ANNO LXX - N. 3 
LUGLIO - SETTEMBRE 2018 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 



COMITATO 
SCIENTIfICO: 
Presidente: Michele 
Dipace. Componenti: Franco Coppi 
- Giuseppe 
Guarino Natalino 
Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 


DIRETTORE 
RESPONSABILE: 
Giuseppe 
Fiengo 
-CONDIRETTORI: 
Maurizio 
Borgo, 
Danilo 
Del 
Gaizo 
e 
Stefano Varone. 


COMITATO 
DI 
REDAZIONE: 
Giacomo Aiello -Lorenzo 
D�Ascia 
-Gianni 
De 
Bellis 
-Francesco 
De 
Luca 
-
Wally 
Ferrante 
-Sergio 
Fiorentino 
-Paolo 
Gentili 
-Maria 
Vittoria 
Lumetti 
-Francesco 
Meloncelli 
Marina 
Russo. 


CORRISPONDENTI 
DELLE 
AVVOCATURE 
DISTRETTUALI: 
Andrea 
Michele 
Caridi 
-Stefano 
Maria 
Cerillo 
Pierfrancesco 
La 
Spina 
-Marco 
Meloni 
-Maria 
Assunta 
Mercati 
-Alfonso 
Mezzotero 
-Riccardo 
Montagnoli 
-Domenico 
Mutino 
-Nicola 
Parri 
-Adele 
Quattrone 
-Pietro 
Vitullo. 


HANNO 
COLLABORATO 
INOLTRE 
AL 
PRESENTE 
fASCICOLO: 
Claudio 
Boccia, 
Carla 
Colelli, 
Claudio 
Contessa, 
Enrico 
De 
Giovanni, 
Michele 
Gerardo, 
Antonio 
Grumetto, 
Massimo 
Massella 
Ducci 
Teri, 
Antonio 
Mitrotti, 
Francesca 
Muccio, 
Alessio 
Muciaccia, 
Gaetana 
Natale, 
Fabio 
Ratto 
Trabucco, 
Daniele 
Atanasio 
Sisca. 


Email 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it 
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danilodelgaizo@avvocaturastato.it 
stefanovarone@avvocaturastato.it 


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codice 
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IT 
42Q 
01000 
03245 
348 
0 
10 
2368 
05, 
causale 
di 
versamento, 
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ove 
effettuare 
la 
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codice 
fiscale 
del 
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I 
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della 
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di 
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AVVOCATURA 
GENERALE 
DELLO 
STATO 
RASSEGNA 
- Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia - Printed in Italy 


Autorizzazione 
Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 



i 
n 
d 
i 
c 
e 
-s 
o 
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m 
a 
r 
i 
o 
L�Avv. Aldo Stigliano Messuti nel ricordo di una collega 
. . . . . . . . . . . . 
TEMI 
ISTITUZIONALI 
Intervento 
dell�Avvocato 
Generale 
dello 
Stato, 
Avv. 
Massimo 
Massella 
Ducci 
Teri, 
in 
occasione 
della 
cerimonia 
di 
inaugurazione 
dell�Anno 
Giudiziario 
2019. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
1 
Corte 
europea dei 
diritti 
dell�uomo: le 
funzioni 
di 
agente 
del 
Governo a 
difesa dello Stato italiano, Comunicato A.G. del 4 dicembre 2018 
. . . . . �� 
4 
Rappresentanza 
e 
difesa 
della 
Banca 
Centrale 
Europea, 
Comunicato 
A.G. 
del 10 gennaio 2019 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
5 
Protocollo 
di 
intesa 
tra 
Avvocatura 
dello 
Stato 
e 
ANAC, 
in 
data 
9 
novembre 
2018 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
6 
Definizione 
delle 
liti 
tributarie 
pendenti, 
prevista 
dall�art. 
6 
del 
D.L. 
23 
ottobre 
2008 
n. 
119, 
pubblicato 
nella 
G.U. 
del 
23 
ottobre 
2018 
n. 
247. 
Prime 
istruzioni, 
Circolare 
A.G. 
del 
28 
novembre 
2018 
prot. 
611501 
n. 
45 
�� 
10 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
Danilo Del 
Gaizo, Marchio commerciale 
contrario all�ordine 
pubblico. 
Il 
controricorso per 
la Repubblica Italiana nella causa La Mafia Franchises 
c. Ufficio dell�Unione 
europea per 
la propriet� intellettuale 
(Trib. 
UE, sent. 15 marzo 2018, T-1/17). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
15 
Marina 
Russo, 
La 
presa 
in 
carico 
da 
parte 
del 
Servizio 
Sanitario 
Nazionale 
dell�uso 
di 
farmaci 
�off-label� 
in 
presenza 
di 
alternativa 
terapeutica. 
La 
sentenza 
della 
CGUE 
(C. 
Giust. 
UE, 
Sez. 
I, 
sent. 
21 
novembre 
2018, 
C-29/17) 
�� 
39 
Carla 
Colelli, La Corte 
di 
Giustizia UE 
si 
pronuncia sulla legittimazione 
all�impugnazione 
del 
bando 
da 
parte 
di 
operatori 
economici 
che 
non 
hanno partecipato alla gara 
(C. Giust. UE, Sez. III, sent. 28 novembre 
2018, C-328/17) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
56 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
Gaetana 
Natale, 
�Compensatio lucri 
cum 
damno� 
(Cass. civ., Sez. Un., 
sent. 22 maggio 2018 n. 12565) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
67 
Wally 
ferrante, 
Il 
diritto 
all�oblio. 
Codice 
della 
privacy 
e 
trattamento 
dei 
dati 
per 
finalit� 
di 
polizia 
(Cass. 
civ., 
Sez. 
I, 
ord. 
29 
agosto 
2018 
n. 
21362) 
�� 
88 
Wally 
ferrante, 
La 
notifica 
va 
fatta 
all�Avvocatura 
dello 
Stato 
in 
caso 
di 
giudizio 
di 
impugnazione 
del 
preavviso 
di 
fermo 
amministrativo 
(art. 
86, 
d.P.R. 
602/1973) 
(Cass. 
civ., 
Sez. 
III, 
sent. 
8 
novembre 
2018 
n. 
28528) 
. . �� 
95 
Antonio 
Grumetto, 
Sulla 
valutazione 
dei 
presupposti 
della 
responsabilit� 
dell�Amministrazione 
in materia di 
protezione 
della salute 
nel 
commento 
alla sentenza del 
Tribunale 
di 
Roma n. 9561 del 
2018 
(Trib. Roma, Sez. 
II civ., sent. 11 maggio 20108 n. 9561) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
101 



francesca 
Muccio, Procedura semplificata di 
autorizzazione 
di 
impianti 
di 
produzione 
di 
energie 
rinnovabili 
-c.d. 
�minieolico� 
-e 
tutela 
indiretta 
della aree 
c.d. contermini 
a beni 
paesaggistici 
vincolati 
(Cons. St., Sez. 
IV, sent. 4 settembre 2018 n. 5181) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Marina 
Russo, 
Sulla 
ammissibilit� 
di 
nuove 
produzioni 
documentali 
in 
un giudizio di 
appello al 
Consiglio di 
Stato 
(Cons. St., Sez. III, sent. 24 
ottobre 2018 n. 6057) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
pag. 
�� 
124 
142 
Marina 
Russo, Un esauriente 
excursus 
normativo sul 
prezzo dei 
farmaci 
generici 
(Cons. St., Sez. III, sent. 27 novembre 2018 n. 6716) 
. . . . . . . . �� 
149 
LEGISLAZIONE 
ED 
ATTUALIT� 
Enrico 
De 
Giovanni, 
Il 
codice 
dell�Amministrazione 
digitale: 
genesi, 
evoluzione, 
principi costituzionali e linee generali 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
155 
fabio Ratto Trabucco, I dinieghi 
grossolani 
per 
l�accesso ai 
documenti 
amministrativi: esperienze applicative 
nell�epoca della trasparenza 
. . . �� 
172 
Daniele 
Atanasio 
Sisca, 
Sullo 
stato 
di 
emergenza 
del 
settore 
sanitario 
calabrese. 
Ancora numerose sentenze emesse dal T.a.r. Calabria 
. . . . . . . . �� 
185 
Alessio Muciaccia, Una breve 
rassegna della giurisprudenza in tema di 
sosta di 
ingombro degli 
autoveicoli 
e 
risvolti 
penali 
(il 
reato di 
violenza 
privata ex art. 610 c.p.) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
198 
CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 
Michele 
Gerardo, 
Il 
rimborso delle 
spese 
di 
patrocinio legale 
nei 
giudizi 
di 
responsabilit� nei 
confronti 
di 
dipendenti 
pubblici 
ai 
sensi 
dell�art. 18 
del D.L. 25 marzo 1997 n. 67 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
207 
Gaetana 
Natale, Sistemi 
integrati 
di 
composizione 
delle 
liti 
delle 
Pubbliche 
Amministrazioni 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
237 
Antonio Mitrotti, 
Brevi 
considerazioni 
sui 
caratteri 
comuni 
alle 
attivit� 
secretate 
nell�ordinamento 
costituzionale 
italiano, 
anche 
alla 
luce 
del 
contemperamento 
(rectius 
bilanciamento) 
con 
la 
libert� 
di 
manifestazione 
del pensiero. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
272 
RECENSIONI 
Claudio 
Boccia, 
Claudio 
Contessa, 
Enrico 
De 
Giovanni, 
Codice 
dell�Amministrazione 
digitale, La 
Tribuna, Piacenza, 2018 
. . . . . . . . . . . . . . . . 
Claudio 
Boccia, 
Il 
nuovo 
Codice 
dell�Amministrazione 
digitale 
e 
l�apporto 
del Consiglio di Stato 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Claudio Contessa, Il 
Codice 
dell�Amministrazione 
digitale: la modernizzazione 
della P.A. e gli impulsi degli Ordinamenti sovranazionali 
�� 
�� 
�� 
293 
294 
303 



COMUNICATO 
DELL'AVVOCATO 
GENERALE 
(*) 


Con 
profonda 
tristezza, 
comunico 
che 
sabato 
23 
febbraio 
� 
deceduto 
il 
collega 
ed 
amico 
avvocato Aldo Stigliano Messuti, gi� 
Avvocato Distrettuale 
di 
Catanzaro e 
pap� 
del 
collega 
Marco. 


I funerali sono stati celebrati ieri a Catanzaro. 


Nell�esprimere 
le 
pi� sentite 
condoglianze 
alla 
famiglia, anche 
a 
nome 
dei 
colleghi 
e 
di 
tutto il 
personale 
dell�Avvocatura, ne 
ho ricordato la 
nobile 
figura 
di 
avvocato dello Stato e 
di uomo che, nel corso della sua esemplare carriera, ha dato sempre lustro all�Istituto. 


Massimo Massella Ducci 
Teri 


L�avvocato Aldo Stigliano Messuti 
nel ricordo di una collega 


�Credo 
che 
l�Avvocatura 
tutta 
debba, 
nell�occasione 
della 
Sua 
dipartita, 
tributare 
un 
sentito 
ringraziamento 
ad 
Aldo 
Stigliano 
Messuti 
per 
la 
Sua 
opera 
di 
impulso 
all�affermazione 
di 
una 
cultura 
della 
gestione 
condivisa 
e 
collegiale 
dei 
processi 
decisionali, che 
ha 
significativamente 
contribuito alla modernizzazione del nostro Istituto. 


Al 
modello indicato da 
Aldo Stigliano, da 
Nino Freni 
e 
dagli 
altri 
Colleghi 
� 
visionari�, 
padri della legge 103/1979, credo dovremmo ispirarci anche tutti noi, oggi, trovandoci a vivere 
una 
contingenza 
storica 
in cui, pi� che 
mai, senza 
una 
visione 
non potr� 
esserci 
futuro�. 


Roberta Guizzi 


(*) Email Segreteria Particolare - luned� 25 febbraio 2019 12:52. 



TEMIISTITUZIONALI
CERIMONIA 
DI 
INAUGURAZIONE 
DELL�ANNO 
GIUDIZIARIO 2019 


Intervento dell�Avvocato Generale dello Stato 
Avv. Massimo Massella Ducci Teri 


Signor Presidente della Repubblica, Autorit�, 

Signor Primo Presidente della Corte di Cassazione, 

Signor Procuratore Generale, 

Signore e Signori 


� 
con vivo piacere 
che, anche 
quest�anno, prendo la 
parola 
in questa 
solenne 
Cerimonia 
di 
inaugurazione 
per 
porgere 
il 
saluto 
dell�Istituto 
che 
ho 
l�onore di dirigere. 


Nella 
sua 
approfondita 
e 
ampia 
relazione 
il 
Primo Presidente 
ha 
riferito 
in modo analitico sui 
risultati 
raggiunti 
dalla 
Suprema 
Corte 
nell�anno 2018. 
Essi 
sono il 
frutto del 
grandissimo impegno profuso dai 
Magistrati 
e 
da 
tutto 
il 
personale 
amministrativo in servizio presso di 
essa, cui 
vanno il 
nostro pi� 
sentito apprezzamento e la nostra pi� viva gratitudine. 


1. Anche 
nel 
corso dell�anno 2018 sono continuati 
il 
dialogo e 
la 
collaborazione 
tra 
la 
Suprema 
Corte 
e 
l�Avvocatura, privata 
e 
pubblica, per fornire 
risposte 
sempre 
pi� 
adeguate 
alla 
legittima 
domanda 
del 
Paese 
per 
un 
�sistema 
giustizia� 
efficiente 
e 
tempestivo, 
presupposti 
ineludibili, 
questi, 
perch� 
lo 
stesso possa essere qualificato anche equo ed efficace. 
Nell�anno 
appena 
trascorso 
l�Avvocatura 
dello 
Stato, 
insieme 
al 
Consiglio 
Nazionale 
Forense, hanno coltivato il 
proficuo dialogo con la 
Suprema 
Corte 
e 
la 
Procura 
Generale 
per l�attuazione 
del 
disegno riformistico, delineato in 
questi 
ultimi 
anni, per l�implementazione 
dei 
connessi 
protocolli 
d�intesa 
che 
abbiamo sottoscritto e per la riduzione dei giudizi pendenti. 


L�impegno della 
Corte 
in questo ambito � 
ben noto e 
l�Avvocatura 
dello 
Stato � 
consapevole 
che 
la 
gran parte 
dell�arretrato, nel 
settore 
civile, grava 
sulla sezione tributaria ove essa � direttamente coinvolta. 



RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


In 
questa 
situazione, 
abbiamo 
seguito 
la 
prassi 
di 
segnalare 
alla 
Corte 
questioni 
di 
massima 
sulle 
quali 
� 
parsa 
opportuna 
una 
sollecita 
ed 
unitaria 
trattazione, 
al 
fine 
di 
ottenere 
tempestivi 
ed 
univoci 
orientamenti, 
atti 
a 
risolvere 
ampi 
e 
diffusi 
contenziosi, 
pendenti 
avanti 
i 
Giudici 
di 
merito. 
In 
questa 
stessa 
prospettiva, 
inoltre, 
ha 
svolto 
una 
funzione 
positiva 
l�orientamento 
della 
Corte 
di 
fissare 
specifiche 
udienze 
tematiche 
per 
definire 
questioni 
tra 
loro 
omogenee. 


Il problema dell�arretrato tributario, tuttavia, non � ancora risolto. 


Sono convinto, per�, che 
il 
2019, possa 
costituire 
un anno importante 
in 
questo specifico ambito. I recenti 
provvedimenti 
diretti 
alla 
definizione 
delle 
liti 
fiscali 
pendenti 
contengono, infatti, condizioni 
particolarmente 
favorevoli 
che 
rendono 
prevedibile 
una 
massiccia 
definizione 
dei 
giudizi: 
in 
particolar 
modo di 
quelli 
in cui 
� 
l�Agenzia 
delle 
Entrate 
ad aver proposto il 
ricorso per 
cassazione. 


2. 
Un altro ambito nel 
quale 
l�Avvocatura 
dello Stato sta 
offrendo il 
proprio 
contributo � 
quello dell�implementazione 
del 
processo civile 
telematico 
avanti 
la 
Corte 
di 
Cassazione, 
il 
cui 
avvio 
andr� 
a 
costituire 
un 
ulteriore 
e 
fondamentale 
passaggio nel processo di digitalizzazione della giustizia italiana. 
� 
un settore 
in cui 
l�Istituto sta 
maturando una 
propria 
esperienza, acquisita 
nell�ambito 
del 
processo 
telematico 
gi� 
consolidatosi 
avanti 
alla 
Magistratura 
ordinaria 
di 
1� 
e 
2� 
grado 
e 
avanti 
la 
Magistratura 
Amministrativa. 
Ed 
esso � 
strettamente 
connesso al 
processo di 
dematerializzazione 
dell�attivit� 
professionale 
e 
di 
quella 
amministrativa 
di 
supporto che, pur con qualche 
difficolt�, 
� in corso di sviluppo nell�ambito dell�Istituto. 


Proprio 
nel 
corso 
del 
2018, 
grazie 
ai 
finanziamenti 
concessi 
dal 
Governo, 
si � potuto avviare il progetto �Avvocatura 2020�. 


� 
un 
progetto 
ambizioso 
e 
impegnativo, 
volto 
a 
ripensare 
l�organizzazione 
del 
lavoro e 
gli 
strumenti 
informatici, in una 
logica 
evoluta, integrata, 
orientata 
alla 
massima 
automazione 
possibile 
ed al 
trasferimento sui 
supporti 
informatici del carico del lavoro ripetitivo. 


3. 
Questa 
spinta 
innovativa 
� 
sicuramente 
favorita 
dal 
consistente 
ricambio 
del 
personale 
togato 
ed 
� 
legata 
anche 
all�evoluzione 
della 
attivit� 
istituzionale. 
In 
particolare, 
nello 
scorso 
anno, 
con 
l�assunzione 
della 
funzione 
di 
Agente 
del 
Governo avanti 
la 
C.E.D.U. si 
� 
ulteriormente 
istituzionalizzato il 
ruolo dell�Avvocatura 
dello Stato nell�assistenza 
della 
Repubblica 
italiana 
dinanzi 
alle Corti permanenti e ai tribunali arbitrali internazionali. 


Nel 
corso del 
2018, inoltre, � 
stato affidato all�Avvocatura 
il 
patrocinio 
di ulteriori importanti enti e istituzioni, nazionali e sovranazionali. 


La quantit� dei nuovi affari trattati dall�Istituto permane elevata. 


Per 
la 
prima 
volta, 
nel 
corso 
del 
2018, 
� 
stata 
registrata 
una 
flessione 
degli 


affari 
contenziosi; 
ad essa, peraltro, ha 
fatto riscontro un incremento degli 
affari 
consultivi. 
Una 
prima 
analisi 
del 
dato segnalato induce 
a 
ritenere, innanzitutto, che 



tEMI 
IStItUzIoNALI 


l�intensificarsi del dialogo tra l�Avvocatura e le Amministrazioni patrocinate, 
perseguito 
da 
entrambe 
le 
parti, 
favorisca 
la 
soluzione 
in 
via 
stragiudiziale 
delle 
potenziali 
vertenze 
e 
l'abbandono 
di 
quelle 
nelle 
quali 
non 
risulta 
costruttivo 
continuare a coltivare la fase giudiziale (nel solo ambito tributario, i 
ricorsi per cassazione sono diminuiti di oltre il 15%). 


La riduzione del contenzioso trova poi spiegazione anche in importanti 
riforme 
intervenute 
negli 
scorsi 
anni 
e 
delle 
quali 
hanno 
cominciato 
a 
prodursi 
gli effetti deflattivi. 


Mi 
riferisco 
innanzitutto 
alle 
novit� 
che 
hanno 
riguardato 
i 
giudizi 
in 
materia 
di equa riparazione per eccessiva durata dei processi che hanno portato 
ad una drastica riduzione delle fasi contenziose di tali giudizi. 


Mi 
riferisco, 
inoltre, 
al 
contenzioso 
in 
materia 
di 
immigrazione. 
Le 
novit� 
introdotte 
hanno 
comportato 
sicuramente 
una 
riduzione 
dell�impegno 
degli 
avvocati dello Stato in sede di merito, essendo stata ammessa in alcuni ambiti 
la 
difesa 
diretta 
dell�Amministrazione 
da 
parte 
dei 
suoi 
funzionari. 
Per 
contro, 
non 
pu� 
sottacersi 
che 
dette 
novit� 
hanno 
comportato 
un 
notevole 
aumento 
dei relativi giudizi in Corte di Cassazione, essendo stato escluso il reclamo o 
l�appello avverso i provvedimenti di primo grado. 


4. 
In conclusione non posso non ricordare - ed esprimere, al contempo, il 
sincero e grato riconoscimento di tutto l�Istituto e mio personale - che il Governo 
e 
il 
Parlamento 
hanno 
accompagnato 
le 
nuove 
misure 
in 
favore 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
con 
significativi 
interventi 
sulla 
organizzazione 
dell�Istituto. 
Accanto ad un incremento delle dotazioni organiche degli Avvocati dello 
Stato 
e 
dei 
Procuratori 
dello 
Stato 
di 
20 
unit�, 
non 
posso 
non 
richiamare 
la 
misura 
a 
favore 
del 
personale 
amministrativo, 
sostanziatosi 
nell�aumento 
della 
relativa dotazione organica e nella introduzione del ruolo della dirigenza amministrativa, 
da lungo tempo attesa. 


Questi 
interventi, 
insieme 
all�attribuzione 
dei 
nuovi 
rilevanti 
compiti 
prima citati, hanno costituito importanti e significativi segni di attenzione e di 
fiducia verso l�Istituto dei quali siamo tutti molto grati. 


Anche quest�anno concludo questo mio intervento certo di poterLe confermare, 
Signor Presidente della Repubblica, che l�Avvocatura dello Stato e 
tutti i suoi componenti continueranno a profondere il massimo impegno per 
essere all�altezza delle rilevanti funzioni loro assegnate, e per non deludere la 
fiducia che quotidianamente continua ad essere riposta in loro. 


Grazie, Signor Presidente della Repubblica, grazie Signor Primo Presidente 
e grazie a tutti per l�attenzione che avete prestato alle mie parole. 


Roma, 25 gennaio 2019 
Palazzo di Giustizia, Aula Magna 



RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


CORTE 
EUROPEA 
DEI 
DIRITTI 
DELL�UOMO: LE 
FUNZIONI 
DI 
AGENTE 
DEL 
GOVERNO 
A 
DIFESA 
DELLO 
STATO 
ITALIANO 


(*)

CoMuniCAto 
dell�AvvoCAto 
GeneRAle 


Comunico 
che 
in 
data 
odierna 
� 
entrata 
in 
vigore 
la 
legge 
1 
dicembre 
2018, n. 132, di conversione del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113. 


In sede 
di 
conversione, � 
stato inserito, nell�art. 15 del 
decreto-legge, il 
comma 
01, 
secondo 
il 
quale 
�le 
funzioni 
di 
agente 
del 
Governo 
a 
difesa 
dello 
Stato 
italiano 
dinanzi 
alla 
Corte 
europea 
dei 
diritti 
dell'uomo 
sono 
svolte 
dall�Avvocato 
generale 
dello 
Stato, 
che 
pu� 
delegare 
un 
avvocato 
dello 
Stato�. 


viene, 
cos�, 
rafforzato 
il 
ruolo 
dell�Avvocatura 
nella 
difesa 
della 
Repubblica 
italiana 
dinnanzi 
alle 
Corti 
permanenti 
e 
ai 
tribunali 
arbitrali 
internazionali. 


Sono 
certo 
che, 
con 
il 
contributo 
di 
tutti 
i 
Colleghi, 
l�Avvocatura 
dello 
Stato sapr� 
essere 
all�altezza 
di 
questa 
importante 
funzione, che 
si 
va 
ad affiancare 
a 
quella, 
gi� 
rivestita, 
di 
Agente 
di 
Governo 
dinnanzi 
alla 
Corte 
di 
giustizia dell�Unione europea. 


Ritengo che 
tale 
disposizione 
costituisca 
una 
ulteriore 
conferma 
della 
fiducia 
riposta 
nell�Istituto 
e 
dell�apprezzamento 
per 
l�attivit� 
fino 
ad 
oggi 
svolta 
da tutti i suoi componenti. 


Massimo Massella Ducci 
teri 


(*) E-mail da Segreteria Particolare, marted� 4 dicembre 2018. 



tEMI 
IStItUzIoNALI 


RAPPRESENTANZA 
E 
DIFESA 
DELLA 
BANCA 
CENTRALE 
EUROPEA 


(*)

CoMuniCAto 
dell�AvvoCAto 
GeneRAle 


Comunico che, con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
in 
data 
7 dicembre 
2018, registrato dalla 
Corte 
dei 
Conti 
in data 
4 gennaio 2019, 
l�Avvocatura 
dello Stato � 
stata 
autorizzata 
ad assumere 
la 
rappresentanza 
e 
la 
difesa 
della 
Banca 
Centrale 
Europea, nei 
giudizi 
attivi 
e 
passivi 
avanti 
le 
autorit� 
giudiziarie, 
i 
collegi 
arbitrali, 
le 
giurisdizioni 
amministrative 
e 
speciali. 


Massimo Massella Ducci 
teri 


(*) E-mail da Segreteria Particolare, gioved� 10 gennaio 2019. 



RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


PROTOCOLLO 
D�INTESA 
TRA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO 
E 
ANAC 
(*) 


Si 
rende 
noto 
che 
sul 
sito 
web 
istituzionale 
� 
stato 
pubblicato 
il 
protocollo 
di 
intesa 
stipulato tra 
l�Avvocatura 
dello Stato e 
l�ANAC in data 
9 novembre 
2018, con il 
quale 
sono state 
disciplinate 
le 
eventuali 
ipotesi 
di 
conflitto tra 
Amministrazioni 
ed 
Enti 
che 
si 
avvalgono 
del 
patrocinio 
erariale 
in 
sede 
di 
applicazione 
dell�art. 211 del 
Codice 
dei 
Contratti 
pubblici, disposizione 
che 
attribuisce 
all�ANAC la 
legittimazione 
ad impugnare 
i 
bandi, gli 
altri 
atti 
generali 
e 
i 
provvedimenti 
relativi 
a 
contratti 
di 
rilevante 
impatto, 
emessi 
da 
qualsiasi 
stazione 
appaltante, qualora 
ritenga 
che 
essi 
violino le 
norme 
in materia 
di contratti pubblici. 


IL SEGREtARIo GENERALE 
avv. Paolo Grasso 


PROTOCOLLO D'INTESA 
TRA 
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO 
E 
AUTORIT� NAZIONALE ANTICORRUZIONE 


L'Avvocatura 
Generale 
dello Stato (di 
seguito denominata 
Avvocatura), in persona 
dell'Avvocato 
Generale dello Stato Massimo Massella Ducci 
teri 


E 


L'Autorit� 
Nazionale 
Anticorruzione 
(di 
seguito 
denominata 
ANAC), 
in 
persona 
del 
Presidente, 
dott. Raffaele Cantone 


VISTI 


a) 
il 
Regio 
Decreto 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
1611 
-Approvazione 
del 
t.U. 
delle 
leggi 
e 
delle 
norme 
giuridiche 
sulla 
rappresentanza 
e 
difesa 
in giudizio dello Stato e 
sull'ordinamento dell'Avvocatura 
dello Stato e successive modifiche ed interazioni; 


b) la Legge 3 aprile 1979, n. 103 - Modifiche dell'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato; 


c) il 
decreto legislativo 18 aprile 
2016, n. 50, come 
modificato ed integrato dal 
decreto legislativo 
19 aprile 
2017, n. 56, recante 
"Attuzione 
delle 
direttive 
2014/23/ue, 2014/24/ue 
e 
2014/25/ue 
sull'aggiudicazione 
dei 
contratti 
di 
concessione, sugli 
appalti 
pubblici 
e 
sulle 
procedure 
d'appalto degli 
enti 
erogatori 
nei 
settori 
dell'acqua, dell�energia, dei 
trasporti 
e 
dei 
servizi 
postali, nonch� 
per 
il 
riordino della disciplina vigente 
in materia di 
contratti 
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture"; 


d) in particolare 
l'articolo 211, comma 
1-bis, del 
decreto legislativo 18 aprile 
2016, n. 50 e 
successive 
modifiche 
ed 
integrazioni, 
che 
prevede 
la 
legittimazione 
ad 
agire 
in 
giudizio 
dell'ANAC per l'impugnazione 
dei 
bandi, degli 
altri 
atti 
generali 
e 
dei 
provvedimenti 
relativi 
a 
contratti 
di 
rilevante 
impatto, 
emessi 
da 
qualsiasi 
stazione 
appaltante, 
qualora 
ritenga 


(*) E-mail da Segreteria generale, luned� 31 dicembre 2018. 



tEMI 
IStItUzIoNALI 


che 
essi 
violino le 
norme 
in materia 
di 
contratti 
pubblici 
relativi 
a 
lavori, servizi 
e 
forniture; 


e) l'articolo 211, comma 
1-ter, del 
decreto legislativo 18 aprile 
2016, n. 50 e 
successive 
modifiche 
ed 
integrazioni, 
che 
prevede 
che 
l'ANAC, 
se 
ritiene 
che 
una 
stazione 
appaltante 
abbia 
adottato un provvedimento viziato da 
gravi 
violazioni 
del 
Codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
emette, entro sessanta 
giorni 
dalla 
notifica 
della 
violazione, un parere 
motivato nel 
quale 
indica 
specificatamente 
i 
vizi 
di 
legittimit�, trasmettendolo alla 
stazione 
appaltante; 
se 
quest'ultima 
non vi 
si 
conforma 
entro il 
termine 
assegnato, comunque 
non superiore 
a 
sessanta 
giorni 
dalla 
trasmissione, 
l'ANAC 
pu� 
presentare 
ricorso, 
entro 
i 
successivi 
trenta 
giorni, innanzi al giudice amministrativo; 


f) 
il 
Regolamento 
di 
ANAC 
del 
13 
giugno 
2018 
sull'esercizio 
dei 
poteri 
di 
cui 
all'articolo 
211, 
commi 
1-bis 
e 
1-ter, del 
decreto legislativo 18 aprile 
2016, n. 50 e 
successive 
modifiche 
ed integrazioni; 


Considerato 


- 
che, ai 
sensi 
dell'art. 1 del 
Regio Decreto 30 ottobre 
1933, n. 1611, spetta 
all'Avvocatura 
la 
rappresentanza, il patrocinio e l'assistenza in giudizio dell'ANAC; 
- 
che, ai 
sensi 
dell'art. 43 del 
succitato Regio Decreto, l'Avvocatura 
pu� assumere 
la 
rappresentanza 
e 
la 
difesa 
di 
Amministrazioni 
non statali 
ed Enti 
sovvenzionati, purch� 
sia 
autorizzata 
da 
disposizione 
di 
legge, 
di 
regolamento 
o 
altro 
provvedimento; 
in 
tali 
casi, 
la 
rappresentanza 
e 
la 
difesa 
sono assunte 
dall'Avvocatura 
in via 
organica 
ed esclusiva, eccettuati 
i 
casi 
di 
conflitto di 
interesse 
con lo Stato o con le 
Regioni. Salve 
le 
ipotesi 
di 
conflitto, 
ove 
tali 
Amministrazioni 
ed 
Enti 
intendano 
in 
casi 
speciali 
non 
avvalersi 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato, 
debbono 
adottare 
apposita 
motivata 
delibera 
da 
sottoporre 
agli 
organi di vigilanza; 
- 
che, ai 
sensi 
dell'art. 10 della 
Legge 
3 aprile 
1979, n. 103, le 
funzioni 
dell'Avvocatura 
nei 
riguardi 
dell'Amministrazione 
statale 
sono estese 
alle 
Regioni 
a 
statuto ordinario, che 
decidano 
di 
avvalersene 
con apposita 
delibera 
del 
Consiglio regionale; 
in tal 
caso possono 
tuttavia, in particolari 
casi 
e 
con provvedimento motivato, avvalersi 
di 
avvocati 
del 
libero 
Foro; 
- 
che 
� 
opportuno disciplinare 
le 
eventuali 
ipotesi 
di 
conflitto tra 
Amministrazioni 
ed Enti 
che 
si 
avvalgono del 
patrocinio erariale 
in sede 
di 
applicazione 
dell'art. 211 del 
Codice 
dei 
Contratti 
pubblici, anche 
in considerazione 
del 
breve 
termine 
previsto ex 
lege 
per l'impugnazione; 
CONVENGONO QUANTO SEGUE 


Art. 1 


(Finalit�) 


Con il 
presente 
Protocollo le 
Parti 
intendono individuare 
in via 
preventiva 
e 
generale 
i 
casi 
in 
cui, 
con 
riferimento 
al 
potere 
di 
legittimazione 
attiva 
previsto 
dall'art. 
211 
del 
D.Lgs. 
n. 
50/2016, 
l'Avvocatura 
dello 
Stato 
assume 
la 
rappresentanza, 
il 
patrocinio 
e 
l'assistenza 
in 
giudizio 
dell'ANAC; 


Art. 2 


(Patrocinio dell�Avvocatura dello Stato) 


L'Avvocatura 
assume 
la 
rappresentanza, il 
patrocinio e 
l'assistenza 
in giudizio dell'ANAC in 
tutti 
i 
casi 
in cui 
intenda 
procedere 
all'impugnazione 
dei 
bandi, degli 
altri 
atti 
generali 
e 
dei 



RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


provvedimenti 
relativi 
a 
contratti 
di 
rilevante 
impatto, di 
cui 
al 
comma 
1-bis 
dell'art. 211 del 
decreto 
legislativo 
succitato, 
nonch� 
degli 
atti 
previsti 
dal 
comma 
1-ter 
del 
medesimo 
articolo, 
ad eccezione dei casi in cui gli atti da impugnare siano stati adottati da: 
a) Presidenza della Repubblica; 
b) Camera dei Deputati e Senato della Repubblica; 
e) Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministeri e strutture governative; 
d) 
altre 
Amministrazioni 
o 
Enti 
che 
abbiano, 
in 
precedenza, 
interessato 
l'Avvocatura 
con 
specifico 
riferimento agli atti che l'ANAC intende impugnare. 
Nei 
casi 
di 
cui 
alla 
lettera 
d) l'Avvocatura 
dar� 
pronta 
comunicazione 
all'ANAC delle 
ipotesi 
di conflitto di interessi. 


Art. 3 


(Comunicazioni) 


L'ANAC 
provveder� 
ad 
interessare 
gli 
Uffici 
dell'Avvocatura 
Generale 
e 
delle 
Avvocature 
Distrettuali 
competenti 
con 
congruo 
anticipo 
rispetto 
al 
termine 
di 
scadenza 
dell'impugnazione, 
inoltrando 
la 
richiesta 
di 
impugnazione, 
oltre 
che 
con 
le 
modalit� 
ordinarie, 
all'indirizzo 
di 
posta 
elettronica 
della 
Segreteria 
particolare 
dell'Avvocato Generale 
o dell'Avvocato Distrettuale 
competente. 
Nei 
casi 
di 
competenza 
delle 
Avvocature 
Distrettuali 
la 
richiesta 
verr� 
inviata 
per conoscenza 
anche all'Avvocatura Generale, ai fini di raccordo. 


Art. 4 


(Modalit� attuative) 


Le 
Parti 
predispongono e 
diramano istruzioni 
operative 
per i 
propri 
Uffici 
al 
fine 
di 
garantire 
la massima collaborazione reciproca. 
L'Anac 
e 
l'Avvocatura 
possono individuare 
al 
proprio interno i 
membri, quali 
componenti 
di 
un gruppo di lavoro congiunto, per la realizzazione del presente accordo. 
�. 
facolt� 
delle 
Parti 
procedere 
alla 
sostituzione 
dei 
propri 
rappresentanti 
dandone 
tempestiva 
comunicazione all'altra Parte. 


Art. 5 


(Referenti per la collaborazione) 


I Referenti per l'attuazione del presente 
Accordo sono: 


a. Per 1'ANAC: 
(1) sul piano programmatico: il Presidente 
(2) sul piano operativo: il Segretario Generale; 
b. Per l'Avvocatura 
(1) sul piano programmatico: L'Avvocato Generale 
(2) sul piano operativo: il Segretario Generale 
Art. 6 


(Comunicazione) 


Le 
Parti 
confermano 
la 
reciproca 
disponibilit� 
a 
promuovere 
congiuntamente, 
anche 
attraverso 
comunicato 
stampa 
o 
pubblicazione 
sui 
rispettivi 
siti 
istituzionali, 
la 
conoscenza 
dell'iniziativa 
e dei risultati conseguiti in esecuzione del presente Protocollo. 


Art. 7 


(integrazioni, modifiche ed efficacia dell'accordo) 


Il 
presente 
Accordo ha 
una 
validit� 
di 
anni 
due 
a 
decorrere 
dalla 
data 
della 
sottoscrizione 
e 
potr� 
essere 
rinnovato 
previa 
richiesta 
scritta 
di 
una 
delle 
parti 
ed 
adesione 
dell'altra, 
30 
giorni 
prima 
della 
scadenza, 
ovvero 
integrato 
o 
modificato 
di 
comune 
accordo 
prima 
della 
scadenza. 



tEMI 
IStItUzIoNALI 


In caso di 
firma 
digitale, il 
termine 
di 
durata 
decorre 
dalla 
data 
di 
trasmissione, tramite 
posta 
elettronica 
certificata, 
dell'originale 
dell'atto 
munito 
di 
firma 
digitale, 
ad 
opera 
della 
parte 
che 
per ultima ha apposto la sottoscrizione. 


Art. 8 


(oneri finanziari) 
Il 
presente 
Accordo non comporta 
alcun onere 
finanziario, atteso che 
le 
attivit� 
previste 
rientrano 
nei 
compiti 
istituzionali 
delle 
Parti 
contraenti. Non possono essere 
espletate 
attivit� 
aggiuntive 
istituzionali comportanti oneri di spesa 


Art. 9 


(norme finali) 
Il 
presente 
accordo � 
esente 
dall'imposta 
di 
registrazione 
(salvo in caso d'uso) ai 
sensi 
dell'articolo 
5 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131. 


Per l'Avvocatura Generale dello Stato Per l'Autorit� Nazionale 
Anticorruzione 
L'Avvocato Generale Il Presidente 


Massimo Massella ducci teri 
Raffaele Cantone 



RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


Avvocatura 
Generaledello 
Stato 


CIRCOLARE 
N. 45/2018 
Oggetto: 
Definizione 
delle 
liti 
tributarie 
pendenti, 
prevista 
dall�art. 
6 
del 
D.L. 
23 
ottobre 
2018 
n. 
119, 
pubblicato 
nella 
G.U. 
del 
23 
ottobre 
2018 
n. 
247. 
Prime istruzioni. 


Il 
24 ottobre 
2018 � 
entrato in vigore 
il 
D.L. n. 119/2018, recante 
"disposizioni 
urgenti 
in materia fiscale e finanziaria". 


Il 
decreto, 
all'art. 
6, 
ha 
previsto 
una 
"definizione 
agevolata 
delle 
controversie 
tributarie" 
in cui � parte l'Agenzia delle entrate. 


tale 
disposizione 
prevede 
che 
le 
controversie 
tributarie 
possano essere 
definite 
"a domanda 
del 
soggetto che 
ha proposto l'atto introduttivo del 
giudizio o di 
chi 
vi 
� 
subentrato o 
ne 
ha la legittimazione, con il 
pagamento di 
un importo pari 
al 
valore 
della controversia", 
mediante cio� il pagamento dell'intero tributo, con esclusione di interessi e sanzioni. 


tale 
importo si 
riduce 
alla 
met� 
ovvero ad un quinto, nei 
casi 
in cui 
l'Agenzia 
delle 
Entrate 
� stata soccombente rispettivamente nel primo ovvero nel secondo grado di giudizio. 


Per le 
sanzioni 
"non collegate 
al 
tributo" 
l'importo della 
definizione 
� 
fissato nel 
40% 
del 
valore 
della 
causa 
ovvero nel 
15% se 
l�Agenzia 
delle 
Entrate 
� 
stata 
soccombente 
nell'ultima 
decisione. 


Le 
sanzioni 
"collegate 
al 
tributo" 
non sono dovute 
anche 
quando sono oggetto di 
separata 
contestazione, semprech� 
il 
tributo sia 
stato definito ai 
sensi 
del 
medesimo art. 6, ovvero 
"anche 
con modalit� diverse". 
In tali 
casi 
� 
comunque 
necessaria 
la 
presentazione 
della 
domanda 
di definizione (comma 6 ultimo periodo). 


Il 
comma 
8 
prevede 
che 
"Per 
controversia 
autonoma 
si 
intende 
quella 
relativa 
a 
ciascun 
atto impugnato". Ne 
consegue 
che 
la 
definizione 
pu� riguardare 
anche 
solo uno o pi� atti 
impositivi 
oggetto della medesima controversia. 


Requisiti soggettivi (comma 1) 


Sono definibili 
le 
sole 
controversie 
in cui 
� 
parte 
l'Agenzia 
delle 
Entrate, ivi 
comprese 
quelle 
dell'ex Agenzia 
del 
territorio (incorporata 
nell'Agenzia 
delle 
Entrate 
in forza 
dell'art. 
23 quater 
del D.L. n. 95/2012) (1). 


La 
domanda 
di 
definizione 
pu� essere 
presentata 
dal 
"soggetto che 
ha proposto l'atto 
introduttivo del giudizio o di chi vi � subentrato o ne ha la legittimazione". 


Requisiti oggettivi (commi 1 e 4) 


Sono 
astrattamente 
definibili 
tutte 
le 
controversie, 
senza 
limiti 
di 
valore, 
"attribuite 
alla 
giurisdizione 
tributaria 
in 
cui 
� 
parte 
l'Agenzia 
delle 
entrate, 
aventi 
ad 
oggetto 
atti 
impositivi, 
pendenti 
in ogni 
stato e 
grado del 
giudizio, compreso quello in Cassazione 
e 
anche 
a seguito 
di 
rinvio" 
(comma 
1), 
nelle 
quali 
"il 
ricorso 
in 
primo 
grado 
� 
stato 
notificato 
alla 
controparte 
entro la data di entrata in vigore del presente decreto" 
(comma 4). 


Non 
sono 
definibili 
le 
controversie 
"per 
le 
quali 
alla 
data 
di 
presentazione 
della 
do


(1) Semprech� ovviamente abbiano ad oggetto un atto impositivo. 

tEMI 
IStItUzIoNALI 


manda" 
(che 
deve 
essere 
presentata 
entro il 
31 maggio 2019) risulti 
emessa 
una 
"pronuncia 
definitiva", cio� passata in giudicato (comma 4). 


A 
differenza 
del 
precedente 
condono ex art. 11 del 
D.L. n. 50/2017 che 
faceva 
riferimento 
"all'atto impugnato", la 
disposizione 
attuale 
individua 
le 
controversie 
definibili 
come 
quelle 
"aventi ad oggetto atti impositivi". 


Devono pertanto ritenersi 
escluse 
dalla 
definizione 
le 
controversie 
avverso atti 
di 
mera 
riscossione 
(es. cartelle 
di 
pagamento precedute 
da 
un avviso di 
accertamento ovvero emesse 
per la 
riscossione 
di 
imposte 
dichiarate 
e 
non 
versate; 
avvisi 
di 
liquidazione 
emessi 
sulla 
base 
di dichiarazioni del contribuente ecc.). 


Controversie escluse (comma 5) 


Sono espressamente 
escluse 
dalla 
definizione 
le 
controversie 
concernenti 
"anche 
solo 
in parte": 


a) le 
risorse 
proprie 
tradizionali 
previste 
dall'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle 
decisioni 
2007/436/Ce, euratom 
del 
Consiglio, del 
7 giugno 2007, e 
2014/335/ue, euratom 
del 
Consiglio, del 
26 maggio 2014, e 
l'imposta sul 
valore 
aggiunto riscossa all'importazione; 


b) le 
somme 
dovute 
a titolo di 
recupero di 
aiuti 
di 
Stato ai 
sensi 
dell'articolo 16 del 
regolamento 
(ue) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015. 


Sono 
pertanto 
da 
ritenersi 
definibili 
le 
controversie 
in 
materia 
di 
IvA 
(non 
all'importazione). 


Sono invece 
da 
ritenersi 
logicamente 
escluse 
dalla 
definizione 
le 
controversie 
aventi 
ad 
oggetto: 


a) istanze 
di 
rimborso (anche 
a 
seguito di 
diniego espresso), in quanto non relative 
ad 
un "atto impugnato" 
portante una pretesa del fisco; 


b) atti 
che 
non contengono una 
pretesa 
fiscale 
quantificata 
(es. i 
ricorsi 
contro provvedimenti 
di 
attribuzione 
di 
rendita 
catastale, di 
cancellazione 
dal 
registro delle 
oNLUS, di 
diniego 
di benefici o agevolazioni fiscali ecc.); 


c) atti di riscossione di somme per precedenti condoni; 


d) atti di mera riscossione non qualificabili come 
"atti impositivi". 

Perfezionamento della definizione (commi 6 e 9) 


Il 
comma 
6 prevede 
che 
la 
definizione 
si 
perfeziona 
con il 
pagamento della 
prima 
(o 
dell'unica) 
rata, 
da 
effettuarsi 
entro 
il 
31 
maggio 
2019, 
scomputando 
le 
somme 
eventualmente 
versate 
"a qualsiasi 
titolo in pendenza di 
giudizio" 
(comma 
9; 
l'eventuale 
eccedenza 
tuttavia 
non pu� comunque essere rimborsata). 


Ne 
consegue 
che 
il 
mancato versamento delle 
rate 
successive 
alla 
prima, non far� 
venir 
meno la 
definizione 
e 
la 
successiva 
estinzione 
del 
giudizio (e 
l'Amministrazione 
dovr� 
ovviamente 
procedere alla riscossione coattiva delle somme ancora dovute). 


Il 
medesimo comma 
6 prevede 
che 
"Qualora non ci 
siano importi 
da versare, la definizione 
si perfeziona con la sola presentazione della domanda". 


Ci� pu� accadere, ad esempio, allorch� 
in sede 
di 
riscossione 
graduale 
in corso di 
causa 
sia gi� stata corrisposta una somma pari o superiore a quella prevista per la definizione. 


Sospensione dei giudizi in corso (comma 10) 


Il 
comma 
10 che 
prevede 
che 
le 
controversie 
suscettibili 
di 
definizione 
"non sono sospese, 
salvo che 
il 
contribuente 
faccia apposita richiesta al 
giudice, dichiarando di 
volersi 
avvalere 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
articolo. in tal 
caso il 
processo � 
sospeso fino al 
10 



RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


giugno 2019. Se 
entro tale 
data il 
contribuente 
deposita presso l'organo giurisdizionale 
innanzi 
al 
quale 
pende 
la 
controversia 
copia 
della 
domanda 
di 
definizione 
e 
del 
versamento 
degli importi dovuti o della prima rata, il processo resta sospeso fino al 31 dicembre 2020". 


Pertanto 
nelle 
udienze 
davanti 
alla 
Corte 
di 
Cassazione 
non 
ci 
si 
potr� 
opporre 
a 
richieste 
di 
sospensione 
formulate 
dal 
contribuente, semprech� 
ovviamente 
la 
controversia 
sia 
astrattamente 
definibile. 


Sospensione dei termini (comma 11) 


Il 
comma 
11 
prevede 
che 
per 
le 
controversie 
suscettibili 
di 
definizione 
"sono 
sospesi 
per 
nove 
mesi 
i 
termini 
di 
impugnazione, anche 
incidentale, delle 
pronunce 
giurisdizionali 
e 
di 
riassunzione, nonch� 
per 
la proposizione 
del 
controricorso in Cassazione 
che 
scadono tra 
la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019". 


Ne consegue che - ancorch� le cause siano condonabili - non devono ritenersi sospesi: 


a) i termini per il deposito delle controdeduzioni (in CtP e CtR); 


b) il termine per il deposito dei ricorsi (e controricorsi) eventualmente notificati; 


c) il 
termine 
lungo di 
impugnazione 
(di 
norma 
semestrale) delle 
sentenze 
depositate 
dal 
1� febbraio 2019 in poi, in quanto verrebbe a scadere in data successiva al 31 luglio 2019. 


In relazione 
a 
questa 
ultima 
categoria 
di 
cause, � 
opportuno precisare 
che 
una 
eventuale 
notifica 
della 
sentenza 
durante 
il 
periodo di 
sospensione 
non sarebbe 
idonea 
n� 
ad abbreviare 
il 
citato termine 
lungo (qualora 
il 
termine 
breve 
ricadesse 
comunque 
nel 
periodo soggetto a 
sospensione), n� 
ad allungarlo (in base 
al 
noto principio secondo cui 
il 
termine 
di 
decadenza 
matura 
con 
lo 
scadere 
del 
termine 
lungo 
e 
non 
pu� 
essere 
posticipato 
da 
quello 
breve 
che 
eventualmente lo superi: Cass. SS.UU. n. 21197/2009; 27286/2011). 


Si 
precisa 
che 
trattandosi 
di 
un termine 
di 
sospensione 
(e 
non di 
proroga), nel 
termine 
di 
nove 
mesi 
deve 
ritenersi 
assorbito il 
termine 
di 
sospensione 
feriale 
(cfr. da 
ultimo, Cass. n. 
9438/2017) (2). 


Diniego di definizione (comma 12) 


Il 
comma 
12 prevede 
che 
"l'eventuale 
diniego della definizione 
va notificato entro il 
31 luglio 2020 con le 
modalit� previste 
per 
la notificazione 
degli 
atti 
processuali" 
(in mancanza, 
la 
definizione 
deve 
ritenersi 
valida) e 
che 
avverso tale 
atto � 
possibile 
proporre 
ricorso 
"entro 
sessanta 
giorni 
dinanzi 
all'organo 
giurisdizionale 
presso 
il 
quale 
pende 
la 
controversia. 
nel 
caso in cui 
la definizione 
della controversia � 
richiesta in pendenza del 
termine 
per 
impugnare, 
la pronuncia giurisdizionale 
pu� essere 
impugnata dal 
contribuente 
unitamente 
al 
diniego 
della 
definizione 
entro 
sessanta 
giorni 
dalla 
notifica 
di 
quest'ultimo 
ovvero 
dalla 
controparte 
nel medesimo termine". 


La 
norma 
prevede 
quindi 
che 
l'eventuale 
diniego va 
impugnato davanti 
allo stesso giudice 
presso il 
quale 
pende 
la 
controversia 
(e 
pertanto anche 
davanti 
alla 
Corte 
di 
Cassazione) 
per consentire evidentemente una trattazione congiunta con la causa principale. 


L'ultimo periodo prevede 
invece 
la 
possibilit� 
per entrambe 
le 
parti, in caso di 
diniego 
emesso 
su 
istanza 
di 
definizione 
presentata 
tra 
un 
grado 
e 
l'altro 
di 
giudizio, 
di 
impugnare 


(2) Per effetto di 
tale 
meccanismo tutti 
i 
termini 
che 
vengono originariamente 
a 
scadere 
nel 
periodo ricompreso 
tra 
il 
1� 
novembre 
e 
il 
1� 
dicembre 
2018, per effetto della 
sospensione 
di 
9 mesi 
verranno 
tutti a scadere il giorno 1� settembre 2019. 

tEMI 
IStItUzIoNALI 


l'ultima 
decisione 
anche 
oltre 
i 
termini 
ordinari, purch� 
entro 60 giorni 
dalla 
notifica 
del 
diniego 
di definizione. 


Estinzione automatica dei giudizi (comma 13) 


Il 
comma 
13 prevede 
che 
"in mancanza di 
istanza di 
trattazione 
presentata entro il 
31 
dicembre 
2020 dalla parte 
interessata, il 
processo � 
dichiarato estinto, con decreto del 
Presidente. 
l'impugnazione 
della 
pronuncia 
giurisdizionale 
e 
del 
diniego, 
qualora 
la 
controversia 
risulti 
non 
definibile, 
valgono 
anche 
come 
istanza 
di 
trattazione. 
le 
spese 
del 
processo 
estinto 
restano a carico della parte che le ha anticipate". 


La 
disposizione 
sembrerebbe 
applicabile 
ai 
soli 
procedimenti 
sospesi 
ai 
sensi 
del 
comma 
10 ultimo periodo ed appare 
finalizzata 
a 
provocare 
l'estinzione 
automatica 
delle 
cause 
definite, 
senza 
necessit� 
di 
apposita 
istanza. Mancando tuttavia 
un richiamo espresso al 
comma 
10, si riservano ulteriori istruzioni all'esito della conversione del D.L. 119/2018. 


Effetti verso i condebitori solidali (comma 14) 


Il 
comma 
14 prevede 
che 
"la definizione 
perfezionata dal 
coobbligato giova in favore 
degli 
altri, inclusi 
quelli 
per 
i 
quali 
la controversia non sia pi� pendente, fatte 
salve 
le 
disposizioni 
del 
secondo 
periodo 
del 
comma 
8" 
(il 
riferimento 
al 
secondo 
periodo 
del 
comma 
8 
sembra 
essere 
l'effetto di 
un refuso, in quanto � 
presumibile 
che 
- analogamente 
a 
quanto era 
disposto 
nel 
precedente 
condono 
ex 
art. 
11 
del 
D.L. 
n. 
50/2017 
-si 
volesse 
richiamare 
il 
comma 
9, 
che 
prevede 
il 
divieto 
di 
restituzione 
delle 
somme 
gi� 
versate, 
ancorch� 
eccedenti). 


Gestione del contenzioso 


Alla 
luce 
di 
quanto 
sopra 
esposto, 
gli 
Avvocati 
e 
Procuratori 
assegnatari 
di 
affari 
tributari 
avranno cura 
di 
verificare 
le 
controversie 
per le 
quali 
non opera 
la 
sospensione 
dei 
termini, e 
di rimodulare (per le altre) le nuove scadenze (rispetto a quelle risultanti da NSSI). 


Come si � detto, dovranno ritenersi non sospesi: 


- i termini di impugnazione nelle cause non definibili; 
-in via 
cautelativa 
i 
termini 
di 
impugnazione 
nelle 
cause 
aventi 
ad oggetto cartelle 
di 
pagamento o avvisi 
di 
liquidazione 
(nel 
dubbio sulla 
loro qualificabilit� 
come 
atti 
impositivi 
o di mera riscossione); 
-i 
termini 
per le 
controdeduzioni 
(nei 
giudizi 
tributari 
di 
merito) nonch� 
per l'iscrizione 
a ruolo (anche in Cassazione). 
Qualora 
nella 
stessa 
causa 
siano 
impugnati 
pi� 
atti, 
uno 
solo 
dei 
quali 
suscettibile 
di 
definizione, 
la 
sospensione 
dei 
termini 
prevista 
per 
quest'ultimo 
dovrebbe 
comportare 
la 
sospensione 
dei termini per l'intera causa (Cass. n. 5038/2017). 


tuttavia 
un simile 
effetto sembra 
da 
escludersi 
nel 
caso di 
controversie 
concernenti 
gli 
atti 
espressamente 
esclusi 
dalla 
definizione 
(comma 
5), 
la 
cui 
presenza 
appare 
ostativa 
in 
toto 
alla 
definibilit� 
della 
controversia 
(i 
cui 
termini 
pertanto 
devono 
cautelativamente 
ritenersi 
non sospesi). 


La 
valutazione 
in ordine 
alla 
opportunit� 
o meno di 
proporre 
comunque 
ricorso per cassazione 
nelle 
cause, il 
cui 
termine 
� 
sospeso, � 
rimessa 
a 
ciascun titolare 
dell'affare 
(3). oc


(3) Si 
ricorda 
che 
dalla 
Scrivania 
dell'Avvocato, nella 
sezione 
SCADENzE, � 
posbile 
inserire 
manualmente 
- tramite il tasto AGGIUNGI - un nuovo scadenziere su NNSI con la data di effettiva scadenza. 

RASSEGNA 
AvvoCAtURA 
DELLo 
StAto - N. 3/2018 


correr� 
tuttavia 
tenere 
conto che 
una 
volta 
venuta 
meno la 
sospensione 
dei 
termini, le 
originarie 
scadenze si sommeranno a quelle "ordinarie" 
medio tempore 
sopravvenute. 


� 
opportuno inoltre 
che 
in qualsiasi 
atto che 
venga 
redatto usufruendo del 
periodo di 
sospensione 
previsto 
dalla 
legge, 
sia 
chiaramente 
indicata 
nel 
frontespizio 
la 
disposizione 
(art. 
6 comma 
11) in base 
alla 
quale 
l'atto deve 
ritenersi 
tempestivo (onde 
evitare 
il 
rischio di 
pronunce 
di inammissibilit� a distanza di tempo dalla disposta sospensione). 


Si 
fa 
riserva 
di 
ulteriori 
chiarimenti 
anche 
all'esito 
delle 
eventuali 
modifiche 
che 
potranno 
essere apportate in sede di conversione in legge del decreto. 


L'AvvoCAto GENERALE 
Massimo MASSELLA DUCCI tERI 



ContenzIosoCoMunItaRIoedInteRnazIonale
Marchio commerciale contrario all�ordine pubblico. 
Il controricorso della Repubblica Italiana nella causa 


La Mafia Franchises c. Ufficio dell�Unione europea 
per la propriet� intellettuale 


Tribunale 
dell�unione 
europea, Sezione 
nona, SenTenza 
15 marzo 
2018, T-1/17 


TRIBUNALE DELL'UNIONE EUROPEA 
CONTRORICORSO 


per la 


REPUBBLICA 
ITALIANA, 
in 
persona 
dell'Agente 
designato 
per 
il 
presente 
giudizio, 


assistito 
dal 
sottoscritto 
Avvocato 
dello 
Stato, 
domiciliato 
presso 
l'Ambasciata 


d'Italia in Lussemburgo 
nella causa 
T-1/17 
La Mafia Franchises, SL 
v 
European Union Intellectual Property Office 


*** 


introduzione. 


1. 
In 
data 
23 
luglio 
2015, 
la 
Repubblica 
Italiana 
presentava 
all'Ufficio 
europeo 
per la 
propriet� 
intellettuale 
(EUIPO) domanda 
di 
nullit� 
del 
MUE 
n. 5510921 
(all. 1). Il 
marchio in questione 
� 
composto dalla 
scritta 
bianca 
"la mafia se 
sienta a la mesa", posta 
sullo sfondo di 
un quadrato nero ed accompagnata 
da 
una 
rosa 
rossa: 
all'interno di 
tale 
scritta 
le 
parole 
"La 
Mafia" 
sono molto pi� 
grandi 
delle 
restanti, 
ed 
occupano 
buona 
parte 
del 
marchio. 
Tale 
marchio 
� 
stato registrato, e 
viene 
impiegato quale 
segno distintivo, da 
una 
catena 
(franchise) 
di 
ristoranti, presenti 
in Spagna 
e 
Portogallo, che 
propongono ai 
loro 
clienti 
piatti 
della 
cucina 
italiana 
(1) in un contesto dichiaratamente 
ispirato 
(1) Pi� precisamente, tali 
ristoranti 
si 
qualificano espressamente 
quali 
"Ristoranti 
Italiani": 
si 
veda, a 
ti

RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


al 
mondo della 
Mafia 
(al 
quale 
si 
rifanno, exempli 
gratia, le 
scene 
raffigurate 
nei 
quadri 
appesi 
alle 
pareti, le 
livree 
dei 
camerieri, i 
nomi 
dei 
piatti 
e 
perfino 
le sedie, sulle quali sono impressi i nomi di boss mafiosi). 


2. La 
decisione 
di 
avanzare 
la 
citata 
domanda 
di 
nullit� 
era 
nata 
in seguito a 
numerose 
segnalazioni 
proveniente 
da 
comuni 
cittadini, 
giornalisti, 
membri 
del 
Parlamento Italiano ed Europeo e 
figure 
istituzionali 
(fra 
cui 
la 
Presidente 
della 
Commissione 
Parlamentare 
d'Inchiesta 
sul 
Fenomeno della 
Mafia), profondamente 
turbati 
sia 
dalla 
rappresentazione 
allegra 
e 
conviviale 
della 
Mafia 
che 
viene 
veicolata 
dal 
marchio 
in 
questione, 
sia 
dall'associazione 
tra 
la 
Mafia 
e 
l'Italia 
nascente 
dai 
prodotti 
e 
servizi 
per i 
quali 
il 
marchio in questione 
� 
stato registrato (2). 
3. La 
domanda 
di 
nullit� 
veniva 
presentata 
ai 
sensi 
degli 
artt. 52, co. 1, lett. a) 
e 
7, co. 1, lett. f) RMUE, ed era 
supportata 
da 
copiosa 
documentazione 
concernente: 
i) 
gli 
strumenti 
normativi 
di 
cui 
si 
� 
progressivamente 
dotato l'ordinamento 
italiano per combattere 
la 
Mafia, grazie 
all'introduzione 
di 
fattispecie 
di 
reato tipiche 
(art. 416bis 
del 
Codice 
Penale 
italiano) e 
di 
strutture 
specificamente 
dedicate 
alla 
lotta 
a 
tale 
organizzazione 
(Direzione 
Nazionale 
Anti-Mafia, 
Direzioni 
Distrettuali 
Anti-Mafia, 
Direzione 
Investigativa 
Anti-Mafia) e 
al 
monitoraggio della stessa (Commissione 
Parlamentare d'Inchiesta sul Fenomeno della Mafia); 
ii) 
le 
numerose 
organizzazioni 
e 
iniziative 
della 
societ� 
civile 
volte 
a 
preservare 
il ricordo delle vittime della Mafia; 
iii) 
le 
modalit� 
operative 
della 
Mafia, caratterizzate 
dalla 
brutalit� 
dei 
delitti 
dalla 
stessa 
perpetrati 
e 
dalla 
spregiudicatezza 
nel 
colpire 
i 
rappresentanti 
dello Stato che si frappongano ai suoi interessi; 
iv) 
la 
pericolosit� 
dell'azione 
mafiosa 
per 
le 
societ� 
democratiche, 
estesa 
ben 
al di l� dei soli confini italiani; 
v) 
la 
profonda 
negativit� 
del 
termine 
"Mafia" 
e 
derivati 
alle 
orecchie 
di 
persone 
di 
lingua 
italiana 
o 
spagnola 
e, 
pi� 
in 
generale, 
di 
ogni 
soggetto 
consapevole 
del 
portato 
simbolico 
di 
tale 
temine, 
nonch� 
l'inaccettabilit� 
dell'associazione 
tra 
tale 
termine 
e 
la 
cucina 
italiana, da 
un lato, e 
tra 
tale 
termine e una situazione di convivialit� dall' altro (3). 


tolo 
di 
esempio, 
il 
recente 
post 
presente 
sul 
sito 
webufficiale 
del 
franchise 
in 
questione: 
http://lamafia.es/5-razones-por-las-que-comer-en-un-restaurante-italiano/ 


(2) Oltre 
ad offrire 
piatti 
della 
tradizione 
culinaria 
italiana, i 
ristoranti 
in questione 
sarebbero, secondo 
i 
proprietari 
del 
franchise 
in questione, decorati 
con uno stile 
(ispirato al 
mondo della 
Mafia, come 
si 
� 
visto) che 
permette 
di 
"spostarsi 
in Italia 
senza 
muoversi 
dalla 
propria 
citt�": 
http://la 
mafia.es/cenaren-
un-restaurante-italiano-o-pedis-comida-italiana-domicilio/ 
(3) La 
domanda 
di 
nullit� 
presentata 
dalla 
Repubblica 
Italiana 
di 
fronte 
all'EUIPO 
(allegata 
al 
presente 
controricorso 
come 
all. 
1), 
� 
completa 
di 
allegati 
alla 
stessa, 
al 
fine 
di 
offrire 
una 
panoramica 
piena 
della 
documentazione cui ivi si accenna. 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


4. La Divisione di 
Annullamento dell'EUIPO 
accoglieva le tesi avanzate dalla 
Repubblica 
Italiana, con decisione 
del 
3 marzo 2016 (all. 2), nella 
quale, in 
particolar modo, si evidenziava che: 
i) 
il 
marchio 
� 
chiaramente 
offensivo 
in 
quanto 
banalizza 
la 
minaccia 
che 
deriva 
da 
un'organizzazione 
criminale, 
dipingendola 
come 
un 
commensale; 


ii) 
tale 
banalizzazione 
� 
offensiva 
non 
soltanto 
per 
le 
vittime 
della 
Mafia, 
ma 
anche 
per 
chiunque 
sia 
consapevole 
del 
carattere 
violento 
delle 
organizzazioni 
mafiose; 


iii) 
il 
portato simbolico negativo del 
termine 
"Mafia" 
� 
minimizzato dall'accostamento 
dello stesso ad una 
rosa 
rossa 
e 
al 
sottotesto "si 
siede 
a tavola", 
che suggeriscono un'aura di convivialit�; 


iv) 
l'esistenza 
di 
un 
trend teso a 
"romanticizzare" 
il 
fenomeno mafioso non 
impone 
all'EUIPO 
di 
tutelare 
gli 
interessi 
delle 
imprese 
che 
vogliano 
sfruttare 
detto trend; 


v) 
il 
contenuto semantico del 
marchio � 
compreso sia 
dai 
soggetti 
di 
lingua 
spagnola che da larga parte del pubblico italiano; 


vi) 
in ogni 
caso il 
pubblico rilevante, da 
considerare 
ai 
fini 
di 
cui 
all'art. 7, 
co. 1, lett. f), non � 
soltanto quello delle 
famiglie 
spagnole 
che 
vogliano 
cenare 
in un ristorante 
italiano, come 
sostenuto dalla 
Propriet� 
del 
marchio, 
ma 
anche 
quello composto dai 
cittadini 
italiani 
in Spagna 
(ivi 
residenti 
ovvero 
presenti 
per 
qualsivoglia 
ragione) 
che 
si 
imbattono 
nel 
marchio in questione. 


5. Tale 
decisione 
veniva 
impugnata 
dalla 
Propriet� 
del 
marchio, con atto del 
29 aprile 
2016, innanzi 
alla 
Commissione 
di 
Ricorso EUIPO. Tale 
organo, con 
decisione 
del 
27 
ottobre 
2016 
(all. 
3), 
adottata 
a 
conclusione 
della 
causa 
R 
803/2016-1, confermava 
le 
statuizioni 
della 
divisione 
annullamento, in particolar 
modo evidenziando che: 
i) 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
non devono prestare 
assistenza 
a 
quelle 
imprese 
che 
intendano 
promuovere 
i 
propri 
fini 
commerciali 
attraverso 
marchi 
che violino i valori fondamentali di una societ� civile; 


ii) 
l'esistenza 
dei 
presupposti 
di 
cui 
all'art. 
7, 
co. 
1, 
lett. 
f) 
deve 
essere 
valutata 
sulla 
base 
dei 
criteri 
esposti 
in 
tale 
norma, 
interpretati 
facendo 
riferimento 
al pubblico rilevante dell'Unione Europea, ovvero di una parte di esso; 


iii) 
l'ordine 
pubblico � 
l'insieme 
delle 
regole 
giuridiche 
necessarie 
per il 
funzionamento 
di 
una 
societ� 
democratica 
e 
dello stato di 
diritto; 
i 
marchi 
pertanto non devono promuovere 
attivit� 
manifestamente 
contrarie 
a 
tale 
insieme di regole, quali quelle di natura criminale e terroristica; 


iv) 
la 
normativa 
nazionale 
e 
la 
prassi 
amministrativa 
di 
uno Stato membro 
possono 
essere 
tenute 
in 
considerazione 
per 
valutare, 
con 
riferimento 
alla 
violazione 
dell'ordine 
pubblico, come 
siano percepite 
determinate 
categorie 
di simboli all'interno di quello Stato; 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


v) 
il marchio contestato � "dominato" dal sostantivo "La Mafia", un'organizzazione 
notoriamente 
criminale, 
per 
contrastare 
la 
quale 
il 
governo 
Italiano 
ha 
speso 
considerevoli 
energie, 
e 
sulla 
cui 
pericolosit� 
esiste 
pieno 
consenso 
a 
livello 
di 
Unione 
Europea; 
quest'ultima, 
peraltro, 
ha 
sviluppato una chiara policy 
di lotta al crimine organizzato ed ha approvato 
numerosi 
testi 
normativi 
e 
iniziative 
volti 
a 
combattere 
tale 
fenomeno; 


vi) 
il marchio contestato, promuovendo il nome di un'organizzazione criminale, 
� da ritenersi contrario all'ordine pubblico; 


vii) 
il marchio contestato offre altres� una raffigurazione conviviale del fenomeno 
mafioso, cos� banalizzando la minaccia che da esso promana; 


viii) 
tale 
marchio 
provoca 
forte 
turbamento 
nel 
pubblico 
italiano; 
in 
ogni 
caso, 
l'eventuale assenza di lamentele (pure smentita) in relazione al marchio, 
� irrilevante al fine di valutare la contrariet� dello stesso all'art. 7, co. 1, 
lett. f), cos� come irrilevanti sono le intenzioni del proprietario del marchio 
rispetto alla sua lesivit� dei beni enunciati all'art. 7, co. 1, lett. f). 


ix) 
l'esistenza di altri marchi contenenti il termine MAFIA 
� pure irrilevante, 
considerando che 
la 
contrariet� 
di 
un marchio all'ordine 
pubblico ed al 
buon 
costume 
deve 
essere 
valutata 
facendo 
esclusivo 
riferimento 
al 
RMUE 
come interpretato dalla giurisprudenza europea. 


6. 
Avverso tale decisione ha proposto ricorso la Propriet� del marchio, sostenendo 
l'insussistenza dei presupposti per dichiarare la nullit� del marchio, ai 
sensi degli artt. 52.1, lett. a), 3 7.1, lett. f), RMUE, e fondando il proprio ricorso 
sui seguenti argomenti: 
I) 
una determinata ricostruzione dei concetti di ordine pubblico e buon 
costume; 
II) 
la necessit� di considerare il marchio nel suo complesso; 
III) 
la 
conseguente 
non contrariet� 
del 
marchio all'ordine 
pubblico e 
al 
buon costume, argomentata sulla base dei seguenti punti: 
a) 
l'esistenza di altri marchi contenenti il termine Mafia; 
b) 
il tipo di prodotti e servizi per i quali il marchio � registrato; 
c) 
la percezione del pubblico rilevante. 


7. 
I 
suddetti 
argomenti 
costituiscono, 
in 
larga 
parte, 
mera 
riproposizione 
di 
quanto gi� sostenuto avanti all'EUIPO 
e dallo stesso puntualmente confutato; �, 
tuttavia, 
interesse 
della 
Repubblica 
Italiana, 
in 
quanto 
proponente 
della 
domanda 
di nullit� sopra citata, contestare integralmente gli stessi, al fine di vedere 
confermata la decisione della Commissione di Ricorso EUIPO 
in merito 
alla nullit� del marchio contestato. A 
tal fine, si procede ad esaminare, di seguito, 
gli 
argomenti 
poc'anzi 
riassunti, 
dimostrandone 
contestualmente 
l'infondatezza 
sia in fatto che in diritto. 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


I. 
definizioni 
di 
"ordine 
pubblico" 
e 
"buon 
costume" 
contenute 
nelle 
linee 
guida euIPo 
(paragrafi 12-21 del ricorso de la Mafia Franchises). 
8. 
La 
ricorrente 
riporta 
alcuni 
passaggi, 
tratti 
dalle 
linee 
guida 
EUIPO 
per 
l'esame 
dei 
marchi, 
relativi 
ai 
concetti 
di 
"ordine 
pubblico" 
e 
"buon 
costume", 
limitandosi 
a 
sottolineare 
alcune 
frasi 
degli 
stessi, 
senza 
tuttavia 
specificamente 
spiegare 
ove 
l'EUIPO 
si 
sarebbe 
discostata 
dall'applicazione 
di 
tali 
concetti 
nella 
propria 
decisione 
relativa 
al 
marchio 
contestato 
(con 
l'unica 
eccezione 
di 
un riferimento alla 
mancata 
inclusione 
della 
Mafia 
tra 
le 
organizzazioni 
terroristiche). 
9. 
Sotto 
tale 
profilo, 
il 
ricorso 
deve, 
innanzi 
tutto, 
ritenersi 
irricevibile 
in 
parte 
qua. Secondo la 
costante 
giurisprudenza 
del 
Tribunale, infatti, "in forza del-
l'articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte 
di 
giustizia dell'unione 
europea, 
applicabile 
al 
procedimento 
dinanzi 
al 
Tribunale 
conformemente 
all'articolo 
53, primo comma, del 
medesimo Statuto, e 
dell'articolo 76, lettera 
d), del 
regolamento di 
procedura del 
Tribunale, l'atto introduttivo del 
ricorso 
deve 
indicare, tra l'altro, l'oggetto della controversia e 
un'esposizione 
sommaria 
dei 
motivi 
dedotti. 
Tali 
indicazioni 
devono 
essere 
sufficientemente 
chiare 
e 
precise 
per 
consentire 
alla parte 
convenuta di 
predisporre 
la propria difesa 
e 
al 
Tribunale 
di 
pronunciarsi 
sul 
ricorso, eventualmente 
senza ulteriori 
informazioni. 
nella prospettiva di 
garantire 
la certezza del 
diritto e 
una buona 
amministrazione 
della 
giustizia, 
affinch� 
un 
ricorso 
sia 
considerato 
ricevibile, 
� 
necessario che 
gli 
elementi 
essenziali 
di 
fatto e 
di 
diritto sui 
quali 
esso si 
fonda 
emergano, 
anche 
sommariamente, 
purch� 
in 
modo 
coerente 
e 
comprensibile, 
dal 
testo dell'atto introduttivo stesso" 
(ord. 19 settembre 
2016, causa 
T-5/16, Gregis/euipo, quinto par. e giurisprudenza ivi citata). 
10. 
Tanto 
premesso, 
nel 
merito, 
la 
Repubblica 
italiana 
sottolinea, 
innanzitutto, 
che, come 
chiarito da 
diffusa 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
giustizia 
e 
del 
Tribunale 
sul 
punto (per tutte 
si 
vedano le 
sentenze: 
alcon/oHmi, n. C-412/05 P, 
p. 65, e 
Sadas/oHmi 
-lTJ 
diffusion, n. T-346/04, p. 71), la 
validit� 
di 
un MUE 
deve 
essere 
giudicata 
esclusivamente 
con riferimento al 
RMUE, come 
interpretato 
dal 
Tribunale 
e 
dalla 
Corte 
di 
giustizia 
dell'Unione 
Europea, e 
non alla 
prassi 
decisionale 
dell�EUIPO: 
di 
per 
s� 
quindi, 
un'eventuale 
discrasia 
tra 
le 
linee 
guida 
dell'EUIPO 
e 
la 
decisione 
di 
tale 
organo 
non 
proverebbe 
nulla 
in 
merito alla validit� del marchio impugnato. 
11. In ogni 
caso, le 
menzionate 
linee 
guida, ad una 
lettura 
completa, lungi 
dal 
corroborare 
la 
posizione 
della 
ricorrente, 
delineano 
un 
quadro 
dei 
due 
concetti 
contenuti 
all'art. 
7, 
co. 
1, 
lett. 
f), 
pienamente 
rispondente 
alle 
tesi 
sostenute 
dalla Repubblica Italiana nella propria domanda di nullit�. 
12. Con riferimento all'ordine pubblico, esse affermano che: 
"nell'ambito dell'articolo 7, paragrafo 1, lettera f), rmue, �ordine 
pubblico� 
si 
riferisce 
al 
corpus 
giuridico dell'unione 
applicabile 
in un determinato settore, 
nonch� 
all'ordinamento 
giuridico 
e 
allo 
Stato 
di 
diritto 
definiti 
dai 
trattati 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


e dalla normativa derivata dell'unione, che riflettono una comprensione comune 
di alcuni principi e valori fondamentali, come i diritti umani. 
il 
seguente 
elenco, 
non 
esaustivo, 
comprende 
esempi 
di 
casi 
in 
cui 
i 
segni 
rientreranno in tale divieto: 
-I 
marchi 
contrari 
ai 
principi 
e 
ai 
valori 
fondamentali 
dell'ordine 
politico 
e 
sociale 
europeo 
e, 
in 
particolare, 
ai 
valori 
universali 
sui 
quali 
si 
fonda 
l'Unione 
europea, 
come 
la 
dignit� 
umana, 
la 
libert�, 
l'uguaglianza 
e 
la 
solidariet� 
e 
al 
principio 
di 
democrazia 
e 
dello 
stato 
di 
diritto, 
sanciti 
nella 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'unione 
europea 
(Gu 
C 
83/389, 
30 
marzo 
2010) 
". 


13. 
Come si � gi� accennato, la Mafia � radicalmente ed intrinsecamente incompatibile 
con qualsiasi organizzazione politica e giuridica che basi la propria 
azione 
sul 
principio 
di 
legalit� 
e 
sul 
rispetto 
delle 
vite 
dei 
propri 
consociati; 
l'Unione 
Europea 
nasce 
con 
obiettivi 
opposti 
e 
incompatibili 
rispetto 
a quelli delle organizzazioni mafiose, che costituiscono quindi una minaccia 
esiziale per la sopravvivenza dell'Unione Europea; la Mafia e l'ordine 
pubblico europeo, come sopra definito, sono, in altri termini, inconciliabili, e 
un marchio che neghi questa incompatibilit�, presentando la Mafia come un 
fenomeno inoffensivo se non addirittura apprezzabile (elevandola a commensale), 
�, per logica conclusione, contrario all'ordine pubblico. 
14. 
Tale 
conclusione 
� 
rafforzata 
dalle 
stesse 
linee 
guida 
(Parte 
B, 
Sezione 
4) 
che, 
nell'elencare 
degli 
esempi 
di 
marchi 
ritenuti 
contrari 
all'ordine 
pubblico, 
indicano 
il 
marchio 
contenente 
la 
scritta 
"mechanical 
apartheid": 
� 
evidente, 
dall'analisi 
di 
un 
simile 
marchio, 
che 
la 
scritta 
in 
s� 
non 
incita 
al 
compimento 
di 
azioni 
rivolte 
contro 
l'ordine 
pubblico 
o 
comunque 
capaci 
di 
infrangere 
quei 
valori 
che, 
come 
si 
� 
visto, 
sono 
alla 
base 
dell'ordine 
pubblico 
stesso; 
il 
marchio 
� 
stato 
ritenuto 
dall'EUIPO 
contrario 
all'ordine 
pubblico 
perch� 
contenente 
un 
riferimento 
ad 
un 
regime 
nel 
quale 
detti 
valori 
erano 
sistematicamente 
calpestati. 
15. 
Un'applicazione coerente di tale criterio non pu� non imporre di ritenere 
contrario all'ordine pubblico anche un marchio, quale quello oggetto del presente 
giudizio, contenente un esplicito riferimento positivo (o comunque neutro) 
a 
un 
sistema 
di 
potere, 
quello 
mafioso 
per 
l'appunto, 
che 
nega 
proprio 
quei 
valori e quei diritti che sono alla base dell'ordine pubblico europeo. 
16. 
Anche 
la 
decisione 
di 
negare 
la 
registrazione 
del 
marchio 
contenente 
la 
scritta "bin ladin", pure riportata nelle citate linee guida (ibidem), conforta 
la tesi test� espressa: detto marchio � stato infatti rigettato perch� il nome Bin 
Ladin 
� 
indissolubilmente 
connesso 
a 
crimini 
contrari 
all'ordine 
pubblico; 
giova, 
peraltro, 
evidenziare 
che 
il 
marchio 
in 
questione 
traeva 
origine 
dal 
nome 
proprio del titolare dell'impresa che avrebbe prodotto i beni per i quali il marchio 
era pensato: il rifiuto della registrazione � stato quindi basato sulla circostanza 
oggettiva della connessione del nome Bin Ladin con crimini contrari 
all'ordine 
pubblico. 
Ribadendo 
ancora 
una 
volta 
che 
i 
crimini 
mafiosi 
attentano 
al cuore dell'ordine pubblico, come sopra definito, � giocoforza ritenere con

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


trari 
all'ordin� 
pubblico 
quei 
marchi 
che 
utilizzino 
a 
scopo 
commerciale 
la 
parola 
Mafia, privandola dei connotati negativi che le sono propri. 


17. 
Discende, 
altres�, 
da 
quanto 
osservato, 
l'assoluta 
irrilevanza 
della 
mancata 
inclusione 
della 
Mafia 
tra 
le 
organizzazioni 
terroristiche 
di 
cui 
alla 
posizione 
comune 
2001/931/PESC del 
Consiglio dell'Unione 
europea 
(paragrafo 18 del 
ricorso de 
La 
Mafia 
Franchises), a 
cui 
pure 
la 
ricorrente 
annette 
tanta 
importanza: 
innanzitutto, 
come 
si 
� 
visto, 
la 
lista 
contenuta 
nelle 
linee 
guida 
� 
espressamente 
definita 
"non esaustiva"; 
in secondo luogo, per le 
ragioni 
indicate 
al 
punto 
12, 
i 
marchi 
contenenti 
riferimenti 
"apologetici" 
alla 
Mafia 
ricadono 
nel 
punto n. 1 della 
citata 
lista; 
da 
ultimo, occorre 
sottolineare 
che 
la 
posizione 
comune, sopra 
menzionata, ha 
un valore 
ricognitivo, e 
non certo definitorio: 
sarebbe 
illogico pensare 
che 
un'organizzazione 
non possa 
essere 
ritenuta 
terroristica 
dall'EUIPO, fintanto che 
non sia 
inserita 
nella 
citata 
lista; 
�, semmai, 
vero il 
contrario, ossia 
che 
un'organizzazione 
ivi 
inserita 
non potr� 
non essere 
ritenuta 
terroristica; 
�, tuttavia, facile 
argomentare 
che 
la 
mancata 
inclusione 
della 
Mafia 
nella 
lista 
si 
spiega 
in ragione 
del 
carattere 
settoriale 
della 
stessa, 
finalizzato 
appunto 
esclusivamente 
ad 
individuare 
organizzazioni 
di 
natura 
terroristica, 
laddove 
la 
Mafia 
ha, 
in 
maniera 
preponderante, 
carattere 
e 
finalit� 
criminali; 
ci� non toglie 
in alcun modo che 
tali 
profili 
rendano la 
Mafia 
incompatibile 
con 
l'ordine 
pubblico, 
dovendosi 
altrimenti 
ritenere, 
come 
pare 
fare 
la 
ricorrente, che 
solo le 
organizzazioni 
terroristiche 
possano essere 
ritenute 
contrarie 
all'ordine 
pubblico (il 
che, come 
reso evidente 
dalla 
decisione 
relativa al marchio "mechanical 
apartheid", non �). 
18. 
Per 
mero 
scrupolo 
difensivo, 
nella 
denegata 
ipotesi 
in 
cui 
il 
Tribunale 
dovesse 
accedere 
a 
una 
definizione 
pi� 
ristretta 
del 
concetto 
di 
ordine 
pubblico, 
ovverosia 
quale 
complesso 
di 
specifiche 
norme 
del 
diritto 
positivo 
vigenti 
ad 
un 
dato 
momento, 
la 
Repubblica 
Italiana 
espressamente 
rimanda 
alle 
argomentazioni 
svolte 
nei 
precedenti 
gradi 
di 
giudizio 
(in 
particolar 
modo 
nella 
propria 
opposizione 
all'appello 
proposto 
dalla 
Propriet� 
del 
marchio, 
all. 
4), 
laddove 
ha 
evidenziato 
che 
esistono 
specifiche 
previsioni, 
sia 
nel 
diritto 
spagnolo, 
che 
in 
quello 
italiano 
ed 
europeo, 
che 
rendono 
il 
marchio 
incompatibile 
anche 
con 
una 
definizione 
pi� 
ristretta 
di 
ordine 
pubblico, 
qui 
di 
seguito 
sintetizzate: 
i) 
art. 
416bis 
del 
Codice 
Penale 
italiano 
relativo 
alle 
associazioni 
di 
tipo 
mafioso; 
ii) decreto legge 
367/91 che 
istituisce 
la 
Direzione 
Nazionale 
Anti-Mafia 
e 


le Direzioni Distrettuali 
Anti-Mafia; 
iii) 
decreto 
legge 
345/91 
che 
istituisce 
la 
Direzione 
Investigativa 
Anti-Mafia; 
iv) 
legge 
509/96 che 
istituisce 
una 
Commissione 
Parlarmentare 
di 
inchiesta 


sul fenomeno mafioso; 


v) 
decreto 
legge 
7/2015 
che 
attribuisce 
alla 
Direzione 
Investigativa 
Anti-
Mafia 
il 
compito di 
coordinare 
a 
livello nazionale 
le 
indagini 
relative 
al 
terrorismo; 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


vi) 
art. 578.1 del 
Codice 
Penale 
spagnolo che 
punisce 
l'apologia 
o la 
giustificazione 
dei 
delitti 
di 
natura 
terroristica 
ovvero 
degli 
esecutori 
degli 
stessi 
e 
gli 
atti 
volti 
ad 
umiliare 
ovvero 
gettare 
discredito 
sulle 
vittime 
dei 
delitti 
terroristici ovvero sui familiari delle stesse; 


vii) 
gli 
artt. 
10 
e 
18.1 
della 
Costituzione 
spagnola, 
come 
interpretati 
dalla 
sentenza 
n. 
846/2015 
del 
30 
dicembre 
2015 
della 
Corte 
Suprema 
spagnola 
in 
relazione 
agli 
atti 
che 
umilino 
ovvero 
offendano 
le 
vittime 
di 
terrorismo; 


viii) 
la 
direttiva 
UE 
n. 
2012/29, 
relativa 
agli 
standard 
minimi 
da 
assicurare 
nel 
supporto alle 
vittime 
di 
crimini, che 
espressamente 
associa, all'art. 22.3, 
le vittime di terrorismo alle vittime del crimine organizzato. 

19. Per quel che concerne il buon costume, le linee guida affermano: 
"11 
concetto 
di 
buon 
costume 
di 
cui 
all'articolo 
7, 
paragrafo 
1, 
lettera 
f), 
rmue 
non riguarda il 
cattivo gusto o la protezione 
di 
sentimenti 
personali. 
per 
violare 
l'articolo 
7, 
paragrafo 
1, 
lettera 
f), 
rmue, 
un 
marchio 
deve 
essere 
percepito dal 
pubblico di 
riferimento, o almeno da una sua parte 
importante, 
come 
rivolto direttamente 
contro le 
norme 
morali 
fondamentali 
della societ�. 
(...) La normativa nazionale 
e 
la prassi 
degli 
Stati 
membri 
sono elementi 
da 
tenere 
in 
considerazione 
al 
fine 
di 
valutare 
la 
percezione 
di 
talune 
categorie 
di segni 
da parte del pubblico di riferimento negli Stati membri interessati". 


20. Come 
si 
� 
ampiamente 
argomentato e 
dimostrato nella 
fase 
di 
contestazione 
dinanzi 
all'EUIPO, e 
come 
si 
avr� 
modo di 
meglio precisare 
in seguito, la 
Mafia 
� 
un 
fenomeno 
intrinsecamente 
connesso 
a 
morte 
e 
violenza. 
Seppur 
particolarmente 
sentito, per ovvie 
ragioni, in Italia, il 
fenomeno mafioso � 
capace 
di 
suscitare 
sentimenti 
di 
paura, 
disgusto, 
e 
rigetto 
in 
una 
vasta 
fascia 
del 
pubblico di 
consumatori 
europei 
consapevoli 
dei 
crimini 
di 
cui 
tale 
organizzazione 
si macchia. 
21. 
Una 
societ� 
che 
accetti 
di 
convivere 
con 
la 
Mafia 
non 
pu� 
sopravvivere 
come 
societ� 
democratica: 
essa 
sar� 
divorata 
dall'interno 
dal 
germe 
mafioso 
che 
imporr� 
i 
propri 
"valori" 
carichi 
di 
sangue 
ed 
oppressione. 
Non 
� 
difficile, 
quindi, 
capire 
perch� 
la 
Repubblica 
Italiana 
insista 
nel 
ribadire 
che 
l'assoluta 
estraneit� 
e 
l'aperto 
rigetto 
di 
qualsivoglia 
espressione 
del 
potere 
mafioso 
sono 
uno 
dei 
cardini 
di 
una 
societ� 
propriamente 
democratica, 
norma 
morale 
fondamentale 
della 
stessa. 
22. 
Un 
marchio 
che 
neghi 
la 
necessit� 
di 
tale 
rigetto 
e, 
al 
contrario, 
suggerisca 
la 
possibilit� 
di 
una 
convivialit� 
con i 
mafiosi, si 
pone 
in diretto contrasto con 
tale 
norma 
fondamentale. 
giova, 
a 
questo 
proposito, 
ricordare 
che 
il 
fenomeno 
mafioso 
� 
ritenuto 
talmente 
inaccettabile 
dalla 
societ� 
italiana 
che 
il 
diritto 
penale 
di 
tale 
paese 
ha 
elaborato la 
figura 
della 
"partecipazione" 
ad associazioni 
di 
tipo mafioso, punita 
in quanto tale, senza 
la 
necessit� 
che 
ad essa 
consegua 
la 
commissione 
di 
ulteriori 
reati 
(4). 
Sempre 
con 
riferimento 
alle 
norme 
morali 
(4) Art. 416bis 
del Codice Penale Italiano, sopra citato. 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


fondamentali 
che 
reggono la 
societ� 
europea, non pu� non annoverarsi, tra 
le 
stesse, 
il 
rispetto 
per 
chi 
ha 
sacrificato 
la 
propria 
vita 
combattendo 
il 
fenomeno 
mafioso, ovvero l'ha persa perch� risultava d'intralcio alla Mafia. 


23. Il 
marchio contestato, nel 
presentare 
in chiave 
conviviale 
la 
Mafia, viola 
anche 
questa 
ulteriore 
norma 
morale 
fondamentale, rivelandosi 
fonte 
di 
profondo 
turbamento 
per 
chi, 
conscio 
della 
reale 
natura 
della 
Mafia, 
veda 
tale 
nome 
adornato da 
una 
rosa, proposto come 
commensale, ed associato ad un 
luogo di svago e piacere quale un ristorante. 
II. le 
decisioni 
"MaFIa 
II" 
e 
"ContRa-Bando" 
(paragrafo 22 del 
ricorso 
de la Mafia Franchises). 
24. 
La 
ricorrente 
allega 
al 
proprio 
ricorso 
due 
decisioni 
delle 
Commissioni 
di 
Ricorso 
EUIPO 
che 
definisce 
"analoghe" 
al 
caso 
odierno, 
con 
le 
quali 
� 
stata 
ritenuta 
legittima 
la 
registrazione 
dei 
marchi 
"MAFIA 
II" 
e 
"CONTRA-BANDO". 
25. 
Ribadendo 
quanto 
gi� 
osservato 
al 
punto 
10, 
con 
riferimento 
alla 
irrilevanza 
delle 
prassi 
seguite 
dall'EUIPO 
per stabilire 
la 
validit� 
di 
un MUE, la 
Repubblica 
italiana 
evidenzia 
che, 
da 
tali 
decisioni, 
emergono 
con 
chiarezza 
elementi 
che 
confermano la 
correttezza 
della 
decisione 
della 
Commissione 
di 
Ricorso EUIPO 
nel 
confermare 
la 
dichiarazione 
di 
nullit� 
del 
marchio oggetto 
del presente giudizio. 
26. Con riferimento alla 
decisione 
relativa 
al 
marchio "MAFIA 
II", la 
Commissione 
di Ricorso ha, infatti, precisato che: 
"i beni 
per 
i 
quali 
il 
marchio viene 
richiesto sono essenzialmente 
giochi 
per 
pc 
e 
videogiochi, libri, e 
servizi 
televisivi 
o d'intrattenimento. Per 
tali 
beni, il 
crimine � un argomento di riferimento frequente e comune. (...). 
� 
certamente 
vero che 
i 
marchi 
non 
devono appoggiare 
attivit� manifestamente 
rivolte 
contro 
l'ordine 
pubblico, 
come 
quelle 
di 
natura 
terroristica 
(decisione 
del 
29 
settembre 
2004, 
r 
176/2004-2, 
'bin 
ladin) 
o 
criminale. 
Tuttavia, 
il 
messaggio 
semantico, 
se 
ve 
n'� 
uno, 
del 
simbolo 
in 
questione 
deve 
essere 
analizzato. 1l 
mero riferimento 
al 
nome 
di 
un gruppo di 
persone 
che 
si 
presume 
commettano crimini 
non � 
una dichiarazione 
di 
supporto al 
crimine. 
Tanto 
meno 
in 
relazione 
ai 
beni 
e 
servizi 
per 
cui 
si 
chiede 
la 
registrazione, 
per 
i 
quali 
l'interpretazione 
pi� logica e 
lineare 
� 
che 
in tali 
libri 
o giochi, il 
crimine 
organizzato viene combattuto, in modo del tutto fittizio" 
(5). 


(5) 
"The 
claimed 
goods 
are 
essentially 
computer 
and 
video 
games, 
books, 
and 
entertainment 
or 
television 
services. 
For 
them, 
crime 
as 
a 
subject-matter 
is 
freguent 
and 
common. 
(...) 
it 
is 
certainly 
true 
that 
trade 
marks 
must 
not 
endorse 
activities 
that 
are 
manifestly 
directed against 
the 
public 
order, such as 
of 
a terrorist 
(decision of 
29 September 
2004, r 
176/2004-2, 'bin ladin') or 
criminal 
nature. However, 
the 
semantic 
message, if 
there 
is 
one, of 
the 
sign in issue 
must 
be 
analysed. The 
mere 
reference 
to the 
name 
of 
a group of 
people 
who are 
supposed to commit 
crimes 
is 
not 
a statement 
to support 
crime. all 
the 
less 
this 
is 
so in conjunction with the 
claimed goods 
and services, where 
the 
more 
logical 
and straighforward 
interpretation 
would 
be 
that 
in 
those 
books 
or 
games, 
organised 
crime 
is 
fought, 
on 
a 
purely 
fictional basis". 

RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


27. La 
Commissione 
di 
Ricorso, quindi, ha 
ritenuto, nel 
caso di 
specie, registrabile 
il 
marchio, in quanto lo stesso conteneva 
un "mero riferimento" 
alla 
Mafia, privo di 
qualsiasi 
apprezzamento; 
il 
marchio, in altre 
parole, tratta 
la 
Mafia 
per quello che 
�, ossia 
un pericoloso fenomeno criminale, che 
infatti 
d� 
origine 
alle 
lotte 
cruente 
che 
sono 
alla 
base 
del 
videogioco. 
Altrettanto 
non 
pu� 
dirsi 
del 
marchio 
oggetto 
del 
presente 
giudizio, 
il 
quale, 
come 
si 
� 
pi� 
volte 
ripetuto, menziona 
la 
Mafia 
quale 
possibile 
commensale 
e 
banalizza 
la 
portata criminale della sua essenza. 
28. Per quel 
che 
concerne 
la 
decisione 
relativa 
al 
marchio "CONTRA-BANDO", 
appare 
estremamente 
labile 
l'asserita 
analogia 
col 
caso 
odierno. 
Il 
marchio 
appena 
citato, infatti, � 
stato ritenuto valido, in tale 
decisione, innanzitutto in ragione 
della 
separazione 
del 
termine 
"contrabando" 
in 
due 
distinte 
parole, 
"contra" 
e 
"bando", circostanza 
che 
evidentemente 
non ricorre, nemmeno per 
analogia, nel 
caso odierno; 
in secondo luogo, l'uso di 
un marchio comunque 
allusivo ad un'attivit� 
illegale 
� 
stato, nel 
predetto caso, giustificato sulla 
base 
dei 
prodotti 
per i 
quali 
il 
marchio era 
registrato (prodotti 
alcolici) e 
del 
pubblico 
a 
cui 
gli 
stessi 
si 
rivolgevano (costituito esclusivamente 
da 
adulti): 
nessuna 
di 
tali 
circostanze 
ricorre 
nel 
caso 
di 
specie, 
concernente 
un 
marchio 
utilizzato per ristoranti, nei 
quali 
oltretutto sono specificamente 
presenti 
delle 
aree 
per 
bambini, 
come 
ammesso 
dalla 
stessa 
ricorrente 
nel 
proprio 
atto; 
strettamente 
connessa 
a 
quanto 
appena 
osservato 
� 
la 
considerazione 
per 
cui 
il 
marchio 
"CONTRA-BANDO" 
� 
valido, 
pur 
contenendo 
un 
"simbolo 
discutibile" 
in 
quanto 
allusivo 
ad 
un'immagine 
trasgressiva 
e 
ribelle: 
neppure 
tale 
circostanza 
ricorre nel caso dei ristoranti aventi marchio "la mafia se sienta a la mesa". 
III. necessit� di 
considerare 
il 
marchio nel 
suo complesso (paragrafi 
2327 
del ricorso de la Mafia Franchises). 
29. La 
ricorrente 
sostiene 
che 
il 
marchio vada 
considerato nel 
suo complesso, 
in 
tutti 
gli 
elementi 
costitutivi 
dello 
stesso, 
che 
non 
si 
riducono 
all'espressione 
"La 
Mafia". Tale 
considerazione 
complessiva, sembra 
di 
capire, "salverebbe" 
il 
marchio 
dalla 
dichiarazione 
di 
nullit�: 
la 
ricorrente 
tuttavia 
omette 
completamente 
di 
spiegare 
in 
che 
modo 
gli 
altri 
elementi 
che 
compongono 
il 
marchio 
siano in grado, specificamente, di 
ridurre 
la 
lesivit� 
dello stesso rispetto alla 
previsione 
di 
cui 
al 
menzionato 
art. 
7, 
co. 
1, 
lett. 
f). 
In 
realt�, 
le 
considerazioni 
che 
la 
ricorrente 
svolge 
con 
tale 
argomento 
a 
difesa 
del 
marchio, 
sono 
in 
parte 
infondate ed in parte controproducenti. 
30. Dette 
considerazioni 
sono infondate, laddove 
tentano di 
sminuire 
la 
rilevanza 
del 
termine 
"La 
Mafia" 
all'interno del 
marchio. Dall'osservazione 
del 
marchio in questione 
emerge, infatti, ictu oculi 
che 
"La 
Mafia" 
� 
l'elemento 
assolutamente 
preponderante 
all'interno 
del 
marchio; 
esso, 
peraltro, 
�, 
per 
stessa 
ammissione 
della 
ricorrente, 
il 
filo 
conduttore 
dell'idea 
commerciale 
posta 
alla 
base 
del 
marchio, ovverosia 
una 
catena 
di 
ristoranti 
a 
tema 
mafioso 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


(che, molto significativamente, ha registrato il proprio sito web all'indirizzo 
www.lamafia.es). 


31. 
Proprio la necessit� di considerare il marchio unitamente ai prodotti per i 
quali viene registrato, che a detta della ricorrente eviterebbe di far incorrere 
il 
marchio nella dichiarazione di nullit�, conduce invece a concludere che l'associazione 
tra il termine "La Mafia", anche singolarmente considerato (precisazione, 
questa, necessaria al fine di evitare future contestazioni sul punto) e 
dei ristoranti, ancora pi� laddove di cucina italiana, sia lesiva dei parametri 
fissati dall'art. 7, co. 1, lett. f), per i motivi sopra esposti, nonch� per la natura 
offensiva dell'accostamento tra la cucina italiana (e, pi� in generale, la tradizione 
e 
l'immagine 
del 
Paese 
che 
la 
stessa 
rappresenta 
ovunque 
nel 
mondo 
(6)) e il fenomeno mafioso. 
32. 
Dando 
per 
assodato 
che 
il 
termine 
"La 
Mafia", 
singolarmente 
considerato, 
sarebbe 
di 
per 
s� 
lesivo 
dell'art. 
7, 
co. 
1, 
lett. 
f), 
se 
associato 
a 
dei 
ristoranti, 
le 
predette 
considerazioni 
sono 
altres� 
controproducenti 
perch�, 
nell'elencare 
gli 
elementi 
costitutivi 
del 
marchio 
contestato, 
delineano 
un'immagine 
accattivante, 
glamour, 
in 
cui 
il 
termine 
"La 
Mafia", 
pure 
preponderante, 
viene, 
per 
cos� 
dire, 
stemperato 
su 
uno 
sfondo 
elegante 
ed 
invitante, 
nel 
quale 
il 
termine, 
di 
per 
s� 
evocativo 
di 
violenza 
e 
morte, 
viene, 
invece, 
associato 
ad 
elementi 
piacevoli 
(dirimente, 
in 
tal 
senso, 
il 
pi� 
volte 
evidenziato 
"se 
sienta 
a 
la 
mesa"). 
33. 
Anche in tal caso, peraltro, la considerazione del marchio un�tamente ai 
prodotti 
per 
i 
quali 
� 
registrato 
non 
giova 
allo 
stesso, 
in 
quanto 
tale 
immagine, 
cos� accattivante, � associata a dei ristoranti dichiaratamente ispirati al rituale 
mafioso, raccontato nel libro "la mafia se sienta a la mesa", consistente nel 
ritrovarsi a tavola per pian�ficare delitti. Il contenuto semantico del marchio 
quindi (La Mafia se sienta a la mesa), evocativo di episodi macabri, viene associato 
ad una grafica invitante e a dei prodotti conviviali, piacevoli (7). 
IV. 
Percezione del consumatore ragionevole ed esistenza di altri marchi 
contenenti 
la 
parola 
Mafia 
(paragrafi 
28-36 
del 
ricorso 
de 
la 
Mafia 
Franchises). 
34. 
La ricorrente, partendo dal presupposto per cui la Mafia � stata utilizzata 
in diversi libri e film (paragrafo 31 del ricorso), giunge a sostenere, in modo 
del 
tutto 
apodittico, 
che 
il 
"pubblico 
generale", 
non 
percepisce 
il 
termine 
Mafia, usato in connessione con certi prodotti o servizi, come qualcosa che 
promuova o supporti un'organizzazione criminale ovvero attivit� criminale. 
35. 
In 
proposito 
si 
osserva, 
innanzitutto, 
che 
le 
numerose 
segnalazioni 
che 
(6) 
L'associazione tra Mafia, cucina italiana e Italia, peraltro, � fatta dalla Propriet� del marchio stesso, 
che sulle pagine del proprio sito web. 
(7) 
v. all. 4 all'opposizione della Repubblica italiana al Ricorso presso la Commissione di ricorso (all. 
4), pag. 82. 

RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


hanno determinato la 
presentazione 
della 
domanda 
di 
nullit� 
del 
MUE 
da 
parte 
della 
Repubblica 
italiana 
smentiscono 
seccamente 
le 
asserzioni 
di 
controparte 
in merito alla 
percezione 
del 
pubblico generale: 
l'azione 
volta 
ad ottenere 
la 
dichiarazione 
di 
nullit� 
del 
marchio � 
nata 
proprio dallo stupore 
e 
dalla 
rabbia 
suscitati 
dal 
marchio 
in 
questione 
tra 
rappresentanti 
delle 
istituzioni 
e 
tra 
il 
pubblico in generale. 


36. In ogni 
caso, anche 
a 
voler ritenere 
che 
il 
marchio in questione 
possa 
non 
essere 
visto come 
una 
forma 
di 
apprezzamento per un'organizzazione 
criminale, 
esso rimane 
comunque 
lesivo dell'art. 7, co. 1, lett. f), posto che 
accosta 
palesemente la suddetta organizzazione criminale a concetti positivi. 
37. La 
ricorrente 
segnala 
l'esistenza 
di 
numerosi 
altri 
marchi 
contenenti 
la 
parola 
Mafia, e 
da 
questa 
osservazione 
deduce 
che 
il 
pubblico generale, incluso 
quello 
italiano, 
ritiene 
accettabile 
l'associazione 
tra 
il 
termine 
Mafia 
e 
i 
prodotti 
commerciali 
e 
che 
il 
proprio marchio sarebbe 
stato oggetto di 
un trattamento 
di 
sfavore 
da 
parte 
della 
Repubblica 
italiana 
nel 
momento in cui 
la 
stessa 
ha 
deciso di chiederne l'annullamento. 
38. 
Sul 
punto 
si 
segnala, 
in 
via 
preliminare, 
che 
l'esistenza 
di 
altri 
marchi 
� 
del 
tutto 
irrilevante 
rispetto 
alla 
validit� 
del 
marchio 
contestato, 
in 
quanto 
la 
stessa, 
come 
gi� 
osservato 
al 
punto 
10, 
deve 
essere 
valutata 
solo 
in 
base 
all'interpretazione 
del 
RMUE 
fornita 
dalla 
giurisprudenza 
(sul 
punto 
� 
illuminante 
il 
caso 
Couture 
Tech 
ltd/uami, 
di 
cui 
alla 
causa 
T-232/10, 
deciso 
dal 
Tribunale 
con 
sentenza 
del 
20 
settembre 
2011, 
nella 
quale 
viene 
chiarito 
-p. 
80 
-che 
neppure 
la 
previa 
registrazione, 
per 
un 
marchio 
diverso, 
del 
medesimo 
segno 
da 
parte 
dello 
stesso 
proprietario 
� 
sufficiente 
per 
garantire 
che 
il 
secondo 
non 
sia 
dichiarato 
invalido, 
se 
ritenuto 
contrario 
all'ordine 
pubblico 
e 
al 
buon 
costume). 
39. venendo al 
merito delle 
censure 
mosse 
dalla 
ricorrente 
all'iniziativa 
della 
Repubblica 
Italiana, occorre 
precisare 
che 
la 
decisione 
di 
domandare 
l'annullamento 
del 
marchio in questione 
non nasce 
da 
un'operazione 
sistematica 
di 
scansione 
dei 
marchi 
esistenti, in esito alla 
quale 
lo Stato italiano procede 
a 
domandare 
l'invalidit� 
di 
tutti 
quelli 
che 
ritenga 
contrari 
all'ordine 
pubblico o 
al 
buon costume, bens�, come 
si 
� 
detto, dalla 
spontanea 
iniziativa 
di 
coloro 
che 
si 
sono dovuti, loro malgrado, confrontare 
col 
marchio stesso e 
lo hanno 
trovato 
inaccettabile. 
L'origine 
"spontanea" 
dell'iniziativa 
della 
Repubblica 
italiana 
�, 
quindi, 
di 
per 
s� 
sola, 
sufficiente 
a 
spiegare 
anche 
l'esistenza 
di 
tanti 
marchi 
contenenti 
l'espressione 
mafia: 
la 
stragrande 
maggioranza 
dei 
marchi 
citati 
dalla 
ricorrente 
(e 
anche 
quelli 
non citati 
ma 
reperibili 
sul 
motore 
di 
ricerca 
TMview 
(8)) 
sono 
infatti, 
sostanzialmente, 
sconosciuti, 
e 
non 
hanno 
quindi 
raggiunto 
un 
numero 
di 
consumatori 
sufficiente 
a 
scatenare 
una 
reazione 
paragonabile a quella che pu� causare una catena di 37 ristoranti. 
(8) https://www. tmdn.org/tmview/welcome 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


40. Fatte 
queste 
dovute 
premesse, occorre, tuttavia, segnalare 
che, dall'analisi 
dei 
marchi 
che 
la 
ricorrente 
elenca 
a 
sostegno della 
propria 
tesi, si 
ricava 
una 
notevole 
superficialit� 
nell'interpretazione 
degli 
stessi, 
e 
conseguentemente 
dell'accettabilit� 
degli 
stessi 
per 
il 
grande 
pubblico, 
e 
un'incomprensione 
di 
fondo relativa all'utilizzo del termine Mafia. 
Nell'ordine: 
-i 
marchi 
relativi 
al 
videogioco 
"Mafia 
Wars" 
sono 
ripetuti 
pi� 
volte, 
sotto 
classi 
diverse, 
e 
in 
parte 
anche 
nel 
marchio 
"Mafia 
Wars 
Made", 
connesso 
al 
primo; 
tali 
marchi, peraltro, sono del 
tutto simili 
al 
marchio "Mafia 
II" 
(che 
pure 
viene 
citato nell'elenco), rispetto al 
quale 
si 
rinvia 
a 
quanto osservato 
sopra); 


- 
anche 
il 
marchio "goodgame 
Mafia" 
ed il 
marchio "gewinnspiel 
Mafia 
Bei 
Uns 
Ist 
g�ck Noch Ehrensache" 
risultano registrati 
da 
compagnie 
di 
giochi; 
- 
due 
dei 
marchi 
indicati 
(Al 
Capone 
e 
Meyer Lansky's) sono registrati 
per 
prodotti 
alcolici 
e 
tabacco, ed anche 
in questo caso si 
rimanda 
a 
quanto 
osservato in merito al marchio CONTRA-BANDO; 
- 
il 
marchio Spinach Mafia 
� 
connesso ad una 
linea 
di 
vestiti 
nei 
quali 
la 
parola 
Mafia 
non compare 
mai, restando per l'appunto relegata 
al 
marchio; 
- 
i 
marchi 
"Swedish 
house 
Mafia" 
e 
"House 
Mafia" 
sono 
intestati 
allo 
stesso 
proprietario 
e 
il 
secondo 
ha 
evidentemente 
lo 
scopo 
di 
evitare 
imitazioni 
servili 
del 
primo; 
- 
il 
marchio Mafia Free 
�, evidentemente, estraneo all'elenco in 
questione, 
indicando 
letteralmente 
prodotti 
"liberi 
dalla 
mafia", 
ed 
� 
quindi 
sorprendente 
che 
la ricorrente 
accusi 
l'Italia di 
non 
aver, colpevolmente, 
richiesto la sua cancellazione. 
41. Posto quindi 
che 
l'elenco in questione 
� 
ben pi� snello di 
quanto appaia 
dalla 
rappresentazione 
fattane 
dalla 
ricorrente 
(anche 
in 
considerazione 
del 
fatto 
che 
per 
molti 
di 
questi 
marchi 
non 
� 
possibile 
trovare 
prodotti 
attualmente 
in 
commercio 
e 
l'effettiva 
assimilabilit� 
degli 
stessi 
al 
marchio 
della 
ricorrente 
non 
pu� 
quindi 
essere 
provata), 
si 
rileva 
che 
in 
nessuno 
� 
presente 
l'espressione 
"La 
Mafia", e 
che 
al 
contrario la 
stragrande 
maggioranza 
antepone 
al 
termine 
"Mafia" una qualche specificazione. 
42. 
L'osservazione 
� 
rilevante 
ai 
fini 
del 
presente 
giudizio 
in 
quanto, 
nei 
marchi 
cos� 
composti 
(termine 
"Mafia" 
preceduto da 
una 
specificazione), � 
possibile 
rinvenire 
l'utilizzo del 
termine 
"Mafia" 
nel 
senso di 
"organizzazione 
poco trasparente", 
gi� 
rilevato 
dallo 
stesso 
EUIPO 
nella 
propria 
decisione 
relativa 
al 
marchio "MAFIA 
II", sopra 
citata. Tale 
utilizzo, che 
evidentemente 
si 
ispira 
soltanto 
all'originario fenomeno criminale 
(rectius: 
alle 
strutture 
alla 
base 
dello 
stesso), 
� 
spesso 
ironico 
e 
innocuo: 
esso, 
tuttavia, 
presuppone, 
necessaria

RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


mente, 
l'utilizzo 
di 
un 
articolo 
indeterminativo 
prima 
del 
termine 
"Mafia", 
ovvero 
una 
specificazione 
(come 
nel 
caso 
del 
marchio, 
contenuto 
nell'elenco 
della 
ricorrente, "The 
fresh food mafia"). In netto contrasto a 
tale 
utilizzo, nel 
marchio dell'odierna 
ricorrente 
il 
soggetto che 
"si 
siede 
a 
tavola" 
non � 
un'organizzazione 
qualsiasi, 
bens� 
"La 
Mafia", 
inequivocabilmente 
identificata 
con 
un articolo determinativo. 


V. natura non 
comunicativa dei 
prodotti 
e 
servizi 
per 
i 
quali 
il 
marchio � 
registrato (paragrafi 37-40 del ricorso de la Mafia Franchises). 
43. La 
ricorrente 
sostiene 
che 
la 
natura 
non "comunicativa" 
dei 
prodotti 
e 
servizi 
per i 
quali 
il 
marchio � 
registrato indica 
chiaramente 
che 
il 
marchio non 
� stato registrato con l'intento di essere offensivo, scioccante o violento. 
44. Premesso che 
� 
difficile 
comprendere 
appieno il 
concetto di 
"bene 
comunicativo" 
accennato 
dalla 
ricorrente, 
si 
evidenzia 
innanzitutto 
che, 
tra 
i 
prodotti 
per 
i 
quali 
il 
marchio 
� 
registrato, 
figurano 
"servizi 
di 
pubblicit�" 
(che 
pare 
legittimo includere 
tra 
i 
prodotti 
aventi 
natura 
comunicativa) e 
svariati 
capi 
di 
abbigliamento (grazie 
ai 
quali 
il 
marchio verrebbe, evidentemente, esposto a 
un pubblico ancora 
pi� vasto di 
quello che 
pu� imbattersi 
nelle 
insegne 
dei 
ristoranti). 
La 
distinzione 
tra 
prodotti 
comunicativi 
e 
non 
comunicativi, 
oltre 
che 
poco 
chiara, 
appare 
peraltro 
labile, 
in 
ragione 
della 
capillare 
diffusione 
del 
marchio in questione 
sui 
social 
network, attraverso la 
realizzazione 
di 
singole 
pagine dedicate ai ristoranti della catena. 
45. In ogni 
caso tale 
distinzione 
avrebbe 
rilevanza 
solo ove 
avesse 
rilevanza 
la 
(asseritamente 
assente) volont� 
di 
offendere, scioccare 
o intimidire 
il 
consumatore: 
sennonch� 
la 
giurisprudenza 
ha 
chiarito che 
tale 
volont� 
� 
assolutamente 
ininfluente 
rispetto 
alla 
validit� 
del 
marchio 
stesso, 
essendo 
sufficiente, ai 
fini 
della 
dichiarazione 
di 
nullit�, il 
fatto che 
il 
marchio possa 
essere 
visto come 
offensivo, scioccante 
etc. (sentenza 
5 ottobre 
2011, causa 
T-526/09, paKi logistics GmbH/uami, p. 16). 
VI. Concetto ispiratore 
della catena di 
ristoranti 
ed 
esistenza di 
altri 
ristoranti 
ispirati 
al 
medesimo concetto (paragrafi 
41-47 del 
ricorso de 
la 
Mafia Franchises). 
46. La 
ricorrente 
afferma 
che 
il 
"concetto" 
sottostante 
la 
propria 
catena 
di 
ristoranti 
non 
� 
la 
criminalit� 
organizzata 
bens� 
il 
film 
"Il 
padrino", 
e 
che 
il 
marchio 
sarebbe 
percepito 
come 
una 
parodia, 
ovvero 
una 
riproduzione, 
dello 
scenario generale presente in tale film. 
47. 
Tale 
distinzione, 
sulla 
quale 
� 
lecito 
dubitare 
stante 
la 
perfetta 
coincidenza 
tra 
il 
titolo del 
libro sopra 
citato e 
la 
scritta 
contenuta 
nel 
marchio, � 
del 
tutto 
irrilevante 
in 
riferimento 
alla 
validit� 
del 
marchio, 
nel 
quale 
non 
compare 
alcun riferimento al 
film 
in questione 
e 
non pu� quindi 
essere 
valutato sulla 
base 
di 
un presunto "concetto" 
dallo stesso del 
tutto assente. �, in ogni 
caso, 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


opportuno ricordare 
che 
il 
film 
in questione 
concerne 
fatti 
di 
mafia, di 
cui 
il 
marchio contestato, come 
ribadito, non solo non fa 
una 
parodia, ma 
offre 
una 
palese banalizzazione. 


48. 
Similmente, 
l'esistenza 
di 
altri 
ristoranti 
a 
tematica 
"malavitosa" 
non 
prova 
nulla 
rispetto 
alla 
validit� 
del 
marchio, 
che 
deve 
essere 
valutata 
esclusivamente 
in 
relazione 
al 
marchio 
stesso 
ed 
eventualmente 
in 
associazione 
ai 
prodotti 
per 
i quali esso � registrato, ma non certo in relazione ad altri prodotti. 
49. Per quel 
che 
concerne 
l'esistenza 
di 
un ristorante 
denominato "La 
mafia 
de 
la 
pizza 
nostra", e 
di 
un simile 
marchio, si 
ribadisce 
quanto gi� 
osservato 
in 
relazione 
all'esistenza 
di 
altri 
marchi 
contenenti 
la 
parola 
"Mafia" 
(ovverosia 
che 
marchi 
eventualmente 
invalidi 
che 
non siano stati 
dichiarati 
tali 
non sono 
di 
per s� 
sufficienti 
a 
rendere 
valido un marchio nullo), altres� 
sottolineando 
che 
anche 
in 
questo 
caso 
siamo 
di 
fronte 
ad 
un 
uso 
della 
parola 
"Mafia" 
seguita 
da 
una 
specificazione; 
il 
marchio in questione, in altre 
parole, precisa 
di 
far 
riferimento ad una specifica mafia, quella della pizza. 
VII. 
assenza 
di 
supporto 
delle 
organizzazioni 
criminali 
da 
parte 
degli 
avventori 
de 
"La 
Mafia 
se 
sienta 
a 
la 
mesa"; 
presenza 
di 
merchandising 
connesso 
alla mafia (paragrafi 48-55 del ricorso de la Mafia Franchises). 
50. La 
ricorrente 
ribadisce 
che 
il 
marchio contestato non � 
stato creato al 
fine 
di 
minimizzare 
la 
seriet� 
del 
fenomeno mafioso e 
afferma 
che 
non ha 
senso 
che 
un 
marchio 
che 
fa 
riferimento 
a 
un'organizzazione 
criminale 
sia 
diventato 
una delle catene di ristoranti pi� popolari in Spagna. 
51. 
In 
merito 
al 
primo 
punto 
la 
Repubblica 
italiana 
si 
limita 
a 
richiamare 
quanto gi� 
precisato in relazione 
all'irrilevanza 
della 
volont� 
di 
registrare 
un 
marchio offensivo, scioccante, etc. 
52. In merito al 
secondo punto si 
contesta 
l'individuazione, fatta 
dalla 
ricorrente, 
del 
pubblico rilevante 
per la 
valutazione 
di 
cui 
all'art. 7, co. 1, lett. f). 
Come 
chiarito dalla 
giurisprudenza, infatti, il 
pubblico da 
tenere 
in considerazione, 
allorch� 
si 
valuta 
l'eventuale 
contrariet� 
di 
un 
marchio 
all'ordine 
pubblico 
e 
al 
buon costume, pu� anche 
coincidere 
con il 
pubblico presente 
in un 
singolo paese 
dell'Unione 
(9), ma 
soprattutto non 
coincide 
necessariamente 
con 
i 
consumatori 
del 
prodotto 
per 
cui 
il 
marchio 
� 
registrato, 
bens� 
con 
chiunque 
possa venire a contatto con lo stesso (10). 
53. 
Infine 
la 
ricorrente 
segnala 
l'esistenza 
di 
merchandising 
connesso 
al 
mondo 
della 
malavita 
e 
reitera 
che 
vi 
sarebbe 
una 
disparit� 
di 
trattamento tra 
l'accettazione, 
da 
un 
lato, 
di 
un 
simile 
commercio 
e 
la 
volont�, 
dall'altro, 
di 
cancellare 
il marchio contestato. 
(9) Sent. 20 settembre 2011 cit. al punto 38 (pp. 22-23). 
(10) Sent. 9 marzo 2012, T-417/10, Federico Cort�s 
del 
Valle 
l�pez/uami, p. 14; 
sent. 26 settembre 
2014, T-266/13, brainlab aG/uami, p. 20; sent. 5 ottobre 2011, paKi logistics, cit., p. 18. 

RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


54. Senza 
entrare 
nel 
dettaglio dei 
prodotti 
che 
la 
ricorrente 
accomuna 
sotto 
la 
definizione 
di 
merchandising 
(del 
tutto 
impropria 
rispetto 
ad 
alcuni 
di 
essi), 
si 
evidenzia 
che 
l�oggetto 
del 
presente 
giudizio 
non 
� 
la 
possibilit� 
di 
utilizzare 
determinate 
immagini, decorazioni 
etc. (possibilit� 
che, leggendo il 
ricorso di 
controparte, verrebbe 
meno a 
seguito della 
cancellazione 
del 
marchio: 
paragrafo 
52 del 
ricorso), bens� 
la 
possibilit� 
che 
una 
certa 
combinazione 
di 
immagini 
sia 
investita 
della 
dignit� 
di 
marchio (come 
chiarito dallo stesso EUIPO 
nella 
decisione 
del 
6 luglio 2006, conclusiva 
del 
procedimento R 0495/2005g, 
SCreW You, paragrafo 13). 
55. Lo scopo delle 
previsioni 
contenute 
nell'art. 7, co. 1, lett. f), non � 
quello 
di 
impedire 
ad 
ogni 
costo 
l'uso 
di 
una 
certa 
raffigurazione, 
bens� 
quello 
di 
evitare 
che 
raffigurazioni 
contrarie 
all'ordine 
pubblico ed al 
buon costume 
ricevano 
una 
protezione 
ed 
un 
riconoscimento 
ufficiali. 
gli 
oggetti 
citati 
dalla 
ricorrente 
quale 
merchandising 
non sono e 
non raffigurano marchi 
e 
non possono 
pertanto essere 
portati 
ad esempio di 
una 
tendenza 
generalizzata 
ad accettare 
marchi 
che 
minimizzino 
il 
carattere 
violento 
delle 
organizzazioni 
mafiose; 
in ogni 
caso, si 
ribadisce, quindi, nuovamente 
che, nella 
remota 
ipotesi 
in cui 
detti 
oggetti 
fossero, ovvero rappresentassero, marchi 
di 
tal 
fatta, la 
loro esistenza 
non sarebbe 
un argomento valido per impedire 
la 
cancellazione 
di altri marchi effettivamente contrari all'ordine pubblico o al buon costume. 
ConClusIonI 


56. Alla 
luce 
delle 
suesposte 
ragioni, stante 
la 
palese 
inammissibilit� 
del 
ricorso 
ex 
adverso 
proposto, nonch� 
l'infondatezza 
dello stesso nel 
merito e 
nei 
suoi 
presupposti 
in 
diritto, 
si 
chiede 
l'integrale 
reiezione 
dello 
stesso, 
con 
contestuale 
conferma 
della 
decisione 
della 
Commissione 
di 
Ricorso 
EUIPO 
indicata 
in epigrafe 
e 
conseguente 
condanna 
della 
controparte 
alle 
spese 
del 
presente 
procedimento. 
**** 
Si allegano i seguenti documenti: 


1. Domanda di nullit� del MUE n. 5510921 
2. Decisione della Divisione 
Annullamento EUIPO del 3 marzo 2016 
3. Decisione della Commissione di Ricorso EUIPO del 27 ottobre 2016 
4. 
Opposizione 
della 
Repubblica 
italiana 
all'appello 
dinanzi 
alla 
Commissione 
di Ricorso EUIPO. 
Roma, 6 aprile 2017 
Danilo Del Gaizo 
Avvocato dello Stato 


(omissis) 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
31 


tribunale 
dell�uunione 
europea, sentenza 15 marzo 2018 in 
causa t-1/17 - pres. S. gervasoni, 
rel. R. da 
Silva 
Passos 
- La 
Mafia 
Franchises 
/ 
EUIPO 
- Italia 
(La 
Mafia 
SE 
SIENTA 
A LA MESA). 

�Marchio 
dell�Unione 
europea 
-Procedimento 
di 
dichiarazione 
di 
nullit� 
-Marchio 
figurativo 
dell�Unione 
europea 
La 
Mafia 
SE 
SIENTA 
A 
LA 
MESA 
- Impedimento assoluto alla 
registrazione 
- Contrariet� 
all�ordine 
pubblico o al 
buon costume 
- Articolo 7, paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento 
(UE) 2017/1001]� 


Fatti 


1 
Il 
30 novembre 
2006 La 
Honorable 
Hermandad, SL, alla 
quale 
� 
succeduta 
La 
Mafia 
Franchises, SL, ricorrente, ha 
presentato una 
domanda 
di 
registrazione 
di 
marchio del-
l�Unione 
europea 
all�Ufficio 
dell�Unione 
europea 
per 
la 
propriet� 
intellettuale 
(EUIPO), 
ai 
sensi 
del 
regolamento 
(CE) 
n. 
40/94 
del 
Consiglio, 
del 
20 
dicembre 
1993, 
sul 
marchio 
comunitario 
(gU 
1994, 
L 
11, 
pag. 
1), 
come 
modificato 
[sostituito 
dal 
regolamento 
(CE) 


n. 207/2009 del 
Consiglio, del 
26 febbraio 2009, sul 
marchio dell�Unione 
europea 
(gU 
2009, 
L 
78, 
pag. 
1), 
come 
modificato, 
a 
sua 
volta 
sostituito 
dal 
regolamento 
(UE) 
2017/1001 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
14 
giugno 
2017, 
sul 
marchio 
dell�Unione europea (gU 2017, L 154, pag. 1)]. 
2 Il marchio di cui � stata chiesta la registrazione � il seguente marchio figurativo: 
(...) 


3 
I prodotti 
e 
i 
servizi 
per i 
quali 
� 
stata 
chiesta 
la 
registrazione 
rientrano nelle 
classi 
25, 
35 e 
43 ai 
sensi 
dell�Accordo di 
Nizza, del 
15 giugno 1957, relativo alla 
classificazione 
internazionale 
dei 
prodotti 
e 
dei 
servizi 
ai 
fini 
della 
registrazione 
dei 
marchi, come 
riveduto 
e 
modificato, e 
corrispondono per ciascuna 
di 
dette 
classi 
alla 
seguente 
descrizione: 


� Classe 25: �Calzature (tranne quelle ortopediche), indumenti, t-shirt, berretti�; 
� 
classe 
35: 
�Servizi 
di 
consulenza 
per 
la 
direzione 
e 
l�organizzazione 
commerciale; 
assistenza 
nella 
direzione 
degli 
affari; 
consultazioni 
per la 
direzione 
degli 
affari; 
consultazioni 
per 
la 
direzione 
degli 
affari; 
assistenza 
nella 
gestione 
di 
imprese 
commerciali 
che 
operano in franchising; 
servizi 
di 
pubblicit�; 
emissione 
di 
contratti 
in franchising 
inerenti la ristorazione (alimentazione) e i bar-ristoranti�; 
� classe 43: �Servizi di ristorazione (alimentazione), bar, caffetterie, bar-ristoranti�. 
4 
La 
domanda 
di 
marchio 
� 
stata 
pubblicata 
nel 
bollettino 
dei 
marchi 
comunitari 
n. 
24/2007 
dell�11 
giugno 
2007. 
Il 
marchio 
contestato 
� 
stato 
registrato 
il 
20 
dicembre 
2007 
con 
il 
numero 
5510921. 


5 
Il 
23 
luglio 
2015 
la 
Repubblica 
italiana 
ha 
depositato 
presso 
l�EUIPO 
una 
domanda 
volta 
a 
far 
dichiarare 
la 
nullit� 
del 
marchio 
controverso 
per 
tutti 
i 
prodotti 
e 
i 
servizi 
per 
i 
quali 
era 
stato 
registrato. 


6 
Il 
motivo di 
nullit� 
dedotto a 
sostegno di 
tale 
domanda 
era 
quello indicato all�articolo 
7, paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 7, paragrafo 1, 
lettera 
f), 
del 
regolamento 
n. 
2017/1001]. 
La 
Repubblica 
italiana 
ha 
ritenuto, 
in 
sostanza, 
che 
il 
marchio 
contestato 
fosse 
contrario 
all�ordine 
pubblico 
e 
al 
buon 
costume, 
dal 
momento 
che 
l�elemento verbale 
�mafia� rinviava 
ad un�organizzazione 
criminale 
e 
che 
l�uso 
che 
ne 
era 
fatto 
nel 
suddetto 
marchio 
al 
fine 
di 
designare 
la 
catena 
di 
ristoranti 
della 
ricorrente, 
oltre 
a 
suscitare 
sentimenti 
profondamente 
negativi, 
aveva 
come 
effetto 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


di 
�manipolare� l�immagine 
positiva 
della 
gastronomia 
italiana 
e 
banalizzare 
il 
senso 
negativo di tale elemento. 


7 
Con decisione 
del 
3 marzo 2016, la 
divisione 
di 
annullamento ha 
accolto la 
domanda 
di 
dichiarazione di nullit�. 


8 
Il 
29 
aprile 
2016 
la 
ricorrente 
ha 
proposto 
un 
ricorso 
avverso 
la 
decisione 
della 
divisione 
di annullamento. 


9 
Con decisione 
del 
27 ottobre 
2016 (in prosieguo: 
la 
�decisione 
impugnata�), la 
prima 
commissione 
di 
ricorso dell�EUIPO 
ha 
confermato che 
il 
marchio contestato era 
contrario 
all�ordine pubblico e ha respinto il ricorso. 


10 
La 
commissione 
di 
ricorso ha 
precisato, in via 
preliminare, che 
la 
contrariet� 
all�ordine 
pubblico del 
marchio contestato doveva 
essere 
valutata 
alla 
luce 
della 
percezione 
del 
pubblico di 
riferimento situato nel 
territorio dell�Unione 
europea 
o in una 
parte 
di 
tale 
territorio, fermo restando che 
una 
registrazione 
di 
un marchio dell�Unione 
europea 
doveva 
essere 
annullata 
se 
un 
motivo 
di 
annullamento 
esisteva 
solo 
in 
una 
parte 
del-
l�Unione. 


11 
La 
commissione 
di 
ricorso ha 
poi 
considerato che, tenuto conto della 
sua 
dimensione 
e 
posizione 
nel 
marchio 
contestato, 
l�elemento 
verbale 
�la 
mafia� 
dominava 
tale 
marchio. 
La 
commissione 
di 
ricorso ha 
sottolineato che 
la 
Mafia 
� 
un�organizzazione 
criminale 
che 
il 
governo italiano combatte 
mediante 
una 
legislazione 
e 
misure 
di 
attuazione 
specifiche. 
Inoltre, la 
commissione 
di 
ricorso ha 
rammentato che 
la 
lotta 
contro la 
criminalit� 
organizzata 
� 
parimenti 
un 
obiettivo 
principale 
delle 
istituzioni 
dell�Unione. 
La 
commissione 
di 
ricorso 
ha 
poi 
precisato 
che 
l�EUIPO, 
in 
quanto 
organismo 
dell�Unione 
europea, deve 
mantenere 
una 
posizione 
rigorosa 
nei 
casi 
che 
trasgrediscono i 
principi 
e 
i 
valori 
di 
base 
della 
societ� 
europea, tanto che 
ha 
il 
compito di 
negare 
la 
registrazione, 
per 
violazione 
dell�ordine 
pubblico, 
di 
ogni 
marchio 
dell�Unione 
europea 
che 
pu� 
essere 
considerato a 
sostegno o a 
profitto di 
un�organizzazione 
criminale. Al 
termine 
di 
tale 
esame, la 
commissione 
di 
ricorso ha 
considerato, da 
un lato, che 
il 
marchio contestato 
promuoveva 
manifestamente 
l�organizzazione 
criminale 
conosciuta 
con 
il 
nome 
di 
Mafia 
e, dall�altro, che 
l�insieme 
degli 
elementi 
verbali 
del 
marchio contestato trasmetteva 
un messaggio di 
convivialit� 
e 
banalizzazione 
dell�elemento verbale 
�mafia�, deformando 
cos� la seriet� veicolata dallo stesso. 


12 
Infine, la 
commissione 
di 
ricorso ha 
confermato che 
il 
marchio contestato non doveva 
essere 
protetto dall�EUIPO 
e 
che 
tale 
conclusione 
non era 
influenzata 
n� 
dal 
fatto che 
l�elemento verbale 
�mafia� � 
spesso stato impiegato nella 
letteratura 
e 
nel 
cinema 
n� 
dal 
fatto che 
altri 
marchi 
dell�Unione 
europea 
che 
contengono tale 
elemento sono stati 
registrati dall�EUIPO. 
Conclusioni delle parti 


13 
La ricorrente chiede che il 
Tribunale voglia: 


� annullare la decisione impugnata; 
� dichiarare valido il marchio contestato; 
� condannare l�EUIPO alle spese. 
14 L�EUIPO e la Repubblica italiana chiedono che il 
Tribunale voglia: 
� respingere il ricorso; 
� condannare la ricorrente alle spese. 
In diritto 


Sulla ricevibilit� degli elementi presentati per la prima volta dinanzi al Tribunale 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
33 


15 L�EUIPO 
contesta 
la 
ricevibilit� 
degli 
allegati 
A.7, A.8 e 
A.9 del 
ricorso nonch� 
la 
ricevibilit� 
delle 
immagini 
e 
dei 
link di 
cui 
ai 
punti 
44, 46 e 
54 del 
suddetto ricorso e 
che 
rinviano a 
siti 
Internet. Infatti, tali 
elementi 
non sarebbero stati 
prodotti 
in nessuna 
fase 
del procedimento dinanzi all�EUIPO. 


16 
A 
tale 
riguardo, occorre 
rilevare 
che, tenuto conto dell�oggetto del 
ricorso previsto all�articolo 
65 
del 
regolamento 
n. 
207/2009 
(divenuto 
articolo 
72 
del 
regolamento 
2017/1001), la 
funzione 
del 
Tribunale 
non � 
quella 
di 
riesaminare 
nell�ambito di 
un tale 
ricorso le 
circostanze 
di 
fatto alla 
luce 
dei 
documenti 
presentati 
dinanzi 
ad esso per la 
prima 
volta 
[v., in tal 
senso, sentenze 
del 
24 novembre 
2005, Sadas/UAMI - LTJ 
Diffusion 
(ARTHUR 
ET 
FELICIE), 
T.346/04, 
EU:T:2005:420, 
punto 
19, 
e 
del 
9 
febbraio 
2017, 
International 
gaming 
Projects/EUIPO 
-adp 
gauselmann 
(TRIPLE 
EvOLU-
TION), T.82/16, non pubblicata, EU:T:2017:66, punto 16]. 


17 Nel 
caso di 
specie, e 
come 
ha 
riconosciuto la 
ricorrente 
in udienza, gli 
elementi 
di 
cui 
al 
punto 15 supra 
sono stati 
presentati 
per la 
prima 
volta 
nell�ambito del 
ricorso dinanzi 
al 
Tribunale. Occorre 
pertanto respingere 
tali 
elementi 
in quanto irricevibili 
senza 
che 
sia necessario esaminare il loro valore probatorio. 
Nel merito 


18 
A 
sostegno del 
ricorso, la 
ricorrente 
invoca 
un unico motivo vertente 
sulla 
violazione 
dell�articolo 52, paragrafo 1, lettera 
a), del 
regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 
59, paragrafo 1, lettera 
a), del 
regolamento 2017/1001], in combinato disposto con l�articolo 
7, paragrafo 1, lettera f), di detto regolamento. 


19 
Mediante 
tale 
motivo, 
innanzitutto, 
la 
ricorrente 
fa 
valere 
che 
n� 
l�organizzazione 
conosciuta 
con 
il 
nome 
Mafia 
n� 
i 
suoi 
membri 
figurano 
nell�elenco 
di 
persone 
e 
di 
gruppi 
terroristici 
allegato 
alla 
posizione 
comune 
2001/931/PESC 
del 
Consiglio, 
del 
27 
dicembre 
2001, 
relativa 
all�applicazione 
di 
misure 
specifiche 
per 
la 
lotta 
al 
terrorismo 
(gU 
2001, 
L 
344, 
pag. 
93), 
alla 
quale 
le 
direttive 
d�esame 
dell�EUIPO 
fanno 
riferimento 
al 
fine 
di 
illustrare 
il 
divieto 
di 
registrazione 
dei 
marchi 
dell�Unione 
europea 
contrari 
all�ordine 
pubblico 
di 
cui 
all�articolo 
7, 
paragrafo 
1, 
lettera 
f), 
del 
regolamento 
n. 
207/2009. 


20 
In seguito, la 
ricorrente 
ritiene 
che, secondo la 
prassi 
dell�EUIPO 
e 
la 
giurisprudenza, 
un marchio dell�Unione 
europea 
debba 
essere 
analizzato nel 
suo insieme. Orbene, il 
riferimento 
contenuto nel 
marchio contestato all�elemento verbale 
�mafia� non sarebbe 
sufficiente 
a 
concludere 
che 
lo stesso � 
percepito dal 
consumatore 
medio come 
volto a 
promuovere 
o a 
sostenere 
tale 
organizzazione 
criminale. Al 
contrario, gli 
altri 
elementi 
che 
compongono 
tale 
marchio 
implicherebbero 
piuttosto 
che 
lo 
stesso 
sia 
percepito 
come 
una forma di parodia o di riferimento ai film della saga 
il padrino. 


21 
Per 
di 
pi�, 
la 
ricorrente 
fa 
valere 
che 
i 
prodotti 
e 
i 
servizi 
designati 
dal 
marchio 
contestato 
non sono servizi 
�comunicativi�, vale 
a 
dire 
servizi 
destinati 
ad essere 
utilizzati 
per trasmettere 
un messaggio. Pertanto, il 
marchio contestato non sarebbe 
stato registrato con 
l�intento di 
essere 
offensivo, scioccante 
o violento. Il 
pubblico in generale 
comprenderebbe, 
al 
contrario, che 
il 
marchio contestato � 
stato registrato per designare 
una 
catena 
di 
ristoranti, 
il 
cui 
�concetto� 
non 
rinvia 
ad 
un�organizzazione 
criminale, 
ma 
ai 
film 
della 
saga 
il 
padrino, e, in particolare, ai 
valori 
della 
famiglia 
e 
del 
corporativismo che 
tali film mettono in scena. 


22 
Infine, la 
ricorrente 
sostiene 
che 
molti 
marchi 
dell�Unione 
europea 
e 
italiani 
che 
contengono 
la 
parola 
�mafia� sono stati 
debitamente 
registrati 
e 
producono i 
loro effetti. 
La 
ricorrente 
cita, in particolare, al 
fine 
di 
illustrare 
tale 
punto, due 
decisioni 
della 
com



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


missione 
di 
ricorso dell�EUIPO 
che, secondo la 
ricorrente 
medesima, presentano analogie 
con la 
presente 
causa, vale 
a 
dire 
la 
decisione 
del 
13 gennaio 2012 nel 
procedimento 
R 1224/2011.4, relativa 
alla 
domanda 
di 
marchio dell�Unione 
europea 
MAFIA 
II, e 
la 
decisione 
del 
7 maggio 2015 nel 
procedimento R 2822/2014.5, relativa 
alla 
domanda 
di marchio dell�Unione europea CONTRA-BANDO. 


23 
L�EUIPO e la Repubblica italiana contestano ciascuno di tali argomenti. 


24 In via 
preliminare, occorre 
ricordare 
che, secondo l�articolo 7, paragrafo 1, lettera 
f), 
del 
regolamento 
n. 
207/2009, 
in 
combinato 
disposto 
con 
l�articolo 
52, 
paragrafo 
1, 
lettera 
a), del 
medesimo regolamento, i 
marchi 
contrari 
all�ordine 
pubblico o al 
buon costume 
sono dichiarati nulli. 


25 
L�interesse 
generale 
sotteso all�impedimento assoluto alla 
registrazione 
� 
di 
evitare 
la 
registrazione 
di 
segni 
che 
pregiudicherebbero 
l�ordine 
pubblico 
o 
il 
buon 
costume 
al 
momento del 
loro utilizzo nel 
territorio dell�Unione 
[sentenze 
del 
20 settembre 
2011, 
Couture 
Tech/UAMI 
(Raffigurazione 
dello 
stemma 
sovietico), 
T.232/10, 
EU:T:2011:498, 
punto 
29, 
e 
del 
26 
settembre 
2014, 
Brainlab/UAMI 
(Curve), 
T.266/13, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2014:836, 
punto 
13]. 
La 
registrazione 
di 
un 
marchio 
come 
marchio 
dell�Unione 
europea 
si 
scontra 
con tale 
impedimento assoluto alla 
registrazione 
in particolare 
se 
� 
gravemente 
offensivo [v., in tal 
senso, sentenza 
del 
5 ottobre 
2011, PAKI 
Logistics/UAMI (PAKI), T.526/09, non pubblicata, EU:T:2011:564, punto 12]. 


26 
La 
valutazione 
dell�esistenza 
dell�impedimento alla 
registrazione 
di 
cui 
all�articolo 7, 
paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento n. 207/2009 non pu� basarsi 
n� 
sulla 
percezione 
della 
parte 
del 
pubblico 
di 
riferimento 
imperturbabile 
n�, 
del 
resto, 
sulla 
percezione 
della 
parte 
del 
pubblico che 
si 
offende 
facilmente, ma 
deve 
essere 
effettuata 
sulla 
base 
di 
criteri 
di 
una 
persona 
ragionevole, di 
normale 
sensibilit� 
e 
tolleranza 
[v., in tal 
senso, 
sentenze 
del 
5 
ottobre 
2011, 
PAKI, 
T.526/09, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2011:564, 
punto 
12; 
del 
9 
marzo 
2012, 
Cort�s 
del 
valle 
L�pez/UAMI 
(�Que 
buenu 
ye! 
HIJOPUTA), 
T.417/10, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2012:120, 
punto 
21, 
e 
del 
14 
novembre 
2013, 
Efag 
Trade 
Mark 
Company/UAMI 
(FICKEN 
LIQUORS), 
T.54/13, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2013:593, punto 21]. 


27 
Inoltre, 
il 
pubblico 
di 
riferimento 
non 
pu� 
essere 
circoscritto, 
ai 
fini 
dell�esame 
dell�impedimento 
alla 
registrazione 
di 
cui 
all�articolo 
7, 
paragrafo 
1, 
lettera 
f), 
del 
regolamento 


n. 
207/2009, 
al 
pubblico 
al 
quale 
sono 
direttamente 
destinati 
i 
prodotti 
e 
i 
servizi 
per 
i 
quali 
la 
registrazione 
� 
richiesta. 
Occorre, 
infatti, 
tener 
conto 
del 
fatto 
che 
i 
segni 
oggetto 
di 
tale 
impedimento 
alla 
registrazione 
scioccherebbero 
non 
solo 
il 
pubblico 
al 
quale 
i 
prodotti 
e 
i 
servizi 
designati 
dal 
segno 
sono 
rivolti, 
ma 
parimenti 
altre 
persone 
che, 
senza 
essere 
interessate 
a 
tali 
prodotti 
e 
servizi, 
si 
troveranno 
accidentalmente 
di 
fronte 
a 
tale 
segno 
nella 
loro 
vita 
quotidiana 
[v. 
sentenze 
del 
14 
novembre 
2013, 
Efag 
Trade 
Mark 
Com-
pany/UAMI 
(FICKEN), 
T.52/13, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2013:596, 
punto 
19 
e 
giurisprudenza 
ivi 
citata, 
e 
del 
26 
settembre 
2014, 
Curve, 
T.266/13, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2014:836, 
punto 
19 
e 
giurisprudenza 
ivi 
citata]. 
28 
Si 
deve 
parimenti 
rammentare 
che 
il 
pubblico di 
riferimento situato nel 
territorio del-
l�Unione 
�, per definizione, situato nel 
territorio di 
uno Stato membro e 
che 
i 
segni 
percepibili 
dal 
pubblico come 
contrari 
all�ordine 
pubblico o al 
buon costume 
non sono gli 
stessi 
in tutti 
gli 
Stati 
membri, in particolare 
per ragioni 
linguistiche, storiche, sociali 
o 
culturali 
(v., in tal 
senso, sentenza 
del 
20 settembre 
2011, Raffigurazione 
dello stemma 
sovietico, T.232/10, EU:T:2011:498, punti da 31 a 33). 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
35 


29 
Ne 
consegue 
che, per l�applicazione 
dell�impedimento assoluto alla 
registrazione 
di 
cui 
all�articolo 7, paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento n. 207/2009, occorre 
prendere 
in 
considerazione 
tanto le 
circostanze 
comuni 
a 
tutti 
gli 
Stati 
membri 
dell�Unione 
quanto 
le 
circostanze 
proprie 
di 
taluni 
Stati 
membri 
singolarmente 
considerati, che 
possono influenzare 
la 
percezione 
del 
pubblico 
di 
riferimento 
situato 
nel 
territorio 
di 
tali 
Stati 
(sentenza 
del 
20 
settembre 
2011, 
Raffigurazione 
dello 
stemma 
sovietico, 
T.232/10, 
EU:T:2011:498, punto 34). 


30 
Nel 
caso di 
specie, in primo luogo, occorre 
rilevare, come 
ha 
fatto la 
commissione 
di 
ricorso 
al 
punto 
24 
della 
decisione 
impugnata, 
che 
il 
marchio 
contestato 
� 
un 
marchio 
complesso composto da 
un fondo nero a 
forma 
di 
quadrato all�interno del 
quale 
sono 
contenuti 
gli 
elementi 
verbali 
�la 
mafia� e 
�se 
sienta 
a 
la 
mesa�, scritti 
in bianco con, 
sullo sfondo, la raffigurazione di una rosa rossa. 


31 
L�elemento 
verbale 
�la 
mafia�, 
sia 
per 
lo 
spazio 
che 
occupa 
sia 
per 
la 
sua 
posizione 
centrale 
nel 
marchio 
contestato, 
si 
distacca 
dagli 
altri 
elementi. 
Pertanto, 
l�altro 
elemento 
verbale 
�se 
sienta 
a 
la 
mesa� 
riveste 
un�importanza 
secondaria, 
dal 
momento 
che 
� 
posto 
sotto 
l�elemento 
verbale 
�la 
mafia� 
e 
appare 
in 
caratteri 
ben 
pi� 
piccoli. 
Lo 
stesso 
vale 
per 
la 
rosa 
rossa 
sullo 
sfondo 
dell�elemento 
verbale 
�la 
mafia�. 


32 
La 
commissione 
di 
ricorso 
ha, 
pertanto, 
correttamente 
indicato, 
al 
punto 
25 
della 
decisione 
impugnata, 
che 
l�elemento 
verbale 
�la 
mafia� 
era 
dominante 
nel 
marchio 
contestato. 


33 
In 
secondo 
luogo, 
occorre, 
innanzi 
tutto, 
respingere 
l�argomento 
della 
ricorrente 
relativo 
al 
fatto che 
la 
Mafia 
non figura 
tra 
le 
organizzazioni 
terroristiche 
menzionate 
nella 
posizione 
comune 
2001/931, 
alla 
quale 
fanno 
riferimento 
le 
direttive 
d�esame 
dell�EUIPO 
(parte B, sezione 4). 


34 
Infatti, emerge 
dall�articolo 1 della 
posizione 
comune 
2001/931 che 
l�elenco contenuto 
nell�allegato menziona 
unicamente 
persone, gruppi 
e 
entit� 
coinvolti 
in atti 
terroristici. 
Tale 
elenco 
non 
ha 
lo 
scopo 
di 
enumerare 
le 
persone, 
i 
gruppi 
e 
le 
entit� 
coinvolti 
in 
altri 
tipi 
di 
attivit� 
criminale, 
il 
cui 
riferimento 
in 
un 
marchio 
richiesto 
� 
parimenti 
idoneo 
a 
giustificare 
l�applicazione 
dell�impedimento assoluto alla 
registrazione 
di 
cui 
all�articolo 
7, paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento n. 207/2009. Del 
resto, emerge 
dal 
testo 
stesso del 
passo delle 
direttive 
d�esame 
dell�EUIPO 
che 
fa 
riferimento alla 
posizione 
comune 
2001/931 che 
l�EUIPO 
si 
� 
premurato di 
evidenziare 
la 
natura 
non esaustiva 
delle 
spiegazioni 
fornite 
da 
tali 
direttive 
circa 
l�impedimento assoluto alla 
registrazione 
di cui all�articolo 7, paragrafo 1, lettera f) del regolamento n. 207/2009. 


35 
Occorre 
poi 
rilevare 
che 
l�elemento 
verbale 
�la 
mafia� 
� 
globalmente 
inteso 
come 
facente 
riferimento 
ad 
un�organizzazione 
criminale 
con 
origini 
in 
Italia 
e 
le 
cui 
attivit� 
si 
sono 
estese 
a 
Stati 
diversi 
dalla 
Repubblica 
italiana, 
in 
particolare 
all�interno 
del-
l�Unione. 
� 
noto, 
del 
resto, 
come 
ha 
constatato 
la 
commissione 
di 
ricorso 
al 
punto 
26 
della 
decisione 
impugnata, 
che 
tale 
organizzazione 
criminale 
ha 
fatto 
ricorso 
all�intimidazione, 
alla 
violenza 
fisica 
e 
all�omicidio 
al 
fine 
di 
svolgere 
le 
sue 
attivit�, 
che 
comprendono 
segnatamente 
il 
traffico 
illecito 
di 
droghe, 
il 
traffico 
illecito 
di 
armi, 
il 
riciclaggio 
di 
denaro 
e 
la 
corruzione. 


36 
Il 
Tribunale 
ritiene 
che 
simili 
attivit� 
criminali 
violino i 
valori 
stessi 
sui 
quali 
si 
fonda 
l�Unione, in particolare, i 
valori 
del 
rispetto della 
dignit� 
umana 
e 
della 
libert�, come 
previsti 
all�articolo 
2 
TUE 
e 
agli 
articoli 
2, 
3 
e 
6 
della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�Unione 
europea. 
Tali 
valori 
sono 
indivisibili 
e 
costituiscono 
il 
patrimonio 
spirituale 
e 
morale 
dell�Unione. 
Inoltre, 
la 
criminalit� 
organizzata 
e 
le 
attivit� 
menzionate 
al 
punto 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


35 supra 
costituiscono sfere 
di 
criminalit� 
particolarmente 
gravi 
che 
presentano una 
dimensione 
transnazionale 
nelle 
quali 
si 
prevede 
l�intervento del 
legislatore 
dell�Unione 
ai 
sensi 
dell�articolo 83 TFUE. Pertanto, come 
sottolineano l�EUIPO 
e 
la 
Repubblica 
italiana, per lottare 
contro la 
Mafia 
sono impiegate 
considerevoli 
energie 
e 
risorse 
non 
soltanto dal 
governo italiano, ma 
anche 
a 
livello dell�Unione, giacch� 
la 
criminalit� 
organizzata 
rappresenta una minaccia seria per la sicurezza in tutto il suo territorio. 


37 
Infine, l�elemento verbale 
�la 
mafia� � 
percepito in modo profondamente 
negativo in 
Italia, a 
causa 
dei 
gravi 
attacchi 
perpetrati 
da 
molti 
decenni 
da 
tale 
organizzazione 
criminale 
nei 
confronti 
della 
sicurezza 
di 
detto Stato membro. L�importanza 
che 
riveste 
la 
lotta 
contro la 
Mafia 
in Italia 
� 
dimostrata 
dalle 
norme 
repressive 
in vigore 
in tale 
Stato 
membro, alle 
quali 
fanno riferimento l�EUIPO 
e 
la 
Repubblica 
italiana, relative 
in particolare 
all�appartenenza 
o al 
sostegno a 
tale 
organizzazione. L�importanza 
della 
lotta 
contro la 
Mafia 
in Italia 
� 
inoltre 
corroborata 
dalla 
presenza 
nel 
territorio di 
detto Stato 
di 
molteplici 
organismi 
pubblici 
specificamente 
investiti 
del 
compito 
di 
perseguire 
e 
reprimere 
le 
attivit� 
illecite 
della 
Mafia 
e 
dalla 
presenza 
di 
associazioni 
private 
che 
sostengono 
le vittime di tale organizzazione. 


38 
Pertanto, 
la 
commissione 
di 
ricorso 
ha 
correttamente 
ritenuto 
che 
l�elemento 
verbale 
�la 
mafia� 
del 
marchio 
contestato 
evocherebbe 
palesemente 
presso 
il 
pubblico 
di 
riferimento 
il 
nome 
di 
un�organizzazione 
criminale 
responsabile 
di 
attacchi 
particolarmente 
gravi 
all�ordine 
pubblico. 


39 
In 
terzo 
luogo, 
la 
ricorrente 
fa 
valere, 
in 
sostanza, 
che 
il 
pubblico 
di 
riferimento 
non 
percepisce 
nel 
marchio 
contestato 
una 
qualsivoglia 
valorizzazione 
dell�azione 
criminale 
della 
Mafia, 
poich� 
quest�ultima 
� 
stata 
all�origine 
di 
molte 
opere 
sia 
letterarie 
sia 
cinematografiche. 
La 
ricorrente 
aggiunge 
che 
la 
registrazione 
del 
marchio 
contestato 
non 
ha 
l�obiettivo 
di 
scioccare 
o 
offendere, 
poich� 
i 
prodotti 
e 
i 
servizi 
designati 
non 
sono 
destinati 
a 
trasmettere 
un 
messaggio, 
ma 
esclusivamente 
a 
evocare 
la 
saga 
cinematografica 
il 
padrino. 
La 
stessa 
precisa 
che 
il 
concetto 
dei 
suoi 
ristoranti 
� 
a 
tema 
e 
collegato 
a 
tale 
saga 
e 
che 
il 
marchio 
contestato 
ha 
acquisito 
notoriet� 
in 
Spagna. 


40 
A 
tale 
riguardo, occorre, innanzitutto, sottolineare 
che, qualora 
un segno sia 
particolarmente 
scioccante 
o 
offensivo, 
lo 
stesso 
deve 
essere 
considerato 
contrario 
all�ordine 
pubblico 
o al 
buon costume, qualsiasi 
siano i 
prodotti 
e 
i 
servizi 
per i 
quali 
� 
registrato (v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
5 
ottobre 
2011, 
PAKI, 
T.526/09, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2011:564, 
punto 
15). 
Risulta, 
inoltre, 
dalla 
lettura 
complessiva 
dei 
vari 
commi 
dell�articolo 
7, 
paragrafo 
1, 
del 
regolamento 
n. 
207/2009 
(divenuto 
articolo 
7, 
paragrafo 
1, del 
regolamento 2017/1001), che 
questi 
ultimi 
si 
riferiscono alle 
caratteristiche 
intrinseche 
del 
marchio in causa 
e 
non a 
circostanze 
relative 
al 
comportamento del 
soggetto 
richiedente 
il 
marchio 
[sentenze 
del 
9 
aprile 
2003, 
Durferrit/UAMI 
-Kolene 
(NU.TRIDE), T.224/01, EU:T:2003:107, punto 76, e 
del 
13 settembre 
2005, Sportwet-
ten/UAMI 
-Intertops 
Sportwetten 
(INTERTOPS), 
T.140/02, 
EU:T:2005:312, 
punto 
28]. 


41 Pertanto, 
da 
un 
lato, 
il 
fatto 
che 
la 
registrazione 
del 
marchio 
contestato 
non 
avrebbe 
avuto 
l�obiettivo 
di 
scioccare 
o 
di 
offendere, 
ma 
esclusivamente 
di 
evocare 
la 
saga 
cinematografica 
il 
padrino 
non 
ha 
nessuna 
incidenza 
sulla 
percezione 
negativa 
di 
tale 
marchio 
da 
parte 
del 
pubblico 
di 
riferimento. 
Del 
resto, 
nessun 
elemento 
del 
marchio 
contestato 
evoca 
direttamente 
tale saga. 


42 
Dall�altro lato, la 
notoriet� 
acquisita 
dal 
marchio contestato e 
il 
concetto dei 
ristoranti 
a 
tema 
della 
ricorrente, collegati 
alla 
saga 
cinematografica 
il 
padrino, non costituiscono 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
37 


qualit� 
intrinseche 
del 
marchio contestato e 
sono quindi 
parimenti 
privi 
di 
pertinenza 
al 
fine di valutare se il marchio contestato sia contrario all�ordine pubblico. 


43 
� 
poi 
comune 
che 
opere 
letterarie 
o 
cinematografiche 
sciocchino 
o 
offendano 
il 
pubblico 


o una 
parte 
dello stesso, attraverso l�utilizzo e 
la 
messa 
in scena 
dei 
temi 
che 
trattano 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
14 
novembre 
2013, 
FICKEN 
LIQUORS, 
T.54/13, 
non 
pubblicata, EU:T:2013:593, punto 33). Il 
fatto che 
esistano molti 
libri 
e 
film 
che 
si 
riferiscono 
alla 
Mafia 
non � 
quindi 
assolutamente 
in grado di 
alterare 
la 
percezione 
degli 
atti illeciti commessi da tale organizzazione. 
44 
Infine, come 
sottolinea 
in sostanza 
l�EUIPO 
nel 
controricorso, la 
rosa 
rossa 
raffigurata 
nel 
marchio contestato potr� 
essere 
percepita 
da 
un�ampia 
parte 
del 
pubblico di 
riferimento 
come 
simbolo dell�amore 
o della 
concordia, in contrasto con la 
violenza 
che 
caratterizza 
le azioni della Mafia. 


45 
Tale 
contrasto 
� 
accentuato 
dalla 
presenza, 
nel 
marchio 
contestato, 
della 
frase 
�se 
sienta 
a 
la 
mesa�. Infatti, tale 
frase 
significa 
in spagnolo �si 
siede 
a 
tavola� e 
pu� essere 
percepita 
da 
un�ampia 
parte 
del 
pubblico che 
comprende 
tale 
lingua 
come 
evocativa 
della 
condivisione 
di 
un pasto. Cos�, l�associazione 
della 
Mafia 
alle 
idee 
di 
convivialit� 
e 
di 
svago veicolate 
dalla 
condivisione 
di 
un pasto contribuisce 
alla 
banalizzazione 
delle 
attivit� 
illecite di tale organizzazione criminale. 


46 Pertanto, come 
sostengono l�EUIPO 
e 
la 
Repubblica 
italiana, l�associazione 
dell�elemento 
verbale 
�la 
mafia� alle 
altre 
immagini 
del 
marchio contestato � 
di 
natura 
tale 
da 
dare 
un�immagine 
globalmente 
positiva 
delle 
azioni 
della 
Mafia 
e, in tal 
modo, banalizzare 
la percezione delle attivit� criminali di tale organizzazione. 


47 
Risulta 
da 
quanto 
precede 
che 
il 
marchio 
contestato, 
considerato 
complessivamente, 
rinvia 
ad un�organizzazione 
criminale, trasmette 
un�immagine 
globalmente 
positiva 
di 
tale 
organizzazione 
e, 
pertanto, 
banalizza 
i 
gravi 
attacchi 
sferrati 
da 
detta 
organizzazione 
ai 
valori 
fondamentali 
dell�Unione 
menzionati 
al 
punto 36 supra. Il 
marchio contestato 
� 
pertanto di 
natura 
tale 
da 
scioccare 
o offendere, non solo le 
vittime 
di 
detta 
organizzazione 
criminale 
e 
le 
loro famiglie, ma 
anche 
chiunque, nel 
territorio dell�Unione, si 
trovi di fronte detto marchio e abbia un normale grado di sensibilit� e tolleranza. 


48 
La 
commissione 
di 
ricorso ha 
quindi 
correttamente 
concluso che 
il 
marchio contestato 
era 
contrario all�ordine 
pubblico, ai 
sensi 
dell�articolo 7, paragrafo 1, lettera 
f), del 
regolamento 
n. 
207/2009, 
e 
ha 
pertanto 
confermato 
che 
tale 
marchio 
doveva 
essere 
dichiarato 
nullo ai 
sensi 
all�articolo 52, paragrafo 1, lettera 
a), del 
suddetto regolamento. 


49 
Tale 
conclusione 
non 
� 
messa 
in 
discussione 
dal 
fatto 
che 
la 
ricorrente 
faccia 
riferimento 
a 
molti 
marchi 
dell�Unione 
europea 
che 
includono l�elemento verbale 
�mafia� nonch� 
alle 
decisioni 
MAFIA 
II e 
CONTRA-BANDO 
al 
fine 
di 
dimostrare 
che 
il 
marchio contestato 
non 
� 
contrario 
all�ordine 
pubblico. 
Infatti, 
occorre 
rammentare 
che, 
secondo 
giurisprudenza 
costante, le 
decisioni 
che 
le 
commissioni 
di 
ricorso dell�EUIPO 
devono 
adottare, 
in 
forza 
del 
regolamento 
n. 
207/2009, 
relativamente 
alla 
registrazione 
di 
un 
segno come 
marchio dell�Unione 
europea, rientrano nell�esercizio di 
una 
competenza 
vincolata 
e 
non 
di 
un 
potere 
discrezionale. 
Pertanto, 
la 
legittimit� 
di 
dette 
decisioni 
deve 
essere 
valutata 
unicamente 
sulla 
base 
di 
tale 
regolamento e 
non sulla 
base 
di 
una 
prassi 
decisionale 
precedente 
a 
queste 
ultime 
[sentenze 
del 
26 
aprile 
2007, 
Alcon/UAMI, 
C.412/05 
P, 
EU:C:2007:252, 
punto 
65; 
del 
24 
novembre 
2005, 
ARTHUR 
ET 
FELICIE, 
T.346/04, 
EU:T:2005:420, 
punto 
71, 
e 
del 
6 
aprile 
2017, 
Nanu-Nana 
Joachim 
Hoepp/EUIPO 
-Fink 
(NANA 
FINK), 
T.39/16, 
EU:T:2017:263, 
punto 
84]. 
Ne 
consegue 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


che 
n� 
le 
decisioni 
dell�EUIPO 
dedotte 
dalla 
ricorrente 
n� 
la 
registrazione 
da 
parte 
dello 
stesso di 
marchi 
diversi 
dal 
marchio contestato e 
del 
pari 
contenenti 
l�elemento verbale 
�mafia� sono di natura tale da mettere in discussione la decisione impugnata. 


50 Lo stesso dicasi 
quanto alla 
circostanza, sottolineata 
dalla 
ricorrente, che 
molti 
marchi 
contenenti 
l�elemento 
verbale 
�mafia� 
sono 
stati 
registrati 
in 
Italia. 
Infatti, 
il 
regime 
dei 
marchi 
comunitari 
� 
un sistema 
autonomo, costituto da 
un complesso di 
regole 
e 
che 
persegue 
obiettivi 
che 
sono 
ad 
esso 
specifici 
e 
la 
cui 
applicazione 
� 
indipendente 
da 
ogni 
sistema 
nazionale. Di 
conseguenza, la 
possibilit� 
di 
registrare 
un segno come 
marchio 
dell�Unione 
europea 
deve 
essere 
valutata 
solo 
sulla 
base 
della 
normativa 
pertinente. 
L�EUIPO 
e, se 
del 
caso, il 
giudice 
dell�Unione 
non sono quindi 
vincolati, anche 
se 
possono 
prenderle 
in 
considerazione, 
da 
decisioni 
emanate 
a 
livello 
degli 
Stati 
membri, 
anche 
nel 
caso 
in 
cui 
dette 
decisioni 
siano 
state 
adottate 
in 
applicazione 
di 
una 
normativa 
nazionale 
armonizzata 
a 
livello dell�Unione 
[v., in tal 
senso, sentenze 
del 
14 novembre 
2013, FICKEN 
LIQUORS, T.54/13, non pubblicata, EU:T:2013:593, punto 46; 
del 
15 
luglio 
2015, 
Australian 
gold/UAMI 
-Effect 
Management 
& 
Holding 
(HOT), 
T.611/13, 
EU:T:2015:492, 
punto 
60 
e 
giurisprudenza 
ivi 
citata, 
e 
del 
27 
giugno 
2017, 
Jim�nez 
ga-
salla/EUIPO 
(B2B 
SOLUTIONS), 
T.685/16, 
non 
pubblicata, 
EU:T:2017:438, 
punto 
41 
e 
giurisprudenza 
ivi 
citata]. 
Ne 
consegue 
che 
n� 
l�EUIPO 
n� 
il 
giudice 
dell�Unione 
possono 
essere 
vincolati 
da 
decisioni 
nazionali 
relative 
alle 
registrazioni, come 
quelle 
alle 
quali 
si 
riferisce 
la 
ricorrente, 
cosicch� 
non 
� 
necessario 
esaminarle 
[v., 
in 
tal 
senso, 
sentenze 
del 
12 
febbraio 
2015, 
Compagnie 
des 
montres 
Longines, 
Francillon/UAMI 
-
Cheng (B), T.505/12, EU:T:2015:95, punto 86 e 
giurisprudenza 
ivi 
citata, e 
del 
27 giugno 
2017, B2B SOLUTIONS, T.685/16, non pubblicata, EU:T:2017:438, punto 41 e 
giurisprudenza ivi citata]. 


51 
Ne 
consegue 
che 
il 
ricorso deve 
essere 
respinto in quanto infondato, senza 
che 
sia 
necessario 
pronunciarsi, da 
un lato, sull�eccezione 
di 
irricevibilit� 
di 
tutto il 
ricorso sollevata 
dalla 
Repubblica 
italiana 
e, dall�altro, sull�eccezione 
di 
irricevibilit� 
del 
secondo 
capo delle 
conclusioni 
volto a 
far dichiarare 
valido il 
marchio contestato, sollevata 
dal-
l�EUIPO. 
sulle spese 


52 
Ai 
sensi 
dell�articolo 134, paragrafo 1, del 
regolamento di 
procedura 
del 
Tribunale, la 
parte 
soccombente 
� 
condannata 
alle 
spese 
se 
ne 
� 
stata 
fatta 
domanda. La 
ricorrente, 
poich� 
� 
rimasta 
soccombente, dev�essere 
condannata 
a 
sopportare 
le 
spese, conformemente 
alla domanda dell�EUIPO e della Repubblica italiana. 


Per questi motivi, 
IL 
TRIBUNALE (Nona Sezione) 
dichiara e statuisce: 
1) Il ricorso � respinto. 
2) la Mafia Franchises, sl � condannata alle spese. 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


la presa in carico da parte del servizio sanitario 
nazionale dell�uso di farmaci �off-label� in presenza di 
alternativa terapeutica. la sentenza della CGue (*) 


CorTe 
di 
GiuSTizia 
dell�unione 
europea, Sezione 
prima, 
SenTenza 
21 noVembre 
2018, C-29/17 


Con 
la 
sentenza 
in 
rassegna, 
la 
CgUE 
risolve 
i 
dubbi 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
in 
merito 
alla 
compatibilit� 
del 
D.L. 
n. 
36/2014 
(c.d. 
�Decreto 
Lorenzin�) 
con la 
normativa 
europea, nella 
parte 
in cui 
lo stesso - introducendo il 
comma 
4-bis 
all'art. 1 del 
D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 
1996 - ha 
ampliato la 
possibilit� 
di 
rimborso da 
parte 
del 
Servizio Sanitario Nazionale 
dei 
farmaci 
prescritti 
per 
indicazioni 
terapeutiche 
diverse 
da 
quelle 
per 
le 
quali 
� 
stata 
concessa 
l�autorizzazione 
all�immissione 
in commercio (c.d. uso �off label�). 


Tale 
possibilit�, 
in 
precedenza 
prevista 
solo 
in 
mancanza 
di 
un�alternativa 
terapeutica 
nell'ambito dei 
medicinali 
autorizzati, viene 
estesa 
ora 
al 
caso in 
cui 
esista 
gi� 
sul 
mercato un farmaco debitamente 
autorizzato per la 
specifica 
indicazione. 

Si 
risponde 
cos� 
all�esigenza 
di 
consentire 
un ampliamento delle 
possibilit� 
di 
cura, a 
fronte 
dell�inesistenza 
di 
alcun potere 
dell�autorit� 
di 
farmacovigilanza 
che 
le 
permetta 
di 
imporre 
alle 
aziende 
farmaceutiche 
le 
indicazioni 
da autorizzare per i farmaci di cui sono titolari. 


La 
norma 
in questione 
subordina 
l�inserimento di 
medicinali 
per uso offlabel 
nell'elenco di 
cui 
al 
comma 
4 dell�art. 1 del 
D.L. 536/1996 (c.d. �lista 
648�, vale 
a 
dire 
l�elenco dei 
farmaci 
rimborsabili 
del 
SSN 
per un uso �offlabel�), 
alla 
previa 
valutazione 
dell'Agenzia 
italiana 
del 
farmaco 
(AIFA), 
nonch� 
al 
fatto 
che 
l�indicazione 
terapeutica 
off-label 
sia 
nota 
e 
conforme 
a 
ricerche 
condotte 
nell'ambito 
della 
comunit� 
medico-scientifica 
nazionale 
e 
internazionale, secondo parametri di economicit� e appropriatezza. 


Secondo la 
CgUE, la 
normativa 
europea 
di 
settore 
non osta 
alle 
misure 
nazionali 
di 
cui 
sopra, e 
non preclude 
n� 
lo svolgimento di 
un�attivit� 
di 
monitoraggio 
sui 
farmaci 
prescritti 
con 
tali 
modalit� 
da 
parte 
dell�Agenzia 
Italiana 
del 
Farmaco (AIFA), n� 
l�adozione 
- da 
parte 
della 
stessa 
- di 
provvedimenti 
intesi alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti. 


La 
sentenza 
si 
segnala 
sia 
per la 
sua 
rilevanza 
di 
principio, sia 
per i 
concreti 
positivi 
riflessi 
in 
termini 
di 
risparmio 
di 
spesa 
farmaceutica 
e 
conseguente 
miglior realizzazione del principio di universalit� delle cure. 


marina russo (**) 


(*) v. osservazioni del Governo italiano 
in rass. avv. Stato, 2018, I, pp. 57-76. 

(**) Avvocato dello Stato. 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


Corte 
di 
Giustizia 
dell�unione 
europea, 
Prima 
sezione, 
sentenza 
21 
novembre 
2018 
nella 
causa C-29/17 -pres. 
ff. 
R. Silva 
de 
Lapuerta, rel. C.g. Fernlund - Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
(Italia) 
-Novartis 
Farma 
SpA 
c. 
Agenzia 
Italiana 
del Farmaco (AIFA) e a. 

�Rinvio pregiudiziale 
- Medicinali 
per uso umano - Direttiva 
2001/83/CE 
- Articolo 3, punto 
1 - Articolo 6 - Direttiva 
89/105/CEE 
- Regolamento (CE) n. 726/2004 - Articoli 
3, 25 e 
26 -
Riconfezionamento di 
un medicinale 
ai 
fini 
del 
suo impiego per un trattamento non coperto 
dall�autorizzazione 
all�immissione 
in commercio (�off-label�) - Erogazione 
a 
carico del 
regime 
nazionale di assicurazione malattia� 


1 La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
verte 
sull�interpretazione 
dell�articolo 3, punto 
1, 
nonch� 
degli 
articoli 
5 
e 
6 
della 
direttiva 
2001/83/CE 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
6 
novembre 
2001, 
recante 
un 
codice 
comunitario 
relativo 
ai 
medicinali 
per 
uso umano (gU 
2001, L 
311, pag. 67), come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2012/26/UE 
del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, del 
25 ottobre 
2012 (gU 
2012, L 
299, pag. 1) (in 
prosieguo: 
la 
�direttiva 
2001/83�), degli 
articoli 
3, 25 e 
26 nonch� 
dell�allegato del 
regolamento 
(CE) n. 726/2004 del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, del 
31 marzo 2004, 
che 
istituisce 
procedure 
comunitarie 
per 
l�autorizzazione 
e 
la 
sorveglianza 
dei 
medicinali 
per 
uso 
umano 
e 
veterinario, 
e 
che 
istituisce 
l�agenzia 
europea 
per 
i 
medicinali 
(gU 
2004, 
L 
136, pag. 1), come 
modificato dal 
regolamento (UE) n. 1027/2012 del 
Parlamento europeo 
e 
del 
Consiglio, del 
25 ottobre 
2012 (gU 
2012, L 
316, pag. 38) (in prosieguo: 
il 
�regolamento 
n. 
726/2004�), 
nonch� 
dell�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
89/105/CEE 
del 
Consiglio, 
del 
21 
dicembre 
1988, 
riguardante 
la 
trasparenza 
delle 
misure 
che 
regolano la 
fissazione 
dei 
prezzi 
delle 
specialit� 
medicinali 
per uso umano e 
la 
loro 
inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (gU 1989, L 40, pag. 8). 


2 
Tale 
domanda 
� 
stata 
presentata 
nell�ambito 
di 
una 
controversia 
tra, 
da 
un 
lato, 
la 
Novartis 
Farma 
Spa 
e, dall�altro, l�Agenzia 
Italiana 
del 
Farmaco (AIFA), la 
Roche 
Italia 
SpA 
e 
il 
Consiglio Superiore 
di 
Sanit� 
(Italia; 
in prosieguo: 
il 
�CSS�) in merito all�iscrizione 
di 
un medicinale, impiegato per un uso non coperto dall�autorizzazione 
all�immissione 
in 
commercio (in prosieguo: 
l��AIC�) (uso �off-label�), ai 
fini 
del 
trattamento di 
patologie 
oculari, 
nell�elenco 
dei 
medicinali 
erogati 
a 
carico 
del 
Servizio 
Sanitario 
Nazionale 
(Italia; 
in prosieguo: il �SSN�). 


Contesto normativo 


Diritto dell�Unione 


direttiva 2001/83 


3 
La direttiva 2001/83 enuncia, ai suoi considerando 2 e 35: 
�(2) 
Lo 
scopo 
principale 
delle 
norme 
relative 
alla 
produzione, 
alla 
distribuzione 
e 
all�uso 
di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanit� pubblica. 
(�) 


(35) 
� 
opportuno 
esercitare 
un 
controllo 
su 
tutta 
la 
catena 
di 
distribuzione 
dei 
medicinali, 
dalla 
loro 
fabbricazione 
o 
importazione 
nella 
Comunit� 
fino 
alla 
fornitura 
al 
pubblico, 
cos� 
da 
garantire 
che 
i 
medicinali 
stessi 
siano conservati, trasportati 
e 
manipolati 
in condizioni 
adeguate; (�)�. 
4 
L�articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 prevede quanto segue: 
�La 
presente 
direttiva 
si 
applica 
ai 
medicinali 
per uso umano destinati 
ad essere 
immessi 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
41 


in commercio negli 
Stati 
membri, preparati 
industrialmente 
o nella 
cui 
fabbricazione 
interviene 
un processo industriale�. 


5 
Ai sensi dell�articolo 3, punti 1 e 2, di detta direttiva: 
�La presente direttiva non si applica a quanto segue: 
1) ai 
medicinali 
preparati 
in farmacia 
in base 
ad una 
prescrizione 
medica 
destinata 
ad un 
determinato paziente (detti formula magistrale); 
2) ai 
medicinali 
preparati 
in farmacia 
in base 
alle 
indicazioni 
di 
una 
farmacopea 
e 
desti-
nat[i] ad essere 
fornit[i] direttamente 
ai 
pazienti 
che 
si 
servono in tale 
farmacia 
(detti 
formula 
officinale)�. 


6 
L�articolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva � cos� formulato: 
�La 
presente 
direttiva 
si 
applica 
ferme 
restando le 
competenze 
delle 
autorit� 
degli 
Stati 
membri 
sia 
in materia 
di 
fissazione 
dei 
prezzi 
dei 
medicinali 
sia 
per quanto concerne 
la 
loro inclusione 
nel 
campo d�applicazione 
dei 
sistemi 
nazionali 
di 
assicurazione 
malattia, 
sulla base di condizioni sanitarie, economiche e sociali�. 


7 
L�articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 dispone quanto segue: 
�Uno Stato membro pu�, conformemente 
alla 
legislazione 
in vigore 
e 
per rispondere 
ad 
esigenze 
speciali, escludere 
dall�ambito di 
applicazione 
della 
presente 
direttiva 
i 
medicinali 
forniti 
per rispondere 
ad un�ordinazione 
leale 
e 
non sollecitata, elaborati 
conformemente 
alle 
prescrizioni 
di 
un operatore 
sanitario autorizzato e 
destinati 
ad un determinato 
paziente sotto la sua personale e diretta responsabilit��. 


8 
Ai sensi dell�articolo 6, paragrafo 1, della suddetta direttiva: 
�Nessun 
medicinale 
pu� 
essere 
immesso 
in 
commercio 
in 
uno 
Stato 
membro 
senza 
un�[AIC] 
delle 
autorit� 
competenti 
di 
detto 
Stato 
membro 
rilasciata 
a 
norma 
della 
presente 
direttiva 
oppure 
senza 
un�autorizzazione 
a 
norma 
del 
regolamento (CE) n. 726/2004 in 
combinato disposto con il 
regolamento (CE) n. 1901/2006 del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, del 
12 dicembre 
2006, relativo ai 
medicinali 
per uso pediatrico [(gU 
2006, L 
378, 
pag. 
1)] 
e 
con 
il 
regolamento 
(CE) 
n. 
1394/2007 
[del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
13 novembre 
2007, sui 
medicinali 
per terapie 
avanzate 
recante 
modifica 
della 
direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (gU 2007, L 324, pag. 121)]. 
Quando 
per 
un 
medicinale 
� 
stata 
rilasciata 
una 
[AIC] 
iniziale 
(...) 
ai 
sensi 
del 
primo 
comma, ogni 
ulteriore 
dosaggio, forma 
farmaceutica, via 
di 
somministrazione 
e 
presentazione, 
nonch� 
le 
variazioni 
ed estensioni 
sono parimenti 
autorizzati 
ai 
sensi 
del 
primo 
comma 
o sono inclusi 
nell�[AIC] iniziale. Tutte 
le 
[AIC] in questione 
sono considerate 
facenti parte della stessa autorizzazione all�immissione in commercio globale (...)�. 


9 
L�articolo 23, paragrafo 2, della citata direttiva stabilisce quanto segue: 
�Il 
titolare 
dell�[AIC] fornisce 
immediatamente 
all�autorit� 
competente 
tutte 
le 
informazioni 
nuove 
che 
possano implicare 
modifiche 
delle 
informazioni 
o dei 
documenti 
di 
cui 
agli 
articoli 
8, paragrafo 3, agli 
articoli 
10, 10 bis, 10 ter 
e 
11 o all�articolo 32, paragrafo 
5, o all�allegato I. 
In 
particolare, 
il 
titolare 
dell�[AIC] 
comunica 
immediatamente 
all�autorit� 
nazionale 
competente 
i 
divieti 
o le 
restrizioni 
imposti 
dalle 
autorit� 
competenti 
di 
qualsiasi 
paese 
nel 
quale 
il 
medicinale 
� 
immesso in commercio e 
qualsiasi 
altro nuovo dato che 
possa 
influenzare 
la 
valutazione 
dei 
benefici 
e 
dei 
rischi 
del 
medicinale 
interessato. Le 
informazioni 
comprendono i 
risultati 
positivi 
e 
negativi 
degli 
studi 
clinici 
o di 
altri 
studi 
per tutte 
le 
indicazioni 
e 
per tutti 
i 
gruppi 
di 
pazienti, presenti 
o non presenti 
nell�[AIC], nonch� 
i 
dati relativi a usi del medicinale non conformi alle indicazioni contenute nell�[AIC]�. 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


10 
A termini dell�articolo 40, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/83: 


�1. gli 
Stati 
membri 
prendono tutte 
le 
opportune 
disposizioni 
affinch� 
la 
fabbricazione 
dei 
medicinali 
sul 
loro territorio sia 
subordinata 
al 
possesso di 
un�autorizzazione. L�autorizzazione 
deve 
essere 
richiesta 
anche 
se 
i 
medicinali 
fabbricati 
sono 
destinati 
all�esportazione. 
2. 
L�autorizzazione 
di 
cui 
al 
paragrafo 
1 
� 
richiesta 
sia 
per 
la 
fabbricazione 
totale 
o 
parziale 
sia per le operazioni di divisione, di confezionamento o di presentazione. 
Tale 
autorizzazione 
non 
� 
richiesta 
per 
le 
preparazioni, 
le 
divisioni, 
i 
cambiamenti 
di 
confezione 
o di 
presentazione, eseguiti 
soltanto per la 
fornitura 
al 
dettaglio, da 
farmacisti 
in 
farmacia, o da 
altre 
persone 
legalmente 
autorizzate 
negli 
Stati 
membri 
ad eseguire 
dette 
operazioni�. 
11 
L�articolo 101, paragrafo 1, di tale direttiva cos� dispone: 
�gli 
Stati 
membri 
gestiscono 
un 
sistema 
di 
farmacovigilanza 
per 
svolgere 
le 
loro 
funzioni 
in tale ambito e per partecipare alle attivit� di farmacovigilanza nell�Unione. 
Il 
sistema 
di 
farmacovigilanza 
va 
utilizzato 
per 
raccogliere 
informazioni 
sui 
rischi 
dei 
medicinali 
in relazione 
alla 
salute 
dei 
pazienti 
o alla 
salute 
pubblica. Le 
informazioni 
si 
riferiscono in particolare 
agli 
effetti 
collaterali 
negativi 
negli 
esseri 
umani, derivanti 
dal-
l�utilizzo del 
medicinale 
conformemente 
alle 
indicazioni 
contenute 
nell�[AIC] e 
dall�uso 
al 
di 
fuori 
delle 
indicazioni 
in 
questione, 
e 
agli 
effetti 
collaterali 
negativi 
associati 
al-
l�esposizione per motivi professionali�. 


direttiva 89/105 


12 
L�articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105 prevede quanto segue: 
�Nessun elemento della 
presente 
direttiva 
consente 
la 
commercializzazione 
di 
una 
specialit� 
medicinale 
per 
cui 
non 
� 
stata 
rilasciata 
l�autorizzazione 
di 
cui 
all�articolo 
[6] 
della 
direttiva [2001/83]�. 


regolamento n. 726/2004 


13 
L�articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 726/2004 � redatto come segue: 
�Le 
disposizioni 
del 
presente 
regolamento 
non 
pregiudicano 
le 
competenze 
delle 
autorit� 
degli 
Stati 
membri 
in materia 
di 
fissazione 
dei 
prezzi 
dei 
medicinali 
o di 
inclusione 
dei 
medesimi 
nell�ambito d�applicazione 
dei 
regimi 
nazionali 
d�assicurazione 
contro le 
malattie 
o dei 
regimi 
di 
sicurezza 
sociale, in base 
a 
determinate 
condizioni 
sanitarie, economiche 
e 
sociali. 
In 
particolare, 
gli 
Stati 
membri 
possono 
scegliere 
fra 
gli 
elementi 
presenti 
nell�[AIC], le 
indicazioni 
terapeutiche 
e 
gli 
imballaggi 
che 
rientrano nei 
rispettivi 
regimi 
di previdenza e sicurezza sociale�. 


14 
Ai sensi dell�articolo 3, comma 1, del suddetto regolamento: 
�Nessun medicinale 
contemplato nell�allegato pu� essere 
immesso in commercio nella 
Comunit� 
senza 
un�[AIC] rilasciata 
dalla 
Comunit� 
secondo il 
disposto del 
presente 
regolamento
�. 


15 
L�articolo 4 del 
regolamento in parola 
dispone 
che 
le 
domande 
di 
AIC sono presentate 
all�Agenzia 
europea 
per i 
medicinali 
(EMA). Le 
condizioni 
di 
presentazione 
e 
di 
esame 
di tali domande sono disciplinate dagli articoli da 5 a 15 del medesimo regolamento. 


16 gli 
articoli 
25, 25 bis 
e 
26 del 
regolamento n. 726/2004 sono formulati 
nei 
seguenti 
termini: 
�articolo 25 
L�agenzia 
predispone, 
in 
collaborazione 
con 
gli 
Stati 
membri, 
modelli 
di 
schede 
strutturate 
per la 
segnalazione 
tramite 
Internet 
di 
sospetti 
effetti 
collaterali 
negativi 
da 
parte 
degli 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


operatori 
sanitari 
e 
dei 
pazienti 
ai 
sensi 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
all�articolo 107 bis 
della 
direttiva 2001/83/CE. 


articolo 25 bis 


L�agenzia, in collaborazione 
con le 
competenti 
autorit� 
nazionali 
e 
la 
Commissione, predispone 
e 
custodisce 
un archivio per i 
rapporti 
periodici 
di 
aggiornamento (in prosieguo 
l��archivio�) e 
le 
corrispondenti 
relazioni 
di 
valutazione 
cosicch� 
essi 
siano pienamente 
e 
costantemente 
accessibili 
per la 
Commissione, le 
competenti 
autorit� 
nazionali, il 
comitato 
di 
valutazione 
dei 
rischi 
per la 
farmacovigilanza, il 
comitato per i 
medicinali 
per 
uso umano e 
il 
gruppo di 
coordinamento di 
cui 
all�articolo 27 della 
direttiva 
2001/83/CE 
(in prosieguo il �gruppo di coordinamento�). 
L�agenzia, 
in 
collaborazione 
con 
le 
competenti 
autorit� 
nazionali 
e 
la 
Commissione, 
previa 
consultazione 
del 
comitato 
di 
valutazione 
dei 
rischi 
per 
la 
farmacovigilanza, 
redige 
le 
specifiche funzionali per l�archivio. 
Il 
consiglio di 
amministrazione 
dell�agenzia, sulla 
base 
di 
una 
relazione 
di 
audit 
indipendente 
che 
tiene 
conto delle 
raccomandazioni 
del 
comitato di 
valutazione 
dei 
rischi 
per la 
farmacovigilanza, conferma 
e 
rende 
pubblica 
la 
piena 
funzionalit� 
dell�archivio e 
la 
conformit� 
dello stesso alle specifiche funzionali redatte a norma del secondo comma. 
Ogni 
cambiamento 
sostanziale 
dell�archivio 
e 
delle 
specifiche 
funzionali 
tiene 
sempre 
conto delle 
raccomandazioni 
del 
comitato di 
valutazione 
dei 
rischi 
per la 
farmacovigilanza. 


articolo 26 


1. 
L�agenzia, 
in 
collaborazione 
con 
gli 
Stati 
membri 
e 
con 
la 
Commissione, 
crea 
e 
gestisce 
un portale 
web europeo dei 
medicinali 
per la 
diffusione 
di 
informazioni 
sui 
medicinali 
autorizzati 
nell�Unione. Tramite 
questo portale, l�agenzia 
rende 
pubbliche 
almeno le 
seguenti 
informazioni: 
a) i 
nomi 
dei 
membri 
dei 
comitati 
di 
cui 
all�articolo 56, paragrafo 1, lettere 
a) e 
a 
bis), del 
presente 
regolamento e 
dei 
membri 
del 
gruppo di 
coordinamento, le 
loro qualifiche 
professionali 
e 
le 
dichiarazioni 
di 
cui 
all�articolo 63, paragrafo 2, del 
presente 
regolamento; 
b) ordini 
del 
giorno e 
processi 
verbali 
di 
ogni 
riunione 
dei 
comitati 
di 
cui 
all�articolo 56, 
paragrafo 1, lettere 
a) e 
a 
bis), del 
presente 
regolamento e 
del 
gruppo di 
coordinamento 
per quanto riguarda le attivit� di farmacovigilanza; 
c) una 
sintesi 
dei 
piani 
di 
gestione 
dei 
rischi 
per i 
medicinali 
autorizzati 
ai 
sensi 
del 
presente 
regolamento; 
d) l�elenco dei medicinali di cui all�articolo 23 del presente regolamento; 
e) un elenco dei 
luoghi 
nell�Unione 
in cui 
sono conservati 
i 
documenti 
di 
riferimento del 
sistema 
di 
farmacovigilanza 
e 
le 
coordinate 
delle 
persone 
a 
cui 
rivolgersi 
per 
informazioni, 
per tutti i medicinali autorizzati nell�Unione; 
f) informazioni 
su come 
segnalare 
alle 
competenti 
autorit� 
nazionali 
i 
sospetti 
effetti 
collaterali 
negativi di medicinali (...); 
g) 
le 
date 
di 
riferimento 
per 
l�Unione 
e 
la 
frequenza 
di 
presentazione 
dei 
rapporti 
periodici 
di 
aggiornamento sulla 
sicurezza, stabilite 
ai 
sensi 
dell�articolo 107 quater 
della 
direttiva 
2001/83/CE; 
h) protocolli 
e 
sintesi 
dei 
risultati 
degli 
studi 
sulla 
sicurezza 
dopo l�autorizzazione 
accessibili 
al pubblico (...); 
i) l�avvio della 
procedura 
di 
cui 
agli 
articoli 
da 
107 
decies 
a 
107 duodecies 
della 
direttiva 
2001/83/CE (...); 

RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


j) 
conclusioni 
delle 
valutazioni, 
raccomandazioni, 
pareri, 
approvazioni 
e 
decisioni 
adottati 
dai 
comitati 
di 
cui 
all�articolo 
56, 
paragrafo 
1, 
lettere 
a) 
e 
a 
bis), 
del 
presente 
regolamento 
(...). 


2. 
Prima 
del 
lancio 
del 
portale, 
e 
durante 
le 
revisioni 
successive, 
l�agenzia 
consulta 
le 
parti 
interessate, 
inclusi 
associazioni 
di 
pazienti 
e 
di 
consumatori, 
operatori 
sanitari 
e 
rappresentanti 
dell�industria�. 
Diritto italiano 


17 
Dalle 
informazioni 
fornite 
dal 
giudice 
del 
rinvio risulta 
che 
l�articolo 1 del 
decreto legge 
21 ottobre 
1996, n. 536, recante 
�Misure 
per il 
contenimento della 
spesa 
farmaceutica 
e 
la 
rideterminazione 
del 
tetto di 
spesa 
per l'anno 1996�, convertito dalla 
legge 
del 
23 dicembre 
1996, n. 648 (gURI n. 11, del 
15 gennaio 1997), come 
modificato dal 
decreto 
legge 
del 
20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla 
legge 
del 
16 maggio 2014, n. 79 (gURI 


n. 115, del 
20 maggio 2014) (in prosieguo: 
il 
�decreto legge 
n. 536/96�), dispone 
quanto 
segue: 
�4. 
Qualora 
non 
esista 
valida 
alternativa 
terapeutica, 
sono 
erogabili 
a 
totale 
carico 
del 
Servizio sanitario nazionale, a 
partire 
dal 
1� 
gennaio 1997, i 
medicinali 
innovativi 
la 
cui 
commercializzazione 
� 
autorizzata 
in altri 
Stati 
ma 
non sul 
territorio nazionale, i 
medicinali 
non ancora 
autorizzati 
ma 
sottoposti 
a 
sperimentazione 
clinica 
e 
i 
medicinali 
da 
impiegare 
per un�indicazione 
terapeutica 
diversa 
da 
quella 
autorizzata, inseriti 
in apposito 
elenco 
predisposto 
e 
periodicamente 
aggiornato 
dalla 
Commissione 
unica 
del 
farmaco 
conformemente 
alle 
procedure 
ed 
ai 
criteri 
adottati 
dalla 
stessa. 
L�onere 
derivante 
dal 
presente 
comma, 
quantificato 
in 
lire 
30 
miliardi 
per 
anno, 
resta 
a 
carico 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale nell�ambito del tetto di spesa programmato per l�assistenza farmaceutica. 
4 
bis 
Anche 
se 
sussista 
altra 
alternativa 
terapeutica 
nell�ambito 
dei 
medicinali 
autorizzati, 
previa 
valutazione 
dell�[AIFA], sono inseriti 
nell�elenco di 
cui 
al 
comma 
4, con conseguente 
erogazione 
a 
carico 
del 
[SSN], 
i 
medicinali 
che 
possono 
essere 
utilizzati 
per 
un�indicazione 
terapeutica 
diversa 
da 
quella 
autorizzata, 
purch� 
tale 
indicazione 
sia 
nota 
e 
conforme 
a 
ricerche 
condotte 
nell�ambito della 
comunit� 
medico-scientifica 
nazionale 
e 
internazionale, secondo parametri 
di 
economicit� 
e 
appropriatezza. In tal 
caso l�AIFA 
attiva 
idonei 
strumenti 
di 
monitoraggio a 
tutela 
della 
sicurezza 
dei 
pazienti 
e 
assume 
tempestivamente 
le necessarie determinazioni�. 
Procedimento principale e questioni pregiudiziali 


18 
Il 
Lucentis 
e 
l�Avastin 
sono 
medicinali 
biotecnologici 
soggetti 
alla 
procedura 
centralizzata 
di 
AIC prevista dal regolamento n. 726/2004. 

19 
L�AIC dell�Avastin, rilasciata 
nell�anno 2005, verte 
esclusivamente 
su indicazioni 
terapeutiche 
in 
oncologia. 
Il 
titolare 
di 
tale 
AIC 
� 
una 
societ� 
del 
gruppo 
farmaceutico 
Roche. 


20 
L�AIC 
del 
Lucentis 
� 
stata 
emessa 
nel 
2007. 
Essa 
riguarda 
il 
trattamento 
di 
patologie 
oculari, 
in particolare 
la 
degenerazione 
maculare 
correlata 
all�et�. Il 
titolare 
di 
detta 
AIC � 
una societ� del gruppo farmaceutico Novartis, di cui fa parte la Novartis Farma. 


21 Dalle 
precisazioni 
fornite 
dal 
giudice 
del 
rinvio risulta 
che 
tali 
medicinali 
differiscono 
dal 
punto 
di 
vista 
strutturale 
e 
farmacologico, 
nonch� 
per 
il 
loro 
confezionamento 
e 
il 
loro prezzo unitario. Bench� 
fondati 
sulla 
stessa 
tecnologia, tali 
medicinali 
contengono 
principi 
attivi 
differenti, denominati 
�ranibizumab� per il 
Lucentis 
e 
�bevacizumab� per 
l�Avastin. Quest�ultimo � 
commercializzato in fiale 
da 
4 millilitri 
(ml). Il 
Lucentis 
� 
venduto 
sotto forma 
di 
soluzione 
iniettabile 
[2,3 milligrammi 
(mg) per 0,23 ml 
di 
soluzione] 
utilizzabile 
mediante 
iniezione 
diretta 
nell�occhio 
(in 
prosieguo: 
�uso 
intravitreale�), 
una 
sola volta e al dosaggio di 0,5 mg al mese. 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
45 


22 
L�Avastin 
� 
sovente 
prescritto 
per 
il 
trattamento 
di 
patologie 
oculari 
che 
non 
sono 
indicate 
nell�AIC 
(uso 
�off-label�). 
Per 
poter 
essere 
utilizzato 
a 
tal 
fine, 
l�Avastin 
deve 
essere 
estratto dalla 
fiala 
di 
origine 
e 
frazionato in siringhe 
monouso, da 
0,1 ml 
ciascuna, per 
iniezione 
intravitreale. 
L�Avastin 
in 
tal 
modo 
riconfezionato 
ai 
fini 
dell�uso 
oftalmico 
costa al SSN EUR 82 per dose, il Lucentis, EUR 902. 


23 
Con decisione 
n. 24823 del 
27 febbraio 2014, l�Autorit� 
garante 
della 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato 
(Italia) 
ha 
sanzionato 
le 
societ� 
Roche 
e 
Novartis 
per 
violazione 
delle 
norme 
sulla 
concorrenza. 
A 
seguito 
di 
un 
ricorso 
diretto 
contro 
tale 
decisione, 
il 
Consiglio 
di 
Stato (Italia) ha 
sottoposto alla 
Corte 
talune 
questioni 
pregiudiziali, alle 
quali 
la 
Corte 
ha 
risposto 
con 
sentenza 
del 
23 
gennaio 
2018, 
F. 
Hoffmann-La 
Roche 
e 
a. 
(C.179/16, 
EU:C:2018:25). 


24 
Il 
15 aprile 
2014, il 
CSS 
ha 
emesso un parere 
sull�impiego dell�Avastin in ambito oftalmologico, 
nel 
quale 
si 
afferma, 
tra 
l�altro, 
che 
la 
preparazione 
di 
tale 
medicinale 
�per 
uso 
intravitreale � una preparazione galenica magistrale sterile�. 


25 
In base 
a 
tale 
parere 
del 
CSS, l�AIFA, mediante 
determina 
n. 622 del 
24 giugno 2014 (in 
prosieguo: 
la 
�determina 
n. 622/2014�), ha 
inserito l�impiego dell�Avastin per il 
trattamento 
della 
degenerazione 
maculare 
correlata 
all�et� 
nell�elenco dei 
medicinali 
erogati 
a 
carico del SSN, ai sensi dell�articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/1996. 


26 
L�articolo 2 della determina n. 622/2014 dispone quanto segue: 


�1. L�erogazione 
del 
medicinale 
bevacizumab - (Avastin) deve 
essere 
effettuata 
secondo 
le 
seguenti 
condizioni, finalizzate 
alla 
tutela 
del 
paziente 
nell�uso del 
suddetto farmaco 
per un�indicazione non registrata: 
a) 
allo 
scopo 
di 
garantire 
la 
sterilit�, 
il 
confezionamento 
in 
monodose 
del 
farmaco 
bevacizumab 
per 
l�uso 
intravitreale 
dovr� 
essere 
effettuato 
esclusivamente 
da 
parte 
di 
farmacie 
ospedaliere 
in 
possesso 
dei 
necessari 
requisiti, 
nel 
rispetto 
delle 
norme 
di 
buona 
preparazione; 
b) 
la 
somministrazione 
del 
bevacizumab 
per 
uso 
intravitreale 
dovr� 
essere 
riservata 
a 
centri 
oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalle Regioni; 
c) la 
somministrazione 
del 
farmaco potr� 
avvenire 
solo previa 
sottoscrizione 
da 
parte 
del 
paziente 
del 
consenso informato che 
contenga 
le 
motivazioni 
scientifiche 
accompagnate 
da 
adeguate 
informazioni 
sull�esistenza 
di 
alternative 
terapeutiche 
approvate 
seppur ad 
un costo pi� elevato a carico del SSN; 
d) 
attivazione 
di 
un 
registro 
di 
monitoraggio 
al 
quale 
sia 
allegata 
la 
scheda 
di 
segnalazione 
delle reazioni avverse�. 
27 
Ai sensi dell�articolo 3 della determina n. 622/2014: 
�La 
prescrizione 
del 
farmaco, 
a 
carico 
del 
Servizio 
Sanitario 
Nazionale, 
da 
parte 
dei 
centri 
utilizzatori 
deve 
essere 
effettuata 
per 
singolo 
paziente 
mediante 
la 
compilazione 
della 
scheda 
di 
prescrizione 
informatizzata, secondo le 
indicazioni 
sul 
sito https://www.agenziafarmaco.
gov.it/registri/, 
che 
costituiscono 
parte 
integrante 
della 
presente 
determinazione
�. 


28 
L�articolo 4 della 
determina 
n. 622/2014, relativo alla 
�[r]ivalutazione 
delle 
condizioni�, 
dispone quanto segue: 
�L�AIFA 
si 
riserva 
di 
assumere 
ogni 
diversa 
valutazione 
e 
ogni 
pi� opportuna 
determinazione 
a 
tutela 
della 
sicurezza 
dei 
pazienti, in applicazione 
dell�articolo 1, comma 
4-bis 
[del 
decreto 
legge 
n. 
536/1996], 
a 
seguito 
dell�analisi 
dei 
dati 
raccolti 
attraverso 
il 
suddetto 
monitoraggio o di ogni ulteriore evidenza scientifica che dovesse rendersi disponibile�. 


29 
La 
determina 
n. 
79 
dell�AIFA, 
del 
30 
gennaio 
2015, 
� 
collegata 
alla 
determina 
n. 
622/2014 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


e 
si 
limita 
a 
modificare 
talune 
indicazioni 
relative 
ai 
soggetti 
che 
possono somministrare 
l�Avastin per uso oftalmico. 


30 
La 
Novartis 
Farma 
ha 
proposto ricorso dinanzi 
al 
Tribunale 
amministrativo regionale 
per 
il 
Lazio 
(Italia) 
avverso 
il 
parere 
del 
CSS 
del 
15 
aprile 
2014 
nonch� 
le 
determine 
del-
l�AIFA n. 622/2014 e n. 79 del 30 gennaio 2015. 


31 In seguito alla 
sentenza 
di 
rigetto di 
tale 
ricorso, la 
Novartis 
Farma 
ha 
proposto appello 
avverso detta 
sentenza 
dinanzi 
al 
Consiglio di 
Stato. Nell�ambito di 
tale 
procedimento, 
essa 
sostiene 
che 
il 
fatto di 
aver consentito che 
l�uso in ambito oftalmico dell�Avastin sia 
posto 
a 
carico 
finanziario 
del 
SSN, 
in 
conformit� 
dell�articolo 
1, 
comma 
4 
bis, 
del 
decreto 
legge n. 536/96, � incompatibile con la normativa dell�Unione in materia farmaceutica. 


32 La 
Novartis 
Farma 
afferma 
in tal 
senso che 
l�articolo 1, comma 
4 
bis, 
del 
decreto legge 


n. 536/96 generalizza 
la 
possibilit� 
di 
utilizzare 
un farmaco al 
di 
l� 
delle 
condizioni 
previste 
dall�AIC, pur in presenza 
di 
un�alternativa 
terapeutica, e 
ci� per ragioni 
esclusivamente 
finanziarie, senza 
che 
l�uso su vasta 
scala 
del 
medicinale 
di 
prezzo inferiore 
sia 
stato 
preceduto 
da 
un�analisi 
dell�inefficacia 
dei 
medicinali 
disponibili. 
Tale 
disposizione 
contrasterebbe 
con il 
carattere 
imperativo dell�AIC, derivante 
dall�articolo 6, paragrafo 
1, della direttiva 2001/83 e sarebbe incompatibile con la direttiva 89/105. 
33 
La 
Novartis 
Farma 
deduce 
altres� 
che 
l�articolo 
1, 
comma 
4 
bis, 
del 
decreto 
legge 
n. 
536/96, nell�attribuire 
all�AIFA 
la 
competenza 
ad �[attivare] idonei 
strumenti 
di 
monitoraggio 
a 
tutela 
della 
sicurezza 
dei 
pazienti 
e 
[ad 
assumere] 
tempestivamente 
le 
necessarie 
determinazioni�, rischia 
di 
indurre 
tale 
autorit� 
nazionale 
ad interferire 
con gli 
ambiti 
di 
attivit� che il regolamento n. 726/2004 riserva all�EMA. 


34 
La 
Novartis 
Farma 
asserisce 
che 
il 
riconfezionamento dell�Avastin non � 
conforme 
alle 
condizioni 
previste 
dalla 
normativa 
farmaceutica 
dell�Unione 
per beneficiare 
dell�esenzione 
accordata 
ai 
medicinali 
preparati 
in 
farmacia 
dall�articolo 
3, 
punto 
1, 
della 
direttiva 
2001/83. 


35 
L�AIFA 
sostiene 
che 
la 
direttiva 
2001/83 non � 
intesa 
a 
disciplinare 
una 
situazione 
come 
quella 
oggetto 
del 
procedimento 
principale. 
Infatti, 
le 
disposizioni 
dell�articolo 
1, 
comma 
4 bis, del 
decreto legge 
n. 536/96 non riguarderebbero l�AIC di 
un medicinale, bens� 
le 
condizioni 
per la 
sua 
erogazione 
a 
carico del 
SSN. La 
situazione 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale 
non rientrerebbe 
nell�ambito di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83, 
conformemente al disposto dell�articolo 5 della medesima. 


36 
Ad 
avviso 
dell�AIFA, 
la 
direttiva 
2001/83 
sarebbe 
inapplicabile 
alla 
preparazione 
del-
l�Avastin ai 
fini 
del 
suo impiego per il 
trattamento di 
patologie 
oculari, ai 
sensi 
dell�articolo 
2, paragrafo 1, e 
dell�articolo 3, punto 1, della 
direttiva 
2001/83. Inoltre, la 
Corte 
avrebbe 
gi� 
dichiarato, nella 
sentenza 
dell�11 aprile 
2013, Novartis 
Pharma 
(C.535/11, 
EU:C:2013:226), che 
il 
riconfezionamento dell�Avastin ai 
fini 
del 
suo uso intravitreale 
non 
necessita 
di 
autorizzazione 
di 
fabbricazione 
ai 
sensi 
dell�articolo 
40, 
paragrafo 
2, 
della direttiva 2001/83. 

37 
L�AIFA 
afferma 
inoltre 
che 
l�articolo 
1, 
comma 
4 
bis, 
del 
decreto 
legge 
n. 
536/96 
non 
pregiudica le prerogative conferite all�EMA dal regolamento n. 726/2004. 


38 
Il 
giudice 
del 
rinvio 
esprime 
dubbi 
alla 
luce 
della 
sentenza 
del 
16 
luglio 
2015, 
Abcur 
(C.544/13 
e 
C.545/13, 
EU:C:2015:481), 
relativa 
all�interpretazione 
dell�articolo 
3, 
punto 
1, della direttiva 2001/83. 


39 
In tale 
contesto, il 
Consiglio di 
Stato ha 
deciso di 
sospendere 
il 
procedimento e 
di 
sottoporre 
alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
47 


�1) Se 
le 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
direttiva 
[2001/83], e 
segnatamente 
gli 
articoli 
5 e 
6, in 
relazione 
anche 
al 
secondo considerando della 
direttiva 
stessa, ostino all�applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
(�) che, al 
fine 
di 
perseguire 
finalit� 
di 
contenimento di 
spesa, incentivi, 
attraverso l�inclusione 
nella 
lista 
dei 
medicinali 
rimborsabili 
dal 
[SSN], l�utilizzazione 
di 
un farmaco al 
di 
fuori 
della 
indicazione 
terapeutica 
autorizzata 
nei 
confronti 
della 
generalit� 
dei 
pazienti, 
indipendentemente 
da 
qualsiasi 
considerazione 
delle 
esigenze 
terapeutiche 
del 
singolo paziente 
e 
nonostante 
l�esistenza 
e 
la 
disponibilit� 
sul 
mercato 
di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica; 
2) se 
l�articolo 3, n. 1, della 
direttiva 
[2001/83] possa 
applicarsi 
nel 
caso in cui 
la 
preparazione 
del 
prodotto farmaceutico, bench� 
eseguita 
in farmacia 
sulla 
base 
di 
una 
prescrizione 
medica 
destinata 
ad un singolo paziente, sia 
comunque 
effettuata 
serialmente, in 
modo eguale 
e 
ripetuto, senza 
tener conto delle 
specifiche 
esigenze 
del 
singolo paziente, 
con dispensazione 
del 
prodotto alla 
struttura 
ospedaliera 
e 
non al 
paziente 
(tenuto conto 
che 
il 
farmaco � 
classificato in classe 
H-OSP 
[medicinali 
utilizzabili 
esclusivamente 
in 
strutture 
ospedaliere]), e 
con utilizzazione 
in una 
struttura 
anche 
diversa 
da 
quella 
in cui 
� stato operato il confezionamento; 
3) se 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
regolamento [n. 726/2004], e 
segnatamente 
gli 
articoli 
3, 25 
e 
26, 
nonch� 
l�allegato, 
che 
assegnano 
all�Agenzia 
(...) 
la 
competenza 
esclusiva 
a 
valutare 
i 
profili 
di 
qualit�, sicurezza 
ed efficacia 
dei 
medicinali 
aventi 
come 
indicazione 
terapeutica 
il 
trattamento 
di 
patologie 
oncologiche, 
sia 
nell�ambito 
della 
procedura 
di 
rilascio 
dell�[AIC] (procedura 
centralizzata 
obbligatoria), sia 
al 
fine 
del 
monitoraggio e 
del 
coordinamento 
delle 
azioni 
di 
farmacovigilanza 
successive 
all�immissione 
del 
farmaco 
sul 
mercato, ostino all�applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
che 
riservi 
all�[AIFA] la 
competenza 
ad 
assumere 
determinazioni 
in 
merito 
ai 
profili 
di 
sicurezza 
dei 
medicinali, 
connessi 
al 
loro uso off-label, la 
cui 
autorizzazione 
rientra 
nella 
competenza 
esclusiva 
della 
Commissione 
europea, 
in 
considerazione 
delle 
valutazioni 
tecnico 
scientifiche 
effettuate 
dall�[EMA]; 
4) se 
le 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
direttiva 
[89/105], e 
segnatamente 
l�articolo 1, paragrafo 
3, 
ostino 
all�applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
che 
consenta 
allo 
Stato 
membro, 
nel-
l�ambito 
delle 
proprie 
decisioni 
in 
materia 
di 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
sanitarie 
sostenute 
dall�assistito, di 
prevedere 
la 
rimborsabilit� 
di 
un farmaco utilizzato al 
di 
fuori 
delle 
indicazioni 
terapeutiche 
precisate 
nell�[AIC] 
rilasciata 
dalla 
Commissione 
europea, 
o 
da 
un�Agenzia 
specializzata 
europea, 
all�esito 
di 
una 
procedura 
di 
valutazione 
centralizzata, 
senza che ricorrano i requisiti previsti dagli articoli 3 e 5 della direttiva [2001/83]�. 


sulla ricevibilit� della domanda di pronuncia pregiudiziale 


40 
Il 
governo italiano sostiene 
che 
le 
questioni 
pregiudiziali 
esulano dall�ambito di 
applicazione 
del 
diritto dell�Unione 
e 
non sono necessarie 
ai 
fini 
della 
soluzione 
della 
controversia 
nel 
procedimento 
principale. 
Poich� 
l�uso 
�off-label� 
di 
un 
medicinale 
non 
sarebbe 
disciplinato dal 
diritto dell�Unione, le 
questioni 
sottoposte 
alla 
Corte 
sarebbero manifestamente 
irricevibili. 


41 L�Irlanda 
ritiene 
che 
le 
questioni 
sollevate 
siano irricevibili 
in considerazione 
del 
loro 
carattere 
ipotetico. Le 
spiegazioni 
fornite 
dal 
giudice 
del 
rinvio in merito ai 
fatti 
di 
causa 
ed alla 
rilevanza 
delle 
questioni 
sollevate 
per la 
soluzione 
della 
controversia 
nel 
procedimento 
principale sarebbero insufficienti. 


42 La 
Regione 
Emilia-Romagna 
(Italia) nonch� 
la 
Societ� 
Oftalmologica 
Italiana 
(SOI) Associazione 
Medici 
Oculisti 
Italiani 
(AMOI) 
sostengono 
che 
la 
prima 
questione 
pregiu



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


diziale 
� 
irricevibile, poich� 
irrilevante 
ai 
fini 
della 
soluzione 
della 
controversia 
nel 
procedimento 
principale. 
La 
Regione 
Emilia-Romagna 
afferma 
che, 
per 
lo 
stesso 
motivo, 
anche la seconda questione pregiudiziale � irricevibile. 


43 
A 
tal 
riguardo, 
si 
deve 
ricordare 
che, 
nell�ambito 
della 
cooperazione 
tra 
la 
Corte 
e 
i 
giudici 
nazionali 
istituita 
dall�articolo 
267 
TFUE, 
spetta 
esclusivamente 
al 
giudice 
nazionale, 
cui 
� 
stata 
sottoposta 
la 
controversia 
e 
che 
deve 
assumersi 
la 
responsabilit� 
dell�emananda 
decisione 
giurisdizionale, 
valutare, 
alla 
luce 
delle 
particolari 
circostanze 
di 
ciascuna 
causa, 
sia 
la 
necessit� 
di 
una 
pronuncia 
pregiudiziale 
per essere 
in grado di 
emettere 
la 
propria 
sentenza, sia 
la 
rilevanza 
delle 
questioni 
che 
sottopone 
alla 
Corte. Di 
conseguenza, se 
le 
questioni 
sollevate 
dal 
giudice 
nazionale 
riguardano 
l�interpretazione 
del 
diritto 
del-
l�Unione, la 
Corte, in via 
di 
principio, � 
tenuta 
a 
statuire 
(sentenza 
del 
6 settembre 
2016, 
Petruhhin, C.182/15, EU:C:2016:630, punto 19 e giurisprudenza ivi citata). 


44 
Ne 
consegue 
che 
le 
questioni 
relative 
all�interpretazione 
del 
diritto dell�Unione 
sollevate 
dal 
giudice 
nazionale 
nel 
contesto normativo e 
fattuale 
che 
egli 
definisce 
sotto la 
propria 
responsabilit�, e 
del 
quale 
non spetta 
alla 
Corte 
verificare 
l�esattezza, godono di 
una 
presunzione 
di 
rilevanza. Il 
rifiuto della 
Corte 
di 
statuire 
su una 
domanda 
presentata 
da 
un 
giudice 
nazionale 
� 
possibile 
solo qualora 
risulti 
in maniera 
manifesta 
che 
la 
richiesta 
interpretazione 
del 
diritto dell�Unione 
non ha 
alcun rapporto con la 
realt� 
effettiva 
o con 
l�oggetto del 
procedimento principale, qualora 
il 
problema 
sia 
di 
natura 
ipotetica, oppure 
quando la 
Corte 
non disponga 
degli 
elementi 
di 
fatto e 
di 
diritto necessari 
per fornire 
una 
soluzione 
utile 
alle 
questioni 
che 
le 
sono sottoposte 
(sentenza 
del 
26 luglio 2017, Persidera, 
C.112/16, EU:C:2017:597, punto 24 e giurisprudenza ivi citata). 


45 
Orbene, 
nella 
presente 
causa, 
le 
questioni 
sollevate, 
che 
vertono 
sull�interpretazione 
della 
direttiva 
89/105, nonch� 
della 
direttiva 
2001/83 e 
del 
regolamento n. 726/2004, si 
collocano 
nell�ambito di 
una 
controversia 
avente 
ad oggetto la 
conformit� 
con tali 
norme 
di 
diritto dell�Unione 
di 
misure 
nazionali 
destinate 
a 
consentire 
l�impiego dell�Avastin per 
indicazioni 
non 
coperte 
dall�AIC 
del 
medesimo. 
Pertanto, 
tali 
questioni 
presentano 
un 
nesso diretto con l�oggetto della controversia principale e non sono ipotetiche. 


46 
Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono ricevibili. 


sulle questioni pregiudiziali 


Osservazioni preliminari 


47 
Con le 
sue 
questioni, il 
giudice 
del 
rinvio mira, in sostanza, a 
stabilire 
se 
le 
misure 
nazionali 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale 
-che 
fissano 
le 
condizioni 
alle 
quali 
l�Avastin 
riconfezionato 
ai 
fini 
della 
sua 
somministrazione 
a 
pazienti 
per 
indicazioni 
terapeutiche 
in 
ambito 
oftalmico 
non 
coperte 
dalla 
sua 
AIC 
viene 
erogato, 
per 
motivi 
economici, 
a 
carico del 
regime 
nazionale 
di 
assicurazione 
malattia 
-arrechino pregiudizio 
all�effetto utile 
della 
direttiva 
89/105 e 
della 
direttiva 
2001/83 nonch� 
alle 
competenze 
attribuite 
all�Unione 
nell�ambito della 
procedura 
centralizzata 
istituita 
dal 
regolamento 


n. 726/2004. 
48 Occorre 
ricordare 
che, conformemente 
all�articolo 168, paragrafo 7, TFUE, il 
diritto del-
l�Unione 
non pregiudica 
la 
competenza 
degli 
Stati 
membri 
ad impostare 
i 
loro sistemi 
di 
previdenza 
sociale 
e 
ad adottare, in particolare, norme 
miranti 
a 
disciplinare 
il 
consumo 
dei 
prodotti 
farmaceutici 
salvaguardando l�equilibrio finanziario dei 
loro sistemi 
sanitari 
(sentenza 
del 
22 
aprile 
2010, 
Association 
of 
the 
British 
Pharmaceutical 
Industry, 
C.62/09, 
EU:C:2010:219, punto 36). 


49 
L�organizzazione 
e 
la 
gestione 
dei 
servizi 
sanitari, 
come 
pure 
l�assegnazione 
delle 
risorse 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
49 


loro destinate, rientrano nella 
sfera 
di 
competenza 
degli 
Stati 
membri. In tal 
senso, l�articolo 
4, paragrafo 3, della 
direttiva 
2001/83 e 
l�articolo 1, secondo comma, del 
regolamento 
n. 726/2004 sottolineano che 
le 
disposizioni 
di 
tali 
strumenti 
non pregiudicano le 
competenze 
delle 
autorit� 
degli 
Stati 
membri 
in materia 
di 
fissazione 
dei 
prezzi 
dei 
medicinali 
n� 
quelle 
relative 
all�inclusione 
dei 
medesimi 
nell'ambito d'applicazione 
dei 
regimi 
nazionali 
d'assicurazione 
contro 
le 
malattie, 
in 
base 
a 
determinate 
condizioni 
sanitarie, economiche e sociali. 


50 
Tuttavia, sebbene 
il 
diritto dell�Unione, nella 
fattispecie 
la 
direttiva 
89/105, non pregiudichi 
la 
competenza 
degli 
Stati 
membri 
in 
subiecta 
materia, 
resta 
il 
fatto 
che, 
nell�esercizio 
di 
tale 
competenza, 
gli 
Stati 
membri 
devono 
rispettare 
il 
diritto 
dell�Unione 
(sentenza 
del 
2 
aprile 
2009, 
A. 
Menarini 
Industrie 
Farmaceutiche 
Riunite 
e 
a., 
da 
C.352/07 
a 
C.356/07, 
da C.365/07 a C.367/07 e C.400/07, EU:C:2009:217, punti 19 e 20). 


51 
Inoltre, la 
normativa 
dell�Unione 
in materia 
di 
prodotti 
farmaceutici 
non vieta 
n� 
la 
prescrizione 
di 
un medicinale 
�off-label� n� 
il 
suo riconfezionamento ai 
fini 
di 
tale 
uso, ma 
subordina 
dette 
operazioni 
al 
rispetto di 
condizioni 
stabilite 
da 
tale 
normativa 
(sentenza 
del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C.179/16, EU:C:2018:25, punto 59). 


52 
Alla 
luce 
di 
tali 
considerazioni, al 
fine 
di 
valutare 
se 
le 
condizioni 
stabilite 
da 
detta 
normativa 
ostino a 
misure 
nazionali 
come 
quelle 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento principale, 
occorre 
esaminare, in primo luogo, la 
seconda 
questione 
pregiudiziale, riguardante 
la 
delimitazione 
dell�ambito 
di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83, 
poi, 
in 
successione, 
la 
prima, la quarta e la terza questione pregiudiziale. 
Sulla seconda questione 


53 
Con la 
seconda 
questione, il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
l�articolo 3, punto 
1, della 
direttiva 
2001/83 debba 
essere 
interpretato nel 
senso che 
l�Avastin, dopo essere 
stato riconfezionato in base 
alle 
condizioni 
stabilite 
dalle 
misure 
nazionali 
in causa 
nel 
procedimento principale, rientra nell�ambito di applicazione di tale direttiva. 


54 
Nel 
procedimento 
principale, 
l�applicazione 
della 
direttiva 
2001/83 
all�Avastin 
non 
� 
messa 
in dubbio. Per contro, il 
giudice 
del 
rinvio si 
chiede 
se 
le 
trasformazioni 
subite 
da 
detto medicinale 
durante 
il 
suo riconfezionamento ai 
fini 
dell�impiego per il 
trattamento 
di 
patologie 
oculari 
non coperte 
dalla 
sua 
AIC, in condizioni 
conformi 
alle 
misure 
nazionali 
la 
cui 
legittimit� 
� 
contestata, possano rientrare 
nell�articolo 3, punto 1, di 
tale 
direttiva 
e, di 
conseguenza, sottrarre 
l�Avastin cos� 
modificato all�ambito di 
applicazione 
di 
tale direttiva. 

55 
Per 
rispondere 
a 
tale 
questione, 
si 
deve 
ricordare 
che 
l�ambito 
di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83 
� 
stabilito, 
in 
modo 
positivo, 
al 
suo 
articolo 
2, 
paragrafo 
1, 
a 
termini 
del 
quale 
tale 
direttiva 
si 
applica 
ai 
medicinali 
per 
uso 
umano 
destinati 
ad 
essere 
immessi 
in 
commercio 
negli 
Stati 
membri, 
preparati 
industrialmente 
o 
nella 
cui 
fabbricazione 
intervenga 
un 
processo 
industriale. 
L�articolo 
3, 
punti 
1 
e 
2, 
della 
suddetta 
direttiva 
prevede 
alcune 
deroghe 
all�applicazione 
della 
medesima 
riguardo 
ai 
medicinali 
preparati 
in 
farmacia, 
vuoi 
in 
base 
ad 
una 
prescrizione 
medica 
destinata 
ad 
un 
determinato 
paziente, 
vuoi 
in 
base 
alle 
indicazioni 
di 
una 
farmacopea 
e 
destinati 
ad 
essere 
forniti 
direttamente 
ai 
pazienti 
che 
si 
servono 
presso 
tale 
farmacia. 
Ne 
consegue 
che, 
per 
poter 
ricadere 
nell�ambito 
di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83, 
il 
prodotto 
di 
cui 
trattasi 
deve, 
da 
un 
lato, 
rispondere 
ai 
requisiti 
fissati 
dall�articolo 
2, 
paragrafo 
1, 
di 
tale 
direttiva, 
e, 
dall�altro, 
non 
ricadere 
in 
una 
delle 
deroghe 
espressamente 
previste 
dall�articolo 
3 
della 
menzionata 
direttiva 
(sentenza 
del 
16 
luglio 
2015, 
Abcur, 
C.544/13 
e 
C.545/13, 
EU:C:2015:481, 
punti 
38 
e 
39). 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


56 
Pertanto, 
� 
il 
carattere 
industriale 
del 
modo 
di 
produzione 
di 
un 
medicinale 
che 
determina 
se 
esso ricada 
nell�ambito di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83, fermo restando che 
il 
legislatore 
dell�Unione 
si 
� 
premurato di 
precisare 
che 
i 
medicinali 
preparati 
in farmacia 
alle 
condizioni 
di 
cui 
all�articolo 
3 
di 
tale 
direttiva 
sono 
specificamente 
esclusi 
dall�ambito 
di applicazione della stessa. 

57 
Si 
deve 
constatare 
che 
l�esclusione 
dall�ambito 
di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83 
prevista 
dall�articolo 3 della 
stessa 
riguarda 
esclusivamente 
i 
medicinali 
�preparati� in 
farmacia, vale 
a 
dire 
quelli 
prodotti 
in farmacia, cio� 
le 
formule 
magistrali 
e 
le 
formule 
officinali. 
Orbene, 
il 
medicinale 
Avastin 
non 
rientra 
in 
alcuna 
di 
tali 
categorie. 
Esso 
� 
prodotto non gi� 
in farmacie 
aperte 
al 
pubblico oppure 
ospedaliere, bens� 
in modo industriale 
nei laboratori della societ� Roche, titolare della sua 
AIC. 


58 
Risulta 
inoltre 
dal 
fascicolo presentato alla 
Corte 
che 
le 
operazioni 
di 
riconfezionamento 
dell�Avastin effettuate 
conformemente 
alle 
misure 
nazionali 
in causa 
nel 
procedimento 
principale 
non 
modificano 
in 
modo 
sostanziale 
la 
composizione, 
la 
forma 
o 
altri 
elementi 
essenziali 
di 
tale 
medicinale. Tali 
operazioni 
di 
riconfezionamento non sono equiparabili 
alla 
�preparazione� di 
un nuovo medicinale 
derivato dall�Avastin attraverso una 
formula 
magistrale 
oppure 
una 
formula 
officinale. 
Di 
conseguenza, 
esse 
non 
possono 
ricadere 
nell�ambito di applicazione dell�articolo 3 della direttiva 2001/83. 


59 Si 
deve 
aggiungere 
che 
un�interpretazione 
dell�articolo 3 della 
direttiva 
2001/83 tale 
da 
escludere 
dall�ambito 
di 
applicazione 
di 
tutte 
le 
sue 
disposizioni 
l�Avastin 
che 
abbia 
subito 
le 
operazioni 
di 
riconfezionamento oggetto delle 
misure 
nazionali 
in causa 
nel 
procedimento 
principale 
comporterebbe 
l�interruzione 
del 
controllo istituito da 
tale 
direttiva 
su 
tutta la catena di distribuzione del medicinale. 


60 
A 
tal 
riguardo, occorre 
ricordare 
che, conformemente 
agli 
obiettivi 
essenziali 
della 
direttiva 
2001/83, in particolare 
quello di 
assicurare 
la 
tutela 
della 
sanit� 
pubblica, il 
considerando 
35 
di 
quest�ultima 
enuncia 
che 
tale 
direttiva 
mira 
ad 
�esercitare 
un 
controllo 
su 
tutta 
la 
catena 
di 
distribuzione 
dei 
medicinali, 
dalla 
loro 
fabbricazione 
o 
importazione 
nel[l�Unione] 
fino 
alla 
fornitura 
al 
pubblico, 
cos� 
da 
garantire 
che 
i 
medicinali 
stessi 
siano 
conservati, 
trasportati 
e 
manipolati 
in 
condizioni 
adeguate�. 
Come 
ha 
ricordato 
l�avvocato 
generale 
al 
paragrafo 
63 
delle 
conclusioni, 
sarebbe 
manifestamente 
contrario 
a 
tale 
obiettivo 
il 
fatto che 
un�operazione 
di 
riconfezionamento effettuata 
successivamente 
all�immissione 
in 
commercio 
di 
un 
medicinale 
possa 
avere 
la 
conseguenza 
di 
sottrarre 
quest�ultimo all�ambito di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83 in cui 
esso rientrava 
fino 
a quel momento. 


61 
L�applicazione 
dell�articolo 
3 
della 
direttiva 
2001/83 
in 
una 
situazione 
come 
quella 
oggetto 
del 
procedimento 
principale 
priverebbe 
di 
ogni 
effetto 
utile 
numerose 
disposizioni 
di 
tale 
direttiva 
destinate 
a 
garantire 
il 
controllo 
dei 
medicinali 
lungo 
l�intera 
catena 
di 
distribuzione. 
In 
tal 
senso, 
l�articolo 
6, 
paragrafo 
1, 
secondo 
comma, 
di 
quest�ultima 
stabilisce 
espressamente 
che 
�[q]uando 
per 
un 
medicinale 
� 
stata 
rilasciata 
[un�AIC] 
iniziale 
(...), 
ogni 
ulteriore 
dosaggio, 
forma 
farmaceutica, 
via 
di 
somministrazione 
e 
presentazione, 
nonch� 
le 
variazioni 
ed 
estensioni 
sono 
parimenti 
autorizzati 
(...) 
o 
sono 
inclusi 
nell�[AIC] 
iniziale. 
Tutte 
le 
[AIC] 
in 
questione 
sono 
considerate 
facenti 
parte 
della 
stessa 
[AIC] 
globale�. 


62 
Allo 
stesso 
modo, 
l�articolo 
40, 
paragrafo 
2, 
secondo 
comma, 
della 
direttiva 
2001/83 
prevede 
che 
l�autorizzazione 
di 
fabbricazione, richiesta 
sia 
per la 
fabbricazione 
totale 
o parziale 
sia 
per 
le 
operazioni 
di 
divisione, 
di 
confezionamento 
o 
di 
presentazione 
di 
un 
medicinale, non � 
richiesta 
qualora 
dette 
operazioni 
siano �eseguit[e] soltanto per la 
for



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
51 


nitura 
al 
dettaglio, 
da 
farmacisti 
in 
farmacia, 
o 
da 
altre 
persone 
legalmente 
autorizzate 
negli Stati membri ad eseguire dette operazioni�. 


63 
Questa 
disposizione 
derogatoria 
sarebbe 
dunque 
superflua 
laddove 
l�articolo 3 della 
direttiva 
2001/83 dovesse 
comportare 
l�esclusione 
dall�ambito di 
applicazione 
di 
tale 
direttiva 
e, quindi, dall�obbligo di 
ottenere 
un�AIC e 
un�autorizzazione 
di 
fabbricazione, 
di 
un medicinale 
che, dopo essere 
stato immesso in commercio e 
fabbricato conformemente 
alle 
prescrizioni 
della 
direttiva 
medesima, sia 
stato riconfezionato a 
condizioni 
rispondenti 
ai 
criteri 
di 
cui 
all�articolo 40, paragrafo 2, secondo comma, della 
medesima 
direttiva. 


64 
Per 
quanto 
riguarda 
il 
sistema 
di 
farmacovigilanza, 
si 
deve 
ancora 
sottolineare 
che, 
ai 
sensi 
dell�articolo 101, paragrafo 1, secondo comma, della 
direttiva 
2001/83, �[detto sistema] 
va 
utilizzato 
per 
raccogliere 
informazioni 
sui 
rischi 
dei 
medicinali 
in 
relazione 
alla 
salute 
dei 
pazienti 
o 
alla 
salute 
pubblica. 
Le 
informazioni 
si 
riferiscono 
in 
particolare 
agli 
effetti 
collaterali 
negativi 
negli 
esseri 
umani, derivanti 
dall�utilizzo del 
medicinale 
conformemente 
alle 
indicazioni 
contenute 
nell�[AIC] e 
dall�uso al 
di 
fuori 
delle 
indicazioni 
in questione, e 
agli 
effetti 
collaterali 
negativi 
associati 
all�esposizione 
per motivi 
professionali�. 
Questa 
disposizione 
sarebbe 
privata 
di 
effetto 
utile 
se 
l�articolo 
3 
della 
direttiva 
2001/83 potesse 
essere 
applicato ad un�operazione 
di 
riconfezionamento diretta 
a 
consentire 
l�uso �off-label� dell�Avastin alle 
condizioni 
previste 
dalle 
misure 
nazionali 
in 
causa 
nel 
procedimento 
principale, 
in 
tal 
modo 
sottraendo 
siffatto 
uso 
all�ambito 
di 
applicazione 
della 
direttiva 
stessa, incluse 
le 
sue 
disposizioni 
in materia 
di 
farmacovigilanza. 


65 Di 
conseguenza, alla 
seconda 
questione 
occorre 
rispondere 
dichiarando che 
l�articolo 3, 
punto 
1, 
della 
direttiva 
2001/83 
deve 
essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
l�Avastin, 
dopo 
essere 
stato riconfezionato alle 
condizioni 
stabilite 
dalle 
misure 
nazionali 
in causa 
nel 
procedimento 
principale, rientra nell�ambito di applicazione di tale direttiva. 
Sulla prima questione 


66 Con la 
prima 
questione, il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
l�articolo 6 della 
direttiva 
2001/83 
debba 
essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
esso 
osta 
a 
misure 
nazionali 
come 
quelle 
in 
causa 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
stabiliscono 
le 
condizioni 
alle 
quali 
l�Avastin pu� essere 
riconfezionato ai 
fini 
del 
suo impiego per indicazioni 
terapeutiche 
in ambito oftalmico non coperte 
dalla 
sua 
AIC e, in caso affermativo, se 
l�articolo 5 di 
tale 
direttiva 
debba 
essere 
interpretato nel 
senso che 
esso consente, a 
titolo derogatorio, 
di giustificare misure di questo tipo. 


67 Come 
� 
stato ricordato al 
punto 51 della 
presente 
sentenza, la 
normativa 
dell�Unione 
in 
materia 
di 
prodotti 
farmaceutici 
non vieta 
n� 
la 
prescrizione 
di 
un medicinale 
�off-label� 
n� 
il 
suo riconfezionamento ai 
fini 
di 
tale 
uso, ma 
subordina 
dette 
operazioni 
al 
rispetto 
di condizioni stabilite dalla normativa medesima. 


68 
Tra 
tali 
condizioni 
figura 
l�obbligo 
di 
possedere 
un�AIC 
nonch� 
un�autorizzazione 
di 
fabbricazione, 
autorizzazioni 
che 
sono oggetto, rispettivamente, degli 
articoli 
6 e 
40 della 
direttiva 
2001/83. 
Al 
fine 
di 
fornire 
una 
risposta 
utile 
al 
giudice 
del 
rinvio, 
che 
gli 
permetta 
di 
risolvere 
la 
controversia 
di 
cui 
� 
investito, 
la 
Corte 
ritiene 
che 
si 
debba 
procedere 
altres� 
all�interpretazione 
dell�articolo 40 di 
detta 
direttiva, ancorch� 
tale 
disposizione 
non sia 
espressamente 
menzionata 
nelle 
questioni 
pregiudiziali 
che 
le 
sono sottoposte 
(sentenza 
dell�11 aprile 2013, Berger, C.636/11, EU:C:2013:227, punto 31). 


69 
Per quanto riguarda 
l�immissione 
in commercio di 
un medicinale, l�articolo 6, paragrafo 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


1, primo comma, della 
direttiva 
2001/83 prevede 
che 
nessun medicinale 
possa 
essere 
immesso 
in commercio in uno Stato membro senza 
che 
un�AIC sia 
stata 
rilasciata 
dall�autorit� 
competente 
di 
detto Stato membro in conformit� 
a 
tale 
direttiva, oppure 
senza 
che 
un�autorizzazione 
sia 
stata 
rilasciata 
in conformit� 
alla 
procedura 
centralizzata 
prevista 
dal 
regolamento n. 726/2004 per i 
medicinali 
contemplati 
nell�allegato di 
quest�ultimo 
(sentenze 
del 
23 
gennaio 
2018, 
F. 
Hoffmann-La 
Roche 
e 
a., 
C.179/16, 
EU:C:2018:25, 
punto 53, nonch� 
del 
29 marzo 2012, Commissione/Polonia, C.185/10, EU:C:2012:181, 
punto 26). 


70 
Tale 
principio dell�AIC obbligatoria 
si 
applica 
anche, ai 
sensi 
del 
secondo comma 
della 
citata 
disposizione, quando per un medicinale 
� 
stata 
rilasciata 
un�AIC iniziale 
ai 
sensi 
del 
primo comma, dato che, in tal 
caso, ogni 
ulteriore 
dosaggio, forma 
farmaceutica, via 
di 
somministrazione 
e 
presentazione, nonch� 
ogni 
variazione 
ed estensione 
devono parimenti 
essere 
autorizzati 
ai 
sensi 
del 
primo 
comma 
oppure 
essere 
inclusi 
nell�AIC 
iniziale. 


71 In forza 
di 
tale 
principio, la 
Corte 
ha 
quindi 
dichiarato che, quando un medicinale 
� 
stato 
oggetto di 
due 
distinte 
AIC centralizzate 
relative, rispettivamente, ad una 
confezione 
da 
cinque 
fiale 
e 
ad 
una 
confezione 
da 
dieci 
fiale, 
la 
normativa 
farmaceutica 
dell�Unione 
osta 
a 
che 
detto 
medicinale 
venga 
commercializzato 
con 
una 
confezione 
costituita 
da 
due 
scatole 
da 
cinque 
fiale, unite 
e 
rietichettate, senza 
disporre 
di 
un�AIC specifica 
a 
tal 
riguardo, 
con la 
motivazione 
che 
le 
prescrizioni 
specifiche 
e 
dettagliate 
relative 
alla 
confezione 
dei 
medicinali 
oggetto 
di 
un�AIC 
centralizzata 
hanno 
lo 
scopo 
di 
evitare 
che 
i 
consumatori 
siano indotti 
in errore 
e 
in tal 
modo tutelano la 
salute 
(sentenza 
del 
19 settembre 
2002, Aventis, C.433/00, EU:C:2002:510, punto 25). 


72 In una 
fattispecie 
analoga 
a 
quella 
del 
procedimento principale, la 
Corte 
ha 
dichiarato 
che 
il 
riconfezionamento dell�Avastin ai 
fini 
del 
suo uso �off.label� per il 
trattamento di 
patologie 
oculari 
non necessita 
di 
una 
nuova 
AIC, purch� 
tale 
operazione 
non determini 
una 
modifica 
del 
medicinale 
e 
sia 
effettuata 
unicamente 
sulla 
base 
di 
ricette 
mediche 
individuali 
che 
prescrivano una 
siffatta 
operazione 
(sentenza 
dell�11 aprile 
2013, Novartis 
Pharma, C.535/11, EU:C:2013:226, punto 42). 


73 
Questa 
soluzione 
si 
spiega 
con 
il 
fatto 
che, 
a 
differenza 
della 
fattispecie 
oggetto 
della 
causa 
definita 
con 
la 
sentenza 
del 
19 
settembre 
2002, 
Aventis 
(C.433/00, 
EU:C:2002:510), 
l�operazione 
di 
riconfezionamento 
dell�Avastin 
si 
colloca 
a 
valle 
dell�immissione 
in 
commercio 
del 
medicinale, dopo che 
un medico ne 
ha 
prescritto l�impiego in tali 
condizioni 
ad un paziente, mediante una ricetta individuale. 


74 
La 
Corte 
ha 
quindi 
sottolineato che 
le 
operazioni 
di 
prelievo delle 
sostanze 
medicinali 
liquide 
contenute 
nelle 
fiale 
originali 
e 
di 
travaso di 
tali 
prelievi, senza 
modificare 
tali 
sostanze, 
in siringhe 
pronte 
all�uso corrispondono in realt� 
agli 
atti 
che, senza 
l�intervento 
di 
una 
societ� 
terza, 
potrebbero 
essere 
o 
avrebbero 
potuto 
essere 
altrimenti 
effettuati, 
sotto 
la 
loro 
responsabilit�, 
dai 
medici 
che 
hanno 
prescritto 
i 
medicinali 
o 
dalle 
stesse 
farmacie 
nei 
loro laboratori 
o, ancora, negli 
istituti 
ospedalieri 
(sentenza 
dell�11 aprile 
2013, Novartis 
Pharma, C.535/11, EU:C:2013:226, punti 42 e 43). 


75 
Fatti 
salvi 
gli 
accertamenti 
in punto di 
fatto a 
cui 
� 
tenuto il 
giudice 
del 
rinvio, il 
riconfezionamento 
dell�Avastin 
alle 
condizioni 
previste 
dalle 
misure 
nazionali 
in 
causa 
nel 
procedimento principale 
non necessita 
dunque 
di 
un�AIC allorch� 
tale 
operazione 
� 
prescritta 
da 
un medico mediante 
una 
ricetta 
individuale 
ed � 
effettuata 
da 
farmacisti 
ai 
fini 
della somministrazione di tale medicinale in ambito ospedaliero. 


76 
Per 
quanto 
riguarda 
la 
fabbricazione 
di 
un 
medicinale, 
se 
� 
vero 
che, 
in 
forza 
dell�articolo 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
53 


40, paragrafo 1, della 
direttiva 
2001/83, essa 
� 
soggetta, in linea 
di 
principio, all�obbligo 
di 
detenere 
un�autorizzazione, il 
paragrafo 2, secondo comma, del 
medesimo articolo 40 
prevede 
che 
l�autorizzazione 
di 
fabbricazione 
non � 
richiesta 
per le 
preparazioni, le 
divisioni, 
i 
cambiamenti 
di 
confezione 
o di 
presentazione, eseguiti 
soltanto ai 
fini 
della 
fornitura 
al 
dettaglio dei 
medicinali, da 
farmacisti 
in farmacia 
o da 
altre 
persone 
legalmente 
autorizzate 
negli 
Stati 
membri 
ad eseguire 
dette 
operazioni. Ne 
consegue 
che, qualora 
le 
medesime 
operazioni 
di 
fabbricazione 
non 
siano 
eseguite 
a 
tali 
fini, 
i 
farmacisti 
non 
sono 
dispensati 
dall�obbligo 
di 
detenere 
detta 
autorizzazione 
di 
fabbricazione 
(sentenze 
del 
28 
giugno 
2012, 
Caronna, 
C.7/11, 
EU:C:2012:396, 
punto 
35, 
e 
dell�11 
aprile 
2013, 
Novartis 
Pharma, C.535/11, EU:C:2013:226, punti 51 e 52). 


77 
Come 
evidenziato dall�avvocato generale 
al 
paragrafo 79 delle 
conclusioni, quand�anche 
venisse 
accertato dinanzi 
al 
giudice 
del 
rinvio che 
le 
farmacie abilitate 
a 
procedere 
al 
riconfezionamento 
dell�Avastin in forza 
delle 
misure 
nazionali 
in causa 
nel 
procedimento 
principale 
non detengono l�autorizzazione 
richiesta 
ai 
sensi 
dell�articolo 40, paragrafo 1, 
della 
direttiva 
2001/83, esse 
potrebbero nondimeno rientrare 
nella 
deroga 
prevista 
dal-
l�articolo 40, paragrafo 2, secondo comma, di 
tale 
direttiva. Fatti 
salvi 
gli 
accertamenti 
in punto di 
fatto a 
cui 
� 
tenuto il 
giudice 
del 
rinvio, si 
deve 
considerare 
che, qualora 
venisse 
accertato 
che, 
conformemente 
alle 
misure 
nazionali 
in 
causa 
nel 
procedimento 
principale, 
l�Avastin �, sulla 
base 
di 
una 
ricetta 
individuale, riconfezionato ai 
fini 
del 
suo uso 
�off-label� per il 
trattamento di 
patologie 
oculari, da 
parte 
di 
una 
farmacia 
a 
ci� debitamente 
abilitata, 
in 
vista 
della 
sua 
somministrazione 
in 
ambito 
ospedaliero, 
una 
siffatta 
operazione 
rientrerebbe 
nella 
deroga 
prevista 
dalla 
disposizione 
da 
ultimo 
citata 
e 
non 
necessiterebbe di un�autorizzazione di fabbricazione. 


78 
Di 
conseguenza, dato che 
le 
operazioni 
di 
riconfezionamento dell�Avastin oggetto delle 
decisioni 
dell�AIFA 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale 
non 
necessitano 
di 
un�AIC 
ai 
sensi 
dell�articolo 6 della 
direttiva 
2001/83 n� 
di 
un�autorizzazione 
di 
fabbricazione 
ai 
sensi 
dell�articolo 40 di 
detta 
direttiva, non occorre 
rispondere 
alla 
prima 
questione 
nella 
parte in cui essa si riferisce all�interpretazione dell�articolo 5 della medesima direttiva. 


79 
In 
considerazione 
di 
tutto 
quanto 
precede, 
alla 
prima 
questione 
occorre 
rispondere 
dichiarando 
che 
l�articolo 6 della 
direttiva 
2001/83 deve 
essere 
interpretato nel 
senso che 
esso non osta 
a 
misure 
nazionali 
come 
quelle 
in causa 
nel 
procedimento principale, che 
stabiliscono 
le 
condizioni 
alle 
quali 
l�Avastin 
pu� 
essere 
riconfezionato 
ai 
fini 
del 
suo 
impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua 
AIC. 
Sulla quarta questione 


80 
Con 
la 
quarta 
questione, 
il 
giudice 
del 
rinvio 
chiede, 
in 
sostanza, 
se 
l�articolo 
1, 
paragrafo 
3, della 
direttiva 
89/105, secondo il 
quale 
nessun elemento di 
tale 
direttiva 
consente 
la 
commercializzazione 
di 
un medicinale 
per il 
quale 
non sia 
stata 
rilasciata 
l�AIC prevista 
all�articolo 6 della 
direttiva 
2001/83, debba 
essere 
interpretato nel 
senso che 
esso osta 
a 
misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale. 


81 Tenuto conto della 
risposta 
fornita 
alla 
prima 
questione, non vi 
� 
luogo a 
rispondere 
a 
tale questione. 
Sulla terza questione 


82 
Con la 
terza 
questione, il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
gli 
articoli 
3, 25 e 
26 
del 
regolamento n. 726/2004 debbano essere 
interpretati 
nel 
senso che 
essi 
ostano ad una 
misura 
nazionale 
che, 
come 
quella 
risultante 
dall�articolo 
1, 
comma 
4 
bis, 
del 
decreto 
legge 
n. 536/96, autorizza 
l�AIFA 
a 
monitorare 
medicinali 
come 
l�Avastin, il 
cui 
impiego 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


per 
un 
uso 
�off-label� 
� 
posto 
a 
carico 
finanziario 
del 
SSN 
e, 
se 
del 
caso, 
ad 
adottare 
provvedimenti 
necessari 
alla 
tutela 
della 
sicurezza 
dei 
pazienti, 
per 
il 
motivo 
che 
essa 
lede 
le 
competenze 
esclusive 
dell�EMA 
relative 
ai 
medicinali 
soggetti 
alla 
procedura 
centralizzata. 
83 � 
vero che 
il 
regolamento n. 726/2004, in particolare 
agli 
articoli 
da 
5 a 
9, conferisce 
al-
l�EMA 
una 
competenza 
esclusiva 
a 
procedere 
all�esame 
delle 
domande 
di 
AIC 
nell�ambito 
della 
procedura 
centralizzata. Tuttavia, come 
risulta 
dalla 
risposta 
data 
alla 
prima 
questione, 
il 
riconfezionamento dell�Avastin alle 
condizioni 
stabilite 
dalle 
misure 
nazionali 
in causa 
nel 
procedimento principale 
non necessita 
dell�ottenimento di 
un�AIC. Di 
conseguenza, 
tali 
misure, non diversamente 
dall�articolo 1, comma 
4 bis, del 
decreto legge 
n. 
536/96, 
non 
possono 
ledere 
la 
competenza 
esclusiva 
conferita 
all�EMA 
per 
l�esame 
delle domande di 
AIC nell�ambito della procedura centralizzata. 
84 Per quanto riguarda 
il 
sistema 
di 
farmacovigilanza 
dei 
medicinali 
immessi 
in commercio 
nell�Unione, si 
deve 
ricordare 
che, conformemente 
all�articolo 23, paragrafo 2, e 
all�articolo 
101, paragrafo 1, della 
direttiva 
2001/83, detto sistema 
si 
estende 
anche 
a 
qualsiasi 
uso di 
un medicinale 
non conforme 
ai 
termini 
della 
sua 
AIC. Per quanto riguarda 
i 
medicinali 
soggetti 
alla 
procedura 
centralizzata, il 
capitolo 3 del 
titolo II del 
regolamento n. 
726/2004, in particolare 
agli 
articoli 
25 e 
26, istituisce 
taluni 
meccanismi 
di 
farmacovigilanza 
che 
associano le 
autorit� 
nazionali 
competenti 
all�EMA, la 
quale 
ne 
assicura 
il 
coordinamento. 
85 Detti 
articoli 
non ostano pertanto a 
una 
misura 
nazionale 
come 
l�articolo 1, comma 
4 bis, 
del 
decreto legge 
n. 536/96, ai 
sensi 
del 
quale 
l�AIFA 
attiva 
idonei 
strumenti 
di 
monitoraggio 
a 
tutela 
della 
sicurezza 
dei 
pazienti 
e 
assume 
tempestivamente 
le 
necessarie 
determinazioni, 
a 
condizione 
che 
la 
loro 
attuazione 
completi 
o 
rafforzi 
il 
sistema 
di 
farmacovigilanza istituito dal regolamento n. 726/2004. 
86 In considerazione 
di 
tutto quanto precede, alla 
terza 
questione 
occorre 
rispondere 
dichiarando 
che 
gli 
articoli 
3, 25 e 
26 del 
regolamento n. 726/2004 devono essere 
interpretati 
nel 
senso che 
essi 
non ostano ad una 
misura 
nazionale 
che, come 
quella 
risultante 
dal-
l�articolo 
1, 
comma 
4 
bis, 
del 
decreto 
legge 
n. 
536/96, 
autorizza 
l�AIFA 
a 
monitorare 
medicinali 
come 
l�Avastin, il 
cui 
impiego per un uso �off.label� � 
posto a 
carico finanziario 
del 
SSN 
e, se 
del 
caso, ad adottare 
provvedimenti 
necessari 
alla 
salvaguardia 
della 
sicurezza 
dei pazienti. 
sulle spese 
87 Nei 
confronti 
delle 
parti 
nel 
procedimento principale 
la 
presente 
causa 
costituisce 
un incidente 
sollevato dinanzi 
al 
giudice 
nazionale, cui 
spetta 
quindi 
statuire 
sulle 
spese. Le 
spese 
sostenute 
da 
altri 
soggetti 
per presentare 
osservazioni 
alla 
Corte 
non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: 
1) 
l�articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83/Ce del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, 
del 
6 
novembre 
2001, 
recante 
un 
codice 
comunitario 
relativo 
ai 
medicinali 
per 
uso umano, come 
modificata dalla direttiva 2012/26/ue del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, del 
25 ottobre 
2012, deve 
essere 
interpretato nel 
senso che 
l�avastin, 
dopo 
essere 
stato 
riconfezionato 
alle 
condizioni 
stabilite 
dalle 
misure 
nazionali 
in 
causa 
nel 
procedimento 
principale, 
rientra 
nell�ambito 
di 
applicazione 
della 
direttiva 
2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26. 
2) 
l�articolo 
6 
della 
direttiva 
2001/83, 
come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2012/26, 
deve 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 


essere 
interpretato 
nel 
senso 
che 
esso 
non 
osta 
a 
misure 
nazionali 
come 
quelle 
in 
causa 
nel 
procedimento 
principale, 
che 
stabiliscono 
le 
condizioni 
alle 
quali 
l�avastin 
pu� essere 
riconfezionato ai 
fini 
del 
suo impiego per 
indicazioni 
terapeutiche 
in 
ambito 
oftalmico non coperte dalla sua autorizzazione all�immissione in commercio. 


3) 
Gli 
articoli 
3, 25 e 
26 del 
regolamento (Ce) n. 726/2004 del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, del 
31 marzo 2004, che 
istituisce 
procedure 
comunitarie 
per 
l�autorizzazione 
e 
la sorveglianza dei 
medicinali 
per 
uso umano e 
veterinario, e 
che 
istituisce 
l�agenzia europea per 
i 
medicinali, come 
modificato dal 
regolamento (ue) n. 
1027/2012 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
25 
ottobre 
2012, 
devono 
essere 
interpretati 
nel 
senso che 
essi 
non 
ostano ad 
una misura nazionale 
che 
- come 
quella 
risultante 
dall�articolo 1, comma 4 bis, del 
decreto legge 
21 ottobre 
1996, n. 536, recante 
� Misure 
per 
il 
contenimento della spesa farmaceutica e 
la rideterminazione 
del 
tetto di 
spesa per 
l'anno 1996 �, convertito dalla legge 
del 
23 dicembre 
1996, n. 
648, 
come 
modificato 
dal 
decreto 
legge 
del 
20 
marzo 
2014, 
n. 
36, 
convertito 
dalla 
legge 
del 
16 maggio 2014, n. 79 - autorizza l�agenzia Italiana del 
Farmaco (aIFa) a 
monitorare 
medicinali 
come 
l�avastin, 
il 
cui 
impiego 
per 
un 
uso 
non 
coperto 
dal-
l�autorizzazione 
all�immissione 
in 
commercio 
(�off-label�) 
� 
posto 
a 
carico 
finanziario 
del 
servizio 
sanitario 
nazionale 
(Italia) 
e, 
se 
del 
caso, 
ad 
adottare 
provvedimenti 
necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti. 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


la Corte di Giustizia ue si pronuncia sulla legittimazione 
all�impugnazione del bando da parte di operatori 
economici che non hanno partecipato alla gara 


CorTe 
di 
GiuSTizia 
dell�unione 
europea, Sezione 
Terza, 
SenTenza 
28 noVembre 
2018, C-328/17 


In 
rassegna 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
giustizia, 
resa 
su 
rinvio 
del 
TAR 
Liguria, 
in 
materia 
di 
legittimazione 
a 
impugnare 
il 
bando 
da 
parte 
degli 
operatori 
economici 
che 
non 
hanno 
presentato 
domanda 
di 
partecipazione 
alla 
gara. 


La 
Corte 
-pur 
avendo 
rimesso 
al 
giudice 
di 
rinvio 
la 
verifica 
circa 
l'eventuale 
lesione 
del 
principio 
di 
effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale 
nel 
caso 
concreto 
-ha 
affermato 
che 
il 
diritto 
dell'Unione 
non 
osta 
a 
una 
normativa 
nazionale 
(e 
alla 
relativa 
interpretazione 
giurisprudenziale) 
secondo 
cui 
non 
sono 
legittimati 
a 
proporre 
ricorso 
avverso 
il 
bando 
gli 
operatori 
economici 
che 
non 
hanno 
presentato 
domanda 
di 
partecipazione 
alla 
gara 
in 
quanto 
la 
lex 
specialis 
rendeva 
"molto 
improbabile" 
(ma 
non 
impossibile) 
che 
la 
stessa 
fosse 
loro 
aggiudicata. 


La 
Corte 
ha, quindi, ritenuto che 
il 
"decalogo" 
dei 
casi 
nei 
quali 
la 
giurisprudenza 
interna 
ammette 
l'impugnazione 
immediata 
del 
bando 
nella 
suddetta 
ipotesi 
sia 
idoneo a 
garantire 
il 
rispetto dei 
principi 
eurounitari 
in materia 
di 
tutela giurisdizionale. 


Carla Colelli 
(*) 


Corte 
di 
Giustizia 
dell�unione 
europea, 
sezione 
terza, 
sentenza 
28 
novembre 
2018 
nella 
causa C-328/07 -pres. f.f. M. vilaras, rel. 
D. .v�by- Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta 
dal 
Tribunale 
Amministrativo Regionale 
della 
Liguria 
(Italia) il 
31 maggio 2017 -
Amt 
Azienda 
Trasporti 
e 
Mobilit� 
SpA 
e 
a. / 
Atpl 
Liguria 
- Agenzia 
regionale 
per il 
trasporto 
pubblico locale SpA, Regione Liguria. 


�Rinvio pregiudiziale 
- Appalti 
pubblici 
- Procedure 
di 
ricorso - Direttiva 
89/665/CEE 
- Articolo 
1, paragrafo 3 - Direttiva 
92/13/CEE 
- Articolo 1, paragrafo 3 - Diritto di 
proporre 
ricorso 
subordinato alla 
condizione 
di 
aver presentato un�offerta 
nell�ambito della 
procedura 
di aggiudicazione dell�appalto� 


La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
verte 
sull�interpretazione 
dell�articolo 
1, 
paragrafi 
da 
1 
a 
3, 
e 
dell�articolo 
2, 
paragrafo 
1, 
lettera 
b), 
della 
direttiva 
89/665/CEE 
del 
Consiglio, 
del 
21 dicembre 
1989, che 
coordina 
le 
disposizioni 
legislative, regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all�applicazione 
delle 
procedure 
di 
ricorso in materia 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori 
(gU 
1989, L 
395, pag. 33), come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2007/66/CE 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
dell�11 
dicembre 
2007 
(gU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la �direttiva 89/665�). 


(*) Avvocato dello Stato. 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
57 


2 
Tale 
domanda 
� 
stata 
presentata 
nell�ambito di 
una 
controversia 
tra, da 
un lato, la 
Amt 
Azienda 
Trasporti 
e 
Mobilit� 
SpA, la 
Atc 
Esercizio SpA, la 
Atp Esercizio Srl, la 
Riviera 
Trasporti 
SpA 
e 
la 
Tpl 
Linea 
Srl 
(in prosieguo: 
�Amt 
e 
a.�) e, dall�altro, l�Agenzia 
regionale 
per 
il 
trasporto 
pubblico 
locale 
SpA 
(Italia; 
in 
prosieguo: 
l��Agenzia�) 
relativamente 
alla 
decisione 
di 
quest�ultima 
di 
indire 
una 
procedura 
di 
gara 
informale 
per 
l�affidamento 
del 
servizio 
di 
trasporto 
pubblico 
locale 
nel 
territorio 
della 
Regione 
Liguria 
(Italia; 
in 
prosieguo: 
la �Regione�). 
Contesto normativo 
Diritto dell�Unione 
direttiva 89/665 


3 
L�articolo 
1 
della 
direttiva 
89/665, 
intitolato 
�Ambito 
di 
applicazione 
e 
accessibilit� 
delle 
procedure di ricorso� dispone quanto segue: 


�1. La 
presente 
direttiva 
si 
applica 
agli 
appalti 
di 
cui 
alla 
direttiva 
2004/18/CE 
del 
Parlamento 
europeo e 
del 
Consiglio, del 
31 marzo 2004, relativa 
al 
coordinamento delle 
procedure 
di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
lavori, di 
forniture 
e 
di 
servizi 
[(gU 
2004, L 
134, pag. 114)], a 
meno che 
tali 
appalti 
siano esclusi 
a 
norma 
degli 
articoli 
da 
10 
a 18 di tale direttiva. 
(...) 
gli 
Stati 
membri 
adottano 
i 
provvedimenti 
necessari 
per 
garantire 
che, 
per 
quanto 
riguarda 
gli 
appalti 
disciplinati 
dalla 
direttiva 
[2004/18], le 
decisioni 
prese 
dalle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
possano essere 
oggetto di 
un ricorso efficace 
e, in particolare, quanto pi� 
rapido 
possibile, 
secondo 
le 
condizioni 
previste 
negli 
articoli 
da 
2 
a 
2 
septies 
della 
presente 
direttiva, sulla 
base 
del 
fatto che 
hanno violato il 
diritto [dell�Unione] in materia 
di 
aggiudicazione 
degli appalti pubblici o le norme nazionali che lo recepiscono. 
2. gli 
Stati 
membri 
garantiscono che 
non vi 
sia 
alcuna 
discriminazione 
tra 
le 
imprese 
suscettibili 
di 
far valere 
un pregiudizio nell�ambito di 
una 
procedura 
di 
aggiudicazione 
di 
un appalto, a 
motivo della 
distinzione 
effettuata 
dalla 
presente 
direttiva 
tra 
le 
norme 
nazionali 
che recepiscono il diritto [dell�Unione] e le altre norme nazionali. 
3. 
gli 
Stati 
membri 
provvedono 
a 
rendere 
accessibili 
le 
procedure 
di 
ricorso, 
secondo 
modalit� 
che 
gli 
Stati 
membri 
possono determinare, a 
chiunque 
abbia 
o abbia 
avuto interesse 
a 
ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un determinato appalto e 
sia 
stato o rischi 
di 
essere 
leso a causa di una presunta violazione. 
(...)�. 
4 
L�articolo 2, paragrafo 1, di 
tale 
direttiva, che 
disciplina 
i 
�[r]equisiti 
per le 
procedure 
di 
ricorso�, cos� prevede: 
�gli 
Stati 
membri 
provvedono affinch� 
i 
provvedimenti 
presi 
in merito alle 
procedure 
di 
ricorso di cui all�articolo 1 prevedano i poteri che consentono di: 
(...) 
b) annullare 
o far annullare 
le 
decisioni 
illegittime, compresa 
la 
soppressione 
delle 
specifiche 
tecniche, economiche 
o finanziarie 
discriminatorie 
figuranti 
nell�invito a 
presentare 
l�offerta, nei 
capitolati 
d�oneri 
o in ogni 
altro documento connesso con la 
procedura 
di aggiudicazione dell�appalto in questione; 
(...)�. 
direttiva 92/13 


5 
Intitolato �Ambito di 
applicazione 
e 
accessibilit� 
delle 
procedure 
di 
ricorso�, l�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
92/13/CEE 
del 
Consiglio, 
del 
25 
febbraio 
1992, 
che 
coordina 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


le 
disposizioni 
legislative, regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all�applicazione 
delle 
norme 
comunitarie 
in materia 
di 
procedure 
di 
appalto degli 
enti 
erogatori 
di 
acqua 
e 
di 
energia 
e 
degli 
enti 
che 
forniscono servizi 
di 
trasporto nonch� 
degli 
enti 
che 
operano nel 
settore 
delle 
telecomunicazioni 
(gU 
1992, 
L 
76, 
pag. 
14), 
come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2007/66 (in prosieguo: la �direttiva 92/13�), prevede quanto segue: 
�gli 
Stati 
membri 
provvedono a 
rendere 
accessibili 
le 
procedure 
di 
ricorso, secondo modalit� 
che 
gli 
Stati 
membri 
possono 
determinare, 
a 
chiunque 
abbia 
o 
abbia 
avuto 
interesse 
ad ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un determinato appalto e 
sia 
stato o rischi 
di 
essere 
leso 
a causa di una presunta violazione�. 


direttiva 2004/17 


6 
L�articolo 1 della 
direttiva 
2004/17/CE, del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, del 
31 
marzo 
2004, 
che 
coordina 
le 
procedure 
di 
appalto 
degli 
enti 
erogatori 
di 
acqua 
e 
di 
energia, 
degli 
enti 
che 
forniscono 
servizi 
di 
trasporto 
e 
servizi 
postali, 
dedicato 
alle 
�[d]efinizioni�, 
al suo paragrafo 3, lettera b), cos� disponeva: 
�[l]a 
�concessione 
di 
servizi� 
� 
un contratto che 
presenta 
le 
stesse 
caratteristiche 
di 
un 
appalto 
di 
servizi, 
ad 
eccezione 
del 
fatto 
che 
il 
corrispettivo 
della 
fornitura 
di 
servizi 
consiste 
unicamente 
nel 
diritto 
di 
gestire 
i 
servizi 
o 
in 
tale 
diritto 
accompagnato 
da 
un 
prezzo�. 


7 
Intitolato �Servizi 
di 
trasporto�, l�articolo 5, paragrafo 1, di 
tale 
direttiva 
prevedeva, in 
particolare, quanto segue: 
�La 
presente 
direttiva 
si 
applica 
alle 
attivit� 
relative 
alla 
messa 
a 
disposizione 
o alla 
gestione 
di 
reti 
destinate 
a 
fornire 
un 
servizio 
al 
pubblico 
nel 
campo 
del 
trasporto 
ferroviario, 
tranviario, filoviario, mediante autobus, sistemi automatici o cavo. 
(...)�. 


8 
L�articolo 18 della 
suddetta 
direttiva, rubricato �Concessioni 
di 
lavori 
e 
di 
servizi�, cos� 
disponeva: 
�La 
presente 
direttiva 
non si 
applica 
alle 
concessioni 
di 
lavori 
e 
di 
servizi 
rilasciate 
da 
enti 
aggiudicatori 
che 
esercitano una 
o pi� attivit� 
di 
cui 
agli 
articoli 
da 
3 a 
7, quando la 
concessione ha per oggetto l�esercizio di dette attivit��. 
regolamento n. 1370/2007 


9 
L�articolo 5 del 
regolamento (CE) n. 1370/2007 del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, 
del 
23 ottobre 
2007, relativo ai 
servizi 
pubblici 
di 
trasporto di 
passeggeri 
su strada 
e 
per 
ferrovia 
e 
che 
abroga 
i 
regolamenti 
del 
Consiglio (CEE) n. 1191/69 e 
(CEE) n. 1107/70 
del 
Consiglio (gU 
2007, L 
315, pag. 1), articolo intitolato �Aggiudicazione 
di 
contratti 
di servizio pubblico�, � redatto nei seguenti termini: 


�1. I contratti 
di 
servizio pubblico sono aggiudicati 
conformemente 
alle 
norme 
previste 
nel 
presente 
regolamento. 
Tuttavia, 
i 
contratti 
di 
servizio 
o 
i 
contratti 
di 
servizio 
pubblico 
di 
cui 
alle 
direttive 
[2004/17] o [2004/18] per la 
fornitura 
di 
servizi 
di 
trasporto di 
passeggeri 
con autobus 
o tram 
sono aggiudicati 
secondo le 
procedure 
di 
cui 
a 
dette 
direttive, 
qualora 
tali 
contratti 
non assumano la 
forma 
di 
contratti 
di 
concessione 
di 
servizi 
quali 
definiti 
in dette 
direttive. Se 
i 
contratti 
devono essere 
aggiudicati 
a 
norma 
delle 
direttive 
[2004/17] o [2004/18], le 
disposizioni 
dei 
paragrafi 
da 
2 a 
6 del 
presente 
articolo non si 
applicano. 
(...) 
7. 
gli 
Stati 
membri 
adottano le 
misure 
necessarie 
per garantire 
che 
le 
decisioni 
adottate 
a 
norma 
dei 
paragrafi 
da 
2 
a 
6 
possano 
essere 
verificate 
con 
efficacia 
e 
rapidit�, 
su 
richiesta 
di 
qualsiasi 
persona 
che 
sia 
o fosse 
interessata 
a 
ottenere 
un contratto particolare 
e 
che 

CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
59 


sia 
stata 
o rischi 
di 
essere 
danneggiata 
da 
una 
presunta 
infrazione, motivata 
dal 
fatto che 
tali 
decisioni 
hanno violato il 
diritto [dell�Unione] o le 
leggi 
nazionali 
che 
applicano tale 
diritto. 
(...)�. 


Diritto italiano 


10 
L�articolo 100 del 
codice 
di 
procedura 
civile, nella 
sua 
versione 
applicabile 
al 
procedimento 
principale, dispone 
che 
�[p]er proporre 
una 
domanda 
o per contraddire 
alla 
stessa 
� necessario avervi interesse�. 


11 
Ai 
sensi 
dell�articolo 39, paragrafo 1, dell�allegato 1 al 
decreto legislativo 2 luglio 2010, 


n. 
104 
(gURI 
n. 
156 
del 
7 
luglio 
2010) 
-Codice 
del 
processo 
amministrativo, 
�[p]er 
quanto 
non 
disciplinato 
dal 
presente 
codice 
si 
applicano 
le 
disposizioni 
del 
codice 
di 
procedura 
civile, in quanto compatibili o espressione di principi generali�. 
12 
L�articolo 
3 
bis 
del 
decreto-legge 
del 
13 
agosto 
2011, 
n. 
138 
(gURI 
n. 
188, 
del 
13 
agosto 
2011), convertito con modificazioni 
dalla 
legge 
14 settembre 
2011, n. 148 (in prosieguo: 
il 
�decreto-legge 
n. 138/2011�) dispone 
che, di 
norma, i 
servizi 
pubblici 
locali 
debbano 
essere svolti in un ambito territoriale provinciale. 


13 
A 
norma 
dell�articolo 
9, 
paragrafo 
1, 
e 
dell�articolo 
14, 
paragrafo 
1, 
della 
legge 
regionale 
7 novembre 
2013, n. 33 (Riforma 
delsistema 
del 
trasporto pubblico regionale 
e 
locale), 
(in 
prosieguo: 
la 
�legge 
regionale 
n. 
33/2013�), 
l�affidamento 
del 
servizio 
di 
trasporto 
pubblico 
nel 
territorio 
della 
Regione 
doveva 
essere 
realizzato 
attraverso 
l�individuazione 
di 
un lotto unico relativo all�intero territorio regionale 
e 
con possibile 
estensione 
anche 
al trasporto ferroviario. 


14 
In 
vigore 
dal 
12 
agosto 
2016, 
la 
legge 
regionale 
9 
agosto 
2016, 
n. 
19, 
recante 
�Modifiche 
alla 
legge 
regionale 
[n. 
33/2013]�, 
(in 
prosieguo: 
la 
�legge 
regionale 
n. 
19/2016�) 
ha 
modificato 
gli 
articoli 
9 
e 
14 
della 
legge 
regionale 
n. 
33/2013. 
Tale 
legge 
prevede 
che 
i 
terreni 
e 
i 
servizi 
di 
trasporto 
terrestre 
e 
marittimo 
non 
debbano 
pi� 
essere 
aggiudicati 
in 
un 
lotto 
unico che 
copre 
l�intero territorio regionale, bens� 
in quattro lotti 
relativi 
a 
quattro ambiti 
territoriali omogenei. 
Procedimento principale e questione pregiudiziale 


15 Amt 
e 
a. hanno adito il 
Tribunale 
Amministrativo Regionale 
per la 
Liguria 
(Italia), chiedendo 
l�annullamento di 
diversi 
atti 
con cui 
l�Agenzia 
ha 
indetto una 
procedura 
di 
gara 
informale per l�affidamento del servizio di trasporto pubblico nel territorio regionale. 


16 
Tali 
societ�, fino ad allora 
gestrici 
di 
servizi 
di 
trasporto pubblico locale 
a 
livello provinciale 
o 
sub 
provinciale, 
contestano 
in 
radice 
le 
modalit� 
di 
indizione 
e 
di 
svolgimento 
della 
procedura 
di 
gara. 
Il 
loro 
ricorso 
� 
rivolto 
in 
maniera 
specifica 
contro 
il 
bando 
inteso 
a 
selezionare 
gli 
operatori 
economici. In esso, l�Agenzia 
avrebbe 
indicato che 
il 
servizio 
di 
trasporto pubblico regionale 
sarebbe 
stato affidato in un unico lotto, relativo all�intero 
territorio regionale. 


17 Ritenendo 
di 
non 
essere 
in 
grado 
di 
fornire, 
ciascuna 
individualmente, 
il 
servizio 
di 
trasporto 
pubblico 
a 
livello 
regionale, 
Amt 
e 
a. 
non 
hanno 
presentato 
alcuna 
offerta. 
Tuttavia, 
esse 
hanno 
adito 
il 
giudice 
del 
rinvio, 
contestando 
la 
decisione 
dell�Agenzia 
di 
affidare, 
nella 
sua 
qualit� 
di 
amministrazione 
aggiudicatrice, 
l�appalto 
di 
cui 
trattasi 
nel 
procedimento 
principale 
in 
un 
unico 
lotto, 
relativo 
all�intero 
territorio 
regionale. 
Esse 
ritengono 
infatti 
che 
tale 
decisione 
violi 
l�articolo 
3 
bis 
del 
decreto-legge 
n. 
138/2011, 
ai 
sensi 
del 
quale, 
in 
linea 
di 
principio, 
i 
servizi 
pubblici 
locali 
devono 
essere 
gestiti 
a 
livello 
provinciale, 
ma 
anche 
diversi 
articoli 
della 
Costituzione 
italiana, 
nonch� 
gli 
articoli 
49 
e 
56 
TFUE. 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


18 
A 
sostegno 
del 
loro 
ricorso, 
Amt 
e 
a. 
sostengono 
che 
un 
operatore 
economico 
che 
contesta 
in radice 
i 
termini 
di 
una 
gara 
d�appalto alla 
quale 
non ha 
partecipato ha 
un diritto di 
proporre 
ricorso ai 
sensi 
dell�articolo 1, paragrafo 3, e 
dell�articolo 2, paragrafo 1, lettera 
b), 
della 
direttiva 
89/665, qualora, in base 
alle 
norme 
che 
disciplinano l�offerta, � 
certo o altamente 
probabile che gli sar� impossibile ottenere l�aggiudicazione dell�appalto. 


19 
Secondo il 
giudice 
del rinvio, in un ambito territoriale 
determinato a 
livello provinciale, 
Amt 
e 
a. 
avrebbero 
avuto 
ottime 
possibilit� 
che 
venisse 
loro 
aggiudicato 
l�appalto 
in 
questione, 
in 
quanto 
esse 
garantivano 
il 
servizio 
di 
trasporto 
pubblico 
regionale 
quando, 
prima 
dell�avvio della 
procedura 
di 
gara 
di 
cui 
al 
procedimento principale, esso era 
organizzato 
a 
livello provinciale. Invece, prevedendo che 
la 
gara 
di 
cui 
trattasi 
comportasse 
solo un 
unico 
lotto 
che 
copriva 
l�intero 
territorio 
regionale, 
il 
bando 
di 
gara 
avrebbe 
in 
pratica 
azzerato la 
probabilit� 
che 
fosse 
selezionata 
una 
delle 
ricorrenti 
nel 
procedimento principale. 


20 
Ritenendo pertanto che 
un diritto di 
proporre 
ricorso dovesse 
essere 
loro riconosciuto, il 
giudice 
del 
rinvio, con ordinanza 
n. 95 del 
21 gennaio 2016, ha 
chiesto alla 
Corte 
costituzionale 
(Italia) di 
pronunciarsi 
sulla 
costituzionalit� 
dell�articolo 9, paragrafo 1, e 
del-
l�articolo 14, paragrafo 1, della legge regionale n. 33/2013. 


21 
Tuttavia, 
prima 
che 
la 
Corte 
costituzionale 
si 
pronunciasse, 
la 
Regione 
ha 
adottato 
la 
legge 
regionale 
n. 
19/2016. 
Tale 
legge 
ha 
modificato 
le 
disposizioni 
la 
cui 
costituzionalit� 
era 
contestata 
e 
prevede 
che 
i 
servizi 
di 
trasporto terrestre 
e 
marittimo non debbano pi� 
essere 
aggiudicati 
in 
un 
lotto 
unico 
che 
copre 
l�intero 
territorio 
regionale, 
bens� 
in 
quattro 
lotti 
corrispondenti 
a 
quattro ambiti 
territoriali 
omogenei. Inoltre, i 
lotti 
da 
aggiudicare 
devono essere 
definiti 
in modo tale 
da 
garantire 
la 
massima 
partecipazione 
possibile 
alla 
gara. Secondo il 
giudice 
del 
rinvio, con l�adozione 
della 
legge 
n. 19/2016 il 
legislatore 
regionale ha reagito alle doglianze espresse da 
Amt e a. 


22 
Nonostante 
la 
modifica 
degli 
articoli 
9 e 
14 della 
legge 
regionale 
n. 33/2013, la 
Corte 
costituzionale 
ha 
esaminato 
la 
loro 
costituzionalit�, 
conformemente 
al 
principio 
tempus 
regit actum. 


23 
Nella 
sua 
sentenza 
n. 245 del 
22 novembre 
2016, essa 
ha 
dichiarato inammissibili 
le 
questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dopo 
aver, 
in 
particolare, 
constatato 
che 
�[l]a 
giurisprudenza 
amministrativa 
� 
consolidata 
nel 
ritenere 
che 
l�impresa 
che 
non partecipi 
alla 
gara 
non 
pu� 
contestare 
la 
relativa 
procedura 
e 
l�aggiudicazione 
in 
favore 
di 
imprese 
terze, perch� 
la 
sua 
posizione 
giuridica 
sostanziale 
non � 
sufficientemente 
differenziata 
ma riconducibile a un mero interesse di fatto (...)�. 


24 
A 
tale 
regola 
fanno tuttavia 
eccezione 
le 
ipotesi 
in cui 
l�impresa 
ricorrente 
contesta, in 
particolare, clausole 
del 
bando immediatamente 
escludenti 
oppure 
clausole 
che 
impongono 
oneri 
manifestamente 
incomprensibili 
o del 
tutto sproporzionati 
o che 
rendono impossibile 
la stessa formulazione dell�offerta. 


25 
Nella 
sua 
sentenza 
n. 245, la 
Corte 
costituzionale 
ha 
considerato quanto segue: 
�[c]he 
il 
caso 
all�esame 
del 
giudice 
a 
quo 
non 
rientri 
in 
queste 
ipotesi 
eccezionali 
emerge 
dalla 
stessa 
motivazione 
dell�ordinanza 
di 
rimessione, laddove 
si 
afferma 
che 
le 
clausole 
impugnate 
inciderebbero sulle 
chanches 
di 
aggiudicazione 
delle 
ricorrenti 
che 
�si 
ridurrebbero 
fin 
quasi 
ad 
azzerarsi�, 
mentre, 
in 
presenza 
di 
una 
gara 
dimensionata 
su 
base 
provinciale 
e 
suddivisa 
in lotti, esse 
�avrebbero moltissime 
probabilit� 
di 
aggiudicarsi 
il 
servizio, 
non 
foss�altro 
per 
effetto 
del 
vantaggio 
di 
essere 
state 
le 
precedenti 
gestrici 
dello 
stesso�. Da 
tale 
motivazione 
non si 
ricava 
alcun impedimento certo e 
attuale 
alla 
parte



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
61 


cipazione 
alla 
gara, bens� 
la 
prospettazione 
di 
una 
lesione 
solo eventuale, denunziabile 
da 
parte 
di 
chi 
abbia 
partecipato alla 
procedura 
ed esclusivamente 
all�esito della 
stessa, 
in caso di mancata aggiudicazione�. 


26 
Il 
giudice 
del 
rinvio rileva 
che, secondo l�interpretazione 
del 
requisito procedurale 
del-
l�interesse 
ad agire 
accolta 
in tale 
sentenza 
della 
Corte 
costituzionale, sarebbe 
inammissibile 
il 
ricorso proposto dall�impresa 
che 
non ha 
partecipato alla 
gara 
quando non fosse 
assolutamente 
certo ma 
soltanto altamente 
probabile 
che, per effetto della 
strutturazione 
della 
gara, in particolare 
della 
divisione 
in lotti, o per effetto della 
normativa 
di 
gara 
applicabile, 
l�impresa 
non potrebbe 
conseguire 
l�aggiudicazione 
dell�appalto in questione. 
Detto giudice 
ne 
deduce 
che 
la 
possibilit� 
di 
accedere 
alla 
tutela 
giurisdizionale 
sarebbe 
cos�, quasi 
sistematicamente, condizionata 
alla 
partecipazione 
alla 
gara, partecipazione 
che 
comporta 
di 
per s� 
rilevanti 
oneri, e 
ci� anche 
nel 
caso in cui 
l�impresa 
intendesse 
contestarne 
la 
legittimit� 
per 
essere 
la 
gara 
stessa 
eccessivamente 
restrittiva 
della 
concorrenza. 


27 
Nonostante 
la 
decisione 
dell�Agenzia 
di 
non dar seguito alla 
gara 
dopo l�adozione 
della 
legge 
n. 
19/2016, 
il 
giudice 
del 
rinvio 
intende 
chiedere 
alla 
Corte 
se 
l�articolo 
1, 
paragrafo 
3, e 
l�articolo 2, paragrafo 1, lettera 
b), della 
direttiva 
89/665 debbano essere 
interpretati 
nel 
senso che 
essi 
conferiscono, in circostanze 
come 
quelle 
del 
procedimento principale, 
il 
diritto 
di 
proporre 
ricorso 
a 
un 
operatore 
economico 
che 
si 
� 
astenuto 
dal 
presentare 
un�offerta, in quanto era 
certo o assai 
probabile 
che 
l�appalto in questione 
non avrebbe 
potuto essergli aggiudicato. 


28 
La 
risposta 
della 
Corte 
sarebbe 
dirimente 
ai 
fini 
dell�ammissibilit� 
dell�originario 
ricorso, 
con conseguenti ripercussioni in ordine alla statuizione sulle spese del giudizio. 


29 In tale 
contesto, il 
Tribunale 
Amministrativo Regionale 
per la 
Liguria 
ha 
deciso di 
sospendere 
il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: 
�Se 
[l�articolo] 1, [paragrafi] 1, 2 e 
3, e 
[l�articolo] 2, [paragrafo] 1, [lettera] b), della 
direttiva 
[89/665] ostino ad una 
normativa 
nazionale 
che 
riconosca 
la 
possibilit� 
di 
impugnare 
gli 
atti 
di 
una 
procedura 
di 
gara 
ai 
soli 
operatori 
economici 
che 
abbiano presentato 
domanda 
di 
partecipazione 
alla 
gara 
stessa, 
anche 
qualora 
la 
domanda 
giudiziale 
sia 
volta 
a 
sindacare 
in radice 
la 
procedura, derivando dalla 
disciplina 
della 
gara 
un�altissima 
probabilit� 
di non conseguire l�aggiudicazione�. 
sulla questione pregiudiziale 
Sulla ricevibilit� 


30 
Nelle 
loro osservazioni 
scritte, sia 
i 
governi 
italiano e 
spagnolo sia 
la 
Commissione 
europea 
hanno 
sostenuto 
che 
la 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
era 
irricevibile, 
in 
quanto la 
questione 
sollevata 
era 
ipotetica, dal 
momento che 
la 
controversia 
principale 
� 
divenuta 
priva 
di 
oggetto 
dopo 
che 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
ha 
dichiarato 
che 
l�appalto 
non 
avrebbe 
avuto 
seguito. 
Il 
governo 
italiano 
ha 
inoltre 
eccepito 
l�irricevibilit� 
della 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
per il 
fatto che 
sussistono dubbi 
in merito alla 
natura 
del 
contratto che 
l�Agenzia 
intendeva 
concludere 
con la 
controparte 
all�esito della 
gara che non ha poi avuto seguito. 
Sul carattere ipotetico della questione pregiudiziale 


31 
Occorre 
ricordare 
che, 
secondo 
una 
costante 
giurisprudenza 
della 
Corte, 
nell�ambito 
della 
ripartizione 
delle 
funzioni 
giurisdizionali 
tra 
i 
giudici 
nazionali 
e 
la 
Corte, 
ripartizione 
stabilita 
dall�articolo 267 TFUE, il 
giudice 
nazionale, che 
� 
l�unico ad avere 
conoscenza 
diretta 
dei 
fatti 
della 
causa 
di 
cui 
� 
adito come 
pure 
delle 
argomentazioni 
delle 
parti, e 



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


che 
dovr� 
assumersi 
la 
responsabilit� 
dell�emananda 
decisione 
giudiziaria, � 
nella 
situazione 
pi� idonea 
per valutare, alla 
luce 
delle 
particolari 
circostanze 
di 
ciascuna 
controversia 
e 
con 
piena 
cognizione 
di 
causa, 
sia 
la 
necessit� 
di 
una 
pronuncia 
pregiudiziale 
per 
essere 
in grado di 
emettere 
la 
propria 
sentenza 
sia 
la 
rilevanza 
delle 
questioni 
che 
sottopone 
alla 
Corte 
(v. 
segnatamente, 
in 
tal 
senso, 
sentenze 
del 
22 
giugno 
2000, 
Marca 
Mode, 
C.425/98, EU:C:2000:339, punto 21, e 
del 
1� 
aprile 
2008, gouvernement 
de 
la 
Communaut� 
fran�aise e gouvernement wallon, C.212/06, EU:C:2008:178, punto 28). 


32 
Pertanto, 
poich� 
tali 
questioni 
riguardano 
l�interpretazione 
del 
diritto 
dell�Unione, 
la 
Corte 
in 
via 
di 
principio 
� 
tenuta 
a 
statuire 
(sentenza 
del 
17 
aprile 
2007, 
AgM-COS.MET, 
C.470/03, EU:C:2007:213, punto 44). 


33 Ne 
consegue 
che 
la 
presunzione 
di 
pertinenza 
inerente 
alle 
questioni 
proposte 
in via 
pregiudiziale 
dai 
giudici 
nazionali 
pu� essere 
esclusa 
solo in casi 
eccezionali, in particolare 
qualora 
risulti 
manifestamente 
che 
la 
sollecitata 
interpretazione 
delle 
disposizioni 
del 
diritto 
dell�Unione 
considerate 
in 
tali 
questioni 
non 
abbia 
alcun 
rapporto 
con 
la 
realt� 
o 
con 
l�oggetto del 
procedimento principale 
(v., segnatamente, sentenze 
del 
15 dicembre 
1995, 
Bosman, C.415/93, EU:C:1995:463, punto 61; 
del 
7 settembre 
1999, Beck e 
Bergdorf, 
C.355/97, EU:C:1999:391, punto 22, e 
del 
1� 
aprile 
2008, gouvernement 
de 
la 
Communaut� 
fran�aise e gouvernement wallon, C.212/06, EU:C:2008:178, punto 29). 


34 
Infatti, il 
rigetto di 
una 
domanda 
formulata 
da 
un giudice 
nazionale 
� 
possibile 
solo se 
risulti 
che 
con 
il 
procedimento 
ai 
sensi 
dell�articolo 
267 
TFUE, 
in 
contrasto 
con 
il 
suo 
scopo, 
si 
intenda 
in 
realt� 
indurre 
la 
Corte 
a 
pronunciarsi 
per 
il 
tramite 
di 
una 
controversia 
fittizia 
oppure 
sia 
manifesto che 
il 
diritto dell�Unione 
non pu� essere 
applicato, n� 
direttamente 
n� 
indirettamente, alle 
circostanze 
del 
caso di 
specie 
(v., in tal 
senso, sentenze 
del 
18 ottobre 
1990, Dzodzi, C.297/88 e 
C.197/89, EU:C:1990:360, punto 40, e 
del 
17 
luglio 1997, Leur-Bloem, C.28/95, EU:C:1997:369, punto 26). 


35 
Nel 
caso di 
specie, � 
innegabile 
che 
la 
questione 
se 
le 
ricorrenti 
nel 
procedimento principale 
disponessero, in base 
al 
diritto dell�Unione, del 
diritto di 
proporre 
un ricorso contro 
il 
bando pubblicato dall�Agenzia 
deve 
condizionare 
l�ammissibilit� 
del 
ricorso proposto 
dinanzi 
al 
giudice 
nazionale. vero � 
che, a 
causa 
della 
decisione 
dell�Agenzia 
di 
non dar 
seguito al 
bando dopo l�adozione 
della 
legge 
n. 19/2016, l�oggetto principale 
del 
ricorso 
� venuto meno. 


36 
Tuttavia, a 
differenza 
delle 
circostanze 
della 
causa 
che 
ha 
dato luogo all�ordinanza 
della 
Corte 
del 
14 ottobre 
2010, Reinke 
(C.336/08, non pubblicata, EU:C:2010:604), la 
controversia 
principale non � stata risolta nel merito. 


37 
Infine, 
sebbene 
l�esame 
della 
questione 
se, 
nelle 
circostanze 
del 
procedimento 
principale, 
operatori 
economici 
che 
avevano deliberatamente 
deciso di 
non partecipare 
a 
una 
gara 
d�appalto disponessero di 
un diritto di 
proporre 
ricorso ai 
sensi 
dell�articolo 1, paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
89/665 
o 
dell�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
92/13, 
sia 
solo 
intesa 
a 
consentire 
al 
giudice 
del 
rinvio di 
pronunciarsi 
sulla 
ripartizione 
delle 
spese 
nel 
procedimento 
principale, non vi 
� 
dubbio che 
si 
tratta 
di 
una 
questione 
relativa 
all�interpretazione 
del 
diritto 
dell�Unione, 
alla 
quale 
la 
Corte 
deve 
rispondere 
al 
fine 
di 
preservare 
l�uniformit� di applicazione del medesimo 


38 
Sotto tale profilo, occorre dichiarare ricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale. 
Sulla mancata identificazione 
della natura del 
contratto di 
cui 
al 
procedimento principale 


39 
vero � 
che, come 
sostiene 
il 
governo italiano nelle 
sue 
osservazioni 
scritte, l�ordinanza 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
63 


di 
rinvio 
non 
consente 
di 
determinare 
con 
certezza 
se 
la 
gara 
d�appalto 
indetta 
dall�Agenzia 
riguardasse 
l�aggiudicazione 
di 
una 
concessione 
di 
servizi 
di 
trasporto 
o 
di 
un 
appalto 
pubblico di 
servizi. Nel 
primo caso, l�interesse 
ad agire 
delle 
ricorrenti 
nel 
procedimento 
principale 
dovrebbe 
essere 
esaminato tenendo conto dell�articolo 5, paragrafo 7, del 
regolamento 
(CE) n. 1370/2007, mentre, nel 
secondo caso, dovrebbe 
essere 
valutato alla 
luce dell�articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 92/13. 


40 
Tuttavia, 
senza 
che 
sia 
necessario 
cercare 
di 
determinare 
la 
natura 
di 
detto 
contratto, 
compito 
che 
spetta 
al 
giudice 
del 
rinvio, 
� 
sufficiente 
constatare, 
al 
pari 
dell�avvocato 
generale 
al 
paragrafo 63 delle 
sue 
conclusioni, che 
l�articolo 1, paragrafo 3, della 
direttiva 
92/13 
e 
l�articolo 5, paragrafo 7, del 
regolamento n. 1370/2007 stabiliscono regimi 
di 
ricorso 
analoghi 
a 
quello 
corrispondente 
della 
direttiva 
89/665, 
su 
cui 
verte 
la 
domanda 
posta 
dal 
giudice del rinvio. 


41 
In tali 
circostanze, dal 
momento che 
il 
diritto a 
una 
tutela 
giurisdizionale 
� 
oggetto di 
una 
tutela 
equivalente 
nei 
tre 
testi 
di 
diritto 
derivato 
menzionati 
al 
punto 
precedente, 
la 
risposta 
della 
Corte 
alla 
questione 
sollevata 
non 
pu� 
variare 
a 
seconda 
della 
qualificazione 
del 
contratto di cui trattasi nel procedimento principale. 


42 
Occorre 
pertanto, 
anche 
sotto 
questo 
profilo, 
dichiarare 
ricevibile 
la 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale. 
Nel merito 


43 
Con la 
sua 
questione, il 
giudice 
del 
rinvio chiede 
sostanzialmente 
se 
sia 
l�articolo 1, paragrafo 
3, della 
direttiva 
89/665 sia 
l�articolo 1, paragrafo 3, della 
direttiva 
92/13 ostino 
a 
una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
al 
procedimento principale, che 
non consente 
agli 
operatori 
economici 
di 
proporre 
un 
ricorso 
contro 
le 
decisioni 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
relative 
a 
una 
procedura 
d�appalto 
alla 
quale 
essi 
hanno 
deciso 
di 
non partecipare 
poich� 
la 
normativa 
applicabile 
a 
tale 
procedura 
rendeva 
molto improbabile 
che fosse loro aggiudicato l�appalto pubblico di cui trattasi. 


44 
Ai 
sensi 
dell�articolo 1, paragrafo 3, della 
direttiva 
89/665, gli 
Stati 
membri 
sono tenuti 
a 
garantire 
che 
le 
procedure 
di 
ricorso previste 
da 
tale 
direttiva 
siano accessibili 
�per lo 
meno� a 
chiunque 
abbia 
o abbia 
avuto interesse 
a 
ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un determinato 
appalto pubblico e 
che 
sia 
stato o rischi 
di 
essere 
leso a 
causa 
di 
una 
violazione 
denunciata 
del 
diritto dell�Unione 
in materia 
di 
appalti 
pubblici 
o delle 
disposizioni 
nazionali 
che 
attuano 
tale 
diritto 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenze 
del 
12 
febbraio 
2004, 
grossmann 
Air 
Service, 
C.230/02, 
EU:C:2004:93, 
punto 
25, 
e 
del 
5 
aprile 
2016, 
PFE, 
C.689/13, 
EU:C:2016:199, punto 23). 


45 
gli 
Stati 
membri 
non sono dunque 
tenuti 
a 
rendere 
dette 
procedure 
di 
ricorso accessibili 
a 
chiunque 
voglia 
ottenere 
l�aggiudicazione 
di 
un appalto pubblico, ma 
hanno facolt� 
di 
esigere 
che 
la 
persona 
interessata 
sia 
stata 
o rischi 
di 
essere 
lesa 
dalla 
violazione 
da 
essa 
denunciata 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenze 
del 
19 
giugno 
2003, 
Hackerm�ller, 
C.249/01, 
EU:C:2003:359, 
punto 
18 
e 
del 
12 
febbraio 
2004, 
grossmann 
Air 
Service, 
C.230/02, 
EU:C:2004:93, punto 26). 


46 
La 
partecipazione 
a 
un 
procedimento 
di 
aggiudicazione 
di 
un 
appalto 
pu�, 
in 
linea 
di 
principio, 
validamente 
costituire, 
riguardo 
all�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
89/665, una 
condizione 
che 
deve 
essere 
soddisfatta 
per dimostrare 
che 
il 
soggetto coinvolto 
ha 
interesse 
all�aggiudicazione 
dell�appalto 
di 
cui 
trattasi 
o 
rischia 
di 
subire 
un 
danno 
a 
causa 
dell�asserita 
illegittimit� 
della 
decisione 
di 
aggiudicazione 
di 
detto 
appalto. 
Se 
non ha 
presentato un�offerta, tale 
soggetto pu� difficilmente 
dimostrare 
di 
avere 
inte



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


resse 
a 
opporsi 
a 
detta 
decisione 
o 
di 
essere 
leso 
o 
rischiare 
di 
esserlo 
dall�aggiudicazione 
di 
cui 
trattasi 
(sentenza 
del 
12 
febbraio 
2004, 
grossmann 
Air 
Service, 
C.230/02, 
EU:C:2004:93, punto 27). 


47 
Nell�ipotesi 
in cui 
un�impresa 
non abbia 
presentato un�offerta 
a 
causa 
della 
presenza 
di 
specifiche 
che 
asserisce 
discriminatorie 
nei 
documenti 
relativi 
al 
bando di 
gara 
o nel 
disciplinare, 
le 
quali 
le 
avrebbero per l�appunto impedito di 
essere 
in grado di 
fornire 
l�insieme 
delle 
prestazioni 
richieste, 
sarebbe 
tuttavia 
eccessivo 
esigere 
che 
tale 
impresa, 
prima 
di 
poter utilizzare 
le 
procedure 
di 
ricorso previste 
dalla 
direttiva 
89/665 contro tali 
specifiche, 
presenti 
un�offerta 
nell�ambito del 
procedimento di 
aggiudicazione 
dell�appalto 
di 
cui 
trattasi, 
quando 
le 
probabilit� 
che 
le 
venga 
aggiudicato 
tale 
appalto 
sarebbero 
nulle 
a 
causa 
dell�esistenza 
di 
dette 
specifiche 
(v., in tal 
senso, sentenza 
del 
12 febbraio 2004, 
grossmann Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punti 28 e 29). 


48 
Nella 
sentenza 
del 
12 
febbraio 
2004, 
grossmann 
Air 
Service 
(C.230/02, 
EU:C:2004:93), 
la 
considerazione 
in base 
alla 
quale 
le 
possibilit� 
per la 
grossmann Air Service 
di 
aggiudicarsi 
l�appalto erano nulle 
era 
legata 
al 
fatto, ricordato al 
punto 17 di 
tale 
sentenza, che 
essa 
non 
disponeva 
di 
aerei 
di 
grandi 
dimensioni, 
per 
cui 
non 
era, 
per 
definizione, 
in 
grado 
di fornire tutte le prestazioni richieste dall�amministrazione aggiudicatrice. 


49 
gli 
insegnamenti 
della 
sentenza 
del 
12 
febbraio 
2004, 
grossmann 
Air 
Service 
(C.230/02, 
EU:C:2004:93), sono applicabili, mutatis mutandis, nel caso di specie. 


50 
Sia 
dalla 
giurisprudenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(Italia) 
sia 
dalla 
sentenza 
n. 
245/2016 
della 
Corte 
costituzionale 
risulta 
infatti 
che 
un interesse 
ad agire 
pu� essere 
eccezionalmente 
riconosciuto a 
un operatore 
economico che 
non ha 
presentato alcuna 
offerta, nelle 
�ipotesi 
in cui 
si 
contesti 
che 
la 
gara 
sia 
mancata 
o, specularmente, che 
sia 
stata 
indetta 
o, 
ancora, 
si 
impugnino 
clausole 
del 
bando 
immediatamente 
escludenti, 
o, 
infine, 
clausole 
che 
impongano 
oneri 
manifestamente 
incomprensibili 
o 
del 
tutto 
sproporzionati 
o 
che 
rendano impossibile la stessa formulazione dell�offerta�. 


51 
Si 
deve 
pertanto constatare 
che 
i 
requisiti 
sia 
dell�articolo 1, paragrafo 3, della 
direttiva 
89/665 sia 
dell�articolo 1, paragrafo 3, della 
direttiva 
92/13 sono soddisfatti 
se 
un operatore 
che 
non ha 
formulato alcuna 
offerta 
dispone, in particolare, di 
un diritto di 
proporre 
ricorso 
qualora 
ritenga 
che 
talune 
specifiche 
contenute 
nella 
documentazione 
di 
gara 
rendano 
impossibile la formulazione stessa di un�offerta. 


52 Tuttavia, occorre 
ricordare 
che 
un ricorso siffatto non pu�, a 
pena 
di 
violare 
gli 
obiettivi 
di 
rapidit� 
ed efficacia 
previsti 
sia 
dalla 
direttiva 
89/665 sia 
dalla 
direttiva 
92/13, essere 
presentato dopo che 
la 
decisione 
di 
aggiudicazione 
dell�appalto � 
stata 
adottata 
dall�amministrazione 
aggiudicatrice 
(v., in tal 
senso, sentenza 
del 
12 febbraio 2004, grossmann 
Air Service, C.230/02, EU:C:2004:93, punto 37). 


53 
Inoltre, poich� 
� 
solo in via 
eccezionale 
che 
un diritto di 
proporre 
ricorso pu� essere 
riconosciuto 
a 
un operatore 
che 
non ha 
presentato alcuna 
offerta, non si 
pu� considerare 
eccessiva 
la 
richiesta 
che 
quest�ultimo dimostri 
che 
le 
clausole 
del 
bando rendevano impossibile 
la formulazione stessa di un�offerta. 


54 
Nondimeno, bench� il grado di esigenza della prova non sia di per s� contrario al diritto 
dell�Unione 
sugli 
appalti 
pubblici, 
non 
si 
pu� 
escludere 
che, 
tenuto 
conto 
delle 
circostanze 
specifiche 
del 
procedimento principale, la 
sua 
applicazione 
possa 
comportare 
una 
violazione 
del 
diritto 
di 
proporre 
ricorso 
che 
le 
ricorrenti 
nel 
procedimento 
principale 
derivano 
sia 
dall�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
89/665 
sia 
dall�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 92/13. 



CONTENzIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAzIONALE 
65 


55 
A 
tale 
riguardo, 
spetta 
al 
giudice 
del 
rinvio 
valutare 
in 
modo 
circostanziato, 
tenendo 
onto 
di 
tutti 
gli 
elementi 
pertinenti 
che 
caratterizzano il 
contesto della 
controversia 
di 
cui 
� 
investito, 
se 
l�applicazione 
concreta 
della 
normativa 
italiana 
relativa 
alla 
capacit� 
di 
agire 
in giudizio, come 
interpretata 
dal 
Consiglio di 
Stato e 
dalla 
Corte 
costituzionale, sia 
tale 
da 
poter ledere 
il 
diritto a 
una 
tutela 
giurisdizionale 
effettiva 
delle 
ricorrenti 
nel 
procedimento 
principale. 


56 
Tuttavia, sulla 
base 
degli 
elementi 
che 
figurano nel 
fascicolo a 
sua 
disposizione, la 
Corte 
pu� fornire 
al 
giudice 
del 
rinvio indicazioni 
utili 
per la 
valutazione 
che 
spetta 
a 
quest�ultimo 
effettuare. 


57 
A 
tale 
proposito, si 
deve 
anzitutto tener conto del 
fatto che 
Amt 
e 
a. hanno garantito il 
servizio di 
trasporto pubblico regionale 
prima 
che 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
indicesse 
la 
procedura 
di 
appalto 
e 
decidesse 
poi 
di 
non 
dare 
seguito 
alla 
medesima. 
Inoltre, 
dal 
momento 
che 
la 
legge 
regionale 
n. 
33/2013 
specificava 
che 
il 
servizio 
di 
trasporto 
pubblico regionale 
da 
quel 
momento in poi 
sarebbe 
stato attribuito in un unico lotto che 
copriva 
l�intero territorio regionale, mentre 
l�articolo 3 bis 
del 
decreto-legge 
n. 138/2011 
prevede 
che, in linea 
di 
principio, i 
servizi 
pubblici 
locali 
devono essere 
gestiti 
a 
livello 
provinciale, spetta 
al 
giudice 
del 
rinvio esaminare 
se 
il 
legislatore 
regionale 
ha 
esposto le 
ragioni 
per 
cui 
aveva 
ritenuto 
preferibile 
organizzare 
il 
futuro 
servizio 
di 
trasporto 
a 
livello 
regionale 
e 
non pi� a 
livello provinciale. Infine, vista 
la 
libert� 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
nel 
valutare 
le 
proprie 
necessit�, non pu� essere 
escluso a 
priori 
che 
la 
scelta 
della 
Regione 
di 
organizzare 
i 
servizi 
di 
trasporto a 
livello regionale 
fosse 
legittima, in 
quanto, ad esempio, rispondeva 
a 
considerazioni 
di 
carattere 
economico, quali 
la 
volont� 
di realizzare economie di scala. 


58 
Alla 
luce 
delle 
suesposte 
considerazioni, occorre 
rispondere 
alla 
questione 
sollevata 
dichiarando 
che 
sia 
l�articolo 
1, 
paragrafo 
3, 
della 
direttiva 
89/665 
sia 
l�articolo 
1, 
paragrafo 
3, della 
direttiva 
92/13 devono essere 
interpretati 
nel 
senso che 
non ostano a 
una 
normativa 
nazionale, come 
quella 
di 
cui 
al 
procedimento principale, che 
non consente 
agli 
operatori 
economici 
di 
proporre 
un 
ricorso 
contro 
le 
decisioni 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
relative 
a 
una 
procedura 
d�appalto alla 
quale 
essi 
hanno deciso di 
non partecipare 
poich� 
la 
normativa 
applicabile 
a 
tale 
procedura 
rendeva 
molto improbabile 
che 
fosse loro aggiudicato l�appalto in questione. 
Tuttavia, 
spetta 
al 
giudice 
nazionale 
competente 
valutare 
in 
modo 
circostanziato, 
tenendo 
conto di 
tutti 
gli 
elementi 
pertinenti 
che 
caratterizzano il 
contesto della 
controversia 
di 
cui 
� 
investito, se 
l�applicazione 
concreta 
di 
tale 
normativa 
non sia 
tale 
da 
poter ledere 
il 
diritto a una tutela giurisdizionale effettiva degli operatori economici interessati. 
sulle spese 


59 Nei 
confronti 
delle 
parti 
nel 
procedimento principale 
la 
presente 
causa 
costituisce 
un incidente 
sollevato dinanzi 
al 
giudice 
nazionale, cui 
spetta 
quindi 
statuire 
sulle 
spese. Le 
spese 
sostenute 
da 
altri 
soggetti 
per presentare 
osservazioni 
alla 
Corte 
non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: 
sia l�articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/Cee del 
Consiglio, del 
21 dicembre 
1989, 
che 
coordina 
le 
disposizioni 
legislative, 
regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all�applicazione 
delle 
procedure 
di 
ricorso in 
materia di 
aggiudicazione 
degli 
appalti 
pubblici 
di 
forniture 
e 
di 
lavori, come 
modificata dalla direttiva 2007/66/Ce 
del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio, dell�11 dicembre 
2007, sia l�articolo 1, pa



RASSEgNA 
AvvOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


ragrafo 
3, 
della 
direttiva 
92/13/Cee 
del 
Consiglio, 
del 
25 
febbraio 
1992, 
che 
coordina 
le 
disposizioni 
legislative, regolamentari 
e 
amministrative 
relative 
all�applicazione 
delle 
norme 
comunitarie 
in 
materia di 
procedure 
di 
appalto degli 
enti 
erogatori 
di 
acqua e 
di 
energia e 
degli 
enti 
che 
forniscono servizi 
di 
trasporto nonch� 
degli 
enti 
che 
operano 
nel 
settore 
delle 
telecomunicazioni, 
come 
modificata 
dalla 
direttiva 
2007/66, devono essere 
interpretati 
nel 
senso che 
non 
ostano a una normativa nazionale, 
come 
quella di 
cui 
al 
procedimento principale, che 
non 
consente 
agli 
operatori 
economici 
di 
proporre 
un 
ricorso contro le 
decisioni 
dell�amministrazione 
aggiudicatrice 
relative 
a una procedura d�appalto alla quale 
essi 
hanno deciso di 
non 
partecipare 
poich� 
la 
normativa 
applicabile 
a 
tale 
procedura 
rendeva 
molto 
improbabile 
che fosse loro aggiudicato l�appalto in questione. 
tuttavia, 
spetta 
al 
giudice 
nazionale 
competente 
valutare 
in 
modo 
circostanziato, 
tenendo 
conto di 
tutti 
gli 
elementi 
pertinenti 
che 
caratterizzano il 
contesto della controversia 
di 
cui 
� 
investito, se 
l�applicazione 
concreta di 
tale 
normativa non 
sia tale 
da poter 
ledere 
il 
diritto a una tutela giurisdizionale 
effettiva degli 
operatori 
economici 
interessati. 



Contenziosonazionale
�Compensatio lucri cum damno� 


Cassazione 
Civile, sezioni 
Unite, sentenza 
22 maggio 
2018 n. 12565 


Gaetana Natale* 


Il 
tema 
della 
compensatio 
lucri 
cum 
damno 
pone 
sia 
i 
giudici 
che 
gli 
avvocati 
di 
fronte 
ad 
un 
problema 
basilare 
nell�ambito 
della 
tematica 
della 
responsabilit� 
civile, 
ossia 
quello 
di 
definire 
cosa 
� 
effettivamente 
il 
�danno 
risarcibile�. 


Il 
principio 
della 
compensatio 
lucri 
cum 
damno 
o 
dell�aliunde 
perceptum 
(principio non previsto nelle 
fonti 
romane, ma 
elaborato per la 
prima 
volta 
in 
una 
glossa 
di 
Bartolo e 
poi 
dalla 
pandettistica) non � 
sancito espressamente 
in 
uno 
specifico 
articolo 
del 
codice 
civile 
italiano 
del 
1942 
(contrariamente 
al 
codice 
tedesco, � 249 BGB �Schadensersatz�), ma 
risponde 
ex art. 1223 c.c. 
ad 
una 
logica 
redistributiva 
degli 
effetti 
positivi 
e 
negativi 
scaturente 
non 
solo 
dal 
fatto illecito produttivo del 
danno ma 
anche 
dall�inadempimento qualificato 
in tema di responsabilit� contrattuale. 


Occorre 
allora 
chiedersi 
in 
una 
prospettiva 
valoriale 
se 
la 
compensatio 
sia 
un principio generale 
o se 
sia 
solo una 
regola 
operazionale, ossia 
una 
tecnica 
di liquidazione del danno. 


Le 
Sezioni 
Unite 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
con 
ben 
quattro 
sentenze 
nn. 12564, 12565, 12566, 12567 pubblicate 
il 
22 maggio 2018 hanno 
cercato di 
chiarire 
in quali 
casi 
e 
in che 
termini 
sia 
possibile 
o meno sottrarre 


(*) Avvocato dello Stato. 


Lo studio riprende 
- e 
qui 
ampiamente 
sviluppa 
alla 
luce 
della 
sentenza 
n. 12565/2018 resa 
dalle 
Sez. 
Un. 
della 
Cassazione 
-la 
questione 
o 
meglio 
�la 
individuazione 
della 
attuale 
portata 
del 
principio� 
della 
compensatio lucri 
cum 
damno 
gi� 
affrontata 
dall�Autrice 
nell�intervento al 
convegno �Per un osservatorio 
del 
contenzioso 
come 
strumento 
di 
qualit� 
normativa. 
Contenimento 
della 
spesa 
pubblica 
e 
sviluppo 
economico� tenutosi in Roma, Avvocatura Generale dello Stato, 24 maggio 2018. 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


dal 
complessivo 
importo 
dovuto 
al 
danneggiato 
a 
titolo 
di 
risarcimento 
del 
danno 
gli 
emolumenti 
di 
carattere 
indennitario 
versati 
dagli 
assicuratori 
privati 


o sociali ovvero da enti pubblici, specie previdenziali. 
In particolare 
con la 
sentenza 
n. 12565/2018 la 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
affrontato la 
seguente 
questione 
specifica: 
se, nella 
liquidazione 
del 
danno da 
fatto illecito, dal 
computo del 
pregiudizio sofferto dalla 
compagnia 
aerea 
titolare 
del 
velivolo 
abbattuto 
nel 
disastro 
aviatorio 
di 
Ustica, 
andava 
defalcato quanto essa 
avesse 
ottenuto a 
titolo di 
indennizzo assicurativo per 
la perdita dell�aereoplano. 


Nella 
motivazione 
della 
suddetta 
sentenza 
la 
Suprema 
Corte 
di 
legittimit� 
ripercorre 
i 
precedenti 
orientamenti 
giurisprudenziali: 
< 
secondo 
un 
primo 
indirizzo 
indennit� 
assicurativa 
e 
risarcimento 
del 
danno 
sono 
cumulabili 
se 
l�assicuratore 
non esercita la surrogazione: poich� 
la surrogazione, ai 
sensi 
dell�art. 1916 c.c., non � 
un effetto automatico del 
pagamento dell�indennit�, 
ma una facolt� il 
cui 
esercizio dipende 
dall�assicuratore, qualora costui 
non 
si 
avvalga 
di 
tale 
facolt�, 
il 
danneggiato 
pu� 
agire 
per 
il 
risarcimento 
del 
danno nei 
confronti 
del 
terzo responsabile 
senza che 
questi, estraneo al 
rapporto 
di 
assicurazione, possa opporgli 
l�avvenuta riscossione 
dell�indennit� 
assicurativa �� 
secondo tale 
orientamento, il 
cumulo di 
indennizzo e 
risarcimento 
non � 
precluso dal 
principio della compensatio lucri 
cum 
damno, destinato 
a 
trovare 
applicazione 
solo 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
vantaggio 
ed 
il 
danno 
siano entrambi 
conseguenza immediata e 
diretta del 
fatto illecito, quali 
suoi 
effetti 
contrapposti, e, quindi, non operante 
allorch� 
l�assicurato riceva dal-
l�assicuratore 
contro i 
danni 
il 
relativo indennizzo a causa del 
fatto illecito 
del 
terzo. 
tale 
prestazione 
ripete, 
infatti, 
la 
sua 
fonte 
e 
la 
sua 
ragione 
giuridica 
dal 
contratto di 
assicurazione 
e 
cio� 
da un titolo diverso ed indipendente 
dal-
l�illecito 
stesso, 
il 
quale 
costituisce 
soltanto 
la 
condizione, 
perch� 
questo 
titolo 
spieghi 
la sua efficacia, senza che 
il 
correlativo effetto di 
incremento patrimoniale 
eventualmente 
conseguito 
dall�assicurato 
possa 
incidere 
sul 
quantum 
del risarcimento dovuto dal danneggiante � 


secondo un opposto orientamento-espresso da Cass. sez. iii, 11 giugno 
2014 n. 13233, in un caso di 
assicurazione 
contro gli 
infortuni 
non mortali 
indennit� 
assicurativa 
e 
risarcimento 
del 
danno 
assolvono 
ad 
un�identica 
funzione 
risarcitoria 
e 
non 
possono 
cumulativamente 
convivere: 
la 
percezione 
dell�indennizzo, da parte 
del 
danneggiato, elide 
in misura corrispondente 
il 
suo credito risarcitorio nei 
confronti 
del 
danneggiante, che 
pertanto si 
estingue 
e 
non pu� essere 
pi� preteso, n� 
azionato. Come 
l�assicuratore 
pu� legittimamente 
rifiutare 
il 
pagamento dell�indennizzo, ove 
l�assicurato abbia gi� 
ottenuto l�integrale 
risarcimento del 
danno dal 
responsabile, cos� 
il 
responsabile 
del 
danno pu� legittimamente 
rifiutare 
il 
pagamento del 
risarcimento 
allorch� 
l�assicurato abbia gi� ottenuto il 
pagamento dell�indennit� dal 
proprio 
assicuratore privato contro i danni>. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


dalla 
lettura 
della 
motivazione 
si 
evince 
che 
la 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
sentito 
la 
necessit� 
di 
esporre 
in 
maniera 
analitica 
le 
due 
tesi 
che 
tra 
loro 
si 
contrappongono, 
ossia 
quella 
dell�unicit� 
causale 
e 
quella 
della 
regolarit� 
causale 
ex 
artt. 
40 
e 
41 
c.p. 
L�orientamento 
tradizionale 
(e 
maggioritario) 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
-al 
quale 
ha 
sostanzialmente 
aderito 
il 
Giudice 
Amministrativo 
(Consiglio 
di 
Stato 
Ad. 
Plen. 
n. 
1/2018) 
-aveva 
dato 
una 
rigorosa 
interpretazione 
del 
requisito 
dell�unit� 
(ovvero 
identit�) 
della 
causa. 


Secondo 
cass. 
civ. 
sez. 
III 
30 
settembre 
2014 
n. 
20548 
�in 
tema 
di 
risarcimento 
del 
danno 
da 
illecito, 
il 
principio 
della 
compensatio 
lucri 
cum 
damno 
trova 
applicazione 
unicamente 
quando 
sia 
il 
pregiudizio 
che 
l�incremento 
patrimoniale 
siano 
conseguenza 
del 
medesimo 
fatto 
illecito, 
sicch� 
non 
pu� 
essere 
detratto 
quando 
gi� 
percepito 
dal 
danneggiato 
a 
titolo 
di 
pensione 
di 
inabilit� 
o 
di 
reversibilit�, 
ovvero 
a 
titolo 
di 
assegni, 
di 
equo 
indennizzo 
o 
di 
qualsiasi 
altra 
speciale 
erogazione 
connesso 
alla 
morte 
o 
all�invalidit�, 
trattandosi 
di 
attribuzioni 
che 
si 
fondano 
su 
un 
titolo 
diverso 
dall�atto 
illecito 
e 
non 
hanno 
finalit� 
risarcitoria�. 


Aveva 
ancora 
affermato Cass. civ., Sez. III, 2 marzo 2010 n. 4950 che 
�il 
principio 
della 
compensatio 
lucri 
cum 
damno 
trova 
applicazione 
solo 
quando 
il 
lucro sia conseguenza immediata e 
diretta dello stesso fatto illecito che 
ha 
prodotto 
il 
danno 
non 
potendo 
il 
lucro 
compensarsi 
con 
il 
danno 
se 
trae 
la 
sua fonte 
da titolo diverso�: 
in applicazione 
di 
tale 
principio la 
Corte 
aveva 
cassato la 
sentenza 
impugnata 
nella 
parte 
in cui, ai 
fini 
della 
liquidazione 
del 
danno 
alla 
persona 
derivante 
da 
un 
sinistro 
stradale, 
aveva 
detratto 
dall�importo 
dovuto la 
somma 
versata 
al 
danneggiato dal 
suo datore 
di 
lavoro, in aggiunta 
al 
trattamento di 
fine 
rapporto, quale 
incentivo di 
natura 
contrattuale 
per anticipare 
le 
dimissioni, giacch�, secondo i 
Giudici 
della 
legittimit�, tale 
importo trae 
titolo dal 
rapporto di 
lavoro e 
non dal 
fatto illecito causativo del 
danno. 
In 
conclusione, 
secondo 
questa 
impostazione 
esegetica, 
affinch� 
possa 
richiamarsi 
il 
principio della 
compensatio lucri 
cum 
damno 
il 
vantaggio deve 
derivare 
direttamente 
dal 
fatto illecito e 
non da 
fattori 
causativi 
distinti 
ed ulteriori, 
pur se 
questi 
a 
loro volta 
conseguono ope 
legis 
(ovvero ex 
contractu) 
al 
dato materiale 
del 
pregiudizio subito dal 
danneggiato: 
il 
nesso che 
lega 
illecito 
e 
vantaggio deve, quindi, essere 
anche 
materialisticamente 
immediato 
e non tollera intermediazioni eziologiche di alcun genere. 


Un 
secondo 
orientamento 
aveva, 
invece, 
sostenuto 
che 
l�indennizzo 
eventualmente 
gi� 
corrisposto al 
danneggiato pu� essere 
interamente 
scomputato 
dalle 
somme 
liquidabili 
a 
titolo di 
risarcimento del 
danno (compensatio lucri 
cum 
damno), venendo altrimenti 
la 
vittima 
a 
godere 
di 
un ingiustificato arricchimento 
consistente 
nel 
porre 
a 
carico di 
un medesimo soggetto due 
diverse 
attribuzioni 
patrimoniali 
in 
relazione 
al 
medesimo 
fatto 
lesivo 
(Cass. 
civ., 
Sez. 
III, 14 marzo 2013, n. 6573; 
id. 
Sez. vI, 24 settembre 2014 n. 20111). 


Questo 
orientamento 
rappresenta 
l�applicazione 
pratica 
del 
principio 
della 
indifferenza 
o 
del 
cd. 
teorema 
della 
�terza� 
(in 
dottrina 
Pardolesi, 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Franzoni), 
ossia 
il 
principio 
secondo 
il 
quale 
dopo 
il 
risarcimento 
il 
patrimonio 
del 
danneggiato 
non 
deve 
subire 
mutamenti: 
in 
altri 
termini 
il 
risarcimento 
deve 
ricostituire 
il 
patrimonio del 
danneggiato nella 
sua 
configurazione 
originaria 
e non costituire arricchimento. 


Pi� 
precisamente 
con 
�teorema 
della 
terza� 
si 
fa 
riferimento 
a 
quella 
elaborazione 
dottrinaria 
che 
propone 
una 
rilettura 
dell�art. 
2043 
c.c. 
nei 
seguenti 
termini: 
<Qualunque 
fatto 
doloso 
o 
colposo 
che 
cagioni 
ad 
altri 
un 
danno ingiusto, obbliga colui 
che 
ha commesso il 
fatto a risarcire 
il 
danno, 
sempre 
che 
tale 
danno 
non 
sia 
stato 
risarcito 
da 
un 
terzo 
per 
legge 
o 
per 
contratto>. Alla 
base 
di 
tale 
conclusione 
�, tra 
l�altro, l�assunto che 
laddove 
il 
danno sia 
anche 
elemento costitutivo di 
una 
fattispecie, di 
fonte 
normativa 


o negoziale, costitutiva 
di 
una 
provvidenza 
a 
favore 
del 
danneggiato, non pu� 
essere 
negato 
che, 
alla 
luce 
dell�unitaria 
teoria 
della 
causalit� 
accolta 
nel 
nostro 
ordinamento (artt. 40 e 
ss. c.p.), siffatta 
provvidenza 
sia 
un effetto giuridico 
�immediato e 
diretto� 
della 
condotta 
che 
quel 
danno ha 
provocato, giacch� 
da 
esso deriva secondo un processo di lineare regolarit� causale. 
Si 
� 
aggiunto 
(Cass. 
civ., 
Sez. 
I, 
16 
maggio 
2016 
n. 
9978) 
che 
l�eventuale 
somma 
percepita 
dal 
danneggiato 
a 
titolo 
indennitario 
esclude 
comunque 
funditus 
la 
sussistenza 
stessa, in parte 
qua, di 
un danno: 
un danno indennizzato, 
infatti, non � 
pi�, per la 
parte 
indennizzata, tale, almeno nell�orbita 
di 
un sistema 
di 
responsabilit� 
civile 
come 
il 
nostro che, salvo spunti 
di 
carattere 
(ancora) 
settoriale, 
rifugge 
da 
intenti 
punitivi, 
sanzionatori 
o, 
comunque, 
latu 
sensu 
afflittivi 
per il 
danneggiante 
(appannaggio di 
altre 
branche 
dell�ordinamento) 
e 
si 
pone 
il 
solo 
scopo 
di 
rimediare, 
mediante 
la 
ricostruzione 
(in 
forma 
specifica 
o 
per 
equivalente 
monetario) 
del 
patrimonio 
del 
danneggiato, 
ad 
un�alterazione 
patrimoniale 
o 
patrimonialmente 
valutabile 
della 
sua 
sfera 
giuridica 
occorsa 
non iure 
e 
contra ius. 


del 
resto, il 
cumulo di 
benefici 
di 
carattere 
indennitario, da 
un lato, e 
del 
risarcimento 
del 
danno, 
dall�altro, 
determinerebbe 
una 
locupletazione 
del 
danneggiato 
(il 
cui 
patrimonio, 
dopo 
l�evento 
di 
danno, 
risulterebbe 
addirittura 
incrementato 
rispetto 
a 
prima), 
strutturalmente 
incompatibile 
con 
la 
richiamata 
natura meramente reintegratoria della responsabilit� civile. 


In conclusione, la 
diversit� 
dei 
presupposti 
fra 
le 
varie 
provvidenze 
indennitarie 
previste 
dal 
contratto o dalla 
legge 
ed il 
risarcimento del 
danno da 
illecito 
civile 
(sia 
esso 
contrattuale 
od 
extracontrattuale) 
non 
giustifica 
quanto 
affermato dall�orientamento tradizionale: 
l�oggettiva 
identit� 
del 
pregiudizio, 
che 
ambedue 
gli 
istituti 
vanno 
a 
riparare, 
si 
sostiene, 
ne 
esclude 
la 
cumulabilit� 
ed impone, di 
contro, di 
defalcare 
dalla 
somma 
dovuta 
a 
titolo di 
risarcimento 
l�eventuale 
importo 
riconosciuto 
al 
danneggiato 
in 
via 
indennitaria, 
che, 
in 
quanto 
avvinto 
al 
fatto 
illecito 
da 
un 
nesso 
(di 
carattere 
normativo 
o 
negoziale) 
di 
regolarit� 
causale, n� 
�, agli 
affetti 
giuridici, conseguenza 
�immediata 
e 
diretta� 
nell�accezione che di essa d� il diritto vivente. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


La 
particolare 
attenzione 
rivolta 
alle 
problematiche 
della 
compensatio 
da 
parte 
della 
dottrina 
e 
della 
giurisprudenza 
� 
dovuta 
al 
fatto 
che 
oggi 
pi� 
che 
mai 
la 
responsabilit� 
civile 
� 
una 
parte 
consistente 
del 
sistema 
economico-
sociale 
di 
allocazione 
dei 
costi 
e 
delle 
risorse 
secondo 
l�analisi 
economica 
del 
diritto. 
Si 
pensi 
alla 
teoria 
della 
loss 
distribution 
della 
dottrina 
nord-Americana 
di 
Coleman 
e 
Fleming 
e 
alla 
necessit� 
di 
individuare 
il 
c.d. 
<primary 
cost 
bearer> 
e 
il 
<gap 
filler>, 
o 
anche 
alla 
teoria 
di 
shavell, 
teorie 
secondo 
le 
quali 
occorre 
che 
il 
risarcimento 
del 
danno, 
secondo 
una 
logica 
non 
solo 
di 
compensazione, 
ma 
anche 
di 
deterrente, 
riporti 
i 
costi 
sociali 
sulla 
curva 
di 
indifferenza, 
intesa 
come 
punto 
di 
equo 
contemperamento 
tra 
costi 
sociali 
e 
risorse 
economiche. 


La 
prassi 
delle 
assicurazioni 
contro gli 
infortuni 
ha 
da 
tempo adattato le 
clausole 
di 
rinuncia 
al 
diritto di 
surrogazione 
ex art. 1916 c.c. che 
consente 
il 
cumulo, 
importante 
driver 
commerciale 
delle 
polizze 
assicurative 
(vedi 
anche 
art. 142 Iv comma cod. ass. private d.lgs n. 205/09) . 


tutto ci� induce 
a 
considerare 
la 
compensatio 
una 
regola 
operazionale 
di 
liquidazione 
del 
danno 
(comprensivo 
di 
lucro 
cessante 
e 
danno 
emergente) 
che 
non pu� non tenere 
conto dell�aliunde 
perceptum 
in una 
logica 
di 
correlativit� 
stretta 
fra 
esternalit� 
negative 
e 
positive, volendo usare 
un linguaggio 
pi� economico che giuridico. 


La 
compensatio 
deve 
basarsi 
sull�unicit�, 
omogeneit� 
del 
titolo 
giuridico. 
Il 
problema 
� 
definire 
tale 
unicit�: 
occorre 
considerare 
l�unicit� 
della 
radice 
causale 
o 
l�omogeneit� 
degli 
effetti? 
La 
risposta 
dipende 
dalla 
concezione 
che 
si ha della responsabilit� civile: 


1) compensativa, volta 
cio� 
al 
ripristino dello status 
quo ante, principio 
dell�indifferenza; 


2) sanzionatoria, punitiva, secondo quanto statuito in tema 
di 
punitive 
damages 
dalla 
sentenza 
SS.UU. 5 luglio 2017 n. 16601 che 
ha 
affermato una 
�nuova� natura polifunzionale della responsabilit� civile. 


Certamente 
assumono un rilievo decisivo l�unicit� del 
soggetto erogatore, 
del 
risarcimento e 
dell�eventuale 
indennizzo e 
la 
natura dell�obbligazione 
volontaria o sociale. L�elemento catalizzatore 
di 
tutte 
le 
fattispecie 
di 
compensatio 
� 
senz�altro 
il 
principio 
indennitario 
ex 
artt. 
1909 
c.c. 
e 
1910 
c.c. 

tali 
articoli 
declinano 
in 
norme 
positive 
il 
c.d. 
�principio 
dell�indifferenza� 
del 
risarcimento: 
in 
altri 
termini 
il 
risarcimento 
del 
danno 
non 
pu� 
rendere 
la 
vittima 
dell�illecito 
n� 
pi� 
ricca 
n� 
pi� 
povera 
di 
quanto 
non 
fosse 
prima 
della 
commissione 
dell�illecito. tale 
principio indennitario si 
desume 
anche 
dall�art. 1223 c.c. (secondo cui 
il 
risarcimento deve 
includere 
solo la 
perdita 
subita 
e 
il 
mancato guadagno); 
dall�art. 1149 c.c. (che 
prevede 
la 
compensazione 
tra 
il 
diritto del 
proprietario alla 
restituzione 
dei 
frutti 
e 
l�obbligo di 
rifondere 
al 
possessore 
le 
spese 
per produrli); 
dall�art. 1479 c.c. (che 
nel 
caso 
di 
vendita 
di 
cosa 
altrui 
prevede 
la 
compensazione 
tra 
il 
minor 
valore 
della 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


cosa 
e 
il 
rimborso del 
prezzo); 
art. 1592 c.c. (che 
prevede 
la 
compensazione 
del credito del locatore per i danni alla cosa con il valore dei miglioramenti). 

Il 
principio 
della 
compensatio 
si 
rinviene 
anche 
in 
alcune 
norme 
speciali: 
art. 1 comma 
1 bis 
della 
l. n. 20 del 
1994 (compensazione 
del 
danno causato 
dal 
pubblico impiegato con i 
vantaggi 
conseguiti 
dalla 
pubblica 
amministrazione), 
o 
il 
d.P.R. 
n. 
327 
del 
2011, 
art. 
33, 
comma 
2 
(il 
quale 
in 
tema 
di 
espropriazione 
per 
pubblica 
utilit� 
prevede 
la 
compensabilit� 
del 
credito 
per 
l�indennit� 
espropriativa 
col 
vantaggio arrecato al 
fondo). da 
tali 
previsioni 
discende 
la 
considerazione 
che 
il 
risarcimento 
non 
pu� 
creare 
in 
favore 
del 
danneggiato 
una 
situazione 
migliore 
di 
quella 
in 
cui 
si 
sarebbe 
trovato 
se 
il 
fatto dannoso non fosse 
avvenuto, immettendo nel 
suo patrimonio un valore 
economico maggiore 
della 
differenza 
patrimoniale 
negativa 
indotta 
dall�illecito. 
Secondo, dunque, i 
sostenitori 
del 
principio dell�indifferenza, il 
risarcimento 
spettante 
alla 
vittima 
dell�illecito 
andr� 
ridotto 
in 
tutti 
i 
casi 
in 
cui, 
senza 
l�illecito, la percezione del vantaggio patrimoniale sarebbe stata impossibile. 

tale 
condizione 
ricorre 
anche 
in tutti 
i 
casi 
in cui 
il 
vantaggio dovuto alla 
vittima 
� 
previsto da 
una 
norma 
di 
legge 
che 
fa 
dell�illecito, ovvero del 
danno 
che 
ne 
� 
derivato, uno dei 
presupposti 
di 
legge 
per l�erogazione 
del 
beneficio. 
tale requisito sussister�, dunque, di norma: 


a) 
Rispetto al 
credito risarcitorio per danno biologico, quando la 
vittima 
di 
lesioni 
personali 
abbia 
percepito dall�INAIL 
l�indennizzo del 
danno biologico, 
ai sensi del d.lgs 23 febbraio 2000 n. 38 art. 13; 


b) 
Rispetto 
al 
credito 
risarcitorio 
per 
danno 
patrimoniale 
da 
incapacit� 
lavorativa, quando la 
vittima 
di 
lesioni 
personali, avendo patito postumi 
permanenti 
superiori 
al 
16%, 
abbia 
percepito 
dall�INAIL 
una 
rendita 
maggiorata, 
e limitatamente a tale maggiorazione; 


c) 
Rispetto 
al 
credito 
risarcitorio 
per 
danno 
patrimoniale 
da 
incapacit� 
lavorativa, quando la 
vittima 
di 
lesioni 
personali 
abbia 
percepito dall�INPS 
la 
pensione di invalidit� (L. n. 118/71); 


d) 
Rispetto al 
credito risarcitorio per danno patrimoniale 
da 
spese 
mediche 
e 
d�assistenza, quando la 
vittima 
di 
lesioni 
personali 
abbia 
percepito dal-
l�INPS l�indennit� di accompagnamento (l. n. 18/1980); 


e) 
Rispetto al 
credito risarcitorio per danno patrimoniale 
da 
perdita 
delle 
elargizioni 
ricevute 
da 
un parente 
deceduto, quando il 
superstite 
abbia 
percepito 
dall�INAIL 
la 
rendita 
di 
cui 
al 
d.P.R. 
30 
giugno 
1965 
n. 
124, 
art. 
66, 
comma 1, n� 4, ovvero una pensione di reversibilit�. 


f) 
Rispetto 
al 
credito 
risarcitorio 
vantato 
nei 
confronti 
del 
Ministero 
della 
Salute 
per danni 
patrimoniali 
e 
non patrimoniali 
scaturenti 
da 
emotrasfusioni 
quando 
il 
danneggiato 
abbia 
percepito 
dalle 
Regioni 
l�indennizzo 
ex 
L. 
210/92. 
Si 
precisa 
che 
in tal 
caso il 
Ministero della 
Salute, trovandosi 
spesso nella 
difficolt� 
di 
conoscere 
l�esatto 
importo 
del 
suddetto 
indennizzo 
erogato 
da 
un 
altro soggetto pubblico (ASL 
- Regioni), nell�eccepire 
la 
compensazione, si 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


trova 
nella 
necessit� 
di 
chiedere 
al 
giudice 
in via 
istruttoria 
l�ordine 
di 
esibizione 
documentale ex art. 210 c.p.c. 


I casi 
sopracitati 
sono quelli 
menzionati 
nell�ordinanza 
n. 15534 del 
22 
giugno 
2017 
della 
III 
Sez. 
della 
Cass. 
Civ., 
la 
quale 
ha 
precisato 
che 
�Ci� 
vale, 
ovviamente, anche 
nel 
caso di 
assicurazione 
contro i 
danni, dove 
il 
beneficio 
(indennizzo) ha natura contrattuale, essendo per� la legge 
(artt. 1904 c.c. e 
ss.) a tipizzare 
il 
contratto in funzione 
del 
"danno sofferto dall'assicurato in 
conseguenza 
del 
sinistro" 
(principio 
indennitario), 
limite 
coessenziale 
alla 
funzione 
stessa del 
contratto assicurativo, e 
rimosso il 
quale 
quest'ultimo degenererebbe 
in una scommessa�. 

La 
suddetta 
ordinanza, dopo aver precisato che 
sul 
piano processuale 
la 
compensatio 
non 
� 
un�eccezione 
in 
senso 
stretto, 
ma 
� 
rilevabile 
d�ufficio 
(Cass. S.U. 7 maggio 2013 n. 10531), sebbene 
non sotratta 
ad un onere 
di 
allegazione 
(Cass. 
24 
settembre 
2014 
n. 
20111 
e 
Cass. 
10 
maggio 
2016 
n. 
9434) 
attraverso un approccio multilivello, ha 
chiarito che: 
< 
la regola secondo cui 
la stima del 
danno deve 
tener 
conto dei 
vantaggi 
realizzati 
dalla vittima, che 
siano conseguenza dell�illecito, risulta: 


a) 
condivisa dalla Corte 
di 
giustizia dell�Unione 
europea, la quale 
ha 
affermato 
che 
in 
un 
giudizio 
di 
responsabilit� 
l�eccezione 
di 
compensatio 
�non 
si 
pu�, in via di 
principio, considerare 
infondata� 
(Corte 
gius. Ce 
4 ottobre 
1979, Deutsche getreideverwertung in cause riunite C-241/78 ed altre); 


b) 
recepita 
dai 
principi 
europei 
di 
diritto 
della 
responsabilit� 
(Principles 
of 
european 
tort 
law 
-Petl 
art. 
10:103, 
i 
quali 
ovviamente 
non 
hanno 
valore 
normativo 
ma 
costituiscono 
pur 
sempre 
un 
utile 
criterio 
guida 
per 
l�interprete>. 


Queste 
considerazioni 
vengono 
riprese 
nella 
sentenza 
n. 
12565/2018 
dove 
si 
legge 
testualmente: 
<analoga 
� 
la 
direttiva 
seguita 
dal 
Draft 
Common 
Frame 
of 
Reference. 
secondo 
l�art. 
6.103 
del 
libro 
vi 
, 
dedicato 
alla 
equalisation 
of 
benefits, 
i 
vantaggi 
derivanti 
al 
soggetto 
che 
abbia 
sofferto 
un 
danno 
giuridicamente 
rilevante 
in 
conseguenza 
dell�evento 
dannoso 
non 
debbono 
essere 
presi 
in 
considerazione 
nel 
quantificare 
il 
danno, 
a 
meno 
che 
sia 
giusto 
e 
ragionevole 
farlo, 
avuto 
riguardo 
al 
tipo 
di 
danno 
sofferto, 
alla 
natura 
della 
responsabilit� 
addebitata 
alla 
persona 
che 
ha 
causato 
il 
danno 
e, 
quando 
il 
beneficio 
sia 
erogato 
da 
un 
terzo, 
allo 
scopo 
perseguito 
conferendo 
il 
beneficio. 


nell�una e 
nell�altra prospettiva, pertanto, si 
� 
ben lontani 
dal 
suggerire 
una 
regola 
categoriale 
destinata 
ad 
operare 
in 
modo 
�bilancistico�: 
cՏ, 
piuttosto, 
l�invito 
ad 
instaurare 
un 
confronto 
tra 
il 
danno 
e 
il 
vantaggio 
che 
di 
volta in volta viene 
in rilievo, alla ricerca della ragione 
giustificatrice 
del 
beneficio 
collaterale e, quindi, di una ragionevole applicazione del diffalco. 


la selezione 
tra i 
casi 
in cui 
ammettere 
o negare 
il 
diffalco deve 
essere 
fatta, dunque, per 
classi 
di 
casi, passando attraverso il 
filtro di 
quella che 
� 
stata definita la �giustizia� 
del 
beneficio e, in questo ambito, considerando 
la funzione specifica svolta dal vantaggio. 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Cos�, 
nel 
caso 
di 
assicurazione 
sulla 
vita, 
l�indennit� 
si 
cumula 
con 
il 
risarcimento, 
perch� 
si 
� 
di 
fronte 
ad 
una 
forma 
di 
risparmio 
posta 
in 
essere 
dal-
l�assicurato sopportando l�onere 
dei 
premi, e 
l�indennit�, vera e 
propria 
contropartita 
di 
quei 
premi, 
svolge 
una 
funzione 
diversa 
da 
quella 
risarcitoria 
ed 
� 
corrisposta 
per 
un 
interesse 
che 
non 
� 
quello 
di 
beneficiare 
il 
danneggiante. 


Una verifica per 
classi 
di 
casi 
si 
impone 
anche 
per 
accertare 
se 
l�ordinamento 
abbia coordinato le 
diverse 
risposte 
istituzionali, del 
danno da una 
parte 
e 
del 
beneficio dall�altra, prevedendo un meccanismo di 
surroga o di 
rivalsa, capace 
di 
valorizzare 
l�indifferenza del 
risarcimento, ma nello stesso 
tempo di 
evitare 
che 
quanto erogato dal 
terzo al 
danneggiato si 
traduca in un 
vantaggio inaspettato per 
l�autore 
dell�illecito�.>. 
Nel 
prosieguo della 
motivazione 
della 
sentenza 
n. 
12565/2018 
la 
Corte 
richiama 
le 
conclusioni 
del 
pubblico 
ministero 
secondo 
il 
quale 
sono 
<due 
i 
presupposti 
essenziali 
per 
poter 
svolgere 
la decurtazione 
del 
vantaggio: accanto al 
contenuto per 
classi 
omogenee 
o per 
ragioni 
giustificatrici, del 
vantaggio, la previsione, appunto, 
di 
un meccanismo di 
surroga, di 
rivalsa o di 
recupero, che 
instaura la correlazione 
tra classi attributive altrimenti disomogenee>. 


L�obiezione 
che 
viene 
mossa 
all�applicazione 
della 
compensatio 
attiene 
al 
pagamento dei 
premi 
assicurativi. Si 
obietta 
infatti 
che, avendo l�assicurato 
pagato 
i 
premi, 
egli 
avrebbe 
comunque 
diritto 
all�indennizzo 
in 
aggiunta 
al 
risarcimento, 
altrimenti il pagamento dei premi sarebbe 
sine causa. 


Ma 
il 
pagamento 
del 
premio 
� 
in 
sinallagma 
col 
trasferimento 
del 
rischio 
e 
non 
con 
il 
pagamento 
dell�indennizzo, 
altrimenti 
il 
contratto 
d�assicurazione 
si 
trasformerebbe 
in 
una 
scommessa, 
venendo 
meno 
il 
requisito 
strutturale-funzionale 
del 
rischio 
che, 
ai 
sensi 
dell�art. 
1895 
c.c. 
deve 
configurarsi 
come 
la 
possibilit� 
di 
un 
avveramento 
di 
un 
evento 
futuro, 
incerto, 
dannoso 
e 
non 
voluto. 


La 
prospettiva 
non 
� 
quella 
della 
coincidenza 
formale 
dei 
titoli, 
ma 
quella 
del 
collegamento 
funzionale 
tra 
la 
causa 
dell�attribuzione 
patrimoniale 
e 
l�obbligazione 
risarcitoria. 


Le 
Sezioni 
Unite, affermando per il 
caso Ustica 
il 
principio di 
diritto, secondo 
il 
quale 
<il 
danno 
da 
fatto 
illecito 
deve 
essere 
liquidato 
sottraendo 
dall�ammontare 
del 
danno 
risarcibile 
l�importo 
dell�indennit� 
assicurativa 
derivante 
da 
un�assicurazione 
contro 
i 
danni 
che 
il 
danneggiato-assicurato 
abbia riscosso in conseguenza di 
quel 
fatto>, delineano nel 
contempo la 
necessit� 
di 
adottare 
una 
tecnica 
casistica 
che 
si 
basi, in un�ottica 
valoriale 
e 
solidaristica 
ex 
art. 
2 
Cost., 
sul 
�the 
purpose 
of 
the 
benefit� 
(richiamato 
dai 
Principles 
of european tort 
Law-PetL 
art. 10:103), ossia 
sullo scopo o �ragione 
giustificatrice 
del 
beneficio� 
per settori 
di 
disciplina 
e 
per classi 
omogenee 
di 
beni/interessi 
giuridici 
protetti, 
al 
fine 
di 
approdare 
ad 
un 
risarcimento 
che 
rappresenti 
un equo ristoro delle 
conseguenze 
dannose 
subite 
dal 
danneggiato, 
ma non occasione di ingiustificato arricchimento. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


Cassazione 
civile, sezioni 
Unite, sentenza 22 maggio 2018 n. 12565 -Pres. G. Mammone, 
Rel. A. Giusti 
- Ministero della 
difesa 
e 
Ministero delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti 
(avv. gen. 
Stato) c. Aerolinee Itavia S.p.A. (avv. G. Alessi). 


RAGIONI deLLA deCISIONe 
(...) 


4. - Sulla 
questione 
se 
dall'ammontare 
dei 
danni 
risarcibili 
dal 
danneggiante 
debba 
essere 
detratta 
l'indennit� 
assicurativa 
derivante 
dall'assicurazione 
contro i 
danni 
che 
il 
danneggiato 
abbia percepito in conseguenza del fatto illecito, si confrontano due orientamenti. 
4.1. 
-Secondo 
un 
primo 
indirizzo, 
indennit� 
assicurativa 
e 
risarcimento 
del 
danno 
sono 
cumulabili 
se 
l'assicuratore 
non esercita 
la 
surrogazione: 
poich� 
la 
surrogazione 
ai 
sensi 
del-
l'art. 1916 c.c. non � 
un effetto automatico del 
pagamento dell'indennit�, ma 
una 
facolt� 
il 
cui 
esercizio 
dipende 
dall'assicuratore, 
qualora 
costui 
non 
si 
avvalga 
di 
tale 
facolt�, 
il 
danneggiato 
pu� agire 
per il 
risarcimento del 
danno nei 
confronti 
del 
terzo responsabile 
senza 
che 
questi, 
estraneo al 
rapporto di 
assicurazione, possa 
opporgli 
l'avvenuta 
riscossione 
dell'indennit� 
assicurativa. 
L'orientamento si 
fonda 
sul 
rilievo che 
il 
meccanismo surrogatorio ex art. 1916 c.c. - peculiare 
forma 
di 
successione 
a 
titolo particolare 
e 
di 
carattere 
derivativo dell'assicuratore 
nel 
diritto di 
credito del 
danneggiato - non opera 
automaticamente, cio� 
come 
conseguenza 
del 
fatto puro e 
semplice 
del 
pagamento dell'indennit� 
assicurativa, ma 
solo se 
e 
nel 
momento in 
cui 
l'assicuratore, dopo averla 
corrisposta 
all'assicurato-danneggiato ed avvalendosi 
della 
facolt� 
concessagli 
dal 
codice, comunica 
al 
terzo responsabile 
del 
danno l'avvenuta 
solutio 
e 
manifesta 
contestualmente 
la 
volont� 
di 
surrogarsi 
nei 
diritti 
dell'assicurato verso il 
terzo, al 
fine 
appunto di 
rivalersi 
su questo della 
somma 
pagata 
a 
quello. Prima 
della 
comunicazione 
al 
responsabile 
del 
danno, da 
parte 
dell'assicuratore, della 
volont� 
di 
avvalersi 
del 
diritto di 
surrogazione, non si 
verifica, per effetto della 
corresponsione 
dell'indennit�, alcuna 
sostituzione 
nel 
diritto di 
credito del 
danneggiato, il 
quale, ancorch� 
abbia 
gi� 
riscosso l'indennizzo, 
pu� 
dunque 
agire 
nei 
confronti 
del 
responsabile 
del 
danno 
e 
per 
i 
ristoro 
integrale 
di 
esso. 
Soltanto se 
l'assicurato si 
avvale 
della 
facolt� 
di 
surrogarsi 
nei 
diritti 
del 
danneggiato si 
ha 
la 
conseguenza 
che, 
da 
tale 
momento 
e 
per 
la 
somma 
corrispondente 
alla 
riscossa 
indennit�, 
l'assicurato 
non � 
pi� legittimato a 
pretendere 
dal 
terzo il 
risarcimento del 
danno, essendosi 
la 
relativa legittimazione trasferita, nei limiti derivanti dalla surrogazione, all'assicuratore. 


Secondo 
tale 
orientamento, 
il 
cumulo 
di 
indennizzo 
e 
risarcimento 
non 
� 
precluso 
dal 
principio 
della 
compensatio lucri 
cum 
damno, destinato a 
trovare 
applicazione 
solo nel 
caso in 
cui 
il 
vantaggio ed il 
danno siano entrambi 
conseguenza 
immediata 
e 
diretta 
del 
fatto illecito, 
quali 
suoi 
effetti 
contrapposti, e, quindi, non operante 
allorch� 
l'assicurato riceva 
dall'assicuratore 
contro i 
danni 
il 
relativo indennizzo a 
causa 
del 
fatto illecito del 
terzo. tale 
prestazione 
ripete 
infatti 
la 
sua 
fonte 
e 
la 
sua 
ragione 
giuridica 
dal 
contratto di 
assicurazione 
e 
cio� 
da 
un 
titolo diverso ed indipendente 
dall'illecito stesso, il 
quale 
costituisce 
soltanto la 
condizione 
perch� 
questo titolo spieghi 
la 
sua 
efficacia, senza 
che 
il 
correlativo effetto di 
incremento patrimoniale 
eventualmente 
conseguito dall'assicurato possa 
incidere 
sul 
quantum 
del 
risarcimento 
dovuto dal danneggiante. 


Questo indirizzo, tradizionalmente 
seguito nella 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte, ha 
avuto 
per 
lungo 
tempo 
applicazione 
incontrastata 
(Cass., 
Sez. 
I, 
23 
ottobre 
1954, 
n. 
4019; 
Cass., 
Sez. III, 29 marzo 1968, n. 971; 
Cass., Sez. III, 7 aprile 
1970, n. 961; 
Cass., Sez. III, 8 settembre 
1970, 
n. 
1347; 
Cass., 
Sez. 
I, 
9 
dicembre 
1971, 
n. 
3562; 
Cass., 
Sez. 
III, 
21 
agosto 
1985, 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


n. 4473; 
Cass., Sez. III, 26 febbraio 1988, n. 2051; 
Cass., Sez. III, 10 febbraio 1999, n. 1135; 
Cass., Sez. III, 23 dicembre 2003, n. 19766). 
esso ha 
ricevuto l'avallo delle 
Sezioni 
Unite: 
le 
quali 
- chiamate 
a 
risolvere 
la 
questione 
se 
sia 
di 
valore 
o di 
valuta 
il 
credito fatto valere 
dall'assicuratore 
ai 
sensi 
dell'art. 1916 c.c. - con 
la 
sentenza 
13 
marzo 
1987, 
n. 
2639, 
hanno 
incidentalmente 
riconosciuto 
come 
assolutamente 
univoco l'indirizzo a 
favore 
del 
cumulo della 
posta 
risarcitoria 
per il 
danneggiato-assicurato 
che 
abbia 
gi� 
riscosso l'indennizzo assicurativo, e 
ci� sino a 
quando il 
diritto potestativo di 
surroga non sia stato fatto valere dall'assicuratore. 


4.2. - Secondo un opposto orientamento - espresso da 
Cass., Sez. III, 11 giugno 2014, n. 
13233, in un caso di 
assicurazione 
contro gli 
infortuni 
non mortali 
- indennit� 
assicurativa 
e 
risarcimento del 
danno assolvono ad un'identica 
funzione 
risarcitoria 
e 
non possono cumulativamente 
convivere: 
la 
percezione 
dell'indennizzo, da 
parte 
del 
danneggiato, elide 
in misura 
corrispondente 
il 
suo credito risarcitorio nei 
confronti 
del 
danneggiante, che 
pertanto si 
estingue 
e 
non 
pu� 
essere 
pi� 
preteso, 
n� 
azionato. 
Come 
l'assicuratore 
pu� 
legittimamente 
rifiutare 
il 
pagamento dell'indennizzo ove 
l'assicurato abbia 
gi� 
ottenuto l'integrale 
risarcimento del 
danno dal 
responsabile, cos� 
il 
responsabile 
del 
danno pu� legittimamente 
rifiutare 
il 
pagamento 
del 
risarcimento 
allorch� 
l'assicurato 
abbia 
gi� 
ottenuto 
il 
pagamento 
dell'indennit� 
dal 
proprio assicuratore privato contro i danni. 
L'indirizzo 
muove 
dalla 
premessa 
che 
la 
diversit� 
dei 
titoli 
in 
base 
ai 
quali 
l'assicuratodanneggiato 
pu� vantare 
da 
un lato l'indennizzo e 
dall'altro il 
risarcimento, non consente 
di 
superare 
il 
principio 
indennitario, 
e 
dal 
rilievo 
che 
con 
il 
cumulo 
di 
indennizzo 
e 
risarcimento, 
non 
giustificato 
dal 
pagamento 
del 
premio, 
l'assicurato 
verrebbe 
ad 
avere 
un 
interesse 
positivo 
all'avverarsi del sinistro. 


Secondo questa 
linea 
ricostruttiva, per effetto del 
pagamento dell'indennizzo assicurativo, 
il 
diritto al 
risarcimento si 
trasferisce 
dall'assicurato-danneggiato all'assicuratore, con la 
conseguenza 
che, 
a 
seguito 
della 
surrogazione, 
l'assicurato 
non 
� 
pi� 
titolare 
del 
credito 
risarcitorio 
e non pu� esigerne il pagamento dal terzo danneggiante. 


L'impossibilit�, per l'assicurato, di 
cumulare 
indennizzo e 
risarcimento poggia 
inoltre 
sul 
principio di 
integralit� 
del 
risarcimento, in virt� del 
quale 
il 
danneggiato non pu�, dopo il 
risarcimento, 
trovarsi 
in una 
condizione 
patrimoniale 
pi� favorevole 
rispetto a 
quella 
in cui 
si 
trovava 
prima 
di 
restare 
vittima 
del 
fatto illecito: 
sicch�, nell'ipotesi 
in cui 
il 
danneggiato percepisca 
l'indennizzo assicurativo prima 
del 
risarcimento del 
danno, l'obbligo risarcitorio del 
terzo responsabile 
viene 
meno in quanto l'intervento dell'assicuratore 
ha 
eliso (in tutto o in 
parte) il 
pregiudizio patito dal 
danneggiato stesso, e 
non si 
pu� pretendere 
il 
risarcimento di 
un danno che non c'� pi�. 


In base 
a 
questo orientamento, la 
surrogazione 
dell'assicuratore 
non interferisce 
in alcun 
modo con il 
problema 
dell'esistenza 
del 
danno, e 
quindi 
con il 
principio indennitario: 
abbia 
o 
non abbia 
l'assicuratore 
rinunciato alla 
surroga, non pu� essere 
risarcito il 
danno inesistente 
ab origine 
o non pi� esistente, ed il 
danno indennizzato dall'assicuratore 
� 
un danno che 
ha 
cessato di 
esistere 
dal 
punto di 
vista 
giuridico dal 
momento in cui 
la 
vittima 
ha 
percepito l'indennizzo 
e fino all'ammontare di questo. 


4.2.1. - Il 
Collegio della 
terza 
Sezione 
rimettente 
prospetta 
come 
preferibile 
il 
pi� recente 
indirizzo. 
Il 
Collegio 
rimettente 
dichiara 
di 
auspicare 
che 
il 
problema 
interpretativo 
che 
sta 
alla 
base 
della 
questione 
sia 
risolto 
secondo 
i 
seguenti 
principi: 
(a) 
alla 
vittima 
d'un 
fatto 
illecito 
spetta 
il 
risarcimento 
del 
danno 
esistente 
nel 
suo 
patrimonio 
al 
momento 
della 
liquidazione; 
(b) 
nella 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


stima 
di 
questo 
danno 
occorre 
tenere 
conto 
dei 
vantaggi 
che, 
prima 
della 
liquidazione, 
siano 
pervenuti 
o 
certamente 
perverranno 
alla 
vittima, 
a 
condizione 
che 
il 
vantaggio 
possa 
dirsi 
causato 
dal 
fatto 
illecito; 
(c) 
per 
stabilire 
se 
il 
vantaggio 
sia 
stato 
causato 
dal 
fatto 
illecito 
deve 
applicarsi 
la 
stessa 
regola 
di 
causalit� 
utilizzata 
per 
accertare 
se 
il 
danno 
sia 
conseguenza 
dell'illecito. 


Ad avviso del 
Collegio rimettente, a 
pretendere 
la 
medesimezza 
del 
titolo per il 
danno e 
per il 
lucro ai 
fini 
dell'operativit� 
della 
compensatio 
anche 
nelle 
fattispecie 
che 
si 
caratterizzano 
per la 
presenza 
di 
rapporti 
giuridici 
trilaterali, si 
finirebbe 
per negare 
di 
fatto qualsiasi 
spazio 
all'istituto, 
essendo 
assai 
raro 
(se 
non 
impossibile) 
che 
un 
fatto 
illecito 
possa 
provocare 
da 
s� 
solo, ossia 
senza 
il 
concorso di 
nessun altro fattore 
umano o giuridico, sia 
una 
perdita, 
sia 
un guadagno. Si 
tratterebbe 
invece 
unicamente 
di 
stabilire 
se 
il 
lucro costituisca 
o meno 
una 
conseguenza 
immediata 
e 
diretta 
del 
fatto illecito ai 
sensi 
dell'art. 1223 c.c. Qualificare 
d'altra 
parte 
molti 
vantaggi 
come 
occasionati 
e 
non 
causati 
dal 
fatto 
illecito 
sarebbe 
incoerente 
con 
la 
moderna 
nozione 
di 
causalit� 
giuridica: 
pertanto, 
allorquando 
il 
fatto 
di 
danno 
sia 
anche 
coelemento di 
una 
fattispecie, di 
fonte 
normativa 
o negoziale, costitutiva 
di 
una 
provvidenza 
indennitaria 
a 
favore 
del 
danneggiato, pure 
siffatta 
provvidenza 
- si 
sostiene 
- rappresenta 
un 
effetto giuridico immediato e 
diretto della 
condotta 
che 
quel 
danno ha 
provocato, giacch� 
da 
essa deriva secondo un processo di lineare regolarit� causale. 


Secondo la 
lettura 
proposta 
nell'ordinanza 
di 
rimessione, il 
cumulo dei 
benefici, rispettivamente 
di 
carattere 
indennitario e 
risarcitorio, determinerebbe 
nei 
fatti 
una 
locupletazione 
del 
danneggiato, strutturalmente 
incompatibile 
con la 
natura 
meramente 
reintegratoria 
della 
responsabilit� 
civile, 
tenuto 
conto 
che 
il 
risarcimento 
non 
pu� 
creare 
in 
favore 
del 
danneggiato 
una 
situazione 
migliore 
di 
quella 
in cui 
si 
sarebbe 
trovato se 
il 
fatto dannoso non fosse 
avvenuto, 
immettendo nel 
suo patrimonio un valore 
economico maggiore 
della 
differenza 
patrimoniale 
negativa indotta dall'illecito. 


Con particolare 
riferimento allo specifico quesito concernente 
la 
cumulabilit� 
o meno del-
l'indennit� 
assicurativa, 
l'ordinanza 
interlocutoria 
osserva 
che 
nel 
caso 
di 
assicurazione 
contro 
i 
danni, dove 
il 
beneficio (indennizzo) ha 
natura 
contrattuale, � 
per� la 
legge 
(artt. 1904 c.c. 
e 
ss.) a 
tipizzare 
il 
contratto in funzione 
del 
danno sofferto dall'assicurato in conseguenza 
del 
sinistro; 
e 
precisa 
che 
l'estinzione 
del 
diritto al 
risarcimento in capo all'assicurato avviene 
per 
effetto 
del 
solo 
pagamento 
dell'indennit� 
assicurativa 
e 
non 
in 
conseguenza 
della 
surrogazione, 
"la quale, semmai, � un effetto dell'estinzione e non la causa di essa". 


5. - Come 
correttamente 
rileva 
l'ordinanza 
interlocutoria 
della 
terza 
Sezione, la 
soluzione 
della 
specifica 
questione 
rimessa 
all'esame 
delle 
Sezioni 
Unite 
coinvolge 
un 
tema 
di 
carattere 
pi� generale, che 
attiene 
alla 
individuazione 
della 
attuale 
portata 
del 
principio della 
compensatio 
lucri 
cum 
damno e 
sollecita 
una 
risposta 
all'interrogativo se 
e 
a 
quali 
condizioni, nella 
determinazione 
del 
risarcimento 
del 
danno 
da 
fatto 
illecito, 
accanto 
alla 
poste 
negative 
si 
debbano 
considerare, operando una 
somma 
algebrica, le 
poste 
positive 
che, successivamente 
al 
fatto illecito, si presentano nel patrimonio del danneggiato. 
L'ordinanza 
di 
rimessione 
pone 
questo tema 
a 
oggetto di 
un quesito di 
portata 
pi� ampia 
di 
quello riguardante 
la 
detraibilit� 
o meno dell'indennit� 
di 
assicurazione: 
se 
la 
compensatio 
"possa 
operare 
come 
regola 
generale 
del 
diritto civile 
ovvero in relazione 
soltanto a 
determinate 
fattispecie"; 
"se 
nella 
liquidazione 
del 
danno debba 
tenersi 
conto del 
vantaggio che 
la 
vittima 
abbia 
comunque 
ottenuto in conseguenza 
del 
fatto illecito", percependo emolumenti 
versatigli 
non 
solo 
da 
assicuratori 
privati 
(come 
nella 
specie), 
bens� 
anche 
"da 
assicuratori 
sociali, 
da 
enti 
di 
previdenza, ovvero anche 
da 
terzi, ma 
comunque 
in virt� di 
atti 
indipendenti 
dalla volont� del danneggiante". 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


tale 
interrogativo, 
al 
quale 
� 
sottesa 
una 
richiesta 
indistinta 
e 
omologante 
di 
tutte 
le 
possibili 
evenienze 
legate 
al 
sopravvenire, al 
fatto illecito produttivo di 
conseguenze 
dannose, di 
benefici 
collaterali 
al 
danneggiato, viene 
esaminato dalle 
Sezioni 
Unite 
nei 
limiti 
della 
sua 
rilevanza: 
fino al 
punto, cio�, in cui 
esso rappresenta 
un presupposto o una 
premessa 
sistematica 
indispensabile 
per 
l'enunciazione, 
a 
risoluzione 
del 
contrasto 
di 
giurisprudenza, 
di 
un 
principio 
di diritto legato all'orizzonte di attesa della fattispecie concreta. 


Questa 
delimitazione 
di 
ambito e 
di 
prospettiva 
non � 
frutto di 
una 
scelta 
discrezionale 
del 
Collegio decidente, ma 
conseguenza 
che 
si 
ricollega 
alle 
funzioni 
ordinamentali 
e 
alle 
attribuzioni 
processuali 
delle 
Sezioni 
Unite, alle 
quali 
� 
affidata, non l'enunciazione 
di 
principi 
generali 
e 
astratti 
o di 
verit� 
dogmatiche 
sul 
diritto, ma 
la 
soluzione 
di 
questioni 
di 
principio 
di 
valenza 
nomofilattica 
pur sempre 
riferibili 
alle 
specificit� 
del 
singolo caso della 
vita. Se 
ne 
ha 
una 
conferma 
nella 
stessa 
previsione 
dell'art. 363 c.p.c., perch� 
anche 
l� 
dove 
la 
Corte 
di 
cassazione 
� 
chiamata 
ad enunciare 
un principio di 
diritto nell'interesse 
della 
legge, si 
tratta 
tuttavia 
del 
principio di 
diritto al 
quale 
il 
giudice 
di 
merito avrebbe 
dovuto attenersi 
nella 
risoluzione 
della specifica controversia. 


5.1. - L'esistenza 
dell'istituto della 
compensatio, inteso come 
regola 
di 
evidenza 
operativa 
per 
la 
stima 
e 
la 
liquidazione 
del 
danno, 
non 
� 
controversa 
nella 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte, trovando il 
proprio fondamento nella 
idea 
del 
danno risarcibile 
quale 
risultato di 
una 
valutazione globale degli effetti prodotti dall'atto dannoso. 
Se 
l'atto dannoso porta, accanto al 
danno, un vantaggio, quest'ultimo deve 
essere 
calcolato 
in diminuzione 
dell'entit� 
del 
risarcimento: 
infatti, il 
danno non deve 
essere 
fonte 
di 
lucro e 
la 
misura 
del 
risarcimento non deve 
superare 
quella 
dell'interesse 
leso o condurre 
a 
sua 
volta 
ad 
un 
arricchimento 
ingiustificato 
del 
danneggiato. 
Questo 
principio 
� 
desumibile 
dall'art. 
1223 c.c., il 
quale 
stabilisce 
che 
il 
risarcimento del 
danno deve 
comprendere 
cos� 
la 
perdita 
subita 
dal 
danneggiato come 
il 
mancato guadagno, in quanto siano conseguenza 
immediata 
e 
diretta 
del 
fatto 
illecito. 
tale 
norma 
implica, 
in 
linea 
logica, 
che 
l'accertamento 
conclusivo 
degli 
effetti 
pregiudizievoli 
tenga 
anche 
conto degli 
eventuali 
vantaggi 
collegati 
all'illecito in 
applicazione 
della 
regola 
della 
causalit� 
giuridica. Se 
cos� 
non fosse 
- se, cio�, nella 
fase 
di 
valutazione 
delle 
conseguenze 
economiche 
negative, dirette 
ed immediate, dell'illecito non si 
considerassero 
anche 
le 
poste 
positive 
derivate 
dal 
fatto 
dannoso 
-il 
danneggiato 
ne 
trarrebbe 
un 
ingiusto 
profitto, 
oltre 
i 
limiti 
del 
risarcimento 
riconosciuto 
dall'ordinamento 
giuridico 
(Cass., Sez. III, 11 luglio 1978, n. 3507). 


In 
altri 
termini, 
il 
risarcimento 
deve 
coprire 
tutto 
il 
danno 
cagionato, 
ma 
non 
pu� 
oltrepassarlo, 
non 
potendo 
costituire 
fonte 
di 
arricchimento 
del 
danneggiato, 
il 
quale 
deve 
invece 
essere 
collocato 
nella 
stessa 
curva 
di 
indifferenza 
in 
cui 
si 
sarebbe 
trovato 
se 
non 
avesse 
subito 
l'illecito: 
come 
l'ammontare 
del 
risarcimento 
non 
pu� 
superare 
quello 
del 
danno 
effettivamente 
prodotto, 
cos� 
occorre 
tener 
conto 
degli 
eventuali 
effetti 
vantaggiosi 
che 
il 
fatto 
dannoso 
ha 
provocato 
a 
favore 
del 
danneggiato, 
calcolando 
le 
poste 
positive 
in 
diminuzione 
del 
risarcimento. 


5.2. 
-Controversi 
sono 
piuttosto 
la 
portata 
e 
l'ambito 
di 
operativit� 
della 
figura, 
ossia 
i 
limiti 
entro i 
quali 
la 
compensatio 
pu� trovare 
applicazione, soprattutto l� 
dove 
il 
vantaggio 
acquisito al 
patrimonio del 
danneggiato in connessione 
con il 
fatto illecito derivi 
da 
un titolo 
diverso e vi siano due soggetti obbligati, appunto sulla base di fonti differenti. 
� 
la 
situazione 
che 
si 
verifica 
quando, accanto al 
rapporto tra 
il 
danneggiato e 
chi 
� 
chiamato 
a 
rispondere 
civilmente 
dell'evento dannoso, si 
profila 
un rapporto tra 
lo stesso danneggiato 
ed un soggetto diverso, a 
sua 
volta 
obbligato, per legge 
o per contratto, ad erogare 
al 
primo 
un 
beneficio 
collaterale: 
si 
pensi 
all'assicurazione 
privata 
contro 
i 
danni, 
nella 
quale 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


l'assicuratore, verso il 
pagamento di 
un premio, si 
obbliga 
a 
rivalere 
l'assicurato, entro i 
limiti 
convenuti, del 
danno ad esso prodotto da 
un sinistro; 
si 
considerino i 
benefici 
della 
sicurezza 
e 
dell'assistenza 
sociale, da 
quelli 
legati 
al 
rapporto di 
lavoro (e 
scaturenti 
dalla 
tutela 
contro 
gli 
infortuni 
e 
le 
malattie 
professionali) a 
quelli 
rivolti 
ad assicurare 
ad ogni 
cittadino inabile 
al 
lavoro e 
sprovvisto di 
mezzi 
necessari 
per vivere 
una 
tutela 
assistenziale; 
si 
pensi, ancora, 
alle 
numerose 
previsioni 
di 
legge 
che 
contemplano 
indennizzi 
o 
speciali 
elargizioni 
che 
lo 
Stato corrisponde, per ragioni 
di 
solidariet�, a 
coloro che 
subiscono un danno in occasione 
di 
disastri o tragedie e alle vittime del terrorismo o della criminalit� organizzata. 


La 
vicenda 
concreta 
all'esame 
delle 
Sezioni 
Unite 
si 
colloca 
in quest'ambito. Sussistendo 
la 
responsabilit� 
del 
terzo per il 
danno prodotto da 
un sinistro per il 
cui 
rischio il 
danneggiato 
si 
era 
in precedenza 
assicurato, a 
quest'ultimo spettano distinti 
diritti 
di 
credito: 
da 
un lato, il 
credito di 
risarcimento nei 
confronti 
del 
responsabile 
e, dall'altro, il 
credito di 
indennizzo nei 
confronti 
dell'assicuratore. Il 
duplice 
rapporto bilaterale 
� 
quindi 
rappresentato, per un verso, 
dalla 
relazione 
creata 
dal 
fatto illecito, permeata 
dalla 
disciplina 
della 
responsabilit� 
civile, e, 
per l'altro verso, dal rapporto discendente dal contratto di assicurazione. 


In 
questa 
ed 
in 
altre 
fattispecie 
similari 
si 
tratta 
di 
stabilire 
se 
l'incremento 
patrimoniale 
realizzatosi 
in connessione 
con l'evento dannoso per effetto del 
beneficio collaterale 
avente 
un proprio titolo e 
una 
relazione 
causale 
con un diverso soggetto tenuto per legge 
o per contratto 
ad erogare 
quella 
provvidenza, debba 
restare 
nel 
patrimonio del 
danneggiato cumulandosi 
con 
il 
risarcimento 
del 
danno 
o 
debba 
essere 
considerato 
ai 
fini 
della 
corrispondente 
diminuzione dell'ammontare del risarcimento. 


5.3. - Restano fuori 
dal 
quesito rivolto alle 
Sezioni 
Unite 
le 
ipotesi 
in cui, pur in presenza 
di 
titoli 
differenti, vi 
sia 
unicit� 
del 
soggetto responsabile 
del 
fatto illecito fonte 
di 
danni 
ed 
al contempo obbligato a corrispondere al danneggiato una provvidenza indennitaria. 
In 
queste 
ipotesi 
vale 
la 
regola 
del 
diffalco, 
dall'ammontare 
del 
risarcimento 
del 
danno, 
della posta indennitaria avente una cospirante finalit� compensativa. 


La 
compensatio 
opera 
cio� 
in 
tutti 
i 
casi 
in 
cui 
sussista 
una 
coincidenza 
tra 
il 
soggetto 
autore 
dell'illecito tenuto al 
risarcimento e 
quello chiamato per legge 
ad erogare 
il 
beneficio, 
con l'effetto di 
assicurare 
al 
danneggiato una 
reintegra 
del 
suo patrimonio completa 
e 
senza 
duplicazioni. 


Questa 
Corte, anche 
a 
Sezioni 
Unite, ha 
infatti 
affermato che 
l'indennizzo corrisposto al 
danneggiato, 
ai 
sensi 
della 
L. 
25 
febbraio 
1992, 
n. 
210, 
a 
seguito 
di 
emotrasfusioni 
con 
sangue 
infetto deve 
essere 
integralmente 
scomputato dalle 
somme 
spettanti 
a 
titolo di 
risarcimento 
del 
danno, 
venendo 
altrimenti 
la 
vittima 
a 
godere 
di 
un 
ingiustificato 
arricchimento 
consistente 
nel 
porre 
a 
carico di 
un medesimo soggetto (il 
Ministero della 
salute) due 
diverse 
attribuzioni 
patrimoniali 
in relazione 
al 
medesimo fatto lesivo (Cass., Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 584; 
Cass., Sez. III, 14 marzo 2013, n. 6573). 


Alla medesima conclusione � pervenuta la giurisprudenza amministrativa. 


Chiamato a 
stabilire, nell'espressione 
nomofilattica 
dell'Adunanza 
Plenaria, se 
la 
somma 
dovuta 
dal 
datore 
di 
lavoro pubblico ad un proprio dipendente 
per lesione 
della 
salute 
conseguente 
alla 
esalazione 
di 
amianto nei 
luoghi 
di 
lavoro sia 
cumulabile 
con l'indennizzo percepito 
a 
seguito del 
riconoscimento della 
dipendenza 
dell'infermit� 
da 
causa 
di 
servizio ovvero 
se 
tale 
indennizzo debba 
essere 
decurtato dal 
risarcimento del 
danno, il 
Consiglio di 
Stato, 
con la 
sentenza 
n. 1 del 
2018, ha 
enunciato il 
principio di 
diritto secondo cui 
"la 
presenza 
di 
un'unica 
condotta 
responsabile, che 
fa 
sorgere 
due 
obbligazioni 
da 
atto illecito in capo al 
medesimo 
soggetto derivanti 
da 
titoli 
diversi 
aventi 
la 
medesima 
finalit� 
compensativa 
del 
pre



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


giudizio subito dallo stesso bene 
giuridico protetto, determina 
la 
costituzione 
di 
un rapporto 
obbligatorio 
sostanzialmente 
unitario 
che 
giustifica, 
in 
applicazione 
della 
regola 
della 
causalit� 
giuridica 
e 
in coerenza 
con la 
funzione 
compensativa 
e 
non punitiva 
della 
responsabilit�, il 
divieto del 
cumulo con conseguente 
necessit� 
di 
detrarre 
dalla 
somma 
dovuta 
a 
titolo di 
risarcimento 
del danno contrattuale quella corrisposta a titolo indennitario". 


Preme 
qui 
sottolineare 
i 
fondamentali 
passaggi 
attraverso 
i 
quali 
si 
snoda 
l'argomentazione 
che 
sostiene 
la 
decisione 
del 
giudice 
amministrativo: 
(a) 
"l'applicazione 
delle 
regole 
della 
causalit� 
giuridica 
impone 
che 
venga 
liquidato 
soltanto 
il 
danno 
effettivamente 
subito 
dal 
danneggiato"; 
(b) "il 
riconoscimento del 
cumulo implicherebbe 
l'attribuzione 
alla 
responsabilit� 
contrattuale 
di 
una 
funzione 
punitiva", giacch� 
l'esistenza 
"di 
un solo soggetto responsabile 
e 
obbligato comporterebbe 
per esso l'obbligo di 
corrispondere 
una 
somma 
superiore 
a 
quella 
necessaria 
per reintegrare 
la 
sfera 
del 
danneggiato con ingiustificata 
locupletazione 
da 
parte 
di 
quest'ultimo": 
risultato, questo, non ammissibile, difettando "una 
espressa 
previsione 
legislativa 
che 
contempli 
un illecito punitivo e 
dunque 
autorizzi 
un rimedio sovracompensativo", 
non essendo nemmeno configurabile 
"una 
duplice 
causa 
dell'attribuzione 
patrimoniale"; 
(c) 
"nella 
fattispecie 
in esame 
l'accertata 
finalit� 
compensativa 
di 
entrambi 
i 
titoli 
delle 
obbligazioni 
concorrenti 
e 
del 
conseguente 
meccanismo 
risarcitorio, 
nonch� 
la 
semplicit� 
del 
rapporto 
che 
evita 
le 
possibili 
complicazioni 
ricostruttive 
connesse 
al 
funzionamento 
della 
surrogazione, 
impedisce che possa operare il cumulo tra danno e indennit�". 


5.4. - tornando all'ambito operativo della 
compensatio 
in presenza 
di 
una 
duplicit� 
di 
posizioni 
pretensive 
di 
un soggetto verso due 
soggetti 
diversi 
tenuti, ciascuno, in base 
ad un differente 
titolo, 
occorre 
rilevare 
che 
la 
prevalente 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
ritiene 
che 
per 
le 
fattispecie 
rientranti 
in questa 
categoria 
valga 
la 
soluzione 
del 
cumulo del 
vantaggio conseguente 
all'illecito, non quella del diffalco. 
Si 
afferma, in particolare, che 
la 
compensatio 
� 
operante 
solo quando il 
pregiudizio e 
l'incremento 
discendano entrambi, con rapporto immediato e 
diretto, dallo stesso fatto, sicch� 
se 
ad 
alleviare 
le 
conseguenze 
dannose 
subentra 
un 
beneficio 
che 
trae 
origine 
da 
un 
titolo 
diverso 
ed indipendente 
dal 
fatto illecito generatore 
di 
danno, di 
tale 
beneficio non pu� tenersi 
conto 
nella 
liquidazione 
del 
danno, profilandosi 
in tal 
caso un rapporto di 
mera 
occasionalit� 
che 
non 
pu� 
giustificare 
alcun 
diffalco. 
In 
altri 
termini, 
la 
detrazione 
pu� 
trovare 
applicazione 
solo nel caso in cui il vantaggio ed il danno siano entrambi conseguenza immediata e diretta 
del 
fatto 
illecito, 
quali 
suoi 
effetti 
contrapposti; 
essa 
invece 
non 
opera 
quando 
il 
vantaggio 
derivi 
da 
un titolo diverso ed indipendente 
dall'illecito stesso, il 
quale 
costituisce 
soltanto la 
condizione 
perch� 
il 
diverso titolo spieghi 
la 
sua 
efficacia 
(Cass., Sez. III, 15 aprile 
1993, n. 
4475; Cass., Sez. III, 28 luglio 2005, n. 15822). 


Secondo questa 
prospettiva, la 
diversit� 
dei 
titoli 
delle 
obbligazioni 
- il 
fatto illecito, da 
un 
lato; 
la 
norma 
di 
legge 
(ad esempio, nel 
caso di 
percezione 
di 
benefici 
da 
parte 
di 
enti 
previdenziali, 
assicuratori 
sociali, pubbliche 
amministrazioni) o il 
contratto (ad esempio, nel 
caso 
di 
percezione 
di 
indennizzi 
assicurativi), dall'altro - costituisce 
una 
idonea 
causa 
di 
giustificazione 
delle 
differenti 
attribuzioni 
patrimoniali: 
conseguentemente, la 
condotta 
illecita 
rappresenta, 
non la causa del beneficio collaterale, ma la mera occasione di esso. 


5.5. - L'ordinanza 
di 
rimessione 
esattamente 
constata 
che 
� 
assai 
raro che 
le 
poste 
attive 
e 
passive 
abbiano entrambe 
titolo nel 
fatto illecito. Richiamando la 
nozione 
di 
causalit� 
che 
si 
� 
venuta 
sviluppando nella 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte, la 
quale 
ha 
da 
tempo abbandonato 
la 
distinzione 
scolastica 
tra 
causa 
remota, causa 
prossima 
ed occasione, sostituendola 
con la 
nozione 
di 
regolarit� 
causale 
(Cass., Sez. III, 13 settembre 
2000, n. 12103), l'ordinanza 
pro

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


pone 
di 
superare 
l'inconveniente 
di 
una 
interpretazione 
"asimmetrica" 
dell'art. 1223 c.c.: 
una 
interpretazione 
che, quando si 
tratta 
di 
accertare 
il 
danno, ritiene 
che 
il 
rapporto fra 
illecito ed 
evento 
pu� 
anche 
non 
essere 
diretto 
ed 
immediato 
(Cass., 
Sez. 
III, 
21 
dicembre 
2001, 
n. 
16163; 
Cass., Sez. III, 4 luglio 2006, n. 15274), mentre 
esige 
al 
contrario che 
lo sia, quando passa 
ad 
accertare il vantaggio per avventura originato dal medesimo fatto illecito. 


5.6. - Le 
Sezioni 
Unite 
ritengono che 
la 
sollecitazione 
a 
compiere 
la 
verifica 
in tema 
di 
assorbimento 
del 
beneficio 
nel 
danno 
in 
base 
a 
un 
test 
eziologico 
unitario, 
secondo 
il 
medesimo 
criterio 
causale 
prescelto 
per 
dire 
risarcibili 
le 
poste 
dannose, 
non 
possa 
spingersi 
fino 
al 
punto 
di 
attribuire 
rilevanza 
a 
ogni 
vantaggio indiretto o mediato, perch� 
ci� condurrebbe 
ad un'eccessiva 
dilatazione 
delle 
poste 
imputabili 
al 
risarcimento, finendo con il 
considerare 
il 
verificarsi 
stesso del vantaggio un merito da riconoscere al danneggiante. 
Cos�, non possono rientrare 
nel 
raggio di 
operativit� 
della 
compensatio 
i 
casi 
in cui 
il 
vantaggio 
si 
presenta 
come 
il 
frutto di 
scelte 
autonome 
e 
del 
sacrificio del 
danneggiato, come 
avviene 
nell'ipotesi 
della 
nuova 
prestazione 
lavorativa 
da 
parte 
del 
superstite, 
prima 
non 
occupato, in conseguenza della morte del congiunto. 


Allo stesso modo, nel 
determinare 
il 
risarcimento del 
danno, non sono computabili 
gli 
effetti 
favorevoli 
derivanti 
dall'acquisto 
dell'eredit� 
da 
parte 
degli 
eredi 
della 
vittima: 
la 
successione 
ereditaria, infatti, � 
legata 
non gi� 
al 
fatto di 
quella 
morte, bens� 
al 
fatto della 
morte 
in 
generale, 
che 
si 
sarebbe 
verificata 
(anche 
se 
in 
un 
momento 
successivo) 
in 
ogni 
caso, 
a 
prescindere 
dall'illecito. 


Si 
tratta 
di 
un 
esito 
interpretativo 
che 
discende 
pianamente 
dall'insegnamento 
della 
dottrina, 
la 
quale 
ha 
evidenziato 
che 
le 
conseguenze 
vantaggiose, 
come 
quelle 
dannose, 
possono 
computarsi 
solo 
finch� 
rientrino 
nella 
serie 
causale 
dell'illecito, 
da 
determinarsi 
secondo 
un 
criterio 
adeguato 
di 
causalit�, 
sicch� 
il 
beneficio 
non 
� 
computabile 
in 
detrazione 
con 
l'applicazione 
della 
compensatio 
allorch� 
trovi 
altrove 
la 
sua 
fonte 
e 
nell'illecito 
solo 
un 
coefficiente 
causale. 


5.7. - Nei 
casi 
appena 
indicati 
il 
criterio del 
nesso causale 
funge 
realmente 
da 
argine 
al-
l'operare dello scomputo da 
compensatio. 
Pi� in generale, il 
Collegio ritiene 
che 
affidare 
il 
criterio di 
selezione 
tra 
i 
casi 
in cui 
ammettere 
o negare 
il 
cumulo all'asettico utilizzo delle 
medesime 
regole 
anche 
per il 
vantaggio, 
finisca 
per ridurre 
la 
quantificazione 
del 
danno, e 
l'accertamento della 
sua 
stessa 
esistenza, 
ad una 
mera 
operazione 
contabile, trascurando cos� 
la 
doverosa 
indagine 
sulla 
ragione 
giustificatrice 
dell'attribuzione patrimoniale entrata nel patrimonio del danneggiato. 


Invece, ai 
fini 
della 
delineazione 
di 
quel 
criterio di 
selezione, proprio da 
tale 
indagine 
occorre 
muovere, guardando alla 
funzione 
di 
cui 
il 
beneficio collaterale 
si 
rivela 
essere 
espressione, 
per accertare se esso sia compatibile o meno con una imputazione al risarcimento. 


� 
un approccio ermeneutico, questo, che 
da 
tempo la 
scienza 
giuridica 
offre 
alla 
comunit� 
interpretante, rilevando che 
la 
determinazione 
del 
vantaggio computabile 
richiede 
che 
il 
vantaggio 
sia 
causalmente 
giustificato in funzione 
di 
rimozione 
dell'effetto dannoso dell'illecito: 
sicch� 
in tanto le 
prestazioni 
del 
terzo incidono sul 
danno in quanto siano erogate 
in funzione 
di 
risarcimento 
del 
pregiudizio 
subito 
dal 
danneggiato. 
La 
prospettiva 
non 
� 
quindi 
quella 
della 
coincidenza 
formale 
dei 
titoli, ma 
quella 
del 
collegamento funzionale 
tra 
la 
causa 
del-
l'attribuzione patrimoniale e l'obbligazione risarcitoria. 


ed 
� 
una 
linea 
d'indagine 
tanto 
pi� 
ineludibile 
oggi, 
in 
vista 
di 
un'apertura 
al 
confronto 
con 
l'elaborazione della dottrina civilistica europea. 
Infatti, i 
Principles 
of 
european tort 
law, all'art. 10:103, prevedono che, nel 
determinare 
l'ammontare 
dei 
danni, 
i 
vantaggi 
ottenuti 
dal 
danneggiato 
a 
causa 
dell'evento 
dannoso 
devono 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


essere 
presi 
in considerazione, salvo che 
ci� non sia 
conciliabile 
con lo scopo dei 
vantaggi 
(unless this cannot be reconciled with the purpose of the benefit). 


Analoga 
� 
la 
direttiva 
seguita 
dal 
Draft 
Common Frame 
of 
Reference. Secondo l'art. 6:103 
del 
libro 6, dedicato alla 
equalisation of 
benefits, i 
vantaggi 
derivanti 
al 
soggetto che 
abbia 
sofferto un danno giuridicamente 
rilevante 
in conseguenza 
dell'evento dannoso non debbono 
essere 
presi 
in considerazione 
nel 
quantificare 
il 
danno, a 
meno che 
sia 
giusto e 
ragionevole 
farlo, avuto riguardo al 
tipo di 
danno sofferto, alla 
natura 
della 
responsabilit� 
addebitata 
alla 
persona 
che 
ha 
causato il 
danno e, quando il 
beneficio sia 
erogato da 
un terzo, allo scopo perseguito 
conferendo il beneficio. 


Nell'una 
e 
nell'altra 
prospettiva, pertanto, si 
� 
ben lontani 
dal 
suggerire 
una 
regola 
categoriale 
destinata 
ad operare 
in modo "bilancistico": 
c'�, piuttosto, l'invito ad instaurare 
un confronto 
tra 
il 
danno 
e 
il 
vantaggio 
che 
di 
volta 
in 
volta 
viene 
in 
rilievo, 
alla 
ricerca 
della 
ragione 
giustificatrice 
del 
beneficio 
collaterale 
e, 
quindi, 
di 
una 
ragionevole 
applicazione 
del 
diffalco. 


La 
selezione 
tra 
i 
casi 
in cui 
ammettere 
o negare 
il 
diffalco deve 
essere 
fatta, dunque, per 
classi 
di 
casi, passando attraverso il 
filtro di 
quella 
che 
� 
stata 
definita 
la 
"giustizia" 
del 
beneficio 
e, in questo ambito, considerando la funzione specifica svolta dal vantaggio. 


Cos�, 
nel 
caso 
di 
assicurazione 
sulla 
vita, 
l'indennit� 
si 
cumula 
con 
il 
risarcimento, 
perch� 
si 
� 
di 
fronte 
ad 
una 
forma 
di 
risparmio 
posta 
in 
essere 
dall'assicurato 
sopportando 
l'onere 
dei 
premi, 
e 
l'indennit�, 
vera 
e 
propria 
contropartita 
di 
quei 
premi, 
svolge 
una 
funzione 
diversa 
da 
quella 
risarcitoria 
ed 
� 
corrisposta 
per 
un 
interesse 
che 
non 
� 
quello 
di 
beneficiare 
il 
danneggiante. 


5.8. - Una 
verifica 
per classi 
di 
casi 
si 
impone 
anche 
per accertare 
se 
l'ordinamento abbia 
coordinato le 
diverse 
risposte 
istituzionali, del 
danno da 
una 
parte 
e 
del 
beneficio dall'altra, 
prevedendo un meccanismo di 
surroga 
o di 
rivalsa, capace 
di 
valorizzare 
l'indifferenza 
del 
risarcimento, 
ma 
nello stesso tempo di 
evitare 
che 
quanto erogato dal 
terzo al 
danneggiato si 
traduca in un vantaggio inaspettato per l'autore dell'illecito. 
Solo attraverso la 
predisposizione 
di 
quel 
meccanismo, teso ad assicurare 
che 
il 
danneggiante 
rimanga 
esposto all'azione 
di 
"recupero" 
ad opera 
del 
terzo da 
cui 
il 
danneggiato ha 
ricevuto 
il beneficio collaterale, potr� aversi detrazione della posta positiva dal risarcimento. 


Se 
cos� 
non 
fosse, 
se 
cio� 
il 
responsabile 
dell'illecito, 
attraverso 
il 
non-cumulo, 
potesse 
vedere 
alleggerita 
la 
propria 
posizione 
debitoria 
per il 
solo fatto che 
il 
danneggiato ha 
ricevuto, 
in connessione 
con l'evento dannoso, una 
provvidenza 
indennitaria 
grazie 
all'intervento del 
terzo, e 
ci� anche 
quando difetti 
la 
previsione 
di 
uno strumento di 
riequilibrio e 
di 
riallineamento 
delle 
poste, 
si 
avrebbe 
una 
sofferenza 
del 
sistema, 
finendosi 
con 
il 
premiare, 
senza 
merito 
specifico, chi si � comportato in modo negligente. 


Non 
corrisponde 
infatti 
al 
principio 
di 
razionalit�-equit�, 
e 
non 
� 
coerente 
con 
la 
poliedricit� 
delle 
funzioni 
della 
responsabilit� 
civile 
(cfr. Cass., Sez. U., 5 luglio 2017, n. 16601), che 
la 
sottrazione 
del 
vantaggio sia 
consentita 
in tutte 
quelle 
vicende 
in cui 
l'elisione 
del 
danno con 
il 
beneficio pubblico o privato corrisposto al 
danneggiato a 
seguito del 
fatto illecito finisca 
per avvantaggiare 
esclusivamente 
il 
danneggiante, apparendo preferibile 
in tali 
evenienze 
favorire 
chi senza colpa ha subito l'illecito rispetto a chi colpevolmente lo ha causato. 


e 
stabilire 
quando 
accompagnare 
la 
previsione 
del 
beneficio 
con 
l'introduzione 
di 
tale 
meccanismo 
di 
surrogazione 
o di 
rivalsa, il 
quale 
consente 
al 
terzo di 
recuperare 
le 
risorse 
impiegate 
per 
erogare 
una 
provvidenza 
che 
non 
rinviene 
il 
proprio 
titolo 
nella 
responsabilit� 
risarcitoria, � 
una 
scelta 
che 
spetta 
al 
legislatore. Ad esso soltanto compete, in definitiva, trasformare 
quel 
duplice, ma 
separato, rapporto bilaterale 
in una 
relazione 
trilaterale, cos� 
apprestando 
le condizioni per il dispiegamento dell'operazione di scomputo. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


�, 
questa, 
l'indicazione 
di 
sistema 
che 
giunge 
anche 
dal 
rappresentante 
dell'Ufficio 
del 
pubblico 
ministero, il 
quale, nel 
rifiutare 
la 
prospettiva 
"totalizzante" 
del 
computo nella 
stima 
del 
danno 
di 
vantaggi 
che, 
prima 
della 
liquidazione, 
siano 
pervenuti 
o 
certamente 
perverranno 
alla 
vittima, ha 
delineato "i 
due 
presupposti 
essenziali 
per poter svolgere 
la 
decurtazione 
del 
vantaggio": 
accanto al 
contenuto, "per classi 
omogenee 
o per ragioni 
giustificatrici", del 
vantaggio, 
la 
previsione, appunto, di 
un meccanismo di 
surroga, di 
rivalsa 
o di 
recupero, che 
"instaura 
la 
correlazione 
tra 
classi 
attributive 
altrimenti 
disomogenee". Cos�, in tutti 
i 
casi 
in cui 
sia 
una 
norma 
legislativa 
ad attribuire, "senza 
regolare 
l'eventuale 
rapporto con il 
tema 
risarcitorio", 
un vantaggio collaterale 
(si 
pensi 
agli 
interventi, in nome 
della 
solidariet� 
nazionale, 
con 
provvidenze 
ed 
elargizioni, 
in 
favore 
di 
individui 
e 
comunit� 
a 
fronte 
di 
eventi 
catastrofici 


o 
disastri 
suscettibili 
di 
essere 
ascritti 
a 
condotte 
non 
iure 
e 
contra 
ius 
di 
soggetti 
terzi), 
il 
giudice 
della 
responsabilit� 
civile 
non potrebbe 
procedere, tout 
court, ad effettuare 
l'operazione 
compensativa 
o di 
defalco. Se 
cos� 
facesse, egli 
vanificherebbe 
il 
senso pi� profondo della 
previsione 
normativa 
costituente 
il 
titolo 
dell'attribuzione, 
che 
risiede 
nell'assunzione 
da 
parte 
della 
generalit� 
del 
carico di 
determinati 
svantaggi 
subiti 
dal 
o dai 
soggetti 
danneggiati, non 
nella 
volont� 
di 
premiare 
chi 
si 
� 
comportato in modo negligente 
o di 
alleggerire 
la 
sua 
posizione 
debitoria. 
6. 
-date 
queste 
premesse 
e 
venendo, 
dunque, 
alla 
specifica 
questione 
oggetto 
del 
contrasto, 
occorre 
innanzitutto 
considerare 
che, 
nell'assicurazione 
contro 
i 
danni, 
l'indennit� 
assicurativa 
� 
erogata 
in 
funzione 
di 
risarcimento 
del 
pregiudizio 
subito 
dall'assicurato 
in 
conseguenza 
del 
verificarsi 
dell'evento 
dannoso: 
essa 
soddisfa, 
neutralizzandola 
in 
tutto 
o 
in 
parte, 
la 
medesima 
perdita 
al 
cui 
integrale 
ristoro 
mira 
la 
disciplina 
della 
responsabilit� 
risarcitoria 
del 
terzo 
autore 
del fatto illecito. 
Quando si 
verifica 
un sinistro per il 
quale 
sussiste 
la 
responsabilit� 
di 
un terzo, al 
danneggiato 
che 
si 
era 
assicurato per tale 
eventualit�, competono due 
distinti 
diritti 
di 
credito che, 
pur 
avendo 
fonte 
e 
titolo 
diversi, 
tendono 
ad 
un 
medesimo 
fine: 
il 
risarcimento 
del 
danno 
provocato 
dal sinistro all'assicurato-danneggiato. 


6.1. 
-tali 
diritti 
sono 
per� 
concorrenti, 
giacch� 
-come 
� 
stato 
rilevato 
in 
dottrina 
-ciascuno 
di 
essi 
rappresenta, sotto il 
profilo funzionale, un mezzo idoneo alla 
realizzazione 
del 
medesimo 
interesse, che 
� 
quello dell'eliminazione 
del 
danno causato nel 
patrimonio dell'assicurato-
danneggiato per effetto della 
verificazione 
del 
sinistro, sicch� 
l'assicurato-danneggiato 
non pu� pretendere 
dal 
terzo responsabile 
e 
dall'assicuratore 
degli 
indennizzi 
che 
nel 
totale 
superino i danni che il suo patrimonio ha subito. 
Infatti, dato il 
carattere 
sussidiario dell'obbligazione 
assicurativa, quando il 
danneggiato, 
prima 
di 
percepire 
l'indennizzo assicurativo, ottiene 
il 
risarcimento integrale 
da 
parte 
del 
responsabile, 
cessa 
l'obbligo di 
indennizzo dell'assicuratore 
(Cass., Sez. II, 25 ottobre 
1966, n. 
2595); 
se 
invece 
� 
l'assicuratore 
a 
indennizzare 
per primo l'assicurato, quando il 
risarcimento 
da 
parte 
del 
terzo responsabile 
non ha 
ancora 
avuto luogo, allora, ai 
sensi 
dell'art. 1916 c.c., 
l'assicuratore 
� 
surrogato, 
fino 
alla 
concorrenza 
dell'ammontare 
dell'indennit� 
corrisposta, 
nel 
diritto dell'assicurato verso il terzo medesimo. 


Bench� 
il 
rapporto 
assicurativo 
nascente 
dal 
contratto 
ed 
il 
rapporto 
di 
danneggiamento 
derivante 
dal 
fatto 
illecito 
si 
collochino 
su 
piani 
diversi, 
tuttavia 
rispetto 
ad 
essi 
la 
surrogazione 
ex 
art. 
1916 
funge 
da 
meccanismo 
di 
raccordo, 
in 
quanto 
instaura 
ex 
novo 
una 
relazione 
diretta 
tra 
l'assicuratore 
che 
ha 
pagato l'indennit� 
ed il 
responsabile 
del 
danno, sebbene 
il 
primo sia 
estraneo 
alla 
responsabilit� 
civile 
derivante 
dall'illecito 
extracontrattuale, 
ed 
il 
secondo 
sia 
estraneo 
al 
contratto 
di 
assicurazione. 
La 
surrogazione, 
infatti, 
mentre 
consente 
all'assicuratore 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


di 
recuperare 
aliunde 
quanto ha 
pagato all'assicurato-danneggiato, impedisce 
a 
costui 
di 
cumulare, 
per 
lo 
stesso 
danno, 
la 
somma 
gi� 
riscossa 
a 
titolo 
di 
indennit� 
assicurativa 
con 
quella 
ancora 
dovutagli 
dal 
terzo responsabile 
a 
titolo di 
risarcimento, e 
di 
conseguire 
cos� 
due 
volte 
la 
riparazione 
del 
pregiudizio subito. Senza 
la 
surrogazione, l'assicurato danneggiato conserverebbe 
l'azione 
di 
risarcimento contro il 
terzo autore 
del 
fatto illecito anche 
per l'ammontare 
corrispondente 
all'indennit� 
assicurativa 
ricevuta: 
ma 
l'art. 1916 gliela 
toglie, perch� 
la 
trasmette 
all'assicuratore. Il 
risarcimento resta 
tuttavia 
dovuto dal 
danneggiante 
per l'intero, essendo 
questi 
tenuto 
a 
rimborsare 
all'assicuratore 
l'indennit� 
assicurativa 
e 
a 
risarcire 
l'eventuale 
maggior danno al 
danneggiato: 
la 
riscossione 
dell'indennit� 
da 
parte 
dell'assicurato-danneggiato 
in conseguenza 
dell'evento dannoso non ha 
quindi 
alcuna 
incidenza 
sulla 
prestazione 
del terzo responsabile, il quale dovr� risarcire, in ogni caso, l'intero danno. 


6.2. - La 
dottrina 
presenta 
unanimit� 
di 
accenti 
nell'individuare 
nella 
surrogazione 
ai 
sensi 
dell'art. 
1916 
c.c. 
-quale 
strumento 
semplificatorio 
della 
definizione 
dei 
rapporti 
intercorrenti, 
su piani 
diversi, tra 
assicuratore, assicurato e 
terzo responsabile 
- una 
duplice 
e 
concorrente 
finalit�: 
(a) anzitutto, la 
salvaguardia 
del 
principio indennitario (desumibile 
dagli 
artt. 1882, 
1904 e 
1905 c.c., art. 1908 c.c., comma 
1, art. 1909 c.c., art. 1910 c.c., comma 
3), per cui 
la 
prestazione 
assicurativa 
non 
pu� 
mai 
trasformarsi 
in 
una 
fonte 
di 
arricchimento 
per 
l'assicurato 
e 
determinare, in suo favore, una 
situazione 
economica 
pi� vantaggiosa 
di 
quella 
in cui 
egli 
verserebbe 
se 
l'evento 
dannoso 
non 
si 
fosse 
verificato; 
(b) 
in 
secondo 
luogo, 
la 
conservazione 
del 
principio 
di 
responsabilit� 
(artt. 
1218 
e 
2043 
c.c.), 
per 
cui 
l'autore 
del 
danno 
� 
in 
ogni 
caso 
tenuto all'obbligazione 
risarcitoria, senza 
possibilit� 
di 
vedere 
elisa 
o ridotta 
l'entit� 
della 
relativa 
prestazione 
per effetto di 
una 
assicurazione 
non da 
lui, o per lui, stipulata. A 
queste 
finalit� 
ne 
viene 
aggiunta 
spesso una 
terza, quella 
di 
consentire 
all'ente 
assicuratore, attraverso 
il 
recupero 
della 
perdita 
costituita 
dalla 
somma 
erogata 
a 
titolo 
di 
indennit�, 
una 
riduzione 
dei 
costi 
di 
gestione 
del 
ramo 
e 
quindi, 
tendenzialmente, 
un 
contenimento 
del 
livello 
dei 
premi 
nei 
limiti 
in cui 
l'assicuratore 
sia 
in grado di 
recuperare 
dai 
terzi 
responsabili 
quanto erogato 
in forza dei propri impegni contrattuali. 
Si 
tratta 
di 
una 
impostazione 
condivisa 
dalla 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte, la 
quale, nel-
l'evidenziare 
che 
il 
congegno 
della 
surrogazione 
dell'assicuratore 
nei 
diritti 
dell'assicurato 
verso i 
terzi 
responsabili 
costituisce 
applicazione 
del 
principio indennitario, sottolinea 
che, 
in forza 
di 
tale 
principio, un sinistro non pu� diventare 
fonte 
di 
lucro per chi 
lo subisce, neppure 
quando l'indennizzo gli 
spetti 
a 
duplice 
titolo e 
da 
parte 
di 
soggetti 
diversi, e 
cio� 
dal-
l'assicuratore 
e 
dall'autore 
del 
danno, l'eventualit� 
del 
doppio indennizzo per lo stesso danno 
essendo 
appunto 
scongiurata 
dalla 
surrogazione 
legale 
dell'assicuratore 
che 
ha 
pagato 
l'indennit�, 
fino a 
concorrenza 
di 
essa, nei 
diritti 
dell'assicurato verso i 
terzi 
responsabili 
(Cass., 
Sez. III, 29 gennaio 1973, n. 293; 
Cass., Sez. III, 7 giugno 1977, n. 2341; 
Cass., Sez. III, 7 
maggio 1979, n. 2595). 


6.3. 
-La 
giurisprudenza 
che 
ammette 
la 
cumulabilit�, 
in 
capo 
all'assicurato 
che 
ha 
riscosso 
l'indennit� 
dalla 
propria 
compagnia, 
dell'intero 
ammontare 
del 
risarcimento 
del 
danno 
dovuto 
dal 
terzo 
responsabile, 
muove 
dall'idea 
che, 
per 
perfezionare 
la 
vicenda 
successoria 
della 
surrogazione 
e 
sancire 
la 
perdita 
del 
diritto 
al 
risarcimento 
in 
capo 
all'assicurato, 
non 
basti 
il 
fatto 
oggettivo del 
pagamento dell'indennit�, ma 
debba 
ricorrere 
anche 
il 
presupposto soggettivo 
della 
comunicazione, indirizzata 
dall'assicuratore 
al 
terzo responsabile, di 
avere 
pagato e 
di 
volersi 
surrogare 
al 
proprio assicurato. La 
surrogazione 
opererebbe 
solo se 
e 
nel 
momento in 
cui 
l'assicuratore 
comunichi 
al 
terzo responsabile 
l'avvenuta 
solutio 
e 
manifesti 
contestualmente 
la 
volont� 
di 
surrogarsi 
nei 
diritti 
dell'assicurato 
verso 
il 
medesimo 
terzo, 
al 
fine 
appunto 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


di 
rivalersi 
su questo della 
somma 
pagata 
a 
quello. Affinch�, da 
potenziale 
che 
era, divenga 
attuale 
e 
operante, il 
diritto di 
surrogazione 
dell'assicuratore 
richiederebbe 
questa 
manifestazione 
di 
volont� 
ad hoc 
da 
parte 
dell'assicuratore, perch� 
� 
alla 
sua 
iniziativa 
e 
disponibilit� 
che 
la 
legge 
rimetterebbe 
il 
perfezionamento della 
successione 
a 
titolo derivativo nel 
diritto 
di 
credito. � 
appunto da 
una 
tale 
configurazione 
(la 
surrogazione 
dell'assicuratore 
intesa, non 
come 
effetto 
automatico 
del 
pagamento 
dell'indennit�, 
ma 
come 
facolt� 
il 
cui 
esercizio 
dipende 
dall'assicuratore 
solvens) che 
discende 
il 
corollario per cui, qualora 
l'assicuratore 
non si 
avvalga 
di 
tale 
facolt�, 
il 
pagamento 
dell'indennizzo 
lascerebbe 
immutato 
il 
diritto 
dell'assicurato 
di 
agire 
per ottenere 
l'intero risarcimento del 
danno nei 
confronti 
del 
terzo responsabile 
senza 
che 
questi 
possa 
opporgli 
in sottrazione 
- essendo diverso il 
titolo di 
responsabilit� 
aquiliana 
rispetto alla 
fonte 
del 
debito indennitario gravante 
sull'assicuratore 
-l'avvenuta 
riscossione 
dell'indennit� assicurativa. 


6.4. - � 
una 
lettura, questa, che, bench� 
invalsa 
nella 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
e 
non 
priva 
di 
riscontri 
a 
livello 
dottrinale, 
le 
Sezioni 
Unite 
ritengono 
di 
non 
poter 
ulteriormente 
convalidare. 
L'art. 1916 c.c., comma 
1, nel 
disporre 
che 
"l'assicuratore 
che 
ha 
pagato l'indennit� 
� 
surrogato, 
fino alla 
concorrenza 
dell'ammontare 
di 
essa, nei 
diritti 
dell'assicurato verso i 
terzi 
responsabili", 
collega 
infatti 
il 
prodursi 
della 
vicenda 
successoria, 
automaticamente, 
al 
pagamento dell'indennit� assicurativa. 


Come 
emerge 
dal 
chiaro tenore 
testuale 
della 
disposizione, il 
codice 
condiziona 
il 
subingresso 
al 
semplice 
fatto del 
pagamento dell'indennit� 
per quel 
danno di 
cui 
� 
responsabile 
il 
terzo, senza 
richiedere, a 
tal 
fine, la 
previa 
comunicazione 
da 
parte 
dell'assicuratore 
della 
sua 
intenzione di succedere nei diritti dell'assicurato verso il terzo responsabile. 


Il 
subentro 
non 
� 
rimesso 
all'apprezzamento 
dell'assicuratore 
solvens. 
La 
perdita 
del 
diritto 
verso il 
terzo responsabile 
da 
parte 
dell'assicurato e 
l'acquisto da 
parte 
dell'assicuratore 
sono 
-come 
� 
stato 
rilevato 
in 
dottrina 
-effetti 
interdipendenti 
e 
contemporanei 
basati 
sul 
medesimo 
fatto giuridico previsto dalla legge: il pagamento dell'indennit� assicurativa. 


Questa 
interpretazione 
� 
confermata 
dall'analisi 
dell'art. 
1203 
c.c., 
il 
quale, 
attraverso 
l'ampio 
rinvio del 
n. 5 ("negli 
altri 
casi 
stabiliti 
dalla 
legge"), � 
suscettibile 
di 
comprendere 
nel-
l'ambito della 
surrogazione 
legale, operante 
di 
diritto, anche 
questa 
peculiare 
di 
successione 
a 
titolo particolare 
nel 
credito, nella 
quale 
la 
prestazione 
dell'assicuratore 
� 
diretta 
ad estinguere 
un 
rapporto 
diverso 
da 
quello 
surrogato 
(cfr. 
Cass., 
Sez. 
U., 
29 
settembre 
1997, 
n. 
9554). 


e 
si 
tratta 
di 
soluzione 
maggiormente 
in linea 
con la 
ratio 
della 
surrogazione 
dell'assicuratore, 
essendo ragionevole 
ritenere 
che, attraverso l'automaticit�, il 
legislatore, in ossequio 
al 
principio 
indennitario, 
abbia 
voluto 
impedire 
proprio 
la 
possibilit� 
per 
l'assicurato-danneggiato, 
una 
volta 
ricevuto l'indennizzo dall'assicuratore, di 
agire 
per l'intero nei 
confronti 
del 
terzo responsabile; 
laddove 
questo principio verrebbe 
incrinato se 
l'inerzia 
dell'assicuratore 
bastasse 
a 
determinare 
la 
permanenza, nell'assicurato indennizzato, della 
titolarit� 
del 
credito 
di 
risarcimento 
nei 
confronti 
del 
terzo 
anche 
per 
la 
parte 
corrispondente 
alla 
riscossa 
indennit�, 
consentendogli di reclamare un risarcimento superiore al danno effettivamente sofferto. 


dunque, 
poich� 
nel 
sistema 
dell'art. 
1916 
c.c. 
� 
con 
il 
pagamento 
dell'indennit� 
assicurativa 
che 
i 
diritti 
contro il 
terzo si 
trasferiscono, ope 
legis, all'assicuratore, deve 
escludersi 
un ritrasferimento 
o 
un 
rimbalzo 
di 
tali 
diritti 
all'assicurato 
per 
il 
solo 
fatto 
che 
l'assicuratore 
si 
astenga 
dall'esercitarli. 


d'altra 
parte, 
la 
permanenza 
del 
credito 
nel 
patrimonio 
dell'assicurato 
che 
abbia 
conseguito 
l'indennit� 
assicurativa, abilitando il 
danneggiato a 
disporre 
del 
credito stesso e 
a 
realizzarlo, 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


si 
tradurrebbe 
in un possibile 
pregiudizio dell'interesse 
che 
giustifica 
nella 
legge 
l'assunzione 
dell'esclusiva titolarit� del credito verso il terzo responsabile. 


N� 
l'opposta 
tesi 
- che 
ammette 
la 
reclamabilit� 
dell'intero risarcimento del 
danno in aggiunta 
al 
gi� 
conseguito 
indennizzo 
assicurativo 
-si 
lascia 
preferire 
per 
il 
fatto 
che 
l'assicurato 
ha 
versato all'assicuratore 
dei 
regolari 
premi, che 
sarebbero altrimenti 
sine 
causa. � 
una 
tesi, 
pervero, 
la 
quale 
ha 
trovato 
sostegno 
nella 
requisitoria 
del 
pubblico 
ministero, 
il 
quale, 
proprio 
soffermandosi 
sull'ipotesi 
del 
mancato 
esercizio 
della 
surroga 
da 
parte 
dell'assicuratore, 
ha 
giustificato 
l'"arricchimento" 
della 
vittima 
in 
ragione 
del 
"rapporto 
oneroso 
di 
assicurazione", 
essendo 
"irragionevole 
trattare 
allo 
stesso 
modo, 
sul 
piano 
risarcitorio, 
chi 
abbia 
e 
chi 
non 
abbia 
stipulato un rapporto assicurativo, con relativi 
oneri 
di 
pagamento del 
premio". Ad avviso 
del 
Collegio, 
si 
tratta 
di 
conclusione 
non 
condivisibile, 
giacch� 
nella 
assicurazione 
contro 
i 
danni 
la 
prestazione 
dell'indennit� 
non 
� 
in 
rapporto 
di 
sinallagmaticit� 
funzionale 
con 
la 
corresponsione 
dei 
premi 
da 
parte 
dell'assicurato, essendo l'obbligo fondamentale 
dell'assicuratore 
quello dell'assunzione 
e 
della 
sopportazione 
del 
rischio a 
fronte 
della 
obiettiva 
incertezza 
circa 
il 
verificarsi 
del 
sinistro e 
la 
solvibilit� 
del 
terzo responsabile. Il 
pagamento dei 
premi, in altri 
termini, � 
in sinallagma 
con il 
trasferimento del 
rischio, non con il 
pagamento 
dell'indennizzo. 
d'altra 
parte, 
se 
davvero 
l'indennit� 
costituisse 
il 
corrispettivo 
del 
versamento 
all'assicuratore 
di 
regolari 
premi, si 
dovrebbe 
anche 
ammettere 
che, avvenuto il 
sinistro, l'assicurato 
abbia 
comunque 
titolo a 
reclamare 
l'indennit�, pur quando il 
danno sia 
stato integralmente 
risarcito 
dal 
terzo 
responsabile: 
soluzione, 
questa, 
evidentemente 
non 
sostenibile, 
posto 
che nel caso di danno gi� risarcito dal terzo cessa l'obbligo di indennizzo dell'assicuratore. 


6.5. - Anche 
l'indagine 
comparatistica 
conferma 
la 
preferibilit� 
della 
soluzione 
interpretativa 
nel 
senso del 
non-cumulo. Pronunciandosi 
sulla 
portata 
della 
L. 13 luglio 1930, art. 36, 
poi 
divenuto 
l'art. 
121-21 
del 
code 
des 
assurances, 
che 
reca 
una 
disposizione 
analoga 
al 
nostro 
art. 1916 c.c. ("l'assureur qui 
a 
pay� 
l'indemnit� 
d'assurance 
est 
subrog�, jusq�� 
concurrence 
de 
cette 
indemnit�, dans 
les 
droits 
et 
actions 
de 
l'assur� 
contre 
les 
tiers 
qui, par leur fait, ont 
caus� 
le 
dommage 
ayant 
donn� 
lieu � 
la 
responsabilit� 
de 
l'assureur"), la 
Corte 
di 
cassazione 
francese, con la 
sentenza 
in data 
29 aprile 
1975, ha 
infatti 
stabilito che, poich� 
in forza 
della 
legge 
e 
senza 
alcuna 
formalit� 
i 
diritti 
dell'assicurato 
contro 
il 
terzo 
responsabile 
sono 
di 
pieno 
diritto, nella 
misura 
dell'indennizzo, trasferiti 
all'assicuratore, l'assicurato, una 
volta 
tacitato 
dall'assicuratore, non pu� pi�, in tale 
misura, esercitare 
contro il 
terzo responsabile 
del 
danno 
i 
diritti 
nei 
quali 
l'assicuratore 
si 
trova 
surrogato 
("l'assur�, 
desinteress� 
par 
l'assureur 
en 
vertu du contrat 
d'assurance, ne 
peut 
plus, dans 
cette 
mesure, exercer 
contre 
le 
tiers 
responsable 
du dommage les droits dans lesquels l'assureur se trouve subrog�"). 
6.6. 
-Una 
ulteriore 
conferma 
della 
preferibilit� 
di 
questa 
conclusione 
si 
trae 
dall'art. 
1589 
c.c. 
Nel 
caso 
in 
cui 
il 
locatore 
� 
assicurato 
per 
l'incendio 
della 
casa 
locata, 
tale 
disposizione 
limita 
infatti 
la 
responsabilit� 
del 
conduttore 
verso 
il 
locatore 
"alla 
differenza 
tra 
l'indennizzo 
corrisposto 
dall'assicuratore 
e 
il 
danno 
effettivo", 
facendo 
"salve 
in 
ogni 
caso 
le 
norme 
concernenti 
il 
diritto 
di 
surrogazione 
dell'assicuratore": 
ne 
consegue 
che 
il 
locatore, 
una 
volta 
ricevuto 
l'indennizzo 
dal 
proprio 
assicuratore, 
non 
pu� 
agire 
contro 
il 
conduttore 
responsabile 
dell'incendio 
se 
non 
per 
la 
differenza, 
ma 
il 
conduttore 
non 
� 
affatto 
liberato 
perch� 
egli, 
in 
forza 
della 
disciplina 
sulla 
surrogazione, 
dovr� 
prestare 
il 
risarcimento 
all'assicuratore 
e 
non 
al 
locatore. 
7. 
-Conclusivamente, 
a 
risoluzione 
del 
contrasto 
di 
giurisprudenza, 
va 
enunciato 
il 
seguente 
principio 
di 
diritto: 
"Il 
danno 
da 
fatto 
illecito 
deve 
essere 
liquidato 
sottraendo 
dall'ammontare 
del 
danno risarcibile 
l'importo dell'indennit� 
assicurativa 
derivante 
da 
assicurazione 
contro i 
danni che il danneggiato-assicurato abbia riscosso in conseguenza di quel fatto". 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


8. 
-A 
tale 
principio 
si 
� 
attenuta 
la 
Corte 
d'appello 
di 
Roma 
con 
la 
sentenza 
qui 
impugnata. 
essa 
ha 
infatti 
correttamente 
escluso 
che 
Itavia 
-che 
nel 
1980 
� 
stata 
integralmente 
tacitata 
dal 
proprio assicuratore, avendo incassato da 
Assitalia, per la 
perdita 
dell'aeromobile, un'indennit� 
assicurativa 
di 
lire 
3.800.000.000, 
importo 
superiore 
al 
valore 
corrente 
dell'aeromobile 
al 
momento del 
disastro, stimato dal 
c.t.u. in lire 
1.586.510.540 - possa 
poi 
cumulare, per lo 
stesso danno, la 
somma 
gi� 
riscossa 
a 
titolo di 
indennit� 
assicurativa 
con l'ammontare 
del 
risarcimento 
dovuto dai 
terzi 
responsabili, a 
nulla 
rilevando che 
Assitalia 
non abbia 
mai 
esercitato 
la surroga nei confronti dei Ministeri. 


Infatti, una 
volta 
che 
abbia 
riscosso l'indennizzo dal 
proprio assicuratore, il 
danneggiato 
non pu� agire 
contro il 
responsabile 
se 
non per la 
differenza, non essendovi 
spazio per una 
doppia 
liquidazione 
a 
fronte 
di 
un pregiudizio identico. e 
poich� 
nella 
specie 
tale 
indennit� 
� 
superiore 
al 
valore 
corrente 
dell'aeromobile 
al 
momento 
del 
disastro, 
essa, 
in 
assenza 
di 
prova 
della 
sua 
insufficienza 
rispetto al 
danno effettivo, ha 
effettivamente 
eliso, secondo l'incensurabile 
apprezzamento 
dei 
giudici 
del 
merito, 
il 
danno, 
e 
con 
esso 
il 
diritto 
di 
Itavia 
di 
ottenere, 
da parte delle 
Amministrazioni convenute, il risarcimento per la perdita dell'aeromobile. 


Anche il primo motivo del ricorso incidentale va, quindi, rigettato. 


9. 
-Il 
primo 
motivo 
del 
ricorso 
principale 
dei 
Ministeri 
� 
dichiarato 
inammissibile 
e 
il 
primo motivo del ricorso incidentale di Itavia � rigettato. 
L'esame 
degli 
altri 
motivi 
del 
ricorso principale 
e 
del 
ricorso incidentale 
va 
rimesso alla 
terza Sezione civile. 

P.Q.M. 
La 
Corte 
dichiara 
inammissibile 
il 
primo motivo del 
ricorso principale 
e 
rigetta 
il 
primo 
motivo del 
ricorso incidentale; 
rimette 
la 
decisione 
degli 
altri 
motivi 
del 
ricorso principale 
e 
del ricorso incidentale alla 
terza Sezione civile. 


Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 aprile 2018. 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


il diritto all�oblio. Codice della privacy 
e trattamento dei dati per finalit� di polizia 


Cassazione 
Civile, sezione 
PRima, oRDinanza 
29 agosto 
2018 n. 21362 


L�ordinanza 
della 
Corte 
di 
cassazione 
del 
29 agosto 2018, n. 21362 ricostruisce 
il 
quadro normativo vigente 
in tema 
di 
trattamento e 
conservazione 
dei 
dati 
personali 
e 
di 
diritto 
all�oblio 
alla 
luce 
dei 
principi 
dell�Unione 
europea 
di 
pertinenza 
e 
di 
non eccedenza 
nonch� 
della 
sopravvenuta 
disciplina 
regolamentare 
per 
l�attuazione 
del 
Codice 
della 
privacy 
relativamente 
al 
trattamento 
dei dati per finalit� di polizia (d.P.R. 15 gennaio 2018, n. 15). 


In particolare, la 
Corte 
di 
cassazione, in assenza 
di 
un termine 
massimo 
di 
conservazione 
dei 
dati 
sulla 
base 
della 
normativa 
previgente, ha 
ritenuto di 
applicare 
il 
sopravvenuto art. 10, comma 
terzo, lett. f) del 
citato d.P.R. n. 15 
del 
2018 
-la 
cui 
natura 
sostanziale 
consente 
di 
estenderne 
l�ambito 
applicativo 
anche 
alla 
fattispecie 
esaminata 
- che, per le 
informazioni 
relative 
ad attivit� 
di 
polizia 
giudiziaria 
conclusasi 
con provvedimento di 
archiviazione, fissa 
in 
venti 
anni 
dall�emissione 
di 
tale 
provvedimento 
il 
termine 
per 
la 
conservazione 
dei dati, nella specie ancora non decorso. 


Wally Ferrante 
(*) 


Cassazione 
civile, sezione 
Prima, ordinanza 29 agosto 2018 n. 21362 -Pres. 
G. Bisogni, 
Rel. G. Mercolino - (omissis) (avv. d. Comito) c. Ministero dell�Interno (avv. gen. Stato). 


FAttI dI CAUSA 


1. OMISSIS 
convenne 
in giudizio il 
Ministero dell'interno, chiedendo la 
cancellazione 
dei 
suoi 
dati 
personali 
dagli 
archivi 
del 
Centro elaborazione 
dati 
Interforze 
istituito presso il 
dipartimento 
della 
Pubblica 
Sicurezza, direzione 
Centrale 
della 
Polizia 
Criminale, ed in subordine 
la trasformazione dei dati in forma anonima. 
A 
sostegno della 
domanda, espose 
che 
l'iscrizione, avvenuta 
a 
seguito della 
sua 
sottoposizione 
ad 
indagini 
penali, 
non 
era 
stata 
rimossa, 
con 
conseguente 
pregiudizio 
alla 
sua 
immagine 
professionale, nonostante 
la 
sua 
posizione 
fosse 
stata 
ben presto stralciata, essendo stata 
accertata 
la sua estraneit� ai reati ascrittigli. 


Si costitu� il Ministero, e resistette alla domanda, chiedendone il rigetto. 


1.1. Con sentenza del 24 marzo 2014, il 
tribunale di Roma ha rigettato la domanda. 
Premesso che, ai 
sensi 
degli 
artt. 6, primo comma, lett. a), e 
7, primo comma, della 
legge 
1� 
aprile 
1981, 
n. 
121, 
negli 
archivi 
magnetici 
del 
Ced 
sono 
conservati 
i 
dati 
e 
le 
informazioni 
ricavati 
da 
indagini 
di 
polizia 
o risultanti 
da 
documenti 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
o da 
sentenze 
o provvedimenti 
dell'Autorit� 
giudiziaria, e 
precisato che, ai 
sensi 
dell'art. 9 della 
medesima 
legge, 
l'accesso 
a 
tali 
dati 
� 
consentito 
solo 
per 
gli 
accertamenti 
necessari 
per 
i 
procedimenti 
in 
corso 
e 
nei 
limiti 
stabiliti 
dalle 
vigenti 
leggi 
processuali, 
il 
tribunale 
ha 
affermato 


(*) Avvocato dello Stato. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


che 
la 
cancellazione 
pu� essere 
ordinata 
soltanto nell'ipotesi 
in cui 
si 
tratti 
di 
dati 
inesatti 
o illegittimamente 
acquisiti, mentre 
laddove 
gli 
stessi 
risultino incompleti, come 
nel 
caso in cui 
non si 
sia 
provveduto all'annotazione 
del 
provvedimento di 
archiviazione 
o proscioglimento, 
pu� 
disporsene 
soltanto 
l'integrazione. 
tanto 
premesso, 
e 
rilevato 
che 
nella 
specie 
i 
dati 
erano 
stati 
legittimamente 
acquisiti, 
ha 
dato 
atto 
che, 
a 
seguito 
della 
richiesta 
di 
aggiornamento 
inoltrata 
dall'attore, il 
Ministero aveva 
prontamente 
proceduto all'aggiornamento dell'iscrizione, 
mediante 
l'annotazione 
del 
provvedimento 
di 
archiviazione 
adottato 
dal 
Giudice 
per 
le 
indagini 
preliminari del 
tribunale di Roma il 2 aprile 2007. 


2. Avverso la 
predetta 
sentenza 
il 
OMISSIS 
ha 
proposto ricorso per cassazione, affidato ad 
un solo motivo, illustrato anche con memoria. II Ministero ha resistito con controricorso. 
RAGIONI deLLA deCISIONe 


(...) 2.Con 
l'unico 
motivo 
d'impugnazione, 
il 
ricorrente 
denuncia 
la 
violazione 
e 
la 
falsa 
applicazione 
di 
principi 
e 
norme 
di 
diritto, nonch� 
l'omesso esame 
di 
un fatto controverso e 
decisivo 
per 
il 
giudizio, 
osservando 
che, 
nel 
ritenere 
sufficiente 
l'aggiornamento 
dell'iscrizione 
con l'annotazione 
dell'esito delle 
indagini, la 
sentenza 
impugnata 
non ha 
considerato che 
tale 
adempimento 
risulta 
inidoneo 
ad 
impedire 
che, 
in 
occasione 
di 
ogni 
legittimo 
accesso 
alla 
banca 
dati 
per 
fini 
investigativi, 
il 
suo 
nominativo 
venga 
associato 
a 
quello 
degli 
altri 
indagati, 
con conseguente 
lesione 
del 
suo diritto alla 
riservatezza, oltre 
che 
della 
sua 
immagine 
personale 
e 
professionale. Premesso che, non essendo state 
emanate 
le 
disposizioni 
di 
attuazione 
previste 
dall'art. 
57 
del 
d.lgs. 
30 
giugno 
2003, 
n. 
196, 
spetta 
all'interprete 
supplire 
alla 
mancata 
indicazione 
di 
un 
termine 
massimo 
di 
conservazione 
dei 
dati, 
mediante 
un'interpretazione 
costituzionalmente 
orientata, rileva 
che 
la 
conservazione 
del 
suo nominativo a 
tempo indeterminato 
non risponde 
ad alcuna 
funzione 
di 
prevenzione 
o repressione 
dei 
reati, ma 
accresce 
soltanto il 
danno alla 
sua 
reputazione 
ed alla 
sua 
credibilit�, essendo l'accesso consentito ai 
soggetti 
operanti 
nel 
suo stesso settore 
di 
attivit�; 
aggiunge 
che 
la 
conservazione 
dei 
suoi 
dati 
personali 
si 
pone 
in contrasto con l'art. 54 del 
d.lgs. n. 196 cit., risultando eccedente 
e 
non pi� 
pertinente 
ai 
fini 
investigativi, 
per 
essere 
venute, 
meno, 
a 
seguito 
dell'archiviazione, 
le 
ragioni 
di prevenzione e sicurezza sottese all'avvio delle indagini. 


2.1. 
tanto 
premesso, 
si 
osserva 
innanzitutto 
che 
l'omessa 
precisazione 
in 
rubrica 
delle 
norme 
e 
dei 
principi 
giuridici 
di 
cui 
il 
ricorrente 
lamenta 
la 
violazione 
non 
comporta 
l'inammissibilit� 
dell'impugnazione, 
non 
trattandosi 
di 
un 
requisito 
autonomo 
ed 
imprescindibile 
del 
ricorso, 
ma 
di 
un'indicazione 
volta 
a 
chiarirne 
il 
contenuto 
e 
ad 
identificare 
i 
limiti 
delle 
censure 
proposte, 
la 
cui 
mancanza 
pu� 
incidere 
sull'ammissibilit� 
delle 
singole 
doglianze 
soltanto 
se 
gli 
argomenti 
addotti 
dal 
ricorrente 
non 
consentano 
d'individuare 
le 
norme 
ed 
i 
principi 
asserita-
mente 
trasgrediti 
(cfr. 
Cass., 
Sez. 
v, 
20/09/ 
2017, 
n. 
21819; 
Cass., 
Sez. 
III, 
7/11/2013, 
n. 
25044; 
16/03/2012, 
n. 
4233). 
Nella 
specie, 
questi 
ultimi 
sono 
agevolmente 
identificabili 
in 
base 
alla 
illustrazione 
delle 
censure, 
a 
sostegno 
delle 
quali 
il 
ricorrente 
richiama 
la 
disciplina 
dettata 
dal-
l'art. 
54 
del 
d.lgs. 
n. 
196 
del 
2003 
per 
il 
trattamento 
dei 
dati 
da 
parte 
delle 
forze 
di 
polizia 
ed 
i 
principi 
di 
pertinenza 
e 
non 
eccedenza 
ai 
quali 
la 
stessa 
s'ispira, 
nonch� 
i 
criteri 
previsti 
dall'art. 
57 
del 
medesimo 
decreto 
per 
la 
definizione 
delle 
modalit� 
di 
attuazione 
dei 
predetti 
principi, 
dei 
quali 
invoca 
l'applicazione, 
nonostante 
la 
mancata 
adozione 
del 
relativo 
provvedimento. 
2.2. II motivo non merita 
peraltro accoglimento, pur dovendosi 
procedere, ai 
sensi 
dell'art. 
384, ultimo comma, cod. proc. civ., alla 
correzione 
della 
motivazione 
della 
sentenza 
impugnata, 
il 
cui 
dispositivo 
risulta 
comunque 
conforme 
al 
diritto, 
avuto 
riguardo 
alle 
modificazioni 
normative intervenute nel corso del giudizio. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Il 
trattamento 
dei 
dati 
personali 
da 
parte 
delle 
forze 
di 
polizia 
� 
disciplinato 
dal 
Capo 
I 
del 
titolo 
II 
del 
d.lgs. 
30 
giugno 
2003, 
n. 
196, 
il 
quale, 
nel 
precisare 
che 
�si 
intendono 
effettuati 
per 
finalit� 
di 
polizia 
i 
trattamenti 
di 
dati 
personali 
direttamente 
correlati 
all'esercizio 
dei 
compiti 
di 
polizia 
di 
prevenzione 
dei 
reati, 
di 
tutela 
dell'ordine 
e 
della 
sicurezza 
pubblica, 
nonch� 
di 
polizia 
giudiziaria, 
svolti, 
ai 
sensi 
del 
codice 
di 
procedura 
penale, 
per 
la 
prevenzione 
e 
repressione 
dei 
reati�, 
dispone, 
all'art. 
53, 
che 
ai 
trattamenti 
di 
dati 
personali 
effettuati 
dal 
Ced 
del 
dipartimento 
della 
pubblica 
sicurezza 
o 
da 
forze 
di 
polizia 
sui 
dati 
destinati 
a 
confluirvi 
non 
si 
applicano 
gli 
artt. 
9 
e 
10 
(modalit� 
di 
esercizio 
dei 
diritti 
dell'interessato), 
12 
(codici 
di 
deontologia), 
13 
(informativa), 
16 
(cessazione 
del 
trattamento), 
da 
18 
a 
22 
(trattamenti 
effettuati 
dai 
soggetti 
pubblici), 
37, 
38, 
commi 
da 
1 
a 
5 
(notificazione 
del 
trattamento), 
da 
39 
a 
45 
(comunicazione, 
autorizzazione 
e 
trasferimento 
di 
dati 
verso 
altri 
Stati) 
e 
da 
145 
a 
151 
(ricorso 
al 
Garante) 
del 
codice 
della 
privacy. 
L'art. 
54 
prevede 
poi 
che 
i 
dati 
trattati 
per 
le 
finalit� 
di 
cui 
all'art. 
53 
sono 
conservati 
separatamente 
da 
quelli 
registrati 
per 
finalit� 
amministrative 
che 
non 
richiedono 
il 
loro 
utilizzo 
(comma 
secondo), 
aggiungendo 
che 
il 
Ced 
assicura 
l'aggiornamento 
periodico 
e 
la 
pertinenza 
e 
non 
eccedenza 
dei 
dati 
personali 
trattati 
(comma 
terzo), 
mentre 
l'art. 
57 
demanda 
a 
un 
decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica, 
previa 
deliberazione 
del 
Consiglio 
dei 
ministri, 
su 
proposta 
del 
Ministro 
dell'interno 
e 
di 
concerto 
con 
il 
Ministro 
della 
giustizia, 
l'individuazione 
delle 
modalit� 
di 
attuazione 
dei 
principi 
del 
d.lgs. 
n. 
163 
relativamente 
al 
trattamento 
dei 
dati 
effettuato 
dal 
Ced 
e 
da 
organi, 
uffici 
o 
comandi 
di 
polizia, 
anche 
ad 
integrazione 
e 
modifica 
del 
d.P.R. 
3 
maggio 
1982, 
n. 
378, 
e 
in 
attuazione 
della 
Raccomandazione 
R 
(87) 
15 
del 
Consiglio 
d'europa 
del 
17 
settembre 
1987, 
e 
successive 
modificazioni. 
La 
tutela 
dell'interessato 
� 
invece 
disciplinata 
dall'art. 
56 
con 
rinvio 
alle 
disposizioni 
dell'art. 
10, 
commi 
terzo, 
quarto 
e 
quinto, 
della 
legge 
10 
aprile 
1981, 
n. 
121, 
i 
quali 
consentono 
alla 
persona 
alla 
quale 
si 
riferiscono 
i 
dati 
di 
chiedere 
alla 
direzione 
centrale 
della 
polizia 
criminale 
la 
conferma 
dell'esistenza 
dei 
dati 
che 
la 
riguardano, 
la 
loro 
comunicazione 
in 
forma 
intellegibile 
e, 
se 
i 
dati 
risultano 
trattati 
in 
violazione 
di 
vigenti 
disposizioni 
di 
legge 
o 
di 
regolamento, 
la 
loro 
rettifica, 
integrazione, 
cancellazione 
o 
trasformazione 
in 
forma 
anonima. 


tali 
disposizioni, come 
correttamente 
rilevato dalla 
sentenza 
impugnata, non stabilivano 
alcun termine 
per la 
conservazione 
dei 
dati 
acquisiti 
dalle 
forze 
di 
polizia 
e 
confluiti 
negli 
archivi 
del 
Ced, limitandosi 
a 
prevederne 
la 
rettifica, l'integrazione, la 
cancellazione 
o la 
trasformazione 
in forma 
anonima 
nei 
soli 
casi 
in cui 
gli 
stessi 
risultassero inesatti 
o incompleti 
ovvero acquisiti 
o trattati 
illegittimamente. In tal 
senso era 
orientato anche 
il 
d.P.R. n. 378 del 
1982, 
che, 
nel 
disciplinare 
l'acquisizione 
ed 
il 
trattamento 
delle 
informazioni 
e 
dei 
dati 
da 
parte 
del 
Ced 
e 
le 
modalit� 
di 
accesso agli 
stessi 
da 
parte 
delle 
forze 
di 
polizia, dell'Autorit� 
giudiziaria 
e 
di 
altri 
soggetti 
specificamente 
individuati, 
ne 
prevedeva 
la 
rettifica, 
l'integrazione 


o la 
cancellazione 
in caso di 
violazione 
dell'art. 7 della 
legge 
n. 121 cit. oppure 
in caso di 
erroneit� 
o incompletezza 
(artt. 18 e 
ss.), senza 
nulla 
disporre 
in ordine 
alla 
durata 
della 
conservazione, 
ma 
limitandosi 
a 
demandare 
alla 
Commissione 
tecnica 
prevista 
dall'art. 8, terzo 
comma, della 
medesima 
legge 
n. 121 la 
fissazione 
dei 
termini 
per la 
conservazione 
dei 
documenti 
contenenti 
le 
informazioni 
e 
dati 
immessi 
negli 
archivi 
magnetici 
del 
Ced 
(art. 
4), 
nonch� 
l'individuazione 
dei 
criteri 
e 
delle 
modalit� 
tecniche 
per il 
controllo e 
la 
conservazione 
dei dati e delle informazioni. 
Alla 
stregua 
di 
queste 
ultime 
disposizioni, 
questa 
Corte, 
pronunciandosi 
in 
sede 
penale, 
aveva 
escluso la 
possibilit� 
di 
disporre 
la 
cancellazione 
o l'integrazione 
dei 
dati 
nel 
caso in 
cui 
fosse 
stato accertato che 
gli 
stessi 
erano esatti 
e 
completi 
nel 
contenuto, nonch�, al 
momento 
della 
raccolta, di 
provenienza 
legittima 
e 
rapportati 
agli 
scopi 
del 
Ced, e 
quindi 
atti



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


nenti 
all'attivit� 
di 
polizia 
di 
sicurezza 
e 
giudiziaria, 
precisando 
che 
al 
proprio 
sindacato 
restava 
estranea 
ogni 
valutazione 
inerente 
alle 
vicende 
successive 
all'acquisizione 
dei 
dati 
(cfr. Cass. 
pen., Sez. III, 5/04/1989, Barresi). La 
legittimit� 
dell'acquisizione 
era 
stata 
ritenuta 
idonea 
a 
giustificare 
il 
diniego della 
cancellazione 
anche 
nell'ipotesi 
in cui, come 
nella 
specie, le 
informazioni 
si 
riferissero a 
procedimenti 
penali 
o di 
prevenzione 
conclusisi 
con decisioni 
giudiziarie 
favorevoli 
all'interessato, riconoscendosi 
a 
quest'ultimo, in tal 
caso, soltanto il 
diritto 
ad ottenere 
l'integrazione 
dei 
dati 
con l'annotazione 
della 
decisione, ove 
non si 
fosse 
provveduto 
alla 
stessa 
(cfr. 
Cass. 
Pen., 
Sez. 
III, 
25/09/1997, 
n. 
3000, 
Fontana; 
Cass. 
pen., 
Sez. 
I, 
26/02/ 
1996, n. 1232, Somma). La 
cancellazione 
era 
stata 
ritenuta 
infine 
illegittima 
nel 
caso 
di 
assoluzione 
con formula 
dubitativa 
intervenuta 
in epoca 
anteriore 
all'entrata 
in vigore 
del 
nuovo 
codice 
di 
procedura 
penale, 
con 
la 
precisazione 
che 
neppure 
la 
sopravvenienza 
dell'art. 
530 
di 
quest'ultimo, 
che 
ha 
soppresso 
la 
formula 
assolutoria 
per 
insufficienza 
di 
prove, 
poteva 
considerarsi 
idonea 
a 
giustificare 
l'accoglimento della 
relativa 
istanza, avuto riguardo alla 
legittima 
acquisizione 
del 
dato 
(cfr. 
Cass. 
pen., 
Sez. 
II, 
11/02/1994, 
Moretti). 
In 
una 
prospettiva 
pi� ampia, si 
era 
poi 
negata 
la 
stessa 
configurabilit� 
di 
una 
lesione 
del 
diritto alla 
riservatezza 
in 
riferimento 
al 
trattamento 
delle 
informazioni 
da 
parte 
di 
banche 
dati 
gestite 
da 
soggetti 
pubblici, a 
meno che 
non sussistesse 
il 
pericolo che 
terzi 
non autorizzati 
ne 
venissero a 
conoscenza: 
in ordine 
ai 
dati 
raccolti 
dal 
Ced 
del 
Ministero dell'interno, si 
era 
quindi 
affermato 
che, poich� 
il 
rischio di 
divulgazione 
all'esterno era 
limitato all'eventualit� 
che 
le 
altre 
parti 
di 
un procedimento giurisdizionale 
o amministrativo venissero in contatto con gli 
stessi, soltanto 
in tal 
caso poteva 
riconoscersi 
all'interessato una 
tutela 
giurisdizionale 
in via 
ordinaria, 
destinata 
ad aggiungersi 
a 
quella 
amministrativa 
(cfr. Cass. pen., 15/ 
11/1990, dello Jacono); 
e 
si 
era 
conseguentemente 
limitata 
la 
proponibilit� 
dell'istanza 
di 
integrazione 
o 
cancellazione 
ai 
dati 
suscettibili 
di 
utilizzazione 
a 
carico dell'interessato nell'ambito di 
procedimenti 
giurisdizionali 
o 
amministrativi 
ancora 
in 
corso, 
escludendosene 
invece 
l'ammissibilit� 
allorquando, 
come 
nel 
caso in esame, potesse 
ritenersi 
esaurita 
la 
potenziale 
incidenza 
del 
dato 
sul 
procedimento, 
risultando 
quest'ultimo 
ormai 
definito 
(cfr. 
Cass., 
pen., 
Sez. 
v1, 
14/07/1994, 
Menoncello; 
Cass. 
pen., 
Sez. 
v, 
22/10/1985, 
Car�; 
contra, 
peraltro, 
Cass. 
pen., 
Sez. 
I, 
14/04/1986, Mussini). 


L'ottica 
ispiratrice 
di 
tali 
orientamenti 
ha 
peraltro sub�to rilevanti 
modificazioni 
per effetto 
delle 
norme 
comunitarie 
in tema 
di 
trattamento dei 
dati 
personali 
(cfr. direttiva 
n. 95/46/Ce 
del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio del 
24 ottobre 
1995, direttiva 
n. 2002/58/Ce 
del 
Parlamento 
europeo e 
del 
Consiglio del 
12 luglio 2002), nonch� 
dell'entrata 
in vigore 
dapprima 
della 
legge 
31 dicembre 
1996, n. 675 ed in seguito del 
d.lgs. n. 196 del 
2003, che 
vi 
hanno 
dato attuazione 
nell'ordinamento interno: 
tali 
disposizioni, imponendo rigorosi 
limiti 
all'acquisizione 
ed alla 
conservazione 
dei 
dati, sotto il 
profilo non solo della 
pertinenza 
e 
non eccedenza 
degli 
stessi 
rispetto 
alle 
finalit� 
del 
trattamento, 
ma 
anche 
della 
persistenza 
del 
relativo 
interesse, 
hanno 
infatti 
contribuito 
a 
far 
emergere 
la 
figura 
del 
C.d. 
diritto 
all'oblio, 
inteso 
come 
interesse 
della 
persona 
ad 
evitare 
la 
divulgazione 
di 
informazioni 
che 
la 
riguardano, 
ove 
la 
relativa 
conoscenza 
da 
parte 
di 
terzi 
non possa 
ritenersi 
ulteriormente 
giustificata 
da 
un interesse 
attuale, avuto riguardo alla 
rilevanza 
pubblica 
o privata 
della 
vicenda 
cui 
i 
dati 
si 
riferiscono, 
al 
tempo 
dello 
svolgimento 
dei 
fatti 
ed 
al 
ruolo 
che 
l'interessato 
vi 
ha 
svolto, 
nonch� 
alla 
posizione 
dallo stesso rivestita 
all'epoca 
dei 
fatti 
ed all'attualit� 
(cfr. tra 
le 
pi� recenti, 
Corte 
di 
giustizia 
Ue, 
13/05/2014, 
C-131/12, 
Google 
Spain 
c. 
Agencia 
espa�ola 
de 
Protecci�n 
de 
datos; 
Cass. pen., 7/07/2016, n. 39452; 
Cass., Sez. I, 24/06/2016, n. 13161; 
Cass., Sez. 
III, 26/06/2013, n. 16111; 5/04/2012, n. 5525). 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Nell'ordinamento 
dell'Unione 
europea, 
il 
predetto 
diritto 
ha 
trovato 
definitiva 
consacrazione 
nell'art. 
17 
del 
regolamento 
Ue 
n. 
2016/679 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio 
del 
27 aprile 
2016, il 
quale 
riconosce 
all'interessato la 
facolt� 
di 
ottenere 
senza 
ingiustificato 
ritardo la 
cancellazione 
dei 
dati 
che 
lo riguardano non solo in caso di 
revoca 
del 
consenso, 
opposizione, 
trattamento 
illecito, 
offerta 
ai 
minori 
di 
servizi 
d'informazione 
o 
esistenza 
di 
obblighi 
previsti 
dal 
diritto 
comunitario 
o 
interno, 
ma 
anche 
nel 
caso 
in 
cui 
i 
dati 
stessi 
non 
siano 
pi� necessari 
per le 
finalit� 
per le 
quali 
sono stati 
raccolti 
o trattati. Nell'ordinamento interno, 
la 
medesima 
facolt� 
� 
invece 
desumibile 
dai 
principi 
di 
pertinenza 
e 
non eccedenza 
sanciti 
dapprima 
nell'art. 
9 
della 
legge 
n. 
675 
del 
1996 
ed 
attualmente 
nell'art. 
11, 
comma 
primo, 
lett. 
d) ed e), del 
d.lgs. n. 196 del 
2003, secondo cui 
i 
dati 
personali 
oggetto di 
trattamento devono 
essere 
�pertinenti, completi 
e 
non eccedenti 
rispetto alle 
finalit� 
per le 
quali 
sono raccolti 
o 
successivamente 
trattati�, 
nonch� 
�conservati 
in 
una 
forma 
che 
consenta 
l'identificazione 
del-
l'interessato per un periodo di 
tempo non superiore 
a 
quello necessario agli 
scopi 
per i 
quali 
essi 
sono stati 
raccolti 
o successivamente 
trattati�. tale 
disposizione 
si 
applica 
anche 
al 
trattamento 
per finalit� 
di 
polizia, in riferimento al 
quale, come 
si 
� 
detto, l'art. 57 del 
codice 
demanda 
ad 
un 
apposito 
decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 
l'individuazione 
delle 
modalit� 
di 
attuazione 
dei 
predetti 
principi, indicando, tra 
i 
criteri 
ispiratori 
di 
tale 
operazione, a) l'esigenza 
che 
la 
raccolta 
dei 
dati 
sia 
correlata 
alla 
specifica 
finalit� 
perseguita, in relazione 
alla 
prevenzione 
di 
un pericolo concreto o alla 
repressione 
di 
reati, b) l'aggiornamento periodico 
dei 
dati, c) l'individuazione 
di 
specifici 
termini 
di 
conservazione 
dei 
dati 
in relazione 
alla 
natura 
degli 
stessi 
o 
agli 
strumenti 
utilizzati 
per 
il 
loro 
trattamento, 
nonch� 
alla 
tipologia 
dei 
procedimenti 
nell'ambito dei 
quali 
essi 
sono trattati 
o i 
provvedimenti 
sono adottati, d) alla 
comunicazione 
ad altri 
soggetti 
e 
e) all'uso di 
particolari 
tecniche 
di 
elaborazione 
e 
di 
ricerca 
delle informazioni. 


La 
determinazione 
delle 
predette 
modalit�, a 
lungo attesa, ha 
avuto luogo, in epoca 
successiva 
alla 
proposizione 
del 
ricorso per cassazione, con il 
d.P.R. 15 gennaio 2018, n. 15, recante 
il 
regolamento 
per 
l'attuazione 
dei 
principi 
del 
codice 
della 
privacy 
relativamente 
al 
trattamento dei 
dati 
effettuato per finalit� 
di 
polizia: 
nel 
recepire 
i 
criteri 
dettati 
dal 
d.lgs. n. 
196 del 
2003 e 
dalla 
Raccomandazione 
n. R (87) 15 del 
Consiglio d'europa 
del 
17 settembre 
1987, 
esso 
ha 
ribadito 
i 
principi 
di 
completezza, 
pertinenza, 
non 
eccedenza 
ed 
aggiornamento 
dei 
dati 
(art. 4), regolando le 
modalit� 
di 
acquisizione, trattamento e 
accesso (artt. 5-9, 26 e 
ss.), imponendo l'adozione 
di 
misure 
di 
sicurezza 
volte 
a 
ridurre 
i 
rischi 
di 
perdita, accesso 
non 
autorizzato 
o 
trattamento 
non 
consentito 
(art. 
25), 
stabilendo 
limiti 
alla 
diffusione, 
nonch� 
alla 
comunicazione 
a 
soggetti 
pubblici 
ed 
anche 
nei 
rapporti 
tra 
organi 
di 
polizia 
(artt. 
12-15), 
disciplinandone 
il 
trasferimento tra 
gli 
Stati 
(artt. 16-21) e, da 
ultimo, introducendo un'articolata 
regolamentazione 
dei 
termini 
per 
la 
loro 
conservazione 
(art. 
10). 
tale 
disciplina, 
ispirata 
al 
principio 
secondo 
cui 
i 
dati 
oggetto 
di 
trattamento 
�sono 
conservati 
per 
un 
periodo 
di 
tempo 
non 
superiore 
a 
quello 
necessario 
per 
il 
conseguimento 
delle 
finalit� 
di 
polizia� 
(comma 
primo), 
� 
imperniata, 
per 
i 
dati 
soggetti 
a 
trattamento 
automatizzato, 
sulla 
fissazione 
di 
termini 
massimi 
correlati 
alla 
natura 
dei 
provvedimenti 
o 
dette 
attivit� 
alle 
quali 
si 
riferiscono 
(comma 
terzo), 
ed 
aumentati 
di 
due 
terzi 
in 
casi 
specificamente 
previsti 
(comma 
quarto); 
per 
i 
dati 
non 
soggetti 
a 
trattamento automatizzato, la 
norma 
rinvia 
invece 
ai 
termini 
previsti 
dalle 
disposizioni 
sullo 
scarto 
dei 
documenti 
d'archivio 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, 
se 
superiori 
(comma 
sesto); 
essa 
precisa 
infine 
che 
i 
dati 
personali 
soggetti 
a 
trattamento automatizzato, 
trascorsa 
la 
met� 
del 
tempo massimo di 
conservazione, se 
uguale 
o superiore 
a 
quindici 
anni, 
sono accessibili 
ai 
soli 
operatori 
a 
ci� abilitati 
e 
designati, incaricati 
del 
trattamento secondo 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


profili 
di 
autorizzazione 
predefiniti 
in base 
alle 
indicazioni 
del 
capo dell'ufficio o del 
comandante 
del 
reparto e 
in relazione 
a 
specifiche 
attivit� 
informative, di 
sicurezza 
o di 
indagine 
di 
polizia giudiziaria (comma secondo). 


Le 
norme 
citate 
costituiscono il 
risultato di 
un difficile 
bilanciamento tra 
l�interesse 
collettivo 
all'esercizio dei 
compiti 
di 
prevenzione 
e 
repressione 
dei 
reati 
e 
di 
tutela 
dell'ordine 
e 
della 
sicurezza 
pubblica, sotteso all'acquisizione 
ed al 
trattamento di 
informazioni 
da 
parte 
delle 
forze 
di 
polizia, e 
quello individuale 
alla 
tutela 
della 
propria 
sfera 
di 
riservatezza, che, 
come 
sopra 
ricordato, trova 
espressione 
non solo nell'esigenza 
di 
garantire 
la 
correttezza, la 
completezza 
e 
l'aggiornamento dei 
dati 
trattati, nonch� 
di 
assicurare 
che 
l'acquisizione, la 
comunicazione 
e 
la 
diffusione 
degli 
stessi 
abbiano luogo conformemente 
alle 
finalit� 
del 
trattamento, 
ma 
anche 
nella 
possibilit� 
di 
ottenerne 
la 
cancellazione 
allorch� 
debbano 
ritenersi 
venute 
meno le 
finalit� 
che 
ne 
giustificano la 
conservazione. La 
lunghezza 
dei 
termini 
a 
tal 
fine 
previsti, in ordine 
alla 
quale 
il 
Garante 
per la 
protezione 
dei 
dati 
personali 
ha 
ripetutamente 
manifestato perplessit� 
(cfr. pareri 
n. 86 del 
2 marzo 2017 e 
n. 337 del 
26 luglio 2017), 
trova 
infatti 
uno specifico temperamento nelle 
restrizioni 
imposte 
all'accessibilit� 
delle 
informazioni, 
ove 
sia 
trascorsa 
la 
met� 
del 
tempo prescritto, e 
nelle 
precauzioni 
da 
adottarsi 
in via 
generale 
per 
la 
conservazione 
dei 
dati 
e 
per 
la 
loro 
comunicazione 
anche 
tra 
soggetti 
pubblici, 
prima 
fra 
tutte 
quella 
prevista 
dall'art. 1 del 
regolamento, che, conformemente 
a 
quanto prescritto 
dall'art. 54, comma 
secondo, del 
d.lgs. n. 196, dispone 
la 
conservazione 
separata 
dei 
dati 
trattati 
per finalit� 
di 
polizia 
rispetto a 
quelli 
acquisiti 
per finalit� 
amministrative 
che 
non 
richiedono la 
loro utilizzazione. L'insieme 
di 
tali 
cautele, posto anche 
in relazione 
con la 
rigorosa 
definizione 
delle 
finalit� 
del 
trattamento, con il 
controllo demandato al 
Garante 
(art. 
29) e 
con la 
possibilit� 
di 
chiedere 
l'intervento dell'Autorit� 
giudiziaria 
(art. 28), fornisce 
un 
quadro di 
garanzie 
che 
consente 
di 
ritenere 
sostanzialmente 
rispettati 
i 
vincoli 
derivanti 
dalla 
normativa 
sovranazionale 
ed 
internazionale: 
l'art. 
8 
della 
CedU, 
nell'escludere 
l'ingerenza 
della 
pubblica 
autorit� 
nella 
vita 
privata, fa 
infatti 
salvo espressamente 
il 
caso in cui 
�tale 
ingerenza 
sia 
prevista 
dalla 
legge 
e 
costituisca 
una 
misura 
che, in una 
societ� 
democratica, � 
necessaria 
per la 
sicurezza 
nazionale, l'ordine 
pubblico, il 
benessere 
economico del 
paese, la 
prevenzione 
dei 
reati, 
la 
protezione 
della 
salute 
o 
della 
morale, 
o 
la 
protezione 
dei 
diritti 
e 
delle 
libert� 
altrui�; 
il 
regolamento 
Ue 
n. 
2016/679, 
dopo 
aver 
riconosciuto 
al 
diritto 
del-
l'Unione 
ed agli 
Stati 
membri 
la 
possibilit� 
d'imporre 
limitazioni 
a 
specifici 
principi 
e 
diritti, 
ivi 
compreso 
quello 
alla 
cancellazione 
dei 
dati, 
�ove 
ci� 
sia 
necessario 
e 
proporzionato 
in 
una 
societ� 
democratica 
per la 
salvaguardia 
della 
sicurezza 
pubblica, ivi 
comprese 
[ .. ] le 
attivit� 
di 
prevenzione, indagine 
e 
perseguirnento di 
reati 
o l'esecuzione 
di 
sanzioni 
penali, incluse 
la 
salvaguardia 
contro e 
la 
prevenzione 
di 
minacce 
alla 
sicurezza 
pubblica� (settantatreeesimo 
considerando), esclude 
invece 
espressamente 
dal 
proprio ambito di 
applicazione 
materiale 
i 
trattamenti 
di 
dati 
personali 
�effettuati 
dalle 
autorit� 
competenti 
a 
fini 
di 
prevenzione, indagine, 
accertamento o perseguimento di 
reati 
o esecuzione 
di 
sanzioni 
penali, incluse 
la 
salvaguardia 
contro minacce 
alla 
sicurezza 
pubblica 
e 
la 
prevenzione 
delle 
stesse� (art. 2, comma 
secondo, lett. d). 


Nell'ambito del 
d.P.R. n. 15 del 
2018, l'art. 10, comma 
terzo, lett. f), si 
occupa 
specificamente 
delle 
informazioni 
relative 
ad attivit� 
di 
polizia 
giudiziaria 
conclusasi 
con provvedimento 
di 
archiviazione, 
fissando 
in 
venti 
anni 
dall'emissione 
di 
tale 
provvedimento 
il 
termine 
per 
la 
conservazione 
dei 
dati: 
tale 
disposizione, 
la 
cui 
natura 
sostanziale 
consente 
di 
estenderne 
l'ambito applicativo anche 
a 
fattispecie 
come 
quella 
in esame, in cui 
l'acquisizione 
dei 
dati 
e 
la 
proposizione 
dell'istanza 
di 
cancellazione 
hanno avuto luogo in epoca 
anteriore 
all'entrata 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


in vigore 
del 
regolamento, impedisce 
di 
ritenere 
sussistenti 
i 
presupposti 
per l'accoglimento 
della 
domanda. Considerato infatti 
che, come 
accertato dalla 
sentenza 
impugnata, il 
procedimento 
al 
quale 
si 
riferiscono i 
dati 
dei 
quali 
� 
stata 
chiesta 
la 
cancellazione 
� 
stato archiviato 
con provvedimento del 
2 aprile 
2007, non risulta 
ancora 
decorso il 
ventennio prescritto dalla 
predetta 
disposizione, ma 
solo la 
met� 
del 
predetto periodo, con la 
conseguenza 
che 
la 
tutela 
dell'interessato rimane 
allo stato affidata, ai 
sensi 
del 
comma 
secondo dell'art. 10, all'accessibilit� 
dei dati da parte dei soli operatori a ci� abilitati. 


2. Il ricorso va pertanto rigettato. 
La 
novit� 
della 
questione, 
mai 
precedentemente 
affrontata 
in 
riferimento 
al 
quadro 
normativo 
vigente 
e 
risolta 
sulla 
base 
della 
disciplina 
regolamentare 
sopravvenuta, 
giustifica 
peraltro 
la compensazione delle spese processuali tra le parti. 


P.Q.M. 
rigetta il ricorso. Compensa integralmente le spese processuali. 
Ai 
sensi 
dell'art. 13, comma 
1-quater, del 
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall'art. 
1, comma 
17, della 
l. 24 dicembre 
2012, n. 228, d� 
atto della 
sussistenza 
dei 
presupposti 
per 
il 
versamento, 
da 
parte 
del 
ricorrente, 
dell'ulteriore 
importo 
a 
titolo 
di 
contributo 
unificato 
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13. 


dispone 
che, 
in 
caso 
di 
utilizzazione 
della 
presente 
ordinanza 
in 
qualsiasi 
forma, 
per 
finalit� 
di 
informazione 
scientifica 
su riviste 
giuridiche, supporti 
elettronici 
o mediante 
reti 
di 
comunicazione 
elettronica, sia 
omessa 
l'indicazione 
delle 
generalit� 
e 
degli 
altri 
dati 
identificativi 
del ricorrente riportati nell'ordinanza. 


Cos� deciso in Roma il 29/05/2018. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


la notifica va fatta all�avvocatura dello stato 
in caso di giudizio di impugnazione del preavviso 
di fermo amministrativo (art. 86, d.P.R. 602/1973) 


Cassazione 
Civile, sezione 
teRza, sentenza 
8 novembRe 
2018 n. 28528 


La 
sentenza 
in 
rassegna, 
in 
accoglimento 
del 
ricorso 
incidentale 
proposto 
dall�Avvocatura 
dello 
Stato, 
ha 
affermato 
il 
seguente 
principio 
di 
diritto: 
�l�impugnazione 
del 
preavviso di 
fermo amministrativo previsto dall'art. 86 
del 
d.P.R. 
n. 
602 
del 
1973, 
avendo 
natura 
di 
ordinaria 
azione 
di 
accertamento 
negativo della pretesa creditoria, segue 
le 
regole 
generali 
del 
rito ordinario 
di 
cognizione, con la conseguenza che 
ad essa � 
applicabile 
la previsione 
di 
cui 
al 
combinato 
disposto 
dell'art. 
144, 
primo 
comma, 
cod. 
proc. 
civ. 
e 
dell'art. 
11, 
primo 
comma, 
del 
r.d. 
n. 
1611 
del 
1933, 
in 
forza 
del 
quale 
l'atto 
introduttivo 
del 
giudizio nei 
confronti 
di 
un'amministrazione 
dello stato deve 
essere 
notificato 
presso 
l'ufficio 
dell'avvocatura 
dello 
stato 
nel 
cui 
distretto 
ha 
sede 
l'autorit� 
giudiziaria competente, con esclusione 
della deroga prevista dagli 
artt. 
6, comma 9, e 
7, comma 8, del 
d.lgs. n. 150 del 
2011, valevole 
solamente 
per 
i 
giudizi 
di 
opposizione 
ad ordinanza-ingiunzione 
e 
di 
opposizione 
al 
verbale 
di accertamento di violazione del codice della strada". 


In applicazione 
di 
tale 
principio, la 
Corte 
di 
cassazione 
ha 
dichiarato la 
nullit� 
della 
notificazione 
dell'atto 
di 
citazione 
nei 
confronti 
del 
Ministero 
del-
l'interno, effettuata 
presso le 
articolazioni 
territoriali 
delle 
Prefetture 
di 
Messina 
e 
Reggio Calabria, in un caso diverso da 
quelli 
previsti 
dagli 
artt. 6 e 
7 
del d.lgs. n. 150 del 2011. 


In 
particolare, 
la 
Suprema 
Corte 
ha 
affermato 
che 
nel 
giudizio 
di 
impugnazione 
del 
preavviso 
di 
fermo 
amministrativo 
il 
prefetto 
non 
pu� 
stare 
in 
giudizio 
personalmente 
o 
tramite 
funzionario 
delegato, 
essendo 
tale 
facolt� 
ristretta 
alle 
sole 
ipotesi 
test� 
menzionate. 
Conseguentemente, 
il 
soggetto 
legittimato 
passivo 
doveva 
essere 
individuato 
nel 
Ministero 
dell'interno 
(e 
non 
nella 
singola 
prefettura, 
che 
di 
tale 
Ministero 
costituisce 
una 
semplice 
articolazione 
territoriale) 
e 
la 
notificazione 
dell'atto 
di 
citazione 
doveva 
essere 
effettuata 
presso 
le 
Avvocature 
distrettuali 
dello 
Stato 
di 
Messina 
e 
Reggio 
Calabria. 


L'amministrazione 
non si 
� 
costituita 
e 
non ha 
sanato il 
vizio, n� 
la 
notificazione 
� stata mai ritualmente rinnovata. 

Pertanto 
la 
Corte 
di 
cassazione 
ha 
cassato 
la 
sentenza 
impugnata 
e, 
riscontrata 
la 
sussistenza 
di 
una 
nullit� 
del 
giudizio 
di 
primo 
grado 
per 
la 
quale 
il 
giudice 
d'appello 
avrebbe 
dovuto 
rimettere 
le 
parti 
al 
primo 
giudice, 
ha 
rinviato 
la 
causa 
ai 
sensi 
dell'art. 
383, 
terzo 
comma, 
cod. 
proc. 
civ., 
al 
Giudice 
di 
pace 
di 
Patti. 


Wally Ferrante 
(*) 


(*) Avvocato dello Stato. 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Cassazione 
civile, 
sezione 
terza, 
sentenza 
8 
novembre 
2018 
n. 
28528 
-Pres. 
F. 
de 
Stefano, 
Rel. C. d�Arrigo - Riscossione 
Sicilia 
s.p.a. (avv. G. Pavone) c. Ministero interno - Ufficio 
territoriale 
del 
governo di 
Messina, Ufficio territoriale 
del 
governo di 
Reggio Calabria 
(avv. 
gen. Stato); C.A. (avv. Attilio Scarcella); ed altri. 


FAttI dI CAUSA 
A.C., 
con 
atto 
di 
citazione 
notificato 
il 
14 
ottobre 
2010 
all'agente 
di 
riscossione 
Serit 
Sicilia 


S.p.A. (ora 
Riscossione 
Sicilia 
S.p.A.), nonch� 
ai 
Comuni 
di 
Milazzo, Barcellona 
Pozzo di 
Gotto e 
Palermo e 
alle 
Prefetture 
di 
Messina 
e 
Reggio Calabria, opponeva, ai 
sensi 
dell'art. 
615 
cod. 
proc. 
civ., 
il 
preavviso 
di 
fermo 
amministrativo 
di 
beni 
mobili 
registrati 
n. 
29520100000662850 
fondato 
su 
sanzioni 
amministrative 
per 
violazioni 
del 
codice 
della 
strada, 
deducendo l'omessa notifica dell'atto e, comunque, la prescrizione dei crediti. 
Si 
costituivano 
in 
giudizio 
l'agente 
di 
riscossione, 
i 
Comuni 
di 
Barcellona 
P.G. 
e 
di 
Milazzo 
e 
la 
Polizia 
Municipale 
di 
Palermo. Rimanevano invece 
contumaci 
il 
Comune 
di 
Palermo e 
le Prefetture di Messina e Reggio Calabria. 

Il 
Giudice 
di 
pace 
di 
Patti 
accoglieva 
l'opposizione, accertando l'illegittimit� 
del 
procedimento 
di fermo amministrativo e annullando, conseguentemente, il relativo preavviso. 
La 
sentenza 
veniva 
appellata 
dalla 
Serit 
Sicilia 
S.p.A. 
Nel 
giudizio 
di 
appello 
si 
costituivano 


A.C. 
e 
i 
Comuni 
di 
Milazzo 
e 
Barcellona 
P.G. 
Nessuna 
attivit� 
difensiva 
veniva 
svolta 
dal 
Comune di Palermo e dalle Prefetture di Messina e Reggio Calabria. 
Il 
tribunale 
di 
Patti, in funzione 
di 
giudice 
d'appello, rigettava 
il 
gravame 
e 
condannava 
l'appellante alla refusione delle spese. 
La 
decisione 
� 
stata 
fatta 
oggetto 
di 
ricorso 
per 
cassazione 
da 
parte 
della 
Riscossione 
Sicilia 


S.p.A. (gi� 
Serit 
Sicilia 
S.p.A.), per cinque 
motivi. La 
sentenza 
� 
stata 
impugnata 
in via 
incidentale, 
con unico ricorso e 
un solo motivo, dall'Avvocatura 
dello Stato, quale 
difensore 
ex 
lege 
del 
Ministero dell'Interno e 
delle 
sue 
articolazioni 
territoriali 
costituite 
dalle 
Prefetture 
di 
Messina 
e 
Reggio 
Calabria. 
Hanno 
resistito 
con 
controricorso 
A.C. 
e 
il 
Comune 
di 
Barcellona 
P.G. Nessuna attivit� difensiva � stata svolta in questa sede dagli ulteriori intimati. 
RAGIONI deLLA deCISIONe 


1. 
va 
esaminato 
anzitutto 
il 
ricorso 
incidentale, 
giacch� 
l'accoglimento 
del 
motivo 
ivi 
dedotto 
determinerebbe 
la 
nullit� 
delle 
sentenze 
di 
entrambi 
i 
gradi 
del 
giudizio 
di 
merito, 
con 
conseguente 
assorbimento 
delle 
censure 
proposte 
in 
via 
principale 
avverso 
la 
sentenza 
d'appello. 
In particolare, con l'unico motivo in cui 
si 
articola 
il 
ricorso incidentale, il 
Ministero del-
l'Interno e 
le 
Prefetture 
di 
Messina 
e 
Reggio Calabria 
lamentano la 
nullit� 
della 
notificazione 
dell'atto di 
citazione 
introduttivo del 
giudizio, nonch� 
del 
successivo atto di 
appello, poich� 
questi 
sono stati 
entrambi 
notificati 
direttamente 
presso le 
amministrazioni 
periferiche 
e 
non 
invece 
presso l'Avvocatura 
distrettuale 
dello Stato, presso cui 
dette 
amministrazioni 
sono domiciliate 
ex 
lege, ai 
sensi 
dell'art. 144 cod. proc. civ. Solamente 
il 
ricorso per cassazione 
� 
stato invece 
notificato al 
Ministero dell'Interno presso l'Avvocatura 
dello Stato, oltre 
che 
alle 
due prefetture. 

Il motivo � fondato e deve essere accolto. 

2. L'esame 
della 
censura 
deve 
prendere 
le 
mosse 
dalla 
qualificazione 
della 
natura 
dell'opposizione 
proposta 
dal 
C. che, secondo quanto ricostruito dal 
tribunale 
con statuizione 
non 
impugnata 
sul 
punto, 
ha 
ad 
oggetto 
un 
preavviso 
di 
fermo 
amministrativo. 
tale 
natura 
dipende, 
a sua volta, da quella che si voglia attribuire all'atto opposto. 
In 
proposito 
occorre 
richiamare 
quanto 
ritenuto 
dalle 
Sezioni 
unite 
che, 
componendo 
il 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


contrasto sorto in sede 
di 
regolamento di 
competenza, hanno concluso nel 
senso che 
il 
fermo 
amministrativo di 
beni 
mobili 
registrati 
ha 
natura 
non di 
atto di 
espropriazione 
forzata, bens� 
di 
misura 
puramente 
afflittiva 
volta 
ad 
indurre 
il 
debitore 
all'adempimento; 
con 
la 
conseguenza 
che 
la 
sua 
impugnativa, sostanziandosi 
in un'azione 
di 
accertamento negativo della 
pretesa 
creditoria, 
segue 
le 
regole 
generali 
del 
rito 
ordinario 
di 
cognizione 
in 
tema 
di 
riparto 
della 
competenza 
per 
materia 
e 
per 
valore 
(Sez. 
U, 
Ordinanza 
n. 
15354 
del 
22/07/2015, 
Rv. 
635989). 


In particolare, le 
Sezioni 
unite 
hanno puntualizzato che 
il 
fermo amministrativo �deve 
ritenersi 
impugnabile 
secondo 
le 
regole 
del 
rito 
ordinario 
di 
cognizione 
e 
nel 
rispetto 
delle 
norme 
generali 
in tema di 
riparto di 
competenza per 
materia e 
per 
valore, configurandosi, la 
corrispondente 
iniziativa giudiziaria, come 
un'azione 
di 
accertamento negativo della pretesa 
dell'esattore 
di 
eseguire 
il 
fermo, in cui 
al 
giudice 
adito sar� devoluta la cognizione 
sia della 
misura che del merito della pretesa creditoria�. 


Recentemente, 
sempre 
in 
sede 
di 
regolamento 
di 
competenza, 
le 
Sezioni 
unite 
sono 
tornate 
ad occuparsi 
della 
materia, affermando che 
l'impugnativa 
del 
preavviso di 
fermo, in quanto 
azione 
di 
accertamento negativo, � 
soggetta 
agli 
stessi 
criteri 
di 
competenza 
che 
valgono per 
l'opposizione 
a 
verbale 
di 
accertamento e 
per l'opposizione 
ad ordinanza-ingiunzione 
(Sez. 
U, Sentenza n. 10261 del 27/04/2018, Rv. 648267). 

Per 
quanto 
riguarda 
il 
caso 
in 
esame, 
� 
importante 
sottolineare 
che 
pure 
in 
questa 
occasione, 
in continuit� 
con la 
pronuncia 
precedente, le 
Sezioni 
unite 
hanno ribadito che 
il 
preavviso di 
fermo 
amministrativo 
� 
�impugnabile 
secondo 
le 
regole 
del 
rito 
ordinario 
di 
cognizione�, 
trattandosi 
di 
un'azione 
di 
accertamento 
negativo, 
la 
cui 
natura 
�resta 
ferma, 
pertanto, 
sia 
che 
l'accertamento si 
estenda al 
merito della pretesa creditoria, sia che 
riguardi 
l'esistenza del 
diritto 
dell'agente 
di 
procedere 
alla 
iscrizione, 
sia 
che 
si 
contesti 
l'iscrizione 
di 
fermo 
dal 
punto di 
vista della regolarit� formale 
dell'atto� 
(conclusioni 
affermate 
in ordine 
sia 
all'opposizione 
a fermo amministrativo, sia all'opposizione al preavviso di iscrizione ipotecaria). 


3. 
Sebbene 
i 
due 
precedenti 
siano 
stati 
pronunciati 
nell'ambito 
di 
ricorsi 
per 
la 
regolazione 
della 
competenza, 
il 
principio 
affermato 
in 
ordine 
alla 
qualificazione 
della 
natura 
del 
giudizio 
di 
impugnazione 
del 
preavviso di 
fermo amministrativo � 
stato declinato in termini 
talmente 
ampi 
da 
avere 
ricadute 
non 
solo 
sull'individuazione 
del 
giudice 
competente, 
ma 
anche 
sul 
piano 
della 
disciplina 
generale 
dell'azione 
e, 
quindi, 
della 
legittimazione 
e 
della 
rappresentanza 
processuali. 
Si 
tratta, 
peraltro, 
di 
principio 
non 
pi� 
contrastato 
nei 
successivi 
arresti 
della 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
(v. Sez. 6 - 3, Ordinanza 
n. 15143 del 
22/07/2016, Rv. 641695; 
Sez. 6 - 2, Ordinanza 
n. 23564 del 18/11/2016, Rv. 641677). 

Anzi, la 
Corte 
di 
cassazione 
si 
� 
spinta 
oltre 
e 
- in relazione 
all'impugnazione 
tanto del-
l'ipoteca 
iscritta 
ai 
sensi 
dell'art. 
77 
del 
d.P.R. 
n. 
602 
del 
1973, 
quanto 
del 
fermo 
di 
beni 
mobili 
registrati 
di 
cui 
al 
successivo art. 86 - richiamando i 
princ�pi 
sopra 
illustrati 
(nonch� 
quello 
posto da 
Sez. U, Sentenza 
n. 19667 del 
18/09/2014, Rv. 632587, in tema 
di 
ipoteca 
iscritta 
dall'agente 
di 
riscossione), ha 
tratto il 
corollario che 
n� 
l'una, n� 
l'altro vanno contestati 
con i 
rimedi 
delle 
opposizioni 
esecutive, sicch� 
all'iniziativa 
giudiziaria 
si 
applicano tutte 
le 
regole 
del 
processo ordinario di 
cognizione 
riferibili 
ad un'azione 
di 
accertamento negativo (Sez. 3, 
Sentenza n. 24234 del 27/11/2015, Rv. 637764). 

Quest'ultima 
decisione, a 
differenza 
delle 
altre 
gi� 
citate, si 
pone 
oltre 
l'ambito specifico 
del 
regolamento 
di 
competenza 
ed 
affronta, 
sulle 
basi 
delle 
riferite 
premesse, 
il 
problema 
del-
l'appellabilit� 
della 
sentenza 
pronunciata 
in esito al 
giudizio di 
accertamento negativo: 
la 
non 
riconducibilit� 
dell'azione 
alla 
fattispecie 
di 
cui 
all'art. 617 cod. proc. civ., neppure 
quando 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


con la 
stessa 
si 
contesta 
la 
regolarit� 
formale 
dell'atto impugnato, esclude 
l'applicabilit� 
del 
regime 
processuale 
speciale 
dell'inappellabilit� 
dettato dall'art. 618, secondo e 
terzo comma, 
cod. proc. civ. per i giudizi di opposizione agli atti esecutivi. 

4. 
La 
questione 
che 
viene 
ora 
in rilievo ha 
consistenza 
diversa 
da 
quelle 
finora 
affrontate 
da questa Corte. 
Qui 
non si 
pone 
un problema 
di 
competenza, n� 
di 
appellabilit� 
della 
sentenza. Il 
punto 
controverso � 
se 
l'atto introduttivo del 
giudizio (erroneamente 
intestato come 
opposizione 
al-
l'esecuzione, ma 
contenente, nella 
sostanza, una 
domanda 
di 
accertamento negativo) potesse 
essere 
notificato agli 
uffici 
di 
prefettura 
di 
Messina 
e 
Reggio Calabria 
o dovesse 
essere 
notificato, 
in osservanza 
di 
quanto disposto dall'art. 144 cod. proc. civ., alla 
competente 
Avvocatura 
distrettuale dello Stato. 

5. 
va 
ricordato 
che 
l'art. 
144 
cod. 
proc. 
civ. 
va 
integrato 
con 
l'art. 
11, 
primo 
comma, 
del 
r.d. 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
611, 
come 
modificato 
dall'art. 
1 
della 
legge 
25 
marzo 
1958, 
n. 
260, 
che 
cos� 
dispone: 
�tutte 
le 
citazioni, 
i 
ricorsi 
e 
qualsiasi 
atto 
di 
opposizione 
giudiziale, 
devono 
essere 
notificati 
alle 
amministrazioni 
dello 
stato 
presso 
l'ufficio 
dell'avvocatura 
dello 
stato 
nel 
cui 
distretto 
ha 
sede 
l'autorit� 
giudiziaria 
dinanzi 
alla 
quale 
� 
portata 
la 
causa, 
nella 
persona 
del 
ministro 
competente�; 
il 
successivo 
secondo 
comma 
aggiunge: 
�ogni 
altro 
atto 
giudiziale 
e 
le 
sentenze 
devono 
essere 
notificati 
presso 
l'ufficio 
dell'avvocatura 
dello 
stato 
nel 
cui 
distretto 
ha 
sede 
l'autorit� 
giudiziaria 
presso 
cui 
pende 
la 
causa 
o 
che 
ha 
pronunciato 
la 
sentenza�. 
Questa 
Corte 
ha 
osservato che 
le 
disposizioni 
in commento utilizzano espressioni 
di 
contenuto 
inequivoco, 
tali 
da 
far 
intendere 
che 
nelle 
ipotesi 
ivi 
considerate 
la 
notificazione 
presso 
l'Avvocatura 
dello Stato � 
la 
sola 
praticabile 
(Sez. L, Sentenza 
n. 7315 del 
16/04/2004, Rv. 
572138). 
Sicch� 
alla 
stessa 
� 
possibile 
sottrarsi 
solo 
nelle 
ipotesi 
particolari 
in 
cui 
il 
legislatore 
ha 
inteso 
espressamente 
derogare 
alla 
regola 
generale 
posta 
dall'art. 
11 
del 
r.d. 
n. 
611 
del 
1933. 
Soltanto in tali 
evenienze, pertanto, trover� 
applicazione 
la 
previsione 
sussidiaria 
contenuta 
nell'art. 144, secondo comma, cod. proc. civ., che 
contempla 
le 
modalit� 
di 
notificazione 
del-
l'atto direttamente all'amministrazione destinataria. 

Conseguentemente 
� 
stato 
affermato 
che 
la 
notificazione 
dell'atto 
introduttivo 
di 
un 
giudizio 
eseguita 
direttamente 
all'Amministrazione 
dello Stato e 
non presso l'Avvocatura 
distrettuale 
dello Stato, nei 
casi 
nei 
quali 
non vi 
� 
deroga 
alla 
regola 
di 
cui 
all'art. 11 r.d. n. 1611 del 
1933, 
non pu� ritenersi 
affetta 
da 
mera 
irregolarit�, ma, secondo quanto espressamente 
previsto da 
tale 
disposizione, da 
nullit�, ma 
non anche 
da 
inesistenza. essa 
� 
quindi 
suscettibile 
di 
rinnovazione 
ai 
sensi 
dell'art. 291 cod. proc. civ., ovvero di 
sanatoria, qualora 
l'Amministrazione 
si costituisca (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 21574 del 2017, non massimata). 

6. 
Un'eccezione 
alla 
regola 
generale 
dell'obbligo di 
difesa 
- ed alla 
conseguente 
domiciliazione 
ex 
lege 
- delle 
amministrazioni 
statali 
riservata 
all'Avvocatura 
dello Stato � 
rinvenibile 
nel 
giudizio di 
opposizione 
a 
ordinanza-ingiunzione 
e 
a 
sanzione 
amministrativa 
gi� 
regolato 
dagli 
artt. 22 ss. della 
legge 
24 novembre 
1981, n. 689, e 
ora 
regolamentato dagli 
artt. 6 e 
7 
del d.lgs. 1� settembre 2011, n. 150. 
In particolare, l'art. 6, commi 
8 e 
9, del 
d.lgs. n. 150 del 
2011, stabilisce 
che 
il 
decreto di 
fissazione 
dell'udienza 
di 
comparizione 
delle 
parti 
deve 
essere 
notificato 
dalla 
cancelleria, 
unitamente 
al 
ricorso introduttivo, all'opponente 
ed all'autorit� 
che 
ha 
emesso l'ordinanza 
impugnata, 
e 
che 
tali 
parti 
possono stare 
in giudizio personalmente, potendo l'autorit� 
opposta 
avvalersi 
di 
funzionari 
appositamente 
delegati 
allorquando detta 
autorit� 
sia 
un'amministrazione 
dello Stato. Ci� comporta, quindi, una 
deroga 
all'art. 11, comma 
primo, del 
r.d. n. 1611 
del 
1933 
sull'obbligatoriet� 
della 
notificazione 
all'Avvocatura 
dello 
Stato 
degli 
atti 
introduttivi 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


di 
un giudizio contro le 
amministrazioni 
erariali; 
inoltre, allorquando l'autorit� 
opposta 
sia 
rimasta 
contumace 
ovvero 
si 
sia 
costituita 
personalmente 
(o 
tramite 
funzionario 
delegato), 
� 
derogato anche 
il 
secondo comma 
del 
suddetto art. 11, che 
prevede 
la 
notificazione 
degli 
altri 
atti 
giudiziari 
e 
delle 
sentenze 
presso 
la 
stessa 
Avvocatura 
(Sez. 
U, 
Sentenza 
n. 
599 
del 
24/08/1999, Rv. 529423; 
Sez. 6 - 2, Ordinanza 
n. 25080 del 
07/11/2013, Rv. 628694; 
Sez. 2, 
Sentenza n. 14279 del 19/06/2007, Rv. 597909). 

7. 
tali deroghe, tuttavia, non possono trovare applicazione nel caso in esame. 
Infatti, 
poich� 
l'azione 
dell'impugnazione 
del 
preavviso 
di 
fermo 
deve 
essere 
qualificata 
come 
azione 
di 
accertamento 
negativo, 
e 
non 
gi� 
quale 
opposizione 
ad 
ordinanza-ingiunzione, 
la 
stessa 
non 
� 
inquadrabile 
nell'alveo 
degli 
artt. 
6 
e 
7 
del 
d.lgs. 
n. 
150 
del 
2011. 
Poich� 
la 
deroga 
all'art. 
11, 
primo 
comma, 
del 
r.d. 
n. 
1611 
del 
1933 
� 
prevista 
dalla 
legge 
solamente 
per 
tale 
specie 
di 
giudizi 
oppositivi, 
l'impugnazione 
del 
preavviso 
di 
fermo 
amministrativo, 
per 
qualsiasi 
ragione 
sia 
stata 
proposta, 
resta 
soggetta 
alla 
regola 
generale 
di 
cui 
all'art. 
144, 
primo 
comma, 
cod. 
proc. 
civ. 


del 
resto, come 
si 
� 
gi� 
detto, il 
dubbio su cui 
ha 
dibattuto questa 
Corte 
- poi 
definitivamente 
risolto dagli 
arresti 
delle 
Sezioni 
unite 
sopra 
citati, sopravvenuti 
durante 
la 
pendenza 
dei 
gradi 
di 
merito - riguardava 
l'alternativa 
fra 
la 
domanda 
di 
accertamento negativo e 
l'opposizione 
all'esecuzione 
o agli 
atti 
esecutivi. L'eventualit� 
che 
l'opposizione 
al 
preavviso di 
fermo 
amministrativo 
potesse 
essere 
ricondotta 
nell'alveo 
dei 
giudizi 
oppositivi 
regolati 
dagli 
artt. 6 e 
7 del 
d.lgs. n. 150 del 
2011 non � 
stata 
mai 
sostenuta 
da 
nessuno, n� 
gli 
attuali 
scritti 
difensivi 
offrono 
alcuno 
spunto 
per 
pervenire 
a 
tale 
diversa 
conclusione. 
Pertanto, 
quand'anche 
si 
fosse 
invece 
optato 
per 
la 
qualificazione 
della 
domanda 
come 
di 
opposizione 
all'esecuzione 


o 
agli 
atti 
esecutivi, 
ci� 
non 
avrebbe 
avuto 
alcuna 
ricaduta 
diretta 
sulla 
questione 
del 
patrocinio 
e 
della 
domiciliazione 
obbligatoria 
dell'amministrazione 
statale 
presso 
l'Avvocatura 
dello 
Stato, incidendo semmai sul profilo dell'ammissibilit� dell'appello. 
8. In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto: 
"l'impugnazione 
del 
preavviso di 
fermo amministrativo previsto dall'art. 86 del 
d.P.R. n. 
602 del 
1973, avendo natura di 
ordinaria azione 
di 
accertamento negativo della pretesa creditoria, 
segue 
le 
regole 
generali 
del 
rito ordinario di 
cognizione, con la conseguenza che 
ad 
essa 
� 
applicabile 
la 
previsione 
di 
cui 
al 
combinato 
disposto 
dell'art. 
144, 
primo 
comma, 
cod. 
proc. civ. e 
dell'art. 11, primo comma, del 
r.d. n. 1611 del 
1933, in forza del 
quale 
l'atto introduttivo 
del 
giudizio 
nei 
confronti 
di 
un'amministrazione 
dello 
stato 
deve 
essere 
notificato 
presso 
l'ufficio 
dell'avvocatura 
dello 
stato 
nel 
cui 
distretto 
ha 
sede 
l'autorit� 
giudiziaria 
competente, 
con esclusione 
della deroga prevista dagli 
artt. 6, comma 9, e 
7, comma 8, del 
d.lgs. 


n. 150 del 
2011, valevole 
solamente 
per 
� 
giudizi 
di 
opposizione 
ad ordinanza-ingiunzione 
e 
di opposizione al verbale di accertamento di violazione del codice della strada". 
9. 
In applicazione 
di 
tale 
principio, nel 
caso in esame 
si 
ha 
che 
la 
notificazione 
dell'atto di 
citazione 
nei 
confronti 
del 
Ministero dell'interno � 
nulla. La 
stessa, infatti, � 
stata 
effettuata 
presso le 
articolazioni 
territoriali 
delle 
Prefetture 
di 
Messina 
e 
Reggio Calabria, in un caso 
diverso da quelli previsti dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 150 del 2011. 
In particolare, nel 
giudizio di 
impugnazione 
del 
preavviso di 
fermo amministrativo il 
prefetto 
non pu� stare 
in giudizio personalmente 
o tramite 
funzionario delegato, essendo tale 
facolt� 
ristretta 
alle 
sole 
ipotesi 
test� 
menzionate. 
Conseguentemente, 
il 
soggetto 
legittimato 
passivo doveva 
essere 
individuato nel 
Ministero dell'interno (e 
non nella 
singola 
prefettura, 
che 
di 
tale 
Ministero 
costituisce 
una 
semplice 
articolazione 
territoriale) 
e 
la 
notificazione 
del-
l'atto 
di 
citazione 
doveva 
essere 
effettuata 
presso 
le 
Avvocature 
distrettuali 
dello 
Stato 
di 
Messina 
e Reggio Calabria. 


RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


L'amministrazione 
non si 
� 
costituita 
e 
non ha 
sanato il 
vizio, n� 
la 
notificazione 
� 
stata 
mai ritualmente rinnovata. 

Consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata. 

essendo 
stata 
riscontrata 
la 
sussistenza 
di 
una 
nullit� 
del 
giudizio 
di 
primo 
grado 
per 
la 
quale 
il 
giudice 
d'appello avrebbe 
dovuto rimettere 
le 
parti 
al 
primo giudice, la 
causa 
deve 
essere 
rinviata, ai 
sensi 
dell'art. 383, terzo comma, cod. proc. civ., al 
Giudice 
di 
pace 
di 
Patti, 
che 
provveder� 
anche 
sulle 
spese 
dell'intero giudizio, compreso quello di 
legittimit�. Ovviamente, 
nel 
prosieguo del 
giudizio gli 
atti 
dovranno essere 
notificati 
nell'osservanza 
del 
principio 
di diritto dapprima illustrato. 

tale 
esito 
determina 
l'assorbimento 
del 
ricorso 
principale, 
contenente 
censure 
nei 
confronti 
della sola sentenza di appello. 

P.Q.M. 
accoglie 
il 
ricorso incidentale 
nei 
termini 
di 
cui 
in motivazione, assorbito quello principale; 
cassa 
la 
sentenza 
impugnata; 
dichiara 
la 
nullit� 
della 
sentenza 
di 
primo grado e 
rinvia 
al 
Giudice 
di 
pace 
di 
Patti, cui 
demanda 
di 
provvedere 
sulle 
spese 
dell�intero giudizio, compreso 
quello di legittimit�. 
Cos� deciso in Roma, il 3 ottobre 2018. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


sulla 
valutazione 
dei 
presupposti 
della 
responsabilit� 
della 
amministrazione 
in 
materia 
di 
protezione 
della 
salute 
nel 
commento 
alla 
sentenza 
del 
tribunale 
di 
Roma 
n. 
9561 
del 
2018 


tRibUnale 
Di 
Roma, sezione 
seConDa 
Civile, sentenza 
11 maggio 
2018 n. 9561 


Antonio Grumetto* 

Partendo dall�esame 
di 
un 
caso deciso di 
recente 
dal 
Tribunale 
capitolino, l�Autore 
si 
propone 
di 
dare 
un 
quadro generale 
su 
risultati 
raggiunti 
dall�elaborazione 
giurisprudenziale 
in 
materia di 
nesso di 
causalit�, sia nel 
campo del 
diritto penale 
che 
in 
quello del 
diritto civile, 
ponendo 
in 
luce 
gli 
aspetti 
ancora 
problematici 
di 
tale 
fondamentale 
istituto 
giuridico. 
Passando poi 
ad esaminare 
la fattispecie 
concreta decisa dal 
Tribunale 
di 
Roma vengono 
messe 
in 
luce 
alcune 
criticit� 
che 
ancora 
caratterizzano 
la 
giurisprudenza 
di 
merito, 
quando 
dal 
piano delle 
teorie 
sul 
nesso di 
causalit� si 
passa a quello della applicazione 
concreta ai 
casi specifici. 


sommaRio: 1. l�importanza del 
nesso causale 
- 2. la sentenza del 
tribunale 
di 
Roma n. 
9561 del 
2018 - 3. il 
nesso di 
causalit� nel 
diritto penale 
- 4. il 
nesso di 
causalit� nel 
diritto 
civile - 5. l'onere della prova - 6. la motivazione della sentenza del tribunale di Roma. 


1. l�importanza del nesso causale. 
Il 
tema 
del 
nesso causale 
rappresenta 
uno degli 
aspetti 
pi� dibattuti 
nel-
l�ambito della 
responsabilit�. Sia 
nel 
diritto penale 
che 
nel 
diritto civile 
(1), il 
�nesso di 
causalit�� 
ha 
un ruolo centrale 
e 
nevralgico, al 
punto da 
costituire 
un vero e proprio indice di evoluzione sistemica degli ordinamenti giuridici. 


Nel 
sistema 
del 
Common Law, ad esempio, la 
centralit� 
del 
criterio del 
nesso causale 
� 
espressa 
attraverso la 
frase 
�causation is 
a peg on which the 


(*) Avvocato dello Stato. 


(1) 
La 
letteratura 
in 
materia 
� 
davvero 
sterminata. 
A 
titolo 
esemplificativo, 
per 
la 
loro 
importanza, 
possono essere 
citati: 
F. ANtOLISeI, il 
rapporto di 
causalit� nel 
diritto penale, Padova, 1934; 
M. SINISCALCO, 
voce 
Causalit� 
(rapporto 
di), 
in 
enc. 
dir., 
vol. 
vI, 
Milano, 
1960, 
639 
ss.; 
F. 
ReALMONte, 
il 
problema 
del 
rapporto di 
causalit� nel 
risarcimento del 
danno, Milano, 1967; 
P. tRIMARCHI, Causalit� e 
danno, Milano, 1967; 
F. SteLLA, leggi 
scientifiche 
e 
spiegazione 
causale 
nel 
diritto penale, Milano, 
1975; 
F. 
SteLLA, 
la 
nozione 
penalmente 
rilevante 
di 
causa: 
la 
condizione 
necessaria, 
in 
Riv. 
it. 
dir. 
proc. pen, 1988, 1217 ss.; 
F. SteLLA, Rapporto di 
causalit�, in enc. giur., Roma, vol. XXIv, 1991, 16; 
M. tARUFFO, la prova dei 
fatti 
giuridici, in AA.vv., trattato di 
diritto civile 
e 
commerciale, gi� 
diretto 
da 
A. CICU 
e 
F. MeSSINeO, continuato da 
L. MeNGONI, vol. III, t. 2, sez. I, Milano, 1992, 190; 
B.v. FROSINI, 
le 
prove 
statistiche 
nel 
processo 
civile 
nel 
processo 
penale, 
Milano, 
2002; 
G. 
CANzIO, 
Prova 
scientifica, 
ragionamento 
probatorio 
e 
libero 
convincimento 
del 
giudice 
nel 
processo 
penale, 
in 
Dir. 
pen. 
proc., 2003, 1193 ss.; 
A. PAGLIARO, Causalit� (rapporto di), in enc. dir., vol. Annali 
I, Milano, 2007, 
153 
ss.; 
R. 
BLAIOttA, 
Causalit� 
e 
colpa: 
diritto 
civile 
e 
diritto 
penale 
si 
confrontano, 
in 
Resp. 
civ., 
2009, 
3; 
R.F. IANNONe, nesso causale: alla ricerca di 
un modello unitario (rilievi 
critici), in Resp. civ., 2010, 
8-9; 
G. ALeSSANdRO, Causa umana e 
causa naturale 
in concorso: nuovi 
possibili 
scenari 
dopo le 
sentenze 
della Cassazione, in Danno e 
resp., 2013, 11, 1041 ss.; 
d.M. FReNdA, Quel 
che 
resta dell'accertamento 
del nesso causale, in nuova giur. civ., 2015, 12, 11157 ss. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


judge 
can 
hang 
any 
decision 
he 
likes� 
(2), 
che 
pu� 
essere 
liberamente 
tradotta 
in italiano come 
�la causalit� � 
un perno intorno al 
quale 
il 
giudice 
pu� far 
ruotare la decisione che ritiene pi� opportuna�. 


Anche 
nel 
nostro sistema 
di 
Civil 
Law 
il 
rapporto di 
causalit� 
� 
fondamentale 
nell�esercizio dell�attivit� giurisdizionale. 


Basti 
pensare, 
per 
quanto 
riguarda 
il 
diritto 
penale, 
alla 
funzione 
tipizzante 
che 
il 
nesso di 
causalit� 
svolge 
nelle 
fattispecie 
causalmente 
orientate, 
in 
cui 
il 
compito 
di 
selezione 
della 
condotta 
rilevante 
e 
perci� 
delimitativa 
dell�area 
dell�illecito penale, � 
appunto affidata 
dal 
Legislatore 
all�individuazione 
della 
causa 
di 
un determinato evento. In questi 
casi 
il 
rispetto del 
principio 
di 
legalit�, 
e 
del 
suo 
corollario 
relativo 
alla 
determinatezza 
della 
fattispecie astratta, � assicurato dal solo principio di causalit�. 


Ma 
anche 
nel 
campo 
del 
diritto 
civile 
il 
principio 
di 
causalit� 
svolge 
un�analoga 
funzione 
di 
selezione 
dei 
comportamenti 
illeciti: 
sia 
con 
riferimento 
al 
cd. 
criterio 
della 
causalit� 
materiale, 
che 
� 
richiesto 
per 
la 
sussistenza 
dell�elemento 
oggettivo 
dell�illecito 
civile; 
sia 
con 
riferimento 
al 
cd. 
criterio 
della 
causalit� 
giuridica, 
che 
� 
richiesto 
per 
i 
danni 
risarcibili 
in 
conseguenza 
di 
tale 
illecito. 


A 
fronte 
della 
indubbia 
importanza 
del 
principio di 
causalit�, non si 
registra 
nella 
giurisprudenza, soprattutto di 
merito, un�analoga 
attenzione 
ed un 
costante 
rispetto 
dei 
risultati 
raggiunti 
dall�elaborazione 
dottrinale 
e 
giurisprudenziale 
su tale istituto. 


2. la sentenza del tribunale di Roma n. 9561 del 2018. 
Ne 
� 
una 
dimostrazione 
la 
sentenza 
in esame, con la 
quale 
il 
tribunale 
di 
Roma, pur pervenendo ad un esito, ad avviso di 
chi 
scrive, corretto, si 
segnala 
per 
una 
motivazione 
caratterizzata 
da 
alcune 
criticit� 
che 
si 
avr� 
modo 
di 
mettere 
in rilievo. 


Prima 
di 
scendere 
nel 
dettaglio, 
� 
bene 
allora 
riepilogare 
quale 
era 
il 
caso 
sottoposto al 
tribunale di Roma. 


La 
controversia 
� 
stata 
proposta 
da 
un militare 
per fatti 
accaduti 
nel 
1997 
presso il Poligono di Salto di Quirra. 


Secondo 
l�attore, 
durante 
lo 
svolgimento 
del 
servizio 
di 
leva 
e 
nello 
svolgimento 
delle 
mansioni 
di 
elettricista 
allo 
stesso 
assegnate, 
sarebbe 
entrato 
in 
contatto 
con 
materiale 
militare 
contenente 
uranio 
impoverito 
senza 
l�utilizzo 
delle 
necessarie 
protezioni 
richieste 
per 
la 
prevenzione 
dei 
rischi 
connessi 
alla 
esposizione 
ai 
residui 
delle 
esplosioni 
di 
munizioni 
all�uranio 
effettuate 
nel 
poligono. 


A 
seguito della 
scoperta, diversi 
anni 
dopo il 
servizio e 
precisamente 
nel 
2010, 
di 
essere 
affetto 
da 
linfoma 
di 
Hodgkin, 
successivamente 
asportato 
dalla 
regione 
sotto 
mandibolare 
con 
un 
intervento 
chirurgico 
e 
curato 
attraverso 
svariati 
cicli 
di 
chemioterapia 
e 
di 
radioterapia, 
citava 
in 
giudizio 
il 
Ministero 


(2) H.L.A. HARt, t. HONOR�, 
Causation in the law, 2 nd ed., Oxford: Clarendon, 1985, 465. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


della 
difesa, chiedendo il 
risarcimento del 
danno subito per la 
lesione 
del 
diritto 
alla salute. 


Ribadita 
da 
parte 
della 
Corte 
di 
cassazione, adita 
con regolamento preventivo 
di 
giurisdizione 
da 
parte 
della 
difesa 
della 
Amministrazione, la 
giurisdizione 
del 
Giudice 
ordinario per la 
controversia 
in esame, con la 
sentenza 
in esame il 
tribunale di Roma rigettava la domanda. 


dopo 
aver 
riportato 
ampiamente 
gli 
esiti 
delle 
indagini 
svolte 
dalla 
Commissione 
parlamentare 
d�inchiesta, 
nominata 
dal 
Ministero 
della 
difesa 
nel 
2000 con l�incarico di 
accertare 
la 
possibile 
incidenza 
dell�utilizzo di 
munizionamento 
all�uranio impoverito nelle 
aree 
di 
conflitto militare, la 
motivazione 
della 
sentenza 
si 
sofferma 
sui 
due 
aspetti 
costituiti 
�dalla 
dimostrazione 
della stessa esistenza - nel 
caso concreto - della specifica sostanza che 
nella 
prospettazione 
attorea, 
avrebbe 
causato 
l�insorgenza 
della 
malattia 
(il 
linfoma 
di 
Hodgkin) ossia l�uranio impoverito, e, successivamente 
nell�ordine 
logico 
delle 
questioni 
(�) 
[dal]la 
prova 
dell�esistenza 
di 
un 
nesso 
di 
causalit� 
diretto 
tra l�esposizione 
agli 
agenti 
inquinanti 
presenti 
nel 
Poligono di 
tiro di 
salto 
di Quirra e l�insorgere del linfoma��. 


Prima 
di 
esporre 
quelle 
che, ad avviso di 
chi 
scrive, costituiscono incertezze 
della 
sentenza 
in esame 
sulla 
telematica 
del 
nesso di 
causalit�, � 
opportuno 
riepilogare 
quale 
sia 
l�aquis 
in 
materia 
di 
accertamento 
del 
nesso 
di 
causalit� 
a 
cui 
attualmente 
� 
pervenuta 
la 
giurisprudenza 
sia 
civile 
che 
penale 
sulla scorta delle elaborazioni dottrinali. 


3. il nesso di causalit� nel diritto penale. 
Punto 
di 
partenza 
per 
ogni 
discussione 
sul 
nesso 
di 
causalit�, 
sia 
nel 
campo 
del 
diritto 
civile 
come 
nel 
campo 
del 
diritto 
penale, 
� 
la 
storica 
sentenza 
Franzese della Cassazione penale a SS.UU. n. 30328 del 2002 (3). 


Come 
� 
noto, nel 
sistema 
del 
diritto civile 
non sono previste 
norme 
che 
disciplinano specificamente i criteri di accertamento del nesso di causalit�. 

La 
disposizione 
dell�articolo 
1223 
c.c., 
infatti, 
riguarda 
la 
cosiddetta 
�causalit� 
giuridica�, 
vale 
a 
dire 
l�ambito 
di 
delimitazione 
dei 
danni 
risarcibili 
in 
caso 
di 
illecito 
civile. 
essa 
presuppone, 
pertanto, 
che 
sia 
stato 
gi� 
risolto 
il 
problema 
della 
sussistenza 
del 
nesso 
di 
causalit� 
fra 
il 
fatto 
illecito 
(contrattuale 
o 
extra 
contrattuale 
(4)) 
e 
il 
danno 
evento 
(vale 
a 
dire 
la 
lesione 
dell�interesse 
pro


(3) La 
sentenza 
risulta 
ampiamente 
commentata 
nelle 
Riviste 
giuridiche 
italiane, tra 
le 
quali 
si 
citano Riv. Pen., 2002, 885; 
Foro it., 2002, II, 601 con nota 
di 
dI 
GIOvINe; 
Riv. Pen., 2003, 247 nota 
di 
IAdeCOLA; 
Riv. Pen., 2007, 9, 896 con nota di POtettI. 
(4) tale 
disposizione 
viene 
richiamata 
dall�articolo 2056 c.c. in materia 
di 
responsabilit� 
extracontrattuale, 
insieme 
all�articolo 1226 c.c. (valutazione 
equitativa) e 
dall�articolo 1227 c.c. (concorso 
del fatto colposo del creditore). 
Non viene 
richiamato, invece, l�articolo 1225 c.c. che 
vale 
solo per la 
responsabilit� 
contrattuale 
e 
delimita 
il risarcimento al solo danno che poteva prevedersi nel tempo in cui � sorta l�obbligazione. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


tetto 
dall�ordinamento 
di 
cui 
� 
titolare 
il 
soggetto 
danneggiato) 
e 
ha 
il 
compito 
di 
stabilire 
quali 
delle 
conseguenze 
di 
tale 
lesione 
siano 
risarcibili 
quali 
danno-
conseguenza 
(e 
ci� 
sia 
a 
titolo 
di 
danno 
emergente 
che 
di 
lucro 
cessante) 
(5). 


di 
conseguenza 
� 
comunemente 
condivisa 
l�affermazione 
secondo 
cui, 
anche 
nel 
diritto 
civile, 
la 
disciplina 
del 
nesso 
di 
causalit� 
giuridico 
si 
rinviene 
negli artt. 40 e 41 del c.p. 


La 
sentenza 
�Franzese� 
trae 
le 
mosse 
dall�affermazione 
che 
nel 
sistema 
del 
diritto penale 
� 
assolutamente 
dominante 
l�interpretazione 
degli 
artt. 40 e 
41 del 
codice 
penale 
come 
fonti 
della 
cd. teoria 
condizionalistica 
o dell�equivalenza 
causale 
(soltanto attenuata 
dalla 
rilevanza 
delle 
sedi 
causali 
sopravvenute 
autonome 
e 
indipendenti 
da 
sole 
sufficienti 
a 
determinare 
l�evento, di 
cui all�art. 41 cpv c.p.). 


Per 
tale 
teoria, 
come 
� 
noto, 
� 
causa 
dell�evento 
qualsiasi 
condotta 
umana, 
attiva 
o omissiva, che 
si 
pone 
come 
condizione 
necessaria 
nella 
catena 
degli 
antecedenti e senza la quale l�evento non si sarebbe verificato. 


L�accertamento del 
nesso causale, quindi, richiede 
un giudizio �controfattuale�, 
in base 
al 
quale 
vi 
� 
il 
nesso causale 
se 
eliminata 
la 
condotta 
(attiva 
o omissiva) l�evento non si sarebbe verificato. 


Ovviamente 
tale 
giudizio 
�controfattuale� 
� 
possibile 
purch� 
si 
sappia 
gi� 
da 
prima 
che 
da 
una 
determinata 
condotta 
scaturisce 
o 
non 
un 
determinato 
evento. 


Ci� significa 
che 
l�accertamento di 
questa 
relazione, su cui 
si 
basa 
il 
giudizio 
controfattuale, deve 
essere 
operato con riferimento all�evento specifico 
del caso concreto: 


1. 
sulla 
base 
dell�esperienza 
tratta 
da 
attendibili 
risultati 
di 
generalizzazione 
del senso comune; 
2. 
ovvero facendo ricorso alla 
sussunzione 
del 
singolo evento, opportunamente 
ridescritto nelle 
sue 
modalit� 
tipiche 
irripetibili, sotto leggi 
scientifiche 
di copertura. 
Sulla 
base 
di 
tale 
giudizio, di 
carattere 
inferenziale 
e 
non deduttivo, un 
evento 
pu� 
dirsi 
conseguenza 
di 
una 
determinata 
condotta 
solo 
se, 
valutato 
alla 
luce 
delle 
sue 
caratteristiche 
tipiche 
e 
ripetibili, 
rientra 
nel 
novero 
di 
quelli 
che, 
sulla 
base 
di 
una 
regola 
di 
esperienza 
o 
di 
una 
legge 
dotata 
di 
validit� 


(5) v. Cass. Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 581, in C.e.D. Cass., n. 600914: 
�a 
questo secondo momento 
va 
riferita 
la 
regola 
dell'art. 
1223 
c.c., 
(richiamato 
dall'art. 
2056 
c.c.), 
per 
il 
quale 
il 
risarcimento 
deve 
comprendere 
le 
perdite 
"che 
siano conseguenza immediata e 
diretta" 
del 
fatto lesivo (ed. causalit� 
giuridica), per 
cui 
esattamente 
si 
� 
dubitato che 
la norma attenga al 
nesso causale 
e 
non piuttosto alla 
determinazione 
del 
quantum 
del 
risarcimento, 
selezionando 
le 
conseguenze 
dannose 
risarcibili. 
secondo 
l'opinione 
assolutamente 
prevalente, occorre 
distinguere 
nettamente, da un lato, il 
nesso che 
deve 
sussistere 
tra 
comportamento 
ed 
evento 
perch� 
possa 
configurarsi, 
a 
monte, 
una 
responsabilit� 
"strutturale" 
(Haftungsbegrundende 
Kausalitat) 
e, 
dall'altro, 
il 
nesso 
che, 
collegando 
l'evento 
al 
danno, 
consente 
l'individuazione 
delle 
singole 
conseguenze 
dannose, con la precipua funzione 
di 
delimitare, a valle, i 
confini di una (gi� accertata) responsabilit� risarcitoria (Haftungsausfullende Kausalitat)�. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


scientifica 
(valida 
in un determinato periodo storico), sono causati 
da 
quella 
determinata condotta. 


Almeno 
da 
quando 
� 
stata 
formulata 
la 
teoria 
quantistica 
della 
materia, 
tuttavia, 
anche 
le 
leggi 
scientifiche 
ritenute 
universali 
sono 
considerate 
leggi 
statistiche, 
in 
quanto 
� 
un 
dato 
comune 
che 
le 
stesse 
leggi 
scientifiche 
universali 
non 
si 
riferiscono 
a 
conoscenze 
assolutamente 
certe, 
posto 
che 
esse 
sono 
tratte 
da 
un 
numero 
di 
esperienze 
che, 
per 
quanto 
elevato, 
� 
pur 
sempre 
limitato 
ed 
� 
inevitabilmente 
condizionato 
dal 
risultato 
raggiunto 
dal 
livello 
di 
conoscenza 
in 
un 
particolare 
momento 
storico. 
Sicch� 
la 
distinzione 
tra 
leggi 
scientifiche 
e 
le 
leggi 
statistiche 
� 
una 
distinzione 
puramente 
empirica 
che 
serve 
nell�esperienza 
della 
vita 
comune, 
ma 
che 
non 
ha 
nessun 
reale 
fondamento 
scientifico. 


Ci� 
non 
significa, 
secondo 
la 
sentenza 
�Franzese�, 
che 
vada 
accolta 
l�idea 
che, dato il 
carattere 
statistico e 
non universale 
delle 
leggi 
scientifiche 
di 
copertura 
o 
la 
stessa 
possibilit� 
di 
ricorrere 
a 
generalizzazioni 
del 
senso 
comune, 
ci 
si 
possa 
accontentare 
di 
un 
grado 
di 
probabilit� 
semplicemente 
apprezzabile 
nell�accertamento della 
causa. Un tale 
criterio, infatti, appare 
indeterminato, 
mutevole 
e 
manipolabile 
dall�interprete, tale 
da 
determinare 
una 
sovrapposizione 
dell�elemento 
soggettivo 
all�accertamento 
del 
nesso 
causale 
e 
foriero 
di 
ingiustificati giudizi di valore sul comportamento dell�agente. 


Le 
SS.UU. 
affermano, 
viceversa, 
la 
necessit� 
di 
un 
criterio 
rigoroso 
di 
accertamento del 
nesso di 
causalit� 
e 
che 
la 
semplice 
difficolt� 
dell�attivit� 
di 
prova 
di 
tale 
nesso non pu� incidere 
sull�essenza 
dell�istituto, favorendo una 
nozione 
debole 
di 
causalit� 
che 
finirebbe 
per coincidere 
con la 
teoria 
dell�aumento 
del 
rischio 
e 
porre 
sullo 
stesso 
piano 
l�accertamento 
della 
colpa 
e 
quello 
della causalit�. 


d�altra 
parte 
non 
pu� 
neanche 
pretendersi 
una 
certezza 
assoluta 
nella 
verifica 
del 
nesso 
di 
causalit�. 
Nella 
ricostruzione 
del 
fatto 
nell�accertamento 
del 
rapporto di 
causalit�, infatti, il 
giudice 
non segue 
un argomento deduttivo, 
in 
quanto 
non 
sono 
note 
tutte 
le 
circostanze 
che 
caratterizzano 
il 
singolo 
fatto: 
quest�ultimo 
ricorre 
ad 
una 
serie 
di 
assunzioni 
tacite, 
presupponendo 
come 
presenti 
determinate 
condizioni 
iniziali 
o 
di 
contorno 
non 
conosciute 
o 
soltanto 
congetturali 
e 
sulla 
base 
delle 
quali, 
certeris 
paribus, 
mantiene 
validit� 
all�impiego 
della legge scientifica. 


Soprattutto 
nel 
campo 
della 
medicina 
e 
della 
biologia, 
in 
cui 
appare 
estremamente 
complesso l�accertamento degli 
antecedenti 
causali 
sui 
quali 
si 
innesta 
la 
condotta 
illecita 
(si 
pensi 
alla 
condizione 
patologica 
del 
paziente 
nelle 
cause 
di 
malpractice 
in campo medico), un criterio di 
imputazione 
che 
richiedesse 
la 
certezza 
della 
sussistenza 
del 
nesso 
di 
causalit� 
finirebbe 
per 
allargare 
eccessivamente 
l�area 
della 
non 
punibilit� 
e 
per 
frustrare 
le 
esigenze 
di 
repressione 
dell�illecito. 


tutto ci� significa 
che 
la 
certezza, che 
si 
pu� pretendere 
nell�ambito del-
l�accertamento 
del 
rapporto 
di 
causalit� 
nel 
campo 
del 
diritto 
penale, 
non 
� 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


una 
certezza 
assoluta 
bens� 
una 
certezza 
processuale, caratterizzata, all�esito 
di 
un ragionamento probatorio di 
tipo largamente 
induttivo e 
da 
un giudizio 
di 
responsabilit� 
caratterizzato 
da 
un 
alto 
grado 
di 
credibilit� 
razionale 
(ovvero 
elevata probabilit� logica o probabilit� prossima alla certezza). 


In 
questa 
chiave 
anche 
coefficienti 
medio-bassi 
di 
probabilit� 
(rivelati 
da 
alcune 
leggi 
statistiche 
o 
ancora 
di 
pi� 
dalle 
generalizzazioni 
del 
senso 
comune 


o da 
rilevazioni 
epidemiologiche) possono essere 
posti 
alla 
base 
dell�accertamento 
del 
nesso di 
causalit� 
purch� 
corroborati 
dal 
positivo riscontro probatorio 
della non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa. 
viceversa 
elevati 
coefficienti 
di 
probabilit� 
statistica 
(o 
addirittura 
la 
sussistenza 
di 
leggi 
di 
carattere 
universale) non escludono la 
necessit� 
che 
il 
giudice 
accerti 
effettivamente 
la 
sussistenza 
del 
nesso eziologico e 
l�assenza 
di 
compatibilit� del verificarsi del fenomeno con ipotesi ricostruttive diverse. 


In 
altri 
termini 
il 
criterio 
dell�elevata 
credibilit� 
razionale 
presuppone 
due 
momenti dell�accertamento: 


1. 
l�accertamento 
della 
sussistenza 
di 
una 
legge 
scientifica 
di 
copertura 
o 
di 
una 
regola 
di 
esperienza 
dettata 
dal 
buon 
senso 
o 
da 
rilevazioni 
epidemiologiche 
che 
consenta 
di 
spiegare 
un 
fatto 
come 
la 
conseguenza 
di 
un 
altro 
fatto; 
2. 
la 
verifica 
di 
tale 
risultato 
astratto 
alla 
luce 
delle 
caratteristiche 
del 
caso 
concreto, 
non 
essendo 
consentito 
dedurre 
automaticamente 
e 
proporzionalmente 
dal 
coefficiente 
di 
probabilit� 
statistica, 
espresso 
dalla 
legge 
del 
criterio 
di copertura, la conferma dell�esistenza o dell�inesistenza del rapporto. 
Il 
criterio 
� 
allora 
diverso 
da 
quello 
della 
�probabilit� 
statistica�, 
dovendo 
il 
giudice 
ricorrere 
alla 
�probabilit� 
logica� 
cio� 
alla 
verifica 
della 
connessione 
evidenziata 
dalla 
legge 
scientifica 
di 
copertura 
o 
dalla 
regola 
di 
esperienza 
alla 
luce dell�incidenza processuale disponibile in relazione al singolo evento. 


3. il nesso di causalit� nel diritto civile. 
Passando alla 
elaborazione 
sul 
nesso di 
causalit� 
nel 
sistema 
del 
diritto 
civile, fondamentali 
sono alcune 
decisioni 
emesse 
dalla 
Corte 
di 
cassazione 
a 
SS.UU. nel 
2008 e 
che 
vengono sovente 
richiamate 
(6), ancorch� 
non sempre 
in maniera fedele, dalla giurisprudenza successiva della Suprema Corte. 


In questo settore, ferma 
la 
distinzione 
tra 
causalit� 
materiale 
(artt. 2043 
e 
1227 primo comma 
c.c.) e 
causalit� 
giuridica 
(1223, 1225, 1226, 1227 secondo 
comma), il 
criterio condizionale 
� 
mitigato dalla 
irrilevanza 
delle 
condotte 
atipiche 
(criterio 
della 
�causalit� 
adeguata�), 
secondo 
il 
quale 
devono 
essere 
escluse 
dall�interno della 
serie 
causale 
i 
fattori 
che 
appaiono del 
tutto 
inverosimili ovvero atipici ovvero imprevedibili. 


(6) 
v. 
Cass. 
Sez. 
U., 
11 
gennaio 
2008, 
n. 
581, 
in 
C.e.D. 
Cass., 
n. 
600914; 
Cass. 
Sez. 
U., 
11 
gennaio 
2008, n. 582, in C.e.D. Cass., n. 600915; 
Cass. Sez. U., 11 gennaio 2008, n. 576, in C.e.D. Cass., n. 
600899. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


La 
valutazione 
della 
prevedibilit� 
obiettiva 
imposta 
dal 
criterio 
delle 
causalit� 
adeguata 
deve 
farsi 
ex 
ante, cio� 
nel 
momento in cui 
la 
condotta 
� 
stata 
posta 
in essere, escludendosi 
la 
sussistenza 
del 
nesso di 
causalit� 
quando, nel 
momento in cui 
� 
stata 
posta 
in essere 
la 
condotta, era 
del 
tutto imprevedibile 
che ne sarebbe potuta discendere una data conseguenza. 

L�adesione 
alla 
teoria 
della 
causalit� 
adeguata, tuttavia, non comporta 
il 
pericolo di 
confusione 
del 
nesso di 
causalit� 
con l�elemento soggettivo: 
ci� in 
quanto 
il 
metodo 
di 
valutazione 
da 
adottare 
non 
� 
quello 
della 
conoscenza 
dell�uomo medio ma 
la 
conoscenza 
scientifica, sicch� 
ne 
� 
esclusa 
qualsiasi 
sovrapposizione 
tra 
l�elemento 
oggettivo 
causale 
e 
quello 
soggettivo 
della 
colpevolezza. 


Non vi 
� 
alcuna 
differenza 
tra 
il 
diritto penale 
ed il 
diritto civile 
in ordine 
ai criteri di accertamento del nesso causale. 


differenze 
possono 
aversi 
soltanto 
in 
relazione 
ai 
criteri 
probatori 
adottati 
in sede 
giudiziaria, ma 
si 
tratta, come 
� 
evidente, di 
un momento successivo a 
quello di avveramento del fatto dannoso. 


Inoltre, anche 
quando il 
diritto civile 
ricorre 
a 
criteri 
di 
imputazione 
diversi 
da 
quello 
della 
sussistenza 
dell�elemento 
psicologico 
dell�autore 
del 
fatto 
(come 
si 
verifica, 
ad 
esempio, 
nell�ipotesi 
del 
danno 
da 
cosa 
in 
custodia 
ex 
art. 
2051 
c.c.), 
perch� 
possa 
sussistere 
una 
responsabilit� 
del 
custode 
� 
sempre 
necessario che 
si 
accerti 
un nesso di 
derivazione 
causale 
del 
danno dalla 
cosa, 
con la 
conseguenza 
che 
anche 
in questa 
ipotesi, pertanto, l�accertamento del 
nesso causale � centrale. 


Anche 
nel 
campo del 
diritto civile, pertanto, in mancanza 
di 
norme 
specifiche 
che 
regolino il 
rapporto causale, al 
fine 
di 
individuare 
criteri 
di 
accertamento 
del 
rapporto causale 
occorre 
fare 
riferimento ai 
principi 
generali 
di 
cui 
agli 
articoli 
40 e 
41 c.p., sia 
pure 
avendo riguardo allo specifico criterio di 
imputazione dell�evento dannoso previsto nel caso di specie. 


A 
differenza 
che 
nel 
diritto 
penale, 
nel 
sistema 
del 
diritto 
civile 
la 
regola 
probatoria 
non 
pu�, 
tuttavia, 
essere 
quella 
dell��oltre 
ogni 
ragionevole 
dubbio�, 
considerata 
la 
diversit� 
dei 
valori 
in 
gioco 
nel 
processo 
penale 
tra 
accusa 
e 
difesa 
e 
la 
essenziale 
parit� 
delle 
parti 
nel 
processo 
civile 
tra 
i 
due 
contendenti. 


Nel 
diritto civile, il 
criterio di 
accertamento deve 
essere 
quello �del 
pi� 
probabile 
che 
non�. Ci� non significa 
che 
l�accertamento del 
nesso causale 
risponda 
ad 
un 
criterio 
quantitativo-statistico 
delle 
frequenze 
di 
classe 
di 
eventi 
(probabilit� 
quantitativa 
o 
pascaliana), 
ma 
va 
verificato 
riconducendo 
il 
grado 
di 
fondatezza 
dall�ambito 
degli 
elementi 
di 
conferma 
(e 
nel 
contempo 
di 
esclusione 
di 
fattori 
alternativi) 
disponibili 
in 
relazione 
al 
caso 
concreto 
(cosiddetta 
probabilit� logica o baconiana). 


4. l�onere della prova. 
L�orientamento 
tradizionale 
della 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
(7) 
ha 
sem



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


pre 
posto l�onere 
della 
prova 
del 
nesso di 
causalit� 
materiale 
a 
carico del 
danneggiato 
e 
ci� 
sia 
quando 
si 
tratti 
di 
responsabilit� 
extracontrattuale 
che 
quando si tratti di responsabilit� contrattuale. 


Ma 
mentre 
nell�ambito 
della 
interpretazione 
dell�articolo 
2043 
c.c. 
questo 
principio � 
stato costantemente 
rispettato dalla 
giurisprudenza 
successiva, il 
problema 
dell�onere 
della 
prova 
nella 
responsabilit� 
contrattuale 
ha 
subito 
l�interferenza 
del 
criterio 
di 
riparto 
tra 
debitore 
e 
creditore 
in 
materia 
di 
prova 
dell�inadempimento. 


Il 
fondamentale 
arresto 
della 
Corte 
di 
cassazione 
SS.UU. 
n. 
13533 
del 
2001, 
infatti, 
ha 
introdotto 
il 
principio 
per 
cui, 
tanto 
in 
caso 
di 
inadempimento 
quanto 
in 
caso 
di 
inesatto 
adempimento, 
il 
principio 
della 
presunzione 
della 
persistenza 
di 
diritto, 
desumibile 
dall�articolo 
2697 
c.c., 
comporta 
che 
qualunque 
sia 
l�azione 
proposta 
in 
giudizio 
dal 
creditore 
(di 
adempimento, 
di 
risoluzione 
per 
inadempimento 
ovvero 
di 
risarcimento 
del 
danno 
per 
inadempimento) 
questi 
ha 
soltanto 
l�onere 
di 
allegare 
il 
titolo 
(atto 
negoziale 
o 
altro 
fatto 
costitutivo 
dell�obbligazione 
in 
conformit� 
dell�ordinamento) 
da 
cui 
deriva 
l�obbligazione 
non 
adempiuta 
o 
non 
esattamente 
adempiuta, 
mentre 
il 
debitore 
sar� 
tenuto 
a 
dimostrare 
che 
l�inadempimento 
ovvero 
l�inesatto 
adempimento 
non 
sussiste 
o 
che 
esso, 
se 
sussiste, 
� 
dovuto 
a 
causa 
non 
imputabile 
al 
debitore. 


Senonch� 
questo 
principio 
� 
stato 
a 
volte 
interpretato 
nella 
pratica 
in 
maniera 
non fedele rispetto alla sua originaria formulazione. 


Prendendo le 
mosse 
dalla 
sentenza 
della 
Cassazione 
a 
Sezioni 
Unite 
n. 
577 del 
2008, in cui 
� 
stato affermato il 
principio che 
il 
creditore 
ha 
l�onere 
di 
allegare 
un 
inadempimento 
qualificato 
(cio� 
assolutamente 
efficiente 
alla 
produzione 
del 
danno) 
laddove 
spetta 
al 
debitore 
dimostrare 
che 
tale 
adempimento 
non vi 
� 
stato ovvero che, pur esistendo, non � 
stato nella 
fattispecie 
causa 
del 
danno, 
si 
� 
sviluppata 
nella 
giurisprudenza 
successiva 
della 
Corte 
di 
cassazione, 
specie 
con 
riferimento 
alla 
responsabilit� 
da 
errore 
professionale 
in 
campo medico, un filone 
interpretativo che 
ha 
finito per addossare 
al 
debitore 
la 
prova 
dell�inesistenza 
del 
nesso causale 
e, quando tale 
prova 
non era 
stata 
raggiunta, la c.d. causa ignota. 


Secondo 
questo 
orientamento, 
pertanto, 
in 
presenza 
della 
mera 
allegazione 
di 
un inadempimento qualificato, graverebbe 
sul 
debitore 
la 
prova 
del-
l�assenza 
del 
nesso causale, con la 
conseguenza 
che, quando non sia 
possibile 
provare 
la 
assenza 
del 
nesso 
causale, 
il 
debitore 
risponderebbe 
delle 
conseguenze 
dannose 
subite 
dal 
creditore 
anche 
quando non sia 
certa 
la 
causa 
del 
danno e quindi anche nell�eventualit� di �causa ignota� (8). 


Una 
recente 
decisione 
della 
Corte 
di 
cassazione 
(9) ha, tuttavia, ribadito 


(7) Cass. Sez. III, 18 marzo 2005, n. 5960, in C.e.D. Cass., n. 580853; 
Cass. Sez. III, 18 aprile 
2005, n. 2044, in C.e.D. Cass., n. 582983. 
(8) Cfr. Cass. Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20547, in 
C.e.D. Cass., n. 632891. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


l�orientamento tradizionale 
in materia 
di 
onere 
della 
prova 
del 
nesso di 
causalit�. 
tale 
decisione 
afferma 
che 
�sia nei 
giudizi 
di 
risarcimento del 
danno 
derivante 
da 
inadempimento 
contrattuale, 
sia 
in 
quelli 
di 
risarcimento 
del 
danno 
da 
fatto 
illecito, 
la 
condotta 
colposa 
del 
responsabile 
del 
nesso 
di 
causa 
da 
questa 
e 
il 
danno 
costituiscono 
oggetto 
di 
due 
accertamenti 
concettualmente 
distinti; 
la 
sussistenza 
della 
prima 
non 
dimostra, 
di 
per 
s�, 
anche 
la 
sussistenza del 
secondo, e 
viceversa; l�articolo 1218 c.c. solleva il 
creditore 
dell�obbligazione 
che 
si 
afferma 
adempiuta 
dall�onere 
di 
provare 
la 
colpa 
del 
debitore 
inadempiente, ma non dall�onere 
di 
provare 
il 
nesso di 
causa tra la 
condotta del debitore e il danno di cui domanda di risarcimento�. 


tale 
decisione 
� 
stata 
ribadita 
anche 
da 
una 
successiva 
decisione 
della 
medesima sezione (10), con la quale si � precisato che: 


1. 
l�articolo 
1218 
c.c. 
trova 
giustificazione 
nell�opportunit� 
di 
far 
gravare 
sulla 
parte 
che 
si 
assume 
inadempiente 
o non esattamente 
adempiente 
l�onere 
di 
fornire 
la 
prova 
positiva 
dell�avvenuto adempimento o dell�esattezza 
del-
l�adempimento 
sulla 
base 
del 
criterio 
della 
vicinanza 
della 
prova 
(viene 
richiamata 
Cassazione Sezioni Unite n. 13533 del 2001); 
2. 
tale 
ragione 
non sussiste 
in relazione 
al 
nesso causale, sicch� 
non pu� 
che 
valere 
in relazione 
alla 
prova 
di 
tale 
nesso la 
regola 
generale 
di 
quell�articolo 
2697 c.c. e 
ci� sia 
per la 
responsabilit� 
extracontrattuale 
che 
per la 
responsabilit� 
contrattuale; 
3. 
l�onere 
della 
prova 
a 
carico del 
danneggiato vale 
sia 
per il 
nesso causale 
materiale sia per il nesso causale giuridico; 
4. 
laddove 
l�articolo 1218 c.c. fa 
riferimento alla 
causa 
non imputabile 
(con 
onere 
della 
prova 
a 
carico 
del 
debitore) 
ci� 
si 
riferisce 
non 
al 
nesso 
di 
causalit� 
(materiale 
o giuridico) quanto alla 
�non imputabilit� 
dell�impossibilit� 
di 
adempiere� 
che 
si 
colloca 
nell�ambito delle 
cause 
istintive 
dell�obbligazione 
(11); 
5. 
ci� comporta che la causa ignota resta a carico del danneggiato. 
Ci 
si 
chiede 
(12), 
per�, 
se 
porre 
l�onere 
della 
prova 
del 
nesso 
causale 
a 
carico 
del 
creditore 
non 
significhi 
anche 
porre 
a 
carico 
di 
quest�ultimo 
la 
prova 
del-
l�inadempimento: 
dovendo 
provare 
l�esistenza 
di 
un 
nesso 
tra 
il 
fatto 
e 
l�evento 
� 
giocoforza 
ritenere 
che 
il 
presupposto 
di 
questa 
prova 
sia 
non 
solo 
l�allegazione, 
ma 
anche 
la 
dimostrazione 
del 
fatto 
causa 
prima 
dell�evento 
e 
quindi 
nell�ipotesi 
della 
responsabilit� 
contrattuale 
anche 
l�inadempimento 
del 
debitore. 


Si 
tratta 
allora 
di 
verificare 
se 
siano 
ancora 
validi 
i 
principi 
posti 
dalla 
Cassazione 
Sezioni 
Unite 
30 ottobre 
2001 n. 13533, laddove 
pur equiparando 


(9) Cass. Sez. III, 14 novembre 2017 n. 26824, in Foro it., 2018, I, 557, con nota di 
tASSONe. 
(10) Cass. Sez. III, 7 dicembre 2017 n. 29315, in C.e.D. Cass., n. 646653. 
(11) viene richiamata Cass. Sez. III, 26 luglio 2017, n. 18392, in C.e.D. Cass., n. 646653. 
(12) Cos� 
G. d�AMICO, la prova del 
nesso di 
causalit� �materiale� e 
il 
rischio della c.d. �causa 
ignota� nella responsabilit� medica, in Foro it. 
Anno 2018, parte I, col. 1348. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


il 
meccanismo di 
ripartizione 
dell�onere 
della 
prova 
in materia 
di 
responsabilit� 
contrattuale 
e 
di 
responsabilit� 
extracontrattuale, asserisce 
che 
il 
creditore 
non deve 
provare 
l�inadempimento, ma 
solo l�esistenza 
della 
fonte 
negoziale 


o legale del credito e se previsto il termine di scadenza. 
tuttavia, le 
recenti 
decisioni 
della 
Corte 
di 
cassazione 
non sono in contrasto 
con 
l�orientamento 
tradizionale 
sul 
riparto 
dell�onere 
della 
prova 
in 
materia 
di 
responsabilit� 
contrattuale. � 
vero che 
il 
creditore 
ha 
soltanto l�onere 
di 
allegare 
la 
fonte 
legale 
o 
negoziale 
dell�obbligazione 
rimasta 
non 
adempiuta 


o 
non 
esattamente 
adempiuta, 
ma 
ci� 
implica 
anche 
la 
necessit� 
di 
allegare 
l�obbligazione cui si riferisce l�inadempimento. 
tale 
allegazione 
non 
pu� 
poi 
avere 
ad 
oggetto 
un 
qualsiasi 
inadempimento 
o 
inesatto 
adempimento, 
ma 
deve 
riguardare 
un 
inadempimento 
c.d. 
�qualificato�, 
vale 
a 
dire 
astrattamente 
idoneo 
a 
determinare 
la 
produzione 
del 
danno lamentato. 


Ci� 
consente 
l�operare 
delle 
presunzioni 
semplici 
in 
materia 
di 
prova 
del 
nesso 
causale, 
con 
la 
conseguenza 
che, 
in 
presenza 
dell�allegazione 
di 
un 
inadempimento 
qualificato, 
il 
creditore 
avr� 
assolto 
anche 
all�onere 
di 
dare 
la 
prova 
della 
sussistenza 
del 
nesso 
causale, 
sia 
pure 
attraverso 
il 
ricorso 
alle 
presunzioni 
semplici; 
mentre 
sar� 
onere 
del 
debitore, 
per 
effetto 
del 
principio 
della 
circolazione 
dell�onere 
probatorio, 
dare 
la 
prova 
dell�assenza 
del 
nesso 
causale. 


5. la motivazione della sentenza del tribunale di Roma. 
La 
sentenza 
in 
esame 
non 
si 
cimenta, 
innanzitutto, 
con 
il 
problema 
della 
natura 
della 
responsabilit� 
che 
pu� 
gravare 
sull�Amministrazione 
della 
difesa 
nei 
casi 
di 
esposizione 
di 
un 
militare 
alle 
radiazioni 
derivanti 
dall�uranio 
impoverito. 
e 
ci� 
nonostante 
nel 
corso 
del 
giudizio, 
come 
si 
ricava 
dalla 
motivazione 
della 
decisione, 
la 
difesa 
della 
Amministrazione 
avesse 
dedotto 
che, 
nonostante 
il 
richiamo 
da 
parte 
dell�attore 
all�articolo 
2043 
c.c., 
nel 
caso 
di 
specie 
potesse 
semmai 
discutersi 
di 
una 
responsabilit� 
contrattuale 
del 
Ministero. 


Il 
silenzio 
della 
motivazione 
della 
sentenza 
si 
spiega 
con 
la 
irrilevanza 
nel 
caso 
di 
specie 
del 
problema 
dell�esatta 
qualificazione 
giuridica 
di 
un�eventuale 
responsabilit� dell�Amministrazione. 


In primo luogo, la 
qualificazione 
del 
rapporto dedotto in giudizio come 
mero rapporto di 
servizio e 
non come 
rapporto di 
impiego ha 
comportato la 
irrilevanza 
del 
tradizionale 
criterio di 
riparto tra 
giudice 
ordinario e 
giudice 
amministrativo basato sulla 
natura 
della 
responsabilit� 
che 
l�attore 
fa 
valere 
in 
giudizio. 
ComՏ 
noto, 
infatti, 
solo 
per 
i 
giudizi 
aventi 
ad 
oggetto 
una 
responsabilit� 
dell�amministrazione 
nei 
confronti 
di 
soggetti 
legati 
ad 
essa 
da 
un rapporto di 
impiego trova 
applicazione 
il 
tradizionale 
criterio di 
riparto tra 
giudice 
ordinario e 
giudice 
amministrativo, in base 
al 
quale 
spetta 
al 
primo la 
cognizione 
delle 
controversie 
relative 
ad una 
responsabilit� 
extracontrattuale 
dell�amministrazione 
ed al 
secondo la 
competenza 
a 
conoscere 
delle 
ipotesi 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


di 
responsabilit� 
contrattuale 
dell�amministrazione. tuttavia, poich� 
nel 
caso 
di 
specie, il 
rapporto con la 
Amministrazione 
del 
militare 
di 
leva 
� 
stato qualificato 
come 
un 
rapporto 
di 
servizio 
e 
non 
un 
rapporto 
di 
impiego, 
tale 
criterio 
di 
riparto 
della 
giurisdizione 
non 
poteva 
venire 
in 
considerazione. 
e 
poich� 
l�ordinamento non prevede 
un criterio di 
attribuzione 
della 
giurisdizione 
per 
materia 
nel 
caso di 
danni 
asseritamente 
subiti 
da 
un militare 
di 
leva, il 
criterio 
di 
riparto 
applicabile 
non 
poteva 
che 
essere 
quello 
basato 
sulla 
natura 
giuridica 
della 
situazione 
soggettiva 
dedotta 
in 
giudizio; 
sicch� 
trattandosi 
di 
un�azione 
di 
risarcimento del 
danno per violazione 
del 
diritto alla 
salute 
derivante 
da 
un 
comportamento (omissivo) dell�Amministrazione, la 
competenza 
non poteva 
che spettare al giudice ordinario. 


Quanto poi 
al 
merito delle 
questioni 
dedotte 
in giudizio, il 
silenzio della 
motivazione 
della 
sentenza 
sulla 
natura 
della 
responsabilit� 
che 
grava 
sulla 
Amministrazione 
in casi 
di 
esposizione 
di 
militare 
di 
leva 
all�uranio impoverito 
si 
spiega, altres�, con la 
irrilevanza, nel 
caso deciso dal 
tribunale, delle 
principali 
differenze 
che 
si 
pongono tra 
il 
regime 
della 
responsabilit� 
extracontrattuale 
e 
quello della 
responsabilit� 
contrattuale. ComՏ 
noto, infatti, le 
differenze 
tra 
i 
due 
tipi 
di 
responsabilit� 
riguardano 
il 
regime 
della 
prescrizione 
(decennale 
o 
quinquennale), 
l�ambito 
dei 
danni 
risarcibili 
(esteso 
nel 
caso 
della 
responsabilit� 
contrattuale 
a 
quelli 
imprevedibili 
solo 
in 
caso 
di 
dolo) 
e 
la 
possibilit� 
per il 
debitore 
di 
liberarsi 
dalla 
responsabilit� 
provando che 
l�inadempimento 
� dovuto a causa a lui non imputabile. 


Nel 
caso 
di 
specie, 
dalla 
sintetica 
illustrazione 
dello 
svolgimento 
del 
giudizio 
che 
si 
pu� leggere 
nella 
sentenza, non sembra 
che 
la 
difesa 
della 
Amministrazione 
avesse 
sollevato 
una 
eccezione 
preliminare 
di 
merito 
di 
prescrizione 
del 
diritto 
dedotto 
in 
giudizio. 
Cos� 
come 
il 
rigetto 
della 
domanda 
fondato sulla 
mancata 
dimostrazione 
della 
stessa 
esposizione 
del 
militare 
all�uranio 
impoverito 
ha 
reso 
irrilevante 
sia 
l�aspetto 
relativo 
all�ambito 
dei 
danni 
risarcibili 
sia 
quello 
della 
possibilit� 
del 
debitore 
di 
dimostrare 
che 
l�inadempimento 
� dovuto a causa a lui non imputabile. 


La 
questione 
del 
corretto inquadramento della 
responsabilit� 
della 
Amministrazione 
resta 
pertanto, ai 
fini 
del 
presente 
scritto, una 
questione 
priva 
di rilevanza pratica. 


tuttavia, 
a 
parere 
di 
chi 
scrive, 
sembra 
pi� 
corretto 
inquadrare 
tale 
responsabilit� 
nella 
figura 
della 
responsabilit� 
contrattuale 
per violazione 
del-
l�obbligo di protezione. 


Come 
� 
dato leggere 
nella 
motivazione 
della 
sentenza 
annotata, tale 
era 
stata, in primo luogo, la 
qualificazione 
che 
alla 
responsabilit� 
aveva 
attribuito 
la 
difesa 
della 
Amministrazione, perch�, a 
quanto pare, al 
solo scopo di 
attribuire 
la giurisdizione al giudice amministrativo. 


La 
qualificazione 
della 
responsabilit� 
dell�amministrazione 
come 
ricadente 
nello schema 
dell�articolo 1218 c.c. trova 
oggi 
una 
conferma 
nel 
codice 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


dell�ordinamento 
militare 
e 
nel 
relativo 
regolamento 
di 
esecuzione. 
Gli 
articoli 
603, 
1907 
e 
2185 
(13) 
del 
codice 
dell�ordinamento 
militare, 
infatti, 
prevedono 
un indennizzo in favore 
del 
personale 
militare 
e 
del 
personale 
civile 
che 
abbiano 
contratto infermit� 
o patologie 
tumorali 
�a 
causa 
di 
servizio�. Orbene 
poich� 
la 
nozione 
di 
�causa 
di 
servizio� 
richiede 
che 
l�infermit� 
o 
la 
patologia 
tumorale 
sia 
stata 
causata 
dal 
servizio 
ovvero 
che 
abbia 
trovato 
in 
quest�ultimo 
una 
sua 
concausa 
efficiente 
e 
determinante, 
la 
stretta 
connessione 
che 
deve 
sussistere 
tra 
la 
infermit� 
o la 
patologia 
tumorale 
ed il 
servizio inducono a 
ritenere 
configurabile, 
nel 
concorso 
di 
tutti 
gli 
elementi 
dell�illecito, 
una 
responsabilit� 
contrattuale 
dell�amministrazione 
piuttosto 
che 
una 
responsabilit� 
extracontrattuale. 


In altri 
termini, la 
responsabilit� 
dell�amministrazione 
trova 
la 
sua 
fonte 
dagli 
obblighi 
di 
protezione 
che 
sorgono nell�ambito di 
un rapporto giuridico 
specifico, in cui 
l�adempimento di 
una 
prestazione 
(nel 
caso di 
specie 
la 
prestazione 
di 
servizio militare 
di 
leva) comporti 
l�esposizione 
ad un pericolo di 
lesione dei diritti di una delle parti del rapporto. 


In 
tali 
casi 
sorge 
per 
la 
parte 
del 
rapporto 
non 
esposta 
al 
pericolo 
l�obbligo 
di 
adottare 
tutte 
le 
misure 
necessarie 
ad evitare 
che 
la 
parte 
esposta 
al 
rischio 
possa subire pregiudizi in occasione dell�attuazione del rapporto giuridico. 


Generalmente 
il 
dovere 
di 
non 
ledere 
la 
persona 
e 
i 
beni 
altrui 
con 
un 
comportamento negligente, imprudente 
e 
imperito, rileva 
sul 
piano dei 
doveri 
di 
astensione 
la 
cui 
inosservanza 
fa 
sorgere 
una 
responsabilit� 
extracontrattuale 
(articolo 2043 c.c.), ma 
ci� non significa 
che, qualora 
il 
comportamento esecutivo 
di 
una 
delle 
parti 
esponga 
l�altrui 
o la 
propria 
sfera 
giuridica 
al 
rischio 
di 
un danno, il 
debitore 
o il 
creditore 
non sia 
tenuto ad osservare 
un comportamento 
prudente 
anche 
sul 
piano 
del 
rapporto 
obbligatorio. 
Si 
tratta 
di 
doveri 
che 
hanno carattere 
essenzialmente 
bilaterale 
o reciproca, ossia 
gravano sul 
debitore 
e 
sul 
creditore, non essendovi 
un motivo ragionevole 
per distinguere 
fra 
i 
due 
quando si 
tratti 
di 
tutelare 
la 
sfera 
giuridica 
di 
coloro che 
entrano in 
contatto per dare attuazione al rapporto obbligatorio. 


Cos� 
inquadrata 
la 
responsabilit� 
dell�amministrazione 
nel 
caso di 
esposizione 
di 
un militare 
all�uranio impoverito, � 
parere 
di 
chi 
scrive 
che 
correttamente 
la 
sentenza 
annotata 
abbia 
escluso qualsiasi 
rimprovero nei 
confronti 
del Ministero della difesa. 


Il 
tribunale 
evidenzia, 
correttamente, 
che 
qualsiasi 
questione 
relativa 
alla 
sussistenza 
di 
una 
responsabilit� 
dell�amministrazione 
presuppone, in questi 
casi, la 
dimostrazione 
�dell�esistenza stessa - nel 
caso concreto - della speci


(13) Articolo 2185 del 
codice 
dell�ordinamento militare, inoltre, estende 
tali 
indennizzi 
anche 
ai 
cittadini 
italiani 
che 
si 
trovino in teatri 
di 
conflitto o impiegati 
nei 
poligoni 
di 
tiro, nonch� 
ai 
residenti 
nelle 
zone 
adiacenti 
alle 
basi 
militari 
sul 
territorio nazionale 
presso le 
quale 
� 
conservato munizionamento 
pesante o esplosivo o ai poligoni di tiro. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


fica sostanza che, nella prospettazione 
attorea, avrebbe 
causato l�insorgenza 
della malattia (il 
linfoma di 
Hodgkin) ossia all�uranio impoverito, e, successivamente 
nell�ordine 
logico delle 
questioni 
(�) 
la prova dell�esistenza di 
un 
nesso di 
causalit� diretto tra l�esposizione 
agli 
agenti 
inquinanti�. e 
l�insorgere 
del linfoma�. 


Il 
relatore 
della 
sentenza, 
pertanto, 
pone 
esattamente 
su 
piani 
distinti 
la 
prova 
dell�inadempimento 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
all�obbligo 
di 
protezione 
del 
militare 
di 
leva 
e 
quella 
della 
sussistenza 
del 
nesso 
di 
causalit� 
tra 
l�esposizione 
all�uranio 
impoverito 
e 
la 
patologia 
tumorale 
contratta 
dallo 
stesso. 


Come 
si 
� 
visto 
nella 
parte 
introduttiva 
del 
presente 
scritto, 
si 
tratta 
di 
due 
elementi 
della 
responsabilit� 
(contrattuale) 
della 
Amministrazione 
la 
cui 
prova 
resta 
a 
carico 
della 
parte 
danneggiata. 
Il 
corretto 
adempimento 
di 
quest�onere, 
pertanto, 
comporta 
innanzitutto 
che 
il 
danneggiato 
alleghi 
l�inadempimento 
della 
Amministrazione 
all�obbligo 
di 
protezione. 
Ma 
per 
far 
ci� 
� 
necessario 
che 
dimostri 
il 
titolo 
(vale 
a 
dire 
il 
fatto 
giuridico) 
dal 
quale 
sorge 
tale 
obbligo. 
esso 
non 
consiste 
esclusivamente 
nella 
sussistenza 
del 
rapporto 
di 
servizio 
costituito 
dalla 
prestazione 
del 
servizio 
militare 
di 
leva, 
ma 
si 
completa 
con 
il 
fatto 
storico 
dell�esposizione 
alle 
radiazioni 
provenienti 
da 
munizioni 
all�uranio 
impoverito: 
� 
la 
prova 
di 
tale 
circostanza, 
infatti, 
che 
determina 
il 
sorgere 
per 
l�amministrazione 
dell�obbligo 
di 
proteggere 
la 
salute 
del 
militare, 
sicch� 
non 
basta 
dimostrare 
di 
aver 
prestato 
servizio 
(di 
leva 
o 
non), 
ma 
occorre 
allegare 
e 
dimostrare 
il 
fatto 
costitutivo 
dell�obbligo 
di 
protezione. 
Solo 
in 
tal 
modo 
il 
debitore 
esaurisce 
il 
proprio 
onere 
di 
dare 
la 
prova 
e 
pu� 
limitarsi 
ad 
allegare 
l�inadempimento 
da 
parte 
della 
Amministrazione 
della 
difesa, 
sostenendo 
che 
in 
quelle 
date 
circostanze 
ed 
in 
presenza 
di 
un 
obbligo 
di 
protezione, 
l�amministrazione 
militare 
non 
ha 
adempiuto 
al 
proprio 
obbligo 
di 
protezione 
adottando 
tutte 
le 
misure 
necessarie 
ad 
evitare 
il 
rischio 
di 
contrarre 
una 
patologia 
tumorale 
per 
effetto 
dell�esposizione 
all�uranio 
impoverito. 


Nel 
caso 
di 
specie 
il 
tribunale 
di 
Roma 
ha 
escluso 
che 
l�attore 
avesse 
dato prova 
di 
tale 
esposizione. Si 
legge 
nella 
motivazione 
della 
sentenza 
che: 
�il 
teste 
ascoltato, compagno d�armi 
del 
g., ha poi 
riferito modalit� e 
condizioni 
dello 
svolgimento 
delle 
mansioni 
demandate 
all�attore 
e 
anche 
di 
contatti 
con le 
testate 
missilistiche, ma ovviamente 
non ha potuto attestare 
nella presenza 
delle stesse di uranio impoverito��. 


Una 
volta 
esclusa 
la 
prova 
della 
sussistenza 
del 
fatto costitutivo dell�obbligo 
di 
protezione, 
pertanto, 
il 
tribunale 
avrebbe 
potuto 
ritenere 
assolto 
il 
suo 
obbligo 
di 
giudicare 
nel 
caso 
di 
specie 
con 
il 
rigetto 
della 
domanda 
fondato 
sul 
mancato adempimento dell�onere 
di 
dare 
la 
prova 
della 
sussistenza 
di 
un 
tale obbligo in capo alla 
Amministrazione militare. 


Le 
ulteriori 
considerazioni 
che 
si 
leggono 
nella 
motivazione 
della 
sentenza 
annotata, 
relative 
alla 
mancata 
dimostrazione 
della 
sussistenza 
di 
un 
nesso causale 
tra 
l�esposizione 
all�uranio impoverito e 
la 
patologia 
tumorale 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


contratta 
dall�attore, sono, pertanto, un argomento ulteriore 
che 
il 
tribunale 
svolge 
ad abundantiam 
rispetto a 
quello precedente: 
una 
volta 
esclusa 
la 
sussistenza 
di 
un obbligo di 
protezione 
in capo al 
Ministero della 
difesa 
non era 
pi� necessario indagare 
se 
nel 
caso di 
specie 
il 
danneggiato avesse 
adempiuto 
al proprio onere di dare la prova della sussistenza del nesso causale. 


Anche 
sotto questo secondo aspetto, tuttavia, la 
sentenza 
del 
tribunale, 
pur 
essendo 
corretta 
nella 
soluzione 
che 
d� 
alla 
questione, 
presenta 
alcune 
criticit� 
nella sua impostazione teorica. 


Perplessit� 
desta 
la 
parte 
della 
motivazione 
relativa 
alla 
precisazione 
metodologica 
che il 
tribunale fa a proposito del nesso di causalit�. 


Innanzitutto � 
da 
escludersi 
che, nel 
caso di 
specie 
possa, parlarsi 
di 
una 
legge 
di 
copertura 
di 
carattere 
scientifico 
(o 
pi� 
correttamente 
di 
contenuto 
probabilistico). La 
formulazione 
di 
una 
tale 
legge 
scientifica 
di 
copertura, infatti, 
presupporrebbe, 
come 
riconosce 
lo 
stesso 
tribunale, 
l�effettuazione 
di 
un certo numero di 
test 
e 
la 
discussione 
degli 
esiti 
di 
tali 
esperimenti 
da 
parte 
della 
comunit� 
scientifica 
mondiale. 
tuttavia, 
la 
materia 
di 
indagine 
scientifica 
nel 
caso 
di 
specie 
� 
costituita 
dalla 
possibile 
relazione 
tra 
l�esposizione 
all�uranio 
impoverito 
e 
la 
insorgenza 
di 
patologie 
tumorali; 
sicch� 
in 
casi 
del 
genere 
deve 
ritenersi 
esclusa 
a 
priori 
qualsiasi 
possibilit� 
di 
formulazione 
di 
una 
legge 
scientifica 
di 
copertura 
per la 
semplice 
ragione 
che 
non sarebbe 
eticamente 
corretto sottoporre 
soggetti 
sani 
alla 
esposizione 
di 
agenti 
costituiti 
dall�uranio 
impoverito 
per 
verificare 
l�esistenza 
di 
una 
correlazione 
scientifica 
con l�insorgenza di patologie tumorali. 


La 
sentenza 
del 
tribunale 
di 
Roma 
�, 
viceversa, 
corretta 
laddove 
ricorda 
che 
anche 
l�assenza 
di 
leggi 
scientifiche 
di 
copertura 
non 
esclude 
la 
possibilit� 
di 
individuare 
la 
sussistenza 
di 
un 
nesso 
causale 
quando 
vi 
siano 
dati 
epidemiologici 
sufficienti 
dai 
quali 
trarre 
elementi 
di 
giudizio 
ai 
fini 
di 
tale 
accertamento. 


In 
questi 
casi 
la 
legge 
di 
copertura 
non 
� 
data 
da 
una 
legge 
scientifica, 
bens� 
dall�osservazione 
di 
casi 
aventi 
le 
stesse 
caratteristiche 
e 
che, 
valutati 
nei 
loro 
elementi 
tipici 
e 
confrontati 
con 
i 
dati 
della 
fattispecie 
concreta 
sottoposta 
a 
giudizio, 
consentono 
di 
pervenire 
all�accertamento 
di 
un 
nesso 
di 
causalit� 
sulla 
base 
della 
regola, 
propria 
del 
diritto 
civile, 
del 
�pi� 
probabile 
che 
non�. 


ed � 
appunto questo il 
percorso logico che 
l�autore 
della 
sentenza 
fa 
per 
escludere 
la 
sussistenza, anche 
alla 
luce 
di 
dati 
statistici 
epidemiologici, tra 
il 
linfoma 
Hodgkin e 
l�esposizione 
all�uranio impoverito. Richiamando, infatti, 
i 
precedenti 
di 
altri 
tribunali 
che 
hanno accolto domande 
di 
risarcimento in 
fattispecie 
simili, il 
tribunale 
di 
Roma 
mette 
in luce 
come 
nei 
casi 
in cui 
era 
stata 
individuata 
una 
correlazione 
causale 
vi 
erano degli 
elementi 
di 
diversit� 
rispetto alla 
fattispecie 
sottoposta 
a 
giudizio, costituiti 
dalla 
esposizione 
dei 
militari 
durante 
missioni 
in aree 
di 
conflitto internazionale 
della 
possibile 
incidenza, 
nella 
causazione 
della 
infermit�, di 
vaccinazioni 
multiple 
imposte 
ai 
militari impegnati in tali missioni. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


In tal 
modo il 
tribunale 
applica 
correttamente 
il 
criterio della 
probabilit� 
logica 
o baconiana 
nell�accertamento del 
nesso di 
causalit�, andando al 
di 
l� 
della 
semplice 
inferenza 
da 
casi 
tipici 
di 
carattere 
statistico della 
sussistenza 
del 
collegamento causale 
e 
analizzando gli 
elementi 
che 
possono trarsi 
da 
tali 
dati 
epidemiologici 
alla 
luce 
delle 
particolarit� 
del 
caso 
concreto. 
Le 
differenze 
individuate 
fra 
le 
serie 
statistiche 
acclarate 
in altri 
giudizi 
e 
le 
particolarit� 
del 
caso di 
specie 
consentono al 
Giudicante 
di 
pervenire 
correttamente 
ad un giudizio 
di 
esclusione 
della 
sussistenza 
nesso causale 
e 
al 
rigetto della 
domanda 
dell�attore. 


tribunale 
di 
Roma, seconda sezione 
Civile, sentenza 11 maggio 2018 n. 9561 
-giud. e. 
Favara - M.G. (avv. ti P. Frisani, A. Nardi) c. Ministero della difesa (avv. gen. Stato). 


Fatto e diritto 
Con atto di 
citazione 
ritualmente 
notificato l'attore 
conveniva 
innanzi 
l'intestato tribunale 
il 
Ministero 
della 
difesa 
onde 
vederlo 
condannare 
al 
risarcimento 
del 
danno 
patrimoniale 
e 
non 
patrimoniale 
dallo stesso subito a 
seguito della 
illegittima 
esposizione 
a 
metalli 
pesanti 
avvenuta 
durante 
la 
prestazione 
del 
servizio di 
leva 
in qualit� 
di 
elettricista 
presso il 
Poligono di 
Salto di Quirra in Sardegna. 
esponeva 
l'attore 
di 
aver prestato servizio di 
leva 
obbligatoria 
presso la 
scuola 
Reclute 
del-
l'Aereonautica 
Militare 
di 
taranto 
(12�mo 
scaglione 
1996, 
283� 
corso) 
e 
di 
essere 
stato 
inviato, 
al 
termine 
del 
periodo d'addestramento, presso il 
Poligono Sperimentale 
Interforze 
del 
Salto 
di Quirra (NU). 
Riferiva 
che, 
trascorso 
un 
breve 
periodo 
di 
circa 
venti 
giorni 
all'interno 
del 
c.d. 
"poligono 
a 
terra" 
di 
Perdasdefogu, 
egli 
era 
stato 
trasferito, 
con 
l'incarico 
di 
elettricista 
(in 
quanto 
esperto 
perito 
elettro-tecnico), 
presso 
il 
vicinissimo 
distaccamento 
(circa 
15 
km) 
di 
Capo 
San 
Lorenzo 
a 
villaputzu 
(CA) 
-sempre 
facente 
parte 
del 
Poligono 
Interforze 
del 
Salto 
di 
Quirra 
-dedito 
alla 
sperimentazione 
di 
tutti 
i 
tipi 
di 
armamento 
leggero 
e 
missilistico 
e 
perci� 
comunemente 
indicato 
come 
il 
c.d. 
"poligono 
a 
mare"; 
che, 
per 
tutta 
la 
durata 
del 
servizio 
militare 
prestato 
presso 
la 
base 
del 
Salto 
di 
Quirra, 
terminato 
nel 
mese 
di 
novembre 
2007 
(e 
dunque 
per 
circa 
un 
anno), 
il 
sig. 
G. 
era 
chiamato 
ad 
intervenire 
pressoch� 
giornalmente 
anche 
nei 
locali 
ovviamente 
interdetti 
al 
personale 
non 
qualificato 
-dove 
i 
missili 
venivano 
caricati 
sulle 
rampe 
pronti 
ad 
essere 
esplosi; 
che 
ci� 
avveniva 
nella 
pi� 
totale 
assenza 
di 
qualsiasi 
dotazione 
di 
sicurezza 
e 
dunque 
senza 
alcun 
tipo 
di 
protezione 
atta 
a 
garantire 
l'incolumit� 
del 
soggetto 
esposto. 
L'attore 
rappresentava 
altres� 
di 
non essere 
mai 
stato reso edotto sui 
reali 
rischi 
dallo stesso 
corsi 
in tutta 
la 
durata 
del 
servizio militare. Riferiva 
che, accanto alle 
mansioni 
di 
elettricista, 
l'odierno attore 
aveva 
svolto tutte 
le 
normali 
attivit� 
di 
ogni 
militare 
e 
pertanto era 
stato pi� 
volte 
direttamente 
impegnato in prima 
persona 
anche 
al 
poligono di 
tiro; 
che 
nel 
mese 
di 
Novembre 
1997 egli 
aveva 
terminato il 
servizio militare 
e 
veniva 
congedato con "ottimo rendimento" 
e con "alto grado di 
Aviere Scelto". 
Riferiva 
che 
nel 
mese 
di 
luglio 2010 gli 
veniva 
diagnosticato Linfoma 
di 
Hodgkin, tumore 
maligno del 
sistema 
linfatico, asportato dalla 
regione 
sottomandibolare 
destra 
a 
seguito di 
intervento 
chirurgico 
eseguito 
presso 
l'ospedale 
San 
Carlo 
di 
Milano. 
Successivamente 
alla 
sco



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


perta 
della 
terribile 
patologia 
il 
sig. G. veniva 
sottoposto a 
svariati 
cicli 
di 
chemioterapia 
tipo 
ABvd, nonch� di radioterapia. 
Secondo l'attore, sussisteva 
una 
responsabilit� 
da 
parte 
del 
Ministero della 
difesa 
per le 
gravissime 
lesioni 
alla 
salute 
riportate 
in conseguenza 
all'illegittima 
esposizione 
all'uranio impoverito 
e 
ad altre 
sostanze 
nocive 
durante 
lo svolgimento del 
servizio militare, per cui 
egli 
conveniva 
l'amministrazione 
statale 
avanti 
al 
tribunale 
di 
Roma 
per chiedere 
il 
risarcimento 
dei danni subiti. 
La 
prima 
udienza 
di 
comparizione 
veniva 
fissata 
per 
l'11 
gennaio 
2013 
ed 
il 
Ministero 
si 
costituiva 
con 
comparsa 
depositata 
il 
10 
gennaio 
2013, 
nella 
quale 
eccepiva 
il 
difetto 
di 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario 
in 
favore 
del 
giudice 
amministrativo, 
trattandosi 
di 
domanda 
del 
risarcimento 
del 
danno 
avanzata 
da 
un 
militare 
nei 
confronti 
della 
propria 
amministrazione 
di 
appartenenza 
e 
dunque, 
ai 
sensi 
dell'att. 
63 
d.lgs. 
165/2001, 
vertendosi 
in 
ambito 
di 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
tAR 
poich� 
il 
personale 
militare 
era 
rimasto 
in 
regime 
di 
diritto 
pubblico. 
deduceva 
inoltre 
il 
Ministero 
che 
il 
dipendente 
pubblico 
poteva 
far 
valere 
sia 
la 
responsabilit� 
contrattuale 
che 
extracontrattuale 
del 
proprio 
datore 
di 
lavoro, 
sussistendo 
la 
giurisdizione 
amministrativa 
nel 
primo caso e 
quella 
ordinaria 
nel 
secondo, e 
che 
era 
a 
tal 
fine 
irrilevante 
la 
prospettazione 
delle 
parti, dovendo porsi 
in rilievo il 
petitum 
sostanziale 
ai 
fini 
dell'individuazione 
del 
giudice 
competente; 
nella 
fattispecie 
in esame, secondo controparte, il 
sig. G. 
aveva 
evidentemente 
fatto 
valere 
la 
responsabilit� 
contrattuale 
del 
Ministero, 
nonostante 
l'inefficace 
richiamo all'art. 2043 c.c., di 
talch� 
si 
verteva 
in ambito di 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice amministrativo, donde la necessit� di dichiarare il difetto di giurisdizione. 
Contestava altres� la domanda attorea nel merito. 
Il 
Giudice 
concedeva 
termine 
alla 
difesa 
di 
parte 
attrice 
fino 
a 
10 
giorni 
prima 
della 
successiva 
udienza, 
fissata 
per 
il 
5 
marzo 
2013, 
per 
il 
deposito 
di 
memorie 
di 
replica 
in 
ordine 
all'eccepito 
difetto di giurisdizione. 
A 
seguito del 
deposito della 
memoria 
autorizzata 
il 
Giudice 
concedeva 
termine 
per memorie 
ex art. 183, vI comma c.p.c. 
Nelle 
more 
della 
decisione 
relativa 
alle 
istanze 
istruttorie 
il 
Ministero della 
difesa 
proponeva 
regolamento di 
giurisdizione 
avanti 
la 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione, procedimento nel 
quale 
il 
sig. G. si 
costituiva 
con controricorso; 
l'Amministrazione 
chiedeva 
inoltre 
la 
sospensione 
del 
giudizio 
di 
merito 
stante 
la 
pendenza 
del 
regolamento 
di 
giurisdizione, 
richiesta 
che 
veniva 
rigettata 
con ordinanza 
del 
27 settembre 
2013 che 
ammetteva 
le 
prove 
per testi 
richieste 
dal-
l'attore rinviando all'udienza dell'8 aprile 2014. 
A 
detta 
udienza 
veniva 
sentito il 
teste 
sig. S.C., con rinvio all'udienza 
del 
28 ottobre 
2014 per 
la prosecuzione dell'istruttoria. 
In data 
5 maggio 2014 veniva 
depositata 
l'ordinanza 
n. 9572/2014 della 
Corte 
di 
cassazione, 
che 
dichiarava 
la 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario e 
rimetteva 
le 
parti, anche 
per le 
spese 
del regolamento, avanti al 
tribunale di Roma. 
Successivamente 
veniva 
accolta 
l'istanza 
di 
ordine 
di 
esibizione 
richiesta 
dalla 
difesa 
attrice 
e veniva disposta CtU. 
veniva 
depositata 
una 
prima 
relazione 
di 
consulenza 
tecnica 
nella 
quale 
il 
collegio 
peritale 
concludeva 
concordemente 
per 
l'insussistenza 
del 
nesso 
di 
causalit� 
tra 
l'esposizione 
ad 
uranio 
impoverito 
denunciato 
e 
l'insorgenza 
della 
patologia 
lamentata 
dall'attore. 
A 
seguito 
della 
sostituzione 
dei 
primi 
consulenti 
nominati 
-per 
avere 
una 
seconda 
valutazione 
pi� 
aderente 
alle 
circostanze 
del 
caso 
e 
non 
condizionata 
dalla 
risaputa 
mancanza 
di 
dimostrazione 
scientifica 
del 
possibile 
nesso 
tra 
esposizione 
ad 
uranio 
impoverito 
e 
insorgenza 
del 
linfoma 
di 
Hodgkin, 
veniva 
nominato 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


il 
dr. 
Germano 
Aronica 
che 
prestava 
giuramento 
all'udienza 
del 
15 
settembre 
2015. 
A 
seguito del 
deposito della 
seconda 
relazione 
di 
CtU 
la 
difesa 
dell'attore 
chiedeva 
integrazione 
della 
stessa 
per 
la 
quantificazione 
del 
danno 
subito 
dal 
sig. 
G., 
e 
quindi 
veniva 
concesso 
nuovo termine al CtU per detto incombente. 
All'udienza 
del 
18 aprile 
2017 il 
procuratore 
dell'attore 
dava 
atto della 
mancata 
ottemperanza 
all'ordine 
di 
esibizione 
da 
parte 
dell'amministrazione 
convenuta 
e 
la 
causa 
veniva 
rinviata 
al 
30 ottobre 2017 per precisazione delle conclusioni. 
A 
detta 
udienza 
i 
procuratori 
delle 
parti 
precisavano 
le 
conclusioni. 
La 
causa 
veniva 
trattenuta 
in decisione 
con assegnazione 
dei 
termini 
di 
legge 
per il 
deposito di 
comparse 
conclusionali 
e note di replica. 
In diritto. 
Preliminarmente 
deve 
dichiararsi 
la 
giurisdizione 
ordinaria, affermata, con efficacia 
di 
giudicato 
interno, 
con 
la 
pronuncia 
della 
Corte 
di 
cassazione, 
l'ordinanza 
n. 
9572/2014 
con 
la 
quale 
la Suprema Corte ha affermato tale giurisdizione nel caso in esame. 
Nel 
merito, 
nell'affrontare 
l'esame 
della 
domanda 
di 
risarcimento 
proposta, 
alla 
luce 
delle 
prove 
raccolte 
e, 
segnatamente, 
della 
prova 
per 
testi 
e 
della 
documentazione 
allegata, 
con 
l'ausilio 
conoscitivo 
delle 
relazioni 
di 
CtU 
disposte 
-la 
prima 
delle 
quali 
collegiale 
-occorre 
evidenziare 
come, con tutta 
evidenza, il 
passaggio pi� critico e 
delicato delle 
varie 
questioni 
sollevate 
nel 
presente 
giudizio 
� 
costituito, 
prima 
ancora 
che 
dalla 
dimostrazione 
dell'elemento 
soggettivo, ossia 
della 
possibile 
colpevolezza 
del 
Ministero della 
difesa, connessa 
al 
rispetto 
delle 
pi� 
elementari 
norme 
di 
prudenza 
nella 
condotta 
-omissiva 
-di 
non 
dotare 
i 
militari 
presenti 
nel 
Poligono di 
strumenti 
e 
dispositivi 
di 
prevenzione 
dai 
rischi 
connessi 
all'esposizione 
ai 
residui 
delle 
esplosioni 
effettuate 
nel 
poligono, dalla 
dimostrazione 
della 
stessa 
esistenza 
- nel 
caso concreto - della 
specifica 
sostanza 
che, nella 
prospettazione 
attorea, avrebbe 
causato l'insorgere 
della 
malattia 
(il 
linfoma 
di 
Hodgkin) ossia 
l'uranio impoverito, e, successivamente 
nell'ordine 
logico 
delle 
questioni 
(e 
dunque 
a 
voler 
ritenere 
dimostrata 
la 
prova 
dell'esistenza 
dell'agente 
inquinante, o sufficiente 
la 
dimostrazione 
di 
altri 
agenti), la 
prova 
dell'esistenza 
di 
un nesso di 
causalit� 
diretto tra 
l'esposizione 
agli 
agenti 
inquinanti 
presenti 
nel 
Poligono di 
tiro di 
Salto di 
Quirra 
e 
l'insorgere 
del 
Linfoma, in un contesto medico scientifico 
nel 
quale, 
allo 
stato, 
ancora 
non 
� 
emersa 
una 
dimostrazione 
scientifica 
accreditata 
della 
possibile eziologia del linfoma quale conseguenza dell'esposizione ad uranio impoverito. 
Quanto al primo aspetto critico, infatti, i periti del Collegio hanno cos� argomentato: 
�Per 
tale 
aspetto, 
oltre 
alle 
notizie 
che 
possono 
trarsi 
Commissione 
Parlamentare 
di 
inchiesta, 
si 
� 
fatto 
ricorso, 
come 
disposto 
dal 
sig. 
Giudice, 
alle 
informazioni 
scientifiche 
derivanti 
dalle 
perizie 
di 
parte 
espletate 
nell'ambito dell'indagine 
penale 
in corso e, in particolare, della 
relazione 
del 
Prof. Chim. M. Mariani, datata 
3 giugno 2014, condotta 
a 
seguito dell'incarico ricevuto 
nell'udienza 
dell'11 marzo 2013, relativa 
al 
Procedimento Penale 
n. 452/12 RG, GIP 
tribunale 
di 
Lanusei 
-Ogliastra. 
In 
sintesi, 
tutte 
le 
informazioni 
disponibili 
-ed 
alquanto 
complesse 
-su 
questo 
elaborato 
peritale 
non 
consentono, 
allo 
stato 
attuale, 
di 
provare 
od 
escludere 
la presenza di contaminanti ambientali nell'area del PISQ. 
La 
tematica 
� 
stata 
oggetto, 
inevitabilmente, 
dei 
lavori 
della 
Commissione 
Parlamentare 
di 
inchiesta: 
il 
prof. 
M. 
zucchetti, 
professore 
ordinario 
di 
impianti 
nucleari 
al 
Politecnico 
di 
torino, 
ha 
individuato 
vari 
inquinanti 
chimico-tossici 
presenti 
nell'area 
del 
Poligono 
Interforze 
di 
Salto 
di 
Quirra: 
tra 
questi 
compare 
l'uranio 
impoverito, 
che 
sarebbe 
stato 
reperito 
nelle 
ossa 
di 
un 
agnello 
nato 
malformato27. 
Altri 
contributi 
in 
tal 
senso 
sono 
stati 
forniti, 
sempre 
nella 
stessa 
sede: 


-dal 
prof. Lodi 
Rizzini, che 
aveva 
effettuato, su disposizione 
della 
Procura 
della 
Repubblica 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


di 
Lanusei, 
accertamenti 
su 
quindici 
salme 
di 
pastori 
dell'area 
del 
salto 
di 
Quirra, 
evidenziando 
la presenza di torio (altro elemento radioattivo) nelle tibie28; 


-dal 
capitano P. Minervini, consulente 
balistico incaricato dalla 
Commissione 
stessa, che, effettuati 
sopralluoghi 
presso il 
PISQ, a 
seguito dei 
quali 
"l'analisi 
radiometrica 
dei 
residuati 
bellici non ha evidenziato alcuna presenza, anche minima di uranio impoverito"29. 
Sulla 
base 
di 
tali 
rilievi 
la 
Commissione 
Parlamentare 
di 
inchiesta 
ha 
ritenuto di 
trarre 
le 
seguenti 
conclusioni: 
"1) Gli 
studi 
e 
le 
indagini 
scientifiche 
realizzate 
sino ad oggi 
non hanno 
rilevato la 
presenza 
sul 
territorio, nelle 
aree 
interessate 
da 
attivit� 
esercitativa, addestrativa 
e 
sperimentale 
o nei 
pressi 
di 
esse, di 
contaminazione 
da 
uranio impoverito, come 
residuo di 
manufatti 
ad 
uso 
militare, 
n� 
sono 
state 
reperite 
tracce 
di 
esso 
nelle 
numerose 
analisi 
effettuate 
anche 
con 
strumentazioni 
sofisticate 
sui 
tessuti 
patologici 
di 
militari 
affetti 
da 
tumori 
o 
da 
altre 
malattie 
invalidanti. 
d'altra 
parte, 
su 
questo 
specifico 
profilo, 
la 
Commissione, 
che 
aveva 
gi� 
avuto assicurazioni 
in tal 
senso dal 
Segretario generale 
della 
difesa 
- direttore 
nazionale 
degli 
armamenti, generale 
Claudio debertolis, nel 
corso dell'audizione 
del 
10 ottobre 
2012, 
non 
pu� 
che 
prendere 
atto 
della 
dichiarazione 
del 
Ministro 
della 
difesa, 
ammiraglio 
Giampaolo 
di 
Paola, 
il 
quale, 
nell'audizione 
del 
19 
dicembre 
2012, 
ha 
affermato 
che 
le 
Forze 
Armate 
italiane 
non 
hanno 
mai 
impiegato 
munizionamento 
all'uranio 
impoverito 
sia 
in 
attivit� 
addestrative, 
per lo svolgimento delle 
quali 
ha 
assicurato il 
pieno rispetto delle 
normative 
vigenti, sia 
fuori 
dai 
confini 
nazionali. L'utilizzo del 
munizionamento all'uranio impoverito - ha 
inoltre 
precisato il 
Ministro - non � 
consentito nei 
poligoni 
in uso alle 
Forze 
Armate 
italiane 
e 
anche 
i 
paesi 
alleati 
o amici 
che 
utilizzano tali 
installazioni 
sono vincolati 
all'osservanza 
dei 
regolamenti 
d'uso, in cui 
sono elencati 
sia 
la 
tipologia 
di 
armamento che 
il 
munizionamento impiegabile; 
2) Non � 
risultato dalle 
indagini 
della 
Commissione 
che 
tali 
munizionamenti 
siano 
stati 
utilizzati 
presso 
i 
poligoni 
di 
tiro 
insediati 
sul 
territorio 
nazionale: 
l'unico 
indizio 
in 
senso 
contrario, rilevato dal 
professor zucchetti 
con riferimento all'area 
di 
Salto di 
Quirra, ovvero 
i 
residui 
di 
uranio impoverito individuati 
nelle 
ossa 
di 
un agnello nato malforme, non appare 
sufficiente 
a 
documentare 
la 
presenza 
e 
l'uso di 
armamenti 
siffatti, come 
lo stesso professor 
zucchetti 
ha 
chiarito, 
e, 
non 
costituendo 
prova 
definitiva, 
dovrebbe 
essere 
seguito 
da 
ulteriori 
ricerche. 
� 
peraltro 
significativo, 
a 
tale 
proposito, 
che 
le 
analisi 
condotte 
dal 
professor 
evandro 
Lodi 
Rizzini 
sulle 
salme 
di 
diciotto 
pastori 
deceduti 
per 
patologie 
tumorali 
non 
abbiano 
fornito 
alcun riscontro circa la presenza di uranio impoverito"30. 
tale conclusione � peraltro confermata dalla stessa commissione pi� avanti: 
-laddove 
si 
analizza 
il 
problema 
degli 
effetti 
stocastici 
sui 
militari 
impiegati 
nella 
missioni 
all'estero: 
"In 
considerazione 
degli 
effetti 
stocastici 
dell'esposizione 
all'uranio 
impoverito, 
per 
i 
quali 
si 
ipotizza 
una 
relazione 
dose-probabilit�, ma 
non si 
indica 
alcuna 
soglia 
di 
dose, laddove 
vi 
sia 
la 
possibilit� 
che 
il 
personale 
militare 
italiano entri 
in contatto a 
qualsiasi 
titolo 
con 
munizionamento 
all'uranio 
impoverito 
(il 
che, 
al 
momento, 
sembrerebbe 
ipotizzabile 
solo 
nel 
caso 
di 
missioni 
estere), 
le 
autorit� 
militari, 
i 
comandi 
e 
le 
autorit� 
sanitarie 
sono 
comunque 
tenute ad applicare integralmente il principio di precauzione"31; 
-quando 
si 
prendono 
in 
esame 
le 
risultanze 
delle 
relazioni 
tecniche 
disposte: 
"Nel 
dettaglio 
dei 
singoli 
lotti, 
la 
Relazione 
tecnica, 
con 
riferimento 
al 
lotto 
1 
(verifica 
della 
radioattivit� 
aerodispersa), 
metteva 
in 
particolare 
rilievo 
la 
circostanza 
per 
cui 
dall'analisi 
isotopica 
risultante 
da 
238 
campioni 
si 
evidenziava 
la 
presenza 
di 
uranio 
naturale, 
con 
esclusione 
della 
presenza 
di 
uranio 
impoverito, 
mentre, 
relativamente 
alla 
presenza 
di 
nanoparticelle, 
in 
assenza 
di 
una 
metodica 
di 
misurazione 
accettata 
internazionalmente 
e 
di 
comune 
utilizzazione, 
l'analisi 
eseguita 
dai 
laboratori 
coinvolti 
nel 
Progetto 
aveva 
presentato 
conclusioni 
non 
sempre 
collimanti, 
tali 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


per� 
da 
accertare 
l'esistenza 
di 
nanoparticelle 
di 
provenienza 
naturale 
e 
di 
nanoparticelle 
di 
forma 
sferica, 
di 
origine 
antropica. 
Le 
polveri 
fini 
nelle 
due 
aree 
oggetto 
di 
osservazione, 
di 
Perdasdefogu 
e 
di 
Capo 
San 
Lorenzo, 
presentavano 
inoltre 
caratteristiche 
analoghe 
nella 
composizione 
chimica, con un arricchimento in alluminio, contenuto nei 
combustibili 
solidi, 
riconducibile 
alle 
attivit� 
addestrative 
svolte 
con 
lancio 
di 
missili 
e 
prova 
dei 
motori 
zefiro"32"�. 
Quanto al 
secondo aspetto critico, deve 
tuttavia 
escludersi 
che, in base 
alle 
conclusioni 
condivisibili 
raggiunte 
dai 
periti 
sulla 
esistenza 
di 
una 
correlazione 
tra 
esposizione 
ad uranio e 
linfoma, tale correlazione eziologica sia scientificamente dimostrata. 
Cos� 
riferiscono i 
periti: 
�Il 
linfoma 
di 
Hodgkin � 
raro, costituendo poco pi� dell'l% di 
tutte 
le 
neoplasie 
diagnosticate 
nei 
Paesi 
dell'emisfero occidentale. La 
sua 
frequenza 
non � 
in aumento 
e si manifesta, in circa la met� dei casi tra i 20 ed i 40 anni. 
L'eziologia 
e 
la 
patogenesi 
del 
linfoma 
di 
Hodgkin sono da 
sempre 
oggetto di 
discussione, 
restando un mistero l'origine 
della 
malattia. di 
certo il 
quadro biologico � 
rappresentato da 
un 
disturbo 
cronico 
del 
sistema 
immunitario, 
in 
cui 
uno 
stimolo 
mitogeno 
ripetuto 
induce 
riarrangiamenti 
genici 
di 
tipo clonale, modificazioni 
cromosomiche 
di 
tipo strutturale 
e 
la 
comparsa 
di 
cellule 
giganti 
(cellule 
di 
Reed-Sternberg). 
� 
stata 
ipotizzata 
la 
presenza 
di 
un 
agente 
vitale 
a 
bassa 
infettivit�, 
almeno 
per 
quanto 
riguarda 
bambini 
e 
giovani 
adulti, 
con 
particolare 
riferimento al 
virus 
di 
epstein-Barr (eBv). tuttavia 
va 
chiarito come 
il 
ruolo del 
virus 
debba 
considerarsi 
limitato a 
quello di 
promotore 
o di 
cofattore, essendo necessaria, per lo sviluppo 
della 
patologia 
tumorale, una 
condizione 
deficitaria 
della 
risposta 
immunitaria 
e/o la 
concomitante 
esposizione ad altri fattori di natura tossica. 
In sintesi, ad oggi 
si 
ritiene 
che 
il 
linfoma 
di 
Hodgkin rappresenti 
la 
risposta 
finale 
comune 
a 
diversi 
eventi 
patologici, quali 
alcune 
infezioni 
virali, alcuni 
agenti 
ambientali, e 
reazioni 
geneticamente 
determinate 
dell'ospite 
meccanismi 
patogenetici 
con i 
quali 
si 
sviluppa 
la 
neoplasia, 
in 
maggior 
misura 
rispetto 
ad 
altre 
forme 
tumorali, 
risultano 
mediati 
da 
processi 
immunologici. 
In europa 
il 
problema 
cominci� a 
porsi 
sul 
finire 
dell'anno 2000, quando, nei 
Paesi 
dell'alleanza 
NAtO, emerse 
la 
preoccupazione 
che 
personale 
impiegato in missioni 
di 
pace 
nei 
paesi 
balcanici 
presentasse 
un significativo aumento del 
rischio di 
contrarre 
malattie 
neoplastiche 
ed 
in 
particolar 
modo 
leucemie 
e 
linfomi. 
L'allarme 
crebbe 
rapidamente, 
anche 
per 
la 
difficolt� 
di 
controllare 
e 
vagliare 
le 
notizie 
in 
merito 
che, 
giorno 
dopo 
giorno, 
venivano 
fornite 
dai 
mass-media. Nello stesso tempo i 
militari 
della 
Forza 
di 
Intervento NAtO 
erano ancora 
presenti 
in aree 
in cui 
erano stati 
usati 
armamenti 
contenenti 
uranio depleto, da 
subito correlato 
con l'insorgenza delle patologie tumorali. 
In Italia, le 
preoccupazioni 
generate 
dall'eventuale 
aumento di 
tale 
patologia 
tra 
il 
personale 
militare 
che 
avesse 
svolto attivit� 
operativa 
in Bosnia 
e 
Kosovo indussero il 
Ministero della 
difesa 
ad istituire, il 
22 dicembre 
2000, una 
Commissione, presieduta 
dal 
Prof. Franco Mandelli, 
con l'incarico di 
accertare 
tutti 
gli 
aspetti 
scientifici 
dei 
casi 
venuti 
all'attenzione 
e 
di 
verificarne 
la 
possibile 
correlazione 
con il 
munizionamento all'uranio impoverito impiegato 
nell'area del conflitto. 
La 
Commissione 
ha 
pubblicato il 
suo ultimo rapporto l'11 giugno 2002, dopo aver raccolto 
tutti 
i 
dati 
riguardanti 
i 
militari 
che 
hanno svolto attivit� 
di 
peacekeeping ed aver verificato la 
diagnosi delle neoplasie maligne verificatesi. 
L'incidenza 
dei 
casi 
di 
neoplasie 
maligne 
con 
diagnosi 
confermata 
� 
aggiornata 
al 
31 
dicembre 
2001 
ed 
� 
stata 
confrontata 
con 
i 
dati 
di 
dodici 
Registri 
tumori 
italiani; 
inoltre 
� 
stato 
effettuato 
un confronto tra 
i 
linfomi 
di 
Hodgkin (LH) diagnosticati, rispettivamente, nella 
popolazione 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


in esame 
e 
nella 
totalit� 
dei 
Carabinieri 
in servizio durante 
il 
periodo 1996-2000 e 
mai 
impegnati 
in missioni all'estero. Le conclusioni possono essere cos� sintetizzate: 


-per le 
neoplasie 
maligne 
(ematologiche 
e 
non), globalmente 
considerate, emerge 
un numero 
di 
casi 
inferiore 
a 
quello atteso. tale 
risultato pu� essere 
dovuto in parte 
alla 
selezione 
per 
idoneit� 
fisica 
alla 
quale 
sono stati 
sottoposti 
i 
militari 
ed in parte 
al 
fatto che 
gli 
attesi 
sono 
stati 
calcolati 
in base 
a 
Registri 
tumori 
che 
provengono soprattutto dal 
nord dell'Italia, dove 
l'incidenza 
dei 
tumori, nel 
complesso, � 
pi� elevata 
rispetto al 
sud (zona 
da 
dove 
proviene 
la 
stragrande maggioranza dei militari impegnati nelle missioni); 
-esiste 
un 
eccesso, 
statisticamente 
significativo, 
di 
casi 
di 
LH 
e 
tale 
eccesso 
� 
presente 
anche 
nei 
riguardi 
della 
popolazione 
di 
controllo 
rappresentata 
dai 
Carabinieri 
non 
inviati 
in 
missione; 
-i 
risultati 
dell'indagine 
a 
campione 
svolta 
sui 
militari 
italiani 
impiegati 
in Bosnia 
e 
Kosovo 
non hanno evidenziato la presenza di contaminazione da uranio impoverito; 
- non � possibile individuare le cause dell'eccesso di LH35. 
Proprio la 
necessit� 
di 
chiarire 
meglio tale 
circostanza 
ispir� il 
varo di 
uno strumento legislativo 
inteso a 
monitorizzare 
il 
personale 
(militare 
e 
civile) impegnato nelle 
missioni 
di 
pace 
e 
potenzialmente esposto. 
L'art. 4-bis 
del 
decreto legge 
29 dicembre 
2000, convertito nella 
legge 
n. 27 del 
28 febbraio 
2001, ha 
individuato organismi 
competenti 
e 
procedure 
che 
consentissero di 
avere 
a 
disposizione 
elementi epidemiologici oggettivi e sicuri. 
Successivamente 
sono 
stati 
attivati 
altri 
studi, 
che 
hanno 
preso 
in 
considerazione 
le 
possibili 
differenze 
tra 
incidenza 
di 
neoplasie 
nel 
personale 
militare 
impiegato 
in 
missioni 
fuori 
area, 
in 
quello 
non 
utilizzato 
al 
di 
fuori 
del 
contesto 
nazionale, 
in 
quello 
in 
servizio 
nei 
poligoni 
di 
tiro, 
nella 
popolazione 
generale. 
Pur 
nella 
consapevolezza 
della 
difficolt� 
di 
tali 
studi, 
anche 
a 
ragione 
di 
una 
carenza 
nella 
raccolta 
sistematica 
dei 
dati, 
ad 
oggi 
non 
possono 
individuarsi 
elementi 
che 
dimostrino 
diversi 
profili 
di 
rischio 
per 
patologia 
tumorale 
nei 
diversi 
gruppi 
indagati. 
Il 
progetto 
SIGNUM 
(Studio 
di 
impatto 
genotossico 
sulle 
unit� 
militari), 
finanziato 
con 
la 
legge 
12 marzo 2004, n. 68 e 
con la 
legge 
15 dicembre 
2004, n. 308, � 
nato per dare 
seguito 
alle 
raccomandazioni 
della 
Commissione 
Mandelli, 
al 
fine 
di 
ampliare 
il 
campo 
delle 
ricerche 
ed effettuare 
maggiori 
approfondimenti 
sulle 
possibili 
cause 
delle 
neoplasie 
esaminate 
dalla 
Commissione 
Mandelli 
stessa 
e 
di 
promuovere 
un 
ulteriore 
studio 
su 
tali 
fenomeni 
patologici. 
tale 
studio � 
stato condotto su un campione 
della 
popolazione 
militare 
(982 soggetti) impegnata 
nell'operazione 
"Antica 
Babilonia", in Iraq. Come 
spiegato nella 
relazione 
conclusiva 
del 
17 
gennaio 
2011, 
tale 
area 
� 
stata 
scelta 
in 
considerazione 
dell'impiego 
significativo 
di 
munizionamento all'uranio impoverito (non meno di 
300 tonnellate 
secondo le 
fonti 
ufficiali) 
nel 
corso della 
Guerra 
del 
Golfo del 
1991. I risultati 
del 
progetto SIGNUM 
suggeriscono che 
"l'esposizione 
ai 
genotossici 
ambientali 
non sembra 
aver rappresentato un fattore 
di 
rischio 
prioritario per i 
militari 
partecipanti 
allo studio: 
la 
ricerca 
riguardante 
il 
dosaggio degli 
xenoelementi 
(uranio ed altri), che 
consente 
di 
misurarne 
la 
quantit� 
presente 
all'interno dell'organismo 
umano, 
ha 
evidenziato 
una 
significativa 
riduzione 
della 
concentrazione 
totale 
di 
uranio campionata 
nel 
siero e 
nelle 
urine 
dei 
campioni 
raccolti 
al 
termine 
della 
missione, rispetto 
a 
quelli 
raccolti 
prima 
della 
partenza 
per l'Iraq. I livelli 
di 
concentrazione 
totale 
del-
l'uranio 
misurati 
nel 
gruppo 
di 
studio 
sono 
risultati 
estremamente 
ridotti 
e 
non 
supportano 
l'ipotesi di ingestione di uranio nel periodo di missione preso in esame".36 
Al 
tempo 
stesso 
il 
progetto 
SIGNUM 
"solleva 
quindi 
degli 
interrogativi 
importanti 
sugli 
effetti 
del 
carico vaccinale, soprattutto se 
associato ad attivit� 
operative 
caratterizzate 
da 
un elevato 
livello di stress"37.�. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


A 
questo punto corre 
l'obbligo di 
effettuare 
una 
precisazione 
metodologica. L'insussistenza 
di 
una 
prova 
scientifica 
certa 
della 
normale 
correlazione 
epistemologica 
tra 
esposizione 
a 
uranio 
depleto e 
insorgenza 
di 
malattie 
quali 
il 
linfoma 
di 
Hodgkin non � 
di 
per s� 
ragione 
sufficiente 
per 
escludere 
che, 
nel 
caso 
in 
esame, 
non 
sia 
emersa 
la 
prova 
che 
il 
morbo 
da 
cui 
� 
affetto il 
sig. G. non sia 
stato causato proprio da 
tale 
esposizione. Specialmente 
in un ambito 
processuale, quale 
quello del 
processo civile, nel 
quale 
la 
regola 
di 
giudizio della 
dimostrazione 
di 
tale 
nesso, fondandosi 
sul 
criterio del 
"pi� probabile 
che 
non", prescinde 
dalla 
dimostrazione 
rigorosa 
della 
stessa 
esistenza 
di 
un 
nesso 
di 
causalit� 
diretto 
e 
costante 
qual 
� 
quello 
derivante 
dalla 
prova 
scientifica, e 
si 
fonda 
invece 
in una 
relazione 
sostanzialmente 
probabilistica 
tra la condotta e l'evento. 
d'altra 
parte, 
la 
prova 
scientifica, 
qual 
� 
quella 
che 
viene 
riconosciuta 
tale 
in 
seguito 
ad 
un 
sistema 
si 
ritiene 
raggiunta, 
com'� 
noto, 
in 
seguito 
alla 
conferma 
sperimentale 
di 
un'ipotesi 
teorica. 
L'attendibilit� 
e 
il 
rigore 
scientifico 
dell'ipotesi 
teorica 
e 
la 
correttezza 
e 
affidabilit� 
degli 
esperimenti 
dimostrativi 
sono oggetto di 
valutazione 
da 
parte 
di 
un dato numero di 
pubblicazioni 
sulle 
riviste 
pi� 
prestigiose 
riconosciute 
dalla 
comunit� 
scientifica 
mondiale 
e 
sulla 
base 
della 
fortuna 
di 
tali 
pubblicazioni 
si 
fonda 
massimamente 
la 
consacrazione 
della 
predetta 
teoria 
come verit� scientifica dimostrata. 
Ovviamente 
il 
riconoscimento 
in 
ambito 
scientifico 
dell'esistenza 
di 
un 
nesso 
causale 
costante 
semplifica 
la 
dimostrazione 
dell'esistenza 
in 
concreto 
di 
tale 
nesso 
in 
un 
determinato 
caso 
giudiziario. 
Nulla 
esclude, tuttavia, in linea 
di 
principio, che 
nell'ambito di 
un giudizio civile 
possa 
giungersi 
alla 
dimostrazione, 
che, 
in 
una 
data 
occasione, 
vi 
sia 
stata 
una 
diretta 
imputazione 
causale 
tra 
un agente 
ed un evento, anche 
se 
manca 
- o manca 
ancora 
- la 
prova 
scientifica 
di 
una 
correlazione 
costante tra essi. 
Certamente, 
non 
deve 
trascurarsi 
che 
il 
grado 
di 
attendibilit� 
e 
verificabilit� 
di 
un 
esperimento 
di 
laboratorio, in ambito controllato, sia 
in linea 
di 
principio molto maggiore 
rispetto a 
quello 
conseguente 
ad 
una 
ricostruzione 
ex 
post, 
tipica 
di 
un 
giudizio, 
specie 
se 
condotta 
con 
la 
regola 
di giudizio probabilistica propria di un giudizio civile (1). 
tuttavia, il 
fatto che 
la 
ricorrenza 
statistica 
di 
una 
determinata 
sequenza 
causale 
non venga 
riconosciuta 
dalla 
comunit� 
scientifica, al 
punto che 
non si 
possa 
ritenere 
dimostrata 
scienti


(1) La 
prova 
raggiunta 
in giudizio costituisce, notoriamente, una 
verit� 
"processuale" 
e 
non assoluta, � 
condizionata 
dalle 
peculiariet� 
della 
regola 
di 
giudizio e 
ha 
un valore 
relativo, ma 
- fatta 
la 
tara 
dei 
possibili 
errori 
giudiziari 
- costituisce 
il 
frutto della 
valutazione 
indipendente 
di 
prove 
raccolte 
nel 
contraddittorio 
e 
relative 
ad 
un 
caso 
specifico, 
il 
cui 
valore 
individuale 
non 
pu� 
essere 
trascurato 
ma 
deve 
essere 
considerato e adeguatamente valutato. 
In linea 
teorica, non deve 
sottovalutarsi 
il 
valore 
statistico per gli 
scienziati 
del 
dato oggettivo della 
reiterata 
affermazione 
giurisdizionale 
di 
una 
correlazione 
causale 
tra 
due 
fattori 
anche 
in casi 
in cui 
detta 
correlazione non possa ritenersi scientificamente accreditata. 
La 
ricorrente 
affermazione 
giudiziaria 
di 
un nesso causale, emessa 
nell'ambito di 
un sistema 
giurisdizionale 
garantito 
e 
indipendente 
qual 
� 
quello 
italiano, 
e 
sulla 
base 
di 
ricostruzioni 
avallate 
da 
consulenti 
tecnici 
iscritti 
in albi 
soggetti 
a 
controlli 
preventivi, non solo ha 
- se 
frutto di 
un'adeguata 
istruttoria 
e 
di 
una 
valutazione 
oggettiva 
ed 
equanime 
-piena 
valenza 
come 
verit� 
processuale 
(correttamente 
raggiunta 
anche 
in 
assenza 
di 
prova 
scientifica), 
ma, 
pur 
non 
potendo 
ovviamente 
essere 
posta 
a 
base 
di 
una 
prova 
scientifica, 
costituisce 
spia 
dell'esistenza 
di 
una 
simile 
prova, 
dato 
che 
la 
probabilit� 
che 
tali 
affermazioni 
giudiziarie 
costituiscano tutte 
il 
frutto di 
errori 
sono tanto minori 
quanto maggiore 
� 
il 
numero di 
tali 
pronunce. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


ficamente, 
non 
esclude 
che, 
in 
un 
dato 
caso, 
quale 
emerso 
in 
un 
determinato 
giudizio, 
tale 
correlazione 
non possa 
ritenersi 
dimostrata. Per fare 
un esempio aderente 
al 
caso in esame, il 
fatto che 
non sia 
emersa 
la 
prova 
scientifica 
che 
l'esposizione 
a 
uranio impoverito possa 
determinare 
l'insorgere 
del 
linfoma 
di 
Hodgkin non esclude 
che 
nel 
caso del 
G. tale 
esposizione 
sia 
stata 
l'unica 
causa 
determinante 
tale 
malattia. Ci�, ad esempio, presupporrebbe 
la 
dimostrazione 
di 
una 
costante 
esposizione 
a 
tale 
elemento, dell'assenza 
di 
altre 
possibili 
cause, di 
un'evidente 
concatenazione, 
anche 
temporale, 
dei 
sintomi, 
accertati 
diagnosticamente, 
e 
la 
dimostrazione della presenza di sostanza nell'organismo del G. 
Il 
fatto che 
non possa 
ritenersi 
ancora 
dimostrata 
scientificamente 
una 
determinata 
correlazione 
causale 
non esclude 
che 
in un caso determinato possa 
emergere 
la 
prova 
concreta 
del-
l'esistenza della stessa. 
� 
solo nell'ipotesi 
in cui 
possa 
ritenersi 
positivamente 
provata, con certezza 
scientifica, l'impossibilit� 
di 
una 
concatenazione 
causale 
che 
pu� 
escludersi 
la 
possibile 
formazione 
della 
prova 
di 
una 
simile 
connessione. Al 
contrario, la 
mera 
mancanza 
di 
una 
prova 
scientifica 
positiva 
di 
una 
correlazione 
causale 
non 
esclude 
a 
livello 
logico 
che 
le 
prove 
di 
tale 
connessione 
possano emergere in un caso particolare, e dunque anche in un ambito giurisdizionale (2). 
Ci� 
premesso, 
in 
linea 
di 
principio 
(anche 
per 
motivare 
la 
scelta 
di 
un 
collegio 
di 
periti 
per 
l'effettuazione 
della 
prima 
CtU 
e 
della 
sua 
reiterazione 
con 
affidamento 
ad 
altro 
Consulente 
tecnico), 
in 
coerenza 
con 
le 
premesse 
svolte, 
deve 
tuttavia 
escludersi 
che 
nel 
presente 
giudizio, 
sulla 
base 
dei 
mezzi 
istruttori 
offerti 
dall'attore 
(prova 
per 
testi 
e 
documenti) 
e 
all'esito 
di 
tali 
approfondimenti 
tecnici, 
sia 
stata 
fornita 
o 
sia 
comunque 
emersa 
-neppure 
a 
livello 
probabilistico 
-la 
dimostrazione 
concreta 
della 
sussistenza 
di 
un 
nesso 
di 
causalit� 
tra 
l'esposizione 
ad 
uranio 
impoverito 
lamentata 
-e 
neppure 
provata 
-dal 
G., 
e 
l'insorgere 
della 
sua 
grave 
patologia. 
ed 
invero, 
come 
esaurientemente 
illustrato 
nella 
prima 
relazione 
collegiale, 
a 
prescindere 
dalla 
insussistente 
dimostrazione 
scientifica 
della 
correlazione 
tra 
esposizione 
ad uranio impoverito 
e 
linfoma 
di 
Hodgkin, non v'� 
alcun elemento che 
corrobori 
che 
il 
G. abbia 
contratto 
il 
proprio morbo in seguito al 
servizio militare 
espletato nel 
Poligono interforze 
di 
Salto di 
Quirra. 
Al 
contrario, 
lo 
stesso 
dr. 
Aronica, 
nominato 
proprio 
al 
fine 
di 
verificare 
la 
prima 
CtU, 
ha 
affermato la 
mera 
possibilit� 
che 
il 
linfoma 
sia 
stato causato durante 
il 
servizio di 
leva 
nel 
poligono, ma 
non per effetto della 
(indimostrata) presenza 
di 
uranio depl�to, ma 
unicamente 
in 
conseguenza 
della 
esposizione 
ad 
altre 
sostanze 
inquinanti 
che 
neppure 
l'attore 
aveva 
messo 
in relazione con la propria patologia. 


(2) d'altronde, le 
stesse 
prove 
scientifiche 
si 
fondano sulla 
rigorosa 
valutazione 
di 
una 
ricorrenza 
statistica 
di 
una 
data 
correlazione 
in ambito sperimentale; 
e 
neppure 
le 
prove 
raggiunte 
con il 
metodo sperimentale 
sono 
considerabili 
di 
valore 
assoluto, 
essendo 
le 
stesse 
fondate 
su 
giudizi 
di 
natura 
probabilistica: 
l'osservazione 
controllata, propria 
del 
metodo scientifico di 
Galileo, � 
causa 
di 
una 
modificazione 
del 
comportamento 
spontaneo 
delle 
sequenze 
causali, 
per 
cui 
i 
risultati 
degli 
esperimenti 
scientifici 
sono condizionati 
proprio dall'esistenza 
di 
un osservatore 
(principio di 
indeterminazione 
di 
W.K. Heiseneberg). 
d'altra 
parte, i 
risultati 
del 
lavoro sperimentale 
degli 
scienziati 
vengono pubblicati, letti 
e 
valutati 
sulle 
riviste 
scientifiche 
pi� 
prestigiose, 
e 
la 
selezione, 
dalle 
stesse 
effettuate, 
degli 
articoli 
meritevoli 
di 
stampa, 
si 
fonda 
su 
un 
sistema 
di 
crediti 
provenienti 
dalla 
stessa 
comunit� 
scientifica 
(ossia 
da 
altri 
scienziati 
a 
loro volta 
accreditati 
per aver ricevuto altri 
giudizi 
favorevoli). ebbene, tale 
sistema 
costituisce 
un metodo di 
avvicinamento alla 
verit� 
che, pur essendo il 
pi� rigoroso tra 
quelli 
conosciuti, in 
taluni 
ambiti, non offre 
sempre 
adeguate 
garanzie 
di 
indipendenza 
rispetto agli 
enormi 
interessi 
economici 
in gioco. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


Il 
teste 
ascoltato, compagno d'armi 
del 
G., ha 
poi 
riferito modalit� 
e 
condizioni 
dello svolgimento 
delle 
mansioni 
demandate 
all'attore 
e 
anche 
di 
contatti 
con le 
testate 
missilistiche, ma 
ovviamente 
non ha 
potuto attestare 
n� 
la 
presenza 
nelle 
stesse 
di 
uranio impoverito, n� 
ovviamente 
della 
possibile 
relazione 
causale 
tra 
tali 
presunti 
contatti 
- o quelli 
conseguenti 
alle 
esplosioni 
- e 
l'insorgenza 
della 
malattia. ed ha 
bens� 
riferito della 
mancata 
predisposizione 
da 
parte 
dei 
responsabili 
militari 
delle 
stesse 
misure 
di 
prevenzione 
invece 
attuate 
per il 
personale 
statunitense, ma 
non ha 
potuto affermare 
se 
tali 
precauzioni 
fossero davvero indispensabili 
e 
comunque 
se 
la 
loro 
mancata 
predisposizione 
abbia 
causato 
l'insorgenza 
della 
malattia. 
Infine, sempre 
in relazione 
alla 
prova 
del 
nesso di 
causalit�, non pu� neppure 
attribuirsi 
eccessivo 
credito alle 
pur ricorrenti 
pronunce 
di 
accoglimento che 
anche 
questo tribunale 
ha 
emesso in relazione 
a 
casi 
di 
linfomi 
di 
Hodgkin riportati 
da 
militari 
inviati 
nella 
missione 
"Antica 
babilonia" 
in 
Iraq 
e 
alla 
possibile 
loro 
esposizione 
alle 
esplosioni 
di 
proiettili 
costruiti 
con 
uranio 
depl�to. 
A 
indebolire 
il 
valore 
statistico 
di 
tali 
pronunce, 
e 
la 
loro 
possibile 
influenza 
anche 
nell'ambito del 
presente 
giudizio (nel 
quale, pur ipotizzandosi 
un esposizione 
in 
diverso 
contesto 
ambientale, 
pur 
sempre 
si 
invoca 
una 
correlazione 
causale 
tra 
uranio 
e 
linfoma) 
occorre 
prendere 
atto 
che, 
come 
si 
legge 
per 
brevi 
cenni 
nella 
relazione 
collegiale, 
l'imputazione 
causale 
del 
linfoma 
all'uranio impoverito � 
resa 
ancor pi� problematica 
(e 
dunque 
meno "probabile 
che 
non") dalle 
recenti 
indagini 
sulla 
possibile 
correlazione 
tra 
tali 
malattie 
e 
le 
vaccinazioni 
multiple 
imposte 
ai 
militari 
e 
che, atteso l'elevatissimo carico di 
metalli 
pesanti 
in esse 
contenute, si 
pongono come 
possibile 
fattore 
causale 
alternativo di 
ben altra 
pregnanza 
e con maggiore probabilit� scientifica. 
Non essendo stata 
fornita 
la 
necessaria 
prova 
del 
nesso causale, neppure 
in base 
alle 
larghe 
maglie 
di 
un giudizio probabilistico, la 
domanda 
di 
risarcimento deve 
essere 
rigettata 
integralmente. 
L'esistenza 
di 
pronunce 
che 
hanno affermato il 
nesso tra 
uranio e 
linfoma, anche 
di 
questo 
tribunale, e 
la 
complessit� 
della 
materia, giustificano l'integrale 
compensazione 
tra 
le 
parti 
delle 
spese 
di 
lite, ivi 
comprese 
le 
spese 
di 
CtU, che 
vengono poste 
a 
carico di 
entrambe 
le 
parti nella misura del 50% ciascuna. 


P.Q.M. 
Il 
tribunale, definitivamente 
pronunciando, ogni 
diversa 
istanza 
ed eccezione 
disattesa 
o assorbita, 
cos� dispone: 
dichiara 
la 
giurisdizione 
della 
AGO. Rigetta 
la 
domanda 
e 
compensa 
interamente 
tra 
le 
parti 
le spese di lite. 
Roma, 11 maggio 2018. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Procedura semplificata di autorizzazione 
di impianti di produzione di energie rinnovabili 
- c.d. �minieolico� - e tutela indiretta delle aree 
c.d. contermini a beni paesaggistici vincolati 


nota 
a 
Consiglio 
Di 
stato, sezione 
iv, sentenza 
4 settembRe 
2018 n. 5181 


Francesca Muccio* 


1. Premessa. 
Il 
Consiglio 
di 
Stato, 
con 
la 
sentenza 
n. 
5181/2018 
in 
commento, 
ha 
sciolto un nodo fondamentale 
nell�ambito della 
Procedura 
abilitativa 
semplificata 
di cui all�art. 6 d.lgs. 28/2011. 


Pi� 
in 
particolare, 
tale 
pronunciamento 
ha 
chiarito 
come 
la 
suddetta 
semplificazione 
si 
riferisca 
ai 
soli 
aspetti 
urbanistici 
(non anche, dunque, a 
quelli 
paesaggistici) e di introduzione del relativo procedimento. 


Conseguentemente, ha, altres�, chiarito l�applicabilit�, alla 
P.A.S., delle 
Linee 
Guida 
Nazionali 
in 
tema 
di 
autorizzazione 
unica 
ex 
art. 
12 
d.lgs. 
387/2003, approvate 
con d.M. 10 settembre 
2010, questione 
su cui 
gli 
orientamenti 
giurisprudenziali paiono oscillanti (1). 


Ci�, 
a 
seguito 
della 
pretermissione, 
nella 
sua 
sede 
naturale 
di 
espressione, 
ossia 
la 
Conferenza 
di 
Servizi, 
del 
parere 
dell�Amministrazione 
BACt 
sull�istallazione 
di 
un 
impianto 
di 
produzione 
di 
energie 
rinnovabili 
-c.d. 
minieolico 
-in 
un�area 
c.d. 
�contermine� 
ad 
un�altra, 
tutelata, 
al 
livello 
paesaggistico, ex lege. 

2. la questione controversa. 
La 
questione 
di 
cui 
si 
tratta 
trae 
origine 
dall�impugnativa, 
con 
ricorso 
straordinario al 
Capo dello Stato, della 
determinazione 
dirigenziale 
n. 189 del 
15 gennaio 2015, con cui 
il 
Comune 
di 
Sant�elia 
a 
Pianisi 
(CB) ha 
rilasciato 


(*) dottore in Giurisprudenza, gi� praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato. 


(1) 
vedasi, 
da 
ultimo, 
tar 
Campania, 
sent. 
n. 
748/2018, 
propendente 
per 
l�inapplicabilit�, 
alla 
P.A.S., delle 
medesime 
Linee 
Guida 
Nazionali: 
�Deve 
essere 
disattesa l�eccezione 
di 
inammissibilit� 
del 
ricorso, sollevata dall�amministrazione 
comunale 
resistente, per 
violazione 
dell�art. 40, comma 1, 
c.p.a. giacch� 
dal 
tenore 
dell�impugnativa e 
dal 
provvedimento oggetto di 
gravame 
sono individuabili 
le 
amministrazioni 
avverso le 
quali 
quest�ultimo � 
rivolto. nel 
merito il 
ricorso � 
fondato e 
meritevole 
di 
accoglimento per 
le 
seguenti 
ragioni. Con la prima censura il 
ricorrente 
si 
duole 
dell�illegittimit� 
del 
provvedimento 
di 
diniego 
e 
del 
parere 
negativo 
dell�asl 
benevento 
1 
presupposto 
in 
quanto 
lo 
stesso 
si 
fonderebbe 
erroneamente 
sulle 
previsioni 
del 
D.m. 
10.9.2010 
e 
della 
l.R. 
4/2015 
che 
sarebbero 
inapplicabili 
alla fattispecie 
in esame 
non versandosi 
in un�ipotesi 
di 
impianto industriale 
soggetto all�autorizzazione 
di 
cui 
all�art. 
12 
del 
D.lgs. 
n. 
387/2003, 
ma 
trattandosi 
di 
impianto 
realizzabile 
previo 
rilascio 
di 
una 
mera 
D.i.a. 
attraverso 
l�attivazione 
della 
procedura 
abilitativa 
semplificata 
ex 
art. 
6 
del D.lgs. n. 28/2011. la censura � fondata e va accolta�. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


ad 
un�azienda 
agricola 
l�autorizzazione 
alla 
realizzazione 
di 
un 
impianto 
di 
produzione di energia. 


Pi� in particolare, la 
Soprintendenza 
per i 
Beni 
Architettonici 
e 
Paesaggistici 
del 
Molise 
ha 
chiesto la 
declaratoria 
di 
nullit� 
o l�annullamento, previa 
sospensione, della 
predetta 
autorizzazione, per non essere 
stata 
coinvolta 
nel 
relativo procedimento, nonostante 
la 
turbina 
di 
tipo minieolico fosse 
posta 
ad 
una 
distanza 
di 
circa 
400 metri 
da 
un sistema 
boschivo c.d. �SIC� 
(Sito di 
Interesse 
Comunitario). 


In altre 
parole, nella 
prospettiva 
dell�Amministrazione 
BACt, la 
localizzazione 
in area 
�contermine� 
(ossia 
posta 
a 
distanza 
pari 
a 
50 volte 
l�altezza 
del 
manufatto 
da 
realizzare 
rispetto 
al 
bene 
oggetto 
di 
vincolo) 
avrebbe 
dovuto 
comportare 
il 
suo coinvolgimento, ai 
sensi 
dell�art. 152 d.lgs. 42/2004 (2) e 
delle 
Linee 
Guida 
Nazionali 
in tema 
di 
autorizzazione 
unica 
ex art. 12 d.lgs. 
387/2003, approvate con d.M. 10 settembre 2010. 

Queste 
ultime, all�art. 14.9, lett. c), riproposto dalle 
corrispondenti 
Linee 
Guida 
Regionali, 
approvate 
dalla 
Regione 
Molise 
con 
delibera 
G.R. 
n. 
621/2011, prevedono che 
�il 
ministero 
[BACt] (�) 
partecipa (�) 
c) al 
procedimento 
per 
l�autorizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da fonti 
rinnovabili 
localizzati 
in 
aree 
contermini 
a 
quelle 
sottoposte 
a 
tutela 
ai 
sensi 
del 
decreto 
legislativo 
22 
gennaio 
2004, 
n. 
42, 
(�) 
il 
ministero 
esercita 
unicamente 
in 
quella sede i poteri previsti dall�articolo 152 di detto decreto�. 

In buona 
sostanza, qualora 
la 
Soprintendenza 
avesse 
partecipato al 
procedimento 
autorizzatorio, 
avrebbe 
emesso 
il 
parere 
vincolante 
(di 
dissenso) 
di 
cui 
all�art. 152 d.lgs. 42/2004, data 
la 
sottoposizione 
di 
Bosco Cerreto alla 
tutela di cui all�art. 142, comma 1, lett. g), d.lgs. 42/2004 (3). 


Invece, non essendo stata 
coinvolta, sarebbe 
venuta 
a 
conoscenza 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
solo 
successivamente, 
conseguentemente 
emanando 
un 
ordine 
di 
sospensione 
dei 
lavori 
(4), peraltro impugnato dall�azienda 
agricola 
medesima 
innanzi al 
tar Molise. 


(2) Ai 
sensi 
dell�art. 152 d.lgs. 42/2004: 
�nel 
caso di 
aperture 
di 
strade 
e 
di 
cave, di 
posa di 
condotte 
per 
impianti 
industriali 
e 
civili 
e 
di 
palificazioni 
nell'ambito 
e 
in 
vista 
delle 
aree 
indicate 
alle 
lettere 
c) e 
d) del 
comma 1 dell'articolo 136 ovvero in prossimit� degli 
immobili 
indicati 
alle 
lettere 
a) 
e 
b) 
del 
comma 
1 
dello 
stesso 
articolo, 
l'amministrazione 
competente, 
su 
parere 
vincolante, 
salvo 
quanto 
previsto dall'articolo 146, comma 5, del 
soprintendente, o il 
ministero, tenuto conto della funzione 
economica 
delle 
opere 
gi� realizzate 
o da realizzare, hanno facolt� di 
prescrivere 
le 
distanze, le 
misure 
e 
le 
varianti 
ai 
progetti 
in 
corso 
d'esecuzione, 
idonee 
comunque 
ad 
assicurare 
la 
conservazione 
dei 
valori 
espressi 
dai 
beni 
protetti 
ai 
sensi 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
titolo. Decorsi 
inutilmente 
i 
termini 
previsti 
dall'articolo 
146, 
comma 
8, 
senza 
che 
sia 
stato 
reso 
il 
prescritto 
parere, 
l'amministrazione 
competente 
procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146�. 
(3) Stabilisce 
l�art. 142, comma 
1, lett. g), d.lgs. 42/2004: 
�sono comunque 
di 
interesse 
paesaggistico 
e 
sono 
sottoposti 
alle 
disposizioni 
di 
questo 
titolo: 
(�) 
g) 
i 
territori 
coperti 
da 
foreste 
e 
da 
boschi, 
ancorch� 
percorsi 
o 
danneggiati 
dal 
fuoco, 
e 
quelli 
sottoposti 
a 
vincolo 
di 
rimboschimento, 
come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227�. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


3. i motivi del ricorso della soprintendenza. 
Prima 
di 
addentrarsi 
nei 
motivi 
del 
ricorso al 
Capo dello Stato, si 
ritiene 
opportuno 
inquadrare 
l�impugnata 
autorizzazione 
nell�ambito 
della 
Procedura 
abilitativa semplificata (o �PAS�) di cui all�art. 6 d.lgs. 28/2011 (5). 


Orbene, 
il 
Comune, 
non 
interpellando 
la 
Soprintendenza, 
non 
avrebbe 
acquisito, 
in 
sede 
conferenziale, 
un 
parere, 
obbligatorio 
e 
vincolante 
ex 
art. 
146, 
commi 
4, 
5, 
7, 
8 
d.lgs. 
42/2004 
(6), 
e 
sempre 
secondo 
l�impostazione 
dell�Amministrazione 
BACt, avrebbe 
rilasciato un provvedimento mancante 
di 
un elemento essenziale, in quanto tale 
nullo ex art. 21-septies 
L. 241/1990. 

Invero, 
le 
Linee 
Guida, 
sia 
Nazionali 
che 
Regionali, 
attribuiscono 
alla 
suddetta 
Amministrazione 
non 
solo 
il 
potere 
di 
esprimere 
il 
proprio 
parere 
vincolante, 
ma 
anche 
di 
dettare 
prescrizioni 
inerenti 
alle 
distanze 
e 
agli 
altri 
accorgimenti 
utili 
alla 
tutela 
dei 
valori 
paesaggistico-culturali 
del 
contesto 
in 
cui 
l�impianto deve essere inserito. 


Il 
tar 
Molise, 
in 
analoghi 
casi 
concernenti 
aree 
contermini, 
ha 
riconosciuto 
tale 
potere 
con 
diverse 
ordinanze, 
anche 
richiamanti 
univoche 
decisioni 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
indipendentemente 
dal 
fatto 
che 
le 
Linee 
Guida 
Nazionali 
fossero 
gi� 
entrate 
in 
vigore 
al 
momento 
dell�adozione 
del 
titolo 
abilitativo. 


eloquente, sul 
punto, l�ordinanza 
n. 85/2015, con cui 
il 
tar ha 
affermato 
che 
�l�applicabilit� 
dell�art. 
152 
del 
d.lgs. 
42/2004 
a 
fattispecie 
simile 
a 
quella 
controversa � 
gi� stata affermata da Cons. stato, v, n. 1144/2014, a prescindere 
e 
quindi 
anche 
prima dell�entrata in vigore 
delle 
linee 
guida nazionali 
approvate 
con 
D.m. 
10 
settembre 
2010 
che 
al 
punto 
14.9 
lettera 
c) 
hanno 
espressamente 
riconosciuto la facolt� di 
esercitare 
i 
poteri 
previsti 
dall�art. 
152 anche 
quando l�intervento ricada in aree 
contermini 
a quelle 
espressamente 
vincolate 
ex 
lege 
ai 
sensi 
dell�art. 
142 
d.lgs. 
n. 
42/2004. 
non 
rileva 
per


(4) Cfr. t.A.R. Campania 
SA, sez. I, 24 ottobre 
2012, n. 1426: 
�l�adozione 
di 
misure 
inibitorie 
e 
cautelari, quali 
quelle 
in esame, costituisce, invero, la naturale 
ed ordinaria attivit� provvedimentale 
conseguente 
all�avvenuto riscontro della violazione 
di 
norme 
regolatrici 
della materia, finalizzata al 
ripristino dell�equilibrio violato� 
(Sost. conf. t.A.R. Molise, 25 marzo 2016, n. 160). 
(5) La 
�PAS� 
(Procedura 
Abilitativa 
Semplificata) � 
preordinata 
alla 
realizzazione 
ed esercizio 
degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonte 
rinnovabile 
indicati 
nei 
paragrafi 
11 
e 
12 
delle 
�linee 
guida 
per 
l�autorizzazione 
di 
impianti 
a fonti 
rinnovabili� 
recate 
dal 
d.M. 10 settembre 
2010. Almeno trenta 
giorni 
prima 
dell�inizio effettivo dei 
lavori, colui 
che 
intenda 
realizzare 
un impianto di 
tal 
specie 
deve 
indirizzare 
al 
Comune 
una 
dichiarazione 
accompagnata 
da 
una 
dettagliata 
relazione 
a 
firma 
di 
un progettista 
abilitato e 
degli 
opportuni 
elaborati 
progettuali, attestanti 
la 
compatibilit� 
del 
progetto con gli 
strumenti 
urbanistici 
ed 
i 
regolamenti 
edilizi 
vigenti, 
nonch� 
il 
rispetto 
delle 
norme 
di 
sicurezza 
e 
di 
quelle 
igienico 
sanitarie. Alla 
dichiarazione 
sono, altres�, allegati 
gli 
elaborati 
tecnici 
per la 
connessione 
redatti 
dal 
gestore 
della 
rete. Nel 
caso in cui 
siano dovuti 
atti 
di 
assenso, pareri, nulla 
osta 
e 
assensi 
da 
parte 
delle 
preposte 
Autorit�, e 
tali 
atti 
non siano allegati 
alla 
dichiarazione, il 
Comune 
deve 
provvedere 
alla 
loro 
acquisizione, a tal fine sospendendo i termini per l�inizio dei lavori. 
(6) 
tale 
norma, 
disciplinante 
l�emissione, 
da 
parte 
della 
competente 
Autorit�, 
dell�autorizzazione 
paesaggistica, prevede 
che 
quest�ultima 
non possa 
essere 
rilasciata 
successivamente 
alla 
realizzazione, 
anche parziale degli interventi, salvi i casi di cui all�art. 167, commi 4 e 5. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


tanto 
l�anteriorit� 
del 
permesso 
di 
costruire 
rispetto 
alla 
data 
di 
adozione 
delle predette linee guida nazionali�. 

Quanto al 
potere 
di 
sospensione 
dei 
lavori 
esercitabile 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
BACt, il 
cui 
parere 
venga 
pretermesso in un procedimento autorizzatorio, 
il 
tar Molise 
ha 
rievocato �Cons. stato vi, 23 maggio 2012, n. 
3039, [che] ha riconosciuto ampia portata al 
potere 
cautelare 
inibitorio previsto 
dall�art. 
155 
del 
d.lgs. 
n. 
42/2004 
anche 
a 
prescindere 
dall�avvio 
del 
procedimento 
di 
imposizione 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico� 
concludendo 
circa 
�l�irrilevanza 
del 
dedotto 
vizio 
di 
violazione 
dell�art. 
21 
quater, comma 2 della legge 
241 del 
1990, essendo l�art. 155 norma speciale 
che 
non incide 
sugli 
effetti 
di 
provvedimenti 
previamente 
adottati 
ma esplica 
efficacia preclusiva rispetto alle 
conseguenti 
attivit� materiali 
di 
trasformazione 
dei luoghi� 
(7). 


da 
quanto riportato � 
dato evincere 
che, indipendentemente 
dall�apposizione 
diretta 
di 
un 
vincolo 
(ex 
lege 
o 
per 
il 
tramite 
di 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse), la 
Soprintendenza 
pu� sospendere 
l�attivit� 
intrapresa 
in area 
contermine, 
qualora 
pretermessa 
nel 
relativo procedimento autorizzatorio; 
ci� in 
quanto 
quello 
che, 
in 
virt� 
dell�articolo 
152 
d.lgs. 
42/2004, 
si 
valorizza 
� 
l� 
�effetto 
di 
irradiamento� 
(8) 
della 
tutela 
paesaggistica, 
di 
cui 
all�art. 
142 
d.lgs. 
42/2004, nelle aree contermini medesime. 


Nel 
proprio 
ricorso, 
la 
Soprintendenza 
ha, 
pertanto, 
affermato 
la 
sussistenza 
delle 
condizioni 
per la 
piena 
applicazione 
dei 
principi 
stabiliti 
dal 
tar 
Molise 
e 
dal 
Consiglio di 
Stato, al 
fine 
di 
evitare 
lo sviluppo di 
procedure 
segnate 
da 
carenza 
di 
potere 
per difetto di 
attribuzioni 
in capo ai 
Comuni, avocanti 
a 
s� 
un 
potere 
autorizzatorio 
in 
realt� 
da 
condividere 
con 
l�Amministrazione BACt (9). 

(7) 
Sost. 
conf. 
Consiglio 
di 
Stato, 
sent. 
n. 
365/2015, 
in 
cui 
� 
dato 
evincere 
che 
�diversamente 
dalla discrezionalit� amministrativa, la discrezionalit� tecnica non pu� dar 
luogo ad alcuna forma di 
comparazione 
e 
valutazione 
eterogenea. 
nell�esercizio 
della 
funzione 
di 
tutela 
spettante 
al 
mibaC, 
l�interesse 
che 
va 
preso 
in 
considerazione 
� 
solo 
quello 
circa 
la 
tutela 
paesaggistica, 
il 
quale 
non 
pu� 
essere 
aprioristicamente 
sacrificato dal 
mibaC stesso, nella formulazione 
del 
suo parere, in considerazione 
di altri interessi pubblici la cui cura esula dalle sue attribuzioni�. 
(8) 
Cfr. 
Corte 
Costituzionale, 
sent. 
n. 
378/2007: 
�quando 
vengono 
in 
rilievo 
opere 
infrastrutturali 
di 
grande 
impatto visivo � 
il 
paesaggio, quale 
bene 
potenzialmente 
pregiudicato dalla realizzazione 
di 
opere 
di 
rilevante 
impatto ambientale, si 
manifesta in una proiezione 
spaziale 
pi� ampia di 
quella riveniente 
dalla 
sua 
semplice 
perimetrazione 
fisica 
consentita 
dalle 
indicazioni 
contenute 
nel 
decreto 
di 
vincolo. 
in 
altri 
termini, 
il 
paesaggio 
si 
manifesta 
in 
tali 
casi 
quale 
componente 
qualificata 
ed 
essenziale 
dell'ambiente, nella lata accezione 
che 
di 
tale 
bene 
giuridico ha fornito l'evoluzione 
giurisprudenziale, 
anche di matrice costituzionale�. 
(9) Cfr., in analoga 
fattispecie, in cui 
l�Amministrazione 
procedente, nell�ambito della 
procedura 
di 
cui 
all�art. 12 d.lgs. 387/2003, pone 
in non cale 
il 
parere 
dell�Amministrazione 
statuale, Consiglio di 
Stato, sent. n. 7306/2018: 
�essa [ossia 
l�Amministrazione 
procedente] 
non pu� ritenere 
attribuite 
a se 
stessa, in presenza di 
dissenso qualificato statale, potest� provvedimentali 
volte 
a porre 
l�amministrazione 
statale 
in una situazione 
di 
soggezione 
ipotizzabile 
con altre 
amministrazioni 
�dissenzienti�, portatrici 
di interessi non di rango primario costituzionale�. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


La 
Soprintendenza 
ha, 
invero, 
anche 
affermato 
l�applicabilit� 
dell�art. 
152 d.lgs. 42/2004 sia 
agli 
impianti 
eolici 
�ordinari�, sia 
a 
quelli 
minieolici, 
sia 
a 
quelli 
aventi 
capacit� 
di 
generazione 
inferiore 
a 
quella 
di 
cui 
al 
d.lgs. 
387/2003; 
capacit�, 
per 
l�eolico 
fissata 
a 
60Kw, 
introdotta 
dall�art. 
161, 
comma 
2, L. 244/2007 (o �Legge finanziaria 2008�). 


tanto 
risulta 
evincibile 
anche 
dal 
succitato 
pronunciamento 
del 
Consiglio 
di Stato n. 1144/2014 (10). 


Inoltre, 
la 
medesima 
Amministrazione 
ha 
lamentato 
la 
violazione 
delle 
Linee 
Guida 
nella 
parte 
in cui 
impongono la 
dimostrazione 
e 
complessiva 
valutazione 
dell��effetto cumulo� 
degli 
impianti 
(11), oltre 
che 
il 
rispetto di 
distanze 
minime 
- pari 
a 
5 volte 
il 
loro diametro ex art 
16.1., lett. d) delle 
Linee 
Guida - anche tra le macchine. 

La 
prospettiva 
da 
cui 
ha 
preso le 
mosse 
il 
ricorso della 
Soprintendenza 
e 
le 
relative 
argomentazioni 
in esso sviluppate 
� 
stata, dunque, quella 
della 
valenza 
costituzionale, dunque 
incondizionata 
ed assoluta, del 
bene 
paesaggio, 
ex art. 9 Cost. (12). 


4. la decisione n. 85/2017 del tar molise. 
Sulla 
questione, a 
seguito di 
trasposizione 
del 
ricorso in sede 
giurisdizionale, 
ha deciso il 
tar Molise, con sentenza n. 85/2017. 


Il 
tar, riconosciuta 
la 
potenza 
non superiore 
a 
60Kw 
dell�impianto, ha, 
tuttavia, rigettato il 
ricorso della 
Soprintendenza, sostenendo la 
sostituibilit�, 
da 
parte 
dell�art. 6 d.lgs. 28/2011, dell�art. 12 d.lgs. 387/2003, �con la conse


(10) 
Consiglio 
di 
Stato, 
sent. 
n. 
1144/2014: 
�gi� 
nell�ordinanza 
n. 
416 
del 
2013, 
resa 
nell�ambito 
di 
questo 
giudizio 
in 
sede 
di 
appello 
cautelare, 
questo 
Consiglio 
aveva 
sinteticamente 
richiamato 
il 
particolare 
effetto di 
�irradiamento� 
del 
regime 
vincolistico che 
assiste 
i 
beni 
paesaggistici 
allorquando, 
come nella specie, vengono in rilievo opere infrastrutturali di rilevante impatto sul paesaggio�. 
(11) Secondo Corte 
di 
Giustizia, causa 
C-481/04 del 
23 novembre 
2006, 
�l�effetto cumulo deve 
essere 
valutato anche 
se 
i 
progetti 
appartengono a categorie 
diverse 
se 
gli 
effetti 
derivanti 
dalla loro 
realizzazione possono cumularsi�. 
(12) Cfr. tar Molise, sent. n. 100/2011: 
�la tutela del 
paesaggio costituisce 
un valore 
di 
rango 
superiore 
(o 
almeno 
pari) 
rispetto 
all�ambiente 
e 
alla 
libert� 
di 
iniziativa 
economica. 
se, 
nella 
previsione 
costituzionale, il 
principio di 
protezione 
ambientale 
� 
pretermesso, a mente 
dell�art. 41 della Costituzione, 
l�iniziativa 
economica 
� 
libera, 
ma 
non 
pu� 
svolgersi 
in 
contrasto 
con 
l�utilit� 
sociale. 
viceversa, 
per 
l�art. 9 secondo comma, la Repubblica tutela il 
paesaggio e 
il 
patrimonio storico e 
artistico della 
nazione, senza limitazioni, condizioni 
o vincoli 
teleologici. mentre 
la tutela del 
paesaggio e 
dei 
beni 
culturali 
� 
incondizionata e 
assoluta, la garanzia della libert� economica � 
subordinata alla sua �funzione 
sociale�, rientrando sicuramente 
nella generale 
accezione 
della funzionalizzazione 
anche 
la salvaguardia 
delle 
bellezze 
naturali, del 
patrimonio pubblico e 
dei 
beni 
destinati 
alla fruizione 
collettiva. 
Pertanto, 
la 
disciplina 
costituzionale 
del 
paesaggio 
erige 
il 
valore 
estetico-culturale 
a 
principio 
primario 
dell�ordinamento 
(Cons. 
stato 
v, 
12 
giugno 
2009 
n. 
3770), 
mentre 
la 
limitazione 
della 
libert� 
di 
iniziativa 
economica 
per 
ragioni 
di 
utilit� 
sociale 
appare 
giustificata 
non 
solo 
nell�ottica 
costituzionale, 
ma 
anche 
in quella di 
cui 
all�art. 6 C.e.d.u. (Convenzione 
europea dei 
diritti) e 
dell�art. 1 del 
relativo Protocollo 
addizionale, poich�, in essi, la garanzia dell�autonomia privata non � 
incompatibile 
con la prefissione 
di limiti a tutela dell�interesse generale (cfr. Corte Cost. 22 maggio 2009 n. 162)�. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


guenza di 
rendere 
non applicabile 
alle 
fattispecie 
in questione 
la disciplina 
dettata 
da 
tale 
ultimo 
articolo 
e 
dalle 
linee 
guida 
che 
ne 
costituiscono 
ex 
professo applicazione�. 


In 
altre 
parole, 
per 
i 
Giudici 
di 
primo 
grado, 
l�art. 
6 
d.lgs. 
28/2011 
avrebbe 
stabilito 
un 
autonomo 
regime, 
non 
implicante 
l�applicazione 
delle 
Linee 
Guida 
e 
non 
contemplante 
alcun 
potere 
ministeriale 
con 
riguardo 
alle 
aree 
contermini, 
stante 
il 
minor impatto paesaggistico del 
minieolico rispetto agli 
impianti 
alimentati 
ad eolico. 


Inoltre, 
tale 
autonomo 
regime 
sarebbe 
disceso 
dal 
bilanciamento 
degli 
interessi 
in gioco, con prevalenza 
di 
quelli 
produttivi 
rispetto a 
quelli 
di 
tutela 
ambientale. 


Il 
tar ha, altres�, ritenuto non bastevole 
il 
richiamo dei 
poteri 
ministeriali 
di 
cui 
al 
punto 
14.9 
delle 
Linee 
Guida, 
giudicando, 
invece, 
necessario 
uno 
specifico 
addentellato normativo per il loro esercizio. 

Ci�, sul 
presupposto che 
la 
procedura 
semplificata, ispirata 
al 
principio 
di 
liberalizzazione 
secondo il 
modello della 
SCIA, non avrebbe 
ammesso un 
controllo ex 
post 
- quale 
quello di 
cui 
all�art. 152 d.lgs. 42/2004 - estrinsecantesi 
in 
un 
parere 
obbligatorio 
e 
vincolante 
dell�Amministrazione 
BACt, 
fermi, 
comunque, 
restando 
i 
poteri 
interdittivi 
e 
di 
controllo 
esercitabili 
una 
volta 
avvenuto 
l�intervento. 


Il 
Giudice 
di 
primo grado ha, cos�, valorizzato il 
principio di 
autoresponsabilit�, 
asseritamente 
riconnesso ad un istituto ispirato al 
principio di 
liberalizzazione, 
quale 
sarebbe 
la 
Procedura 
abilitativa 
semplificata 
di 
cui 
all�art. 6 
d.lgs. 28/2011. 


Ha, 
altres�, 
respinto 
la 
doglianza 
di 
parte 
ricorrente 
concernente 
la 
necessit� 
di 
una 
complessiva 
valutazione 
dell�impatto paesaggistico dei 
diversi 
impianti, 
sul 
presupposto 
della 
loro 
configurabilit� 
come 
iniziative 
distinte; 
iniziative, in altri 
termini, 
�da considerarsi 
autonome, in quanto promananti 
da soggetti 
giuridicamente 
diversi 
e 
come 
tali 
non valutabili 
unitariamente, 
se non per profili di interferenza�. 


La 
novit� 
della 
questione 
ha, 
infine, 
indotto 
alla 
compensazione 
delle 
spese. 


5. Commento sulla normativa vigente. 
Avverso 
la 
sentenza 
del 
tar 
Molise, 
l�Amministrazione 
BACt 
ha 
esperito 
appello, censurando l�asserita 
estraneit� 
del 
minieolico alle 
prescrizioni 
contenute 
nelle 
Linee 
Guida 
Nazionali, approvate 
con d.M. 10 settembre 
2010, 
sol perch� l�opera ricadeva in area contermini. 


Per la 
Soprintendenza, l�art. 6 d.lgs. 28/2011 non avrebbe 
introdotto alcuna 
deroga 
al 
procedimento disciplinato dall�art. 12 d.lgs. 387/2003 (e, conseguentemente, 
dalle 
Linee 
Guida, 
Nazionali 
e 
Regionali), 
finalizzata 
a 
pretermettere 
il 
parere 
del 
MIBACt, dal 
momento che 
la 
�semplificazione� 
riguarderebbe la sola introduzione dell�iter autorizzatorio e la competenza. 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Il 
carattere 
non derogatorio dell�art. 6 d.lgs. 28/2011 rispetto all�art. 12 
d.lgs. 
387/2003 
sarebbe, 
d�altronde, 
testimoniato 
dal 
richiamo 
delle 
Linee 
Guida 
ad opera 
dell�art. 6 d.lgs. 28/2011 (13), che 
indurrebbe 
alla 
necessaria 
acquisizione 
di 
ogni 
altro parere, intesa, nulla 
osta 
o assenso ove 
previsto (si 
rammenta 
che, secondo il 
comma 
5, seconda 
parte: 
�Qualora l�attivit� di 
costruzione 
e 
di 
esercizio degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 1 sia sottoposta ad atti 
di 
assenso di 
competenza di 
amministrazioni 
diverse 
da quella comunale, e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
l�amministrazione 
comunale 
provvede 
ad acquisirli 
d�ufficio ovvero convoca, entro venti 
giorni 
dalla presentazione 
della 
dichiarazione, 
una 
conferenza 
di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 e 
seguenti 
della legge 
7 agosto 1990, n. 241 e 
successive 
modificazioni�). 


Ai 
sensi 
del 
suddetto 
articolo, 
la 
necessaria 
acquisizione 
del 
parere 
ove 
previsto 
implica, 
peraltro, 
la 
sospensione 
del 
termine 
di 
30 
giorni 
per 
l�avvio 
dei 
lavori; 
termine 
decorrente 
dalla 
data 
di 
presentazione 
della 
dichiarazione 
medesima. 


Si 
osserva 
che 
le 
Linee 
Guida 
Nazionali 
prevedono 
che 
�per 
gli 
impianti 
di 
cui 
al 
paragrafo 
12 
(14), 
l�autorit� 
competente 
non 
pu� 
richiedere 
l�attivazione 
del 
procedimento 
unico 
di 
cui 
all�art. 
12, 
comma 
4, 
del 
decreto 
legislativo 


n. 
387 
del 
2003�; 
invero, 
il 
paragrafo 
12.5 
statuisce 
che 
�i 
seguenti 
interventi 
sono 
considerati 
attivit� 
ad 
edilizia 
libera 
e 
sono 
realizzati 
previa 
comunicazione 
secondo 
quanto 
disposto 
dai 
punti 
11.9 
e 
11.10, 
anche 
per 
via 
telematica, 
del-
l�inizio 
dei 
lavori 
da 
parte 
dell�interessato 
all�amministrazione 
comunale: 
a) 
impianti 
eolici 
aventi 
tutte 
le 
seguenti 
caratteristiche 
(ai 
sensi 
dell�articolo 
11, comma 3 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115): 

i. 
installati 
sui 
tetti 
degli 
edifici 
esistenti 
di 
singoli 
generatori 
eolici 
con 
altezza 
complessiva 
non 
superiore 
a 
1,5 
metri 
e 
diametro 
non 
superiore 
a 
1 
metro; 
ii. 
gli 
interventi 
non ricadono nel 
campo di 
applicazione 
del 
decreto legislativo 
22 gennaio 2004, n. 42 e 
s.m.i. recante 
Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio, nei 
casi 
previsti 
dall�art. 11, comma 3, del 
decreto legislativo 
n. 115 del 2008. 
(�) 


12.6. sono realizzabili mediante denuncia di inizio attivit�: 
a) impianti 
eolici 
non ricadenti 
fra quelli 
di 
cui 
alla lettera a) ed aventi 
capacit� di 
generazione 
inferiore 
alle 
soglie 
indicate 
alla tabella a 
allegata 
al 
d.lgs. 
387 
del 
2003, 
come 
introdotta 
dall�articolo 
2, 
comma 
161, 
della 
legge 
n 244 del 2007. 


b) 
(�)�. 


(13) 
Ai 
sensi 
dell�art. 
6 
d.lgs. 
28/2011, 
�Ferme 
restando 
le 
disposizioni 
� 
per 
l�attivit� 
di 
costruzione 
ed 
esercizio 
degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili 
di 
cui 
ai 
paragrafi 
11 
e 
12 
delle 
linee 
guida, 
adottate 
ai 
sensi 
dell�art. 
12, 
comma 
10 
del 
decreto 
legislativo 
29 
dicembre 
2003, 
n. 
387��. 
(14) Si 
tratta 
degli 
interventi 
soggetti 
a 
denuncia 
di 
inizio attivit� 
e 
degli 
interventi 
di 
attivit� 
ad 
edilizia libera, con dettaglio per tipologia di impianto. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


Pertanto, dalla 
lettera 
della 
norma 
emergerebbe 
la 
mancata 
necessit� 
di 
un�autorizzazione 
unica, ex art. 12 d.lgs. 387/2003, per gli 
impianti 
ricadenti 
in aree 
- direttamente 
o indirettamente 
- non soggette 
a 
vincolo paesaggistico, 
in quanto rientranti 
nell�attivit� 
c.d. libera, desumendosi, invece, la 
necessit� 
di 
una 
denuncia 
di 
inizio attivit� 
per gli 
impianti, di 
potenza 
comunque 
non 
superiore 
a 
60Kw, insistenti 
su area 
vincolata 
ai 
sensi 
del 
d.lgs. 42/2004 (ex 
lege 
ovvero 
tramite 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse 
ovvero 
�contermine�). 


Al 
riguardo, 
va, 
altres�, 
sottolineato, 
che 
al 
paragrafo 
11.2 
delle 
Linee 
Guida 
� 
stabilita 
la 
necessaria 
allegazione 
alla 
denuncia 
di 
inizio attivit� 
delle 
autorizzazioni, anche 
paesaggistiche, ove 
previste, salva 
diretta 
acquisizione, 
da 
parte 
del 
Comune, per quanto di 
sua 
competenza 
(�nel 
caso di 
interventi 
soggetti 
a Dia, in relazione 
ai 
quali 
sia necessario acquisire 
concessioni 
di 
deviazioni 
ad uso idroelettrico, autorizzazioni 
ambientali, paesaggistiche, di 
tutela 
del 
patrimonio 
storico-artistico, 
della 
salute 
o 
della 
pubblica 
incolumit�, 
le 
stesse 
sono acquisite 
e 
allegate 
alla Dia, salvo che 
il 
Comune 
provveda 
direttamente per gli atti di sua competenza�). 


di 
qui 
la 
sostanziale 
coincidenza 
delle 
su richiamate 
disposizioni 
contenute 
nelle 
Linee 
Guida 
con 
l�art. 
6 
d.lgs. 
n. 
28/2011, 
introduttivo 
della 
�P.A.S.�; 
disposizioni, 
pertanto, 
non 
incidenti, 
in 
termini 
di 
pretermissione, 
sui poteri dell�Autorit� preposta alla tutela del paesaggio. 


va 
detto, altres�, che, nell�ambito degli 
interventi 
soggetti 
a 
denuncia 
di 
inizio attivit� 
(o ex d.I.A.), in favore 
dell�espressione 
del 
parere 
vincolante 
da 
parte 
della 
Soprintendenza, milita 
il 
paragrafo 14.9 delle 
Linee 
Guida, ove 
si 
statuisce 
che: 
� 
[il 
Ministero per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
partecipa] 
c) al 
procedimento per 
l�autorizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da fonti 
rinnovabili 
localizzati 
in aree 
contermini 
a quelle 
sottoposte 
a tutela ai 
sensi 
del 
decreto 
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante 
il 
codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio; in queste 
ipotesi 
il 
ministero esercita unicamente 
in quella sede 
i 
poteri 
previsti 
dall�art. 
152 
di 
detto 
decreto; 
si 
considerano 
localizzati 
in 
aree 
contermini 
gli 
impianti 
eolici 
ricadenti 
nell�ambito distanziale 
di 
cui 
al 
punto 
b) del 
paragrafo 3.1 e 
al 
punto e) del 
paragrafo 3.2 dell�allegato 4; per 
gli 
altri 
impianti 
l�ambito distanziale 
viene 
calcolato, con le 
stesse 
modalit� dei 
predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dell�impianto�. 


Inoltre, 
sempre 
per 
interventi 
sottoposti 
a 
d.I.A., 
il 
paragrafo 
15.9 
avrebbe 
espressamente 
imposto 
il 
coinvolgimento 
del 
MIBACt 
qualora 
si 
fosse 
resa 
applicabile 
la 
parte 
II 
del 
Codice 
del 
Paesaggio 
(ivi 
compreso 
l�art. 
152 
di 
quest�ultimo). 


Se 
ne 
desumerebbe, dunque, l�impossibilit� 
di 
escludere 
(ovvero di 
considerare 
eventuale 
o ex 
post) il 
parere 
- vincolante 
- della 
Soprintendenza 
nel-
l�ambito della procedura autorizzatoria 
de quo. 


Nel 
suo appello al 
Consiglio di 
Stato, l�Amministrazione 
BACt 
ha, pertanto, 
censurato la 
mancata 
considerazione, da 
parte 
del 
tar Molise, dell��ef



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


fetto di 
irradiamento� 
della 
tutela 
dei 
beni 
vincolati 
direttamente, pur in assenza 
di una specifica deroga nel caso di specie. 


tanto pi� che, venendo in gioco procedimenti 
abilitativi 
in senso lato e 
non 
delimitato, 
non 
sarebbe 
stato 
possibile 
applicare 
alcuna 
restrizione 
per 
tipo (ossia, escludere 
il 
minieolico per una 
presunta 
minore 
incidenza 
paesaggistica 
dello stesso). 


Infine, nell�ottica 
della 
Soprintendenza, non sarebbe 
stato correttamente 
considerato, dai 
Giudici 
di 
primo grado, il 
suo parere 
nell�ambito del 
procedimento 
di 
cui 
all�art. 
6 
d.lgs. 
28/2011, 
il 
quale, 
ben 
lungi 
dall�essere 
posteriore 
ed 
eventuale, 
avrebbe 
dovuto 
intendersi 
quale 
atto 
di 
assenso 
vincolante 
e 
preventivo. 


5. la sentenza n. 5181/2018 della Quarta sezione del Consiglio di stato. 
definitivamente 
pronunciando 
sulla 
questione, 
la 
Quarta 
Sezione 
del 
Consiglio di 
Stato, con sentenza 
n. 5181/2018, ha 
stabilito che 
l�art. 6 d.lgs. 
28/2011, �lungi 
dall�escludere 
la necessit� dell�intervento del 
ministero per 
i 
beni 
culturali 
ed ambientali, prevede 
che 
l�interessato (proprietario o altro 
soggetto avente 
la disponibilit� del 
bene 
sul 
quale 
realizzare 
l�impianto alimentato 
da 
fonti 
rinnovabili) 
alleghi 
l��atto 
di 
assenso� 
dell�amministrazione 
competente per la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico�. 


Ci�, secondo i 
Giudici 
di 
Palazzo Spada, � 
evincibile 
dal 
richiamo, nel-
l�ultimo periodo del 
comma 
2 dell�art. 6 alle 
materie 
di 
cui 
all�art. 20, comma 
4, L. 241/1990, tra 
cui 
la 
tutela 
del 
patrimonio culturale 
e 
paesaggistico (sottratta 
all�istituto del silenzio-assenso). 

Pertanto, 
nel 
caso 
di 
mancata 
acquisizione 
dell�assenso 
dell�Amministrazione 
statuale 
da 
parte 
del 
privato, 
il 
Comune 
deve 
acquisirlo 
d�ufficio 
ovvero 
indire 
una 
conferenza 
di 
servizi, 
con 
conseguente 
sospensione 
del 
termine 
di 
30 
giorni 
per 
l�avvio 
dei 
lavori, 
decorrente 
dalla 
presentazione 
della 
dichiarazione. 


Con 
ci�, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
sconfessato 
l�assunto 
dei 
Giudici 
di 
primo 
grado, 
secondo 
cui 
l�emanazione 
di 
un 
parere 
da 
parte 
dell�Autorit� 
preposta 
alla 
tutela 
paesaggistica 
avrebbe 
snaturato il 
principio di 
autoresponsabilit� 
del 
privato asseritamente 
fondante 
un istituto di 
liberalizzazione 
qual 
� 
stata ritenuta la procedura semplificata, alla stessa stregua di una SCIA. 


Per il 
Consiglio di 
Stato, i 
compiti 
di 
tutela 
trovano espressione 
proprio 
nella 
resa 
del 
predetto 
parere 
vincolante, 
non 
solo 
con 
riguardo 
alle 
aree 
di 
cui 
all�art. 136 d.lgs. 152/2006, ma 
anche 
con riguardo alle 
aree 
contermini, 
ossia prossime a quelle di cui al citato articolo. 

Il 
che 
� 
parso 
in 
linea 
ad 
una 
maggiore 
coerenza 
ed 
obiettivit� 
dell�azione 
amministrativa, ex art. 97 Cost., in quanto, nell�impostazione 
dei 
Giudici 
di 
secondo grado, non � 
la 
potenza 
dell�impianto a 
rilevare, bens� 
�le 
concrete 
caratteristiche 
fisiche 
e 
l�ingombro del 
medesimo e 
la sua incidenza sul 
bene 
paesaggistico che si intende tutelare�. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


6. Conclusioni. 
da 
quanto detto risulta 
evidente 
che 
la 
�semplificazione� 
di 
cui 
all�art. 6 
d.lgs. 
28/2011 
riguardi, 
oltre 
che 
l�introduzione 
del 
procedimento, 
il 
solo 
aspetto 
urbanistico, 
considerata 
l�attestazione 
che, 
per 
il 
tramite 
di 
specifici 
allegati, il 
privato deve 
rendere 
al 
Comune 
in ordine 
alla 
conformit� 
dell�intervento 
agli strumenti urbanistico-edilizi in vigore. 


In altri 
termini, tale 
semplificazione 
non � 
riconducibile 
all�ambito della 
tutela 
paesaggistica, 
e 
men 
che 
meno 
sono 
ravvisabili 
incidenze 
sul 
parere 
che 
le 
preposte 
Autorit� 
sono chiamate 
ad emettere 
sulla 
compatibilit� 
dell�intervento 
con i valori paesaggistico-culturali dei luoghi oggetto di tutela. 


Al 
riguardo, 
non 
pu� 
eludersi 
un 
riferimento 
alla 
non 
comprimibilit� 
della 
tutela 
paesaggistica, 
anche 
quando 
vengono 
in 
gioco 
aspetti 
urbanistico-edilizi 
degli ambiti in cui gli interventi vanno a ricadere. 


d�altronde, 
la 
preminenza 
da 
accordare 
alla 
disciplina 
di 
tutela 
paesistica 
rispetto alle 
prescrizioni 
regolanti 
l�attivit� 
urbanistico-edilizia 
si 
ricava 
dal-
l�art. 1 d.P.R. n. 380/2001, il 
quale, al 
comma 
2, testualmente 
stabilisce 
che: 
�Restano 
ferme 
le 
disposizioni 
in 
materia 
di 
tutela dei 
beni 
culturali 
e 
ambientali 
contenute 
nel 
decreto 
legislativo 
29 
ottobre 
1999, 
n. 
490 
[antecedente 
normativo del 
d.Lgs. n. 42/2004] 
� 
aventi 
incidenza sulla disciplina dell�attivit� 
edilizia� 
(v., sul 
punto, anche 
tA.R. Molise, ord. n. 47/2015; 
id., sent. 8 
marzo 2011, n. 100: 
�la tutela del 
paesaggio [ha] 
comunque 
portata generale 
e 
speciale 
considerazione 
di 
valore, 
rispetto 
a 
ogni 
forma 
di 
pianificazione 
degli 
interventi 
urbanistici, economici 
e 
infrastrutturali 
sul 
territorio, costituendo 
necessario presupposto per 
essi 
(cfr.: Cons. stato iv, 5 luglio 2010 n. 
4244; idem v, 12 giugno 2009 n. 3770)�. 


del 
medesimo tenore 
anche 
t.A.R. Lazio RM, Sez. II quater, 14 dicembre 
2010 
n. 
36581: 
�la 
tutela 
paesaggistica, 
lungi 
dall�essere 
subordinata 
alla 
pianificazione 
urbanistica 
comunale, 
deve 
precedere 
ed 
orientare 
le 
scelte 
urbanistico 
- edilizie 
locali. Per 
quanto attiene 
alla tutela del 
paesaggio, le 
disposizioni 
paesaggistiche 
�� 
sono 
comunque 
prevalenti 
sulle 
disposizioni 
contenute 
negli 
atti 
di 
pianificazione 
ad incidenza territoriale 
previsti 
dalle 
normative 
di 
settore, ivi 
compresi 
quelli 
degli 
enti 
gestori 
delle 
aree 
naturali 
protette (cfr. Corte costituzionale, 30 maggio 2008, n. 180)��. 


Se 
ne 
desume 
che, 
nel 
caso 
in 
esame, 
la 
pretermissione 
del 
qualificato 
parere 
della 
Soprintendenza 
avrebbe 
di 
fatto comportato il 
disconoscimento 
della 
natura 
�sensibile� 
dell�interesse 
paesaggistico, costituzionalmente 
rilevante 
ex art. 9 Cost. 


Peraltro, 
la 
giurisprudenza 
� 
oramai 
consolidata 
sulla 
necessit� 
del-
l�espressione 
del 
parere 
della 
medesima 
Amministrazione 
BACt 
(15), nella 


(15) 
Cfr., 
quanto 
al 
sindacato 
giurisdizionale 
del 
G.A. 
sul 
suddetto 
parere, 
Consiglio 
di 
Stato, 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


conferenza 
di 
servizi 
appositamente 
celebrata, nell�ambito del 
procedimento 
autorizzatorio di 
cui 
all�art. 12 d.lgs. 387/2003; 
principio dal 
quale, nel 
�procedimento 
semplificato� 
di 
cui 
all�art. 6 d.lgs. 28/2011, per tutto quanto suesposto, 
non pare possibile scostarsi. 


In 
conclusione, 
si 
cita, 
sul 
punto, 
Cons. 
Stato, 
sez. 
v, 
17 
dicembre 
2015, 
nn. 
5748-50 
e 
5752, 
in 
cui 
si 
d� 
lucidamente 
conto 
del 
� 
del 
carattere 
imprescindibile 
dell�apporto 
istruttorio 
di 
competenza 
delle 
amministrazioni 
preposte 
alla 
tutela 
di 
beni 
sensibili 
di 
rilievo 
costituzionale 
(quali 
il 
paesaggio, 
come 
nel 
caso 
di 
specie) 
nei 
confronti 
di 
provvedimenti 
autorizzativi 
di 
opere 
aventi 
un 
impatto 
sulla 
collettivit�, 
nonch�, 
laddove 
queste 
siano 
sovraordinate 
rispetto 
all�amministrazione 
procedente, 
dell�effetto 
impeditivo 
della 
decisione 
finale 
sull�istanza 
da 
parte 
di 
quest�ultima 
e 
conseguente 
devoluzione 
dell�affare 
al 
vertice 
dell�organizzazione 
amministrativa 
nazionale� 
(16). 


Consiglio 
di 
stato, 
sez. 
iV, 
sentenza 
4 
settembre 
2018 
n. 
5181 
-Pres. 
Filippo 
Patroni 
Griffi, 
est. 
Oberdan 
Forlenza 
-Ministero 
dei 
beni 
e 
delle 
attivit� 
culturali 
(avv. 
gen. 
Stato) 
c. 
Azienda 
Agricola B.P.L. (avv. S. di Pardo). 


FAttO 
1.1.Con l�appello in esame, il 
Ministero per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
impugna 
la 
sentenza 
15 marzo 2017 n. 85, con la 
quale 
il 
tAR per il 
Molise, sez. I, ha 
respinto il 
ricorso proposto 
avverso l�autorizzazione 
rilasciata 
dal 
Comune 
di 
Sant�elia, in favore 
della 
parte 
appellata, 
per la 
realizzazione 
di 
un impianto di 
produzione 
di 
energia 
elettrica 
da 
fonte 
eolica, senza 
la 
previa 
acquisizione 
del 
parere 
della 
amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
(da 
questa 
ritenuto di 
natura obbligatoria e vincolante). 
Il 
ricorso 
giurisdizionale 
risulta 
proposto 
innanzi 
al 
tAR 
Molise 
per 
effetto 
della 
trasposizione 
di precedente ricorso straordinario al Capo dello Stato, richiesta dalla controparte privata. 
Come 
precisato dalla 
sentenza 
impugnata, la 
controversia 
oggetto del 
presente 
giudizio ha 
ad 
oggetto il 
provvedimento con il 
quale 
il 
Comune 
di 
Sant�elia 
a 
Pianisi 
ha 
rilasciato il 
nulla 
osta 
alla 
realizzazione 
dell�impianto cd. minieolico in un�area 
non sottoposta 
a 
vincoli 
paesaggistici, 
ma 
che 
l�amministrazione 
ricorrente 
ritiene 
situata 
in zona 
contermine 
rispetto ad 
un bene paesaggistico sottoposto a vincolo ex lege. 
Posto che, ai 
sensi 
del 
punto 14.9 d.M. 10 settembre 
2010 (recante 
le 
linee 
guida 
nazionali 
in 
tema 
di 
autorizzazione 
unica 
ex art. 12 d. lgs. n. 387/2003), per �zona 
contermine� 
deve 
intendersi 
l�area 
sulla 
quale 
si 
intende 
collocare 
l�impianto 
posta 
a 
distanza 
pari 
a 
cinquanta 


sent. n. 132/2018: 
�il 
parere 
reso � 
frutto di 
esercizio di 
discrezionalit� tecnico amministrativa che 
il 
giudice, in sede 
di 
giudizio di 
legittimit�, pu� sindacare 
solo nei 
limiti 
in cui 
le 
valutazioni 
espresse 
appaiono 
palesemente 
immotivate, 
ovvero 
irragionevoli 
od 
illogiche, 
occorrendo 
evitare 
di 
invadere 
il 
�merito� delle valutazioni dell�amministrazione�. 


(16) 
Il 
riferimento 
� 
alla 
devoluzione 
della 
questione 
al 
Consiglio 
dei 
Ministri 
che, 
ex 
art. 
14quater 
L. 241/1990, l�Autorit� 
procedente 
deve 
effettuare, qualora 
non ritenga 
di 
uniformarsi 
al 
qualificato 
parere 
emesso dalla 
Soprintendenza, e 
non intenda 
esperire 
impugnativa, in sede 
giurisdizionale, 
del dissenziente parere medesimo. Il Consiglio dei Ministri ha un termine di 60 giorni per esprimersi. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


volte 
l�altezza 
del 
manufatto da 
realizzare 
rispetto al 
bene 
oggetto di 
vincolo, l�amministrazione 
ritiene 
che 
i 
poteri 
di 
cui 
all�art. 152 d.lgs. n. 142/2004 devono essere 
esercitati 
sia 
nel 
caso di 
impianti 
eolici 
ordinari, sia 
nel 
caso di 
quelli 
cd. �minieolici�, come 
definiti 
al 
punto 


12.6 
delle 
predette 
Linee 
guida, 
e 
per 
i 
quali 
si 
applica 
la 
procedura 
autorizzatoria 
semplificata 
di cui all�art. 6 d. lgs. n. 28/2011. 
1.2. La sentenza impugnata afferma, in particolare: 
-�l�art. 6 d.lgs. n. 28/2011 detta 
il 
procedimento semplificato per la 
realizzazione 
degli 
impianti 
cd. minieolici, indicando gli 
adempimenti 
che 
gli 
interessati 
devono porre 
in essere 
per 
conseguire 
il 
titolo abilitativo, con una 
formulazione 
di 
tipo esaustivo e 
sostitutivo rispetto 
alle 
previsioni 
dettate 
dall�art. 12 del 
d. lgs. n. 387/2003, con la 
conseguenza 
di 
rendere 
non 
applicabile 
alle 
fattispecie 
in 
questione 
la 
disciplina 
dettata 
da 
tale 
ultimo 
articolo 
e 
dalle 
Linee Guida che ne costituiscono ex professo applicazione�; 
-�il 
d.lgs. 
n. 
28/2011 
non 
contiene 
una 
deroga 
alla 
disciplina 
dell�autorizzazione 
unica 
. 
. 
. 
ma 
detta 
un 
regime 
autonomo 
che 
non 
richiama 
l�applicazione 
delle 
Linee 
guida 
e 
che 
quindi 
non 
contempla 
nemmeno 
l�estensione 
dei 
poteri 
ministeriali 
con 
riguardo 
alle 
aree 
contermini, 
non 
previste 
nel 
regime 
semplificato 
(e 
previste 
invece 
all�art. 
14.9 
delle 
Linee 
guida), 
con 
ci� 
esprimendo 
una 
scelta 
sul 
piano 
sostanziale 
coerente 
con 
l�impatto 
paesaggistico, 
certamente 
minore, 
data 
la 
limitata 
potenza 
di 
siffatti 
impianti 
di 
produzione 
di 
energia�; 
-in 
particolare, 
l�art. 
6 
d.lgs. 
n. 
28/2011 
non 
ha 
�portata 
solo 
procedimentale� 
e 
�un�eventuale 
estensione 
del 
potere 
ministeriale 
anche 
agli 
impianti 
in 
discorso 
dovrebbe 
trovare 
un 
espresso 
addentellato 
normativo, 
non 
bastando 
a 
tal 
fine 
la 
previsione 
di 
cui 
all�art. 
14.9 
delle 
Linee 
guida, 
esplicitamente 
applicabili 
alla 
sola 
autorizzazione 
unica 
di 
cui 
all�art. 
12 
del 
d. 
lgs. 
n. 
387/2003�: 
-peraltro, posto che 
�la 
procedura 
semplificata 
(�) istituto ispirato al 
principio di 
liberalizzazione 
secondo il 
modello della 
SCIA 
. . . prevedere, in assenza 
di 
vincolo paesaggistico, la 
necessit� 
del 
preventivo 
rilascio 
di 
un 
parere 
equivale 
sostanzialmente 
a 
riprocedimentalizzare 
un istituto di 
liberalizzazione 
fondato sul 
diverso principio di 
autoresponsabilit� 
del 
privato�. 
1.3. Avverso tale 
decisione 
vengono proposti 
i 
seguenti 
motivi 
di 
appello (come 
desunti 
dalle 
pagg. 6-10 del ricorso): 
a) error 
in iudicando, violazione 
art. 6 d.lgs. n. 28/2011, poich� 
tale 
disposizione 
si 
limita 
�a 
introdurre 
elementi 
di 
semplificazione 
procedimentale 
quanto all�introduzione 
dell�iter e 
alla 
competenza�, prevedendo espressamente 
(co. 2) che 
�nel 
caso in cui 
siano richiesti 
atti 
di 
assenso 
nelle 
materie 
di 
cui 
al 
co. 
4 
dell�art. 
20 
della 
l. 
7 
agosto 
1990 
n. 
241, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
. 
. 
. 
si 
applica 
il 
co. 
5�. 
Quest�ultimo 
dispone 
che 
l�amministrazione 
comunale 
provvede 
ad acquisire 
di 
ufficio eventuali 
atti 
di 
assenso di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, 
ovvero 
procede 
a 
convocare 
una 
conferenza 
di 
servizi. 
In definitiva, �l�interessato deve 
allegare 
alla 
dichiarazione 
o agli 
elaborati 
tecnici 
l�autorizzazione 
paesaggistica 
. . . o, in mancanza 
di 
allegazione, il 
Comune 
deve 
acquisire 
l�autorizzazione 
di ufficio o convocare una conferenza di servizi�; 
b) error 
in iudicando, poich� 
la 
ratio della 
tutela 
delle 
aree 
contermini 
� 
ravvisabile 
nel 
cd. 
�effetto 
di 
irradiamento 
della 
tutela 
dei 
beni 
vincolati 
direttamente 
sia 
ex 
lege 
che 
con 
apposita 
dichiarazione 
di 
interesse 
pubblico paesaggistico; 
ratio che 
non pu� non valere 
anche 
nella 
materia 
specifica, in difetto di 
esplicita 
deroga�; 
peraltro, �non � 
prevista 
alcuna 
restrizione 
per 
tipo 
(pretesa 
esclusione 
del 
minieolico), 
poich� 
si 
fa 
riferimento 
a 
procedimenti 
abilitativi 
in senso lato e non delimitato�; 
c) error 
in iudicando, poich� 
la 
sentenza 
�sostanzialmente 
disapplica 
le 
norme 
indicate 
e 
ritiene 
eventuale 
ed 
ex 
post 
il 
giudizio 
tecnico 
che 
esprime 
l�amministrazione�, 
la 
quale 
� 
invece 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


chiamata 
a 
rendere 
�un atto di 
assenso qualificato espressamente 
dalla 
norma 
in termini 
di 
parere vincolante e preventivo�. 


1.4. Si � costituita in giudizio l�Azienda 
Agricola, che ha preliminarmente eccepito: 
-l�inammissibilit� 
dell�appello, poich� 
il 
ricorso straordinario sarebbe 
stato notificato all�attuale 
appellata ad un indirizzo errato; 
-l�irricevibilit� 
dell�appello in conseguenza 
della 
tardivit� 
del 
ricorso straordinario, poich� 
proposto oltre 
il 
termine 
di 
120 giorni, prescritto dall�art. 9 dPR n. 1199/1971; 
infatti, �l�atto 
impugnato, definito impropriamente 
dall�amministrazione 
determina 
dirigenziale, ma 
che 
in 
realt� 
� 
un atto comunicativo del 
Comune 
di 
verifica 
positiva 
della 
d.i.a. all�esito dell�acquisizione 
di 
tutti 
i 
pareri 
favorevoli, riporta 
la 
data 
del 
15 gennaio 2015�, mentre 
il 
ricorso straordinario 
� stato proposto solo il 13 gennaio 2016; 
-l�inammissibilit� 
dell�appello, per effetto dell�irricevibilit� 
del 
ricorso instaurativo del 
giudizio 
di 
I grado, poich� 
�la 
costituzione 
innanzi 
al 
tAR � 
stata 
tardivamente 
depositata�, in 
violazione 
degli 
artt. 
48 
e 
119 
Cpa, 
�che 
prevedono 
i 
termini 
dimezzati 
per 
il 
deposito 
dell�atto 
di 
costituzione 
in 
giudizio 
del 
ricorrente 
in 
sede 
di 
trasposizione 
di 
ricorso 
straordinario 
al 
Capo dello Stato, conseguente ad opposizione del controinteressato�. 
La 
parte 
appellata 
ha 
comunque 
concluso richiedendo il 
rigetto dell�appello, stante 
la 
sua 
infondatezza. 
All�udienza pubblica di trattazione, la causa � stata riservata in decisione. 
dIRIttO 


2. 
Preliminarmente, 
occorre 
rigettare 
le 
eccezioni 
proposte 
dalla 
parte 
appellata, 
stante 
la 
loro 
infondatezza. 
2.1. 
Quanto 
alla 
prima 
di 
esse, 
fondata 
su 
un 
difetto 
di 
notificazione 
del 
ricorso 
straordinario, 
giova 
osservare 
che 
la 
correttezza 
della 
notificazione 
degli 
atti 
processuali 
� 
strumentale 
ad 
assicurare 
il 
diritto 
di 
difesa 
della 
parte 
cui 
gli 
stessi 
sono 
rivolti; 
di 
modo 
che, 
laddove 
risulti 
che 
l�atto, 
nonostante 
difetti 
e/o 
irregolarit� 
della 
notificazione 
attuata, 
abbia 
comunque 
raggiunto 
il 
suo 
scopo, 
i 
predetti 
vizi 
della 
notificazione 
non 
possono 
assumere 
rilevo 
(ex 
art. 
156 
cpc). 
Nel 
caso di 
specie, la 
parte 
appellata 
ha 
avuto comunque 
contezza 
del 
ricorso straordinario, 
del 
quale 
ha 
richiesto 
la 
trasposizione 
in 
sede 
giurisdizionale, 
costituendosi 
anche 
in 
tale 
sede. 
Appare, quindi, pienamente 
raggiunto lo scopo della 
notificazione, stante 
l�effetto �sanante� 
dell�attivit� 
processuale 
svolta 
dalla 
parte, 
tale 
da 
dimostrare 
come 
non 
sia 
intervenuta 
alcuna 
compromissione 
del 
suo 
diritto 
di 
difesa 
(da 
ultimo, 
Cass. 
Civ., 
sez. 
v, 
27 
aprile 
2018 
n. 
10242; 
sez. lav., 28 marzo 2018 n. 7703; sez. vI, 9 febbraio 2018 n. 3240). 
2.2. Quanto alla 
eccezione 
di 
irricevibilit� 
dell�appello in conseguenza 
della 
tardivit� 
del 
ricorso 
straordinario, occorre 
osservare 
che 
la 
parte 
appellata 
non fornisce 
alcuna 
prova 
certa 
in ordine 
alla 
piena 
conoscenza 
sia 
dell�atto sia 
della 
d.i.a., in data 
antecedente 
di 
120 giorni 
rispetto alla proposizione del ricorso straordinario. 
difatti, 
come 
peraltro 
sottolinea 
la 
stessa 
parte 
eccipiente, 
la 
propria 
attivit� 
si 
� 
svolta 
in 
base 
a 
d.i.a 
e, quindi, l�amministrazione 
appellante 
non poteva 
avere 
contezza 
della 
tipologia 
del-
l�attivit� 
da 
intraprendersi, 
n� 
delle 
iniziative 
eventualmente 
assunte 
dall�amministrazione 
comunale, se 
non per il 
tramite 
di 
accertamenti 
all�uopo richiesti 
al 
Comando provinciale 
del 
Corpo forestale 
dello Stato, e 
ricevuti 
solo in data 
17 settembre 
2015 (dies 
a quo 
in relazione 
al quale il ricorso straordinario risulta tempestivo). 
In difetto di 
diverse 
e 
pi� probanti 
allegazioni, non pu� farsi 
risalire 
la 
piena 
conoscenza 
del 
Ministero ricorrente 
n� 
alla 
data 
di 
adozione 
dell�atto (successivamente 
impugnato) da 
parte 
del 
Comune 
di 
Sant�elia 
a 
Pianisi, n� 
alla 
data 
della 
richiesta 
di 
accertamenti 
rivolta 
al 
Corpo 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


Forestale 
(che, in quanto tale, semmai 
prova 
il 
difetto - e 
non la 
sussistenza 
- di 
conoscenza). 
d�altra 
parte, se 
l�art. 19, co. 6-ter l. n. 241/1990 afferma 
che 
la 
Scia, la 
denuncia 
e 
la 
d.i.a. 
non costituiscono provvedimenti 
taciti 
direttamente 
impugnabili, ma, avverso gli 
stessi, �gli 
interessati 
possono sollecitare 
l�esercizio delle 
verifiche 
spettanti 
all�amministrazione, e, in 
caso di 
inerzia, esperire 
esclusivamente 
l�azione 
di 
cui 
all�art. 31� 
del 
Cpa 
(ricorso avverso il 
silenzio), appare 
evidente 
come 
non possa 
farsi 
decorrere 
un termine 
di 
impugnazione 
n� 
dal 
mero avvio dell�attivit�, n� 
dalla 
data 
di 
adozione 
di 
un atto da 
parte 
dell�autorit� 
comunale 
competente, a 
meno che, in questo caso, non si 
dimostri 
l�intervenuta 
piena 
conoscenza 
del 
medesimo da data tale da determinare la decadenza dal potere di impugnazione. 


2.3. Anche la terza eccezione di inammissibilit� dell�appello � infondata. 
La 
parte 
sostiene 
la 
propria 
eccezione 
di 
inammissibilit�, affermando che 
vi 
sarebbe 
irricevibilit� 
del 
ricorso instaurativo del 
giudizio di 
I grado, poich� 
�la 
costituzione 
innanzi 
al 
tAR 
� stata tardivamente depositata�, in violazione degli artt. 48 e 119 Cpa. 
Orbene, contrariamente 
a 
quanto sostenuto dalla 
parte 
appellata, la 
realizzazione 
di 
opere 
in 
base 
ad autorizzazione 
semplificata, di 
cui 
all�art. 8, d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28, non rientra 
tra 
le 
ipotesi 
per le 
quali 
trova 
applicazione 
l�art. 119, co. 1, lett. f) Cpa, e 
la 
dimidiazione 
dei 
termini processuali ivi prevista. 
ed infatti, l�ipotesi 
di 
cui 
al 
citato art. 8 d. lgs. n. 28/2011 � 
diversa 
da 
quella 
disciplinata 
dal-
l�art. 
12 
d. 
lgs. 
n. 
387/2003, 
in 
ordine 
alla 
quale 
la 
giurisprudenza 
di 
questo 
Consiglio 
di 
Stato 
(sez. v, 28 febbraio 2013 n. 1218) ha 
affermato l�applicazione 
del 
citato art. 119, co. 1, lett. 
f) e della connessa dimidiazione dei termini processuali, 
Nelle 
ipotesi 
di 
cui 
all�art. 12 d.lgs. 28 dicembre 
2003 n. 387, �le 
opere 
per la 
realizzazione 
degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili, nonch� 
le 
opere 
connesse 
e 
le 
infrastrutture 
indispensabili 
alla 
costruzione 
e 
all'esercizio degli 
stessi 
impianti� 
soggette 
ad autorizzazione 
unica 
regionale 
ai 
sensi 
del 
co. 3, �sono di 
pubblica 
utilit� 
ed indifferibili 
ed urgenti� 
(co. 1). 
Si 
tratta 
di 
opere 
oggetto 
di 
un 
provvedimento 
che 
abilita 
il 
destinatario 
a 
realizzare 
l�impianto, 
anche 
in deroga 
agli 
strumenti 
urbanistici 
e 
che 
costituisce 
presupposto per l�imposizione 
del 
vincolo 
espropriativo 
(non 
a 
caso, 
il 
provvedimento 
oggetto 
della 
citata 
sentenza 
n. 
1218/2013 
era stato emanato anche ai sensi dell�art. 10 dPR n. 327/2001). 
Ne 
consegue, a 
tutta 
evidenza, la 
riconducibilit� 
di 
tale 
ipotesi 
all�ambito disciplinato dal 
pi� 
volte 
citato art. 119 Cpa., tutte 
le 
volte 
in cui 
alla 
autorizzazione 
unica 
sia 
riconosciuta 
una 
�valenza� nell�ambito delle procedure 
lato sensu 
espropriative. 
Al 
contrario, 
l�ipotesi 
disciplinata 
dall�art. 
6 
d.lgs. 
n. 
28/2011 
concerne 
la 
realizzazione 
di 
particolari 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili 
in base 
ad una 
�procedura 
abilitativa 
semplificata�, 
attivata 
dal 
�proprietario 
dell�immobile� 
ovvero 
da 
�chi 
abbia 
la 
disponibilit� 
sugli 
immobili interessati dall�impianto e dalle opere connesse�. 
In 
questo 
caso, 
dunque, 
attesa 
la 
disponibilit� 
dell�immobile 
(in 
regime 
di 
propriet� 
o 
ad 
altro 
titolo) non vi 
� 
alcuna 
procedura 
espropriativa 
o di 
previa 
occupazione 
di 
urgenza 
da 
attuare, 
n� alcun vincolo espropriativo da imporre. 
da 
ci� 
consegue, 
a 
tutta 
evidenza, 
l�inapplicabilit� 
della 
dimidiazione 
dei 
termini 
processuali, 
di 
cui 
all�art. 119, co. 1, lett. f) Cpa,, stante 
l�estraneit� 
del 
caso alla 
materia 
ivi 
disciplinata, 
e, quindi, il rigetto della proposta eccezione di inammissibilit�. 
3. 
L�appello 
� 
fondato 
e 
deve 
essere, 
pertanto, 
accolto, 
con 
conseguente 
riforma 
della 
sentenza 
impugnata. 
3.1. Come 
si 
� 
detto, l�art. 6 d.lgs. 3 marzo 2011 n. 28 prevede 
una 
procedura 
semplificata 
per la realizzazione di particolari impianti alimentati da fonti rinnovabili. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


Per quel che interessa nella presente sede, l�art. 6 dispone: 
�1. 
Ferme 
restando 
le 
disposizioni 
tributarie 
in 
materia 
di 
accisa 
sull'energia 
elettrica, 
per 
l'attivit� 
di 
costruzione 
ed esercizio degli 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili 
di 
cui 
ai 
paragrafi 
11 
e 
12 
delle 
linee 
guida, 
adottate 
ai 
sensi 
dell'articolo 
12, 
comma 
10 
del 
decreto 
legislativo 29 dicembre 
2003, n. 387 si 
applica 
la 
procedura 
abilitativa 
semplificata 
di 
cui 
ai 
commi seguenti. 


2. Il 
proprietario dell'immobile 
o chi 
abbia 
la 
disponibilit� 
sugli 
immobili 
interessati 
dall'impianto 
e 
dalle 
opere 
connesse 
presenta 
al 
Comune, mediante 
mezzo cartaceo o in via 
telematica, 
almeno 
trenta 
giorni 
prima 
dell'effettivo 
inizio 
dei 
lavori, 
una 
dichiarazione 
accompagnata 
da 
una 
dettagliata 
relazione 
a 
firma 
di 
un progettista 
abilitato e 
dagli 
opportuni 
elaborati 
progettuali, 
che 
attesti 
la 
compatibilit� 
del 
progetto con gli 
strumenti 
urbanistici 
approvati 
e 
i 
regolamenti 
edilizi 
vigenti 
e 
la 
non 
contrariet� 
agli 
strumenti 
urbanistici 
adottati, 
nonch� 
il 
rispetto 
delle 
norme 
di 
sicurezza 
e 
di 
quelle 
igienico-sanitarie. 
Alla 
dichiarazione 
sono 
allegati 
gli 
elaborati 
tecnici 
per la 
connessione 
redatti 
dal 
gestore 
della 
rete. Nel 
caso in cui 
siano richiesti 
atti 
di 
assenso 
nelle 
materie 
di 
cui 
al 
comma 
4 
dell'articolo 
20 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
devono 
essere 
allegati 
gli 
elaborati 
tecnici richiesti dalle norme di settore e si applica il comma 5. . . . 
4. Il 
Comune, ove 
entro il 
termine 
indicato al 
comma 
2 sia 
riscontrata 
l'assenza 
di 
una 
o pi� 
delle 
condizioni 
stabilite 
al 
medesimo 
comma, 
notifica 
all'interessato 
l'ordine 
motivato 
di 
non 
effettuare 
il 
previsto intervento e, in caso di 
falsa 
attestazione 
del 
professionista 
abilitato, informa 
l'autorit� 
giudiziaria 
e 
il 
consiglio dell'ordine 
di 
appartenenza; 
� 
comunque 
salva 
la 
facolt� 
di 
ripresentare 
la 
dichiarazione, 
con 
le 
modifiche 
o 
le 
integrazioni 
necessarie 
per 
renderla 
conforme 
alla 
normativa 
urbanistica 
ed 
edilizia. 
Se 
il 
Comune 
non 
procede 
ai 
sensi 
del 
periodo 
precedente, decorso il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
dalla 
data 
di 
ricezione 
della 
dichiarazione 
di 
cui comma 2, l'attivit� di costruzione deve ritenersi assentita. 
5. 
Qualora 
siano 
necessari 
atti 
di 
assenso, 
di 
cui 
all'ultimo 
periodo 
del 
comma 
2, 
che 
rientrino 
nella 
competenza 
comunale 
e 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
il 
Comune 
provvede 
a 
renderli 
tempestivamente 
e, 
in 
ogni 
caso, 
entro 
il 
termine 
per 
la 
conclusione 
del 
relativo 
procedimento 
fissato 
ai 
sensi 
dell'articolo 
2 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241, 
e 
successive 
modificazioni. 
Se 
gli 
atti 
di 
assenso 
non 
sono 
resi 
entro 
il 
termine 
di 
cui 
al 
periodo 
precedente, 
l'interessato 
pu� 
adire 
i 
rimedi 
di 
tutela 
di 
cui 
all'articolo 
117 
del 
decreto 
legislativo 
2 
luglio 
2010, 
n. 
104. 
Qualora 
l'attivit� 
di 
costruzione 
e 
di 
esercizio 
degli 
impianti 
di 
cui 
al 
comma 
1 
sia 
sottoposta 
ad 
atti 
di 
assenso 
di 
competenza 
di 
amministrazioni 
diverse 
da 
quella 
comunale, 
e 
tali 
atti 
non 
siano 
allegati 
alla 
dichiarazione, 
l'amministrazione 
comunale 
provvede 
ad 
acquisirli 
d'ufficio 
ovvero 
convoca, 
entro 
venti 
giorni 
dalla 
presentazione 
della 
dichiarazione, 
una 
conferenza 
di 
servizi 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
14 
e 
seguenti 
della 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241 
e 
successive 
modificazioni. 
Il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
di 
cui 
al 
comma 
2 
� 
sospeso 
fino 
alla 
acquisizione 
degli 
atti 
di 
assenso 
ovvero 
fino 
all'adozione 
della 
determinazione 
motivata 
di 
conclusione 
del 
procedimento 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14-ter, 
comma 
6-bis, 
o 
all'esercizio 
del 
potere 
sostitutivo 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14-quater, 
comma 
3, 
della 
medesima 
legge 
7 
agosto 
1990, 
n. 
241�. 
3.2. 
Come 
si 
evince 
dalla 
lettura 
delle 
disposizioni 
innanzi 
riportate, 
la 
speciale 
procedura 
di 
cui 
all�art. 
6 
cit., 
lungi 
dall�escludere 
la 
necessit� 
dell�intervento 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
culturali 
ed 
ambientali, 
prevede 
che 
l�interessato 
(proprietario 
o 
altro 
soggetto 
avente 
la 
disponibilit� 
del 
bene 
sul 
quale 
realizzare 
l�impianto 
alimentato 
da 
fonti 
rinnovabili) 
alleghi 
l��atto 
di 
assenso� 
dell�amministrazione 
competente 
per 
la 
tutela 
del 
patrimonio 
culturale 
e 
paesaggistico. 
Ci� si 
evince 
dall�espresso richiamo, contenuto nell�ultimo periodo del 
comma 
2 dell�art. 6 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


alle 
materie 
indicate 
dall�art. 
20, 
co. 
4, 
l. 
n. 
241/1990, 
tra 
le 
quali 
rientra, 
appunto, 
quella 
della 
tutela 
del 
patrimonio culturale 
e 
paesaggistico (che, nella 
norma 
richiamata, viene 
sottratta, 
unitamente alle altre materie indicate, all�istituto del silenzio-assenso). 
Qualora 
l�interessato non provveda 
ad acquisire 
in proprio l�atto di 
assenso dell�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali, 
allegandolo 
alla 
dichiarazione 
inviata 
al 
Comune 
(co. 
2), 
quest�ultimo, 
ai 
sensi 
del 
comma 
5 (cui 
espressamente 
rinvia 
il 
co. 2) provvede 
ad acquisirlo d�ufficio ovvero 
convoca 
a 
tal 
fine 
una 
apposita 
conferenza 
di 
servizi 
(co. 
5, 
terzo 
periodo), 
restando, 
nelle 
more, 
sospeso 
il 
termine 
di 
trenta 
giorni 
previsto 
dal 
comma 
2 
(cio� 
il 
termine 
per 
l�avvio 
concreto dei lavori, decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione). 
In definitiva, non pu� essere 
condivisa 
la 
sentenza 
impugnata 
laddove 
essa 
afferma 
che 
�la 
procedura 
semplificata 
(�) istituto ispirato al 
principio di 
liberalizzazione 
secondo il 
modello 
della 
SCIA 
. . . prevedere, in assenza 
di 
vincolo paesaggistico, la 
necessit� 
del 
preventivo rilascio 
di 
un parere 
equivale 
sostanzialmente 
a 
riprocedimentalizzare 
un istituto di 
liberalizzazione 
fondato sul diverso principio di autoresponsabilit� del privato�. 
Come 
si 
� 
avuto modo di 
osservare 
(in ci� condividendo quanto affermato dall�appellante), � 
la 
stessa 
disciplina 
della 
procedura 
semplificata 
a 
prevedere 
l�intervento 
dell�amministrazione 
dei 
beni 
culturali, disponendo - proprio perch� 
si 
tratta 
di 
attivit� 
deprocedimentalizzata 
- che 
sia 
innanzi 
tutto lo stesso soggetto che 
invia 
la 
dichiarazione 
ad acquisirne 
l�atto di 
assenso 
prima dell�invio della dichiarazione medesima. 


3.3. 
Acclarato 
che 
l�art. 
6 
d. 
lgs. 
n. 
28/2011 
non 
esclude 
l�intervento 
dell�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
in 
funzione 
di 
tutela 
del 
vincolo 
paesaggistico 
anche 
nei 
casi 
di 
procedura 
semplificata 
per 
la 
realizzazione 
di 
impianti 
alimentati 
da 
fonti 
rinnovabili, 
occorre 
verificare: 
-se 
tale 
potere 
di 
tutela 
del 
paesaggio possa 
riferirsi, oltre 
che 
ai 
beni 
direttamente 
oggetto di 
vincolo paesaggistico, anche alle cd. �aree contermini� ai medesimi; 
-in caso positivo, se, ai 
fini 
dell�esercizio di 
detto potere 
nelle 
ipotesi 
di 
cui 
all�art. 6 d.lgs. 
n. 28/2011, possa 
essere 
fatta 
applicazione 
di 
quanto previsto dal 
punto 14.9 del 
d.M. 10 settembre 
2010, 
Giova, 
a 
tali 
fini, 
ricordare 
che 
l�art. 
152 
d.lgs. 
22 
gennaio 
2004 
n. 
42 
(Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio) dispone 
in merito ad �interventi 
soggetti 
a 
particolari 
prescrizioni�, prevedendo: 
�1. Nel 
caso di 
aperture 
di 
strade 
e 
di 
cave, di 
posa 
di 
condotte 
per impianti 
industriali 
e 
civili 
e 
di 
palificazioni 
nell'ambito e 
in vista 
delle 
aree 
indicate 
alle 
lettere 
c) e 
d) del 
comma 
1 del-
l'articolo 
136 
ovvero 
in 
prossimit� 
degli 
immobili 
indicati 
alle 
lettere 
a) 
e 
b) 
del 
comma 
1 
dello 
stesso 
articolo, 
l'amministrazione 
competente, 
su 
parere 
vincolante, 
salvo 
quanto 
previsto 
dall'articolo 
146, 
comma 
5, 
del 
soprintendente, 
o 
il 
Ministero, 
tenuto 
conto 
della 
funzione 
economica 
delle 
opere 
gi� 
realizzate 
o da 
realizzare, hanno facolt� 
di 
prescrivere 
le 
distanze, 
le 
misure 
e 
le 
varianti 
ai 
progetti 
in 
corso 
d'esecuzione, 
idonee 
comunque 
ad 
assicurare 
la 
conservazione 
dei 
valori 
espressi 
dai 
beni 
protetti 
ai 
sensi 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
titolo. 
decorsi 
inutilmente 
i 
termini 
previsti 
dall'articolo 
146, 
comma 
8, 
senza 
che 
sia 
stato 
reso 
il 
prescritto 
parere, 
l'amministrazione 
competente 
procede 
ai 
sensi 
del 
comma 
9 
del 
medesimo 
articolo 146.� 
Oggetto 
dei 
compiti 
di 
tutela 
dell�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali, 
sono 
i 
procedimenti 
autorizzatori 
(e, 
per 
effetto 
del 
rinvio 
previsto 
dall�art. 
6 
d. 
lgs. 
n. 
28/2011, 
anche 
le 
�procedure 
semplificate� 
ivi 
previste) concernenti 
gli 
interventi 
descritti 
dalla 
norma, sia 
che 
si 
intenda 
realizzare 
gli 
stessi 
�nell�ambito� 
delle 
aree 
indicate 
dall�art. 136, sia 
che 
tali 
interventi 
si 
intendano 
realizzare 
�in 
vista� 
delle 
aree 
o 
�in 
prossimit�� 
degli 
immobili 
indicati 
dal 
medesimo 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


art. 136, ai quali occorre aggiungere anche i beni �tutelati per legge�, di cui all�art. 142 t.U. 
Come 
ha 
affermato questo Consiglio di 
Stato (Sez. vI, 10 marzo 2014 n. 1144), �sarebbe 
illogico 
che 
tale 
sistema 
di 
ulteriore 
protezione 
(indiretta) dei 
beni 
paesaggistici 
assistesse 
unicamente 
quelli 
sottoposti 
a 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
( 
le 
cui 
categorie 
sono 
contemplate 
dall'art. 136 del 
Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio) e 
non invece 
i 
beni 
paesaggistici 
previsti 
dalla 
legge 
(art. 
142), 
in 
cui 
il 
valore 
paesaggistico 
compendiato 
nel 
vincolo ex 
lege 
che 
li 
assiste 
� 
una 
qualit� 
correlata 
originariamente 
al 
bene, non suscettibile 
di una protezione giuridica di minore intensit��. 
Si 
� 
altres� 
affermato che 
�quando vengono in rilievo opere 
infrastrutturali 
di 
grande 
impatto 
visivo . . . il 
paesaggio, quale 
bene 
potenzialmente 
pregiudicato dalla 
realizzazione 
di 
opere 
di 
rilevante 
impatto ambientale, si 
manifesta 
in una 
proiezione 
spaziale 
pi� ampia 
di 
quella 
riveniente 
dalla 
sua 
semplice 
perimetrazione 
fisica 
consentita 
dalle 
indicazioni 
contenute 
nel 
decreto 
di 
vincolo. 
In 
altri 
termini, 
il 
paesaggio 
si 
manifesta 
in 
tali 
casi 
quale 
componente 
qualificata 
ed 
essenziale 
dell'ambiente, 
nella 
lata 
accezione 
che 
di 
tale 
bene 
giuridico 
ha 
fornito 
l'evoluzione 
giurisprudenziale, 
anche 
di 
matrice 
costituzionale 
(tra 
le 
tante, 
Corte 
Cost. 
14 
novembre 2007, n. 378)�. 
ed in tal 
senso, la 
giurisprudenza 
amministrativa 
(Cons. Stato, sez. vI, n. 1144/2014 cit; 
sez. 
vI, 
ord. 
n. 
416/2013) 
riconosce 
un 
�particolare 
effetto 
di 
irradiamento 
del 
regime 
vincolistico 
che 
assiste 
i 
beni 
paesaggistici 
allorquando . . . vengono in rilievo opere 
infrastrutturali 
di 
rilevante 
impatto sul paesaggio�. 
Appare, dunque, evidente 
(cos� 
fornendo risposta 
alla 
prima 
delle 
due 
domande 
innanzi 
formulate), 
come 
il 
potere 
di 
tutela 
del 
paesaggio si 
riferisca 
certamente, ai 
sensi 
dell�art. 152 
d.lgs. n. 42/2004, anche alle cd. �aree contermini� ai beni soggetti a vincolo paesaggistico. 
Ci� significa 
che 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
ben pu� (anzi 
deve) intervenire 
per la 
tutela 
delle 
aree 
contermini 
a 
quelle 
oggetto di 
vincolo paesaggistico, anche 
nelle 
ipotesi 
di 
�procedura 
semplificata� 
di 
cui 
all�art. 6 d.lgs. n. 28/2011, e 
ci� per effetto delle 
gi� 
citate 
disposizioni 
generali 
(e, quindi, anche 
se 
si 
ritenesse 
che 
le 
Linee 
guida 
di 
cui 
al 
d.M. 10 settembre 
2010 non siano applicabili a tali procedure). 
Peraltro, 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
ben 
pu� 
fare 
applicazione 
delle 
Linee 
guida 
(ed in particolare 
di 
quanto previsto al 
punto 14.9 delle 
medesime), in merito alle 
aree 
contermini 
a 
quelle 
vincolate, nel 
senso che 
essa 
ben pu� utilizzare, al 
fine 
di 
definire 
cosa 
si 
intenda 
per detto tipo di area, le indicazioni di cui al punto in esame, sub lett. c). 
Quest�ultimo prevede 
che 
�si 
considerano localizzati 
in aree 
contermini 
gli 
impianti 
eolici 
ricadenti 
nell'ambito distanziale 
di 
cui 
al 
punto b) del 
paragrafo 3.1 e 
al 
punto e) del 
paragrafo 


3.2 dell'allegato 4; 
per gli 
altri 
impianti 
l'ambito distanziale 
viene 
calcolato, con le 
stesse 
modalit� 
dei predetti paragrafi, sulla base della massima altezza da terra dell'impianto�. 
In 
particolare, 
il 
punto 
e) 
del 
par. 
3.2 
dispone 
che 
�si 
dovr� 
esaminare 
l'effetto 
visivo 
provocato 
da 
un'alta 
densit� 
di 
aerogeneratori 
relativi 
ad un singolo parco eolico o a 
parchi 
eolici 
adiacenti; 
tale 
effetto deve 
essere 
in particolare 
esaminato e 
attenuato rispetto ai 
punti 
di 
vista 
o 
di 
belvedere, accessibili 
al 
pubblico, di 
cui 
all'articolo 136, comma 
1, lettera 
d), del 
Codice, 
distanti 
in linea 
d'aria 
non meno di 
50 volte 
l'altezza 
massima 
del 
pi� vicino aerogeneratore�. 
Orbene, 
anche 
se 
il 
d.M. 
10 
settembre 
2010, 
definisce 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
proprio 
allegato 
come 
�Linee 
guida 
per il 
procedimento d cui 
all�art. 12 del 
decreto legislativo 29 dicembre 
2003 n. 387� 
(n� 
avrebbe 
potuto essere 
altrimenti, atteso che 
la 
�procedura 
semplificata� 
� 
stata 
introdotta 
da 
fonte 
successiva), � 
del 
tutto ragionevole 
che 
l�Amministrazione 
dei 
beni 
culturali 
-dovendosi 
pronunciare, 
ai 
sensi 
degli 
artt. 
152 
d.lgs. 
n. 
42/2004 
e 
6 
d.lgs. 
n. 
28/2011, 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


sulla 
compatibilit� 
di 
un 
impianto 
da 
localizzarsi 
in 
area 
contermine 
ad 
altra 
oggetto 
di 
vincolo 
paesaggistico - utilizzi, nell�esercizio del 
proprio potere 
tecnico-discrezionale, parametri 
di 
identificazione dell��area contermine� gi� previamente definiti. 
Il 
che, lungi 
dall�essere 
illegittimo o irragionevole, appare 
coerente 
con una 
maggiore 
trasparenza 
ed obiettivit� 
dell�azione 
amministrativa, in attuazione 
del 
principio di 
imparzialit� 
di 
cui all�art. 97 Cost. 
N� 
pu�, infine, condividersi 
la 
sentenza 
impugnata, laddove 
essa 
afferma 
che 
nelle 
ipotesi 
di 
cui 
alla 
procedura 
semplificata 
vi 
sarebbe 
un 
�impatto 
paesaggistico, 
certamente 
minore, 
data 
la limitata potenza di siffatti impianti di produzione di energia�. 
difatti, 
come 
ben 
pu� 
desumersi 
dalla 
lettura 
delle 
disposizioni 
del 
d.M. 
10 
settembre 
2010 
sopra 
richiamate, 
ci� 
che 
rileva, 
ai 
fini 
delle 
valutazioni 
dei 
competenti 
organi 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
non 
� 
la 
potenza 
dell�impianto, 
bens� 
le 
concrete 
caratteristiche 
fisiche 
e 
l�ingombro 
del 
medesimo 
e 
la 
sua 
incidenza 
sul 
bene 
paesaggistico 
che 
si 
intende 
tutelare. 


4. Per tutte 
le 
ragioni 
sin qui 
esposte, l�appello deve 
essere 
accolto e, per l�effetto, in riforma 
della 
sentenza 
impugnata, deve 
essere 
accolto il 
ricorso instaurativo del 
giudizio di 
I grado, 
con conseguente annullamento degli atti con il medesimo impugnati. 
Stante 
la 
natura 
e 
complessit� 
delle 
questioni 
trattate, 
sussistono 
giusti 
motivi 
per 
compensare 
tra le parti spese ed onorari del presente giudizio. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), 
definitivamente 
pronunciando sull�appello proposto dal 
Ministero per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
(n. 399/2017 r.g.), lo accoglie 
e, per l�effetto, in riforma 
della 
sentenza 
impugnata, accoglie 
il 
ricorso instaurativo del 
giudizio di 
I grado, con conseguente 
annullamento degli 
atti 
con il medesimo impugnati. 
Compensa tra le parti spese ed onorari del giudizio. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2018. 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


sulla ammissibilit� di nuove produzioni documentali 
in un giudizio di appello al Consiglio di stato 


Consiglio 
Di 
stato, sezione 
teRza, sentenza 
24 ottobRe 
2018 n. 6057 


In rassegna 
la 
sentenza 
del 
Consiglio di 
Stato n. 6057/18 con la 
quale 
� 
stata 
confermata 
la 
decisione 
di 
primo grado, di 
rigetto della 
domanda 
di 
condanna 
del 
Ministero della 
Salute 
al 
risarcimento dei 
danni 
da 
attivit� 
provvedimentale 
illegittima 
accertata 
con sentenza 
passata 
in giudicato, quantificati 
in circa 40 milioni di euro. 


La 
sentenza 
-motivata 
in 
fatto 
sotto 
l�assorbente 
profilo 
del 
mancato 
raggiungimento 
della 
prova 
del 
nesso 
causale 
fra 
attivit� 
provvedimentale 
illegittima 
e 
pregiudizio lamentato - contiene 
un�interessante 
sintesi 
dei 
principi 
elaborati 
dalla 
giurisprudenza 
amministrativa 
in tema 
di 
limiti 
all�ammissibilit� 
di 
nuove 
produzioni 
documentali 
in 
appello, 
consentite 
solo 
se 
meramente 
integrative 
di 
altra 
documentazione, gi� 
legittimamente 
presente 
agli 
atti 
del 
giudizio di 
primo grado, e 
tali 
- dunque 
- da 
non alterare 
il 
thema decidendum 
gi� 
offerto al 
primo giudice, ovvero se 
costituiscano prova 
indispensabile 
ai 
fini 
della 
decisione 
della 
causa, 
per 
tale 
intendendo 
quella 
inerente 
non 
gi� 
alla 
"mera rilevanza dei 
fatti 
dedotti", bens� 
alla 
"verificata impossibilit� di 
acquisire 
la 
conoscenza 
di 
quei 
fatti 
con 
altri 
mezzi 
che 
la 
parte 
avesse 
l'onere 
di fornire nelle forme e nei tempi stabiliti dalla legge processuale". 


marina Russo (*) 


Consiglio di 
stato, sezione 
terza, sentenza 24 ottobre 
2018 n. 6057 
-Pres. F. Frattini, est. 


G. Pescatore 
- Fondazione 
Centro San Raffaele 
del 
Monte 
tabor in Liquidazione 
e 
c.p. (avv. 
C. Comand�) c. Ministero della Salute (avv. gen. Stato). 
FAttO 


1. La 
Fondazione 
Centro San Raffaele 
del 
Monte 
tabor, con sede 
in Milano, � 
un ente 
riconosciuto 
come 
Istituto di 
ricovero e 
cura 
a 
carattere 
scientifico (IRCCS), ai 
sensi 
dell�art. 48 
del d.P.R. 617/1980. 
2. tale 
norma, per quanto qui 
interessa, prevede 
che 
�Il 
carattere 
scientifico � 
attribuito, per 
gli 
enti 
che 
ne 
faranno istanza ai 
sensi 
del 
presente 
decreto, con 
specifico ed esclusivo riferimento 
al 
presidio 
sanitario, 
presso 
il 
quale 
sono 
svolte 
prestazioni 
di 
cura 
e 
ricovero 
connesse 
ad 
atti 
di 
ricerca 
scientifica 
biomedica. 
Il 
riconoscimento 
ha 
valore 
limitatamente 
alla sede o struttura indicate nel relativo decreto�. 
3. 
In 
seguito 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
d.lgs. 
n. 
269/1993 
(recante 
norme 
di 
Riordinamento 
degli 
istituti 
di 
ricovero e 
cura 
a 
carattere 
scientifico, a 
norma 
dell'art. 1, comma 
1, lettera 
h), della 
(*) Avvocato dello Stato. 



CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


L. 
23 
ottobre 
1992, 
n. 
421), 
la 
Fondazione 
ha 
ritenuto 
che, 
per 
effetto 
di 
quanto 
previsto 
all�art. 
1 commi1 e 
3 ("Gli 
istituti 
di 
ricovero e 
cura a carattere 
scientifico sono enti 
nazionali 
..." 
e 
"Le 
strutture 
ed i 
presidi 
ospedalieri 
degli 
istituti 
sono qualificati 
ospedali 
di 
rilievo nazionale 
�") il 
riconoscimento originariamente 
concessole 
per la 
sede 
di 
Milano dovesse 
intendersi 
automaticamente 
esteso 
anche 
alla 
struttura 
romana, 
medio 
tempore 
realizzata, 
denominata San Raffaele di Roma s.r.l. 
4. 
diverso 
� 
stato 
l�avviso 
del 
Ministero, 
il 
quale 
non 
ha 
ravvisato 
nella 
sopravvenuta 
modifica 
normativa 
la 
possibilit� 
di 
un simile 
automatismo e, pertanto, con nota 
del 
9 dicembre 
1997 
ha 
escluso 
la 
possibilit� 
di 
procedere 
al 
riconoscimento 
della 
struttura 
romana 
�San 
Raffaele� 
cos� come richiesto dalla Fondazione. 
L�Amministrazione 
ha 
in sostanza 
ritenuto che 
la 
norma 
di 
cui 
all�art. 1 comma 
3 non presentasse 
carattere 
innovativo, bens� 
meramente 
ricognitivo di 
un dato (quale 
la 
rilevanza 
nazionale 
degli 
IRCCS) 
ormai 
acquisito 
anche 
dalla 
giurisprudenza 
costituzionale; 
e, 
inoltre, 
che 
da 
detta 
disposizione 
non 
potesse 
direttamente 
discendere 
la 
conseguenza 
voluta 
dalla 
Fondazione, ostandovi 
il 
regime 
transitorio dettato dallo stesso d.lgs. n. 269/1993, che 
non 
consentiva 
di 
farne 
immediata 
applicazione 
ma 
imponeva 
di 
attendere 
l�entrata 
in vigore 
dei 
relativi regolamenti di attuazione. 
5. La 
nota 
ministeriale 
del 
9 dicembre 
1997 � 
stata 
impugnata 
dalla 
Fondazione 
con ricorso 
al 
tAR Lazio, accolto con sentenza n. 2361 del 20 ottobre 1999. 
Il 
conseguente 
giudizio 
di 
appello 
non 
� 
invece 
giunto 
a 
definizione 
perch� 
dichiarato 
perento, 
con decreto n. 7944 del 
2 dicembre 
2003, a 
seguito del 
mancato deposito dell�istanza 
di 
fissazione 
dell�udienza. 
6. Nella 
pendenza 
del 
giudizio di 
primo grado, la 
Fondazione 
ha 
avviato trattative 
per la 
cessione 
della 
struttura, 
dapprima 
con 
il 
Ministero 
della 
Salute, 
con 
il 
quale 
non 
� 
stata 
raggiunta 
una 
intesa 
sul 
prezzo di 
vendita; 
dipoi 
con il 
gruppo tosinvest, con il 
quale 
essa 
� 
addivenuta 
in data 
11 giugno 1999 ad un accordo di 
compravendita 
per un importo complessivo di 
270 
miliardi di lire (pari ad un incasso effettivo di 256,6 miliardi di lire). 
7. Pochi 
mesi 
dopo, la 
medesima 
struttura 
� 
stata 
rilevata 
dal 
Ministero della 
Salute 
dietro il 
corrispettivo, versato a 
tosinvest, di 320 miliardi di lire. 
8. Con un ulteriore 
ricorso al 
tAR del 
Lazio notificato in data 
7 gennaio 2011, la 
Fondazione 
Centro San Raffaele 
del 
Monte 
tabor ha 
quindi 
agito per ottenere 
la 
condanna 
del 
Ministero 
della 
Salute 
al 
risarcimento dei 
danni 
che 
le 
sarebbero stati 
procurati 
dall�illegittima 
attivit� 
provvedimentale 
dell�Amministrazione, accertata 
con la 
sentenza 
n. 2361/1999. Pi� precisamente, 
la 
richiesta 
risarcitoria 
� 
stata 
rapportata 
alla 
perdita 
patrimoniale 
patita 
per 
effetto 
della 
vendita 
dell�immobile 
ad un prezzo inferiore 
a 
quello che 
lo stesso avrebbe 
assunto a 
seguito 
del 
provvedimento 
di 
formale 
riconoscimento 
della 
qualifica 
di 
IRCCS; 
ed 
alla 
perdita 
gestionale 
per la 
mancata 
possibilit� 
di 
avvio a 
regime 
del 
presidio, per il 
quale 
erano stati 
effettuati 
tutti 
gli 
investimenti 
necessari 
al 
raggiungimento di 
standards 
qualitativi 
e 
di 
requisiti 
sostanziali conformi a quelli propri di un IRCCS. 
9. 
Con 
sentenza 
n. 
629/2017, 
il 
tAR 
ha 
rigettato 
il 
ricorso. 
dopo 
aver 
rilevato 
che 
gi� 
nei 
mesi 
di 
febbraio e 
marzo del 
1999 la 
Fondazione 
aveva 
conferito a 
professionisti 
del 
settore 
un incarico di 
stima 
degli 
immobili 
ai 
fini 
di 
una 
loro cessione 
e 
che, in data 
11 giugno 1999, 
quindi 
sempre 
in data 
precedente 
alla 
sentenza 
del 
tar, la 
stessa 
Fondazione 
aveva 
concluso 
un contratto preliminare 
di 
compravendita 
con tosinvest 
Immobiliare 
s.r.l. per l�ammontare 
di 
257 miliardi 
di 
lire 
- il 
giudice 
di 
prime 
cure 
ha 
escluso la 
sussistenza 
dell�elemento soggettivo 
della 
responsabilit� 
aquiliana 
in 
capo 
all�Amministrazione 
� 
.. 
atteso 
che 
la 
decisione 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


di 
alienare 
la struttura da parte 
della Fondazione 
interessata appare 
il 
frutto di 
una libera 
determinazione 
imprenditoriale 
piuttosto 
che 
dovuta 
al 
mancato 
riconoscimento 
dello 
stato 
di 
IRCCS 
alla 
struttura 
di 
Roma, 
essendo 
intervenuta 
quando 
ancora 
pendeva 
il 
ricorso...�. 
Il 
medesimo 
giudice 
di 
primo 
grado 
ha 
inoltre 
escluso 
la 
dipendenza 
causale 
del 
preteso 
danno 
dall�attivit� 
provvedimentale 
dell�Amministrazione 
concretizzatasi 
nel 
diniego di 
riconoscimento 
quale 
IRCCS, 
evidenziando 
che 
�.. 
se 
un 
danno 
esisteva, 
siccome 
basato 
sul 
mancato 
riconoscimento della natura di 
IRCCS 
� ben 
avrebbe 
parte 
ricorrente 
potuto attendere 
la 
discussione 
del 
ricorso avvenuta pochi 
giorni 
dopo ..., nella considerazione 
inoltre 
che 
con 
la sentenza n. 2361 del 
1999 il 
TAR ha offerto una interpretazione 
che 
ben 
avrebbe 
potuto 
giustificare la domanda risarcitoria, siccome fondata sul detto mancato riconoscimento�. 


10. La Fondazione qui appellante censura la sentenza impugnata osservando che: 
-difformemente 
da 
quanto 
statuito 
in 
prime 
cure, 
la 
cessione 
della 
struttura 
romana, 
lungi 
dall�avere 
rappresentato 
�il 
frutto 
di 
una 
libera 
determinazione 
imprenditoriale�, 
ha 
piuttosto 
costituito una 
scelta 
necessitata 
e 
imposta 
dall�esigenza 
di 
fare 
fronte 
alla 
grave 
condizione 
economica 
in cui 
la 
Fondazione 
versava 
proprio a 
cagione 
dell�illegittima 
e 
negligente 
condotta 
posta in essere dall�Amministrazione odierna appellata; 
-detta 
critica 
situazione 
finanziaria 
si 
era 
venuta 
a 
creare 
in 
seguito 
al 
mancato 
riconoscimento 
della 
natura 
di 
IRCCS 
della 
struttura 
laziale, 
come 
si 
desume 
dalla 
Relazione 
dei 
Commissari 
Giudiziali redatta ex art. 172 della Legge Fallimentare; 
-ed, 
infatti, 
il 
riconoscimento 
della 
natura 
di 
IRCCS 
avrebbe 
consentito 
di 
qualificare 
la 
struttura 
laziale 
del 
San Raffaele 
come 
�ospedale 
di 
rilievo nazionale 
e 
di 
alta specializzazione 
ed 
assoggettata 
alla 
disciplina 
per 
questi 
prevista�, 
con 
ogni 
relativa 
conseguenza 
favorevole 
in termini di regime finanziario e gestionale ad esso applicabile; 
-in virt� di 
tale 
qualificazione, la 
Fondazione 
avrebbe 
potuto accedere 
ad appositi 
finanziamenti 
propri 
delle 
omologhe 
�aziende� 
ai 
sensi 
degli 
artt. 
4 
e 
12, 
comma 
2 
del 
d.lgs. 
n. 
502/1992, e dell�art. 6 del d.lgs. n. 269/1993; 
-quanto 
alla 
tempistica 
della 
vendita, 
nel 
momento 
in 
cui 
ha 
deciso 
di 
procedere 
alla 
cessione 
della 
struttura 
laziale 
accettando 
la 
proposta 
di 
acquisto 
formulata 
da 
tosinvest, 
la 
Fondazione 
non 
era 
(n� 
avrebbe 
potuto 
essere) 
a 
conoscenza 
del 
futuro 
esito 
positivo 
del 
giudizio 
illo 
tempore 
pendente 
dinanzi 
al 
tar Lazio, n� 
tanto meno poteva 
serbare 
alcuna 
certezza 
in ordine 
alla tempistica di deposito della decisione; 
-neppure 
l�intervenuta 
fissazione 
della 
udienza 
pubblica 
di 
discussione 
al 
21 
giugno 
1999 
poteva 
fornire 
alcuna 
sicurezza 
in merito alla 
data 
di 
deposito della 
sentenza 
e 
di 
tanto costituirebbe 
riprova 
il 
fatto che 
la 
pronuncia 
n. 2361/1999 del 
tAR Lazio � 
stata 
depositata 
solo 
in data 
20 ottobre 
1999, ossia 
ben quattro mesi 
dopo la 
data 
in cui 
il 
giudizio era 
stato trattenuto 
in decisione. 
11. Il 
Ministero della 
Salute 
si 
� 
ritualmente 
costituito in giudizio, controdeducendo alle 
argomentazioni 
avversarie 
e 
avanzando appello incidentale 
condizionato avverso la 
parte 
della 
sentenza 
di 
primo 
grado 
in 
cui 
afferma 
che 
�con 
la 
sentenza 
n. 
2361 
del 
1999 
il 
taR 
ha 
offerto 
una 
interpretazione 
che 
ben 
avrebbe 
potuto 
giustificare 
la 
domanda 
risarcitoria, 
siccome 
fondata 
sul detto mancato riconoscimento�. 
Nel 
merito, la 
difesa 
erariale, oltre 
a 
replicare 
alle 
deduzioni 
avversarie, ha 
eccepito la 
prescrizione 
del 
credito 
risarcitorio, 
per 
intervenuto 
decorso 
del 
quinquennio 
dalla 
data 
della 
vendita 
(1999), individuata 
come 
eventus 
damni; 
e 
ha 
negato il 
carattere 
colposo della 
propria 
condotta, 
in 
quanto 
escluso 
dalla 
complessit� 
del 
quadro 
normativo 
che 
aveva 
orientato 
la 
soluzione 
interpretativa, del tutto plausibile, posta a base del diniego. 


CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


Secondo 
l�amministrazione 
resistente, 
inoltre, 
l�illegittimit� 
del 
provvedimento 
a 
cui 
viene 
ricollegata 
eziologicamente 
la 
richiesta 
risarcitoria 
non vale 
a 
dimostrare 
che 
la 
diversa 
conclusione 
interpretativa 
cui 
era 
giunto il 
Ministero fosse 
viziata 
da 
negligenza 
o superficialit�; 
e, comunque, un eventuale 
riconoscimento della 
qualifica 
di 
IRCCS 
non avrebbe 
garantito il 
rilascio degli 
ulteriori 
provvedimenti 
ampliativi 
auspicati 
dalla 
Fondazione 
quali 
l�autorizzazione 
all�ampliamento dei 
posti 
letto, l�accreditamento della 
struttura 
e 
la 
stipula 
di 
apposita 
convenzione 
con 
il 
SSN, 
trattandosi 
di 
scelte 
non 
automatiche 
e 
soggette 
a 
valutazione 
tecnico 
discrezionale dell�amministrazione. 

12. In assenza 
di 
istanze 
cautelari, la 
causa 
� 
stata 
discussa 
e 
posta 
in decisione 
all�udienza 
pubblica del 18 ottobre 2018. 
dIRIttO 


1. L�appello non si 
presta 
ad un favorevole 
apprezzamento, sotto una 
serie 
di 
profili 
- qui 
di 
seguito illustrati 
- che 
valgono a 
completare 
le 
argomentazioni 
articolate 
dal 
giudice 
di 
primo 
grado. 
2. 
Nell�affrontare 
gli 
elementi 
oggettivi 
della 
fattispecie 
aquiliana 
di 
danno, 
la 
Fondazione 
assume 
la 
sussistenza 
di 
una 
consecuzione 
causale 
che 
porrebbe 
il 
pregiudizio 
dedotto 
in 
linea 
di 
stretta 
derivazione 
eziologica 
rispetto al 
provvedimento ministeriale 
del 
9 dicembre 
1997 
- recante il diniego del riconoscimento quale IRCCS della struttura romana �San Raffaele�. 
2.1. Ci� che 
si 
sostiene 
� 
che 
la 
nota 
ministeriale 
in questione 
avrebbe 
innescato una 
crisi 
finanziaria 
di 
proporzione 
tale 
da 
rendere 
improcrastinabile 
la 
vendita 
della 
struttura 
e 
non ulteriormente 
tollerabile 
l�attesa 
della 
definizione 
del 
giudizio 
avente 
ad 
oggetto 
il 
predetto 
provvedimento di diniego. 
2.2. 
La 
descritta 
relazione 
di 
regolarit� 
causale 
imporrebbe, 
dunque, 
che 
risultassero 
verificate 
tre 
concomitanti 
condizioni 
fattuali: 
un dissesto finanziario imputabile 
al 
provvedimento di 
diniego ministeriale 
(i); 
una 
stringente 
esigenza 
di 
vendita 
del 
complesso immobiliare, non 
altrimenti 
differibile 
neppure 
per 
il 
tempo 
di 
attesa 
della 
definizione 
del 
giudizio 
pendente 
(ii); 
una 
urgenza 
talmente 
impellente 
da 
giustificare 
la 
cessione 
della 
struttura 
anche 
a 
prezzi 
inferiori a quelli di mercato (iii). 
2.3. A 
ben vedere, di 
nessuna 
delle 
due 
condizioni 
l�appellante 
offre 
una 
adeguata 
dimostrazione. 
2.3.1. Quanto alla 
prima 
evenienza 
(argomentata 
per la 
prima 
volta 
solo nel 
secondo grado di 
giudizio), l�unico elemento degno di 
nota 
� 
rinvenibile 
nel 
richiamo alla 
Relazione 
dei 
Commissari 
Giudiziali 
redatta 
ex art. 172 Legge 
Fallimentare, in seno alla 
quale 
si 
legge 
che 
�i 
problemi 
suesposti 
sono stati 
certamente 
aggravati 
dal 
fatto (espressamente 
dedotto nel 
ricorso 
introduttivo del 
procedimento di 
concordato) che 
Fondazione 
abbia subito una notevolissima 
perdita 
�straordinaria� 
alla 
fine 
degli 
anni 
novanta 
del 
secolo 
scorso 
con 
l�operazione 
�ospedale 
san Raffaele 
Roma�, la cui 
cessione 
in difetto di 
accreditamento ha 
generato una significativa minusvalenza�. 
Occorre 
tuttavia 
rilevare 
che 
la 
documentazione 
in oggetto (alla 
pari 
dei 
documenti 
8 e 
9 depositati 
il 
7 luglio 2017) non risulta 
allegata 
in primo grado (come 
eccepito dalla 
parte 
resistente 
a 
pag. 27 della 
memoria 
1 luglio 2017) e 
come 
tale 
essa 
� 
inammissibile, non potendo 
essere 
qualificata 
n� 
come 
meramente 
integrativa 
di 
altra 
documentazione 
gi� 
legittimamente 
presente 
agli 
atti 
del 
giudizio 
di 
primo 
grado 
(cfr. 
Cons. 
Stato, 
Iv, 
n. 
5509/2014), 
e 
tale 
dunque 
da 
non alterare 
il 
thema decidendum 
gi� 
offerto al 
primo giudice; 
n� 
come 
"prova indispensabile 
ai fini della decisione della causa" 
(art. 104, comma 2, c.p.a.). 
ed invero, tale 
declaratoria 
di 
"indispensabilit�" 
deve 
conseguire 
ad una 
valutazione 
non gi� 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


relativa 
alla 
"mera rilevanza dei 
fatti 
dedotti", ma 
alla 
"verificata impossibilit� di 
acquisire 
la conoscenza di 
quei 
fatti 
con altri 
mezzi 
che 
la parte 
avesse 
l'onere 
di 
fornire 
nelle 
forme 
e 
nei 
tempi 
stabiliti 
dalla 
legge 
processuale" 
(cfr. 
Cons. 
Stato, 
sez. 
v, 
26 
settembre 
2013, 
n. 
4793 e 
19 giugno 2013, n. 3339). Solo in questo modo si 
rende 
infatti 
possibile 
conciliare 
il 
potere 
riconosciuto al 
giudice 
dall'art. 63, comma 
1, con i 
divieti, coerenti 
con il 
principio dispositivo, 
di 
cui 
all'art. 
104, 
cod. 
proc. 
amm. 
(cfr. 
Cons. 
Stato, 
sez. 
Iv, 
3 
agosto 
2016, 
n. 
3509). 
Anche 
se 
esaminata 
nei 
suoi 
contenuti, 
la 
documentazione 
in 
oggetto 
non 
apporta 
significativi 
contributi 
alla 
tesi 
della 
parte 
appellante. 
Il 
passaggio 
evidenziato 
dalla 
parte 
appellante 
� 
quello, innanzi 
riportato, in cui 
si 
afferma 
che 
la 
cessione 
dell�Ospedale 
ha 
aggravato la 
situazione 
finanziaria 
generando 
una 
minusvalenza. 
tuttavia, 
tale 
asserzione 
si 
pone 
a 
valle 
dell�analisi 
di 
un arco temporale 
successivo al 
2000 e 
fa 
quindi 
riferimento ad una 
fase 
temporale 
non rilevante 
ai 
fini 
della 
tematica 
oggetto di 
causa 
(posto che 
la 
vendita 
a 
tosinvest 
� 
intervenuta 
nel 
corso 
del 
1999). 
In 
altri 
termini, 
il 
dato 
qualificante 
di 
cui 
l�appellante 
avrebbe 
dovuto offrire 
dimostrazione 
si 
colloca 
nella 
fase 
antecedente 
alla 
vendita 
del 
complesso e 
riguarda 
la 
relazione 
tra 
il 
mancato accreditamento ed il 
prodursi 
della 
situazione 
di 
crisi 
della 
Fondazione. 
Proprio dal 
documento menzionato dalla 
parte 
appellante 
si 
evince 
che 
negli 
anni 
2000-2010 
sono state 
poste 
in essere 
numerose 
operazioni 
finanziarie, poi 
rivelatesi 
infruttuose 
e 
tali 
da 
determinare 
il 
dissesto 
dell�ente 
(cfr. 
pagg. 
143 
-146, 
183 
e 
ss.); 
ma 
proprio 
il 
fatto 
che 
l�analisi 
dei 
bilanci 
posta 
a 
base 
della 
ricostruzione 
delle 
origini 
della 
crisi 
prenda 
in esame 
i 
conti 
economici 
del 
periodo 
2000-2010, 
quindi 
un 
lasso 
temporale 
successivo 
al 
1999 
(data 
di 
vendita 
della 
struttura 
laziale), rende 
tale 
documento non pertinente 
ai 
fini 
della 
dimostrazione 
della tesi sostenuta in appello. 
Quanto alle 
cause 
�determinanti� 
il 
dissesto finanziario, nella 
relazione 
in esame 
si 
spiega, 
in sintesi, che 
�la causa primaria del 
dissesto di 
Fondazione 
pare 
essere 
legata prevalentemente 
alla politica di 
espansione 
e 
sviluppo nell�ambito dell�attivit� ospedaliera, perseguita 
con ostinazione 
e 
indipendentemente 
dalle 
capacit� patrimoniali 
e 
finanziarie 
di 
Fondazione 
e delle 
associazioni di riferimento�. 


dunque, 
non 
solo 
il 
mancato 
riconoscimento 
come 
IRCCS 
del 
presidio 
romano 
non 
viene 
menzionato tra 
i 
fattori 
determinanti 
il 
dissesto (analiticamente 
indicati 
alle 
pagg. 143 � 146, 
183 
e 
ss. 
del 
documento), 
ma 
appare 
scarsamente 
significativo 
anche 
il 
riferimento 
al 
mancato 
accesso al 
regime 
e 
ai 
benefici 
finanziari 
tipici 
delle 
IRCCS 
cui 
l�Ospedale, una 
volta 
riconosciuto 
come 
tale, 
avrebbe 
potuto 
ambire: 
dette 
utilit� 
economiche 
si 
sarebbero 
realizzati 
a 
valle 
del 
provvedimento di 
riconoscimento sicch� 
la 
loro mancata 
erogazione 
non assume 
rilevanza 
nella 
relazione 
consequenziale 
che 
si 
assume 
sussistere, 
a 
monte, 
tra 
il 
provvedimento 
del Ministero della Salute e la crisi finanziaria della Fondazione. 


2.3.2. Anche 
il 
secondo profilo causale 
evidenziato in premessa 
non appare 
esaustivamente 
esplorato dalle deduzioni della parte appellante. 
Che 
la 
situazione 
di 
crisi 
economica 
fosse 
gi� 
in 
atto 
nel 
1999 
e 
di 
proporzioni 
tali 
da 
rendere 
impellente 
la 
necessit� 
di 
vendere 
il 
complesso 
immobiliare 
laziale, 
� 
circostanza 
riferita 
in 
atti 
ma 
non 
riscontrabile 
sulla 
base 
di 
elementi 
economici 
o 
fattuali. 
A 
suo 
riscontro, 
infatti, 
non 
vengono 
fornite 
prove 
concludenti, 
indicative 
dell�insostenibilit� 
economica 
di 
un�attesa 
commisurata 
ai 
tempi 
processuali 
di 
definizione 
della 
controversia 
instaurata 
innanzi 
al 
tar. 
Anzi, 
l�insieme 
di 
dati 
ricavabili 
dalla 
consistenza 
del 
fatturato 
riferito 
all�anno 
2000 
(pag. 
150 
della 
relazione 
cit.), 
nonch� 
dalla 
entit� 
delle 
plusvalenze 
e 
dei 
ricavi 
straordinari 
realizzati 
dal 
2000 
al 
2002 
(pag. 
160 
e 
ss.) 
oltre 
che 
delle 
immobilizzazioni 
materiali 
e 
immateriali 
incre

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


mentate 
dal 
2000 
al 
2009 
(pag. 
166), 
induce 
a 
ritenere 
che 
l�azienda 
disponesse 
ancora, 
nel 
1999, 
di 
una 
apprezzabile 
capacit� 
operativa 
e 
finanziaria, 
e 
di 
tanto 
si 
ricava 
conferma 
dalla 
stessa 
Relazione 
dei 
Commissari 
Giudiziali 
nella 
parte 
in 
cui 
vi 
si 
afferma 
che 
�la 
necessit� 
di 
un 
riequilibrio 
finanziario 
.. 
era 
ben 
conosciuta 
dal 
Cda, 
cos� 
come 
il 
fatto 
che 
sarebbe 
stato 
indispensabile 
il 
contenimento 
dei 
costi 
di 
gestione 
e 
la 
limitazione 
degli 
investimenti. 
tuttavia, 
la 
storia 
dell�ultimo 
decennio 
evidenzia 
con 
chiarezza 
che 
a 
tali 
propositi 
non 
� 
stato 
dato 
alcun 
seguito 
nella 
realt�, 
tanto 
che 
il 
livello 
degli 
investimenti 
e 
delle 
spese 
sostenute, 
anche 
in 
attivit� 
non 
core, 
� 
cresciuto 
fino 
ad 
andare 
fuori 
controllo� 
(pag. 
170). 
Anche 
i 
documenti 
allegati 
sub. 8 e 
9 - verbali 
del 
Cda 
del 
3 maggio e 
11 giugno 1999 (depositati 
il 
7 
luglio 
2017), 
pur 
processualmente 
inammissibili 
in 
quanto 
prodotti 
per 
la 
prima 
volta 
in grado di 
appello, non contengono elementi 
concludenti 
in senso favorevole 
alla 
tesi 
della 
parte 
appellante, non ricavandosi 
dagli 
stessi 
indicazioni 
univoche 
circa 
la 
stretta 
indifferibilit� 
della vendita e l�impossibilit� di attendere il deposito della sentenza del 
tar. 

2.3.3. Risulta, infine, del 
tutto indimostrato che 
il 
provvedimento ministeriale 
abbia 
reso necessaria 
la 
vendita 
della 
struttura 
immobiliare 
anche 
a 
prezzi 
inferiori 
al 
suo reale 
valore 
di 
mercato. Ammesso e 
non concesso (per quanto sin qui 
esposto) che 
possa 
statuirsi 
una 
relazione 
di 
causalit� 
tra 
il 
provvedimento ministeriale 
e 
il 
dissesto finanziario della 
Fondazione, 
sarebbe 
stato onere 
della 
parte 
appellante 
fornire 
dimostrazione 
di 
una 
condizione 
di 
indilazionabile 
urgenza 
del 
tutto incompatibile 
anche 
con un tempo di 
attesa 
che, una 
volta 
fissata 
l�udienza 
di 
discussione 
innanzi 
al 
tar, 
poteva 
ritenersi 
incerto 
ma 
ragionevolmente 
contenuto. 
A 
ci� aggiungasi 
(come 
correttamente 
eccepito dalla 
difesa 
erariale) che, nel 
momento stesso 
della 
vendita, la 
qualifica 
di 
IRCCS 
si 
sarebbe 
persa, in quanto essa 
non si 
trasferisce 
con la 
vendita 
della 
singola 
struttura, bens� 
resta 
in capo all�ente 
nel 
suo complesso. Come 
anche 
affermato 
dalla 
sentenza 
tar 
n. 
2361/1999 
(alle 
pagg. 
10 
e 
11), 
il 
riconoscimento 
del 
carattere 
scientifico, 
secondo 
l�innovazione 
contenuta 
nell�art. 
1 
del 
d.lgs. 
269/93, 
riguarda 
infatti 
l�ente 
come tale e non le singole strutture e i presidi ospedalieri che da esso dipendono. 
N� 
vale 
sostenere, 
in 
senso 
contrario, 
che 
la 
presenza 
di 
detto 
status 
gi� 
al 
tempo 
della 
vendita 
ne 
avrebbe 
resa 
verosimile 
la 
concessione 
anche 
in 
favore 
dell�acquirente, 
inducendo 
quest�ultimo 
ad offrire comunque un prezzo proporzionalmente pi� alto. 
La 
prospettiva 
di 
un nuovo riconoscimento in favore 
dell�acquirente 
assume 
la 
consistenza 
di 
una 
mera 
possibilit� 
di 
fatto, la 
cui 
aleatoriet� 
si 
riflette 
anche 
sull�incidenza, assai 
incerta, 
che 
la 
stessa 
avrebbe 
potuto assumere 
sulla 
quantificazione 
del 
prezzo che 
l�acquirente 
medesimo 
sarebbe stato disponibile a corrispondere. 
Non 
pu� 
mancarsi 
di 
considerare, 
inoltre, 
che 
per 
preservare 
l�elemento 
di 
valorizzazione 
dell�immobile 
conseguente 
all�eventuale 
acquisizione 
della 
qualifica 
IRCCS, la 
Fondazione 
avrebbe 
potuto tutelarsi 
- se 
non attendendo l�ormai 
imminente 
conclusione 
del 
giudizio di 
primo 
grado 
-quantomeno 
inserendo 
nel 
contratto 
di 
vendita 
una 
clausola 
di 
revisione 
del 
prezzo 
od 
una 
analoga 
salvaguardia 
per 
l�ipotesi 
di 
esito 
del 
giudizio 
a 
s� 
favorevole. 
La 
mancata 
adozione 
di 
questa 
residuale 
cautela 
indebolisce 
ulteriormente 
la 
complessiva 
prospettazione 
fattuale e causale posta a base della richiesta risarcitoria. 
2.3.4. Per tutto quanto esposto, le 
valutazioni 
espresse 
dal 
tar in merito alla 
insussistenza 
del 
nesso causale 
trovano conferma 
anche 
in questo grado di 
giudizio e 
valgono a 
giustificare 
la 
reiezione della domanda risarcitoria. 
3. 
Per 
concludere 
occorre 
rilevare 
che 
in 
alcuni 
passaggi 
delle 
argomentazioni 
difensive 
della 
parte 
appellante 
si 
assume 
che 
�... la colposa negligenza della P.a. ... � 
rinvenibile, oltre 
che 
nell�illegittimo diniego posto alla richiesta di 
qualificazione 
della sede 
romana dell�istituto 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


... anche 
nella condotta dalla stessa tenuta nelle 
more 
dello svolgimento del 
relativo giudizio 
... 
con 
particolare 
riferimento 
alle 
trattative 
instaurate 
con 
la 
Fondazione 
per 
l�acquisto 
dello 
stabilimento 
romano 
...�, 
condotta 
poi 
definita 
�... 
ai 
limiti 
della 
negligenza 
e 
della 
mala 
fede 
...� 
(pagg. 3 e 4 della memoria 17 settembre 2018). 
In un successivo passaggio argomentativo la 
Fondazione 
appellante 
imputa 
all�Amministrazione 
di 
aver svolto strumentali 
trattative 
�al 
ribasso�, condotte 
offrendo un prezzo inadeguato 
al 
vero valore 
dell�immobile, e 
di 
avere 
utilizzato il 
diniego di 
accreditamento come 
�una leva � 
per 
giustificare 
la propria incongrua offerta� 
e 
costringere 
la 
Fondazione 
ad 
alienare precipitosamente l�immobile. 
Si 
tratta 
tuttavia 
di 
deduzioni 
inammissibili, perch� 
del 
tutto incoerenti 
con il 
fatto costitutivo 
della 
fattispecie 
risarcitoria 
originariamente 
posto a 
base 
del 
giudizio, ovvero l�illegittimit� 
del 
provvedimento 
amministrativo 
di 
diniego 
del 
riconoscimento 
come 
IRCCS, 
giudizialmente 
accertata. 
L�ipotesi 
di 
una 
condotta 
dell�amministrazione 
preordinata 
all�avvio di 
trattative 
al 
ribasso e 
finalizzata 
ad una 
operazione 
di 
mercato speculativa, prefigura, dunque, una 
tipologia 
di 
responsabilit� 
�da comportamento� 
del 
tutto inedita 
rispetto a 
quella 
�da atto illegittimo� 
originariamente 
dedotta 
e 
comporta, pertanto, una 
inammissibile 
variazione 
dei 
fatti 
costitutivi 
e della 
causa petendi 
posta a base dell�azione risarcitoria. 

4. Per le 
decisive 
ragioni 
sin qui 
esposte, che 
consentono di 
prescindere 
dalle 
ulteriori 
eccezioni 
sollevate 
dalla 
difesa 
erariale, 
l�appello 
principale 
non 
pu� 
trovare 
accoglimento, 
mentre 
l�appello incidentale 
condizionato proposto dal 
Ministero della 
Salute 
deve 
essere 
dichiarato 
inammissibile. 
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio di 
Stato in sede 
giurisdizionale 
(Sezione 
terza), definitivamente 
pronunciando 
sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. 
dichiara inammissibile l�appello incidentale. 
Condanna 
la 
parte 
appellante 
a 
rifondere 
in favore 
della 
parte 
appellata 
le 
spese 
del 
presente 
grado di giudizio che liquida in complessivi �. 3.000,00, oltre accessori di legge. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 ottobre 2018. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


Un esauriente excursus normativo 
sul prezzo dei farmaci generici 


Consiglio 
Di 
stato, sezione 
teRza, sentenza 
27 novembRe 
2011 n. 6716 


Con la 
sentenza 
in rassegna, il 
Consiglio di 
Stato ha 
accolto il 
ricorso in 
appello 
proposto 
da 
AIFA, 
offrendo 
un�esaustiva 
ricostruzione 
del 
quadro 
normativo 
che 
regola 
la 
materia 
della 
contrattazione 
del 
prezzo dei 
farmaci 
generici, 
e 
confermando 
la 
vigenza 
della 
norma 
(art. 
3, 
comma 
130, 
l. 
549/1995), 
che 
condiziona 
la 
concessione 
al 
generico 
della 
medesima 
classificazione 
dell�originatore 
all�offerta 
di 
un ribasso di 
prezzo pari 
almeno al 
20% rispetto 
a quello praticato dall�originatore. 


La 
sentenza 
si 
segnala 
per le 
rilevanti 
implicazioni 
in termini 
di 
contenimento 
della 
spesa 
pubblica: 
quanto 
pi� 
consistente 
�, 
infatti, 
il 
ribasso 
del 
prezzo offerto dal 
titolare 
dell�AIC del 
farmaco generico, tanto pi� alto sar� 
il 
margine 
di 
risparmio per il 
Servizio sanitario nazionale: 
per effetto della 
previsione 
di 
cui 
all�art. 
7, 
comma 
1, 
d.L. 
347/2001 
convertito 
dalla 
legge 
16 
novembre 
2001, 
n. 
405, 
infatti, 
�i 
medicinali, 
aventi 
uguale 
composizione 
in 
princ�pi 
attivi, 
nonch� 
forma 
farmaceutica, 
via 
di 
somministrazione, 
modalit� 
di 
rilascio, 
numero 
di 
unit� 
posologiche 
e 
dosi 
unitarie 
uguali, 
sono 
rimborsati 
al 
farmacista 
dal 
servizio 
sanitario 
nazionale 
fino 
alla 
concorrenza 
del 
prezzo 
pi� basso del 
corrispondente 
prodotto disponibile 
nel 
normale 
ciclo distributivo 
regionale ...�. 


marina Russo (*) 


Consiglio 
di 
stato, 
sezione 
terza, 
sentenza 
27 
novembre 
2018 
n. 
6716 
-Pres. 
Franco 
Frattini, 
est. 
Giulia 
Ferrari 
-Agenzia 
italiana 
del 
farmaco 
-Aifa 
(avv. 
gen. 
Stato) 
c. 
eg 
s.p.a. 
(avv. 
Claudio Marrapese). 


FAttO 


1. 
Con 
ricorso 
notificato 
il 
13 
ottobre 
2017 
e 
depositato 
al 
tar 
Lazio 
il 
successivo 
17 
ottobre, 
la 
eg 
s.p.a. 
ha 
impugnato 
la 
determinazione 
del 
direttore 
generale 
dell'Aifa 
del 
19 
luglio 
2017, 
nella 
parte 
in 
cui 
il 
medicinale 
Clonazepam 
eG, 
nella 
nuova 
confezione 
�2,5 
mg/ml 
gocce 
orali 
soluzione� 
(1 
flacone), 
� 
stato 
autorizzato 
per 
la 
commercializzazione 
in 
fascia 
C/RR. 
In 
fase 
istruttoria, 
infatti, 
non 
era 
stato 
raggiunto 
un 
accordo 
tra 
il 
Comitato 
tecnico 
dell�Aifa 
e 
la 
societ�. 
All�offerta 
iniziale 
della 
eg 
di 
un 
prezzo 
al 
pubblico 
pi� 
basso 
del 
10%, 
rispetto 
a 
quello 
della 
similare 
confezione 
gi� 
presente 
sul 
mercato in classe 
A 
(e 
cio� 
in fascia 
di 
rimborso a 
carico 
del 
Servizio sanitario nazionale), l�Aifa 
aveva 
replicato chiedendo una 
maggiore 
riduzione 
del 
prezzo fino al 
20%, mentre 
la 
societ� 
si 
era 
detta 
disponibile 
a 
un ribasso massimo del 
15%, ogni ulteriore aumento della percentuale incidendo sul prezzo ex factory. 
La 
societ� 
ha 
censurato la 
classificazione 
del 
suddetto medicinale 
in classe 
C, quale 
conse(*) 
Avvocato dello Stato. 



RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


guenza 
del 
mancato accordo tra 
le 
parti 
sul 
prezzo al 
pubblico necessario ai 
fini 
del 
collocamento 
in classe 
A: 
ad avviso della 
eg, l�offerta 
di 
un prezzo al 
pubblico pi� basso del 
10% rispetto 
a 
quello 
della 
confezione 
Branded 
gi� 
presente 
sul 
mercato 
in 
classe 
A, 
successivamente 
ridotto di 
un ulteriore 
5% in occasione 
della 
riunione 
tenutasi 
in data 
30 marzo 2017 dinnanzi 
al 
Comitato Prezzi 
e 
Rimborso (�CPR�), avrebbe 
dovuto essere 
considerata 
sufficiente 
ai 
fini 
della classificazione in �A�. 


2. dinanzi 
al 
tar Lazio, sede 
di 
Roma, si 
� 
costituita 
in giudizio l�Aifa, sostenendo l�infondatezza 
del 
ricorso sul 
rilievo che 
l�art. 3, comma 
130, l. 28 dicembre 
1995, n. 549, come 
modificato 
dalla 
l. 
8 
agosto 
1996, 
n. 
425, 
stabilisce 
che 
il 
prezzo 
dei 
generici 
deve 
essere 
inferiore 
almeno del 
20% al 
prezzo del 
relativo originator: 
�Se 
� 
offerto ad un prezzo almeno del 
20 
per 
cento 
inferiore 
a 
quello 
della 
corrispondente 
specialit� 
medicinale 
a 
base 
dello 
stesso 
principio 
attivo con uguale 
dosaggio e 
via 
di 
somministrazione, gi� 
classificata 
nelle 
classi 
a) o 
b) 
di 
cui 
all�art. 
8, 
comma 
10, 
l. 
24 
dicembre 
1993, 
n. 
537, 
il 
medicinale 
generico 
ottiene 
dalla 
Commissione 
unica 
del 
farmaco la 
medesima 
classificazione 
di 
detta 
specialit� 
medicinale�. 
3. Con sentenza 
21 febbraio 2018, n. 1980, la 
sez. III quater del 
tar Lazio, sede 
di 
Roma, ha 
accolto 
il 
ricorso, 
ritenendo 
non 
applicabile 
il 
comma 
130 
dell�art. 
3, 
l. 
n. 
549 
del 
1995, 
il 
quale 
prevede 
che, ove 
il 
prezzo offerto per un medicinale 
generico sia 
inferiore 
almeno del 
20% 
rispetto 
a 
quello 
praticato 
dall�originator, 
esso 
ottiene 
la 
medesima 
classificazione 
di 
detta 
specialit� 
medicinale; 
detta 
norma, in palese 
conflitto con il 
sistema 
normativo successivamente 
assestatosi, va considerata oggi tacitamente abrogata. 
4. Con appello notificato il 
23 aprile 
2018 e 
depositato il 
successivo 8 maggio l�Aifa 
ha 
impugnato 
la 
predetta 
sentenza 
n. 1980 del 
21 febbraio 2018 del 
tar Lazio, affermando che 
il 
giudice 
di 
primo 
grado 
avrebbe 
errato 
nel 
sostenere 
l�intervenuta 
abrogazione 
del 
d.m. 
4 
aprile 
2013 e l�inapplicabilit� dell�art. 3, comma 130, l. n. 549 del 1995. 
Per dimostrare 
la 
correttezza 
del 
proprio assunto l�Aifa 
ha 
ricostruito il 
contesto normativo 
di 
riferimento con la 
relativa 
evoluzione 
cronologica, interamente 
volto ad introdurre 
un criterio 
di 
negoziazione 
del 
prezzo 
dei 
farmaci, 
ai 
fini 
della 
loro 
rimborsabilit� 
da 
parte 
del 
SSN, 
che 
si 
basa 
sulla 
convenienza 
per 
lo 
stesso 
Servizio 
sanitario, 
che 
si 
esplica 
nel 
raggiungimento 
del massimo risparmio. 
L�Aifa 
ha 
quindi 
concluso nel 
senso che: 
a) un farmaco generico pu� ottenere 
la 
medesima 
classificazione 
dell�originator purch� 
sia 
offerto un prezzo almeno del 
20% inferiore 
a 
quello 
del 
farmaco originatore; 
b) i 
nuovi 
farmaci, che 
non comportano un vantaggio terapeutico rispetto 
a 
quelli 
gi� 
in commercio (tra 
cui 
non possono rientrare 
i 
farmaci 
generici), possono 
essere 
autorizzati 
ed immessi 
sul 
mercato esclusivamente 
nel 
caso in cui 
il 
loro prezzo � 
inferiore 
o uguale 
al 
prezzo pi� basso dei 
medicinali 
di 
quelli 
della 
medesima 
categoria 
terapeutica 
omogenea; 
c) 
alcune 
categorie 
di 
farmaci 
(generici, 
biosimilari 
e 
di 
medicinali 
di 
importazione 
parallela) 
possono 
essere 
collocati 
automaticamente 
nella 
classe 
di 
rimborso 
cui 
appartiene 
il 
farmaco di 
riferimento, qualora 
l�azienda 
titolare 
proponga 
un prezzo di 
vendita 
di 
evidente 
convenienza 
per 
il 
SSN; 
prezzo 
che 
� 
tale 
laddove 
sia 
individuato 
secondo 
i 
ribassi 
previsti 
dal 
�decreto scaglioni�. Con precipuo riferimento al 
�decreto scaglioni� 
l�Aifa 
ha 
ricordato che 
le 
sentenze 
del 
tar Lazio (n. 3803 del 
2014 e 
n. 11899 del 
2014), che 
avevano 
annullato 
il 
d.m. 
4 
aprile 
2013 
(cd. 
decreto 
scaglioni), 
adottato 
ai 
sensi 
dell�art. 
12, 
d.l. 
n. 
158 
del 
2012, 
sono 
state 
riformate 
dalla 
sez. 
III 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(sentenze 
nn. 
629 
e 
630 del 30 gennaio 2018). 
Ne 
deriva 
che 
le 
soglie 
minime 
di 
ribasso 
ivi 
stabilite 
(pari 
al 
30% 
rispetto 
al 
prezzo 
delle 
confezioni 
in classe 
H 
e 
al 
45% rispetto al 
prezzo delle 
confezioni 
in classe 
A) sono ad oggi 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


vigenti 
e 
sono state 
stabilite 
in tal 
misura 
proprio in considerazione 
dello sconto minimo di 
partenza 
del 
20%, gi� 
previsto dall�art. 3, comma 
130, l. n. 549 del 
1995. da 
tali 
premesse 
consegue 
che 
il 
prezzo 
dei 
medicinali 
generici 
deve 
certamente 
garantire 
un 
risparmio 
al 
SSN 
rispetto al prezzo del medicinale di riferimento. 
Ha 
aggiunto 
l�Aifa 
che 
l'art. 
48, 
comma 
5, 
lett. 
e) 
d.l. 
n. 
269 
del 
2003 
� 
richiamato 
dal 
tar 
Lazio 
a 
supporto 
della 
conclusioni 
cui 
� 
pervenuto 
� 
a 
mente 
del 
quale, 
ai 
fini 
del 
rilascio 
della 
richiesta 
fascia 
di 
rimborsabilit�, 
� 
necessario 
e 
sufficiente 
il 
fatto 
che 
il 
prezzo 
del 
medesimo 
medicinale 
sia 
inferiore 
o 
uguale 
al 
prezzo 
pi� 
basso 
dei 
medicinali 
per 
la 
relativa 
categoria 
terapeutica 
omogenea, 
vale 
solo 
per 
i 
nuovi 
farmaci 
non 
comportanti 
vantaggio 
terapeutico, 
e 
non 
anche 
per 
i 
medicinali 
generici-equivalenti 
di 
un 
medicinale 
di 
riferimento 
autorizzato 
al-
l�immissione 
in 
commercio 
in 
Italia, 
indipendentemente 
dal 
dosaggio 
di 
quest�ultimo. 
Ai 
medicinali 
generici-equivalenti 
si 
applica, invece, l�art. 3, comma 
130, l. n. 549 del 
1995, 
che 
vi 
si 
riferisce 
espressamente, in correlazione 
con le 
disposizioni 
dell�art. 48, comma 
33, 


d.l. n. 326 del 2003 e della delibera CIPe n. 3 del 2001. 
5. Si � costituita in giudizio la eg s.p.a., sostenendo l�infondatezza dell�appello. 
6. Alla pubblica udienza del 15 novembre 2018 la causa � stata trattenuta per la decisione. 
dIRIttO 
1. Come 
esposito in narrativa 
la 
eg s.p.a., societ� 
operante 
nel 
settore 
della 
commercializzazione 
dei 
farmaci 
generici, 
ha 
impugnato 
la 
sentenza 
del 
tar 
Lazio, 
sede 
di 
Roma, 
sez. 
III 
quater, 
21 
febbraio 
2018, 
n. 
1980, 
che 
ha 
accolto 
il 
ricorso 
proposto 
avverso 
la 
determinazione 
del 
direttore 
generale 
dell'Aifa 
� Agenzia 
Italiana 
del 
Farmaco del 
19 luglio 2017, nella 
parte 
in cui 
il 
medicinale 
Clonazepam 
eG 
(principio attivo: 
clonazepam, indicato per le 
forme 
cliniche 
epilettiche 
nel 
neonato e 
nel 
bambino) nella 
nuova 
confezione 
�2,5 mg/ml 
gocce 
orali 
soluzione� 
(1 
flacone) 
� 
stato 
autorizzato 
per 
la 
commercializzazione 
in 
classe 
C 
anzich�, 
come 
richiesto dalla 
eg � unica 
produttrice 
del 
generico del 
relativo originator � in classe 
A 
(e cio� in fascia di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale). 
La 
questione, che 
il 
Collegio � 
chiamato a 
risolvere, � 
la 
vigenza 
o meno del 
comma 
130 del-
l�art. 
3, 
l. 
28 
dicembre 
1995, 
n. 
549, 
che 
dispone 
che 
un 
farmaco 
generico 
pu� 
ottenere 
la 
medesima 
classificazione 
dell�originator 
purch� 
offra 
un 
prezzo 
almeno 
del 
20% 
inferiore 
a 
quello del 
farmaco originatore, vigenza 
affermata 
da 
Aifa, che 
ha 
ritenuto tale 
norma 
applicabile 
alla 
richiesta 
di 
eg s.p.a. di 
inserire 
il 
proprio farmaco in fascia 
A, pur avendo offerto 
un prezzo al 
pubblico pi� basso del 
10% (per poi 
arrivare 
al 
15%) rispetto a 
quello della 
similare 
confezione 
gi� 
presente 
sul 
mercato in classe 
A; 
negata, invece, da 
eg (e 
dal 
tar Lazio 
nell�impugnata 
sentenza 
n. 
1980 
del 
2018) 
sul 
presupposto 
che 
la 
stessa 
fosse 
stata 
tacitamente 
abrogata 
(perch� 
di 
fatto superata) dall�art. 48, comma 
33, lett. e), d.l. 30 settembre 
2003, n. 
269, convertito, con modificazioni, dalla 
l. 24 novembre 
2003, n. 326, che 
ha 
introdotto la 
contrattazione 
del 
prezzo del 
farmaco tra 
Aifa 
e 
societ� 
produttrice, e 
dal 
precedente 
comma 
5, il 
quale 
ha 
disposto che 
ottengono l�AIC e 
la 
relativa 
collocazione 
in fascia 
A 
i 
medicinali 
generici 
per i 
quali 
l�azienda 
propone 
un prezzo �inferiore 
o uguale 
al 
prezzo pi� basso�, praticato 
al 
pubblico al 
momento della 
richiesta. Abrogazione, infine, esclusa 
da 
Aifa 
in ragione 
del 
diverso campo applicativo; 
essendo l�art. 48, comma 
5, lett. e), l. n. 269 del 
2003 riferito 
ai 
nuovi 
farmaci 
non implicanti 
vantaggio terapeutico, non pu� riguardare 
i 
medicinali 
generici, 
i 
quali 
non possono definirsi 
�nuovi 
farmaci�, essendo equivalenti 
di 
un medicinale 
di 
riferimento, gi� presente sul mercato. 
Cos� 
inquadrata 
la 
vicenda 
contenziosa 
appare 
evidente 
che, come 
afferma 
l�Aifa 
nella 
memoria 
di 
replica 
depositata 
il 
25 ottobre 
2018, la 
questione 
che 
il 
Collegio � 
chiamato a 
deci

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


dere 
ha 
carattere 
di 
principio, 
con 
la 
conseguenza 
che 
non 
assumono 
alcuna 
rilevanza 
gli 
effetti applicativi di una o l�altra soluzione nel caso in esame. 


2. L�appello � fondato. 
Appare 
necessario, al 
fine 
del 
decidere, ripercorrere 
brevemente 
il 
complesso tessuto normativo, 
cos� 
come 
gi� 
descritto dal 
giudice 
di 
primo grado e 
puntualmente 
richiamato dalle 
parti 
in causa, sebbene con una lettura delle illustrate disposizioni contrastante. 
tale 
breve 
excursus 
consentir� 
di 
accertare 
la 
norma 
attualmente 
applicabile 
per determinare 
il prezzo dei farmaci generici. 
L�art. 3, comma 
130, l. n. 549 del 
1995 ha 
previsto che 
un farmaco generico pu� ottenere 
la 
medesima 
classificazione 
dell�originator purch� 
sia 
offerto un prezzo almeno del 
20% inferiore 
a quello del farmaco originatore. 
Con 
l�art. 
7, 
d.l. 
18 
settembre 
2001, 
n. 
347 
� 
entrato 
nel 
nostro 
ordinamento 
un 
nuovo 
sistema 
vincolato di 
rimborso del 
prezzo al 
pubblico dei 
farmaci 
di 
classe 
A, basato sul 
prezzo di 
riferimento 
per 
cui 
il 
Servizio 
sanitario 
nazionale 
rimborsa 
fino 
alla 
concorrenza 
del 
prezzo 
pi� 
basso del 
corrispondente 
prodotto disponibile 
sul 
mercato. A 
tal 
fine 
il 
farmacista, salvo eccezioni, 
� 
obbligato a 
sostituire 
il 
farmaco indicato in ricetta 
rossa 
con quello equivalente 
in 
fascia di rimborso al prezzo pi� economico presente nello stesso canale distributivo. 
L�art. 48, comma 
5, d.l. n. 269 del 
2003, nell�individuare 
i 
poteri 
in capo all�Agenzia 
italiana 
del 
farmaco, ha 
disposto (lett. e) che 
la 
stessa 
possa 
provvedere 
alla 
immissione 
di 
�nuovi� 
farmaci 
non comportanti 
un vantaggio terapeutico solo se 
il 
prezzo del 
medesimo medicinale 
� 
inferiore 
o 
uguale 
al 
prezzo 
pi� 
basso 
dei 
medicinali 
per 
la 
relativa 
categoria 
terapeutica 
omogenea. Il 
successivo comma 
33 ha 
invece 
introdotto, dall�1 gennaio 2004, la 
�contrattazione�, 
tra 
Agenzia 
e 
Produttori, dei 
prezzi 
dei 
prodotti 
rimborsati 
dal 
Servizio sanitario nazionale, 
secondo le 
modalit� 
indicate 
nella 
delibera 
Cipe 
1 febbraio 2001, n. 3, che 
individua 
criteri 
oggettivi 
per la 
contrattazione 
del 
prezzo, legati 
ai 
costi 
sostenuti, al 
rapporto costi 
efficacia, 
ai prezzi esteri, al fatturato dell�impresa e agli investimenti. 
tale 
delibera 
Cipe, al 
punto 3, ha 
indicato i 
criteri 
per la 
richiesta 
di 
contrattazione, facendo 
sempre 
riferimento ai 
caratteri 
che 
il 
�nuovo� 
medicinale 
deve 
avere: 
deve 
essere 
utile 
per la 
prevenzione 
o 
il 
trattamento 
di 
patologie 
o 
di 
sintomi 
rilevanti 
nei 
confronti 
dei 
quali 
non 
esiste 
alcuna 
terapia 
efficace 
o nei 
confronti 
dei 
quali 
i 
medicinali 
gi� 
disponibili 
forniscono 
una 
risposta 
inadeguata; 
deve 
avere 
un 
rapporto 
rischio/beneficio 
pi� 
favorevole 
rispetto 
a 
medicinali 
gi� 
disponibili 
in Prontuario per la 
stessa 
indicazione; 
deve 
avere 
una 
superiorit� 
clinica 
significativa 
rispetto 
a 
prodotti 
gi� 
disponibili. 
tutti 
caratteri, 
dunque, 
che 
non 
possono 
che riferirsi a farmaci �nuovi�, e tali non sono i generici. 
Successivamente 
l�art. 
11, 
comma 
9, 
d.l. 
31 
maggio 
2010, 
n. 
78 
ha 
previsto 
che 
�a 
decorrere 
dall�anno 
2011, 
per 
l�erogazione 
a 
carico 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale 
dei 
medicinali 
equivalenti 
di 
cui 
all�art. 
7, 
comma 
1, 
d.l. 
18 
settembre 
2001, 
n. 
347, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
16 
novembre 
2001, 
n. 
405, 
e 
successive 
modificazioni, 
collocati 
in 
classe 
A 
ai 
fini 
della 
rimborsabilit�, 
l�Aifa, 
sulla 
base 
di 
una 
ricognizione 
dei 
prezzi 
vigenti 
nei 
paesi 
dell�Unione 
europea, 
fissa 
un 
prezzo 
massimo 
di 
rimborso 
per 
confezione, 
a 
parit� 
di 
principio 
attivo, 
di 
dosaggio, 
di 
forma 
farmaceutica, 
di 
modalit� 
di 
rilascio 
e 
di 
unit� 
posologiche. 
La 
dispensazione, 
da 
parte 
dei 
farmacisti, 
di 
medicinali 
aventi 
le 
medesime 
caratteristiche 
e 
prezzo 
di 
vendita 
al 
pubblico 
pi� 
alto 
di 
quello 
di 
rimborso, 
� 
possibile 
solo 
su 
espressa 
richiesta 
dell'assistito 
e 
previa 
corresponsione 
da 
parte 
dell�assistito 
della 
differenza 
tra 
il 
prezzo 
di 
vendita 
e 
quello 
di 
rimborso. 
I 
prezzi 
massimi 
di 
rimborso 
sono 
stabiliti 
in 
misura 
idonea 
a 
realizzare 
un 
risparmio 
di 
spesa 
non 
inferiore 
a 
600 
milioni 
di 
euro 
annui, 
che 
restano 
nelle 
disponibilit� 
regionali�. 

CONteNzIOSO 
NAzIONALe 


da 
ultimo 
il 
comma 
5 
dell�art. 
12 
del 
decreto 
Balduzzi, 
approvato 
con 
d.l. 
13 
settembre 
2012, 


n. 158, all�ultimo alinea 
ha 
disposto � con precipuo riferimento ai 
farmaci 
generici 
� che 
ciascun 
medicinale, che 
abbia 
tali 
caratteristiche, � 
automaticamente 
collocato, senza 
contrattazione 
del 
prezzo, 
nella 
classe 
di 
rimborso 
a 
cui 
appartiene 
il 
medicinale 
di 
riferimento 
qualora 
l'azienda 
titolare 
proponga 
un prezzo di 
vendita 
di 
evidente 
convenienza 
per il 
Servizio sanitario 
nazionale. 
e' 
considerato 
tale 
il 
prezzo 
che, 
rispetto 
a 
quello 
del 
medicinale 
di 
riferimento, 
presenta 
un 
ribasso 
almeno 
pari 
a 
quello 
stabilito 
con 
decreto 
adottato 
dal 
Ministro 
della 
salute, 
su proposta dell'Aifa, in rapporto ai volumi di vendita previsti. 
dunque 
il 
decreto 
Balduzzi 
per 
i 
farmaci 
generici 
ha 
escluso 
la 
contrattazione 
del 
prezzo 
nel 
caso 
in 
cui 
l�Azienda 
produttrice 
indichi 
un 
prezzo 
�conveniente�, 
secondo 
i 
parametri 
indicati 
dal 
decreto 
del 
Ministero 
della 
salute, 
adottato 
ai 
sensi 
del 
citato 
comma 
5, 
il 
quale 
prevede, 
come 
ribassi 
percentuali 
rispetto 
al 
prezzo 
delle 
confezioni 
in 
classe 
A, 
gli 
scaglioni 
del 
45%; 
47,5%; 
50%; 
55%; 
60%; 
65%; 
70% 
e 
75% 
nonch�, 
come 
ribassi 
percentuali 
rispetto 
al 
prezzo 
delle 
confezioni 
in 
classe 
H, 
gli 
scaglioni 
del 
30%; 
31,7%; 
33,3%; 
36,7%; 
40%; 
43,3%; 
46,7% 
e 
50%. 
tale 
ultimo 
decreto 
(c.d. 
decreto 
scaglioni), 
approvato 
dal 
Ministro 
della 
salute 
il 
4 
aprile 
2013, � 
stato oggetto di 
contenzioso dinanzi 
al 
giudice 
amministrativo, attivato proprio dal-
l�attuale appellata eg s.p.a.. 
Contrariamente 
a 
quanto assunto dal 
giudice 
di 
primo grado nell�impugnata 
sentenza 
il 
d.m. 
4 aprile 
2013 � 
pienamente 
efficace, atteso che 
il 
contenzioso si 
� 
concluso con le 
sentenze 
della 
sez. III del 
Consiglio di 
Stato nn. 629 e 
630 del 
30 gennaio 2018 che 
- in riforma 
delle 
sentenze 
della 
sez. 
III 
quater 
del 
tar 
Lazio 
8 
aprile 
2014, 
n. 
3803 
e 
27 
novembre 
2014, 
n. 
11899, che tale decreto avevano annullato - hanno accolto l�appello dell�Aifa. 
Il 
d.m. 
4 
aprile 
2013, 
al 
comma 
4 
dell�art. 
1 
rinvia 
nuovamente 
alla 
negoziazione 
ove 
il 
titolare 
dell'autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
del 
medicinale 
generico 
proponga 
un 
prezzo 
superiore 
a 
quello 
di 
evidente 
convenienza 
per 
il 
Servizio 
sanitario 
nazionale, 
secondo 
la 
procedura 
dettata 
dalla 
delibera 
del 
Comitato 
interministeriale 
per 
la 
programmazione 
economica 
1� febbraio 2001, n. 3. 
da 
questo breve, ma 
complesso excursus 
pu� evincersi 
che 
l�art. 12, comma 
5, d.l. n. 158 del 
2012 
ha 
escluso 
la 
contrattazione 
per 
i 
prezzi 
dei 
farmaci 
generici 
solo 
per 
l�ipotesi 
in 
cui 
l�Azienda 
produttrice 
indichi 
un 
prezzo 
�conveniente�. 
Si 
fa 
invece 
ricorso 
alla 
contrattazione 
se 
il 
prezzo 
proposto 
per 
il 
generico 
� 
superiore 
alle 
percentuali 
introdotte 
dal 
cd. 
decreto 
scaglioni, 
applicando i criteri dettati dalla delibera Cipe n. 3 del 2001. 
Il 
d.l. 
n. 
158 
recupera 
pertanto 
la 
contrattazione 
introdotta 
dalla 
norma 
generale 
del 
2003 
per 
�calmierare� 
il 
prezzo 
del 
medicinale, 
se 
quello 
offerto 
non 
� 
conveniente. 
Resta 
per� 
fermo 
il 
limite 
di 
un 
prezzo 
che 
sia 
almeno 
del 
20% 
inferiore 
a 
quello 
del 
farmaco 
originatore, 
previsto 
dalla 
norma 
speciale 
sui 
generici, 
introdotta 
dal 
comma 
130 
dell�art. 
3, 
l. 
n. 
549 
del 
1995. 
Si 
tratta 
di 
conclusione 
peraltro coerente 
con la 
differenza 
intrinseca 
che 
sussiste 
tra 
farmaco 
generico 
e 
originator. 
Il 
prezzo 
dei 
medicinali 
generici 
deve 
certamente 
garantire 
un 
risparmio 
al 
SSN 
rispetto al 
prezzo del 
medicinale 
di 
riferimento, il 
quale 
sconta 
il 
maggiore 
costo affrontato 
dal produttore per il brevetto. 
In 
conclusione, 
come 
condivisibilmente 
afferma 
l�Aifa, 
l�art. 
48, 
d.l. 
n. 
269 
del 
2006 
disciplina 
la 
diversa 
fattispecie 
dei 
farmaci 
�nuovi� 
e 
non 
pu� 
aver 
abrogato 
tacitamente 
il 
comma 
130 
dell�art. 
3, 
l. 
n. 
549 
del 
1995, 
norma 
speciale 
che 
attiene 
al 
diverso 
ambito 
dei 
farmaci 
generici. 
N� 
� 
possibile 
ritenere 
che 
la 
legge 
del 
1995 sia 
stata 
superata 
dal 
decreto Balduzzi 
e 
dal 
decreto 
ministeriale, adottato in applicazione 
del 
primo. L�abrogazione 
tacita 
presupporrebbe, 
infatti, una 
incompatibilit� 
tra 
la 
predetta 
previsione 
e 
quella 
successiva 
intervenuta 
sempre 

RASSeGNA 
AvvOCAtURA 
deLLO 
StAtO - N. 3/2018 


per disciplinare 
il 
prezzo dei 
farmaci 
generici. tale 
incompatibilit� 
non � 
per� per nulla 
ravvisabile. 
ed invero, il 
ricorso alla 
contrattazione 
per i 
prezzi 
dei 
farmaci 
generici 
� 
previsto 
per 
l�ipotesi 
in 
cui 
l�Azienda 
produttrice 
indichi 
un 
prezzo 
non 
�conveniente�, 
ma 
resta 
fermo 
il 
ribasso 
di 
almeno 
il 
20% 
rispetto 
al 
prezzo 
del 
farmaco 
originatore. 
Se 
� 
offerto 
ad 
un 
prezzo 
inferiore 
almeno 
del 
20 
% 
a 
quello 
della 
corrispondente 
specialit� 
medicinale 
a 
base 
dello 
stesso principio attivo con uguale 
dosaggio e 
via 
di 
somministrazione, il 
medicinale 
generico 
otterr� la medesima classificazione del farmaco originator. 

3. 
L�appello 
deve 
quindi 
essere 
accolto, 
con 
conseguente 
riforma 
della 
sentenza 
del 
tar 
Lazio, 
sede di Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, n. 1980. 
La 
complessit� 
della 
vicenda 
contenziosa 
giustifica 
la 
compensazione 
delle 
spese 
e 
degli 
onorari 
del giudizio. 
P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione 
terza), 
definitivamente 
pronunciando sull'appello, come 
in epigrafe 
proposto, lo accoglie 
e, per l�effetto, 
in riforma 
della 
sentenza 
del 
tar Lazio, sede 
di 
Roma, sez. III quater, 21 febbraio 2018, 
n. 1980, respinge il ricorso di primo grado. 
Compensa tra le parti in causa le spese e gli onorari del presente grado di giudizio. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018. 

LEGISLAZIONEEDATTUALIT�
Il Codice dell�Amministrazione digitale: genesi, 
evoluzione, principi costituzionali e linee generali 


Enrico De Giovanni* 


Come 
� 
ben 
noto 
fin 
dai 
primi 
anni 
�90 
i 
vari 
governi 
succedutisi 
alla 
guida 
del 
Paese 
hanno dato impulso, con sempre 
crescenti 
impegno ed attenzione, 
all�opera 
di 
modernizzazione 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
statale, 
ed 
altrettanto 
hanno 
fatto 
gli 
amministratori 
regionali 
e 
locali. 
Questo 
processo 
si 
� 
sviluppato attraverso il 
perseguimento di 
vari 
obiettivi 
quali, ad esempio, 
la 
semplificazione 
amministrativa 
e 
normativa, 
le 
riforme 
del 
pubblico 
impiego, 
la 
ridefinizione 
di 
strutture 
e 
relative 
competenze 
di 
vari 
settori 
dello 
Stato: 
ma 
uno degli 
strumenti 
essenziali 
del 
processo � 
stato senz�altro l�impulso 
all�utilizzo 
delle 
nuove 
tecnologie; 
in 
questo 
quadro, 
all�inizio 
degli 
anni 
2000 si 
� 
ritenuto che 
il 
processo di 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
amministrativa 
non potesse 
prescindere 
dalla 
creazione 
di 
un idoneo quadro normativo; 
da questa convinzione � scaturito il Codice dell�amministrazione digitale. 


Senza 
dubbio, 
come 
� 
stato 
posto 
ripetutamente 
in 
luce 
anche 
dalla 
dottrina 
giuridica, 
�negli 
ultimi 
anni� 
l�evoluzione 
tecnologica 
ha 
rivoluzionato 
le 
modalit� 
di 
produzione, 
conservazione 
e 
trasmissione 
delle 
conoscenze�, 
ed 
� 
�ormai 
costante 
idea 
che 
l�introduzione 
dell�informatica 
nell�amministrazione 
non 
sia 
un 
fine 
in 
s�, 
ma 
un 
mezzo 
per 
attuare 
i 
principi 
della 
buona 
amministrazione�. 


Da 
queste 
considerazioni 
� 
scaturita 
l�idea 
di 
un codice 
che 
raccogliesse 
e 
riordinasse 
in modo organico le 
principali 
norme 
in materia 
di 
utilizzo delle 


(*) Avvocato dello Stato, gi� 
Capo dell�Ufficio legislativo del 
Dipartimento per l�innovazione 
e 
le 
tecnologie 
della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 


Il 
presente 
contributo � 
tratto da C. BOCCIA, C. CONTESSA, E. DE 
GIOVANNI, Codice 
dell�Amministrazione 
digitale, La Tribuna, Piacenza, 2018. 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione 
nell�ambito 
della 
pubblica 
amministrazione, 
nonch� 
quelle 
concernenti 
il 
valore 
giuridico 
del 
documento 
informatico e 
delle 
firme 
elettroniche 
anche 
nei 
rapporti 
tra 
privati, introducendo 
da 
un lato nella 
normativa 
vigente 
le 
modifiche 
e 
le 
integrazione 
utili 
ed opportune, ma 
che 
nello stesso tempo non inducesse 
discontinuit� 
traumatiche 
nell�ordinamento; 
dunque 
un 
testo 
che, 
pragmaticamente, 
favorisse, 
nell�ambito 
di 
una 
sostanziale 
continuit�, 
l�implementazione 
ed 
il 
miglioramento 
del 
processo 
di 
modernizzazione 
della 
P.A. 
e 
promuovesse 
in 
modo 
sempre 
pi� sicuro ed efficace 
l�uso, con rilevanza 
giuridica, delle 
nuove 
tecnologie 
nei rapporti tra privati e tra questi e l�Amministrazione. 


In sostanza, proseguita 
e 
rafforzata 
sulla 
base 
di 
opportuni 
investimenti 
l�opera 
di 
promozione 
di 
iniziative 
concrete 
ed operative 
per l�effettiva 
realizzazione 
dei 
progetti 
di 
e-government 
(gi� 
avviata 
nelle 
ultime 
legislature 
del 
�900, 
come 
gi� 
ricordato) 
si 
� 
avvertita 
la 
necessit� 
di 
creare 
un 
nuovo 
contesto 
normativo, 
idoneo 
ad 
accogliere 
e 
sostenere, 
e 
talvolta 
addirittura 
imporre, 
questa 
sorta 
di 
rivoluzione 
silenziosa, 
che 
ha 
ormai 
cambiato 
la 
Pubblica 
amministrazione ed il volto stesso della nostra societ�. 


La 
redazione 
di 
un corpus 
normativo volto a 
raccogliere, coordinare, innovare 
e 
integrare 
le 
principali 
disposizioni 
in 
materia 
di 
informatica 
fu, 
in 
particolare, voluta 
nel 
2003 dall�allora 
Ministro per l�innovazione 
e 
le 
tecnologie 
Lucio Stanca. 


Come 
lo 
stesso 
Stanca 
ricorda 
nella 
prefazione 
al 
suo 
volume 
�L�Italia 
vista 
da 
fuori 
e 
da 
dentro�, 
egli 
nel 
2001 
entr� 
�a 
far 
parte 
del 
governo 
italiano 
come 
ministro tecnico� La 
delega 
che 
mi 
fu assegnata, come 
Ministro senza 
portafoglio, 
era 
l�innovazione 
tecnologica, 
con 
particolare 
riferimento 
a 
quella 
digitale� con una 
particolare 
attenzione 
all�introduzione 
delle 
tecnologie 
digitali 
nella Pubblica 
Amministrazione�. 


Il 
Ministro, alla 
luce 
dell�esperienza 
dei 
primissimi 
anni 
di 
governo, ritenne 
utile 
l�introduzione 
nel 
nostro ordinamento di 
un unitario quadro legislativo, 
all�epoca 
mancante 
poich� 
le 
varie 
norme, 
primarie 
e 
secondarie, 
esistenti 
erano distribuite 
in modo disorganico in diverse 
fonti 
ed apparivano 
incomplete 
e, talvolta, disomogenee; 
si 
procedette 
quindi 
ad un ampio lavoro 
di 
rilettura 
critica 
della 
legislazione 
vigente, 
elaborando 
nuove 
strategie 
di 
approccio 
al problema normativo in questa delicata materia. 


Si 
intraprese 
quindi 
(chi 
scrive 
ne 
� 
diretto 
testimone 
poich�, 
in 
qualit� 
di 
capo 
dell�Ufficio 
legislativo 
del 
Ministro, 
fu 
all�epoca 
officiato 
del 
difficile 
compito) 
un�opera 
di 
ricognizione 
delle 
disposizioni 
esistenti, 
di 
coordinamento 
e 
razionalizzazione 
delle 
stesse, 
di 
adeguamento 
alle 
normative 
europee 
nel 
frattempo 
emanate 
e 
di 
redazione 
di 
nuove 
norme 
laddove 
ve 
ne 
fosse 
necessit�. 


Apparve 
subito 
chiaro 
che 
l�operazione 
avrebbe 
richiesto 
il 
concorso 
di 
diverse 
culture 
e 
professionalit�, 
giacch� 
i 
profili 
spiccatamente 
tecnico-informatici 
della 
normativa 
imponevano 
una 
stretta 
collaborazione 
tra 
giuristi 
e, 
ap



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


punto, 
informatici; 
a 
ci� 
si 
aggiunga 
che 
i 
profili 
legati 
in 
particolare 
alla 
formazione 
e 
conservazione 
del 
documento 
informatico 
imponevano 
anche 
l�acquisizione 
di 
contributi 
da 
parte 
di 
esperti 
di 
archivistica. 
Sotto 
altro 
profilo, 
considerati 
gli 
indubbi 
riflessi 
che 
la 
disciplina 
avrebbe 
avuto 
sugli 
utenti 
degli 
strumenti 
digitali 
e 
sulle 
imprese 
del 
settore, 
si 
ritenne 
utile 
acquisire, 
nel 
corso 
dei 
lavori, 
anche 
i 
punti 
di 
vista 
dei 
rappresentanti 
delle 
predette 
categorie. 


� 
stato 
grazie 
a 
questi 
apporti, 
ed 
in 
particolare 
a 
quello 
offerto 
dai 
valenti 
tecnici 
in servizio all�epoca 
presso il 
CnIPA 
(l�ex AIPA), ora 
divenuta 
AgID, 
ente pubblico operante nel settore dell�informatica, che il testo ebbe luce. 


Stanti 
le 
peculiari 
caratteristiche 
del 
redigendo 
testo 
si 
ritenne 
necessario 
provvedere 
a 
mezzo 
di 
un 
decreto 
legislativo, 
dunque 
previa 
legge 
di 
delega; 
ed 
in 
effetti 
il 
testo 
fu 
redatto 
in 
attuazione 
della 
delega 
contenuta 
nell�articolo 
10 
della 
legge 
29 
luglio 
2003, 
n. 
229 
(�Interventi 
in 
materia 
di 
qualit� 
della 
regolazione, 
riassetto 
normativo 
e 
codificazione 
-legge 
di 
semplificazione 
2001�). 


Fu cos� 
svolto un lungo e 
complesso lavoro di 
redazione 
del 
primo testo 
del 
Codice 
dell'amministrazione 
digitale 
- per brevit� 
d'ora 
in poi 
CAD 
- poi 
emanato a 
mezzo del 
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, predisposto di 
concerto 
dagli 
uffici 
del 
Ministro 
per 
l�innovazione 
e 
le 
tecnologie 
d�intesa 
con gli altri Ministeri interessati. 

nonostante 
l�intervenuta 
pubblicazione 
in 
gazzetta 
Ufficiale 
fin 
dal 
marzo 
2005 
si 
ritenne 
di 
procrastinare 
l�entrata 
in 
vigore 
del 
testo 
al 
1� 
gennaio 
del 
2006 nella 
convinzione 
(rivelatasi 
poi 
assai 
ottimistica) che 
le 
PP.AA., nei 
mesi 
intercorrenti 
tra 
la 
pubblicazione 
e 
l�entrata 
in vigore, avrebbero predisposto 
gli 
interventi 
necessari 
alla 
piena 
attuazione 
del 
testo; 
attuazione 
che 
invece, a tutt�oggi, � solo parziale. 


Due 
fondamentali 
idee 
ressero la 
redazione 
del 
Codice: 
il 
principio del-
l�esaustivit� 
del 
testo 
e 
quello 
della 
inevitabile 
necessit� 
di 
un 
frequente 
futuro 
aggiornamento delle singole disposizioni. 


Il 
primo principio (opportunamente 
posto in luce 
dal 
Consiglio di 
Stato 
nel 
parere 
Ad. 
gen. 
25 
ottobre 
2004, 
n. 
10548) 
risponde 
all�esigenza 
di 
disporre 
di 
un testo che, sulla 
base 
di 
un insieme 
di 
disposizioni 
coerenti, complete 
e 
connesse, consenta 
a 
chiunque 
di 
rinvenire 
in modo agevole 
le 
norme 
che 
disciplinano 
l�uso 
degli 
strumenti 
digitali, 
facendo 
riferimento 
ad 
un 
unico 
articolato 
normativo; 
siffatto 
obiettivo 
� 
esplicitato 
nell�art. 
73 
del 
Codice 
medesimo 
(�Aggiornamenti�), il 
quale 
stabilisce 
che 
�la Presidenza del 
Consiglio 
dei 
ministri 
adotta gli 
opportuni 
atti 
di 
indirizzo e 
di 
coordinamento per 
assicurare 
che 
i 
successivi 
interventi 
normativi, 
incidenti 
sulle 
materie 
oggetto 
di 
riordino 
siano 
attuati 
esclusivamente 
mediante 
la 
modifica 
o 
l�integrazione 
delle disposizioni contenute nel presente Codice�. 


Il 
secondo 
deriva 
dalla 
consapevolezza 
dell�impetuoso 
e 
continuo 
progresso 
tecnologico, che 
rende 
in breve 
tempo obsolete 
o comunque 
superate 
le 
soluzioni 
tecniche 
precedenti, imponendo cos� 
al 
legislatore 
di 
adattare 
ci



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


clicamente 
l�ordinamento 
alle 
nuove 
realt�: 
sotto 
questo 
profilo 
il 
CAD 
� 
stato 
concepito come 
un �work in progress�, un testo che, in relazione 
alla 
materia 
disciplinata, avrebbe 
richiesto aggiornamenti 
frequenti. nella 
dialettica 
fra 
la 
tendenziale 
staticit� 
della 
legge 
e 
l�incessante 
dinamismo della 
tecnologia 
era 
quest�ultimo a 
dover prevalere; 
per la 
medesima 
ragione 
si 
� 
cercato un delicato 
equilibrio tra 
fonti 
normative 
di 
diverso rango, affidando quindi 
al 
CAD 
i 
principi 
generali 
e 
delegando a 
fonti 
secondarie, come 
disciplinate 
dall�art. 
71, la 
regolazione 
tecnica; 
si 
vedr� 
poi 
come 
lo stesso articolo 71 abbia 
ricevuto 
significative 
riscritture 
nel 
tempo, miranti 
a 
garantire 
l�esistenza 
di 
uno 
strumento agile 
e 
flessibile 
di 
regolazione 
secondaria, idoneo a 
recepire 
nel-
l�ordinamento gli effetti dell�evoluzione tecnologica. 


Ancora 
qualche 
osservazione 
sul 
momento di 
genesi 
del 
CAD; 
la 
norma 
di 
delega 
prevedeva 
la 
possibilit� 
di 
un intervento integrativo e 
correttivo del 
legislatore 
delegato, che 
fu poi 
effettivamente 
esercitato; 
la 
delega 
prevedeva 
inoltre 
l�emanazione 
di 
disposizioni 
volte 
a 
consentire 
l�istituzione 
del 
Sistema 
Pubblico 
di 
Connettivit� 
(S.P.C.), 
cio� 
di 
una 
rete 
telematica, 
improntata 
ai 
principi 
di 
interconnessione, interoperabilit� 
e 
cooperazione 
applicativa, che 
collegasse 
tutte 
le 
Amministrazioni 
Pubbliche 
italiane, 
a 
superamento 
della 
preesistente 
rete 
Unitaria 
delle 
Pubbliche 
Amministrazioni 
(r.U.P.A.) 
che 
coinvolgeva 
solo 
le 
Amministrazioni 
statali. 
Le 
relative 
norme 
furono 
emanate 
con autonomo decreto delegato (d.lgs. 28 febbraio 2005 n. 42), allo scopo di 
consentirne 
la 
tempestiva 
entrata 
in vigore 
(nel 
corso dello stesso anno 2005, 
senza 
attendere 
il 
2006, 
anno 
cui 
entr� 
in 
vigore 
il 
CAD) 
e 
la 
conseguente 
sollecita 
realizzazione. 


Stante, 
tuttavia, 
la 
tendenziale 
esaustivit� 
del 
CAD, 
il 
testo 
del 
d.lgs. 
42/2005 fu poi 
unificato al 
d.lgs. 82/2005 in sede 
di 
decreto integrativo e 
correttivo, 
salva 
poi 
la 
successiva 
abrogazione, negli 
anni 
seguenti, di 
numerosi 
articoli che avevano ormai esaurito la propria funzione. 


Dunque, come 
si 
� 
gi� 
segnalato, il 
CAD 
fu emanato nell�esercizio della 
delega 
volta 
al 
�riassetto in materia di 
societ� dell'informazione� 
contenuta 
nell�art. 10 della legge 29 luglio 2003, n. 229. 


In 
attuazione 
della 
delega 
furono 
promulgati 
3 
provvedimenti: 
nell�ordine 
il 
decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 42, recante 
l�istituzione 
del 
Sistema 
Pubblico di 
Connettivit� 
e 
della 
rete 
internazionale 
delle 
pubbliche 
amministrazioni; 
il 
decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante 
il 
�Codice 
del-
l�amministrazione 
digitale�; 
il 
decreto 
legislativo 
4 
aprile 
2006, 
n. 
159, 
recante 
integrazioni 
e 
correzioni 
al 
decreto 
legislativo 
n. 
82 
del 
2005, 
con 
cui, 
fra 
l�altro 
fu 
integrato 
nel 
testo 
originario 
del 
decreto 
legislativo 
n. 
82 
del 
2005 
anche 
il citato d.lgs. 42 del 2005. 


Prima 
di 
illustrare 
sinteticamente 
il 
susseguirsi 
dei 
vari 
interventi 
di 
riforma 
del 
CAD 
(che, 
lungi 
dal 
comprovarne 
l�obsolescenza 
ne 
dimostrano, 
invece, il 
dinamismo e 
l�utilit�), � 
opportuno fornire 
un quadro dell�ordina



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


mento 
prima 
della 
pubblicazione 
del 
testo 
originario, 
giacch� 
attraverso 
questa 
ricostruzione 
� 
possibile 
comprendere 
meglio 
alcuni 
rilevanti 
profili 
del 
codice 
e 
formarsi 
un quadro pi� completo sulle 
ragioni 
e 
le 
finalit� 
del 
testo e 
sulla 
sua struttura. 


1. L�evoluzione normativa. 
Si 
ripercorrer� 
in 
estrema 
sintesi 
l�evoluzione 
della 
disciplina 
positiva 
dell�uso 
delle 
tecnologie 
informatiche 
nel 
nostro 
ordinamento, 
evoluzione 
nella 
quale 
assume 
una 
particolare 
rilevanza 
la 
normativa 
in materia 
di 
documento 
informatico; 
a 
questo proposito si 
dir� 
subito che 
il 
CAD, pur denominandosi 
�Codice 
dell�amministrazione 
digitale� 
(ma 
attenzione, 
il 
termine 
amministrazione 
si 
riferisce 
all�agire 
amministrativo e 
non al 
soggetto P.A.) 
non � 
diretto solo a 
soggetti 
pubblici, cio� 
non contiene 
solo norme 
dirette 
a 
disciplinare 
l�organizzazione 
delle 
pubbliche 
Amministrazioni 
e 
l�utilizzo 
degli 
strumenti 
informatici 
da 
parte 
di 
quest�ultima, ma 
reca 
anche 
varie 
importanti 
discipline 
applicabili 
anche 
ai 
privati 
(e 
fra 
queste 
di 
particolare 
rilevanza 
sono 
quelle 
inerenti 
al 
documento 
informatico), 
secondo 
quanto 
espressamente chiarito dall�art. 2 del Codice. 


La 
presenza 
di 
norme 
di 
natura 
civilistica 
nell�ambito di 
un testo normativo 
in buona 
parte 
diretto a 
porre 
regole 
per le 
PP.AA. non � 
casuale 
e 
trova 
una precisa origine storico-normativa. 


Le 
norme 
sul 
documento 
informatico 
sono 
state 
infatti 
introdotte 
nell�ordinamento 
italiano 
nell�ambito 
di 
discipline 
pubblicistiche; 
il 
fondamentale 
riconoscimento della 
piena 
rilevanza 
giuridica 
del 
documento informatico si 
ebbe 
con l�articolo 15, comma 
2, della 
legge 
15 marzo 1997, n. 59, recante 
�Delega al 
Governo per 
il 
conferimento di 
funzioni 
e 
compiti 
alle 
regioni 
ed 
enti 
locali, per 
la riforma della Pubblica Amministrazione 
e 
per 
la semplificazione 
amministrativa� 
pubblicata 
sulla 
g.U. n. 63 del 
17 marzo 1997, una 
delle 
pi� importanti 
fra 
le 
cosiddette 
�leggi 
Bassanini�. La 
disposizione, tuttora 
in 
vigore 
poich� 
mai 
abrogata 
e 
pienamente 
compatibile 
con 
la 
successiva 
produzione 
legislativa, 
cos� 
recita: 
�gli 
atti, 
dati 
e 
documenti 
formati 
dalla 
pubblica 
amministrazione 
e 
dai 
privati 
con 
strumenti 
informatici� 
sono 
validi 
e rilevanti a tutti gli effetti di legge�. 


Da 
allora 
il 
legislatore 
italiano, 
in 
particolare 
nel 
CAD, 
ha 
disciplinato 
alcuni 
importanti 
profili 
civilistici 
in contesti 
normativi 
essenzialmente 
pubblicistici, 
e 
ci� anche 
in ossequio al 
segnalato principio di 
omnicomprensivit� 
e agevole leggibilit� della disciplina legislativa che ha ispirato il CAD. 


In 
merito 
al 
ricordato 
art. 
15, 
comma 
2, 
va 
osservato 
che 
esso, 
a 
rigore, 
non 
appariva 
indispensabile 
stante 
il 
generale 
principio 
di 
libert� 
delle 
forme 
vigente 
nel 
nostro 
ordinamento; 
dunque, 
probabilmente, 
la 
solenne 
affermazione 
della 
validit� 
e 
rilevanza 
a 
tutti 
gli 
effetti 
di 
legge 
del 
documento 
informatico 
fu 
inutile 
sul 
piano 
meramente 
normativo; 
tuttavia 
essa 
fu 
di 
capitale 
importanza 
sul 
piano 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


concreto 
e, 
per 
cos� 
dire, 
psicologico, 
poich� 
spazz� 
via 
ogni 
dubbio 
(pur 
se 
infondato) 
sull�idoneit� 
delle 
nuove 
tecnologie 
a 
dare 
vita 
e 
sostanza 
ad 
un�attivit� 
giuridicamente 
rilevante 
e 
dunque 
costitu� 
una 
pietra 
miliare 
nello sviluppo 
dell�utilizzo 
delle 
I.C.t. 
nei 
rapporti 
giuridici 
pubblicistici 
e 
privatistici 
nonch� 
momento 
fondamentale 
nel 
formarsi 
delle 
relative 
regole 
giuridiche. 


Dunque 
ecco 
il 
primo 
esempio 
della 
caratteristica 
che 
tuttora 
connota 
la 
nostra 
produzione 
normativa: 
l�articolo 
15, 
comma 
2 
si 
occupa, 
insieme, 
dei 
�documenti 
formati 
dalla 
pubblica 
amministrazione 
e 
dai 
privati�; 
dunque 
una 
legge, 
quale 
la 
59/97, 
nel 
suo 
complesso 
esplicitamente 
destinata 
ad 
incidere 
sulla 
Pubblica 
Amministrazione 
e 
sull�azione 
amministrativa, 
nel 
momento 
in 
cui 
si 
occupa 
di 
informatica 
detta, 
in 
realt�, 
esplicitamente 
regole 
di 
diritto 
comune, 
valide 
per 
l�intero 
ordinamento 
ed 
applicabili 
anche 
ai 
rapporti 
tra 
privati. 


ecco che 
si 
manifesta 
l�orientamento del 
legislatore 
italiano, tuttora 
solidamente 
seguito, 
ad 
affidare 
a 
normative 
essenzialmente 
destinate 
a 
regolare 
l�organizzazione 
e 
l�azione 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
anche 
la 
disciplina 
civilistica 
dell�utilizzo 
delle 
nuove 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione. 


Siffatto 
orientamento, 
pur 
se 
discutibile 
sul 
piano 
meramente 
astratto, 
trova 
la 
sua 
ragion d�essere 
in considerazioni 
pragmatiche 
ed ordinamentali: 
in 
effetti 
non 
vi 
� 
ragione 
per 
prevedere 
un 
diverso 
regime 
giuridico 
a 
seconda 
del 
fatto che 
l�uso dell�informatica 
sia 
realizzato da 
un soggetto pubblico o da 
un soggetto privato e 
dunque 
� 
ovvio che 
le 
medesime 
regole 
siano generalmente 
applicabili. 
Dunque 
non 
avrebbe 
ragion 
d�essere 
una 
frantumazione 
della 
disciplina 
in diverse 
fonti, con oggetto di 
natura 
privatistica 
o pubblicistica, 
che 
determinerebbe 
una 
dannosa 
frammentariet� 
ed una 
complessa 
conoscibilit� 
dell�ordinamento. 


Per 
tali 
ragioni 
anche 
nella 
successiva 
produzione 
normativa 
si 
� 
seguito 
l�orientamento 
descritto, 
affidando 
ad 
un 
testo 
destinato 
in 
larga 
misura 
alla 
pubblica 
amministrazione 
(appunto 
il 
�Codice 
dell�amministrazione 
digitale�) 
la 
disciplina 
di 
aspetti 
squisitamente 
privatistici, 
quali 
quelli 
del 
documento 
informatico, 
della 
sua 
conservazione 
e 
trasmissione 
e 
delle 
firme 
elettroniche. 


Altro 
aspetto 
caratterizzante 
dell�art. 
15, 
comma 
2 
in 
esame 
� 
il 
rinvio 
della 
disciplina 
degli 
aspetti 
applicativi 
ad una 
norma 
sottordinata, nel 
caso di 
specie 
di 
rango regolamentare, scelta 
che, anch�essa, come 
sopra 
osservato, 
caratterizza 
tuttora 
la 
produzione 
normativa 
italiana 
nel 
settore. Si 
ritenne 
fin 
da 
allora, 
opportunamente, 
che 
la 
norma 
primaria 
dovesse 
contenere 
i 
principi 
generali, 
quelli 
che 
improntano 
ed 
orientano 
l�ordinamento 
di 
settore, 
lasciando 
la 
regolazione 
puntuale 
e 
tecnica 
a 
strumenti 
che 
pi� agilmente 
possono 
essere adeguati alla rapida evoluzione tecnologica. 


In attuazione 
dell�art. 15 fu infatti 
emanato il 
fondamentale 
decreto del 
Presidente 
della 
repubblica 
10 novembre 
1997, n. 513, che 
introdusse 
per la 
prima 
volta 
in Italia 
una 
disciplina 
organica 
del 
documento informatico, rin



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


viando, secondo il 
disposto dell�art. 3, ad un decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
per 
la 
formulazione 
delle 
regole 
tecniche, 
decreto 
che 
fu 
emanato 
con 
la 
data 
dell�8 
febbraio 
1999. 
Il 
decreto 
disciplinava, 
nell�allegato 
tecnico, innanzi 
tutto, nel 
titolo I le 
regole 
tecniche 
per la 
formazione, la 
trasmissione, 
la 
conservazione, 
la 
duplicazione, 
la 
riproduzione 
e 
la 
validazione, 
anche 
temporale, dei 
documenti 
informatici. In tale 
parte 
del 
provvedimento 
era 
contenuta, 
in 
particolare, 
la 
disciplina 
delle 
firme 
digitali, 
soluzione 
tecnica 
a 
cui 
il 
legislatore 
italiano 
attribuiva 
rilevanza 
giuridica 
nettamente 
prevalente 
rispetto 
ad 
altri 
tipi 
di 
firma, 
e 
ci� 
anche 
al 
fine 
di 
garantire 
l�autenticit� 
e 
l�immodificabilit� 
del documento. 


nel 
titolo 
II 
si 
disciplinavano 
le 
�regole 
tecniche 
per 
la 
certificazione 
delle 
chiavi�, con puntuali 
disposizioni 
sui 
certificatori, cio� 
sui 
soggetti 
che 
rilasciano gli 
strumenti 
di 
sottoscrizione; 
il 
titolo III recava 
le 
�regole 
per 
la 
validazione 
temporale 
e 
per 
la 
protezione 
dei 
documenti 
informatici�; 
il 
titolo 
Iv dettava le 
�regole tecniche per le pubbliche amministrazioni�. 


va 
ricordato il 
contenuto di 
tali 
provvedimenti 
poich� 
le 
materie 
ivi 
disciplinate 
sono 
tuttora 
oggetto 
di 
disposizioni 
del 
CAD; 
le 
disposizioni 
sul 
documento 
informatico 
e 
sulle 
firme 
elettroniche 
confluirono 
poi, 
infatti, 
nel 
�Testo 
Unico 
sulla 
documentazione 
amministrativa�, 
di 
cui 
al 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
n. 
445 
del 
2000; 
trattandosi 
di 
testo 
Unico 
c.d. 
�misto� 
fu 
possibile 
mantenere 
alle 
singole 
disposizioni 
�traghettate� 
nel 
corpus 
normativo unitario il 
rango, primario o secondario, che 
rivestivano nelle 
fonti 
di 
provenienza. Il 
totale 
recepimento del 
DPr 513/1997 determin�, fra 
l�altro, l�alterazione 
della 
struttura 
del 
regolamento, con modifica 
della 
successione 
originale 
degli 
articoli, 
il 
che 
tuttavia, 
non 
ne 
modific� 
la 
portata 
precettiva. 
Successivamente, 
come 
si 
vedr�, 
siffatte 
disposizioni 
costituirono 
parte 
essenziale del CAD, ove furono trasferite. 


nel 
frattempo, 
tuttavia, 
era 
stata 
emanata 
la 
direttiva 
europea 
1999/93/Ce 
relativa 
ad 
un 
�quadro 
comunitario 
per 
le 
firme 
elettroniche�; 
direttiva 
che 
impattava 
direttamente 
e 
fortemente 
sulla 
disciplina 
del 
documento 
e 
delle 
firme 
elettronici 
presente 
nel 
DPr 
445/2000, 
imponendo 
al 
legislatore 
italiano 
di 
attribuire 
una 
seppur 
graduata 
rilevanza 
giuridica 
anche 
a 
firme 
elettroniche 
non 
digitali; 
la 
direttiva 
fu 
recepita 
per 
la 
parte 
di 
livello 
legislativo 
con 
il 
decreto 
legislativo 
23 
gennaio 
2002, 
n. 
10, 
e 
per 
le 
norme 
regolamentari 
con 
successivo 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica: 
entrambi 
i 
provvedimenti 
hanno, 
in 
sostanza, 
operato 
con 
la 
tecnica 
della 
novellazione 
del 
t.U. 
445/2000, 
sostituendo 
le 
norme 
(primarie 
e 
secondarie) 
superate 
dalla 
direttiva 
europea. 


Su 
quest�ultima 
fonte 
� 
intervenuto, 
sostanzialmente, 
il 
decreto 
legislativo 


n. 82 del 
2005, cio� 
il 
Codice 
dell�amministrazione 
digitale, che 
ha 
depauperato, 
per quanto concerne 
gli 
aspetti 
informatici, il 
corpus 
normativo formato 
dal 
t.U. 445/2000, scorporando, appunto, le 
disposizioni 
sul 
documento informatico 
e 
sulle 
firme 
elettroniche, sulla 
base 
della 
considerazione 
che 
esse 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


meglio figurano in un contesto normativo destinato a 
regolare 
l�uso, da 
parte 
delle 
PP.AA., dello strumento operativo costituito dalle 
nuove 
tecnologie 
del-
l�informazione 
e 
della 
comunicazione, 
contesto 
che 
vede 
siffatti 
strumenti 
non 
pi� sotto il 
profilo statico della 
�documentazione� 
ma 
li 
colloca 
in quello dinamico 
dell�organizzazione e del funzionamento. 

Le 
ricordate 
disposizioni 
sul 
documento informatico non sono, tuttavia, 
gli unici precedenti normativi del CAD. 

In particolare 
la 
vicenda 
relativa 
alla 
disciplina 
dell�uso delle 
tecnologie 
informatiche 
nell�azione 
amministrativa 
e 
tra 
i 
privati 
nelle 
sue 
forme 
pi� significative 
ed esplicite 
ha 
inizio nel 
1990, con l�approvazione 
della 
legge 
7 
agosto 1990, n. 241, recante 
�Nuove 
norme 
in materia di 
procedimento amministrativo 
e 
di 
diritto di 
accesso ai 
documenti 
amministrativi�, ove 
si 
rinviene 
un 
primo 
riconoscimento 
dell�uso 
dei 
prodotti 
dell�evoluzione 
tecnologica 
nello 
svolgimento 
di 
attivit� 
giuridicamente 
rilevante, 
appunto 
relativa 
in particolare 
all�attivit� 
amministrativa; 
esplicitamente 
nell�art. 22 si 
considera 
documento amministrativo anche 
ogni 
�rappresentazione 
� 
elettromagnetica 
o di 
qualunque 
altra specie 
del 
contenuto di 
atti, anche 
interni, 
formati 
dalla pubblica amministrazione 
o, comunque, utilizzati 
ai 
fini 
dell�attivit� 
amministrativa�; 
l�articolo in parola 
� 
stato poi 
modificato dall�art. 15 
della 
legge 
11 febbraio 2005, n. 15, ma 
la 
definizione 
sopra 
ricordata, contenuta 
in particolare nel comma 1, lettera d), � tuttora presente. 


giova 
qui 
rilevare 
che, 
come 
� 
stato 
gi� 
rilevato 
in 
dottrina, 
il 
legislatore 
ha 
utilizzato, 
nel 
tempo, 
una 
terminologia 
molto 
varia 
per 
indicare 
strumenti 
o 
prodotti 
riconducibili 
a 
quelle 
che 
oggi 
definiamo 
tecnologie 
digitali; 
si 
sono 
cos� 
usati 
i 
termini 
�elettromagnetico�, 
�elettrico�, 
�magnetico�, 
�ottico�, 
�informatico�, 
�telematico�, 
�digitale�; 
e 
ci� 
a 
prescindere 
dal 
puntuale 
significato 
tecnico 
che 
ciascuno 
di 
questi 
vocaboli 
assume. 
L�interprete, 
a 
nostro 
giudizio, 
deve 
astrarsi, 
nel 
caso 
di 
specie, 
da 
una 
puntuale 
ricostruzione 
del 
significato 
della 
singola 
espressione 
utilizzata, 
considerandole 
tutte 
come 
sostanziali 
sinonimi, 
volti 
ad 
indicare, 
appunto, 
strumenti, 
servizi 
o 
prodotti 
dell�ICt. 


Accanto alla 
l. 241/90 va 
qui 
rammentato il 
fondamentale 
decreto legislativo 
12 febbraio 1993, n. 39, recante 
�Norme 
in materia di 
sistemi 
informativi 
automatizzati 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
a 
norma 
dell�articolo 
2, 
comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421�. 


Il 
decreto, 
tuttora 
in 
piccola 
parte 
in 
vigore, 
art. 
3, 
comma 
2, 
disciplinava, 
come 
recita 
l�articolo 
1, 
�la 
progettazione, 
lo 
sviluppo 
e 
la 
gestione 
dei 
sistemi 
informativi 
automatizzati 
delle 
amministrazioni 
dello 
Stato�; 
fin 
da 
allora 
gli 
obiettivi 
del 
legislatore 
erano 
i 
seguenti: 
�a) 
miglioramento 
dei 
servizi; 
b) 
trasparenza 
dell�azione 
amministrativa; 
c) 
potenziamento 
dei 
supporti 
conoscitivi 
per 
le 
decisioni 
pubbliche; 
d) 
contenimento 
dei 
costi 
del-
l�azione 
amministrativa�. 


Per 
il 
raggiungimento 
di 
questi 
scopi 
la 
normativa 
stabiliva, 
tra 
l�altro, 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


che 
�gli 
atti 
amministrativi 
adottati 
da 
tutte 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
sono 
di 
norma 
predisposti 
tramite 
i 
sistemi 
informativi 
automatizzati� 
(art. 
3) 
e 
che 
�ogni 
amministrazione, nell�ambito delle 
proprie 
dotazioni 
organiche 
individua� 
un dirigente� 
quale 
responsabile 
per 
i 
sistemi 
informativi 
automatizzati� 
(art. 
10). 
e 
soprattutto 
istituiva 
l�Autorit� 
per 
l�informatica 
nella 
pubblica 
amministrazione 
(A.I.P.A.) - dalle 
cui 
successive 
riforme 
discende 
l�odierna 
Agenzia 
per l�Italia 
Digitale 
(AgID) - con vari 
e 
rilevanti 
compiti, descritti 
in 
particolare 
negli 
articoli 
7, 
8 
e 
9 
del 
decreto. 
Fra 
i 
compiti 
pi� 
importanti 
vanno 
segnalati 
quelli 
consistenti 
nel 
dettare 
norme 
tecniche 
e 
criteri 
sulla 
progettazione, 
realizzazione 
e 
gestione 
dei 
sistemi 
informativi 
delle 
PP.AA.; 
la 
redazione 
del 
piano triennale 
dei 
relativi 
progetti 
intersettoriali; 
la 
composizione 
di 
contenuti 
operativi 
tra 
amministrazioni 
(art. 7); 
l�espressione 
di 
pareri 
obbligatori 
di 
congruit� 
tecnico-economica 
sugli 
schemi; 
dei 
contratti 
per l�acquisizione 
di beni e servizi informatici di valore elevato (art. 8). 


L�emanazione 
di 
siffatto decreto costituisce 
la 
prima 
occasione 
in cui 
il 
legislatore 
italiano ha 
dedicato all�informatica 
(nel 
caso di 
specie, pubblica) 
un�attenzione 
ampia, puntuale 
e 
specifica, dettando un insieme 
articolato ed 
organico di 
norme, pur se 
esclusivamente 
rivolto alla 
diffusione 
dei 
�sistemi 
informativi informatizzati� 
presso le PP.AA. 


Il 
decreto 
legislativo 
39/93 
ha 
subito 
varie 
modifiche 
fino 
a 
giungere 
al-
l�abrogazione 
quasi 
integrale: 
le 
modifiche 
pi� 
rilevanti 
sono 
state 
realizzate 
dal 
decreto 
legislativo 
n. 
196 
del 
2003 
che 
ha 
trasformato 
l�A.I.P.A. 
in 
C.n.I.P.A.; 
poi 
dal 
d.lgs. 
177 
del 
2009, 
che 
ha 
ulteriormente 
trasformato 
il 
CnIPA 
in 
DigitPA, 
ente 
pubblico 
non 
economico, 
abrogando 
espressamente 
la 
gran 
parte 
delle 
disposizioni 
del 
d.lgs. 
39/93; 
da 
ultimo, 
con 
l'articolo 
19 
del 
decreto-legge 
22 
giugno 
2012, 
n. 
83, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
7 
agosto 
2012, 


n. 
134, 
DigitPA 
� 
stata 
trasformata 
nella 
ricordata 
AgID, 
a 
cui 
sono 
destinate 
numerose 
disposizione 
del 
pi� 
recente 
decreto 
correttivo 
del 
CAD. 
Dopo 
il 
d.lgs. 
39/93 
vanno 
anche 
rammentati 
la 
l. 
537/93, 
che 
ha 
previsto 
l�archiviazione 
su supporto ottico dei 
documenti 
per finalit� 
amministrative 
e 
probatorie, nonch� 
il 
D.P.r. 367/94 che 
ha 
statuito la 
validit� 
del 
mandato informatico 
di pagamento. 

tornando 
all�evoluzione 
legislativa 
va 
ricordato 
che 
l�emanazione 
del-
l�originario decreto legislativo n. 82 del 
2005 era 
stata 
preceduta 
dalla 
pubblicazione 
in gazzetta 
Ufficiale 
di 
un�altra 
importante 
legge 
caratterizzata 
da 
forte 
finalit� 
sociale: 
si 
tratta 
della 
legge 
9 gennaio 2004. n. 4, recante 
disposizioni 
per favorire 
l�accesso dei 
disabili 
agli 
strumenti 
informatici. La 
legge, 
approvata 
all�unanimit� 
da 
entrambi 
i 
rami 
del 
Parlamento, reca 
varie 
disposizioni 
dirette alle Pubbliche 
Amministrazioni ed � tuttora in vigore. 


Altre 
disposizioni 
di 
notevole 
rilievo nella 
nostra 
materia 
sono contenute 
nel 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
11 
febbraio 
2005, 
n. 
68, 
che 
ha 
istituito il 
sistema 
della 
posta 
elettronica 
certificata, attraverso cui 
� 
possibile 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


attribuire 
alle 
e-mail 
trasmesse 
con 
particolari 
soluzione 
tecniche 
un 
valore 
legale analogo alle raccomandate con avviso di ricevimento cartacee. 


numerosi 
sono stati 
i 
successivi 
interventi 
del 
legislatore; 
alcuni 
di 
modifica 
del 
CAD, 
altri 
volti 
ad 
introdurre 
disposizioni 
extravaganti 
(talvolta 
inopportunamente 
al 
di 
fuori 
dell�unitario quadro normativo costituito dallo 
stesso Codice). 


Le 
principali 
modifiche 
al 
CAD 
sono 
state 
introdotte 
dalle 
seguenti 
norme: 
il 
gi� 
ricordato 
primo 
decreto 
correttivo 
e 
integrativo 
d.lgs. 
4 
aprile 
2006, n. 159; 
la 
legge 
28 gennaio 2009, n. 2; 
la 
legge 
18 giugno 2009, n. 69, 
che 
conteneva 
anche 
la 
delega 
legislativa 
in base 
alla 
quale 
� 
intervenuta 
la 
significativa 
riforma 
del 
CAD 
promossa 
dal 
ministro Brunetta 
con il 
d.lgs. 30 
dicembre 
2010, 
n. 
235, 
(Modifiche 
ed 
integrazioni 
al 
decreto 
legislativo 
7 
marzo 
2005, 
n. 
82, 
recante 
Codice 
dell'amministrazione 
digitale, 
a 
norma 
del-
l'articolo 33 della legge 
18 giugno 2009, n. 69, Pubblicato nella 
gazz. Uff. 
10 gennaio 2011, n. 6); 
il 
D.L. 18 ottobre 
2012, n. 179 convertito, con modificazioni, 
dalla 
L. 17 dicembre 
2012, n. 221; 
il 
d.lgs. 26 agosto 2016, n. 179 
e, da ultimo, d.lgs. 13 dicembre 2017, n. 2017. 


Accanto alla 
descritta 
produzione 
di 
norme 
legislative 
e 
regolamentari 
si 
� 
posto l�esercizio della 
funzione 
di 
regolazione 
tecnica 
svolta 
dall�A.I.P.A. 
prima, poi 
dal 
C.n.I.P.A., da 
DigitPA 
ed oggi 
da 
AgID, funzione 
peraltro fortemente 
accentuata 
dalla 
riformulazione 
nell�ultimo 
correttivo 
dell�art. 
71, 
che 
sostanzialmente 
ha 
affidato all�emanazione 
di 
Linee 
guida 
da 
parte 
di 
AgID 
l�intera regolazione tecnica e di dettaglio. 


Questo 
� 
dunque 
il 
quadro 
normativo, 
descritto 
nel 
suo 
formarsi 
cronologico, 
che 
si 
presenta 
oggi 
all�interprete 
ed 
all�operatore; 
un 
quadro 
ampio, 
certamente 
non 
ancora 
perfettamente 
compiuto 
ed 
equilibrato, 
che 
richiede 
ulteriori 
integrazioni 
ed 
affinamenti 
da 
parte 
di 
un 
legislatore 
competente 
e 
lungimirante, 
ma 
che 
certamente 
gi� 
offre 
un 
idoneo 
insieme 
di 
strumenti 
operativi 
ed 
indirizzi 
strategici 
e, 
dal 
punto 
di 
vista 
scientifico, 
costituisce 
un 
oggetto 
organico 
ed 
autonomo 
di 
conoscenza 
tale 
da 
potersi 
configurare 
come 
�diritto 
pubblico 
del-
l�informatica�, 
branca 
della 
pi� 
ampia 
scienza 
del 
�diritto 
dell�informatica�. 


2. Il quadro dei principi costituzionali. 
Prima 
di 
affrontare 
l�analisi 
dei 
singoli 
articoli 
va 
tuttavia 
rappresentato 
in sintesi il quadro costituzionale in cui si muove il legislatore. 


Il 
CAD 
ha 
innanzi 
tutto 
mirato 
ad 
attuare 
la 
norma 
generale 
che 
disciplina 
l�azione 
amministrativa 
contenuta 
nell�articolo 
97 
Cost., 
che 
individua 
nei 
principi 
del 
buon 
andamento 
e 
dell�imparzialit� 
i 
cardini 
essenziali 
dell�agire 
pubblico; 
con 
specifico 
riferimento 
all�informatica 
va 
poi 
tenuto 
presente 
l�art. 
117, 
comma 
secondo, 
lettera 
r), 
che 
affida 
alla 
competenza 
legislativa 
dello 
Stato 
la 
disciplina 
del 
coordinamento 
informatico 
dei 
dati 
dell�amministrazione 
statale, 
regionale 
e 
locale; 
un 
altro 
principio 
di 
essenziale 
ed 
ineludibile 
rilevanza 
� 
quello 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


dell�autonomia 
di 
autorganizzazione 
spettante, 
ai 
sensi 
della 
lettera 
g) 
del 
medesimo 
articolo, 
primo 
e 
quarto 
comma, 
allo 
Stato 
ed 
anche 
alle 
Amministrazioni 
regionali 
e 
locali: 
si 
ricorda, 
al 
riguardo, 
la 
massima 
della 
Corte 
Costituzionale 
secondo 
la 
quale 
deve 
essere 
�conservata 
alle 
Regioni 
quella 
discrezionalit� 
organizzativa 
che 
deve 
essere 
ad 
esse 
riconosciuta 
con 
riferimento 
alle 
materie 
ed 
alle 
funzioni 
di 
cui 
all�articolo 
117, 
primo 
comma, 
della 
Costituzione�. 


riconduce 
di 
nuovo 
alla 
competenza 
statale, 
invece, 
il 
principio 
di 
cui 
alla 
lettera 
m) del 
comma 
secondo dell�art. 117, secondo cui 
lo Stato fissa 
i 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
concernenti 
i 
diritti 
civili 
e 
sociali 
che 
devono 
essere 
garantiti 
in 
tutto 
il 
territorio 
nazionale. 
Per 
quanto 
concerne, 
poi, 
la 
competenza 
legislativa 
sulle 
norme 
relativa 
alla 
disciplina 
dell�uso dell�informatica 
fra 
privati 
va 
fatto riferimento all�art. 117, comma 
secondo lettera 
l), 
che 
attribuisce 
allo 
Stato 
la 
facolt� 
di 
disciplinare 
�l�ordinamento 
civile�, 
nonch�, 
per quanto concerne 
l�azionabilit� 
di 
alcune 
posizioni 
nei 
confronti 
delle 
PP.AA., alla 
medesima 
disposizione 
costituzionale 
ove 
si 
riferisce 
alla 
�giurisdizione� 
ed alla �giustizia amministrativa�. 


Il 
principio del 
buon andamento e 
dell�imparzialit� 
dell�azione 
amministrativa, 
di 
cui 
all�art. 97 della 
Costituzione, trova 
nell�opzione 
del 
�migliore 
e 
pi� 
esteso 
utilizzo 
delle 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione� 
(art. 15 del Codice) un�attuazione nuova, piena e moderna. 


numerose 
norme 
del 
codice, in genere 
di 
natura 
programmatica 
e 
generale 
e 
talvolta 
pi� 
puntualmente 
prescrittive, 
affermano 
proprio 
il 
concetto 
per 
cui 
il 
buon 
andamento 
dell�azione 
amministrativa 
non 
pu� 
prescindere, 
ormai, 
dall�utilizzo di strumenti in linea con l�evoluzione tecnologica. 


In tal 
senso deve 
ormai 
ritenersi 
che 
questo utilizzo, nei 
termini 
delineati 
dal 
Codice 
e 
dalle 
altre 
leggi 
in 
materia, 
sia 
divenuto 
ormai 
uno 
dei 
paradigmi 
per valutare 
l�effettivo raggiungimento dell�obiettivo del 
buon andamento ed 
anche 
un efficace 
strumento per assicurare 
l�imparzialit�, tenuto conto degli 
effetti 
dell�adozione 
delle 
nuove 
tecnologie 
sulla 
trasparenza 
dell�azione 
amministrativa, 
sulla 
comunicazione 
istituzionale 
e 
sull�accesso 
ai 
servizi 
resi 
dalle PP.AA. e dai concessionari di pubblici servizi. 


Appaiono 
puntualmente 
riconducibili 
ad 
una 
diretta 
attuazione 
dell�art. 
97 
Cost. 
vari 
articoli 
del 
Capo 
primo 
del 
Codice: 
nella 
sezione 
prima 
l�art. 
2, 
comma 
1, 
si 
riallaccia 
sia 
al 
concetto 
dell�imparzialit� 
che 
del 
buon 
andamento, 
laddove 
impone 
che 
venga 
assicurata 
�la 
disponibilit�, 
la 
gestione, 
l�accesso, 
la 
trasmissione, 
la 
conservazione, 
e 
la 
fruibilit� 
dell�informazione 
in 
modalit� 
digitale� 
e 
che 
le 
PP.AA. 
�si 
organizzano 
ed 
agiscono 
a 
tale 
fine 
utilizzando 
con 
le 
modalit� 
pi� 
appropriate 
le 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione�; 
appare 
opportuno 
ricordare, 
al 
riguardo, 
il 
forte 
impulso 
alla 
trasparenza 
del-
l�azione 
amministrativa 
dato 
dal 
d.lgs. 
14 
marzo 
2013, 
n. 
33, 
recante 
�Riordino 
della 
disciplina 
riguardante 
gli 
obblighi 
di 
pubblicit�, 
trasparenza 
e 
diffusione 
di 
informazioni 
da 
parte 
delle 
pubbliche 
amministrazioni�, 
oggi 
ridenominato 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


�Riordino 
della 
disciplina 
riguardante 
il 
diritto 
di 
accesso 
civico 
e 
gli 
obblighi 
di 
pubblicit�, 
trasparenza 
e 
diffusione 
di 
informazioni 
da 
parte 
delle 
pubbliche 
amministrazioni� 
ai 
sensi 
del 
d.lgs. 
25 
maggio 
2016, 
n. 
97. 


nella 
sezione 
terza 
del 
capo primo del 
CAD, l�art. 12 reca 
una 
sorta 
di 
declinazione 
dei 
concetti 
di 
buon 
andamento 
e 
di 
imparzialit�; 
infatti 
le 
PP.AA. 
�nell�organizzare 
autonomamente 
la propria attivit� utilizzano le 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione 
per 
la 
realizzazione 
degli 
obiettivi 
di 
efficienza, 
efficacia, 
economicit�, 
imparzialit�, 
trasparenza, 
semplificazione 
e 
partecipazione�; 
l�uso delle 
nuove 
tecnologie 
viene 
quindi 
esplicitamente 
indicato 
come 
strumento 
idoneo 
al 
raggiungimento 
delle 
ricordate 
finalit�, 
anzi 
potrebbe 
dirsi 
come 
strumento �fisiologico� 
a 
quei 
fini, ma 
nello stesso 
tempo si 
riafferma 
che 
siffatto uso non � 
fine 
a 
se 
stesso, non costituisce, cio� 
un 
valore 
assoluto, 
giuridicizzato 
in 
quanto 
tale, 
ma 
assume 
rilevanza 
giuridica 
ed 
efficacia 
vincolante 
per 
l�Amministrazione 
in 
quanto 
effettivamente 
idoneo 
alla piena attuazione del principio costituzionale. 


rilevante 
appare 
poi 
il 
corollario 
che 
da 
quel 
principio 
viene 
tratto 
dal 
successivo 
art. 
15: 
�la 
riorganizzazione 
strutturale 
e 
gestionale 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
� 
avviene 
anche 
attraverso 
il 
migliore 
e 
pi� 
esteso 
utilizzo 
delle 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione 
nell�ambito 
di 
una 
coordinata 
strategia 
che 
garantisca 
il 
coerente 
sviluppo 
del 
processo 
di 
digitalizzazione�. 


In sostanza 
deve 
ritenersi 
che 
l�intero codice, per quanto concerne 
le 
disposizioni 
sulla 
pubblica 
amministrazione, costituisca 
un�attuazione 
dei 
principi 
costituzionali 
recati 
dall�art. 97, in una 
prospettiva 
moderna 
e 
dinamica 
e 
dunque 
le 
norme 
in esso contenute, se 
appaiono talvolta 
di 
natura 
programmatica, 
hanno 
tuttavia 
sempre 
e 
comunque 
un 
effetto 
prescrittivo 
e 
vincolante 
sull�organizzazione 
e 
sull�azione 
amministrativa, 
poich� 
di 
quei 
principi 
si 
dovr� 
tenere 
conto sia 
a 
livello politico in sede 
di 
emanazione 
delle 
direttive 
annuali 
dell�organo di 
direzione 
politica 
previste 
dall�art. 14 del 
decreto legislativo 
n. 
165 
del 
2001, 
come 
statuito 
dall�art. 
12, 
comma 
1 
bis 
del 
codice, 
sia, a 
livello esecutivo, da 
tutti 
coloro, i 
dirigenti 
innanzi 
tutto ma 
comunque 
da 
tutti 
gli 
operatori, 
che 
attuano 
le 
ricordate 
direttive 
nel 
quotidiano 
esercizio 
della funzione amministrativa. 


Il 
rispetto di 
quei 
principi, dunque, diviene 
canone 
di 
valutazione 
anche 
dell�opportunit� 
e 
dell�efficacia 
dell�azione 
dell�organo 
politico 
e 
dei 
dirigenti, 
idoneo ad incidere 
sulla 
valutazione 
(di 
volta 
in volta 
politica 
o amministrativa) 
dei medesimi, con evidenti riflessi sulla responsabilit� dirigenziale. 


Pertanto 
tutti 
gli 
attori 
della 
complessa 
macchina 
amministrativa 
sono 
chiamati, 
nei 
rispettivi 
ruoli, 
all�attuazione 
dei 
nuovi 
principi, 
che 
nella 
riconducibilit� 
al 
dettato costituzionale 
trovano forza 
e 
rilevanza 
incontrovertibile. 


Il 
secondo principio costituzionale 
che 
si 
� 
ricordato all�inizio del 
paragrafo 
� 
quello pi� specificamente 
riconducibile 
alla 
materia 
dell�informatica: 
esso 
� 
stato 
introdotto 
dalla 
legge 
costituzionale 
12 
ottobre 
2001, 
n. 
1, 
che, 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


nel 
riformare 
il 
titolo v, Parte 
II della 
Costituzione 
ed in particolare 
nel 
modificare 
le 
competenze 
legislative 
dello Stato e 
delle 
regioni, ha 
affrontato, 
anche 
se 
in modo sintetico, la 
nuova 
realt� 
tecnologica, nell�ambito di 
una 
disposizione 
(art. 117, comma 
secondo lettera 
r)) che 
si 
occupa 
anche 
di 
diversi 
fenomeni, come quello statistico. 


La 
norma 
affida 
alla 
competenza 
dello Stato �il 
coordinamento... informatico 
dei 
dati 
dell�amministrazione 
statale, regionale 
e 
locale�; 
siffatta 
disposizione 
va 
analizzata 
nella 
ratio, giacch� 
da 
una 
corretta 
ricostruzione 
del 
suo significato possono discendere 
conseguenze 
non trascurabili 
sul 
piano interpretativo 
ed applicativo. 


giova 
al 
riguardo 
ricordare 
che 
la 
Corte 
Costituzionale 
si 
� 
occupata 
specificamente 
della 
questione, 
fornendo 
sintetiche 
ma 
preziose 
precisazioni 
nella 
sentenza 
10/17 gennaio 2004, n. 17, resa 
su ricorso della 
regione 
Basilicata 
avverso la 
disposizione 
secondo la 
quale 
�il 
Ministro per 
l�innovazione 
e 
le 
tecnologie 
definisce 
indirizzi 
per 
l�impiego 
ottimale 
dell�informatizzazione 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni�, contenuta 
nell�art. 29, comma 
7, lettera 
a) 
della 
legge 
28 
dicembre 
2001, 
n. 
448. 
Secondo 
la 
regione 
la 
norma 
impugnata 
consentiva 
al 
governo 
di 
disciplinare 
l�organizzazione 
di 
regioni 
ed 
enti 
locali, 
mentre 
la 
lettera 
r) 
citata 
consente 
solo 
di 
dettare 
indirizzi 
di 
natura 
strettamente 
tecnica; 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio deduceva, invece, il 
pieno rispetto 
del 
dettato costituzionale 
poich� 
la 
disposizione, rettamente 
interpretata, era 
riconducibile proprio alla citata lettera 
r). 


La 
Corte 
respingeva 
il 
ricorso 
rilevando 
che 
il 
coordinamento 
statale 
riguarda 
anche 
�i 
profili 
della 
qualit� 
dei 
servizi 
e 
della 
razionalizzazione 
della 
spesa 
in 
materia 
informatica, 
in 
quanto 
necessari 
a 
garantire 
la 
omogeneit� 
nella 
elaborazione 
e 
trasmissione 
dei 
dati�; 
tuttavia 
la 
Corte 
precisava 
ulteriormente 
che 
il 
coordinamento 
� 
�meramente 
tecnico, 
per 
assicurare 
una 
comunanza 
di 
linguaggi 
di 
procedure 
e 
di 
standard 
omogenei, 
in 
modo 
da 
permettere 
la 
comunicabilit� 
tra 
i 
sistemi 
informatici 
della 
pubblica 
amministrazione�. 


Dunque 
secondo la 
Corte 
proprio in virt� della 
ricordata 
previsione 
della 
lettera 
r) del 
secondo comma 
dell�art. 117, il 
governo pu� perseguire 
l�obiettivo 
della 
�comunicabilit�� 
(concetto 
che 
in 
un 
linguaggio 
informatico 
pi� 
appropriato 
pu� 
definirsi 
con 
le 
espressioni 
interoperabilit� 
e 
cooperazione 
applicativa) non solo dettando regole 
strettamente 
inerenti 
agli 
strumenti 
informatici 
in 
quanto 
tali, 
ma 
anche 
ad 
altri 
profili 
�necessari 
a 
garantire 
la 
omogeneit� 
nella 
elaborazione 
e 
trasmissione 
di 
dati�, 
individuandoli, 
nel 
caso di 
specie, nella 
qualit� 
dei 
servizi 
e 
nella 
razionalizzazione 
della 
spesa; 
in 
tal 
modo 
la 
Corte 
ha 
fornito 
una 
perimetrazione 
elastica 
e 
comprensiva 
dell�ambito oggettivo entro cui 
pu� estrinsecarsi 
il 
potere 
statale 
di 
coordinamento, 
ma 
nel 
contempo ha 
precisato che 
la 
potest� 
legislativa 
dello Stato va 
intesa 
nel 
senso che 
in essa 
rientra 
solo la 
disciplina 
meramente 
tecnica, limitando 
cos� in modo rigoroso il possibile contenuto degli interventi statali. 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


In 
sostanza 
la 
Corte 
ha 
ricondotto 
l�esercizio 
della 
potest� 
legislativa 
alla 
necessit� 
di 
adottare 
soluzioni 
tecniche 
che 
assicurino effettivamente 
e 
sotto 
tutti 
profili 
necessari 
la 
possibilit� 
per 
i 
diversi 
livelli 
istituzionali 
di 
realizzare 
lo �scambio informatico dei 
dati�, escludendo per�, attraverso la 
limitazione 
agli 
aspetti 
tecnici, 
la 
possibilit� 
che 
lo 
Stato 
legiferi 
incidendo 
immediatamente 
sul 
potere 
di 
autoorganizzazione 
di 
regioni 
ed 
enti 
locali; 
la 
conclusione 
a cui � pervenuta la Corte appare effettivamente del tutto condivisibile. 


A 
ben 
veder 
potrebbero 
affacciarsi 
dei 
dubbi 
sulla 
effettiva 
compatibilit� 
fra 
la 
funzione 
di 
coordinamento 
tecnico 
informatico 
dello 
Stato 
e 
la 
potest� 
di 
autoorganizzazione 
di 
regioni 
ed 
autonomie; 
sembra 
in 
realt� 
trattarsi 
di 
una 
situazione 
in 
cui 
sussiste 
una 
concorrenza 
fra 
interessi 
in 
qualche 
misura 
contrastanti 
che 
la 
Carta 
costituzionale 
mira 
contemperare 
con 
una 
soluzione 
che 
consente, 
per 
quanto 
possibile, 
il 
minor 
sacrificio 
possibile 
ad 
entrambi 
gli 
interessi. 


In effetti 
la 
disposizione 
si 
pone 
come 
un vero e 
proprio temperamento 
del 
principio di 
autoorganizzazione 
a 
tutela 
di 
altri 
principi 
espressamente 
o 
implicitamente 
costituzionali, 
quali 
il 
buon 
andamento 
dell�azione 
amministrativa 
e la leale collaborazione tra Stato, regioni ed enti locali. 


Peraltro 
le 
considerazioni 
sopra 
esposte, 
e 
lo 
stesso 
dictum 
della 
Corte, 
non 
appaiono 
del 
tutto 
sufficienti 
a 
chiarire 
la 
portata 
della 
disposizione 
in 
esame, 
pur 
se 
la 
citata 
sentenza 
costituisce 
una 
chiara 
e 
forte 
indicazione, 
poich� 
va 
approfondito 
ulteriormente, 
nel 
solco 
tracciato 
dalla 
sentenza, 
l�ambito 
su 
cui 
le 
regole 
tecniche 
dettate 
dallo 
Stato 
possono 
incidere, 
senza 
ledere 
le 
autonomie. 


In questo senso appare 
necessario svolgere 
talune 
considerazioni 
circa 
il 
valore 
da 
attribuire 
all�espressione 
�coordinamento 
informatico 
dei 
dati�, 
poich� 
un�interpretazione 
restrittiva 
rischierebbe 
di 
vanificare 
o, 
quanto 
meno, 
di ridurre grandemente la portata della norma. 


Il 
coordinamento 
informatico 
dei 
dati 
non 
pu� 
essere 
inteso 
con 
riferimento 
alla 
mera 
trasmissione 
dei 
dati 
medesimi; 
infatti, la 
possibilit� 
di 
una 
effettiva 
collaborazione 
tra 
diversi 
soggetti 
mediante 
l�uso delle 
nuove 
tecnologie 
richiede 
soluzioni 
che 
garantiscano l�interoperabilit� 
e 
la 
cooperazione 
applicativa dei sistemi. 


In 
questo 
quadro 
� 
evidente 
che 
le 
regole 
tecniche 
non 
possono 
incidere 
solo 
sulla 
fase 
dello 
scambio 
di 
dati, 
poich� 
lo 
stesso 
scambio 
non 
sarebbe 
possibile, 
oppure 
non 
sarebbe 
possibile 
un 
effettivo 
utilizzo 
dei 
dati 
scambiati, 
se 
a 
monte 
non 
vi 
fosse 
l�adozione 
di 
sistemi 
compatibili 
ed 
in 
grado 
di 
cooperare. 


Poich� 
molteplici 
possono 
essere 
le 
soluzioni 
tecniche 
adottabili, 
saggiamente 
il 
legislatore 
costituzionale 
ha 
ritenuto 
di 
individuare 
un 
unico 
soggetto 
(che, ovviamente 
non poteva 
essere 
che 
lo Stato) abilitato a 
dettare 
gli 
standard, 
vincolanti 
per 
tutti, 
da 
adottare 
per 
assicurare 
l�obiettivo 
della 
pi� 
ampia 
ed 
efficiente 
collaborazione 
mediante 
l�uso 
dell�informatica 
e 
della 
telematica 
tra i diversi livelli istituzionali. 


Dunque 
il 
disposto della 
lettera 
r) 
in esame 
va 
inteso in senso puntuale 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


per quanto riguarda 
la 
natura 
delle 
norme 
che 
lo Stato � 
chiamato ad adottare 
(norme 
tecniche), ma 
in termine 
elastici 
e 
comprensivi 
per quanto concerne 
l�ambito 
che 
tali 
disposizioni 
tecniche 
possono 
riguardare, 
che 
potrebbero 
toccare 
anche 
aree 
non strettamente 
riconducibili 
a 
quelle 
individuate 
dalla 
sentenza 
della 
Corte 
costituzionale 
con 
riferimento 
al 
caso 
di 
specie, 
cio� 
la 
qualit� dei servizi e la razionalizzazione della spesa. 


Proprio 
tenendo 
presenti 
i 
principi 
test� 
descritti 
il 
CAD 
ha 
distinto 
in 
modo puntuale 
l�applicabilit� 
delle 
proprie 
disposizioni 
in relazione 
al 
contenuto 
delle 
medesime: 
l�art. 
2 
(�Finalit� 
ed 
ambito 
di 
applicazione�) 
nel 
comma 
2 
precisa 
che 
le 
singole 
norme 
si 
applicano 
a 
tutte 
le 
PP.AA. 
salvo 
che 
sia 
diversamente 
stabilito e 
comunque 
nel 
rispetto della 
loro autonomia 
organizzativa 
e 
del 
riparto 
di 
competenze 
di 
cui 
all�art. 
117 
della 
Costituzione. 
ovviamente 
nel 
corpo del 
codice 
si 
� 
espressamente 
prevista 
l�inapplicabilit� 
di 
singole 
disposizioni 
qualora 
le 
medesime 
incidano sull�autonomia 
organizzativa 
di regioni ed autonomie. 


Il 
testo del 
CAD, sul 
punto, � 
stato ritenuto conforme 
alla 
Costituzione 
da 
tutti 
gli 
organi 
chiamati 
ad esprimersi 
nel 
corso dell�iter 
di 
approvazione 
del 
decreto legislativo, ivi 
compresa 
la 
Conferenza 
unificata 
per i 
rapporti 
fra 
Stato, regioni ed autonomie. 


va 
peraltro ancora 
sottolineato il 
principio contenuto nella 
lettera 
m) 
del 
secondo comma 
dell�art. 117: 
lo Stato pu� determinare 
per legge 
i 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
concernenti 
i 
diritti 
civili 
e 
sociali 
da 
garantire 
sul-
l�intero 
territorio 
nazionale; 
fra 
le 
prestazioni 
rientrano 
certamente 
i 
servizi 
che 
le 
diverse 
pubbliche 
amministrazioni 
forniscono 
ai 
cittadini 
ed 
alle 
imprese 
ed � 
evidente 
che 
l�erogazione 
di 
un servizio tramite 
le 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione 
costituisce 
oggi 
una 
modalit� 
di 
essenziale 
rilievo, 
in 
difetto 
della 
quale 
� 
la 
stessa 
prestazione, 
talvolta, 
ad 
essere 
resa 
difficile 
se 
non 
impossibile. 
In 
un 
certo 
senso 
l�utilizzo 
stesso 
delle 
nuove 
tecnologie 
nei 
rapporti 
tra 
cittadini 
e 
Pubbliche 
Amministrazioni 
costituisce, in 
s�, 
un 
servizio, 
un 
valore 
fondante 
sul 
piano 
dell�efficienza 
dei 
servizi 
spettanti 
agli 
amministrati; 
dal 
lato 
degli 
utenti, 
poi, 
va 
ricordato 
il 
principio 
della 
parit� 
di 
accesso agli 
strumenti 
informatici 
e 
dunque 
anche 
ai 
servizi 
resi 
per via 
telematica 
in applicazione 
del 
principio di 
cui 
all�articolo 3 della 
Costituzione 
ed in particolare 
dell�obbligo, da 
parte 
della 
repubblica, di 
rimozione 
degli 
ostacoli 
alla 
libert� 
dell�uguaglianza, 
allo 
sviluppo 
della 
persona 
umana 
ed 
alla 
effettiva 
partecipazione. 
Proprio 
sull�affermazione 
di 
tali 
principi 
� 
peraltro 
basata 
la 
gi� 
ricordata 
legge 
9 
gennaio 
2004, 
n. 
4, 
volta 
a 
favorire 
l�accesso 
dei 
disabili 
agli 
strumenti 
informatici 
che 
nel 
CAD 
� 
richiamata 
sia 
nelle 
premesse 
sia in singoli articoli (cfr. art. 17, comma 1, lett. d)). 


3. I principali criteri ispiratori del CAD. 
In 
questo 
quadro 
costituzionale, 
dunque, 
si 
� 
proceduto 
alla 
redazione 
del 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


CAD 
e 
alle 
successive 
riforme, effettuando, ovviamente, una 
serie 
complessa 
di 
scelte 
sia 
per quanto riguarda 
gli 
oggetti 
da 
disciplinare, sia 
per quanto riguarda 
le 
soluzioni 
da 
adottare. In effetti 
varie 
opzioni 
politiche 
sono poste 
a 
base del testo: se ne segnalano alcune fra le pi� significative. 


Innanzi 
tutto 
il 
Codice 
afferma 
per 
la 
prima 
volta 
in 
modo 
esplicito 
ed 
organico, come 
gi� 
segnalato, l�idea 
che 
le 
moderne 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione 
costituiscono, 
oggi, 
lo 
strumento 
pi� 
idoneo 
a 
garantire 
l�efficienza 
e 
l�economicit� 
dell�azione 
amministrativa 
(e 
dunque 
in 
tal 
senso 
va 
applicato 
l�articolo 
97 
Cost.); 
poi, 
la 
necessit� 
di 
sviluppare 
il 
processo 
di 
digitalizzazione 
secondo 
una 
strategia 
organica 
e 
complessiva; 
in 
terzo 
luogo la 
necessit� 
di 
promuovere 
la 
massima 
interazione 
fra 
i 
vari 
livelli 
istituzionali, 
secondo i 
canoni 
della 
leale 
collaborazione 
e 
con l�obiettivo di 
una 
cooperazione efficiente. 


ed ancora 
fra 
i 
criteri 
ispiratori 
del 
Codice 
si 
segnalano i 
seguenti: 
la 
necessit� 
di 
incidere 
profondamente 
sul 
back 
office 
delle 
PP.AA., 
rideterminando 
strutture 
e 
procedimenti 
alla 
stregua 
delle 
possibilit� 
operative 
offerte 
dalle 
nuove 
tecnologie; 
l�investimento 
nella 
formazione 
all�uso 
dell�I.C.t., 
e 
ci� 
sia 
rispetto 
ai 
pubblici 
dipendenti 
sia 
rispetto 
ai 
cittadini, 
con 
l�impegno 
ad 
affrontare 
il 
problema 
della 
prevenzione 
e 
superamento 
del 
digital 
divide; 
l�idea 
di 
una 
P.A. amica 
ed efficiente, realmente 
al 
servizio, attraverso lo strumento 
tecnologico, degli 
�utenti� 
cittadini 
ed imprese; 
l�elevazione 
a 
vero e 
proprio 
diritto, azionabile 
in giudizio, dell�interesse 
di 
questi 
ultimi 
ad ottenere 
l�uso 
delle 
nuove 
tecnologie 
da 
parte 
della 
P.A. 
in 
determinate 
circostanze; 
l�uso 
delle 
medesime 
tecnologie 
per 
garantire 
la 
trasparenza 
dell�azione 
amministrativa; 
la 
neutralit� 
tecnologica 
della 
legge, 
che 
rimette 
alla 
valutazione 
puntuale 
e concreta delle PP.AA. la scelta delle soluzioni tecniche da adottare. 


Molti 
altri 
sono 
i 
principi 
esplicitati 
o 
sottesi 
al 
CAD, 
ma 
gi� 
questi 
possono 
fornire 
un 
quadro 
della 
complessit� 
ed 
articolazione 
delle 
scelte 
effettuate. 


All�interno del 
quadro complessivo disegnato dal 
CAD 
� 
poi 
opportuno 
porre 
fin d�ora 
un particolare 
accento su alcuni 
specifici 
aspetti 
concernenti 
in modo pi� puntuale 
l�organizzazione 
e 
lo svolgimento dell�attivit� 
amministrativa 
che appaiono particolarmente significativi. 

Per 
quanto 
concerne 
il 
c.d. 
�front 
office�, 
cio� 
il 
momento 
in 
cui 
l�amministrazione 
entra 
in 
rapporto 
con 
l�esterno, 
innanzi 
tutto 
vanno 
sottolineati 
gli 
obiettivi 
che 
si 
tradurranno 
in 
benefici 
immediati 
per 
il 
cittadino 
e 
l�impresa. 


Dell�argomento 
si 
tratter� 
nel 
fare 
riferimento 
ai 
diritti 
riconosciuti 
ai 
cittadini 
ed 
alle 
imprese: 
si 
ricorder� 
qui 
che 
essi 
potranno 
ottenere 
dalle 
PP.AA. 
i 
servizi 
in 
linea, 
accessibili 
in 
modo 
semplice 
e 
diretto 
dal 
computer 
attraverso 
la 
rete: 
si 
pensi 
alla 
possibilit� 
di 
prenotare 
una 
visita 
medica, 
effettuare 
un 
pagamento, 
presentare 
un�istanza 
o 
una 
dichiarazione, 
richiedere 
un 
documento 
e 
via 
dicendo, evitando faticose 
e 
costose 
code 
nei 
pubblici 
uffici, sostituite 
da 
operazioni 
svolte 
da 
casa 
o 
attraverso 
dispositivi 
mobili 
con 
un 
click 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


e 
sulla 
base 
di 
procedure 
semplici 
e 
comprensibili. gli 
utenti 
che 
lo vorranno 
potranno poi 
chiedere 
di 
esercitare 
il 
proprio diritto di 
partecipare 
ai 
procedimenti 
amministrativi 
che 
li 
riguardano 
attraverso 
la 
rete: 
essi 
verranno 
cos� 
avvertiti 
dell�avvio del 
procedimento e 
potranno esercitare 
l�accesso e 
conferire 
documenti (diritti previsti dalla legge 241 del 1990), per via telematica. 


va 
poi 
ricordata 
la 
messa 
a 
disposizione 
del 
pubblico 
del 
patrimonio 
informativo 
della 
P.A., 
salve, 
ovviamente, 
le 
esigenze 
di 
riservatezza: 
il 
CAD, 
infatti, 
prevedeva 
fin 
dalla 
prima 
stesura 
che 
tutte 
le 
Amministrazioni 
si 
dotassero 
di 
siti 
web, 
accessibili 
liberamente, 
contenenti 
una 
serie 
di 
informazioni 
utili, 
ad 
esempio 
sull�organizzazione 
della 
stessa 
P.A. 
e 
sulla 
sua 
attivit�, 
ovvero 
le 
norme 
principali 
che 
la 
riguardano 
e 
molti 
altri 
dati 
di 
generale 
interesse; 
la 
disposizione, 
contenuta 
originariamente 
in 
un 
solo 
articolo, 
ha 
assunto 
rilevanza 
tale 
da 
essere 
sostituita 
da 
apposito 
e 
articolato 
decreto 
delegato, 
il 
gi� 
citato 
d.lgs. 
33/2013. 


Anche 
per 
le 
imprese 
il 
beneficio 
ottenuto 
dall�attuazione 
del 
codice 
� 
notevole: 
infatti 
ormai 
esse 
hanno 
la 
possibilit� 
di 
svolgere 
tutti 
i 
propri 
adempimenti 
on-line, e 
possono, inoltre, beneficiare 
di 
un vero e 
proprio sistema 
informatico destinato a fornire servizi. 


Sono stati 
poi 
introdotti, fin dal 
primo testo, anche 
i 
concetti 
di 
qualit� 
dei 
servizi 
resi 
e 
di 
soddisfazione 
dell�utenza 
(art. 7): 
�le 
pubbliche 
amministrazioni 
centrali 
provvedono 
alla 
riorganizzazione 
ed 
aggiornamento 
dei 
servizi 
resi; a tal 
fine 
sviluppano l�uso delle 
tecnologie 
dell�informazione 
e 
della 
comunicazione, sulla base 
di 
una preventiva analisi 
delle 
reali 
esigenze 
dei 
cittadini 
e 
delle 
imprese, anche 
utilizzando strumenti 
per 
la valutazione 
del 
grado di soddisfazione degli utenti�. 


Infatti, come 
gi� 
segnalato, l�idea 
alla 
base 
del 
CAD 
� 
quella 
dell�amministrazione 
come 
soggetto che 
rende 
efficienti 
servizi 
al 
cittadino, in modo da 
soddisfare 
l�utente; 
proprio a 
tal 
fine, sono stati 
introdotti 
meccanismi 
di 
acquisizione 
di notizie e di valutazioni sul grado di soddisfazione delle utenze. 


Ma 
anche 
per 
il 
back 
office, 
cio� 
per 
l�organizzazione 
interna 
delle 
PP.AA., sono state 
introdotte 
grandi 
innovazioni; 
esse 
devono organizzare 
il 
proprio lavoro, infatti, sulla 
base 
dell�utilizzo di 
atti 
e 
provvedimenti 
digitali 
e 
di 
fascicoli 
virtuali 
che 
raccolgono 
i 
documenti 
informatici; 
la 
corrispondenza 
va 
scambiata 
esclusivamente 
attraverso la 
posta 
elettronica 
e 
la 
conservazione 
documentale 
avviene 
in 
modalit� 
digitale, 
il 
tutto 
con 
evidenti 
e 
grandissimi vantaggi di efficienza, rapidit� ed economicit�. 


Dunque 
l�obiettivo 
del 
CAD, 
cio� 
una 
Pubblica 
Amministrazione 
efficiente 
e 
trasparente, 
� 
stato 
perseguito 
con 
una 
serie 
di 
misure 
normative 
complessa 
ed articolata; 
ma 
� 
chiaro che 
per il 
successo dell�operazione 
le 
norme 
devono essere 
tradotte 
in realt� 
e 
non pu� nascondersi 
il 
fatto che, a 
oltre 
12 
anni 
dall�entrata 
in 
vigore 
del 
CAD, 
accanto 
a 
numerose 
concrete 
realizzazioni 
delle norme ivi previste, alcuni aspetti sono ancora parzialmente irrealizzati. 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


I dinieghi grossolani per l�accesso 
ai documenti amministrativi: esperienze 
applicative nell�epoca della trasparenza 


La 
libert� 
pu� 
esistere 
solo 
laddove 
cՏ 
conoscenza. 
Senza 
l�apprendimento, 
gli 
uomini 
sono 
incapaci 
di 
conoscere 
i 
loro diritti, e 
dove 
l�apprendimento 
� 
limitato 
a 
poche 
persone, 
la 
libert� 
non pu� essere n� eguale n� universale. 


Benjamin rush 


Fabio Ratto Trabucco* 


SoMMARIo: 1. Il 
diritto di 
accesso ai 
documenti 
amministrativi 
fra dinieghi 
grossolani 
e 
pretestuosi 
- 2. L�epoca della trasparenza fra informazioni 
al 
consumatore, diritto di 
accesso 
documentale 
e 
civico 
nonch� 
mancata 
responsabilit� 
del 
pubblico 
dipendente 
per 
diniego 
abnorme. 


1. Il 
diritto di 
accesso ai 
documenti 
amministrativi 
fra dinieghi 
grossolani 
e 
pretestuosi. 
Il 
diritto di 
accesso agli 
atti 
amministrativi 
costituisce 
una 
vera 
e 
propria 
conquista 
riconosciuta 
al 
cittadino in funzione 
dei 
rapporti 
con lo Stato e 
la 
pubblica 
amministrazione 
generalmente 
intesa 
onde 
garantire 
in 
particolare 
la 
trasparenza 
di 
quest�ultima. 
In 
Italia 
� 
notoriamente 
stato 
introdotto, 
per 
la 
prima 
volta 
nell�ordinamento giuridico italiano, dalla 
legge 
7 agosto 1990, n. 
241, vigente 
dal 
2 settembre 
1990. La 
disciplina 
e 
la 
sua 
effettiva 
implementazione 
� 
stata 
stabilita 
da 
apposito 
regolamento 
per 
l�accesso, 
dapprima 
il 


d.P.r. 27 giugno 1992, n. 352, vigente 
dal 
13 agosto 1992 quale 
data 
che 
ha 
segnato la 
formale 
e 
storica 
entrata 
in vigore 
della 
normativa 
in materia 
d�accesso 
agli 
atti 
in 
favore 
dell�utente: 
regolamento 
poi 
successivamente 
abrogato 
e sostituito dal d.P.r. 12 aprile 2006, n. 184. 
tecnicamente, 
il 
diritto 
di 
accesso 
documentale 
(1), 
in 
Italia, 
� 
sempre 


(*) Professore a contratto, Universit� di 
venezia - Ist. diritto pubblico. 


(1) 
In 
tema 
d�accesso 
documentale, 
senza 
pretesa 
d�esaustivit�, 
cfr.: 
A. 
gIreLLA, 
F. 
gIreLLA, 
L�accesso 
ai 
documenti 
amministrativi 
nel 
comparto sicurezza, orvieto, Intermedia, 2017; 
g. BAUSILIo, Il 
diritto 
di 
accesso 
ai 
documenti 
amministrativi: 
profili 
giurisprudenziali, 
vicalvi, 
Key, 
2016; 
J. 
SChwArze, Access 
to documents 
under 
European Union law, in �rivista 
italiana 
di 
diritto pubblico comunitario
�, 2015, 2, 335-344; 
L. CALIFAno, C. CoLAPIetro, Le 
nuove 
frontiere 
della trasparenza nella 
dimensione 
costituzionale, napoli, editoriale 
Scientifica, 2014; 
D. gIAnnInI, L�accesso ai 
documenti, 
Milano, giuffr�, 2013; 
C. CoLAPIetro 
(cur.), Il 
diritto di 
accesso e 
la Commissione 
per 
l'accesso ai 
documenti 
amministrativi 
a vent�anni 
dalla legge 
n. 241 del 
1990, napoli, editoriale 
Scientifica, 2012; 
P. 
BUrLA, 
g. 
FrACCAStoro, 
Il 
diritto 
di 
accesso 
ai 
documenti 
della 
pubblica 
amministrazione, 
roma, 
Laurus, 2006; r. ProIettI, L�accesso ai documenti amministrativi, Milano, giuffr�, 2004. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


stato 
legato 
al 
possesso 
di 
una 
situazione 
legittimante 
(che, 
nel 
testo 
originario 
della 
L. 
241/1990 
� 
estrinsecato 
con 
il 
possesso 
di 
una 
�situazione 
giuridicamente 
rilevante�) 
e 
va 
tenuto 
nettamente 
distinto 
dal 
cd. 
diritto 
di 
accesso 
civico 
(2), 
pi� 
recentemente 
previsto 
dal 
d.lgs. 
14 
marzo 
2013, 
n. 
33 
(successivamente 
modificato 
dal 
d.lgs. 
25 
maggio 
2016, 
n. 
97, 
noto 
come 
il 
Freedom 
of 
Information 
Act, 
FoA, 
italiano 
in 
rapporto 
all�omologa 
legge 
statunitense 
del 
4 
luglio 
1966), 
che 
ha 
inteso 
assicurare 
a 
tutti 
i 
cittadini 
la 
pi� 
ampia 
accessibilit� 
alle 
informazioni 
concernenti 
l�organizzazione 
e 
l�attivit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
(3). 


Appare 
evidente 
che 
nel 
panorama 
giuridico italiano il 
diritto di 
accesso 
ai 
documenti 
amministrativi 
costituisce 
un 
punto 
fermo 
per 
il 
cittadino 
e 
l�utente, 
generalmente 
inteso, 
nei 
rapporti 
con 
la 
pubblica 
amministrazione 
che 
sՏ 
per� formalmente 
realizzato a 
distanza 
di 
oltre 
quarant�anni 
dal 
varo 
della 
Costituzione 
repubblicana. Infatti, il 
diritto di 
accesso, per espressa 
previsione 
del 
legislatore, 
costituisce 
uno 
strumento 
messo 
a 
disposizione 
dei 
cittadini 
per 
conoscere 
i 
documenti 
formati 
o 
comunque 
in 
possesso 
di 
una 
pubblica 
amministrazione, in una 
logica 
di 
sistema 
complessiva 
e 
preordinata 
al perseguimento di una maggiore trasparenza dell�agire amministrativo. 


Indi, dopo decenni 
di 
attivit� 
amministrativa 
pubblica 
connotata 
basica-
mente 
dai 
principi 
della 
segretezza 
e 
della 
non 
ostensione 
degli 
atti 
al 
soggetto 
interessato, e 
dopo i 
dovuti 
tempi 
di 
attuazione 
della 
norma 
primaria, occorre 
attendere 
l�agosto 
del 
1992 
affinch� 
tale 
diritto 
entri 
finalmente 
nelle 
mani 
dei 
soggetti 
passivi 
dell�amministrazione 
pubblica 
impersonata 
da 
suoi 
burocrati 
e 
travet 
vari, pi� o meno efficienti e preparati in punto d�accesso agli atti. 


non 
a 
caso, 
sar� 
l�attivit�, 
tanto 
perseverante 
quanto 
inesorabile, 
della 
sapiente 
giurisprudenza 
amministrativa 
a 
plasmare 
e 
sancire 
definitivamente 
tale 
fondamentale 
diritto 
del 
cittadino 
unitamente 
all�azione 
della 
Commissione 
per l�accesso ai 
documenti 
amministrativi 
(CADA) costituita 
presso la 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
e 
dei 
Difensori 
civici 
regionali 
nonch� 
locali sino alla loro soppressione avvenuta a fine 2011. 


(2) 
In 
materia 
d�accesso 
civico, 
cfr.: 
C. 
De 
BeneDettI, 
Diritto 
di 
accesso 
agli 
atti 
�ex 
lege� 
241/90 
e 
�nuovo� 
accesso civico �generalizzato� 
ex 
d.lgs. 97/16: qualche 
criticit� nella sovrapposizione 
dei 
procedimenti, in �giustAmm.it�, 2017, 9, 1-22; 
M. LUCCA, Il 
diritto di 
accesso civico, generalizzato e 
documentale 
alla luce 
delle 
Linee 
guida ANAC n. 1309/2016, in �Comuni 
d�Italia�, 2017, 1-3, 26-40; 
C. CoLAPIetro, La terza generazione 
della trasparenza amministrativa dall�accesso documentale 
all'accesso 
generalizzato, 
passando 
per 
l'accesso 
civico, 
napoli, 
editoriale 
Scientifica, 
2016; 
M. 
D�ArIenzo, Diritto alla trasparenza e 
tutela dei 
dati 
personali 
nel 
d.lgs. n. 33/2013, con particolare 
riferimento 
alla disciplina dell�accesso civico, in �Diritto e 
processo amministrativo�, 2015, 1, 123-164; 
M.r. 
SPASIAno, 
Riflessioni 
in 
tema 
di 
trasparenza 
anche 
alla 
luce 
del 
diritto 
di 
accesso 
civico, 
in 
�nuove 
autonomie�, 2015, 1, 63-79; 
v. torAno, Il 
diritto di 
accesso civico come 
azione 
popolare, in �Diritto 
amministrativo�, 2013, 4, 789-840. 
(3) Cfr. M. LUnArDeLLI, The 
reform 
of 
legislative 
Decree 
n. 33/2013 in Italy: a double 
track 
for 
transparency, �Journal of Public Law�, 2017, 1, 1-46. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


Alla 
soglia 
del 
trentennio dalla 
legge 
sul 
procedimento amministrativo, 
il 
diritto di 
accesso costituisce 
un cardine 
ineludibile 
dell�ordinamento amministrativo 
italiano, per quanto ancora 
non difettano contenziosi 
in materia, a 
fronte 
di 
peculiari 
atti 
assoggettati 
all�ostensione 
ovvero stante 
la 
presenza 
di 
interpretazioni 
restrittive 
ovvero pretestuose 
da 
parte 
di 
alcuni 
uffici 
pubblici 
e dei relativi funzionari che li impersonano. 


Particolarmente 
in questa 
s�intende 
esaminare 
sino a 
che 
punto, nelle 
casistiche 
concrete, il 
diniego d�accesso ai 
documenti 
amministrativi 
� 
stato oggetto 
di 
dinieghi 
strumentali, 
pretestuosi, 
inconferenti 
e 
quindi 
con 
motivazioni 
manifestamente 
illegittime 
da 
parte 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
al 
fine 
dell�ostensione del documento richiesto. 


Anzitutto, 
rileva 
l�ipotesi 
in 
cui 
l�ente 
di 
turno 
eccepisca 
un 
aggravio 
del-
l�attivit� 
d�ufficio 
in 
forza 
del 
ricevimento 
d�istanze 
d�accesso 
onerose 
in 
termini 
di 
tempo 
e 
risorse 
per 
la 
loro 
gestione 
e 
cos� 
opponendo 
un 
diniego, 
anche 
per 
ragioni 
economiche. 
Per 
converso, 
l�ipotesi 
che 
l�istanza 
d�accesso 
possa 
essere 
insinuata 
a 
meri 
scopi 
emulativi 
e 
quindi 
financo 
essere 
potenziale 
causa 
di 
responsabilit� 
erariale 
per 
l�istante, 
di 
talch� 
tale 
motivazione 
possa 
essere 
sussunta 
dall�amministrazione 
onde 
non 
corrispondere 
all�istanza 
d�accesso. 


tuttavia, 
e 
condivisibilmente, 
la 
giurisprudenza 
� 
apparsa 
ferma 
nel 
valutare 
come 
�l�esistenza 
di 
situazioni 
idonee 
ad 
escludere 
il 
rilascio 
di 
copie 
di 
un 
atto 
va 
valutata 
con 
particolare 
severit�, 
evitando 
di 
mettere, 
a 
fondamento 
di 
un 
sostanziale 
diniego 
dell�accesso, 
dei 
meri 
profili 
di 
sostenibilit� 
economica 
dei 
costi 
relativi; 
costi 
che 
peraltro 
sono 
comunque 
riversati 
sul 
soggetto 
richiedente, 
giusta 
l�art. 
25, 
primo 
comma, 
della 
legge 
n. 
241/1990� 
(4). 
Indi, 
evidente 
che 
i 
limiti 
organizzativi 
e 
di 
struttura 
non 
sono 
da 
considerare 
limiti 
oggettivi 
all�ostensione 
come 
nel 
caso 
di 
accesso 
di 
soggetto 
privato 
ad 
elaborati 
grafici 
di 
dimensioni 
tali 
non 
fotocopiabili 
dall�ente 
con 
mezzi 
propri. 


Similmente, non pu� costituire 
valida 
ragione 
di 
diniego, l�asserita 
sussistenza 
di 
una 
�pratica 
e 
obiettiva 
impossibilit� 
di 
eseguire 
materialmente 
tale 
incombenza�, essendo lapalissiano obbligo dell�amministrazione 
di 
dotarsi 
di 
un apparato burocratico in grado di 
soddisfare 
gli 
adempimenti 
di 
propria 
competenza 
(5). Cos�, per il 
caso dell�accesso dei 
consiglieri 
comunali, 
gli 
enti 
locali, 
al 
pari 
di 
tutte 
le 
restanti 
pubbliche 
amministrazioni, 
sono 
tenuti 
a 
curare 
tutti 
gli 
atti 
a 
loro 
carico 
e, 
quindi, 
a 
dotarsi 
degli 
integrali 
mezzi 
(personale, 
strumentazioni 
tecniche 
e 
materiali 
vari) 
necessari 
all�assolvimento 
dei loro compiti (6). 


nell�ambito 
di 
amministrazioni 
locali 
minori 
era 
pure 
invalsa 
l�argomentazione 
per 
cui 
l�onere 
economico 
da 
sopportare 
per 
l�ufficio 
sarebbe 
ingente 


(4) Cons. Stato, sez. Iv, 10 aprile 2009, n. 2243. 
(5) tAr Sardegna, sez. I, 29 aprile 2003, n. 495. 
(6) Cons. Stato, sez. v, 4 maggio 2004, n. 2716. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


con 
riferimento 
alla 
�riproduzione 
di 
disegni, 
tavole 
e 
progetti�, 
rappresentando, 
inoltre, 
il 
possibile 
�rallentamento 
delle 
normali 
e 
quotidiane 
attivit�� 
collegato 
alle 
difficolt� 
di 
individuazione 
di 
ogni 
singolo 
atto 
e 
per 
le 
ricerche 
d�archivio. 
Senonch� 
gli 
uffici 
comunali 
non 
possono 
opporre 
il 
diniego 
all�accesso 
neppure 
con 
riferimento 
all�impossibilit� 
di 
rilasciare 
l�eccessiva 
documentazione 
richiesta, 
in 
forza 
dell�obbligo 
dell�amministrazione 
di 
dotarsi 
di 
mezzi 
e 
risorse 
in 
grado 
di 
soddisfare 
gli 
adempimenti 
di 
propria 
competenza 
(7). 


Circa 
il 
diniego dell�accesso nella 
forma 
della 
riproduzione 
fotostatica, 
in quanto costituirebbe 
ingiustificato aggravio della 
normale 
attivit� 
amministrativa 
dell�ufficio, deve 
ritenersi 
l�illegittimit� 
del 
diniego medesimo, posto 
che 
la 
notevole 
mole 
della 
documentazione 
da 
consegnare 
pu�, nel 
caso, giustificare 
il 
differimento con la 
distribuzione 
nel 
tempo del 
rilascio delle 
copie 
richieste (8). 


Inoltre, qualora 
l�ostensione 
degli 
atti 
della 
richiesta 
d�accesso possa 
essere 
di 
una 
certa 
gravosit�, potrebbe 
la 
stessa 
essere 
resa 
secondo i 
tempi 
necessari 
per 
non 
determinare 
interruzione 
alle 
altre 
attivit� 
comunali 
di 
tipo 
corrente. 
In 
questo 
processo 
applicativo 
� 
risultato 
illegittimo 
il 
provvedimento 
con il 
quale 
� 
stato negato di 
ottenere 
l�elenco delle 
concessioni 
edilizie 
rilasciate 
nell�ambito 
di 
un 
ampio 
lasso 
di 
tempo 
pluriennale 
(nella 
specie: 
dal 
giugno 
2002 
al 
settembre 
2005), 
nonch� 
l�elenco 
delle 
opere 
pubbliche 
appaltate 
nello stesso periodo. L�interruzione 
dell�attivit� 
degli 
uffici 
pu� pertanto 
rappresentare 
una 
motivazione 
valida 
per 
differire 
il 
rilascio 
di 
copia 
ad 
un 
momento successivo, ma non certo per opporre il diniego all�accesso (9). 


Infine, 
� 
stato 
chiarito 
che 
l�eventuale 
rilevante 
numero 
di 
richieste 
di 
accesso 
avanzate 
dai 
consiglieri 
locali 
nei 
confronti 
dell�ente 
di 
appartenenza 
non 
pu� 
costituire 
un 
legittimo 
limite 
o 
peggio 
ancora 
un 
impedimento 
all�esercizio 
del 
diritto di 
accesso, fermo restando soltanto la 
necessit� 
di 
contemperare 
nel 
modo 
pi� 
ragionevole 
e 
adeguato 
possibile 
dette 
richieste, 
finalizzate 
all�espletamento del 
mandato politico, con le 
esigenze 
di 
funzionamento 
degli uffici (10). 


tuttavia, il 
diniego grossolano ovvero pretestuoso all�accesso documentale 
ordinario 
dev�essere 
tenuto 
nettamente 
distinto 
dal 
caso 
in 
cui 
sia 
adottato 
un provvedimento con il 
quale 
l�ente 
adito ha 
espresso un formale 
diniego in 
merito ad un�istanza 
di 
accesso civico generalizzato, ai 
sensi 
dell�art. 5, secondo 
comma, 
d.lgs. 
n. 
33/2013, 
come 
modificato 
dal 
d.lgs. 
n. 
97/2016, 
avente 
ad 
oggetto 
tutte 
le 
determinazioni 
dirigenziali, 
con 
relativi 
allegati, 
adottate 
dai 
responsabili 
dei 
servizi 
in un certo anno. trattasi, infatti, per come 
propo


(7) tAr emilia-romagna, Bologna, sez. II, 29 gennaio 2004, n. 140. 
(8) tAr Sardegna, sez. II, 12 gennaio 2007, n. 29. 
(9) Cons. Stato, sez. Iv, 21 agosto 2006, n. 4855. 
(10) Cons. Stato, sez. v, 17 settembre 2010, n. 6963. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


sta, di 
una 
richiesta 
indiscriminata, sovrabbondante, �massiva�, pervasiva 
ed 
in ultima 
analisi 
contraria 
alla 
buona 
fede 
insita 
nell�istituto dell�accesso generalizzato 
e configurante una vera e propria ipotesi d�abuso del diritto (11). 


In 
materia, 
se 
� 
stata 
riconosciuta 
la 
vigenza, 
nel 
nostro 
sistema, 
di 
un 
generale 
divieto di 
abuso di 
ogni 
posizione 
soggettiva, divieto che, ai 
sensi 
del-
l�art. 2, Cost., e 
dell�art. 1175 c.c., permea 
le 
condotte 
sostanziali 
al 
pari 
dei 
comportamenti 
processuali 
di 
esercizio del 
diritto (12), questo non significa 
debba 
comunque 
sempre 
valere 
per 
il 
deposito 
di 
plurime 
e 
defatiganti 
istanze 
d�accesso. 


Infatti, gli 
elementi 
costitutivi 
dell�abuso del 
diritto, ricostruiti 
attraverso 
l�apporto dottrinario e 
giurisprudenziale 
(13), sono i 
seguenti: 
1) la 
titolarit� 
di 
un diritto soggettivo in capo ad un soggetto; 
2) la 
possibilit� 
che 
il 
concreto 
esercizio di 
quel 
diritto possa 
essere 
effettuato secondo una 
pluralit� 
di 
modalit� 
non rigidamente 
predeterminate; 
3) la 
circostanza 
che 
tale 
esercizio concreto, 
anche 
se 
formalmente 
rispettoso 
della 
cornice 
attributiva 
di 
quel 
diritto, 
sia 
svolto secondo modalit� 
censurabili 
rispetto ad un criterio di 
valutazione, 
giuridico od extragiuridico; 
4) la 
circostanza 
che, a 
causa 
di 
una 
tale 
modalit� 
di 
esercizio, si 
verifichi 
una 
sproporzione 
ingiustificata 
tra 
il 
beneficio del 
titolare 
del diritto ed il sacrifico cui � soggetta la controparte. 


Del 
resto 
la 
presenza 
di 
una 
potenziale 
attivit� 
dall�esclusivo 
sapore 
emulativo 
e 
di 
controllo 
generalizzato, 
in 
quanto 
tale 
non 
permessa 
dall�ordinamento, 
onde 
recare 
molestia 
e 
intralcio al 
funzionamento degli 
uffici 
pubblici 
con l�uso spropositato e 
dispendioso delle 
risorse 
umane 
e 
strumentali, costituisce 
una 
remotissima 
ipotesi 
che 
allorquando effettiva 
farebbe 
sorgere 
l�obbligo 
di 
denuncia 
al 
Procuratore 
regionale 
della 
Corte 
dei 
conti, 
che 
� 
l�organo 
pubblico al 
quale 
l�ordinamento affida 
poteri 
istruttori 
per l�accertamento dei 
fatti 
causativi 
di 
danno patrimoniale 
alla 
pubblica 
amministrazione 
ad opera 
di 
dipendenti 
od amministratori 
pubblici 
ai 
fini 
dell�eventuale 
esercizio del-
l�azione di responsabilit� amministrativa (14). 


e 
qui 
va 
rammentato 
che 
per 
�danno 
patrimoniale� 
in 
senso 
giuscontabile 
deve 
intendersi 
non 
una 
qualsiasi 
diminuzione 
del 
patrimonio 
dell�ente, 
ma 
un evento economicamente 
lesivo che 
si 
riveli 
oggettivamente 
�ingiusto� 
per 
l�amministrazione. Cos�, il 
�danno ingiusto� 
potrebbe 
essere 
un costo che 
per 
un 
verso 
risulti 
oggettivamente 
privo, 
in 
tutto 
o 
in 
parte, 
di 
corrispondente 
utilit� 
per l�ente 
o per la 
collettivit� 
amministrata 
e 
per altro verso si 
ponga 
in 


(11) tAr Lombardia, Milano, sez. III, 11 ottobre 2017, n. 1951. 
(12) 
Cons. 
Stato, 
ad. 
plen., 
23 
marzo 
2011, 
n. 
3 
e 
Cass. 
civ., 
sez. 
un., 
15 
novembre 
2007, 
n. 
23726. 
(13) Cass., sez. III, 18 settembre 
2009, n. 20106, in materia 
di 
esercizio abusivo del 
diritto di 
recesso 
ad nutum 
e Cons. Stato, sez. v, 7 febbraio 2012, n. 656. 
(14) Cfr. r.M. MerLo 
De 
FornASArI, La richiesta di 
accesso agli 
atti 
non si 
atteggia a ispezione 
popolare 
e 
non � 
funzionalizzata a verificare 
in proprio la regolarit� dell'attivit� di 
controllo effettuata 
dalla P.A., in �nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza�, 2009, 10, 1296-1300. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


relazione 
causale 
con una 
condotta 
antigiuridica 
(violazione 
dolosa 
o gravemente 
colposa di doveri di servizio). 


La 
latitudine 
del 
diritto di 
accesso ai 
documenti 
amministrativi 
induce 
a 
far basicamente 
presumere 
che 
la 
richiesta 
di 
atti 
sia 
effettivamente 
strumentale 
ad una 
finalit� 
che 
sovente 
coincide 
con la 
tutela 
delle 
proprie 
posizioni 
soggettive, anche in sede giurisdizionale. 


Una 
tale 
presunzione 
potrebbe 
essere 
vinta 
solamente 
da 
prove 
certe 
in 
senso 
contrario: 
una 
situazione 
di 
�danno 
patrimoniale 
ingiusto� 
potrebbe, 
cio�, 
sussistere 
ove 
risultasse 
effettivamente 
dimostrato 
che 
il 
diritto 
pretensivo 
dell�accedente 
sia 
stato esercitato o consentito in modo non corretto in contrasto 
con la 
finalit� 
della 
legge, cos� 
che 
i 
documenti 
acquisiti 
in copia 
non 
sono risultati 
utili 
n� 
per le 
addotte 
situazioni 
giuridiche 
soggettive, n� 
per le 
finalit� di queste. 


non sembra 
potersi 
dubitare, infatti, che 
la 
questione, in quanto involge 
un problema 
di 
costi 
a 
carico della 
finanza 
pubblica 
ed in quanto tende 
ad acclarare 
se 
tali 
costi 
rappresentino o meno �un danno patrimoniale 
per l�ente�, 
sia 
concettualmente 
inquadrabile 
nelle 
materie 
di 
contabilit� 
pubblica. 
Questa 
� 
notoriamente 
intesa 
come 
un complesso sistema 
di 
norme 
e 
di 
principi 
che 
presiede 
alla 
gestione 
finanziaria 
e 
patrimoniale 
dello Stato e 
degli 
altri 
enti 
pubblici 
e 
che 
� 
destinato a 
regolare 
in particolare 
i 
rapporti 
relativi 
alla 
gestione 
delle 
entrate 
e 
del 
pubblico denaro, traendo fondamento da 
precetti 
di 
ordine costituzionale (15). 


D�altronde, come 
obliterare 
che 
in sede 
di 
giurisdizione 
contabile 
� 
stata 
affermata 
la 
responsabilit� 
del 
capo 
di 
un�amministrazione 
locale 
per 
l�illegittimo 
diniego opposto alla 
richiesta 
di 
accesso, dal 
quale 
era 
derivata 
condanna 
del 
Comune 
al 
pagamento delle 
spese 
di 
giudizio (16), a 
dimostrazione 
di 
come 
non vi 
sia 
spazio per pretestuosi 
dinieghi 
d�accesso da 
parte 
dell�apatico 
ed indolente 
funzionario pubblico. e 
se 
questi 
sono gli 
indirizzi 
maturati 
nella 
giurisprudenza, 
appare 
estremamente 
arduo 
ipotizzare 
danni 
di 
natura 
patrimoniale 
in 
relazione 
ai 
�costi� 
che 
gravano 
sull�amministrazione 
per 
l�estrazione 
di 
copie 
di 
atti 
effettuata 
a 
richiesta 
di 
un accedente 
per finalit� 
difensive. 


2. L�epoca della trasparenza fra informazioni 
al 
consumatore, diritto di 
accesso 
documentale 
e 
civico nonch� 
mancata responsabilit� del 
pubblico dipendente 
per diniego abnorme. 
Il 
periodo storico nel 
quale 
viviamo, indicato sovente 
come 
un�autentica 
�era 
della 
trasparenza�, 
sta 
ad 
indicare 
come 
l�esigenza 
di 
trasparenza 
permea 
non 
soltanto 
la 
relazione 
fra 
gli 
amministrati 
ed 
i 
titolari 
di 
pubblici 
poteri, 


(15) Corte conti, sez. I, 13 maggio 1987, n. 91; Cass. civ., sez. un., 2 marzo 1982, n. 1282. 
(16) Corte conti, sez. giur. Umbria, 5 giugno 1997, n. 284. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


nella 
delicata 
contrapposizione 
autorit�/libert�, all�interno dello Stato democratico, 
ma 
si 
estende 
ai 
rapporti 
di 
diritto 
privato, 
finendo 
con 
l�investire 
tutte 
le 
relazioni 
caratterizzate 
da 
asimmetria 
informativa. In definitiva, all�interno 
di 
tutti 
gli 
ambiti 
delle 
relazioni, di 
diritto amministrativo o di 
diritto privato, 
l�ordinamento democratico - sotto la 
spinta, anche 
delle 
indicazioni 
che 
provengono 
dall�Unione 
europea 
- ritiene 
di 
dover apporre 
un limite 
al 
potere 
di 
sfruttamento 
del 
vantaggio 
informativo 
di 
una 
delle 
parti 
del 
rapporto, 
ponendo 
l�obbligo di 
rendere 
edotta 
la 
parte 
pi� debole 
del 
rapporto delle 
circostanze 
da 
lui 
sconosciute. 
Senza 
volere 
approfondire 
in 
questa 
sede 
il 
discorso 
relativo 
a 
nozioni 
ed istituti 
privatistici, ci 
si 
limiter� 
a 
ricordare 
il 
Codice 
del 
consumatore 
di 
cui 
al 
d.lgs. 6 settembre 
2005, n. 206, ed i 
principi 
di 
trasparenza 
da 
esso enucleabili. 


non si 
pu�, infatti, prescindere 
di 
annotare 
che 
- pi� ancora 
che 
a 
valori 
immanenti 
reperiti 
direttamente 
e 
immediatamente 
dalla 
Carta 
costituzionale 
-la 
spinta 
dell�ordinamento 
interno 
verso 
una 
crescente 
applicazione 
di 
criteri, 
metodi 
e 
strumenti 
intesi 
a 
realizzare 
la 
trasparenza 
nella 
e 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, sia 
venuta 
dall�aspirazione 
di 
governance 
partecipata 
e 
trasparente 
che 
sՏ 
imposta 
per il 
tramite 
dell�appartenenza 
all�Unione 
europea. 


L�europa 
era 
partita 
ponendo 
la 
propria 
attenzione 
al 
tema 
della 
disuguaglianza 
nelle 
informazioni 
e 
la 
spinta 
iniziale 
� 
stata 
(probabilmente, 
come 
per 
la 
generalit� 
delle 
iniziative 
assunte 
dalla 
Comunit� 
agli 
albori 
della 
sua 
istituzione) 
funzionale all�efficienza dell�economia di mercato. 


tale 
impressione 
sembra 
trovare 
conferma 
nella 
crescente 
attenzione 
che, 
dagli 
anni 
ottanta 
del 
secolo 
scorso, 
� 
stata 
posta 
all�esigenza 
di 
tutela 
del 
contraente 
pi� debole, in quanto �disinformato�, per ci� che 
concerne 
le 
relazioni 
di 
diritto comune, sulla 
base 
di 
un obiettivo trainante 
di 
tutela 
del 
consumatore 
al 
quale 
devono essere 
rese 
quante 
pi� informazioni 
possibili 
dalla 
controparte 
(generalmente, un imprenditore 
o un commerciante 
che 
si 
trova 
in posizione 
privilegiata), e 
nel 
proliferare, a 
partire 
da 
tale 
data, di 
normative 
interne 
indirizzate 
appunto ad eliminare 
o attenuare 
i 
disequilibri 
nell�ambito 
delle informazioni negoziali. 


Il 
passaggio 
ulteriore 
verso 
una 
differente 
funzionalizzazione 
della 
tutela 
� 
coevo 
all�idea 
di 
trasparenza 
delle 
e 
nelle 
istituzioni 
comunitarie 
e 
nazionali, 
che 
si 
rinviene 
nel 
trattato di 
Maastricht 
del 
7 febbraio 1992, in cui 
vengono 
enunciati 
sia 
il 
tema 
della 
trasparenza, 
con 
un 
primo 
richiamo 
ufficiale 
nel 
senso della 
predisposizione 
di 
misure 
intese 
ad accrescere 
la 
possibilit� 
per il 
pubblico 
di 
accedere 
alle 
informazioni 
di 
cui 
le 
istituzioni 
dispongono, 
sia 
quello della tutela del consumatore (artt. 153 e 255). 


In 
materia 
basti 
evocare 
il 
nodo 
delle 
informazioni 
sugli 
alimenti 
ai 
consumatori 
in 
base 
al 
quale 
l�indicazione 
del 
Paese 
d�origine 
o 
del 
luogo 
di 
provenienza 
delle 
materie 
prime 
dovrebbe 
essere 
fornita 
in 
modo 
da 
non 
trarre 
in 
inganno 
il 
consumatore 
affinch� 
comprenda 
meglio 
le 
informazioni 
relative. 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


Da 
ultimo, 
nel 
febbraio 
2018, 
� 
stato 
il 
caso 
dei 
decreti 
che 
impongono 
l�indicazione 
dell�origine 
del 
grano 
duro 
e 
della 
semola 
(17) 
nonch� 
del 
riso 
(18), 
come 
� 
gi� 
accaduto 
per 
il 
latte 
e 
i 
prodotti 
lattiero-caseari 
dall�aprile 
2017 
(19), 
sulla 
scia 
d�analoghe 
normative 
adottate 
in 
Francia 
pur 
molto 
discutibilmente 
criticate 
in 
quanto 
l�obbligo 
della 
menzione 
d�origine 
contribuirebbe 
alla 
frammentazione 
del 
mercato 
interno 
dell�Unione 
europea 
(20). 
Del 
resto, 
e 
non 
a 
caso, 
la 
giustizia 
amministrativa 
ha 
avuto 
gioco 
facile 
a 
rigettare 
la 
richiesta 
di 
sospensione 
dell�efficacia 
del 
decreto 
insinuata 
dalle 
lobbies 
del 
grano 
e 
suoi 
lavorati, 
laddove 
il 
tAr 
del 
Lazio 
ha 
ritenuto 
prevalente 
l�interesse 
pubblico 
volto 
a 
tutelare 
l�informazione 
dei 
consumatori, 
considerato 
anche 
e 
soprattutto 
l�esito 
di 
una 
consultazione 
pubblica 
ad 
hoc 
condotta 
on 
line, 
a 
cui 
hanno 
partecipato 
circa 
26 
mila 
utenti, 
sull�importanza 
attribuita 
dai 
consumatori 
italiani 
alla 
conoscenza 
del 
Paese 
d�origine 
e/o 
del 
luogo 
di 
provenienza 
dell�alimento 
e 
dell�ingrediente 
primario 
(21). 
orbene, 
tali 
consultazioni 
pubbliche 
in 
materia 
d�informazioni 
relative 
ai 
prodotti 
alimentari 
sono 
state 
espressamente 
previste 
dalla 
normativa 
primaria 
italiana 
sin 
dal 
giugno 
2014 
onde 
valutare 
quanto 
sia 
percepita 
come 
significativa 
l�indicazione 
relativa 
al 
luogo 
di 
origine 
o 
di 
provenienza 
dei 
prodotti 
alimentari 
e 
della 
materia 
prima 
agricola 
utilizzata 
nella 
preparazione 
o 
nella 
produzione 
degli 
stessi 
e 
quando 
l�omissione 
delle 
medesime 
indicazioni 
sia 
ritenuta 
ingannevole 
(22). 
Infatti, 
la 
latitanza 
in 
materia 
della 
Commissione 
europea 
che 
non 
ha 
ancora 
adottato 
gli 
atti 
esecutivi 
per 
i 
ridetti 
obblighi 
d�informazione 
al 
consumatore, 
ai 
sensi 
dell�art. 
26, 
par. 
8, 
del 
regolamento 
n. 
1169/2011, 
non 
preclude 
allo 
Stato 
membro 
di 
dettare, 
nelle 
more, 
una 
disciplina 
nazionale 
(23), 
corredata 
-come 
nel 
caso 
-dalla 
clausola 
di 
cedevolezza 
(art. 
7, 
secondo 
comma, 
decreti 
citati). 


traguardando il 
punto delle 
informazioni 
al 
consumatore, l�idea 
di 
una 


(17) Decreto del 
Ministro delle 
Politiche 
Agricole, Alimentari 
e 
Forestali 
del 
26 luglio 2017, recante: 
�Indicazione 
dell�origine, in etichetta, del 
grano duro per paste 
di 
semola 
di 
grano duro�, con 
obbligo vigente dal 17 febbraio 2018. 
(18) Decreto del 
Ministro delle 
Politiche 
Agricole 
Alimentari 
e 
Forestali 
del 
26 luglio 2017, recante 
�Indicazione dell�origine in etichetta del riso�, con obbligo vigente dal 17 febbraio 2018. 
(19) Decreto del 
Ministero Delle 
Politiche 
Agricole 
Alimentari 
e 
Forestali 
del 
9 dicembre 
2016, 
recante 
�Indicazione 
dell�origine 
in 
etichetta 
della 
materia 
prima 
per 
il 
latte 
e 
i 
prodotti 
lattieri 
caseari, 
in attuazione 
del 
regolamento (Ue) n. 1169/2011, relativo alla 
fornitura 
di 
informazioni 
sugli 
alimenti 
ai consumatori�, con obbligo vigente dal 19 aprile 2017. 
(20) Cfr. L.g. vAQU�, L�indicazione 
d�origine 
dei 
prodotti 
alimentari: una rivoluzione 
francese 
neo-protezionista?, in �Il Diritto comunitario e degli scambi internazionali�, 2016, 4, 629-639. 
(21) ord. tAr Lazio, roma, sez. II-ter, 22 novembre 2017, n. 6194. 
(22) Art. 4, comma 
4-bis, l. 3 febbraio 2011, n. 4, quale 
introdotto dall�art. 3, terzo comma, lett. 
b), 
d.l. 
24 
giugno 
2014, 
n. 
91, 
conv., 
con 
modificazioni, 
dalla 
l. 
11 
agosto 
2014, 
n. 
116, 
recante 
interventi 
per il sostegno del Made in Italy. 
(23) 
Cfr. 
C. 
tALLIA, 
L. 
FornABAIo, 
The 
new 
decrees 
regarding 
mandatory 
origin 
labelling 
in 
France and Italy: some guidelines, in �Diritto agroalimentare�, 2017, 1, 109-123. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


rilevanza 
ordinamentale 
della 
trasparenza 
amministrativa 
collegata 
alla 
prima 
introduzione 
di 
una 
legge 
generale 
del 
procedimento 
amministrativo, 
espressa 
da 
ultimo 
dal 
Consiglio 
di 
Stato, 
deve 
essere 
per� 
condivisa, 
tenendo 
nel 
debito 
conto che 
categorie 
e 
concetti 
giuridici 
sono destinati 
ad evolversi 
e 
ci� tanto 
pi� rapidamente 
quanto pi� premono in questo senso le 
relazioni 
esterne 
ed i 
processi di globalizzazione. 


L�Italia 
� 
istituzionalmente 
astretta 
dai 
vincoli 
derivanti 
dall�ordinamento 
comunitario e 
dagli 
obblighi 
internazionali 
(art. 117, primo comma, Cost.), e 
ci� assume particolare rilievo nel contesto in esame. 


� 
pi� che 
evidente, infatti, che 
l�evoluzione 
interna 
dell�ideale 
di 
trasparenza 
� 
andato 
incrementandosi 
di 
valori 
e 
convincimenti 
provenienti 
dagli 
uni 
e 
dagli 
altri, 
cos� 
come 
la 
penetrazione, 
nell�ordinamento 
italiano 
di 
istituti 
propri 
degli 
ordinamenti 
di 
common law, e 
cos� 
di 
provenienza 
anglosassone 
� 
l�istituto del 
cd. accesso civico, di 
recente 
introduzione 
nel 
nostro ordinamento. 
Mentre 
� 
di 
matrice 
statunitense 
il 
gi� 
citato 
Freedom 
of 
Information 
Act 
(FoA) del 
1966, che 
attiene 
alla 
pubblicazione 
di 
atti 
dell�esecutivo federale 
nordamericano. La 
Convenzione 
di 
Aarhus 
del 
25 giugno 1998, ha 
anche 
determinato 
l�introduzione 
dell�istituto 
del 
cd. 
accesso 
civico, 
anticipatamente, 
nella 
materia 
ambientale. Al 
riguardo va 
sottolineata 
la 
particolare 
pertinenza 
dell�accesso 
civico 
con 
la 
cd. 
freedom 
of 
information. 
L�istituto 
ha, 
infatti, 
permesso, 
il 
passaggio da 
un regime 
fondato sull�accesso dei 
soggetti 
legittimati 
e 
sull�obbligo di 
pubblicazione 
ad un regime 
nuovo, che 
consente 
a 
chiunque 
la piena conoscenza degli atti amministrativi (cd. full disclosure) (24). 


Con 
il 
d.lgs. 
n. 
33/2013, 
il 
legislatore 
ha 
inteso 
procedere 
al 
riordino 
della 
disciplina 
volta 
ad assicurare 
a 
tutti 
i 
cittadini 
la 
pi� ampia 
accessibilit� 
alle 
informazioni, concernenti 
l�organizzazione 
e 
l�attivit� 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, 
al 
fine 
di 
attuare 
il 
principio 
democratico 
e 
i 
principi 
costituzionali 
di 
eguaglianza, imparzialit�, buon andamento, responsabilit�, efficacia 
ed efficienza 
nell�utilizzo 
di 
risorse 
pubbliche, 
nonch� 
per 
la 
realizzazione 
di 
un�amministrazione 
aperta, al 
servizio del 
cittadino. La 
normativa 
riveste 
dichiarate 
finalit� 
di 
contrasto della 
corruzione 
e 
della 
cattiva 
amministrazione 
ed intende 
anche 
attuare 
la 
funzione 
di 
coordinamento informativo, statistico 
e 
informatico dei 
dati 
dell�amministrazione 
statale, regionale 
e 
locale, di 
cui 
all�art. 117, secondo comma, lettera 
r), Cost. (25). 


tali 
finalit� 
vengono perseguite 
per il 
tramite 
della 
pubblicazione 
obbligatoria 
di 
una 
serie 
di 
documenti 
nei 
siti 
istituzionali 
delle 
amministrazioni, 
con 
diritto 
di 
chiunque 
di 
accedere 
a 
tali 
siti 
direttamente 
ed 
immediatamente, 
senza 
autenticazione 
ed 
identificazione. 
In 
caso 
omessa 
pubblicazione 
pu� 
es


(24) 
Cfr. 
A. 
SIMonAtI, 
L�accesso 
civico 
come 
strumento 
di 
trasparenza 
amministrativa: 
luci, 
ombre 
e 
prospettive 
future 
(anche 
per 
gli 
Enti 
locali), 
in 
�Istituzioni 
del 
federalismo�, 
2016, 
3, 
725-752. 
(25) Cons. Stato, sez. vI, 20 novembre 2013, n. 5515. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


sere 
esercitato, ai 
sensi 
dell�art. 5, d.lgs. 33/2013, il 
cd. accesso civico, consistente 
in 
una 
richiesta 
-che 
non 
deve 
essere 
motivata 
-di 
effettuare 
tale 
adempimento, 
mentre 
il 
d.lgs. 
97/2016 
� 
pervenuto 
a 
prevedere 
l�accesso 
civico 
generalizzato a prescindere dagli obblighi di pubblicazione (26). 


L�accesso 
ai 
documenti 
amministrativi, 
disciplinato 
dagli 
artt. 
22 
e 
ss. 
della 
l. 241/1990, � 
riferito, invece, al 
diritto degli 
interessati 
- che 
abbiano un 
interesse 
diretto, concreto ed attuale, corrispondente 
ad una 
situazione 
giuridicamente 
tutelata 
e 
collegata 
al 
documento al 
quale 
� 
chiesto l�accesso - di 
prendere 
visione 
ed estrarre 
copia 
di 
documenti. In funzione 
di 
tale 
interesse 
la domanda di accesso deve essere opportunamente motivata. 


In definitiva, pu� concludersi 
che 
il 
cd. accesso civico sia 
incompatibile 
con l�accesso della 
l. 241/1990, trovandosi 
i 
due 
istituti 
in un rapporto di 
reciproca 
esclusione. Cos�, ove 
cՏ 
l�accesso civico, ex 
d.lgs. 33/2013, non cՏ 
l�accesso 
ordinario, 
ex 
l. 
241/1990, 
in 
quanto 
quest�ultimo 
istituto 
presuppone 
che 
l�atto non debba 
essere 
sottoposto agli 
obblighi 
di 
pubblicazione 
di 
cui 
al 
regime della trasparenza (27). 


Quanto sopra 
� 
sufficiente 
per argomentare 
che 
si 
tratta 
di 
una 
stagione 
di 
grande 
fermento normativo nell�ordinamento italiano, tale 
per cui 
gi� 
l�introduzione 
generalizzata 
del 
diritto di 
accesso con la 
l. 241/1990 sul 
procedimento 
amministrativo 
fu 
percepita 
come 
una 
profonda 
innovazione, 
ancorch� 
non 
mancassero 
leggi 
che, 
in 
determinati 
settori, 
prevedevano 
gi� 
l�accesso 
ad atti 
amministrativi 
(come 
l�art. 25, primo comma, l. 27 dicembre 
1985, n. 
816, che 
riconosceva 
il 
diritto di 
tutti 
i 
cittadini 
a 
prendere 
visione 
dei 
provvedimenti 
degli 
enti 
locali, 
rinviando 
alle 
singole 
amministrazioni 
di 
stabilire, 
con proprio regolamento, la disciplina dell�esercizio di tale diritto). 


Si 
� 
trattato di 
una 
prima 
tappa 
verso un�evoluzione 
sempre 
pi� incisiva 
di 
un ordinamento contrassegnato, in passato, da 
un�impostazione 
prevalentemente 
imperniata sulla regola della segretezza. 


oggi, al 
contrario, la 
trasparenza 
costituisce, nell�ordinamento italiano, 
uno 
dei 
criteri 
fondamentali 
che 
-come 
detto 
-devono 
permeare 
l�attivit� 
amministrativa. 


Secondo 
il 
parere 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
cons. 
atti 
normativi, 
18 
febbraio 
2016 (28), il 
disegno, che, in sede 
legislativa, prende 
le 
mosse, dalla 
ri


(26) Cfr. M. ALBAn, Disciplina dell�accesso civico e 
generalizzato, in �Comuni 
d�Italia�, 2017, 
1-3, 77-90; 
e. FUrIoSI, L�accesso civico �generalizzato�, alla luce 
delle 
Linee 
Guida ANAC, in �giustAmm.
it�, 2017, 4, 1-21. 
(27) Cfr.: 
M. AvvISAtI, Accesso procedimentale 
�versus� 
accesso civico nel 
dialogo fra le 
fonti: 
il 
caso FoIA, in �osservatorio sulle 
fonti�, 2017, 2, 1-13; 
M. BInDA, Accesso civico e 
accesso disciplinato 
dalla legge n. 241 del 1990, in �temi romana�, 2014, 4, 47-56. 
(28) Parere 
sullo schema 
di 
decreto legislativo recante 
�revisione 
e 
semplificazione 
delle 
disposizioni 
in materia 
di 
prevenzione 
della 
corruzione, pubblicit� 
e 
trasparenza, correttivo della 
legge 
6 novembre 
2012, n. 190, e 
del 
decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai 
sensi 
dell�articolo 7 della 
legge 
7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche�. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


forma 
del 
2005 
della 
legge 
generale 
sul 
procedimento 
amministrativo 
n. 
241/1990, �, invero, omnicomprensivo: 
investe 
gli 
ambiti 
delle 
relazioni 
amministrazione/
amministrati, in tutte 
le 
sue 
sfaccettature, e 
tende 
ad assicurare 
conoscenza 
e 
partecipazione 
ad interessi 
individuali 
e 
collettivi 
di 
natura, dimensioni 
e portata sempre pi� vasta. 


La 
trasparenza, 
non 
soltanto 
dei 
processi 
decisionali 
in 
senso 
proprio, 
ma, 
in linea 
generale, di 
tutti 
gli 
aspetti 
della 
gestione 
del 
bene 
pubblico (anche 
dunque 
con riferimento all�attivit� 
posta 
in essere 
da 
soggetti 
privati 
e 
nelle 
forme 
tipiche 
dell�attivit� 
privatistica) viene 
vista 
come 
lo strumento essenziale 
per il rafforzamento della democrazia partecipativa. 


La 
trasparenza 
� 
un valore 
chiave 
essenziale 
per coniugare 
garanzia 
ed 
efficienza 
nello 
svolgimento 
dell�azione 
amministrativa, 
un 
valore 
immanente 
all�ordinamento, 
alla 
stregua 
di 
modo 
d�essere 
tendenziale 
dell�organizzazione 
dei 
pubblici 
poteri, ovvero, anche 
parametro cui 
commisurare 
l�azione 
delle 
figure 
soggettive 
pubbliche, 
che 
consenta 
di 
trovare 
-appunto 
-il 
giusto 
punto 
di 
raccordo tra 
le 
esigenze 
di 
garanzia 
e 
d�efficienza 
nello svolgimento del-
l�azione amministrativa. 


In 
quest�ottica, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
assegna 
alla 
trasparenza, 
la 
funzione 
di 
costituire 
�un 
�punto 
di 
confluenza� 
dei 
principi 
giuridici, 
costituzionalmente 
posti, 
dell�azione 
amministrativa 
(dal 
buon 
andamento 
all�imparzialit�, 
al 
rispetto 
del 
cd. 
�principio 
di 
legalit� 
sostanziale�, 
al 
metodo 
di 
partecipazione 
democratica), 
dal 
quale 
derivano 
istituti 
giuridici, 
di 
tipo 
trasversale, 
che 
possono 
essere 
considerati 
come 
volti 
a 
realizzare 
la 
trasparenza 
(si 
pensi 
non 
solo 
a 
quelli 
di 
cui 
al 
presente 
decreto 
ma 
ai 
molteplici 
meccanismi 
partecipativi 
introdotti 
o 
riformati 
dalla 
legge 
n. 
124)�. 
Sul 
punto, 
peraltro, 
si 
rinvia 
a 
quanto 
pi� 
volte 
affermato 
a 
riguardo 
dal 
Presidente 
dell�Autorit� 
nazionale 
Anticorruzione 
(AnAC) 
nonch� 
al 
rapporto 
AnAC-oCSe 
ad 
esito 
dell�esperienza 
delle 
verifiche 
sugli 
appalti 
di 
expo 
Milano 
2015 
che 
hanno 
generato 
innumerevoli 
indagini 
e 
rinvii 
a 
giudizio 
per 
reati 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione 
di 
politici, 
funzionari 
pubblici 
ed 
imprenditori. 


In conclusione, anche 
le 
letture 
ermeneutiche 
pi� ampie 
della 
giurisprudenza, 
come 
nel 
caso 
esaminato, 
trovano 
la 
loro 
ragion 
d�essere, 
proprio 
in 
questo generale 
mutato assetto (voluto anche 
dal 
legislatore), in cui 
� 
riconosciuta 
agli 
interessati 
la 
possibilit� 
di 
conoscere 
appieno anche 
i 
percorsi 
attraverso 
cui 
si 
� 
formata 
la 
scelta 
decisionale 
dell�amministrazione 
in termini 
di 
ampliamento delle 
dinamiche 
partecipative 
e 
di 
tutela 
del 
principio di 
buon 
andamento della pubblica amministrazione. 


La 
glasnost 
dell�amministrazione 
italiana 
-per 
dirla 
con 
il 
termine 
russo 
che 
sin 
dall�ottocento 
indicava 
la 
pubblicit� 
delle 
decisioni 
giuridiche 
e 
poi 
in 
voga 
alla 
fine 
degli 
anni 
ottanta 
del 
secolo 
scorso 
per 
definire 
le 
riforme 
nel 
senso 
della 
trasparenza 
del 
socialismo 
�dal 
volto 
umano� 
-non 
lascia 



LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


quindi 
spazio 
a 
beceri, 
patetici 
e 
ridicoli 
dinieghi 
all�accesso, 
sistematicamente 
sconfessati 
dalla 
Commissione 
per 
l�accesso 
ovvero 
dal 
giudice 
amministrativo. 


In forza 
di 
quanto sopra 
l�auspicio � 
che 
la 
Commissione 
per l�accesso 
ed il 
giudice 
amministrativo possano spingersi 
oltre 
l�accertamento dell�illegittimit� 
del 
diniego di 
accesso con l�esercizio di 
veri 
e 
propri 
poteri 
sanzionatori 
al 
pari 
di 
quanto 
avviene 
da 
parte 
delle 
Autorit� 
amministrative 
indipendenti 
nei 
settori 
di 
rispettiva 
competenza. Il 
riferimento � 
alla 
previsione 
della 
facolt� 
d�irrogare 
sanzioni 
amministrative 
pecuniarie 
nei 
confronti 
delle 
amministrazioni 
colpevoli 
di 
pretestuosi 
ed 
abnormi 
dinieghi 
all�accesso 
pacificamente 
contrari 
alla 
normativa 
e 
consolidata 
giurisprudenza, con relativa 
obbligatoria 
segnalazione 
di 
danno erariale 
alla 
competente 
Procura 
regionale 
della 
Corte 
dei 
conti, 
affinch� 
siano 
cos� 
direttamente 
puniti 
i 
dipendenti 
pubblici 
responsabili 
della 
grave 
violazione 
di 
un 
diritto 
soggettivo 
del cittadino quale costituito dall�accesso ai documenti amministrativi. 


Parimenti 
l�illegittimo e 
pretestuoso diniego all�ostensione 
di 
documenti 
amministrativi, 
pacificamente 
esclusi 
dal 
novero 
delle 
esclusioni, 
dovrebbe 
normativamente 
essere 
configurato 
quale 
violazione 
dei 
doveri 
d�ufficio, 
al 
pari, per esempio, di 
quanto previsto dall�art. 76 del 
d.P.r. 28 dicembre 
2000, 


n. 
445, 
recante 
il 
�testo 
Unico 
sulla 
documentazione 
amministrativa�, 
nel 
caso 
della 
mancata 
accettazione 
delle 
dichiarazioni 
sostitutive 
di 
certificazioni 
o 
dell�atto 
di 
notoriet�, 
basilare 
fondamento 
della 
semplificazione 
amministrativa 
nel 
senso di 
consentire 
al 
cittadino l�autodichiarazione 
in luogo della 
produzione dei certificati. 
Per conseguenza 
ne 
deriverebbe 
l�ineluttabile 
responsabilit� 
disciplinare 
del 
pubblico 
dipendente 
colpevole 
per 
il 
mancato 
adempimento 
in 
punto 
di 
diritto 
di 
accesso 
ai 
documenti 
amministrativi 
e 
quindi 
doverosamente 
sanzionabile 
dall�ente 
di 
appartenenza 
previo procedimento disciplinare 
gestito 
dal 
dirigente 
responsabile 
ovvero 
dall�apposito 
Ufficio 
Procedimenti 
Disciplinari 
costituito presso ogni pubblica amministrazione. 


L�ostensione 
dei 
documenti 
amministrativi 
costituisce 
quindi 
l�assoluta 
regola 
mentre 
il 
diniego deve 
ritenersi 
una 
mera 
eventuale 
rara 
eccezione, per 
cui 
il 
rigetto 
dovr� 
essere 
sempre 
congruamente 
motivato 
e 
non 
ridursi 
a 
mera 
dichiarazione 
�di 
stile� 
come 
avviene 
da 
parte 
di 
quei 
pubblici 
dipendenti 
che 
si 
ergono cos� 
a 
secretare 
illegittimamente 
atti 
dell�amministrazione 
di 
appartenenza. 
trattasi 
dei 
moderni 
censori 
della 
pubblica 
amministrazione. Il 
risultato 
� 
impedire 
la 
conoscenza 
di 
documenti 
amministrativi 
all�accedente 
da 
cui 
la 
finalistica 
grave 
lesione 
del 
non avere 
contezza 
dei 
propri 
stessi 
diritti, 
come 
uno dei 
Padri 
Costituenti 
degli 
U.S.A., Benjamin rush, ben gi� 
aveva 
annotato 
a 
fine 
Settecento 
nel 
suo 
programma 
del 
1786 
per 
la 
creazione 
di 
scuole 
pubbliche 
in 
Pennsylvania 
e 
per 
sviluppare 
l�educazione 
in 
sinergia 
con 
il 
governo 
repubblicano 
del 
nuovo 
Stato 
federato, 
con 
l�acuta 
affermazione 



rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


per 
cui: 
�La 
libert� 
pu� 
esistere 
solo 
laddove 
cՏ 
conoscenza. 
Senza 
l�apprendimento, 
gli 
uomini 
sono incapaci 
di 
conoscere 
i 
loro diritti, e 
dove 
l�apprendimento 
� 
limitato 
a 
poche 
persone, 
la 
libert� 
non 
pu� 
essere 
n� 
eguale 
n� 
universale� 
(29). 


(29) �Freedom 
can exist 
only in the 
society of knowledge. without 
learning, men are 
incapable 
of knowing their rights 
and where 
learning is 
confined to a 
few 
people, liberty can be 
neither equal 
nor 
universal�, 
in: 
B. 
rUSh, 
Essays, 
literary, 
moral 
and 
philosophical, 
Philadelphia, 
Bradford, 
1798, 
1, 
nonch� 
si 
veda 
F. rUDoLPh 
(cur.), 
Essays 
on Education in the 
Early 
Republic, Cambridge, Belknap, 1965, 
contenente 
saggi 
e 
scritti 
pubblicati 
tra 
il 
1786 
e 
il 
1799 
da 
Benjamin 
rush, 
noah 
webster, 
robert 
Coram, Simeon Doggett, Samuel 
harrison Smith, Amable-Louis-rose 
de 
Lafitte 
du Courteil 
e 
Samuel 
Knox, che 
rappresentano il 
primo tentativo formale 
di 
definire 
le 
responsabilit�, capacit� 
e 
prospettive 
dell�educazione americana nel periodo iniziale della storia repubblicana statunitense. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


Sullo stato di emergenza del settore sanitario calabrese. 
Ancora numerose sentenze emesse dal 
T.A.R. Calabria 


Daniele 
Atanasio Sisca* 


SoMMARIo: 
1. 
Lo 
stato 
emergenziale 
del 
settore 
sanitario 
calabrese. 
L�attivit� 
giurisdizionale 
del 
T.A.R. 
Calabria 
-2. 
Ci 
sono 
elementi 
di 
novit� 
rispetto 
agli 
indirizzi 
consolidati?! 
-2.1 
Sulla 
riduzione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
per 
l�acquisto 
di 
prestazioni 
da 
soggetti 
privati 
accreditati 
-2.2 
Sull�approvazione 
del 
nomenclatore 
tariffario 
provvisorio 
regionale 
delle 
prestazioni 
di 
specialistica 
ambulatoriale 
e 
di 
laboratorio 
-2.3. 
Sulla 
convenzione 
stipulata 
tra 
il 
Commissario 
ad 
acta 
e 
l�Agenzia 
Nazionale 
per 
i 
Servizi 
Sanitari 
Regionali 
(Age.na.s.) 
-4. 
Conclusioni. 


1. 
Lo 
stato 
emergenziale 
del 
settore 
sanitario 
calabrese. 
L�attivit� 
giurisdizionale 
del T.A.R. Calabria. 
Lo 
stato 
emergenziale 
nel 
settore 
sanitario 
rappresenta 
una 
realt� 
per 
quasi 
la 
met� 
delle 
regioni 
italiane; 
ben 
otto 
sono 
infatti 
sottoposte 
al 
Piano 
di 
rientro 
dai disavanzi (1). 


La 
gestione 
commissariale 
in tale 
settore 
rinviene 
il 
suo fondamento nel-
l�art. 120, comma 
2, Cost. (2) nonch� 
- per quanto concerne 
segnatamente 
il 
deficit 
sanitario regionale 
- nel 
d.l. 1 ottobre 
2007, n. 159, convertito in l. 29 
novembre 2007, n. 222. 

La 
Calabria 
� 
senza 
dubbio 
una 
delle 
regioni 
con 
maggiore 
deficit 
nel 
settore 
sanitario: 
risulta 
infatti 
sottoposta 
al 
Piano 
di 
rientro 
dal 
23 
dicembre 
2009. 
gli 
interventi 
posti 
in essere 
dalla 
struttura 
commissariale 
sono svariati; 
tra 
i 
pi� significativi 
figurano l�adozione 
del 
provvedimento di 
riassetto della 
rete 
ospedaliera, quello di 
riassetto della 
rete 
dell�emergenza 
urgenza 
e 
della 
rete 
di 
assistenza 
territoriale 
(in 
coerenza 
con 
quanto 
specificatamente 
previsto 
dal 
Patto 
per 
la 
salute 
2014-2016 
(3)), 
la 
razionalizzazione 
e 
il 
contenimento 
della 


(*) Avvocato del libero foro, gi� praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato. 


(1) Per un maggiore 
approfondimento sulla 
natura 
del 
Piano di 
rientro e 
sulle 
funzioni 
del 
Commissario 
ad acta, sia 
consentito rimandare 
a 
Mezzotero 
-SISCA, Il 
Commissario ad acta per 
il 
superamento 
dell�emergenza sanitaria nel 
territorio della Regione 
Calabria. Analisi 
ragionata e 
sistematica 
delle tipologie di ricorsi esaminati dal T.A.R. Calabria, in Rass. Avv. Stato 
n. 1/2017, pp. 191 ss. 
(2) 
Ai 
sensi 
del 
quale 
�Il 
Governo 
pu� 
sostituirsi 
a 
organi 
delle 
Regioni, 
delle 
Citt� 
metropolitane, 
delle 
Province 
e 
dei 
Comuni 
nel 
caso di 
mancato rispetto di 
norme 
e 
trattati 
internazionali 
o della normativa 
comunitaria oppure 
di 
pericolo grave 
per 
l'incolumit� e 
la sicurezza pubblica, ovvero quando 
lo richiedono la tutela dell'unit� giuridica o dell'unit� economica e 
in particolare 
la tutela dei 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
concernenti 
i 
diritti 
civili 
e 
sociali, prescindendo dai 
confini 
territoriali 
dei 
governi 
locali. La legge 
definisce 
le 
procedure 
atte 
a garantire 
che 
i 
poteri 
sostitutivi 
siano esercitati 
nel rispetto del principio di sussidiariet� e del principio di leale collaborazione�. 
(3) ll 
Patto per la 
Salute 
� 
un accordo finanziario e 
programmatico tra 
il 
governo e 
le 
regioni, di 
valenza 
triennale, in merito alla 
spesa 
e 
alla 
programmazione 
del 
Servizio Sanitario nazionale, finalizzato 
a 
migliorare 
la 
qualit� 
dei 
servizi, 
a 
promuovere 
l�appropriatezza 
delle 
prestazioni 
e 
a 
garantire 
l�unitariet� del sistema. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


spesa 
per 
il 
personale 
e 
per 
l�acquisto 
di 
beni 
e 
servizi, 
gli 
interventi 
sulla 
spesa 
farmaceutica 
convenzionata 
ed 
ospedaliera 
(al 
fine 
di 
garantire 
il 
rispetto 
dei 
vigenti 
tetti 
di 
spesa 
previsti 
dalla 
normativa 
nazionale), la 
definizione 
dei 
contratti 
con gli 
erogatori 
privati 
accreditati 
e 
dei 
tetti 
di 
spesa 
delle 
relative 
prestazioni, il 
completamento del 
riassetto della 
rete 
laboratoristica 
e 
di 
assistenza 
specialistica 
ambulatoriale 
nonch� 
l�attuazione 
della 
normativa 
statale 
in materia di autorizzazioni e accreditamenti istituzionali. 


tali 
interventi 
- seppur finalizzati 
ad una 
riduzione 
del 
deficit 
nel 
settore 
sanitario - hanno tuttavia 
prodotto una 
serie 
di 
oneri 
e 
limitazioni 
per le 
strutture 
che 
operano in regime 
di 
accreditamento con il 
Sistema 
Sanitario regionale. 
Si 
pensi 
soprattutto 
alla 
riduzione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
per 
l�acquisto 
di 
prestazioni 
da 
soggetti 
privati 
accreditati, alla 
riorganizzazione 
della 
rete 
laboratoristica 
(la 
quale 
prevedeva 
l�accorpamento 
tra 
i 
laboratori 
che 
non 
avrebbero 
raggiunto 
una 
soglia 
minima 
di 
prestazioni 
annue) 
ovvero 
-anche 
se 
rilevante 
dal 
punto di 
vista 
collettivo e 
non dei 
singoli 
soggetti 
accreditati 
- la 
riorganizzazione 
della 
rete 
ospedaliera 
(con la 
chiusura 
e/o l�accorpamento di 
presidi ospedalieri presenti sul territorio calabrese). 


ed � 
proprio per tali 
ragioni 
che 
il 
t.A.r. Calabria 
si 
� 
trovato (e 
si 
trova 
tutt�ora) 
a 
vagliare 
numerosi 
ricorsi 
aventi 
ad 
oggetto 
i 
provvedimenti 
attuativi 
di tali interventi. 


Le 
prime 
pronunce 
risalgono 
agli 
inizi 
del 
2016 
ed 
hanno 
ad 
oggetto 
l�approvazione 
- da 
parte 
della 
struttura 
commissariale 
- dello schema 
di 
accordo 
contrattuale 
con gli 
erogatori 
privati 
accreditati 
(4) nonch� 
la 
determinazione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
per 
l�acquisto 
di 
prestazioni 
da 
parte 
delle 
medesime 
strutture 
(5). Successive 
pronunce 
hanno invece 
ad oggetto provvedimenti 
di 
determinazione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
sulla 
base 
del 
c.d. �criterio storico� 
ed altre 
ancora 
la riorganizzazione della rete laboratoristica e ospedaliera pubblica e privata. 


In maniera 
pressoch� 
unanime, i 
ricorrenti 
lamenta[va]no la 
limitazione 
della 
loro attivit� 
derivante, da 
un lato, da 
obblighi 
contrattuali 
impartiti 
- a 


(4) Si 
trattava 
del 
decreto del 
Commissario ad acta 
n. 78/2015, il 
quale 
veniva 
impugnato nella 
parte 
in cui 
prevedeva 
che 
�sono considerate 
inammissibili 
� 
riserve 
in ordine 
alla proposta contrattuale 
cos� 
come 
formulata 
dall�ASP 
competente 
per 
territorio� 
e 
nella 
parte 
in 
cui 
stabiliva 
che 
�in 
caso 
di 
contestazioni 
manifestate 
successivamente 
alla stipula del 
contratto, sar� avviata nei 
confronti 
del-
l�erogatore 
interessato 
la 
procedura 
di 
sospensione 
dell�accreditamento 
in 
applicazione 
dell�art. 
8, 
comma 2-quinques, d. lgs. n. 502/1992�. 
Con decreto presidenziale 
emesso ai 
sensi 
dell�art. 56 c.p.a., 
a 
seguito dei 
primi 
ricorsi 
presentati, il 
D.C.A. n. 78/2015 il 
provvedimento veniva 
sospeso nella 
parte 
in cui 
disponeva 
l�inammissibilit� 
di 
riserve 
in ordine 
alla 
proposta 
contrattuali 
formulata 
dall�ASP. A 
seguito di 
tale 
sospensione, il 
Commissario ad acta 
emanava 
il 
D.C.A. n. 92/2015 con cui 
disponeva 
la 
sostituzione 
dello 
schema 
contratto/accordo 
e 
l�espunzione, 
nella 
parte 
dispositiva 
del 
D.C.A. 
n. 
78/2015, 
dei periodi sopra riportati. 
(5) 
I 
decreti 
commissariali 
di 
interesse 
sono 
il 
n. 
80/2015 
(inerente 
le 
prestazioni 
di 
assistenza 
ospedaliera) e 
il 
n. 85 (inerente 
le 
prestazioni 
di 
assistenza 
specialistica) in riferimento all�anno 2015, 
mentre, il 
n. 25 (inerente 
le 
prestazioni 
di 
assistenza 
specialistica) e 
il 
n. 27 (inerente 
le 
prestazioni 
di 
assistenza ospedaliera) in riferimento all�anno 2016. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


loro dire 
- in maniera 
irragionevole 
e 
arbitraria, dall�altro, dalla 
riduzione 
ingiustificata 
dei 
tetti 
di 
spesa 
per 
le 
prestazioni 
acquistate 
dal 
Sistema 
Sanitario 
regionale. 


Sin 
da 
subito 
il 
t.A.r. 
ha 
cercato 
di 
delimitare 
il 
campo 
d�azione 
del 
Commissario ad acta 
stabilendo - alla 
luce 
dei 
principi 
regolanti 
la 
normativa 
sullo 
stato 
di 
emergenza 
-la 
tipologia 
e 
la 
portata 
degli 
interventi 
che 
quest�ultimo 
avrebbe potuto porre in essere. 

L�assunto dal 
quale 
si 
� 
mosso il 
Collegio � 
quello secondo cui 
la 
normativa 
disciplinante 
i 
Piani 
di 
rientro � 
una 
disciplina 
emergenziale 
che 
pu� derogare 
alla 
normativa 
ordinaria 
(6) 
con 
la 
relativa 
conseguenza 
che 
il 
carattere 
vincolante 
dei 
provvedimenti 
attuativi 
del 
Piano di 
rientro e 
la 
loro natura 
di 
provvedimenti 
generali 
di 
programmazione 
finanziaria 
implicano la 
derogabilit� 
(per effetto della 
�prevalente� 
normativa 
emergenziale) delle 
procedure 
previste 
dalla 
legislazione 
regionale 
e 
nazionale. Da 
ci� deriverebbe 
la 
natura 
ampiamente 
discrezionale 
delle 
scelte 
poste 
in 
essere 
dal 
Commissario 
ad 
acta 
e 
la 
limitazione 
del 
sindacato giurisdizionale 
ai 
soli 
profili 
di 
evidente 
illogicit�, 
contraddittoriet�, 
ingiustizia 
manifesta, 
arbitrariet� 
e 
irragionevolezza 
(7) 
da valutarsi di volta in volta in maniera concreta e obiettiva. 

Da 
questo assunto - filo conduttore 
di 
tutte 
le 
sentenze 
- ne 
� 
derivata 
la 
circostanza 
secondo 
cui 
solo 
in 
limitati 
casi 
l�attivit� 
del 
Commissario 
ad 
acta 
pu� 
ritenersi 
censurabile. 
Si 
tratta 
dei 
casi 
in 
cui 
le 
scelte 
siano 
manifestamente 
contrastanti 
con 
i 
principi 
posti 
alla 
base 
del 
nostro 
ordinamento 
oltre 
che, 
come 
accennato pocanzi, inficiate 
da 
manifesta 
illogicit�, contraddittoriet� 
e 
irragionevolezza. 


tali 
elementi, 
di 
converso, 
sono 
stati 
riscontrati 
nei 
provvedimenti 
aventi 


(6) Si 
veda, a 
proposto, Cons. St., n. 1244/2016 cit., punti 
8.2, 8.3, 8.4 e 
8.5, nella 
quale 
viene 
esplicitato in maniera 
chiara 
l�evolversi 
della 
disciplina 
inerente 
l�attuazione 
del 
Piano di 
rientro. Si 
afferma, 
in 
particolare, 
che 
�Rispetto 
alla 
preesistente 
legislazione 
la 
normativa 
in 
tema 
di 
piano 
di 
rientro 
comporta precisi 
e 
ulteriori 
effetti 
giuridici 
nel 
rendere 
vincolanti 
gli 
obiettivi 
di 
contenimento finanziario 
e 
nell�imporre 
alla Regione 
di 
adottare 
prioritariamente 
i 
provvedimenti 
adeguati 
ad ottenere 
il 
contenimento delle 
spese 
in essere 
nella misura richiesta, salvo il 
rispetto dei 
livelli 
essenziali 
di 
assistenza 
e 
secondo i 
fondamentali 
criteri 
di 
ragionevolezza, logicit� e 
non travisamento dei 
fatti 
nel 
bilanciamento 
degli 
interessi. Di 
conseguenza cambiano in misura determinante 
la natura, l�oggetto e 
la 
principale 
finalit� dei 
provvedimenti. La introduzione 
di 
obiettivi 
prioritari 
e 
vincolanti 
condiziona e 
orienta verso le 
finalit� indicate 
lo svolgimento delle 
preesistenti 
procedure, modificando anche 
le 
modalit� 
istruttorie 
e 
il 
tipo di 
motivazione 
che 
i 
provvedimenti 
risultanti 
richiedono, come 
di 
seguito precisato. 
Va 
pertanto 
pregiudizialmente 
esaminata 
-per 
poi 
trarne 
successivamente 
le 
conseguenze 
in 
ordine 
al 
caso in esame 
- la disciplina normativa che 
regola obiettivi 
e 
vincoli 
del 
piano di 
rientro e 
la 
giurisprudenza che 
ne 
ha ricavato un principio di 
prevalenza rispetto alle 
esigenze 
di 
mantenimento di 
volumi di attivit� o livelli di tariffe gi� acquisiti degli operatori privati nei limiti di seguito precisati�. 
(7) 
Irragionevolezza 
che 
(come 
affermato 
in 
t.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
I, 
19 
dicembre 
2016, 
n. 2511, in www.giustizia-amministrativa.it) non pu� desumersi 
dalla 
scelta 
del 
Commissario di 
attribuire, 
per l�anno 2015, pi� risorse 
alle 
prestazioni 
di 
acuzie 
anzich� 
a 
quelle 
di 
riabilitazione, n� 
tanto 
meno dall�impossibilit� 
di 
utilizzare 
tutti 
i 
30 posti 
letto accreditati 
(nella 
fattispecie 
esaminata 
dalla 
richiamata 
sentenza). 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


ad oggetto la 
ripartizione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
secondo il 
c.d. �criterio storico� 
(8) 
nonch� 
in 
quelli 
aventi 
ad 
oggetto 
la 
riorganizzazione 
della 
rete 
laboratoristica 
attraverso l�aggregazione dei laboratori privati minori (9). 


nei 
primi 
si 
faceva 
riferimento 
-ai 
fini 
del 
calcolo 
del 
budget 
da 
attribuire 
alle 
strutture 
sanitarie 
- al 
budget 
gi� 
attribuito l�anno precedente 
senza 
la 
valutazione 
di 
alcun 
altro 
criterio 
oggettivo 
e 
soggettivo 
riferito 
all�anno 
in 
corso. 


In questo caso, il 
t.A.r. (10) ha 
osservato che 
l�utilizzo di 
tale 
criterio di 
ripartizione 
attribuisce 
ai 
soggetti 
privati 
accreditati 
indebiti 
e 
ingiustificati 
vantaggi 
concorrenziali. 
Ci� 
in 
ossequio 
al 
dettato 
dell�art. 
106 
t.F.U.e., 
il 
quale 
stabilisce 
che 
�gli 
Stati 
membri 
non emanano n� 
mantengono, nei 
confronti 
delle 
imprese 
pubbliche 
e 
delle 
imprese 
cui 
riconoscono diritti 
speciali 


o 
esclusivi, 
alcuna 
misura 
contraria 
alle 
norme 
dei 
Trattati, 
specialmente 
quelle 
contemplate 
dagli 
artt. 18 (divieto di 
discriminazione) e 
da 101 a 109 
inclusi 
(divieto 
di 
intese 
restrittive 
della 
concorrenza; 
divieto 
dell�abuso 
di 
posizione 
dominante; divieto di 
aiuti 
di 
Stato)�. L�utilizzo di 
tale 
criterio, effettivamente, 
cristallizzerebbe 
le 
posizioni 
in 
passato 
acquisite 
sul 
mercato 
dai 
singoli 
operatori 
sanitari 
privati, 
disincentivando 
il 
perseguimento 
dell�efficienza 
nell�erogazione 
dei 
servizi 
sanitari 
e 
vanificando la 
concorrenza 
tra 
le 
varie strutture (11). 
La 
seconda 
tipologia 
di 
provvedimenti 
prevedeva, 
invece, 
che 
i 
laboratori 
con meno di 
200.000 prestazioni 
annue 
avrebbero avuto l�obbligo di 
aggregarsi 
tra 
loro in rete, pena 
la 
decadenza 
dell�accreditamento e 
l�impossibilit� 
di 
sottoscrivere 
contratti 
per l�erogazione 
di 
prestazioni 
a 
carico del 
servizio 
sanitario regionale (12). 


In questo secondo caso il 
Collegio (13) ha 
ritenuto che 
la 
previsione 
di 
soglie 
quantitative 
minime 
di 
produzione 
analitica 
(aggiungendosi 
ai 
requisiti 
per 
l�autorizzazione 
all�esercizio 
delle 
attivit� 
sanitarie) 
avrebbe 
finito 
con 
l�integrare 
un ulteriore 
requisito per l�accreditamento non previsto da 
alcuna 
intesa 
con 
la 
Conferenza 
Stato-regioni. 
Ci� 
in 
palese 
contrasto 
con 
quanto 


(8) Avvenuta 
con D.C.A. n. 68/2014 avente 
ad oggetto �Determinazione 
dei 
tetti 
di 
spesa per 
le 
prestazioni di assistenza specialistica da privato. Anno 2014. Azione 7.7.1.1�. 
(9) 
Si 
trattava 
del 
D.C.A. 
n. 
84/2015 
recante 
�Riequilibrio 
ospedale-territorio. 
Riorganizzazione 
della rete dei laboratori pubblici e privati�. 
(10) Con sentenza 
t.A.r. Calabria, Catanzaro, 29 giugno 2016, 1373, in www.giustizia-amministrativa.
it. 
(11) 
tale 
questione 
� 
stata 
richiamata 
nella 
relazione 
introduttiva 
in 
occasione 
dell�inaugurazione 
dell�anno giudiziario 2017 del 
t.A.r. Calabria, Catanzaro, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(12) 
Ci� 
avrebbe 
determinato, 
come 
sostenuto 
dalle 
ricorrenti, 
la 
conversione 
dei 
laboratori 
medio-
piccoli 
in meri 
punti 
di 
prelievo oltre 
che 
un�ingiusta 
causa 
di 
perdita 
dell�accreditamento non disciplinata 
da 
alcuna 
fonte 
normativa. tale 
circostanza 
avrebbe 
leso l�interesse 
pubblico e 
collettivo in quanto 
implica 
lo smantellamento di 
un servizio sanitario di 
prossimit� 
al 
paziente, capillare 
ed efficiente 
su 
tutto il territorio. 
(13) 
t.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
I, 
21 
novembre 
2016, 
n. 
2262, 
in 
www.giustizia-amministrativa.
it. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


disposto dall�art. 8, comma 
4, d.lgs. n. 502/1992 (ai 
sensi 
del 
quale 
�Ferma 
restando la competenza delle 
regioni 
in materia di 
autorizzazione 
e 
vigilanza 
sulle 
istituzioni 
sanitarie 
private, 
a 
norma 
dell�art. 
43 
della 
legge 
23 
dicembre 
1978, n. 833, con atto di 
indirizzo e 
coordinamento, emanato d�intesa con la 
Conferenza 
permanente 
per 
i 
rapporti 
tra 
lo 
Stato, 
le 
regioni 
e 
le 
province 
autonome, 
sentito il 
Consiglio superiore 
di 
sanit�, sono definiti 
i 
requisiti 
strutturali, 
tecnologici 
e 
organizzativi 
minimi 
richiesti 
per 
l�esercizio 
delle 
attivit� 
sanitarie 
da parte 
delle 
strutture 
pubbliche 
e 
private 
e 
la periodicit� dei 
controlli 
sulla permanenza dei requisiti stessi�). 

Il 
provvedimento sarebbe 
quindi 
privo di 
adeguato supporto normativo, 
oltrech� 
non 
rispondente 
ai 
parametri 
di 
logicit� 
e 
ragionevolezza 
previsti 
dalla 
normativa in materia. 


2. Ci sono elementi di novit� rispetto agli indirizzi consolidati?! 
In disparte 
a 
tali 
due 
tipologie 
di 
provvedimenti 
- in cui 
il 
t.A.r. sin da 
subito ha 
voluto ravvisare 
elementi 
contrastanti 
con i 
canoni 
della 
legittimit� 
amministrativa 
- per le 
altre 
tipologie 
di 
provvedimenti 
(in buona 
parte 
costituiti 
dai 
provvedimenti 
inerenti 
la 
determinazione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
per l�acquisto 
di 
prestazione 
da 
privato accreditato) non sono stati 
rinvenuti 
- se 
non 
con qualche 
eccezione 
che 
a 
breve 
esamineremo - elementi 
tali 
da 
indurre 
a 
ritenere illegittimi i provvedimenti impugnati. 


Per 
quanto 
concerne 
la 
determinazione 
(in 
diminuzione) 
dei 
tetti 
di 
spesa, 
il 
Collegio ha 
ritenuto legittimo l�operato della 
struttura 
commissariale 
�purch� 
l�esercizio del 
potere 
autoritativo 
[n.d.r. con cui 
viene 
effettuata 
la 
ripartizione] 
si 
dispieghi 
nell�alveo 
di 
una 
seria 
ed 
effettiva 
programmazione 
finanziaria, 
in 
funzionamento 
del 
fondamentale 
obiettivo 
di 
contenimento 
della 
spesa 
ed 
entro 
il 
corretto 
svolgimento 
delle 
procedure 
contrattuali 
previste 
dalla legge� 
(14). Pertanto, quasi 
tutti 
i 
ricorsi 
sono stati 
rigettati 
in quanto le 
censure 
dedotte 
non erano idonee 
a 
qualificare 
come 
�irragionevole� 
la 
concreta 
assegnazione 
(anche 
se 
in misura 
ridotta) dei 
budget 
effettuata 
dal 
Commissario. 


tuttavia 
in alcune 
recenti 
pronunce 
inerenti 
la 
medesima 
questione 
(esaminate 
nel 
paragrafo 
successivo) 
lo 
stesso 
t.A.r. 
sembra 
prima 
facie 
aver 
adottato un metodo di 
valutazione 
meno rigido nell�interpretazione 
della 
normativa 
emergenziale. 


Analogo discorso potrebbe 
svolgersi 
(come 
si 
vedr� 
meglio al 
par. 2.2.) 


(14) In questo senso hanno concluso tutte 
le 
sentenze 
aventi 
ad oggetto l�impugnativa 
avverso i 
provvedimenti 
di 
determinazione 
dei 
tetti 
di 
spese. 
In 
particolare, 
si 
vedano 
t.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
16 giugno 2016, n. 1253, id. 
n. 1259; 
id., n. 1261; 
id., n. 1262; 
id., n. 1264; 
id., 21 luglio 2016, n. 1569, 
id. 
25 agosto 2017, n. 1366; 
id. 
23 aprile 
2018, n. 948; 
id. n. 949; 
id. 950; 
id. 
1 marzo 2018, n. 536; 
id. 
17 maggio 2018, n. 1060; 
id.18 maggio 2018, n. 1076; 
id. 
3 luglio 2018, n. 1323, tutte 
in www.giustizia-
amministrativa.it. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


per le 
pronunce 
aventi 
ad oggetto l�annullamento del 
nomenclatore 
tariffario 
provvisorio regionale 
delle 
prestazioni 
di 
specialistica 
ambulatoriale 
e 
di 
laboratorio. 


In 
particolare 
occorre 
capire 
se, 
alla 
luce 
di 
queste 
nuove 
pronunce, 
vi 
sia 
stato 
o 
meno 
un 
mutamento 
rispetto 
al 
consolidato 
orientamento 
giurisprudenziale 
come sinora esposto. 


2.1 Sulla riduzione 
dei 
tetti 
di 
spesa per 
l�acquisto di 
prestazioni 
da soggetti 
privati accreditati. 
In 
una 
prima 
pronuncia 
(15) 
il 
Collegio 
-pur 
osservando 
in 
linea 
generale 
che 
�in materia di 
determinazione 
di 
tetti 
di 
spesa e 
ripartizione 
di 
risorse 
in 
ambito 
sanitario 
la 
p.a. 
� 
dotata 
di 
un 
potere 
ampiamente 
discrezionale, 
il 
cui 
esercizio 
deve 
individuare 
un 
punto 
di 
sintesi 
in 
esito 
alla 
comparazione 
di 
contrapposti 
interessi, 
quali 
il 
contenimento 
della 
spesa 
pubblica, 
il 
diritto 
dei 
cittadini 
alla 
fruizione 
di 
adeguate 
prestazioni 
sanitarie, 
le 
aspettative 
degli 
operatori 
privati 
orientati 
dalla 
logica 
imprenditoriale 
e 
l�efficienza 
delle 
strutture 
pubbliche 
sanitarie� 
-ha 
ritenuto 
opportuno, 
nel 
caso 
di 
specie, 
annullare 
il 
provvedimento impugnato (16) in quanto risulta 
priva 
di 
giustificazione 
la 
diminuzione, in capo alla 
struttura 
ricorrente, del 
budget 
previsto 
per l�anno 2018. 


In particolare, il 
collegio sostiene 
che 
il 
Commissario non ha 
fornito elementi 
da 
cui 
evincere 
le 
ragioni 
della 
sensibile 
contrazione 
delle 
risorse 
assegnate 
alla 
ricorrente 
per 
le 
prestazioni 
ospedaliere 
post 
acuzie 
rispetto 
a 
quelle 
riconosciute invece ad altra struttura analoga. 


nel 
dettaglio, nella 
sentenza 
si 
legge 
che 
�I puntuali 
rilievi 
della deducente 
evidenziano infatti 
una non comprensibile 
disparit� di 
trattamento nei 
confronti 
della citata struttura, che 
ha ottenuto 
[�] un budget 
superiore 
rispetto 
a quello riconosciuto 
[omissis]. 
Pertanto, seppur 
esigenze 
di 
contenimento 
del 
tetto della spesa pubblica - particolarmente 
stringenti 
in Calabria, 
attesa al 
situazione 
emergenziale 
che 
affligge 
la sanit� - giustifichino la progressiva 
riduzione 
delle 
risorse 
disponibili 
per 
l�acquisto di 
prestazioni 
sanitarie 
da 
strutture 
accreditate, 
ci� 
non 
esclude 
che 
le 
scelte 
operate 
dal 
Commissario ad acta - laddove 
incidenti 
negativamente 
nella sfera giuridica 
della singola Casa di 
cura - debbano estrinsecare 
in modo coerente 
ed intellegibile 
le 
ragioni 
sottese 
alla determinazione 
adottata. Il 
tutto in aderenza al 
principio secondo cui 
pi� esteso � 
il 
potere 
valutativo ascrivibile 
al 
soggetto 


(15) t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. II, 26 settembre 
2018, n. 1636, in www.giustizia-amministrativa.
it. 
(16) 
D.C.A. 
n. 
87/2018 
di 
�Definizione 
dei 
livelli 
massimi 
di 
finanziamento 
per 
le 
strutture 
private 
accreditate 
erogatrici 
di 
prestazioni 
ospedaliere 
per 
acuti 
e 
post 
acuti, con onere 
a carico del 
Servizio 
Sanitario 
Regionale, 
nonch� 
per 
il 
finanziamento 
delle 
funzioni 
assistenziali-ospedaliere 
ai 
sensi 
dell'art. 
8-sexies, comma 2, del d .lgs. n. 502/1992 e s.m.i. anno 2018�. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


pubblico, maggiore 
� 
l�onere 
di 
esternare 
l�iter 
logico giuridico che 
ha orientato 
la p.a. nell�azione amministrativa�. 


Si 
tratterebbe 
principalmente 
della 
violazione 
del 
principio di 
non discriminazione 
dal 
quale 
sarebbe 
derivata 
una 
disparit� 
di 
trattamento tra 
la 
ricorrente 
e altre due case di cura controinteressate. 


Invero, 
occorre 
dare 
atto 
che 
effettivamente 
la 
violazione 
del 
principio 
di 
non discriminazione 
rispetto alle 
due 
strutture 
in questione 
appare 
evidente 
e 
incontestabile. Ci� lascia 
intendere 
che 
non vi 
� 
alcun un cambio di 
direzione 
rispetto alla linea direttrice da sempre seguita dal collegio giudicante. 

A 
conferma 
di 
ci� vi 
� 
anche 
la 
circostanza 
secondo cui 
il 
medesimo ricorso 
� 
stato rigettato nella 
parte 
in cui 
lamentava 
l�illegittima 
attribuzione 
di 
un budget 
superiore 
ad altra 
struttura 
sanitaria. In parte 
qua 
il 
t.A.r. sostiene 
che 
�la scelta dell�organo commissariale 
di 
aumentare 
in misura fissa il 
budget 
per 
alcune 
strutture 
non � 
irragionevole, poich� 
tali 
strutture, tutte 
mono-
specialistiche, 
hanno 
ottenuto 
pi� 
posti 
letto 
con 
il 
D.C.A. 
n. 
64/2016, 
al 
precipuo 
fine 
di 
essere 
implementate 
rispetto 
a 
quelle 
generaliste, 
giustificando 
ci� un conseguenziale 
aumento di 
risorse�. In questo caso la 
discriminazione 
risultava 
soltanto apparente 
in quanto era 
concretamente 
giustificata 
da un aumento di posti letto in capo alle strutture controinteressate. 


vi 
� 
poi 
un ulteriore 
pronuncia 
(17) con la 
quale 
il 
t.A.r. Calabria 
ha 
accolto 
parzialmente 
un ulteriore 
ricorso avverso la 
determinazione 
dei 
tetti 
di 
spesa. 


Il 
provvedimento in questione 
� 
il 
D.C.A. n. 27/2016 (�Definizione 
del 
livello massimo di 
finanziamento per 
l�anno 2016 alle 
strutture 
erogatrici 
di 
prestazioni 
di 
assistenza ospedaliera con oneri 
a carico del 
S.S.R.�) il 
quale 
assegna 
la 
somma 
di 
complessivi 
euro 976.660,30 (provenienti 
dalla 
somma 
residua 
accantonata 
dal 
finanziamento 
per 
l�acquisto 
di 
prestazioni 
di 
assistenza 
ospedaliera 
da 
erogatori 
privati 
accreditati 
per 
l�anno 
2015) 
unicamente 
a 
tre 
strutture 
private 
(ritenute 
�performanti�), 
senza 
fornire 
alcuna 
motivazione 
circa 
l�esclusione, dalla 
ripartizione 
di 
tale 
somma, della 
struttura 
sanitaria 
ricorrente. 

Invero, il 
t.A.r., prima 
di 
giungere 
alla 
declaratoria 
di 
nullit� 
ha 
cercato 
di 
ottenere 
i 
dovuti 
chiarimenti 
in merito a 
tali 
scelte 
effettuate 
dalla 
struttura 
commissariale. 


Difatti, 
con 
un�ordinanza 
interlocutoria 
(18) 
i 
giudici 
hanno 
rilevato 
che 
-limitatamente 
alla 
parte 
del 
decreto 
n. 
27/2016 
con 
cui 
� 
stata 
erogata 
la 
somma 
di 
euro 
976.660,30 
ad 
alcuni 
operatori 
-era 
�necessario 
ottenere 
chia


(17) 
t.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
I, 
23 
novembre 
2017, 
n. 
1875, 
in 
www.giustizia-amministrativa.
it. 
(18) Cfr. t.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, ord. 15 dicembre 
2016, n. 128, in www.giustizia-amministrativa.
it. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


rimenti 
dalla 
struttura 
commissariale 
atti 
ad 
illustrare 
il 
riferimento 
alla 
rimodulazione 
dei 
tetti 
di 
spesa 
assegnati 
per 
l�anno 
2015 
alle 
strutture 
private 
accreditate 
sopra 
indicate 
per 
le 
quali 
era 
stata 
effettuata 
una 
riduzione 
di 
spesa 
rispetto 
a 
quello 
assegnato 
nell�anno 
2014 
relativamente 
alle 
prestazioni 
post-acuzie�. 
Il 
Collegio 
ha 
ritenuto 
chiedere 
chiarimenti 
proprio 
in 
considerazione 
della 
natura 
tecnico-discrezionale 
delle 
questioni 
oggetto 
di 
esame, 
al 
fine 
di 
comprendere, 
nello 
specifico, 
i 
criteri 
predeterminati 
per 
l�individuazione 
delle 
strutture 
da 
�premiare� 
con 
la 
ripartizione 
delle 
somme 
accantonate. 


tuttavia, 
non 
pervenendo 
alcun 
riscontro 
da 
parte 
della 
struttura 
commissariale, 
il 
medesimo 
collegio 
ha 
ritenuto 
di 
valutare 
tale 
comportamento 
inerte 
quale 
argomento 
di 
prova 
ex 
art. 
64 
co. 
4, 
c.p.a. 
(19) 
a 
sfavore 
di 
parte 
resistente. 
Ci� 
in 
quanto, 
si 
legge 
nella 
sentenza: 
�a) 
i 
fatti 
oggetto 
di 
esame 
rientrano 
nella 
piena 
disponibilit� 
dell�amministrazione, 
accentuandosi 
in 
questo 
settore, 
per 
la 
peculiarit� 
tecnica 
dei 
criteri 
seguiti 
nella 
specifica 
ripartizione 
del 
budget 
alle 
strutture 
accreditate, 
la 
�asimmetria 
conoscitiva� 
che 
giustifica 
il 
principio 
probatorio 
del 
�temperamento� 
dell�onere 
probatorio 
incombente 
sull�attore 
con 
il 
�metodo 
acquisitivo� 
(20) 
ex 
art. 
64 
commi 
1 
e 
3, 
c.p.a.); 
b) 
a 
fronte 
delle 
allegazioni 
specifiche 
fornite 
da 
parte 
contraente, 
circa 
la 
mancanza 
di 
una 
sufficiente 
motivazione 
che 
escludesse 
il 
sospetto 
di 
�arbitrio� 
nella 
ripartizione 
concreta 
della 
somma 
complessiva 
di 
euro 
976.660,30 
per 
l�anno 
2016, 
non 
sono 
stati 
apportati 
dall�amministrazione 
costituita 
elementi 
istruttori 
in 
senso 
contrario, 
pertanto 
la 
conclusione 
istruttoria 
fondata 
sull�art. 
64 
co. 
4 
c.p.a. 
non 
si 
pone 
in 
contrasto 
con 
le 
emergenze 
documentali; 
c) 
il 
comportamento 
omissivo 
dell�amministrazione 
non 
ha 
consentito 
peraltro 
neanche 
di 
verificare 
se, 
nel 
lungo 
tempo 
trascorso 
tra 
l�introduzione 
del 
giudizio 
e 
l�udienza 
di 
discussione, 
siano 
stati 
adottati 
provvedimenti 
commissariali 
sopravvenuti 
che 
abbiano 
avuto 
comunque 
incidenza 
anche 
sulla 
parte 
del 
decreto 
27/2016 
oggetto 
di 
specifica 
contestazione�. 


Come 
evincibile, l�annullamento del 
decreto in questione 
� 
conseguenza 
di 
un preciso percorso istruttorio che 
non ha 
fornito al 
collegio elementi 
utili 
a 
giustificare 
la 
scelta 
effettuata 
dal 
Commissario e 
censurata 
dalla 
struttura 
interessata. 

Anche 
in 
tal 
caso, 
similmente 
a 
quanto 
visto 
pocanzi, 
la 
disparit� 
di 
trattamento 
tra 
le 
strutture 
sanitarie 
interessate 
risultava 
manifestamente 
ingiustificata 
tanto 
da 
indurre 
il 
t.A.r. 
-che 
ha 
inteso 
comunque 
tenere 
in 
considerazione 
l�ampia 
discrezionalit� 
che 
connota 
il 
Commissario 
ad 
acta 
in 
questa 
tipologia 


(19) Ai 
sensi 
del 
quale 
�Il 
giudice 
deve 
valutare 
le 
prove 
secondo il 
suo prudente 
apprezzamento 
e pu� desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo�. 
(20) 
Cfr., 
a 
contrario 
e 
da 
ultimo, 
trattandosi 
di 
un 
principio 
consolidato, 
Cons. 
St., 
Ad. 
Plen. 
2/2017, in www.giustizia-amministrativa.it. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


di 
scelte 
(21) 
-ad 
annullare 
il 
provvedimento 
impugnato 
per 
quanto 
concerne 
la 
ridistribuzione 
della 
somma 
accantonata 
dall�annualit� 
precedente. 


Alla 
luce 
di 
quanto esposto pu� quindi 
affermarsi 
che 
in tali 
sentenze 
seppur 
prima 
face 
sembra 
esserci 
un 
cambio 
di 
rotta 
rispetto 
al 
consolidato 
orientamento giurisprudenziale 
- in realt� 
non sono rinvenibili 
elementi 
difformi 
rispetto alle 
numerose 
precedenti 
pronunce 
ma 
soltanto una 
pi� attenta 
applicazione dei principi gi� in precedenza enucleati. 

2.2 Sull�approvazione 
del 
nomenclatore 
tariffario provvisorio regionale 
delle 
prestazioni di specialistica ambulatoriale e di laboratorio. 
Altri 
elementi 
di 
novit� 
rispetto 
all�orientamento 
gi� 
consolidato 
sono 
rinvenibili 
nelle 
pronunce 
inerenti 
l�approvazione 
del 
nuovo 
nomenclatore 
tariffario 
provvisorio regionale 
delle 
prestazioni 
di 
specialistica 
ambulatoriale 
e 
di 
laboratorio (trattasi 
del 
D.C.A. n. 84/2011 (22)). Invero si 
tratta 
pi� che 
altro di 
una 
fattispecie 
nuova, finora 
non ancora 
vagliata 
- nonostante 
trattasi 
di provvedimenti del 2011 - dal 
t.A.r. calabrese. 


In 
tal 
caso 
parte 
ricorrente 
lamentava 
la 
circostanza 
secondo 
cui 
il 
richiamo 
-da 
parte 
del 
Commissario 
ad 
acta 
-al 
criterio 
di 
parametrazione 
delle 
tariffe 
a 
tariffari 
adottati 
in 
altre 
realt� 
regionali 
(senza 
alcuno 
specifico 
criterio 
al 
costo standard) non sarebbe 
stato sufficiente 
al 
fine 
di 
disvelare 
il 
percorso 
motivazionale 
seguito. In pratica, il 
Commissario si 
sarebbe 
limitato a 
richiamare 
genericamente 
analisi 
comparative 
su un campione 
di 
prestazioni 
senza 
specificare quali siano esattamente e senza precisare quali regioni siano state 
prese come parametro di riferimento. 


Il 
provvedimento 
sarebbe 
inficiato, 
quindi, 
da 
vizio 
motivazionale 
e 
di 
omessa istruttoria. 


Il 
t.A.r., 
con 
due 
diverse 
pronunce 
(23) 
ha 
accolto 
tali 
censure 
annullando 
il 
provvedimento 
impugnato 
e 
facendo 
leva 
proprio 
sul 
difetto 
di 
motivazione. 


Si 
legge, infatti, nella 
sentenza 
che 
�Nell�ambito dei 
criteri 
di 
parametrazione 
individuati 
dal 
legislatore, e 
anche 
tenendo conto delle 
esigenze 
di 
contenimento 
dei 
costi, 
particolarmente 
stringenti 
nelle 
Regioni 
oggetto 
di 
commissariamento ex 
art. 120 co. 2 Cost., e 
a regime 
di 
�sostituzione 
straordinaria� 
appare 
legittimo, 
in 
astratto, 
il 
richiamo 
a 
tariffari 
gi� 
adottati 
in 
altre 
regioni 
affini, a condizione 
che 
per� siano evincibili 
da parte 
degli 
ope


(21) nella 
sentenza 
si 
lascia 
chiaramente 
intendere 
che 
la 
decisione 
del 
collegio di 
annullare 
il 
provvedimento impugnato ha 
in ogni 
caso tenuto �in debita considerazione 
la peculiarit� del 
contesto 
emergenziale 
e 
le 
conseguenti 
verosimili 
disfunzioni 
organizzative 
che 
connotano la struttura emergenziale 
facente capo al Commissario ad acta per l�attuazione del piano di rientro�. 
(22) Il 
Commissario ad acta, all�epoca 
dell�emissione 
del 
decreto, era 
il 
Presidente 
della 
giunta 
della regione Calabria. 
(23) 
t.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
I, 
14 
luglio 
2018, 
n. 
1428; 
id. 
n. 
1430, 
in 
www.giustizia-amministrativa.
it. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


ratori 
destinatari 
i 
criteri 
di 
selezione 
giustificativi 
della 
valutazione 
di 
�comparabilit�� 
tra 
realt� 
regionali. 
Poich� 
il 
provvedimento 
impugnato 
� 
difettoso 
sul 
punto, esso si 
rivela illegittimo e 
pertanto meritevole 
dell�annullamento 
richiesto�. 


Pertanto, la 
scelta 
di 
tariffari 
gi� 
adottati 
da 
altre 
regioni 
senza 
la 
specificazione 
dei 
criteri 
che 
hanno 
indotto 
a 
tale 
scelta 
non 
pu� 
sorreggere 
l�impianto 
motivazionale del provvedimento. 

In tal 
caso, a 
nulla 
sono valse 
le 
controdeduzioni 
fornite 
dalla 
struttura 
commissariale 
atte 
a 
giustificare 
una 
deroga 
ai 
principi 
dell�ordinamento 
inerenti 
l�assetto 
motivazionale 
del 
provvedimento 
amministrativo. 
In 
particolare, 
quest�ultima 
ha 
dedotto 
in 
giudizio 
che 
l�atto 
impugnato 
sarebbe 
stato 
adottato 
nell�ambito 
della 
�gravissima 
situazione 
di 
deficit 
strutturale 
del 
settore 
sanitario 
e 
come 
tale 
non 
soggetto 
ad 
ulteriori 
obblighi 
di 
pi� 
pregnante 
motivazione 
ex 
art. 
3 
L. 
241/90, 
soprattutto 
in 
forza 
della 
natura 
vincolante 
del 
piano 
di 
rientro 
approvato 
e 
della 
natura 
derogatoria 
delle 
norme 
emergenziali�. 


In 
tal 
caso 
il 
collegio 
ha 
inteso 
svolgere 
un 
bilanciamento 
tra 
le 
specifiche 
esigenze 
sottese 
al 
Piano 
di 
rientro 
da 
un 
lato, 
e 
la 
tutela 
degli 
operatori 
sanitari 
dall�altro. Questi 
ultimi, infatti, devono esser posti 
nella 
condizione 
di 
poter 
valutare 
e 
comprendere 
le 
ragioni 
poste 
alla 
base 
delle 
scelte 
amministrative. 


2.3. Sulla convenzione 
stipulata tra il 
Commissario ad acta e 
l�Agenzia Nazionale 
per i Servizi Sanitari Regionali (Age.na.s.). 
nell�ambito 
dell�imponente 
contenzioso 
che 
ha 
coinvolto 
il 
Commissario 
ad acta, degna 
di 
nota 
� 
la 
pronuncia 
con cui 
il 
t.A.r. Calabria 
ha 
definito 
l�annosa 
questione 
inerente 
la 
convenzione 
stipulata 
tra 
lo 
stesso 
Commissario 
e l�Agenzia nazionale per i Servizi Sanitari regionali (Age.na.s.) (24). 


tale 
convenzione 
(approvata 
con 
D.C.A. 
n. 
46/2016) 
aveva 
ad 
oggetto 
la 
realizzazione 
di 
attivit� 
di 
supporto tecnico-operativo e 
di 
affiancamento alla 
struttura commissariale ai fini dell�attuazione del Piano di rientro. 


Il 
provvedimento 
veniva 
impugnato 
dalla 
regione 
Calabria 
nella 
parte 
in 
cui prevedeva un corrispettivo per tale attivit� pari a � 200.000,00 annui. 

Quest�ultima 
riteneva, infatti, irragionevole 
e 
ingiusto l�attribuzione 
a 
titolo 
oneroso 
di 
funzioni 
che 
sarebbero 
gi� 
attribuite 
ex 
lege 
alla 
stessa 
Agenzia 
e, soprattutto, gi� 
retribuite 
dal 
Ministero della 
Salute 
(tale 
importo, inoltre, 
sarebbe 
gravato 
sul 
bilancio 
regionale, 
producendo 
cos� 
una 
doppia 
lesione 
nei confronti della stessa regione). 

La 
difesa 
del 
Commissario 
ad 
acta, 
di 
contro, 
sosteneva 
che 
la 
centralit� 
del 
ruolo 
riconosciuto 
a 
quest�ultimo 
(il 
quale 
si 
sostituisce 
in 
toto 
agli 
enti 
ordinariamente 
competenti) 
prevede 
che 
lo 
stesso 
goda 
di 
amplissimi 
poteri 
fi


(24) Per un approfondimento dettagliato della 
questione 
si 
veda 
Mezzotero-SISCA, op. cit., pag. 
212. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


nalizzati 
ad 
una 
efficace 
e 
concreta 
attuazione 
del 
programma, 
tra 
cui 
anche 
quella 
di 
concedere 
incarichi 
(non 
importa 
se 
a 
titolo 
gratuito 
o 
oneroso) 
per 
la 
corretta 
e 
sostanziale 
attuazione 
del 
Piano 
di 
rientro 
e 
la 
convenzione 
in 
questione, 
a 
suo 
dire, 
non 
era 
altro 
che 
esercizio 
di 
tali 
poteri 
ad 
esso 
conferiti. 


tale giudizio, invero, ha subito un percorso abbastanza travagliato. 

Difatti, 
la 
prima 
pronuncia 
del 
t.A.r. 
(trattasi 
dell�ordinanza 
n. 
270/2016 


(25) di 
rigetto delle 
misure 
cautelari 
richieste 
dalla 
regione 
Calabria) veniva 
prontamente capovolta dal Consiglio di Stato in sede di gravame. 
Il 
supremo 
consesso 
di 
giustizia 
amministrativa 
ha 
infatti 
sospeso 
il 
provvedimento 
impugnato 
sostenendo 
che 
il 
quadro 
normativo 
vigente 
non 
sembra 
attribuire 
ad Age.na.s. la 
facolt� 
di 
stipulare 
convenzioni 
a 
titolo oneroso per 
lo svolgimento di 
attivit� 
di 
supporto delle 
regioni 
sottoposte 
a 
Piano di 
rientro, 
�essendo 
tali 
attivit� 
ricomprese 
nel 
novero 
delle 
competenze, 
dei 
compiti 
e 
degli 
obblighi 
assegnatile 
dalla legislazione 
relativa ai 
Piani 
di 
rientro dai 
disavanzi del settore sanitario� 
(26). 


nel 
frattempo 
veniva 
emanato 
dal 
Commissario 
ad 
acta 
il 
decreto 
n. 
58/2016 
con 
il 
quale 
veniva 
rettificato 
il 
precedente 
D.C.A. 
n. 
46/2016 
sia 
nella 
sua 
parte 
motiva 
(la 
convenzione 
veniva 
integrata 
con riferimenti 
legislativi 
e 
normativi 
a 
sostegno dell�adozione 
del 
provvedimento) che 
nella 
sua 
parte 
dispositiva 
(la 
rubrica 
dell�art. 6 veniva 
modificata 
da 
�Corrispettivo� 
a 
�Contributo�). 

tali 
modifiche, tuttavia, non sono bastate 
a 
�salvare� 
il 
provvedimento 
in questione. 


A 
porre 
fine 
alla 
travagliata 
vicenda 
� 
occorsa 
la 
sentenza 
14 
maggio 
2018, n. 1009, con la 
quale 
il 
t.A.r. Calabria 
- chiamato a 
pronunciarsi 
sulla 
vicenda 
in sede 
di 
merito e 
conformandosi 
al 
percorso gi� 
tracciato dal 
Consiglio 
di Stato - ha definitivamente annullato il provvedimento impugnato. 


Il 
collegio fa 
notare 
come 
dall�esame 
della 
normativa 
che 
istituisce 
e 
assegna 
i 
compiti 
all�Age.na.s 
(nonch� 
dello statuto di 
quest�ultima) emerge 
la 
sostanziale 
corrispondenza 
tra 
l�incarico 
oneroso 
che 
costituisce 
oggetto 
della 
convenzione 
e 
le 
funzioni 
gi� 
istituzionalmente 
attribuite 
al 
medesimo 
ente 
(27). 
Pi� 
nel 
dettaglio, 
si 
legge 
in 
sentenza, 
che 
�la 
previsione 
di 
un 
corrispet


(25) 
In 
tale 
ordinanza 
viene 
affermato 
che 
�La 
nomina 
di 
un 
Commissario 
ad 
acta 
per 
l�attuazione 
del 
piano di 
rientro dal 
disavanzo sanitario, previamente 
concordato tra lo Stato e 
la Regione 
interessata, 
sopraggiunge 
all�esito 
di 
una 
persistente 
inerzia 
degli 
organi 
regionali, 
essendosi 
questi 
ultimi 
sottratti 
ad un�attivit� che 
pure 
� 
imposta dalle 
esigenze 
di 
finanza pubblica � 
che 
detta attivit� � 
volta 
a 
soddisfare 
la 
necessit� 
di 
assicurare 
la 
tutela 
dell�unit� 
economica 
della 
Repubblica, 
oltre 
che 
i 
livelli 
essenziali 
delle 
prestazioni 
concernenti 
un diritto fondamentale 
(art. 32 Cost.) qual 
� 
quello alla salute 
� 
che 
in questo quadro, le 
funzioni 
amministrative 
del 
commissario, ovviamente 
fino all�esaurimento 
dei 
suoi 
compiti 
di 
attuazione 
del 
piano di 
rientro, devono essere 
poste 
al 
riparo da ogni 
interferenza 
degli 
organi 
regionali, 
senza 
che 
possa 
essere 
evocato 
il 
rischio 
di 
fare 
di 
esso 
l�unico 
soggetto 
cui 
spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale�. 
(26) Cons. St., sez. III, ord. 1 settembre 2016, n. 3618, in www.giustizia-amministrativa.it. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


tivo per 
lo svolgimento di 
attivit� istituzionali 
che 
sono invece 
gi� attribuite 
per 
legge 
all�ente 
ausiliario non trova alcun fondamento normativo, si 
pone 
in contrasto con il 
quadro normativo di 
riferimento in forza del 
quale 
le 
medesime 
attivit� 
oggetto 
di 
convenzione 
onerosa 
sono 
gi� 
enucleabili 
tra 
quelle 
attribuite 
all�Agenzia a favore 
anche 
delle 
Regioni, gi� coinvolte 
di 
dissesti 
finanziari nel settore sanitario�. 

4. Conclusioni. 
Alla 
stregua 
delle 
osservazioni 
che 
precedono � 
facilmente 
constatabile 
la 
delicatezza 
e 
la 
complessit� 
delle 
questioni 
poste 
all�attenzione 
del 
t.A.r. 
Calabria. In tale 
contesto, quest�ultimo, ha 
dovuto necessariamente 
svolgere 
un importante 
e 
non facile 
bilanciamento tra 
interessi 
diversi 
e 
spesse 
volte 
contrastanti: 
all�esigenza 
di 
contenimento della 
spesa 
pubblica 
e 
di 
razionalizzazione 
del 
sistema 
sanitario si 
contrappone, infatti, l�esigenza 
di 
rafforzamento 
della 
tutela 
sanitaria, 
della 
libert� 
di 
concorrenza 
e 
della 
tutela 
del 
diritto 
alla salute (28). 

Alla 
complessit� 
intrinseca 
delle 
questioni 
deve 
poi 
aggiungersi 
l�enorme 
quantit� 
di 
ricorsi 
giunti 
al 
vaglio del 
t.A.r. di 
Catanzaro: 
nel 
2016 ben 80 
sono state 
le 
sentenze 
di 
merito emesse 
in seguito alla 
discussione 
in diverse 
udienze tematiche 
fissate 
per la trattazione congiunta 
dei 
ricorsi; 
52 sentenze 
nel 
2017; 
circa 
20 
sentenze 
nel 
primo 
semestre 
del 
2018, 
mentre 
diversi 
giudizi 
sono tutt�ora ancora pendenti (29). 


Il 
ruolo svolto dagli 
organi 
giudicanti 
risulta 
quindi 
di 
particolare 
importanza 
soprattutto alla 
luce 
dell�ampia 
discrezionalit� 
che 
connota 
il 
Commissario 
ad 
acta 
e 
dalla 
quale 
derivano 
parametri 
fumosi 
e 
di 
difficile 
interpretazione 
da 
parte 
di 
coloro che 
sono chiamati 
a 
valutare 
- in sede 
giurisdizionale 
- la legittimit� delle scelte commissariali. 

(27) Si 
fa 
riferimento, nella 
sentenza, all�art. 5, d.lgs. 30 giugno 1993 n. 266 istitutivo dell�Agenzia, 
con cui 
vengono assegnate 
a 
tale 
ente 
la 
funzione 
di 
supporto delle 
attivit� 
regionali, di 
valutazione 
comparativa 
dei 
costi 
e 
dei 
rendimenti 
resi 
ai 
cittadini, di 
segnalazione 
delle 
disfunzioni 
e 
sprechi 
nella 
gestione 
delle 
risorse 
personali 
e 
materiali 
e 
nelle 
forniture, di 
trasferimento dell�innovazione 
e 
delle 
sperimentazioni 
in 
materia 
sanitaria 
e 
all�art. 
1 
co. 
579 
della 
l 
28 
dicembre 
2015 
n. 
208 
(Legge 
di 
Stabilit� 
2016), secondo cui 
il 
Ministero della 
Salute, di 
concerto con il 
Ministero dell�economia 
e 
delle 
finanze, 
�avvalendosi 
dell�Agenzia nazionale 
per 
i 
servizi 
sanitari 
regionali, assicura su richiesta della regione 
interessata, senza nuovi 
o maggiori 
oneri 
a carico della finanza pubblica, il 
necessario supporto agli 
enti 
interessati 
dai 
piani 
di 
rientro 
di 
cui 
ai 
commi 
528 
e 
536 
e 
mette 
a 
disposizione, 
se 
necessario, 
strumenti 
operativi 
per 
la presentazione 
del 
piano e 
il 
perseguimento dei 
suoi 
obiettivi, nonch� 
per 
l�affiancamento, 
da parte 
dell�AGENAS con oneri 
a carico del 
bilancio della medesima agenzia degli 
enti 
del 
servizio sanitario nazionale per tutta la durata dei piani di rientro�. 

(28) Sul 
tema 
si 
veda 
D. AnDrACChIo, La programmazione 
sanitaria del 
Commissario ad acta 
nella Regione 
Calabria. Il 
difficile 
equilibrio tra libert� di 
concorrenza, libert� di 
scelta del 
luogo di 
cura ed esigenza di 
contenimento della spesa pubblica. 
Nota a sentenza T.A.R. Calabria, Catanzaro, 
sez. I, 16 maggio 2016, n. 1041, in 
Giurisprudenza Commentata n. 2/2017. 
(29) 
I 
dati 
sono 
estrapolati 
dalle 
relazioni 
dell�inaugurazione 
dell�anno 
giudiziario 
del 
t.A.r. 
Calabria, 
sede di Catanzaro, in riferimento agli anni giudiziari 2016 e 2017. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


D�altronde, che 
il 
Piano di 
rientro sia 
caratterizzato da 
vincoli 
e 
sacrifici 
per gli 
operatori 
pubblici 
e 
privati 
del 
settore 
sanitario � 
cosa 
ben nota 
(e, soprattutto, 
necessaria), ma 
tali 
sacrifici 
non devono eccedere 
il 
limite 
della 
ragionevolezza, 
logicit�, arbitrariet� e razionalit�. 

tale 
limite, 
pertanto, 
pu� 
essere 
individuato 
solo 
con 
una 
corretta 
attivit� 
ermeneutica 
nonch� 
di 
raffronto e 
di 
bilanciamento tra 
il 
contesto normativo 
di riferimento e la situazione fattuale (emergenziale) persistente. 

trattasi 
di 
un compito arduo che, finora, sembra 
essersi 
svolto nel 
modo 
pi� logico e 
razionale 
possibile 
e, soprattutto, in conformit� 
ai 
principi 
sottesi 
ad una situazione oltre modo emergenziale. 


giova 
evidenziare, 
inoltre, 
che 
i 
principi 
rinvenibili 
nelle 
pronunce 
in 
questa 
sede 
esaminate 
sono stati 
rafforzati 
da 
numerose 
pronunce 
della 
Corte 
Costituzionale. 


Quest�ultima, ha 
sempre 
confermato la 
piena 
legittimit� 
delle 
norme 
che 
stabiliscono vincoli 
e 
limiti 
all�autonomia 
regionale 
in quanto giustificati 
dal 
fattore �emergenza�. 

nella 
sentenza 
pi� importante 
(30) (tra 
l�altro riassuntiva 
di 
altre 
precedenti 
pronunce 
trattanti 
la 
medesima 
questione 
(31)) la 
Corte 
afferma 
che 
�le 
norme 
statali 
che 
fissano 
limiti 
alla 
spesa 
di 
enti 
pubblici 
regionali 
sono 
espressione 
della finalit� di 
coordinamento finanziario, per 
cui 
il 
legislatore 
statale 
pu� 
legittimamente 
imporre 
alle 
Regioni 
vincoli 
alla 
spesa 
corrente 
per 
assicurare 
l�equilibrio 
unitario 
della 
finanza 
pubblica 
complessiva, 
in 
connessione 
con il 
perseguimento di 
obbiettivi 
nazionali, condizionati 
anche 
da obblighi comunitari�. 


(30) Corte Cost., 12 maggio 2011, n. 163, in www.cortecostituzionale.it. 
(31) In particolare 
Corte 
Cost., 18 febbraio 2010, n. 52; 
id. 
17 marzo 2010, n. 100; 
id. 
23 aprile 
2010, 
n. 
141; 
id. 
11 
aprile 
2011, 
n. 
123; 
id. 
25 
aprile 
2012, 
n. 
131; 
id. 
19 
luglio 
2013, 
n. 
219, 
id. 
5 
maggio 
2014, n. 110, tutte in www.cortecostituzionale.it. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


Una breve rassegna della giurisprudenza in tema 
di sosta d�ingombro degli autoveicoli e risvolti penali 
(il reato di violenza privata ex art. 610 c.p.). 


Alessio Muciaccia* 


Il 
Codice 
della 
strada 
(1) vigente 
distingue 
espressamente 
all�art. 157 (2) 
tra 
la 
fermata 
e 
la 
sosta 
dei 
veicoli: 
la 
fermata 
� 
la 
temporanea 
sospensione 
della 
marcia, ad esempio per consentire 
la 
salita 
o la 
discesa 
delle 
persone 
dal 
veicolo o per altre 
esigenze 
di 
brevissima 
durata, non deve 
essere 
d�intralcio 
alla 
circolazione 
ed 
� 
connotata 
dalla 
presenza 
a 
bordo 
del 
conducente 
che 
deve 
essere 
pronto 
a 
riprendere 
la 
marcia; 
la 
sosta 
invece 
� 
connotata 
dalla 
sospensione 
della 
marcia 
protratta 
nel 
tempo, con la 
conseguente 
possibilit� 
per 
il conducente di allontanarsi dal veicolo. 

(*) Dottore in giurisprudenza. 


(1) 
nuovo 
Codice 
della 
Strada. 
Decreto 
Legislativo 
del 
30 
aprile 
1992, 
n. 
285. 
Pubblicato 
in 
G.U. 
del 18 maggio 1992, n. 114. 
(2) 
�Arresto 
fermata 
e 
sosta 
dei 
veicoli� 
-art. 
157 
C.d.S. 
1. 
Agli 
effetti 
delle 
presenti 
norme: 
a) 
per 
arresto 
si 
intende 
l'interruzione 
della 
marcia 
del 
veicolo 
dovuta 
ad 
esigenze 
della 
circolazione; 
b) 
per 
fermata 
si 
intende 
la 
temporanea 
sospensione 
della 
marcia 
anche 
se 
in 
area 
ove 
non 
sia 
ammessa 
la 
sosta, 
per 
consentire 
la 
salita 
o 
la 
discesa 
delle 
persone, 
ovvero 
per 
altre 
esigenze 
di 
brevissima 
durata. 
Durante 
la 
fermata, 
che 
non 
deve 
comunque 
arrecare 
intralcio 
alla 
circolazione, 
il 
conducente 
deve 
essere 
presente 
e 
pronto 
a 
riprendere 
la 
marcia; 
c) 
per 
sosta 
si 
intende 
la 
sospensione 
della 
marcia 
del 
veicolo 
protratta 
nel 
tempo, 
con 
possibilit� 
di 
allontanamento 
da 
parte 
del 
conducente; 
d) 
per 
sosta 
di 
emergenza 
si 
intende 
l'interruzione 
della 
marcia 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
veicolo 
� 
inutilizzabile 
per 
avaria 
ovvero 
deve 
arrestarsi 
per 
malessere 
fisico 
del 
conducente 
o 
di 
un 
passeggero. 
2. 
Salvo 
diversa 
segnalazione, 
ovvero 
nel 
caso 
previsto 
dal 
comma 
4, 
in 
caso 
di 
fermata 
o 
di 
sosta 
il 
veicolo 
deve 
essere 
collocato 
il 
pi� 
vicino 
possibile 
al 
margine 
destro 
della 
carreggiata, 
parallelamente 
ad 
esso 
e 
secondo 
il 
senso 
di 
marcia. 
Qualora 
non 
esista 
marciapiede 
rialzato, 
deve 
essere 
lasciato 
uno 
spazio 
sufficiente 
per 
il 
transito 
dei 
pedoni, 
comunque 
non 
inferiore 
ad 
un 
metro. 
Durante 
la 
sosta, 
il 
veicolo 
deve 
avere 
il 
motore 
spento. 
3. 
Fuori 
dei 
centri 
abitati, 
i 
veicoli 
in 
sosta 
o 
in 
fermata 
devono 
essere 
collocati 
fuori 
della 
carreggiata, 
ma 
non 
sulle 
piste 
per 
velocipedi 
n�, 
salvo 
che 
sia 
appositamente 
segnalato, 
sulle 
banchine. 
In 
caso 
di 
impossibilit�, 
la 
fermata 
e 
la 
sosta 
devono 
essere 
effettuate 
il 
pi� 
vicino 
possibile 
al 
margine 
destro 
della 
carreggiata, 
parallelamente 
ad 
esso 
e 
secondo 
il 
senso 
di 
marcia. 
Sulle 
carreggiate 
delle 
strade 
con 
precedenza 
la 
sosta 
� 
vietata. 
4. 
Nelle 
strade 
urbane 
a 
senso 
unico 
di 
marcia 
la 
sosta 
� 
consentita 
anche 
lungo 
il 
margine 
sinistro 
della 
carreggiata, 
purch� 
rimanga 
spazio 
sufficiente 
al 
transito 
almeno 
di 
una 
fila 
di 
veicoli 
e 
comunque 
non 
inferiore 
a 
tre 
metri 
di 
larghezza. 
5. 
Nelle 
zone 
di 
sosta 
all'uopo 
predisposte 
i 
veicoli 
devono 
essere 
collocati 
nel 
modo 
prescritto 
dalla 
segnaletica. 
6. 
Nei 
luoghi 
ove 
la 
sosta 
� 
permessa 
per 
un 
tempo 
limitato 
� 
fatto 
obbligo 
ai 
conducenti 
di 
segnalare, 
in 
modo 
chiaramente 
visibile, 
l'orario 
in 
cui 
la 
sosta 
ha 
avuto 
inizio. 
ove 
esiste 
il 
dispositivo 
di 
controllo 
della 
durata 
della 
sosta 
� 
fatto 
obbligo 
di 
porlo 
in 
funzione. 
7. 
� 
fatto 
divieto 
a 
chiunque 
di 
aprire 
le 
porte 
di 
un 
veicolo, 
di 
discendere 
dallo 
stesso, 
nonch� 
di 
lasciare 
aperte 
le 
porte, 
senza 
essersi 
assicurato 
che 
ci� 
non 
costituisca 
pericolo 
o 
intralcio 
per 
gli 
altri 
utenti 
della 
strada. 
7-bis. 
� 
fatto 
divieto 
di 
tenere 
il 
motore 
acceso, 
durante 
la 
sosta 
del 
veicolo, 
allo 
scopo 
di 
mantenere 
in 
funzione 
l'impianto 
di 
condizionamento 
d'aria 
nel 
veicolo 
stesso; 
dalla 
violazione 
consegue 
la 
sanzione 
amministrativa 
del 
pagamento 
di 
una 
somma 
da 
euro 
218 
a 
euro 
435. 
8. 
Fatto 
salvo 
quanto 
disposto 
dal 
comma 
7-bis, 
chiunque 
viola 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
presente 
articolo 
� 
soggetto 
alla 
sanzione 
amministrativa 
del 
pagamento 
di 
una 
somma 
da 
euro 
41 
a 
euro 
169. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


Il 
codice, disciplina 
anche 
come 
posizionare 
il 
veicolo per la 
fermata 
e 
la 
sosta 
all�interno 
e 
fuori 
del 
centro 
abitato: 
nei 
centri 
abitati, 
durante 
la 
fermata 


o la 
sosta 
il 
veicolo va 
collocato il 
pi� vicino possibile 
al 
margine 
destro della 
carreggiata, parallelamente 
a 
esso e 
secondo il 
senso di 
marcia, salvo diversa 
segnalazione. Se 
non esiste 
il 
marciapiede, bisogna 
lasciare 
uno spazio sufficiente 
per 
il 
passaggio 
dei 
pedoni 
comunque 
non 
inferiore 
a 
1 
metro; 
nelle 
strade 
a 
senso unico si 
pu� sostare 
anche 
lungo il 
margine 
sinistro, purch� 
rimanga 
spazio 
sufficiente 
al 
passaggio 
almeno 
di 
una 
fila 
di 
veicoli 
e 
comunque 
non inferiore 
a 
3 metri 
di 
larghezza; 
fuori 
dei 
centri 
abitati, invece, bisogna 
fermarsi o sostare fuori della carreggiata. 
In caso di 
impossibilit�, � 
necessario fermarsi 
o sostare 
il 
pi� vicino possibile 
al 
margine 
destro della 
carreggiata, parallelamente 
ad esso e 
secondo il 
senso di marcia. 

Quando poi 
esiste 
l�apposita 
segnaletica 
orizzontale 
il 
veicolo va 
collocato 
con l�inclinazione prescritta. 

vengono, 
altres�, 
elencati 
anche 
una 
serie 
di 
obblighi 
e 
cautele 
che 
il 
conducente 
deve 
adottare 
durante 
la 
fermata 
e 
la 
sosta, 
cos� 
riassumibili: 
spegnere 
il 
motore, anche 
se 
la 
sosta 
� 
di 
breve 
durata; 
utilizzare, se 
presente, il 
cavalletto 
centrale 
(per 
ciclomotori 
e 
motocicli); 
azionare 
il 
freno 
di 
stazionamento 
(se 
il 
veicolo ne 
� 
dotato); 
inserire 
il 
rapporto pi� basso del 
cambio di 
velocit� 
(se 
il 
veicolo ne 
� 
dotato). Su strada 
in pendenza: 
se 
il 
veicolo � 
a 
due 
ruote, 
si 
lascia 
sul 
cavalletto centrale 
con la 
ruota 
anteriore 
rivolta 
verso la 
salita; 
se 
il 
veicolo ha 
pi� di 
due 
ruote, si 
sterzano le 
ruote 
verso l�esterno della 
strada. 

Durante 
la 
sosta 
e 
la 
fermata 
il 
conducente 
deve 
adottare 
tutte 
le 
cautele 
per evitare 
incidenti 
e 
impedire 
l�uso del 
veicolo senza 
il 
suo consenso, come 
ad esempio aprire 
le 
porte 
di 
un veicolo, discendere 
dallo stesso, nonch� 
lasciare 
aperte 
le 
porte, senza 
essersi 
assicurati 
che 
ci� non costituisca 
pericolo 


o intralcio per gli altri utenti della strada. 
tali 
manovre 
devono essere 
sempre 
eseguite 
nel 
tempo strettamente 
necessario, 
in relazione 
alle 
condizioni 
del 
traffico, in modo da 
assicurare 
la 
sicurezza 
per gli altri. 

Al 
successivo art. 158 (3) �Divieto di 
fermata e 
sosta dei 
veicoli� 
� 
spe


(3) 
�Divieto 
di 
fermata 
e 
sosta 
dei 
veicoli 
�-art. 
158 
C.d.S. 
1. 
La 
fermata 
e 
la 
sosta 
sono 
vietate: 
a) 
in 
corrispondenza 
o 
in 
prossimit� 
dei 
passaggi 
a 
livello 
e 
sui 
binari 
di 
linee 
ferroviarie 
o 
tranviarie 
o 
cos� 
vicino 
ad 
essi 
da 
intralciarne 
la 
marcia; 
b) 
nelle 
gallerie, 
nei 
sottovia, 
sotto 
i 
sovrapassaggi, 
sotto 
i 
fornici 
e 
i 
portici, 
salvo 
diversa 
segnalazione; 
c) 
sui 
dossi 
e 
nelle 
curve 
e, 
fuori 
dei 
centri 
abitati 
e 
sulle 
strade 
urbane 
di 
scorrimento, 
anche 
in 
loro 
prossimit�; 
d) 
in 
prossimit� 
e 
in 
corrispondenza 
di 
segnali 
stradali 
verticali 
e 
semaforici 
in 
modo 
da 
occultarne 
la 
vista, 
nonch� 
in 
corrispondenza 
dei 
segnali 
orizzontali 
di 
preselezione 
e 
lungo 
le 
corsie 
di 
canalizzazione; 
e) 
fuori 
dei 
centri 
abitati, 
sulla 
corrispondenza 
e 
in 
prossimit� 
delle 
aree 
di 
intersezione; 
f) 
nei 
centri 
abitati, 
sulla 
corrispondenza 
delle 
aree 
di 
intersezione 
e 
in 
prossimit� 
delle 
stesse 
a 
meno 
di 
5 
m 
dal 
prolungamento 
del 
bordo 
pi� 
vicino 
della 
carreggiata 
trasversale, 
salvo 
diversa 
segnalazione; 
g) 
sui 
passaggi 
e 
attraversamenti 
pedonali 
e 
sui 
passaggi 
per 
ciclisti, 
nonch� 
sulle 
piste 
ciclabili 
e 
agli 
sbocchi 
delle 
medesime; 
h) 
sui 
mar

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


cificato analiticamente 
dove 
la 
fermata 
e 
la 
sosta 
sono invece 
vietate, precisando 
anche 
la 
misura 
delle 
sanzioni 
pecuniarie 
applicabili 
in caso di 
violazione. 


Infine, 
l�art. 
159 
(4) 
�Rimozione 
e 
blocco 
dei 
veicoli�, 
stabilisce 
che 
� 


ciapiedi, 
salvo 
diversa 
segnalazione. 
2. 
La 
sosta 
di 
un 
veicolo 
� 
inoltre 
vietata: 
a) 
allo 
sbocco 
dei 
passi 
carrabili; 
b) 
dovunque 
venga 
impedito 
di 
accedere 
ad 
un 
altro 
veicolo 
regolarmente 
in 
sosta, 
oppure 
lo 
spostamento 
di 
veicoli 
in 
sosta; 
c) 
in 
seconda 
fila, 
salvo 
che 
si 
tratti 
di 
veicoli 
a 
due 
ruote, 
due 
ciclomotori 
a 
due 
ruote 
o 
due 
motocicli; 
d) 
negli 
spazi 
riservati 
allo 
stazionamento 
e 
alla 
fermata 
degli 
autobus, 
dei 
filobus 
e 
dei 
veicoli 
circolanti 
su 
rotaia 
e, 
ove 
questi 
non 
siano 
delimitati, 
a 
una 
distanza 
dal 
segnale 
di 
fermata 
inferiore 
a 
15 
m, 
nonch� 
negli 
spazi 
riservati 
allo 
stazionamento 
dei 
veicoli 
in 
servizio 
di 
piazza; 
e) 
sulle 
aree 
destinate 
al 
mercato 
e 
ai 
veicoli 
per 
il 
carico 
e 
lo 
scarico 
di 
cose, 
nelle 
ore 
stabilite; 
f) 
sulle 
banchine, 
salvo 
diversa 
segnalazione; 
g) 
negli 
spazi 
riservati 
alla 
fermata 
o 
alla 
sosta 
dei 
veicoli 
per 
persone 
invalide 
di 
cui 
all'art. 
188 
e 
in 
corrispondenza 
degli 
scivoli 
o 
dei 
raccordi 
tra 
i 
marciapiedi, 
rampe 
o 
corridoi 
di 
transito 
e 
la 
carreggiata 
utilizzati 
dagli 
stessi 
veicoli; 
h) 
nelle 
corsie 
o 
carreggiate 
riservate 
ai 
mezzi 
pubblici; 
i) 
nelle 
aree 
pedonali 
urbane; 
l) 
nelle 
zone 
a 
traffico 
limitato 
per 
i 
veicoli 
non 
autorizzati; 
m) 
negli 
spazi 
asserviti 
ad 
impianti 
o 
attrezzature 
destinate 
a 
servizi 
di 
emergenza 
o 
di 
igiene 
pubblica 
indicati 
dalla 
apposita 
segnaletica; 
n) 
davanti 
ai 
cassonetti 
dei 
rifiuti 
urbani 
o 
contenitori 
analoghi; 
o) 
limitatamente 
alle 
ore 
di 
esercizio, 
in 
corrispondenza 
dei 
distributori 
di 
carburante 
ubicati 
sulla 
sede 
stradale 
ed 
in 
loro 
prossimit� 
sino 
a 
5 
m 
prima 
e 
dopo 
le 
installazioni 
destinate 
all'erogazione. 
3. 
Nei 
centri 
abitati 
� 
vietata 
la 
sosta 
dei 
rimorchi 
quando 
siano 
staccati 
dal 
veicolo 
trainante, 
salvo 
diversa 
segnalazione. 
4. 
Durante 
la 
sosta 
e 
la 
fermata 
il 
conducente 
deve 
adottare 
le 
opportune 
cautele 
atte 
a 
evitare 
incidenti 
ed 
impedire 
l'uso 
del 
veicolo 
senza 
il 
suo 
consenso. 
5. 
Chiunque 
viola 
le 
disposizioni 
del 
comma 
1 
e 
delle 
lettere 
d), 
g) 
e 
h) 
del 
comma 
2 
� 
soggetto 
alla 
sanzione 
amministrativa 
del 
pagamento 
di 
una 
somma 
da 
euro 
40 
a 
euro 
164 
per 
i 
ciclomotori 
e 
i 
motoveicoli 
a 
due 
ruote 
e 
da 
euro 
84 
a 
euro 
338 
per 
i 
restanti 
veicoli. 
6. 
Chiunque 
viola 
le 
altre 
disposizioni 
del 
presente 
articolo 
� 
soggetto 
alla 
sanzione 
amministrativa 
del 
pagamento 
di 
una 
somma 
da 
euro 
24 
a 
euro 
98 
per 
i 
ciclomotori 
e 
i 
motoveicoli 
a 
due 
ruote 
e 
da 
euro 
41 
a 
euro 
169 
per 
i 
restanti 
veicoli. 
7. 
Le 
sanzioni 
di 
cui 
al 
presente 
articolo 
si 
applicano 
per 
ciascun 
giorno 
di 
calendario 
per 
il 
quale 
si 
protrae 
la 
violazione. 


(4) �Rimozione 
e 
blocco dei 
veicoli� 
- art. 159 C.d.S. 1. Gli 
organi 
di 
polizia, di 
cui 
all'art. 12, 
dispongono la rimozione 
dei 
veicoli: a) nelle 
strade 
e 
nei 
tratti 
di 
esse 
in cui 
con ordinanza dell'ente 
proprietario della strada sia stabilito che 
la sosta dei 
veicoli 
costituisce 
grave 
intralcio o pericolo per 
la circolazione 
stradale 
e 
il 
segnale 
di 
divieto di 
sosta sia integrato dall'apposito pannello aggiuntivo; 
b) nei 
casi 
di 
cui 
agli 
articoli 
157, comma 4 e 
158, commi 
1, 2 e 
3; c) in tutti 
gli 
altri 
casi 
in cui 
la sosta 
sia vietata e 
costituisca pericolo o grave 
intralcio alla circolazione; d) quando il 
veicolo sia lasciato in 
sosta in violazione 
alle 
disposizioni 
emanate 
dall'ente 
proprietario della strada per 
motivi 
di 
manutenzione 
o pulizia delle 
strade 
e 
del 
relativo arredo. 2. Gli 
enti 
proprietari 
della strada sono autorizzati 
a 
concedere 
il 
servizio della rimozione 
dei 
veicoli 
stabilendone 
le 
modalit� nel 
rispetto delle 
norme 
regolamentari. 
I veicoli 
adibiti 
alla rimozione 
devono avere 
le 
caratteristiche 
prescritte 
nel 
regolamento. 
Con decreto del 
Ministro delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti 
pu� provvedersi 
all'aggiornamento delle 
caratteristiche 
costruttive 
funzionali 
dei 
veicoli 
adibiti 
alla rimozione, in relazione 
ad esigenze 
determinate 
dall'evoluzione 
della tecnica di 
realizzazione 
dei 
veicoli 
o di 
sicurezza della circolazione. 3. In 
alternativa 
alla 
rimozione 
� 
consentito, 
anche 
previo 
spostamento 
del 
veicolo, 
il 
blocco 
dello 
stesso 
con 
attrezzo 
a 
chiave 
applicato 
alle 
ruote, 
senza 
onere 
di 
custodia, 
le 
cui 
caratteristiche 
tecniche 
e 
modalit� 
di 
applicazione 
saranno 
stabilite 
nel 
regolamento. 
L'applicazione 
di 
detto 
attrezzo 
non 
� 
consentita 
ogni 
qual 
volta il 
veicolo in posizione 
irregolare 
costituisca intralcio o pericolo alla circolazione. 4. La rimozione 
dei 
veicoli 
o 
il 
blocco 
degli 
stessi 
costituiscono 
sanzione 
amministrativa 
accessoria 
alle 
sanzioni 
amministrative 
pecuniarie 
previste 
per 
la 
violazione 
dei 
comportamenti 
di 
cui 
al 
comma 
1, 
ai 
sensi 
delle 
norme 
del 
capo I, sezione 
II, del 
titolo VI. 5. Gli 
organi 
di 
polizia possono, altres�, procedere 
alla rimozione 
dei 
veicoli 
in sosta, ove 
per 
il 
loro stato o per 
altro fondato motivo si 
possa ritenere 
che 
siano 
stati 
abbandonati. Alla rimozione 
pu� provvedere 
anche 
l'ente 
proprietario della strada, sentiti 
preven

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


consentita 
la 
rimozione 
forzata 
dei 
veicoli 
qualora 
la 
sosta 
vietata 
costituisca 
pericolo o grave intralcio alla circolazione. 


Premessa 
questa 
breve 
panoramica 
sulla 
regolamentazione 
operata 
dal 
Codice 
della 
Strada 
circa 
la 
fermata 
e 
sosta 
dei 
veicoli, si 
esaminano le 
conseguenze 
sanzionatorie per la sosta in doppia fila. 


nella 
vita 
frenetica 
di 
tutti 
i 
giorni 
risiede 
la 
cattiva 
abitudine 
della 
sosta 
in doppia 
fila 
ove 
vietato ed anche 
se 
momentanea: 
comportamento che 
presenta 
dei 
risvolti 
sia 
penali 
che 
civili 
secondo la 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
che 
potrebbero costare 
al 
trasgressore 
pi� di 
una 
contravvenzione 
ed una 
rimozione 
forzata 
dell�autovettura. 
L�art. 
158, 
comma 
2, 
lett. 
c) 
del 
Codice 
della 
Strada, infatti, vieta 
la 
sosta 
in seconda 
fila 
(salvo che 
si 
tratti 
di 
veicoli 
a 
due 
ruote, due 
ciclomotori 
a 
due 
ruote 
o due 
motocicli) prevedendo una 
sanzione 
amministrativa 
da 
euro 24 a 
euro 97 per i 
ciclomotori 
e 
i 
motoveicoli 
a 
due 
ruote 
e 
da 
euro 41 a 
euro 168 per i 
restanti 
veicoli. L�art. 159 co. 1 lett. c), invece, 
autorizza 
la 
rimozione 
forzata 
dei 
veicoli 
nel 
caso in cui 
la 
sosta 
vietata 
costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione. 


Secondo la 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, inoltre, chi 
parcheggia 
l�auto in 
doppia 
fila 
bloccando 
la 
manovra 
alle 
altre 
autovetture 
regolamentate 
parcheggiate, 
� 
idoneo 
a 
integrare 
il 
reato 
di 
violenza 
privata 
(art. 
610 
c.p.), 
cos� 
come 
qualunque 
atteggiamento 
di 
ostacolo 
all�accesso 
o 
all�uscita 
provocato 
dal 
�parcheggio selvaggio� 
del veicolo. 

Infatti 
la 
suprema 
Corte 
gi� 
nel 
2005, 
aveva 
precisato 
che 
il 
reato 
previsto 
dall�art. 
610 
c.p. 
doveva 
ritenersi 
integrato 
in 
base 
ad 
�ogni 
condotta 
idonea 
a 
costituire 
una 
coazione 
della 
parte 
offesa� 
(5). 
nel 
caso 
di 
specie, 
la 
Corte 
aveva 
confermato 
la 
condanna 
di 
un 
soggetto 
che 
aveva 
parcheggiato 
la 
propria 
autovettura 
dietro 
quella 
della 
persona 
offesa 
bloccandola 
e, 
opponendo 
un 
rifiuto 
all�invito 
di 
quest�ultimo 
di 
spostarla 
per 
potersi 
allontanare, 
costringendo 
di 
fatto 
la 
parte 
offesa 
ad 
un 
comportamento 
non 
liberamente 
voluto. 


ebbene, analizziamo brevemente 
i 
presupposti 
del 
reato di 
violenza 
privata. 
Secondo 
l�art. 
610 
c.p., 
esso 
si 
configura 
quando 
�chiunque, 
con 
violenza 


o 
minaccia, 
costringe 
altri 
a 
fare, 
tollerare 
od 
omettere 
qualche 
cosa�. 
La 
pena 
prevista 
� 
la 
reclusione 
fino a 
quattro anni, aumentata 
se 
concorrono le 
circostanze 
aggravanti 
di 
cui 
all�art. 
339 
c.p., 
se 
la 
violenza 
o 
la 
minaccia 
sono 
commesse 
con armi, da 
persone 
travisate, da 
pi� persone 
riunite, con scritto 
anonimo, in modo simbolico o valendosi 
della 
forza 
intimidatrice 
derivante 
da associazioni segrete, esistenti o supposte. 
tivamente 
gli 
organi 
di 
polizia. 
Si 
applica 
in 
tal 
caso 
l'art. 
15 
del 
decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 
10 settembre 
1982, n. 915. 5-bis. Nelle 
aree 
portuali 
e 
marittime 
come 
definite 
dalla legge 
28 gennaio 
1994, n. 84, � 
autorizzato il 
sequestro conservativo degli 
automezzi 
in sosta vietata che 
ostacolano la 
regolare circolazione viaria e ferroviaria o l'operativit� delle strutture portuali. 


(5) Cass. pen., sez. I, sent. 4 luglio 2005 n. 24614. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


Si 
osserva 
quindi 
come 
nel 
reato 
di 
violenza 
privata 
il 
requisito 
della 
violazione 
�ai 
fini 
della 
configurabilit� 
del 
delitto, 
si 
identifica 
con 
qualsiasi 
mezzo 
idoneo 
a 
privare 
coattivamente 
della 
libert� 
di 
determinazione 
e 
di 
azione 
l�offeso 
il 
quale 
sia, 
pertanto, 
costretto 
a 
fare, 
tollerare 
od 
omettere 
qualcosa contro la propria volont�� 
(6). 
nel 
caso di 
specie, l�imputato aveva 
parcheggiato in modo da 
intralciare 
il 
passaggio, precisando di 
non avere 
alcuna 
intenzione 
di 
rimuovere 
la 
sua 
autovettura. In conclusione, la 
suprema 
Corte 
confermava 
la 
condanna, 
e 
stabiliva 
che 
�se 
� 
del 
tutto 
condivisibile 
che 
costituisca il 
reato in esame 
la condotta di 
chi 
effettui 
il 
parcheggio di 
un�autovettura 
in modo tale 
da impedire 
intenzionalmente 
a un�altra automobile 
di 
spostarsi 
per 
accedere 
alla pubblica via e 
accompagnato dal 
rifiuto reiterato 
alla 
richiesta 
della 
parte 
offesa 
di 
liberare 
l�accesso 
sarebbe 
irragionevole 
non ritenere 
reato anche 
soltanto la seconda parte 
della condotta appena descritta 
nella quale 
la costrizione, con violenza, della altrui 
volont� � 
determinata 
dal 
mantenimento della vettura nella posizione 
irregolare 
in cui 
� 
stata 
messa 
dallo 
stesso 
agente: 
mantenimento 
capace 
di 
determinare 
la 
costrizione 
psicologica 
della 
persona 
offesa 
n� 
pi� 
e 
n� 
meno 
dell�intenzionale 
parcheggio 
ostruttivo�. ritiene 
quindi 
che, se 
da 
un lato � 
pacifico che 
costituisce 
il 
reato 
di 
violenza 
privata 
la 
condotta 
di 
chi 
effettua 
il 
parcheggio della 
propria 
autovettura 
in 
modo 
tale 
da 
impedire 
intenzionalmente 
a 
un�altra 
persona 
di 
uscire 
dal 
parcheggio comune, accompagnato dal 
reiterato rifiuto alla 
richiesta 
della 
parte 
offesa 
di 
liberare 
l�accesso, dall�altro � 
ragionevole 
ritenere 
reato anche 
il 
rifiuto 
di 
spostare 
l�auto. 
In 
quest�ultima 
condotta 
la 
costrizione 
con 
violenza 
dell�altrui 
volont� 
� 
determinata 
dal 
mantenimento 
della 
vettura 
nella 
posizione 
irregolare. Pertanto, � 
chiaro come 
per integrare 
il 
reato di 
violenza 
privata 
basti 
la 
consapevolezza 
del 
parcheggio 
eseguito 
in 
modo 
da 
bloccare 
eventuali altri automobilisti. 

Ancora 
la 
suprema 
Corte 
(7) 
ha 
ritenuto 
come 
la 
condotta 
di 
chi 
parcheggia 
la 
propria 
autovettura 
nel 
cortile 
condominiale 
in 
modo 
da 
impedire 
l�uscita 
del 
veicolo 
altrui 
configura 
il 
reato 
di 
violenza 
privata, 
previsto 
e 
punito 
dall�articolo 
610 
c.p., 
a 
nulla 
rilevando, 
come 
giustificazione 
e/o 
esimente, 
l�asserito 
smarrimento 
delle 
chiavi 
dell�automobile, 
anche 
laddove 
noto 
alla 
persona 
offesa 
per 
il 
tramite 
di 
altre 
persone 
presenti 
nell�area 
di 
sosta 
dei 
veicoli. 


Al 
riguardo, 
una 
recente 
decisione 
della 
Suprema 
Corte 
ha 
precisato 
che 
�Sul 
punto, 
occorre 
ricordare 
la 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
di 
legittimit� 
laddove 
ha 
pi� 
volte 
affermato 
che 
l�elemento 
della 
violenza 
nella 
fattispecie 
criminosa 
di 
violenza 
privata 
si 
identifica 
in 
qualsiasi 
mezzo 
idoneo 
a 
privare 
coattivamente 
l�offeso 
della 
libert� 
di 
determinazione 
e 
di 
azione, 
potendo 
con


(6) Cass. pen., sez. v, sent. 12 gennaio 2012 n. 603. 
(7) Cass. pen., sez. v, sent. 28 febbraio 2011 n. 7592. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


sistere 
anche 
in 
una 
violenza 
�impropria�, 
che 
si 
attua 
attraverso 
l�uso 
di 
mezzi 
anomali 
diretti 
ad 
esercitare 
pressioni 
sulla 
volont� 
altrui, 
impedendone 
la 
libera 
determinazione 
(Cass., 
sez. 
5, 
22 
ottobre 
2010, 
n. 
11907, 
Cavaleri). 
Ed 
invero, 
pi� 
precisamente 
� 
stato 
anche 
affermato 
che 
integra 
il 
delitto 
di 
violenza 
privata 
la 
condotta 
di 
colui 
che 
parcheggi 
la 
propria 
autovettura 
dinanzi 
ad 
un 
fabbricato 
in 
modo 
tale 
da 
bloccare 
il 
passaggio 
impedendo 
l�accesso 
alla 
parte 
lesa, 
considerato 
che, 
ai 
fini 
della 
configurabilit� 
del 
reato 
in 
questione, 
il 
requisito 
della 
violenza 
si 
identifica 
in 
qualsiasi 
mezzo 
idoneo 
a 
privare 
coattivamente 
l�offeso 
della 
libert� 
di 
determinazione 
e 
di 
azione 
(Cass., 
sez. 
5, 
del 
20 
novembre 
2013 
n. 
8425, 
dep. 
21/02/2014, 
Iovino)� 
(8). 


Pertanto, 
parcheggiare 
un 
autoveicolo 
in 
sosta 
d�intralcio, 
pu� 
configurare 
la 
fattispecie 
di 
delitto di 
violenza 
privata 
previsto dall�art. 610 c.p., se 
blocca 
il passaggio alle altre autovetture. 

Ad 
esempio, 
in 
un�altra 
pronuncia 
� 
stata 
sanzionata 
l�intenzione 
dell�imputato 
di 
mantenere 
il 
proprio veicolo parcheggiato irregolarmente 
in un�area 
condominiale 
alla 
quale 
non aveva 
diritto di 
accedere 
�in modo tale 
da impedire 
alla persona offesa di 
transitare 
con il 
proprio veicolo per 
uscire 
sulla 
pubblica 
via, 
rifiutando 
reiteratamente 
di 
liberare 
l�accesso, 
pretendendo 
�con 
evidente 
protervia 
ed 
arroganza� 
che 
la 
persona 
offesa 
attendesse 
secondo 
proprie 
necessit� 
la 
�discesa� 
della 
sorella�, 
e 
tanto 
basta, 
ha 
sostenuto 
la 
Corte, per integrare la violenza quale normativamente prevista (9). 

Sempre 
in 
tema 
di 
sosta 
d�intralcio 
di 
un 
veicolo 
all�interno 
di 
in 
uno 
spazio 
condominiale 
la 
Corte 
ha 
sostenuto che 
�la condotta materiale 
posta in 
essere 
da taluno dei 
condomini, la quale 
si 
concretizzi 
nel 
parcheggio di 
una 
autovettura dolosamente 
preordinato ad impedire 
il 
passaggio di 
un mezzo o 
comunque 
di 
privare 
una persona della propria libert� di 
determinazione 
od 
azione, 
integra 
un 
delitto 
di 
violenza 
privata, 
specie 
ove 
non 
sia 
giustificabile, 
a monte, con una pretesa meritevole di apprezzamento giuridico� 
(10). 


e 
ancora 
in un caso analogo ma 
connotato anche 
dalla 
rimozione 
di 
un 
ciclomotore 
lasciato 
in 
divieto 
di 
sosta 
in 
un 
cortile 
condominiale, 
la 
Corte 


(11) si 
� 
espressa 
in maniera 
identica. nello specifico, il 
Condominio aveva 
incaricato una 
societ� 
privata 
di 
provvedere 
alla 
rimozione 
dal 
portico condominiale 
di 
un ciclomotore 
abusivamente 
parcheggiato nonostante 
la 
presenza 
di 
appositi 
cartelli 
con l�indicazione 
�divieto di 
sosta� 
e 
con l�avvertimento 
che 
i 
motoveicoli 
sarebbero 
stati 
rimossi 
a 
spese 
dei 
trasgressori. 
Il 
proprietario 
del 
ciclomotore 
rimosso adiva 
il 
giudice 
di 
Pace 
di 
Bologna, che 
rigettava 
la 
domanda 
costringendo il 
ricorrente 
a 
ricorrere 
alla 
suprema 
Corte 
che 
confer(
8) Cass. pen., sez. v, sent. 7 dicembre 2015 n. 48346. 
(9) Cass. pen., sez. v, sent. 16 maggio 2006 n. 16571. 
(10) Cass. pen., sez. v, sent. 17 maggio 2006 n. 21779. 
(11) Cass. pen., sez. III, sent. 9 gennaio 2007 n. 196. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


mava 
la 
sentenza 
impugnata 
ribadendo che 
�la sentenza ha solo fatto applicazione 
del 
principio dell�autotutela o difesa privata del 
possesso e 
del 
principio 
stabilito 
nell�art. 
2043 
c.c, 
per 
il 
quale 
colui 
che 
col 
proprio 
fatto 
doloso 


o colposo cagiona ad altri 
un danno ingiusto � 
obbligato al 
risarcimento. Ha 
cio� 
ritenuto che 
il 
possessore, molestato nel 
possesso, possa, personalmente 
o a mezzo di 
un terzo cui 
abbia all�uopo affidato il 
relativo incarico, far 
cessare 
la molestia in atto rimuovendo la cosa con la quale 
l�offesa viene 
esercitata 
ed 
abbia 
altres� 
diritto 
al 
rimborso 
delle 
spese 
dovute 
al 
terzo 
per 
la 
rimozione, in quanto causate dal fatto illecito del molestatore�. 
In 
un�altra 
sentenza 
(12), 
ha 
ritenuto 
integrato 
con 
il 
reato 
di 
omicidio 
colposo il 
comportamento di 
un automobilista 
che 
lasciando la 
propria 
auto 
in doppia 
fila 
con lo sportello aperto provocava 
un incidente 
stradale 
mortale. 
La 
Corte 
ha 
considerato esistente 
il 
nesso causale 
tra 
la 
macchina 
lasciata 
in 
doppia 
fila 
e 
la 
morte 
del 
conducente 
del 
ciclomotore. 
nonostante 
il 
reato 
fosse 
prescritto, la 
Corte 
ha 
ritenuto di 
dover condannare 
l�imputato per omicidio 
colposo derivante 
oltre 
che 
dalla 
violazione 
degli 
artt. 157 co. 7 e 
158 co. 2 
lett. c) del 
C.d.S., anche 
dalla 
condotta 
colposa 
di 
aver lasciato la 
propria 
autovettura 
in 
doppia 
fila 
con 
lo 
sportello 
leggermente 
aperto 
determinando 
cos� 
l�evento morte del motociclista sopraggiunto. 


L�indirizzo giurisprudenziale 
consolidato e 
costante 
formatosi 
in materia 
di 
cd. atti 
emulativi 
della 
strada 
� 
stato confermato anche 
dalle 
sezioni 
unite 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
nel 
2013 (13). Infatti, le 
sezioni 
unite 
hanno confermato 
l�indirizzo 
gi� 
espresso 
dalle 
numerose 
precedenti 
pronunce 
delle 
sezioni 
semplici, ritenendo passibile 
di 
denuncia 
per il 
reato appunto di 
violenza 
privata, 
con 
condanna 
alla 
reclusione 
e 
risarcimento, 
il 
caso 
di 
ostruzione 
del-
l�ingresso al garage altrui. 

Il 
grave 
illecito penale 
pu� infatti 
lecitamente 
comminarsi 
nei 
confronti 
degli 
automobilisti 
che, 
parcheggiando 
la 
propria 
auto 
in 
una 
maniera 
da 
ostruire 
l�ingresso al 
garage 
condominiale, si 
rifiutano anche 
di 
rimuoverla. 
Le 
sezioni 
unite, dunque, non hanno fatto altro che 
confermare 
un indirizzo 
gi� 
ampiamente 
consolidato 
dalle 
precedenti 
sentenze 
n. 
21779/06 
e 
n. 
603/11, 
con 
le 
quali 
si 
affermava 
che 
�integra 
il 
reato 
di 
violenza 
privata, 
di 
cui 
all�art. 
610 c.p., la condotta di 
colui 
che, avendo parcheggiato l�auto in maniera da 
ostruire 
l�ingresso 
al 
garage 
condominiale, 
si 
rifiuti 
di 
rimuoverla 
nonostante 
la richiesta della persona offesa�. 

nella 
pronuncia 
in questione, la 
suprema 
Corte, confermando in toto 
la 
sentenza 
della 
Corte 
d�Appello di 
Catanzaro, che 
ribaltava 
l�assoluzione 
concessa 
dal 
tribunale 
di 
Lamezia 
terme, va 
anche 
oltre 
il 
principio gi� 
ribadito, 
considerando 
il 
caso 
di 
un 
piccolo 
trattore 
che 
l�imputato 
solitamente 
parcheg


(12) Cass. pen., sez. III, sent. 1 dicembre 2010 n. 42498. 
(13) Cass. pen., sez. un., sent. 12 marzo 2013 n. 28487. 

LegISLAzIone 
eD 
AttUALIt� 


giava 
in area 
opposta 
a 
quella 
ove 
insisteva 
un passo carrabile, ma 
che, visto 
l�ingombro del mezzo, ostruiva l�utilizzo dell�altrui garage. 

La 
sentenza, che 
all�apparenza 
pu� sembrare 
discutibile, si 
basa 
sul 
requisito 
della 
�violenza�, 
un 
elemento 
che, 
in 
alternativa 
alla 
�minaccia�, 
risulta 
indispensabile 
per 
la 
configurazione 
del 
reato, 
in 
quanto 
nella 
�condotta 
di 
colui 
che 
parcheggia la propria autovettura in modo tale 
da bloccare 
il 
passaggio 
impedendo alla parte 
lesa di 
muoversi 
(�) 
il 
requisito della violenza 
si 
identifica in qualsiasi 
mezzo idoneo a privare 
coattivamente 
l�offeso della 
libert� di determinazione ed azione�. 


Il 
principio 
secondo 
il 
quale 
l�auto 
parcheggiata 
in 
modo 
da 
impedire 
l�uscita 
da 
un parcheggio integra 
il 
reato di 
violenza 
privata, � 
stato oggetto 
anche 
di 
un 
ulteriore 
pronuncia 
(14). 
Secondo 
la 
Corte, 
commette 
reato 
di 
violenza 
privata 
colui 
che 
�ostruisce 
con il 
proprio veicolo l�unica via di 
uscita� 
da 
un 
fondo, 
e 
pi� 
precisamente 
con 
l�intento 
(dolo) 
di 
impedire 
la 
libera 
uscita 
dallo stesso. Da 
qui 
la 
condanna, nei 
confronti 
dell�automobilista 
che 
aveva 
bloccato con il 
proprio fuoristrada 
l�unico passaggio che 
permetteva 
di 
uscire 
da 
un 
fondo 
di 
sua 
propriet� 
un 
soggetto 
che 
secondo 
l�imputato, 
lo 
stava 
arando illecitamente. 


Dello stesso avviso la 
pronuncia 
che 
ha 
sanzionato la 
condotta 
di 
un automobilista 
che 
aveva 
parcheggiato 
innanzi 
a 
un 
fabbricato, 
bloccando 
alle 
altre 
autovetture 
ogni 
via 
d�uscita. 
Per 
la 
Corte, 
�l�elemento 
della 
violenza 
nella fattispecie 
criminosa di 
violenza privata si 
identifica in qualsiasi 
mezzo 
idoneo 
a 
privare 
coattivamente 
l'offeso 
della 
libert� 
di 
determinazione 
e 
di 
azione, 
potendo 
consistere 
anche 
in 
una 
violenza 
"impropria", 
che 
si 
attua 
attraverso 
l'uso 
di 
mezzi 
anomali 
diretti 
ad 
esercitare 
pressioni 
sulla 
volont� 
altrui, 
impedendone la libera determinazione� 
(15). 


I suddetti 
principi 
stabiliti 
dalla 
suprema 
Corte 
e 
cristallizzati 
dalla 
pronuncia 
delle 
sezioni 
unite 
del 
2013 citata 
hanno trovato applicazione 
in numerose 
pronunce di merito. 

tra 
le 
tante 
si 
riporta 
quella 
del 
tribunale 
di 
taranto (16) che 
ha 
confermato 
la 
condanna 
ex 
art. 
610 
c.p. 
nei 
confronti 
di 
un 
condomino 
che, 
a 
seguito 
di 
liti 
con altri 
proprietari, aveva 
�dimenticato� 
la 
propria 
vettura 
per ben due 
giorni 
innanzi 
al 
garage 
di 
un altro inquilino impedendogli 
il 
libero utilizzo 
della sua propriet� privata. 


Quella 
del 
giudice 
di 
Pace 
di 
roma 
(17), che 
ha 
condannato un conducente, 
per aver parcheggiato in seconda 
fila 
sulla 
strada 
pubblica, in maniera 
tale 
da 
impedire 
l�uscita 
dal 
parcheggio di 
un altro conducente, regolarmente 


(14) Cass. pen., sez. v, sent. 23 luglio 2014 n. 32720. 
(15) Cass. pen., sez. v, sent. 7 dicembre 2015 n. 48346. 
(16) trib. pen. di 
taranto, sez. I, sent. 6 ottobre 2014 n. 2006. 
(17) g.d.P. di roma, sez. vI, sent. 26 luglio 2013 n. 27962. 

rASSegnA 
AvvoCAtUrA 
DeLLo 
StAto - n. 3/2018 


posizionato 
sulle 
strisce 
a 
bordo 
carreggiata. 
Con 
la 
condanna 
� 
stato 
disposto 
un risarcimento danni 
per la 
perdita 
di 
tempo procurata 
al 
titolare 
del 
veicolo. 

e 
infine 
si 
riporta 
quella 
della 
Corte 
d�Appello di 
Palermo (18), che 
ha 
confermato la 
condanna 
nei 
confronti 
di 
un uomo, che 
aveva 
pi� volte 
�parcheggiato 
la 
propria 
autovettura 
nell�unica 
stradina 
di 
accesso� 
impedendo 
alla 
parte 
offesa 
di 
raggiungere 
la 
propria 
abitazione. 
I 
giudici 
d�appello, 
hanno 
ritenuto provato il 
delitto di 
violenza 
privata, poich� 
trattandosi 
di 
reato istantaneo 
per la 
sua 
configurabilit�, non � 
necessario, che 
la 
condotta 
criminosa 
si 
protragga nel tempo. 


Alla 
luce 
del 
consolidato 
orientamento 
della 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
a 
cui 
sono succedute 
le 
pronunce 
dei 
giudici 
di 
merito, appare 
evidente 
come 
colui 
che 
sosta 
il 
proprio autoveicolo in sosta 
d�intralcio anche 
in area 
condominiale 
rischia 
concretamente 
oltre 
la 
sanzione 
pecuniaria 
e 
la 
rimozione 
forzata 
del 
mezzo la 
condanna 
per la 
fattispecie 
di 
reato previsto ex art. 610 c.p. 


(18) C.d.A. Palermo, sez. III, sent. 22 febbraio 2016 n. 648. 

contrIbutIDIDottrIna
Il rimborso delle spese di patrocinio legale nei giudizi 
di responsabilit� nei confronti di dipendenti pubblici 
ai sensi dell�art. 18 del D.L. 25 marzo 1997 n. 67 


Michele Gerardo* 


Sommario: 1. aspetti 
generali 
- 2. Disciplina normativa - 3. ratio dell�art. 18 del 
d.l. 2 
marzo 1997, n. 67 - 4. Natura giuridica della pretesa al 
rimborso delle 
spese 
e 
termini 
della 
sua 
azionabilit� 
-5. 
Giurisdizione 
sulla 
pretesa 
al 
rimborso 
delle 
spese 
di 
lite 
-6. 
Natura 
giuridica ed ambito del 
giudizio di 
congruit� del 
parere 
espresso dall'avvocatura dello Stato 


-7. Contesto nel 
quale 
germina la spesa che 
d� diritto al 
rimborso - 8. Condizioni 
del 
diritto 
al 
rimborso: 
a) 
giudizio 
promosso 
nei 
confronti 
del 
(e 
non 
dal) 
dipendente 
pubblico, 
nel 
quale 
non � 
parte 
l�amministrazione 
di 
appartenenza - 9. 
(Segue) 
B) il 
titolare 
della pretesa deve 
avere 
la qualifica di 
dipendente 
di 
amministrazione 
statale 
- 10. (Segue) 
C) connessione 
dei 
fatti 
contestati 
con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento di 
obblighi 
istituzionali 
11. 
(Segue) 
D) sentenza o provvedimento che 
abbia escluso la responsabilit� - 12. (Segue) 
D) sentenza o provvedimento che 
abbia escluso la responsabilit�: i) all�esito di 
giudizio di 
responsabilit� civile 
verso terzi 
- 13. 
(Segue) 
D) sentenza o provvedimento che 
abbia escluso 
la responsabilit�: ii) all�esito di 
giudizio di 
responsabilit� penale 
- 14. (Segue) 
D) sentenza 
o 
provvedimento 
che 
abbia 
escluso 
la 
responsabilit�: 
iii) 
all�esito 
di 
giudizio 
di 
responsabilit� 
amministrativa 
-15. 
(Segue) 
assenza 
di 
conflitto 
di 
interesse? 
-16. 
anticipazione 
del 
rimborso 
- 17. modalit� di liquidazione. 
1. aspetti generali. 
Il 
pubblico dipendente 
pu� essere 
coinvolto in una 
controversia 
trovante 
causa 
nell�esercizio 
delle 
funzioni 
svolte. 
Il 
dirigente 
del 
Comune, 
ad 
esempio, 
viene 
citato in giudizio per asseriti 
danni 
collegati 
all�adozione 
di 
un provvedimento 
di 
esproprio. 
Il 
detto 
dirigente 
si 
difende 
in 
giudizio 
con 
un 
avvocato. 


(*) Avvocato dello Stato. 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


Alla 
fine 
del 
giudizio l�azione 
risulta 
infondata, con pronuncia 
di 
un provvedimento 
che 
esclude 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente. Intanto questi 
ha 
sopportato 
delle 
spese 
per la 
difesa 
in giudizio a 
mezzo di 
un difensore. Discorso 
analogo vale per un dipendente di un datore di lavoro privato. 


Si 
pone 
quindi 
un problema: 
le 
spese 
sopportate 
per la 
difesa 
in giudizio 
vanno ristorate 
dal 
Comune, dalla 
P.A. nel 
cui 
interesse 
� 
stata 
prestata 
l�attivit� 
che ha occasionato la lite? 


A 
tale 
interrogativo, 
il 
sistema 
normativo 
o 
la 
specifica 
regolamentazione 
negoziale 
inter 
partes 
collettiva 
o individuale, spesso, rispondono con varie 
disposizioni 
puntuali 
dirette 
a 
sovvenire 
il 
dipendente 
per gli 
oneri 
difensivi. 
Ci� 
sulla 
base 
del 
rilievo 
che 
la 
controversia 
� 
stata 
occasionata 
dalle 
funzioni 
svolte. 


Le 
disposizioni 
puntuali 
prevedono, di 
solito, due 
modalit� 
di 
sollievo. 
La P.A. provvede a: 


a) 
rimborsare 
le 
spese 
legali 
sopportate 
per la 
difesa 
a 
mezzo di 
avvocato 
nominato 
dal 
dipendente 
o, 
in 
alternativa, 
stipulare 
polizza 
assicurativa 
con 
la 
quale 
assicurare 
i 
propri 
dipendenti 
contro 
i 
rischi 
conseguenti 
all'espletamento 
dei loro compiti; 


b) 
mettere 
a 
disposizione 
un difensore, che 
agisce 
nella 
controversia 
nel-
l�interesse del dipendente. 


Disposizioni 
del 
genere 
sono numerose 
in varie 
tipologie 
di 
rapporto di 
pubblico impiego. 


In assenza 
di 
disposizioni 
puntuali 
dirette 
a 
rilevare 
il 
dipendente 
per gli 
oneri 
difensivi, si 
discute 
se 
esista 
un principio generale 
in virt� del 
quale 
il 
datore di lavoro � tenuto a manlevare il dipendente per i detti oneri. 


Parte 
della 
giurisprudenza 
risponde 
positivamente 
al 
quesito (1). Sintomatici 
del 
principio affermativo sarebbero le 
numerose 
disposizioni 
puntuali 
sulla 
materia 
- di 
contenuto, quindi 
ricognitivo e 
non innovativo - ed altres� 
la 
regola 
civilistica 
generale 
di 
cui 
all'art. 1720, comma 
2, c.c., dettata 
in tema 


(1) 
TAR 
Campania 
Napoli, 
Sez. 
VI, 
30 
marzo 
2018, 
n. 
2055, 
per 
il 
quale 
-in 
una 
lite 
coinvolgente 
un 
dipendente 
della 
Polizia 
di 
Stato 
-�anche 
prima 
dell'entrata 
in 
vigore 
della 
suddetta 
disposizione 
[ossia 
l'art. 
18 
del 
D.L. 
n. 
67/1997] 
esisteva, 
tuttavia, 
un 
principio 
generale 
di 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
legali 
sopportate 
dal 
dipendente 
assolto 
da 
un 
qualsivoglia 
giudizio 
di 
responsabilit� 
occorsogli 
per 
ragioni 
di 
servizio, 
anche 
in 
ossequio 
alla 
regola 
civilistica 
generale 
di 
cui 
all'art. 
1720 
comma 
2 
del 
cod. 
civ., 
[�] 
quest'ultima 
disposizione 
declina 
e 
traduce, 
a 
sua 
volta, 
un 
principio 
generale 
del-
l'ordinamento 
quale 
il 
divieto 
di 
locupletatio 
cum 
aliena 
iactura 
(cos� 
Cons. 
St., 
Comm. 
Spec., 
6 
maggio 
1996, 
n. 
4); 
[�] 
quest'ultimo 
principio 
era, 
peraltro, 
espresso 
da 
diverse 
disposizioni, 
in 
particolari 
settori 
del 
pubblico 
impiego 
(ad 
es. 
l'art. 
41 
del 
d.p.r. 
20 
maggio 
1987 
n. 
270 
riguardante 
il 
personale 
del 
servizio 
sanitario 
nazionale; 
l'art. 
19 
del 
d.p.r. 
16 
ottobre 
1979 
n. 
509 
relativo 
al 
personale 
degli 
enti 
pubblici 
di 
cui 
alla 
legge 
20 
marzo 
1975 
n. 
70; 
l'art. 
20 
del 
d.p.r. 
4 
agosto 
1990 
n. 
335 
concernente 
il 
personale 
del 
comparto 
delle 
aziende 
e 
delle 
amministrazioni 
dello 
Stato 
ad 
ordinamento 
autonomo), 
che 
prevedevano, 
in 
vario 
modo, 
l'assunzione 
da 
parte 
dell'amministrazione 
delle 
spese 
per 
il 
patrocinio 
legale 
del 
dipendente 
ovvero 
il 
loro 
rimborso, 
per 
cause 
connesse 
all'espletamento 
dei 
doveri 
d'ufficio�. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


di 
rapporti 
fra 
mandante 
e 
mandatario 
(secondo 
la 
quale 
il 
mandatario 
ha 
diritto 
ad esigere 
dal 
mandante 
il 
risarcimento dei 
danni 
subiti 
a 
causa 
dell'incarico), 
e 
quella 
di 
cui 
all�art. 
2041 
c.c. 
sul 
divieto 
di 
arricchimento 
senza 
causa. 
L'art. 
18 
avrebbe, 
quindi, 
la 
stessa 
ratio 
della 
regola 
civilistica 
generale 
di 
cui 
all'art. 
1720, 
comma 
2, 
c.c. 
in 
tema 
di 
rapporti 
tra 
mandante 
e 
mandatario, 
ossia 
quella 
di 
ripristinare 
la 
situazione 
di 
esposizione 
economica 
in cui 
viene 
a 
trovarsi 
il 
dipendente 
di 
una 
Pubblica 
amministrazione 
a 
causa 
di 
giudizi 
in cui 
lo stesso 
sia 
stato ingiustamente 
coinvolto per fatti 
o atti 
connessi 
con l'espletamento 
del servizio e nell'ambito dell'assolvimento di obblighi istituzionali. 

Diversamente 
dall�indicato orientamento, deve 
ritenersi 
che, in assenza 
di 
disposizioni 
puntuali 
-normative 
o 
negoziali 
-dirette 
a 
rilevare 
il 
dipendente 
per gli oneri difensivi, nulla spetta a questo (2). 


L�unico rimedio per il 
ristoro dei 
detti 
oneri 
trova 
sede 
nel 
giudizio per 
responsabilit� 
civile, 
penale 
e 
amministrativa, 
che 
occasiona 
le 
dette 
spese. 
ossia, ove 
il 
giudizio escluda 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente 
convenuto, il 
giudice 
nel 
rigettare 
la 
domanda 
giudiziaria, in applicazione 
delle 
regole 
sul 
governo delle 
spese 
(principio di 
soccombenza) condanner� 
l�attore 
al 
pagamento 
delle 
spese 
di 
giudizio. Vuol 
dirsi 
che 
il 
rimedio � 
interamente 
endo-
processuale, costituito dalla 
pronuncia 
accessoria 
(capo regolante 
il 
governo 
delle 
spese) rispetto a 
quella 
principale 
(capo regolante 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente 
evocata 
nella 
lite). Ci�, beninteso, nei 
giudizi 
- come 
quello civile 
e contabile - che prevedano la regola della soccombenza. 


All�evidenza 
non 
� 
invocabile 
il 
principio 
generale 
di 
cui 
all�art. 
1720, 
comma 
2 
c.c., 
atteso 
che 
il 
rapporto 
di 
pubblico 
impiego 
non 
� 
riconducibile 
al 
contratto 
di 
mandato. 
Inoltre 
non 
vi 
� 
identit� 
tra 
la 
disciplina 
di 
cui 
all�art. 
18 
e 
quella 
dell�art. 
1720 
c.c.: 
l'adattamento 
alla 
funzione 
pubblica 
dell'amministrazione 
di 
un 
istituto 
tipico 
della 
sfera 
di 
cooperazione 
giuridica 
nei 
rapporti 
tra 
privati, 
qual 
� 
il 
mandato, 
� 
forzato; 
il 
che 
appare 
evidente 
se 
solo 
si 
consideri 
la 
radicale 
incompatibilit� 
con 
la 
suddetta 
funzione 
pubblica, 
improntata 
ad 
autonomia 
e 
responsabilit� 
anche 
politico 
-istituzionale, 
delle 
tipiche 
modalit� 
di 
svolgimento 
del 
mandato 
privatistico. 
Si 
richiamano, 
tra 
l�altro, 
gli 
obblighi 
del 
mandatario 
di 
attenersi 
alle 
direttive 
del 
mandante; 
di 
comunicargli 
le 
circostanze 
sopravvenute 
suscettibili 
di 
determinare 
la 
revoca 
o 
la 
modificazione 
dell'incarico; 
di 
presentare 
il 
rendiconto 
del 
proprio 
operato 
(3). 


Non invocabile 
altres� 
� 
l�azione 
generale 
di 
arricchimento senza 
causa, 
per piana assenza dei presupposti dell�azione. 


(2) 
In 
tal 
senso 
anche: 
M. 
gARgANo, 
rimborso 
spese 
legali 
a 
dipendenti 
ed 
amministratori 
di 
enti 
locali, 
tratto 
da 
M. 
MoRDeNTI, 
P. 
MoNeA, 
M. 
CRISTALLo, 
rapporto 
di 
lavoro 
e 
gestione 
del 
personale 
nelle regioni e negli Enti locali, III edizione, Maggioli, 2018. 
(3) In tal senso: Cass. civ., Sez. III, Sent., 25 settembre 2014, n. 20193. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


2. Disciplina normativa. 
Constatata 
l�assenza 
di 
un 
principio 
generale 
in 
materia, 
si 
passa 
al-
l�esame 
di 
puntuali 
disposizioni 
normative 
regolanti 
il 
rimborso 
delle 
spese 
legali, con attenzione rivolta ai dipendenti di amministrazioni statali. 


Attuativa 
della 
fattispecie 
descritta 
alla 
lettera 
a) 
del 
paragrafo 
precedente 
� 
l�art. 18 - rubricato �rimborso delle 
spese 
di 
patrocinio legale� 
- del 
D.L. 
25 
marzo 
1997, 
n. 
67, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
nella 
L. 
23 
maggio 
1997, 


n. 135, che 
al 
primo comma 
recita: 
�Le 
spese 
legali 
relative 
a giudizi 
per 
responsabilit� 
civile, penale 
e 
amministrativa, promossi 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali 
in 
conseguenza 
di 
fatti 
ed 
atti 
connessi 
con 
l'espletamento 
del 
servizio 
o 
con 
l'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali 
e 
conclusi 
con sentenza o provvedimento che 
escluda la loro responsabilit�, sono 
rimborsate 
dalle 
amministrazioni 
di 
appartenenza nei 
limiti 
riconosciuti 
congrui 
dall'avvocatura dello Stato. Le 
amministrazioni 
interessate, sentita l'avvocatura 
dello Stato, possono concedere 
anticipazioni 
del 
rimborso, salva la 
ripetizione nel caso di sentenza definitiva che accerti la responsabilit��. 
Peculiare 
� 
la 
disciplina 
delle 
spese 
legali 
relative 
a 
giudizi 
per 
responsabilit� 
amministrativa 
dinanzi 
alla 
Corte 
dei 
conti, 
ove 
l�evoluzione 
della 
normativa 
-art. 
10-bis, 
comma 
10, 
D.L. 
30 
settembre 
2005, 
n. 
203 
(4) 
ed 
art. 
31, 
commi 
1 
e 
2 
del 
Codice 
di 
giustizia 
contabile, 
c.g.c. 
(D.L.vo 
26 
agosto 
2016, 


n. 
174) 
(5) 
-ha 
condotto, 
come 
si 
dir�, 
alla 
estrapolazione 
della 
disciplina 
relativa 
contenuta 
nell�art. 
18 
citato. 
All�esito 
della 
detta 
evoluzione 
deve 
ritenersi 
che, 
nei 
giudizi 
per 
responsabilit� 
amministrativa, 
tra 
l�altro, 
� 
venuto 
meno 
il 
parere 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
secondo 
la 
disciplina 
dell�art. 
18 
cit. 
(4) L�art. 10-bis, comma 
10, D.L. 30 settembre 
2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla 
L. 2 dicembre 
2005, n. 248, come 
modificato dall'art. 17, comma 
30-quinquies, D.L. 1� 
luglio 2009, n. 
78, convertito, con modificazioni, dalla 
L. 3 agosto 2009, n. 102, ha 
interpretato il 
comma 
1 dell�art. 18 
cit. (ed altres� 
le 
disposizioni 
dell'articolo 3, comma 
2-bis, del 
decreto-legge 
23 ottobre 
1996, n. 543, 
convertito, con modificazioni, dalla 
legge 
20 dicembre 
1996, n. 639, a 
termini 
del 
quale 
�in caso di 
definitivo 
proscioglimento ai 
sensi 
di 
quanto previsto dal 
comma 1 dell'articolo 1 della legge 
14 gennaio 
1994, n. 20, come 
modificato dal 
comma 1 del 
presente 
articolo, le 
spese 
legali 
sostenute 
dai 
soggetti 
sottoposti 
al 
giudizio 
della 
Corte 
dei 
conti 
sono 
rimborsate 
dall'amministrazione 
di 
appartenenza�) 
�nel 
senso 
che 
il 
giudice 
contabile, 
in 
caso 
di 
proscioglimento 
nel 
merito, 
e 
con 
la 
sentenza 
che 
definisce 
il 
giudizio, ai 
sensi 
e 
con le 
modalit� di 
cui 
all'articolo 91 del 
codice 
di 
procedura civile, non pu� disporre 
la compensazione 
delle 
spese 
del 
giudizio e 
liquida l'ammontare 
degli 
onorari 
e 
diritti 
spettanti 
alla 
difesa 
del 
prosciolto, 
fermo 
restando 
il 
parere 
di 
congruit� 
dell'avvocatura 
dello 
Stato 
da 
esprimere 
sulle richieste di rimborso avanzate all'amministrazione di appartenenza�. 
(5) 
L�art. 
31, 
commi 
1 
e 
2, 
del 
Codice 
di 
giustizia 
contabile 
dispone: 
�1. 
il 
giudice, 
con 
la 
sentenza 
che 
chiude 
il 
processo davanti 
a lui, condanna la parte 
soccombente 
al 
rimborso delle 
spese 
a favore 
dell'altra 
parte 
e 
ne 
liquida 
l'ammontare 
insieme 
con 
gli 
onorari 
di 
difesa. 
2. 
Con 
la 
sentenza 
che 
esclude 
definitivamente 
la responsabilit� amministrativa per 
accertata insussistenza del 
danno, ovvero, della 
violazione 
di 
obblighi 
di 
servizio, del 
nesso di 
causalit�, del 
dolo o della colpa grave, il 
giudice 
non 
pu� disporre 
la compensazione 
delle 
spese 
del 
giudizio e 
liquida, a carico dell'amministrazione 
di 
appartenenza, 
l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa�. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


Attuativa 
della 
fattispecie 
descritta 
alla 
lettera 
b) 
del 
paragrafo 
precedente 
� 
l�art. 
44 
del 
R.D. 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
1611 
statuente 
�L'avvocatura 
dello 
Stato assume 
la rappresentanza e 
la difesa degli 
impiegati 
e 
agenti 
delle 
amministrazioni 
dello Stato o delle 
amministrazioni 
o degli 
enti 
di 
cui 
all'art. 43 
[amministrazioni 
pubbliche 
non 
statali 
ed 
enti 
sovvenzionati, 
sottoposti 
a 
tutela 
od anche 
a 
sola 
vigilanza 
dello Stato] 
nei 
giudizi 
civili 
e 
penali 
che 
li 
interessano 
per 
fatti 
e 
cause 
di 
servizio, qualora le 
amministrazioni 
o gli 
enti 
ne 
facciano 
richiesta, 
e 
l'avvocato 
generale 
dello 
Stato 
ne 
riconosca 
la 
opportunit��. 
Nel 
riconoscere 
l�opportunit� 
della 
difesa, 
l�Avvocato 
generale 
valuta 
la 
sussistenza 
delle 
condizioni 
per concedere 
il 
patrocinio; 
condizioni 
coincidenti 
- in sostanza 
- con quelle 
del 
rimborso delle 
spese 
legali 
ex art. 18 
cit. e che di seguito si specificheranno. 


oltre 
alle 
fattispecie 
generali 
ora 
delineate 
vi 
sono 
altres� 
discipline 
speciali, 
come 
ad 
esempio 
quella 
contenuta 
nell�art. 
32 
L. 
22 
maggio 
1975, 
n. 
152, 
secondo 
cui: 
�Nei 
procedimenti 
a 
carico 
di 
ufficiali 
o 
agenti 
di 
pubblica 
sicurezza 
o 
di 
polizia 
giudiziaria 
o 
dei 
militari 
in 
servizio 
di 
pubblica 
sicurezza 
per 
fatti 
compiuti 
in 
servizio 
e 
relativi 
all'uso 
delle 
armi 
o 
di 
altro 
mezzo 
di 
coazione 
fisica, 
la 
difesa 
pu� 
essere 
assunta 
a 
richiesta 
dell'interessato 
dall'avvocatura 
dello 
Stato 
o 
da 
libero 
professionista 
di 
fiducia 
dell'interessato 
medesimo. 
in 
questo 
secondo 
caso 
le 
spese 
di 
difesa 
sono 
a 
carico 
del 
ministero 
dell'interno 
salva 
rivalsa 
se 
vi 
� 
responsabilit� 
dell'imputato 
per 
fatto 
doloso. 
Le 
disposizioni 
dei 
commi 
precedenti 
si 
applicano 
a 
favore 
di 
qualsiasi 
persona 
che, 
legalmente 
richiesta 
dall'appartenente 
alle 
forze 
di 
polizia, 
gli 
presti 
assistenza�. 


La 
specialit� 
della 
fattispecie 
consiste 
nel 
fatto 
che 
la 
manleva 
opera 
anche nei casi il dipendente sia responsabile, purch� a titolo non doloso. 


Per il 
personale 
delle 
regioni 
e 
degli 
enti 
locali 
viene 
in rilievo l�art. 28 
(rubricato �Patrocinio legale�) del 
C.C.N.L. del 
14 settembre 
2000 del 
Comparto 
delle 
Regioni 
e 
delle 
Autonomie 
Locali 
per il 
quale 
�1. L'ente, anche 
a 
tutela dei 
propri 
diritti 
ed interessi, ove 
si 
verifichi 
l'apertura di 
un procedimento 
di 
responsabilit� civile 
o penale 
nei 
confronti 
di 
un suo dipendente 
per 
fatti 
o 
atti 
direttamente 
connessi 
all'espletamento 
del 
servizio 
e 
all'adempimento 
dei 
compiti 
d'ufficio, assumer� a proprio carico, a condizione 
che 
non 
sussista conflitto di 
interessi, ogni 
onere 
di 
difesa sin dall'apertura del 
procedimento 
facendo assistere 
il 
dipendente 
da un legale 
di 
comune 
gradimento. 


2. 
in 
caso 
di 
sentenza 
di 
condanna 
esecutiva 
per 
fatti 
commessi 
con 
dolo 
o 
colpa grave, l�ente 
ripeter� dal 
dipendente 
tutti 
gli 
oneri 
sostenuti 
per 
la sua 
difesa in ogni 
stato e 
grado del 
giudizio. 3. La disciplina del 
presente 
articolo 
non si 
applica ai 
dipendenti 
assicurati 
ai 
sensi 
dell�art. 43, comma 1� 
(tale 
disposizione 
traspone 
l�art. 67, comma 
1 del 
D.P.R. 13 maggio 1987, n. 26; 
D.P.R. abrogato, a 
decorrere 
dal 
6 giugno 2012, dall'art. 62, comma 
1, e 
dalla 
tabella 
A 
allegata 
al 
D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, 
dalla L. 4 aprile 2012, n. 35). 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


Per 
gli 
amministratori 
degli 
enti 
locali 
viene 
in 
rilievo 
altres� 
l�art. 
86, 
comma 
5, D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, secondo cui 
�Gli 
enti 
locali 
di 
cui 
all'articolo 2 del 
presente 
testo unico, senza nuovi 
o maggiori 
oneri 
per 
la finanza 
pubblica, 
possono 
assicurare 
i 
propri 
amministratori 
contro 
i 
rischi 
conseguenti 
all'espletamento del 
loro mandato. il 
rimborso delle 
spese 
legali 
per 
gli 
amministratori 
locali 
� 
ammissibile, senza nuovi 
o maggiori 
oneri 
per 
la finanza pubblica, nel 
limite 
massimo dei 
parametri 
stabiliti 
dal 
decreto di 
cui 
all'articolo 13, comma 6, della legge 
31 dicembre 
2012, n. 247, nel 
caso 
di 
conclusione 
del 
procedimento 
con 
sentenza 
di 
assoluzione 
o 
di 
emanazione 
di 
un 
provvedimento 
di 
archiviazione, 
in 
presenza 
dei 
seguenti 
requisiti: 
a) 
assenza di 
conflitto di 
interessi 
con l'ente 
amministrato; b) presenza di 
nesso 
causale 
tra funzioni 
esercitate 
e 
fatti 
giuridicamente 
rilevanti; c) assenza di 
dolo o colpa grave�. 


Di 
seguito si 
esporr� 
la 
disciplina 
del 
rimborso delle 
spese 
di 
patrocinio 
legale 
nei 
giudizi 
di 
responsabilit� 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
pubblici 
ai 
sensi 
dell�art. 18 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67. 


3. ratio dell�art. 18 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67. 
Lo 
scopo 
della 
norma 
� 
quello 
di 
sollevare 
i 
funzionari 
pubblici 
dal 
timore 
di 
eventuali 
conseguenze 
giudiziarie 
connesse 
all'espletamento del 
servizio e 
tenere 
perci� indenni 
i 
soggetti 
che 
abbiano agito in nome, per conto e 
nell'interesse 
dell'Amministrazione 
dalle 
spese 
legali 
sostenute 
per difendersi 
dalle 
accuse di responsabilit�, poi rivelatesi infondate (6). 

Ci� sul 
rilievo che 
la 
mera 
disciplina 
del 
governo delle 
spese 
con il 
principio 
di 
soccombenza, nei 
giudizi 
di 
responsabilit� 
civile 
ed amministrativa, 
� 
insufficiente 
allo scopo. Peraltro, il 
dipendente 
- beneficiario di 
statuizione 
di 
condanna 
della 
controparte 
soccombente 
nel 
giudizio 
di 
responsabilit� 
al 
pagamento delle 
spese 
- potrebbe 
conseguire 
un ristoro solo parziale 
rispetto 
alle 
spese 
legali 
effettivamente 
sostenute 
con il 
proprio difensore 
di 
fiducia. 
Per i 
principi, tra 
il 
cliente 
e 
l�avvocato si 
instaura 
un contratto d�opera 
professionale 
oneroso nel 
quale 
il 
compenso viene 
liberamente 
negoziato tra 
le 
parti. Il 
rimborso delle 
spese 
statuito dal 
giudice, all�esito del 
giudizio, in favore 
del 
vincitore 
della 
lite 
ha 
ad oggetto un quantum 
risultante 
da 
parametri 
normativi 
standard (7), che 
spesso non copre 
il 
compenso pattuito in favore 
del 
difensore 
(spese 
non 
liquidate 
dal 
giudice 
perch� 
eccessive 
o 
superflue; 
pattuizione 
di 
compensi 
molto 
elevati; 
difesa 
congiunta 
di 
pi� 
avvocati 
in 
cause 
di 
non 
speciali 
difficolt�). 
Corollario 
di 
quanto 
detto: 
nell�ipotesi 
che 


(6) Ex 
plurimis: 
Cons. Stato, Sez. IV, 26 febbraio 2013, n. 1190; 
Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 
2005 n. 913; 
TAR Campania Napoli, Sez. IV, 23 marzo 2010 n. 1572. 
(7) D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (Regolamento recante 
la 
determinazione 
dei 
parametri 
per la 
liquidazione 
dei compensi per la professione forense). 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


con la 
condanna 
dell�attore 
nel 
giudizio di 
responsabilit� 
civile, definito con 
rigetto delle 
pretese 
attoree, il 
dipendente 
convenuto veda 
ristorate 
in via 
integrale 
le 
spese 
sopportate 
per soddisfare 
il 
proprio difensore, nulla 
spetta 
a 
titolo di rimborso ex art. 18. 

Peraltro 
nel 
giudizio 
penale, 
ove 
rigettata 
l�azione 
del 
pubblico 
ministero, 
non vi 
� 
condanna 
dell�attore 
pubblico alla 
rifusione 
delle 
spese 
in favore 
del-
l�indagato e/o imputato andato esente 
da 
responsabilit�, sicch� 
quest�ultimo � 
tenuto 
a 
sopportare 
l�integrale 
carico 
delle 
spese 
legali. 
� 
prevista 
solo 
la 
condanna 
del 
querelante 
alla 
rifusione 
delle 
spese, 
oltre 
al 
risarcimento 
del 
danno, 
in favore 
dell�imputato nel 
caso di 
sentenza 
di 
non luogo a 
procedere 
o di 
assoluzione 
perch� 
il 
fatto non sussiste 
o perch� 
l�imputato non l�ha 
commesso. 
Ci� 
nei 
reati 
perseguibili 
a 
querela 
della 
persona 
offesa 
(artt. 
427 
e 
542 
c.p.p.). 
Quella della condanna del querelante �, all�evidenza, una ipotesi marginale. 


La 
disciplina 
del 
governo nel 
giudizio penale 
� 
peraltro asimmetrica. Difatti, 
nel 
caso di 
condanna 
penale 
dell�imputato, la 
sentenza 
pone 
a 
carico del 
condannato il 
pagamento delle 
spese 
processuali 
(art. 535 c.p.p.). Atteso che 
l�applicazione 
del 
principio di 
soccombenza 
nel 
governo delle 
spese 
pu� costituire 
una 
tecnica 
per rivalere, in tutto o in parte, il 
convenuto andato esente 
da 
responsabilit� 
dalle 
spese 
sopportate 
per difendersi, intuitivamente 
la 
sopradescritta 
disciplina 
delle 
spese 
del 
processo penale 
contrasta 
con i 
principi 
costituzionali, quali 
il 
diritto inviolabile 
di 
difesa 
(art. 24, comma 
2, Cost.) e 
quello alla parit� delle armi (art. 111, comma 2, Cost.). 


4. Natura giuridica della pretesa al 
rimborso delle 
spese 
e 
termini 
della sua 
azionabilit�. 
La 
pretesa 
dell'impiegato dell�Amministrazione 
dello Stato al 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
per difendersi 
nel 
giudizio in cui 
� 
stata 
esclusa 
la 
sua 
responsabilit� 
ha 
la 
natura 
di 
diritto soggettivo, atteso che 
la 
stessa 
� 
condizionata 
esclusivamente 
all�accertamento 
delle 
condizioni 
normativamente 
previste 
nell�art. 18 cit., dal 
quale 
non risulta 
una 
sfera 
di 
discrezionalit� 
in 
capo 
alla 
P.A. 
(8). 
Si 
precisa 
in 
giurisprudenza 
che 
la 
detta 
pretesa 
� 
di 
interesse 
legittimo per quanto concerne il 
quantum 
(9). 

(8) Conf. Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 
2007, n. 1681 e 
Cons. Stato, Sez. VI, 2 agosto 2004, n. 
5367. 
(9) In tal 
senso TAR Campania 
Napoli, Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 2055: 
�La costante 
giurisprudenza 
ha affermato che 
la posizione 
dell'impiegato dello Stato che 
chiede 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute 
per 
difendersi 
in giudizio in cui 
� 
stata esclusa la sua responsabilit� � 
di 
diritto soggettivo 
quanto 
all'an, 
dal 
momento 
che 
esse, 
per 
espressa 
disposizione 
di 
legge, 
"sono 
rimborsate 
all'impiegato 
stesso, mentre 
� 
di 
interesse 
legittimo per 
quanto concerne 
il 
quantum, posto che 
l'art. 18 D.L. n. 67 del 
1997 dispone 
che 
il 
rimborso avviene 
"nei 
limiti 
riconosciuti 
congrui 
dall'avvocatura dello Stato", risultando 
quindi 
il 
riconoscimento 
dell'ammontare 
del 
rimborso 
subordinato 
al 
discrezionale 
vaglio 
tecnico 
di 
congruit� 
dell'avvocatura 
dello 
Stato, 
[�] 
(cfr. 
T.a.r. 
Lazio, 
roma, 
sez. 
i, 
4 
luglio 
2011, 
n. 
5836)�. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


Venendo in rilievo un diritto soggettivo il 
termine 
entro cui 
farlo valere, 
per i 
principi 
generali 
ex art. 2934 c.c., ha 
natura 
prescrizionale. Viene 
in rilievo 
un 
diritto 
una 
tantum 
(non 
riconducibile 
alla 
fattispecie 
della 
prescrizione 
breve 
ex art. 2948, n. 4 c.c.) ed il 
termine 
di 
prescrizione 
� 
quello ordinario ex 
art. 2946 c.c. (10). 


Di 
conseguenza 
la 
domanda 
per 
il 
riconoscimento 
del 
diritto 
al 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
per 
difendersi 
in 
giudizio 
pu� 
essere 
proposta 
nei 
termini 
di 
prescrizione 
decennale 
con 
azione 
di 
accertamento 
e 
di 
condanna 
(11). 


5. Giurisdizione sulla pretesa al rimborso delle spese di lite. 
Le 
pretese 
al 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
a 
causa 
di 
fatti 
connessi 
allo svolgimento di 
pubbliche 
funzioni 
vengono esercitate 
da 
persone 
legate 
alla 
Pubblica 
Amministrazione 
da 
un 
rapporto 
di 
pubblico 
impiego. 
Il 
detto 
rapporto costituisce 
il 
necessario presupposto della 
situazione 
soggettiva 
dedotta 
in giudizio, sicch� 
la 
giurisdizione 
spetta 
al 
giudice 
competente 
ex art. 
63 D.L.vo 30 marzo 2001, n. 165 in via 
esclusiva 
nelle 
controversie 
di 
pubblico 
impiego, vale 
a 
dire 
al 
giudice 
ordinario in funzione 
del 
giudice 
del 
lavoro 
(12), 
tranne 
che 
nelle 
materie 
escluse 
dalla 
detta 
giurisdizione, 
ossia 
i 
rapporti 
riconducibili 
all�art. 3 del 
D.L.vo 30 marzo 2001, n.165 nei 
quali 
la 
cognizione della controversia spetta al giudice amministrativo (13). 

Nel 
caso di 
pretese 
al 
rimborso di 
spese 
legali 
sostenute 
a 
causa 
di 
fatti 
connessi 
allo 
svolgimento 
di 
pubbliche 
funzioni 
da 
persone 
legate 
alla 
P.A. 
da 
un rapporto onorario, la 
giurisdizione 
deve 
essere 
ripartita 
in base 
alle 
norme 
del 
diritto comune, ossia 
attribuendo al 
giudice 
ordinario le 
liti 
su diritti 
soggettivi 
ed al 
giudice 
amministrativo quelle 
su interessi 
legittimi 
(14). Di 
con


(10) Sulla 
prescrizione 
ordinaria: 
M. geRARDo, A. MuTAReLLI, Prescrizione 
e 
decadenza nel 
diritto 
civile, giappichelli, 2015, pp. 243-268. 
(11) Conf. TAR Campania 
Napoli, Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 2055 (lite 
coinvolgente 
un dipendente 
della 
Polizia 
di 
Stato), il 
quale 
precisa 
che 
il 
ricorso che 
contesti 
l'ammontare 
della 
somma 
riconosciuta 
va 
proposto - nei 
casi 
in cui 
la 
giurisdizione 
spetti 
al 
giudice 
amministrativo - nel 
termine 
di 
decadenza 
nell'ambito del 
giudizio di 
legittimit�, impedendo il 
testo dell'art. 18 citato al 
giudice 
amministrativo 
una 
determinazione 
diretta 
dell'ammontare 
del 
relativo credito del 
dipendente. Quanto precisato 
dal 
giudice 
amministrativo 
non 
si 
ritiene 
condivisibile, 
in 
quanto 
involgente 
un 
aspetto 
non 
pertinente. 
(12) Conf. Cass. civ., Sez. unite, 13 gennaio 2006, n. 478. In dottrina: 
M. geRARDo, A. MuTA-
ReLLI, il processo nelle controversie di lavoro pubblico, giuffr�, 2012, p. 48. 
(13) Conf. TAR Abruzzo Pescara, 5 maggio 2014, n. 210 (militari); 
TAR Campania 
Napoli, Sez. 
VI, 22 novembre 2011, n. 5450 (dipendente della Polizia di Stato). 
(14) Conf. Cass. civ., Sez. unite, 13 gennaio 2006, n. 478; 
nel 
caso all�esame 
del 
giudice 
di 
legittimit� 
la 
pretesa 
viene 
esercitata 
in giudizio dall'assessore 
e 
vicesindaco di 
un Comune 
ossia 
da 
persona 
fisica 
che 
presta 
la 
propria 
opera 
per conto dell'ente 
pubblico non a 
titolo di 
lavoro subordinato 
(come 
il 
pubblico impiegato) bens� 
quale 
rappresentante 
politico ossia 
a 
titolo onorario. Si 
enuncia 
testualmente 
�che, 
per 
quanto 
riguarda 
i 
funzionari 
onorari 
del 
Comune, 
in 
mancanza 
di 
una 
disposizione 
specifica che 
regoli 
i 
rapporti 
patrimoniali 
con l'ente 
rappresentato, la pretesa di 
rimborso delle 
spese 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


seguenza, 
venendo 
in 
rilievo 
un 
diritto 
soggettivo, 
la 
cognizione 
della 
lite 
spetta al giudice ordinario. 

6. Natura giuridica ed ambito del 
giudizio di 
congruit� del 
parere 
espresso 
dall'avvocatura dello Stato. 
Ai 
sensi 
dell�art. 18 cit. le 
spese 
de 
qua 
�sono rimborsate 
dalle 
amministrazioni 
di 
appartenenza 
nei 
limiti 
riconosciuti 
congrui 
dall'avvocatura 
dello 
Stato�. 

La 
funzione 
consultiva 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato, 
come 
regola 
generale, 
� 
facoltativa 
e, in casi 
specifici, obbligatoria 
(art. 13 R.D. n. 1611/1933) (15). 
ossia 
l�amministrazione 
ausiliata 
ha 
facolt� 
di 
chiedere 
un 
parere 
e, 
in 
dati 
casi (es. atti di transazione), ha l�obbligo di richiederlo. 


In ambedue i casi: 


-il 
parere 
deve 
essere 
reso entro venti 
giorni 
dalla 
richiesta 
(art. 16 L. 7 
agosto 1990, n. 241); 
-il 
parere 
non 
� 
vincolante, 
perch� 
l�amministrazione 
� 
�comunque 
libera 
di 
disattenderli, 
assumendone 
la 
responsabilit� 
e 
fornendo 
una 
adeguata 
giustificazione 
del dissenso� 
(16). 


Nel 
caso 
in 
esame, 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
� 
chiamata, 
nel 
procedimento 
liquidatorio, nell�esercizio della 
funzione 
consultiva 
a 
rendere 
un parere 
non 
solo obbligatorio, ma anche vincolante. 

gli 
elementi 
di 
fatto del 
parere 
sono costituiti 
dalle 
prestazioni 
defensionali, 
dalle 
quali 
germina 
il 
diritto 
a 
spese 
ed 
onorari. 
gli 
elementi 
di 
diritto 
sono costituiti 
dai 
parametri 
del 
compenso contenuti 
nelle 
Tariffe 
in materia. 
Il 
parere 
� 
connotato 
da 
-utilizzando 
una 
categoria 
propria 
del 
provvedimento 
amministrativo - discrezionalit� 
tecnica, venendo in rilievo non un mero accertamento, 
bens� 
un giudizio su fatti 
suscettibili 
di 
diversificata 
valutazione. 


Il 
giudizio di 
congruit� 
espresso dall'Avvocatura 
dello Stato riveste 
una 
natura 
tipicamente 
tecnico-discrezionale, sicch� 
non pu� essere 
sindacato in 
sede 
di 
scrutinio di 
legittimit� 
se 
non per errori 
di 
fatto percepibili 
ictu oculi 


processuali 
non pu� che 
essere 
esercitata, ammesso che 
esista una lacuna normativa ai 
sensi 
dell'art. 
12 disp. prel. cod. civ., comma 2, in base 
ad una disposizione 
di 
legge 
da applicare 
in via analogica e 
non pu� che 
assumere 
la consistenza del 
diritto soggettivo perfetto: il 
Consiglio di 
Stato ha assimilato 
sindaco ed assessori 
al 
mandatario, riconducendo cos�, ma solo in via di 
astratta ipotesi, la pretesa in 
questione 
all'art. 1720 cod. civ. (Cons. Stato, Sez. 5^, 14 aprile 
2000 n. 2242; Sez. 3^, parere 
16 marzo 
2004 
n. 
792)�. 
Su 
tali 
aspetti: 
M. 
geRARDo, 
A. 
MuTAReLLI, 
il 
processo 
nelle 
controversie 
di 
lavoro 
pubblico, 
cit., pp. 49-51. 


(15) Su tali 
aspetti 
l�articolo (senza 
indicazione 
dell�autore) �La funzione 
consultiva dell�avvocatura 
dello Stato� 
in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 1948, nn. 11-12, pp. 1-7; 
AA.VV., L�avvocatura 
dello 
Stato. 
Studio 
storico 
giuridico 
per 
le 
celebrazioni 
del 
centenario, 
Istituto 
Poligrafico 
dello Stato, 1976, pp. 457-465. 
(16) 
Cos�: 
V. 
CeSARoNI, 
voce 
avvocatura 
dello 
Stato, 
in 
il 
diritto. 
Enciclopedia 
giuridica 
del 
Sole 
24 ore, II volume, 2007, p. 312. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


vuto al 
dipendente, non a 
quella 
del 
compenso dovuto dalla 
parte 
al 
difensore 
(21). � 
esclusa, quindi, la 
coincidenza 
tra 
il 
diritto al 
rimborso delle 
spese 
legali 
con quanto effettivamente 
pagato dal 
dipendente, trattandosi 
di 
un diritto 
da 
soddisfare 
e 
liquidare 
nei 
termini 
riconosciuti 
congrui 
dall'Avvocatura 
dello 
Stato in base 
all'utilizzo di 
precisi 
criteri 
di 
congruit�, che 
garantiscono contestualmente 
il 
rispetto dei 
valori 
costituzionali 
dell'affidamento, della 
ragionevolezza 
e 
della 
tutela 
effettiva 
dei 
diritti, adeguatamente 
bilanciandolo con 
l'esigenza di contenimento della spesa (22). 


7. Contesto nel quale germina la spesa che d� diritto al rimborso. 
Il 
rimborso ai 
pubblici 
dipendenti 
delle 
spese 
legali 
effettivamente 
sostenute 
� 
dovuto, secondo il 
chiaro testo dell�art. 18 cit. nei 
�giudizi 
per 
responsabilit� 
civile, penale 
e 
amministrativa, promossi 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali�. 
� 
esclusa, quindi, la 
possibilit� 
di 
una 
interpretazione 
analogica 
della 
suddetta 
norma, 
che 
possa 
portare 
al 
riconoscimento 
del 
diritto al 
rimborso delle 
spese 
legali 
al 
di 
l� 
dei 
giudizi 
pendenti 
innanzi 
a 
un 
giudice (23). 

A 
tale 
stregua 
non spetta 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute 
dal 
dipendente 
per 
la 
difesa 
nell'ambito 
di 
procedimento 
disciplinare 
promosso 
a 
suo carico, atteso che 
in base 
all'art. 18 del 
D.L. 25 marzo 1997, n. 67, applicabile 
ratione 
materiae, il 
diritto al 
rimborso � 
limitato alle 
spese 
sostenute 
in 
giudizi 
per responsabilit� 
civile, penale 
e 
amministrativa, mentre 
il 
procedimento 
disciplinare ha natura non giurisdizionale (24). 

8. Condizioni 
del 
diritto al 
rimborso: a) giudizio promosso nei 
confronti 
del 
(e 
non dal) dipendente 
pubblico, nel 
quale 
non � 
parte 
l�amministrazione 
di 
appartenenza. 
Il 
dipendente 
deve 
essere 
convenuto in giudizio e 
non, invece 
essere 
attore, 
come 
si 
evince 
dal 
dato testuale 
della 
norma, che 
descrive 
un procedimento 
nei 
�confronti� 
di 
un dipendente. A 
tale 
stregua 
ove 
il 
dipendente 
- a 
fronte 
di 
una 
pretesa 
stragiudiziale 
di 
un 
asserito 
danneggiato 
ex 
art. 
2043 
c.c. 
(diverso 
dalla 
amministrazione 
di 
appartenenza) 
-instauri 
un 
giudizio 
di 
mero 


(21) Conf. Cons. Stato, Sez. III, 26 aprile 2017, n. 1925. 
(22) Su tali 
aspetti 
il 
parere 
prot. n. 59779 del 
9 febbraio 2016 del 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2016, 1, pp. 211-217. 
(23) opinione 
pacifica 
in giurisprudenza. Ex 
plurimis: 
Cass. civ., Sez. lav., 24 novembre 
2008, n. 
27871; Cons. Stato, Sez. IV, 11 aprile 2007, n. 1681; 
TAR Lazio Latina, 19 maggio 2009, n. 486. 
(24) 
Conf. 
TAR 
Piemonte 
Torino, 
Sez. 
I, 
Sent., 
25 
marzo 
2011, 
n. 
276; 
TAR 
emilia-Romagna 
bologna, 
Sez. 
II, 
Sent., 
26 
febbraio 
2010, 
n. 
1676. 
Sulla 
problematica: 
R. 
SQuegLIA, 
Non 
rimborsabilita' 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
in relazione 
al 
procedimento disciplinare: riflessioni 
de 
jure 
condendo, in 
Lavoro 
nella 
Giur., 
2011, 
12, 
1250. 
La 
Corte 
costituzionale 
(sentenza 
4 
dicembre 
1998, 
n. 
394) 
ha 
condivisibilmente 
- escluso la natura giurisdizionale del procedimento disciplinare. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


accertamento negativo che 
si 
concluda 
con l�accertamento dell�assenza 
di 
responsabilit�, 
nulla 
potr� 
pretendere 
a 
titolo di 
rimborso delle 
spese 
di 
lite. La 
disposizione 
in 
esame, 
ragionevolmente, 
sovviene 
il 
dipendente 
a 
fronte 
di 
un 
pregiudizio 
certo 
(essere 
convenuto, 
contro 
la 
propria 
volont�, 
in 
un 
giudizio), 
ma non anche nell�ipotesi di un pregiudizio eventuale. 


L�art. 18 non � 
applicabile 
nel 
caso in cui 
la 
disciplina 
delle 
spese 
legali 
costituisce 
una 
statuizione 
giurisdizionale, 
all�esito 
di 
un 
giudizio 
tra 
il 
dipendente 
e l�amministrazione di appartenenza. 


Difatti, nei 
giudizi 
tra 
l'Amministrazione 
statale 
e 
il 
proprio dipendente, 
involgenti 
aspetti 
di 
responsabilit� 
di 
quest�ultimo, la 
disciplina 
e 
la 
regolamentazione 
delle 
relative 
spese 
legali 
� 
data 
per 
intero 
nel 
sistema 
processuale 
del 
governo delle 
spese 
di 
lite, con la 
regola 
della 
soccombenza 
(art. 91 c.p.c., 
art. 31 c.g.c.). onde, sar� 
il 
giudice 
a 
decidere 
se 
e 
in quale 
misura 
le 
spese 
legali 
vadano rimborsate dall'Amministrazione al proprio dipendente (25). 

9. (Segue) 
B) il 
titolare 
della pretesa deve 
avere 
la qualifica di 
dipendente 
di 
amministrazione statale. 
Circa 
l'esatta 
estensione 
del 
requisito di 
�dipendente 
di 
Amministrazione 
statale�, necessario per godere 
del 
diritto al 
rimborso delle 
spese 
legali 
ex art. 
18, 
si 
osserva 
che 
l'interpretazione 
letterale 
del 
citato 
art. 
18 
ed 
altres� 
gli 
obiettivi 
di 
contenimento della 
spesa 
pubblica 
espressi 
dall'art. 20, comma 
2, dello 
stesso 
D.L. 
n. 
67/1997 
indurrebbero 
a 
ritenere 
ricompreso 
nel 
concetto 
di 
�dipendente 
di 
amministrazione 
statale� 
esclusivamente 
il 
personale 
che 
abbia 
stipulato un contratto di lavoro dipendente con la P.A. 

L�interpretazione 
sistematica 
della 
disposizione 
conduce, invece, ad una 
interpretazione 
estensiva, ossia 
che 
il 
titolare 
del 
diritto al 
rimborso �, oltre 
a 
colui 
che 
� 
dipendente 
(rectius: 
titolare 
di 
un rapporto di 
lavoro subordinato a 
tempo indeterminato o a 
tempo determinato), anche 
chi 
agisce 
nell�interesse, 
per conto dello Stato (rectius: 
titolare 
di 
un rapporto di 
lavoro autonomo e/o 
parasubordinato, come un rapporto onorario). 


Nell�indicato senso militano, come 
detto, ragioni 
sistematiche. A 
tal 
fine 
notevole 
rilievo euristico riveste 
il 
disposto del 
sopracitato art. 44 del 
R.D. n. 
1611/1933, che 
nell�individuare 
- tra 
le 
risorse 
umane 
delle 
Amministrazioni 
dello Stato - i 
beneficiari 
della 
difesa 
diretta 
nei 
giudizi 
civili 
e 
penali 
che 
li 
coinvolgano 
per 
fatti 
e 
cause 
di 
servizio, 
si 
riferisce 
agli 
�impiegati 
e 
agenti�. 
Si utilizza, quindi, una nozione lata: chiunque collabora con la P.A. 


orbene, 
come 
visto 
nel 
paragrafo 
1, 
la 
difesa 
diretta 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato ex art. 44 cit., costituisce 
una 
delle 
due 
modalit� 
(l�altra 
� 
il 
ristoro delle 
spese 
di 
lite 
sopportate 
con un avvocato privato) con le 
quali 
l�ordinamento 


(25) Conf. il 
parere 
del 
12 aprile 
2005, n. 50308 del 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello 
Stato, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2005, 1, p. 301. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


giuridico 
italiano 
sovviene 
la 
risorsa 
umana 
statale 
ingiustamente 
coinvolta 
in 
un giudizio per fatti 
di 
servizio. Vengono in rilievo modalit� 
alternative, reversibili, 
fungibili, sicch� 
non pu� non essere 
identico l�ambito di 
operativit� 
dei beneficiari. 


Alla 
stregua 
di 
quanto 
evidenziato 
il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
spetta 
non solo a 
chi 
� 
pubblico dipendente, ma 
anche 
ad un pubblico funzionario 
onorario. 


� 
riconoscibile 
il 
rimborso, quindi, tra 
gli 
altri, al 
componente 
di 
Commissione 
di 
collaudo in corso d'opera 
(26) e 
ad un Ministro (27), titolari 
di 
un 
rapporto di lavoro onorario. 


Non spetta, invece, il rimborso spese legali ex art. 18 D.L. n. 67/1997 

-per 
l�esercizio 
di 
funzioni 
parlamentari, 
quali 
le 
opinioni 
espresse 
ai 
sensi 
dell�art. 68 Cost. Ci� in quanto la 
ratio 
della 
normativa 
in esame 
� 
indirizzata 
alla 
tutela 
dei 
pubblici 
dipendenti 
e 
dei 
funzionari 
dell�Amministrazione 
-cui 
pu� assimilarsi, a 
talune 
condizioni, la 
posizione 
degli 
organi 
di 
vertice 
-purch� 
nell�esercizio 
di 
funzioni 
afferenti 
al 
potere 
esecutivo, 
ma 
non 
riguarda 
la 
posizione 
dei 
membri 
del 
Parlamento, che 
esercitano un diverso 
potere dello Stato (28); 


-al 
personale 
delle 
universit� 
degli 
Studi, atteso il 
testuale 
riferimento 
della 
previsione 
normativa 
di 
cui 
all'art. 18 d.l. n. 67 del 
1997 ai 
dipendenti 
statali. 
Tale 
riferimento 
esclude, 
pertanto, 
la 
possibilit� 
di 
estendere 
in 
via 
analogica 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
a 
soggetti 
legati 
da 
un rapporto professionale 
con 
un 
soggetto 
pubblico 
dotato 
ormai 
pacificamente 
di 
autonomia 
rispetto allo Stato, quale 
va 
considerata 
l'universit� 
alla 
stregua 
del 
vigente 
ordinamento (29). 
(26) Conf.: 
il 
parere 
del 
25 ottobre 
2011 prot. 335080 del 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello 
Stato, 
in 
rassegna 
dell�avvocatura 
dello 
Stato, 
2011, 
4, 
pp. 
264-265, 
secondo 
cui 
ҏ 
ben 
possibile 
che 
il 
richiamato art. 18, nella parte 
in cui 
si 
riferisce 
a �dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali�, sia 
oggetto di 
interpretazione 
estensiva, 
�soprattutto ove 
letto in combinato disposto con gli 
artt. 43 e 
44 
del 
noto r.d. 1611/1933� 
(cfr. il 
parere 
reso nell'affare 
CS 47936/07, su conforme 
avviso del 
Comitato 
consultivo)�. 
(27) Conf.: 
il 
parere 
del 
18 dicembre 
2006, n. 145248 del 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2006, 4, pp. 257-260, il 
quale 
rileva 
che 
�la giurisprudenza 
� 
da tempo orientata nel 
senso della estensione 
alle 
persone 
investite 
di 
[�] 
incarico nel 
Governo 
nazionale 
l�applicabilit� 
delle 
disposizioni 
di 
legge 
(statale 
o 
regionale) 
e 
di 
contratto 
collettivo 
le 
quali 
riconoscono ai 
sottoordinati 
�dipendenti� 
il 
ristoro delle 
spese 
per 
il 
patrocinio legale, ovviamente 
purch� 
ricorrano tutti 
i 
presupposti 
oggettivi 
richiesti 
da dette 
disposizioni 
(cfr. tra altre, Corte 
conti, sez. reg. controllo Lazio, delibera n. 14/c 
del 
2004, Corte 
conti, sez. riunite, 5 aprile 
1991 n. 707, 
Cass., i, 13 dicembre 
2000 n. 15724)� 
(nel 
caso di 
specie 
veniva 
in rilievo la 
riconoscibilit� 
in capo ad 
un ex Ministro). 
(28) 
In 
tal 
senso 
il 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
parere 
del 
6 
ottobre 
2014 
410058, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2014, 3, pp. 228-231. 
(29) Conf.: 
TAR Liguria, Sez. I, 24 giugno 2002, n. 709. Contra: 
TAR Sicilia 
Palermo, Sez. I, 10 
dicembre 2007, n. 3348. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


10. (Segue) 
C) connessione 
dei 
fatti 
contestati 
con l'espletamento del 
servizio 
o con l'assolvimento di obblighi istituzionali. 
La 
connessione 
dei 
fatti 
con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali 
va 
intesa 
nel 
senso che 
tali 
atti 
e 
fatti 
devono 
essere 
riconducibili 
all'attivit� 
funzionale 
del 
dipendente 
stesso 
in 
un 
rapporto 
di 
stretta 
dipendenza 
con 
l'adempimento 
dei 
propri 
obblighi, 
dovendo 
trattarsi 
di 
attivit� 
che 
necessariamente 
si 
ricollegano all'esercizio diligente 
della 
pubblica 
funzione, nonch� 
occorre 
che 
vi 
sia 
un nesso di 
strumentalit� 
tra 
l'adempimento 
del 
dovere 
e 
il 
compimento dell'atto, nel 
senso che 
il 
dipendente 
non 
avrebbe 
assolto 
ai 
suoi 
compiti 
se 
non 
compiendo 
quel 
determinato 
atto 
o 
condotta. 


Non pu�, invece, darsi 
rilevanza 
ad una 
connessione 
con il 
fatto di 
reato 
di 
tipo soggettivo ed indiretto in quanto lo spazio di 
applicazione 
della 
tutela 
legale 
si 
dilaterebbe 
eccessivamente, ben oltre 
i 
confini 
segnati 
dal 
predetto 
art. 18 (30). Il 
giudizio di 
connessione 
tra 
la 
condotta 
attribuita 
al 
dipendente 
e 
l'assolvimento, da 
parte 
sua, dei 
compiti 
istituzionali, va 
effettuato in concreto, 
facendo 
riferimento 
al 
giudizio 
di 
fatto 
formulato 
dall'organo 
giudicante 
che ha emanato il provvedimento conclusivo del giudizio (31). 

11. (Segue) 
D) sentenza o provvedimento che 
abbia escluso la responsabilit�. 
L�art. 18 � 
inequivoco nell'affermare 
che 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
� 
subordinato 
alla 
pronuncia 
di 
una 
sentenza 
o 
di 
un 
provvedimento 
che 
"escluda" 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente. 
Ne 
consegue 
che, 
non 
qualsiasi 
esito processuale 
distinto dal 
riconoscimento della 
assenza 
di 
responsabilit� 
consente 
la 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
legali, ma 
solo quello implicante 
il 
riconoscimento 
nel 
merito 
dell'infondatezza 
dell'ipotesi 
accusatoria 
(32). 
Inidonea 
sarebbe, quindi, una 
sentenza 
di 
mero rito (come 
si 
esporr� 
di 
seguito) 


o 
una 
ordinanza 
dichiarativa 
della 
estinzione 
del 
giudizio 
per 
rinuncia 
agli 
atti 
o per inattivit�. 
La 
sentenza 
o 
il 
provvedimento 
devono 
essere 
adottati 
all�esito 
di 
un 
procedimento 
implicante 
una 
data 
responsabilit� 
del 
dipendente, 
nel 
quale 
-come 
detto sopra alla lettera 
A) - non � parte l�Amministrazione di appartenenza. 


La 
sentenza 
o il 
provvedimento, inoltre, devono essere 
connotati 
da 
stabilit�, 
ossia 
non pi� impugnabili 
secondo il 
loro particolare 
regime 
giuridico. 
una 
sentenza 
caducabile, 
provvisoria, 
ancora 
suscettibile 
di 
impugnazione 
ordinaria 
non � idonea allo scopo di conseguire un rimborso. 

Ci� per concorrenti ragioni: 


(30) Cons. Stato, Sez. III, 10 dicembre 2013, n. 5919. 
(31) TAR Lazio Latina, Sez. I, 12 marzo 2014, n. 195. 
(32) TAR Toscana Firenze, Sez. I, 20 giugno 2013, n. 982. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


-ratio 
della 
norma, che 
� 
quella 
di 
sovvenire 
il 
dipendente 
allorch� 
sia 
stata 
esclusa 
la 
sua 
responsabilit�. Ma 
la 
detta 
responsabilit� 
non � 
esclusa 
se 
la 
sentenza, 
accertante 
provvisoriamente 
l�assenza 
di 
responsabilit�, 
pu� 
essere 
rimessa in gioco all�esito di impugnazioni; 
-per 
i 
principi 
generali, 
l�efficacia 
di 
accertamento 
della 
sentenza 
-quale 
� 
nel 
caso 
di 
specie 
l�accertamento 
della 
esclusione 
della 
responsabilit� 
-� 
collegata 
alla 
maturazione 
del 
giudicato, 
della 
incontrovertibilit� 
(art. 
2909 
c.c.); 


-la 
specifica 
disciplina 
sull�acconto del 
rimborso (art. 18, comma 
1, ultimo 
periodo D.L. n. 67/1997: 
�Le 
amministrazioni 
interessate, sentita l'avvocatura 
dello Stato, possono concedere 
anticipazioni 
del 
rimborso, salva la 
ripetizione 
nel 
caso di 
sentenza definitiva che 
accerti 
la responsabilit��) evidenzia 
che 
la 
definitivit� 
del 
diritto � 
collegata 
alla 
pronuncia 
della 
sentenza 
passata 
in giudicato. Sicch�, ad esempio, ove 
il 
giudizio si 
estingue 
l�anticipazione 
del rimborso andr� restituito. 
In ordine 
alla 
maturazione 
della 
stabilit� 
della 
sentenza 
o del 
provvedimento 
si osserva quanto segue. 


Nell�ipotesi 
di 
sentenza 
del 
giudice 
civile 
o contabile 
la 
stabilit� 
si 
consegue 
con il 
giudicato, che 
matura 
allorch� 
la 
sentenza 
non � 
pi� soggetta 
a 
mezzi di impugnazione ordinaria (art. 324 c.p.c.; art. 177 c.g.c.). 


Nell�ipotesi 
di 
provvedimento 
di 
archiviazione 
del 
giudice 
delle 
indagini 
preliminari, la 
stabilit� 
si 
consegue 
quando lo stesso non � 
pi� soggetto a 
reclamo 
ex art. 410-bis 
c.p.p. Nel 
caso di 
sentenza 
di 
non luogo a 
procedere 
del 
giudice 
dell�udienza 
preliminare, 
la 
stabilit� 
si 
consegue 
quando 
la 
stessa 
non 
� 
pi� 
soggetta 
ad 
appello 
ex 
art. 
428 
c.p.p. 
Infine, 
una 
volta 
pronunciata 
la 
sentenza 
in giudizio penale 
la 
stabilit� 
si 
consegue 
con la 
irrevocabilit�, che 
matura 
allorch� 
la 
stessa 
non � 
pi� soggetta 
a 
mezzi 
di 
impugnazione 
diversi 
dalla revisione (art. 649 c.p.p.). 


Per 
i 
principi 
generali, 
l'inosservanza 
delle 
obbligazioni 
assunte 
con 
la 
stipulazione 
del 
contratto di 
lavoro comporta 
le 
conseguenze, rectius: 
le 
responsabilit� 
normativamente 
stabilite. A 
seconda 
della 
natura 
degli 
interessi 
coinvolti 
saranno configurabili 
varie 
specie 
di 
responsabilit�: 
civile, penale, 
amministrativa 
e 
- ove 
il 
dipendente 
abbia 
la 
qualifica 
di 
dirigente 
- manageriale. 
Responsabilit�, quest�ultima, disciplinata 
nell�art. 21 D.L.vo 30 marzo 
2001, 
n. 
165. 
La 
responsabilit� 
dirigenziale 
o 
manageriale, 
� 
collegata 
al 
mancato 
raggiungimento 
degli 
obiettivi 
o 
all�inosservanza 
di 
direttive 
e 
non 
richiede 
la 
colpa. 
Nel 
caso 
in 
cui 
il 
dirigente 
impugni 
le 
determinazioni 
dell�Amministrazione 
con le 
quali 
viene 
fatta 
valere 
la 
responsabilit� 
manageriale 
(mancato rinnovo dell�incarico dirigenziale, revoca 
dell�incarico, recesso 
dal 
rapporto 
di 
lavoro), 
non 
� 
applicabile 
il 
precetto 
dell�art. 
18 
in 
esame, 
atteso che 
sar� 
la 
sentenza 
definitoria 
del 
procedimento - nel 
contraddittorio 
con l�Amministrazione 
di 
appartenenza 
- a 
regolare 
il 
rimborso delle 
spese 
di 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


lite, in applicazione 
dell�art. 91 c.p.c., o art. 26 D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104, 
Codice 
del 
processo 
amministrativo 
(in 
quest�ultima 
ipotesi, 
ove 
la 
controversia 
afferisca alle speciali materie ex art. 3 D.L.vo n. 165/2001). 


12. 
(Segue) 
D) 
sentenza 
o 
provvedimento 
che 
abbia 
escluso 
la 
responsabilit�: 
i) all�esito di giudizio di responsabilit� civile verso terzi. 
Il 
dipendente 
risponde 
ex art. 2043 c.c. dei 
danni 
ingiusti 
conseguenza 
di 
qualunque 
fatto 
doloso 
o 
colposo 
nell'esercizio 
delle 
incombenze 
connesse 
alla 
carica, arrecati 
a 
terzi, ossia 
a 
soggetti 
diversi 
dall�ente 
di 
appartenenza. 
Ci� in conformit� 
ai 
principi 
generali 
adattati 
con le 
disposizioni 
concernenti 
lo statuto degli 
impiegati 
civili 
dello Stato in materia 
di 
responsabilit� 
verso i 
terzi 
di 
cui 
agli 
artt. 22-23 d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, in forza 
delle 
quali 
�� 
danno ingiusto, agli 
effetti 
previsti 
dall'art. 22, quello derivante 
da ogni 
violazione 
dei 
diritti 
dei 
terzi 
che 
l'impiegato abbia commesso per 
dolo o per 
colpa 
grave 
(33). 
restano 
salve 
le 
responsabilit� 
pi� 
gravi 
previste 
dalle 
leggi 
vigenti� 
(art. 23, comma 
1, d.P.R. n. 3/1957). Di 
conseguenza 
il 
dipendente 
� 
responsabile 
civilmente 
verso 
terzi 
a 
titolo 
di 
dolo 
o 
colpa 
grave 
(ma 
non 
lieve). La 
cognizione 
della 
lite 
in materia 
di 
responsabilit� 
civile 
verso terzi 
spetta all'Autorit� giudiziaria ordinaria. 

Il 
danneggiato pu� agire, oltrech� 
nei 
confronti 
del 
dipendente 
responsabile, 
anche 
nei 
confronti 
dell'ente 
di 
appartenenza, alla 
luce 
della 
relazione 
di 
immedesimazione 
organica 
tra 
il 
primo 
ed 
il 
secondo 
(art. 
28 
Costituzione; 
art. 2049 cc.). La P.A. risponde per dolo o colpa anche lieve. 


All�evidenza 
il 
diritto al 
rimborso � 
invocabile 
allorch� 
il 
giudizio di 
responsabilit� 
civile 
verso terzi 
si 
conclude 
con sentenza 
di 
rigetto nel 
merito 
dell�azione di responsabilit�. 


Non spetta 
il 
diritto al 
rimborso nell�ipotesi 
che 
il 
giudizio si 
concluda 
con sentenza 
definitiva 
dichiarativa 
di 
una 
questione 
pregiudiziale 
di 
rito (sui 
presupposti 
processuali 
(34), sulle 
condizioni 
dell�azione 
(35), su nullit� 
processuali) 
o su un questione 
preliminare 
di 
merito (prescrizione 
o sull�ammissibilit� 
dell�intervento). 


(33) 
La 
colpa 
grave 
consiste 
nella 
violazione 
della 
diligenza 
minima 
(mentre 
integra 
la 
colpa 
lieve 
la 
violazione 
della 
ordinaria 
diligenza): 
C.M. bIANCA, Diritto Civile, vol. V, II edizione, giuffr�, 2012, 
p. 582. La 
diligenza 
consiste 
nell�impiego normalmente 
adeguato di 
energie 
e 
dei 
mezzi 
utili 
al 
soddisfacimento 
dell�interesse 
del 
creditore 
(C.M. bIANCA, Diritto civile, vol. V, cit., p. 8). La 
colpa 
grave 
esclude 
la 
volontariet�, 
ma 
non 
si 
esaurisce 
solo 
-come 
la 
colpa 
c.d. 
lieve 
-nella 
negligenza, 
imprudenza 
o 
imperizia, 
dovendo 
le 
stesse 
esser 
elevate, 
macroscopiche. 
Si 
deve 
trattare, 
insomma, 
di 
violazioni 
grossolane del dovere di diligenza, di prudenza e perizia (non intelligere quod omnes intelligunt). 
(34) 
Quali 
la 
giurisdizione, 
la 
competenza, 
la 
capacit� 
processuale 
e 
la 
capacit� 
di 
stare 
in 
giudizio. 
I 
presupposti 
processuali 
sono 
quei 
requisiti 
che 
devono 
esistere 
prima 
della 
proposizione 
della 
domanda 
giudiziaria, 
affinch� 
il 
processo 
possa 
definirsi 
con 
una 
pronuncia 
sul 
merito. 
Su 
tali 
aspetti, 
ex 
plurimis: 
C. 
MANDRIoLI, 
A. 
CARRATTA, 
Diritto 
processuale 
civile, 
I, 
XXV 
edizione, 
giappichelli,2016, 
pp. 
41-45. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


13. 
(Segue) 
D) 
sentenza 
o 
provvedimento 
che 
abbia 
escluso 
la 
responsabilit�: 
ii) all�esito di giudizio di responsabilit� penale. 
Il 
dipendente 
nell'esercizio 
delle 
incombenze 
connesse 
alla 
carica 
pu� 
violare 
norme 
penali 
e, pertanto essere 
sottoposto a 
procedimento penale. In 
specie, ove 
rivesta 
la 
qualit� 
di 
pubblico ufficiale, secondo la 
nozione 
di 
cui 
all'art. 357 c.p. (36) la 
trasgressione 
dei 
doveri 
inerenti 
alla 
carica 
pu� determinare, 
l'incriminazione 
per 
delitti 
dei 
pubblici 
ufficiali 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione 
(artt. 314 - 335 c.p.), tra 
i 
quali 
il 
peculato (artt. 314 e 
316 c.p.), 
la 
concussione 
(art. 317 c.p.), la 
corruzione 
(artt. 318 - 322 c.p.), l�abuso d'ufficio 
(art. 323 c.p.), il rifiuto di atti d'ufficio e l�omissione (art. 328 c.p.). 

In ordine 
al 
diritto al 
rimborso nel 
giudizio penale 
va 
fatta 
una 
precisazione 
in 
relazione 
alle 
fasi 
del 
procedimento 
ed 
al 
contenuto 
del 
provvedimento 
definitorio dello stesso. 

All�evidenza 
un provvedimento che 
pronunci 
sul 
merito dell�azione 
penale 
(e 
nel 
senso di 
escludere 
la 
responsabilit� 
penale) costituisce 
idonea 
condizione 
del 
diritto, 
laddove 
un 
provvedimento 
che 
non 
pronunci 
sul 
merito 
(su 
una 
condizione 
di 
procedibilit�, sul 
rito, sulla 
prescrizione), ossia 
un provvedimento 
meramente processuale, non � utile allo scopo. 


a) definizione 
del 
procedimento penale 
nella fase 
delle 
indagini 
preliminari. 


ove 
non venga 
presentata 
la 
richiesta 
di 
rinvio a 
giudizio, con la 
prosecuzione 
del 
procedimento dinanzi 
al 
giudice 
dell�udienza 
preliminare, le 
indagini 
preliminari 
si 
concludono 
con 
il 
provvedimento 
di 
archiviazione 
del 


g.I.P. 
su 
richiesta 
del 
P.M.. 
Il 
diritto 
al 
rimborso 
dipende 
dal 
contenuto 
del 
provvedimento di archiviazione. 
Il 
provvedimento di 
archiviazione 
per infondatezza 
della 
notizia 
di 
reato 
(artt. 
408-410 
c.p.p.) 
(37) 
o 
perch� 
il 
fatto 
non 
� 
previsto 
dalla 
legge 
come 
reato (411 c.p.p.) (38) costituisce titolo del diritto al rimborso. 


Invece, 
il 
provvedimento 
di 
archiviazione 
ex 
art. 
411 
c.p.p. 
per 
mancanza 


(35) Quali 
la 
legittimazione 
ad agire 
e 
l�interesse 
ad agire. Le 
condizioni 
dell�azione 
sono quei 
requisiti 
intrinseci 
della 
domanda 
giudiziaria 
affinch� 
il 
processo possa 
definirsi 
con una 
pronuncia 
sul 
merito. Su tali 
aspetti, ex 
plurimis: 
C. MANDRIoLI, A. CARRATTA, Diritto processuale 
civile, I, cit., pp. 
49-51. 
(36) ossia 
di 
soggetto che 
esercita 
una 
pubblica 
funzione 
amministrativa, �caratterizzata dalla 
formazione 
e 
dalla 
manifestazione 
delle 
volont� 
della 
pubblica 
amministrazione 
o 
dal 
suo 
svolgersi 
per 
mezzo 
di 
poteri 
autoritativi 
o 
certificativi�. 
Su 
tali 
aspetti: 
g. 
FIANDACA, 
e. 
MuSCo, 
Diritto 
Penale, 
Parte speciale, vol. 1, Zanichelli editore, III edizione, 2002, pp. 170 e ss. 
(37) 
L�archiviazione 
per 
infondatezza 
della 
notizia 
di 
reato 
viene 
disposta 
quando 
gli 
elementi 
acquisiti 
nelle 
indagini 
preliminari 
non sono idonei 
a 
sostenere 
l�accusa 
in giudizio (art. 125 disp. att. 
c.p.p.). 
(38) 
Ricorre 
tale 
formula 
allorch� 
l�accusa 
non 
corrisponda 
ad 
alcuna 
fattispecie 
legale 
(ad 
esempio 
per essere 
intervenuta 
una 
abolitio criminis): 
g. CoNSo, V. gReVI, M. bARgIS, 
Compendio di 
procedura 
penale, VI edizione, CeDAM, 2012, p. 845. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


di 
una 
condizione 
di 
procedibilit� 
(39), perch� 
la 
persona 
sottoposta 
alle 
indagini 
non � 
punibile 
ai 
sensi 
dell'articolo 131-bis 
c.p. per particolare 
tenuit� 
del 
fatto (40), perch� 
il 
reato � 
estinto (41), non costituisce 
titolo del 
diritto al 
rimborso. 


Nella 
ipotesi 
che 
vengano ex art. 414 c.p.p. riaperte 
le 
indagini 
e 
venga 
accertata 
la 
responsabilit� 
dell�indagato, 
l�Amm.ne 
-intuitivamente 
-potr� 
chiedere il rimborso delle somme erogate. 


b) definizione 
del 
procedimento penale 
nella fase 
della udienza preliminare. 


ove 
non venga 
pronunciato il 
decreto che 
dispone 
il 
giudizio, con la 
prosecuzione 
del 
procedimento dinanzi 
al 
giudice 
del 
dibattimento, l�iter processuale 
si 
chiude 
con la 
pronuncia 
della 
sentenza 
di 
non luogo a 
procedere 
ex 
art. 425 c.p.p. secondo cui: 
�1. Se 
sussiste 
una causa che 
estingue 
il 
reato o 
per 
la quale 
l'azione 
penale 
non doveva essere 
iniziata o non deve 
essere 
proseguita, 
se 
il 
fatto 
non 
� 
previsto 
dalla 
legge 
come 
reato 
ovvero 
quando 
risulta 
che 
il 
fatto 
non 
sussiste 
o 
che 
l'imputato 
non 
lo 
ha 
commesso 
o 
che 
il 
fatto 
non 
costituisce 
reato 
o 
che 
si 
tratta 
di 
persona 
non 
punibile 
per 
qualsiasi 
causa, il 
giudice 
pronuncia sentenza di 
non luogo a procedere, indicandone 
la causa nel 
dispositivo. [�] 3. il 
giudice 
pronuncia sentenza di 
non luogo a 
procedere 
anche 
quando 
gli 
elementi 
acquisiti 
risultano 
insufficienti, 
contraddittori 
o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio. 
[�]�. 


Non spetta 
il 
rimborso nell�ipotesi 
di 
sentenza 
di 
non luogo a 
procedere 
per 
mancanza 
di 
una 
condizione 
di 
procedibilit� 
(�l'azione 
penale 
non 
doveva 
essere 
iniziata 
o 
non 
deve 
essere 
proseguita�). 
Viene 
in 
rilievo 
una 
pronuncia 


(39) Le 
condizioni 
di 
procedibilit� 
sono costituite 
da 
fatti 
giuridici 
- elementi 
materiali 
o manifestazioni 
di 
volont� 
- la 
cui 
realizzazione 
influisce 
sull'attivazione 
del 
processo penale 
ovvero sulla 
sua 
prosecuzione. Costituiscono condizioni 
di 
procedibilit� 
tipiche: 
la 
querela, l�istanza, la 
richiesta 
e 
l�autorizzazione 
a 
procedere 
(artt. 336-346 c.p.p.). In dottrina: 
g. CoNSo, V. gReVI, M. bARgIS, Compendio 
di procedura penale, cit., pp. 517-528. 
(40) Il 
primo comma 
dell�art. 131 bis 
c.p. recita 
�Nei 
reati 
per 
i 
quali 
� 
prevista la pena detentiva 
non 
superiore 
nel 
massimo 
a 
cinque 
anni, 
ovvero 
la 
pena 
pecuniaria, 
sola 
o 
congiunta 
alla 
predetta 
pena, la punibilit� � 
esclusa quando, per 
le 
modalit� della condotta e 
per 
l'esiguit� del 
danno o del 
pericolo, 
valutate 
ai 
sensi 
dell'articolo 133, primo comma, l'offesa � 
di 
particolare 
tenuit� e 
il 
comportamento 
risulta non abituale�. 
La 
non punibilit� 
per particolare 
tenuit� 
del 
fatto integra 
una 
causa 
di 
non 
punibilit�, nella 
quale 
pur a 
fronte 
di 
un fatto di 
reato, antigiuridico e 
colpevole, si 
consente 
al 
giudice, 
per la 
sua 
scarsa 
rilevanza 
offensiva, di 
escludere 
la 
punibilit� 
del 
soggetto agente. Su tali 
aspetti: 
A. 
MARANDoLA, Particolare tenuit� del fatto (dir. proc. pen.), in Digesto (Penale), 2016. 
(41) Le 
cause 
di 
estinzione 
del 
reato incidono sulla 
punibilit� 
in astratto, estinguendo la 
potest� 
statale 
di 
applicare 
la 
pena 
minacciata 
ed operano antecedentemente 
all�intervento di 
una 
sentenza 
definitiva 
di 
condanna. La 
dichiarazione 
della 
causa 
di 
estinzione 
del 
reato non esclude 
la 
responsabilit� 
dell�imputato (arg. ex 
art. 129, comma 
2, c.p.p. ed art. 198 c.p.). Costituiscono cause 
di 
estinzione 
del 
reato: 
la 
morte 
del 
reo; 
la 
remissione 
della 
querela; 
l'amnistia 
propria; 
la 
prescrizione; 
l'oblazione; 
la 
sospensione 
condizionale 
della 
pena; 
il 
perdono 
giudiziale 
per 
i 
minorenni; 
la 
sentenza 
di 
patteggiamento 
e 
la 
messa 
alla 
prova 
per 
l'imputato 
minorenne. 
In 
dottrina: 
g. 
FIANDACA, 
e. 
MuSCo, 
Diritto 
penale. 
Parte generale, IV edizione, Zanichelli, 2004, pp. 754-756. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


di 
natura 
meramente 
processuale, essendo precluso al 
giudicante, per difetto 
del 
presupposto per l'esercizio dell'azione 
penale, la 
verifica 
della 
fondatezza 


o meno del reato contestato (42). Analogo discorso vale 
- per le sentenza dichiarativa della estinzione il reato 
-per la 
sentenza 
dichiarativa 
di 
qualsiasi 
causa 
di 
non punibilit� 
dell�imputato 
(43). 
Spetta 
il 
rimborso 
nell�ipotesi 
di 
sentenza 
di 
non 
luogo 
a 
procedere 
perch� 
il 
fatto non sussiste 
o che 
l'imputato non lo ha 
commesso o che 
il 
fatto non � 
previsto dalla legge come reato o che il fatto non costituisce reato (44). 


Spetta 
il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
a 
fronte 
di 
sentenze 
penali 
di 
non 
luogo a 
procedere 
emesse 
ex art. 425, comma 
3, del 
c.p.p. (�quando gli 
elementi 
acquisiti 
risultano insufficienti, contraddittori 
o comunque 
non idonei 
a 
sostenere 
l'accusa 
in 
giudizio�) 
dal 
giudice 
dell�udienza 
preliminare. 
Anche 
in 
questa 
evenienza 
viene 
in 
rilievo 
una 
sentenza 
che 
esclude 
la 
responsabilit� 
dell�imputato. 
La 
norma 
in 
parola 
deve 
necessariamente 
essere 
interpretata 
ed 
applicata 
alla 
luce 
dell�art. 
27, 
secondo 
comma, 
della 
Costituzione, 
in 
virt� 
del 
quale 
�l�imputato non � 
considerato colpevole 
sino alla condanna definitiva�. 
Secondo 
il 
condivisibile 
orientamento 
del 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
�La 
presunzione 
di 
innocenza 
si 
riverbera 
dunque 
sul 
significato e 
valore 
da attribuire 
alla decisione 
di 
non doversi 
procedere 
ex 
art. 425, comma 3; poich� 
o si 
� 
innocenti 
o colpevoli 
(dopo la condanna definitiva), 
la 
circostanza 
che 
venga 
meno 
la 
pendenza 
di 
un 
giudizio 
penale 
poich� 
non vi 
sono elementi 
idonei 
a sostenere 
l�accusa in giudizio non pu� 
che 
determinare 
la 
conseguenza 
che 
il 
prosciolto 
debba 
essere 
considerato 
innocente, il 
che 
significa che 
tale 
decisione 
� 
idonea ad escludere 
la responsabilit� 
dell�agente 
concretandosi, cos�, il 
presupposto richiesto dall�art. 18 


D.L. 67/97 per la concessione del rimborso delle spese legali� 
(45). 
Nella 
ipotesi 
che 
ex 
art. 
434 
c.p.p. 
venga 
revocata 
la 
sentenza 
di 
non 
luogo 
a 
procedere 
e 
venga 
accertata 
la 
responsabilit� 
dell�imputato, 
l�Amm.ne 
potr� 
chiedere il rimborso delle somme erogate. 


(42) 
In 
termini: 
parere 
del 
22 
marzo 
2001 
n. 
38467 
del 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2002, 1, p. 292 (nel 
caso di 
specie 
veniva 
in rilievo la 
mancanza di querela). 
(43) Le 
cause 
di 
non punibilit� 
sono quelle 
che 
escludono la 
punibilit� 
dell�imputato fin dall�origine. 
Sono tali: 
le 
immunit� 
di 
diritto pubblico interno, le 
immunit� 
di 
diritto internazionale 
e 
la 
qualit� 
di 
congiunto del 
soggetto attivo rispetto alla 
vittima 
nei 
delitti 
contro il 
patrimonio (art. 649 c.p.). Tutte 
le 
cause 
personali 
di 
non punibilit� 
non escludono la 
illiceit� 
del 
fatto commesso. Su tali 
aspetti: 
F. PA-
LAZZo, Corso di diritto penale, VI edizione, giappichelli, 2016, pp. 616-617. 
(44) Ricorre 
la 
formula 
del 
fatto che 
non costituisce 
reato quando il 
fatto stesso sussiste 
ed � 
stato 
commesso dall�imputato, ma 
manca 
uno degli 
elementi 
della 
fattispecie 
(come 
l'elemento psicologico), 
ovvero 
risulta 
presente 
una 
causa 
di 
giustificazione: 
g. 
CoNSo, 
V. 
gReVI, 
M. 
bARgIS, 
Compendio 
di 
procedura penale, cit., p. 845. 
(45) Parere 
del 
12 ottobre 
2010 prot. 311287, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2010, 4, 
pp. 176-181. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


c) definizione del procedimento penale nella fase del dibattimento. 


ove 
non 
venga 
pronunciata 
la 
sentenza 
di 
condanna, 
il 
dibattimento 
si 
chiude con la sentenza di proscioglimento con le seguenti specificazioni: 


-di 
non doversi 
procedere 
ex art. 529 c.p.p. (�1. Se 
l'azione 
penale 
non 
doveva essere 
iniziata o non deve 
essere 
proseguita, il 
giudice 
pronuncia sentenza 
di 
non doversi 
procedere 
indicandone 
la causa nel 
dispositivo. 2. il 
giudice 
provvede 
nello 
stesso 
modo 
quando 
la 
prova 
dell'esistenza 
di 
una 
condizione di procedibilit� � insufficiente o contraddittoria�); 
-di 
assoluzione 
ex 
art. 
530 
c.p.p. 
(�1. 
Se 
il 
fatto 
non 
sussiste, 
se 
l'imputato 
non lo ha commesso, se 
il 
fatto non costituisce 
reato o non � 
previsto dalla 
legge 
come 
reato ovvero se 
il 
reato � 
stato commesso da persona non imputabile 
o non punibile 
per 
un'altra ragione, il 
giudice 
pronuncia sentenza di 
assoluzione 
indicandone 
la 
causa 
nel 
dispositivo. 
2. 
il 
giudice 
pronuncia 
sentenza di 
assoluzione 
anche 
quando manca, � 
insufficiente 
o � 
contraddittoria 
la prova che 
il 
fatto sussiste, che 
l'imputato lo ha commesso, che 
il 
fatto 
costituisce 
reato o che 
il 
reato � 
stato commesso da persona imputabile. 3. Se 
vi 
� 
la prova che 
il 
fatto � 
stato commesso in presenza di 
una causa di 
giustificazione 
o di 
una causa personale 
di 
non punibilit� ovvero vi 
� 
dubbio sull'esistenza 
delle 
stesse, il 
giudice 
pronuncia sentenza di 
assoluzione 
a norma 
del comma 1. [�]�); 


-di 
estinzione 
del 
reato ex art. 531 c.p.p. (�1. Salvo quanto disposto dal-
l'articolo 129 comma 2, il 
giudice, se 
il 
reato � 
estinto, pronuncia sentenza di 
non 
doversi 
procedere 
enunciandone 
la 
causa 
nel 
dispositivo. 
2. 
il 
giudice 
provvede 
nello stesso modo quando vi 
� 
dubbio sull'esistenza di 
una causa di 
estinzione del reato�). 
Spetta 
il 
rimborso nell�ipotesi 
di 
sentenza 
di 
proscioglimento per motivi 
di merito, ossia perch�: 


- il fatto non sussiste; 
- l'imputato non lo ha commesso; 
- il fatto non costituisce reato (46); 
- il fatto non � previsto dalla legge come reato; 
- il reato � stato commesso da persona non imputabile (47). 
(46) Conf.: 
TAR Puglia 
bari, 18 marzo 2004, n. 1390, la 
quale 
precisa 
che 
nel 
caso di 
specie 
�ci 
si 
trovi 
in presenza di 
una condotta del 
soggetto che 
il 
giudice 
ha ritenuto indifferente 
all�ordinamento 
penale; per 
la quale 
ipotesi, lo stesso art. 43 c.p. esclude 
categoricamente 
la sussistenza del 
dolo e/o 
della 
colpa. 
La 
mancanza 
dell�elemento 
psicologico, 
confermata 
dalla 
circostanza 
che 
non 
� 
pi� 
prevista 
nel 
nostro 
ordinamento 
la 
formula 
dubitativa, 
inducono 
a 
concludere 
nel 
senso 
che 
l�art. 
530 
c.p.p. 
contempli 
un�ipotesi 
di 
assoluzione 
piena. Tale 
assoluzione, invero, non esclude 
la rilevanza del 
fatto (esistente 
nella sua materialit�) ad altri 
fini 
(disciplinari 
o civili 
o amministrativi). Ci� che 
conta, per�, � 
che 
la sentenza, incidendo risolutivamente 
sulla persistenza del 
rapporto processuale, riconosce 
l�inesistenza 
del 
rilievo penale 
della condotta dunque 
l�assenza di 
profili 
di 
responsabilit� penale; cos� 
rimuovendo 
gli 
ostacoli 
che 
precludono l�accesso al 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute 
dal 
dipendente 
a causa del particolare, specifico giudizio al quale, egli, non aveva dato impulso processuale�. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


Non 
spetta 
il 
rimborso 
nell�ipotesi 
di 
sentenza 
di 
proscioglimento 
per 
motivi 
di rito, ossia: 


- per mancanza delle condizioni di procedibilit� e di proseguibilit�; 
- perch� il reato � stato commesso da persona non punibile; 
- perch� il reato � estinto (48). 
Spetta 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
richiesto da 
dipendenti 
di 
Amministrazioni 
statali 
ex art. 18 D.L. n. 67 del 
1997 a 
fronte 
di 
sentenze 
penali 
di 
assoluzione 
con 
formula 
ai 
sensi 
dell�art. 
530, 
comma 
2, 
c.p.p. 
(�quando 
manca, 
� 
insufficiente 
o 
� 
contraddittoria 
la 
prova 
che 
il 
fatto 
sussiste, 
che 
l�imputato lo ha commesso, che 
il 
fatto costituisce 
reato o che 
il 
reato � 
stato 
commesso da persona imputabile�). Difatti, l�ipotesi 
assolutoria 
di 
cui 
al 
secondo 
comma, 
come 
quella 
del 
primo 
comma, 
esclude 
ogni 
responsabilit� 
agli 
effetti 
penali, 
in 
esito 
a 
giudizio 
valutativo 
e 
di 
graduazione 
delle 
prove 
assunte, 
nel 
loro concorso, in negativo o in positivo, a 
qualificare 
la 
responsabilit� 
dell'imputato (49). Analogo rilievo vale 
per l�ipotesi 
assolutoria 
di 
cui 
al 
terzo comma 
dell�art. 530 c.p.p. relativa 
al 
fatto commesso in presenza 
di 
una 
causa di giustificazione. 


Sul 
punto vale 
quanto sopra 
argomentato a 
proposito della 
analoga 
formula 
della 
sentenza 
di 
non luogo a 
procedere 
emessa 
ex art. 425, comma 
3, 
del c.p.p. 

� 
vero che 
la 
formula 
assolutoria 
di 
cui 
sopra 
non corrisponderebbe 
ad 
un 
effettivo 
e 
totale 
esonero 
da 
responsabilit�, 
in 
quanto 
essa 
lascerebbe 
aperta 
la 
possibilit� 
di 
future 
azioni 
volte 
a 
fare 
valere 
per gli 
stessi 
fatti 
la 
responsabilit� 
civile 
o amministrativa 
del 
dipendente. Tuttavia 
nel 
caso di 
specie 
non 
� 
possibile 
negare 
la 
richiesta 
di 
rimborso. Questa, infatti, � 
direttamente 
connessa 
all�attivit� 
difensiva 
che 
ha 
portato nel 
corso di 
quel 
dato giudizio alla 


(47) Perch� incapace di intendere o di volere. 
(48) Con riferimento alle 
sentenze 
di 
proscioglimento con formule 
meramente 
processuali 
non 
liberatorie 
(es. prescrizione), la 
giurisprudenza 
amministrativa 
� 
concorde 
nel 
ritenere 
non spettante 
il 
rimborso delle 
spese 
legali. In tal 
senso, Cons. St., Sez. V, 14 aprile 
2009, n. 2242; 
da 
ultimo, Cons. St., 
Sez. VI, 2 luglio 2004, n. 7660. Fra 
le 
fattispecie 
di 
estinzione, molto rilevante, per la 
frequenza, � 
la 
sentenza 
con 
cui 
il 
giudice 
penale 
dichiara, 
ai 
sensi 
dell'art. 
531 
c.p.p., 
la 
prescrizione 
del 
reato. 
La 
detta 
sentenza 
proprio perch� 
contiene 
l'accertamento della 
sussistenza 
di 
una 
causa 
di 
estinzione 
del 
reato 
(tale 
essendo la 
natura 
della 
prescrizione, come 
risulta 
dalla 
collocazione 
sistematica 
degli 
articoli 
157, 
158, 159, 160 e 
161 c.p., che 
concernono tale 
istituto, nel 
Capo I del 
Titolo VI, del 
Libro I del 
codice 
penale, 
intitolato 
all'estinzione 
del 
reato), 
non 
� 
un 
provvedimento 
esclusivo 
della 
responsabilit� 
del 
prevenuto 
in 
relazione 
al 
fatto 
ascrittogli. 
Ci� 
in 
quanto 
il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
relative 
al 
giudizio 
penale 
cui 
sia 
stato sottoposto il 
dipendente, � 
dovuto solo qualora 
la 
sentenza 
conclusiva 
escluda 
la 
sua 
responsabilit� 
nell'occorso, 
pertanto, 
avendo 
egli 
la 
facolt� 
e 
l'onere 
di 
rinunciare 
alla 
prescrizione 
o 
comunque 
di 
impugnare 
la 
sentenza 
che 
dichiari 
per l'effetto estinto il 
reato, al 
fine 
di 
addivenire 
ad una 
pronuncia 
pienamente 
assolutoria 
nel 
merito, il 
rimborso non spetta 
nel 
caso in cui 
egli 
sia 
stato prosciolto 
per intervenuta 
prescrizione. Conf.: 
Cass. civ., Sez. I, 16 aprile 
2008, n. 10052; 
Cons. Stato, Sez. 
VI, 29 aprile 
2005, n. 2041. In senso analogo anche 
il 
parere 
dell'11 novembre 
2000 n. 115247 del 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato, 
in 
rassegna 
dell�avvocatura 
dello 
Stato, 
2002, 
1, 
p. 
258. 
(49) Cons. St., Sez. VI, 21 marzo 2011, n. 1713. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


negazione 
di 
quella 
data 
responsabilit�. La 
decisione, del 
resto, si 
ricollega 
al 
profilo valutativo che 
l�ordinamento effettua 
di 
un determinato fatto; 
per cui 
ben pu� aversi 
una 
situazione 
da 
cui 
scaturiscono diversi 
giudizi 
(es. penali, 
civili, contabili 
ecc. ) che 
operano su piani 
diversi, per cui 
per uno di 
essi 
quel 
dato atto o fatto non ha 
alcuna 
rilevanza, di 
tal 
che 
non sembra 
possano sussistere 
ostacoli 
per la 
responsabilit� 
delle 
spese 
sostenute 
per la 
difesa, difesa 
che 
appunto ha 
portato all�esclusione 
di 
responsabilit� 
per quel 
tipo di 
procedimento 
(50). 


14. 
(Segue) 
D) 
sentenza 
o 
provvedimento 
che 
abbia 
escluso 
la 
responsabilit�: 
iii) all�esito di giudizio di responsabilit� amministrativa. 
Nell'evenienza 
che 
il 
danno sia 
stato arrecato direttamente 
all'Amministrazione 
di 
appartenenza, 
la 
responsabilit� 
civile 
assume 
connotati 
particolari 
e 
speciali, ricorrendo la 
fattispecie 
della 
responsabilit� 
amministrativa, attribuita 
alla giurisdizione della Corte dei Conti (51). 


I 
funzionari, 
gli 
impiegati, 
gli 
agenti, 
anche 
militari, 
che 
nell'esercizio 
delle 
loro funzioni, per errore 
ed omissione 
imputabili 
anche 
solo a 
colpa 
o 
negligenza 
cagionino danno allo Stato e 
ad altra 
P.A. dalla 
quale 
dipendono 
sono, 
infatti, 
sottoposti 
alla 
giurisdizione 
della 
Corte 
dei 
Conti 
nei 
casi 
e 
modi 
previsti 
dalla 
legge 
sull'amministrazione 
del 
patrimonio 
e 
sulla 
contabilit� 
generale 
dello Stato e 
da 
leggi 
speciali 
(in tal 
senso art. 52 R.d. 12 luglio 1934 


n. 1214). La 
Corte, valutate 
le 
singole 
responsabilit�, pu� porre 
a 
carico del 
responsabile 
tutto 
o 
parte 
del 
danno 
arrecato 
o 
del 
valore 
perduto. 
Regole 
analoghe 
sono sparse 
in varie 
disposizioni 
(es. art. 83 R.d. 18 novembre 
1923 n. 
2440 e art. 18 d.P.R 10 gennaio 1957, n. 3). 
gli 
elementi 
costitutivi 
della 
responsabilit� 
amministrativa 
possono cos� 
sinteticamente individuarsi: 


rapporto 
di 
servizio. 
Il 
primo 
elemento 
che 
deve 
sussistere 
perch� 
sia 
configurabile 
la 
responsabilit� 
amministrativa 
� 
l�esistenza 
di 
un rapporto di 
servizio, che 
leghi 
a 
vario titolo il 
soggetto ritenuto responsabile 
alla 
pubblica 
amministrazione, costituendo in capo al 
primo l�esistenza 
di 
specifici 
doveri 
correlati 
allo svolgimento da 
parte 
dell�Amministrazione 
dei 
compiti 
ad essa 
attribuiti. 
Dalla 
ricognizione 
delle 
disposizioni 
in 
materia 
emerge 
un�ampia 


(50) 
In 
tali 
termini 
il 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
con 
il 
parere 
del 
26 
ottobre 
2006, n. 121593 (richiamante 
il 
proprio precedente 
parere 
del 
9 giugno 1998, prot. 70620), in rassegna 
dell�avvocatura dello Stato, 2006, 4, pp. 246-248. 
(51) 
Sulla 
responsabilit� 
amministrativa: 
M. 
SCIASCIA, 
Diritto 
delle 
gestioni 
pubbliche, 
II 
edizione, 
giuffr�, 2013, pp. 796-822; 
P. SANToRo, manuale 
di 
contabilit� e 
finanza pubblica, V 
edizione, Maggioli, 
2012, 
pp. 
687-714; 
M. 
geRARDo, 
A. 
MuTAReLLI, 
il 
processo 
nelle 
controversie 
di 
lavoro 
pubblico, 
cit., pp. 100-105; 
C.e. gALLo, M. gIuSTI, g. LADu, M.V. AVAgLIANo, L. SAMbuCCI, M.L. SeguITI, 
Contabilit� 
di 
Stato e 
degli 
enti 
pubblici, V 
edizione, giappichelli, 2011, pp. 145-189; 
S. buSCeMA, A. bu-
SCeMA, 
Contabilit� di Stato e degli enti pubblici, IV edizione, giuffr�, 2005, pp. 294-309. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


latitudine 
dell�ambito soggettivo, atteso che 
tale 
rapporto concerne 
sia 
i 
lavoratori 
dipendenti 
con rapporto di 
lavoro privatistico che 
quelli 
in regime 
di 
diritto 
pubblico 
(art. 
3 
D.L.vo 
n. 
165/2001), 
sia 
i 
dipendenti 
con 
rapporto 
di 
pubblico 
impiego 
volontariamente 
costituito 
che 
quelli 
con 
rapporto 
costituito 
in 
modo 
coattivo 
(es. 
militari), 
sia 
i 
lavoratori 
professionali 
con 
rapporto 
a 
tempo 
determinato 
indeterminato 
che 
quelli 
onorari, 
sia 
infine, 
i 
lavoratori 
autonomi. 


Comportamento dannoso. Il 
danno, per poter comportare 
responsabilit� 
amministrativa 
deve 
essere 
conseguenza 
di 
un 
comportamento 
-azione 
(provvedimentale 
o 
materiale) 
od 
omissione 
-posto 
in 
essere 
nell�esercizio 
di 
un�attivit� 
non 
discrezionale, 
ferma 
restando 
l�insindacabilit� 
nel 
merito 
delle 
scelte 
discrezionali, 
semprech� 
rispettose 
dei 
limiti 
posti 
dall�ordinamento 
(pertanto 
la 
discrezionalit� 
� 
sindacabile 
sotto 
il 
profilo 
dell�eccesso 
di 
potere). 
Tale 
comportamento 
deve 
essere 
imputabile 
all�agente, 
a 
titolo 
di 
responsabilit� 
personale (art. 1, comma 1, L. 14 gennaio 1994 n. 20). 

Elemento psicologico. La 
responsabilit� 
� 
circoscritta 
ai 
fatti 
e 
alle 
omissioni 
commessi 
con dolo o colpa 
grave. La 
colpa 
grave 
implica 
una 
condotta 
che 
sia 
posta 
in essere 
senza 
l�osservanza 
di 
un livello di 
diligenza, prudenza 
e 
perizia 
in relazione 
al 
tipo di 
attivit� 
concretamente 
richiesta 
all�agente 
ed 
alla 
sua 
particolare 
preparazione 
professionale 
nel 
settore 
della 
attivit� 
amministrativa 
al 
quale 
� 
preposto. Tale 
attivit� 
si 
caratterizza, quindi, per un atteggiamento 
di 
estremo disinteresse 
nell�espletamento delle 
proprie 
funzioni, di 
negligenza 
massima, 
di 
deviazione 
dal 
modello 
di 
condotta 
connesso 
ai 
propri 
compiti, senza 
il 
rispetto delle 
comuni 
regole 
di 
comportamento (52). In ogni 
caso 
� 
esclusa 
la 
gravit� 
della 
colpa 
quando 
il 
fatto 
dannoso 
tragga 
origine 
dall�emanazione 
di 
un atto vistato e 
registrato in sede 
di 
controllo preventivo 
di 
legittimit�, 
limitatamente 
ai 
profili 
presi 
in 
considerazione 
nell�esercizio 
del 
controllo (art. 1, comma 
1, L. n. 20/1994). L�illustrato regime 
normativo 
esonera 
da 
responsabilit� 
il 
dipendente 
che 
versa 
in colpa 
lieve 
nell�evidente 
obiettivo di 
non gravare 
il 
dipendente 
di 
preoccupazioni 
eccessive 
in ordine 
alle 
conseguenze 
patrimoniali 
della 
propria 
condotta. Preoccupazioni 
che 
(in 
particolare 
in una 
fase 
storica 
legislativamente 
dinamica 
in cui 
la 
P.A. si 
trova 
a 
operare 
in una 
realt� 
normativa 
estremamente 
complessa 
e 
talvolta 
disarticolata) 
condurrebbero fatalmente all�inerzia e alla paralisi amministrativa. 

Nesso 
causale. 
� 
ovviamente 
richiesta 
la 
sussistenza 
di 
un 
rapporto 
di 
causalit� 
tra 
comportamento 
osservato 
dal 
dipendente 
(e 
ritenuto 
fonte 
del 
danno) ed il 
danno lamentato dall�amministrazione. Il 
nesso eziologico deve 
essere 
valutato secondo il 
criterio della 
causalit� 
adeguata, verificando, cio�, 


(52) Ex plurimis: Corte Conti, Sez. giur. Abruzzo, 27 marzo 2007, n. 372. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


con 
una 
valutazione 
ex 
ante, 
se 
il 
comportamento 
del 
dipendente 
sia 
stato 
idoneo 
a 
produrre 
l�evento. 
In 
tale 
valutazione 
non 
si 
dovr� 
tenere 
conto 
degli 
eventuali 
e 
imprevedibili 
effetti 
straordinari 
o 
atipici 
della 
condotta 
tenuta. 
Nell�ipotesi 
di 
concorso 
di 
pi� 
persone 
nel 
comportamento 
causativo 
del 
danno, la 
Corte 
dei 
Conti, valutate 
le 
singole 
responsabilit�, � 
tenuta 
a 
condannare 
ciascuno in relazione 
al 
proprio contributo causale. � 
altres� 
prevista 
la 
responsabilit� 
solidale 
dei 
soli 
concorrenti 
che 
abbiano 
conseguito 
un 
illecito 
arricchimento o abbiano agito con dolo (art. 1, comma 
quater 
e 
quinquies 
L. 


n. 20/1994). 
Danno. 
Il 
danno 
� 
costituito 
dalla 
diminuzione 
patrimoniale 
o 
dal 
mancato 
guadagno 
causato 
direttamente 
dall�attivit� 
dell�agente. 
La 
Corte 
dei 
Conti 
nel 
giudizio 
di 
responsabilit�, 
fermo 
restando 
il 
potere 
di 
riduzione, 
deve 
tenere 
conto 
dei 
vantaggi 
comunque 
conseguiti 
dall�amministrazione 
di 
appartenenza, 
da 
altra 
amministrazione 
o dalla 
comunit� 
amministrata 
in relazione 
al 
comportamento 
degli 
amministratori 
o 
dei 
dipendenti 
pubblici 
soggetti 
al 
giudizio 
di 
responsabilit� 
(art. 1, comma 
1 bis, l. n. 20/1994). Il 
giudizio di 
responsabilit� 
viene 
instaurato da 
un attore 
pubblico (il 
Procuratore 
Regionale 
presso la 
Sezione 
giurisdizionale 
della 
Corte 
dei 
Conti) il 
quale 
agisce 
nel-
l�interesse 
della 
comunit� 
intera, assorbendo, perci� nella 
sua 
funzione 
anche 
la 
difesa 
della 
P.A. 
danneggiata. 
Il 
diritto 
al 
risarcimento 
del 
danno 
si 
prescrive 
in ogni 
caso nel 
termine 
di 
cinque 
anni, decorrenti 
dalla 
data 
in cui 
si 
� 
verificato 
il 
fatto dannoso (comprensivo dell�effetto lesivo dell�eventus 
damni), 
ovvero, 
in 
caso 
di 
occultamento 
doloso 
del 
danno, 
dalla 
data 
della 
sua 
scoperta 
(art. 1, comma 2, L. n. 20/1994). 

Nel 
giudizio contabile, come 
in quello civile, il 
diritto al 
rimborso spetta 
allorch� 
il 
processo si 
concluda 
con sentenza 
di 
rigetto nel 
merito dell�azione 
di responsabilit�. 


Non spetta 
il 
diritto al 
rimborso nell�ipotesi 
che 
il 
giudizio si 
concluda 
con sentenza 
definitiva 
dichiarativa 
di 
una 
questione 
pregiudiziale 
di 
rito (sui 
presupposti 
processuali, sulle 
condizioni 
dell�azione, su nullit� 
processuali) o 
su un questione 
preliminare 
di 
merito (prescrizione 
o sull�ammissibilit� 
del-
l�intervento). 
Di 
conseguenza, 
nella 
ricorrente 
ipotesi 
del 
proscioglimento 
per 
prescrizione, 
non 
vi 
� 
luogo 
a 
liquidazione 
degli 
onorari, 
dei 
diritti 
e 
delle 
spese 
relativi 
alla 
difesa 
del 
convenuto prosciolto, non avendo lo stesso titolo 
al 
relativo 
rimborso. 
All�evidenza 
tale 
pronuncia 
non 
esclude 
la 
responsabilit� 
per danno erariale, all'esito di 
una 
valutazione, nel 
merito, dei 
fatti 
asseritamene 
produttivi 
di 
un danno erariale 
contestati 
al 
convenuto. L�accertamento 
dell'intervenuta 
prescrizione 
del 
diritto 
al 
risarcimento 
del 
danno 
erariale, 
preclude 
al 
giudice 
contabile 
l'esame 
della 
fondatezza 
dell'addebito contestato al 
convenuto (53). 

Come 
anticipato 
sopra, 
in 
conseguenza 
della 
disciplina 
contenuta 
nell�art. 



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


10 bis, comma 
decimo, del 
D.L. 30 settembre 
2005 n. 203, conv. in legge 
2 
dicembre 
2005, n. 248 (54) e 
nell�art. 31, commi 
1 e 
2 del 
Codice 
di 
giustizia 
contabile 
(55) soprariportati, deve 
ritenersi 
che, nei 
giudizi 
per responsabilit� 
amministrativa, 
� 
venuto 
meno 
la 
disciplina 
contenuta 
nell�art. 
18 
cit., 
ivi 
compreso 
il 
parere 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
obbligatorio 
e 
vincolante. 
Il 
giudice, 
infatti, con la 
sentenza 
che 
chiude 
il 
processo davanti 
a 
lui, condanna 
la 
parte 
soccombente 
al 
rimborso 
delle 
spese 
a 
favore 
dell'altra 
parte 
e 
ne 
liquida 
l'ammontare 
insieme con gli onorari di difesa. 


Il 
giudicato, 
anche 
sul 
punto 
del 
governo 
delle 
spese, 
vincola 
il 
dipendente 
e 
l�amministrazione 
di 
appartenenza 
per le 
regole 
generali 
contenute 
nell�art. 
2909 c.c. sui 
limiti 
oggettivi 
e 
soggettivi 
(56). L�amministrazione 
di 
apparte


(53) 
Corte 
dei 
Conti, 
Sez. 
giurisdiz., 
Sent., 
26 
febbraio 
2007, 
n. 
136; 
Corte 
dei 
Conti, 
Sez. 
III 
App., 14 dicembre 
2006, n. 475 che 
precisa: 
�ritiene 
il 
Collegio che 
in caso di 
mancato accoglimento 
della domanda introduttiva del 
giudizio per 
intervenuta prescrizione 
- ovvero di 
accoglimento dell'appello 
della parte 
privata per 
lo stesso motivo - detta liquidazione 
non possa aver 
luogo, non essendo 
venuto a maturazione 
il 
presupposto prescritto dalla legge 
e, cio�, "il 
proscioglimento nel 
merito". La 
finalit� perseguita dal 
legislatore, infatti, � 
quella di 
riconoscere 
in favore 
del 
soggetto evocato in giudizio, 
nella sua posizione 
di 
convenuto o appellante, nei 
cui 
confronti 
sia accertata la carenza di 
uno 
degli 
elementi 
essenziali 
per 
configurare 
la responsabilit� amministrativa, il 
diritto a renderlo indenne 
da un esborso economico che, altrimenti, non avrebbe 
affrontato. La declaratoria di 
intervenuta prescrizione, 
peraltro, incide 
su un momento preliminare 
all'accertamento del 
merito della controversia, 
senza che 
sia vagliata la posizione 
sostanziale 
del 
convenuto (o appellante). Sotto altro profilo non pu� 
sottacersi 
che 
l'espressione 
utilizzata dal 
legislatore 
"proscioglimento nel 
merito", corrobora l'indicato 
processo 
ermeneutico. 
inoltre, 
se 
la 
finalit� 
del 
legislatore 
fosse 
stata 
pi� 
ampia, 
tale 
da 
ricomprendervi 
anche 
fattispecie 
come 
quella oggetto del 
presente 
appello, sarebbe 
stato sufficiente 
correlare 
la liquidazione 
degli 
onorari 
e 
diritti 
della difesa al 
mero proscioglimento e 
non anche 
al 
"proscioglimento nel 
merito" 
�; 
Corte 
dei 
Conti, Sez. III App., 8 novembre 
2006, n. 452; 
Corte 
dei 
Conti 
Puglia, Sez. giurisdiz., 
23 
ottobre 
2006, 
n. 
899; 
Corte 
dei 
Conti 
Campania, 
Sez. 
giurisdiz., 
21 
marzo 
2006, 
n. 
425. 
In 
senso 
contrario 
Corte 
dei 
Conti 
Sicilia, 
Sez. 
App., 
Sent., 
9 
maggio 
2007, 
n. 
151, 
secondo 
cui 
nel 
giudizio 
contabile, deve 
essere 
affermato il 
diritto al 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute 
dal 
convenuto assolto 
per prescrizione, trattandosi di proscioglimento nel merito. 
(54) Che 
ancora 
prevedeva 
il 
parere 
di 
congruit� 
dell'Avvocatura 
dello Stato. Sul 
citato art. 10 
bis 
comma 
10 D.L. 248/2005 si 
� 
pronunciato il 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato, con 
il 
parere 
n. 13436 del 
13 gennaio 2016, in rassegna dell�avvocatura dello Stato, 2016, 1, pp. 3-5, che 
ha 
rilevato: 
�Questa 
avvocatura, 
nell�attuale 
quadro 
normativo 
e 
giurisprudenziale, 
in 
attesa 
di 
un 
eventuale 
ulteriore 
intervento chiarificatore 
del 
legislatore, ritiene, con esclusivo riferimento alla particolare 
ipotesi 
di 
proscioglimento 
nel 
giudizio 
davanti 
alla 
Corte 
dei 
Conti, 
che 
il 
parere 
dell�avvocatura 
dello 
Stato 
abbia 
una 
funzione 
c.d. 
formale 
atteso 
che 
il 
legislatore, 
con 
la 
norma 
interpretativa 
del 
2005, 
cos� 
come 
interpretata 
dalla 
citata 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
ha 
inteso 
demandare 
direttamente 
all�organo 
giurisdizionale 
(il 
giudice 
contabile) 
l�attivit� 
di 
liquidazione 
e 
commisurazione 
delle 
spese 
legali. 
il 
parere 
di 
congruit� 
dell�avvocatura, 
comunque 
contemplato 
dalle 
richiamate 
disposizioni, 
appare 
nella 
fattispecie, 
ridimensionato 
al 
ruolo 
di 
riscontro 
formale, 
sul 
piano 
amministrativo, 
della 
conformit� 
della richiesta di 
rimborso rispetto alla misura liquidata in sentenza, nonch�, eventualmente, 
per 
valutare 
la 
congruit� 
degli 
oneri 
accessori 
non 
espressamente 
indicati 
nella 
sentenza 
(rimborso 
forfettario, iva, Cpa), ovvero la rimborsabilit� di 
spese 
strettamente 
connesse 
alla difesa nel 
giudizio, 
ma sostenute 
successivamente. [�] 
in sintesi, in mancanza di 
impugnazione 
del 
relativo capo della decisione, 
la liquidazione 
del 
giudice 
contabile 
rappresenta ex 
lege 
la misura del 
diritto al 
rimborso delle 
spese legali da parte dell�amministrazione�. 
(55) Che, tra l�altro, non prevede pi� il parere di congruit� dell'Avvocatura dello Stato. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


nenza 
� 
vincolata 
in 
virt� 
del 
ruolo 
rivestito 
dal 
Procuratore 
contabile, 
il 
quale 
oltrecch� 
rivestire 
il 
ruolo 
di 
pubblico 
ministero 
� 
anche 
il 
rappresentante 
processuale 
dell�amministrazione 
(57). 
Il 
Procuratore 
Regionale 
presso 
la 
Sezione 
giurisdizionale 
della 
Corte 
dei 
Conti 
agisce 
nell�interesse 
generale 
della 
comunit� 
intera 
(58), assorbendo, nella 
sua 
funzione 
anche 
la 
difesa 
della 
P.A. 
danneggiata. 


Nel 
caso di 
specie 
non vi 
� 
spazio per applicare 
la 
disciplina 
contenuta 
nell�art. 
18 
in 
esame. 
Diversamente 
opinando 
vi 
sarebbe 
una 
disciplina 
in 
contrasto 
con un giudicato. Sicch� 
si 
deve 
escludere 
la 
possibilit� 
per l�Amministrazione 
di 
sostituirsi 
al 
giudice 
contabile 
nella 
valutazione 
delle 
spese 
legali 
rimborsabili 
riconoscendo al 
dipendente 
somme 
diverse 
o ulteriori 
rispetto a 
quelle liquidate in sentenza (59). 

L�art. 
31 
del 
Codice 
di 
giustizia 
contabile 
ha 
determinato, 
all�evidenza, 
l�abrogazione 
parziale 
dell�art. 
18 
citato 
(nella 
parte 
in 
cui 
disciplina 
il 
rimborso 
delle 
spese 
sopportate 
nel 
giudizio 
di 
responsabilit� 
amministrativa) 
e 
l�abrogazione 
totale 
dell�art. 
10-bis, 
comma 
10, 
D.L. 
30 
settembre 
2005, 


n. 
203, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
L. 
2 
dicembre 
2005, 
n. 
248, 
come 
modificato 
dall'art. 
17, 
comma 
30-quinquies, 
D.L. 
1� 
luglio 
2009, 
n. 
78, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
L. 
3 
agosto 
2009, 
n. 
102 
(60). 
In 
specie, 
le 
indicate 
disposizioni 
sono 
venute 
meno, 
ex 
art. 
15 
delle 
preleggi 
-applicativo 
del 
criterio 
cronologico 
per 
la 
risoluzione 
delle 
antinomie 
(lex 
posterior 
derogat 
priori 
) 
-sia 
per 
incompatibilit� 
tra 
le 
nuove 
disposizioni 
e 
le 
precedenti, 
sia 
perch� 
la 
nuova 
legge 
regola 
l�intera 
materia 
gi� 
regolata 
dalla 
legge 
anteriore. 
(56) Sul 
giudicato ed i 
suoi 
limiti, ex 
plurimis: 
C. MANDRIoLI, A. CARRATTA, 
Diritto processuale 
civile, I, cit., pp. 167-197. 
(57) In tal 
senso anche 
M. SCIASCIA, manuale 
di 
diritto processuale 
contabile, VI edizione, giuffr�, 
2018, pp. 108-109. 
(58) Ex 
plurimis: 
M. SCIASCIA, Diritto delle 
gestioni 
pubbliche, cit., p.780; 
P. SANToRo, 
manuale 
di 
contabilit� e 
finanza pubblica, cit., p. 687; 
C.e. gALLo, M. gIuSTI, g. LADu, M.V. AVAgLIANo, L. 
SAMbuCCI, M. L. SeguITI, 
Contabilit� di 
Stato e 
degli 
enti 
pubblici, cit., p. 184; 
S. buSCeMA, A. bu-
SCeMA, Contabilit� di 
Stato e 
degli 
enti 
pubblici, cit., p. 297. Sulla 
figura 
del 
Procuratore 
della 
Corte 
dei 
Conti 
(parte 
in senso formale, parte 
anche 
in senso sostanziale, sostituto processuale): 
A. beNNATI, 
manuale di contabilit� di Stato, XII edizione, Jovene, 1990, pp. 864-867. 
(59) gi� 
dopo l'entrata 
in vigore 
dell'art. 10 bis, comma 
decimo, del 
d.1. 30 settembre 
2005 n. 
203, conv. in legge 
2 dicembre 
2005, n. 248 si 
� 
enunciato, dal 
giudice 
di 
legittimit�, che 
in caso di 
proscioglimento 
nel 
merito del 
convenuto in giudizio per responsabilit� 
amministrativo-contabile 
innanzi 
alla 
Corte 
dei 
conti, spetta 
esclusivamente 
a 
detto giudice, con la 
sentenza 
che 
definisce 
il 
giudizio, liquidare 
- ai 
sensi 
e 
con le 
modalit� 
di 
cui 
all'art. 91 cod. proc. civ. ed a 
carico dell'amministrazione 
di 
appartenenza 
- l'ammontare 
delle 
spese 
di 
difesa 
del 
prosciolto, senza 
successiva 
possibilit� 
per quest'ultimo 
di 
chiedere 
in 
separata 
sede, 
all'amministrazione 
medesima, 
la 
liquidazione 
di 
dette 
spese, 
neppure 
in via 
integrativa 
della 
liquidazione 
operata 
dal 
giudice 
contabile 
(Cass. civ., Sez. lavoro, Sent., 19 
agosto 2013, n. 19195). Tesi rafforzata con l�entrata in vigore del codice del processo contabile. 
(60) In tal 
senso anche 
A. VeTRo, il 
rimborso delle 
spese 
legali 
per 
i 
convenuti 
assolti 
nei 
giudizi 
di responsabilit� dinanzi alla Corte dei conti, in www.contabilita-pubblica.it 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


Corollario di 
quanto ricostruito � 
il 
venire 
meno - nel 
procedimento per 
la 
liquidazione 
delle 
pretese 
di 
rimborso delle 
spese 
all�esito del 
giudizio di 
responsabilit� 
amministrativa 
-del 
parere 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
secondo 
la 
peculiare 
disciplina 
dell�art. 18 (parere 
obbligatorio e 
vincolante). Residua, 
ovviamente, l�ordinario parere 
ex art. 13 R.D. n. 1611/1933 (parere 
facoltativo), 
che 
non potr� 
andare 
in contrasto con il 
giudicato contabile 
relativo al 
capo liquidante 
le 
spese 
di 
lite. Parere 
che, ove 
richiesto, conterr� 
l�accertamento 
della 
conformit� 
della 
richiesta 
di 
rimborso 
rispetto 
alla 
misura 
liquidata 
in sentenza, nonch�, eventualmente, la 
valutazione 
della 
congruit� 
degli 
oneri 
accessori 
non 
espressamente 
indicati 
nella 
sentenza 
(rimborso 
forfettario, 
Iva, 
Cpa), o della 
rimborsabilit� 
di 
spese 
strettamente 
connesse 
alla 
difesa 
nel 
giudizio 
sostenute successivamente al giudicato (61). 

15. (Segue) 
assenza di conflitto di interesse? 
Il 
requisito 
dell�assenza 
di 
conflitto 
di 
interesse 
� 
espressamente 
richiesto 
per il 
diritto al 
rimborso richiesto nei 
confronti 
di 
regioni 
ed enti 
locali 
(art. 
28 del C.C.N.L. del 14 settembre 2000) (62). 

L�assenza 
di 
conflitto 
di 
interesse 
costituisce 
anche 
un 
requisito 
del 
diritto 
nei confronti di amministrazioni statali, in aggiunta a quelli sopraindicati? 


In varie 
sentenze, si 
afferma 
non vi 
debba 
essere 
un conflitto di 
interesse 
per godere 
del 
rimborso delle 
spese 
nei 
confronti 
di 
amministrazioni 
statali. Il 
corollario di 
tale 
affermazione 
� 
che 
condizione 
per la 
spettanza 
del 
rimborso 
delle 
spese 
in 
un 
giudizio 
che 
abbia 
escluso 
la 
responsabilit� 
civile 
o 
la 
responsabilit� 
penale 
o la 
responsabilit� 
amministrativa 
� 
l�assenza 
di 
qualsivoglia 
responsabilit� 
in 
capo 
al 
dipendente. 
Sicch�, 
ad 
esempio, 
andrebbe 
negato 
il 
diritto 
al 
rimborso 
nonostante 
l�assoluzione 
nel 
merito 
in 
sede 
penale 
(specie 
con le 
formule 
di 
cui 
al 
secondo comma 
dell�art. 530 c.p.p.), ove 
residui 
una 
diversa altra fattispecie di responsabilit�. 

La 
tesi 
richiedente 
il 
requisito dell�assenza 
di 
conflitto di 
interessi 
in aggiunta 
a 
quelli 
sopraindicati, con il 
corollario che 
ne 
consegue, non � 
accoglibile. 
Tale 
requisito 
non 
� 
richiesto 
dall�art. 
18, 
diversamente 
da 
quanto 
valevole 
per regioni 
ed enti 
locali. Come 
gi� 
evidenziato nel 
precedente 
paragrafo 
13, 
la 
richiesta 
di 
rimborso 
� 
direttamente 
connessa 
all�attivit� 
difensiva 


(61) 
Su 
tale 
contenuto: 
il 
citato 
parere 
del 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
n. 
13436 del 13 gennaio 2016. 
(62) 
Conferma 
di 
tale 
requisito 
negativo 
si 
ha 
in 
Cass. 
civ., 
Sez. 
lavoro, 
17 
settembre 
2002, 
n. 
13624 (in una 
pretesa 
di 
un dipendente 
di 
un Comune 
si 
� 
ritenuto che 
non pu� essere 
riconosciuto il 
diritto 
del 
dipendente 
al 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute, allorquando, quest'ultima 
si 
sia 
costituita 
parte 
civile 
nei 
confronti 
del 
dipendente 
e 
abbia 
assunto una 
iniziativa 
disciplinare, indipendentemente 
da 
ogni 
valutazione 
attinente 
l'esito del 
procedimento penale 
e 
l'accertamento della 
responsabilit� 
disciplinare 
del 
dipendente, essendo del 
tutto evidente, in tale 
ipotesi, il 
conflitto di 
interessi 
tra 
l'ente 
e 
il 
dipendente) e in Cass. civ., Sez. lavoro, 30 ottobre 2018, n. 27674. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


che 
ha 
portato nel 
corso di 
quel 
dato giudizio alla 
negazione 
di 
quella 
data 
responsabilit�. 
La 
decisione 
si 
ricollega 
al 
profilo valutativo che 
l�ordinamento 
effettua 
di 
un determinato fatto; 
per cui 
ben pu� aversi 
una 
situazione 
da 
cui 
scaturiscono diversi 
giudizi 
(es. penali, civili, contabili 
ecc. ) che 
operano su 
piani 
diversi, per cui 
per uno di 
essi 
quel 
dato atto o fatto non ha 
alcuna 
rilevanza, 
di 
tal 
che 
non sembra 
possano sussistere 
ostacoli 
per la 
spettanza 
delle 
spese 
sostenute 
per la 
difesa, difesa 
che 
appunto ha 
portato all�esclusione 
di 
responsabilit� per quel tipo di procedimento. 

La 
potenziale 
rilevanza 
della 
condotta, 
oggetto 
ad 
esempio 
di 
un 
giudizio 
di 
responsabilit� 
penale, 
in 
termini 
di 
responsabilit� 
civile, 
disciplinare, 
amministrativa 
-sia 
che 
venga 
poi 
accertata 
in 
concreto 
nelle 
sedi 
opportune, 
sia 
che 
rimanga 
a 
livello 
solo 
ipotetico 
-non 
vale 
a 
superare 
il 
rilievo 
che 
il 
titolo 
(in 
base 
al 
quale 
il 
dipendente 
� 
chiamato 
nel 
giudizio 
penale 
a 
rispondere) 
ed 
i 
relativi 
presupposti 
sono 
autonomi 
e 
distinti, 
come 
pure 
lo 
sono 
i 
procedimenti 
accertativi 
e 
le 
spese 
sostenute 
per 
i 
giudizi 
di 
responsabilit� 
civile, 
disciplinare, 
amministrativa 
(63). 
Di 
conseguenza, 
riprendendo 
il 
precedente 
esempio, 
non 
pu� 
negarsi 
il 
diritto 
al 
rimborso 
nel 
caso 
di 
assoluzione 
nel 
merito 
in 
sede 
penale 
(specie 
con 
le 
formule 
di 
cui 
al 
secondo 
comma 
dell�art. 
530 
c.p.p.), 
in 
presenza 
di 
altra 
(potenziale 
o 
certa) 
fattispecie 
di 
responsabilit�. 


Va 
tuttavia 
rilevato che, spesso, l�enunciazione 
secondo cui 
per il 
riconoscimento 
del 
diritto al 
rimborso � 
necessaria 
l�assenza 
di 
conflitto di 
interesse 
tra 
dipendente 
ed 
amministrazione 
statale 
viene 
fatta 
nella 
giurisprudenza, 
in 
sede 
di 
esame 
delle 
condizioni 
�C) 
connessione 
dei 
fatti 
contestati 
con 
l'espletamento 
del 
servizio 
o 
con 
l'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali� 
e 
�D) sentenza o provvedimento che 
abbia escluso la responsabilit��. 
All�evidenza, 
in 
tale 
evenienza, 
il 
concetto 
di 
assenza 
di 
conflitto 
di 
interesse 
� 
meramente 
descrittivo 
e 
non 
costituisce 
una 
condizione 
aggiuntiva 
per godere del diritto al rimorso (64). 


(63) In tali 
termini 
il 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato con il 
gi� 
citato parere 
del 
26 ottobre 2006, n. 121593. 
(64) � 
il 
caso di 
TAR Abruzzo Pescara, Sez. I, 5 maggio 2014, n. 210 (avente 
ad oggetto una 
pretesa 
di 
un 
dipendente 
del 
Ministero 
della 
difesa) 
dove, 
in 
sostanza 
la 
presenza 
di 
un 
conflitto 
di 
interessi 
� 
un 
obiter 
in 
sede 
di 
esame 
della 
connessione 
dei 
fatti 
con 
i 
doveri 
d�ufficio 
e 
della 
pronuncia 
escludente 
una 
responsabilit�. Analoghe 
osservazioni 
vanno mosse 
a 
TAR Campania 
Napoli, Sez. VI, 25 gennaio 
2011, n. 436 (�il 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute 
dal 
dipendente, [del 
Ministero dell�economia 
e 
delle 
Finanze], � 
subordinato alla ricorrenza di 
due 
presupposti 
e 
precisamente: che 
il 
giudizio di 
responsabilit� 
sia stato promosso in conseguenza di 
fatti 
ed atti 
connessi 
con l'espletamento del 
servizio 
e 
con l'assolvimento degli 
obblighi 
istituzionali 
e 
che 
esso si 
sia concluso con sentenza od altro provvedimento 
che 
abbia 
escluso 
la 
responsabilit� 
dell'istante. 
il 
giudizio 
di 
responsabilit� 
si 
considera 
promosso 
in conseguenza di 
fatti 
ed atti 
connessi 
con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento degli 
obblighi 
istituzionali 
solo nei 
casi 
in cui 
l'imputazione 
riguardi 
un'attivit� svolta in diretta connessione 
con i 
fini 
dell'ente 
[�]. in sostanza, affinch� 
l'impiegato della p.a. possa ottenere, ai 
sensi 
dell'art. 18 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


16. anticipazione del rimborso. 
L�art. 
18, 
comma 
1, 
ultimo 
periodo, 
D.L. 
n. 
67/1997 
(�Le 
amministrazioni 
interessate, sentita l'avvocatura dello Stato, possono concedere 
anticipazioni 
del 
rimborso, salva la ripetizione 
nel 
caso di 
sentenza definitiva che 
accerti 
la responsabilit��) consente 
la 
concessione 
di 
un acconto del 
rimborso delle 
spese legali. L�acconto � una frazione del carico presuntivo delle spese. 


L�amministrazione 
conceder� 
l�acconto, 
intuitamente, 
ove 
reputi 
che 
il 
dipendente 
non abbia 
responsabilit� 
sui 
fatti 
rilevanti 
e 
che 
quindi 
il 
giudizio 
dovrebbe 
concludersi 
-in base 
ad una 
valutazione 
prognostica 
-con rigetto 
dell�azione 
di 
responsabilit�. Ci� ferme 
le 
altre 
condizioni 
del 
diritto al 
rimborso 
(giudizio 
promosso 
nei 
confronti 
del 
dipendente 
pubblico, 
nel 
quale 
non 
� 
parte 
l�Amministrazione 
di 
appartenenza; 
il 
titolare 
della 
pretesa 
deve 
avere 
la 
qualifica 
di 
dipendente 
di 
amministrazione 
statale; 
connessione 
dei 
fatti 
contestati 
con 
l'espletamento 
del 
servizio 
o 
con 
l'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali). 
La 
valutazione 
dell�amministrazione 
� 
la 
stessa 
che 
viene 
fatta 
dall�Avvocato generale 
nell�esaminare 
le 
condizioni 
per concedere 
il 
patrocinio 
ex art. 44 del 
R.D. n. 1611/1933. Al 
fine 
della 
concessione 
dell�acconto, 
quindi, tra l�altro deve essere pendente il giudizio. 


L�acconto � una misura provvisoria, che risente dell�esito del giudizio: 


-si 
consolida, con diritto alla 
differenza 
rispetto al 
quantum 
definitivamente 
dovuto, con la 
pronuncia 
della 
sentenza 
o del 
provvedimento connotati 
da 
stabilit�, ossia 
non pi� impugnabili 
secondo il 
loro particolare 
regime 
giuridico, 
che escludano la responsabilit� del dipendente; 
-va 
restituito nel 
caso di 
pronuncia 
della 
sentenza 
definitiva 
che 
accerti 
la responsabilit�. 
All�evidenza, 
la 
definitivit� 
del 
diritto 
� 
collegata 
alla 
pronuncia 
della 
sentenza passata in giudicato. 
Nell�evenienza 
che 
il 
giudizio 
non 
pervenga 
ad 
una 
pronuncia 
sul 
merito, 
ma 
-ad 
esempio 
-si 
estingua, 
l�anticipazione 
del 
rimborso 
andr� 
restituito. 
Ci� per il carattere di mera anticipazione dell�acconto. 

Tale 
situazione 
implica 
che 
il 
convenuto 
nel 
giudizio 
di 
responsabilit� 
che 
abbia 
ricevuto un acconto, ha 
l�onere 
di 
attivarsi 
al 
fine 
di 
addivenire 
ad 
un 
pronuncia 
sul 
merito 
e 
di 
evitare 
l�estinzione 
del 
giudizio. 
Sicch� 
non 
dovr� 
accettare 
una 
eventuale 
rinuncia 
al 
giudizio 
della 
controparte 
e 
dovr� 
compiere 
atti del processo onde evitare l�estinzione per inattivit�. 


d.l. 25 marzo 1997 n. 67, conv. in l. 23 maggio 1997 n. 135, il 
rimborso delle 
spese 
legali 
sostenute 
per 
la propria difesa nell'ambito di 
un giudizio penale 
in ragione 
dell'esercizio delle 
sue 
funzioni 
non deve 
esserci 
conflitto di 
interessi 
tra dipendente 
ed amministrazione 
n� 
devono emergere 
estremi 
di 
natura 
disciplinare ed amministrativa per mancanze attinenti al compimento dei doveri d'ufficio�). 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


16. modalit� di liquidazione. 
Al 
fine 
di 
conseguire 
il 
rimborso delle 
spese 
o la 
loro anticipazione 
� 
necessario 
che 
il 
dipendente 
abbia 
pagato gli 
onorari 
al 
suo legale 
e 
chieda 
pertanto 
la 
relativa 
liquidazione, dando prova 
del 
pagamento, ossia 
l�esibizione 
della 
fattura 
di 
quanto pagato. Non � 
pertanto ammesso il 
pagamento diretto 
in favore del legale del dipendente. 



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


Sistemi integrati di composizione 
delle liti delle Pubbliche 
amministrazioni 


(rELazioNE 
DEL 
18 GENNaio 
2018, SCuoLa 
SuPEriorE 
DELLa 
maGiSTraTura) 


Gaetana Natale 
Avvocato dello Stato 


introduzione. 


Con 
l�espressione 
�metodi 
alternativi 
per 
la 
risoluzione 
delle 
controversie� 
(alternative 
Dispute 
resolution, 
cd. 
aDr) 
si 
fa 
riferimento, 
in 
senso 
generale, 
ad 
una 
serie 
numerosa 
ed 
eterogenea 
di 
procedure 
dirette 
a 
risolvere 
le 
controversie 
in 
via 
stragiudiziale, 
a 
metodi 
alternativi 
alla 
giurisdizione 
che 
realizzano 
la 
cd. 
multi 
Door 
Court 
House, 
ossia 
l�accesso 
differenziato 
alla 
giustizia. 


Queste 
procedure, 
che 
mirano 
in 
primo 
luogo 
a 
soddisfare 
esigenze 
di 
economia 
processuale, 
permettono 
inoltre 
di 
raggiungere 
una 
soluzione 
convenzionale 
delle 
controversie, 
realizzando 
quella 
che 
ormai 
viene 
definita 
da 
pi� 
parti 
�giustizia 
contrattuale� 
nell�ambito 
della 
c.d. 
�giurisdizione 
condizionata�. 


Le 
tecniche 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
alternative 
o 
complementari 
alla 
giurisdizione 
ordinaria 
hanno cominciato a 
diffondersi 
in diversi 
settori, 
sia 
sotto forma 
di 
procedure 
obbligatorie, previste 
dalla 
legge, sia 
sotto forma 
di procedure volontarie. 


I soggetti 
interessati 
dalle 
ADR sono molteplici, riguardando per la 
parte 
dei 
titolari 
degli 
interessi 
incisi 
i 
singoli 
privati, 
le 
associazioni 
di 
consumatori 
e 
risparmiatori, le 
imprese 
e 
gli 
operatori 
economici 
in generale, mentre 
per 
la 
parte 
dei 
soggetti 
che 
le 
amministrano, gli 
organismi 
di 
mediazione 
e 
conciliazione 
costituiti 
ai 
sensi 
della 
L. 
n. 
28 
del 
2010, 
gli 
enti 
creati 
da 
ordini 
professionali, gli 
enti 
appositamente 
creati 
per determinati 
settori 
(i 
c.d. ordinamenti 
Sezionati) come 
i 
rapporti 
riguardanti 
l�energia 
(ad opera 
dell�Autorit� 
competente), 
le 
Comunicazioni 
(ad 
opera 
dell�Autorit� 
competente 
e 
delle 
Regioni), i 
rapporti 
bancari 
(ACF), i 
rapporti 
finanziari 
(ACF). Diversi 
sono 
gli 
interventi 
con direttive 
e 
regolamenti 
emanati 
dall�unione 
europea, prevalentemente 
dedicati 
alla 
soluzione 
dei 
conflitti 
tra 
consumatori 
e 
imprese, 
alle 
small claims 
e alle tecniche svolte mediante internet (oDR). 


gli 
ADR sono ormai 
penetrati 
in tutte 
le 
branche 
del 
diritto e 
sono stati 
oggetto �di 
numerosi 
interventi 
legislativi 
al 
fine 
di 
incrementare 
la capacit� 
deflattiva del 
contenzioso dei 
predetti 
strumenti, di 
contenere, al 
contempo, i 
costi 
delle 
liti 
e, per 
altro verso di 
favorire 
la formazione 
e 
lo sviluppo di 
una 
cultura della conciliazione� 
(1). 


(1) CoMMISSIoNe 
�ALPA�, Proposte 
normative 
e 
note 
illustrative, Ministero della 
giustizia, 2017, 
www.mondoadr.it, p. 5. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


oggi 
il 
problema 
� 
rappresentato 
dalla 
mancanza 
di 
una 
legge 
�cornice� 
generale 
e 
organica 
per 
le 
controversie 
civilistiche 
e, 
soprattutto, 
di 
una 
disciplina 
specifica 
per 
le 
controversie 
che 
riguardano 
le 
Pubbliche 
Amministrazioni. 
Numerose 
sono 
infatti 
le 
leggi 
settoriali 
ma 
non 
� 
ancora 
previsto 
un 
inquadramento 
sistematico. 
Il 
contesto 
normativo 
attuale 
si 
presenta 
dunque 
frammentato 
e 
eterogeno. 
Per 
tale 
motivo, 
partendo 
dalla 
necessit� 
di 
enucleare 
una 
riforma 
organica 
degli 
ADR, 
con 
il 
D.M. 
7 
marzo 
2016 
� 
stata 
costituita 
la 
�Commissione 
di 
studio 
per 
l�elaborazione 
di 
ipotesi 
di 
organica 
disciplina 
e 
riforma 
degli 
strumenti 
di 
degiurisdizionalizzazione, 
con 
particolare 
riguardo 
alla 
mediazione, 
alla 
negoziazione 
assistita 
e 
all�arbitrato�. 
L�obiettivo 
della 
suddetta 
Commissione 
� 
stato 
quello 
di 
�prevedere 
un�ipotesi 
di 
riforma 
organica 
degli 
strumenti 
stragiudiziali 
di 
risoluzione 
delle 
controversie�. 


Cos� 
come 
si 
legge 
nella 
relazione 
finale 
della 
Commissione 
Alpa, 
il 
contesto 
normativo attuale 
�sviluppa forme 
eterogenee 
di 
strumenti 
negoziali 
di 
risoluzione 
alternativa 
delle 
controversie 
e 
comprende: 
l�intervento 
organico, 
derivante 
dall�attuazione 
del 
diritto dell�unione 
europea, in materia di 
mediazione 
finalizzata alla conciliazione 
delle 
controversie 
civili 
e 
commerciali 
di 
cui 
al 
decreto 
legislativo 
4 
marzo 
2010, 
n. 
28; 
il 
decreto 
legislativo 
6 
agosto 
2015, n. 130 in tema di 
risoluzione 
extragiudiziale 
delle 
controversie 
dei 
consumatori; 
le 
misure 
urgenti 
in materia di 
trasferimento alla sede 
arbitrale 
di 
procedimenti 
pendenti 
dinnanzi 
all�autorit� giudiziaria e 
in materia di 
negoziazione 
assistita dagli 
avvocati 
di 
cui 
al 
decreto-legge 
12 settembre 
2014, n. 
132; le 
forme 
di 
mediazione 
e 
conciliazione 
facoltative 
o obbligatorie 
nei 
diversi 
ambiti 
settoriali, come 
le 
controversie 
del 
lavoro, la materia agraria, le 
controversie 
tributarie; 
la 
disciplina 
dell�arbitrato� 
(2). 
Da 
ultimo 
si 
pensi 
ancora 
agli 
accordi 
bonari, transazioni, pareri 
di 
precontenzioso dell�ANAC 
previsti 
negli 
artt. 205-211 del 
nuovo Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici 
(D.lgs. n. 
50/2016, modificato dal 
correttivo n. 56/2017), all�accertamento tecnico preventivo 
art. 
696 
bis 
previsto 
nell�art. 
8 
della 
legge 
sulla 
responsabilit� 
sanitaria 
gelli-bianco n. 24/2017, alla 
mediazione 
ambientale 
o anche 
da 
ultimo alla 
riforma 
della 
crisi 
d�impresa 
e 
dell�insolvenza 
in relazione 
alla 
quale 
il 
Parlamento 
ha 
approvato recentemente 
la 
legge 
delega 
al 
governo del 
19 ottobre 
2017 n. 155, (G.u. 
30 ottobre 
2017 n. 254). Tale 
legge 
prevede, dopo la 
riforma 
della 
legge 
fallimentare 
susseguitesi 
a 
far data 
dal 
2005 fino alla 
legge 
132/2015, le 
c.d. �procedure 
di 
allerta� 
e 
di 
composizione 
assistita 
della 
crisi 
di 
impresa, di 
natura 
non giudiziale 
e 
confidenziale. Il 
meccanismo prescelto 
prevede 
l�istituzione 
presso la 
Camera 
di 
commercio di 
un organismo cui 
il 


(2) ibidem. Cfr. anche 
ALPA 
g., AMADeo 
F., AMoRoSo 
g., AuLeTTA 
F., 
bReggIA 
L., bRIgugLIo 
A., 
CARDoSI 
A., CINTIoLI 
F., CIRIeLLo 
A., gIuSTI 
A., MARCheSIeLLo 
M., MARoTTA 
g.g., RAguSo 
g., Te-
NeLLA 
SILLANI 
C., 
(a 
cura 
di), 
un 
progetto 
di 
riforma 
delle 
aDr, 
Pubblicazione 
del 
Dipartimento 
di 
Scienze giuridiche dell'universit� degli Studi di Roma "La Sapienza", Jovene editore, Napoli 2017. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


debitore 
affida 
con apposita 
istanza 
il 
compito di 
addivenire 
a 
una 
soluzione 
concordata 
della 
crisi 
con 
i 
creditori 
entro 
un 
congruo 
termine, 
comunque 
non 
superiore a sei mesi (art. 4, comma 1, lett. b). 


La 
linea 
evolutiva 
della 
legislazione 
�, 
dunque, 
nel 
senso 
di 
introdurre 
con notevole 
vis 
espansiva 
varie 
forme 
di 
ADR da 
modulare 
e 
declinare 
nelle 
variegate branche del diritto. 


occorre, per�, avere 
piena 
consapevolezza 
che 
il 
diritto, alla 
stregua 
di 
quanto osservato dalla 
dottrina 
pi� autorevole 
(3) non � 
chiuso in un sistema 
di 
leggi 
considerate 
nella 
loro 
fissit� 
e 
datit�, 
non 
esiste 
nell'astrattezza 
dei 
suoi 
enunciati; 
all'opposto � 
mutevole, cangiante, in quanto vive 
nello spazio 
e 
nel 
tempo. L'ordinamento non � 
dunque 
il 
presupposto, bens� 
un risultato, 
di 
modo che 
l'interpretazione 
diviene 
momento fondamentale 
ai 
fini 
dell'elaborazione 
della regola. 


L�attuale 
sistema 
ha 
dunque 
bisogno di 
essere 
ricondotto ad unit�, di 
essere 
armonizzato e razionalizzato. 


Tale 
esigenza 
di 
armonizzazione 
e 
razionalizzazione 
si 
pone 
in maniera 
pi� 
pregnante 
per 
le 
controversie 
che 
riguardano 
le 
Pubbliche 
Amministrazioni, 
considerato 
anche 
che 
il 
Trattato 
di 
Lisbona 
delinea 
una 
nozione 
ampia, 
dinamica 
e 
funzionale 
sia 
di 
�organo giurisdizionale� 
sia 
di 
�pubblica 
amministrazione�, 
concepita 
ora 
in 
senso 
lato 
come 
�organismo 
di 
diritto 
pubblico�. 
Terminata 
la 
fase 
di 
sperimentazione 
e 
introdotti 
ormai 
in 
via 
definitiva 
nel 
nostro 
ordinamento 
con 
il 
Decreto 
Legge 
24 
aprile 
2017 
n. 
50 
(c.d. 
manovrina), 
convertito in L. 21 giugno 2017 n. 96, gli 
ADR riguardanti 
le 
controversie 
pubblicistiche 
devono 
essere 
sottoposti 
ad 
una 
sorta 
di 
�ortopedia 
interpretativa�, in quanto le 
relative 
discipline 
risultano modellate 
sulla 
falsariga 
dei 
rapporti 
privatistici 
e 
non 
tengono 
spesso 
conto 
della 
peculiarit� 
soggettiva 
ed 
oggettiva 
delle 
Pubbliche 
Amministrazioni 
sia 
nella 
loro 
attivit� 
iure 
imperii 
sia 
in quella 
iure 
privatorum. Tale 
processo interpretativo delle 
norme 
riguardanti 
gli 
ADR, da 
sviluppare 
attraverso un confronto operativo 
tra 
avvocature 
pubbliche, magistrati 
e 
avvocati 
del 
libero foro, risulta 
necessario 
per 
elaborare 
le 
c.d. 
�regole 
operazionali�, 
ossia 
regole 
pratiche 
che 
consentano, 
attraverso 
la 
comprensione 
reciproca 
delle 
rispettive 
difficolt� 
e 
l�analisi 
dei 
formanti 
giurisprudenziali 
e 
legislativi, di 
rendere 
realmente 
efficaci 
i 
rimedi 
alternativi 
alla 
giurisdizione 
nelle 
controversie 
riguardanti 
le 
pubbliche 
amministrazioni. 


a) 
La 
normativa 
vigente, 
correttamente, 
ritiene 
percorribile 
la 
strada 
della 
mediazione limitatamente ai soli 
diritti disponibili. 


Con riferimento ai 
soggetti 
pubblici, ci� si 
traduce 
in una 
limitazione 
per 
tutta 
una 
serie 
di 
vicende 
che, ratione 
materiae, non sono suscettibili 
di 
ac


(3) LIPARI 
N., il diritto civile tra legge e giudizio, Milano 2017, pp. 21 ss. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


cordo. 
Considerato 
anche 
il 
testuale 
riferimento 
alle 
�controversie 
civili 
e 
commerciali�, 
si 
deve 
dunque 
escludere 
che 
possano 
essere 
oggetto 
di 
mediazione 
(perch� non possono essere oggetto di accordo): 


-le 
controversie 
in 
materia 
di 
diritto 
amministrativo, 
laddove 
cio� 
l�Amministrazione abbia esercitato o debba esercitare potest� pubbliche; 


-le 
controversie 
tributarie 
(evidentemente 
comprese 
quelle 
in materia 
doganale); 
-le 
controversie 
in 
tema 
di 
responsabilit� 
dello 
Stato 
per 
atti 
compiuti 
iure 
imperii. 
Tra 
queste 
devono 
ritenersi 
evidentemente 
rientrare 
le 
(non 
transigibili) 
controversie 
in 
materia 
di 
responsabilit� 
per 
l�eccessiva 
durata 
del 
processo (c.d. �legge Pinto�); 


-le 
pretese 
civili 
azionate 
a 
mezzo della 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
procedimento penale; 
-le 
controversie 
relative 
a 
diritti 
reali 
�pubblici� 
(si 
pensi 
a 
vicende 
involgenti 
la demanialit� o la natura patrimoniale indisponibile di un bene). 
In 
tutti 
questi 
casi, 
� 
evidente 
(e 
deve 
essere 
compreso 
dalle 
stesse 
controparti 
e 
dai 
giudici) 
che 
l�opposizione 
di 
un 
rifiuto 
alla 
mediazione/negoziazione 
discende 
da 
un 
preciso 
obbligo 
di 
legge 
e 
non 
da 
un 
aprioristico 
rifiuto 
della 
Pubblica 
Amministrazione, 
timorosa 
di 
incorrere 
in 
responsabilit� 
erariale. 


b) 
Ma 
a 
queste 
ipotesi 
devono affiancarsene 
logicamente 
altre, pur vertenti 
in 
materia 
�civile 
e 
commerciale�, 
nelle 
quali 
l�Amministrazione 
non 
pu� 
logicamente 
addivenire 
ad 
accordo 
alcuno, 
poich� 
in 
realt� 
la 
atipicit� 
del 
suo operare 
non consente 
di 
ricomprendere 
la 
controversia, se 
non attraverso 
una lettura superficiale, in tale novero. 


Si 
pensi, cos�, ai 
casi 
in cui 
vi 
sia 
stretta 
commistione 
tra 
la 
materia 
civilistica 
e 
quella 
pubblicistica, laddove 
cio� 
l�Amministrazione 
si 
trovi 
ad agire 
s�, 
formalmente, 
sul 
piano 
privatistico, 
ma 
attraverso 
una 
commistione 
con 
attivit� 
e strumenti di altra natura. 


Agevoli 
esempi 
di 
casi 
simili, 
nei 
quali 
non 
appare 
possibile 
ricorrere 
agli 
strumenti deflattivi considerati, sono costituiti: 


- dalla necessaria parallela adozione di 
atti organizzativi; 
-laddove 
si 
sia 
in presenza 
di 
rapporti 
contrattuali 
�speciali� 
nei 
quali, in 
considerazione 
della 
natura 
pubblica 
di 
uno dei 
contraenti, siano inseriti 
nel 
contratto 
clausole 
imposte 
dalla 
legge 
(il 
che 
accade, 
a 
titolo 
meramente 
esemplificativo, per talune tipologie di locazioni); 
-quando sia 
in ogni 
caso necessaria 
l�adozione 
di 
altri 
atti 
amministrativi 
(si 
pensi 
alle 
�transazioni� 
regolate 
da 
legge 
e 
da 
regolamenti 
in materia 
di danno da emotrasfusione); 
-pi� in generale, laddove 
si 
sia 
in presenza 
di 
atti 
amministrativi 
presupposti, 
sui 
quali 
evidentemente 
l�Amministrazione 
non pu� incidere 
direttamente 
in via pattizia (si pensi ai contratti accessivi a concessioni). 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


c) 
Non si 
pu� infine 
trascurare 
l�esistenza 
di 
controversie 
per le 
quali, in 
ragione 
delle 
loro 
peculiari 
connotazioni, 
la 
via 
dei 
rimedi 
alternativi 
come 
definiti 
dalla 
normativa 
in discorso non risulta 
in sostanza 
adeguata, finendo 
con 
il 
costituire 
una 
superfetazione 
superflua/inutile 
che 
finisce 
proprio 
col 
comportare 
una 
situazione 
dilatoria 
contraria 
alla 
stessa 
finalit� 
degli 
ADR. � 
ben noto, ed evidente, che 
i 
rimedi 
alternativi 
al 
contenzioso giudiziale 
sono 
stati 
pensati 
principalmente 
per il 
contenzioso tra 
privati: 
� 
in questo campo 
che 
hanno 
le 
maggiori 
possibilit� 
di 
essere 
realmente 
incisivi, 
abbattendo 
il 
contenzioso. 


Il 
contenzioso delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
involge 
spesso materie 
di 
particolare 
delicatezza e 
complessit� giuridica, non di 
rado di 
elevatissimo 
valore, nei 
quali 
si 
confrontano con l�Amministrazione 
soggetti 
privati 
(imprenditori 
di 
grandi 
dimensioni, 
multinazionali, 
ecc.) 
che 
hanno 
a 
loro 
volta 
strutture 
legali 
particolarmente 
specializzate 
e 
agguerrite. Anche 
laddove 
non 
siano 
normativamente 
previsti 
procedimenti 
speciali 
volti 
alla 
definizione 
(ma 
si 
pensi, in primo luogo, ai 
rimedi 
alternativi 
alla tutela giurisdizionale 
previsti 
dal 
Capo 
II 
del 
Titolo 
I 
della 
Parte 
VI 
del 
nuovo 
Codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
D.Lgs. 18 aprile 
2016, n. 50, artt. 205 e 
seguenti), � 
evidente, da 
un lato, 
che 
i 
legali 
delle 
parti, prima 
di 
accedere 
al 
contenzioso giudiziale, avranno 
tentato di 
percorrere 
ogni 
strada 
idonea 
alla 
risoluzione 
bonaria 
della 
controversia, 
in 
analogia 
con 
il 
procedimento 
di 
negoziazione 
assistita; 
d�altro 
canto, 
� 
lecito dubitare 
che 
un mediatore, pur dotato di 
grande 
abilit� 
dialettica 
e 
di 
capacit� 
di 
�smussare 
gli 
angoli� 
tra 
le 
parti 
private, possa 
fornire 
un effettivo 
contributo 
ad 
una 
soluzione 
pre-giudiziale 
della 
vicenda. 
In 
questi 
casi, 
se 
mai, 
potrebbe 
essere 
solo il 
giudice, cognita causa, a 
suggerire 
alle 
parti 
una 
via 
conciliativa 
sulla 
base 
del 
(principio di) convincimento che 
si 
fosse 
in lui 
formato 
in sede di esame della causa sottopostagli. 


Parimenti 
da 
escludere 
appare 
l�utilit� 
concreta 
di 
un tentativo di 
composizione 
alternativo per il 
contenzioso seriale 
che 
spesso vede 
coinvolte 
le 
Amministrazioni 
pubbliche 
(non diversamente 
da 
quanto accade, per vero, ad 
altri 
soggetti 
quali 
Assicurazioni, banche, Finanziarie, ecc.). � 
in questi 
casi 
evidente 
che 
non � 
possibile 
risolvere 
la 
singola 
controversia, anche 
se 
di 
valore 
non particolarmente 
elevato, se 
non passando attraverso una 
soluzione 
di 
carattere 
pi� 
generale, 
per 
la 
quale 
deve 
ravvisarsi 
una 
competenza 
ai 
massimi 
livelli 
decisionali, anche 
a 
tutela 
di 
fondamentali 
principi 
costituzionali 
quali 
la 
parit� 
di 
trattamento tra 
le 
parti 
e 
il 
buon andamento dell�Amministrazione. 


In tutti 
questi 
casi 
sembra 
giustificato e 
comprensibile 
il 
rifiuto dell�Amministrazione 
di 
anche 
solo avviare 
o partecipare 
ad un ADR che 
finirebbe, 
come 
detto, 
col 
comportare 
unicamente 
una 
dilazione 
superflua 
rispetto 
all�accesso 
alla giustizia. 


Nel 
quadro 
cos� 
sommariamente 
delineato 
resta 
da 
comprendere 
quale 
debba 
essere 
il 
ruolo 
del 
difensore 
pubblico, 
e, 
in 
particolare, 
dell�Avvocatura 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


dello Stato: 
ruolo che, va 
detto subito, non pu� che 
essere 
fondamentale 
nel-
l�affiancare 
e 
assistere 
l�Amministrazione 
patrocinata 
favorendo 
la 
finalit�, 
da 
tutti 
condivisa, di 
una 
riduzione 
del 
contenzioso, sgombrando per� il 
campo 
dell�errato e 
dal 
superfluo e 
concentrando l�intervento su quei 
casi 
nei 
quali 
vi sia effettiva, concreta possibilit� di definizione. 


� 
di 
piena 
evidenza 
che, proprio per la 
sua 
posizione 
istituzionale 
di 
difensore 
della 
parte, ma 
anche 
di 
pubblico ufficiale, l�Avvocato dello Stato, 
ben 
prima 
della 
nascita 
degli 
strumenti 
deflattivi 
di 
cui 
si 
discorre, 
si 
� 
sempre 
inserito 
nella 
dialettica 
processuale 
come 
garante 
della 
legittimit� 
dell�azione 
amministrativa. 


In quest�ottica 
svolge 
un ruolo fondamentale 
la 
funzione 
consultiva 
del-
l�Avvocatura, che 
pu� consentire 
all�Amministrazione, per un verso, di 
prevenire 
un 
contenzioso 
inutile 
o 
dannoso, 
e, 
per 
l�altro, 
di 
definire 
ove 
possibile 
in 
tempi 
ragionevoli 
il 
contenzioso 
con 
una 
soluzione 
accettabile 
per 
entrambe 
le parti in contesa. 


Non 
pu� 
tacersi, 
per 
contro, 
che 
gli 
adempimenti 
necessari 
per 
fronteggiare 
un 
crescente 
accesso 
da 
parte 
del 
privato 
ai 
rimedi 
alternativi 
di 
cui 
si 
tratta 
costituiscano 
per 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
un 
aggravio 
consistente 
in 
termini 
di 
carico 
di 
lavoro, 
richiedendosi 
in 
materia 
una 
attivit� 
giuridica 
e 
soprattutto 
una 
presenza 
�fisica� 
in 
luoghi 
diversi, 
spesso 
oggettivamente 
inconciliabili 
con 
i 
concomitanti 
impegni 
professionali 
degli 
Avvocati 
dello 
Stato. 


Per accennare 
a 
uno solo tra 
i 
tanti 
problemi 
(che 
il 
Legislatore 
non sembra 
a 
suo tempo essersi 
posto), per l�ente 
pubblico che 
intenda 
agire 
in una 
materia 
per la 
quale 
� 
prevista 
la 
mediazione 
obbligatoria 
si 
pone 
il 
problema 
della 
scelta 
della 
struttura 
cui 
rivolgersi: 
scelta 
che 
comporta 
l�impegno 
di 
fondi 
pubblici 
e 
impone 
quindi 
obblighi 
contabili 
che 
potrebbero 
giungere 
addirittura 
alla 
necessit� 
dello svolgimento di 
una 
procedura 
selettiva 
per l�individuazione 
della struttura. 


Sembra 
tuttavia 
che, anche 
alla 
luce 
di 
quanto fin qui 
esposto, sia 
possibile 
una 
ragionevole 
lettura 
delle 
disposizioni 
che 
regolano gli 
ADR in modo 
tale 
da 
contemperare 
le 
varie 
esigenze 
presenti, 
riducendo 
l�intervento 
concreto 
dell�Avvocatura 
alle 
sole 
ipotesi 
in 
cui 
lo 
stesso 
sia 
effettivamente 
utile, 
ferma restando una costante 
e 
generale 
attivit� di 
assistenza dell�amministrazione, 
in linea peraltro con la funzione consultiva sempre svolta. 


Come 
si 
accennava 
(cfr. 
le 
lettere 
a), 
b) 
e 
c) 
che 
precedono), 
vi 
sono 
dei 
casi 
nei 
quali 
il 
rimedio 
alternativo 
non 
� 
giuridicamente 
praticabile, 
o 
� 
comunque 
sostanzialmente 
privo 
di 
utilit� 
perch� 
evidentemente 
destinato 
al 
fallimento. 


Ragioni 
di 
economia 
nell�attivit� 
dei 
soggetti 
pubblici 
suggeriscono 
in 
questi 
casi 
che 
l�amministrazione 
(sempre 
�sentita 
l�Avvocatura�) 
provveda 
direttamente, 
e 
chiarisca 
con 
una 
motivata 
risposta 
all�invito 
alla 
mediazione 


o 
alla 
negoziazione, 
eventualmente 
intervenendo 
direttamente 
in 
sede 
di 
primo 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


incontro 
di 
mediazione, 
le 
ragioni 
che 
sono 
di 
radicale 
ostacolo 
al 
percorso 
conciliativo. 


Deve 
essere 
altres� 
possibile 
per 
l�Amministrazione 
intervenire 
direttamente 
(ed 
esclusivamente) 
nel 
procedimento 
in 
tutti 
i 
casi 
in 
cui 
la 
normativa 
le 
consenta di 
presenziare 
da sola anche 
in 
sede 
giurisdizionale 
(si 
pensi, 
a 
titolo esemplificativo, alla 
previsione 
degli 
artt. 2 e 
3 del 
T.u. n. 1611/1933 
e 
di 
altre 
disposizioni 
similari; 
a 
non 
diversa 
soluzione 
sembra 
potersi 
giungere 
nelle 
ipotesi 
di 
Amministrazioni 
che 
abbiano uffici 
legali 
interni 
e 
che 
si 
avvalgano 
del 
patrocinio 
c.d. 
�autorizzato� 
dell�Avvocatura). 
Sarebbe, 
in 
effetti, 
del 
tutto irrazionale 
pretendere 
l�intervento dell�Avvocatura 
pubblica 
in una 
fase 
pre-contenziosa 
laddove 
poi 
l�Amministrazione 
possa 
difendersi 
in giudizio 
da sola. 


In questi 
casi 
la 
mediazione 
e 
la 
negoziazione 
assistita 
non possono che 
essere 
per l'Avvocatura 
dello Stato, sulla 
base 
dell'art. 13 del 
R.D. 1611/1933, 
strumenti 
di 
natura valutativa 
e 
non facilitativa, usando una 
terminologia 
enucleata dal diritto collaborativo americano (4). 


un intervento dell'avvocato dello Stato, quale 
avvocato del 
processo, 
cos� 
come 
configurato dal 
proprio ordinamento interno 
(R.D. 1611/1933, 


L. 
109/1975), 
� 
ipotizzabile 
nei 
casi 
di 
mediazione 
e 
negoziazione 
delegata 
dal 
giudice, quale 
nuova 
ipotesi 
di 
giurisdizione 
condizionata 
(vedi 
sentenza 
del 
7 luglio 2016 n. 162 della 
Corte 
Costituzionale) e 
di 
c.d. �giustizia 
contrattuale
�, (che 
non si 
sottrae, per�, al 
controllo giudiziario), ipotesi 
che 
si 
� 
profilata 
con la 
�convention de 
procedure 
participative�, nell'ambito dei 
c.d. 
MARC 
(modes 
alternatifs 
de 
reglement 
des 
conflits), 
introdotta 
dalla 
legge 
francese 
n. 
1609 
del 
22 
dicembre 
2010 
c.d. 
Loi 
Beteille, 
legge 
a 
cui 
si 
� 
ispirato 
il 
legislatore 
italiano. Infatti, in tutte 
le 
ipotesi 
di 
atti 
successivi 
all'atto introduttivo 
del 
giudizio, ad esempio domanda 
riconvenzionale, chiamata 
in causa 
del 
terzo, 
intervento 
del 
terzo 
volontario 
c.d. 
principale 
ex 
art. 
105 
c.p.c. 
primo 
comma, 
opposizione 
a 
decreto 
ingiuntivo, 
essendo 
gi� 
iniziato 
il 
giudizio 
e 
avendo 
l'Avvocatura 
dello 
Stato 
gi� 
assunto 
il 
patrocinio 
e 
svolte 
le 
proprie 
difese, 
nel 
corso 
del 
processo, 
qualora 
il 
giudice 
rilevi 
il 
mancato 
avveramento 
della 
condizione 
di 
procedibilit�, sar� 
pi� agevolata 
a 
partecipare 
alle 
procedure 
alternative 
alla 
giurisdizione, 
avendo 
gi� 
assunto 
una 
propria 
linea 
difensiva 
nel giudizio pendente. 
L'Avvocatura 
dello Stato potr� 
senz'altro intervenire 
in grado di 
appello, 
essendo 
tassative 
le 
ipotesi 
di 
rimessione 
al 
giudice 
di 
primo 
grado 
ex 
artt. 
353 c.p.c. e 
354 c.p.c. Infatti, qualora 
il 
giudice 
di 
appello constati 
che 
il 
giudice 
di 
primo grado abbia 
errato nel 
non ritenere 
la 
questione 
sottoposta 
alla 
procedura 
di 
mediazione 
o 
di 
negoziazione 
assistita, 
oppure 
constati 
che 
abbia 


(4) Si 
pensi 
all'ADR Movement 
e 
alla 
teoria 
della 
cd. multi-door court 
house, ossia 
la 
teoria 
del-
l'accesso differenziato alla giustizia, elaborata dal prof. Frank e.A. Sander. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


errato 
il 
giudice 
di 
primo 
grado 
nell'aver 
respinto 
l'eccezione 
di 
improcedibilit� 
sollevata 
da 
una 
parte 
in ordine 
al 
mancato esperimento delle 
suddette 
procedure, 
dovr� 
disporre 
che 
in tale 
sede 
le 
parti 
pongano in essere 
quell'attivit� 
di 
mediazione o di negoziazione assistita mai esperita sino a quel momento. 


Questo perch� 
il 
legislatore 
italiano nel 
disciplinare 
gli 
strumenti 
alternativi 
alla 
giurisdizione 
ha 
profilato 
un 
certo 
collegamento 
tra 
ADR 
e 
processo. 
Si 
pensi, ad esempio all'art. 3 comma 
4 della 
legge 
sulla 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
n. 
162/2014 
(cosi 
come 
nell'art. 
5, 
comma 
3, 
del 
D.lgs. 
28/2010 
in 
tema 
di 
mediazione) 
che 
testualmente 
recita: 
�l'esperimento 
del 
procedimento di 
negoziazione 
assistita (o della mediazione) non preclude 
la 
concessione 
di 
provvedimenti 
urgenti 
e 
cautelari 
n� 
la trascrizione 
della domanda 
giudiziale�. A 
tal 
riguardo si 
� 
posto il 
problema 
dell�operativit� 
della 
condizione 
di 
procedibilit� 
quando sia 
richiesto un provvedimento cautelare 
non ad effetti 
anticipatori, ma 
conservativi 
(ad es. un sequestro) che 
necessita 
per la 
vigenza 
della 
sua 
efficacia 
dell�introduzione 
del 
giudizio di 
merito ex 
art. 669 octies. Ci 
si 
� 
chiesti 
se 
la 
proposizione 
della 
domanda 
di 
mediazione 


o 
l�invito 
a 
stipulare 
una 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
precluda 
la 
declaratoria 
di 
inefficacia 
del 
provvedimento cautelare 
richiesto. Su questa 
problematica 
mi 
soffermer� 
nel 
prosieguo 
della 
mia 
relazione 
prospettando 
le 
diverse soluzioni che sono state avanzate. 
L�Avvocatura 
dello 
Stato 
parteciper� 
invece 
certamente 
all�ADR 
(oltre 
che 
nei 
casi 
in cui 
occorre 
promuovere 
la 
procedura 
di 
mediazione 
obbligatoria) 
laddove 
si 
delineino per la 
mediazione 
o la 
negoziazione 
concrete 
possibilit� 
di 
successo: 
nel 
qual 
caso, 
oltre 
a 
svolgere 
la 
normale 
attivit� 
di 
consulenza 
per l�Amministrazione, l�Avvocatura 
si 
dar� 
carico di 
intervenire 
partecipando 
a 
quanto 
necessario 
per 
il 
successo 
del 
procedimento, 
e 
in 
primo 
luogo alla stesura dell�accordo transattivo. 


occorre 
rilevare, 
per�, 
che 
il 
campo 
di 
elezione 
dell�attivit� 
consultiva 
dell�Avvocatura 
dello Stato � 
rappresentato dai 
Contratti 
Pubblici 
in materia 
di 
appalti 
e 
concessioni 
di 
beni 
e 
servizi, 
i 
cui 
strumenti 
ADR 
sono 
disciplinati 
negli 
artt. 
205-211 
del 
Nuove 
Codice 
dei 
Contratti 
Pubblici 
D.lgs. 
n. 
50/2016, 
modificato dal 
Correttivo D.lgs. 56/2017. Tali 
strumenti 
(abolito l�istituto del 
Collegio Consultivo Tecnico dopo il 
parere 
fornito dalla 
Commissione 
Speciale 
del 
Consiglio di 
Stato del 
21 marzo 2016 e 
il 
parere 
n. 855 dell�1 aprile 
2016) 
si 
sostanziano 
nella 
figura 
dell�accordo 
bonario, 
della 
transazione 
(colpita 
da 
notevole 
disfavore 
dal 
legislatore 
con 
l�art. 
208, 
in 
quanto 
sar� 
possibile 
transigere 
solo a 
condizione 
che 
non siano percorribili 
le 
altre 
strade 
di 
risoluzione 
alternativa 
della 
controversia), dell�arbitrato 
e 
dei 
pareri 
di 
precontenzioso 
dell�anac. 


Mi 
soffermer� dapprima 
sulle 
problematiche 
poste 
dall�accordo bonario 
e 
dalla 
transazione 
che 
sono 
di 
maggiore 
interesse 
per 
i 
giudici 
civili, 
attenendo 
alla 
fase 
dell�esecuzione 
dei 
contratti 
pubblici, 
per 
poi 
affrontare 
nel 
prosieguo 



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


della 
mia 
relazione 
l�istituto 
dell�arbitrato 
amministrato 
e 
dei 
pareri 
di 
precontenzioso 
dell�ANAC 
attinenti 
alla 
fase 
dell�aggiudicazione 
solo 
per 
ragioni 
di completezza espositiva. 


Secondo 
l�art. 
205 
del 
D.lgs. 
n. 
50/2016 
il 
ricorso 
all�accordo 
bonario, 
(la 
cui 
attivazione 
� 
obbligatoria, 
mentre 
il 
previgente 
art. 
240, 
comma 
14, 
del 
D.lgs. 163/2016, dopo la 
legge 
Merloni 
bis 
lo preveda 
solo come 
possibilit�) 
per i 
lavori 
pubblici 
(ad esclusione 
degli 
appalti 
nei 
settori 
speciali) affidati 
da 
Amministrazioni 
pubbliche 
o 
dai 
concessionari 
(e 
lo 
stesso 
strumento 
� 
previsto, 
in 
quanto 
compatibile, 
dall�articolo 
206 
del 
Nuovo 
Codice 
per 
i 
contratti 
di 
fornitura 
di 
beni 
di 
natura 
continuativa 
o 
periodica 
e 
di 
servizi) 
� 
consentito 
nel 
caso 
in 
cui 
vengano 
iscritte 
riserve 
nei 
documenti 
contabili 
per 
effetto 
delle 
quali 
l�importo 
economico 
dell�opera 
pu� 
variare 
tra 
il 
5% 
e 
il 
15%. 
L�accordo 
bonario non trova 
spazio in maniera 
indiscriminata 
per tutte 
le 
variazioni 
registrate 
nel 
corso di 
esecuzione 
dei 
lavori, ma 
solo per quelle 
che 
assumono 
un rilievo significativo che 
il 
legislatore 
fissa 
tra 
il 
5% e 
il 
15% dell�importo 
contrattuale, 
cos� 
da 
evitare 
evidentemente 
un 
uso 
distorto 
dell�istituto, 
in 
quanto l�appaltatore 
potrebbe 
recuperare 
artatamente 
in tale 
fase 
il 
ribasso offerto 
in 
sede 
di 
gara. 
L�art. 
205 
introduce 
l�obbligatoriet� 
dell�accordo 
bonario 
prima 
della 
approvazione 
del 
certificato di 
collaudo, di 
verifica 
di 
conformit� 
e 
di 
regolare 
esecuzione, 
ma 
vieta 
la 
riproposizione 
di 
riserve 
inerenti 
ad 
aspetti 
progettuali 
che 
siano stati 
gi� 
verificati, ai 
sensi 
dell�art. 26 del 
Codice 
(ad 
esempio 
completezza 
della 
progettazione, 
appaltabilit� 
della 
soluzione 
progettuale 
prescelta, conformit� 
degli 
elaborati 
alla 
normativa 
vigente, adeguatezza 
dei 
prezzi 
unitari 
realizzati, sicurezza 
delle 
maestranze 
e 
degli 
utilizzatori, 
coerenza 
e 
completezza 
del 
quadro 
economico 
in 
tutti 
i 
suoi 
aspetti). 
Aver sottratto gli 
aspetti 
progettuali 
alla 
possibilit� 
di 
esperire 
l�accordo bonario 
riposa 
su un duplice 
ordine 
di 
ragione. Da 
un lato l�esigenza 
di 
richiamare 
il 
Rup alle 
proprie 
responsabilit�, giacch� 
egli 
gi� 
nella 
fase 
anteriore 
a 
quella 
di 
aggiudicazione 
in contraddittorio con il 
progettista, assevera 
la 
validit� 
del 
progetto, 
su 
cui, 
quindi, 
verr� 
stabilito 
l�importo 
da 
porre 
a 
base 
d�asta; 
sicch� 
poi 
risulterebbe 
incoerente 
che 
in 
fase 
esecutiva 
il 
medesimo 
Rup 
ritorni 
su 
quegli 
stessi 
aspetti 
per 
accordare 
surplus 
economici 
all�aggiudicatario. 
Dall�altro 
la 
necessit� 
di 
garantire 
la 
par 
condicio 
tra 
operatori 
e 
l�immutabilit� 
delle 
condizioni 
contrattuali, sulle 
quali 
tutti 
i 
partecipanti 
hanno basato le 
rispettive 
offerte 
economiche, 
essendo 
evidente 
che 
laddove 
i 
predetti 
aspetti 
progettuali 
gi� 
verificati 
potessero originare 
maggiori 
pretese 
dell�aggiudicatario 
nella 
fase 
esecutiva, egli 
potrebbe 
in via 
surrettizia 
recuperare 
il 
proprio 
ribasso per il quale (anche) l�Amministrazione lo ha prescelto. 


Il 
raggiungimento del 
range 
tra 
il 
5% e 
il 
15% � 
richiesto come 
condizione 
quantitativa 
per 
l�avvio 
del 
procedimento 
in 
itinere, 
perch� 
nella 
fase 
finale 
dell�esecuzione, 
ossia 
prima 
dell�approvazione 
del 
certificato 
di 
collaudo, 
ovvero 
di 
verifica 
di 
conformit� 
o 
del 
certificato 
di 
regolare 
esecuzione, 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


a 
prescindere 
dall�importo 
delle 
riserve, 
il 
Rup 
deve, 
comunque, 
attivarlo, 
cos� 
da tentare di comporre la questione ed evitare azioni giudiziarie. 


Il 
ruolo consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato in questa 
fase 
� 
determinante, 
in quanto deve 
farsi 
parte 
attiva 
nel 
segnalare 
all�Amministrazione 
il 
doveroso 
rispetto 
della 
tempistica 
disciplinata 
in 
modo 
non 
chiara 
dall�art. 
205 
sopracitato. Tale 
articolo prevede 
che 
il 
Direttore 
dei 
lavori, ai 
fini 
dell�avvio 
del 
procedimento, 
deve 
darne 
immediata 
comunicazione 
al 
Rup, 
trasmettendo 
nel 
pi� breve 
tempo possibile 
una 
propria 
relazione 
riservata. Il 
Codice 
non 
definisce 
esattamente 
la 
tempistica: 
l�art. 
205 
prescrive 
che 
il 
direttore 
esponga 
le 
sue 
motivazioni 
entro 15 giorni 
dall�annotazione 
delle 
riserve 
e 
che 
il 
Rup 
entro 
15 
giorni 
dall�annotazione 
delle 
riserve 
(quindi 
non 
dall�acquisizione 
della 
relazione 
riservata 
del 
direttore, ma 
dall�adempimento che 
la 
precede), 
dia 
corso all�iter 
per l�accordo bonario. Con ci� significando che 
in ogni 
caso 
il 
termine 
per il 
suo avvio � 
di 
15 giorni 
dalla 
comunicazione 
delle 
riserve, di 
guisa 
che 
pi� tempo impiegher� 
il 
Direttore 
per elaborare 
e 
trasmettere 
la 
sua 
relazione 
riservata 
al 
Rup, 
meno 
tempo 
avr� 
quest�ultimo 
per 
valutarla, 
avendo 
entrambi 
a 
disposizione 
un 
arco 
temporale 
di 
15 
giorni 
complessivi. 
In 
tale 
contesto, per�, varranno i 
cogenti 
canoni 
di 
buona 
fede 
e 
diligenza 
nell�esecuzione 
del contratto che astringe il Direttore alla stazione appaltante ex artt. 
1176 
c.c. 
e 
1375 
c.c., 
nonch� 
il 
potere 
direttivo 
e 
sollecitatorio 
del 
Rup 
nei 
suoi 
confronti, 
sicch� 
� 
auspicabile 
una 
reciproca 
collaborazione 
che 
ripartisca 
il 
tempo 
tra 
l�uno 
e 
l�altro 
organo, 
tenendo 
conto 
della 
complessit� 
delle 
riserve 
su 
cui 
in 
concreto 
pronunciarsi. 
bench� 
tale 
termine 
non 
sia 
qualificato 
dal 
legislatore 
come 
perentorio, quindi 
ordinatorio, privo di 
effetti 
preclusivi 
e 
decadenziali, 
di 
carattere 
sanzionatorio, non di 
meno l�immanente 
principio di 
certezza 
del 
diritto 
e 
delle 
reciproche 
posizioni 
giuridiche, 
oltre 
che 
del 
diritto 
di 
difesa, 
impongono 
anche 
alla 
stazione 
appaltante 
di 
esercitare 
il 
suo 
diritto/obbligo 
di 
apprezzamento 
delle 
riserve 
al 
fine 
del 
bonario 
componimento 
nei 
termini 
prescritti 
dal 
Codice, potendo la 
sua 
inerzia 
indurre 
l�impresa 
a 
ricorrere 
avverso 
il 
silenzio-inadempimento, 
con 
inevitabili 
esposizioni 
erariali 
foriere 
di 
altrettante 
responsabilit� 
valutabili 
e 
sanzionabili 
in termini 
amministrativi e disciplinari. 


Il 
ruolo consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato si 
sostanzier� 
nel 
fornire 
al 
Rup i 
seguenti 
suggerimenti 
operativi: 
verificare 
con particolare 
attenzione 
l�ammissibilit� 
delle 
riserve 
(dopo 
l�adempimento 
di 
tutti 
gli 
obblighi 
contabili 
previsti 
dagli 
artt. 190 e 
191 del 
DPR 5 ottobre 
2010 n. 207 recante 
il 
Regolamento 
di 
esecuzione 
ed attuazione 
del 
previgente 
Codice 
del 
2006, non ancora 
abrogato in parte 
qua 
dal 
D.lgs. 50/2016 nelle 
more 
della 
adozione 
dei 
suoi 
regolamenti 
attuativi), denegando quelle 
tardive 
o formulate 
in maniera 
generica, 
immotivata 
o 
non 
quantificate 
nel 
corrispondente 
importo 
economico. 
Questo 
perch�, 
il 
riconoscimento 
di 
riserve 
rispetto 
alle 
quali 
l�esecutore 
risulti 
ex 
lege 
decaduto, comporta 
responsabilit� 
erariale 
per il 
pagamento di 



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


un 
debito 
estinto, 
la 
cui 
somma, 
peraltro, 
non 
� 
pi� 
ripetibile, 
trattandosi 
di 
obbligazione 
naturale. 
Del 
pari, 
la 
difesa 
erariale, 
condotta 
negli 
eventuali 
successivi 
giudizi 
arbitrali 
o di 
cognizione 
ordinaria, dovr� 
tempestivamente 
eccepire 
la 
decadenza 
che, 
ai 
sensi 
dell�art. 
2965 
c.c., 
incombe 
sulla 
parte 
interessata, 
non 
potendo 
essere 
sollevata 
dal 
giudice, 
non 
trattandosi 
di 
materia 
sottratta alla loro disponibilit�. 


Il 
Rup pu� optare 
per la 
devoluzione 
della 
questione 
ad un esperto, e, in 
tale 
ipotesi 
richiede 
alla 
Camera 
arbitrale 
l�indicazione 
di 
una 
lista 
di 
5 
esperti 
aventi 
competenza 
specifica 
in 
relazione 
all�oggetto 
del 
contratto. 
Tra 
costoro, 
egli 
per 
la 
stazione 
appaltante 
e 
il 
soggetto 
che 
ha 
formulato 
le 
riserve 
per 
l�aggiudicatario, designano colui 
che 
avr� 
il 
compito di 
stendere 
la 
proposta 
motivata 
di 
accordo 
bonario. 
La 
piattaforma 
dell�accordo 
� 
formulata 
dal-
l�esperto entro 90 giorni dalla nomina. 


Quanto alla 
natura 
dell�apporto del 
terzo, a 
fronte 
di 
coloro che 
la 
reputano 
assimilabile 
all�arbitrato 
irrituale, 
� 
preferibile 
la 
sua 
assimilazione 
all�arbitraggio 
o 
c.d. 
biancosegno, 
ossia 
alla 
concorde 
devoluzione 
della 
determinazione 
del 
contenuto del 
contratto dalle 
parti 
ad un terzo. Soluzione 
che 
esclude 
l�applicazione 
dell�art. 808-ter 
c.p.c. in tema 
di 
annullabilit� 
del 
lodo arbitrale 
e 
che 
restringe 
la 
possibilit� 
di 
impugnazione 
dell�accordo bonario, 
ai 
casi 
di 
manifesta 
iniquit� 
o 
erroneit�, 
ai 
sensi 
dell�art. 
1349 
c.c., 
salvo 
la malafede del terzo. 


Quanto alla 
natura 
dell�atto di 
arbitraggio, superate 
le 
tesi 
di 
quella 
negoziale 
del 
mandato con rappresentanza 
e 
di 
quella 
meramente 
fattuale, deve 
reputarsi 
prevalente 
quella 
dell�atto giuridico, avente 
ad oggetto, appunto, la 
determinazione 
di 
un altrui 
contratto e 
che, pertanto, incide 
non sul 
contratto 
stipulato dalle 
parti, perfettamente 
valido, ma 
solo sul 
rapporto determinandone 
la 
prestazione 
dovuta. 
Per 
la 
predisposizione 
della 
piattaforma 
negoziale 
sia 
che 
a 
tanto provveda 
il 
Rup da 
s� 
sia 
che 
vi 
proceda 
il 
terzo, il 
Codice 
prescrive 
il 
rispetto 
dei 
principi 
del 
contraddittorio, 
sicch� 
le 
riserve 
andranno 
verificate 
e 
valutate 
alla 
presenza 
di 
colui 
che 
le 
ha 
iscritte 
e 
del 
Rup come 
pure 
andranno acquisiti 
da 
ambo le 
parti 
interessate 
la 
documentazione, i 
pareri, 
i 
dati 
ed ogni 
ulteriore 
informazione 
o atto utile 
a 
formulare 
l�accordo, la 
cui 
proposta 
viene 
trasmessa 
al 
dirigente 
competente 
della 
stazione 
appaltante 
e 
all�appaltatore 
che 
ha 
sottoscritto le 
riserve, affinch� 
valutino se 
aderirvi 
o 
meno. Nel 
primo caso entro 45 giorni 
dalla 
sua 
ricezione 
l�accordo bonario 
viene 
concluso e 
di 
esso viene 
redatto apposito processo verbale 
sottoscritto 
da 
entrambi 
le 
parti, che 
ha 
natura 
di 
transazione, con la 
conseguente 
applicabilit� 
della 
disciplina 
dettata 
dal 
successivo articolo 208 del 
Codice. Quindi: 
la 
forma 
scritta 
ad substantiam 
dell�accordo a 
pena 
di 
nullit� 
e 
la 
sua 
sottoposizione 
a 
parere 
obbligatorio 
del�Avvocatura 
dello 
Stato 
o 
dell�Avvocatura 
interna 
dell�Amministrazione 
non centrale, qualora 
l�importo delle 
concessioni 
/ rinunce superi euro 100.000 o 200.000 in caso di lavori pubblici. 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


Decorsi 
60 
giorni 
dall�accettazione 
dell�accordo 
(quindi 
dalla 
adozione 
della 
relativa 
delibera 
e 
non 
dalla 
sottoscrizione 
dell�accordo 
tra 
le 
parti 
che 
avviene 
in 
un 
successivo 
momento) 
devono 
essere 
corrisposti 
gli 
interessi 
legali. 


Nel 
secondo 
caso, 
invece, 
cui 
il 
Codice 
equipara 
l�inutile 
decorso 
del 
termine 
di 
45 giorni 
senza 
che 
l�accordo sia 
concluso, l�appaltatore 
pu� adire 
gli 
arbitri o il giudice ordinario. 


Il 
correttivo ha 
inserito il 
comma 
6-bis 
nell�art. 205 che 
prevede 
un termine 
decadenziale 
unilaterale 
a 
carico 
dell�impresa. 
Tale 
comma 
prevede 
espressamente 
che 
l�impresa, in caso di 
rifiuto della 
proposta 
di 
accordo bonario 
ovvero di 
inutile 
decorso del 
termine 
per l�accettazione, pu� instaurare 
un 
contenzioso 
giudiziario 
entri 
i 
successivi 
60 
giorni, 
termine 
previsto 
a 
pena 
di decadenza. 


Il 
legislatore 
omette 
di 
specificare, 
tuttavia, 
quale 
sia 
la 
reale 
portata 
della 
disposizione 
e, 
soprattutto, 
quale 
sia 
l�effetto 
processuale 
dell�eventuale 
mancanza 
del 
�previo esperimento del 
tentativo di 
accordo bonario�, ovvero della 
proposizione 
immediata 
dell�azione 
giudiziaria 
senza 
attendere 
il 
decorso del 
termine 
prefissato. In altri 
termini 
l�art. 205 non qualifica 
espressamente 
l�accordo 
bonario 
come 
condizione 
di 
procedibilit�. 
Se 
si 
volesse 
optare 
per 
la 
cogenza 
del 
rimedio 
alternativo 
e 
per 
la 
sua 
natura 
di 
implicita 
condizione 
di 
procedibilit� 
della 
domanda, 
sarebbe 
evidente 
l�obbligo 
del 
Rup 
di 
avviare 
l�iter 
per l�accordo bonario altrimenti 
privandosi 
l�appaltatore 
di 
un�adeguata 
forma di tutela delle sue possibili ragioni. 


L�ultimo 
coma 
dell�art. 
205, 
infatti, 
non 
equipara 
al 
mancato 
accordo 
l�inutile 
decorso del 
termine 
di 
avvio e 
conclusione 
del 
procedimento a 
cura 
del 
Rup 
e/o 
dell�esperto, 
ma 
solo 
l�inutile 
decorso 
del 
termine 
di 
45 
giorni 
per 
la 
sottoscrizione 
dello stesso, di 
talch� 
il 
reale 
problema 
� 
quello di 
stabilire 
quale 
sia 
la 
forma 
di 
tutela 
accordata 
all�appaltatore 
in 
caso 
di 
inerzia 
ed 
omesso input 
dell�iter 
di 
cui 
trattasi, considerato che 
anche 
il 
nuovo Codice 
omette 
di 
fissare 
alla 
stazione 
appaltante 
un 
termine 
spirato 
inutilmente 
il 
quale, 
l�operatore 
economico 
possa 
comunque 
adire 
l�autorit� 
giudiziaria 
o 
compromettere 
la 
questione 
in 
arbitrato. 
bench�, 
infatti, 
trattasi 
di 
rapporti 
iure 
privatorum 
che 
dovrebbero indurre 
ad escludere 
prerogative 
pubblicistiche 
in 
favore 
della 
Pubblica 
Amministrazione, 
non 
di 
meno 
l�assenza 
di 
un 
termine finale, decorso il quale, anche in mancanza di avvio della procedura, 
l�appaltatore 
possa 
adire 
l�autorit� 
giudiziaria, ne 
pregiudica 
non poco la 
tutela, 
aggravata 
anche 
dall�assenza 
di 
un termine 
entro il 
quale 
la 
Camera 
Arbitrale 
� 
tenuta 
a 
riscontrare 
la 
richiesta 
di 
invio 
della 
lista 
di 
5 
esperti 
da 
parte 
del Rup. 


Pertanto, nella 
vistosa 
lacuna 
legislativa, potrebbe 
ripiegarsi: 
o sulla 
impugnazione 
del 
silenzio serbato sull�obbligo di 
provvedere 
ad avviare 
il 
procedimento 
di 
accordo bonario imposto al 
Rup o di 
formulare 
entro 90 giorni 
in 
proprio 
la 
proposta 
transattiva; 
ovvero 
sulla 
procedibilit� 
della 
domanda 



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


giudiziaria, decorso il 
termine 
di 
15 giorni 
senza 
che 
il 
Rup abbia 
o richiesto 
alla 
Camera 
arbitrale 
la 
lista 
di 
5 
esperti, 
tra 
i 
quali 
designare 
il 
terzo 
che 
provveda 
ad elaborare 
il 
testo dell�accordo, ovvero a 
tutto voler concedere 
entro i 
90 giorni 
dalla 
comunicazione 
delle 
riserve 
senza 
che 
il 
Rup abbia 
articolato 
una piattaforma negoziale per il componimento consensuale della questione. 


La 
prima 
tesi 
la 
prevalenza 
al 
potere 
autoritativo 
della 
stazione 
appaltante 
che 
permane 
anche 
nella 
fase 
esecutiva 
quante 
volte 
origini 
dalla 
necessit� 
di 
tutelare 
gli 
interessi 
pubblici 
(in 
tal 
caso 
erariali). 
La 
seconda 
risulta 
pi� 
aderente 
alla 
natura 
iure 
privatorum 
della 
gestione 
del 
contratto. 
Quale 
che 
sia 
l�opzione 
prescelta, 
resta 
ferma 
la 
responsabilit� 
del 
Rup 
sotto 
il 
profilo 
amministrativo, 
disciplinare 
ed 
erariale 
per 
i 
maggiori 
danni 
derivanti 
dalla 
mancanta 
attivazione 
del 
procedimento 
di 
accordo 
bonario, 
in 
termini 
non 
solo 
di 
mancato 
risparmio 
in 
ipotesi 
di 
transazione, 
ma 
anche 
di 
lievitazione 
degli 
interessi 
medio 
tempore 
maturati 
dalla 
sorte 
capitale 
oltre 
che 
di 
specie 
giudiziarie. 


L�analisi 
tecnica 
della 
procedura 
di 
accordo bonario (istituto che 
ha 
superato, 
comunque, 
la 
parabola 
poco 
felice 
dell�art. 
243 
bis 
del 
vecchio 
Codice 
appalti, 
ossia 
l�informativa 
dell�intento 
di 
proporre 
ricorso) 
costituisce 
un 
chiaro esempio delle 
difficolt� 
operative 
che 
incontra 
l�Avvocatura 
pubblica 
nel 
voler suggerire 
alla 
P.A., nell�ambito di 
un�intricata 
commistione 
tra 
disciplina 
privatistica 
e 
disciplina 
pubblicistica 
della 
materia 
in esame, la 
c.d. 
Procedimentalizzazione 
degli strumenti alternativi alla giurisdizione. 


Sembra 
che 
una 
lettura 
�elastica� 
e 
costruttiva 
delle 
disposizioni 
sui 
rimedi 
alternativi 
per 
la 
definizione 
delle 
controversie 
quale 
quella 
suggerita 
nelle 
pagine 
che 
precedono 
con 
riferimento 
alla 
partecipazione 
agli 
stessi 
delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
e 
dei 
loro difensori 
sia 
pienamente 
conforme 
allo 
spirito delle 
norme, e 
possa 
contribuire, con la 
collaborazione 
di 
tutte 
le 
parti 
coinvolte, all�auspicato risultato di 
una 
riduzione 
del 
contenzioso. A 
ci� l�Avvocatura 
pubblica 
intende 
contribuire 
pienamente, 
rendendosi 
fattivo 
protagonista 
per 
tendere 
agli 
obiettivi 
posti 
nella 
Carta 
fondamentale 
per 
una 
giustizia pi� celere ed efficace. 


Volendo svolgere 
un�analisi 
comparatistica, ci 
si 
rende 
conto che 
gli 
altri 
paesi 
europei 
nella 
fase 
di 
implementazione 
della 
direttiva 
n. 
52/2008 
non 
hanno 
fatto 
espresso 
riferimento 
alle 
Avvocature 
Pubbliche. 
Nelle 
controversie 
pubblicistiche 
� 
sempre 
presente 
un 
vaglio 
giurisdizionale 
condotto 
da 
un 
giudice 
che 
ha 
esclusivi 
poteri 
conciliativi 
(si 
pensi 
alla 
legge 
federale 
tedesca 
del 
2012 la 
�mediation gesetz�), ed anche 
quando sono previste 
delle 
Commissioni 
Amministrative 
Indipendenti 
(si 
pensi 
all�art. 
771 
�c.d. 
Commissioni 
urbanistiche� 
del 
codice 
di 
giustizia 
amministrativa 
francese) 
le 
loro 
decisioni 
non sono mai 
vincolanti 
per la 
pubblica 
amministrazione, ma 
devono essere 
trasfuse 
per cos� 
dire 
in un provvedimento amministrativo o in un accordo di 
diritto pubblico. Ci� comprova 
che 
risulta 
immanente 
un profilo autoritativo 
nell�ambito delle controversie che investono interessi pubblici. 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


cui 
�La 
presente 
direttiva 
ha 
l�obiettivo di 
facilitare 
l�accesso alla 
risoluzione 
alternativa 
delle 
controversie 
e 
di 
promuovere 
la 
composizione 
amichevole 
delle 
medesime 
incoraggiando 
il 
ricorso 
alla 
mediazione 
e 
garantendo 
un�equilibrata 
relazione tra mediazione e procedimento giudiziario�. 


regno unito 


Nel 
Regno unito, soprattutto dopo l'entrata 
in vigore 
delle 
Civil 
Procedure 
Rules 
nel 
1999 � 
chiaro il 
favor 
nei 
confronti 
delle 
soluzioni 
di 
tipo conciliativo, 
particolarmente 
in 
Inghilterra 
e 
galles 
(12). 
�In 
effetti, 
le 
CPR 
guardano al processo, e alla sentenza in particolare, come residual resort, denotando 
una 
conseguente 
forte 
propensione 
verso 
forme 
di 
composizione 
consensuale 
della 
lite, 
in 
particolare, 
attraverso 
l'intervento 
stimolatorio 
del 
giudice, che 
pu� manifestarsi 
sia 
direttamente, sotto forma 
di 
�invito� alla 
instaurazione 
di 
un percorso conciliativo sia, indirettamente, sotto forma 
di 
fissazione 
di 
udienze 
apposite 
nelle 
quali 
vagliare 
l'atteggiamento collaborativo 
delle 
parti 
verso la 
soluzione 
concordata 
del 
caso� 
(13). Nel 
Regno unito a 
seguito della 
riforma 
del 
1999 si 
� 
sensibilmente 
ridotto il 
tasso di 
litigiosit� 
ed anche il numero di cause decise (14). 


Francia 


Anche 
in Francia 
l'uso dello strumento conciliativo-mediativo ha 
avuto 
uno sviluppo notevole 
che 
ha 
portato poi 
a 
distinguere 
varie 
forme 
di 
composizione 
delle 
controversie 
all�interno 
dello 
stesso 
modello 
alternativo. 
Nel-
l'ambito 
dei 
modes 
alternatifs 
de 
reglement 
des 
conflits 
(cd. 
MARC, 
acronimo 
corrispondente 
a 
quello di 
matrice 
anglosassone 
ADR) si 
distinguono la 
conciliation 
e 
la 
mediation, e 
l'istituto che 
si 
avvicina 
di 
pi� alla 
negoziazione 
assistita 
e 
che 
ha 
ispirato 
la 
legge 
italiana 
� 
la 
c.d. 
Convention 
de 
procedure 
participative, 
introdotta 
dall'art. 
37 
legge 
1609 
del 
22 
dicembre 
2010 
(c.d. 
Loi 
beteille), chiaro esempio di 
�giustizia 
contrattuale�, che 
non prescinde, per�, 
dal controllo giudiziario. 


Germania 


In germania, gi� 
prima 
del 
recepimento della 
direttiva 
2008/52/Ce 
(15), 
sussisteva, nel 
modello mediativo-conciliativo, �la 
classica 
dicotomia 
tra 
giu


(12) Cfr. De 
LuCA, La mediazione 
in Europa. una questione 
di 
cultura e 
non di 
regole, in riv. 
dir. civ., 2013, 1478. 
(13) DALFINo 
D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016, p. 45. 
(14) 
La 
direttiva 
2008/52/Ce 
� 
stata 
recepita 
in 
Inghilterra 
con 
gli 
Amendments 
del 
2011 
alle 
Civil 
Procedure 
Rules, 
nonch� 
con 
le 
Cross-border 
Mediation 
(euDirective) 
Regulations 
2011(88/2011). 
(15) La 
direttiva 
2008/52/Ce 
� 
stata 
attuata 
con la 
legge 
in vigore 
dal 
26 luglio 2012 (Mediationgesetz). 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


diziale 
e 
stragiudiziale 
con peculiari 
e 
importanti 
varianti� 
(16). Ad esempio, 
nell'ambito 
della 
mediazione 
giudiziale 
si 
distinguono 
una 
mediazione 
condotta 
direttamente 
dal 
giudice 
(integrierte 
mediation), 
ed 
un�altra 
�demandata 
s� 
ad un giudice, ma 
con esclusive 
funzioni 
conciliative 
e 
quindi 
privo dei 
poteri 
decisori 
in ordine 
alla 
controversia 
in atto (gerichtsinterne 
mediation in 
senso stretto)� (17). 


essendo gi� 
presente 
la 
figura 
del 
giudice 
conciliatore, si 
� 
discusso se 
tale 
figura 
andava 
conservata 
o se 
andava 
invece 
considerata 
sostituita 
dalla 
figura 
del 
mediatore 
in 
senso 
stretto 
zertifizierter 
mediator. 
Tra 
la 
proposta 
del 
governo 
(favorevole 
non 
soltanto 
alla 
sua 
semplice 
sopravvivenza, 
ma 
anche 
alla 
sua 
regolamentazione) 
e 
quella 
del 
rechtsausschuss 
des 
Bundestags 
(volta 
alla 
sua 
soppressione) ha 
prevalso la 
prima 
posizione. Questo a 
dimostrazione 
che occorre comunque, dare prevalenza al controllo giudiziario. 


Spagna 


In 
Spagna, 
fino 
alla 
legge 
15/2005, 
l'interesse 
verteva 
principalmente 
sulla 
mediazione 
familiare. 
Tale 
legge 
ha 
rappresentato 
il 
primo 
tentativo 
di 
risistemazione 
dell�istituto, anche 
se 
sempre 
nell�ambito della 
separazione 
e 
del 
divorzio. 
In 
seguito 
�progressivamente 
� 
maturata 
l'idea 
che 
la 
mediazione 
potesse 
rappresentare 
un metodo efficace 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
ed 
entrare 
a 
pieno 
titolo 
nel 
novero 
degli 
ADR. 
Di 
questo 
processo 
di 
maturazione 
e 
affermazione 
danno senz'altro conferma 
il 
c.d. Plan Estrategico de 
modernizaci�n 
de 
la Justicia 2009-2012, ma 
soprattutto il 
Real 
Decreto-Ley 5/2012 
e 
la 
successiva 
Ley 5/2012 del 
6 de 
julio (�de 
mediacion en asuntos 
civiles 
y 
mercantiles�), 
in 
vigore 
dal 
27 
luglio 
2012, 
abrogativa 
del 
precedente 
Real 
Decreto-Ley, che 
insieme 
rappresentano i 
due 
steps 
di 
recepimento della 
direttiva 
2008/52/Ce, 
avvenuto 
non 
soltanto 
con 
l'introduzione 
di 
una 
normativa 
ad hoc, ma 
anche 
attraverso la 
modifica 
della 
Ley 1/2000 de 
7 de 
enero, de 
enjuinciamiento Civil� (18). 


In Spagna, per quanto riguarda 
la 
mediazione, � 
fermo il 
principio della 
indefettibilit� 
del 
diritto di 
�accesso alle 
corti� (19) e 
vige 
il 
principio della 
volontariet� 
della 
procedura 
e 
delle 
libert� 
delle 
parti 
di 
scegliere 
se 
seguire 
e 
se 
proseguire 
la 
via 
della 
mediazione. 
L'unica 
forma 
di 
obbligatoriet� 
prevista 
dalla 
Ley 
5/2012 
� 
quella 
che 
le 
parti 
possono 
istituire 
sottoscrivendo 
clausole 
contrattuali 
di 
mediazione 
con le 
quali 
si 
obbligano, in caso di 
controversia, a 
non adire 
il 
giudice 
prima 
di 
aver sperimentato la 
via 
di 
composizione 
stragiudiziale 
(art. 6, comma 2, legge cit.). 


(16) DALFINo 
D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016, p. 62. 
(17) ibidem. 
(18) ivi, 
p. 71. 
(19) Cfr. art. 47 Carta di Nizza e art. 6 CeDu. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


italia 


In Italia 
�il 
sistema 
della 
giustizia 
si 
� 
andato costruendo nel 
tempo e 
definendo 
nel 
2010 intorno a 
tre 
pilastri 
che 
sembrano connotarlo ormai 
in un 
modo che 
appare 
stabile 
e 
definitivo. Per la 
soluzione 
delle 
controversie 
nel-
l'area 
dei 
diritti 
disponibili 
il 
sistema 
giustizia 
si 
presenta 
oggi 
- in una 
coraggiosa 
e 
competitiva 
sinergia 
tra 
apparati 
pubblici 
e 
organismi 
privati 
- come 
insieme 
di 
alternative 
interscambiabili 
caratterizzate 
ciascuna 
da 
differenti 
fattori 
di appetibilit� e di fattibilit�� (20). 


PRIMo PILASTRo 
Mediazione e negoziazione assistita: 
Decisione consensuale su diritti disponibili. 


SeCoNDo PILASTRo 
Risoluzione arbitrale: 
Decisione delegata su diritti disponibili. 


TeRZo PILASTRo 
giurisdizione: 
Decisione contenziosa su diritti indisponibili o disponibili (21). 


Il 
primo pilastro � 
costituito oggi 
dalla 
mediazione 
civile 
e 
commerciale 
e 
dalla 
negoziazione 
assistita 
e 
dunque 
si 
caratterizza 
per 
la 
decisione 
consensuale 
sui diritti disponibili. 


Il 
D.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, ha 
esteso in modo molto significativo alla 
maggior parte 
delle 
controversie 
civili 
e 
commerciali 
relative 
a 
diritti 
disponibili 
l�ambito 
di 
applicazione 
della 
mediazione, 
fino 
a 
quel 
momento 
praticata 
soprattutto in ampi 
settori 
delle 
relazioni 
commerciali 
e 
industriali. �Si 
tratta 
di 
un pilastro rinvenibile 
nell'esperienza giuridica di 
molti 
altri 
Paesi 
e 
che 
ha raggiunto nell'ambito della giustizia una propria dignit� di 
sistema consensuale 
a prescindere 
ed oltre 
le 
esigenze 
di 
deflazione 
del 
carico giurisdizionale. 
La potenzialit� deflattiva di 
questo sistema di 
risoluzione 
alternativa 
dei 
conflitti 
non � 
pi�, dunque, considerata la sua funzione 
primaria che 
va, 
invece, rintracciata nel 
suo ruolo parallelo di 
sistema di 
giustizia basato sul 
consenso e 
non sulla coazione. il 
termine 
�conciliazione�, che 
prima di 
oggi 
connotava 
da 
solo 
nel 
linguaggio 
comune 
sia 
la 
procedura 
tesa 
alla 
soluzione 
consensuale 
di 
una 
controversia 
sia 
l'atto 
in 
s� 
dell'accordo, 
� 
stato 
molto 
opportunamente 
sostituito 
da 
quello 
di 
�mediazione 
finalizzata 
alla 
conciliazione 


(20) 
DoSI 
g., 
La 
mediazione 
e 
l'arbitrato 
irrituale 
nelle 
riforme 
del 
2010, 
Contratto 
e 
impr., 
2011, 
1, 226 ss. 
(21) 
Schema 
ripreso 
da 
DoSI 
g., 
La 
negoziazione 
assistita 
da 
avvocati, 
giappichelli, 
Torino 
2016, 
p. 19. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


della controversia� 
o di 
negoziazione 
assistita da avvocati, che 
riesce 
a dare 
meglio l'idea della circostanza che 
per 
giungere 
a risolvere 
una controversia 
� 
necessario 
un 
percorso 
di 
avvicinamento 
che, 
sia 
pure 
senza 
particolari 
formalismi, 
deve 
pur 
sempre 
avere 
un proprio setting senza il 
quale 
perderebbe 
la propria plausibilit�� 
(22). 


L'arbitrato 
� 
il 
secondo 
pilastro 
della 
giustizia, 
nelle 
forme 
sia 
del 
tradizionale 
arbitrato 
rituale 
sia 
di 
quello 
irrituale 
previsto 
nell'art. 
808-ter 
c.p.c. 
(23). 


Il 
terzo 
pilastro 
resta 
quello 
della 
giurisdizione, 
nel 
rispetto 
irrinunciabile 
del 
diritto di 
chiunque 
di 
agire 
in giudizio per la 
tutela 
contenziosa 
dei 
propri 
interessi e dei propri diritti, disponibili e non disponibili (24). 

Delineati 
tali 
brevi 
riferimenti 
comparatistici 
per 
comprenderne 
la 
portata 
culturale, occorre 
ora 
analizzare 
nello specifico i 
singoli 
istituti 
e 
delinearne 
gli aspetti problematici. 


Tipologie di 
aDr: 
La convenzione di negoziazione assistita. 


L�istituto 
della 
negoziazione 
assistita, 
disciplinato 
dal 
d.l. 
n. 
132/2014, 
convertito nella 
l. n. 162/2014, consiste 
in un accordo, detto convenzione 
di 
negoziazione, 
mediante 
il 
quale 
le 
parti 
convengono 
di 
cooperare 
in 
buona 
fede 
e 
con lealt� 
per risolvere 
in via 
amichevole 
una 
controversia, intendendo 
con 
�in 
via 
amichevole� 
che 
il 
�setting 
della 
negoziazione 
non 
deve 
essere 
quello antagonista e formale che caratterizza il contesto giudiziario� (25). 


La 
matrice 
culturale 
di 
tale 
procedura 
� 
il 
diritto collaborativo, nato negli 
Stati 
uniti 
per disciplinare 
le 
cause 
di 
separazione 
e 
praticato in Italia 
soprattutto 
dagli 
avvocati 
che 
fanno riferimento all'Associazione 
italiana 
degli 
avvocati 
di diritto collaborativo e all'Istituto italiano di diritto collaborativo. 


La 
negoziazione 
� 
una 
procedura 
pensata 
in 
origine 
per 
i 
conflitti 
familiari 
ma 
oggi, con il 
d.l. 132/2014, � 
stata 
prevista 
per tutte 
le 
controversie 
riguardanti 
diritti disponibili (26). 


(22) DoSI 
g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 15. 
(23) L�arbitrato irrituale 
� 
stato introdotto dal 
D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed � 
previsto dall�art. 
808 
ter 
c.p.c. 
dove 
si 
legge 
che 
�le 
parti 
possono 
[...] 
stabilire 
che 
la 
controversia 
sia 
definita 
dagli 
arbitri 
mediante determinazione contrattuale�. 
(24) DoSI 
g., La negoziazione 
assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 18, �Il 
nostro 
sistema 
processuale 
civile, pur soffrendo di 
rigidit� 
tali 
che 
pensare 
di 
modificarlo con qualche 
ritocco 
� 
utopistico, continua 
ad apprestare 
faticosamente 
tutele 
nei 
tradizionali 
settori 
della 
cognizione, del-
l'esecuzione 
e 
delle 
garanzie 
cautelari, nei 
quali 
si 
sono sovrapposte 
negli 
ultimi 
anni 
insieme 
a 
riforme 
coraggiose, spesso retromarce 
veloci 
e 
molte 
promesse 
di 
semplificazione. Considerate 
le 
dimensioni 
dello sforzo riformatore 
necessario e 
l'intasamento delle 
aule 
di 
giustizia, non si 
pu� escludere 
che, ove 
il 
trend in tema 
di 
procedure 
alternative 
riuscisse 
ad incoraggiare 
riforme 
pi� radicali, il 
contenuto della 
giurisdizione 
possa 
circoscriversi 
un giorno alla 
tutela 
dei 
soli 
diritti 
indisponibili 
e 
al 
controllo sulle 
decisioni rese nell'ambito dei sistemi alternativi�. 
(25) DoSI 
g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016, p. 19. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


Anche 
se 
nella 
maggior parte 
dei 
casi 
la 
negoziazione 
assistita 
� 
un rimedio 
alternativo 
facoltativo, 
in 
alcuni 
casi 
� 
condizione 
di 
procedibilit� 
del-
l�azione 
giudiziaria, che 
deve 
dunque 
essere 
necessariamente 
preceduta 
da 
un 
invito alla 
negoziazione 
assistita. In questi 
casi 
il 
tentativo di 
conciliazione 
da 
facoltativo diventa obbligatorio. 


� dunque possibile individuare 3 tipi di negoziazione assistita: 


1) negoziazione 
assistita obbligatoria 
come 
condizione 
di 
procedibilit� 
della 
eventuale 
domanda 
giudiziale 
nel 
senso che 
� 
obbligatorio il 
tentativo 
di 
negoziazione 
nei 
due 
casi 
di: 
a) 
risarcimento dei 
danni 
dalla 
circolazione 
di 
veicoli; 
b) 
pagamento a 
qualsiasi 
titolo di 
somme 
di 
denaro il 
cui 
importo 
non � 
superiore 
complessivamente 
a 
50.000 euro (fuori 
dalla 
prima 
ipotesi 
e 
dai casi di invito obbligatorio alla mediazione civile); 


2) negoziazione 
assistita delegata 
dal 
giudice 
tutte 
le 
volte 
in cui 
egli 
rilevi 
non 
oltre 
la 
prima 
udienza 
che 
l'invito 
alla 
negoziazione 
assistita, 
nei 
casi 
di 
condizione 
di 
procedibilit�, 
non 
sia 
stata 
esperita. 
A 
differenza 
di 
quanto 
prevede 
per la 
mediazione 
civile, il 
comma 
2 dell'art. 5 del 
D.lgs. 28/2010, il 
giudice 
non 
ha 
il 
potere 
al 
di 
fuori 
della 
ipotesi 
indicata 
di 
disporre 
in 
altri 
momenti 
del processo la negoziazione assistita; 


3) negoziazione 
assistita facoltativa per tutte 
le 
altre 
controversie 
su diritti 
disponibili 
con la 
precisazione 
importante 
che 
alla 
negoziazione 
facoltativa 
le 
parti 
potrebbero 
accedere 
anche 
nel 
corso 
del 
processo 
gi� 
avviato, 
esattamente come possibile anche in sede di mediazione facoltativa. 


La 
negoziazione 
assistita 
obbligatoria 
� 
stata 
oggetto del 
giudizio della 
Corte 
Costituzionale 
poich� 
ha 
affrontato 
la 
questione 
di 
una 
eventuale 
sovrapposizione 
tra 
condizioni 
di 
procedibilit� 
della 
domanda 
giudiziale 
(in 
particolare 
la 
sovrapposizione 
tra 
il 
nuovo istituto della 
negoziazione 
assistita 
ed 
altre 
procedure 
stragiudiziali 
gi� 
previste 
in forma 
obbligatoria) (27). La 
questione 
riguardava 
la 
possibilit� 
che 
in 
tali 
casi 
le 
parti 
fossero 
obbligate, 
prima 
di 
poter accedere 
al 
processo, ad esperire 
due 
procedimenti 
finalizzati 
alla 
risoluzione 
stragiudiziale delle controversie. 


La 
Corte 
Costituzionale 
si 
� 
espressa 
a 
riguardo con la 
sentenza 
n. 162 
del 
7 luglio 2016, con la 
quale 
ha 
ritenuto infondata 
la 
questione 
di 
legittimit� 
dell�art. 3, comma 
1, d.l. 132/2014, sollevata 
dal 
giudice 
di 
pace 
di 
Vietri 
di 
Potenza 
con ordinanza 
del 
27 luglio 2015 nel 
corso di 
un procedimento civile 
avente 
ad oggetto il 
risarcimento di 
danni 
causati 
da 
circolazione 
stradale, richiesti 
dal 
danneggiato 
nei 
confronti 
della 
propria 
impresa 
assicuratrice, 
ai 


(26) 
L�art. 
2 
comma 
2 
lett. 
b 
stabilisce 
che 
la 
convenzione 
di 
negoziazione 
deve 
precisare 
l'oggetto 
della controversia, che non deve riguardare diritti indisponibili. 
(27) Per esempio la 
mediazione 
obbligatoria 
prevista 
dall�art. 5, comma 
1-bis, D.lgs. n. 28/2010, 
ma 
anche 
la 
procedura 
stragiudiziale 
obbligatoria 
prevista 
dall�art. 
145, 
D.lgs. 
n. 
209/2005 
(Codice 
delle 
assicurazioni 
private), e 
quella 
prevista, nel 
settore 
delle 
telecomunicazioni, ex art. 1, comma 
11, l. n. 
249/1997. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


sensi 
dell'art. 149 del 
D.lgs. 7 settembre 
2005 n. 209 (Codice 
delle 
assicurazioni 
private) (28). 


L'azione 
era 
stata 
introdotta 
senza 
che 
l'attore 
avesse 
esperito il 
procedimento 
di 
negoziazione 
assistita 
prescritta 
quale 
"condizione 
di 
procedibilit� 
della 
domanda 
giudiziale" 
dall'art. 3, comma 
1, d.l. 12 settembre 
2014 n. 132 
convertito con modificazioni, dalla 
L. 10 novembre 
2014 n. 162 e 
il 
giudice 
aveva sollevato la questione di legittimit� costituzionale. 


La 
Corte 
Costituzionale 
ha 
ritenuto infondata 
nel 
merito la 
questione, affermando 
che 
sbaglia 
il 
giudice 
a 
quo 
�nel 
ritenere 
che 
la 
negoziazione 
assistita 
sia 
un 
"inutile 
doppione" 
della 
cosiddetta 
"messa 
in 
mora" 
di 
cui 
agli 
artt. 
145, 
148 e 
149 del 
D.lgs. 209/2005 (Codice 
delle 
assicurazioni 
private), e 
che, di 
conseguenza, essa 
irragionevolmente 
arrechi 
un vulnus 
al 
diritto di 
difesa 
con 
il 
"rinviare 
sine 
die" 
la 
tutela 
risarcitoria 
di 
soggetti 
danneggiati 
da 
circolazione 
di veicoli e natanti�. 


gli 
articoli 
145, 148 e 
149 del 
D.lgs. 209/2005 �attengono ad una 
fase 
stragiudiziale 
che 
si 
svolge 
direttamente 
tra 
le 
parti 
e 
che 
il 
legislatore 
del 
2005 
ha 
previsto nella 
prospettiva 
di 
rendere, gi� 
in tale 
momento, una 
anticipata 
e 
satisfattiva 
tutela 
del 
danneggiato. Diversa, invece, � 
la 
finalit� 
(e 
differenti 
sono la 
natura 
e 
le 
modalit�) della 
"negoziazione 
assistita" 
introdotta 
dall'art. 
2 del 
d.l. n. 132/2014 che 
il 
successivo art. 3 ha 
reso obbligatoria 
per le 
controversie 
in materia 
di 
risarcimento del 
danno da 
circolazione 
di 
veicoli 
e 
natanti. 
una 
tale 
"negoziazione" 
presuppone 
che 
(nel 
contesto della 
procedura 
di 
messa 
in 
mora) 
l'offerta 
risarcitoria 
non 
sia 
stata 
ritenuta 
satisfattiva 
dal 
danneggiato, ovvero che 
non sia 
stata 
neppure 
formulata 
dall'assicuratore. � 
a 
questo punto, infatti, che 
si 
inserisce 
il 
meccanismo predisposto dalla 
normativa 
denunciata� (29). 


Con riferimento specifico alla 
negoziazione, i 
profili 
di 
incompatibilit� 
di 
tale 
procedura 
con le 
controversie 
che 
interessano l�Avvocatura 
dello Stato 
sono 
diversi: 
in 
primo 
luogo 
basti 
pensare 
che 
l�art. 
2 
comma 
1 
bis 
della 
legge 
recita 
espressamente: 
�� 
fatto 
obbligo 
per 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
all�articolo 1, comma 2, del 
decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, di 
affidare 
la 
convenzione 
di 
negoziazione 
alla 
propria 
avvocatura, 
ove 
presente�. 
orbene, 
che 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
esista 
e 
sia 
presente, 
� 
un 
fatto 
innegabile 
e 
� 
altrettanto 
innegabile 
che 
prima 
di 
tale 
legge 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
avesse 
il 
patrocinio obbligatorio delle 
Amministrazioni 
statali. Se 
tale 
norma 
si 
riferisse 
all�Avvocatura 
dello Stato sarebbe, pertanto, una 
norma 
superflua. 


(28) Il 
giudice 
a quo denunciava 
che 
l�introduzione 
di 
una 
ulteriore 
condizione 
di 
procedibilit�, 
che 
si 
sovrappone 
alla 
condizione 
di 
proponibilit� 
gi� 
prevista 
dagli 
artt. 
145 
e 
segg., 
del 
D.lgs. 
209/2005, 
in tema 
di 
azioni 
risarcitorie 
del 
danno da 
circolazione 
di 
veicoli, risulti 
essere 
�del 
tutto irragionevole 
oltre 
che 
inutile� 
avendo �il 
solo fine 
di 
rinviare 
sine 
die 
l�inizio del 
contenzioso�, con ci� appunto violando 
gli artt. 3 e 24 Cost. 
(29) Corte Cost. sentenza n. 162 del 7 luglio 2016, par. 3.1. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


La 
norma, invece, sembra 
riferirsi 
con la 
locuzione 
�ove 
presente� 
alle 
Avvocature 
Pubbliche 
incardinate 
all�interno 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
o, 
comunque, 
agli 
uffici 
Legali 
delle 
Amministrazioni 
Pubbliche. 
L�Avvocatura 
dello Stato �, invece, un istituto autonomo, non incardinato all�interno della 
Pubblica 
Amministrazione. L'autonomia 
dell'Istituto � 
stata 
prevista 
per consentire 
una 
maggiore 
oggettivit� 
nella 
funzione 
consultiva 
volta 
ad orientare 
l�attivit� amministrativa. 


un ulteriore 
dato relativo alla 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
che 
pone 
delle 
difficolt� 
all'Avvocatura 
dello Stato � 
quello relativo alla 
matrice 
culturale 
di 
tale 
procedura, il 
cui 
setting 
deriva 
dal 
c.d. diritto collaborativo, 
nato, come 
gi� 
accennato, nel 
contesto delle 
cause 
di 
separazione 
negli 
Stati 
uniti 
e 
praticato nel 
nostro paese 
dagli 
avvocati 
che 
fanno soprattutto riferimento 
all'Associazione 
italiana 
degli 
avvocati 
di 
diritto 
collaborativo 
e 
all'Istituto 
italiano di 
diritto collaborativo. Ma 
� 
noto che 
questo tipo di 
cause 
non 
coinvolgono l'Avvocatura dello Stato. 


ed 
ancora, 
se 
si 
prendono 
in 
considerazione 
quelle 
norme 
che, 
prevedendo 
obblighi 
di 
informazione 
che 
il 
difensore 
deve 
fornire 
alle 
parti 
o 
richiedendo 
l�iscrizione 
dello 
stesso 
ad 
un 
albo 
professionale, 
lasciano 
facilmente 
intuire 
che 
siano 
inapplicabili 
alle 
parti 
pubbliche 
ed 
ai 
loro 
difensori. 
Ad 
esempio 
il 
comma 
6 
dell�art. 
2 
della 
legge 
10 
novembre 
2014 
n. 
162 
recita 
espressamente: 
�Gli 
avvocati 
certificano 
l�autografia 
delle 
sottoscrizioni 
apposte 
alla 
convenzione 
sotto 
la 
propria 
responsabilit� 
professionale�. 
Sappiamo 
per� 
che 
gli 
avvocati 
dello 
Stato 
non 
hanno 
il 
potere 
di 
certificazione 
delle 
sottoscrizioni 
da 
parte 
del 
proprio 
cliente, 
che 
non 
� 
una 
persona 
fisica 
ma 
� 
costituito 
da 
una 
parte 
pubblica. 
La 
norma 
sembra 
presupporre 
un 
potere 
di 
certificazione 
(ex 
art. 
83, 
comma 
3 
c.p.c.) 
che 
preesiste 
alla 
disciplina 
della 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
e 
che 
� 
propria 
dell�avvocato 
libero 
professionista, 
cos� 
come 
negli 
altri 
paesi 
europei. 
Nei 
paesi 
di 
common 
law, 
ad 
esempio, 
tale 
potere 
di 
certificazione 
delle 
firme 
spetta 
alla 
figura 
del 
lawyer 
(avvocato 
del 
libero 
foro 
che 
in 
tali 
sistemi 
pu� 
certificare 
anche 
atti 
di 
compravendita 
immobiliare), 
ma 
non 
certo 
a 
quella 
del 
Public 
attorney 
(avvocato 
pubblico). 
A 
riprova 
di 
quanto 
sopra 
affermato, 
basti 
ricordare 
che 
tale 
potere 
di 
certificazione 
viene 
previsto 
anche 
nell�art. 
4 
�Non 
accettazione 
dell�invito 
e 
mancato 
accordo�. 


I 
poteri 
di 
certificazione 
a 
cui 
fa 
riferimento 
l�art. 
4, 
ai 
commi 
2 
e 
3, 
e 
l�art. 
5, 
non 
rientrano 
nelle 
competenze 
dell�Avvocato 
dello 
Stato. 
Appare 
arduo 
ritenere, 
infatti, 
che 
l'Avvocato 
dello 
Stato 
debba 
certificare 
la 
firma 
del 
Direttore 
generale 
di 
un 
Ministero 
o 
di 
un 
funzionario 
delegato 
a 
rappresentare 
l'Amministrazione 
nella 
procedura 
di 
negoziazione 
assistita 
oppure 
se 
conduce 
la 
negoziazione 
senza 
il 
legale 
della 
parte 
privata 
(ipotesi 
contemplata 
dalla 
suddetta legge) debba poi certificare la firma della stessa. 

Nell�ambito 
della 
negoziazione 
un 
altro 
profilo 
di 
incompatibilit� 
riguarda 
l�art. 11 �raccolta dei 
dati�. ed invero il 
comma 
1 del 
suddetto articolo pre



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


vede 
che 
�i difensori 
che 
sottoscrivono l�accordo raggiunto dalle 
parti 
a seguito 
della convenzione 
sono tenuti 
a trasmetterne 
copia al 
consiglio dell�ordine 
circondariale 
del 
luogo 
ove 
l�accordo 
� 
stato 
raggiunto, 
ovvero 
al 
consiglio 
dell�ordine 
presso 
cui 
� 
iscritto 
uno 
degli 
avvocati�. 
Appare 
evidente 
in questa 
disposizione 
l�assoluta 
incompatibilit� 
della 
disciplina 
in esame 
con 
la 
figura 
dell�Avvocato 
dello 
Stato, 
in 
quanto 
quest�ultimo 
non 
� 
iscritto 
in 
nessun albo professionale. 


Dunque, 
poich�, 
come 
gi� 
sottolineato, 
gli 
Avvocati 
che 
fanno 
parte 
dell�Avvocatura 
dello Stato non risultano iscritti 
a 
nessun albo professione, e 
poich� 
la 
negoziazione 
� 
�un accordo mediante 
il 
quale 
le 
parti 
convengono 
di 
cooperare 
in buona 
fede 
e 
con lealt� 
per risolvere 
in via 
amichevole 
la 
controversia 
tramite 
l�assistenza 
di 
avvocati 
iscritti 
all�albo�, per le 
cause 
di 
incidenti 
stradali, 
(cosi 
come 
per 
le 
cause 
concernenti 
il 
pagamento 
di 
una 
somma 
fino a 
50.00 euro), per le 
quali 
� 
prevista 
la 
negoziazione 
obbligatoria, l'Avvocatura 
potr� 
porre 
in 
essere 
una 
negoziazione 
assistita 
esclusivamente 
di 
tipo 
valutativo 
e 
non 
facilitativo, 
in 
base 
all'art. 
13 
del 
R.D. 
1611/1933 
che 
prevede 
una 
sua 
ampia 
funzione 
consultiva 
per l'attivit� 
della 
Pubblica 
Amministrazione. 
In altri 
termini, in caso di 
attivit� 
svolta 
iure 
privatorum 
e 
non 
in 
via 
autoritativa, 
l'invito 
alla 
negoziazione 
dovr� 
essere 
inoltrato 
direttamente 
all'Amministrazione 
che 
con 
i 
propri 
funzionari 
facenti 
parte 
degli 
uffici 
legali 
dei 
vari 
Ministeri 
e/o enti 
(legittimati 
a 
porre 
in essere 
procedure 
conciliative 
in 
base 
agli 
articoli 
2 
e 
3 
del 
R.D. 
1611/1933) 
potr� 
iniziare 
delle 
trattative 
con 
la 
controparte 
e 
predisporre 
una 
bozza 
di 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
da 
sottoporre 
all'esame 
e 
alla 
valutazione 
dell'Avvocatura 
dello Stato. 
Ci� si 
sta 
verificando, ad esempio per le 
convenzioni 
di 
negoziazioni 
assistite 
relative alle depositerie giudiziarie. 

� 
ragionevole 
inoltre 
sostenere 
che 
l'Avvocato 
dello 
Stato, 
quale 
avvocato 
del 
processo 
cos� 
come 
configurato 
dal 
proprio 
ordinamento 
interno 
(R.D. 
1611/1933, L. 109/1975), potr� 
intervenire 
nella 
negoziazione 
assistita 
delegata, 
quale nuova ipotesi di giurisdizione condizionata. 


� 
possibile, 
altres�, 
profilare 
un 
intervento 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
nella 
negoziazione 
assistita 
e 
nella 
mediazione 
in tutte 
le 
ipotesi 
di 
atti 
successivi 
all'atto introduttivo del 
giudizio, ad esempio la 
domanda 
riconvenzionale 
(30), la 
chiamata 
in causa 
del 
terzo (31), l�intervento del 
terzo volontario 


(30) Cfr. Tribunale 
Verona, ordinanza 
del 
12 maggio 2016, cos� 
massimata: 
�Anche 
le 
domande 
spiegate 
in via 
riconvenzionale, qualora 
incidano su una 
delle 
materie 
elencate 
dall'art. 5, comma 
1-bis, 
del 
D.Lgs. n. 28/2010, sono sottoposte 
al 
tentativo obbligatorio di 
mediazione 
civile 
e 
commerciale; 
ne 
consegue 
che, 
qualora 
il 
procedimento 
sia 
gi� 
stato 
esperito, 
ma 
con 
riferimento 
alle 
sole 
domande 
principali, 
il giudice dovr� assegnare un termine per la sua rinnovazione� (Quotidiano Giuridico, 2016). 
A 
sostegno della 
tesi 
secondo cui 
l�obbligo di 
mediazione 
per le 
materie 
di 
cui 
all�art. 5, D.lgs. 28/2010 
non si 
limita 
alle 
sole 
domande 
proposte 
dall�attore 
negli 
atti 
introduttivi, si 
riporta 
anche 
l�ordinanza 
del 
Trib. Como, sez. di 
Cant�, 2 febbraio 2012, nella 
quale 
si 
legge: 
�l�esclusione 
della 
mediazione 
per 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


c.d. principale, ai 
sensi 
dell'art. 105, primo comma, (nessuna 
questione 
� 
invece 
destinata 
a 
porsi 
in 
caso 
di 
intervento 
adesivo 
dipendente, 
ai 
sensi 
dell'art. 
105 
II 
comma 
c.p.c., 
posto 
che 
l'interventore 
non 
propone 
alcuna 
domanda 
nuova 
e 
dunque 
non allarga 
l'ambito oggettivo del 
processo), e 
l�opposizione 
a 
decreto ingiuntivo. Relativamente 
a 
quest�ultima, la 
Cassazione 
con la 
sentenza 
del 
3 dicembre 
2015 n. 24629 ha 
chiarito che 
l'onere 
della 
mediazione 
obbligatoria 
incombe 
sull'ingiunto 
opponente 
con 
conseguente 
improcedibilit� 
dell'opposizione 
e 
passaggio 
in 
giudicato 
del 
decreto 
ingiuntivo 
in 
caso 
di 
inosservanza. Fino a 
tale 
intervento la 
giurisprudenza 
si 
era 
dimostrata 
ondivaga 
e 
faceva 
ricadere 
tale 
onere 
talvolta 
sull�opposto, 
talvolta 
sull�opponente. 
L�intervento chiarificatore 
� 
intervenuto dunque 
con la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
che 
ha 
stabilito 
che 
�� 
dunque 
sull'opponente 
che 
deve 
gravare 
l'onere 
della mediazione 
obbligatoria perch� 
� 
l�opponente 
che 
intende 
precludere 
la via breve 
per 
percorrere 
la via lunga. La diversa soluzione 
sarebbe 
palesemente 
irrazionale 
perch� 
premierebbe 
la passivit� dell'opponente 
e 
accrescerebbe 
gli 
oneri 
della parte 
creditrice� 
(32). Quanto detto � 
stato confermato 
dalla 
recente 
giurisprudenza 
di 
merito 
(33), 
anche 
se 
non 
mancano 
decisioni in contrasto con la suddetta sentenza (34). 
In tutti 
i 
casi 
sopraesposti, essendo gi� 
iniziato il 
giudizio e 
avendo l'Avvocatura 
dello 
Stato 
gi� 
assunto 
il 
patrocinio 
e 
svolte 
le 
proprie 
difese, 
nel 
corso 
del 
processo, 
qualora 
il 
giudice 
rilevi 
il 
mancato 
avveramento 
della 
condizione 
di 
procedibilit�, sar� 
pi� agevolata 
a 
partecipare 
alla 
procedura 
di 
negoziazione 
assistita 
e 
mediazione, 
avendo 
gi� 
assunto 
una 
propria 
linea 
difensiva nel giudizio pendente. 


Resta 
il 
dubbio 
se 
debba 
esperirsi 
il 
procedimento 
della 
mediazione 
o 
negoziazione 
assistita 
nel 
caso in cui 
l'attore 
scelga 
di 
proporre 
la 
domanda 
attraverso 
le 
forme 
di 
cui 
agli 
art. 702 
bis 
e 
segg. del 
codice 
di 
procedura 
civile 
(procedimenti sommari di cognizione) (35). 


la 
domanda 
riconvenzionale 
determinerebbe 
un�ingiustificata 
disparit� 
di 
trattamento 
fra 
l�attore 
-il 
quale 
solo sarebbe 
tenuto a 
proporre 
la 
mediazione 
sulla 
sua 
domanda 
e 
a 
differire 
la 
sua 
tutela 
giurisdizionale 
- e 
il 
convenuto - sul 
quale 
non graverebbe 
alcun onere 
preventivo, con attribuzione 
di 
un 
privilegio contrastante con il principio di eguaglianza ex art. 3 Cost.�. 


(31) Il 
Trib. Verona, sez. III, con l�ord. 18 dicembre 
2015 dopo aver ribadito che 
ҏ 
alquanto controverso, 
sia 
in 
dottrina 
che 
in 
giurisprudenza, 
(�) 
se 
la 
mediazione 
sia 
condizione 
di 
procedibilit� 
anche 
delle 
domande 
fatte 
valere 
nel 
corso del 
processo dal 
convenuto, dai 
terzi 
intervenienti 
volontari 
o su chiamata�, si 
dimostra 
favorevole 
alla 
tesi 
positiva 
ed assegna 
alle 
parti 
un termine 
per presentare 
istanza 
di 
mediazione. A 
sostegno della 
tesi 
contraria 
vedi 
Trib. Palermo, ord. del 
27 febbraio 2016, secondo 
cui 
�la 
mediazione 
obbligatoria 
non 
si 
estenda 
alle 
domande 
nei 
riguardi 
di 
terzi 
chiamati 
in 
causa�. 
(32) Cass. civ., sez. III, sent. 3 dicembre 2015, n. 24629. 
(33) Cfr. Trib. Ravenna, sent. 20 settembre 
2017; 
Trib. Vasto, 30 maggio 2016; 
Trib. Trento, 23 
febbraio 2016 n. 177; 
Trib. Monza, sez. I, 21 gennaio 2016 n. 156. 
(34) 
Cfr. 
Trib. 
Firenze, 
sez. 
III, 
ord. 
17 
gennaio 
2016; 
Trib. 
busto 
Arsizio, 
sez. 
III, 
3 
febbraio 
2016 n. 199. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


L'Avvocatura 
dello 
Stato 
potr� 
inoltre 
senz'altro 
intervenire 
in 
grado 
di 
appello. 
essendo, 
infatti, 
tassative 
le 
ipotesi 
di 
rimessione 
al 
giudice 
di 
primo 
grado 
ex 
artt. 
353 
c.p.c. 
e 
354 
c.p.c., 
qualora 
il 
giudice 
di 
appello 
constati 
che 
il 
giudice 
di 
primo 
grado 
abbia 
errato 
nel 
non 
ritenere 
la 
questione 
sottoposta 
alla 
procedura 
di 
mediazione 
o 
di 
negoziazione 
assistita, 
oppure 
constati 
che 
abbia 
errato 
il 
giudice 
di 
primo 
grado 
nell'aver 
respinto 
l'eccezione 
di 
improcedibilit� 
sollevata 
da 
una 
parte 
in 
ordine 
al 
mancato 
esperimento 
delle 
suddette 
procedure, 
dovr� 
disporre 
che 
in 
tale 
sede 
le 
parti 
procedano 
a 
recuperare 
l'attivit� 
di 
mediazione 
o 
di 
negoziazione 
assistita 
mai 
svolta 
sino 
a 
quel 
momento 
(36). 


Tornando 
ai 
profili 
di 
incompatibilit�, 
esistono 
poi 
controversie 
che 
coinvolgono 
le 
Amministrazioni 
e 
che 
fanno parte 
del 
contenzioso seriale, nelle 
quali 
risulterebbe 
inutile 
il 
tentativo di 
composizione 
alternativa 
del 
contenzioso 
poich� 
si 
tratta 
di 
controversie 
che 
richiedono 
una 
soluzione 
con 
carattere 
generale 
e 
proveniente 
da 
organi 
con 
competenza 
ai 
massimi 
livelli 
decisionali. 
In questo caso il 
ricorso agli 
ADR, oltre 
che 
avere 
poca 
utilit�, invece 
che 
abbattere 
il 
contenzioso finirebbe 
con il 
comportare 
unicamente 
una 
dilazione 
superflua rispetto all�accesso alla giustizia. 


un�ulteriore 
riprova 
del 
fatto che 
la 
normativa 
riguardante 
l'ADR � 
stata 
modellata 
sulla 
figura 
dell'avvocato 
del 
libero 
foro 
si 
rinviene 
nella 
recente 
istituzione 
degli 
organismi 
di 
risoluzione 
alternativa 
delle 
controversie 
e 
delle 
camere 
arbitrali. In data 
16 febbraio 2017 il 
Ministro della 
giustizia 
orlando 
ha, infatti, firmato la 
versione 
finale 
del 
regolamento che, come 
previsto dal 
nuovo 
ordinamento 
forense, 
permetter� 
adesso 
ai 
consigli 
dell'ordine 
di 
costituire 
enti 
per affrontare 
le 
controversie 
al 
di 
fuori 
del 
consueto circuito giudiziario. 
Il 
testo, con misure 
che 
si 
applicheranno anche 
agli 
enti 
gi� 
esistenti, 
prevede 
la 
costituzione 
di 
un 
consiglio 
direttivo 
con 
il 
compito 
di 
amministrazione 
della 
camera 
o dell'organismo. Il 
consiglio direttivo � 
composto da 
un 
numero 
di 
componenti, 
nominati 
con 
delibera 
del 
Consiglio 
dell'ordine. 
L'Avvocatura 
dello 
Stato 
non 
pu� 
costituire 
organismi 
di 
mediazione 
al 
suo 
interno. 


Infine, 
un 
ulteriore 
elemento 
che 
induce 
ad 
escludere 
la 
partecipazione 
del-
l'Avvocatura 
dello 
Stato 
a 
tali 
procedure 
si 
evince 
da 
alcune 
raccomandazioni 
adottate 
dalla 
Commissione 
europea 
(37) 
nelle 
quali 
sono 
indicati 
i 
principi 
per 


(35) A 
favore, Trib. Torino, sez. III, ord. 23 marzo 2015 cos� 
massimata: 
�L'azione 
esperita 
nelle 
forme 
del 
rito sommario di 
cognizione 
non esclude 
la 
previa 
instaurazione 
del 
procedimento di 
mediazione, 
non essendo il 
rito a 
determinare 
l'obbligatoriet� 
del 
procedimento conciliativo, bens� 
la 
natura 
della controversia� (Giur. it., 2015, 10, 2121). 
(36) 
Corte 
di 
Appello 
di 
Milano 
con 
l�ordinanza 
del 
22 
marzo 
2016 
stabilisce 
che 
anche 
il 
giudice 
in fase 
di 
appello pu� disporre 
l'esperimento del 
processo di 
mediazione 
�a 
prescindere 
dalla 
obbligatoriet� 
o 
meno 
della 
mediazione 
ante 
causam 
o 
della 
vigenza 
o 
meno 
della 
norma 
prima 
dell'introduzione 
della 
controversia� 
e 
assegna 
dunque 
un termine 
di 
�quindici 
giorni 
per promuovere 
il 
procedimento di 
mediazione 
innanzi 
all�organismo che 
ritengono pi� idoneo per trattare 
la 
controversia 
commerciale 
in 
oggetto, a far tempo dalla comunicazione della presente ordinanza�. 
(37) La n. 98/257 del 30 marzo 1998 e la n. 2001/310 del 4 aprile 2001. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


il 
funzionamento 
dei 
sistemi 
ADR, 
tra 
i 
quali 
vengono 
citati 
l'indipendenza 
e 
l'imparzialit� 
del 
terzo 
che 
facilita 
l'accordo. 
Inoltre, 
anche 
dai 
rilievi 
comparatistici 
sopra 
esposti 
(38) 
risulta 
che 
negli 
altri 
paesi 
europei 
non 
vi 
� 
stato 
un 
netto 
coinvolgimento 
delle 
Avvocature 
pubbliche, 
a 
riprova 
del 
fatto 
che 
il 
loro 
ruolo 
� 
del 
tutto 
peculiare 
e 
pu� 
essere 
adattato 
all'espletamento 
delle 
procedure 
alternative 
della 
giurisdizione 
solo 
con 
opportuni 
correttivi 
interpretativi. 


Appare 
evidente 
che 
molti 
sono i 
profili 
problematici 
relativi 
all'applicazione 
degli 
ADR. 
occorre 
quindi, 
un'attivit� 
di 
collaborazione 
tra 
giudici 
e 
avvocati 
pubblici 
e 
del 
libero foro con reciproca 
comprensione 
delle 
proprie 
difficolt� 
operative, affinch� 
sulla 
base 
di 
una 
visione 
ampiamente 
condivisa 
degli 
ADR in generale, si 
possa 
migliorare 
insieme 
il 
sistema 
della 
giustizia 
civile 
e 
realizzare 
quella 
che 
da 
pi� parti 
viene 
definita 
la 
�giurisdizione 
condivisa�. 


La mediazione. 


La 
definizione 
di 
mediazione 
� 
rinvenibile 
nell�art. 1 del 
D.lgs. 4 marzo 
2010, n. 28 (che 
ha 
dato attuazione 
alla 
delega 
legislativa 
contenuta 
nell'art. 
60 
della 
L. 
18 
giugno 
2009, 
n. 
69) 
(39) 
che 
stabilisce 
che 
la 
mediazione 
� 
�l'attivit�, 
comunque 
denominata, svolta da un terzo imparziale 
e 
finalizzata ad 
assistere 
due 
o pi� soggetti 
sia nella ricerca di 
un accordo amichevole 
per 
la 
composizione 
di 
una controversia, sia nella formulazione 
di 
una proposta per 
la risoluzione 
della stessa� 
e 
la 
conciliazione 
come 
�la composizione 
di 
una 
controversia a seguito dello svolgimento della mediazione�. 


In 
Italia 
la 
mediazione 
era, 
fino 
al 
recepimento 
della 
direttiva 
2008/52/Ce, 
un 
istituto 
�riferito 
agli 
specifici 
ambiti 
familiare 
e 
penale, 
funzionalmente 
volto al 
riavvicinamento delle 
parti, al 
ripristino di 
una comunicazione 
interrotta, 
alla ricomposizione 
di 
un conflitto� 
e 
aveva 
dunque 
una 
funzione 
soprattutto 
sociale 
(40). Il 
recepimento della 
direttiva 
di 
cui 
sopra 
ha 
portato la 
mediazione 
ad 
acquisire 
un 
ruolo 
nuovo 
e 
importante 
all�interno 
degli 
strumenti 
alternativi di risoluzione presenti in Italia. 


La 
principale 
novit� 
della 
riforma 
del 
2010 ҏ 
quella di 
avere 
generalizzato 
la 
regola 
e 
reso 
possibile 
a 
chiunque 
l'accesso 
a 
procedure 
finalizzate 
alla 
conciliazione 
di 
controversie 
praticamente 
in 
ogni 
settore 
della 
vita 
civile 
e 
commerciale 
secondo il 
modello procedimentale 
(�) 
affidato nella sua gestione 
ad appositi 
organismi 
di 
mediazione 
istituiti 
da enti 
pubblici 
o da privati� 
(41). 


(38) 
I 
riferimenti 
comparatistici 
richiamati 
sono 
stati 
enucleati 
dal 
testo 
di 
DALFINo 
D., 
mediazione 
civile e commerciale, Zanichelli 2016. 
(39) Il 
decreto legislativo, pubblicato sulla 
G.u. 
n. 53 del 
5 marzo 2010, � 
entrato in vigore 
il 
20 
marzo 2010 (ad eccezione 
delle 
disposizioni 
relative 
al 
meccanismo della 
mediazione 
come 
condizione 
di procedibilit� della domanda giudiziale la cui data di entrata in vigore � il 20 marzo 2011). 
(40) DALFINo 
D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016, p. 85. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


l. 9 agosto 2013 n. 98 - che 
aveva 
fatto seguito alla 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
6 dicembre 
2012 n. 272 che 
aveva 
cancellato il 
comma 
1 dell'art. 
5 e altri del D.lgs n. 28/2010 per eccesso di delega). 
Viceversa 
nelle 
controversie 
relative 
al 
pagamento di 
somme 
di 
denaro 
non superiori 
a 
50.000 euro l'invito alla 
negoziazione 
� 
obbligatorio solo allorch� 
la 
domanda 
di 
pagamento 
non 
concerna 
una 
delle 
ipotesi 
di 
mediazione 
obbligatoria 
previste 
nell'art. 
5, 
comma 
1-bis, 
D.lgs. 
n. 
28/2010. 
Lo 
si 
desume 
chiaramente dal comma 1 dell'art. 3 del d.l. n. 132/2014. 


Al 
di 
fuori 
di 
questi 
settori 
il 
rapporto 
tra 
la 
negoziazione 
assistita 
e 
la 
mediazione 
� 
di 
facoltativit� 
nel 
senso che 
gli 
interessati 
possono liberamente 
scegliere 
di 
attivare 
l'una 
o 
l'altra 
procedura 
o 
anche 
entrambe 
se 
una 
delle 
due 
non porta all'accordo. 


Il 
quinto comma 
dell'art. 3 del 
d.l. 132/2014 prevede 
infine 
che 
�restano 
ferme 
le 
disposizioni 
che 
prevedono speciali 
procedimenti 
obbligatori 
di 
conciliazione 
e 
mediazione, comunque 
denominati�. Questo significa 
che 
l'interessato 
in questi 
casi 
dovr� 
azionare 
la 
procedura 
speciale 
di 
conciliazione 
o 
mediazione obbligatoria e non potr� optare per la negoziazione assistita. 


occorre 
infine 
soffermarsi 
sullo stretto collegamento tra 
processo e 
mediazione/
negoziazione 
assistita 
che 
si 
evince 
dall�impianto 
legge 
162/2014. 
Tale 
collegamento � 
dimostrato dall' 
art. 3 comma 
4 della 
suddetta 
legge 
(cos� 
come 
nell'art. 5, comma 
3 del 
D.lgs. 28/2010 in tema 
di 
mediazione) che 
testualmente 
recita 
�l�esperimento 
del 
procedimento 
di 
negoziazione 
assistita 
nei 
casi 
di 
cui 
al 
comma 
1 non preclude 
la 
concessione 
di 
provvedimenti 
urgenti 
e 
cautelari, n� 
la 
trascrizione 
della 
domanda 
giudiziale�. Per quanto riguarda 
la 
concessione 
di 
provvedimenti 
cautelari, 
non 
� 
dunque 
necessario 
esperire 
preliminarmente 
il 
procedimento 
di 
mediazione 
o 
di 
negoziazione 
assistita 
tutte 
le 
volte 
che 
si 
intenda 
proporre 
istanza 
cautelare 
per l'ottenimento 
di 
una 
misura 
cautelare 
prevista 
dal 
codice 
di 
rito o di 
altre 
leggi 
speciali. La 
disposizione 
non chiarisce 
per� quale 
sia 
la 
disciplina 
applicabile 
nei 
casi 
in 
cui 
sia 
richiesta 
ante 
causam 
una 
misura 
cautelare 
a 
carattere 
conservativo 
(ad 
esempio, un sequestro), che, a 
differenza 
di 
quel 
che 
si 
verifica 
per le 
misure 
cautelari 
a 
carattere 
anticipatorio, 
deve 
essere 
necessariamente 
seguita 
dal 
giudizio 
di 
merito per non perdere 
efficacia, ai 
sensi 
dell'art. 669-octies, primo 
comma 
c.p.c. bisogna 
dunque 
comprendere 
se, una 
volta 
ottenuta 
la 
misura 
in 
relazione 
a 
una 
controversia 
rientrante 
nell'ambito 
di 
applicazione 
della 
negoziazione 
assistita 
o 
della 
mediazione, 
la 
declaratoria 
di 
inefficacia 
possa 
essere 
evitata 
attraverso 
la 
proposizione 
della 
domanda 
di 
mediazione 
o 
dell'invito 
a 
stipulare 
una 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita. 
A 
tal 
proposito 
si 
fa 
riferimento all'art. 8 della 
Legge 
162/2014 (che 
trova 
un suo corrispondente 
nell'art. 
5, 
comma 
6 
del 
D.lgs. 
28/2010) 
rubricato 
"interruzione 
della 
prescrizione 
e 
della decadenza", secondo cui 
dal 
momento dell'invito a 
concludere 
una 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
(o dal 
momento della 
co



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


municazione 
della 
domanda 
di 
mediazione 
alle 
altre 
parti) � 
impedita 
la 
decadenza 
(per una 
sola 
volta), senza 
necessit� 
di 
instaurare 
il 
giudizio di 
merito, 
se 
non dopo l'espletamento della 
procedura 
di 
negoziazione 
assistita 
o di 
mediazione. 
La 
norma 
non 
precisa 
se 
la 
decadenza 
cos� 
impedita 
sia 
soltanto 
quella 
relativa 
al 
diritto 
sostanziale 
oppure 
quella 
riguardante 
eventuali 
termini 
di 
natura 
processuale. Proprio per questa 
ragione, non sembra 
affatto irragionevole 
sostenere 
che 
possa 
riferirsi 
al 
termine 
di 
cui 
all'art. 669-octies, primo 
comma, 
c.p.c, 
e 
che 
quindi 
la 
proposizione 
della 
domanda 
di 
mediazione 
o 
dell'invito a 
concludere 
una 
convenzione 
di 
negoziazione 
assistita 
sia 
idonea 
ad evitare la declaratoria di inefficacia del provvedimento cautelare (43). 


Lo stretto collegamento tra 
processo e 
negoziazione 
assistita 
(e/o mediazione) 
� 
dimostrato, inoltre, dal 
fatto che 
la 
proposizione 
di 
tali 
procedure 
alternative 
alla 
giurisdizione 
non 
impedisce 
la 
trascrizione 
della 
domanda 
giudiziale. 
Questo 
suscita 
alcuni 
problemi 
poich� 
il 
fatto 
che 
una 
domanda 
giudiziale 
possa 
essere 
trascritta 
vuol 
dire 
che 
un giudizio pu� essere 
instaurato, 
e 
ci� pu� indurre 
la 
controparte 
a 
maturare 
il 
convincimento che 
non vi 
sia 
una 
reale 
volont� 
di 
conciliare. Inoltre, la 
non perfetta 
coincidenza 
tra 
il 
contenuto della 
convenzione 
della 
negoziazione 
assistita 
o della 
mediazione 
e 
il 
contenuto 
della 
domanda 
giudiziale 
pu� 
non 
rendere 
concreto 
l'effetto 
prenotativo 
della trascrizione ex artt. 2652 e 2653 c.c. 


L�arbitrato. 


L�arbitrato � 
un altro mezzo alternativo di 
risoluzione 
delle 
controversie 
ed � 
caratterizzato dal 
deferimento del 
giudizio ad uno o pi� arbitri 
affinch� 
decidano con un lodo, che 
ha 
effetti 
analoghi 
a 
quelli 
di 
una 
sentenza. L�arbitrato 
� regolato nel codice di procedura civile dagli artt. 806-832. 


Ai 
sensi 
del 
primo 
comma 
dell'art. 
806 
c.p.c. 
(controversie 
arbitrabili), 
riformato nel 
2006, 
�le 
parti 
possono far 
decidere 
da arbitri 
le 
controversie 
tra 
di 
loro 
insorte 
che 
non 
abbiano 
per 
oggetto 
diritti 
indisponibili, 
salvo 
espresso divieto di 
legge�. Il 
secondo comma 
precisa 
che: 
�Le 
controversie 
di 
cui 
all'art. 409 possono essere 
decise 
da arbitri 
solo se 
previsto dalla legge 


o nei contratti o accordi collettivi di lavoro�. 
Le 
parti 
possono 
dunque 
decidere 
di 
affidare 
la 
risoluzione 
delle 
controversie 
ad 
uno 
o 
pi� 
arbitri 
mediante 
la 
c.d. 
convenzione 
di 
arbitrato 
che 
pu� 
assumere 
due 
forme: 
il 
compromesso, 
se 
la 
lite 
� 
gi� 
insorta 
(art. 
807 
c.p.c.) 
o 
la 
clausola 
compromissoria, 
in 
via 
preventiva 
inserendo 
la 
clausola 
compromissoria 
all'interno 
del 
testo 
negoziale 
o 
in 
un 
atto 
separato 
(art. 
808 
c.p.c.) 
(44). 


(43) 
Sull�argomento 
cfr. 
Trib. 
brindisi 
Francavilla 
Fontana, 
ord. 
9 
gennaio 
2012; 
Trib. 
Reggio 
emilia, sent. 13 ottobre 2012. 
(44) L�art. 807 c.p.c. prevede: 
�Il 
compromesso deve, a 
pena 
di 
nullit�, essere 
fatto per iscritto e 
determinare 
l'oggetto della 
controversia. La 
forma 
scritta 
s'intende 
rispettata 
anche 
quando la 
volont� 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


Accanto a 
questo tipo di 
arbitrato ne 
� 
previsto un altro, c.d. irrituale, a 
cui 
� 
stata 
data 
piena 
legittimazione 
e 
autonomia 
con la 
riforma 
del 
2006. ed 
invero una 
�consistente 
novit� 
introdotta 
dal 
D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 � 
(�) l'art. 808-ter 
(arbitrato irrituale) in cui 
si 
legge 
che: 
�Le 
parti 
possono, 
con 
disposizione 
espressa 
per 
iscritto, 
stabilire 
che, 
in 
deroga 
a 
quanto 
disposto 
dall'art. 824-bis, la controversia sia definita dagli 
arbitri 
mediante 
determinazione 
contrattuale. 
altrimenti 
si 
applicano 
le 
disposizioni 
del 
presente 
titolo� 
(45). 


Quanto alle 
analogie 
e 
differenze 
tra 
i 
due 
tipi 
di 
arbitrati 
(46) anche 
la 
giurisprudenza 
� 
chiara 
nell�affermare 
che 
�posto che 
sia l'arbitrato rituale 
che 
quello irrituale 
hanno natura privata, la differenza tra l'uno e 
l'altro tipo 
di 
arbitrato non pu� imperniarsi 
sul 
rilievo che 
con il 
primo le 
parti 
abbiano 
demandato agli 
arbitri 
una funzione 
sostitutiva di 
quella del 
giudice, ma va 
ravvisata 
nel 
fatto 
che, 
nell'arbitrato 
rituale, 
le 
parti 
vogliono 
che 
si 
pervenga 
ad un lodo suscettibile 
di 
essere 
reso esecutivo e 
di 
produrre 
gli 
effetti 
di 
cui 
all'art. 825 cod. proc. civ., con l'osservanza delle 
regole 
del 
procedimento arbitrale, 
mentre 
nell'arbitrato 
irrituale 
esse 
intendono 
affidare 
all'arbitro 
(o 
agli 
arbitri) la soluzione 
di 
controversie 
(insorte 
o che 
possano insorgere 
in 
relazione 
a 
determinati 
rapporti 
giuridici) 
soltanto 
attraverso 
lo 
strumento 
negoziale, mediante 
una composizione 
amichevole 
o un negozio di 
accertamento 
riconducibile 
alla 
volont� 
delle 
parti 
stesse, 
le 
quali 
si 
impegnano 
a 
considerare 
la 
decisione 
degli 
arbitri 
come 
espressione 
della 
loro 
volont�� 
(Cass. civ., sez. I, sent. 2 dicembre 2015, n. 24558) (47). 


L�arbitrato si 
distingue, per�, dagli 
altri 
strumenti 
ADR, in quanto si 
profila 
come 
strumento di 
tipo aggiudicativo, nel 
senso che 
giunge 
sempre 
ad 
una soluzione del conflitto. 

Nell�ambito 
delle 
controversie 
pubblicistiche, 
ammesso 
ormai 
il 
principio 
dell�arbitrabilit� 
delle 
controversie 
vertenti 
in materia 
di 
risarcimento per lesione 
degli 
interessi 
legittimi, l�istituto dell�arbitrato ha 
posto il 
problema 
se 


delle 
parti 
� 
espressa 
per telegrafo, telescrivente, telefacsimile 
o messaggio telematico nel 
rispetto della 
normativa, 
anche 
regolamentare, 
concernente 
la 
trasmissione 
e 
la 
ricezione 
dei 
documenti 
teletrasmessi�. 
L�art. 808 c.p.c. prevede: 
�Le 
parti, nel 
contratto che 
stipulano o in un atto separato, possono stabilire 
che 
le 
controversie 
nascenti 
dal 
contratto 
medesimo 
siano 
decise 
da 
arbitri, 
purch� 
si 
tratti 
di 
controversie 
che 
possono formare 
oggetto di 
convenzione 
d'arbitrato. La 
clausola 
compromissoria 
deve 
risultare 
da 
atto avente 
la 
forma 
richiesta 
per il 
compromesso dall'articolo 807 c.p.c. La 
validit� 
della 
clausola 
compromissoria 
deve 
essere 
valutata 
in modo autonomo rispetto al 
contratto al 
quale 
si 
riferisce; 
tuttavia, il 
potere di stipulare il contratto comprende il potere di convenire la clausola compromissoria�. 


(45) DoSI 
g., La mediazione 
e 
l�arbitrato irrituale 
nelle 
riforme 
del 
2010, �Contratto e 
impr.�, 
2011, 1, 226 e ss. 
(46) Per un esame 
delle 
differenze 
e 
analogie 
tra 
le 
due 
forme 
di 
arbitrato vedi 
DoSI 
g., La mediazione 
e l�arbitrato irrituale nelle riforme del 2010, cit.; CNDCeC, L�arbitrato, 2016, (on line). 
(47) Cfr. anche 
Cass. civ., sez. I, 1 aprile 
2011, n. 7574; 
Cass. civ., sez. I, sent. 2 luglio 2007, n. 
14972; 
Cass. 
civ., 
sez. 
I, 
10 
novembre 
2006, 
n. 
24059; 
Cass. 
civ., 
sez. 
II, 
12 
ottobre 
2009, 
n. 
21585; 
Cass. civ., sez. I, 20 luglio 2006, n. 16718. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


sia 
o 
meno 
ammissibile 
affermare 
e 
in 
che 
termini 
una 
certa 
�disponibilit� 
del 
potere 
pubblico�. 
� 
innegabile 
che 
anche 
nelle 
controversie 
pubblicistiche 
il 
diritto stia 
evolvendo in un�ottica 
sempre 
pi� consensuale 
e 
meno autoritativa. 
Si 
pensi 
all�art. 
12 
del 
codice 
del 
processo 
amministrativo 
in 
base 
al 
quale 
tutte 
le 
controversie 
concernenti 
diritti 
soggettivi 
devoluti 
alla 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo 
possono 
essere 
oggetto 
di 
arbitrato 
rituale 
ex 
art. 
806 
e 
ss. 
c.p.c., 
alle 
convenzioni 
di 
lottizzazione 
e 
alla 
c.d. 
perequazione 
urbanistica, 
agli 
accordi 
di 
diritto 
pubblico 
ex 
art. 
11 
L. 
241/2010, 
agli 
accordi 
organizzativi, ai ricorsi gerarchici impropri, agli accordi di programma. 


In tale 
contesto ci 
si 
chiede 
se 
gli 
ADR, oltre 
a 
costituire 
uno strumento 
deflattivo, siano anche 
portatori 
di 
un valore 
aggiunto, ossia 
se 
rappresentino 
una 
nuova 
modalit� 
di 
esercizio del 
potere 
pubblico. Il 
problema 
pratico pi� 
rilevante 
si 
� 
posto soprattutto in ordine 
all�assenza 
dei 
poteri 
cautelari 
degli 
arbitri, laddove 
la 
tutela 
pubblicistica 
� 
essenzialmente 
una 
tutela 
cautelare. 
Stante 
il 
divieto contenuto nell�art. 818 c.p.c., ma 
la 
possibilit� 
ormai 
riconosciuta 
agli 
arbitri 
di 
sollevare 
eccezioni 
di 
illegittimit� 
costituzionale, 
la 
Commissione 
Alpa 
ha 
proposto 
un�estensione 
agli 
arbitri 
dei 
poteri 
cautelari, 
atteso 
che, ai 
sensi 
dell�art. 669 quinquies, se 
la 
controversia 
� 
oggetto di 
clausola 
compromissoria 
o 
� 
compromessa 
in 
arbitrati 
anche 
non 
rituali 
o 
se 
� 
pendente 
il 
giudizio arbitrale, la 
domanda 
cautelare 
si 
propone 
al 
giudice 
che 
sarebbe 
stato competente 
a 
conoscere 
del 
merito, con evidente 
aggravio per la 
parte 
che chiede tutela in via d�urgenza. 


Nel 
Nuovo Codice 
dei 
Contratti 
pubblici 
la 
novit� 
pi� rilevante 
� 
rappresentata 
dalla 
soppressione 
del 
vecchio binario: 
arbitrato libero e 
arbitrato amministrato. 


Nelle 
materie 
degli 
appalti 
pubblici 
� 
prevalso il 
principio della 
concentrazione 
e 
della 
pubblicit� 
del 
procedimento arbitrale, luogo di 
eteronomia 
e 
di 
controllo 
da 
parte 
della 
Camera 
Arbitrale 
incardinata 
all�interno 
dell�ANAC. 


L�art. 
12 
c.p.a., 
come 
sopra 
detto, 
sulla 
scia 
dellart. 
6, 
comma 
2, 
della 
L. 
205/2000, 
ha 
previsto 
la 
possibilit� 
di 
devolvere 
ad 
arbitrato 
rituale 
di 
diritto, 
le 
controversie 
concernenti 
diritti 
soggettivi 
devolute 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo. 
Ci 
si 
� 
chiesti 
se 
si 
debba 
far 
riferimento 
ai 
diritti 
soggettivi 
in 
senso 
stretto 
o 
possono 
essere 
investiti 
anche 
i 
profili 
relativi 
al 
risarcimento 
per 
lesione 
di 
interessi 
legittimi, 
se 
si 
debba 
restringere 
il 
campo 
alla 
sola 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo 
o 
se 
si 
possono 
ritenere 
compromettibili 
anche 
le 
controversie 
relative 
a 
diritti 
riconducibili 
alla 
giurisdizione 
generale 
di 
legittimit�. 
Certamente 
nell�ambito 
del 
diritto 
amministrativo, 
essendo 
ancora 
intangibile 
il 
dogma 
della 
�indisponibilit� 
del 
potere 
pubblico�, 
� 
ancora 
fermo 
il 
principio 
secondo 
il 
quale 
gli 
arbitri 
non 
possono 
decidere 
controversie 
concernenti 
l�esercizio 
o 
il 
mancato 
esercizio 
del 
potere 
amministrativo 
neppure 
quando 
le 
controversie 
rientrano 
in 
quelle 
particolari 
materie 
indicate 
dalla 
legge 
che 
costituiscono 
l�ambito 
della 



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


giurisdizione 
esclusiva. 
Il 
riconoscimento 
nello 
specifico 
settore 
dei 
giudizi 
aventi 
ad 
oggetto 
contratti 
pubblici, 
di 
particolari 
effetti 
sospensivi 
alla 
proposizione 
del 
ricorso 
ex 
artt. 
120 
e 
121 
c.p.c. 
e 
di 
particolari 
poteri 
al 
giudice 
amministrativo 
che 
vanno 
dalla 
caducazione 
totale 
o 
solo 
parziale 
del 
contratto 
viziato 
nella 
aggiudicazione 
(c.d. 
inefficacia 
a 
geometria 
variabile) 
alla 
irrogazione 
di 
sanzioni 
non 
sembra 
assolutamente 
prospettabile 
con 
riguardo 
al 
giudizio 
arbitrale. 


Nell�art. 
209, 
commi 
1 
e 
2, 
� 
stato 
riprodotto 
il 
meccanismo 
di 
formazione 
della 
convenzione 
di 
arbitrato in precedenza 
descritto dall�art. 241, commi 
1 
e1 bis 
del 
vecchio Codice 
dei 
Contratti. In particolare: 
< 
la stazione 
appaltante 
indica nel 
bando o nell�avviso con cui 
indice 
la gara, ovvero per 
le 
procedure 
senza 
bando 
nell�invito, 
se 
il 
contratto 
conterr� 
o 
meno 
la 
clausola 
compromissoria; l�indicazione 
che 
il 
contratto conterr� la clausola compromissoria, 
� 
possibile, per�, solo a patto che 
vi 
sia un�apposita autorizzazione 
motivata 
dell�organo 
di 
governo 
della 
amministrazione 
aggiudicatrice; 
se 
manca 
l�autorizzazione, 
l�art. 
209, 
comma 
3, 
prima 
parte, 
prevede 
che 
<� 
nulla la clausola compromissoria inserita senza autorizzazione 
nel 
bando o 
nell�avviso 
con 
cui 
� 
indetta 
la 
gara, 
ovvero 
nella 
procedura 
senza 
bando 
nell�invito>. 


Come 
in passato nulla 
� 
espressamente 
previsto riguardo alla 
sorta 
della 
clausola 
compromissoria 
eventualmente 
inserita 
nel 
contratto 
in 
mancanza 
della 
relativa 
indicazione 
del 
bando, avviso o invito, previamente 
autorizzata. 
entrambe 
le 
opzioni 
interpretative 
possibili 
sono 
ancora 
praticabili: 
mera 
nullit� 
della 
clausola 
compromissoria 
con 
applicazione 
della 
disciplina 
di 
cui 
agli 
art. 817, comma 
2, art. 829 comma 
1 n. 1 c.p.c. o non arbitrabilit� 
delle 
controversie. 
Nel 
nuovo codice 
non figura 
pi�, invece, la 
previsione 
dell�art. 241 
seconda 
parte 
che 
sanzionava 
con 
la 
nullit� 
non 
solo 
<l�inclusione 
della 
clausola 
compromissoria senza preventiva autorizzazione>, ma 
anche 
<il 
ricorso 
all�arbitrato 
senza 
preventiva 
autorizzazione>. 
Questa 
mancanza 
elimina 
alla 
radice 
l�equivoco nel 
quale 
la 
lettera 
di 
quella 
disposizione 
poteva 
indurre 
a 
cadere 
cio� 
che 
per aversi 
giudizio arbitrale 
occorresse 
non solo una 
clausola 
compromissoria 
previamente 
autorizzata, ma 
anche 
un successivo avvio del 
giudizio arbitrale previamente autorizzato. 


Vi 
�, 
per�, 
da 
chiedersi 
se 
la 
mancata 
riproduzione 
di 
quella 
disposizione 
non 
abbia 
altre 
conseguenze. 
Non 
si 
deve 
dimenticare, 
infatti, 
che 
proprio 
quella 
previsione 
costituiva 
un 
elemento 
letterale 
a 
favore 
della 
tesi 
secondo 
la 
quale 
sarebbe 
stata 
possibile 
un�autorizzazione 
conferita 
successivamente 
rispetto 
ad 
una 
indicazione 
nel 
bando, 
avviso 
o 
invito 
non 
previamente 
autorizzata. 


La 
seconda 
parte 
dell�art. 209 del 
Codice 
dei 
Contratti 
pubblici 
prevede 
che 
l�arbitrato, ai 
sensi 
dell�art. 1 comma 
20 della 
legge 
190/2012, si 
applica 
anche 
alle 
controversie 
relative 
a 
concessioni, 
appalti 
pubblici 
di 
opere, 
servizi 
forniture 
in cui 
sia 
parte 
una 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
ovvero una 
so



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


ciet� 
controllata 
o collegata 
a 
partecipazione 
pubblica, ai 
sensi 
dell�art. 2359 


c.c. 
o 
che, 
comunque, 
abbiano 
ad 
oggetto 
opere 
o 
forniture 
con 
risorse 
a 
carico 
dello Stato. � 
una 
previsione 
significativa 
se 
pensiamo che 
in altri 
paesi 
come 
la 
Francia 
se 
vengono in rilievo risorse 
pubbliche 
non � 
proprio possibile 
far 
ricorso all�arbitrato, sebbene 
tale 
istituto abbia 
avuto una 
notevole 
diffusione. 
Dopo 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
giustizia 
Eco 
Swiss 
c. 
Benetton 
1 
giugno 
1999 
nella 
causa 
C-126/97 si 
� 
senz�altro consolidata 
l�opinione 
che 
anche 
le 
controversie 
nascenti 
da 
contratti 
potenzialmente 
nulli, ai 
sensi 
della 
normativa 
antitrust, possono essere 
sottoposte 
a 
giudizio arbitrale. In tema 
di 
propriet� 
industriale, 
fermo 
restando 
l�esclusiva 
dello 
Stato 
nel 
concedere 
marchi 
e 
brevetti, 
il 
nuovo Codice 
della 
Propriet� 
industriale 
prevede 
l�applicazione 
degli 
artt. 35 e 
36 del 
D.lgs. 17 gennaio 2003 n. 5 che 
disciplinano gli 
arbitrati 
in 
materia 
di 
societ�. 
Il 
suddetto 
decreto 
legislativo 
ha 
esteso 
l�arbitrato 
all�azione 
sociale 
di 
responsabilit�, all�impugnativa 
delle 
delibere 
di 
approvazione 
del 
bilancio e 
alle 
controversie 
relative 
alle 
cessioni 
di 
quote 
o azioni. Si 
� 
fatto 
spesso riferimento al 
diritto societario, in particolare 
all�art. 2358 n. 4 c.p.c. 
come 
modello 
di 
�soluzione 
gestionale� 
della 
lite 
applicabile 
anche 
alla 
Pubblica 
Amministrazione. Ma 
� 
chiaro, per quanto sopra 
detto, che, se 
vengono 
in rilievo risorse 
pubbliche, non si 
pu� prescindere 
dal 
provvedimento di 
autorizzazione 
della P.A. tesa sempre alla tutela dell�interesse pubblico. 
Non � 
un caso che 
il 
legislatore 
sia 
stato molto cauto nel 
prevedere 
strumenti 
ADR 
quando 
vengono 
in 
rilievo 
solo 
interessi 
legittimi. 
Ne 
sono 
un 
esempio lampante 
i 
pareri 
di 
precontenzioso dell�Anac 
previsti 
dall�art. 211 
del 
Nuovo 
Codice 
dei 
Contratti 
pubblici, 
pareri 
facoltativi 
ad 
efficacia 
soggettiva 
limitata, 
impugnabili 
innanzi 
al 
TAR 
che 
possono 
essere 
rilasciati 
nella 
fase 
di 
aggiudicazione. �, infatti, previsto che 
su iniziativa 
della 
stazione 
appaltante 
o 
di 
una 
o 
pi� 
delle 
altre 
parti, 
l�ANAC 
esprima 
un 
parere, 
previo 
contraddittorio, 
relativamente 
a 
questioni 
insorte 
durante 
lo 
svolgimento 
della 
procedure 
di 
gara, 
entro 
30 
giorni 
dalla 
richiesta. 
Il 
parere 
obbliga 
le 
partii 
che 
vi 
abbiano 
preventivamente 
acconsentito 
ad 
attenersi 
a 
quanto 
in 
esso 
stabilito. 
Il 
parere 
vincolante 
� 
impugnabile, ai 
sensi 
dell�art. 120 c.p.a. entro 30 giorni. 
In 
caso 
di 
rigetto 
del 
ricorso 
contro 
il 
parere 
vincolante, 
il 
giudice 
valuta 
il 
comportamento 
della 
parte 
ricorrente, 
ai 
sensi 
e 
per 
gli 
effetti 
dell�art. 
26 
c.p.a. 

Volendo trarre 
una 
conclusione 
da 
questa 
relazione 
che 
comprende 
in s� 
sia 
una 
parte 
destruens, 
ma 
anche 
una 
parte 
costruens, 
questa 
non 
pu� 
che 
sintetizzarsi 
nella 
seguente 
considerazione: 
gli 
strumenti 
ADR 
rappresentano 
una 
evoluzione 
in 
senso 
positivo 
del 
diritto, 
sono 
strumenti 
con 
grandi 
potenzialit� 
che, per�, non possono che 
assumere 
un carattere 
di 
specialit� 
quando si 
decide 
di 
applicarli 
alle 
controversie 
pubblicistiche. 
L�interprete 
deve 
tenere 
sempre 
presente 
che 
tali 
strumenti 
non possono, comunque, rendere 
pi� gravoso 
l�accesso alla 
tutela 
giurisdizionale. La 
Corte 
di 
giustizia 
dell�unione 
europea, 
(sebbene 
le 
direttive 
in materia 
lascino agli 
Sati 
membri 
la 
libert� 
di 
sta



RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


bilire 
il 
tipo di 
enforcement 
da 
attribuire 
agli 
strumenti 
ADR), lo ha 
ricordato 
molto chiaramente 
con la 
recente 
sentenza 
emessa 
nella 
causa 
C-75/16 del 
27 
giugno 2017 Livio menini, maria antonia rampanelli 
c. Banca Popolare 
Societ� 
Cooperativa 
in 
tema 
di 
tutela 
del 
consumatore. 
Con 
tale 
pronunzia 
la 
Corte 
ha 
statuito il 
seguente 
principio: 
�La Direttiva 2013/11/uE 
del 
Parlamento 
europea e 
del 
consiglio del 
21 maggio 2013, sulla risoluzione 
alternativa 
delle 
controversie 
dei 
consumatori 
che 
modifica il 
regolamento (CE) n. 
2006/2004 e 
la direttiva 2009/22/CE 
(direttiva aDr 
per 
i 
consumatori), deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
essa 
non 
osta 
a 
una 
normativa 
nazionale, 
come 
quella di 
cui 
al 
procedimento principale, che 
prevede 
il 
ricorso a una 
procedura 
di 
mediazione, 
nelle 
controversie 
indicate 
all�articolo 
2, 
paragrafo 
1, 
di 
tale 
direttiva, 
come 
condizione 
di 
procedibilit� 
della 
domanda 
giudiziale 
relativa a queste 
medesime 
controversie, purch� 
un requisito siffatto non impedisca 
alle 
parti 
di 
esercitare 
il 
loro 
diritto 
di 
accesso 
al 
sistema 
giudiziario�. 

bibliografia 


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g., AMADeo 
F., AMoRoSo 
g., AuLeTTA 
F., � (a 
cura 
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riforma delle 
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Pubblicazione 
del 
Dipartimento 
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Scienze 
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dell'universit� 
degli 
Studi 
di 
Roma "La Sapienza", Jovene editore, Napoli 2017. 
AuLeTTA 
F., introduzione 
a 
La parte 
pubblica in mediazione 
e 
negoziazione 
assistita: riflessioni 
generali. 
il 
ruolo 
dell�avvocatura 
dello 
Stato, 
�Rivista 
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anno 
XXVII, 
fasc. 3-2017, p. 649. 
CAPuTI 
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P., Contenzioso dinanzi 
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di 
risoluzione 
delle 
controversie. 
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bancario 
finanziario, 
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CNDCeC, L�arbitrato, 2016, (on line), pp. 16 e ss. 
CoMMISSIoNe 
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Proposte 
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giustizia, 
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CoMogLIo 
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alternativi 
di 
tutela e 
garanzie 
costituzionali, �Riv. Dir. Proc.�, 2000, 
2, 318 e ss. 
CoNSoLo 
C., beRToLLINI 
P., buoNAFeDe 
A., il 
"tentativo obbligatorio di 
conciliazione" 
nelle 
forme 
di 
cui 
all'art. 
696 
bis 
c.p.c. 
e 
il 
successivo 
favor 
per 
il 
rito 
semplificato, 
�Corriere 
giur.�, 2017, 6, 762 e ss. 
CoNTeSSA 
C., 
il 
nuovo 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
-le 
forme 
di 
tutela 
nel 
nuovo 
codice, 
�giornale Dir. Amm.�, 2016, 4, p. 436 ss. 
DALFINo 
D., mediazione civile e commerciale, Zanichelli, bologna 2016. 
De 
LuCA 
u., La �nozione 
europea� 
di 
aDr, in aDr 
e 
mediazione, a 
cura 
di 
CoRRADINo 
M. 
e STICChI 
DAMIANI 
S., g. giappichelli editore, Torino 2012. 
De 
LuCA, 
La 
mediazione 
in 
Europa. 
una 
questione 
di 
cultura 
e 
non 
di 
regole, 
�Riv. 
dir. 
civ.�, 
2013, 1478. 
DoSI 
g., 
La 
mediazione 
e 
l'arbitrato 
irrituale 
nelle 
riforme 
del 
2010, 
�Contratto 
e 
impr.�, 
2011, 1, 226 ss. 



CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


DoSI 
g., La negoziazione assistita da avvocati, giappichelli, Torino 2016. 
LIPARI 
N., il diritto civile tra legge e giudizio, Milano 2017, pp. 21 ss. 
NATALe 
g., SALVAToReLLI 
M., La parte 
pubblica in mediazione 
e 
negoziazione 
assistita: riflessioni 
generali. il 
ruolo dell�avvocatura dello Stato, �Rivista 
dell�arbitrato�, anno XXVII, 
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PAJNo 
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Giustizia 
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RAMAJoLI 
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Strumenti 
alternativi 
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Amm.�, 2014, 1-2, pp. 1-44. 
RICCI 
g.F., Diritto processuale 
civile, Volume 
primo, disposizioni 
generali, giappichelli 
editore, 
Torino 2017. 


Giurisprudenza 


C. cost., sent. 6 dicembre 2012 n. 272. 
C. cost., sent. 7 luglio 2016 n. 162. 
Cass. civ., sez. I, sent. 20 luglio 2006 n. 16718. 
Cass. civ., sez. I, sent 10 novembre 2006 n. 24059. 
Cass. civ., sez. I, sent. 2 luglio 2007 n. 14972. 
Cass. civ., sez. II, sent. 12 ottobre 2009 n. 21585. 
Cass. civ., sez. I, sent. 1 aprile 2011 n. 7574. 
Cass. civ., sez. I, sent. 2 dicembre 2015 n. 24558 
Cass. civ., sez. III, sent. 3 dicembre 2015 n. 24629. 
C. app. Milano, ord. 22 marzo 2016. 
Trib. brindisi, Francavilla Fontana, ord. 9 gennaio 2012. 
Trib. Como, sez. di Cant�, ord. 2 febbraio 2012. 
Trib. Reggio emilia, sent. 13 ottobre 2012. 
Trib. Torino, sez. III civ., ord. 23 marzo 2015. 
Trib. Verona, sez. III, ord. 18 dicembre 2015. 
Trib. Firenze, sez. III, ord. 17 gennaio 2016. 
Trib. Palermo, ord. 27 febbraio 2016. 
Trib. Verona, ord. 12 maggio 2016. 
Trib. Ravenna, sent. 20 settembre 2017. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


brevi riflessioni sui caratteri comuni alle attivit� secretate 
nell�ordinamento costituzionale italiano, anche alla 
luce del contemperamento (rectius 
bilanciamento) 
con la libert� di manifestazione del pensiero 


Antonio Mitrotti* 


Il 
�Governo 
della 
democrazia� 
-sosteneva, 
autorevolmente, 
Noberto 
bobbio - � il 
�Governo del potere pubblico in pubblico� 
(1). 

Non 
per 
questo, 
tuttavia, 
il 
vigente 
ordinamento 
costituzionale 
esclude 
la 
legittimit� 
di 
fondamentali 
istituti 
connotati 
di 
un 
elevato 
�tasso� 
di 
segretezza: 
si 
pensi 
- soltanto per un esempio (e 
primo fra 
tutti) - all�istituto del 
segreto di 
Stato ma, a 
tal 
riguardo, si 
potrebbero benissimo richiamare, qui, anche 
altri 
preziosi 
istituti 
per l�ordinamento italiano, come 
il 
segreto d�ufficio oppure, 
ancora, il 
segreto investigativo nonch� 
- fra 
gli 
altri 
- la 
stessa 
segretezza 
sottesa 
alle Commissioni d�inchiesta parlamentari. 


Interessante, 
pertanto, 
sarebbe, 
in 
quest�ottica, 
compiere 
un�analisi 
di 
quali 
siano 
esattamente 
le 
condizioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
giustificatrici 
di 
una 
corretta 
(e 
legittima, appunto) attivit� 
di 
segretazione, alla 
luce 
dei 
basilari 
principi 
liberal-democratici 
propri 
della 
nostra 
forma 
di 
Stato 
costituzional-
democratica (2). 


Anzitutto, 
giova 
puntualizzare 
come 
delle 
regole 
diametralmente 
opposte 
vigano circa il segreto nella sfera pubblica e la segretezza nel privato (3). 


In 
un 
sistema 
democratico 
si 
ha, 
infatti, 
per 
regola 
generale 
del 
diritto 
pubblico il 
principio della 
trasparenza 
e 
della 
pubblicit�, mentre 
il 
segreto ne 
costituisce 
soltanto una 
mera 
e 
circoscritta 
eccezione: 
con la 
dovuta, e 
preliminare, 
puntualizzazione 
per 
cui 
la 
prevalente, 
e 
pi� 
sensibile, 
dottrina 
(4) 


(*) 
gi� 
praticante 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
dello 
Stato, 
Dottorando 
di 
ricerca 
in 
Diritto 
pubblico 
comparato presso l�universit� degli Studi di 
Teramo, abilitato all�esercizio della professione forense. 


(1) 
N. 
bobbIo, 
La 
democrazia 
e 
il 
potere 
invisibile, 
in 
rivista 
italiana 
di 
scienza 
politica, 
n. 
2/1980, p. 181; 
sul 
tema 
si 
veda 
altres� 
N. bobbIo, La strage, l'atto di 
accusa dei 
giudici 
di 
Bologna, 
Roma, 1986. 
(2) 
Nell�ampia 
letteratura 
in 
dottrina, 
appare 
prezioso 
il 
riferimento, 
ex 
multis, 
a 
C. 
PINeLLI, 
Forme 
di Stato e forme di governo, Napoli, 2006, p. 119 ss. 
(3) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, pp. 29-50. 
(4) 
R. 
MARRAMA, 
La 
Pubblica 
amministrazione 
tra 
trasparenza 
e 
riservatezza 
nell'organizzazione 
e 
nel 
procedimento 
amministrativo, 
in 
Dir. 
proc. 
amm., 
n. 
3/1989, 
pp. 
416-452; 
g. 
AReNA, 
La 
trasparenza 
amministrativa e 
democrazia, in Studi 
Parlamentari 
e 
di 
Politica Costituzionale, nn. 3-4/1992, pp. 2538; 
A. 
SANDuLLI, 
Procedimento 
amministrativo 
e 
trasparenza, 
in 
S. 
CASSeSe 
e 
C. 
FRANChINI 
(a 
cura 
di), 
L�amministrazione 
pubblica 
italiana. 
un 
profilo, 
bologna, 
1994, 
pp. 
101-115; 
R. 
ChIePPA, 
i 
principi 
generali 
dell'azione 
amministrativa nella legge 
n. 241 del 
1990 modificata dalle 
leggi 
n. 15 e 
n. 80 del 
1995 (la trasparenza come 
regola della pubblica amministrazione), in Diritto e 
formazione, Vol. 5, n. 
12/2005, 
pp. 
1557-1574; 
e. 
CARLoNI, 
Nuove 
prospettive 
della 
trasparenza 
amministrativa: 
dall'accesso 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


tenga, comunque, a 
mantenere 
ben distinte 
(sebbene 
sicuramente 
correlate) le 
due 
nozioni 
di 
pubblicit� 
e 
di 
trasparenza, 
posto 
che 
per 
pubblicit� 
si 
evidenzia 
debba 
alludersi 
al 
risultante 
'stato di 
fatto' 
proprio di 
un determinato atto del-
l'Amministrazione, nonch� 
del 
relativo procedimento posto in essere, ovvero 


-ancora 
pi� in generale 
- dell'organizzazione 
amministrativa 
concretamente 
predisposta 
per 
l'esercizio 
dei 
pubblici 
poteri; 
laddove, 
invece, 
per 
trasparenza 
si 
precisa 
debba 
riferirsi, pi� propriamente, ai 
caratteri 
di 
chiarezza 
e 
di 
comprensibilit� 
che 
dovrebbero esser propri, cos� 
connotandola, dell'azione 
amministrativa. 
esempio 
classico 
� 
-nel 
senso 
della 
suindicata 
distinzione 
quello 
tipico 
dell'atto/provvedimento 
regolarmente 
pubblicato 
sull'albo 
ovvero 
sul 
sito 
internet 
dell'Amministrazione 
(e 
quindi 
pubblico) 
ma, 
tuttavia, 
redatto 
in 
una 
maniera 
tale 
da 
risultare 
alquanto 
oscuro, 
equivocabile 
ovvero 
poco 
comprensibile (e, come tale, carente di trasparenza). 
Sommariamente 
premesso 
quanto 
s'impone 
per 
la 
sfera 
pubblica, 
�, 
d'altro 
canto, 
incontrovertibile 
che 
per 
quanto 
attiene 
alla 
sfera 
dei 
rapporti 
privati 
nell'ordinamento costituzionale 
i 
diritti 
costituzionalmente 
riconosciuti 
e 
garantiti 
al 
soggetto privato siano piuttosto (e 
salvo le 
rare, e 
dovute, eccezioni, 
come 
per il 
caso della 
disciplina 
contemplata 
all'art. 18 Cost.), caratterizzati, 
per 
regola, 
proprio 
dalla 
segretezza 
-e 
riservatezza 
-e 
solo 
per 
eccezione 
dalla 
loro, relativa, pubblicit�. 


Nel 
�privato� 
la 
segretezza, 
anzich� 
porsi 
come 
un�eccezione, 
si 
pone, 
quindi, quale 
vera 
e 
propria 
regola 
generale, significativamente 
posta 
a 
tutela 
dei 
soggetti 
privati 
nell�ambito 
del 
godimento 
di 
libert� 
loro 
costituzionalmente 
riconosciute e garantite in un sistema democratico (5). 


Tipici 
esempi 
di 
segretezza 
nel 
privato possono rinvenirsi 
nelle 
seguenti 
situazioni giuridiche soggettive: 


� 
nel diritto alla riservatezza. 
Si 
tratta 
di 
un peculiare 
tipo di 
diritto, da 
taluni 
definito come 
a 
s� 
stante 
(6), 
bench� 
sicuramente 
rientrante 
nel 
novero 
dei 
diritti 
costituzionalmente 
garantiti 
all�individuo. Non vՏ, al 
riguardo, una 
puntuale 
disciplina 
in Costituzione. 
La 
Corte 
costituzionale 
ha 
pi� 
volte 
fatto 
riferimento 
all�articolo 
2 
della 
Costituzione 
(7), nonch� 
agli 
articoli 
8 CeDu 
e 
all�art. 12 della 
Dichia


ai 
documenti 
alla disponibilit� delle 
informazioni, in Diritto Pubblico, n. 2/2005, pp. 573-600; 
A. SAN-
DuLLI, La casa dai 
vetri 
oscurati. i nuovi 
ostacoli 
all'accesso ai 
documenti, in Giornale 
di 
diritto amministrativo, 
n. 
6/2007, 
pp. 
669-672; 
F. 
MANgANARo, 
L'evoluzione 
del 
principio 
di 
trasparenza 
amministrativa, in www.astrid-online.it; 
D.P. TRIoLo, il 
procedimento amministrativo, Vicalvi, 2017, 
pp. 11-22. 


(5) P. bARILe, Diritti 
dell'uomo e 
libert� fondamentali, bologna, 1984, pp. 61-62, nonch�, specialmente, 
p. 235 ss. 
(6) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 32. 
(7) Si 
veda, ex 
multis, una 
risalente 
quanto consolidata 
decisione, C. cost., sent. 12 aprile 
1973, 
n. 38, parr. 2 e 5 del Considerato in diritto. 
In 
questa 
pronuncia, 
preme 
sottolineare, 
la 
Consulta 
riconobbe 
per 
la 
prima 
volta 
la 
dignit� 
costituzionale 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


razione 
universale 
dei 
diritti 
dell�uomo. Definire 
cosa 
esattamente 
si 
intenda 
per il 
diritto alla 
riservatezza 
non � 
cosa 
semplicissima; 
lo stesso Codice 
sulla 
protezione 
dei 
dati 
personali, disciplinato dal 
D.lgs. 196/2003 (8), ha 
rinunciato 
ad una 
sua 
precipua 
definizione, preferendo incentrare 
la 
propria 
attenzione 
sui 
meccanismi 
di 
protezione 
dei 
dati 
personali. Autorevole 
dottrina 
(9) 
ha 
rimarcato le 
notevoli 
difficolt� 
definitorie 
del 
diritto di 
riservatezza, puntualizzando 
proprio 
come: 
�l�enunciazione 
delle 
diversit� 
terminologiche, 
adottate 
dalla 
dottrina 
per 
classificare 
il 
fenomeno 
studiato, 
evidenzia 
l�incertezza 
che 
ha 
caratterizzato 
la 
ricerca 
nella 
individuazione 
dei 
contenuti 
della situazione 
giuridica che 
si 
� 
inteso definire�. Si 
pu�, comunque, azzardare, 
sulla 
scorta 
di 
altra 
autorevole 
parte 
della 
dottrina 
(10), una 
sommaria 
definizione, concependo il 
diritto alla 
riservatezza 
come 
una 
"zona 
buia", in 
cui 
non 
� 
consentito 
ad 
altri 
di 
penetrarvi 
e 
far 
luce 
sul 
segreto, 
una 
zona 
posta 
al 
riparo 
dall�ingerenza 
altrui; 
risolvendosi, 
perci�, 
in 
una 
vera 
e 
propria 
libert� 
�passiva� 
oppure 
ancora, sotto di 
un profilo attivo, come 
il 
potere 
di 
decidere 
e 
sapere 
quali 
e 
quante 
delle 
informazioni 
che 
ci 
riguardano 
possano 
circolare 
pubblicamente, tutelando, cos�, la 
sfera 
dell�ambito del 
privato. Sviluppando 
codesta 
impostazione, 
finiremmo, 
cos�, 
con 
il 
poter 
identificare 
la 
riservatezza 
come 
una 
sorta 
di 
spatium 
deliberandi, il 
luogo morale, cio�, dove 
poter sviluppare 
la 
propria 
autonomia, 
con 
il 
compimento 
delle 
proprie 
scelte 
personali 
nonch� della propria intimit�. 


� 
Nel 
segreto industriale; 
trattasi 
di 
una 
situazione 
giuridica 
soggettiva 
oltrepassante 
la 
sfera 
della 
pura 
riservatezza, 
investendo 
la 
protezione 
dell�impresa, 
a 
tutela 
della 
quale 
� 
invocato l�art. 41, I comma, della 
Costituzione. 
Con 
il 
segreto 
industriale 
� 
garantita 
la 
piena 
libert� 
di 
destinare 
a 
segretazione 
l�invenzione 
industriale 
o il 
know-how, estendendone 
gli 
effetti 
alla 
stessa 
attivit� 
necessaria 
per l�attuazione 
delle 
decisioni 
all�interno dell�impresa, non-
della 
tutela 
del 
diritto 
alla 
riservatezza, 
riconducibile 
sotto 
l�alveo 
dei 
diritti 
inviolabili 
dell�uomo 
nonch� 
alla 
sfera 
del 
pieno sviluppo della 
persona, proprio ai 
sensi 
degli 
artt. 2, 3 e 
13 Cost. In questo senso 
anche 
le 
successive 
C. cost., sentt. 11 marzo 1993, n. 81, par. 4 del 
Considerato in diritto - in cui 
venne 
dichiarato dalla 
Corte 
che 
esiste 
un diritto pi� ampio che 
protegge 
�lo spazio vitale 
che 
circonda la persona
� 
- 9 luglio 1996, n. 238, par. 2 del 
Considerato in diritto; 
7 luglio 2005, n. 271, parr. 2 e 
3 del 
Considerato 
in 
diritto. 
In 
dottrina, 
per 
una 
pi� 
recente 
ricostruzione 
del 
tema, 
si 
vedano, 
ex 
multis, 
L. 
CuRICCIATTI, Diritto alla riservatezza e 
sicurezza nella giurisprudenza delle 
Corti 
costituzionali 
e 
sovrastatali 
europee. 
il 
caso 
della 
Data 
retention 
Directive, 
in 
Democrazia 
e 
sicurezza, 
n. 
2/2017, 
pp. 
89-124. 

(8) 
Il 
4 
maggio 
2016 
� 
stato 
-come 
sar� 
ben 
noto 
-pubblicato 
sulla 
gazzetta 
ufficiale 
dell�unione 
europea 
il 
nuovo Regolamento generale 
sulla 
protezione 
dei 
dati 
personali 
(gDPR, General 
Data Protection 
regulation 
ue 
2016/679), 
entrato 
in 
vigore 
a 
partire 
dal 
25 
maggio 
2018, 
e, 
pertanto, 
direttamente 
applicabile, anche 
rispetto ad eventuali 
norme 
confliggenti 
contemplate 
dal 
nostro codice 
della 
privacy. 
(9) g. gIACobbe, il diritto alla riservatezza in italia, in Diritto e Societ�, n. 4/1974, p. 694. 
(10) g. FAMIgLIeTTI, il 
diritto alla riservatezza o la riservatezza come 
diritto. appunti 
in tema di 
riservatezza 
ed 
intimidad 
sulla 
scorta 
della 
giurisprudenza 
della 
Corte 
costituzionale 
e 
del 
Tribunal 
Constitucional, in Bio-tecnologie 
e 
valori 
costituzionali. il 
contributo della giustizia costituzionale, Torino, 
2005, pp. 299-324. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


ch� 
- come 
conseguenza 
- ai 
rapporti 
con il 
personale 
stesso e 
con i 
collaboratori 
esterni alla medesima attivit� d�impresa (11). 

� 
Nel segreto bancario. 
Permangono 
opinioni 
discordanti 
in 
merito 
al 
concetto, 
al 
fondamento 
ed 
ai 
limiti 
del 
segreto 
bancario. 
Pur 
in 
presenza 
di 
sparsi 
riferimenti 
normativi 
�, 
infatti, 
assente 
una 
vera 
e 
propria 
definizione 
legislativa, 
tanto 
da 
poter 
addirittura 
dubitare 
della 
effettiva 
esistenza 
di 
una 
specifica 
e 
legittima 
disciplina 
dell�istituto. 
La 
definizione 
corrente 
vede 
nel 
segreto 
bancario 
un 
particolare 
tipo 
di 
vincolo 
imposto 
agli 
istituti 
di 
credito, 
consistente 
nel 
dovere 
di 
mantenere 
uno 
specifico 
riserbo 
intorno 
agli 
affari 
inerenti 
alla 
propria 
clientela. 
L�istituto 
rinverrebbe, 
oggi, 
il 
proprio 
fondamento 
costituzionale 
nell�art. 
47 
della 
Costituzione, 
quale 
implicito 
riconoscimento 
di 
favore 
per 
tutti 
gli 
istituti 
e 
gli 
strumenti 
in 
grado 
di 
poter 
sostenere 
l�attivit� 
creditizia. 
Di 
contro 
vՏ 
stato 
chi 
ha 
sostenuto 
come 
il 
segreto 
bancario 
costituirebbe, 
pi� 
propriamente, 
una 
espressione 
del 
principio 
di 
libera 
iniziativa 
economica 
e 
che 
tutt�altra 
che 
dimostrata 
sarebbe 
l�incidenza 
sul 
livello 
degli 
investimenti 
e 
dei 
risparmi 
(12). 


� 
Nel 
segreto professionale; 
un segreto - � 
scritto all�art. 622 del 
codice 
penale 
- conosciuto �per 
ragione 
[�] della propria professione 
o arte�. ebbene, 
il 
legislatore 
non 
ha 
voluto 
scientemente 
definire 
in 
maniera 
rigida 
quali 
esattamente 
fossero 
le 
professioni 
od 
arti 
soggette 
all�obbligo 
del 
segreto 
professionale, 
nella 
consapevolezza 
che 
la 
dinamica 
della 
vita 
sociale 
avrebbe 
proposto, comunque, nuove 
professioni 
meritevoli 
di 
essere 
prese 
in considerazione. 
In ogni 
caso - quando ci 
si 
riferisce 
al 
segreto di 
una 
res 
conosciuta 
per ragione 
della 
propria 
professione 
od arte 
- la 
professione 
e 
l�arte 
debbono 
andare 
intese 
come 
delle 
fattispecie 
ricomprendenti 
ogni 
tipo 
d�attivit� 
dal 
carattere 
prevalentemente 
intellettuale 
o manuale, esercitate 
professionalmente 
al 
servizio ed in favore 
di 
chi 
ne 
faccia 
richiesta 
o ne 
abbia 
bisogno, nonch� 
principalmente 
al 
fine 
di 
lucro (13); 
bench� 
giova, qui, evidenziare, in proposito, 
come 
un�autorevole 
parte 
della 
dottrina 
(14) 
abbia 
efficacemente 
precisato 
che 
l'interesse 
individuale 
vada 
in 
questi 
casi 
a 
coniugarsi 
con 
quello 
pubblico, 
(11) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 33. 
(12) 
u. 
RuFFoLo, 
Segreto 
bancario, 
in 
Enciclopedia 
del 
Diritto, 
Vol. 
XLI, 
Varese, 
1989, 
pp. 
10261027. 
(13) g. FIANDACA 
- e. MuSCo, Diritto penale, Parte 
speciale, Vol. I, bologna, 2007, p. 275. � 
qui, 
per 
altro, 
sottolineato 
come 
la 
norma 
incriminante 
la 
violazione 
del 
c.d. 
segreto 
professionale 
abbia 
la 
propria 
ratio 
nell�interesse 
a 
mantenere 
la 
segretezza 
in ordine 
ai 
rapporti 
professionali, dalla 
natura 
particolarmente 
delicata. 
In 
questo 
senso 
F. 
ANToLISeI, 
manuale 
di 
diritto 
penale: 
Parte 
speciale, 
Volume 
I, Milano, 2008, pp. 270-272. L�autore 
sottolinea 
la 
delicatezza 
del 
rapporto professionale 
ed il 
conseguente 
obbligo di 
fedelt� 
derivante 
dal 
dover mantenere 
il 
segreto a 
fronte 
del 
fatto che 
il 
cittadino, in 
determinate 
circostanze, 
sia 
nella 
cogente 
necessit� 
di 
ricorrere 
al 
professionista, 
per 
provvedere 
ai 
propri 
interessi o alla propria salute. 
(14) F. SAJA, il 
segreto professionale, in AA.VV., il 
segreto nella realt� giuridica italiana, Atti 
del 
Convegno nazionale, (Roma, 26-28 ottobre 1981), Padova, 1983, pp. 439-440. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


stante 
la 
(potenziale) 
natura 
di 
un 
servizio 
di 
pubblica 
utilit� 
propria 
dell�esercizio 
di 
una 
professione 
(15); 
tanto � 
vero che, in questo senso, la 
ratio legis 
dell�introduzione 
nell'ordinamento 
dell�istituto 
del 
gratuito 
patrocinio 
nel-
l�esercizio della 
professione 
forense 
muove, anche 
(ma 
non unicamente), da 
questa peculiare posizione della dottrina. 

� 
Nel segreto di corrispondenza. 
Si 
tratta 
di 
un 
diritto 
di 
libert� 
solennemente 
garantito 
dall�articolo 
15 
della 
Costituzione, 
che 
ne 
sancisce 
l�inviolabilit�. 
Il 
legislatore 
costituente, 
in 
particolare, 
� 
voluto 
andare 
ben 
oltre 
la 
mera 
garanzia 
della 
libert� 
e 
segretezza 
della 
corrispondenza 
epistolare, 
spingendosi 
sino 
alla 
pregnante 
garanzia 
di 
�ogni 
altra 
forma 
di 
comunicazione�, 
pervenendo 
ad 
una 
generale 
disciplina 
�sostanziale� 
di 
alcune 
forme 
"particolari" 
d�espressione 
di 
pensiero 
e, 
comunque, 
diversificate 
rispetto 
a 
quelle 
disciplinate 
dallo 
stesso 
art. 
21 
della 
Costituzione. 


Se 
l�articolo 
21 
della 
Carta 
costituzionale 
disciplina 
e 
tutela 
le 
espressioni 
del 
pensiero 
che 
il 
soggetto 
intende 
e 
vuole 
�manifestare� 
e 
�diffondere�, 
rendendole 
in tal 
modo pubbliche, l�articolo 15 Cost. garantisce 
la 
segretezza 
di 
tutte 
quelle 
espressioni 
che, oltre 
ad essere 
indirizzate 
a 
soggetti 
scientemente 
determinati 
ed 
individuati, 
siano 
state, 
al 
contempo, 
sottratte 
alla 
conoscibilit� 
dei 
terzi, 
con 
tutte 
le 
normali 
ed 
ordinarie 
cautele 
poste 
a 
disposizione 
del 
mittente. 
In altri 
termini, una 
cosa 
� 
l�espressione 
del 
pensiero che, pur essendo 
rivolta 
ad un soggetto determinato, venisse 
resa 
con modalit� 
tali 
da 
poter essere 
conoscibile 
dai 
terzi 
- e 
che 
non costituirebbe 
una 
vera 
e 
propria 
�corrispondenza
�, 
bens� 
una 
�manifestazione 
di 
pensiero� 
(e 
sarebbe 
dunque 
l�articolo 
21 
(16) 
e 
non 
la 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 
15 
a 
dover 
trovare 
un�applicazione) 
- altra 
cosa 
� 
la 
situazione 
giuridica 
soggettiva 
garantita 
in Costituzione 
dall�art. 
15, 
trattandosi, 
piuttosto, 
di: 
�una 
speciale 
forma 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
di 
una 
persona 
nei 
suoi 
esclusivi 
rapporti 
con 
un'altra persona� 
(17). 


Non 
si 
trascuri, 
naturalmente, 
che 
il 
processo 
di 
convergenza 
tra 
tecniche 
di 
telecomunicazione, 
nuovi 
strumenti 
informatici 
e 
cosiddette 
multimedialit� 
ha 
sicuramente 
aperto uno scenario inedito nel 
quadro di 
esercizio del 
diritto 
di 
libert� 
di 
corrispondenza: 
nulla questio, ovviamente, che 
le 
fondamentali 
garanzie 
costituzionali 
debbano intendersi 
estese 
anche 
a 
queste 
nuove 
forme 
di 
comunicazione 
(tanto � 
vero che 
l'articolo 15 Cost. fa 
esplicito riferimento 
ad "ogni 
altra 
forma 
di 
comunicazione"), con l'avvertenza 
tuttavia 
- per altro 


(15) P. bARILe, Democrazia e segreto, op. cit., p. 33. 
(16) Per una 
recentissima 
e 
preziosa 
disamina 
sulle 
relazioni 
intercorrenti 
tra 
la 
libert� 
di 
informazione 
e 
le 
dinamiche 
del 
'nuovo mondo di 
internet' 
si 
rinvia 
a 
g. PITRuZZeLLA, La libert� di 
informazione 
nell'era di internet, in media Laws. rivista di diritto dei media, n. 1/2018, pp. 1-28. 
(17) 
A. 
PACe, 
Contenuto 
e 
oggetto 
della 
libert� 
di 
comunicazione, 
in 
g. 
bRANCA 
(a 
cura 
di), 
Commentario 
della Costituzione, voce articolo 13, bologna, 1977, pp. 80-87. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


diffusamente 
avvertita 
in 
dottrina 
-che 
la 
tutela 
costituzionale 
potr� 
continuare 
evolutivamente 
e 
concretamente 
ad esplicare 
i 
propri 
effetti 
soltanto allorch� 
le 
'nuove 
comunicazioni' 
siano assistite 
da 
idonee 
garanzie 
di 
autenticazione 
ed autenticabilit� 
(18), tali, cio�, da 
poter essere 
destinate 
a 
rimanere 
"effettivamente" 
e 
soggettivamente 
segrete; 
il 
che 
tanto 
nell'intenzione 
personale 
degli 
autori 
di 
ogni 
comunicazione 
che, 
nondimeno, 
avuto 
riguardo 
all'adeguatezza 
delle 
modalit� 
telematiche 
di 
trasmissione 
e 
ricezione 
delle 
comunicazioni 
da parte dei destinatari (19). 


� 
Nel 
segreto 
di 
voto; 
situazione 
giuridica 
soggettiva 
funzionale 
alla 
libert� 
del 
voto, 
nonch� 
ad 
una 
libert�-riservatezza 
delle 
proprie 
opinioni 
politiche 
(20). 
In 
termini 
generali, 
se 
un 
soggetto 
privato 
�, 
per 
definizione, 
�libero� 
di 
segretare 
e 
mantenere 
segreti 
i 
propri 
fatti 
che 
lo 
riguardano 
personalmente 
ed 
esclusivamente, 
nel 
settore 
pubblico, 
invece, 
i 
titolari 
di 
un 
pubblico 
ufficio, 
al 
contrario, 
non 
si 
muovono, 
come 
� 
logico, 
nell�esercizio 
di 
un 
diritto 
di 
libert�, 
bens�, 
piuttosto, 
di 
pubbliche 
funzioni, 
in 
adempimento 
di 
doveri 
discendenti 
dalla 
Carta 
costituzionale, 
in 
primis, 
e 
dalle 
leggi 
(21), 
in 
secondo 
luogo. 


Ci� nonostante, a 
ben riflettere, � 
identica 
la 
ratio 
legittimante 
i 
presupposti 
della 
segretezza: 
�il 
segreto 
� 
[infatti] 
da 
ritenere 
accettabile 
soltanto 
qualora esso costituisca una protezione 
o una proiezione 
di 
interessi 
costituzionalmente 
rilevanti� 
(22), di 
interessi, vale 
a 
dire, tra 
quelli 
che 
siano dalla 
Costituzione 
stessa 
riconosciuti 
e 
garantiti, 
nonch� 
tutelati 
al 
livello 
legislativo. 

Con 
la 
dovuta 
puntualizzazione 
per 
cui 
nel 
settore 
pubblico 
il 
segreto-eccezione 
andrebbe 
saggiato caso per caso, nella 
sua 
legittimit� 
costituzionale, 
mentre 
nel 
settore 
privato, invece, la 
possibilit� 
del 
segreto si 
giustifica 
gi� 
a 
priori, in quanto, nelle 
diverse 
situazioni 
giuridiche 
soggettive, la 
segretezza 
verrebbe 
a 
poter essere 
configurata 
come 
uno �schermo� 
di 
protezione 
che 
la 
stessa 
Carta 
costituzionale 
riconoscerebbe 
quale 
facolt� 
in 
favore 
del 
libero 
ed effettivo esercizio e godimento dei diritti di libert� fondamentali (23). 

(18) 
Pi� 
diffusamente, 
sul 
punto, 
g. 
FINoCChIARo 
-F. 
DeLFINI 
(a 
cura 
di), 
Diritto 
dell'informatica, 
Torino, 2014. 
(19) Per utili 
approfondimenti 
sul 
punto appare 
significativo il 
rinvio a 
P. CoSTANZo, Le 
nuove 
forme 
di 
comunicazione 
in 
rete: 
internet, 
in 
R. 
ZACCARIA 
(a 
cura 
di), 
informazione 
e 
telecomunicazione, 
Padova, 
1999. 
Pi� 
di 
recente 
si 
veda, 
ex 
multis, 
in 
dottrina 
(e 
senza, 
naturalmente, 
pretese 
alcune 
di 
esaustivit�) e. gIANFRANCeSCo, Profili 
ricostruttivi 
della libert� e 
segretezza di 
corrispondenza, in Diritto 
e 
Societ�, n. 2/2008, pp. 219-249; 
C. CARuSo, La libert� e 
la segretezza delle 
comunicazioni 
nel-
l'ordinamento costituzionale, in Forum 
di 
Quaderni 
Costituzionali, n. 10/2013; 
P. PASSAgLIA, internet 
nella 
Costituzione 
italiana: 
considerazioni 
introduttive, 
in 
M. 
NISTIC� 
-P. 
PASSAgLIA 
(a 
cura 
di), 
internet 
e Costituzione, Torino, 2014. 
(20) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, pp. 31-32. 
(21) g. AMATo 
- A. bARbeRA, manuale di diritto pubblico, Vol. III, bologna, 1997, p. 19. 
(22) P. bARILe, Democrazia e segreto, in Quaderni costituzionali, n. 1/1987, p. 29. 
(23) 
P. 
bARILe, 
Democrazia 
e 
segreto, 
in 
Quaderni 
costituzionali, 
n. 
1/1987, 
p. 
29; 
si 
veda, 
altres�, 
quanto 
ricostruito 
sempre 
in 
P. 
bARILe, 
Diritti 
dell�uomo 
e 
libert� 
fondamentali, 
bologna, 
1984, 
pp. 
6162 
ed anche pp. 235 ss. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


In 
ogni 
caso, 
a 
ben 
riflettere, 
si 
tratta 
di 
una 
disciplina 
(tanto 
nel 
pubblico 
quanto nel 
privato) che 
necessita 
di 
essere 
la 
pi� prudente 
possibile, attese 
le 
estese 
finalit� 
di 
pubblico 
interesse 
sottese 
all�oggetto 
di 
tutela 
della 
segretezza 
(pubblica 
o 
privata 
che 
sia), 
nonch� 
le 
rispettive 
intrinseche 
potenziali 
capacit� 
delle 
attivit� 
segretate 
di 
interferire 
con i 
pi� svariati 
settori 
ordinamentali, il 
che 
specialmente 
onde 
evitare 
che 
si 
realizzi 
indiscriminatamente: 
�la 
lesione 
di 
principi, diritti 
o attribuzioni 
che 
siano al 
lor 
volta costituzionalmente 
garantiti
� 
(24). 

ebbene, dal 
costante 
insegnamento della 
Corte 
costituzionale 
(25), come 
pure 
dal 
condiviso orientamento della 
prevalente 
dottrina, si 
ricava, anzitutto, 
un principio fondamentale: 
diversi 
interessi 
tra 
loro confliggenti 
debbono essere 
interpretati 
secondo criteri 
di 
armonica 
composizione 
e 
di 
reciproco coordinamento, 
senza 
mai 
precipitosamente 
giungere, 
perci�, 
a 
quel 
totale 
sacrificio di alcuni a beneficio di altri. 

Soltanto nell�ipotesi 
in cui 
il 
fruttuoso ricorso all�utilizzo di 
simili 
criteri 
non sia 
possibile 
dovr� 
allora 
porsi 
come 
necessario il 
procedere 
- con tutte 
le 
cautele 
del 
caso e 
con i 
supporti 
costituzionali 
che 
siano i 
pi� precisi 
possibili 


-ad un giudizio di 
prevalenza, impegnandosi, comunque, nel 
cercare 
di 
limitare 
al 
massimo 
la 
compressione 
degli 
interessi 
che 
si 
ritengano 
indispensabili 
sacrificare; in ossequio, del resto, al principio di proporzionalit�. 
Sotto questo profilo, ovvero in punto di 
analisi 
su quali 
possano essere 
gli 
interessi 
costituzionalmente 
confliggenti 
con 
quelli 
preordinati 
a 
legittimare 
la 
segretezza 
nel 
settore 
pubblico (ma 
ci� vale 
anche 
nel 
privato) appare 
particolarmente 
rilevante 
la 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero, disciplinata 
come 
noto 
-dalla 
disposizione 
di 
cui 
all�articolo 
21 
della 
Costituzione 
italiana. 

(24) g. AMATo, L�ispezione 
politica del 
parlamento, Milano, 1968, p. 67; 
appare 
altres� 
prezioso 
il 
riferimento 
a 
quanto 
sempre 
brillantemente 
sviluppato 
in 
g. 
AMATo, 
un 
altro 
mondo 
� 
possibile?, 
Milano, 
2006, pp. 7 ss.; 
per una 
serrata 
critica 
ai 
sistemi 
di 
controllo in democrazia, visti 
come 
un chiaro 
indicatore 
di 
arretramento della 
cultura 
dei 
diritti 
e 
caratterizzati 
da 
un'enfasi 
sproporzionata 
e 
strumentale 
del 
bisogno di 
sicurezza, si 
veda 
S. RoDoT�, Le 
due 
Torri, l�uso della forza e 
le 
nostre 
fragili 
democrazie, 
in La repubblica, 13 dicembre 2003. 
(25) 
Si 
veda, 
fra 
le 
tante, 
C. 
cost., 
sent. 
22 
dicembre 
1988, 
n. 
1130, 
par. 
2 
del 
Considerato 
in 
diritto. In quell�occasione 
la 
Consulta 
introdusse 
per la 
prima 
volta 
l�esplicito riferimento ad una 
�proporzionalit� 
in senso stretto� 
nei 
rapporti 
tra 
diritti 
fondamentali. Per ulteriori 
sviluppi, pi� recenti, si 
confrontino anche 
C. cost., sent. 28 novembre 
2012, n. 264 e, soprattutto, sent. 9 maggio 2013, n. 85. 
Quest�ultima, in particolare, concerneva 
un noto 
hard case, ovvero il 
celebre 
caso ILVA. un giudizio in 
cui 
la 
Corte, a 
fronte 
dell�interruzione 
dei 
lavori 
delle 
acciaierie 
ILVA 
di 
Taranto, fu chiamata 
a 
doversi 
pronunciare 
sull�esigenza 
di 
preservare 
un�attivit� 
economica 
di 
grande 
impatto nella 
societ� 
italiana 
ed europea, in specie 
per l�enorme 
mole 
di 
posti 
di 
lavoro messi 
a 
rischio dagli 
effetti 
irreversibili 
dello 
spegnimento dell�alto forno. ebbene, la 
Corte 
costituzionale 
puntualizz� il 
fatto che 
la 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali 
dovesse 
essere 
necessariamente 
�sistemica e 
non frazionata� 
(sul 
punto si 
veda 
il 
par. 9 
del 
Considerato in diritto), sottolineando, segnatamente, che 
il 
giudice 
delle 
leggi 
- nell�ambito della 
propria 
attivit� 
ermeneutica 
- sia 
chiamato a 
dover far uso, nel 
proprio giudizio di 
bilanciamento, dei 
fondamentali 
criteri 
di 
ragionevolezza 
e 
proporzionalit�, secondo una 
valutazione 
in cui 
non potrebbe 
mai pressoch� esserci quel totale sacrificio di un interesse a completo scapito dell�altro. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


Trattasi 
di 
un 
diritto 
di 
libert� 
che 
autorevole 
parte 
della 
dottrina 
ha 
riconosciuto 
essere 
come 
un 
diritto 
dalla 
natura 
�squisitamente 
individuale�, 
in 
antitesi, 
perci�, 
a 
certe 
altre 
impostazioni 
che 
ne 
avrebbero, 
al 
pi�, 
semplicisticamente 
individuato 
la 
ratio 
nella 
natura 
di 
un 
diritto 
�oggettivamente 
funzionale 
all'individuo�. 


In particolare 
si 
deve 
a 
Carlo esposito una 
delle 
pi� approfondite 
analisi 
in materia (26). 

esposito, 
in 
base 
a 
diverse 
e 
persuasive 
argomentazioni 
-quali 
quelle 
fondate 
sulla 
collocazione 
dell'articolo 
21 
nel 
Titolo 
relativo 
ai 
rapporti 
civili, 
sull'attribuzione 
di 
questo 
diritto 
�a 
tutti� 
e 
non 
soltanto 
ai 
cittadini, 
sulla 
completa 
mancanza 
di 
ogni 
accenno 
a 
qualsivoglia 
funzione 
sociale 
o 
politica 
(contrariamente 
alle 
esplicite 
formulazioni 
presenti 
per altri 
tipi 
di 
diritti 
costituzionalmente 
garantiti), 
nonch� 
sulla 
base 
delle 
stesse 
indicazioni 
offerteci 
dai 
Padri 
costituenti 
nei 
lavori 
preparatori 
della 
Costituzione 
- ha 
proceduto 
ad una 
vera 
e 
propria 
�ricostruzione� 
della 
natura 
del 
diritto di 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero, 
ravvisandone 
il 
carattere 
di 
un 
diritto 
�individuale�, 
riferibile, 
cio�, 
al 
novero 
di 
quei 
diritti 
inviolabili 
dell'uomo 
che 
la 
Repubblica 
riconosce 
e 
garantisce 
sia 
come 
singolo 
sia 
nelle 
formazioni 
sociali 
ove 
si 
svolga la sua personalit�. 

ora, 
sempre 
esposito 
ha 
tenuto, 
in 
ogni 
caso, 
a 
puntualizzare 
che, 
indubbiamente, 
dalla 
affermata 
natura 
�individuale� 
di 
un 
diritto 
di 
libert� 
non 
si 
voglia, 
e 
non 
si 
possa, 
assolutamente 
farne 
discendere 
i 
caratteri 
di 
un 
diritto 
a 
s� 
stante, 
che 
una 
volta 
riconosciuto 
dalla 
comunit� 
statuale 
venga 
poi 
ad 
esercitarsi 
ed 
esplicarsi 
al 
di 
fuori 
dell'ambito 
della 
comunit� 
statuale 
stessa 
-ovvero 
di 
un 
diritto 
riconosciuto 
dall'ordinamento 
al 
singolo 
isolato 
e 
fuori 
dall'ordinamento 
stesso 
-bens� 
che 
�alcuni 
diritti 
sono 
attribuiti 
all'uomo 
come 
tale 
e 
a 
vantaggio 
dell'uomo, 
al 
singolo 
per 
ci� 
che 
essi 
rappresentano 
per 
esso 
singolo 
nelle 
sue 
qualit� 
universali 
o 
per 
l'appagamento 
egoistico 
dei 
suoi 
bisogni 
e 
desideri 
individuali� 
(27); 
altri 
diritti, 
all�opposto, 
giungerebbero 
ad 
essere 
attribuiti 
all�individuo 
nella 
propria 
qualit� 
�specifica� 
di 
membro 
-ovverosia 
di 
partecipe 
-di 
una 
comunit� 
statale 
e 
per 
le 
funzioni 
che 
in 
essa 
sia 
chiamato 
concretamente 
a 
dover 
esplicare, 
sicch� 
la 
partecipazione 
alla 
comunit� 
finirebbe, 
in 
questi 
casi, 
per 
determinarne 
i 
contenuti 
ed 
i 
limiti 
stessi 
di 
quel 
diritto 
(cos� 
come 
accade 
per 
il 
diritto 
di 
voto, 
ad 
esempio). 


Quando, 
invece, 
si 
proclama 
che 
la 
Costituzione 
garantisce 
il 
diritto 
della 
libera 
manifestazione 
del 
pensiero, si 
intende 
attribuirne 
la 
garanzia 
costitu


(26) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, pp. 7 ss. 
(27) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, p. 8. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


zionale 
del 
suo esercizio al 
singolo come 
tale 
ed indipendentemente 
da 
qualsiasi 
vantaggio o dagli svantaggi che allo Stato possa derivarne. 

Ne 
discende 
che 
l'esercizio 
del 
diritto 
di 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
(sia 
esso 
relativo 
a 
tematiche 
afferenti 
allo 
Stato 
quanto 
a 
qualsiasi 
altro 
concreto 
ed 
attuale 
problema 
politico) 
non 
si 
trover� 
mai 
ad 
essere 
riconosciuto 
in 
una 
misura 
differente 
a 
seconda 
del 
tipo 
di 
manifestazione 
esternata, 
potendo, 
perci�, 
attenere 
ai 
pi� 
possibili 
e 
disparati 
oggetti; 
per 
questo 
motivo 
ogni 
limitazione 
all'esercizio 
della 
libert� 
di 
pensiero 
-quand�anche 
potenzialmente 
incidente 
sullo 
stesso 
svolgimento 
della 
vita 
statuale 
-dovr� 
necessariamente 
trovare 
il 
proprio 
fondamento 
in 
precise 
e 
ben 
determinate 
disposizioni 
costituzionali 
che 
ne 
giustifichino 
l'affermazione 
della 
relativa 
�compressione�. 


Il 
che, del 
resto, dovrebbe 
far riflettere 
su come 
siano errati 
tutti 
i 
diffusi 
tentativi 
in 
dottrina 
di 
�configurare� 
questo 
diritto 
come 
esclusivamente 
diretto 
a 
garantire 
ai 
singoli 
l�effettiva, 
e 
principale, 
possibilit� 
di 
concorrere 
alla 
vita 
politica 
nazionale; 
se 
non altro, perch�: 
�non la democraticit� dello Stato ha 
per 
conseguenza il 
riconoscimento di 
questa libert� ma le 
ragioni 
ideali 
del 
riconoscimento 
di 
quella 
libert� 
portano, 
tra 
le 
tante 
conseguenze, 
anche 
alla 
affermazione dello Stato democratico� 
(28). 


esiste, 
comunque, 
un 
nesso 
inscindibile 
tra 
la 
proclamazione 
della 
democraticit� 
dello Stato e 
la 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero, ossia 
che: 
�quella libert� nella sua pienezza e 
con i 
soli 
limiti 
che 
ad essa siano specificamente 
imposti 
da 
particolari 
disposizioni 
costituzionali 
� 
ritenuta 
incontrovertibilmente 
utile 
allo 
svolgimento 
di 
una 
vita 
democratica, 
e 
che 
la 
dichiarazione 
che 
lo Stato � 
democratico, niente 
aggiunge 
e 
niente 
toglie 
alla 
solenne e specifica proclamazione di libert�� 
(29). 


Tra 
le 
righe 
pu� facilmente 
intendersi 
che 
ogni 
limitazione 
al 
diritto di 
libera 
manifestazione 
del 
pensiero 
debba 
-in 
qualsiasi 
caso, 
come 
anche 
in 
quello particolare 
di 
un�attivit� 
secretata 
- riposare 
su individuabili 
e 
ben determinate 
disposizioni costituzionali giustificatrici. 

Da 
qui 
l�inevitabile 
contemperamento 
del 
riconoscimento 
del 
diritto 
di 
libera 
manifestazione 
del 
pensiero 
con 
la 
garanzia 
di 
altri 
diritti 
fondamentali, 
nonch� di altri interessi, pure essi consacrati dalla Costituzione (30). 

Pi� in particolare, e 
per quanto qui 
interessa 
il 
possibile 
rapporto intercorrente 
tra 
le 
limitazioni 
alla 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero e 
gli 
antitetici 
interessi 
costituzionalmente 
idonei 
a 
legittimare 
la 
segretezza, sarebbe 
opportuno 
focalizzare 
l�analisi 
sui 
limiti 
(oggettivi) 
frapposti 
alla 
disciplina 
dell�articolo 21 della Carta costituzionale. 

(28) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, p. 12. 
(29) C. eSPoSITo, op. cit., p. 12. 
(30) C. eSPoSITo, op. cit., pp. 27 ss. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero - sebbene 
fondamentale 
diritto 
individuale, costituzionalmente 
garantito - non gode, infatti, di 
una 
tutela 
assoluta 
ed illimitata. 

Dei 
limiti 
oggettivi 
sussistono, per esempio, allorch� 
si 
escluda 
dal 
relativo 
ambito di 
tutela 
e 
garanzia 
ogni 
manifestazione 
del 
pensiero che 
non sia 
effettivamente 
rispondente 
alle 
interiori 
persuasioni 
ed all'interiore 
convincimento 
dell'autore: 
segnatamente 
per 
tutti 
quei 
tipi 
di 
affermazione 
o 
negazione 
esternate 
bens� 
non corrispondenti 
alle 
effettive 
convinzioni 
e 
valutazioni 
interiori 
sarebbe 
consentito al 
legislatore 
ordinario di 
vietare 
e 
punire 
il 
subiettivamente 
falso, 
la 
menzogna, 
la 
reticenza, 
il 
dolo, 
l'inganno, 
il 
raggiro 
e 
la 
frode 
in vantaggio della 
fede 
pubblica 
- in generale 
- come 
pure 
di 
altri 
interessi 
costituzionalmente 
preposti 
a 
tutelare 
i 
�prevalenti� 
valori 
dei 
singoli 
ovvero 
della 
collettivit�; 
il 
che, 
naturalmente, 
ove 
sia 
raggiunta 
la 
tangibile 
prova 
di 
una 
effettiva 
divergenza 
dell'espressione 
manifestata 
dall'interiore 
pensiero 
dell�autore (31). 

Si 
rende, 
tuttavia, 
doverosa 
una 
puntualizzazione, 
anche 
al 
fine, 
fra 
l�altro, 
di 
una 
migliore 
distinzione 
tra 
la 
definizione 
del 
concetto di 
reticenza, da 
un 
lato, e 
l�ambito oggettivo del 
diritto di 
libert� 
di 
manifestazione 
di 
pensiero, 
dall�altro, nonch� 
per una 
pi� chiara 
esposizione 
dei 
rapporti 
intercorrenti 
tra 
la reticenza e l�obbligo impositivo della segretezza. 


I limiti 
oggettivi 
alla 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero si 
rapportano 
non 
solo 
ad 
una 
libert� 
�positiva� 
(libert� 
di 
manifestare 
con 
la 
parola, 
lo 
scritto ed ogni 
altro mezzo di 
diffusione, il 
proprio pensiero), bens� 
anche 
ad 
una 
sua 
dimensione 
�negativa�, intesa 
quale 
diritto costituzionalmente 
garantito 
a 
poter liberamente 
astenersi 
dal 
manifestare 
quanto in oggetto di 
un proprio 
pensiero. 

Codesta 
estensione 
oggettiva, tuttavia, ben potrebbe 
essere 
soggetta 
a 
restringimenti 
in 
tutti 
i 
casi 
in 
cui 
si 
veda 
ridimensionata 
da 
esplicite 
od 
implicite 
deroghe 
che 
sia 
la 
Costituzione 
stessa 
a 
poter 
ammettere, 
in 
rapporto 
alla 
tutela 
di finalit� ritenute, cio�, preminenti. 

� 
per questo che, in taluni 
casi 
costituzionalmente 
garantiti, resterebbero 
escluse 
dall�ambito di 
tutela 
ex 
articolo 21 quelle 
manifestazioni 
del 
pensiero 
non rispondenti 
alle 
interiori 
persuasioni 
od all�interiore 
pensiero dell�autore, 
quelle 
affermazioni 
o negazioni, cio�, non effettivamente 
corrispondenti 
alle 
reali 
convinzioni 
e 
valutazioni 
interne; 
in questi 
casi, infatti, altri 
interessi 
costituzionalmente 
tutelati 
verrebbero in rilievo, quali 
la 
fede 
pubblica 
nonch�, 
soprattutto, 
la 
fondamentale 
garanzia 
della 
potest� 
di 
accertamento 
ed 
inchiesta 
riconosciute 
tanto 
alle 
Autorit� 
giudiziarie 
quanto, 
per 
altro, 
in 
casi 
particolari 


- come quelli delle procedure di inchiesta parlamentari - non giudiziarie. 
(31) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, pp. 36 ss. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


La 
fede 
pubblica 
e 
la 
garanzia 
di 
accertamento ed inchiesta 
processuale, 
infatti, rischierebbero di 
rimanere 
del 
tutto frustrate 
ed irrealizzate 
se 
non vi 
fosse 
la 
"costituzionalmente 
garantita" 
impossibilit� 
di 
divergenza 
tra 
quanto 
oggettivamente 
manifestato 
e 
quanto 
subiettivamente 
conosciuto 
(32). 
ed 
� 
per questa 
pregnante 
motivazione 
che 
resta 
esclusa, in tali 
casi, la 
garanzia 
di 
libert� 
ex 
art. 21 Cost. 

Pi� semplicemente 
� 
ben possibile 
che 
la 
libert� 
negativa 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
-quale 
diritto 
ad 
astenersi 
dal 
manifestare 
quanto 
in 
oggetto 
di 
propria 
coscienza 
e 
conoscenza 
-ceda 
il 
passo 
ad 
interessi 
costituzionalmente 
ritenuti 
superiori, quali 
- nel 
caso della 
tutela 
della 
potest� 
di 
accertamento 
ed 
inchiesta 
dell'autorit� 
giudiziaria 
-il 
buon 
andamento 
della 
giustizia 
e la ricerca della verit� dei fatti (33). 

In 
questi 
casi, 
l�originaria 
libert� 
�negativa� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
verrebbe 
a 
tramutarsi, sulla 
base 
di 
una 
differente 
valutazione 
costituzionale 
degli 
interessi 
in 
gioco, 
nell'altra 
sua 
faccia 
della 
medaglia, 
ossia 
nella 
reticenza, 
quale 
tipica 
condotta 
omissiva 
caratterizzata 
da 
un pregnante 
e 
particolare 
tipo di 
disvalore 
giuridico, consistente 
nella 
propria 
interiore 
volont� 
di 
sottrarre 
il 
personale 
e 
peculiare 
apporto 
collaborativo 
necessario 
al 
fine 
della 
preziosa 
realizzazione 
del 
buon 
andamento 
e, 
soprattutto, 
del 
regolare 
funzionamento 
dell'amministrazione 
della 
giustizia 
e 
del 
buon 
andamento 
dell�attivit� giudiziaria (34). 

ebbene, tale 
ricostruzione 
- fermo restando la 
necessaria 
distinzione 
tra 
la 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero nella 
propria 
accezione 
negativa 
e 
la 
reticenza 
-mi 
era 
cara 
affinch� 
poter 
procedere 
ad 
un�ulteriore 
-fondamentale 
-differenziazione 
giuridica, 
intercorrente 
tra 
la 
reticenza, 
da 
un 
lato, 
e 
l�adempimento 
di 
un 
obbligo 
di 
segretezza 
discendente 
dall�esercizio 
dei 
poteri 
di 
un pubblico ufficio, dall�altro lato. 

Si 
tratta 
di 
una 
situazione, 
invero, 
peculiare, 
nella 
misura 
in 
cui 
il 
pubblico 
ufficiale 
sia 
vincolato all�obbligo di 
segretezza 
sebbene 
soggettivamente 
legittimato 
all'esercizio 
della 
prerogativa 
costituzionale 
di 
libera 
manifestazione 
del 
pensiero (il 
che 
sia 
sotto l�accezione 
positiva 
che 
sotto quella 
negativa): 
in 
chiaro 
ed 
�apparente� 
contrasto 
con 
lo 
spirito 
della 
disposizione 
dell'articolo 


(32) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, p. 35. 
(33) 
Analoghe 
argomentazioni, 
mutatis 
mutandis, 
si 
pongono, 
per 
altro, 
alla 
base 
delle 
limitazioni 
al 
cosiddetto diritto di 
cronaca 
giornalistico. In dottrina, ex 
multis, A. ToRReNTe 
- P. SChLeSINgeR, manuale 
di Diritto privato, Milano, 2017, pp. 141-142. 
(34) giova, in proposito, riportare 
il 
contenuto dell�art. 372 del 
codice 
penale. �Chiunque, deponendo 
come 
testimone 
innanzi 
all�autorit� giudiziaria, afferma il 
falso o nega il 
vero, ovvero tace, in 
tutto o in parte, ci� che 
sa intorno ai 
fatti 
sui 
quali 
� 
interrogato, � 
punito con la reclusione 
da due 
a 
sei anni�. 
Circa 
l�interpretazione 
del 
bene 
giuridico tutelato si 
veda, per tutti, g. FIANDACA 
- e. MuSCo, Diritto 
penale, Parte speciale, Volume I, bologna, 2007, pp. 373-382. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


21; 
giacch� 
nel 
caso in cui 
intendesse 
manifestare 
"positivamente" 
la 
libert� 
del 
proprio pensiero (con la 
parola, lo scritto e 
qualsiasi 
altro mezzo di 
diffusione) 
in merito ad un oggetto segretato sarebbe 
obbligato a 
'non dire', mentre 
nel 
caso in cui 
volesse 
astenersi 
"negativamente" 
dal 
comunicare 
ci� che 
� 
in 
oggetto di 
propria 
conoscenza 
- acquisita 
per il 
tramite 
di 
informazioni 
pervenutegli 
mediante 
un�attivit� 
connessa, per esempio, con l�apposizione 
del 
segreto 
di 
Stato 
-sar� 
comunque 
vincolato 
(e 
senza 
possibilit� 
di 
scelta) 
a 
'dover 
non dire' 
(si 
pensi, ad esempio, al 
caso dei 
funzionari 
del 
Sistema 
di 
Informazione 
per 
la 
Sicurezza 
della 
Repubblica 
imputati 
per 
la 
commissione 
di 
un 
reato legato alla propria attivit� informativa). 

ebbene, 
codeste 
logiche 
considerazioni, 
in 
termini 
puramente 
astratti, 
costituiscono 
la 
naturale 
premessa 
che 
conduce 
ad interrogarci 
sul 
perch�, nel 
particolar 
caso 
concreto, 
sia 
possibile 
un 
legittimo 
obbligo 
impositivo 
della 
segretezza, 
interrogandosi 
sulla 
concreta 
motivazione 
giuridica 
in 
base 
alla 
quale 
si 
verrebbe 
a 
poter essere 
legittimamente 
esclusi 
dall�ambito della 
garanzia 
di 
un diritto fondamentale 
come 
la 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero; 
ponendosi, in particolare, al 
di 
sotto dell�angolazione 
visuale 
di 
colui 
il 
quale 
venisse 
a 
conoscenza 
di 
un segreto in quanto l�oggetto di 
quel 
segreto 
fosse 
strumentale 
rispetto 
all�esercizio 
delle 
proprie 
funzioni 
istituzionali, 
espletate 
in 
adempimento 
di 
precise 
prescrizioni 
contemplate 
dalla 
Costituzione 
e dalle leggi. 

ora, escluse 
dall�ambito oggettivo della 
garanzia 
ex 
art. 21 devono ritenersi 
-oltre 
alle 
manifestazioni 
non corrispondenti 
alle 
interiori 
persuasioni 
dell�autore 
e 
comunicate 
sotto forma 
di 
reticenza, dolo o inganno - l�insieme 
di 
quelle 
diffusioni 
di 
pensiero 
e 
di 
notizie 
che, 
secondo 
forma 
e 
sostanza, 
fossero 
considerabili 
come 
giuridicamente 
altrui, sicch� 
�la diffusione 
� 
'riservata' 
ad altro soggetto o sottoposta all�altrui consenso� 
(35). 

Qui, e 
solo qui, a 
ben riflettere, pu� avere, ad esempio, fondamento la 
tutela 
della 
propriet� 
letteraria, quivi 
non possono che 
trovare 
una 
sicura 
giustificazione 
-rispetto 
alla 
loro 
contrariet� 
con 
l�art. 
21 
-le 
norme 
impositive 
dell�obbligo di 
segretezza 
nei 
confronti 
di 
un pubblico ufficiale; 
visto, � 
bene 
ripeterlo, 
al 
di 
sotto 
dell�angolazione 
visuale 
di 
una 
sussistenza 
del 
legame 
intercorrente 
tra 
un 
fatto 
(ma 
ben 
potrebbe 
essere 
un�informazione, 
un 
documento, 
un 
atto 
od 
una 
attivit� 
) 
ed 
un 
soggetto 
investito 
dell�esercizio 
di 
funzioni 
pubbliche 
finalizzate 
alla 
cura 
di 
quel 
fatto, sicch� 
al 
titolare 
di 
codeste 
funzioni 
ben potrebbe 
venire 
ad essere 
"riservato" 
di 
ricevere 
e 
dare 
notizia 
del fatto stesso. 


Detto in altre 
parole, sarebbe 
proprio la 
relazione 
sussistente 
tra 
la 
titolarit� 
di 
un ufficio pubblico e 
le 
notizie 
ed informazioni 
afferenti 
all�esercizio 


(35) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, pp. 37-38. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


delle 
funzioni 
di 
quell�ufficio (36) (espressione 
del 
cosiddetto rapporto d�ufficio 
(37)) 
a 
dover 
giustificare 
l�imposizione 
del 
segreto 
e 
la 
relativa 
�compressione� 
del 
diritto 
di 
libert� 
ex 
art. 
21, 
trattandosi 
di 
fatti 
o 
di 
notizie 
acquisite 
dalla 
persona 
come 
titolare 
di 
quell�ufficio, 
in 
veste 
funzionale, 
avendo riguardo, cio�, ad un oggetto di 
scienza 
appartenente 
non in proprio a 
quella 
persona, bens� 
all�ufficio di 
cui 
la 
stessa 
�, per l�appunto, titolare 
(38). 

Sarebbero 
queste, 
pertanto, 
alcune 
delle 
inevitabili 
premesse 
da 
anteporre 
in 
ogni 
caso 
in 
cui 
si 
volesse, 
poi, 
affrontare 
l�ulteriore 
discorso 
degli 
strumenti 
di 
tutela 
penale 
preposti 
in favore 
della 
garanzia 
dei 
vincoli 
derivanti 
dal 
segreto 
di 
Stato o d�ufficio, se 
non altro per poter arrivare 
a 
cogliere 
la 
ratio 
e 
il 
perch�, 
dunque, 
di 
una 
limitazione 
ad 
una 
libert� 
cos� 
fondamentale 
come 
quella di libera manifestazione del pensiero. 


In 
ogni 
caso, 
pu� 
pacificamente 
sostenersi 
-pi� 
in 
generale 
-che 
qualsiasi 
obbligo impositivo dei 
vincoli 
di 
segretezza 
sarebbe 
indiscutibilmente, e 
radicalmente, 
illegittimo 
in 
assenza 
di 
altrettante 
disposizioni 
costituzionali 
(39) 
che 
- esplicitamente 
o implicitamente 
- lo sorreggessero; 
il 
che 
a 
necessario 
bilanciamento, se 
non altro, della 
garanzia 
di 
altre 
fondamentali 
disposizioni 
costituzionali, 
tra 
le 
quali, 
come 
appena 
visto, 
spicca, 
in 
particolare, 
la 
generale 
tutela della libert� fondamentale di manifestazione del pensiero (40). 


� 
pur vero che 
ben pochi 
siano gli 
interessi 
generali 
non ricompresi 
al 
di 
sotto 
delle 
enunciazioni, 
esplicite 
od 
implicite, 
contemplate 
nel 
testo 
della 
Carta 
costituzionale, sicch�, oltre 
ad affermarsi 
la 
necessariet� 
d�una 
giustificazione 
della 
segretezza 
alla 
luce 
della 
sussistenza 
di 
un interesse 
costituzionalmente 
apprezzabile, 
sarebbe 
altres� 
indispensabile 
il 
verificare, 
caso 
per 
caso, che 
l�interesse 
�a 
cuore� 
sia 
anche 
identificabile: 
�come 
fattore 
reale 
e 
non meramente 
potenziale� 
(41); 
ci� al 
fine 
decisivo di 
poter risultare 
prevalente 
in un eventuale giudizio di bilanciamento. 


(36) Sui 
caratteri 
propri 
dell��immedesimazione 
organica� 
si 
vedano, ex 
multis, S. bATTINI, il 
personale, 
in S. CASSeSe 
(a 
cura 
di), istituzioni 
di 
Diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 131-193; 
pi� 
di recente, S. TARuLLo, manuale di Diritto amministrativo, bologna, 2017, pp. 135-138. 
(37) Sul 
rapporto d�ufficio, ex 
multis, S. bATTINI, rapporto di 
ufficio e 
rapporto di 
servizio, in S. 
CASSeSe 
(a cura di), istituzioni di Diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 131-132. 
(38) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, p. 39. 
(39) 
C. 
eSPoSITo, 
La 
libert� 
di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell'ordinamento 
italiano, 
Milano, 
1958, p. 27 e pp. 35 ss. 
(40) Ex 
multis, in dottrina, A. gIuLIANI, osservazioni 
sul 
diritto all'informazione, in Studi 
in memoria 
di 
Domenico Pettiti, II, Milano, 1973, pp. 713-726; 
V. oNIDA, i principi 
fondamentali 
della Costituzione, 
in g. AMATo 
- A. bARbeRA 
(a cura di), manuale di Diritto pubblico, bologna, 1984, p. 119. 
In particolare, secondo quanto autorevolmente 
e 
incisivamente 
ricostruito in dottrina, se 
il 
principio di 
pubblicit� 
� 
funzionale 
- fra 
le 
altre 
cose 
- alla 
capacit� 
di 
�sviluppare 
una propria visione 
del 
mondo, 
sulla 
base 
della 
quale 
assumere 
decisioni, 
formulare 
scelte 
[di 
partecipazione 
politica]� 
allora 
essa 
�costituisce 
[...] 
l'altra faccia della libert� di 
manifestazione 
del 
pensiero�, g. AReNA, Trasparenza, in S. 
CASSeSe 
(a cura di), Dizionario di Diritto Pubblico, Milano, 2006, p. 5949. 
(41) g. PALoZZI, La tutela processuale del segreto di Stato, Milano, 1983, pp. 89-91. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


Tutte 
considerazioni 
queste 
che 
non possono che 
circoscrivere 
nella 
maniera 
pi� stringente 
la 
segretezza 
nel 
settore 
pubblico, che 
da 
eccezione 
alla 
regola 
non pu� - e 
non deve 
- far venir meno la 
regola 
generale 
stessa; 
cos� 
da 
andare 
ad escludere 
a 
priori 
- per logica 
conseguenza 
- ogni 
forma 
di 
segretezza 
illimitata nel tempo. 


Autorevole 
parte 
della 
dottrina, sul 
punto, ha, non casualmente, evidenziato 
proprio che 
poich� 
il 
potere 
sovrano � 
conferito ed esercitato nell'interesse 
e 
per 
conto 
del 
popolo, 
quello 
stesso 
potere 
dovr� 
poter 
essere 
controllato 
dal 
popolo (42) e 
dal 
popolo sempre 
riconoscibile; 
da 
qui, pertanto, l�ammissibilit� 
del 
solo 
segreto 
�provvisorio� 
e 
�parziale�, 
da 
ammettere, 
in 
via 
di 
eccezione, in rapporto alle: 
�specifiche finalit� giustificanti� 
(43). 


Invero, nella 
nostra 
forma 
di 
Stato costituzional-democratica, appunto, il 
principio della 
pubblicit� 
costituisce 
la 
regola 
del 
diritto pubblico nonch�, per 
altro, 
uno 
degli 
elementi 
essenziali 
e 
supremi 
dell�ordinamento 
costituzionale 
(44), 
posto 
che, 
ex 
art. 
1 
Cost., 
�la 
sovranit� 
appartiene 
al 
popolo, 
che 
la 
esercita 
nelle 
forme 
e 
nei 
limiti 
della 
Costituzione�: 
ed 
� 
indubbio 
che 
la 
forma 
paradigmatica 
di 
esercizio della 
sovranit� 
prescelta 
sia 
quella 
propria 
di 
una 
democrazia 
rappresentativa 
(pur con tutti 
i 
suoi 
limiti, appunto (45)) in cui, 


(42) 
Sulla 
nevralgica 
centralit� 
che 
assume 
il 
�controllo 
del 
popolo 
sui 
governanti� 
nell'ordinamento 
democratico, 
nonch� 
sulle 
pregnanti 
esigenze 
di 
visibilit� 
(pubblicit�) 
del 
potere 
che 
ne 
conseguono 
si 
confronti, 
particolarmente, 
g.u. 
ReSCIgNo, 
La 
responsabilit� 
politica, 
Milano, 
1967, 
pp. 
132 
ss. 
(43) u. SCARPeLLI, La democrazia e 
il 
segreto, in il 
segreto nella realt� giuridica italiana, Atti 
del 
Convegno nazionale 
(Roma, ottobre 
1981), Padova, 1983, p. 625 nonch�, specialmente, pp. 638648. 
(44) In particolare, sui 
principi 
supremi 
dell�ordinamento costituzionale 
- da 
intendersi 
quali 
peculiari 
limiti 
impliciti 
frapposti 
al 
potere 
di 
revisione 
costituzionale, 
in 
quanto 
vera 
e 
propria 
espressione 
di 
un nucleo intangibile 
della 
Carta 
costituzionale 
- si 
veda, ex 
multis, in dottrina 
g. MoRbIDeLLI 
- L. 
PeRgoRARo 
- A. RePoSo 
- M. VoLPI, Diritto Pubblico comparato, Torino, 2009, pp. 80-84. In giurisprudenza 
appare 
significativo richiamare 
una 
celeberrima 
pronuncia 
sul 
punto: 
C. cost., sent. 29 dicembre 
1988, n. 1146, par. 2.1 del Considerato in diritto. 
(45) Laddove 
- come 
pu� ben intuirsi 
- il 
riferimento ai 
�limiti� 
viene 
qui 
utilizzato in modo del 
tutto 
ambiguo 
ed 
ambivalente: 
volendo 
alludere 
sia 
ai 
limiti 
(�oggettivi�) 
costituzionalmente 
contemplati 
per l�esercizio della 
nostra 
forma 
di 
sovranit� 
popolare 
di 
carattere 
rappresentativo (con la 
disciplina 
di 
pochi 
istituti 
di 
democrazia 
diretta, 
che, 
invero, 
nella 
maggioranza 
degli 
ordinamenti 
democratici 
restano, 
ancora, del 
tutto eccezionali 
e 
di 
carattere 
integrativo rispetto all�attivit� 
degli 
organi 
rappresentativi) 
che, dall�altra 
parte, a 
quel 
genere 
di 
�limiti� 
(o, meglio, di 
limitazioni 
di 
natura 
fisiologica/patologica) 
che 
ben potremmo, quasi, definire 
come 
�soggettivamente� 
e 
potenzialmente 
tipici 
di 
ogni 
democrazia 
rappresentativa. 
Sugli 
istituti 
di 
democrazia 
diretta 
si 
confronti, 
ex 
multis, 
g. 
MoRbIDeLLI 
-L. 
PeRgoRARo 
-A. RePoSo 
- M. VoLPI, Diritto Pubblico comparato, Torino, 2009, pp. 371-379. 
Il 
dibattito 
recente 
in 
merito 
ai 
limiti 
nonch� 
alle 
concrete 
problematiche 
sottese 
alla 
rappresentanza 
parlamentare 
� 
stato molto acceso e 
nutrito, si 
confrontino, 
ex 
multis, senza 
pretese 
di 
esaustivit�, A. 
MoReLLI, La democrazia rappresentativa. Declino di 
un modello?, Milano, 2015; 
L. buFFoNI, La rappresentazione 
del 
Parlamento, in osservatorio sulle 
fonti, n. 3/2016, pp. 1-17; 
M. FRAu, L�attualit� del 
parlamentarismo 
razionalizzato, 
in 
Nomos. 
Le 
attualit� 
nel 
diritto, 
n. 
3/2016; 
C. 
MeoLI, 
Sulla 
crisi 
della 
rappresentanza parlamentare 
e 
il 
transfughismo, in Giustamm., n. 9/2016; 
P. bILANCIA, Crisi 
nella democrazia 
rappresentativa e 
aperture 
a nuove 
istanze 
di 
partecipazione 
democratica, in Federalismi.it, 
n. 1/2017; 
g. CAVAggIoN, La democrazia rappresentativa e 
le 
sfide 
della societ� multiculturale, in Fe

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


vale 
a 
dire, 
la 
pubblicit� 
costituisce 
un 
indefettibile 
prius 
logico 
necessario 
per 
permettere 
di 
verificare 
che 
la 
�delega 
del 
potere 
popolare� 
sia 
correttamente 
esercitata (46). 


Il 
che 
se 
pu� apparire 
come 
un incontrovertibile 
assioma 
non postula, di 
per s�, che il principio di pubblicit� sia (o debba essere) assoluto. 


Da 
nessuna 
parte, infatti, � 
scritto o � 
disposto che 
la 
segretezza 
debba 
essere 
bandita 
o completamente 
esclusa, al 
contrario: 
�[�] 
la segretezza pu� 
essere 
opportuna 
in 
relazione 
a 
certe 
discussioni 
delle 
Commissioni 
Parlamentari, 
a 
certi 
atti 
di 
procedimenti 
penali, 
ad 
alcune 
politiche 
monetarie 
che 
si 
basano sull�effetto �sorpresa�, per 
non parlare 
di 
molte 
azioni 
di 
politica 
internazionale 
e 
diplomatica e 
di 
molte 
operazioni 
degli 
apparati 
di 
intelligence 
tese a tutelare la sicurezza dei cittadini� 
(47). 

� 
la 
stessa 
Costituzione 
ad ammettere 
le 
(opportune) limitazioni 
al 
principio 
di 
pubblicit� 
allorch� 
lo esiga, ad esempio, il 
corretto ed indipendente 
funzionamento delle 
attivit� 
parlamentari 
(come 
pu� chiaramente 
desumersi 
dagli 
articoli 
64, comma 
2, e 
82 Cost.) (48) nonch� 
nei 
casi 
in cui 
si 
renda 
necessario 
garantire 
l�effettivit� 
e 
l�efficienza 
delle 
indagini 
investigative 
del-
l�Autorit� 
giudiziaria 
(come 
ben si 
pu� serenamente 
interpretare 
ex 
artt. 82, 
111 
e 
112 
Cost.) 
(49) 
ovvero 
nelle 
peculiari 
ipotesi 
di 
tutela 
della 
fondamentale 
ed imprescindibile 
salus 
rei 
pubblicae 
(ex 
artt. 
1, 5, 52, 126 e 
139 Cost.) (50). 


In altre 
parole, il 
principio fondamentale 
di: 
�pubblicit�, pur 
essendo regola 
di 
base 
della 
convivenza 
democratica, 
non 
assurge 
in 
nessun 
ordinamento 
costituzionale 
al 
rango di 
valore 
assoluto� 
(51), tanto � 
vero che: 
�il 
segreto 
[�] 
pu� 
[�] 
[ben] 
essere 
[comunque] 
lo 
strumento 
per 
limitare 
la 
cognizione 
di 
certe 
informazioni 
in nome 
della tutela di 
[controbilanciati] 
valori 
costituzionali 
di 
alto rilievo (come 
la salvaguardia dello Stato democratico) ovvero 
di 
principi 
fondamentali 
(ad 
es. 
la 
dignit� 
della 
persona 
umana) 
[�]. 
Tuttavia 
pi� che 
parlare 
di 
segreto bisognerebbe 
[a 
stretto rigore] 
parlare 
di 
segreti, 
(es. 
il 
segreto 
d�ufficio, 
il 
segreto 
industriale, 
il 
segreto 
professionale, 
il 
segreto 
processuale, il 
segreto bancario, il 
segreto postale, ecc.) ognuno dei 
quali 
� 


deralismi.it, n. 1/2017; 
L. VIoLANTe, Democrazie 
senza memoria, Torino, 2017; 
S. CASSeSe, La democrazia 
e 
i 
suoi 
limiti, 
Milano, 
2017; 
I. 
DIAMANTI, 
alla 
periferia 
della 
crisi. 
il 
populismo 
e 
il 
disagio 
della democrazia rappresentativa, in Stato e mercato, n. 1/2018, pp. 117-126. 


(46) Appare 
utile 
sul 
punto il 
rimando al 
recente 
contributo di 
M.g. LoSANo, Trasparenza e 
segreto: 
una convivenza difficile nello Stato democratico, in Diritto Pubblico, n. 3/2017, pp. 657-682. 
(47) A. MuTTI, Trasparenza e 
segretezza nei 
sistemi 
democratici, in il 
mulino, n. 2/2015, p. 347. 
(48) Appare 
utile, sul 
punto, il 
rimando a 
quanto ricostruito in L. buFFoNI, La rappresentazione 
del Parlamento, in osservatorio sulle fonti, n. 3/2016, pp. 1-17. 
(49) Ex 
multis, g. boNgIoRNo, il 
divieto di 
pubblicare 
atti 
del 
processo penale: dalla tutela dei 
giurati alla tutela del segreto investigativo, in Foro it., n. 9/1995, pt. 2, pp. 525-532. 
(50) M. LuCIANI, il 
segreto di 
Stato nell�ordinamento nazionale, in AA. VV., il 
segreto di 
Stato. 
Evoluzioni normative e giurisprudenziali, Quaderno di intelligence-Gnosis, novembre 2011, pp. 9-27. 
(51) P. SILVeSTRI, 
La trasparenza amministrativa ed il 
segreto di 
Stato: la regola e 
l�eccezione, in 
A. ToRRe 
(a cura di), Costituzioni e sicurezza dello Stato, Santarcangelo di Romagna, 2013, p. 1147. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


normativamente 
previsto e 
regolato nel 
nostro ordinamento con una specifica 
disciplina 
che 
individua 
il 
titolo 
di 
legittimazione 
e 
le 
tecniche 
di 
tutela, 
ovvero 
determina il 
suo [potenziale 
ed elastico] 
grado di 
resistenza di 
fronte 
ad altri 
interessi egualmente meritevoli di tutela e con esso confliggenti�. 


gli 
istituti 
connotati 
di 
segretezza, 
per 
tutto 
ci�, 
si 
pongono 
nel 
diritto 
pubblico come 
delle 
forme 
peculiari 
di 
esercizio di 
potest� 
dal 
carattere 
�eccezionale�, 
precisamente 
funzionali, da 
un lato, rispetto alla 
tutela 
di 
un determinato 
soggetto 
giuridicamente 
legittimato 
e, 
dall�altro, 
finalizzati 
alla 
�delicata� 
realizzazione 
di 
interessi 
pubblici 
costituzionalmente 
garantiti 
ed 
�astrattamente� 
controbilanciati 
rispetto 
al 
generale 
principio 
di 
pubblicit� 
(52) 
(poich� 
sul 
piano 
concreto 
s�imporr�, 
comunque, 
sempre 
come 
necessario 
l�irrinunciabile 
garanzia 
dell�osservanza 
-tanto 
da 
parte 
del 
legislatore, 
in 
primis, 
che 
dello stesso giudice 
delle 
leggi, in fase 
di 
ultima 
istanza 
contenziosa, in 
secondo luogo - degli 
imprescindibili 
principi 
di 
ragionevolezza 
e 
proporzionalit�) 
(53). 


Il 
che 
si 
snoda 
secondo 
uno 
schema 
pressoch� 
ricorrente, 
costituito 
su 
due 
elementi 
imprescindibili: 
in primo luogo sull�elemento tipico della 
�funzionalizzazione 
dell'attivit� 
di 
segretazione� 
rispetto agli 
interessi 
di 
un soggetto 
pubblico, il 
quale 
viene, perci�, a 
rivestire 
la 
natura 
di 
destinatario e 
di 
beneficiario 
della 
funzione 
di 
segretazione; 
in 
secondo 
luogo 
assume 
pregnante 
rilevanza 
la 
�finalit� 
pubblica� 
concretamente 
oggetto 
di 
soddisfacimento 
delle 
attivit� 
di 
segretazione, una 
finalit� 
costituzionalmente 
garantita 
e funzionalizzata, appunto, alla tutela degli interessi di un soggetto pubblico. 


Non 
sarebbe 
un 
caso 
che 
lo 
schema 
qui 
proposto 
si 
ripeta 
proprio 
nei 
principali 
tipi 
di 
segreto 
nel 
pubblico: 
cos� 
ad 
esempio, 
nel 
segreto 
d�indagine, 
anche 
noto come 
segreto investigativo. Qui 
l'attivit� 
di 
segretazione 
� 
preordinata 
prevalentemente 
allo scopo di 
una 
garanzia 
del 
buon andamento della 
giustizia 
(54), 
un 
interesse 
sicuramente 
meritevole 
d�una 
tutela 
costituzionale, 


(52) 
In 
dottrina 
� 
stato 
proprio 
efficacemente 
approfondito 
e 
studiato 
il 
carattere 
di 
"strumentalit�" 
proprio 
della 
pubblicit�, 
nonch�, 
per 
converso, 
dell'opposta 
segretezza, 
si 
confrontino, 
ex 
multis, 
F. 
MeR-
LoNI, Trasparenza delle 
istituzioni 
e 
principio democratico, in F. MeRLoNI 
(a 
cura 
di), La trasparenza 
amministrativa, 
Milano, 
2008, 
pp. 
7 
ss.; 
e. 
CARLoNI, 
L'amministrazione 
aperta. 
regole, 
strumenti, 
limiti 
dell'open government, Rimini, 2014, pp. 33 ss. 
(53) Per degli 
utili 
approfondimenti 
sul 
punto appare 
significativo il 
rimandare 
a 
quanto preziosamente 
ricostruito in g. PITRuZZeLLA, voce 
Segreto, i) Profili 
costituzionali, in Enciclopedia giuridica 
Treccani, Vol. XXXVIII, Roma, Istituto della 
enciclopedia 
Italiana, 1992, pp. 1 ss.; 
A. MoRRoNe, voce 
Bilanciamento 
(giustizia 
costituzionale), 
in 
Enciclopedia 
del 
diritto, 
Annali, 
Vol. 
2, 
tomo 
II, 
Milano, 
2008, pp. 185-204; 
ancora 
pi� di 
recente 
si 
confronti 
altres� 
A. MoRRoNe, il 
bilanciamento nello Stato 
costituzionale. Teorie 
e 
prassi 
delle 
tecniche 
di 
giudizio nei 
conflitti 
tra diritti 
e 
interessi 
costituzionali, 
Torino, 2014. 
(54) P. bARILe, Democrazia e 
segreto, in Quaderni 
costituzionali, n. 1/1987, pp. 32-33; 
sul 
tema 
inerente 
alle 
interrelazioni 
del 
segreto investigativo con la 
connessa 
problematica 
della 
garanzia 
del 
diritto 
di 
libera 
informazione 
si 
confronti, ex 
multis, M. ChIAVARIo, Diritto Processuale 
Penale, Torino, 
2013, pp. 464-465. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


cos� 
come 
astrattamente 
desumibile, 
ad 
oggi, 
dal 
dettato 
dell'articolo 
111 
della 
Costituzione. Soggetto pubblico destinatario e 
beneficiario dell'attivit� 
secretata 
non potrebbe 
che 
essere, qui, l'Autorit� 
giudiziaria 
che 
venga 
a 
poter avvalersi 
del relativo segreto. 

Sul 
segreto d'ufficio, invece, se 
la 
dottrina 
pi� recente 
ne 
rinverrebbe 
il 
fondamento nel 
dovere 
di 
fedelt� 
alla 
Repubblica 
- di 
cui 
all'articolo 54 della 
Costituzione 
- altra 
parte 
della 
dottrina 
richiamerebbe, piuttosto, ulteriori 
interessi 
costituzionalmente 
garantiti, quali, per esempio, la 
sicurezza 
pubblica 
e 
la 
riservatezza 
(55). Di 
certo � 
che 
il 
segreto d�ufficio � 
il 
segreto proprio 
dell�attivit� degli apparati amministrativi (56). 

un 
segreto 
che, 
stando 
ad 
una 
tesi 
oramai 
�classica�, 
consisterebbe 
in 
una 
�scoperta 
specifica� 
della 
moderna 
democrazia, 
costituendo 
uno 
strumento 
mediante 
il 
quale 
l�Amministrazione 
- monopolizzando il 
proprio sapere 
professionale 
- verrebbe 
a 
poter accrescere 
ed a 
consolidare 
la 
propria 
posizione 
di potenza (57). 

Invero dall�insieme 
dei 
principi 
caratterizzanti 
la 
nostra 
Carta 
costituzionale 
� 
ricavabile 
una 
tendenza 
verso un cambiamento radicale. La 
proclamazione 
del 
principio 
democratico 
(ex 
artt. 
1 
e 
49 
Cost.), 
l�affermazione 
dell�eguaglianza 
sostanziale 
(art. 3, c. 2 Cost.), l�introduzione 
di 
una 
forma 
di 
Stato democratica, sociale 
e 
pluralista 
comportano, per logica 
conseguenza, 
che 
l�attivit� 
degli 
apparati 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
sia 
fisiologicamente 
ispirata 
ad un opposto principio di 
trasparenza 
(58), il 
che 
per altro non 
potrebbe 
realizzarsi 
se 
non in armonia 
con il 
principio basilare 
del 
buon andamento 
e dell�imparzialit� dell�Amministrazione Pubblica (59). 

Del 
resto, in questo senso, tanto la 
disciplina 
del 
diritto di 
accesso procedimentale 
quanto, soprattutto, il 
pi� recente 
istituto del 
diritto di 
�accesso civico� 
hanno fatto, fin qui, scuola (60). 


In ogni 
caso, il 
soggetto pubblico beneficiario e 
destinatario dell'attivit� 
del 
segreto 
d�ufficio 
resta 
la 
P.A., 
a 
tutela, 
negli 
specifici 
casi 
contemplati 
oggi 
dalla 
legge, di 
plurimi 
e 
delicati 
interessi 
- in ogni 
caso coperti 
da 
una 
salda 
garanzia 
costituzionale 
- quali 
la 
sicurezza 
dello Stato, la 
tutela 
degli 
interessi 
di 
politica 
monetaria 
e 
valutaria, la 
cura 
delle 
relazioni 
internazionali 
sino a 
giungere alla tutela della vita privata ed alla riservatezza dei terzi. 

Quanto ai 
vincoli 
di 
segretezza 
caratterizzanti 
il 
funzionamento dell�atti


(55) 
P. 
bARILe, 
Democrazia 
e 
segreto, 
in 
Quaderni 
costituzionali, 
n. 
1/1987, 
specialmente 
pp. 
3435. 
(56) A. ANZoN, Vi) voce 
segreto d'ufficio - Dir. amm., in Enciclopedia giuridica Treccani, Vol. 
XXVIII, Roma, 1992, pp. 1-2. 
(57) A. ANZoN, op. cit., pp. 1-2. 
(58) A. ANZoN, op. cit., p. 2. 
(59) S. CASSeSe, istituzioni di diritto amministrativo, Milano, 2012, pp. 279-284. 
(60) Pi� diffusamente 
sul 
tema 
si 
veda 
in dottrina, ex 
multis, 
S. TARuLLo, manuale 
di 
Diritto amministrativo, 
bologna, 2017, pp. 529-567. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


vit� 
delle 
Camere 
parlamentari, poi, occorre 
sottolineare, sul 
punto, come 
il 
segreto abbia possibilit� di dispiegarsi secondo diverse modalit�. 


In 
primo 
luogo, 
� 
contemplato 
un 
peculiare 
tipo 
di 
attivit� 
secretata 
in 
tutti 
i 
casi 
in cui, ex 
art. 
64 Cost., ciascuna 
Camera 
deliberi 
d�adunarsi 
in seduta 
segreta. 
In 
questa 
ipotesi 
la 
segretazione 
sarebbe 
preordinata 
ad 
assicurare 
il 
miglior conseguimento possibile 
delle 
finalit� 
sottese 
ai 
lavori 
dell�attivit� 
parlamentare (61). 


In 
secondo 
luogo, 
di 
segretezza 
parlamentare 
ben 
pu� 
parlarsi 
in 
ogni 
caso 
in 
cui 
sia 
prevista 
la 
possibilit� 
di 
esercizio 
del 
voto 
a 
scrutinio 
segreto, 
che 
le 
disposizioni 
dei 
regolamenti 
parlamentari 
assicurano 
in 
relazione 
all�oggetto 
di 
peculiari 
e 
determinate 
deliberazioni 
(62), 
in 
funzione, 
qui, 
per 
una 
migliore 
tutela 
della 
libert� 
di 
opinione 
ed 
indipendenza 
dei 
singoli 
parlamentari. 


Da 
ultimo, 
di 
segretezza 
delle 
attivit� 
parlamentari 
si 
ha 
sicuramente 
modo 
di 
poter 
parlare 
in 
merito 
alle 
procedure 
di 
inchiesta 
disciplinate 
dall'art. 
82 della 
Costituzione, che, come 
noto, dispone 
puntualmente 
che: 
�Ciascuna 
Camera pu� disporre 
inchieste 
su materie 
di 
pubblico interesse. a 
tale 
scopo 
nomina fra i 
propri 
componenti 
una commissione 
formata in modo da rispecchiare 
la proporzione 
dei 
vari 
Gruppi. La commissione 
d�inchiesta procede 
alle 
indagini 
e 
agli 
esami 
con gli 
stessi 
poteri 
e 
le 
stesse 
limitazioni 
dell�autorit� 
giudiziaria�. 

Ad oggi 
le 
inchieste 
parlamentari 
hanno sempre 
avuto ad oggetto situazioni 
fortemente 
caratterizzate 
sotto 
il 
profilo 
dell�importanza 
politica 
o 
sociale 
(tra 
le 
tante, basterebbe 
citare 
le 
inchieste 
sulla 
mafia, sul 
delitto Moro, sulla 
loggia 
massonica 
P2, sul 
terrorismo e 
sulle 
stragi 
ecc.), il 
che 
con il 
prezioso 
fine 
di 
garantire 
le 
funzioni 
ispettive 
e 
conoscitive 
tipiche 
di 
ciascuna 
Camera 
(63). Funzioni 
che 
- cos� 
come, del 
resto, lo stesso articolo 82 precisa 
- debbono 
vertere, per le 
indagini 
espletate 
dalle 
Commissioni 
parlamentari 
d�inchiesta, 
su materie di pubblico interesse. 


In ognuna 
delle 
situazioni 
di 
segretezza 
parlamentare, il 
segreto rimane 
sempre 
preordinato 
a 
tutelare 
finalit� 
realizzatrici 
di 
fondamentali 
interessi 
pubblici, esplicitamente 
o implicitamente 
contemplati 
in Costituzione, a 
garanzia 
-quale 
beneficiario 
e 
peculiare 
destinatario 
delle 
attivit� 
di 
segretazione 


-del 
Parlamento, nella 
propria 
qualit� 
di 
organo costituzionale, indubbio soggetto 
pubblico. 


Da ultimo, non pu� non menzionarsi l�istituto del segreto di Stato. 


Se 
la 
dottrina 
si 
� 
per 
lungo 
tempo 
divisa 
in 
merito 
all�individuazione 


(per 
altro 
frutto 
di 
una 
non 
semplice 
attivit� 
ermeneutica 
della 
Carta 
costitu


(61) S.M. CICCoNeTTI, Diritto Parlamentare, Torino, 2010, p. 113. 
(62) S.M. CICCoNeTTI, op. cit., p. 119. 
(63) S.M. CICCoNeTTI, op. cit., p. 218. 

RASSegNA 
AVVoCATuRA 
DeLLo 
STATo - N. 3/2018 


zionale) 
dell�esatto 
fondamento 
costituzionale 
del 
vincolo 
del 
segreto 
di 
Stato 
-dividendosi, 
il 
largo 
ventaglio 
interpretativo, 
fra 
chi 
si 
� 
appellato, 
per 
esempio, 
all�adempimento 
dei 
doveri 
inderogabili 
di 
solidariet� 
politica, 
economica 
e 
sociale 
(ex 
art. 
2 
cost) 
(64) 
e 
chi 
ha, 
piuttosto, 
fatto 
richiamo 
agli 
articoli 
52 
e 
54 
(65) 
-la 
pressoch� 
consolidata 
giurisprudenza 
della 
Consulta 
ha 
chiarito 
(66) 
-e 
senza, 
del 
resto, 
mai 
discostarsene 
-come 
l�atto 
appositivo 
del 
vincolo 
di 
segretezza 
sia 
preordinato 
alla 
cura 
dell�imprescindibile 
sicurezza 
dello 
Stato-comunit� 
e 
rinvenga 
il 
proprio 
fondamento 
giuridico 
nella 
formula 
solenne 
dell�articolo 
52 
Cost. 
-che, 
come 
sar� 
noto, 
afferma 
essere 
sacro 
dovere 
del 
cittadino 
la 
difesa 
della 
Patria 
-posto, 
per 
altro, 
in 
relazione 
dinamica 
con 
l�effettiva 
tutela 
dell�indipendenza 
nazionale, 
con 
la 
cura 
del 
principio 
di 
unit� 
ed 
indivisibilit� 
della 
Repubblica, 
nonch� 
con 
i 
peculiari 
caratteri 
essenziali 
dello 
Stato, 
sottesi 
alla 
formula 
di 
�Repubblica 
democratica� 
(ex 
art. 
1 
Cost.) 
(67). 


Anche 
per 
i 
vincoli 
di 
segretezza 
derivanti 
dall�istituto 
del 
segreto 
di 
Stato, dunque, si 
tratta 
di 
una 
potenziale 
compressione 
della 
disposizione 
di 
cui 
all�articolo 21 Cost. - cos� 
come, del 
resto, di 
altri 
fondamentali 
diritti 
costituzionalmente 
garantiti 
(68) - finalizzata, per�, alla 
cura 
di 
un controbilanciato 
interesse 
costituzionalmente 
riconosciuto 
e 
garantito, 
posto 
in 
precisa 
funzione 
della 
migliore 
tutela 
degli 
interessi 
del 
soggetto pubblico per antonomasia, 
e vale a dire lo Stato. 

Appare, 
perci�, 
pi� 
che 
evidente 
-anche 
in 
forza 
di 
questa 
brevissima 
rassegna 
-come 
ogni 
vincolo 
di 
segretezza 
nel 
diritto 
pubblico 
sia 
connaturato 
e 


(64) P. PISA, il segreto di Stato. Profili penali, Milano, 1977, pp. 203-207. 
(65) Per una 
pi� diffusa 
ricostruzione 
sulla 
tematica 
si 
veda, in maniera 
particolare, C. MoSCA 
g. 
SCANDoNe 
- S. gAMbACuRTA 
- M. VALeNTINI, i Servizi 
di 
informazione 
e 
il 
segreto di 
Stato, Milano, 
2008, p. 457. 
(66) La 
giurisprudenza 
costituzionale 
in tema 
di 
segreto di 
Stato si 
� 
sostanzialmente 
sviluppata 
senza 
alcuna 
soluzione 
di 
continuit�: 
dirimenti 
sono state 
anzitutto due 
risalenti 
decisioni 
- che 
hanno 
costituito la 
vera 
e 
propria 
pietra 
miliare 
per ogni 
successiva 
sentenza 
in materia 
- C. cost., sentt., 14 
aprile 
1976, 
n. 
82 
e 
24 
maggio 
1977, 
n. 
86; 
nel 
solco 
di 
queste 
si 
sono 
poste, 
pi� 
recentemente, 
il 
celebre 
caso abu omar 
(C. cost., sent., 3 aprile 
2009, n. 106) e 
altre 
due 
ravvicinate, quanto rilevanti, decisioni, 
C. cost., sentt., 23 febbraio 2012, n. 40 e 13 febbraio 2014, n. 24. 
(67) La 
letteratura 
in dottrina 
sul 
tema 
del 
segreto di 
Stato � 
davvero ampia 
per poter essere 
richiamata 
con 
completezza, 
sia 
consentito 
soltanto 
-e 
senza 
alcuna 
pretesa 
di 
esaustivit� 
-il 
rinvio 
a 
T.F. 
gIuPPoNI, Le 
dimensioni 
costituzionali 
della sicurezza, bologna, 2008; 
M. LuCIANI, il 
segreto di 
Stato 
nell�ordinamento 
nazionale, 
in 
AA.VV., 
il 
segreto 
di 
Stato. 
Evoluzioni 
normative 
e 
giurisprudenziali, 
Quaderno di 
intelligence-Gnosis, novembre 
2011, pp. 9-25; 
A. SoI, L�intelligence 
italiana a sette 
anni 
dalla riforma, in Forum 
di 
Quaderni 
Costituzionali, n. 8/2014; 
e. RINALDI, arcana imperii, il 
segreto 
di 
Stato 
nella 
forma 
di 
governo 
italiana, 
Napoli, 
2016; 
A. 
MITRoTTI, 
Brevi 
considerazioni 
sulla 
disciplina 
del 
segreto di 
Stato, in osservatorio aiC, n. 2/2018 nonch�, da 
ultimo, A. MITRoTTI, Sulla controversa 
natura 
dell�atto 
appositivo 
del 
segreto 
di 
Stato: 
atto 
politico 
o 
formale 
provvedimento 
amministrativo?, 
in astrid rassegna, n. 8/2018. 
(68) Si 
pensi, solo per un esempio, al 
menomato diritto di 
difesa 
potenzialmente 
esercitabile 
in 
giudizio (e 
tutelato in via 
generale 
ex 
artt. 
24 e 
113 Cost.) da 
parte 
del 
funzionario vincolato all�obbligo 
di segretezza. 

CoNTRIbuTI 
DI 
DoTTRINA 


contraddistinto 
da 
un 
identico 
e 
ricorrente 
schema, 
preciso 
e 
piuttosto 
semplice. 


Se, 
infatti, 
nel 
settore 
privato 
la 
segretezza 
si 
pone 
come 
regola, 
quale 
facolt� 
costituzionalmente 
concessa 
in favore 
del 
libero ed effettivo esercizio e 
godimento 
dei 
diritti 
di 
libert� 
riconosciuti 
e 
garantiti 
all�uomo 
(69); 
nel 
settore 
pubblico, 
all�opposto, 
il 
segreto 
costituisce 
l'eccezione, 
sebbene 
si 
tratti 
-ogni 
puntuale 
volta 
-di 
una 
eccezione 
costituzionalmente 
riconosciuta 
e 
debitamente 
bilanciata 
con le 
opposte 
ragioni 
del 
principio di 
pubblicit� 
e 
degli 
altri 
diritti 
potenzialmente 
confliggenti. 
Il 
che 
accade 
sempre 
secondo 
una 
prospettiva 
funzionale 
alla 
cura 
di 
una 
rilevante 
(e 
preminente) finalit� 
pubblica, costituzionalmente 
garantita, del 
cui 
soddisfacimento concreto beneficiano gli 
interessi 
tutelati 
dai 
soggetti 
pubblici 
istituzionalmente 
preposti 
- dalla 
Carta 
costituzionale 
e 
dalle 
leggi 
attuative 
- all�esercizio del 
potere 
sovrano appartenente 
al 
popolo: 
ossia 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
nel 
caso del 
segreto 
di 
Stato, 
la 
Pubblica 
Amministrazione 
nei 
casi 
di 
segreto 
d�ufficio, 
l�Autorit� 
giudiziaria 
per le 
ipotesi 
coperte 
dal 
segreto investigativo d�indagine, 
nonch�, 
da 
ultimo, 
le 
Camere 
parlamentari 
per 
i 
peculiari 
casi 
d�adunanza 
in 
seduta 
segreta, 
di 
esercizio 
del 
voto 
a 
scrutinio 
segreto 
come, 
pure, 
nel 
caso 
di espletamento delle stesse inchieste d�indagine parlamentare. 


(69) Salvo, naturalmente, le 
dovute 
eccezioni 
(a 
conferma 
della 
regola), posto che, ad esempio, 
per 
un 
fondamentale 
diritto 
di 
libert� 
costituzionalmente 
riconosciuto 
vige, 
all�opposto, 
il 
principio 
della 
pubblicit�: 
trattasi, come 
sar� 
ben noto, del 
diritto di 
associarsi 
liberamente, ex 
art. 
18 Cost., che 
non 
ammette, 
appunto, 
alcuna 
possibilit� 
del 
suo 
esercizio 
segreto, 
vietando, 
cos�, 
l�esistenza 
di 
associazioni 
segrete 
nonch� 
di 
quelle 
perseguenti, 
anche 
indirettamente, 
degli 
scopi 
politici 
mediante 
organizzazioni 
di carattere militare. 

RECENSIONI
CLAUDIO 
BOCCIA, 
CLAUDIO 
CONTESSA, 
ENRICO 
DE 
GIOVANNI 
(*), 
Codice 
dell�Amministrazione 
digitale 
(D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 
commentato 
e 
annotato 
per 
articolo. 
Aggiornato 
al 
D.lgs. 
13 
settembre 2017, n. 217). 


La 
Tribuna, Piacenza, 2018, PP. 412 


L�Opera 
viene 
data 
alle 
stampe 
all�esito della 
rilevante 
manovra 
di 
correzione 
e 
aggiornamento che, in base 
alle 
previsioni 
della 
legge 
Madia 
n. 124 
del 2015, ha interessato il Codice fra il 2016 e il 2017. 


Ebbene, 
quest�Opera 
(in 
una 
sorta 
di 
ideale 
simmetria 
con 
il 
testo 
oggetto 
di 
commento) mira 
a 
coniugare 
la 
chiarezza 
dell�esposizione 
con la 
completezza 
dei 
contenuti, 
senza 
superare 
i 
caratteri 
propri 
di 
un 
volume 
snello 
e 
fruibile 
anche per i meno esperti. 


Per 
quanto 
riguarda 
l�impostazione 
generale 
del 
Volume, 
si 
� 
scelto 
di 
non limitarsi 
al 
solo commento agli 
articoli 
(il 
quale 
rappresenta 
pur sempre 
una 
sua 
parte 
del 
tutto centrale), ma 
di 
arricchirla 
con una 
breve 
guida 
introduttiva 
a 
firma 
dei 
suoi 
Curatori 
i 
quali 
si 
sono concentrati 
su alcuni 
dei 
principali 
e pi� attuali aspetti della materia oggetto di esame (1). 


Venendo invece 
alla 
struttura 
del 
commento ai 
singoli 
articoli, si 
� 
optato 
(conformemente 
all�impostazione 
generale 
della 
Collana 
nel 
cui 
ambito 
il 
volume 
si 
inserisce) nel 
senso di 
tenere 
distinti 
i 
commenti 
agli 
articoli 
e 
di 
suddividere 
ciascuno di essi in tre parti: 


(*) Claudio Boccia, Consigliere di Stato, gi� 
Vice Segretario generale della Camera dei Deputati. 


Claudio Contessa, Consigliere di Stato, Consigliere giuridico dell�AGCom. 


Enrico 
De 
Giovanni, 
Avvocato 
dello 
Stato, 
gi� 
Capo 
dell�Ufficio 
legislativo 
del 
Dipartimento 
per 


l�innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 


(1) 
Di 
seguito 
si 
pubblicano 
gli 
articoli 
introduttivi 
al 
volume 
dei 
Consiglieri 
Claudio 
Boccia 
e 
Claudio 
Contessa. 

rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


-il 
primo dedicato alla 
genesi 
e 
alla 
ratio della 
disposizione 
oggetto di 
commento; 
- il secondo dedicato alla descrizione e all�analisi dell�articolato stesso; 
- il terzo dedicato alle questioni problematiche o ancora irrisolte. 
Completa il testo un utile indice analitico-alfabetico. 
Il nuovo Codice dell�Amministrazione 
digitale e l�apporto del Consiglio di Stato 


Il 
Codice 
dell'Amministrazione 
digitale 
- d'ora 
in avanti 
CAD 
- di 
cui 
al 
decreto 
legislativo 
7 
marzo 
2005, 
n. 
82, 
predisposto 
in 
attuazione 
della 
delega 
contenuta 
nell�articolo 10 della 
legge 
29 luglio 2003, n. 229 (�interventi 
in 
materia 
di 
qualit� 
della 
regolazione, 
riassetto 
normativo 
e 
codificazione 
legge 
di 
semplificazione 
2001�), costituisce 
una 
delle 
pi� recenti 
iniziative 
di 
codificazione posta in essere dagli organi legislativi ed esecutivi nazionali. 

La 
peculiarit� 
del 
CAD, 
invero, 
risiede 
nella 
circostanza 
che 
tramite 
quest'ultimo 
si 
� 
portata 
avanti 
una 
complessiva 
opera 
di 
codificazione 
- sorretta 
pertanto 
dai 
generali 
principi 
dell'esaustivit�, 
della 
sistematicit� 
e 
della 
tendenziale 
intangibilit� 
del 
testo -volta 
a 
garantire 
l�unit� 
e 
la 
coerenza 
complessiva 
di 
una 
disciplina, quella 
dell'amministrazione 
digitale, che 
risulta 
per 
sua 
natura 
particolarmente 
sensibile 
ai 
mutamenti 
tecnologici 
ed 
al 
rapido 
sviluppo 
del 
settore 
dell'informatica. 
Ne 
� 
derivato 
un 
testo 
che 
ha 
subito, 
nel 
corso 
del 
successivo 
decennio, 
numerose 
modifiche 
ed 
integrazioni, 
anche 
molto articolate, volte 
ad allineare 
le 
previsioni 
del 
CAD 
ai 
progressi 
ottenuti 
nel campo dell'informatica. 


Tale 
sviluppo, non del 
tutto lineare, della 
normativa 
in esame 
� 
stato costantemente 
accompagnato 
dall'apporto 
�collaborativo� 
del 
Consiglio 
di 
Stato, particolarmente 
rilevante 
in una 
materia 
nella 
quale 
il 
contributo degli 
organi 
di 
giustizia, in sede 
di 
contenzioso, non assume 
un rilievo centrale, atteso 
che 
le 
disposizioni 
del 
CAD 
- salvo quanto verr� 
pi� puntualmente 
evidenziato 
nel 
prosieguo 
della 
presente 
trattazione 
-si 
rivolgono 
in 
via 
prioritaria 
alle Pubbliche 
Amministrazioni. 


Sin dal 
parere 
concernente 
l'adozione 
del 
Codice, infatti, la 
Sezione 
atti 
normativi 
del 
Consiglio di 
Stato ha 
posto una 
particolare 
attenzione 
al 
CAD, 
evidenziando 
la 
sussistenza 
di 
numerose 
problematiche 
connesse 
sia 
con 
la 
delicatezza 
della 
materia 
-che 
si 
inserisce 
nel 
contesto, 
assai 
stratificato, 
delle 
disposizioni 
concernenti 
il 
procedimento amministrativo ed il 
rapporto tra 
la 


P.A. 
e 
la 
cittadinanza 
-sia 
con 
lo 
strumento 
utilizzato 
per 
procedere 
al 
riordino 
delle disposizioni in materia di amministrazione digitale. 

rECENSIONI 
295 


Passando, 
dunque, 
all'esame 
dell'apporto 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
nella 
stesura 
e 
nel 
successivo sviluppo del 
CAD, deve 
evidenziarsi 
come 
il 
filo conduttore 
che 
lega 
i 
numerosi 
pareri 
che 
la 
Sezione 
atti 
normativi 
-e 
le 
Commissioni 
speciali 
all'uopo 
istituite 
-hanno 
reso 
nella 
presente 
materia 
pu� 
essere 
individuato 
in 
due 
questioni 
d�ordine 
generale 
che, 
a 
vario 
titolo, 
ricorrono 
nella 
maggior 
parte 
di 
tali 
pronunce, 
ovvero, 
da 
un 
lato, 
il 
profilo 
relativo 
alla 
coerenza 
interna 
del 
Codice 
ed alla 
necessaria 
sistematicit� 
ed intelligibilit� 
delle 
norme 
ivi 
recate 
e, 
da 
un 
altro 
lato, 
il 
profilo 
concernente 
la 
necessit� 
di 
inserire 
le 
previsioni 
del 
Codice 
nel 
pi� ampio contesto della 
Pubblica 
Amministrazione, 
in cui 
assumono particolare 
rilevanza, ai 
fini 
della 
concreta 
attuazione 
della normativa codicistica, gli aspetti economico-finanziari. 

Per ci� che 
concerne 
il 
primo dei 
suesposti 
profili 
-ovvero quello normativo, 
di 
stretta 
competenza 
dei 
giudici 
di 
Palazzo 
Spada 
-il 
Consiglio 
di 
Stato ha 
sin da 
subito evidenziato come 
uno dei 
punti 
nodali 
del 
processo di 
codificazione 
delle 
disposizioni 
in 
materia 
di 
amministrazione 
digitale 
consista 
nella 
necessit� 
di 
creare 
un corpus 
normativo che 
sia 
completo e 
organico e, 
contestualmente, 
di 
facile 
consultazione 
per 
l�utenza, 
destinataria 
delle 
disposizioni 
ivi recate. 

A 
tal 
fine, con il 
parere 
relativo all�introduzione 
del 
Codice 
-ovvero il 
parere 
n. 
11995/04 
del 
7 
febbraio 
2005 
-la 
Sezione 
atti 
normativi 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
aveva 
invitato 
l�Amministrazione 
a 
procedere 
ad 
una 
complessiva 
rielaborazione 
dello 
schema 
di 
Codice 
sottoposto 
al 
suo 
esame, 
per 
renderlo 
�pi� 
completo e 
leggibile�, sia 
attraverso una 
incorporazione 
nel 
testo delle 
normative 
sul 
sistema 
pubblico 
di 
connettivit� 
e 
sulla 
posta 
elettronica 
certificata, 
sia 
affiancando alle 
enunciazioni 
programmatiche 
e 
di 
principio, contenute 
in 
varie 
parti 
del 
testo, anche 
norme 
precettive 
volte 
all�effettivo perseguimento 
delle 
finalit� 
della 
delega, sia, infine, per il 
tramite 
dell�adozione 
di 
una 
�raccolta 
di 
norme 
regolamentari�, parallela 
al 
Codice, recante 
le 
disposizioni 
di 
ordine 
secondario 
concernenti 
il 
procedimento 
amministrativo 
telematico, 
che 
avrebbe 
dovuto assorbire, o quantomeno affiancarsi, al 
Testo Unico sulla 
documentazione 
amministrativa (d. P.r. n. 445 del 28 dicembre 2000). 

Come 
evidenziato dalla 
stessa 
Sezione 
atti 
normativi 
- per il 
tramite 
del 
parere 
concernente 
il 
correttivo al 
d.lgs. n. 82 del 
2005 - gli 
iniziali 
rilievi 
formulati 
sotto 
il 
profilo 
normativo 
in 
relazione 
alla 
prima 
stesura 
del 
CAD 
hanno 
trovato un accoglimento soltanto parziale 
da 
parte 
dell�Amministrazione. Da 
un lato, infatti, l�Amministrazione, proprio in sede 
di 
correttivo, aveva 
proceduto 
a 
recepire 
i 
rilievi 
relativi 
alla 
necessit� 
di 
una 
maggior 
chiarezza 
del 
testo 
codicistico, 
in 
particolar 
modo 
per 
quanto 
concerneva 
le 
disposizioni 
centrali 
relative 
all�amministrazione 
digitale 
e, 
da 
un 
altro 
lato, 
non 
aveva 
dato 
sostanziale 
riscontro alle 
ulteriori 
osservazioni 
formulate 
in sede 
consultiva, 
concernenti 
sia 
la 
richiesta 
di 
evitare 
una 
consistente 
�rilegificazione� 
della 
materia 
- atteso che 
l�Amministrazione 
non aveva 
(e 
non ha) proceduto a 
pre



rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


disporre 
una 
vera 
e 
propria 
raccolta 
delle 
norme 
regolamentari 
vigenti 
nella 
materia 
de 
qua, tutt�ora 
ripartite 
tra 
il 
Testo Unico sulla 
documentazione 
amministrativa, 
l�articolato del 
Codice 
e 
la 
normativa 
d�attuazione 
di 
quest�ultimo, 
con 
particolare 
riferimento 
alle 
regole 
tecniche 
-sia 
la 
necessit� 
di 
superare 
l�originaria 
impostazione 
di 
fondo del 
CAD, imperniata 
su enunciazioni 
programmatiche 
e 
di 
principio prive 
di 
effettiva 
cogenza, in particolar 
modo in relazione 
al 
processo di 
implementazione 
del 
procedimento amministrativo 
informatico. 


L�Amministrazione, tuttavia, ha 
proceduto a 
superare 
almeno in parte 
i 
rilievi 
mossi 
nei 
confronti 
della 
natura 
prettamente 
di 
principio delle 
disposizioni 
del 
CAD 
per il 
tramite 
della 
riforma 
del 
2010 (d.lgs. n. 235 del 
30 dicembre 
2010) esplicitamente 
finalizzata, tra 
l'altro, a 
rendere 
vincolanti 
per le 
Pubbliche 
Amministrazioni 
le 
disposizioni 
concernenti 
l�utilizzo delle 
procedure 
informatiche, 
a 
sanzionare 
i 
comportamenti 
delle 
Amministrazioni 
in 
contrasto 
con lo sviluppo dell�amministrazione 
digitale 
e 
a 
premiare 
le 
migliori 
pratiche 
del 
settore, in ossequio ai 
criteri 
direttivi 
recati 
dalle 
lettere 
m) ed n) 
dell'art. 33 della legge di delega n. 69 del 18 giugno 2009. 

In 
particolare, 
tramite 
tale 
riforma, 
l'Amministrazione 
-oltre 
ad 
aver 
previsto 
l�istituzione 
di 
meccanismi 
premiali 
e 
sanzionatori 
connessi 
con 
l�attuazione 
delle 
disposizioni 
del 
CAD, 
che 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
ritenuto 
adeguati 
al 
fine 
di 
coniugare 
�in 
modo 
razionale 
le 
esigenze 
di 
rafforzamento 
e 
di 
sviluppo 
del 
sistema� 
-ha 
altres� 
introdotto 
regole 
pi� 
stringenti 
per 
la 
concreta 
attuazione 
della 
digitalizzazione 
della 
P.A., 
ad 
esempio 
in 
materia 
di 
utilizzo 
delle 
tecnologie 
informatiche 
per 
le 
comunicazioni 
tra 
le 
imprese 
e 
l�Amministrazione, 
demandando 
alle 
disposizioni 
attuative 
del 
Codice 
(regolamenti, 
regole 
tecniche, 
decreti 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
e 
relativi 
atti 
applicativi) 
l�effettiva 
individuazione 
delle 
concrete 
modalit� 
con 
cui 
procedere 
ad 
implementare 
le 
disposizioni 
-rimaste 
sostanzialmente 
di 
principio 
-del 
CAD. 
Peraltro, 
in 
relazione 
a 
quanto 
precede, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
non 
ha 
potuto 
far 
altro 
che 
limitarsi, 
tramite 
il 
parere 
da 
ultimo 
citato, 
ad 
auspicare 
che 
l�Amministrazione, 
in 
sede 
di 
adozione 
della 
normativa 
applicativa 
di 
cui 
si 
� 
in 
precedenza 
detto, 
debba 
tenere 
in 
�debita 
considerazione 
la 
tempistica 
della 
concreta 
realizzazione 
degli 
interventi 
� 
al 
fine 
di 
assicurare 
non 
solo 
una 
compiuta 
fattibilit�, 
ma 
l�effettivo 
progresso 
del 
sistema� 
amministrativo 
digitale. 


Inoltre, 
il 
profilo 
della 
cosiddetta 
better 
regulation 
-bench� 
abbia 
assunto, 
come 
test� 
evidenziato, un rilievo non centrale 
nell�ambito del 
parere 
concernente 
la 
riforma 
del 
Codice 
del 
2010 
-� 
stato 
poi 
ampiamente 
ripreso 
dai 
pareri 
delle 
Commissioni 
speciali 
nominate 
per 
procedere 
all�esame 
della 
pi� 
recente 
riforma 
del 
Codice, prevista 
nell�ambito degli 
articolati 
interventi 
di 
cui 
alla 
cosiddetta 
�riforma 
Madia 
della 
Pubblica 
amministrazione� 
(legge 
n. 
124 
del 7 agosto 2015). 



rECENSIONI 
297 


Pi� nel 
dettaglio, in relazione 
alle 
articolate 
modifiche 
di 
cui 
al 
d.lgs. n. 
179 del 
26 agosto 2016, la 
Commissione 
Speciale 
all�uopo costituita 
ha 
evidenziato 
-sia 
in termini 
generali 
che 
relativamente 
alle 
singole 
disposizioni 
sottoposte 
al 
suo esame 
- la 
necessit� 
di 
utilizzare 
un �linguaggio normativo 
pi� chiaro�, non soltanto per ragioni 
d�ordine 
redazionale 
ma 
anche 
in considerazione 
del 
fatto 
che 
�le 
norme 
del 
caD 
si 
rivolgono 
ad 
una 
collettivit� 
non 
sempre 
munita 
delle 
necessarie 
conoscenze 
tecnico-informatiche�, 
con 
la 
conseguenza 
che 
�la 
non 
facile 
comprensione 
delle 
norme 
potrebbe 
limitare, 
seppur 
indirettamente, 
l�esercizio 
dei 
diritti 
digitali 
dei 
cittadini 
e 
delle 
imprese�. 
La 
stessa 
Commissione 
speciale 
ha, altres�, evidenziato - ricollegandosi 
indirettamente 
ai 
rilievi 
formulati 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
sin 
dal 
parere 
del 
2005, 
di 
cui 
si 
� 
in 
precedenza 
detto 
-la 
necessit� 
che 
il 
CAD 
rispetti 
i 
generali 
principi 
dell'esaustivit� 
e 
della 
sistematicit� 
del 
Codice 
stesso, sottolineando 
come 
l�articolato 
ad 
essa 
trasmesso 
appariva 
�privo 
degli 
opportuni 
riferimenti 
alle 
discipline 
sostanziali 
dei 
vari 
procedimenti 
collegati 
alle 
disposizioni 
in 
esso contenute, quali 
ad esempio quelle 
relative 
al 
processo telematico, al 
diritto 
di 
accesso e 
alla trasparenza dell�azione 
amministrativa� 
ed invitando, 
conseguentemente, l�Amministrazione a superare tale lacuna di fondo. 


I precitati 
rilievi 
sono stati, poi, successivamente 
ripresi 
dal 
pi� recente 
dei 
pareri 
del 
Consiglio di 
Stato nella 
presente 
materia, ovvero il 
parere 
della 
Commissione 
Speciale 
n. 2122 del 
10 ottobre 
2017, relativo al 
correttivo del 
2017 (d.lgs. n. 217 del 
13 dicembre 
2017) adottato ai 
sensi 
dell�art. 1, comma 
3 della gi� citata legge n. 124 del 2015. 

In 
particolare, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
-nel 
dare 
atto 
all�Amministrazione 
di 
aver 
proceduto, 
sia 
in 
sede 
di 
stesura 
definitiva 
della 
riforma 
del 
2016 
sia 
tramite 
il 
successivo 
correttivo, 
a 
portare 
avanti 
un�opera 
di 
�razionalizzazione� 
e 
di 
�semplificazione� 
delle 
norme 
del 
CAD 
che, 
come 
evidenziato 
dalla 
stessa 
Amministrazione, 
costituisce 
una 
delle 
�linee 
portanti� 
dell�intervento 
normativo 
del 
2017 
-ha 
tuttavia 
rilevato 
come 
sarebbe 
stato 
necessario, 
proprio 
al 
fine 
di 
�agevolare 
il 
raggiungimento 
dei 
condivisibili 
obiettivi 
di 
razionalizzazione 
enucleati 
dall�amministrazione�, 
sia 
procedere 
ad 
una 
�compiuta 
opera 
di 
riorganizzazione 
delle 
disposizioni 
del 
caD�, 
volta 
a 
dare 
evidenza, 
in 
primo 
luogo, 
alle 
disposizioni 
riguardanti 
i 
diritti 
digitali 
per 
poi 
disciplinare 
i 
rapporti 
fra 
il 
cittadino 
e 
l�Amministrazione 
e 
regolare, 
da 
ultimo, 
i 
profili 
pi� 
strettamente 
organizzativi, 
sia 
�operare 
un 
complessivo 
coordinamento 
formale 
del 
novellato 
testo 
del 
caD�, 
tramite 
l�introduzione 
di 
un 
indice 
delle 
disposizioni 
ivi 
recate 
che 
andrebbero, 
altres�, 
rinumerate 
al 
fine 
di 
favorire 
la 
loro 
consultazione 
da 
parte 
dei 
soggetti 
cui 
� 
destinato 
il 
Codice 
stesso. 


D�altronde, come 
evidenziato dal 
succitato parere, tali 
modifiche 
appaiono 
vieppi� 
necessarie 
nel 
presente 
contesto 
normativo, 
tenendo 
conto, 
da 
un 
lato, del 
fatto che 
il 
CAD, nel 
corso dell�ultimo decennio, ha 
subito numerose 
modifiche 
che 
hanno 
minato 
la 
sua 
complessiva 
coerenza 
e 
sistematicit� 
e, 



rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


dall�altro, del 
fatto che, con la 
riforma 
del 
2016, la 
stessa 
Amministrazione 
ha 
inteso superare 
una 
concezione 
prettamente 
�burocratica� 
del 
Codice, quale 
corpus 
rivolto in via 
prioritaria 
alle 
Pubbliche 
Amministrazioni, optando per 
la 
costruzione 
di 
un �diverso rapporto� 
tra 
cittadini 
e 
P.A., incentrato sui 
cosiddetti 
�nuovi 
diritti 
digitali� 
ed esplicitando quindi 
�con chiarezza la volont� 
di 
passare 
dalla disciplina del 
processo di 
digitalizzazione 
a quella dei 
diritti 
digitali 
di 
cittadini 
e 
imprese� 
[si 
vedano, al 
riguardo, i 
menzionati 
pareri 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
relativi 
alla 
riforma 
del 
2016 
ed 
al 
correttivo 
del 
2017 
ma 
anche 
la 
documentazione 
istruttoria 
predisposta 
dall�Amministrazione 
in relazione 
a 
tali 
interventi 
normativi, disponibile 
sul 
sito web 
istituzionale 
della Camera dei Deputati]. 


Si 
tratta, 
invero, 
di 
rilievi 
che 
-anche 
in 
considerazione 
dell�esiguit� 
del 
termine 
previsto 
dalla 
legge 
di 
delega 
per 
l�adozione 
del 
correttivo 
-non 
hanno 
ancora 
trovato 
favorevole 
accoglimento 
da 
parte 
dell�Amministrazione 
ma 
che 
dimostrano 
come 
il 
processo 
di 
completa 
codificazione 
delle 
disposizioni 
concernenti 
l'Amministrazione 
digitale 
non 
possa 
ancora 
ritenersi 
del 
tutto 
compiuto, 
nonostante 
il 
ruolo 
di 
continuo 
stimolo 
svolto 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
sin 
dal 
2005. 


Il 
secondo 
filo 
conduttore 
che 
lega 
tra 
loro 
i 
pareri 
del 
CdS 
nella 
presente 
materia 
� 
costituito, come 
in precedenza 
evidenziato, dai 
rilievi 
concernenti 
le 
questioni 
economico-finanziarie 
relative 
all�implementazione 
delle 
disposizioni 
del CAD. 

A 
differenza 
dei 
rilievi 
formulati 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
relativamente 
ai 
profili 
normativi 
-che, 
come 
in 
precedenza 
evidenziato, 
mostrano 
alcune 
discontinuit� 
connesse 
con 
le 
peculiarit� 
di 
ciascun 
intervento 
normativo 
in 
materia 
di 
amministrazione 
digitale 
-le 
osservazioni 
concernenti 
i 
profili 
economici, 
formulate 
tramite 
i 
medesimi 
pareri 
sin 
qui 
richiamati, 
appaiono 
invece 
pi� 
omogenee, 
incentrandosi 
principalmente 
su 
due 
questioni 
d�ordine 
generale 
costituite, 
in 
primis, 
dalla 
necessit� 
che 
le 
disposizioni 
del 
CAD 
siano 
accompagnate 
dal 
reperimento 
di 
risorse 
economiche 
adeguate 
al 
fine 
di 
attuare 
concretamente 
il 
processo 
di 
digitalizzazione 
del 
Paese 
e 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
e, 
in 
secundis, 
dall�opportunit� 
di 
accompagnare 
le 
innovazioni 
previste 
dal 
Codice 
con 
programmi 
di 
sperimentazione, 
formazione 
e 
graduale 
�messa 
a 
regime� 
di 
queste 
ultime, 
al 
fine 
di 
evitare 
che 
le 
medesime 
rimangano 
sostanzialmente 
inattuate 
e 
prive 
di 
effetti 
nei 
confronti 
della 
cittadinanza. 


In proposito deve 
rilevarsi 
come 
la 
circostanza 
che 
il 
Consiglio di 
Stato 
abbia 
evidenziato 
in 
maniera 
pressoch� 
costante 
nel 
corso 
dell'ultimo 
decennio 
la 
necessit� 
di 
accompagnare 
la 
normativa 
in 
esame 
con 
interventi 
concreti 
sul 
versante 
economico 
ed 
organizzativo 
discende, 
principalmente, 
dalla 
mancata 
previsione 
di 
incisivi 
interventi 
sotto questo versante, tendenza 
quest'ultima 
che 
sembra, 
tuttavia, 
aver 
subito 
una 
inversione 
di 
rotta 
proprio 
attraverso 
il 
pi� recente 
degli 
interventi 
concernenti 
il 
CAD, ovvero il 
correttivo di 
cui 
al d.lgs. n. 217 del 13 dicembre 2017. 



rECENSIONI 
299 


In 
particolare, 
come 
evidenziato 
con 
il 
parere 
relativo 
al 
correttivo 
del 
2017, 
quest'ultimo 
prevede 
esplicitamente, 
all'articolo 
66 
(�Disposizioni 
di 
coordinamento e 
finali�), il 
ricorso a 
specifiche 
risorse 
finanziarie 
destinate 
all'attuazione 
delle 
disposizioni 
del 
CAD, 
pari 
a 
�11 
milioni 
di 
euro 
per 
l'anno 
2017� 
e 
�20 milioni 
di 
euro per 
l'anno 2018�, scelta 
quest'ultima 
che 
� 
stata 
accolta 
�con favore� 
dal 
Consiglio di 
Stato, richiamando peraltro i 
rilievi 
formulati, 
sotto tale 
profilo, con i 
pareri 
adottati 
in relazione 
alle 
precedenti 
modifiche 
del CAD. 

Nell�ambito 
del 
citato 
parere, 
tuttavia, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
non 
si 
� 
limitato 
a 
prendere 
atto 
della 
decisione 
assunta 
dall�Amministrazione 
ma, 
cambiando 
in 
un 
certo 
senso 
il 
proprio 
angolo 
visuale, 
ha 
evidenziato 
come 
il 
correttivo 
abbia 
proceduto 
anche 
ad 
ampliare 
i 
compiti 
demandati 
all�Agenzia 
per 
l�Italia 
digitale 
(AgID), 
assegnando 
a 
quest�ultima 
funzioni 
centrali 
sia 
nell�ambito 
dei 
rapporti 
con 
la 
cittadinanza 
sia 
relativamente 
ai 
rapporti 
con 
le 
Pubbliche 
Amministrazioni, 
come, 
in 
via 
esemplificativa, 
la 
predisposizione 
delle 
linee 
guida 
tecniche, 
l�adozione 
di 
�pareri 
tecnici, 
obbligatori 
e 
vincolanti� 
sugli 
elementi 
essenziali 
delle 
procedure 
di 
gara 
bandite 
da 
Consip 
e 
concernenti 
l'acquisizione 
di 
beni 
e 
servizi 
relativi 
a 
sistemi 
informativi 
automatizzati 
nonch� 
la 
previsione 
di 
un 
ufficio 
unico 
nazionale 
del 
difensore 
civico 
digitale, 
incardinato 
presso 
l�Agenzia. 
In 
relazione 
a 
tali 
nuove 
competenze 
la 
Commissione 
speciale 
ha, 
quindi, 
ritenuto 
necessario 
invitare 
l�Amministrazione 
a 
valutare 
�l�adeguatezza 
dell�attuale 
organizzazione 
di 
tale 
ente 
� 
procedendo 
agli 
opportuni 
cambiamenti 
qualora 
emerga 
che 
tale 
organizzazione 
non 
sia 
del 
tutto 
idonea 
ad 
assolvere 
ai 
complessi 
compiti� 
ad 
essa 
assegnati. 


In altri 
termini, anche 
a 
seguito della 
rilevata 
inversione 
di 
tendenza 
per 
quanto concerne 
le 
misure 
economiche 
necessarie 
ad implementare 
le 
disposizioni 
del 
CAD, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
ritenuto 
opportuno 
evidenziare 
come 
le 
problematiche 
di 
ordine 
economico-organizzativo sottese 
al 
processo di 
digitalizzazione 
del 
Paese 
e 
della 
P.A. non possano ancora 
ritenersi 
del 
tutto superate: 
si 
tratta, 
comՏ 
evidente, 
di 
un 
processo 
tutt'ora 
in 
fieri 
sul 
quale 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
posto 
una 
particolare 
attenzione, 
ritenendo 
che 
in 
assenza 
di 
sufficienti 
finanziamenti 
le 
previsioni 
del 
CAD 
potrebbero 
non 
trovare 
un�adeguata attuazione. 


Parallelamente 
alle 
due 
linee 
direttrici 
che 
connotano l�apporto del 
Consiglio 
di 
Stato nella 
presente 
materia 
vi 
� 
poi 
un terzo profilo che 
ha 
assunto 
un 
rilievo 
centrale 
nell�ambito 
del 
rapporto 
collaborativo 
tra 
Consiglio 
di 
Stato 
e 
legislatore 
delegato, ovvero quello relativo alle 
questioni 
d�ordine 
tecnico-
giuridico, sulle 
quali, peraltro, si 
sono soffermati 
con particolare 
attenzione 
i 
pi� recenti 
pareri 
del 
Consiglio di 
Stato nella 
presente 
materia, ovvero quelli 
relativi agli interventi riformatori del 2016 e del 2017. 


Esemplificativo al 
riguardo appare 
il 
profilo relativo al 
documento informatico 
sottoscritto 
con 
firma 
elettronica 
(qualificata 
o 
meno) 
ed 
al 
valore 
pro



rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


batorio di 
tali 
documenti: 
si 
tratta, infatti, di 
una 
tematica 
affrontata, con un 
certo grado di 
approfondimento, sia 
dal 
parere 
relativo al 
Codice 
del 
2005 sia 
dal 
successivo 
parere 
concernente 
il 
correttivo 
del 
2006 
ma 
che 
ha 
continuato, 
nel 
corso 
degli 
anni 
successivi, 
ad 
impegnare 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
in 
una 
densa 
interlocuzione con il legislatore delegato. 

Infatti, 
nell'ambito 
della 
riforma 
di 
cui 
al 
d.lgs. 
n. 
179 
del 
2016 
il 
Governo 
aveva 
inizialmente 
proposto 
una 
modifica 
del 
valore 
probatorio 
dei 
documenti 
informatici 
in base 
alla 
quale 
questi 
ultimi, qualora 
sottoscritti 
con firma 
digitale, 
qualificata 
o avanzata, o con firma 
semplice, dovevano ritenersi 
idonei 
a 
fini 
probatori 
ed ai 
medesimi 
doveva 
essere 
riconosciuta 
l�efficacia 
di 
cui 
all�art. 
2702 
(�efficacia 
della 
scrittura 
privata�) 
del 
Codice 
civile. 
Con 
il 
parere 
n. 785 del 
23 marzo 2016, tuttavia, il 
Consiglio di 
Stato ha 
evidenziato 
come 
la 
firma 
elettronica 
pu� assumere 
modalit� 
profondamente 
diverse 
fra 
loro, articolandosi 
fra 
una 
semplice 
password 
- che, di 
per se 
stessa, potrebbe 
non fornire 
la 
certezza 
che 
il 
documento provenga 
da 
colui 
il 
cui 
nominativo 
� 
usato per la 
sottoscrizione 
- e 
l�utilizzo di 
avanzati 
sistemi 
biometrici, con 
�conseguente 
variabilit� 
del 
sistema 
di 
sicurezza�, 
ed 
ha 
pertanto 
invitato 
l�Amministrazione 
ad 
espungere 
tale 
novella 
dall�articolato. 
In 
sede 
di 
stesura 
definitiva 
del 
d.lgs. n. 179 del 
2016, quindi, l�Amministrazione 
ha 
deciso di 
tornare 
al 
previgente 
testo 
della 
disposizione, 
stralciando 
la 
succitata 
proposta 
di 
modifica. Successivamente, in sede 
di 
correttivo del 
2017, l�Amministrazione 
ha 
proceduto 
a 
modificare 
il 
regime 
del 
valore 
probatorio 
dei 
documenti 
informatici, introducendo una 
sorta 
di 
graduazione 
del 
valore 
probatorio dei 
medesimi 
sulla 
base 
delle 
modalit� 
tecniche 
di 
sottoscrizione 
degli 
stessi, 
prevedendo 
che 
il 
documento informatico soddisfi 
il 
requisito della 
forma 
scritta 
e 
abbia 
l�efficacia 
di 
cui 
all�art. 
2702 
c.c. 
qualora 
sia 
sottoscritto 
con 
una 
firma 
digitale, qualificata 
o avanzata, o, nel 
caso di 
documenti 
sottoscritti 
con firme 
elettroniche 
differenti, qualora 
rispetti 
gli 
standard tecnici 
che 
saranno individuati 
dall�AgID 
con le 
linee 
guida 
previste 
dall'art. 71 del 
CAD 
mentre, nei 
restanti 
casi, 
il 
valore 
probatorio 
del 
documento 
informatico 
� 
rimesso 
al 
libero 
giudizio degli organi giudicanti. 


Si 
tratta 
di 
una 
modifica 
che 
ha 
trovato 
�favorevole 
accoglimento� 
da 
parte 
del 
Consiglio di 
Stato che, con il 
parere 
n. 2122 del 
10 ottobre 
2017, ha 
ritenuto �sostanzialmente 
in linea� 
con i 
rilievi 
formulati 
nel 
corso del 
2016 
la 
scelta 
di 
�graduare� 
l'efficacia 
probatoria 
dei 
documenti 
sulla 
base 
delle 
modalit� tecniche della loro sottoscrizione. 


Accanto ai 
rilievi 
concernenti 
il 
valore 
probatorio dei 
documenti 
informatici 
-che, 
come 
evidenziato, 
costituiscono 
una 
sorta 
di 
costante 
nell'ambito 
dei 
rapporti 
tra 
legislatore 
delegato 
e 
Consiglio 
di 
Stato 
nella 
presente 
materia 
-vi 
sono 
poi 
ulteriori 
profili 
tecnico-giuridici 
che, 
in 
particolare 
a 
far 
data 
dalla 
riforma 
del 
2016, 
hanno 
assunto 
una 
maggiore 
centralit� 
nell�ambito 
dei 
pareri consultivi del Consiglio di Stato. 



rECENSIONI 
301 


Ci 
si 
riferisce, 
in 
via 
esemplificativa 
-atteso 
l�ampio 
numero 
di 
rilievi 
formulati 
dal 
Consiglio di 
Stato sotto il 
profilo in esame, come 
quelli 
relativi 
al 
�disaster 
recovery�, 
alla 
conservazione 
dei 
documenti 
informatici 
ed 
al 
raccordo 
con la 
disciplina 
del 
processo telematico - alla 
questione 
relativa 
ai 
requisiti 
per 
l�accreditamento 
dei 
soggetti 
che 
intendono 
svolgere 
l�attivit� 
di 
prestatore 
di 
servizi 
fiduciari 
qualificati, di 
gestore 
di 
posta 
elettronica 
certificata, 
di 
gestore 
dell'identit� 
digitale 
o 
di 
conservatore 
di 
documenti 
informatici, 
in relazione 
alla 
quale 
il 
Governo, nel 
predisporre 
lo schema 
del 
d.lgs. 


n. 179 del 
2016, aveva 
inizialmente 
previsto una 
soglia 
di 
capitale 
sociale 
minimo 
particolarmente elevata, pari a 5 milioni di euro. 
La 
Commissione 
speciale 
preposta 
all�esame 
di 
tale 
schema 
aveva, 
al 
proposito, 
evidenziato - richiamando la 
sentenza 
del 
Consiglio di 
Stato n. 1214 
del 
24 marzo 2016, con la 
quale 
era 
stata 
confermata 
la 
sentenza 
del 
Tar per il 
Lazio n. 9951 del 
21 luglio 2015, recante 
l�annullamento dell�art. 10, comma 
3, lett. a) del 
d. P.C.M. 24 ottobre 
2014, nella 
parte 
in cui 
prevedeva 
un requisito 
di 
capitale 
sociale 
minimo 
identico 
a 
quello 
proposto 
dall�Amministrazione 
nel 
caso de 
quo 
- la 
necessit� 
di 
individuare 
�un punto di 
equilibro fra 
l�esigenza di 
selezionare 
aziende 
che, anche 
tramite 
una adeguata capitalizzazione 
societaria, assicurino un servizio conforme 
agli 
standard individuati 
dall�amministrazione 
stessa 
e 
quella 
di 
non 
escludere 
dal 
mercato 
societ� 
che, 
pur 
in 
possesso 
di 
accertati 
requisiti 
di 
affidabilit�, 
non 
dispongano 
di 
tale 
capitale 
societario�. 
Conseguentemente 
l�Amministrazione 
ha 
dapprima 
previsto 
una 
graduazione 
del 
menzionato requisito -per il 
tramite 
della 
stesura 
definitiva 
del 
citato d.lgs. n. 179 del 
2016 - e, in sede 
di 
correttivo del 
2017, 
ha 
assunto 
la 
decisione 
di 
demandare 
l�effettiva 
individuazione 
del 
medesimo 
requisito ad una 
fonte 
subprimaria, scelta 
di 
cui 
il 
Consiglio di 
Stato, con il 
parere 
n. 2122 del 
2017, non ha 
potuto che 
prendere 
atto, in attesa 
della 
concreta 
individuazione 
della 
soglia 
di 
capitale 
sociale 
che 
sar� 
stabilita 
solo in 
un secondo momento. 


Da 
ultimo, 
di 
particolare 
interesse 
risulta 
anche 
la 
tematica 
concernente 
l�individuazione 
dei 
passaggi 
necessari 
per 
completare 
la 
transizione 
verso 
l�attuazione 
del 
principio 
�digital 
first�, 
con 
conseguente 
superamento 
delle 
modalit� 
cartacee 
di 
comunicazione 
tra 
privati 
e 
P.A., 
alla 
quale 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
rivolto 
la 
propria 
attenzione 
sin 
dal 
2005, 
evidenziando, 
in 
relazione 
alla 
prima 
stesura 
del 
CAD, 
l�assenza 
sia 
di 
�norme 
transitorie 
e 
di 
raccordo 
che 
assicurino 
la 
continuit� 
di 
azione 
pubblica 
e 
scongiurino 
possibili 
momenti 
di 
impasse 
nel 
passaggio 
da 
un 
sistema� 
basato 
sui 
documenti 
cartacei 
ad 
uno 
incentrato 
sugli 
strumenti 
informatici 
sia 
di 
misure 
volte 
a 
bilanciare 
tale 
�radicale 
innovazione� 
con 
le 
problematiche 
connesse 
al 
cosiddetto 
�digital 
divide�, 
al 
fine 
di 
evitare 
che 
un 
rilevante 
numero 
di 
cittadini, 
all�epoca 
non 
ancora 
in 
possesso 
di 
una 
adeguata 
�alfabetizzazione 
informatica�, 
potessero 
risultare 
discriminati 
a 
seguito 
del 
passaggio 
ad 
un�amministrazione 
esclusivamente 
digitale. 



rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


Tale 
tematica 
� 
stata, poi, nuovamente 
affrontata 
dal 
Consiglio di 
Stato a 
seguito 
dell�adozione 
del 
correttivo 
del 
2017, 
in 
un�ottica 
che 
ha 
tenuto 
in 
considerazione 
il 
lungo lasso di 
tempo decorso dall�adozione 
del 
Codice 
del 
2005. 


La 
Commissione 
speciale, 
infatti, 
con 
il 
gi� 
citato 
parere 
n. 
2122 
del 
2017, 
ha 
evidenziato come 
il 
pi� recente 
degli 
interventi 
normativi 
relativi 
al 
CAD 
abbia 
demandato 
ad 
uno 
specifico 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
l�individuazione 
della 
data 
di 
decorrenza 
per 
il 
passaggio 
alla 
modalit� 
esclusivamente 
informatica 
di 
interrelazione 
tra 
PA 
e 
cittadinanza 
sia 
l�indicazione 
delle 
modalit� 
attraverso 
cui 
consegnare 
a 
chi 
non 
pu� 
accedere 
ai 
domicili 
digitali 
le 
comunicazioni 
provenienti 
dall�Amministrazione, 
sottolineando in proposito l�opportunit� 
di 
portare 
avanti 
il 
processo di 
completa 
informatizzazione 
della 
P.A. 
�con 
una 
adeguata 
sollecitudine�, 
tenendo 
conto 
del 
fatto 
che 
il 
medesimo, 
come 
test� 
rilevato, 
ҏ 
iniziato 
gi� 
da 
tempo�. 

Il 
Consiglio 
di 
Stato, 
conseguentemente, 
ha 
ritenuto 
condivisibile 
la 
scelta 
di 
prevedere 
�un 
periodo 
transitorio 
prima 
del 
completo 
passaggio, 
nelle 
comunicazioni 
tra 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
cittadinanza, 
alla 
modalit� 
informatica� 
-e 
ci� 
in 
considerazione 
della 
necessit�, 
gi� 
emersa 
nel 
2005 
e 
mai 
del 
tutto 
superata, 
di 
�evitare 
ricadute 
negative 
su 
quella 
parte 
della 
cittadinanza 
che 
ancora 
non 
dispone 
di 
mezzi 
tecnologici 
in 
linea 
con 
gli 
sviluppi 
del 
settore, 
atteso 
che 
il 
cosiddetto 
digital 
divide 
costituisce 
un 
fenomeno 
diffuso 
in 
relazione 
a 
specifiche 
aree 
geografiche 
e 
classi 
di 
et� 
della 
popolazione 
italiana� 
-auspicando 
tuttavia 
che 
la 
presenza 
di 
tale 
regime 
transitorio 
�non 
costituisca 
un 
fattore 
di 
rallentamento 
del 
percorso 
verso 
l�obiettivo 
della 
piena 
informatizzazione 
dei 
rapporti 
tra 
cittadini 
e 
Pubblica 
amministrazione�. 


In 
conclusione, 
l�apporto 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
nell�ambito 
della 
normativa 
concernente 
l�amministrazione 
digitale 
ha 
orientato e 
stimolato il 
legislatore, 
nel 
corso 
dell�ultimo 
decennio, 
verso 
l�adozione 
di 
soluzioni 
volte 
a 
ricercare 
un 
corretto 
equilibrio 
tra 
l�esigenza 
di 
garantire 
una 
coerenza 
interna 
del 
sistema, quella 
di 
innovare 
radicalmente 
le 
modalit� 
di 
funzionamento del 
sistema 
amministrativo 
e 
quella, 
apparentemente 
contrapposta, 
di 
tutelare 
una 
collettivit� 
in cui 
le 
problematiche 
connesse 
al 
cosiddetto digital 
divide 
appaiono 
ancora oggi di estrema attualit�. 


Si 
tratta, come 
gi� 
rilevato, di 
un percorso ancora 
in fieri 
e 
lungi 
dall�essere 
concluso, 
tenendo 
peraltro 
conto 
del 
fatto 
che 
il 
CAD, 
anche 
a 
seguito 
dei 
pi� recenti 
interventi 
di 
riforma, costituisce 
tuttora 
un corpus 
normativo 
sostanzialmente 
di 
principio, che 
demanda 
alle 
fonti 
subprimarie 
[tra 
le 
quali 
possiamo ricordare, in via 
esemplificativa, le 
linee 
guida 
dell�AgID 
di 
cui 
all�art. 
71 del 
CAD 
e 
i 
decreti 
del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
ministri 
di 
cui 
si 
� 
in precedenza 
detto, tra 
cui 
spicca 
quello previsto dall�art. 3-bis, comma 
3bis, 
definito 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
come 
�centrale� 
per 
lo 
sviluppo 
del 
sistema 



rECENSIONI 
303 


amministrativo digitale] l�individuazione 
sia 
delle 
modalit� 
tecniche 
sia 
delle 
tempistiche di attuazione delle disposizioni codicistiche. 


Tale 
percorso tuttavia 
dimostra, a 
sommesso avviso di 
chi 
scrive, come 
la 
costante 
interlocuzione 
tra 
organi 
di 
governo, legislativi 
e 
giudicanti 
costituisca 
un�imprescindibile 
risorsa 
al 
fine 
di 
raggiungere 
i 
condivisi 
obiettivi 
della 
modernizzazione 
e 
della 
completa 
informatizzazione 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
e, pi� in generale, del Paese. 


claudio boccia 


Il Codice dell�Amministrazione digitale: la modernizzazione 
della P.A. e gli impulsi degli Ordinamenti sovranazionali 


� 
ormai 
chiaro da 
molti 
anni 
al 
decision maker 
nazionale 
che 
un pi� elevato 
livello di 
digitalizzazione 
dell�amministrazione 
pubblica 
costituisca 
un 
aspetto fondamentale 
per qualunque 
tentativo di 
riforma 
volto a 
migliorare 
la 
qualit� dei servizi resi ai cittadini e agli utenti. 


Si 
tratta 
di 
una 
consapevolezza 
che 
ha 
ispirato - almeno nelle 
intenzioni 
iniziali 
-praticamente 
tutti 
i 
tentativi 
organici 
di 
riforma 
dell�amministrazione 
susseguitisi 
nel 
corso degli 
ultimi 
decenni 
(fino alla 
recente 
iniziativa 
di 
cui 
alla 
�legge 
Madia� 
n. 124 del 
2015), anche 
se 
spesso tali 
tentativi 
si 
sono sviluppati 
in modo episodico e 
disorganico, finendo inevitabilmente 
per conseguire 
risultati solo parziali. 


Pur 
nella 
parziale 
incertezza 
che 
ancora 
oggi 
accompagna 
la 
nozione 
stessa 
di 
eGovernment, 
i 
tentativi 
di 
introdurre 
nell�esperienza 
italiana 
modelli 
decisionali 
e 
forme 
gestionali 
ad 
esso 
ispirati 
sono 
stati 
esaminati 
in 
modo 
approfondito 
nel 
corso 
degli 
anni 
e 
lo 
stesso 
Codice 
dell�amministrazione 
digitale 
ha 
rappresentato per la 
pubblicistica 
nazionale 
una 
straordinaria 
fonte 
di 
dibattito 
e di confronto. 


Probabilmente 
meno approfondito � 
invece 
risultato l�esame 
dei 
rapporti 
fra 
gli 
impulsi 
europei 
alla 
pi� 
ampia 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
amministrativa 
e gli esiti prodotti nell�Ordinamento interno. 


Sotto alcuni 
aspetti, infatti, pu� affermarsi 
che 
in Italia 
si 
sia 
affermata 
una 
sorta 
di 
via 
interna 
alla 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
(si 
pensi 
alle 
vicende 
relative 
all�evoluzione 
in tema 
di 
firme 
elettroniche) 
e 
che 
la 
stessa 
genesi 
del 
Codice 
dell�amministrazione 
digitale 
del 
2005 
costituisca 
in 
larga 
parte 
il 
frutto 
di 
uno 
sviluppo 
marcatamente 
autonomo 
del tema in esame. 


Per altro verso, � 
comunque 
innegabile 
che 
gli 
impulsi 
provenienti 
dal



rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


l�Ordinamento UE 
(e, pi� in generale, dalle 
istanze 
sovranazionali) abbiano 
sortito 
-in 
specie, 
negli 
anni 
pi� 
recenti 
-un�influenza 
determinante 
sullo 
sviluppo 
del 
tema, riorientando spesso l�agenda 
del 
Legislatore 
nazionale, dettando 
nuove 
priorit� 
e 
imponendo di 
rivedere 
alcune 
delle 
scelte 
di 
fondo che 
avevano ispirato l�intervento di codificazione del 2005. 


Non 
a 
caso, 
la 
stessa 
legge 
di 
delega 
n. 
124 
del 
2015, 
nel 
dettare 
i 
princ�pi 
e 
criteri 
direttivi 
che 
hanno 
ispirato 
la 
revisione 
di 
cui 
al 
decreto 
legislativo 
n. 
179 
del 
2016 
(e, 
in 
seguito, 
l�intervento 
correttivo 
di 
cui 
al 
decreto 
legislativo 


n. 
217 
del 
2017) 
ha 
imposto 
al 
Governo 
di 
�adeguare 
il 
testo 
delle 
disposizioni 
vigenti 
alle 
disposizioni 
adottate 
al 
livello 
europeo�, 
in 
tal 
modo 
dettando 
le 
linee 
di 
fondo 
di 
una 
sorta 
di 
ri-comunitarizzazione 
dell�intera 
disciplina 
della 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
amministrativa 
e 
della 
stessa 
cittadinanza 
digitale. 
L�intervento del 
Legislatore 
del 
2015-17 non sembra 
soltanto rivolto al 
passato (i.e.: 
all�adeguamento della 
pregressa 
disciplina 
nazionale 
alle 
nuove 
acquisizioni 
dell�Ordinamento 
europeo 
-come 
quelle 
in 
materia 
di 
firme 
elettroniche 
di 
cui 
al 
regolamento eIDAS 
-), ma 
anche 
- e 
soprattutto - al 
futuro, 
attraverso una 
sorta 
di 
permanente 
vincolo di 
conformazione 
della 
disciplina 
nazionale 
a 
quella 
eurounitaria 
(la 
quale, 
peraltro, 
negli 
anni 
pi� 
recenti 
ha 
notevolmente 
esteso il proprio campo di applicazione). 


Oltretutto, 
nell�ambito 
delle 
prescrizioni 
generali 
della 
legge 
delega, 
si 
rinvengono 
due 
ulteriori 
e 
puntuali 
vincoli 
di 
conformazione 
alla 
disciplina 
europea, rispettivamente in tema 


-di 
disponibilit� 
di 
connettivit� 
a 
banda 
larga 
e 
ultralarga 
e 
di 
accesso 
alla 
rete 
internet 
presso 
gli 
uffici 
pubblici 
(articolo 
1, 
comma 
1, 
lettera 
c)), 
nonch� 


-di 
identificazione 
elettronica 
e 
servizi 
fiduciari 
per le 
transazioni 
elettroniche 
(articolo 1, comma 1, lettera p)). 
E 
l�introduzione 
a 
reg�me 
di 
un 
tale 
autovincolo 
risulta 
tanto 
pi� 
rilevante 
se 
solo si 
consideri 
- ad esempio - che 
l�Agenda 
Digitale 
Europea 
ha 
fissato 
obiettivi 
quanto 
mai 
ambiziosi 
in 
tema 
di 
istituzione 
del 
Digital 
Single 
Market, 
attraverso un livello di 
dettaglio idoneo a 
vincolare 
in modo notevole 
le 
scelte 
degli Ordinamenti nazionali. 


Non 
a 
caso, 
nel 
fissare 
gli 
assi 
strategici 
dell�Agenda 
Digitale 
Italiana 
del 
2012, la 
Cabina 
di 
regia 
ha 
individuato obiettivi 
e 
finalit� 
in larga 
parte 
armonizzati 
con 
quelli 
di 
cui 
all�omologa 
Agenda 
europea 
(sia 
pur 
profondendo 
evidenti 
sforzi 
nel 
tentativo di 
coniugare 
tali 
obiettivi 
con le 
peculiarit� 
della 
situazione italiana). 


Qui 
di 
seguito, quindi, si 
esamineranno (naturalmente, senza 
pretesa 
alcuna 
di 
esaustivit�) alcuni 
fra 
i 
principali 
ambiti 
in relazione 
ai 
quali 
gli 
atti 
normativi 
e 
di 
indirizzo dell�UE 
hanno influenzato in tempi 
recenti 
l�evoluzione 
della 
disciplina 
nazionale 
in 
tema 
di 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
amministrativa. 



rECENSIONI 
305 


Si 
passer� 
poi 
ad esaminare 
(in modo altrettanto sintetico) alcuni 
atti 
di 
fonte 
sovranazionale 
che 
hanno 
parimenti 
influenzato 
lo 
sviluppo 
del 
dibattito 
interno sul tema. 


Infine 
si 
svolgeranno alcune 
considerazioni 
conclusive 
circa 
le 
relazioni 
fra 
l�ambito disciplinare 
nazionale 
e 
quelli 
sovranazionali 
in tema 
di 
sviluppo 
della digitalizzazione dell�attivit� delle amministrazioni pubbliche. 


Un primo rilevante 
impulso alla 
(almeno parziale) armonizzazione 
fra 
la 
disciplina 
nazionale 
e 
quella 
eurounitaria 
in tema 
di 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
� 
stato 
impresso 
dalla 
Direttiva 
1999/93/CE, istitutiva di un quadro comunitario per le firme elettroniche. 


Come 
� 
noto, 
l�attuazione 
della 
direttiva 
in 
parola 
ha 
alimentato 
un 
vivace 
dibattito circa la diversit� della 
ratio 
che aveva ispirato 

-(da 
un 
lato) 
la 
disciplina 
in 
tema 
di 
firma 
digitale 
di 
cui 
alla 
c.d. 
�legge 
Bassanini� 
n. 
59 
del 
1997 
-e 
di 
cui 
al 
d.P.r. 
513 
del 
1997 
-(la 
cui 
finalit� 
ultima 
era 
quella 
di 
assicurare 
specifici 
effetti 
giuridici 
ai 
documenti 
informatici) 
e 


-(dall�altro) 
la 
disciplina 
eurounitaria 
del 
1999, 
la 
quale 
mirava 
all�obiettivo 
- in parte 
diverso - di 
fissare 
regole 
comuni 
per garantire 
la 
libera 
circolazione 
delle merci, dei servizi e dei capitali. 

Non � 
qui 
possibile 
esaminare 
le 
ragioni 
e 
gli 
esiti 
di 
quel 
dibattito (che 
oggi 
pu� comunque 
dirsi 
in larga 
parte 
risolto a 
seguito dell�entrata 
in vigore 
del regolamento eIDAS e delle recenti modifiche al Codice). 


Ci� 
che 
invece 
preme 
qui 
sottolineare 
� 
che 
la 
Direttiva 
del 
1999 
ha 
fissato 
per 
la 
prima 
volta 
in 
via 
generale 
nel 
settore 
in 
esame 
il 
principio 
della 
neutralit� 
tecnologica 
(un 
principio 
evidentemente 
finalizzato 
ad 
assicurare 
la 
massima 
espansione 
delle 
libert� 
del 
Trattato 
e 
di 
cui 
� 
evidente 
la 
forza 
espansiva 
extrasettoriale 
a 
tutti 
i 
settori 
caratterizzati 
da 
elevati 
contenuti 
tecnologici). 


Passando alla 
cruciale 
tematica 
del 
rapporto fra 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
rispetto 
della 
disciplina 
in 
tema 
di 
dati 
personali, � 
del 
tutto evidente 
che 
la 
tematica 
risulti 
incisa 
in modo notevole 
dall�entrata 
in 
vigore 
del 
regolamento 
generale 
europeo 
in 
materia 
di 
Privacy, 


n. 679/2016 (25 maggio 2018). 
Ora, 
nonostante 
la 
generica 
clausola 
di 
salvaguardia 
e 
rinvio 
di 
cui 
all�articolo 
2, 
comma 
5 
del 
Codice 
(secondo 
cui 
�le 
disposizioni 
del 
presente 
codice 
si 
applicano 
nel 
rispetto 
della 
disciplina 
in 
materia 
di 
trattamento 
dei 
dati 
personali 
e, in particolare, delle 
disposizioni 
del 
codice 
in materia di 
protezione 
dei 
dati 
personali 
approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 
196�), sono del 
tutto evidenti 
le 
numerose 
e 
rilevanti 
aree 
di 
intersezione 
fra 
i due ambiti disciplinari. 


Di 
tanto 
� 
stato 
evidentemente 
consapevole 
il 
Legislatore 
nazionale 
il 
quale, con i 
pi� recenti 
interventi 
correttivi 
al 
Codice 
del 
2005 ha 
adeguato 
alcune 
rilevanti 
previsioni 
alla 
pi� 
recente 
disciplina 
eurounitaria 
(si 
pensi, 



rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


solo a 
mo� 
di 
esempio, alle 
modifiche 
apportate 
all�articolo 44 in tema 
di 
requisiti 
per la gestione e conservazione dei documenti informatici). 


rilevanti 
obblighi 
di 
conformazione 
per 
l�Ordinamento 
interno 
-e 
per 
l�attivit� 
amministrativa 
in generale 
- sono stati 
inoltre 
fissati 
anche 
dalla 
Direttiva 
2014/61/CE 
(recepita 
in 
Italia 
con 
il 
Decreto 
legislativo 
n. 
33 
del 
2016) 
recante 
misure 
volte 
a 
ridurre 
i 
costi 
dell�installazione 
di 
reti 
di 
comunicazione 
elettronica ad alta velocit�. 


In particolare, la 
Direttiva 
in questione 
ha 
dettato specifiche 
misure 
finalizzate 
a migliorare il grado di connettivit� nei luoghi e negli uffici pubblici. 


Dal 
canto suo, il 
decreto delegato (articolo 4) ha 
demandato al 
Ministero 
dello 
sviluppo 
economico 
la 
definizione 
delle 
regole 
tecniche 
per 
la 
definizione 
del 
contenuto 
del 
Sistema 
informativo 
nazionale 
federato 
delle 
infrastrutture 
(SINFI), 
nonch� 
�[delle] 
modalit� 
di 
prima 
costituzione, 
di 
raccolta, 
di 
inserimento e 
di 
consultazione 
dei 
dati, nonch� 
[delle] 
regole 
per 
il 
successivo 
aggiornamento, lo scambio e 
la pubblicit� dei 
dati 
territoriali 
detenuti 
dalle 
singole 
amministrazioni 
competenti, 
dagli 
altri 
operatori 
di 
rete 
e 
da 
ogni 
proprietario o gestore 
di 
infrastrutture 
fisiche 
funzionali 
ad ospitare 
reti 
di comunicazione elettronica�. 


� 
stato 
altres� 
previsto 
che 
i 
dati 
in 
tal 
modo 
ricavati 
siano 
resi 
disponibili 
in formato di 
tipo aperto e 
interoperabile, ai 
sensi 
dell'articolo 68, comma 
3, 
del 
Codice 
e 
che 
essi 
siano 
elaborabili 
elettronicamente 
e 
georeferenziati, 
�senza compromettere il carattere riservato dei dati sensibili�. 


Di 
notevole 
interesse 
sistematico 
per 
l�operativit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
� 
anche 
la 
Direttiva 
2016/2102/UE, 
relativa 
all'accessibilit� 
dei 
siti 
web 
e 
delle 
applicazioni 
mobili 
degli 
enti 
pubblici 
(il 
cui 
recepimento 
nel-
l�Ordinamento 
interno 
� 
stato 
previsto 
-con 
fissazione 
di 
criteri 
specifici 
di 
delega 
-dall�articolo 
14 
della 
legge 
di 
delegazione 
europea 
2016-2017, 
n. 
163 
del 
2017). 


Fra 
i 
principali 
aspetti 
di 
interesse 
connessi 
all�attuazione 
della 
direttiva 
in 
parola 
(che 
dovr� 
avvenire 
entro 
il 
23 
settembre 
2018) 
si 
segnala 
la 
prevista 
emanazione 
di 
apposite 
linee 
guida 
nazionali 
volte 
a 
individuare 
i 
casi 
in cui 
un ente 
pubblico pu� ragionevolmente 
limitare 
l'accessibilit� 
di 
uno specifico 
contenuto. 

Ci� 
sar� 
consentito, 
in 
particolare, 
laddove 
la 
piena 
accessibilit� 
determini 
in 
capo 
all�ente 
un 
�onere 
sproporzionato� 
(i.e.: 
comporti 
l�adozione 
di 
�misure 
che 
generano in capo a un ente 
pubblico un onere 
organizzativo o finanziario 
eccessivo, o mettono a rischio la sua capacit� di 
adempiere 
allo scopo prefissato 
o di 
pubblicare 
le 
informazioni 
necessarie 
o pertinenti 
per 
i 
suoi 
compiti 
e 
servizi, pur 
tenendo conto del 
probabile 
beneficio o danno che 
ne 
deriverebbe 
per le persone con disabilit� (�)�). 


� 
evidente 
che 
l�adozione 
da 
parte 
delle 
amministrazioni 
nazionali 
di 
misure 
volte 
a 
limitare 
il 
principio di 
piena 
accessibilit� 
sar� 
riguardata 
secondo 



rECENSIONI 
307 


un�ottica 
restrittiva 
ed eccettuale, facendo rigorosa 
applicazione 
del 
generale 
canone di proporzionalit�. 


Ma 
le 
ricadute 
di 
maggior rilievo sistematico sull�operativit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
nazionali 
per ci� che 
attiene 
lo sviluppo delle 
metodiche 
digitali 
saranno 
certamente 
sortite 
dalla 
piena 
attuazione 
dell�Agenda 
Digitale 
Europea 
del 
2010 (la 
quale, come 
� 
noto, rappresenta 
una 
delle 
sette 
iniziative faro della strategia Europa 2020) . 


Fra 
i 
numerosissimi 
aspetti 
di 
intersezione 
con l�operativit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
ci 
si 
limita 
qui 
a 
richiamare 
quelli 
connessi 
all�attuazione 
del 
Sesto Pilastro (relativo alla 
alfabetizzazione 
digitale), il 
quale 
contempla 
-fra 
le 
altre 
-specifici 
obiettivi 
e 
azioni 
volti 
ad 
assicurare 
la 
piena 
accessibilit� 
dei 
siti 
web 
da 
parte 
delle 
PP.AA. e 
ad implementare 
politiche 
di 
alfabetizzazione 
digitale, intese anche quale mezzo di inclusione sociale. 


La 
Cabina 
di 
regia 
dell�Agenda 
digitale 
italiana, 
nell�individuare 
gli 
assi 
strategici 
di 
intervento 
volti 
a 
conseguire 
le 
finalit� 
di 
cui 
al 
richiamato 
Pillar 
VI, 
ha 
individuato 
quale 
obiettivo 
prioritario 
quello 
della 
promozione 
dell�uso 
delle 
TLC 
nei 
vari 
settori 
professionali 
del 
mondo 
del 
lavoro 
pubblico 
e 
privato. 


Si 
tratta 
di 
obiettivi 
i 
quali 
(al 
di 
l� 
di 
una 
certa 
polisemicit�) sottendono 
comunque 
notevoli 
ambizioni 
di 
fondo e 
la 
cui 
piena 
implementazione 
dovr� 
essere 
misurata 
con difficolt� 
attuative 
di 
ordine 
organizzativo, culturale 
e 
finanziario. 


Appare 
comunque 
necessario incrementare 
al 
livello nazionale 
gli 
sforzi 
per 
superare 
le 
criticit� 
stigmatizzate 
nel 
documento 
eGovernment 
benchmark 
2016 
dalla 
Commissione 
europea 
, 
la 
quale 
ha 
concluso 
lapidariamente 
nel 
senso che 
�digital in not yet in the Dna of governments�. 


Venendo ora 
assai 
sinteticamente 
agli 
impulsi 
che, in tema 
di 
digitalizzazione 
dell�attivit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche, 
provengono 
dagli 
Organismi 
sovranazionali 
non-UE, vanno senz�altro richiamate 
le 
previsioni 
della 
Carta 
Internazionale 
dei 
Dati 
Aperti 
(Open Data charter, Citt� 
del 
Messico, 
2015), di cui l�Italia � uno dei primi (nove) Paesi firmatari. 


La 
Carta 
del 
2015 (che 
ha 
ispirato numerose 
fra 
le 
innovazioni 
introdotte 
nell�ultimo 
biennio 
nell�ambito 
del 
CAD) 
risulta 
di 
centrale 
importanza 
in 
quanto 
stabilisce 
che 
i 
dati 
in 
possesso 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
e 
dalle 
stesse 
rilasciati 
devono 
essere 
�aperti 
per 
principio� 
e 
in 
quanto 
fissa 
a 
carico 
dei 
soggetti 
pubblici 
detentori 
di 
tali 
dati 
specifici 
obblighi 
in tema 
di 
accessibilit�, 
usabilit�, comparabilit� e interoperabilit�. 


La 
piena 
attuazione 
degli 
obblighi 
derivanti 
dall�Open 
Data 
charter 
presenta 
aspetti 
di 
intersezione 
sistematica 
con le 
previsioni 
di 
cui 
al 
decreto legislativo 
n. 33 del 2013 (c.d. 
�Decreto trasparenza�). 


Ed infatti 


-se 
(per un verso) non pu� affermarsi 
che 
le 
informazioni 
di 
cui 
al 
Decreto 
trasparenza del 2013 siano di per s� qualificabili come 
open data 

rASSEGNA 
AVVOCATUrA 
DELLO 
STATO - N. 3/2018 


-per 
altro 
verso, 
come 
sottolineato 
dall�AgID, 
� 
innegabile 
che 
�esistono 
dati 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
che 
assumono un ruolo importante 
nel-
l'ecosistema degli 
Open Data e 
nella creazione 
di 
nuove 
forme 
di 
partecipazione 
(e.g. 
edifici, 
farmacie, 
musei, 
turismo, 
etc.) 
ma 
che 
non 
risultano 
nell'elenco dei 
dati 
obbligatori 
da pubblicare 
ai 
sensi 
del 
d.lgs. n. 33/2013� 
. 


Concludendo questa 
(necessariamente 
breve) panoramica 
su alcuni 
fra 
i 
principali 
impulsi 
che 
gli 
Ordinamenti 
sovranazionali 
hanno esercitato sullo 
sviluppo nazionale 
del 
tema 
della 
digitalizzazione 
delle 
amministrazioni 
pubbliche, 
pu� 
affermarsi 
che 
la 
via 
nazionale 
e 
quella 
sovranazionale 
non 
abbiano 
mai smesso di dialogare fra loro. 


In alcune 
fasi 
storiche 
(come 
al 
tempo dell�adozione 
del 
Codice 
dell�amministrazione 
digitale 
nella 
sua 
formulazione 
iniziale) l�Ordinamento nazionale 
ha 
ricercato in modo pi� evidente 
una 
via 
autonoma 
allo sviluppo della 
digitalizzazione delle amministrazioni. 


In altre 
fasi 
(come 
all�indomani 
dell�adozione 
dell�Agenda 
Digitale 
Europea 
del 
2010 
e 
del 
regolamento 
eIDAS 
del 
2014) 
i 
due 
percorsi 
si 
sono 
sviluppati 
secondo nuove e pi� accentuate convergenze. 


� 
tuttavia 
evidente 
che 
non 
sia 
possibile 
pervenire 
a 
una 
piena 
e 
definitiva 
prevalenza 
di 
un ambito rispetto all�altro, dal 
momento che 
il 
processo di 
modernizzazione 
delle 
amministrazioni 
postula 
necessariamente 
una 
pluralit� 
di 
piani operativi e l�integrazione delle sue componenti. 


Sotto 
alcuni 
aspetti 
� 
semplicemente 
impensabile 
che 
gli 
Ordinamenti 
nazionali 
possano perseguire 
percorsi 
marcatamente 
autonomi 
nell�iter 
che 
dovrebbe 
condurre 
alla 
piena 
instaurazione 
di 
un 
Mercato 
Digitale 
Unico 
al 
livello UE. 


Per altro verso � 
necessario che 
l�attuazione 
dell�Agenda 
Digitale 
di 
ciascuno 
Stato Membro tenga 
adeguatamente 
conto (e 
nei 
consueti 
limiti 
della 
ragionevolezza 
e 
della 
proporzionalit�) delle 
peculiarit� 
dei 
sistemi 
amministrativi 
nazionali. 


claudio contessa 



Finito di stampare nel mese di marzo 2019 
Stabilimenti 
Tipografici Carlo Colombo S.p.A. 
Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma