
si 
� 
assistito 
al 
cosiddetto 
blocco 
del 
turn 
over, 
ossia 
al 
blocco 
delle 
assunzioni 
(2), anche 
a 
fronte 
dei 
progressivi 
pensionamenti 
dei 
pi� anziani. tale 
blocco 
ha 
determinato, 
di 
conseguenza, 
anche 
un 
innalzamento 
dell�et� 
media 
del 
personale 
in servizio, con ci� accentuando il 
dato che 
la 
pubblica 
amministrazione 
italiana 
� 
un�amministrazione 
vecchia. Si 
pensi 
che 
nel 
2007, l�et� 
anagrafica 
media risultava di quasi 47 anni (3). 


(*) Avvocato dello Stato. 


(1) Dal 
conto annuale 
2015 della 
Ragioneria 
generale 
dello Stato risulta 
che 
il 
numero dei 
dipendenti 
pubblici 
per comparto � 
di 
3.257.014 (dati 
riportati 
in CuCCiniello, FAttoRe, longo, RiCCiuti, 
tuRRini, Management pubblico, egea, 2018, p. 66). 
(2) totale 
o parziale 
- negli 
ultimi 
anni 
del 
75%, ossia, per ogni 
quattro risorse 
umane 
cessate 
vi 
� la capacit� di assumere una risorsa umana - nel corso degli anni. 
(3) Cos�: l. toRChiA 
(a cura di), Il sistema amministrativo italiano, il Mulino, 2009, p. 280. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


Solo 
a 
partire 
dal 
2018 
il 
blocco 
� 
cessato, 
con 
una 
ripresa 
delle 
procedure 
assunzionali. 
Sintomatica 
al 
riguardo 
l�ultima 
legge 
di 
bilancio 
(l. 
30 
dicembre 
2018, 
n. 
145) 
dove 
sono 
disciplinate 
-in 
vari 
campi 
-numerose 
assunzioni. 


il 
corpo 
burocratico 
� 
costituito 
da 
un 
insieme 
di 
lavoratori 
preposti 
(quali 
dirigenti) o addetti 
(quali 
funzionari 
o dipendenti 
con mansioni 
d�ordine) ad 
uffici, molto ampio ed eterogeneo, che 
include 
differenti 
categorie 
di 
lavoratori, 
distribuiti fortemente su tutto il territorio italiano (4). 


Da 
una 
analisi 
dottrinale 
emerge 
che: 
il 
personale 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
appare 
scarsamente 
qualificato: 
solo il 
23 
% ha 
una 
laurea 
e 
prevalgono, 
invece, 
i 
dipendenti 
che 
hanno 
raggiunto 
il 
solo 
diploma 
di 
scuola 
media 
superiore 
(il 
45 
%); 
il 
basso livello della 
formazione 
incide 
inevitabilmente, 
rallentandoli, sui 
programmi 
di 
riforma 
e 
di 
ammodernamento delle 
organizzazioni 
pubbliche; 
fortemente 
carente 
� 
anche 
l�organizzazione 
delle 
attivit� 
di formazione iniziale e continua (5). 


la 
qualit�, le 
capacit�, le 
attitudini 
dei 
dipendenti 
sono eterogenee, variabili 
a 
seconda 
della 
distribuzione 
geografica, dell�et�, delle 
discutibili 
politiche 
di 
acquisizione 
delle 
risorse 
umane 
(specie 
il 
precariato, conseguente 
a 
meccanismi di assunzione diversi dal concorso). 


una 
delle 
ricadute 
pi� gravi 
della 
insufficiente 
formazione 
del 
personale 
� 
la 
cattiva 
gestione 
delle 
risorse 
dell�unione 
europea. Come 
� 
noto l�italia, 
dopo la 
Polonia, � 
il 
paese 
che 
beneficia 
dei 
maggiori 
contributi 
unionistici; 
tuttavia 
la 
gran 
parte 
dei 
detti 
fondi 
viene 
perduta 
per 
l�incapacit� 
di 
rispettare 
le 
procedure. 
Sono 
tante 
le 
cause 
del 
deficit 
gestorio: 
inidonea 
programmazione, 
intervento - nella 
filiera 
del 
procedimento - di 
pi� enti, con organizzazione 
disorganica; 
tuttavia 
la 
causa 
maggiore 
� 
costituita 
dalla 
mancata 
preparazione 
specifica 
delle 
risorse 
umane 
dedicate. occorrerebbe, sul 
piano 
della 
formazione 
delle 
risorse 
umane, 
una 
accelerazione 
delle 
procedure 
dirette 
a 
creare 
un corpo burocratico idoneo allo scopo. Di 
tutte 
le 
deficienze, la 
pi� 
grave � quella che comporta la perdita di risorse destinate. 


Si 
presenta, 
quindi, 
necessaria 
una 
riorganizzazione 
dell�assetto 
delle 
PP.AA. per far fronte 
ai 
cambiamenti 
dei 
processi 
lavorativi 
indotti 
dall�utilizzo 
delle 
nuove 
tecnologie 
e 
dalle 
innovazioni 
legislative, 
acquisendo 
le 
competenze 
necessarie 
a 
supportare 
processi 
di 
sviluppo sostenibile 
coerenti 
con 
gli obiettivi comunitari e nazionali. 


Venendo 
al 
tema 
oggetto 
del 
presente 
lavoro, 
quando 
si 
fa 
riferimento 
alla 
selezione 
della 
burocrazia 
si 
ha 
riguardo, 
in 
essenza, 
a 
due 
diversi 
concetti: 


-alle 
modalit� 
con 
le 
quali 
l�amministrazione 
procede 
alla 
provvista 
delle 
risorse umane; 


(4) Su tali 
temi: 
CuCCiniello, FAttoRe, longo, RiCCiuti, tuRRini, Management 
pubblico, cit., 
pp. 63-66. 
(5) Su tali dati: l. toRChiA 
(a cura di), Il sistema amministrativo italiano, cit., pp. 290-291. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


- al contenuto della preparazione richiesto in capo alle dette risorse. 
Di seguito si analizzeranno i due concetti. 
2. 
Modalit� 
con 
le 
quali 
l�amministrazione 
procede 
alla 
provvista 
delle 
risorse 
umane. 
in 
italia, 
come 
in 
altri 
paesi, 
il 
modello 
ordinario 
con 
il 
quale 
l�amministrazione 
pubblica 
procede 
alla 
provvista 
delle 
risorse 
umane 
� 
quello 
del 
concorso. 
tale 
modello 
� 
reputato 
funzionale 
alla 
selezione, 
in 
modo 
imparziale 
e 
senza 
favoritismi, 
dei 
migliori 
in 
relazione 
alle 
esigenze 
delle 
amministrazioni. 


nel 
nostro 
ordinamento 
vi 
� 
una 
espressa 
norma 
di 
rango 
costituzionale, 
ossia 
l�art. 
97, 
comma 
3, 
che 
testualmente 
dispone: 
�agli 
impieghi 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
si 
accede 
mediante 
concorso, 
salvo 
i 
casi 
stabiliti 
dalla 
legge�. 


la 
regola 
del 
concorso 
per 
l'accesso 
agli 
impieghi 
nella 
P.A. 
esclude 
la 
nomina 
politica, 
a 
favore 
di 
un 
sistema 
selettivo 
che 
assicuri 
una 
legittimazione 
tecnica 
dei 
pubblici 
dipendenti. 
in 
altri 
termini, 
il 
concorso 
pubblico 
� 
la 
forma 
generale 
ed 
ordinaria 
di 
reclutamento 
per 
il 
pubblico 
impiego, 
in 
quanto 
offre 
la 
migliore 
garanzia 
di 
selezione 
dei 
soggetti 
pi� 
capaci 
ed 
� 
quindi 
strumento 
di 
efficienza 
dell'azione 
amministrativa 
(6). 


la 
Corte 
costituzionale 
� 
stata 
spesso 
chiamata 
ad 
intervenire 
per 
valutare 
la 
legittimit� 
di 
disposizioni 
statali 
e 
regionali 
che 
escludevano la 
regola 
del 
concorso per l'assunzione 
agli 
impieghi 
presso le 
PP.AA. ovvero riservavano 
a personale gi� dipendente, spesso precario, la partecipazione ai concorsi per 
l'assunzione, anche 
a 
cariche 
dirigenziali, o per l'avanzamento in carriera. il 
giudice 
delle 
leggi 
ha 
dichiarato costituzionalmente 
illegittime 
per violazione 
dell'art. 97, 3� 
comma, Cost., le 
disposizioni 
legislative 
che 
riservano al 
personale 
gi� 
dipendente, anche 
sprovvisto di 
titolo di 
studio universitario, l'accesso 
alla 
dirigenza. 
ha 
osservato 
la 
Corte 
che 
il 
pubblico 
concorso 
� 
�meccanismo 
strumentale 
rispetto 
al 
canone 
di 
efficienza 
dell'amministrazione, 
il 
quale 
pu� dirsi 
pienamente 
rispettato qualora le 
selezioni 
non siano 
caratterizzate 
da arbitrarie 
forme 
di 
restrizione 
dei 
soggetti 
legittimati 
a parteciparvi; 
forme 
che 
possono considerarsi 
non irragionevoli 
solo in presenza 
di 
particolari 
situazioni, che 
possono giustificarle 
per 
una migliore 
garanzia 
del 
buon 
andamento 
dell'amministrazione� 
(7). 
Riassumendo 
i 
risultati 
cui 
era 


(6) Sulla 
valenza 
costituzionale 
del 
principio in ordine 
a 
tali 
temi 
e 
a 
quelli 
di 
seguito riportati: 
R. 
CARAntA, nel 
commento sub art. 97 Cost., in A. Celotto, M. oliVetti, R. BiFulCo, Commentario alla 
Costituzione, vol. ii, utet, 2006. 
(7) 
C. 
Cost., 
sentenza 
16 
maggio 
2002, 
n. 
194 
la 
quale, 
tra 
l�altro, 
precisa 
che 
� 
illegittimo 
un 
concorso "interno" 
riservato ai 
dipendenti 
dell'amministrazione 
(sub specie 
di 
procedura 
di 
riqualificazione), 
laddove 
� 
legittimo 
un 
concorso 
pubblico 
con 
riserva 
di 
posti; 
inoltre 
deroghe 
alla 
regola 
del 
concorso, da 
parte 
del 
legislatore, sono ammissibili 
soltanto nei 
limiti 
segnati 
all'esigenza 
di 
garantire 
il 
buon andamento dell'amministrazione 
o di 
attuare 
altri 
principi 
di 
rilievo costituzionale, in ragione 
delle peculiarit� di particolari uffici. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


gi� 
pervenuta 
la 
giurisprudenza 
costituzionale, in una 
successiva 
pronuncia 
la 
Corte 
costituzionale 
ha 
rilevato �che 
l'accesso dei 
dipendenti 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
a funzioni 
pi� elevate 
non sfugge, di 
norma, alla regola del 
pubblico concorso, cui 
� 
possibile 
apportare 
deroghe 
solo in particolari 
situazioni 
che 
ne 
dimostrino 
la 
ragionevolezza�, 
cosicch�, 
�di 
regola, 
questo 
requisito non � 
configurabile 
[...] 
a proposito di 
norme 
che 
prevedano scivolamenti 
automatici 
verso 
posizioni 
superiori 
(senza 
concorso 
o 
comunque 
senza adeguate 
selezioni 
o verifiche 
attitudinali) o concorsi 
interni 
per 
la totalit� 
dei posti vacanti� 
(8). 


la 
disposizione 
del 
3� 
comma, art. 97 Cost., come 
visto, ammette 
eccezioni 
alla 
regola 
del 
concorso; 
la 
giurisprudenza 
costituzionale, 
premesso 
dunque 
che 
la 
regola 
del 
concorso 
pubblico 
non 
� 
assoluta, 
consentendosi 
deroghe 
legislativamente 
disposte 
per 
singoli 
casi 
e 
secondo 
criteri 
appartenenti 
alla 
discrezionalit� 
del 
legislatore, ritiene 
che 
essa 
non escluda 
forme 
diverse 
di 
reclutamento e 
di 
copertura 
dei 
posti, purch� 
rispondano a 
criteri 
di 
ragionevolezza 
e 
siano comunque 
in armonia 
con le 
disposizioni 
costituzionali 
e 
tali 
da 
non contraddire 
i 
principi 
di 
buon andamento e 
di 
imparzialit� 
dell'amministrazione, 
principi 
che 
costituiscono la 
base 
comune 
della 
previsione 
con-
corsuale-selettiva (9). 

la 
norma 
costituzionale, 
alla 
luce 
anche 
degli 
orientamenti 
della 
Corte 
Costituzionale, 
viene 
precisata 
nell�art. 
35 
del 
D.l.vo 
30 
marzo 
2001, 
n. 
165 
secondo 
cui 
-fatte 
salve 
le 
ipotesi 
di 
avviamento 
obbligatorio 
degli 
iscritti 
nelle 
liste 
di 
collocamento 
e 
le 
assunzioni 
obbligatorie 
dei 
soggetti 
di 
cui 
alla 
legge 
12 
marzo 
1999, 
n. 
68 
-l'assunzione 
nelle 
amministrazioni 
pubbliche 
avviene 
con 
contratto 
individuale 
di 
lavoro, 
tramite 
procedure 
selettive, 
conformi 
ai 
principi 
del 
comma 
3, 
volte 
all'accertamento 
della 
professionalit� 
richiesta, 
che 
ga


(8) C. Cost., sentenza 
24 luglio 2003, n. 274; 
la 
stessa 
decisione, peraltro, precisa 
che 
�La giurisprudenza 
di 
questa Corte 
ritiene 
che 
alla regola del 
pubblico concorso [�] 
sia possibile 
apportare 
deroghe 
(come 
del 
resto ammette 
il 
terzo comma dell'art. 97 Cost.) qualora ricorrano particolari 
situazioni 
che 
le 
rendano 
non 
irragionevoli 
(da 
ultimo, 
ordinanza 
n. 
517 
del 
2002). 
ai 
fini 
di 
una 
valutazione 
di 
non irragionevolezza della disciplina in esame 
� 
rilevante 
considerare 
come 
essa riguardi 
l'inserimento 
in posti 
di 
ruolo di 
soggetti 
i 
quali 
si 
trovavano da tempo, nell'ambito dell'amministrazione 
regionale 
(o degli 
enti 
regionali), in una posizione 
di 
precariet�, perch� 
assunti 
con contratto a termine 
o 
con 
la 
particolare 
qualificazione 
connessa 
alla 
figura 
degli 
addetti 
a 
lavori 
socialmente 
utili; 
e 
quindi 
verosimilmente 
avevano, nella precariet�, acquisito l'esperienza necessaria a far 
ritenere 
la stabilizzazione 
della 
loro 
posizione 
funzionale 
alle 
esigenze 
di 
buon 
andamento 
dell'amministrazione 
(art. 
97, 
comma 1, della Costituzione)�. 
(9) C. Cost., sentenza 
31 ottobre 
1995, n. 478, che 
precisa: 
la 
�regola del 
pubblico concorso, applicabile 
anche 
al 
passaggio a funzioni 
superiori 
(sent. n. 313 del 
1994; sent. n. 487 del 
1991 e 
sent. n. 
161 del 
1990), non esclude 
forme 
diverse 
di 
reclutamento e 
di 
copertura dei 
posti, purch� 
rispondano 
a criteri 
di 
ragionevolezza (presenza di 
peculiari 
situazioni 
giustificatrici 
senza automatismi: sent. n. 
314 del 1994; valutazione 
delle 
mansioni 
concretamente 
svolte 
in precedenza: sent. n. 134 del 1995) e 
siano 
comunque 
in 
armonia 
con 
le 
disposizioni 
costituzionali 
e 
tali 
da 
non 
contraddire 
i 
principi 
di 
buon andamento e 
di 
imparzialit� dell'amministrazione. Tali 
ultimi 
due 
principi 
costituiscono la base 
comune della previsione concorsuale-selettiva�. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


rantiscano 
in 
misura 
adeguata 
l'accesso 
dall'esterno. 
l�articolo 
dispone 
altres�: 


�3. 
Le 
procedure 
di 
reclutamento 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
si 
conformano 
ai seguenti principi: 


a) adeguata pubblicit� della selezione 
e 
modalit� di 
svolgimento che 
garantiscano 
l�imparzialit� 
e 
assicurino 
economicit� 
e 
celerit� 
di 
espletamento, 
ricorrendo, ove 
� 
opportuno, all'ausilio di 
sistemi 
automatizzati, diretti 
anche 
a realizzare forme di preselezione; 


b) adozione 
di 
meccanismi 
oggettivi 
e 
trasparenti, idonei 
a verificare 
il 
possesso 
dei 
requisiti 
attitudinali 
e 
professionali 
richiesti 
in 
relazione 
alla 
posizione 
da ricoprire; 


c) rispetto delle pari opportunit� tra lavoratrici e lavoratori; 

d) decentramento delle procedure di reclutamento; 


e) 
composizione 
delle 
commissioni 
esclusivamente 
con 
esperti 
di 
provata 
competenza nelle materie di concorso, [�] 


e-ter) 
possibilit� 
di 
richiedere, 
tra 
i 
requisiti 
previsti 
per 
specifici 
profili 
o 
livelli 
di 
inquadramento, 
il 
possesso 
del 
titolo 
di 
dottore 
di 
ricerca, 
che 
deve 
comunque 
essere 
valutato, 
ove 
pertinente, 
tra 
i 
titoli 
rilevanti 
ai 
fini 
del 
concorso. 


3-bis. 
Le 
amministrazioni 
pubbliche, 
nel 
rispetto 
della 
programmazione 
triennale 
del 
fabbisogno, 
nonch� 
del 
limite 
massimo 
complessivo 
del 
50 
per 
cento 
delle 
risorse 
finanziarie 
disponibili 
ai 
sensi 
della 
normativa 
vigente 
in 
materia 
di 
assunzioni 
ovvero 
di 
contenimento 
della 
spesa 
di 
personale, 
secondo 
i 
rispettivi 
regimi 
limitativi 
fissati 
dai 
documenti 
di 
finanza 
pubblica 
e, 
per 
le 
amministrazioni 
interessate, 
previo 
espletamento 
della 
procedura 
di 
cui 
al 
comma 
4, 
possono 
avviare 
procedure 
di 
reclutamento 
mediante 
concorso 
pubblico: 


a) 
con 
riserva 
dei 
posti, 
nel 
limite 
massimo 
del 
40 
per 
cento 
di 
quelli 
banditi, 
a favore 
dei 
titolari 
di 
rapporto di 
lavoro subordinato a tempo determinato 
che, 
alla 
data 
di 
pubblicazione 
dei 
bandi, 
hanno 
maturato 
almeno 
tre 
anni di servizio alle dipendenze dell'amministrazione che emana il bando; 


b) per 
titoli 
ed esami, finalizzati 
a valorizzare, con apposito punteggio, 
l'esperienza 
professionale 
maturata 
dal 
personale 
di 
cui 
alla 
lettera 
a) 
e 
di 
coloro 
che, 
alla 
data 
di 
emanazione 
del 
bando, 
hanno 
maturato 
almeno 
tre 
anni 
di 
contratto 
di 
lavoro 
flessibile 
nell'amministrazione 
che 
emana 
il 
bando. 


3-ter. 
Con 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
di 
concerto 
con 
il 
Ministro 
dell'economia 
e 
delle 
finanze, 
da 
adottare 
ai 
sensi 
dell'articolo 
17, 
comma 
3, 
della 
legge 
23 
agosto 
1988, 
n. 
400, 
entro 
il 
31 
gennaio 
2013, 
sono 
dettati 
modalit� 
e 
criteri 
applicativi 
del 
comma 
3-bis 
e 
la 
disciplina 
della 
riserva 
dei 
posti 
di 
cui 
alla 
lettera 
a) 
del 
medesimo 
comma 
in 
rapporto 
ad 
altre 
categorie 
riservatarie. 
Le 
disposizioni 
normative 
del 
comma 
3-bis 
costituiscono 
principi 
generali 
a 
cui 
devono 
conformarsi 
tutte 
le 
amministrazioni 
pubbliche. 


4. 
Le 
determinazioni 
relative 
all'avvio 
di 
procedure 
di 
reclutamento 
sono 
adottate 
da 
ciascuna 
amministrazione 
o 
ente 
sulla 
base 
del 
piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
approvato ai 
sensi 
dell'articolo 6, comma 4. Con decreto del 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
di 
concerto 
con 
il 
Ministro 
dell'economia 
e 
delle 
finanze, sono autorizzati 
l'avvio delle 
procedure 
concorsuali 
e 
le 
relative 
assunzioni 
del 
personale 
delle 
amministrazioni 
dello Stato, anche 
ad ordinamento 
autonomo, delle 
agenzie 
e 
degli 
enti 
pubblici 
non economici 
[�]. 


5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 4, comma 3-quinquies, 
(10) 
del 
decreto-legge 
31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, 
dalla legge 
30 ottobre 
2013, n. 125, per 
le 
amministrazioni 
di 
cui 
al 
comma 
4, 
le 
restanti 
amministrazioni 
pubbliche, 
per 
lo 
svolgimento 
delle 
proprie 
procedure 
selettive, possono rivolgersi 
al 
Dipartimento della funzione 
pubblica 
e 
avvalersi 
della 
Commissione 
per 
l'attuazione 
del 
Progetto 
di 
riqualificazione 
delle 
Pubbliche 
amministrazioni 
(rIPaM), di 
cui 
al 
decreto interministeriale 
25 
luglio 
1994, 
fatte 
comunque 
salve 
le 
competenze 
delle 
Commissioni 
esaminatrici. a 
tali 
fini, la Commissione 
rIPaM si 
avvale 
di 
personale 
messo 
a disposizione dall'associazione Formez Pa. 
[�] 
5.2. 
Il 
Dipartimento 
della 
funzione 
pubblica 
[�] 
elabora 
[�] 
linee 
guida 
di 
indirizzo amministrativo sullo svolgimento delle 
prove 
concorsuali 
e 
sulla 
valutazione 
dei 
titoli, ispirate 
alle 
migliori 
pratiche 
a livello nazionale 
e 
internazionale 
in materia di 
reclutamento del 
personale, nel 
rispetto della normativa, 
anche regolamentare, vigente in materia (11). [�] 
5-ter. 
Le 
graduatorie 
dei 
concorsi 
per 
il 
reclutamento 
del 
personale 


(10) Per il 
quale: 
�a 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 2014, il 
reclutamento dei 
dirigenti 
e 
delle 
figure 
professionali 
comuni 
a tutte 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all'articolo 35, comma 4, del 
decreto 
legislativo 
30 
marzo 
2001, 
n. 
165, 
e 
successive 
modificazioni, 
si 
svolge 
mediante 
concorsi 
pubblici 
unici, nel 
rispetto dei 
principi 
di 
imparzialit�, trasparenza e 
buon andamento. I concorsi 
unici 
sono organizzati 
dal 
Dipartimento della funzione 
pubblica della Presidenza del 
Consiglio dei 
Ministri, senza 
nuovi 
o maggiori 
oneri 
per 
la finanza pubblica, anche 
avvalendosi 
della Commissione 
per 
l'attuazione 
del 
progetto di 
riqualificazione 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, di 
cui 
al 
decreto interministeriale 
25 
luglio 1994, previa ricognizione 
del 
fabbisogno presso le 
amministrazioni 
interessate, nel 
rispetto dei 
vincoli 
finanziari 
in materia di 
assunzioni 
a tempo indeterminato. Il 
Dipartimento della funzione 
pubblica, 
nella ricognizione 
del 
fabbisogno, verifica le 
vacanze 
riguardanti 
le 
sedi 
delle 
amministrazioni 
ricadenti 
nella 
medesima 
regione. 
ove 
tali 
vacanze 
risultino 
riferite 
ad 
una 
singola 
regione, 
il 
concorso 
unico 
si 
svolge 
in 
ambito 
regionale, 
ferme 
restando 
le 
norme 
generali 
di 
partecipazione 
ai 
concorsi 
pubblici. Le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all'articolo 35, comma 4, del 
citato decreto legislativo n. 
165 
del 
2001, 
e 
successive 
modificazioni, 
nel 
rispetto 
del 
regime 
delle 
assunzioni 
a 
tempo 
indeterminato 
previsto dalla normativa vigente, possono assumere 
personale 
solo attingendo alle 
nuove 
graduatorie 
di 
concorso predisposte 
presso il 
Dipartimento della funzione 
pubblica, fino al 
loro esaurimento, provvedendo 
a programmare 
le 
quote 
annuali 
di 
assunzioni. restano ferme 
le 
disposizioni 
di 
cui 
ai 
commi 
3 e 
6 del 
presente 
articolo e 
quelle 
in materia di 
corso-concorso bandito dalla Scuola nazionale 
del-
l'amministrazione 
ai 
sensi 
del 
regolamento di 
cui 
al 
decreto del 
Presidente 
della repubblica 16 aprile 
2013, n. 70�. 
All�evidenza, questa 
previsione 
impone 
alle 
amministrazioni 
dello Stato, alle 
agenzie 
e 
agli 
enti 
pubblici 
economici, concorsi 
pubblici 
unici 
per il 
reclutamento dei 
dirigenti 
e 
delle 
figure 
professionali 
comuni. il 
trascritto art. 35, comma 
5 ha 
poi 
espressamente 
previsto, seppure 
in termini 
di 
facolt�, 
che 
anche 
tutte 
le 
restanti 
amministrazioni, 
diverse 
da 
quelle 
centrali, 
possano 
rivolgersi 
al 
Dipartimento della 
funzione 
pubblica 
per l'organizzazione 
di 
concorsi 
unici 
accentrati 
o aggregati 
per 
dirigenti o figure comuni. 
(11) Per le linee guida previste dal presente comma vedi la Direttiva 24 aprile 2018, n. 3/2018. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


presso le 
amministrazioni 
pubbliche 
rimangono vigenti 
per 
un termine 
di 
tre 
anni 
dalla data di 
pubblicazione. Sono fatti 
salvi 
i 
periodi 
di 
vigenza inferiori 
previsti 
da 
leggi 
regionali. 
Il 
principio 
della 
parit� 
di 
condizioni 
per 
l'accesso 
ai 
pubblici 
uffici 
� 
garantito, mediante 
specifiche 
disposizioni 
del 
bando, con 
riferimento 
al 
luogo 
di 
residenza 
dei 
concorrenti, 
quando 
tale 
requisito 
sia 
strumentale 
all'assolvimento di 
servizi 
altrimenti 
non attuabili 
o almeno non 
attuabili con identico risultato [�]�. 


ulteriori 
norme 
generali 
di 
riferimento si 
rinvengono, oltre 
al 
citato art. 
35, 
nel 
D.P.R. 
9 
maggio 
1994, 
n. 
487 
(Regolamento 
recante 
norme 
sull'accesso 
agli 
impieghi 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
le 
modalit� 
di 
svolgimento 
dei 
concorsi, dei 
concorsi 
unici 
e 
delle 
altre 
forme 
di 
assunzione 
nei 
pubblici 
impieghi) (12), nel 
D.P.R. 24 settembre 
2004, n. 272 (Regolamento di 
disciplina 
in materia 
di 
accesso alla 
qualifica 
di 
dirigente) e 
nel 
D.P.R. 16 aprile 
2013, n. 70 (Regolamento recante 
riordino del 
sistema 
di 
reclutamento e 
formazione 
dei dipendenti pubblici e delle Scuole pubbliche di formazione). 


3. Contenuto della preparazione richiesta ai candidati. 
Circa 
il 
contenuto della 
preparazione 
richiesta 
in capo ai 
candidati 
ci 
si 
pu� riferire ai modelli francese ed inglese. 


nell�amministrazione 
pubblica 
francese, 
la 
componente 
giuridica 
� 
molto 
forte. 
i 
laureati 
in 
diritto 
sono 
favoriti 
nell�accesso 
alla 
pubblica 
amministrazione. 


nel 
Regno unito vi 
� 
un ruolo limitato dell�elemento giuridico; 
scarso � 
il 
personale 
amministrativo 
di 
formazione 
giuridica. 
la 
burocrazia 
ha 
una 
for


(12) 
nella 
recente 
legislazione 
si 
tende 
a 
semplificare 
le 
procedure 
contenute 
nei 
testi 
standard. 
A 
tal 
fine 
si 
richiama 
l�art. 
14, 
comma 
10-ter, 
D.l. 
28 
gennaio 
2019, 
n. 
4, 
conv. 
l. 
28 
marzo 
2019, 
n. 
26, 
in 
relazione 
ai 
concorsi 
pubblici 
ivi 
disciplinati 
per 
il 
reclutamento 
del 
personale 
degli 
uffici 
giudiziari, 
anche 
in 
deroga 
alla 
disciplina 
prevista 
dal 
regolamento 
di 
cui 
al 
D.P.R. 
n. 
487/1994, 
�per 
quanto 
concerne 
in 
particolare: 
a) 
la 
nomina 
e 
la 
composizione 
della 
commissione, 
prevedendo 
la 
costituzione 
di 
sottocommissioni 
anche 
per 
le 
prove 
scritte 
ed 
il 
superamento 
dei 
requisiti 
previsti 
per 
la 
nomina 
dei 
componenti, 
nonch� 
stabilendo 
che 
a 
ciascuna 
delle 
sottocommissioni 
non 
pu� 
essere 
assegnato 
un 
numero 
di 
candidati 
inferiore 
a 
250; 
b) 
la 
tipologia 
e 
le 
modalit� 
di 
svolgimento 
delle 
prove 
d'esame, 
prevedendo: 
1) 
la 
facolt� 
di 
far 
precedere 
le 
prove 
d'esame 
da 
una 
prova 
preselettiva, 
qualora 
le 
domande 
di 
partecipazione 
al 
concorso 
siano 
in 
numero 
superiore 
a 
tre 
volte 
il 
numero 
dei 
posti 
banditi; 
2) 
la 
possibilit� 
di 
espletare 
prove 
preselettive 
consistenti 
nella 
risoluzione 
di 
quesiti 
a 
risposta 
multipla, 
gestite 
con 
l'ausilio 
di 
societ� 
specializzate 
e 
con 
possibilit� 
di 
predisposizione 
dei 
quesiti 
da 
parte 
di 
qualificati 
istituti 
pubblici 
e 
privati; 
3) 
forme 
semplificate 
di 
svolgimento 
delle 
prove 
scritte, 
anche 
concentrando 
le 
medesime 
in 
un'unica 
prova 
sulle 
materie 
previste 
dal 
bando, 
eventualmente 
mediante 
il 
ricorso 
a 
domande 
a 
risposta 
a 
scelta 
multipla; 
4) 
per 
i 
profili 
tecnici, 
l'espletamento 
di 
prove 
pratiche 
in 
aggiunta 
a 
quelle 
scritte, 
ovvero 
in 
sostituzione 
delle 
medesime; 
5) 
lo 
svolgimento 
delle 
prove 
di 
cui 
ai 
numeri 
da 
1) 
a 
3) 
e 
la 
correzione 
delle 
medesime 
prove 
anche 
mediante 
l'ausilio 
di 
sistemi 
informatici 
e 
telematici; 
6) 
la 
valutazione 
dei 
titoli 
solo 
dopo 
lo 
svolgimento 
delle 
prove 
orali 
nei 
casi 
di 
assunzione 
per 
determinati 
profili 
mediante 
concorso 
per 
titoli 
ed 
esami; 
7) 
l'attribuzione, 
singolarmente 
o 
per 
categoria 
di 
titoli, 
di 
un 
punteggio 
fisso 
stabilito 
dal 
bando, 
con 
la 
previsione 
che 
il 
totale 
dei 
punteggi 
per 
titoli 
non 
pu� 
essere 
superiore 
ad 
un 
terzo 
del 
punteggio 
complessivo 
attribuibile; 
[�]�. 
Stesso 
precetto 
� 
stato 
fissato 
con 
l�art. 
14, 
comma 
10-novies, 
D.l. 
n. 
4/2019 
per 
i 
concorsi 
pubblici 
ivi 
disciplinati 
per 
il 
reclutamento 
del 
personale 
degli 
uffici 
preposti 
alle 
attivit� 
di 
tutela 
e 
valorizzazione 
del 
patrimonio 
culturale. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


mazione 
generalista 
(lettere 
classiche, 
filosofia, 
scienze 
politiche 
ecc.). 
Al 
ruolo 
secondario 
della 
formazione 
giuridica 
fa 
riscontro 
uno 
sviluppo 
limitato 
della stessa cultura giuridica amministrativa (13). 


l�ordinamento giuridico italiano � 
sempre 
stato caratterizzato dalla 
prevalenza, 
alla 
luce 
dei 
compiti 
da 
svolgere, dell�elemento giuridico. Ci� anche 
nell�attuale 
momento 
storico 
in 
cui 
si 
tende 
ad 
una 
gestione 
economicistica 
della P.A. 


Vuol 
dirsi 
che 
vi 
� 
una 
accentuata 
formalizzazione 
dell�attivit� 
amministrativa. 
Quest�ultima 
deve 
svolgersi 
secondo 
schemi 
predeterminati 
e 
trasparenti, 
finalizzati 
a 
garantire 
la 
collettivit� 
contro il 
rischio di 
un uso distorto 
dei 
poteri 
sovraordinati 
e 
delle 
risorse 
pubbliche. 
la 
formalizzazione 
riguarda, 
tra 
l�altro, 
le 
modalit� 
di 
svolgimento 
delle 
operazioni 
tecnico-economiche, 
la 
definizione 
dei 
tempi 
di 
svolgimento dell�attivit�, la 
concretizzazione 
delle 
decisioni 
a 
rilevanza 
esterna 
in un atto formale 
(ad esempio: 
una 
delibera 
del 
direttore 
generale), la 
definizione 
di 
alcuni 
elementi 
che 
devono essere 
necessariamente 
presenti 
nell�atto 
formale 
(ad 
esempio: 
la 
motivazione 
con 
i 
requisiti 
di cui all�art. 3 l. 7 agosto 1990, n. 241) (14). 


A 
termini 
dell�art. 
37 
del 
D.l.vo 
n. 
165/2001 
i 
bandi 
di 
concorso 
per 
l'accesso 
alle 
pubbliche 
amministrazioni 
prevedono 
l'accertamento 
della 
conoscenza 
dell'uso 
delle 
apparecchiature 
e 
delle 
applicazioni 
informatiche 
pi� 
diffuse 
e 
della 
lingua 
inglese, nonch�, ove 
opportuno in relazione 
al 
profilo 
professionale richiesto, di altre lingue straniere. 


in materia 
di 
formazione 
del 
personale 
- negli 
ultimi 
anni 
- si 
� 
ravvisata 
la 
necessit� 
di 
rafforzare 
la 
capacit� 
strategico-decisionale 
del 
management 
pubblico, in quanto risulta 
focale 
saper trovare 
soluzioni 
in modo rapido, mirato 
e 
al 
contempo trasparente, saper leggere 
la 
complessit� 
ed agire 
in direzione 
di 
una 
maggiore 
integrazione 
tra 
ruolo e 
competenze, che 
sempre 
di 
pi� 
devono 
allinearsi 
in 
ragione 
di 
obiettivi 
da 
raggiungere, 
responsabilit�, 
risorse 
disponibili ed impiegate. 


4. Piano triennale dei fabbisogni di personale. 
Strumento 
programmatorio 
necessario 
-per 
ogni 
amministrazione 
pubblica 
-al 
fine 
di 
selezionare 
le 
risorse 
umane 
� 
il 
piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
di 
personale 
(P.t.F.P.). 
Sul 
punto 
l�art. 
6, 
commi 
2 
e 
3, 
D.lgs. 
30 
marzo 
2001, 
n. 
165 
dispone: 
�2. 
allo 
scopo 
di 
ottimizzare 
l'impiego 
delle 
risorse 
pubbliche 
disponibili 
e 
perseguire 
obiettivi 
di 
performance 
organizzativa, 
efficienza, 
economicit� 
e 
qualit� 
dei 
servizi 
ai 
cittadini, 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
adottano 
il 
piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
di 
personale, 
in 
coe


(13) 
Su 
tali 
concetti: 
S. 
CASSeSe, 
Il 
diritto 
amministrativo: 
storia 
e 
prospettive, 
giuffr�, 
2010, 
pp. 
59 e ss. e 84 e ss. 
(14) CuCCiniello, FAttoRe, longo, RiCCiuti, tuRRini, Management pubblico, cit., pp. 35-36. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


renza 
con 
la 
pianificazione 
pluriennale 
delle 
attivit� 
e 
della 
performance, 
nonch� 
con 
le 
linee 
di 
indirizzo 
emanate 
ai 
sensi 
dell'articolo 
6-ter. 
Qualora 
siano 
individuate 
eccedenze 
di 
personale, 
si 
applica 
l'articolo 
33. 
Nell'ambito 
del 
piano, 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
curano 
l'ottimale 
distribuzione 
delle 
risorse 
umane 
attraverso 
la 
coordinata 
attuazione 
dei 
processi 
di 
mobilit� 
e 
di 
reclutamento 
del 
personale, 
anche 
con 
riferimento 
alle 
unit� 
di 
cui 
all'articolo 
35, 
comma 
2. 
Il 
piano 
triennale 
indica 
le 
risorse 
finanziarie 
destinate 
all'attuazione 
del 
piano, 
nei 
limiti 
delle 
risorse 
quantificate 
sulla 
base 
della 
spesa 
per 
il 
personale 
in 
servizio 
e 
di 
quelle 
connesse 
alle 
facolt� 
assunzionali 
previste 
a 
legislazione 
vigente. 
3. 
In 
sede 
di 
definizione 
del 
piano 
di 
cui 
al 
comma 
2, 
ciascuna 
amministrazione 
indica 
la 
consistenza 
della 
dotazione 
organica 
e 
la 
sua 
eventuale 
rimodulazione 
in 
base 
ai 
fabbisogni 
programmati 
e 
secondo 
le 
linee 
di 
indirizzo 
di 
cui 
all'articolo 
6-ter, 
nell'ambito 
del 
potenziale 
limite 
finanziario 
massimo 
della 
medesima 
e 
di 
quanto 
previsto 
dall'articolo 
2, 
comma 
10-bis, 
del 
decreto-legge 
6 
luglio 
2012, 
n. 
95, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
7 
agosto 
2012, 
n. 
135, 
garantendo 
la 
neutralit� 
finanziaria 
della 
rimodulazione. 
resta 
fermo 
che 
la 
copertura 
dei 
posti 
vacanti 
avviene 
nei 
limiti 
delle 
assunzioni 
consentite 
a 
legislazione 
vigente�. 


la 
definizione 
del 
Piano dei 
fabbisogni, deve 
tener conto dei 
contenuti 
delle 
linee 
di 
indirizzo 
per 
la 
pianificazione 
dei 
fabbisogni 
di 
personale 
di 
cui 
all�art. 6-ter 
del 
D.lgs. n. 165, introdotto dall�art. 4, comma 
3, del 
D.l.vo n. 
75/2017 (15). 


Ai 
sensi 
del 
D.l.vo n. 165/2001 e 
successive 
modifiche 
ed integrazioni, 
la 
programmazione 
triennale 
del 
fabbisogno delle 
dotazioni 
organiche 
costituisce 
presupposto per effettuare 
nuove 
assunzioni 
di 
personale, giusta 
l�art. 
6, 
comma 
6, 
D.lgs. 
n. 
165/2001, 
a 
tenore 
del 
quale: 
�Le 
amministrazioni 
pubbliche 
che 
non provvedono agli 
adempimenti 
di 
cui 
al 
presente 
articolo non 
possono assumere nuovo personale�. 


il 
P.t.F.P. 
va 
-in 
funzione 
della 
trasparenza 
-pubblicato, 
in 
attuazione 
dell�art. 16 D.l.vo 14 marzo 2013, n. 33, riguardante 
gli 
"obblighi 
di 
pubblicazione 
concernenti 
la dotazione 
organica e 
il 
costo del 
personale 
con rapporto 
di lavoro a tempo indeterminato". 

5. Presupposti 
delle 
assunzioni 
delle 
risorse 
umane 
(vincoli 
scaturenti 
dalla 
necessit� della adozione di atti generali). 
nella 
recente 
legislazione 
si 
� 
condizionata 
la 
possibilit� 
di 
assunzione 
delle 
risorse 
umane 
alla 
previa 
adozione 
di 
atti, di 
solito di 
carattere 
generale. 


(15) le 
linee 
di 
indirizzo sono state 
emanate 
in data 
8 maggio 2018 dal 
Ministro per la 
semplificazione 
e 
la 
pubblica 
amministrazione 
ed 
entrate 
in 
vigore 
il 
giorno 
della 
pubblicazione 
nella 
Gazzetta 
Ufficiale, avvenuta il 27 luglio 2018. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


l�assenza 
di 
tali 
atti 
rende 
illegittime 
le 
assunzioni. 
trattasi 
di 
un 
modo 
ruvido 
di 
�costringere� 
le 
amministrazione 
ad adottare 
atti 
reputati 
necessari 
e 
strategici 
per la vita dell�ente. 

All�uopo 
si 
richiamano, 
quali 
circostanze 
condizionanti 
le 
assunzioni 
oltre 
al 
sopracitato 
Piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
di 
personale 
-i 
seguenti 
atti: 


-gli 
adempimenti 
collegati 
alla 
approvazione 
dei 
bilanci 
di 
previsione, 
dei rendiconti e del bilancio consolidato (16); 
- l�approvazione del Piano della 
Performance 
(17); 
- l�approvazione del Piano triennale delle 
Azioni Positive (18). 
6. atti prodromici al procedimento concorsuale. 
Prima 
dell�espletamento delle 
procedure 
concorsuali, l�amministrazione 
� 
tenuta 
a 
determinati 
adempimenti, 
funzionali 
alla 
razionale 
riallocazione 
del 
personale 
nell�ambito 
del 
settore 
pubblico 
globalmente 
inteso. 
in 
tale 
evenienza 
la 
procedura 
concorsuale 
� 
subordinata, ad esempio, alla 
previa 
obbligatoria 
attivazione 
della 
procedura 
di 
mobilit�, 
in 
attuazione 
dei 
fondamentali 
principi 
di 
imparzialit� 
e 
buon andamento, predicati 
dall'articolo 97 della 
Costituzione. 
il 
detto 
obbligo 
� 
stato 
introdotto 
in 
coerenza 
con 
l�obiettivo 
di 
contenimento 
dei 
costi 
della 
spesa 
pubblica, in base 
al 
quale 
l�amministrazione 
� 
tenuta 
a 
curare 
�l�ottimale 
distribuzione 
delle 
risorse 
umane 
attraverso 
la 
co


(16) 
Art. 
9, 
commi 
1-quinquies, 
1-sexies, 
1-septies 
D.l. 
24 
giugno 
2016, 
n. 
113, 
conv. 
l. 
7 
agosto 
2016, n. 160 secondo cui: 
�1-quinquies. In caso di 
mancato rispetto dei 
termini 
previsti 
per 
l'approvazione 
dei 
bilanci 
di 
previsione, 
dei 
rendiconti 
e 
del 
bilancio 
consolidato, 
nonch� 
di 
mancato 
invio, 
entro 
trenta giorni 
dal 
termine 
previsto per 
l'approvazione, dei 
relativi 
dati 
alla banca dati 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all'articolo 13 della legge 
31 dicembre 
2009, n. 196, compresi 
i 
dati 
aggregati 
per 
voce 
del 
piano dei 
conti 
integrato, gli 
enti 
territoriali, ferma restando per 
gli 
enti 
locali 
che 
non rispettano 
i 
termini 
per 
l'approvazione 
dei 
bilanci 
di 
previsione 
e 
dei 
rendiconti 
la 
procedura 
prevista 
dall'articolo 141 del 
testo unico di 
cui 
al 
decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non possono procedere 
ad 
assunzioni 
di 
personale 
a 
qualsiasi 
titolo, 
con 
qualsivoglia 
tipologia 
contrattuale, 
ivi 
compresi 
i 
rapporti 
di 
collaborazione 
coordinata e 
continuativa e 
di 
somministrazione, anche 
con riferimento ai 
processi 
di 
stabilizzazione 
in atto, fino a quando non abbiano adempiuto. � 
fatto altres� 
divieto di 
stipulare 
contratti 
di 
servizio con soggetti 
privati 
che 
si 
configurino come 
elusivi 
della disposizione 
del 
precedente 
periodo. 1-sexies. La misura di 
cui 
al 
comma 1-quinquies 
si 
applica alle 
regioni 
e 
alle 
province 
autonome 
di 
Trento e 
di 
Bolzano in caso di 
ritardo oltre 
il 
30 aprile 
nell'approvazione 
preventiva 
del 
rendiconto da parte 
della Giunta, per 
consentire 
la parifica da parte 
delle 
sezioni 
regionali 
di 
controllo 
della Corte 
dei 
conti, ai 
sensi 
dell'articolo 18, comma 1, lettera b), del 
decreto legislativo 23 giugno 
2011, n. 118; essa non si 
applica in caso di 
ritardo nell'approvazione 
definitiva del 
rendiconto da 
parte 
del 
Consiglio. 1-septies. Per 
le 
regioni 
e 
le 
province 
autonome 
di 
Trento e 
di 
Bolzano, la misura 
di 
cui 
al 
comma 1-quinquies 
si 
applica sia in caso di 
ritardo nella trasmissione 
dei 
dati 
relativi 
al 
rendiconto 
approvato 
dalla 
Giunta 
per 
consentire 
la 
parifica 
delle 
sezioni 
regionali 
di 
controllo 
della 
Corte 
dei 
conti, sia in caso di 
ritardo nella trasmissione 
dei 
dati 
relativi 
al 
rendiconto definitivamente 
approvato 
dal Consiglio�. 
(17) Art. 10, comma 
5, D.lgs. 27 ottobre 
2009, n. 150: 
�In caso di 
mancata adozione 
del 
Piano 
della performance 
[�] 
l'amministrazione 
non pu� procedere 
ad assunzioni 
di 
personale 
o al 
conferimento 
di incarichi di consulenza o di collaborazione comunque denominati�. 
(18) Art. 48 D.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, richiamante l�art. 6, comma 6, D.lgs. n. 165/2001. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


ordinata attuazione 
dei 
processi 
di 
mobilit� e 
di 
reclutamento del 
personale� 


(art. 6, comma 2, D.l.vo n. 165/2001). 

a) 
Scorrimento della graduatoria. 


Con 
la 
dizione 
�scorrimento 
della 
graduatoria� 
si 
fa 
riferimento 
alla 
fattispecie 
della 
vigenza 
di 
pregresse 
graduatorie 
in 
relazione 
alla 
categoria 
e 
profilo 
di 
cui 
necessita 
la 
P.A. 
giusta 
l�art. 
35, 
comma 
5 
ter, 
D.l.vo 
n. 
165/2001 
�Le 
graduatorie 
dei 
concorsi 
per 
il 
reclutamento 
del 
personale 
presso 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
rimangono 
vigenti 
per 
un 
termine 
di 
tre 
anni 
dalla 
data 
di 
pubblicazione�. 
in 
applicazione 
di 
tale 
regola, 
ove 
nel 
triennio 
si 
crea 
una 
vacanza 
in 
organico 
l�Amm.ne 
� 
tenuta 
ad 
attingere 
a 
graduatorie 
vigenti. 
la 
detta 
regola 
� 
confermata 
dall�art. 
1, 
comma 
361, 
l. 
n. 
145/2018 
-come 
integrato 
dall�art. 
14-ter 
D.l. 
28 
gennaio 
2019, 
n. 
4, 
conv. 
l. 
28 
marzo 
2019, 


n. 
26 
-secondo 
cui 
�Fermo 
quanto 
previsto 
dall'articolo 
35, 
comma 
5-ter, 
del 
decreto 
legislativo 
30 
marzo 
2001, 
n. 
165, 
le 
graduatorie 
dei 
concorsi 
per 
il 
reclutamento 
del 
personale 
presso 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all'articolo 
1, 
comma 
2, 
del 
medesimo 
decreto 
legislativo 
sono 
utilizzate 
esclusivamente 
per 
la 
copertura 
dei 
posti 
messi 
a 
concorso 
nonch� 
di 
quelli 
che 
si 
rendono 
disponibili, 
entro 
i 
limiti 
di 
efficacia 
temporale 
delle 
graduatorie 
medesime, 
fermo 
restando 
il 
numero 
dei 
posti 
banditi 
e 
nel 
rispetto 
dell'ordine 
di 
merito, 
in 
conseguenza 
della 
mancata 
costituzione 
o 
dell'avvenuta 
estinzione 
del 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
i 
candidati 
dichiarati 
vincitori 
[�]�. 
B) 
Mobilit�. 


la 
mobilit� 
consente 
di 
acquisire 
personale 
gi� 
formato e 
con esperienza 
nel 
ruolo, garantendo un evidente 
risparmio di 
spesa 
per la 
P.A. che 
non deve 
assumere 
altro personale. essendo rivolta 
a 
personale 
gi� 
ritenuto idoneo allo 
svolgimento delle 
mansioni 
proprie 
del 
profilo professionale 
richiesto, il 
dipendente 
non pu� essere 
nuovamente 
sottoposto ad una 
prova 
selettiva 
al 
fine 
di 
valutarne 
l�idoneit�: 
tale 
valutazione 
potrebbe 
essere 
considerata 
un semplice 
pretesto per eludere 
il 
contenimento della 
spesa 
pubblica 
e 
ricorrere 
comunque 
alla 
successiva 
procedura 
concorsuale. 
Vanno 
distinte 
due 
tipi 
di 
mobilit� esterna: mobilit� d�ufficio e mobilit� volontaria. 


Mobilit� 
d�ufficio. l�art. 34 bis, comma 
1, D.l.gs. n. 165/2001 dispone 
�Le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all'articolo 1, comma 2, [�], 
prima di 
avviare 
le 
procedure 
di 
assunzione 
di 
personale, sono tenute 
a comunicare 
ai 
soggetti 
di 
cui 
all'articolo 34, commi 
2 e 
3, l'area, il 
livello e 
la sede 
di 
destinazione 
per 
i 
quali 
si 
intende 
bandire 
il 
concorso 
nonch�, 
se 
necessario, 
le 
funzioni e le eventuali specifiche idoneit� richieste�. 


la 
gestione 
delle 
eccedenze 
ex 
artt. 
33, 
34 
e 
34 
bis 
D.l.vo 
n. 
165/2001 
va 
effettuata 
prima 
della 
mobilit� 
volontaria, come 
risulta 
dalla 
sequenza 
degli 
adempimenti 
descritti 
nel 
comma 
2 
dell�art. 
6 
D.l.vo 
n. 
165/2001 
ed 
altres� 



RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


dal 
disposto 
di 
cui 
all�art. 
4, 
comma 
3 
bis, 
D.l. 
31 
agosto 
2013, 
n. 
101, 
conv. 


l. 
30 
ottobre 
2013, 
n. 
125 
secondo 
cui: 
�Per 
la 
copertura 
dei 
posti 
in 
organico, 
� 
comunque 
necessaria 
la 
previa 
attivazione 
della 
procedura 
prevista 
dall'articolo 
33 
del 
decreto 
legislativo 
30 
marzo 
2001, 
n. 
165, 
e 
successive 
modificazioni, 
in 
materia 
di 
trasferimento 
unilaterale 
del 
personale 
eccedentario�. 
Mobilit� 
volontaria. 
Dopo 
la 
mobilit� 
d�ufficio 
va 
operata 
la 
mobilit� 
volontaria 
ex 
art. 
30 
D.l.gs. 
n. 
165/2001. 
giusta 
l�art. 
30, 
comma 
2 
bis, 
D.l.gs 
n. 
165/2001: 
�Le 
amministrazioni, 
prima 
di 
procedere 
all'espletamento 
di 
procedure 
concorsuali, 
finalizzate 
alla 
copertura 
di 
posti 
vacanti 
in 
organico, 
devono 
attivare 
le 
procedure 
di 
mobilit� 
di 
cui 
al 
comma 
1, 
[� 
]. 
Il 
trasferimento 
� 
disposto, 
nei 
limiti 
dei 
posti 
vacanti, 
con 
inquadramento 
nell'area 
funzionale 
e 
posizione 
economica 
corrispondente 
a 
quella 
posseduta 
presso 
le 
amministrazioni 
di 
provenienza; 
il 
trasferimento 
pu� 
essere 
disposto 
anche 
se 
la 
vacanza 
sia 
presente 
in 
area 
diversa 
da 
quella 
di 
inquadramento 
assicurando 
la 
necessaria 
neutralit� 
finanziaria�. 
il 
citato 
primo 
comma 
cos� 
dispone: 
�1. 
Le 
amministrazioni 
possono 
ricoprire 
posti 
vacanti 
in 
organico 
mediante 
passaggio 
diretto 
di 
dipendenti 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
comma 
2, 
appartenenti 
a 
una 
qualifica 
corrispondente 
e 
in 
servizio 
presso 
altre 
amministrazioni, 
che 
facciano 
domanda 
di 
trasferimento, 
previo 
assenso 
dell'amministrazione 
di 
appartenenza. 
Le 
amministrazioni, 
fissando 
preventivamente 
i 
requisiti 
e 
le 
competenze 
professionali 
richieste, 
pubblicano 
sul 
proprio 
sito 
istituzionale, 
per 
un 
periodo 
pari 
almeno 
a 
trenta 
giorni, 
un 
bando 
in 
cui 
sono 
indicati 
i 
posti 
che 
intendono 
ricoprire 
attraverso 
passaggio 
diretto 
di 
personale 
di 
altre 
amministrazioni, 
con 
indicazione 
dei 
requisiti 
da 
possedere 
[�]� 
(19). 


l'obbligo 
per 
la 
P.A. 
di 
avviare 
le 
procedure 
di 
mobilit� 
prima 
di 
procedere 
all'espletamento 
delle 
procedure 
concorsuali 
ben 
si 
coordina 
con 
le 
strategie 
volte 
a 
contemperare 
il 
prevalente 
interesse 
pubblico 
alla 
razionalit� 
dell'organizzazione 
pubblica 
e 
alla 
funzionalit� 
dei 
suoi 
uffici, 
con 
le 
esigenze 
di 
riduzione 
della 
spesa 
pubblica 
e 
le 
aspirazioni 
dei 
pubblici 
dipendenti 
di 
poter 
espletare 
la 
propria 
attivit� 
in 
uffici 
quanto 
pi� 
possibili 
vicino 
alle 
proprie 
abitazioni. 


in talune 
circostanze 
si 
reputa 
che 
la 
mobilit� 
intralci 
i 
tempi 
delle 
assunzioni, 
sicch� 
con 
puntuale 
disposizione 
legislativa 
si 
interviene 
a 
derogare 
alla 
descritta fase preconcorsuale (20). 


(19) 
Si 
precisa 
in 
giurisprudenza 
che 
l'art. 
30, 
comma 
2-bis, 
D.l.vo 
n. 
165/2001 
� 
del 
tutto 
univoco 
nell'imporre 
alle 
amministrazioni 
di 
avviare 
le 
procedure 
di 
mobilit� 
per ricoprire 
i 
posti 
vacanti 
in organico 
prima 
di 
espletare 
le 
procedure 
concorsuali. tale 
obbligo consente 
di 
dare 
concreta 
attuazione 
ai 
principi 
di 
buon andamento ed efficienza, senza 
comprimere 
l'autonomia 
delle 
singole 
amministrazioni 
a bandire procedure concorsuali (cos�: Cons. Stato Sez. V Sent., 18 agosto 2010, n. 5830) 
(20) Pu� citarsi quale esempio: 
-l�art. 1, ultimo periodo del 
comma 
300, l. n. 145/2018 secondo cui: 
�Le 
procedure 
concorsuali 
e 
le 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


la 
mobilit� 
volontaria 
pu� essere 
attivata 
su tutto il 
personale 
da 
assumere, 
come 
risultante 
dal 
Piano 
triennale 
dei 
Fabbisogni 
o 
per 
una 
quota 
parte. 
Pu� condurre 
alla 
scelta 
di 
una 
mobilit� 
per quota 
parte 
l�esigenza 
di 
una 
ossigenazione 
dell�amministrazione 
con 
un 
ricambio 
mediante 
forze 
nuove 
(cosa 
che 
riduce 
gli 
spazi 
della 
mobilit�); 
il 
contemperamento 
tra 
mobilit� 
volontaria 
e 
procedure 
selettive 
� 
collegato al 
principio della 
razionale 
gestione 
delle 
risorse 
umane, 
principio 
riconosciuto 
dall�art. 
6, 
comma 
2, 
D.l.vo 
n. 
165/2001, 
per il 
quale, tra 
l�altro �Nell'ambito del 
piano, le 
amministrazioni 
pubbliche 
curano l'ottimale 
distribuzione 
delle 
risorse 
umane 
attraverso la coordinata 
attuazione dei processi di mobilit� e di reclutamento del personale� 
(21). 

7. Procedimento concorsuale. 
l�art. 36, comma 
1, del 
D.l.vo n. 165/2001 recita 
che 
�Per 
le 
esigenze 
connesse 
con 
il 
proprio 
fabbisogno 
ordinario 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
assumono esclusivamente 
con contratti 
di 
lavoro subordinato a tempo indeterminato 
seguendo le 
procedure 
di 
reclutamento previste 
dall'articolo 35�, 
ossia il procedimento concorsuale. 

la 
periodicit� 
del 
procedimento concorsuale, in un�ottica 
di 
buona 
amministrazione, 
va 
agganciata 
alla 
periodicit� 
del 
piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
di 
personale. 
Sicch� 
i 
concorsi 
andrebbero 
banditi 
ogni 
triennio 
per 
la 
selezione 
di 
quei 
profili 
necessari 
alla 
luce 
di 
fabbisogni 
emergenti 
dal 
P.t.F.P. 
Ci� 
per 
creare 
un 
bacino 
pronto 
per 
le 
necessit� 
di 
risorse 
umane 
programmate. 


conseguenti 
assunzioni, finanziate 
con le 
risorse 
del 
fondo di 
cui 
all'articolo 1, comma 365, lettera b), 
della legge 
11 dicembre 
2016, n. 232, come 
rifinanziato ai 
sensi 
del 
comma 298 del 
presente 
articolo, 
sono 
effettuate 
senza 
il 
previo 
svolgimento 
delle 
procedure 
previste 
dall'articolo 
30 
del 
decreto 
legislativo 
30 marzo 2001, n. 165�; 


-l�art. 14, comma 
10-bis, D.l. n. 4/2019 cit., per il 
quale: 
�al 
fine 
di 
far 
fronte 
alle 
gravi 
scoperture 
di 
organico degli 
uffici 
giudiziari 
derivanti 
dall'attuazione 
delle 
disposizioni 
in materia di 
accesso al 
trattamento 
di 
pensione 
di 
cui 
al 
presente 
articolo e 
di 
assicurare 
la funzionalit� dei 
medesimi 
uffici, fino 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
decreto 
di 
cui 
all'articolo 
1, 
comma 
300, 
della 
legge 
30 
dicembre 
2018, 
n. 
145, 
e 
comunque 
per 
l'anno 
2019, 
il 
reclutamento 
del 
personale 
dell'amministrazione 
giudiziaria, 
fermo quanto previsto dal 
comma 307 dell'articolo 1 della medesima legge, � 
autorizzato anche 
in deroga 
all'articolo 30 del 
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165� 
(norma 
identica 
� 
stata 
prevista 
con 
la 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 
14, 
comma 
10-octies, 
D.l. 
n. 
4/2019 
cit. 
per 
l�organico 
degli 
uffici 
preposti 
alle attivit� di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale). 
(21) Con sentenza 
n. 178 del 
17 gennaio 2014 il 
Consiglio di 
Stato - sez. V, sostiene 
che 
�in tema 
di 
mobilit� volontaria, non vՏ 
dubbio che 
la regione 
non possa declinare 
l�invito a fare 
uso della mobilit� 
volontaria, n� 
possa disciplinarne 
autonomamente 
gli 
effetti. Ci� nonostante 
[�] 
l�amministrazione 
regionale 
resta 
titolare 
di 
un 
potere 
di 
organizzazione 
che 
si 
estrinseca 
attraverso 
l�uso 
di 
un 
potere 
discrezionale 
nel 
determinare 
la quantit� dei 
posti 
riservati 
alla mobilit� volontaria rispetto a 
quelli 
riservati 
a pubblico concorso [�]. 
Nell�ipotesi 
di 
mobilit� volontaria in assenza di 
un fine 
superiore, 
quale 
quello del 
mantenimento dei 
contratti 
lavorativi 
in essere, deve 
riconoscersi 
all�amministrazione 
regionale 
il 
potere 
di 
determinare 
quanti 
posti 
coprire 
mediante 
mobilit� 
volontaria. 
Il 
suddetto 
potere 
discrezionale 
dovr� essere 
esercitato merc� 
un atto fornito di 
congrua motivazione, affinch� 
si 
palesino chiaramente 
quali 
sono le 
ragioni 
per 
le 
quali 
si 
preferisce 
reperire 
sul 
mercato, piuttosto che 
tra i dipendenti gi� in servizio presso altre amministrazioni, le professionalit� necessarie�. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


tale 
dato 
si 
salda 
con 
la 
previsione 
di 
cui 
all�art. 
1, 
comma 
361, 
legge 
n. 
145/2018 sopracitato. 


a) 
Personale non dirigenziale. 


il 
procedimento 
concorsuale 
per 
le 
assunzioni 
del 
personale, 
anche 
a 
tempo 
determinato 
(22) 
-sia 
esso 
per 
esami, 
per 
titoli 
(23), 
per 
titoli 
ed 
esami, 
per corso-concorso - si articola nelle seguenti fasi: 


1) 
emanazione 
del 
bando di 
concorso -con provvedimento del 
competente 
organo amministrativo dell'amministrazione 
interessata 
- che 
individua 
il 
contratto di 
lavoro che 
la 
pubblica 
amministrazione 
intende 
concludere 
(in 
modo conforme 
alla 
delibera 
di 
indizione), nonch� 
la 
durata 
del 
rapporto (a 
tempo 
determinato 
o 
a 
tempo 
indeterminato) 
e 
le 
modalit� 
della 
procedura 
selettiva. 
Se 
il 
concorso � 
per esami, il 
bando di 
concorso indica 
le 
materie 
oggetto 
delle 
prove 
scritte 
e 
della 
prova 
orale 
e 
prevede 
l'accertamento 
della 
conoscenza 
dell'uso 
delle 
apparecchiature 
e 
delle 
applicazioni 
informatiche 
pi� 
diffuse 
e 
della 
lingua 
inglese, 
nonch�, 
ove 
opportuno 
in 
relazione 
al 
profilo 
professionale richiesto, di altre lingue straniere. 

Per 
i 
principi 
generali 
il 
bando 
riveste 
la 
natura 
di 
atto 
amministrativo 
generale 
e costituisce la 
lex specialis 
della procedura concorsuale; 


2) individuazione 
degli 
aspiranti 
forniti 
dei 
titoli 
di 
ammissione 
(tra 
cui 
i 
requisiti 
soggettivi 
generali 
e 
particolari 
richiesti 
per 
l'ammissione 
all'impiego). 
l'amministrazione 
interessata 
dispone 
in ogni 
momento, con provvedimento 
motivato, 
la 
esclusione 
dal 
concorso 
per 
difetto 
dei 
requisiti 
prescritti; 


3) 
nomina 
della 
commissione 
esaminatrice 
del 
concorso con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
nei 
casi 
di 
concorsi 
unici 
e 
con provvedimento 
del competente organo amministrativo negli altri casi; 


4) 
fase 
di 
svolgimento delle 
prove 
al 
fine 
di 
acclarare 
le 
capacit� 
dei 
concorrenti 
(24). 
l�iter 
� 
strutturato 
in 
modo 
da 
operare 
la 
selezione 
in 
modo 
obiet


(22) 
A 
termini 
dell�art. 
36, 
comma 
2, 
del 
D.l.vo 
n. 
165/2001 
�Le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono 
stipulare 
contratti 
di 
lavoro subordinato a tempo determinato, contratti 
di 
formazione 
e 
lavoro e 
contratti 
di 
somministrazione 
di 
lavoro a tempo determinato, nonch� 
avvalersi 
delle 
forme 
contrattuali 
flessibili 
previste 
dal 
codice 
civile 
e 
dalle 
altre 
leggi 
sui 
rapporti 
di 
lavoro nell'impresa, esclusivamente 
nei 
limiti 
e 
con le 
modalit� in cui 
se 
ne 
preveda l'applicazione 
nelle 
amministrazioni 
pubbliche. Le 
amministrazioni 
pubbliche 
possono 
stipulare 
i 
contratti 
di 
cui 
al 
primo 
periodo 
del 
presente 
comma 
soltanto 
per 
comprovate 
esigenze 
di 
carattere 
esclusivamente 
temporaneo 
o 
eccezionale 
e 
nel 
rispetto 
delle 
condizioni 
e modalit� di reclutamento stabilite dall'articolo 35�. 
(23) Purch� sussista una valutazione discrezionale dei titoli. 
(24) A 
termini 
dell�art. 7 D.P.R. n. 487/1994: 
�1. I concorsi 
per 
esami 
consistono: a) per 
i 
profili 
professionali 
della settima qualifica o categoria superiore: in almeno due 
prove 
scritte, una delle 
quali 
pu� essere 
a contenuto teorico-pratico ed in una prova orale, comprendente 
l'accertamento della conoscenza 
di 
una 
lingua 
straniera, 
tra 
quelle 
indicate 
nel 
bando. 
I 
voti 
sono 
espressi, 
di 
norma, 
in 
trentesimi. 
Conseguono l'ammissione 
al 
colloquio i 
candidati 
che 
abbiano riportato in ciascuna prova scritta una 
votazione 
di 
almeno 21/30 o equivalente. Il 
colloquio verte 
sulle 
materie 
oggetto delle 
prove 
scritte 
e 
sulle 
altre 
indicate 
nel 
bando di 
concorso e 
si 
intende 
superato con una votazione 
di 
almeno 21/30 o 
equivalente; b) per 
i 
profili 
professionali 
della quinta e 
sesta qualifica o categoria: in due 
prove 
scritte, 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


tivo. 
tale 
fase 
� 
dominata 
da 
discrezionalit� 
(tecnica 
ma 
anche) 
amministrativa 
nella 
valutazione 
dei 
candidati 
da 
effettuarsi 
in modo comparativo. la 
procedura 
concorsuale 
deve 
concludersi 
entro sei 
mesi 
dalla 
data 
di 
effettuazione 
delle 
prove 
scritte 
o, 
se 
trattasi 
di 
concorsi 
per 
titoli, 
dalla 
data 
della 
prima 
convocazione (25); 


5) 
formazione 
e 
approvazione 
di 
una 
graduatoria 
di 
merito. 
la 
graduatoria 
di 
merito 
dei 
candidati 
� 
formata 
dalla 
commissione 
esaminatrice 
secondo 
l'ordine 
dei 
punti 
della 
votazione 
complessiva 
riportata 
da 
ciascun 
candidato; 
sono 
dichiarati 
vincitori, nei 
limiti 
dei 
posti 
complessivamente 
messi 
a 
concorso, i 
candidati 
utilmente 
collocati 
nelle 
graduatorie 
di 
merito. 
giusta 
l�art. 
15, 
comma 
4, D.P.R. n. 487/1994, �La graduatoria di 
merito unitamente 
a quella 
dei 
vincitori 
del 
concorso, 
� 
approvata 
con 
decreto 
del 
Ministro 
per 
la 
funzione 
pubblica o dall'autorit� competente 
nel 
caso in cui 
il 
concorso sia bandito da 
altre pubbliche amministrazioni ed � immediatamente efficace�. 


in ordine 
alla 
efficacia 
della 
graduatoria 
nel 
tempo e 
il 
suo utilizzo si 
richiamano 
le 
disposizioni 
di 
cui 
all'articolo 
35, 
comma 
5-ter, 
del 
D.l.vo 
n. 
165/2001 ed all�art. 1, comma 361, legge n. 145/2018 soprariportate; 


6) 
eventuali 
atti 
di 
autotutela 
(annullamento 
o 
revoca 
del 
bando 
o 
del 
provvedimento di approvazione della graduatoria). 


(segue) 
Peculiarit� del corso-concorso. 


Va 
evidenziato - giusta 
l�art. 4 del 
D.P.R. n. 70/2013 - che 
l'accesso alle 
aree 
funzionali 
per le 
quali 
� 
richiesto il 
possesso del 
diploma 
di 
laurea, nelle 
amministrazioni 
dello 
Stato, 
anche 
ad 
ordinamento 
autonomo, 
e 
negli 
enti 
pubblici 
non economici, nonch� 
alla 
qualifica 
di 
funzionario di 
amministrazione 
negli 
enti 
pubblici 
di 
ricerca, 
avviene, 
in 
misura 
non 
superiore 
al 
cinquanta 
per cento dei 
posti, tramite 
corso-concorso selettivo bandito dalla 
Scuola 
nazionale 
dell'amministrazione 
(SnA) 
o 
dalle 
altre 
Scuole 
del 
Sistema 
unico 
del 
reclutamento e della formazione pubblica. 


di 
cui 
una 
pratica 
o 
a 
contenuto 
teorico-pratico, 
e 
in 
una 
prova 
orale. 
Conseguono 
l'ammissione 
al 
colloquio 
i 
candidati 
che 
abbiano 
riportato 
in 
ciascuna 
prova 
scritta 
una 
votazione 
di 
almeno 
21/30 
o 
equivalente. Il 
colloquio verte 
sulle 
materie 
oggetto delle 
prove 
scritte 
e 
sulle 
altre 
indicate 
nel 
bando 
e 
si 
intende 
superato con una votazione 
di 
almeno 21/30 o equivalente. 2. I bandi 
di 
concorso possono 
stabilire 
che 
una delle 
prove 
scritte 
per 
l'accesso ai 
profili 
professionali 
della settima qualifica o categoria 
superiore 
consista in una serie 
di 
quesiti 
a risposta sintetica. Per 
i 
profili 
professionali 
delle 
qualifiche 
o categorie 
di 
livelli 
inferiori 
al 
settimo, il 
bando di 
concorso relativo pu� stabilire 
che 
le 
prove 
consistano 
in 
appositi 
tests 
bilanciati 
da 
risolvere 
in 
un 
tempo 
predeterminato, 
ovvero 
in 
prove 
pratiche 
attitudinali 
tendenti 
ad accertare 
la maturit� e 
la professionalit� dei 
candidati 
con riferimento alle 
attivit� 
che 
i 
medesimi 
sono chiamati 
a svolgere. 2-bis. Le 
prove 
di 
esame 
possono essere 
precedute 
da 
forme 
di 
preselezione 
predisposte 
anche 
da aziende 
specializzate 
in selezione 
di 
personale. I contenuti 
di 
ciascuna 
prova 
sono 
disciplinati 
dalle 
singole 
amministrazioni 
le 
quali 
possono 
prevedere 
che 
le 
prove 
stesse 
siano 
predisposte 
anche 
sulla 
base 
di 
programmi 
elaborati 
da 
esperti 
in 
selezione. 
3. 
Il 
punteggio finale 
� 
dato dalla somma della media dei 
voti 
conseguiti 
nelle 
prove 
scritte 
o pratiche 
o teorico-
pratiche e della votazione conseguita nel colloquio�. 

(25) Cos� l�art. 11, comma 5, D.P.R. n. 487/1994. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


i bandi 
di 
concorso per l'ammissione 
ai 
corsi-concorso indicano, tra 
l'altro: 
a) il 
titolo di 
studio di 
ammissione 
al 
concorso: 
i 
candidati 
non dipendenti 
pubblici 
devono essere 
in possesso almeno della 
laurea 
specialistica 
o magistrale 
oppure 
del 
diploma 
di 
laurea 
conseguito secondo gli 
ordinamenti 
didattici 
previgenti 
al 
decreto ministeriale 
3 novembre 
1999, n. 509; 
i 
candidati 
gi� 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
pubbliche 
devono 
essere 
in 
possesso 
almeno 
della 
laurea 
triennale 
con esperienza 
professionale 
almeno triennale 
nell'ambito 
della 
pubblica 
amministrazione; 
b) il 
numero degli 
allievi 
da 
ammettere 
al 
corso-concorso selettivo, pari 
al 
numero dei 
posti 
da 
ricoprire, maggiorato 
del 
venti 
per cento; 
c) le 
diverse 
classi 
di 
concorso, determinate 
in funzione 
dei 
profili 
professionali; 
d) i 
criteri 
relativi 
alle 
prove 
concorsuali 
consistenti 
in due 
prove 
scritte, eventualmente 
precedute 
da 
una 
prova 
preselettiva, e 
una 
prova 
orale 
che 
comprende 
un colloquio diretto ad accertare 
la 
conoscenza 
di 
almeno una 
lingua 
straniera 
comunitaria 
tra 
le 
seguenti: 
inglese, francese, tedesco 
e spagnolo. 


i 
concorsi 
di 
ammissione 
ai 
corsi-concorso 
selettivi 
si 
definiscono 
con 
l�approvazione delle graduatorie dei vincitori. 


una 
volta 
ammessi 
al 
corso-concorso, vi 
� 
la 
fase 
formativa 
disciplinata 
dall�art. 5 D.P.R. n. 70/2013, il 
quale 
cos� 
statuisce: 
�1. Le 
modalit� di 
svolgimento 
del 
semestre 
di 
formazione 
iniziale 
del 
corso-concorso, della valutazione 
continua, 
dell'esame 
conclusivo 
della 
fase 
di 
formazione 
iniziale 
e 
dell'esame 
finale 
sono 
stabilite 
con 
delibera 
del 
Comitato 
per 
il 
coordinamento 
delle 
scuole 
pubbliche 
di 
formazione 
[�]. 3. accedono all'esame 
conclusivo 
della fase 
di 
formazione 
iniziale 
gli 
allievi 
che 
conseguono nella valutazione 
continua 
una 
media 
delle 
votazioni 
pari 
almeno 
a 
ottanta 
su 
cento 
ed 
abbiano 
frequentato almeno l'ottanta percento del 
corso. Superano l'esame 
gli 
allievi 
che 
si 
collocano 
in 
graduatoria 
nel 
limite 
dei 
posti 
individuati 
con 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
[�]. 
4. Gli 
allievi 
che 
superano l'esame 
di 
cui 
al 
comma 
3 
vengono 
assegnati 
alle 
amministrazioni 
di 
destinazione, 
scelte 
sulla base 
delle 
preferenze 
espresse 
secondo l'ordine 
della graduatoria 
di 
merito, per 
svolgere 
un periodo di 
formazione 
specialistica di 
tre 
mesi. Le 
amministrazioni 
di 
destinazione 
determinano 
le 
modalit� 
di 
svolgimento 
della 
formazione 
specialistica 
[�]. 
5. 
a 
conclusione 
del 
periodo 
di 
formazione 
specialistica 
gli 
allievi 
sostengono 
un 
esame 
finale, 
consistente 
in 
una 
prova 
scritta di 
carattere 
pratico e 
in una prova orale, basato sugli 
ambiti 
di 
competenza 
dell'amministrazione 
presso 
la 
quale 
sar� 
assegnato 
il 
candidato. 
Superano 
l'esame 
finale 
gli 
allievi 
che 
conseguono 
una 
votazione 
di 
almeno 
ottanta 
su 
cento. 
6. 
Le 
graduatorie 
dei 
vincitori 
per 
ciascuna 
amministrazione 
di 
assegnazione 
degli 
allievi 
sono approvate 
con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
e 
pubblicate 
sui 
siti 
istituzionali 
[�]. 
7. La Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
-Dipartimento 
della 
funzione 
pubblica 
provvede 
all'assegnazione dei vincitori alle amministrazioni di destinazione�. 



ContRiButi 
Di 
DottRinA 


B) Personale dirigenziale. 


Per 
l'accesso 
alla 
qualifica 
di 
dirigente 
nelle 
amministrazioni 
statali, 
anche 
ad ordinamento autonomo, e 
negli 
enti 
pubblici 
non economici, in attuazione 
dell'articolo 28 D.l.vo n. 165/2001 sono previste 
due 
strade, modalizzate 
dal 


D.P.R. 24 settembre 2004, n. 272 (26). 
Preliminarmente 
va 
rilevato che 
nel 
caso in cui 
il 
numero dei 
candidati 
sia 
pari 
o superiore 
a 
tre 
volte 
il 
numero dei 
posti 
ovvero delle 
borse 
di 
studio 
messi 
a 
concorso, pu� essere 
prevista 
una 
prova 
preselettiva 
- con test 
- per 
determinare 
l'ammissione 
dei 
candidati 
alle 
successive 
prove 
scritte. il 
bando 
di 
concorso stabilisce 
i 
criteri 
di 
superamento della 
prova 
preselettiva. l'esito 
della 
prova 
preselettiva 
non 
concorre 
alla 
formazione 
del 
voto 
finale 
di 
merito. 

l'accesso 
alla 
qualifica 
di 
dirigente 
nelle 
amministrazioni 
avviene 
per 
concorso pubblico per titoli 
ed esami, indetto dalle 
singole 
amministrazioni, 
nella 
percentuale 
massima 
del 
cinquanta 
per cento dei 
posti 
da 
ricoprire 
(27). 

il 
concorso 
consiste 
nello 
svolgimento 
di 
due 
prove 
scritte 
e 
di 
una 
prova 
orale. 
nel 
caso 
di 
concorsi 
per 
l'accesso 
alla 
dirigenza 
tecnica 
l'amministrazione 
pu� 
prevedere 
una 
terza 
prova 
scritta 
obbligatoria, 
da 
indicare 
nel 
bando 
di 
concorso, 
volta 
alla 
verifica 
dell'attitudine 
all'esercizio 
degli 
specifici 
compiti 
connessi 
al 
posto 
da 
ricoprire. 
la 
prima 
prova 
scritta, 
a 
contenuto 
teorico, 
verte 
sulle 
materie 
indicate 
nel 
bando 
di 
concorso. 
l'altra 
prova, 
a 
contenuto 
pratico, 
� 
diretta 
ad 
accertare 
l'attitudine 
dei 
candidati 
alla 
soluzione 
corretta, 
sotto 
il 
profilo 
della 
legittimit�, 
della 
convenienza 
e 
della 
efficienza 
ed 
economicit� 
organizzativa, 
di 
questioni 
connesse 
con 
l'attivit� 
istituzionale 
del-
l'amministrazione 
che 
ha 
indetto 
il 
concorso. 
la 
prova 
orale 
consiste 
in 
un 
colloquio 
sulle 
materie 
indicate 
nel 
bando 
di 
concorso 
e 
mira 
ad 
accertare 
la 
preparazione 
e 
la 
professionalit� 
del 
candidato, 
nonch� 
l'attitudine 
all'espletamento 
delle 
funzioni 
dirigenziali. 
nell'�mbito 
della 
prova 
orale, 
al 
fine 
di 
valutare 
la 
conoscenza, 
da 
parte 
del 
candidato, 
della 
lingua 
straniera 
ad 
un 
livello 
avanzato, 
� 
prevista 
la 
lettura, 
la 
traduzione 
di 
testi 
e 
la 
conversazione 
in 
una 
lingua 
straniera 
scelta 
dal 
candidato 
tra 
quelle 
indicate 
nel 
bando. 
nel 
corso 
della 
prova 
orale 
� 
accertata 
la 
conoscenza 
a 
livello 
avanzato 
dell'uti


(26) 
il 
D.l.vo 
n. 
165 
del 
2001, 
con 
riguardo 
alla 
problematica 
della 
selezione 
della 
dirigenza, 
non impone 
agli 
enti 
territoriali 
- o diversi 
da 
quelli 
considerati 
nell�art. 1 D.P.R. n. 272/2004 - la 
disciplina 
statale, ma 
ne 
riconosce 
implicitamente 
l'autonomia 
statutaria 
e 
regolamentare, e 
ci� in sintonia 
con le 
disposizioni 
di 
cui 
all'art. 114 Cost., comma 
2 (cos� 
Cons. Stato Sez. Vi, 18 gennaio 2007, n. 83, 
con riguardo agli enti locali). 
(27) Cos� 
l�art. 3 D.P.R. n. 272/2004 che 
precisa: 
�2. La percentuale 
dei 
posti 
da riservare 
al 
personale 
dipendente 
dell'amministrazione 
che 
indice 
il 
concorso � 
pari 
al 
trenta per 
cento dei 
posti 
messi 
a concorso. 2-bis. Con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
sono stabiliti 
i 
titoli 
valutabili 
nell'ambito del 
concorso di 
cui 
al 
comma 1 ed il 
valore 
massimo assegnabile 
ad ognuno di 
essi 
nell'ambito 
della 
procedura 
concorsuale. 
Il 
valore 
complessivo 
dei 
titoli 
non 
pu� 
superare 
il 
quaranta 
per 
cento 
della votazione finale del candidato�. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


lizzo 
del 
personal 
computer 
e 
dei 
software 
applicativi 
pi� 
diffusi 
da 
realizzarsi 
anche 
mediante 
una 
verifica 
pratica, 
nonch� 
la 
conoscenza 
da 
parte 
del 
candidato 
delle 
problematiche 
e 
delle 
potenzialit� 
connesse 
all'uso 
degli 
strumenti 
informatici 
in 
relazione 
ai 
processi 
comunicativi 
in 
rete, 
all'organizzazione 
e 
gestione 
delle 
risorse 
e 
al 
miglioramento 
dell'efficienza 
degli 
uffici 
e 
dei 
servizi. 
Ciascuna 
prova 
� 
valutata 
in 
centesimi 
e 
si 
intende 
superata 
con 
un 
punteggio 
non 
inferiore 
a 
settanta 
centesimi. 
il 
punteggio 
complessivo 
� 
determinato 
sommando 
i 
voti 
riportati 
in 
ciascuna 
prova 
scritta 
ed 
il 
voto 
riportato 
nella 
prova 
orale, 
nonch� 
il 
punteggio 
conseguito 
all'esito 
della 
valutazione 
dei 
titoli 
(28). 


i 
vincitori 
del 
concorso 
sono 
assunti 
dall'amministrazione 
e, 
anteriormente 
al 
conferimento del 
primo incarico dirigenziale, sono tenuti 
a 
frequentare 
un 
ciclo 
di 
attivit� 
formative, 
organizzato 
dalla 
Scuola 
nazionale 
dell'Amministrazione (SnA) (29). 


l'accesso alla 
qualifica 
di 
dirigente 
nelle 
amministrazioni, per una 
percentuale 
non 
inferiore 
al 
cinquanta 
per 
cento 
dei 
posti 
da 
ricoprire, 
avviene 
per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla SnA (30). 

la 
SnA 
entro 
il 
31 
dicembre 
di 
ogni 
anno 
bandisce 
un 
concorso 
pubblico 
per 
esami 
per 
l'ammissione 
al 
corso-concorso 
selettivo 
di 
formazione 
dirigenziale 
per il 
reclutamento di 
dirigenti. il 
bando di 
concorso contiene, tra 
l'altro, 
il 
numero dei 
posti 
destinati 
al 
corso-concorso, i 
criteri 
di 
svolgimento della 
eventuale 
prova 
preselettiva 
e 
delle 
prove 
di 
esame 
(art. 
8 
D.P.R. 
n. 
272/2004). 
gli 
esami 
per l'ammissione 
al 
corso-concorso di 
formazione 
dirigenziale 
consistono 
in tre 
prove 
scritte, di 
cui 
una 
sulla 
conoscenza 
della 
lingua 
straniera, 
ed in una 
prova 
orale. Ciascuna 
prova 
� 
valutata 
in centesimi 
e 
si 
intende 
superata 
con 
un 
punteggio 
non 
inferiore 
a 
settanta 
centesimi 
(art. 
9 
D.P.R. 
n. 
272/2004). 
Al 
corso-concorso 
di 
formazione 
dirigenziale 
sono 
ammessi 
i 
candidati 
utilmente 
inseriti 
nella 
graduatoria 
del 
concorso di 
ammissione 
entro il 
limite 
del 
numero 
dei 
posti 
disponibili 
maggiorato 
del 
venti 
per 
cento. 
la 
graduatoria 
di 
merito 
del 
concorso 
di 
ammissione 
al 
corso-concorso 
� 
predisposta 
dalla 
commissione 
esaminatrice 
in 
base 
al 
punteggio 
finale 
conseguito 
da 
ciascun 
candidato, costituito dalla 
somma 
dei 
voti 
di 
ciascuna 
delle 
prove 
scritte 
e 
dal 
voto 
della 
prova 
orale 
(art. 
10 
D.P.R. 
n. 
272/2004). 
la 
fase 
di 
formazione 
generale 
del 
corso-concorso ha 
la 
durata 
di 
otto mesi, con valutazione 
continua, 
ed 
esame 
conclusivo 
della 
fase 
di 
formazione 
specialistica 
ed 
esame 
finale 
(art. 
12 
D.P.R. 
n. 
272/2004). 
gli 
allievi 
che 
conseguono 
nella 
valutazione 
continua 
una 
media 
delle 
votazioni 
pari 
almeno a 
ottanta 
su cento accedono al


(28) le descritte modalit� sono dettate dall�art. 5 D.P.R. n. 272/2004. 
(29) il ciclo di attivit� formative e descritto nell�art. 6 D.P.R. n. 272/2004. 
(30) Cos� l�art. 7 D.P.R. n. 272/2004. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


l'esame 
conclusivo 
della 
fase 
di 
formazione 
generale. 
Superano 
l'esame 
gli 
allievi 
che 
si 
collocano 
in 
graduatoria 
nel 
limite 
dei 
posti 
di 
dirigente 
in 
concorso 
(art. 13 D.P.R. n. 272/2004). gli 
allievi 
che 
superano l'esame 
conclusivo vengono 
assegnati 
alle 
amministrazioni 
di 
destinazione, 
scelte 
sulla 
base 
delle 
preferenze 
espresse 
secondo l'ordine 
della 
graduatoria 
di 
merito, per svolgere 
un periodo di 
formazione 
specialistica 
di 
quattro mesi. A 
conclusione 
del 
periodo 
di 
formazione 
specialistica 
gli 
allievi 
sostengono un esame 
finale. Superano 
l'esame 
finale 
gli 
allievi 
che 
conseguono 
una 
votazione 
di 
almeno 
ottanta 
su 
cento 
(art. 
14 
D.P.R. 
n. 
272/2004). 
le 
graduatorie 
dei 
vincitori 
sono 
approvate 
con 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
che 
provvede, 
poi, 
all'assegnazione 
dei 
vincitori 
alle 
amministrazioni 
di 
destinazione 
(art. 
15 


D.P.R. n. 272/2004). 
8. Procedure selettive non concorsuali. 
Dal 
meccanismo 
concorsuale 
vanno 
distinte 
le 
procedure 
selettive 
non 
concorsuali, 
ossia 
le 
assunzioni 
dirette 
ovvero 
procedure 
di 
mera 
verifica 
della 
idoneit� 
dei 
soggetti 
da 
assumere 
in quanto titolari 
di 
riserva 
o iscritti 
in apposita 
lista 
o in possesso di 
determinati 
requisiti. in tali 
ipotesi 
infatti 
il 
possesso 
dei 
requisiti 
richiesti 
e 
l�idoneit� 
si 
valutano in termini 
assoluti, senza 
dare vita ad una graduatoria di merito. 

Costituiscono procedure selettive non concorsuali: 


a) 
Avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento; 


b) 
Assunzione obbligatoria di categorie protette; 


c) 
utilizzo 
delle 
graduatorie 
permanenti, 
poi 
trasformate 
in 
graduatorie 
ad 
esaurimento, 
del 
personale 
docente 
ed 
AtA 
(ex 
D.l.vo 
16 
aprile 
1994, 
n. 
297); 


d) 
Assunzione 
dei 
lavoratori 
socialmente 
utili 
- l.S.u. presso comuni 
e 
province; 


e) 
Stabilizzazione personale precario (31). 

in questi 
casi 
deve 
escludersi 
qualsiasi 
attivit� 
autoritativa 
sulla 
base 
di 
valutazioni discrezionali. 


(31) Prevista 
in varie 
disposizioni, tra 
cui: 
art. 1, commi 
519 e 
520, l. 27 dicembre 
2006, n. 296 
e, da 
ultimo, art. 20 D.l.vo 25 maggio 2017, n. 75, il 
cui 
primo comma 
dispone: 
�Le 
amministrazioni, 
al 
fine 
di 
superare 
il 
precariato, ridurre 
il 
ricorso ai 
contratti 
a termine 
e 
valorizzare 
la professionalit� 
acquisita dal 
personale 
con rapporto di 
lavoro a tempo determinato, possono, nel 
triennio 2018-2020, 
in 
coerenza 
con 
il 
piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
di 
cui 
all'articolo 
6, 
comma 
2, 
e 
con 
l'indicazione 
della 
relativa 
copertura 
finanziaria, 
assumere 
a 
tempo 
indeterminato 
personale 
non 
dirigenziale 
che 
possegga 
tutti 
i 
seguenti 
requisiti: a) risulti 
in servizio successivamente 
alla data di 
entrata in vigore 
della legge 
n. 124 del 
2015 con contratti 
a tempo determinato presso l'amministrazione 
che 
procede 
all'assunzione 
o, in caso di 
amministrazioni 
comunali 
che 
esercitino funzioni 
in forma associata, anche 
presso le 
amministrazioni 
con 
servizi 
associati; 
b) 
sia 
stato 
reclutato 
a 
tempo 
determinato, 
in 
relazione 
alle 
medesime 
attivit� svolte, con procedure 
concorsuali 
anche 
espletate 
presso amministrazioni 
pubbliche 
diverse 
da 
quella che 
procede 
all'assunzione; c) abbia maturato, al 
31 dicembre 
2017, alle 
dipendenze 
dell'amministrazione 
di 
cui 
alla lettera a) che 
procede 
all'assunzione, almeno tre 
anni 
di 
servizio, anche 
non continuativi, 
negli ultimi otto anni�. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


l�assenza 
di 
un 
bando, 
di 
una 
procedura 
di 
valutazione 
e 
di 
approvazione 
finale 
di 
una 
graduatoria 
che 
individui 
i 
vincitori, preclude 
di 
configurare 
una 
procedura 
concorsuale 
attribuita, ai 
sensi 
dell�art. 63 D.l.vo n. 165/2001, alla 
cognizione 
del 
giudice 
amministrativo. 
Sicch� 
le 
controversie 
relative 
alle 
procedure 
selettive 
non concorsuali 
rientrano nella 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario 
(32). 


9. Tecniche ulteriori di selezione dei fabbisogni. 
nell�individuazione 
delle 
risorse 
umane 
per lo svolgimento dei 
compiti 
delle 
PP.AA. 
occorre 
tenere 
conto 
di 
tecniche 
ulteriori 
rispetto 
a 
quelle 
descritte 
sopra. 


a) 
Contratti di consulenza. 


una 
prima 
tecnica 
� 
quella 
della 
stipulazione 
di 
contratti 
di 
collaborazione. 
la 
legge 
(art. 
7, 
D.l.vo 
n. 
165/2001) 
consente 
alle 
amministrazioni 
pubbliche 
- per specifiche 
esigenze 
cui 
non possono far fronte 
con personale 
in 
servizio 
-di 
conferire 
incarichi 
individuali, 
con 
contratti 
di 
lavoro 
autonomo, 
ad esperti 
di 
particolare 
e 
comprovata 
specializzazione 
anche 
universitaria, 
in presenza dei determinati presupposti di legittimit� (33). 

Dal 
momento che 
la 
stipula 
dei 
contratti 
di 
consulenza, nella 
prassi, era 
utilizzata 
per lo svolgimento di 
compiti 
ordinari 
ed i 
selezionati 
erano scelti 
con modalit� 
poco trasparenti, l�art. 7 citato, in tempi 
recenti, � 
stato modificato 
per cercare di eliminare le dette aporie. All�uopo si � statuito che: 


-� 
fatto divieto alle 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
stipulare 
contratti 
di 
collaborazione 
che 
si 
concretano in prestazioni 
di 
lavoro esclusivamente 
personali, 
continuative 
e 
le 
cui 
modalit� 
di 
esecuzione 
siano 
organizzate 
dal 
committente 
anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro; 
-le 
amministrazioni 
pubbliche 
disciplinano 
e 
rendono 
pubbliche, 
secondo 
i 
propri 
ordinamenti, 
procedure 
comparative 
per 
il 
conferimento 
degli 
incarichi 
di collaborazione. 


Va 
apprezzato 
lo 
sforzo 
del 
legislatore 
di 
condurre 
a 
fisiologia 
la 
stipula 
dei 
contratti 
in 
esame, 
alla 
luce 
della 
prassi 
diffusa 
di 
utilizzare 
le 
consulenze 


(32) 
Su 
tali 
aspetti: 
M. 
geRARDo, 
A. 
MutARelli, 
Il 
processo 
nelle 
controversie 
di 
lavoro 
pubblico, 
giuffr�, 2012, pp. 92-94. 
(33) 
�a) 
l'oggetto 
della 
prestazione 
deve 
corrispondere 
alle 
competenze 
attribuite 
dall'ordinamento 
all'amministrazione 
conferente, 
ad 
obiettivi 
e 
progetti 
specifici 
e 
determinati 
e 
deve 
risultare 
coerente 
con le 
esigenze 
di 
funzionalit� dell'amministrazione 
conferente; b) l'amministrazione 
deve 
avere 
preliminarmente 
accertato l'impossibilit� oggettiva di 
utilizzare 
le 
risorse 
umane 
disponibili 
al 
suo interno; 
c) la prestazione 
deve 
essere 
di 
natura temporanea e 
altamente 
qualificata; non � 
ammesso il 
rinnovo; 
l'eventuale 
proroga 
dell'incarico 
originario 
� 
consentita, 
in 
via 
eccezionale, 
al 
solo 
fine 
di 
completare 
il 
progetto e 
per 
ritardi 
non imputabili 
al 
collaboratore, ferma restando la misura del 
compenso 
pattuito 
in 
sede 
di 
affidamento 
dell'incarico; 
d) 
devono 
essere 
preventivamente 
determinati 
durata, 
oggetto e compenso della collaborazione� 
(art. 7, comma 6, D.l.vo n. 165/2001). 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


quale 
strumento 
clientelare. 
non 
� 
raro, 
infatti, 
che, 
il 
sindaco 
o 
il 
presidente 
di 
un 
dato 
ente 
conferisca 
un 
incarico 
di 
consulenza 
-dall�oggetto 
fittizio 
-per 
distribuire 
prebende 
pubbliche 
a 
persone 
amiche. 


B) Contratti di incarichi dirigenziali. 


gli 
incarichi 
di 
funzione 
dirigenziale 
possono 
-entro 
un 
limite 
che 
oscilla 
tra 
il 
10 ed il 
15 % della 
dotazione 
organica 
dei 
dirigenti 
- essere 
conferiti, da 
ciascuna 
amministrazione, anche 
a 
dirigenti 
non appartenenti 
ai 
ruoli, purch� 
dipendenti 
delle 
amministrazioni 
di 
cui 
all'articolo 
1, 
comma 
2, 
D.l.vo 
n. 
165/2001, 
ovvero 
di 
organi 
costituzionali, 
previo 
collocamento 
fuori 
ruolo, 
aspettativa 
non 
retribuita, 
comando 
o 
analogo 
provvedimento 
secondo 
i 
rispettivi 
ordinamenti (art. 19, comma 5 
bis, D.l.vo n. 165/2001). 


gli 
incarichi 
di 
funzione 
dirigenziale 
possono 
-entro 
un 
limite 
che 
oscilla 
tra 
l�8 ed il 
10 % della 
dotazione 
organica 
dei 
dirigenti 
- essere 
conferiti, da 
ciascuna 
amministrazione, 
fornendone 
esplicita 
motivazione, 
a 
persone 
di 
particolare 
e 
comprovata 
qualificazione 
professionale, non rinvenibile 
nei 
ruoli 
dell'Amministrazione, 
che 
abbiano 
svolto 
attivit� 
in 
organismi 
ed 
enti 
pubblici 


o privati 
ovvero aziende 
pubbliche 
o private 
con esperienza 
acquisita 
per almeno 
un quinquennio in funzioni 
dirigenziali, o che 
abbiano conseguito una 
particolare 
specializzazione 
professionale, culturale 
e 
scientifica 
desumibile 
dalla 
formazione 
universitaria 
e 
postuniversitaria, 
da 
pubblicazioni 
scientifiche 
e 
da 
concrete 
esperienze 
di 
lavoro 
maturate 
per 
almeno 
un 
quinquennio, 
anche 
presso amministrazioni 
statali, ivi 
comprese 
quelle 
che 
conferiscono gli 
incarichi, 
in posizioni 
funzionali 
previste 
per l'accesso alla 
dirigenza, o che 
provengano 
dai 
settori 
della 
ricerca, 
della 
docenza 
universitaria, 
delle 
magistrature 
e 
dei 
ruoli 
degli 
avvocati 
e 
procuratori 
dello Stato. la 
durata 
di 
tali 
incarichi, 
non pu� eccedere, a 
seconda 
dei 
casi 
il 
termine 
di 
tre 
anni 
o cinque 
anni. Per 
il 
periodo 
di 
durata 
dell'incarico, 
i 
dipendenti 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
sono collocati 
in aspettativa 
senza 
assegni, con riconoscimento dell'anzianit� 
di servizio (art. 19, comma 6, D.l.vo n. 165/2001). 
nella 
prassi 
i 
contratti 
in esame, sono, in sostanza, utilizzati 
per diversificate 
finalit�: 


- supplire a carenze di personale dirigenziale; 
-avvalersi 
di 
persone 
di 
assoluta 
fiducia 
nello 
svolgimento 
di 
compiti 
politici, 
come 
nel 
caso 
dei 
preposti 
agli 
uffici 
di 
diretta 
collaborazione 
del 
vertice 
politico ex 
art. 14, comma 2, D.l.vo n. 165/2001; 


- come strumento clientelare. 
C) 
Assistenza 
tecnica 
in 
virt� 
di 
contratti 
di 
servizio 
con 
operatori 
esterni 


o contratti di servizio con enti 
in house. 
Fenomeno diffuso nelle 
dinamiche 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
� 
la 
stipula 
di 
un 
peculiare 
contratto 
di 
servizio 
il 
cui 
oggetto 
� 
costituito 
dalla 
fornitura 
di 
assistenza 
tecnica. Con tale 
contratto l�ente 
pubblico mira 
a 
conse



RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


guire, ad esempio, le 
attivit� 
di: 
affiancamento, supporto per il 
monitoraggio 
e 
supporto 
specialistico 
per 
particolari 
progetti; 
di 
assistenza 
di 
marketing 
territoriale; 
di 
assistenza 
tecnica 
di 
attuazione 
della 
strategia 
di 
comunicazione 
di 
policy; 
di 
assistenza 
tecnica 
in materia 
di 
programmazione 
economica; 
di 
progettazione 
e 
gestione 
di 
procedure 
informatiche 
ancillari 
ad 
una 
attivit� 
produttiva; 
di 
supporto nella 
certificazione 
della 
spesa 
di 
programmi 
comunitari; 
di 
assistenza 
tecnica 
alle 
attivit� 
di 
coordinamento, attuazione, monitoraggio, 
controllo di programmi comunitari; ecc.. 


in conseguenza 
della 
stipula 
dei 
contratti 
di 
servizio sopradescritti 
determinate 
risorse 
umane, inglobate 
nel 
complessivo servizio erogato dall�appaltatore, 
contribuiscono 
allo 
svolgimento 
dei 
compiti 
degli 
enti 
pubblici 
committenti. 


Con tali 
contratti 
lo Stato e 
gli 
enti 
territoriali, utilizzano - indirettamente 


-risorse 
esterne 
per lo svolgimento di 
attivit� 
che 
richiedono una 
elevata 
specializzazione, 
sopperendo ad un deficit 
interno di 
idonee 
risorse 
umane. Questo 
� quanto accade per il ciclo della gestione dei fondi comunitari. 
Di 
questo dato - in un discorso teso ad individuare 
l�efficacia 
dell�azione 
amministrativa - occorre necessariamente tenere conto. 


10. Considerazioni conclusive e de jure condendo. 
il 
descritto 
quadro 
delinea 
il 
procedimento 
concorsuale 
come 
qualcosa 
di 
farraginoso, 
a 
partire 
dal 
quadro 
programmatorio, 
per 
proseguire 
con 
gli 
adempimenti 
prodromici 
e 
concludere 
con 
l�iter 
concorsuale 
vero 
e 
proprio. 


� 
necessaria 
una 
profonda 
rivisitazione 
dei 
procedimenti 
al 
fine 
di 
pervenire, 
in 
modo 
consapevole, 
al 
reperimento 
sollecito 
delle 
idonee 
risorse 
umane per lo svolgimento dei compiti delle PP.AA. 


a) Quadro programmatorio. 


Sarebbe 
auspicabile 
la 
fusione 
(per incorporazione) del 
Piano triennale 
dei 
fabbisogni 
del 
Personale 
nel 
Piano 
della 
Performance. 
Ambedue 
i 
piani 
hanno 
un 
orizzonte 
triennale. 
le 
risorse 
umane, 
in 
fondo, 
costituiscono 
un 
aspetto 
del 
Piano 
della 
Performance: 
i 
mezzi 
umani 
per 
realizzare 
gli 
obiettivi 
strategici 
ed operativi. l�unificazione 
dei 
Piani 
comporterebbe 
altres� 
l�eliminazione 
della rincorsa reciproca tra i due Piani. 


Per 
vero, 
l�optimum 
a 
livello 
programmatorio 
� 
l�adozione 
di 
un 
unico 
Piano che inglobi: 


- Piano della 
Performance; 
-Piano triennale 
dei 
fabbisogni 
del 
Personale 
(strumentale, sotto il 
profilo 
delle 
risorse 
umane, alla 
realizzazione 
degli 
obiettivi 
declinati 
nel 
piano 
della 
performance); 
-Bilancio (strumentale, sotto il 
profilo delle 
risorse 
finanziarie, alla 
realizzazione 
degli obiettivi declinati nel piano della 
performance); 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


-Piano triennale 
delle 
Azioni 
Positive 
e 
Piano di 
Prevenzione 
della 
corruzione 
e 
della 
trasparenza 
(contenenti 
obiettivi 
reputati 
connotativi 
del-
l�ente). 


ove 
ci� 
non 
sia 
possibile, 
sarebbe 
opportuno 
almeno 
un 
allineamento 
temporale. 


B) 
Adempimenti prodromici. 


la 
procedura 
di 
mobilit� 
- d�ufficio o volontaria 
- andrebbe 
ben modalizzata 
nel 
Piano triennale 
dei 
fabbisogni 
del 
Personale, con una 
attivazione 
anche 
parallela 
ed 
autonoma 
dal 
concorso. 
Vuol 
dirsi 
che 
ove 
l�ente 
decida 
motivatamente 
di 
ricorrere 
ad 
una 
mobilit� 
parziale 
-ad 
esempio 
20% 
del 
fabbisogno 
da 
ricoprire 
con mobilit� 
ed 80% mediante 
concorso - le 
due 
procedure 
ben possono partire 
in modo parallelo, senza 
che 
una 
condizioni 
l�altra. 
Beninteso 
con 
dei 
correttivi 
procedimentali 
nell�evenienza 
che 
la 
mobilit� 
non 
vada 
a 
buon fine, ad esempio con la 
previsione 
ex 
ante 
della 
possibilit� 
del-
l�aumento degli assunti mediante concorso. 


C) iter concorsuale. 


innanzitutto 
il 
quadro 
normativo 
dovrebbe 
essere 
unitario, 
onde 
evitare 
complicazioni. 
All�attualit� 
intervengono 
a 
regolare 
le 
procedure, 
tra 
l�altro: 


- l�art. 35 D.l.vo n. 165/2001; 
-il 
D.P.R. 
n. 
487/1994 
(Regolamento 
recante 
norme 
sull'accesso 
agli 
impieghi 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
le 
modalit� 
di 
svolgimento 
dei 
concorsi, 
dei 
concorsi 
unici 
e 
delle 
altre 
forme 
di 
assunzione 
nei 
pubblici 
impieghi); 
-linee 
guida 
di 
indirizzo amministrativo ex 
art. 35, comma 
5.2, D.l.vo 
n. 165/2001; 
-disposizioni 
prevedenti 
la 
semplificazione 
delle 
procedure 
(ad es.: 
art. 
14, commi 10-ter 
e 10-novies, D.l. n. 4/2019). 
� 
auspicabile, 
quindi, 
una 
riforma 
omogeneizzatrice 
delle 
fonti 
del 
diritto 
sulla materia. 
Ci� premesso, si 
rileva 
che 
l�iter procedimentale 
nei 
suoi 
momenti 
significati 
� 
ormai 
standardizzato: 
meccanismo 
della 
preselezione 
mediante 
test 
nel 
caso di 
numerosi 
partecipanti 
al 
concorso (triplo dei 
posti 
messi 
a 
concorso), 
prove scritte ed orali. 


tre sono le accortezze da tenere presente. 


1) 
il 
meccanismo concorsuale 
dovrebbe 
riguardare 
le 
esigenze 
assunzionali 
degli 
enti 
pubblici 
ricadenti 
in uno specifico - e 
gestibile 
- ambito territoriale. 
Difatti: 


-� 
antieconomica 
la 
procedura 
assunzionale 
espletata 
per 
ciascun 
ente 
che 
necessiti 
di 
personale. occorrerebbe 
creare 
una 
sorta 
di 
centrali 
di 
committenza 
per la provvista delle risorse umane; 


- � ingestibile una procedura assunzionale a livello nazionale. 
il 
giusto bacino potrebbe 
essere 
quello regionale 
(almeno per le 
regioni 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


pi� grandi, come 
ad esempio la 
lombardia) o sovraregionale 
(come 
ad esempio 
l�area 
comprendente 
le 
Marche 
e 
l�umbria). 
un 
possibile 
modello 
potrebbe 
essere il seguente: 


a) coordinamento operato dal 
Dipartimento della 
Funzione 
Pubblica, al 
fine 
di 
omogeneizzare 
le 
procedure, specie 
con riguardo alla 
tipologia 
delle 
prove ed ai profili professionali da selezionare; 


b) 
unica 
procedura 
concorsuale 
gestita 
da 
una 
regione 
(ci� per le 
regioni 
pi� grandi) o da 
pi� regioni 
in consorzio (ci� per le 
regioni 
pi� piccole) con la 
quale 
selezionare 
i 
fabbisogni 
di 
personale 
necessari 
agli 
uffici 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
ubicati 
nella 
regione 
o 
area 
sovraregionale 
(uffici 
periferici 
delle 
amministrazioni 
statali 
e 
degli 
enti 
nazionali; 
uffici 
degli 
enti 
territoriali; 
uffici degli enti infraregionali). 


l�ente 
gestore, regione 
o pi� regioni 
in consorzio, funziona, in un certo 
senso, come 
una 
centrale 
di 
committenza, come 
un ente 
�neutro�, al 
servizio 
delle necessit� assunzionali degli enti pubblici. 


l�unica 
procedura 
concorsuale 
dovr� 
prevedere 
tanti 
bandi 
quanti 
sono i 
profili 
professionali 
da 
selezionare, come 
emergenti 
dal 
piano dei 
fabbisogni 
del 
personale. ovviamente 
i 
bandi 
attiveranno procedimenti 
concorsuali 
paralleli, 
ciascuno con la propria commissione esaminatrice. 


l�unica 
procedura 
concorsuale 
dovrebbe 
svolgersi 
con 
cadenza 
triennale 
e 
puntare 
alla 
selezione 
delle 
risorse 
umane 
necessarie 
nel 
successivo 
triennio 
aumentate 
della 
met�. 
Ad 
esempio: 
nel 
2019 
si 
svolge 
il 
concorso 
che 
punta 
alla 
selezione 
di 
X 
idonei; 
il 
concorso 
andrebbe 
concluso 
entro 
l�anno; 
il 
numero 
degli 
idonei 
deve 
corrispondere 
al 
numero 
delle 
risorse 
umane 
di 
cui 
si 
prevede 
il 
collocamento 
in 
quiescenza 
nel 
triennio 
20202021-
2022, 
aumentato 
della 
met� 
per 
fare 
luogo 
alle 
sopravvenienze. 
in 
tal 
modo, 
a 
mano 
a 
mano 
che 
si 
verificano 
le 
vacanze 
in 
organico 
si 
attinge, 
senza 
soluzione 
di 
continuit�, 
ad 
un 
bacino 
pronto 
alla 
bisogna. 
nel 
2022 
si 
svolge 
il 
concorso 
per 
la 
selezione 
del 
fabbisogno 
nel 
triennio 
2023-20242025 
e 
cos� 
via. 


la 
graduatoria 
dovrebbe 
avere 
una 
efficacia 
triennale, con la 
cessazione 
del suo vigore alla data della approvazione della successiva graduatoria. 

2) 
nella 
selezione 
e 
formazione 
della 
risorsa 
umana 
imprescindibile 
� 
la 
preparazione 
giuridica, attesi 
i 
connotati 
organizzativi 
della 
P.A. italiana, che 
agisce 
per atti 
amministrativi 
necessitanti 
del 
requisito della 
motivazione, che 
deve 
rispettare 
piani 
e/o programmi 
-DeF, Piano della 
Performance, Piano 
triennale 
dei 
fabbisogni 
del 
Personale, Piano triennale 
delle 
Azioni 
Positive, 
Piano di 
Prevenzione 
della 
corruzione 
e 
della 
trasparenza, Programmazione 
comunitaria - fortemente caratterizzati dall�elemento giuridico. 


Va 
registrato che 
nella 
prassi 
attuale 
l�elemento giuridico, � 
tenuto non 
in cale. Ad esempio nella 
preselezione 
dell�ultimo concorso per dirigenti 
gestito 
dalla 
SnA 
su sessanta 
quesiti 
ventiquattro erano di 
logica, cinque 
di 
in



ContRiButi 
Di 
DottRinA 


glese, quindici 
di 
carattere 
economico e 
sedici 
di 
carattere 
giuridico. All�evidenza 
l�elemento giuridico � squilibrato. 


3) 
tra 
le 
varie 
modalit� 
concorsuali 
-per 
esami, 
per 
titoli, 
per 
titoli 
ed 
esami, 
per 
corso-concorso 
-andrebbe 
privilegiata 
la 
modalit� 
del 
concorso 
per 
titoli ed esami. 


All�evidenza: 


- il concorso per soli esami non valorizza l�esperienza pregressa; 
-il 
concorso per soli 
titoli 
non valorizza 
le 
attitudini 
attuali 
dei 
candidati 
e le necessit� contingenti dell�amministrazione; 
-il 
corso-concorso, in teoria 
l�optimum, non si 
armonizza 
con le 
cadenze 
temporali 
della 
ragionevole 
tempistica 
di 
approvvigionamento 
delle 
risorse 
umane. 
la 
giusta 
esigenza 
della 
formazione 
mirata 
potrebbe 
essere 
soddisfatta 
con un periodo di prova in cui attuare la detta formazione. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


un incontro (studio comparativo) in tema di 
esecuzione delle decisioni giudiziarie. Visita di 
Studio a roma di una delegazione Indonesiana 
(*) 


IN 
aLLeGaTo: 
Premessa 
e 
obiettivi 
dell�Istituto 
indonesiano 
per 
la 
magistratura 
indipendente; 
due interventi sull�esperienza italiana. 


Comparative Study on 
alternative Solutions for the development of 
an effective Civil decisions enforcement System in indonesia 


By the Indonesian Institute for Independent Judiciary 
(�Lembaga Kajian dan advokasi Independensi Peradilan� or LeIP) 

Background 

Successful 
enforcement 
of court 
decisions 
is 
the 
final 
outcome 
expected 
by the 
litigant, especially the 
plaintiff or the 
applicant. Justice 
seekers 
follow 
through long trial 
processes, and spend time, energy and money, in the 
hope 
that 
the 
disputes 
they face 
will 
be 
resolved. however, those 
who won often 
end up disappointed by impediments 
at 
the 
execution stage, due 
to challenges 
encountered 
in 
existing 
regulations 
and 
implementation. 
An 
initial 
assessment 
of the 
enforcement 
of civil 
court 
decisions 
in indonesia 
conducted by the 
indonesian 
institute 
for independent 
Judiciary (leiP) from 
April 
to September 
2018 identified five key issues: 


1) 
A 
lack 
of 
enforcement 
procedures 
for 
creates 
confusion 
on 
how 
to 
execute. 
in addition, unstrict 
rules 
regarding enforcement 
of civil 
decisions 
leads 
to multiple interpretations and delays. 

2) 
Several 
potential 
situations 
to 
expedite 
enforcement 
have 
not 
been 
regulated 
yet, 
for 
example: 
defendants/ex-spouses 
who 
deny 
paying 
alimony 
for 
their 
children 
and/or 
former 
spouses 
after 
a 
divorce; 
defendants 
who 
refuse 
to 
share 
marital 
assets 
with 
their 
spouse; 
businesses 
refusing 
to 
pay 
fines; 
central 
and 
local 
governments 
failing 
to 
conduct 
environmental 
recovery 
in 
citizens� 
law 
suits. 


3) 
Verdicts 
lack 
information, 
for 
example 
regarding 
the 
period 
of 
time 
between case 
examination and enforcement, the 
amount 
of enforcement 
costs 
stipulated 
in 
legislation, 
the 
procedure 
for 
submitting 
an 
application 
for 
enforcement 
in relation to businesses. 

(*) Tra 
i 
MeMbri 
della 
deleGazione 
SyaMSul 
Ma'arif, Ph.d., SuPreMe 
CourT 
of 
The 
rePubliC 
of 
indoneSia. 


l�incontro (roma, 15 e 
16 aprile 
2019) - organizzato da idlo, organizzazione 
intergovernativa dedicata 
alla 
promozione 
dello 
stato 
di 
diritto 
-si 
� 
tenuto 
presso 
l�avvocatuta 
Generale 
dello 
Stato, 
Sala Vanvitelli, nella data del 16 aprile. 



ContRiButi 
Di 
DottRinA 


4) unclear procedures 
for the 
enforcement 
of quasi-judicial 
institutions� 
decisions, either due 
to the 
absence 
of a 
preamble 
in the 
decision or no reference 
to 
the 
party 
carrying 
out 
the 
enforcement 
or 
the 
technical 
implementation 
of the 
enforcement 
is 
made. there 
are 
also findings 
related to the 
incompatibility 
of verdict 
with the 
actual 
conditions 
of the 
enforcement 
object, the 
absence 
or expiration of the 
enforcement 
object. there 
are 
also some 
decisions 
where 
objects 
of enforcement 
are 
abroad, are 
in the 
hands 
of a 
third party, belong 
to the state, or have vanished. 

5) Defendant 
intends 
not 
to carry out 
the 
execution by obstructing or resisting 
in a physical or non-physical (legal) manner. 

First 
instance 
courts 
carry 
out 
enforcement 
of 
civil 
decisions 
in 
indonesia. 
these 
courts 
are 
tasked 
to 
examine 
and 
judge 
cases. 
one 
could 
question 
whether 
these 
courts 
should 
also 
handle 
enforcement 
of 
decisions. 
if 
so, 
how 
does 
one 
actually 
execute 
decisions 
effectively? 
in 
an 
effort 
to 
overcome 
the 
abovedescribed 
problems 
it 
is 
important 
to 
learn 
from 
other 
countries 
that 
have 
similarities 
with 
the 
procedures 
for 
carrying 
out 
enforcements, 
and 
find 
benchmarks 
and 
alternative 
solutions 
for 
the 
mechanism 
for 
executing 
civil 
decisions. 


the 
results 
of a 
preliminary literature 
research on the 
execution in european 
countries 
shows 
that 
the 
netherlands, 
germany 
and 
italy 
have 
similarities 
with 
indonesia 
in 
terms 
of 
executing 
institutions. 
in 
germany, 
the 
court, 
as 
well 
as 
institutions 
outside 
the 
court 
carries 
out 
the 
enforcement 
of verdicts. 
in 
italy, 
the 
court 
carries 
out 
the 
implementation 
of 
court 
decisions. 
And 
while 
the 
netherlands 
has 
the 
same 
legal 
system 
as 
indonesia, institutions 
outside 
the 
court 
however carry out 
enforcement. Due 
to the 
limited number of literature 
and information available 
about 
the 
mechanisms 
of enforcement 
in these 
countries, other ways 
to obtain a 
deeper understanding - that 
can be 
used as 
reference 
for the 
Supreme 
Court, house 
of Representatives 
and government 


-are 
necessary, such as 
study visits, in order to eventually improve 
the 
civil 
court decisions enforcement system in indonesia. 
objective 


the 
comparative 
study will 
be 
conducted with the 
aim 
to understand: 
(i) 
the 
concept 
of enforcement 
of civil 
decisions, both court 
decisions 
and decisions 
of quasi-judicial 
institutions; 
(ii) the 
executing agency and its 
position 
in the 
state 
administration system; 
(iii) civil 
procedural 
law 
and internal 
regulations 
of executing institutions 
that 
support 
and hinder enforcement; 
(iv) the 
forms 
of 
enforcement 
of 
civil 
decisions 
in 
the 
three 
countries 
mentioned 
above; and, (v) the obstacles to enforcement that occur. 

Key objectives are: 


� 
Comprehend 
the 
system 
and 
technical 
implementation 
of 
civil 
decisions 
in germany, italy and the netherlands. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


� 
identify the 
obstacles 
encountered in carrying out 
the 
enforcement 
of 
civil decisions in germany, italy and the netherlands. 
� 
understand the 
efforts 
taken in resolving the 
obstacles 
that 
arise 
during 
the enforcement of civil decisions in germany, italy and the netherlands. 
GaeTaNa 
NaTaLe 
(Public 
attorney) 


effective civil decisions enforcement system in italy 


effective 
civil 
decisions 
enforcement 
is 
an important 
legal 
topic 
and it 
is 
a litmus test of a legal system in each country. 


i am 
very glad about 
this 
meeting, because 
i think that 
is 
very important 
to improve 
the 
relationships 
with jurists 
of other countries 
to study the 
procedures 
to 
carry 
out 
enforcements 
and 
find 
benchmarks 
and 
alternative 
solutions 
for the mechanism for executing civil decisions. 


today we are going to address three points: 


1) 
the 
starting 
point 
will 
be 
my 
speech 
about 
civil 
decisions 
enforcement; 


2) 
the 
speech of the 
Councilor of State, Raffaele 
greco, who is 
going to 
talk about public enforcement in Administrative law; 


3) 
the 
personal 
experience 
of Miss 
Biliana 
Ciaravolo about 
separation divorce 
trial in italy. 


And finally we will answer your questions. 


i will 
try and give 
you a 
quick outline 
about 
civil 
decisions 
enforcement 
in italy. 


in the 
recent 
reform 
of civil 
enforcement 
in italy the 
civil 
procedures 
are 
evolving in two directions: 


a) 
improving the 
bailiff�s 
powers 
in the 
research of the 
goods 
which are 
the objective of the attachment; 


b) 
introduction of new 
tools, remedies, as 
guarantees 
without 
ownership 
before 
the 
executive 
trial 
to 
complete 
technical 
implementation 
of 
enforcement, 
pre-emptive 
remedies 
in the 
field of ADR (Alternative 
Disputes 
Resolutions). 


i am 
going to talk about 
the 
stages 
of civil 
decision enforcement 
in italy. 
these stages are: 


1) 
the 
executive 
title 
and 
its 
notification: 
in italy first 
instance 
courts 
carry 
out 
enforcement 
of 
civil 
decisions, 
the 
eventual 
act 
of 
appeal 
doesn�t 
suspend 
the effective statement of the first court (art. 474 c.p.c.). 


2) 
Precept: 
it 
is 
formal 
document 
which 
is 
notified 
with 
sentence 
supplied 
by executive 
clause 
(estoppel 
by record o by judgment 
and writs 
of execution); 
it�s 
possible 
an opposition against 
precept 
and against 
executive 
acts 
(art. 480 c.p.c., art. 615 c.p.c., art. 617 c.p.c.). 



ContRiButi 
Di 
DottRinA 


3) 
attachment: 
After ten days 
without 
opposition the 
creditor can begin 
a 
formal 
attachment: 
a) of debts 
or third party; 
b) of assets; 
of earnings; 
c) of 
goods (art. 491 c.p.c.). 


4) 
Garnishee 
order 
or 
garnishment: 
if the 
trial 
is 
against a Public 
administration, 
it�s possible to notify the precept after 120 days. 


5) 
after 
the 
attachment, 
but 
before 
the 
sale 
auction 
(sale 
to 
the 
highest 
bidder 
with 
reserve 
or 
without 
reserve), 
there 
is 
a 
technical 
remedy 
called 
conversion 
of attachment with 
the 
stay of execution. this 
remedy is 
typical 
of 
movable 
execution. 
in 
this 
stage 
the 
debtor 
can 
ask 
the 
judge 
with 
a 
specific 
instance 
to replace 
goods 
and credits 
attached with a 
determined amount 
of 
money inclusive of accrued interests and charges, interests and costs. 


6) 
In 
the 
immovable 
procedure 
there 
is 
the 
garnishee 
order 
nisi 
with 
instance 
based 
on 
affidavit 
and 
filing 
record: 
if 
the 
debtor 
is 
the 
owner 
of 
a 
real 
property 
can 
obtain 
a 
charging 
order 
on 
the 
real 
estate 
with 
nomination 
of 
receiver. 


7) 
the 
sale 
by order 
of the 
Court, sale 
under 
execution, judicial 
sale 
with 
a 
delegate, 
proxy 
professionial 
practitioner 
are 
very 
complicated 
in 
italy. 
the 
recent 
reform 
(Law 
30th 
June 
2016 n. 119) 
provides 
that 
after three 
unsuccessful 
attempts 
during a 
period of six months 
the 
judge 
can exstinguish 
the executive procedure and therefore the debts. 


the 
recent 
reform 
of executive 
procedures 
has 
introduced an important 
article 
492 
bis 
c.p.c., 
that 
improves 
the 
bailiff�s 
powers 
and 
provides 
a 
research 
with telematics mode to identify the goods that is necessary to attach. 


the access to database is an important instrument of enforcement. 


the 
territorial 
jurisdiction 
is 
determined 
by residence 
or 
domicile 
of 
debtor. 


if 
the 
credits 
are 
referred 
to 
other 
countries, 
the 
criteria 
of 
connection, 
the 
link, according to prevision of international 
private 
law 
(art. 26 L. 218/95) is 
the 
territorial 
jurisdiction 
of 
the 
judge 
in 
the 
place 
where 
the 
obligation 
is 
arises 
or must be performed or carried out. 


the 
recent 
law 
provides 
a 
useful 
cooperation 
between 
creditors 
and 
bailiff 
in 
researching 
goods 
as 
in 
other 
european 
countries. 
in 
germany, 
for 
example, 
there is a black list of debtors to help the creditors. 


to speed up the 
enforcement 
some 
articles 
of civil 
procedure 
code, such 
as 
art. 540 bis 
c.p.c., anticipates 
the 
stage 
of liquidation 
or 
settlement in 
the 
first 
stage 
of 
attachment, 
with 
injunction 
as 
astreinte 
(art. 
614 
bis 
c.p.c.) to avoid delays in payment (a type of punitive damages). 


in the 
italian civil 
code 
a 
new 
article 
2929 bis 
c.c. introduces 
an 
execution 
without title. 


in 
others 
words 
the 
creditor 
can 
enforce 
the 
attachment 
without 
a 
sentence 
which states 
ineffectiveness 
or voidnees 
the 
precedent 
contract 
between the 
debtor and the 
third party if the 
creditor registers 
or records 
his 
attachment 
in 
the public record book before. 



RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


taking someone 
to court 
is 
very difficult 
in italy, so the 
law 
is 
evolving 
to improve 
financial 
guarantees 
(for 
example 
art. 48 bis 
tub) and to allow 
the 
automatic 
transfer of debtor�s 
property towards 
creditors 
without 
execution. 
in breach of business 
contracts 
the 
parties 
can stipulate 
some 
clauses 
as 
entire 
agreement 
clauses 
sale, 
or 
merger 
clauses, 
or 
exclusive 
remedy, 
sole 
remedy, 
single 
remedy to resolve 
without 
statement 
of the 
jurisdiction the 
lack 
of 
performance, 
or 
compensation 
without 
consideration 
according 
to 
good 
faith. this is called treu und glauben in germany. 


in order to guarantee 
the 
pledge 
with transfer of property by way of security 
or 
charge, 
fixed 
charge 
or 
floating 
charge, 
as 
it 
occurs 
in 
Common 
law, 
chattel mortgages based on doctrine of constructive notice, creditor�s liens. 

these guarantees are developed in other countries: 


1) Besitzlose Mobiliarsicherheiten and eigentumvorbehalt in germany; 


2) nantissement 
or gage 
sans 
depossession, cession Dailly, credit-bail, le 
fiducie-suret�, gage commun in France. 


3) 
in 
the 
uSA 
uniform 
Commercial 
Code 
there 
is 
the 
concept 
of 
security 
interest based on filing to perfection notice of filing. 


in others 
words 
the 
practical 
solution in business 
cases 
to preserve 
important 
economic 
interests 
is 
to 
choose 
pre-emptive 
remedies 
to 
overcome 
difficulties 
and obstacles that you find in civil procedure enforcement systems. 


Solutions 
are 
negotiation, mediation of remedies, remedy in contract, no 
remedies in action with following complicated claims. 


raFFaeLe 
GreCo 
(President of a Chamber of the Council of State) 


enforcement proceedings in the italian admnistrative trial 


My speech will 
focus 
on the 
special 
proceedings 
provided by italian law 
for the enforcement of the judgments issued against public authorities. 


generally 
speaking, 
in 
italy 
there 
is 
a 
double 
jurisdiction 
system, 
characterized 
by 
the 
existence 
of 
an 
administrative 
jurisdiction, 
different 
and 
separate 
from the civil jurisdiction. 


Administrative 
jurisdiction is 
competent 
on cases 
involving the 
exercise 
of public 
authorities 
towards 
private 
parties: 
it 
is 
organized in Regional 
Administrative 
Courts 
(t.A.R.), as 
first 
instance 
judges, and Council 
of State, as 
second and last instance. 


enforcement 
proceedings 
have 
special 
rules 
codified by the 
Code 
of administrative 
procedure. 

in 
fact 
there 
are 
special 
procedures 
named 
�compliance 
proceedings� 
(�giudizio 
di 
ottemperanza�), 
intended 
to 
guarantee 
the 
implementation 
of 
the decisions issued against public administrations. 


ContRiButi 
Di 
DottRinA 


Such proceedings 
take 
place 
before 
the 
same 
judge 
who have 
issued the 
judgment 
to be 
enforced. the 
t.A.R. if it�s 
a 
first 
instance 
judgment 
not 
appealed 
or confirmed by the 
Council 
of State, otherwise 
the 
Council 
of State 
itself if it has reformed the first judgment. 


if 
the 
judge 
holds 
the 
public 
administration 
hasn�t 
complied 
with 
the 
commands 
arising from 
a 
previous 
decision, he 
can stand in for the 
defaulting public 
authority and issue 
new 
administrative 
acts 
in place 
of it. in such cases 
the 
administrative 
judges� 
cognisance 
is 
extended to the 
merits, unlike 
the 
ordinary 
trial 
in which the 
judge 
can never issue 
measures 
that 
only public 
administrations 
can take according with the law. 


originally the 
compliance 
proceedings 
were 
introduced to guarantee 
the 
enforcement 
of civil 
decisions 
issued against 
public 
authorities. Still 
today in 
the 
2010 Code 
of administrative 
trial 
the 
compliance 
proceeding is 
an alternative 
remedy to civil 
enforcement, but 
the 
civil 
decision may be 
executed by 
the 
administrative 
judges 
only 
if 
it 
cannot 
be 
challenged 
before 
other 
instances 
any more (res judicata). 


the 
judgments 
of 
administrative 
judges 
may 
be 
enforced 
through 
the 
compliance 
proceedings 
even if they could be 
challenged yet. the 
reason is 
such 
decisions 
may 
be 
carried 
out 
and 
the 
eventual 
appeal 
doesn�t 
suspend 
them 
(they 
can 
be 
suspended 
by 
the 
Council 
of 
State 
at 
the 
request 
of 
the 
losing 
party in presence of given conditions). 


When 
the 
winning 
party 
can 
start 
the 
compliance 
proceedings 
against 
the 
losing administration? 


the 
indefectible 
requirement 
is 
the 
losing 
administration 
hasn�t 
complied 
with the orders arising from a judgment issued against it. 


to 
fully 
understand, 
you 
must 
consider 
that 
usually 
the 
main 
effect 
of 
the 
administrative judgment is the annulment of an administrative act. 


Such 
act 
has 
been 
challenged 
by 
a 
private 
person 
or 
a 
body 
damaged 
by 
it. 


if the 
judge 
accepts 
the 
claim, he 
has 
the 
power to annul 
the 
act. So the 
losing administration is 
obliged to issue 
a 
new 
act 
and to exercise 
its 
power 
again, being restricted only by the 
duty not 
to repeat 
the 
flaws 
ascertained by 
the judgment. 


e.g. if a 
private 
citizen has 
challenged the 
refusal 
to release 
a 
permission 
to 
build 
and 
the 
judge 
accepts 
the 
claim 
and 
annulles 
the 
refusal, 
the 
Common 
has the duty to examine the request again and issue a new act. 
generally 
speaking 
the 
problem 
of 
administrative 
judgment 
implementation 
is 
not 
how 
to 
attack 
the 
assets 
of 
the 
losing 
party, 
but 
how 
to 
force 
the 
losing 
administration 
to 
issue 
administrative 
acts 
in 
compliance 
with 
the 
judgment 
itself. 


the 
situation 
is 
simple 
if 
the 
administration 
has 
carried 
out 
no 
activity 
after 
the 
judgment: 
the 
applicant 
may 
use 
the 
compliance 
proceedings 
as 
a 
complaint 
about 
the 
inaction 
of 
the 
public 
party. 
the 
judge 
should 
have 
no 
problem to ascertain it and take the consequent measures. 



RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


in most 
cases 
it 
happens 
that 
the 
administration has 
issued new 
acts 
after 
the 
judgment 
and claims 
to have 
fulfilled it, but 
the 
private 
party finds 
those 
acts not satisfactory of his pretense. 

in those 
cases 
the 
claimant 
may apply to judge 
to ascertain the 
new 
acts, 
issued by the 
administration, are 
in violation of the 
previous 
judgment 
or they 
represent a circumvention of it. 


the 
judge�s 
task is 
more 
difficult 
and awkward: 
he 
must 
appreciate 
the 
relationship between the 
commands 
arising from 
the 
previous 
judgment 
and 
the 
contents 
of 
the 
new 
acts, 
he 
may 
give 
his 
interpretation 
of 
the 
original 
judgment 
and 
even 
make 
explicit 
commands, 
not 
clearly 
stated, 
but 
that 
could 
be found out reading the decision as a whole. 

if the 
judge 
holds 
the 
new 
acts 
are 
actually violating or eluding the 
previous 
judgment, 
he 
can 
declare 
them 
null 
and 
void: 
in 
such 
cases 
the 
applicant 
is 
able 
to obtain immediately a 
satisfactory decision and he 
is 
not 
forced to 
challenge new administrative acts through another ordinary trial. 


As 
we�ve 
already noticed, in every case 
the 
judge 
accepts 
the 
claim 
and 
ascertains 
the 
administration has 
not 
carried out 
a 
previous 
judgment, he 
can 
stand in for the 
public 
party and take 
the 
necessary administrative 
measures 
in place of it to ensure the correct enforcement of the previous decision. 

he 
can 
do 
it 
directly, 
issuing 
his 
own 
acts 
inside 
the 
judgment 
which 
ends 
the 
compliance 
proceedings, 
or 
appointing 
an 
his 
own 
subsidiary 
body 
(named 
Commissioner 
ad 
acta) 
in 
charge 
of 
issue 
necessary 
acts 
in 
place 
of 
the 
losing 
administration. 


After 
many 
years 
in 
which 
scholars 
and 
jurisprudence 
have 
discussed 
about 
the 
legal 
status 
of the 
Commissioner 
ad acta, there�s 
no doubt 
that 
the 
2010 Code 
of administrative 
trial 
defines 
it 
as 
a 
judicial 
body, or some 
sort 
of 
longa manus 
of the judge. 

nevertheless 
it 
is 
undeniable 
that 
acts 
issued 
by 
the 
Commissioner 
are 
administrative 
acts, that�s 
why they have 
a 
very special 
treatment 
as 
regards 
the 
appeal 
against 
them: 
every complaint 
raised by the 
parties 
of the 
previous 
judgment 
must 
be 
submitted to the 
same 
judge 
who has 
appointed the 
Commissioner, 
it 
means 
the 
judge 
of the 
compliance 
proceedings. it 
can happen 
the 
acts 
issued 
by 
the 
Commissioner 
may 
damage 
different 
people 
outside 
that 
judgment, in such cases 
they must 
challenge 
those 
acts 
through a 
new 
action 
before 
the 
judge 
ordinarily 
competent 
according 
to 
the 
law, 
arising 
a 
brand 
new annulment trial. 


italian 
system 
is 
built 
around 
the 
identification 
of 
the 
judge 
competent 
for the 
compliance 
proceedings 
as 
the 
only judge 
in charge 
for every controversy 
concerning 
the 
enforcement 
of 
the 
previous 
judgments 
issued 
against 
the 
public 
administrations, in order to guarantee 
the 
most 
effective 
and satisfactory 
protection to the winning parties. 

that�s 
why 
the 
law 
is 
intended 
to 
concentrate 
before 
that 
judge 
all 
the 



ContRiButi 
Di 
DottRinA 


controversy concerning the 
new 
administrative 
acts 
following the 
judgment 
to 
be 
enforced 
and 
even 
the 
acts 
issued 
by 
the 
Commissioner 
appointed 
by 
the 
judge himself. 

the 
only exception is 
for people 
outside 
the 
previous 
judgment 
involved 
by 
those 
acts. 
they 
have 
to 
challenge 
them 
through 
an 
ordinary 
action 
starting 
a new trial. 



RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


L�estensiva interpretazione della sicurezza della 
repubblica: dai 
foreign fighters 
agli attacchi cyber. 
riflessioni sulla dilatazione giurisprudenziale del diniego 
di concessione della cittadinanza per motivi di sicurezza 


antonio Mitrotti* 


SoMMarIo: 1. Premessa. La concessione 
della cittadinanza per 
matrimonio come 
atto 
di 
alta 
amministrazione 
nei 
casi 
di 
comprovati 
motivi 
di 
sicurezza 
della 
repubblica 
-2. 
L�estensiva interpretazione 
evolutiva dell�elemento normativo della sicurezza della repubblica 
- 3. Conclusioni. 


1. 
Premessa. 
La 
concessione 
della 
cittadinanza 
per 
matrimonio 
come 
atto 
di 
alta 
amministrazione 
nei 
casi 
di 
comprovati 
motivi 
di 
sicurezza 
della 
repubblica. 
la 
legge 
del 
15 luglio 2009, n. 94 - rubricata 
�Disposizioni 
in materia di 
sicurezza pubblica� 
(cos� 
detto pacchetto sicurezza 
(1)) - � 
andata, come 
sar� 
ben noto, a 
novellare 
il 
regime 
dei 
requisiti 
necessari 
per l�ottenimento della 
cittadinanza 
italiana 
tramite 
il 
vincolo del 
matrimonio contratto da 
uno straniero 
con un cittadino italiano; 
come 
oggi 
puntualmente 
contemplato dalla 
risultante 
disciplina 
del 
testo 
di 
legge 
del 
5 
febbraio 
1992, 
n. 
91 
(2) 
e, 
segnatamente, dalle 
vigenti 
disposizioni 
di 
cui 
agli 
articoli 
5, 6 e 
8; 
cos� 
come 
modificati, per l�appunto, dall�art. 1, comma 
11, del 
pacchetto sicurezza 
del 
2009, 
pacchetto 
mai 
pi�, 
sostanzialmente, 
ritoccato 
sul 
punto 
-fino 
al 
momento 
-nemmeno 
dal 
pi� 
recente 
decreto 
legge 
del 
4 
ottobre 
2018, 
n. 
113 
(cos� 
detto �Decreto sicurezza 
Salvini�), da 
ultimo convertito con legge 
del 
1 
dicembre 2018, n. 132 (3). 


(*) 
gi� 
praticante 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
dello 
Stato, 
Dottorando 
di 
ricerca 
in 
Diritto 
pubblico 
comparato presso l�universit� degli Studi di 
teramo, abilitato all�esercizio della professione forense. 


(1) Per una 
minuziosa 
e 
brillante 
analisi 
in dottrina, di 
commento al 
c.d. �pacchetto sicurezza�, S. 
toVAni 
- A. tRinCi 
(a 
cura 
di), Il 
pacchetto sicurezza - commento organico alla legge 
15 luglio 2009, n. 
94, recante 
modifiche 
al 
codice 
penale, al 
codice 
di 
procedura penale 
ed alla legislazione 
speciale 
(in 
materia, 
tra 
l�altro, 
di 
stranieri, 
codice 
della 
strada, 
misure 
di 
prevenzione), 
Roma, 
2010; 
pi� 
in 
generale 
sul 
tema 
delle 
relazioni 
tra 
cittadinanza 
ed immigrazione, P. MoRozzo 
DellA 
RoCCA 
(a 
cura 
di), Immigrazione 
e 
cittadinanza, 
Profili 
normativi 
e 
orientamenti 
giurisprudenziali 
(quaderno 
di 
aggiornamento), 
torino, 2009; 
S. FuRlAn, La normativa sulla cittadinanza italiana e 
le 
modifiche 
apportate 
dalla legge 
15 luglio 2009 n. 94, in rivista Diritto, Immigrazione 
e 
Cittadinanza, n. 4/2009, pp. 210-216; 
S. RoSSi, 
Il 
matrimonio 
�clandestino� 
e 
la 
Corte 
costituzionale, 
in 
Forum 
di 
Quaderni 
Costituzionali, 
11 
novembre 
2010; 
P. ConSoRti, La nuova disciplina del 
matrimonio degli 
stranieri 
alla luce 
del 
pacchetto sicurezza. 
I suoi 
riflessi 
sul 
matrimonio concordatario, in Stato, Chiese 
e 
pluralismo confessionale, rivista 
telematica (www.statoechiese.it), febbraio 2011; 
P. Bonetti 
- l. oliVetti, acquisto della cittadinanza 
italiana a seguito di 
matrimonio con cittadino italiano, in associazione 
per 
gli 
Studi 
Giuridici 
sull�Immigrazione, 
18 febbraio 2012. 
(2) Per un�introduzione 
generale 
in materia 
di 
cittadinanza, ex 
multis, R. Bin 
- g. PitRuzzellA, 
Diritto Costituzionale, torino, 2016, pp. 24-27. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


tra 
le 
pi� 
significative 
novit� 
introdotte 
rispetto 
alla 
previgente 
disciplina 
legislativa 
hanno 
suscitato 
particolare 
interesse 
il 
raddoppio 
dei 
termini 
necessari 
per l�acquisto della 
cittadinanza 
italiana 
da 
parte 
dell�istante 
coniuge 
straniero 
risiedente 
in 
italia 
con 
prole 
(termine 
passato 
da 
sei 
mesi 
ad 
un 
anno) 
e 
la 
stessa 
quadruplicazione 
del 
termine 
in caso di 
matrimonio senza 
prole 
(il 
cui 
termine 
� 
stato allungato dai 
sei 
mesi 
previsti 
dalla 
previgente 
disciplina 
ai due anni richiesti sotto l�attuale regime normativo). 


Ancora 
pi� nel 
dettaglio, in merito alla 
disciplina 
del 
profilo attinente 
all�esercizio 
delle 
competenze 
amministrative 
in materia 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
per 
matrimonio 
giova 
evidenziare 
come 
-soprattutto 
a 
seguito 
della 
preziosa 
e 
chiarificatrice 
Direttiva 
del 
Ministero 
dell�interno 
del 
7 
marzo 
2012 
-la 
titolarit� 
ad 
adottare 
il 
provvedimento 
concessorio, 
ovvero 
di 
diniego 
della 
cittadinanza, 
nei 
confronti 
dei 
richiedenti 
stranieri 
coniugati 
con 
cittadini 
italiani 
spetti, in via 
generale, all�ufficio di 
Prefettura 
territorialmente 
competente, 
sebbene 
tuttavia 
- ed � 
qui, si 
badi, � 
stata 
la 
vera 
grande 
novit� 
amministrativa 
introdotta 
- la 
competenza 
� 
radicata 
in capo al 
Dipartimento per 
le 
libert� 
civili 
e 
l�immigrazione 
qualora 
il 
coniuge 
straniero 
avesse 
la 
propria 
residenza 
all�estero, 
mentre, 
invece, 
nella 
peculiare 
ipotesi 
in 
cui 
dovesse 
emergere 
nell�istruttoria 
del 
procedimento 
di 
concessione 
la 
sussistenza 
di 
valutazioni 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica 
allora 
la 
titolarit� 
del 
potere 
di 
adozione 
del 
provvedimento concessorio - ovverosia 
dell�opposto diniego 
di 
concessione 
-spetter� 
direttamente 
al 
Ministero 
dell�interno, 
che 
interverr� 
con 
decreto 
motivato, 
emanato 
su 
conforme 
parere 
-obbligatorio 
e 
vincolante 


- del Consiglio di Stato. 
naturalmente 
le 
differenze 
in 
materia 
di 
disciplina 
amministrativa 
in 
punto di 
concessione 
della 
cittadinanza 
per matrimonio nei 
confronti 
di 
stranieri 
coniugati 
con cittadini 
italiani 
non si 
radicano soltanto nella 
differente 
ripartizione 
di 
competenze 
fra 
ufficio territoriale 
di 
governo, Dipartimento 
per le 
libert� 
civili 
e 
l�immigrazione 
ed il 
Ministero dell�interno, quanto, soprattutto, 
nella 
diversa 
(pregnante) 
natura 
dei 
poteri 
amministrativi 
sottesi 
alla 


(3) Per il 
vero - sebbene 
non sia 
stata 
sostanzialmente 
ritoccata 
la 
disciplina 
contemplata 
in punto 
di 
diniego 
della 
cittadinanza 
per 
motivi 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
(salva, 
per�, 
l�importante 
soppressione 
del 
previgente 
termine 
di 
due 
anni 
entro 
il 
quale 
il 
Ministero 
dell�interno 
avrebbe 
dovuto 
emanare 
il 
decreto di 
rigetto dell�istanza 
di 
concessione 
della 
cittadinanza; 
sicch�, ad oggi, non esiste 
un 
termine 
temporale 
preclusivo per l�adozione 
del 
relativo provvedimento di 
rigetto qualora 
adottato per 
motivi 
di 
sicurezza) - l�articolo 14 del 
D.l. 4 ottobre 
2018, n. 113, - rubricato �Disposizioni 
in materia 
di 
acquisizione 
e 
revoca della cittadinanza� 
- ha 
significativamente 
novellato la 
legge 
del 
5 febbraio 
1992, n. 91, nella 
parte 
in cui 
ha 
introdotto le 
disposizioni 
di 
cui 
ai 
nuovi 
articoli 
9-ter 
e 
10-bis; 
che, rispettivamente, 
hanno (da 
un lato) allungato il 
termine 
per la 
definizione 
e 
la 
conclusione 
del 
procedimento 
in 
materia 
di 
acquisizione 
della 
cittadinanza 
italiana 
(fissato 
attualmente 
in 
quarantotto 
mesi 
dalla 
data 
di 
presentazione 
della 
domanda) 
e 
(dall�altro 
lato) 
prescritto 
la 
�nuova�, 
importante, 
misura 
di 
revoca 
della 
cittadinanza, 
ottenuta 
per 
concessione, 
in 
caso 
di 
condanna 
definitiva 
per 
i 
reati 
previsti 
dall�articolo 
407, comma 
2, lettera 
a), n. 4, del 
codice 
di 
procedura 
penale, nonch� 
per i 
gravi 
reati 
di 
cui 
agli 
articoli 
270 ter 
e 
quinquies 
del codice penale. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


concreta 
adozione 
del 
provvedimento 
di 
concessione 
-ovvero 
del 
suo 
diniego 


- di cittadinanza. 
Mentre, 
infatti, 
tanto 
la 
Prefettura 
quanto 
il 
Dipartimento 
per 
le 
libert� 
civili 
sono 
�vincolati� 
per 
l�adozione 
del 
provvedimento 
alla 
verifica 
della 
persistenza 
del 
vincolo 
matrimoniale 
tra 
straniero 
e 
cittadino 
italiano, 
dell�assenza 
di 
una 
eventuale 
separazione 
legale, nonch� 
alla 
oggettiva 
verifica 
della 
mancanza 
di 
condanne 
penali 
in capo al 
richiedente 
la 
cittadinanza, il 
Ministero 
dell�interno, 
invece, 
� 
competente 
a 
compiere 
delle 
pregnanti, 
e 
soggettive, 
valutazioni 
in 
merito 
alla 
peculiare 
sussistenza 
di 
comprovati 
(o 
comprovabili) 
motivi 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica, con l�esercizio, vale 
a 
dire, di 
una 
discrezionalit� 
amministrativa 
amplissima, 
posto 
che 
-come 
efficacemente 
ricostruito in dottrina 
(4) - �[�] 
la consolidata giurisprudenza amministrativa 
riconosce 
come 
atto 
discrezionale 
l�atto 
concessorio 
(o 
denegatorio) 
di 
cittadinanza [per motivi 
di 
sicurezza] 
perch� 
costituisce 
atto di 
c.d. �alta 
amministrazione�(C.d.S., sez. VI, 4862/2010)� (5). 


Detto 
in 
altri 
termini 
-e 
come, 
per 
altro, 
approfondito 
da 
altra 
parte 
della 
dottrina 
(6) 
-nel 
caso 
di 
istanza 
per 
l�acquisizione 
della 
cittadinanza 
italiana 
per 
matrimonio 
si 
deve 
ritenere 
-cos� 
come, 
del 
resto, 
autorevolmente 
affermato, 
in 
sede 
consultiva, 
dallo 
stesso 
Consiglio 
di 
Stato, 
in 
Adunanza 
generale 
(7) 
-che 
il 
coniuge 
straniero 
del 
cittadino 
italiano 
sia 
titolare, 
in 
via 
generale, 
di 
un 
vero 
e 
proprio 
diritto 
soggettivo 
all�emanazione 
del 
decreto 
di 
concessione, 
ma 
che, 
tuttavia, 
tale 
posizione 
giuridica 
soggettiva 
affievolisca 
ad 
un 
mero 
interesse 
legittimo 
allorch� 
si 
venga 
ad 
essere 
in 
presenza 
dell�esercizio, 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
pubblica, 
di 
poteri 
discrezionali 
legati 
alle 
valutazioni 
dell�esistenza 
o 
meno 
dei 
motivi 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica, 
opportunamente 
ostativi, 
nei 
singoli 
casi 
di 
specie, 
all�acquisto 
della 
cittadinanza 
(8). 


Pertanto 
se 
il 
provvedimento 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
italiana 
per matrimonio posto in essere 
dall�ufficio di 
Prefettura, nonch� 
dal 
Dipartimento 
per le 
libert� 
civili, deve 
considerarsi 
come 
un vero e 
proprio provvedimento 
vincolato alla 
verifica 
oggettiva 
della 
sussistenza 
dei 
requisiti 
fissati 
ex 
lege, 
l�esercizio 
dei 
poteri 
di 
cui 
� 
direttamente 
titolare 
il 
Ministero 
dell�interno 
corrisponde, piuttosto, all�adozione 
di 
un provvedimento di 
natura 
altamente 
discrezionale 
e, 
pi� 
esattamente, 
inquadrabile, 
di 
preciso, 
come 
un 
tipico 
�atto di alta amministrazione�. 


(4) 
g. 
PitARo, 
Svolta 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
sull�acquisto 
della 
cittadinanza, 
in 
Diritto.it, 
5 
giugno 
2013. 
(5) 
g. 
PitARo, 
Svolta 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
sull�acquisto 
della 
cittadinanza, 
in 
Diritto.it, 
5 
giugno 
2013. 
(6) l. tRiA, IUS SoLI IUS SaNGUINIS. L�acquisto della cittadinanza in Italia, Francia, Germania, 
regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Irlanda, Padova, 2014. 
(7) Cons. St., Ad. gen., parere 10 giugno 1999, n. 7. 
(8) 
Sul 
punto 
vi 
�, 
peraltro, 
una 
risalente 
pronuncia 
della 
Corte 
di 
Cassazione, 
Sez. 
un., 
27 
gennaio 
1995, n. 1000. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


gli 
atti 
di 
alta 
amministrazione, infatti, sono configurabili 
come 
una 
peculiare 
categoria 
di 
atti 
posti 
in posizione 
intermedia 
fra 
i 
provvedimenti 
amministrativi 
e gli atti politici. 

Autorevole 
dottrina 
ha 
definito 
l�atto 
di 
alta 
amministrazione 
come 
un 
provvedimento 
di 
�suprema 
direzione� 
della 
pubblica 
amministrazione, 
di 
raccordo, 
vale 
a 
dire, 
della 
funzione 
costituzionale 
d�indirizzo 
politico 
con 
quella 
squisitamente amministrativa (9). 

ebbene, 
la 
ratio 
del 
provvedimento 
di 
diniego 
della 
concessione 
dello 
status 
di 
cittadino per motivi 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
�, infatti, da 
rinvenire 
proprio nel 
necessario raccordo tra 
le 
�classiche� 
funzioni 
amministrative 
in 
materia 
di 
cittadinanza 
e 
la 
delicata 
attuazione 
dell�indirizzo 
politico 
di 
governo 
preordinato 
al 
fondamentale 
perseguimento 
dell�interesse 
pubblico 
della 
salus rei pubblicae 
(10). 


ora, il 
provvedimento di 
alta 
amministrazione 
�, invero, un atto dalla 
indiscutibile 
e 
peculiare 
natura 
ibrida 
(11): 
posto 
che 
-da 
un 
lato 
-non 
� 
di 
sicuro 
esente 
dal 
profilo 
delle 
conseguenze 
proprie 
della 
responsabilit� 
politica 
(nonch� 
di 
un potenziale 
controllo di 
merito in sede 
politica), mentre 
- dall�altro 
lato - l�atto � 
sottoponibile 
al 
sindacato giurisdizionale 
di 
legittimit� 
del 
giudice 
Amministrativo (12); 
seppur nei 
precisi 
limiti 
di 
un controllo di 
natura 
�estrinseca�. 


un classico esempio di 
atto di 
alta 
amministrazione 
� 
configurabile 
nella 
deliberazione 
con la 
quale 
il 
Consiglio dei 
ministri 
decida 
di 
richiedere 
la 
registrazione 
�con riserva� (13) di 
un provvedimento alla 
Corte 
dei 
Conti 
(14). 

la 
giurisprudenza 
amministrativa, 
del 
resto, 
fa 
ampio 
riferimento 
a 
questa 
categoria d�atti: 
ora 
per sottolinearne 
l�ampia 
discrezionalit� 
- cos� 
da 
andare 
a 
sottrarli 
al 
relativo sindacato giurisdizionale 
- ora 
per negarne 
la 
natura 
di 
atto 
politico 
e, 
quindi, 
ammetterne 
il 
ricorso 
giurisdizionale 
contro 
di 
essi 
(15). 

(9) S. CASSeSe, Istituzioni di Diritto amministrativo, Milano, 2012, p. 324. 
(10) Per degli 
utili 
spunti 
sulla 
fondamentale 
cura 
della 
salus 
rei 
pubblicae, n. gARBellini, La 
salus rei publicae alla prova, in Quaderni Costituzionali, n. 2/2011, pp. 405-408. 
(11) Per una 
sintetica, quanto piuttosto efficace, analisi 
in merito alla 
categoria 
degli 
�atti 
di 
alta 
amministrazione�, S. tARullo, Manuale di diritto amministrativo, torino, 2017, pp. 258-259. 
(12) Sul 
sindacato giurisdizionale 
esercitabile 
nei 
confronti 
degli 
atti 
di 
alta 
amministrazione 
appare 
utile 
rinviare 
a 
quanto presente 
in u. RoSSi 
MeRighi, Segreto di 
Stato: tra politica e 
amministrazione, 
napoli, 1994, p. 232. 
(13) Sulla 
richiesta 
motivata 
da 
parte 
del 
Consiglio dei 
ministri 
di 
�registrazione 
con riserva� 
alla 
Corte 
dei 
Conti 
si 
veda, ex 
multis, R. ChiePPA 
- R. gioVAgnoli, Manuale 
di 
Diritto amministrativo, Milano, 
2017, pp. 691 ss. 
(14) Art. 25 del 
R.D. 12 luglio 1934, n. 1214. in particolare, per degli 
utili 
approfondimenti 
sul 
punto, nonch� 
pi� diffusamente 
sul 
rapporto politica 
- amministrazione, F. tigAno, atto politico, atto 
di 
alta amministrazione 
ed atto amministrativo: nozione 
e 
caratteri, in S. Cognetti 
- A. ContieRi 
- S. 
liCCiARDelli 
-F. 
MAngAnARo 
-S. 
PeRongini 
-F. 
SAittA 
(a 
cura 
di), 
Percorsi 
di 
Diritto 
amministrativo, 
torino, 2014, pp. 65 ss. 
(15) Rispettivamente 
Cons. St., sez. iV, 1 settembre 
1998, n. 1139 e 
Cons. St., sez. Vi, 4 aprile 
1997, n. 553. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


naturalmente 
-si 
badi 
-dall�inquadramento 
giuridico 
del 
provvedimento 
del 
diniego 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
italiana 
per 
la 
sussistenza 
di 
comprovati 
motivi 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
come 
un 
�atto 
di 
alta 
amministrazione� 
non 
possono 
che 
discendere, 
inevitabilmente, 
pregnanti 
conseguenze 
sul 
piano 
processuale: 
si 
tratter�, 
infatti, 
di 
un 
provvedimento 
cui 
sono 
certamente 
sottese 
delle 
tipiche 
valutazioni 
legate 
ad 
apprezzamenti 
di 
natura 
tecnica 
posti 
a 
valle 
di 
una 
decisione 
d�opportunit� 
politico-amministrativa 
(16) 
altamente 
discrezionale, 
sicch� 
il 
sindacato 
giurisdizionale 
da 
parte 
del 
giudice 
Amministrativo 
si 
arrester�, 
pertanto, 
ad 
un 
controllo 
di 
natura 
estrinseca 
(17) 
e 
formale, 
nei 
limiti, 
cio�, 
di 
una 
verifica 
incentrata 
unicamente 
sull�astratta 
coerenza 
delle 
valutazioni 
compiute 
per 
la 
concreta 
adozione 
dell�atto, 
nonch� 
sulla 
plausibilit� 
e 
ragionevolezza 
della 
decisione 
adottata. 


ne 
discende 
che, di 
conseguenza, la 
motivazione 
del 
provvedimento de 
quibus, stante 
l�amplissima 
discrezionalit� 
ad esso sottesa, non necessita 
neppure 
di 
una 
stringente 
e 
dettagliata 
estrinsecazione 
dei 
fatti 
e 
delle 
singole 
circostanze 
apprezzate 
nel 
corso 
del 
procedimento 
istruttorio, 
essendo 
sufficiente 


-per non mortificare 
le 
indagini 
sottese 
alla 
preziosa 
attivit� 
informativa 
per 
la 
sicurezza 
della 
Repubblica 
-che 
sia 
fatto 
un 
�generico� 
riferimento 
alla 
seria 
sussistenza 
di 
comprovati 
(o 
comprovabili) 
motivi 
di 
pericolo 
per 
la 
sicurezza 
della Repubblica. 
2. 
L�estensiva 
interpretazione 
evolutiva 
dell�elemento 
normativo 
della 
sicurezza 
della repubblica. 
l�art. 6, comma 
1, lett. c), della 
legge 
5 febbraio 1992, n. 91 - legge 
rubricata 
�Nuove 
norme 
sulla cittadinanza� 
- prescrive 
che 
l�acquisto della 
cittadinanza 
per matrimonio (ai 
sensi 
di 
quanto disposto dall�art. 5 della 
stessa 


(16) l�amplissima 
discrezionalit� 
riconosciuta 
all�Amministrazione 
pubblica 
nel 
corso del 
procedimento 
di 
rigetto della 
domanda 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
per motivi 
di 
sicurezza 
si 
esplica, 
infatti, in un potere 
valutativo che: 
� 
[�] 
si 
traduce 
in un apprezzamento di 
opportunit� circa lo stabile 
inserimento dello straniero nella comunit� nazionale, sulla base 
di 
un complesso di 
circostanze, atte 
a 
dimostrare 
l�integrazione 
del 
soggetto interessato nel 
tessuto sociale, sotto il 
profilo delle 
condizioni 
lavorative, 
economiche, 
familiari 
e 
[soprattutto] 
di 
irreprensibilit� 
della 
condotta�, 
in 
questi 
precisi 
termini 
si 
� 
pronunciato il 
tAR lazio, sez. i Ter, 5 gennaio 2017, n. 158, che, per altro, ha 
fatto propria 
una 
risalente 
e 
consolidata 
giurisprudenza 
del 
Consiglio di 
Stato (in particolare, Cons. St., sez. Vi, 26 
gennaio 2010, n. 282; 
Cons. St., sez. Vi, 9 novembre 
2011, n. 5913). Pi� di 
recente, ed a 
conferma 
di 
questo consolidato orientamento, tAR lazio, sez. seconda 
quater, 10 aprile 
2014, n. 4416; 
tAR lazio, 
sez. i ter, 15 gennaio 2018, n. 421; 
tAR lazio, sez. i ter, 2 febbraio 2018, n. 1289; 
tAR lazio, sez. i 
ter, 14 marzo 2018, n. 2907; 
tAR lazio, sez. seconda 
quater, 28 maggio 2018, n. 6007. 
(17) Per la 
formulazione 
teorica 
dei 
termini 
di 
riferimento sottesi 
all�esercizio del 
sindacato �ab 
externo� 
- c.d. estrinseco - che 
il 
giudice 
Amministrativo pu� compiere 
in merito alla 
coerenza 
logica 
nonch� 
all�eventuale 
carenza 
di 
ragionevolezza 
nei 
presupposti 
per 
l�adozione 
di 
un 
provvedimento 
amministrativo 
si 
veda, 
ex 
multis, 
Cons. 
St., 
sez. 
Vi, 
23 
aprile 
2009, 
n. 
2199; 
per 
approfondimenti 
in 
dottrina 
sul sindacato estrinseco, ex multis, F.g. SCoCA, Giustizia amministrativa, torino, 2013, pp. 99 ss. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


legge) sia 
precluso allorch� 
si 
realizzi: 
�la sussistenza, nel 
caso specifico, di 
comprovati motivi inerenti alla sicurezza della repubblica�. 


Si 
tratta, 
a 
ben 
riflettere, 
di 
una 
preclusione 
particolarmente 
rilevante, 
soprattutto 
se 
riletta 
alla 
luce 
della 
stessa 
frenetica 
�evoluzione 
storica� 
della 
portata 
applicativa 
della 
nozione 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
(18), 
nonch�, 
specialmente, a 
fronte 
dei 
pi� recenti 
- ed incandescenti 
- dibattiti 
di 
�politica 
del 
diritto� 
sulle 
scelte 
inerenti 
alla 
(delicata) 
materia 
dell�immigrazione 
e 
delle 
sue 
connesse, possibili, �influenze� 
(19) sul 
modo stesso di 
atteggiarsi 
del 
diritto 
vivente 
(20): 
sia 
sotto il 
profilo interno all�ordinamento italiano che 
sul 
piano proprio del diritto dell�unione europea. 


� 
incontrovertibile, 
in 
ogni 
caso, 
che 
l�elemento 
normativo 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica 
-quale 
fondamentale 
presupposto applicativo per i 
casi 
di 
esclusione 
della 
concessione 
del 
diritto di 
cittadinanza 
italiana 
- abbia 
subito 
negli 
anni 
pi� 
recenti 
un�impensabile 
dilatazione 
del 
proprio 
regime 
giuridico; 
il 
che 
sia 
sul 
versante 
della 
sua 
applicazione 
oggettiva 
che 
sotto il 
profilo dei 
soggetti pericolosi per la sicurezza della Repubblica. 


oggettivamente, infatti, il 
regime 
delle 
misure 
amministrative 
riconducibili 
alla 
tutela 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica 
non 
� 
pi� 
solo 
limitato 
ad 
essere 
applicato 
al 
classico 
conflitto 
tra 
Stati 
in 
competizione, 
ed 
alle 
logiche 
statuali, 
posto 
che, 
sfortunatamente, 
a 
partire 
dalla 
triste 
data 
dell�11 
settembre 
del 
2001, il 
panorama 
delle 
minacce 
alla 
sicurezza 
interna 
ed internazionale 
� 
andato arricchendosi 
di 
una 
nuovissima 
forma 
di 
conflitto (21), meglio definibile 
come 
una 
sorta 
di 
nuovo �conflitto asimmetrico� 
tra 
gli 
Stati 
occidentali 
ed il 
sedicente, nonch� 
ibrido, ISIS (22); 
ci� sebbene 
- appare 
qui 
utile 
pun


(18) Appare 
significativo il 
rimandare, sul 
punto, a 
quanto preziosamente 
e 
recentemente 
ricostruito 
in 
M. 
VAlentini, 
Sicurezza 
della 
repubblica 
e 
democrazia 
costituzionale. 
Teoria 
generale 
e 
strategia 
di sicurezza nazionale, napoli, 2017. 
(19) Appaiono significativamente 
utili 
i 
preziosi 
spunti 
di 
riflessione 
acutamente 
sviluppati 
nel 
contributo di 
D. AnSelMo, La cittadinanza tra teoria e 
prassi. Brevi 
riflessioni 
a partire 
dalla giurisprudenza 
amministrativa italiana, in Diritto e questioni pubbliche, n. 1/2016, pp. 116-131. 
(20) 
Pu� 
risultare 
prezioso 
quanto 
sinteticamente 
analizzato 
da 
g. 
CAMPeSi, 
Immigrazione: 
da 
questione 
sociale 
a minaccia per 
la sicurezza, in Dossier. emergenza immigrati: da Lampedusa a Bruxelles, 
istituto per gli Studi di Politica internazionale, 23 ottobre 2013. 
(21) �Il 
delicato scenario degli 
equilibri 
globali 
risulta [oggi] 
fortemente 
perturbato dalla capillare 
diffusione 
del 
terrorismo di 
matrice 
jihadista che, grazie 
al 
suo impatto mediatico ed alla sua capacit� 
di 
attrarre 
nuovi 
adepti 
tramite 
il 
canale 
digitale, � 
riuscito, soprattutto a partire 
dal 
2014, a 
destabilizzare 
i 
sistemi 
d�intelligence 
a 
livello 
internazionale. 
all�evanescente 
affermazione 
del 
messaggio 
terroristico 
corrisponde, 
pertanto, 
una 
proliferazione 
territoriale 
di 
attentati 
(realizzati 
non 
solo 
dallo 
Stato 
Islamico, 
meglio 
noto 
come 
IS 
o 
Da�ish, 
ma 
anche 
dal 
Fronte 
al-Nusrah 
e 
da 
cellule 
connesse 
ad 
al 
Qaeda), 
che 
invitano 
gli 
Stati 
a 
coordinarsi 
al 
fine 
di 
salvaguardare 
il 
fondamentale 
interesse 
alla sicurezza nazionale 
ed internazionale�, C. CASiello, La strategia di 
contrasto ai 
foreign terrorist 
fighters e la revoca della cittadinanza, in Diritto Pubblico comparato ed europeo, n. 2/2017, p. 341. 
(22) Per un approfondito inquadramento del 
fenomeno, e 
del 
suo complessivo sviluppo storico, 
A. 
VeDASChi, 
Da 
al-Q. 
�ida 
all�IS: 
il 
terrorismo 
internazionale 
�si 
� 
fatto� 
Stato?, 
in 
rivista 
trimestrale 
di Diritto Pubblico, n. 1/2016, pp. 41-80. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


tualizzare 
sotto il 
profilo dogmatico - l�attacco terroristico non possa, di 
per 
s�, 
assolutamente 
ricondursi 
per 
il 
diritto 
internazionale 
a 
forme 
di 
un 
legittimo 
conflitto. 


Ci� 
nonostante 
si 
�, 
di 
fatto, 
verificato 
che, 
all'indomani 
degli 
attentati 
del 
13 novembre 
2015 di 
Parigi, la 
Francia 
abbia 
ufficialmente 
dichiarato di 
essere 
stata 
oggetto di 
una 
�aggressione 
armata� 
da 
parte 
del 
sedicente 
Stato 
islamico ed abbia, a 
propria 
volta, agito in legittima 
difesa 
contro le 
strutture 
militari e governative presenti nel territorio controllato dall�ISIS. 


la 
qualificazione 
come 
�aggressione 
armata� 
degli 
attentati 
avvenuti 
a 
Parigi 
il 
13 novembre 
2015, per altro, � 
stata 
anche 
fatta 
propria 
da 
tutti 
gli 
Stati 
membri 
dell'ue 
(23), che, per la 
prima 
volta, hanno attivato il 
meccanismo 
di 
assistenza 
contemplato dall'articolo 42, paragrafo 7, del 
trattato sull'unione: 
trattasi 
-come 
� 
noto 
-del 
meccanismo 
difensivo 
avente 
quale 
presupposto l'esistenza 
di 
un attacco armato, ai 
sensi 
dell'art. 51 della 
Carta 
delle nazioni unite (24). 

Anche 
il 
Consiglio 
di 
sicurezza 
delle 
nazioni 
unite 
-con 
risoluzione 
2249 
(2015) 
(25) 
-ha 
invitato 
le 
Alte 
Parti 
Contraenti 
ad 
adottare 
qualsiasi 
misura 
compatibile 
con il 
diritto internazionale, nonch� 
necessaria, al 
fine 
di 
prevenire e reprimere attentati terroristici. 

ora, al 
di 
l� 
dell�esatta 
qualificazione 
giuridica 
degli 
attentati 
di 
matrice 
islamica 
(per 
cui 
sarebbe 
utile, 
ad 
onor 
del 
vero, 
un�attenta 
trattazione 
ad 
hoc), 
� 
pressoch� 
innegabile 
che 
sul 
piano 
ordinamentale 
interno, 
concernente, 
cio�, 
il 
regime 
oggettivo delle 
misure 
amministrative 
poste 
a 
tutela 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica, 
qualcosa 
sia 
cambiato 
rispetto 
al 
passato, 
se 
non 
altro 
perch� 
attualmente 
le 
minacce 
per la 
salus 
rei 
pubblicae 
possono, pericolosamente, 
provenire 
non pi� soltanto da 
potenziali 
Stati 
nemici 
bens� 
addirittura 
da 
singole 
persone 
fisiche 
affiliate 
ad un�organizzazione 
para-statale 
(26) (come 
� 
tristemente 
accaduto 
per 
i 
casi 
dei 
cosiddetti 
foreign 
fighters 
dell�ISIS); 
del 
resto si 
rinvengono, sul 
punto, numerose, sfortunate, dimostrazioni 
negli 
episodi 
degli 
attentati 
programmati 
ed eseguiti 
in casa 
di 
Francia, Belgio e 
germania. 


(23) Ancora 
pi� diffusamente 
e 
per una 
sintetica 
riflessione 
sul 
tema 
della 
sicurezza 
nazionale 
in 
seno 
all�unione 
europea, 
F. 
BionDi 
DAl 
Monte, 
Terrorismo, 
ordine 
pubblico 
e 
sicurezza 
nazionale 
nell�Unione europea, in Quaderni costituzionali, n. 3/2015, pp. 788-791. 
(24) Si 
veda, in particolare, il 
comunicato finale 
del 
Consiglio dell'unione 
europea 
- riunito a 
livello 
di ministri degli esteri - del 16 e del 17 novembre del 2015. 
(25) Per una 
chiara 
e 
brillante 
ricostruzione 
dei 
termini 
sottesi 
alla 
risoluzione 
n. 2249 (2015) del 
Consiglio di 
sicurezza 
delle 
nazioni 
unite 
si 
rimanda, ex 
multis, a 
quanto sviluppato in R. nigRo, La 
risoluzione 
del 
Consiglio di 
sicurezza delle 
Nazioni 
Unite 
n. 2249 (2015) e 
la legittimit� dell�uso della 
forza contro l�ISIS in base 
al 
diritto internazionale, in Diritti 
umani 
e 
diritto internazionale, n. 1/2016, 
pp. 137-156. 
(26) 
e. 
MAzzAnti, 
L�adesione 
ideologica 
al 
terrorismo 
islamista 
tra 
giustizia 
penale 
e 
diritto 
del-
l�immigrazione, in Diritto Penale Contemporaneo, n. 1/2017, pp. 26-43. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


Quanto 
si 
qui 
detto, 
per 
altro, 
costituisce, 
a 
ben 
riflettere, 
il 
vero 
e 
proprio 
retroterra 
storico 
e 
culturale 
(ma 
specialmente 
politico) 
che 
ha 
condotto 
il 
fondamentale 
elemento 
normativo 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica 
a 
subire, 
in 
modo 
latente, 
sotto 
il 
profilo 
del 
diritto 
giurisprudenziale 
vivente 
un�inevitabile 
estensiva 
interpretazione 
evolutiva 
(il 
che 
secondo 
il 
�classico� 
criterio 
ermeneutico 
dell�interpretazione 
storico-normativa 
(27)) 
anche 
sul 
piano 
pi� 
propriamente 
soggettivo: 
non 
si 
devono, 
infatti, 
trascurare 
-soprattutto 
a 
partire 
dall�entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
n. 
124 
del 
3 
agosto 
2007 
(rubricata 
�Sistema 
di 
informazione 
per 
la 
sicurezza 
della 
repubblica 
e 
nuova 
disciplina 
del 
segreto�) 
e, 
poi, 
passando 
per 
la 
legge 
n. 
133 
del 
7 
agosto 
2012 
(rubricata 
�Modifiche 
alla 
legge 
3 
agosto 
2007, 
n. 
124, 
concernente 
il 
Sistema 
di 
informazione 
per 
la 
sicurezza 
della 
repubblica 
e 
la 
disciplina 
del 
segreto�), 
fino 
al 
pi� 
recente 
D.lgs. 
18 
maggio 
2018, 
n. 
65 
(sotto 
la 
rubrica 
di 
�attuazione 
della 
direttiva 
Ue 
2016/1148 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio 
recante 
misure 
per 
un 
livello 
comune 
elevato 
di 
sicurezza 
delle 
reti 
e 
dei 
sistemi 
informativi 
nell�Unione�) 
-i 
contenuti 
di 
tutti 
quei 
puntuali 
interventi 
normativi, 
succedutisi 
fin 
ora 
nel 
tempo, 
che 
hanno 
copiosamente 
arricchito 
e 
meglio 
precisato 
gli 
�elementi 
costitutivi� 
della 
(invero 
alquanto 
�rarefatta�) 
nozione 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
(28), 
con 
l�introduzione, 
fra 
le 
altre 
cose, 
di 
una 
fitta 
e 
penetrante 
disciplina 
legislativa 
per 
l�esercizio 
delle 
attivit� 
amministrative 
(ad 
hoc) 
finalizzate 
alla 
prevenzione 
nonch�, 
soprattutto, 
al 
controllo 
delle 
�fonti� 
di 
pericolo 
provenienti 
tanto 
da 
singole 
persone 
fisiche 
simpatizzanti 
ovverosia 
militanti 
presso 
le 
disparate 
cellule 
terroristiche 
-nate 
e 
sviluppatesi 
sul 
territorio 
europeo 
-quanto, 
per 
altro, 
dai 


(27) l�interpretazione 
di 
carattere 
storico-normativa 
pu� dirsi 
essere 
stata 
teorizzata, in dottrina, 
da 
A. D�AtenA, Legge 
regionale 
(e 
provinciale), in enciclopedia del 
diritto, XXiii, Milano, 1973; 
pi� 
di 
recente 
A. D�AtenA, Materie 
legislative 
e 
tipologia delle 
competenze, in Quaderni 
Costituzionali, n. 
1/2003, pp. 15-24. 
(28) occorre, tuttavia, mettere 
debitamente 
in guardia 
dalle 
pericolose 
ambiguit� 
sottese 
all�uso 
del 
concetto (invero piuttosto evanescente) della 
�sicurezza�, posto che, di 
per s�, non � 
raro che 
una 
stessa 
fattispecie 
concreta 
possa 
essere 
contemporaneamente 
sussunta 
sotto le 
sovrapponibili 
(ma 
distinte) 
nozioni 
di 
ordine 
pubblico, 
di 
sicurezza 
pubblica 
o 
della 
sicurezza 
nazionale; 
si 
tratta, 
per 
il 
vero, 
di 
differenze 
significative, non solo sul 
piano squisitamente 
teorico quanto, soprattutto, sotto il 
profilo 
propriamente 
applicativo. il 
tema, per la 
sua 
complessit�, meriterebbe 
un�adeguata 
sede 
di 
trattazione 
ad hoc; 
sia 
qui 
consentito soltanto il 
riferimento, ex 
multis, agli 
approfondimenti 
sviluppati 
in un prezioso, 
quanto 
piuttosto 
recente, 
volume 
di 
studio 
su 
codeste 
tematiche, 
A. 
toRRe 
(a 
cura 
di), 
Costituzioni 
e sicurezza, Santarcangelo di Romagna, 2014. 
in particolare, per quello che 
involge 
il 
diniego della 
concessione 
della 
cittadinanza 
per matrimonio nei 
casi 
di 
sussistenza 
dei 
(comprovati 
o comprovabili) motivi 
di 
sicurezza, giova 
puntualizzare 
che 
l�art. 
6, comma 
1, lett. c), della 
legge 
5 febbraio 1992, n. 91 faccia 
espresso riferimento alla 
nozione 
di 
�sicurezza 
della 
repubblica�, 
con 
il 
richiamo, 
dunque, 
ad 
un 
�elemento 
costitutivo�, 
ratione 
materiae, 
della 
sicurezza 
nazionale, ex art. 39 della 
legge 
3 agosto 2007, n. 124 (sul 
�Sistema 
di 
informazione 
per 
la 
sicurezza 
della 
Repubblica 
e 
nuova 
disciplina 
del 
segreto di 
Stato�), che 
dispone 
proprio che: 
�Sono 
coperti 
da segreto di 
Stato gli 
atti, i 
documenti, le 
notizie, le 
attivit� e 
ogni 
altra cosa la cui 
diffusione 
sia idonea a recare danno all�integrit� della repubblica [�]�. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


�nuovi� 
potenziali 
attacchi 
cibernetici 
pericolosamente 
oggi 
provenienti 
persino 
da 
isolati 
soggetti 
privati 
comodamente 
seduti 
dinanzi 
al 
computer 
di 
casa 
propria 
(29); 
in 
questo 
senso, 
per 
di 
pi�, 
la 
sussistenza 
di 
comprovati 
(o 
comprovabili) 
motivi 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica 
potrebbe 
essere 
persino 
pericolosamente 
riscontrata 
nella 
potenziale 
dannosit� 
degli 
stranieri 
�svincolati� 
dalla 
stessa 
stretta 
affiliazione 
ad 
organizzazioni 
terroristiche 
(i 
cos� 
detti 
lupi 
solitari). 


� 
evidente, pertanto, sulla 
scorta 
di 
queste 
premesse 
come 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
sviluppatasi 
nel 
solco 
dei 
nuovi 
accadimenti 
storici, 
nonch� 
dell�evoluzione 
dei 
pi� 
recenti 
(e, 
per 
il 
vero, 
piuttosto 
�frenetici�) 
provvedimenti 
normativi 
in materia 
di 
sicurezza, abbia 
riconosciuto all�Amministrazione 
pubblica 
debitamente 
preposta 
alla 
cura 
della 
salus 
rei 
pubblicae 
degli 
�amplissimi 
margini 
di 
discrezionalit�� 
in 
punto 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
italiana 
per matrimonio, una 
discrezionalit� 
riconducibile 
all�alveo 
della 
cos� 
detta 
discrezionalit� 
tecnica 
(30); 
pi� propriamente 
configurabile, 
nel 
caso in esame, come 
una 
concreta 
esplicazione 
di 
apprezzamenti 
tecnici 
finalizzati 
a 
permettere 
il 
pi� 
sereno 
e 
sicuro 
esercizio 
dei 
poteri 
di 
valutazione 
dei 
singoli 
requisiti 
necessari 
per 
l�acquisto 
della 
cittadinanza 
italiana, 
nonch�, 
specialmente, degli 
elementi 
preclusivi 
della 
stessa 
allorch� 
sia 
in gioco, per 
l�appunto, la sicurezza della Repubblica. 


emblematiche 
sono 
risultate 
soprattutto 
quattro 
recentissime 
e 
ravvicinate 
pronunce 
del 
Consiglio di 
Stato (31), in cui, in modo particolare, il 
Supremo 
Consesso 
amministrativo 
ha 
tenuto 
energicamente 
a 
ribadire 
proprio 
che 
la 
valutazione 
sottostante 
all�adozione 
del 
provvedimento di 
diniego della 
concessione 
di 
cittadinanza 
per 
matrimonio 
nell�ipotesi 
di 
sussistenza 
procedi-
mentale 
dei 
motivi 
di 
sicurezza 
costituisca 
un 
provvedimento 
dalla 
natura 
ampiamente 
discrezionale, nonch� 
propriamente 
subordinato al 
concreto accertamento 
della 
necessaria 
considerazione 
delle 
condizioni 
tecniche 
per tutelare 
l�interesse 
collettivo della 
sicurezza 
della 
Repubblica, alla 
cui 
concreta 


(29) Per utili 
approfondimenti 
sul 
punto A. Soi, L�intelligence 
italiana a sette 
anni 
dalla riforma, 
in Forum di Quaderni Costituzionali, n. 8/2014, 3 settembre 2014. 
(30) 
Appare 
significativo 
il 
rinvio 
a 
quanto 
efficacemente 
puntualizzato 
nel 
prezioso 
nonch� 
recentissimo 
approfondimento 
di 
M. 
inteRlAnDi, 
Fenomeni 
migratori 
tra 
potere 
amministrativo 
ed 
effettivit� 
delle 
tutele, 
torino, 
2018, 
pp. 
169 
ss. 
in 
cui 
l�Autrice 
richiama, 
con 
riferimento 
al 
tema 
della 
discrezionalit� 
tecnica 
(per 
il 
vero 
ampiamente 
indagato 
in 
dottrina), 
una 
risalente 
quanto 
piuttosto 
consolidata 
posizione 
dottrinaria, 
M.S. 
giAnnini, 
Il 
potere 
discrezionale 
della 
Pubblica 
amministrazione. 
Concetto 
e 
problemi, 
Milano, 
1939; 
D. 
DePRetiS, 
Valutazione 
amministrativa 
e 
discrezionalit� 
tecnica, 
Padova, 
1995; 
V. 
PARiSio, 
Potere 
discrezionale 
e 
controllo 
giudiziale, 
Milano, 
1998; 
l.R. 
PeRFetti, 
ancora 
sul 
sindacato 
giudiziale 
sulla 
discrezionalit� 
tecnica, 
in 
Foro 
amministrativo, 
n. 
2/2002, 
pp. 
442 
ss. 
(31) in ordine 
progressivo, Cons. St., sez. i, Adunanza 
di 
sezione 
- parere 
reso in sede 
di 
ricorso 
straordinario al 
Presidente 
della 
Repubblica 
- del 
21 dicembre 
2017, n. 2666; 
Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 
2018, n. 519; 
Cons. St., sez. iii, 29 maggio 2018, n. 3206; 
Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 
6836. 
Da 
ultimo, 
ancora 
pi� 
di 
recente 
ed 
a 
consolidamento 
dello 
stesso 
orientamento 
giurisprudenziale, 
tAR lazio, sez. i Ter, 5 luglio 2018, n. 7484. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


salvaguardia � finalizzato - nel caso di concessione qui in esame - l�esercizio 
dello stesso potere della concessione della cittadinanza italiana. 

Anche 
per 
queste 
rilevanti 
ragioni, 
dunque, 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
� 
oggi 
ferma 
nell�individuare 
la 
ratio iuris 
del 
provvedimento di 
diniego 
della 
concessione 
costitutiva 
(32) dello status 
di 
cittadino italiano per 
motivi 
di 
sicurezza 
nella 
cura 
dell�interesse 
collettivo e 
supremo della 
protezione 
e 
difesa 
della 
Repubblica 
e 
non gi� 
- evidentemente 
- in quello, puramente 
egoistico 
ed 
individuale, 
del 
richiedente 
la 
cittadinanza; 
coerentemente, 
del 
resto, con quel 
consolidato orientamento in dottrina 
- si 
potrebbe 
dire 
risalente 
alla 
tesi 
sviluppata, 
pi� 
in 
generale, 
dall�oreste 
Ranelletti 
(33) 
-secondo 
cui 
i 
provvedimenti 
amministrativi 
di 
concessione 
devono perseguire: 
�prioritariamente 
l�interesse 
pubblico (che 
assume 
il 
ruolo d�interesse 
principale 
da 
realizzare) 
mentre 
l�interesse 
privato 
pu� 
trovare 
soddisfazione 
solo 
ove non contrasti con l�interesse pubblico� 
(34). 


in 
particolare, 
preme 
qui 
sottolineare 
come 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
abbia 
�giustificato� 
ed 
argomentato 
il 
proprio 
consolidato 
trend 
d�interpretazione 
giurisprudenziale 
estensiva 
dell�elemento 
normativo 
inerente 
ai 
comprovabili 
motivi 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
sulla 
base 
dell�autorevole 
e 
fondamentale 
orientamento 
giurisprudenziale 
della 
stessa 
Corte 
costituzionale 
che, 
in 
pi� 
occasioni 
(e 
sin a 
partire 
dagli 
anni 
�70), ha 
avuto modo di 
puntualizzare 
proprio 
che: 
�la sicurezza interna ed esterna dello Stato costituisce 
interesse 
essenziale 
ed insopprimibile 
della collettivit�, con palese 
carattere 
di 
assoluta 
preminenza su ogni altro� 
(35). 


Su questi 
presupposti 
il 
trend 
delle 
decisioni 
del 
giudice 
Amministrativo 
pu� dirsi, ad oggi, cristallizzato, specie 
nel 
ritenere 
assolutamente 
legittimi 
i 
dinieghi 
dell�Amministrazione 
pubblica 
sulla 
base 
di 
semplici 
motivazioni 
indicanti 
il 
riferimento alla 
mera 
sussistenza 
dei 
motivi 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica; 
senza 
la 
necessit�, dunque, di 
una 
stringente 
motivazione, 
posto che 
l�esclusione 
della 
concessione 
dello status 
di 
cittadino italiano per 
motivazioni 
attinenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica 
presuppone 
l�esercizio 


(32) 
Per 
approfondimenti 
in 
dottrina 
sui 
provvedimenti 
concessori, 
nonch� 
sulle 
differenze 
tra 
concessione 
costitutiva 
e 
concessione 
traslativa, 
ex 
multis, 
e 
senza 
alcuna 
pretesa 
di 
esaustivit�, 
P. 
ViRgA, 
Il 
provvedimento 
amministrativo, 
Milano, 
1972; 
e. 
CASettA, 
Manuale 
di 
Diritto 
amministrativo, 
Milano, 
2011, pp. 346-350; 
S. tARullo, Manuale 
di 
Diritto amministrativo, Bologna, 2017, pp. 303-307. Per 
un collegamento tra 
il 
provvedimento amministrativo di 
concessione 
e 
le 
�politiche 
del 
diritto� 
sulla 
cittadinanza, 
F. oliVieRi, Cittadini 
mancati. La concessione 
della cittadinanza italiana come 
dispositivo 
governamentale, in Studi sulla questione criminale, nn. 1-2/2014, pp. 99-120. 
(33) 
o. 
RAnelletti, 
Concetto 
e 
natura 
delle 
autorizzazioni 
e 
concessioni 
amministrative, 
in 
Giur. 
it., 1894; 
o. RAnelletti, Teoria generale 
delle 
autorizzazioni 
e 
concessioni 
amministrative, Roma-Firenze, 
1894-1897; o. RAnelletti, Principi di Diritto amministrativo, napoli, 1912. 
(34) S. tARullo, Manuale di Diritto amministrativo, Bologna, 2017, p. 307. 
(35) Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; 
in cui, segnatamente, il 
giudice 
Amministrativo 
richiama 
una 
risalente, quanto mai 
superata, pronuncia 
della 
Consulta: 
Corte 
cost., 10 aprile 
1998, n. 
110, par. 5 del Considerato in diritto. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


di 
valutazioni 
e 
di 
stringenti 
apprezzamenti 
di 
carattere 
�tecnico� 
non affatto 
sindacabili 
nel 
merito 
dal 
giudice 
Amministrativo, 
se 
non 
per 
quelle 
residuali, 
ed evidenti, ipotesi 
di 
manifesta 
irragionevolezza 
ed illogicit� 
della 
motivazione. 


Per altro, giova, altres�, puntualizzare 
che 
la 
motivazione 
del 
provvedimento 
di 
diniego della 
concessione 
di 
cittadinanza 
italiana 
per motivi 
di 
sicurezza 
non 
potrebbe 
mai 
-a 
rigore 
di 
stretta 
e 
pura 
logica 
(ed 
al 
di 
l� 
dei 
�cristallizzati� 
limiti 
di 
sindacabilit� 
propri 
del 
giudice 
Amministrativo) - riportare 
analiticamente 
notizie 
o 
�fonti� 
che 
potessero, 
in 
qualche 
modo, 
andare 
a 
compromettere 
l�attivit� 
informativa 
(di 
carattere 
preventivo e 
di 
controllo) 
degli organi preposti alla cura della sicurezza della Repubblica. 


� 
questo, invero, il 
cuore 
dell�articolata 
disciplina 
sottesa 
al 
diniego di 
concessione 
della 
cittadinanza 
per 
motivi 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica: 
viene 
in essere, cio�, un delicato bilanciamento tra 
l�interesse 
pubblico, e 
supremo, 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica 
ed 
i 
fondamentali 
principi 
amministrativi 
del 
giusto procedimento e 
del 
necessario rispetto del 
contradditorio nei 
confronti 
del 
privato soggetto istante, �sospettato� 
di 
compromettere 
potenzialmente 
la 
salus 
rei 
pubblicae 
e 
titolare, del 
resto, di 
un interesse 
legittimo pretensivo al 
riconoscimento 
del 
status 
di 
cittadino 
italiano 
e, 
soprattutto, 
delle 
fondamentali 
garanzie, costituzionalmente 
contemplate, del 
giusto processo dinanzi 
al 
giudice 
Amministrativo, ex. artt. 
24, 111 e 113 della Costituzione. 


Si 
tratta, 
come 
appare 
evidente, 
di 
un 
delicato 
bilanciamento, 
in 
ogni 
caso 
propendente 
da 
anni 
per la 
tutela 
dell�interesse 
collettivo e 
supremo della 
sicurezza 
della 
Repubblica, 
posto 
che 
la 
Consulta 
-e 
senza 
mai 
alcuna 
soluzione 
di 
continuit� 
nella 
propria 
giurisprudenza 
- non ha 
per nulla 
avuto dubbi 
nel 
considerare 
prevalente 
il: 
�il 
supremo 
interesse 
della 
sicurezza 
dello 
Stato 
nella sua personalit� internazionale, e 
cio� 
l�interesse 
dello Stato-comunit� 
alla propria integrit� territoriale, indipendenza e 
- al 
limite 
- alla stessa sua 
sopravvivenza. 


Interesse 
presente 
e 
preminente 
su ogni 
altro in tutti 
gli 
ordinamenti 
statali, 
quale 
ne 
sia il 
regime 
politico, che 
trova espressione, nel 
nostro testo costituzionale, 
nella formula solenne 
dell�art. 52, che 
proclama la difesa della 
Patria sacro dovere del cittadino� 
(36). 


Ci� posto, ed a 
ben riflettere, � 
stata 
pressoch� 
inevitabile 
la 
progressiva 
(e 
dilagante) 
dilatazione 
nella 
giurisprudenza 
amministrativa 
dell�applicabilit� 
dei 
�presupposti� 
del 
regime 
giuridico sotteso alle 
misure 
di 
prevenzione 
e 
di 
lotta 
alle 
nuove 
forme 
di 
terrorismo 
e 
di 
pericolo 
per 
la 
sicurezza 
della 
Repubblica: 
in questo senso, pertanto, il 
provvedimento di 
diniego della 
cittadinanza 
italiana 
per matrimonio a 
causa 
dei 
motivi 
ostativi 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica 
ha 
visto 
una 
impensabile 
dilatazione 
interpretativa 
del 
concetto 


(36) Corte cost., 14 aprile 1976, n. 82, par. 5 del Considerato in diritto. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


stesso di 
sicurezza, come 
una 
forma 
di 
risposta 
ermeneutica 
(adeguatrice 
ed 
evolutiva) 
ai 
recenti 
fenomeni 
dei 
foreign 
fighters, 
dei 
lupi 
solitari 
nonch�, 
nondimeno, 
contro 
ogni 
�nuova� 
ed 
inaspettata 
forma 
di 
spionaggio 
coperta 
dal vincolo matrimoniale. 

Di 
certo 
� 
quasi 
impossibile, 
ad 
oggi, 
non 
notare 
come 
questo 
legittimo 
(e, 
forse, 
pur 
fisiologico) 
trend 
giurisprudenziale 
vada 
visibilmente 
a 
cozzare 
-tanto 
nella 
ratio 
della 
misura 
del 
diniego 
di 
cittadinanza 
(come 
tipico 
�atto 
di 
alta 
amministrazione�) 
quanto 
nella 
sua 
estensiva 
portata 
applicativa 
-con 
le 
tanto 
conclamate 
invocazioni 
-in 
dottrina 
come, 
pure, 
nella 
pi� 
generale 
opinione 
pubblica 
-per 
una 
introduzione 
legislativa 
�generalizzata� 
del 
criterio 
dello 
ius 
soli 
come 
requisito 
per 
l�ottenimento 
della 
cittadinanza 
(37): 
il 
che 
va 
detto, 
se 
non 
altro, 
almeno 
per 
evitare 
l�imbarazzante 
(potenziale) 
paradosso 
che 
la 
cittadinanza 
italiana 
sia 
acquisita 
dal 
figlio 
(nato 
sul 
territorio 
italiano) 
di 
colui 
al 
quale 
sia 
stato, 
invece, 
legittimamente 
opposto 
un 
diniego 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
per 
motivi 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica. 


3. Conclusioni. 
la 
nozione 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
-con 
ogni 
suo 
problematico 
riflesso 
giuridico 
discendente 
dalle 
concrete 
garanzie 
del 
relativo, 
essenziale, 
soddisfacimento 
(38) 
-� 
andata, 
negli 
anni, 
sempre 
pi� 
estensivamente 
interpretata 
dalla 
giurisprudenza 
amministrativa, 
posto 
che, 
ad 
oggi, 
�i 
comprovati 
motivi 
di 
sicurezza� 
costituiscono 
un 
legittimo, 
e 
pregnante, 
elemento 
normativo 
dirimente 
anche 
per 
il 
procedimento 
amministrativo 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
italiana 
per 
matrimonio: 
da 
un 
lato 
infatti 
-sotto 
il 
profilo 
provvedimentale 
-la 
dichiarata 
sussistenza 
dei 
motivi 
di 
sicurezza 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
costituisce 
-sic 
et 
simpliciter 
-causa 
ostativa 
e 
di 
preclusione 
per 
l�acquisto 
dello 
status 
di 
cittadino, 
senza, 
cio�, 
che 
il 
giudice 
Amministrativo 
possa 
esercitare 
alcun 
tipo 
di 
sindacato 
intrinseco 
sull�edizione 
dei 
poteri 
sottesi 
alle 
valutazioni 
proprie 
della 
discrezionalit� 
tecnica 
con 
cui 
viene 
adottato 
il 
provvedimento; 
dall�altro 
lato 
-ovvero 
sotto 
il 
profilo 
squisitamente 
procedimentale 
-le 
esigenze 
di 
sicurezza 
della 
Repubblica 
costituiscono, 
al 
contempo, 
un 
legittimo 
quanto 
fondamentale 
limite 
per 
il 
diritto 
di 
contraddittorio 
del 
privato 
istante, 
nonch�, 
specialmente, 
per 
la 
portata 
del 
fondamentale 
principio 
di 
trasparenza 
del 
procedimento 
amministrativo 


(37) Per un�utile 
lettura 
generale 
di 
inquadramento sul 
tema, ex 
multis, M.C. loCChi, Lo ius 
soli 
nel dibattito pubblico italiano, in Quaderni Costituzionali, n. 2/2014, pp. 483-506. 
(38) Per un�approfondita 
analisi 
sul 
�significato della 
sicurezza� 
ed uno studio delle 
sue 
sfaccettature 
e 
dimensioni 
si 
rimanda, senza 
alcuna 
pretesa 
di 
esaustivit�, a 
t.F. giuPPoni, La sicurezza e 
le 
sue 
�dimensioni� 
costituzionali, 
in 
S. 
ViDA 
(a 
cura 
di), 
Diritti 
umani: 
trasformazioni 
e 
reazioni, 
Bologna, 
2008; 
M. Ruotolo, La sicurezza nel 
gioco del 
bilanciamento, in g. CoCCo 
(a 
cura 
di), I diversi 
volti 
della sicurezza, Milano, 2012, pp. 43 ss. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


e 
del 
connesso 
diritto 
di 
accesso 
documentale 
del 
richiedente 
straniero 
(39). 


naturalmente 
non 
si 
devono 
coprire 
gli 
occhi 
rispetto 
alle 
potenziali 
e 
possibili 
criticit� 
attinenti 
al 
tema 
dell�equilibrato 
bilanciamento 
dei 
valori 
tra 
sicurezza 
della 
Repubblica 
e 
tutela 
dei 
diritti 
individuali 
(40), un delicato bilanciamento, 
quest�ultimo, 
da 
dover 
realizzarsi 
in 
primis 
in 
sede 
legislativa 
nonch�, in ultima e residuale battuta, dinanzi alla stessa Consulta (41). 


Del 
resto, 
proprio 
la 
Corte 
costituzionale, 
dal 
canto 
suo, 
non 
ha 
mai 
esitato 
nel 
ritenere: 
�la 
sicurezza 
interna 
ed 
esterna 
dello 
Stato 
[come 
un] 
interesse 
essenziale 
ed 
insopprimibile 
della 
collettivit�, 
con 
palese 
carattere 
di 
assoluta 
preminenza 
su 
ogni 
altro 
in 
quanto 
tocca 
[�] 
l�esistenza 
dello 
Stato� 
(42), 
di 
cui, 
ad 
onor 
del 
vero, 
la 
giurisdizione 
-ha 
puntualizzato 
sempre 
la 
Consulta 
-costituisce 
soltanto 
�un 
aspetto� 
(43), 
sicch� 
deve 
considerarsi 
come 
assolutamente 
preliminare 
-proprio 
nell�ambito 
di 
un 
equilibrato 
bilanciamento 
dei 
valori 
coinvolti 
-la 
garanzia 
effettiva: 
� 
[�] 
dell�esistenza, 
dell�integrit�, 
nonch� 
dell�assetto 
democratico 
[del 
nostro 
ordinamento 
costituzionale], 
valori 
che 
trovano 
espressione 
in 
un 
complesso 
di 
norme 
costituzionali, 
e 
particolarmente 
in 
quelle 
degli 
artt. 
1, 
5 
e 
52 
Cost. 
(sentenza 
n. 
110 
del 
1998; 
in 
prospettiva 
analoga, 
sentenze 
n. 
106 
del 
2009, 
n. 
86 
del 
1977 
e 
n. 
82 
del 
1976)� 
(44). 


� 
su 
questi 
presupposti 
di 
diritto 
costituzionale, 
dunque, 
che 
al 
Ministero 
dell�interno 
� 
attribuito 
-ex 
lege 
-il 
pregnante 
potere 
di 
valutazione 
dei 
motivi 
inerenti 
alla 
pericolosit� 
soggettiva 
degli 
stranieri 
richiedenti 
la 
cittadinanza 
italiana 
per 
matrimonio, 
proprio 
al 
fine 
di 
salvaguardare, 
appunto, 
l�esistenza, 
l�integrit� 
e 
la 
conservazione 
stessa 
del 
nostro 
assetto 
democratico 
e 
della 
Repubblica: 
con 
l�attribuzione 
all�Amministrazione 
pubblica 
dell�interno 
del-
l�esercizio 
di 
peculiari 
apprezzamenti 
tecnici 
tipicamente 
riconducibili 
ad 
un�am


(39) 
Sulle 
potenziali 
contrapposizioni 
tra 
le 
esigenze 
sottese 
ai 
fondamentali 
principi 
di 
pubblicit� 
e 
di 
trasparenza 
dell�ordinamento costituzionale 
e 
le 
contrapposte 
necessit� 
di 
segretezza 
connesse 
ai 
fondamentali 
istituti 
del 
segreto di 
Stato e 
del 
segreto d�ufficio sia 
consenti 
il 
rinvio, ex 
multis, a 
quanto 
ricostruito 
in 
A. 
MitRotti, 
Brevi 
riflessioni 
sui 
caratteri 
comuni 
alle 
attivit� 
secretate 
nell�ordinamento 
costituzionale 
italiano, anche 
alla luce 
del 
bilanciamento con la libert� di 
manifestazione 
del 
pensiero, 
in astrid rassegna, n. 15/2018. 
(40) 
Appare 
significativo 
rimandare 
a 
quanto 
brillantemente 
puntualizzato 
da 
R. 
Bin, 
Democrazia 
e terrorismo, in Forum di Quaderni Costituzionali, 9 luglio 2007. 
(41) Per una 
ricognizione 
generale 
sul 
punto, A. MoRRone, Bilanciamento (giustizia costituzionale), 
in enciclopedia del 
diritto, Annali, 2008, ii, pp. 185 ss.; 
interessante 
� 
altres� 
- nell�ottica 
del 
bilanciamento 
tra 
sicurezza 
e 
segretezza, 
da 
un 
lato, 
e 
diritti 
fondamentali, 
dall�altro 
lato 
-quanto 
efficacemente 
ricostruito in A. MoRRone, Il 
nomos 
del 
segreto di 
Stato, tra politica e 
Costituzione, in 
Forum di Quaderni Costituzionali, 22 dicembre 2009. 
(42) Corte 
cost., 24 maggio 1977, n. 86, par. 8 del 
Considerato in diritto; 
nello stesso senso - per 
altro senza 
soluzione 
di 
continuit� 
- Corte 
cost., 10 aprile 
1998, n. 110, par. 5 del 
Considerato in diritto; 
Corte 
cost., 23 febbraio 2012, n. 40 par. 5 del 
Considerato in diritto; 
Corte 
cost., 13 febbraio 2014, n. 
24, par. 5 del Considerato in diritto. 
(43) Corte cost., 23 febbraio 2012, n. 40, par. 5 del Considerato in diritto. 
(44) Corte cost., 23 febbraio 2012, n. 40, par. 5 del Considerato in diritto. 

ContRiButi 
Di 
DottRinA 


plissima 
discrezionalit� 
tecnica, 
propria, 
come 
gi� 
scritto, 
di 
un 
provvedimento 
che 
pu� 
ben 
definirsi 
come 
un 
vero 
e 
proprio 
atto 
di 
alta 
amministrazione. 


nel 
solco 
dell�autorevole 
giurisprudenza 
costituzionale, 
dell�evoluzione 
dei 
provvedimenti 
normativi 
in 
materia 
di 
sicurezza, 
nonch� 
delle 
tristi 
problematiche 
connesse 
alle 
pi� 
recenti 
e 
massicce 
ondate 
dei 
flussi 
migratori 


(45) 
-posto 
che 
non 
� 
affatto 
escluso, 
per 
il 
vero, 
che 
dietro 
l�accoglimento 
dei 
migranti 
possano 
�confondersi� 
dei 
potenziali 
terroristi 
(46) 
�coperti� 
dal 
sopravvenuto 
velo 
del 
vincolo 
matrimoniale 
con 
un 
ignaro 
cittadino 
italiano 
-� 
cos� 
intervenuto 
il 
consolidato 
e 
pressoch� 
(ormai) 
cristallizzato 
orientamento 
del 
giudice 
Amministrativo 
in 
punto 
di 
diniego 
della 
concessione 
di 
cittadinanza 
per 
matrimonio 
nelle 
ipotesi 
di 
una 
sussistenza 
dei 
motivi 
di 
sicurezza: 
in 
ossequio 
al 
principio 
conclamante 
Salus 
rei 
Pubblicae 
suprema 
lex 
esto 
(47) 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
ha 
oramai 
arrestato 
il 
proprio 
sindacato 
giurisdizionale 
di 
legittimit� 
a 
semplici 
forme 
di 
mera 
verifica 
estrinseca 
e 
formale 
-limitata, 
cio�, 
al 
giudizio 
sull�astratta 
coerenza 
logica 
delle 
valutazioni 
compiute, 
nonch� 
sulla 
plausibile 
ragionevolezza 
(ovvero 
manifesta 
irragionevolezza) 
della 
decisone 
-del 
provvedimento 
ed 
evitando, 
altres�, 
di 
richiedere 
alla 
stessa 
Amministrazione 
pubblica 
procedente 
stringenti 
motivazioni 
e 
delle 
specifiche 
estrinsecazioni 
circa 
i 
singoli 
fatti 
e 
le 
peculiari 
circostanze 
apprezzate 
nel 
corso 
del 
procedimento 
istruttorio; 
cos� 
da 
andare, 
in 
tal 
modo, 
il 
giudice 
Amministrativo 
ad 
accontentarsi 
di 
semplici 
-e 
molto 
generiche 
-indicazioni 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
sui 
comprovati 
motivi 
di 
sicurezza. 
il 
che, a 
ben riflettere, muove 
proprio dalla 
significativa 
ratio iuris 
- maturata, 
invero, 
in 
seno 
all�evolutiva 
interpretazione 
estensiva 
dell�elemento 
normativo della 
sicurezza 
repubblicana 
- sottesa 
al 
provvedimento di 
diniego 
della 
cittadinanza 
per 
motivi 
di 
sicurezza 
(quale 
atto 
di 
alta 
amministrazione), 
posto che 
il 
rigetto della 
concessione 
deve 
intendersi 
come 
una 
decisone 
amministrativa 
in 
cui 
l�esercizio 
del 
potere 
concessorio 
della 
cittadinanza 
italiana 


(45) Cfr. F. PittAu, Immigrazione 
e 
criminalit�: cosa dicono i 
dati, in etnografia e 
ricerca qualitativa, 
n. 
1/2010, 
pp. 
119-126; 
e. 
StRinghettA, 
Il 
legame 
tra 
diritto 
dell�immigrazione 
e 
sicurezza 
nazionale, 
in www.tesionline.it. 
(46) 
g. 
CAMPeSi, 
Immigrazione: 
da 
questione 
sociale 
a 
minaccia 
per 
la 
sicurezza, 
in 
Dossier. 
emergenza immigrati: da Lampedusa a Bruxelles, istituto per gli 
Studi 
di 
Politica 
internazionale, 23 
ottobre 
2013; 
M. 
loMBARDi, 
Immigrazione 
e 
terrorismo, 
in 
Ventunesimo 
rapporto 
sulle 
migrazioni 
2015, Milano, 2015, pp. 253-260; 
e. StRinghettA, Il 
legame 
tra diritto dell�immigrazione 
e 
sicurezza 
nazionale, in www.tesionline.it; 
M. VAlentini, Sicurezza della repubblica e 
democrazia costituzionale. 
Teoria generale 
e 
strategia di 
sicurezza nazionale, napoli, 2017. Pi� diffusamente 
sul 
tema 
si 
rimanda 
a 
quanto 
pi� 
recentemente 
sviluppato 
nel 
volume 
di 
AA.VV., 
Immigrazione 
e 
Terrorismo, 
in 
i. 
giuliAni 
- e. PAlMiSAno 
(a cura di), Rivista 
NoUS, n. 1/2018. 
(47) il 
brocardo, come 
sar� 
noto, risale 
a 
Marco tullio Cicerone, pi� precisamente 
consacrato nel 
suo 
De 
Legibus 
(3,8), 
iV. 
Per 
un�attuale 
ed 
attenta 
rivisitazione 
del 
principio 
in 
chiave 
pubblicistica, 
appare 
utile 
il 
rimando a 
V. teotoniCo, La scienza giuridica tra esigenze 
di 
innovazione 
e 
continuit� 
costituzionale, in rivista aIC, n. 2/2016. 

RASSegnA 
AVVoCAtuRA 
Dello 
StAto - n. 4/2018 


deve 
essere 
assolutamente 
subordinato al 
soddisfacimento dell�interesse 
collettivo 
(48) della 
sicurezza 
nazionale: 
sicch� 
le 
recenti 
sentenze 
del 
Consiglio 
di 
Stato (49) sembrerebbero aver definitivamente 
consacrato e 
cristallizzato in 
materia 
di 
concessione 
della 
cittadinanza 
-il 
principio 
della 
prevalenza 
(assoluta) 
della 
fondamentale 
finalit� 
pubblica 
di 
garanzia 
e 
tutela 
della 
sicurezza 
della 
Repubblica 
nonch�, 
soprattutto, 
della 
strumentale 
�salvaguardia� 
della 
funzionalit� 
propria 
(sotto 
il 
profilo, 
cio�, 
dei 
principi 
di 
efficacia 
ed 
efficienza) 
delle 
connesse, 
e 
preziose, 
attivit� 
amministrative 
di 
prevenzione, 
contrasto 
e 
di 
controllo 
dei 
soggetti 
potenzialmente 
pericolosi 
per 
la 
sicurezza 
nazionale; 
delle 
attivit� 
-quelle 
suindicate 
-che, 
come 
sar� 
ben 
noto, 
vengono 
preziosamente 
esercitate, in generale, dagli 
organi 
preposti 
alla 
sicurezza 
ed 
all�ordine 
pubblico, nonch�, specialmente 
(ratione 
materiae), dal 
Sistema 
di 
informazione 
per la 
sicurezza 
della 
Repubblica 
(50), cui 
compete, fondamentalmente, 
�produrre� 
il 
�nocciolo duro� 
(inevitabilmente 
avvinto, in s�, di 
segretezza) 
del 
materiale 
istruttorio 
necessario 
per 
il 
completo 
sereno 
ed 
adeguato apprezzamento tecnico che 
l�Amministrazione 
pubblica 
procedente 
(rectius 
il 
Ministero 
dell�interno) 
� 
chiamata, 
concretamente, 
a 
dover 
compiere 
per valutare 
la 
sussistenza, nel 
caso specifico, dei 
comprovati 
motivi 
inerenti 
alla 
sicurezza 
della 
Repubblica, preclusivi 
- per l�appunto - dell�ottenimento 
della concessione della cittadinanza italiana. 


(48) 
� 
copiosa 
la 
recente 
giurisprudenza 
amministrativa 
sul 
punto, 
si 
rimanda 
in 
particolare 
al 
Cons. St., sez. i, Adunanza 
di 
sezione 
- parere 
reso in sede 
di 
ricorso straordinario al 
Presidente 
della 
Repubblica 
- del 
21 dicembre 
2017, n. 2666; 
Cons. St., sez. iii, 25 gennaio 2018, n. 519; 
Cons. St., sez. 
iii, 29 maggio 2018, n. 3206; 
Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 6836. Da 
ultimo, ancora 
pi� di 
recente 
ed 
a 
consolidamento 
dello 
stesso 
orientamento 
giurisprudenziale, 
tAR 
lazio, 
sez. 
i 
Ter, 
5 
luglio 
2018, n. 7484. 
(49) 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
25 
gennaio 
2018, 
n. 
519; 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
29 
maggio 
2018, 
n. 
3206; 
Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 2018, n. 6836. 
(50) in questi 
precisi 
termini 
soprattutto il 
Supremo Consesso amministrativo, Cons. St., sez. iii, 
25 gennaio 2018, n. 519; 
Cons. St., sez. iii, 29 maggio 2018, n. 3206; 
Cons. St., sez. i Ter, 18 giugno 
2018, n. 6836. la 
letteratura 
in merito al 
Sistema 
di 
informazione 
per la 
sicurezza 
della 
Repubblica 
� 
davvero ampia, per questo - e 
senza 
alcuna 
pretesa 
di 
esaustivit� 
- siano consentiti 
soltanto gli 
utili 
e 
significativi 
richiami 
a 
C. MoSCA 
- g. SCAnDone 
- S. gAMBACuRtA 
- M. VAlentini, I Servizi 
di 
informazione 
e 
il 
segreto di 
Stato, Milano, 2008; 
t.F. giuPPoni, Le 
dimensioni 
costituzionali 
della sicurezza, 
Bologna, 2008; 
t. SCoVAzzi, La repubblica riconosce 
e 
garantisce 
i 
diritti 
inviolabili 
della segretezza 
delle 
relazioni 
tra 
servizi 
informativi 
italiani 
e 
stranieri?, 
in 
rivista 
di 
Diritto 
Internazionale, 
n. 
4/2009, 
pp. 
959-992; 
M. 
luCiAni, 
Il 
segreto 
di 
Stato 
nell�ordinamento 
nazionale, 
in 
Il 
segreto 
di 
Stato. 
evoluzioni 
normative 
e 
giurisprudenziali, in Quaderno di 
intelligence-Gnosis, novembre 
2011, pp. 9-25; 
A. VeDA-
SChi, extraordinary 
renditions: esiste 
una giustizia transnazionale?, in rivista Diritto Pubblico comparato 
ed 
europeo, 
n. 
4/2013, 
pp. 
1255-1299; 
M. 
FRAnChini, 
alcune 
considerazioni 
sulle 
nuove 
competenze 
del 
Comitato parlamentare 
per 
la sicurezza della repubblica, in rivista aIC, n. 1/2014; 
A. 
Soi, L�intelligence 
italiana a sette 
anni 
dalla riforma, in Forum 
di 
Quaderni 
Costituzionali, n. 8/2014, 
3 
settembre 
2014; 
e. 
RinAlDi, 
arcana 
imperii, 
Il 
segreto 
di 
Stato 
nella 
forma 
di 
governo 
italiana, 
napoli, 
2016; 
A. MitRotti, Brevi 
considerazioni 
sulla disciplina del 
segreto di 
Stato, in osservatorio aIC, n. 
2/2018; 
M. CAligiuRi 
- M. VAlentini, Materiali 
di 
Intelligence, Dieci 
anni 
di 
studi 
2007-2017, Soveria 
Mannelli, 2018. 

Finito di stampare nel mese di maggio 2019 
Stabilimenti 
Tipografici Carlo Colombo S.p.A. 
Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma