ANNO LXX - N. 1 GENNAIO - MARZO 2018 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIfICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo -CONDIRETTORI: Maurizio Borgo, Danilo Del Gaizo e Stefano Varone. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello -Lorenzo DAscia -Gianni De Bellis -Francesco De Luca - Wally Ferrante -Sergio Fiorentino -Paolo Gentili -Maria Vittoria Lumetti -Francesco Meloncelli Marina Russo. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi -Stefano Maria Cerillo Pierfrancesco La Spina -Marco Meloni -Maria Assunta Mercati -Alfonso Mezzotero -Riccardo Montagnoli -Domenico Mutino -Nicola Parri -Adele Quattrone -Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE fASCICOLO: Maria Bianca Armiento, Cesare Borgia, Emma Damiani, Enrico De Giovanni, Marco Fedi, Giuliano Gambardella, Michele Gerardo, Paolo Marchini, Leonello Mariani, Giuditta Marra, Massimo Massella Ducci Teri, Marco Meloni, Francesca Muccio, Gaetana Natale, Giancarlo Pampanelli, Alessandra Parente, Daniele Atanasio Sisca, Annalisa Tricarico, Mario Zito. Email giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it maurizio.borgo@avvocaturastato.it danilodelgaizo@avvocaturastato.it stefanovarone@avvocaturastato.it ABBONAMENTO ANNUO .............................................................................. 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 indice -sommario Comunicato dellAvvocato Generale: Elena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . TEMI ISTITUZIONALI Pareri: A) A.l. 28839/17 - Art. 341 bis cod. pen. - Oltraggio a pubblico ufficiale -Risarcimento del danno -Estinzione del reato -Criteri generali di quantificazione del danno e di valutazione della congruit delle offerte risarcitorie - Modalit di trattazione. B) Aa.ll. 47029/11 e 12809/16 - Alloggio di servizio - Concessione - Rilascio - Beni mobili reliquati dall'ex concessionario -Mancata asportazione - Acquisto per occupazione del diritto di propriet da parte dell'Amministrazione, Circolare A.G. prot. 195494 del 12 aprile 2018 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Gaetana Natale, La prova del nesso causale, concause e il principio del pi probabile che non (Osservatorio sulla Giustizia Civile, Gruppo Danno) . 13 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Giuditta Marra, Leffetto della sentenza della Corte di Giustizia del- lUnione nella causa C-284/16 Achmea sulle procedure arbitrali di risoluzione delle controversie intra-UE pendenti in esecuzione del Trattato sulla Carta dellenergia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 Paolo Gentili, Marina Russo, La presa in carico da parte del Servizio Sanitario Nazionale delluso di farmaci off-label in presenza di alternativa terapeutica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 CONTENZIOSO NAZIONALE Questioni aperte a seguito di Corte Costituzionale 22/2018 in materia di revoca delle patenti di guida (C. Cost., sent. 9 febbraio 2018 n. 22; T.a.r. Lombardia - Brescia, Sez. I, sent. 26 marzo 2018 n. 343) . . . . . . . . . . . . 77 Marina Russo, Revoca di finanziamenti pubblici alle imprese e passivo fallimentare: il trattamento privilegiato del credito restitutorio (Cass. civ., Sez. I, ord. 20 aprile 2018 n. 9926) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 89 Wally ferrante, Unioni omoaffettive: trascrizione di un matrimonio contratto allestero e normativa sopravvenuta sulle unioni civili (Cass. civ., Sez. I, sent. 14 maggio 2018 n. 11696) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 94 Alessandra Parente, Profili giuridici dellassunzione ex novo del dipendente stabilizzato, con particolare riferimento agli effetti preclusivi in ordine al riconoscimento del servizio pregresso ai fini dellanzianit giuridica (Trib. Napoli, Sez. lavoro, sent. 13 ottobre 2017 n. 6887) . . . . 106 Piero Vitullo, francesca Muccio, Le proposte di vincolo paesaggistico, adottate nel vigore del d.lgs. 490/1999, dopo la sentenza n. 13/2017 del- lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. Plen., sent. 22 dicembre 2017 n. 13) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121 Maria Bianca Armiento, Quale indice per la determinazione delle royalties. Brevi riflessioni a seguito della sentenza n. 290/2018 del Consiglio di Stato (Con. St., Sez. VI, sent. 18 gennaio 2018 n. 290). . . . . . . . . . . . Paolo Marchini, La Accessione invertita ambientale e il decalogo del Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. VI, sent. 30 marzo 2018 n. 2017) . . . Danilo Del Gaizo, Esegesi dellart. 96 c.p.a. e termini per limpugnazione incidentale (Cons. St., Sez. V, sent. 30 aprile 2018 n. 2602) . . . . . . . . Marco Meloni, Riflessioni semiserie sullo stile e sulla sostanza delle cose. Noterella minima (T.a.r. Veneto, sent. 15 maggio 2018 n. 529) . . . . . . . . LEGISLAZIONE ED ATTUALIT Leonello Mariani, Enrico De Giovanni, Maurizio Borgo, Annalisa Tricarico, Lobbligo vaccinale di cui cui allarticolo 1, comma 2, del decreto- legge 7 giugno 2017, n. 73. Linteresse della collettivit quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute . . . . . . . . Mario Zito, La memoria dellAvvocatura nel procedimento penale c.d. Aemilia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Daniele Atanasio Sisca, Sulla successione nei rapporti facenti capo al cessato ufficio del Commissario delegato per lemergenza ambientale della Regione Calabria, la giurisprudenza si allinea al dictum del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marco fedi, Giuliano Gambardella, Il voto degli italiani allestero: dalle origini del dibattito alle problematiche attuali fino alla recente pronuncia (di rito) della Corte Costituzionale sulle modalit di voto. . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Michele Gerardo, La perdita di centralit della legge, quale conseguenza del tramonto dei caratteri della generalit e dellastrattezza . . . . . . . . . Cesare Borgia, Oltre il dogma dellimmunit della pubblica amministrazione anche in punto di responsabilit precontrattuale . . . . . . . . . . . . . . pag. 152 178 191 193 199 236 259 265 281 298 COMUNICATO DELLAVVOCATO GENERALE (*) Profondamente commosso comunico che ieri sera deceduta la collega ed amica Elena Pino. Ci uniamo tutti al grande dolore della famiglia nel ricordo e nel rimpianto di una persona speciale che, nel corso della sua carriera, ha dato sempre lustro allIstituto, e con la sua presenza ha regalato a tutti noi allegria, serenit e sorrisi. Massimo Massella Ducci Teri Tra le tante e pi testimonianze ... Non riesco a trovare parole adeguate per descrivere il mio addolorato sgomento. Elena per tutti noi dell'Avvocatura di Palermo, e non solo, ha rappresentato un insostituibile riferimento nel complesso percorso verso conoscenza e apprezzamento di nuovi mezzi e metodi di lavoro. Alla Sua abnegazione e al Suo instancabile sacrificio credo che l'Avvocatura dello Stato tutta debba il pi alto e sincero riconoscimento. A mia volta, non dimenticher la Sua sincera amicizia, il Suo contagioso sorriso e le Sue grandi, e in gran parte condivise, passioni per il meglio della terra di Sicilia e della cultura che la pervade. Vorrei per che ciascuno la ricordasse anche per la Sua immensa umanit, profusa -forse non noto a tutti -nell'utilizzo delle poche ferie disponibili nell'attivit di cooperazione internazionale in favore dei profughi balcanici: non dimentico quanto si commuosse teneramente nel descrivere quelle dure giornate e l'addolorata impotenza che tante volte le caratterizzava! Addio splendida, irripetibile e grande amica! Mia cara Elena, domenica, senza saperlo, ci siamo salutate tra i gelsomini del tuo terrazzo. Un abbraccio pi lungo del solito accompagnato dal tuo sorriso di sempre. Cos ci si saluta tra chi sa che non si lascer mai (*) Email Segreteria Particolare - mercoled 23 maggio 2018 11:10. ... e in ricordo di Elena in tutto il Consiglio di Stato Questa mattina, a nome dellistituto e di tutti i colleghi dellAvvocatura dello Stato, ho commemorato la nostra amata Elena in udienza davanti a tutte le quattro Sezioni del Consiglio di Stato, insieme con i rispettivi Presidenti Lipari, Anastasi, Saltelli e Santoro, gli Avv.ti Filippo e Benedetta Lubrano e lAvv. Antonino Galletti per il Consiglio dellOrdine di Roma. Questo successo perch il Segretario Generale del CDS Mario Torsello ieri ha ritenuto di dover comunicare immediatamente a tutti i magistrati la scomparsa dellAvvocato dello Stato Elena Pino e disporre che fosse ricordata ad inizio delle udienze odierne, sottolineando che la Giustizia Amministrativa ricorda la Sua particolare competenza e forte vitalit e il Suo straordinario contributo alla fase di avvio del processo amministrativo telematico . Credo che sia la prima volta - ed io non ho mancato di sottolinearlo - che viene commemorata a cos alto livello e in modo cos partecipato una semplice silenziosa, ma straordinaria collega a cui tutti hanno dovuto rendere omaggio. Aggiungo che un Presidente, oltre agli elogi per Elena, ha testualmente e pubblicamente osservato: del resto nota a tutti la capacit di lavoro e di sacrificio degli Avvocati dello Stato. Questa lAvvocatura dello Stato per cui ha sempre lavorato e in cui ha sempre creduto la nostra Elena. Abbiamo un motivo in pi per continuare tutti insieme ad impegnarci come nel nostro modo di essere. Un abbraccio di cuore a tutti. Vittorio Cesaroni TEMIISTITUZIONALI Avvocatura Generaledello Stato CirColare n. 21/2018 oggetto: a) a.l. 28839/17 - art. 341 bis cod. pen. - oltraggio a pubblico ufficiale -risarcimento del danno -estinzione del reato -Criteri generali di quantificazione del danno e di valutazione della congruit delle offerte risarcitorie - Modalit di trattazione. B) aa.ll. 47029/11 e 12809/16 - alloggio di servizio - Concessione - rilascio - Beni mobili reliquati dall'ex concessionario - Mancata asportazione -acquisto per occupazione del diritto di propriet da parte dell'amministrazione. Si trasmettono, per opportuna conoscenza, i pareri resi dal Comitato consultivo sulle tematiche di cui all'oggetto con invito ad attenersi alle indicazioni ivi contenute. L'AVVOCATO GENERALE avv. Massimo Massella Ducci Teri A) Art. 341 bis cod. pen. -Oltraggio a pubblico ufficiale -Risarcimento del danno -Estinzione del reato -Criteri generali di quantificazione del danno e di valutazione della congruit delle offerte risarcitorie -Modalit di trattazione. Parere del 14/12/2017-599048, AL 28839/2017, Avv. LEOnELLO MARiAni ComՏ noto, lart. 341 bis cod. pen., riferito al delitto di oltraggio a pubblico ufficiale e aggiunto dal comma 8 dellart. 1 della legge 15 luglio 2009, n. 94, prevede, al comma 3, che Ove limputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 della persona offesa sia nei confronti dellente di appartenenza della medesima, il reato estinto. Con nota 7 ottobre 2011 n. 312779 (A.l. 6332/11 avv. Giannuzzi), indirizzata al Comando generale dellArma dei Carabinieri, lAvvocatura generale dichiar di condividere lorientamento emerso in seno al Tavolo tecnico interforze istituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza - Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia, secondo il quale rientra nella sfera di attribuzioni dellAvvocatura dello Stato la competenza a valutare la congruit delle somme offerte dagli imputati del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, a titolo di risarcimento del danno, alla persona offesa ed allente di appartenenza, ai fini dellestinzione del reato ex art. 341 bis del codice penale. Lassunto era motivato in relazione al fatto che la valutazione in questione riguardava, non gi la convenienza economica dellofferta risarcitoria, bens la sua congruit, vale a dire la sua idoneit ad assicurare lintegrale riparazione del danno, quale requisito indispensabile perch si possa produrre leffetto estintivo del reato. Si aggiungeva, nelloccasione, che nellesprimere il parere di competenza, lAvvocatura dello Stato si sarebbe ovviamente avvalsa della collaborazione delle Amministrazioni interessate per acquisire tutti gli elementi di conoscenza necessari per esprimere, nei singoli casi concreti, un corretto giudizio di congruit. In continuit con detto parere, la competenza dellAvvocatura ad esprimere la valutazione di congruit stata successivamente confermata anche con riguardo allipotesi prevista dallart. 168 bis cod. pen. che subordina la sospensione del procedimento con messa alla prova dellimputato al risarcimento del danno cagionato dal reato (nota 9 marzo 2017 n. 12716 -A.l. 18907/16 avv. Giannuzzi). Su tali basi le Forze di polizia, ogniqualvolta venga loro formulata una profferta risarcitoria finalizzata a concretare la speciale causa di estinzione del reato prevista dal comma 3 dellart. 341 bis citato, sono solite richiedere alla Avvocatura territorialmente competente lanzidetto giudizio di congruit contestualmente trasmettendo una breve relazione descrittiva che consenta allOrgano legale di apprezzare lo svolgersi degli eventi che hanno condotto alla denuncia del reato e alla successiva formulazione dellimputazione. Naturalmente, trattandosi di danno non patrimoniale, non esistono criteri legali di quantificazione del medesimo e la sua liquidazione viene operata da ciascuna Avvocatura in via essenzialmente equitativa, avuto riguardo, di regola, alla maggiore o minore gravit delloffesa allonore e al prestigio quale desumibile dal contesto nel quale si realizzata lazione delittuosa. Peraltro, non esistendo neppure direttive di massima finalizzate ad uniformare lattivit valutativa delle singole Avvocature, i giudizi di congruit, pur a TEMI ISTITUzIONALI fronte di fattispecie sostanzialmente analoghe, possono variare da Avvocatura ad Avvocatura ed in certi casi si attestano su importi meramente simbolici. Lesigenza -gi da tempo avvertita -di una direttiva in materia che valga ad orientare e ad uniformare lattivit dellAvvocatura ora riproposta da alcune richieste di parere provenienti dal Comando generale dellArma dei Carabinieri. Con nota 28 febbraio 2014 n. 131/41-2-2008 lo Stato Maggiore - Ufficio legislazione - del Comando generale dellArma, nel riferire di un parere reso in materia dallAvvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, aveva evidenziato il consistente carico burocratico costituito dai pareri in parola sia per i Comandi provinciali sia per le stesse Avvocature a fronte di un ridotto valore economico delle pratiche. Al fine di deflazionare le attivit in questione il Comando proponeva pertanto ladozione di una direttiva, ex art. 15 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, che rimettesse ai singoli Comandi provinciali la valutazione, sulla base di valori ricompresi tra 500,00= e 1.000,00= per ogni pubblico ufficiale offeso e tenuto conto delle caratteristiche dei singoli casi, della congruit dei risarcimenti offerti sia allAmministrazione sia ai singoli dipendenti; con salvezza, peraltro, delle ipotesi in cui, per la particolare gravit dei fatti contestati, quei valori apparissero insufficienti e fosse quindi opportuno interessare al riguardo la competente Avvocatura distrettuale. Con nota 1 luglio 2017 n. 131/23-42-1-2008 il Comando generale del- lArma dei Carabinieri - Stato Maggiore Ufficio legislazione - sottopone ora a questo Generale ufficio alcune ulteriori problematiche emerse in occasione della trattazione delle proposte risarcitorie in parola. In particolare: 1. si prospettata la questione della competenza a congruire le offerte di risarcimento alla luce delle perplessit al riguardo avanzate dallAvvocatura distrettuale dello Stato di Palermo la quale, da un lato, ha evidenziato lassenza di una norma che radichi in capo allAvvocatura la competenza ad esprimere il richiesto parere e, dallaltro, ha rilevato che la consultazione non ha ad oggetto questioni di diritto, ma una semplice valutazione di merito su circostanze di fatto, valutazione riconducibile esclusivamente alla discrezionalit della parte offesa (lEnte di appartenenza del dipendente oltraggiato) e riguardante ladeguatezza della profferta risarcitoria; 2. si sono chiesti chiarimenti in merito alla condotta da tenere da parte dei Comandi provinciali dellArma che siano richiesti dallautorit giudiziaria procedente di notizie in merito allavvenuto risarcimento del danno al fine della successiva declaratoria di estinzione del reato; 3. si chiesto di chiarire -riprendendo anche sul punto rilievo gi formulato dalla Avvocatura di Palermo - se sia o meno conforme alla ratio della disposizione in rassegna lofferta ai militari oltraggiati di un risarcimento di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 importo superiore a quello oblato allAmministrazione di appartenenza: in questa prospettiva, si comunque evidenziata lopportunit che laccettazione del risarcimento da parte dei militari preceda il parere sulla congruit della somma offerta allAmministrazione e che la misura di quello sia perci portata a conoscenza della competente Avvocatura affinch questa ne possa tener conto in occasione dellespressione del proprio parere; 4. si infine riferito del parere reso dallAvvocatura distrettuale dello Stato di Bari la quale, richiesta di esprimersi in merito ad unofferta risarcitoria formulata ai fini di cui allart. 168 bis cod. pen. nellambito di un procedimento per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ha ritenuto che, nel caso in cui dal reato contestato siano derivate lesioni che abbiano comportato lassenza dal servizio del militare, il risarcimento non pu essere determinato forfettariamente o in via equitativa o simbolica, ma devessere commisurato alle retribuzioni corrisposte durante il periodo di forzata assenza dal lavoro. Le riassunte problematiche impongono, per il loro carattere generale e di massima, un approccio unitario e coordinato: con la precisazione, peraltro, che la competenza dellAvvocatura dello Stato a rendere, ove richiesta, il giudizio di congruit dellofferta risarcitoria formulata riposa sul disposto generale dellart. 13 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 -recante approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sullordinamento dellAvvocatura dello Stato -a mente del quale lOrgano legale provvede alla tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato nonch alle consultazioni legali richieste dalle Amministrazioni. Tanto premesso, senzaltro condivisibile lesigenza, manifestata dal Comando generale dellArma dei Carabinieri, di individuare modalit di gestione standardizzate degli affari in questione che valgano ad assicurare una maggiore celerit nellistruzione e nella valutazione delle offerte risarcitorie; e che, nel contempo, siano in grado di garantire uniformit di trattazione a livello nazionale di questioni caratterizzate da sostanziale analogia e ripetitivit, scongiurando il rischio di valutazioni divergenti e/o di risarcimenti irrisori. Naturalmente, trattandosi di danno non patrimoniale, la stima del pregiudizio si svolge necessariamente su base equitativa (v. lart. 1226 cod. civ. al quale rinvia lart. 2056 cod. civ.): e, tuttavia, onde evitare che lequit trasmodi in arbitrio, duopo tentare di individuare criteri generali ai quali informare ed uniformare, pur nella variet delle fattispecie oggetto desame, la valutazione; con la precisazione, peraltro, che la specifica natura del bene giuridico tutelato dallart. 341-bis cod. pen. e la stessa struttura del reato impediscono il ricorso alle tecniche di liquidazione del danno non patrimoniale utilizzate dalla prassi giurisprudenziale con riferimento agli illeciti, civili e penali, dai quali sia derivata una lesione dellintegrit psico-fisica (quali, ad es., la determinazione del danno non patrimoniale in funzione dei punti percentuali di invalidit residuata). TEMI ISTITUzIONALI Va perci considerato che il legislatore, ammettendo la possibilit di estinguere il reato di oltraggio a pubblico ufficiale mediante il risarcimento del danno, ha, evidentemente, inteso attribuire alla riparazione anche una connotazione in qualche modo sanzionatoria e, quindi, in buona sostanza, una funzione sostitutiva della reazione penale altrimenti operante per il caso di mancato risarcimento. Su tale presupposto, e considerato, da un lato, che lofferta di riparazione del danno costituisce implicita ammissione di responsabilit da parte dellimputato e, dallaltro, che, ai sensi dellart. 23, comma 1, cod. pen., la pena della reclusione , in via generale, fissata nel minimo in gg. 15 - durata alla quale corrisponde, in applicazione del criterio di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive stabilito dallart. 135 dello stesso codice ( 250,00= per ogni giorno di pena detentiva), limporto di 3.750,00= -, potrebbe ritenersi congruo e rispondente alla evidenziata ratio della norma quantificare il risarcimento spettante allAmministrazione in 3.750,00= per fatti di massima gravit, in 1.875,00= -pari alla met del massimo -per fatti di media gravit e in 1.250,00 - corrispondenti a un terzo del massimo - per fatti di minima gravit, salva la possibilit di graduare diversamente il risarcimento, comunque nei limiti sopraindicati, in relazione alle caratteristiche di ogni singola fattispecie tenendo conto, da un lato, della gravit del reato quale desumibile dagli elementi indicati dallart. 133 cod. pen. e, dallaltro, della capacit economica dellofferente la quale, ai sensi dellart. 133-bis cod. pen., costituisce parametro di valutazione specificamente rilevante ai fini della determinazione del- lammontare della pena pecuniaria. In questa prospettiva, si ritiene dunque che la valutazione, alla luce dei criteri generali sopraindicati, della congruit delle offerte risarcitorie ricevute possa essere compiuta direttamente da parte delle singole Amministrazioni interessate, fermo restando il ricorso allAvvocatura territorialmente competente in tutti i casi in cui lapplicazione di quei criteri risulti incongrua, per eccesso o per difetto, rispetto alle peculiarit del singolo caso e/o al numero dei pubblici ufficiali offesi. La trattazione diretta - ma sulla base di criteri predeterminati - delle pratiche risarcitorie in questione consente di assicurare uniformit, omogeneit e celerit di valutazione evitando che linterpello dellAvvocatura su ogni singola proposta possa risolversi in un aggravio procedimentale foriero di ritardi nella valutazione delle offerte che di regola necessitano di urgente riscontro in ragione della contestuale pendenza del giudizio penale in seno al quale lofferente ha interesse a far constare lavvenuto perfezionamento della fattispecie estintiva del reato contestatogli; fermo restando, come sՏ detto, lintervento dellOrgano legale in tutti quei casi che, per particolari profili fattuali, si discostano dallordinario. Venendo poi agli ulteriori quesiti, si ritiene che, pur essendo precipuo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 interesse ed onere dellimputato fornire al giudice la prova dellavvenuto risarcimento del danno onde godere delleffetto estintivo del reato a quello conseguente, dovere di collaborazione istituzionale imponga allAmministrazione, ove richiesta, di comunicare allautorit giudiziaria procedente se lofferta risarcitoria formulata stata o meno accettata e, nellaffermativa, se allaccettazione seguito o meno il concreto versamento dellimporto dovuto. Quanto ai destinatari dellofferta, lart. 341 bis, comma 3, cod. pen. stabilisce che leffetto estintivo del reato subordinato al risarcimento del danno sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dellente di appartenenza della medesima. E, quindi, bench la pubblica Amministrazione sia il soggetto titolare del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice -la quale risulta infatti compresa nel Capo II del Titolo II del Libro II del codice penale dedicato ai delitti dei privati contro la pubblica amministrazione -, la norma subordina lestinzione del reato al risarcimento del danno subito non soltanto da questa, ma anche dal pubblico ufficiale oltraggiato. Il che induce a ritenere che la disposizione abbia inteso individuare due parti lese -la pubblica Amministrazione di appartenenza, titolare del bene giuridico protetto, quale persona offesa dal reato e il pubblico ufficiale oltraggiato, quale soggetto danneggiato civilmente -ciascuna delle quali autonomamente libera di valutare la gravit del pregiudizio morale subito e, di conseguenza, la satisfattivit del risarcimento offerto. Eppertanto, come laccettazione del risarcimento da parte del dipendente non pu vincolare - n in s n quanto allentit - la libert dellAmministrazione di rifiutare, perch incongrua o, comunque, inaccettabile, lofferta alla stessa rivolta, cos laccettazione del risarcimento da parte dellAmministrazione non pu impedire al dipendente di ricusare, per le stesse ragioni, la profferta allo stesso formulata, cos di fatto rimettendo al giudice la valutazione circa la congruit del risarcimento proposto. Da tanto discende, quale logico corollario, che, trattandosi di danni distinti anche se collegati quanto al fatto genetico, lAmministrazione -o lAvvocatura -non pu surrogarsi al dipendente nel valutare la congruit dellofferta da questi ricevuta cos come, parallelamente, il dipendente non pu sostituirsi al- lAmministrazione di appartenenza nel sindacare la satisfattivit della proposta a questa indirizzata. La qual cosa non esclude che, proprio in considerazione del fatto che lAmministrazione , come sՏ detto, il soggetto titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, lentit del risarcimento alla stessa offerto dovr essere non soltanto congruo alla luce dei criteri generali pi sopra indicati, ma altres di regola superiore -e, comunque, mai inferiore -a quello proposto ai dipendenti. Quanto, infine, al parere reso dallAvvocatura distrettuale dello Stato di TEMI ISTITUzIONALI Bari in merito alla latitudine del risarcimento richiesto ai fini di cui allart. 168 bis cod. pen., esso appare pienamente condivisibile. Tale norma, a differenza di quella di cui allart. 341 bis cod. pen., infatti suscettibile di applicazione ad una pluralit di ipotesi delittuose, individuate ratione poenae o nominis, dalle quali possono derivare anche pregiudizi di natura patrimoniale. pertanto evidente che, in questi casi, leliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato e, in particolare, il risarcimento del danno per equivalente, cui subordinata lammissione al beneficio della messa alla prova dellimputato, postula la riparazione anche dei danni patrimoniali da quello derivati a terzi: come appunto accade nel caso delle lesioni personali che, impedendo la prestazione lavorativa del dipendente, ledono il correlato diritto di credito dellAmministrazione datrice di lavoro la quale si trova esposta ad erogare la retribuzione e i correlati contributi previdenziali ed assistenziali pur in difetto di qualsiasi controprestazione da parte del lavoratore impedito. In tale ipotesi, quindi, nella quale possono concorrere una pluralit di reati, il risarcimento del danno deve necessariamente comprendere, per sortire leffetto di cui allart. 168 bis cod. pen., tutte le conseguenze pregiudizievoli, patrimoniali e non patrimoniali, derivate dai reati per i quali si procede. In considerazione del carattere di massima della presente consultazione su di essa stato sentito il Comitato consultivo dellAvvocatura dello Stato il quale nella seduta del 13 novembre 2017 si espresso in conformit. Trattandosi di problematiche di comune interesse, la presente direttiva viene estesa al Comando Generale della Guardia di Finanza e al Ministero dellInterno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Parere del 26/03/2018-159704, AL 28839/2017, Avv. LEOnELLO MARiAni Con la nota a riscontro codesto Comando generale formula, con riferimento alle problematiche affrontate dalla consultazione resa con nota n. 599050 del 14.12.2017, due ulteriori quesiti integrativi chiedendo in particolare di conoscere: 1. se nel caso in cui la condotta oltraggiosa coinvolga pi militari limporto offerto allAmministrazione a risarcimento del danno debba essere quam minus pari alla somma degli importi offerti ai singoli militari; 2. se ai fini dellammissione al beneficio di cui allart. 168 bis cod. pen. sia opportuno informare lautorit giudiziaria competente che il reato ascritto allimputato ha comportato conseguenze lesive per lAmministrazione in termini sia di danno patrimoniale - come ad es. accade nel caso di fatti di reato che abbiano determinato assenze dal servizio comunque coperte da retribu RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 zione e contribuzione - sia di danno non patrimoniale - in relazione ad ipotesi delittuose dalle quali sia derivato, come nel caso di oltraggio a pubblico ufficiale, un vulnus alla reputazione e allimmagine del Corpo di appartenenza del pubblico ufficiale -. Con riferimento al primo dei proposti quesiti la Scrivente osserva che nellipotesi di oltraggio commesso in danno di una pluralit di pubblici ufficiali il danno dellAmministrazione non pu automaticamente determinarsi in funzione della sommatoria dei danni subiti dai singoli militari operanti. Detto danno, bench di regola superiore e, comunque, mai inferiore a quello subito dai dipendenti e bench a questo collegato dal punto di vista del fatto generatore, infatti diverso e distinto da quello individuale di talch non pu, ad avviso di questo Generale ufficio, costituire la risultante della somma aritmetica dei danni individuali. La pluralit dei danneggiati si traduce infatti, al di fuori di ogni automatismo, in una maggiore gravit del fatto delittuoso che pu semplicemente condurre ad un ragionevole, proporzionale incremento di quanto dovuto al- lAmministrazione a titolo di risarcimento secondo i criteri indicati nel parere a riferimento. Con riguardo invece al secondo dei proposti quesiti pare senzaltro opportuno che, quando il reato ascritto allimputato ha comportato conseguenze lesive per lAmministrazione in termini sia di danno patrimoniale sia di danno non patrimoniale, lautorit giudiziaria competente a decidere circa lammissione al beneficio di cui allart. 168 bis cod. pen. sia resa edotta di tutte le conseguenze pregiudizievoli, patrimoniali e non patrimoniali, derivate dal reato posto che la sospensione del procedimento con messa alla prova dellimputato presuppone, tra laltro, la prestazione di condotte volte alleliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonch, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato (comma 2). Cos come appare opportuno che, per evidenti ragioni di coerenza ed uniformit, il danno non patrimoniale derivato da condotte riferibili allart. 341 bis cod. pen. sia quantificato, anche in tali evenienze, facendo riferimento ai criteri di ordine generale seguiti per la valutazione della congruit delle offerte risarcitorie formulate, a mente del comma 3 della citata disposizione, al fine di conseguire leffetto estintivo del reato ivi previsto. In considerazione del carattere di massima della presente consultazione su di essa stato sentito il Comitato consultivo dellAvvocatura dello Stato il quale nella seduta del 22 marzo 2018 si espresso in conformit. Trattandosi di problematiche di comune interesse, il presente parere integrativo viene esteso al Comando Generale dellArma dei Carabinieri e al Ministero dellInterno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. TEMI ISTITUzIONALI B) Alloggio di servizio - Concessione - Rilascio - Beni mobili reliquati dall'ex concessionario - Mancata asportazione - Acquisto per occupazione del di ritto di propriet da parte dell'Amministrazione. Parere del 06/04/2018-181926, AL 12809/2016, Avv. GiAnCARLO PAMPAnELLi Con la nota sopra indicata stata chiesta da codesta Aeronautica Militare -Comando Supporti Enti di vertice a questo Organo legale l'autorizzazione a poter procedere alla vendita/smaltimento di mobili e masserizie a suo tempo lasciati nell'alloggio di servizio da ex occupante dello stesso, trasferitosi in Brasile, pi volte inutilmente diffidato affinch procedesse al ritiro di detti beni per i quali l'Amm.ne corrisponde a Ditta esterna le spese di custodia. Tanto premesso, osserva la Scrivente che la problematica di che trattasi appare trascendere la singola fattispecie all'esame, per la sua suscettibilit di riproporsi in una serie di casi (come in effetti gi avvenuto secondo quanto informalmente appreso). Invero, la situazione oggetto di esame non trova una regolamentazione specifica nei codici militari, n - come comunicato con nota n. 63761 dell11 settembre 2017 del Ministero Difesa -Segretariato Generale -VI Reparto Contenzioso e Affari Legali interpellato al riguardo da questa Avvocatura - in disposizioni di carattere interno dell'Amm.ne. In particolare, l'art. 355 del DPR. n. 90/12010 in effetti prevede che l'ordine di recupero coattivo dell'alloggio disponga che esso debba essere lasciato "libero da persone e cose", ma non contempla poteri di autotutela dell'Amm.ne in relazione ai mobili dell'ex utilizzatore presenti nell'alloggio medesimo. Ci posto, ritiene questo Organo legale di rappresentare l'opportunit che, onde evitare il verificarsi delle situazioni "de quibus', sia inserita nella normativa regolamentare militare, nei disciplinari di concessione degli alloggi nonch nei provvedimenti di recupero coattivo degli immobili, apposita previsione per la quale, decorso un breve termine dal rilascio (es. 20 giorni) senza che vengano prelevati dall'ex utilizzatore i beni mobili di propriet reliquati nell'alloggio, gli stessi verranno considerati abbandonati ("res derelicta"), ai sensi del disposto dell'art. 923, comma 2, cod. civ., con il conseguente acquisto della loro propriet a titolo originario in capo all'Amm.ne, che potr venderli e/o smaltirli. Tali espresse previsioni eviterebbero il rischio di vertenze anche giudiziali in ordine all'effettiva intenzione dell'interessato di dismettere i mobili dell'alloggio, permettendo di poter attribuire al comportamento inerte dell'ex occupante il significato di "abbandono" dei beni e risolvendo cos anche situazioni particolari, come nel caso d'irreperibilit dell'ex occupante dell'immobile. Dette disposizioni potranno consentire altres di evitare, salvo che l'alloggio non debba immediatamente e contestualmente essere utilizzato da altro RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 soggetto avente diritto, di affrontare le spese di custodia per il breve lasso temporale necessario per lo smaltimento/vendita dei beni, in cui, ove possibile, i mobili potranno restare nell'alloggio con la custodia da parte dell'Amm.ne stessa. Fermo quanto sopra, venendo al caso specifico in esame, tenuto conto della parvit del valore dei mobili in questione, non si ritiene anzitutto opportuno far ricorso alla procedura, con connessi oneri, volta ad una formale costituzione in mora dell'interessato ex art. 1209, comma 2, cod. civ., cui conseguirebbe l'addebito allo stesso delle spese di custodia e la possibilit per l'Amm.ne di avvalersi del diritto di ritenzione di cui all'art. 2756 cod. civ. e successivamente di vendere i beni. D'altro canto, in mancanza delle previsioni normative sopra suggerite, appare evidente come non possa allo stato attribuirsi al "silenzio" dell'ex occupante il significato di volont di abbandono dei beni mobili. Pertanto, ritiene la Scrivente che, al fine di risolvere la problematica, tenuto conto delle circostanze in fatto qui rappresentate da codesta Amm.ne, debba ulteriormente diffidarsi l'interessato, con prova certa di avvenuta ricezione della diffida, ad attivarsi entro un breve termine (30 giorn) per il recupero dei beni in questione, espressamente avvertendolo che, al decorso infruttuoso del termine, i beni saranno considerati abbandonati ("res derelicta") ai sensi dell'art. 923, comma 2, cod. civ. ed entreranno nella disponibilit dellAmm.ne, che potr conseguentemente provvedere al loro smaltimento attesa la cennata segnalazione di un valore pressoch nullo degli stessi. La soluzione proposta trova fondamento nella richiamata disciplina generale codicistica. Inoltre, circa l'obbligo non adempiuto di lasciare libero l'alloggio anche dalle cose si appalesa in linea con quanto disposto - nell'ambito della esecuzione coattiva per consegna e rilascio d'immobile - dal cod. proc. civ., per il quale i mobili lasciati dall'esecutato nell'alloggio in violazione dell'obbligo di liberarlo vengono reputati (a determinate condizioni) "res derelicta". Infatti, detto codice all'art. 609, comma 2, parte seconda, introdotto con la recente novella di cui al D.L. n. 132/14 conv. in legge n. 162/14, prevede espressamente che in difetto di istanza da parte dell'esecutante, quando non appare evidente l'utilit del tentativo di vendita dei mobili, i beni "sono considerati abbandonati" ("res derelicta") e l'ufficiale giudiziario (salva diversa richiesta della parte istante) ne dispone direttamente lo smaltimento o la distruzione. Nei sensi di cui sopra l'avviso della Scrivente. TEMI ISTITUzIONALI Parere del 06/04/2018-181935, AL 47029/2011, Avv. EMMA DAMiAni Si riscontra la nota prot. n. 81325 in data 10 ottobre 2017, rappresentando quanto segue. Ove fosse configurabile un obbligo di restituzione al Cap. S. dei beni mobili di sua propriet, bench l'Amministrazione non possa essere ritenuta in mora anche solo per effetto della (sembrerebbe gi compiuta) offerta non formale di restituzione (cfr. art. 1220 cod. civ.) dei beni medesimi, l'integrazione di una mora del Cap. S., con ogni conseguente effetto (tra cui anche l'addebito delle spese di custodia, cfr. art. 1207 cod. civ.), implicherebbe l'osservanza delle formalit prescritte dagli arti. 1209, comma 2 e ss., cod. civ. Il conseguente addebito al Cap. S. delle spese di custodia, consentirebbe a codesta Amministrazione l'esercizio del diritto di ritenzione sui beni custoditi (ai sensi dell'art. 2756 cod. civ.) e la conseguente possibilit di vendita degli stessi, secondo le formalit di cui all'art. 2797 cod. civ. I non trascurabili oneri procedurali connessi alle sopra dette facolt, potrebbero, tuttavia, risultare ultronei laddove potesse affermarsi che i beni de quibus, anche in considerazione del loro trascurabile valore, siano stati semplicemente abbandonati senza alcun obbligo di custodia degli stessi a carico dell'Amministrazione che, nella procedura di cui all'art. 333 DPR 90/10, analogamente a quanto previsto dall'art. 609, comma 2, c.p.c., potrebbe provvedere al relativo smaltimento. Nella fattispecie che ci occupa, sembrerebbe che il cap. S., consapevole della cessazione del rapporto concessorio relativo all'alloggio di servizio e quindi del proprio conseguente onere di liberazione dell'unit immobiliare goduta, si sia allontanato, peraltro rendendosi irreperibile, ivi abbandonando beni mobili di "nessun valore". Su tale presupposto, si pu ritenere che, nella specificit della fattispecie, codesta Amministrazione possa ritenere le masserizie de quibus semplicemente abbandonate e, conseguentemente, a termini dell'art. 923 cod. civ., disporne uti dominus. Tanto detto, de iure condito, in ordine alla fattispecie in oggetto, non pu invece trascurarsi la frequenza, segnalata anche per le vie brevi da codesta Amministrazione, con cui si verifica l'abbandono di masserizie varie, da parte dei beneficiari di alloggi di servizio, nei locali gi goduti in concessione alla cessazione della stessa. Al fine di evitare che l'Amministrazione, alla cessazione del rapporto concessorio, debba farsi carico di provvedere anche alla custodia dei beni mobili "lasciati" nell'alloggio di servizio, considerata pure la difficolt di rivalsa relativamente a tali spese, soprattutto in caso di sopravvenuta irreperibilit del titolare dei beni de quibus, si ritiene opportuno sollecitare una pi puntuale disciplina, almeno regolamentare, della fattispecie, che, ex ante, attribuisca RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 all'eventuale inerzia del proprietario dei beni lasciati nell'alloggio -il quale ometta di curarne la tempestiva rimozione -la connotazione di comportamento concludente idoneo a far presumere iuris et de iure l'intenzione di abbandonare i beni mobili non asportati. Una tale previsione normativa, puntualmente richiamata nel disciplinare di concessione nonch nell'ordine di rilascio dell'alloggio di servizio, consentirebbe all'Amministrazione concedente, decorso un prestabilito termine eventualmente ulteriore rispetto a quello fissato per il rilascio dell'immobile l'occupazione delle res derelictae ed ogni conseguente facolt connessa all'acquisito diritto di propriet sulle stesse. Invero, una espressa e puntuale disciplina di tale fattispecie de iure condendo, attualmente non reperibile nell'ordinamento se non in via interpretativa -come si evince dalla prospettata soluzione dello specifico caso da ultimo sottoposto all'esame della Scrivente -assicurerebbe la neutralizzazione del rischio di contestazioni anche giudiziali, in ordine alla effettivit dell'intenzione del titolare di abbandonare i beni non tempestivamente rimossi dall'alloggio di servizio, al termine della relativa concessione. Peraltro, la certezza legale di un tale effetto acquisitivo dei beni abbandonati, entro un contenuto termine "di tolleranza", consentirebbe all'Amministrazione finanche di evitare gli oneri della custodia interinale ed il rischio di non ottenerne di fatto il recupero, in caso di irreperibilit o non solvibilit del- l'originario titolare. In tal senso si auspica la pronta attivazione di codesta Amministrazione per l'assunzione delle iniziative del caso. Si rimane a disposizione per ogni chiarimento necessario od utile. TEMI ISTITUzIONALI OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA CIVILE GRUPPO DANNO La prova del nesso causale, concause e il principio del pi probabile che non relazione di Gaetana natale -avvocato dello Stato Il tema della prova del nesso causale rappresenta uno degli aspetti pi dibattuti nellambito della responsabilit civile: il nesso di causa ha un ruolo centrale e nevralgico, al punto tale da costituire un vero e proprio indice di evoluzione sistemica dellintera materia del risarcimento del danno. Nel sistema del Common Law si rinviene la nota lespressione causation is a peg on which the judge can hang any decision he likes (H.L.A. HART, TONy HONOR, Causation in the Law, 2 nd ed., Oxford: Clarendon, 1985, 465), espressione che pu essere liberamente tradotta in italiano come la causalit un perno intorno al quale il giudice pu far ruotare la decisione che ritiene pi opportuna. Ed anche nel nostro sistema di Civil Law il rapporto di causalit rappresenta il filtro attraverso il quale lorgano giudicante pu valutare concretamente la fondatezza di una pretesa risarcitoria. Il problema investe soprattutto lonere probatorio, riguardo al quale assume un rilievo interessante la sentenza della Corte di Cassazione Sez. III Civile 14 novembre 2017 n. 26284 che nel corso di questanno giudiziario gli Osservatori sulla Giustizia Civile non possono non prendere in esame, al fine di delineare le nuove linee evolutive della giurisprudenza in materia di danno. Tale pronunzia ha affermato (conformandosi alla precedente sentenza Cass. Civ. Sez. III n. 18392 del 26 luglio 2017) che sia nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale sia in quelli di risarcimento del danno da fatto illecito, la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causa tra questa ed il danno costituiscono loggetto di due accertamenti concettualmente distinti; la sussistenza della prima non dimostra, di per s, anche la sussistenza del secondo e viceversa; lart. 1218 c.c., solleva il creditore dalla obbligazione che si afferma non adempiuta dallonere di provare la colpa del debitore inadempiente, ma non dallonere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore ed il danno di cui domanda il risarcimento; nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilit medica, onere dellattore paziente danneggiato, dimostrare lesistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento; tale onere va assolto dimostrando, con qualsiasi mezzo di prova, che la condotta del sanitario stata, secondo il criterio del pi probabile che non la causa del danno; se, al termine dellistruttoria, non risulti provato il nesso tra con RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 dotta ed evento, per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata. La suddetta sentenza ha suscitato un vivace dibattito dottrinario volto a chiarire se il principio di diritto da essa enunciato si inserisca nel solco del tradizionale orientamento giurisprudenziale venutosi a formare dopo le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione dell11 gennaio 2011, nn. 576-585, in ordine allonere probatorio relativo al nesso di causalit o se rappresenti e in che termini un elemento di novit. Si ricorder che la nota sentenza della Cassazione n. 577/08 in particolare aveva affermato che il paziente deve limitarsi a provare lesistenza del contratto (o il contatto sociale) e linsorgenza o laggravamento della patologia ed allegare linadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale adempimento non vi stato ovvero che, pur esistendo, esso non stato eziologicamente rilevante. Orbene, dal recente orientamento giurisprudenziale rappresentato dalle due sentenze in esame della III Sezione della Suprema Corte di Cassazione, la n. 18392 del 26 luglio 2017 e la n. 26824 del 14 novembre 2017, discende il corollario secondo il quale dalla colpa non si possono trarre elementi per ritenere dimostrato il nesso causale. Esso, infatti, schiude la via allidea per cui il legame tra la condotta e il danno vada sempre dimostrato dallattore, altres inducendo a mettere da parte la connessa idea a tenore della quale lallegazione di un comportamento astrattamente idoneo a cagionarlo possa esimere il danneggiato dalla prova di cui si tratta (su tale argomento Cass. 29 febbraio 2016 n. 3893, Foro it., 2016, I 1728 con nota di TASSONE, negligenza medica e pregressa situazione patologica, altres annotata da DADDA Concorso di causa naturale e responsabilit proporzionale: lapparente ortodossia della Suprema Corte, in nuova Giur. Civ., 2016, 1049). Si precisa che tale principio appare ricorrente anche in tema di responsabilit aquiliana, laddove la puntualizzazione contenuta nella sentenza n. 26284 del 14 novembre 2017 in materia di responsabilit contrattuale potrebbe avere un qualche rilievo pure per la ricostruzione di questa in termini soggettivi invece che oggettivi (da ultimo D. zORzIT, La Cassazione e la prova del nesso causale: linizio di una nuova storia? nota a Cass. 26 luglio 2017 n. 18392, Foro it., I 3358, in Danno e responsabilit 2017, 700). Occorre allora chiedersi da osservatori della giustizia civile se tali recenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione, la n. 18392 del 26 luglio 2017 e la n. 26824 del 14 novembre 2017, rappresentino il segnale di una tendenziale equiparazione tra responsabilit contrattuale ed extracontrattuale sul piano del- lonere probatorio relativo alla sussistenza del nesso causale e se il principio da esse enunciato in tema di responsabilit contrattuale si traduca nel contempo in un maggiore rigore dal parte del giudice nel valutare lassolvimento del TEMI ISTITUzIONALI lonere probatorio nel campo della responsabilit extracontratuale, ove vige, comunque, il fondamentale principio secondo il quale lonus probandi imcubit ei qui dicit e non ei qui negat ex art. 2697 c.c. A tal riguardo qualche autore (vedi I. DI ROSA in un commento alla sentenza della Cassazione del 26 luglio 2017 n. 18392 pubblicato in Foro it. anno 2017, parte I, col. 3358) ha osservato che: Alla distinzione tra danno-evento, inteso quale lesione dellinteresse giuridicamente tutelato e direttamente derivante dallilliceit della condotta e danno-conseguenza, inteso quale pregiudizio concretamente sofferto e il solo oggetto di risarcimento, corrisponde il discrimen tra causalit materiale e causalit giuridica. in particolare, la prima offre il collegamento naturalistico tra la condotta attiva od omissiva, e levento; la seconda consente unimputazione di responsabilit in termini giuridicamente rilevanti, tali da determinare linsorgenza dellobbligo al risarcimento del danno. La tradizionale bipartizione del nesso causale deriva in linea retta dallimpostazione tedesca, in cui si contraddistinguono la responsabilit strutturale, cd. haftungsbegrundende Kausalitat, volta ad accertare la sussistenza di uninterdipendenza tra il comportamento del danneggiante e levento lesivo, e la cd. haftungsausfullende Kausalitat, orientata, invece, a verificare lesistenza di un danno da risarcire. in siffatto contesto si inserisce la ripartizione dellonus probandi voluta dallart. 2697 c.c., che cristallizza il tra prova del fatto costitutivo del diritto, a carico dellattore, e quella dei fatti modificativi o estintivi dello stesso, gravante, per converso, sul convenuto. Al di l di tali elaborazioni dottrinarie, per cogliere la portata innovativa della pronunzia n. 26284 del 14 novembre 2017 occorre partire dalla fattispecie concreta. Un minore, nato prematuro, risulta affetto da una retinopatia oculare allocchio destro, che determina la perdita totale della vista. I genitori e poi il danneggiato in proprio, divenuto maggiorenne, affermano che la patologia discende dai negligenti trattamenti praticati dai sanitari della struttura convenuta al momento della nascita. La CTU ritiene, invece, che essa possa essere riconducibile, in via alternativa, a tre diversi fattori, di cui solo lultimo imputabile a responsabilit dei medici o della struttura stessa (essendo gli altri preesistenti alla nascita), e cio: a) ad una malformazione congenita della retina, b) ad uninfezione da citomegalovirus e c) ad una iperossia da eccessiva somministrazione dossigeno. Tuttavia -evidenzia il CTU -il fatto che la patologia risultasse in stato gi avanzato al momento della diagnosi posta in essere a tre mesi dal parto fa propendere per la sua preesistenza, mentre il suo carattere unilaterale induce ad escludere il rilievo delliperossia che verosimilmente avrebbe dovuto danneggiare entrambi gli occhi finendo per individuare nellinfezione da citomegalovirus la causa pi probabile. Di qui laffermazione della Suprema Corte secondo cui bene aveva fatto il secondo giudice a respingere la domanda. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Con la sentenza di cui si tratta la Suprema Corte di Cassazione torna ex professo su un tema di straordinaria rilevanza: quello concernente la (possibile) inversione dellonere della prova in ordine alla sussistenza dellelemento eziologico nella responsabilit contrattuale derivante da un passo di Cass. Sez. Unite, 11 gennaio 2008 n. 577, vale a dire una delle dieci pronunce (Cass. Sez. Unite 11 gennaio 2008 nn. 576 - 585), rese dal Supremo organo della nomofilachia in tema di emotrasfusioni infette e con le quali sono stati fissati principi assai importanti (fra laltro) circa laccertamento del nesso: a fronte dellallegazione dellinadempimento il debitore non deve solo provare di essere stato diligente secondo le regole elaborate a partire da Cass. 13533/01, bens che - ove non lo sia stato - deve pure dimostrare lassenza di un legame fra la sua condotta e il pregiudizio. In base a tale imposizione il paziente deve limitarsi a provare lesistenza del contratto (o il contatto sociale) e linsorgenza o laggravamento della patologia ed allegare linadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale adempimento non vi stato ovvero che, pur esistendo, esso non stato eziologicamente rilevante. Si ricorder che per quanto concerne la responsabilit extracontrattuale del Ministero della Salute in materia di danni da emotrasfusione la nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la n. 581 dell11 gennaio 2008, esclusa la configurabilit del reato di epidemia colposa o lesioni colposi plurime ex artt. 438 e 452 c.p., aveva affermato che: il giudice, accertata lomissione delle attivit istituzionali di competenza del Ministero della Salute ed accertata con riferimento allepoca di produzione dei preparati, la conoscenza oggettiva ed indubbia, ai pi alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso il sangue od emoderivati infetti, nonch lesistenza di patologie da virus (Hiv, HBv e HCv) a carico dei soggetti emotrasfusi e assuntori di emoderivati, deve dichiarare e ritenere, in assenza di fattori alternativi, che la condotta omissiva del Ministero sia stata causa determinante dellinsorgenza delle malattie, ricollegabili al sangue od emoderivati infetti. Ai fini dellaccertamento del nesso causale la Cassazione con tale nota sentenza aveva anche chiarito che il giudice tenuto ad accertare se levento dannoso sia ricollegabile allomissione (causalit omissiva), nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalit ipotetica) lagente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. Laccertamento del rapporto di causalit ipotetica passa attraverso lenunciato controfattuale che pone al posto dellomissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato (cd. prognosi postuma). Secondo la Suprema Corte, inoltre, dovrebbe farsi riferimento (tra laltro) alla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE che si Ǐ indirizzata ad ac TEMI ISTITUzIONALI cettare che la causalit non possa che poggiare su logiche di tipo probabilistico. La CGCE con sentenza del 13 luglio 2006, n. 295 ha ritenuto sussistere la violazione delle norme sulla concorrenza in danno del consumatore se appaia sufficientemente probabile che lintesa tra compagnie assicurative possa avere uninfluenza sulla vendita delle polizze della detta assicurazione. La CGCE con sentenza del 15 febbraio 2005 n. 12, sempre in tema di tutela della concorrenza, ha ritenuto che occorre postulare le varie concatenazioni causa -effetto, al fine di accogliere quelle maggiormente probabili. Sulla base di tali assunti, basati sulla prevedibilit in astratto dellevento e sulla c.d. causalit adeguata o quella similare della c.d. regolarit causale, la Suprema Corte di Cassazione ha configurato una responsabilit extracontrattuale del Ministero della Salute per danni da emotrasfusioni anche a partire dalla fine degli anni 60, a prescindere dalla data di scoperta scientifica dei vari virus HBV (1978), HIV (1985), HCV (1988), in quanto non sussistono tre eventi lesivi, come se si trattasse di tre serie causali autonome ed indipendenti, ma di un unico evento lesivo, cio la lesione dellintegrit fisica (essenzialmente del fegato), per cui unico il nesso causale: trasfusione con sangue infetto -contagio infettivo -lesione dellintegrit (Cass. 581/2008). Tale orientamento certamente ispirato da comprensibili e condivisibili ragioni solidaristiche che impongono di tutelare la salute come bene primario costituzionalmente tutelato ex art. 32 Cost. Ma cosa avvenuto dopo il 2008 sul piano dellonere della prova concernente il nesso causale in materia sia di responsabilit contrattuale che in quella di responsabilit extracontrattuale? Come stata configurata e valutata negli anni seguenti la prova dei fattori alternativi di cui parlava la Cassazione nella nota sentenza sopra citata? Dopo l11 gennaio 2008 non poche sentenze di legittimit hanno messo in crisi lidea per cui linversione dellonus probandi riguardasse anche lelemento oggettivo, come ad esempio accadeva in una pronunzia di grande rilievo circa la tematica delle concause, ossia la sentenza della Cass. 21 luglio 2011, n. 15591, (in Corriere giur., 2011, 1672 con nota di BONA, La Cassazione rigetta il modello della causalit proporzionale con un decalogo impeccabile sulla valutazione degli stati pregressi), nonch fra le pieghe di quelle tese a ribadire il principio per cui sempre al danneggiato che spetta la prova del nesso, talvolta rese in casi in cui veniva in considerazione una responsabilit contrattuale (Cass. 24 maggio 2010, n. 12626). Il medesimo orientamento si rinveniva esaminando la giurisprudenza lavoristica in tema di responsabilit datoriale (ritenuta contrattuale) ex art. 2087 c.c., pur con un arresto di segno nettamente contrario alla suddetta soluzione, reso nel 2013 dalle medesime Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 23 settembre 2013, n. 21678). Infine, si riscontravano via via diverse pronunce in cui si affermava espressamente che la prova del nesso tra inadempimento e danno comunque compete alla parte RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 che alleghi linadempimento altrui (Cass. 9 ottobre 2012 n. 17143, Cass. 12 settembre 2013 n. 20904, Cass. 20 novembre 2015 n. 21777). Daltronde, portava alla medesima conclusione lesame - con tutte le loro peculiarit - delle decisioni rese in materia di nascite indesiderate (e di diritto a non nascere se non sani) nonch di consenso informato (in cui viene in considerazione uno schema di accertamento del nesso alquanto analogo). Dunque, prima della sentenza n. 26824 del 14 novembre 2017 il formante giurisprudenziale appariva in maggioranza orientato a non sovvertire linsegnamento tradizionale sebbene non mancasse qualche pronuncia di legittimit (oltre che di merito a esempio Trib. Rovereto 2 agosto 2008) orientate in modo diverso (Cass. 30 settembre 2014 n. 20547, Cass. 21 luglio 2011 n. 15993). La questione inerente allinversione dellonere della prova del nesso causale tocca tre aspetti: 1) In primo luogo e sul piano generale vengono in risalto le incongruenze duna regola che non solo poneva di fatto unobbligazione di risultato sul debitore e lo trasformava in una sorta di assicuratore, ma che finiva altres per tradursi nellaffermazione per cui, a fronte di domande avanzate su base contrattuale e aquiliana, si potevano avere esiti potenzialmente opposti -anche nel medesimo giudizio -in caso di persistente incertezza sulla sussistenza dellelemento eziologico, ad esempio a fronte di doglianze rivolte sia contro la struttura sia contro il sanitario. In effetti non si capiva perch la sussunzione di una fattispecie concreta -nel caso della colpa medica, esattamente della stessa fattispecie concreta - nella disciplina delluna e dellaltra dovesse portare a risultati cos diversi. Il tema rilevantissimo, perch la legge Gelli entrata in vigore lo scorso 17 marzo 2017 ha nettamente distinto la responsabilit della struttura e quella del medico, qualificando la prima come contrattuale e la seconda come extracontrattuale. 2) In secondo luogo, viene in considerazione la difficile tematica del trattamento della causa ignota, rilevante, fra laltro, con riguardo alle riflessioni riguardanti i modelli di ripartizione della responsabilit nellillecito soggettivamente complesso e quelle legate alla causalit incerta (TASSONE La ripartizione della responsabilit nellillecito civile -Analisi giuseconomica e comparata Napoli, 2017, PUCELLA La causalit incerta, Torino 2007). La sentenza della Cassazione n. 18392/17 propone un'interessante ripartizione degli oneri fra le parti - dacch ove l'attore provi il nesso, compete al convenuto dimostrare che la prestazione divenuta impossibile per una causa imprevedibile ed inevitabile. 3) In terzo luogo e sul piano delle implicazioni, la regola enunciata da Cass. 18392/17, cit., e ribadita da Cass. 26284/17, potrebbe orientare l'interprete verso una concezione soggettiva della responsabilit del debitore, essendo noto che l'opzione ermeneutica per cui la responsabilit ex art. 1218 TEMI ISTITUzIONALI c.c. sarebbe oggettiva conduce proprio a porre sul medesimo il rischio della causa ignota. La seconda questione sulla quale preme soffermarsi riguarda il criterio del pi probabile che non dettato per l'accertamento del nesso in sede civile e consacrato dalle stesse decisioni a sezioni unite del gennaio 2008, ormai costituente ius receptum. Qui gli aspetti di rilievo sono due. Intanto, la circostanza per cui la condotta dei sanitari individuata come una delle tre cause del danno richiama il tema - per vero non molto indagato -circa la concezione c.d. debole o forte del criterio stesso, almeno stando ad una delle accezioni con cui tali termini sono impiegati: da non confondere con l'uso che se ne fa nel discorrere di c.d. causalit generale e individuale o specifica. In effetti, se le cause della patologia possono essere con certezza tre e con altrettanta certezza non dato di sapere quale di esse abbia portato all'insorgenza di essa, la spiegazione eziologica che si appunta sulla ridetta condotta non supera una soglia probabilistica, del 33 per cento, dunque e in ogni caso nettamente inferiore a quella che consente di affermare la preponderanza del- l'evidenza. Ma la Suprema Corte ha precisato che ciascuna delle altre due cause pi probabilmente della terza alla base del danno, cos richiamando implicitamente l'insegnamento - problematico, almeno quando si debba poi segnare il confine fra il nesso e la perdita di chance -secondo il quale, la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica non conduce ipso facto alla aberrante regola del cinquanta per cento plus unum, bens alla compiuta valutazione dell'evidenza del probabile, per cui esemplificando, se, in tema di danni da trasfusione di sangue infetto, le possibili concause appaiono plurime e quantificabili in misura di dieci, ciascuna con un'incidenza probabilistica pari al tre per cento, mentre la trasfusione attinge al grado di probabilit pari al quaranta per cento, non per questo la domanda risarcitoria sar per ci solo rigettata [...] o geneticamente trasmutata in risarcimento da chance perduta (Cass. 21 luglio 2011 n. 15991). Dunque, la sentenza n. 26284/17 assume rilievo perch si inscrive fra le poche che, almeno a livello operazionale, accedono di fatto alla concezione debole del criterio, escludendo in base ad esso la sussistenza del nesso causale nel caso concreto. Si ricorder che la nota pronuncia delle Sezioni Unite 11 gennaio 2008 n. 581 aveva affermato che nel diritto civile laccertamento del nesso causale, attraverso la sussunzione della fattispecie nelle leggi di copertura scientifiche e nelle leggi di probabilit statistica, si basa essenzialmente sul criterio della prevedibilit obiettiva dellevento (tesi della regolarit causale ex artt. 40 e 41 c.p.), valutata in astratto e non in concreto, alla stregua delle conoscenze non gi delluomo medio, bens della migliore scienza ed esperienza del mo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 mento storico di riferimento. In questo modo la Corte di legittimit ha operato un significativo distacco tra causalit penale e causalit civile, osservando che, mentre nel giudizio penale la prova del nesso va fornita oltre ogni ragionevole dubbio, nel giudizio civile opera il canone del pi probabile che non. Tale nota sentenza n. 581/2008 non ha, per, risolto e chiarito tutte le incertezze connaturate ad una materia complessa, tanto che parte della dottrina, preso atto delleccessiva aleatoriet dellaccertamento basato sul pi probabile che non , ha proposto (quale sistema di contemperamento tra opposte esigenze) di consentire al giudice -in caso di verifica effettuata soltanto su base statistica - che, perci, non abbia permesso di escludere del tutto il concorso di concause naturali, non umanamente gestibili da parte del convenuto -una correlativa graduazione del quantum risarcibile, cos da circoscriverlo ad una percentuale pari allincidenza statistica della condotta del danneggiante nella produzione dellevento. Ma questa impostazione non stata accolta dalla giurisprudenza, la quale continua sostanzialmente ad oscillare tra limpostazione classica (conditio sine qua non temperata) e nuovo approccio (conditio sine qua non verificata su base statistica, alla stregua del pi probabile che non), anzi manifestando di recente un rinnovato rigore. A tal riguardo si ricorda la sentenza Cass. Civ. III sez. del 6 maggio 2015 n. 8995 secondo cui: in materia di responsabilit contrattuale (nella specie per attivit medico-chirurgica), una volta accertato il nesso causale tra linadempimento ed il danno lamentato, lincertezza circa leventuale efficacia concausale di un fattore naturale, non rende ammissibile, sul piano giuridico, loperativit di un ragionamento probatorio semplificato che conduca ad un frazionamento della responsabilit, con conseguente ridimensionamento del quantum risarcitorio secondo criteri equitativi. Il concetto della causalit proporzionale con conseguente frazionamento della responsabilit e del quantum risarcitorio, per ora escluso dalla giurisprudenza, non pu portare, per, in caso di mancata prova del nesso causale, a trasformare il danno concreto ed attuale in danno da perdita di chance. Tale concetto viene, infatti, talora evocato per riconoscere un risarcimento, seppure ridotto, senza una piena prova del nesso causale, aderendo alla cd. teoria ontologica e non eziologica della chance, questione di recente affrontata anche dal Consiglio di Stato con riguardo alla probabilit di aggiudicazione di un appalto pubblico (sent. Cons. St. III sez. n. 118/18). Di poi - e veniamo al secondo aspetto - una parte della dottrina ha tentato di coordinare la regola tradizionale in tema di prova del nesso e quella derivante da Cass. 577/08 in base alla teoria dell'inadempimento qualificato, sulla scorta della pure citata Cass. 13533/01: semplificando un discorso potenzialmente pi complesso, l'allegazione di una condotta di per s idonea a cagionare il danno sarebbe di per s idonea a spostare sul debitore l'onere di provare l'insussistenza del nesso. Ora, di l dal fatto che una tale ricostruzione - seppur TEMI ISTITUzIONALI tesa a trovare una via in qualche modo mediana rispetto alle due opposte visioni -risulta sempre e assai sbilanciata in favore del creditore, con tutte le controindicazioni sopra viste, essa pu portare in taluni casi a soluzioni non eque. In particolare, viene alla mente l'importante decisione resa dalla Suprema corte in tema di concause in cui 1'idoneit di per s della condotta a cagionare il danno ha portato a risarcire per intero il pregiudizio connesso al cento per cento dell'invalidit da cui risultava colpito il minore dopo la malpractice posta in essere durante il parto, sebbene egli fosse gi affetto da una sindrome di Down che azzerava ogni sua capacit psico-fisica (Cass. 29 febbraio 2016 n. 3893). Ebbene, poich nel caso deciso dalla sentenza 26824/17 le due altre cause all'origine della retinopatia erano a ben vedere preesistenti condizioni patologiche (l'una strutturale e l'altra contingente), essa pu ben essere letta anche con la lente delle concause naturali: s da pervenire alla proposizione del tutto ovvia per cui ciascuna di esse esclude il nesso perch (pi probabilmente che non) all'origine della perdita della vista, ma altres consentendo di sostenere - in modo meno ovvio - che non rimane pi nulla della proposizione riconducibile alla decisione del 2016 secondo la quale la mera idoneit della condotta del medico a cagionare il danno (la quale incida su una situazione gi compromessa) da sola idonea a giustificare l'affermazione della sua responsabilit. A fronte di un quadro cos composito la razionalizzazione di massima confermata dalla decisione n. 26284/17 merita certamente attenzione. In effetti a prescindere dalle suggestioni, delicatissime, che potrebbero derivare da un'acritica esportazione in sede civile del criterio sul quale insistono la pronuncia Franzese e le decisioni rese sulla sua scia a tenore del quale, nel momento di accertare il nesso, occorre procedere ad un ragionamento probatorio che abbia altres escluso l'interferenza di fattori alternativi -non mancano altri strumenti idonei ad alleggerire l'onere della prova che incombe sull'attore. L'inventario abbraccia, ad esempio, le regole di dettaglio atte a determinare in singole ipotesi la suddetta inversione (come si stabiliva in tema di interventi routinari prima di Cass., Sez. Un., 13533/01), la doctrine della res ipsa loquitur, il principio della vicinanza della prova, il danno evidenziale, nonch la prova indiziaria e quella presuntiva. Orbene, si pu senzaltro affermare che la sentenza n. 26824/17 nel sancire un tronco comune che caratterizza la mancata inversione dell'onere della prova sul nesso nella responsabilit contrattuale ed extracontrattuale implica l'innesto su esso di tanti rami quanti sono i regimi che definiscono la concreta operativit del nesso. Sulla base di tale nuova prospettiva appaiono senzaltro significative nel corso del corrente anno giudiziario alcune pronunzie emesse in tema di danni da emotrasfusione che hanno escluso la responsabilit extracontrattuale del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Ministero della Salute proprio in relazione alla mancata concreta prova del nesso causale. Si segnalano di recente presso il Tribunale di Roma: sent. n. 22643 dell1 dicembre 2017; sent. n. 5266 del 13 marzo 2018; sent. n. 5846 del 19 marzo 2018; sent. n. 5998/2018 del 21 marzo 2018; sent. n. 6477/18 del 28 marzo 18. Si segnala anche la recentissima sentenza n. 9561 dell11 maggio 2018 del Tribunale di Roma che ha escluso la responsabilit del Ministero della Difesa per i danni riconducibili allinsorgenza del Linfoma di Hodgkin contratto dai militari, asseritamente dovuta ad esposizione ad uranio impoverito. Tale pronunzia si fonda essenzialmente sul rilievo che non stata raggiunta la prova della presenza di uranio impoverito nellambiente lavorativo in cui lattore aveva prestato il suo servizio di leva e sul riferimento alle recenti acquisizioni scientifiche che non consentono di ritenere scientificamente provata lesistenza del nesso di causalit tra esposizione ad uranio impoverito ed insorgenza di neoplasie quali il linfoma di Hodgkin. Possiamo affermare che tali pronunzie hanno in un certo qual modo recepito il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione che ha cercato di porre un freno a quella che stata definita la fuga dalla causalit. Qualche autorevole Autore (M. ROSSETTI, Unicuique suum, ovvero le regole di responsabilit non sono uguali per tutti. Preoccupate considerazioni sulla fuga in avanti della responsabilit medica, in Giust. civ., 2010, 10, 2218) ha sottolineato la necessit di unadeguata prova del nesso causale con la consapevolezza e la presa datto delle criticit che lorientamento dettato dalla sentenze delle sezioni unite nn. 576-585 dell11 gennaio 2008, ispirato al favor creditoris hanno determinato (si pensi alla medicina difensiva o alla fuga delle compagnie dal mercato), criticit che la nuova legge Gelli Bianco sulla responsabilit sanitaria ha cercato di risolvere, attraverso il superamento della nozione di contatto sociale. Nellambito di una riflessione pi generale, se vero ed indiscutibile, da un lato, che la salute un bene primario da tutelare ex art. 32 Cost., ci si deve chiedere, dallaltro, se addossare alle strutture sanitarie oneri probatori gravosi sia davvero la scelta giusta per la collettivit dei cittadini. O se, per converso, un tale meccanismo non vada ad incidere su pi ampi e delicati equilibri della finanza pubblica. Il rigore probatorio imposto dalle recenti sentenze della Corte di Cassazione in tema di prova del nesso causale nasce dalla figura dei diritti finanziariamente condizionati introdotti dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 455/1990: a fronte di finanziamenti limitati, ogni risorsa sottratta al sistema della sanit pubblica, per il tramite di automatismi risarcitori che prescindono da una verifica in concreto del nesso causale - si traduce alla fine nella riduzione dei servizi erogati, e quindi in un vulnus per tutti i cittadini pazienti che chiedono di essere assistiti e curati. TEMI ISTITUzIONALI Se, dunque, la legge Gelli Bianco rinviene la sua ratio nellesigenza di recuperare lequilibrio e mediare tra opposte esigenze, le recenti decisioni della Suprema Corte di Cassazione in tema di prova del nesso causale, sopra illustrate come elemento di novit emerso nel corso dellultimo anno giudiziario, sembrano farsi portatrici di questa rinnovata esigenza. Roma, 22 maggio 2018 ConTEnziosoComUniTarioEdinTErnazionaLE Leffetto della sentenza della Corte di Giustizia dellUnione nella causa C-284/16 Achmea sulle procedure arbitrali di risoluzione delle controversie intra-UE pendenti in esecuzione del Trattato sulla Carta dellenergia Giuditta Marra * The paper analyzes the recent decision of the Court of Justice of the European Union Achmea established that the arbitration clauses contained in investment agreements are incompatible with EU law. The Achmea case concerned the compatibility of the Czech Republic- Netherlands bilateral investment treaty (BIT) with EU law, but the Court of Justices reasoning should be expanded to the intra-EU investment disputes under the ECT. Consequently, Member States have an obligation to terminate not only intra-EU BITs, but also intra- EU application of ECT in order to ensure legal certainty. Sommario: 1. introduzione - 2. La nozione di investimento diretto estero (iDE) - 3. il diritto internazionale sullinvestimento diretto estero (iDE) - 4. i Trattati bilaterali e multilaterali in materia di investimenti diretti esteri - 5. La sentenza achmea - 5.1. La vicenda -5.2. i quesiti - 5.3. La decisione - 6. i riflessi della sentenza achmea sulle controversie arbitrali intra-UE pendenti ai sensi della Carta dellenergia - 6.1. il diritto applicabile dal Tribunale arbitrale nelle controversie intra-UE pendenti ai sensi della Carta dellEnergia 6.2. Lequiparabilit del Tribunale istituito ai sensi dellart. 26.4 ECT a una giurisdizione interna a uno Stato membro - 6.3. La definitivit del lodo arbitrale - 7. Conclusioni. 1. introduzione. Lordinamento giuridico dellUnione europea si contraddistingue per la sua autonomia. Fin dagli anni sessanta del secolo scorso viene affermata, nella (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura Generale dello Stato, tirocinante presso la Corte di Cassazione. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 giurisprudenza della Corte di Giustizia, la natura autonoma del diritto europeo, al fine di salvaguardare lordinamento giuridico dellUnione da interferenze esterne. Tale autonomia si declina, sotto il profilo giurisdizionale, nellaccentramento in capo alla Corte di Giustizia della competenza a interpretare e applicare il diritto europeo. A sua volta, sin dal 1959, data della stipula del Trattato sulla promozione e la protezione degli investimenti tra Germania e Pakistan, i trattati di investimento, bilaterali e multilaterali, prevedono la possibilit per gli investitori di promuovere una procedura arbitrale volta ad ottenere, nella maggioranza dei casi, il risarcimento dei danni cagionati dalla violazione, da parte dello Stato ospite dellinvestimento, degli obblighi assunti in virt di tali trattati. Tale metodo di risoluzione delle controversie se, da un lato garantisce agli investitori una certa omogeneit di trattamento rispetto ai sistemi giurisdizionali Statali, dallaltro sembra minare il monopolio della Corte di Giustizia nellinterpretazione e nellapplicazione del diritto europeo, permettendo che i giudici europei e nazionali siano vincolati allapplicazione che gli arbitri fanno di tale diritto. In particolare, lincompatibilit tra il diritto europeo e tali strumenti di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato ospite si accentuata a seguito di due eventi. In primo luogo, si riscontrato un crescente utilizzo dellarbitrato internazionale nelle controversie fra soggetti interni allUnione europea, essendo gli Stati membri dellUnione firmatari di quasi la met dei trattati internazionali attualmente in vigore in materia di investimento. In pi, con il Trattato di Lisbona stata attribuita allUnione e non pi ai singoli Stati la competenza esclusiva a concludere nuovi trattati bilaterali in materia di investimenti esteri. Sul punto, di recente intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia dellUnione nella causa C-284/16 achmea, la quale ha dichiarato lincompatibilit con il diritto europeo di una clausola contenuta in un trattato bilaterale internazionale che prevede una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie nascenti tra un investitore di uno Stato membro e un altro Stato membro dellUnione. Il presente contributo si propone di analizzare lestensibilit del principio espresso dalla Corte alle clausole compromissorie contenute nei trattati internazionali multilaterali di cui pure lUnione europea parte contraente, avendo particolare riguardo al Trattato sulla Carta dellenergia, pi frequentemente invocato, negli ultimi anni, nelle controversie arbitrali in materia di investimenti. 2. La nozione di investimento diretto estero (iDE). Il diritto internazionale degli investimenti trova applicazione nel caso in cui un investimento sia realizzato da un investitore straniero, ossia da un operatore economico proveniente da uno Stato diverso da quello nel territorio del quale viene compiuto (c.d. Stato ospite o Stato ospitante). CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE La nozione di investimento un concetto economico, prima che giuridico. Queste due tipologie di definizioni possono essere descritte come due cerchi concentrici, nei quali il concetto economico racchiude quello giuridico. Secondo gli economisti, infatti, investimento tutto ci che limpresa non destina al consumo, mentre da un punto di vista giuridico occorre restringere il campo: investimento diretto estero lacquisizione di partecipazioni nel capitale sociale di societ straniere in unottica di medio -lungo periodo. Lo scopo dellinvestimento diretto estero consentire allimpresa nazionale di estendere la propria attivit tramite listituzione, lacquisizione del controllo o di una partecipazione rilevante in societ straniere, cos da realizzare un duplice obiettivo: la definitiva presenza sul mercato estero e la gestione di una data combinazione di fattori produttivi. Sebbene tale obiettivo possa essere realizzato pi semplicemente dallimprenditore attraverso il mantenimento di rapporti di esportazione con paesi stranieri, tuttavia lopzione dellinvestimento diretto estero presenta una pluralit di vantaggi, fra cui la maggiore disponibilit e qualit dei fattori produttivi grazie ai minori costi di trasporto delle merci e dei costi di lavoro (1). 3. il diritto internazionale sullinvestimento diretto estero (iDE). La normativa in materia di investimenti diretti esteri si compone di un complesso articolato di fonti (2), fra cui: il diritto internazionale generale, gli accordi bilaterali e multilaterali e i contratti tra Stati e stranieri. Pur strutturalmente diverse, tali fonti si occupano tutte di tre ambiti di disciplina degli investimenti: il trattamento, la protezione e la garanzia e rispondono a una ratio comune. occorre soffermarsi brevemente sui tre piani della disciplina degli investimenti, per poi esaminarne il fondamento. Il trattamento degli investimenti linsieme delle disposizioni, normalmente di origine nazionale, che stabiliscono la disciplina giuridica del- linvestimento negli aspetti dellammissione (3), dellammontare, della localizzazione, della normativa fiscale, del rimpatrio dei profitti e del disinvestimento (4). La protezione degli investimenti comprende quelle norme, sia di origine interna che internazionale, volte a tutelare linvestimento straniero nei casi di mutamento del quadro ordinamentale ad opera del legislatore dello Stato ospite. (1) Cfr. F. MARRELLA, manuale di diritto del commercio internazionale - Contratti internazionali imprese globali ed arbitrato, Cedam, 2017, pp. 652 ss. (2) A. LIGUSTRo, P. PICoNE, Diritto dellorganizzazione mondiale del commercio, Cedam, 2002, p. 221. (3) Alcuni settori definiti strategici sono esclusi dalla possibilit di investimento straniero, come ad esempio quello bancario. (4) Talvolta il disinvestimento sottoposto a limiti temporali e quantitativi. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 La garanzia degli investimenti, infine, laspetto pi problematico della disciplina, poich definisce gli strumenti volti a trasferire il rischio politico dellinvestimento dallimpresa allo Stato di destinazione dellinvestimento. Al fondo dei tre piani della disciplina degli investimenti vi la ricerca di un equilibrio tra due opposte esigenze, riconducibili ai due soggetti protagonisti del rapporto: limpresa transnazionale e lo Stato di destinazione dellinvestimento. Mentre linvestitore ha interesse a ricevere la massima tutela rispetto ai beni situati sul territorio dello Stato ospitante, questultimo ha interesse a che la propria sovranit non venga posta in discussione da organizzazioni potenzialmente in grado di esercitare la propria influenza sulla gestione della res publica, poich dotate di un consistente potere economico (5). Per garantire la tutela dellinvestitore, gli accordi internazionali hanno previsto, come strumento di risoluzione delle controversie, proprio larbitrato internazionale. Lapplicazione di un tale meccanismo alle controversie nascenti tra lo Stato ospitante e linvestitore ha rivoluzionato il concetto stesso di arbitrato internazionale (6). Larbitrato internazionale , invero, nato per risolvere controversie sorte tra due Stati, in cui entrambe le parti sono poste in una posizione di originaria pari ordinazione, in questo caso tuttavia esso applicato alle controversie tra uno Stato e un privato (7). Alla base dellefficacia dello strumento arbitrale vՏ, dunque, la necessit dello Stato ospitante di autolimitare la propria sovranit. vige, infatti, il principio per cui non esiste un diritto a investire in un Paese estero, rimanendo ogni Stato libero di accogliere o meno gli investimenti stranieri e di dettarne la disciplina giuridica, adottando misure incentive, dissuasive o semi-incentive sugli investimenti. Tale libert, tuttavia, generalmente, non assoluta e viene ridotta dallassunzione da parte dello Stato di obblighi pattizi, inseriti nelle convenzioni internazionali multilaterali e bilaterali (8). 4. i Trattati bilaterali e multilaterali in materia di investimenti diretti esteri. La materia degli investimenti diretti esteri per lo pi disciplinata da con (5) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 655 ss. (6) R. SABIA, ascesa e declino dellinvestor - State arbitration, fra contrasto alla corruzione internazionale, regolazione dei mercati e free trade agreements multilaterali, in rivista dellarbitrato, fasc. 1, 2016, p. 165; si veda sul punto anche A. BARLETTA, in tema di arbitrato degli investimenti e giurisdizione dello Stato, in Europa e Diritto Privato, fasc. 3, 2015, p. 545. (7) TantՏ vero che larbitrato internazionale nasce nellambiente dellantica Grecia, in cui il mantenimento e lo sviluppo di relazioni pacifiche fra le equiordinate ..... era lobiettivo primario, e non in ambito romano. Per i Romani, infatti, lutilizzo di un tale metodo di risoluzione delle controversie era segno di debolezza, poich implicava linammissibile accettazione di una posizione di parit con una controparte barbara. I popoli stranieri erano considerati dai Romani come inferiori e, dunque, insuscettibili di assumere la veste di controparte in un giudizio arbitrale. Per una disamina delle origini dellarbitrato tra Stati si veda A. PIETRoBoN, il giudizio nellarbitrato fra Stati, Editoriale Scientifica, 2016, pp. 21 ss. (8) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 656-657. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE venzioni bilaterali, denominate Bilateral investment Treaties (BIT). I BITs rispondono allantica esigenza di assimilare il trattamento giuridico dello straniero a quello riservato al cittadino dello Stato contraente. Tali trattati rappresentano unevoluzione delle convenzioni di amicizia, commercio e navigazione, attraverso le quali ogni Stato regolava laccesso delle persone fisiche e giuridiche, il loro stabilimento nel territorio, lo svolgimento delle professioni e il trattamento giuridico dei loro beni (9). A tal riguardo, occorre, tuttavia, osservare che lart. 207, par. 1, come modificato dal Trattato di Lisbona, ha attribuito allUnione europea la competenza esclusiva a concludere nuovi trattati bilaterali in materia di investimenti esteri e, dunque, con lentrata in vigore del Trattato (10), la negoziazione e la conclusione di questi accordi sar svolta dalla Commissione europea. I trattati multilaterali sono, al contrario, poco numerosi in materia. Tra i pi rilevanti si possono citare il mercado Comn del Sur (MERCoSUR) (11), il North atlantic Free Trade agreement (NAFTA) (12) e lEnergy Charter Treaty (ECT). occorre, ai nostri fini, concentrare lattenzione su questultimo, comՏ stato di recente confermato dalla UNCTaD Note on recent Trends in iiaS and iSDS, infatti, negli ultimi anni le controversie intra-UE nel settore delle energie rinnovabili hanno reso lECT il trattato pi frequentemente invocato nelle controversie arbitrali in materia di investimenti (13). Il Trattato sulla Carta dellEnergia stato sottoscritto a Lisbona il 17 dicembre 1994 da cinquantadue parti contraenti ed entrato in vigore il 16 aprile 1998 a seguito (9) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 657-658. (10) Il Trattato di Lisbona stato firmato il 13 dicembre 2007 ed entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 2009. (11) Il mercado Comn del Sur, costituito con il Trattato di Asuncin del 26 marzo 1991, realizza lunione doganale fra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay e, per quanto interessa in questa sede, prevede che le controversie nascenti tra un investitore nazionale di uno Stato contraente e un altro Stato contraente, se non risolte amichevolmente, possano essere deferite a Tribunali arbitrali ad hoc. Si veda a tal riguardo C. TUoSTo, Levoluzione del sistema di risoluzione delle controversie del mercosur e influenze comunitarie, in Levoluzione dei sistemi giurisdizionali regionali ed influenze comunitarie (a cura di P. PENNETTA), Cacucci Editore, 2010, pp. 51 ss. (12) Il North atlantic Free Trade agreement, concluso il 17 novembre 1992 ed entrato in vigore il 1 gennaio 1994, rimuove ogni restrizione al libero commercio fra gli Stati Uniti, il Canada e il Messico, con riferimento ai beni che originano in uno degli Stati contraenti. Anche in tal caso, le controversie tra il privato investitore e lo Stato destinatario dellinvestimento sono devolute a un meccanismo arbitrale, che linvestitore deve scegliere tra i tre previsti dal Trattato: Convenzione di Washington del 1965, Meccanismo Supplementare ovvero Regolamento arbitrale dellUNCITRAL. (13) Cos lECT ha preso il posto del NAFTA, UNCTAD, IIA Issues Note, Recent Trends in IIAS and ISDS, No. 1, February 2015, http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/webdiaepcb2015d1_en.pdf. Secondo la nota Note, p. 6 nel solo 2014 [a] quarter of all known new disputes (eleven) were intra- European Union cases, which is lower than the year before (in 2013, 42 per cent of all new claims were intra-European Union). Half of them were brought pursuant to the ECT, and the rest on the basis of intra-European Union BiTs. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 delle prime trenta ratifiche. Le materie disciplinate dal Trattato sono quelle del commercio e del transito dei prodotti energetici, dellefficienza energetica e delle connesse problematiche ambientali, nonch il settore degli investimenti. La peculiarit della convenzione lampiezza del suo ambito di applicazione, tra le parti contraenti figurano, infatti, la Comunit Europea e tutti i suoi Stati membri, la Russia e altri Stati membri dellex Unione Sovietica. Lart. 26 del Trattato prevede un peculiare mezzo di risoluzione delle controversie fra investitori e Parti contraenti, stabilendo che, ove linvestitore decida di attivare la procedura arbitrale, possa optare a sua scelta tra i meccanismi previsti dalla: Convenzione di Washington del 1965 sulla risoluzione di controversie in materia di investimenti o, se inapplicabile, dal Meccanismo Supplementare; dal Regolamento arbitrale dellUNCITRAL ovvero dal Regolamento dellIstituto Arbitrale della Camera di Commercio di Stoccolma. Ciascun Tribunale, costituito ai sensi dellart. 26, decider la controversia sulla base del medesimo Trattato, nonch delle regole e principi del diritto internazionale (art. 26.6 dellECT) (14). Elemento comune delle convenzioni in materia di investimenti diretti esteri la previsione di un meccanismo di composizione arbitrale delle controversie nascenti tra il privato investitore e lo Stato destinatario dellinvestimento. Prima dello sviluppo di tali convenzioni, infatti, linvestitore straniero che lamentasse un danno ad opera dello Stato ospite poteva o ricorrere alla giustizia interna ovvero intraprendere la via diplomatica, entrambi rimedi considerati insufficienti poich scontano il rischio di politicizzazione o di eccessiva discrezionalit (15). Il ricorso allarbitrato internazionale per la composizione delle dispute , dunque, una componente imprescindibile della promozione e della protezione degli investimenti esteri che ogni trattato offre di favorire. I sistemi di arbitrato internazionale previsti dalle convenzioni sopra richiamate sono diversi e ricomprendono: la Convenzione di Washington del 1965, istitutiva del Centro Internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID) ovvero, ove tale convenzione non sia applicabile, il Meccanismo Supplementare predisposto dallICSID; larbitrato ad hoc in base al Regolamento di arbitrato dellUNCITRAL del 1976; larbitrato sulla base del Regolamento dellIstituto Arbitrale della Camera di Commercio di Stoccolma; larbitrato sulla base del Regolamento della Corte di (14) Cfr. P. BERNARDINI, Larbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali, Giuffr, 2008, pp. 251-253. (15) Cfr. L. GaLaNTi, arbitrato sugli investimenti e forme processuali del consenso, in rivista del- l'arbitrato, fasc. 2, 2017, p. 424; D. GALLo, Portata, estensione e limiti del nuovo sistema di risoluzione delle controversie in materia dinvestimenti nei recenti accordi sul libero scambio dellUnione Europea, in Diritto del Commercio internazionale, fasc. 4, 2016, p. 827; S. RoSSELLA e C. TRECRoCI, ascesa e declino dell' investor-State arbitration , fra contrasto alla corruzione internazionale, regolazione dei mercati e Free Trade agreements multilaterali, in rivista dell'arbitrato, fasc. 1, 2016, p. 165. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE Arbitrato Internazionale di Londra (LCIA) e, infine, larbitrato in base al Regolamento della Camera di Commercio Internazionale (ICC). Tali meccanismi di arbitrato internazionale possono essere suddivisi in due gruppi, contrapponendosi larbitrato secondo la Convenzione di Washington a tutti gli altri sistemi di arbitrato contemplati dai trattati a tutela degli investimenti. Esiste, infatti, una rilevante differenza tra questi due gruppi: mentre la Convenzione di Washington, fondata su un trattato internazionale, contiene una disciplina autosufficiente e autonoma, insensibile alle interferenze delle leggi e dei giudici nazionali, gli altri mezzi di risoluzione delle controversie, di natura privata, trovano fondamento nel richiamo del relativo regolamento ad opera delle parti e, conseguentemente, la normativa arbitrale dovr necessariamente essere integrata dalle norme di procedura vigenti nella sede dellarbitrato (16). 5. La sentenza achmea . Recentemente la Corte di Giustizia dellUnione Europea intervenuta a giudicare della compatibilit con il diritto comunitario di una clausola contenuta in un trattato bilaterale internazionale che prevede una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie nascenti tra un investitore di uno Stato membro e un altro Stato membro dellUnione. Alla radice di tale problema vi la diversit tra le figure dellarbitrato nazionale e dellarbitrato internazionale: mentre il primo infatti generalmente ammesso dai singoli ordinamenti nazionali, in alternativa al ricorso agli organi di giustizia statali, unicamente se posto in essere su base volontaria dalle parti e generalmente con valore negoziale (transattivo), nel secondo, invece, la procedura arbitrale prevista come deroga obbligatoria (per la parte convenuta) al ricorso agli organi di giustizia ordinamentali. Con la sentenza del 6 marzo 2018, repubblica Slovacca c. achmea BV, la Corte di Giustizia dellUnione Europea chiarisce che tali clausole si pongono in contrasto con il disposto degli articoli 267 e 344 TFUE, dichiarando che: Gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come larticolo 8 dellaccordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il regno dei Paesi Bassi e la repubblica federale ceca e slovacca, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nellaltro Stato membro pu avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si impegnato ad accettare. (16) Cfr. A. BRIGUGLIo, Larbitrato estero -il sistema delle convenzioni internazionali, CEDAM, 1999, pp. 252-253. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 5.1. La vicenda. Il caso trae origine dallordinanza di rinvio pregiudiziale con cui la Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof) chiede alla Corte di Giustizia di formulare un parere sullinterpretazione degli articoli 18 (17), 267 (18) e 344 (19) TFUE. Tale ordinanza stata emessa nellambito di una controversia tra la Repubblica Slovacca e la Achmea Bv in merito al lodo del 7 dicembre 2012, pronunciato dal collegio arbitrale previsto dallart. 8 dellaccordo per la promozione e la tutela degli investimenti tra il Regno dei Paesi Bassi e lallora Cecoslovacchia (TBI). occorre innanzitutto, data la singolarit della vicenda, ripercorrere i tratti salienti del caso in esame, passando dalla fase antecedente la nascita della controversia, per poi giungere davanti la Corte di Giustizia. Nella fase che precede la nascita della controversia, possono indicarsi tre annate di particolare rilevanza: 1) il 1991: anno di conclusione del trattato bilaterale per gli investimenti (TBI) con cui il Regno dei Paesi Bassi e la Cecoslovacchia si obbligano a devolvere a un collegio arbitrale le controversie eventualmente nascenti tra uno Stato contraente e un investitore dellaltro Stato contraente; 2) il 2004: anno in cui la Slovacchia, succeduta in seguito alla dissoluzione della Cecoslovacchia nellassunzione dei diritti e degli obblighi nascenti dal TBI, liberalizza il proprio mercato di assicurazioni sanitarie private, aprendolo agli operatori nazionali, nonch a operatori esteri, cos inducendo lAchmea, unimpresa facente parte di un gruppo di assicurazioni olandese, a stabilire una filiale in Slovacchia; 3) il 2006: anno in cui la Slovacchia interviene sul mercato delle assicu (17) articolo 18 TFUE: Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni. (18) articolo 267 TFUE: La Corte di giustizia dell'Unione europea competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validit e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione. Quando una questione del genere sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giurisdizione pu, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione tenuta a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il pi rapidamente possibile. (19) articolo 344 TFUE: Gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all'interpretazione o all'applicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE razioni private, revocandone parzialmente la liberalizzazione. Pi precisamente con la legge del 25 ottobre 2007 si era vietata la distribuzione degli utili generati dalle attivit di assicurazione sanitaria privata, poi nuovamente autorizzata a partire dal 2011, in seguito allintervento della Corte costituzionale della Repubblica slovacca che ha giudicato illegittimo lintervento normativo (20). La parziale revocazione della liberalizzazione del mercato delle assicurazioni private, rappresenta, dunque levento generatore della controversia tra la Slovacchia e lAchmea. Invero, a partire da tale momento, limpresa assumer che le misure legislative le hanno arrecato un pregiudizio illegittimo, poich contrario al TBI. La fase che segue alla nascita della controversia, vede susseguirsi principalmente tre organi giudicanti, cui corrispondono tre differenti pronunce: il collegio arbitrale, adito dallAchmea, che con il sopracitato lodo del 7 dicembre 2012 condanna la Repubblica slovacca a pagare allimpresa un risarcimento danni per un importo di circa 22,1 milioni di euro; la Corte federale di Cassazione tedesca (Bundesgerichtshof) che, nellambito della procedura attivata dalla Slovacchia per lannullamento del lodo arbitrale, emette lordinanza di rinvio pregiudiziale con cui chiede alla Corte di Giustizia di formulare un parere sullinterpretazione degli articoli 18, 267 e 344 TFUE; e infine la Corte di Giustizia dellUnione Europea, con la pronuncia della sentenza in esame. 5.2. i quesiti. In particolare, la Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof) sottopone allesame della Corte di Giustizia una triplice questione (21): 1) Larticolo 344 TFUE vieta lapplicazione di una clausola, contenuta in un accordo bilaterale di investimento tra Stati membri dellUnione, secondo la quale un investitore di uno Stato contraente pu, in caso di controversia riguardante investimenti effettuati allinterno di un altro Stato contraente, intraprendere una procedura contro questultimo Stato innanzi a un collegio arbitrale, dal momento che il suddetto accordo stato concluso prima del- ladesione di uno degli Stati contraenti allUnione, ma la procedura arbitrale stata introdotta dopo la suddetta data? 2) Larticolo 267 TFUE vieta lapplicazione di una previsione di tale tenore? 3) alle condizioni descritte nel primo quesito, lart. 18, primo comma, TFUE vieta lapplicazione di una previsione di tale tenore? Il giudice europeo, tuttavia, sembra estendere la portata dei quesiti, in un (20) stavn. sd Slovenskej republiky, sentenza del 26 gennaio 2011. (21) Si veda par. 23 della sentenza in esame. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 senso che va al di l del caso concreto, sottintendendo che il principio affermato possa trovare applicazione in tutti quei casi in cui allinterno di qualsivoglia accordo internazionale venga inserita una clausola che preveda una possibilit di risoluzione arbitrale delle controversie nascenti tra un investitore di uno Stato membro nei confronti di un altro Stato membro dellUnione Europea. Invero, al par. 31 della pronuncia, si legge che: Con il primo e il secondo quesito, che tratteremo congiuntamente, il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 267 e 344 TFUE, devono essere interpretati nel senso di vietare che una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra Stati membri, qual lart. 8 del TBi, secondo la quale un investitore di uno Stato membro pu, in caso di controversia concernente investimenti effettuati in un altro Stato membro, intraprendere una procedura contro questultimo Stato membro innanzi a un collegio arbitrale, di cui questo Stato membro si vincolato ad accettare la competenza. Ebbene, prima di esaminare i quesiti, la Corte ricorda la ratio e le peculiarit dei principi stabili agli articoli 267 e 344 TFUE, affermando che: 1) al fine di assicurare di salvaguardare le caratteristiche specifiche, nonch lautonomia, dellordinamento giuridico europeo, i trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale volto a garantire la coerenza e lunit nellinterpretazione del diritto europeo. Secondo quanto stabilito dallarticolo 19 TUE, compito dei giudici nazionali e della Corte garantire la piena applicazione del diritto europeo allinterno degli Stati membri, nonch la tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti ai singoli dallordinamento giuridico dellUnione. in particolare, la chiave di volta del sistema giurisdizionale, cos delineato, costituita dalla procedura di rinvio pregiudiziale prevista allarticolo 267 TFUE che, instaurando un dialogo fra i giudici, ossia fra la Corte e i giudici degli Stati membri, ha lo scopo di assicurare lunit nellinterpretazione del diritto dellUnione, garantendone in tal modo la coerenza, la piena efficacia e lautonomia nonch, in ultima istanza, il carattere specifico del diritto istituito dai trattati (v. parr. 35, 36 e 37 della decisione); 2) Secondo una giurisprudenza costante della Corte, un accordo internazionale non pu pregiudicare il riparto di competenze fissato dai trattati e, dunque, lautonomia del sistema giuridico dellUnione di cui la Corte assicura il rispetto. Tale principio si rinviene nellarticolo 344 TFUE, secondo il quale gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa a linterpretazione o lapplicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso (v. par. 32 della decisione). 5.3. La decisione. Alla luce dei sopra richiamati principi, il procedimento logico seguito CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE dalla Corte, al fine di vagliare la legittimit di una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie intra-UE, pu essere suddiviso in tre fasi: 1) occorre innanzitutto verificare se la controversia sottoposta allesame del collegio arbitrale concerne linterpretazione o lapplicazione dei trattati europei, cos da valutare lapplicabilit nel caso di specie dellart. 344 TFUE (v. par. 39 della decisione); 2) Nel caso in cui nella controversia venga effettivamente in esame linterpretazione o lapplicazione dei trattati europei, allora occorrer verificare se il collegio arbitrale rientri nel sistema giurisdizionale dellUnione e, in particolare, se esso possa essere assimilato a una giurisdizione di uno degli Stati membri ai sensi dellarticolo 267 TFUE, cos da poter adire la Corte di Giustizia in via pregiudiziale (v. par. 43 della pronuncia); 3) Dopodich occorrer verificare se la decisione arbitrale possa, conformemente allarticolo 19 TUE, essere soggetta al controllo di un organo giurisdizionale di uno Stato membro, il quale garantisce che le questioni concernenti il diritto europeo portate innanzi a tale collegio, possano, eventualmente, essere esaminate dalla Corte di Giustizia in sede di rinvio pregiudiziale (v. par. 50 TFUE). Nella specie, la Corte di Giustizia accerta che la controversia sottoposta al collegio arbitrale certamente involgeva linterpretazione e lapplicazione del diritto europeo. Invero, secondo laccordo tra i Paesi Bassi e la Slovacchia, il collegio arbitrale deve tenere conto del diritto interno allo Stato contraente coinvolto nella controversia, nonch degli accordi coinvolgenti le parti. Ne deriva che il diritto dellUnione europea deve considerarsi diritto applicabile alla controversia in esame, in quanto non solo diritto in vigore in ogni Stato membro dellUnione, ma anche derivante da un accordo sovranazionale fra gli Stati membri (v. parr. 40, 41, e 42 della sentenza). Per quanto riguarda, invece, la natura del collegio arbitrale, la Corte esclude che esso possa essere assimilato a una giurisdizione di uno Stato membro del- lUnione, ai sensi dellart. 267 TFUE, affermando che ҏ proprio il carattere derogatorio della giurisdizione di tale collegio, rispetto a quella dei giudici di questi due Stati membri (Paesi Bassi e Slovacchia), che costituisce una delle principali ragioni dessere dellarticolo 8 del TBi (v. par. 45 della sentenza). Con riferimento, infine, al controllo giurisdizionale del lodo arbitrale il giudice europeo evidenzia che il TBI qualifica tale decisione come definitiva e, pur essendo prevista una procedura di verifica della validit del lodo, tale meccanismo frutto di una scelta dello stesso collegio arbitrale. Infatti, il collegio decide esso stesso la propria sede e, di conseguenza, il diritto applicabile al procedimento che disciplina tale controllo. In pi, osserva la Corte, il controllo giurisdizionale del lodo limitato a ipotesi specifiche. Da tali considerazioni la Corte deduce che gli Stati membri parte dellaccordo internazionale abbiano istituito un meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato membro che, pur coinvolgendo RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 linterpretazione e lapplicazione del diritto europeo, non ne assicura la piena efficacia e uniformit. 6. i riflessi della sentenza achmea sulle controversie arbitrali intra-UE pendenti ai sensi della Carta dellenergia. I paragrafi 57 e 58 della pronuncia in esame pongono in luce i problemi nascenti dalla eventuale applicazione, in ambito comunitario, di una clausola contenuta in un accordo internazionale che preveda una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie sorte tra un investitore di uno Stato membro e un altro Stato membro dellUnione. Invero, di primo acchito, al par. 57 della sentenza la Corte sembra asserire lastratta compatibilit con il diritto europeo di un accordo internazionale, di cui lUnione sia parte contraente, che attribuisca alla competenza di un giudice terzo ladozione di pronunce vincolanti. Secondo il par. 57 della decisione, infatti: un accordo internazionale che preveda listituzione di un giudice incaricato dellinterpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino le istituzioni, ivi compresa la Corte, non , in linea di principio, incompatibile con il diritto dellUnione. infatti, la competenza dellUnione in materia di relazioni internazionali e la sua capacit di concludere accordi internazionali comportano necessariamente la facolt di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne linterpretazione e lapplicazione delle loro disposizioni, purch sia rispettata lautonomia dellUnione e del suo ordinamento giuridico. Successivamente, al par. 58 della sentenza, la Corte sembra giungere alla conclusione dellincompatibilit con il diritto europeo della clausola compromissoria del TBI, sul rilievo che lUnione non parte contraente dellaccordo concluso tra Paesi Bassi e Slovacchia, precisando che: Tuttavia, nella specie, oltre al fatto che le controversie che rientrano nella competenza del collegio arbitrale di cui allarticolo 8 del TBi possono riguardare linterpretazione tanto di detto accordo quanto del diritto dellUnione, la possibilit di sottoporre tali controversie ad un organismo che non costituisce un elemento del sistema giurisdizionale dellUnione prevista da un accordo concluso non dallUnione, ma dagli Stati membri. orbene, il suddetto articolo 8 tale da rimettere in discussione, oltre al principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri, la salvaguardia del carattere proprio dellordinamento istituito dai Trattati, garantito dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui allarticolo 267 TFUE, e non pertanto compatibile con il principio di leale cooperazione ricordato al punto 34 della presente sentenza. A una primo superficiale esame dei suddetti paragrafi, si potrebbe giungere alla conclusione che la Corte di Giustizia distingua, ponendole in contrapposizione, due diverse ipotesi: la prima in cui la clausola di risoluzione arbitrale delle controversie tra un investitore di uno Stato membro e un altro CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE Stato membro sia contenuta in un accordo di cui lUnione europea non parte contraente; la seconda in cui tale clausola sia inserita in un accordo di cui lUnione europea parte contraente. Nellun caso la clausola compromissoria sarebbe in contrasto con il diritto europeo, nellaltro, invece, detto contrasto non vi sarebbe, poich lUnione si sarebbe assoggettata alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi. Di conseguenza, essendo lUnione firmataria dellECT, lart. 26 dellECT, che, come ricordato, prevede un meccanismo arbitrale di risoluzione delle controversie nascenti tra un investitore e una Parte contraente, sembrerebbe compatibile con il diritto comunitario, anche qualora ad essere coinvolti fossero due Stati membri dellUnione europea. La Corte di Giustizia dellUE, tuttavia, sembra concludere affermando che un accordo internazionale, contenente una clausola di risoluzione arbitrale delle controversie intra-UE, di cui lUnione europea sia parte, si pone in contrasto con il diritto euro unitario, qualora il suddetto accordo costituisca una minaccia per la salvaguardia del carattere proprio dellordinamento istituito dai Trattati, garantito dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui allarticolo 267 TFUE. In particolare, al par. 57 della sentenza, la Corte di Giustizia precisa che affinch un lodo arbitrale, emesso in virt di una clausola compromissoria contenuta in un accordo internazionale di cui lUnione parte contraente, sia vincolante per le istituzioni dellUnione europea deve sussistere un duplice presupposto, oggettivo e funzionale: 1) oggetto dellinterpretazione del collegio arbitrale devono essere unicamente le disposizioni del suddetto accordo internazionale, senza estendersi a quelle del diritto europeo e ci lo si evince dallutilizzo da parte della Corte di Giustizia degli aggettivi sue e loro; 2) Tale interpretazione sar vincolante sempre che sia rispettata lautonomia dellUnione e del suo ordinamento giuridico. Alla luce di tali affermazioni, il principio espresso dalla Corte nella sentenza sembra, in astratto, estendibile alle clausole compromissorie contenute nei trattati internazionali di cui pure lUnione europea parte contraente. occorre, dunque, accertare se i principi posti dalla Corte di Giustizia possano applicarsi anche alle controversie intra-UE pendenti ai sensi dellart. 26 del Trattato sulla Carta dellenergia, verificando la sussistenza nei singoli casi concreti dei presupposti logico-giuridici posti a fondamento della sentenza in esame (22). (22) Sullapplicabilit del principio espresso nella sentenza Achmea alle controversie intra-UE, pendenti ai sensi dellart. 26 ECT, si vedano N. LAvRANoS, Black Tuesday: the end of intra-EU BiTs, in http://arbitrationblog.practicallaw.com/black-tuesday-the-end-of-intra-eu-bits: as regards intra-EU ECT disputes, it would seem that achmea applies, which means that European investors can no longer RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 necessario innanzitutto verificare se, al fine di risolvere la controversia arbitrale pendente ai sensi dellECT: 1) venga in rilievo linterpretazione o lapplicazione del diritto europeo; 2) in secondo luogo bisogner accertare se il collegio arbitrale sia o meno equiparabile a una giurisdizione interna di uno Stato membro; 3) infine, bisogner analizzare la definitivit del lodo arbitrale emesso ai sensi della Carta dellenergia. 6.1. il diritto applicabile dal Tribunale arbitrale nelle controversie intra-UE pendenti ai sensi della Carta dellEnergia. Come sopra ricordato, lart. 26.6 dellECT stabilisce che ogni Tribunale arbitrale istituito ai sensi della Carta dellenergia: decide sulle questioni oggetto di controversia in conformit del presente Trattato e delle norme e di principi applicabili del diritto internazionale. Il diritto applicabile dal collegio arbitrale comprende, dunque, tre fonti: il Trattato sulla Carta dellenergia, le norme di diritto internazionale e i principi di diritto internazionale. Queste ultime unicamente se applicabili alla controversia oggetto di arbitrato, occorrer dunque fare riferimento alle norme e ai principi di diritto internazionale in vigore nei rapporti fra le parti tra cui sorta la controversia che ha dato origine allarbitrato. Con riferimento allapplicabilit del diritto europeo nelle controversie arbitrali intra-UE si apre conseguentemente una triplice strada: linapplicabilit della normativa europea in quanto non qualificabile come norma o principio di diritto internazionale; lapplicabilit del diritto europeo poich facente parte del diritto internazionale ovvero lapplicabilit di talune norme europee in quanto disposizioni di applicazione necessaria, poich poste a tutela di interessi irrinunciabili dellordinamento europeo. Segue la prima via la recente decisione Novenergia v. Kingdom of Spain (23), nella quale il collegio sembra affermare che affinch un tribunale arbitrale possa (rectius: debba) interpretare e applicare alla controversia il diritto europeo non sia sufficiente limplicito richiamo al diritto internazionale contenuto nellart. 26.6 ECT, ma sia necessaria unespressa previsione in tal senso nel testo del trattato, attualmente inesistente (24), ovvero che il ricorrente abbia rely on the ECT in order to bring cases against member states; S. GSPR SzILGyI, The CJEU Strikes again in achmea. is this the end of investor-State arbitration under intra-EU BiTs?, in http://worldtradelaw. typepad.com/ielpblog/2018/03/guest-post-the-cjeu-strikes-again-in-achmea-is-this-the-end-of investor- state-arbitration-under-intr.html: the iSDS mechanism under the ECT, to the extent that it is used between EU member States and EU investors, is also incompatible with EU law e S. HINDELANG, The Limited immediate Effects of CJEUs achmea Judgement, in https://verfassungsblog.de/the-limited- immediate-effects-of-cjeus-achmea-judgement: [t]here seems to be no compelling reason why investment disputes between an investor from one member State and another member State based on the ECT should in result be treated differently from such addressed in the CJEUs achmea Judgement. (23) Novenergia v. Kingdom of Spain, SCC Case No. 063/2015, March 20, 2018. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE assunto non solo una violazione dellECT, ma anche una violazione del diritto euro unitario (25). Da tale decisione, dunque, se ne desumono due rilevanti conseguenze. Innanzitutto, il lodo sembra confermare che linterpretazione o lapplicazione del diritto europeo da parte del collegio arbitrale sia il presupposto affinch operi il principio dellincompatibilit della clausola compromissoria nelle controversie intra-UE. In secondo luogo, tuttavia, il collegio arbitrale sottolinea che non vi una relazione di automatismo tra la presenza nella controversia di due soggetti parte dellUnione e linterpretazione o applicazione del diritto euro unitario. In altre parole, non sufficiente che le parti della controversia appartengano allUnione europea per far s che il collegio interpreti o applichi (anche) il diritto europeo, ma deve alternativamente sussistere una delle seguenti condizioni: la modifica dellart. 26 ECT, affinch si inserisca un espresso riferimento allapplicazione del diritto europeo nella risoluzione delle controversie arbitrali ovvero unesplicita denuncia di violazione del diritto eurounitario da parte del ricorrente. Ebbene, a prescindere da una modifica del Trattato, difficilmente il ricorrente prospetter esplicitamente linosservanza del diritto europeo innanzi a un collegio arbitrale, poich in tal caso il collegio arbitrale dovrebbe necessariamente affermare il proprio difetto di giurisdizione. In definitiva, la sentenza achmea, nella lettura datane in Novenergia v. Kingdom of Spain, sembra essere una decisione di compromesso tra lautonomia dei collegi arbitrali e il monopolio della Corte di Giustizia nellinterpretazione del diritto europeo. Il collegio arbitrale sar, infatti, libero di risolvere le controversie nascenti tra Stati membri dellUnione europea, ai sensi dellart. 26 ECT, fintantoch non venga in rilievo, nelle modalit descritte, linterpretazione o lapplicazione del diritto euro unitario, nel qual caso dovr rilevare il difetto di giurisdizione. Nellattesa della pubblicazione della decisione del collegio arbitrale sulleccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Germania in riferimento alla causa pendente contro la compagnia energetica sve (24) Si veda in tal senso, Novenergia v. Kingdom of Spain, cit. par. 459: The Tribunal considers that the respondent's argument relating to article 26(6) of the ECT to be correct would require an explicit inclusion in the text of the ECT of a clear exception as purported by respondent. However, no such exception was introduced and the Tribunal concludes that the text of the treaty does not support such an interpretation and is further unconvinced that such an exception was intended to be included by the drafters of the ECT. (25) Si veda in tal senso, Novenergia v. Kingdom of Spain, cit. par. 460: The Tribunal must note that the Claimant has not submitted any of its claims based on EU law. instead, it is clear that the claims in this arbitration are all submitted solely on the basis of the provisions contained in the ECT. The facts invoked by the Claimant in support of its claims further substantiate this conclusion. it is equally clear that the Claimant is not relying on or challenging any measures adopted or directed by the EU or any of its organs. rather, it is clear to the Tribunal that the Claimant is exclusively relying on the adoption of measures that were of the respondent's own volition. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 dese vattenfall, al fine di verificare condivisione o meno di tale orientamento da parte dei tribunali arbitrali. Di contrario avviso sembrano essere parte della dottrina (26) e alcuni collegi arbitrali, i quali non hanno mai dubitato della natura peculiare e ambivalente del diritto euro unitario. Esemplificativamente, in Electrabel v. Hungary (27) e in Blusun S.a., Jean-Pierre Lecorcier and michael Stein v. italian republic (28), il collegio evidenzia la duplice natura del diritto dellUnione, quale diritto parte sia dellordinamento internazionale che del diritto nazionale di ogni Stato membro. Ancora, lAvvocato generale Maduro, nellopinion espressa nel caso Kadi, descrive il diritto europeo come un ordre juridique interne dorigine internationale (29). Seguendo tale linea interpretativa, si potrebbe trarre la conseguenza che qualora uno Stato membro sia coinvolto in una controversia arbitrale con un investitore di un altro Stato membro, in materia di tutela degli investimenti esteri, venga sempre in rilievo linterpretazione e lapplicazione del diritto dellUnione europea, in quanto parte del diritto internazionale. (26) Cfr. fra gli altri, T. HARTLEy, in international Law and the Law of the European Union - a reassessment, British yearbook of International Law, 72, 2001, pp. 1-35 e M. BURGSTALLER, European Law and investment Treaties, 26 Journal of International Arbitration, 2009, p. 191: The fact that the EC Treaty differs from ordinary international agreements is no warrant for presuming that the law it establishes is not part of, and governed by international law Consequently, EC law is best viewed as a subsystem of public international law, though a highly developed international legal order with particular features, in particular the primacy of EC Law over national law and direct effect of EC law. (27) 4.120. (ii) EU law is based on international treaties: EU law is international law because it is rooted in international treaties; and both Parties accepted, of course, that the EU Treaties are legal instruments under public international law. EU law flows from the Treaty of rome, as amended many times, creating the European Union, as was submitted by the respondent: () 4.122. (iii) The Whole of EU Law as an international Legal order: moreover, the Tribunal considers that EU law as a whole is part of the international legal order; and it does not draw a material distinction, as proposed by the Claimant, between the EU Treaties (which the Claimant acknowledges as international law) and the droit driv (which the Claimant does not acknowledge as international law). in the Tribunals view, all EU legal rules are part of a regional system of international law and therefore have an international legal character. This was stated clearly by the ECJ many years ago, in the famous case Van Gend en Loos: () 4.124. (iv) EU law as National Law: in the Tribunals view, the fact that EU law is also applied within the national legal order of an EU member State does not deprive it of its international legal nature. EU law remains international law; EU law is not limited to a treaty but includes a body of law flowing from the EU Treaties. Legal rules created under the Treaties can apply directly within the different national legal orders, without any further procedural step taken by EU member States. (ICSID Case No. ARB/07/19, Electrabel v. Hungary, Decision on Jurisdiction, Applicable Law and Liability, Nov. 30, 2012, RLA-4). (28) 278. The Parties in effect agree that the applicable law in determining this issue is international law, and specifically the relevant provisions of the VCLT. The Tribunal agrees, but would observe that this does not exclude any relevant rule of EU law, which would fall to be applied either as part of international law or as part of the law of italy. (ICSID Case No ARB/14/3, Blusun S.a., Jean- Pierre Lecorcier and michael Stein v. italian republic, Final Award, 27 December 2016, RLA-1). (29) opinion of the Advocate General Maduro in Case C-402/05, paragraph 21, [2008] ECR I6351. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE In una posizione intermedia si colloca la teoria delle norme europee di applicazione necessaria (30). Secondo tale orientamento vi sarebbe per gli arbitri il dovere di interpretare e applicare alle controversie intra-UE le norme europee di applicazione necessaria, ossia un nucleo di norme, contenute nel diritto europeo primario e derivato, poste a tutela di interessi irrinunciabili dellordinamento giuridico europeo. La Corte di Giustizia ha enunciato tale principio nella nota sentenza ingmar (31), dichiarando limperativit internazionale delle disposizioni contenute nella Direttiva CEE 653/86 sugli agenti commerciali. In tale decisione, la Corte ha, infatti, sottolineato che il regime istituito dalla Direttiva mira a tutelare, tramite la categoria degli agenti commerciali, la libert di stabilimento e una concorrenza non falsata nellambito del mercato interno. Losservanza di dette disposizioni nel territorio della Comunit appare, pertanto, necessario per la realizzazione di tali obiettivi del Trattato (32). Conseguentemente, risulta essenziale per lordinamento giuridico comunitario che un preponente stabilito in un paese terzo, il cui agente commerciale esercita la propria attivit allinterno della Comunit, non possa eludere queste disposizioni con il semplice espediente di una clausola sulla legge applicabile (33). La giurisprudenza della Corte, oltre ad essere oggetto di talune critiche per unindebita interferenza nei tradizionali meccanismi internazionali privatistici di risoluzione delle controversie (34), istaura un clima di incertezza, poich pone la difficolt di individuare con precisione quali siano le norme europee di applicazione necessaria, dato che non esistono disposizioni codificate che indichino agli arbitri a quali norme di applicazione necessaria dare efficacia. In conclusione, sullapplicabilit del diritto europeo alle controversie arbitrali tra soggetti parte dellUnione europea, istaurate ai sensi dellart. 26.6 ECT, si scontrano le opinioni di chi, dando rilievo allautonomia delle parti, esclude unautomatica applicazione delle norme o dei principi europei, con quelle di chi, identificando il diritto europeo con il diritto internazionale, ritiene che lordinamento giuridico europeo sia sempre applicabile in virt del richiamo che lart. 26.6 ECT fa al diritto internazionale. Infine, vi chi reputa a tali controversie applicabili unicamente talune norme del diritto europeo, (30) Cfr. P. BERToLI, Diritto europeo dellarbitrato internazionale, Giuffr, 2015, pp. 50 ss. (31) Sentenza 9 novembre 2000, in causa C-381/98, ingmar GB Ltd c. Eaton Leonard Technologies inc. (32) Par. 24 della motivazione. (33) Par. 24 della motivazione. (34) H.L.E. vERAGHEN, The Tension Between Party autonomy and European Union Law: Some observations on ingmar GB Ltd V Eaton Leonard Technologies inc, in international & Comparative Law Quarterly, vol. 51, 2002, pp. 135-154; W.H. RoTH, Case C-381/98, ingmar GB Ltd v. Eaton Leonard Technologies inc. judgment of the Court (Fifth Chamber) of 9 November 2000, in Common market Law review, 2002, pp. 369-383. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 non tanto facendo leva sul carattere internazionale delle stesse, bens valorizzandone la natura di norme europee di applicazione necessaria. 6.2. Lequiparabilit del Tribunale istituito ai sensi dellart. 26.4 ECT a una giurisdizione interna a uno Stato membro. Lart. 267 TFUE restringe la legittimazione ad adire la Corte di Giustizia in via pregiudiziale agli organi giurisdizionali di uno degli Stati membri. La nozione di giurisdizione nazionale autonoma, essendo irrilevante la qualificazione dellorgano da parte del diritto interno. La Corte di Giustizia ha pi volte chiarito che, al fine di attribuire ad un organo natura giurisdizionale, rilevano un insieme di elementi quali lorigine legale dellorgano, il suo carattere permanente, lobbligatoriet della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che lorgano applichi norme giuridiche e che sia indipendente (35). Dalla giurisprudenza della Corte sembra emergere una concezione di giurisdizione statale che richiede, quale presupposto essenziale, la riconducibilit dellorgano remittente allordinamento costituzionale dello Stato membro. Da un lato, infatti, la Corte riconosce tale natura a taluni tribunali internazionali, quale la Corte del Benelux (36), sulla base del fatto che siano qualificabili come giurisdizioni comuni a vari Stati membri, dallaltro nega la legittimazione dei tribunali arbitrali a sollevarle questioni pregiudiziali, difettando del requisito dellobbligatoriet della giurisdizione. Secondo la Corte, infatti per le parti contraenti non vi alcun obbligo, n di diritto n di fatto, di affidare la soluzione delle proprie liti a un arbitrato e le autorit pubbliche dello Stato membro interessato non sono implicate nella scelta della via dellarbitrato n sono chiamate a intervenire dufficio nello svolgimento del procedimento dinnanzi allarbitro (37). Cos, la Corte ha potuto conoscere delle controversie innanzi ai tribunali arbitrali solo indirettamente, grazie ai rinvii pregiudiziali sollevati dai giudici innanzi ai quali pende unimpugnazione contro un lodo (38). Tale orientamento restrittivo della Corte sulla nozione di giurisdizione (35) v. le sentenze 31 gennaio 2013, in causa C-394/11, Belov, par. 38; 4 giugno 2011, miles e a., in causa C-196/09, par. 37; 31 maggio 2005, in causa C-53/03, Syfait; 30 maggio 2002, in causa C516/ 99, Schmid; 15 gennaio 2002, in causa C-182/00, Lutz; 19 novembre 2001, in causa C-17/00, De Coster; 21 marzo 2000, in cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa; 17 settembre 1997, in causa C-54/96, Dorsch Consult; 19 ottobre 1995, in causa C-111/94, Job Centre i. (36) La Corte del Benelux stata istituita dagli Stati membri del Benelux tramite un trattato e ha la competenza ad interpretare in via pregiudiziale le questioni attinenti allapplicazione della legge uniforme del Benelux sui marchi di impresa: sentenza 4 novembre 1997, in causa C-337/95, Parfums Christian Dior. (37) Sentenze 13 febbraio 2014, in causa C-555/13, merck Canada inc., par. 17; 27 gennaio 2005, in causa C-125/04, Denuit e Cordenier; 23 marzo 1982, in causa 102/81, Nordsee. (38) Sentenza 6 marzo 2018, in causa C.284/16, repubblica Slovacca c. achmea BV; 1 giugno 1999, in causa C-126/97, Eco Swiss c. Benetton; 27 aprile 1994, in causa C-393/92, almelo. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE statale, pur trovando ragione nel fatto che lo Stato membro a essere responsabile per la violazione del dovere di investire la Corte a titolo pregiudiziale, stata oggetto di critiche. stato, infatti, osservato che il meccanismo del rinvio pregiudiziale risponde allesigenza di evitare che si stabilizzi un giudicato in contrasto con il diritto europeo. Ebbene, una tale necessit si avvera non solo con riferimento alle decisioni rese dagli organi giurisdizionali, ma anche avendo riguardo ai lodi arbitrali, che ne condividono gli effetti di accertamento ed esecutivi, nonch la capacit di circolazione (39). Pertanto, secondo alcuni, privare gli arbitri della funzione di nomofilachia assicurata dalla Corte tramite lart. 267 TFUE vorrebbe dire interpretare tale norma in contraddizione con il suo obiettivo ultimo (40). Il mancato adempimento dellobbligo di rinvio, da parte degli arbitri, non avrebbe, tuttavia, una sanzione. 6.3. La definitivit del lodo arbitrale. Lart. 26.8 ECT stabilisce che il lodo arbitrale inappellabile e vincolante per le Parti della controversia. Ciascuna Parte contraente provvede senza indugio alla sua esecuzione e adotta disposizioni per rendere esecutorio detto lodo arbitrale nella propria area. Pur essendo previsto un controllo giurisdizionale, il lodo arbitrale , dunque, definitivo e vincolante per le parti. La possibilit di impugnazione della decisione arbitrale , infatti, limitata sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. Per quanto riguarda laspetto soggettivo, la parte soccombente pu impugnare il lodo arbitrale unicamente davanti allautorit competente del luogo ove tale decisione stata resa che, generalmente, coincide con la sede dellarbitrato (41). Con riferimento al profilo oggettivo, occorre osservare che lordinamento cos individuato a stabilire i motivi per i quali la parte soccombente pu svolgere il ricorso. A tal riguardo, al fine di assicurare luniformit delle legislazioni in materia di impugnazione delle decisioni arbitrali, la Convenzione di Ginevra del 1961, allart. IX, ha elencato tassativamente i motivi di annullamento del lodo arbitrale (42). Tali motivi corrispondono sostanzialmente a quelli previsti dallart. 5 della Convenzione di New york e sono: incapacit delle parti di stipulare laccordo arbitrale; invalidit dellaccordo arbitrale ai sensi della legge indicata dalle parti quale legge applicabile o, in mancanza, di quella del luogo ove la (39) Cfr. P. BERToLI, op. cit., pp. 83 ss. (40) Cfr. M. v. BENEDETTELLI, ordinamento comunitario e arbitrato commerciale internazionale: favor, ostilit o indifferenza?, in N. BoSCHIERo, P. BERToLI (a cura di), Verso un ordine comunitario del processo civile. Pluralit di modelli e tecniche processuali nello spazio europeo di giustizia, Napoli (Ed. scientifica), 2008, pp. 111-129. (41) Cfr. P. BERNARDINI, op. cit., pp. 241 ss. (42) Cfr. G.F. BoRIo, Larbitrato commerciale internazionale -Genesi e svolgimento dellarbitrato in italia. Larbitrato fra imprese di stati diversi. La decisione degli arbitri, la sua circolazione in italia e allestero e la sua impugnazione. Le istituzioni arbitrali permanenti, Giuffr, 2003, pp. 99 ss. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 decisione stata resa; violazione del principio del giusto processo; eccesso di competenza da parte degli arbitri ovvero irregolarit nella nomina del collegio arbitrale o nella procedura; sospensione o annullamento del lodo arbitrale. Secondo quanto disposto dal secondo comma dello stesso articolo, poi: il riconoscimento e lesecuzione di una sentenza arbitrale possono altres essere rifiutati se lautorit competente del Paese in cui il riconoscimento e lesecuzione sono richiesti constata: a) che, secondo la legge di tale Paese, loggetto della controversia non suscettibile di essere risolto mediante arbitrato; o b) che il riconoscimento o lesecuzione della sentenza sarebbe contrario allordine pubblico del Paese stesso. Lordine pubblico , peraltro, da interpretarsi restrittivamente, come affermato dalla Corte di Giustizia, lordine pubblico costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali della convenzione, che mira a facilitare, per quanto possibile, la libera circolazione delle sentenze prevedendo un procedimento di exequatur semplice e rapido. Tale disposizione derogatoria deve essere pertanto interpretata restrittivamente (43) e, dunque, il ricorso alla clausola relativa allordine pubblico pu avvenire soltanto in casi eccezionali (44). In definitiva, possono, con riferimento alla stabilit della decisione arbitrale resa nelle controversie intra-UE pendenti ai sensi della Carta dellEnergia, ritenersi estensibili le conclusioni svolte dalla Corte di Giustizia nella sentenza achmea (45), rappresentando le ipotesi di impugnazione della decisione arbitrale delle eccezioni al generale principio di riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri, volte a precludere un riesame della controversia nel merito. 7. Conclusioni. I principi posti dalla Corte di Giustizia nella causa C-284/16 achmea devono essere applicati anche alle controversie intra-UE pendenti ai sensi dellart. 26 ECT, verificandosi la sussistenza dei tre presupposti logico-giuridici posti a fondamento della sentenza: la controversia sottoposta allesame del collegio arbitrale concerne linterpretazione o lapplicazione dei trattati europei; il collegio arbitrale non pu essere assimilato a una giurisdizione di uno degli Stati membri ai sensi dellarticolo 267 TFUE e, infine, il lodo arbitrale, emesso ai sensi della Carta dellenergia, definitivo. Quanto al primo presupposto, si evidenziato come al fine di risolvere una controversia arbitrale intra-UE pendente ai sensi dellart. 26 ECT, il col (43) Sentenza 2 giugno 1994, in causa C-414/92, Solo Kleinmotoren GmbH c. Emilio Boch, par. 20. (44) v. sentenze 6 settembre 2012, in causa C-619/10, Trade agency Ltd, par. 48; 15 novembre 2012, in causa C-456/11, Gothaer, par. 30; 28 aprile 2009, in causa C-420/07, apostolides, par. 55. (45) Per le quali si veda supra par. 5.3. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE legio arbitrale dovr interpretare o applicare il diritto europeo, ai sensi dellart. 26 (6) ECT, o nella sua interezza, in quanto parte del diritto internazionale, ovvero in relazione a talune disposizioni, in quanto norme di applicazione necessaria, poich poste a tutela di interessi irrinunciabili dellordinamento europeo. Con riguardo allassimilabilit del collegio arbitrale a una giurisdizione di uno degli Stati membri, ai sensi dellarticolo 267 TFUE, si osservato che la Corte di Giustizia ha pi volte affermato una concezione restrittiva di giurisdizione nazionale, negando la legittimazione dei tribunali arbitrali a sottoporle questioni pregiudiziali, in quanto privi del requisito dellobbligatoriet della giurisdizione. Lart. 26.8 ECT qualifica, infine, la decisione arbitrale come inappellabile e vincolante per le Parti della controversia, limitandone la possibilit di impugnazione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. In definitiva, escludere che possa essere attribuito a un collegio arbitrale il potere di risolvere le controversie tra soggetti parte dellUnione risponde allesigenza di salvaguardare il principio di autonomia del diritto UE. autonomia, invero, come osservato dalla Corte di Giustizia, significa ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, scaturito da una fonte autonoma che, in ragione della sua specifica natura, non pu trovare un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario e senza che ne risulti scosso il fondamento giuridico della stessa Comunit (46). Naturale corollario del principio di autonomia, , sotto il profilo giurisdizionale, il monopolio detenuto dalla Corte di giustizia nellinterpretazione e nellapplicazione del diritto comunitario che parte del diritto internazionale, conformemente agli articoli 19, par. 1 TUE e 344 TFUE. La Corte aveva, invero, gi chiarito in numerose sentenze (47) e pareri (48) che organi giurisdizionali internazionali, esterni allordinamento comunitario, non possono dare interpretazioni vincolanti di detto ordinamento. Costituisce, dunque, una trasgressione il semplice fatto che nellordinamento giuridico interno sia conservata una disposizione che rimetta a un collegio arbitrale la risoluzione di controversie nascenti tra soggetti parte dellUE, a prescindere dalla sua applicazione (46) Corte di giustizia, 5 febbraio 1963, causa 26-62, Van Gend & Loos c. Paesi Bassi, EU:C:1963:1, punto B, 12. (47) Si veda, tra le altre, Corte di giustizia, 30 maggio 2006, causa C-459/03, Commissione c. irlanda, EU:C:2006:34, punto 123. (48) Cfr. parere 1/75 della Corte di giustizia (parere 1/75 dell'11 novembre 1975, EU:C:1975:145); parere 1/78 della Corte di giustizia (parere 1/78 del 4 ottobre 1979, EU:C:1979:224); parere 1/91 della Corte di giustizia (parere 1/91 del 14 dicembre 1991, EU:C:1991:490); parere 2/92 della Corte di giustizia del 24 marzo 1995, raccolta, pp. I-1521 ss.; parere 1/94 della Corte di giustizia (parere 1/94 del 15 novembre 1994, EU:C:1994:384); parere 1/00 della Corte di giustizia (parere 1/00 del 18 aprile 2002, EU:C:2002:231); parere 1/09 della Corte di giustizia (parere 1/09 dell'8 marzo 2011, EU:C:2011/123); parere 2/13 della Corte di giustizia (parere 2/13 del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454). RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 pratica (49). La Commissione europea ha recentemente ribadito tale conclusione con riferimento allInternational Charter Treaty (50), affermando che: it is declared that, due to the nature of the EU internal legal order, the text in Title ii, Heading 4, of the international Energy Charter on dispute settlement mechanisms cannot be construed so as to mean that any such mechanisms would be- come applicable in relations between the European Union and its member States, or between the said member States, on the basis of that text (51). Ne dovrebbe conseguire, un obbligo per gli Stati membri dellUnione non solo di porre fine ai trattati bilaterali di investimento tra paesi membri, ma anche di far cessare lapplicazione dellEnergy Charter Treaty nelle controversie intra-UE. Invero, alla luce dellart. 351 TFUE, gli Stati membri sono obbligati a ricorrere a ogni mezzo necessario al fine di eliminare le incompatibilit esistenti tra i Trattati europei e le convenzioni internazionali dagli stessi concluse e, ove occorra, devono fornirsi reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta. Tali considerazioni sono suffragate dallesistenza nel diritto europeo di un complesso di norme a tutela degli investimenti realizzati da un investitore europeo nel territorio di uno Stato membro, quali i principi della libera circolazione dei capitali, della libert di impresa, tutelati anche nella Carta dei Diritti fondamentali dellUnione Europea e ci chiarisce perch gli Stati membri non hanno mai concluso fra loro trattati bilaterali di investimento. Tutti gli accordi di investimento tra Stati membri dellUnione esistenti, infatti, sono stati conclusi quando ancora uno degli Stati parte non era anche membro dellUnione. In conclusione, in conseguenza della sentenza achmea, gli Stati membri dellUE dovrebbero adottare una condotta comune nelle controversie arbitrali pendenti e porre fine allapplicazione dellECT nei loro rapporti, invitando, nei giudizi pendenti, i tribunali arbitrali a declinare la propria giurisdizione e predisponendo una comune presa datto della inapplicabilit delle clausole arbitrali nelle controversie intra EU promosse dagli investitori. (49) Commissione c. Francia, 167/73, par. 34. (50) LInternational Charter Treaty un update dellEnergy Charter Treaty. (51) Si dichiara che, data la natura dell'ordinamento giuridico interno all'UE, quanto disposto nel Titolo ii, Capo 4, della Carta internazionale dell'energia in merito ai meccanismi di risoluzione delle controversie, non pu essere interpretato in modo tale da rendere applicabile tali meccanismi alle controversie tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, o tra detti Stati membri, pendenti ai sensi del suddetto Trattato. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 47 Corte di Giustizia dellUnione Europea, Grande sezione, sentenza 6 marzo 2018 nella causa C-284/16 -Pres. K. Lenaerts, rel. A. Tizzano, avv. Gen. M. Wathelet - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichthof (Germania) il 23 maggio 2016 - Slowakische Republik/Achmea Bv. Rinvio pregiudiziale Trattato bilaterale dinvestimento concluso nel 1991 tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca e tuttora applicabile tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica slovacca Disposizione che consente a un investitore di una parte contraente di adire un collegio arbitrale in caso di controversia con laltra parte contraente Compatibilit con gli articoli 18, 267 e 344 TFUE Nozione di giurisdizione Autonomia del diritto dellUnione 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale concerne linterpretazione degli articoli 18, 267 e 344 TFUE. 2 Tale domanda stata presentata nellambito di una controversia tra la Slowakische Republik (Repubblica slovacca) e la Achmea Bv in merito a un lodo arbitrale del 7 dicembre 2012 pronunciato dal collegio arbitrale previsto dallaccordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca (in prosieguo: il TBI). Contesto normativo Il TBI 3 Il TBI, concluso nel 1991, entrato in vigore il 1o gennaio 1992. Ai sensi dellarticolo 3, paragrafo 1, dello stesso, le parti contraenti si sono impegnate a garantire un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori della controparte e a non impedire, con misure irragionevoli o discriminatorie, il funzionamento, la gestione, lutilizzo, il godimento o la cessione di tali investimenti. Ai sensi dellarticolo 4 del TBI, ciascuna parte contraente garantisce la libert di trasferimento dei pagamenti relativi a un investimento, compresi gli utili, gli interessi e i dividendi, in valuta liberamente convertibile senza restrizioni o ritardi ingiustificati. 4 Larticolo 8 del medesimo accordo prevede quanto segue: 1) Qualsiasi controversia tra una parte contraente e un investitore della controparte relativa a un investimento di questultimo definita, per quanto possibile, in via amichevole. 2) ogni parte contraente accetta, con il presente atto, che una controversia ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo sia sottoposta a un collegio arbitrale qualora non sia stata definita in via amichevole entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data in cui una delle parti della controversia ne ha richiesto la composizione amichevole. 3) Il collegio arbitrale di cui al paragrafo 2 del presente articolo costituito, per ogni singolo caso, nel seguente modo: ogni parte della controversia designa un arbitro e i due arbitri cos designati scelgono insieme un terzo arbitro, cittadino di uno Stato terzo, che svolger funzioni di presidente del collegio. ogni parte della controversia designa il proprio arbitro entro due mesi a decorrere dalla data in cui linvestitore ha notificato alla controparte la sua decisione di sottoporre la controversia a un collegio arbitrale, e il presidente designato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla medesima data. 4) Qualora le designazioni non siano avvenute nei termini suindicati, ogni parte della controversia pu invitare il presidente dellIstituto arbitrale della Camera di commercio di Stoccolma a procedere alle designazioni necessarie. Se il presidente cittadino di una parte contraente o se si trova nellimpossibilit di esercitare detta funzione per qualsiasi RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 altra ragione, viene invitato a procedere alle designazioni necessarie il vicepresidente. Se il vicepresidente cittadino di una parte contraente o si trova anchegli nellimpossibilit di esercitare detta funzione, invitato a procedere alle designazioni necessarie il membro pi anziano dellIstituto arbitrale che non abbia la cittadinanza di una parte contraente. 5) Il collegio arbitrale stabilisce il proprio regolamento interno in conformit del regolamento arbitrale della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL). 6) Il collegio arbitrale decide secondo diritto, tenendo conto in particolare, ma non in via esclusiva: del diritto vigente della parte contraente interessata; delle disposizioni del presente accordo e di qualsiasi altro accordo pertinente tra le parti contraenti; delle disposizioni di accordi speciali relativi allinvestimento; dei principi generali del diritto internazionale. 7) Il collegio delibera a maggioranza dei voti; la sua decisione definitiva e obbligatoria per le parti della controversia. Diritto tedesco 5 Ai sensi dellarticolo 1059, paragrafo 2, della zivilprozessordnung (codice di procedura civile), un lodo arbitrale pu essere annullato solo se accertato uno dei motivi di annullamento previsti da tale disposizione, tra i quali figurano la nullit dellaccordo arbitrale in virt della legge alla quale le parti lhanno subordinata e la contrariet allordine pubblico del riconoscimento o dellesecuzione del lodo arbitrale. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 6 Il 1o gennaio 1993, la Repubblica slovacca succeduta, in qualit di avente causa della Repubblica federale ceca e slovacca, nei diritti e negli obblighi di questultima ai sensi del TBI e, il 1o maggio 2004, essa ha aderito allUnione europea. 7 Nel quadro di una riforma del suo sistema sanitario, nel corso del 2004, la Repubblica slovacca ha aperto il mercato slovacco a operatori nazionali e ad operatori di altri Stati che offrivano servizi di assicurazione sanitaria privata. La Achmea, unimpresa appartenente ad un gruppo di assicurazioni olandese, dopo aver ottenuto lautorizzazione in qualit di organismo di assicurazione sanitaria, ha stabilito una filiale in Slovacchia, alla quale ha apportato capitali e per il cui tramite offriva prestazioni di assicurazione sanitaria privata sul mercato slovacco. 8 Nel corso del 2006, la Repubblica slovacca ha revocato parzialmente la liberalizzazione del mercato delle assicurazioni sanitarie private. In particolare, con legge del 25 ottobre 2007, ha vietato la distribuzione degli utili generati dalle attivit di assicurazione sanitaria privata. Successivamente, poich lstavn. sd Slovenskej republiky (Corte costituzionale della Repubblica slovacca), con sentenza del 26 gennaio 2011, ha dichiarato che il divieto violava la costituzione slovacca, la Repubblica slovacca ha, con una legge entrata in vigore il 1o agosto 2011, nuovamente autorizzato la distribuzione degli utili di cui trattasi. 9 Ritenendo che le misure legislative della Repubblica slovacca le avessero arrecato pregiudizio, la Achmea ha, sin dal mese di ottobre 2008, avviato contro tale Stato membro un procedimento arbitrale ai sensi dellarticolo 8 del TBI. 10 Poich stata scelta come sede dellarbitrato Francoforte sul Meno (Germania), il diritto tedesco applicabile al procedimento arbitrale di cui trattasi. 11 Nellambito di tale procedimento arbitrale la Repubblica slovacca ha sollevato unecce CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 49 zione dincompetenza del collegio arbitrale. A tale proposito, essa ha sostenuto che, in ragione della sua adesione allUnione, il ricorso a un collegio arbitrale previsto allarticolo 8, paragrafo 2, del TBI era incompatibile con il diritto dellUnione. Con lodo arbitrale interlocutorio del 26 ottobre 2010, il collegio arbitrale ha respinto tale eccezione. Le domande di annullamento di tale lodo proposte dalla Repubblica slovacca dinanzi ai giudici tedeschi di primo grado e dappello non sono state accolte. 12 Con lodo arbitrale del 7 dicembre 2012, il collegio arbitrale ha condannato la Repubblica slovacca a pagare alla Achmea un risarcimento danni per un importo principale di EUR 22,1 milioni. La Repubblica slovacca ha proposto un ricorso di annullamento di tale lodo arbitrale dinanzi alloberlandesgericht Frankfurt am Main (Tribunale superiore del Land, Francoforte sul Meno, Germania). Poich detto giudice ha deciso di respingere il ricorso, la Repubblica slovacca ha proposto unimpugnazione avverso tale decisione dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania). 13 Il giudice del rinvio ricorda che, dalladesione della Repubblica slovacca allUnione, il 1o maggio 2004, il TBI costituisce un accordo tra gli Stati membri, con la conseguenza che, in caso di conflitto, le disposizioni del diritto dellUnione prevalgono, nei settori che disciplinano, sulle disposizioni del TBI. 14 A tale proposito, la Repubblica slovacca ha espresso dubbi in merito alla compatibilit della clausola compromissoria contenuta allarticolo 8 del TBI con gli articoli 18, 267 e 344 TFUE. Anche se il giudice del rinvio non condivide tali dubbi, esso ha tuttavia considerato che, poich la Corte non si ancora pronunciata su tali questioni, che rivestono una notevole importanza a causa dei numerosi trattati bilaterali di investimento ancora in vigore tra gli Stati membri che prevedono una clausola compromissoria analoga, era necessario proporre alla Corte il presente rinvio al fine di dirimere la controversia di cui investito. 15 In primo luogo, il giudice del rinvio dubita dellapplicabilit stessa dellarticolo 344 TFUE. Innanzitutto, risulterebbe dalloggetto e dalla finalit di tale disposizione che, sebbene il suo tenore letterale non lo faccia emergere chiaramente, questultima non riguarda le controversie tra un privato e uno Stato membro. 16 Inoltre, larticolo 344 TFUE riguarderebbe unicamente le controversie relative allinterpretazione e allapplicazione dei Trattati. orbene, ci non avverrebbe nella controversia di cui al procedimento principale, dal momento che il lodo arbitrale del 7 dicembre 2012 stato adottato sulla base del solo TBI. 17 Infine, larticolo 344 TFUE avrebbe lo scopo di garantire lordine delle competenze stabilito dai Trattati e, di conseguenza, lautonomia del sistema giuridico dellUnione, di cui la Corte garantisce il rispetto e sarebbe, al tempo stesso, una specifica espressione del dovere di lealt degli Stati membri nei confronti della Corte, ai sensi dellarticolo 4, paragrafo 3, TUE. Tuttavia, non se ne potrebbe dedurre che larticolo 344 TFUE tutela la competenza della Corte per quanto riguarda tutte le controversie in cui il diritto del- lUnione pu essere applicato o interpretato. In realt, questa disposizione tutelerebbe la competenza esclusiva della Corte, solo nella misura in cui gli Stati membri sono tenuti a ricorrere ai procedimenti dinanzi ad essa previsti dai Trattati. orbene, una controversia come quella di cui al procedimento principale non potrebbe essere risolta nellambito di un procedimento che si svolge dinanzi ai giudici dellUnione. Infatti, i Trattati non prevedrebbero alcun procedimento giurisdizionale che consente a un investitore, come la Achmea, di far valere, dinanzi ai giudici dellUnione, il diritto al risarcimento nei con RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 fronti di uno Stato membro a lui conferito da un trattato bilaterale di investimento come il TBI. 18 In secondo luogo, il giudice del rinvio si chiede se larticolo 267 TFUE osti ad una clausola compromissoria come quella di cui al procedimento principale. 19 A tale riguardo, esso sottolinea, innanzi tutto, che, di per s, il procedimento arbitrale non idoneo a garantire luniformit di applicazione del diritto dellUnione che larticolo 267 TFUE mira a garantire. Infatti, anche se, ai sensi dellarticolo 8, paragrafo 6, del TBI, il collegio arbitrale deve rispettare il diritto dellUnione e, in caso di conflitto di norme, applicarlo in via prioritaria, esso non avrebbe tuttavia la possibilit di adire la Corte in via pregiudiziale, in quanto non potrebbe essere considerato una giurisdizione ai sensi dellarticolo 267 TFUE. 20 Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che lunit dinterpretazione del diritto dellUnione possa cionondimeno essere considerata garantita nella specie in quanto, prima dellesecuzione del lodo arbitrale, un organo giurisdizionale statale pu essere indotto a verificare la compatibilit del lodo arbitrale con il diritto dellUnione e pu, ove necessario, adire la Corte in via pregiudiziale. Inoltre, ai sensi dellarticolo 1059, paragrafo 2, punto 2, lettera b), del codice di procedura civile, la contrariet allordine pubblico del riconoscimento o dellesecuzione di un lodo arbitrale farebbe parte dei motivi di annullamento dello stesso. Analogamente a quanto la Corte avrebbe dichiarato a proposito di lodi arbitrali che risolvono controversie tra privati, il potere di controllo dei giudici nazionali su un lodo arbitrale riguardante una controversia tra un privato e uno Stato membro potrebbe validamente essere limitato alle sole violazioni di disposizioni fondamentali del diritto dellUnione. Tale circostanza non dovrebbe avere per effetto che una clausola compromissoria, come quella di cui al procedimento principale, sia contraria allarticolo 267 TFUE. 21 Il giudice del rinvio aggiunge, infine, che la Corte ha gi dichiarato che un accordo internazionale, che prevede listituzione, al di fuori del quadro istituzionale e giurisdizionale dellUnione, di un giudice speciale responsabile dellinterpretazione e dellapplicazione delle disposizioni di detto accordo, compatibile con il diritto dellUnione purch non sia pregiudicata lautonomia dellordinamento giuridico dellUnione. La Corte non avrebbe espresso riserve in merito alla creazione di un sistema giurisdizionale volto, in sostanza, alla soluzione delle controversie vertenti sullinterpretazione o sullapplicazione delle disposizioni stesse dellaccordo internazionale in questione e che non pregiudicava le competenze dei giudici degli Stati membri in materia dinterpretazione e applicazione del diritto dellUnione, n la facolt, o addirittura lobbligo, per questi ultimi di adire la Corte in via pregiudiziale. orbene, il collegio arbitrale di cui al procedimento principale sarebbe proprio chiamato a statuire sulla violazione delle disposizioni del TBI, che dovrebbe interpretare alla luce del diritto dellUnione e, segnatamente, delle disposizioni che disciplinano la libera circolazione dei capitali. 22 In terzo luogo, il giudice del rinvio constata che, contrariamente agli investitori olandesi e slovacchi, gli investitori di Stati membri diversi dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Repubblica slovacca non hanno la possibilit di adire un collegio arbitrale al posto di un giudice statale, il che costituisce uno svantaggio considerevole idoneo ad integrare una discriminazione contraria allarticolo 18 TFUE. Tuttavia, la limitazione, mediante un accordo bilaterale allinterno dellUnione, del godimento di un beneficio ai cittadini degli Stati membri contraenti sarebbe discriminatoria solo laddove i cittadini degli altri Stati CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 51 membri che non fruiscono di tale beneficio si trovino in una situazione oggettivamente comparabile. orbene, cos non nella presente fattispecie, poich il fatto che i diritti e gli obblighi reciproci si applicano soltanto ai cittadini di uno dei due Stati membri contraenti sarebbe una conseguenza inerente alle convenzioni bilaterali concluse tra questi ultimi. 23 Alla luce delle considerazioni che precedono, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se larticolo 344 TFUE osti allapplicazione di una clausola di un accordo bilaterale in materia di investimenti concluso tra gli Stati membri dellUnione (che si convenuto di denominare un trattato bilaterale in materia dinvestimenti interno allUnione), in base alla quale un investitore di uno Stato contraente, in caso di controversie in materia di investimenti nellaltro Stato contraente, pu avviare nei confronti di questultimo un procedimento dinanzi a un collegio arbitrale, nel caso in cui laccordo in materia di investimenti sia stato concluso anteriormente alladesione dello Stato contraente allUnione, ma la procedura arbitrale debba essere avviata solo successivamente. In caso di risposta negativa alla prima questione: 2) Se larticolo 267 TFUE osti allapplicazione di una clausola di tale tipo. In caso di risposta negativa alla prima e seconda questione: 3) Se larticolo 18, primo comma, TFUE, nelle circostanze descritte nella prima questione, osti allapplicazione di una clausola di tal genere. (...) sulle questioni pregiudiziali Sulle questioni prima e seconda 31 Con le questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 267 e 344 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come larticolo 8 del TBI, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nellaltro Stato membro, pu avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si impegnato ad accettare. 32 Al fine di rispondere a tali questioni, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un accordo internazionale non pu pregiudicare lordinamento delle competenze stabilito dai Trattati e, quindi, lautonomia del sistema giuridico dellUnione, di cui la Corte garantisce il rispetto. Tale principio trova riconoscimento in particolare nellarticolo 344 TFUE, a norma del quale gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa allinterpretazione o allapplicazione dei Trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti da questi ultimi [parere 2/13 (Adesione del- lUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 201 e giurisprudenza ivi citata]. 33 Secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata della Corte, lautonomia del diritto dellUnione, alla luce tanto del diritto degli Stati membri quanto del diritto internazionale, si giustifica sulla base delle caratteristiche essenziali dellUnione e del diritto dellUnione, relative, in particolare, alla struttura costituzionale dellUnione nonch alla natura stessa di tale diritto. Il diritto dellUnione si caratterizza, infatti, per la circostanza di essere una fonte autonoma, costituita dai Trattati, per il suo primato sui diritti degli Stati membri nonch per lefficacia diretta di tutta una serie di disposizioni applicabili ai loro cittadini RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 e agli stessi Stati membri. Tali caratteristiche hanno dato luogo a una rete strutturata di principi, di norme e di rapporti giuridici mutualmente interdipendenti, che vincolano in modo reciproco gli Stati membri e lUnione, nonch gli Stati membri tra di loro [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dellUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti da 165 a 167 e giurisprudenza ivi citata]. 34 Il diritto dellUnione poggia, infatti, sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali lUnione si fonda, cos come precisato allarticolo 2 TUE. Tale premessa implica e giustifica lesistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto al riconoscimento di tali valori e, dunque, al rispetto del diritto dellUnione che li attua. proprio in tale contesto che spetta agli Stati membri, segnatamente, in virt del principio di leale cooperazione enunciato allarticolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, garantire, nei loro rispettivi territori, lapplicazione e il rispetto del diritto dellUnione e adottare, a tal fine, ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare lesecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dellUnione [parere 2/13 (Adesione dellUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti 168 e 173 e giurisprudenza ivi citata]. 35 Per garantire la preservazione delle caratteristiche specifiche e dellautonomia dellordinamento giuridico dellUnione, i Trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale destinato ad assicurare la coerenza e lunit nellinterpretazione del diritto dellUnione, [parere 2/13 (Adesione dellUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 174]. 36 In tale ambito, conformemente allarticolo 19 TUE, spetta ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dellUnione nellinsieme degli Stati membri, nonch la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti agli amministrati in forza del diritto dellUnione [v., in tal senso, parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 68, e 2/13 (Adesione dellUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 175, nonch sentenza del 27 febbraio 2018, Associao Sindical dos Juzes Portugueses, C.64/16, EU:C:2018:(), punto 33]. 37 In tale contesto, la chiave di volta del sistema giurisdizionale cos concepito costituita dal procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dallarticolo 267 TFUE, il quale, instaurando un dialogo da giudice a giudice proprio tra la Corte e i giudici degli Stati membri, mira ad assicurare lunit di interpretazione del diritto dellUnione, permettendo cos di garantire la coerenza, la piena efficacia e lautonomia di tale diritto nonch, in ultima istanza, il carattere peculiare dellordinamento istituito dai Trattati [parere 2/13 (Adesione dellUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 176 e giurisprudenza ivi citata]. 38 alla luce di dette considerazioni che occorre risolvere le questioni pregiudiziali prima e seconda. 39 A tal fine, occorre, in primo luogo, verificare se le controversie che chiamato a conoscere il collegio arbitrale di cui allarticolo 8 del TBI possono riguardare linterpretazione o lapplicazione del diritto dellUnione. 40 A tale proposito, anche supponendo, come sostiene in particolare la Achmea, che tale collegio, nonostante la formulazione molto ampia dellarticolo 8, paragrafo 1, del TBI, sia chiamato a pronunciarsi solo su uneventuale violazione di detto accordo, resta il fatto CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 53 che, a tale scopo, ai sensi dellarticolo 8, paragrafo 6, del TBI, esso deve tenere conto segnatamente del diritto della parte contraente interessata e di qualsiasi accordo pertinente tra le parti contraenti. 41 orbene, tenuto conto della natura e delle caratteristiche del diritto dellUnione menzionate al punto 33 della presente sentenza, tale diritto deve essere considerato al contempo come facente parte del diritto in vigore in ogni Stato membro e in quanto derivante da un accordo internazionale tra gli Stati membri. 42 Ne deriva che, per entrambe tali ragioni, il collegio arbitrale di cui allarticolo 8 del TBI , se del caso, chiamato ad interpretare o ad applicare il diritto dellUnione e, in particolare, le disposizioni concernenti le libert fondamentali, tra cui la libert di stabilimento e la libera circolazione dei capitali. 43 occorre, di conseguenza, verificare, in secondo luogo, se un collegio arbitrale come quello di cui allarticolo 8 del TBI rientri nel sistema giurisdizionale dellUnione e, in particolare, se esso possa essere considerato come una giurisdizione di uno degli Stati membri ai sensi dellarticolo 267 TFUE. Infatti, la circostanza che un collegio creato dagli Stati membri situato nel sistema giurisdizionale dellUnione implica che le sue pronunce sono soggette a procedure in grado di garantire la piena efficacia delle norme dellUnione [v., in tal senso, parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 82 e giurisprudenza ivi citata]. 44 A tale proposito, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 12 giugno 2014, Ascendi Beiras Litoral e Alta, Auto Estradas das Beiras Litoral e Alta, C.377/13, EU:C:2014:1754), la Corte ha dedotto il carattere di organo giurisdizionale di uno Stato membro del tribunale in questione, dalla circostanza che esso, nel suo complesso, era un elemento del sistema di risoluzione giurisdizionale delle controversie in materia fiscale previsto dalla Costituzione portoghese stessa (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Ascendi Beiras Litoral e Alta, Auto Estradas das Beiras Litoral e Alta, C.377/13, EU:C:2014:1754, punti 25 e 26). 45 orbene, nel procedimento principale, il collegio arbitrale non costituisce un elemento del sistema giurisdizionale stabilito nei Paesi Bassi e in Slovacchia. Daltronde, proprio il carattere derogatorio della giurisdizione di tale collegio, rispetto a quella dei giudici di questi due Stati membri, che costituisce una delle principali ragioni dessere dellarticolo 8 del TBI. 46 Tale caratteristica del collegio arbitrale di cui al procedimento principale comporta che esso non pu, in ogni caso, essere qualificato come giurisdizione di uno degli Stati membri , ai sensi dellarticolo 267 TFUE. 47 vero che la Corte ha deciso che non vi alcun motivo valido che possa giustificare che ad una giurisdizione comune a vari Stati membri, come quella della Corte di giustizia del Benelux, non sia consentito di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte alla stessa stregua degli organi giurisdizionali propri a ciascuno di tali Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 4 novembre 1997, Parfums Christian Dior, C.337/95, EU:C:1997:517, punto 21, e del 14 giugno 2011, Miles e a., C.196/09, EU:C:2011:388, punto 40). 48 Tuttavia, il collegio arbitrale di cui al procedimento principale, non costituisce una siffatta giurisdizione comune a vari Stati membri, paragonabile alla Corte di giustizia del Benelux. Infatti, mentre, da un lato, questultima incaricata di assicurare luniformit nellapplicazione delle norme giuridiche comuni ai tre Stati del Benelux e, dallaltro, il procedimento RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 instaurato dinanzi ad essa costituisce un incidente nellambito delle cause pendenti dinanzi ai giudici nazionali, in esito al quale viene fissata linterpretazione definitiva delle norme giuridiche comuni al Benelux, il collegio arbitrale di cui al procedimento principale non presenta un simile collegamento rispetto ai sistemi giurisdizionali degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2011, Miles e a., C.196/09, EU:C:2011:388, punto 41). 49 Ne consegue che un collegio come quello di cui allarticolo 8 del TBI non pu essere considerato come una giurisdizione di uno degli Stati membri, ai sensi dellarticolo 267 TFUE, e non , quindi, abilitato ad adire la Corte in via pregiudiziale. 50 In tali circostanze, occorre inoltre verificare, in terzo luogo, se la decisione arbitrale emessa da tale collegio, conformemente, in particolare, allarticolo 19 TUE, sia soggetta al controllo di un organo giurisdizionale di uno Stato membro che garantisce che le questioni di diritto dellUnione che tale collegio potrebbe essere indotto a trattare possano, eventualmente, essere esaminate dalla Corte nellambito di un rinvio pregiudiziale. 51 A tal fine, si deve rilevare che, ai sensi dellarticolo 8, paragrafo 7, del TBI, la decisione del collegio arbitrale previsto da tale articolo definitiva. Inoltre, in applicazione dellarticolo 8, paragrafo 5, del TBI, tale collegio arbitrale stabilisce le proprie norme di procedura in conformit con il regolamento darbitrato dellUNCITRAL e, in particolare, decide egli stesso la propria sede e, di conseguenza, il diritto applicabile al procedimento che disciplina il controllo giurisdizionale della validit della decisione che pone fine alla controversia dinanzi ad esso pendente. 52 Nella specie, il collegio arbitrale adito dalla Achmea ha scelto come sede Francoforte sul Meno, il che ha reso il diritto tedesco applicabile al procedimento che disciplina il controllo giurisdizionale della validit del lodo arbitrale pronunciato da tale collegio il 7 dicembre 2012. , infatti, tale scelta, che ha consentito alla Repubblica slovacca, quale parte della controversia, di chiedere, in base a tale diritto, un controllo giurisdizionale di tale lodo arbitrale, investendo, a tal fine, il giudice tedesco competente. 53 Tuttavia, occorre constatare che un tale controllo giurisdizionale pu essere esercitato dal suddetto giudice solo nella misura in cui il diritto nazionale lo consenta. Peraltro, larticolo 1059, paragrafo 2, del codice di procedura civile prevede solo un controllo limitato, che riguarda, in particolare, la validit, alla luce della legge applicabile, della convenzione arbitrale o il rispetto dellordine pubblico per il riconoscimento o lesecuzione di un lodo arbitrale. 54 vero che, per quanto riguarda larbitrato commerciale, la Corte ha dichiarato che le esigenze di efficacia del procedimento arbitrale giustificano il fatto che il controllo dei lodi arbitrali da parte dei giudici degli Stati membri abbia un carattere limitato, purch le disposizioni fondamentali del diritto dellUnione possano essere esaminate nellambito di tale controllo e, se del caso, essere oggetto di un rinvio in via pregiudiziale dinanzi alla Corte (v., in tal senso, sentenze del 1o giugno 1999, Eco Swiss, C.126/97, EU:C:1999:269, punti 35, 36 e 40, nonch del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C.168/05, EU:C:2006:675, punti da 34 a 39). 55 Tuttavia, un procedimento di arbitrato, come quello di cui allarticolo 8 del TBI, si distingue da un procedimento di arbitrato commerciale. Infatti, mentre il secondo trova la sua origine nellautonomia della volont delle parti in causa, il primo deriva da un trattato, mediante il quale gli Stati membri acconsentono a sottrarre alla competenza dei propri organi giurisdizionali, e quindi al sistema di vie di ricorso giurisdizionale che larticolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone loro di stabilire nei settori coperti dal di CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 55 ritto dellUnione (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associao Sindical dos Juzes Portugueses, C.64/16, EU:C:2018: (), punto 34), controversie che possono riguardare lapplicazione o linterpretazione di tale diritto. In tali circostanze, le considerazioni enunciate al punto precedente, relative allarbitrato commerciale non sono applicabili a un procedimento di arbitrato, come quello di cui allarticolo 8, del TBI. 56 Di conseguenza, alla luce dellinsieme delle caratteristiche del collegio arbitrale di cui allarticolo 8 del TBI e ricordate ai punti da 39 a 55 della presente sentenza, occorre considerare che, con la conclusione del TBI, gli Stati membri parti dellaccordo hanno istituito un meccanismo di risoluzione delle controversie tra un investitore e uno Stato membro che pu escludere che tali controversie, anche laddove possano riguardare linterpretazione o lapplicazione del diritto dellUnione, siano risolte in modo da garantire la piena efficacia del suddetto diritto. 57 vero che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, un accordo internazionale che preveda listituzione di un giudice incaricato dellinterpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino le istituzioni, ivi compresa la Corte, non , in linea di principio, incompatibile con il diritto dellUnione. Infatti, la competenza dellUnione in materia di relazioni internazionali e la sua capacit di concludere accordi internazionali comportano necessariamente la facolt di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne linterpretazione e lapplicazione delle loro disposizioni, purch sia rispettata lautonomia dellUnione e del suo ordinamento giuridico [v., in tal senso, parere 1/91 (Accordo SEE.I) del 14 dicembre 1991, EU:C:1991:490, punti 40 e 70, 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punti 74 e 76, nonch parere 2/13 (Adesione dellUnione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 EU:C:2014:2454, punti 182 e 183]. 58 Tuttavia, nella specie, oltre al fatto che le controversie che rientrano nella competenza del collegio arbitrale di cui allarticolo 8 del TBI possono riguardare linterpretazione tanto di detto accordo quanto del diritto dellUnione, la possibilit di sottoporre tali controversie ad un organismo che non costituisce un elemento del sistema giurisdizionale dellUnione prevista da un accordo concluso non dallUnione, ma dagli Stati membri. orbene, il suddetto articolo 8 tale da rimettere in discussione, oltre al principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri, la salvaguardia del carattere proprio dellordinamento istituito dai Trattati, garantito dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui allarticolo 267 TFUE, e non pertanto compatibile con il principio di leale cooperazione ricordato al punto 34 della presente sentenza. 59 In tali condizioni, larticolo 8 del TBI pregiudica lautonomia del diritto dellUnione. 60 Di conseguenza, si deve rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come larticolo 8 del TBI, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nellaltro Stato membro, pu avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si impegnato ad accettare. Sulla terza questione 61 Tenuto conto della risposta fornita alle questioni prima e seconda, non occorre rispondere alla terza questione. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 sulle spese 62 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: Gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli stati membri, come larticolo 8 dellaccordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il regno dei Paesi Bassi e la repubblica federale ceca e slovacca, in forza della quale un investitore di uno di detti stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nellaltro stato membro, pu avviare un procedimento contro tale ultimo stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto stato membro si impegnato ad accettare. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE La presa in carico da parte del servizio sanitario nazionale delluso di farmaci off-label in presenza di alternativa terapeutica In rassegna una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato avanti alla Corte di Giustizia UE. Il giudice a quo dubita, in particolare, della compatibilit con il diritto UE della norma di cui allart. 3 del D.L. n. 36/2014 (cosiddetto decreto Lorenzin). Tale norma ha introdotto nell'art. 1 del D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 1996 il comma 4-bis, il quale consente - anche in presenza di un'alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati - di inserire, previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata (off label ) nell'elenco di cui al comma 4 dello stesso art. 1 (cosiddetta lista 648), purch essa sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunit medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit e appropriatezza. Dallinserimento nellelenco consegue lerogazione a carico del Servizio sanitario nazionale. Il Consiglio di Stato dubita, in particolare, della compatibilit di tale normativa nazionale con la normativa europea in materia di autorizzazione al- limmissione in commercio, anche nella parte in cui questultima radica la competenza in capo allEMA relativamente allAIC dei farmaci oncologici. Lordinanza di rimessione d per assunto che la norma sia stata dettata da ragioni economiche e, soprattutto, che essa incentiverebbe luso off-label in presenza di alternativa terapeutica: attraverso la previsione di un regime di rimborsabilit a carico del SSN, si finirebbe per favorire il ricorso generalizzato alla prescrizione off-label, nei confronti della generalit dei pazienti ed a prescindere da qualsivoglia collegamento con le esigenze del singolo che -di regola -giustificano il ricorso in via eccezionale a tale tipo di utilizzo dei farmaci. La difesa della norma nazionale stata affidata principalmente alla contestazione di tali assunti: il Decreto Lorenzin ha per finalit lampliamento delle possibilit di cura, mentre le favorevoli implicazioni economiche che, pure, esso innegabilmente reca per il Servizio sanitario nazionale non ne rappresentano la ratio esclusiva. Lungi dallincentivare il ricorso alluso off-label di farmaci dei quali esiste valida alternantiva terapeutica autorizzata sul mercato, esso lascia del tutto invariata la disciplina in tema di autonomia e responsabilit prescrittiva del medico. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 Si pubblicano integralmente le posizioni espresse dal Governo Italiano. Ct 8174/17 Avvocatura Generale dello Stato CorTE di GiUsTizia dELL'UnionE EUroPEa ossErVazioni del GoVErno dELLa rEPUBBLiCa iTaLiana, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata dItalia nella causa C-29/17 Promossa ai sensi dell'art. 267 TFUE dal Consiglio di Stato (Italia) con ordinanza in data 19.12.2016. il giudizio a quo; 1. L'ordinanza che ha sollevato la presente questione pregiudiziale stata pronunciata nell'ambito di un giudizio instaurato dall'azienda farmaceutica Novartis Farma s.p.a. 2. In tale giudizio si controverte dell'uso off-label del medicinale Avastin, intendendosi, con tale espressione, l'utilizzo di un farmaco per un'indicazione diversa da quelle per cui esso ha ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC). 3. Nell'ordinamento italiano, l'uso off-label dei farmaci in regime di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale stato dapprima previsto (dall'art. 1 comma 4 D.L. 536/1996 conv. in 1. 648 del 1996) con esclusivo riferimento ai casi in cui non esistesse, per una determinata indicazione, "valida alternativa terapeutica": la norma prevede, in particolare, che "Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio Sanitario nazionale i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in un apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione Unica del Farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa ...". 4. Successivamente, l'art. 3 del D.L. n. 36/2014 (cosiddetto "decreto Lorenzin") ha introdotto - all'art. 1 del D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 1996 il comma 4-bis, il quale consente -anche in presenza di un'alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati -di porre a carico del SSN i medicinali prescritti off-label, previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), qualora tali medicinali possano essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata nell'elenco di cui al comma 4, purch essa sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della co CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE munit medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit e appropriatezza. 5. Dall'inserimento nell'elenco (cosiddetta "lista 648") consegue, appunto, l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale. 6. Nel giudizio a quo, l'azienda ricorrente ha agito innanzi al giudice amministrativo chiedendo l'annullamento delle delibere nn. 622 del 24 giugno 2014 e 79 del 30 gennaio 2015 dell'Agenzia italiana del Farmaco - AIFA. 7. Con il primo di tali provvedimenti, AIFA ha disposto, ai sensi dell'art. 1 comma 4-bis D.L. 536/1996, l"inserimento di una indicazione terapeutica del medicinale per uso umano Bevacizumab -avastin nell'elenco ex lege n. 648/1996; si trattava - in particolare - dell'indicazione terapeutica "degenerazione maculare correlata all'et". Con la determina 79 del mese di Gennaio 2015, AIFA ha poi introdotto una parziale modifica alle condizioni dettate dalla Determina 662 del 2014 per il suddetto inserimento, come meglio si preciser pi avanti, al punto 14. 8. Attraverso le summenzionate determine, AIFA - in sintonia con quanto osservato nel parere espresso sulla questione dal Consiglio Superiore di Sanit (organo consultivo del Ministero della Salute) ha previsto che l'utilizzo intravitreale di Avastin debba necessariamente avvenire nel rispetto dei pi elevati standard di sicurezza applicabili, considerando che si tratta di un farmaco non autorizzato per uso intravitreale e, di conseguenza, non dosato n confezionato per l'uso in ambito oculistico. L'Avastin, infatti, commercializzato in fiale e, ai fini dell'uso intravitreale, necessita di essere estratto da queste per essere allestito in siringhe monodose, in condizioni di perfetta sterilit. 9. In particolare, la Determina n. 662/2014 AIFA ha previsto che: a) Il confezionamento in monodose del farmaco bevacizumab per l'uso intravitreale deve essere effettuato, per garantirne la sterilit, esclusivamente dalle farmacie ospedaliere in possesso dei requisiti necessari e nel rispetto delle Norme di Buona Preparazione; b) La somministrazione di bevacizumab per uso intravitreale riservata a centri oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalle Regioni; c) La somministrazione del farmaco deve avvenire solo previa sottoscrizione da parte del paziente del consenso informato, che contenga le motivazioni scientifiche accompagnate da adeguate informazioni sull'esistenza di alternative terapeutiche approvate; d) Si dovr istituire un registro di monitoraggio al quale sia allegata la scheda di segnalazione delle eventuali reazioni avverse. 10. Deve qui precisarsi, per quanto concerne il profilo di cui alla lettera a) che precede, che il Consiglio di Stato, in accoglimento di un distinto ricorso proposto avverso la Determina AIFA n. 662/2014 da una farmacia privata interessata ad effettuare le operazioni di frazionamento riservate alle sole far RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 macie ospedaliere, con sentenza n. 24/2017 ha annullato parzialmente la Determina 662/2014. 11. In particolare, la sentenza n. 24/2017 ha affermato che la garanzia di sterilit del confezionamento non potesse giustificarsi con la sola natura ospedaliera della farmacia incaricata del confezionamento del prodotto, ma con la previsione delle necessarie dotazioni tecniche e delle metodiche da utilizzarsi, idonee a scongiurare la contaminazione del prodotto durante la lavorazione (farmacie "in possesso dei necessari requisiti"). 12. La sentenza di cui al punto che precede ha pertanto ritenuto illegittima la riserva alle sole farmacie ospedaliere della possibilit di ripartire l'Avastin per la sua utilizzazione off-label, posto che comunque anche con l'annullamento di tale riserva, la somministrazione del prodotto farmaceutico avviene comunque in ambiente ospedaliero. 13. Successivamente, l'Autorit Garante della Concorrenza e del Mercato ha invitato l'AIFA a valutare la possibilit di ammettere anche i centri di alta specializzazione di natura privata alla somministrazione di Avastin per uso intravitreale, nel rispetto delle stesse condizioni di sicurezza definite dalla Determina 662/2014. 14. Con la determina 79 del mese di Gennaio 2015, AIFA ha recepito l'invito dell'Autorit, stabilendo che la somministrazione del farmaco possa avvenire esclusivamente "nei Centri ospedalieri ad alta specializzazione individuati dalle regioni", includendo con tale dizione -anche le strutture private che siano in grado di garantire il pieno rispetto delle summenzionate condizioni. 15. La societ Novartis, titolare del farmaco Lucentis, autorizzato all'immissione in commercio per l'indicazione "degenerazione maculare correlata all'et" ha contestato le Determine dell'AlFA di cui si detto al punto 6, tra l'altro denunciandone l'illegittimit derivata dall'asserito contrasto della normativa introdotta dal "Decreto Lorenzin" con la normativa europea in materia di autorizzazione all'immissione in commercio dei farmaci. 16. AIFA ha resistito in giudizio, negando una possibile interferenza tra l'istituto dell'uso off-label disciplinato dall'art. 1 comma 4-bis del D.L. 536/1996 e la normativa europea. 17. 11 Consiglio di Stato, pur dichiaratamente propendendo per la tesi di AIFA "... in quanto la controversia riguarda l'utilizzazione off-label del farmaco che non incide sull'aiC" ha comunque ravvisato un margine di dubbio interpretativo rilevante ai fini del decidere, ed ha pertanto sottoposto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea i seguenti quesiti: 18. Se le disposizioni di cui alla Direttiva 2001/83/CE, come successivamente modificata, e segnatamente gli articoli 5 e 6, in relazione anche al secondo considerando della direttiva stessa, ostino all'applicazione di una legge nazionale (il pi volte citato art. 1, comma 4-bis del decreto legge) che, al fine CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE di perseguire finalit di contenimento di spesa, incentivi, attraverso l'inclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal servizio sanitario nazionale, l'utilizzazione di un farmaco al di fuori della indicazione terapeutica autorizzata nei confronti della generalit dei pazienti, indipendentemente da qualsiasi considerazione delle esigenze terapeutiche del singolo paziente e nonostante l'esistenza e la disponibilit sul mercato di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica; 19. Se l'art. 3 n. 1 della Direttiva 2001/83/CE (formula magistrale), possa applicarsi nel caso in cui la preparazione del prodotto farmaceutico, bench eseguita in farmacia sulla base di una prescrizione medica destinata ad un singolo paziente, sia comunque effettuata serialmente, in modo eguale e ripetuto, senza tener conto delle specifiche esigenze del singolo paziente, con dispensazione del prodotto alla struttura ospedaliera e non al paziente (tenuto conto che il farmaco classificato in classe H-oSP) e con utilizzazione in una struttura anche diversa da quella in cui stato operato il confezionamento; 20. Se le disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 726/2004, come successivamente modificato, e segnatamente gli articoli 3, 25 e 26, nonch l'allegato, che assegnano all'Agenzia europea per i medicinali (EMA) la competenza esclusiva a valutare i profili di qualit, sicurezza ed efficaca dei medicinali aventi come indicazione terapeutica il trattamento di patologie oncologiche, sia nell'ambito della procedura di rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Procedura centralizzata obbligatoria), sia al fine del monitoraggio e del coordinamento delle azioni di farmacovigilanza successive all'immissione del farmaco sul mercato, ostino all'applicazione di una legge nazionale che riservi all'autorit regolatora nazionale (AlFA) la competenza ad assumere determinazioni in merito ai profili di sicurezza dei medicinali, connessi al loro uso off-label, la cui autorizzazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione Europea, in considerazione delle valutazioni tecnico scientifiche effettuate dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA); 21. Se le disposizioni di cui alla Direttiva 89/105/CEE, come successivamente modificata, e segnatamente l'art. 1 par. 3), ostino all'applicazione di una legge nazionale che consenta allo Stato membro, nell'ambito delle proprie decisioni in materia di rimborsabilit delle spese sanitarie sostenute dall'assistito, di prevedere la rimborsabilit di un farmaco utilizzato al di fuori delle indicazioni terapeutiche precisate nell'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dalla Commissione Europea, o da un'Agenzia specializzata europea, all'esito di una procedura di valutazione centralizzata, senza che ricorrano i requisiti previsti dagli artt. 3 e 5 della direttiva 2001/83/CE. 22. La normativa rilevante; RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 Ai fini del presente giudizio vengono in considerazione le seguenti norme di diritto europeo: 23. direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consigli del 6 novembre 2001 recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano: ii Considerando:"Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all'uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanit pubblica" art. 3 n. 1: "La presente direttiva non si applica a quanto segue: 1) ai medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente (detti formula magistrale);" art. 5: "Uno stato membro pu, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dal campo di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un'ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un medico autorizzato e destinati ai suoi malati sotto la sua personale e diretta responsabilit". art. 6 n. 1: "Nessun medicinale pu essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un'autorizzazione all'immissione in commercio delle autorit competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un'autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93" 24. regolamento (CE) 726/2004 del Parlamento europeo e delConsiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali: art. 3: "1. Nessun medicinale contemplato nell'allegato pu essere immesso in commercio nella Comunit senza un'autorizzazione rilasciata dalla Comunit secondo il disposto del presente regolamento. 2. Qualsiasi medicinale non contemplato nell'allegato pu essere oggetto di autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dalla Comunit secondo il disposto del presente regolamento, qualora: a) il medicinale contenga una nuova sostanza attiva che alla data dell'entrata in vigore del presente regolamento non era autorizzata nella Comunit, oppure b) il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un'innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un'autorizzazione secondo il presente regolamento nell'interesse dei pazienti o della sanit animale a livello comunitario. Possono essere oggetto di autorizzazione anche i medicinali immunologici veterinari relativi a malattie animali sottoposte a misure comunitarie di profilassi. 3. Un medicinale generico di un medicinale di riferimento autorizzato dalla Comunit pu essere autorizzato dalle autorit competenti degli Stati membri CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE a norma della direttiva 2001/83/CE e della direttiva 2001/82/CE, alle seguenti condizioni: a) la domanda d'autorizzazione presentata a norma dell'articolo 10 della direttiva 2001/83/CE o dell'articolo 13 della direttiva 2001/82/CE; b) il riassunto delle caratteristiche del prodotto , in tutti gli aspetti pertinenti, coerente con quello del medicinale autorizzato dalla Comunit, salvo per le parti del riassunto delle caratteristiche del prodotto che si riferiscono a indicazioni o a forme di dosaggio ancora coperte dal diritto di brevetto al momento dell'immissione in commercio del medicinale generico; e c) il medicinale generico autorizzato con la stessa denominazione in tutti gli Stati membri in cui stata presentata la domanda. ai fini della presente disposizione tutte le versioni linguistiche della denominazione comune internazionale (DCi) sono considerate una stessa denominazione. 4. Previa consultazione del comitato competente dell'agenzia, l'allegato pu essere riesaminato alla luce del progresso tecnico e scientifico per apportarvi le modfcazioni necessarie senza estendere l'ambito di applicazione della procedura centralizzata. Tali modificazioni sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 87 paragrafo 2". art. 25: "Gli Stati membri assicurano che tutti i casi di presunti effetti collaterali negativi gravi verificatisi nel loro territorio, in relazione ad un medicinale per uso umano autorizzato ai sensi del presente regolamento e loro segnalati, siano registrati e comunicati all'agenzia e al titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio rapidamente, e comunque in ogni caso non oltre 15 giorni dal ricevimento dell'informazione. L'agenzia trasmette l'informazione ai sistemi nazionali di farmacovigilanza istituiti a norma dell'articolo 102 della direttiva 2001/83/CE. art. 26: La Commissione, in consultazione con l'agenzia, gli Stati membri e le parti interessate, elabora una guida per raccogliere, verfcare e presentare relazioni sugli effetti collaterali negativi. La guida contiene in particolare, per gli operatori sanitari, raccomandazioni concernenti la trasmissione delle informazioni sugli effetti collaterali negativi. Per inviare le relazioni sugli effetti indesiderati, i titolari di autorizzazioni al- l'immissione in commercio utilizzano la terminologia medica accettata a livello internazionale, conformemente a tale guida. L'agenzia, in consultazione con gli Stati membri e la Commissione, istituisce una rete informatica per la trasmissione rapida di informazioni alle autorit competenti della Comunit in caso di allarmi relativi a difetti di fabbricazione o a effetti collaterali negativi gravi, o altre informazioni di farmacovigilanza su medicinali autorizzati a norma dell'articolo 6 della direttiva 2001/83/CE. Tali informazioni sono rese accessibili al pubblico, se del caso previa valutazione. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 Durante un periodo di cinque anni successivo alla prima immissione in commercio nella Comunit, l'agenzia pu chiedere che il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio disponga che taluni dati specifici di farmacovigilanza siano raccolti presso gruppi mirati di pazienti. L'agenzia precisa i motivi che giustificano la richiesta. il titolare dell'autorizzazione al- l'immissione in commercio riunisce e analizza i dati raccolti e li sottopone all'agenzia per valutazione". 25. direttiva 89/105/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi dei medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi pubblici di assicurazione malattia: art. 1 n. 3: "Nessun elemento della presente Direttiva consente la commercializzazione di una specialit medicinale per cui non stata rilasciata l'autorizzazione di cui all'articolo 3 della Direttiva 65/65/CE" 26. Rileva, inoltre, la seguente normativa nazionale: 27. decreto legge n. 536 del 21 ottobre 1996 convertito con modificazioni dalla legge 23 dicembre 1996 n. 648: art. 1 comma 4 (enfasi aggiunta): "Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1 gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui commercializzazione autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. L'onere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30 miliardi per anno [euro 15.493.706,97], resta a carico del Servizio sanitario nazionale nell'ambito del tetto di spesa programmato per l'assistenza farmaceutica. art. 1 comma 4-bis "4-bis. anche se sussista altra alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell'agenzia italiana del farmaco (aiFa), sono inseriti nell'elenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purch tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunit medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit e appropriatezza. in tal caso l'aiFa attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni" (introdotto dall'art. 3 del decreto legge 20 marzo 2014 n. 36 -c.d. Decreto Lorenzin -convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014 n. 79, recante "Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonch di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale"). 28. decreto Legge 17 febbraio 1998 n. 23 conv. in l. 94 deli'8 aprile 1998 (contenente "Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria") art. 3: osservanza delle indicazioni terapeutiche autorizzate. "i. Fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialit medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalit di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal ministero della sanit. 2. in singoli casi il medico pu, sotto la sua diretta responsabilit e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalit di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell'applicazione del- l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia gi approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalit di somministrazione e purch tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale. ... 4. in nessun caso il ricorso, anche improprio, del medico alla facolt prevista dai commi 2 e 3 pu costituire riconoscimento del diritto del paziente alla erogazione dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dell'ipotesi disciplinata dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648. La violazione, da parte del medico, delle disposizioni del presente articolo oggetto di procedimento disciplinare ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. art. 5: Prescrizione dipreparazioni magistrali. "1. Fatto salvo il disposto del comma 2, i medici possono prescrivere preparazioni magistrali esclusivamente a base di principi attivi descritti nelle farmacopee dei Paesi del- l'Unione europea o contenuti in medicinali prodotti industrialmente di cui autorizzato il commercio in italia o in altro Paese dell'Unione europea. La prescrizione di preparazioni magistrali per uso orale pu includere principi attivi diversi da quelli previsti dal primo periodo del presente comma, qualora questi siano contenuti in prodotti non farmaceutici per uso orale, regolarmente in commercio nei Paesi dell'Unione europea; parimenti, la RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 prescrizione di preparazioni magistrali per uso esterno pu includere principi attivi diversi da quelli previsti dal primo periodo del presente comma, qualora questi siano contenuti in prodotti cosmetici regolarmente in commercio in detti Paesi. Sono fatti in ogni caso salvi i divieti e le limitazioni stabiliti dal ministero della sanit per esigenze di tutela della salute pubblica. 2. consentita la prescrizione di preparazioni magistrali a base di princpi attivi gi contenuti in specialit medicinali la cui autorizzazione all'immissione in commercio sia stata revocata o non confermata per motivi non attinenti ai rischi di impiego del principio attivo. 3. il medico deve ottenere il consenso del paziente al trattamento medico e specificare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea. Nella ricetta il medico dovr trascrivere, senza riportare le generalit del paziente, un riferimento numerico o alfanumerico di collegamento a dati d'archivio in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta da parte dell'autorit sanitaria, di risalire all'identit del paziente trattato. ... 5. Le disposizioni dei commi 3 e 4 non si applicano quando il medicinale prescritto per indicazioni terapeutiche corrispondenti a quelle dei medicinali industriali autorizzati a base dello stesso principio attivo. 6. La violazione, da parte del medico o del farmacista, delle disposizioni del presente articolo oggetto di procedimento disciplinare ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233". 29. Legge 296 del 27 dicembre 2006: art. 1 comma 796 lett. z): la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modflcazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, non applicabile al ricorso a terapie farmacologiche a carico del Servizio sanitario nazionale, che, nell'ambito dei presdi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all'immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento. il ricorso a tali terapie consentito solo nell'ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, e successive modificazioni. in caso di ricorso improprio si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 4 e 5, del citato decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94. Le regioni provvedono ad adottare entro il 28 febbraio 2007 disposizioni per le aziende sanitarie locali, per le aziende ospedaliere, per le aziende ospedaliere universitarie e per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico volte alla individuazione dei responsabili dei procedimenti applicativi delle disposizioni di cui alla presente lettera, anche sotto il profilo della responsabilit ammi CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE nistrativa per danno erariale. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui alla presente lettera, tale responsabilit attribuita al direttore sanitario delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. 30. Le osservazioni del Governo italiano; Il Consiglio di Stato dubita della compatibilit della normativa nazionale che disciplina i casi in cui possibile che sia posto a carico del Servizio sanitario nazionale l'uso off-label dei farmaci, anche in presenza di alternativa terapeutica "on-label", con la normativa europea in materia di autorizzazione all'immissione in commercio, anche nella parte in cui quest'ultima radica la competenza in capo all'EMA relativamente all'AIC dei farmaci oncologici. 31. In particolare, il giudice a quo evidenzia che la scelta del legislatore nazionale sarebbe stata dettata da ragioni economiche, posto che il prezzo di Avastin di gran lunga inferiore a quello del farmaco Lucentis autorizzato per l'indicazione "degenerazione maculare correlata all'et"; d per scontato quindi - che la norma introdotta dal "Decreto Lorenzin" incentiverebbe l'uso off-label in presenza d alternativa terapeutica: attraverso la previsione di un regime di rimborsabilit a carico del SSN, si finirebbe per favorire il ricorso generalizzato alla prescrizione off-label, nei confronti della generalit dei pazienti ed a prescindere da qualsivoglia collegamento con le esigenze del singolo che -di regola -giustificano il ricorso in via eccezionale a tale tipo di utilizzo dei farmaci. 32. Ci tanto pi che la dispensazione avverrebbe non gi al singolo paziente, bens alla struttura ospedaliera (Avastin un farmaco classificato H, quindi suscettibile di essere dispensato solo in ambiente ospedaliero), in apparente contrasto anche con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 16 luglio 2015 resa nelle cause riunite C-544/13 e C-545/13 in relazione all'art. 3 n. 1 Direttiva 2001/83/CE, ove si affermato che la "formula magistrale" tale solo in caso di contemporanea ricorrenza di pi condizioni, quali la preparazione in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e la destinazione diretta ai pazienti. 33.1 dubbi interpretativi sollevati dal giudice a quo non sono fondati, come subito si vedr. 34. irricevibilit dei quesiti; oggetto del contendere nel giudizio a quo la legittimit della normativa nazionale che consente l'uso off label di Avastin per la cura della maculopatia senile, sotto lo specifico aspetto della possibilit di accollare il costo di tale uso al Servizio sanitario nazionale. Non , cio, in discussione la liceit in s delle prescrizioni off-label in generale, e in particolare dell'Avastin per la cura della maculopatia senile; ma in discussione solo la possibilit, a certe con RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 dizioni, di equiparare ai fini del rimborso da parte del ssn tale prescrizione alla prescrizione del farmaco dotato di specifica AIC per tale patologia (in particolare, il Lucentis). Che la prescrizione off-label sia in s lecita infatti cosa scontata, dipendendo dalla responsabilit e autonomia terapeutica spettante a qualsiasi medico; ed circostanza confermata proprio dalla (limitata) possibilit di porre tali prescrizioni a carico del SSN: se la prescrizione off-label fosse di per s non consentita, infatti evidente che non potrebbe esserne consentito neppure l'accollo del costo al SSN. 35. La questione oggetto di causa, allora, non solo una questione ben distinta da quella della disciplina europea dell'AIC e delle deroghe alla relativa applicazione, ma anche una materia che esula dal campo applicativo della normativa europea, come chiarito dallo "Study on off-label use of medicinal Products" eseguito su richiesta della Commissione Europea e pubblicato nel Febbraio 2017, e reperibile all'indirizzo http://ec.europa. eu/health/sites/health/files/files/documents/2017_02_28_fina1 _study_report_ on_off-label_use_pdf, (pag. 15, par. 1.1.2 "... EU Legislation does not directly regulate off-label use ..."). 36. In effetti, sia la Commissione Europea, sia il Tribunale di Primo Grado hanno avuto modo di chiarire che l'utilizzazione off-label di un farmaco precedentemente autorizzato non solo non vietata, ma non neanche disciplinata dal diritto europeo. 37. In particolare, secondo il Tribunale di Primo grado, non vi alcuna previsione "che impedisca ai dottori di prescrivere un medicinale per delle indicazioni terapeutiche diverse da quelle per cui ha ottenuto una autorizzazione". 38. In linea con tale impostazione si pone anche la Commissione Europea, nelle osservazioni scritte depositate nell'ambito del giudizio C-179/16. Nei punti 67 e 68 delle osservazioni depositate in quella causa, la Commissione scrive: "67 .... vi una differenza fondamentale tra i casi regolati dal- l'articolo 5, n. 1, della Direttiva 2001/83 e l'utilizzo offlabel di un medicinale autorizzato. mentre nel primo caso si tratta di un prodotto non autorizzato al- l'immissione al commercio (il cui utilizzo, salvo casi eccezionali, vietato), nel secondo caso si tratta di un prodotto provvisto di unaiC, il cui utilizzo per patologie diverse da quelle indicate nellaiC, sotto la responsabilit del medico prescrivente, non vietato. 68. Con rjferimento all'utilizzazione off-label di medicinali, il Tribunale ha infatti chiarito che non vi alcuna disposizione del diritto dell'Unione che vieti ad un medico di prescrivere un medicinale per il trattamento di patologie diverse rispetto a quelle per le quali ha ricevuto 1aiC. al contrario, la normativa UE in ambito farmaceutico riconosce che, in alcune circostanze, l'uso off-label di un farmaco sia necessario, ad esempio in caso di seria minaccia alla salute pubblica. in italia, come si detto sopra, l'uso CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE dei farmaci off-label non vietato e, in alcuni casi, esso addirittura rimborsato dal sistema sanitario nazionale. Pertanto, l'eventuale commercializzazione e offerta di farmaci per usi off-label non pu considerarsi contraria al quadro regolamentare, anche laddove questo non ne preveda una disciplina specifica". 39. Posto che il rinvio alla Corte di Giustizia ricevibile solo se la soluzione della questione sollevata ricade nella sfera di applicazione del diritto dell'UE, ed decisiva ai fini della risoluzione della questione controversa, e inoltre se sul punto non esista gi una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza 27 marzo 1963, causa 28-30/62, Da Costa, punti 5 e 6; sentenza 26 novembre 1988, causa C-7/97, oscar Bronner, punti 17-21; sentenza 11 settembre 2008, cause C-428-434/06, Union Generai de Trabajadores de la rioja, punto 39), palese l'irricevibilit dei quesiti sollevati, che non vertono sulla materia oggetto del contendere (che di stretto interesse interno, essendo limitata alla prescrivibilit dell'uso off-label a carico del SSN), e comunque toccano un punto (la prescrizione off-iabel) che appare estraneo all'oggetto della Direttiva 2001/83, come affermato da consolidata giurisprudenza 40. infondatezza; La questione comunque infondata, in quanto la normativa europea indicata nei quesiti non osta a quella nazionale introdotta con il "Decreto Lorenzin", per le ragioni che qui di seguito si illustrano. 41. In Italia, l'uso off-label di un medicinale disciplinato dalle norme indicate ai punti 26-29 che precedono (D.L. 536 del 21 ottobre 1996 art. 1 commi 4 e 4-bis D.L. 17 febbraio 1998 n. 23 conv. n 1. 94 dell'8 aprile 1998 - art. 3; 1. 27 dicembre 2006 n. 296 art. 1 comma 796 lett. z)). 42. L'uso del medicinale oltre i limiti derivanti dall'AIC, disciplinato da tali norme, risponde all'esigenza di consentire un ampliamento delle possibilit di cura, esigenza che ha meritato l'attenzione del legislatore innanzi tutto in quanto l'autorit di farmacovigilanza non ha alcun potere di imporre alle aziende farmaceutiche le indicazioni da autorizzare per i farmaci di cui sono titolari. 43. In linea generale, infatti, l'uso off-label risponde proprio all'esigenza di cura nei casi in cui, pur se esiste prova della sicurezza ed efficacia di un farmaco per una determinata indicazione, l'azienda non richiede l'estensione dell'autorizzazione a tale indicazione, oppure nei casi di patologie rare o per le quali sia comunque difficile individuare formulazioni adatte ai vari gruppi di et dei pazienti, come accade ad esempio in pediatria ("Study on off-iabel use of medicinal Products" eseguito su richiesta della Commissione Europea e pubblicato nel Febbraio 2017- gi citato sub 35 - punto 1.1.2, pag. 16). 44. In tale quadro, le (pur possibili) valutazioni di tipo economico, restano sempre subordinate ad una preventiva valutazione di carattere scientifico del RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 rapporto rischio-beneficio, nella cui definizione intervengono rigorose valutazioni scientifiche. 45. Nel caso particolare di Avastin, si visto sopra, al punto 9, con quale attenzione AlFA abbia individuato le condizioni per consentire tale utilizzo, conformemente a quanto previsto dall'art. 4-bis cit., che fa esplicito riferimento a "ricerche condotte nell'ambito della comunit medico-scientifica nazionale e internazionale", dunque a studi realizzati secondo criteri e metodologie globalmente utilizzati ed accettati nell'ambito della comunit internazionale, secondo parametri di attendibilit noti e condivisi, risultati d ricerche pubblicate su riviste internazionali che, come tali, sottostanno ad un vaglio di qualit secondo criteri predefiniti ed universalmente accettati. 46. L'autorizzazione dell'uso off-label avviene sempre nel presupposto di verifiche scientifiche di tal genere, sulla base delle richieste che pervengono ad AIFA da parte di societ scientifiche, associazioni di pazienti, dell'uso proveniente dalla pratica clinica nell'applicazione di linee guida indirizzate ai medici prescrittori, come prevede il Provvedimento del 20 luglio 2000, recante "istituzione dell'elenco delle specialit medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 648/96". 47. Poich, come si detto, la prescrizione off-label di un medicinale, produce un innegabile effetto di ampliamento delle possibilit di cura, da esso discende anche un ampliamento della concorrenza, con prevedibili ricadute positive analoghe a quelle che sono determinate dall'ingresso, sul mercato, di un nuovo prodotto autorizzato per le stesse indicazioni. 48. Tutto ci in un'ottica, come gi osservato, di massima realizzazione del principio di universalit dell'accesso alle terapie farmacologiche: tutti i pazienti hanno il diritto di accedere alle cure alle medesime condizioni; perci si prevede, in casi specifici di indisponibilit di terapie approvate per determinate indicazioni, la possibilit di un trattamento non autorizzato, purch attentamente valutato sotto il profilo dell'efficacia e della sicurezza, cos da ampliare l'accesso alle cure senza possibilit di esclusione per ragioni di tipo economico/sociale, specie in un quadro sempre pi caratterizzato da risorse finanziarie limitate. 49. Il mantenimento della rimborsabilit per il solo farmaco autorizzato, con costi notevolmente pi alti rispetto all'utilizzo off-label, potrebbe infatti determinare la necessit di ricorrere a criteri di accesso stringenti, con conseguente riduzione del numero di pazienti trattati. 50. Tutto ci chiarito, va ad ogni buon fine sottolineato come il fenomeno della prescrizione off-label, ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis D.L. 536/1996, abbia comunque, in Italia, una dimensione decisamente limitata rispetto al volume del mercato dei farmaci in generale, come evidenziato dall'elenco seguente, in cui sono indicate le specialit ricadenti nella previsione normativa in questione. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE Medicinale Indicazione terapeutica lista 648 Farmaco autorizzato in Italia per la stessa indicazione terapeutica Bevacizumab - Avastin Degenerazione maculare correlata allet (AMD) Lucentis - Ranimizumab Bosentan Trattamento ipertensione polmonare cronica di tromboembolica (IPCTE) inoperabile mediante intervento chirurgico di endoarteriectomia polmonare (EAP), IPCTE persistente dopo intervento chirugico di EAP inefficace o recidiva di IPCTE dopo intervento chirurgico di EAP efficace ma non ripetibile Adempas (riociguat) Misoprostolo sublinguale Rammollimento della cervice uterina per indicazione ostetrica o ginecologica Cervidil (gemeprost) Metronidazolo Trattamento delle forme lievi e moderate di infezione da clostridium difficile (CDI) limitatamente al primo episodio o alla prima recidiva (se della stessa gravit del primo evento) Bevacizumab-Avastin (approvato in data 18-20 gennaio 2017, ma non ancora inserito in lista perch in attesa del registro di monitoraggio) Trattamento della compressione visiva dovuta a edema macurlare diabetico nei pazienti con acuit visiva non minore di 20/40 Lucentis - Ranimizumab Eylea (aflibercept) Metilfenidato Trattamento del disturbo da deficit dellattenzione e iperattivit (ADHD) negli adulti gi in trattamento farmacologico prima del compimento del diciottesimo anno di et Strattera (atomexetina) RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 51. Cos inquadrata la tematica della prescrizione off-label e la finalit del- l'inserimento nella "lista 648", si intende qui sottolineare come i quesiti sollevati dal Consiglio di Stato scontino un vizio prospettico di fondo (specie i primi due): il giudice d infatti per assunto che la norma che permette l'inserimento in lista anche in presenza di alternative terapeutiche e con costo a carico del SSN comporti l'abbandono del tratto distintivo tipico dell'uso off-label, vale a dire la funzionalit della prescrizione al caso singolo (art. 5 Dir. 2001/83/CE), per trasformarlo in uno strumento "di massa", addirittura incentivato dalla norma ed avulso dalla considerazione delle esigenze terapeutiche del singolo paziente. 52. Al contrario, la norma introdotta dal Decreto Lorenzin non ha innovato il quadro normativo preesistente in materia di autonomia prescrittiva e responsabilit (disciplinare, civile e penale) del medico, come risultante dalla normativa indicata ai punti 26-29 che precedono: tali aspetti rimangono invariati, e la scelta della terapia off-label resta collegata ad una precisa opzione prescrittiva del medico curante, basata sulla valutazione clinica delle condizioni del paziente: la prescrizione di un medicinale off-label non autorizzata, n tanto meno - imposta o promossa dall'AIFA, bens resta appannaggio del medico, cui incombono i consueti obblighi di informativa al paziente e di acquisizione del consenso informato, oltre al rispetto delle condizioni indicate nella Delibera AIFA di inserimento nella "lista 648". 53. La circostanza che il farmaco prescritto off-label possa essere rimborsato dal SSN, insomma, non preclude n limita la facolt del medico prescrittore di preferire il farmaco autorizzato. 54. Proprio perch AIFA non interferisce sulla prescrizione, autorizzandola od imponendola, bens solo sulla rimborsabilit della prescrizione stessa, non si realizza alcuna interferenza n con la normatva europea in tema di AIC richiamata nel primo e nel quarto quesito, n con quella che sancisce la competenza esclusiva dell'EMA per i medicinali oncologici richiamata nel terzo quesito. 55. In sostanza, pu concludersi che la possibilit di prescrivere un farmaco off-label e, anche, in certi casi, di rimborsarlo a carico del SSN, non influisce in alcun modo sull'applicazione della normativa europea in tema di AIC; mentre una interpretazione restrittiva, che si traducesse nella pratica impossibilit di ricorrere a tale tipo di prescrizioni anche nei casi in cui i medici le ritengano utili e appropriate al singolo paziente, si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalit e con il diritto fondamentale alla salute riconosciuto dall'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali del- l'Unione europea. A questo riguardo va sottolineato che il contenuto essenziale di tale diritto consiste testualmente nell'"ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali". Sicch in linea di principio tali legislazioni e prassi, anche nella parte e nei casi in cui consen CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE tano prescrizioni off-label, vanno considerate compatibili con il diritto derivato UE. 56. Il Consiglio di Stato si sofferma poi sulla questione se sia possibile invocare la cosiddetta "formula magistrale" di cui all'art. 3 n. 1 della Direttiva 2001/83/CE, in un caso in cui - sebbene la prescrizione del farmaco sia per singolo paziente e la preparazione sia eseguita in farmacia - tuttavia ci avvenga in modo seriale e ripetuto, senza tenere conto delle esigenze individuali del paziente, con dispensazione non gi direttamente a quest'ultimo, bens attraverso la struttura ospedaliera in cui egli inserito. 57. Per superare il dubbio del giudice remittente in relazione al prospettato utilizzo "seriale" della prescrizione off-label, baster richiamare quanto gi esposto al punto 52 che precede, circa il fatto che la prescrizione non pu prescindere dalla valutazione da parte del medico della condizione del paziente, essendo invariato il regime della responsabilit e dell'autonomia prescrittiva del medico medesimo. Non pu esservi, insomma, prescrizione individuale che prescinda dalla considerazione delle esigenze individuali del paziente, ed lo stesso Consiglio di Stato, del resto, ad ammettere - nel prospettare il quesito - che la prescrizione ha comunque ad oggetto una preparazione destinata ad un singolo paziente. 58. Quanto, poi, al regime di dispensazione del farmaco, questo non ha a che vedere con una pretesa mancanza di considerazione delle esigenze specifiche del singolo, bens opera sul piano - del tutto differente - del regime di fornitura ed utilizzo, a sua volta dipendente dalla classificazione del farmaco. 59. In particolare, Avastin un farmaco di classe H-oSP: tale classifica comporta che il medicinale, per le sue caratteristiche o per l'innovativit, le modalit di somministrazione o per altre ragioni di salute pubblica, possa essere utilizzato esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture assimilabili, come prevede lart. 92 del D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE contenente il Codice Comunitario concernente i medicinali per uso umano): "i medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero sono i medicinali che, per le caratteristiche farmacologiche, o per innovativit, per modalit di somministrazione o per altri motivi di tutela della salute pubblica, non possono essere utilizzati in condizioni di sufficiente sicurezza al di fuori di strutture ospedaliere. Tenuto conto delle caratteristiche dei medicinali, l'aiFa pu stabilire che l'uso dei medicinali previsti dal comma 1 limitato a taluni centri ospedalieri o, invece, ammesso anche nelle strutture di ricovero a carattere privato. i medicinali disciplinati dal presente articolo devono recare sull'imballaggio esterno o, in mancanza di questo, sul confezionamento primario le frasi. Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico. Nelle ipotesi previste dal comma 2 la prima frase modificata in rapporto all'impiego autorizzato del medicinale. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 i medicinali disciplinati dal presente articolo sono forniti dai produttori e dai grossisti direttamente alle strutture autorizzate a impiegarli o agli enti da cui queste dipendono". 60. ben diverso il caso di quei farmaci che sono inseriti nella classe USPL, per la dispensazione in ambito ambulatoriale da parte dello specialista, disciplinati dall'art. 94 dello stesso D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219: "1. i medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista in ambulatorio sono i medicinali che, per loro caratteristiche farmacologiche e modalit di impiego, sono destinati ad essere utilizzati direttamente dallo specialista durante la visita ambulatoriale. Lo specialista pu utilizzare un medicinale di cui al comma 1 presso il domicilio del paziente, soltanto se la somministrazione dello stesso non necessita di particolari attrezzature ambulatoriali. i medicinali disciplinati dal presente articolo devono recare sull'imballaggio esterno o, in mancanza di questo, sul confezionamento primario le frasi: Uso riservato a..., con specificazione dello specialista autorizzato all'impiego del medicinale, e Vietatala vendita al pubblico. i medicinali disciplinati dal presente articolo possono essere forniti dai produttori e dai grossisti direttamente agli specialisti autorizzati ad impiegarli". 61. Parimenti indifferente rispetto alla problematica posta dal giudice a quo (compatibilit dell'uso off-label con la disciplina della "formula magistrale") la circostanza, pure valorizzata nel quesito, che l'utilizzazione finale del medicinale allestito in siringa monodose possa avvenire in una struttura anche diversa da quella in cui stato operato il confezionamento: anche in questo caso, si tratta di una circostanza operante su un piano differente rispetto alla necessit che la formula magistrale sia preparata in farmacia sulla base di una prescrizione destinata ad un determinato paziente. 62. Si gi ricordato che, per l'uso off-label, Avastin necessita di un frazionamento di elevata complessit, volto a ricavare pi dosi per l'uso intravitreale da ogni flaconcino, il che comporta l'esigenza che sia assolutamente garantita la sterilit dell'operazione. In particolare, nella specie, non solo interessa la sterilit del confezionamento in siringhe monouso, ma anche la massima prossimit spazio-temporale dell'iniezione nel bulbo oculare del paziente rispetto all'allestimento del prodotto, prossimit necessaria per il rispetto di quanto indicato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) circa la stabilit dello stesso. 63. per questo che le Delibere AIFA 662/2014 e 79/2015 hanno stabilito che il confezionamento in monodose per l'uso intravitreale sia effettuato esclusivamente dalle farmacie in possesso dei requisiti necessari e nel rispetto delle Norme di Buona Preparazione, e che la successiva somministrazione sia riservata a centri oculistici ad alta specializzazione individuati dalle Regioni. 64. Il fatto che l'allestimento possa non avvenire nello stesso luogo della CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE somministrazione non dunque significativo ai fini della risposta al quesito, in quanto fa parte delle prescrizioni tecniche necessarie e sufficienti alla sicurezza dell'uso off-label di un farmaco comunque destinato, per le specificit che lo caratterizzano, necessariamente all'uso ospedaliero. 65. Il Governo italiano propone pertanto di rispondere ai quesiti come segue: Quanto al primo quesito: "Le disposizioni di cui alla Direttiva 2001/83/CE, come successivamente modificata, e segnatamente gli articoli 5 e 6, in relazione anche al secondo considerando della direttiva stessa, non ostano all'applicazione di una legge nazionale che, al fine di perseguire finalit di contenimento di spesa, incentivi (rectius, consenta), attraverso l'inclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal servizio sanitario nazionale, l'utilizzazione di un farmaco al di fuori della indicazione terapeutica autorizzata nei confronti della generalit dei pazienti, nonostante l'esistenza e la disponibilit sul mercato di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica"; Quanto al secondo quesito: "L'art. 3 n. 1 della Direttiva 2001/83/CE (formula magistrale), pu applicarsi nel caso in cui la preparazione del prodotto farmaceutico, eseguita in farmacia sulla base di una prescrizione medica destinata ad un singolo paziente, sia comunque effettuata serialmente, in modo eguale e ripetuto, con dispensazione del prodotto alla struttura ospedaliera e non al paziente (tenuto conto che il farmaco classificato in classe H-oSP) e con utilizzazione in una struttura anche diversa da quella in cui stato operato il confezionamento"; Quanto al terzo quesito: "Le disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 726/2004, come successivamente modificato, e segnatamente gli articoli 3, 25 e 26, nonch l'allegato, che assegnano all'Agenzia europea per i medicinali (EMA) la competenza esclusiva a valutare i profili di qualit, sicurezza ed efficacia dei medicinali aventi come indicazione terapeutica il trattamento di patologie oncologiche, sia nell'ambito della procedura di rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Procedura centralizzata obbligatoria), sia al fine del monitoraggio e del coordinamento delle azioni di farmacovigilanza successive all'immissione del farmaco sul mercato, non ostano all'applicazione di una legge nazionale che riservi all'autorit regolatoria nazionale (AlFA) la competenza ad assumere determinazioni in merito ai profili di sicurezza dei medicinali, connessi al loro uso off-label, la cui autorizzazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione Europea, in considerazione delle valutazioni tecnico scientifiche effettuate dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA)"; Quanto al quarto quesito: "Le disposizioni di cui alla Direttiva 89/105/CEE, come successivamente modificata, e segnatamente l'art. 1 par. 3), non ostano all'applicazione di una RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 legge nazionale che consenta allo Stato membro, nell'ambito delle proprie decisioni in materia di rimborsabilit delle spese sanitarie sostenute dall'assistito, di prevedere la rimborsabilita di un farmaco utilizzato al di fuori delle indicazioni terapeutiche precisate nell'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dalla Commissione Europea, o da un'Agenzia specializzata europea, all'esito di una procedura di valutazione centralizzata, senza che ricorrano i requisiti previsti dagli artt. 3 e 5 della direttiva 2001/83/CE". Paolo Gentili Marina Russo Avvocati dello Stato Contenziosonazionale Questioni aperte a seguito di Corte Costituzionale 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida Uno scambio di email sU corte costitUzionale, sentenza 9 febbraio 2018 n. 22; tar lombardia - brescia, sez. i, sentenza 26 marzo 2018 n. 343 Da: Lionello Orcali [mailto:lionello.orcali@avvocaturastato.it] Inviato: luned 19 febbraio 2018 10:22 A: Avvocati_tutti Oggetto: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. La pronuncia della Corte Cost. sembrerebbe decisamente modificare il sistema in punto di giurisdizione, posto che, venendo meno la natura vincolata della revoca, essa, alla luce della costante giurisprudenza delle SS.UU., dovrebbe essere attribuita al giudice amministrativo. Non osta a tale conclusione, in relazione alle cause pendenti, lart. 5 del codice di procedura civile, ritenuto inapplicabile nel caso in cui il mutamento dello stato di diritto o di fatto comporti, invece, l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda (Cass. civ. Sez. Unite, 13 settembre 2005, n. 18126; nello stesso senso Cass. civ. Sez. II, 8 ottobre 2014, n. 21221; giurisprudenza pacifica). E salvo esaminare le complicazioni che potrebbero verificarsi avanti al giudice civile presso il quale la causa fosse stata riassunta a seguito di pronuncia del G.A. dichiarativa della carenza di giurisdizione, in relazione alla possibilit ed ai tempi del- leventuale conflitto. Peraltro, sussistono aspetti di tale sentenza che fanno sorgere talune perplessit. Si deve infatti considerare: - che viene ivi espressamente riaffermata la giurisdizione dellA.g.o.; -che, in base a tale considerazione, viene dichiarata inammissibile la qlc RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 proposta dal Tar Friuli, ed ammissibile quella proposta dal Tribunale di Genova; -che, quindi, ove si applicassero i principi affermati dalle SS.UU., avverrebbe che, a seguito della rimessione della questione da parte di un Tribunale, ritenuta ammissibile proprio in base a considerazioni relative alla giurisdizione, tale Tribunale (come tutti gli altri) non potrebbe fare concreta applicazione della norma modificata dallintervento della Corte Cost., talch la questione, in contrasto con le norme ed i principi che regolano la rimessione delle questioni e la valutazione della loro ammissibilit, dovrebbe essere ex post considerata irrilevante in quel giudizio; e dovrebbe invece essere concretamente applicata, e sarebbe quindi manifestamente rilevante, proprio nel giudizio avanti al Tar la cui qlc stata ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza. Suppongo che si debba comunque arrivare alla giurisdizione del giudice amministrativo in materia, ma il percorso, per quanto ho inteso, non mi sembra del tutto lineare. O mi sfuggito qualche aspetto? avv. lionello orcali avvocatura dello stato di brescia Da: Angelo Nicotra [mailto:angelo.nicotra@avvocaturastato.it] Inviato: marted 27 marzo 2018 18:21 A: 'Montagnoli Riccardo' ; 'Orcali Lionello' ; 'Avvocati_tutti' Oggetto: R: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. Riprendendo la discussione sulle conseguenze della Corte Costituzionale 22/18 in tema di revoca della patente ex art. 120 c.d.s., Vi chiedo se, tra le tante A.G. dItalia, qualcuna si sia pronunciata, a valle della sentenza costituzionale, a favore della Giurisdizione amministrativa sulla materia. Il Tribunale di Milano (ma ho notizie anche di quello di Cagliari) si espresso a favore della Giurisdizione ordinaria, con diverse pronunce, a mio modesto avviso, criticabili in diritto. Qualche materiale utile? avv. angelo nicotra avvocatura dello stato di milano CONTENzIOSO NAzIONALE Da: Francesco Triolo [mailto:francesco.triolo@avvocaturastato.it] Inviato: Wednesday 28 March 2018 17:09 A: 'Angelo Nicotra' ; 'Montagnoli Riccardo' ; 'Orcali Lionello' ; 'Avvocati_tutti' Oggetto: R: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. Mi sembra che la sentenza della Corte Costituzionale, nella parte in cui afferma lillegittimit dellautomatismo, e, dunque postula lesercizio di un potere discrezionale del prefetto, non lasci dubbi sulla giurisdizione del giudice amministrativo. Non mi pare che il fatto che la Corte si sia pronunciata sulla questione sollevata dal Tribunale di Genova determini la implicita affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, posto che essa era sussistente fino al momento in cui lautomatismo non stato dichiarato costituzionalmente illegittimo. La questione della giurisdizione quindi strettamente connessa a quella della ragionevolezza dellautomatismo. Per le stesse ragioni, mi sembra che debba continuare ad essere affermata la giurisdizione del Giudice ordinario per tutte le altre ipotesi non investite dalla pronuncia di illegittimit costituzionale, che espressamente concerne solo la revoca in presenza di condanne per i reati previsti dagli artt. 73 e 74, DPR 309/90. Per tutte le altre ipotesi, la natura vincolata del provvedimento di revoca (proprio per effetto della sentenza della Corte Costituzionale) rimane, per lo meno fino a nuova pronuncia di incostituzionalit anche su di esse (in questo caso per non varrebbe pi il tertium comparationis dellart. 85, DPR 309/90). avv. francesco triolo avvocatura dello stato di reggio calabria Da: Lionello Orcali Inviato: venerd 30 marzo 2018 10:50 A: Triolo Francesco; Nicotra Angelo; Montagnoli Riccardo; Avvocati_tutti Oggetto: R: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. Vi allego una recentissima sentenza del Tar Brescia, che dichiara la giurisdizione del G.A., e annulla, in relazione a ricorso del 2015. avv. lionello orcali avvocatura dello stato di brescia RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Corte costituzionale, sentenza 9 febbraio 2018 n. 22 -Pres. Lattanzi, red. Morelli. Norme impugnate: Art. 120, c. 1 e 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della Strada), come sostituito dallart. 3, c. 52, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). (omissis) considerato in diritto 1. Lart. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dallart. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sotto la rubrica Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui allart. 116, nei suoi commi 1, 2 e 3, cos testualmente dispone: 1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali [], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi []; 2. [] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La revoca non pu essere disposta se sono trascorsi pi di tre anni dalla data [] del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1; 3. [l]a persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non pu conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni. 2.. Le tre ordinanze, di cui si in narrativa detto, convergono nel denunciare, per contrasto con i parametri costituzionali in esse rispettivamente evocati, la disposizione di cui al comma 2, in correlazione al precedente comma 1, dellart. 120 del codice della strada, con specifico ed esclusivo riguardo alla revoca della patente di guida che consegua a condanna per reati in materia di stupefacenti. E, per tale comunanza di oggetto, possono riunirsi, per essere decise con unica sentenza. 3.. Preliminarmente, va per dichiarata la manifesta inammissibilit della questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia (r.o. n. 20 del 2016). Ci in quanto detto giudice difetta ictu oculi di giurisdizione. Per risalente e consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, giudice regolatore della giurisdizione, i provvedimenti adottati ai sensi dellart. 120 cod. strada (incidenti su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, n inerenti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) sono riservati, infatti, alla cognizione del giudice ordinario (ex multis, sezioni unite, sentenze 14 maggio 2014, n. 10406; 6 febbraio 2006, n. 2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 1996, n. 6232). E rispetto a tale univoco orientamento, il rimettente non spende alcuna -sia pur solo non implausibile - motivazione, per prospettarne la superabilit, a sostegno della sua (pertanto manifestamente non sussistente) legittimazione a sollevare, come giudice a quo, la questione suddetta. 4.. Anche le questioni sollevate dal giudice monocratico del Tribunale ordinario di Genova (r.o. n. 97 del 2017), sono manifestamente inammissibili. Prive di rilevanza - nel giudizio a quo avente, come detto, ad oggetto un provvedimento CONTENzIOSO NAzIONALE di revoca della patente di guida - sono, infatti, le questioni relative ad asseriti (non pertinenti) profili di deteriore trattamento dei soggetti che intendano conseguire, per la prima volta, il titolo abilitativo. Sono poi carenti della descrizione della fattispecie concreta, ai fini della motivazione sulla rilevanza, le questioni che il rimettente dichiara di far proprie, mutuandole dalle precedenti ordinanze di altri giudici, cui alluopo rinvia. E, comunque, tutte le (non sempre chiaramente) adombrate questioni risultano aggregate in dispositivo, ma senza indicazione alcuna dei parametri di rispettivo riferimento. 5.. La sola ordinanza (r.o. n. 210 del 2016) del Tribunale ordinario di Genova, in composizione collegiale, supera, dunque, il vaglio di ammissibilit delle questioni sollevate. Il thema decidendum segnato da detta ordinanza ha, come detto, un duplice oggetto. 5.1.. Per un verso il rimettente denuncia, infatti, il combinato disposto dei commi 1 e 2 del novellato art. 120 cod. strada, nella parte in cui ne conseguirebbe la revocabilit della patente di guida, anche in via retroattiva, in correlazione a condanne bens successive allentrata in vigore della novella del 2009, ma concernenti reati (in materia di stupefacenti) commessi (come nella specie) anteriormente a tale data; e ne prospetta il contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione allart. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, per lesione del principio di irretroattivit delle sanzioni sostanzialmente penali sancito dalla evocata norma convenzionale, come interpretata dalla Corte di Strasburgo. 5.2.. Sotto altro e pi generale profilo, dubita poi lo stesso giudice che lautomatismo della revoca del titolo di guida, che la normativa censurata direttamente ricollega ad intervenuta condanna per i reati in questione, violi gli artt. 3, 16, 25 e 111 Cost., per essere connotato da profili di irragionevolezza e di conseguente disparit di trattamento, rilevanti oltre che per lincidenza sulla libert personale e sulla libert di circolazione [] anche dal punto di vista della sottrazione del soggetto al giudice naturale e ad un giusto processo. E, in relazione a tale secondo profilo, il Tribunale ordinario di Genova sottolinea le rilevanti conseguenze negative che -per la ricorrente (la quale, da sola, deve accompagnare presso istituti dislocati in luoghi diversi le tre figlie minori, una delle quali con problemi di salute che comportano un periodico monitoraggio ospedaliero) - avrebbe la revoca della patente, disposta a ben otto anni di distanza dalla commissione del reato di cui allart. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), fatto lieve, in relazione al quale il giudice penale aveva ritenuto di non disporre il ritiro del titolo di guida ex art. 85 del medesimo d.P.R. n. 309 del 1990. 6.. Nellincipit del percorso argomentativo relativo alla prima delle due cos sollevate questioni, il Tribunale ordinario di Genova muove dalla considerazione che la sanzione della revoca, di cui al censurato art. 120 cod. strada, non abbia carattere penale nellordinamento interno (e non chiami per ci in gioco i principi di cui allart. 25, secondo comma, Cost.); ma si pone poi il quesito - cui d risposta affermativa - se la revoca sia una vera e propria sanzione in senso sostanziale alla stregua dei cosiddetti Engel criteria, enucleabili dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti delluomo. Dal che levocazione del parametro interposto di cui allart. 7 della CEDU, ai fini della denunciata violazione dellart. 117, primo comma, Cost., e dellart. 11 Cost., questultimo impropriamente per richiamato (sentenze n. 210 del 2013 e n. 80 del 2011). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 6.1.. La natura di sanzione della revoca della patente, qui in esame, per erroneamente presupposta dal rimettente. Come pi volte ribadito dalla Corte di legittimit (per tutte, sezioni unite civili, sentenza 14 maggio 2014, n. 10406; sezione seconda civile, ordinanza 4 novembre 2010, n. 22491), la revoca della patente, nei casi previsti dallart. 120 in esame, non ha natura sanzionatoria, n costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, ma rappresenta la constatazione dellinsussistenza (sopravvenuta) dei requisiti morali prescritti per il conseguimento di quel titolo di abilitazione. Vale a dire che, diversamente dal ritiro della patente disposto dal giudice penale ai sensi dellart. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, la revoca del titolo in via amministrativa, di cui alla disposizione censurata, non risponde ad una funzione punitiva, retributiva o dissuasiva dalla commissione di illeciti e trova, viceversa, la sua ratio nellindividuazione di un perimetro di affidabilit morale del soggetto, cui rilasciata la patente di guida, e nella selezione di ipotesi in presenza delle quali tale affidabilit viene meno. Per cui quelli che vengono, nel nostro caso, in rilievo sono, appunto, solo effetti riflessi della condanna penale, in settori ordinamentali diversi da quello cui affidata la funzione repressiva degli illeciti con le misure afflittive al riguardo previste. Esclusa cos, in radice, la natura sanzionatoria della revoca in via amministrativa della patente, risulta non pertinente levocazione della giurisprudenza della Corte europea sui criteri per lattribuibilit di natura sostanzialmente penale a sanzioni non formalmente tali. Mentre -nella logica (appunto non punitiva ma individuativa delle condizioni soggettive ostative al conseguimento o al mantenimento del permesso di guida) che ispira la novella del 2009 - la revoca della patente anche per reati, in materia di stupefacenti, commessi anteriormente alla entrata in vigore della disposizione impugnata, per i quali la condanna sia per comunque intervenuta dopo tale data, attiene al piano degli effetti riconducibili allapplicazione ratione temporis della norma stessa. Dal che la non fondatezza della questione sin qui esaminata. 7.. La seconda questione - relativa allautomatismo della revoca della patente, da parte dellautorit amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare, per reati in materia di stupefacenti - , invece, fondata per violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalit e ragionevolezza di cui allart. 3 Cost. La disposizione denunciata -sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una variet di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneit, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, pu riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entit. Reati che, per di pi, possono (come nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne lattitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, allattualit. Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame , poi, ravvisabile nel- lautomatismo della revoca amministrativa rispetto alla discrezionalit della parallela misura del ritiro della patente che, ai sensi dellart. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione pu disporre, motivandola, per un periodo non superiore a tre anni. pur vero che tali due misure - come gi evidenziato - operano su piani diversi e rispondono a diverse finalit. CONTENzIOSO NAzIONALE Ma la contraddizione non sta nel fatto che la condanna per reati in materia di stupefacenti possa rilevare come condizione soggettiva ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, agli effetti della sua revocabilit da parte dellautorit amministrativa, anche quando il giudice penale (non ritenendo che detto titolo sia strumentale al reato commesso o che possa agevolare la commissione di nuovi reati) decida di non disporre (ovvero disponga per un pi breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro della patente. La contraddizione sta, invece, in ci che - agli effetti delladozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarit della patente) -mentre il giudice penale ha la facolt di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il dovere di disporne la revoca. Per tali profili di contrasto con lart. 3 Cost. (nei quali restano assorbite le altre formulate censure) va, pertanto, dichiarata lillegittimit costituzionale dellesaminato comma 2 dellart. 120 cod. strada, nella parte in cui dispone che il prefetto provvede - invece che pu provvedere - alla revoca della patente di guida, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUzIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara lillegittimit costituzionale dellart. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dallart. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui - con riguardo allipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto provvede - invece che pu provvedere - alla revoca della patente; 2) dichiara la manifesta inammissibilit della questione di legittimit costituzionale dellart. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con lordinanza in epigrafe; 3) dichiara la manifesta inammissibilit delle questioni di legittimit costituzionale del- lart. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 16, 25, 27 e 111 Cost., dal Tribunale ordinario di Genova, in composizione monocratica, con lordinanza in epigrafe; 4) dichiara non fondata la questione di legittimit costituzionale dellart. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma Cost., in relazione allart. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti delluomo e delle libert fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Genova, in composizione collegiale, con lordinanza indicata in epigrafe. Cos deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 tribunale amministrativo Regionale per la lombardia, Brescia (sezione Prima), sentenza 26 marzo 2018 n. 343 -Pres. est. Roberto Politi. FATTO Con lavversata ordinanza, il Prefetto di Bergamo, ex art. 120 commi 1 e 2 del Codice della Strada comunicava al ricorrente la revoca della patente di guida allo stesso rilasciata. Il provvedimento veniva adottato a fronte della sentenza con la quale la Corte d'Appello di Brescia aveva condannato l'odierno ricorrente alla pena di anni due e mesi otto di reclusione e ad 12.000,00 di multa per il reato previsto e punito dall'art. 73 del D.P.R. 309/1990. Il Prefetto di Bergamo riteneva che il sig. -OMISSIS -non possedesse pi i requisiti morali prescritti per ottenere il rilascio della patente di guida sulla base di un'applicazione "automatica" della revoca del titolo, attesa la sussistenza di una delle cause previste dall'art. 120 C.d.S. Queste le dedotte censure: eccesso di potere per travisamento dei fatti; o, in subordine, violazione di legge, in quanto il Prefetto della Provincia di bergamo, nel motivare il provvedimento di revoca della patente, ometteva di rappresentare gli elementi concreti in base ai quali si sarebbe dovuto desumere lo stato attuale di pericolosit sociale del ricorrente applicando un ragionamento basato su un mero automatismo. Il Prefetto di Bergamo, con il provvedimento impugnato, non ha formulato alcun giudizio di pericolosit sociale nei confronti del ricorrente, limitandosi ad un mero richiamo al precedente penale del sig. - OMISSIS - ed alla citazione, quale fondamento del proprio operato, della pronuncia della Corte Costituzionale (ordinanza 169/2013) che, espressamente, conferma la legittimit di tale procedimento. Lordinanza n. 169 del 2013, citata nel provvedimento impugnato, si porrebbe in contrasto con i principi declinati dalla stessa Corte Costituzionale, che non possono essere disattesi senza entrare in conflitto con quanto affermato a livello comunitario. Nellosservare come la sentenza di condanna richiamata in atti risalga ad un episodio avvenuto in data 9 marzo 2007, ribadisce parte ricorrente lillegittimit del gravato provvedimento, laddove non ha contemplato alcuna valutazione discrezionale da parte della Pubblica amministrazione in merito all'attualit del pericolo evidenziato. Formula parte ricorrente, in subordine, eccezione di incostituzionalit dell'art. 120, commi 1 e 2, del codice della strada, come modificato dalla legge 94/2009, nella parte in cui prevede la perdita automatica del possesso dei requisiti morali prescritti per ottenere il rilascio della patente di guida per le persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del Testo Unico di cui al D.P.R. 309/1990, per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. e per l'aperto contrasto con l'ordinamento comunitario nella misura in cui non lascia spazio ad una valutazione discrezionale della pubblica Amministrazione, nonch per violazione dell'art. 3 Cost. Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura. L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, stata da questa Sezione respinta con ordinanza n. 293 del 5 marzo 2015. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 21 marzo 2018. CONTENzIOSO NAzIONALE DIRITTO 1. Giova precisare che il provvedimento impugnato ha disposto, nei confronti dellodierno ricorrente, la revoca della patente di guida: -a fronte della sentenza n. 2802/2012 in data 12 novembre 2012, con la quale la Corte dAppello di Brescia ha condannato lodierno ricorrente alla pena della reclusione per anni due e mesi otto, nonch della multa per 12.000,00, per il reato previsto e punito dall'art. 73 del D.P.R. 309/1990; -in ragione del conseguente, ritenuto, venir meno, in capo allinteressato, dei requisiti morali prescritti per ottenere il rilascio della patente di guida, ai sensi dellart. 120, commi 1 e 2, del Codice della Strada, approvato con D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285; -ed in considerazione del contenuto dellordinanza della Corte Costituzionale 169/2013, con la quale stata confermata lapplicazione automatica della revoca della patente di guida, in presenza di una delle cause previste dallart. 120 C.d.S. Il suindicato pregiudizio penale ha costituito, pertanto, lunico presupposto giustificativo del- ladozione del censurato provvedimento di diniego di rilascio della patente di guida, in relazione alla affermata mancanza dei requisiti morali di cui allart. 120, comma 1, del Codice della Strada. Lart. 120 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dal- lart. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sotto la rubrica requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui allart. 116, nei suoi commi 1, 2 e 3, cos testualmente stabilisce (rectius: stabiliva, anteriormente allintervento della Corte Costituzionale, di cui al successivo punto 2.): 1. non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali [], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi []; 2. [] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. la revoca non pu essere disposta se sono trascorsi pi di tre anni dalla data [] del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1; 3. [l]a persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non pu conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni. 2. Con recente sentenza n. 22 del 9 febbraio 2018 (pubblicata in G.U. il 14 febbraio 2018), la Corte Costituzionale, esclusa la natura sanzionatoria della revoca in via amministrativa della patente, ha ritenuto fondata la questione - relativa allautomatismo della revoca della patente, da parte dellautorit amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare, per reati in materia di stupefacenti - per violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalit e ragionevolezza di cui allart. 3 della Costituzione. La disposizione ex art. 120 C.d.S., secondo il giudizio della Corte, in quanto fondata sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida ricollega in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una variet di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneit, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, pu riguardare reati di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 diversa, se non addirittura di lieve, entit. reati che, per di pi, possono essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. il che dovrebbe escluderne lattitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, allattualit. Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame stato, poi, ravvisato nellautomatismo della revoca amministrativa rispetto alla discrezionalit della parallela misura del ritiro della patente che, ai sensi dellart. 85 del d.P.r. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione pu disporre, motivandola, per un periodo non superiore a tre anni: contraddizione ravvisabile in ci che - agli effetti delladozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarit della patente) - mentre il giudice penale ha la facolt di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il dovere di disporne la revoca. Per tali profili di contrasto con lart. 3 Cost., stata, pertanto, dichiarata lillegittimit costituzionale del comma 2 dellart. 120 cod. strada, nella parte in cui dispone che il prefetto provvede -invece che pu provvedere -alla revoca della patente di guida, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309 del 1990. 3. Tale conclusione si rivela affatto omogenea rispetto alla sistematica interpretativa da questa Sezione esplicitata con sentenza 21 giugno 2016 n. 864; e, da ultimo, ribadita con sentenza 11 dicembre 2017 n. 1416. Con tale pronunzia, in particolare, stato rilevato come: -per quanto riguarda i reati in materia di stupefacenti lautomatismo della revoca o del diniego di rilascio della patente di guida ex art. 120 commi 1 e 2 del codice della strada sia venuto meno in relazione alla fattispecie di lieve entit e alla condanna per droghe leggere, purch in questultimo caso la pena in concreto applicata non superi il massimo edittale della fattispecie di lieve entit; -la perdita dellautomatismo implica lobbligo per la Prefettura di valutare in concreto la posizione dellinteressato, tenendo conto non solo delle condanne penali ma anche della condotta successiva e delle prospettive di reinserimento sociale. Sotto tale ultimo profilo, questa stessa Sezione (cfr. ordinanza n. 1216 del 23 giugno 2015, resa nellambito del giudizio conclusosi poi con la sentenza sopra citata), aveva ritenuto rilevanti, nel quadro del rinnovato apprezzamento incombente sulla competente Autorit, i seguenti parametri: (1) gravit dellepisodio criminoso descritto nella sentenza di condanna; (2) condotta mantenuta dal ricorrente successivamente alla condanna, sia sotto il profilo lavorativo sia in generale nei rapporti sociali e interpersonali; (3) eventuali nuove denunce a carico del ricorrente, o frequentazione di soggetti pericolosi; (4) eventuale presenza di familiari in grado di assistere e sostenere il ricorrente nel percorso riabilitativo; (5) svolgimento di attivit lavorative, oppure offerte di lavoro, in relazione alle quali sia necessario il possesso della patente di guida. 4. Lintervenuta pronunzia di incostituzionalit dellart. 120, comma 2, C.d.S., per come promanante dal suindicato intervento manipolativo posto in essere dalla Corte Costituzionale (nelle conclusioni, come si avuto modo di rilevare, affatto omogeneo ai principi CONTENzIOSO NAzIONALE come sopra precedentemente enunciati dalla Sezione), impone laccoglimento del presente mezzo di tutela. Il venir meno dellautomatismo precedentemente disciplinato dalla norma in rassegna (e ricollegante la revoca del titolo di guida allintervenuta pronunzia di una sentenza penale di condanna), impone, ora, alla competente Autorit prefettizia una (necessaria) valutazione in ordine alla immanenza e consistenza degli elementi suscettibili di inalveare un giudizio di insussistenza dei requisiti morali: giudizio che, lungi dal promanare dal mero pregiudizio penale, deve transitare attraverso un apprezzamento discrezionale, le cui direttrici di svolgimento ben possono essere ricondotte ai parametri da questa Sezione enucleati in epoca largamente antecedente al recente arresto del Giudice delle Leggi. Va soggiunto che, laddove (come nel caso in esame) la sentenza di condanna riveli collocazione temporale largamente risalente rispetto alla determinazione prefettizia concernente il titolo di guida, sul discrezionale apprezzamento anzidetto suscettibile di indurre un rafforzamento delleffusione motivazionale, s da esplicitare le ragioni sottese ad un giudizio di perduranza della inidoneit morale ai fini della conservazione del titolo stesso. 5. Se quanto esposto chiaramente milita nel senso dellaccoglibilit del presente ricorso, non ravvisa il Collegio alcun elemento ostativo a siffatta conclusione con riferimento allappartenenza della cognizione giurisdizionale della presente controversia al giudice ordinario, anzich al giudice amministrativo. Tale dubbio potrebbe essere indotto dalla stessa sentenza della Consulta 22/2018, laddove viene dichiarata la manifesta inammissibilit della questione sollevata dal tribunale amministrativo regionale per il friuli-Venezia Giulia in quanto detto giudice difetta ictu oculi di giurisdizione. Per risalente e consolidata giurisprudenza della corte di cassazione, giudice regolatore della giurisdizione, i provvedimenti adottati ai sensi dellart. 120 cod. strada (incidenti su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, n inerenti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) sono riservati, infatti, alla cognizione del giudice ordinario (ex multis, sezioni Unite, sentenze 14 maggio 2014, n. 10406; 6 febbraio 2006, n. 2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 1996, n. 6232). Peraltro, come correttamente osservato dallAvvocatura Distrettuale dello Stato (cfr. memoria depositata il 17 febbraio 2018): -se pur vero che, ripetutamente, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si sono pronunciate in favore della giurisdizione del giudice ordinario (in considerazione della natura vincolata della revoca) - ora, proprio la sentenza da ultimo resa dalla Corte Costituzionale, nel dichiarare lincostituzionalit dellart. 120 C.d.S. nella parte in cui dispone che il prefetto provvede - in luogo di pu provvedere - alla revoca della patente, ha caratterizzato siffatta determinazione in senso marcatamente discrezionale: con riveniente, chiara, sussumibilit della cognizione delle relative controversie nel perimetro giurisdizionale di spettanza del giudice amministrativo. N osta a siffatta conclusione - come, pure, correttamente rilevato dalla stessa difesa erariale -quanto indicato dallart. 5 c.p.c., atteso che il principio da esso stabilito secondo cui la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, senza che abbiano effetto i successivi mutamenti, essendo diretto a favorire, e non ad impedire, il verificarsi della perpetuatio jurisdictionis, trova applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente adito, ma non anche nel caso in cui il mutamento dello stato di diritto o di fatto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 comporti, invece, l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda (Cass., SS.UU., 13 settembre 200, n. 18126 e Cass. civ., Sez. II, 8 ottobre 2014 n. 21221). 6. Nellescludere che la gravata determinazione rechi, come in precedenza accennato, adeguati elementi rappresentativi in ordine alla discrezionale valutazione -ora -rimessa alla competente Autorit prefettizia (diversamente rispetto a quanto, pur esaurientemente, rappresentato dal- lAvvocatura nella sopra citata memoria difensiva; a proposito del contenuto della quale, va rammentato come sia preclusa lintegrazione postuma del contenuto motivazionale dellatto assoggettato a sindacato giurisdizionale), deve ribadirsi, nei limiti di cui sopra, laccoglibilit del proposto mezzo di tutela: alla quale accede lannullamento dellatto con esso gravato. Deve, da ultimo, soggiungersi che leffetto conformativo promanante dalla presente pronunzia imporr alla competente Autorit, in sede di rinnovato esercizio del potere, la valutazione anzidetta della personalit del ricorrente, con carattere di necessaria prodromicit rispetto al- lassunzione della determinazione concernente il rilascio del titolo di guida. Sussistono, in ragione della peculiarit della presente controversia (segnatamente, con riferimento alla sopravvenienza, in pendenza di giudizio, della pi volte citata pronunzia della Corte Costituzionale), giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla - nei limiti e con gli effetti indicati in motivazione - latto con esso gravato. Spese compensate. (...) Cos deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2018. CONTENzIOSO NAzIONALE Revoca di finanziamenti pubblici alle imprese e passivo fallimentare: il trattamento privilegiato del credito restitutorio cassazione ciVile, sez. i, ordinanza 20 aPrile 2018 n. 9926 Con lordinanza in rassegna la Corte di Cassazione ha - previa riunione accolto i ricorsi proposti nellinteresse del Ministero dello Sviluppo Economico e di Equitalia SPA, per lannullamento del decreto del Tribunale di Brescia sez. fall. La Corte ha affermato il principio per cui il credito avente titolo del decreto ministeriale di revoca del finanziamento gi concesso ex lege n. 237/1993, deve essere ammesso al passivo fallimentare in via privilegiata ex art. 9 comma 5 del D.lgs. 123/1998, ritenendo che il privilegio generale previsto da tale norma competa a tutti i crediti relativi ai finanziamenti erogati e poi revocati allimpresa, tanto se abbiano fonte nellirregolare concessione dellintervento o nellindebito conseguimento del beneficio, quanto se derivino da qualsiasi altra ragione, anche attinente alla fase negoziale successiva alla erogazione del contributo. marina russo* Cassazione civile, sezione i, ordinanza 20 aprile 2018 n. 9926 -Pres. A. Didone, rel. A. Valitutti. FATTI DI CAUSA 1. Equitalia Nord s.p.a. in qualit di concessionario per la riscossione, presentava istanza, ex art. 93 legge fall., per l'ammissione al privilegio del Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione di un credito iscritto a ruolo per l'importo complessivo di Euro 11.566. 027,43, avente titolo nel decreto ministeriale del 10 gennaio 2008, con il quale era stato revocato il finanziamento a suo tempo concesso all'impresa, ai sensi della legge n. 237/1993, nell'ambito di un programma di investimenti avente ad oggetto la riconversione dello stabilimento industriale sito in Castenedolo. Il credito veniva ammesso nel passivo del fallimento al chirografo. 2. Con decreto n. 18912013, depositato il 21 febbraio 2013, emesso all'esito del giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal concessionario per la riscossione, il Tribunale di Brescia confermava l'ammissione del credito al chirografo nel passivo del Fallimento Val- sella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione, gi effettuata dal giudice delegato, ritenendo non sussistenti i presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui agli artt. 24, comma 33, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e 9, commi 4 e 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123. 3. Per la cassazione di tale pronuncia hanno proposto separati ricorsi il Ministero dello Svi(*) Avvocato dello Stato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 luppo Economico ed Equitalia Nord s.p.a. Quest'ultima ha, altres, proposto ricorso incidentale adesivo al ricorso principale del Ministero. L'intimato Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione non ha svolto attivit difensiva. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., i ricorsi nn. 8436 e 8493/2013, proposti nei confronti dello stesso provvedimento n. 189/2013, emesso dal Tribunale di Brescia. 2. Nel merito, va rilevato che i motivi del ricorso principale proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico, del ricorso incidentale adesivo di Equitala Nord s.p.a., iscritti a ruolo allo stesso numero R.G. 8436/2013, e del ricorso autonomo e successivo di Equitalia, rubricato al n. R.G. 8493/2013 - da considerarsi come ricorso incidentale proposto nei termini di cui agli artt. 370 e 371 cod. proc. civ. (Cass., 20/03/2015, n. 5695; Cass., 09/02/2016, n. 2516) hanno ad oggetto le medesime censure e, per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente. 2.1. 1 ricorrenti rilevano che Equitalia Nord s.p.a., in qualit di concessionario per la riscossione, aveva presentato istanza, ex art. 93 legge fall., per l'ammissione al privilegio del Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione di un credito iscritto a ruolo per l'importo complessivo di Euro 11.566.027,43, avente titolo nel decreto mnisteriale del 10 gennaio 2008, con il quale era stato revocato il finanziamento a suo tempo concesso all'impresa, ai sensi della regge n. 237/1993, nell'ambito di un programma di investimenti avente ad oggetto la riconversione dello stabilimento industriale sito in Castenedolo. La revoca - a tenore del decreto succitato - era imputabile all'inadempienza della societ beneficaria del contributo, rispetto all'obbligo di restituzione di tale finanziamento, non avendo la medesima pagato le prime tre rate ricomprese del piano di restituzione dell'agevolazione concessa, in tal modo determinando la perdita del beneficio del termine, ex art. 1186 cod. civ., e l'avvio del procedimento di revoca totale del contributo erogato. 2.2. Con decreto n. 189/2013, depositato il 21 febbraio 2013, emesso allesito del giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal concessionario per la riscossione, il Tribunale di Brescia confermava, peraltro, l'ammissione del credito al chirografo nel passivo del Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione, gi effettuata dal giudice delegato. 2.3. Avverso tate provvedimento -denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, comma 33, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, 9, commi 4 e 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, 1362 cod. civ., 4, secondo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E) e 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. -insorgono Equitalia ed il Ministero, con i rispettivi ricorsi per cassazione. 2.3.1. Gli istanti deducono che la decisione dei tribunale si sarebbe posta in contrasto con il disposto delle norme succitate, il cui disposto evidenzierebbe, in modo inequivoco, come contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo - il diritto dell'amministrazione, in conseguenza dell'emesso provvedimento amministrativo di revoca, alla restituzione del finanziamento concesso all'impresa inadempiente, costituisce credito privilegiato e non chirografario. 2.3.2. Di pi, la valutazione operata dal tribunale si sarebbe spinta ben oltre l'accertamento dell'esistenza del privilegio sulla base di quanto documentato dal creditore istante, fino a sindacare - incorrendo in ultrapetizione, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., e nella violazione dei limiti imposti al giudice ordinario in relazione agli atti amministrativi dall'art. 4 della legge n. 2248 dei 1865 - la stessa legittimit dell'esercizio del potere di revoca, diversamente qua CONTENzIOSO NAzIONALE lificando l'atto dell'amministrazione, che invero ad avviso del tribunale - non si sarebbe tradotto nell'emissione di un vero e proprio provvedimento pubblicistico (tale atipica revoca), bens in un atto privatistico volto ad avvalersi della decadenza del beneficiario del finanziamento dal beneficio del termine, ex art. 1186 cod. civ. Il Tribunale avrebbe dovuto, per converso, sulla base dell'insindacabile provvedimento di revoca del beneficio, tale qualificato dell'amministrazione, ammettere il relativo credito al privilegio, ai sensi degli artt. 24 della legge n. 449 del 1997 e 9 del d.lgs. n. 123 del 1998. 3. Le censure sono fondate. 3.1. Va osservato, al riguardo, che gi la disposizione generale in materia di riscossione delle agevolazioni concesse dal Ministero a titolo di incentivi alle imprese, contenuta nell'art. 24 della legge n. 449 del 1997, - dopo avere previsto che il provvedimento di revoca di tali benefici costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 67, comma 2, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, della sorte capitale, degli interessi e delle sanzioni (comma 32) -dispone che Il diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis dei codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi [...]. Di tale inequivoca previsione normativa -che qualifica come privilegiato il credito per la restituzione, conseguente alla revoca da parte dell'amministrazione, da qualsiasi titolo derivi, del finanziamento erogato dal Ministero - il provvedimento del Tribunale impugnato non ha, tuttavia, in alcun modo tenuto conto. 3.2. Del tutto erronea da reputarsi, peraltro, anche l'interpretazione che l tribunale ha fatto della successiva disposizione di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 123 del 1998, posta a fondamento del provvedimento impugnato. La norma prevede, al comma 4, che Nei casi di restituzione dell'intervento in conseguenza della revoca di cui al comma 3, o comunque disposta per azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria, e della revoca di cui al comma 1, disposta anche in misura parziale purch proporzionale all'inadempimento riscontrato, l'impresa stessa versa il relativo importo maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, ovvero alla data di concessione del credito di imposta, maggiorato di cinque punti percentuali. In tutti gli altri casi la maggiorazione da applicare determinata in misura pari al tasso ufficiale di sconto. Il successivo comma 5 dispone, poi, che Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi, e che al recupero di tali crediti si provvede con iscrizione a ruolo ex art. 67, comma 2, del d.P.R. n. 43 del 1988. 3.3. Orbene, il tribunale ha interpretato tali disposizioni nel senso che il credito derivante dalla restituzione del finanziamento abbia le proprie radici nell'irregolare ammissione all'intervento o comunque nell'indebito conseguimento del beneficio di legge (p. 8), considerate come uniche ipotesi tipicamente disciplinate dalla legge, nelle quali l'ente erogatore avrebbe diritto al trattamento privilegiato del credito restitutorio. Sicch il riferimento alle gravi inadempienze del beneficiario ed ai fatti imputabili al medesimo non potrebbe in alcun modo essere inteso come riferito alla mancata restituzione di un finanziamento regolarmente concesso, venendo in siffatta ipotesi in considerazione una patologia meramente attinente al rapporto di credito (della P.A.) ormai instaurato e non gi alle condizioni concessorie ed alla ratio giustificatrice della sovvenzione (p. 7). Si tratterebbe, in altri termini, ad avviso RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 del Tribunale, di una atipica revoca, che non integrerebbe la fattispecie provvedimentale tipica, che sola potrebbe dare origine al credito restitutorio privilegiato, ai sensi delle norme succitate. 3.4. Tanto premesso, va osservato, in proposito, che l'art. 9 dei d.gs. n. 123 del 1998 disciplina la revoca dei benefici (previsti dal precedente art. 7), la misura delle restituzioni in conseguenza della revoca e prevede le ipotesi in cui opera il privilegio. In particolare, la revoca dei benefici prevista: a) in caso di assenza di uno o pi requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili (comma 1); b) nel caso in cui i beni acquistati con l'intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all'intervento (comma 3); c) nel caso di azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria e - pi in generale - n tutti gli altri casi (comma 4). Gli interventi pubblici di sostegno all'economia si realizzano, dunque, attraverso un procedimento complesso, in cui la fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici seguita da un negozio privatistico di finanziamento o di garanzia, nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo. La deviazione dallo scopo, nei casi suindicati, cos come l'inadempienza a tale rapporto negoziale, determina la violazione della causa del contratto di finanziamento o di garanzia e costituisce -attesa la stretta connessione sussistente tra le due fasi del complesso procedimento in esame - presupposto alla revoca del beneficio erogato (cfr. Cass., 20/09/2017, n. 21841). In altri termini, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, anche la patologia inerente alla successiva fase -sebbene di carattere negoziale -concernente la gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione, pu incidere su quest'ultima e comportare la revoca del beneficio e la conseguente insorgenza del diritto dell'amministrazione alla restituzione. 3.5. in tale contesto che si colloca, quindi, - come dianzi detto - il privilegio di cui all'art. 9, comma 5, secondo il quale per le restituzioni di cui ai comma 4, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'art. 2751 bis c.c. e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi. La norma rinvia, pertanto, ai fin dell'applicazione del privilegio generale - con una locuzione volutamente generica ed onnicomprensiva - ai crediti nascenti dai finanziamenti di cui al comma 4 (che disciplina, come si detto, la revoca di tutte le somme erogate), facendo, pertanto, inevitabilmente riferimento a tutti i crediti relativi ai finanziamenti erogati, e poi revocati, alla impresa; ossia - non soltanto, come ha inteso il tribunale ai crediti aventi la loro fonte nell'irregolare concessione dell'intervento o nell'indebito conseguimento del beneficio - ma anche a quelli derivanti, come nella specie, da ragioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria o da qualsiasi altra ragione (in tutti gli altri casi), anche se attinente alla fase negoziale successiva all'erogazione del contributo. Tale opzione interpretativa , invero, perfettamente in linea con le finalit proprie dei finanziamenti e con le necessarie garanzie che lo Stato introduce per la tutela delle proprie ragioni di credito, anche al fine di consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione, al fine d realizzare l'interesse pubblicistico al reimpiego di quelle stesse risorse gi messe a disposizione delle imprese per scopi frustrati dallinadempenza delle medesime agli obblighi assunti (Cass. 21841/2017; Cass., 02/03/2012, n. 3335, nel senso che il presupposto unico del diritto dello Stato alle restituzioni, garantito dai privilegio di cui al comma 5 CONTENzIOSO NAzIONALE dell'art. 9 del d.lgs. n. 123 del 1998, che si tratti di interventi di sostegno pubblico alle imprese, erogati in forza del medesimo decreto legislativo). 3.6. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, i ricorsi principale ed incidentale devono essere accolti. 4. L'accoglimento dei ricorsi comporta la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio al Tribunale di Brescia in diversa composizione, che dovr procedere a nuovo esame del merito della controversia facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altres, alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia al Tribunale di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimit. Cos deciso in Roma il 22/02/2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Unioni omoaffettive: trascrizione di un matrimonio contratto allestero e normativa sopravvenuta sulle unioni civili cassazione ciVile, sez. i, sentenza 14 maGGio 2018 n. 11696 La sentenza della Corte di cassazione del 14 maggio 2018, n. 11696 ha respinto il ricorso avversario volto ad ottenere la trascrizione del matrimonio celebrato allestero tra persone dello stesso sesso (nella specie matrimonio misto tra un cittadino italiano e un cittadino straniero). Si tratta della prima sentenza della Suprema Corte, in materia di trascrizione in Italia di matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato allestero, pronunciata dopo lentrata in vigore della legge 20 maggio 2016, n. 76 sulle unioni civili e dei relativi decreti attuativi (d.lgs. 19 gennaio 2017 nn. 5 e 7). La Corte di cassazione, ha ritenuto applicabile la normativa sopravvenuta allipotesi di matrimonio celebrato prima della sua entrata in vigore, in quanto lapplicazione delle nuove norme ai rapporti sorti prima della sua entrata in vigore non costituisce una deroga al principio dirretroattivit della legge, ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e di legittima circolazione degli status posta alla base della loro introduzione nellordinamento. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto che la normativa sopravvenuta non sia applicabile al caso dedotto in giudizio, relativo a matrimonio misto contratto tra un cittadino italiano e un cittadino straniero in quanto, ai sensi del- lart. 32 bis della legge n. 218 del 1995 il matrimonio contratto allestero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dellunione civile regolata dalla legge italiana. La formulazione vigente, prosegue la Suprema Corte, ҏ frutto di una modifica del testo iniziale, dovuta allintervento correttivo sollecitato dalle commissioni affari costituzionali e Giustizia sul testo precedente che non prevedeva la limitazione della conversione in unione civile ai matrimoni contratti da cittadini italiani allestero ma si riferiva genericamente ai matrimoni contratti allestero, comprendendovi anche i cittadini stranieri. tale estensione stata ritenuta ingiustificata rispetto alla ratio antielusiva posta a base della nuova norma. Wally Ferrante* Cassazione civile, sezione i, sentenza 14 maggio 2018 n. 11696 -Pres. F. Tirelli, rel. M. Acierno, P.m. F. Ceroni (difforme) - (Omissis) c. Sindaco Comune di Milano - Ufficiale di Governo (avv. St. W. Ferrante) in punto decreto Corte appello Milano dep. 6 novembre 2015. FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso proposto da (omissis) volto a far dichiarare l'illegittimit del rifiuto di trascrizione (*) Avvocato dello Stato. CONTENzIOSO NAzIONALE del loro matrimonio celebrato in (omissis) e, successivamente, con rito civile in (omissis). 2. A sostegno della decisione la Corte territoriale ha affermato che alla luce del complessivo quadro costituzionale e convenzionale i singoli Stati membri del Consiglio d'Europa conservano la libert di scegliere il modello di unione (tra persone dello stesso sesso) giuridicamente riconosciuta nell'ordinamento interno e che in ordine a tale modello deve rinvenirsi una riserva assoluta di legislazione nazionale. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non corrisponde al modello matrimoniale delineato dal nostro ordinamento e, di conseguenza, la trascrizione di un atto estero di tale contenuto determinerebbe un quadro d'incertezza incompatibile con l'assetto e la funzione della trascrizione. 3. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione (omissis) sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso e ricorso incidentale il sindaco di Milano come Ufficiale del Governo ed ha proposto controricorso adesivo l'associazione (omissis). Hanno depositato memoria i ricorrenti e i controricorrenti adesivi. RAGIONI DELLA DECISIONE 4. Deve rilevarsi, preliminarmente, che nelle more del giudizio per cassazione intervenuta la L. n. 76 del 2016 ed i decreti legislativi delegati previsti dall'art. 1, comma 28, lett. b) riguardanti l'adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni ed annotazioni nonch delle norme in materia di diritto internazionale privato. Sono stati, infatti, emanati rispettivamente i D.Lgs. 19 gennaio 2017 n. 5 e D.Lgs. n. 7 del 2017. 4.1. L'illustrazione dei motivi di ricorso verr, conseguentemente completata dalle integrazioni contenute nelle memorie depositate, dovendosi affrontare, tra gli altri, il profilo dell'applicabilit della nuova disciplina normativa anche ai rapporti sorti prima dell'entrata in vigore del nuovo complesso sistema legislativo, ed ai giudizi instaurati anteriormente ad esso. 5. Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del principio generale del favor matrimon in relazione agli artt. 2, 3 e 29 Cost., nonch del principio di tassativit e tipicit delle fattispecie, del principio della conservazione degli atti, del diritto alla vita familiare e del divieto di discriminazione. In particolare, le parti contestano che il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero sia inidoneo alla produzione di effetti giuridici nel nostro ordinamento e che viga il principio di tassativit in ordine alla trascrizione degli atti. Viene rilevato che il D.P.R. n. 396 del 2000, art. 63, comma 2, stabilisce che i matrimoni celebrati all'estero, davanti all'autorit locale, secondo le leggi del luogo, devono essere trascritti nei registri dello stato civile e che la L. n. 218 del 1995, art. 27 afferma che la capacit matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale del nubendo. Infine l'art. 115 c.c. richiama per il cittadino italiano le norme nazionali sulle condizioni per contrarre matrimonio contenute negli artt. 84 c.c. e ss. Nessuna di tali norme contiene riferimenti testuali diretti od indiretti alla diversit di sesso dei coniugi. Una volta soddisfatti i requisiti sostanziali di stato e capacit previsti dalla legge italiana il matrimonio del cittadino italiano celebrato nel rispetto della lex loci ha immediata validit nel nostro ordinamento. Alla luce di queste premesse, una volta superata anche dalla giurisprudenza di legittimit la tesi dell'inesistenza giuridica del matrimonio contratto tra persone dello stesso sesso e la vigenza dell'art. 9 della Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea e 12 della CEDU rimane priva di fondamento l'intrascrivibilit del predetto matrimonio. Se la differenza di sesso tra i nubendi non un requisito necessario per la esistenza e validit del matrimonio non pu neanche incidere sulla sua efficacia. N pu pi ritenersi la contrariet al parametro dell'ordine pubblico del matrimonio in questione L. n. 218 del 1995, ex art. 16, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 essendo tale impedimento escluso dalla giurisprudenza di legittimit ed essendo applicabile il principio secondo il quale i matrimoni celebrati tra cittadini italiani e stranieri hanno immediata rilevanza nel nostro ordinamento sempre che essi risultino celebrati secondo le forme previste dalla legge straniera e sempre che sussistano i requisiti di capacit previsti dalla legge nazionale. 6. Nel secondo motivo viene dedotta specificamente la violazione del divieto di discriminazione in ordine all'affermazione della Corte d'appello secondo la quale il matrimonio tra persone dello stesso sesso non corrisponde alla tipologia di matrimonio delineato nel nostro ordinamento e perci non trascrivibile. La trascrizione ha solo efficacia certativa e non costitutiva di un atto che immediatamente valido ed efficace tanto che non sarebbe consentito un secondo matrimonio di uno dei componenti l'unione coniugale in questione ex art. 116 c.c. Inoltre il ricorrente di nazionalit (omissis), ha ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari proprio in considerazione dell'unione matrimoniale. Alla luce della giurisprudenza Cedu in tema d'interpretazione degli artt. 8, 12 e 14 della Convenzione non si riscontra alcuna proporzionalit nella soluzione adottata dalla Corte d'appello. Essa viola la vita privata e famigliare dei ricorrenti, la loro libert individuale e li discrimina in ragione del loro orientamento sessuale. 7. Le ragioni dei ricorrenti sono state corroborate anche dal controricorso adesivo dell'Associazione (omissis), in particolare sotto il profilo dell'insussistenza dell'impedimento dovuto alla contrariet all'ordine pubblico da intendersi come ordine pubblico internazionale, attualmente del tutto aperto al riconoscimento giuridico delle unioni tra persone dello stesso sesso. La scelta del modello rimessa al legislatore interno e non entra nella valutazione di compatibilit posta dal limite dell'ordine pubblico internazionale. 8. Nella memoria delle parti ricorrenti stata evidenziata l'entrata in vigore della L. n. 76 del 2016 e la previsione nell'art. 1, comma 28 lett. b), della delega al Governo per l'emanazione di decreti attuativi in ordine alla materia del diritto internazionale privato "prevedendo l'applicazione della disciplina dell'unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all'estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo". Nella relazione illustrativa era stato sostenuto che "per quanto riguarda il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero, la soluzione obbligata quella per cui lo stesso produce in italia gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana, indipendentemente dalla cittadinanza (italiana o straniera) delle parti". Successivamente, tuttavia, la Commissione affari Costituzionali del Senato e le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno rilevato che questa formulazione cos ampia contraddicesse i principi generali in materia di diritto internazionale privato, determinando una situazione di disparit di trattamento tra coppie dello stesso sesso straniere coniugate all'estero e coppie unite all'estero da un vincolo diverso dal matrimonio. Da tale indicazione sorta la formulazione della L. n. 218 del 1995, art. 32bis, che stabilisce solo per i cittadini italiani dello stesso sesso che abbiano contratto matrimonio all'estero la produzione nel nostro ordinamento degli effetti dell'unione civile. La norma applicabile soltanto nell'ipotesi in cui entrambi i nubendi siano italiani. La conclusione suggerita dalla relazione accompagnatoria che riferisce la soluzione al matrimonio contratto all'estero, ove si tratti di cittadini italiani dello stesso sesso. La norma sulla trascrizione applicabile, pertanto, il R.D. n. 1238 del 1939, art. 125, comma 5, che prescrive la trascrizione nei registri di matrimonio degli atti di matrimonio celebrati all'estero. CONTENzIOSO NAzIONALE Dunque la legge italiana non pu pi regolare situazioni, quali quella dedotta in giudizio, antecedenti il 5 giugno 2016 (data di entrata in vigore della L. n. 76 del 2016). 9. Nella memoria dell'associazione (omissis) viene affrontata specificamente la categoria delle coppie cd. miste, ovvero composte da un cittadino italiano ed un cittadino straniero con matrimonio celebrato all'estero. Questa tipologia di unione coniugale non pu produrre gli effetti dell'unione civile, in quanto la citata L. n. 218 del 1995, art. 32 bis limita tale peculiare effetto solo ai matrimoni contratti dai cittadini italiani. La conferma della correttezza dell'inapplicabilit della limitazione degli effetti alle coppie miste deriva dal confronto tra lo schema di decreto legislativo trasmesso una prima volta al Parlamento, che si riferiva genericamente al matrimonio contratto all'estero da persone dello stesso sesso, e il testo effettivamente adottato che si riferisce invece a "cittadini italiani dello stesso sesso". Il rinvio esclusivo alla legge italiana avrebbe impedito l'applicazione delle regole di diritto internazionale privato il cui scopo il coordinamento con gli ordinamenti stranieri. Nella memoria viene, infine, sottolineato il difetto di coordinamento normativo tra il R.D. n. 1238 del 1939, art. 125, comma 5, n. 1, che prescrive la trascrizione nei registri di matrimonio celebrati all'estero e l'art. 134 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2017, secondo il quale tutti gli atti di costituzione delle unioni civili avvenute all'estero e gli atti di matrimonio tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero devono essere trascritti nel registro delle unioni civili. Si tratta di una dimenticanza del legislatore delegato, come sottolineato anche dal Consiglio Nazionale del Notariato. Deve pertanto ritenersi che il citato art. 134 bis sia applicabile soltanto ai matrimoni contratti da soli cittadini italiani all'estero in quanto non plausibile che una tipologia di matrimonio che secondo le norme di diritto internazionale privato pu essere trascritto come tale debba subire, per una disposizione relativa ad una fase meramente certativa, una sorte diversa. I matrimoni composti da coppie miste non sono stati celebrati all'estero con un intento elusivo, costituendo l'esercizio di un diritto soggettivo riconosciuto dall'art. 12 Cedu e 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. L'unione matrimoniale dedotta nel presente giudizio non solo coerente con la lex loci, ma ha un elemento di transnazionalit che non stato creato ad hoc ma agganciato alla legge nazionale di uno dei coniugi, e, dunque, nell'esercizio di un diritto fondamentale. In conclusione, la L. n. 218 del 1995, art. 32 bis non applicabile alla fattispecie. 9.1 L'applicazione del cd. downgrading (ovvero l'applicazione della disciplina normativa delle unioni civili) anche ai matrimoni cd. misti determinerebbe una violazione dell'art. 3 Cost. Ove si ritenga, contro il chiaro dato testuale, che l'art. 32 bis sopra citato sia applicabile alla fattispecie, deve essere prospettata eccezione d'illegittimit costituzionale delle seguenti norme: -L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 28, lett. b) nella parte in cui prevede anche per i matrimoni formati all'estero da una coppia formata da un cittadino italiano e da uno straniero l'applicazione della disciplina dell'unione civile; -il R.D. n. 1238 del 1939, art. 134 bis, comma 3, lett. a) nella parte in cui prevede che nel registro delle unioni civili di cui al R.D. n. 1238 del 1939, art. 14, n. 4bis debbano trascriversi tutti gli atti di matrimoni tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero. L'eccezione viene prospettata in relazione agli artt. 2, 3, 29 e 117 Cost. nonch in relazione agli artt. 8 e 14 Cedu. L'interpretazione censurabile sarebbe infatti fondata soltanto sul sesso e sull'orientamento sessuale dei coniugi cos violando il principio di uguaglianza. In assenza dell'impedimento costituito dalla contrariet all'ordine pubblico internazionale non ragionevole ed discriminatoria la disparit di trattamento tra matrimonio contratto all'estero da coppia eterosessuale e dello stesso sesso nell'ipotesi di matrimonio cd. misto. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 10. ECCEzIONI PRELIMINARI D'INAMMISSIBILIT DEL RICORSO. Preliminarmente devono essere affrontate le eccezioni d'inammissibilit del ricorso per cassazione prospettate dall'Avvocatura dello Stato in rappresentanza e difesa del Sindaco in qualit di ufficiale del Governo. 10.1 In primo luogo stato dedotto il difetto di notifica del ricorso per cassazione al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Le parti ricorrenti hanno depositato all'udienza del 30 novembre 2017 la copia dell'avviso di ricevimento dell'atto regolarmente notificato al suddetto Procuratore generale. Deve, peraltro, evidenziarsi che il ricorso non deve essere notificato al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ma soltanto all'ufficio della Procura generale presso la Corte d'appello, in quanto parte del giudizio che ha dato luogo al provvedimento impugnato. La giurisprudenza costante di questa Corte, ha, al riguardo, stabilito che anche tale ultima omissione sia priva di rilievo ove le conclusioni del P.G. presso la corte d'appello siano state accolte dalla sentenza impugnata e il controllo di legittimit sia stato assicurato dalla partecipazione al procedimento davanti la Corte di cassazione del Procuratore generale che abbia, come nella specie, rassegnato le sue conclusioni (Cass. 11211 del 2014). 10.2 Il Procuratore generale, all'udienza pubblica del 30 novembre 2017, ha concluso per il rigetto del ricorso, richiamando gli orientamenti gi espressi da questa Corte ante L. n. 76 del 2016, ed ha ritenuto la fattispecie dedotta in giudizio, ratione temporis, non regolata dalla nuova legge. 11. stato prospettato dalla parte controricorrente anche un unico motivo di ricorso incidentale volto alla dichiarazione di nullit della sentenza impugnata e di tutto il procedimento per effetto della mancata notifica del ricorso introduttivo e del reclamo al Sindaco del comune di Milano in qualit di Ufficiale del Governo presso l'Avvocatura di Stato. Presumibilmente il ricorso ed il reclamo sono stati notificati direttamente al Sindaco e non presso l'Avvocatura di Stato, trascurando la sua qualit di Ufficiale del Governo nella specie, ma il giudice del merito, sia in primo che in secondo grado, non ha disposto la rinnovazione della notificazione. 11.1 La censura deve essere disattesa. Tra le attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale, il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 54 include specificamente alla lettera a) la tenuta dei registri dello stato civile. Questa funzione pubblica viene svolta dal sindaco in qualit di Ufficiale del Governo. L'eccezione prospettata richiede il preventivo l'esame della natura del- l'attivit svolta dal Sindaco in tale peculiare ruolo. Pu osservarsi al riguardo che si tratta dell'esercizio di una funzione certificativa a carattere dichiarativo del tutto priva di discrezionalit amministrativa, in quanto regolata esclusivamente da norme legislative o regolamentari che ne pongono in luce la vincolativit. Il potere di rifiuto della trascrizione dell'atto, se contrario all'ordine pubblico, si colloca all'interno dell'esercizio di una funzione amministrativa vincolata dal momento che il parametro alla luce del quale verificare la coerenza o la non conformit a tale canone deriva da un complesso tessuto costituzionale, convenzionale e legislativo e pi specificamente, per gli ufficiali di stato civile, dalle prescrizioni, per essi cogenti, contenute nelle circolari del Ministero degli Interni al riguardo. L'ulteriore indice della natura vincolata della funzione svolta e della correlata situazione di diritto soggettivo del richiedente la trascrizione si pu cogliere nella giurisdizione del giudice ordinario e nell'articolazione del rapporto tra organo giudicante e ufficiale dello stato civile cos come previsto dalla norma. Al riguardo, a fronte del rifiuto alla trascrizione dell'atto, il richiedente pu proporre ricorso giurisdizionale nei modi indicati nel D.P.R. n. 396 del 2000, art. 95, comma 1 e ai sensi del successivo art. 96, comma 1: "il tribunale pu, senza particolari formalit, assu CONTENzIOSO NAzIONALE mere informazioni, acquisire documenti e disporre l'audizione dell'ufficiale dello stato civile. 2. il tribunale, prima di provvedere, deve sentire il procuratore della repubblica e gli interessati e richiedere, se del caso, il parere del giudice tutelare". L'audizione dell'ufficiale dello stato civile, ha, pertanto, natura eventuale, in quanto conseguente alle valutazioni relative alle esigenze istruttorie formulate dal Tribunale e non , di conseguenza, idonea a predeterminare una partecipazione necessaria dell'Ufficiale dello stato civile al giudizio. 12. APPLICABILIT DELLA L. N. 76 DEL 2016 E DEI DECRETI LEGISLATIVI DELEGATIVI N. 5 E 7 DEL 2017 AL GIUDIzIO. Pregiudiziale all'esame dei singoli motivi di ricorso la verifica dell'applicabilit alla fattispecie dedotta in giudizio della nuova disciplina normativa relativa alle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Nella specie il matrimonio di cui si chiede la trascrizione stato contratto prima del 5 giugno 2016, giorno in cui entrata in vigore la L. n. 76 del 2016 ed anche il giudizio stato instaurato anteriormente a tale data. La giurisprudenza di legittimit, in relazione a un caso analogo (matrimonio contratto all'estero da due cittadini italiani dello stesso sesso), con la sentenza n. 4124 del 2012 ha escluso la legittimit della trascrizione e, successivamente, con la sentenza n. 2400 del 2015 ha ritenuto inapplicabile il modello matrimoniale alle unioni omoaffettive, in una fattispecie sorta dal rifiuto di procedere alle pubblicazioni matrimoniali, nonostante la indubitabile riconducibilit di tali unioni tra le formazioni sociali che godono di pieno riconoscimento e protezione ex art. 2 Cost. In entrambe le decisioni stato evidenziato come sia l'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sia l'art. 12 Cedu, non impongano agli Stati l'adozione del modello matrimoniale per il riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive al loro interno, ferma la necessit di garantire un grado di protezione dei diritti individuali e relazionali sorti da tali unioni tendenzialmente omogeneo a quelle coniugali. La conseguenza, prospettata dal Procuratore Generale nella propria requisitoria, della inapplicabilit del nuovo regime giuridico introdotto dalla L. n. 76 del 2016, anche alla luce delle pronunce n. 138 del 2010 e 170 del 2014, la radicale intrascrivibilit del matrimonio contratto da una coppia omoaffettiva all'estero. Tale conclusione, tuttavia, non pu essere integralmente condivisa, dal momento che la L. n. 76 del 2016 oltre ad introdurre un peculiare modello giuridicamente riconosciuto per le unioni omoaffettive, ha regolato specificamente anche la disciplina delle trascrizioni dei matrimoni o delle unioni giuridicamente riconosciute di natura omoaffettiva contratte all'estero. Il legislatore ha avvertito l'inadeguatezza della regolazione dei rapporti di famiglia contenuti nel Titolo III, capo IV della L. n. 218 del 1995 ed ha introdotto gli artt. 32 bis, ter, quater, quinquies. Gli artt. 32 ter e quater hanno ad oggetto l'individuazione della giurisdizione e della legge applicabile in ordine alla capacit e alle condizioni per contrarre matrimonio e allo scioglimento delle unioni civili. Gli artt. 32 bis e quinquies riguardano, invece, specificamente il tema degli effetti nel nostro ordinamento dei matrimoni e delle unioni civili (o istituti analoghi come precisa l'art. 32 quinquies) contratte all'estero da cittadini italiani. La definizione degli effetti rispettivamente del matrimonio e dell'unione civile (o istituto analogo) contratti all'estero da cittadini italiani non pu essere temporalmente limitata, proprio in virt dell'intrinseca ratio della novella, alle relazioni coniugali o alle unioni giuridicamente riconosciute, contratte dopo l'entrata in vigore della legge italiana n pu essere condizionata dalla data d'instaurazione del giudizio. Nessuna delle due norme contiene la delimitazione dell'efficacia temporale del meccanismo legislativo di conversione (nell'ipotesi del matrimonio contratto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 all'estero) o di equiparazione degli effetti (nell'ipotesi dell'unione contratta all'estero) e, del resto, una previsione diversa avrebbe determinato un'ingiustificata ed irragionevole disparit di trattamento per i cittadini italiani che abbiano contratto matrimoni o unioni all'estero prima dell'entrata in vigore della nuova legge, ai quali sarebbe preclusa in via generale l'applicazione delle nuove norme di diritto internazionale privato, volte proprio ad evitare soluzioni di continuit e disomogeneit di condizioni di riconoscimento e di tutela all'interno del nostro ordinamento, con riferimento a situazioni omogenee. L'applicazione delle nuove norme ai rapporti sorti prima della sua entrata in vigore non costituisce una deroga al principio d'irretroattivit della legge, ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e legittima circolazione degli status posta alla base della loro introduzione nell'ordinamento. L'esigenza primaria, indicata anche nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 28, nel quale definito l'ambito della delega al Governo nella materia, deve rinvenirsi proprio nella necessit di fornire un regime giuridico uniforme alle coppie che abbiano (gi) contratto all'estero un matrimonio, unione civile od altro istituto. Poich con il matrimonio o con l'unione civile od istituto analogo si costituisce uno status tipicamente a natura non istantanea, ma destinato a durare nel tempo quanto meno fino all'eventuale suo scioglimento, deve essere applicato, in tema di riconoscimento degli effetti di esso in ordinamento diverso da quello in cui il vincolo stato contratto, il regime giuridico vigente al momento della decisione, non essendo costituzionalmente compatibile una soluzione che, solo in virt di una preclusione temporale, potrebbe impedire il riconoscimento di effetti giuridici all'interno del nostro ordinamento a cittadini italiani e stranieri. 13. LA TRASCRIzIONE DEL MATRIMONIO CONTRATTO ALL'ESTERO DA UN CITTADINO ITALIANO E DA UN CITTADINO STRANIERO. Premessa l'astratta applicabilit del nuovo regime di diritto internazionale privato alla fattispecie dedotta in giudizio, ed in particolare degli artt. 32 bis e quinquies, specificamente riguardanti il riconoscimento di matrimoni o unioni riconosciute contratte all'estero, deve in primo luogo essere definito l'oggetto dell'accertamento relativo al riconoscimento dell'efficacia di atti, provvedimenti o sentenze straniere nel nostro ordinamento secondo la L. n. 218 del 1995, artt. 64 e ss. 13.1 Il giudizio di riconoscimento degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali esteri. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il sindacato giurisdizionale deve essere rivolto agli effetti che possono prodursi nel nostro ordinamento a causa del riconoscimento o, nella specie, della trascrizione dell'atto, senza che lo stesso possa essere sottoposto ad un sindacato contenutistico (Cass. 15343 del 2016) o, nel caso si tratti di una sentenza straniera, senza che si debba verificare la correttezza della soluzione adottata dal giudice straniero in relazione alla disciplina di diritto positivo interno (cfr. Cass. 9483 del 2013, sulla irrilevanza della diversit del regime patrimoniale coniugale vigente negli Stati Uniti rispetto a quello italiano). Neanche l'accertamento dell'esistenza (o della mancanza) di analogo istituto nell'ordinamento italiano costituisce, in linea generale, un ostacolo impeditivo al riconoscimento, come accaduto nelle pronunce che hanno riconosciuto provvedimenti e sentenze straniere di divorzio ancorch negli ordinamenti di provenienza non fosse conosciuta la separazione personale. Il limite effettivo, in ordine ai rapporti di famiglia, costituito dal complesso dei principi anche di natura valoriale, costituzionale e convenzionale che, sul fondamento della dignit della persona, della uguaglianza di genere e della non discriminazione tra generi ed in relazione all'orientamento sessuale, determinano l'orizzonte non oltrepassabile dell'ordine pubblico CONTENzIOSO NAzIONALE internazionale. Un atto o provvedimento straniero che sia rispettoso di tale limite merita di essere riconosciuto nel nostro ordinamento con riferimento specifico agli effetti che destinato a produrre. 13.2 La peculiarit della domanda. L'applicazione dei principi sopra esposti alla fattispecie dedotta nel presente giudizio presenta delle peculiarit che meritano di essere sinteticamente rilevate. Le parti ricorrenti hanno richiesto la trascrizione dell'atto di matrimonio come tale. Esse, come ribadito anche in tutti gli atti difensivi dimessi in giudizio, richiedono il riconoscimento della loro unione coniugale come matrimonio e non come unione civile. Non ritengono legittima l'applicazione del cd. downgrading ovvero la conversione della loro unione matrimoniale in unione civile. Non ritengono, di conseguenza, sufficiente che mediante la trascrizione negli atti del registro delle unioni civili del loro matrimonio si producano automaticamente nel nostro ordinamento gli effetti giuridici previsti dalla L. n. 76 del 2016 e la conseguente, tendenziale, equiparazione delle tutele a quelle previste per l'unione coniugale con i limiti in essa indicati e salva la clausola di salvaguardia per i diritti gi riconosciuti in sede giurisdizionale, contenuta nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 20. Alla peculiarit della domanda proposta dalle parti ricorrenti corrisponde specularmente la complessit del sistema giuridico ad essa astrattamente applicabile. Deve rilevarsi, al riguardo, che le norme di diritto internazionale privato (L. n. 218 del 1995, artt. 64 e ss; per i provvedimenti ed atti in materia di famiglia, artt. 65 e 66), come gi evidenziato, concernono il riconoscimento degli effetti dell'atto. L'impedimento costituito dalla contrariet all'ordine pubblico, nella configurazione sopra delineata, coerente con gli orientamenti di questa Corte (Cass. 11599 del 2016 e S.U. 16601 del 2017), riguarda gli effetti e non la qualificazione del- l'atto. A tal proposito deve precisarsi che la disciplina contenuta nella L. n. 218 del 1995, art. 28, relativa alla validit formale del matrimonio, riguarda la legge applicabile e non il riconoscimento o la trascrizione dell'atto formato all'estero. Ai fini dell'individuazione della legge applicabile per la validit formale dell'atto, in via generale, concorre con gli altri criteri anche quello del luogo della celebrazione ma tale disposizione non incide sulla determinazione degli effetti nonch delle condizioni e capacit matrimoniali che, anche ai fini della legge applicabile, sono regolate dal criterio della legge nazionale dei contraenti (art. 27). Quest'ultima, ove diversa, dar luogo ad ambiti di riferimento giuridico diverso, rispetto ai quali non viene indicato un criterio di prevalenza. Nel caso di specie, la non contrariet all'ordine pubblico internazionale, cos come interpretato dal legislatore della L. n. 76 del 2016 e dei decreti delegati, del riconoscimento del matrimonio e delle unioni civili o istituti analoghi contratti all'estero, consacrata dalla L. n. 218 del 1995, artt. 32 bis e quinquies. Gli atti di matrimonio e di unioni riconosciute producono senz'altro effetti giuridici nel nostro ordinamento secondo il regime di convertibilit stabilito dalle nuove norme. 13.3 L'esame del quadro giuridico di riferimento. La norma cardine per stabilire entro che limiti pu essere riconosciuto nel nostro ordinamento l'atto di matrimonio dedotto nel presente giudizio la L. n. 218 del 1995, art. 32 bis. La norma dispone che "il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana." La formulazione vigente frutto di una modifica del testo iniziale, dovuta all'intervento correttivo sollecitato dalle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia sul testo precedente che non prevedeva la limitazione della conversione in unione civile ai matrimoni contratti da "citta RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 dini italiani" all'estero ma si riferiva genericamente ai matrimoni contratti all'estero, comprendendovi anche i cittadini stranieri. Tale estensione stata ritenuta ingiustificata rispetto alla ratio antielusiva posta a base della nuova norma. In particolare si ritenuto che quando il matrimonio stato contratto all'estero da cittadini stranieri non pu ravvisarsi in esso alcun intento di aggiramento della L. n. 76 del 2016 e del modello di unione civile vigente nel nostro ordinamento, cos da doversi escludere la necessit di derogare alle regole generalmente applicabili di diritto internazionale privato in relazione alla legge applicabile a tale relazione coniugale. In tale peculiare ipotesi non pu essere ignorato il carattere intrinsecamente transnazionale del rapporto matrimoniale contratto tra cittadini stranieri, in quanto caratterizzato da un sufficiente grado di estraneit rispetto al nostro ordinamento, con conseguente operativit dei criteri di collegamento stabiliti negli artt. da 26 a 30 della l. n. 218 del 1995 o, ove applicabili, dei regolamenti UE in materia matrimoniale (Regolamento CE n. 2201 del 2003 e 1259 del 2010). L'art. 32 bis, in conclusione, non trova applicazione diretta nell'ipotesi in cui venga richiesto il riconoscimento di un'unione coniugale contratta all'estero tra due cittadini stranieri. Il matrimonio dovrebbe essere trascritto, in questa ipotesi, come tale, senza operare alcuna conversione ancorch il R.D. n. 1238 del 1939, art. 63, cos come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2017, non preveda un registro dei matrimoni contratti da cittadini stranieri dello stesso sesso all'estero ma, al contrario, per questa ipotesi stabilisca, verosimilmente per un difetto di coordinamento con l'altro D.Lgs. n. 7 del 2017, all'art. 63, comma 2, lett. c-bis, che anche tali atti vadano trascritti nel registro delle unioni civili. Tale profilo critico, tuttavia non incide sull'applicazione della regola sostanziale della lex fori, in considerazione della funzione meramente certificativa della trascrizione di un atto che sia idoneo a produrre effetti nell'ordinamento ove ci sia stato richiesto in forza di una norma di legge o di un provvedimento giurisdizionale. Il testo dell'art. 32 bis lascia tuttavia irrisolta la questione, formante oggetto del presente giudizio, relativa alla trascrizione in Italia del matrimonio tra persone dello stesso sesso, di cui una sia cittadino italiano e l'altro cittadino straniero, contratto all'estero. Come gi rilevato, le nuove norme regolative della trascrizione (e della conseguente produzione degli effetti nel nostro ordinamento) delle unioni matrimoniali (o delle unioni civili) omoaffettive contratte all'estero sono l'art. 32 bis e l'art. 32 quinquies. Dall'esame coordinato di esse pu essere ricavato in primo luogo il principio, definito efficacemente dalla dottrina di ordine pubblico "positivo" di netto favor in ordine al riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive ed all'accesso alle unioni civili ex L. n. 76 del 2016. L'art. 32 quinquies contiene una clausola di salvaguardia secondo la quale le unioni civili o altri istituti analoghi, anche se non dotati di un complesso di strumenti di tutela equiparabili a quelli contenuti nella L. n. 76 del 2016, producono gli stessi effetti delle unioni civili regolate dalla legge italiana. La norma stabilisce la prevalenza della legge italiana rispetto a leggi straniere che non tutelino in maniera equivalente tali unioni e costituisce uno degli indicatori della centralit e l'esclusivit della scelta adottata dal legislatore italiano in ordine al riconoscimento delle unioni omoaffettive. L'art. 32 bis completa, pertanto, il quadro degli effetti che possono produrre le diverse tipologie di unioni formate da coppie omoaffettive nel nostro ordinamento, in quanto stabilisce anche per l'ipotesi dell'unione coniugale contratta all'estero quantomeno la produzione degli effetti dell'unione civile ex L. n. 76 del 2016. Deve, in conclusione, ritenersi che il legislatore italiano abbia inteso esercitare pienamente la CONTENzIOSO NAzIONALE libert di scelta del modello di riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive coerentemente con il quadro convenzionale (artt. 8 e 12 Cedu) e con quello derivante dal sistema anche costituzionale dell'Unione Europea (art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea). stato prefigurato un sistema di riconoscimento delle unioni omoaffettive, contratte all'estero, fondato sulla preminenza del modello adottato nel diritto interno delle unioni civili. Con la L. n. 76 del 2016 il legislatore ha colmato il vuoto di tutela che caratterizzava l'ordinamento interno, cos come richiesto dalla Corte Cost. con la sentenza n. 170 del 2014 e dalla Corte Europea dei diritti umani nella sentenza Oliari contro Italia (sentenza del 21 luglio 2105 ricorsi n. 18766 e 36030 del 2011), operando una scelta diversa da quella di molti altri Stati, fondata, invece sull'adozione del modello matrimoniale. Tale scelta stata il frutto dell'esercizio di una discrezionalit legislativa del tutto rientrante nel "potere di apprezzamento degli Stati" indicato dalla giurisprudenza della Corte Edu proprio con riferimento all'interpretazione del- l'art. 12 (Sentenza Schalk e Kopf del 3 giugno 2010, ricorso n. 30141 del 2004) e della precisa indicazione proveniente dalla citata sentenza n. 170 del 2014. Per le unioni omoaffettive stato scelto un modello di riconoscimento giuridico peculiare, ancorch in larga parte conformato, per quanto riguarda i diritti ed i doveri dei componenti dell'unione, al rapporto matrimoniale. Alla diversit della "forma" dell'unione civile rispetto al matrimonio corrisponde, peraltro, un'ampia equiparazione degli strumenti di regolazione, realizzata attraverso la tecnica del rinvio alla disciplina codicistica del rapporto matrimoniale da ritenersi, anche in ordine alla funzione adeguatrice della giurisprudenza, il parametro di riferimento antidiscriminatorio. 13.4 Il riconoscimento del matrimonio formato all'estero da cittadino italiano e cittadino straniero. Prima di procedere all'esame del nuovo sistema di diritto internazionale privato relativo agli effetti dei matrimoni e delle unioni contratte all'estero da cittadini dello stesso sesso, necessario ribadire che all'esito del rifiuto della trascrizione dell'atto (o in virt dell'opposizione al riconoscimento di un titolo giurisdizionale estero), il sindacato giurisdizionale riguarda gli effetti dell'atto o del provvedimento e non limitato alla forma dello stesso. Il riconoscimento dell'atto determina il regime giuridico applicabile secondo le norme di collegamento di diritto internazionale privato elaborate dal D.Lgs. n. 7 del 2017 (prevalentemente coerenti con quelle preesistenti salve le esigenze di adeguamento dovute al nuovo istituto dell'unione civile). Nel caso di specie occorre stabilire se trova applicazione la limitazione degli effetti stabilita nell'art. 32 bis alla fattispecie peculiare dedotta in giudizio o se l'atto in oggetto pu essere trascritto come unione matrimoniale (e non come unione civile). La specialit della normazione introdotta con il D.Lgs. n. 7 del 2017, nel sistema previgente di diritto internazionale privato, determina l'applicazione di questo peculiare regime giuridico degli effetti degli atti formati all'estero, nell'ambito delle unioni omoaffettive. La disciplina generale contenuta nella L. n. 219 del 1995, artt. 24 e segg. integrata da quella puntuale sopra indicata e il rispetto del limite costituito dall'ordine pubblico internazionale non deve essere oggetto di un esame specifico, essendo gi stato oggetto della valutazione operata dal legislatore all'interno del nuovo regime giuridico di carattere speciale L. n. 76 del 2016, ex art. 1, comma 28. Le unioni omoaffettive nel nostro ordinamento non contrastano con l'ordine pubblico internazionale e, conseguentemente, anche quelle contratte all'estero devono essere riconosciute ed assistite da un sistema di tutele adeguato. La compatibilit dei modelli adottati all'estero (matrimonio od unione civile) nel nostro ordinamento trova una regolazione puntuale con i meccanismi di conversione elaborati dal legislatore del D.Lgs. n. 7 del 2016. Tale complesso di regole definisce, tuttavia, anche il perimetro all'interno del quale tali unioni produ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 cono effetti nel nostro ordinamento. La libert di scelta del modello di unione omoaffettiva rimessa ai singoli Stati si estende, a fini antielusivi e di coerenza antiscriminatoria del sistema di regolazione interna, anche alla produzione degli effetti degli atti formati all'estero, salva l'ipotesi della totale transnazionalit di essi (matrimonio contratto all'estero da cittadini entrambi stranieri). All'interno del quadro che si delineato non risulta disagevole l'interpretazione della L. n. 219 del 1995, art. 32 bis. Sul piano strettamente testuale, come stato rilevato anche dalla dottrina, si pu cogliere una differenza rilevante tra la formulazione dell'art. 32 bis e quella dell'art. 32 quinquies. Nella prima norma l'ambito soggettivo di applicazione del nuovo regime riguarda in generale "il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani" mentre l'art. 32 quinquies, che estende il sistema di tutele previsto dalla L. n. 76 del 2016 anche ad istituti analoghi, si riferisce ad unioni costituite all'estero "tra cittadini italiani", oltre a richiedere l'ulteriore requisito dell'abituale residenza in Italia. La differenza testuale ha un significato logico-giuridico chiaro. L'art. 32 bis esprime la nettezza della scelta legislativa verso il modello dell'unione civile, limitando gli effetti della circolazione di atti matrimoniali relativi ad unioni omoaffettive a quelle costituite da cittadini entrambi stranieri, come rileva l'indicatore costituito dall'uso del "da", rispetto alla diversa opzione adottata dall'art. 32quinquies che ha una ratio estensiva del regime giuridico di riconoscimento e tutela contenuto nella L. n. 76 del 2016 a tutti i cittadini italiani, ancorch abbiano dato vita all'estero ad un vincolo munito di un grado inferiore di diritti. La soluzione indicata coerente anche con il regime giuridico di diritto internazionale privato relativo alla capacit e alle condizioni per contrarre matrimonio. L'art. 27, applicabile nella specie, rinvia alla legge nazionale di ciascuno dei nubendi. Tale criterio nella specie creerebbe un conflitto non risolvibile in ordine alla forma ed agli effetti della trascrizione dell'atto contratto all'estero ove non si adottasse la soluzione interpretativa dell'art. 32 bis cui si acceduto. Si deve, inoltre, rilevare, che se l'art. 32 bis si applicasse anche ai cd. matrimoni "misti", ovvero contratti da un cittadino italiano e da un cittadino straniero, si determinerebbe una discriminazione cd. "a rovescio" tra i cittadini italiani che hanno contratto matrimonio all'estero e possono "trasportare" forma ed effetti del vincolo nel nostro ordinamento e quelli che hanno contratto un'unione civile in adesione al modello legislativo applicabile nel nostro ordinamento. 13. 5 Le eccezioni d'illegittimit costituzionale. Alla luce del quadro costituzionale, convenzionale e di diritto interno delineato, non possono essere accolte le eccezioni d'illegittimit costituzionale formulate dall'interveniente Associazione (omissis). Premessa l'applicabilit diretta della L. n. 219 del 1995, art. 32bis in quanto norma diretta proprio a regolare la circolazione ed il riconoscimento degli effetti degli atti di matrimonio contratti da coppie omoaffettive all'estero, cos come richiesto dalla dellega contenuta nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 28, la non trascrivibilit dell'atto di matrimonio formato da un cittadino straniero ed un cittadino italiano non costituisce il frutto di un quadro discriminatorio per ragioni di orientamento sessuale o un'interpretazione convenzionalmente e costituzionalmente incompatibile con il limite antidiscriminatorio, dal momento che la scelta del modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d'Europa rimessa al libero apprezzamento degli stati membri, salva la definizione di uno standard di tutele coerenti con l'interpretazione del diritto alla vita familiare ex art. 8 fornita dalla Corte Edu. La discriminazione tra cittadini italiani non ravvisabile ed anzi, come rilevato, un profilo di discriminazione inversa potrebbe individuarsi nella scelta CONTENzIOSO NAzIONALE ermeneutica contraria. La discriminazione per orientamento sessuale dei cittadini stranieri in ordine alla libert di circolazione e di stabilimento del pari non rilevabile dal momento che l'unione omoaffettiva riconosciuta all'estero secondo il paradigma matrimoniale non priva di effetti nel nostro ordinamento e la regolazione dei rapporti personali e patrimoniali tra i componenti dell'unione rimane disciplinata dal sistema generale di diritto internazionale privato (artt. 26 e ss.). Infine la specialit del nuovo regime giuridico come illustrato evidenzia, da un lato, che non pu essere valutato il limite dell'ordine pubblico internazionale in astratto, disancorato dalle norme di diritto internazionale privato concretamente in vigore, e, dall'altro, che la scelta legislativa del tutto compatibile con tale parametro. 13.6 In conclusione il ricorso deve essere rigettato. La assoluta novit della questione impone la compensazione delle spese processuali del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali del presente giudizio. In caso di diffusione omettere le generalit e i riferimenti geografici. Cos deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Profili giuridici dellassunzione ex novo del dipendente stabilizzato, con particolare riferimento agli effetti preclusivi in ordine al riconoscimento del servizio pregresso ai fini dellanzianit giuridica nota a tribUnale di naPoli, sez. laVoro, sentenza 13 ottobre 2017 n. 6887 Alessandra Parente* lassunzione conseguente alla stabilizzazione deve essere ritenuta a tutti gli effetti quale nuova assunzione presso la P.a., non potendo condividersi laffermazione secondo la quale si tratterebbe di una mera trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. non si ravvisano, dunque, le condizioni per affermare il diritto del dipendente alla ricostruzione della carriera professionale al fine del riconoscimento dellanzianit ai fini giuridici, da qualsiasi data cadente nel periodo precedente alla stabilizzazione. al contrario, la posizione del dipendente a tempo indeterminato e quella di chi ha lavorato con continuit nella medesima mansione in forza di una pluralit di rapporti a termine sono pienamente equiparabili sotto il profilo delle condizioni dimpiego. Pertanto, deve riconoscersi al dipendente la progressione retributiva in funzione dellanzianit maturata, limitatamente alle differenze economiche conseguenti alla progressione economica nella fascia di appartenenza. i crediti retributivi maturati dal dipendente stabilizzato sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale, decorrente, in egual modo, in costanza sia del rapporto a termine sia del rapporto a tempo indeterminato. il dies a quo per lesercizio del diritto alle rivendicazioni economiche, anche nel caso di contratti a termine con la P.a., deve, pertanto, essere individuato in pendenza del rapporto. La sentenza in commento propone uninterpretazione innovativa della quaestio, alquanto dibattuta da parte della giurisprudenza, inerente la natura giuridica degli interventi legislativi di stabilizzazione e dei suoi effetti sulla ricostruzione di carriera dei dipendenti pubblici stabilizzati, alla luce delle influenze del diritto interno ed europeo. Il dubbio interpretativo, foriero di evidenti riflessi pratici e di notevoli contenziosi giudiziari, riguarda la sussistenza o meno, a seguito dei processi di stabilizzazione, del diritto al riconoscimento del pregresso periodo di anzianit, maturato, a parit di mansioni, durante lo svolgimento di rapporti a termine. (*) Dottore in Giurisprudenza, praticante forense presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di Napoli. CONTENzIOSO NAzIONALE sommario: 1. la quaestio facti -2. il quadro normtivo e giurisprudenziale di riferimento -3. il ruolo della contrattazione collettiva - 4. cenni sul rapporto tra anzianit di servizio e prescrizione - 5. considerazioni conclusive. 1. la Quaestio facti. La quaestio facti, nella sentenza che si annota, quella di un dipendente del MIBACT, in servizio quale addetto ai servizi di vigilanza e custodia presso il Museo Archeologico di Napoli, con una pluralit di contratti a tempo determinato (oggetto senza soluzione di continuit di varie proroghe e rinnovi, con lesclusione di un primo contratto trimestrale) dal settembre del 1998 al luglio del 2007; fin quando non intervenuta la sua stabilizzazione, sempre presso il medesimo ente, a far data dal 5 novembre 2007. Il dipendente, nel convenire in giudizio il MIBACT innanzi al Tribunale del Lavoro competente per territorio, ha rivendicato, in applicazione della clausola 4 dellAccordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, laccertamento dellillegittimit dellazzeramento dellanzianit maturata allatto del- limmissione in ruolo e laccertamento del diritto al riconoscimento dellanzianit di servizio, a fini giuridici ed economici, maturata nel rapporto di lavoro a termine e la conseguente condanna del Ministero resistente alla integrale ricostruzione di carriera, al pagamento delle differenze retributive e delle differenze economiche spettanti in suo favore. 2. il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento. La stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, purch in precedenza assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge, disciplinata dallart. 1, commi 519 (1) -520, della legge n. 296/2006 (ulteriori misure di stabilizzazione sono, altres, contenute nella legge n. 244/2007). Come evidenziato nella sentenza che si annota, la disciplina della stabilizzazione: derogatoria rispetto al principio dellaccesso al pubblico impiego mediante concorso, ex art. 97 Cost.; valorizza il requisito della triennalit dei rapporti a tempo determinato; non configura unipotesi di mera trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato (2); ammette las (1) Il comma 519 della c.d. legge Finanziaria per lanno 2007, norma di riferimento per le intervenute stabilizzazioni, cos dispone: Per lanno 2007 una quota pari al 20% del fondo di cui al comma 513 destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virt di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge, che ne faccia istanza, purch sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (). (2) Conversione tra laltro preclusa dallart. 36, comma 6, D.lgs. n. 165/2001, come ribadito, di recente, dalle SS.UU. nella sentenza n. 5072/2016. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 sunzione del personale non attualmente in servizio, purch abbia maturato il citato requisito dei tre anni di servizio; ha rappresentato una misura di notevole portata, interessando Amministrazioni differenti per tipologia (3). Il corretto inquadramento giuridico della stabilizzazione nel contesto interno non pu prescindere dal contenuto della Circolare della Funzione Pubblica n. 5/2008 (4), che dispone: il concetto di stabilizzazione non ha una valenza giuridica e non va in nessun caso inteso come intervento volto alla trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a tempo determinato in quanto ci risulta incompatibile con le disposizioni previste in materia di costituzione di rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. il principio inderogabile sancito, come gi detto, dallart. 36, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. () ne deriva che lassunzione a tempo indeterminato, quale momento conclusivo della relativa procedura () priva di continuit rispetto al precedente rapporto con la conseguenza che il periodo non di ruolo non utile neppure ai fini dellanzianit di servizio. Sul punto, al quadro nazionale si aggiunge quello europeo. Gli organismi europei a ci deputati hanno affermato principi diversi ed in parte contrastanti con la normativa interna -avendo ben presente la diretta applicabilit degli stessi (5) (se contenuti in norme U.E. con effetto diretto ed in sentenze interpretative della C.G.E.) quanto meno in chiave di riconoscimento da parte dei Giudici nazionali -sollecitando, cos, interpretazioni giurisprudenziali interne divergenti tra loro ma con un filo conduttore comune: i criteri di effettivit e concretezza. La clausola 4 dellaccordo Quadro ces, Unice e ceeP sul lavoro a (3) Sul punto cfr. V. MILANI, le misure di stabilizzazione del lavoro precario nel settore pubblico previste dalla legge finanziaria 2007, in Gior. dir. amm., n. 12, 2007, pagg. 1265 ss. Vi rientrano, anzitutto, le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse quelle fiscali, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca, nonch gli enti e le aziende elencate allart. 70, D.lgs. n. 165/2001, le Amministrazioni regionali e locali, gli enti del Servizio Sanitario Nazionale. (4) La Circolare della Funzione Pubblica n. 5/2008 stata emanata con lintento di fornire linee di indirizzo chiare per linterpretazione ed attuazione delle procedure di stabilizzazione previste sia dalla legge n. 206/2006 che dalla legge n. 244/2007. I profili di particolare rilievo, anche ai fini della sentenza che si annota, presenti nella Circolare sono: il riconoscimento della volont del legislatore di porre rimedio alle situazioni irregolari determinatesi come effetto dellutilizzo del lavoro flessibile per esigenze permanenti legate al fabbisogno; laffermazione che trattasi di una procedura speciale di reclutamento, in deroga alle modalit ordinarie del concorso pubblico, in quanto riservata ad una platea di destinatari per i quali si scelto di valorizzare lesperienza professionale, ma al contempo esperibile da parte delle Amministrazioni nei limiti delle dotazioni organiche, in ragione del loro effettivo fabbisogno e compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione; il richiamo, supportato dalla giurisprudenza (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 19 ott. 2007, n. 3342), al principio che la stabilizzazione una facolt discrezionale e non un obbligo per le Amministrazioni, pertanto non genera diritti in capo allinteressato al suo ottenimento, quanto unicamente unaspettativa di mero fatto. (5) Sul punto cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 7 nov. 2016, n. 22552, in ced cass., 2016; Cass. Civ., Sez. Lav., 12 ott. 2011, n. 20980, ivi, 2011. CONTENzIOSO NAzIONALE tempo determinato (6), meglio conosciuta come principio di non discriminazione, la norma di riferimento in ipotesi come questa e stabilisce, per quanto riguarda le condizioni dimpiego, che i lavoratori a tempo determinato non possano essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto a termine, a meno che non sussistano ragioni oggettive. Stabilisce, altres, che i criteri del periodo di anzianit di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro debbano essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di anzianit siano giustificati da motivazioni oggettive. Lart. 153, par. 5, TFUE (ex art. 137 TCE) in materia di iniziative del- lUnione volte a sostenere e completare lazione degli Stati membri in una pluralit di settori, pare disporre una riserva in favore dei singoli Stati in ordine agliaspettieconomico-retributivi, suscettibile, in ogni caso, di uninterpretazione restrittiva, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza (7). Gli anzidetti criteri di effettivit e concretezza si traducono, pertanto, in unattenta analisi che lAutorit giudiziaria adita deve svolgere circa la natura del lavoro, le condizioni di formazione e di impiego dei lavoratori ante stabilizzazione, al fine di comprendere se si trovino o meno in situazioni comparabili a quelle dei dipendenti di ruolo (8). La giurisprudenza interna ha recepito gli orientamenti europei in maniera difforme. Si sono registrate pronunce di merito che -nel valorizzare in termini quasi assoluti il predicato semantico contenuto nella clausola 4 sul versante della non discriminazione -non hanno ravvisato ragioni ostative allapplicazione del principio ivi contenuto, riconoscendo, per leffetto, la fondatezza delle pretese dei ricorrenti alla ricostruzione integrale di carriera (9). Altra giurisprudenza non ha optato per una applicazione indiscriminata della clausola 4 anche alle ipotesi di stabilizzazione, conducendo unanalisi pi precisa incentrata su due possibili limiti alloperativit dellAccordo Quadro, vale a dire: il profilo genetico del contratto a tempo determinato e del successivo contratto a tempo indeterminato per intervenuta stabilizzazione; i contenuti delle mansioni svolte. La giurisprudenza in oggetto, in coerenza con la disciplina interna sulla stabilizzazione, ma ancor pi sulla base del divieto di conversione sancito dallart. 36, D.lgs. n. 165/2001, nonch ai sensi dellart. 97 Cost. sul principio (6) Contenuto nella Direttiva 99/70/CE, recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs. n. 368/2001. (7) In questo senso cfr. Corte Giust., 13 sett. 2007, C-307/05, in www.curia.europa.eu. (8) Sul punto cfr. Corte Giust., ord., 7 mar. 2013, C-193/01 e Corte Giust., 4 sett. 2014, C-152/14, in www.curia.europa.eu. (9) ex multis le recenti: Cass., Sez. Lav., ord., 23 nov. 2017, n. 27950; Corte App. Catanzaro, Sez. Lav., 4 dic. 2017, n. 1915; Trib. Napoli, Sez. Lav., 28 febbr. 2018, n. 1383. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 di accesso tramite concorso agli impieghi nella P.A., ha posto laccento sulla natura di nuova assunzione insita nella stabilizzazione. Altre pronunce di merito hanno indagato il profilo dellidentit delle mansioni, delle modalit inerenti le condizioni di formazione e le attivit svolte, rinvenendo in tali profili ragioni oggettive giustificatrici della diversit di trattamento e, dunque, del mancato riconoscimento dellanzianit pregressa, al momento dellimmissione in ruolo (10). 3. il ruolo della contrattazione collettiva. Una lettura correttamente orientata delle misure di stabilizzazione e della ricostruzione di carriera che ne pu conseguire, anche nelle ipotesi in cui venga disposta a posteriori da parte dellAutorit giudiziaria, non pu prescindere dal contenuto del Contratto Collettivo di riferimento, in quanto fonte primaria nella regolamentazione dei rapporti di lavoro ed oggetto di concertazione tra le parti; nel caso del dipendente della sentenza che si annota, trattasi del CCNL Comparto Ministeri quadriennio normativo 2006 -2009, biennio economico 2006-2007. Il Contratto Collettivo si applica a tutti i lavoratori del comparto, siano essi titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato o indeterminato, e nel disporre un nuovo sistema di classificazione, punta alla valorizzazione delle professionalit interne per garantire alla collettivit prestazioni di elevata qualificazione ed il conseguimento di obiettivi di efficacia (11). Lart. 10 nuovo inquadramento e norme di prima applicazione del CCNL, al comma 1 dispone: il personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente ccnl inquadrato nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico dalla stessa data mediante il riconoscimento -allinterno di ciascuna area -della posizione economica gi conseguita nellordinamento di provenienza e con la collocazione nella fascia retributiva corrispondente (). Il riconoscimento automatico insito nel nuovo inquadramento in areecon il conseguente abbandono delle fasce previste nel Contratto Collettivo precedente - si riferisce, pertanto, alla posizione economica gi conseguita e alla fascia retributiva corrispondente. Allinquadramento del personale gi in servizio si affianca la disciplina dellaccesso dallesterno, con una riserva di posti - per le vacanze organiche che deve essere pari al 50% dei posti disponibili per ciascun profilo (12). Si evince, pertanto, la necessit di bilanciare e garantire gli accessi ai profili professionali previsti sia dallinterno che dallesterno. (10) Il filone giurisprudenziale fondato su questa ratio decidendi si espresso, particolarmente, sui ricercatori stabilizzati degli enti di ricerca: cfr. Trib. Potenza, Sez. Lav., 20 giug. 2017, n. 564; Trib. Firenze, Sez. Lav., 17 febbr. 2016, n. 137; Trib. Roma, Sez. Lav., 30 ott. 2014, n. 10206; Trib. Cosenza, Sez. Lav., 22 nov. 2013, n. 3157. (11) Cfr. art. 5 obiettivi e finalit del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. CONTENzIOSO NAzIONALE Altro profilo di rilievo nella valutazione dellinfluenza che il CCNL pu avere nellorientare le diverse interpretazioni, anche giurisprudenziali, volte al riconoscimento dellanzianit di servizio pregressa ai lavoratori stabilizzati, rappresentato dalla disciplina delle progressioni tra le aree (13) e, ancor pi, degli sviluppi economici allinterno delle aree. I passaggi da una fascia retributiva a quella immediatamente successiva, ai sensi dellart. 18 del CCNL, avvengono con decorrenza fissa dal 1 gennaio e si fondano su specifici criteri e principi: esperienza professionale maturata; titoli di studio, culturali e pubblicazioni, coerenti con lattivit del profilo; percorsi formativi con esame finale, qualificati quanto alla durata ed ai contenuti che devono essere correlati allattivit lavorativa affidata. Con particolare riferimento allesperienza professionale -quale requisito per la progressione economica -occorre, altres, evitare di considerare la mera anzianit di servizio ed altri riconoscimenti puramente formali, nellottica di valorizzare le capacit reali dei dipendenti, selezionati in base alle loro effettive conoscenze e a quello che gli stessi sono in grado di fare (14). La ratio ispiratrice di tali norme e della disciplina del CCNL nel suo complesso pare improntata a criteri di effettivit e pragmaticit, vale a dire che il legislatore tende a rifiutare una regolamentazione dei rapporti di lavoro con la P.A. che sia ispirata a meri automatismi e cadenze temporali (retaggio di discipline non pi attuali e attuabili); ancor pi quando i profili da normare sono quelli relativi alla carriera, alla valutazione ed alle conseguenti progressioni dei dipendenti (15). 4. cenni sul rapporto tra anzianit di servizio e prescrizione. Lanzianit di servizio del lavoratore non uno stato o un elemento costitutivo di uno status di questultimo, quanto, piuttosto, un distinto bene della vita oggetto di autonomo diritto, rappresentando una dimensione temporale che caratterizza il rapporto di lavoro e che, in quanto fatto giuridico, integra il presupposto di fatto di distinti specifici diritti (16) (ad es. indennit (12) Cfr art. 11 accesso dallesterno del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. (13) Cfr artt. 13, 14 e 15 del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. (14) Cfr art. 18, comma 6, del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. (15) Tale orientamento trova conferma, tra gli altri, nel D.lgs. n. 150/2009 attuazione della legge delega 4/3/09 n. 15 in materia di ottimizzazione della produttivit del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni , cos come modificato dal D.lgs. n. 74/2017 Valutazione della performance dei dipendenti pubblici (uno dei c.d. decreti Madia insieme con il D.lgs. n. 75/2017 testo Unico sul Pubblico impiego). In particolare, lart. 23 dispone: le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione e lart. 62 dispone: i dipendenti pubblici () sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. le progressioni allinterno della stessa area avvengono secondo principi di selettivit, in funzione delle qualit culturali e professionali, dellattivit svolta e dei risultati conseguiti, attraverso lattribuzione di fasce di merito. (). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 di anzianit, retribuzione, risarcimento del danno per omissione contributiva). Pertanto, lanzianit non suscettibile di unautonoma prescrizione distinta da quella di ciascuno dei singoli diritti che su di essa si fondano. Nella sentenza che si annota le differenze retributive riconoscibili al lavoratore stabilizzato, gi inquadrato in pendenza di rapporti a termine nella fascia retributiva B1 (successivamente assorbita nella seconda area -posizione F1 dal CCNL 2006 -2009), al pari dei suoi colleghi di ruolo, sono individuate nelle differenze economiche conseguenti alla progressione retributiva nella fascia di appartenenza. Le differenze retributive, in quanto crediti da lavoro, soggiacciono al termine di prescrizione quinquennale, decorrente in costanza sia della pluralit di rapporti a termine sia del rapporto a tempo indeterminato, intervenuto a seguito di stabilizzazione. Non vi , per esse, dilazione del termine di prescrizione al momento della cessazione del rapporto a termine, n tantomeno il dies a quo per lesercizio del diritto alle differenze retributive decorre dalla data di stipula del contratto a tempo indeterminato. Il delicato rapporto tra anzianit di servizio - nella pluralit di diritti in cui si articola - e regime della prescrizione (decennale, quinquennale, presuntiva) ha trovato nella giurisprudenza il modo di dipanarsi; varie pronunce della Consulta, del Giudice di legittimit e del Consiglio di Stato, susseguitesi nei decenni in merito, rappresentano un faro sulla frammentata disciplina normativa della prescrizione nei rapporti di lavoro (17), offrendone una interpretazione dinamica e volta ad uno spiccato pragmatismo. Da tali pronunce stato possibile trarre importanti principi - in minima parte accennati a seguire - sul legame tra rapporto di lavoro e regime di prescrizione, ancor pi con la P.A., vale a dire: -la declaratoria della illegittimit costituzionale dellart. 2948 c.c. (18), nella parte in cui consente che la prescrizione quinquennale dei crediti di lavoro decorra in pendenza del rapporto di lavoro, non riguarda il caso in cui il rapporto stesso, pubblico o privato, sia assistito dalla stabilit reale e cio caratterizzato da una disciplina che, sul piano sostanziale, subordini la legittimit del licenziamento alla sussistenza di circostanze oggettive o predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato sul licenziamento illegittimo; ci che si verifica relativamente ai rapporti di lavoro cui applicabile la l. n. 300/1970, la cui data di entrata in vigore segna, pertanto, il dies (16) La definizione di anzianit di servizio ivi riportata stata enunciata dalle SS.UU. nella storica sentenza n. 4812/1986 ed ha trovato ampio seguito nella giurisprudenza successiva. ex multis: Cass., Sez. Lav., 8/1/91 n. 71; Cass., Sez. Lav., 19/1/99, n. 477; Cass., Sez. Lav., 27/2/04, n. 4076. (17) La disciplina della prescrizione dei diritti del lavoratore trova i suoi cardini negli artt. 2934 - 2935 - 2946 - 2948 - 2955 - 2956 - 2957 c.c. (18) La declaratoria di illegittimit costituzionale dellart. 2948 n. 4, c.c., nonch degli artt. 2955 n. 2 e 2956 n. 1, c.c., si avuta con la sentenza della Consulta n. 63/1966. CONTENzIOSO NAzIONALE a quo del decorso della prescrizione suddetta, pur in pendenza dei rapporti stessi (19); -in tema di prescrizione dei crediti del lavoratore, il principio di cui agli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 n. 1, c.c. secondo il quale la prescrizione non decorre in costanza di rapporto di lavoro non assistito da stabilit reale, riguarda per espressa previsione il solo diritto alla retribuzione e non si estende al diritto del lavoratore al risarcimento del danno derivante dalla violazione degli obblighi di cui allart. 2087 c.c., la cui prescrizione (decennale in caso di azione di responsabilit contrattuale) decorre dal momento in cui il danno si manifestato, anche in corso di rapporto di lavoro (20); -ai sensi dellart. 2935 c.c. il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al TFR va individuato nel momento in cui tale diritto pu essere fatto valere, e, quindi nel momento in cui il rapporto di lavoro subordinato cessa e non gi in quello in cui sia stato accertato giudizialmente leffettivo ammontare delle retribuzioni spettanti (21); -la prescrizione dei crediti retributivi relativi ad un rapporto di lavoro con la P.A. si deve ritenere decorrente in costanza del rapporto stesso sebbene questultimo possa avere carattere provvisorio o temporaneo, non essendo sostenibile per la natura del rapporto che il dipendente pubblico possa essere in qualche modo esposto a possibili ritorsioni e rappresaglie qualora tuteli in via giudiziale i propri diritti ed interessi. Poich istituzionalmente vincolato alle regole sulla discrezionalit amministrativa ed ai principi costituzionali di buon andamento e imparzialit il datore di lavoro pubblico in condizione di operare, sui propri dipendenti, una pressione ridotta, e ci, anche su quelli a tempo (22); -il termine di prescrizione quinquennale dei crediti retributivi relativi ad un rapporto di lavoro con la P.A. decorre in costanza del rapporto stesso, anche se questo abbia carattere provvisorio o temporaneo, ed riferibile a tutte le pretese economiche riconosciute ai pubblici dipendenti (23). 5. considerazioni conclusive. La sentenza che si annota, a parere di chi scrive, presenta profili dinteresse peculiari, fornendo una lettura equilibrata di un fenomeno complesso e dibattuto. Si caratterizza per una analisi normativa delle misure di stabilizzazione che non trascura il contesto interno nel quale tali interventi sono maturati. Nel (19) Cfr. Cass. civ., 20/4/83, n. 2724; Cass. Civ., 15/11/84, n. 5801. (20) Cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 28/7/2010, n. 17629. (21) Cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 23/4/2009, n. 9695. (22) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3/4/2007, da n. 1486 a n. 1504. (23) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3/4/2007, da n. 1486 a n. 1504, cit. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 riconoscere nel contratto a tempo indeterminato a seguito di stabilizzazione una nuova assunzione, avvenuta ex novo e non collegabile in automatico alle precedenti (salvo espressa previsione in tal senso), si pone in armonia con il principio costituzionale dellaccesso mediante concorso agli impieghi con la P.A., con il divieto di conversione posto dallart. 36, comma 6, D.lgs. n. 165/2001, nonch con il carattere derogatorio delle misure di stabilizzazione, senza trascurare, altres, limpianto normativo del CCNL di riferimento. Coerente con tali deduzioni laffermazione, in sentenza, dellimpossibilit di ammettere il riconoscimento dellanzianit di servizio pregressa ai fini giuridici al dipendente stabilizzato. La sentenza si rivela innovativa, rispetto ad altre molteplici pronunce dei giudici interni, per aver distinto i paradigmi normativi su cui fondare il riconoscimento dei diritti insiti nellanzianit di servizio ai fini giuridici e quello dei diritti connaturati allanzianit di servizio ai fini economici, in piena coerenza con il principio dellanzianit di servizio quale presupposto di fatto di distinti specifici diritti. Pone, pertanto, il riconoscimento dellanzianit ai fini giuridici ed economici su due binari diversi, i quali, non sempre e non necessariamente, si intersecano. Non trascura, al contrario valorizza, il contributo essenziale dato alla materia dalla giurisprudenza dellU.E. e, partendo dalle definizioni di condizioni dimpiego e ragioni oggettive fornite da ampia giurisprudenza della C.G.E., riconosce che tali principi possano incidere sulla ricostruzione di carriera del dipendente stabilizzato ma, unicamente, per il profilo economico. Il riconoscimento delle differenze economiche conseguenti alla progressione retributiva nellarea di appartenenza, disposto nella sentenza che si annota, valorizza lesperienza lavorativa pregressa del dipendente, senza porsi in disarmonia con i nuovi criteri previsti dal CCNL di riferimento e da ampia legislazione successiva (tra tutti i decreti Madia del 2017) per la valutazione dellesperienza lavorativa ai fini delle progressioni di carriera. Il doppio binario previsto in sentenza per il riconoscimento dellanzianit ai fini giuridici ed economici si riflette, in maniera coerente, anche sul regime della prescrizione. Il rapporto di lavoro con la P.A. risulta connotato da stabilit reale - pur se a tempo determinato, viste le caratteristiche intrinseche del datore di lavoro e le tutele offerte dal CCNL - pertanto, il dies a quo per la prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro, risentendo della stabilit, autonomo rispetto allintervenuta stabilizzazione, non decorrendo dalla data di stipula del contratto a tempo indeterminato ma, al contrario, in costanza di rapporto a termine. CONTENzIOSO NAzIONALE tribunale di napoli, sezione lavoro, sentenza 13 ottobre 2017 n. 6887 -Giud. Amalia Urzini - A.C. (avv. G. dAmbrosio) c. MIBACT (avv. St. G. Arpaia). RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Con ricorso depositato in data 20/3/2017 l'epigrafato ricorrente ha premesso di avere intrattenuto con l'amministrazione convenuta plurimi contratti a tempo determinato, di cui i primi con durata trimestrale dal 16/9/1998 al 12/10/1999 con mansioni di addetto ai servizi di vigilanza e custodia e il successivo dal 14/1/2000 al 30/6/2001 quale addetto ai servizi di vigilanza ed assegnato al Museo Archeologico di Napoli; di avere avuto una serie di proroghe e rinnovi continuando a prestare servizio senza soluzione di continuit fino al 2/7/2007 in cui fu disposta l'ultima proroga fino alla sua definitiva trasformazione a tempo indeterminato in data 5/11/2007; di avere svolto le stesse identiche mansioni per tutto l'arco temporale anzidette e che tali mansioni sono state espletate dai dipendenti di ruolo del Ministero; di non avere conseguito il riconoscimento dell'anzianit antecedente all'immissione in ruolo. Listante, in base ad articolate considerazioni giuridiche ha convenuto in giudizio il Ministero al fine di ottenere, previa disapplicazione di qualsivoglia norma legale e/o contrattuale contrastante con la clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, l'accertamento dell'illegittimit dell'azzeramento dell'anzianit maturata all'atto dell'immissione in ruolo e l'accertamento del diritto al riconoscimento dell'anzianit di servizio, a fin giuridici ed economici, maturata nel rapporto di lavoro a termine a decorrere dal 16/9/1998 o dalla diversa data ritenuta di giustizia; la condanna del Ministero al pagamento in suo favore delle differenze retributive maturate fino all'esatta collocazione classe di servizio corrispondente alla predetta anzianit maturata oltre ad eventuali somme spettanti ancora a titolo di differenze economiche; la condanna inoltre del Ministero alla ricostruzione della carriera considerando per intero i servizi svolti durante i contratti a tempo determinato, spese vinte. Il Ministero, costituitosi tempestivamente in giudizio a mezzo dell'Avvocatura dello Stato (cfr memoria depositata il 29/9/2017), ha eccepito la prescrizione dei crediti e nel merito, ha dedotto l'infondatezza delle domande sia alla stregua della normativa nazionale che comunitaria per cui ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese. All'odierna udienza la causa al termine della camera di consiglio stata decisa con sentenza di cui stata data pubblica lettura nei termini di seguito precisati. In punto di fatto, documentato che il ricorrente ha prestato servizio alle dipendenze del Ministero convenuto in forza di due contratti trimestrali non continuativi, il primo decorrente dal 16/9/1998 e il secondo dal 12/7/1999, con inquadramento nel profilo di addetto ai servizi di vigilanza; parimenti documentato che egli, assunto dal 14/1/2000 con contratto a tempo determinato con scadenza al 30/6/2001 ha avuto una serie di proroghe annuali dal 31/12/2001 al 31/12/2006. L'istante versa in atti anche il contratto del 2/7/2007 definito "atto integrativo al contratto di lavoro" ove si conviene una proroga del contratto a tempo determinato fino alla sua trasformazione a tempo indeterminato. Egli valorizza le espressioni letterali contenute nell'atto del 2/7/2007 per sostenere che si trattato di una prosecuzione ininterrotta dello stesso rapporto di lavoro. In effetti, il richiamo nell'atto, alla procedura di stabilizzazione prevista dalla legge 296/2006 consente di risolvere la questione controversa tra le parti, in base alla sua regolamentazione, al di l e a prescindere dalle parole adoperate dalla P.A. Del resto il contratto del 5/11/2007 in prod. ha ad oggetto l'assunzione a tempo indeterminato con predeterminazione di un periodo di prova ed verosimile ritenere, pur senza che sia stato allegato che, per effetto dell'assunzione in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 ruolo, il ricorrente ha percepito il trattamento di fine rapporto, il cui presupposto la risoluzione del contratto a termine in corso. Pu quindi ritenersi, a differenza dei contratti trimestrali intervallati da un periodo significativo, il rapporto di lavoro del ricorrente, a decorrere dal contratto del 14/1/2000 si svolto ininterrottamente, s da coprire integralmente il periodo complessivamente di interesse ed possibile presumere che il ricorrente abbia svolto mansioni di addetto alla vigilanza, di pertinenza anche del personale a tempo indeterminato di pari inquadramento. La contraria possibilit -che egli abbia svolto mansioni diverse da quelle assegnate al personale di pari qualifica -andrebbe comunque esclusa giacch opera il principio formale di equivalenza delle mansioni nell'impiego pubblico ed pacifico che il ricorrente abbia svolto, per tutta la durata dei rapporti precari, mansioni della qualifica di appartenenza. Peraltro il Ministero d conto nella memoria difensiva, di avere inquadrato il ricorrente nell'area B, posizione economica B1 fino al nuovo sistema di classificazione del personale con il quale tale area confluita nel- l'area seconda F, fascia retributiva F1 applicato all'A.C. dal 14/9/2007, con ci palesando di avere sempre riservato a costitui lo stesso trattamento del personale di ruolo di pari qualifica e mansioni. Non appare neanche configurabile una diversa intensit del potere organizzativo datoriale o diversi obblighi a carico delle parti del rapporto di impiego pubblico connaturate al carattere (stabile o precario) del rapporto medesimo, giacch per tutta la durata del rapporto anche il lavoratore assunto a tempo determinato tenuto all'obbligo di esclusiva prestazione della propria attivit in favore dell'amministrazione, salvi i casi previsti dalla legge, ed all'adempimento degli obblighi di diligenza e fedelt specificamente imposti all'amministrazione (e quindi ai pubblici impiegati) dai principi di buona amministrazione ed imparzialit ex art. 97 Cost. pure pacifico (ma risulta comunque dalla contrattazione soggettivamente efficace, cfr. art. 20 del CCNL 21.2.2002 relativo al quadriennio normativo 1998-2001) come al personale assunto a tempo determinato si applichi il trattamento economico e normativo previsto per il personale a tempo indeterminato "compatibilmente con la durata del contratto a termine". Pu quindi convenirsi, ai fini che ne occupano che, per tutta la durata del rapporto a termine inter partes decorrente dal 14/1/2000, e quindi pressoch continuativamente, il ricorrente risulta avere svolto una prestazione in tutto equivalente a quella dei lavoratori dipendenti del- l'amministrazione assunti a tempo indeterminato di pari qualifica (addetto ai servizi di vigilanza di area retributiva B posizione B1). La procedura di stabilizzazione che ha riguardato il ricorrente contenuta nella legge 296/2006. I commi 519 e 520 di detta legge prevedono che "Per l'anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virt di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purch sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma, e prioritariamente del personale di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, CONTENzIOSO NAzIONALE e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione. Nei limiti del presente comma, la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco consentita al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio. Con decreto del Ministro dell'interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco previsti dalle vigenti disposizioni, sono stabiliti i criteri, il sistema di selezione, nonch modalit abbreviate per il corso di formazione. Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate secondo le modalit di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni" e che "per l'anno 2007, per le specifiche esigenze degli enti di ricerca, costituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo, destinato alla stabilizzazione di ricercatori, tecnologi, tecnici e personale impiegato in attivit di ricerca in possesso dei requisiti temporali e di selezione di cui al comma 519, nonch all'assunzione dei vincitori di concorso con uno stanziamento pari a 20 milioni d euro per l'anno 2007 e a 30 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2008. All'utilizzo del predetto fondo si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentite 1e amministrazioni vigilanti, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato". corretto quanto sostenuto da una parte della giurisprudenza di merito a cui la scrivente ha aderito gi in precedente fattispecie, che "il legislatore intervenuto con la finalit di sanare situazioni che s protraggono da lungo tempo e che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di provvista d personale nelle pubbliche amministrazioni e creato diffuse aspettative nei dipendenti cos assunti, anche in violazione dell'art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Infatti, come gi diffusamente sottolineato nella Circolare n. 3 del 2006 del Ministro per la funzione pubblica, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato corrisponde alla necessit di fare fronte ad esigenze temporanee delle amministrazioni, mentre nelle situazioni oggetto della stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria per l'anno 2007 di fatto si sono utilizzate tipologie di lavoro temporaneo per esigenze permanenti dell'amministrazione e non esternalizzate. Inoltre, occorre ricordare che sebbene la natura delle disposizioni di cui si tratta possa essere considerata derogatoria rispetto alle normali procedure di assunzione, in quanto finalizzata a sanare le situazioni sopra descritte, occorre necessariamente inquadrare la loro applicazione nel sistema delle norme vigenti in materia" (cfr Direttiva 30 aprile 2007, n. 7 del Dipartimento della Funzione Pubblica). La legge dunque individua pertanto due categorie di personale, ossia quello non dirigenziale in servizio a tempo determinato e quello di cui al comma 1156, lettera f), purch sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. I lavoratori precari rientrano nella prima categoria. Per costoro previsto testualmente che la stabilizzazione avvenga mediante l'assunzione del personale. La locuzione, lungi dall'essere. atecnica, individua le modalit di reclutamento del personale cd precario che, in deroga alla procedura di accesso nei ruoli pubblici mediante concorso, assunto direttamente mediante la sottoscrizione di un contratto di lavor` a tempo indeterminato, valorizzando il requisito della triennalit dei rapporti a tempo determinato (nell'ambito delle tre ipotesi di cui al comma 519). La possibilit di stabilizzare anche quei rapporti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 gi risolti alla data della stipula del contratto a tempo indeterminato, purch rientranti nel triennio, rafforza la convinzione che tra i due rapporti non vi continuit, nel senso che le norme citate sono chiare nell'evidenziare che la stabilizzazione non costituisce una mera trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, quanto una nuova assunzione in relazione alla quale l'esistenza di un contratto a tempo determinato costituisce mero presupposto. In primo luogo, la conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato nel pubblico impiego preclusa dall'art. 36, comma sesto, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, per cui in assenza di una specifica normativa speciale che deroghi a tale principio non pu certamente operarsi in questa sede tale conversione (il principio stato ribadito di recente dalla Suprema Corte a sezioni unite nella sentenza n. 5072 del 15/3/2016). In secondo luogo, la normativa sopra citata qualifica espressamente la stabilizzazione quale assunzione e la ammette anche in relazione al personale che non sia attualmente in servizio, purch abbia maturato il requisito citato, con la conseguenza che la stabilizzazione non pu essere considerata una mera prosecuzione del rapporto pregresso, ma costituisce una vera e propria assunzione ex novo. Pertanto, l'assunzione conseguente alla stabilizzazione deve essere ritenuta a tutti gli effetti quale nuova assunzione presso la pubblica amministrazione, la quale ha instaurato un nuovo contratto di lavoro con il soggetto "stabilizzato", mentre non potrebbe essere condivisa, per le ragioni sopra riportate, l'affermazione secondo la quale si tratterebbe di una mera trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Poich la stabilizzazione costituisce una nuova assunzione in base alla quale il rapporto di lavoro si costituisce ex nunc, in assenza di una specifica disposizione normativa che lo preveda espressamente, il pregresso servizio, in qualunque arco temporale esso sia stato prestato, non pu automaticamente essere considerato ai fini dell'anzianit di servizio. Ci del resto reso evidente dallo stesso meccanismo per la stabilizzazione, ove il legislatore l'ha ammessa anche in relazione a rapporti che fossero gi cessati, ovvero in relazione a rapporti non continuativi, purch di durata complessiva non inferiore al triennio. Poich ogni singola assunzione a tempo determinato costituisce una nuova assunzione del lavoratore che non in nulla collegata alle precedenti, salve espresse previsioni in tal senso, ogni singolo rapporto ha una sua distinta autonomia e questo anche nel caso in cui il lavoratore venga successivamente assunto dallo stesso ente con contratto a tempo indeterminato. Pertanto, non si ravvisano le condizioni per affermare il diritto del ricorrente alla ricostruzione della carriera professionale al fine del verosimile riconoscimento dell'anzianit ai fini giuridici, da qualsiasi data cadente nel periodo precedente alla stabilizzazione. Ci posto, si deve evidenziare che risponde a canoni di equit il principio in base al quale l'anzianit di servizio, quantomeno in proporzione alla prestazione lavorativa effettivamente resa, venga considerata ai fin degli aumenti periodici, pur in assenza di una esplicita disposizione contrattuale o normativa in tal senso, ovvero ai fini dell'applicazione di tutti gli istituti contrattuali che hanno quale presupposto la sussistenza di una pregressa attivit lavorativa. A tale risultato pu pervenirsi, pur tenendo fermi gli effetti della stabilizzazione, la quale non consente di ricostruire un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalla data di stipula del primo dei contratti a termine, attraverso l'analisi della normativa europea in relazione agli effetti della successione di una pluralit di contratti a termine, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. CONTENzIOSO NAzIONALE Risultano infatti ricorrere nel caso in esame, tutti i presupposti per l'applicazione del principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all'art. 4 dell'Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE cos che nessuna ragionevole giustificazione di una disparit di trattamento economico pu trarsi da tale argomento. Rispetto ad esso la modalit di selezione del personale - mediante stabilizzazione e non mediante pubblico concorso - non incide sulla qualit del lavoro prestato, come si vedr attraverso le decisioni della Corte di Giustizia. La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito la portata generale della direttiva 99/70 e del principio della parit di trattamento e del divieto di discriminazione che vi sono affermati: "la mera circostanza che un impiegato sia qualificato come di ruolo' in base all'ordinamento interno e presenti taluni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego di uno stato membro interessato priva di rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l'efficacia pratica della direttiva 1999/70 e quella dell'accordo quadro nonch la loro applicazione uniforme negli stati membri; riservando a questi ultimi la possibilit di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti comunitari (cos : Corte di Giustizia 13 settembre 2007 C-307/5 Del Cerro punto 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 C-444/09 Gavieiro e C-456/09 Torres punto 43). "infatti; una disparit di trattamento che riguardi le condizioni di impiego tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato non pu essere giustificata mediante un criterio che, in modo generale ed astratto, si riferisca alla durata stessa dell'impiego. "ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una siffatta disparit di trattamento priverebbe del loro contenuto gli scopi della direttiva 70/99 e dell'accordo quadro" (corte di Giustizia 22 dicembre 2010 cit. punto 57), scopi individuati dalla stessa corte nella garanzia della parit di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni (..) al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato" (punti 47 e 48). Il trattamento retributivo progressivamente collegato all'anzianit di lavoro rientra indiscutibilmente nel concetto di "condizioni di impiego" di cui parla la direttiva, trasposta nel D.Lgs. 368/2001. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l'unico limite che giustifica un trattamento differenziato, e cio la sussistenza di ragioni oggettive, non pu essere ravvisato dalla mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all'ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego (cfr.: Corte di Giustizia II Sez. 13 settembre 2007 causa 307/05 Del Cerro, punti da 26 a 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 cause riunite 444/09 e 456/09 Gavieiro e Torres). La Corte di Giustizia ha definito la nozione di ragioni oggettive, tali da giustificare una diversit di trattamento tra assunti a termine e assunti di ruolo, nel senso che si deve trattare di "elementi precisi e concreti ( ... ) che possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti a tempo determinato" (cfr.: Corte di Giustizia sentenza Del Cerro citata, punti da 49 a 58). In altri termini, - come puntualizzato dalla citata sentenza Gaviero e Torres, e ribadito dall'ordinanza 9 febbraio 2012, causa C 556/11, Lorenzo Martinez cit., punti 47, 48, 49 e 50 -le ragioni oggettive che ai sensi dell'art. 4 punto 1 della direttiva clausola legittimano la differenza di trattamento non possono consistere nel fatto che questa sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale la legge o il contratto collettivo, ma riguardano "la sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive ed in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparit ri RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 sponda ad una reale necessit, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria". La "reale necessit" di un trattamento differente tra lavoratori, cos come descritta dalla Corte europea, non pu certo identificarsi con l'essere un dipendente a tempo determinato, di ruolo o meno e assunto o meno con concorso, n tali peculiarit del rapporto di impiego hanno alcuna correlazione logica con il negare la progressione retributiva in funzione dell'anzianit maturata (cfr. in questi termini: Corte di Giustizia 22 dicembre 2010, cit. punto 43): in tale ottica antidiscriminatoria, non pu condividersi l'argomentazione della difesa dell'Ente ostativa alla valutazione dell'anzianit di servizio a fini economici. La posizione del dipendente a tempo indeterminato e quella di chi ha lavorato - come il ricorrente - con continuit nella medesima mansione in forza di una pluralit di rapporti a termine sono pertanto pienamente equiparabili, non potendo essere preclusiva la circostanza che si tratta di un impiegato non di ruolo, non assunto per pubblico concorso e non soggetto a stabilizzazione dopo un periodo di prova, come evidenziato dalle decisioni del giudice comunitario sopra riportate. Tale orientamento stato di recente confermato con ordinanza della Corte GCE (Ottava Sezione) del 4 settembre 2014 nella causa C-152/14. Pertanto, il ricorso pu essere accolto limitatamente al riconoscimento delle differenze economiche conseguenti alla progressione economica nella fascia di appartenenza (ex B poi F) a decorrere dal 14/1/2000. Le rivendicazioni soggiacciono al termine prescrizionale quinquennale decorrente in costanza sia del rapporto a termine che a tempo indeterminato e, in considerazione dell'atto interruttivo del 24/2/2012 e del successivo del 20/2/2017, pu essere disposta la condanna del Ministero al pagamento in favore del ricorrente delle differenze maturate a decorrere dal 24/2/2007. Sulla sorta maturano i soli interessi legali dalla maturazione al saldo, ex art. 22, 36 comma legge 724/94 (come modificata dalla pronuncia di incostituzionalit n. 459/00). Il ricorso va quindi accolto nei termini anzidetti, assorbite tutte le ulteriori argomentazioni delle parti in quanto non rilevanti e/o non conferenti. Le spese, stante l'esito del giudizio, si compensano per la met e per la restante parte seguono la soccombenza liquidandosi come da dispositivo. P.Q.M. in parziale accoglimento del ricorso dichiara il diritto di AC. al riconoscimento dell'anzianit del servizio prestato alle dipendenze del Ministero prima della stabilizzazione a decorrere dal 14/1/2000, a soli fini economici e per l'effetto, condanna il Ministero al pagamento delle relative differenze retributive maturate dal 24/2/2007 all'attualit, maggiorate con gli interessi legali dalle scadenza al saldo, da quantificarsi in separata sede; rigetta per il resto il ricorso; liquida le spese in complessivi 4.955,35 comprensivi di spese generali, di cui compensa la met e condanna il convenuto al pagamento della restante met delle stesse oltre IVA e CPA con attribuzione. Napoli, 13/10/2017 CONTENzIOSO NAzIONALE le proposte di vincolo paesaggistico, adottate nel vigore del d.lgs. 490/1999, dopo la sentenza n. 13/2017 delladunanza Plenaria del Consiglio di stato nota a consiGlio di stato, adUnanza Plenaria, sentenza 22 dicembre 2017 n. 13 Piero Vitullo, Francesca Muccio (*) sommario: 1. Premessa - 2. la sentenza di primo grado impugnata - 3. la sentenza n. 13/2017 delladunanza Plenaria e la ricostruzione dogmatica della questione in essa esposta -4. la modulazione nel tempo degli effetti della pronuncia di annullamento - 5. la funzione monofilattica della decisione della.P. - 6. conclusioni. 1. Premessa. La questione trae origine da un ricorso giurisdizionale con cui sono state impugnate due proposte di vincolo paesaggistico della Soprintendenza BACT per il Molise, da parte di una societ interessata alla realizzazione nel Comune di Miranda (IS) di un impianto alimentato da fonte eolica, di potenza inferiore a 32,2 MW, e che pertanto aveva richiesto lautorizzazione unica ai sensi del- lart. 12 d.lgs. 387/2003, poi negatale dallAutorit procedente (Regione Molise, Servizio per le Politiche Energetiche), a seguito del negativo parere della Soprintendenza medesima. Motivo principale dellimpugnazione, la mancata emissione della dichiarazione di pubblico interesse nel termine di 180 giorni dalladozione delle proposte di vincolo, termine stabilito dal d.lgs. 42/2004 (o Codice dei beni ambientali e del paesaggio), come modificato dal d.lgs. 157/2006 e dal d.lgs. 63/2008, sul cui fondamento era stato rilasciato il parere negativo ex art. 146 d.lgs. 42/2004 della Soprintendenza territorialmente competente. Aspetto essenziale della questione lanteriorit, rispetto allattuale Codice del Paesaggio, di ambedue le predette proposte, adottate nella vigenza del d.lgs. 490/1999 alla cui stregua (cfr. art. 140 commi 5 e 6; art. 151, commi 1 e 2) la competente Commissione istituita in ciascuna provincia poteva individuare complessi di cose immobili aventi valore estetico e tradizionale, nonch bellezze panoramiche, mediante inserimento in appositi elenchi di localit, valevole come atto preparatorio della dichiarazione di notevole interesse pubblico. Pertanto la Soprintendenza, rettificando uniniziale attestazione richiesta dalla Societ istante, in esito a pi approfondita ricerca darchivio, con le ri (*) Piero Vitullo, Avvocato dello Stato. Francesca Muccio, Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso lAvvocatura di strettuale dello Stato di Campobasso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 cordate note oggetto di impugnazione ha rilevato la sussistenza in loco dei vincoli provvisori scaturenti dalla proposta di inserimento in tali elenchi della localit coinvolta dal divisato intervento, dichiarando la vigenza delle norme di salvaguardia e degli obblighi di cui al d.lgs. 42/2004 nellarea interessata, nelle more della definizione ed emanazione del decreto e della disciplina duso da parte della Direzione regionale BACT. In proposito il T.A.R. Molise, adito dalla predetta Societ per lannullamento delle proposte di vincolo e dei pareri negativi espressi sulla scorta delle medesime, aderendo alla teoria della continuit (v. infra) ha affermato la validit ed efficacia attuali di tali proposte, bench non ancora seguite da dichiarazione di pubblico interesse, cristallizzando per esse il precedente regime e richiamando a supporto la tradizionale impostazione della giurisprudenza penale (1). Non ha, comunque, mancato di sottolineare, il giudice di primo grado, la non chiara formulazione delle disposizioni di cui agli artt. 140, 141 e 157 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 ed il mancato coordinamento tecnico tra il testo originario del d.lgs. n. 42 e le frammentarie modificazioni nel tempo sopravvenute. Investita della impugnativa della sentenza del T.A.R. Molise, la IV sezione del Consiglio di Stato, ravvisando contrasto giurisprudenziale in materia, ha rimesso la questione allAdunanza Plenaria (2). Questultima, con la sentenza n. 13/2017, depositata il 22 dicembre 2017, ha affrontato la tematica abbracciando una terza via, mediana rispetto alle due diverse posizioni, della continuit e della discontinuit, che in sede processuale si sono confrontate e che qui di seguito si esporranno. Trattasi di tematica - intuibile - scaturente dalla contrapposizione di rilevanti interessi, tesi per un verso alla salvaguardia dei luoghi con significativa importanza paesaggistico-culturale da usi incompatibili, per altro verso allincentivazione della produzione imprenditoriale di energia da fonti rinnovabili. 2. la sentenza di primo grado impugnata. Sancendo la permanenza dei vincoli proposti nel 2001 e nel 2002, il T.A.R. Molise con la sentenza di primo grado n. 92/2016 ha recepito le ragioni dellAmministrazione statale, deponenti per la permanenza degli effetti di salvaguardia del vincolo in fieri, dichiarandoli validi ed efficaci. In particolare il T.A.R. Molise, con la succitata sentenza, ha affermato che lart. 157, comma 2, d.lgs. 42/2004 non ha previsto termini di decadenza o di silenzio significativo per i beni oggetto di proposte di vincolo antecedenti allentrata in vigore del Codice, cristallizzando in tal modo per essi il precedente (1) Cfr. Corte di Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 2012, n. 6617 e Corte di Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 2010, n. 16476. (2) Cons. St., sez. IV, ord., 12 giugno 2017, n. 2838. CONTENzIOSO NAzIONALE regime, reputando corretto ritenere, come affermato dalle () condivisibili sentenze della Corte di Cassazione [Corte di Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 2012, n. 6617, e sez. III, 17 febbraio 2010, n. 16476], che a tali beni non siano estensibili le innovazioni introdotte con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157, e dal d.lgs. n. 26 marzo 2008, n. 63 e che le forme di decadenza introdotte da queste fonti normative successivamente sopravvenute non siano pertanto applicabili alle proposte di vincolo formulate antecedentemente alla data di entrata in vigore del codice approvato con d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Tali considerazioni appaiono, peraltro, avvalorate da due ulteriori argomentazioni. Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 si riferisce ai beni previsti dallart. 157 come a unautonoma categoria di beni soggetti a tutela dal carattere non temporaneo ma duraturo, sia allart. 146, in cui prescrive che i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dellarticolo 142, o in base alla legge, a termini degli articolo 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, n introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione, sia allart. 143, comma 4, lett. a), laddove prevede forme semplificate di rilascio dellautorizzazione paesaggistica nelle aree vincolate ex lege disciplinate nel piano paesistico e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157. Per il T.A.R. Molise alle medesime conclusioni conduce anche una lettura costituzionalmente orientata della norma, atteso che le finalit di tutela del paesaggio, garantite dallart. 9 della Costituzione, che integrano un interesse pubblico preminente rispetto ad altri interessi confliggenti, risulterebbero irrimediabilmente compromesse da un esito interpretativo che facesse derivare implicitamente una indiscriminata e generalizzata decadenza di tutte le proposte di vincolo non ancora approvate presenti sullintero territorio nazionale indipendentemente dalla data della loro formulazione entro i brevissini termini di decadenza previsti dallart. 141 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nel testo modificato dal d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157, e dal d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63, senza neppure la predisposizione di misure organizzative idonee a consentire alle Soprintendenze uneffettiva verifica da svolgersi caso per caso del permanere delle esigenze di tutela e della loro effettiva consistenza (per completezza va soggiunto che un tale problema non si pone negli stessi termini per le proposte di vincolo formulate successivamente, perch le Amministrazioni, edotte degli effetti della propria eventuale inerzia, sono state poste dal legislatore nelle condizioni di programmare la propria attivit in base alle risorse disponibili). Tanto pi che, per il medesimo giudice, non sono in discussione vincoli di inedificabilit assoluta, bens relativi, che comportano solo la necessit di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 ottenere unapposita autorizzazione della Soprintendenza circa la compatibilit degli interventi con i valori paesaggistici oggetto di protezione, e che, come noto, i beni immobili vengono assoggettati a vincoli paesistici per il loro intrinseco valore, in ragione della loro localizzazione o della loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit indicate dalla legge e quindi, in altri termini, per valori che rappresentano le caratteristiche intrinseche del bene. Il T.A.R. Molise richiama, sul punto, la sentenza n. 262/1997, emessa dalla Corte Costituzionale, che ha respinto le questioni di incostituzionalit sollevate con riguardo alla mancata previsione di una decadenza o indennizzabilit delle proposte di vincolo successivamente non approvate, sul presupposto che sul piano costituzionale non si profila neppure una esigenza di inefficacia dei vincoli paesistici oltre un certo tempo, quando non sia intervenuto un primo atto collegato alla previsione di un indennizzo ovvero strettamente preordinato allespropriazione e neppure si pone un problema di durata della misura cautelativa o anticipatoria, n un profilo di indennizzabilit anchesso collegato alla durata, in quanto il legislatore ha attribuito un effetto immediatamente vincolante per i soggetti contemplati dallart. 7 della legge 1497 del 1939 fin dal momento della ricognizione delle qualit connaturali secondo il regime proprio del bene, cio dalla compilazione e pubblicazione dellelenco con valore costitutivo del regime giuridico dellimmobile da parte delle commissioni al termine del primo subprocedimento. Infine, per il T.A.R. Molise, da respingere sarebbe anche il timore di un vuoto di tutela, prevedendo lordinamento specifici rimedi nei confronti del- leventuale inerzia dellAmministrazione. 3. la sentenza n. 13/2017 delladunanza Plenaria e la ricostruzione dogmatica della questione in essa esposta. LAdunanza Plenaria, nella succitata sentenza pubblicata il 22 dicembre 2017, ha riconosciuto la permanenza, ma non lefficacia, delle proposte di vincolo in questione sancendone, mediante luso di poteri conformativi e in particolare la modulazione degli effetti caducatori della decisione, la validit transitoria e lopportunit di consolidazione qualora confermate entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della pronuncia medesima, scadenti dunque il 22 giugno 2018. Si cos discostato, il Supremo Consesso, tanto dal minoritario orientamento (anche detto della discontinuit), che vorrebbe decaduti i vincoli proposti prima dellentrata in vigore del Codice (cos come modificato dai decreti legislativi n. 157/2006 e n. 63/2008), quanto dal maggioritario orientamento (o della continuit), che privilegia, invece, la conservazione dellefficacia dei vincoli predetti, nonostante lintervenuto Codice e le successive modificazioni. CONTENzIOSO NAzIONALE Il maggioritario orientamento sembra far leva sul principio di irretroattivit della disciplina sopravvenuta (irrogativa della decadenza per inutile scadenza del termine a presidio della stabilizzazione del vincolo equivalente a dichiarazione di pubblico interesse), oltre che sulla rilevanza costituzionale del bene paesaggio ex art 9 Cost.; il minoritario orientamento postulerebbe la cessazione degli effetti delle proposte di vincolo sulla base del necessario contemperamento dei principi di buon andamento della P.A., di tutela del diritto di propriet e dellinteresse paesaggistico, nonch sulla base del dato normativo interpretato in senso logico-sistematico. Luna e laltra tesi sono, in effetti, sconfessate dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, adducendo difformi e anche innovative argomentazioni, propugna una terza via, culminante in una pronuncia di annullamento eccezionalmente ex nunc (operante con la scadenza del termine calcolato dalla data di pubblicazione della sentenza), che vale a qualificare lintero impianto ricostruttivo, incentrato proprio sullesplicazione della nuova regola applicativa, solo per il futuro e per i casi di specie sorti successivamente alla sua adozione. Inoltre, lA.P. ritiene di dissentire dallimpostazione del precedente dibattito sui vincoli, secondo cui: a) se la proposta perde efficacia, il vincolo preliminare decade; b) se la proposta non perde efficacia, il vincolo preliminare non decade. Reputando che la premessa del ragionamento non sia corretta, lAdunanza Plenaria afferma che leffetto preliminare disposto dalla legge e, pi precisamente, dal combinato disposto dellart. 139, comma 2, e dellart. 146, comma 1, d.lgs. 42/2004. Recita lart. 139, comma 2, d.lgs. 42/2004: dell'avvenuta proposta e relativa pubblicazione data senza indugio notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione interessata, nonch su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1. Alle medesime forme di pubblicit sottoposta la determinazione negativa della commissione. Lart. 146, comma 1, d.lgs. 421/2004 stabilisce, invece, che: I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, n introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. In altri termini, per il pi elevato Consesso Amministrativo, a decadere non sarebbe la proposta in s, quanto leffetto preliminare (di salvaguardia) dalla stessa scaturente ex lege. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Rinviando lart. 157, comma 2, d.lgs. 42/2004, tanto allart. 141, comma 5, quanto allart. 146, comma 2, per evitare lassurdo logico che esso implichi allo stesso tempo che leffetto preliminare delle proposte anteriori al Codice cessi (141, comma 5) e persista (146, comma 1), lunica soluzione possibile interpretarlo nel senso che esso intenda da un lato conservare lefficacia delle proposte anteriori al Codice, dallaltro assoggettarne leffetto preliminare al vincolo della disciplina vigente. E ci perch il (rispetto del) principio di non contraddizione un vincolo per linterprete (e di cui, la stessa giurisprudenza costituzionale rappresenta il baluardo). Se ne desume, dunque, la scissione e lautonoma considerazione della proposta (e della sua validit) da un lato, della sua efficacia nel tempo dallaltro. Quelle sopra richiamate sarebbero, peraltro, norme incidenti non gi sulle proposte di vincolo, bens sul potere ministeriale di provvedere sulle medesime proposte, facendo seguire la cessazione degli effetti di salvaguardia alla mancata emissione della dichiarazione di pubblico interesse entro il termine di 180 giorni dalla formulata proposta. Ci, al fine di non premiare linerzia dellAmministrazione e sollecitarla a un tempestivo intervento. Non le proposte risulterebbero, pertanto, incise dalle discipline introdotte dal d.lgs. 157/2006 e 63/2008, bens solo lesercizio del potere e le sue conseguenze, nel caso in cui linerzia si protragga oltre i predetti 180 giorni. quindi la diversa conformazione del potere di provvedere a venire in discussione - chiarisce lA.P. - e non, per cos dire, la natura della proposta, se non altro sotto il profilo temporale: se cio antecedente o susseguente alla nuova disciplina. Non vi sono, in altri termini, proposte dotate di unefficacia vincolante sine die, e proposte (successive alla novella) a regime di salvaguardia temporalmente limitato; vi semplicemente un potere dellamministrazione che, dopo la novella, diversamente conformato in relazione al suo esercizio nel tempo, con conseguenze in ordine agli effetti di salvaguardia. Quanto al rischio di cessazione ex abrupto di un numero indefinito di proposte finora applicabili nel territorio nazionale, che lascerebbe sguarnita di tutela paesaggistica una serie di aree pregevoli a livello naturalistico o culturale, esso viene eluso dallAdunanza Plenaria, sul presupposto, al riguardo, che: a) cessa leffetto preliminare di vincolo, non lefficacia della proposta; b) la decadenza delleffetto preliminare non immediata, ma decorso il termine di 180 giorni. Tale ultimo termine decorre, come detto, dalla pubblicazione della pronuncia, reputando lAdunanza Plenaria del Consiglio di Stato di poter modulare la portata temporale della sua sentenza, facendone decorrere gli effetti pro futuro. CONTENzIOSO NAzIONALE Su tale aspetto si innesta il profilo interpretativo pi significativo della sentenza in disamina (si veda subito infra). 4. la modulazione nel tempo degli effetti della pronuncia di annullamento. Linnovativa conclusione cui perviene lAdunanza Plenaria trova un immediato addentellato -in termini trasponibili anche nellordinamento interno nella giurisprudenza comunitaria, che ha gi da tempo affermato che il principio di efficacia ex tunc dellannullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte pu dichiarare che lannullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, latto medesimo conservi i propri effetti sino a che listituzione comunitaria modifichi o sostituisca latto impugnato (Corte di giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). Tale potere, prima dellentrata in vigore del Trattato di Lisbona, era previsto in caso di dichiarata invalidit di un regolamento comunitario, ma era esercitabile anche nel caso di impugnativa delle decisioni. Ci induce alla conseguenza secondo la quale la Corte di Giustizia pu stabilire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dellatto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che pu tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante. Tale giurisprudenza trova fondamento nellart. 264 del Trattato sul Funzionamento dellUnione Europea, il quale stabilisce che sia la Corte di Giustizia a delimitare gli effetti dellatto impugnato da considerarsi definitivi, principio europeo che fa ingresso, insieme ai principi di rango costituzionale, nel nostro ordinamento in virt dellart. 1 del c.p.a. (La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo). La regola dellannullamento ex tunc di un atto troverebbe, pertanto, deroga nella limitazione dellefficacia retroattiva dellatto ovvero nellannullamento ex nunc del medesimo. La graduazione delle decisioni di annullamento ha, inoltre, fondamento, specifica ancora la Plenaria, negli artt. 21-nonies L. 21/1990 e 34, comma 1, lett. a), c.p.a, oltre che in materia di appalti pubblici, negli artt. 121 e 122 del c.p.a. (3). Anche la Corte Costituzionale, con sent. n. 10/2015, ha modulato lefficacia della pronunciata illegittimit della c.d. Robin Tax (4), stabilendone la decor (3) Trattasi di chiari esempi di modulazione degli effetti della pronuncia di annullamento del Giudice amministrativo: lannullamento dellatto amministrativo in via di autotutela, lannullamento di un atto (in tutto o in parte), la declaratoria di inefficacia di un contratto pubblico a seguito dellannullamento dellaggiudicazione definitiva. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 renza dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, al fine di evitare che limpatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla pronuncia determini uno squilibrio del bilancio dello Stato di entit tale da implicare la necessit di una manovra finanziaria aggiuntiva. Il Giudice delle Leggi ha, altres, affermato che lillegittimit di un atto pu essere suscettibile di modulazione temporale, qualora sussistano le seguenti due condizioni: limpellente necessit di tutelare uno o pi principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco. Facendo leva sul carattere interpretativo delle proprie pronunce lAdunanza Plenaria ha ravvisato lassimilabilit delle medesime alle decisioni pregiudiziali emesse dalla Corte di Giustizia, le quali sono peraltro vincolanti non solo per il giudice che ha sollevato la questione, ma anche per qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime norme. Come le sentenze di annullamento e quelle di incostituzionalit, anche le sentenze interpretative hanno efficacia retroattiva, salvo che tale retroattivit meriti deroga, volendosi garantire il principio di certezza del diritto. I giudici del Supremo Consesso Amministrativo al riguardo hanno anche precisato che lart. 113, comma 3, Cost. (La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalle legge stessa) non trova applicazione qualora vi sia un principio di diritto UE direttamente applicabile che permetta ai giudici amministrativi di pronunciarsi sulla legittimit degli atti della Pubblica Amministrazione, modulando gli effetti della propria sentenza, e ci vale in particolare quando il giudizio di annullamento presenti uno spiccato carattere interpretativo. Seconda conseguenza lapplicabilit del prospective overruling, che si estrinseca nella possibilit data al giudicante di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo per il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata. Il suesposto impianto interpretativo non frutto di unautonoma elaborazione dellA.P., in quanto desunto da un emblematico caso precedente, espressamente richiamato quale leading case -e anche parzialmente riprodotto, in termini sopra gi riportati - del medesimo Consiglio di Stato (5), forgiato su una fattispecie similare, in materia di tutela ambientale. (4) Ossia la maggiorazione dellIRES applicabile alle imprese operanti nel settore energetico e petrolifero, cos come delineata dallart. 81, commi 16, 17 e 18 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, con l. 6 agosto 2008, n. 133. (5) Sez. VI, sentenza n. 2755/2011. CONTENzIOSO NAzIONALE Caso, definito con un approccio identico e unidentica soluzione, di provvisoria permanenza degli effetti di un atto astrattamente suscettibile di qualificazione di invalidit e di differimento nel futuro degli effetti della dichiarazione di questultima (6). (6) Militano, a supporto argomentativo della soluzione intermedia propugnata dallA.P., i pertinenti passaggi motivazionali della sentenza n. 2755/2011: Di regola, in base ai principi fondanti la giustizia amministrativa, l'accoglimento della azione di annullamento comporta l'annullamento con effetti ex tunc del provvedimento risultato illegittimo, con salvezza degli ulteriori provvedimenti della autorit amministrativa, che pu anche retroattivamente disporre con un atto avente effetti ora per allora'. Tale regola fondamentale stata affermata ab antiquo et antiquissimo tempore da questo Consiglio (come ineluttabile corollario del principio di effettivit della tutela), poich la misura tipica dello Stato di diritto -come affermatosi con la legge fondamentale del 1889, istitutiva della Quarta Sezione del Consiglio di Stato - non pu che essere quella della eliminazione integrale degli effetti dell'atto lesivo per il ricorrente, risultato difforme dal principio di legalit. 15.2. Tuttavia, quando la sua applicazione risulterebbe incongrua e manifestamente ingiusta, ovvero in contrasto col principio di effettivit della tutela giurisdizionale, ad avviso del Collegio la regola dell'annullamento con effetti ex tunc dell'atto impugnato a seconda delle circostanze deve trovare una deroga, o con la limitazione parziale della retroattivit degli effetti (Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488), o con la loro decorrenza ex nunc ovvero escludendo del tutto gli effetti dell'annullamento e disponendo esclusivamente gli effetti conformativi. La legislazione ordinaria non preclude al giudice amministrativo l'esercizio del potere di determinare gli effetti delle proprie sentenze di accoglimento. Da un lato, la normativa sostanziale e quella processuale non dispongono l'inevitabilit della retroattivit degli effetti dell'annullamento di un atto in sede amministrativa o giurisdizionale (cfr. l'art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e l'art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). D'altro lato, dagli articoli 121 e 122 del Codice emerge che la rilevata fondatezza di un ricorso d'annullamento pu comportare l'esercizio di un potere valutativo del giudice, sulla determinazione dei concreti effetti della propria pronuncia. Tale potere valutativo, attribuito per determinare la perduranza o meno degli effetti di un contratto, per le ragioni di seguito esposte, va riconosciuto al giudice amministrativo in termini generali, quando si tratti di determinare la perduranza o meno degli effetti di un provvedimento. 16. Il giudice amministrativo, nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le pi innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cio armoniche con i principi generali dell'ordinamento, e in particolare con quello di effettivit della tutela) e congruenti (in quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris in concreto enunciata). 17. Nel caso di specie (e con riferimento al criterio della coerenza col sistema e col principio di effettivit della tutela da attuare nei confronti dell'appellante, vincitrice nel giudizio), si deve tenere conto di due decisive considerazioni: a) il ricorso di primo grado stato proposto da una associazione ambientalista, non a tutela della sua specifica sfera giuridica, bens nella qualit di soggetto legittimato ex lege ad impugnare i provvedimenti di portata generale che in qualsiasi modo abbiano una negativa incidenza sull'ambiente e sulle sue singole componenti, ovvero non lo abbiano adeguatamente tutelato (v. l'art. 18 della legge n. 349 del 1986); b) il medesimo ricorso di primo grado non ha mirato a far rimuovere in quanto tali gli atti generali impugnati, bens a farne rilevare l'illegittimit per l'inadeguatezza della tutela prevista dal piano faunistico approvato dalla Regione Puglia, inadeguatezza da considerare in re ipsa per il fatto che non sia stato posto in essere il prescritto procedimento di valutazione ambientale strategica (cos mancando le pi compiute valutazioni di merito), la cui conclusione avrebbe potuto ragionevolmente indurre l'Autorit regionale ad emanare prescrizioni pi restrittive, limitative dei comportamenti potenzialmente incidenti sull'ambiente e su alcune delle sue componenti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Ove il Collegio annullasse ex tunc ovvero anche ex nunc il piano in ragione della mancata attivazione della VAS, sarebbero travolte tutte le prescrizioni del piano, e ci sia in contrasto con la pretesa azionata col ricorso di primo grado, sia con la gravissima e paradossale conseguenza di privare il territorio pugliese di qualsiasi regolamentazione e di tutte le prescrizioni di tutela sostanziali contenute nel piano gi approvato (retrospettivamente o a decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza, nei casi rispettivamente di annullamento ex tunc o ex nunc). In altri termini, l'annullamento ex tunc e anche quello ex nunc degli atti impugnati risulterebbero in palese contrasto sia con l'interesse posto a base dell'impugnazione, sia con le esigenze di tutela prese in considerazione dalla normativa di settore, e si ritorcerebbe a carico degli interessi pubblici di cui portatrice ex lege l'associazione appellante. 18. Ritiene la Sezione che tali conclusioni paradossali possano essere agevolmente evitate, facendo applicazione dei principi nazionali sulla effettivit della tutela giurisdizionale, nonch dei pacifici principi enunciati dalla Corte di Giustizia, e applicabili anche nel sistema nazionale, nei casi di constatata invalidit di un atto di portata generale. 18.1. Quanto al principio di effettivit della tutela giurisdizionale, desumibile dagli articoli 6 e 13 della CEDU, dagli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione e dal Codice del processo amministrativo, si deve ritenere che la funzione primaria ed essenziale del giudizio quella di attribuire alla parte che risulti vittoriosa l'utilit che le compete in base all'ordinamento sostanziale. La fondatezza delle censure della associazione appellante -legittimata ad impugnare gli atti generali comunque viziati e lesivi per l'ambiente - non pu indurre il giudice amministrativo ad emettere statuizioni che vanifichino l'effettivit della tutela o, addirittura, che si pongano in palese contrasto con le finalit poste a base della iniziativa processuale. In applicazione del principio sancito dall'art. 1 del Codice del processo amministrativo (sulla "tutela piena ed effettiva'), il giudice pu emettere le statuizioni che risultino in concreto satisfattive dell'interesse fatto valere e deve interpretare coerentemente ogni disposizione processuale. 18.2. Quanto alla rilevanza nel sistema nazionale dei principi europei (anch'essi richiamati dall'art. 1 del Codice), va premesso che - per l'articolo 264 del Trattato sul funzionamento della Unione Europea -la Corte di Giustizia, ove lo reputi necessario, pu precisare "gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi'. La giurisprudenza comunitaria ha da tempo affermato che il principio dell'efficacia ex tunc dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte pu dichiarare che l'annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l'atto medesimo conservi i propri effetti sino a che l'istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l'atto impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; Corte di Giustizia, 25 febbraio 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). Tale potere valutativo prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona era previsto espressamente nel caso di riscontrata invalidit di un regolamento comunitario (v. l'art. 231 del Trattato istitutivo della Comunit Europea), ma era esercitabile - ad avviso della Corte - anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c. Commissione, in C-106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c. Consiglio, in C-21-94). La Corte di Giustizia dunque titolare anche del potere di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dell'atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che pu tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07). Tale giurisprudenza, come sopra segnalato, ha ormai trovato un fondamento testuale nel secondo comma dell'art. 264 (ex 231) del Trattato di Lisbona sul funzionamento della Unione Europea, che non contiene pi il riferimento delimitativo alla categoria dei regolamenti ("Se il ricorso fondato, la Corte di giustizia dell'Unione europea dichiara nullo e non avvenuto l'atto impugnato. Tuttavia la Corte, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi"). 18.3. Ci posto, ritiene la Sezione che - nel rispetto del principio di congruenza, per il quale la propria statuizione deve fondarsi quanto meno su regole disciplinanti un caso analogo - anche il giudice amministrativo nazionale possa differire gli effetti di annullamento degli atti impugnati, risultati illegittimi, CONTENzIOSO NAzIONALE 5. la funzione nomofilattica della decisione della.P. A questo punto, non pu eludersi un cenno alla portata vincolante della pronuncia in disamina e al riguardo deve ravvisarsi la sostanziale identit delle modalit di estrinsecazione dellesercizio della funzione nomofilattica e unificatrice dellA.P., se rapportata allarchetipo rappresentato da quella della Corte di Cassazione e desumibile in prima battuta dallart. 65 R.D. 12/1941 (ordinamento giudiziario) (7), che va coordinato con la somma regola ex art. 101 Cost., in vista delluniforme osservanza della legge. Tale funzione/missione si connota in ragione del fatto che, in linea di principio, le disposizioni in vigore non consentono alla Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimit, di conoscere i fatti di causa, salvo che emergano dagli atti gi acquisiti nel procedimento, nelle fasi che procedono il processo e nella misura in cui sia necessario conoscerli per valutare i rimedi che la legge permette di utilizzare per motivare un ricorso presso la Corte stessa. Rilevato un vizio di legittimit, la Suprema Corte -proprio perch giudice del diritto dopo lo svolgimento di due giudizi sul fatto -nel cassare la sentenza, emette il principio di diritto cui il giudice del rinvio deve uniformarsi. ovvero non disporli affatto, statuendo solo gli effetti conformativi, volti a far sostituire il provvedimento risultato illegittimo. Da un lato il sopra richiamato principio di effettivit della tutela impone di emettere una sentenza che sia del tutto coerente con le istanze di tutela e di giustizia. Dall'altro, non pu disconoscersi che - in una materia quale quella ambientale, per la quale vi la competenza concorrente dell'Unione e degli Stati -gli standard della tutela giurisdizionale non possano essere diversi, a seconda che gli atti regolatori siano emessi in sede comunitaria o nazionale (e, dunque, che la controversia vada decisa o meno dal giudice dell'Unione). Il giudice nazionale ove occorra pu applicare le collaudate regole applicate dal giudice dell'Unione, spesso basate sul semplice buon senso, cos come lo stesso giudice dell'Unione, nell'esercizio delle sue altissime funzioni, assicura "il rispetto dei principi generali comuni ai diritti degli Stati membri" (per l'art. 340 del medesimo Trattato sul funzionamento dell'Unione). 18.4. Tenuto conto di questo continuo processo di osmosi tra i principi applicabili dal giudice dell'Unione e quelli desumibili dagli ordinamenti degli Stati membri, nella fattispecie in esame la Sezione ritiene dunque che sia necessario: -non statuire gli effetti di annullamento degli atti impugnati in primo grado e di disporre unicamente gli effetti conformativi delle statuizioni della presente sentenza; -disporre che i medesimi atti conservino i propri effetti sino a che la Regione Puglia li modifichi o li sostituisca. Sarebbe infatti contrario al buon senso, oltre che in contrasto con l'interesse fatto valere in giudizio, disporre l'annullamento ex tunc o ex nunc delle misure di tutela gi introdotte, sol perch esse siano risultate insufficienti (non essendovi, n essendo stata prospettata, una normativa suppletiva di salvaguardia). Per di pi, nel caso di specie, lo strumento generale programmatorio e di regolamentazione risultato privo di specifici vizi sostanziali (pur se - per il procedimento seguito - ragionevole supporre che la mancanza della VAS abbia inciso sul suo contenuto, per l'assenza di valutazioni degli ulteriori profili di tutela prescritti dalla normativa di settore). (7) La corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unit del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Tale principio, pur non propriamente vincolante per i giudici chiamati a decidere cause diverse, si impone quantomeno quale autorevole precedente, che concorre alla certezza del diritto a fini di sua uniforme applicazione, generando un vincolo almeno di tipo processuale, che obbliga alla non emissione di sentenze dal contenuto difforme. Sul punto non si ravvisano sostanziali difformit, almeno quanto alla funzione interna della S.C., rispetto alla natura e alloperato dellaltro ordine giurisdizionale, anche se in qualit di giudice di secondo grado in appello, vale a dire il Consiglio di Stato (che in veste di Adunanza plenaria recupera una dimensione pi netta di giudice di legittimit). Difformit, non ravvisabili nemmeno nella disciplina esplicita delle condizioni di revisione e riesame del principio di diritto non condiviso, essendo stata codificata la (minima) possibilit, e solo per la sezione semplice del Consiglio di Stato (quindi non per i giudici amministrativi di prima istanza), di discostarsi da un pronunciamento emesso dallAdunanza Plenaria, in perfetta corrispondenza con lattuale formulazione dellart. 374, comma 3, c.p.c. (8). Limitata , peraltro, lopportunit di interlocuzione (art. 99, terzo comma, c.p.a.) riservata alla Sezione semplice di rimettere in discussione la questione, reinvestendo nuovamente lA.P. con ordinanza motivata, affinch la causa sia trattenuta in decisione dal Superiore Consesso. Recita, difatti, lart. 99 c.p.a.: La sezione cui assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o dufficio pu rimettere il ricorso allesame dellAdunanza Plenaria. LAdunanza Plenaria, qualora ne ravvisi lopportunit, pu restituire gli atti alla sezione (). Se la sezione cui assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dallAdunanza Plenaria, rimette a questultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. Si tratta di una soluzione che orienta tale funzione verso la produzione di indirizzi unificanti, imperniati sul modello del precedente vincolante proprio dei sistemi di diritto anglosassone, qualificando il precipuo compito assegnato allAdunanza Plenaria dal Legislatore - con funzione nomofilattica a questo (8) Articolo 374 Pronuncia a sezioni unite: "[I]. La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell'articolo 360 e nell'articolo 362 [142 att.]. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso pu essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono gi pronunciate le sezioni unite. [II]. Inoltre il primo presidente pu disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto gi decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza [376]. [III]. Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. [IV]. In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice. CONTENzIOSO NAzIONALE punto non diversa da quella propria della Corte di Cassazione a Sezioni Unite -come quello di dirimere contrasti giurisprudenziali, reali o potenziali, su un profilo di diritto di rilievo generale (con operazione motivazionale separabile da quella attinente alla strutturazione logico-ricostruttiva della risoluzione del caso concreto), attraverso lemanazione di pronunciamenti che non possono non essere attendibili e orientatori per tutti i consessi amministrativi, a fortiori per i giudici di primo grado. 6. conclusioni. In conclusione, lAdunanza Plenaria nel caso di specie dichiara lillegittimit delle proposte non seguite dalla dichiarazione di pubblico interesse, reputandosi a ci legittimata in costanza di tre condizioni: a) lobiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare, essendo equivoco il dato letterale; b) lesistenza di un orientamento prevalente contrario allinterpretazione adottata, dominando quantitativamente la tesi della continuit; c) la necessit di tutelare uno o pi principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche, essendo necessario evitare listantanea cessazione dei vincoli attualmente insistenti su aree di interesse naturalistico o culturale. Conservano, pertanto, efficacia le dichiarazioni di pubblico interesse anteriori allentrata in vigore del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre leffetto preliminare del vincolo cessa solo dopo il decorso il termine previsto dallart. 140, comma 1, d.lgs. 42/2004, ossia i 180 giorni decorrenti (non gi dalla formulazione della proposta ma) dalla data di pubblicazione della sentenza (22 dicembre 2017). Non appaiono convincenti le voci critiche finora levatesi avverso tale prospettazione, in quanto ci che occorre, in sintesi, evidenziare che proprio attraverso la conservazione a tempo determinato dei vincoli provvisori, non seguiti da dichiarazione di pubblico interesse, pu ravvisarsi un accettabile compromesso tra le contrapposte impostazioni in confronto, contestualmente dandosi un senso anche alloggettiva discrasia tra proposte anteriori alle novelle del 2006 e 2008, potenzialmente aventi unefficacia sine die, e proposte successive, con regime di salvaguardia temporalmente limitato. Ci, in considerazione non solo del principio di parit di trattamento, che informa il diritto (amministrativo), fine irrinunciabile dellordinamento comunitario e sfociante nei connessi divieti di discriminazione vigenti in ambito europeo, ma anche del principio di non contraddizione, che per lAdunanza Plenaria parrebbe inficiato dal contemporaneo rinvio, cui gi si fatto cenno, tanto allart. 141, comma 5, quanto allart. 146, comma 2, operato dallart. 157, comma 2, d.lgs. 42/2004. Alla luce di quanto sopra esposto, risulta arduo intravedere nella sentenza RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 n. 13/2017 dellAdunanza Plenaria un superamento del limite dellesegesi che, nel senso etimologico del termine, un trarre fuori, senza aggiungervi nulla, pena il superamento del grenze, termine kantiano che sta a significare il limite gnoseologico oltre il quale si pongono le fallaci conoscenze. Tale sentenza non pu, per le suesposte considerazioni, essere frutto di normogenetica n, a ben guardare, giunge alla surrettizia introduzione di una norma di diritto intertemporale, con il fine di interrompere il decorso dei 180 giorni (dalla pubblicazione della proposta di vincolo), per farlo riprendere ex novo dalla pubblicazione della pronuncia (9), bens consiste in una peculiare espressione dellesercizio del potere conformativo riconoscibile in capo al G.A. al fine di adeguare la pronuncia di diritto al migliore assetto dei contrapposti interessi in gioco. Il principio affermato dallA.P., di modulazione ex nunc della pronuncia di annullamento, dovrebbe trovare plausibilmente conferma nella sentenza che la IV Sezione del Consiglio di Stato dovrebbe emettere in sede di rinvio, sempre che questultima non si orienti, in modo dirimente, per la prevalenza del principio delloverruling, pure avallato dalla decisione n. 13/2017. Dovrebbe invero imporsi lesigenza, palesata dalla stessa A.P., di valorizzare lassunto deponente per lapplicabilit alla concreta fattispecie scrutinata della regola del caso superata, ossia la tesi maggioritaria recepita in prima istanza. Va altres considerato che, a ben vedere, sotto altra angolazione prospettica il principio di diritto suesposto potrebbe anche apparire radicalmente inapplicabile, qualora nel caso concreto gli atti statali impugnati vengano - come ben possibile - inquadrati, in fatto e in diritto, non tanto quali proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico bens quali casi riconducibili alla previsione della lett. d-bis del comma 1 dellart. 157 d.lgs. 42/2004 (Conservano efficacia a tutti gli effetti: d-bis) gli elenchi compilati ovvero integrati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (10)), in termini che potrebbero sottrarli al giogo della possibile decadenza, in quanto integrazioni definitive. Consiglio di stato, adunanza Plenaria, sentenza 22 dicembre 2017 n. 13 -Pres. A. Pajno, est. F. Bellomo - Era s.r.l. (avv.ti M. Lioi, S. Viti) c. Min. dei beni e delle attivit culturali e del turismo (avv. gen. St.). FATTO 1. In data 21 ottobre 2013 Energia rinnovabile ambientale (Era) s.r.l. ha domandato alla Regione Molise il rilascio dellautorizzazione unica, prevista dallart. 12 d.lgs. 387/2003, per la (9) VACCA, ius dicere e creazione del diritto, in lexitalia, n. 1/2018. (10) T.U. Beni culturali e ambientali antecedente al d.lgs 42/2004 in attuale vigore. CONTENzIOSO NAzIONALE costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica nel Comune di Miranda, localit San Andrino e Serra Iapietro. A tal fine la societ aveva interpellato la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, chiedendo notizie circa leventuale esistenza di procedimenti di tutela paesaggistica o di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in corso alla data di presentazione della sua istanza. La Soprintendenza, in un primo tempo, con nota 15 novembre 2013, rispondeva negativamente, affermando linsussistenza di vincoli nellintero territorio del Comune di Miranda; ma, in un secondo tempo, con nota 22 maggio 2014 n. 3788, comunicava che a seguito di una pi attenta ricerca di archivi risultano vigenti i vincoli di tutela paesaggistica a seguito delle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico, di cui alla nota protocollo n. 19467 del 12 novembre 2001 ed alla nota protocollo n. 1381 del 20 giugno 2002. La societ replicava che si trattava di mere proposte di vincolo, il cui procedimento non si era mai concluso, tantՏ che lo stesso Comune di Miranda, accertato il superamento del termine di 210 giorni previsto dal DPR n. 495/1994 per la conclusione del procedimento, aveva preso atto della loro decadenza con delibera del Consiglio Comunale 30 dicembre 2004 n. 37. Con note 26 settembre 2014 n. 0007292 e 0007306, alla luce del parere 3 novembre 2009 n. 21909 del Ministero per i beni e le attivit culturali (secondo il quale lart. 157, comma 2 d.lgs. n. 42 del 2004 ha la funzione di salvaguardare lefficacia degli atti istruttori relativi ai procedimenti di dichiarazione di interesse paesaggistico anche se non perfezionati o privi di disciplina duso), la Soprintendenza ha: -dichiarato la persistente efficacia delle proposte di dichiarazione di interesse pubblico di parte del territorio del Comune di Miranda; -disposto che nelle more della definizione del decreto e della sua emanazione da parte della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del molise, insieme con la relativa disciplina duso, vigono le norme di salvaguardia e gli obblighi di cui allart. 146 d.lgs. n. 42/2004 nellarea interessata. 2. Era s.r.l. ha impugnato dinanzi al Tar del Molise le note gemelle del 26 settembre 2014, quella del 22 maggio 2014, le proposte di vincolo risalenti al 2001 e al 2002. Con sentenza n. 92/2016 il Tar ha: -dichiarato irricevibile il primo motivo, con cui erano state censurate le proposte di vincolo del 2001 e 2002; - respinto i motivi dal secondo al sesto; -assorbito leccezione di inammissibilit del ricorso di primo grado fondata sulla natura endoprocedimentale delle note del 22 maggio e 26 settembre 2014; -dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del Ministero avverso le delibere comunali del 2004 che avevano dichiarato decadute le proposte di vincolo. Con riguardo alla questione oggetto del presente giudizio, il Tar ha ritenuto preferibile linterpretazione secondo la quale la proposta di vincolo formulata prima dellentrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004 conserva efficacia anche in assenza di approvazione mediante adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico, poich: a) alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004 ha continuato a trovare applicazione la medesima disciplina ricavata dallinterpretazione degli artt. 2, 3 e 7 della legge n. 1497 del 1939 (Consiglio di Stato, VI sezione, 3 ottobre 1994, n. 1473 e 1 marzo 1995, n. 212), confermata dallart. 140 del d.lgs. n. 490 del 1999, secondo la quale, relativamente alle c.d. bellezze di insieme, la tutela dei valori paesaggistici (che si sostanzia nella necessit di ottenere RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 lautorizzazione paesaggistica per poter modificare i beni soggetti a tutela) si esplica dal momento in cui la proposta di vincolo pubblicata nellalbo dei Comuni interessati, a scopo cautelativo, sino alla adozione del provvedimento finale; b) lart. 157, comma 2 d.lgs. n. 42/2004, nel richiamare le norme di tutela del capo terzo, ha stabilizzato il regime giuridico delle proposte di vincolo preesistenti, non prevedendo forme di decadenza del vincolo, termini perentori per il perfezionamento della procedura o forme di silenzio. Detta disposizione non ha subito alcuna modifica ad opera del d.lgs. n. 157/2006 e del d.lgs. n. 63/2008, che hanno invece sostituito lart. 141 d.lgs. n. 42/2004, introducendo la decadenza per le proposte non tempestivamente approvate dal Ministro: lart. 141, comma 3, ultimo periodo, nel testo vigente tra i due decreti, ha previsto che in caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti di cui allarticolo 146, comma 1; lart. 141, comma 5, nel testo attualmente vigente, ha previsto che se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non adottato nei termini di cui allarticolo 140, comma 1, allo scadere dei detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui allarticolo 146, comma 1. Da ci consegue che tali previsioni non sono applicabili alle proposte di vincolo formulate antecedentemente alla entrata in vigore del Codice; c) una diversa conclusione si porrebbe in conflitto con linterpretazione letterale e sistematica dellart. 157, comma 2, il quale non prevede un rinvio mobile, suscettibile di recepire le successive modifiche normative, poich ci comporterebbe, oltre che un contrasto con lintenzione del legislatore, anche la retroattivit delle norme sopravvenute ed una violazione del principio tempus regit actum; d) le finalit di tutela del paesaggio, garantite dallart. 9 della Costituzione, che integrano un interesse pubblico preminente rispetto ad altri interessi, risulterebbero compromesse da un esito interpretativo che facesse derivare implicitamente una indiscriminata e generalizzata decadenza di tutte le proposte di vincolo non ancora approvate presenti sullintero territorio nazionale indipendentemente dalla data della loro formulazione, entro i brevi termini di decadenza previsti dallart. 141 del d.lgs. n. 42/2004, nel testo modificato dal d.lgs. n. 157/2006 e dal d.lgs. n. 63/2008, senza neppure la predisposizione di misure organizzative idonee a consentire alle Soprintendenze uneffettiva verifica da svolgersi caso per caso del permanere delle esigenze di tutela e della loro effettiva consistenza (problema che non si pone per le proposte di vincolo formulate successivamente, perch le Amministrazioni, edotte degli effetti della propria eventuale inerzia, sono state poste dal legislatore nelle condizioni di programmare la propria attivit in base alle risorse disponibili). 3. Era s.r.l. ha proposto appello, deducendo con il secondo motivo di censura: decadenza della proposta di vincolo; erronea interpretazione degli artt. 39, 140, 141, 157, 183 e 184 d.lgs. n. 42/2004; violazione dellart. 13.3 Linee Guida Regione Molise per il procedimento unico ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003; violazione del principio tempus regit actum. Lappellante sviluppa i seguenti argomenti: a) non pu opporsi il divieto di retroattivit della legge nel caso della applicazione di normative che siano intervenute quando il procedimento amministrativo sia ancora in corso, poich, se in pendenza di un procedimento interviene una nuova disposizione, il provvedimento che ne lepilogo deve necessariamente adeguarsi a questultima. Nel caso di specie, dopo lentrata in vigore del d.lgs. n. 63/2008, che ha introdotto la norma sulla decadenza, il termine ivi previsto ha iniziato a decorrere integralmente anche per le proposte di vincolo gi presentate; b) mentre esiste una disposizione - appunto lart. 157 - che assoggetta alla regola introdotta CONTENzIOSO NAzIONALE dal d.lgs. n. 63/2008 anche le proposte di vincolo precedenti, non esiste nessuna norma che escluda lapplicabilit del termine di decadenza a tali proposte; c) lesistenza di termini certi per la conclusione dei procedimenti confermata in via generale dalla legge n. 241/1990. Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attivit culturali e, ad adiuvandum dellappellante, il Comune di Miranda. 4. Allesito delludienza del 20 dicembre 2016 la VI Sezione, ravvisando un contrasto di giurisprudenza, ha deferito allAdunanza Plenaria la seguente questione: se, a mente del combinato disposto degli articoli 140, 141 e 157, co. 2 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 -come modificati dapprima con il d.lgs. 24 marzo 2006 n. 157, e poi, con il d.lgs. 26 marzo 2008 n. 63 - le proposte di vincolo formulate prima dellentrata in vigore del medesimo decreto legislativo, e per le quali non vi sia stata conclusione del relativo procedimento con ladozione del decreto ministeriale recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, cessino di avere effetto. Lappellante e il Ministero hanno depositato ulteriori memorie. La causa passata in decisione alludienza Plenaria dell11 ottobre 2017. DIRITTO 1. Nel quadro normativo anteriore al d.lgs. n. 42 del 2004 la tutela paesaggistica si esplicava fin dal momento in cui la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico era pubblicata nellalbo del Comune interessato e perdurava sine die, non essendo previsto un termine di efficacia della misura ovvero di consumazione del potere vincolistico, per cui ladozione del provvedimento finale poteva intervenire anche a notevole distanza di tempo, senza che venisse meno leffetto preliminare di vincolo. Allorigine di questa disciplina vi era linterpretazione della legge n. 1497 del 1939, la quale prevedeva che una commissione istituita in ciascuna provincia compilasse un elenco di localit (i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, nonch le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cos pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze), valevole come proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico. Lart. 2 stabiliva allultimo comma che lelenco delle localit, cos compilato, e ogni variante, di mano in mano che vi sintroduca sono pubblicati per un periodo di tre mesi allalbo di tutti i comuni interessati della Provincia, e depositati oltrech nelle segreterie dei comuni stessi . Il successivo art. 7 stabiliva: i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell'immobile, il quale sia stato oggetto nei pubblicati elenchi delle localit, non possono distruggerlo n introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che protetto dalla presente legge. essi, pertanto, debbono presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente regia soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione. Ancorch non fosse espressamente previsto che la proposta generasse gli effetti di cui allart. 7, il riferimento ivi operato agli elenchi pubblicati faceva ritenere che dal momento della pubblicazione larea fosse assoggettata alle relative prescrizioni. Tale disciplina stata nella sostanza trasfusa nel d.lgs. 190 del 1999 (cfr. art. 140 commi 5 e 6; art. 151, commi 1 e 2). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, dora in avanti Codice) ha recepito questo sistema, prevedendo leffetto di vincolo nellart. 146, e legandolo anche alle proposte nellart. 138. Lart. 146, nel testo originario, stabiliva: 1. i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati all'articolo 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell'articolo 142, ovvero sottoposti a tutela dalle disposizioni del piano paesaggistico, non possono distruggerli, n introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. 2. i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno lobbligo di sottoporre alla regione o all'ente locale al quale la regione ha affidato la relativa competenza i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, al fine di ottenere la preventiva autorizzazione. Lart. 138, nel testo originario, stabiliva: 1. su iniziativa del direttore regionale, della regione o degli altri enti pubblici territoriali interessati, la commissione indicata all'articolo 137, acquisisce le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e gli uffici regionali e provinciali, valuta la sussistenza del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136, e propone la dichiarazione di notevole interesse pubblico. la proposta motivata con riferimento alle caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche proprie degli immobili o delle aree che abbiano significato e valore identitario del territorio in cui ricadono o che siano percepite come tali dalle popolazioni e contiene le prescrizioni, le misure ed i criteri di gestione indicati all'articolo 143, comma 3. 2. le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico sono dirette a stabilire una specifica disciplina di tutela e valorizzazione, che sia maggiormente rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici e costituisca parte integrante di quella prevista dal piano paesaggistico. A seguito delle modifiche intervenute con il d.lgs. n. 63 del 2008, leffetto preliminare della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico stato diversamente esplicitato, ma ha mantenuto le stesse caratteristiche. Lart. 146, nel testo vigente, prevede: 1. i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dellarticolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, n introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. 2. i soggetti di cui al comma 1 hanno lobbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dallavviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta lautorizzazione. Lart. 139, nel testo vigente, stabilisce: 1. la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, corredata di planimetria redatta in scala idonea alla puntuale individuazione degli immobili e delle aree che ne costituiscono oggetto, pubblicata per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati. la proposta altres comunicata alla citt metropolitana e alla provincia interessate. 2. [] dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui allarticolo 146, comma 1. CONTENzIOSO NAzIONALE Nella formulazione originaria del Codice, come nella disciplina anteriore, non era prevista nessuna decadenza allo spirare del termine di conclusione del procedimento senza che fosse intervenuta lapprovazione della proposta. Una disciplina del genere stata introdotta nel Codice con le modifiche intervenute prima ad opera del d.lgs. 157 del 2006, poi ad opera del d.lgs. n. 63 del 2008. Lart. 141, comma 3, nel testo vigente a seguito del d.lgs. 157 del 2006, stabiliva: il ministero valuta le osservazioni presentate ai sensi dell'articolo 139, comma 5, e provvede con decreto entro novanta giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni. il decreto di dichiarazione di notevole interesse pubblico notificato, depositato, trascritto e pubblicato nelle forme previste dall'articolo 140, commi 3, 4 e 5. in caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti cui all'articolo 146, comma 1. Lart. 141, comma 5, nel testo oggi vigente, stabilisce che se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non adottato nei termini di cui allart. 140, comma 1, allo scadere di detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui allart. 146, comma 1. In base al combinato disposto dellart. 140, comma 1 e 139, comma 5 il termine per ladozione del provvedimento ministeriale di dichiarazione di 180 giorni dalla pubblicazione della proposta. In questo dedalo normativo si inserisce lart. 157, comma 2, il quale, sin dallinizio, ha previsto che le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico. Da un lato, dunque, la norma transitoria sembra conservare lefficacia limitativa delle proposte di vincolo anteriori allentrata in vigore del Codice, dallaltro la nuova disciplina stabilisce espressamente la cessazione degli effetti limitativi derivanti dalla proposta di vincolo allo scadere del termine per la conclusione del procedimento. Su questo dilemma si insinua il dubbio ermeneutico prospettato dallordinanza di rimessione, i cui termini possono riepilogarsi. 2. La tesi secondo cui le proposte di vincolo avanzate prima dellentrata in vigore del d.lgs. n. 42/2004 conservino efficacia, ancorch i relativi procedimenti non si siano conclusi nel termine legale, pur dopo le modifiche allart. 141, sostenuta dalla tradizionale e prevalente giurisprudenza amministrativa (da ultimo Consiglio di Stato, VI sezione, 27 luglio 2015 n. 3663). A sostegno della tesi i seguenti argomenti: -il legislatore, a fronte dellintroduzione della perdita di efficacia delle misure di tutela per il mancato rispetto del termine di adozione del decreto ministeriale di approvazione della proposta, non ha invece modificato lart. 157, comma 2 del Codice, n questo contiene un rinvio mobile, di modo che le forme di decadenza successivamente introdotte non sono applicabili alle proposte formulate anteriormente alla sua entrata in vigore; -per contro lapplicazione del sopravvenuto regime di perdita di efficacia delle misure di tutela avrebbe natura retroattiva e contrasterebbe con il principio tempus regit actum; -la insensibilit delle antecedenti proposte al nuovo regime si giustifica, sul piano sistematico e secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, con la finalit di tutela del paesaggio, in attuazione dellart. 9 Cost., posto che, diversamente opinando, si avrebbe una indiscriminata e generalizzata decadenza di tutte le proposte di vincolo non ancora approvate RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 presenti sullintero territorio nazionale indipendentemente dalla data della loro formulazione, entro i brevi tempi di decadenza previsti dallart. 141 del d.lgs. n. 42/2004. A tale orientamento aderisce anche la giurisprudenza penale: la proposta di vincolo, formulata dalla competente commissione alla data di entrata in vigore del d.lvo. n. 42/2004, conserva efficacia anche in assenza della adozione di dichiarazione di notevole interesse pubblico (sez. iii n. 16476, 28 aprile 2010) e ci si basa sul tenore letterale dellarticolo 157, comma secondo, d.lvo. n. 42/2004, il quale prevede lapplicabilit delle disposizioni contenute nella Parte terza del decreto anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del codice dei beni culturali e del paesaggio, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico (Cass. pen. sez. III, 12 gennaio 2012 n. 6617). La tesi contraria stata di recente sostenuta dalla VI Sezione del Consiglio di Stato (16 novembre 2016 n. 4746): se, invero, potesse ammettersi una tipologia di proposte di vincolo ante d.lgs. n. 42/2004 suscettibili di sopravvivere, in quella che pur sempre ed stata una loro precariet, al nuovo regime di omologhe proposte formulate dopo lentrata in vigore delle nuove disposizioni recate in argomento da questo testo legislativo, occorrerebbe riconoscere allora che quelle pi antiche sono, in realt, delle super proposte. in altri termini, proposte dotate di un loro proprio quid pluris che, appunto, ne assicura la sopravvivenza sine die, pur in assenza di una qualche prospettiva di materiale conclusione del procedimento (di apposizione di vincolo) che con esse si avvi. epper, allora, dovendosi escludere (in primo luogo sul piano logico) che una maggiore qualit di tali pi antiche proposte derivi proprio dalla loro et (urtando il buon senso lastratto assunto secondo il quale pi invecchiasse un procedimento di apposizione di vincolo, senza una sua definitiva e formale conclusione, pi esso denoterebbe un oggetto da tutelare di maggior pregio e qualit), resta il fatto che delle due luna: o della maggiore robustezza delle proposte di vincolo pi antiche vi asserzione esplicita nella legge o la loro robustezza maggiore dovrebbe derivare da una gerarchia di pregi da tutelare in cima ai quali collocare quelli oggetto, appunto, delle proposte di vincolo pi vecchie. delluna e dellaltra ipotesi, tuttavia, n vՏ traccia espressa nella legge (oggi il d.lgs. n. 42/2004) n vՏ menzione nella prassi amministrativa conosciuta n (cosa ancor pi importante) vՏ indicazione esplicita e circostanziata nella posizione assunta dallamministrazione statale nel caso qui in esame. deve allora concludersi, sul piano logico, che, in assenza di questa ipotetica maggiore qualit nelle proposte di vincolo pi antiche, per esse valga piuttosto proprio lassunto logico contrario, ossia che la mancata conclusione del provvedimento di trasformazione del vincolo da proposto a definitivo denoti invece laffievolimento e poi lo svanire, col passar del tempo, dellinteresse pubblico che aveva inizialmente giustificato la misura precauzionale (connessa alla proposta di vincolo) tesa ad assicurare particolare protezione a determinati beni o loro insiemi Peraltro, questi argomenti, che si giustificano e paiono sufficienti sul piano logico e del buon senso, ben possono poi incrociarsi col dato letterale della norma dal cui contenuto il dubbio interpretativo maggiormente scaturito, ossia lart. 157 del d.lgs. n. 42/2004. Questultimo afferma che conservano efficacia a tutti gli effetti una serie di atti (dichiarazioni, elenchi, provvedimenti) che, per come indicati dalla legge, sicuramente fanno riferimento ad atti formali e definitivi, non dunque a semplici loro proposte. CONTENzIOSO NAzIONALE le (mere) proposte, come tali, in altri termini non risultano salvaguardate dalla legge dal punto di vista della conservazione della loro efficacia. anche letteralmente, dunque, la norma primaria non induce -dal punto di vista dellinterpretazione ragionevole - a conclusioni nel senso di una salvaguardia sine die delle proposte di vincolo ante d.lgs. n. 42/2004 e, comunque, significativamente pi antiche. n queste conclusioni possono trovare conforto e fondamento in argomentazioni altre di natura prettamente pratica ovvero di tipo organizzativo, quale quelle avanzate in primo grado dalla difesa erariale e raccolte dalla sentenza impugnata, secondo le quali la soluzione interpretativa qui preferita sarebbe idonea a far crollare, nei loro effetti, chiss quali e quante proposte di vincolo rimaste nel tempo meramente tali. al riguardo, premesso che un assunto di tal genere equivarrebbe a far ammettere allamministrazione che essa la prima ad ignorare il portafoglio di (mere) proposte di vincolo (giacenti) di cui ancora la stessa fruirebbe, pu a tanto obiettarsi che: -se anche lamministrazione ne avesse effettivamente perso il loro ricordo puntuale, proprio questo dimostrerebbe allora lintervenuta sparizione dellinteresse pubblico che originariamente le motiv; -ed inoltre che, se di tali antiche proposte di vincolo sՏ persa traccia, nulla impedisce che esse vengano dora in poi riproposte dallamministrazione competente ma, adesso, nel quadro della pi rigida e precisa temporizzazione della scansione procedimentale che deve condurre alla definitivit formale del vincolo. Per comodit narrativa e assonanza concettuale si pu definire la prima tesi di continuit (postulando la permanenza degli effetti sulla base del dato letterale e del principio di irretroattivit della legge, oltre che della rilevanza costituzionale del bene paesaggio), la seconda di discontinuit (postulando la cessazione degli effetti sulla base del dato logico-sistematico). 3. A tale dualismo la Sezione rimettente aggiunge argomentazioni contrapposte. Dal lato della tesi della continuit: -richiama la sentenza 23 luglio 1997 n. 262 della Corte costituzionale, secondo cui il mancato esercizio delle attribuzioni da parte dellamministrazione entro il termine per provvedere non comporta ex se, in difetto di espressa previsione, la decadenza del potere, n il venir meno dellefficacia delloriginario vincolo. in tali ipotesi, sempre che il legislatore non abbia attribuito un particolare significato allinerzia-silenzio, si verifica unillegittimit di comportamenti derivante da inadempimento di obblighi. -evidenzia che la ratio della persistenza dellefficacia della proposta di vincolo la stessa che ha condotto la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 57 del 2015) e lAdunanza plenaria (cfr. sentenza n. 6 del 2015), chiamate a pronunciarsi sul termine dellazione risarcitoria introdotto dallart. 30, comma 3 CPA, ad escludere lapplicazione di norme che fissano decadenze a rapporti anteriori, optando per lultrattivit delle norme precedenti; -supera la possibile obiezione fondata sul principio di proporzionalit, atteso che la normativa nazionale di tutela del paesaggio attiene a una materia che non rientra nelle competenze del- lUnione (Corte di giustizia UE, sez. X, 6 marzo 2014, C-206/13). Dal lato della tesi della discontinuit: -sottolinea che, con i decreti legislativi n. 157/2006 e 63/2008, il legislatore ha espresso il suo favore verso la cessazione di efficacia del vincolo provvisorio per mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento, a fronte del quale sempre meno si giustifica, con il passare del tempo, uneccezione relativa a proposte di vincolo formulate in epoca anteriore al 2004; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 -contrasta largomento letterale, poich, da un lato appare dubbio sostenere la violazione del principio di irretroattivit della legge nel caso di procedimenti non ancora conclusi, e dunque in assenza di situazioni e/o rapporti giuridici consolidati, dallaltro lato, tra due possibili interpretazioni della norma, ed in assenza di specifiche indicazioni del legislatore, appare preferibile una interpretazione che tenda ad uniformare il sistema, in luogo di una interpretazione che produca differenti applicazioni dei poteri amministrativi (e dei loro effetti) e, dunque, possibili disparit di trattamento. 4. LAdunanza Plenaria ritiene preferibile la tesi minoritaria della discontinuit, ravvisando tuttavia lesigenza di arricchirne (e in parte modificarne) le argomentazioni e individuarne gli effetti. Sotto il primo profilo si far ricorso ai comuni metodi dellinterpretazione: - letterale (sub 4.1); - logico-sistematica (sub 4.2); - teleologica (sub 4.3). 4.1 Il dato letterale si presenta a prima vista ostile alla tesi della discontinuit. Prova ne sia che lorientamento che la sostiene per superarlo impiega unargomentazione non corretta, ossia che, riferendosi il comma 1 dellart. 157 (conservano efficacia a tutti gli effetti) a una serie di atti formali e definitivi, per le semplici proposte -considerate dal comma 2 - vale la regola opposta. Conviene allora riportare lintero testo dellart. 157 (Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente): 1. conservano efficacia a tutti gli effetti: a) le dichiarazioni di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, notificate in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778; b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; c) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del- larticolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dallarticolo 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431; d-bis) gli elenchi compilati ovvero integrati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; e) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (6); f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dellarticolo 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431. 2. le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico. di plastica evidenza che, se anche vero (anzi: proprio perch vero) che il comma 1 si riferisce agli atti definitivi, il comma 2 - che quello che rileva - si riferisce alle proposte. Non ne deriva, per, che le proposte, diversamente dagli atti definitivi, perdono efficacia. CONTENzIOSO NAzIONALE La questione deve invece essere risolta su un altro piano: il rapporto tra (perdita di) efficacia delle proposte e (perdita di) efficacia del vincolo preliminare sul bene che ne costituisce oggetto. Nel ragionamento di entrambi gli orientamenti, muovendo dalla tacita premessa che la proposta di vincolo ha natura dichiarativa, si ritiene che i due momenti non siano separabili. Lo stesso quesito formulato dalla Sezione rimettente domanda se le proposte di vincolo formulate prima dellentrata in vigore del medesimo decreto legislativo, e per le quali non vi sia stata conclusione del relativo procedimento con ladozione del decreto ministeriale recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, cessino di avere effetto, dando per scontato che a perdere efficacia - in ipotesi -sarebbe la proposta nella sua interezza, non soltanto il vincolo preliminare che da essa nasce. In tale prospettiva il dibattito sin oggi svolto non sfuggito alla seguente alternativa: a) se la proposta perde efficacia, il vincolo preliminare decade; b) se la proposta non perde efficacia, il vincolo preliminare non decade. A ci si deve la preferenza in giurisprudenza per la tesi della continuit: dovendosi riconoscere la perdurante efficacia delle proposte anteriori al Codice in virt dellart. 157, comma 2 (dato insuperabile sul piano logico-testuale), non pu che riconoscersi la conservazione delleffetto preliminare di vincolo. LAdunanza Plenaria ritiene che la premessa del ragionamento appena indicato (vi decadenza del vincolo preliminare solo se la proposta perde efficacia) non sia corretta. Leffetto preliminare, ancorch trovi il suo presupposto nella proposta, disposto dalla legge, precisamente - oggi - dal combinato disposto dellart. 139, comma 2 e dellart. 146, comma 1 d.lgs. n. 42/2004, in precedenza trascritti. Pu anticiparsi ( questo lo scoglio da superare) che tale ultima disposizione si applica anche alle proposte anteriori allentrata in vigore del Codice, vuoi perch lart. 157, comma 2 estende espressamente tutta la disciplina di tutela paesaggistica del Codice (la presente Parte la Parte III, in cui figura lart. 146, comma 1) ai beni per i quali la proposta di notevole interesse pubblico sia stata formulata anteriormente alla sua entrata in vigore, vuoi perch lo stesso art. 146, comma 1 richiama lart. 157 nella sua interezza: tra art. 146, comma 1 e art. 157, comma 2 esiste un richiamo reciproco. Per adesso merita evidenziare che leffetto preliminare dal legislatore ricollegato alle proposte non in virt di unequiparazione con gli atti che definitivamente accertano le qualit del bene, ma a titolo cautelare. A riprova di ci si rammenta che lart. 141, comma 5 d.lgs. 42/2004 (come sostituito dal d.lgs. 63/2008) stabilisce che se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non adottato nei termini di cui allart. 140, comma 1, allo scadere di detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui allart. 146, comma 1:a decadere non la proposta, ma leffetto preliminare. Anche il testo previgente dellart. 141, introdotto dal d.lgs. 157/2006, stabiliva al comma 3 che in caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti cui allarticolo 146, comma 1. Coerentemente con il principio introdotto dallart. 2 della legge n. 241 del 1990, e rafforzato dalle modifiche al medesimo, il potere autoritativo della pubblica amministrazione circoscritto temporalmente. In materia di tutela paesaggistica il legislatore ha adottato un compromesso, prevedendo che il potere impositivo del vincolo persiste anche dopo la scadenza del termine, ma cessa leffetto restrittivo derivante dal suo (iniziale) esercizio. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Muovendo da questa premessa, si pu correttamente inquadrare il richiamo reciproco tra art. 146, comma 1 e art. 157, comma 2. Nella formulazione originaria del Codice, non essendo prevista la cessazione delleffetto preliminare alla scadenza del termine per provvedere, il richiamo poteva effettivamente ritenersi indicativo della volont del legislatore di conservare leffetto preliminare delle proposte anteriori al Codice anche in caso di scadenza del termine per approvarle. In tal senso lart. 157, comma 2, piuttosto che far salva la disciplina anteriore al Codice per le situazioni pendenti, prevedeva lapplicazione ad esse della nuova disciplina, ispirata (al momento dellentrata in vigore del Codice) a un principio analogo. Lart. 157, comma 2 una norma di diritto transitorio e non di diritto intertemporale. Infatti, sono disposizioni di diritto intertemporale le norme di carattere generale volte a comporre in via preventiva e generale le antinomie temporali tra leggi (es. art. 2 c.p. e art. 11 preleggi); sono norme transitorie le disposizioni poste in chiusura di specifiche riforme legislative, dirette espressamente allo scioglimento di antinomie che si verificano nel passaggio dalla legge anteriore alla posteriore ed a rendere pi graduale il suddetto passaggio. Introdotta la regola secondo cui leffetto preliminare viene meno allo scadere del termine, il rinvio operato dallart. 157, comma 2, pur testualmente immodificato, non ha pi lo stesso significato. Il fenomeno delle modificazioni della norma (precetto) a disposizione (testo) invariata - ben noto agli interpreti - stato cristallizzato dalle Sezioni Unite civili: in ragione, appunto, di tale collegamento tra norma giuridica e valore (che segna il discrimine tra legge fisica o di natura e il diritto come legge assiologica), ed anche del suo inevitabile porsi come elemento (di settore) di un sistema ordinamentale, la norma, una volta posta in essere, non resta cristallizzata in se stessa, ma soggetta, ex se, a dinamiche evolutive. nel senso che, nel tempo, essa suscettibile di assumere una molteplicit di contenuti, in relazione ed entro il limite dei significati resi possibili dalla plurivocit del significante testuale - per un duplice ordine di fattori propulsivi, interni ed esterni. [] Parallelamente, per quanto poi attiene allincidenza di fattori esterni, decisivo laspetto strutturale-sistematico della regola iuris, quale elemento non in s autoconchiuso, ma segmento invece di una complessa architettura giuridica, coordinata secondo postulati di unitariet e completezza. in questo articolato mosaico, ogni disposizione si trova cos inserita in settori e subsettori normativi ed investe una serie di relazioni reciproche con norme contigue. Per cui ben comprensibile come, in prospettiva diacronica, le eventuali successive modificazioni, abrogazioni, sostituzioni delle disposizioni interferenti abbiano una possibile ed automatica ricaduta sul contenuto della disposizione in questione, anche per questa via quindi innescandone processi modificativi (Cass. sez. un., n. 15144 del 2011). Probabilmente il legislatore avrebbe fatto meglio a introdurre una norma di coordinamento, per evitare equivoci interpretativi, ma il suo mancato intervento non pu certo leggersi come manifestazione della volont di mantenere il regime transitorio inalterato, posto che a distanza di due anni dallentrata in vigore del Codice la fase transitoria era oramai superata e il sistema normativo che ne costituiva oggetto era cambiato. In particolare, il rinvio operato dallart. 157, comma 2 (le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta), ha coperto anche la regola della decadenza introdotta nellart. 141 dal d.lgs. 157/2006 e riformulata dal d.lgs. 63/2008, non avendo alcun fondamento la tesi secondo cui esso sia limitato alle norme di tutela (dunque al solo CONTENzIOSO NAzIONALE art. 146), o che si tratta di rinvio fisso (dunque al testo originario dellart. 141). Infatti, lart. 157, comma 2: a) richiama integralmente la parte III del Codice, senza distinguere tra norme sostanziali e norme procedurali, n per vero lart. 141, comma 5 potrebbe ritenersi norma meramente procedurale; b) non prevede un rinvio recettizio, ma formale (quindi mobile), come si evince dalla formulazione letterale, che si riferisce alla fonte (le disposizioni della presente Parte) e non al contenuto. Posto, dunque, che lart. 157, comma 2 rinvia tanto allart. 141, comma 5 quanto allart. 146, comma 1, per evitare lassurdo logico che esso implichi allo stesso tempo che leffetto preliminare delle proposte anteriori al Codice cessi (art. 141, comma 5) e persista (art. 146, comma 1), lunica soluzione possibile interpretarlo nel senso che esso intenda da un lato conservare lefficacia delle proposte anteriori al Codice, dallaltro assoggettarne leffetto preliminare di vincolo alla disciplina vigente. opportuno precisare che una siffatta conclusione doverosa sul piano esegetico, poich il (rispetto del) principio di non contraddizione un vincolo per linterprete, (e di cui, la stessa giurisprudenza costituzionale rappresenta il baluardo). 4.2 Il principio di irretroattivit della legge non vulnerato, poich la tesi della discontinuit non si fonda sulla retroattivit della nuova disciplina, ma sulla non ultrattivit della vecchia. A essere precisi, tuttavia, la questione non si pone neppure: solo se mancasse una norma transitoria, occorrerebbe interpretare la portata (retroattiva o meno) della nuova legge. Ma la norma transitoria esiste e regola lapplicabilit alle situazioni pendenti della nuova legge. La vecchia disciplina, peraltro, non costituita dalla normativa anteriore al Codice, ma dalla stessa normativa codicistica, prima che, per effetto dei d.lgs. 157/2006 e 63/2008, lart. 141 prevedesse la cessazione del vincolo preliminare allo scadere del termine di adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico del bene. Essendo - appunto - lattuale art. 141 parimenti richiamato dallart. 157, comma 2, il legislatore (e non linterprete) ad aver stabilito che le proposte anteriori al Codice sono assoggettate alla nuova disciplina, introdotta nel 2006 e confermata nel 2008. Se, dunque, si volesse proseguire a ragionare in termini di retroattivit o meno, si dovrebbe quantomeno prendere atto che sarebbe una retroattivit voluta dal legislatore, non censurabile dal punto di vista costituzionale, riferendosi a rapporti sorti anteriormente ma non esauriti, ai quali dunque lapplicazione della disciplina vigente del tutto ragionevole. Far cessare gli effetti della proposta di vincolo adottata nel passato non meno logico che conservarli, tanto pi che si tratta di un passato remoto: le proposte sono quelle anteriori al 2004 (entrata in vigore del Codice), mentre la cessazione del vincolo stata prevista nel 2006 e poi nel 2008 (entrata in vigore delle modifiche). A ci si aggiunga lopportunit di uniformare il sistema, per esigenze di coerenza e di parit di trattamento, che viene in rilievo allorquando si debbano valutare fatti accaduti nel passato i cui effetti si producono nel presente. 4.3 Da ultimo, sul piano teleologico, la tesi della discontinuit si giustifica alla luce della considerazione, da parte del legislatore, di una pluralit di valori costituzionali, quali, oltre quello del paesaggio, la protezione della propriet privata (art. 41 Cost., nonch art. 1 del I protocollo addizionale alla CEDU e quindi art. 117 Cost.), e il buon andamento della pubblica amministrazione. Pu ulteriormente aggiungersi che la tesi della continuit si pone in conflitto con il canone della ragionevolezza, poich ammette che il vincolo preliminare possa essere efficace anche RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 a distanza di numerosi anni dalla proposta, ancorch da tempo sia stata introdotta nel Codice una disposizione che ne sancisce la perdita di efficacia. Limmagine delle super proposte, coniate per le proposte di vincolo pi antiche, uno stratagemma retorico per evidenziare lirrazionalit di una soluzione che punti a conservarne leffetto vincolante a distanza di molti anni e al subentrare di una disciplina che ne prevede la decadenza allo spirare del termine fissato per la conclusione del procedimento. Tale argomento non sembra possa essere superato dalla possibilit, per il privato, di esperire lazione contro linerzia prevista dal Codice del processo amministrativo. Ed infatti, gravare il privato dellonere di agire per la conclusione di un procedimento dufficio, diretto a vincolare la sua propriet, appare obiettivamente paradossale. 5. Le osservazioni sopra esposte trovano ulteriore conferma considerando la natura delle disposizioni contenute negli artt. 141, c. 5 e 147, c. 2 del codice dei beni culturali, alla stregua delle quali, a far data dalla loro entrata in vigore, il mancato esercizio del potere di provvedere sulla proposta comporta la cessazione delleffetto temporaneamente inibitorio di essa. Giova infatti rilevare che quelle in questione non sono norme che intervengono sulle proposte di vincolo, ma disposizioni che operano, invece, sul potere ministeriale di provvedere sulle medesime proposte, ivi comprese quelle anteriori alla nuova disciplina, da cui permanente validit stata garantita dalla norma transitoria di cui allart. 152. Non a caso, daltra parte, la rubrica dellart. 141 fa riferimento ai provvedimenti ministeriali, e quindi ci che costituisce lesercizio del potere. Le norme in questione intervengono, cos, sul potere dellamministrazione, diversamente conformandolo nel senso di far conseguire al suo mancato esercizio nel termine di 180 giorni, non la decadenza della proposta, ma la semplice cessazione degli effetti di salvaguardia. A partire da tale data lAmministrazione conserva il potere-dovere di provvedere sulla proposta, ma deve tener conto del fatto che ormai cessata lefficacia inibitoria conseguente alla sua presentazione. La norma intende indurre lamministrazione ad un pi tempestivo intervento, eliminando la possibilit di premiare, attraverso la permanenza degli effetti della proposta, linerzia dellamministrazione medesima, senza precludere, pur dopo i 180 giorni, la possibilit di un suo intervento. Consegue da ci che la nuova disciplina, introdotta con il d.lgs. 157/2006 e con il d.lgs. 63/2008, non tocca le proposte (ivi comprese quelle di cui allart. 157, c. 2) che sono e rimangono efficaci, ma semplicemente lesercizio del potere e le sue conseguenze, in caso di inerzia protrattasi oltre 180 giorni. La nuova disciplina, in qualche modo, pone un collegamento, prima inesistente, tra lesercizio del potere e lefficacia inibitoria delle proposte, facendo venir meno proprio quella efficacia inibitoria che, prima della novella, appariva collegata ad un potere configurato come temporalmente illimitato. E quindi la diversa conformazione del potere di provvedere a venire in discussione, e non, per cos dire, la natura della proposta, se non altro sotto il profilo temporale: se cio, antecedente o susseguente alla nuova disciplina. Non vi sono, in altri termini proposte dotate di una efficacia vincolante sine die, e proposte (successive alla novella) a regime di salvaguardia temporalmente limitato; vi semplicemente un potere dellamministrazione, che, dopo la novella diversamente conformato in relazione al suo esercizio nel tempo, con conseguenze in ordine agli effetti di salvaguardia. quindi la diversa conformazione del potere a rendere, a far data dellentrata in vigore delle nuove norme, temporanea quellefficacia di salvaguardia che in passato (a fronte di una conformazione del potere come privo di conseguenze in relazione al tempo di esercizio) appariva permanente. CONTENzIOSO NAzIONALE Lerroneit della prospettiva tradizionale si coglie, daltra parte, considerando che, ove fosse vera la tesi con essa prospettata, dovrebbe ritenersi che, con la norma transitoria dellart. 152 si preservi (non solo lefficacia e la validit della proposta anteriore nel tempo ma) anche un potere dellamministrazione temporalmente illimitato senza conseguenze in ordine al suo mancato esercizio; esito questo che deve essere escluso dal momento che lart. 152, c. 2, si riferisce con chiarezza agli immobili per i quali sia stata presentata la proposta, e quindi, esclusivamente alla proposta e non al potere. , daltra parte, lo stesso art. 157, c. 2, ad evidenziare lapplicabilit della nuova disciplina anche alle vecchie proposte; esso, infatti, nellaffermare lapplicabilit delle disposizioni della presente Parte (Parte IX: libert di iniziativa economica e propriet) agli immobili per i quali sia stata formulata la proposta, positivamente estende a tali proposte anche la disciplina di tale Parte introdotta con la sopra indicata novella legislativa. In tal modo, infine, viene fatta corretta applicazione alla fattispecie del principio tempus regit actum, dal momento che la nuova disciplina viene applicata alla fase del procedimento (valutazione della proposta ai fini dellassunzione del provvedimento definitivo) ancora in corso. Va rilevato, infine, che una interpretazione del senso sopra prospettato evita macroscopiche irrazionalit: a) escludendo lesistenza di proposte con un effetto inibitorio permanente (cos premiando proprio quellinerzia dellamministrazione che il legislatore intende escludere); b) escludendo un paradossale mutamento di natura delle proposte anteriori alla novella, dal momento che una mera norma di salvaguardia delle proposte antecedenti (art. 157) avrebbe sostanzialmente trasformato queste in provvedimenti definitivi di vincolo, ed una tutela interinale in una tutela definitiva. 6. Proprio lopzione legislativa per un bilanciamento dei contrapposti valori induce a riflettere sulle conseguenze della tesi della discontinuit. La difesa statale ha insistito sulla compromissione della tutela paesaggistica che ne deriverebbe, essa implicando la cessazione ex abrupto di un numero indefinito (ma verosimilmente elevato) di proposte di vincolo, che lascerebbe prive di protezione aree pregiate dal punto di vista naturalistico o culturale. Il timore infondato per due successivi ordini di ragioni: a) cessa leffetto preliminare di vincolo, non lefficacia della proposta; b) la decadenza delleffetto preliminare non immediata, ma decorso il termine di 180 giorni. vero che, in base al combinato disposto dellart. 140, comma 1 e dellart. 139, comma 5 del Codice, tale termine decorre dalla pubblicazione della proposta (quindi, per le proposte anteriori al Codice, il vincolo preliminare sarebbe decaduto decorsi 180 giorni dallentrata in vigore -ad opera del d.lgs. 63/2008 -dellattuale testo dellart. 141, comma 5, che tale decadenza commina, ovvero, ancor prima, per effetto del d.lgs. 157/2006, che lha introdotta), ma, in un quadro di incertezza normativa, ben pu il Consiglio di Stato - in sede Plenaria - modulare la portata temporale della propria sentenza, facendone decorrere gli effetti solo per il futuro. La possibilit di modulare la portata temporale delle decisioni giurisdizionali un principio affermato dalla Corte di Giustizia UE (e, meno incisivamente, dalla giurisprudenza costituzionale), che trova terreno fertile nel processo amministrativo. La giurisprudenza comunitaria ha gi da tempo affermato - nellambito della giurisdizione di annullamento sugli atti comunitari - che il principio dellefficacia ex tunc dellannullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte pu dichiarare che lannullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, latto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 medesimo conservi i propri effetti sino a che listituzione comunitaria modifichi o sostituisca latto impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). Tale potere valutativo prima dellentrata in vigore del Trattato di Lisbona era previsto espressamente nel caso di riscontrata invalidit di un regolamento comunitario (art. 231 del Trattato della Comunit Europea), ma era esercitabile - ad avviso della Corte - anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c Commissione, in C-106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c Consiglio, in C-21-94). La Corte di Giustizia dunque titolare anche del potere di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dellatto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che pu tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07). Tale giurisprudenza ha trovato un fondamento testuale nel secondo comma dellart. 264 del Trattato sul funzionamento della Unione Europea, che non contiene pi il riferimento delimitativo alla categoria dei regolamenti (se il ricorso fondato, la corte di giustizia dellUnione europea dichiara nullo e non avvenuto latto impugnato. tuttavia la corte, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti dellatto annullato che devono essere considerati definitivi). I principi europei sono trasferibili nellordinamento nazionale in virt dellart. 1 del Codice sul processo amministrativo, secondo cui la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della costituzione e del diritto europeo. Il Consiglio di Stato ha gi fatto applicazione di codesti principi (leading case Cons. Stato, sez. VI, n. 2755 del 2011): rilevata lillegittimit del piano faunistico venatorio regionale, piuttosto che annullarlo (cos eliminando le -pur insufficienti -misure protettive per la fauna), il giudice amministrativo ha statuito lobbligo di procedere entro dieci mesi allapprovazione di un nuovo piano faunistico, in conformit alla motivazione di accoglimento del ricorso. Ad avviso del Collegio la regola dellannullamento con effetti ex tunc dellatto impugnato pu, sia pure in circostanze assolutamente eccezionali, trovare una deroga, con la limitazione parziale della retroattivit degli effetti (si veda, in questo senso, Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488), o con la loro decorrenza ex nunc. Lordinamento riconosce la possibilit di graduare lefficacia delle decisioni di annullamento di un atto amministrativo (cfr. lart. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e lart. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). altres ammessa la possibilit per il giudice amministrativo di modellare nel caso concreto lefficacia delle sentenza in materia di contratti pubblici (cfr. artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo). Anche la Corte costituzionale, pur partendo dal principio della natura intrinsecamente retroattiva delle sentenze dichiarative dellincostituzionalit di una legge, nellaccogliere la questione di legittimit della disposizione che introduce unaddizionale allimposta sul reddito delle societ per talune imprese (c.d. Robin Tax), ha affermato che gli effetti della dichiarazione di illegittimit costituzionale decorrono, tuttavia, dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale al fine di evitare che limpatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla pronuncia determini uno squilibrio del bilancio dello stato di entit tale da implicare la necessit di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venir meno al rispetto dei parametri cui litalia si obbligata in CONTENzIOSO NAzIONALE sede di Unione europea ed internazionale e, in particolare, delle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilit in cui tale entrata stata considerata a regime (Corte cost., 11 febbraio 2015 n. 10). La graduazione degli effetti nel tempo della sentenza di accoglimento pu, cos, ritenersi eccezionalmente ammessa a due condizioni: limpellente necessit di tutelare uno o pi principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco. Rispetto a tale quadro, merita segnalare la peculiarit delle pronunce dellAdunanza Plenaria. Stabilisce lart. 99 del Codice del processo amministrativo (deferimento alladunanza plenaria): 1. la sezione cui assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o dufficio pu rimettere il ricorso allesame delladunanza plenaria. ladunanza plenaria, qualora ne ravvisi lopportunit, pu restituire gli atti alla sezione. 2. Prima della decisione, il presidente del consiglio di stato, su richiesta delle parti o dufficio, pu deferire alladunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali. 3. se la sezione cui assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dalladunanza plenaria, rimette a questultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. 4. ladunanza plenaria decide lintera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente. 5. se ritiene che la questione di particolare importanza, ladunanza plenaria pu comunque enunciare il principio di diritto nellinteresse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero lestinzione del giudizio. in tali casi, la pronuncia delladunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato. La costante dei cinque commi in cui si articola la disposizione il principio di diritto, la cui enunciazione lo scopo primo (se non unico: cfr. commi 4 e 5) dellintervento della Plenaria. Ci che nel comune giudizio amministrativo il contenuto di accertamento in iure della sentenza, meramente strumentale alla pronuncia di annullamento (pertanto confinato nella motivazione e delimitato dal caso concreto), nel giudizio in Plenaria identifica la pronuncia in s, con due conseguenze. La prima conseguenza il riconoscimento della natura essenzialmente interpretativa delle pronunce dellAdunanza Plenaria, in particolare quando essa ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente. Tale carattere consente di operare un (relativo) parallelismo con le decisioni pregiudiziali della Corte di giustizia, le quali hanno la stessa efficacia delle disposizioni interpretate e, pertanto, oltre a vincolare il giudice che ha sollevato la questione, spiegano i propri effetti anche rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime. Come le sentenze di annullamento e quelle di incostituzionalit, anche le sentenze interpretative hanno efficacia retroattiva, ma per ragioni diverse: non si tratta di eliminare un atto dal mondo giuridico per vizi genetici o di dichiarare loriginaria difformit di un legge dalla fonte superiore, ma di accertare il significato di un frammento dellordinamento giuridico qual era sin dal momento della sua venuta ad esistenza. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 In tali ipotesi la deroga alla retroattivit trova fondamento, pi che nel principio di effettivit della tutela giurisdizionale, nel principio di certezza del diritto: si limita la possibilit per gli interessati di far valere la norma giuridica come interpretata, se vi il rischio di ripercussioni economiche o sociali gravi, dovute, in particolare, allelevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base di una diversa interpretazione normativa, sempre che risulti che i destinatari del precetto erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni (in tal senso, ma con riferimento allordinamento comunitario, Corte di Giustizia, 15 marzo 2005, in C-209/03). A giustificazione dellassunto vi anche un dato testuale: lart. 113, comma 3 Cost. stabilisce che la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa. Linterposizione del legislatore non occorre allorquando via sia un principio generale dellordinamento UE direttamente applicabile che permetta al giudice amministrativo di pronunciarsi sulla legittimit degli atti della pubblica amministrazione modulando gli effetti della propria sentenza, e ci vale in particolare quando il giudizio di annullamento presenti uno spiccato carattere interpretativo. La seconda conseguenza la praticabilit della prospective overruling, in forza della quale il principio di diritto, affermato in contrasto con lorientamento prevalente in passato, non verr applicato (con vari aggiustamenti) alle situazioni anteriori alla data della decisione. La prospective overruling si esplicita, dunque, nella possibilit per il giudice di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo per il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata. In conclusione: allAdunanza Plenaria concessa la possibilit di limitare al futuro lapplicazione del principio di diritto al verificarsi delle seguenti condizioni: a) lobiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; b) lesistenza di un orientamento prevalente contrario allinterpretazione adottata; c) la necessit di tutelare uno o pi principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche. Nella fattispecie in esame sussistono tutte le condizioni, poich: a) il dato letterale equivoco; b) la tesi della continuit prevalente; c) necessario, a tutela del paesaggio, evitare la cessazione istantanea di tutti i vincoli preliminari attualmente esistenti su aree di interesse naturalistico o culturale. Avendo ritenuto che le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico anteriori al Codice conservino efficacia, mentre leffetto preliminare di vincolo che ad esse si ricollega cessi decorso -senza che il relativo procedimento si sia concluso -il termine previsto dallart. 140, comma 1 (180 giorni, che per tali proposte dovrebbe essere calcolato a partire dal d.lgs. 63/2008, ovvero dal d.lgs. 157/2006), la delimitazione al futuro di tale principio implica che leffetto preliminare cessi decorsi 180 giorni dalla pubblicazione della sentenza. Resta ferma la possibilit del legislatore, in pendenza di detto termine, di intervenire a disciplinare ex novo la fattispecie, nel rispetto del principio di ragionevolezza e dei valori costituzionali difesi dalla tesi della disconrtinuit (ad esempio allungando il termine per la conclusione dei procedimenti in questione del tempo strettamente necessario al censimento delle proposte esistenti). 6. Al quesito deferito pu dunque rispondersi che: il combinato disposto - nellordine logico - dellart. 157, comma 2, dellart. 141, comma 5, CONTENzIOSO NAzIONALE dellart. 140, comma 1 e dellart. 139, comma 5 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve interpretarsi nel senso che il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dellentrata in vigore del medesimo decreto legislativo -come modificato con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 - cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni. (1) ladunanza Plenaria del consiglio di stato pu modulare la portata temporale delle proprie pronunce, in particolare limitandone gli effetti al futuro, al verificarsi delle seguenti condizioni: a) unobiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; b) lesistenza di un orientamento prevalente contrario allinterpretazione adottata; c) la necessit di tutelare uno o pi principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche. (2) il termine di efficacia di 180 giorni del vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dellentrata in vigore del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla pubblicazione della presente sentenza. (3) Ci posto, il Collegio restituisce il giudizio alla Sezione remittente ai sensi dellart. 99, comma 4 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, enuncia i principi di diritto di cui al punto 6 della motivazione e restituisce per il resto il giudizio alla IV sezione. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Quale indice per la determinazione delle royalties? Brevi riflessioni a seguito della sentenza n. 290/2018 del Consiglio di stato nota a consiGlio di stato, sez. sesta, sentenza 18 Gennaio 2018 n. 290 Maria Bianca Armiento* sommario: 1. Un indice controverso: la vicenda processuale e le questioni di diritto 2. levoluzione normativa della disciplina delle royalties e il ruolo dello stato proprietario degli idrocarburi - 3. il ruolo dello stato regolatore: la determinazione dei prezzi del gas sul mercato tutelato come forma di determinazione amministrativa dei prezzi - 4. conclusioni. 1. Un indice controverso: la vicenda processuale e le questioni di diritto. Il Consiglio di Stato, con la sentenza in epigrafe, si occupato della controversia relativa ai criteri di determinazione delle royalties che le societ operanti nel settore degli idrocarburi devono corrispondere allo Stato. La questione nasceva dal ricorso proposto da diverse societ titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale al Tar Lombardia, per lannullamento di una serie di provvedimenti del Ministero dello Sviluppo Economico e lAutorit di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (in seguito, anche ARERA), che determinavano le royalties in base allindice QE (basato sulle quotazioni del petrolio e di altri combustibili). Il Tar Lombardia con la sentenza n. 1219/2016 accoglieva la tesi proposta dalle societ ricorrenti che lamentavano che il criterio utilizzato dovesse essere sostituito dallindice Pfor, basato sulle quotazioni del TTF, il mercato del gas olandese che rappresenta il benchmark per gli Stati Europei. Luso di questo indice - adottato dallARERA per determinare il prezzo del gas sul mercato tutelato agli utenti finali -avrebbe comportato un risparmio di spesa per i concessionari, con conseguente diminuzione dellintroito destinato allo Stato. La normativa di riferimento, ossia lart. 19, comma 5-bis, lett. b, del d.lgs. n. 625 del 1996, che determinava, alla data di entrata in vigore della legge, i valori delle royalties per il gas naturale allindice QE, richiamava infatti la delibera dellARERA n. 52/99 (1) e anche le successive modificazioni di questa; la delibera, in un primo momento, aveva adottato lindice QE per determinare i prezzi di cessione del gas naturale agli utenti del mercato c.d. tutelato. Ritenevano le societ ricorrenti che, a seguito della successiva ado(*) Ammessa alla pratica forense presso lAvvocatua Generale dello Stato - con lavv. St. Alessandra Bruni; dottoranda in Diritto Pubblico e dellEconomia dellUniversit di Pisa. (1) Delibera n. 52/99, G.U. del 30 aprile 1999 n. 100 Criteri per lindicizzazione delle tariffe per la parte al costo della materia prima, nel servizio di distribuzione dei gas a mezzo reti urbane. CONTENzIOSO NAzIONALE zione da parte dellAutorit dellindice Pfor per determinare i prezzi per i clienti vulnerabili (2), si fosse verificato un rinvio mobile o dinamico alla disciplina regolatoria da parte di quella in materia di royalties (3). Ad avviso dei Giudici di prime cure, la soluzione prospettata dalle societ era da accogliere, in quanto la norma in questione avrebbe configurato, mediante lutilizzo dellespressione successive modificazioni, effettivamente un rinvio mobile o dinamico, a testimonianza dellinteresse dellAutorit sulle vicende giuridiche intervenute nella regolazione di settore. Ne conseguiva che la vigenza dellindice QE per la determinazione del valore delle aliquote spettanti allo Stato, ormai non pi in grado di rispecchiare il costo della materia prima, non fosse pi sostenibile e che dovesse dunque applicarsi lindice Pfor, alla luce del rinvio dinamico operato dallart. 19, comma 5-bis alla disciplina regolatoria di settore. Avverso la predetta pronuncia, proponevano appello il Ministero dello Sviluppo Economico, lARERA e il Ministero dellEconomia e delle Finanze, deducendo la violazione della normativa in materia, ritenevano che non potesse configurarsi alcun tipo di rinvio, in quanto lindice Pfor, utilizzato dal- lARERA al solo fine di determinare i prezzi del gas naturale per i clienti del mercato tutelato, non trovava applicazione al di l di questambito, trattandosi di una disciplina diversa e non sovrapponibile alla disciplina della determinazione delle royalties che le societ devono corrispondere allo Stato (ancorata proprio per la diversit di finalit e disciplina allindice QE). Il Consiglio di Stato, con sentenza del 18 gennaio 2018, ha riformato la sentenza del TAR Lombardia, accogliendo tali argomentazioni (4). In particolare, i Giudici di Palazzo Spada, nella lunga e articolata motivazione (in cui stata ripercorsa anche levoluzione normativa della disciplina delle royalties), hanno ritenuto di non dover aderire alla tesi delle societ ricorrenti, ancorando la propria decisione a due valutazioni, la prima di carattere economico e finanziario, la seconda di carattere strettamente giuridico. Quanto alla prima valutazione, ad avviso dei Giudici, lutilizzo dellindice QE - connesso a valori di mercato e considerato stabile - necessario per ren (2) Delibera n. 196/2013/R/Gas Seconda fase della riforma delle condizioni economiche applicate ai clienti finali del servizio di tutela nel mercato del gas naturale a partire dall1 ottobre 2013. Modifiche al TIVG. (3) Sostenevano inoltre i ricorrenti che la soluzione in questione fosse corroborata da quanto previsto dallultimo periodo della norma, che prevede che A decorrere dal 1 gennaio 2003, l'aggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, effettuato dall'Autorit per l'energia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione. (4) In sede cautelare, il Consiglio di Stato, con ordinanza, aveva ritenuto che non fosse ragionevole una confusione tra una disciplina relativa agli oneri dovuti allo Stato in forza di una concessione amministrativa (quale quella di coltivazione dei giacimenti di idrocarburi, ai sensi del d.lgs. n. 625/1996) e quella relativa alla fissazione di prezzi di riferimento per la cessione di prodotti, da parte delle stesse societ, agli utenti del mercato tutelato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 dere certa lentrata finanziaria attraverso lutilizzo dellindice QE al fine di calcolare il corrispettivo pecuniario; inoltre, secondo il Collegio, la prospettazione dei concessionari, per cui lAutorit con un atto amministrativo (di rango inferiore alla legge ordinaria) possa determinare una riduzione del gettito finanziario derivante dalla corresponsione delle royalties, contrasterebbe con i principi dellart. 81 della Costituzione; alla luce del minor introito che ne deriverebbe con lutilizzo dellindice Pfor sarebbe di conseguenza necessaria una espressa previsione normativa al fine di giustificare gli effetti negativi che ne deriverebbero per il bilancio pubblico (5). Quanto alla valutazione di carattere giuridico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che lARERA avesse abbandonato lindice QE in favore dellindice Pfor, per effetto del Decreto Cresci Italia (6) che ha imposto allAutorit di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili (notevolmente pi alti, attraverso limpiego dellindice QE), ma non anche di modificare i criteri di calcolo delle royalties, motivo per cui non poteva trovare accoglimento la prospettazione dei concessionari. 2. levoluzione normativa della disciplina delle royalties e il ruolo dello stato proprietario degli idrocarburi. I Giudici, come pu osservarsi, nel motivare laccoglimento dellappello -che sarebbe stato da ancorare piuttosto alla diversit di rationes -hanno svolto valutazioni di carattere pratico, legate allesigenza di mantenere costante, tramite le royalties, lintroito dello Stato, non soffermandosi invece sulla diversa natura dei due istituti, che giustifica lapplicazione di due indici differenti, e che in questa sede si prova a ricostruire. La differenza, in primo luogo, ha carattere strutturale, riguardando peraltro due momenti separati del mercato del gas naturale, al pari di quello dellenergia elettrica, mercato di filiera, caratterizzato da molteplici fasi: da un lato, la coltivazione degli idrocarburi, fase up-stream della filiera e dallaltro la vendita di gas naturale, fase tipicamente downstream, che vede la cessione del prodotto agli utenti finali. In secondo luogo, il divario nasce dallimpatto delle politiche di liberalizzazione delle public utilities, adottate dalla Comunit Europea tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso attraverso lo strumento del vecchio art. 90 del Trattato Istitutivo (oggi art. 106 del Trattato sul Funzionamento del (5) Il riferimento allart. 81, comma 3, Cost. per cui Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Sullevoluzione dellart. 81, si veda M. PASSALACQUA, Pareggio di bilancio contro intervento pubblico nel nuovo art. 81 della costituzione, in amministrazione in cammino, 2012, pp. 1 ss. (6) Art. 13, d.l. del 24 gennaio 2012 n. 1 Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit, G.U. del 24 gennaio 2012 n. 19 (convertito, con modificazioni in l. 24 marzo 2012 n. 27, G.U. del 24 marzo 2012 n. 71). CONTENzIOSO NAzIONALE lUnione Europea) che faceva divieto agli Stati Membri di emanare o mantenere nei confronti delle imprese titolari di diritti speciali o esclusivi misure contrarie alle norme del Trattato, segnatamente quelle relative alle regole concorrenziali, e sottoponeva a queste ultime le imprese pubbliche e private, incaricate di servizio di interesse economico generale e aventi carattere di monopolio fiscale, tranne nel caso in cui lapplicazione delle suddette regole fosse ostativo alladempimento della specifica missione loro affidata (7). Con le prime direttive di liberalizzazione, adottate nel settore delle telecomunicazioni (8), stata sancita la soppressione dei diritti speciali ed esclusivi in capo ad alcune imprese, imponendo contemporaneamente agli incumbent di favorire lentrata dei nuovi operatori nel mercato, ad esempio, garantendo laccesso allinfrastruttura o linterconnessione tra le reti (9). Per effetto di queste politiche, laddove alcuni servizi pubblici sono stati completamente liberalizzati (10) (basti pensare, tra i servizi a rete infrastrutturale, alle comunicazioni elettriche, liberalizzate sia a livello di servizio sia di rete e, tra gli altri, pi di recente il servizio postale, a seguito dellentrata in vigore della Legge per il mercato e la concorrenza (11)) e altri hanno conosciuto una parziale apertura alla concorrenza (esempio emblematico il trasporto ferroviario, dove vi una netta separazione tra la rete, gestita in regime concessorio e monopolistico, poich non fisicamente ed economicamente duplicabile e il servizio, oggi liberalizzato (12)), nel mercato degli idrocarburi e (7) La definizione di diritti speciali o esclusivi non appare nel Trattato, n presente nelle prime direttive di liberalizzazione. La giurisprudenza comunitaria li ha definiti come quei diritti conferiti dallautorit di uno Stato Membro a unimpresa o a un numero limitato dimprese sulla base di criteri che non sono obiettivi, proporzionati e non discriminatori e che influenzano la capacit di altri operatori di prestare il servizio nello stesso territorio, a condizioni equivalenti; si veda Corte di Giustizia, CE, the Queen c. secretary of state for trade and industry -british telecommunications, C-302/94, 12 dicembre 1996, 34. (8) Direttiva della Commissione CEE del 16 maggio 1988 n. 301 Concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazione (c.d. Direttiva Terminali), G.U.c.e. del 25 maggio 1988, n. L 131 e Direttiva della Commissione CEE del 28 giugno 1990 n. 388 Concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazione (c.d. Direttiva Concorrenza), G.U.c.e, 24 luglio 1990 n. L 192. (9) Sulle politiche di liberalizzazione di ispirazione comunitaria dei servizi pubblici, si veda N. RANGONE, i servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999. (10) La liberalizzazione ex art. 106 TFUE si definisce economica, poich comporta la soppressione dei limiti allentrata nel mercato, da tenere distinta dalla liberalizzazione amministrativa, ossia, la soppressione dei vincoli di matrice pubblicistica che gravano sui privati. Tuttavia, la liberalizzazione economica pu comportare nella fase iniziale un penetrante intervento pubblico, come avvenuto durante gli anni Novanta del secolo scorso. Per la distinzione, si veda S. CASSESE, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici ed autonomie private, in rivista trimestrale di diritto pubblico, II, 2000, pp. 392-393. (11) Art. 1, commi 57 e 58, l. 4 agosto 2017 n. 124 Legge annuale per il mercato e la concorrenza , G.U. del 14 agosto 2017 n. 189 che hanno soppresso il monopolio in capo a Poste Italiane s.p.a. della notifica di multe e atti giudiziari. Per un primo commento alla legge, D. AGUS, la legge annuale per il mercato e la concorrenza, in Giornale di diritto amministrativo, VI, 2017, pp. 729 ss. (12) stata prevista, infatti, dal Quarto Pacchetto Ferroviario, la liberalizzazione del trasporto nazionale passeggeri a partire dal 2019. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 del gas naturale, tradizionalmente, un mercato verticalmente integrato, la liberalizzazione ha interessato solo alcune attivit della filiera, sottoposte oggi a regime autorizzatorio, mentre altre restano assoggettate a un regime concessorio e/o monopolistico. A seguito dellinfluenza europea, si assistito a una riduzione della discrezionalit dei pubblici poteri nel rilascio dei titoli abilitativi allattivit di impresa (13); inoltre venuto meno il regime di riserva ex art. 43 della Costituzione in capo allENI (14), seppur parziale, poich concentrato in alcune zone geografiche determinate (15). La coltivazione di idrocarburi caratterizzata da una disciplina molto articolata e frammentaria, contenuta in diverse normative (16). La concessione di coltivazione accordata ai titolari di permessi di ricerca che, a seguito di perforazione di uno o pi pozzi, abbiano rinvenuto idrocarburi liquidi o gassosi, se la capacit produttiva dei pozzi stessi e gli altri elementi di valutazione geo-mineraria disponibili giustifichino tecnicamente ed economicamente lo sviluppo del giacimento scoperto (17), che presentino un programma di lavoro e siano in possesso di requisiti normativamente previsti (18). (13) Sullevoluzione della disciplina del gas naturale e sulla sua apertura al mercato anche alla luce della normativa europea, si vedano N. RANGONE, i servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 187 ss.; G. NAPOLITANO, lenergia elettrica e il gas, in S. CASSESE (a cura di) diritto amministrativo speciale, II, Milano, Giuffr, 2003, pp. 2189 ss.; G. CAIA - S. COLOMBARI, regolazione amministrativa e mercato interno del gas naturale, in rassegna giuridica dellenergia elettrica, II, 2000, pp. 339 ss.; E. BRUTI LIBERATI, la regolazione pro-concorrenziale dei servizi pubblici a rete. il caso dellenergia elettrica e del gas naturale, Milano, Giuffr, 2006. (14) Sul regime della riserva, si vedano S. CASSESE, la regolamentazione dei servizi di pubblica utilit in italia, in lindustria, XIII, 1992, pp. 167 ss. e F. TRIMARCHI BANFI, organizzazione ad iniziativa privata e organizzazione economica ad iniziativa riservata negli articoli 41 e 43 della costituzione, in Politica del diritto, I, 1992, pp. 3 ss. (15) Nel 1953 erano state attribuite allEnte Nazionale Idrocarburi (ENI) - ente con personalit giuridica di diritto pubblico, prima della sua trasformazione in societ per azioni nel 1992 - in regime di riserva, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nella Valle Padana e nellalto Adriatico e la costruzione e lesercizio di condotte per il trasporto di idrocarburi minerari nazionali, ai sensi della l. 19 febbraio 1953, n. 136 Istituzione dellEnte Nazionale Idrocarburi (E.N.I) G.U. del 27 marzo 1953 n. 72. Lart. 2 della suddetta legge prevedeva inoltre la possibilit dellEnte di svolgere attivit di lavorazione, trasformazione, utilizzazione e commercio di idrocarburi, in osservanza della vigente legislazione; ai sensi dellart. 3, invece, i compiti per i quali riconosciuta lesclusiva dovevano essere svolti mediante societ controllate dallo stesso Ente. Successivamente, il regime di esclusiva attribuito allENI era stato esteso anche ad altre attivit: lart. 5, l. 21 luglio 1967 n. 613 Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla l. 11 gennaio 1957 n. 6 sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, G.U. del 3 agosto 1967 n. 194 aveva attribuito allEnte la riserva di prospezione (ossia linsieme dei rilievi geografici, geologici e geofisici intesi ad accertare la natura del sottofondo marino). (16) Definiti, quali combustibili liquidi e gassosi di interesse nazionale dallart. 2, comma 1, del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 382 Disciplina dei procedimenti di conferimento dei permessi di ricerca e di concessioni di coltivazione di giacimenti minerari di interesse nazionale e di interesse locale, G.U. del 18 giugno 1994 n. 141. (17) Art. 9, comma 1, l. 9 gennaio 1991 n. 9 Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autopro CONTENzIOSO NAzIONALE Una prima apertura alle regole concorrenziali, con conseguente scardinamento del monopolio (seppur parziale) venuto ad esistenza, deriva dal legislatore eurounitario, con la Direttiva del 30 maggio 1994 n. 22 (19), in materia di condizioni di rilascio e di esercizio di autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. La Direttiva parte dal presupposto di dover garantire un accesso non discriminatorio alle attivit, tramite modalit maggiormente concorrenziali, con lo scopo di rafforzare il mercato interno energetico (20); prevede che possano richiedere lautorizzazione (21) tutti i soggetti in possesso di alcuni requisiti e che il rilascio del titolo debba avvenire sulla base di criteri obiettivi e preventivamente pubblicati (22). A seguito dellentrata in vigore del d.lgs. n. 625/1996, che rappresenta il primo passo verso lerosione del regime della riserva delle attivit di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (23), previsto che le suddette attivit siano esercitate in modo che non vi siano discriminazioni tra enti richiedenti e soggetti gi titolari (24). La disciplina della concessione di coltivazione e della sua limitata apertura al mercato si interseca con la disciplina delle royalties, ossia la quota di prodotto estratto oppure il valore dellaliquota del prodotto di coltivazione da corrispondere allo Stato. La previsione di royalties strettamente connessa alla natura di bene pubblico degli idrocarburi, che fanno parte del patrimonio indisponibile ai sensi dellart. 826 c.c: esse costituiscono una delle massime espressioni del potere concessorio dello Stato (25). La normativa -peraltro analizzata anche in motivazione -originaria duzione e disposizioni fiscali, G.U. del 16 gennaio 1991 n. 13; art. 12, D.P.R. 18 aprile 1994 n. 484 Regolamento recante la disciplina dei procedimenti di conferimento dei permessi di prospezione o ricerca e di concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma e in mare, G.U. dell8 agosto 1994 n. 184. (18) Art. 27, l. n. 613/1957. (19) Direttiva del Parlamento e del Consiglio CE del 30 maggio 1994 n. 22 Condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, G.U.c.e. del 30 giugno 1994 n. L 164/3. (20) Considerando 6, Direttiva 94/22/CE; Artt. 3 e 5, Direttiva 94/22/CE. (21) Si noti come la normativa europea definisca autorizzazioni i titoli abilitativi, anzich concessioni. (22) Considerando 7, Direttiva 94/22/CE. (23) Art. 23, l. n. 625/1996, che ha previsto, a decorrere dal 1 gennaio 1997, la cessazione dei regimi di esclusiva in capo a E.N.I. s.p.a., che pu comunque, ai sensi dellart. 24, comma 1 del d.lgs. n. 625/1996 ottenere dal Ministero lattribuzione di permessi di ricerca, di concessioni di coltivazione e di stoccaggio a salvaguardia dei diritti maturati in regime di esclusiva. Lart. 24, comma 2 dispone che i titoli minerari sono attribuiti allENI che li esercita attraverso societ controllate o collegate. (24) Art. 3, comma 3, d.lgs. n. 625/1996. Resta ferma la facolt dei pubblici poteri - per motivi di sicurezza nazionale - di negare lautorizzazione allaccesso o allesercizio dellattivit a enti effettivamente controllati da Stati o cittadini non appartenenti allUnione Europea. (25) La partecipazione dello Stato ai profitti dei concessionari, ad avviso di G. GUGLIELMI, idrocarburi, in enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX, p. 990, pu essere considerata la pi antica ed autentica espressione del diritto dominicale. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 mente prevedeva un corrispettivo in natura da corrispondere allo Stato a titolo di onere concessorio e in aggiunta al canone, secondo scaglioni progressivi (26), a cui faceva da contraltare la possibilit alternativa per i concessionari di corrispondere in luogo del prodotto, il valore di esso (27). Successivamente, lart. 66 della l. 21 luglio 1967 n. 613 ha modificato la disciplina precedente, introducendo il criterio di proporzionalit alla produzione , commisurato al prodotto effettivamente estratto o, in alternativa, disponendo che il concessionario corrisponda per periodi determinati, il valore di esso calcolato a bocca di pozzo (28). Il quadro normativo rimasto sostanzialmente immutato fino alla Direttiva 94/22/CE, che ha disposto che gli Stati Membri possano subordinare la concessione al possesso di alcuni requisiti e condizioni oppure al versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi (29). Il legislatore sovranazionale ha dunque conservato listituto delle royalties, introducendo unalternativa tra il versamento di un corrispettivo in natura oppure pecuniario; soluzione, questultima, fatta propria dal d.lgs. n. 625/1996 che, come si visto, prevede che i concessionari corrispondano allo Stato lequivalente monetario del valore del prodotto coltivato. Dalla complessa legislazione in materia di idrocarburi, emerge come, una volta venuta meno la riserva, la coltivazione del giacimento - sebbene svolta formalmente in regime di concorrenza per il mercato a seguito delle politiche di liberalizzazione sovranazionali - abbia natura concessoria (30), laddove si (26) Art. 22, comma 1, l. n. 6/1957. (27) Art. 22, comma 3, l. n. 6/1957. Il comma 4 prevedeva che il valore dellaliquota fosse da determinarsi in base al prezzo medio realizzato dal concessionario nel corso dellanno per la vendita del suo prodotto. (28) Sullevoluzione della disciplina delle royalties, con particolare riferimento alla l. n. 613/1967, G. ENDRICI, idrocarburi, in enciclopedia del diritto, vol. XV, 1988, p. 4. (29) Art. 6, comma 1, Direttiva 94/22/CE. (30) Secondo la nota definizione elaborata da O. RANELLETTI, teoria generale delle autorizzazioni e concessioni, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1894-1897, passim, con il provvedimento concessorio, lamministrazione attribuirebbe al privato ex novo (c.d. concessioni costitutive: [nelle concessioni] si esce fuori del campo di attivit proprio di ogni individuo e si passa al di l in una nuova sfera, che lo Stato viene a lui ad aprire, si ha in altre parole un vero nuovo diritto (sensu lato), che dallo Stato conferito al privato, senza che questi ne abbia neppure il germe) oppure gli trasferiscono (c.d. concessioni traslative) la titolarit di un diritto nuovo, non esercitabile in assenza di concessione. La successiva dottrina sulle concessioni amministrative ha richiamato, spesso criticamente, la posizione del Ranelletti e la distinzione tra concessioni costitutive e traslative. Questultima distinzione stata aspramente censurata: senza pretese di esaustivit, E. SILVESTRI, concessione amministrativa (voce), in enciclopedia del diritto, 1961, VIII, p. 371, ammette lesistenza delle sole concessioni costitutive, per cui da ritenere che il privato non subentri nella titolarit del diritto o nel potere dellamministrazione concedente, ma acquisti solo una facolt particolare. M.S. GIANNINI, diritto amministrativo, Vol. 2, Milano, Giuffr, 3ed., 1993, p. 652, che reputa la suddetta costruzione elementare: ammissibile che le concessioni siano considerate ampliative della sfera giuridica soggettiva, ma non sono i soli strumenti dotati di tale potere, tipico anche delle autorizzazioni costitutive e dei negozi di diritto privato posti in essere tra pubbliche amministrazioni che ampliano la CONTENzIOSO NAzIONALE ritiene che si tratti di concessione non gi di un bene, ma di attivit riservata allo Stato (31) e a carattere discrezionale, poich attribuito ex lege allamministrazione il potere di compiere diverse valutazioni (ad esempio, sulla possibilit di sfruttare il pozzo, di stabilire le condizioni a cui la concessione sottoposta e di approvare altres il programma di sviluppo dellarea di coltivazione): in capo al concessionario si creerebbe una situazione giuridica non assimilabile a un diritto soggettivo perfetto (32). La liberalizzazione cos introdotta dalla Direttiva 30 maggio 1994 n. 22 e recepita dal d.lgs. n. 625/1996 dunque solo parziale e formale. Se da un lato, infatti, venuto meno il regime della riserva, sono cessate le esclusive in capo alloperatore monopolista e questo ha permesso a diversi soggetti di operare nel mercato e di ottenere il titolo necessario alla coltivazione; dallaltro, lattivit di coltivazione resta contingentata e fortemente caratterizzata dal- lautoritativit dei pubblici poteri, in quanto attribuita a un numero limitato di soggetti (vista anche la scarsit di risorse naturali) designati in base a una valutazione a carattere discrezionale dellamministrazione e tenuti ex lege a corrispondere un corrispettivo monetario (obbligo che discendere dallessere titolari di concessione); si osserva inoltre come la presenza dellAutorit di regolazione sia quasi del tutto assente, mentre risulti preponderante quella ministeriale, organizzazione amministrativa tradizionalmente connessa al potere politico. Dunque, anche a seguito delle spinte liberalizzatrici, la coltivazione di idrocarburi resta unattivit formalmente concorrenziale (svolta in regime di concorrenza per il mercato), ma sostanzialmente concessoria, caratterizzata da elevata discrezionalit dei pubblici poteri nel rilascio del titolo abilitativo: la natura concessoria peraltro da ricondurre alla stessa previsione delle royalties, oggetto della controversia dinanzi al Consiglio di Stato. La ratio delle royalties dunque quella di rendere partecipe lo Stato - in veste di proprietario del bene-giacimento o di soggetto che concede a terzi lo svolgimento dellattivit di coltivazione -dei profitti legati allattivit, attraverso la cessione sfera giuridica del soggetto. Infine, parte della dottrina ha ritenuto che le concessioni amministrative fossero da ricondurre ad atti di diritto privato e che avessero struttura contrattuale: per M. DALBERTI, le concessioni amministrative. aspetti della contrattualit delle pubbliche amministrazioni, Napoli, Jovene, 1981, pp. 294-295; 360, il rapporto concessorio nasce dal contratto che ne disciplina ogni aspetto, ma non vi sarebbe alcun provvedimento amministrativo di concessione, poich lunico atto amministrativo esistente sarebbe un decreto di mera approvazione del contratto, alla cui conclusione si pu giungere, peraltro, anche a seguito di valutazione discrezionale. Ne consegue che a determinare il contenuto della concessione proprio il contratto: il decreto di approvazione si limita a stabilire che la convenzione stata approvata e resa esecutoria. In generale, ad avviso dellAutore, si pu affermare che i contratti di concessione siano pi rispondenti al modello di diritto comune con deroghe ispirate al diritto amministrativo, che non a un modello ispirato al diritto amministrativo stesso. (31) G. GUARINO, scritti di diritto pubblico delleconomia e di diritto dellenergia, Milano, Giuffr, 1962, p. 270. (32) G. GUGLIELMI, cit. (voce), in enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX, p. 988. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 di parte dei prodotti estratti (come avveniva un tempo) o il valore dellaliquota di prodotto coltivato (come previsto dallart. 19 della l. n. 625/1996). dunque necessario, alla luce di quanto esposto, che le aliquote siano determinate in modo tendenzialmente certo: come ha anche riconosciuto il Consiglio di Stato, lindice QE, legato a valori di mercato ancora stabili e non condizionati dalle variazioni dei prezzi sul mercato, al momento permette unentrata costante per lo Stato. 3. il ruolo dello stato regolatore: la determinazione dei prezzi del gas sul mercato tutelato come forma di determinazione amministrativa dei prezzi. Considerazioni diverse meritano di essere svolte per la vendita del gas naturale. Si tratta invero di unattivit a valle della filiera (c.d. attivit downstream), che, a differenza della coltivazione di idrocarburi, ha conosciuto una liberalizzazione totale e la conseguente presenza del soggetto regolatore, anche al fine di tutelare gli utenti finali e i consumatori. Lattivit di vendita del gas stata oggetto di una puntuale disciplina, volta ad introdurre regole concorrenziali in questa fase della filiera, in un primo momento nel 1998, con la Direttiva del 22 giugno n. 30 (c.d. Prima Direttiva Gas) (33). La direttiva stata in seguito abrogata dalla Direttiva del 26 giugno 2003 n. 55 (34) poi abrogata a sua volta dalla Direttiva del 13 luglio 2009 n. 73 (35), attualmente il testo normativo europeo principale vigente in materia di gas naturale. La Prima Direttiva Gas stata attuata con d.lgs. del 23 maggio 2000 n. 164 (c.d. Decreto Letta), modificato poi negli anni al fine di attuare la legislazione europea successiva (36). In base al Decreto Letta, sono libere le attivit di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, mentre resta in vigore la precedente disciplina per la coltivazione e lo stoccaggio di cui al d.lgs. n. 625/1996, assoggettate a regime concessorio (37). In particolare, lattivit di vendita stata separata da quella di distribuzione con ladozione del Decreto Letta, a livello non solo contabile, ma anche societario (38). Svolta in regime di concorrenza nel mercato, il Decreto Letta aveva (33) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio CE del 22 giugno 1998 n. 30 Norme comuni per il mercato interno del gas naturale, G.U.c.e. del 21 luglio 1998 n. L 204. (34) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio CE del 26 giugno 2003 n. 55 Norme comuni per il mercato interno del gas naturale e abrogazione della direttiva 98/30/CE, G.U.c.e. del 15 luglio 2003 n. L. 176/57. (35) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio CE del 13 luglio 2009 n. 73 Norme comuni per il mercato interno del gas naturale e abrogazione della direttiva 2003/55/CE, G.U.c.e. del 14 agosto 2009 n. L. 211/94. (36) D.lgs. del 23 maggio 2000 n. 164 Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dellart. 41 della legge 17 maggio 1999 n. 144, G.U. del 20 giugno 2000 n. 142. (37) Art. 1, d.lgs. n. 164/2000. CONTENzIOSO NAzIONALE inizialmente previsto che fosse originariamente esercitata mediante autorizzazione non discrezionale (39) da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, sulla base della verifica di alcuni requisiti normativamente previsti (40). A seguito delle modifiche introdotte dalla ricezione della direttiva 2009/73/CE, lautorizzazione stata sostituita dalliscrizione in un elenco detenuto dal Ministero, sempre subordinata alla verifica degli stessi requisiti precedentemente previsti (41). Con decreto ministeriale (42) sono stati poi specificati i requisiti necessari ai fini delliscrizione (43). Le domande di iscri (38) Art. 21, comma 2, d.lgs. n. 164/2000. Si veda, a tal proposito, TAR Abruzzo-Pescara, sentenza del 13 febbraio 2002, n. 252 che ha annullato il bando di un Comune con cui si affidavano il servizio di distribuzione e quello di vendita allo stesso soggetto, poich lattivit di vendita pu essere esercitata dallimpresa distributrice solo in via del tutto eccezionale e transitoria e che solo lattivit di distribuzione (e non anche lattivit di vendita), in quanto definita dalla legge come attivit di servizio pubblico, possa essere affidata tramite gara, con nota di M. MONTEDURO, il servizio pubblico di distribuzione del gas naturale nella riforma operata dal d.lg. n. 164 del 2000: profili sostanziali e procedimentali in foro amm. tar, fasc. 2, 2002, pp. 590 ss. (39) La letteratura sulle autorizzazioni amministrative vastissima. La teoria delle autorizzazioni stata elaborata da O. RANELLETTI, teoria Generale delle autorizzazioni e concessioni, ii, facolt create, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1894, pp. 6-7. Secondo il Ranelletti, le autorizzazioni sono da ricondurre a una funzione conservatrice dello Stato e consistono nella rimozione di un limite, che impedisce al singolo di esplicare la propria libert per ragioni di ordine pubblico; lamministrazione concede lautorizzazione (rimuovendo il limite), nel momento in cui le condizioni del richiedente [diano] sufficiente garanzia che tutte le esigenze giuridiche e sociali, in nome delle quali quei limiti furono posti allattivit individuale, saranno rispettate; di conseguenza, lamministrazione, prima di accordare il provvedimento, deve compiere una valutazione (da ritenersi tuttavia discrezionale, in quanto Ranelletti parla di apprezzamento dello stato delle cose, che si presenta in quel dato momento, per decidere della convenienza o meno di permettere quel dato atto, secondo gli scopi dinteresse collettivo): secondo lo studioso, dunque, tranne in alcuni casi eccezionali, sempre lamministrazione (e dunque il potere esecutivo) ad emanare il provvedimento autorizzatorio. Si vedano altres i noti contributi, che partendo dalla teoria di Ranelletti, hanno esaminato criticamente listituto dellautorizzazione amministrativa, di A.M. SANDULLI, notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, in rivista trimestrale di diritto pubblico, 1957, pp. 784 ss.; F. FRANCHINI, le autorizzazioni amministrative costitutive di rapporti giuridici per lamministrazione e i privati, Milano, Giuffr, 1957; R. VILLATA, autorizzazioni amministrative e iniziativa economica privata, Milano, Giuffr, 1974; A. ORSI BATTAGLINI, autorizzazione amministrativa (voce), in dig. disc. Pubbl., 1988, pp. 58 ss.; F. FRACCHIA, autorizzazione amministrativa e situazioni giuridiche soggettive, Napoli, Jovene, 1996. (40) Tra queste, il testo precedente dellart. 17, d.lgs. n. 164/2000 prevedeva la disponibilit di un adeguato servizio di modulazione; dimostrazione della provenienza di gas e affidabilit del trasporto e adeguate capacit tecniche e finanziarie. Se a seguito di inoltro della domanda, il Ministero rimaneva silente e non esprimeva un rifiuto motivato entro tre mesi, lattivit si considerava autorizzata. (41) Sul passaggio dallautorizzazione alliscrizione al registro detenuto dal Ministero, si vedano S.M. SAMBRI, M. MENGASSINI, le attivit up-stream nel settore dellenergia elettrica e del gas naturale, in E. PICOzzA, S.M. SAMBRI (a cura di), il diritto dellenergia, Padova, Cedam, 2015, pp. 486 ss. (42) D.M. del 29 dicembre 2011 Semplificazione per le attivit di vendita di gas naturale e di biogas ai sensi dellarticolo 30 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, G.U. del 21 gennaio 2012 n. 17. (43) Artt. 3 e 5, D.M. del 29 dicembre 2011. Il richiedente deve provare la propria capacit tecnica, sulla base della presentazione del certificato camerale (fornendo, inoltre, la struttura organizzativa del- limpresa richiedente, lelenco delle competenze disponibili anche in termini di risorse umane e lelenco delle attivit svolte; dalloggetto sociale, invece, deve risultare che tra le attivit svolte vi quella di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 zione sono presentate al Ministero almeno tre mesi prima dellinizio dellattivit e sintendono accolte se questo non esprime un diniego motivato entro questo periodo (44); lelenco pubblicato sul sito del Ministero e aggiornato mensilmente (45). Come si pu osservare, la fase di vendita del gas naturale ha una natura molto diversa da quella di coltivazione degli idrocarburi. Si tratta infatti della fase finale (downstream) della filiera, laddove il prodotto viene venduto agli utenti. La vendita, a differenza della coltivazione, totalmente liberalizzata: vi stato dunque un passaggio da un regime di riserva a un regime di full competition, accompagnato da alcune misure di ri-regolazione (46). mutata anche la natura del titolo abilitativo allattivit: se prima dellentrata in vigore del Decreto Letta, questa era svolta in regime concessorio da parte dello stesso soggetto distributore, a seguito dellentrata in vigore del d.lgs. 164/2000, questa viene inizialmente svolta sulla base di unautorizzazione non discrezionale (47), rilasciata sulla base dellaccertamento di requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge, con la conseguenza che il rilascio della suddetta autorizzazione costitutiva atto dovuto (48). Successivamente, come si visto, il rilascio del titolo abilitativo stato ulteriormente semplificato con la previsione di uniscrizione in un registro detenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico; si ritenuto che la suddetta iscrizione mantenga natura di autorizzazione amministrativa, anche ai fini della tutela giurisdizionale (49) e che possa avere natura di autorizzazione obiettivata, poich sebbene il controllo ex ante non sia stato eliminato, la discrezionalit dellamministrazione nel rilascio del provvedimento si notevolmente ridotta o venuta meno, poich per esercitare lattivit necessario soddisfare i requisiti previsti dalla legge (50). vendita di gas) e quella finanziaria, provata sulla base di documentazione comprovante i bilanci degli ultimi tre anni e sulla possibilit di finanziare lacquisto di gas per un periodo minimo di tre anni (con lobbligo di fornire in adeguate garanzie se ci non fosse possibile); la disponibilit e la provenienza di gas sono comprovate mediante apposita dichiarazione attestante la capacit di modulazione. (44) Art. 2, D.M. del 29 dicembre 2011. (45) Art. 17, comma 4, d.lgs. n. 164/2000. (46) Tra queste, ai sensi dellart. 19, comma 2 e 3 del d.lgs. n. 164/2000, il divieto per lincumbent di vendere, direttamente o a mezzo di altre societ, ai clienti nazionali pi del 50% dei consumi nazionali di gas su base annuale dal 1 gennaio 2003 al 31 dicembre 2010. (47) Autorizzazione vincolata, secondo il modello elaborato da A. ORSI BATTAGLINI, autorizzazione amministrativa (voce), in dig. disc. Pubbl., 1988, p. 73. (48) Sul punto, si veda S. COLOMBARI, lattivit di vendita del gas naturale tra regolazione e liberalizzazione, in foro amm., tar 2003, pp. 401 ss., che rinviene a conferma di ci anche la previsione di un meccanismo di silenzio-assenso, decorsi tre mesi dalla richiesta, e dal fatto che lautorizzazione non possa essere negata se non per motivi obiettivi e non discriminatori. LAutore ritiene peraltro che la fase della vendita non possa essere ascritta al novero dei servizi di pubblica utilit: il d.lgs. n. 164/2000 non configura la vendita come servizio pubblico (come avviene, per esempio con lattivit di distribuzione) e lattivit si svolgerebbe al pari di qualsiasi attivit di impresa. (49) S.M. SAMBRI, M. MENGASSINI, cit., in E. PICOzzA, S.M. SAMBRI (a cura di), il diritto del- lenergia, Padova, Cedam, 2015, p. 486. CONTENzIOSO NAzIONALE Si tratta dunque di unautorizzazione non solo vincolata e non discrezionale, ma da annoverare tra le autorizzazioni conformi al diritto europeo, ossia rilasciate in base a criteri trasparenti, non discriminatori, obiettivi e proporzionali, oltre che adeguatamente motivati (51). Inoltre, dal 1 luglio 2007 tutti i clienti sono considerati idonei, ossia liberi di acquistare gas naturale dal fornitore di propria scelta (52). Nella fase della vendita del gas, completamente liberalizzata, al contrario di quanto avviene nelle fasi downstream, preponderante il ruolo del soggetto regolatore, trattandosi di una fase della filiera genuinamente concorrenziale (53). Lintervento regolatorio interviene spesso nei mercati di nuova liberalizzazione e pu assumere diverse forme che vanno dalla regolazione dellassetto organizzativo alla regolazione dellaccesso al mercato, alla regolazione dellesercizio al mercato, in cui rientra la regolazione di prezzi e tariffe (54). A fronte di un mercato liberalizzato -a cui possibile accedere attraverso un titolo abilitativo semplificato e in cui tutti i clienti sono idonei - sono previste alcune forme di tutela a favore di utenti e consumatori. Lart. 22 del Decreto Letta prevede infatti il c.d. servizio di tutela per i clienti domestici (che rientrano tra i clienti protetti, unitamente alle utenze relative ad attivit di servizio pubblico) e per i clienti c.d. vulnerabili, una particolare categoria di clienti domestici per cui vigono i medesimi obblighi previsti per i clienti protetti (55). dunque rilevante il ruolo del soggetto regolatore, ossia dellARERA, che determina i prezzi di riferimento per la vendita ai clienti domestici (e anche a quelli vulnerabili) nellambito degli ob (50) Lespressione autorizzazione obiettivata di M. DALBERTI, Poteri Pubblici, mercati e Globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 101 che annovera tra questo tipo di autorizzazioni le autorizzazioni bancarie. (51) N. RANGONE, cit., pp. 286-287 che ritiene che questa tipologia di provvedimento dovrebbe essere rilasciato da organismi di regolazione, soluzione che in un primo momento stata adottata in Italia per le sole telecomunicazioni, mentre per il settore energetico (compreso quello del gas) stato adottato un sistema binario basato sul riparto di competenze tra Autorit e Ministero. Lo stesso riparto, a seguito delladozione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, stato previsto anche per le comunicazioni elettroniche. (52) Art. 22, comma 1, d.lgs. n. 164/2000. (53) La regolazione, intesa come forma di intervento pubblico nelleconomia, secondo gli economisti, interviene in presenza di market failures, connessi allesistenza di monopoli naturali; alla presenza di beni pubblici, di esternalit e di asimmetrie informative tra operatori economici e utenti, come sottolineato da A. OGUS, regulation legal form and economic theory, Oxford, Clarendon Press, 1997; pp. 29 ss. (54) Per una ricostruzione del concetto di regolazione e delle varie tipologie di intervento, si veda N. RANGONE, regolazione (voce), in S. CASSESE (a cura di), dizionario di diritto Pubblico, Milano, Giuffr, 2006, pp. 5057 ss. (55) Art. 22, comma 2-bis, d.lgs. n. 164/2000. I clienti vulnerabili sono i clienti domestici di cui all'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come individuati dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2008, ossia i soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 blighi di servizio pubblico. Questa tipologia di utenti, infatti, necessita di una tutela, garantita dalla legge tramite lintervento regolatorio. Il potere del- lAutorit di determinare i prezzi costituisce una forma di determinazione amministrativa dei prezzi, molto vicina a quella svolta nel secolo scorso dai Comitati interministeriali dei prezzi (56). La determinazione amministrativa dei prezzi aveva avuto in passato obiettivi di carattere sociale, anche alla luce del disposto dellart. 41, comma 3, Cost. per cui la legge determina programmi e controlli, affinch lattivit economica venga indirizzata e coordinata a fini sociali; successivamente aveva mostrato le proprie debolezze e inadeguatezze (tra queste, sono state individuate in dottrina: le insufficienze della strumentazione prevista; la mancanza di informazioni sui meccanismi di formazione dei prezzi e pi in generale le disfunzioni del sistema), anche alla luce del diritto eurounitario e delle altre esperienze europee (57); divenendo cos uno strumento recessivo e mantenuto come, ad esempio, forma di intervento regolatorio. Nel caso di specie, la determinazione dei prezzi per i clienti vulnerabili da parte dellAutorit costituisce una forma di regolazione temporanea che ha uno scopo di carattere anche sociale, ossia quello di accompagnare clienti economicamente e geograficamente svantaggiati verso un regime di libero mercato. Questa finalit emerge anche dalla Delibera dellAutorit che ha adottato lindice Pfor per i clienti vulnerabili, con la conseguenza di avere un prezzo pi basso di acquisto per questi ultimi. La determinazione amministrativa dei prezzi nel settore energetico costituisce peraltro una categoria a esaurimento: con lentrata in vigore della Legge annuale per il mercato e la concorrenza, il regime di maggior tutela destinato a venir meno dal 1 luglio 2019, aprendo totalmente il mercato alla concorrenza (58): questo a conferma del fatto che la determinazione dei prezzi da parte dellAutorit costituisce una forma di sostegno temporanea per alcune categorie di utenti fino alla liberalizzazione completa del mercato. 4. conclusioni. Tirando le fila, da un lato, non possibile aderire alla tesi prospettata dal Tar Lombardia, per cui sarebbe configurabile un rinvio dinamico da parte della (56) A. POLICE, distribuzione del gas e protezione degli utenti: il ruolo dellautorit per lenergia elettrica e il gas, in G. NAPOLITANO, A. zOPPINI (a cura di) annuario di diritto dellenergia 2014. Quali regole per il mercato del gas?, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 220. (57) G. SANVITI, Prezzi e tariffe, in d. disc. Pubbl. XI, Torino, Utet, 1996, p. 513 che menziona, tra le esperienze europee, quella tedesca che aveva, con modifica della costituzione materiale e formale, collegato la manovra dei prezzi agli altri obiettivi del pieno impiego, dellequilibro della bilancia dei pagamenti e dello sviluppo economico. (58) Art. 1, comma 59, l. 4 agosto 2017 n. 124 Legge annuale per il mercato e la concorrenza, G.U. del 14 agosto 2017 n. 189, che ha disposto leliminazione dellart. 22, terzo periodo del d.lgs. n. 164/2000. CONTENzIOSO NAzIONALE disciplina delle royalties alla regolazione di settore e, dallaltro, il Consiglio di Stato, nel riformare lorientamento dei Giudici di prime cure, ha preferito non approfondire la diversit degli indici, connessa ad una differenza strutturale tra i due istituti. Per questo, si formulano alcune considerazioni di carattere critico, cercando di colmare il non detto sulle ragioni che giustificano lutilizzo di due diversi indici. In primo luogo, bisogna sottolineare come listituto delle royalties sia intrinsecamente legato alla natura di bene pubblico degli idrocarburi che, in quanto beni del patrimonio indisponibile, appartengono allo Stato, che permette ai terzi di esercitare diritti su di essi, mediante lo strumento della concessione: non a caso, le royalties costituiscono un corrispettivo aggiuntivo rispetto al canone concessorio. La natura di bene pubblico degli idrocarburi si riflette peraltro sullaccesso al mercato: si tratta infatti di un mercato chiuso, in cui opera un numero limitato di operatori economici, scelti in base a valutazioni che, nonostante linfluenza della normativa europea, restano in parte discrezionali, anche alla luce della scarsit del bene-idrocarburo. Nel caso della vendita di gas naturale, invece, siamo in presenza di un prodotto finale che viene venduto in un mercato gi liberalizzato o comunque tendenzialmente liberalizzato, in cui pu operare un numero potenzialmente indefinito di imprese e in cui i clienti possono contrattare liberamente: sono tuttavia previste delle tutele (transitorie e in via di esaurimento) per alcune categorie di utenti, per i quali lAutorit di settore determina i prezzi di riferimento. In secondo luogo, alla diversa natura del bene, a cui corrisponde anche una diversa tipologia di mercato, sono da riconnettersi due differenti forme di intervento pubblico. Si pu infatti sostenere che la previsione di un regime di concorrenza per il mercato, connesso alla devoluzione da parte degli operatori economici del corrispettivo monetario di una parte di prodotto estratta quale quello degli idrocarburi, sia da ricondurre a un intervento pubblico di stampo pi tradizionale da parte dello Stato proprietario dei beni, che in vista della concessione amministrativa del bene demaniale ha diritto a un corrispettivo (basti pensare che un tempo, come gi stato osservato, vigeva la riserva di cui allart. 43 della Costituzione che prevede la facolt per lo Stato di riservare o trasferire alcune attivit di impresa ai pubblici poteri, relative in particolare a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio). dunque necessario che il criterio utilizzato (nel caso di specie, lindice QE, legislativamente prestabilito) per determinare le royalties sia quanto pi possibile stabile, certo e invariato. Quanto alla vendita di gas, invece, lintervento pubblico, recessivo, assume la forma di regolazione dei prezzi e delle tariffe al fine di tutelare clienti svantaggiati, riconducibile allart. 41 della Costituzione, da leggersi nella sua RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 interezza. Se da un lato, liniziativa economica privata libera, dallaltro, non solo questa sono pu svolgersi in contrasto con lutilit sociale, ma questa viene indirizzata a fini sociali dalla legge mediante programmi e controlli, tra i quali, rientra la determinazione amministrativa dei prezzi e nel caso di specie, la determinazione dei prezzi di vendita del gas da parte dellAutorit. Proprio per questo, lindice utilizzato per determinare i prezzi di vendita ai clienti vulnerabili ha natura maggiormente variabile ed elastica: questo spiega anche perch il legislatore abbia imposto nel 2012 allAutorit un cambiamento di indice, attuato mediante ladozione dellindice Pfor nel 2013, che ha comportato un abbassamento dei prezzi per i clienti vulnerabili, in ossequio anche allesigenza di rispetto dellutilit sociale di cui allart. 41, comma 2 della Costituzione. Il Consiglio di Stato, correttamente, non ha seguito la tesi del Tar Lombardia del rinvio dinamico, evidenziando che sarebbe stata necessaria una legge ordinaria e non un provvedimento amministrativo per poter modificare i criteri di determinazione delle royalties; peraltro, a detta di chi scrive, non sono superabili le differenze sostanziali tra la concessione di coltivazione, che necessita di un indice stabile e certo per determinare le royalties dovute allo Stato e la vendita, che richiede al contrario un indice flessibile, che tenga in considerazione anche le esigenze sociali. Consiglio di stato, sezione sesta, sentenza 18 gennaio 2018 n. 290 -Pres. S. Santoro, est. I. Volpe -Min. sviluppo economico, Min. economia e finanze, Autorit per lenergia elettrica, il gas ed il sistema idrico (avv. ti St. F. Bucalo ed A. Bruni) c. Eni spa (avv.ti F. Todarello e F. Novelli) ed altri. FATTO e DIRITTO (omissis) 57. Preliminarmente occorre disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe in considerazione del fatto che le sentenze impugnate, per quanto formalmente diverse, motivano tutte in modo sostanzialmente analogo fra loro e, in ogni caso, riguardano una vicenda oggettivamente unitaria, nellambito della quale le parti dei giudizi -e, soprattutto, le rispettive difese -in buona misura coincidono. 58. Vale poi affrontare la formulata eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il Collegio la reputa infondata. 58.1. Lart. 133 c.p.a. dispone che 1. sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (): () b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennit, canoni ed altri corrispettivi (). La formulata eccezione muove proprio da questultimo inciso della norma processuale citata, assumendosi, con essa, che nella fattispecie il thema decidendum del giudizio si risolva esclusivamente nella questione se i concessionari debbano oggi allo Stato, quale corrispettivo nel- lambito del rapporto inter partes, un equivalente monetario (della quota di prodotto gas da CONTENzIOSO NAzIONALE essi estratto e da essi originariamente dovuta allo Stato mediante cessione in natura) calcolato secondo il ricordato, pi risalente indice QE oppure secondo un nuovo, pi recente indice Pfor, con la conseguenza per che, nel primo caso, il corrispettivo risulterebbe di importo maggiore mentre, nel secondo caso, esso sarebbe di importo apprezzabilmente inferiore. Le parti private che hanno mosso leccezione in discorso, tuttavia, propugnano la tesi della sua fondatezza muovendo dal presupposto che loggetto della controversia riguardi solo la clausola prezzo della loro concessione (concessione-contratto) di coltivazione di giacimenti di gas, senza peraltro farsi adeguatamente carico del fatto che, a ben vedere, la loro contestazione punta nella sostanza, implicitamente, a contestare il perdurante equilibrio economico del loro rapporto concessorio con lo Stato. Equilibrio che si sarebbe perduto nel tempo allorquando, rispetto ad un unico originario indice parametrico (ossia lindice QE, in precedenza mai contestato) sulla base del quale calcolare lequivalente monetario della quota di gas estratto che ciascun concessionario doveva (in natura, nel passato) allo Stato, stato individuato dallAutorit un nuovo indice (quello Pfor) molto pi conveniente dal punto di vista economico e dei bilanci societari dei concessionari. Lequilibrio (contrattuale) a loro avviso perduto avrebbe determinato - questa, nella sostanza, la tesi implicitamente sottesa alla predetta eccezione - uneccessiva onerosit sopravvenuta di tali concessioni, onde linteresse oggettivo delle parti private si attualizza nel desiderio di vedersi dichiarare - come applicabile ai loro rapporti concessori con lo Stato - un parametro di calcolo (del predetto prezzo corrispettivo) idoneo a rendere economicamente pi convenienti o, comunque, economicamente pi equilibrate le medesime concessioni. In questottica, allora, non si pu ignorare che loggetto del presente giudizio tende a non circoscriversi esclusivamente a quella ipotesi eccettuativa contemplata dallart. 133, co. 1, lett. b), c.p.a. ma, in unottica di portata pi ampia, ad abbracciare la fattispecie generale, maggiormente lata, di contestazione di atti e provvedimenti suscettibili di incidere, nel complesso, sul rapporto di concessione di beni pubblici. Contestazione che, come tale, ricade nel perimetro giurisdizionale proprio del giudice amministrativo. 59. Il Collegio non reputa fondata neppure la formulata eccezione di incompetenza territoriale del Tar meneghino innanzi al quale, in primo grado, si svolto il giudizio. 59.1. Come detto, nella stessa prospettazione dei concessionari un fattore dirimente, idoneo a suffragare la fondatezza delle loro tesi, costituito dalla decisione dellAutorit di abbandonare lindice QE, in favore di quello Pfor, nella determinazione di un pi appropriato ed attuale indice idoneo a determinare, sul mercato, il prezzo di riferimento del gas. Prezzo, questultimo, da prendere in considerazione per calcolare il corrispettivo pecuniario dovuto allo Stato dai suoi concessionari per lestrazione di quel determinato prodotto. Ad avviso dei concessionari, proprio questa decisione dellAutorit, dopo che essa stata adottata, a dover valere, nei loro rapporti con lo Stato, ai fini del calcolo del corrispettivo economico delle loro concessioni, solo lindice Pfor potendo da quel momento in poi assicurare una determinazione equilibrata ed equa della somma di denaro dovuta da ciascun concessionario in funzione delle corrispondenti quote di gas estratto (in passato destinate ad essere cedute in natura allo Stato). In questottica allora -come peraltro condivisibilmente rilevato nelle decisioni di primo grado impugnate, che hanno affrontato il tema in discorso - assume rilievo la disposizione dellart. 14, co. 2, c.p.a. secondo il quale 2. sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del tribunale amministrativo regionale della lombardia, sede di milano, le controversie relative ai poteri esercitati dallautorit per lenergia elettrica e il gas.. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Discorso probabilmente diverso sarebbe valso qualora i concessionari avessero esplicitamente denunciato un sopravvenuto disequilibrio economico delle loro singole concessioni con lo Stato, con un approccio processuale che in tal caso avrebbe implicato unanalisi ampia di tutte le componenti (con relativi pesi e contrappesi) dei rapporti inter partes. Ma tanto, per, essi non hanno fatto. 60. Sulla formulata richiesta di promuovere, nellambito di questo giudizio, una questione di costituzionalit ovvero, innanzi alla CGUE, di compatibilit comunitaria, opportuno invece tornare in seguito, quando il progredire degli argomenti della presene motivazione avr consentito di mettere in luce alcuni aspetti della controversia che appaiono rilevanti ai fini della decisione su detta richiesta. 61. Ci premesso, vale procedere ora alla seguente rassegna normativa. 61.1. Lart. 22, primo comma, alinea, della l. n. 6/1957 prevedeva che Per le concessioni di coltivazione il concessionario tenuto a corrispondere allo stato una aliquota del prodotto calcolata, sulla produzione giornaliera per pozzo, riferita alla media dell'anno solare, nelle seguenti misure: (). Seguiva, in quel comma, lindicazione delle diverse aliquote in funzione di differenti scaglioni progressivi di quantitativi di prodotto estratto. Il secondo comma dellart. 22 precisava che Per il gas naturale si applicano le stesse aliquote, assumendo lequivalenza di una tonnellata di olio a 1200 metri cubi di gas. Il terzo comma aggiungeva che con decreto del ministro per lindustria e per il commercio, di concerto col ministro per le finanze, pu essere stabilito, con preavviso di sei mesi, che il concessionario corrisponda, per periodi determinati, invece del prodotto in natura, il valore di esso determinato come al comma seguente. Il quarto comma, infine, disponeva che il valore dellaliquota di prodotto di cui ai commi precedenti determinato in base al prezzo medio realizzato dal concessionario nel corso del- lanno per la vendita del suo prodotto. Si ricava che, allepoca: -per un verso, era gi contemplata leventualit (sebbene discrezionalmente rimessa ad una scelta governativa, adottata volta a volta) che i concessionari non dovessero cedere allo Stato, in natura, la quota dovuta di prodotto estratto ma che essi fossero invece tenuti a versare allo Stato un importo monetario equivalente al valore di tale quota; -per altro verso, che in tale eventualit il calcolo del tantundem doveva allora essere determinato in base al prezzo medio realizzato dal concessionario [da ciascun concessionario] nel corso dellanno per la vendita del suo prodotto. 61.2. Circa dieci anni dopo il predetto art. 22 stato novellato (art. 66 della l. n. 613/1967). Per un verso, nel primo comma dellarticolo citato sՏ cos provveduto a stabilire unaliquota unitaria (non pi legata a scaglioni progressivi di quantitativi di prodotto estratto) per la determinazione della quota di prodotto estratto dovuta allo Stato dai concessionari. Per alto verso, nel terzo comma della nuova versione dellarticolo si previsto che con decreto del ministro per lindustria, il commercio e lartigianato, di concerto con quello per le finanze, pu essere stabilito, con preavviso di sei mesi, che il concessionario corrisponda, per periodi determinati, invece del prodotto in natura, il valore di esso calcolato a bocca di pozzo e determinato con le modalit di cui al disciplinare tipo. Va segnalato, giacch di rilievo, che in questa nuova versione di una disposizione peraltro basicamente gi esistente la particolarit era insista in una sostanziale delegificazione di una fonte regolatoria: invero, le modalit di determinazione del tantundem monetario non erano pi prefissate dalla legge (ossia prezzo medio realizzato dal concessionario nel corso del CONTENzIOSO NAzIONALE lanno per la vendita del suo prodotto) bens lasciate, a decorrere dal 1967, alla disciplina (che per quanto di formazione unilaterale era pur sempre) di fonte negoziale del rapporto concessorio (ossia, il disciplinare-tipo). 61.3. Sopraggiunge la direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Di questo testo normativo rivestono particolare interesse, ai fini della presente decisione, lottavo considerando ed alcune disposizioni del suo art. 6. 61.3.1. Lottavo considerando recita cos: considerando che gli stati membri devono mantenere la facolt di subordinare laccesso e lesercizio di tali attivit a limitazioni giustificate da motivi di interesse pubblico e al versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi, stabilendo le modalit del versamento in modo da non interferire nella gestione degli enti; che questa facolt deve esercitarsi in maniera non discriminatoria; che, ad eccezione degli obblighi legati all'esercizio di tale facolt, non si devono imporre agli enti condizioni e obblighi non giustificati dalla necessit di gestire correttamente lattivit; che il controllo sulle attivit degli enti deve limitarsi a quanto necessario per losservanza di tali obblighi e condizioni;. opportuno, al riguardo, sottolineare fin dora che nel primo periodo di questo considerando: -la e interposta fra le previsioni di limitazioni giustificate e di versamento di un corrispettivo non risulta assumere, sintatticamente, una valenza alternativa quanto piuttosto additiva; -la o interposta tra le previsioni di un corrispettivo pecuniario e(rectius, oppure) in idrocarburi idonea, sintatticamente, a scindere le due possibilit ivi contemplate, dotando ciascuna di esse di una propria autonomia. Detto altrimenti, non risulta che, nella direttiva, vi sia un vincolo espresso per cui debba indispensabilmente sussistere equivalenza (quantitativa) tra le opzioni del versamento di un corrispettivo pecuniario oppure del versamento di (una quota corrispettiva in) idrocarburi. Del resto, nel recitato normativo in questione, neppure viene detto quali dovrebbero allora essere - in unottica interpretativa opposta - i parametri idonei a stabilire la corrispondenza tra la quota di idrocarburi di cui lo Stato membro decidesse dimporre corrispettivamente la cessione e lammontare del corrispettivo pecuniario dovuto. Invero, se si fosse voluta imporre una siffatta equivalenza, il considerando avrebbe dovuto esplicitamente dire (con la seguente formula od altra consimile) versamento di un corrispettivo in idrocarburi od equivalente pecuniario. 61.3.2. Lart. 6 della citata direttiva prevede al suo co. 1 (ovvero al suo paragrafo 1, secondo la tipica nomenclatura in voga in ambito comunitario) che 1. Gli stati membri provvedono affinch le condizioni e i requisiti di cui all'articolo 5, punto 2), nonch gli obblighi particolareggiati relativi all'esercizio di un'autorizzazione specifica siano giustificati esclusivamente dalla necessit di assicurare il corretto esercizio delle attivit nell'area geografica per la quale richiesta lautorizzazione, mediante applicazione del paragrafo 2 oppure versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi.. Nel contesto di questo segmento normativo, dunque, sussiste unalternativa (per gli Stati membri) fra limposizione ai concessionari di particolari e predeterminati condizioni e requisiti per l'esercizio delle attivit ovvero del versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi. Anche nel contesto di questultimo tratto di disposizione non si rinviene un obbligo, per gli Stati membri, di attenersi ad un vincolo di equivalenza tra il corrispettivo pecuniario ed il corrispettivo in idrocarburi da essi suscettibile di essere alternativamente preteso nei riguardi dei concessionari in discorso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 61.4. La citata direttiva comunitaria stata trasposta nellordinamento nazionale tramite il d.lgs. n. 625/1996, recante appunto la attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. A circa otto anni dallentrata in vigore di questo decreto delegato intervenuta, poi, la l.n. 239/2004, recante riordino del settore energetico, nonch delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia. Ebbene, lart. 1, co. 93, di questultima legge ha novellato il d.lgs. n. 625/1996, in particolare inserendo un nuovo comma dopo quello numero 5 dellart. 19 del decreto delegato (di per se stesso gi rubricato armonizzazione della disciplina sulle aliquote di prodotto della coltivazione). Non va ignorato (giacch niente affatto secondario, ai fini della presente decisione) che la giustificazione legislativa alla novella in questione, recata dalla aliena dellart. 1, co. 93, della l. n. 239/2004, stata la seguente: ai fini di una migliore attuazione della normativa in materia di aliquote di prodotto della coltivazione (). 61.4.1. Incidentalmente detto, lart. 19, co. 1, del d.lgs. n. 625/1996, novellato a propria volta dallart. 45, co. 1, della l.n. 99/2009, recita cos: 1. Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1 gennaio 1997, il titolare di ciascuna concessione di coltivazione tenuto a corrispondere annualmente allo stato il valore di un'aliquota del prodotto della coltivazione pari al 7% della quantit di idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, e al 7% della quantit di idrocarburi gassosi e al 4% della quantit di idrocarburi liquidi estratti in mare.. 61.4.2. Ebbene, il nuovo co. 5-bis dellart. 19 del d.lgs. n. 625/1996 dispone, a decorrere dalla fine del 2004, nei termini che seguono: 5-bis. Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1 gennaio 2002 i valori unitari dell'aliquota di coltivazione sono determinati: () b) per il gas, per tutte le concessioni e per tutti i titolari, in base alla media aritmetica relativa all'anno di riferimento dell'indice Qe, quota energetica del costo della materia prima gas, espresso in euro per mJ, determinato dall'autorit per l'energia elettrica e il gas ai sensi della del.aut.en.el. e gas 22 aprile 1999, n. 52/99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1999, e successive modificazioni, assumendo fissa l'equivalenza 1 smc = 38,52 mJ. a decorrere dal 1 gennaio 2003, laggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, effettuato dallautorit per lenergia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione. 61.5. Nel quadro della presente rassegna normativa non pu mancare, poi, la menzione del- lart. 11, co. 1, del d. l. n. 7/2007 (recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attivit economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli), convertito, con modificazioni, dalla l. n. 40/2007, e successive modificazioni. Tale art. 11 (rubricato misure per il mercato del gas) al co. 1 recita cos: 1. al fine di accrescere gli scambi sul mercato nazionale del gas naturale, nonch di facilitare laccesso dei piccoli e medi operatori, fino al completo recepimento della direttiva 2003/55/ce del Parlamento europeo e del consiglio, del 26 giugno 2003, con decreto del ministro dello sviluppo economico, sentita l'autorit per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinate le CONTENzIOSO NAzIONALE modalit con cui le aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas dovute allo stato, a decorrere da quelle dovute per l'anno 2006, sono cedute dai titolari delle concessioni di coltivazione presso il mercato regolamentato delle capacit di cui all'articolo 13 della deliberazione n. 137/02 del 17 luglio 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002, e secondo le modalit di cui all'articolo 1 della deliberazione n. 22/04 del 26 febbraio 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2004, adottate dall'autorit per l'energia elettrica e il gas. con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro dello sviluppo economico, sono disciplinate le modalit di versamento delle relative entrate al bilancio dello stato. 61.5.1. Per le modalit di cessione presso il mercato regolamentato di aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas naturale dovute allo Stato, a decorrere da quelle dovute per lanno 2006, occorre fare poi riferimento ai decreti del Ministro dello sviluppo economico 12.7.2007, 15.10.2008 e 6.8.2010. Si legge in particolare nellultimo di essi: -allart. 1, co. 1, lett. a), che 1. il presente decreto stabilisce: a) le modalit con cui i produttori di gas naturale assolvono all'obbligo di cui all' articolo 11, comma 1, del decreto- legge n. 7/07 a seguito delle disposizioni dell'articolo 30, comma 2, della legge n. 99/09;; -allart. 2, co. 1, lett. b), che b) per indice Qe si intende la quota energetica del costo della materia prima gas, espresso in euro per mJ, determinata dall'autorit per l'energia elettrica e il gas ai sensi della delibera n. 52/99 e successive modificazioni, assumendo fissa l'equivalenza: 1 metro cubo standard = 38,52 mJ;; -allart. 4, co. 3 (peraltro novellato dallarticolo unico, co. 1, del d.m. 22.7.2011), che 3. non sono accettate offerte in acquisto inferiori all'indice Qe di cui all'art. 19, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 625/1996, pubblicato annualmente con comunicato ministeriale, in data antecedente l'offerta, sul sito internet della direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche.; -allart. 4, co. 4, che 4. in caso di mancata vendita, il lotto di gas offerto rimane nella disponibilit del titolare, il quale tenuto a corrispondere allo stato l'equivalente valorizzato in misura pari all'indice Qe di cui al comma 3.. Sono queste, unitamente a quelle del presupposto art. 11, co. 1, del d.l. n. 7/2007, convertito come precedentemente detto, le disposizioni che i concessionari (parti del presente giudizio) segnalano come idonee a testimoniare tangibilmente la fondatezza delle loro tesi di merito. Ma di ci infra. 61.6. Occorre infine ricordare ancora il tenore dellart. 13, co. 1, del d.l. n. 1/2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit. Questa norma, contenuta in un articolo rubricato misure per la riduzione del prezzo del gas naturale per i clienti vulnerabili, nella sua versione originaria ha recitato cos: 1. a decorrere dal primo trimestre successivo allentrata in vigore del presente decreto, l'autorit per l'energia elettrica e il gas, al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93, ai valori europei, nella determinazione dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, introduce progressivamente tra i parametri in base ai quali disposto l'aggiornamento anche il riferimento per una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. in attesa dell'avvio del mercato del gas naturale di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, i mercati di riferimento da considerare sono i mercati europei individuati ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Nella versione successiva alla legge di conversione (l. n. 27/2012) del predetto decreto-legge, essa recita ora cos: 1. a decorrere dal primo trimestre successivo allentrata in vigore del presente decreto, lautorit per l'energia elettrica e il gas, al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, e successive modificazioni, ai valori europei, nella determinazione dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, introduce progressivamente tra i parametri in base ai quali disposto l'aggiornamento anche il riferimento per una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. in attesa dell'avvio del mercato del gas naturale di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, i mercati di riferimento da considerare sono i mercati europei individuati ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130. 61.6.1. , quella test riportata, la norma per effetto della quale lAutorit ha da ultimo elaborato lindice Pfor - quale sostituto dellindice QE - per una pi appropriata determinazione del prezzo di riferimento del gas, sul mercato, al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili. In termini assolutamente sintetici, lAutorit, onde ottemperare al mandato datole dallart. 13, co. 1, del d.l. n. 1/2012, ha ritenuto opportuno -nellambito delle sue formule tariffarie -sostituire il parametro relativo al costo (per gli operatori) di approvvigionamento sui mercati della risorsa gas, non prendendo pi in considerazione gli approvvigionamenti frutto di contratti di medio-lungo termine (parametro di riferimento tipico del tradizionale indice QE) bens quelli frutto di contratti di breve-medio termine, oltre che quelli frutto anche di contratti c.d. spot. I contratti del secondo e, soprattutto, del terzo tipo hanno il vantaggio di cogliere oscillazioni anche minime ed anche di breve periodo dei prezzi di approvvigionamento del prodotto gas. Oscillazioni che invece non si riescono ad intercettare ove si faccia riferimento solo ai contratti di medio-lungo termine, allinterno dei quali i prezzi di approvvigionamento del gas sono anche solo intuibilmente - molto pi stabili e molto meno influenzati dai fattori vari, spesso assai congiunturali, che intervengono (nella naturale dinamica offerta-domanda) e concorrono nella formazione dei prezzi unitari di prodotto. In parole semplici, dunque, con la differente e pi recente tecnica di rilevazione, e quindi grazie al nuovo indice Pfor, i prezzi di riferimento, sul mercato, del gas naturale risultano (peraltro congiunturalmente) essere oggettivamente pi bassi rispetto a quelli che si ricavano utilizzando lindice QE. 62. Proprio questa obiettiva e tangibile diversit (per quanto congiunturale, al momento) consistente, in assoluta sintesi, nel fatto che, per i concessionari, varrebbe un prezzo pi elevato quando essi devono calcolare il corrispettivo pecuniario dovuto allo Stato quale tantundem del valore delle quote di prodotto-gas (da essi estratto e storicamente da cedere allo Stato in natura), mentre vale un prezzo pi basso (per il medesimo prodotto) quando essi devono stabilire i loro prezzi di cessione del gas naturale destinato ai consumi dei clienti vulnerabili -ha spinto i medesimi concessionari a reagire in sede giudiziaria avverso gli atti dellAmministrazione con i quali stata ancora di recente reiterata la modalit di calcolo (secondo lindice QE, peraltro aggiornato) del predetto loro corrispettivo pecuniario. Dal loro punto di vista, pur in disparte ogni altra considerazione, lirrazionalit sostanziale della situazione determinatasi discenderebbe dalla constatazione del fallimento delle cessioni (rectius, dei tentativi di cessione) dei concessionari, sul mercato, delle loro quote di prodotto- gas estratto che (storicamente) essi avrebbero dovuto cedere in natura allo Stato. CONTENzIOSO NAzIONALE Come sopra accennato (punto 61.5.1. che precede), i concessionari segnalano che le aste per la vendita di tali quote di prodotto, applicativamente conseguenti allart. 11, co. 1, del d.l. n. 7/2007, convertito come sopra detto, e ai decreti ministeriali di relativa attuazione, sono andate regolarmente deserte dopo che lAutorit ha effettuato la sostituzione dellindice Pfor allindice QE. E ci del resto, dal punto di vista dei concessionari, peraltro perfettamente logico, difficile essendo che possa trovarsi, sul mercato, un acquirente disposto ad acquistare dai concessionari quote di prodotto-gas ad un prezzo (vincolato) pi elevato rispetto a quello, pi basso, identificato dallAutorit come di legittimo riferimento per le cessioni del gas naturale ai clienti vulnerabili. Ci che, in altri termini, urta ai concessionari che essi debbano allo Stato, quale corrispettivo pecuniario imposto alle loro concessioni, somme di denaro maggiori rispetto a quelle che gli stessi sarebbero oggettivamente in grado di ricavare (a parit di quantitativi parametrici di prodotto-gas dovuto, in valore, allo Stato) cedendo il gas naturale (dopo lintroduzione del- lindice Pfor) secondo la naturale dinamica dellofferta e della domanda. questa, in pratica, la situazione che induce i concessionari a denunciare qui la pretesa irrazionalit (e la conseguente pretesa lesivit) di uno stato delle cose tale per cui essi sarebbero costretti - ove i loro ricorsi non fossero accolti - a corrispondere allo Stato corrispettivi che ritengono gonfiati rispetto ai loro prezzi di realizzo (peraltro teorici giacch le aste di vendite sono andate deserte, come sopra accennato), secondo naturale dinamica di mercato, conseguenti alla cessione di quote unitarie del loro gas naturale estratto. In ultima analisi -denunciano i concessionari -, per effetto di uninterpretazione ritenuta errata dellart. 19, co. 5-bis, del d.lgs. n. 625/1996, essi sarebbero ormai costretti a versare allo Stato un corrispettivo pecuniario elevato (in quanto ancorato a parametri del suo calcolo legati allindice QE) e che essi non riescono a recuperare, giacch vanno deserte le aste di vendita (delle quote statali) del prodotto gas (proprio perch dette quote andrebbero cedute a valori per i quali non si individuano compratori, in quanto calcolati obbligatoriamente sulla base dellindice QE). Come possibile desumere, dunque, le doglianze dei concessionari muovono non tanto (e non solo) dal fatto che il corrispettivo pecuniario dovuto allo Stato divenuto elevato in s quanto piuttosto (se non soprattutto) per il fatto che essi non riescono poi a rientrare da tale esborso vendendo le quote (statali) di gas ad un prezzo almeno pari al predetto corrispettivo pecuniario. 62.1. I concessionari reputano di avere individuato una soluzione giuridica, di fonte interpretativa, alla situazione critica in cui essi oggi starebbero. Lunica soluzione razionale, a loro avviso, che sarebbe plausibile per gestire -fermo limpianto formale dellart. 19, co. 5-bis, del d.lgs. n. 625/1996 - una situazione ritenuta altrimenti per loro illegittima. 63. In sintesi, i concessionari sottolineano che: -se vero che, ai sensi del predetto art. 19, co. 5-bis, lett. b), () i valori unitari dellaliquota di coltivazione sono determinati: () b) per il gas, per tutte le concessioni e per tutti i titolari, in base alla media aritmetica relativa allanno di riferimento dell'indice Qe () determinato dallautorit () ai sensi della sua delibera n. 52/1999; - per altrettanto vero che la stessa disposizione aggiunge pure, immediatamente dopo la menzione di tale delibera n. 52/1999, le parole () e successive modificazioni (). Dal loro punto di vista, dunque, proprio queste ultime parole farebbero intendere che la costruzione dellintera disposizione presa in considerazione (i.e., art. 19, co. 5-bis, lett. b), primo periodo, del d.lgs. n. 625/1996) vada interpretativamente intesa in chiave obiettivamente dinamica. In parole povere, la tesi che, al nascere della norma, il parametro di determinazione di quei valori unitari fu inizialmente ancorato allindice QE allepoca esistente (ed equo, secondo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 landamento dellepoca dei prezzi di mercato del prodotto gas) e come esso era stato determinato (quantitativamente) dallAutorit con la predetta delibera del 1999. Tuttavia, gi al momento del suo nascere, la medesima norma avrebbe altres contemplato - nella prospettiva dei necessari, successivi aggiornamenti del parametro determinativo di quei valori unitari non solo leventualit che potesse mutare - per decisione dellAutorit - lentit (dal punto di vista quantitativo) dellindice QE ma anche lulteriore eventualit che -sempre per decisione dellAutorit - potesse addirittura cambiare lindice stesso (per introduzione di un indice diverso, sostitutivo di quello QE). 64. Negli scritti difensivi dei concessionari, per, viene tenuto alquanto in ombra il secondo periodo che pure forma la disposizione di cui al citato art. 19, co. 5-bis, lett. b). Un periodo che invece merita di essere adeguatamente illuminato proprio perch idoneo a completare (e dunque comprendere appieo) la portata precettiva della norma in discorso. 64.1. Questo ulteriore periodo recita cosi: a decorrere dal 1 gennaio 2003, laggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, effettuato dallautorit per lenergia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione. Del fraseggio normativo in discorso, ad avviso del Collegio, va piuttosto colta limportanza delle seguenti parole: -tale indice. Parole, queste, idonee a poter richiamare, nel contesto complessivo dellintera frazione di norma della quale si sta parlando, nullaltro che il solo indice QE, giacch solo questo (e non un altro) lindice menzionato nel periodo immediatamente precedente della norma medesima; -aggiornamento () ai soli fini del presente articolo. Parole, queste, idonee a stressare il concetto secondo il quale i successivi aggiornamenti effettuati dallAutorit dellindice in questione (quello QE) sarebbero valsi, nel tempo, ad attualizzare esclusivamente il meccanismo di calcolo dei valori unitari del prodotto gas (da moltiplicare poi per le quote di prodotto di spettanza statale) ai soli fini della periodica determinazione del corrispettivo pecuniario dovuto allo Stato dai singoli concessionari, evidentemente (pur se implicitamente) a prescindere da quella che sarebbe potuta essere levoluzione del valore unitario del prodotto gas secondo altre dinamiche del suo mercato; -sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione. Parole, queste, che chiudono logicamente il circuito interpretativo che si sta illustrando. Invero, i parametri di cui alla delibera dellAutorit n. 52/1999 potevano (e possono) logicamente ritenersi appropriati per laggiornamento dellindice QE ma al tempo stesso inidonei ad operare per un aggiornamento di un qualunque altro indice (come ad esempio il Pfor) diverso da quello QE. E, quanto meno, i concessionari, in questo giudizio, non hanno fornito argomenti a riscontro del fatto che i parametri di cui alla delibera n. 52/1999 potessero esattamente valere anche per aggiornamenti di un indice diverso, quale il Pfor. Sul piano di uninterpretazione letterale della norma in discorso, letta in modo completo, la tesi propugnata dai concessionari non risulta dunque condivisibile. 65. La tesi dei concessionari, peraltro, non appare condivisibile neppure in ottiche diverse (di natura finanziaria), eppure necessariamente concorrenti. 65.1. Come si detto, gi in passato non era escluso dalla legge che - per decisione governativa, suscettibile di mutevolezza nel tempo - i concessionari fossero tenuti, invece di cedere in natura allo Stato quote del prodotto gas da loro estratto, a versare allo stesso un corrispettivo pecuniario a fronte delle concessioni di cui essi erano titolari. Particolarit dellepoca (art. 22, quarto comma, della l. n. 6/1957 e art. 22, terzo comma, della CONTENzIOSO NAzIONALE stessa legge, come per novellato dalla l.n. 613/1967) era per il fatto che sussisteva - esplicitamente per legge -un rapporto di sostanziale equivalenza tra la quota di prodotto (in linea di principio dovuta in natura, dal concessionario allo Stato) ed il ricavato economico che ciascun concessionario avrebbe potuto trarre (secondo i prezzi correnti) dalla vendita di quella quota sul mercato. Dal punto di vista dei concessionari, perci, era praticamente neutrale la scelta che, nei loro riguardi, il Governo avrebbe potuto effettuare. Se il Governo avesse optato per il versamento di un corrispettivo pecuniario, i concessionari avrebbero infatti potuto compensare lesborso cedendo sul mercato le quote (precedentemente identificate come di spettanza statale) che sarebbero conseguentemente rimaste nella loro disponibilit, giacch non pi da cedere in natura. 65.2. Quanto meno dal 2004 tuttavia, con lentrata in vigore dellart. 19, co. 5-bis, del d.lgs. n. 625/1996, lottica e la finalit del meccanismo determinativo del tantundem dovuto per una concessione estrattiva mutato sensibilmente. E questo (da non dimenticare), come spiegato dallart. 1, co. 93, alinea, della l. n. 239/2004, che quel co. 5-bis dellart. 19 citato ha introdotto, proprio ai fini di una migliore attuazione della normativa in materia di aliquote di prodotto della coltivazione (), ossia per una pi semplice, pratica ed efficiente attuazione di quella normativa. Nel nuovo quadro normativo in primo luogo scomparsa la possibilit che i concessionari potessero pagare (a fronte della concessione) lo Stato in natura, cedendogli una quota predeterminata di prodotto gas da loro estratto. Rispetto allalternativa offerta dallottavo considerando e dallart. 6, paragrafo 1, della direttiva 94/22/CE, evidentemente il Legislatore ha optato direttamente per la predilezione del corrispettivo pecuniario (in luogo di quello in idrocarburi). Nel nuovo quadro normativo, poi, non si rinviene un qualunque riferimento che, sul piano interpretativo, possa far intendere che debba ricorrere una equivalenza tra corrispettivo pecuniario e valore della quota predeterminata del prodotto gas estratto. Ci del resto logico: -per un verso, alla luce dei riferimenti normativi citati della direttiva 94/22/CE i quali, come gi detto, non mostrano di imporre agli Stati membri una equivalenza tra le due forme di corrispettivo e questo per il semplice fatto che, nella struttura della direttiva, figura esistere (a favore degli Stati membri) unopzione alternativa assoluta (o corrispettivo pecuniario o corrispettivo in idrocarburi, senza tuttavia una qualche liaison fra gli stessi) e non piuttosto -come era in passato nel nostro ordinamento - una forma esclusiva di pagamento in natura (quote di prodotto estratto dovute dal concessionario allo Stato), con facolt del concessionario (subordinata peraltro alla previa scelta governativa e, dunque, ad un licet statale) di liberarsi attraverso la corresponsione di un equivalente economico (del valore di dette quote); -per altro verso, alla luce dellevidente scelta del Legislatore di rendere sufficientemente stabile, e perci prevedibile nel tempo, lentrata finanziaria derivante dalle concessioni di estrazione attraverso lancoraggio del meccanismo di calcolo del corrispettivo pecuniario (delle concessioni) ad un indice di riferimento (quello QE) a propria volta legato a valori di mercato altrettanto sufficientemente stabili o, quanto meno, poco riflettenti le eventuali variazioni congiunturali dei prezzi del prodotto gas sui mercati di approvvigionamento; -per altro verso ancora, alla luce dellaltrettanto evidente scelta del Legislatore (resa possibile, come detto, dalla struttura normativa della direttiva 94/22/CE) di utilizzare le quote predeterminate di prodotto estratto come un semplice moltiplicatore applicativo dellindice (quello QE) prescelto in via legislativa. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 65.3. A fronte di queste considerazioni, allora, non (ulteriormente) plausibile la lettura interpretativa prospettata dai concessionari dellart. 19, co. 5-bis, lett. b), primo periodo, del d.lgs. n. 625/1996 (anche a prescindere dalla portata ostativa, a detta interpretazione, conseguente gi alla formulazione del secondo periodo della stessa lett. b) del citato co. 5-bis). Secondo questa lettura interpretativa, in estrema sintesi, non dovrebbe escludersi che per effetto di una scelta dellAutorit - che, si badi bene, per quanto autorevole pur sempre una scelta di natura amministrativa e perci di rango sub legislativo - si possa determinare una riduzione del gettito finanziario derivante dalloperativit della norma (il citato art. 19, co. 5bis, lett. b), abbandonandosi lutilizzazione dellindice QE, formalmente previsto dalla norma primaria, in favore di un pi conveniente (ma solo per i concessionari) indice Pfor, la cui introduzione, peraltro, era del tutto sconosciuta ed imprevedibile allepoca (2004) del- lentrata in vigore della citata norma primaria. Questa prospettazione, tuttavia, urterebbe con lart. 81 Cost., specie alla luce della sua pi recente riformulazione (per effetto della l. cost. n. 1/2012). Si legittimerebbe invero, ove mai fosse vera la prospettazione dei concessionari, per scelta di unAutorit amministrativa, un deficit finanziario per lo Stato senza che vi fosse una legge che provvedesse ai mezzi per fare fronte ai maggiori oneri derivanti dalla minore entrata. In altri termini, la prospettazione dei concessionari, per potersi materializzare, necessiterebbe di un previo intervento legislativo che, modificando nel senso auspicato la formula di cui allart. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996, si facesse pure carico degli effetti finanziari negativi per il bilancio pubblico che ne deriverebbero. 65.4. Anche da un ulteriore punto di vista eminentemente giuridico, poi, la prospettazione dei concessionari non pu essere condivisa. Infatti, il motivo per il quale lAutorit ha abbandonato lindice QE in favore di quello Pfor risiede nel fatto che essa ha ritenuto corretto dare cos (ossia attraverso questa sostituzione di indici) attuazione al compito attribuitole dallart. 13, co. 1, del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2012. Il compito che era stato assegnato allAutorit -come si legge nella norma richiamata -era per preordinato solo al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili e non al fine (ovvero non anche al fine) di immutare il metodo di determinazione dei valori unitari dellaliquota di coltivazione di cui allart. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996. Riprova ne sia -se pur non bastasse il solo dato letterale della norma richiamata -il fatto che (tenuto conto dei riflessi finanziari negativi che sarebbero derivati da una sostituzione dellindice Pfor a quello QE, in senso alla disposizione del predetto art. 19, co. 5-bis, se vero quanto dichiarano gli stessi concessionari, ossia che attraverso limpiego dellindice Pfor essi avrebbero pagato allo Stato un corrispettivo pecuniario di minore entit) il citato art. 13 non reca alcuna disposizione di copertura finanziaria a fronte di tali minori entrate per lErario. 66. Avviandosi alla conclusione occorre dire ancora che, se anche le circostanze (i.e., la sopravvenuta norma di cui allart. 13, co. 1, del citato d.l. n. 1/2012) hanno fatto s che i concessionari percepissero una maggiore incidenza economica, sui loro bilanci, dei loro pagamenti allo Stato di corrispettivi pecuniari legati allapplicazione e alla progressiva variazione quantitativa dellindice QE (quale riflesso di una comparazione con quanto essi avrebbero pagato qualora i corrispettivi pecuniari di cui allart. 19, co. 5-bis, lett b), del d.lgs. n. 625/1996 fossero stati calcolati, dal 2012 in poi, secondo lindice Pfor), i riflessi di una tale sopravvenienza non possono essere apprezzati e valutati nellambito del presente giudizio, per come esso stato impostato. CONTENzIOSO NAzIONALE Leventuale denuncia, da parte dei concessionari, della non sopportabilit economica da parte loro di una sopravvenuta maggiore onerosit delle concessioni di cui sono titolari, e della riflessa, ritenuta non equit (sopravvenuta) del prezzo di tali concessioni, invero questione che pu essere soppesata soltanto nel quadro di una censura di non accettabile sopravvenuto disequilibrio delle condizioni complessive delle concessioni medesime, alla luce di un esame completo di tutte le loro clausole e dei relativi, conseguenti oneri e vantaggi. Censura, quella test evocata, che tuttavia non ricade nellambito del thema decidendum del presente giudizio. 67. Anche in questultima ottica, dunque, non risultano fondate (riprendendosi qui il tema di cui al punto 60. che precede) le richieste dei concessionari di promuovimento, in seno a questo giudizio, di un incidente costituzionalit ovvero di interpretazione comunitaria della compatibilit con lordinamento sovranazionale della disposizione di cui allart. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996. Come si visto, con questa norma il Legislatore, da un lato, ha optato per il solo corrispettivo pecuniario a fronte dellattribuzione di concessioni di estrazione del gas (superando il regime previgente che prevedeva, in primo luogo, una cessione in natura di quote di prodotto gas estratto e, alternativamente, previo tuttavia un licet governativo, il pagamento di un controvalore pecuniario di tali quote calcolato sulla base di prezzi di mercato del gas) e, dallaltro lato, ha oggettivato il meccanismo di determinazione della monetizzazione di tale corrispettivo pecuniario attraverso lancoraggio allandamento di un predeterminato indice parametrico (il QE). Con questa norma il Legislatore non ha altres introdotto forme di adeguamento nel tempo del predetto meccanismo di determinazione del corrispettivo in funzione di valutazioni che attengono alla maggiore o minore (eventuale) onerosit delle concessioni-contratto. Al di fuori -come detto -di un thema decidendum idoneo a valutare lappropriatezza e lequilibrio di tale onerosit non dunque utile promuovere uno o entrambi i sindacati incidentali chiesti dai concessionari dato che una qualunque risposta che da essi si ottenesse non risulterebbe utile alla soluzione della presente controversia, la quale invece - come si visto - suscettibile di per s di essere definita attraverso parametri valutativi che prescindono da sindacati costituzionali ovvero comunitari della norma di cui allart. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996. 68. In conclusione, gli appelli in epigrafe - riuniti - vanno accolti e per leffetto, in riforma delle sentenze impugnate, vanno respinti i ricorsi originariamente proposti. Tenuto conto dei tratti di novit delle questioni trattate, ricorrono giustificati motivi per lintegrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li accoglie e per leffetto, in riforma delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi originariamente proposti. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Cos deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 la accessione invertita ambientale e il decalogo del Consiglio di stato nota a consiGlio di stato, sez. Vi, sentenza 30 marzo 2018 n. 2017 Paolo Marchini* La sentenza n. 2017/2018 della sesta sezione del Consiglio di Stato costituisce la pietra dangolo della accessione invertita ambientale. Questo istituto (1) nacque come una sorta di punitive damage con il duplice scopo di indurre lautore dellillecito edilizio ad ottemperare allordinanza di demolizione (pena la perdita della propriet anche dellarea) e di velocizzare il ripristino ambientale da parte del Parco, una volta acquisita la propriet. Il banco di prova dellistituto -con riferimento alle aree protette -si avuto solo recentemente allorch lEnte Parco Nazionale del Vesuvio ha emanato centinaia di provvedimenti di acquisizione in propriet dopo linutile decorso del termine di ottemperanza delle ordinanze di demolizione dei varii Comuni circumvesuviani e dello stesso ente parco. Il t.a.r. Campania, investito dai numerosi ricorsi, aveva annullato latto di acquisizione del Parco per il pi grave vizio di cui latto amministrativo pu essere affetto, ossia la nullit per difetto assoluto di attribuzione. (*) Avvocato dello Stato. (1) Che prevede la acquisizione al patrimonio dellente parco del manufatto abusivo e dellarea di sedime, qualora il privato destinatario dellordinanza di demolizione non vi ottemperi nel termine di legge (per i riferimenti di legge sia consentito rinviare allatto di appello dellAvvocatura generale qui riportato). AL 37729/17 Avv. Paolo Marchini CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIzIONALE RICORSO IN APPELLO CON ISTANzA DI SOSPENSIONE PER ENTE PARCO NAzIONALE DEL VESUVIO (E.P.N.V.), c.f. 94147260635, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso ex lege dallAvvocatura generale dello Stato, presso la cui sede alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge; contro A.S., c.f. ..., rappresentata e difesa dallAvv.to Alfonso Capotorto, c.f. CPTLNS70B11G813E, presso cui elettivamente domicilia in Napoli, al Centro Direzionale Isola E/2 sc. A; /2; pec: alfonso.capotorto@pecavvocatinola.it per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania-Napoli sez. III, n. 3746/2017, dep. il 12.7.2017, non notificata sul ricorso numero di registro generale 2110 del 2017 con il quale stato chiesto lannullamento: -dellordinanza di Accertamento di Inottemperanza e dichiarazione di acquisizione n. 314 del 21.9. 2016 adottata dallEnte Parco Nazionale del Vesuvio notificata alla ricorrente in data 27.2.2017; - di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, per quanto di ragione. FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Cos riporta il fatto il t.a.r. a quo: Premesso che: CONTENzIOSO NAzIONALE Approdata al Consiglio di Stato, la accessione invertita ambientale ha ora il suo decalogo. La sesta sezione nel riconoscere il pieno potere dellente parco di acquisire le aree, fissa alcuni principi fondamentali. In primo luogo, viene stabilito il confine tra la disciplina propriamente edilizia dellistituto, come disciplinata dallart. 31 del T.U.E. 6 giugno 2001, n. 380, e quella speciale sulle aree protette contemplata dallart. 2, comma 1, della L. n. 426/1998 e dallart. 1, comma 1104, della L. n. 296/2006. Il Consiglio afferma che lart. 31 del T.U.E. (che attribuisce la competenza al Comune) recede rispetto alla citata norma del 1998, ritenuta di natura speciale. In ogni caso, si avrebbe leffetto abrogativo dellart. 31 cit., da parte della norma sopravvenuta costituita dal prefato comma 1104 dellart. 1 L. n. 296/2006, il quale, dopo un rimpallo di competenze tra Comune e Ente parco attribuite ora alluno, ora allaltro ente da norme succedutesi nel tempo, ha definitivamente individuato nellente parco lunico soggetto competente ad acquisire le aree soggette a plurivincolo (quello edilizio concorrente con quello ambientale). La sezione, poi, respinge la distinzione operata dal t.a.r. tra effetto legale della acquisizione gratuita a vantaggio del Parco e potere del Comune di dichiarare leffetto stesso, ci in quanto non avrebbe senso scindere la dichiarazione dal proprietario finale. Di rilievo la considerazione del Consiglio che lart. 1, comma 1104, della L. n. 296/2006 norma di sistema e di semplificazione risolutiva di conflitti di competenze tra enti sulla stessa area, affidando allente parco la gestione finale della repressione degli abusi. Da ultimo, va evidenziata laffermazione della giurisdizione esclusiva del G.A. in quanto disciplina urbanistica. Infatti, la questione oggetto di lite vede sempre linsistenza di un plurivincolo (edilizio ed ambientale) tale da attrarre la materia composita nellalveo della giuridizione esclusiva del G.A. - impugnato il provvedimento del 21/9/2016 (notificato il 27/2/2017, come indicato in ricorso e non contestato), con cui il direttore dellente Parco nazionale del Vesuvio ha dichiarato ed ordinato lacquisizione gratuita al patrimonio dellente dei fabbricati e delle relative aree di sedime di propriet della ricorrente, abusivamente realizzati in ottaviano (na), alla via recupe (in catasto al foglio 16, particella 1392), nonch dellulteriore area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive con lavvertenza che larea acquisita non pu comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita; -con il ricorso, notificato il 27/4/2017 e depositato il 25/5/2017, la sig. ra .. espone di essere proprietaria dellimmobile suddetto, al di sopra del quale realizzava, senza permesso di costruire un manufatto terraneo di forma rettangolare con struttura verticale ed orizzontale in ferro, poggiante su una base in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 calcestruzzo, con chiusura perimetrale in blocchi di laterizi e copertura a falde inclinate con lamiere coibentate (), avente una superficie di mq. 93,00 circa ed una volumetria pari a mc. 307,00 circa; - denunciata la violazione di legge (artt. 6, 7, 8 e 13 della l. n. 394 del 1991; artt. 31 e 36 del d.P.r. n. 380 del 2001; art. 16 della l. n. 241 del 1990), oltre alleccesso di potere sotto pi profili, sostenendo lillegittimit dellacquisizione dellarea ulteriore rispetto al manufatto, che si riverbera sullordine di sgombero e sulla previsione dellindennit di occupazione, aggiungendo che, nellipotesi di concorso di vincoli, lacquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune; - lente si costituito in giudizio per resistere al ricorso; -alla camera di consiglio del 20 giugno 2017 stato formulato lavviso ex art. 73 cod. proc. amm. per le questioni rilevabili dufficio di cui appresso; -il resistente ente ha prodotto memoria di replica il 23/6/2017, insistendo per il rigetto del ricorso; -il ricorso stato poi introitato per la decisione, con avviso delleventualit di sentenza breve, alla camera di consiglio del 4/7/2017;.... Il t.a.r. con la sentenza qui impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso con la seguente motivazione: -come gi rilevato nella giurisprudenza di questa sezione (cfr. la sentenza del 15/7/2016 n. 3549), linottemperanza allordine di demolizione determina automaticamente leffetto acquisitivo del- lopera abusiva e dellarea di sedime (nonch, ove previsto, dellulteriore area necessaria alla realizzazione di opere analoghe secondo lo strumento urbanistico); -ci nonostante necessario un atto amministrativo di natura autoritativa il quale, sia pure avente carattere dichiarativo, rappresenta laccertamento ricognitivo della consistenza immobiliare oggetto di trasferimento, nonch del soggetto inciso e dellamministrazione beneficiaria, e costituisce titolo occorrente per limmissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari del trasferimento dellimmobile; -occorre quindi distinguere tra leffetto ablativo, che si verifica automaticamente ope legis allorch vengano in essere i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla legge (lart. 31 del dPr n. 380/2001), ed il potere di dichiarare lavvenuta acquisizione al fine di conseguire unilateralmente (anche contro lopposizione del destinatario, e quindi in sede di autotutela) limmissione nel possesso dellamministrazione avente diritto e della relativa trascrizione nei registri immobiliari; infatti la giurisprudenza postula in materia la necessit di procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege (cfr. cass. pen. sez. iii, 17/11/2009, n. 2912 e cons. st., sez. iV, 14/4/2015, n. 1884); -per lindividuazione dellautorit titolare di tale potere, questa sezione ha recentemente affermato che lart. 31 del d.P.r. n. 380/2001, applicato dallente Parco nazionale del Vesuvio, delinea un modello sanzionatorio che prevede lacquisizione in caso di inottemperanza allingiunzione di demolizione ivi disciplinata precedentemente disposta dal comune, con esclusione di sanzioni demolitive ordinate da diverse autorit con poteri autonomi in base ad altre disposizioni, mentre lart. 29 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 attribuisce allorganismo di gestione dellarea naturale protetta il potere di ingiungere la demolizione e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, stabilendo in caso di inosservanza lesecuzione in danno degli obbligati ma non lulteriore sanzione dellacquisizione al patrimonio dellente (cfr. la sentenza del 24/5/2017 n. 2742); -giova altres soggiungere che, per il carattere sia sanzionatorio che di autotutela dei poteri previsti dalla legge in materia, la normativa risulta soggetta a canoni ermeneutici rispettosi del principio di legalit; -ne discende che (come affermato nella sentenza citata, le cui statuizioni il collegio intende ribadire e riproporre in funzione motivazionale della presente pronuncia): a) il potere di acquisizione gratuita (anche in favore di terzo, nella specie: ente Parco) da ricondurre nellalveo del citato articolo 31 ed esso non pu che essere attribuito al comune con la prevista possibilit di destinazione in favore dellente Parco; b) esso passa necessariamente (e non solo ai fini dellimmissione in possesso e della trascrizione), per il tramite di un formale atto in funzione di mero accertamento dellinottemperanza che, per, non pu che essere pur esso di competenza comunale e ci anche e specie allorquando - come nella specie - lacquisizione venga destinata in favore di soggetto diverso; c) lart. 2, co. 1, della legge n. 426 del 1998 (cfr. anche art. 1, co. 1104, della legge n. 296 del 2006) incide unicamente sul soggetto che destinatario dellacquisizione, ma non deroga n modifica lart. 31 del dPr 380 nella parte in cui vengono per il resto disciplinati il potere ed il procedimento per la relativa declaratoria; CONTENzIOSO NAzIONALE ritenuto che: -nel caso in esame, in difetto di specifica censura in ordine alla competenza a dichiarare lacquisizione gratuita, va rilevata dufficio incidenter tantum la nullit del provvedimento impugnato per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, sussistendo in capo allente Parco nazionale del Vesuvio carenza di potere in astratto alladozione di atti di acquisizione al proprio patrimonio (cfr. cons. stato, sez. V, 4/5/2017 n. 2028, per cui la nullit ricorre nellipotesi in cui il vizio da cui l'atto amministrativo affetto assume connotati di gravit ed evidenza tali da impedirne la qualificazione come manifestazione di potere amministrativo, sia pure eventualmente illegittima); -invero, non configurabile nella specie lesercizio del potere amministrativo (di cui lente privo), cosicch la controversia non pu essere devoluta al G.a. adito, ex art. 7 c.p.a., e le situazioni giuridiche soggettive incise sono suscettibili di tutela innanzi alla giurisdizione ordinaria (cfr. cons. stato, sez. V, 8/3/2010 n. 1331: latto nullo, infatti, non produce alcun effetto degradatorio delle posizioni soggettive di cui si assume la lesione, e se dalla esecuzione del provvedimento sono derivati effetti pregiudizievoli, gli stessi vanno considerati come violazioni di diritti soggettivi la cui tutela appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario; conf., tar lazio, sez. i-quater, 13/10/2016 n. 10239; tar sicilia, sez. ii, 12/2/2016 n. 420); ritenuto che, per effetto della rilevata nullit dellatto impugnato, consegue linammissibilit del ricorso avverso il provvedimento di acquisizione ed il susseguente sgombero, affetto a sua volta dallo stesso vizio dellatto presupposto (dichiarativo dellacquisizione e comportante appunto limmissione nel possesso); occorre infatti precisare che: a) la declaratoria di inammissibilit rende inoperante il meccanismo della translatio judicii, codificato allart. 11 c.p.a., il quale presuppone che vi sia una domanda (che nella specie il ricorrente non ha formulato) la cui cognizione trasferita ad altro Giudice fornito di giurisdizione; b) in mancanza della formale deduzione di tale aspetto, il G.a. adito, che rilevi dufficio incidenter tantum la nullit del provvedimento (per difetto del potere amministrativo, con riferimento allart. 7 c.p.a.), deve limitarsi a ravvisare la sussistenza delle condizioni ostative per una pronuncia nel merito (art. 35, primo comma, lett. b), c.p.a.), in quanto il ricorrente non ha interesse ad una pronuncia sui vizi dedotti con il ricorso in esame contro un atto nullo, rispetto al quale linteressato ha invece lonere di esperire davanti al giudice ordinario le azioni previste dallordinamento a tutela del proprio diritto;.... *** La sentenza si palesa ingiusta, errata in diritto in punto di giurisdizione e gravemente lesiva della legge in tema delle prerogative e competenze dellente parco in materia di tutela ambientale ripristinatoria e sanzionatoria, nonch contraria a Costituzione, e merita di essere annullata, previa sospensione, con rinvio al t.a.r. per i seguenti MOTIVI VIOLAzIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTICOLI: 31, COMMI 4 E 6, DEL D.P.R. N. 380/2001; 2 DELLA LEGGE N. 426/1998; 1, COMMA 1104, DELLA LEGGE N. 296/06. VIOLAzIONE DELLART. 29, COMMA 2, DELLA LEGGE N. 394/1991. FALSA APPLICAzIONE DELLART. 21 SEPTIES DELLA LEGGE N. 241/1990 E DELLE NORME IN TEMA DI NULLIT DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI E DELLA GIURISDIzIONE DEL G.A. VIOLAzIONE DEGLI ARTT. 7 E 35, COMMA 1, LETT. B) DEL C.P.A. VIOLAzIONE DEGLI ARTT. 3, 9, COMMA 2, E 97, COMMA 2, COST. Si impugna la sentenza, redatta in forma semplificata, nella parte in cui ha dichiarato la nullit del provvedimento impugnato per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, sussistendo in capo all'ente Parco nazionale del Vesuvio carenza di potere in astratto all'adozione di atti di acquisizione al proprio patrimonio. La presente impugnazione, tramite la riforma ed il rinvio al t.a.r., mira alla affermazione della giurisdizione del g.a. e, nel merito, alla dichiarazione di validit dellatto impugnato e alla pronuncia da parte del g.a. della sua legittimit: in particolare, sotto il profilo della competenza dellente parco ad accertare la inottemperanza alla propria ordinanza di demolizione, onde attuare la sanzione della acquisizione in propriet ed acquisire i titoli allimmissione in possesso dellarea ed alla trascrizione della propriet pubblica sui rr.ii. Dal ritenuto difetto assoluto di attribuzione del potere esercitato dallente parco in epigrafe con gli atti impugnati, il t.a.r. ha fatto discendere la nullit della determinazione n. 311/2016 del Direttore del Parco, rilevata dufficio; quindi, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a fronte di supposta lesione di diritto soggettivo, nonch la conseguente inammissibilit del ricorso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 La carenza assoluta del potere o il difetto assoluto di attribuzione, secondo il t.a.r., colpiscono il potere di dichiarare lavvenuta acquisizione. Per giungere a tale gravissima (a nostro avviso, sintende) affermazione, il t.a.r. muove dalla indagine sulla individuazione dellautorit titolare di tale potere, ossia della competenza, e, giustamente, va alla ricerca della norma di legge attributiva, rinvenendola nellart. 31 del D.P.R. n. 380/2001. Il t.a.r. sostiene che lart. 31 del t.u. sulledilizia scolpisca un modello sanzionatorio - ritenuto applicabile allEnte Parco vesuviano - il quale prevede la acquisizione esclusivamente a favore dellente comunale a seguito dellinottemperanza allordinanza di demolizione precedentemente disposta dal medesimo Comune: la norma non contempla - a dire del t.a.r. - altre autorit competenti ad ingiungere la demolizione; tuttavia, tale potere ingiuntivo, prosegue sempre il t.a.r., previsto dallart. 29 della L. n. 394/1991 in capo allente parco, e la norma non contempla lulteriore sanzione della acquisizione al patrimonio dellente. A parere del t.a.r., gli artt. 2, comma 1, della L. n. 426 del 1998, e 1, comma 1104 della l. n. 296 del 2006, non attribuiscono allente parco il potere di acquisizione gratuita n il procedimento per la relativa declaratoria e non derogano n modificano lart. 31 del DPR 380/2001 che solo al Comune attribuirebbe in via esclusiva la competenza ad esercitare il potere di acquisizione gratuita con la possibilit di destinazione in favore dellente Parco (pag. 5 sentenza). Tale tesi non pu essere condivisa. Prima di esporre il quadro diacronico delle norme che hanno definitivamente stabilito lacquisizione gratuita in favore degli enti parco nel caso del plurivincolo, mette conto subito denunciare quello che ci appare essere un grave errore giuridico commesso dal t.a.r., ossia confondere lesercizio del potere con la sanzione stessa, nonch confondere lesercizio del potere con leffetto giuridico creato dalla legge collegato ad una illecita omissione di attivit da parte del privato (id est, linottemperanza alla ordinanza di demolizione). In altri termini, la acquisizione gratuita non costituisce esercizio di potere amministrativo, ma una sanzione legale che si produce ex lege senza esercizio di potere: la acquisizione gratuita, quindi, non un provvedimento amministrativo espressione di potere amministrativo (financo dichiarativo), ma costituisce una modificazione dello stato giuridico delle cose determinata ex lege. Cos correttamente impostata la questione, del tutto arbitrario andare alla ricerca di chi sia il titolare di un potere che non esiste, ossia quello di dichiarare la acquisizione gratuita da parte della P.A. che ne gi divenuta proprietaria ex lege. Come si vedr, la legge stessa che stabilisce che, nella fattispecie ratione temporis la sanzione della acquisizione dellarea (e della perdita della sua propriet da parte del privato) di competenza degli enti parco. Fatta questa premessa, si andr ad esporre: a) la successione delle leggi nel tempo; b) natura giuridica della acquisizione in propriet; c) il potere di accertare linottemperanza, sua competenza e la errata interpretazione dellart. 31 del t.u. delledilizia in una prospettiva sistematica attraverso la tecnica del rinvio tra norme; d) la competenza del procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege; e) la illustrazione delle censure di violazione di legge e della Costituzione. *** a) Quadro normativo e sua evoluzione storica. CoMPetenza Del CoMUne Dal 1977 al 28 DiCeMBRe 1998 1. lart. 7, comma 6 della legge n. 47 del 1985 ante testo unico sulledilizia. La legge 28 febbraio 1985 n. 47 recante norme in materia di controllo dellattivit urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie , pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O., riproduce la disposizione contenuta nell'art. 15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, che prevedeva la acquisizione in propriet dellarea, quale sanzione di secondo grado, nel caso di interventi eseguiti in assenza di permessi di costruire, di totale difformit o con variazioni essenziali e di inottemperanza allordinanza di demolizione emanato dalla Amministrazione cui compete la vigilanza sullosservanza dei vincoli esistenti. In particolare il comma 6 dellart. 7 [poi abrogato dallart. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, CONTENzIOSO NAzIONALE D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nellart. 138 dello stesso decreto, e poi ulteriormente trasfuso nell'art. 31 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, attualmente vigente], attribuisce la competenza dominicale (ossia legittimante lacquisizione in propriet dellarea) a seconda che il vincolo ambientale concorra o meno con altri vincoli di inedificabilit. Recita Par. 7, rubricato: opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformit o con variazioni essenziali: sono opere eseguite in totale difformit dalla concessione quelle che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto della concessione stessa, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformit dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione. se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dallingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonch quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. l'area acquisita non pu comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per limmissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. l'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dellabuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Per le opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. nella ipotesi di concorso dei vincoli lacquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune. il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, lelenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordinanze di sospensione e lo trasmette all'autorit giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite la competente prefettura, al ministro dei lavori pubblici. in caso d'inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al primo comma dell'art. 4 ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal terzo comma del medesimo articolo 4, il presidente della giunta regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorit giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 17, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come modificato dal successivo articolo 20 della presente legge, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita. 2. la legge quadro sulle aree protette l. n. 394/1991. L'inosservanza delle misure ripristinatone disciplinata dall'art. 29, secondo comma, che rinvia alla disciplina dellart. 27 della 1. 28 febbraio 1985, n. 47, corrispondente allattuale art. 41 del D.P.R. 380/01, e non contempla lacquisizione in propriet dellarea (che si connette invece, come detto, alle specifiche violazioni previste dallart. 31 del predetto d.p.r.). Lassenza d una disciplina, nella legge quadro, della acquisizione in propriet da ineseguito ordine di demolizione promanato dallEnte Parco, pu agevolmente giustificarsi con il fatto che tale disciplina era gi contemplata dal citato comma 6 dellart. 7 della legge n. 47/1985, sia nel caso di monovincolo, sa in quello d plurivincolo, sicch non vi era necessit di una sua rinnovazione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 CoMPetenza Dellente PaRCo Dal 29 DiCeMBRe 1998 al 29 GiUGno 2003 3. la legge 9 dicembre 1998 n. 426. Con la legge 9 dicembre 1998 n. 426, recante nuovi interventi in campo ambientale e pubblicata nella Gazz. Uff. 14 dicembre 1998, n. 291, il legislatore pone la prima significativa deroga alla regola generale dettata dal comma 6 dellart. 7 della legge n. 47/1985 in tema di competenza dominicale nella fattispecie di plurivincolo di inedificabilit. Infatti, lart. 2 oblitera del tutto la competenza comunale. Dispone tale norma: interventi per la conservazione della natura. 1. nelle aree naturali protette nazionali l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, [n.d.r.: ora art. 31 d.p.r. n. 380 del 2001] si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione. nelle aree protette nazionali, i sindaci sono tenuti a notificare al ministero dellambiente e agli enti parco, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli accertamenti e le ingiunzioni alla demolizione di cui all'articolo 7, secondo comma, della citata legge n. 47 del 1985. il ministro dell'ambiente pu procedere agli interventi di demolizione avvalendosi delle strutture tecniche e operative del ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione stipulata d'intesa con il ministro della difesa, nel limite di spesa di lire 500 milioni per l'anno 1998 e di lire 2.500 milioni a decorrere dall'anno 1999. Il testo non contempla ipotesi di plurivincolo, sicch esse devono ritenersi ricomprese nella competenza dominicale dellente parco nazionale. CoMPetenza Del CoMUne Dal 30 GiUGno 2003 al 31 DiCeMBRe 2006 4. il testo Unico sulledilizia d.P.R. n. 380/2001 (Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 2001, n. 245, s.o). La questione sembrava definitivamente risolta con riferimento alle aree protette nazionali, se non fosse che il legislatore interviene nuovamente in deroga, reintroducendo la doppia competenza, segnatamente quella comunale in caso di plurivincolo. Infatti al comma 6 dellart. 31 del testo unico sulledilizia scritto: Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune'. Quanto alla entrata in vigore, il D.P.R. 06/06/2001, n. 380 allart. 138 (L) entrata in vigore del testo unico si prevede: 1. le disposizioni del presente testo unico entrano in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2002 (Termine prorogato al 30 giugno 2002, dallart. 5-bis, comma 1, D.L. 23 novembre 2001, n. 411, convertito dalla L. 31 dicembre 2001, n. 463 e, successivamente, al 30 giugno 2003 dall'art. 2, comma 1, D.L. 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 1 agosto 2002. n. 185). CoMPetenza Dellente PaRCo Dal 1 Gennaio 2007 5. la legge 27 dicembre 2006 n. 296. Solo con la legge finanziaria per il 2007 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 296, S.O.) allart. 1, comma 1104 si deroga ancora - ed allo stato attualmente vigente, definitivamente - al testo unico sulledilizia, attribuendo stavolta la competenza dominicale in via principale allente parco (ora anche regionale) e, solo in via sussidiaria, al Comune. Infatti, lart. 1, comma 1104, dispone ora che (enfasi ns.) Nelle aree naturali protette lacquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, (...allo stato della legislazione vigente, art. 31, sesto comma, d.p.r. n. 380 del 2001) si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni. restano confermati gli obblighi di notifica al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, come anche le procedure e le modalit di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge". CONTENzIOSO NAzIONALE Lentrata in vigore di tale normativa disciplinata dallart. 1, comma, 1364: la presente legge entra in vigore il 1 gennaio 2007, ad eccezione dei commi 966, 967, 968 e 969, che entrano in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge. b) natura giuridica della acquisizione in propriet. La acquisizione in propriet ha natura giuridica di sanzione autonoma che ''consegue allinottemperanza dellingiunzione, abilitando poi il sindaco ad una scelta fra la demolizione di ufficio e la conservazione del bene, definitivamente gi acquisito, per la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali" (Corte Costituzionale, sentenza n. 345 del 11/7/1991). Da qui il corollario che "la notifica dellaccertamento dellinottemperanza un adempimento estrinseco rispetto alla fattispecie ablatoria ed ha due funzioni. l'una, consiste nello essere il necessario titolo per la concreta immissione nel possesso da parte dello ente comunale qualora linteressato non intenda spontaneamente spogliarsi del bene; laltra, si rinviene nel permettere al comune di trascrivere nei registri immobiliari il trasferimento della propriet (per gli effetti dell'art. 2644 cod. civ.)" (Cass. pen., sez. IIII, 28 maggio 2009, n. 22440, Morichetti). Secondo autorevole dottrina (Predieri) si tratta di unablazione intesa quale confisca amministrativa repressiva, in quanto sanzione conseguente ad un illecito amministrativo, quale il costruire senza il provvedimento concessorio (o in difformit da esso). Quindi, i due effetti automatici (lo spossessamento e la acquisizione al patrimonio dellente) si verificano nello stesso tempo istantaneo ed a quel tempo va individuato lente competente che la legge in vigore in quel momento indica. c) il potere di accertare linottemperanza, sua competenza e la errata interpretazione dellart. 31 del t.u. delledilizia in una prospettiva sistematica attraverso la tecnica del rinvio tra norme. Da quanto precede dovrebbe ora essere chiaro come il t.a.r. sia caduto in errore quando parla di potere di dichiarare lavvenuta acquisizione laddove si pone linterrogativo su quale P.A. la legge ne appunti la competenza; in realt, lindagine - come poi il t.a.r. far - involge il potere di accertare la inottemperanza allordinanza di demolizione, atteso che -come visto dal richiamato arresto della cassazione penale -solo tale accertamento costituisce il necessario titolo per la concreta immissione nel possesso da parte dello ente parco qualora linteressato non intenda spontaneamente spogliarsi del bene; laltra, si rinviene nel permettere allente parco di trascrivere nei registri immobiliari il trasferimento della propriet (art. 31, comma 4 TUE). Ma, allora, la questione principale si sposta su chi debba accertare la inottemperanza. Il t.a.r. risolve la questione sulla base di una miope interpretazione del combinato disposto degli artt. 31, commi 4 e 6 t.u.e., 1 comma 1104 della legge n. 296/2006 e 29 della L. n. 394/1991. Infatti, prevedendo il comma 6 che la acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune anche nel caso di concorso di vincoli, appare fin troppo elementare che laccertamento dellinottemperanza non potesse che riferirsi al solo comune stesso e non ad altri enti, e non pu certo invocarsi a supporto della tesi della incompetenza del parco a procedere a detto accertamento lart. 29 della L. n. 394 del 1991 che necessariamente silente su tale atto amministrativo: infatti, quando entr in vigore tale norma, vigeva il vecchio testo dellart. 7 della L. n. 47 del 1985 il quale prevedeva che nel caso di concorso di vincoli la acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune; quindi giocoforza che la norma sulle aree protette non si occupasse anche della competenza di un atto di accertamento che per legge gravava gi sullo stesso ente che ne aveva acquisito la propriet! La simmetria che il t.u.e. prevede sta tra potere di ordinanza di demolizione e potere di accertamento dellinottemperanza; e leffetto della acquisizione in propriet non pu che conseguirsi in capo al medesimo ente cui competono quei due poteri a monte, ossia il comune. Ma quando interviene il jus superveniens costituito dallart. 1 comma 1104 della legge n. 296/2006 [che inverte la competenza della acquisizione gratuita delle opere abusive in favore dellente parco gestore del vincolo ambientale sullarea], se - come nella fattispecie qui in rilievo - lordinanza di demolizione viene emanata dallo stesso ente parco ex art. 29 della L. 394/1991 (fatto incontroverso, v. pag. 1 sentenza impugnata), si domanda: perch ad accertare linottemperanza allordine di demolizione deve essere il comune, ad essa estranea, il quale non acquisir nemmeno larea? Sarebbe del tutto irragionevole, infatti, appuntare la competenza alla precostituzione del titolo di immissione in possesso e di trascrizione immobiliare della propriet acquisita al comune che resta del tutto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 estraneo a tali effetti giuridici ed alla propriet stessa e che non ha nemmeno emanato lordinanza di demolizione. Una interpretazione del genere dellart. 31 t.u.e. si porrebbe in contrasto con lart. 3 per la sua irragionevolezza, nonch con lart. 97 Cost. sotto il profilo del buon andamento dellazione amministrativa di autotutela ambientale, minando quella tutela del paesaggio garantita dallart. 9, comma 2, Cost. La tesi del t.a.r. viene a rompere proprio quella simmetria di cui si diceva posta dallo stesso t.u.e. tra potere di ordinare la demolizione/potere di accertare linottemperanza e che conduce allunicit di competenza; simmetria del tutto logica e razionale e dalla quale non pu che trarsi il seguente corollario: se lente che acquisisce la propriet coincide con lente che ha ordinato la demolizione, il medesimo ente che ha il potere di accertare linottemperanza allordine di demolizione, precostituendosi cos i titoli per rendere esecutiva la sanzione in suo favore. Si tratta di conclusione alla quale si perviene anche attraverso una interpretazione sistematica degli articoli 29 della L. 394/91 (ordine di demolizione da parte del Parco), art. 1, comma 1104 l. 296/2006 e 31, commi 4 e 6 T.U.E. attualmente vigente. In buona sostanza, lart. 31 del t.u.e., per effetto del jus superveniens che recepisce, si interpreta nel senso che laccertamento della inottemperanza allordine di demolizione di manufatto ricadente in area protetta, maturatasi dopo il I gennaio 2007, compete allente parco che ne ha gi acquisito la propriet. Ancora potrebbe fondatamente sostenersi che, essendo stato abrogato lultimo periodo del comma 6 dellart. 31 t.u.e. da parte dellart. 1 della L. 296/2006, nella fattispecie legale della acquisizione gratuita della propriet di area soggetta a plurivincolo il comma 4 del cit. art. 31 deve essere integrato ed interpretato alla luce della mutata competenza acquisitiva e, conseguentemente il potere di accertare linottemperanza compete esclusivamente allente parco. Ci accade in tutte quelle norme che mutano la competenza le quali vanno ad integrare le norme che disciplinano lesercizio del potere, le quali restano in vigore, ma si integrano con la norma sulla competenza. d) la competenza del procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege. Per le ragioni che precedono, ne consegue che la competenza a promuovere il procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege, nella fattispecie concreta va individuata nellente parco, non potendosi condividere la tesi del t.a.r. secondo cui l'art. 2, co. 1, della legge n. 426 del 1998 (cfr. anche art. 1, co. 1104, della legge n. 296 del 2006) incide unicamente sul soggetto che destinatario dell'acquisizione, ma non deroga n modifica l'art. 31 del DPR 380 nella parte in cui vengono per il resto disciplinati il potere ed il procedimento per la relativa declaratoria. e) 1. sulla falsa applicazione dellart. 21 septies della l. n. 241/1990. Venendo ora alla illustrazione delle singole censure di violazione di legge, quanto alla violazione degli articoli 29 della L. 394/91, 1, comma 1104 l. 296/2006 e 31, commi 4 e 6 T.U.E., valga quanto argomentato ai superiori punti c) e d) ai quali si rinvia; in merito alla rilevata nullit dellatto amministrativo impugnato per carenza assoluta di potere, agile a questo punto rilevarne la infondatezza. Infatti, se alla luce della interpretazione sistematica sopra offerta la competenza ad accertare linottemperanza va individuata in capo allente parco, ne consegue che latto impugnato, lungi dallessere nullo, appare pienamente legittimo ed espressione di potere amministrativo che, sia pure vincolato, vede contrapposto un interesse legittimo oppositivo e non certo un diritto soggettivo tale da radicare la giurisdizione del g.o. In ogni caso, va detto che la carenza assoluta di potere ricorre, tra le altre fattispecie in essa incluse, quando lAmministrazione emanante latto del tutto estranea al plesso organizzatorio di quella effettivamente competente. Ma, in materia di tutela ambientale non pu predicarsi una tale estraneit tra ente parco e comune, atteso che in materia di autotutela le competenze tra le due PP.AA. si affiancano: oltre al caso del plurivincolo, si pensi alle ipotesi dei condoni edilizi su immobili insistenti in area protetta, per le quali ipotesi la legge n. 47 prevede che il condono non pu essere rilasciato senza lassenso dellente parco; oppure alle ipotesi in cui i vincoli ambientali sono posti dalla pianificazione edilizia comunale tramite il rinvio recettizio ai piani paesaggistici (v. ad es. il p.r.g. di Sabaudia nel Parco del Circeo). In alcuni casi lo stesso Comune autonomamente a non rilasciare il titolo edilizio perch contrastante con il piano del parco o con il regolamento del parco (con ci evitando allente parco di denegare il nulla osta ex art. 13 L. 394/91). CONTENzIOSO NAzIONALE Da tali esempi si ricava che, semmai, non di c.d. acompetenza (per dirla con il Sandulli) si tratta, bens -semmai -di incompetenza relativa che giammai produrrebbe la nullit del provvedimento amministrativo, bens la sua sola annullabilit sindacabile dal g.a. Da qui la censurata violazione dellart. 21 septies della legge sul procedimento e delle norme in tema di nullit degli atti amministrativi, censure che ridondano sulla violazione degli artt. 7 e 35 comma 1, lett. b) del c.p.a., perch il t.a.r. avrebbe dovuto ritenere la giurisdizione e scendere nel merito del giudizio di legittimit (implicitamente ritenendo ammissibile il ricorso). e) 2. la violazione degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione. Si gi detto come la tesi del t.a.r. renderebbe costituzionalmente illegittimo lart. 31 t.u.e. laddove si interpretassero i commi 4 e 6 nel senso che anche nellipotesi di plurivincolo, la competenza ad accertare linottemperanza ed a promuovere il procedimento amministrativo di attuazione della sanzione acquisitiva, spetterebbe al comune. Qui non pu che ribadirsi largomento secondo il quale sarebbe irragionevole che la legge appuntase la competenza alla precostituzione del titolo di immissione in possesso ed alla trascrizione immobiliare della propriet acquisita sul comune che ente del tutto estraneo a tali effetti giuridici ed alla propriet stessa. Per non dire il paradosso che si avrebbe: il comune che non proprietario e non ha ingiunto la demolizione, dovrebbe nellinteresse del parco addirittura trascrivere la acquisizione di un altro ente. Una interpretazione del genere dellart. 31 t.u.e. si pone in evidente contrasto con lart. 3 per la sua irragionevolezza, nonch con lart 97 Cost. sotto il profilo del buon andamento dellazione amministrativa di autotutela ambientale, minando quella tutela del paesaggio garantita dallart. 9, comma 2, Cost. Ed anche per lattivit comunale si avrebbe un vulnus al buon andamento della propria attivit amministrativa, dovendo compiere tutta una serie di atti per i quali non ha alcun interesse pubblico da perseguire. Daltro canto, se per immettersi nel possesso dellarea lente parco dovesse attendere lapertura del procedimento di accertamento dellinottemperanza da parte del Comune (che ricordiamo non essere nella fattispecie lente che ha emesso lordinanza di demolizione e pertanto non nel possesso di tutti gli atti del procedimento sottesi a tale provvedimento), dipenderebbe dalle inerzie amministrative di questultimo (spesso a favore del privato che permarrebbe nellarea e a danno dellambiente), con ci rallentando quella rapidit di azione amministrativa e del suo buon andamento che deve contraddistinguere ogni irrogazione di sanzione amministrativa; esigenza a fortiori apprezzabile quando poi in gioco il bene ambientale protetto leso ed il suo celere ripristino. ISTANzA DI SOSPENSIONE Si chiede la sospensione degli effetti della sentenza poich ritenuti sussistenti entrambi i presupposti del fumus e del periculum. Dalla sospensione degli effetti della sentenza discende automaticamente la validit dellatto impugnato e la prosecuzione della fase amministrativa della attuazione della sanzione, la cui legittimit dovr essere vagliata in sede di rinvio dal t.a.r. a quo ai sensi dellart. 105 c.p.a. (il t.a.r. ha declinato la giurisdizione). Quanto al fumus, valgano i suindicati motivi di impugnazione. Quanto al periculum, trattandosi di attuare la sanzione procedendo lente parco al rimedio ripristinatorio urge che questo sia posto in essere, anche in considerazione del principio di diritto che la attuazione della sanzione deve essere quanto pi prossima allatto illecito. Inoltre, la compromissione del bene ambientale costituisce danno permanente che necessita quanto prima di essere rimediato attraverso la riqualificazione dellarea, previa appunto la sua acquisizione. P.Q.M. SI CONCLUDE Affinch il Consiglio di Stato voglia: 1) in via cautelare, sospendere gli effetti della sentenza impugnata; 2) in accoglimento del presente ricorso, ritenuta la giurisdizione del g.a., riformare questultima, con rimessione della causa al t.a.r. della Campania. 3) Con vittoria di spese, diritti ed onorari del grado giudizio. Ai fini del c.u. da prenotarsi a debito, si dichiara che la causa di valore indeterminabile. Roma, 22 gennaio 2018 Paolo Marchini Avvocato dello Stato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Consiglio di stato, sezione sesta, sentenza 30 marzo 2018 n. 2017 -Pres. L. Maruotti, est. F. Gambato Spisani - Ente Parco nazionale del Vesuvio (avv. St. P. Marchini) c. S.A. (avv. A. Capotorto). (...) 1. Con ordinanza 13 dicembre 2012, n. 43, notificata il 28 dicembre 2012 alla ricorrente appellata, lEnte Parco nazionale del Vesuvio ha ordinato la demolizione delle opere abusive descritte in epigrafe. 2. Con il provvedimento di data 21 settembre 2016, lEnte ha dichiarato lacquisizione gratuita al proprio patrimonio delle opere edilizie abusive ed ha disposto che la responsabile gli corrisponda una indennit mensile di occupazione senza titolo, determinata nel provvedimento stesso, con decorrenza dal 15 maggio 2012 e sino alla data dello sgombero. 3. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il provvedimento di acquisizione, rilevando dufficio che: -lEnte avrebbe emanato latto in difetto assoluto di attribuzione, poich le norme vigenti attribuirebbero il potere di disporre lacquisizione gratuita esclusivamente al Comune nel cui territorio lopera abusiva si trova; -lart. 31 del T.U. 6 giugno 2001, n. 380, avrebbe implicitamente abrogato lart. 2, comma 1, della l. 9 dicembre 1998, n. 426, e lart. 29 della l. 6 dicembre 1991, n. 394, sicch lente gestore di unarea protetta - pur essendo titolare del potere di ingiungere la demolizione e la riduzione in pristino di opere abusive -in caso di inottemperanza a tali ordini non sarebbe titolare anche del potere di disporre lacquisizione gratuita delle opere al proprio patrimonio e di procedere alla immissione in possesso e alla trascrizione. Contro tale sentenza, lEnte Parco Nazionale del Vesuvio ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico articolato motivo di violazione delle norme sopra indicate, sostenendo: -in primo luogo che lacquisizione gratuita non costituirebbe esercizio di potere amministrativo, ma sanzione legale, e quindi che dichiararne lavveramento rientra nella competenza dellEnte che se ne avvantaggia; -in secondo luogo, che comunque non si verserebbe in una fattispecie di carenza di potere o di difetto assoluto di attribuzione e in subordine che lart. 31 del T.U., ove fosse interpretato nel senso affermato dal TAR, sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; - il TAR non avrebbe potuto dufficio rilevare la nullit dellatto impugnato. Lappellata resiste, con memoria 27 febbraio 2018, nella quale contesta le argomentazioni in diritto poste alla base dellappello e difende la motivazione della sentenza impugnata, chiedendo che lappello stesso sia respinto. 4. Ritiene la Sezione che le censure dellappellante siano fondate e vadano accolte, per le ragioni di seguito esposte. 4.1. Innanzitutto, sotto il profilo processuale vanno condivise le deduzioni dellEnte appellante, per le quali il TAR non avrebbe potuto dufficio rilevare la nullit dellatto impugnato in primo grado e comunque non sussistevano i presupposti sostanziali per rilevare tale nullit. Quanto meno, si sarebbe dovuto prospettare la questione allAmministrazione, ai sensi dellart. 73, comma 3, del codice del processo amministrativo. Inoltre, poich le censure di primo grado neppure avevano ipotizzato un difetto di competenza dellAutorit emanante, il TAR si sarebbe dovuto limitare ad esaminare le censure proposte. Neppure si possono considerare sussistenti i presupposti per ravvisare un difetto assoluto di attribuzione, quando un Ente Parco emani un provvedimento in tema di tutela del territorio. CONTENzIOSO NAzIONALE Poich la legislazione di settore ha previsto il dovere del medesimo Ente Parco di prevenire e di reprimere gli abusi edilizi, e di sanzionarli conseguentemente, qualora si prospetti che il medesimo Ente abbia esercitato un potere spettante esclusivamente al Comune, si pone una questione di competenza, e dunque una questione di legittimit dellatto impugnato. Sotto tale profilo, va rimarcato che - anche in tema di competenza - ogni violazione di legge, pi o meno grave, determina lannullabilit del provvedimento, tranne i casi in cui lAutorit emanante non abbia alcun potere nella materia in questione, ci che soltanto configura il difetto assoluto di attribuzione (cfr. Sez. VI, 7 agosto 2013, n. 4167). Poich lEnte Parco senzaltro titolare di poteri-doveri in materia di tutela del territorio, nel caso di abusi edilizi, vanno accolte tutte le censure dellAmministrazione appellante, sulla insussistenza del difetto assoluto di attribuzione e sulla erroneit della rilevazione dufficio di una insussistente patologia dellatto. 4.2. Risultano altres fondate tutte le altre censure dellAmministrazione appellante (da valutare tenendo conto della sussistenza della giurisdizione esclusiva amministrativa in materia urbanistica e delle peculiarit della vicenda posta allesame della Sezione). Nel caso di abusi edilizi cd maggiori, ovvero di opere realizzate in assenza o totale difformit dal necessario permesso di costruire, le sanzioni sono previste in via generale dallart. 31 del T.U. 380/2001, riproduttivo sul punto delle identiche disposizioni gi contenute nella l. 28 febbraio 1985, n. 47. Il Comune, quale ente preposto alla corretta gestione del territorio e titolare del relativo potere di vigilanza, deve ordinare la rimessione in pristino, e la demolizione in cui essa si concreta; in caso di inottemperanza si verifica poi di diritto lacquisizione dellopera abusiva stessa al patrimonio dellente, il quale tenuto a provvedere, ormai quale proprietario, alla rimessione in pristino non ancora effettuata. Quando si tratta di un abuso nellarea protetta rappresentata da un parco nazionale, le sanzioni sono le stesse quanto al contenuto e si deve tener conto delle disposizioni speciali che prevedono le relative competenze. Lart. 29, comma 1, della l. 394/1991 ha previsto che il legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attivit in difformit dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attivit medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilit solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere. I poteri in materia sono stati concentrati nel legale rappresentante dellEnte Parco, il quale nella miglior posizione per valutare se siano o no rispettate tutte le norme di tutela dellarea protetta (che potrebbe interessare anche il territorio di pi Comuni, con i relativi problemi di coordinamento che sorgerebbero, se operasse la tutela ordinaria, demandata a ciascuno di essi). Nel quadro disegnato da questa disposizione, si inserisce lart. 2, comma 1, della l. 426/1998, per il quale nelle aree naturali protette nazionali l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione. Il riferimento alla normativa previgente allart. 31 del T.U., che, come rilevato, aveva un corrispondente contenuto: in base al dato di fatto per cui le attivit in contrasto con la tutela sono di solito rappresentate da opere abusive, si completato il sistema, accentrando anche leffetto della acquisizione gratuita in capo allente gestore. Identica disposizione contenuta nellart. 1, comma 1104, della l. 296/2006, posteriore al RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 T.U.: nelle aree naturali protette l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni. 4.3. Non risulta condivisibile, pertanto, quanto rilevato dalla sentenza impugnata, secondo la quale lart. 31 del T.U. 380/2001 avrebbe operato una abrogazione delle norme di tutela descritte. In primo luogo, si tratta di norme speciali (a tutela delle aree rientranti nel parco), le quali per principio generale non vengono abrogate da una legge generale sopravvenuta. Inoltre, lart. 1, comma 1104 citato, entrato in vigore successivamente allentrata in vigore del T.U. n. 380 del 2001. 4.4. Non risulta nemmeno condivisibile linterpretazione, fatta propria dal TAR, per cui occorrerebbe distinguere fra leffetto legale della acquisizione gratuita, che va a vantaggio del- lente gestore ed automatico, e il potere di dichiarare leffetto stesso, che spetterebbe invece al Comune. Il beneficiario di tale effetto legale, contrariamente a quanto sostiene lappellata, effettivamente lEnte Parco, in forza delle norme speciali appena riportate (che prevalgono sul comma 6 dellart. 31 del T.U., per cui Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune). Si tratta infatti di una normativa generale sulla pluralit di vincoli, l dove listituzione di un parco nazionale non si riduce a un mero vincolo, ma comporta un pi complesso sistema di tutela a s stante (come disposto dalla normativa anche sopravvenuta al testo unico). 4.5. Come correttamente rilevato dallAmministrazione appellante, nel sistema delineato dal- lart. 1, comma 1104, della l. 296/2006, lattribuzione allEnte Parco del potere di acquisizione risulta anche coerente con lesigenza che siano ridotte le questioni di coordinamento tra i Comuni i cui territori facciano parte del parco, in unottica - tenuta presente dal legislatore - secondo cui proprio lEnte Parco lautorit che specificamente preposta alla repressione degli abusi posti in essere allinterno del territorio del parco. 5. Per le ragioni che precedono, lappello va accolto. Poich in questo grado lappellata non ha riproposto le proprie censure di primo grado, in riforma della sentenza impugnata il ricorso di primo grado va respinto. Le spese dei due gradi del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie lappello n. 607 del 2018 e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. 2110/2017, proposto al TAR per la Campania, Sede di Napoli. Condanna lappellata a rifondere allAmministrazione appellante le spese dellintero giudizio, spese che liquida in 2.000 (tremila/00) per ciascuno dei gradi, e cos per complessivi 4.000 (quattromila/00), oltre accessori di legge, se dovuti. Cos deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2018. CONTENzIOSO NAzIONALE esegesi dellart. 96 c.p.a. e termini per limpugnazione incidentale consiGlio di stato, sezione QUinta, sentenza 30 aPrile 2018 n. 2602 La recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. Quinta, ha, tra laltro (par. 7.2), ritenuto tempestivo un appello proposto in via autonoma avverso sentenza gi impugnata dal cointeressato con appello principale, entro il termine ordinario decorrente dalla pubblicazione della sentenza, anche se oltre il termine (in questo caso dimezzato), decorrente dalla notifica dellappello principale, ai sensi dellart. 96 c.p.a. A quanto mi consta si tratta della prima pronuncia in termini sulla questione, successiva allentrata in vigore del predetto Codice. La giurisprudenza citata nella decisione, infatti, pur affermando, in astratto, il principio secondo cui limpugnazione incidentale autonoma nella sostanza un appello autonomo, avente la medesima natura di quello principale, era intervenuta in casi nei quali lappello successivo risultava comunque proposto entro il termine di cui allart. 96 c.p.a. Mentre le opinioni della dottrina rinvenibili sul punto, con specifico riferimento allesegesi dellart. 96, non sembrano fornire utili spunti per sostenere la tempestivit dellappello successivo, proposto nelle condizioni predette. danilo del Gaizo* Consiglio di stato, sezione Quinta, sentenza 30 aprile 2018 n. 2602 -Pres. C. Saltelli, est. A. Rotondano - ITC (avv.ti M. Lombardo, G. Totino, E. Pellicciotti) c. Min. Interno, Commissione Nazionale per il diritto dasilo (avv. St. D. Del Gaizo) e nei confronti di C.I.E.S. (avv.ti A. Lirosi, C. Giangiacomo, N. Lais, C. Pepe) (ricorso r.g. 9724/2016); Min. Interno, Commissione Nazionale per il diritto dasilo c. C.I.E.S e nei confronti di ITC (ricorso r.g. 1008/2017). DIRITTO 6. Va innanzitutto disposta la riunione degli appelli in trattazione, ai sensi dellart. 96, comma 1, c.p.a., in quanto rivolti avverso la stessa sentenza (Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1763). 7. Prima di procedere allesame dei motivi di censura sollevati con gli appelli in trattazione, occorre decidere le questioni preliminari sollevate dalle parti nei propri atti difensivi. (...) 7.2. Deve essere scrutinata leccezione di irricevibilit dellappello proposto dal Ministero dellInterno e dalla Commissione Nazionale per il diritto dasilo formulata dalla difesa di CIES sul presupposto che detta impugnazione sia stata notificata tardivamente, cio oltre i 30 giorni dalla notifica dellimpugnazione principale spiegata da ITC, incardinata dinanzi a (*) Avvocato dello Stato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 questo Consiglio con giudizio RG 9724/2016, in violazione dellart. 96 Cod. proc. amm. Leccezione infondata. Posto che le amministrazioni statali appellanti non hanno proposto appello incidentale, bens un autonomo atto di appello avverso la sentenza segnata in epigrafe che le vedeva soccombenti, deve rammentarsi che, come puntualizzato da Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2015 n. 93, dalle cui conclusioni non vi ragione di discostarsi la giurisprudenza amministrativa formatasi prima dell'avvento del vigente c.P.a. era gi consolidata nel senso che alla luce dell'art. 333 c.p.c., ritenuto applicabile anche al giudizio amministrativo, la parte che avesse ricevuto la notifica dell'altrui appello proposto contro una sentenza aveva, s, l'onere di impugnare quest'ultima in via incidentale, se voleva evitare di incorrere nella decadenza nel- l'ipotesi di mancata riunione dei relativi giudizi, ma ci non precludeva alla parte stessa la possibilit di proporre la propria impugnazione anche in forma autonoma (cfr. ad es. c.d.s., iV, 26 settembre 2007, n. 4970; Vi, 24 febbraio 2011, n. 1166). la giurisprudenza civile, del resto, in assenza di un'espressa indicazione legislativa sull'essenzialit dell'osservanza delle forme del ricorso incidentale, ravvisa tuttora l'idoneit del ricorso successivo a raggiungere il proprio scopo anche ove proposto nelle forme del ricorso principale: e ritiene che solo in difetto di riunione delle due impugnative la pronuncia emessa sulla prima renda improcedibile la seconda, in forza della decadenza con la quale l'art. 333 cod. cit. sanziona la violazione della norma dell'incidentalit delle impugnazioni proposte successivamente (cass. civ., iii, 7 novembre 2013, n. 25054; ss.UU., 7 luglio 2009, n. 15843). orbene, questa impostazione non pu non trovare conferma anche nel sistema del vigente c.P.a., agevole essendo osservare che il suo art. 96 non prevede alcuna sanzione diretta a carico della parte soccombente in prime cure che abbia proposto il proprio appello in forma autonoma anzich incidentale. A ci consegue la tempestivit dellappello in questione, non potendo peraltro sottacersi che a tale conclusione si giunge anche qualificando tale impugnazione come incidentale autonoma che, in conformit al consolidato orientamento di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. III, 2017 n. 3873; sez. IV, 12 giugno 2013, n. 3252; Adunanza Plenaria n. 24 del 2011) nella sostanza un appello autonomo, avente la medesima natura di quello principale: lappellante incidentale, parzialmente soccombente in primo grado, chiede la revisione dei capi o dei punti della sentenza che gli sono sfavorevoli, sicch il suo interesse ad impugnarla nasce da essa e non dallappello principale. ne consegue che all appello incidentale autonomo si applica il regime dellappello principale. infatti, la circostanza che lo stesso vada proposto in forza della regola di concentrazione delle impugnazioni, allinterno del giudizio instaurato con lappello principale, non ne altera lintima struttura, poich incidentale solo la tecnica con la quale viene attivata limpugnazione () e non anche il suo contenuto. (...) CONTENzIOSO NAzIONALE Riflessioni semiserie sullo stile e sulla sostanza delle cose noterella minima a tribUnale amministratiVo reGionale Per il Veneto, sez. i, sentenza 15 maGGio 2018 n. 529 Avendo bazzicato tribunali di provincia ormai da trentacinque anni, gli ultimi venticinque come Avvocato dello Stato, ho sempre considerato con perplessit listituto della cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive di cui allart. 89 c.p.c. e mi sono ben guardato dal ricorrervi per svariate ragioni. In primis, sin dalle scuole elementari ho maturato la convinzione che andare a lamentarsi dalla signora maestra (nel mio caso, un vero Signor Maestro) denotava spesso un certo grado di pusillanimit, attitudine alla delazione e incapacit di reggere un confronto diretto con un avversario risolvendo i conflitti in autonomia e concedendo e ottenendo reciproco rispetto. Crescendo la sensazione si rafforzata ed maturata la convinzione che ad essere offensive e sconvenienti pi che le espressioni siano talvolta le personalit, che il ricorso allAutorit per la cancellazione sia un cedimento alla propria permalosit, vizio ineliminabile negli avvocati, e ad un notevole senso di inadeguatezza e che in definitiva le sciocchezze scritte potessero benissimo rimanere sulla carta, a documentum delloccasione e a monumentum del loro Autore. Tra le molte migliaia di cause trattate, anche a muso duro, riesco a ricordare solo due occasioni nelle quali il patrocinatore avversario ha ritenuto di chiedere nei miei confronti lapplicazione dellinfamante art. 89. Nel primo caso, di alcuni anni fa, la richiesta, ovviamente disattesa in ogni fase processuale in cui stata proposta e riproposta, si inquadrava in un contenzioso molto avvelenato, con ingenti e largamente infondate aspettative economiche, condito di attacchi mediatici, lettere anonime, agguati di Iene (nel senso di inviati del programma televisivo) e, dulcis in fundo, espostino al C.A.P.S. Recentissima invece la seconda occasione, documentata nella allegata sentenza del TAR per il Veneto (tra laltro, cessata materia del contendere a spese compensate!) e relativa ad un porto darmi non rinnovato ad un anziano cacciatore e poi alla fine concesso dallAmministrazione dopo unordinanza cautelare. Riporto quanto censurato dalla controparte: Si espone, richiamando la documentazione gi dimessa dalla controparte e in particolare il correttamente motivato provvedimento impugnato. Nulla vale, ai fini che ci occupa, la remissione della querela da parte del fratello del (..), picchiato dopo essere gi stato pi volte minacciato di morte RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 e infine anche con unarma dal ricorrente. Lo stesso non pu non essere posto in relazione con lepisodio del 1997, quando il ricorrente era gi ampiamente maturo e quasi cinquantenne, ai danni di due guardie venatorie, pure esse minacciate di morte dallappassionato cacciatore. Labitudine a proferire minacce di morte, ad alzare le mani, a praticare violenza verbale e fisica sono segnali inequivoci che indicano come la comunit sia pi sicura tenendo il signor (..). lontano dalle armi. Convinzione che, col rispetto dovuto al Giudice Amministrativo che ha ritenuto di non considerare unitariamente i due episodi, di valutare la risalenza nel tempo del primo e la remissione della querela nel secondo, e allAutorit Amministrativa che ha preferito adeguarsi, sommessamente mantengo sperando che il sig. (..) non abbia a litigare con nessuno, con fucile o senza, e che il suo avvocato non se la prenda se qualcuno risponde per le rime. Marco Meloni* tribunale amministrativo Regionale per il Veneto, sezione Prima, sentenza 15 maggio 2018 n. 529 -Pres. Nicolosi, est. Dato. FATTO 1. Con provvedimento prot. n. Cat.6.L/Amm/17 del 1 febbraio 2017, notificato il successivo 5 febbraio 2017, il Questore ... ha rigettato l'istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile, presentata dal ricorrente in data 17 marzo 2015, sulla base di due episodi: il deferimento del ricorrente all'autorit giudiziaria, a seguito di una querela sporta contro di esso da due guardie venatorie per un diverbio avvenuto durante un servizio di vigilanza, per i reati di minaccia grave e di turbamento di servizio pubblico o di pubblica necessit (procedimento penale conclusosi con l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.), ed un ulteriore deferimento del ricorrente all'autorit giudiziaria a seguito di querela proposta dal fratello, dopo un litigio con quest'ultimo per essere stato minacciato con una carabina, per i reati di minaccia grave e di percosse. 2. In data 8 aprile 2014 la Questura, conosciuto il secondo episodio citato, provvedeva a notificare all'odierno ricorrente l'avvio del procedimento di revoca della licenza di porto di fucile. 3. In data 23 giugno 2015, veniva notificato al ricorrente l'avviso di avvio del procedimento di respingimento istanza di rinnovo di porto di fucile per uso di caccia a seguito della imminente scadenza dell'ultima licenza. 4. In data 7 luglio 2015, il ricorrente depositava, presso lUfficio Licenze della Divisione Amministrativa e Sociale della Questura, una memoria difensiva nella quale si opponeva al respingimento dell'istanza di rinnovo di porto di fucile. 5. In relazione al secondo deferimento all'autorit giudiziaria, in data 12 maggio 2016, il fratello del ricorrente rimetteva la querela proposta; tale remissione veniva accettata dal ricorrente in data 28 settembre 2016. (*) Avvocato dello Stato. CONTENzIOSO NAzIONALE 6. Il 6 dicembre 2016 il ricorrente trasmetteva alla Questura copia dell'avvenuta remissione di querela e della accettazione della stessa. Il successivo 14 dicembre 2016, i Carabinieri di ... inoltravano una comunicazione alla Questura nella quale davano atto che la condotta di - OMISSIS-era "tale da far credere nel suo ravvedimento". Il 17 dicembre 2016 veniva prodotta una seconda memoria difensiva nella quale, con riferimento al secondo episodio, si evidenziava che la carabina con la quale il fratello del ricorrente era stato minacciato, oltre a non essere carica, non fosse un arma con caratteristiche tali da poter uccidere. 7. Il Questore come sopra detto, il successivo 1 febbraio 2017, respingeva l'istanza presentata dal ricorrente; il successivo 7 marzo 2017, il ricorrente decideva di proporre ricorso gerarchico, dinnanzi al Prefetto, avverso il diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia e chiedeva la revoca del provvedimento del Questore. 8. In data 30 agosto 2017, con provvedimento prot. n. 0055284, notificato con nota prot. n. 0055289 in pari data, il Preftto respingeva il ricorso gerarchico presentato da -OMISSIS-. 9. Il ricorrente, pertanto, proponeva ricorso giurisdizionale, impugnando gli atti in epigrafe di cui chiedeva l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia. 10. Si costituito in giudizio il Ministero dell'Interno che ha chiesto la reiezione delle domande proposte dal ricorrente. 11. Con ordinanza 7 dicembre 2017, n. 611 questo Tribunale Amministrativo Regionale, Sez. I, accoglieva l'istanza di sospensione "ai fini del riesame della posizione giuridica del ricorrente" sulla base dei principi affermati nella medesima ordinanza. 12. Successivamente alla pronuncia della predetta ordinanza cautelare - come rileva il ricorrente nella memoria depositata in data 20 marzo 2018 - l'Amministrazione resistente ha dapprima annullato in autotutela l'atto impugnato e poi, a seguito di avvio di nuovo procedimento, ha rilasciato brevi manu una nuova "licenza di porto di fucile" n. 867884-0, valida per sei anni dalla data del rilascio ovvero con scadenza 28 febbraio 2024. Pertanto, il ricorrente ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere ai sensi dell'art. 34, comma 5, c.p.a, a spese compensate ma con condanna dell'Amministrazione alla restituzione del costo del contributo unificato, pari a Euro. 650,00, in base al principio della soccombenza virtuale, invocabile per individuare la parte tecnicamente soccombente su cui ricade l'obbligazione legale di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 13. All'udienza pubblica del 9 maggio 2018 il Collegio ha preso atto della dichiarazione di cessata materia del contendere evidenziata in memoria da parte ricorrente ed il ricorso stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Il Collegio ravvisa validi motivi per dichiarare cessata la materia del contendere, ai sensi dell'art. 34, u. c., c.p.a., per le ragioni di seguito indicate. 1.1. Come costantemente affermato dalla giurisprudenza, nel caso in cui il giudice sospenda in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l'Amministrazione vi si adegui, con l'adozione di un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non si ha improcedibilit del ricorso, n cessazione della materia del contendere (se l'atto, rispettivamente, sia sfavorevole o favorevole al ricorrente), giacch l'adozione non spontanea dell'atto con cui si data esecuzione alla sospensiva non produce la revoca del precedente provvedimento impugnato e ha una rilevanza solo provvisoria, in attesa cio che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo. Se, invece, a seguito dell'ordinanza cautelare di sospensione, l'Amministrazione effettui una nuova valutazione ed adotti un atto espressione di nuova volont di provvedere, che costituisca RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 cio un nuovo giudizio, autonomo e indipendente dall'esecuzione della pronuncia cautelare, allora il ricorso nei confronti del precedente provvedimento gravato diventa improcedibile, ovvero si ha cessazione della materia del contendere laddove si tratti di un atto con contenuto del tutto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 4 settembre 2017, n. 4188; T.A.R. Sardegna, sez. I, 27 aprile 2018, n. 380; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 2 marzo 2018, n. 2383; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 9 febbraio 2018, n. 55). Orbene, risulta doveroso constatare che l'obbligo di attuazione della pronuncia interinale non comporta sempre e comunque una mera attivit di esecuzione in senso stretto, bens ben si presta a determinare una completa riedizione del procedimento. Al fine di correttamente configurare la natura del provvedimento adottato in attuazione del- l'ordinanza cautelare, riveste sicuro carattere dirimente l'accertamento della permanenza in capo all'Amministrazione di un margine di scelta nell'ottemperare al dictum dell'ordinanza stessa, ossia l'esistenza o meno di profili sostanziali della vicenda che possano essere considerati non coperti dal "giudicato cautelare". Ci detto, il Collegio ritiene che, ove si tratti - come nell'ipotesi in trattazione - di ordinanza di accoglimento dell'istanza cautelare "ai fini del riesame" - tali profili sussistano. Come si trae dall'orientamento giurisprudenziale consolidato, , infatti, inequivoco che, in tutti i casi in cui sia disposto il "riesame", la sfera di "autonomia" dell'Amministrazione resta intatta nel senso che quest'ultima meramente tenuta a "rivalutare la situazione alla luce dei motivi di ricorso" e, dunque, gode di libert di determinazione nell'assunzione del nuovo atto, essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l'assetto di interessi definiti con l'atto gravato, restituendo quindi all'Amministrazione l'intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 13 luglio 2017, n. 1112; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 31 maggio 2017, n. 1464; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 20 gennaio 2017, n. 1067). 1.2. Posto che - sulla base dei rilievi in precedenza riportati - il provvedimento di autotutela dell'atto impugnato, e poi, a seguito di avvio di nuovo procedimento, il rilascio di nuova "licenza di porto di fucile" devono essere intesi come espressione dell'esercizio di funzione amministrativa e non di mera attivit esecutiva dell'ordinanza cautelare n. 611/2017 di questo Tribunale Amministrativo Regionale, assolutamente idonei -in quanto tali -a sostituirsi ai provvedimenti in precedenza adottati, e accertato, ancora, che il ricorrente ha esplicitamente riconosciuto il sopravvenuto soddisfacimento del proprio interesse (cfr. memoria depositata in data 20 marzo 2018), il Collegio -come gi anticipato -ravvisa validi motivi per dichiarare cessata la materia del contendere. 2. Deve essere esaminata, a questo punto, la domanda proposta in sede di camera di consiglio del 6 dicembre 2017 dalla difesa della parte ricorrente in ordine all'espunzione di alcune frasi ed espressioni ritenute offensive contenute alle righe dalla numero 4 alla numero 11 della memoria dell'Amministrazione resistente depositata in data 15 novembre 2017; la medesima difesa ha chiesto che ne sia dato atto in ordinanza. Nella predetta ordinanza cautelare n. 611/2017 stata riservata al merito la decisione sulla richiesta di espunzione delle frasi contenute nella memoria dell'Amministrazione resistente. 2.1. Il Collegio reputa, tuttavia, insussistenti i presupposti per accogliere l'istanza de qua. Ed invero, la cancellazione delle espressioni ritenute offensive o sconvenienti ex art. 89 c.p.c. -applicabile al processo amministrativo in virt del richiamo ex art. 39, comma 1, c.p.a. (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 aprile 2018, n. 1065) - va esclusa allorch il loro uso non risulti dettato da un passionale ed incomposto intento dispregiativo ed offensivo nei con CONTENzIOSO NAzIONALE fronti della controparte, conservando invece un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, essendo infatti preordinato a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilit delle sue affermazioni (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 12 aprile 2018, n. 3999; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 22 febbraio 2018, n. 504). Nel caso di specie, le espressioni utilizzate dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, seppure caratterizzate da una certa enfasi, non eccedono comunque gli scopi difensivi e l'oggetto del giudizio n sono trascese al piano dell'offesa gratuita ed avulsa dalla vis polemica che connota il dibattito tra le parti in causa e, inoltre, risultano in rapporto di strumentalit rispetto al diritto di difesa. Per queste ragioni, non sussistono i presupposti per disporre la cancellazione in questione. 3. In ordine alla statuizione sulle spese, parte ricorrente ne ha chiesto con memoria la compensazione. 4. Per quanto attiene, invece, all'obbligazione di pagamento del contributo unificato, di cui parte ricorrente ha chiesto la rifusione in base al principio della soccombenza virtuale, va in primo luogo rilevato che l'art. 13, comma 6 bis.1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 2, comma 35 bis, lett. e), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, dispone che "l'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi [contributo unificato] dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si costituita in giudizio". Secondo la giurisprudenza, il contributo unificato di cui agli artt. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, oggetto di una obbligazione ex lege sottratta alla potest del giudice, sia quanto alla possibilit di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare, gi predeterminato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285; Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2014, n. 1160). A prescindere dal regolamento delle spese di giudizio la parte soccombente, dunque, ad essere comunque tenuta a rimborsare a quella vittoriosa il contributo unificato da essa versato, senza che nulla debba essere dichiarato in sentenza. Tuttavia, nel caso in cui il giudizio venga definito mediante declaratoria di improcedibilit per sopravvenuta carenza di interesse o di cessata materia del contendere, il Collegio deve farsi carico di indicare la parte soccombente proprio ai fini della individuazione della parte su cui ricade l'obbligo del pagamento del contributo unificato. Anche a tale proposito, peraltro, soccorre il ricordato principio della soccombenza virtuale (che costituisce un'applicazione del principio di causalit: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2482), invocabile per individuare la parte tecnicamente soccombente su cui ricade l'obbligazione legale de qua (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 29 aprile 2015, n. 6211). Nel caso in esame, va ritenuta la soccombenza virtuale dell'Amministrazione resistente, tenuto conto che la stessa ha adottato un provvedimento - che ha costretto il ricorrente ad attivare il rimedio giurisdizionale -salvo poi eliminarlo dal mondo giuridico con il successivo intervento in autotutela; infine, la medesima Amministrazione resistente ha attribuito al ricorrente l'agognato titolo. 5. In conclusione, va dichiarata la cessata materia del contendere ai sensi dell'art. 34, u.c., c.p.a. 6. Le spese di lite possono essere compensate in conformit a quanto richiesto dalla parte ricorrente. 7. In applicazione del richiamato principio della soccombenza virtuale, l'Amministrazione resistente va condannata alla refusione del contributo unificato in favore di parte ricorrente. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere. Spese compensate. Condanna l'Amministrazione resistente al rimborso in favore della parte ricorrente del contributo unificato versato per la proposizione del ricorso. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignit della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalit nonch di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente. Cos deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2018. LegisLazioneedattuaLit Lobbligo vaccinale di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73. Linteresse della collettivit quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute Leonello Mariani, Enrico De Giovanni, Maurizio Borgo, Annalisa Tricarico (*) Il presente scritto ha ad oggetto la disposizione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, conv. con modif. dallart. 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119, che prevede che il soggetto immunizzato naturalmente adempia allobbligo vaccinale di norma e comunque nei limiti delle disponibilit del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente lantigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione (articolo 1, comma 2) e le conseguenze del rifiuto -eventualmente opposto dai genitori/tutori o affidatari -di far somministrare ad un minore un vaccino combinato in cui sia presente anche lantigene per la malattia infettiva per la quale questultimo sia immunizzato. Alla luce della situazione epidemiologica del Paese, attraverso lanalisi delle pronunce della Consulta e degli altri organi giurisdizionali, partendo dal dato positivo di cui al richiamato articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017, si inteso verificare se questultimo sia o meno in grado di resistere ad un test di costituzionalit. In particolare, atteso che esiste il dovere dellindividuo di non ledere n porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui e che le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunit, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti obbligatori, posti in essere anche nellinteresse della persona stessa (Corte cost., sentt. nn. 218/1994 e 399/1996, richiamate dalla sent. n. 5/2018), si proceduto (*) Leonello Mariani, Vice Avvocato Generale dello Stato. Enrico De Giovanni, Avvocato dello Stato. Maurizio Borgo, Avvocato dello Stato, Capo Ufficio Legislativo Ministero della salute. Annalisa Tricarico, Dirigente Ufficio Legislativo Ministero della salute, Dottore di ricerca in Dottrine generali del diritto. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 ad applicare alla disposizione in questione il criterio del ragionevole contemperamento degli interessi in gioco per appurare se siano stati o meno rispettati i limiti entro i quali possibile imporre legittimamente trattamenti sanitari, tenendo nella dovuta considerazione anche la circostanza che il mancato assolvimento dellobbligo vaccinale comporta limpossibilit di accedere ai servizi educativi per linfanzia e alla scuola dellinfanzia (articolo 3, d.l. n. 73 del 2017), oltrech lirrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (articolo 1, d.l. n. 73 .del 2017). Sommario: 1. Limportanza delle strategie vaccinali - 2. il disposto del decreto-legge n. 73 del 2017 - 2.1. Lambito di applicazione dellobbligo vaccinale - 2.2. adempimenti vaccinali e accesso ai servizi educativi per linfanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie -2.2.1. La formazione delle classi - 3. Lobbligo vaccinale di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017: linteresse della collettivit quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute - 3.1. il fondamento tecnico-sanitario dellobbligo di cui allart. 1, comma 2, decreto-legge n. 73 del 2017 - 3.2. Le motivazioni giuridiche dellobbligo di cui allart. 1, comma 2, decreto-legge n. 73 del 2017 - 3.2.1. i trattamenti sanitari obbligatori: lorientamento della giurisprudenza e della dottrina -3.2.2. Linsussistenza del principio di autodeterminazione del singolo in rapporto al dovere dei genitori di adottare misure idonee ad evitare pregiudizi per la salute dei figli minori - 3.3. il diritto alla tutela della salute e il dovere di solidariet sociale - 3.4. il diritto alla tutela della salute, il diritto allistruzione e il principio di eguaglianza -3.5. il diritto alla tutela della salute e il principio di precauzione. 1. Limportanza delle strategie vaccinali. L8 giugno 2017 entrato in vigore il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, con il quale stato esteso il novero delle vaccinazioni da somministrare obbligatoriamente ai minori di et compresa tra zero e sedici anni, che non presentino controindicazioni temporanee o assolute alla vaccinazione e che non siano esonerati, in quanto immunizzati a seguito di malattia naturale. Lapprovazione del menzionato decreto da parte del Consiglio dei Ministri ha suscitato, sin da subito, un acceso dibattito nellopinione pubblica, che, coinvolgendo la comunit scientifica e le diverse Istituzioni competenti, ha accompagnato liter parlamentare di conversione in legge. Al fine di delineare compiutamente il contesto socio-culturale ed organizzativo in cui si inserisce il decreto-legge in esame, non pu non evidenziarsi che, nella storia della medicina occidentale, lintroduzione delle vaccinazioni ha rappresentato lintervento di sanit pubblica pi importante per lumanit. Esse, limitando la suscettibilit, individuale e di gruppo, alle infezioni, hanno, determinato il ridursi della diffusione di molte malattie contagiose, risultando spesso necessarie per la completa eradicazione di patologie che costituivano veri e propri flagelli sociali. In Italia, lofferta delle vaccinazioni si evoluta nel corso degli anni pa LEGISLAzIonE ED ATTUALIT rallelamente al progredire delle conoscenze tecnico-scientifiche e delle condizioni socio-economiche della nazione. In passato, lobbligatoriet e la gratuit delle vaccinazioni hanno costituito uno strumento per garantire luniformit dellofferta alla popolazione, al fine di evitare - per quanto possibile - situazioni di disparit nellaccesso ai servizi e agli interventi di profilassi sanitaria diretta. A livello mondiale, lobbligo vaccinale si dimostrato un ottimo mezzo per addivenire alleradicazione globale del vaiolo e, recentemente, alleliminazione della poliomielite dalle regioni delle Americhe, del Pacifico occidentale, dellEuropa e del Sud-Est Asiatico (secondo la divisione geografica dellorganizzazione Mondiale della Sanit -oMS), in cui vive circa l80% della popolazione globale. In Italia, attraverso lintroduzione, nel secolo scorso, dellobbligo di vaccinazione e di strategie vaccinali di massa, sono stati ottenuti ottimi risultati in termini di controllo della difterite, del tetano, della poliomielite, dellepatite virale B (1). Al fine di garantire e agevolare il controllo delladempimento dellobbligo vaccinale, larticolo 47 del d.P.r. 22 dicembre 1967, n. 1518, in materia di servizi di medicina scolastica, imponeva la presentazione delle certificazioni attestanti lintervenuta vaccinazione, pena il rifiuto delliscrizione a scuola; lobbligo vaccinale era inoltre presidiato da sanzioni penali a carico dei genitori inadempienti. Grazie anche a tali previsioni normative, negli anni novanta del secolo scorso la copertura vaccinale aveva raggiunto, per i vaccini anti-difterite e anti-tetano, la soglia del 95% e, per il vaccino anti-poliomielite, del 98% (2). Proprio il successo delle strategie vaccinali, che ha condotto, in quegli anni, alla scomparsa pressoch totale di alcune malattie, ha determinato la riduzione della percezione della pericolosit del contagio, agevolando, in parallelo, il diffondersi di movimenti di opinione contrari alla pratica vaccinale, anche per motivi ideologici o religiosi. Si cos giunti ad escludere che la vaccinazione costituisse requisito per liscrizione alla scuola. In particolare, il d.P.r. 26 gennaio 1999, n. 355, novellando il citato art. 47 del d.P.r. n. 1518 del 1967, pur prevedendo lobbligo dei direttori delle scuole e dei capi degli istituti di istruzione pubblica o privata di accertare, allatto dellammissione alla scuola o agli esami, se fossero state praticate agli alunni le vaccinazioni e le rivaccinazioni obbligatorie -richiedendo la presen (1) Il relativo obbligo vaccinale stato introdotto, rispettivamente, per la difterite con la legge 6 giugno 1939, n. 891, per il tetano con la legge 5 marzo 1963, n. 292, per la poliomielite con la legge 4 febbraio 1966, n. 51, per lepatite virale B con la legge 27 maggio 1991, n. 165. (2) Cfr. dati riportati sul sito internet dellorganizzazione Mondiale della Sanit (oMS). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 tazione della relativa certificazione o di una dichiarazione sostitutiva e prescrivendo, in caso di mancata presentazione del certificato o della dichiarazione, lobbligo di comunicazione del fatto allunit sanitaria locale di appartenenza e al Ministero della sanit, per i provvedimenti di competenza -, aveva stabilito: la mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione dellalunno alla scuola dellobbligo o agli esami. nei fatti, entrambi gli obblighi -di controllo e di segnalazione -sono stati largamente disattesi, tantՏ vero che al Ministero della salute pervenivano, ogni anno, una decina di segnalazioni, mentre, dai dati raccolti per calcolare le coperture vaccinali, risulta che i non vaccinati fossero alcune decine di migliaia lanno. E, parimenti, inosservato risultava lobbligo dei sanitari competenti di segnalare linadempimento allautorit giudiziaria ai fini delleventuale adozione, nei confronti dei genitori, dei provvedimenti previsti dagli artt. 330 e ss. del codice civile. A tutto ci si aggiunga che, per effetto dellintervenuta depenalizzazione di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, ladempimento dellobbligo vaccinale, originariamente presidiato -come detto -da sanzioni penali, era accompagnato da sanzioni amministrative pecuniarie irrisorie (rispettivamente, per la mancata effettuazione della vaccinazione anti-poliomielitica fino a 154,94 euro, per quella anti-tetanica fino a 51,65 euro e per quella anti-epatitica B da 51,65 a 258,23 euro). In definitiva, a decorrere dal 1999, anche in ragione del raggiungimento di soddisfacenti coperture vaccinali, il sistema delle vaccinazioni, fino ad allora basato sullobbligatoriet, si fondato sulladesione consapevole, volontaria e responsabile alle pratiche vaccinali da parte dei genitori. Peraltro, con il Piano Sanitario nazionale (PSn) 1998-2000 fu ribadita limportanza del raggiungimento di adeguate coperture oltrech per le vaccinazioni - gi allora - obbligatorie anche per quelle raccomandate, ritenute altrettanto importanti ed efficaci per la tutela della salute individuale e collettiva. Le vaccinazioni raccomandate (ad esempio, contro la pertosse, il morbillo, la parotite, la rosolia, le infezioni da Haemophilus influenzae tipo B), sebbene non imposte per legge, erano infatti ritenute utili quanto quelle obbligatorie e, come tali, inserite nel Calendario vaccinale. non a caso, in tutti i documenti programmatori, la differenziazione tra vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni raccomandate stata mantenuta solo sul piano formale, in quanto non mai stata fatta una distinzione - in termini di priorit da perseguire -tra gli obiettivi di copertura vaccinale da raggiungere per le une o per le altre, tutte ritenute ugualmente importanti. Da ultimo, il 19 gennaio 2017, la Conferenza Stato-regioni ha approvato il Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale (dora in avanti, per brevit, anche PnPV) 2017-2019 (3), con lo scopo primario dellarmonizzazione delle stra LEGISLAzIonE ED ATTUALIT tegie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente da luogo di residenza, reddito e livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione, intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso lequit nellaccesso a vaccini di elevata qualit, anche sotto il profilo della sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il pi possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione di livello eccellente. In tale Piano, si evidenzia che il successo dei programmi vaccinali si fonda sia sulla protezione del singolo sia sul raggiungimento e sul mantenimento, nella popolazione, di coperture vaccinali a livelli tali da consentire di controllare efficacemente la circolazione del virus o batterio e, quindi, la diffusione delle rispettive malattie infettive sullintero territorio nazionale. Inoltre, tenuto conto del fatto che la vaccinazione rappresenta, ancor prima che una pratica sanitaria, unopportunit di salute che, per evidenti ragioni di parit di trattamento, deve essere garantita, senza distinzioni di sorta, a tutti (cittadini e stranieri), i vaccini -obbligatori e raccomandati - previsti dal nuovo Calendario del PnPV 2017-2019 sono stati inseriti nel d.P.C.M. 12 gennaio 2017, recante la definizione e laggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (c.d. nuovi LEA): il che, tra laltro, dimostra la loro efficacia, sicurezza ed utilit per il benessere del singolo e della collettivit. Tuttavia, proprio il successo delle strategie vaccinali, che ha determinato leliminazione pressoch totale di alcune malattie e, quindi, una riduzione della percezione della pericolosit del contagio e della gravit delle infezioni, ha favorito, negli ultimi anni, anche per effetto del concomitante diffondersi di teorie miranti ad enfatizzare la frequenza e la gravit degli eventi avversi conseguenti alle vaccinazioni, il sorgere di movimenti di opinione contrari alle stesse e laumento della fiducia riposta in pratiche di medicina c.d. alternativa. Peraltro, tra le ragioni che hanno contribuito a creare un clima di diffidenza verso le vaccinazioni va annoverata non solo la scarsa informazione circa la gravit delle conseguenze -talvolta anche letali -che possono derivare da patologie che sarebbero facilmente evitabili con il ricorso alla pratica vaccinale, ma anche il disorientamento creato dalle differenze esistenti tra le varie regioni e, addirittura, tra le aziende sanitarie locali della stessa regione in merito allofferta vaccinale (tipi di vaccini obbligatori e raccomandati, et di inizio del ciclo vaccinale, numero di dosi previste per il ciclo di base e i successivi richiami). Il risultato stato che, recentemente, si registrato un progressivo ed inesorabile trend in diminuzione nel ricorso alle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, con una discesa della copertura vaccinale nazionale al di (3) Cfr. Intesa raggiunta, ai sensi dellart. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano - rep. atti n. 10/CSr, pubblicata sulla G.U. del 18 febbraio 2017. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 sotto del 95%, soglia raccomandata dallorganizzazione Mondiale della Sanit per raggiungere la c.d. immunit di gregge, per proteggere, cio, indirettamente anche coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi. Particolarmente preoccupanti sono risultati i dati relativi alle coperture vaccinali del morbillo e della rosolia, addirittura scesi di cinque punti percentuali tra il 2013 e il 2015 (per i nati nel 2012), dal 90,4% all85,3% (dato inferiore a quello raggiunto nel 2004 e poi cresciuto fino al 2012), valori, questi, che, tra laltro, rischiano di far fallire il Piano globale di eliminazione del morbillo e della rosolia -cui ha aderito anche la regione europea delloMS -il quale mira ad eliminare dallEuropa sia il morbillo che la rosolia entro il 2020 (4). nel 2017, si verificata in Italia una vera e propria epidemia di morbillo, responsabile di quasi 5000 casi e 4 decessi (5). E il morbillo non che una malattia epifanica, la quale, manifestandosi prima delle altre, funge da campanello dallarme, non ignorabile. In definitiva, la significativa diminuzione delle coperture vaccinali che ha riguardato tutte le malattie, comprese quelle per le quali lItalia aveva gi raggiunto ottimi risultati con lutilizzo della vaccinazione esavalente (epatite B, difterite, poliomielite, Haemophilus influenzae di tipo B, pertosse, tetano), i rischi connessi allimminente riapertura delle scuole, la esigenza di adeguare lorganizzazione dei servizi delle aziende sanitarie locali alla nuova strategia vaccinale, il tempo indispensabile a garantire lefficacia delle campagne di comunicazione, la necessit e lurgenza -pi volte insistentemente rappresentata dalloMS e dalla comunit scientifica nazionale e internazionale -di un tempestivo intervento di recupero e contenimento del rischio epidemico, soprattutto per proteggere coloro che non rispondono efficacemente alle vaccinazioni, nonch i soggetti che, a causa di particolari condizioni patologiche, non possono essere vaccinati, hanno suggerito ladozione, con effetto immediato, di misure che valessero ad estendere e a rendere effettivo lobbligo di vaccinazione. 2. il disposto del decreto-legge n. 73 del 2017. Si illustra, di seguito, sinteticamente, per i fini di cui al presente scritto, il disposto del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dallarticolo 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119. Al riguardo, non si pu prescindere dallevidenziare che, per effetto del procedimento di conversione, il decreto-legge stato integrato da disposizioni che, pur senza stravolgerne limpianto di base e la ratio ispiratrice, hanno, in vario modo, modulato la disciplina originaria, agevolando, per quanto possibile, le famiglie, nelladempimento degli obblighi vaccinali (6), e le istituzioni, (4) Cfr. dati sulle coperture vaccinali riportati sul sito internet delloMS. (5) Bollettino pubblicato sul sito internet dellIstituto superiore di sanit. (6) Ad esempio, per facilitare ladempimento dei nuovi obblighi vaccinali, inserendo il comma LEGISLAzIonE ED ATTUALIT nei controlli loro spettanti (7), e riducendo il numero delle vaccinazioni obbligatorie (da 12 a 10), nonch introducendo, per alcune, un regime di obbligatoriet suscettibile di cessazione, in relazione allandamento dei dati epidemiologici e del grado di copertura vaccinale (art. 1, commi 1-bis e 1-ter), e, per altre, un regime di non-obbligatoriet (art. 1, comma 1-quater). 2.1. Lambito di applcazione dellobbligo vaccinale. Per effetto delle modifiche intervenute durante liter di conversione, il numero delle vaccinazioni obbligatorie, individuate dallart. 1, comma 1 pari a sei: a) anti-poliomielitica; b) anti-difterica; c) anti-tetanica; d) anti-epatite B; e) anti-pertosse; f) anti-Haemophilus influenzae tipo b. Ai sensi del comma 1-bis del medesimo art. 1, sono altres obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-morbillo; b) anti-rosolia; c) anti-parotite; d) anti-varicella (8). 1-bis, stata attribuita alle regioni e alle province autonome la possibilit di prevedere la prenotazione gratuita delle vaccinazioni di cui allart. 1 presso le farmacie convenzionate aperte al pubblico attraverso il Centro Unificato di Prenotazione (Sistema CUP), di cui al decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153. (7) Cfr. il disposto dellarticolo 3-bis del d.l n. 73 del 2017. (8) Pertanto: i nati dal 2001 al 2004 hanno lobbligo di effettuare, ove non lo abbiano gi fatto, le quattro vaccinazioni gi imposte per legge (anti-epatite B; anti-tetano; anti-poliomielite; anti-difterite) e lanti-morbillo, lanti-parotite, lanti-rosolia, lanti-pertosse e lanti-Haemophilus influenzae tipo b, che sono vaccinazioni raccomandate dal Calendario vaccinale di cui al D.M. 7 aprile 1999, nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per let evolutiva e dal Piano nazionale Vaccini 1999-2000 (Accordo Stato-regioni del 18 giugno 1999 - G.U. Serie Generale n. 176 del 29 luglio 1999 - suppl. n. 144); per i nati dal 2005 al 2011, obbligatorio attenersi al Calendario vaccinale incluso nel Piano nazionale Vaccini 2005-2007 (Accordo Stato-regioni del 3 marzo 2005 - G.U. Serie Generale n. 86 del 14 aprile 2005, suppl. n. 63), che prevede, oltre alle quattro vaccinazioni gi imposte per legge, anche lanti-morbillo, lanti-parotite, lanti-rosolia, lanti-pertosse e lanti-Haemophilus influenzae tipo b; i nati dal 2012 al 2016 devono attenersi al Calendario vaccinale incluso nel Piano nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014 (Intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2012 - G.U. Serie Generale n. 60 del 12 marzo 2012, suppl. n. 47), e, quindi, effettuare oltre alle quattro vaccinazioni gi imposte per legge, anche lanti-morbillo, lanti-parotite, lanti-rosolia, lanti-pertosse, lanti-Haemophilus influenzae tipo b; rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Peraltro, come anticipato, il comma 1-ter dellarticolo 1 prevede che: Sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate in attuazione delle vigenti disposizioni di legge e delle coperture vaccinali raggiunte nonch degli eventuali eventi avversi segnalati in attuazione delle vigenti disposizioni di legge, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dellattuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del ministro della salute 19 gennaio 2017, il ministro della salute, con decreto da adottare decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e successivamente con cadenza triennale, sentiti il Consiglio superiore di sanit, lagenzia italiana del farmaco (aiFa), listituto superiore di sanit e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, pu disporre la cessazione dell'obbligatoriet per una o pi delle vaccinazioni di cui al comma 1-bis. in caso di mancata presentazione alle Camere degli schemi di decreto, il ministro della salute trasmette alle Camere una relazione recante le motivazioni della mancata presentazione nonch i dati epidemiologici e quelli sulle coperture vaccinali. Per quanto concerne lambito soggettivo dellobbligo vaccinale, va precisato che esso riguarda i soli minori di et compresa tra zero e sedici anni; inoltre, con lesplicita inclusione dei minori stranieri non accompagnati di tale et, stato declinato il disposto dellart. 34 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dallart. 14 della legge 17 aprile 2017, n. 47, ai sensi del quale, i minori stranieri non accompagnati sono obbligatoriamente iscritti al Servizio sanitario nazionale ed loro assicurata parit di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene allassistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni dopo il loro ritrovamento sul territorio nazionale. Lart. 1-quater ha conferito dignit legislativa alle raccomandazioni contenute nel PnPV 2017-2019 per le vaccinazioni anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica e anti-rotavirus, disponendo che le regioni ne assicurino lofferta attiva e gratuita, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita (9). i nati dal 2017, dal momento che il 19 gennaio 2017 stato approvato, con Intesa in Conferenza Stato-regioni il nuovo Piano nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (G.U. Serie Generale n. 41 del 18 febbraio 2017), dovranno rispettare il Calendario vaccinale in esso incluso; quindi, oltre alle quattro vaccinazioni gi imposte per legge, ai fini del decreto-legge n. 73 del 2017, bisogner effettuare lanti-morbillo, lanti-parotite, lanti-rosolia, lanti-pertosse, lanti-Haemophilus influenzae tipo b, lanti-meningococcica C, lanti-meningococcica B e lanti-varicella. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT nellipotesi di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica, che, ai sensi dellarticolo 1 del decreto ministeriale 15 dicembre 1990, i medici sono tenuti a fare alle aziende sanitarie locali, ovvero dagli esiti dellanalisi sierologica, il minore esonerato dallobbligo di vaccinazione (articolo 2). Al riguardo, in sede di conversione, stato chiarito che il soggetto immunizzato adempie allobbligo vaccinale di norma e comunque nei limiti delle disponibilit del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente lantigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione (sul punto, cfr. amplius infra). A tal fine, si specificato che le procedure accentrate di acquisto di cui allarticolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e allarticolo 1, comma 548, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, con riferimento allacquisto dei vaccini obbligatori, riguardano anche i vaccini in formulazione monocomponente e che annualmente laiFa pubblica nel proprio sito internet i dati relativi alla disponibilit dei vaccini in formulazione monocomponente e parzialmente combinati (comma 2-ter). Al di fuori delle ipotesi di esonero, le vaccinazioni obbligatorie possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, nel rispetto delle indicazioni fornite dal Ministero della salute e dallIstituto Superiore di Sanit nella Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni. Ci premesso quanto allobbligo, va rappresentato che, valorizzando limportanza di una stretta collaborazione tra tutte le componenti dellamministrazione statale e territoriale per il raggiungimento dellobiettivo comune della tutela della salute, individuale e collettiva, il decreto-legge -nel testo risultante dalla legge di conversione - disegna un apparato di strumenti rimediali per lipotesi in cui si accerti linadempimento. In particolare, nel caso in cui lAzienda sanitaria locale territorialmente competente verifichi, anche attraverso un controllo dellanagrafe vaccinale, che un minore non sia stato sottoposto alle vaccinazioni secondo il Calendario relativo alla propria coorte di nascita, provvede a contattare i genitori esercenti la responsabilit genitoriale e i tutori o affidatari, rivolgendo loro un invito (9) Con una apposita circolare del 14 agosto 2017, stata data attuazione alla previsione per cui, entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, il Ministero della salute, sentito lIstituto superiore di sanit, avrebbe dovuto fornire indicazioni operative per lattuazione del comma l-quater, anche sulla base della verifica dei dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dellattuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del ministro della salute 19 gennaio 2017 (art. 1, comma 1-quinquies). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 scritto alla vaccinazione, eventualmente corredato di materiale informativo. nel caso in cui non rispondano allinvito, i genitori e i tutori vengono nuovamente convocati, con raccomandata con ricevuta di ritorno, per un colloquio, al fine di comprendere le motivazioni della mancata vaccinazione e di fornire -eventualmente anche con il coinvolgimento del pediatra di libera scelta -una corretta informazione sullobiettivo individuale e collettivo della pratica vaccinale e i rischi derivanti dalla mancata prevenzione. nellipotesi in cui i genitori esercenti la responsabilit genitoriale e i tutori non si presentino al colloquio ovvero, allesito dellinterlocuzione, non facciano somministrare il vaccino al figlio minore, gli organi competenti in base alla normativa regionale contestano loro formalmente linadempimento dellobbligo vaccinale, con lavvertimento che, ove non provvedano a far somministrare al minore il vaccino o la prima dose del ciclo vaccinale, entro il termine fissato, sar loro comminata la sanzione amministrativa pecuniaria. Viceversa, non incorrono in sanzioni i genitori/tutori/affidatari, che, a seguito di contestazione della violazione dellobbligo vaccinale, nel termine indicato, provvedano a far somministrare al minore il vaccino o la prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del ciclo previsto per ciascuna vaccinazione obbligatoria avvenga nel rispetto delle tempistiche stabilite dalla schedula vaccinale in relazione allet (10). Ai genitori/tutori/affidatari, a seguito di accertamento della violazione dellobbligo di vaccinazione, a prescindere dal numero di vaccinazioni omesse, applicata una sola sanzione, ai fini della determinazione della quale si terr conto del numero degli obblighi vaccinali non adempiuti (11). Peraltro, nellipotesi in cui, dopo lirrogazione della sanzione, i genitori o i tutori incorrano in una nuova e successiva violazione dellobbligo vaccinale (ad esempio, omettano di sottoporre il minore ad un richiamo vaccinale), agli stessi sar comminata una nuova sanzione. Lentit della sanzione, originariamente individuata nellambito di una forbice piuttosto ampia -da euro cinquecento a euro settemilacinquecento, consistente, quindi, in una somma da dieci a trenta volte superiore rispetto a quella (10) nellipotesi in cui al minore non siano stati somministrati pi vaccini, lAzienda sanitaria locale dovr applicare il protocollo vaccinale pi opportuno, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. La Direzione generale della prevenzione sanitaria, in collaborazione con il Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni, istituito il 25 settembre 2017, ha predisposto, su richiesta dalle regioni, la circolare 15 gennaio 2018, allo scopo di fornire agli operatori impegnati nellapplicazione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 uno schema di riferimento per il recupero dei soggetti inadempienti. (11) Ed invero, ai sensi dellarticolo 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, chi commette pi violazioni della medesima disposizione soggiace a una sanzione maggiorata (e non allapplicazione di un numero di sanzioni pari alle violazioni commesse). In generale, per laccertamento, la contestazione e lirrogazione della sanzione amministrativa si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT irrogabile in precedenza per la violazione dellobbligo della vaccinazione antiepatite B (vaccinazione obbligatoria di pi recente introduzione) -, stata notevolmente ridotta dalla legge di conversione, atteso che, in caso di mancata effettuazione delle vaccinazioni di cui ai commi l e l-bis, vengono comminate sanzioni amministrative pecuniarie da euro cento a euro cinquecento. In sede di conversione, stato, inoltre, soppresso il comma 5 dellart. 1, che prevedeva, in capo allAzienda sanitaria territorialmente competente, il dovere di segnalare linadempimento dellobbligo vaccinale alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni, per leventuale adozione dei provvedimenti di competenza. In proposito, si precisa che la previsione in questione non innovava, ma si limitava a richiamare i presupposti che, ai sensi delle vigenti disposizioni del codice civile, giustificano lapertura del procedimento di cui allarticolo 336 del codice civile e lapplicazione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e seguenti c.c. (sul punto, cfr. infra); di conseguenza, richiamava lattenzione sulla circostanza che la violazione di uno o pi obblighi vaccinali avrebbe potuto essere oggetto di valutazione da parte della Procura e del Tribunale per i Minorenni congiuntamente ad altri rilevanti elementi di fatto e di diritto (12). Con il comma 6-ter, sempre al fine di garantire il raggiungimento e il mantenimento di adeguati obiettivi di copertura vaccinale, alla Commissione per il monitoraggio dellattuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del Ministro della salute 19 gennaio 2017, stato attribuito il compito di verificare il rispetto degli obiettivi del Calendario vaccinale nazionale e lavvio delle misure di competenza atte a garantire la piena e uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza previsti per i casi di mancata, ritardata o non corretta applicazione (13). (12) In proposito, si rappresenta che lapplicazione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile non pu ritenersi preclusa in ragione dellespressa previsione di una sanzione amministrativa per il caso di violazione dellobbligo in esame (Corte Cost., sentenza 16-27 marzo 1992, n. 132). Ed invero, in considerazione della tutela della salute del minore e del suo diritto allistruzione -che debbono essere oggetto di primaria considerazione e che sono pregiudicate anchesse dalla mancata osservanza dellobbligo di vaccinazione - lordinamento prevede che il giudice minorile possa adottare -su ricorso dellaltro genitore, dei parenti e del pubblico ministero, ovvero anche dufficio - i provvedimenti idonei per sottoporre il bambino alla vaccinazione e loperatore sanitario competente deve, per parte sua, segnalare o denunziare lomissione o il rifiuto dei genitori (Corte Cost., sentenza 17-24 gennaio 1991, n. 26). (13) Si rappresenta che larticolo 1, comma 6, fa salva, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, ladozione di provvedimenti contingibili e urgenti ai sensi dellarticolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, da parte del sindaco, quale rappresentante della comunit locale, o dello Stato e delle regioni in ragione della dimensione dellemergenza. In sede di conversione in legge, si richiamato espressamente il potere sostitutivo esercitabile dal Governo, ai sensi dellart. 120, secondo comma, della Costituzione e secondo le procedure di cui allart. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, in presenza di specifiche condizioni di rischio elevato per la salute pubblica. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Inoltre, ai sensi dellart. 4-ter, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione e gestione delle emergenze sanitarie relative alle malattie infettive, sono stati integrati gli obiettivi e la composizione dellUnit di crisi permanente, istituita presso il Ministero della salute con d.m. 27 marzo 2015, al fine di renderli pi funzionali alle esigenze di coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali competenti in materia di prevenzione delle malattie infettive nonch di regia rispetto alle azioni da adottare in condizioni di rischio o allarme (14). Infine, in termini generali, al fine di monitorare lattuazione dei programmi vaccinali sul territorio nazionale, calcolare le coperture vaccinali per tutte le vaccinazioni in soggetti di qualunque et e supportare le analisi per il monitoraggio degli eventi avversi e gli studi di efficacia vaccinale, stato stabilito che, con decreto del Ministro della salute, dintesa con la Conferenza Stato-regioni, sar istituita, presso il Ministero della salute - anche attraverso il riuso di sistemi informatici o di parti di essi gi realizzati da altre amministrazioni sanitarie -lAnagrafe nazionale vaccini, nella quale saranno registrati sia i soggetti vaccinati sia i soggetti da sottoporre a vaccinazione e le dosi, i tempi di somministrazione delle vaccinazioni effettuate e gli eventuali eventi avversi. nellAnagrafe nazionale vaccini confluiranno i dati delle Anagrafi regionali esistenti, i dati relativi alle notifiche dei casi di malattia effettuate dal medico curante, nonch i dati concernenti gli eventuali eventi avversi delle vaccinazioni che gi sono immessi nella rete nazionale di farmacovigilanza di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2015. 2.2. adempimenti vaccinali e accesso ai servizi educativi per linfanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie Al fine di rendere effettivo lobbligo vaccinale, garantendo il diritto dei soggetti fragili a frequentare in condizioni di sicurezza la comunit educativa/ scolastica, ai sensi dellarticolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per linfanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti ad accertare la situazione vaccinale degli iscritti. Tale accertamento, nellipotesi in cui le regioni e province autonome siano in possesso di unanagrafe vaccinale regionale, avviene con le modalit definite da unapposita nota tecnica congiuntamente adottata dal Ministero della salute e dal Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca, sen (14) Il d.m. 11 ottobre 2017, prima, e il d.m. 12 febbraio 2018 hanno provveduto ad integrare la composizione dellUnit di crisi, con rappresentanti della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute e dellAgenzia Italiana del farmaco. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT tito il Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell18-ter del de- creto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, il quale dispone che limportante semplificazione amministrativa prevista dallarticolo 3-bis del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, limitatamente ai commi da 1 a 4, sia applicabile gi a decorrere dallanno scolastico-calendario annuale 2017/2018. Pertanto, sinteticamente, la trasmissione dellelenco degli iscritti alle Aziende sanitarie locali da parte dei dirigenti scolastici e dei responsabili seguito dalla restituzione del medesimo elenco, completato, ove necessario, con le diciture non in regola con gli obblighi vaccinali, non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento, non ha presentato formale richiesta di vaccinazione. Successivamente, con una sorta di soccorso istruttorio, i genitori dei soli minori che risultino non in regola con gli adempimenti vaccinali sono invitati a depositare la documentazione comprovante leffettuazione delle vaccinazioni ovvero lesonero, lomissione o il differimento delle stesse o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione allAzienda sanitaria locale (15). Per i servizi educativi per linfanzia e le scuole dellinfanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, i minori non in regola con gli adempimenti vaccinali, i cui genitori/tutori/affidatari non presentino documentazione idonea a dimostrare la regolarit della loro posizione, saranno esclusi dal servizio e potranno essere riammessi solo a decorrere dalla data di presentazione della documentazione medesima. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti non determiner il divieto di accesso n impedir la partecipazione agli esami (16). Viceversa, nellipotesi in cui le regioni non siano dotate di unanagrafe (15) Pi specificamente, a decorrere dallanno scolastico-calendario annuale 2018/2019, le Asl provvederanno a restituire, entro il 10 giugno di ciascun anno, il predetto elenco, completandolo con lindicazione dei soggetti che risultano non in regola con gli obblighi vaccinali, che non ricadono nelle condizioni di esonero, omissione o differimento delle stesse e che non abbiano presentato formale richiesta di vaccinazione. ricevuto lelenco, entro dieci giorni, i dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi per linfanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie, inviteranno i genitori o i tutori ovvero gli affidatari dei minori indicati nei suddetti elenchi a presentare, entro il 10 luglio, la documentazione. Entro il 20 luglio, i dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi per linfanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie trasmetteranno la documentazione pervenuta ovvero ne comunicheranno leventuale mancato deposito alla azienda sanitaria locale territorialmente competente, che, qualora la medesima o altra azienda sanitaria non si sia gi attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provveder agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i presupposti, alla contestazione dellinadempimento e allapplicazione delle sanzioni, ai sensi dellarticolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017. (16) Cfr. amplius la circolare congiuntamente adottata il 27 febbraio 2018 dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute e dal Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 vaccinale, per lanno scolastico 2018/2019, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per linfanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti a richiedere, allatto delliscrizione, ai genitori esercenti la responsabilit genitoriale, ai tutori ovvero agli affidatari la presentazione di idonea documentazione comprovante leffettuazione delle vaccinazioni indicate allarticolo 1 del d.l. n. 73 del 2017, lesonero, lomissione o il differimento delle stesse in relazione a quanto previsto dallarticolo 1, commi 2 e 3, ovvero la presentazione di formale richiesta di vaccinazione allAzienda sanitaria locale territorialmente competente, che eseguir le vaccinazioni in base a quanto previsto dalla schedula vaccinale in relazione allet del minore. Per agevolare i genitori nelladempimento di tale incombente, previsto che la documentazione comprovante leffettuazione delle vaccinazioni obbligatorie possa essere sostituita da dichiarazione resa ai sensi del d.P.r. 28 dicembre 2000, n. 445; in tale caso, la predetta documentazione dovr comunque essere prodotta entro il 10 luglio 2018. Tale termine, anche in considerazione delle usuali tempistiche per liscrizione alle scuole e ai servizi educativi, stato individuato in considerazione oltrech delle esigenze logistiche dei genitori anche di quelle organizzative dei dirigenti scolastici e dei responsabili, che devono espletare gli adempimenti di competenza, ivi inclusi quelli di cui allarticolo 4 del decreto-legge, relativamente alla formazione delle classi (cfr. infra). La presentazione della documentazione indicata costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per linfanzia e alla scuola dellinfanzia. In ogni caso, anche con riferimento ai minori iscritti alle altre scuole o ai centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti segnalata, entro i successivi dieci giorni, allAzienda sanitaria locale dai dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e dai responsabili dei servizi educativi per linfanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie. ricevuta la segnalazione, lAzienda sanitaria locale, ove essa stessa o altra Azienda sanitaria non abbia gi provveduto, espleter gli adempimenti di cui allarticolo 1, comma 4 (17). Ed invero, anche considerando la sussistenza di rischi di contagio pi elevati tra i bambini che frequentano i servizi educativi per linfanzia e le scuole dellinfanzia (0-6 anni), il legislatore ha inteso garantire un adeguato bilanciamento tra le esigenze di salute collettiva, perseguite attraverso lobbligo vaccinale, e il diritto-dovere allistruzione, presidiato da un reato contestabile ai genitori dei minori di anni sedici che non frequentino la scuola c.d. dellobbligo (sul punto, cfr. amplius infra) (18). (17) Cfr. paragrafo 4 della circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute del 16 agosto 2017. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT 2.2.1. La formazione delle classi. Al fine di salvaguardare la salute dei soggetti pi fragili -vale a dire i minori non vaccinabili per ragioni di salute, che sarebbero esposti ad un rischio non trascurabile se i loro compagni di classe non fossero vaccinati -sono inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti soltanto minori vaccinati o immunizzati naturalmente, fermi restando il numero delle classi determinato secondo le disposizioni vigenti e i limiti di cui allarticolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e allarticolo 19, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Trattasi di un criterio organizzativo che listituzione scolastica tenuta ad applicare, sempre che non determini un aumento del numero delle classi, come si evince dal richiamo, espressamente contenuto nella disposizione, alla normativa vigente riguardante i limiti della dotazione organica (19). 3. Lobbligo vaccinale di cui allarticolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017: linteresse della collettivit quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute. Con specifico riferimento allesonero previsto per i soggetti che abbiano gi contratto una o pi delle malattie per le quali previsto lobbligo (art. 1, co. 2), come detto, in sede di conversione, stato chiarito che il soggetto im (18) Al riguardo, non ci si pu esimere dal rappresentare che la Commissione speciale del Consiglio di Stato si pronunciata in sede consultiva sulla richiesta di parere del Presidente della regione Veneto in ordine allinterpretazione degli articoli 3, 3-bis e 5 del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, con particolare riguardo alle determinazioni conseguenti alla mancata presentazione ai dirigenti scolastici ovvero ai responsabili dei servizi educativi per linfanzia e delle scuole dellinfanzia della documentazione idonea a dimostrare ladempimento agli obblighi vaccinali previsti dal medesimo decreto-legge. Pi specificamente, con il parere n. 2065 del 26 settembre 2017, la predetta Commissione speciale del Consiglio di Stato si espressa in merito alla seguente questione: se gi a decorrere dallanno scolastico 2017/2018 () si applichi la regola, stabilita dal comma 3 dellarticolo 3 del decreto-legge, secondo cui la mancata presentazione della documentazione relativa alladempimento degli obblighi vaccinali preclude laccesso alla scuola, concludendo che, sebbene la parola esclusione non sia presente in alcun articolo del decreto-legge in questione, nellanno scolastico 2017/2018 si applicano gli articoli 3 e 5 del decreto-legge, sicch vale gi nel corrente anno scolastico il divieto di accesso nel caso di mancata presentazione della documentazione idonea a comprovare ladempimento dellobbligo vaccinale. Pertanto, non pu che considerarsi totalmente privo di fondamento lassunto, pure avanzato in pi occasioni da genitori e associazioni nei ricorsi al Tribunale Amministrativo regionale del Lazio per lannullamento delle circolari applicative del decreto-legge in questione, per cui le disposizioni vigenti individuerebbero ai sensi dellarticolo 5 esclusivamente la dead line per la consegna della documentazione agli istituti scolastici/servizi educativi per lanno scolastico/calendario annuale 2017/2018, senza prevedere lesclusione dallaccesso ai servizi educativi e alle scuole dellinfanzia in caso di inadempimento (cfr., nel senso indicato, T.A.r. Lazio, sezione terza-quater, sent. 16 marzo 2018, in www.giustizia-amministrativa.it). (19) , inoltre, previsto che i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie comunichino allazienda sanitaria locale, entro il 31 ottobre dellanno scolastico in corso, le classi nelle quali sono presenti pi di due alunni non vaccinati. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 munizzato adempie allobbligo con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente lantigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione, semprech i predetti vaccini siano effettivamente nella disponibilit del Servizio sanitario nazionale. Tale previsione stata introdotta in ragione della carenza ovvero dellirreperibilit sul mercato di vaccini monocomponenti e della conseguente necessit di ricorrere frequentemente a vaccini combinati che, talvolta, contengono anche lantigene relativo a malattie per le quali il soggetto ha gi conseguito limmunizzazione ovvero a patologie per le quali la vaccinazione non obbligatoria. Ad esempio, attesa lattuale irreperibilit sul mercato di vaccini mono- componenti per parotite, rosolia e morbillo, anche nel caso in cui il bambino abbia gi contratto il morbillo, per garantire lassolvimento dellobbligo vaccinale, in particolare di quello per la parotite e la rosolia, necessario ricorrere ad un vaccino combinato che contenga anche lantigene relativo al morbillo. In proposito, si ritiene opportuno rilevare che, a prescindere dallaccertamento dellintervenuta immunizzazione, gi prima delladozione del d.l. n. 73/2017, alcuni genitori avevano adito lautorit giurisdizionale adducendo il diritto di rifiutare la somministrazione del vaccino esavalente, contenente, oltre alle quattro vaccinazioni imposte dalla legge, anche lantigene relativo a due vaccinazioni raccomandate dal vigente Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale, ma non (ancora) obbligatorie per legge (anti-Hib e anti-pertosse) (cfr. ricorsi al T.A.r. Emilia-romagna, Bologna, nn. 155 e 194 del 2017). 3.1. il fondamento tecnico-sanitario dellobbligo di cui allart. 1, comma 2, decreto-legge n. 73 del 2017. Dal punto di vista tecnico-sanitario, si ritine opportuno, preliminarmente, precisare che, delle dieci malattie in relazione alle quali sussiste lobbligo di vaccinazione ai sensi del decreto-legge n. 73 del 2017, la pregressa malattia conferisce immunit permanente solo nel caso di morbillo, parotite, rosolia, varicella, epatite b e poliomielite. Deve inoltre considerarsi che la vaccinazione di un soggetto che ha contratto la malattia un evento molto frequente, sia perch tante infezioni avvengono in modo silente (senza manifestazioni cliniche, quindi, senza una malattia conclamata) sia perch vi sono soggetti il cui stato vaccinale sconosciuto e non pu essere ricostruito (ad esempio, immigrati). Ci posto, va evidenziato che i vaccini combinati, come il vaccino esavalente, sono considerati quale prima scelta per limmunizzazione dei nuovi nati, per gli indubbi vantaggi che essi presentano, sia per il bambino e per i suoi genitori sia per gli operatori dei servizi vaccinali (20). Inoltre, non vi alcuna evidenza scientifica, nella letteratura accreditata, circa presunti effetti dannosi conseguenti alla simultanea somministrazione di LEGISLAzIonE ED ATTUALIT pi vaccini attraverso formulazioni combinate: anzi, dai dati disponibili emerge lassenza di conseguenze pregiudizievoli per il sistema immunitario dei bambini che vi si sottopongono e, parimenti, linsussistenza di evidenze che la pregressa malattia rappresenti una controindicazione alla vaccinazione. In generale, la vaccinazione basata su due presupposti principali, ovvero la efficacia e la sicurezza. Il controllo della qualit e della sicurezza del vaccino verte sullanalisi delle sue caratteristiche (fisiche, chimiche e biologiche), cui seguono studi di sicurezza pre-clinica e clinica sulluomo (studi di sperimentazione clinica di Fase I, II e III), progressivamente pi ampi. Limmissione in commercio del vaccino sotto la responsabilit dellAutorit di controllo nazionale (AIFA) o europea (EMA) e si avvale della partecipazione di gruppi di esperti che valutano su base scientifica i dati. ogni lotto, prima di essere commercializzato in Italia e in molti Paesi europei, sottoposto per legge a controllo da parte di uno degli official medicine Control Laboratory del network europeo, secondo regole e procedure condivise e consolidate. Successivamente allimmissione in commercio, tutte le possibili associazioni tra vaccini e potenziali effetti collaterali sono analizzate dalla rete della farmacovigilanza (che, in Italia, fa capo ad AIFA), che valuta, su tutta la popolazione trattata, la presenza di reazioni (previste/prevedibili o meno) a seguito della somministrazione del prodotto. I vaccini, cos come tutti i farmaci esistenti, hanno un profilo rischio-beneficio, atteso che non esiste per un farmaco il cosiddetto rischio zero. Peraltro, considerato che i vaccini sono farmaci ad alto livello di sicurezza, rispetto ad essi apprezzabile una netta prevalenza dei benefici sui rischi. Analogamente alla generalit dei farmaci, i vaccini devono essere somministrati correttamente ovvero seguendo le indicazioni terapeutiche sulluso e sulla posologia e considerando le eventuali controindicazioni. Proprio per questo, ogni vaccino, in base agli studi e in base allesperienza di sorveglianza post marketing, ha una dettagliata lista di avvertenze speciali e precauzioni di impiego (anche in situazioni come la gravidanza), di interazioni con altri medicinali e di altre forme di interazione, effetti indesiderati e reazioni avverse, eventuali rischi da sovradosaggio. Tali caratteristiche sono elencate nelle cosiddette schede tecniche (o, pi precisamente, nel riassunto delle caratteristiche del prodotto), pubblicamente disponibili come per altri farmaci sul sito dellAIFA. Tali schede sono le versioni pi estese e pi tecniche del Foglio illustrativo (cosiddetto bugiardino) che contiene le informazioni per lutilizzatore, in un linguaggio pi accessibile. (20) Il contenuto del presente paragrafo estratto dal dossier presentato alla Corte Costituzionale, per il tramite della Avvocatura Generale dello Stato, dal competente Ufficio della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Per quanto pi specificamente interessa in questa sede, si precisa che le schede tecniche dei vaccini non contemplano uno screening pre-vaccinale per verificare se il soggetto ha gi contratto la infezione/malattia, perch la contrazione della malattia non ritenuta un motivo di controindicazione. A livello internazionale, i Center for Disease Control di atlanta (CDC), sia sul loro sito web dedicato agli operatori sanitari sia nel Pink Book, in relazione allapproccio al paziente - che include, come previsto anche dal Piano nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019, approvato in Conferenza Stato-regioni il 19 gennaio 2017, solo leffettuazione di unanamnesi accurata per la ricerca di eventuali controindicazioni e la raccolta delle informazioni sulle vaccinazioni pregresse -dispongono chiaramente: Se la documentazione delle precedenti vaccinazioni non disponibile, somministrare i vaccini sulla base dellet della persona. Anche il Green Book (Public Health England) e le Linee guida australiane prevedono esclusivamente lo screening pre-vaccinale mediante una checklist senza approfondimenti di laboratorio. Le Linee guida australiane specificatamente inseriscono tra le false controindicazioni precedenti infezioni dallo stesso agente patogeno. Inoltre, affermano che poich precedenti infezioni non sono una controindicazione contro la stessa malattia, in molte circostanze e per molti vaccini pi pratico offrire la vaccinazione piuttosto che effettuare test di laboratori. Tale approccio lo stesso considerato da tutte le altre Linee guida internazionali, che non prevedono assolutamente la necessit di uno screening ematico per verificare una pregressa immunit naturale. Una delle pubblicazioni pi note nel settore della vaccinologia, il red Book 2015, afferma che in caso di stato di immunizzazione sconosciuta o incerta, la persona dovrebbe essere considerata suscettibile, e la vaccinazione raccomandata. Test sierologici potrebbero essere una alternativa per alcune vaccinazioni (per esempio morbillo, rosolia, epatite a, tetano), ma non ci sono evidenze che suggeriscono che la somministrazione di vaccini in soggetti immuni sia dannosa. A livello nazionale, la Guida alle Controindicazioni alle vaccinazioni dellIstituto Superiore di Sanit ed. 2009 -documento di riferimento sulle controindicazioni, citato anche nella circolare adottata dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute il 16 agosto 2017 - non individua tra le controindicazioni la pregressa malattia; specificatamente, considera falsa controindicazione la pregressa malattia nei casi di epatite B, malattia invasiva meningococcica, febbre tifoide (21). (21) A livello nazionale, una indicazione della innocuit della vaccinazione di soggetti con pregressa malattia naturale o vaccinazione presente anche nel Protocollo operativo per il controllo delle malattie infettive e la profilassi immunitaria in relazione allafflusso di immigrati della regione Veneto, LEGISLAzIonE ED ATTUALIT A dimostrazione della non-rilevanza di una pregressa malattia, anche la scheda di triage pre-vaccinale (scheda anamnestica) non contempla tra le informazioni da raccogliere quelle relative alle pregresse malattie. Pertanto, non ci sono evidenze che una pregressa malattia rappresenti una controindicazione alla vaccinazione e che sia quindi necessario svolgere tale accertamento prima di effettuare la vaccinazione. Di conseguenza, la positivit a un test per pregressa malattia, tra laltro, come anticipato, esclusivamente per alcune vaccinazioni (varicella, morbillo, rosolia, parotite, Hib, epatite B, poliomielite), rispetto alle quali si realizza limmunizzazione, rappresenterebbe solo una non-necessit di effettuare la vaccinazione (22). dove, nella sezione per limmunoprofilassi, si raccomanda di seguire le procedure di seguito indicate: in caso di minori immigrati (0-14 anni) occorre considerare tutte le vaccinazioni previste dal calendario nazionale e regionale: -se il bambino non mai stato vaccinato: andr vaccinato seguendo il vigente calendario, in rapporto allet; -se il bambino stato vaccinato regolarmente nel Paese di origine e lo stato vaccinale sufficientemente documentato: andr completato il ciclo vaccinale; -se la documentazione insufficiente e lo stato vaccinale dubbio: si dovranno somministrare i vaccini previsti dal vigente calendario. (22) Con riferimento a quanto affermato, si veda: AIFA, CercaFarmaco, in https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/bancadatifarmaci/cerca-farmaco; CDC, https://www.cdc.gov/vaccines/hcp/admin/admin-protocols.html; CDC, Epidemiology and Prevention of Vaccine-Preventable Diseases The Pink Book: Course Textbook -13th Edition (2015) https://www.cdc.gov/vaccines/pubs/pinkbook/vac-admin.html; American Academy of Pediatrics, [Chapter title.] in: Kimberlin DW, Brady MT, Jackson MA, Long SS, eds. red Book 2015 report of the Committee on Infectious Diseases. 30th ed. Elk Grove Village, IL: American Academy of Pediatrics, 2015 [Section I, p. 38); regione Veneto, Protocollo operativo per il controllo delle malattie infettive e la profilassi immunitaria in relazione allafflusso di immigrati, 2014, in http://repository.regione.veneto.it/public/2ab9a9def3c4c2ce6140dd9404517dd6.php?dl=true; Istituto Superiore di Sanit, Guida alle controindicazioni alla Vaccinazione, 2009, in http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=1947; Public health England, immunization against infectious disease Last updated: 2 September 2014 in https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/147824/Green-BookChapter- 6-v2_0.pdf; CDC, Vaccine and immunization, https://www.cdc.gov/vaccines/hcp/acip-recs/general- recs/contraindications.pdf; australian Technical advisory Group on immunisation (aTaGi). The australian immunisation handbook 10th ed (2017 update), Canberra: Australian Government Department of Health, 2017 http://www.immunise.health.gov.au/internet/immunise/publishing.nsf/Content/Handbook10- home; Public Health agency of Canada. Canadian immunization Guide, 2015, in http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/index-eng.php; Guide Errata and Clarifications, 02.2016, in http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/errata-eng.php; Direction gnrale de la sant, Comit technique des vaccinations, Guide des vaccinations, 2012, in http://www.inpes.sante.fr/CFESBases/catalogue/ pdf/1133.pdf; Sant et Services Sociaux du Qubec, Protocole dimmunisation du Qubec (PiQ), 2013, mises jour de mars 2016, in http://publications.msss.gouv.qc.ca/msss/fichiers/piq/piq_complet.pdf; new zealand Ministry of Health. immunization Handbook, 2014, in http://www.health.govt.nz/system/ files/documents/publications/immunisation-handbook-2014-2nd-edn-apr16.pdf; http://www.health. govt.nz/publication/immunisation-handbook-2014-2nd-edn; Association Espanola de Pediatria, manual de vacunas en linea de la aEP, in http://vacunasaep.org/documentos/manual/manual-devacunas. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 3.2. Le motivazioni giuridiche dellobbligo di cui allart. 1, comma 2, decreto- legge n. 73 del 2017. Sotto il profilo strettamente giuridico, come detto, ai sensi dellart. 1, comma 2, del d.l. n. 73/2017, la somministrazione di vaccini in cui sia assente lantigene per la malattia infettiva per la quale gi sussiste immunizzazione naturale rappresenta soltanto una possibilit per il minore, garantita nei limiti delle disponibilit del Servizio Sanitario nazionale. In proposito, in via preliminare, non pu non rilevarsi che n il Ministero della salute n lAIFA dispongono del potere di richiedere o sollecitare lo sviluppo e la successiva registrazione, da parte delle aziende farmaceutiche, di un vaccino o, pi in generale, di un farmaco avente determinate caratteristiche e che i Piani nazionali di Prevenzione Vaccinale non contengono uno specifico riferimento ai vaccini da utilizzare tra quelli disponibili in commercio, dando viceversa indicazioni sulle vaccinazioni da effettuare, in base agli obiettivi di salute definiti e concordati con le regioni, e sulla tempistica da seguire, per garantire al massimo grado lefficacia della risposta vaccinale, salvaguardando la sicurezza. Ci posto, occorre verificare se il rifiuto di somministrazione di un vaccino combinato in cui sia presente anche lantigene per la malattia per la quale sussiste immunizzazione possa considerarsi illegittimamente o legittimamente opposto da un genitore/tutore/affidatario, in considerazione del limite alla libert individuale posto dallaltrui diritto alla salute, sia nella sua dimensione individuale -come speculare diritto del singolo -sia nella sua declinazione sociale - come interesse della collettivit -, limite che, se di regola impone di ricercare il giusto contemperamento tra i diritti eventualmente in conflitto, potrebbe, in caso di constatata incompatibilit e con le dovute garanzie, rappresentare una barriera o, comunque, un ostacolo per lesercizio della stessa libert individuale. 3.2.1. i trattamenti sanitari obbligatori: lorientamento della giurisprudenza e della dottrina. La giurisprudenza costituzionale -al pari, del resto, della pi illustre dottrina -ha affermato che il bene della tutela della salute, quale fondamentale diritto dellindividuo e interesse della collettivit (art. 32 Costituzione), ontologicamente dualista (23), rilevando, da un lato, nella sua accezione individuale e soggettiva (24) e, dallaltro, nella sua dimensione sociale e oggettiva (25). (23) Cfr. ex multis Corte Cost., sent. 18 luglio1991, n. 356, in www.giurcost.org. (24) C. ESPoSITo, La libert di manifestazione del pensiero nellordinamento italiano, 1958. (25) Corte Cost., sent. 26 aprile 2012, n. 107, in www.cortecostituzionale.it; cfr. anche B. PEzzInI, Principi costituzionali e politica della sanit: il contributo della giurisprudenza costituzionale alla de LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Il diritto alla tutela della salute del singolo consta non soltanto del diritto -sociale -alle cure -ossia del diritto fondamentale ed originario di ciascuno di essere curato (26) -, ma anche del diritto di curarsi nel momento e nel modo che si reputi pi appropriato (27) o di non curarsi affatto, declinando lofferta di cure (28). Peraltro, tale diritto di libert, analogamente a molti altri diritti di libert garantiti dalla nostra Carta Costituzionale, limitato sia dallaltrui diritto sia, come anticipato, dallinteresse della collettivit. Ed invero, in via generale, considerato il punto di vista etico-sociale accolto nella Costituzione, i diritti di libert non possono, nel loro insieme, considerarsi attribuiti alluomo per la soddisfazione delle sue egoistiche esigenze, poich alcuni di essi risultano improntati ad una elevata finalit sociale (29). Per quanto specificamente attiene alla libert connessa alla tutela della salute, se da un lato, manca unenunciazione della sua funzione sociale, pubblica o collettiva (30), dallaltro, non pu non tenersi nella dovuta considerazione il disposto del comma secondo dellart. 32 (31). finizione del diritto sociale alla salute, in C.E. GALLo e B. PEzzInI (a cura di), Profili attuali del diritto alla salute, 1998. (26) B. PEzzInI, il diritto alla salute: profili costituzionali, 1983. (27) In proposito, stato osservato che il profilo () di libert di cura, a meno di non configurarlo come situazione meramente astratta, strettamente embricato con quello sociale-prestazionale, in quanto senza un apparato organizzativo che assicuri tali prestazioni (di cura, ma altres di prevenzione e riabilitazione) la libert stessa viene meno e la salute compromessa o violata: r. BALDUzzI, Salute (diritto alla), in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, p. 5395. (28) Sul diritto alla tutela della salute con riferimento ai diritti di libert si rinvia allampia ed approfondita analisi di M. LUCIAnI, Salute, I, Diritto alla salute -Diritto costituzionale, voce, in Enc. giur., XXVII, roma, 1991, p. 2; cfr. anche V. CrISAFULLI, in tema di emotrasfusioni obbligatorie, in Diritto e societ, 1982, pp. 564-5. (29) D. MorAnA, La salute nella Costituzione italiana. Profili sistematici, Milano, 2002, p. 162. La stessa Autrice rimanda alla distinzione tra diritti individualistici, che sono attribuiti alluomocome tale a vantaggio delluomo, al singolo per ci che essi rappresentano per esso singolo nelle sue qualit universali o per lappagamento egoistico dei suoi bisogni o desideri individuali e diritti funzionali, che sono attribuiti al singolo nella sua specifica qualit di membro o di partecipe di determinate comunit, per le funzioni che in esse il singolo debba esplicare, sicch tale partecipazione determina il contenuto ed i limiti del diritto, operata da C. ESPoSITo, in La libert di manifestazione del pensiero nellordinamento italiano, in rivista italiana per le scienze giuridiche, 1957-1958. (30) non appare decisivo in tal senso linserimento nellambito del titolo dedicato ai rapporti etico-sociali, secondo D. MorAnA, cfr. La salute nella Costituzione italiana, cit., p. 164. Per considerazioni di senso parzialmente diverso, cfr. M. oLIVETTI, appunti per una mappa concettuale sul diritto alla salute nel sistema costituzionale italiano, in metodologia Didattica e innovazione Clinica - Nuova Serie, 2004, per il quale Nei documenti costituzionali meno recenti (sia quelli che segnano lalba del costituzionalismo moderno alla fine del settecento, sia quelli di tutto il secolo successivo e della prima met del novecento), la salute viene in considerazione anzitutto come limite alle libert individuali. Questo profilo ben visibile nella stessa Costituzione italiana, che menziona la salute come limite alla libert domiciliare (nel senso che essa un motivo che autorizza limitazioni a tale libert che non sottostanno alla riserva di giurisdizione: art. 14) e alla libert di circolazione e soggiorno (limiti a tale libert possono essere previsti dalla legge per motivi di sanit: art. 16) e che la evoca indirettamente sotto la forma della incolumit pubblica come limite alla libert di riunione (per tali motivi pu rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 A parere della Consulta, il diritto alla tutela della salute porta con s il dovere dellindividuo di non ledere n porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nelleguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunit, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti obbligatori, posti in essere anche nellinteresse della persona stessa, o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari (32). Del resto, lo stesso dato letterale dellarticolo 32 Cost., collegando il primo e il secondo comma, sottintende che i trattamenti sanitari obbligatori di cui al secondo comma debbano essere funzionalizzati alla tutela della salute (non ad altri beni o situazioni) come diritto dellindividuo (da intendersi quale diritto dellindividuo alla propria salute) e (non oppure, non ovvero) come interesse della collettivit (vale a dire interesse della collettivit alla - propria - salute, alla salute collettiva) (33). Talvolta, per, il diritto alla tutela della salute del singolo, per sua stessa natura, rischia di confliggere con il coesistente e reciproco diritto degli altri consociati ovvero con gli interessi della societas (34). In particolare, la legittimit dei trattamenti sanitari obbligatori si ritrova nel punto di intersezione tra le tre dimensioni costituzionali del diritto alla tutela della salute (individuale, interindividuale e collettiva) (35). Come evidenziato da autorevole dottrina, la preminenza nella tutela della salute dellaspetto soggettivo personale rispetto a quello collettivo rende inaccettabile un sacrificio della libera autodeterminazione individuale se non in presenza di rischi per lo stato di salute altrui (36); conseguentemente, nessun trattamento sanitario obbligatorio pu esser volto soltanto alla tutela della salute individuale, potendosi, in tal caso, configurare esclusivamente incoercibili azioni di promozione della salute (37). essere vietata una riunione: art. 17). ma questa impostazione traspare anche nella Convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali del 1950, la quale configura la salute come limite alla libert personale (art. 5 lett. e), alla libert di espressione (art. 10, 2 co.) e alle libert di riunione e di associazione (art. 11, 2 co.). (31) Sul punto, cfr. amplius infra. (32) Corte Cost., sent. n. 2 giugno 1994, n. 218 e sent. 20 dicembre 1996, n. 399, in www.giurcost.it. (33) A.A. nEGronI, Trattamenti sanitari obbligatori e tutela della salute individuale e collettiva, in www.forumcostituzionale.it. (34) A. DATEnA, Lezioni di diritto costituzionale, Torino, 2012; sul punto cfr. anche D. MorAnA, La salute come diritto costituzionale, Torino, 2015. (35) F. MInnI e A. MorronE, il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in rivista dellassociazione italiana dei Costituzionalisti, n. 3 del 2013. (36) M. CoCConI, il diritto alla tutela della salute, Padova, 1998. (37) r. BALDUzzI, D. SErVETTI, La garanzia costituzionale del diritto alla salute e la sua attua LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Le sole limitazioni costituzionalmente consentite [al diritto alla salute dellindividuo] sono quelle rivolte a salvaguardare la salute collettiva dai pericoli o dai danni che ad essa possono derivare dalle manifestazioni, positive o negative, dellesercizio di quel diritto individuale [alla salute]. Cos, sar legittimo che i pubblici poteri, sempre per sulla base di una legge, obblighino gli individui a sottoporsi a determinati trattamenti sanitari a fini di tutela della salute collettiva (art. 32 cpv.), limitando o anche coartando il diritto individuale alla disponibilit del proprio corpo (38). In definitiva, lequo contemperamento degli interessi e dei valori in gioco rappresenta il criterio sulla base del quale la Corte Costituzionale ha delineato i limiti entro i quali possono essere legittimamente imposti trattamenti vaccinali e, pi in generale, trattamenti sanitari obbligatori (39)(40). Pertanto, limposizione di trattamenti sanitari obbligatori ammissibile solo quando gli stessi siano in grado di garantire la contestuale tutela della salute individuale e di quella collettiva, escludendo, quindi, la legittimit di pratiche sanitarie che comportino una deminutio della salute del singolo in favore di quella collettiva (41). In altri termini, la Corte Costituzionale, cogliendo tutta la problematicit delle c.d. scelte tragiche del diritto (42), ha chiarito che leventuale conflitto tra zione nel Servizio sanitario nazionale, cit. nello stesso senso, D. VInCEnzI AMATo, Tutela della salute e libert individuale, in Giurisprudenza costituzionale, cit., p. 2469; M. LUCIAnI, il diritto costituzionale alla salute, in Diritto e societ, 1980, pp. 781-782; P. BArILE, Diritti delluomo e libert fondamentali, 1984, p. 386. (38) F. MoDUGno, Trattamenti sanitari non obbligatori e Costituzione, cit., pp. 311-312; cfr. anche P. VEronESI, Uno statuto costituzionale del corpo, cit., pp. 154-155: ai sensi dellart. 32, secondo comma, pu [] disporsi un trattamento sanitario obbligatorio (tso) solo quando sia in discussione non solo la salute del singolo ma - in contemporanea e direttamente - anche quella della collettivit. Nel senso cio che lipotizzato trattamento coercitivo devessere indispensabile al fine di evitare una situazione di pericolo per la salute dei consociati, non potendosi comunque pregiudicare la salute di chi vi viene sottoposto; L. CArLASSArE, Lart. 32 della Costituzione e il suo significato, in r. ALESSI (a cura di), Lamministrazione sanitaria, Vicenza, 1967, pp. 103 ss. (39) I trattamenti sanitari consistono in tutte quelle attivit diagnostiche e terapeutiche rivolte a prevenire o a curare le malattie (S. PAnUnzIo, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), in Diritto e societ, 1979, pp. 875 ss.) a nulla rilevando listantaneit, la durata, il grado di violenza esterna o la dolorosit (F. MoDUGno, Trattamenti sanitari non obbligatori e Costituzione (a proposito del rifiuto delle trasfusioni di sangue), in Diritto e societ, 1982, p. 303). (40) Sui trattamenti sanitari obbligatori, prima dellentrata in vigore del decreto-legge n. 73 del 2017, si rinvia a: S. PAnUnzIo, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), cit., pp. 875-909; L. MEzzETTI, A. zAMA, Trattamenti sanitari obbligatori, in Digesto delle discipline pubblicistiche, XV, Torino, 1999, pp. 336 ss.; P. BAIMA BoLLonE, medicina legale, Torino, 2005, pp. 106 ss.; C. BUCCELLI, P. BUCCELLI, Liceit dellatto medico, in F. DE FErrArI, L. PALMIErI (a cura di), manuale di medicina legale. Per una formazione, per una conoscenza, Milano, 2007, pp. 30 ss. (41) Cfr. ex multis I. CIoLLI, i Trattamenti sanitari obbligatori e il paziente con problemi psichici. Profili Costituzionali, in amministrazione in cammino. (42) r. BALDUzzI, D. SErVETTI, La garanzia costituzionale del diritto alla salute e la sua attua rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 la libert di autodeterminazione individuale in ordine alla scelta e al rifiuto delle cure e linteresse della collettivit pu essere autoritativamente risolto a favore di questultimo soltanto nellipotesi in cui la cura imposta coincida e non contrasti con linteresse individuale, dovendo a contrario ritenersi incompatibile con il precetto costituzionale di cui allart. 32 Cost. il trattamento sanitario obbligatorio che abbia come fine esclusivo la tutela della salute collettiva, senza beneficio o con pregiudizio per la salute di chi vi sottoposto (si vedano le sentenze nn. 307/1990 (43) e 132/1992 (44), in tema di vaccinazione antipoliomielitica, o la sentenza n. 218/1994, in materia di prevenzione e lotta contro lAIDS). In particolare, con la sentenza n. 258 del 1994 (45), la Consulta, richiamando le precedenti pronunce, ha indicato con chiarezza le condizioni in presenza delle quali la legge impositiva di un trattamento sanitario pu ritenersi conforme al parametro costituzionale. Il trattamento sanitario obbligatorio legittimo se: 1) diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacch proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettivit, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione del- luomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale (46). In particolare, per lo stato di salute degli altri deve essersi in presenza di un pericolo immediato (47) ovvero di un pericolo diretto (48). Tale pericolo: i) deve essere rilevante, sia nel senso che levento paventato deve avere un apprezzabile grado di possibilit di verificarsi, sia nel senso che il danno temuto deve essere significativo e non relativo a patologie che ordinariamente, in s considerate, abbiano sulla salute conseguenze temporanee e/o di lieve entit (49); ii) non deve essere volontariamente assunto dai membri della collettivit, zione nel Servizio sanitario nazionale, in r. BALDUzzI, G. CArPAnI (a cura di), manuale di diritto sanitario, Bologna, 2013. (43) Corte Cost., sentenza 14-22 giugno 1990, n. 307, in www.giurcost.org. (44) Corte Cost., sentenza 16 marzo 1992, n. 132, in www.giurcost.org. (45) Corte Cost., sentenza 20 giugno 1994, n. 258, in www.giurcost.org. (46) Corte Cost., sent. n. 307 del 1990, cit. Si consideri che lesigenza di tutelare e non danneggiare la salute del soggetto sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio implica che il trattamento sia posto comunque in essere da professionisti (medici, infermieri, ecc.), utilizzando i pi efficaci e pi sicuri trattamenti che la medicina mette a disposizione e adottando inoltre tutte le cautele possibili per evitare linsorgere di reazioni avverse nellobbligato al trattamento. (47) B. PEzzInI, il diritto alla salute: profili costituzionali, in Diritto e societ, 1983, pp. 21 ss. (48) B. BArBISAn, La morte che ci sfugge, le dichiarazioni anticipate di volont ed il limite del rispetto della persona umana, in www.astrid-online.it, 2009, pp. 8 ss. (49) M. oLIVETTI, appunti per una mappa concettuale sul diritto alla salute nel sistema costituzionale italiano, in metodologia Didattica e innovazione Clinica, cit., osserva come solo gravi interessi della collettivit possano giustificare i trattamenti sanitari obbligatori. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT se non altro in quanto, in caso contrario, il pericolo per la salute sarebbe facilmente evitabile semplicemente mediante la non assunzione del rischio da parte degli interessati; iii) non deve essere evitabile con misure alternative allimposizione di un trattamento sanitario obbligatorio, in quanto, diversamente, lo Stato sarebbe tenuto ad attuare le misure, distinte dai trattamenti sanitari obbligatori, in grado di evitare il pericolo per la salute collettiva senza il sacrificio della libert personale dei singoli (50). 2) vi la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneit e scarsa entit, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili; 3) nellipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio -ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica -sia prevista comunque la corresponsione di una equa indennit in favore del danneggiato (51). orbene, sembra che nellipotesi delle vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto-legge n. 73 del 2017, e in particolare in relazione allobbligo di cui allarticolo 1, comma 2, che riguarda anche i soggetti immunizzati nel- lipotesi in cui non sia disponibile il vaccino monocomponente o quello combinato in cui sia assente lantigene relativo alla malattia per la quale si conseguita limmunizzazione, ricorrano tutte le condizioni appena elencate. Ed invero, la vaccinazione inequivocabilmente diretta a preservare lo stato di salute non soltanto di chi vi assoggettato ma anche di tutti gli altri membri della collettivit e, in particolare, di coloro che, a causa di particolari condizioni patologiche, non possono essere assoggettati a vaccinazione e che correrebbero seri rischi nel caso in cui venisse meno la c.d. immunit di gregge. E tale conclusione vale anche nellipotesi della vaccinazione di un soggetto immunizzato nei confronti di una delle malattie che il vaccino combinato tende a prevenire, atteso che, come detto, la pregressa malattia non rappresenta una controindicazione alla vaccinazione e che il beneficio per la salute individuale, conseguibile attraverso la somministrazione del vaccino combinato, rende assolutamente tollerabile il sacrificio dellinoculazione del vaccino contenente anche lantigene relativo alla malattia per cui si conseguita limmunizzazione. (50) D. VInCEnzI AMATo, Tutela della salute e libert individuale, cit., p. 2471; D. MorAnA, La salute nella Costituzione italiana, cit., p. 203. (51) Ferma restando la parallela tutela risarcitoria, la quale trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva del trattamento o di esecuzione materiale di esso non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalit che lo stato delle conoscenze scientifiche e larte prescrivono in relazione alla sua natura (sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori previsti dallart. 2043 cod. civ.). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Pi specificamente, come gi illustrato nel paragrafo primo del presente lavoro, occorre tener conto del fatto che il decreto legge n. 73 del 2017 stato adottato in un contesto caratterizzato da una preoccupante flessione delle coperture vaccinali e dallaumento dei casi di malattie infettive in fasce di et diverse da quelle classiche e con quadri clinici pi gravi e conseguente maggiore ricorso allospedalizzazione, oltrech dalla ricomparsa di malattie ormai sotto controllo. Va, inoltre, considerato che la pratica vaccinale non , di regola, pericolosa e che, viceversa, sono gravi, talvolta letali, i rischi che possono, in difetto di vaccinazione, derivare dalla contrazione della malattia: le possibili conseguenze della vaccinazione, puntualmente enumerate nella Tabella 2 di cui alle pagg. 33-35 del Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, sono, nella stragrande maggioranza dei casi, quelle proprie di ogni trattamento sanitario e per la loro lievit e temporaneit sono non soltanto tollerabili, ma sicuramente trascurabili, se raffrontati ai benefici che certamente conseguono allimmunizzazione. Infine, nellipotesi di lesioni o infermit causate da vaccinazioni obbligatorie che abbiano comportato una menomazione permanente dellintegrit psico-fisica, lordinamento appresta una specifica tutela indennitaria (l. 25 febbraio 1992, n. 210 e ss. mm) richiamata dagli artt. 5-bis, 5-ter e 5-quater del decreto-legge in questione, alla quale si affianca la responsabilit civile che opera sul piano della tutela della salute di ciascuno contro lillecito (da parte di chicchessia) sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori pieni previsti dallart. 2043 del codice civile. Al riguardo, una importante novit prevista dallart. 5-bis del decreto-legge n. 73 del 2017, ai sensi del quale lAgenzia Italiana del Farmaco (AIFA) litisconsorte necessario nei procedimenti relativi a controversie aventi ad oggetto domande di riconoscimento di indennizzo da vaccinazioni e a ogni altra controversia volta al riconoscimento del danno da vaccinazione, nonch in controversie aventi ad oggetto domande di autorizzazione alla somministrazione di presunti farmaci non oggetto di sperimentazione almeno di fase 3 e da porre a carico del Servizio sanitario nazionale o di enti o strutture sanitarie pubbliche. Quanto sinora sostenuto trova conferma nel parere n. 2065 del 26 settembre 2017, reso dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato su richiesta della regione Veneto, con specifico riferimento allobbligo vaccinale introdotto dal decreto-legge n. 73 del 2017, nel quale si legge che: La Costituzione, , contrariamente a quanto divisato dai sostenitori di alcune interpretazioni riduzionistiche del diritto alla salute, non riconosce unincondizionata e assoluta libert di non curarsi o di non essere sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori (anche in relazione a terapie preventive quali sono i vaccini), per la semplice ragione che, soprattutto nelle patologie ad alta diffusivit, una cura sbagliata o la decisione individuale di non curarsi pu dan LEGISLAzIonE ED ATTUALIT neggiare la salute di molti altri esseri umani e, in particolare, la salute dei pi deboli, ossia dei bambini e di chi gi ammalato o di chi, per particolari condizioni cliniche, non si pu vaccinare: e, ci, perch la salute non solo oggetto di un diritto (variamente declinabile come diritto alla cura e diritto di non curarsi e comunque ad esprimere un consenso informato alla cura), ma anche un interesse della collettivit, interesse che, come sՏ detto, ben pu giustificare, nei modi e nei limiti visti, lintervento del legislatore per imporre, con carattere di generalit e sulla base di un rapporto di proporzionalit con le esigenze di tutela dellaltrui salute, determinati trattamenti sanitari (52). Va, inoltre, considerato, ai fini della verifica della ragionevolezza dellintervento normativo in questione, che, come evidenziato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018, in relazione al ricorso sollevato in via principale dalla regione Veneto, il legislatore intervenuto in una situazione in cui lo strumento della persuasione appariva carente sul piano del- lefficacia e nulla esclude che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata. in questa prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario, il legislatore ai sensi dellart. 1, comma 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito ha opportunamente introdotto in sede di conversione un sistema di monitoraggio periodico che pu sfociare nella cessazione della obbligatoriet di alcuni vaccini (...). Questo elemento di flessibilizzazione della normativa, da attivarsi alla luce dei dati emersi nelle sedi scientifiche appropriate, denota che la scelta legislativa a favore dello strumento dellobbligo fortemente ancorata al contesto ed suscettibile di diversa valutazione al mutare di esso (53). Tra laltro, le misure previste dal decreto-legge sono state accompagnate dallavvio, da parte del Ministero della salute - a decorrere dal mese di luglio 2017 -di iniziative di comunicazione e informazione istituzionale per illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni di cui al decreto, ai sensi della legge 7 giugno 2000, n. 150, in collaborazione con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i farmacisti delle farmacie del territorio, sentite le rispettive rappresentanze ordinistiche e le associazioni di categoria. Il Ministero della salute e il Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca, nellanno scolastico 2017/2018, hanno adottato iniziative di formazione del personale docente ed educativo e di educazione delle alunne e degli alunni sui temi della prevenzione sanitaria e in particolare delle vaccinazioni, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni dei genitori (54), (52) P. BArILE, Diritti delluomo e libert fondamentali, cit. (53) Corte Cost., 18 gennaio 2018, n. 5, in www.cortecostituzionale.it. (54) Lintervento formativo ha riguardato le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione, in particolare, un docente per autonomia scolastica, che, a sua volta, ha sensibilizzato sulle tematiche rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 con lobiettivo di promuovere una adesione volontaria e consapevole alle vaccinazioni previste dal PnPV e diffondere la cultura delle vaccinazioni nella popolazione e tra gli esercenti le professioni sanitarie (55). Va, infine, evidenziato che, come ha giustamente rilevato la Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018, il legislatore del 2017, nellestendere lobbligo vaccinale, ha ritenuto di dover preservare un adeguato spazio per un rapporto con i cittadini basato sullinformazione, sul confronto e sulla persuasione: in caso di mancata osservanza dellobbligo vaccinale, lart. 1 comma 4 del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito, prevede un procedimento volto in primo luogo a fornire ai genitori (o agli esercenti la potest genitoriale) ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e a sollecitarne leffettuazione. a tale scopo, il legislatore ha inserito un apposito colloquio tra le autorit sanitarie e i genitori, istituendo un momento di incontro personale, strumento particolarmente favorevole alla comprensione reciproca, alla persuasione e alladesione consapevole. 3.2.2. Linsussistenza del principio di autodeterminazione del singolo in rapporto al dovere dei genitori di adottare misure idonee ad evitare pregiudizi per la salute dei figli minori. Tutto ci premesso, nel valutare la legittimit di un eventuale rifiuto di somministrazione delle vaccinazioni opposto dai genitori dei minori gi immunizzati per una o pi delle malattie per le quali viene somministrato un vaccino combinato, non si pu prescindere dallevidenziare che, nel caso delle vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto-legge n. 73/2017, il richiamo al principio di autodeterminazione del singolo individuo non corretto, atteso che i destinatari dellobbligo vaccinale sono minori di et compresa tra zero e sedici anni (art. 1, comma 1). Ci che rileva, in tale caso, non la loro libert di scelta quanto il potere- dovere dei genitori di adottare le misure e le condotte idonee a evitare pregiudizi o concreti pericoli alla [loro] salute (56). In proposito, non pu negarsi che, nella moderna concezione, la potest parentale (oggi, responsabilit genitoriale) non pi intesa quale vitae necisque potestas, bens come diritto-dovere che trova nellinteresse del figlio la sua funzione e il suo limite (57). per le quali stato formato gli altri colleghi dellistituzione scolastica di appartenenza. Il Ministero della salute ha coadiuvato il Ministero dellistruzione, delluniversit e della ricerca, predisponendo e fornendo materiale informativo alle istituzioni scolastiche. (55) In sede di conversione in legge, stato anche previsto che i consultori familiari di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405 hanno il compito di diffondere le informazioni relative alle disposizioni del decreto-legge. (56) Corte Cost., ord. 8-22 luglio, 2004, n. 262, in www.giurcost.org. (57) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1992. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Ed infatti, la Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalit e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, allesercizio della potest genitoriale. appunto questo il fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice - allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore - quali la salute e listruzione - di intervenire affinch a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie (58). Conclusioni, quelle appena esposte, riprese nella menzionata ordinanza n. 262/2004, in materia di vaccinazione antitetanica da somministrare ai nuovi nati, con cui la Consulta, nel dichiarare la manifesta inammissibilit della questione di legittimit costituzionale sollevata, ha eccepito al giudice rimettente la mancata considerazione del rischio derivante allo stesso minore dallomissione della vaccinazione, posto, che nel caso del minore, non in gioco la sua autodeterminazione, ma il potere-dovere dei genitori di adottare le misure e le condotte idonee a evitare pregiudizi o concreti pericoli alla salute dello stesso minore, non potendosi ammettere una totale libert dei genitori di effettuare anche scelte che potrebbero essere gravemente pregiudizievoli al figlio. Anche la Corte di Cassazione, proprio in tema di sanzioni amministrative per la violazione dellobbligo di sottoposizione alle vaccinazioni obbligatorie, ha sostenuto che il dovere di tutelare la salute del minore da parte del genitore non pu risolversi nella negazione, per propria convinzione, dellesistenza dellobbligo, o nel timore generico di un pregiudizio per il minore, ma deve concretarsi nella prospettazione di specifiche ragioni che nel singolo caso rendono la vaccinazione pericolosa e nella dimostrazione di particolari controindicazioni, desunte dalla salute fisica del soggetto da vaccinare (59). Pi recentemente, proprio in relazione allopposizione della madre di un minore di anni sette rispetto alla somministrazione di ulteriori dosi di vaccini combinati (esavalente e trivalente), il giudice di merito, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., ha disposto, allesito di consulenza tecnica dufficio, laffievolimento della responsabilit genitoriale della stessa madre (60). In definitiva, nel caso di vaccinazioni obbligatorie su minori, la questione della contrapposizione tra diritto individuale di libert/interesse della collettivit assume uno spessore ulteriormente problematico, in quanto i genitori/tutori/ affidatari hanno lobbligo imprescindibile di rispettare linteresse del (58) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1992. (59) Cos Cass., sez. I, 8 luglio 2005, n. 14384; v. anche, in termini sostanzialmente analoghi, Cass., sez. I, 18 luglio 2003, n. 11226. (60) Corte dAppello napoli, sez. famiglia, decreto 30 agosto 2017; conformemente, Trib. roma, sez. I, ord. 16 febbraio 2017; Corte dAppello Bologna, sez. lav., 13 febbraio 2015, n. 1767/2014. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 minore. In altri termini, il diritto dei terzi alla tutela della propria salute e linteresse collettivo vanno contemperati non gi con la libert di autodeterminazione del singolo, bens con linteresse del bambino il quale esige tutela anche nei confronti dei genitori che -sulla base di personali convinzioni in merito alla validit della pratica vaccinale -non adempiono ai compiti inerenti alla cura del minore (61). 3.3. il diritto alla tutela della salute e il dovere di solidariet sociale. Tutto ci premesso, non pu che introdursi laltro principio al quale intrinsecamente connesso il tema dei trattamenti sanitari obbligatori: il dovere di solidariet di cui allarticolo 2 della Costituzione, nel qual riecheggiano il principio cattolico della solidariet e listanza mazziniana che vuole i diritti collegati ai doveri, essendo evidente che nessuno Stato pu esistere senza un certo grado di solidariet tra i suoi cittadini (62). Ed infatti, proprio mediante il richiamo agli inderogabili doveri di solidariet sociale che linteresse della collettivit giustifica, nellottica del comma 2 dellart. 32 della Carta fondamentale, limposizione al singolo di un determinato trattamento sanitario, anche perch - come stato notato da illustre dottrina - alcuni tra i doveri di solidariet non sono altro che il risvolto di diritti: cos, ad esempio, il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30), il dovere di acquisire listruzione mediante la frequenza della scuola c.d. dellobbligo (art. 34), quello di esercitare il diritto di voto (art. 48) e, per quanto qui interessa, il dovere di sottoporsi a trattamenti sanitari (63). In proposito, se non si pu prescindere dal rilevare che la maggior parte degli Autori disconosce lesistenza di un vero e proprio dovere giuridico di mantenersi in buona condizione psicofisica (64), non si pu parimenti negare che il generale dovere di solidariet -che, come ha di recente ricordato il Consiglio di Stato nel richiamato parere della Commissione Speciale, pervade e innerva tutti i rapporti sociali e giuridici- bidirezionale e reciproco, in quanto coinvolge, in egual misura, la collettivit e il singolo. Ed invero, proprio valorizzando il dovere di solidariet, si giunge a giu (61) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132/1992. (62) M. MAzzIoTTI DI CELSo, G.M. SALErno, manuale di diritto costituzionale, Padova, 2003, p. 145. (63) V. CrISAFULLI, L. PALADIn (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990. (64) ne consegue che - come detto - il sacrificio della libert individuale che un trattamento sanitario obbligatorio comporta sia accettabile e costituzionalmente legittimo solo in presenza di rischi per lo stato di salute dellinsieme degli altri consociati. Sullinesistenza di un dovere alla salute, cfr. M. LUCIAnI, il diritto costituzionale alla salute, cit., pp. 780 ss.; r. DALESSIo, i limiti costituzionali dei trattamenti sanitari, (a proposito dei Testimoni di Geova), in Diritto e societ, 1981, pp. 536 ss.; D. VInCEnzI AMATo, Tutela della salute e libert individuale, cit., pp. 2466 ss.; G. GEMMA, Diritto a rifiutare cure ed interessi costituzionali diversi dalla salute pubblica, in rivista aic, 2017; A.A. nEGronI, Sullinesistenza di un dovere alla salute nella Costituzione italiana, in Bioetica, 2014, pp. 59 ss. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT stificare sia limposizione al singolo di un determinato trattamento sanitario sia il corrispondente aggravio per la collettivit, che sar chiamata a compensare economicamente il pregiudizio che eventualmente derivi al singolo dal trattamento sanitario, prescritto nellinteresse non soltanto suo, ma della stessa collettivit. nella gi citata sentenza n. 307 del 1990, in materia di vaccinazione antipoliomielitica, la Corte costituzionale sostiene che sia il rilievo costituzionale della tutela della salute come interesse della collettivit a giustificare il fatto che, in nome della solidariet verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato ad un dato trattamento sanitario. Anche nella successiva sentenza n. 118/1996 (65) -ancora in tema di vaccinazione antipoliomielitica -si afferma che in nome del dovere di solidariet verso gli altri possibile che chi ha da essere sottoposto al trattamento sanitario (o, come nel caso della vaccinazione antipoliomielitica che si pratica nei primi mesi di vita, chi esercita la potest di genitore o la tutela) sia privato della facolt di decidere liberamente. La coesistenza tra la dimensione individuale e quella collettiva della disciplina costituzionale della salute nonch il dovere di solidariet che lega il singolo alla collettivit, ma anche la collettivit al singolo, impongono che si predisponga, per quanti abbiano ricevuto un danno alla salute dallaver ottemperato allobbligo del trattamento sanitario, una specifica misura di sostegno consistente in un equo ristoro del danno. Un ristoro, occorre aggiungere, dovuto per il semplice fatto obiettivo e incolpevole dellaver subto un pregiudizio non evitabile, in unoccasione dalla quale la collettivit nel suo complesso trae un beneficio [e che] prescinde dalla colpa e deriva dallinderogabile dovere di solidariet che, in questi casi, incombe sullintera collettivit e, per essa, sullo Stato (66). Anche con la menzionata sentenza n. 107/2012 - cui rinvia la pi recente sentenza n. 268 del 2017 (67) - la Corte Costituzionale, nel richiamare la correlazione esistente, tra il diritto fondamentale dellindividuo e linteresse della collettivit, pone laccento sulla necessit che, ove i valori in questione vengano a trovarsi in frizione, lassunzione dei rischi, relativi a un trattamento sacrificante della libert individuale, venga ricondotta ad una dimensione di tipo solidaristico. Da ultimo, la Consulta ha fondato il proprio giudizio di legittimit della scelta effettuata dal decreto-legge n. 73 del 2017, proprio sulla circostanza che tale scelta volta a tutelare la salute individuale e collettiva ed fondata (65) Corte Cost., sent. 15-18 aprile, 1996, n. 118, in www.giurcost.org. (66) Cfr. anche Corte Cost., sentenza 22 giugno 2000, n. 226, in www.giurcost.org, che ribadisce che ҏ dunque linteresse collettivo alla salute la ragione determinante del diritto allindennizzo. Non lobbligatoriet in quanto tale del trattamento, la quale semplicemente strumento per il perseguimento di tale interesse. (67) Corte Cost., sentenza 22 novembre 2017, n. 268, in www.giurcost.org. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 sul dovere di solidariet nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie (cfr. Comunicato dellUfficio Stampa del 22 novembre u.s., relativo alla decisione assunta dalla Corte costituzionale successivamente alludienza in cui sono state discusse le numerose questioni di legittimit costituzionale promosse in via principale dalla regione Veneto) (68). 3.4. il diritto alla tutela della salute, il diritto allistruzione e il principio di eguaglianza. Tutto ci premesso, il diritto alla tutela della salute, cos come, del resto, il diritto allistruzione (art. 34 Cost.), va correlato al principio di uguaglianza e al diritto di tutti di accedere non solo ai servizi sanitari, ma anche ai servizi educativi e scolastici in condizioni di effettiva parit. Al riguardo, non si pu omettere di considerare che linadempimento dellobbligo vaccinale da parte di alcuni genitori -e, per quanto in questa sede specificamente interessa, da parte dei genitori dei minori parzialmente immunizzati rispetto alle malattie per le cui vaccinazioni sussiste lobbligo di legge -in nome di una malintesa libert delle cure rischierebbe di esporre al contagio tutti coloro i quali vengano in contatto con i loro figli non vaccinati. La Commissione Speciale del Consiglio di Stato, nel citato parere del 26 settembre 2017, ha chiarito che i bambini costretti a frequentare classi in cui sia bassa limmunit di gregge potrebbero essere esposti a pericoli per la loro salute (). La discriminazione tra bambini e bambini, tra cittadini sani e cittadini deboli, non potrebbe essere pi eclatante. il servizio sanitario e il servizio scolastico, da chiunque gestiti, debbono quindi garantire alti e omogenei livelli di copertura vaccinale in tutto il Paese, dal momento che la stessa ragion dessere di tali servizi quella di rendere effettivi, allinsegna del buon andamento amministrativo e della leale collaborazione tra i vari livelli di governo, i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e, tra questi, in primo luogo il diritto alla vita e alla salute, quali indefettibili precondizioni per un pieno sviluppo della persona umana, pure in quella particolare formazione sociale che la scuola. Ci giustifica la previsione di cui allart. 3, comma 3, del d.l. n. 73/2017, in base alla quale - come visto - la presentazione della documentazione comprovante ladempimento dellobbligo vaccinale costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per linfanzia e alle scuole dellinfanzia, ivi incluse quelle private non paritarie. (68) A parere di D. MorAnA, la giurisprudenza costituzionale bench escluda in via di principio che linteresse della collettivit abiliti il legislatore a provocare il sacrificio della salute del singolo, finisce poi con il risolvere il conflitto tra le due polarit in favore dellinteresse della collettivit: la salvaguardia della tutela della salute dellindividuo, che pure in base alla Costituzione deve rappresentare un limite per limposizione del trattamento stesso, viene in concreto ad essere esposta a pregiudizio in ragione di quellinteresse (Cfr. La salute come diritto costituzionale. Lezioni, cit. p. 61). LEGISLAzIonE ED ATTUALIT infatti evidente che il pericolo di contagio massimo in et prescolare, per effetto stesso dei comportamenti assunti dai bambini, tali da accrescere le probabilit di trasmissione di virus e batteri (gattonamento, scambio di ciucci e di giocattoli) e, di conseguenza, altrettanto alto il rischio di complicanze per coloro che, per specifiche condizioni cliniche ostative, non possono sottoporsi alle vaccinazioni. Viceversa, le esigenze di tutela dei minori non vaccinati sono, ratione aetatis, meno pressanti, nel caso dei minori da sette a sedici anni, per i quali la presentazione della documentazione comprovante ladempimento dellobbligo vaccinale non costituisce requisito di accesso alla scuola o agli esami (cfr., amplius supra). Come ha rilevato il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 962 del 2018, la disposizione di cui al comma 3 dellarticolo 3 del d.l. n. 73 del 2017 stata introdotta a seguito di un bilanciamento tra opposti interessi, entrambi di rilevanza costituzionale: quello allistruzione e quello alla salute, bilanciamento che pu essere svolto dal solo legislatore, rientrando tale scelta nella sua propria ed esclusiva discrezionalit, alla quale non pu sostituirsi il giudice anteponendo un proprio personale convincimento che travalichi il chiaro contenuto della norma oggetto di applicazione. Nella propria valutazione discrezionale, il legislatore ha tenuto conto non solo del differente regime normativo esistente tra la scuola dellobbligo e leducazione pre-scolare, che si svolge presso gli asili nido e le scuole del- linfanzia, ma ha valutato anche la condizione soggettiva differente esistente tra i bambini di et superiore ai sei anni, e quelli da zero a sei anni. Questi ultimi, infatti, sono molto pi fragili, e come tali necessitano di maggiori misure di precauzione e prevenzione. i rischi di contagio pi elevati si registrano, infatti, tra i bambini che frequentano, per lappunto, i servizi educativi per linfanzia e le scuole dellinfanzia o che comunque frequentino luoghi in cui vi sia la presenza contemporanea di bambini di pi famiglie. Ne deriva che la situazione sia giuridica che fattuale in cui versano i bambini che devono iscriversi alla scuola dellobbligo, e quelli relativi alla fascia 0-6 anni, presenta tali differenze da non consentire lestensione della normativa derogatoria prevista per i bambini pi grandi a quelli di et ricompresa tra i 0-6 anni, se non a condizione di disapplicare lart. 1 del D.P.r. n. 335/1999 o, comunque, di applicare tale norma in modo difforme da quanto previsto dal legislatore (69)(70). Infine, come ha suggerito il Tribunale Amministrativo regionale del Lazio (69) Cons. Stato, sez. II, sent. 14 febbraio 2018, n. 962, in www.giustizia-amministrativa.it. (70) non pu non rilevarsi che il principio di eguaglianza ha giustificato linserimento delle prestazioni vaccinali in esame tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), sin dal 2001. E, in effetti, solo garantendo a tutti e sullintero territorio nazionale, in condizioni di parit e gratuit, laccesso allofferta vaccinale si assicura, anche sotto questo profilo, leguaglianza - sostanziale - dei cittadini. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 in una recente pronuncia, non si pu mancare di fare riferimento ai principi enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2018 in tema di diritto alla salute, per le loro ricadute in tema di salute dei minori soggetti anche allobbligo scolastico, specie laddove la Corte si riferisce al diritto dovere dei genitori di adottare condotte idonee a proteggere la salute dei figli garantendo che tale libert non determini scelte potenzialmente pregiudizievoli per la salute dei minori, in specie quando vengano a contatto tra loro a scuola (71). 3.5. il diritto alla tutela della salute e il principio di precauzione. Un ultimo profilo di rilevanza attiene alla verifica del rispetto, dalla parte della normativa in esame, del principio di precauzione (72). difficile affermare che esista una condotta umana a rischio zero, tuttavia lamministrazione di un rischio incerto maggiormente sfidante quando correlata ad un diritto fondamentale dellessere umano, quale il diritto alla tutela della salute. Ci posto, va considerato che, a parere di taluni, la pratica vaccinale comporta il rischio di reazioni avverse o, comunque, di pregiudizi per la salute dei vaccinati pi gravi di quelli che con la vaccinazione si intendono prevenire, per cui il legislatore avrebbe dovuto astenersi dallimporre coattivamente il ricorso alla vaccinazione (73). Viceversa, secondo la comunit scientifica, considerata la situazione epidemiologica e il trend in discesa delle coperture vaccinali, ladozione di misure idonee ad estendere e a rendere effettiva la profilassi vaccinale costituisce la pi evidente applicazione della regola in cui si compendiano sia il principio di prevenzione che quello di precauzione. In altri termini, in presenza di unalternativa che presenti rischi per la salute umana, il decisore pubblico tenuto a prediligere la soluzione che consenta di neutralizzare o minimizzare tale rischio: ed invero, nella situazione data (cfr. supra, par. 1), limposizione dellobbligo vaccinale rappresenta la misura di sanit pubblica maggiormente idonea ad annullare o a ridurre i rischi per la salute umana -per quella individuale e per quella collettiva -connessi alla diffusione delle malattie, soprattutto di quelle infettive (74). Del resto, come (71) Tar Lazio, sez. terza-quater, sent. 16 marzo 2018, cit. (72) M.G. STAnzIonE, Principio di precauzione e diritto alla salute. Profili di diritto comparato, in www.comparazionedirittocivile.it. LAutrice spiega che il termine precauzione reca con s lidea della anticipazione sul piano temporale di una condotta di tutela dinnanzi ad un rischio, come testimonia letimologia stessa: il latino praecavere significa letteralmente prestare attenzione prima. (73) Le norme impugnate - si legge nel ricorso della regione Veneto alla Corte costituzionale -, proprio contraddicendo il principio di precauzione, introdurrebbero una sorta di grottesca sperimentazione di massa obbligatoria (), senza il sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza una supervisione bioetica. (74) Cfr. anche Cons. Stato, sez. III, ordinanza 20 aprile 2017, n. 1662, in www.giustizia-amministrativa. it. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT evidenziato dalla Corte di Cassazione, il diritto alla tutela della salute ex art. 32 della Costituzione deve consentire la giustiziabilit anche dei pericoli potenziali (75)(76). Va, inoltre, osservato che i rischi per la salute umana -oggettivi e provati sono diversi da quelli semplicemente ipotetici ovvero basati su meri indizi. In definitiva, certo che i rischi correlati alle malattie, soprattutto infettive, prevenibili con le vaccinazioni sono numerosi e, in molti casi, assai gravi: basta consultare la Tabella 1 di cui alle pagg. 32 e 33 del vigente Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale per avere contezza del tipo, della frequenza e della gravit delle patologie e delle complicanze, correlate alla contrazione di ciascuna delle malattie per le quali previsto lobbligo della vaccinazione (77). , inoltre, noto e scientificamente provato che la somministrazione dei vaccini ha contribuito ad eliminare o a contenere un numero notevole di malattie che, allinizio del secolo scorso, ancora causavano in Italia vittime e invalidit. , infine, accertato che le reazioni avverse comunemente indotte dalle vaccinazioni sono, di regola, per frequenza e intensit, scarsamente significative (78), e, pertanto, tollerabili. Le reazioni avverse gravi e le complicanze irreversibili sono invece estremamente rare e non vi sono evidenze scientifiche in merito allesistenza di un rapporto di causalit tra vaccinazione e reazione. Peraltro, lo stesso decisore pubblico, proprio al fine di implementare le garanzie per i minori da sottoporre a vaccinazione ha posto in capo allAgenzia Italiana del farmaco, per il tramite della Commissione tecnico-scientifica, alluopo integrata da esperti indipendenti e che non si trovino in situazioni di conflitto di interesse, e in collaborazione con lIstituto Superiore di Sanit, il compito di predisporre e trasmettere al Ministero della salute una relazione annuale sui risultati del sistema di farmacovigilanza e sui dati degli eventi avversi per i quali stata confermata unassociazione con la vaccinazione. Il Ministro della salute trasmetter la predetta relazione alle Camere. Tra laltro e pi in generale, come ha giustamente rilevato la Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel pi volte citato parere, le tesi che biasimano il ricorso alla pratica vaccinale, reputandolo contrario al principio di (75) Cfr. Corte Cass., sez. III, sentenza 27 luglio 2000, n. 9893. (76) Si veda anche Corte Cost., sentenza 26 maggio 1998, n. 185, in Foro it., 1998, 1713, per la quale lincertezza scientifica non sufficiente per escludere ladozione di provvedimenti volti alla tutela della salute. (77) Cfr. anche Quaderni del ministero della salute, Vaccinazioni: stato dellarte, falsi miti e prospettive. il ruolo chiave della prevenzione, 2017. (78) Cfr. il Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale vigente, Tabella 2, pagg. 33-35, dove sono elencate e distinte per frequenza le principali reazioni avverse documentate per ciascuna delle malattie oggetto delle vaccinazioni obbligatorie. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 precauzione, si pongono, in realt, in contraddizione proprio con il fondamento scientifico di tale principio. Il principio di precauzione non obbliga infatti alla scelta dellopzione totalmente priva di rischi, ma impone al decisore pubblico (legislatore o amministratore), in contesti determinati, di prediligere, tra le plurime ipotizzabili, la soluzione che renda possibile il bilanciamento tra la minimizzazione dei rischi e la massimizzazione dei vantaggi, attraverso lindividuazione, sulla base di un test di proporzionalit, di una soglia di pericolo accettabile; la selezione di tale soglia, tuttavia, pu compiersi unicamente sulla base di una conoscenza completa e, soprattutto, accreditata dalla migliore scienza disponibile. Sicch il principio di precauzione pu, talora, condurre le autorit pubbliche a non agire oppure, in altri casi, pu spingerle ad attivarsi, adottando misure proporzionate al livello di protezione prescelto (cio adeguate rispetto alla soglia di pericolo accettabile) (79). In definitiva, la Commissione Speciale senza entrare in valutazioni di carattere epidemiologico che dovrebbe essere riservate agli esperti (e che certamente non spettano ai giuristi), ha affermato che risulta infatti evidente -sulla base delle acquisizioni della migliore scienza medica e delle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali -che soltanto la pi ampia vaccinazione dei bambini costituisca misura idonea e proporzionata a garantire la salute di altri bambini e che solo la vaccinazione permetta di proteggere, proprio grazie al raggiungimento dellobiettivo dellimmunit di gregge, la salute delle fasce pi deboli, ossia di coloro che, per particolari ragioni di ordine sanitario, non possano vaccinarsi. Porre ostacoli di qualunque genere alla vaccinazione (la cui appropriatezza sia riconosciuta dalla pi accreditata scienza medico-legale e dalle autorit pubbliche, legislative o amministrative, a ci deputate) pu risolversi in un pregiudizio per il singolo individuo non vaccinato, ma soprattutto vulnera immediatamente linteresse collettivo, giacch rischia di ledere, talora irreparabilmente, la salute di altri soggetti deboli. Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 5/2018, ha concluso che a fronte di una copertura vaccinale insoddisfacente nel presente e incline alla criticit nel futuro () [rientra] nella discrezionalit -e nella responsabilit politica -degli organi di governo apprezzare la sopraggiunta urgenza di inter (79) Tra laltro, sostiene la Commissione Speciale del Consiglio di Stato, La base scientifica del principio di precauzione rappresenta anche un presidio di garanzia della ragionevolezza delle scelte pubbliche e rafforza conseguentemente la compliance delle regole positive (su di esso fondate) che impongano obblighi di comportamento per i consociati. La consapevolezza, invero, che il decisore pubblico sia tenuto a seguire una strategia valutativa (di problem solving) poggiante sulle verificabili e verificate acquisizioni della miglior scienza del momento (e sul rigore del relativo metodo) concorre ad escludere il sospetto di arbitrariet inevitabilmente connesso a ogni epifania dellautoritativit, specialmente quando questultima si manifesti sotto forma di biopotere (ossia di esercizio della politicit, in questo caso estrinsecantesi in cogenza normativa, nella gestione del corpo umano). LEGISLAzIonE ED ATTUALIT venire, alla luce dei nuovi dati e dei fenomeni epidemiologici frattanto emersi, anche in nome del principio di precauzione che deve presidiare un ambito cos delicato per la salute di ogni cittadino come quello della prevenzione. Tutte le considerazioni che precedono valgono, naturalmente, anche -per i fini di cui al presente scritto -relativamente allobbligo previsto dallarticolo 1, comma 2, del decreto-legge in questione per i soggetti parzialmente immunizzati, anche perch, considerato che la pregressa malattia non una controindicazione alla vaccinazione (cfr. supra, par. 3.1) lobbligo di farsi somministrare il vaccino combinato nel quale presente anche lantigene relativo alla malattia per quale sussiste limmunizzazione pienamente giustificato, sotto il profilo del principio di precauzione, dal rischio di contrarre e potenzialmente diffondere malattie infettive per le quali non si immuni. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 La memoria dellavvocatura dello stato nel procedimento penale c.d. aemilia Il processo c.d. Aemilia non il primo processo di mafia in Emilia-romagna essendo stato preceduto da altri importanti processi tanto che la Corte dappello di Bologna, giudicando sul troncone dellabbreviato, ha parlato della presenza della mafia in Emilia-romagna come di un fatto notorio. I numeri del processo, oltre 200 imputati, sono per importanti cos come importante, tanto da costituirne la particolarit, la mutazione intervenuta nellattivit dellassociazione criminale. Venendo da una feroce guerra di mafia, svoltasi negli anni 90, le varie componenti del- lassociazione hanno realizzato una pax mafiosa che ha sfruttato in pieno leffetto di intimidazione maturato presso la popolazione. Questo ha consentito allassociazione di muoversi con modalit Pull sfruttando il marchio e offrendo servizi: principalmente nel campo del recupero crediti e della creazione di disponibilit mediante false fatturazioni, servizi che sono stati richiesti dal territorio senza necessit di pressioni o minacce. Sono numerosi i casi di professionisti o uomini politici che sono stati intercettati mentre esprimevano ammirazione per il potere dei mafiosi o le utilit che potevano derivargli dalla collaborazione con loro. La mancanza di imputazioni collegate a reati di sangue ha fatto dire che non cera una autonoma organizzazione mafiosa, ma che si era solo in presenza di reati scopo commessi dagli appartenenti alla cosca originaria di Cutro in Calabria. Scopo della costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio stato proprio contrastare una lettura riduttiva e consolante di questo tipo. La vicenda giudiziaria penale si interseca con altre nelle quali lavvocatura dello Stato stata impegnata: il contrasto allinfiltrazione mafiosa tramite i provvedimenti prefettizi a contenuto interdittivo e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose nei lavori post ricostruzione dopo il terremoto del 2012 mediante creazione di white list. In tutti e due gli ambiti lavvocatura distrettuale ha fornito collaborazione sia in sede consultiva che nella difesa dei provvedimenti innanzi al Tar e il processo fotografa lutilit di questi strumenti di contrasto. A fronte delle iniziative prefettizie lorganizzazione ha reagito oltre che minacciando il Prefetto anche simulando una reazione dellintera comunit di origine calabrese e organizzando un incontro pubblico con soggetti politici. La pervasivit dellassociazione nel sistema delle imprese ha seguito due canali: lalterazione della concorrenza mediante il finanziamento, frutto di riciclaggio, per imprese operanti effettivamente nel settore delledilizia e dellautotrasporto tanto da condizionare i relativi mercati; La creazione di imprese fantasma da adibire a cartiere o comunque a pedine per la creazione di fatture false da offrire alle imprese compiacenti. Una quota importante degli imputati ha richiesto il giudizio abbreviato che ha visto concludere il grado dappello, con la conferma della impostazione seguita dalla Procura Antimafia e un gran numero di condanne. nel dibattimento in corso la Procura Antimafia ha contestato a diversi imputati di aver LEGISLAzIonE ED ATTUALIT proseguito anche dopo il rinvio a giudizio nella condotta associativa cos che il dibattimento ha visto correre in parallelo sia il rito ordinario che quello abbreviato per coloro che hanno optato per tale rito in ordine alle nuove imputazioni. Mario Zito* Avvocatura dello Stato Via Guido reni n. 4 Bologna Tel. 051 222802 Fax 051 232297 PEC: ads.bo@pec.avvocaturastato.it C.F. ads80068910373 TrIBUnALE DI rEGGIo EMILIA MEMorIA Per l'avvocatura dello Stato nell'interesse delle Parti Civili costituite a suo ministero nel procedimento penale c.d. Aemilia rG 555/16. Prima di iniziare ad illustrare la costituzione dell'avvocatura dello Stato corre l'obbligo di formalizzare le scuse per non essere stato sufficientemente assiduo ad un processo cos importante, pur cercando di seguire comunque il processo attraverso la lettura dei verbali. Importanza non diminuita dal fatto che gi si siano concluse le fasi di merito del giudizio abbreviato strettamente connesso con il presente e siano gi pendenti in cassazione i ricorsi che vaglieranno la legittimit di una sentenza che conferma l'iniziativa della Procura Distrettuale Antimafia che oggi alla vostra attenzione. L'importanza capitale di questo dibattimento non sta solo nei numeri delle udienze e degli imputati n solo, anche se assolutamente particolare, della sua implementazione istruttoria in corso di causa grazie sia alle nuove acquisizioni che alla collaborazione di soggetti che hanno dovuto arrendersi all'evidenza delle accuse ed hanno avuto, non dico un moto di coscienza, ma almeno la consapevolezza della inutilit di opporsi ad una realt di assoluta evidenza. L'impegno per realizzare questo dibattimento evidente sia nella necessit di predispone una struttura espressamente dedicata e di impegnare in modo cos forte le risorse umane e strutturali dell'attivit giudiziaria imponendo ritmi di lavorio non usuali. Uno sforzo dell'intera organizzazione della giustizia che parte dagli accertamenti della Procura Antimafia ma che ha coinvolto lintera macchina organizzativa. A mio avviso, l'importanza del dibattimento proprio nella sua pubblicit che ha consentito con la piena esplicazione delle difese a chi ne abbia voglia, di (*) Avvocato dello Stato. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 cogliere l'importanza, tutta la portata assolutamente raggelante, del fenomeno dellinfiltrazione mafiosa in terra emiliana. Una percezione non mediata dalla lettura ma drammaticamente verificabile dall'emergere innanzi al Collegio di dichiarazioni, immagini, frasi tali da fornire la percezione del fenomeno anche a livello sensoriale. Il dibattimento ha visto quello che proprio di un processo di mafia in ordine all'acquisizione delle testimonianze. Come ha osservato il dr. Mescolini solo la parola omert pu descrivere il disagio dei testi a raccontare le violenze cui sono state vittima. racconto del quale attraverso le intercettazioni c'era invece il pieno riscontro. "Peggio del Terremoto" ha detto un teste per descrivere il timore indotto dalle pressioni e abbiamo sentito, come fosse una fiction ma era la realt, la violenza delle minacce. Il valore pi importante, il dono di questo dibattimento, che ora grazie alla sua pubblicit non CI Sono PI ALIBI non c' pi spazio per interpretazioni di maniera. Per la mafia d'onore, per i valori contrapposti allo stato borghese, per l'autorevolezza personale, per una supposta linearit di comportamento e capacit organizzativa anche a materie diverse dal crimine. ora abbiamo l'evidenza assoluta che l'organizzazione mafiosa solo la somma di soggetti che hanno un programma delinquenziale e che si adoperano per metterlo in essere. non sono uomini d'onore ma solo delinquenti. Scontiamo troppo i danni provocati da una lettura falsa del fenomeno, come non stato mai corretto fare ma che per troppo tempo ha tenuto banco. Una lettura tardo romantica, per altro risalente che affonda nella sfiducia nello Stato e nella puerile ricerca di succedanei. Ai primi del '900 Francesco Saverio nitti scrisse: "Briganti ed Eroi" osservando come squallidi personaggi, quali furono i briganti endemici nell'Italia preunitaria, trovassero simpatia nell'immaginario popolare. Un bisogno poco maturo di eroi positivi e negativi che ancora presente. Ma non esiste un altro Stato oltre quello che faticosamente si realizza attraverso la Costituzione e le leggi della repubblica. occorre quindi la presa di coscienza dei risultati che un pubblico dibattimento pu consentire anche attraverso l'elaborazione della stampa e degli studiosi, cos da riportare in un quadro di verit il fenomeno dell'infiltrazione mafiosa fuori dei territori originari. Una lettura grazie alla quale, bisogna dirlo anche se non piace e bisogna dirlo forte, l'organizzazione mafiosa stata accettata da ceti dirigenti della nostra societ che si sono chinati davanti a due sue manifestazioni complementari. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT IL PoTErE L 'UTILIT PErSonALE Davanti a questi miti si piegato un ceto professionale e imprenditoriale in una fascinazione che nel nostro processo si declinata in vari modi: dall'ammirazione, alla connivenza al concorso esterno. Estremamente puntuale e acuta stata l'osservazione del Pubblico Ministero quando ha osservato come la n'ndrangheta non abbia avuto necessit di sollecitare gli imprenditori perch profittassero delle fatture false. In termini Mercato ha potuto opere con metodologia Pull senza bisogno di spingere il prodotto. Ha capitalizzato talmente tanto nel periodo della Guerra di mafia, sul marchio e sul vissuto presso la potenziale clientela che gli avventori sono andati a cercarla. Come solo alcuni marchi storici possono permettersi di fare tra le Aziende. Potenza nel male e falsa efficienza. L'ammirazione e l'ingordigia si sono messe insieme ed hanno reso la fornitura di prodotti mafiosi come un bene corrente. Un errore di prospettiva che come meglio vedremo esaminando le varie sfaccettature della costituzione di parte civile che solo la verit processuale, sempre che venga diffusa, letta e meditata, pu contrastare. non vi nulla di positivo che possa nascere dal predominio delle organizzazioni mafiose: spiace che imprenditori e politici abbiano potuto confondere con l'efficienza l'apparente disponibilit che si offre di fornire, senza molti sforzi e utilizzando argomenti di maniera, consensi elettorali, lavoratori in nero, sconti fiscali. La soddisfazione che si sente in una intercettazione di poter frequentare e andare a cenare con un grosso uomo di mafia ricorda, prima ancora del "Silenzio degli innocenti", la frase dell'Amleto su Polonio che a cena come portata e non come ospite. Al termine dell'avventura con la mafia gli imprenditori collusi hanno trovato solo il carcere e il fallimento e questo processo pieno di esempi. In questo sforzo di verit che pu consentire al ceto imprenditoriale della nostra regione di liberarsi da un pericolo reale che gi si inverato in non pochi casi, e nel quale sta vivendo con inconsapevolezza grave, l'effetto migliore delle indagini, della cultura alta di garantismo e di preparazione giuridica, messa in campo dai Pubblici Ministeri che solo se trover piena rispondenza nell'esito di questo procedimento, come la ha avuta nel troncone importante dell'abbreviato, potr essere utile alla collettivit. Questo nella necessaria intersezione tra accertamento dei fatti in giudizio e sua metabolizzazione nel tessuto sociale che dovr avvenire ad opera di altri soggetti. Grazie allo sforzo di chiamare le cose con il loro nome che la Procura Antimafia vi ha chiesto: rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 omert dove c' omert, delinquenza dove c' delinquenza, ottusit e sottovalutazione dove queste sono emerse, in questo sta il senso forte delle richieste che vi sono state avanzate dalla Procura e di quelle che, nell'ambito specifico degli interessi civili, vi sono state avanzate attraverso le conclusioni che vi ho letto. La Corte d'appello di Bologna giudicando sugli appelli e confermando le decisioni del GUP ha parlato di fatto notorio a proposito della presenza in Emilia delle organizzazioni mafiose tratto dalle numerose sentenze passate in giudicato che vi sono state gi negli anni passati. Come non si ha difficolt a ritenere forte e stabile la presenza delle organizzazioni criminali nelle regioni del meridione ormai la stessa considerazione si pu fare in Emilia-romagna. Un percorso ormai lungo che prende le mosse dai primi anni ottanta e che ha visto numerosi procedimenti penali. Ma un percorso non lineare, a volte ondivago e interrotto, se vero che fin dal 1983 il Questore di reggio Emilia aveva visto il pericolo formarsi, ma ancora nel pieno degli anni '90 si aveva ritegno ad associare ad indagini penali in Emilia, la parola mafia tanto che ci provocava ingombranti, anche se in buona fede, discese in campo. Un cammino in cui, come emerge anche da questo processo, si sono visti esempi alti di dedizione al servizio dello Stato da parte di funzionari e dipendenti, in una storia che per, in non poche occasioni, ha visto episodi opachi se non il tradimento eclatante per il quale sono a processo alcuni ex dipendenti del Ministero dell'interno. Ancora pi importante, ai fini della presa di coscienza sociale rispetto alla valutazione della Corte ristretta all'esito di un procedimento camerale, sar quindi la vostra sentenza resa in un dibattimento ampio e seguito dai mezzi di informazione. L'avvocatura dello Stato costituita nell'interesse di pi soggetti. i Iniziamo dalla costituzione pi importante e particolare di questo processo. La Costituzione dello Stato Italiano, lo Stato ordinamento rappresentato dalla Presidenza del consiglio dei Ministri. Una costituzione non usuale in rappresentanza dei valori costituzionali che con la creazione e lo sviluppo di una associazione di stampo mafioso in reggio Emilia e provincia vengono irrisi e messi in pericolo. La Costituzione di Parte civile dello Stato ordinamento, quale espressione e a tutela dei valori costituzionali quindi rivolta verso tutti gli associati e i concorrenti nel reato associativo. La presenza dell'attivit criminale crea un elemento di disturbo della vita economica e non di crescita di essa. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT L'accumulazione delle risorse che tramite il riciclaggio e la connessa intestazione fittizia di beni produttivi viene a operarsi, inquina il territorio di riferimento. Privilegia alcune imprese su altre, rende la malavita presente in settori del- l'economia nei quali aggredisce l'elemento portante e fondamentale di una economia di mercato: la libera concorrenza. Si tratta quindi di un reato sistemico, aggressivo dei valori dell'economia come tutelati dalla Costituzione che indica il valore sociale dell'attivit economica e la corretta allocazione delle risorse nell'attivit produttiva. non siamo costituiti per gli altri reati fine che, con la loro autonoma contrariet all'ordinamento, trovano lo Stato sufficientemente presente attraverso lintervento del Pubblico Ministero e sono portatori di un loro danno criminale, ma non di un contrasto ordinamentale quale quello che con la costituzione di parte civile dello Stato ordinamento viene ad essere posto alla speciale attenzione del Tribunale. non esagerato parlare di valenza eversiva per il reato di associazione di stampo mafioso che si pone come autonomo sistema di valori alternativo a quello dello Stato. La nostra stata una scelta iniziale, mantenuta ferma nel corso del dibattimento che non significa presa di distanza dalla gravit degli altri delitti. Ci si stato chiesto, non senza una punta di polemica, perch non siamo costituiti per i delitti contro il mondo del lavoro cui al Capo 90 del decreto che dispone il giudizio. La scelta della costituzione dello Stato ordinamento solo per il reato associativo segue le regole sulla legittimazione della parte civile possibile solo in caso di danno civile risarcibile quando vi sia un interesse eccedente il solo contrasto del crimine di competenza dell'autorit giudiziaria. Per le singole amministrazioni dello Stato e a maggior ragione per lo Stato stesso, la Costituzione di parte Civile deve essere ricollegata non alla mera violazione di norme, sia pure rientranti in generale nel campo assegnato all'amministrazione, ma nella lesione concreta ed attuale di un interesse specifico. Vi poi da dire in generale che, quando si tratta di reati plurioffensivi, che colpiscono anche le istituzioni territoriali, non sembra opportuna una eccessiva stratificazione dovendo operare il principio di prossimit o sussidiariet cos che ove vi sia un ente specificatamente competente come in questo caso la regione Emilia romagna non vi sia ragione di duplicare le pretese. L'illustrazione della costituzione di Parte Civile della presidenza del consiglio si intreccia con la discussione della questione di incompetenza territoriale proposta in primo grado, rigettata con ampia ed esaustiva motivazione dal GUP nel giudizio abbreviato, riproposta con i motivi di appello e rigettata e ora al- l'attenzione della Corte Suprema. certo che se si potesse vedere nell'attivit degli imputati solo una serie di reati fine di una associazione gi ben conosciuta e contrastata, stabilita in pro rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 vincia di Crotone, non vi sarebbe molto spazio aggiuntivo di aggressione all'ordinamento giuridico tale da giustificare a pieno e quindi legittimare la costituzione di parte civile dello Stato comunit e della Presidenza del consiglio in sua rappresentanza. proprio l'aggressione ad un territorio non immune n vergine, ma di certo oggetto di una attivit di penetrazione e sfruttamento con diffusione di atteggiamenti mentali e comportamenti alternativi ai valori diffusi, che giustifica la presenza di questa Parte Civile. non sufficiente la mera repressione di singoli comportamenti, ma necessario che vengano rimarcati confini e limiti di vigenza di valori e condivisione sociale. Il carattere eversivo dell'associazione mafiosa rispetto ai valori segnati dal- l'evoluzione sociale, dal progresso, dalla indipendenza di uomini e donne quali autonomi portatori di diritti e posizioni soggettive, giustifica una costituzione di parte civile in nome dei valori aggrediti oltre che in nome delle singole norme violate. L'associazione mafiosa e questa in particolare, propone una frontale opposizione rispetto all'intero sistema di valori che guida la nostra Costituzione. uno specchio deformato che sostituisce: alla solidariet, l'egoismo, alla libert la dipendenza, alla partecipazione ai destini comuni tramite condivisione di diritti e doveri il soffocamento delle aspettative e la necessit di prestare ossequio alla volont altrui. Alla libert economica la creazione di apparenze posticce. I cittadini, nella previsione costituzionale, non sono "uomini di un altro uomo", non devono essere ciechi strumenti di un potere superiore che pu disporre di loro e dei loro beni a proprio piacimento, ma sono soggetti di diritto, devono essere liberi e autonomi e non soggetti a forze oscure e invasive tali da togliere loro la dignit prima ancora che il denaro. l'aggressione al territorio dell'Emilia romagna, la sua difesa verso una presenza aliena ai valori costituzionali, che quindi giustifica la nostra presenza e questo esclusivamente perch crediamo che in Emilia si sia costituita una presenza mafiosa forte e non si siano solo realizzati i reati scopo di un'altra associazione mafiosa. A descrivere compiutamente quale l'effetto dell'associazione mafiosa su un territorio si pu utilizzare un breve romanzo di Melville. BEnITo CErEno. Un capitano di una nave da guerra sale a bordo di una nave che vede navigare con scarso vigore, sbandata e quasi priva di guida. Incontra un capitano malfermo e abulico e dei marinai apatici. Accanto al capitano vi sempre un suo cameriere, gentile e premuroso che ne segue i passi. Solo con fatica e per caso si disvela la realt. La nave in mano ai Pirati e l'apatia del capitano l'assoggettamento alla forza non espressa, alla intimidazione. Questa una caratteristica dell'azione delle organizzazioni mafiose assoluta LEGISLAzIonE ED ATTUALIT mente peculiare che la distingue dalla comune delinquenza dai Briganti di cui parlava nitti. Mentre l'azione di questi espressa e riconoscibile, la mafia agisce sempre sotto una copertura nascondendosi sotto un'apparenza di diritto e legalit. Cos nel nostro processo dove, se non avessimo le intercettazioni e le dichiarazioni dei pentiti e leggessimo solo quello che vogliono mostraci, non vedremmo estorsioni ma cessioni di credito, non vedremmo sfruttamento del lavoro ma buste paga corrette, vedremmo aziende dirette dai titolari che vi hanno investito i loro soldi e non intestazioni fittizie e riciclaggio, vedremmo forniture di merce dove c' un giro di fatture false, vedremmo delegazioni di pagamento invece che usure. La mafia si sempre caratterizzata con questa duplicit, non manifesta pubblicamente il proprio potere perch quello che conta esercitarlo con profitto. Certo sono menzogne con le gambe corte, ma dove la mafia comanda nessuno disposto ad andare a vedere sotto le apparenze. Per, fare questo costruisce quello che la norma prevede l'assoggettamento e l'omert. Una melmosa palude dove nessuno deve reagire, dove all'azione degli organi che devono garantire la trasparenza si risponde non con il diritto ma con l'aggressione personale. Aggressione personale che nelle forme pi o meno cruente serve a costruire il presupposto dell'assoggettamento. Chi si ribellato e ha pagato a caro prezzo rafforza il potere sul territorio. Questo l'effetto della mafia sul territorio e limmagine esterna dei mafiosi si nasconde spesso sotto quella di soggetti subordinati, buoni padri di famiglia, contadini analfabeti o soggetti poco appariscenti, proprio perch l'effetto della intimidazione capace di annichilire le resistenze. Una melmosa palude dove nessuno deve reagire, dove all'azione degli organi dello Stato si risponde non con il diritto ma con l'aggressione personale. non un paragone letterario e gli episodi di intimidazione verso i giornalisti ne sono la prova. non vi possono essere voci critiche, non si deve parlare o discutere non si pu dubitare del comportamento degli associati. Parlando a seguire sulla costituzione del Ministero dell'interno, dovremo spendere qualche parola sul tentativo di screditare la testimonianza del prefetto De Miro operata con modalit che giustamente hanno provocato una forte reazione dell'ordinamento che ha ben individuato l'elemento oggettivo del reato di calunnia ma ancora di pi la callida preordinazione. Preordinazione tesa a chiudere la bocca a chi si permesso di chiamare le cose con il loro nome. La conseguenza dell'esistenza dell'associazione quella descritta dalla norma penale. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 L'associazione di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione (3) del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omert che ne deriva non solo per commettere delitti, ma anche ovvero per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivit economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per s o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a s o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (4) (5). L'associazione che a processo ha inteso onorare ognuna delle condotte previste dalla norma. non necessariamente la norma prevede il compimento di delitti o il dispiegars della violenza, quanto la diffusione dell'apatia economica e sociale derivante dall'assoggettamento, dall'omert intesa anche come impossibilit di comunicazione e di esplicitazione della dialettica sociale, della mancanza di stimoli concorrenziali sia nell'economia che nella politica, per essere i ruoli determinati non dalla libera concorrenza ma dall'asservimento. Certamente l'associazione sviluppatasi a reggio Emilia ha delle peculiarit, si tratta di mafia degli affari anche se non disdegna i reati di tradizione. Ma questo il secondo tempo rispetto ad una guerra di mafia con omicidi efferati che sono ormai storia e che sono la premessa della situazione attuale. L'associazione criminale vive per fare profitti illeciti e quello che la caratterizza non il tipo di delitto scopo ma gli effetti sul territorio che si realizzano nei confronti di un numero indeterminato di soggetti. Il completo assoggettamento non ora la situazione della citt di reggio Emilia o della sua provincia. per la situazione di altre parti importanti del paese dove le organizzazioni mafiose si sono radicate e diffuse. Intere categorie imprenditoriali sentono la difficolt di mantenere una libera concorrenza. perci utile e positivo che in questo processo vi sia una ampia partecipazione delle Parti civili Istituzionali o costituite da libere associazioni, le quali chiedono con forza che un pericoloso piano inclinato venga raddrizzato. La questione della presenza autonoma di un'associazione criminale non ha perci per questa Parte Civile mera rilevanza pregiudiziale o formale, ma, come gi giudicato dal GUP e dalla Corte d'appello, questione che attiene al merito della imputazione. non indifferente il giudice che punisce i comportamenti cui al capo di imputazione perch questo un processo a difesa soprattutto di un territorio. Uno degli argomenti sollevati dalle difese che la giurisprudenza della corte di cassazione ha stabilito il carattere unitario della n'ndrangheta che in questo modo si differenzia da altre associazioni criminali per avere un unico vertice. stato poi detto che il contenuto specifico del 416 bis un valore aggiunto fornito dalla Cosca di Cutro. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT occorre fare una premessa in termini di principio per rilevare il vizio logico di queste affermazioni. In realt con esse si vuole postulare che l'associazione criminale di stampo n'ndranghetistico abbia un proprio contenuto valoriale estraneo ed eccedente quello dell'attivit dei propri associati. Cos non . vero che per comodit si pu fare ricorso a notazioni di diritto civile sulla struttura associativa nell'esame dell'attivit degli associati di 416 bis, ma anche vero che questo , in radice sbagliato. Le creazioni giuridiche che eccedono le singole personalit e se ne distaccano, giungendo a conseguire propria rilevanza appunto giuridica sono solo quelle che sono create o riconosciute dal diritto. nelle associazioni criminale non vi creazione di alcun valore aggiunto: un ossimoro parlare di valori-criminali. nell'associazione per delinquere vi solo l'attivit di singoli che, in quanto associata, crea un nuovo disvalore, ma non la creazione di un autonomo centro di aggregazione di valori autonomi. In buona sostanza non abbiamo da interrogarci attraverso quali strumenti giuridici: scissione, aggregazione, mandato si sia costituita in provincia di reggio Emilia una autonoma associazione mafiosa quando abbiamo su questo territorio l'azione associata di soggetti che fanno riferimento a usi e mentalit propri degli associati di stampo n'ndranghetistico. non sono da ricercare atti giuridici di affiliazione. In qualche caso poi l'affiliazione del tutto inutile, come dice Grande Aracri: "ci conosciamo e frequentiamo da padre in figlio". In realt la ndrangheta una istituzione di stampo feudale a base personale. ognuno uomo di un altro uomo. Il singolo affiliato ha una dote di rapporti, di soggetti verso i quali pu esercitare una supremazia e quando viene affiliato si mette nelle mani di altri che rivestono un grado superiore nel senso che hanno una dignit riconosciuta da chi sopra di loro e cos via. non vi distacco tra il dato della partecipazione personale e quello dell'esistenza dell'associazione. Il singolo associato non ha i diritti e i doveri del socio verso una entit terza diversa da lui. Ha la soggezione feudale verso i capi che conosce, verso i quali responsabile per le sue azioni e per quelle delle persone (familiari, clienti, amici e vittime) sulle quali pu agire. L'omert un dato esterno dell'agire dell'associazione, ma anche e soprattutto uno strumento interno che consente a chi sovraordinato di disporre delle forze di tutti quelli che ha sotto e a sua volta di essere tributario di tutta questa forza verso chi sopra di lui. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 proprio questo che rende difficile il contrasto. Se si riesce ad eliminare un soggetto al grado inferiore non si fatto grande danno, la sua dote viene redistribuita. Se si riesce a colpire in alto vi una pressione di chi era pi sotto e che pu prendere la "dote" di chi eliminato. Diceva sant'Agostino: Anche i ladri sentono la fratellanza". Per gli n'ndranghetisti nonostante la boriosit di certe affermazioni non cos. il vincolo feudale a creare la dipendenza e l'interesse a coprirsi e ad essere a disposizione. Quando questo si spezza, perch la struttura andata in crisi, il vincolo feudale saltato e si diventati uomini di altri uomini, sar proprio il sodale pi stretto ad uccidere. non ci sono rapporti di amicizia o di parentela per l'affiliato che pronto a compromettere o e rovinare i propri parenti come nel nostro processo dove tramite l'intestazione fittizia si compromettono i giovani figli. Si pu fare riferimento, come pi simile nella creazione di una nuova "Locale", la figura del Franchising e certo vi una somiglianza di metodo. Gli affiliati alla ndrangheta che operano in Emilia si sentono certo espressione di un pi generale confraternita e ne ripetono e propagano usi e riti, ma sono espressione di una attivit che territorialmente definita e che sviluppa le proprie azioni con assoluta autonomia. Su di un singolo territorio, inteso come fonte di attivit delinquenziale di regola opera una sola cosca, "una locale" che non si sottrae al rapporto con gli altri affiliati, ma che si determina in autonomia. In questo senso l'associazione unica e pu avere un solo vertice: ma non il vertice di una struttura burocratica e legale, ma il coordinamento di attivit diffuse su diversi territori da gruppi autonomi di affiliati. Ipotizzare diversamente appare impossibile se si pensa che per delinquere su di un territorio occorre sempre un coordinamento continuo e forte tale da consentire di poter effettuare ogni diversa azione criminale senza interferire con quelle poste in essere dagli altri affiliati in un clima di comune interazione che la distanza impedisce. Cos del tutto ragionevole e coerente che i partecipanti alla locale di reggio Emilia si rapportino con Grande Aracri e abbiano interessi in comune, cos come del tutto naturale che quando si riesce a avere la disponibilit di un enorme quantitativo di piastrelle che non possibile riciclare sul territorio, si operi in rete addirittura con la cosca di Gioiosa Jonica. Ma se si effettuano estorsioni che si risolvono sul territorio perch queste dovrebbero interessare chi opera in Calabria? Se si mette in linea un formidabile sistema di imprese che consentano di riciclare forti somme di danaro realizzando profitti con le false fatturazioni, si prender volentieri materia prima (il danaro) fornito dalla Calabria, ma si gestir l'attivit in proprio. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Cos per le intestazioni fittizie. Se si hanno contatti con Commercialisti, Giornalisti, dipendenti delle forze dell'ordine chi gestir e metter a frutto queste conoscenze: chi abita a Cutro? oppure dobbiamo ipotizzare schemi operativi stabili e burocratici, direzioni provinciali, Direzioni regionali, archivi o uffici studi e scrivere il diritto amministrativo della n'ndrangheta. Se nell'esame dell'attivit mafiosa si pu fare riferimento a concetti di diritto non sar al diritto amministrativo o a quello commerciale, sar piuttosto al diritto internazionale. L'effettivit del potere sul territorio che incontra limiti solo dai patti e dalle guerre. La Pace tra le cosche dopo il periodo degli omicidi di Dragone garantita da un patto e dalla capacit dei paciscenti di contrastare e distruggere chi non vi avesse ottemperato. Il dato dal quale occorre partire non quindi l'esistenza di una scissione o di un contrasto o diversit di interessi tra Cutro o reggio Emilia tale da dar vita alla locale di reggio Emilia. occorre solo rilevare che in base al principio dell'effettivit a reggio Emilia si sono verificati i presupposti perch si sia realizzato il disposto dell'art. 416 bis. Una volta che gli imputati si comportano come aderenti ad una associazione mafiosa e operano concretamente su di un territorio determinato, nel quale si manifesta concretamente la presenza dell'associazione, si in presenza di una nuova "Locale" e la Corte di cassazione si "ex professo" occupata, sulla base dell'effettivit, proprio del fenomeno della creazione di strutture locali di una associazione preesistente. Sez. 6, Sentenza n. 44667 del 12/05/2016 Ud. (dep. 24/10/2016) rv. 268676 Presidente: ippolito F. Estensore: Ricciarelli M. relatore: Ricciarelli M. imputato: P.g. in proc. Camarda e altri. P.m. Mazzotta g. (Parz. Diff.) (Annulla in parte con rinvio, App. Torino, 28/05/2015) 602 rEATI ConTro L'orDInE PUBBLICo -013ASSoCIAzIonE PEr DELInQUErE -In GEnErE rEATI ConTro L'orDInE PUBBLICo -DELITTI -ASSoCIAzIonE PEr DELInQUErE -In GEnErE Associazione di tipo mafioso -Delocalizzazione -Costituzione di una struttura autonoma e originale - Configurabilit della fattispecie di cui all'art. 416 - Bis cod. pen. - Condizioni - Fattispecie. In tema di associazione di tipo mafioso, nei casi di delocalizzazione di pi articolazioni periferiche (c.d. locali) che, pur richiamandosi a consorterie mafiose comprese tra quelle specificamente tipizzate sulla base di una consolidata esperienza, costituiscano un unico centro autonomo di imputazione di scelte criminali in un diverso quadro territoriale, non occorre che ogni cellula abbia dato luogo alla manifestazione del metodo mafioso, essendo invece necessario rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 verificare che ciascuna di esse sia effettivamente parte del sodalizio e che questo, nel suo complesso, si sia manifestato nel nuovo contesto territoriale attraverso modalit concrete che, pur potendo non postulare azioni eclatanti, devono consistere nell'attuazione di un sistema incentrato sull'assoggettamento derivante dalla forza del vincolo associativo: (Fattispecie relativa alla costituzione di plurime "locali" di 'ndrangheta operanti in Piemonte, in cui la Corte ha ritenuto sussistente un'unica associazione mafiosa composta da pi cellule tra loro federate, evidenziando da una parte, come le singole cellule, pur operanti in propri ambiti territoriali e mantenendo stabilmente i contatti con gli organismi di vertice della consorteria di riferimento, si riconoscessero "come parti di un tutto", e, dall'altra, come il sodalizio avesse, nel suo complesso, fatto effettivamente uso del metodo mafioso all'esterno ed al suo interno). occorre partire dagli effetti perch sono gli effetti quelli che la norma dell'art. 416 bis mette in evidenza. Vi associazione autonoma di stampo mafioso quando su di un territorio si manifesta e viene percepito dalla generalit dei cittadini l'esistenza di un potere di condizionamento derivante dall'utilizzo del metodo mafioso. Vi invece mera esplicitazione di reati scopo, quando in un territorio, in cui non vi questa percezione generale, si verificano atti compiuti da associati ad una organizzazione mafiosa. Il dato del condizionamento quindi rileva e certamente, sotto questo profilo, non dubitabile che in reggio Emilia si sia creata una autonoma fonte di condizionamento e di attivit e non si siano solo sentiti gli effetti di una attivit progettata e pensata altrove. Si potrebbe seriamente dubitare che a reggio Emilia e nei territori contermini non si sentisse la presenza di una associazione mafiosa quando tale percezione viene riferita al Prefetto dalle categorie economiche. L'eccezione di incompetenza territoriale smentita da ognuno degli episodi che sono stati portai alla vostra attenzione. smentita dal terrore dei soggetti minacciati, dall'omert che scatta davanti a incendi di grande portata, ma smentita proprio dal fascino che sul territorio l'associazione riesce ad avere in persone che non appartengono all'insediamento dei calabresi. G., B., la dottoressa T., il dott. C. percepiscono come attiva e presente sul territorio una organizzazione con la quale poter avere rapporti ed sul territorio di reggio Emilia che creano con i suoi affiliati i loro rapporti e ne sono addirittura affascinati. D'altra parte a reggio Emilia che operi una associazione di stampo mafioso autonoma del tutto pacifico: Quando con ammirazione o terrore a seconda dei casi ci si riferisce ai calabresi, ai Cutresi non lo si fa certo in senso geografico. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Tutti percepiscono che c' un'entit sovrapersonale unitaria e stabilita a reggio Emilia. Molti degli imputati sono stati intercettati mentre ammettono di far parte di un gruppo. Tutta la citt percepisce, al di l dei distinguo di maniera, che c' una pressione, anche quando non si hanno prove concrete viene percepita una mancanza di spontaneit e di libert che attraversa intere categorie economiche come l'edilizia e l'autotrasporto. C' un effetto unificante dovuto all'azione di un'associazione e non semplici reati scopo. La totale autonomia della cosca di reggio Emilia emerge poi da elementi indiscutibili. Grande Aracri nicolino sostanzialmente estraneo alle dinamiche interne alla cosca fuori dai propri interessi personali, cosa impossibile ove ne fosse strettamente partecipe o ove gli affiliati di reggio Emilia fossero tutti stretti solo dalle relazioni presenti a Cutro. Ha la necessit di un suo uomo per salvaguardare i suoi affari o per poter avere conoscenza e notizia delle opportunit che ci sono di investire sull'attivit criminale che si svolge a reggio Emilia. Di un ufficiale di collegamento. Prima V. poi G. con laiuto di M. Questa circostanza di per s d'ostacolo all'idea della cosca unica. Il pericolo che si nasconde sotto l'eccezione la banalizzazione di questo processo: l'idea che il territorio, sia immune e accetti solo singole ingerenze, estremamente pericolosa. Come gi detto la costituzione della Presidenza del consiglio nasce dalla specificit del fenomeno dell'insediamento mafioso nella regione Emilia romagna. I crimini che sono a giudizio non possono essere giudicati da un giudice posto altrove che non in Emilia romagna, perch necessario che, non solo vi siano condanne, ma che da queste possa nascere una consapevolezza e una attenzione generale che costituisca la salvaguardia del futuro di questa regione. A conferma di quanto pericolo si annidava nel comportamento degli imputati sufficiente avere riferimento alla situazione che le organizzazioni economiche di categoria hanno rappresentato al Prefetto di reggio nel 2009 come dato ormai risalente negli anni. Una infiltrazione mafiosa capace di condizionare interi settori: l'autotrasporto nel quale tariffe fuori mercato rischiavano di estromettere molte imprese, l'edilizia, il mondo dell'estrazione degli inerti. Una situazione pesante che ha indotto la Prefettura ad emettere decine di inibitorie ai sensi della normativa antimafia. Certificazioni a contenuto interdittivo che hanno provocato la reazione scomposta degli imputati. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 occorre un chiarimento: L'informativa a contenuto interdittivo non certifica che una Impresa sia mafiosa, ma solo che vi il pericolo, anche incolpevole, che vi sia una infiltrazione da parte della criminalit organizzata tale da condizionare l'operativit dell'impresa e portare rischio per il settore dei contratti pubblici. Perci non sono le interdittive emesse nei confronti delle societ degli imputati a fornire la prova della loro appartenenza alla associazione mafiosa. Quello che fornisce la prova dell'esistenza dell'associazione e dell'appartenenza degli imputati ad essa, la reazione che gli stessi hanno avuto. Se le interdittive avessero colpito soggetti non tra di loro collegati, la reazione da attendersi sarebbe stata quella del riscontro individuale in sede giudiziaria svolto avverso il singolo provvedimento anzi separando il pi possibile le varie posizioni. Quando il Prefetto ha emesso le informazioni a contenuto interdittivo non aveva n poteva avere, un intento unitario perch le informazioni sono chieste dalle singole stazioni appaltanti verso singoli soggetti economici e non seguono quindi un disegno preciso. L'idea della "persecuzione" puerile e non tiene conto delle caratteristiche dello strumento nel quale ogni istruttoria separata e ha origine da un input esterno. Il momento unitario lo hanno dato gli imputati di questo processo. I soggetti, legati tra di loro, ma colpiti singolarmente, si sono immediatamente riconosciuti come pronti a fare fronte comune hanno reagito tentando di strumentalizzare la loro personale difficolt nascondendola sotto l'apparente tutela generale degli imprenditori calabresi. In realt non hanno coinvolto nessuno che non fosse dei loro. Colpisce come in nessuna delle difese nei vari ricorsi amministrativi viene dubitato della capacit di compromissione dei rapporti delle imprese con i soggetti che poi saranno arrestati. In molti casi non hanno neppure proposto ricorso al Tar preferendo tentare di condizionare l'ufficio in termini generali. Le intercettazioni mostrano come quando i provvedimenti amministrativi o la stampa identifica uno di loro tutti gli appartenenti si sentono colpiti. "Parlano di noi" dicono S. e D. davanti ad un servizio televisivo che era relativo solo al fratello di Grande Aracri. Quando finalmente la pressione amministrativa o dell'informazione li mette allo scoperto fanno immediatamente fronte comune. Si sono rivolti al P. con cui avevano gi rapporti di scambio. L'intercettazione tra P. e P. chiarissima nel mostrare che P. gi il cavallo di battaglia della cosca. non gli viene fatta una promessa per iniziare un rapporto, ma la minaccia di cessarlo: "potremmo cambiare cavallo". LEGISLAzIonE ED ATTUALIT P. si presta al punto di camuffare nella sua dichiarazione prodotta al TAr la realt della riunione. non sua convocazione per servire la mafia, ma propria autonoma attivit politica nei riguardi della comunit calabrese. Comunit calabrese che non mai stata oggetto delle attenzioni n del P. n della mafia che tutto vuole meno che la sua tutela e la sua piena integrazione nel tessuto sociale. "Hai visto che gente c'era" la frase dellavvocato S. A. di una pregnanza assoluta altro che tutela della comunit di origine. La cena al ristorante "antichi sapori" ha un doppio piano di lettura come regola per le attivit di mafia: uno per chi la vede dall'esterno e l'altro per chi, come gli inquirenti, ne ha seguito la preparazione e le motivazioni. non un incontro politico, ma la mascheratura di un impegno verso la collettivit dei calabresi che nasconde solo la volont di tutelare l'organizzazione. non c' certo rappresentanza di interessi, non c' mai stata. La tutela del dato identitario solo una evidente copertura perch le intercettazioni sulla preparazione della riunione danno la prova della loro autoidentificazione come l'associazione che infiltrava le imprese. C' solo sfruttamento, utilizzare le persone rese sensibili dall'esperienza meridionale all'infiltrazione mafiosa per propagare questa anche nella nuova regione di insediamento. Anche per talune singolari prese di posizione occorre fare una precisazione: I calabresi sono le prime vittime dell'attivit dell'associazione. non vittime dell'azione della Procura che certo viene a turbare equilibri consolidati. Equilibri al ribasso capaci di assicurare un momento di prosperit minato perch contro il diritto e incapace di reggere a lungo. non vi pu essere bene per tutti nell'azione della associazione mafiosa. La comunit di origine Cutrese ha trovato un effimero benessere ma riservato a pochi, mentre tanti imprenditori di origine calabrese, corretti e onesti, riescono ad affermarsi solo a fatica dovendo lottare con condizionamenti e concorrenza sleale. non si costruisce nulla di duraturo sul fango: una accumulazione senza sviluppo, fine a s stessa. non si fa efficienza con l'evasione fiscale o con il lavoro nero, ma solo con l'ottimizzazione dei mezzi di produzione. Mai nessuna delle intercettazioni che per centinaia di ore sono a vostra disposizione indica un qualsiasi interesse sociale degli imputati. il dato precipuo delle associazioni di stampo mafioso quello di sforzarsi di non farsi distinguere dal contesto, di operare con mimetismo rispetto al contesto di appartenenza. regione ricca dove non necessario uccidere ma sufficiente minacciare. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Soprattutto localit dove la mancata conoscenza del fenomeno ha reso possibile che soggetti del tutto estranei e lontani, soggetti che esercitano professioni stimate e che non hanno necessit di legarsi ad ambienti criminali, sentano il fascino di una presenza della quale percepiscono banalmente solo l'aspetto simbolico e magniloquente dell'uso della forza. contro questo pericolo che vi si chiede una sentenza ferma e decisa che separi il mondo retto dal diritto, con le sue difficolt e le sue aporie, da quello delle scorciatoie, dell'abuso e dello sfruttamento. Posizioni degli imprenditori collusi vanno certamente punite con le sanzioni di legge perch sono epigrammatiche del pericolo che la societ dell'Emilia corre a causa dell'infiltrazione mafiosa. Cos come vanno scoraggiate le pratiche di infiltrazione costituite dalle intestazioni di comodo. Sono un primo gradino di affiliazione, immettono nel tessuto delle imprese soggetti anomali che distorcono il mercato e drenano risorse. non solo sono reati scopo dell'infiltrazione, ma sintomo del generale indebolimento delle difese del tessuto sociale che l'infiltrazione provoca. Quando a causa della presenza della mafia un territorio perde di vista la differenza tra il bene e il male e si ricerca l'approccio con le associazioni malavitose come una occasione di utilit politica o professionale, vuol dire che il male ha gi progredito e il rischio epidemico forte. Le caratteristiche delle organizzazioni mafiose di calarsi nel territorio quella di annichilirne le risorse deviandole verso gli interessi dell'associazione e cos si viene a costituire un limite allo sviluppo. Viene sostenuto che in Emilia vi era solo una associazione per delinquere mentre "il bis viene dalla Calabria". non il dispiego della violenza la caratteristica che il legislatore ha posto alla base del 416 bis ma l'oppressione sul territorio. A parte il carattere del tutto autoctono degli episodi di violenza, anche gravi, che sono all'attenzione della Corte, quello che emerso proprio il dato normativo dell'assoggettamento. Proprio questa la situazione che stata rappresentata dalle categorie economiche al Prefetto e contrastata in via amministrativa ed quello che emerso compiutamente dalle indagini. Una presenza pervasiva che purtroppo non ha tralasciato anche esponenti delle forze dell'ordine anche loro purtroppo vittime del fascino della Criminalit e del suo potere corruttivo. Solo la liberta di autodeterminazione pu essere volano di una societ fluente e capace di crescita economica e sviluppo sociale. Che crescita ci pu essere quando, come racconta Giglio, tutti gli imprenditori in qualche modo vicini alla Cosca si devono tassare per regalare una macchina ad un detenuto scarcerato. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Quando tutti i cittadini originari di Cutro devono informare S. delle loro cose. Quando dopo anni di carcerazione vengono fuori soggetti con enormi disponibilit economiche come B. Quale sistema economico pu crescere quando le trattative comprendono l'incendio doloso. Certamente i reati fiscali hanno una loro autonomia e non c' bisogno della mafia per fare provvista di fatture false. Ma l'illiceit viene elevata a potenza quando si utilizzano per riciclare capitali di provenienza illecita e quando il loro ricavato serve ad alimentare l'attivit dell'associazione. non tutti i reati o le illegittimit sono da ascrivere alla mafia, ma si pu dire che essa sia un metabolizzatore delle attivit criminali verso le quali ha un rapporto speculativo. L'esperienza di questo processo indica come non vi sia un Core businnes del- l'attivit mafiosa. Certo per Sarcone e compagni fare delle estorsioni una specie di omaggio alla tradizione ma in Emilia: le fatture false rendono il 10 o 20% per ogni giro bancario e diventano quindi una attivit importante. Certo non resistono alle tentazioni. Se qualcuno di loro truffa un imponente quantit di piastrelle, sembra brutto non profittarne e allora viene fuori la caratteristica pi insidiosa dell'organizzazione mafiosa, la capacit di agire in rete trova la migliore occasione di mettersi in evidenza e le piastrelle arrivano anche a Gioiosa Jonica. Le stesse macerie del terremoto possono diventare un nuovo settore di profitto violando la normativa ambientale. singolare questa commistione tra vecchio e nuovo, estorsioni tradizionali e sofisticate attivit economiche. Imprese effettive che drogano il proprio settore grazie all'accesso gratuito ai capitali e imprese fittizie che servono solo a frodare le tasse. Commercio di droga, di piastrelle e di consenso elettorale, traffico di rifiuti tutto legato e ottimizzato dalla presenza di una rete di soggetti pronta a coprirsi, a condividere, a trarre profitto. nessun valore ha il rilevo difensivo che non tutti gli imputati sono coinvolti in tutti gli episodi delittuosi o che non vi la prova positiva del rapporto di un associato con tutti gli altri. La n'ndrangheta non un Club Service. Torna sempre l'aporia di raffrontare l'azione criminale a modelli giuridici leciti. Essere il capo o il promotore non fa s che sulla scrivania pervengano tutti i dossier. L'aggregazione sul singolo affare pu essere sporadica tanto il beneficio finale sar comune ed dato tramite la reciproca compromissione e interdipendenza, dalla forza dell'associazione. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 La reciproca disponibilit potenziale costituisce l'anima dell'associazione non il fare necessariamente insieme ogni reato scopo o ogni attivit connessa al- l'associazione. Dalle testimonianze dei collaboratori e dalle intercettazioni emerge il continuo coinvolgimento informativo che scorre tra gli affiliati di un certo calibro, di quelli che non possono tacersi l'un l'altro i propri programmi perch sempre in esecuzione di un'azione interdipendente. neppure necessario che vi sia un "Fondo Comune" (magari da mettere a bilancio) perch esso dato dalla comune disponibilit. ii La costituzione di parte civile dell'avvocatura dello Stato nel processo Aemilia in rappresentanza di pi soggetti. stata formalizzata nell'interesse del Ministero dell'Ambiente per i reati ambientali connessi esclusivamente alla vicenda B. nella quale, diciamo per non farsi mancare nulla, sono stati commessi reati connessi al mancato corretto smaltimento dell'amianto in sede di lavori per la ricostruzione post terremoto che stato mischiato al pietrisco per fare i vialetti delle scuole. Queste condotte sono rimaste allattenzione del Tribunale di reggio Emilia perch solo r. collaboratore di B. ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Tra le altre cose che hanno sporcato, questi imputati sono riusciti anche a macchiare una buona storia, inusuale in Italia, di una efficiente ricostruzione dopo un terremoto. Episodi gravi anche se limitati rispetto all'impegno della ricostruzione dai quali traspare, come per gli altri, l'assoluto dispregio per gli interessi generali tanto da mischiare i residui d'amianto nella ghiaia dei vialetti delle scuole con sicura compromissione dell'ambiente. Vi per la soddisfazione, anche personale, di avere visto come i meccanismi di creazione di White List sostanziali a tutela dei lavori poi estesi in campo nazionale abbia tenuto lontane le imprese direttamente gestite dagli appartenenti o comunque dove il collegamento era apparente. Solo la B. ha potuto operare in quanto la presenza del collegamento strutturale con l'associazione non poteva essere colto in via amministrativa. Gli imputati cui addebitato il capo 91 del decreto che dispone il giudizio, devono essere quindi ritenuti responsabili dei delitti cui agli articoli 256 e 260 del TU 152/06 Codice dell'ambiente e condannati al risarcimento del danno ambientale. C' quindi una pretesa risarcitoria del Ministero dell'Ambiente sulla quale non si proceduto nel Giudizio Abbreviato e che ora alla vostra attenzione. La condotta punibile, ex art. 260 del Codice Ambiente deve, secondo la ricostruzione della giurisprudenza, consistere nel compimento di operazioni e at LEGISLAzIonE ED ATTUALIT tivit ripetute, continuative e organizzate, con la predisposizione di mezzi e capitali, quale una struttura organizzativa di tipo imprenditoriale, idonea e adeguata a realizzare l'obiettivo criminoso, anche se non in via esclusiva, potendo l'attivit criminosa essere marginale o secondaria rispetto all'attivit principale lecitamente svolta. La legge richiede che la realizzazione di una pluralit di operazioni, tipizzate nella gestione abusiva di rifiuti debba coesistere con la predisposizione di una struttura organizzata, non occasionale, con l'allestimento di mezzi e attivit continuative e abituali, in continuit temporale, finalizzate alla abusiva gestione di ingenti quantit di rifiuti: "alla pluralit delle azioni che elemento costitutivo del fatto, corrisponde una unica violazione di legge, e perci il reato abituale dal momento che per il suo perfezionamento necessaria le realizzazione di pi comportamenti della stessa specie". certo che per la ricostruzione si proceduto, per risparmiare 10 euro dir B.B., ad utilizzare residui contenenti amianto e che vi stato un accumulo di sostanze che andavano smaltite correttamente. Questa movimentazione abusiva ed illecita dei rifiuti stata svolta in forma d'attivit di impresa verso un numero indeterminato di cantieri e certamente, ove non vi fosse stato un intervento tempestivo del Commissario alla ricostruzione, avremmo visto come l'evento terremoto si trasformava attraverso lillegalit in occasione di profitto attraverso il reimpiego abusivo delle macerie. Per il reato contravvenzionale sufficiente che lo stoccaggio delle macerie contenenti amianto non sia stato svolto correttamente. La quantificazione del danno complessa, va ripartito il danno ambientale di competenza del Ministero da quello, ex art. 2043, di competenza del Comune. Per questo chiediamo la affermazione della responsabilit civile degli imputati per i reati ambientali per i quali vi costituzione di Parte Civile del Ministero dell'Ambiente con riserva di quantificazione al Giudice Civile. iii Siamo poi costituiti per l'Agenzia delle Entrate. L'Agenzia di norma avendo poteri di accertamento e riscossione delle imposte non ha necessit di costituirsi in giudizio. In questo processo per ha la necessit di acquisire un titolo risarcitorio nei confronti di soggetti che non sono soggetti di imposta e la cui responsabilit nei reati ha fatto s che venissero sottratte forti fonti di reddito imponibile attraverso le operazioni di falsa fatturazione. Tali operazioni da un lato portano a crediti IVA fittizi cui corrispondono debiti di IVA da parte di soggetti insolventi e poi hanno consentito ad una pluralit di imprese del nord Italia di abbattere la base imponibile. Verso questi soggetti l'Agenzia pu procedere con gli accertamenti di natura Tributaria ma verso chi ha consentito la falsa prospettazione reddituale con la rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 propria condotta l'Agenzia deve fare valere il diritto al risarcimento del danno e pu farlo solo in questa sede. Danno sia patrimoniale, per il minore gettito da mancato accertamento, che non patrimoniale per il disservizio che questi reati hanno provocato all'Agenzia e per il danno all'immagine che deriva verso la platea dei contribuenti da una attivit svolta in forma non episodica ma industriale, di elusione e evasione delle imposte. La costituzione quindi riferita ai reati fiscali di false fatturazioni contestati agli imputati. non si tratta di episodi isolati ma dell'assunzione del reato di false fatturazioni quale strumento privilegiato di riciclaggio di somme di danaro e di creazione di profitto. Certamente l'esistenza di una platea ingorda di potenziali destinatari delle fatture false un dato deludente per l'imprenditoria italiana e non uno specifico delle organizzazioni mafiose vedendo altri soggetti che la accontentano. La n'ndrangheta soggetto ormai stabilmente presente nel settore: un player di rango che fornisce sicurezza. Ma certo che il drenare risorse nel meridione d'Italia per consentire una massiccia evasione al nord l'inversione di tutti i principi di redistribuzione che sono alla base della imposizione fiscale di un paese moderno (robin Hood al contrario, strozza gli imprenditori del Sud e con il provento arricchisce quelli del nord). La costituzione di Parte Civile dell'Agenzia quindi a tutela della immagine e della funzione istituzionale dell'Agenzia delle Entrate. iV Siamo poi costituiti per il Ministero dell'interno nei confronti dei dipendenti che in violazione del proprio giuramento, hanno aderito all'associazione o ne hanno agevolato l'opera. non in rappresentanza di una parte o della maggior parte degli operatori di polizia che non sono stati attinti dalla suggestione dell'attivit degli imputati. Siamo in rappresentanza dell'Amministrazione che quotidianamente garantisce a tutti l'ordine e la sicurezza pubblica e che strumentale, attraverso la polizia giudiziaria, all'attivit delle Procure della repubblica. L'avvocatura dello Stato non ha occhi pietosi per chi tradisce il proprio compito e le ragioni per le quali ha la fiducia dei cittadini, spesso chiamata a difendere o comporre situazioni nelle quali i dipendenti hanno travalicato o violato i limiti delle proprie funzioni, operando comunque all'interno di esse. In questo processo vi invece il tradimento pi volgare del rapporto di fiducia con l'amministrazione e del rapporto di colleganza con gli altri dipendenti. La colpa di Caino sempre la pi vergognosa. non si pu condividere quotidianamente l'impegno dei colleghi e contemporaneamente essere a disposizione di chi pronto ad ucciderli quando siano d'ostacolo al perseguimento dei propri fini criminosi. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT non si possono servire due padroni e per chi serve una forza di polizia non vi tradimento peggiore che aderire con la volont espressa o con i comportamenti, ad una associazione nemica dell'ordinamento giuridico, estranea ai suoi valori costituzionali e attivamente impegnata a eludere l'azione delle forze del- l'ordine. Dobbiamo per ricordare come l'Amministrazione dell'interno sia ben dentro la storia di questo procedimento a diverso e nobile titolo. L'azione della Prefettura si svolta autonomamente, ma secondo le proprie competenze ha evidenziato i profili amministrativi insiti nell'esistenza della associazione per delinquere. Due punti di vista diversi, due punti di partenza uno stesso risultato. La completa coerenza dell'accertamento dei reati con quello dei suoi effetti sul tessuto imprenditoriale valido ai fini dell'accertamento dei rischi di infiltrazione. L'opera del Prefetto De Miro stata ammirevole e la Provincia di reggio Emilia ne ha tratto frutti importanti. Questo ha provocato reazioni: minacce gravi, nascoste ed esplicite ed il tentativo di discredito operato dall'imputato I. attraverso una strumentale denuncia. Il GIP ha liquidato la questione, ma non basta certo questo a riportare un comportamento aggressivo e spudorato nell'ambito del mero esercizio dei diritti. Vi una coerenza eversiva tra la denuncia del Prefetto per avere osato dedurre dagli accertamenti delle Forze dell'ordine il pericolo di infiltrazioni mafiose e tutto il modo di operare della associazione mafiosa che tende, con mezzi diversi ma con unica finalit, ad indebolire chi si discosta dalla supina accettazione della sua esistenza. Siamo nell'eversione dell'ordine democratico quando si pretende di sentirsi offesi dalle verifiche amministrative perch ci si ritiene superiori all'azione dello Stato. ricorda nella sua diversit il caso degli estremisti che decidono di schedare e mettere on line i poliziotti che partecipano alle operazioni di ordine pubblico perch la Polizia li scheda c.d. "Caccia allo sbirro". Siamo tutti uguali, ognuno espressione di un autonomo potere e se ti permetti di far rispettare la tua legge io ti assoggetter alla mia. Ma come si permette questo prefetto di scrivere quelle cose di me! Questo non nel '600 del capolavoro di Manzoni ma in una repubblica democratica. Il provvedimento amministrativo deve subire ogni legittimo controllo interno e giudiziale e tutti siamo uguali innanzi alla legge. Ma alla legge dello Stato non a quella della vendetta personale, della ripicca, del tentativo di intimidazione. L'impatto dell'azione amministrativa posta in essere dalla Prefettura di reggio Emilia e della sua titolare pro tempore su un piano diverso dalla repressione penale. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Sono due piani distinti e autonomi ma hanno lo stesso oggetto di ricerca. Guardando da diversi punti di vista il risultato il medesimo. L'assoggettamento di interi settori dell'economia della Provincia di reggio Emilia attraverso l'infiltrazione mafiosa ha rilievo amministrativo e Penale. ora che il mio intervento volga al termine e certamente si rivolge con fiducia verso la decisione che il Tribunale andr a prendere perch le indagini condotte dalla Procura Distrettuale Antimafia sono state attente, espressione di grande professionalit e supportate da un imponente mole di riscontri. reggio Emilia 24 maggio 2018 mario ZiTo avvocato dello Stato LEGISLAzIonE ED ATTUALIT sulla successione nei rapporti facenti capo al cessato ufficio del Commissario delegato per lemergenza ambientale della Regione Calabria, la giurisprudenza si allinea al dictum del Consiglio di stato Daniele Atanasio Sisca* Sommario: 1. La vicenda -2. La giurisprudenza quasi unanime esclude la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri -3. alcune riflessioni, anche alla luce dellemanazione del Codice di Protezione Civile. La necessit di intervento normativo espresso. 1. La vicenda. Sembra finalmente intravedersi lepilogo della nota vicenda relativa alla successione dei rapporti facenti capo al cessato Ufficio commissariale per lemergenza ambientale nel territorio della regione Calabria (1). Lambigua formulazione dellart. 1, comma 422, della l. 27 dicembre 2013, n. 147 (ai sensi della quale alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dellart. 5, commi 4-ter e 4-quater, della l. 24 febbraio 1992, n. 225 (istituzione del servizio nazionale della protezione civile), subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dellart. 110 del codice di procedura civile, nonch in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui allart. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, gi facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dellart. 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dellart. 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati), che aveva dato adito a diverse e contrastanti interpretazioni, pare - a seguito dellintervento della Corte Costituzionale (2) e del Consiglio di Stato (3) - trovare la sua unanime e corretta applicazione da parte della giurisprudenza ordinaria. (*) Gi praticante forense presso lAvvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro. (1) Per un approfondimento della questione, si rinvia a SISCA, La successione degli Enti Pubblici: il caso controverso del Commissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio della regione Calabria, in rass. avv. Stato, n. 3/2016, pp. 244 ss.; ID., La successione dei rapporti facenti capo al cessato ufficio del Commissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio della regione Calabria: una questione ancora aperta, ivi, n. 3/2017, pp. 266 ss. (2) Corte Cost. 21 gennaio 2016, n. 8, in www.cortecostituzionale.it. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Per ragioni di completezza si rende opportuno esporre, in via di estrema sintesi, gli orientamenti formatisi sul tema. Il primo attribuiva la legittimazione a succedere nei rapporti del cessato Ufficio commissariale (sempre) in capo alla regione Calabria, senza, tuttavia, considerare la speciale disposizione di cui allultimo inciso dellart. 1, comma 422 cit. (Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dellart. 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati). In particolare, secondo tale orientamento, a seguito della cessazione dellUfficio commissariale, la regione ha proseguito, in regime ordinario, le iniziative in corso finalizzate al superamento della criticit in materia ambientale al fine di attuare il definitivo trasferimento di tutti i rapporti giuridici pendenti in capo alla regione medesima, mentre alcun subentro risulta attuato in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri, che risulta, pertanto, estranea alla pretesa e dunque carente di legittimazione a contraddire (4). Il secondo orientamento sosteneva, invece, che il rapporto successorio delineato dallart. 1, comma 422, l. n. 147/2013 trovasse applicazione soltanto quando i Commissari delegati siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati (5). Questultimo indirizzo era da ritenersi certamente pi conforme al tenore letterale della norma, in quanto prende in considerazione la disposizione contenuta nel comma 422 cit. nella sua totalit (ultimo inciso compreso), ferma restando la necessit di chiarire - ai fini della diversa attribuzione della legittimazione processuale e sostanziale - quando si trattasse di soggetti designati dalle amministrazioni ordinariamente competenti. Tanto in considerazione del rilievo che dal 1997 al 2004 il ruolo di Commissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio regionale calabrese era stato ricoperto dal Presidente della regione Calabria, mentre, dal 2004 e fino alla cessazione dellUfficio commissariale, era stato ricoperto da soggetti appartenenti allamministrazione statale (quasi sempre Prefetti). Per quanto concerne il primo periodo citato - riferendosi testualmente la norma ai rappresentanti degli enti ordinariamente competenti - non sarebbero dovuti sorgere dubbi circa lattribuzione della legittimazione passiva in capo alla regione Calabria; per quanto concerne, invece, il secondo periodo temporale la situazione si presentava pi complessa. (3) Cons St., sez. IV, 17 giugno 2016, n. 2700, in www.giustizia-amministrativa.it. (4) A sostegno di questo orientamento: App. Catanzaro, sez. II, 15 febbraio 2016, n. 483; id., 27 gennaio 2016, n. 95; id., 3 luglio 2015, n. 928; id. 27 gennaio 2016, n. 95, tutte inedite. (5) Sostengono questo orientamento: App. Catanzaro, sez. III, 8 giugno 2016, n. 951; id., 19 maggio 2016, n. 801; id., 21 gennaio 2015, n. 62; id., 15 luglio 2016, n. 1250; id., 4 aprile 2016, n. 473, tutte inedite. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT In particolare, occorreva capire cosa la norma volesse intendere con la locuzione soggetti dagli stessi [dagli enti ordinariamente competenti] designati, ci soprattutto ove si consideri che, anche qualora i commissari erano rappresentanti dellamministrazione statale, la regione ha sempre indicato i nominativi dei soggetti ritenuti idonei per lo svolgimento dellincarico (6). La prima pronuncia che si sofferma su tale aspetto la n. 2700/2016 del Consiglio di Stato, la quale, nel cercare di porre rimedio ai dubbi interpretativi suscitati da tale inciso, ha affermato che la successione universale ex comma 422 resta esclusa solo quando la regione sia rimasta del tutto estranea alla nomina o alla designazione del Commissario delegato. Con la locuzione del tutto estranea, il Consiglio di Stato precisa che per poter esonerare la regione Calabria da qualsivoglia rapporto con il Commissario -occorre che la medesima non sia per nulla interferita con il processo di designazione e di nomina (cosa che in realt non mai avvenuta, in quanto la regione ha sempre, quantomeno, indicato i soggetti ritenuti idonei a svolgere tale incarico) (7). Tuttavia, nonostante la pronuncia chiarificatrice del Consiglio di Stato, la successiva giurisprudenza non si dimostrata unanime nel darvi seguito. Successivamente, infatti, il Tribunale di Catanzaro ha adottato due diversi orientamenti: il primo (della sez. I) ha condiviso quanto affermato dai giudici di Palazzo Spada nella citata sentenza n. 2700/2016; il secondo (della sez. II) lo ha, di contro, inopinatamente ed espressamente disatteso, attraverso una serie di pronunce che attribuivano la legittimazione a succedere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (8), che valorizzavano argomentazioni fattuali e giuridiche prive di supporto logico (9). Tuttavia -salvo queste sporadiche (e ormai superate) resistenze e alla luce delle pi recenti pronunce -la giurisprudenza del Tribunale e, soprattutto, della Corte dappello di Catanzaro, si dimostra ormai pressoch unanime, come si vedr infra, nel seguire lorientamento fatto proprio dal Supremo Consesso di (6) amplius in SISCA, La successione degli Enti Pubblici: il caso controverso del Commissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio della regione Calabria, cit. (7) Secondo, il Consiglio di Stato il contributo della regione nel processo di nomina sarebbe presunto. Si legge nella citata sentenza, infatti, che ҏ comunque implausibile che le nomine siano avvenute senza un raccordo con la regione, dato che, rispetto allo stato di emergenza la regione ordinariamente competente non comunque estranea, giacch, nell'ambito dell'organizzazione policentrica della protezione civile, occorre che essa stessa fornisca l'intesa per la deliberazione del Governo e, dunque, cooperi in collaborazione leale e solidaristica. (8) Il primo provvedimento unordinanza emessa in composizione collegiale in data 13 gennaio 2017; quelli successivi si rifanno integralmente a questultima riportandola letteralmente nella parte motivazionale. (9) La questione stata trattata approfonditamente da SISCA, ancora sulla successione dei rapporti facenti capo al cessato ufficio del Commissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio della regione Calabria. Si va verso un orientamento condiviso (?!), in rass. avv. Stato, n. 4/2017, pp. 267 ss. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 giustizia amministrativa con la citata sentenza n. 2700/2016 e nellattribuire, quindi, la legittimazione a succedere in capo alla regione Calabria. 2. La giurisprudenza quasi unanime esclude la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri. La disamina delle ultime pronunce sul tema fa emergere ormai unanime convergenza - salvo alcune eccezioni (frutto, ancora una volta, di errori interpretativi fattuali e giuridici) -sullattribuzione della legittimazione a succedere in capo alla regione Calabria. Difatti, da gennaio 2018, tra le sentenze aventi ad oggetto la vicenda, solo due (emesse, rispettivamente, dal Tribunale di Catanzaro e di Lamezia Terme) concludono per lattribuzione della legittimazione passiva in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La prima pronuncia (Trib. Catanzaro, sez. II civ., 4 gennaio 2018, n. 53) riprende (riportandola integralmente nella sua parte motiva) lordinanza della sez. II del Tribunale di Catanzaro del 13 gennaio 2017 di cui si accennato supra (10) (11). Le argomentazioni svolte nella seconda pronuncia (Trib. Lamezia Terme, sez. lav., 25 gennaio 2018, n. 28) impongono alcune considerazioni. In tale decisione, infatti, il Giudicante -nel dichiarare il difetto di legittimazione passiva della regione Calabria - ha aderito allorientamento fatto proprio da due sentenze del Tribunale e della Corte dappello di Catanzaro (12), rispettivamente, del maggio 2014 e del gennaio 2015, omettendo di considerare, pertanto, tutta levoluzione giurisprudenziale degli ultimi tre anni. (10) Con tale ordinanza, il Tribunale di Catanzaro disattende espressamente il ragionamento seguito dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 2700/2016, affermando che appare in contrasto con il chiaro dettato normativo (ult. periodo del comma 422, art. 1 cit.), finendo per sancire sempre ed in ogni caso la successione della regione Calabria, in secondo luogo appare tradire il dichiarato intendo di dare alla norma una interpretazione conforme alla lettura data ad essa dalla Corte Costituzionale, andando ben oltre il dictum della Corte stessa. Tale conclusione risulta, tuttavia, distonica rispetto allintento del legislatore, per come correttamente interpretato dal Consiglio di Stato, il quale aveva precisato la portata del termine designati. In conclusione, il Tribunale di Catanzaro, in tale ordinanza - nel censurare la sentenza del Consiglio di Stato in quanto la stessa, a suo dire, finirebbe per attribuire la legittimazione sempre in capo alla regione Calabria - fornisce una soluzione esattamente uguale e contraria e consistente nel conferimento della legittimazione passiva sempre in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto lultimo Commissario delegato era un Prefetto. Lordinanza del 13 gennaio 2017 stata condivisa (riportandola conformemente nella sua parte motiva) da Trib. Catanzaro, sez. II civ., 28 febbraio 2017, n. 405 e, pi di recente, da Trib. Catanzaro, sez. II civ., 10 luglio 2017, n. 1066, inedite. (11) Per un maggiore approfondimento sulla questione si veda SISCA, La successione dei rapporti facenti capo al cessato ufficio del Commissario delegato per lemergenza ambientale nel territorio della regione Calabria: una questione ancora aperta, cit. (12) In particolare si fa riferimento a Trib. Catanzaro, ord. 6 maggio 2014 e App. Catanzaro, 21 gennaio 2015, n. 62, inedite. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Il Tribunale di Lamezia Terme richiama la sentenza n. 8/2016 della Corte Costituzionale, senza, tuttavia, prendere in alcun modo in considerazione lultimo inciso della disposizione contenuta nellart. 1, comma 422, l. n. 147/2013. Tale disposizione avrebbe dovuto applicarsi al caso di specie, in quanto il Commissario delegato cui era attribuibile il rapporto oggetto della controversia era il Presidente della regione Calabria. Il che avrebbe consentito di escludere sit et simpliciter la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza la necessit di svolgere ulteriori attivit interpretative. Le ulteriori pronunce rinvenibili (emesse dalla Corte dappello di Catanzaro) concludono, di converso, per la legittimazione passiva della regione Calabria. nella prima sentenza (App. Catanzaro, sez. lav., 10 aprile 2018, n. 394), dopo aver correttamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale inerente la questione, valorizza le argomentazioni svolte nella citata sentenza n. 2700/2016 del Consiglio di Stato, nonch in tutte le pronunce della medesima Corte che avevano gi sposato tale tesi. Una motivazione pressoch simile sostiene lulteriore sentenza della medesima Corte, 26 marzo 2018 n. 478. Sulla stessa scia si pone, poi, la sentenza n. 900 del 10 maggio 2018 della Corte territoriale calabrese, nella quale - dopo la dichiarazione di nullit della sentenza impugnata - si legge testualmente che: E tanto senza che venga in rilievo il complesso tema legato alla corretta individuazione del soggetto passivo dellobbligazione di pagamento, che questa Corte, ritiene di dover individuare -sulla scorta di quanto indicato dal Consiglio di Stato (sez. iV, 17 giugno 2016, n. 2700) - nella regione Calabria. Da ultimo, anche la sez. II del Tribunale catanzarese (espressiva del- lorientamento contrastante con la pronuncia n. 2700 del Consiglio di Stato) con la sentenza n. 759 del 10 maggio 2018 - ha statuito la legittimazione passiva della regione Calabria. Anche in tale pronuncia viene dato atto del percorso normativo e giurisprudenziale inerente la vicenda e - contrariamente a quanto sostenuto nella sopra citata sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 28/2018 - viene, comunque, dato atto che il Commissario delegato al momento del conferimento dellincarico era il Presidente della regione Calabria. Tanto varrebbe di per s ad escludere - secondo la Corte - la legittimazione in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La circostanza secondo cui tale pronuncia sia stata emessa dalla sezione che aveva in precedenza dato vita allunico orientamento contrastante con la tesi accolta del Consiglio di Stato porta a ritenere (questo lauspicio) definitivamente superate le erronee interpretazioni della normativa, che, in precedenza, avevano condotto allaffermazione della legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 3. alcune riflessioni, anche alla luce dellemanazione del Codice di Protezione Civile. La necessit di intervento normativo espresso. Il fatto che, dopo ben cinque anni dalla cessazione delle funzioni dellUfficio commissariale, ancora in discussione il tema della successione dei suoi rapporti dipende, principalmente, dallart. 1, comma 422, della l. n. 147/2013. La sua portata poco chiara ha, infatti, causato una lettura flessibile e foriera di interpretazioni diverse e addirittura contrastanti. In questo quadro, sarebbe stato auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore. Difatti, i recenti interventi legislativi in materia non sembrano deporre in senso favorevole circa la volont di fornire una disciplina pi chiara e dettagliata. Questo quanto emerge dal Codice di Protezione Civile vigente dal 6 febbraio 2018 (13), con il quale si inteso risistemare, in modo organico ed unitario, tutta la legislazione che dalla legge n. 225/1992 ad oggi ha riguardato il settore della protezione civile e, di conseguenza, la disciplina dellesercizio dei poteri emergenziali del governo. Con tale provvedimento il legislatore ha abrogato il tanto dibattuto art. 1, comma 422 cit., il cui testo, tuttavia, stato integralmente riprodotto nellart. 24 del Codice. Sarebbe potuta essere, questa, una valida occasione per risolvere in radice la problematica, che involge non solo lUfficio commissariale per lemergenza ambientale della regione Calabria (rispetto al quale si giunti - seppur con molta fatica -alla corretta interpretazione della normativa), ma anche eventuali vicende che potranno in seguito scaturire dallapplicazione di tale disposizione (soprattutto ove si presentino elementi di ambiguit per come avvenuto nel caso dellemergenza calabrese). Sicuramente la giurisprudenza cristallizzatasi sul punto costituir un valido baluardo a fini interpretativi; il che, tuttavia, non consentirebbe di escludere a monte linsorgere di (inutili) contenziosi dai quali deriverebbero pregiudizi per le pubbliche amministrazioni coinvolte dal meccanismo successorio, oltrech per le controparti alla ricerca del loro legittimo contraddittore. (13) D.lgs. n. 1 del 2 gennaio 2018, pubblicato in Gazz. Uff., 22 gennaio 2018. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT il voto degli italiani allestero: dalle origini del dibatitto alle problematiche attuali fino alla recente pronuncia (di rito) della Corte Costituzionale sulle modalit di voto Marco Fedi, Giuliano Gambardella (*) Sommario: 1. Premessa -2. La decisione della Consulta -3. il voto degli italiani allestero; le origini del dibattito, la legge Tremaglia fino allemendamento Lupi -4. il voto per corrispondenza. Dalla sua introduzione alle problematiche attuali con particolare riferimento alla violazione dei principi di personalit, libert e segretezza e, al suo contrasto con larticolo 48 della Costituzione - 5. Conclusioni. 1. Premessa. Con il presente lavoro si vuole essenzialmente fare un commento allordinanza n. 63/2018, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Venezia il 23 dicembre 2017 e concernente la contestazione della violazione del principio di segretezza e personalit del voto a causa dell'invio per posta delle schede. 2. La decisione della Consulta. Ludienza pubblica del 21 febbraio 2018 iniziata con lintervento del giudice relatore Mario rosario Morelli, che ha illustrato al collegio le diverse posizioni delle parti in causa: da un lato, dunque, le denunce di brogli e i casi emersi negli anni passati nella circoscrizione Estero; dallaltro la difesa di una modalit obbligata, lunica davvero in grado di consentire di votare agli italiani nel mondo, messa sotto accusa citando criticit che, volendo, potrebbero essere eccepite anche per il voto a domicilio o assistito per gli italiani in Italia. Allintervento del relatore seguita larringa dellavvocato Mario Bertolissi, difensore di P.M.C., che ha ampiamente illustrato al collegio le gravi violazioni sulla costituzionalit della legge sul voto allestero. Il suddetto difensore contesta limpianto della legge Tremaglia (legge n. 459 del 27 dicembre 2001) e pi nel dettaglio il voto per corrispondenza, che contrasta palesemente con i principi contenuti nel secondo comma dellarticolo 48 della Costituzione, ai sensi del quale il voto personale ed eguale, libero e segreto. Successivamente, per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, (*) Marco Fedi, Deputato del Partito Democratico dalla XV alla XVII legislatura. Giuliano Gambardella, avvocato del libero foro, gi dottore di ricerca in diritto e giustizia ammini strativa presso lUniversit degli Studi di roma Tor Vergata. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 per il Ministero degli affari esteri e per il Ministero dellinterno intervenuto il vice avvocato generale dello Stato, Vincenzo nunziata. La tesi dellavvocatura che non si deve guardare solo al secondo comma dellarticolo 48, ma anche al terzo comma, che parla della effettivit del voto. nellatto di intervento del 30 gennario 2018 e nella successiva memoria illustrativa del 9 febbraio 2018, lAvvocatura dello Stato ha sottolineato che se la questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia fosse fondata e, quindi passibile di accoglimento, agli italiani allestero non sarebbe garantita la possibilit di votare. A prescindere dalla questione dei seggi, va dunque garantita leffettivit del voto allestero, ricordando che lipotesi del ritorno dei cittadini in Italia per esercitare il loro diritto ҏ unipotesi residuale rispetto al voto per corrispondenza. Ipotesi, questultima, che necessita di una opzione da esercitare, dice la legge de qua, entro il 31 dicembre dellanno precedente alle consultazioni elettorali (termine questanno prorogato all8 gennaio 2018): dunque -ha argomentato lavvocatura -un eventuale accoglimento del ricorso pregiudicherebbe il voto degli italiani allestero; per di pi questi ultimi non potrebbero votare per corrispondenza n tornare in Italia, visto che il termine scaduto da un mese e mezzo. Quella chiamata in causa dai ricorrenti, per lAvvocatura dello Stato, uneventuale patologia. Che la segretezza del voto sia stata centrale anche per il Legislatore del 2001, dimostrato dal fatto che le sanzioni per reati elettorali sono raddoppiate per il voto allestero, come recita larticolo 18 della legge n. 459 del 27 dicembre 2001, secondo il quale: Chi commette in territorio estero taluno dei reati previsti dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, punito secondo la legge italiana. Sempre secondo lAvvocatura dello Stato, il rischio di brogli in caso di utilizzo del modello di voto per corrispondenza ҏ ipotetico e Il quadro dinsieme sul voto allestero immune dalle censure proposte. La Consulta, preso atto degli interventi dei rappresentanti delle parti in causa, ha condiviso la tesi dellAvvocatura dello Stato, dichiarando inammissibile la questione di legittimit costituzionale di varie disposizioni della legge Tremaglia sul voto allestero per corrispondenza. Secondo la Consulta, quindi, un errore di percorso procedurale ha impedito alla Corte costituzionale di entrare nel merito. La Corte costituzionale sostiene che nel contesto di una procedura referendaria, inammissibile chiedere in via preventiva al Tribunale di sollevare la questione di costituzionalit di leggi elettorali. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT In questo caso, infatti, non esiste una zona franca che giustifichi un tale accesso preventivo e diretto. La Corte costituzionale, richiamando due importanti ordinanze, ha stabilito che sia la legge sul referendum che il successivo regolamento di attuazione prevedono espressamente che contro le operazioni di voto si possa proporre reclamo davanti allUfficio centrale per la circoscrizione estero ai sensi del- lart. 7 della legge n. 459 del 27 dicembre 2001 e che, successivamente, possa intervenire anche lUfficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, organo legittimato a sollevare lincidente di costituzionalit (ordinanze n. 1 e n. 14 del 2009). Pi nel dettaglio, secondo la Corte costituzionale sono due i motivi di inammissibilit della questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia. Con il primo motivo la Corte costituzionale ha ritenuto non sufficiente e quindi non ammissibile la questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia; in particolare secondo la Consulta il mero riferimento allinteresse allaccertamento giudiziale [] della concreta volont della legge, sulla pienezza del diritto di voto del residente allestero, con riguardo alla (allora) futura consultazione referendaria, senza alcunaltra indicazione, nemmeno sintetica o per relationem (della situazione soggettiva e/o oggettiva che risulterebbe, nel caso concreto, potenzialmente impeditiva della segretezza del voto), non pu essere considerato motivazione sufficiente e non implausibile dellesistenza dellinteresse ad agire, idonea, in quanto tale, a escludere un riesame ad opera di questa Corte dellapprezzamento compiuto dal giudice a quo ai fini dellammissibilit dellazione (sentenza n. 110 del 2015). Con il secondo motivo, invece, la Corte costituzionale contesta precedenti sentenze, sempre emanate dalla medesima, in quanto le medesime si riferiscono a casi diversi da quello in oggetto; secondo la Corte quindi, diversamente dalle ipotesi prese in esame dalle sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017 (in tema di elezione del Parlamento nazionale, i cui risultati, in quanto esclusivamente rimessi al controllo delle Camere di appartenenza ex art. 66 Cost., sono sottratti a quello del giudice comune) ed analogamente, invece, a quella relativa alla elezione dei membri italiani del Parlamento europeo, di cui alla sentenza n. 110 del 2015 -lincertezza sulla pienezza sul diritto di voto nella procedura referendaria, come nella specie prospettata, non pu essere considerata costituzionalmente insuperabile [] nel senso di non poter essere risolta, sul piano costituzionale, se non ammettendo unazione del tipo di quella proposta nel giudizio a quo (sentenza n. 110 del 2015). 3. il voto degli italiani allestero; le origini del dibattito, la legge Tremaglia e, da ultimo, lemendamento Lupi. Ad avviso di chi scrive, le motivazioni che hanno portato allintroduzione rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 della legge Tremaglia risalgono al passato e meritano di essere menzionate, ma, prima di tutto, opportuno evidenziare alcuni passaggi storici di non scarsa importanza. Come stato autorevolmente osservato, lesigenza di dare un diritto di voto agli italiani residenti allestero nata nel momento di massimo flusso migratorio in uscita dallItalia (1). Pi nello specifico, essa stata discussa per la prima volta a roma pi di un secolo fa nel corso del primo Congresso degli emigrati italiani allestero, ed stata una questione (2) legata al diritto degli emigrati di votare, ma al tempo stesso, al desiderio di questi ultimi di partecipare alla vita politica italiana anche se dai nuovi Paesi ospitanti. La citata dottrina non ha mancato di menzionare altre importanti personalit legate alla politica di allora che erano a favore del voto degli italiani allestero; tra le tante, si citano Luigi Luttazzi, Filippo Turati, Aniolo Cabrini, Geremia Bonomelli, napoleone Colajanni e romolo Murri. nel 1909, il deputato socialista e sindacalista Cabrini stato tra i primi a sostenere la necessit dellentrata in vigore di una legge per regolamentare e per concedere un nuovo diritto ai cittadini italiani residenti allestero. Alla sua proposta ne sono seguite altre negli anni 1913, 1914 e 1923. nello specifico, tali proposte concernevano il riconoscimento del suffragio universale maschile in Italia (3). Allinizio del periodo fascista, il tentativo di consentire agli italiani residenti allestero di votare per le elezioni in patria si risolto in un totale fallimento. Unimportante dottrina non ha mancato di osservare come il diritto di voto degli italiani residenti allestero, dopo quasi ventanni di buio, riemerso nel 1945 quando i Comitati di liberazione nazionale e i protagonisti della resistenza antifascista allestero, in particolare Francia, Svizzera e Argentina, lamentarono la mancanza di propri rappresentanti alle discussioni che avrebbero portato alla elezione dellAssemblea Costituente (4). Ed ancora unaltra illuminante dottrina ha evidenziato che la Commissione dellAssemblea Costituente per la elaborazione della legge in merito alle elezioni prese in considerazione tutti gli accorgimenti e i mezzi idonei al fine (1) F. TArAnTIno, il voto degli italiani allestero: le difficolt incontrate in argentina nellattuazione delle norme, in Quaderni dellosservatorio Elettorale n. 57, 2007, p. 7. (2) M. CoLUCCI, il voto degli italiani allestero, in P. BEVILAQUA, A. DE CLEMEnTI e E. FrAnzInA, (a cura di), Storia dellemigrazione italiana, Donzelli Editore, 2002, p. 64. (3) M. CHoATE, Sending States transnational interventions in politics, culture and economics; The historical example of italy, in international migration review, BEVILAQUA, A. DE CLEMEnTI e E. FrAnzInA (a cura di), Storia dellemigrazione italiana: arrivi, Donzelli Editore, 2002, p. 604. (4) C. DAMIAnI, Lemigrazione italiana negli Stati Uniti durante il periodo fascista inr. DE FELICE (a cura di), Cenni storici sulla emigrazione italiana nelle americhe e in australia, Milano, Franco Angeli Editore, 1979, pp. 105-42. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT di rendere possibile lesercizio del voto agli italiani allestero, soprattutto coloro che si trovavano ancora in stato di prigionia o di internamento, ma convenne che ostacoli di vario ordine ne impedivano il possibile esercizio (5). A causa della mancata entrata in vigore della legge de qua, la questione del voto degli italiani residenti allestero stata riproposta dopo lentrata in vigore della Costituzione della repubblica Italiana quando lon. Giuseppe Piemonte del Partito socialista dei lavoratori italiani (P.S.L.I.) e lon. Fernando Schiavetti (autonomista) hanno avanzato due emendamenti mai approvati, al fine esclusivo di assicurare la possibilit del diritto di voto allestero e la possibilit della espressione della loro volont e della rappresentanza dei loro interessi (emendamento Schiavetti). Alla lista va aggiunto anche il nome di Gelso Chini, operaio comunista, che, con una frase che ad avviso di chi scrive conserva ancora grande attualit, ha evidenziato la mancanza da parte della classe politica di allora della cognizione del problema dellesercizio del diritto di voto allestero, presa di coscienza che sarebbe avvenuta in seguito con lemigrazione di massa. Infatti, la necessit di fare entrare in vigore una legge a tutela esclusiva degli emigranti riapparsa soltanto nella seconda met degli anni settanta, quando il tema dellemigrazione italiana inizi ad interessare la politica e lopinione pubblica italiana. La conferma di quanto sopra detto trova riscontro in una dichiarazione dellex Presidente del Consiglio dei Ministri Aldo Moro, durante il discorso dellapertura della Conferenza nazionale sullemigrazione italiana del 1975, in cui sottoline che trenta milioni di italiani (lequivalente della popolazione urbana del Novecento) sono emigrati nel primo secolo dellunita nazionale e sei milioni sono a tuttoggi allestero per motivi di lavoro. Anche il noto giornalista, saggista e storico italiano, Indro Montanelli, il 12 gennaio 1977, sul Giornale, rispetto al tema del voto italiano allestero, scriveva che la democrazia italiana non pu pi permettersi il lusso di rinunciare a cinque milioni di voti, di cui quattro andrebbero a rafforzare i partiti che la sostengono. Infine, dal 1972 al 1983 (legislature VI-VIII), si continuava a registrare un aumento delle proposte di legge rispetto al periodo 1948-1972. Si passa da 10 a 28, con una netta maggioranza a favore del voto per corrispondenza. Prima dellentrata in vigore della legge n. 459 del 27 dicembre 2001, legge che porta il nome del suo proponente ed ex Ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia e del suo regolamento di attuazione avvenuto con D.P.r. n. 2003/104 (6), ci si interrogava sui possibili modelli che meglio avreb( 5) G. MEnnA, Le proposte italiane in materia di voto di cittadini residenti allestero, in F. LAn- CHESTEr (a cura di), il voto degli italiani allestero, Bulzoni Editore, 1988, p. 26. (6) Per un riassunto degli atti normativi della riforma del voto italiano allestero, vedasi F. TA rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 bero garantito ai cittadini elettori italiani residenti allestero leffettivo esercizio del diritto di voto allestero, senza necessit di rientrare nello Stato di origine. Sono stati proposti il voto per procura, il voto in loco presso le rappresentanze diplomatiche italiane allestero, cio presso i consolati e le ambasciate e il voto per corrispondenza; questultimo, stato il modello che ha prevalso sugli altri per volont del legislatore (7). Inoltre, con lentrata in vigore della legge de qua stata istituita per la prima volta nella storia della politica italiana, una circoscrizione estero con un aumento del numero dei parlamentari e precisamente di dodici deputati e sei senatori. Essi sono ripartiti nel seguente modo: La ripartizione Europa: elegge cinque deputati e due senatori compresi anche i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia oltre a Cipro. Inoltre in essa rientrano tutti gli altri territori sottoposti al dominio o alla sovranit delle ex potenze coloniali europee ad esempio: la Guyana Francese, la Polinesia francese, l'isola di Sant'Elena e altre isole sia caraibiche sia degli arcipelaghi dell oceano Pacifico. La ripartizione America Meridionale: elegge quattro deputati e due senatori anche se non tutti i territori che fanno parte dell'area geografica sono inclusi, (alcuni territori di fatto votano in altre ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee). La ripartizione America settentrionale e centrale: elegge due deputati e un senatore, (anche in questo caso alcuni territori votano in altre ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee). La ripartizione Africa, Asia, oceania e Antartide: elegge un deputato e un senatore. Da notare che anche in questo caso alcuni territori votano in altre ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee. Merita sottolineare che i deputati e i senatori eletti nella circoscrizione estera sono obbligati a risiedere nella circoscrizione di riferimento. Da ultimo vale la pena evidenziare che, con lintroduzione della modifica proposta dallonorevole Lupi, la legge Tremaglia ha subito un vero vulnus al suo contenuto. Infatti tale modifica prevede la possibilit di candidare nella circoscrizione estero anche i cittadini italiani residenti in Italia, ovviamente si tratta di candidati che non hanno mai avuto rapporti diretti e indiretti con il territorio. rAnTIno, il voto degli italiani allestero: le difficolt incontrate in argentina nellattuazione delle norme in Quaderni dellosservatorio Elettorale, in SIMonE BATTISTon e BrUno MASCITELLI, Firenze University press, 2012. (7) U. LA MESA, Problematiche attuali in materia di esercizio del diritto di voto da parte degli elettori allestero, in Quaderni dellosservatorio Elettorale n. 8, dicembre 1980, p. 73; Seminario e tavola rotonda sul Esercizio del diritto di voto degli italiani allestero, Seconda Conferenza nazionale dellEmigrazione, Quaderno di documentazione preparatoria n. 5, Fratelli Palombini Editori, 1998. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT Pi nello specifico, allarticolo 4 dopo il comma 2, stato inserito il comma 2 bis ai sensi del quale: allarticolo 8 comma 1 della legge 27 dicembre 2001 n. 459 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) la lettera b sostituita dalla seguente: b) gli elettori residenti in italia possono essere candidati in una sola ripartizione della circoscrizione Estero; gli elettori residenti allEstero possono essere candidati solo nella ripartizione di residenza della circoscrizione Estero. In buona sostanza, con tale emendamento si deroga alla ratio della modifica costituzionale della riforma del 2001 che introdusse il voto dei circa 4 milioni di cittadini residenti fuori dai confini. Chi scrive ha gi messo in luce come la legge sul voto allestero con lemendamento Lupi ha subito un duro colpo nel rapporto tra eletti ed elettori, che lessenza della Circoscrizione Estero. palese la natura politica della proposta Lupi, che fornisce soluzioni di candidatura a chi non ha un solido rapporto con il territorio. non si pu certamente condividere tale emendamento, anche perch ha creato delle disparit tra gli stessi candidati al Parlamento italiano; infatti non pensabile, almeno se non in palese contrasto con i principi di uguaglianza e di elettorato passivo (artt. 2 e 48 Cost.), che un cittadino italiano residente in Italia possa candidarsi anche nella circoscrizione estero e non viceversa (8). Tornando alla tematica del voto per corrispondenza, merita sin da ora evidenziare che sin dalla sua entrata in vigore fino ai nostri giorni ha sempre suscitato, sia in dottrina che in giurisprudenza, seri dubbi di costituzionalit per contrasto con larticolo 48 della Costituzione, ed in particolare con i suoi principi di uguaglianza, libert e segretezza. Tali dubbi, pertanto, sono sfociati nellordinanza di rimessione della Terza sezione civile del Tribunale ordinario di Venezia alla Corte Costituzionale che, tuttavia, come detto, non ha ancora risolto nel merito la questione de qua. 4. il voto per corrispondenza. Dalla sua introduzione alle problematiche attuali con particolare riferimento alla violazione dei principi di personalit, libert e segretezza e, al suo contrasto con larticolo 48 della Costituzione. Come gi detto, il voto per corrispondenza, fin dalla sua entrata in vigore, ha suscitato sempre molte perplessit: cՏ chi ha paventato e continua tuttora a paventare, come chi scrive, lincostituzionalit della norma de qua, perch non garantirebbe la personalit, luguaglianza e la segretezza del voto ai sensi e per gli effetti dellart. 48 Costituzione. Secondo altre voci, invece, il secondo comma del medesimo articolo, con (8) M. FEDI, La strana vicenda della legge n. 459 del 2001. ovvero: le ragioni di un nobile dibattito nel 2001 e di una meno nobile assenza di dibattito nel 2017 in http://comunicazioneinform.it/marcofedi- pd-la-strana-vicenda-della-legge-n-459-del-2001/. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 lintroduzione della Circoscrizione Estero, ha subito un affievolimento della rigidit volta ad ammettere una disciplina ad hoc per garantire lesercizio del diritto di voto allestero (9). Inoltre, nella memoria illustrativa dellavvocatura dello Stato, a tutela della costituzionalit della suddetta legge viene messo in rilievo anche il terzo comma dellarticoli 48 della Costituzione, introdotto con legge costituzionale n. 1/2000, che ha istituito una circoscrizione Estero per consentire lesercizio del diritto di voto alle elezioni politiche da parte dei cittadini non residenti in Italia. Linnovazione si completata con ulteriori modifiche degli articoli 56 e 57 della Costituzione e con la puntuale attuazione da parte della legge 27 dicembre 2001, n. 459 e del successivo D.P.r. n. 104/2003. Di contrario avviso la dottrina pi autorevole (M. Bertolissi), assolutamente condivisa da parte di chi scrive, che, nelle deduzioni depositate in vista delludienza del 21 febbraio 2018, ha messo in luce come il voto per corrispondenza presenta tali e tante ombre da far persino dubitare che possa definirsi voto, almeno nellaccezione in cui tale termine usato dalla Costituzione: lart. 48, comma 2, della stessa infatti individua quattro caratteri indefettibili del voto personalit, uguaglianza, libert e segretezza . La suddetta dottrina ha altres evidenziato che ad essere vulnerata la segretezza (come pure invero anche la personalit e la libert). Infatti, lart. 12 legge 459 del 27 dicembre 2001 (e decreto del Presidente della repubblica 104/2003 di attuazione) - richiamato dal contenuto dellordinanza di rimessione del Tribunale di Venezia n. 5 del 2018 prevede che i cittadini italiani residenti allestero, dopo aver votato ubiquiter, utilizzando la scheda elettorale inviata loro dallufficio consolare a mezzo posta raccomandata o con altro mezzo di analoga affidabilit, la spediscano -parimenti per posta, ma senza necessario ricorso alla raccomandata o altro mezzo di analoga affidabilit - agli uffici consolari competenti per linvio con valigia diplomatica allUfficio centrale per la circoscrizione estero. Secondo il Tribunale di Venezia, quindi, le modalit con cui si sono svolte le votazioni in vista della consultazione referendaria non assicurano la segretezza, la personalit e la libert del voto, sia nella fase della sua manifestazione, la quale non avviene in luogo presidiato, di talch non vi pu essere una garanzia assoluta che lelettore sia da solo e che dunque il voto sia realmente personale e libero; sia -successivamente -con la sua comunicazione alle sedi consolari, specie ove la segretezza della corrispondenza non sia adeguatamente garantita dal servizio postale locale. Il che comporta un vulnus ai principi di cui agli articoli 1 e 48, secondo e terzo comma, Cost. non vale in proposito quanto affermato dalla Corte costituzionale nel (9) V. nUnzIATA, memoria illustrativa nel giudizio di legittimit costituzionale, 9 febbraio 2018 p. 5. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT lordinanza n. 195/2003, sia perch non ha deciso nel merito sia perch il suo dictum non porta a considerare definitivamente risolto il difficile bilanciamento tra lobiettivo della massima estensione del suffragio e la realizzazione delle modalit che ne garantiscano esse stesse leffettivit. Quel che deve rimanere fermo - sottolinea il Tribunale di Venezia nella sua ordinanza di rimessione - che tali modalit non costituiscono mero accidente, ma sostanza (ivi), con la conseguenza che vanno scelte quelle (modalit) che permettono - qui, pure, vale lart. 3 Cost. - che anche il voto degli italiani residenti allestero debba corrispondere ai requisiti stabiliti dallart. 48, co. 2, Cost. (ivi): requisiti che si rivelano ancora baluardi irrinunciabili a salvaguardia della nostra democrazia elettorale . Linciso finale fa pensare alla democrazia tout court, devastata dagli scandali, oggi in una condizione di preoccupante crisi: non comparabile con quella esistente al tempo in cui stata approvata la legge n. 459/2001. In concreto, quindi, P.M.C. pu aver mostrato oppure potr mostrare volontariamente a terzi la scheda votata ( una causa di nullit del voto) oppure pu essere stato o potr esservi costretto (con le medesime conseguenze) in Slovacchia, dove risiede, oltretutto in mancanza di uno specifico accordo ex art. 19 legge 459. Tuttavia, merita sin da ora evidenziare che il caso che ci occupa non un caso isolato, infatti anche in passato altri casi hanno suscitato il sospetto del- lincostituzionalit del voto per corrispondenza. A tale riguardo, vanno assolutamente richiamate le osservazioni mosse da Francesco Tarantino nel IX Convegno Internazionale della Societ Italiana degli studi elettorali. Secondo Tarantino infatti: sicuro quel sistema di voto per corrispondenza nel quale nessuna interferenza turbi le fasi di spedizione, recapito e ricezione del plico elettorale. Proprio Tarantino oltre un decennio fa, al fine di meglio capire i problemi che potevano emergere in caso di spedizione e di recapito delle schede elettorali, ha svolto una lunga indagine sullesito delle votazioni elettorali in Argentina. Va preliminarmente evidenziato che le concrete modalit delle operazioni di recapito sono demandate ai singoli uffici consolari, istituiti presso ogni circoscrizione, che hanno la facolt di appaltare ad una ditta sia la stampa del materiale elettorale che la spedizione dei plichi. bene ricordare infatti che non in tutti i Paesi (ed il caso dellArgentina), come messo in luce dallo stesso autore, esiste una societ che ha il monopolio dei servizi postali e che quindi pi societ si sono occupate del recapito dei plichi elettorali. Tra il 2003 ed il 2006, ad esempio, la rete consolare italiana in Argentina ha gradualmente migliorato le regole di recapito delle schede, introducendo una rigorosit via via maggiore. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Se per il referendum 2003 infatti vigeva il cosiddetto sistema bajo puerta, che prevedeva la possibilit di lasciare il plico in giacenza al domicilio dellelettore, per le elezioni politiche del 2006 divenuta necessaria la consegna delle schede ad una persona maggiorenne fornita di documento didentit, non obbligatoriamente vincolata da parentela con lelettore. Decisamente pi sicuro sarebbe lobbligo di consegnare direttamente al- lelettore, o ad un parente, il plico con le schede elettorali ma una sperimentazione dellAmbasciata dItalia a Buenos Aires, che prevedeva la consegna personale di una tessera magnetica ai cittadini italiani, ha rivelato lo scarso successo del- liniziativa: poco pi del 35% delle tessere stato recapitato e ci ha suggerito linapplicabilit del metodo in occasione delle consultazioni elettorali. Lo schema ideale, come noto, vorrebbe che ad ogni plico inviato corrisponda un solo cittadino destinatario: una volta ricevuto il plico, questi decide di votare o meno, in maniera personale e segreta, la scheda che trova ed eventualmente rispedirlo nei tempi prestabiliti (10). A tale visione ideale del sistema di voto per corrispondenza ci sono per da aggiungere tutte le possibili casistiche che si sono verificate nelle prime esperienze di voto in Argentina e, verosimilmente, anche in altri paesi del mondo. Esiste infatti una percentuale di schede che non riesce a raggiungere i destinatari, rispetto allindagine fatta in Argentina, Tarantino ha sottolineato come il parametro del mancato recapito importante sotto due profili: innanzitutto implica unanalisi attenta dei motivi per cui una percentuale, minima ma non esigua, di plichi non recapitata ed inoltre offre lo spunto per alcune considerazioni in merito al grado di partecipazione elettorale. In merito a questultimo aspetto vale la pena di ricordare che il livello di partecipazione elettorale allestero pu essere calcolato in due modi differenti: se si computa il numero dei plichi tornati soltanto su quelli inviati, si rischia di ottenere percentuali pi basse e poco realistiche. Computando invece i plichi tornati ai Consolati su quelli effettivamente recapitati si ha una misura della partecipazione pi veritiera e pi corrispondente alla realt. Tale osservazione ha particolare rilevanza per quei contesti in cui si denunciata una bassa partecipazione dei connazionali allestero causata presumibilmente da una disaffezione nei confronti del nostro Paese o del nuovo strumento legislativo. Talvolta per, ed il caso di molte citt dellAmerica Settentrionale, stato lelevato numero di mancati recapiti a spingere gli analisti ad una sottostima non indifferente della partecipazione elettorale. In tutta la circoscrizione Estero, nelle elezioni politiche del 2006, a fronte di 2.699.421 plichi inviati sono stati restituiti per mancata consegna 247.978 (10) IX Convegno internazionale della S.I.S.E. (Societ Italiana di Studi Elettoriali), La cittadinanza elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 10, 11. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT plichi, pari al 9,1% sul totale di quelli inviati. I plichi effettivamente recapitati sono stati dunque 2.451.443. In Argentina, sono stati inviati 357.795 plichi e alle ore 16, di gioved 6 aprile 2006, ne erano tornati alla rete consolare 200.824, pari al 56,1% dei plichi inviati e al 70,7% di quelli effettivamente recapitati. Questa notevole differenza dettata dal cospicuo numero di mancati recapiti che in Argentina ha interessato 68.366 plichi, pari al 19,4% dei plichi effettivamente inviati nel Paese e pari al 27,5% di tutti i mancati recapiti della Circoscrizione Estero. lecito, a questo punto, interrogarsi circa le motivazioni di un numero cos alto di schede elettorali inutilizzate: intuitivamente, alla luce delle considerazioni svolte circa la difficile formazione degli elenchi elettorali, la presenza di errori nei dati contenuti nellAIrE o negli schedari consolari pu essere una causa fondamentale di mancato recapito. Ma qualՏ lincidenza degli errori rispetto, ad esempio ai rifiuti volontari, agli smarrimenti o alle sparizioni? La rete consolare argentina ha appaltato la consegna delle schede elettorali a diverse societ postali private che avevano lobbligo di compilare un report circa la consegna di ogni singolo plico, specificandone lesito del recapito. In base ai dati raccolti presso lAmbasciata dItalia a Buenos Aires evidente che la causa principale dei mancati recapiti (68,9% dei casi) la presenza di errori e inesattezze nei dati degli elettori, seguita da cause inerenti allassenza o al rifiuto di ritirare il plico (30,5%) e solo nello 0,6% dei casi i plichi sono stati smarriti o il postino stato derubato. In conclusione possibile affermare che il grande ostacolo ad una corretta e lineare gestione del voto allestero rappresentato proprio dalla presenza di errori negli elenchi dei nostri connazionali. Le difficolt delle amministrazioni e, talvolta, limprecisione o le false generalit dichiarate dagli stessi cittadini sono situazioni che difficilmente si riusciranno a sanare completamente, nonostante gli sforzi e i sensibili miglioramenti che pur vi sono stati (11). Questanno, per il rinnovo della XVIII legislatura, anche in Australia e in Canada si sono verificate gravi irregolarit dovute non soltanto al mancato recapito di schede elettorali o alla dispersione delle stesse. 5. Conclusioni. Alla luce di quanto sopra esposto e, dato lesito della questione di legittimit costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia, esito dovuto al fatto che la pronuncia de qua stata una pronuncia di rito e non di merito, che ha lasciato ancora aperta la questione della costituzionalit del modello del voto per corrispondenza, sarebbe opportuno ma soprattutto urgente, un intervento da parte del nuovo legislatore. (11) IX Convegno internazionale della S.I.S.E., La cittadinanza elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 11, 12 e 13. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Tale intervento deve avere ad oggetto lemanazione di una nuova disciplina di dettaglio avente ad oggetto un nuova modalit del voto degli italiani residenti allestero. Ad avviso di chi scrive, una buona idea sarebbe lintroduzione del voto elettronico, poich i vantaggi di tale modalit di voto sono di non poca importanza. Anzitutto il voto elettronico consente allelettore di esprimersi ovunque si trovi e le relative modalit impediscono errori formali e voti non validi. Inoltre, con lintroduzione del voto elettronico vi sono una serie di vantaggi rispetto alla tradizionale procedura cartacea che meritano di essere sottolineati: in primis gli aventi diritto al voto possono votare in modo rapido e comodo; il sistema pu essere impiegato su tutti i tipi di piattaforme e dispositivi: smartphone, tablet o computer; le persone con disabilit possono votare online senza dover ricorrere allutilizzo di terzi. Inoltre, come si detto, tale tipo di votazione impedisce errori formali come risposte non leggibili, firme mancanti, moduli stampati in modo errato o liste non valide nel processo elettorale e di voto; gli elettori ricevono una conferma che il proprio voto stato espresso e salvato nellurna in modo corretto; lo spoglio dei voti avviene con rapidit e precisione. Il voto elettronico sicuro perch i voti vengono trasmessi e salvati soltanto in modo cifrato e anonimo; algoritmi sofisticati evitano che i voti possano essere manipolati di nascosto. Un ulteriore vantaggio quello di evitare che errori ed imprecisioni provochino il mancato recapito di schede elettorali e/o la loro dispersione come spesso capitato nel voto per corrispondenza. In assenza della suddetta opzione, il voto allestero sicuramente subir un vulnus. Sarebbe opportuna anche listituzione di un apposito Ufficio Elettorale permanente allinterno di ogni Consolato preposto alla gestione e alla formazione degli elenchi elettorali, cui non competano anche gravosi compiti legati a pratiche di cittadinanza e ai passaporti. Ancora, per evitare carenze di risorse umane e finanziarie degli Uffici consolari, sarebbe auspicabile anche la partecipazione del personale del Ministero dellinterno al coordinamento di tali uffici in modo da salvaguardare lunitariet della materia anagrafico -elettorale e risolvere le difficolt dovute alla scarsa comunicazione tra Consolati e Anagrafi Comunali (12). Con riferimento al comunicato stampa del 21 febbraio 2018, ed in attesa della pronuncia definitiva della Corte costituzionale, chi scrive, lungi dal criticare lesito della suddetta ordinanza che comunque, almeno in vista di una consultazione referendaria non poteva essere diverso da quello reso, tiene a (12) IX Convegno internazionale della S.I.S.E., La cittadinanza elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 11, 12 e 13. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT precisare che, sebbene sia vero che lUfficio centrale per la circoscrizione Estero il legittimo destinatario della richiesta di riesame delle schede annullate e/o contestate, pur vero che nel caso che ci riguarda, il Tribunale di Venezia, ha sollevato la questione di legittimit costituzionale in riferimento alla legittimit costituzionale del voto per corrispondenza e non al riesame delle schede contenenti voti contestati, questione rimasta purtroppo irrisolta. Inoltre, una valida alternativa che eviterebbe un grado non ancora soddisfacente di certezza e sicurezza del voto per corrispondenza, e che non vanificherebbe lo sforzo di comuni e consolati, sarebbe lintroduzione di una semplice volont di esercitare il voto allestero. Tale opzione era gi stata proposta dal Tarantino. Tale volont non deve configurare una vera e propria richiesta di votare, quanto piuttosto una sorta di registrazione o segnalazione. orbene, se da un lato vero che la suddetta procedura porterebbe certamente a ridurre il livello di partecipazione altrettanto vero che risolverebbe il problema della formazione delle liste elettorali, in quanto sarebbero inclusi soltanto coloro che segnalano la propria volont di votare al Consolato, ricordando ed aggiornando le proprie generalit ed evitando di far risultare voti di persone decedute, come recentemente avvenuto in Australia. Tale opzione avrebbe anche risvolti positivi a livello processuale, perch eviterebbe lapertura di indagini da parte della Procura della repubblica mirate essenzialmente allaccertamento di fatti costituenti reato e precisamente di falsi materiali commessi sulle schede elettorali da soggetti diversi dallelettore; molto semplice infatti modificare, manomettere e/o falsare la scheda inviata dallelettore una volta che il medesimo ha espresso la preferenza. Lintroduzione del voto elettronico, poi, eviterebbe anche possibili ricorsi ai giudici amministrativi per limpugnazione dellatto di proclamazione dei candidati deputati e senatori eletti illecitamente ed illegittimamente. Infine, sotto il profilo economico, il voto elettronico eviterebbe il costo aereo destinato al trasporto delle schede dallestero allItalia. Corte costituzionale, ordinanza 27 marzo 2018 n. 63 -Pres. Lattanzi, red. Morelli - Giudizio di legittimit costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per lesercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti allestero), promosso dal Tribunale ordinario di Venezia nel procedimento vertente tra P.M.C. (avv. M. Bertolissi) e la Presidenza del Consiglio dei ministri e altri (avv. St. V. nunziata), con ordinanza del 5 gennaio 2018. (...) ritenuto che nel corso di un procedimento ex art. 702-bis del codice di procedura civile promosso da un cittadino italiano residente allestero, il quale, previa sospensione dei provvedimenti di avvio delle operazioni referendarie (indette per il successivo dicembre 2016), chiedeva, nel merito, dichiararsi che, tramite il c.d. voto per corrispondenza, il [suo] diritto rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 di voto [] non pu essere stato esercitato (nel passato) e non potr nemmeno essere esercitato (anche nellimmediato futuro) in modo libero e diretto, con pieno e completo rispetto delle garanzie di segretezza e personalit [] e, a tal fine, chiedeva sollevarsi questione di legittimit costituzionale della vigente disciplina del voto allestero - ladito giudice monocratico del Tribunale ordinario di Venezia ha sollevato questione incidentale di legittimit costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per lesercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti allestero), nella parte, appunto, in cui disciplinano le modalit di esercizio del voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti allestero, per contrasto con gli artt. 1, secondo comma, e 48, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione; che, secondo il rimettente, la denunciata disciplina del voto per corrispondenza contrasterebbe con gli evocati parametri costituzionali, presentando tali e tante ombre da far perfino dubitare che possa definirsi voto; che, in particolare, violato sarebbe il principio di segretezza, poich lart. 12 della legge n. 459 del 2001 prevede che i cittadini italiani residenti allestero, dopo avere votato ubiquiter, utilizzando la scheda elettorale inviata loro dallufficio consolare a mezzo posta raccomandata o con altro mezzo di analoga affidabilit, la spediscano -parimenti per posta, ma senza necessario ricorso alla raccomandata o altro mezzo di analoga affidabilit -agli uffici consolari competenti per linvio con valigia diplomatica allUfficio centrale per la circoscrizione Estero. Ci che, appunto, non assicur[erebbe] la segretezza, la personalit e la libert del voto, sia nella fase della sua manifestazione che in quella successiva della sua comunicazione; che si costituito davanti a questa Corte il ricorrente nel giudizio principale, che, in adesione alla prospettazione del giudice a quo, ha evidenziato il pericolo (ed enumerato episodi e testimonianze portati alla luce dai mezzi di informazione) di brogli, che le modalit di esercizio del voto per corrispondenza (hanno consentito e) consentirebbero. Ed ha sostenuto che, comunque, i requisiti (di personalit, libert e segretezza) del diritto di voto, in quanto posti a presidio della stessa democrazia del Paese, non sarebbero bilanciabili con altri valori costituzionali; che altres intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dallAvvocatura generale dello Stato, che ha preliminarmente eccepito linammissibilit della questione sollevata dal rimettente (per lassoluta carenza di sua motivazione, sia sulle ragioni che dimostrino il potenziale pregiudizio per il requisito della segretezza del voto nel caso di specie, sia sulla sussistenza dellinteresse del ricorrente ad agire in via preventiva rispetto alla consultazione referendaria, cos sfuggendo allattivit probatoria che un reclamo ex post sulle operazioni di voto, allUfficio centrale per la circoscrizione Estero, avrebbe comportato ). E, in subordine, ha sostenuto, nel merito, che quella del voto per corrispondenza Ǐ stata, in realt, una scelta obbligata dato che il voto per procura oggettivamente contrario al principio di personalit, mentre il voto in loco, mediante la predisposizione di sezioni elettorali sul territorio degli Stati ospitanti, avrebbe creato problemi irrisolvibili di organizzazione e, in molti casi, sarebbe stato vietato dagli Stati stessi per il rischio di veder lesa la propria sovranit , dal che la non fondatezza, comunque, delle censure formulate dal Tribunale a quo; che, nel ribadire, con successiva memoria, le proprie conclusioni, lAvvocatura dello Stato ha ulteriormente, tra laltro, argomentato che la deroga alla segretezza del voto, senza la quale gli italiani allestero non avrebbero potuto scegliere se esercitare il diritto di voto in Italia o allestero, opererebbe sullo stesso piano delle deroghe, resesi parimenti necessarie, per consentire ai cittadini affetti da gravi infermit il cosiddetto voto assistito e il voto a domicilio, ed ha ricordato ancora come il sistema prescelto dal legislatore del 2001 sia stato LEGISLAzIonE ED ATTUALIT adottato, in diversi periodi, anche da altri ordinamenti giuridici (tra laltro, Francia, Svizzera, Germania, alcuni stati degli USA, Spagna). Considerato che la questione di legittimit costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per lesercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti allestero), sollevata dal Tribunale di Venezia -pur evidenziando oggettive criticit della normativa denunciata quanto al bilanciamento della effettivit del diritto di voto dei cittadini residenti allestero con gli imprescindibili requisiti di personalit, libert e segretezza del voto stesso, con riferimento ai parametri di cui, rispettivamente, ai commi terzo e secondo dellart. 48 della Costituzione - , per, sotto un duplice profilo, manifestamente inammissibile; che in primo luogo, infatti, il mero riferimento allinteresse allaccertamento giudiziale [...] della concreta volont della legge, sulla pienezza del diritto di voto del residente allestero, con riguardo alla (allora) futura consultazione referendaria, senza alcunaltra indicazione, nemmeno sintetica o per relationem (della situazione soggettiva e/o oggettiva che risulterebbe, nel caso concreto, potenzialmente impeditiva della segretezza del voto), non pu essere considerato motivazione sufficiente e non implausibile dellesistenza dellinteresse ad agire, idonea, in quanto tale, a escludere un riesame ad opera di questa Corte dellapprezzamento compiuto dal giudice a quo ai fini dellammissibilit dellazione (sentenza n. 110 del 2015); che inoltre - diversamente dalle ipotesi prese in esame dalle sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017 (in tema di elezione del Parlamento nazionale, i cui risultati, in quanto esclusivamente rimessi al controllo delle Camere di appartenenza ex art. 66 Cost., sono sottratti a quello del giudice comune) ed analogamente, invece, a quella relativa alla elezione dei membri italiani del Parlamento europeo, di cui alla sentenza n. 110 del 2015 - lincertezza sulla pienezza sul diritto di voto nella procedura referendaria, come nella specie prospettata, non pu essere considerata costituzionalmente insuperabile [] nel senso di non poter essere risolta, sul piano costituzionale, se non ammettendo unazione del tipo di quella proposta nel giudizio a quo (sentenza n. 110 del 2015); che, infatti, nella procedura in esame sono espressamente previste la reclamabilit delle operazioni di voto allUfficio centrale per la circoscrizione Estero - ex art. 23 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) e art. 20, comma 3, del Decreto del Presidente della repubblica 2 aprile 2003, n. 104 (regolamento di attuazione della L. 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per lesercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti allestero) -e la loro successiva sottoponibilit allesame dellUfficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, legittimato - esso - a sollevare incidente di costituzionalit (ordinanze n. 14 e n. 1 del 2009); che, in ragione appunto di tali non superabili profili di inammissibilit, resta precluso, in limine, lesame nel merito della questione sollevata. PEr QUESTI MoTIVI LA CorTE CoSTITUzIonALE dichiara la manifesta inammissibilit della questione di legittimit costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per lesercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti allestero), sollevata, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, e 48, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Venezia, con lordinanza indicata in epigrafe. Cos deciso in roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2018. Contributididottrina La perdita di centralit della legge, quale conseguenza del tramonto dei caratteri della generalit e dellastrattezza Michele Gerardo* Sommario: 1. introduzione - 2. il caso della (non) legge regionale di riconoscimento di legittimit di debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive - 3. Provvedimentalizzazione della legge -4. Laselva oscura della delegificazione senza qualit -5. Legge non autoapplicativa a causa del rinvio a provvedimenti completivi del precetto giuridico -6. Linvasione della sfera legislativa da parte degli atti extra ordinem - 7. Conclusioni. 1. introduzione. Quando si parla di perdita di centralit della legge abitualmente ci si riferisce alle vicende che hanno interessato il ruolo della legge nel transito dallOttocento allepoca contemporanea. Dopo la rivoluzione francese ed il trionfo della borghesia, con una societ sostanzialmente monoclasse, la legge ha costituito la fonte pi importante del diritto. In Italia lo Statuto Albertino era una costituzione flessibile, sicch la legge era al vertice del sistema. Da ci il ruolo costituzionale del codice civile, la pi importante delle leggi. Marginale era, poi, il ruolo delle altre fonti del diritto. In due secoli il quadro di riferimento radicalmente cambiato, in senso qualitativo e quantitativo. Questi, in sintesi, i dati rilevanti. Nel 1948 entrata in vigore una costituzione rigida, sicch la legge ordinaria ha perso il primato nella gerarchia delle fonti. Levoluzione del ruolo della Comunit Europea, istituita nel 1957, ha condotto ad una situazione nella quale si affermato il primato delle fonti di pro (*) Avvocato dello Stato. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 venienza comunitaria, con la conseguenza che la legge retrocessa al terzo posto nella gerarchia delle fonti. Dal 1970 pienamente operativo lordinamento regionale. Tale circostanza ha comportato il concorso delle regioni nella funzione legislativa, allo stesso livello della legge statale, come riconosciuto dallart. 117, comma 1 della Costituzione. A conclusione dellindicato percorso, quindi, la legge ha perduto il suo ruolo centrale nella gerarchia delle fonti del diritto. Il presente studio ha ad oggetto sempre lesame della perdita di centralit della legge, ma da un diverso punto di vista. Si vogliono, infatti, evidenziare le circostanze e le prassi - antiche e recenti - in virt delle quali la pi importante fonte primaria (1), ossia la legge, si allontana dagli ordinari canoni strutturali, costituiti dalla formulazione generale ed astratta della norma ivi contenuta, con il corollario del decadimento del ruolo di tale fonte del diritto. La legge in senso formale quella fonte del diritto che germina allesito del procedimento delineato negli artt. 71-75 della Costituzione. Questo il dato necessario. Il criterio per individuare ci che legge , quindi, essenzialmente formale (2). In aggiunta al dato formale/procedimentale, normalmente la legge -quale contenente, quale disposizione (cd. legge in senso formale) - presenta anche un requisito strutturale / contenutistico. Tale requisito strutturale il contenuto della disposizione, costituito dalla norma giuridica, dal precetto, con i caratteri della generalit ed astrattezza (3). La generalit consiste nella attitudine della (1) Fonti primarie sono: leggi ed atti aventi forza di legge dello Stato (decreto legislativo, decreto legge, sentenza della Corte Costituzionale dichiarativa della illegittimit costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, referendum abrogativo); statuti e leggi regionali; leggi delle Province di Trento e Bolzano; regolamenti parlamentari. Per un quadro dinsieme sulla sterminata materia delle fonti del diritto si richiamano ex multis: V. CrI- SAFuLLI, Lezioni di diritto costituzionale, II volume, CEDAM, V edizione, 1984, pp. 1 e ss.; T. MArTINES, Diritto costituzionale, Giuffr, III edizione, 1984, pp. 49 e ss.; r. BIN - G. PITruzzELLA, Diritto costituzionale, Giappichelli, VIII edizione, 2007, pp. 277 e ss.; A. BArBErA - C. FuSArO, Corso di diritto costituzionale, il Mulino, II edizione, 2014, pp. 101 e ss.; N. BOBBIO, Teoria dellordinamento giuridico, Giappichelli, 1960, pp. 25 e ss.; F. MODuGNO, voce Fonti del Diritto in Digesto, 2010; M. LuCISANO, voce Fonti del Diritto in il diritto. Enciclopedia Giuridica del Sole 24ore, 2007, vol. 6, p. 469. Corollario della qualificazione di fonte del diritto lapplicazione di una serie di principi, tra cui: a) iura novit curia; b) ignorantia legis non excusat; c) necessit della pubblicazione nei modi ufficiali previsti dallordinamento giuridico; d) applicazione dellart. 12 delle preleggi, in materia di interpretazione; e) la violazione e falsa applicazione della norma giuridica censurabile in sede di legittimit (artt. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e 606, co. 1, lett. b, c.p.p.). (2) Lefficacia formale la particolare forza derivante dagli atti e fatti dallessere emanati da determinati organi secondo procedure prefissate: cos T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 73. In tal senso gi V.E. OrLANDO, Principi di diritto costituzionale, Barbera, 1889, p. 120 secondo cui ogni provvedimento che sia stato approvato dalle due Camere e sanzionato dal re, legge. Questo senso prescinde completamente dal contenuto delle legge medesima: tutto si riassume nella forma. DOTTrINA 283 norma a regolare categorie di fatti o di comportamenti senza riferimento a situazioni o rapporti determinati. Lastrattezza implica che la norma dispone in via preventiva ed ipotetica e secondo uno schema logico in base al quale se si verifica levento A deve verificarsi levento B (4). Si rileva in dottrina che innegabile che la generalit rappresenta quanto meno - un carattere delle norme costituenti il diritto oggettivo. Questo, infatti, ordinamento, e non concepibile ordinamento che non abbia un certo grado di stabilit e permanenza nel tempo; n basta a formare un ordinamento una somma seriale di precetti individuali, esaurentesi ciascuno una tantum, che sarebbero - da soli - inidonei ad oggettivizzarsi, distaccandosi dai fatti od atti dai quali derivano (5). Generalit ed astrattezza sono altres caratteri funzionali al rispetto dei principi costituzionali di cui allart. 1 Cost., secondo cui la sovranit appartiene al popolo (e quindi la legge deve valere per tutti e non per uno specifico destinatario) e allart. 3 Cost., secondo cui tutti sono eguali di fronte alla legge (e quindi la legge deve disciplinare indistinti casi futuri e non puntuali casi concreti). Nel tempo, con accelerazioni nel recente passato, stanno scolorandosi i caratteri della generalit ed astrattezza, con fughe dai connotati tipici. Sicch della legge resta solo un guscio vuoto (6). Di seguito si illustreranno alcuni casi emblematici del descritto fenomeno. 2. il caso della (non) legge regionale di riconoscimento di legittimit di debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive. Il debito fuori bilancio di un ente pubblico consiste in una obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata somma di danaro che grava sullente, assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa. Esso considerato uno strumento sostitutivo del contratto, in quanto consente allamministrazione che si sia avvalsa di una prestazione irregolarmente ordinata, vale a dire non supportata da un formale contratto o altro idoneo titolo, di riconoscere unilateralmente il relativo debito e sanare con procedura extra ordinem la relativa spesa. La ratio quella di evitare una possibile azione di indebito arricchimento da parte del prestatore e perci ammissibile negli stessi limiti previsti dallart. 2041 c.c., riconoscendo la minor somma tra la diminuzione patrimoniale del privato e larricchimento dellaccipiens, con la differenza che il riconoscimento dellutilit spetta alla stessa amministrazione. (3) Ex plurimis: A. BArBErA - C. FuSArO, Corso di diritto costituzionale, cit., p. 123. (4) Su tali concetti T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 58. (5) In tal senso V. CrISAFuLLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 22. (6) Sulle ragioni della perdita di centralit della legge ordinaria statale: M. ruOTOLO, voce Legge (in generale), in il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, 8 volume, 2007, pp. 741-744. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 Latto di riconoscimento uno strumento amministrativo per il pagamento spontaneo di un debito latente, ammissibile con adeguata motivazione in presenza di determinati presupposti: comprovata necessit della impossibilit di valersi dei normali schemi negoziali; autonoma valutazione delle utilit del- lopera e della misura dellindennizzo; indicazioni delle circostanze eccezionali e della convenienza ad adottarlo (7). Il riconoscimento viene operato con un atto avente natura di provvedimento amministrativo, con leccezione dei riconoscimenti operati dalla regione, per i quali il procedimento presenta delle peculiarit. Per il riconoscimento del debito fuori bilancio operato dalla regione, infatti, si segue liter delineato dallart. 73 del D.L.vo 23 giugno 2011, n. 118 che al comma 1 cos recita: il Consiglio regionale riconosce con legge, la legittimit dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura dei disavanzi di enti, societ ed organismi controllati, o, comunque, dipendenti dalla regione, purch il disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, delle societ di cui alla lettera b); d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilit; e) acquisizione di beni e servizi in assenza del preventivo impegno di spesa. Dunque, la regola generale che il riconoscimento di legittimit dei debiti fuori bilancio si fa con legge regionale, riconducibile tipologicamente alle cd. leggi-provvedimento, di seguito esaminate e non, come per ogni altro ente pubblico, con provvedimento amministrativo. La ratio della previsione , allevidenza, quella di un puntuale controllo da parte dellorgano politico (Consiglio regionale) rappresentativo della comunit regionale. Il comma 4 dellarticolo citato, in deroga alla regola generale, prevede una singolare fattispecie di riconoscimento per i debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive. Questo il testo della disposizione: al riconoscimento della legittimit dei debiti fuori bilancio di cui al comma 1, lettera a), il Consiglio regionale provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della relativa proposta. Decorso inutilmente tale termine, la legittimit di detto debito si intende riconosciuta. La descritta singolare fattispecie pu essere spiegata con almeno due modelli ricostruttivi: formazione tacita di un atto del procedimento legislativo regionale, ossia dellapprovazione del Consiglio regionale. Linerzia per sessanta giorni equivale ad approvazione della legge da parte (7) Per una introduzione generale: P. SANTOrO, manuale di contabilit e finanza pubblica, V edizione, Maggioli, 2012, pp. 432-434; M. SCIASCIA, Diritto delle gestioni pubbliche, II edizione, Giuffr, 2013, pp. 240-251. DOTTrINA 285 del Consiglio regionale. Il decorso del tempo costituisce un surrogato della approvazione, con il normale prosieguo delliter legislativo (promulgazione e pubblicazione); valutazione legale tipica. Linerzia per sessanta giorni equivale a mero riconoscimento del debito fuori bilancio scaturente da sentenza esecutiva, senza alcuna valenza legislativa. La fattispecie del riconoscimento costituita, quindi, da due momenti rilevanti: iniziativa legislativa (contenuta in una delibera di Giunta regionale, avente natura di provvedimento amministrativo) e decorso del periodo rilevante. Deve ritenersi che il secondo modello quello pi coerente con la previsione legislativa. Ci considerato, va rilevata la atipicit nel procedimento legislativo e lincoerenza valoriale di fondo. Da un lato, volendosi esaltare il momento del controllo da parte dellorgano politico rappresentativo della comunit regionale, si prevede che il riconoscimento del debito debba essere fatto con legge; dallaltro lato, decorso un dato periodo di tempo, si prescinde dalla legge, svilendo in un certo senso il suo ruolo, dando sponda allostruzionismo della maggioranza. Viene in rilievo, nel caso del riconoscimento di debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive, un procedimento legislativo a completamento eventuale -secundum eventum facti, verrebbe di dire -al fine del conseguimento di un certo effetto giuridico. 3. Provvedimentalizzazione della legge. Molto diffuse sono le cd. leggi-provvedimento, ossia leggi - tanto statali, quanto regionali - che hanno come destinatari soggetti singoli e determinati; in genere, leggi con le quali vengono assunti provvedimenti concreti (e quindi non astratti) con riferimento a situazioni ed a soggetti determinati (e quindi non generali) (8). prassi che nelle leggi finanziarie (poi di stabilit ed ora di bilancio), negli ultimi anni strutturate in uno o pochi articoli ciascuno con qualche migliaio di commi (9), siano contenute disposizioni-provvedimento. A mero titolo di esempio si richiama lart. 1, comma 324 L. 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) secondo cui: al fine di sostenere l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi (oNLUS), di cui alla legge 12 maggio 1942, n. 889, alla legge 21 agosto 1950, n. 698, e al decreto del (8) Sulle leggi-provvedimento: T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., pp. 59-60; r. BIN - G. PITruzzELLA, Diritto costituzionale, cit., 2007, p. 80; P. VIPIANA, voce Legge-provvedimento regionale, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento 2010, uTET Giuridica, pp. 250-262. (9) quegli ammassi informi di norme per S. CASSESE, il diritto amministrativo: storie e prospettive, Giuffr, 2010, p. 550. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 Presidente della repubblica 31 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 9 maggio 1979, autorizzata la spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Con previsioni del genere il carattere della generalit ed astrattezza viene pianamente obliato. La legge ha la sostanza di un provvedimento amministrativo. Le leggi-provvedimento costituiscono una deroga al principio di divisione dei poteri, dato che non spetterebbe al legislatore ordinario emanare atti a contenuto concreto, questo compito essendo proprio delle autorit amministrative (10). Vi il pericolo che le leggi-provvedimento introducano precetti in contrasto con il principio di eguaglianza, di imparzialit e buon andamento della P.A., con ostacoli alla piena ed efficace tutela giuridica delle situazioni soggettive protette. Difatti, contro la legge illegittima si pu proporre solo la questione di legittimit costituzionale, laddove a fronte del provvedimento amministrativo illegittimo si pu agire dinanzi al giudice amministrativo. Va precisato che il contenuto provvedimentale - in assenza di una riserva di amministrazione - in s e per s non rende illegittima la legge (11). Anzi, il principio di eguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, della Cost. - che impone di trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni diverse -pu richiedere leggi dal contenuto particolare per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert e leguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e leffettiva partecipazione di tutti i lavoratori allorganizzazione politica, economica e sociale del paese. Ci al fine di garantire leguaglianza dei punti di partenza. Quindi, la deroga ai caratteri della generalit ed astrattezza, deve giustificarsi per la ragionevolezza e non arbitrariet della previsione (arg. ex art. 3 della Cost. sul principio costituzionale di eguaglianza). La deroga ai caratteri della generalit ed astrattezza, ancorch facultata dal principio di eguaglianza sostanziale, non deve tuttavia interferire con lesercizio concreto della funzione giurisdizionale. Vuol dirsi che la detta deroga deve giustificarsi altres nel rispetto della funzione giurisdizionale (10) Cos T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 60. (11) T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 62 osserva che la Costituzione non vieta che la legge assuma un contenuto concreto giacch, laddove vuole che essa abbia carattere di generalit, lo ha espressamente disposto (v. artt. 16, comma i; 21, comma V; 33 comma ii; 128). In senso analogo la Corte Costituzionale, secondo cui secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non preclusa alla legge ordinaria la possibilit di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all'autorit amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto, ossia di leggi-provvedimento (sentenza n. 347 del 1995) (sentenza 13 luglio 2007, n. 267). Critico sulle leggi-provvedimento, G. COrSO, manuale di diritto amministrativo, VIII edizione, Giappichelli, 2017, p. 48, per il quale la Costituzione disporrebbe anche una riserva di provvedimento amministrativo. DOTTrINA 287 (artt. 101 ss. Cost.) in ordine alla decisione delle cause in corso (12). Il limite rappresentato dal rispetto dell'esercizio della funzione giurisdizionale pu venire violato in vari modi: qualora la legge-provvedimento incida su un giudizio pendente, come nel caso della legge revocante determinate autorizzazioni che intervenga quando in corso una causa relativa a queste ultime; qualora la legge-provvedimento addirittura impedisca l'insorgere di un giudizio, come nel caso della legge attuante la sanatoria di decreti assessorili per evitare che l'assessore incorra in responsabilit da far valere giudizialmente; qualora la legge-provvedimento comporti una elusione del giudicato, come nel caso della legge prevedente un concorso riservato ai candidati esclusi da un altro precedentemente svolto, mentre l'ottemperanza al giudicato del giudice amministrativo, che aveva annullato i provvedimenti di esclusione dei suddetti, avrebbe richiesto il rinnovo della procedura concorsuale (13). 4. La selva oscura della delegificazione senza qualit. La delegificazione una tecnica - massiva a partire dallinizio degli anni 90 del secolo scorso - per cui la disciplina di alcune materie non protette da riserva di legge trasferita dalla fonte legislativa primaria a fonti normative inferiori o ad atti amministrativi generali (14). Tale tecnica viene ritenuta maggiormente congeniale al fine delladattamento del sistema normativo alla rapida evoluzione della societ e/o per la semplificazione del sistema normativo. Ove la delegificazione venga intesa come trasferimento di livello delle fonti di disciplina, lo strumento emblematico costituito dal regolamento cd. di delegificazione di cui allart. 17, commi 2 e 3, L. 23 agosto 1988, n. 400 secondo cui 2. Con decreto del Presidente della repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della repubblica, autorizzando l'esercizio della potest regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. (12) In ordine a tali limiti, ex plurimis, Corte Costituzionale, sentenza n. 267/2007, cit.; Corte Costituzionale, sentenza 22 giugno 2010, n. 270. (13) Su tali aspetti: P. VIPIANA, voce Legge-provvedimento regionale, cit. (14) La delegificazione una tecnica per determinare altres la cessazione della vigenza della legge con liberalizzazione della materia illo tempore disciplinata, materia non coinvolta da riserva di legge, n assoluta, n relativa. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorit sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di pi ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessit di apposita autorizzazione da parte della legge. i regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione. Tale tecnica, tuttavia, ha determinato una moltiplicazione seriale delle fonti disciplinatrici, con complicazioni in ordine alla conoscibilit delle norme. Per illustrare il fenomeno si segnala il caso della disciplina in tema di esclusione dal diritto di accesso ai documenti amministrativi: ai sensi dellart. 24, comma 2, L. 7 agosto 1990, n. 241, le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilit sottratti al diritto di accesso. In attuazione di tale precetto stata adottata una miriade di atti, dal contenuto pressoch identico, con parcellizzazione della disciplina. Il cittadino per conoscere i casi di esclusione dallaccesso deve fare una ricerca amministrazione per amministrazione, individuando altres lattuale vigenza della fonte. Tale soluzione, in chiave di costi e benefici, non pare la soluzione ottimale. Analoghe considerazioni valgono per gli atti con i quali sono individuati i termini entro i quali devono concludersi ex art. 2 L. n. 241/1990 i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali, degli enti pubblici nazionali e delle autorit di garanzia e di vigilanza. Vuol dirsi che va ripensata la tecnica della delegificazione. Miglior partito sarebbe quello, per quanto possibile, di disciplinare con una unica fonte la materia, cercando di prevedere tutti i possibili casi concreti. 5. Legge non autoapplicativa a causa del rinvio a provvedimenti completivi del precetto giuridico. Lideale, risalente allilluminismo, quello della legge chiara, precisa, completa e comprensibile dai cittadini. Negli ultimi anni deve registrarsi che la legge dello Stato e delle regioni (15) in misura rilevante contiene -nella disciplina di una data materia -rimandi a provvedimenti completivi, da adottare entro un dato termine. Con il termine provvedimenti completivi vuol farsi riferimento ad atti che completano la (15) In alcune regioni, negli ultimi anni, oltre la met delle leggi contiene il rinvio a provvedimenti completivi. DOTTrINA 289 norma giuridica contenuta nella disposizione. In assenza di tale atto il precetto incompleto e non pu applicarsi. Vi una sorta di rinvio per la determinazione del contenuto. Il fenomeno tendenzialmente diverso dalla delegificazione, analizzata nel paragrafo precedente, atteso che qui la materia regolata prioritariamente dalla fonte primaria; non vanno escluse, tuttavia, interferenze, laddove un segmento di materia viene delegificato. Tali provvedimenti completivi in minima parte sono fonti secondarie, come i regolamenti; per la massima parte sono delibere dellorgano politico collegiale (Delibere del Consiglio dei Ministri o delibere di Giunta regionale), dellorgano politico monocratico (D.P.C.M.; D.P.G.r.; D.M.; D.I.; Decreti assessorili) e della dirigenza (Decreti dirigenziali). A mo di esempio si cita la previsione di cui allart. 11, comma 6, del Testo unico in materia di societ a partecipazione pubblica (D.L.vo 19 agosto 2016, n. 175) secondo cui Con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le societ a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette societ. Per le societ controllate dalle regioni o dagli enti locali, il decreto di cui al primo periodo adottato previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Per ciascuna fascia determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette societ devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potr comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre societ a controllo pubblico. Inutile sottolineare limportanza di tale decreto: fissare il compenso congruo per i manager pubblici, strumentale alla efficienza delle societ pubbliche, con le conseguenti ricadute sul bilancio pubblico. Orbene il decreto de quo che doveva adottarsi entro 30 giorni dallentrata in vigore del D.L.vo n. 175/2016, non stato ancora adottato. Si cita altres la previsione -in tema di risarcimento del danno ambientale -di cui allart. 311, comma 3, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152: Con decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformit a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 metodi, anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa. Anche questo decreto - nella materia sensibile della tutela dellambiente -non stato ancora adottato, nonostante il lunghissimo lasso di tempo trascorso dalla entrata in vigore della norma attributiva del potere. Si rammenta, infine, il caso che pu considerarsi emblematico del problema evidenziato, ossia quello del nuovo Codice degli Appalti (D.L.vo 12 aprile 2016, n. 50). Questo deve essere integrato da circa cinquanta atti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero delle Infrastrutture, del- lANAC, aventi la pi disparata natura e da adottare entro determinati termini. Loperatore che vuole conoscere la disciplina di una materia deve disporre in luogo di un unico testo - di una congerie di fonti, da controllare nella loro vigenza. una sorta di vestito di Arlecchino, per intenderci. Con laggravante che, laddove non vengano adottati i provvedimenti normativi entro i termini prefissati (termini giustamente definibili, con redenti, canzonatori), la disciplina quantomai problematica. Ed quanto avvenuto proprio con il Codice degli Appalti. Valga il caso della qualificazione delle stazioni appaltanti, ex art. 38, comma 2, del detto Codice Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi, su proposta del ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, sentite l'aNaC e la Conferenza Unificata, sono definiti i requisiti tecnico organizzativi per l'iscrizione all'elenco di cui al comma 1