ANNO LXX - N. 1 GENNAIO - MARZO 2018 RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO COMITATO SCIENTIfICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo -CONDIRETTORI: Maurizio Borgo, Danilo Del Gaizo e Stefano Varone. COMITATO DI REDAZIONE: Giacomo Aiello -Lorenzo D�Ascia -Gianni De Bellis -Francesco De Luca - Wally Ferrante -Sergio Fiorentino -Paolo Gentili -Maria Vittoria Lumetti -Francesco Meloncelli Marina Russo. CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi -Stefano Maria Cerillo Pierfrancesco La Spina -Marco Meloni -Maria Assunta Mercati -Alfonso Mezzotero -Riccardo Montagnoli -Domenico Mutino -Nicola Parri -Adele Quattrone -Pietro Vitullo. HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE fASCICOLO: Maria Bianca Armiento, Cesare Borgia, Emma Damiani, Enrico De Giovanni, Marco Fedi, Giuliano Gambardella, Michele Gerardo, Paolo Marchini, Leonello Mariani, Giuditta Marra, Massimo Massella Ducci Teri, Marco Meloni, Francesca Muccio, Gaetana Natale, Giancarlo Pampanelli, Alessandra Parente, Daniele Atanasio Sisca, Annalisa Tricarico, Mario Zito. Email giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it maurizio.borgo@avvocaturastato.it danilodelgaizo@avvocaturastato.it stefanovarone@avvocaturastato.it ABBONAMENTO ANNUO ..............................................................................� 40,00 UN NUMERO .............................................................................................. � 12,00 Per abbonamenti ed acquisti inviare copia della quietanza di versamento di bonifico bancario o postale a favore della Tesoreria dello Stato specificando codice IBAN: IT 42Q 01000 03245 348 0 10 2368 05, causale di versamento, indirizzo ove effettuare la spedizione, codice fiscale del versante. I destinatari della rivista sono pregati di comunicare eventuali variazioni di indirizzo AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO RASSEGNA - Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it Stampato in Italia - Printed in Italy Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 indice -sommario Comunicato dell�Avvocato Generale: Elena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . TEMI ISTITUZIONALI Pareri: A) A.l. 28839/17 - Art. 341 bis cod. pen. - Oltraggio a pubblico ufficiale -Risarcimento del danno -Estinzione del reato -Criteri generali di quantificazione del danno e di valutazione della congruit� delle offerte risarcitorie - Modalit� di trattazione. B) Aa.ll. 47029/11 e 12809/16 - Alloggio di servizio - Concessione - Rilascio - Beni mobili reliquati dall'ex concessionario -Mancata asportazione - Acquisto per occupazione del diritto di propriet� da parte dell'Amministrazione, Circolare A.G. prot. 195494 del 12 aprile 2018 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 1 Gaetana Natale, La prova del nesso causale, concause e il principio del �pi� probabile che non� (Osservatorio sulla Giustizia Civile, Gruppo Danno) . �� 13 CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE Giuditta Marra, L�effetto della sentenza della Corte di Giustizia del- l�Unione nella causa C-284/16 �Achmea� sulle procedure arbitrali di risoluzione delle controversie intra-UE pendenti in esecuzione del Trattato sulla Carta dell�energia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 25 Paolo Gentili, Marina Russo, La presa in carico da parte del Servizio Sanitario Nazionale dell�uso di farmaci �off-label� in presenza di alternativa terapeutica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 57 CONTENZIOSO NAZIONALE Questioni aperte a seguito di Corte Costituzionale 22/2018 in materia di revoca delle patenti di guida (C. Cost., sent. 9 febbraio 2018 n. 22; T.a.r. Lombardia - Brescia, Sez. I, sent. 26 marzo 2018 n. 343) . . . . . . . . . . . . �� 77 Marina Russo, Revoca di finanziamenti pubblici alle imprese e passivo fallimentare: il trattamento privilegiato del credito restitutorio (Cass. civ., Sez. I, ord. 20 aprile 2018 n. 9926) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 89 Wally ferrante, Unioni omoaffettive: trascrizione di un matrimonio contratto all�estero e normativa sopravvenuta sulle unioni civili (Cass. civ., Sez. I, sent. 14 maggio 2018 n. 11696) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 94 Alessandra Parente, Profili giuridici dell�assunzione ex novo del dipendente stabilizzato, con particolare riferimento agli effetti preclusivi in ordine al riconoscimento del servizio pregresso ai fini dell�anzianit� giuridica (Trib. Napoli, Sez. lavoro, sent. 13 ottobre 2017 n. 6887) . . . . �� 106 Piero Vitullo, francesca Muccio, Le proposte di vincolo paesaggistico, adottate nel vigore del d.lgs. 490/1999, dopo la sentenza n. 13/2017 del- l�Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (Cons. St., Ad. Plen., sent. 22 dicembre 2017 n. 13) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 121 Maria Bianca Armiento, Quale indice per la determinazione delle royalties. Brevi riflessioni a seguito della sentenza n. 290/2018 del Consiglio di Stato (Con. St., Sez. VI, sent. 18 gennaio 2018 n. 290). . . . . . . . . . . . Paolo Marchini, La �Accessione invertita ambientale� e il decalogo del Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. VI, sent. 30 marzo 2018 n. 2017) . . . Danilo Del Gaizo, Esegesi dell�art. 96 c.p.a. e termini per l�impugnazione �incidentale� (Cons. St., Sez. V, sent. 30 aprile 2018 n. 2602) . . . . . . . . Marco Meloni, Riflessioni semiserie sullo stile e sulla sostanza delle cose. Noterella minima (T.a.r. Veneto, sent. 15 maggio 2018 n. 529) . . . . . . . . LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� Leonello Mariani, Enrico De Giovanni, Maurizio Borgo, Annalisa Tricarico, L�obbligo vaccinale di cui cui all�articolo 1, comma 2, del decreto- legge 7 giugno 2017, n. 73. L�interesse della collettivit� quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute . . . . . . . . Mario Zito, La memoria dell�Avvocatura nel procedimento penale c.d. Aemilia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Daniele Atanasio Sisca, Sulla successione nei rapporti facenti capo al �cessato� ufficio del Commissario delegato per l�emergenza ambientale della Regione Calabria, la giurisprudenza si allinea al dictum del Consiglio di Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Marco fedi, Giuliano Gambardella, Il voto degli italiani all�estero: dalle origini del dibattito alle problematiche attuali fino alla recente pronuncia (di rito) della Corte Costituzionale sulle modalit� di voto. . . . . . . . . . . . CONTRIBUTI DI DOTTRINA Michele Gerardo, La perdita di centralit� della legge, quale conseguenza del tramonto dei caratteri della generalit� e dell�astrattezza . . . . . . . . . Cesare Borgia, Oltre il dogma dell�immunit� della pubblica amministrazione anche in punto di responsabilit� precontrattuale . . . . . . . . . . . . . . pag. 152 �� 178 �� 191 �� 193 �� 199 �� 236 �� 259 �� 265 �� 281 �� 298 COMUNICATO DELL�AVVOCATO GENERALE (*) Profondamente commosso comunico che ieri sera � deceduta la collega ed amica Elena Pino. Ci uniamo tutti al grande dolore della famiglia nel ricordo e nel rimpianto di una persona speciale che, nel corso della sua carriera, ha dato sempre lustro all�Istituto, e con la sua presenza ha regalato a tutti noi allegria, serenit� e sorrisi. Massimo Massella Ducci Teri Tra le tante e pi� testimonianze ... �Non riesco a trovare parole adeguate per descrivere il mio addolorato sgomento. Elena per tutti noi dell'Avvocatura di Palermo, e non solo, ha rappresentato un insostituibile riferimento nel complesso percorso verso conoscenza e apprezzamento di nuovi mezzi e metodi di lavoro. Alla Sua abnegazione e al Suo instancabile sacrificio credo che l'Avvocatura dello Stato tutta debba il pi� alto e sincero riconoscimento. A mia volta, non dimenticher� la Sua sincera amicizia, il Suo contagioso sorriso e le Sue grandi, e in gran parte condivise, passioni per il meglio della terra di Sicilia e della cultura che la pervade. Vorrei per� che ciascuno la ricordasse anche per la Sua immensa umanit�, profusa -forse non � noto a tutti -nell'utilizzo delle poche ferie disponibili nell'attivit� di cooperazione internazionale in favore dei profughi balcanici: non dimentico quanto si commuosse teneramente nel descrivere quelle dure giornate e l'addolorata impotenza che tante volte le caratterizzava! Addio splendida, irripetibile e grande amica!� �Mia cara Elena, domenica, senza saperlo, ci siamo salutate tra i gelsomini del tuo terrazzo. Un abbraccio pi� lungo del solito accompagnato dal tuo sorriso di sempre. Cos� ci si saluta tra chi sa che non si lascer� mai� (*) Email Segreteria Particolare - mercoled� 23 maggio 2018 11:10. ... e in ricordo di Elena in tutto il Consiglio di Stato Questa mattina, a nome dell�istituto e di tutti i colleghi dell�Avvocatura dello Stato, ho commemorato la nostra amata Elena in udienza davanti a tutte le quattro Sezioni del Consiglio di Stato, insieme con i rispettivi Presidenti Lipari, Anastasi, Saltelli e Santoro, gli Avv.ti Filippo e Benedetta Lubrano e l�Avv. Antonino Galletti per il Consiglio dell�Ordine di Roma. Questo � successo perch� il Segretario Generale del CDS Mario Torsello ieri ha ritenuto di dover comunicare immediatamente a tutti i magistrati la scomparsa dell�Avvocato dello Stato Elena Pino e disporre che fosse ricordata ad inizio delle udienze odierne, sottolineando che �la Giustizia Amministrativa ricorda la Sua particolare competenza e forte vitalit� e il Suo straordinario contributo alla fase di avvio del processo amministrativo telematico� . Credo che sia la prima volta - ed io non ho mancato di sottolinearlo - che viene commemorata a cos� alto livello e in modo cos� partecipato una semplice silenziosa, ma straordinaria collega a cui tutti hanno dovuto rendere omaggio. Aggiungo che un Presidente, oltre agli elogi per Elena, ha testualmente e pubblicamente osservato: �del resto � nota a tutti la capacit� di lavoro e di sacrificio degli Avvocati dello Stato�. Questa � l�Avvocatura dello Stato per cui ha sempre lavorato e in cui ha sempre creduto la nostra Elena. Abbiamo un motivo in pi� per continuare tutti insieme ad impegnarci come � nel nostro modo di essere. Un abbraccio di cuore a tutti. Vittorio Cesaroni TEMIISTITUZIONALI Avvocatura Generaledello Stato CirColare n. 21/2018 oggetto: a) a.l. 28839/17 - art. 341 bis cod. pen. - oltraggio a pubblico ufficiale -risarcimento del danno -estinzione del reato -Criteri generali di quantificazione del danno e di valutazione della congruit� delle offerte risarcitorie - Modalit� di trattazione. B) aa.ll. 47029/11 e 12809/16 - alloggio di servizio - Concessione - rilascio - Beni mobili reliquati dall'ex concessionario - Mancata asportazione -acquisto per occupazione del diritto di propriet� da parte dell'amministrazione. Si trasmettono, per opportuna conoscenza, i pareri resi dal Comitato consultivo sulle tematiche di cui all'oggetto con invito ad attenersi alle indicazioni ivi contenute. L'AVVOCATO GENERALE avv. Massimo Massella Ducci Teri A) Art. 341 bis cod. pen. -Oltraggio a pubblico ufficiale -Risarcimento del danno -Estinzione del reato -Criteri generali di quantificazione del danno e di valutazione della congruit� delle offerte risarcitorie -Modalit� di trattazione. Parere del 14/12/2017-599048, AL 28839/2017, Avv. LEOnELLO MARiAni ComՏ noto, l�art. 341 bis cod. pen., riferito al delitto di oltraggio a pubblico ufficiale e aggiunto dal comma 8 dell�art. 1 della legge 15 luglio 2009, n. 94, prevede, al comma 3, che �Ove l�imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 della persona offesa sia nei confronti dell�ente di appartenenza della medesima, il reato � estinto�. � Con nota 7 ottobre 2011 n. 312779 (A.l. 6332/11 avv. Giannuzzi), indirizzata al Comando generale dell�Arma dei Carabinieri, l�Avvocatura generale dichiar� di condividere l�orientamento emerso in seno al Tavolo tecnico interforze istituito presso il Dipartimento della pubblica sicurezza - Ufficio per il coordinamento e la pianificazione delle Forze di polizia, secondo il quale rientra nella sfera di attribuzioni dell�Avvocatura dello Stato la competenza a valutare la congruit� delle somme offerte dagli imputati del reato di oltraggio a pubblico ufficiale, a titolo di risarcimento del danno, alla persona offesa ed all�ente di appartenenza, ai fini dell�estinzione del reato ex art. 341 bis del codice penale. L�assunto era motivato in relazione al fatto che la valutazione in questione riguardava, non gi� la convenienza economica dell�offerta risarcitoria, bens� la sua congruit�, vale a dire la sua �idoneit� ad assicurare l�integrale riparazione del danno, quale requisito indispensabile perch� si possa produrre l�effetto estintivo del reato�. Si aggiungeva, nell�occasione, che nell�esprimere il parere di competenza, l�Avvocatura dello Stato si sarebbe ovviamente avvalsa della collaborazione delle Amministrazioni interessate per acquisire tutti gli elementi di conoscenza necessari per esprimere, nei singoli casi concreti, un corretto giudizio di congruit�. In continuit� con detto parere, la competenza dell�Avvocatura ad esprimere la valutazione di congruit� � stata successivamente confermata anche con riguardo all�ipotesi prevista dall�art. 168 bis cod. pen. che subordina la sospensione del procedimento con messa alla prova dell�imputato al risarcimento del danno cagionato dal reato (nota 9 marzo 2017 n. 12716 -A.l. 18907/16 avv. Giannuzzi). � Su tali basi le Forze di polizia, ogniqualvolta venga loro formulata una profferta risarcitoria finalizzata a concretare la speciale causa di estinzione del reato prevista dal comma 3 dell�art. 341 bis citato, sono solite richiedere alla Avvocatura territorialmente competente l�anzidetto giudizio di congruit� contestualmente trasmettendo una breve relazione descrittiva che consenta all�Organo legale di apprezzare lo svolgersi degli eventi che hanno condotto alla denuncia del reato e alla successiva formulazione dell�imputazione. Naturalmente, trattandosi di danno non patrimoniale, non esistono criteri legali di quantificazione del medesimo e la sua liquidazione viene operata da ciascuna Avvocatura in via essenzialmente equitativa, avuto riguardo, di regola, alla maggiore o minore gravit� dell�offesa all�onore e al prestigio quale desumibile dal contesto nel quale si � realizzata l�azione delittuosa. Peraltro, non esistendo neppure direttive di massima finalizzate ad uniformare l�attivit� valutativa delle singole Avvocature, i giudizi di congruit�, pur a TEMI ISTITUzIONALI fronte di fattispecie sostanzialmente analoghe, possono variare da Avvocatura ad Avvocatura ed in certi casi si attestano su importi meramente simbolici. � L�esigenza -gi� da tempo avvertita -di una direttiva in materia che valga ad orientare e ad uniformare l�attivit� dell�Avvocatura � ora riproposta da alcune richieste di parere provenienti dal Comando generale dell�Arma dei Carabinieri. Con nota 28 febbraio 2014 n. 131/41-2-2008 lo Stato Maggiore - Ufficio legislazione - del Comando generale dell�Arma, nel riferire di un parere reso in materia dall�Avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, aveva evidenziato il �consistente carico burocratico� costituito dai pareri in parola sia per i Comandi provinciali sia per le stesse Avvocature a fronte di un ridotto valore economico delle pratiche. Al fine di deflazionare le attivit� in questione il Comando proponeva pertanto l�adozione di una direttiva, ex art. 15 r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, che rimettesse ai singoli Comandi provinciali la valutazione, sulla base di valori ricompresi tra � 500,00= e � 1.000,00= per ogni pubblico ufficiale offeso e tenuto conto delle caratteristiche dei singoli casi, della congruit� dei risarcimenti offerti sia all�Amministrazione sia ai singoli dipendenti; con salvezza, peraltro, delle ipotesi in cui, per la particolare gravit� dei fatti contestati, quei valori apparissero insufficienti e fosse quindi opportuno interessare al riguardo la competente Avvocatura distrettuale. Con nota 1 luglio 2017 n. 131/23-42-1-2008 il Comando generale del- l�Arma dei Carabinieri - Stato Maggiore Ufficio legislazione - sottopone ora a questo Generale ufficio alcune ulteriori problematiche emerse in occasione della trattazione delle proposte risarcitorie in parola. In particolare: 1. si � prospettata la questione della competenza a congruire le offerte di risarcimento alla luce delle perplessit� al riguardo avanzate dall�Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo la quale, da un lato, ha evidenziato l�assenza di una norma che radichi in capo all�Avvocatura la competenza ad esprimere il richiesto parere e, dall�altro, ha rilevato che la consultazione non ha ad oggetto questioni di diritto, ma una semplice valutazione di merito su circostanze di fatto, valutazione riconducibile esclusivamente alla discrezionalit� della parte offesa (l�Ente di appartenenza del dipendente oltraggiato) e riguardante l�adeguatezza della profferta risarcitoria; 2. si sono chiesti chiarimenti in merito alla condotta da tenere da parte dei Comandi provinciali dell�Arma che siano richiesti dall�autorit� giudiziaria procedente di notizie in merito all�avvenuto risarcimento del danno al fine della successiva declaratoria di estinzione del reato; 3. si � chiesto di chiarire -riprendendo anche sul punto rilievo gi� formulato dalla Avvocatura di Palermo - se sia o meno conforme alla ratio della disposizione in rassegna l�offerta ai militari oltraggiati di un risarcimento di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 importo superiore a quello oblato all�Amministrazione di appartenenza: in questa prospettiva, si � comunque evidenziata l�opportunit� che l�accettazione del risarcimento da parte dei militari preceda il parere sulla congruit� della somma offerta all�Amministrazione e che la misura di quello sia perci� portata a conoscenza della competente Avvocatura affinch� questa ne possa tener conto in occasione dell�espressione del proprio parere; 4. si � infine riferito del parere reso dall�Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari la quale, richiesta di esprimersi in merito ad un�offerta risarcitoria formulata ai fini di cui all�art. 168 bis cod. pen. nell�ambito di un procedimento per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ha ritenuto che, nel caso in cui dal reato contestato siano derivate lesioni che abbiano comportato l�assenza dal servizio del militare, il risarcimento non pu� essere determinato forfettariamente o in via equitativa o simbolica, ma dev�essere commisurato alle retribuzioni corrisposte durante il periodo di forzata assenza dal lavoro. � Le riassunte problematiche impongono, per il loro carattere generale e di massima, un approccio unitario e coordinato: con la precisazione, peraltro, che la competenza dell�Avvocatura dello Stato a rendere, ove richiesta, il giudizio di congruit� dell�offerta risarcitoria formulata riposa sul disposto generale dell�art. 13 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 -recante approvazione del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull�ordinamento dell�Avvocatura dello Stato -a mente del quale l�Organo legale �provvede alla tutela legale dei diritti e degli interessi dello Stato� nonch� �alle consultazioni legali richieste dalle Amministrazioni�. � Tanto premesso, � senz�altro condivisibile l�esigenza, manifestata dal Comando generale dell�Arma dei Carabinieri, di individuare modalit� di gestione �standardizzate� degli affari in questione che valgano ad assicurare una maggiore celerit� nell�istruzione e nella valutazione delle offerte risarcitorie; e che, nel contempo, siano in grado di garantire uniformit� di trattazione a livello nazionale di questioni caratterizzate da sostanziale analogia e ripetitivit�, scongiurando il rischio di valutazioni divergenti e/o di risarcimenti irrisori. Naturalmente, trattandosi di danno non patrimoniale, la stima del pregiudizio si svolge necessariamente su base equitativa (v. l�art. 1226 cod. civ. al quale rinvia l�art. 2056 cod. civ.): e, tuttavia, onde evitare che l�equit� trasmodi in arbitrio, � d�uopo tentare di individuare criteri generali ai quali informare ed uniformare, pur nella variet� delle fattispecie oggetto d�esame, la valutazione; con la precisazione, peraltro, che la specifica natura del bene giuridico tutelato dall�art. 341-bis cod. pen. e la stessa struttura del reato impediscono il ricorso alle tecniche di liquidazione del danno non patrimoniale utilizzate dalla prassi giurisprudenziale con riferimento agli illeciti, civili e penali, dai quali sia derivata una lesione dell�integrit� psico-fisica (quali, ad es., la determinazione del danno non patrimoniale in funzione dei punti percentuali di invalidit� residuata). TEMI ISTITUzIONALI Va perci� considerato che il legislatore, ammettendo la possibilit� di estinguere il reato di oltraggio a pubblico ufficiale mediante il risarcimento del danno, ha, evidentemente, inteso attribuire alla riparazione anche una connotazione in qualche modo sanzionatoria e, quindi, in buona sostanza, una funzione sostitutiva della reazione penale altrimenti operante per il caso di mancato risarcimento. Su tale presupposto, e considerato, da un lato, che l�offerta di riparazione del danno costituisce implicita ammissione di responsabilit� da parte dell�imputato e, dall�altro, che, ai sensi dell�art. 23, comma 1, cod. pen., la pena della reclusione �, in via generale, fissata nel minimo in gg. 15 - durata alla quale corrisponde, in applicazione del criterio di ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive stabilito dall�art. 135 dello stesso codice (� 250,00= per ogni giorno di pena detentiva), l�importo di � 3.750,00= -, potrebbe ritenersi congruo e rispondente alla evidenziata ratio della norma quantificare il risarcimento spettante all�Amministrazione in � 3.750,00= per fatti di massima gravit�, in � 1.875,00= -pari alla met� del massimo -per fatti di media gravit� e in � 1.250,00 - corrispondenti a un terzo del massimo - per fatti di minima gravit�, salva la possibilit� di graduare diversamente il risarcimento, comunque nei limiti sopraindicati, in relazione alle caratteristiche di ogni singola fattispecie tenendo conto, da un lato, della gravit� del reato quale desumibile dagli elementi indicati dall�art. 133 cod. pen. e, dall�altro, della capacit� economica dell�offerente la quale, ai sensi dell�art. 133-bis cod. pen., costituisce parametro di valutazione specificamente rilevante ai fini della determinazione del- l�ammontare della pena pecuniaria. In questa prospettiva, si ritiene dunque che la valutazione, alla luce dei criteri generali sopraindicati, della congruit� delle offerte risarcitorie ricevute possa essere compiuta direttamente da parte delle singole Amministrazioni interessate, fermo restando il ricorso all�Avvocatura territorialmente competente in tutti i casi in cui l�applicazione di quei criteri risulti incongrua, per eccesso o per difetto, rispetto alle peculiarit� del singolo caso e/o al numero dei pubblici ufficiali offesi. La trattazione diretta - ma sulla base di criteri predeterminati - delle pratiche risarcitorie in questione consente di assicurare uniformit�, omogeneit� e celerit� di valutazione evitando che l�interpello dell�Avvocatura su ogni singola proposta possa risolversi in un aggravio procedimentale foriero di ritardi nella valutazione delle offerte che di regola necessitano di urgente riscontro in ragione della contestuale pendenza del giudizio penale in seno al quale l�offerente ha interesse a far constare l�avvenuto perfezionamento della fattispecie estintiva del reato contestatogli; fermo restando, come sՏ detto, l�intervento dell�Organo legale in tutti quei casi che, per particolari profili fattuali, si discostano dall�ordinario. � Venendo poi agli ulteriori quesiti, si ritiene che, pur essendo precipuo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 interesse ed onere dell�imputato fornire al giudice la prova dell�avvenuto risarcimento del danno onde godere dell�effetto estintivo del reato a quello conseguente, dovere di collaborazione istituzionale imponga all�Amministrazione, ove richiesta, di comunicare all�autorit� giudiziaria procedente se l�offerta risarcitoria formulata � stata o meno accettata e, nell�affermativa, se all�accettazione � seguito o meno il concreto versamento dell�importo dovuto. � Quanto ai destinatari dell�offerta, l�art. 341 bis, comma 3, cod. pen. stabilisce che l�effetto estintivo del reato � subordinato al risarcimento del danno �sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell�ente di appartenenza della medesima�. E, quindi, bench� la pubblica Amministrazione sia il soggetto titolare del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice -la quale risulta infatti compresa nel Capo II� del Titolo II� del Libro II� del codice penale dedicato ai delitti dei privati contro la pubblica amministrazione -, la norma subordina l�estinzione del reato al risarcimento del danno subito non soltanto da questa, ma anche dal pubblico ufficiale oltraggiato. Il che induce a ritenere che la disposizione abbia inteso individuare due parti lese -la pubblica Amministrazione di appartenenza, titolare del bene giuridico protetto, quale persona offesa dal reato e il pubblico ufficiale oltraggiato, quale soggetto danneggiato civilmente -ciascuna delle quali � autonomamente libera di valutare la gravit� del pregiudizio morale subito e, di conseguenza, la satisfattivit� del risarcimento offerto. Eppertanto, come l�accettazione del risarcimento da parte del dipendente non pu� vincolare - n� in s� n� quanto all�entit� - la libert� dell�Amministrazione di rifiutare, perch� incongrua o, comunque, inaccettabile, l�offerta alla stessa rivolta, cos� l�accettazione del risarcimento da parte dell�Amministrazione non pu� impedire al dipendente di ricusare, per le stesse ragioni, la profferta allo stesso formulata, cos� di fatto rimettendo al giudice la valutazione circa la congruit� del risarcimento proposto. Da tanto discende, quale logico corollario, che, trattandosi di danni distinti anche se collegati quanto al fatto genetico, l�Amministrazione -o l�Avvocatura -non pu� surrogarsi al dipendente nel valutare la congruit� dell�offerta da questi ricevuta cos� come, parallelamente, il dipendente non pu� sostituirsi al- l�Amministrazione di appartenenza nel sindacare la satisfattivit� della proposta a questa indirizzata. La qual cosa non esclude che, proprio in considerazione del fatto che l�Amministrazione �, come sՏ detto, il soggetto titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, l�entit� del risarcimento alla stessa offerto dovr� essere non soltanto congruo alla luce dei criteri generali pi� sopra indicati, ma altres� di regola superiore -e, comunque, mai inferiore -a quello proposto ai dipendenti. � Quanto, infine, al parere reso dall�Avvocatura distrettuale dello Stato di TEMI ISTITUzIONALI Bari in merito alla latitudine del risarcimento richiesto ai fini di cui all�art. 168 bis cod. pen., esso appare pienamente condivisibile. Tale norma, a differenza di quella di cui all�art. 341 bis cod. pen., � infatti suscettibile di applicazione ad una pluralit� di ipotesi delittuose, individuate ratione poenae o nominis, dalle quali possono derivare anche pregiudizi di natura patrimoniale. � pertanto evidente che, in questi casi, l�eliminazione delle conseguenze dannose derivanti dal reato e, in particolare, il risarcimento del danno per equivalente, cui � subordinata l�ammissione al beneficio della messa alla prova dell�imputato, postula la riparazione anche dei danni patrimoniali da quello derivati a terzi: come appunto accade nel caso delle lesioni personali che, impedendo la prestazione lavorativa del dipendente, ledono il correlato diritto di credito dell�Amministrazione datrice di lavoro la quale si trova esposta ad erogare la retribuzione e i correlati contributi previdenziali ed assistenziali pur in difetto di qualsiasi controprestazione da parte del lavoratore impedito. In tale ipotesi, quindi, nella quale possono concorrere una pluralit� di reati, il risarcimento del danno deve necessariamente comprendere, per sortire l�effetto di cui all�art. 168 bis cod. pen., tutte le conseguenze pregiudizievoli, patrimoniali e non patrimoniali, derivate dai reati per i quali si procede. � In considerazione del carattere di massima della presente consultazione su di essa � stato sentito il Comitato consultivo dell�Avvocatura dello Stato il quale nella seduta del 13 novembre 2017 si � espresso in conformit�. Trattandosi di problematiche di comune interesse, la presente direttiva viene estesa al Comando Generale della Guardia di Finanza e al Ministero dell�Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Parere del 26/03/2018-159704, AL 28839/2017, Avv. LEOnELLO MARiAni Con la nota a riscontro codesto Comando generale formula, con riferimento alle problematiche affrontate dalla consultazione resa con nota n. 599050 del 14.12.2017, due ulteriori quesiti integrativi chiedendo in particolare di conoscere: 1. se nel caso in cui la condotta oltraggiosa coinvolga pi� militari l�importo offerto all�Amministrazione a risarcimento del danno debba essere quam minus pari alla somma degli importi offerti ai singoli militari; 2. se ai fini dell�ammissione al beneficio di cui all�art. 168 bis cod. pen. sia opportuno informare l�autorit� giudiziaria competente che il reato ascritto all�imputato ha comportato conseguenze lesive per l�Amministrazione in termini sia di danno patrimoniale - come ad es. accade nel caso di fatti di reato che abbiano determinato assenze dal servizio comunque coperte da retribu RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 zione e contribuzione - sia di danno non patrimoniale - in relazione ad ipotesi delittuose dalle quali sia derivato, come nel caso di oltraggio a pubblico ufficiale, un vulnus alla reputazione e all�immagine del Corpo di appartenenza del pubblico ufficiale -. � Con riferimento al primo dei proposti quesiti la Scrivente osserva che nell�ipotesi di oltraggio commesso in danno di una pluralit� di pubblici ufficiali il danno dell�Amministrazione non pu� automaticamente determinarsi in funzione della sommatoria dei danni subiti dai singoli militari operanti. Detto danno, bench� di regola superiore e, comunque, mai inferiore a quello subito dai dipendenti e bench� a questo collegato dal punto di vista del fatto generatore, � infatti diverso e distinto da quello individuale di talch� non pu�, ad avviso di questo Generale ufficio, costituire la risultante della somma aritmetica dei danni individuali. La pluralit� dei danneggiati si traduce infatti, al di fuori di ogni automatismo, in una maggiore gravit� del fatto delittuoso che pu� semplicemente condurre ad un ragionevole, proporzionale incremento di quanto dovuto al- l�Amministrazione a titolo di risarcimento secondo i criteri indicati nel parere a riferimento. � Con riguardo invece al secondo dei proposti quesiti pare senz�altro opportuno che, quando il reato ascritto all�imputato ha comportato conseguenze lesive per l�Amministrazione in termini sia di danno patrimoniale sia di danno non patrimoniale, l�autorit� giudiziaria competente a decidere circa l�ammissione al beneficio di cui all�art. 168 bis cod. pen. sia resa edotta di tutte le conseguenze pregiudizievoli, patrimoniali e non patrimoniali, derivate dal reato posto che la sospensione del procedimento con messa alla prova dell�imputato presuppone, tra l�altro, �la prestazione di condotte volte all�eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonch�, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato� (comma 2). Cos� come appare opportuno che, per evidenti ragioni di coerenza ed uniformit�, il danno non patrimoniale derivato da condotte riferibili all�art. 341 bis cod. pen. sia quantificato, anche in tali evenienze, facendo riferimento ai criteri di ordine generale seguiti per la valutazione della congruit� delle offerte risarcitorie formulate, a mente del comma 3 della citata disposizione, al fine di conseguire l�effetto estintivo del reato ivi previsto. � In considerazione del carattere di massima della presente consultazione su di essa � stato sentito il Comitato consultivo dell�Avvocatura dello Stato il quale nella seduta del 22 marzo 2018 si � espresso in conformit�. Trattandosi di problematiche di comune interesse, il presente parere integrativo viene esteso al Comando Generale dell�Arma dei Carabinieri e al Ministero dell�Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. TEMI ISTITUzIONALI B) Alloggio di servizio - Concessione - Rilascio - Beni mobili reliquati dall'ex concessionario - Mancata asportazione - Acquisto per occupazione del di ritto di propriet� da parte dell'Amministrazione. Parere del 06/04/2018-181926, AL 12809/2016, Avv. GiAnCARLO PAMPAnELLi Con la nota sopra indicata � stata chiesta da codesta Aeronautica Militare -Comando Supporti Enti di vertice a questo Organo legale l'autorizzazione a poter procedere alla vendita/smaltimento di mobili e masserizie a suo tempo lasciati nell'alloggio di servizio da ex occupante dello stesso, trasferitosi in Brasile, pi� volte inutilmente diffidato affinch� procedesse al ritiro di detti beni per i quali l'Amm.ne corrisponde a Ditta esterna le spese di custodia. Tanto premesso, osserva la Scrivente che la problematica di che trattasi appare trascendere la singola fattispecie all'esame, per la sua suscettibilit� di riproporsi in una serie di casi (come in effetti gi� avvenuto secondo quanto informalmente appreso). Invero, la situazione oggetto di esame non trova una regolamentazione specifica nei codici militari, n� - come comunicato con nota n. 63761 dell�11 settembre 2017 del Ministero Difesa -Segretariato Generale -VI Reparto Contenzioso e Affari Legali interpellato al riguardo da questa Avvocatura - in disposizioni di carattere interno dell'Amm.ne. In particolare, l'art. 355 del DPR. n. 90/12010 in effetti prevede che l'ordine di recupero coattivo dell'alloggio disponga che esso debba essere lasciato "libero da persone e cose", ma non contempla poteri di autotutela dell'Amm.ne in relazione ai mobili dell'ex utilizzatore presenti nell'alloggio medesimo. Ci� posto, ritiene questo Organo legale di rappresentare l'opportunit� che, onde evitare il verificarsi delle situazioni "de quibus', sia inserita nella normativa regolamentare militare, nei disciplinari di concessione degli alloggi nonch� nei provvedimenti di recupero coattivo degli immobili, apposita previsione per la quale, decorso un breve termine dal rilascio (es. 20 giorni) senza che vengano prelevati dall'ex utilizzatore i beni mobili di propriet� reliquati nell'alloggio, gli stessi verranno considerati abbandonati ("res derelicta"), ai sensi del disposto dell'art. 923, comma 2, cod. civ., con il conseguente acquisto della loro propriet� a titolo originario in capo all'Amm.ne, che potr� venderli e/o smaltirli. Tali espresse previsioni eviterebbero il rischio di vertenze anche giudiziali in ordine all'effettiva intenzione dell'interessato di dismettere i mobili dell'alloggio, permettendo di poter attribuire al comportamento inerte dell'ex occupante il significato di "abbandono" dei beni e risolvendo cos� anche situazioni particolari, come nel caso d'irreperibilit� dell'ex occupante dell'immobile. Dette disposizioni potranno consentire altres� di evitare, salvo che l'alloggio non debba immediatamente e contestualmente essere utilizzato da altro RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 soggetto avente diritto, di affrontare le spese di custodia per il breve lasso temporale necessario per lo smaltimento/vendita dei beni, in cui, ove possibile, i mobili potranno restare nell'alloggio con la custodia da parte dell'Amm.ne stessa. Fermo quanto sopra, venendo al caso specifico in esame, tenuto conto della parvit� del valore dei mobili in questione, non si ritiene anzitutto opportuno far ricorso alla procedura, con connessi oneri, volta ad una formale costituzione in mora dell'interessato ex art. 1209, comma 2, cod. civ., cui conseguirebbe l'addebito allo stesso delle spese di custodia e la possibilit� per l'Amm.ne di avvalersi del diritto di ritenzione di cui all'art. 2756 cod. civ. e successivamente di vendere i beni. D'altro canto, in mancanza delle previsioni normative sopra suggerite, appare evidente come non possa allo stato attribuirsi al "silenzio" dell'ex occupante il significato di volont� di abbandono dei beni mobili. Pertanto, ritiene la Scrivente che, al fine di risolvere la problematica, tenuto conto delle circostanze in fatto qui rappresentate da codesta Amm.ne, debba ulteriormente diffidarsi l'interessato, con prova certa di avvenuta ricezione della diffida, ad attivarsi entro un breve termine (30 giorn�) per il recupero dei beni in questione, espressamente avvertendolo che, al decorso infruttuoso del termine, i beni saranno considerati abbandonati ("res derelicta") ai sensi dell'art. 923, comma 2, cod. civ. ed entreranno nella disponibilit� dell�Amm.ne, che potr� conseguentemente provvedere al loro smaltimento attesa la cennata segnalazione di un valore pressoch� nullo degli stessi. La soluzione proposta trova fondamento nella richiamata disciplina generale codicistica. Inoltre, circa l'obbligo non adempiuto di lasciare libero l'alloggio anche dalle cose si appalesa in linea con quanto disposto - nell'ambito della esecuzione coattiva per consegna e rilascio d'immobile - dal cod. proc. civ., per il quale i mobili lasciati dall'esecutato nell'alloggio in violazione dell'obbligo di liberarlo vengono reputati (a determinate condizioni) "res derelicta". Infatti, detto codice all'art. 609, comma 2, parte seconda, introdotto con la recente novella di cui al D.L. n. 132/14 conv. in legge n. 162/14, prevede espressamente che in difetto di istanza da parte dell'esecutante, quando non appare evidente l'utilit� del tentativo di vendita dei mobili, i beni "sono considerati abbandonati" ("res derelicta") e l'ufficiale giudiziario (salva diversa richiesta della parte istante) ne dispone direttamente lo smaltimento o la distruzione. Nei sensi di cui sopra � l'avviso della Scrivente. TEMI ISTITUzIONALI Parere del 06/04/2018-181935, AL 47029/2011, Avv. EMMA DAMiAni Si riscontra la nota prot. n. 81325 in data 10 ottobre 2017, rappresentando quanto segue. Ove fosse configurabile un obbligo di restituzione al Cap. S. dei beni mobili di sua propriet�, bench� l'Amministrazione non possa essere ritenuta in mora anche solo per effetto della (sembrerebbe gi� compiuta) offerta non formale di restituzione (cfr. art. 1220 cod. civ.) dei beni medesimi, l'integrazione di una mora del Cap. S., con ogni conseguente effetto (tra cui anche l'addebito delle spese di custodia, cfr. art. 1207 cod. civ.), implicherebbe l'osservanza delle formalit� prescritte dagli arti. 1209, comma 2 e ss., cod. civ. Il conseguente addebito al Cap. S. delle spese di custodia, consentirebbe a codesta Amministrazione l'esercizio del diritto di ritenzione sui beni custoditi (ai sensi dell'art. 2756 cod. civ.) e la conseguente possibilit� di vendita degli stessi, secondo le formalit� di cui all'art. 2797 cod. civ. I non trascurabili oneri procedurali connessi alle sopra dette facolt�, potrebbero, tuttavia, risultare ultronei laddove potesse affermarsi che i beni de quibus, anche in considerazione del loro trascurabile valore, siano stati semplicemente abbandonati senza alcun obbligo di custodia degli stessi a carico dell'Amministrazione che, nella procedura di cui all'art. 333 DPR 90/10, analogamente a quanto previsto dall'art. 609, comma 2, c.p.c., potrebbe provvedere al relativo smaltimento. Nella fattispecie che ci occupa, sembrerebbe che il cap. S., consapevole della cessazione del rapporto concessorio relativo all'alloggio di servizio e quindi del proprio conseguente onere di liberazione dell'unit� immobiliare goduta, si sia allontanato, peraltro rendendosi irreperibile, ivi abbandonando beni mobili di "nessun valore". Su tale presupposto, si pu� ritenere che, nella specificit� della fattispecie, codesta Amministrazione possa ritenere le masserizie de quibus semplicemente abbandonate e, conseguentemente, a termini dell'art. 923 cod. civ., disporne uti dominus. Tanto detto, de iure condito, in ordine alla fattispecie in oggetto, non pu� invece trascurarsi la frequenza, segnalata anche per le vie brevi da codesta Amministrazione, con cui si verifica l'abbandono di masserizie varie, da parte dei beneficiari di alloggi di servizio, nei locali gi� goduti in concessione alla cessazione della stessa. Al fine di evitare che l'Amministrazione, alla cessazione del rapporto concessorio, debba farsi carico di provvedere anche alla custodia dei beni mobili "lasciati" nell'alloggio di servizio, considerata pure la difficolt� di rivalsa relativamente a tali spese, soprattutto in caso di sopravvenuta irreperibilit� del titolare dei beni de quibus, si ritiene opportuno sollecitare una pi� puntuale disciplina, almeno regolamentare, della fattispecie, che, ex ante, attribuisca RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 all'eventuale inerzia del proprietario dei beni lasciati nell'alloggio -il quale ometta di curarne la tempestiva rimozione -la connotazione di comportamento concludente idoneo a far presumere iuris et de iure l'intenzione di abbandonare i beni mobili non asportati. Una tale previsione normativa, puntualmente richiamata nel disciplinare di concessione nonch� nell'ordine di rilascio dell'alloggio di servizio, consentirebbe all'Amministrazione concedente, decorso un prestabilito termine eventualmente ulteriore rispetto a quello fissato per il rilascio dell'immobile l'occupazione delle res derelictae ed ogni conseguente facolt� connessa all'acquisito diritto di propriet� sulle stesse. Invero, una espressa e puntuale disciplina di tale fattispecie de iure condendo, attualmente non reperibile nell'ordinamento se non in via interpretativa -come si evince dalla prospettata soluzione dello specifico caso da ultimo sottoposto all'esame della Scrivente -assicurerebbe la neutralizzazione del rischio di contestazioni anche giudiziali, in ordine alla effettivit� dell'intenzione del titolare di abbandonare i beni non tempestivamente rimossi dall'alloggio di servizio, al termine della relativa concessione. Peraltro, la certezza legale di un tale effetto acquisitivo dei beni abbandonati, entro un contenuto termine "di tolleranza", consentirebbe all'Amministrazione finanche di evitare gli oneri della custodia interinale ed il rischio di non ottenerne di fatto il recupero, in caso di irreperibilit� o non solvibilit� del- l'originario titolare. In tal senso si auspica la pronta attivazione di codesta Amministrazione per l'assunzione delle iniziative del caso. Si rimane a disposizione per ogni chiarimento necessario od utile. TEMI ISTITUzIONALI OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA CIVILE GRUPPO DANNO La prova del nesso causale, concause e il principio del �pi� probabile che non� relazione di Gaetana natale -avvocato dello Stato Il tema della prova del nesso causale rappresenta uno degli aspetti pi� dibattuti nell�ambito della responsabilit� civile: il �nesso di causa� ha un ruolo centrale e nevralgico, al punto tale da costituire un vero e proprio indice di evoluzione sistemica dell�intera materia del risarcimento del danno. Nel sistema del Common Law si rinviene la nota l�espressione �causation is a peg on which the judge can hang any decision he likes� (H.L.A. HART, TONy HONOR�, Causation in the Law, 2 nd ed., Oxford: Clarendon, 1985, 465), espressione che pu� essere liberamente tradotta in italiano come �la causalit� � un perno intorno al quale il giudice pu� far ruotare la decisione che ritiene pi� opportuna�. Ed anche nel nostro sistema di Civil Law il rapporto di causalit� rappresenta il filtro attraverso il quale l�organo giudicante pu� valutare concretamente la fondatezza di una pretesa risarcitoria. Il problema investe soprattutto l�onere probatorio, riguardo al quale assume un rilievo interessante la sentenza della Corte di Cassazione Sez. III Civile 14 novembre 2017 n. 26284 che nel corso di quest�anno giudiziario gli Osservatori sulla Giustizia Civile non possono non prendere in esame, al fine di delineare le nuove linee evolutive della giurisprudenza in materia di danno. Tale pronunzia ha affermato (conformandosi alla precedente sentenza Cass. Civ. Sez. III n. 18392 del 26 luglio 2017) che �sia nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale sia in quelli di risarcimento del danno da fatto illecito, la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causa tra questa ed il danno costituiscono l�oggetto di due accertamenti concettualmente distinti; la sussistenza della prima non dimostra, di per s�, anche la sussistenza del secondo e viceversa; l�art. 1218 c.c., solleva il creditore dalla obbligazione che si afferma non adempiuta dall�onere di provare la colpa del debitore inadempiente, ma non dall�onere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore ed il danno di cui domanda il risarcimento; nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilit� medica, � onere dell�attore paziente danneggiato, dimostrare l�esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento; tale onere va assolto dimostrando, con qualsiasi mezzo di prova, che la condotta del sanitario � stata, secondo il criterio del �pi� probabile che non� la causa del danno; se, al termine dell�istruttoria, non risulti provato il nesso tra con RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 dotta ed evento, per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata�. La suddetta sentenza ha suscitato un vivace dibattito dottrinario volto a chiarire se il principio di diritto da essa enunciato si inserisca nel solco del tradizionale orientamento giurisprudenziale venutosi a formare dopo le sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione dell�11 gennaio 2011, nn. 576-585, in ordine all�onere probatorio relativo al nesso di causalit� o se rappresenti e in che termini un elemento di novit�. Si ricorder� che la nota sentenza della Cassazione n. 577/08 in particolare aveva affermato che �il paziente deve limitarsi a provare l�esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l�insorgenza o l�aggravamento della patologia ed allegare l�inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale adempimento non vi � stato ovvero che, pur esistendo, esso non � stato eziologicamente rilevante�. Orbene, dal recente orientamento giurisprudenziale rappresentato dalle due sentenze in esame della III Sezione della Suprema Corte di Cassazione, la n. 18392 del 26 luglio 2017 e la n. 26824 del 14 novembre 2017, discende il corollario secondo il quale dalla colpa non si possono trarre elementi per ritenere dimostrato il nesso causale. Esso, infatti, schiude la via all�idea per cui il legame tra la condotta e il danno vada sempre dimostrato dall�attore, altres� inducendo a mettere da parte la connessa idea a tenore della quale l�allegazione di un comportamento astrattamente idoneo a cagionarlo possa esimere il danneggiato dalla prova di cui si tratta (su tale argomento Cass. 29 febbraio 2016 n. 3893, Foro it., 2016, I 1728 con nota di TASSONE, �negligenza medica e pregressa situazione patologica�, altres� annotata da D�ADDA �Concorso di causa naturale e responsabilit� proporzionale: l�apparente ortodossia della Suprema Corte�, in nuova Giur. Civ., 2016, 1049). Si precisa che tale principio appare ricorrente anche in tema di responsabilit� aquiliana, laddove la puntualizzazione contenuta nella sentenza n. 26284 del 14 novembre 2017 in materia di responsabilit� contrattuale potrebbe avere un qualche rilievo pure per la ricostruzione di questa in termini soggettivi invece che oggettivi (da ultimo D. zORzIT, �La Cassazione e la prova del nesso causale: l�inizio di una nuova storia?� nota a Cass. 26 luglio 2017 n. 18392, Foro it., I 3358, in Danno e responsabilit� 2017, 700). Occorre allora chiedersi da osservatori della giustizia civile se tali recenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione, la n. 18392 del 26 luglio 2017 e la n. 26824 del 14 novembre 2017, rappresentino il segnale di una tendenziale equiparazione tra responsabilit� contrattuale ed extracontrattuale sul piano del- l�onere probatorio relativo alla sussistenza del nesso causale e se il principio da esse enunciato in tema di responsabilit� contrattuale si traduca nel contempo in un maggiore rigore dal parte del giudice nel valutare l�assolvimento del TEMI ISTITUzIONALI l�onere probatorio nel campo della responsabilit� extracontratuale, ove vige, comunque, il fondamentale principio secondo il quale l��onus probandi imcubit ei qui dicit e non ei qui negat� ex art. 2697 c.c. A tal riguardo qualche autore (vedi I. DI ROSA in un commento alla sentenza della Cassazione del 26 luglio 2017 n. 18392 pubblicato in Foro it. anno 2017, parte I, col. 3358) ha osservato che: �Alla distinzione tra danno-evento, inteso quale lesione dell�interesse giuridicamente tutelato e direttamente derivante dall�illiceit� della condotta e danno-conseguenza, inteso quale pregiudizio concretamente sofferto e il solo oggetto di risarcimento, corrisponde il discrimen tra causalit� materiale e causalit� giuridica. in particolare, la prima offre il collegamento naturalistico tra la condotta attiva od omissiva, e l�evento; la seconda consente un�imputazione di responsabilit� in termini giuridicamente rilevanti, tali da determinare l�insorgenza dell�obbligo al risarcimento del danno. La tradizionale bipartizione del nesso causale deriva in linea retta dall�impostazione tedesca, in cui si contraddistinguono la responsabilit� �strutturale�, cd. haftungsbegrundende Kausalitat, volta ad accertare la sussistenza di un�interdipendenza tra il comportamento del danneggiante e l�evento lesivo, e la cd. haftungsausfullende Kausalitat, orientata, invece, a verificare l�esistenza di un danno da risarcire. in siffatto contesto si inserisce la ripartizione dell�onus probandi voluta dall�art. 2697 c.c., che cristallizza il <distinguo> tra prova del fatto costitutivo del diritto, a carico dell�attore, e quella dei fatti modificativi o estintivi dello stesso, gravante, per converso, sul convenuto�. Al di l� di tali elaborazioni dottrinarie, per cogliere la portata innovativa della pronunzia n. 26284 del 14 novembre 2017 occorre partire dalla fattispecie concreta. Un minore, nato prematuro, risulta affetto da una retinopatia oculare all�occhio destro, che determina la perdita totale della vista. I genitori e poi il danneggiato in proprio, divenuto maggiorenne, affermano che la patologia discende dai negligenti trattamenti praticati dai sanitari della struttura convenuta al momento della nascita. La CTU ritiene, invece, che essa possa essere riconducibile, in via alternativa, a tre diversi fattori, di cui solo l�ultimo imputabile a responsabilit� dei medici o della struttura stessa (essendo gli altri preesistenti alla nascita), e cio�: a) ad una malformazione congenita della retina, b) ad un�infezione da citomegalovirus e c) ad una iperossia da eccessiva somministrazione d�ossigeno. Tuttavia -evidenzia il CTU -il fatto che la patologia risultasse in stato gi� avanzato al momento della diagnosi posta in essere a tre mesi dal parto fa propendere per la sua preesistenza, mentre il suo carattere unilaterale induce ad escludere il rilievo dell�iperossia che verosimilmente avrebbe dovuto danneggiare entrambi gli occhi finendo per individuare nell�infezione da citomegalovirus la causa pi� probabile. Di qui l�affermazione della Suprema Corte secondo cui bene aveva fatto il secondo giudice a respingere la domanda. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Con la sentenza di cui si tratta la Suprema Corte di Cassazione torna ex professo su un tema di straordinaria rilevanza: quello concernente la (possibile) inversione dell�onere della prova in ordine alla sussistenza dell�elemento eziologico nella responsabilit� contrattuale derivante da un passo di Cass. Sez. Unite, 11 gennaio 2008 n. 577, vale a dire una delle dieci pronunce (Cass. Sez. Unite 11 gennaio 2008 nn. 576 - 585), rese dal Supremo organo della nomofilachia in tema di emotrasfusioni infette e con le quali sono stati fissati principi assai importanti (fra l�altro) circa l�accertamento del nesso: a fronte dell�allegazione dell�inadempimento il debitore non deve solo provare di essere stato diligente secondo le regole elaborate a partire da Cass. 13533/01, bens� che - ove non lo sia stato - deve pure dimostrare l�assenza di un legame fra la sua condotta e il pregiudizio. In base a tale imposizione il paziente deve limitarsi a provare l�esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l�insorgenza o l�aggravamento della patologia ed allegare l�inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale adempimento non vi � stato ovvero che, pur esistendo, esso non � stato eziologicamente rilevante. Si ricorder� che per quanto concerne la responsabilit� extracontrattuale del Ministero della Salute in materia di danni da emotrasfusione la nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, la n. 581 dell�11 gennaio 2008, esclusa la configurabilit� del reato di epidemia colposa o lesioni colposi plurime ex artt. 438 e 452 c.p., aveva affermato che: �il giudice, accertata l�omissione delle attivit� istituzionali di competenza del Ministero della Salute ed accertata con riferimento all�epoca di produzione dei preparati, la conoscenza oggettiva ed indubbia, ai pi� alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso il sangue od emoderivati infetti, nonch� l�esistenza di patologie da virus (Hiv, HBv e HCv) a carico dei soggetti emotrasfusi e assuntori di emoderivati, deve dichiarare e ritenere, in assenza di fattori alternativi, che la condotta omissiva del Ministero sia stata causa determinante dell�insorgenza delle malattie, ricollegabili al sangue od emoderivati infetti�. Ai fini dell�accertamento del nesso causale la Cassazione con tale nota sentenza aveva anche chiarito che �il giudice � tenuto ad accertare se l�evento dannoso sia ricollegabile all�omissione (causalit� omissiva), nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalit� ipotetica) l�agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L�accertamento del rapporto di causalit� ipotetica passa attraverso l�enunciato �controfattuale� che pone al posto dell�omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato (cd. prognosi postuma)�. Secondo la Suprema Corte, inoltre, dovrebbe farsi riferimento (tra l�altro) alla giurisprudenza della Corte di Giustizia CE che si Ǐ indirizzata ad ac TEMI ISTITUzIONALI cettare che la causalit� non possa che poggiare su logiche di tipo probabilistico. La CGCE con sentenza del 13 luglio 2006, n. 295 ha ritenuto sussistere la violazione delle norme sulla concorrenza in danno del consumatore se �appaia sufficientemente probabile� che l�intesa tra compagnie assicurative possa avere un�influenza sulla vendita delle polizze della detta assicurazione. La CGCE con sentenza del 15 febbraio 2005 n. 12, sempre in tema di tutela della concorrenza, ha ritenuto che occorre postulare le varie concatenazioni causa -effetto, al fine di accogliere quelle maggiormente probabili�. Sulla base di tali assunti, basati sulla prevedibilit� in astratto dell�evento e sulla c.d. causalit� adeguata o quella similare della c.d. regolarit� causale, la Suprema Corte di Cassazione ha configurato una responsabilit� extracontrattuale del Ministero della Salute per danni da emotrasfusioni anche a partire dalla fine degli anni 60, a prescindere dalla data di scoperta scientifica dei vari virus HBV (1978), HIV (1985), HCV (1988), in quanto �non sussistono tre eventi lesivi, come se si trattasse di tre serie causali autonome ed indipendenti, ma di un unico evento lesivo, cio� la lesione dell�integrit� fisica (essenzialmente del fegato), per cui unico � il nesso causale: trasfusione con sangue infetto -contagio infettivo -lesione dell�integrit�� (Cass. 581/2008). Tale orientamento � certamente ispirato da comprensibili e condivisibili ragioni solidaristiche che impongono di tutelare la salute come bene primario costituzionalmente tutelato ex art. 32 Cost. Ma cosa � avvenuto dopo il 2008 sul piano dell�onere della prova concernente il nesso causale in materia sia di responsabilit� contrattuale che in quella di responsabilit� extracontrattuale? Come � stata configurata e valutata negli anni seguenti la prova dei �fattori alternativi � di cui parlava la Cassazione nella nota sentenza sopra citata? Dopo l�11 gennaio 2008 non poche sentenze di legittimit� hanno messo in crisi l�idea per cui l�inversione dell�onus probandi riguardasse anche l�elemento oggettivo, come ad esempio accadeva in una pronunzia di grande rilievo circa la tematica delle concause, ossia la sentenza della Cass. 21 luglio 2011, n. 15591, (in Corriere giur., 2011, 1672 con nota di BONA, �La Cassazione rigetta il modello della causalit� proporzionale� con un decalogo impeccabile sulla valutazione degli stati pregressi), nonch� fra le pieghe di quelle tese a ribadire il principio per cui � sempre al danneggiato che spetta la prova del nesso, talvolta rese in casi in cui veniva in considerazione una responsabilit� contrattuale (Cass. 24 maggio 2010, n. 12626). Il medesimo orientamento si rinveniva esaminando la giurisprudenza lavoristica in tema di responsabilit� datoriale (ritenuta contrattuale) ex art. 2087 c.c., pur con un arresto di segno nettamente contrario alla suddetta soluzione, reso nel 2013 dalle medesime Sezioni Unite (Cass. Sez. Un. 23 settembre 2013, n. 21678). Infine, si riscontravano via via diverse pronunce in cui si affermava espressamente che la �prova del nesso tra inadempimento e danno comunque compete alla parte RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 che alleghi l�inadempimento altrui� (Cass. 9 ottobre 2012 n. 17143, Cass. 12 settembre 2013 n. 20904, Cass. 20 novembre 2015 n. 21777). D�altronde, portava alla medesima conclusione l�esame - con tutte le loro peculiarit� - delle decisioni rese in materia di nascite indesiderate (e di �diritto a non nascere se non sani�) nonch� di consenso informato (in cui viene in considerazione uno schema di accertamento del nesso alquanto analogo). Dunque, prima della sentenza n. 26824 del 14 novembre 2017 il formante giurisprudenziale appariva in maggioranza orientato a non sovvertire l�insegnamento tradizionale sebbene non mancasse qualche pronuncia di legittimit� (oltre che di merito a esempio Trib. Rovereto 2 agosto 2008) orientate in modo diverso (Cass. 30 settembre 2014 n. 20547, Cass. 21 luglio 2011 n. 15993). La questione inerente all�inversione dell�onere della prova del nesso causale tocca tre aspetti: 1) In primo luogo e sul piano generale vengono in risalto le incongruenze d�una regola che non solo poneva di fatto un�obbligazione di risultato sul debitore e lo trasformava in una sorta di assicuratore, ma che finiva altres� per tradursi nell�affermazione per cui, a fronte di domande avanzate su base contrattuale e aquiliana, si potevano avere esiti potenzialmente opposti -anche nel medesimo giudizio -in caso di persistente incertezza sulla sussistenza dell�elemento eziologico, ad esempio a fronte di doglianze rivolte sia contro la struttura sia contro il sanitario. In effetti non si capiva perch� la sussunzione di una fattispecie concreta -nel caso della colpa medica, esattamente della stessa fattispecie concreta - nella disciplina dell�una e dell�altra dovesse portare a risultati cos� diversi. Il tema � rilevantissimo, perch� la legge Gelli entrata in vigore lo scorso 17 marzo 2017 ha nettamente distinto la responsabilit� della struttura e quella del medico, qualificando la prima come contrattuale e la seconda come extracontrattuale. 2) In secondo luogo, viene in considerazione la difficile tematica del trattamento della �causa ignota�, rilevante, fra l�altro, con riguardo alle riflessioni riguardanti i modelli di ripartizione della responsabilit� nell�illecito soggettivamente complesso e quelle legate alla �causalit� incerta� (TASSONE �La ripartizione della responsabilit� nell�illecito civile -Analisi giuseconomica e comparata� Napoli, 2017, PUCELLA �La causalit� incerta�, Torino 2007). La sentenza della Cassazione n. 18392/17 propone un'interessante ripartizione degli oneri fra le parti - dacch� ove l'attore provi il nesso, compete al convenuto dimostrare che la prestazione � divenuta impossibile per una causa imprevedibile ed inevitabile. 3) In terzo luogo e sul piano delle implicazioni, la regola enunciata da Cass. 18392/17, cit., e ribadita da Cass. 26284/17, potrebbe orientare l'interprete verso una concezione soggettiva della responsabilit� del debitore, essendo noto che l'opzione ermeneutica per cui la responsabilit� ex art. 1218 TEMI ISTITUzIONALI c.c. sarebbe oggettiva conduce proprio a porre sul medesimo il rischio della causa ignota. La seconda questione sulla quale preme soffermarsi riguarda il criterio del pi� �probabile che non� dettato per l'accertamento del nesso in sede civile e consacrato dalle stesse decisioni a sezioni unite del gennaio 2008, ormai costituente ius receptum. Qui gli aspetti di rilievo sono due. Intanto, la circostanza per cui la condotta dei sanitari � individuata come una delle tre cause del danno richiama il tema - per vero non molto indagato -circa la concezione c.d. debole o forte del criterio stesso, almeno stando ad una delle accezioni con cui tali termini sono impiegati: da non confondere con l'uso che se ne fa nel discorrere di c.d. causalit� generale e individuale o specifica. In effetti, se le cause della patologia possono essere con certezza tre e con altrettanta certezza non � dato di sapere quale di esse abbia portato all'insorgenza di essa, la spiegazione eziologica che si appunta sulla ridetta condotta non supera una soglia probabilistica, del 33 per cento, dunque e in ogni caso nettamente inferiore a quella che consente di affermare la preponderanza del- l'evidenza. Ma la Suprema Corte ha precisato che ciascuna delle altre due cause � pi� probabilmente della terza alla base del danno, cos� richiamando implicitamente l'insegnamento - problematico, almeno quando si debba poi segnare il confine fra il nesso e la perdita di chance -secondo il quale, �la concorrenza di cause di diversa incidenza probabilistica non conduce ipso facto alla aberrante regola del cinquanta per cento plus unum, bens� alla compiuta valutazione dell'evidenza del probabile�, per cui �esemplificando, se, in tema di danni da trasfusione di sangue infetto, le possibili concause appaiono plurime e quantificabili in misura di dieci, ciascuna con un'incidenza probabilistica pari al tre per cento, mentre la trasfusione attinge al grado di probabilit� pari al quaranta per cento, non per questo la domanda risarcitoria sar� per ci� solo rigettata [...] o geneticamente trasmutata in risarcimento da chance perduta� (Cass. 21 luglio 2011 n. 15991). Dunque, la sentenza n. 26284/17 assume rilievo perch� si inscrive fra le poche che, almeno a livello operazionale, accedono di fatto alla concezione debole del criterio, escludendo in base ad esso la sussistenza del nesso causale nel caso concreto. Si ricorder� che la nota pronuncia delle Sezioni Unite 11 gennaio 2008 n. 581 aveva affermato che nel diritto civile l�accertamento del nesso causale, attraverso la sussunzione della fattispecie nelle leggi di copertura scientifiche e nelle leggi di probabilit� statistica, si basa essenzialmente sul criterio della �prevedibilit� obiettiva dell�evento� (tesi della regolarit� causale ex artt. 40 e 41 c.p.), valutata in astratto e non in concreto, alla stregua delle conoscenze non gi� dell�uomo medio, bens� della migliore scienza ed esperienza del mo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 mento storico di riferimento. In questo modo la Corte di legittimit� ha operato un significativo distacco tra causalit� penale e causalit� civile, osservando che, mentre nel giudizio penale la prova del nesso va fornita �oltre ogni ragionevole dubbio�, nel giudizio civile opera il �canone del pi� probabile che non�. Tale nota sentenza n. 581/2008 non ha, per�, risolto e chiarito tutte le incertezze connaturate ad una materia complessa, tanto che parte della dottrina, preso atto dell�eccessiva aleatoriet� dell�accertamento basato sul �pi� probabile che non �, ha proposto (quale sistema di contemperamento tra opposte esigenze) di consentire al giudice -in caso di verifica effettuata soltanto su base statistica - che, perci�, non abbia permesso di escludere del tutto il concorso di concause naturali, non �umanamente gestibili� da parte del convenuto -una correlativa �graduazione del quantum risarcibile�, cos� da circoscriverlo ad una percentuale pari all�incidenza statistica della condotta del danneggiante nella produzione dell�evento. Ma questa impostazione non � stata accolta dalla giurisprudenza, la quale continua sostanzialmente ad oscillare tra l�impostazione classica (conditio sine qua non temperata) e nuovo approccio (conditio sine qua non verificata su base statistica, alla stregua del pi� probabile che non), anzi manifestando di recente un rinnovato rigore. A tal riguardo si ricorda la sentenza Cass. Civ. III sez. del 6 maggio 2015 n. 8995 secondo cui: �in materia di responsabilit� contrattuale (nella specie per attivit� medico-chirurgica), una volta accertato il nesso causale tra l�inadempimento ed il danno lamentato, l�incertezza circa l�eventuale efficacia concausale di un fattore naturale, non rende ammissibile, sul piano giuridico, l�operativit� di un ragionamento probatorio �semplificato� che conduca ad un frazionamento della responsabilit�, con conseguente ridimensionamento del �quantum risarcitorio� secondo criteri equitativi�. Il concetto della �causalit� proporzionale� con conseguente frazionamento della responsabilit� e del quantum risarcitorio, per ora escluso dalla giurisprudenza, non pu� portare, per�, in caso di mancata prova del nesso causale, a trasformare il danno concreto ed attuale in danno da perdita di chance. Tale concetto viene, infatti, talora evocato per riconoscere un risarcimento, seppure ridotto, senza una piena prova del nesso causale, aderendo alla �cd. teoria ontologica� e �non eziologica� della �chance�, questione di recente affrontata anche dal Consiglio di Stato con riguardo alla probabilit� di aggiudicazione di un appalto pubblico (sent. Cons. St. III sez. n. 118/18). Di poi - e veniamo al secondo aspetto - una parte della dottrina ha tentato di coordinare la regola tradizionale in tema di prova del nesso e quella derivante da Cass. 577/08 in base alla teoria dell'inadempimento qualificato, sulla scorta della pure citata Cass. 13533/01: semplificando un discorso potenzialmente pi� complesso, l'allegazione di una condotta di per s� idonea a cagionare il danno sarebbe di per s� idonea a spostare sul debitore l'onere di provare l'insussistenza del nesso. Ora, di l� dal fatto che una tale ricostruzione - seppur TEMI ISTITUzIONALI tesa a trovare una via in qualche modo mediana rispetto alle due opposte visioni -risulta sempre e assai sbilanciata in favore del creditore, con tutte le controindicazioni sopra viste, essa pu� portare in taluni casi a soluzioni non eque. In particolare, viene alla mente l'importante decisione resa dalla Suprema corte in tema di concause in cui 1'idoneit� di per s� della condotta a cagionare il danno ha portato a risarcire per intero il pregiudizio connesso al cento per cento dell'invalidit� da cui risultava colpito il minore dopo la malpractice posta in essere durante il parto, sebbene egli fosse gi� affetto da una sindrome di Down che azzerava ogni sua capacit� psico-fisica (Cass. 29 febbraio 2016 n. 3893). Ebbene, poich� nel caso deciso dalla sentenza 26824/17 le due altre cause all'origine della retinopatia erano a ben vedere preesistenti condizioni patologiche (l'una strutturale e l'altra contingente), essa pu� ben essere letta anche con la lente delle concause naturali: s� da pervenire alla proposizione del tutto ovvia per cui ciascuna di esse esclude il nesso perch� � (pi� probabilmente che non) all'origine della perdita della vista, ma altres� consentendo di sostenere - in modo meno ovvio - che non rimane pi� nulla della proposizione riconducibile alla decisione del 2016 secondo la quale la mera idoneit� della condotta del medico a cagionare il danno (la quale incida su una situazione gi� compromessa) � da sola idonea a giustificare l'affermazione della sua responsabilit�. A fronte di un quadro cos� composito la razionalizzazione di massima confermata dalla decisione n. 26284/17 merita certamente attenzione. In effetti a prescindere dalle suggestioni, delicatissime, che potrebbero derivare da un'acritica esportazione in sede civile del criterio sul quale insistono la pronuncia Franzese e le decisioni rese sulla sua scia a tenore del quale, nel momento di accertare il nesso, occorre procedere ad un �ragionamento probatorio che abbia altres� escluso l'interferenza di fattori alternativi� -non mancano altri strumenti idonei ad alleggerire l'onere della prova che incombe sull'attore. L'inventario abbraccia, ad esempio, le regole di dettaglio atte a determinare in singole ipotesi la suddetta inversione (come si stabiliva in tema di interventi routinari prima di Cass., Sez. Un., 13533/01), la �doctrine� della res ipsa loquitur, il principio della vicinanza della prova, il danno evidenziale, nonch� la prova indiziaria e quella presuntiva. Orbene, si pu� senz�altro affermare che la sentenza n. 26824/17 nel sancire un �tronco comune� che caratterizza la mancata inversione dell'onere della prova sul nesso nella responsabilit� contrattuale ed extracontrattuale implica l'innesto su esso di tanti �rami� quanti sono i regimi che definiscono la concreta operativit� del nesso. Sulla base di tale nuova prospettiva appaiono senz�altro significative nel corso del corrente anno giudiziario alcune pronunzie emesse in tema di danni da emotrasfusione che hanno escluso la responsabilit� extracontrattuale del RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Ministero della Salute proprio in relazione alla mancata concreta prova del nesso causale. Si segnalano di recente presso il Tribunale di Roma: sent. n. 22643 dell�1 dicembre 2017; sent. n. 5266 del 13 marzo 2018; sent. n. 5846 del 19 marzo 2018; sent. n. 5998/2018 del 21 marzo 2018; sent. n. 6477/18 del 28 marzo 18. Si segnala anche la recentissima sentenza n. 9561 dell�11 maggio 2018 del Tribunale di Roma che ha escluso la responsabilit� del Ministero della Difesa per i danni riconducibili all�insorgenza del Linfoma di Hodgkin contratto dai militari, asseritamente dovuta ad esposizione ad uranio impoverito. Tale pronunzia si fonda essenzialmente sul rilievo che non � stata raggiunta la prova della presenza di uranio impoverito nell�ambiente lavorativo in cui l�attore aveva prestato il suo servizio di leva e sul riferimento alle recenti acquisizioni scientifiche che non consentono di ritenere scientificamente provata l�esistenza del nesso di causalit� tra esposizione ad uranio impoverito ed insorgenza di neoplasie quali il linfoma di Hodgkin. Possiamo affermare che tali pronunzie hanno in un certo qual modo recepito il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione che ha cercato di porre un freno a quella che � stata definita la �fuga dalla causalit��. Qualche autorevole Autore (M. ROSSETTI, �Unicuique suum, ovvero le regole di responsabilit� non sono uguali per tutti. Preoccupate considerazioni sulla fuga in avanti della responsabilit� medica�, in Giust. civ., 2010, 10, 2218) ha sottolineato la necessit� di un�adeguata prova del nesso causale con la consapevolezza e la presa d�atto delle criticit� che l�orientamento dettato dalla sentenze delle sezioni unite nn. 576-585 dell�11 gennaio 2008, ispirato al favor creditoris hanno determinato (si pensi alla medicina difensiva o alla fuga delle compagnie dal mercato), criticit� che la nuova legge Gelli Bianco sulla responsabilit� sanitaria ha cercato di risolvere, attraverso il superamento della nozione di �contatto sociale�. Nell�ambito di una riflessione pi� generale, se � vero ed indiscutibile, da un lato, che la salute � un bene primario da tutelare ex art. 32 Cost., ci si deve chiedere, dall�altro, se addossare alle strutture sanitarie oneri probatori gravosi sia davvero la scelta giusta per la collettivit� dei cittadini. O se, per converso, un tale meccanismo non vada ad incidere su pi� ampi e delicati equilibri della finanza pubblica. Il rigore probatorio imposto dalle recenti sentenze della Corte di Cassazione in tema di prova del nesso causale nasce dalla figura dei �diritti finanziariamente condizionati� introdotti dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 455/1990: a fronte di finanziamenti limitati, ogni risorsa sottratta al sistema della sanit� pubblica, per il tramite di automatismi risarcitori che prescindono da una verifica in concreto del nesso causale - si traduce alla fine nella riduzione dei servizi erogati, e quindi in un vulnus per tutti i cittadini pazienti che chiedono di essere assistiti e curati. TEMI ISTITUzIONALI Se, dunque, la legge Gelli Bianco rinviene la sua ratio nell�esigenza di recuperare l�equilibrio e mediare tra opposte esigenze, le recenti decisioni della Suprema Corte di Cassazione in tema di prova del nesso causale, sopra illustrate come elemento di novit� emerso nel corso dell�ultimo anno giudiziario, sembrano farsi portatrici di questa rinnovata esigenza. Roma, 22 maggio 2018 ConTEnziosoComUniTarioEdinTErnazionaLE L�effetto della sentenza della Corte di Giustizia dell�Unione nella causa C-284/16 �Achmea� sulle procedure arbitrali di risoluzione delle controversie intra-UE pendenti in esecuzione del Trattato sulla Carta dell�energia Giuditta Marra * The paper analyzes the recent decision of the Court of Justice of the European Union �Achmea� established that the arbitration clauses contained in investment agreements are incompatible with EU law. The Achmea case concerned the compatibility of the Czech Republic- Netherlands bilateral investment treaty (BIT) with EU law, but the Court of Justice�s reasoning should be expanded to the intra-EU investment disputes under the ECT. Consequently, Member States have an obligation to terminate not only intra-EU BITs, but also intra- EU application of ECT in order to ensure legal certainty. Sommario: 1. introduzione - 2. La nozione di investimento diretto estero (iDE) - 3. il diritto internazionale sull�investimento diretto estero (iDE) - 4. i Trattati bilaterali e multilaterali in materia di investimenti diretti esteri - 5. La sentenza �achmea� - 5.1. La vicenda -5.2. i quesiti - 5.3. La decisione - 6. i riflessi della sentenza �achmea� sulle controversie arbitrali intra-UE pendenti ai sensi della Carta dell�energia - 6.1. il diritto applicabile dal Tribunale arbitrale nelle controversie intra-UE pendenti ai sensi della Carta dell�Energia 6.2. L�equiparabilit� del Tribunale istituito ai sensi dell�art. 26.4 ECT a una giurisdizione interna a uno Stato membro - 6.3. La definitivit� del lodo arbitrale - 7. Conclusioni. 1. introduzione. L�ordinamento giuridico dell�Unione europea si contraddistingue per la sua autonomia. Fin dagli anni sessanta del secolo scorso viene affermata, nella (*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura Generale dello Stato, tirocinante presso la Corte di Cassazione. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 giurisprudenza della Corte di Giustizia, la natura autonoma del diritto europeo, al fine di salvaguardare l�ordinamento giuridico dell�Unione da interferenze esterne. Tale autonomia si declina, sotto il profilo giurisdizionale, nell�accentramento in capo alla Corte di Giustizia della competenza a interpretare e applicare il diritto europeo. A sua volta, sin dal 1959, data della stipula del Trattato sulla promozione e la protezione degli investimenti tra Germania e Pakistan, i trattati di investimento, bilaterali e multilaterali, prevedono la possibilit� per gli investitori di promuovere una procedura arbitrale volta ad ottenere, nella maggioranza dei casi, il risarcimento dei danni cagionati dalla violazione, da parte dello Stato ospite dell�investimento, degli obblighi assunti in virt� di tali trattati. Tale metodo di risoluzione delle controversie se, da un lato garantisce agli investitori una certa omogeneit� di trattamento rispetto ai sistemi giurisdizionali Statali, dall�altro sembra minare il monopolio della Corte di Giustizia nell�interpretazione e nell�applicazione del diritto europeo, permettendo che i giudici europei e nazionali siano vincolati all�applicazione che gli arbitri fanno di tale diritto. In particolare, l�incompatibilit� tra il diritto europeo e tali strumenti di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato ospite si � accentuata a seguito di due eventi. In primo luogo, si � riscontrato un crescente utilizzo dell�arbitrato internazionale nelle controversie fra soggetti interni all�Unione europea, essendo gli Stati membri dell�Unione firmatari di quasi la met� dei trattati internazionali attualmente in vigore in materia di investimento. In pi�, con il Trattato di Lisbona � stata attribuita all�Unione e non pi� ai singoli Stati la competenza esclusiva a concludere nuovi trattati bilaterali in materia di investimenti esteri. Sul punto, � di recente intervenuta la sentenza della Corte di Giustizia dell�Unione nella causa C-284/16 �achmea�, la quale ha dichiarato l�incompatibilit� con il diritto europeo di una clausola contenuta in un trattato bilaterale internazionale che prevede una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie nascenti tra un investitore di uno Stato membro e un altro Stato membro dell�Unione. Il presente contributo si propone di analizzare l�estensibilit� del principio espresso dalla Corte alle clausole compromissorie contenute nei trattati internazionali multilaterali di cui pure l�Unione europea � parte contraente, avendo particolare riguardo al Trattato sulla Carta dell�energia, pi� frequentemente invocato, negli ultimi anni, nelle controversie arbitrali in materia di investimenti. 2. La nozione di investimento diretto estero (iDE). Il diritto internazionale degli investimenti trova applicazione nel caso in cui un investimento sia realizzato da un investitore straniero, ossia da un operatore economico proveniente da uno Stato diverso da quello nel territorio del quale viene compiuto (c.d. �Stato ospite� o �Stato ospitante�). CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE La nozione di �investimento� � un concetto economico, prima che giuridico. Queste due tipologie di definizioni possono essere descritte come due cerchi concentrici, nei quali il concetto economico racchiude quello giuridico. Secondo gli economisti, infatti, � investimento tutto ci� che l�impresa non destina al consumo, mentre da un punto di vista giuridico occorre restringere il campo: � investimento diretto estero l�acquisizione di partecipazioni nel capitale sociale di societ� straniere in un�ottica di medio -lungo periodo. Lo scopo dell�investimento diretto estero � consentire all�impresa nazionale di estendere la propria attivit� tramite l�istituzione, l�acquisizione del controllo o di una partecipazione rilevante in societ� straniere, cos� da realizzare un duplice obiettivo: la definitiva presenza sul mercato estero e la gestione di una data combinazione di fattori produttivi. Sebbene tale obiettivo possa essere realizzato pi� semplicemente dall�imprenditore attraverso il mantenimento di rapporti di esportazione con paesi stranieri, tuttavia l�opzione dell�investimento diretto estero presenta una pluralit� di vantaggi, fra cui la maggiore disponibilit� e qualit� dei fattori produttivi grazie ai minori costi di trasporto delle merci e dei costi di lavoro (1). 3. il diritto internazionale sull�investimento diretto estero (iDE). La normativa in materia di investimenti diretti esteri si compone di un �complesso articolato di fonti� (2), fra cui: il diritto internazionale generale, gli accordi bilaterali e multilaterali e i contratti tra Stati e stranieri. Pur strutturalmente diverse, tali fonti si occupano tutte di tre ambiti di disciplina degli investimenti: il trattamento, la protezione e la garanzia e rispondono a una ratio comune. occorre soffermarsi brevemente sui tre piani della disciplina degli investimenti, per poi esaminarne il fondamento. Il �trattamento� degli investimenti � l�insieme delle disposizioni, normalmente di origine nazionale, che stabiliscono la disciplina giuridica del- l�investimento negli aspetti dell�ammissione (3), dell�ammontare, della localizzazione, della normativa fiscale, del rimpatrio dei profitti e del disinvestimento (4). La �protezione� degli investimenti comprende quelle norme, sia di origine interna che internazionale, volte a tutelare l�investimento straniero nei casi di mutamento del quadro ordinamentale ad opera del legislatore dello Stato ospite. (1) Cfr. F. MARRELLA, manuale di diritto del commercio internazionale - Contratti internazionali imprese globali ed arbitrato, Cedam, 2017, pp. 652 ss. (2) A. LIGUSTRo, P. PICoNE, Diritto dell�organizzazione mondiale del commercio, Cedam, 2002, p. 221. (3) Alcuni settori definiti �strategici� sono esclusi dalla possibilit� di investimento straniero, come ad esempio quello bancario. (4) Talvolta il disinvestimento � sottoposto a limiti temporali e quantitativi. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 La �garanzia� degli investimenti, infine, � l�aspetto pi� problematico della disciplina, poich� definisce gli strumenti volti a trasferire il rischio politico dell�investimento dall�impresa allo Stato di destinazione dell�investimento. Al fondo dei tre piani della disciplina degli investimenti vi � la ricerca di un equilibrio tra due opposte esigenze, riconducibili ai due soggetti protagonisti del rapporto: l�impresa transnazionale e lo Stato di destinazione dell�investimento. Mentre l�investitore ha interesse a ricevere la massima tutela rispetto ai beni situati sul territorio dello Stato ospitante, quest�ultimo ha interesse a che la propria sovranit� non venga posta in discussione da organizzazioni potenzialmente in grado di esercitare la propria influenza sulla gestione della res publica, poich� dotate di un consistente potere economico (5). Per garantire la tutela dell�investitore, gli accordi internazionali hanno previsto, come strumento di risoluzione delle controversie, proprio l�arbitrato internazionale. L�applicazione di un tale meccanismo alle controversie nascenti tra lo Stato ospitante e l�investitore ha �rivoluzionato il concetto stesso di arbitrato internazionale� (6). L�arbitrato internazionale �, invero, nato per risolvere controversie sorte tra due Stati, in cui entrambe le parti sono poste in una posizione di originaria pari ordinazione, in questo caso tuttavia esso � applicato alle controversie tra uno Stato e un privato (7). Alla base dell�efficacia dello strumento arbitrale vՏ, dunque, la necessit� dello Stato ospitante di autolimitare la propria sovranit�. vige, infatti, il principio per cui non esiste un diritto a investire in un Paese estero, rimanendo ogni Stato libero di accogliere o meno gli investimenti stranieri e di dettarne la disciplina giuridica, adottando misure incentive, dissuasive o semi-incentive sugli investimenti. Tale libert�, tuttavia, generalmente, non � assoluta e viene ridotta dall�assunzione da parte dello Stato di obblighi pattizi, inseriti nelle convenzioni internazionali multilaterali e bilaterali (8). 4. i Trattati bilaterali e multilaterali in materia di investimenti diretti esteri. La materia degli investimenti diretti esteri � per lo pi� disciplinata da con (5) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 655 ss. (6) R. SABIA, ascesa e declino dell��investor - State arbitration�, fra contrasto alla corruzione internazionale, regolazione dei mercati e free trade agreements multilaterali, in rivista dell�arbitrato, fasc. 1, 2016, p. 165; si veda sul punto anche A. BARLETTA, in tema di arbitrato degli investimenti e giurisdizione dello Stato, in Europa e Diritto Privato, fasc. 3, 2015, p. 545. (7) TantՏ vero che l�arbitrato internazionale nasce nell�ambiente dell�antica Grecia, in cui il mantenimento e lo sviluppo di relazioni pacifiche fra le equiordinate �..... era l�obiettivo primario, e non in ambito romano. Per i Romani, infatti, l�utilizzo di un tale metodo di risoluzione delle controversie era segno di debolezza, poich� implicava l�inammissibile accettazione di una posizione di parit� con una controparte �barbara�. I popoli stranieri erano considerati dai Romani come inferiori e, dunque, insuscettibili di assumere la veste di controparte in un giudizio arbitrale. Per una disamina delle origini dell�arbitrato tra Stati si veda A. PIETRoBoN, il giudizio nell�arbitrato fra Stati, Editoriale Scientifica, 2016, pp. 21 ss. (8) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 656-657. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE venzioni bilaterali, denominate Bilateral investment Treaties (BIT). I BITs rispondono all�antica esigenza di assimilare il trattamento giuridico dello straniero a quello riservato al cittadino dello Stato contraente. Tali trattati rappresentano un�evoluzione delle convenzioni di amicizia, commercio e navigazione, attraverso le quali ogni Stato regolava l�accesso delle persone fisiche e giuridiche, il loro stabilimento nel territorio, lo svolgimento delle professioni e il trattamento giuridico dei loro beni (9). A tal riguardo, occorre, tuttavia, osservare che l�art. 207, par. 1, come modificato dal Trattato di Lisbona, ha attribuito all�Unione europea la competenza esclusiva a concludere nuovi trattati bilaterali in materia di investimenti esteri e, dunque, con l�entrata in vigore del Trattato (10), la negoziazione e la conclusione di questi accordi sar� svolta dalla Commissione europea. I trattati multilaterali sono, al contrario, poco numerosi in materia. Tra i pi� rilevanti si possono citare il mercado Com�n del Sur (MERCoSUR) (11), il North atlantic Free Trade agreement (NAFTA) (12) e l�Energy Charter Treaty (ECT). occorre, ai nostri fini, concentrare l�attenzione su quest�ultimo, comՏ stato di recente confermato dalla �UNCTaD Note on recent Trends in iiaS and iSDS�, infatti, negli ultimi anni le controversie intra-UE nel settore delle energie rinnovabili hanno reso l�ECT il trattato pi� frequentemente invocato nelle controversie arbitrali in materia di investimenti (13). Il Trattato sulla Carta dell�Energia � stato sottoscritto a Lisbona il 17 dicembre 1994 da cinquantadue parti contraenti ed � entrato in vigore il 16 aprile 1998 a seguito (9) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 657-658. (10) Il Trattato di Lisbona � stato firmato il 13 dicembre 2007 ed � entrato in vigore a partire dal 1 gennaio 2009. (11) Il mercado Com�n del Sur, costituito con il Trattato di Asunci�n del 26 marzo 1991, realizza l�unione doganale fra Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay e, per quanto interessa in questa sede, prevede che le controversie nascenti tra un investitore nazionale di uno Stato contraente e un altro Stato contraente, se non risolte amichevolmente, possano essere deferite a Tribunali arbitrali ad hoc. Si veda a tal riguardo C. TUoSTo, L�evoluzione del sistema di risoluzione delle controversie del mercosur e �influenze� comunitarie, in L�evoluzione dei sistemi giurisdizionali regionali ed influenze comunitarie (a cura di P. PENNETTA), Cacucci Editore, 2010, pp. 51 ss. (12) Il North atlantic Free Trade agreement, concluso il 17 novembre 1992 ed entrato in vigore il 1 gennaio 1994, rimuove ogni restrizione al libero commercio fra gli Stati Uniti, il Canada e il Messico, con riferimento ai beni che originano in uno degli Stati contraenti. Anche in tal caso, le controversie tra il privato investitore e lo Stato destinatario dell�investimento sono devolute a un meccanismo arbitrale, che l�investitore deve scegliere tra i tre previsti dal Trattato: Convenzione di Washington del 1965, Meccanismo Supplementare ovvero Regolamento arbitrale dell�UNCITRAL. (13) Cos� l�ECT ha preso il posto del NAFTA, UNCTAD, IIA Issues Note, Recent Trends in IIAS and ISDS, No. 1, February 2015, http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/webdiaepcb2015d1_en.pdf. Secondo la nota Note, p. 6 nel solo 2014 �[a] quarter of all known new disputes (eleven) were intra- European Union cases, which is lower than the year before (in 2013, 42 per cent of all new claims were intra-European Union). Half of them were brought pursuant to the ECT, and the rest on the basis of intra-European Union BiTs.� RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 delle prime trenta ratifiche. Le materie disciplinate dal Trattato sono quelle del commercio e del transito dei prodotti energetici, dell�efficienza energetica e delle connesse problematiche ambientali, nonch� il settore degli investimenti. La peculiarit� della convenzione � l�ampiezza del suo ambito di applicazione, tra le parti contraenti figurano, infatti, la Comunit� Europea e tutti i suoi Stati membri, la Russia e altri Stati membri dell�ex Unione Sovietica. L�art. 26 del Trattato prevede un peculiare mezzo di risoluzione delle controversie fra investitori e Parti contraenti, stabilendo che, ove l�investitore decida di attivare la procedura arbitrale, possa optare a sua scelta tra i meccanismi previsti dalla: Convenzione di Washington del 1965 sulla risoluzione di controversie in materia di investimenti o, se inapplicabile, dal Meccanismo Supplementare; dal Regolamento arbitrale dell�UNCITRAL ovvero dal Regolamento dell�Istituto Arbitrale della Camera di Commercio di Stoccolma. Ciascun Tribunale, costituito ai sensi dell�art. 26, decider� la controversia sulla base del medesimo Trattato, nonch� delle regole e principi del diritto internazionale (art. 26.6 dell�ECT) (14). Elemento comune delle convenzioni in materia di investimenti diretti esteri � la previsione di un meccanismo di composizione arbitrale delle controversie nascenti tra il privato investitore e lo Stato destinatario dell�investimento. Prima dello sviluppo di tali convenzioni, infatti, l�investitore straniero che lamentasse un danno ad opera dello Stato ospite poteva o ricorrere alla giustizia interna ovvero intraprendere la via diplomatica, entrambi rimedi considerati insufficienti poich� scontano il rischio di politicizzazione o di eccessiva discrezionalit� (15). Il ricorso all�arbitrato internazionale per la composizione delle dispute �, dunque, una componente imprescindibile della promozione e della protezione degli investimenti esteri che ogni trattato offre di favorire. I sistemi di arbitrato internazionale previsti dalle convenzioni sopra richiamate sono diversi e ricomprendono: la Convenzione di Washington del 1965, istitutiva del Centro Internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID) ovvero, ove tale convenzione non sia applicabile, il Meccanismo Supplementare predisposto dall�ICSID; l�arbitrato ad hoc in base al Regolamento di arbitrato dell�UNCITRAL del 1976; l�arbitrato sulla base del Regolamento dell�Istituto Arbitrale della Camera di Commercio di Stoccolma; l�arbitrato sulla base del Regolamento della Corte di (14) Cfr. P. BERNARDINI, L�arbitrato nel commercio e negli investimenti internazionali, Giuffr�, 2008, pp. 251-253. (15) Cfr. L. GaLaNTi, arbitrato sugli investimenti e forme processuali del consenso, in rivista del- l'arbitrato, fasc. 2, 2017, p. 424; D. GALLo, Portata, estensione e limiti del nuovo sistema di risoluzione delle controversie in materia d�investimenti nei recenti accordi sul libero scambio dell�Unione Europea, in Diritto del Commercio internazionale, fasc. 4, 2016, p. 827; S. RoSSELLA e C. TRECRoCI, ascesa e declino dell'� investor-State arbitration �, fra contrasto alla corruzione internazionale, regolazione dei mercati e Free Trade agreements multilaterali, in rivista dell'arbitrato, fasc. 1, 2016, p. 165. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE Arbitrato Internazionale di Londra (LCIA) e, infine, l�arbitrato in base al Regolamento della Camera di Commercio Internazionale (ICC). Tali meccanismi di arbitrato internazionale possono essere suddivisi in due gruppi, contrapponendosi l�arbitrato secondo la Convenzione di Washington a tutti gli altri sistemi di arbitrato contemplati dai trattati a tutela degli investimenti. Esiste, infatti, una rilevante differenza tra questi due gruppi: mentre la Convenzione di Washington, fondata su un trattato internazionale, contiene una disciplina autosufficiente e autonoma, insensibile alle interferenze delle leggi e dei giudici nazionali, gli altri mezzi di risoluzione delle controversie, di natura privata, trovano fondamento nel richiamo del relativo regolamento ad opera delle parti e, conseguentemente, la normativa arbitrale dovr� necessariamente essere integrata dalle norme di procedura vigenti nella sede dell�arbitrato (16). 5. La sentenza �achmea� . Recentemente la Corte di Giustizia dell�Unione Europea � intervenuta a giudicare della compatibilit� con il diritto comunitario di una clausola contenuta in un trattato bilaterale internazionale che prevede una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie nascenti tra un investitore di uno Stato membro e un altro Stato membro dell�Unione. Alla radice di tale problema vi � la diversit� tra le figure dell�arbitrato nazionale e dell�arbitrato internazionale: mentre il primo � infatti generalmente ammesso dai singoli ordinamenti nazionali, in alternativa al ricorso agli organi di giustizia statali, unicamente se posto in essere su base volontaria dalle parti e generalmente con valore negoziale (transattivo), nel secondo, invece, la procedura arbitrale � prevista come deroga obbligatoria (per la parte convenuta) al ricorso agli organi di giustizia ordinamentali. Con la sentenza del 6 marzo 2018, repubblica Slovacca c. achmea BV, la Corte di Giustizia dell�Unione Europea chiarisce che tali clausole si pongono in contrasto con il disposto degli articoli 267 e 344 TFUE, dichiarando che: �Gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come l�articolo 8 dell�accordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il regno dei Paesi Bassi e la repubblica federale ceca e slovacca, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nell�altro Stato membro pu� avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si � impegnato ad accettare�. (16) Cfr. A. BRIGUGLIo, L�arbitrato estero -il sistema delle convenzioni internazionali, CEDAM, 1999, pp. 252-253. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 5.1. La vicenda. Il caso trae origine dall�ordinanza di rinvio pregiudiziale con cui la Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof) chiede alla Corte di Giustizia di formulare un parere sull�interpretazione degli articoli 18 (17), 267 (18) e 344 (19) TFUE. Tale ordinanza � stata emessa nell�ambito di una controversia tra la Repubblica Slovacca e la Achmea Bv in merito al lodo del 7 dicembre 2012, pronunciato dal collegio arbitrale previsto dall�art. 8 dell�accordo per la promozione e la tutela degli investimenti tra il Regno dei Paesi Bassi e l�allora Cecoslovacchia (TBI). occorre innanzitutto, data la singolarit� della vicenda, ripercorrere i tratti salienti del caso in esame, passando dalla fase antecedente la nascita della controversia, per poi giungere davanti la Corte di Giustizia. Nella fase che precede la nascita della controversia, possono indicarsi tre annate di particolare rilevanza: 1) il 1991: anno di conclusione del trattato bilaterale per gli investimenti (TBI) con cui il Regno dei Paesi Bassi e la Cecoslovacchia si obbligano a devolvere a un collegio arbitrale le controversie eventualmente nascenti tra uno Stato contraente e un investitore dell�altro Stato contraente; 2) il 2004: anno in cui la Slovacchia, succeduta in seguito alla dissoluzione della Cecoslovacchia nell�assunzione dei diritti e degli obblighi nascenti dal TBI, liberalizza il proprio mercato di assicurazioni sanitarie private, aprendolo agli operatori nazionali, nonch� a operatori esteri, cos� inducendo l�Achmea, un�impresa facente parte di un gruppo di assicurazioni olandese, a stabilire una filiale in Slovacchia; 3) il 2006: anno in cui la Slovacchia interviene sul mercato delle assicu (17) articolo 18 TFUE: �Nel campo di applicazione dei trattati, e senza pregiudizio delle disposizioni particolari dagli stessi previste, � vietata ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalit�. Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni�. (18) articolo 267 TFUE: �La Corte di giustizia dell'Unione europea � competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull'interpretazione dei trattati; b) sulla validit� e l'interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione. Quando una questione del genere � sollevata dinanzi ad una giurisdizione di uno degli Stati membri, tale giurisdizione pu�, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere � sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale giurisdizione � tenuta a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere � sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il pi� rapidamente possibile�. (19) articolo 344 TFUE: �Gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all'interpretazione o all'applicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso�. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE razioni private, revocandone parzialmente la liberalizzazione. Pi� precisamente con la legge del 25 ottobre 2007 si era vietata la distribuzione degli utili generati dalle attivit� di assicurazione sanitaria privata, poi nuovamente autorizzata a partire dal 2011, in seguito all�intervento della Corte costituzionale della Repubblica slovacca che ha giudicato illegittimo l�intervento normativo (20). La parziale revocazione della liberalizzazione del mercato delle assicurazioni private, rappresenta, dunque l�evento generatore della controversia tra la Slovacchia e l�Achmea. Invero, a partire da tale momento, l�impresa assumer� che le misure legislative le hanno arrecato un pregiudizio illegittimo, poich� contrario al TBI. La fase che segue alla nascita della controversia, vede susseguirsi principalmente tre �organi giudicanti�, cui corrispondono tre differenti pronunce: il collegio arbitrale, adito dall�Achmea, che con il sopracitato lodo del 7 dicembre 2012 condanna la Repubblica slovacca a pagare all�impresa un risarcimento danni per un importo di circa 22,1 milioni di euro; la Corte federale di Cassazione tedesca (Bundesgerichtshof) che, nell�ambito della procedura attivata dalla Slovacchia per l�annullamento del lodo arbitrale, emette l�ordinanza di rinvio pregiudiziale con cui chiede alla Corte di Giustizia di formulare un parere sull�interpretazione degli articoli 18, 267 e 344 TFUE; e infine la Corte di Giustizia dell�Unione Europea, con la pronuncia della sentenza in esame. 5.2. i quesiti. In particolare, la Corte federale di Cassazione (Bundesgerichtshof) sottopone all�esame della Corte di Giustizia una triplice questione (21): 1) L�articolo 344 TFUE vieta l�applicazione di una clausola, contenuta in un accordo bilaterale di investimento tra Stati membri dell�Unione, secondo la quale un investitore di uno Stato contraente pu�, in caso di controversia riguardante investimenti effettuati all�interno di un altro Stato contraente, intraprendere una procedura contro quest�ultimo Stato innanzi a un collegio arbitrale, dal momento che il suddetto accordo � stato concluso prima del- l�adesione di uno degli Stati contraenti all�Unione, ma la procedura arbitrale � stata introdotta dopo la suddetta data? 2) L�articolo 267 TFUE vieta l�applicazione di una previsione di tale tenore? 3) alle condizioni descritte nel primo quesito, l�art. 18, primo comma, TFUE vieta l�applicazione di una previsione di tale tenore? Il giudice europeo, tuttavia, sembra estendere la portata dei quesiti, in un (20) �stavn. s�d Slovenskej republiky, sentenza del 26 gennaio 2011. (21) Si veda par. 23 della sentenza in esame. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 senso che va al di l� del caso concreto, sottintendendo che il principio affermato possa trovare applicazione in tutti quei casi in cui all�interno di qualsivoglia accordo internazionale venga inserita una clausola che preveda una possibilit� di risoluzione arbitrale delle controversie nascenti tra un investitore di uno Stato membro nei confronti di un altro Stato membro dell�Unione Europea. Invero, al par. 31 della pronuncia, si legge che: �Con il primo e il secondo quesito, che tratteremo congiuntamente, il giudice di rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 267 e 344 TFUE, devono essere interpretati nel senso di vietare che una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra Stati membri, qual � l�art. 8 del TBi, secondo la quale un investitore di uno Stato membro pu�, in caso di controversia concernente investimenti effettuati in un altro Stato membro, intraprendere una procedura contro quest�ultimo Stato membro innanzi a un collegio arbitrale, di cui questo Stato membro si � vincolato ad accettare la competenza�. Ebbene, prima di esaminare i quesiti, la Corte ricorda la ratio e le peculiarit� dei principi stabili agli articoli 267 e 344 TFUE, affermando che: 1) �al fine di assicurare di salvaguardare le caratteristiche specifiche, nonch� l�autonomia, dell�ordinamento giuridico europeo, i trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale volto a garantire la coerenza e l�unit� nell�interpretazione del diritto europeo. Secondo quanto stabilito dall�articolo 19 TUE, � compito dei giudici nazionali e della Corte garantire la piena applicazione del diritto europeo all�interno degli Stati membri, nonch� la tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti ai singoli dall�ordinamento giuridico dell�Unione. in particolare, la chiave di volta del sistema giurisdizionale, cos� delineato, � costituita dalla procedura di rinvio pregiudiziale prevista all�articolo 267 TFUE che, instaurando un dialogo fra i giudici, ossia fra la Corte e i giudici degli Stati membri, ha lo scopo di assicurare l�unit� nell�interpretazione del diritto dell�Unione, garantendone in tal modo la coerenza, la piena efficacia e l�autonomia nonch�, in ultima istanza, il carattere specifico del diritto istituito dai trattati� (v. parr. 35, 36 e 37 della decisione); 2) �Secondo una giurisprudenza costante della Corte, un accordo internazionale non pu� pregiudicare il riparto di competenze fissato dai trattati e, dunque, l�autonomia del sistema giuridico dell�Unione di cui la Corte assicura il rispetto. Tale principio si rinviene nell�articolo 344 TFUE, secondo il quale gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa a l�interpretazione o l�applicazione dei trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso� (v. par. 32 della decisione). 5.3. La decisione. Alla luce dei sopra richiamati principi, il procedimento logico seguito CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE dalla Corte, al fine di vagliare la legittimit� di una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie intra-UE, pu� essere suddiviso in tre fasi: 1) occorre innanzitutto verificare se la controversia sottoposta all�esame del collegio arbitrale concerne l�interpretazione o l�applicazione dei trattati europei, cos� da valutare l�applicabilit� nel caso di specie dell�art. 344 TFUE (v. par. 39 della decisione); 2) Nel caso in cui nella controversia venga effettivamente in esame l�interpretazione o l�applicazione dei trattati europei, allora occorrer� verificare se il collegio arbitrale rientri nel sistema giurisdizionale dell�Unione e, in particolare, se esso possa essere assimilato a una giurisdizione di uno degli Stati membri ai sensi dell�articolo 267 TFUE, cos� da poter adire la Corte di Giustizia in via pregiudiziale (v. par. 43 della pronuncia); 3) Dopodich� occorrer� verificare se la decisione arbitrale possa, conformemente all�articolo 19 TUE, essere soggetta al controllo di un organo giurisdizionale di uno Stato membro, il quale garantisce che le questioni concernenti il diritto europeo portate innanzi a tale collegio, possano, eventualmente, essere esaminate dalla Corte di Giustizia in sede di rinvio pregiudiziale (v. par. 50 TFUE). Nella specie, la Corte di Giustizia accerta che la controversia sottoposta al collegio arbitrale certamente involgeva l�interpretazione e l�applicazione del diritto europeo. Invero, secondo l�accordo tra i Paesi Bassi e la Slovacchia, il collegio arbitrale deve tenere conto del diritto interno allo Stato contraente coinvolto nella controversia, nonch� degli accordi coinvolgenti le parti. Ne deriva che il diritto dell�Unione europea deve considerarsi diritto applicabile alla controversia in esame, in quanto non solo diritto in vigore in ogni Stato membro dell�Unione, ma anche derivante da un accordo sovranazionale fra gli Stati membri (v. parr. 40, 41, e 42 della sentenza). Per quanto riguarda, invece, la natura del collegio arbitrale, la Corte esclude che esso possa essere assimilato a una giurisdizione di uno Stato membro del- l�Unione, ai sensi dell�art. 267 TFUE, affermando che ҏ proprio il carattere derogatorio della giurisdizione di tale collegio, rispetto a quella dei giudici di questi due Stati membri (Paesi Bassi e Slovacchia), che costituisce una delle principali ragioni d�essere dell�articolo 8 del TBi� (v. par. 45 della sentenza). Con riferimento, infine, al controllo giurisdizionale del lodo arbitrale il giudice europeo evidenzia che il TBI qualifica tale decisione come �definitiva� e, pur essendo prevista una procedura di verifica della validit� del lodo, tale meccanismo � frutto di una �scelta� dello stesso collegio arbitrale. Infatti, il collegio decide esso stesso la propria sede e, di conseguenza, il diritto applicabile al procedimento che disciplina tale controllo. In pi�, osserva la Corte, il controllo giurisdizionale del lodo � �limitato� a ipotesi specifiche. Da tali considerazioni la Corte deduce che gli Stati membri parte dell�accordo internazionale abbiano istituito un meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitore e Stato membro che, pur coinvolgendo RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 l�interpretazione e l�applicazione del diritto europeo, non ne assicura la piena efficacia e uniformit�. 6. i riflessi della sentenza �achmea� sulle controversie arbitrali intra-UE pendenti ai sensi della Carta dell�energia. I paragrafi 57 e 58 della pronuncia in esame pongono in luce i problemi nascenti dalla eventuale applicazione, in ambito comunitario, di una clausola contenuta in un accordo internazionale che preveda una procedura arbitrale di risoluzione delle controversie sorte tra un investitore di uno Stato membro e un altro Stato membro dell�Unione. Invero, di primo acchito, al par. 57 della sentenza la Corte sembra asserire l�astratta compatibilit� con il diritto europeo di un accordo internazionale, di cui l�Unione sia parte contraente, che attribuisca alla competenza di un giudice terzo l�adozione di pronunce vincolanti. Secondo il par. 57 della decisione, infatti: �� un accordo internazionale che preveda l�istituzione di un giudice incaricato dell�interpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino le istituzioni, ivi compresa la Corte, non �, in linea di principio, incompatibile con il diritto dell�Unione. infatti, la competenza dell�Unione in materia di relazioni internazionali e la sua capacit� di concludere accordi internazionali comportano necessariamente la facolt� di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne l�interpretazione e l�applicazione delle loro disposizioni, purch� sia rispettata l�autonomia dell�Unione e del suo ordinamento giuridico�. Successivamente, al par. 58 della sentenza, la Corte sembra giungere alla conclusione dell�incompatibilit� con il diritto europeo della clausola compromissoria del TBI, sul rilievo che l�Unione non � parte contraente dell�accordo concluso tra Paesi Bassi e Slovacchia, precisando che: �Tuttavia, nella specie, oltre al fatto che le controversie che rientrano nella competenza del collegio arbitrale di cui all�articolo 8 del TBi possono riguardare l�interpretazione tanto di detto accordo quanto del diritto dell�Unione, la possibilit� di sottoporre tali controversie ad un organismo che non costituisce un elemento del sistema giurisdizionale dell�Unione � prevista da un accordo concluso non dall�Unione, ma dagli Stati membri. orbene, il suddetto articolo 8 � tale da rimettere in discussione, oltre al principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri, la salvaguardia del carattere proprio dell�ordinamento istituito dai Trattati, garantito dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui all�articolo 267 TFUE, e non � pertanto compatibile con il principio di leale cooperazione ricordato al punto 34 della presente sentenza�. A una primo superficiale esame dei suddetti paragrafi, si potrebbe giungere alla conclusione che la Corte di Giustizia distingua, ponendole in contrapposizione, due diverse ipotesi: la prima in cui la clausola di risoluzione arbitrale delle controversie tra un investitore di uno Stato membro e un altro CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE Stato membro sia contenuta in un accordo di cui l�Unione europea non � parte contraente; la seconda in cui tale clausola sia inserita in un accordo di cui l�Unione europea � parte contraente. Nell�un caso la clausola compromissoria sarebbe in contrasto con il diritto europeo, nell�altro, invece, detto contrasto non vi sarebbe, poich� l�Unione si sarebbe �assoggettata� alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi. Di conseguenza, essendo l�Unione firmataria dell�ECT, l�art. 26 dell�ECT, che, come ricordato, prevede un meccanismo arbitrale di risoluzione delle controversie nascenti tra un investitore e una Parte contraente, sembrerebbe compatibile con il diritto comunitario, anche qualora ad essere coinvolti fossero due Stati membri dell�Unione europea. La Corte di Giustizia dell�UE, tuttavia, sembra concludere affermando che un accordo internazionale, contenente una clausola di risoluzione arbitrale delle controversie intra-UE, di cui l�Unione europea sia parte, si pone in contrasto con il diritto euro unitario, qualora il suddetto accordo costituisca una minaccia per �la salvaguardia del carattere proprio dell�ordinamento istituito dai Trattati, garantito dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui all�articolo 267 TFUE�. In particolare, al par. 57 della sentenza, la Corte di Giustizia precisa che affinch� un lodo arbitrale, emesso in virt� di una clausola compromissoria contenuta in un accordo internazionale di cui l�Unione � parte contraente, sia vincolante per le istituzioni dell�Unione europea deve sussistere un duplice presupposto, oggettivo e funzionale: 1) oggetto dell�interpretazione del collegio arbitrale devono essere unicamente le disposizioni del suddetto accordo internazionale, senza estendersi a quelle del diritto europeo e ci� lo si evince dall�utilizzo da parte della Corte di Giustizia degli aggettivi �sue� e �loro�; 2) Tale interpretazione sar� vincolante sempre che �sia rispettata l�autonomia dell�Unione e del suo ordinamento giuridico�. Alla luce di tali affermazioni, il principio espresso dalla Corte nella sentenza sembra, in astratto, estendibile alle clausole compromissorie contenute nei trattati internazionali di cui pure l�Unione europea � parte contraente. occorre, dunque, accertare se i principi posti dalla Corte di Giustizia possano applicarsi anche alle controversie intra-UE pendenti ai sensi dell�art. 26 del Trattato sulla Carta dell�energia, verificando la sussistenza nei singoli casi concreti dei presupposti logico-giuridici posti a fondamento della sentenza in esame (22). (22) Sull�applicabilit� del principio espresso nella sentenza �Achmea� alle controversie intra-UE, pendenti ai sensi dell�art. 26 ECT, si vedano N. LAvRANoS, Black Tuesday: the end of intra-EU BiTs, in http://arbitrationblog.practicallaw.com/black-tuesday-the-end-of-intra-eu-bits: �as regards intra-EU ECT disputes, it would seem that achmea applies, which means that European investors can no longer RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 � necessario innanzitutto verificare se, al fine di risolvere la controversia arbitrale pendente ai sensi dell�ECT: 1) venga in rilievo l�interpretazione o l�applicazione del diritto europeo; 2) in secondo luogo bisogner� accertare se il collegio arbitrale sia o meno equiparabile a una giurisdizione interna di uno Stato membro; 3) infine, bisogner� analizzare la definitivit� del lodo arbitrale emesso ai sensi della Carta dell�energia. 6.1. il diritto applicabile dal Tribunale arbitrale nelle controversie intra-UE pendenti ai sensi della Carta dell�Energia. Come sopra ricordato, l�art. 26.6 dell�ECT stabilisce che ogni Tribunale arbitrale istituito ai sensi della Carta dell�energia: �� decide sulle questioni oggetto di controversia in conformit� del presente Trattato e delle norme e di principi applicabili del diritto internazionale�. Il diritto applicabile dal collegio arbitrale comprende, dunque, tre fonti: il Trattato sulla Carta dell�energia, le norme di diritto internazionale e i principi di diritto internazionale. Queste ultime unicamente se applicabili alla controversia oggetto di arbitrato, occorrer� dunque fare riferimento alle norme e ai principi di diritto internazionale in vigore nei rapporti fra le parti tra cui � sorta la controversia che ha dato origine all�arbitrato. Con riferimento all�applicabilit� del diritto europeo nelle controversie arbitrali intra-UE si apre conseguentemente una triplice strada: l�inapplicabilit� della normativa europea in quanto non qualificabile come norma o principio di diritto internazionale; l�applicabilit� del diritto europeo poich� facente parte del diritto internazionale ovvero l�applicabilit� di talune norme europee in quanto disposizioni di �applicazione necessaria�, poich� poste a tutela di interessi irrinunciabili dell�ordinamento europeo. Segue la prima via la recente decisione Novenergia v. Kingdom of Spain (23), nella quale il collegio sembra affermare che affinch� un tribunale arbitrale possa (rectius: debba) interpretare e applicare alla controversia il diritto europeo non sia sufficiente l�implicito richiamo al diritto internazionale contenuto nell�art. 26.6 ECT, ma sia necessaria un�espressa previsione in tal senso nel testo del trattato, attualmente inesistente (24), ovvero che il ricorrente abbia rely on the ECT in order to bring cases against member states�; S. G�SP�R SzIL�GyI, The CJEU Strikes again in achmea. is this the end of investor-State arbitration under intra-EU BiTs?, in http://worldtradelaw. typepad.com/ielpblog/2018/03/guest-post-the-cjeu-strikes-again-in-achmea-is-this-the-end-of investor- state-arbitration-under-intr.html: ��the iSDS mechanism under the ECT, to the extent that it is used between EU member States and EU investors, is also incompatible with EU law� e S. HINDELANG, The Limited immediate Effects of CJEU�s achmea Judgement, in https://verfassungsblog.de/the-limited- immediate-effects-of-cjeus-achmea-judgement: �[t]here seems to be no compelling reason why investment disputes between an investor from one member State and another member State based on the ECT should in result be treated differently from such addressed in the CJEU�s achmea Judgement�. (23) Novenergia v. Kingdom of Spain, SCC Case No. 063/2015, March 20, 2018. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE assunto non solo una violazione dell�ECT, ma anche una violazione del diritto euro unitario (25). Da tale decisione, dunque, se ne desumono due rilevanti conseguenze. Innanzitutto, il lodo sembra confermare che l�interpretazione o l�applicazione del diritto europeo da parte del collegio arbitrale sia il presupposto affinch� operi il principio dell�incompatibilit� della clausola compromissoria nelle controversie intra-UE. In secondo luogo, tuttavia, il collegio arbitrale sottolinea che non vi � una relazione di automatismo tra la presenza nella controversia di due soggetti parte dell�Unione e l�interpretazione o applicazione del diritto euro unitario. In altre parole, non � sufficiente che le parti della controversia appartengano all�Unione europea per far s� che il collegio interpreti o applichi (anche) il diritto europeo, ma deve alternativamente sussistere una delle seguenti condizioni: la modifica dell�art. 26 ECT, affinch� si inserisca un espresso riferimento all�applicazione del diritto europeo nella risoluzione delle controversie arbitrali ovvero un�esplicita denuncia di violazione del diritto eurounitario da parte del ricorrente. Ebbene, a prescindere da una modifica del Trattato, difficilmente il ricorrente prospetter� esplicitamente l�inosservanza del diritto europeo innanzi a un collegio arbitrale, poich� in tal caso il collegio arbitrale dovrebbe necessariamente affermare il proprio difetto di giurisdizione. In definitiva, la sentenza achmea, nella lettura datane in Novenergia v. Kingdom of Spain, sembra essere una decisione di compromesso tra l�autonomia dei collegi arbitrali e il monopolio della Corte di Giustizia nell�interpretazione del diritto europeo. Il collegio arbitrale sar�, infatti, libero di risolvere le controversie nascenti tra Stati membri dell�Unione europea, ai sensi dell�art. 26 ECT, fintantoch� non venga in rilievo, nelle modalit� descritte, l�interpretazione o l�applicazione del diritto euro unitario, nel qual caso dovr� rilevare il difetto di giurisdizione. Nell�attesa della pubblicazione della decisione del collegio arbitrale sull�eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla Germania in riferimento alla causa pendente contro la compagnia energetica sve (24) Si veda in tal senso, Novenergia v. Kingdom of Spain, cit. par. 459: �The Tribunal considers that the respondent's argument relating to article 26(6) of the ECT to be correct would require an explicit inclusion in the text of the ECT of a clear exception as purported by respondent. However, no such exception was introduced and the Tribunal concludes that the text of the treaty does not support such an interpretation and is further unconvinced that such an exception was intended to be included by the drafters of the ECT�. (25) Si veda in tal senso, Novenergia v. Kingdom of Spain, cit. par. 460: �The Tribunal must note that the Claimant has not submitted any of its claims based on EU law. instead, it is clear that the claims in this arbitration are all submitted solely on the basis of the provisions contained in the ECT. The facts invoked by the Claimant in support of its claims further substantiate this conclusion. it is equally clear that the Claimant is not relying on or challenging any measures adopted or directed by the EU or any of its organs. rather, it is clear to the Tribunal that the Claimant is exclusively relying on the adoption of measures that were of the respondent's own volition�. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 dese vattenfall, al fine di verificare condivisione o meno di tale orientamento da parte dei tribunali arbitrali. Di contrario avviso sembrano essere parte della dottrina (26) e alcuni collegi arbitrali, i quali non hanno mai dubitato della natura peculiare e ambivalente del diritto euro unitario. Esemplificativamente, in Electrabel v. Hungary (27) e in Blusun S.a., Jean-Pierre Lecorcier and michael Stein v. italian republic (28), il collegio evidenzia la duplice natura del diritto dell�Unione, quale diritto parte sia dell�ordinamento internazionale che del diritto nazionale di ogni Stato membro. Ancora, l�Avvocato generale Maduro, nell�opinion espressa nel caso Kadi, descrive il diritto europeo come �un ordre juridique interne d�origine internationale� (29). Seguendo tale linea interpretativa, si potrebbe trarre la conseguenza che qualora uno Stato membro sia coinvolto in una controversia arbitrale con un investitore di un altro Stato membro, in materia di tutela degli investimenti esteri, venga sempre in rilievo l�interpretazione e l�applicazione del diritto dell�Unione europea, in quanto parte del diritto internazionale. (26) Cfr. fra gli altri, T. HARTLEy, in �international Law and the Law of the European Union - a reassessment�, British yearbook of International Law, 72, 2001, pp. 1-35 e M. BURGSTALLER, �European Law and investment Treaties�, 26 Journal of International Arbitration, 2009, p. 191: �The fact that the EC Treaty differs from ordinary international agreements is no warrant for presuming that the law it establishes is not part of, and governed by international law � Consequently, EC law is best viewed as a subsystem of public international law, though a highly developed international legal order with particular features, in particular the primacy of EC Law over national law and direct effect of EC law�. (27) �4.120. (ii) EU law is based on international treaties: EU law is international law because it is rooted in international treaties; and both Parties accepted, of course, that the EU Treaties are legal instruments under public international law. EU law flows from the Treaty of rome, as amended many times, creating the European Union, as was submitted by the respondent: (�) 4.122. (iii) The Whole of EU Law as an international Legal order: moreover, the Tribunal considers that EU law as a whole is part of the international legal order; and it does not draw a material distinction, as proposed by the Claimant, between the EU Treaties (which the Claimant acknowledges as international law) and the �droit d�riv�� (which the Claimant does not acknowledge as international law). in the Tribunal�s view, all EU legal rules are part of a regional system of international law and therefore have an international legal character. This was stated clearly by the ECJ many years ago, in the famous case Van Gend en Loos: (�) 4.124. (iv) EU law as National Law: in the Tribunal�s view, the fact that EU law is also applied within the national legal order of an EU member State does not deprive it of its international legal nature. EU law remains international law; EU law is not limited to a treaty but includes a body of law flowing from the EU Treaties. Legal rules created under the Treaties can apply directly within the different national legal orders, without any further procedural step taken by EU member States�. (ICSID Case No. ARB/07/19, Electrabel v. Hungary, Decision on Jurisdiction, Applicable Law and Liability, Nov. 30, 2012, RLA-4). (28) �278. The Parties in effect agree that the applicable law in determining this issue is international law, and specifically the relevant provisions of the VCLT. The Tribunal agrees, but would observe that this does not exclude any relevant rule of EU law, which would fall to be applied either as part of international law or as part of the law of italy�. (ICSID Case No ARB/14/3, Blusun S.a., Jean- Pierre Lecorcier and michael Stein v. italian republic, Final Award, 27 December 2016, RLA-1). (29) opinion of the Advocate General Maduro in Case C-402/05, paragraph 21, [2008] ECR I6351. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE In una posizione intermedia si colloca la teoria delle norme europee di applicazione necessaria (30). Secondo tale orientamento vi sarebbe per gli arbitri il dovere di interpretare e applicare alle controversie intra-UE le norme europee di applicazione necessaria, ossia un nucleo di norme, contenute nel diritto europeo primario e derivato, poste a tutela di interessi irrinunciabili dell�ordinamento giuridico europeo. La Corte di Giustizia ha enunciato tale principio nella nota sentenza ingmar (31), dichiarando l�imperativit� internazionale delle disposizioni contenute nella Direttiva CEE 653/86 sugli agenti commerciali. In tale decisione, la Corte ha, infatti, sottolineato che il regime istituito dalla Direttiva �mira � a tutelare, tramite la categoria degli agenti commerciali, la libert� di stabilimento e una concorrenza non falsata nell�ambito del mercato interno. L�osservanza di dette disposizioni nel territorio della Comunit� appare, pertanto, necessario per la realizzazione di tali obiettivi del Trattato� (32). Conseguentemente, �risulta essenziale per l�ordinamento giuridico comunitario che un preponente stabilito in un paese terzo, il cui agente commerciale esercita la propria attivit� all�interno della Comunit�, non possa eludere queste disposizioni con il semplice espediente di una clausola sulla legge applicabile� (33). La giurisprudenza della Corte, oltre ad essere oggetto di talune critiche per un�indebita interferenza nei tradizionali meccanismi internazionali privatistici di risoluzione delle controversie (34), istaura un clima di incertezza, poich� pone la difficolt� di individuare con precisione quali siano le norme europee di applicazione necessaria, dato che non esistono disposizioni codificate che indichino agli arbitri a quali norme di applicazione necessaria dare efficacia. In conclusione, sull�applicabilit� del diritto europeo alle controversie arbitrali tra soggetti parte dell�Unione europea, istaurate ai sensi dell�art. 26.6 ECT, si scontrano le opinioni di chi, dando rilievo all�autonomia delle parti, esclude un�automatica applicazione delle norme o dei principi europei, con quelle di chi, identificando il diritto europeo con il diritto internazionale, ritiene che l�ordinamento giuridico europeo sia sempre applicabile in virt� del richiamo che l�art. 26.6 ECT fa al diritto internazionale. Infine, vi � chi reputa a tali controversie applicabili unicamente talune norme del diritto europeo, (30) Cfr. P. BERToLI, Diritto europeo dell�arbitrato internazionale, Giuffr�, 2015, pp. 50 ss. (31) Sentenza 9 novembre 2000, in causa C-381/98, ingmar GB Ltd c. Eaton Leonard Technologies inc. (32) Par. 24 della motivazione. (33) Par. 24 della motivazione. (34) H.L.E. vERAGHEN, The Tension Between Party autonomy and European Union Law: Some observations on ingmar GB Ltd V Eaton Leonard Technologies inc, in international & Comparative Law Quarterly, vol. 51, 2002, pp. 135-154; W.H. RoTH, Case C-381/98, ingmar GB Ltd v. Eaton Leonard Technologies inc. judgment of the Court (Fifth Chamber) of 9 November 2000, in Common market Law review, 2002, pp. 369-383. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 non tanto facendo leva sul carattere internazionale delle stesse, bens� valorizzandone la natura di �norme europee di applicazione necessaria�. 6.2. L�equiparabilit� del Tribunale istituito ai sensi dell�art. 26.4 ECT a una giurisdizione interna a uno Stato membro. L�art. 267 TFUE restringe la legittimazione ad adire la Corte di Giustizia in via pregiudiziale agli �organi giurisdizionali di uno degli Stati membri�. La nozione di �giurisdizione nazionale� � autonoma, essendo irrilevante la qualificazione dell�organo da parte del diritto interno. La Corte di Giustizia ha pi� volte chiarito che, al fine di attribuire ad un organo natura giurisdizionale, rilevano �un insieme di elementi quali l�origine legale dell�organo, il suo carattere permanente, l�obbligatoriet� della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l�organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente� (35). Dalla giurisprudenza della Corte sembra emergere una concezione di �giurisdizione statale� che richiede, quale presupposto essenziale, la riconducibilit� dell�organo remittente all�ordinamento costituzionale dello Stato membro. Da un lato, infatti, la Corte riconosce tale natura a taluni tribunali internazionali, quale la Corte del Benelux (36), sulla base del fatto che siano qualificabili come �giurisdizioni comuni a vari Stati membri�, dall�altro nega la legittimazione dei tribunali arbitrali a sollevarle questioni pregiudiziali, difettando del requisito dell�obbligatoriet� della giurisdizione. Secondo la Corte, infatti �per le parti contraenti non vi � alcun obbligo, n� di diritto n� di fatto, di affidare la soluzione delle proprie liti a un arbitrato e � le autorit� pubbliche dello Stato membro interessato non sono implicate nella scelta della via dell�arbitrato n� sono chiamate a intervenire d�ufficio nello svolgimento del procedimento dinnanzi all�arbitro� (37). Cos�, la Corte ha potuto conoscere delle controversie innanzi ai tribunali arbitrali solo indirettamente, grazie ai rinvii pregiudiziali sollevati dai giudici innanzi ai quali pende un�impugnazione contro un lodo (38). Tale orientamento restrittivo della Corte sulla nozione di �giurisdizione (35) v. le sentenze 31 gennaio 2013, in causa C-394/11, Belov, par. 38; 4 giugno 2011, miles e a., in causa C-196/09, par. 37; 31 maggio 2005, in causa C-53/03, Syfait; 30 maggio 2002, in causa C516/ 99, Schmid; 15 gennaio 2002, in causa C-182/00, Lutz; 19 novembre 2001, in causa C-17/00, De Coster; 21 marzo 2000, in cause riunite da C-110/98 a C-147/98, Gabalfrisa; 17 settembre 1997, in causa C-54/96, Dorsch Consult; 19 ottobre 1995, in causa C-111/94, Job Centre i. (36) La Corte del Benelux � stata istituita dagli Stati membri del Benelux tramite un trattato e ha la competenza ad interpretare in via pregiudiziale le questioni attinenti all�applicazione della legge uniforme del Benelux sui marchi di impresa: sentenza 4 novembre 1997, in causa C-337/95, Parfums Christian Dior. (37) Sentenze 13 febbraio 2014, in causa C-555/13, merck Canada inc., par. 17; 27 gennaio 2005, in causa C-125/04, Denuit e Cordenier; 23 marzo 1982, in causa 102/81, Nordsee. (38) Sentenza 6 marzo 2018, in causa C.284/16, repubblica Slovacca c. achmea BV; 1 giugno 1999, in causa C-126/97, Eco Swiss c. Benetton; 27 aprile 1994, in causa C-393/92, almelo. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE statale�, pur trovando ragione nel fatto che � lo Stato membro a essere responsabile per la violazione del dovere di investire la Corte a titolo pregiudiziale, � stata oggetto di critiche. � stato, infatti, osservato che il meccanismo del rinvio pregiudiziale risponde all�esigenza di evitare che si stabilizzi un giudicato in contrasto con il diritto europeo. Ebbene, una tale necessit� si avvera non solo con riferimento alle decisioni rese dagli organi giurisdizionali, ma anche avendo riguardo ai lodi arbitrali, che ne condividono gli effetti di accertamento ed esecutivi, nonch� la capacit� di circolazione (39). Pertanto, secondo alcuni, privare gli arbitri della funzione di nomofilachia assicurata dalla Corte tramite l�art. 267 TFUE vorrebbe dire interpretare tale norma in contraddizione con il suo obiettivo ultimo (40). Il mancato adempimento dell�obbligo di rinvio, da parte degli arbitri, non avrebbe, tuttavia, una sanzione. 6.3. La definitivit� del lodo arbitrale. L�art. 26.8 ECT stabilisce che �il lodo arbitrale � � inappellabile e vincolante per le Parti della controversia. Ciascuna Parte contraente provvede senza indugio alla sua esecuzione e adotta disposizioni per rendere esecutorio detto lodo arbitrale nella propria area�. Pur essendo previsto un controllo giurisdizionale, il lodo arbitrale �, dunque, definitivo e vincolante per le parti. La possibilit� di impugnazione della decisione arbitrale �, infatti, limitata sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. Per quanto riguarda l�aspetto soggettivo, la parte soccombente pu� impugnare il lodo arbitrale unicamente davanti all�autorit� competente del luogo ove tale decisione � stata resa che, generalmente, coincide con la sede dell�arbitrato (41). Con riferimento al profilo oggettivo, occorre osservare che � l�ordinamento cos� individuato a stabilire i motivi per i quali la parte soccombente pu� svolgere il ricorso. A tal riguardo, al fine di assicurare l�uniformit� delle legislazioni in materia di impugnazione delle decisioni arbitrali, la Convenzione di Ginevra del 1961, all�art. IX, ha elencato tassativamente i motivi di annullamento del lodo arbitrale (42). Tali motivi corrispondono sostanzialmente a quelli previsti dall�art. 5 della Convenzione di New york e sono: incapacit� delle parti di stipulare l�accordo arbitrale; invalidit� dell�accordo arbitrale ai sensi della legge indicata dalle parti quale legge applicabile o, in mancanza, di quella del luogo ove la (39) Cfr. P. BERToLI, op. cit., pp. 83 ss. (40) Cfr. M. v. BENEDETTELLI, ordinamento comunitario e arbitrato commerciale internazionale: favor, ostilit� o indifferenza?, in N. BoSCHIERo, P. BERToLI (a cura di), Verso un ordine comunitario del processo civile. Pluralit� di modelli e tecniche processuali nello spazio europeo di giustizia, Napoli (Ed. scientifica), 2008, pp. 111-129. (41) Cfr. P. BERNARDINI, op. cit., pp. 241 ss. (42) Cfr. G.F. BoRIo, L�arbitrato commerciale internazionale -Genesi e svolgimento dell�arbitrato in italia. L�arbitrato fra imprese di stati diversi. La decisione degli arbitri, la sua circolazione in italia e all�estero e la sua impugnazione. Le istituzioni arbitrali permanenti, Giuffr�, 2003, pp. 99 ss. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 decisione � stata resa; violazione del principio del giusto processo; eccesso di competenza da parte degli arbitri ovvero irregolarit� nella nomina del collegio arbitrale o nella procedura; sospensione o annullamento del lodo arbitrale. Secondo quanto disposto dal secondo comma dello stesso articolo, poi: �il riconoscimento e l�esecuzione di una sentenza arbitrale possono altres� essere rifiutati se l�autorit� competente del Paese in cui il riconoscimento e l�esecuzione sono richiesti constata: a) che, secondo la legge di tale Paese, l�oggetto della controversia non � suscettibile di essere risolto mediante arbitrato; o b) che il riconoscimento o l�esecuzione della sentenza sarebbe contrario all�ordine pubblico del Paese stesso�. L�ordine pubblico �, peraltro, da interpretarsi restrittivamente, come affermato dalla Corte di Giustizia, l�ordine pubblico �costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali della convenzione, che mira a facilitare, per quanto possibile, la libera circolazione delle sentenze prevedendo un procedimento di exequatur semplice e rapido. Tale disposizione derogatoria deve essere pertanto interpretata restrittivamente� (43) e, dunque, �il ricorso alla clausola relativa all�ordine pubblico � pu� avvenire soltanto in casi eccezionali� (44). In definitiva, possono, con riferimento alla stabilit� della decisione arbitrale resa nelle controversie intra-UE pendenti ai sensi della Carta dell�Energia, ritenersi estensibili le conclusioni svolte dalla Corte di Giustizia nella sentenza achmea (45), rappresentando le ipotesi di impugnazione della decisione arbitrale delle eccezioni al generale principio di riconoscimento ed esecuzione dei lodi stranieri, volte a precludere un riesame della controversia nel merito. 7. Conclusioni. I principi posti dalla Corte di Giustizia nella causa C-284/16 �achmea� devono essere applicati anche alle controversie intra-UE pendenti ai sensi dell�art. 26 ECT, verificandosi la sussistenza dei tre presupposti logico-giuridici posti a fondamento della sentenza: la controversia sottoposta all�esame del collegio arbitrale concerne l�interpretazione o l�applicazione dei trattati europei; il collegio arbitrale non pu� essere assimilato a una giurisdizione di uno degli Stati membri ai sensi dell�articolo 267 TFUE e, infine, il lodo arbitrale, emesso ai sensi della Carta dell�energia, � definitivo. Quanto al primo presupposto, si � evidenziato come al fine di risolvere una controversia arbitrale intra-UE pendente ai sensi dell�art. 26 ECT, il col (43) Sentenza 2 giugno 1994, in causa C-414/92, Solo Kleinmotoren GmbH c. Emilio Boch, par. 20. (44) v. sentenze 6 settembre 2012, in causa C-619/10, Trade agency Ltd, par. 48; 15 novembre 2012, in causa C-456/11, Gothaer, par. 30; 28 aprile 2009, in causa C-420/07, apostolides, par. 55. (45) Per le quali si veda supra par. 5.3. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE legio arbitrale dovr� interpretare o applicare il diritto europeo, ai sensi dell�art. 26 (6) ECT, o nella sua interezza, in quanto parte del diritto internazionale, ovvero in relazione a talune disposizioni, in quanto norme di �applicazione necessaria�, poich� poste a tutela di interessi irrinunciabili dell�ordinamento europeo. Con riguardo all�assimilabilit� del collegio arbitrale a una giurisdizione di uno degli Stati membri, ai sensi dell�articolo 267 TFUE, si � osservato che la Corte di Giustizia ha pi� volte affermato una concezione restrittiva di �giurisdizione nazionale�, negando la legittimazione dei tribunali arbitrali a sottoporle questioni pregiudiziali, in quanto privi del requisito dell�obbligatoriet� della giurisdizione. L�art. 26.8 ECT qualifica, infine, la decisione arbitrale come �inappellabile e vincolante per le Parti della controversia�, limitandone la possibilit� di impugnazione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. In definitiva, escludere che possa essere attribuito a un collegio arbitrale il potere di risolvere le controversie tra soggetti parte dell�Unione risponde all�esigenza di salvaguardare il principio di autonomia del diritto UE. �autonomia�, invero, come osservato dalla Corte di Giustizia, significa �ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, scaturito da una fonte autonoma� che, �in ragione della sua specifica natura�, non pu� trovare �un limite in qualsiasi provvedimento interno senza perdere il proprio carattere comunitario� e senza che ne risulti �scosso il fondamento giuridico della stessa Comunit�� (46). Naturale corollario del principio di autonomia, �, sotto il profilo giurisdizionale, il monopolio detenuto dalla Corte di giustizia nell�interpretazione e nell�applicazione del diritto comunitario che � parte del diritto internazionale, conformemente agli articoli 19, par. 1 TUE e 344 TFUE. La Corte aveva, invero, gi� chiarito in numerose sentenze (47) e pareri (48) che organi giurisdizionali internazionali, esterni all�ordinamento comunitario, non possono dare interpretazioni vincolanti di detto ordinamento. Costituisce, dunque, una trasgressione il semplice fatto che nell�ordinamento giuridico interno sia conservata una disposizione che rimetta a un collegio arbitrale la risoluzione di controversie nascenti tra soggetti parte dell�UE, a prescindere dalla sua applicazione (46) Corte di giustizia, 5 febbraio 1963, causa 26-62, Van Gend & Loos c. Paesi Bassi, EU:C:1963:1, punto B, 12. (47) Si veda, tra le altre, Corte di giustizia, 30 maggio 2006, causa C-459/03, Commissione c. irlanda, EU:C:2006:34, punto 123. (48) Cfr. parere 1/75 della Corte di giustizia (parere 1/75 dell'11 novembre 1975, EU:C:1975:145); parere 1/78 della Corte di giustizia (parere 1/78 del 4 ottobre 1979, EU:C:1979:224); parere 1/91 della Corte di giustizia (parere 1/91 del 14 dicembre 1991, EU:C:1991:490); parere 2/92 della Corte di giustizia del 24 marzo 1995, raccolta, pp. I-1521 ss.; parere 1/94 della Corte di giustizia (parere 1/94 del 15 novembre 1994, EU:C:1994:384); parere 1/00 della Corte di giustizia (parere 1/00 del 18 aprile 2002, EU:C:2002:231); parere 1/09 della Corte di giustizia (parere 1/09 dell'8 marzo 2011, EU:C:2011/123); parere 2/13 della Corte di giustizia (parere 2/13 del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454). RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 pratica (49). La Commissione europea ha recentemente ribadito tale conclusione con riferimento all�International Charter Treaty (50), affermando che: �it is declared that, due to the nature of the EU internal legal order, the text in Title ii, Heading 4, of the international Energy Charter on dispute settlement mechanisms cannot be construed so as to mean that any such mechanisms would be- come applicable in relations between the European Union and its member States, or between the said member States, on the basis of that text� (51). Ne dovrebbe conseguire, un obbligo per gli Stati membri dell�Unione non solo di porre fine ai trattati bilaterali di investimento tra paesi membri, ma anche di far cessare l�applicazione dell�Energy Charter Treaty nelle controversie intra-UE. Invero, alla luce dell�art. 351 TFUE, gli Stati membri sono obbligati a ricorrere a ogni mezzo necessario al fine di eliminare le incompatibilit� esistenti tra i Trattati europei e le convenzioni internazionali dagli stessi concluse e, ove occorra, devono fornirsi reciproca assistenza per raggiungere tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta. Tali considerazioni sono suffragate dall�esistenza nel diritto europeo di un complesso di norme a tutela degli investimenti realizzati da un investitore europeo nel territorio di uno Stato membro, quali i principi della libera circolazione dei capitali, della libert� di impresa, tutelati anche nella Carta dei Diritti fondamentali dell�Unione Europea e ci� chiarisce perch� gli Stati membri non hanno mai concluso fra loro trattati bilaterali di investimento. Tutti gli accordi di investimento tra Stati membri dell�Unione esistenti, infatti, sono stati conclusi quando ancora uno degli Stati parte non era anche membro dell�Unione. In conclusione, in conseguenza della sentenza achmea, gli Stati membri dell�UE dovrebbero adottare una condotta comune nelle controversie arbitrali pendenti e porre fine all�applicazione dell�ECT nei loro rapporti, invitando, nei giudizi pendenti, i tribunali arbitrali a declinare la propria giurisdizione e predisponendo una comune presa d�atto della inapplicabilit� delle clausole arbitrali nelle controversie intra EU promosse dagli investitori. (49) Commissione c. Francia, 167/73, par. 34. (50) L�International Charter Treaty � un �update� dell�Energy Charter Treaty. (51) �Si dichiara che, data la natura dell'ordinamento giuridico interno all'UE, quanto disposto nel Titolo ii, Capo 4, della Carta internazionale dell'energia in merito ai meccanismi di risoluzione delle controversie, non pu� essere interpretato in modo tale da rendere applicabile tali meccanismi alle controversie tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, o tra detti Stati membri, pendenti ai sensi del suddetto Trattato�. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 47 Corte di Giustizia dell�Unione Europea, Grande sezione, sentenza 6 marzo 2018 nella causa C-284/16 -Pres. K. Lenaerts, rel. A. Tizzano, avv. Gen. M. Wathelet - Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesgerichthof (Germania) il 23 maggio 2016 - Slowakische Republik/Achmea Bv. �Rinvio pregiudiziale � Trattato bilaterale d�investimento concluso nel 1991 tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca e tuttora applicabile tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica slovacca � Disposizione che consente a un investitore di una parte contraente di adire un collegio arbitrale in caso di controversia con l�altra parte contraente � Compatibilit� con gli articoli 18, 267 e 344 TFUE � Nozione di �giurisdizione� � Autonomia del diritto dell�Unione� 1 La domanda di pronuncia pregiudiziale concerne l�interpretazione degli articoli 18, 267 e 344 TFUE. 2 Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia tra la Slowakische Republik (Repubblica slovacca) e la Achmea Bv in merito a un lodo arbitrale del 7 dicembre 2012 pronunciato dal collegio arbitrale previsto dall�accordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica federale ceca e slovacca (in prosieguo: il �TBI�). Contesto normativo Il TBI 3 Il TBI, concluso nel 1991, � entrato in vigore il 1o gennaio 1992. Ai sensi dell�articolo 3, paragrafo 1, dello stesso, le parti contraenti si sono impegnate a garantire un trattamento giusto ed equo agli investimenti degli investitori della controparte e a non impedire, con misure irragionevoli o discriminatorie, il funzionamento, la gestione, l�utilizzo, il godimento o la cessione di tali investimenti. Ai sensi dell�articolo 4 del TBI, ciascuna parte contraente garantisce la libert� di trasferimento dei pagamenti relativi a un investimento, compresi gli utili, gli interessi e i dividendi, in valuta liberamente convertibile senza restrizioni o ritardi ingiustificati. 4 L�articolo 8 del medesimo accordo prevede quanto segue: �1) Qualsiasi controversia tra una parte contraente e un investitore della controparte relativa a un investimento di quest�ultimo � definita, per quanto possibile, in via amichevole. 2) ogni parte contraente accetta, con il presente atto, che una controversia ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo sia sottoposta a un collegio arbitrale qualora non sia stata definita in via amichevole entro un termine di sei mesi a decorrere dalla data in cui una delle parti della controversia ne ha richiesto la composizione amichevole. 3) Il collegio arbitrale di cui al paragrafo 2 del presente articolo � costituito, per ogni singolo caso, nel seguente modo: ogni parte della controversia designa un arbitro e i due arbitri cos� designati scelgono insieme un terzo arbitro, cittadino di uno Stato terzo, che svolger� funzioni di presidente del collegio. ogni parte della controversia designa il proprio arbitro entro due mesi a decorrere dalla data in cui l�investitore ha notificato alla controparte la sua decisione di sottoporre la controversia a un collegio arbitrale, e il presidente � designato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla medesima data. 4) Qualora le designazioni non siano avvenute nei termini suindicati, ogni parte della controversia pu� invitare il presidente dell�Istituto arbitrale della Camera di commercio di Stoccolma a procedere alle designazioni necessarie. Se il presidente � cittadino di una parte contraente o se si trova nell�impossibilit� di esercitare detta funzione per qualsiasi RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 altra ragione, viene invitato a procedere alle designazioni necessarie il vicepresidente. Se il vicepresidente � cittadino di una parte contraente o si trova anch�egli nell�impossibilit� di esercitare detta funzione, � invitato a procedere alle designazioni necessarie il membro pi� anziano dell�Istituto arbitrale che non abbia la cittadinanza di una parte contraente. 5) Il collegio arbitrale stabilisce il proprio regolamento interno in conformit� del regolamento arbitrale della Commissione delle Nazioni Unite per il diritto commerciale internazionale (UNCITRAL). 6) Il collegio arbitrale decide secondo diritto, tenendo conto in particolare, ma non in via esclusiva: � del diritto vigente della parte contraente interessata; � delle disposizioni del presente accordo e di qualsiasi altro accordo pertinente tra le parti contraenti; � delle disposizioni di accordi speciali relativi all�investimento; � dei principi generali del diritto internazionale. 7) Il collegio delibera a maggioranza dei voti; la sua decisione � definitiva e obbligatoria per le parti della controversia�. Diritto tedesco 5 Ai sensi dell�articolo 1059, paragrafo 2, della zivilprozessordnung (codice di procedura civile), un lodo arbitrale pu� essere annullato solo se � accertato uno dei motivi di annullamento previsti da tale disposizione, tra i quali figurano la nullit� dell�accordo arbitrale in virt� della legge alla quale le parti l�hanno subordinata e la contrariet� all�ordine pubblico del riconoscimento o dell�esecuzione del lodo arbitrale. Procedimento principale e questioni pregiudiziali 6 Il 1o gennaio 1993, la Repubblica slovacca � succeduta, in qualit� di avente causa della Repubblica federale ceca e slovacca, nei diritti e negli obblighi di quest�ultima ai sensi del TBI e, il 1o maggio 2004, essa ha aderito all�Unione europea. 7 Nel quadro di una riforma del suo sistema sanitario, nel corso del 2004, la Repubblica slovacca ha aperto il mercato slovacco a operatori nazionali e ad operatori di altri Stati che offrivano servizi di assicurazione sanitaria privata. La Achmea, un�impresa appartenente ad un gruppo di assicurazioni olandese, dopo aver ottenuto l�autorizzazione in qualit� di organismo di assicurazione sanitaria, ha stabilito una filiale in Slovacchia, alla quale ha apportato capitali e per il cui tramite offriva prestazioni di assicurazione sanitaria privata sul mercato slovacco. 8 Nel corso del 2006, la Repubblica slovacca ha revocato parzialmente la liberalizzazione del mercato delle assicurazioni sanitarie private. In particolare, con legge del 25 ottobre 2007, ha vietato la distribuzione degli utili generati dalle attivit� di assicurazione sanitaria privata. Successivamente, poich� l��stavn. s�d Slovenskej republiky (Corte costituzionale della Repubblica slovacca), con sentenza del 26 gennaio 2011, ha dichiarato che il divieto violava la costituzione slovacca, la Repubblica slovacca ha, con una legge entrata in vigore il 1o agosto 2011, nuovamente autorizzato la distribuzione degli utili di cui trattasi. 9 Ritenendo che le misure legislative della Repubblica slovacca le avessero arrecato pregiudizio, la Achmea ha, sin dal mese di ottobre 2008, avviato contro tale Stato membro un procedimento arbitrale ai sensi dell�articolo 8 del TBI. 10 Poich� � stata scelta come sede dell�arbitrato Francoforte sul Meno (Germania), il diritto tedesco � applicabile al procedimento arbitrale di cui trattasi. 11 Nell�ambito di tale procedimento arbitrale la Repubblica slovacca ha sollevato un�ecce CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 49 zione d�incompetenza del collegio arbitrale. A tale proposito, essa ha sostenuto che, in ragione della sua adesione all�Unione, il ricorso a un collegio arbitrale previsto all�articolo 8, paragrafo 2, del TBI era incompatibile con il diritto dell�Unione. Con lodo arbitrale interlocutorio del 26 ottobre 2010, il collegio arbitrale ha respinto tale eccezione. Le domande di annullamento di tale lodo proposte dalla Repubblica slovacca dinanzi ai giudici tedeschi di primo grado e d�appello non sono state accolte. 12 Con lodo arbitrale del 7 dicembre 2012, il collegio arbitrale ha condannato la Repubblica slovacca a pagare alla Achmea un risarcimento danni per un importo principale di EUR 22,1 milioni. La Repubblica slovacca ha proposto un ricorso di annullamento di tale lodo arbitrale dinanzi all�oberlandesgericht Frankfurt am Main (Tribunale superiore del Land, Francoforte sul Meno, Germania). Poich� detto giudice ha deciso di respingere il ricorso, la Repubblica slovacca ha proposto un�impugnazione avverso tale decisione dinanzi al Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania). 13 Il giudice del rinvio ricorda che, dall�adesione della Repubblica slovacca all�Unione, il 1o maggio 2004, il TBI costituisce un accordo tra gli Stati membri, con la conseguenza che, in caso di conflitto, le disposizioni del diritto dell�Unione prevalgono, nei settori che disciplinano, sulle disposizioni del TBI. 14 A tale proposito, la Repubblica slovacca ha espresso dubbi in merito alla compatibilit� della clausola compromissoria contenuta all�articolo 8 del TBI con gli articoli 18, 267 e 344 TFUE. Anche se il giudice del rinvio non condivide tali dubbi, esso ha tuttavia considerato che, poich� la Corte non si � ancora pronunciata su tali questioni, che rivestono una notevole importanza a causa dei numerosi trattati bilaterali di investimento ancora in vigore tra gli Stati membri che prevedono una clausola compromissoria analoga, era necessario proporre alla Corte il presente rinvio al fine di dirimere la controversia di cui � investito. 15 In primo luogo, il giudice del rinvio dubita dell�applicabilit� stessa dell�articolo 344 TFUE. Innanzitutto, risulterebbe dall�oggetto e dalla finalit� di tale disposizione che, sebbene il suo tenore letterale non lo faccia emergere chiaramente, quest�ultima non riguarda le controversie tra un privato e uno Stato membro. 16 Inoltre, l�articolo 344 TFUE riguarderebbe unicamente le controversie relative all�interpretazione e all�applicazione dei Trattati. orbene, ci� non avverrebbe nella controversia di cui al procedimento principale, dal momento che il lodo arbitrale del 7 dicembre 2012 � stato adottato sulla base del solo TBI. 17 Infine, l�articolo 344 TFUE avrebbe lo scopo di garantire l�ordine delle competenze stabilito dai Trattati e, di conseguenza, l�autonomia del sistema giuridico dell�Unione, di cui la Corte garantisce il rispetto e sarebbe, al tempo stesso, una specifica espressione del dovere di lealt� degli Stati membri nei confronti della Corte, ai sensi dell�articolo 4, paragrafo 3, TUE. Tuttavia, non se ne potrebbe dedurre che l�articolo 344 TFUE tutela la competenza della Corte per quanto riguarda tutte le controversie in cui il diritto del- l�Unione pu� essere applicato o interpretato. In realt�, questa disposizione tutelerebbe la competenza esclusiva della Corte, solo nella misura in cui gli Stati membri sono tenuti a ricorrere ai procedimenti dinanzi ad essa previsti dai Trattati. orbene, una controversia come quella di cui al procedimento principale non potrebbe essere risolta nell�ambito di un procedimento che si svolge dinanzi ai giudici dell�Unione. Infatti, i Trattati non prevedrebbero alcun procedimento giurisdizionale che consente a un investitore, come la Achmea, di far valere, dinanzi ai giudici dell�Unione, il diritto al risarcimento nei con RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 fronti di uno Stato membro a lui conferito da un trattato bilaterale di investimento come il TBI. 18 In secondo luogo, il giudice del rinvio si chiede se l�articolo 267 TFUE osti ad una clausola compromissoria come quella di cui al procedimento principale. 19 A tale riguardo, esso sottolinea, innanzi tutto, che, di per s�, il procedimento arbitrale non � idoneo a garantire l�uniformit� di applicazione del diritto dell�Unione che l�articolo 267 TFUE mira a garantire. Infatti, anche se, ai sensi dell�articolo 8, paragrafo 6, del TBI, il collegio arbitrale deve rispettare il diritto dell�Unione e, in caso di conflitto di norme, applicarlo in via prioritaria, esso non avrebbe tuttavia la possibilit� di adire la Corte in via pregiudiziale, in quanto non potrebbe essere considerato una �giurisdizione� ai sensi dell�articolo 267 TFUE. 20 Il giudice del rinvio ritiene, inoltre, che l�unit� d�interpretazione del diritto dell�Unione possa cionondimeno essere considerata garantita nella specie in quanto, prima dell�esecuzione del lodo arbitrale, un organo giurisdizionale statale pu� essere indotto a verificare la compatibilit� del lodo arbitrale con il diritto dell�Unione e pu�, ove necessario, adire la Corte in via pregiudiziale. Inoltre, ai sensi dell�articolo 1059, paragrafo 2, punto 2, lettera b), del codice di procedura civile, la contrariet� all�ordine pubblico del riconoscimento o dell�esecuzione di un lodo arbitrale farebbe parte dei motivi di annullamento dello stesso. Analogamente a quanto la Corte avrebbe dichiarato a proposito di lodi arbitrali che risolvono controversie tra privati, il potere di controllo dei giudici nazionali su un lodo arbitrale riguardante una controversia tra un privato e uno Stato membro potrebbe validamente essere limitato alle sole violazioni di disposizioni fondamentali del diritto dell�Unione. Tale circostanza non dovrebbe avere per effetto che una clausola compromissoria, come quella di cui al procedimento principale, sia contraria all�articolo 267 TFUE. 21 Il giudice del rinvio aggiunge, infine, che la Corte ha gi� dichiarato che un accordo internazionale, che prevede l�istituzione, al di fuori del quadro istituzionale e giurisdizionale dell�Unione, di un giudice speciale responsabile dell�interpretazione e dell�applicazione delle disposizioni di detto accordo, � compatibile con il diritto dell�Unione purch� non sia pregiudicata l�autonomia dell�ordinamento giuridico dell�Unione. La Corte non avrebbe espresso riserve in merito alla creazione di un sistema giurisdizionale volto, in sostanza, alla soluzione delle controversie vertenti sull�interpretazione o sull�applicazione delle disposizioni stesse dell�accordo internazionale in questione e che non pregiudicava le competenze dei giudici degli Stati membri in materia d�interpretazione e applicazione del diritto dell�Unione, n� la facolt�, o addirittura l�obbligo, per questi ultimi di adire la Corte in via pregiudiziale. orbene, il collegio arbitrale di cui al procedimento principale sarebbe proprio chiamato a statuire sulla violazione delle disposizioni del TBI, che dovrebbe interpretare alla luce del diritto dell�Unione e, segnatamente, delle disposizioni che disciplinano la libera circolazione dei capitali. 22 In terzo luogo, il giudice del rinvio constata che, contrariamente agli investitori olandesi e slovacchi, gli investitori di Stati membri diversi dal Regno dei Paesi Bassi e dalla Repubblica slovacca non hanno la possibilit� di adire un collegio arbitrale al posto di un giudice statale, il che costituisce uno svantaggio considerevole idoneo ad integrare una discriminazione contraria all�articolo 18 TFUE. Tuttavia, la limitazione, mediante un accordo bilaterale all�interno dell�Unione, del godimento di un beneficio ai cittadini degli Stati membri contraenti sarebbe discriminatoria solo laddove i cittadini degli altri Stati CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 51 membri che non fruiscono di tale beneficio si trovino in una situazione oggettivamente comparabile. orbene, cos� non � nella presente fattispecie, poich� il fatto che i diritti e gli obblighi reciproci si applicano soltanto ai cittadini di uno dei due Stati membri contraenti sarebbe una conseguenza inerente alle convenzioni bilaterali concluse tra questi ultimi. 23 Alla luce delle considerazioni che precedono, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: �1) Se l�articolo 344 TFUE osti all�applicazione di una clausola di un accordo bilaterale in materia di investimenti concluso tra gli Stati membri dell�Unione (che si � convenuto di denominare �un trattato bilaterale in materia d�investimenti interno all�Unione�), in base alla quale un investitore di uno Stato contraente, in caso di controversie in materia di investimenti nell�altro Stato contraente, pu� avviare nei confronti di quest�ultimo un procedimento dinanzi a un collegio arbitrale, nel caso in cui l�accordo in materia di investimenti sia stato concluso anteriormente all�adesione dello Stato contraente all�Unione, ma la procedura arbitrale debba essere avviata solo successivamente. In caso di risposta negativa alla prima questione: 2) Se l�articolo 267 TFUE osti all�applicazione di una clausola di tale tipo. In caso di risposta negativa alla prima e seconda questione: 3) Se l�articolo 18, primo comma, TFUE, nelle circostanze descritte nella prima questione, osti all�applicazione di una clausola di tal genere�. (...) sulle questioni pregiudiziali Sulle questioni prima e seconda 31 Con le questioni prima e seconda, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 267 e 344 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come l�articolo 8 del TBI, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nell�altro Stato membro, pu� avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si � impegnato ad accettare. 32 Al fine di rispondere a tali questioni, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, un accordo internazionale non pu� pregiudicare l�ordinamento delle competenze stabilito dai Trattati e, quindi, l�autonomia del sistema giuridico dell�Unione, di cui la Corte garantisce il rispetto. Tale principio trova riconoscimento in particolare nell�articolo 344 TFUE, a norma del quale gli Stati membri si impegnano a non sottoporre una controversia relativa all�interpretazione o all�applicazione dei Trattati a un modo di composizione diverso da quelli previsti da questi ultimi [parere 2/13 (Adesione del- l�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 201 e giurisprudenza ivi citata]. 33 Secondo una giurisprudenza altrettanto consolidata della Corte, l�autonomia del diritto dell�Unione, alla luce tanto del diritto degli Stati membri quanto del diritto internazionale, si giustifica sulla base delle caratteristiche essenziali dell�Unione e del diritto dell�Unione, relative, in particolare, alla struttura costituzionale dell�Unione nonch� alla natura stessa di tale diritto. Il diritto dell�Unione si caratterizza, infatti, per la circostanza di essere una fonte autonoma, costituita dai Trattati, per il suo primato sui diritti degli Stati membri nonch� per l�efficacia diretta di tutta una serie di disposizioni applicabili ai loro cittadini RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 e agli stessi Stati membri. Tali caratteristiche hanno dato luogo a una rete strutturata di principi, di norme e di rapporti giuridici mutualmente interdipendenti, che vincolano in modo reciproco gli Stati membri e l�Unione, nonch� gli Stati membri tra di loro [v., in tal senso, parere 2/13 (Adesione dell�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti da 165 a 167 e giurisprudenza ivi citata]. 34 Il diritto dell�Unione poggia, infatti, sulla premessa fondamentale secondo cui ciascuno Stato membro condivide con tutti gli altri Stati membri, e riconosce che questi condividono con esso, una serie di valori comuni sui quali l�Unione si fonda, cos� come precisato all�articolo 2 TUE. Tale premessa implica e giustifica l�esistenza della fiducia reciproca tra gli Stati membri quanto al riconoscimento di tali valori e, dunque, al rispetto del diritto dell�Unione che li attua. � proprio in tale contesto che spetta agli Stati membri, segnatamente, in virt� del principio di leale cooperazione enunciato all�articolo 4, paragrafo 3, primo comma, TUE, garantire, nei loro rispettivi territori, l�applicazione e il rispetto del diritto dell�Unione e adottare, a tal fine, ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l�esecuzione degli obblighi derivanti dai Trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell�Unione [parere 2/13 (Adesione dell�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punti 168 e 173 e giurisprudenza ivi citata]. 35 Per garantire la preservazione delle caratteristiche specifiche e dell�autonomia dell�ordinamento giuridico dell�Unione, i Trattati hanno istituito un sistema giurisdizionale destinato ad assicurare la coerenza e l�unit� nell�interpretazione del diritto dell�Unione, [parere 2/13 (Adesione dell�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 174]. 36 In tale ambito, conformemente all�articolo 19 TUE, spetta ai giudici nazionali e alla Corte garantire la piena applicazione del diritto dell�Unione nell�insieme degli Stati membri, nonch� la tutela giurisdizionale dei diritti spettanti agli amministrati in forza del diritto dell�Unione [v., in tal senso, parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell�8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 68, e 2/13 (Adesione dell�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 175, nonch� sentenza del 27 febbraio 2018, Associa��o Sindical dos Ju�zes Portugueses, C.64/16, EU:C:2018:(�), punto 33]. 37 In tale contesto, la chiave di volta del sistema giurisdizionale cos� concepito � costituita dal procedimento di rinvio pregiudiziale previsto dall�articolo 267 TFUE, il quale, instaurando un dialogo da giudice a giudice proprio tra la Corte e i giudici degli Stati membri, mira ad assicurare l�unit� di interpretazione del diritto dell�Unione, permettendo cos� di garantire la coerenza, la piena efficacia e l�autonomia di tale diritto nonch�, in ultima istanza, il carattere peculiare dell�ordinamento istituito dai Trattati [parere 2/13 (Adesione dell�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454, punto 176 e giurisprudenza ivi citata]. 38 � alla luce di dette considerazioni che occorre risolvere le questioni pregiudiziali prima e seconda. 39 A tal fine, occorre, in primo luogo, verificare se le controversie che � chiamato a conoscere il collegio arbitrale di cui all�articolo 8 del TBI possono riguardare l�interpretazione o l�applicazione del diritto dell�Unione. 40 A tale proposito, anche supponendo, come sostiene in particolare la Achmea, che tale collegio, nonostante la formulazione molto ampia dell�articolo 8, paragrafo 1, del TBI, sia chiamato a pronunciarsi solo su un�eventuale violazione di detto accordo, resta il fatto CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 53 che, a tale scopo, ai sensi dell�articolo 8, paragrafo 6, del TBI, esso deve tenere conto segnatamente del diritto della parte contraente interessata e di qualsiasi accordo pertinente tra le parti contraenti. 41 orbene, tenuto conto della natura e delle caratteristiche del diritto dell�Unione menzionate al punto 33 della presente sentenza, tale diritto deve essere considerato al contempo come facente parte del diritto in vigore in ogni Stato membro e in quanto derivante da un accordo internazionale tra gli Stati membri. 42 Ne deriva che, per entrambe tali ragioni, il collegio arbitrale di cui all�articolo 8 del TBI �, se del caso, chiamato ad interpretare o ad applicare il diritto dell�Unione e, in particolare, le disposizioni concernenti le libert� fondamentali, tra cui la libert� di stabilimento e la libera circolazione dei capitali. 43 occorre, di conseguenza, verificare, in secondo luogo, se un collegio arbitrale come quello di cui all�articolo 8 del TBI rientri nel sistema giurisdizionale dell�Unione e, in particolare, se esso possa essere considerato come una giurisdizione di uno degli Stati membri ai sensi dell�articolo 267 TFUE. Infatti, la circostanza che un collegio creato dagli Stati membri � situato nel sistema giurisdizionale dell�Unione implica che le sue pronunce sono soggette a procedure in grado di garantire la piena efficacia delle norme dell�Unione [v., in tal senso, parere 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell�8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 82 e giurisprudenza ivi citata]. 44 A tale proposito, nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 12 giugno 2014, Ascendi Beiras Litoral e Alta, Auto Estradas das Beiras Litoral e Alta, C.377/13, EU:C:2014:1754), la Corte ha dedotto il carattere di �organo giurisdizionale di uno Stato membro� del tribunale in questione, dalla circostanza che esso, nel suo complesso, era un elemento del sistema di risoluzione giurisdizionale delle controversie in materia fiscale previsto dalla Costituzione portoghese stessa (v., in tal senso, sentenza del 12 giugno 2014, Ascendi Beiras Litoral e Alta, Auto Estradas das Beiras Litoral e Alta, C.377/13, EU:C:2014:1754, punti 25 e 26). 45 orbene, nel procedimento principale, il collegio arbitrale non costituisce un elemento del sistema giurisdizionale stabilito nei Paesi Bassi e in Slovacchia. D�altronde, � proprio il carattere derogatorio della giurisdizione di tale collegio, rispetto a quella dei giudici di questi due Stati membri, che costituisce una delle principali ragioni d�essere dell�articolo 8 del TBI. 46 Tale caratteristica del collegio arbitrale di cui al procedimento principale comporta che esso non pu�, in ogni caso, essere qualificato come giurisdizione �di uno degli Stati membri �, ai sensi dell�articolo 267 TFUE. 47 vero � che la Corte ha deciso che non vi � alcun motivo valido che possa giustificare che ad una giurisdizione comune a vari Stati membri, come quella della Corte di giustizia del Benelux, non sia consentito di sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte alla stessa stregua degli organi giurisdizionali propri a ciascuno di tali Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 4 novembre 1997, Parfums Christian Dior, C.337/95, EU:C:1997:517, punto 21, e del 14 giugno 2011, Miles e a., C.196/09, EU:C:2011:388, punto 40). 48 Tuttavia, il collegio arbitrale di cui al procedimento principale, non costituisce una siffatta giurisdizione comune a vari Stati membri, paragonabile alla Corte di giustizia del Benelux. Infatti, mentre, da un lato, quest�ultima � incaricata di assicurare l�uniformit� nell�applicazione delle norme giuridiche comuni ai tre Stati del Benelux e, dall�altro, il procedimento RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 instaurato dinanzi ad essa costituisce un incidente nell�ambito delle cause pendenti dinanzi ai giudici nazionali, in esito al quale viene fissata l�interpretazione definitiva delle norme giuridiche comuni al Benelux, il collegio arbitrale di cui al procedimento principale non presenta un simile collegamento rispetto ai sistemi giurisdizionali degli Stati membri (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2011, Miles e a., C.196/09, EU:C:2011:388, punto 41). 49 Ne consegue che un collegio come quello di cui all�articolo 8 del TBI non pu� essere considerato come una �giurisdizione di uno degli Stati membri�, ai sensi dell�articolo 267 TFUE, e non �, quindi, abilitato ad adire la Corte in via pregiudiziale. 50 In tali circostanze, occorre inoltre verificare, in terzo luogo, se la decisione arbitrale emessa da tale collegio, conformemente, in particolare, all�articolo 19 TUE, sia soggetta al controllo di un organo giurisdizionale di uno Stato membro che garantisce che le questioni di diritto dell�Unione che tale collegio potrebbe essere indotto a trattare possano, eventualmente, essere esaminate dalla Corte nell�ambito di un rinvio pregiudiziale. 51 A tal fine, si deve rilevare che, ai sensi dell�articolo 8, paragrafo 7, del TBI, la decisione del collegio arbitrale previsto da tale articolo � definitiva. Inoltre, in applicazione dell�articolo 8, paragrafo 5, del TBI, tale collegio arbitrale stabilisce le proprie norme di procedura in conformit� con il regolamento d�arbitrato dell�UNCITRAL e, in particolare, decide egli stesso la propria sede e, di conseguenza, il diritto applicabile al procedimento che disciplina il controllo giurisdizionale della validit� della decisione che pone fine alla controversia dinanzi ad esso pendente. 52 Nella specie, il collegio arbitrale adito dalla Achmea ha scelto come sede Francoforte sul Meno, il che ha reso il diritto tedesco applicabile al procedimento che disciplina il controllo giurisdizionale della validit� del lodo arbitrale pronunciato da tale collegio il 7 dicembre 2012. �, infatti, tale scelta, che ha consentito alla Repubblica slovacca, quale parte della controversia, di chiedere, in base a tale diritto, un controllo giurisdizionale di tale lodo arbitrale, investendo, a tal fine, il giudice tedesco competente. 53 Tuttavia, occorre constatare che un tale controllo giurisdizionale pu� essere esercitato dal suddetto giudice solo nella misura in cui il diritto nazionale lo consenta. Peraltro, l�articolo 1059, paragrafo 2, del codice di procedura civile prevede solo un controllo limitato, che riguarda, in particolare, la validit�, alla luce della legge applicabile, della convenzione arbitrale o il rispetto dell�ordine pubblico per il riconoscimento o l�esecuzione di un lodo arbitrale. 54 vero � che, per quanto riguarda l�arbitrato commerciale, la Corte ha dichiarato che le esigenze di efficacia del procedimento arbitrale giustificano il fatto che il controllo dei lodi arbitrali da parte dei giudici degli Stati membri abbia un carattere limitato, purch� le disposizioni fondamentali del diritto dell�Unione possano essere esaminate nell�ambito di tale controllo e, se del caso, essere oggetto di un rinvio in via pregiudiziale dinanzi alla Corte (v., in tal senso, sentenze del 1o giugno 1999, Eco Swiss, C.126/97, EU:C:1999:269, punti 35, 36 e 40, nonch� del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro, C.168/05, EU:C:2006:675, punti da 34 a 39). 55 Tuttavia, un procedimento di arbitrato, come quello di cui all�articolo 8 del TBI, si distingue da un procedimento di arbitrato commerciale. Infatti, mentre il secondo trova la sua origine nell�autonomia della volont� delle parti in causa, il primo deriva da un trattato, mediante il quale gli Stati membri acconsentono a sottrarre alla competenza dei propri organi giurisdizionali, e quindi al sistema di vie di ricorso giurisdizionale che l�articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE impone loro di stabilire nei settori coperti dal di CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE 55 ritto dell�Unione (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2018, Associa��o Sindical dos Ju�zes Portugueses, C.64/16, EU:C:2018: (�), punto 34), controversie che possono riguardare l�applicazione o l�interpretazione di tale diritto. In tali circostanze, le considerazioni enunciate al punto precedente, relative all�arbitrato commerciale non sono applicabili a un procedimento di arbitrato, come quello di cui all�articolo 8, del TBI. 56 Di conseguenza, alla luce dell�insieme delle caratteristiche del collegio arbitrale di cui all�articolo 8 del TBI e ricordate ai punti da 39 a 55 della presente sentenza, occorre considerare che, con la conclusione del TBI, gli Stati membri parti dell�accordo hanno istituito un meccanismo di risoluzione delle controversie tra un investitore e uno Stato membro che pu� escludere che tali controversie, anche laddove possano riguardare l�interpretazione o l�applicazione del diritto dell�Unione, siano risolte in modo da garantire la piena efficacia del suddetto diritto. 57 vero � che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, un accordo internazionale che preveda l�istituzione di un giudice incaricato dell�interpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino le istituzioni, ivi compresa la Corte, non �, in linea di principio, incompatibile con il diritto dell�Unione. Infatti, la competenza dell�Unione in materia di relazioni internazionali e la sua capacit� di concludere accordi internazionali comportano necessariamente la facolt� di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne l�interpretazione e l�applicazione delle loro disposizioni, purch� sia rispettata l�autonomia dell�Unione e del suo ordinamento giuridico [v., in tal senso, parere 1/91 (Accordo SEE.I) del 14 dicembre 1991, EU:C:1991:490, punti 40 e 70, 1/09 (Accordo sulla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell�8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punti 74 e 76, nonch� parere 2/13 (Adesione dell�Unione alla CEDU), del 18 dicembre 2014 EU:C:2014:2454, punti 182 e 183]. 58 Tuttavia, nella specie, oltre al fatto che le controversie che rientrano nella competenza del collegio arbitrale di cui all�articolo 8 del TBI possono riguardare l�interpretazione tanto di detto accordo quanto del diritto dell�Unione, la possibilit� di sottoporre tali controversie ad un organismo che non costituisce un elemento del sistema giurisdizionale dell�Unione � prevista da un accordo concluso non dall�Unione, ma dagli Stati membri. orbene, il suddetto articolo 8 � tale da rimettere in discussione, oltre al principio di fiducia reciproca tra gli Stati membri, la salvaguardia del carattere proprio dell�ordinamento istituito dai Trattati, garantito dalla procedura del rinvio pregiudiziale di cui all�articolo 267 TFUE, e non � pertanto compatibile con il principio di leale cooperazione ricordato al punto 34 della presente sentenza. 59 In tali condizioni, l�articolo 8 del TBI pregiudica l�autonomia del diritto dell�Unione. 60 Di conseguenza, si deve rispondere alle questioni prima e seconda dichiarando che gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli Stati membri, come l�articolo 8 del TBI, in forza della quale un investitore di uno di detti Stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nell�altro Stato membro, pu� avviare un procedimento contro tale ultimo Stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto Stato membro si � impegnato ad accettare. Sulla terza questione 61 Tenuto conto della risposta fornita alle questioni prima e seconda, non occorre rispondere alla terza questione. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 sulle spese 62 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione. Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: Gli articoli 267 e 344 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una norma contenuta in un accordo internazionale concluso tra gli stati membri, come l�articolo 8 dell�accordo per la promozione e la tutela reciproche degli investimenti tra il regno dei Paesi Bassi e la repubblica federale ceca e slovacca, in forza della quale un investitore di uno di detti stati membri, in caso di controversia riguardante gli investimenti nell�altro stato membro, pu� avviare un procedimento contro tale ultimo stato membro dinanzi ad un collegio arbitrale, la cui competenza detto stato membro si � impegnato ad accettare. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE La presa in carico da parte del servizio sanitario nazionale dell�uso di farmaci �off-label� in presenza di alternativa terapeutica In rassegna una questione pregiudiziale sollevata dal Consiglio di Stato avanti alla Corte di Giustizia UE. Il giudice a quo dubita, in particolare, della compatibilit� con il diritto UE della norma di cui all�art. 3 del D.L. n. 36/2014 (cosiddetto �decreto Lorenzin�). Tale norma ha introdotto nell'art. 1 del D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 1996 il comma 4-bis, il quale consente - anche in presenza di un'alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati - di inserire, previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata (�off label� ) nell'elenco di cui al comma 4 dello stesso art. 1 (cosiddetta �lista 648�), purch� essa sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunit� medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit� e appropriatezza. Dall�inserimento nell�elenco consegue l�erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale. Il Consiglio di Stato dubita, in particolare, della compatibilit� di tale normativa nazionale con la normativa europea in materia di autorizzazione al- l�immissione in commercio, anche nella parte in cui quest�ultima radica la competenza in capo all�EMA relativamente all�AIC dei farmaci oncologici. L�ordinanza di rimessione d� per assunto che la norma sia stata dettata da ragioni economiche e, soprattutto, che essa incentiverebbe l�uso off-label in presenza di alternativa terapeutica: attraverso la previsione di un regime di rimborsabilit� a carico del SSN, si finirebbe per favorire il ricorso generalizzato alla prescrizione off-label, nei confronti della generalit� dei pazienti ed a prescindere da qualsivoglia collegamento con le esigenze del singolo che -di regola -giustificano il ricorso in via eccezionale a tale tipo di utilizzo dei farmaci. La difesa della norma nazionale � stata affidata principalmente alla contestazione di tali assunti: il Decreto Lorenzin ha per finalit� l�ampliamento delle possibilit� di cura, mentre le favorevoli implicazioni economiche che, pure, esso innegabilmente reca per il Servizio sanitario nazionale non ne rappresentano la ratio esclusiva. Lungi dall�incentivare il ricorso all�uso off-label di farmaci dei quali esiste valida alternantiva terapeutica autorizzata sul mercato, esso lascia del tutto invariata la disciplina in tema di autonomia e responsabilit� prescrittiva del medico. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 Si pubblicano integralmente le posizioni espresse dal Governo Italiano. Ct 8174/17 Avvocatura Generale dello Stato CorTE di GiUsTizia dELL'UnionE EUroPEa ossErVazioni del GoVErno dELLa rEPUBBLiCa iTaLiana, in persona dell'Agente designato per il presente giudizio, con domicilio eletto a Lussemburgo presso l'Ambasciata d�Italia nella causa C-29/17 Promossa ai sensi dell'art. 267 TFUE dal Consiglio di Stato (Italia) con ordinanza in data 19.12.2016. il giudizio a quo; 1. L'ordinanza che ha sollevato la presente questione pregiudiziale � stata pronunciata nell'ambito di un giudizio instaurato dall'azienda farmaceutica Novartis Farma s.p.a. 2. In tale giudizio si controverte dell'uso off-label del medicinale Avastin, intendendosi, con tale espressione, l'utilizzo di un farmaco per un'indicazione diversa da quelle per cui esso ha ottenuto l'autorizzazione all'immissione in commercio (AIC). 3. Nell'ordinamento italiano, l'uso off-label dei farmaci in regime di rimborso a carico del Servizio sanitario nazionale � stato dapprima previsto (dall'art. 1 comma 4 D.L. 536/1996 conv. in 1. 648 del 1996) con esclusivo riferimento ai casi in cui non esistesse, per una determinata indicazione, "valida alternativa terapeutica": la norma prevede, in particolare, che "Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio Sanitario nazionale i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in un apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione Unica del Farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa ...". 4. Successivamente, l'art. 3 del D.L. n. 36/2014 (cosiddetto "decreto Lorenzin") ha introdotto - all'art. 1 del D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 1996 il comma 4-bis, il quale consente -anche in presenza di un'alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati -di porre a carico del SSN i medicinali prescritti off-label, previa valutazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), qualora tali medicinali possano essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata nell'elenco di cui al comma 4, purch� essa sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della co CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE munit� medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit� e appropriatezza. 5. Dall'inserimento nell'elenco (cosiddetta "lista 648") consegue, appunto, l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale. 6. Nel giudizio a quo, l'azienda ricorrente ha agito innanzi al giudice amministrativo chiedendo l'annullamento delle delibere nn. 622 del 24 giugno 2014 e 79 del 30 gennaio 2015 dell'Agenzia italiana del Farmaco - AIFA. 7. Con il primo di tali provvedimenti, AIFA ha disposto, ai sensi dell'art. 1 comma 4-bis D.L. 536/1996, l"inserimento di una indicazione terapeutica del medicinale per uso umano Bevacizumab -avastin nell'elenco ex lege n. 648/1996�; si trattava - in particolare - dell'indicazione terapeutica "degenerazione maculare correlata all'et�". Con la determina 79 del mese di Gennaio 2015, AIFA ha poi introdotto una parziale modifica alle condizioni dettate dalla Determina 662 del 2014 per il suddetto inserimento, come meglio si preciser� pi� avanti, al punto 14. 8. Attraverso le summenzionate determine, AIFA - in sintonia con quanto osservato nel parere espresso sulla questione dal Consiglio Superiore di Sanit� (organo consultivo del Ministero della Salute) ha previsto che l'utilizzo intravitreale di Avastin debba necessariamente avvenire nel rispetto dei pi� elevati standard di sicurezza applicabili, considerando che si tratta di un farmaco non autorizzato per uso intravitreale e, di conseguenza, non dosato n� confezionato per l'uso in ambito oculistico. L'Avastin, infatti, � commercializzato in fiale e, ai fini dell'uso intravitreale, necessita di essere estratto da queste per essere allestito in siringhe monodose, in condizioni di perfetta sterilit�. 9. In particolare, la Determina n. 662/2014 AIFA ha previsto che: a) Il confezionamento in monodose del farmaco bevacizumab per l'uso intravitreale deve essere effettuato, per garantirne la sterilit�, esclusivamente dalle farmacie ospedaliere in possesso dei requisiti necessari e nel rispetto delle Norme di Buona Preparazione; b) La somministrazione di bevacizumab per uso intravitreale � riservata a centri oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalle Regioni; c) La somministrazione del farmaco deve avvenire solo previa sottoscrizione da parte del paziente del consenso informato, che contenga le motivazioni scientifiche accompagnate da adeguate informazioni sull'esistenza di alternative terapeutiche approvate; d) Si dovr� istituire un registro di monitoraggio al quale sia allegata la scheda di segnalazione delle eventuali reazioni avverse. 10. Deve qui precisarsi, per quanto concerne il profilo di cui alla lettera a) che precede, che il Consiglio di Stato, in accoglimento di un distinto ricorso proposto avverso la Determina AIFA n. 662/2014 da una farmacia privata interessata ad effettuare le operazioni di frazionamento riservate alle sole far RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 macie ospedaliere, con sentenza n. 24/2017 ha annullato parzialmente la Determina 662/2014. 11. In particolare, la sentenza n. 24/2017 ha affermato che la garanzia di sterilit� del confezionamento non potesse giustificarsi con la sola natura ospedaliera della farmacia incaricata del confezionamento del prodotto, ma con la previsione delle necessarie dotazioni tecniche e delle metodiche da utilizzarsi, idonee a scongiurare la contaminazione del prodotto durante la lavorazione (farmacie "in possesso dei necessari requisiti"). 12. La sentenza di cui al punto che precede ha pertanto ritenuto illegittima la riserva alle sole farmacie ospedaliere della possibilit� di ripartire l'Avastin per la sua utilizzazione off-label, posto che comunque anche con l'annullamento di tale riserva, la somministrazione del prodotto farmaceutico avviene comunque in ambiente ospedaliero. 13. Successivamente, l'Autorit� Garante della Concorrenza e del Mercato ha invitato l'AIFA a valutare la possibilit� di ammettere anche i centri di alta specializzazione di natura privata alla somministrazione di Avastin per uso intravitreale, nel rispetto delle stesse condizioni di sicurezza definite dalla Determina 662/2014. 14. Con la determina 79 del mese di Gennaio 2015, AIFA ha recepito l'invito dell'Autorit�, stabilendo che la somministrazione del farmaco possa avvenire esclusivamente "nei Centri ospedalieri ad alta specializzazione individuati dalle regioni", includendo con tale dizione -anche le strutture private che siano in grado di garantire il pieno rispetto delle summenzionate condizioni. 15. La societ� Novartis, titolare del farmaco Lucentis, autorizzato all'immissione in commercio per l'indicazione "degenerazione maculare correlata all'et�" ha contestato le Determine dell'AlFA di cui si � detto al punto 6, tra l'altro denunciandone l'illegittimit� derivata dall'asserito contrasto della normativa introdotta dal "Decreto Lorenzin" con la normativa europea in materia di autorizzazione all'immissione in commercio dei farmaci. 16. AIFA ha resistito in giudizio, negando una possibile interferenza tra l'istituto dell'uso off-label disciplinato dall'art. 1 comma 4-bis del D.L. 536/1996 e la normativa europea. 17. 11 Consiglio di Stato, pur dichiaratamente propendendo per la tesi di AIFA "... in quanto la controversia riguarda l'utilizzazione off-label del farmaco che non incide sull'aiC" ha comunque ravvisato un margine di dubbio interpretativo rilevante ai fini del decidere, ed ha pertanto sottoposto alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea i seguenti quesiti: 18. Se le disposizioni di cui alla Direttiva 2001/83/CE, come successivamente modificata, e segnatamente gli articoli 5 e 6, in relazione anche al secondo considerando della direttiva stessa, ostino all'applicazione di una legge nazionale (il pi� volte citato art. 1, comma 4-bis del decreto legge) che, al fine CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE di perseguire finalit� di contenimento di spesa, incentivi, attraverso l'inclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal servizio sanitario nazionale, l'utilizzazione di un farmaco al di fuori della indicazione terapeutica autorizzata nei confronti della generalit� dei pazienti, indipendentemente da qualsiasi considerazione delle esigenze terapeutiche del singolo paziente e nonostante l'esistenza e la disponibilit� sul mercato di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica; 19. Se l'art. 3 n. 1 della Direttiva 2001/83/CE (formula magistrale), possa applicarsi nel caso in cui la preparazione del prodotto farmaceutico, bench� eseguita in farmacia sulla base di una prescrizione medica destinata ad un singolo paziente, sia comunque effettuata serialmente, in modo eguale e ripetuto, senza tener conto delle specifiche esigenze del singolo paziente, con dispensazione del prodotto alla struttura ospedaliera e non al paziente (tenuto conto che il farmaco � classificato in classe H-oSP) e con utilizzazione in una struttura anche diversa da quella in cui � stato operato il confezionamento; 20. Se le disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 726/2004, come successivamente modificato, e segnatamente gli articoli 3, 25 e 26, nonch� l'allegato, che assegnano all'Agenzia europea per i medicinali (EMA) la competenza esclusiva a valutare i profili di qualit�, sicurezza ed efficac�a dei medicinali aventi come indicazione terapeutica il trattamento di patologie oncologiche, sia nell'ambito della procedura di rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Procedura centralizzata obbligatoria), sia al fine del monitoraggio e del coordinamento delle azioni di farmacovigilanza successive all'immissione del farmaco sul mercato, ostino all'applicazione di una legge nazionale che riservi all'autorit� regolatora nazionale (AlFA) la competenza ad assumere determinazioni in merito ai profili di sicurezza dei medicinali, connessi al loro uso off-label, la cui autorizzazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione Europea, in considerazione delle valutazioni tecnico scientifiche effettuate dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA); 21. Se le disposizioni di cui alla Direttiva 89/105/CEE, come successivamente modificata, e segnatamente l'art. 1 par. 3), ostino all'applicazione di una legge nazionale che consenta allo Stato membro, nell'ambito delle proprie decisioni in materia di rimborsabilit� delle spese sanitarie sostenute dall'assistito, di prevedere la rimborsabilit� di un farmaco utilizzato al di fuori delle indicazioni terapeutiche precisate nell'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dalla Commissione Europea, o da un'Agenzia specializzata europea, all'esito di una procedura di valutazione centralizzata, senza che ricorrano i requisiti previsti dagli artt. 3 e 5 della direttiva 2001/83/CE. 22. La normativa rilevante; RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 Ai fini del presente giudizio vengono in considerazione le seguenti norme di diritto europeo: 23. direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consigli del 6 novembre 2001 recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano: ii Considerando:"Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all'uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanit� pubblica" art. 3 n. 1: "La presente direttiva non si applica a quanto segue: 1) ai medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente (detti formula magistrale);" art. 5: "Uno stato membro pu�, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dal campo di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un'ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un medico autorizzato e destinati ai suoi malati sotto la sua personale e diretta responsabilit�". art. 6 n. 1: "Nessun medicinale pu� essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un'autorizzazione all'immissione in commercio delle autorit� competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un'autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93" 24. regolamento (CE) 726/2004 del Parlamento europeo e delConsiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l'autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l'agenzia europea per i medicinali: art. 3: "1. Nessun medicinale contemplato nell'allegato pu� essere immesso in commercio nella Comunit� senza un'autorizzazione rilasciata dalla Comunit� secondo il disposto del presente regolamento. 2. Qualsiasi medicinale non contemplato nell'allegato pu� essere oggetto di autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dalla Comunit� secondo il disposto del presente regolamento, qualora: a) il medicinale contenga una nuova sostanza attiva che alla data dell'entrata in vigore del presente regolamento non era autorizzata nella Comunit�, oppure b) il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un'innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un'autorizzazione secondo il presente regolamento � nell'interesse dei pazienti o della sanit� animale a livello comunitario. Possono essere oggetto di autorizzazione anche i medicinali immunologici veterinari relativi a malattie animali sottoposte a misure comunitarie di profilassi. 3. Un medicinale generico di un medicinale di riferimento autorizzato dalla Comunit� pu� essere autorizzato dalle autorit� competenti degli Stati membri CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE a norma della direttiva 2001/83/CE e della direttiva 2001/82/CE, alle seguenti condizioni: a) la domanda d'autorizzazione � presentata a norma dell'articolo 10 della direttiva 2001/83/CE o dell'articolo 13 della direttiva 2001/82/CE; b) il riassunto delle caratteristiche del prodotto �, in tutti gli aspetti pertinenti, coerente con quello del medicinale autorizzato dalla Comunit�, salvo per le parti del riassunto delle caratteristiche del prodotto che si riferiscono a indicazioni o a forme di dosaggio ancora coperte dal diritto di brevetto al momento dell'immissione in commercio del medicinale generico; e c) il medicinale generico � autorizzato con la stessa denominazione in tutti gli Stati membri in cui � stata presentata la domanda. ai fini della presente disposizione tutte le versioni linguistiche della denominazione comune internazionale (DCi) sono considerate una stessa denominazione. 4. Previa consultazione del comitato competente dell'agenzia, l'allegato pu� essere riesaminato alla luce del progresso tecnico e scientifico per apportarvi le modf�cazioni necessarie senza estendere l'ambito di applicazione della procedura centralizzata. Tali modificazioni sono adottate secondo la procedura di cui all'articolo 87 paragrafo 2". art. 25: "Gli Stati membri assicurano che tutti i casi di presunti effetti collaterali negativi gravi verificatisi nel loro territorio, in relazione ad un medicinale per uso umano autorizzato ai sensi del presente regolamento e loro segnalati, siano registrati e comunicati all'agenzia e al titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio rapidamente, e comunque in ogni caso non oltre 15 giorni dal ricevimento dell'informazione. L'agenzia trasmette l'informazione ai sistemi nazionali di farmacovigilanza istituiti a norma dell'articolo 102 della direttiva 2001/83/CE. art. 26: La Commissione, in consultazione con l'agenzia, gli Stati membri e le parti interessate, elabora una guida per raccogliere, verf�care e presentare relazioni sugli effetti collaterali negativi. La guida contiene in particolare, per gli operatori sanitari, raccomandazioni concernenti la trasmissione delle informazioni sugli effetti collaterali negativi. Per inviare le relazioni sugli effetti indesiderati, i titolari di autorizzazioni al- l'immissione in commercio utilizzano la terminologia medica accettata a livello internazionale, conformemente a tale guida. L'agenzia, in consultazione con gli Stati membri e la Commissione, istituisce una rete informatica per la trasmissione rapida di informazioni alle autorit� competenti della Comunit� in caso di allarmi relativi a difetti di fabbricazione o a effetti collaterali negativi gravi, o altre informazioni di farmacovigilanza su medicinali autorizzati a norma dell'articolo 6 della direttiva 2001/83/CE. Tali informazioni sono rese accessibili al pubblico, se del caso previa valutazione. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 Durante un periodo di cinque anni successivo alla prima immissione in commercio nella Comunit�, l'agenzia pu� chiedere che il titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio disponga che taluni dati specifici di farmacovigilanza siano raccolti presso gruppi mirati di pazienti. L'agenzia precisa i motivi che giustificano la richiesta. il titolare dell'autorizzazione al- l'immissione in commercio riunisce e analizza i dati raccolti e li sottopone all'agenzia per valutazione". 25. direttiva 89/105/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi dei medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi pubblici di assicurazione malattia: art. 1 n. 3: "Nessun elemento della presente Direttiva consente la commercializzazione di una specialit� medicinale per cui non � stata rilasciata l'autorizzazione di cui all'articolo 3 della Direttiva 65/65/CE" 26. Rileva, inoltre, la seguente normativa nazionale: 27. decreto legge n. 536 del 21 ottobre 1996 convertito con modificazioni dalla legge 23 dicembre 1996 n. 648: art. 1 comma 4 (enfasi aggiunta): "Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1 gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui commercializzazione � autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. L'onere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30 miliardi per anno [euro 15.493.706,97], resta a carico del Servizio sanitario nazionale nell'ambito del tetto di spesa programmato per l'assistenza farmaceutica. art. 1 comma 4-bis "4-bis. anche se sussista altra alternativa terapeutica nell'ambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell'agenzia italiana del farmaco (aiFa), sono inseriti nell'elenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale, i medicinali che possono essere utilizzati per un'indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purch� tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell'ambito della comunit� medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicit� e appropriatezza. in tal caso l'aiFa attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni" (introdotto dall'art. 3 del decreto legge 20 marzo 2014 n. 36 -c.d. Decreto Lorenzin -convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014 n. 79, recante "Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonch� di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale"). 28. decreto Legge 17 febbraio 1998 n. 23 conv. in l. 94 deli'8 aprile 1998 (contenente "Disposizioni urgenti in materia di sperimentazioni cliniche in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria") art. 3: osservanza delle indicazioni terapeutiche autorizzate. "i. Fatto salvo il disposto dei commi 2 e 3, il medico, nel prescrivere una specialit� medicinale o altro medicinale prodotto industrialmente, si attiene alle indicazioni terapeutiche, alle vie e alle modalit� di somministrazione previste dall'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dal ministero della sanit�. 2. in singoli casi il medico pu�, sotto la sua diretta responsabilit� e previa informazione del paziente e acquisizione del consenso dello stesso, impiegare un medicinale prodotto industrialmente per un'indicazione o una via di somministrazione o una modalit� di somministrazione o di utilizzazione diversa da quella autorizzata, ovvero riconosciuta agli effetti dell'applicazione del- l'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, qualora il medico stesso ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia gi� approvata quella indicazione terapeutica o quella via o modalit� di somministrazione e purch� tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazionale. ... 4. in nessun caso il ricorso, anche improprio, del medico alla facolt� prevista dai commi 2 e 3 pu� costituire riconoscimento del diritto del paziente alla erogazione dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, al di fuori dell'ipotesi disciplinata dall'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648. La violazione, da parte del medico, delle disposizioni del presente articolo � oggetto di procedimento disciplinare ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. art. 5: Prescrizione dipreparazioni magistrali. "1. Fatto salvo il disposto del comma 2, i medici possono prescrivere preparazioni magistrali esclusivamente a base di principi attivi descritti nelle farmacopee dei Paesi del- l'Unione europea o contenuti in medicinali prodotti industrialmente di cui � autorizzato il commercio in italia o in altro Paese dell'Unione europea. La prescrizione di preparazioni magistrali per uso orale pu� includere principi attivi diversi da quelli previsti dal primo periodo del presente comma, qualora questi siano contenuti in prodotti non farmaceutici per uso orale, regolarmente in commercio nei Paesi dell'Unione europea; parimenti, la RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 prescrizione di preparazioni magistrali per uso esterno pu� includere principi attivi diversi da quelli previsti dal primo periodo del presente comma, qualora questi siano contenuti in prodotti cosmetici regolarmente in commercio in detti Paesi. Sono fatti in ogni caso salvi i divieti e le limitazioni stabiliti dal ministero della sanit� per esigenze di tutela della salute pubblica. 2. � consentita la prescrizione di preparazioni magistrali a base di princ�pi attivi gi� contenuti in specialit� medicinali la cui autorizzazione all'immissione in commercio sia stata revocata o non confermata per motivi non attinenti ai rischi di impiego del principio attivo. 3. il medico deve ottenere il consenso del paziente al trattamento medico e specificare nella ricetta le esigenze particolari che giustificano il ricorso alla prescrizione estemporanea. Nella ricetta il medico dovr� trascrivere, senza riportare le generalit� del paziente, un riferimento numerico o alfanumerico di collegamento a dati d'archivio in proprio possesso che consenta, in caso di richiesta da parte dell'autorit� sanitaria, di risalire all'identit� del paziente trattato. ... 5. Le disposizioni dei commi 3 e 4 non si applicano quando il medicinale � prescritto per indicazioni terapeutiche corrispondenti a quelle dei medicinali industriali autorizzati a base dello stesso principio attivo. 6. La violazione, da parte del medico o del farmacista, delle disposizioni del presente articolo � oggetto di procedimento disciplinare ai sensi del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233". 29. Legge 296 del 27 dicembre 2006: art. 1 comma 796 lett. z): la disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modflcazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94, non � applicabile al ricorso a terapie farmacologiche a carico del Servizio sanitario nazionale, che, nell'ambito dei pres�di ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all'immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento. il ricorso a tali terapie � consentito solo nell'ambito delle sperimentazioni cliniche dei medicinali di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 211, e successive modificazioni. in caso di ricorso improprio si applicano le disposizioni di cui all'articolo 3, commi 4 e 5, del citato decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94. Le regioni provvedono ad adottare entro il 28 febbraio 2007 disposizioni per le aziende sanitarie locali, per le aziende ospedaliere, per le aziende ospedaliere universitarie e per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico volte alla individuazione dei responsabili dei procedimenti applicativi delle disposizioni di cui alla presente lettera, anche sotto il profilo della responsabilit� ammi CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE nistrativa per danno erariale. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali di cui alla presente lettera, tale responsabilit� � attribuita al direttore sanitario delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliere universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. 30. Le osservazioni del Governo italiano; Il Consiglio di Stato dubita della compatibilit� della normativa nazionale che disciplina i casi in cui � possibile che sia posto a carico del Servizio sanitario nazionale l'uso off-label dei farmaci, anche in presenza di alternativa terapeutica "on-label", con la normativa europea in materia di autorizzazione all'immissione in commercio, anche nella parte in cui quest'ultima radica la competenza in capo all'EMA relativamente all'AIC dei farmaci oncologici. 31. In particolare, il giudice a quo evidenzia che la scelta del legislatore nazionale sarebbe stata dettata da ragioni economiche, posto che il prezzo di Avastin � di gran lunga inferiore a quello del farmaco Lucentis autorizzato per l'indicazione "degenerazione maculare correlata all'et�"; d� per scontato quindi - che la norma introdotta dal "Decreto Lorenzin" incentiverebbe l'uso off-label in presenza d� alternativa terapeutica: attraverso la previsione di un regime di rimborsabilit� a carico del SSN, si finirebbe per favorire il ricorso generalizzato alla prescrizione off-label, nei confronti della generalit� dei pazienti ed a prescindere da qualsivoglia collegamento con le esigenze del singolo che -di regola -giustificano il ricorso in via eccezionale a tale tipo di utilizzo dei farmaci. 32. Ci� tanto pi� che la dispensazione avverrebbe non gi� al singolo paziente, bens� alla struttura ospedaliera (Avastin � un farmaco classificato H, quindi suscettibile di essere dispensato solo in ambiente ospedaliero), in apparente contrasto anche con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 16 luglio 2015 resa nelle cause riunite C-544/13 e C-545/13 in relazione all'art. 3 n. 1 Direttiva 2001/83/CE, ove si � affermato che la "formula magistrale" � tale solo in caso di contemporanea ricorrenza di pi� condizioni, quali la preparazione in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e la destinazione diretta ai pazienti. 33.1 dubbi interpretativi sollevati dal giudice a quo non sono fondati, come subito si vedr�. 34. irricevibilit� dei quesiti; oggetto del contendere nel giudizio a quo � la legittimit� della normativa nazionale che consente l'uso off label di Avastin per la cura della maculopatia senile, sotto lo specifico aspetto della possibilit� di accollare il costo di tale uso al Servizio sanitario nazionale. Non �, cio�, in discussione la liceit� in s� delle prescrizioni off-label in generale, e in particolare dell'Avastin per la cura della maculopatia senile; ma � in discussione solo la possibilit�, a certe con RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 dizioni, di equiparare ai fini del rimborso da parte del ssn tale prescrizione alla prescrizione del farmaco dotato di specifica AIC per tale patologia (in particolare, il Lucentis). Che la prescrizione off-label sia in s� lecita � infatti cosa scontata, dipendendo dalla responsabilit� e autonomia terapeutica spettante a qualsiasi medico; ed � circostanza confermata proprio dalla (limitata) possibilit� di porre tali prescrizioni a carico del SSN: se la prescrizione off-label fosse di per s� non consentita, � infatti evidente che non potrebbe esserne consentito neppure l'accollo del costo al SSN. 35. La questione oggetto di causa, allora, non solo � una questione ben distinta da quella della disciplina europea dell'AIC e delle deroghe alla relativa applicazione, ma � anche una materia che esula dal campo applicativo della normativa europea, come chiarito dallo "Study on off-label use of medicinal Products" eseguito su richiesta della Commissione Europea e pubblicato nel Febbraio 2017, e reperibile all'indirizzo http://ec.europa. eu/health/sites/health/files/files/documents/2017_02_28_fina1 _study_report_ on_off-label_use_pdf, (pag. 15, par. 1.1.2 "... EU Legislation does not directly regulate off-label use ..."). 36. In effetti, sia la Commissione Europea, sia il Tribunale di Primo Grado hanno avuto modo di chiarire che l'utilizzazione off-label di un farmaco precedentemente autorizzato non solo non � vietata, ma non � neanche disciplinata dal diritto europeo. 37. In particolare, secondo il Tribunale di Primo grado, non vi � alcuna previsione "che impedisca ai dottori di prescrivere un medicinale per delle indicazioni terapeutiche diverse da quelle per cui ha ottenuto una autorizzazione". 38. In linea con tale impostazione si pone anche la Commissione Europea, nelle osservazioni scritte depositate nell'ambito del giudizio C-179/16. Nei punti 67 e 68 delle osservazioni depositate in quella causa, la Commissione scrive: "67 .... vi � una differenza fondamentale tra i casi regolati dal- l'articolo 5, n. 1, della Direttiva 2001/83 e l'utilizzo offlabel di un medicinale autorizzato. mentre nel primo caso si tratta di un prodotto non autorizzato al- l'immissione al commercio (il cui utilizzo, salvo casi eccezionali, � vietato), nel secondo caso si tratta di un prodotto provvisto di un�aiC, il cui utilizzo per patologie diverse da quelle indicate nell�aiC, sotto la responsabilit� del medico prescrivente, non � vietato. 68. Con rjferimento all'utilizzazione off-label di medicinali, il Tribunale ha infatti chiarito che non vi � alcuna disposizione del diritto dell'Unione che vieti ad un medico di prescrivere un medicinale per il trattamento di patologie diverse rispetto a quelle per le quali ha ricevuto 1�aiC. al contrario, la normativa UE in ambito farmaceutico riconosce che, in alcune circostanze, l'uso off-label di un farmaco sia necessario, ad esempio in caso di seria minaccia alla salute pubblica. in italia, come si � detto sopra, l'uso CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE dei farmaci off-label non � vietato e, in alcuni casi, esso � addirittura rimborsato dal sistema sanitario nazionale. Pertanto, l'eventuale commercializzazione e offerta di farmaci per usi off-label non pu� considerarsi contraria al quadro regolamentare, anche laddove questo non ne preveda una disciplina specifica". 39. Posto che il rinvio alla Corte di Giustizia � ricevibile solo se la soluzione della questione sollevata ricade nella sfera di applicazione del diritto dell'UE, ed decisiva ai fini della risoluzione della questione controversa, e inoltre se sul punto non esista gi� una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza 27 marzo 1963, causa 28-30/62, Da Costa, punti 5 e 6; sentenza 26 novembre 1988, causa C-7/97, oscar Bronner, punti 17-21; sentenza 11 settembre 2008, cause C-428-434/06, Union Generai de Trabajadores de la rioja, punto 39), � palese l'irricevibilit� dei quesiti sollevati, che non vertono sulla materia oggetto del contendere (che � di stretto interesse interno, essendo limitata alla prescrivibilit� dell'uso off-label a carico del SSN), e comunque toccano un punto (la prescrizione off-iabel) che appare estraneo all'oggetto della Direttiva 2001/83, come affermato da consolidata giurisprudenza 40. infondatezza; La questione � comunque infondata, in quanto la normativa europea indicata nei quesiti non osta a quella nazionale introdotta con il "Decreto Lorenzin", per le ragioni che qui di seguito si illustrano. 41. In Italia, l'uso off-label di un medicinale � disciplinato dalle norme indicate ai punti 26-29 che precedono (D.L. 536 del 21 ottobre 1996 art. 1 commi 4 e 4-bis D.L. 17 febbraio 1998 n. 23 conv. n 1. 94 dell'8 aprile 1998 - art. 3; 1. 27 dicembre 2006 n. 296 art. 1 comma 796 lett. z)). 42. L'uso del medicinale oltre i limiti derivanti dall'AIC, disciplinato da tali norme, risponde all'esigenza di consentire un ampliamento delle possibilit� di cura, esigenza che ha meritato l'attenzione del legislatore innanzi tutto in quanto l'autorit� di farmacovigilanza non ha alcun potere di imporre alle aziende farmaceutiche le indicazioni da autorizzare per i farmaci di cui sono titolari. 43. In linea generale, infatti, l'uso off-label risponde proprio all'esigenza di cura nei casi in cui, pur se esiste prova della sicurezza ed efficacia di un farmaco per una determinata indicazione, l'azienda non richiede l'estensione dell'autorizzazione a tale indicazione, oppure nei casi di patologie rare o per le quali sia comunque difficile individuare formulazioni adatte ai vari gruppi di et� dei pazienti, come accade ad esempio in pediatria ("Study on off-iabel use of medicinal Products" eseguito su richiesta della Commissione Europea e pubblicato nel Febbraio 2017- gi� citato sub 35 - punto 1.1.2, pag. 16). 44. In tale quadro, le (pur possibili) valutazioni di tipo economico, restano sempre subordinate ad una preventiva valutazione di carattere scientifico del RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 rapporto rischio-beneficio, nella cui definizione intervengono rigorose valutazioni scientifiche. 45. Nel caso particolare di Avastin, si � visto sopra, al punto 9, con quale attenzione AlFA abbia individuato le condizioni per consentire tale utilizzo, conformemente a quanto previsto dall'art. 4-bis cit., che fa esplicito riferimento a "ricerche condotte nell'ambito della comunit� medico-scientifica nazionale e internazionale", dunque a studi realizzati secondo criteri e metodologie globalmente utilizzati ed accettati nell'ambito della comunit� internazionale, secondo parametri di attendibilit� noti e condivisi, risultati d� ricerche pubblicate su riviste internazionali che, come tali, sottostanno ad un vaglio di qualit� secondo criteri predefiniti ed universalmente accettati. 46. L'autorizzazione dell'uso off-label avviene sempre nel presupposto di verifiche scientifiche di tal genere, sulla base delle richieste che pervengono ad AIFA da parte di societ� scientifiche, associazioni di pazienti, dell'uso proveniente dalla pratica clinica nell'applicazione di linee guida indirizzate ai medici prescrittori, come prevede il Provvedimento del 20 luglio 2000, recante "istituzione dell'elenco delle specialit� medicinali erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 648/96". 47. Poich�, come si � detto, la prescrizione off-label di un medicinale, produce un innegabile effetto di ampliamento delle possibilit� di cura, da esso discende anche un ampliamento della concorrenza, con prevedibili ricadute positive analoghe a quelle che sono determinate dall'ingresso, sul mercato, di un nuovo prodotto autorizzato per le stesse indicazioni. 48. Tutto ci� in un'ottica, come gi� osservato, di massima realizzazione del principio di universalit� dell'accesso alle terapie farmacologiche: tutti i pazienti hanno il diritto di accedere alle cure alle medesime condizioni; perci� si prevede, in casi specifici di indisponibilit� di terapie approvate per determinate indicazioni, la possibilit� di un trattamento non autorizzato, purch� attentamente valutato sotto il profilo dell'efficacia e della sicurezza, cos� da ampliare l'accesso alle cure senza possibilit� di esclusione per ragioni di tipo economico/sociale, specie in un quadro sempre pi� caratterizzato da risorse finanziarie limitate. 49. Il mantenimento della rimborsabilit� per il solo farmaco autorizzato, con costi notevolmente pi� alti rispetto all'utilizzo off-label, potrebbe infatti determinare la necessit� di ricorrere a criteri di accesso stringenti, con conseguente riduzione del numero di pazienti trattati. 50. Tutto ci� chiarito, va ad ogni buon fine sottolineato come il fenomeno della prescrizione off-label, ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis D.L. 536/1996, abbia comunque, in Italia, una dimensione decisamente limitata rispetto al volume del mercato dei farmaci in generale, come evidenziato dall'elenco seguente, in cui sono indicate le specialit� ricadenti nella previsione normativa in questione. CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE Medicinale Indicazione terapeutica �lista 648� Farmaco autorizzato in Italia per la stessa indicazione terapeutica Bevacizumab - Avastin Degenerazione maculare correlata all�et� (AMD) Lucentis - Ranimizumab Bosentan Trattamento ipertensione polmonare cronica di tromboembolica (IPCTE) inoperabile mediante intervento chirurgico di endoarteriectomia polmonare (EAP), IPCTE persistente dopo intervento chirugico di EAP inefficace o recidiva di IPCTE dopo intervento chirurgico di EAP efficace ma non ripetibile Adempas (riociguat) Misoprostolo sublinguale Rammollimento della cervice uterina per indicazione ostetrica o ginecologica Cervidil (gemeprost) Metronidazolo Trattamento delle forme lievi e moderate di infezione da clostridium difficile (CDI) limitatamente al primo episodio o alla prima recidiva (se della stessa gravit� del primo evento) Bevacizumab-Avastin (approvato in data 18-20 gennaio 2017, ma non ancora inserito in lista perch� in attesa del registro di monitoraggio) Trattamento della compressione visiva dovuta a edema macurlare diabetico nei pazienti con acuit� visiva non minore di 20/40 Lucentis - Ranimizumab Eylea (aflibercept) Metilfenidato Trattamento del disturbo da deficit dell�attenzione e iperattivit� (ADHD) negli adulti gi� in trattamento farmacologico prima del compimento del diciottesimo anno di et� Strattera (atomexetina) RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 51. Cos� inquadrata la tematica della prescrizione off-label e la finalit� del- l'inserimento nella "lista 648", si intende qui sottolineare come i quesiti sollevati dal Consiglio di Stato scontino un vizio prospettico di fondo (specie i primi due): il giudice d� infatti per assunto che la norma che permette l'inserimento in lista anche in presenza di alternative terapeutiche e con costo a carico del SSN comporti l'abbandono del tratto distintivo tipico dell'uso off-label, vale a dire la funzionalit� della prescrizione al caso singolo (art. 5 Dir. 2001/83/CE), per trasformarlo in uno strumento "di massa", addirittura incentivato dalla norma ed avulso dalla considerazione delle esigenze terapeutiche del singolo paziente. 52. Al contrario, la norma introdotta dal Decreto Lorenzin non ha innovato il quadro normativo preesistente in materia di autonomia prescrittiva e responsabilit� (disciplinare, civile e penale) del medico, come risultante dalla normativa indicata ai punti 26-29 che precedono: tali aspetti rimangono invariati, e la scelta della terapia off-label resta collegata ad una precisa opzione prescrittiva del medico curante, basata sulla valutazione clinica delle condizioni del paziente: la prescrizione di un medicinale off-label non � autorizzata, n� tanto meno - imposta o promossa dall'AIFA, bens� resta appannaggio del medico, cui incombono i consueti obblighi di informativa al paziente e di acquisizione del consenso informato, oltre al rispetto delle condizioni indicate nella Delibera AIFA di inserimento nella "lista 648". 53. La circostanza che il farmaco prescritto off-label possa essere rimborsato dal SSN, insomma, non preclude n� limita la facolt� del medico prescrittore di preferire il farmaco autorizzato. 54. Proprio perch� AIFA non interferisce sulla prescrizione, autorizzandola od imponendola, bens� solo sulla rimborsabilit� della prescrizione stessa, non si realizza alcuna interferenza n� con la normat�va europea in tema di AIC richiamata nel primo e nel quarto quesito, n� con quella che sancisce la competenza esclusiva dell'EMA per i medicinali oncologici richiamata nel terzo quesito. 55. In sostanza, pu� concludersi che la possibilit� di prescrivere un farmaco off-label e, anche, in certi casi, di rimborsarlo a carico del SSN, non influisce in alcun modo sull'applicazione della normativa europea in tema di AIC; mentre una interpretazione restrittiva, che si traducesse nella pratica impossibilit� di ricorrere a tale tipo di prescrizioni anche nei casi in cui i medici le ritengano utili e appropriate al singolo paziente, si porrebbe in contrasto con il principio di proporzionalit� e con il diritto fondamentale alla salute riconosciuto dall'art. 35 della Carta dei diritti fondamentali del- l'Unione europea. A questo riguardo va sottolineato che il contenuto essenziale di tale diritto consiste testualmente nell'"ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali". Sicch� in linea di principio tali legislazioni e prassi, anche nella parte e nei casi in cui consen CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE tano prescrizioni off-label, vanno considerate compatibili con il diritto derivato UE. 56. Il Consiglio di Stato si sofferma poi sulla questione se sia possibile invocare la cosiddetta "formula magistrale" di cui all'art. 3 n. 1 della Direttiva 2001/83/CE, in un caso in cui - sebbene la prescrizione del farmaco sia per singolo paziente e la preparazione sia eseguita in farmacia - tuttavia ci� avvenga in modo seriale e ripetuto, senza tenere conto delle esigenze individuali del paziente, con dispensazione non gi� direttamente a quest'ultimo, bens� attraverso la struttura ospedaliera in cui egli � inserito. 57. Per superare il dubbio del giudice remittente in relazione al prospettato utilizzo "seriale" della prescrizione off-label, baster� richiamare quanto gi� esposto al punto 52 che precede, circa il fatto che la prescrizione non pu� prescindere dalla valutazione da parte del medico della condizione del paziente, essendo invariato il regime della responsabilit� e dell'autonomia prescrittiva del medico medesimo. Non pu� esservi, insomma, prescrizione individuale che prescinda dalla considerazione delle esigenze individuali del paziente, ed � lo stesso Consiglio di Stato, del resto, ad ammettere - nel prospettare il quesito - che la prescrizione ha comunque ad oggetto una preparazione destinata ad un singolo paziente. 58. Quanto, poi, al regime di dispensazione del farmaco, questo non ha a che vedere con una pretesa mancanza di considerazione delle esigenze specifiche del singolo, bens� opera sul piano - del tutto differente - del regime di fornitura ed utilizzo, a sua volta dipendente dalla classificazione del farmaco. 59. In particolare, Avastin � un farmaco di classe H-oSP: tale classifica comporta che il medicinale, per le sue caratteristiche o per l'innovativit�, le modalit� di somministrazione o per altre ragioni di salute pubblica, possa essere utilizzato esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture assimilabili, come prevede l�art. 92 del D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE contenente il Codice Comunitario concernente i medicinali per uso umano): "i medicinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero sono i medicinali che, per le caratteristiche farmacologiche, o per innovativit�, per modalit� di somministrazione o per altri motivi di tutela della salute pubblica, non possono essere utilizzati in condizioni di sufficiente sicurezza al di fuori di strutture ospedaliere. Tenuto conto delle caratteristiche dei medicinali, l'aiFa pu� stabilire che l'uso dei medicinali previsti dal comma 1 � limitato a taluni centri ospedalieri o, invece, � ammesso anche nelle strutture di ricovero a carattere privato. i medicinali disciplinati dal presente articolo devono recare sull'imballaggio esterno o, in mancanza di questo, sul confezionamento primario le frasi. �Uso riservato agli ospedali. Vietata la vendita al pubblico�. Nelle ipotesi previste dal comma 2 la prima frase � modificata in rapporto all'impiego autorizzato del medicinale. RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 i medicinali disciplinati dal presente articolo sono forniti dai produttori e dai grossisti direttamente alle strutture autorizzate a impiegarli o agli enti da cui queste dipendono". 60. � ben diverso il caso di quei farmaci che sono inseriti nella classe USPL, per la dispensazione in ambito ambulatoriale da parte dello specialista, disciplinati dall'art. 94 dello stesso D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219: "1. i medicinali utilizzabili esclusivamente dallo specialista in ambulatorio sono i medicinali che, per loro caratteristiche farmacologiche e modalit� di impiego, sono destinati ad essere utilizzati direttamente dallo specialista durante la visita ambulatoriale. Lo specialista pu� utilizzare un medicinale di cui al comma 1 presso il domicilio del paziente, soltanto se la somministrazione dello stesso non necessita di particolari attrezzature ambulatoriali. i medicinali disciplinati dal presente articolo devono recare sull'imballaggio esterno o, in mancanza di questo, sul confezionamento primario le frasi: �Uso riservato a...�, con specificazione dello specialista autorizzato all'impiego del medicinale, e �Vietatala vendita al pubblico�. i medicinali disciplinati dal presente articolo possono essere forniti dai produttori e dai grossisti direttamente agli specialisti autorizzati ad impiegarli". 61. Parimenti indifferente rispetto alla problematica posta dal giudice a quo (compatibilit� dell'uso off-label con la disciplina della "formula magistrale") � la circostanza, pure valorizzata nel quesito, che l'utilizzazione finale del medicinale allestito in siringa monodose possa avvenire in una struttura anche diversa da quella in cui � stato operato il confezionamento: anche in questo caso, si tratta di una circostanza operante su un piano differente rispetto alla necessit� che la formula magistrale sia preparata in farmacia sulla base di una prescrizione destinata ad un determinato paziente. 62. Si � gi� ricordato che, per l'uso off-label, Avastin necessita di un frazionamento di elevata complessit�, volto a ricavare pi� dosi per l'uso intravitreale da ogni flaconcino, il che comporta l'esigenza che sia assolutamente garantita la sterilit� dell'operazione. In particolare, nella specie, non solo interessa la sterilit� del confezionamento in siringhe monouso, ma anche la massima prossimit� spazio-temporale dell'iniezione nel bulbo oculare del paziente rispetto all'allestimento del prodotto, prossimit� necessaria per il rispetto di quanto indicato nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto (RCP) circa la stabilit� dello stesso. 63. � per questo che le Delibere AIFA 662/2014 e 79/2015 hanno stabilito che il confezionamento in monodose per l'uso intravitreale sia effettuato esclusivamente dalle farmacie in possesso dei requisiti necessari e nel rispetto delle Norme di Buona Preparazione, e che la successiva somministrazione sia riservata a centri oculistici ad alta specializzazione individuati dalle Regioni. 64. Il fatto che l'allestimento possa non avvenire nello stesso luogo della CoNTENzIoSo CoMUNITARIo ED INTERNAzIoNALE somministrazione non � dunque significativo ai fini della risposta al quesito, in quanto fa parte delle prescrizioni tecniche necessarie e sufficienti alla sicurezza dell'uso off-label di un farmaco comunque destinato, per le specificit� che lo caratterizzano, necessariamente all'uso ospedaliero. 65. Il Governo italiano propone pertanto di rispondere ai quesiti come segue: Quanto al primo quesito: "Le disposizioni di cui alla Direttiva 2001/83/CE, come successivamente modificata, e segnatamente gli articoli 5 e 6, in relazione anche al secondo considerando della direttiva stessa, non ostano all'applicazione di una legge nazionale che, al fine di perseguire finalit� di contenimento di spesa, incentivi (rectius, consenta), attraverso l'inclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal servizio sanitario nazionale, l'utilizzazione di un farmaco al di fuori della indicazione terapeutica autorizzata nei confronti della generalit� dei pazienti, nonostante l'esistenza e la disponibilit� sul mercato di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica"; Quanto al secondo quesito: "L'art. 3 n. 1 della Direttiva 2001/83/CE (formula magistrale), pu� applicarsi nel caso in cui la preparazione del prodotto farmaceutico, eseguita in farmacia sulla base di una prescrizione medica destinata ad un singolo paziente, sia comunque effettuata serialmente, in modo eguale e ripetuto, con dispensazione del prodotto alla struttura ospedaliera e non al paziente (tenuto conto che il farmaco � classificato in classe H-oSP) e con utilizzazione in una struttura anche diversa da quella in cui � stato operato il confezionamento"; Quanto al terzo quesito: "Le disposizioni di cui al Regolamento (CE) n. 726/2004, come successivamente modificato, e segnatamente gli articoli 3, 25 e 26, nonch� l'allegato, che assegnano all'Agenzia europea per i medicinali (EMA) la competenza esclusiva a valutare i profili di qualit�, sicurezza ed efficacia dei medicinali aventi come indicazione terapeutica il trattamento di patologie oncologiche, sia nell'ambito della procedura di rilascio dell'autorizzazione all'immissione in commercio (Procedura centralizzata obbligatoria), sia al fine del monitoraggio e del coordinamento delle azioni di farmacovigilanza successive all'immissione del farmaco sul mercato, non ostano all'applicazione di una legge nazionale che riservi all'autorit� regolatoria nazionale (AlFA) la competenza ad assumere determinazioni in merito ai profili di sicurezza dei medicinali, connessi al loro uso off-label, la cui autorizzazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione Europea, in considerazione delle valutazioni tecnico scientifiche effettuate dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA)"; Quanto al quarto quesito: "Le disposizioni di cui alla Direttiva 89/105/CEE, come successivamente modificata, e segnatamente l'art. 1 par. 3), non ostano all'applicazione di una RASSEGNA AvvoCATURA DELLo STATo - N. 1/2018 legge nazionale che consenta allo Stato membro, nell'ambito delle proprie decisioni in materia di rimborsabilit� delle spese sanitarie sostenute dall'assistito, di prevedere la rimborsabilita di un farmaco utilizzato al di fuori delle indicazioni terapeutiche precisate nell'autorizzazione all'immissione in commercio rilasciata dalla Commissione Europea, o da un'Agenzia specializzata europea, all'esito di una procedura di valutazione centralizzata, senza che ricorrano i requisiti previsti dagli artt. 3 e 5 della direttiva 2001/83/CE". Paolo Gentili Marina Russo Avvocati dello Stato Contenziosonazionale Questioni aperte a seguito di Corte Costituzionale 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida Uno scambio di email sU corte costitUzionale, sentenza 9 febbraio 2018 n. 22; tar lombardia - brescia, sez. i, sentenza 26 marzo 2018 n. 343 Da: Lionello Orcali [mailto:lionello.orcali@avvocaturastato.it] Inviato: luned� 19 febbraio 2018 10:22 A: Avvocati_tutti <Avvocati_tutti@avvocaturastato.it> Oggetto: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. La pronuncia della Corte Cost. sembrerebbe decisamente modificare il sistema in punto di giurisdizione, posto che, venendo meno la natura vincolata della revoca, essa, alla luce della costante giurisprudenza delle SS.UU., dovrebbe essere attribuita al giudice amministrativo. Non osta a tale conclusione, in relazione alle cause pendenti, l�art. 5 del codice di procedura civile, ritenuto inapplicabile �� nel caso in cui il mutamento dello stato di diritto o di fatto comporti, invece, l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda� (Cass. civ. Sez. Unite, 13 settembre 2005, n. 18126; nello stesso senso Cass. civ. Sez. II, 8 ottobre 2014, n. 21221; giurisprudenza pacifica). E salvo esaminare le complicazioni che potrebbero verificarsi avanti al giudice civile presso il quale la causa fosse stata riassunta a seguito di pronuncia del G.A. dichiarativa della carenza di giurisdizione, in relazione alla possibilit� ed ai tempi del- l�eventuale conflitto. Peraltro, sussistono aspetti di tale sentenza che fanno sorgere talune perplessit�. Si deve infatti considerare: - che viene ivi espressamente riaffermata la giurisdizione dell�A.g.o.; -che, in base a tale considerazione, viene dichiarata inammissibile la qlc RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 proposta dal Tar Friuli, ed ammissibile quella proposta dal Tribunale di Genova; -che, quindi, ove si applicassero i principi affermati dalle SS.UU., avverrebbe che, a seguito della rimessione della questione da parte di un Tribunale, ritenuta ammissibile proprio in base a considerazioni relative alla giurisdizione, tale Tribunale (come tutti gli altri) non potrebbe fare concreta applicazione della norma modificata dall�intervento della Corte Cost., talch� la questione, in contrasto con le norme ed i principi che regolano la rimessione delle questioni e la valutazione della loro ammissibilit�, dovrebbe essere ex post considerata irrilevante in quel giudizio; e dovrebbe invece essere concretamente applicata, e sarebbe quindi manifestamente rilevante, proprio nel giudizio avanti al Tar la cui qlc � stata ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza. Suppongo che si debba comunque arrivare alla giurisdizione del giudice amministrativo in materia, ma il percorso, per quanto ho inteso, non mi sembra del tutto lineare. O mi � sfuggito qualche aspetto? avv. lionello orcali avvocatura dello stato di brescia Da: Angelo Nicotra [mailto:angelo.nicotra@avvocaturastato.it] Inviato: marted� 27 marzo 2018 18:21 A: 'Montagnoli Riccardo' <riccardo.montagnoli@avvocaturastato.it>; 'Orcali Lionello' <lionello. orcali@avvocaturastato.it>; 'Avvocati_tutti' <Avvocati_tutti@avvocaturastato.it> Oggetto: R: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. Riprendendo la discussione sulle conseguenze della Corte Costituzionale 22/18 in tema di revoca della patente ex art. 120 c.d.s., Vi chiedo se, tra le tante A.G. d�Italia, qualcuna si sia pronunciata, a valle della sentenza costituzionale, a favore della Giurisdizione amministrativa sulla materia. Il Tribunale di Milano (ma ho notizie anche di quello di Cagliari) si � espresso a favore della Giurisdizione ordinaria, con diverse pronunce, a mio modesto avviso, criticabili in diritto. Qualche materiale utile? avv. angelo nicotra avvocatura dello stato di milano CONTENzIOSO NAzIONALE Da: Francesco Triolo [mailto:francesco.triolo@avvocaturastato.it] Inviato: Wednesday 28 March 2018 17:09 A: 'Angelo Nicotra' <angelo.nicotra@avvocaturastato.it>; 'Montagnoli Riccardo' <riccardo.montagnoli@avvocaturastato.it>; 'Orcali Lionello' <lionello.orcali@avvocaturastato. it>; 'Avvocati_tutti' <Avvocati_tutti@avvocaturastato.it> Oggetto: R: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. Mi sembra che la sentenza della Corte Costituzionale, nella parte in cui afferma l�illegittimit� dell�automatismo, e, dunque postula l�esercizio di un potere discrezionale del prefetto, non lasci dubbi sulla giurisdizione del giudice amministrativo. Non mi pare che il fatto che la Corte si sia pronunciata sulla questione sollevata dal Tribunale di Genova determini la implicita affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, posto che essa era sussistente fino al momento in cui l�automatismo non � stato dichiarato costituzionalmente illegittimo. La questione della giurisdizione � quindi strettamente connessa a quella della ragionevolezza dell�automatismo. Per le stesse ragioni, mi sembra che debba continuare ad essere affermata la giurisdizione del Giudice ordinario per tutte le altre ipotesi non investite dalla pronuncia di illegittimit� costituzionale, che espressamente concerne solo la revoca in presenza di condanne per i reati previsti dagli artt. 73 e 74, DPR 309/90. Per tutte le altre ipotesi, la natura vincolata del provvedimento di revoca (proprio per effetto della sentenza della Corte Costituzionale) rimane, per lo meno fino a nuova pronuncia di incostituzionalit� anche su di esse (in questo caso per� non varrebbe pi� il tertium comparationis dell�art. 85, DPR 309/90). avv. francesco triolo avvocatura dello stato di reggio calabria Da: Lionello Orcali <lionello.orcali@avvocaturastato.it> Inviato: venerd� 30 marzo 2018 10:50 A: Triolo Francesco; Nicotra Angelo; Montagnoli Riccardo; Avvocati_tutti Oggetto: R: Qualche interrogativo a seguito di C. Cost. 22/18 in materia di revoca delle patenti di guida. Vi allego una recentissima sentenza del Tar Brescia, che dichiara la giurisdizione del G.A., e annulla, in relazione a ricorso del 2015. avv. lionello orcali avvocatura dello stato di brescia RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Corte costituzionale, sentenza 9 febbraio 2018 n. 22 -Pres. Lattanzi, red. Morelli. Norme impugnate: Art. 120, c. 1� e 2�, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della Strada), come sostituito dall�art. 3, c. 52�, lett. a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). (omissis) considerato in diritto 1.� L�art. 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall�art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sotto la rubrica �Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all�art. 116�, nei suoi commi 1, 2 e 3, cos� testualmente dispone: �1. Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali [�], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi [�]�; �2. [�] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La revoca non pu� essere disposta se sono trascorsi pi� di tre anni dalla data [�] del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1�; �3. [l]a persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non pu� conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni�. 2.. Le tre ordinanze, di cui si � in narrativa detto, convergono nel denunciare, per contrasto con i parametri costituzionali in esse rispettivamente evocati, la disposizione di cui al comma 2, in correlazione al precedente comma 1, dell�art. 120 del codice della strada, con specifico ed esclusivo riguardo alla revoca della patente di guida che consegua a condanna per reati in materia di stupefacenti. E, per tale comunanza di oggetto, possono riunirsi, per essere decise con unica sentenza. 3.. Preliminarmente, va per� dichiarata la manifesta inammissibilit� della questione sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia (r.o. n. 20 del 2016). Ci� in quanto detto giudice difetta ictu oculi di giurisdizione. Per risalente e consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, giudice regolatore della giurisdizione, i provvedimenti adottati ai sensi dell�art. 120 cod. strada (incidenti su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, n� inerenti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) sono riservati, infatti, alla cognizione del giudice ordinario (ex multis, sezioni unite, sentenze 14 maggio 2014, n. 10406; 6 febbraio 2006, n. 2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 1996, n. 6232). E rispetto a tale univoco orientamento, il rimettente non spende alcuna -sia pur solo �non implausibile� - motivazione, per prospettarne la superabilit�, a sostegno della sua (pertanto manifestamente non sussistente) legittimazione a sollevare, come giudice a quo, la questione suddetta. 4.. Anche le questioni sollevate dal giudice monocratico del Tribunale ordinario di Genova (r.o. n. 97 del 2017), sono manifestamente inammissibili. Prive di rilevanza - nel giudizio a quo avente, come detto, ad oggetto un provvedimento CONTENzIOSO NAzIONALE di revoca della patente di guida - sono, infatti, le questioni relative ad asseriti (non pertinenti) profili di deteriore trattamento dei soggetti che intendano conseguire, per la prima volta, il titolo abilitativo. Sono poi carenti della descrizione della fattispecie concreta, ai fini della motivazione sulla rilevanza, le questioni che il rimettente dichiara di far proprie, mutuandole dalle precedenti ordinanze di altri giudici, cui all�uopo rinvia. E, comunque, tutte le (non sempre chiaramente) adombrate questioni risultano aggregate in dispositivo, ma senza indicazione alcuna dei parametri di rispettivo riferimento. 5.. La sola ordinanza (r.o. n. 210 del 2016) del Tribunale ordinario di Genova, in composizione collegiale, supera, dunque, il vaglio di ammissibilit� delle questioni sollevate. Il thema decidendum segnato da detta ordinanza ha, come detto, un duplice oggetto. 5.1.. Per un verso il rimettente denuncia, infatti, il combinato disposto dei commi 1 e 2 del novellato art. 120 cod. strada, nella parte in cui ne conseguirebbe la revocabilit� della patente di guida, anche in via retroattiva, in correlazione a condanne bens� successive all�entrata in vigore della novella del 2009, ma concernenti reati (in materia di stupefacenti) commessi (come nella specie) anteriormente a tale data; e ne prospetta il contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all�art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, per lesione del principio di irretroattivit� delle sanzioni sostanzialmente penali sancito dalla evocata norma convenzionale, come interpretata dalla Corte di Strasburgo. 5.2.. Sotto altro e pi� generale profilo, dubita poi lo stesso giudice che l��automatismo� della revoca del titolo di guida, che la normativa censurata direttamente ricollega ad intervenuta condanna per i reati in questione, violi gli artt. 3, 16, 25 e 111 Cost., per essere connotato da �profili di irragionevolezza e di conseguente disparit� di trattamento�, rilevanti �oltre che per l�incidenza sulla libert� personale e sulla libert� di circolazione [�] anche dal punto di vista della sottrazione del soggetto al giudice naturale e ad un giusto processo�. E, in relazione a tale secondo profilo, il Tribunale ordinario di Genova sottolinea le rilevanti �conseguenze negative� che -per la ricorrente (la quale, da sola, �deve accompagnare presso istituti dislocati in luoghi diversi le tre figlie minori, una delle quali con problemi di salute che comportano un periodico monitoraggio ospedaliero�) - avrebbe la revoca della patente, disposta a ben otto anni di distanza dalla commissione del reato di cui all�art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), fatto lieve, in relazione al quale il giudice penale aveva ritenuto di non disporre il ritiro del titolo di guida ex art. 85 del medesimo d.P.R. n. 309 del 1990. 6.. Nell�incipit del percorso argomentativo relativo alla prima delle due cos� sollevate questioni, il Tribunale ordinario di Genova muove dalla considerazione che la �sanzione della revoca�, di cui al censurato art. 120 cod. strada, non abbia �carattere penale� nell�ordinamento interno (e non chiami per ci� in gioco i principi di cui all�art. 25, secondo comma, Cost.); ma si pone poi il quesito - cui d� risposta affermativa - �se la revoca sia una vera e propria sanzione in senso sostanziale� alla stregua dei cosiddetti �Engel criteria�, enucleabili dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell�uomo. Dal che l�evocazione del parametro interposto di cui all�art. 7 della CEDU, ai fini della denunciata violazione dell�art. 117, primo comma, Cost., e dell�art. 11 Cost., quest�ultimo impropriamente per� richiamato (sentenze n. 210 del 2013 e n. 80 del 2011). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 6.1.. La natura di �sanzione� della revoca della patente, qui in esame, � per� erroneamente presupposta dal rimettente. Come pi� volte ribadito dalla Corte di legittimit� (per tutte, sezioni unite civili, sentenza 14 maggio 2014, n. 10406; sezione seconda civile, ordinanza 4 novembre 2010, n. 22491), la revoca della patente, nei casi previsti dall�art. 120 in esame, non ha natura sanzionatoria, n� costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, ma rappresenta la constatazione dell�insussistenza (sopravvenuta) dei �requisiti morali � prescritti per il conseguimento di quel titolo di abilitazione. Vale a dire che, diversamente dal �ritiro� della patente disposto dal giudice penale ai sensi dell�art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, la �revoca� del titolo in via amministrativa, di cui alla disposizione censurata, non risponde ad una funzione punitiva, retributiva o dissuasiva dalla commissione di illeciti e trova, viceversa, la sua ratio nell�individuazione di un perimetro di affidabilit� morale del soggetto, cui � rilasciata la patente di guida, e nella selezione di ipotesi in presenza delle quali tale affidabilit� viene meno. Per cui quelli che vengono, nel nostro caso, in rilievo sono, appunto, solo effetti riflessi della condanna penale, in settori ordinamentali diversi da quello cui � affidata la funzione repressiva degli illeciti con le misure afflittive al riguardo previste. Esclusa cos�, in radice, la natura sanzionatoria della revoca in via amministrativa della patente, risulta non pertinente l�evocazione della giurisprudenza della Corte europea sui criteri per l�attribuibilit� di natura sostanzialmente penale a �sanzioni� non formalmente tali. Mentre -nella logica (appunto non punitiva ma individuativa delle condizioni soggettive ostative al conseguimento o al mantenimento del permesso di guida) che ispira la novella del 2009 - la revoca della patente anche per reati, in materia di stupefacenti, commessi anteriormente alla entrata in vigore della disposizione impugnata, per i quali la condanna sia per� comunque intervenuta dopo tale data, attiene al piano degli effetti riconducibili all�applicazione ratione temporis della norma stessa. Dal che la non fondatezza della questione sin qui esaminata. 7.. La seconda questione - relativa all�automatismo della revoca della patente, da parte dell�autorit� amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare, per reati in materia di stupefacenti - �, invece, fondata per violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalit� e ragionevolezza di cui all�art. 3 Cost. La disposizione denunciata -sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida ricollega, infatti, in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una variet� di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneit�, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, pu� riguardare reati di diversa, se non addirittura di lieve, entit�. Reati che, per di pi�, possono (come nella specie) essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. Il che dovrebbe escluderne l�attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all�attualit�. Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame �, poi, ravvisabile nel- l�automatismo della �revoca� amministrativa rispetto alla discrezionalit� della parallela misura del �ritiro� della patente che, ai sensi dell�art. 85 del d.P.R. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione �pu� disporre�, motivandola, �per un periodo non superiore a tre anni�. � pur vero che tali due misure - come gi� evidenziato - operano su piani diversi e rispondono a diverse finalit�. CONTENzIOSO NAzIONALE Ma la contraddizione non sta nel fatto che la condanna per reati in materia di stupefacenti possa rilevare come condizione soggettiva ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, agli effetti della sua revocabilit� da parte dell�autorit� amministrativa, anche quando il giudice penale (non ritenendo che detto titolo sia strumentale al reato commesso o che possa agevolare la commissione di nuovi reati) decida di non disporre (ovvero disponga per un pi� breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro della patente. La contraddizione sta, invece, in ci� che - agli effetti dell�adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarit� della patente) -mentre il giudice penale ha la �facolt�� di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il �dovere� di disporne la revoca. Per tali profili di contrasto con l�art. 3 Cost. (nei quali restano assorbite le altre formulate censure) va, pertanto, dichiarata l�illegittimit� costituzionale dell�esaminato comma 2 dell�art. 120 cod. strada, nella parte in cui dispone che il prefetto �provvede� - invece che �pu� provvedere � - alla revoca della patente di guida, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUzIONALE riuniti i giudizi, 1) dichiara l�illegittimit� costituzionale dell�art. 120, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dall�art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui - con riguardo all�ipotesi di condanna per reati di cui agli artt. 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto �provvede� - invece che �pu� provvedere� - alla revoca della patente; 2) dichiara la manifesta inammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale dell�art. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, con l�ordinanza in epigrafe; 3) dichiara la manifesta inammissibilit� delle questioni di legittimit� costituzionale del- l�art. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 16, 25, 27 e 111 Cost., dal Tribunale ordinario di Genova, in composizione monocratica, con l�ordinanza in epigrafe; 4) dichiara non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 120, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 285 del 1992, sollevata, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma Cost., in relazione all�art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di Genova, in composizione collegiale, con l�ordinanza indicata in epigrafe. Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 gennaio 2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 tribunale amministrativo Regionale per la lombardia, Brescia (sezione Prima), sentenza 26 marzo 2018 n. 343 -Pres. est. Roberto Politi. FATTO Con l�avversata ordinanza, il Prefetto di Bergamo, ex art. 120 commi 1 e 2 del Codice della Strada comunicava al ricorrente la revoca della patente di guida allo stesso rilasciata. Il provvedimento veniva adottato a fronte della sentenza con la quale la Corte d'Appello di Brescia aveva condannato l'odierno ricorrente alla pena di anni due e mesi otto di reclusione e ad � 12.000,00 di multa per il reato previsto e punito dall'art. 73 del D.P.R. 309/1990. Il Prefetto di Bergamo riteneva che il sig. -OMISSIS -non possedesse pi� i requisiti morali prescritti per ottenere il rilascio della patente di guida sulla base di un'applicazione "automatica" della revoca del titolo, attesa la sussistenza di una delle cause previste dall'art. 120 C.d.S. Queste le dedotte censure: eccesso di potere per travisamento dei fatti; o, in subordine, violazione di legge, in quanto il Prefetto della Provincia di bergamo, nel motivare il provvedimento di revoca della patente, ometteva di rappresentare gli elementi concreti in base ai quali si sarebbe dovuto desumere lo stato attuale di pericolosit� sociale del ricorrente applicando un ragionamento basato su un mero automatismo. Il Prefetto di Bergamo, con il provvedimento impugnato, non ha formulato alcun giudizio di pericolosit� sociale nei confronti del ricorrente, limitandosi ad un mero richiamo al precedente penale del sig. - OMISSIS - ed alla citazione, quale fondamento del proprio operato, della pronuncia della Corte Costituzionale (ordinanza 169/2013) che, espressamente, conferma la legittimit� di tale procedimento. L�ordinanza n. 169 del 2013, citata nel provvedimento impugnato, si porrebbe in contrasto con i principi declinati dalla stessa Corte Costituzionale, che non possono essere disattesi senza entrare in conflitto con quanto affermato a livello comunitario. Nell�osservare come la sentenza di condanna richiamata in atti risalga ad un episodio avvenuto in data 9 marzo 2007, ribadisce parte ricorrente l�illegittimit� del gravato provvedimento, laddove non ha contemplato alcuna valutazione discrezionale da parte della Pubblica amministrazione in merito all'attualit� del pericolo evidenziato. Formula parte ricorrente, in subordine, eccezione di incostituzionalit� dell'art. 120, commi 1 e 2, del codice della strada, come modificato dalla legge 94/2009, nella parte in cui prevede la perdita automatica del possesso dei requisiti morali prescritti per ottenere il rilascio della patente di guida per le persone condannate per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del Testo Unico di cui al D.P.R. 309/1990, per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost. e per l'aperto contrasto con l'ordinamento comunitario nella misura in cui non lascia spazio ad una valutazione discrezionale della pubblica Amministrazione, nonch� per violazione dell'art. 3 Cost. Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura. L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. La domanda di sospensione dell'esecuzione dell'atto impugnato, dalla parte ricorrente proposta in via incidentale, � stata da questa Sezione respinta con ordinanza n. 293 del 5 marzo 2015. Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 21 marzo 2018. CONTENzIOSO NAzIONALE DIRITTO 1. Giova precisare che il provvedimento impugnato ha disposto, nei confronti dell�odierno ricorrente, la revoca della patente di guida: -a fronte della sentenza n. 2802/2012 in data 12 novembre 2012, con la quale la Corte d�Appello di Brescia ha condannato l�odierno ricorrente alla pena della reclusione per anni due e mesi otto, nonch� della multa per � 12.000,00, per il reato previsto e punito dall'art. 73 del D.P.R. 309/1990; -in ragione del conseguente, ritenuto, venir meno, in capo all�interessato, dei �requisiti morali prescritti per ottenere il rilascio della patente di guida�, ai sensi dell�art. 120, commi 1 e 2, del Codice della Strada, approvato con D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285; -ed in considerazione del contenuto dell�ordinanza della Corte Costituzionale 169/2013, con la quale � stata confermata l�applicazione �automatica� della revoca della patente di guida, in presenza di una delle cause previste dall�art. 120 C.d.S. Il suindicato pregiudizio penale ha costituito, pertanto, l�unico presupposto giustificativo del- l�adozione del censurato provvedimento di diniego di rilascio della patente di guida, in relazione alla affermata �mancanza dei requisiti morali� di cui all�art. 120, comma 1, del Codice della Strada. L�art. 120 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), come sostituito dal- l�art. 3, comma 52, lettera a), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sotto la rubrica �requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all�art. 116�, nei suoi commi 1, 2 e 3, cos� testualmente stabilisce (rectius: stabiliva, anteriormente all�intervento della Corte Costituzionale, di cui al successivo punto 2.): �1. non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali [�], le persone condannate per i reati [in materia di stupefacenti] di cui agli artt. 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi [�]�; �2. [�] se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. la revoca non pu� essere disposta se sono trascorsi pi� di tre anni dalla data [�] del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1�; �3. [l]a persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non pu� conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni�. 2. Con recente sentenza n. 22 del 9 febbraio 2018 (pubblicata in G.U. il 14 febbraio 2018), la Corte Costituzionale, esclusa la natura sanzionatoria della revoca in via amministrativa della patente, ha ritenuto fondata la questione - relativa all�automatismo della revoca della patente, da parte dell�autorit� amministrativa, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare, per reati in materia di stupefacenti - per violazione dei principi di eguaglianza, proporzionalit� e ragionevolezza di cui all�art. 3 della Costituzione. La disposizione ex art. 120 C.d.S., secondo il giudizio della Corte, in quanto fondata �sul presupposto di una indifferenziata valutazione di sopravvenienza di una condizione ostativa al mantenimento del titolo di abilitazione alla guida � ricollega � in via automatica, il medesimo effetto, la revoca di quel titolo, ad una variet� di fattispecie, non sussumibili in termini di omogeneit�, atteso che la condanna, cui la norma fa riferimento, pu� riguardare reati di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 diversa, se non addirittura di lieve, entit�. reati che, per di pi�, possono � essere assai risalenti nel tempo, rispetto alla data di definizione del giudizio. il che dovrebbe escluderne l�attitudine a fondare, nei confronti del condannato, dopo un tale intervallo temporale, un giudizio, di assenza dei requisiti soggettivi per il mantenimento del titolo di abilitazione alla guida, riferito, in via automatica, all�attualit��. Ulteriore profilo di irragionevolezza della disposizione in esame � stato, poi, ravvisato �nell�automatismo della �revoca� amministrativa rispetto alla discrezionalit� della parallela misura del �ritiro� della patente che, ai sensi dell�art. 85 del d.P.r. n. 309 del 1990, il giudice che pronuncia la condanna per i reati in questione �pu� disporre�, motivandola, �per un periodo non superiore a tre anni�: contraddizione ravvisabile �in ci� che - agli effetti dell�adozione delle misure di loro rispettiva competenza (che pur si ricollegano al medesimo fatto-reato e, sul piano pratico, incidono in senso identicamente negativo sulla titolarit� della patente) - mentre il giudice penale ha la �facolt�� di disporre, ove lo ritenga opportuno, il ritiro della patente, il prefetto ha invece il �dovere� di disporne la revoca�. Per tali profili di contrasto con l�art. 3 Cost., � stata, pertanto, dichiarata l�illegittimit� costituzionale del comma 2 dell�art. 120 cod. strada, nella parte in cui dispone che il prefetto �provvede � -invece che �pu� provvedere� -alla revoca della patente di guida, in caso di sopravvenuta condanna del suo titolare per i reati di cui agli artt. 73 e 74 del D.P.R. n. 309 del 1990. 3. Tale conclusione si rivela affatto omogenea rispetto alla sistematica interpretativa da questa Sezione esplicitata con sentenza 21 giugno 2016 n. 864; e, da ultimo, ribadita con sentenza 11 dicembre 2017 n. 1416. Con tale pronunzia, in particolare, � stato rilevato come: -�per quanto riguarda i reati in materia di stupefacenti l�automatismo della revoca o del diniego di rilascio della patente di guida ex art. 120 commi 1 e 2 del codice della strada sia venuto meno in relazione alla fattispecie di lieve entit� e alla condanna per droghe leggere, purch� in quest�ultimo caso la pena in concreto applicata non superi il massimo edittale della fattispecie di lieve entit��; -�la perdita dell�automatismo implica l�obbligo per la Prefettura di valutare in concreto la posizione dell�interessato, tenendo conto non solo delle condanne penali ma anche della condotta successiva e delle prospettive di reinserimento sociale�. Sotto tale ultimo profilo, questa stessa Sezione (cfr. ordinanza n. 1216 del 23 giugno 2015, resa nell�ambito del giudizio conclusosi poi con la sentenza sopra citata), aveva ritenuto rilevanti, nel quadro del rinnovato apprezzamento incombente sulla competente Autorit�, i seguenti parametri: �(1) gravit� dell�episodio criminoso descritto nella sentenza di condanna; (2) condotta mantenuta dal ricorrente successivamente alla condanna, sia sotto il profilo lavorativo sia in generale nei rapporti sociali e interpersonali; (3) eventuali nuove denunce a carico del ricorrente, o frequentazione di soggetti pericolosi; (4) eventuale presenza di familiari in grado di assistere e sostenere il ricorrente nel percorso riabilitativo; (5) svolgimento di attivit� lavorative, oppure offerte di lavoro, in relazione alle quali sia necessario il possesso della patente di guida�. 4. L�intervenuta pronunzia di incostituzionalit� dell�art. 120, comma 2, C.d.S., per come promanante dal suindicato intervento �manipolativo� posto in essere dalla Corte Costituzionale (nelle conclusioni, come si � avuto modo di rilevare, affatto omogeneo ai principi CONTENzIOSO NAzIONALE come sopra precedentemente enunciati dalla Sezione), impone l�accoglimento del presente mezzo di tutela. Il venir meno dell��automatismo� precedentemente disciplinato dalla norma in rassegna (e ricollegante la revoca del titolo di guida all�intervenuta pronunzia di una sentenza penale di condanna), impone, ora, alla competente Autorit� prefettizia una (necessaria) valutazione in ordine alla immanenza e consistenza degli elementi suscettibili di inalveare un giudizio di �insussistenza� dei requisiti morali: giudizio che, lungi dal promanare dal mero pregiudizio penale, deve transitare attraverso un apprezzamento discrezionale, le cui direttrici di svolgimento ben possono essere ricondotte ai parametri da questa Sezione enucleati in epoca largamente antecedente al recente arresto del Giudice delle Leggi. Va soggiunto che, laddove (come nel caso in esame) la sentenza di condanna riveli collocazione temporale largamente risalente rispetto alla determinazione prefettizia concernente il titolo di guida, sul discrezionale apprezzamento anzidetto � suscettibile di indurre un rafforzamento dell�effusione motivazionale, s� da esplicitare le ragioni sottese ad un giudizio di �perduranza� della �inidoneit� morale� ai fini della conservazione del titolo stesso. 5. Se quanto esposto chiaramente milita nel senso dell�accoglibilit� del presente ricorso, non ravvisa il Collegio alcun elemento ostativo a siffatta conclusione con riferimento all�appartenenza della cognizione giurisdizionale della presente controversia al giudice ordinario, anzich� al giudice amministrativo. Tale dubbio potrebbe essere indotto dalla stessa sentenza della Consulta 22/2018, laddove viene dichiarata �la manifesta inammissibilit� della questione sollevata dal tribunale amministrativo regionale per il friuli-Venezia Giulia � in quanto detto giudice difetta ictu oculi di giurisdizione. Per risalente e consolidata giurisprudenza della corte di cassazione, giudice regolatore della giurisdizione, i provvedimenti adottati ai sensi dell�art. 120 cod. strada (incidenti su diritti soggettivi non degradabili ad interessi legittimi per effetto della loro adozione, n� inerenti a materia riconducibile alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo) sono riservati, infatti, alla cognizione del giudice ordinario (ex multis, sezioni Unite, sentenze 14 maggio 2014, n. 10406; 6 febbraio 2006, n. 2446; e, analogamente in tema di sospensione della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 1996, n. 6232)�. Peraltro, come correttamente osservato dall�Avvocatura Distrettuale dello Stato (cfr. memoria depositata il 17 febbraio 2018): -se � pur vero che, ripetutamente, le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione si sono pronunciate in favore della giurisdizione del giudice ordinario (in considerazione della natura vincolata della revoca) - ora, proprio la sentenza da ultimo resa dalla Corte Costituzionale, nel dichiarare l�incostituzionalit� dell�art. 120 C.d.S. nella parte in cui dispone che il prefetto �provvede� - in luogo di �pu� provvedere� - alla revoca della patente, ha caratterizzato siffatta determinazione in senso marcatamente discrezionale: con riveniente, chiara, sussumibilit� della cognizione delle relative controversie nel perimetro giurisdizionale di spettanza del giudice amministrativo. N� osta a siffatta conclusione - come, pure, correttamente rilevato dalla stessa difesa erariale -quanto indicato dall�art. 5 c.p.c., atteso che il principio da esso stabilito �secondo cui la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente ed allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, senza che abbiano effetto i successivi mutamenti, essendo diretto a favorire, e non ad impedire, il verificarsi della perpetuatio jurisdictionis, trova applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice originariamente adito, ma non anche nel caso in cui il mutamento dello stato di diritto o di fatto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 comporti, invece, l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda (Cass., SS.UU., 13 settembre 200, n. 18126 e Cass. civ., Sez. II, 8 ottobre 2014 n. 21221). 6. Nell�escludere che la gravata determinazione rechi, come in precedenza accennato, adeguati elementi rappresentativi in ordine alla discrezionale valutazione -ora -rimessa alla competente Autorit� prefettizia (diversamente rispetto a quanto, pur esaurientemente, rappresentato dal- l�Avvocatura nella sopra citata memoria difensiva; a proposito del contenuto della quale, va rammentato come sia preclusa l�integrazione �postuma� del contenuto motivazionale dell�atto assoggettato a sindacato giurisdizionale), deve ribadirsi, nei limiti di cui sopra, l�accoglibilit� del proposto mezzo di tutela: alla quale accede l�annullamento dell�atto con esso gravato. Deve, da ultimo, soggiungersi che l�effetto conformativo promanante dalla presente pronunzia imporr� alla competente Autorit�, in sede di rinnovato esercizio del potere, la valutazione anzidetta della personalit� del ricorrente, con carattere di necessaria prodromicit� rispetto al- l�assunzione della determinazione concernente il rilascio del titolo di guida. Sussistono, in ragione della peculiarit� della presente controversia (segnatamente, con riferimento alla sopravvenienza, in pendenza di giudizio, della pi� volte citata pronunzia della Corte Costituzionale), giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla - nei limiti e con gli effetti indicati in motivazione - l�atto con esso gravato. Spese compensate. (...) Cos� deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2018. CONTENzIOSO NAzIONALE Revoca di finanziamenti pubblici alle imprese e passivo fallimentare: il trattamento privilegiato del credito restitutorio cassazione ciVile, sez. i, ordinanza 20 aPrile 2018 n. 9926 Con l�ordinanza in rassegna la Corte di Cassazione ha - previa riunione accolto i ricorsi proposti nell�interesse del Ministero dello Sviluppo Economico e di Equitalia SPA, per l�annullamento del decreto del Tribunale di Brescia sez. fall. La Corte ha affermato il principio per cui il credito avente titolo del decreto ministeriale di revoca del finanziamento gi� concesso ex lege n. 237/1993, deve essere ammesso al passivo fallimentare in via privilegiata ex art. 9 comma 5 del D.lgs. 123/1998, ritenendo che il privilegio generale previsto da tale norma competa a tutti i crediti relativi ai finanziamenti erogati e poi revocati all�impresa, tanto se abbiano fonte nell�irregolare concessione dell�intervento o nell�indebito conseguimento del beneficio, quanto se derivino da qualsiasi altra ragione, anche attinente alla fase negoziale successiva alla erogazione del contributo. marina russo* Cassazione civile, sezione i, ordinanza 20 aprile 2018 n. 9926 -Pres. A. Didone, rel. A. Valitutti. FATTI DI CAUSA 1. Equitalia Nord s.p.a. in qualit� di concessionario per la riscossione, presentava istanza, ex art. 93 legge fall., per l'ammissione al privilegio del Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione di un credito iscritto a ruolo per l'importo complessivo di Euro 11.566. 027,43, avente titolo nel decreto ministeriale del 10 gennaio 2008, con il quale era stato revocato il finanziamento a suo tempo concesso all'impresa, ai sensi della legge n. 237/1993, nell'ambito di un programma di investimenti avente ad oggetto la riconversione dello stabilimento industriale sito in Castenedolo. Il credito veniva ammesso nel passivo del fallimento al chirografo. 2. Con decreto n. 18912013, depositato il 21 febbraio 2013, emesso all'esito del giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal concessionario per la riscossione, il Tribunale di Brescia confermava l'ammissione del credito al chirografo nel passivo del Fallimento Val- sella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione, gi� effettuata dal giudice delegato, ritenendo non sussistenti i presupposti per il riconoscimento del privilegio di cui agli artt. 24, comma 33, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e 9, commi 4 e 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123. 3. Per la cassazione di tale pronuncia hanno proposto separati ricorsi il Ministero dello Svi(*) Avvocato dello Stato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 luppo Economico ed Equitalia Nord s.p.a. Quest'ultima ha, altres�, proposto ricorso incidentale adesivo al ricorso principale del Ministero. L'intimato Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione non ha svolto attivit� difensiva. RAGIONI DELLA DECISIONE 1. Preliminarmente vanno riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., i ricorsi nn. 8436 e 8493/2013, proposti nei confronti dello stesso provvedimento n. 189/2013, emesso dal Tribunale di Brescia. 2. Nel merito, va rilevato che i motivi del ricorso principale proposto dal Ministero dello Sviluppo Economico, del ricorso incidentale adesivo di Equitala Nord s.p.a., iscritti a ruolo allo stesso numero R.G. 8436/2013, e del ricorso autonomo e successivo di Equitalia, rubricato al n. R.G. 8493/2013 - da considerarsi come ricorso incidentale proposto nei termini di cui agli artt. 370 e 371 cod. proc. civ. (Cass., 20/03/2015, n. 5695; Cass., 09/02/2016, n. 2516) hanno ad oggetto le medesime censure e, per la loro stretta connessione, vanno esaminati congiuntamente. 2.1. 1 ricorrenti rilevano che Equitalia Nord s.p.a., in qualit� di concessionario per la riscossione, aveva presentato istanza, ex art. 93 legge fall., per l'ammissione al privilegio del Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione di un credito iscritto a ruolo per l'importo complessivo di Euro 11.566.027,43, avente titolo nel decreto mnisteriale del 10 gennaio 2008, con il quale era stato revocato il finanziamento a suo tempo concesso all'impresa, ai sensi della regge n. 237/1993, nell'ambito di un programma di investimenti avente ad oggetto la riconversione dello stabilimento industriale sito in Castenedolo. La revoca - a tenore del decreto succitato - era imputabile all'inadempienza della societ� benefic�aria del contributo, rispetto all'obbligo di restituzione di tale finanziamento, non avendo la medesima pagato le prime tre rate ricomprese del piano di restituzione dell'agevolazione concessa, in tal modo determinando la perdita del beneficio del termine, ex art. 1186 cod. civ., e l'avvio del procedimento di revoca totale del contributo erogato. 2.2. Con decreto n. 189/2013, depositato il 21 febbraio 2013, emesso all�esito del giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal concessionario per la riscossione, il Tribunale di Brescia confermava, peraltro, l'ammissione del credito al chirografo nel passivo del Fallimento Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione, gi� effettuata dal giudice delegato. 2.3. Avverso tate provvedimento -denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 24, comma 33, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, 9, commi 4 e 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123, 1362 cod. civ., 4, secondo comma, della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E) e 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. -insorgono Equitalia ed il Ministero, con i rispettivi ricorsi per cassazione. 2.3.1. Gli istanti deducono che la decisione dei tribunale si sarebbe posta in contrasto con il disposto delle norme succitate, il cui disposto evidenzierebbe, in modo inequivoco, come contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo - il diritto dell'amministrazione, in conseguenza dell'emesso provvedimento amministrativo di revoca, alla restituzione del finanziamento concesso all'impresa inadempiente, costituisce credito privilegiato e non chirografario. 2.3.2. Di pi�, la valutazione operata dal tribunale si sarebbe spinta ben oltre l'accertamento dell'esistenza del privilegio sulla base di quanto documentato dal creditore istante, fino a sindacare - incorrendo in ultrapetizione, ai sensi dell'art. 112 cod. proc. civ., e nella violazione dei limiti imposti al giudice ordinario in relazione agli atti amministrativi dall'art. 4 della legge n. 2248 dei 1865 - la stessa legittimit� dell'esercizio del potere di revoca, diversamente qua CONTENzIOSO NAzIONALE lificando l'atto dell'amministrazione, che invero ad avviso del tribunale - non si sarebbe tradotto nell'emissione di un vero e proprio provvedimento pubblicistico (�tale atipica revoca�), bens� in un atto privatistico volto ad avvalersi della decadenza del beneficiario del finanziamento dal beneficio del termine, ex art. 1186 cod. civ. Il Tribunale avrebbe dovuto, per converso, sulla base dell'insindacabile provvedimento di revoca del beneficio, tale qualificato dell'amministrazione, ammettere il relativo credito al privilegio, ai sensi degli artt. 24 della legge n. 449 del 1997 e 9 del d.lgs. n. 123 del 1998. 3. Le censure sono fondate. 3.1. Va osservato, al riguardo, che gi� la disposizione generale in materia di riscossione delle agevolazioni concesse dal Ministero a titolo di incentivi alle imprese, contenuta nell'art. 24 della legge n. 449 del 1997, - dopo avere previsto che il provvedimento di revoca di tali benefici costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo, ai sensi dell'art. 67, comma 2, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43, della sorte capitale, degli interessi e delle sanzioni (comma 32) -dispone che �Il diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis dei codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi [...]�. Di tale inequivoca previsione normativa -che qualifica come privilegiato il credito per la restituzione, conseguente alla revoca da parte dell'amministrazione, da qualsiasi titolo derivi, del finanziamento erogato dal Ministero - il provvedimento del Tribunale impugnato non ha, tuttavia, in alcun modo tenuto conto. 3.2. Del tutto erronea � da reputarsi, peraltro, anche l'interpretazione che �l tribunale ha fatto della successiva disposizione di cui all'art. 9 del d.lgs. n. 123 del 1998, posta a fondamento del provvedimento impugnato. La norma prevede, al comma 4, che �Nei casi di restituzione dell'intervento in conseguenza della revoca di cui al comma 3, o comunque disposta per azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria, e della revoca di cui al comma 1, disposta anche in misura parziale purch� proporzionale all'inadempimento riscontrato, l'impresa stessa versa il relativo importo maggiorato di un interesse pari al tasso ufficiale di sconto vigente alla data dell'ordinativo di pagamento, ovvero alla data di concessione del credito di imposta, maggiorato di cinque punti percentuali. In tutti gli altri casi la maggiorazione da applicare � determinata in misura pari al tasso ufficiale di sconto�. Il successivo comma 5 dispone, poi, che �Per le restituzioni di cui al comma 4 i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751-bis del codice civile e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi�, e che al recupero di tali crediti si provvede con iscrizione a ruolo ex art. 67, comma 2, del d.P.R. n. 43 del 1988. 3.3. Orbene, il tribunale ha interpretato tali disposizioni nel senso che il credito derivante dalla restituzione del finanziamento abbia le proprie radici �nell'irregolare ammissione all'intervento o comunque nell'indebito conseguimento del beneficio di legge� (p. 8), considerate come uniche �ipotesi tipicamente disciplinate dalla legge�, nelle quali l'ente erogatore avrebbe diritto al �trattamento privilegiato del credito restitutorio�. Sicch� il riferimento alle gravi inadempienze del beneficiario ed ai fatti imputabili al medesimo non potrebbe in alcun modo essere inteso come riferito alla �mancata restituzione di un finanziamento regolarmente concesso�, venendo in siffatta ipotesi in considerazione una patologia �meramente attinente al rapporto di credito (della P.A.) ormai instaurato e non gi� alle condizioni concessorie ed alla ratio giustificatrice della sovvenzione� (p. 7). Si tratterebbe, in altri termini, ad avviso RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 del Tribunale, di una �atipica revoca�, che non integrerebbe la fattispecie provvedimentale tipica, che sola potrebbe dare origine al credito restitutorio privilegiato, ai sensi delle norme succitate. 3.4. Tanto premesso, va osservato, in proposito, che l'art. 9 dei d.gs. n. 123 del 1998 disciplina la revoca dei benefici (previsti dal precedente art. 7), la misura delle restituzioni in conseguenza della revoca e prevede le ipotesi in cui opera il privilegio. In particolare, la revoca dei benefici � prevista: a) in caso di �assenza di uno o pi� requisiti, ovvero di documentazione incompleta o irregolare, per fatti comunque imputabili al richiedente e non sanabili� (comma 1); b) nel caso in cui �i beni acquistati con l'intervento siano alienati, ceduti o distratti nei cinque anni successivi alla concessione, ovvero prima che abbia termine quanto previsto dal progetto ammesso all'intervento� (comma 3); c) nel caso di �azioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria� e - pi� in generale - �n tutti gli altri casi� (comma 4). Gli interventi pubblici di sostegno all'economia si realizzano, dunque, attraverso un procedimento complesso, in cui la fase di natura amministrativa di selezione dei beneficiari in vista della realizzazione di interessi pubblici � seguita da un negozio privatistico di finanziamento o di garanzia, nella cui struttura causale si inserisce la destinazione delle somme ad uno specifico scopo. La deviazione dallo scopo, nei casi suindicati, cos� come l'inadempienza a tale rapporto negoziale, determina la violazione della causa del contratto di finanziamento o di garanzia e costituisce -attesa la stretta connessione sussistente tra le due fasi del complesso procedimento in esame - presupposto alla revoca del beneficio erogato (cfr. Cass., 20/09/2017, n. 21841). In altri termini, contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, anche la patologia inerente alla successiva fase -sebbene di carattere negoziale -concernente la gestione del rapporto di credito insorto per effetto della concessione, pu� incidere su quest'ultima e comportare la revoca del beneficio e la conseguente insorgenza del diritto dell'amministrazione alla restituzione. 3.5. � in tale contesto che si colloca, quindi, - come dianzi detto - il privilegio di cui all'art. 9, comma 5, secondo il quale �per le restituzioni di cui ai comma 4, i crediti nascenti dai finanziamenti erogati ai sensi del presente decreto legislativo sono preferiti a ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante, ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'art. 2751 bis c.c. e fatti salvi i diritti preesistenti dei terzi�. La norma rinvia, pertanto, ai fin� dell'applicazione del privilegio generale - con una locuzione volutamente generica ed onnicomprensiva - ai �crediti nascenti dai finanziamenti� di cui al comma 4 (che disciplina, come si � detto, la revoca di tutte le somme erogate), facendo, pertanto, inevitabilmente riferimento a tutti i crediti relativi ai finanziamenti erogati, e poi revocati, alla impresa; ossia - non soltanto, come ha inteso il tribunale ai crediti aventi la loro fonte nell'irregolare concessione dell'intervento o nell'indebito conseguimento del beneficio - ma anche a quelli derivanti, come nella specie, da �ragioni o fatti addebitati all'impresa beneficiaria� o da qualsiasi altra ragione (�in tutti gli altri casi�), anche se attinente alla fase negoziale successiva all'erogazione del contributo. Tale opzione interpretativa �, invero, perfettamente in linea con le finalit� proprie dei finanziamenti e con le necessarie garanzie che lo Stato introduce per la tutela delle proprie ragioni di credito, anche al fine di consentire alle risorse pubbliche di trovare adeguata protezione, al fine d� realizzare l'interesse pubblicistico al reimpiego di quelle stesse risorse gi� messe a disposizione delle imprese per scopi frustrati dall�inadempenza delle medesime agli obblighi assunti (Cass. 21841/2017; Cass., 02/03/2012, n. 3335, nel senso che il presupposto unico del diritto dello Stato alle restituzioni, garantito dai privilegio di cui al comma 5 CONTENzIOSO NAzIONALE dell'art. 9 del d.lgs. n. 123 del 1998, � che si tratti di interventi di sostegno pubblico alle imprese, erogati in forza del medesimo decreto legislativo). 3.6. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, i ricorsi principale ed incidentale devono essere accolti. 4. L'accoglimento dei ricorsi comporta la cassazione dell'impugnata sentenza con rinvio al Tribunale di Brescia in diversa composizione, che dovr� procedere a nuovo esame del merito della controversia facendo applicazione dei principi di diritto suesposti, e provvedendo, altres�, alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata; rinvia al Tribunale di Brescia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimit�. Cos� deciso in Roma il 22/02/2018. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Unioni omoaffettive: trascrizione di un matrimonio contratto all�estero e normativa sopravvenuta sulle unioni civili cassazione ciVile, sez. i, sentenza 14 maGGio 2018 n. 11696 La sentenza della Corte di cassazione del 14 maggio 2018, n. 11696 ha respinto il ricorso avversario volto ad ottenere la trascrizione del matrimonio celebrato all�estero tra persone dello stesso sesso (nella specie matrimonio �misto� tra un cittadino italiano e un cittadino straniero). Si tratta della prima sentenza della Suprema Corte, in materia di trascrizione in Italia di matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all�estero, pronunciata dopo l�entrata in vigore della legge 20 maggio 2016, n. 76 sulle unioni civili e dei relativi decreti attuativi (d.lgs. 19 gennaio 2017 nn. 5 e 7). La Corte di cassazione, ha ritenuto applicabile la normativa sopravvenuta all�ipotesi di matrimonio celebrato prima della sua entrata in vigore, in quanto �l�applicazione delle nuove norme ai rapporti sorti prima della sua entrata in vigore non costituisce una deroga al principio d�irretroattivit� della legge, ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e di legittima circolazione degli status posta alla base della loro introduzione nell�ordinamento�. Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto che la normativa sopravvenuta non sia applicabile al caso dedotto in giudizio, relativo a matrimonio �misto� contratto tra un cittadino italiano e un cittadino straniero in quanto, ai sensi del- l�art. 32 bis della legge n. 218 del 1995 �il matrimonio contratto all�estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell�unione civile regolata dalla legge italiana�. La formulazione vigente, prosegue la Suprema Corte, ҏ frutto di una modifica del testo iniziale, dovuta all�intervento correttivo sollecitato dalle commissioni affari costituzionali e Giustizia sul testo precedente che non prevedeva la limitazione della conversione in unione civile ai matrimoni contratti da �cittadini italiani� all�estero ma si riferiva genericamente ai matrimoni contratti all�estero, comprendendovi anche i cittadini stranieri. tale estensione � stata ritenuta ingiustificata rispetto alla ratio antielusiva posta a base della nuova norma�. Wally Ferrante* Cassazione civile, sezione i, sentenza 14 maggio 2018 n. 11696 -Pres. F. Tirelli, rel. M. Acierno, P.m. F. Ceroni (difforme) - (Omissis) c. Sindaco Comune di Milano - Ufficiale di Governo (avv. St. W. Ferrante) in punto decreto Corte appello Milano dep. 6 novembre 2015. FATTI DI CAUSA 1. La Corte d'appello di Milano, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto il ricorso proposto da (omissis) volto a far dichiarare l'illegittimit� del rifiuto di trascrizione (*) Avvocato dello Stato. CONTENzIOSO NAzIONALE del loro matrimonio celebrato in (omissis) e, successivamente, con rito civile in (omissis). 2. A sostegno della decisione la Corte territoriale ha affermato che alla luce del complessivo quadro costituzionale e convenzionale i singoli Stati membri del Consiglio d'Europa conservano la libert� di scegliere il modello di unione (tra persone dello stesso sesso) giuridicamente riconosciuta nell'ordinamento interno e che in ordine a tale modello deve rinvenirsi una riserva assoluta di legislazione nazionale. Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non corrisponde al modello matrimoniale delineato dal nostro ordinamento e, di conseguenza, la trascrizione di un atto estero di tale contenuto determinerebbe un quadro d'incertezza incompatibile con l'assetto e la funzione della trascrizione. 3. Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso per cassazione (omissis) sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso e ricorso incidentale il sindaco di Milano come Ufficiale del Governo ed ha proposto controricorso adesivo l'associazione (omissis). Hanno depositato memoria i ricorrenti e i controricorrenti adesivi. RAGIONI DELLA DECISIONE 4. Deve rilevarsi, preliminarmente, che nelle more del giudizio per cassazione � intervenuta la L. n. 76 del 2016 ed i decreti legislativi delegati previsti dall'art. 1, comma 28, lett. b) riguardanti l'adeguamento delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni ed annotazioni nonch� delle norme in materia di diritto internazionale privato. Sono stati, infatti, emanati rispettivamente i D.Lgs. 19 gennaio 2017 n. 5 e D.Lgs. n. 7 del 2017. 4.1. L'illustrazione dei motivi di ricorso verr�, conseguentemente completata dalle integrazioni contenute nelle memorie depositate, dovendosi affrontare, tra gli altri, il profilo dell'applicabilit� della nuova disciplina normativa anche ai rapporti sorti prima dell'entrata in vigore del nuovo complesso sistema legislativo, ed ai giudizi instaurati anteriormente ad esso. 5. Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione e falsa applicazione del principio generale del favor matrimon� in relazione agli artt. 2, 3 e 29 Cost., nonch� del principio di tassativit� e tipicit� delle fattispecie, del principio della conservazione degli atti, del diritto alla vita familiare e del divieto di discriminazione. In particolare, le parti contestano che il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero sia inidoneo alla produzione di effetti giuridici nel nostro ordinamento e che viga il principio di tassativit� in ordine alla trascrizione degli atti. Viene rilevato che il D.P.R. n. 396 del 2000, art. 63, comma 2, stabilisce che i matrimoni celebrati all'estero, davanti all'autorit� locale, secondo le leggi del luogo, devono essere trascritti nei registri dello stato civile e che la L. n. 218 del 1995, art. 27 afferma che la capacit� matrimoniale e le altre condizioni per contrarre matrimonio sono regolate dalla legge nazionale del nubendo. Infine l'art. 115 c.c. richiama per il cittadino italiano le norme nazionali sulle condizioni per contrarre matrimonio contenute negli artt. 84 c.c. e ss. Nessuna di tali norme contiene riferimenti testuali diretti od indiretti alla diversit� di sesso dei coniugi. Una volta soddisfatti i requisiti sostanziali di stato e capacit� previsti dalla legge italiana il matrimonio del cittadino italiano celebrato nel rispetto della lex loci ha immediata validit� nel nostro ordinamento. Alla luce di queste premesse, una volta superata anche dalla giurisprudenza di legittimit� la tesi dell'inesistenza giuridica del matrimonio contratto tra persone dello stesso sesso e la vigenza dell'art. 9 della Carta dei diritti Fondamentali dell'Unione Europea e 12 della CEDU rimane priva di fondamento l'intrascrivibilit� del predetto matrimonio. Se la differenza di sesso tra i nubendi non � un requisito necessario per la esistenza e validit� del matrimonio non pu� neanche incidere sulla sua efficacia. N� pu� pi� ritenersi la contrariet� al parametro dell'ordine pubblico del matrimonio in questione L. n. 218 del 1995, ex art. 16, RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 essendo tale impedimento escluso dalla giurisprudenza di legittimit� ed essendo applicabile il principio secondo il quale i matrimoni celebrati tra cittadini italiani e stranieri hanno immediata rilevanza nel nostro ordinamento sempre che essi risultino celebrati secondo le forme previste dalla legge straniera e sempre che sussistano i requisiti di capacit� previsti dalla legge nazionale. 6. Nel secondo motivo viene dedotta specificamente la violazione del divieto di discriminazione in ordine all'affermazione della Corte d'appello secondo la quale il matrimonio tra persone dello stesso sesso non corrisponde alla tipologia di matrimonio delineato nel nostro ordinamento e perci� non � trascrivibile. La trascrizione ha solo efficacia certativa e non costitutiva di un atto che � immediatamente valido ed efficace tanto che non sarebbe consentito un secondo matrimonio di uno dei componenti l'unione coniugale in questione ex art. 116 c.c. Inoltre il ricorrente di nazionalit� (omissis), ha ottenuto il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari proprio in considerazione dell'unione matrimoniale. Alla luce della giurisprudenza Cedu in tema d'interpretazione degli artt. 8, 12 e 14 della Convenzione non si riscontra alcuna proporzionalit� nella soluzione adottata dalla Corte d'appello. Essa viola la vita privata e famigliare dei ricorrenti, la loro libert� individuale e li discrimina in ragione del loro orientamento sessuale. 7. Le ragioni dei ricorrenti sono state corroborate anche dal controricorso adesivo dell'Associazione (omissis), in particolare sotto il profilo dell'insussistenza dell'impedimento dovuto alla contrariet� all'ordine pubblico da intendersi come ordine pubblico internazionale, attualmente del tutto aperto al riconoscimento giuridico delle unioni tra persone dello stesso sesso. La scelta del modello � rimessa al legislatore interno e non entra nella valutazione di compatibilit� posta dal limite dell'ordine pubblico internazionale. 8. Nella memoria delle parti ricorrenti � stata evidenziata l'entrata in vigore della L. n. 76 del 2016 e la previsione nell'art. 1, comma 28 lett. b), della delega al Governo per l'emanazione di decreti attuativi in ordine alla materia del diritto internazionale privato "prevedendo l'applicazione della disciplina dell'unione civile tra persone dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle coppie formate da persone dello stesso sesso che abbiano contratto all'estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo". Nella relazione illustrativa era stato sostenuto che "per quanto riguarda il matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato all'estero, la soluzione obbligata � quella per cui lo stesso produce in italia gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana, indipendentemente dalla cittadinanza (italiana o straniera) delle parti". Successivamente, tuttavia, la Commissione affari Costituzionali del Senato e le Commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno rilevato che questa formulazione cos� ampia contraddicesse i principi generali in materia di diritto internazionale privato, determinando una situazione di disparit� di trattamento tra coppie dello stesso sesso straniere coniugate all'estero e coppie unite all'estero da un vincolo diverso dal matrimonio. Da tale indicazione � sorta la formulazione della L. n. 218 del 1995, art. 32bis, che stabilisce solo per i cittadini italiani dello stesso sesso che abbiano contratto matrimonio all'estero la produzione nel nostro ordinamento degli effetti dell'unione civile. La norma � applicabile soltanto nell'ipotesi in cui entrambi i nubendi siano italiani. La conclusione � suggerita dalla relazione accompagnatoria che riferisce la soluzione al matrimonio contratto all'estero, ove si tratti di cittadini italiani dello stesso sesso. La norma sulla trascrizione applicabile, pertanto, � il R.D. n. 1238 del 1939, art. 125, comma 5, che prescrive la trascrizione nei registri di matrimonio degli atti di matrimonio celebrati all'estero. CONTENzIOSO NAzIONALE Dunque la legge italiana non pu� pi� regolare situazioni, quali quella dedotta in giudizio, antecedenti il 5 giugno 2016 (data di entrata in vigore della L. n. 76 del 2016). 9. Nella memoria dell'associazione (omissis) viene affrontata specificamente la categoria delle coppie cd. miste, ovvero composte da un cittadino italiano ed un cittadino straniero con matrimonio celebrato all'estero. Questa tipologia di unione coniugale non pu� produrre gli effetti dell'unione civile, in quanto la citata L. n. 218 del 1995, art. 32 bis limita tale peculiare effetto solo ai matrimoni contratti dai cittadini italiani. La conferma della correttezza dell'inapplicabilit� della limitazione degli effetti alle coppie miste deriva dal confronto tra lo schema di decreto legislativo trasmesso una prima volta al Parlamento, che si riferiva genericamente al matrimonio contratto all'estero da persone dello stesso sesso, e il testo effettivamente adottato che si riferisce invece a "cittadini italiani dello stesso sesso". Il rinvio esclusivo alla legge italiana avrebbe impedito l'applicazione delle regole di diritto internazionale privato il cui scopo � il coordinamento con gli ordinamenti stranieri. Nella memoria viene, infine, sottolineato il difetto di coordinamento normativo tra il R.D. n. 1238 del 1939, art. 125, comma 5, n. 1, che prescrive la trascrizione nei registri di matrimonio celebrati all'estero e l'art. 134 bis, introdotto dal D.Lgs. n. 5 del 2017, secondo il quale tutti gli atti di costituzione delle unioni civili avvenute all'estero e gli atti di matrimonio tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero devono essere trascritti nel registro delle unioni civili. Si tratta di una dimenticanza del legislatore delegato, come sottolineato anche dal Consiglio Nazionale del Notariato. Deve pertanto ritenersi che il citato art. 134 bis sia applicabile soltanto ai matrimoni contratti da soli cittadini italiani all'estero in quanto non � plausibile che una tipologia di matrimonio che secondo le norme di diritto internazionale privato pu� essere trascritto come tale debba subire, per una disposizione relativa ad una fase meramente certativa, una sorte diversa. I matrimoni composti da coppie miste non sono stati celebrati all'estero con un intento elusivo, costituendo l'esercizio di un diritto soggettivo riconosciuto dall'art. 12 Cedu e 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. L'unione matrimoniale dedotta nel presente giudizio non solo � coerente con la lex loci, ma ha un elemento di transnazionalit� che non � stato creato ad hoc ma � agganciato alla legge nazionale di uno dei coniugi, e, dunque, nell'esercizio di un diritto fondamentale. In conclusione, la L. n. 218 del 1995, art. 32 bis non � applicabile alla fattispecie. 9.1 L'applicazione del cd. downgrading (ovvero l'applicazione della disciplina normativa delle unioni civili) anche ai matrimoni cd. misti determinerebbe una violazione dell'art. 3 Cost. Ove si ritenga, contro il chiaro dato testuale, che l'art. 32 bis sopra citato sia applicabile alla fattispecie, deve essere prospettata eccezione d'illegittimit� costituzionale delle seguenti norme: -L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 28, lett. b) nella parte in cui prevede anche per i matrimoni formati all'estero da una coppia formata da un cittadino italiano e da uno straniero l'applicazione della disciplina dell'unione civile; -il R.D. n. 1238 del 1939, art. 134 bis, comma 3, lett. a) nella parte in cui prevede che nel registro delle unioni civili di cui al R.D. n. 1238 del 1939, art. 14, n. 4bis debbano trascriversi tutti gli atti di matrimoni tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero. L'eccezione viene prospettata in relazione agli artt. 2, 3, 29 e 117 Cost. nonch� in relazione agli artt. 8 e 14 Cedu. L'interpretazione censurabile sarebbe infatti fondata soltanto sul sesso e sull'orientamento sessuale dei coniugi cos� violando il principio di uguaglianza. In assenza dell'impedimento costituito dalla contrariet� all'ordine pubblico internazionale non � ragionevole ed � discriminatoria la disparit� di trattamento tra matrimonio contratto all'estero da coppia eterosessuale e dello stesso sesso nell'ipotesi di matrimonio cd. misto. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 10. ECCEzIONI PRELIMINARI D'INAMMISSIBILIT� DEL RICORSO. Preliminarmente devono essere affrontate le eccezioni d'inammissibilit� del ricorso per cassazione prospettate dall'Avvocatura dello Stato in rappresentanza e difesa del Sindaco in qualit� di ufficiale del Governo. 10.1 In primo luogo � stato dedotto il difetto di notifica del ricorso per cassazione al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Le parti ricorrenti hanno depositato all'udienza del 30 novembre 2017 la copia dell'avviso di ricevimento dell'atto regolarmente notificato al suddetto Procuratore generale. Deve, peraltro, evidenziarsi che il ricorso non deve essere notificato al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ma soltanto all'ufficio della Procura generale presso la Corte d'appello, in quanto parte del giudizio che ha dato luogo al provvedimento impugnato. La giurisprudenza costante di questa Corte, ha, al riguardo, stabilito che anche tale ultima omissione sia priva di rilievo ove le conclusioni del P.G. presso la corte d'appello siano state accolte dalla sentenza impugnata e il controllo di legittimit� sia stato assicurato dalla partecipazione al procedimento davanti la Corte di cassazione del Procuratore generale che abbia, come nella specie, rassegnato le sue conclusioni (Cass. 11211 del 2014). 10.2 Il Procuratore generale, all'udienza pubblica del 30 novembre 2017, ha concluso per il rigetto del ricorso, richiamando gli orientamenti gi� espressi da questa Corte ante L. n. 76 del 2016, ed ha ritenuto la fattispecie dedotta in giudizio, ratione temporis, non regolata dalla nuova legge. 11. � stato prospettato dalla parte controricorrente anche un unico motivo di ricorso incidentale volto alla dichiarazione di nullit� della sentenza impugnata e di tutto il procedimento per effetto della mancata notifica del ricorso introduttivo e del reclamo al Sindaco del comune di Milano in qualit� di Ufficiale del Governo presso l'Avvocatura di Stato. Presumibilmente il ricorso ed il reclamo sono stati notificati direttamente al Sindaco e non presso l'Avvocatura di Stato, trascurando la sua qualit� di Ufficiale del Governo nella specie, ma il giudice del merito, sia in primo che in secondo grado, non ha disposto la rinnovazione della notificazione. 11.1 La censura deve essere disattesa. Tra le attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale, il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 54 include specificamente alla lettera a) la tenuta dei registri dello stato civile. Questa funzione pubblica viene svolta dal sindaco in qualit� di Ufficiale del Governo. L'eccezione prospettata richiede il preventivo l'esame della natura del- l'attivit� svolta dal Sindaco in tale peculiare ruolo. Pu� osservarsi al riguardo che si tratta dell'esercizio di una funzione certificativa a carattere dichiarativo del tutto priva di discrezionalit� amministrativa, in quanto regolata esclusivamente da norme legislative o regolamentari che ne pongono in luce la vincolativit�. Il potere di rifiuto della trascrizione dell'atto, se contrario all'ordine pubblico, si colloca all'interno dell'esercizio di una funzione amministrativa vincolata dal momento che il parametro alla luce del quale verificare la coerenza o la non conformit� a tale canone deriva da un complesso tessuto costituzionale, convenzionale e legislativo e pi� specificamente, per gli ufficiali di stato civile, dalle prescrizioni, per essi cogenti, contenute nelle circolari del Ministero degli Interni al riguardo. L'ulteriore indice della natura vincolata della funzione svolta e della correlata situazione di diritto soggettivo del richiedente la trascrizione si pu� cogliere nella giurisdizione del giudice ordinario e nell'articolazione del rapporto tra organo giudicante e ufficiale dello stato civile cos� come previsto dalla norma. Al riguardo, a fronte del rifiuto alla trascrizione dell'atto, il richiedente pu� proporre ricorso giurisdizionale nei modi indicati nel D.P.R. n. 396 del 2000, art. 95, comma 1 e ai sensi del successivo art. 96, comma 1: "il tribunale pu�, senza particolari formalit�, assu CONTENzIOSO NAzIONALE mere informazioni, acquisire documenti e disporre l'audizione dell'ufficiale dello stato civile. 2. il tribunale, prima di provvedere, deve sentire il procuratore della repubblica e gli interessati e richiedere, se del caso, il parere del giudice tutelare". L'audizione dell'ufficiale dello stato civile, ha, pertanto, natura eventuale, in quanto conseguente alle valutazioni relative alle esigenze istruttorie formulate dal Tribunale e non �, di conseguenza, idonea a predeterminare una partecipazione necessaria dell'Ufficiale dello stato civile al giudizio. 12. APPLICABILIT� DELLA L. N. 76 DEL 2016 E DEI DECRETI LEGISLATIVI DELEGATIVI N. 5 E 7 DEL 2017 AL GIUDIzIO. Pregiudiziale all'esame dei singoli motivi di ricorso � la verifica dell'applicabilit� alla fattispecie dedotta in giudizio della nuova disciplina normativa relativa alle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Nella specie il matrimonio di cui si chiede la trascrizione � stato contratto prima del 5 giugno 2016, giorno in cui � entrata in vigore la L. n. 76 del 2016 ed anche il giudizio � stato instaurato anteriormente a tale data. La giurisprudenza di legittimit�, in relazione a un caso analogo (matrimonio contratto all'estero da due cittadini italiani dello stesso sesso), con la sentenza n. 4124 del 2012 ha escluso la legittimit� della trascrizione e, successivamente, con la sentenza n. 2400 del 2015 ha ritenuto inapplicabile il modello matrimoniale alle unioni omoaffettive, in una fattispecie sorta dal rifiuto di procedere alle pubblicazioni matrimoniali, nonostante la indubitabile riconducibilit� di tali unioni tra le formazioni sociali che godono di pieno riconoscimento e protezione ex art. 2 Cost. In entrambe le decisioni � stato evidenziato come sia l'art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea sia l'art. 12 Cedu, non impongano agli Stati l'adozione del modello matrimoniale per il riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive al loro interno, ferma la necessit� di garantire un grado di protezione dei diritti individuali e relazionali sorti da tali unioni tendenzialmente omogeneo a quelle coniugali. La conseguenza, prospettata dal Procuratore Generale nella propria requisitoria, della inapplicabilit� del nuovo regime giuridico introdotto dalla L. n. 76 del 2016, anche alla luce delle pronunce n. 138 del 2010 e 170 del 2014, � la radicale intrascrivibilit� del matrimonio contratto da una coppia omoaffettiva all'estero. Tale conclusione, tuttavia, non pu� essere integralmente condivisa, dal momento che la L. n. 76 del 2016 oltre ad introdurre un peculiare modello giuridicamente riconosciuto per le unioni omoaffettive, ha regolato specificamente anche la disciplina delle trascrizioni dei matrimoni o delle unioni giuridicamente riconosciute di natura omoaffettiva contratte all'estero. Il legislatore ha avvertito l'inadeguatezza della regolazione dei rapporti di famiglia contenuti nel Titolo III, capo IV della L. n. 218 del 1995 ed ha introdotto gli artt. 32 bis, ter, quater, quinquies. Gli artt. 32 ter e quater hanno ad oggetto l'individuazione della giurisdizione e della legge applicabile in ordine alla capacit� e alle condizioni per contrarre matrimonio e allo scioglimento delle unioni civili. Gli artt. 32 bis e quinquies riguardano, invece, specificamente il tema degli effetti nel nostro ordinamento dei matrimoni e delle unioni civili (o istituti analoghi come precisa l'art. 32 quinquies) contratte all'estero da cittadini italiani. La definizione degli effetti rispettivamente del matrimonio e dell'unione civile (o istituto analogo) contratti all'estero da cittadini italiani non pu� essere temporalmente limitata, proprio in virt� dell'intrinseca ratio della novella, alle relazioni coniugali o alle unioni giuridicamente riconosciute, contratte dopo l'entrata in vigore della legge italiana n� pu� essere condizionata dalla data d'instaurazione del giudizio. Nessuna delle due norme contiene la delimitazione dell'efficacia temporale del meccanismo legislativo di conversione (nell'ipotesi del matrimonio contratto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 all'estero) o di equiparazione degli effetti (nell'ipotesi dell'unione contratta all'estero) e, del resto, una previsione diversa avrebbe determinato un'ingiustificata ed irragionevole disparit� di trattamento per i cittadini italiani che abbiano contratto matrimoni o unioni all'estero prima dell'entrata in vigore della nuova legge, ai quali sarebbe preclusa in via generale l'applicazione delle nuove norme di diritto internazionale privato, volte proprio ad evitare soluzioni di continuit� e disomogeneit� di condizioni di riconoscimento e di tutela all'interno del nostro ordinamento, con riferimento a situazioni omogenee. L'applicazione delle nuove norme ai rapporti sorti prima della sua entrata in vigore non costituisce una deroga al principio d'irretroattivit� della legge, ma una conseguenza della specifica funzione di coordinamento e legittima circolazione degli status posta alla base della loro introduzione nell'ordinamento. L'esigenza primaria, indicata anche nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 28, nel quale � definito l'ambito della delega al Governo nella materia, deve rinvenirsi proprio nella necessit� di fornire un regime giuridico uniforme alle coppie che abbiano (gi�) contratto all'estero un matrimonio, unione civile od altro istituto. Poich� con il matrimonio o con l'unione civile od istituto analogo si costituisce uno status tipicamente a natura non istantanea, ma destinato a durare nel tempo quanto meno fino all'eventuale suo scioglimento, deve essere applicato, in tema di riconoscimento degli effetti di esso in ordinamento diverso da quello in cui il vincolo � stato contratto, il regime giuridico vigente al momento della decisione, non essendo costituzionalmente compatibile una soluzione che, solo in virt� di una preclusione temporale, potrebbe impedire il riconoscimento di effetti giuridici all'interno del nostro ordinamento a cittadini italiani e stranieri. 13. LA TRASCRIzIONE DEL MATRIMONIO CONTRATTO ALL'ESTERO DA UN CITTADINO ITALIANO E DA UN CITTADINO STRANIERO. Premessa l'astratta applicabilit� del nuovo regime di diritto internazionale privato alla fattispecie dedotta in giudizio, ed in particolare degli artt. 32 bis e quinquies, specificamente riguardanti il riconoscimento di matrimoni o unioni riconosciute contratte all'estero, deve in primo luogo essere definito l'oggetto dell'accertamento relativo al riconoscimento dell'efficacia di atti, provvedimenti o sentenze straniere nel nostro ordinamento secondo la L. n. 218 del 1995, artt. 64 e ss. 13.1 Il giudizio di riconoscimento degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali esteri. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il sindacato giurisdizionale deve essere rivolto agli effetti che possono prodursi nel nostro ordinamento a causa del riconoscimento o, nella specie, della trascrizione dell'atto, senza che lo stesso possa essere sottoposto ad un sindacato contenutistico (Cass. 15343 del 2016) o, nel caso si tratti di una sentenza straniera, senza che si debba verificare la correttezza della soluzione adottata dal giudice straniero in relazione alla disciplina di diritto positivo interno (cfr. Cass. 9483 del 2013, sulla irrilevanza della diversit� del regime patrimoniale coniugale vigente negli Stati Uniti rispetto a quello italiano). Neanche l'accertamento dell'esistenza (o della mancanza) di analogo istituto nell'ordinamento italiano costituisce, in linea generale, un ostacolo impeditivo al riconoscimento, come � accaduto nelle pronunce che hanno riconosciuto provvedimenti e sentenze straniere di divorzio ancorch� negli ordinamenti di provenienza non fosse conosciuta la separazione personale. Il limite effettivo, in ordine ai rapporti di famiglia, � costituito dal complesso dei principi anche di natura valoriale, costituzionale e convenzionale che, sul fondamento della dignit� della persona, della uguaglianza di genere e della non discriminazione tra generi ed in relazione all'orientamento sessuale, determinano l'orizzonte non oltrepassabile dell'ordine pubblico CONTENzIOSO NAzIONALE internazionale. Un atto o provvedimento straniero che sia rispettoso di tale limite merita di essere riconosciuto nel nostro ordinamento con riferimento specifico agli effetti che � destinato a produrre. 13.2 La peculiarit� della domanda. L'applicazione dei principi sopra esposti alla fattispecie dedotta nel presente giudizio presenta delle peculiarit� che meritano di essere sinteticamente rilevate. Le parti ricorrenti hanno richiesto la trascrizione dell'atto di matrimonio come tale. Esse, come ribadito anche in tutti gli atti difensivi dimessi in giudizio, richiedono il riconoscimento della loro unione coniugale come matrimonio e non come unione civile. Non ritengono legittima l'applicazione del cd. downgrading ovvero la conversione della loro unione matrimoniale in unione civile. Non ritengono, di conseguenza, sufficiente che mediante la trascrizione negli atti del registro delle unioni civili del loro matrimonio si producano automaticamente nel nostro ordinamento gli effetti giuridici previsti dalla L. n. 76 del 2016 e la conseguente, tendenziale, equiparazione delle tutele a quelle previste per l'unione coniugale con i limiti in essa indicati e salva la clausola di salvaguardia per i diritti gi� riconosciuti in sede giurisdizionale, contenuta nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 20. Alla peculiarit� della domanda proposta dalle parti ricorrenti corrisponde specularmente la complessit� del sistema giuridico ad essa astrattamente applicabile. Deve rilevarsi, al riguardo, che le norme di diritto internazionale privato (L. n. 218 del 1995, artt. 64 e ss; per i provvedimenti ed atti in materia di famiglia, artt. 65 e 66), come gi� evidenziato, concernono il riconoscimento degli effetti dell'atto. L'impedimento costituito dalla contrariet� all'ordine pubblico, nella configurazione sopra delineata, coerente con gli orientamenti di questa Corte (Cass. 11599 del 2016 e S.U. 16601 del 2017), riguarda gli effetti e non la qualificazione del- l'atto. A tal proposito deve precisarsi che la disciplina contenuta nella L. n. 218 del 1995, art. 28, relativa alla validit� formale del matrimonio, riguarda la legge applicabile e non il riconoscimento o la trascrizione dell'atto formato all'estero. Ai fini dell'individuazione della legge applicabile per la validit� formale dell'atto, in via generale, concorre con gli altri criteri anche quello del luogo della celebrazione ma tale disposizione non incide sulla determinazione degli effetti nonch� delle condizioni e capacit� matrimoniali che, anche ai fini della legge applicabile, sono regolate dal criterio della legge nazionale dei contraenti (art. 27). Quest'ultima, ove diversa, dar� luogo ad ambiti di riferimento giuridico diverso, rispetto ai quali non viene indicato un criterio di prevalenza. Nel caso di specie, la non contrariet� all'ordine pubblico internazionale, cos� come interpretato dal legislatore della L. n. 76 del 2016 e dei decreti delegati, del riconoscimento del matrimonio e delle unioni civili o istituti analoghi contratti all'estero, � consacrata dalla L. n. 218 del 1995, artt. 32 bis e quinquies. Gli atti di matrimonio e di unioni riconosciute producono senz'altro effetti giuridici nel nostro ordinamento secondo il regime di convertibilit� stabilito dalle nuove norme. 13.3 L'esame del quadro giuridico di riferimento. La norma cardine per stabilire entro che limiti pu� essere riconosciuto nel nostro ordinamento l'atto di matrimonio dedotto nel presente giudizio � la L. n. 218 del 1995, art. 32 bis. La norma dispone che "il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani con persona dello stesso sesso produce gli effetti dell'unione civile regolata dalla legge italiana." La formulazione vigente � frutto di una modifica del testo iniziale, dovuta all'intervento correttivo sollecitato dalle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia sul testo precedente che non prevedeva la limitazione della conversione in unione civile ai matrimoni contratti da "citta RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 dini italiani" all'estero ma si riferiva genericamente ai matrimoni contratti all'estero, comprendendovi anche i cittadini stranieri. Tale estensione � stata ritenuta ingiustificata rispetto alla ratio antielusiva posta a base della nuova norma. In particolare si � ritenuto che quando il matrimonio � stato contratto all'estero da cittadini stranieri non pu� ravvisarsi in esso alcun intento di aggiramento della L. n. 76 del 2016 e del modello di unione civile vigente nel nostro ordinamento, cos� da doversi escludere la necessit� di derogare alle regole generalmente applicabili di diritto internazionale privato in relazione alla legge applicabile a tale relazione coniugale. In tale peculiare ipotesi non pu� essere ignorato il carattere intrinsecamente transnazionale del rapporto matrimoniale contratto tra cittadini stranieri, in quanto caratterizzato da un sufficiente grado di estraneit� rispetto al nostro ordinamento, con conseguente operativit� dei criteri di collegamento stabiliti negli artt. da 26 a 30 della l. n. 218 del 1995 o, ove applicabili, dei regolamenti UE in materia matrimoniale (Regolamento CE n. 2201 del 2003 e 1259 del 2010). L'art. 32 bis, in conclusione, non trova applicazione diretta nell'ipotesi in cui venga richiesto il riconoscimento di un'unione coniugale contratta all'estero tra due cittadini stranieri. Il matrimonio dovrebbe essere trascritto, in questa ipotesi, come tale, senza operare alcuna conversione ancorch� il R.D. n. 1238 del 1939, art. 63, cos� come modificato dal D.Lgs. n. 5 del 2017, non preveda un registro dei matrimoni contratti da cittadini stranieri dello stesso sesso all'estero ma, al contrario, per questa ipotesi stabilisca, verosimilmente per un difetto di coordinamento con l'altro D.Lgs. n. 7 del 2017, all'art. 63, comma 2, lett. c-bis, che anche tali atti vadano trascritti nel registro delle unioni civili. Tale profilo critico, tuttavia non incide sull'applicazione della regola sostanziale della lex fori, in considerazione della funzione meramente certificativa della trascrizione di un atto che sia idoneo a produrre effetti nell'ordinamento ove ci� sia stato richiesto in forza di una norma di legge o di un provvedimento giurisdizionale. Il testo dell'art. 32 bis lascia tuttavia irrisolta la questione, formante oggetto del presente giudizio, relativa alla trascrizione in Italia del matrimonio tra persone dello stesso sesso, di cui una sia cittadino italiano e l'altro cittadino straniero, contratto all'estero. Come gi� rilevato, le nuove norme regolative della trascrizione (e della conseguente produzione degli effetti nel nostro ordinamento) delle unioni matrimoniali (o delle unioni civili) omoaffettive contratte all'estero sono l'art. 32 bis e l'art. 32 quinquies. Dall'esame coordinato di esse pu� essere ricavato in primo luogo il principio, definito efficacemente dalla dottrina di ordine pubblico "positivo" di netto favor in ordine al riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive ed all'accesso alle unioni civili ex L. n. 76 del 2016. L'art. 32 quinquies contiene una clausola di salvaguardia secondo la quale le unioni civili o altri istituti analoghi, anche se non dotati di un complesso di strumenti di tutela equiparabili a quelli contenuti nella L. n. 76 del 2016, producono gli stessi effetti delle unioni civili regolate dalla legge italiana. La norma stabilisce la prevalenza della legge italiana rispetto a leggi straniere che non tutelino in maniera equivalente tali unioni e costituisce uno degli indicatori della centralit� e l'esclusivit� della scelta adottata dal legislatore italiano in ordine al riconoscimento delle unioni omoaffettive. L'art. 32 bis completa, pertanto, il quadro degli effetti che possono produrre le diverse tipologie di unioni formate da coppie omoaffettive nel nostro ordinamento, in quanto stabilisce anche per l'ipotesi dell'unione coniugale contratta all'estero quantomeno la produzione degli effetti dell'unione civile ex L. n. 76 del 2016. Deve, in conclusione, ritenersi che il legislatore italiano abbia inteso esercitare pienamente la CONTENzIOSO NAzIONALE libert� di scelta del modello di riconoscimento giuridico delle unioni omoaffettive coerentemente con il quadro convenzionale (artt. 8 e 12 Cedu) e con quello derivante dal sistema anche costituzionale dell'Unione Europea (art. 9 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea). � stato prefigurato un sistema di riconoscimento delle unioni omoaffettive, contratte all'estero, fondato sulla preminenza del modello adottato nel diritto interno delle unioni civili. Con la L. n. 76 del 2016 il legislatore ha colmato il vuoto di tutela che caratterizzava l'ordinamento interno, cos� come richiesto dalla Corte Cost. con la sentenza n. 170 del 2014 e dalla Corte Europea dei diritti umani nella sentenza Oliari contro Italia (sentenza del 21 luglio 2105 ricorsi n. 18766 e 36030 del 2011), operando una scelta diversa da quella di molti altri Stati, fondata, invece sull'adozione del modello matrimoniale. Tale scelta � stata il frutto dell'esercizio di una discrezionalit� legislativa del tutto rientrante nel "potere di apprezzamento degli Stati" indicato dalla giurisprudenza della Corte Edu proprio con riferimento all'interpretazione del- l'art. 12 (Sentenza Schalk e Kopf del 3 giugno 2010, ricorso n. 30141 del 2004) e della precisa indicazione proveniente dalla citata sentenza n. 170 del 2014. Per le unioni omoaffettive � stato scelto un modello di riconoscimento giuridico peculiare, ancorch� in larga parte conformato, per quanto riguarda i diritti ed i doveri dei componenti dell'unione, al rapporto matrimoniale. Alla diversit� della "forma" dell'unione civile rispetto al matrimonio corrisponde, peraltro, un'ampia equiparazione degli strumenti di regolazione, realizzata attraverso la tecnica del rinvio alla disciplina codicistica del rapporto matrimoniale da ritenersi, anche in ordine alla funzione adeguatrice della giurisprudenza, il parametro di riferimento antidiscriminatorio. 13.4 Il riconoscimento del matrimonio formato all'estero da cittadino italiano e cittadino straniero. Prima di procedere all'esame del nuovo sistema di diritto internazionale privato relativo agli effetti dei matrimoni e delle unioni contratte all'estero da cittadini dello stesso sesso, � necessario ribadire che all'esito del rifiuto della trascrizione dell'atto (o in virt� dell'opposizione al riconoscimento di un titolo giurisdizionale estero), il sindacato giurisdizionale riguarda gli effetti dell'atto o del provvedimento e non � limitato alla forma dello stesso. Il riconoscimento dell'atto determina il regime giuridico applicabile secondo le norme di collegamento di diritto internazionale privato elaborate dal D.Lgs. n. 7 del 2017 (prevalentemente coerenti con quelle preesistenti salve le esigenze di adeguamento dovute al nuovo istituto dell'unione civile). Nel caso di specie occorre stabilire se trova applicazione la limitazione degli effetti stabilita nell'art. 32 bis alla fattispecie peculiare dedotta in giudizio o se l'atto in oggetto pu� essere trascritto come unione matrimoniale (e non come unione civile). La specialit� della normazione introdotta con il D.Lgs. n. 7 del 2017, nel sistema previgente di diritto internazionale privato, determina l'applicazione di questo peculiare regime giuridico degli effetti degli atti formati all'estero, nell'ambito delle unioni omoaffettive. La disciplina generale contenuta nella L. n. 219 del 1995, artt. 24 e segg. � integrata da quella puntuale sopra indicata e il rispetto del limite costituito dall'ordine pubblico internazionale non deve essere oggetto di un esame specifico, essendo gi� stato oggetto della valutazione operata dal legislatore all'interno del nuovo regime giuridico di carattere speciale L. n. 76 del 2016, ex art. 1, comma 28. Le unioni omoaffettive nel nostro ordinamento non contrastano con l'ordine pubblico internazionale e, conseguentemente, anche quelle contratte all'estero devono essere riconosciute ed assistite da un sistema di tutele adeguato. La compatibilit� dei modelli adottati all'estero (matrimonio od unione civile) nel nostro ordinamento trova una regolazione puntuale con i meccanismi di conversione elaborati dal legislatore del D.Lgs. n. 7 del 2016. Tale complesso di regole definisce, tuttavia, anche il perimetro all'interno del quale tali unioni produ RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 cono effetti nel nostro ordinamento. La libert� di scelta del modello di unione omoaffettiva rimessa ai singoli Stati si estende, a fini antielusivi e di coerenza antiscriminatoria del sistema di regolazione interna, anche alla produzione degli effetti degli atti formati all'estero, salva l'ipotesi della totale transnazionalit� di essi (matrimonio contratto all'estero da cittadini entrambi stranieri). All'interno del quadro che si � delineato non risulta disagevole l'interpretazione della L. n. 219 del 1995, art. 32 bis. Sul piano strettamente testuale, come � stato rilevato anche dalla dottrina, si pu� cogliere una differenza rilevante tra la formulazione dell'art. 32 bis e quella dell'art. 32 quinquies. Nella prima norma l'ambito soggettivo di applicazione del nuovo regime riguarda in generale "il matrimonio contratto all'estero da cittadini italiani" mentre l'art. 32 quinquies, che estende il sistema di tutele previsto dalla L. n. 76 del 2016 anche ad istituti analoghi, si riferisce ad unioni costituite all'estero "tra cittadini italiani", oltre a richiedere l'ulteriore requisito dell'abituale residenza in Italia. La differenza testuale ha un significato logico-giuridico chiaro. L'art. 32 bis esprime la nettezza della scelta legislativa verso il modello dell'unione civile, limitando gli effetti della circolazione di atti matrimoniali relativi ad unioni omoaffettive a quelle costituite da cittadini entrambi stranieri, come rileva l'indicatore costituito dall'uso del "da", rispetto alla diversa opzione adottata dall'art. 32quinquies che ha una ratio estensiva del regime giuridico di riconoscimento e tutela contenuto nella L. n. 76 del 2016 a tutti i cittadini italiani, ancorch� abbiano dato vita all'estero ad un vincolo munito di un grado inferiore di diritti. La soluzione indicata � coerente anche con il regime giuridico di diritto internazionale privato relativo alla capacit� e alle condizioni per contrarre matrimonio. L'art. 27, applicabile nella specie, rinvia alla legge nazionale di ciascuno dei nubendi. Tale criterio nella specie creerebbe un conflitto non risolvibile in ordine alla forma ed agli effetti della trascrizione dell'atto contratto all'estero ove non si adottasse la soluzione interpretativa dell'art. 32 bis cui si � acceduto. Si deve, inoltre, rilevare, che se l'art. 32 bis si applicasse anche ai cd. matrimoni "misti", ovvero contratti da un cittadino italiano e da un cittadino straniero, si determinerebbe una discriminazione cd. "a rovescio" tra i cittadini italiani che hanno contratto matrimonio all'estero e possono "trasportare" forma ed effetti del vincolo nel nostro ordinamento e quelli che hanno contratto un'unione civile in adesione al modello legislativo applicabile nel nostro ordinamento. 13. 5 Le eccezioni d'illegittimit� costituzionale. Alla luce del quadro costituzionale, convenzionale e di diritto interno delineato, non possono essere accolte le eccezioni d'illegittimit� costituzionale formulate dall'interveniente Associazione (omissis). Premessa l'applicabilit� diretta della L. n. 219 del 1995, art. 32bis in quanto norma diretta proprio a regolare la circolazione ed il riconoscimento degli effetti degli atti di matrimonio contratti da coppie omoaffettive all'estero, cos� come richiesto dalla dellega contenuta nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 28, la non trascrivibilit� dell'atto di matrimonio formato da un cittadino straniero ed un cittadino italiano non costituisce il frutto di un quadro discriminatorio per ragioni di orientamento sessuale o un'interpretazione convenzionalmente e costituzionalmente incompatibile con il limite antidiscriminatorio, dal momento che la scelta del modello di unione riconosciuta tra persone dello stesso sesso negli ordinamenti facenti parte del Consiglio d'Europa � rimessa al libero apprezzamento degli stati membri, salva la definizione di uno standard di tutele coerenti con l'interpretazione del diritto alla vita familiare ex art. 8 fornita dalla Corte Edu. La discriminazione tra cittadini italiani non � ravvisabile ed anzi, come rilevato, un profilo di discriminazione inversa potrebbe individuarsi nella scelta CONTENzIOSO NAzIONALE ermeneutica contraria. La discriminazione per orientamento sessuale dei cittadini stranieri in ordine alla libert� di circolazione e di stabilimento � del pari non rilevabile dal momento che l'unione omoaffettiva riconosciuta all'estero secondo il paradigma matrimoniale non � priva di effetti nel nostro ordinamento e la regolazione dei rapporti personali e patrimoniali tra i componenti dell'unione rimane disciplinata dal sistema generale di diritto internazionale privato (artt. 26 e ss.). Infine la specialit� del nuovo regime giuridico come illustrato evidenzia, da un lato, che non pu� essere valutato il limite dell'ordine pubblico internazionale in astratto, disancorato dalle norme di diritto internazionale privato concretamente in vigore, e, dall'altro, che la scelta legislativa � del tutto compatibile con tale parametro. 13.6 In conclusione il ricorso deve essere rigettato. La assoluta novit� della questione impone la compensazione delle spese processuali del presente giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali del presente giudizio. In caso di diffusione omettere le generalit� e i riferimenti geografici. Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Profili giuridici dell�assunzione ex novo del dipendente stabilizzato, con particolare riferimento agli effetti preclusivi in ordine al riconoscimento del servizio pregresso ai fini dell�anzianit� giuridica nota a tribUnale di naPoli, sez. laVoro, sentenza 13 ottobre 2017 n. 6887 Alessandra Parente* l�assunzione conseguente alla stabilizzazione deve essere ritenuta a tutti gli effetti quale nuova assunzione presso la P.a., non potendo condividersi l�affermazione secondo la quale si tratterebbe di una mera trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. non si ravvisano, dunque, le condizioni per affermare il diritto del dipendente alla ricostruzione della carriera professionale al fine del riconoscimento dell�anzianit� ai fini giuridici, da qualsiasi data cadente nel periodo precedente alla stabilizzazione. al contrario, la posizione del dipendente a tempo indeterminato e quella di chi ha lavorato con continuit� nella medesima mansione in forza di una pluralit� di rapporti a termine sono pienamente equiparabili sotto il profilo delle �condizioni d�impiego�. Pertanto, deve riconoscersi al dipendente la progressione retributiva in funzione dell�anzianit� maturata, limitatamente alle differenze economiche conseguenti alla progressione economica nella fascia di appartenenza. i crediti retributivi maturati dal dipendente stabilizzato sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale, decorrente, in egual modo, in costanza sia del rapporto a termine sia del rapporto a tempo indeterminato. il dies a quo per l�esercizio del diritto alle rivendicazioni economiche, anche nel caso di contratti a termine con la P.a., deve, pertanto, essere individuato in pendenza del rapporto. La sentenza in commento propone un�interpretazione innovativa della quaestio, alquanto dibattuta da parte della giurisprudenza, inerente la natura giuridica degli interventi legislativi di �stabilizzazione� e dei suoi effetti sulla ricostruzione di carriera dei dipendenti pubblici stabilizzati, alla luce delle influenze del diritto interno ed europeo. Il dubbio interpretativo, foriero di evidenti riflessi pratici e di notevoli contenziosi giudiziari, riguarda la sussistenza o meno, a seguito dei processi di stabilizzazione, del diritto al riconoscimento del pregresso periodo di anzianit�, maturato, a parit� di mansioni, durante lo svolgimento di rapporti a termine. (*) Dottore in Giurisprudenza, praticante forense presso l�Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli. CONTENzIOSO NAzIONALE sommario: 1. la quaestio facti -2. il quadro normtivo e giurisprudenziale di riferimento -3. il ruolo della contrattazione collettiva - 4. cenni sul rapporto tra anzianit� di servizio e prescrizione - 5. considerazioni conclusive. 1. la Quaestio facti. La quaestio facti, nella sentenza che si annota, � quella di un dipendente del MIBACT, in servizio quale �addetto ai servizi di vigilanza e custodia� presso il Museo Archeologico di Napoli, con una pluralit� di contratti a tempo determinato (oggetto senza soluzione di continuit� di varie proroghe e rinnovi, con l�esclusione di un primo contratto trimestrale) dal settembre del 1998 al luglio del 2007; fin quando non � intervenuta la sua stabilizzazione, sempre presso il medesimo ente, a far data dal 5 novembre 2007. Il dipendente, nel convenire in giudizio il MIBACT innanzi al Tribunale del Lavoro competente per territorio, ha rivendicato, in applicazione della clausola 4 dell�Accordo Quadro sul lavoro a tempo determinato, l�accertamento dell�illegittimit� dell�azzeramento dell�anzianit� maturata all�atto del- l�immissione in ruolo e l�accertamento del diritto al riconoscimento dell�anzianit� di servizio, a fini giuridici ed economici, maturata nel rapporto di lavoro a termine e la conseguente condanna del Ministero resistente alla integrale ricostruzione di carriera, al pagamento delle differenze retributive e delle differenze economiche spettanti in suo favore. 2. il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento. La stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, purch� in precedenza assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge, � disciplinata dall�art. 1, commi 519 (1) -520, della legge n. 296/2006 (ulteriori misure di stabilizzazione sono, altres�, contenute nella legge n. 244/2007). Come evidenziato nella sentenza che si annota, la disciplina della stabilizzazione: � derogatoria rispetto al principio dell�accesso al pubblico impiego mediante concorso, ex art. 97 Cost.; valorizza il requisito della triennalit� dei rapporti a tempo determinato; non configura un�ipotesi di mera trasformazione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato (2); ammette l�as (1) Il comma 519 della c.d. legge Finanziaria per l�anno 2007, norma di riferimento per le intervenute stabilizzazioni, cos� dispone: �Per l�anno 2007 una quota pari al 20% del fondo di cui al comma 513 � destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virt� di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge, che ne faccia istanza, purch� sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge (�)�. (2) Conversione tra l�altro preclusa dall�art. 36, comma 6, D.lgs. n. 165/2001, come ribadito, di recente, dalle SS.UU. nella sentenza n. 5072/2016. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 sunzione del personale non attualmente in servizio, purch� abbia maturato il citato requisito dei tre anni di servizio; ha rappresentato una misura di notevole portata, interessando Amministrazioni differenti per tipologia (3). Il corretto inquadramento giuridico della stabilizzazione nel contesto interno non pu� prescindere dal contenuto della Circolare della Funzione Pubblica n. 5/2008 (4), che dispone: �il concetto di stabilizzazione non ha una valenza giuridica e non va in nessun caso inteso come intervento volto alla trasformazione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro a tempo determinato in quanto ci� risulta incompatibile con le disposizioni previste in materia di costituzione di rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. il principio inderogabile � sancito, come gi� detto, dall�art. 36, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (�) ne deriva che l�assunzione a tempo indeterminato, quale momento conclusivo della relativa procedura (�) � priva di continuit� rispetto al precedente rapporto con la conseguenza che il periodo non di ruolo non � utile neppure ai fini dell�anzianit� di servizio�. Sul punto, al quadro nazionale si aggiunge quello europeo. Gli organismi europei a ci� deputati hanno affermato principi diversi ed in parte contrastanti con la normativa interna -avendo ben presente la diretta applicabilit� degli stessi (5) (se contenuti in norme U.E. con effetto diretto ed in sentenze interpretative della C.G.E.) quanto meno in chiave di riconoscimento da parte dei Giudici nazionali -sollecitando, cos�, interpretazioni giurisprudenziali interne divergenti tra loro ma con un filo conduttore comune: i criteri di �effettivit�� e �concretezza�. La clausola 4 dell��accordo Quadro ces, Unice e ceeP sul lavoro a (3) Sul punto cfr. V. MILANI, le misure di stabilizzazione del lavoro precario nel settore pubblico previste dalla legge finanziaria 2007, in Gior. dir. amm., n. 12, 2007, pagg. 1265 ss. Vi rientrano, anzitutto, le Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, incluse quelle fiscali, gli enti pubblici non economici, gli enti di ricerca, nonch� gli enti e le aziende elencate all�art. 70, D.lgs. n. 165/2001, le Amministrazioni regionali e locali, gli enti del Servizio Sanitario Nazionale. (4) La Circolare della Funzione Pubblica n. 5/2008 � stata emanata con l�intento di fornire linee di indirizzo chiare per l�interpretazione ed attuazione delle procedure di stabilizzazione previste sia dalla legge n. 206/2006 che dalla legge n. 244/2007. I profili di particolare rilievo, anche ai fini della sentenza che si annota, presenti nella Circolare sono: il riconoscimento della volont� del legislatore di porre rimedio alle situazioni irregolari determinatesi come effetto dell�utilizzo del lavoro flessibile per esigenze permanenti legate al fabbisogno; l�affermazione che trattasi di una procedura speciale di reclutamento, in deroga alle modalit� ordinarie del concorso pubblico, in quanto riservata ad una platea di destinatari per i quali si � scelto di valorizzare l�esperienza professionale, ma al contempo esperibile da parte delle Amministrazioni nei limiti delle dotazioni organiche, in ragione del loro effettivo fabbisogno e compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione; il richiamo, supportato dalla giurisprudenza (cfr. Tar Veneto, Sez. II, 19 ott. 2007, n. 3342), al principio che la stabilizzazione � una facolt� discrezionale e non un obbligo per le Amministrazioni, pertanto non genera diritti in capo all�interessato al suo ottenimento, quanto unicamente un�aspettativa di mero fatto. (5) Sul punto cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 7 nov. 2016, n. 22552, in ced cass., 2016; Cass. Civ., Sez. Lav., 12 ott. 2011, n. 20980, ivi, 2011. CONTENzIOSO NAzIONALE tempo determinato� (6), meglio conosciuta come principio di non discriminazione, � la norma di riferimento in ipotesi come questa e stabilisce, per quanto riguarda le �condizioni d�impiego�, che i lavoratori a tempo determinato non possano essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto a termine, a meno che non sussistano ragioni oggettive. Stabilisce, altres�, che i criteri del periodo di anzianit� di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro debbano essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di anzianit� siano giustificati da motivazioni oggettive. L�art. 153, par. 5, TFUE (ex art. 137 TCE) in materia di iniziative del- l�Unione volte a sostenere e completare l�azione degli Stati membri in una pluralit� di settori, pare disporre una riserva in favore dei singoli Stati in ordine agliaspettieconomico-retributivi, suscettibile, in ogni caso, di un�interpretazione restrittiva, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza (7). Gli anzidetti criteri di effettivit� e concretezza si traducono, pertanto, in un�attenta analisi che l�Autorit� giudiziaria adita deve svolgere circa la natura del lavoro, le condizioni di formazione e di impiego dei lavoratori ante stabilizzazione, al fine di comprendere se si trovino o meno in situazioni comparabili a quelle dei dipendenti di ruolo (8). La giurisprudenza interna ha recepito gli orientamenti europei in maniera difforme. Si sono registrate pronunce di merito che -nel valorizzare in termini quasi assoluti il predicato semantico contenuto nella clausola 4 sul versante della non discriminazione -non hanno ravvisato ragioni ostative all�applicazione del principio ivi contenuto, riconoscendo, per l�effetto, la fondatezza delle pretese dei ricorrenti alla ricostruzione integrale di carriera (9). Altra giurisprudenza non ha optato per una applicazione indiscriminata della clausola 4 anche alle ipotesi di stabilizzazione, conducendo un�analisi pi� precisa incentrata su due possibili limiti all�operativit� dell�Accordo Quadro, vale a dire: il profilo genetico del contratto a tempo determinato e del successivo contratto a tempo indeterminato per intervenuta stabilizzazione; i contenuti delle mansioni svolte. La giurisprudenza in oggetto, in coerenza con la disciplina interna sulla stabilizzazione, ma ancor pi� sulla base del divieto di conversione sancito dall�art. 36, D.lgs. n. 165/2001, nonch� ai sensi dell�art. 97 Cost. sul principio (6) Contenuto nella Direttiva 99/70/CE, recepita nel nostro ordinamento con il D.lgs. n. 368/2001. (7) In questo senso cfr. Corte Giust., 13 sett. 2007, C-307/05, in www.curia.europa.eu. (8) Sul punto cfr. Corte Giust., ord., 7 mar. 2013, C-193/01 e Corte Giust., 4 sett. 2014, C-152/14, in www.curia.europa.eu. (9) ex multis le recenti: Cass., Sez. Lav., ord., 23 nov. 2017, n. 27950; Corte App. Catanzaro, Sez. Lav., 4 dic. 2017, n. 1915; Trib. Napoli, Sez. Lav., 28 febbr. 2018, n. 1383. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 di accesso tramite concorso agli impieghi nella P.A., ha posto l�accento sulla natura di �nuova� assunzione insita nella stabilizzazione. Altre pronunce di merito hanno indagato il profilo dell�identit� delle mansioni, delle modalit� inerenti le condizioni di formazione e le attivit� svolte, rinvenendo in tali profili �ragioni oggettive� giustificatrici della diversit� di trattamento e, dunque, del mancato riconoscimento dell�anzianit� pregressa, al momento dell�immissione in ruolo (10). 3. il ruolo della contrattazione collettiva. Una lettura correttamente orientata delle misure di stabilizzazione e della ricostruzione di carriera che ne pu� conseguire, anche nelle ipotesi in cui venga disposta a posteriori da parte dell�Autorit� giudiziaria, non pu� prescindere dal contenuto del Contratto Collettivo di riferimento, in quanto fonte primaria nella regolamentazione dei rapporti di lavoro ed oggetto di concertazione tra le parti; nel caso del dipendente della sentenza che si annota, trattasi del CCNL Comparto Ministeri quadriennio normativo 2006 -2009, biennio economico 2006-2007. Il Contratto Collettivo si applica a tutti i lavoratori del comparto, siano essi titolari di rapporti di lavoro a tempo determinato o indeterminato, e nel disporre un nuovo sistema di classificazione, punta alla valorizzazione delle professionalit� interne per garantire alla collettivit� prestazioni di elevata qualificazione ed il conseguimento di obiettivi di efficacia (11). L�art. 10 �nuovo inquadramento e norme di prima applicazione� del CCNL, al comma 1 dispone: �il personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente ccnl � inquadrato nel nuovo sistema di classificazione con effetto automatico dalla stessa data mediante il riconoscimento -all�interno di ciascuna area -della posizione economica gi� conseguita nell�ordinamento di provenienza e con la collocazione nella fascia retributiva corrispondente (�)�. Il riconoscimento automatico insito nel nuovo inquadramento in �aree�con il conseguente abbandono delle �fasce� previste nel Contratto Collettivo precedente - si riferisce, pertanto, alla posizione economica gi� conseguita e alla fascia retributiva corrispondente. All�inquadramento del personale gi� in servizio si affianca la disciplina dell�accesso dall�esterno, con una riserva di posti - per le vacanze organiche che deve essere pari al 50% dei posti disponibili per ciascun profilo (12). Si evince, pertanto, la necessit� di bilanciare e garantire gli accessi ai profili professionali previsti sia dall�interno che dall�esterno. (10) Il filone giurisprudenziale fondato su questa ratio decidendi si � espresso, particolarmente, sui ricercatori stabilizzati degli enti di ricerca: cfr. Trib. Potenza, Sez. Lav., 20 giug. 2017, n. 564; Trib. Firenze, Sez. Lav., 17 febbr. 2016, n. 137; Trib. Roma, Sez. Lav., 30 ott. 2014, n. 10206; Trib. Cosenza, Sez. Lav., 22 nov. 2013, n. 3157. (11) Cfr. art. 5 �obiettivi e finalit�� del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. CONTENzIOSO NAzIONALE Altro profilo di rilievo nella valutazione dell�influenza che il CCNL pu� avere nell�orientare le diverse interpretazioni, anche giurisprudenziali, volte al riconoscimento dell�anzianit� di servizio pregressa ai lavoratori stabilizzati, � rappresentato dalla disciplina delle progressioni tra le aree (13) e, ancor pi�, degli sviluppi economici all�interno delle aree. I passaggi da una fascia retributiva a quella immediatamente successiva, ai sensi dell�art. 18 del CCNL, avvengono con decorrenza fissa dal 1� gennaio e si fondano su specifici criteri e principi: esperienza professionale maturata; titoli di studio, culturali e pubblicazioni, coerenti con l�attivit� del profilo; percorsi formativi con esame finale, qualificati quanto alla durata ed ai contenuti che devono essere correlati all�attivit� lavorativa affidata. Con particolare riferimento all�esperienza professionale -quale requisito per la progressione economica -occorre, altres�, evitare di considerare la mera anzianit� di servizio ed altri riconoscimenti puramente formali, nell�ottica di valorizzare le capacit� reali dei dipendenti, selezionati in base alle loro effettive conoscenze e a quello che gli stessi sono in grado di fare (14). La ratio ispiratrice di tali norme e della disciplina del CCNL nel suo complesso pare improntata a criteri di effettivit� e pragmaticit�, vale a dire che il legislatore tende a rifiutare una regolamentazione dei rapporti di lavoro con la P.A. che sia ispirata a meri automatismi e cadenze temporali (retaggio di discipline non pi� attuali e attuabili); ancor pi� quando i profili da �normare� sono quelli relativi alla carriera, alla valutazione ed alle conseguenti progressioni dei dipendenti (15). 4. cenni sul rapporto tra anzianit� di servizio e prescrizione. L�anzianit� di servizio del lavoratore non � uno stato o un elemento costitutivo di uno status di quest�ultimo, quanto, piuttosto, un �distinto bene della vita oggetto di autonomo diritto�, rappresentando una dimensione temporale che caratterizza il rapporto di lavoro e che, in quanto fatto giuridico, integra il presupposto di fatto di distinti specifici diritti (16) (ad es. indennit� (12) Cfr art. 11 �accesso dall�esterno� del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. (13) Cfr artt. 13, 14 e 15 del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. (14) Cfr art. 18, comma 6, del CCNL Comparto Ministeri 2006 -2009. (15) Tale orientamento trova conferma, tra gli altri, nel D.lgs. n. 150/2009 �attuazione della legge delega 4/3/09 n. 15 in materia di ottimizzazione della produttivit� del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni �, cos� come modificato dal D.lgs. n. 74/2017 �Valutazione della performance dei dipendenti pubblici� (uno dei c.d. decreti Madia insieme con il D.lgs. n. 75/2017 �testo Unico sul Pubblico impiego�). In particolare, l�art. 23 dispone: �le progressioni economiche sono attribuite in modo selettivo, ad una quota limitata di dipendenti, in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione� e l�art. 62 dispone: �i dipendenti pubblici (�) sono inquadrati in almeno tre distinte aree funzionali. le progressioni all�interno della stessa area avvengono secondo principi di selettivit�, in funzione delle qualit� culturali e professionali, dell�attivit� svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l�attribuzione di fasce di merito. (�)�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 di anzianit�, retribuzione, risarcimento del danno per omissione contributiva). Pertanto, l�anzianit� non � suscettibile di un�autonoma prescrizione distinta da quella di ciascuno dei singoli diritti che su di essa si fondano. Nella sentenza che si annota le differenze retributive riconoscibili al lavoratore stabilizzato, gi� inquadrato in pendenza di rapporti a termine nella fascia retributiva B1 (successivamente assorbita nella seconda area -posizione F1 dal CCNL 2006 -2009), al pari dei suoi colleghi �di ruolo�, sono individuate nelle differenze economiche conseguenti alla progressione retributiva nella fascia di appartenenza. Le differenze retributive, in quanto crediti da lavoro, soggiacciono al termine di prescrizione quinquennale, decorrente in costanza sia della pluralit� di rapporti a termine sia del rapporto a tempo indeterminato, intervenuto a seguito di stabilizzazione. Non vi �, per esse, dilazione del termine di prescrizione al momento della cessazione del rapporto a termine, n� tantomeno il dies a quo per l�esercizio del diritto alle differenze retributive decorre dalla data di stipula del contratto a tempo indeterminato. Il delicato rapporto tra anzianit� di servizio - nella pluralit� di diritti in cui si articola - e regime della prescrizione (decennale, quinquennale, presuntiva) ha trovato nella giurisprudenza il modo di dipanarsi; varie pronunce della Consulta, del Giudice di legittimit� e del Consiglio di Stato, susseguitesi nei decenni in merito, rappresentano un faro sulla frammentata disciplina normativa della prescrizione nei rapporti di lavoro (17), offrendone una interpretazione dinamica e volta ad uno spiccato pragmatismo. Da tali pronunce � stato possibile trarre importanti principi - in minima parte accennati a seguire - sul legame tra rapporto di lavoro e regime di prescrizione, ancor pi� con la P.A., vale a dire: -la declaratoria della illegittimit� costituzionale dell�art. 2948 c.c. (18), nella parte in cui consente che la prescrizione quinquennale dei crediti di lavoro decorra in pendenza del rapporto di lavoro, non riguarda il caso in cui il rapporto stesso, pubblico o privato, sia assistito dalla stabilit� reale e cio� caratterizzato da una disciplina che, sul piano sostanziale, subordini la legittimit� del licenziamento alla sussistenza di circostanze oggettive o predeterminate e, sul piano processuale, affidi al giudice il sindacato sul licenziamento illegittimo; ci� che si verifica relativamente ai rapporti di lavoro cui � applicabile la l. n. 300/1970, la cui data di entrata in vigore segna, pertanto, il dies (16) La definizione di anzianit� di servizio ivi riportata � stata enunciata dalle SS.UU. nella storica sentenza n. 4812/1986 ed ha trovato ampio seguito nella giurisprudenza successiva. ex multis: Cass., Sez. Lav., 8/1/91 n. 71; Cass., Sez. Lav., 19/1/99, n. 477; Cass., Sez. Lav., 27/2/04, n. 4076. (17) La disciplina della prescrizione dei diritti del lavoratore trova i suoi cardini negli artt. 2934 - 2935 - 2946 - 2948 - 2955 - 2956 - 2957 c.c. (18) La declaratoria di illegittimit� costituzionale dell�art. 2948 n. 4, c.c., nonch� degli artt. 2955 n. 2 e 2956 n. 1, c.c., si � avuta con la sentenza della Consulta n. 63/1966. CONTENzIOSO NAzIONALE a quo del decorso della prescrizione suddetta, pur in pendenza dei rapporti stessi (19); -in tema di prescrizione dei crediti del lavoratore, il principio di cui agli artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 n. 1, c.c. secondo il quale la prescrizione non decorre in costanza di rapporto di lavoro non assistito da stabilit� reale, riguarda per espressa previsione il solo diritto alla retribuzione e non si estende al diritto del lavoratore al risarcimento del danno derivante dalla violazione degli obblighi di cui all�art. 2087 c.c., la cui prescrizione (decennale in caso di azione di responsabilit� contrattuale) decorre dal momento in cui il danno si � manifestato, anche in corso di rapporto di lavoro (20); -ai sensi dell�art. 2935 c.c. il termine iniziale di decorso della prescrizione del diritto al TFR va individuato nel momento in cui tale diritto pu� essere fatto valere, e, quindi nel momento in cui il rapporto di lavoro subordinato cessa e non gi� in quello in cui sia stato accertato giudizialmente l�effettivo ammontare delle retribuzioni spettanti (21); -la prescrizione dei crediti retributivi relativi ad un rapporto di lavoro con la P.A. si deve ritenere decorrente in costanza del rapporto stesso sebbene quest�ultimo possa avere carattere provvisorio o temporaneo, non essendo sostenibile per la natura del rapporto che il dipendente pubblico possa essere in qualche modo esposto a possibili ritorsioni e rappresaglie qualora tuteli in via giudiziale i propri diritti ed interessi. Poich� istituzionalmente vincolato alle regole sulla discrezionalit� amministrativa ed ai principi costituzionali di buon andamento e imparzialit� il datore di lavoro pubblico � in condizione di operare, sui propri dipendenti, una pressione ridotta, e ci�, anche su quelli a tempo (22); -il termine di prescrizione quinquennale dei crediti retributivi relativi ad un rapporto di lavoro con la P.A. decorre in costanza del rapporto stesso, anche se questo abbia carattere provvisorio o temporaneo, ed � riferibile a tutte le pretese economiche riconosciute ai pubblici dipendenti (23). 5. considerazioni conclusive. La sentenza che si annota, a parere di chi scrive, presenta profili d�interesse peculiari, fornendo una lettura equilibrata di un �fenomeno� complesso e dibattuto. Si caratterizza per una analisi normativa delle misure di stabilizzazione che non trascura il contesto interno nel quale tali interventi sono maturati. Nel (19) Cfr. Cass. civ., 20/4/83, n. 2724; Cass. Civ., 15/11/84, n. 5801. (20) Cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 28/7/2010, n. 17629. (21) Cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 23/4/2009, n. 9695. (22) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3/4/2007, da n. 1486 a n. 1504. (23) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3/4/2007, da n. 1486 a n. 1504, cit. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 riconoscere nel contratto a tempo indeterminato a seguito di stabilizzazione una nuova assunzione, avvenuta ex novo e non collegabile in automatico alle precedenti (salvo espressa previsione in tal senso), si pone in armonia con il principio costituzionale dell�accesso mediante concorso agli impieghi con la P.A., con il divieto di �conversione� posto dall�art. 36, comma 6, D.lgs. n. 165/2001, nonch� con il carattere derogatorio delle misure di stabilizzazione, senza trascurare, altres�, l�impianto normativo del CCNL di riferimento. Coerente con tali deduzioni � l�affermazione, in sentenza, dell�impossibilit� di ammettere il riconoscimento dell�anzianit� di servizio pregressa ai fini giuridici al dipendente stabilizzato. La sentenza si rivela innovativa, rispetto ad altre molteplici pronunce dei giudici interni, per aver distinto i paradigmi normativi su cui fondare il riconoscimento dei diritti insiti nell�anzianit� di servizio ai fini giuridici e quello dei diritti connaturati all�anzianit� di servizio ai fini economici, in piena coerenza con il principio dell�anzianit� di servizio quale presupposto di fatto di distinti specifici diritti. Pone, pertanto, il riconoscimento dell�anzianit� ai fini giuridici ed economici su due binari diversi, i quali, non sempre e non necessariamente, si intersecano. Non trascura, al contrario valorizza, il contributo essenziale dato alla materia dalla giurisprudenza dell�U.E. e, partendo dalle definizioni di �condizioni d�impiego� e �ragioni oggettive� fornite da ampia giurisprudenza della C.G.E., riconosce che tali principi possano incidere sulla ricostruzione di carriera del dipendente stabilizzato ma, unicamente, per il profilo economico. Il riconoscimento delle differenze economiche conseguenti alla progressione retributiva nell�area di appartenenza, disposto nella sentenza che si annota, valorizza l�esperienza lavorativa pregressa del dipendente, senza porsi in disarmonia con i nuovi criteri previsti dal CCNL di riferimento e da ampia legislazione successiva (tra tutti i decreti Madia del 2017) per la valutazione dell�esperienza lavorativa ai fini delle progressioni di carriera. Il doppio binario previsto in sentenza per il riconoscimento dell�anzianit� ai fini giuridici ed economici si riflette, in maniera coerente, anche sul regime della prescrizione. Il rapporto di lavoro con la P.A. risulta connotato da stabilit� reale - pur se a tempo determinato, viste le caratteristiche intrinseche del datore di lavoro e le tutele offerte dal CCNL - pertanto, il dies a quo per la prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro, risentendo della stabilit�, � autonomo rispetto all�intervenuta stabilizzazione, non decorrendo dalla data di stipula del contratto a tempo indeterminato ma, al contrario, in costanza di rapporto a termine. CONTENzIOSO NAzIONALE tribunale di napoli, sezione lavoro, sentenza 13 ottobre 2017 n. 6887 -Giud. Amalia Urzini - A.C. (avv. G. d�Ambrosio) c. MIBACT (avv. St. G. Arpaia). RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO Con ricorso depositato in data 20/3/2017 l'epigrafato ricorrente ha premesso di avere intrattenuto con l'amministrazione convenuta plurimi contratti a tempo determinato, di cui i primi con durata trimestrale dal 16/9/1998 al 12/10/1999 con mansioni di addetto ai servizi di vigilanza e custodia e il successivo dal 14/1/2000 al 30/6/2001 quale addetto ai servizi di vigilanza ed assegnato al Museo Archeologico di Napoli; di avere avuto una serie di proroghe e rinnovi continuando a prestare servizio senza soluzione di continuit� fino al 2/7/2007 in cui fu disposta l'ultima proroga fino alla sua definitiva trasformazione a tempo indeterminato in data 5/11/2007; di avere svolto le stesse identiche mansioni per tutto l'arco temporale anzidette e che tali mansioni sono state espletate dai dipendenti di ruolo del Ministero; di non avere conseguito il riconoscimento dell'anzianit� antecedente all'immissione in ruolo. L�istante, in base ad articolate considerazioni giuridiche ha convenuto in giudizio il Ministero al fine di ottenere, previa disapplicazione di qualsivoglia norma legale e/o contrattuale contrastante con la clausola 4 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, l'accertamento dell'illegittimit� dell'azzeramento dell'anzianit� maturata all'atto dell'immissione in ruolo e l'accertamento del diritto al riconoscimento dell'anzianit� di servizio, a fin� giuridici ed economici, maturata nel rapporto di lavoro a termine a decorrere dal 16/9/1998 o dalla diversa data ritenuta di giustizia; la condanna del Ministero al pagamento in suo favore delle differenze retributive maturate fino all'esatta collocazione classe di servizio corrispondente alla predetta anzianit� maturata oltre ad eventuali somme spettanti ancora a titolo di differenze economiche; la condanna inoltre del Ministero alla ricostruzione della carriera considerando per intero i servizi svolti durante i contratti a tempo determinato, spese vinte. Il Ministero, costituitosi tempestivamente in giudizio a mezzo dell'Avvocatura dello Stato (cfr memoria depositata il 29/9/2017), ha eccepito la prescrizione dei crediti e nel merito, ha dedotto l'infondatezza delle domande sia alla stregua della normativa nazionale che comunitaria per cui ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese. All'odierna udienza la causa al termine della camera di consiglio � stata decisa con sentenza di cui � stata data pubblica lettura nei termini di seguito precisati. In punto di fatto, � documentato che il ricorrente ha prestato servizio alle dipendenze del Ministero convenuto in forza di due contratti trimestrali non continuativi, il primo decorrente dal 16/9/1998 e il secondo dal 12/7/1999, con inquadramento nel profilo di addetto ai servizi di vigilanza; � parimenti documentato che egli, assunto dal 14/1/2000 con contratto a tempo determinato con scadenza al 30/6/2001 ha avuto una serie di proroghe annuali dal 31/12/2001 al 31/12/2006. L'istante versa in atti anche il contratto del 2/7/2007 definito "atto integrativo al contratto di lavoro" ove si conviene una proroga del contratto a tempo determinato fino alla sua trasformazione a tempo indeterminato. Egli valorizza le espressioni letterali contenute nell'atto del 2/7/2007 per sostenere che si � trattato di una prosecuzione ininterrotta dello stesso rapporto di lavoro. In effetti, il richiamo nell'atto, alla procedura di stabilizzazione prevista dalla legge 296/2006 consente di risolvere la questione controversa tra le parti, in base alla sua regolamentazione, al di l� e a prescindere dalle parole adoperate dalla P.A. Del resto il contratto del 5/11/2007 in prod. ha ad oggetto l'assunzione a tempo indeterminato con predeterminazione di un periodo di prova ed � verosimile ritenere, pur senza che sia stato allegato che, per effetto dell'assunzione in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 ruolo, il ricorrente ha percepito il trattamento di fine rapporto, il cui presupposto � la risoluzione del contratto a termine in corso. Pu� quindi ritenersi, a differenza dei contratti trimestrali intervallati da un periodo significativo, il rapporto di lavoro del ricorrente, a decorrere dal contratto del 14/1/2000 si � svolto ininterrottamente, s� da coprire integralmente il periodo complessivamente di interesse ed � possibile presumere che il ricorrente abbia svolto mansioni di addetto alla vigilanza, di pertinenza anche del personale a tempo indeterminato di pari inquadramento. La contraria possibilit� -che egli abbia svolto mansioni diverse da quelle assegnate al personale di pari qualifica -andrebbe comunque esclusa giacch� opera il principio formale di equivalenza delle mansioni nell'impiego pubblico ed � pacifico che il ricorrente abbia svolto, per tutta la durata dei rapporti precari, mansioni della qualifica di appartenenza. Peraltro il Ministero d� conto nella memoria difensiva, di avere inquadrato il ricorrente nell'area B, posizione economica B1 fino al nuovo sistema di classificazione del personale con il quale tale area � confluita nel- l'area seconda F, fascia retributiva F1 applicato all'A.C. dal 14/9/2007, con ci� palesando di avere sempre riservato a costitui lo stesso trattamento del personale di ruolo di pari qualifica e mansioni. Non appare neanche configurabile una diversa intensit� del potere organizzativo datoriale o diversi obblighi a carico delle parti del rapporto di impiego pubblico connaturate al carattere (stabile o precario) del rapporto medesimo, giacch� per tutta la durata del rapporto anche il lavoratore assunto a tempo determinato � tenuto all'obbligo di esclusiva prestazione della propria attivit� in favore dell'amministrazione, salvi i casi previsti dalla legge, ed all'adempimento degli obblighi di diligenza e fedelt� specificamente imposti all'amministrazione (e quindi ai pubblici impiegati) dai principi di buona amministrazione ed imparzialit� ex art. 97 Cost. � pure pacifico (ma risulta comunque dalla contrattazione soggettivamente efficace, cfr. art. 20 del CCNL 21.2.2002 relativo al quadriennio normativo 1998-2001) come al personale assunto a tempo determinato si applichi il trattamento economico e normativo previsto per il personale a tempo indeterminato "compatibilmente con la durata del contratto a termine". Pu� quindi convenirsi, ai fini che ne occupano che, per tutta la durata del rapporto a termine inter partes decorrente dal 14/1/2000, e quindi pressoch� continuativamente, il ricorrente risulta avere svolto una prestazione in tutto equivalente a quella dei lavoratori dipendenti del- l'amministrazione assunti a tempo indeterminato di pari qualifica (addetto ai servizi di vigilanza di area retributiva B posizione B1). La procedura di stabilizzazione che ha riguardato il ricorrente � contenuta nella legge 296/2006. I commi 519 e 520 di detta legge prevedono che "Per l'anno 2007 una quota pari al 20 per cento del fondo di cui al comma 513 � destinata alla stabilizzazione a domanda del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virt� di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, che ne faccia istanza, purch� sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive. Le amministrazioni continuano ad avvalersi del personale di cui al presente comma, e prioritariamente del personale di cui all'articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, CONTENzIOSO NAzIONALE e successive modificazioni, in servizio al 31 dicembre 2006, nelle more della conclusione delle procedure di stabilizzazione. Nei limiti del presente comma, la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco � consentita al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio. Con decreto del Ministro dell'interno, fermo restando il possesso dei requisiti ordinari per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco previsti dalle vigenti disposizioni, sono stabiliti i criteri, il sistema di selezione, nonch� modalit� abbreviate per il corso di formazione. Le assunzioni di cui al presente comma sono autorizzate secondo le modalit� di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni" e che "per l'anno 2007, per le specifiche esigenze degli enti di ricerca, � costituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, un apposito fondo, destinato alla stabilizzazione di ricercatori, tecnologi, tecnici e personale impiegato in attivit� di ricerca in possesso dei requisiti temporali e di selezione di cui al comma 519, nonch� all'assunzione dei vincitori di concorso con uno stanziamento pari a 20 milioni d� euro per l'anno 2007 e a 30 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2008. All'utilizzo del predetto fondo si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentite 1e amministrazioni vigilanti, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato". � corretto quanto sostenuto da una parte della giurisprudenza di merito a cui la scrivente ha aderito gi� in precedente fattispecie, che "il legislatore � intervenuto con la finalit� di sanare situazioni che s� protraggono da lungo tempo e che hanno disatteso le norme che regolano il sistema di provvista d� personale nelle pubbliche amministrazioni e creato diffuse aspettative nei dipendenti cos� assunti, anche in violazione dell'art. 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001. Infatti, come gi� diffusamente sottolineato nella Circolare n. 3 del 2006 del Ministro per la funzione pubblica, il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato corrisponde alla necessit� di fare fronte ad esigenze temporanee delle amministrazioni, mentre nelle situazioni oggetto della stabilizzazione prevista dalla legge finanziaria per l'anno 2007 di fatto si sono utilizzate tipologie di lavoro temporaneo per esigenze permanenti dell'amministrazione e non esternalizzate. Inoltre, occorre ricordare che sebbene la natura delle disposizioni di cui si tratta possa essere considerata derogatoria rispetto alle normali procedure di assunzione, in quanto finalizzata a sanare le situazioni sopra descritte, occorre necessariamente inquadrare la loro applicazione nel sistema delle norme vigenti in materia" (cfr Direttiva 30 aprile 2007, n. 7 del Dipartimento della Funzione Pubblica). La legge dunque individua pertanto due categorie di personale, ossia quello non dirigenziale in servizio a tempo determinato e quello di cui al comma 1156, lettera f), purch� sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. I lavoratori precari rientrano nella prima categoria. Per costoro � previsto testualmente che la stabilizzazione avvenga mediante l'assunzione del personale. La locuzione, lungi dall'essere. atecnica, individua le modalit� di reclutamento del personale cd precario che, in deroga alla procedura di accesso nei ruoli pubblici mediante concorso, � assunto direttamente mediante la sottoscrizione di un contratto di lavor�` a tempo indeterminato, valorizzando il requisito della triennalit� dei rapporti a tempo determinato (nell'ambito delle tre ipotesi di cui al comma 519). La possibilit� di stabilizzare anche quei rapporti RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 gi� risolti alla data della stipula del contratto a tempo indeterminato, purch� rientranti nel triennio, rafforza la convinzione che tra i due rapporti non vi � continuit�, nel senso che le norme citate sono chiare nell'evidenziare che la stabilizzazione non costituisce una mera trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, quanto una nuova assunzione in relazione alla quale l'esistenza di un contratto a tempo determinato costituisce mero presupposto. In primo luogo, la conversione del contratto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato � nel pubblico impiego preclusa dall'art. 36, comma sesto, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, per cui in assenza di una specifica normativa speciale che deroghi a tale principio non pu� certamente operarsi in questa sede tale conversione (il principio � stato ribadito di recente dalla Suprema Corte a sezioni unite nella sentenza n. 5072 del 15/3/2016). In secondo luogo, la normativa sopra citata qualifica espressamente la stabilizzazione quale assunzione e la ammette anche in relazione al personale che non sia attualmente in servizio, purch� abbia maturato il requisito citato, con la conseguenza che la stabilizzazione non pu� essere considerata una mera prosecuzione del rapporto pregresso, ma costituisce una vera e propria assunzione ex novo. Pertanto, l'assunzione conseguente alla stabilizzazione deve essere ritenuta a tutti gli effetti quale nuova assunzione presso la pubblica amministrazione, la quale ha instaurato un nuovo contratto di lavoro con il soggetto "stabilizzato", mentre non potrebbe essere condivisa, per le ragioni sopra riportate, l'affermazione secondo la quale si tratterebbe di una mera trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Poich� la stabilizzazione costituisce una nuova assunzione in base alla quale il rapporto di lavoro si costituisce ex nunc, in assenza di una specifica disposizione normativa che lo preveda espressamente, il pregresso servizio, in qualunque arco temporale esso sia stato prestato, non pu� automaticamente essere considerato ai fini dell'anzianit� di servizio. Ci� del resto � reso evidente dallo stesso meccanismo per la stabilizzazione, ove il legislatore l'ha ammessa anche in relazione a rapporti che fossero gi� cessati, ovvero in relazione a rapporti non continuativi, purch� di durata complessiva non inferiore al triennio. Poich� ogni singola assunzione a tempo determinato costituisce una nuova assunzione del lavoratore che non � in nulla collegata alle precedenti, salve espresse previsioni in tal senso, ogni singolo rapporto ha una sua distinta autonomia e questo anche nel caso in cui il lavoratore venga successivamente assunto dallo stesso ente con contratto a tempo indeterminato. Pertanto, non si ravvisano le condizioni per affermare il diritto del ricorrente alla ricostruzione della carriera professionale al fine del verosimile riconoscimento dell'anzianit� ai fini giuridici, da qualsiasi data cadente nel periodo precedente alla stabilizzazione. Ci� posto, si deve evidenziare che risponde a canoni di equit� il principio in base al quale l'anzianit� di servizio, quantomeno in proporzione alla prestazione lavorativa effettivamente resa, venga considerata ai fin� degli aumenti periodici, pur in assenza di una esplicita disposizione contrattuale o normativa in tal senso, ovvero ai fini dell'applicazione di tutti gli istituti contrattuali che hanno quale presupposto la sussistenza di una pregressa attivit� lavorativa. A tale risultato pu� pervenirsi, pur tenendo fermi gli effetti della stabilizzazione, la quale non consente di ricostruire un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato a decorrere dalla data di stipula del primo dei contratti a termine, attraverso l'analisi della normativa europea in relazione agli effetti della successione di una pluralit� di contratti a termine, come interpretata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. CONTENzIOSO NAzIONALE Risultano infatti ricorrere nel caso in esame, tutti i presupposti per l'applicazione del principio di non discriminazione tra lavoratori di cui all'art. 4 dell'Accordo Quadro attuato con Direttiva 1999/70/CE cos� che nessuna ragionevole giustificazione di una disparit� di trattamento economico pu� trarsi da tale argomento. Rispetto ad esso la modalit� di selezione del personale - mediante stabilizzazione e non mediante pubblico concorso - non incide sulla qualit� del lavoro prestato, come si vedr� attraverso le decisioni della Corte di Giustizia. La giurisprudenza della Corte di Giustizia ha chiarito la portata generale della direttiva 99/70 e del principio della parit� di trattamento e del divieto di discriminazione che vi sono affermati: "la mera circostanza che un impiegato sia qualificato come �di ruolo' in base all'ordinamento interno e presenti taluni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego di uno stato membro interessato � priva di rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l'efficacia pratica della direttiva 1999/70 e quella dell'accordo quadro nonch� la loro applicazione uniforme negli stati membri; riservando a questi ultimi la possibilit� di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti comunitari� (cos� : Corte di Giustizia 13 settembre 2007 C-307/5 Del Cerro punto 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 C-444/09 Gavieiro e C-456/09 Torres punto 43). "infatti; una disparit� di trattamento che riguardi le condizioni di impiego tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato non pu� essere giustificata mediante un criterio che, in modo generale ed astratto, si riferisca alla durata stessa dell'impiego. "ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a giustificare una siffatta disparit� di trattamento priverebbe del loro contenuto gli scopi della direttiva 70/99 e dell'accordo quadro" (corte di Giustizia 22 dicembre 2010 cit. punto 57), scopi individuati dalla stessa corte nella garanzia della parit� di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni (..) al fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato" (punti 47 e 48). Il trattamento retributivo progressivamente collegato all'anzianit� di lavoro rientra indiscutibilmente nel concetto di "condizioni di impiego" di cui parla la direttiva, trasposta nel D.Lgs. 368/2001. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia, l'unico limite che giustifica un trattamento differenziato, e cio� la sussistenza di ragioni oggettive, non pu� essere ravvisato dalla mera circostanza che un impiego sia qualificato di ruolo in base all'ordinamento interno e presenti alcuni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego (cfr.: Corte di Giustizia II Sez. 13 settembre 2007 causa 307/05 Del Cerro, punti da 26 a 29; Corte di Giustizia 22 dicembre 2010 cause riunite 444/09 e 456/09 Gavieiro e Torres). La Corte di Giustizia ha definito la nozione di ragioni oggettive, tali da giustificare una diversit� di trattamento tra assunti a termine e assunti di ruolo, nel senso che si deve trattare di "elementi precisi e concreti ( ... ) che possono risultare segnatamente dalla particolare natura delle funzioni per l'espletamento delle quali sono stati conclusi i contratti a tempo determinato" (cfr.: Corte di Giustizia sentenza Del Cerro citata, punti da 49 a 58). In altri termini, - come puntualizzato dalla citata sentenza Gavie�ro e Torres, e ribadito dall'ordinanza 9 febbraio 2012, causa C 556/11, Lorenzo Martinez cit., punti 47, 48, 49 e 50 -le ragioni oggettive che ai sensi dell'art. 4 punto 1 della direttiva clausola legittimano la differenza di trattamento non possono consistere nel fatto che questa sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale la legge o il contratto collettivo, ma riguardano "la sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui s'inscrive ed in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparit� ri RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 sponda ad una reale necessit�, sia idonea a conseguire l'obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria". La "reale necessit�" di un trattamento differente tra lavoratori, cos� come descritta dalla Corte europea, non pu� certo identificarsi con l'essere un dipendente a tempo determinato, di ruolo o meno e assunto o meno con concorso, n� tali peculiarit� del rapporto di impiego hanno alcuna correlazione logica con il negare la progressione retributiva in funzione dell'anzianit� maturata (cfr. in questi termini: Corte di Giustizia 22 dicembre 2010, cit. punto 43): in tale ottica antidiscriminatoria, non pu� condividersi l'argomentazione della difesa dell'Ente ostativa alla valutazione dell'anzianit� di servizio a fini economici. La posizione del dipendente a tempo indeterminato e quella di chi ha lavorato - come il ricorrente - con continuit� nella medesima mansione in forza di una pluralit� di rapporti a termine sono pertanto pienamente equiparabili, non potendo essere preclusiva la circostanza che si tratta di un impiegato non di ruolo, non assunto per pubblico concorso e non soggetto a stabilizzazione dopo un periodo di prova, come evidenziato dalle decisioni del giudice comunitario sopra riportate. Tale orientamento � stato di recente confermato con ordinanza della Corte GCE (Ottava Sezione) del 4 settembre 2014 nella causa C-152/14. Pertanto, il ricorso pu� essere accolto limitatamente al riconoscimento delle differenze economiche conseguenti alla progressione economica nella fascia di appartenenza (ex B poi F) a decorrere dal 14/1/2000. Le rivendicazioni soggiacciono al termine prescrizionale quinquennale decorrente in costanza sia del rapporto a termine che a tempo indeterminato e, in considerazione dell'atto interruttivo del 24/2/2012 e del successivo del 20/2/2017, pu� essere disposta la condanna del Ministero al pagamento in favore del ricorrente delle differenze maturate a decorrere dal 24/2/2007. Sulla sorta maturano i soli interessi legali dalla maturazione al saldo, ex art. 22, 36� comma legge 724/94 (come modificata dalla pronuncia di incostituzionalit� n. 459/00). Il ricorso va quindi accolto nei termini anzidetti, assorbite tutte le ulteriori argomentazioni delle parti in quanto non rilevanti e/o non conferenti. Le spese, stante l'esito del giudizio, si compensano per la met� e per la restante parte seguono la soccombenza liquidandosi come da dispositivo. P.Q.M. in parziale accoglimento del ricorso dichiara il diritto di AC. al riconoscimento dell'anzianit� del servizio prestato alle dipendenze del Ministero prima della stabilizzazione a decorrere dal 14/1/2000, a soli fini economici e per l'effetto, condanna il Ministero al pagamento delle relative differenze retributive maturate dal 24/2/2007 all'attualit�, maggiorate con gli interessi legali dalle scadenza al saldo, da quantificarsi in separata sede; rigetta per il resto il ricorso; liquida le spese in complessivi � 4.955,35 comprensivi di spese generali, di cui compensa la met� e condanna il convenuto al pagamento della restante met� delle stesse oltre IVA e CPA con attribuzione. Napoli, 13/10/2017 CONTENzIOSO NAzIONALE le proposte di vincolo paesaggistico, adottate nel vigore del d.lgs. 490/1999, dopo la sentenza n. 13/2017 dell�adunanza Plenaria del Consiglio di stato nota a consiGlio di stato, adUnanza Plenaria, sentenza 22 dicembre 2017 n. 13 Piero Vitullo, Francesca Muccio (*) sommario: 1. Premessa - 2. la sentenza di primo grado impugnata - 3. la sentenza n. 13/2017 dell�adunanza Plenaria e la ricostruzione dogmatica della questione in essa esposta -4. la modulazione nel tempo degli effetti della pronuncia di annullamento - 5. la funzione monofilattica della decisione dell�a.P. - 6. conclusioni. 1. Premessa. La questione trae origine da un ricorso giurisdizionale con cui sono state impugnate due proposte di vincolo paesaggistico della Soprintendenza BACT per il Molise, da parte di una societ� interessata alla realizzazione nel Comune di Miranda (IS) di un impianto alimentato da fonte eolica, di potenza inferiore a 32,2 MW, e che pertanto aveva richiesto l�autorizzazione unica ai sensi del- l�art. 12 d.lgs. 387/2003, poi negatale dall�Autorit� procedente (Regione Molise, Servizio per le Politiche Energetiche), a seguito del negativo parere della Soprintendenza medesima. Motivo principale dell�impugnazione, la mancata emissione della dichiarazione di pubblico interesse nel termine di 180 giorni dall�adozione delle proposte di vincolo, termine stabilito dal d.lgs. 42/2004 (o Codice dei beni ambientali e del paesaggio), come modificato dal d.lgs. 157/2006 e dal d.lgs. 63/2008, sul cui fondamento era stato rilasciato il parere negativo ex art. 146 d.lgs. 42/2004 della Soprintendenza territorialmente competente. Aspetto essenziale della questione � l�anteriorit�, rispetto all�attuale Codice del Paesaggio, di ambedue le predette proposte, adottate nella vigenza del d.lgs. 490/1999 alla cui stregua (cfr. art. 140 commi 5 e 6; art. 151, commi 1 e 2) la competente Commissione istituita in ciascuna provincia poteva individuare complessi di cose immobili aventi valore estetico e tradizionale, nonch� bellezze panoramiche, mediante inserimento in appositi elenchi di localit�, valevole come atto preparatorio della dichiarazione di notevole interesse pubblico. Pertanto la Soprintendenza, rettificando un�iniziale attestazione richiesta dalla Societ� istante, in esito a pi� approfondita ricerca d�archivio, con le ri (*) Piero Vitullo, Avvocato dello Stato. Francesca Muccio, Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura di strettuale dello Stato di Campobasso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 cordate note oggetto di impugnazione ha rilevato la sussistenza in loco dei vincoli provvisori scaturenti dalla proposta di inserimento in tali elenchi della localit� coinvolta dal divisato intervento, dichiarando la vigenza delle norme di salvaguardia e degli obblighi di cui al d.lgs. 42/2004 nell�area interessata, nelle more della definizione ed emanazione del decreto e della disciplina d�uso da parte della Direzione regionale BACT. In proposito il T.A.R. Molise, adito dalla predetta Societ� per l�annullamento delle proposte di vincolo e dei pareri negativi espressi sulla scorta delle medesime, aderendo alla teoria della �continuit�� (v. infra) ha affermato la validit� ed efficacia attuali di tali proposte, bench� non ancora seguite da dichiarazione di pubblico interesse, cristallizzando per esse il precedente regime e richiamando a supporto la tradizionale impostazione della giurisprudenza penale (1). Non ha, comunque, mancato di sottolineare, il giudice di primo grado, la �non chiara formulazione delle disposizioni di cui agli artt. 140, 141 e 157 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42� ed il �mancato coordinamento tecnico tra il testo originario del d.lgs. n. 42 e le frammentarie modificazioni nel tempo sopravvenute�. Investita della impugnativa della sentenza del T.A.R. Molise, la IV sezione del Consiglio di Stato, ravvisando contrasto giurisprudenziale in materia, ha rimesso la questione all�Adunanza Plenaria (2). Quest�ultima, con la sentenza n. 13/2017, depositata il 22 dicembre 2017, ha affrontato la tematica abbracciando una �terza via�, mediana rispetto alle due diverse posizioni, della �continuit�� e della �discontinuit��, che in sede processuale si sono confrontate e che qui di seguito si esporranno. Trattasi di tematica - � intuibile - scaturente dalla contrapposizione di rilevanti interessi, tesi per un verso alla salvaguardia dei luoghi con significativa importanza paesaggistico-culturale da usi incompatibili, per altro verso all�incentivazione della produzione imprenditoriale di energia da fonti rinnovabili. 2. la sentenza di primo grado impugnata. Sancendo la permanenza dei vincoli proposti nel 2001 e nel 2002, il T.A.R. Molise con la sentenza di primo grado n. 92/2016 ha recepito le ragioni dell�Amministrazione statale, deponenti per la permanenza degli effetti di salvaguardia del vincolo in fieri, dichiarandoli validi ed efficaci. In particolare il T.A.R. Molise, con la succitata sentenza, ha affermato che l�art. 157, comma 2, d.lgs. 42/2004 non ha previsto termini di decadenza o di silenzio significativo per i beni oggetto di proposte di vincolo antecedenti all�entrata in vigore del Codice, cristallizzando in tal modo per essi il precedente (1) Cfr. Corte di Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 2012, n. 6617 e Corte di Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 2010, n. 16476. (2) Cons. St., sez. IV, ord., 12 giugno 2017, n. 2838. CONTENzIOSO NAzIONALE regime, reputando corretto ritenere, �come affermato dalle (�) condivisibili sentenze della Corte di Cassazione [Corte di Cassazione penale, sez. III, 17 febbraio 2012, n. 6617, e sez. III, 17 febbraio 2010, n. 16476], che a tali beni non siano estensibili le innovazioni introdotte con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157, e dal d.lgs. n. 26 marzo 2008, n. 63� e che le forme di decadenza introdotte da queste fonti normative successivamente sopravvenute non siano pertanto applicabili alle proposte di vincolo formulate antecedentemente alla data di entrata in vigore del codice approvato con d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. Tali considerazioni appaiono, peraltro, avvalorate da due ulteriori argomentazioni. Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 si riferisce ai beni previsti dall�art. 157 come a un�autonoma categoria di beni soggetti a tutela dal carattere non temporaneo ma duraturo, sia all�art. 146, in cui prescrive che �i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell�articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articolo 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, n� introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione�, sia all�art. 143, comma 4, lett. a), laddove prevede forme semplificate di rilascio dell�autorizzazione paesaggistica nelle aree vincolate ex lege disciplinate nel piano paesistico e non interessate da specifici procedimenti o provvedimenti ai sensi degli articoli 136, 138, 139, 140, 141 e 157. Per il T.A.R. Molise �alle medesime conclusioni conduce anche una lettura costituzionalmente orientata della norma, atteso che le finalit� di tutela del paesaggio, garantite dall�art. 9 della Costituzione, che integrano un interesse pubblico preminente rispetto ad altri interessi confliggenti, risulterebbero irrimediabilmente compromesse da un esito interpretativo che facesse derivare implicitamente una indiscriminata e generalizzata decadenza di tutte le proposte di vincolo non ancora approvate presenti sull�intero territorio nazionale indipendentemente dalla data della loro formulazione entro i brevissini termini di decadenza previsti dall�art. 141 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nel testo modificato dal d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157, e dal d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63, senza neppure la predisposizione di misure organizzative idonee a consentire alle Soprintendenze un�effettiva verifica da svolgersi caso per caso del permanere delle esigenze di tutela e della loro effettiva consistenza (per completezza va soggiunto che un tale problema non si pone negli stessi termini per le proposte di vincolo formulate successivamente, perch� le Amministrazioni, edotte degli effetti della propria eventuale inerzia, sono state poste dal legislatore nelle condizioni di programmare la propria attivit� in base alle risorse disponibili)�. Tanto pi� che, per il medesimo giudice, �non sono in discussione vincoli di inedificabilit� assoluta, bens� relativi, che comportano solo la necessit� di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 ottenere un�apposita autorizzazione della Soprintendenza circa la compatibilit� degli interventi con i valori paesaggistici oggetto di protezione, e che, come � noto, i beni immobili vengono assoggettati a vincoli paesistici per il loro intrinseco valore, in ragione della loro localizzazione o della loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualit� indicate dalla legge e quindi, in altri termini, per valori che rappresentano le caratteristiche intrinseche del bene�. Il T.A.R. Molise richiama, sul punto, la sentenza n. 262/1997, emessa dalla Corte Costituzionale, che ha respinto le questioni di incostituzionalit� sollevate con riguardo alla mancata previsione di una decadenza o indennizzabilit� delle proposte di vincolo successivamente non approvate, sul presupposto che �sul piano costituzionale non si profila neppure una esigenza di inefficacia dei vincoli paesistici oltre un certo tempo, quando non sia intervenuto un primo atto collegato alla previsione di un indennizzo ovvero strettamente preordinato all�espropriazione e neppure si pone un problema di durata della misura cautelativa o anticipatoria, n� un profilo di indennizzabilit� anch�esso collegato alla durata, in quanto il legislatore ha attribuito un effetto immediatamente vincolante per i soggetti contemplati dall�art. 7 della legge 1497 del 1939 fin dal momento della ricognizione delle �qualit� connaturali secondo il regime proprio del bene�, cio� dalla compilazione e pubblicazione dell�elenco con valore costitutivo del regime giuridico dell�immobile da parte delle commissioni al termine del primo subprocedimento�. Infine, per il T.A.R. Molise, da respingere sarebbe anche il timore di un vuoto di tutela, prevedendo l�ordinamento specifici rimedi nei confronti del- l�eventuale inerzia dell�Amministrazione. 3. la sentenza n. 13/2017 dell�adunanza Plenaria e la ricostruzione dogmatica della questione in essa esposta. L�Adunanza Plenaria, nella succitata sentenza pubblicata il 22 dicembre 2017, ha riconosciuto la permanenza, ma non l�efficacia, delle proposte di vincolo in questione sancendone, mediante l�uso di poteri conformativi e in particolare la modulazione degli effetti caducatori della decisione, la validit� transitoria e l�opportunit� di consolidazione qualora confermate entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della pronuncia medesima, scadenti dunque il 22 giugno 2018. Si � cos� discostato, il Supremo Consesso, tanto dal minoritario orientamento (anche detto della �discontinuit��), che vorrebbe decaduti i vincoli proposti prima dell�entrata in vigore del Codice (cos� come modificato dai decreti legislativi n. 157/2006 e n. 63/2008), quanto dal maggioritario orientamento (o della �continuit��), che privilegia, invece, la conservazione dell�efficacia dei vincoli predetti, nonostante l�intervenuto Codice e le successive modificazioni. CONTENzIOSO NAzIONALE Il maggioritario orientamento sembra far leva sul principio di irretroattivit� della disciplina sopravvenuta (irrogativa della decadenza per inutile scadenza del termine a presidio della stabilizzazione del vincolo equivalente a dichiarazione di pubblico interesse), oltre che sulla rilevanza costituzionale del bene paesaggio ex art 9 Cost.; il minoritario orientamento postulerebbe la cessazione degli effetti delle proposte di vincolo sulla base del necessario contemperamento dei principi di buon andamento della P.A., di tutela del diritto di propriet� e dell�interesse paesaggistico, nonch� sulla base del dato normativo interpretato in senso logico-sistematico. L�una e l�altra tesi sono, in effetti, sconfessate dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, adducendo difformi e anche innovative argomentazioni, propugna una �terza via�, culminante in una pronuncia di annullamento eccezionalmente ex nunc (operante con la scadenza del termine calcolato dalla data di pubblicazione della sentenza), che vale a qualificare l�intero impianto ricostruttivo, incentrato proprio sull�esplicazione della nuova regola applicativa, solo per il futuro e per i casi di specie sorti successivamente alla sua adozione. Inoltre, l�A.P. ritiene di dissentire dall�impostazione del precedente dibattito sui vincoli, secondo cui: a) se la proposta perde efficacia, il vincolo preliminare decade; b) se la proposta non perde efficacia, il vincolo preliminare non decade. Reputando che la premessa del ragionamento non sia corretta, l�Adunanza Plenaria afferma che l�effetto preliminare � disposto dalla legge e, pi� precisamente, dal combinato disposto dell�art. 139, comma 2, e dell�art. 146, comma 1, d.lgs. 42/2004. Recita l�art. 139, comma 2, d.lgs. 42/2004: �dell'avvenuta proposta e relativa pubblicazione � data senza indugio notizia su almeno due quotidiani diffusi nella regione interessata, nonch� su un quotidiano a diffusione nazionale e sui siti informatici della regione e degli altri enti pubblici territoriali nel cui ambito ricadono gli immobili o le aree da assoggettare a tutela. Dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui all'articolo 146, comma 1. Alle medesime forme di pubblicit� � sottoposta la determinazione negativa della commissione�. L�art. 146, comma 1, d.lgs. 421/2004 stabilisce, invece, che: �I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, n� introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione�. In altri termini, per il pi� elevato Consesso Amministrativo, a decadere non sarebbe la proposta in s�, quanto l�effetto preliminare (di �salvaguardia�) dalla stessa scaturente ex lege. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Rinviando l�art. 157, comma 2, d.lgs. 42/2004, tanto all�art. 141, comma 5, quanto all�art. 146, comma 2, �per evitare l�assurdo logico che esso implichi allo stesso tempo che l�effetto preliminare delle proposte anteriori al Codice cessi (141, comma 5) e persista (146, comma 1), l�unica soluzione possibile � interpretarlo nel senso che esso intenda da un lato conservare l�efficacia delle proposte anteriori al Codice, dall�altro assoggettarne l�effetto preliminare al vincolo della disciplina vigente�. E ci� perch� �il (rispetto del) principio di non contraddizione � un vincolo per l�interprete (e di cui, la stessa giurisprudenza costituzionale rappresenta il baluardo)�. Se ne desume, dunque, la scissione e l�autonoma considerazione della proposta (e della sua validit�) da un lato, della sua efficacia nel tempo dall�altro. Quelle sopra richiamate sarebbero, peraltro, norme incidenti non gi� sulle proposte di vincolo, bens� sul potere ministeriale di provvedere sulle medesime proposte, facendo seguire la cessazione degli effetti di salvaguardia alla mancata emissione della dichiarazione di pubblico interesse entro il termine di 180 giorni dalla formulata proposta. Ci�, al fine di non premiare l�inerzia dell�Amministrazione e sollecitarla a un tempestivo intervento. Non le proposte risulterebbero, pertanto, incise dalle discipline introdotte dal d.lgs. 157/2006 e 63/2008, bens� solo l�esercizio del potere e le sue conseguenze, nel caso in cui l�inerzia si protragga oltre i predetti 180 giorni. �� quindi la diversa conformazione del potere di provvedere a venire in discussione - chiarisce l�A.P. - e non, per cos� dire, la natura della proposta, se non altro sotto il profilo temporale: se cio� antecedente o susseguente alla nuova disciplina. Non vi sono, in altri termini, proposte dotate di un�efficacia vincolante sine die, e proposte (successive alla novella) a regime di salvaguardia temporalmente limitato; vi � semplicemente un potere dell�amministrazione che, dopo la novella, � diversamente conformato in relazione al suo esercizio nel tempo, con conseguenze in ordine agli effetti di salvaguardia�. Quanto al rischio di cessazione ex abrupto di un numero indefinito di proposte finora applicabili nel territorio nazionale, che lascerebbe sguarnita di tutela paesaggistica una serie di aree pregevoli a livello naturalistico o culturale, esso viene eluso dall�Adunanza Plenaria, sul presupposto, al riguardo, che: a) cessa l�effetto preliminare di vincolo, non l�efficacia della proposta; b) la decadenza dell�effetto preliminare non � immediata, ma decorso il termine di 180 giorni. Tale ultimo termine decorre, come detto, dalla pubblicazione della pronuncia, reputando l�Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato di poter modulare la portata temporale della sua sentenza, facendone decorrere gli effetti pro futuro. CONTENzIOSO NAzIONALE Su tale aspetto si innesta il profilo interpretativo pi� significativo della sentenza in disamina (si veda subito infra). 4. la modulazione nel tempo degli effetti della pronuncia di annullamento. L�innovativa conclusione cui perviene l�Adunanza Plenaria trova un immediato addentellato -in termini trasponibili anche nell�ordinamento interno nella giurisprudenza comunitaria, che ha gi� da tempo affermato che �il principio di efficacia ex tunc dell�annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte pu� dichiarare che l�annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l�atto medesimo conservi i propri effetti sino a che l�istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l�atto impugnato (Corte di giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97)�. Tale potere, prima dell�entrata in vigore del Trattato di Lisbona, era previsto in caso di dichiarata invalidit� di un regolamento comunitario, ma era esercitabile anche nel caso di impugnativa delle decisioni. Ci� induce alla conseguenza secondo la quale la Corte di Giustizia pu� stabilire �la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dell�atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che pu� tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante�. Tale giurisprudenza trova fondamento nell�art. 264 del Trattato sul Funzionamento dell�Unione Europea, il quale stabilisce che sia la Corte di Giustizia a delimitare gli effetti dell�atto impugnato da considerarsi definitivi, principio europeo che fa ingresso, insieme ai principi di rango costituzionale, nel nostro ordinamento in virt� dell�art. 1 del c.p.a. (�La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo�). La regola dell�annullamento ex tunc di un atto troverebbe, pertanto, deroga nella limitazione dell�efficacia retroattiva dell�atto ovvero nell�annullamento ex nunc del medesimo. La graduazione delle decisioni di annullamento ha, inoltre, fondamento, specifica ancora la Plenaria, negli artt. 21-nonies L. 21/1990 e 34, comma 1, lett. a), c.p.a, oltre che in materia di appalti pubblici, negli artt. 121 e 122 del c.p.a. (3). Anche la Corte Costituzionale, con sent. n. 10/2015, ha modulato l�efficacia della pronunciata illegittimit� della c.d. �Robin Tax� (4), stabilendone la decor (3) Trattasi di chiari esempi di modulazione degli effetti della pronuncia di annullamento del Giudice amministrativo: l�annullamento dell�atto amministrativo in via di autotutela, l�annullamento di un atto (in tutto o in parte), la declaratoria di inefficacia di un contratto pubblico a seguito dell�annullamento dell�aggiudicazione definitiva. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 renza dal giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, al fine di evitare che �l�impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla pronuncia determini uno squilibrio del bilancio dello Stato di entit� tale da implicare la necessit� di una manovra finanziaria aggiuntiva�. Il Giudice delle Leggi ha, altres�, affermato che l�illegittimit� di un atto pu� essere suscettibile di modulazione temporale, qualora sussistano le seguenti due condizioni: �l�impellente necessit� di tutelare uno o pi� principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco�. Facendo leva sul carattere interpretativo delle proprie pronunce l�Adunanza Plenaria ha ravvisato l�assimilabilit� delle medesime alle decisioni pregiudiziali emesse dalla Corte di Giustizia, le quali sono peraltro vincolanti non solo per il giudice che ha sollevato la questione, ma anche per qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime norme. Come le sentenze di annullamento e quelle di incostituzionalit�, anche le sentenze interpretative hanno efficacia retroattiva, salvo che tale retroattivit� meriti deroga, volendosi garantire il principio di certezza del diritto. I giudici del Supremo Consesso Amministrativo al riguardo hanno anche precisato che l�art. 113, comma 3, Cost. (�La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalle legge stessa�) non trova applicazione qualora vi sia �un principio di diritto UE direttamente applicabile che permetta ai giudici amministrativi di pronunciarsi sulla legittimit� degli atti della Pubblica Amministrazione, modulando gli effetti della propria sentenza, e ci� vale in particolare quando il giudizio di annullamento presenti uno spiccato carattere interpretativo�. Seconda conseguenza � l�applicabilit� del �prospective overruling�, che si estrinseca nella �possibilit� data al giudicante di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo per� il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata�. Il suesposto impianto interpretativo non � frutto di un�autonoma elaborazione dell�A.P., in quanto desunto da un emblematico caso precedente, espressamente richiamato quale leading case -e anche parzialmente riprodotto, in termini sopra gi� riportati - del medesimo Consiglio di Stato (5), forgiato su una fattispecie similare, in materia di tutela ambientale. (4) Ossia la maggiorazione dell�IRES applicabile alle imprese operanti nel settore energetico e petrolifero, cos� come delineata dall�art. 81, commi 16, 17 e 18 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, con l. 6 agosto 2008, n. 133. (5) Sez. VI, sentenza n. 2755/2011. CONTENzIOSO NAzIONALE Caso, definito con un approccio identico e un�identica soluzione, di provvisoria permanenza degli effetti di un atto astrattamente suscettibile di qualificazione di invalidit� e di differimento nel futuro degli effetti della dichiarazione di quest�ultima (6). (6) Militano, a supporto argomentativo della soluzione intermedia propugnata dall�A.P., i pertinenti passaggi motivazionali della sentenza n. 2755/2011: �Di regola, in base ai principi fondanti la giustizia amministrativa, l'accoglimento della azione di annullamento comporta l'annullamento con effetti ex tunc del provvedimento risultato illegittimo, con salvezza degli ulteriori provvedimenti della autorit� amministrativa, che pu� anche retroattivamente disporre con un atto avente effetti �ora per allora'. Tale regola fondamentale � stata affermata ab antiquo et antiquissimo tempore da questo Consiglio (come ineluttabile corollario del principio di effettivit� della tutela), poich� la misura tipica dello Stato di diritto -come affermatosi con la legge fondamentale del 1889, istitutiva della Quarta Sezione del Consiglio di Stato - non pu� che essere quella della eliminazione integrale degli effetti dell'atto lesivo per il ricorrente, risultato difforme dal principio di legalit�. 15.2. Tuttavia, quando la sua applicazione risulterebbe incongrua e manifestamente ingiusta, ovvero in contrasto col principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, ad avviso del Collegio la regola dell'annullamento con effetti ex tunc dell'atto impugnato a seconda delle circostanze deve trovare una deroga, o con la limitazione parziale della retroattivit� degli effetti (Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488), o con la loro decorrenza ex nunc ovvero escludendo del tutto gli effetti dell'annullamento e disponendo esclusivamente gli effetti conformativi. La legislazione ordinaria non preclude al giudice amministrativo l'esercizio del potere di determinare gli effetti delle proprie sentenze di accoglimento. Da un lato, la normativa sostanziale e quella processuale non dispongono l'inevitabilit� della retroattivit� degli effetti dell'annullamento di un atto in sede amministrativa o giurisdizionale (cfr. l'art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e l'art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). D'altro lato, dagli articoli 121 e 122 del Codice emerge che la rilevata fondatezza di un ricorso d'annullamento pu� comportare l'esercizio di un potere valutativo del giudice, sulla determinazione dei concreti effetti della propria pronuncia. Tale potere valutativo, attribuito per determinare la perduranza o meno degli effetti di un contratto, per le ragioni di seguito esposte, va riconosciuto al giudice amministrativo in termini generali, quando si tratti di determinare la perduranza o meno degli effetti di un provvedimento. 16. Il giudice amministrativo, nel determinare gli effetti delle proprie statuizioni, deve ispirarsi al criterio per cui esse, anche le pi� innovative, devono produrre conseguenze coerenti con il sistema (e cio� armoniche con i principi generali dell'ordinamento, e in particolare con quello di effettivit� della tutela) e congruenti (in quanto basate sui medesimi principi generali, da cui possa desumersi in via interpretativa la regula iuris in concreto enunciata). 17. Nel caso di specie (e con riferimento al criterio della coerenza col sistema e col principio di effettivit� della tutela da attuare nei confronti dell'appellante, vincitrice nel giudizio), si deve tenere conto di due decisive considerazioni: a) il ricorso di primo grado � stato proposto da una associazione ambientalista, non a tutela della sua specifica sfera giuridica, bens� nella qualit� di soggetto legittimato ex lege ad impugnare i provvedimenti di portata generale che in qualsiasi modo abbiano una negativa incidenza sull'ambiente e sulle sue singole componenti, ovvero non lo abbiano adeguatamente tutelato (v. l'art. 18 della legge n. 349 del 1986); b) il medesimo ricorso di primo grado non ha mirato a far rimuovere in quanto tali gli atti generali impugnati, bens� a farne rilevare l'illegittimit� per l'inadeguatezza della tutela prevista dal piano faunistico approvato dalla Regione Puglia, inadeguatezza da considerare in re ipsa per il fatto che non sia stato posto in essere il prescritto procedimento di valutazione ambientale strategica (cos� mancando le pi� compiute valutazioni di merito), la cui conclusione avrebbe potuto ragionevolmente indurre l'Autorit� regionale ad emanare prescrizioni pi� restrittive, limitative dei comportamenti potenzialmente incidenti sull'ambiente e su alcune delle sue componenti. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Ove il Collegio annullasse ex tunc ovvero anche ex nunc il piano in ragione della mancata attivazione della VAS, sarebbero travolte tutte le prescrizioni del piano, e ci� sia in contrasto con la pretesa azionata col ricorso di primo grado, sia con la gravissima e paradossale conseguenza di privare il territorio pugliese di qualsiasi regolamentazione e di tutte le prescrizioni di tutela sostanziali contenute nel piano gi� approvato (retrospettivamente o a decorrere dalla pubblicazione della presente sentenza, nei casi rispettivamente di annullamento ex tunc o ex nunc). In altri termini, l'annullamento ex tunc e anche quello ex nunc degli atti impugnati risulterebbero in palese contrasto sia con l'interesse posto a base dell'impugnazione, sia con le esigenze di tutela prese in considerazione dalla normativa di settore, e si ritorcerebbe a carico degli interessi pubblici di cui � portatrice ex lege l'associazione appellante. 18. Ritiene la Sezione che tali conclusioni paradossali possano essere agevolmente evitate, facendo applicazione dei principi nazionali sulla effettivit� della tutela giurisdizionale, nonch� dei pacifici principi enunciati dalla Corte di Giustizia, e applicabili anche nel sistema nazionale, nei casi di constatata invalidit� di un atto di portata generale. 18.1. Quanto al principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, desumibile dagli articoli 6 e 13 della CEDU, dagli artt. 24, 111 e 113 della Costituzione e dal Codice del processo amministrativo, si deve ritenere che la funzione primaria ed essenziale del giudizio � quella di attribuire alla parte che risulti vittoriosa l'utilit� che le compete in base all'ordinamento sostanziale. La fondatezza delle censure della associazione appellante -legittimata ad impugnare gli atti generali comunque viziati e lesivi per l'ambiente - non pu� indurre il giudice amministrativo ad emettere statuizioni che vanifichino l'effettivit� della tutela o, addirittura, che si pongano in palese contrasto con le finalit� poste a base della iniziativa processuale. In applicazione del principio sancito dall'art. 1 del Codice del processo amministrativo (sulla "tutela piena ed effettiva'), il giudice pu� emettere le statuizioni che risultino in concreto satisfattive dell'interesse fatto valere e deve interpretare coerentemente ogni disposizione processuale. 18.2. Quanto alla rilevanza nel sistema nazionale dei principi europei (anch'essi richiamati dall'art. 1 del Codice), va premesso che - per l'articolo 264 del Trattato sul funzionamento della Unione Europea -la Corte di Giustizia, ove lo reputi necessario, pu� precisare "gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi'. La giurisprudenza comunitaria ha da tempo affermato che il principio dell'efficacia ex tunc dell'annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte pu� dichiarare che l'annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l'atto medesimo conservi i propri effetti sino a che l'istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l'atto impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; Corte di Giustizia, 25 febbraio 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). Tale potere valutativo prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona era previsto espressamente nel caso di riscontrata invalidit� di un regolamento comunitario (v. l'art. 231 del Trattato istitutivo della Comunit� Europea), ma era esercitabile - ad avviso della Corte - anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c. Commissione, in C-106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c. Consiglio, in C-21-94). La Corte di Giustizia � dunque titolare anche del potere di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dell'atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che pu� tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07). Tale giurisprudenza, come sopra segnalato, ha ormai trovato un fondamento testuale nel secondo comma dell'art. 264 (ex 231) del Trattato di Lisbona sul funzionamento della Unione Europea, che non contiene pi� il riferimento delimitativo alla categoria dei regolamenti ("Se il ricorso � fondato, la Corte di giustizia dell'Unione europea dichiara nullo e non avvenuto l'atto impugnato. Tuttavia la Corte, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi"). 18.3. Ci� posto, ritiene la Sezione che - nel rispetto del principio di congruenza, per il quale la propria statuizione deve fondarsi quanto meno su regole disciplinanti un caso analogo - anche il giudice amministrativo nazionale possa differire gli effetti di annullamento degli atti impugnati, risultati illegittimi, CONTENzIOSO NAzIONALE 5. la funzione nomofilattica della decisione dell�a.P. A questo punto, non pu� eludersi un cenno alla portata vincolante della pronuncia in disamina e al riguardo deve ravvisarsi la sostanziale identit� delle modalit� di estrinsecazione dell�esercizio della funzione nomofilattica e unificatrice dell�A.P., se rapportata all�archetipo rappresentato da quella della Corte di Cassazione e desumibile in prima battuta dall�art. 65 R.D. 12/1941 (ordinamento giudiziario) (7), che va coordinato con la somma regola ex art. 101 Cost., in vista dell�uniforme osservanza della legge. Tale funzione/missione si connota in ragione del fatto che, in linea di principio, le disposizioni in vigore non consentono alla Corte di Cassazione, in quanto giudice di legittimit�, di conoscere i fatti di causa, salvo che emergano dagli atti gi� acquisiti nel procedimento, nelle fasi che procedono il processo e nella misura in cui sia necessario conoscerli per valutare i rimedi che la legge permette di utilizzare per motivare un ricorso presso la Corte stessa. Rilevato un vizio di legittimit�, la Suprema Corte -proprio perch� giudice del diritto dopo lo svolgimento di due giudizi sul fatto -nel cassare la sentenza, emette il principio di diritto cui il giudice del rinvio deve uniformarsi. ovvero non disporli affatto, statuendo solo gli effetti conformativi, volti a far sostituire il provvedimento risultato illegittimo. Da un lato il sopra richiamato principio di effettivit� della tutela impone di emettere una sentenza che sia del tutto coerente con le istanze di tutela e di giustizia. Dall'altro, non pu� disconoscersi che - in una materia quale quella ambientale, per la quale vi � la competenza concorrente dell'Unione e degli Stati -gli standard della tutela giurisdizionale non possano essere diversi, a seconda che gli atti regolatori siano emessi in sede comunitaria o nazionale (e, dunque, che la controversia vada decisa o meno dal giudice dell'Unione). Il giudice nazionale ove occorra pu� applicare le collaudate regole applicate dal giudice dell'Unione, spesso basate sul semplice buon senso, cos� come lo stesso giudice dell'Unione, nell'esercizio delle sue altissime funzioni, assicura "il rispetto dei principi generali comuni ai diritti degli Stati membri" (per l'art. 340 del medesimo Trattato sul funzionamento dell'Unione). 18.4. Tenuto conto di questo continuo processo di osmosi tra i principi applicabili dal giudice dell'Unione e quelli desumibili dagli ordinamenti degli Stati membri, nella fattispecie in esame la Sezione ritiene dunque che sia necessario: -non statuire gli effetti di annullamento degli atti impugnati in primo grado e di disporre unicamente gli effetti conformativi delle statuizioni della presente sentenza; -disporre che i medesimi atti conservino i propri effetti sino a che la Regione Puglia li modifichi o li sostituisca. Sarebbe infatti contrario al buon senso, oltre che in contrasto con l'interesse fatto valere in giudizio, disporre l'annullamento ex tunc o ex nunc delle misure di tutela gi� introdotte, sol perch� esse siano risultate insufficienti (non essendovi, n� essendo stata prospettata, una normativa suppletiva di salvaguardia). Per di pi�, nel caso di specie, lo strumento generale programmatorio e di regolamentazione � risultato privo di specifici vizi sostanziali (pur se - per il procedimento seguito - � ragionevole supporre che la mancanza della VAS abbia inciso sul suo contenuto, per l'assenza di valutazioni degli ulteriori profili di tutela prescritti dalla normativa di settore)�. (7) �La corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unit� del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Tale principio, pur non propriamente vincolante per i giudici chiamati a decidere cause diverse, si impone quantomeno quale autorevole precedente, che concorre alla certezza del diritto a fini di sua uniforme applicazione, generando un vincolo almeno di tipo processuale, che obbliga alla non emissione di sentenze dal contenuto difforme. Sul punto non si ravvisano sostanziali difformit�, almeno quanto alla funzione �interna� della S.C., rispetto alla natura e all�operato dell�altro ordine giurisdizionale, anche se in qualit� di giudice di secondo grado in appello, vale a dire il Consiglio di Stato (che in veste di Adunanza plenaria �recupera� una dimensione pi� netta di �giudice di legittimit��). Difformit�, non ravvisabili nemmeno nella disciplina esplicita delle condizioni di revisione e riesame del principio di diritto non condiviso, essendo stata codificata la (minima) possibilit�, e solo per la sezione semplice del Consiglio di Stato (quindi non per i giudici amministrativi di prima istanza), di discostarsi da un pronunciamento emesso dall�Adunanza Plenaria, in perfetta corrispondenza con l�attuale formulazione dell�art. 374, comma 3, c.p.c. (8). Limitata �, peraltro, l�opportunit� di interlocuzione (art. 99, terzo comma, c.p.a.) riservata alla Sezione semplice di rimettere in discussione la questione, reinvestendo nuovamente l�A.P. con ordinanza motivata, affinch� la causa sia trattenuta in decisione dal Superiore Consesso. Recita, difatti, l�art. 99 c.p.a.: �La sezione cui � assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d�ufficio pu� rimettere il ricorso all�esame dell�Adunanza Plenaria. L�Adunanza Plenaria, qualora ne ravvisi l�opportunit�, pu� restituire gli atti alla sezione (�). Se la sezione cui � assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall�Adunanza Plenaria, rimette a quest�ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso�. Si tratta di una soluzione che orienta tale funzione verso la produzione di indirizzi unificanti, imperniati sul modello del precedente vincolante proprio dei sistemi di diritto anglosassone, qualificando il precipuo compito assegnato all�Adunanza Plenaria dal Legislatore - con funzione nomofilattica a questo (8) Articolo 374 �Pronuncia a sezioni unite�: "[I]. La Corte pronuncia a sezioni unite nei casi previsti nel n. 1) dell'articolo 360 e nell'articolo 362 [142 att.]. Tuttavia, tranne che nei casi di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, il ricorso pu� essere assegnato alle sezioni semplici, se sulla questione di giurisdizione proposta si sono gi� pronunciate le sezioni unite. [II]. Inoltre il primo presidente pu� disporre che la Corte pronunci a sezioni unite sui ricorsi che presentano una questione di diritto gi� decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza [376]. [III]. Se la sezione semplice ritiene di non condividere il principio di diritto enunciato dalle sezioni unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. [IV]. In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice�. CONTENzIOSO NAzIONALE punto non diversa da quella propria della Corte di Cassazione a Sezioni Unite -come quello di dirimere contrasti giurisprudenziali, reali o potenziali, su un profilo di diritto di rilievo generale (con operazione motivazionale separabile da quella attinente alla strutturazione logico-ricostruttiva della risoluzione del caso concreto), attraverso l�emanazione di pronunciamenti che non possono non essere attendibili e orientatori per tutti i consessi amministrativi, a fortiori per i giudici di primo grado. 6. conclusioni. In conclusione, l�Adunanza Plenaria nel caso di specie dichiara l�illegittimit� delle proposte non seguite dalla dichiarazione di pubblico interesse, reputandosi a ci� legittimata in costanza di tre condizioni: a) l�obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare, essendo equivoco il dato letterale; b) l�esistenza di un orientamento prevalente contrario all�interpretazione adottata, dominando quantitativamente la tesi della continuit�; c) la necessit� di tutelare uno o pi� principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche, essendo necessario evitare l�istantanea cessazione dei vincoli attualmente insistenti su aree di interesse naturalistico o culturale. Conservano, pertanto, efficacia le dichiarazioni di pubblico interesse anteriori all�entrata in vigore del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre l�effetto preliminare del vincolo cessa solo dopo il decorso il termine previsto dall�art. 140, comma 1, d.lgs. 42/2004, ossia i 180 giorni decorrenti (non gi� dalla formulazione della proposta ma) dalla data di pubblicazione della sentenza (22 dicembre 2017). Non appaiono convincenti le voci critiche finora levatesi avverso tale prospettazione, in quanto ci� che occorre, in sintesi, evidenziare � che proprio attraverso la conservazione a tempo determinato dei vincoli provvisori, non seguiti da dichiarazione di pubblico interesse, pu� ravvisarsi un accettabile compromesso tra le contrapposte impostazioni in confronto, contestualmente dandosi un senso anche all�oggettiva discrasia tra proposte anteriori alle novelle del 2006 e 2008, potenzialmente aventi un�efficacia sine die, e proposte successive, con regime di salvaguardia temporalmente limitato. Ci�, in considerazione non solo del principio di parit� di trattamento, che informa il diritto (amministrativo), fine irrinunciabile dell�ordinamento comunitario e sfociante nei connessi divieti di discriminazione vigenti in ambito europeo, ma anche del principio di non contraddizione, che per l�Adunanza Plenaria parrebbe inficiato dal contemporaneo rinvio, cui gi� si � fatto cenno, tanto all�art. 141, comma 5, quanto all�art. 146, comma 2, operato dall�art. 157, comma 2, d.lgs. 42/2004. Alla luce di quanto sopra esposto, risulta arduo intravedere nella sentenza RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 n. 13/2017 dell�Adunanza Plenaria un superamento del limite dell�esegesi che, nel senso etimologico del termine, � un �trarre fuori�, senza aggiungervi nulla, pena il superamento del �grenze�, termine kantiano che sta a significare il limite gnoseologico oltre il quale si pongono le fallaci conoscenze. Tale sentenza non pu�, per le suesposte considerazioni, essere frutto di normogenetica n�, a ben guardare, giunge alla surrettizia introduzione di una norma di diritto intertemporale, con il fine di interrompere il decorso dei 180 giorni (dalla pubblicazione della proposta di vincolo), per farlo riprendere �ex novo� dalla pubblicazione della pronuncia (9), bens� consiste in una peculiare espressione dell�esercizio del potere conformativo riconoscibile in capo al G.A. al fine di adeguare la pronuncia di diritto al migliore assetto dei contrapposti interessi in gioco. Il principio affermato dall�A.P., di modulazione ex nunc della pronuncia di annullamento, dovrebbe trovare plausibilmente conferma nella sentenza che la IV Sezione del Consiglio di Stato dovrebbe emettere in sede di rinvio, sempre che quest�ultima non si orienti, in modo dirimente, per la prevalenza del principio dell�overruling, pure avallato dalla decisione n. 13/2017. Dovrebbe invero imporsi l�esigenza, palesata dalla stessa A.P., di valorizzare l�assunto deponente per l�applicabilit� alla concreta fattispecie scrutinata della �regola del caso superata�, ossia la tesi maggioritaria recepita in prima istanza. Va altres� considerato che, a ben vedere, sotto altra angolazione prospettica il principio di diritto suesposto potrebbe anche apparire radicalmente inapplicabile, qualora nel caso concreto gli atti statali impugnati vengano - come ben possibile - inquadrati, in fatto e in diritto, non tanto quali �proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico� bens� quali casi riconducibili alla previsione della lett. d-bis del comma 1 dell�art. 157 d.lgs. 42/2004 (�Conservano efficacia a tutti gli effetti: � d-bis) gli elenchi compilati ovvero integrati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 � (10)), in termini che potrebbero sottrarli al giogo della possibile decadenza, in quanto integrazioni �definitive�. Consiglio di stato, adunanza Plenaria, sentenza 22 dicembre 2017 n. 13 -Pres. A. Pajno, est. F. Bellomo - Era s.r.l. (avv.ti M. Lioi, S. Viti) c. Min. dei beni e delle attivit� culturali e del turismo (avv. gen. St.). FATTO 1. In data 21 ottobre 2013 Energia rinnovabile ambientale (Era) s.r.l. ha domandato alla Regione Molise il rilascio dell�autorizzazione unica, prevista dall�art. 12 d.lgs. 387/2003, per la (9) VACCA, ius dicere e creazione del diritto, in lexitalia, n. 1/2018. (10) T.U. Beni culturali e ambientali antecedente al d.lgs 42/2004 in attuale vigore. CONTENzIOSO NAzIONALE costruzione ed esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonte eolica nel Comune di Miranda, localit� San Andrino e Serra Iapietro. A tal fine la societ� aveva interpellato la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, chiedendo notizie circa l�eventuale esistenza di procedimenti di tutela paesaggistica o di accertamento della sussistenza di beni archeologici, in corso alla data di presentazione della sua istanza. La Soprintendenza, in un primo tempo, con nota 15 novembre 2013, rispondeva negativamente, affermando l�insussistenza di vincoli nell�intero territorio del Comune di Miranda; ma, in un secondo tempo, con nota 22 maggio 2014 n. 3788, comunicava che �a seguito di una pi� attenta ricerca di archivi � risultano vigenti i vincoli di tutela paesaggistica a seguito delle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico, di cui alla nota protocollo n. 19467 del 12 novembre 2001 ed alla nota protocollo n. 1381 del 20 giugno 2002�. La societ� replicava che si trattava di mere proposte di vincolo, il cui procedimento non si era mai concluso, tantՏ che lo stesso Comune di Miranda, accertato il superamento del termine di 210 giorni previsto dal DPR n. 495/1994 per la conclusione del procedimento, aveva preso atto della loro decadenza con delibera del Consiglio Comunale 30 dicembre 2004 n. 37. Con note 26 settembre 2014 n. 0007292 e 0007306, alla luce del parere 3 novembre 2009 n. 21909 del Ministero per i beni e le attivit� culturali (secondo il quale l�art. 157, comma 2 d.lgs. n. 42 del 2004 ha la funzione di salvaguardare l�efficacia degli atti istruttori relativi ai procedimenti di dichiarazione di interesse paesaggistico anche se non perfezionati o privi di disciplina d�uso), la Soprintendenza ha: -dichiarato la persistente efficacia delle proposte di dichiarazione di interesse pubblico di parte del territorio del Comune di Miranda; -disposto che �nelle more della definizione del decreto e della sua emanazione da parte della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del molise, insieme con la relativa disciplina d�uso, vigono le norme di salvaguardia e gli obblighi di cui all�art. 146 d.lgs. n. 42/2004� nell�area interessata. 2. Era s.r.l. ha impugnato dinanzi al Tar del Molise le note gemelle del 26 settembre 2014, quella del 22 maggio 2014, le proposte di vincolo risalenti al 2001 e al 2002. Con sentenza n. 92/2016 il Tar ha: -dichiarato irricevibile il primo motivo, con cui erano state censurate le proposte di vincolo del 2001 e 2002; - respinto i motivi dal secondo al sesto; -assorbito l�eccezione di inammissibilit� del ricorso di primo grado fondata sulla natura endoprocedimentale delle note del 22 maggio e 26 settembre 2014; -dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del Ministero avverso le delibere comunali del 2004 che avevano dichiarato decadute le proposte di vincolo. Con riguardo alla questione oggetto del presente giudizio, il Tar ha ritenuto preferibile l�interpretazione secondo la quale la proposta di vincolo formulata prima dell�entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004 conserva efficacia anche in assenza di approvazione mediante adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico, poich�: a) alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 42 del 2004 ha continuato a trovare applicazione la medesima disciplina ricavata dall�interpretazione degli artt. 2, 3 e 7 della legge n. 1497 del 1939 (Consiglio di Stato, VI sezione, 3 ottobre 1994, n. 1473 e 1 marzo 1995, n. 212), confermata dall�art. 140 del d.lgs. n. 490 del 1999, secondo la quale, relativamente alle c.d. bellezze di insieme, la tutela dei valori paesaggistici (che si sostanzia nella necessit� di ottenere RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 l�autorizzazione paesaggistica per poter modificare i beni soggetti a tutela) si esplica dal momento in cui la proposta di vincolo � pubblicata nell�albo dei Comuni interessati, a scopo cautelativo, sino alla adozione del provvedimento finale; b) l�art. 157, comma 2 d.lgs. n. 42/2004, nel richiamare le norme di tutela del capo terzo, ha stabilizzato il regime giuridico delle proposte di vincolo preesistenti, non prevedendo forme di decadenza del vincolo, termini perentori per il perfezionamento della procedura o forme di silenzio. Detta disposizione non ha subito alcuna modifica ad opera del d.lgs. n. 157/2006 e del d.lgs. n. 63/2008, che hanno invece sostituito l�art. 141 d.lgs. n. 42/2004, introducendo la decadenza per le proposte non tempestivamente approvate dal Ministro: l�art. 141, comma 3, ultimo periodo, nel testo vigente tra i due decreti, ha previsto che �in caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti di cui all�articolo 146, comma 1�; l�art. 141, comma 5, nel testo attualmente vigente, ha previsto che �se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non � adottato nei termini di cui all�articolo 140, comma 1, allo scadere dei detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui all�articolo 146, comma 1�. Da ci� consegue che tali previsioni non sono applicabili alle proposte di vincolo formulate antecedentemente alla entrata in vigore del Codice; c) una diversa conclusione si porrebbe in conflitto con l�interpretazione letterale e sistematica dell�art. 157, comma 2, il quale non prevede un rinvio mobile, suscettibile di recepire le successive modifiche normative, poich� ci� comporterebbe, oltre che un contrasto con l�intenzione del legislatore, anche la retroattivit� delle norme sopravvenute ed una violazione del principio tempus regit actum; d) le finalit� di tutela del paesaggio, garantite dall�art. 9 della Costituzione, che integrano un interesse pubblico preminente rispetto ad altri interessi, risulterebbero compromesse da un esito interpretativo che facesse derivare implicitamente una indiscriminata e generalizzata decadenza di tutte le proposte di vincolo non ancora approvate presenti sull�intero territorio nazionale indipendentemente dalla data della loro formulazione, entro i brevi termini di decadenza previsti dall�art. 141 del d.lgs. n. 42/2004, nel testo modificato dal d.lgs. n. 157/2006 e dal d.lgs. n. 63/2008, senza neppure la predisposizione di misure organizzative idonee a consentire alle Soprintendenze un�effettiva verifica da svolgersi caso per caso del permanere delle esigenze di tutela e della loro effettiva consistenza (problema che non si pone per le proposte di vincolo formulate successivamente, perch� le Amministrazioni, edotte degli effetti della propria eventuale inerzia, sono state poste dal legislatore nelle condizioni di programmare la propria attivit� in base alle risorse disponibili). 3. Era s.r.l. ha proposto appello, deducendo con il secondo motivo di censura: decadenza della proposta di vincolo; erronea interpretazione degli artt. 39, 140, 141, 157, 183 e 184 d.lgs. n. 42/2004; violazione dell�art. 13.3 Linee Guida Regione Molise per il procedimento unico ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003; violazione del principio tempus regit actum. L�appellante sviluppa i seguenti argomenti: a) non pu� opporsi il divieto di retroattivit� della legge nel caso della applicazione di normative che siano intervenute quando il procedimento amministrativo sia ancora in corso, poich�, se in pendenza di un procedimento interviene una nuova disposizione, il provvedimento che ne � l�epilogo deve necessariamente adeguarsi a quest�ultima. Nel caso di specie, dopo l�entrata in vigore del d.lgs. n. 63/2008, che ha introdotto la norma sulla decadenza, il termine ivi previsto ha iniziato a decorrere integralmente anche per le proposte di vincolo gi� presentate; b) mentre esiste una disposizione - appunto l�art. 157 - che assoggetta alla regola introdotta CONTENzIOSO NAzIONALE dal d.lgs. n. 63/2008 anche le proposte di vincolo precedenti, non esiste nessuna norma che escluda l�applicabilit� del termine di decadenza a tali proposte; c) l�esistenza di termini certi per la conclusione dei procedimenti � confermata in via generale dalla legge n. 241/1990. Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attivit� culturali e, ad adiuvandum dell�appellante, il Comune di Miranda. 4. All�esito dell�udienza del 20 dicembre 2016 la VI Sezione, ravvisando un contrasto di giurisprudenza, ha deferito all�Adunanza Plenaria la seguente questione: �se, a mente del combinato disposto degli articoli 140, 141 e 157, co. 2 d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 -come modificati dapprima con il d.lgs. 24 marzo 2006 n. 157, e poi, con il d.lgs. 26 marzo 2008 n. 63 - le proposte di vincolo formulate prima dell�entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, e per le quali non vi sia stata conclusione del relativo procedimento con l�adozione del decreto ministeriale recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, cessino di avere effetto�. L�appellante e il Ministero hanno depositato ulteriori memorie. La causa � passata in decisione all�udienza Plenaria dell�11 ottobre 2017. DIRITTO 1. Nel quadro normativo anteriore al d.lgs. n. 42 del 2004 la tutela paesaggistica si esplicava fin dal momento in cui la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico era pubblicata nell�albo del Comune interessato e perdurava sine die, non essendo previsto un termine di efficacia della misura ovvero di consumazione del potere vincolistico, per cui l�adozione del provvedimento finale poteva intervenire anche a notevole distanza di tempo, senza che venisse meno l�effetto preliminare di vincolo. All�origine di questa disciplina vi era l�interpretazione della legge n. 1497 del 1939, la quale prevedeva che una commissione istituita in ciascuna provincia compilasse un elenco di localit� (�i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale�, nonch� �le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali e cos� pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze�), valevole come proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico. L�art. 2 stabiliva all�ultimo comma che �l�elenco delle localit�, cos� compilato, e ogni variante, di mano in mano che vi s�introduca sono pubblicati per un periodo di tre mesi all�albo di tutti i comuni interessati della Provincia, e depositati oltrech� nelle segreterie dei comuni stessi ��. Il successivo art. 7 stabiliva: �i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell'immobile, il quale sia stato oggetto nei pubblicati elenchi delle localit�, non possono distruggerlo n� introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che � protetto dalla presente legge. essi, pertanto, debbono presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente regia soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l'autorizzazione�. Ancorch� non fosse espressamente previsto che la proposta generasse gli effetti di cui all�art. 7, il riferimento ivi operato agli elenchi pubblicati faceva ritenere che dal momento della pubblicazione l�area fosse assoggettata alle relative prescrizioni. Tale disciplina � stata nella sostanza trasfusa nel d.lgs. 190 del 1999 (cfr. art. 140 commi 5 e 6; art. 151, commi 1 e 2). RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Il d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, d�ora in avanti Codice) ha recepito questo sistema, prevedendo l�effetto di vincolo nell�art. 146, e legandolo anche alle proposte nell�art. 138. L�art. 146, nel testo originario, stabiliva: �1. i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree oggetto degli atti e dei provvedimenti elencati all'articolo 157, oggetto di proposta formulata ai sensi degli articoli 138 e 141, tutelati ai sensi dell'articolo 142, ovvero sottoposti a tutela dalle disposizioni del piano paesaggistico, non possono distruggerli, n� introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. 2. i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1, hanno l�obbligo di sottoporre alla regione o all'ente locale al quale la regione ha affidato la relativa competenza i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, al fine di ottenere la preventiva autorizzazione�. L�art. 138, nel testo originario, stabiliva: 1. su iniziativa del direttore regionale, della regione o degli altri enti pubblici territoriali interessati, la commissione indicata all'articolo 137, acquisisce le necessarie informazioni attraverso le soprintendenze e gli uffici regionali e provinciali, valuta la sussistenza del notevole interesse pubblico degli immobili e delle aree di cui all'articolo 136, e propone la dichiarazione di notevole interesse pubblico. la proposta � motivata con riferimento alle caratteristiche storiche, culturali, naturali, morfologiche ed estetiche proprie degli immobili o delle aree che abbiano significato e valore identitario del territorio in cui ricadono o che siano percepite come tali dalle popolazioni e contiene le prescrizioni, le misure ed i criteri di gestione indicati all'articolo 143, comma 3. 2. le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico sono dirette a stabilire una specifica disciplina di tutela e valorizzazione, che sia maggiormente rispondente agli elementi peculiari e al valore degli specifici ambiti paesaggistici e costituisca parte integrante di quella prevista dal piano paesaggistico�. A seguito delle modifiche intervenute con il d.lgs. n. 63 del 2008, l�effetto preliminare della proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico � stato diversamente esplicitato, ma ha mantenuto le stesse caratteristiche. L�art. 146, nel testo vigente, prevede: �1. i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell�articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, n� introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione�. �2. i soggetti di cui al comma 1 hanno l�obbligo di presentare alle amministrazioni competenti il progetto degli interventi che intendano intraprendere, corredato della prescritta documentazione, ed astenersi dall�avviare i lavori fino a quando non ne abbiano ottenuta l�autorizzazione�. L�art. 139, nel testo vigente, stabilisce: �1. la proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico di cui all'articolo 138, corredata di planimetria redatta in scala idonea alla puntuale individuazione degli immobili e delle aree che ne costituiscono oggetto, � pubblicata per novanta giorni all'albo pretorio e depositata a disposizione del pubblico presso gli uffici dei comuni interessati. la proposta � altres� comunicata alla citt� metropolitana e alla provincia interessate. 2. [�] dal primo giorno di pubblicazione decorrono gli effetti di cui all�articolo 146, comma 1�. CONTENzIOSO NAzIONALE Nella formulazione originaria del Codice, come nella disciplina anteriore, non era prevista nessuna decadenza allo spirare del termine di conclusione del procedimento senza che fosse intervenuta l�approvazione della proposta. Una disciplina del genere � stata introdotta nel Codice con le modifiche intervenute prima ad opera del d.lgs. 157 del 2006, poi ad opera del d.lgs. n. 63 del 2008. L�art. 141, comma 3, nel testo vigente a seguito del d.lgs. 157 del 2006, stabiliva: �il ministero valuta le osservazioni presentate ai sensi dell'articolo 139, comma 5, e provvede con decreto entro novanta giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni. il decreto di dichiarazione di notevole interesse pubblico � notificato, depositato, trascritto e pubblicato nelle forme previste dall'articolo 140, commi 3, 4 e 5. in caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti cui all'articolo 146, comma 1�. L�art. 141, comma 5, nel testo oggi vigente, stabilisce che �se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non � adottato nei termini di cui all�art. 140, comma 1, allo scadere di detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui all�art. 146, comma 1�. In base al combinato disposto dell�art. 140, comma 1 e 139, comma 5 il termine per l�adozione del provvedimento ministeriale di dichiarazione � di 180 giorni dalla pubblicazione della proposta. In questo dedalo normativo si inserisce l�art. 157, comma 2, il quale, sin dall�inizio, ha previsto che �le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico�. Da un lato, dunque, la norma transitoria sembra conservare l�efficacia limitativa delle proposte di vincolo anteriori all�entrata in vigore del Codice, dall�altro la nuova disciplina stabilisce espressamente la cessazione degli effetti limitativi derivanti dalla proposta di vincolo allo scadere del termine per la conclusione del procedimento. Su questo dilemma si insinua il dubbio ermeneutico prospettato dall�ordinanza di rimessione, i cui termini possono riepilogarsi. 2. La tesi secondo cui le proposte di vincolo avanzate prima dell�entrata in vigore del d.lgs. n. 42/2004 conservino efficacia, ancorch� i relativi procedimenti non si siano conclusi nel termine legale, pur dopo le modifiche all�art. 141, � sostenuta dalla tradizionale e prevalente giurisprudenza amministrativa (da ultimo Consiglio di Stato, VI sezione, 27 luglio 2015 n. 3663). A sostegno della tesi i seguenti argomenti: -il legislatore, a fronte dell�introduzione della perdita di efficacia delle misure di tutela per il mancato rispetto del termine di adozione del decreto ministeriale di approvazione della proposta, non ha invece modificato l�art. 157, comma 2 del Codice, n� questo contiene un rinvio mobile, di modo che le forme di decadenza successivamente introdotte non sono applicabili alle proposte formulate anteriormente alla sua entrata in vigore; -per contro l�applicazione del sopravvenuto regime di perdita di efficacia delle misure di tutela avrebbe natura retroattiva e contrasterebbe con il principio tempus regit actum; -la insensibilit� delle antecedenti proposte al nuovo regime si giustifica, sul piano sistematico e secondo una interpretazione costituzionalmente orientata, con la finalit� di tutela del paesaggio, in attuazione dell�art. 9 Cost., posto che, diversamente opinando, si avrebbe una indiscriminata e generalizzata decadenza di tutte le proposte di vincolo non ancora approvate RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 presenti sull�intero territorio nazionale indipendentemente dalla data della loro formulazione, entro i brevi tempi di decadenza previsti dall�art. 141 del d.lgs. n. 42/2004. A tale orientamento aderisce anche la giurisprudenza penale: �la proposta di vincolo, formulata dalla competente commissione alla data di entrata in vigore del d.lvo. n. 42/2004, conserva efficacia anche in assenza della adozione di dichiarazione di notevole interesse pubblico (sez. iii n. 16476, 28 aprile 2010)� e ci� si basa �sul tenore letterale dell�articolo 157, comma secondo, d.lvo. n. 42/2004, il quale prevede l�applicabilit� delle disposizioni contenute nella Parte terza del decreto anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del codice dei beni culturali e del paesaggio, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico� (Cass. pen. sez. III, 12 gennaio 2012 n. 6617). La tesi contraria � stata di recente sostenuta dalla VI Sezione del Consiglio di Stato (16 novembre 2016 n. 4746): �se, invero, potesse ammettersi una tipologia di proposte di vincolo ante d.lgs. n. 42/2004 suscettibili di sopravvivere, in quella che pur sempre � ed � stata una loro precariet�, al nuovo regime di omologhe proposte formulate dopo l�entrata in vigore delle nuove disposizioni recate in argomento da questo testo legislativo, occorrerebbe riconoscere allora che quelle pi� antiche sono, in realt�, delle super proposte. in altri termini, proposte dotate di un loro proprio quid pluris che, appunto, ne assicura la sopravvivenza sine die, pur in assenza di una qualche prospettiva di materiale conclusione del procedimento (di apposizione di vincolo) che con esse si avvi�. epper�, allora, dovendosi escludere (in primo luogo sul piano logico) che una maggiore qualit� di tali pi� antiche proposte derivi proprio dalla loro et� (urtando il buon senso l�astratto assunto secondo il quale pi� invecchiasse un procedimento di apposizione di vincolo, senza una sua definitiva e formale conclusione, pi� esso denoterebbe un oggetto da tutelare di maggior pregio e qualit�), resta il fatto che delle due l�una: o della maggiore robustezza delle proposte di vincolo pi� antiche vi � asserzione esplicita nella legge o la loro robustezza maggiore dovrebbe derivare da una �gerarchia� di pregi da tutelare in cima ai quali collocare quelli oggetto, appunto, delle proposte di vincolo pi� vecchie. dell�una e dell�altra ipotesi, tuttavia, n� vՏ traccia espressa nella legge (oggi il d.lgs. n. 42/2004) n� vՏ menzione nella prassi amministrativa conosciuta n� (cosa ancor pi� importante) vՏ indicazione esplicita e circostanziata nella posizione assunta dall�amministrazione statale nel caso qui in esame. deve allora concludersi, sul piano logico, che, in assenza di questa ipotetica maggiore qualit� nelle proposte di vincolo pi� antiche, per esse valga piuttosto proprio l�assunto logico contrario, ossia che la mancata conclusione del provvedimento di trasformazione del vincolo da proposto a definitivo denoti invece l�affievolimento e poi lo svanire, col passar del tempo, dell�interesse pubblico che aveva inizialmente giustificato la misura precauzionale (connessa alla proposta di vincolo) tesa ad assicurare particolare protezione a determinati beni o loro insiemi � Peraltro, questi argomenti, che si giustificano e paiono sufficienti sul piano logico e del buon senso, ben possono poi incrociarsi col dato letterale della norma dal cui contenuto il dubbio interpretativo � maggiormente scaturito, ossia l�art. 157 del d.lgs. n. 42/2004. Quest�ultimo afferma che �conservano efficacia a tutti gli effetti� una serie di atti (dichiarazioni, elenchi, provvedimenti) che, per come indicati dalla legge, sicuramente fanno riferimento ad atti formali e definitivi, non dunque a semplici loro proposte. CONTENzIOSO NAzIONALE le (mere) proposte, come tali, in altri termini non risultano salvaguardate dalla legge dal punto di vista della conservazione della loro efficacia. anche letteralmente, dunque, la norma primaria non induce -dal punto di vista dell�interpretazione ragionevole - a conclusioni nel senso di una salvaguardia sine die delle proposte di vincolo ante d.lgs. n. 42/2004 e, comunque, significativamente pi� antiche. n� queste conclusioni possono trovare conforto e fondamento in argomentazioni altre di natura prettamente pratica ovvero di tipo organizzativo, quale quelle avanzate in primo grado dalla difesa erariale e raccolte dalla sentenza impugnata, secondo le quali la soluzione interpretativa qui preferita sarebbe idonea a far crollare, nei loro effetti, chiss� quali e quante proposte di vincolo rimaste nel tempo meramente tali. al riguardo, premesso che un assunto di tal genere equivarrebbe a far ammettere all�amministrazione che essa � la prima ad ignorare il �portafoglio� di (mere) proposte di vincolo (giacenti) di cui ancora la stessa fruirebbe, pu� a tanto obiettarsi che: -se anche l�amministrazione ne avesse effettivamente perso il loro ricordo puntuale, proprio questo dimostrerebbe allora l�intervenuta sparizione dell�interesse pubblico che originariamente le motiv�; -ed inoltre che, se di tali antiche proposte di vincolo sՏ persa traccia, nulla impedisce che esse vengano d�ora in poi riproposte dall�amministrazione competente ma, adesso, nel quadro della pi� rigida e precisa temporizzazione della scansione procedimentale che deve condurre alla definitivit� formale del vincolo�. Per comodit� narrativa e assonanza concettuale si pu� definire la prima tesi di �continuit�� (postulando la permanenza degli effetti sulla base del dato letterale e del principio di irretroattivit� della legge, oltre che della rilevanza costituzionale del bene paesaggio), la seconda di �discontinuit�� (postulando la cessazione degli effetti sulla base del dato logico-sistematico). 3. A tale dualismo la Sezione rimettente aggiunge argomentazioni contrapposte. Dal lato della tesi della continuit�: -richiama la sentenza 23 luglio 1997 n. 262 della Corte costituzionale, secondo cui �il mancato esercizio delle attribuzioni da parte dell�amministrazione entro il termine per provvedere non comporta ex se, in difetto di espressa previsione, la decadenza del potere, n� il venir meno dell�efficacia dell�originario vincolo. in tali ipotesi, sempre che il legislatore non abbia attribuito un particolare significato all�inerzia-silenzio, si verifica un�illegittimit� di comportamenti derivante da inadempimento di obblighi�. -evidenzia che la ratio della persistenza dell�efficacia della proposta di vincolo � la stessa che ha condotto la Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 57 del 2015) e l�Adunanza plenaria (cfr. sentenza n. 6 del 2015), chiamate a pronunciarsi sul termine dell�azione risarcitoria introdotto dall�art. 30, comma 3 CPA, ad escludere l�applicazione di norme che fissano decadenze a rapporti anteriori, optando per l�ultrattivit� delle norme precedenti; -supera la possibile obiezione fondata sul principio di proporzionalit�, atteso che la normativa nazionale di tutela del paesaggio attiene a una materia che non rientra nelle competenze del- l�Unione (Corte di giustizia UE, sez. X, 6 marzo 2014, C-206/13). Dal lato della tesi della discontinuit�: -sottolinea che, con i decreti legislativi n. 157/2006 e 63/2008, il legislatore ha espresso il suo favore verso la cessazione di efficacia del vincolo provvisorio per mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento, a fronte del quale sempre meno si giustifica, con il passare del tempo, un�eccezione relativa a proposte di vincolo formulate in epoca anteriore al 2004; RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 -contrasta l�argomento letterale, poich�, da un lato appare dubbio sostenere la violazione del principio di irretroattivit� della legge nel caso di procedimenti non ancora conclusi, e dunque in assenza di situazioni e/o rapporti giuridici consolidati, dall�altro lato, tra due possibili interpretazioni della norma, ed in assenza di specifiche indicazioni del legislatore, appare preferibile una interpretazione che tenda ad uniformare il sistema, in luogo di una interpretazione che produca differenti applicazioni dei poteri amministrativi (e dei loro effetti) e, dunque, possibili disparit� di trattamento. 4. L�Adunanza Plenaria ritiene preferibile la tesi minoritaria della discontinuit�, ravvisando tuttavia l�esigenza di arricchirne (e in parte modificarne) le argomentazioni e individuarne gli effetti. Sotto il primo profilo si far� ricorso ai comuni metodi dell�interpretazione: - letterale (sub 4.1); - logico-sistematica (sub 4.2); - teleologica (sub 4.3). 4.1 Il dato letterale si presenta a prima vista ostile alla tesi della discontinuit�. Prova ne sia che l�orientamento che la sostiene per superarlo impiega un�argomentazione non corretta, ossia che, riferendosi il comma 1 dell�art. 157 (�conservano efficacia a tutti gli effetti�) a una serie di atti formali e definitivi, per le semplici proposte -considerate dal comma 2 - vale la regola opposta. Conviene allora riportare l�intero testo dell�art. 157 (�Notifiche eseguite, elenchi compilati, provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente�): �1. conservano efficacia a tutti gli effetti: a) le dichiarazioni di importante interesse pubblico delle bellezze naturali o panoramiche, notificate in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778; b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; c) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; d) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del- l�articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della repubblica 24 luglio 1977, n. 616, aggiunto dall�articolo 1 del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1985, n. 431; d-bis) gli elenchi compilati ovvero integrati ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; e) le dichiarazioni di notevole interesse pubblico notificate ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490 (6); f) i provvedimenti di riconoscimento delle zone di interesse archeologico emessi ai sensi del decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; f-bis) i provvedimenti emanati ai sensi dell�articolo 1-ter del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431. 2. le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta ovvero definita la perimetrazione ai fini della dichiarazione di notevole interesse pubblico o del riconoscimento quali zone di interesse archeologico�. � di plastica evidenza che, se anche � vero (anzi: proprio perch� � vero) che il comma 1 si riferisce agli atti definitivi, il comma 2 - che � quello che rileva - si riferisce alle proposte. Non ne deriva, per�, che le proposte, diversamente dagli atti definitivi, perdono efficacia. CONTENzIOSO NAzIONALE La questione deve invece essere risolta su un altro piano: il rapporto tra (perdita di) efficacia delle proposte e (perdita di) efficacia del vincolo preliminare sul bene che ne costituisce oggetto. Nel ragionamento di entrambi gli orientamenti, muovendo dalla tacita premessa che la proposta di vincolo ha natura dichiarativa, si ritiene che i due momenti non siano separabili. Lo stesso quesito formulato dalla Sezione rimettente domanda �se � le proposte di vincolo formulate prima dell�entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, e per le quali non vi sia stata conclusione del relativo procedimento con l�adozione del decreto ministeriale recante la dichiarazione di notevole interesse pubblico, cessino di avere effetto�, dando per scontato che a perdere efficacia - in ipotesi -sarebbe la proposta nella sua interezza, non soltanto il vincolo preliminare che da essa nasce. In tale prospettiva il dibattito sin oggi svolto non � sfuggito alla seguente alternativa: a) se la proposta perde efficacia, il vincolo preliminare decade; b) se la proposta non perde efficacia, il vincolo preliminare non decade. A ci� si deve la preferenza in giurisprudenza per la tesi della continuit�: dovendosi riconoscere la perdurante efficacia delle proposte anteriori al Codice in virt� dell�art. 157, comma 2 (dato insuperabile sul piano logico-testuale), non pu� che riconoscersi la conservazione dell�effetto preliminare di vincolo. L�Adunanza Plenaria ritiene che la premessa del ragionamento appena indicato (vi � decadenza del vincolo preliminare solo se la proposta perde efficacia) non sia corretta. L�effetto preliminare, ancorch� trovi il suo presupposto nella proposta, � disposto dalla legge, precisamente - oggi - dal combinato disposto dell�art. 139, comma 2 e dell�art. 146, comma 1 d.lgs. n. 42/2004, in precedenza trascritti. Pu� anticiparsi (� questo lo scoglio da superare) che tale ultima disposizione si applica anche alle proposte anteriori all�entrata in vigore del Codice, vuoi perch� l�art. 157, comma 2 estende espressamente tutta la disciplina di tutela paesaggistica del Codice (la �presente Parte� � la Parte III, in cui figura l�art. 146, comma 1) ai beni per i quali la proposta di notevole interesse pubblico sia stata formulata anteriormente alla sua entrata in vigore, vuoi perch� lo stesso art. 146, comma 1 richiama l�art. 157 nella sua interezza: tra art. 146, comma 1 e art. 157, comma 2 esiste un richiamo reciproco. Per adesso merita evidenziare che l�effetto preliminare � dal legislatore ricollegato alle proposte non in virt� di un�equiparazione con gli atti che definitivamente accertano le qualit� del bene, ma a titolo cautelare. A riprova di ci� si rammenta che l�art. 141, comma 5 d.lgs. 42/2004 (come sostituito dal d.lgs. 63/2008) stabilisce che �se il provvedimento ministeriale di dichiarazione non � adottato nei termini di cui all�art. 140, comma 1, allo scadere di detti termini, per le aree e gli immobili oggetto della proposta di dichiarazione, cessano gli effetti di cui all�art. 146, comma 1�:a decadere non � la proposta, ma l�effetto preliminare. Anche il testo previgente dell�art. 141, introdotto dal d.lgs. 157/2006, stabiliva al comma 3 che �in caso di inutile decorso del predetto termine cessano gli effetti cui all�articolo 146, comma 1�. Coerentemente con il principio introdotto dall�art. 2 della legge n. 241 del 1990, e rafforzato dalle modifiche al medesimo, il potere autoritativo della pubblica amministrazione � circoscritto temporalmente. In materia di tutela paesaggistica il legislatore ha adottato un compromesso, prevedendo che il potere impositivo del vincolo persiste anche dopo la scadenza del termine, ma cessa l�effetto restrittivo derivante dal suo (iniziale) esercizio. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Muovendo da questa premessa, si pu� correttamente inquadrare il richiamo reciproco tra art. 146, comma 1 e art. 157, comma 2. Nella formulazione originaria del Codice, non essendo prevista la cessazione dell�effetto preliminare alla scadenza del termine per provvedere, il richiamo poteva effettivamente ritenersi indicativo della volont� del legislatore di conservare l�effetto preliminare delle proposte anteriori al Codice anche in caso di scadenza del termine per approvarle. In tal senso l�art. 157, comma 2, piuttosto che far salva la disciplina anteriore al Codice per le situazioni pendenti, prevedeva l�applicazione ad esse della nuova disciplina, ispirata (al momento dell�entrata in vigore del Codice) a un principio analogo. L�art. 157, comma 2 � una norma di diritto transitorio e non di diritto intertemporale. Infatti, sono disposizioni di diritto intertemporale le norme di carattere generale volte a comporre in via preventiva e generale le antinomie temporali tra leggi (es. art. 2 c.p. e art. 11 preleggi); sono norme transitorie le disposizioni poste in chiusura di specifiche riforme legislative, dirette espressamente allo scioglimento di antinomie che si verificano nel passaggio dalla legge anteriore alla posteriore ed a rendere pi� graduale il suddetto passaggio. Introdotta la regola secondo cui l�effetto preliminare viene meno allo scadere del termine, il rinvio operato dall�art. 157, comma 2, pur testualmente immodificato, non ha pi� lo stesso significato. Il fenomeno delle modificazioni della norma (precetto) a disposizione (testo) invariata - ben noto agli interpreti - � stato cristallizzato dalle Sezioni Unite civili: �in ragione, appunto, di tale collegamento tra norma giuridica e valore (che segna il discrimine tra legge fisica o di natura e il diritto come legge assiologica), ed anche del suo inevitabile porsi come elemento (di settore) di un sistema ordinamentale, la norma, una volta posta in essere, non resta cristallizzata in se stessa, ma � soggetta, ex se, a dinamiche evolutive. nel senso che, nel tempo, essa � suscettibile di assumere una molteplicit� di contenuti, in relazione ed entro il limite dei significati resi possibili dalla plurivocit� del significante testuale - per un duplice ordine di fattori propulsivi, interni ed esterni. [�] Parallelamente, per quanto poi attiene all�incidenza di fattori esterni, � decisivo l�aspetto strutturale-sistematico della regola iuris, quale elemento non in s� autoconchiuso, ma segmento invece di una complessa architettura giuridica, coordinata secondo postulati di unitariet� e completezza. in questo articolato mosaico, ogni disposizione si trova cos� inserita in settori e subsettori normativi ed investe una serie di relazioni reciproche con norme contigue. Per cui � ben comprensibile come, in prospettiva diacronica, le eventuali successive modificazioni, abrogazioni, sostituzioni delle disposizioni interferenti abbiano una possibile ed automatica ricaduta sul contenuto della disposizione in questione, anche per questa via quindi innescandone processi modificativi� (Cass. sez. un., n. 15144 del 2011). Probabilmente il legislatore avrebbe fatto meglio a introdurre una norma di coordinamento, per evitare equivoci interpretativi, ma il suo mancato intervento non pu� certo leggersi come manifestazione della volont� di mantenere il regime transitorio inalterato, posto che a distanza di due anni dall�entrata in vigore del Codice la fase transitoria era oramai superata e il sistema normativo che ne costituiva oggetto era cambiato. In particolare, il rinvio operato dall�art. 157, comma 2 (�le disposizioni della presente Parte si applicano anche agli immobili ed alle aree in ordine ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, sia stata formulata la proposta�), ha coperto anche la regola della decadenza introdotta nell�art. 141 dal d.lgs. 157/2006 e riformulata dal d.lgs. 63/2008, non avendo alcun fondamento la tesi secondo cui esso sia limitato alle norme di tutela (dunque al solo CONTENzIOSO NAzIONALE art. 146), o che si tratta di rinvio fisso (dunque al testo originario dell�art. 141). Infatti, l�art. 157, comma 2: a) richiama integralmente la parte III del Codice, senza distinguere tra norme sostanziali e norme procedurali, n� per vero l�art. 141, comma 5 potrebbe ritenersi norma meramente procedurale; b) non prevede un rinvio recettizio, ma formale (quindi mobile), come si evince dalla formulazione letterale, che si riferisce alla fonte (�le disposizioni della presente Parte�) e non al contenuto. Posto, dunque, che l�art. 157, comma 2 rinvia tanto all�art. 141, comma 5 quanto all�art. 146, comma 1, per evitare l�assurdo logico che esso implichi allo stesso tempo che l�effetto preliminare delle proposte anteriori al Codice cessi (art. 141, comma 5) e persista (art. 146, comma 1), l�unica soluzione possibile � interpretarlo nel senso che esso intenda da un lato conservare l�efficacia delle proposte anteriori al Codice, dall�altro assoggettarne l�effetto preliminare di vincolo alla disciplina vigente. � opportuno precisare che una siffatta conclusione � doverosa sul piano esegetico, poich� il (rispetto del) principio di non contraddizione � un vincolo per l�interprete, (e di cui, la stessa giurisprudenza costituzionale rappresenta il baluardo). 4.2 Il principio di irretroattivit� della legge non � vulnerato, poich� la tesi della discontinuit� non si fonda sulla retroattivit� della nuova disciplina, ma sulla non ultrattivit� della vecchia. A essere precisi, tuttavia, la questione non si pone neppure: solo se mancasse una norma transitoria, occorrerebbe interpretare la portata (retroattiva o meno) della nuova legge. Ma la norma transitoria esiste e regola l�applicabilit� alle situazioni pendenti della nuova legge. La vecchia disciplina, peraltro, non � costituita dalla normativa anteriore al Codice, ma dalla stessa normativa codicistica, prima che, per effetto dei d.lgs. 157/2006 e 63/2008, l�art. 141 prevedesse la cessazione del vincolo preliminare allo scadere del termine di adozione della dichiarazione di notevole interesse pubblico del bene. Essendo - appunto - l�attuale art. 141 parimenti richiamato dall�art. 157, comma 2, � il legislatore (e non l�interprete) ad aver stabilito che le proposte anteriori al Codice sono assoggettate alla nuova disciplina, introdotta nel 2006 e confermata nel 2008. Se, dunque, si volesse proseguire a ragionare in termini di retroattivit� o meno, si dovrebbe quantomeno prendere atto che sarebbe una retroattivit� voluta dal legislatore, non censurabile dal punto di vista costituzionale, riferendosi a rapporti sorti anteriormente ma non esauriti, ai quali dunque l�applicazione della disciplina vigente � del tutto ragionevole. Far cessare gli effetti della proposta di vincolo adottata nel passato non � meno logico che conservarli, tanto pi� che si tratta di un passato remoto: le proposte sono quelle anteriori al 2004 (entrata in vigore del Codice), mentre la cessazione del vincolo � stata prevista nel 2006 e poi nel 2008 (entrata in vigore delle modifiche). A ci� si aggiunga l�opportunit� di uniformare il sistema, per esigenze di coerenza e di parit� di trattamento, che viene in rilievo allorquando si debbano valutare fatti accaduti nel passato i cui effetti si producono nel presente. 4.3 Da ultimo, sul piano teleologico, la tesi della discontinuit� si giustifica alla luce della considerazione, da parte del legislatore, di una pluralit� di valori costituzionali, quali, oltre quello del paesaggio, la protezione della propriet� privata (art. 41 Cost., nonch� art. 1 del I protocollo addizionale alla CEDU e quindi art. 117 Cost.), e il buon andamento della pubblica amministrazione. Pu� ulteriormente aggiungersi che la tesi della continuit� si pone in conflitto con il canone della ragionevolezza, poich� ammette che il vincolo preliminare possa essere efficace anche RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 a distanza di numerosi anni dalla proposta, ancorch� da tempo sia stata introdotta nel Codice una disposizione che ne sancisce la perdita di efficacia. L�immagine delle �super proposte�, coniate per le proposte di vincolo pi� antiche, � uno stratagemma retorico per evidenziare l�irrazionalit� di una soluzione che punti a conservarne l�effetto vincolante a distanza di molti anni e al subentrare di una disciplina che ne prevede la decadenza allo spirare del termine fissato per la conclusione del procedimento. Tale argomento non sembra possa essere superato dalla possibilit�, per il privato, di esperire l�azione contro l�inerzia prevista dal Codice del processo amministrativo. Ed infatti, gravare il privato dell�onere di agire per la conclusione di un procedimento d�ufficio, diretto a vincolare la sua propriet�, appare obiettivamente paradossale. 5. Le osservazioni sopra esposte trovano ulteriore conferma considerando la natura delle disposizioni contenute negli artt. 141, c. 5 e 147, c. 2 del codice dei beni culturali, alla stregua delle quali, a far data dalla loro entrata in vigore, il mancato esercizio del potere di provvedere sulla proposta comporta la cessazione dell�effetto temporaneamente inibitorio di essa. Giova infatti rilevare che quelle in questione non sono norme che intervengono sulle �proposte� di vincolo, ma disposizioni che operano, invece, sul potere ministeriale di provvedere sulle medesime proposte, ivi comprese quelle anteriori alla nuova disciplina, da cui permanente validit� � stata garantita dalla norma transitoria di cui all�art. 152. Non a caso, d�altra parte, la rubrica dell�art. 141 fa riferimento ai �provvedimenti ministeriali�, e quindi ci� che costituisce l�esercizio del potere. Le norme in questione intervengono, cos�, sul potere dell�amministrazione, diversamente conformandolo nel senso di far conseguire al suo mancato esercizio nel termine di 180 giorni, non la decadenza della proposta, ma la semplice cessazione degli effetti di salvaguardia. A partire da tale data l�Amministrazione conserva il potere-dovere di provvedere sulla proposta, ma deve tener conto del fatto che � ormai cessata l�efficacia inibitoria conseguente alla sua presentazione. La norma intende indurre l�amministrazione ad un pi� tempestivo intervento, eliminando la possibilit� di premiare, attraverso la permanenza degli effetti della proposta, l�inerzia dell�amministrazione medesima, senza precludere, pur dopo i 180 giorni, la possibilit� di un suo intervento. Consegue da ci� che la nuova disciplina, introdotta con il d.lgs. 157/2006 e con il d.lgs. 63/2008, non tocca le proposte (ivi comprese quelle di cui all�art. 157, c. 2) che sono e rimangono efficaci, ma semplicemente l�esercizio del potere e le sue conseguenze, in caso di inerzia protrattasi oltre 180 giorni. La nuova disciplina, in qualche modo, pone un collegamento, prima inesistente, tra l�esercizio del potere e l�efficacia inibitoria delle proposte, facendo venir meno proprio quella efficacia inibitoria che, prima della novella, appariva collegata ad un potere configurato come temporalmente illimitato. E quindi la diversa conformazione del potere di provvedere a venire in discussione, e non, per cos� dire, la natura della proposta, se non altro sotto il profilo temporale: se cio�, antecedente o susseguente alla nuova disciplina. Non vi sono, in altri termini proposte dotate di una efficacia vincolante sine die, e proposte (successive alla novella) a regime di salvaguardia temporalmente limitato; vi � semplicemente un potere dell�amministrazione, che, dopo la novella � diversamente conformato in relazione al suo esercizio nel tempo, con conseguenze in ordine agli effetti di salvaguardia. � quindi la diversa conformazione del potere a rendere, a far data dell�entrata in vigore delle nuove norme, temporanea quell�efficacia di salvaguardia che in passato (a fronte di una conformazione del potere come privo di conseguenze in relazione al tempo di esercizio) appariva permanente. CONTENzIOSO NAzIONALE L�erroneit� della prospettiva tradizionale si coglie, d�altra parte, considerando che, ove fosse vera la tesi con essa prospettata, dovrebbe ritenersi che, con la norma transitoria dell�art. 152 si preservi (non solo l�efficacia e la validit� della proposta anteriore nel tempo ma) anche un potere dell�amministrazione temporalmente illimitato senza conseguenze in ordine al suo mancato esercizio; esito questo che deve essere escluso dal momento che l�art. 152, c. 2, si riferisce con chiarezza agli immobili per i quali sia stata presentata la proposta, e quindi, esclusivamente alla proposta e non al potere. �, d�altra parte, lo stesso art. 157, c. 2, ad evidenziare l�applicabilit� della nuova disciplina anche alle �vecchie� proposte; esso, infatti, nell�affermare l�applicabilit� delle �disposizioni della presente Parte� (Parte IX: libert� di iniziativa economica e propriet�) agli immobili per i quali �sia stata formulata la proposta�, positivamente estende a tali proposte anche la disciplina di tale Parte introdotta con la sopra indicata novella legislativa. In tal modo, infine, viene fatta corretta applicazione alla fattispecie del principio tempus regit actum, dal momento che la nuova disciplina viene applicata alla fase del procedimento (valutazione della proposta ai fini dell�assunzione del provvedimento definitivo) ancora in corso. Va rilevato, infine, che una interpretazione del senso sopra prospettato evita macroscopiche irrazionalit�: a) escludendo l�esistenza di proposte con un effetto inibitorio permanente (cos� premiando proprio quell�inerzia dell�amministrazione che il legislatore intende escludere); b) escludendo un paradossale mutamento di natura delle proposte anteriori alla novella, dal momento che una mera norma di salvaguardia delle proposte antecedenti (art. 157) avrebbe sostanzialmente trasformato queste in provvedimenti definitivi di vincolo, ed una tutela interinale in una tutela definitiva. 6. Proprio l�opzione legislativa per un bilanciamento dei contrapposti valori induce a riflettere sulle conseguenze della tesi della discontinuit�. La difesa statale ha insistito sulla compromissione della tutela paesaggistica che ne deriverebbe, essa implicando la cessazione ex abrupto di un numero indefinito (ma verosimilmente elevato) di proposte di vincolo, che lascerebbe prive di protezione aree pregiate dal punto di vista naturalistico o culturale. Il timore � infondato per due successivi ordini di ragioni: a) cessa l�effetto preliminare di vincolo, non l�efficacia della proposta; b) la decadenza dell�effetto preliminare non � immediata, ma decorso il termine di 180 giorni. � vero che, in base al combinato disposto dell�art. 140, comma 1 e dell�art. 139, comma 5 del Codice, tale termine decorre dalla pubblicazione della proposta (quindi, per le proposte anteriori al Codice, il vincolo preliminare sarebbe decaduto decorsi 180 giorni dall�entrata in vigore -ad opera del d.lgs. 63/2008 -dell�attuale testo dell�art. 141, comma 5, che tale decadenza commina, ovvero, ancor prima, per effetto del d.lgs. 157/2006, che l�ha introdotta), ma, in un quadro di incertezza normativa, ben pu� il Consiglio di Stato - in sede Plenaria - modulare la portata temporale della propria sentenza, facendone decorrere gli effetti solo per il futuro. La possibilit� di modulare la portata temporale delle decisioni giurisdizionali � un principio affermato dalla Corte di Giustizia UE (e, meno incisivamente, dalla giurisprudenza costituzionale), che trova terreno fertile nel processo amministrativo. La giurisprudenza comunitaria ha gi� da tempo affermato - nell�ambito della giurisdizione di annullamento sugli atti comunitari - che il principio dell�efficacia ex tunc dell�annullamento, seppur costituente la regola, non ha portata assoluta e che la Corte pu� dichiarare che l�annullamento di un atto (sia esso parziale o totale) abbia effetto ex nunc o che, addirittura, l�atto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 medesimo conservi i propri effetti sino a che l�istituzione comunitaria modifichi o sostituisca l�atto impugnato (Corte di Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione c. Consiglio, in C-81/72; 1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). Tale potere valutativo prima dell�entrata in vigore del Trattato di Lisbona era previsto espressamente nel caso di riscontrata invalidit� di un regolamento comunitario (art. 231 del Trattato della Comunit� Europea), ma era esercitabile - ad avviso della Corte - anche nei casi di impugnazione delle decisioni (Corte di Giustizia, 12 maggio 1998, Regno Unito c Commissione, in C-106/96), delle direttive e di ogni altro atto generale (Corte di Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c Consiglio, in C-21-94). La Corte di Giustizia � dunque titolare anche del potere di statuire la perduranza, in tutto o in parte, degli effetti dell�atto risultato illegittimo, per un periodo di tempo che pu� tenere conto non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito in giudizio, ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante (Corte di Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 3 settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07). Tale giurisprudenza ha trovato un fondamento testuale nel secondo comma dell�art. 264 del Trattato sul funzionamento della Unione Europea, che non contiene pi� il riferimento delimitativo alla categoria dei regolamenti (�se il ricorso � fondato, la corte di giustizia dell�Unione europea dichiara nullo e non avvenuto l�atto impugnato. tuttavia la corte, ove lo reputi necessario, precisa gli effetti dell�atto annullato che devono essere considerati definitivi�). I principi europei sono trasferibili nell�ordinamento nazionale in virt� dell�art. 1 del Codice sul processo amministrativo, secondo cui �la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della costituzione e del diritto europeo�. Il Consiglio di Stato ha gi� fatto applicazione di codesti principi (leading case Cons. Stato, sez. VI, n. 2755 del 2011): rilevata l�illegittimit� del piano faunistico venatorio regionale, piuttosto che annullarlo (cos� eliminando le -pur insufficienti -misure protettive per la fauna), il giudice amministrativo ha statuito l�obbligo di procedere entro dieci mesi all�approvazione di un nuovo piano faunistico, in conformit� alla motivazione di accoglimento del ricorso. Ad avviso del Collegio la regola dell�annullamento con effetti ex tunc dell�atto impugnato pu�, sia pure in circostanze assolutamente eccezionali, trovare una deroga, con la limitazione parziale della retroattivit� degli effetti (si veda, in questo senso, Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488), o con la loro decorrenza ex nunc. L�ordinamento riconosce la possibilit� di graduare l�efficacia delle decisioni di annullamento di un atto amministrativo (cfr. l�art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 e l�art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). � altres� ammessa la possibilit� per il giudice amministrativo di modellare nel caso concreto l�efficacia delle sentenza in materia di contratti pubblici (cfr. artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo). Anche la Corte costituzionale, pur partendo dal principio della natura intrinsecamente retroattiva delle sentenze dichiarative dell�incostituzionalit� di una legge, nell�accogliere la questione di legittimit� della disposizione che introduce un�addizionale all�imposta sul reddito delle societ� per talune imprese (c.d. Robin Tax), ha affermato che gli �effetti della dichiarazione di illegittimit� costituzionale decorrono, tuttavia, dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella Gazzetta Ufficiale al fine di evitare che l�impatto macroeconomico delle restituzioni dei versamenti tributari connesse alla pronuncia determini uno squilibrio del bilancio dello stato di entit� tale da implicare la necessit� di una manovra finanziaria aggiuntiva, anche per non venir meno al rispetto dei parametri cui l�italia si � obbligata in CONTENzIOSO NAzIONALE sede di Unione europea ed internazionale e, in particolare, delle previsioni annuali e pluriennali indicate nelle leggi di stabilit� in cui tale entrata � stata considerata a regime� (Corte cost., 11 febbraio 2015 n. 10). La graduazione degli effetti nel tempo della sentenza di accoglimento pu�, cos�, ritenersi eccezionalmente ammessa a due condizioni: �l�impellente necessit� di tutelare uno o pi� principi costituzionali i quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente compromessi da una decisione di mero accoglimento e la circostanza che la compressione degli effetti retroattivi sia limitata a quanto strettamente necessario per assicurare il contemperamento dei valori in gioco�. Rispetto a tale quadro, merita segnalare la peculiarit� delle pronunce dell�Adunanza Plenaria. Stabilisce l�art. 99 del Codice del processo amministrativo (�deferimento all�adunanza plenaria�): �1. la sezione cui � assegnato il ricorso, se rileva che il punto di diritto sottoposto al suo esame ha dato luogo o possa dare luogo a contrasti giurisprudenziali, con ordinanza emanata su richiesta delle parti o d�ufficio pu� rimettere il ricorso all�esame dell�adunanza plenaria. l�adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l�opportunit�, pu� restituire gli atti alla sezione. 2. Prima della decisione, il presidente del consiglio di stato, su richiesta delle parti o d�ufficio, pu� deferire all�adunanza plenaria qualunque ricorso, per risolvere questioni di massima di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali. 3. se la sezione cui � assegnato il ricorso ritiene di non condividere un principio di diritto enunciato dall�adunanza plenaria, rimette a quest�ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. 4. l�adunanza plenaria decide l�intera controversia, salvo che ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente. 5. se ritiene che la questione � di particolare importanza, l�adunanza plenaria pu� comunque enunciare il principio di diritto nell�interesse della legge anche quando dichiara il ricorso irricevibile, inammissibile o improcedibile, ovvero l�estinzione del giudizio. in tali casi, la pronuncia dell�adunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato�. La costante dei cinque commi in cui si articola la disposizione � il principio di diritto, la cui enunciazione � lo scopo primo (se non unico: cfr. commi 4 e 5) dell�intervento della Plenaria. Ci� che nel comune giudizio amministrativo � il contenuto di accertamento in iure della sentenza, meramente strumentale alla pronuncia di annullamento (pertanto confinato nella motivazione e delimitato dal caso concreto), nel giudizio in Plenaria identifica la pronuncia in s�, con due conseguenze. La prima conseguenza � il riconoscimento della natura essenzialmente interpretativa delle pronunce dell�Adunanza Plenaria, in particolare quando essa ritenga di enunciare il principio di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente. Tale carattere consente di operare un (relativo) parallelismo con le decisioni pregiudiziali della Corte di giustizia, le quali hanno la stessa efficacia delle disposizioni interpretate e, pertanto, oltre a vincolare il giudice che ha sollevato la questione, spiegano i propri effetti anche rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime. Come le sentenze di annullamento e quelle di incostituzionalit�, anche le sentenze interpretative hanno efficacia retroattiva, ma per ragioni diverse: non si tratta di eliminare un atto dal mondo giuridico per vizi genetici o di dichiarare l�originaria difformit� di un legge dalla fonte superiore, ma di accertare il significato di un frammento dell�ordinamento giuridico qual era sin dal momento della sua venuta ad esistenza. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 In tali ipotesi la deroga alla retroattivit� trova fondamento, pi� che nel principio di effettivit� della tutela giurisdizionale, nel principio di certezza del diritto: si limita la possibilit� per gli interessati di far valere la norma giuridica come interpretata, se vi � il rischio di ripercussioni economiche o sociali gravi, dovute, in particolare, all�elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base di una diversa interpretazione normativa, sempre che risulti che i destinatari del precetto erano stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa in ragione di una obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni (in tal senso, ma con riferimento all�ordinamento comunitario, Corte di Giustizia, 15 marzo 2005, in C-209/03). A giustificazione dell�assunto vi � anche un dato testuale: l�art. 113, comma 3 Cost. stabilisce che �la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa�. L�interposizione del legislatore non occorre allorquando via sia un principio generale dell�ordinamento UE direttamente applicabile che permetta al giudice amministrativo di pronunciarsi sulla legittimit� degli atti della pubblica amministrazione modulando gli effetti della propria sentenza, e ci� vale in particolare quando il giudizio di annullamento presenti uno spiccato carattere interpretativo. La seconda conseguenza � la praticabilit� della prospective overruling, in forza della quale il principio di diritto, affermato in contrasto con l�orientamento prevalente in passato, non verr� applicato (con vari aggiustamenti) alle situazioni anteriori alla data della decisione. La prospective overruling si esplicita, dunque, nella possibilit� per il giudice di modificare un precedente, ritenuto inadeguato, per tutti i casi che si presenteranno in futuro, decidendo per� il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata. In conclusione: all�Adunanza Plenaria � concessa la possibilit� di limitare al futuro l�applicazione del principio di diritto al verificarsi delle seguenti condizioni: a) l�obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; b) l�esistenza di un orientamento prevalente contrario all�interpretazione adottata; c) la necessit� di tutelare uno o pi� principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche. Nella fattispecie in esame sussistono tutte le condizioni, poich�: a) il dato letterale � equivoco; b) la tesi della continuit� � prevalente; c) � necessario, a tutela del paesaggio, evitare la cessazione istantanea di tutti i vincoli preliminari attualmente esistenti su aree di interesse naturalistico o culturale. Avendo ritenuto che le proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico anteriori al Codice conservino efficacia, mentre l�effetto preliminare di vincolo che ad esse si ricollega cessi decorso -senza che il relativo procedimento si sia concluso -il termine previsto dall�art. 140, comma 1 (180 giorni, che per tali proposte dovrebbe essere calcolato a partire dal d.lgs. 63/2008, ovvero dal d.lgs. 157/2006), la delimitazione al futuro di tale principio implica che l�effetto preliminare cessi decorsi 180 giorni dalla pubblicazione della sentenza. Resta ferma la possibilit� del legislatore, in pendenza di detto termine, di intervenire a disciplinare ex novo la fattispecie, nel rispetto del principio di ragionevolezza e dei valori costituzionali difesi dalla tesi della disconrtinuit� (ad esempio allungando il termine per la conclusione dei procedimenti in questione del tempo strettamente necessario al censimento delle proposte esistenti). 6. Al quesito deferito pu� dunque rispondersi che: �il combinato disposto - nell�ordine logico - dell�art. 157, comma 2, dell�art. 141, comma 5, CONTENzIOSO NAzIONALE dell�art. 140, comma 1 e dell�art. 139, comma 5 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve interpretarsi nel senso che il vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell�entrata in vigore del medesimo decreto legislativo -come modificato con il d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 e con il d.lgs. 26 marzo 2008, n. 63 - cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni�. (1) �l�adunanza Plenaria del consiglio di stato pu� modulare la portata temporale delle proprie pronunce, in particolare limitandone gli effetti al futuro, al verificarsi delle seguenti condizioni: a) un�obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; b) l�esistenza di un orientamento prevalente contrario all�interpretazione adottata; c) la necessit� di tutelare uno o pi� principi costituzionali o, comunque, di evitare gravi ripercussioni socio-economiche�. (2) �il termine di efficacia di 180 giorni del vincolo preliminare nascente dalle proposte di dichiarazione di notevole interesse pubblico formulate prima dell�entrata in vigore del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla pubblicazione della presente sentenza�. (3) Ci� posto, il Collegio restituisce il giudizio alla Sezione remittente ai sensi dell�art. 99, comma 4 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Adunanza Plenaria, enuncia i principi di diritto di cui al punto 6 della motivazione e restituisce per il resto il giudizio alla IV sezione. Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Quale indice per la determinazione delle royalties? Brevi riflessioni a seguito della sentenza n. 290/2018 del Consiglio di stato nota a consiGlio di stato, sez. sesta, sentenza 18 Gennaio 2018 n. 290 Maria Bianca Armiento* sommario: 1. Un indice controverso: la vicenda processuale e le questioni di diritto 2. l�evoluzione normativa della disciplina delle royalties e il ruolo dello stato �proprietario� degli idrocarburi - 3. il ruolo dello stato regolatore: la determinazione dei prezzi del gas sul mercato tutelato come forma di determinazione amministrativa dei prezzi - 4. conclusioni. 1. Un indice controverso: la vicenda processuale e le questioni di diritto. Il Consiglio di Stato, con la sentenza in epigrafe, si � occupato della controversia relativa ai criteri di determinazione delle royalties che le societ� operanti nel settore degli idrocarburi devono corrispondere allo Stato. La questione nasceva dal ricorso proposto da diverse societ� titolari di concessioni di coltivazione di gas naturale al Tar Lombardia, per l�annullamento di una serie di provvedimenti del Ministero dello Sviluppo Economico e l�Autorit� di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (in seguito, anche ARERA), che determinavano le royalties in base all�indice QE (basato sulle quotazioni del petrolio e di altri combustibili). Il Tar Lombardia con la sentenza n. 1219/2016 accoglieva la tesi proposta dalle societ� ricorrenti che lamentavano che il criterio utilizzato dovesse essere sostituito dall�indice Pfor, basato sulle quotazioni del TTF, il mercato del gas olandese che rappresenta il benchmark per gli Stati Europei. L�uso di questo indice - adottato dall�ARERA per determinare il prezzo del gas sul mercato tutelato agli utenti finali -avrebbe comportato un risparmio di spesa per i concessionari, con conseguente diminuzione dell�introito destinato allo Stato. La normativa di riferimento, ossia l�art. 19, comma 5-bis, lett. b, del d.lgs. n. 625 del 1996, che determinava, alla data di entrata in vigore della legge, i valori delle royalties per il gas naturale all�indice QE, richiamava infatti la delibera dell�ARERA n. 52/99 (1) e anche le �successive modificazioni� di questa; la delibera, in un primo momento, aveva adottato l�indice QE per determinare i prezzi di cessione del gas naturale agli utenti del mercato c.d. tutelato. Ritenevano le societ� ricorrenti che, a seguito della successiva ado(*) Ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatua Generale dello Stato - con l�avv. St. Alessandra Bruni; dottoranda in Diritto Pubblico e dell�Economia dell�Universit� di Pisa. (1) Delibera n. 52/99, G.U. del 30 aprile 1999 n. 100 �Criteri per l�indicizzazione delle tariffe per la parte al costo della materia prima, nel servizio di distribuzione dei gas a mezzo reti urbane�. CONTENzIOSO NAzIONALE zione da parte dell�Autorit� dell�indice Pfor per determinare i prezzi per i clienti vulnerabili (2), si fosse verificato un rinvio mobile o dinamico alla disciplina regolatoria da parte di quella in materia di royalties (3). Ad avviso dei Giudici di prime cure, la soluzione prospettata dalle societ� era da accogliere, in quanto la norma in questione avrebbe configurato, mediante l�utilizzo dell�espressione �successive modificazioni�, effettivamente un rinvio mobile o dinamico, a testimonianza dell�interesse dell�Autorit� sulle vicende giuridiche intervenute nella regolazione di settore. Ne conseguiva che la vigenza dell�indice QE per la determinazione del valore delle aliquote spettanti allo Stato, ormai non pi� in grado di rispecchiare il costo della materia prima, non fosse pi� sostenibile e che dovesse dunque applicarsi l�indice Pfor, alla luce del rinvio dinamico operato dall�art. 19, comma 5-bis alla disciplina regolatoria di settore. Avverso la predetta pronuncia, proponevano appello il Ministero dello Sviluppo Economico, l�ARERA e il Ministero dell�Economia e delle Finanze, deducendo la violazione della normativa in materia, ritenevano che non potesse configurarsi alcun tipo di rinvio, in quanto l�indice Pfor, utilizzato dal- l�ARERA al solo fine di determinare i prezzi del gas naturale per i clienti del mercato tutelato, non trovava applicazione al di l� di quest�ambito, trattandosi di una disciplina diversa e non sovrapponibile alla disciplina della determinazione delle royalties che le societ� devono corrispondere allo Stato (ancorata proprio per la diversit� di finalit� e disciplina all�indice QE). Il Consiglio di Stato, con sentenza del 18 gennaio 2018, ha riformato la sentenza del TAR Lombardia, accogliendo tali argomentazioni (4). In particolare, i Giudici di Palazzo Spada, nella lunga e articolata motivazione (in cui � stata ripercorsa anche l�evoluzione normativa della disciplina delle royalties), hanno ritenuto di non dover aderire alla tesi delle societ� ricorrenti, ancorando la propria decisione a due valutazioni, la prima di carattere economico e finanziario, la seconda di carattere strettamente giuridico. Quanto alla prima valutazione, ad avviso dei Giudici, l�utilizzo dell�indice QE - connesso a valori di mercato e considerato stabile - � necessario per ren (2) Delibera n. 196/2013/R/Gas �Seconda fase della riforma delle condizioni economiche applicate ai clienti finali del servizio di tutela nel mercato del gas naturale a partire dall�1 ottobre 2013. Modifiche al TIVG�. (3) Sostenevano inoltre i ricorrenti che la soluzione in questione fosse corroborata da quanto previsto dall�ultimo periodo della norma, che prevede che �A decorrere dal 1� gennaio 2003, l'aggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, � effettuato dall'Autorit� per l'energia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione�. (4) In sede cautelare, il Consiglio di Stato, con ordinanza, aveva ritenuto che non fosse ragionevole una �confusione� tra una disciplina relativa agli oneri dovuti allo Stato in forza di una concessione amministrativa (quale quella di coltivazione dei giacimenti di idrocarburi, ai sensi del d.lgs. n. 625/1996) e quella relativa alla fissazione di prezzi di riferimento per la cessione di prodotti, da parte delle stesse societ�, agli utenti del mercato tutelato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 dere �certa� l�entrata finanziaria attraverso l�utilizzo dell�indice QE al fine di calcolare il corrispettivo pecuniario; inoltre, secondo il Collegio, la prospettazione dei concessionari, per cui l�Autorit� con un atto amministrativo (di rango inferiore alla legge ordinaria) possa determinare una riduzione del gettito finanziario derivante dalla corresponsione delle royalties, contrasterebbe con i principi dell�art. 81 della Costituzione; alla luce del minor introito che ne deriverebbe con l�utilizzo dell�indice Pfor sarebbe di conseguenza necessaria una espressa previsione normativa al fine di �giustificare� gli effetti negativi che ne deriverebbero per il bilancio pubblico (5). Quanto alla valutazione di carattere giuridico, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l�ARERA avesse abbandonato l�indice QE in favore dell�indice Pfor, per effetto del Decreto �Cresci Italia� (6) che ha imposto all�Autorit� di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili (notevolmente pi� alti, attraverso l�impiego dell�indice QE), ma non anche di modificare i criteri di calcolo delle royalties, motivo per cui non poteva trovare accoglimento la prospettazione dei concessionari. 2. l�evoluzione normativa della disciplina delle royalties e il ruolo dello stato �proprietario� degli idrocarburi. I Giudici, come pu� osservarsi, nel motivare l�accoglimento dell�appello -che sarebbe stato da ancorare piuttosto alla diversit� di rationes -hanno svolto valutazioni di carattere �pratico�, legate all�esigenza di mantenere costante, tramite le royalties, l�introito dello Stato, non soffermandosi invece sulla diversa natura dei due istituti, che giustifica l�applicazione di due indici differenti, e che in questa sede si prova a ricostruire. La differenza, in primo luogo, ha carattere �strutturale�, riguardando peraltro due momenti �separati� del mercato del gas naturale, al pari di quello dell�energia elettrica, mercato di filiera, caratterizzato da molteplici fasi: da un lato, la coltivazione degli idrocarburi, fase up-stream della filiera e dall�altro la vendita di gas naturale, fase tipicamente downstream, che vede la cessione del prodotto agli utenti finali. In secondo luogo, il divario nasce dall�impatto delle politiche di liberalizzazione delle public utilities, adottate dalla Comunit� Europea tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso attraverso lo strumento del vecchio art. 90 del Trattato Istitutivo (oggi art. 106 del Trattato sul Funzionamento del (5) Il riferimento � all�art. 81, comma 3, Cost. per cui �Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte�. Sull�evoluzione dell�art. 81, si veda M. PASSALACQUA, �Pareggio � di bilancio contro intervento pubblico nel nuovo art. 81 della costituzione, in amministrazione in cammino, 2012, pp. 1 ss. (6) Art. 13, d.l. del 24 gennaio 2012 n. 1 �Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit��, G.U. del 24 gennaio 2012 n. 19 (convertito, con modificazioni in l. 24 marzo 2012 n. 27, G.U. del 24 marzo 2012 n. 71). CONTENzIOSO NAzIONALE l�Unione Europea) che faceva divieto agli Stati Membri di emanare o mantenere nei confronti delle imprese titolari di �diritti speciali o esclusivi� misure contrarie alle norme del Trattato, segnatamente quelle relative alle regole concorrenziali, e sottoponeva a queste ultime le imprese pubbliche e private, incaricate di servizio di interesse economico generale e aventi carattere di monopolio fiscale, tranne nel caso in cui l�applicazione delle suddette regole fosse ostativo all�adempimento della �specifica missione� loro affidata (7). Con le prime direttive di liberalizzazione, adottate nel settore delle telecomunicazioni (8), � stata sancita la soppressione dei diritti speciali ed esclusivi in capo ad alcune imprese, imponendo contemporaneamente agli incumbent di favorire l�entrata dei nuovi operatori nel mercato, ad esempio, garantendo l�accesso all�infrastruttura o l�interconnessione tra le reti (9). Per effetto di queste politiche, laddove alcuni servizi pubblici sono stati completamente liberalizzati (10) (basti pensare, tra i servizi a rete infrastrutturale, alle comunicazioni elettriche, liberalizzate sia a livello di servizio sia di rete e, tra gli altri, pi� di recente il servizio postale, a seguito dell�entrata in vigore della Legge per il mercato e la concorrenza (11)) e altri hanno conosciuto una parziale apertura alla concorrenza (esempio emblematico � il trasporto ferroviario, dove vi � una netta separazione tra la rete, gestita in regime concessorio e monopolistico, poich� non fisicamente ed economicamente duplicabile e il servizio, oggi liberalizzato (12)), nel mercato degli idrocarburi e (7) La definizione di diritti speciali o esclusivi non appare nel Trattato, n� � presente nelle prime direttive di liberalizzazione. La giurisprudenza comunitaria li ha definiti come quei diritti conferiti dall�autorit� di uno Stato Membro a un�impresa o a un numero limitato d�imprese sulla base di criteri che non sono obiettivi, proporzionati e non discriminatori e che influenzano la capacit� di altri operatori di prestare il servizio nello stesso territorio, a condizioni equivalenti; si veda Corte di Giustizia, CE, the Queen c. secretary of state for trade and industry -british telecommunications, C-302/94, 12 dicembre 1996, � 34. (8) Direttiva della Commissione CEE del 16 maggio 1988 n. 301 �Concorrenza sui mercati dei terminali di telecomunicazione� (c.d. Direttiva Terminali), G.U.c.e. del 25 maggio 1988, n. L 131 e Direttiva della Commissione CEE del 28 giugno 1990 n. 388 �Concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazione� (c.d. Direttiva Concorrenza), G.U.c.e, 24 luglio 1990 n. L 192. (9) Sulle politiche di liberalizzazione di ispirazione comunitaria dei servizi pubblici, si veda N. RANGONE, i servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999. (10) La liberalizzazione ex art. 106 TFUE si definisce �economica�, poich� comporta la soppressione dei limiti all�entrata nel mercato, da tenere distinta dalla liberalizzazione �amministrativa�, ossia, la soppressione dei vincoli di matrice pubblicistica che gravano sui privati. Tuttavia, la liberalizzazione economica pu� comportare nella fase iniziale un penetrante intervento pubblico, come � avvenuto durante gli anni Novanta del secolo scorso. Per la distinzione, si veda S. CASSESE, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici ed autonomie private, in rivista trimestrale di diritto pubblico, II, 2000, pp. 392-393. (11) Art. 1, commi 57 e 58, l. 4 agosto 2017 n. 124 �Legge annuale per il mercato e la concorrenza �, G.U. del 14 agosto 2017 n. 189 che hanno soppresso il monopolio in capo a Poste Italiane s.p.a. della notifica di multe e atti giudiziari. Per un primo commento alla legge, D. AGUS, la legge annuale per il mercato e la concorrenza, in Giornale di diritto amministrativo, VI, 2017, pp. 729 ss. (12) � stata prevista, infatti, dal �Quarto Pacchetto Ferroviario�, la liberalizzazione del trasporto nazionale passeggeri a partire dal 2019. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 del gas naturale, tradizionalmente, un mercato verticalmente integrato, la liberalizzazione ha interessato solo alcune attivit� della filiera, sottoposte oggi a regime autorizzatorio, mentre altre restano assoggettate a un regime concessorio e/o monopolistico. A seguito dell�influenza europea, si � assistito a una riduzione della discrezionalit� dei pubblici poteri nel rilascio dei titoli abilitativi all�attivit� di impresa (13); � inoltre venuto meno il regime di riserva ex art. 43 della Costituzione in capo all�ENI (14), seppur parziale, poich� concentrato in alcune zone geografiche determinate (15). La coltivazione di idrocarburi � caratterizzata da una disciplina molto articolata e frammentaria, contenuta in diverse normative (16). La concessione di coltivazione � accordata ai titolari di permessi di ricerca che, a seguito di perforazione di uno o pi� pozzi, abbiano rinvenuto idrocarburi liquidi o gassosi, �se la capacit� produttiva dei pozzi stessi e gli altri elementi di valutazione geo-mineraria disponibili giustifichino tecnicamente ed economicamente lo sviluppo del giacimento scoperto� (17), che presentino un programma di lavoro e siano in possesso di requisiti normativamente previsti (18). (13) Sull�evoluzione della disciplina del gas naturale e sulla sua apertura al mercato anche alla luce della normativa europea, si vedano N. RANGONE, i servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999, pp. 187 ss.; G. NAPOLITANO, l�energia elettrica e il gas, in S. CASSESE (a cura di) diritto amministrativo speciale, II, Milano, Giuffr�, 2003, pp. 2189 ss.; G. CAIA - S. COLOMBARI, regolazione amministrativa e mercato interno del gas naturale, in rassegna giuridica dell�energia elettrica, II, 2000, pp. 339 ss.; E. BRUTI LIBERATI, la regolazione pro-concorrenziale dei servizi pubblici a rete. il caso dell�energia elettrica e del gas naturale, Milano, Giuffr�, 2006. (14) Sul regime della riserva, si vedano S. CASSESE, la regolamentazione dei servizi di pubblica utilit� in italia, in l�industria, XIII, 1992, pp. 167 ss. e F. TRIMARCHI BANFI, organizzazione ad iniziativa privata e organizzazione economica ad iniziativa riservata negli articoli 41 e 43 della costituzione, in Politica del diritto, I, 1992, pp. 3 ss. (15) Nel 1953 erano state attribuite all�Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) - ente con personalit� giuridica di diritto pubblico, prima della sua trasformazione in societ� per azioni nel 1992 - in regime di riserva, la ricerca e la coltivazione di idrocarburi nella Valle Padana e nell�alto Adriatico e la costruzione e l�esercizio di condotte per il trasporto di idrocarburi minerari nazionali, ai sensi della l. 19 febbraio 1953, n. 136 �Istituzione dell�Ente Nazionale Idrocarburi (E.N.I)� G.U. del 27 marzo 1953 n. 72. L�art. 2 della suddetta legge prevedeva inoltre la possibilit� dell�Ente di svolgere attivit� di lavorazione, trasformazione, utilizzazione e commercio di idrocarburi, in osservanza della vigente legislazione; ai sensi dell�art. 3, invece, i compiti per i quali � riconosciuta l�esclusiva dovevano essere svolti mediante societ� controllate dallo stesso Ente. Successivamente, il regime di esclusiva attribuito all�ENI era stato esteso anche ad altre attivit�: l�art. 5, l. 21 luglio 1967 n. 613 �Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla l. 11 gennaio 1957 n. 6 sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi�, G.U. del 3 agosto 1967 n. 194 aveva attribuito all�Ente la riserva di prospezione (ossia l�insieme dei rilievi geografici, geologici e geofisici intesi ad accertare la natura del sottofondo marino). (16) Definiti, quali �combustibili liquidi e gassosi� di �interesse nazionale� dall�art. 2, comma 1, del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 382 �Disciplina dei procedimenti di conferimento dei permessi di ricerca e di concessioni di coltivazione di giacimenti minerari di interesse nazionale e di interesse locale�, G.U. del 18 giugno 1994 n. 141. (17) Art. 9, comma 1, l. 9 gennaio 1991 n. 9 �Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autopro CONTENzIOSO NAzIONALE Una prima apertura alle regole concorrenziali, con conseguente scardinamento del monopolio (seppur parziale) venuto ad esistenza, deriva dal legislatore eurounitario, con la Direttiva del 30 maggio 1994 n. 22 (19), in materia di condizioni di rilascio e di esercizio di autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. La Direttiva parte dal presupposto di dover garantire un accesso non discriminatorio alle attivit�, tramite modalit� maggiormente concorrenziali, con lo scopo di rafforzare il mercato interno energetico (20); prevede che possano richiedere l�autorizzazione (21) tutti i soggetti in possesso di alcuni requisiti e che il rilascio del titolo debba avvenire sulla base di criteri obiettivi e preventivamente pubblicati (22). A seguito dell�entrata in vigore del d.lgs. n. 625/1996, che rappresenta il primo passo verso l�erosione del regime della riserva delle attivit� di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (23), � previsto che le suddette attivit� siano esercitate in modo che non vi siano discriminazioni tra enti richiedenti e soggetti gi� titolari (24). La disciplina della concessione di coltivazione e della sua limitata apertura al mercato si interseca con la disciplina delle royalties, ossia la quota di prodotto estratto oppure il valore dell�aliquota del prodotto di coltivazione da corrispondere allo Stato. La previsione di royalties � strettamente connessa alla natura di �bene pubblico� degli idrocarburi, che fanno parte del patrimonio indisponibile ai sensi dell�art. 826 c.c: esse costituiscono una delle massime espressioni del potere concessorio dello Stato (25). La normativa -peraltro analizzata anche in motivazione -originaria duzione e disposizioni fiscali�, G.U. del 16 gennaio 1991 n. 13; art. 12, D.P.R. 18 aprile 1994 n. 484 �Regolamento recante la disciplina dei procedimenti di conferimento dei permessi di prospezione o ricerca e di concessione di coltivazione di idrocarburi in terraferma e in mare�, G.U. dell�8 agosto 1994 n. 184. (18) Art. 27, l. n. 613/1957. (19) Direttiva del Parlamento e del Consiglio CE del 30 maggio 1994 n. 22 �Condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi�, G.U.c.e. del 30 giugno 1994 n. L 164/3. (20) Considerando 6, Direttiva 94/22/CE; Artt. 3 e 5, Direttiva 94/22/CE. (21) Si noti come la normativa europea definisca �autorizzazioni� i titoli abilitativi, anzich� concessioni. (22) Considerando 7, Direttiva 94/22/CE. (23) Art. 23, l. n. 625/1996, che ha previsto, a decorrere dal 1� gennaio 1997, la cessazione dei regimi di esclusiva in capo a E.N.I. s.p.a., che pu� comunque, ai sensi dell�art. 24, comma 1 del d.lgs. n. 625/1996 ottenere dal Ministero l�attribuzione di permessi di ricerca, di concessioni di coltivazione e di stoccaggio �a salvaguardia dei diritti maturati in regime di esclusiva�. L�art. 24, comma 2 dispone che i titoli minerari sono attribuiti all�ENI che li esercita attraverso societ� controllate o collegate. (24) Art. 3, comma 3, d.lgs. n. 625/1996. Resta ferma la facolt� dei pubblici poteri - per motivi di sicurezza nazionale - di negare l�autorizzazione all�accesso o all�esercizio dell�attivit� a enti effettivamente controllati da Stati o cittadini non appartenenti all�Unione Europea. (25) La partecipazione dello Stato ai profitti dei concessionari, ad avviso di G. GUGLIELMI, idrocarburi, in enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX, p. 990, pu� essere considerata la �pi� antica ed autentica espressione del diritto dominicale�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 mente prevedeva un corrispettivo �in natura� da corrispondere allo Stato a titolo di onere concessorio e in aggiunta al canone, secondo scaglioni progressivi (26), a cui faceva da contraltare la possibilit� alternativa per i concessionari di corrispondere in luogo del prodotto, il valore di esso (27). Successivamente, l�art. 66 della l. 21 luglio 1967 n. 613 ha modificato la disciplina precedente, introducendo il criterio di �proporzionalit� alla produzione �, commisurato al prodotto effettivamente estratto o, in alternativa, disponendo che il concessionario corrisponda per periodi determinati, il valore di esso calcolato a bocca di pozzo (28). Il quadro normativo � rimasto sostanzialmente immutato fino alla Direttiva 94/22/CE, che ha disposto che gli Stati Membri possano subordinare la concessione al possesso di alcuni requisiti e condizioni oppure al �versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi� (29). Il legislatore sovranazionale ha dunque conservato l�istituto delle royalties, introducendo un�alternativa tra il versamento di un corrispettivo in natura oppure pecuniario; soluzione, quest�ultima, fatta propria dal d.lgs. n. 625/1996 che, come si � visto, prevede che i concessionari corrispondano allo Stato l�equivalente monetario del valore del prodotto coltivato. Dalla complessa legislazione in materia di idrocarburi, emerge come, una volta venuta meno la riserva, la coltivazione del giacimento - sebbene svolta formalmente in regime di concorrenza per il mercato a seguito delle politiche di liberalizzazione sovranazionali - abbia natura concessoria (30), laddove si (26) Art. 22, comma 1, l. n. 6/1957. (27) Art. 22, comma 3, l. n. 6/1957. Il comma 4 prevedeva che il valore dell�aliquota fosse da determinarsi in base al prezzo medio realizzato dal concessionario nel corso dell�anno per la vendita del suo prodotto. (28) Sull�evoluzione della disciplina delle royalties, con particolare riferimento alla l. n. 613/1967, G. ENDRICI, idrocarburi, in enciclopedia del diritto, vol. XV, 1988, p. 4. (29) Art. 6, comma 1, Direttiva 94/22/CE. (30) Secondo la nota definizione elaborata da O. RANELLETTI, teoria generale delle autorizzazioni e concessioni, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1894-1897, passim, con il provvedimento concessorio, l�amministrazione attribuirebbe al privato ex novo (c.d. concessioni costitutive: �[nelle concessioni] si esce fuori del campo di attivit� proprio di ogni individuo e si passa al di l� in una nuova sfera, che lo Stato viene a lui ad aprire, si ha in altre parole un vero nuovo diritto (sensu lato), che dallo Stato � conferito al privato, senza che questi ne abbia neppure il germe�) oppure gli trasferiscono (c.d. concessioni traslative) la titolarit� di un diritto �nuovo�, non esercitabile in assenza di concessione. La successiva dottrina sulle concessioni amministrative ha richiamato, spesso criticamente, la posizione del Ranelletti e la distinzione tra concessioni costitutive e traslative. Quest�ultima distinzione � stata aspramente censurata: senza pretese di esaustivit�, E. SILVESTRI, concessione amministrativa (voce), in enciclopedia del diritto, 1961, VIII, p. 371, ammette l�esistenza delle sole concessioni costitutive, per cui � da ritenere che il privato non subentri nella titolarit� del diritto o nel potere dell�amministrazione concedente, ma acquisti solo una facolt� particolare. M.S. GIANNINI, diritto amministrativo, Vol. 2, Milano, Giuffr�, 3�ed., 1993, p. 652, che reputa la suddetta costruzione �elementare�: � ammissibile che le concessioni siano considerate ampliative della sfera giuridica soggettiva, ma non sono i soli strumenti dotati di tale potere, tipico anche delle autorizzazioni costitutive e dei negozi di diritto privato posti in essere tra pubbliche amministrazioni che ampliano la CONTENzIOSO NAzIONALE ritiene che si tratti di concessione non gi� di un bene, ma di attivit� riservata allo Stato (31) e a carattere discrezionale, poich� � attribuito ex lege all�amministrazione il potere di compiere diverse valutazioni (ad esempio, sulla possibilit� di sfruttare il pozzo, di stabilire le condizioni a cui la concessione � sottoposta e di approvare altres� il programma di sviluppo dell�area di coltivazione): in capo al concessionario si creerebbe una situazione giuridica non assimilabile a un diritto soggettivo perfetto (32). La �liberalizzazione� cos� introdotta dalla Direttiva 30 maggio 1994 n. 22 e recepita dal d.lgs. n. 625/1996 � dunque solo parziale e formale. Se da un lato, infatti, � venuto meno il regime della riserva, sono cessate le esclusive in capo all�operatore monopolista e questo ha permesso a diversi soggetti di operare nel mercato e di ottenere il titolo necessario alla coltivazione; dall�altro, l�attivit� di coltivazione resta �contingentata� e fortemente caratterizzata dal- l�autoritativit� dei pubblici poteri, in quanto attribuita a un numero limitato di soggetti (vista anche la scarsit� di risorse naturali) designati in base a una valutazione a carattere discrezionale dell�amministrazione e tenuti ex lege a corrispondere un corrispettivo monetario (obbligo che discendere dall�essere titolari di concessione); si osserva inoltre come la presenza dell�Autorit� di regolazione sia quasi del tutto assente, mentre risulti preponderante quella ministeriale, organizzazione amministrativa tradizionalmente connessa al potere politico. Dunque, anche a seguito delle spinte liberalizzatrici, la coltivazione di idrocarburi resta un�attivit� formalmente concorrenziale (svolta in regime di concorrenza per il mercato), ma sostanzialmente �concessoria�, caratterizzata da elevata discrezionalit� dei pubblici poteri nel rilascio del titolo abilitativo: la natura concessoria � peraltro da ricondurre alla stessa previsione delle royalties, oggetto della controversia dinanzi al Consiglio di Stato. La ratio delle royalties � dunque quella di rendere partecipe lo Stato - in veste di �proprietario� del bene-giacimento o di soggetto che �concede� a terzi lo svolgimento dell�attivit� di coltivazione -dei profitti legati all�attivit�, attraverso la cessione sfera giuridica del soggetto. Infine, parte della dottrina ha ritenuto che le concessioni amministrative fossero da ricondurre ad atti di diritto privato e che avessero struttura contrattuale: per M. D�ALBERTI, le concessioni amministrative. aspetti della contrattualit� delle pubbliche amministrazioni, Napoli, Jovene, 1981, pp. 294-295; 360, il rapporto concessorio nasce dal contratto che ne disciplina ogni aspetto, ma non vi sarebbe alcun provvedimento amministrativo di concessione, poich� l�unico atto amministrativo esistente sarebbe un �decreto di mera approvazione del contratto�, alla cui conclusione si pu� giungere, peraltro, anche a seguito di valutazione discrezionale. Ne consegue che a determinare il contenuto della concessione � proprio il contratto: il decreto di approvazione si limita a stabilire che la convenzione � stata approvata e resa esecutoria. In generale, ad avviso dell�Autore, si pu� affermare che i contratti di concessione siano pi� rispondenti al modello di diritto comune con deroghe ispirate al diritto amministrativo, che non a un modello ispirato al diritto amministrativo stesso. (31) G. GUARINO, scritti di diritto pubblico dell�economia e di diritto dell�energia, Milano, Giuffr�, 1962, p. 270. (32) G. GUGLIELMI, cit. (voce), in enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX, p. 988. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 di parte dei prodotti estratti (come avveniva un tempo) o il valore dell�aliquota di prodotto coltivato (come previsto dall�art. 19 della l. n. 625/1996). � dunque necessario, alla luce di quanto esposto, che le aliquote siano determinate in modo tendenzialmente certo: come ha anche riconosciuto il Consiglio di Stato, l�indice QE, legato a valori di mercato ancora stabili e non condizionati dalle variazioni dei prezzi sul mercato, al momento permette un�entrata costante per lo Stato. 3. il ruolo dello stato regolatore: la determinazione dei prezzi del gas sul mercato tutelato come forma di determinazione amministrativa dei prezzi. Considerazioni diverse meritano di essere svolte per la vendita del gas naturale. Si tratta invero di un�attivit� a valle della filiera (c.d. attivit� downstream), che, a differenza della coltivazione di idrocarburi, ha conosciuto una liberalizzazione totale e la conseguente presenza del soggetto regolatore, anche al fine di tutelare gli utenti finali e i consumatori. L�attivit� di vendita del gas � stata oggetto di una puntuale disciplina, volta ad introdurre regole concorrenziali in questa fase della filiera, in un primo momento nel 1998, con la Direttiva del 22 giugno n. 30 (c.d. �Prima Direttiva Gas�) (33). La direttiva � stata in seguito abrogata dalla Direttiva del 26 giugno 2003 n. 55 (34) poi abrogata a sua volta dalla Direttiva del 13 luglio 2009 n. 73 (35), attualmente il testo normativo europeo principale vigente in materia di gas naturale. La Prima Direttiva Gas � stata attuata con d.lgs. del 23 maggio 2000 n. 164 (c.d. Decreto Letta), modificato poi negli anni al fine di attuare la legislazione europea successiva (36). In base al Decreto Letta, sono libere le attivit� di importazione, esportazione, trasporto e dispacciamento, distribuzione e vendita di gas naturale, mentre resta in vigore la precedente disciplina per la coltivazione e lo stoccaggio di cui al d.lgs. n. 625/1996, assoggettate a regime concessorio (37). In particolare, l�attivit� di vendita � stata separata da quella di distribuzione con l�adozione del Decreto Letta, a livello non solo contabile, ma anche societario (38). Svolta in regime di concorrenza nel mercato, il Decreto Letta aveva (33) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio CE del 22 giugno 1998 n. 30 �Norme comuni per il mercato interno del gas naturale�, G.U.c.e. del 21 luglio 1998 n. L 204. (34) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio CE del 26 giugno 2003 n. 55 �Norme comuni per il mercato interno del gas naturale e abrogazione della direttiva 98/30/CE�, G.U.c.e. del 15 luglio 2003 n. L. 176/57. (35) Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio CE del 13 luglio 2009 n. 73 �Norme comuni per il mercato interno del gas naturale e abrogazione della direttiva 2003/55/CE�, G.U.c.e. del 14 agosto 2009 n. L. 211/94. (36) D.lgs. del 23 maggio 2000 n. 164 �Attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell�art. 41 della legge 17 maggio 1999 n. 144�, G.U. del 20 giugno 2000 n. 142. (37) Art. 1, d.lgs. n. 164/2000. CONTENzIOSO NAzIONALE inizialmente previsto che fosse originariamente esercitata mediante autorizzazione non discrezionale (39) da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, sulla base della verifica di alcuni requisiti normativamente previsti (40). A seguito delle modifiche introdotte dalla ricezione della direttiva 2009/73/CE, l�autorizzazione � stata sostituita dall�iscrizione in un elenco detenuto dal Ministero, sempre subordinata alla verifica degli stessi requisiti precedentemente previsti (41). Con decreto ministeriale (42) sono stati poi specificati i requisiti necessari ai fini dell�iscrizione (43). Le domande di iscri (38) Art. 21, comma 2, d.lgs. n. 164/2000. Si veda, a tal proposito, TAR Abruzzo-Pescara, sentenza del 13 febbraio 2002, n. 252 che ha annullato il bando di un Comune con cui si affidavano il servizio di distribuzione e quello di vendita allo stesso soggetto, poich� l�attivit� di vendita pu� essere esercitata dall�impresa distributrice solo in via del tutto eccezionale e transitoria e che solo l�attivit� di distribuzione (e non anche l�attivit� di vendita), in quanto definita dalla legge come attivit� di servizio pubblico, possa essere affidata tramite gara, con nota di M. MONTEDURO, il servizio pubblico di distribuzione del gas naturale nella riforma operata dal d.lg. n. 164 del 2000: profili sostanziali e procedimentali in foro amm. tar, fasc. 2, 2002, pp. 590 ss. (39) La letteratura sulle autorizzazioni amministrative � vastissima. La teoria delle autorizzazioni � stata elaborata da O. RANELLETTI, teoria Generale delle autorizzazioni e concessioni, ii, facolt� create, Torino, Fratelli Bocca Editori, 1894, pp. 6-7. Secondo il Ranelletti, le autorizzazioni sono da ricondurre a una funzione conservatrice dello Stato e consistono nella rimozione di un limite, che impedisce al singolo di esplicare la propria libert� per ragioni di ordine pubblico; l�amministrazione concede l�autorizzazione (rimuovendo il limite), nel momento in cui le condizioni del richiedente �[diano] sufficiente garanzia che tutte le esigenze giuridiche e sociali, in nome delle quali quei limiti furono posti all�attivit� individuale, saranno rispettate�; di conseguenza, l�amministrazione, prima di accordare il provvedimento, deve compiere una valutazione (da ritenersi tuttavia discrezionale, in quanto Ranelletti parla di apprezzamento dello �stato delle cose, che si presenta in quel dato momento, per decidere della convenienza o meno di permettere quel dato atto, secondo gli scopi d�interesse collettivo�): secondo lo studioso, dunque, tranne in alcuni casi eccezionali, � sempre l�amministrazione (e dunque il potere esecutivo) ad emanare il provvedimento autorizzatorio. Si vedano altres� i noti contributi, che partendo dalla teoria di Ranelletti, hanno esaminato criticamente l�istituto dell�autorizzazione amministrativa, di A.M. SANDULLI, notazioni in tema di provvedimenti autorizzativi, in rivista trimestrale di diritto pubblico, 1957, pp. 784 ss.; F. FRANCHINI, le autorizzazioni amministrative costitutive di rapporti giuridici per l�amministrazione e i privati, Milano, Giuffr�, 1957; R. VILLATA, autorizzazioni amministrative e iniziativa economica privata, Milano, Giuffr�, 1974; A. ORSI BATTAGLINI, autorizzazione amministrativa (voce), in dig. disc. Pubbl., 1988, pp. 58 ss.; F. FRACCHIA, autorizzazione amministrativa e situazioni giuridiche soggettive, Napoli, Jovene, 1996. (40) Tra queste, il testo precedente dell�art. 17, d.lgs. n. 164/2000 prevedeva la disponibilit� di un adeguato servizio di modulazione; dimostrazione della provenienza di gas e affidabilit� del trasporto e adeguate capacit� tecniche e finanziarie. Se a seguito di inoltro della domanda, il Ministero rimaneva silente e non esprimeva un rifiuto motivato entro tre mesi, l�attivit� si considerava autorizzata. (41) Sul passaggio dall�autorizzazione all�iscrizione al registro detenuto dal Ministero, si vedano S.M. SAMBRI, M. MENGASSINI, le attivit� up-stream nel settore dell�energia elettrica e del gas naturale, in E. PICOzzA, S.M. SAMBRI (a cura di), il diritto dell�energia, Padova, Cedam, 2015, pp. 486 ss. (42) D.M. del 29 dicembre 2011 �Semplificazione per le attivit� di vendita di gas naturale e di biogas ai sensi dell�articolo 30 del decreto legislativo 1� giugno 2011, n. 93�, G.U. del 21 gennaio 2012 n. 17. (43) Artt. 3 e 5, D.M. del 29 dicembre 2011. Il richiedente deve provare la propria capacit� tecnica, sulla base della presentazione del certificato camerale (fornendo, inoltre, la struttura organizzativa del- l�impresa richiedente, l�elenco delle competenze disponibili anche in termini di risorse umane e l�elenco delle attivit� svolte; dall�oggetto sociale, invece, deve risultare che tra le attivit� svolte vi � quella di RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 zione sono presentate al Ministero almeno tre mesi prima dell�inizio dell�attivit� e s�intendono accolte se questo non esprime un diniego motivato entro questo periodo (44); l�elenco � pubblicato sul sito del Ministero e aggiornato mensilmente (45). Come si pu� osservare, la fase di vendita del gas naturale ha una natura molto diversa da quella di coltivazione degli idrocarburi. Si tratta infatti della fase finale (downstream) della filiera, laddove il prodotto viene venduto agli utenti. La vendita, a differenza della coltivazione, � totalmente liberalizzata: vi � stato dunque un passaggio da un regime di riserva a un regime di full competition, accompagnato da alcune misure di ri-regolazione (46). � mutata anche la natura del titolo abilitativo all�attivit�: se prima dell�entrata in vigore del Decreto Letta, questa era svolta in regime concessorio da parte dello stesso soggetto distributore, a seguito dell�entrata in vigore del d.lgs. 164/2000, questa viene inizialmente svolta sulla base di un�autorizzazione non discrezionale (47), rilasciata sulla base dell�accertamento di requisiti oggettivi e soggettivi previsti dalla legge, con la conseguenza che il rilascio della suddetta autorizzazione costitutiva atto dovuto (48). Successivamente, come si � visto, il rilascio del titolo abilitativo � stato ulteriormente semplificato con la previsione di un�iscrizione in un registro detenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico; si � ritenuto che la suddetta iscrizione mantenga natura di autorizzazione amministrativa, anche ai fini della tutela giurisdizionale (49) e che possa avere natura di autorizzazione �obiettivata�, poich� sebbene il controllo ex ante non sia stato eliminato, la discrezionalit� dell�amministrazione nel rilascio del provvedimento si � notevolmente ridotta o � venuta meno, poich� per esercitare l�attivit� � necessario soddisfare i requisiti previsti dalla legge (50). vendita di gas) e quella finanziaria, provata sulla base di documentazione comprovante i bilanci degli ultimi tre anni e sulla possibilit� di finanziare l�acquisto di gas per un periodo minimo di tre anni (con l�obbligo di fornire in adeguate garanzie se ci� non fosse possibile); la disponibilit� e la provenienza di gas sono comprovate mediante apposita dichiarazione attestante la capacit� di modulazione. (44) Art. 2, D.M. del 29 dicembre 2011. (45) Art. 17, comma 4, d.lgs. n. 164/2000. (46) Tra queste, ai sensi dell�art. 19, comma 2 e 3 del d.lgs. n. 164/2000, il divieto per l�incumbent di vendere, direttamente o a mezzo di altre societ�, ai clienti nazionali pi� del 50% dei consumi nazionali di gas su base annuale dal 1� gennaio 2003 al 31 dicembre 2010. (47) Autorizzazione �vincolata�, secondo il modello elaborato da A. ORSI BATTAGLINI, autorizzazione amministrativa (voce), in dig. disc. Pubbl., 1988, p. 73. (48) Sul punto, si veda S. COLOMBARI, l�attivit� di vendita del gas naturale tra regolazione e liberalizzazione, in foro amm., tar 2003, pp. 401 ss., che rinviene a conferma di ci� anche la previsione di un meccanismo di silenzio-assenso, decorsi tre mesi dalla richiesta, e dal fatto che l�autorizzazione non possa essere negata se non per motivi obiettivi e non discriminatori. L�Autore ritiene peraltro che la fase della vendita non possa essere ascritta al novero dei servizi di pubblica utilit�: il d.lgs. n. 164/2000 non configura la vendita come servizio pubblico (come avviene, per esempio con l�attivit� di distribuzione) e l�attivit� si svolgerebbe al pari di qualsiasi attivit� di impresa. (49) S.M. SAMBRI, M. MENGASSINI, cit., in E. PICOzzA, S.M. SAMBRI (a cura di), il diritto del- l�energia, Padova, Cedam, 2015, p. 486. CONTENzIOSO NAzIONALE Si tratta dunque di un�autorizzazione non solo vincolata e non discrezionale, ma da annoverare tra le autorizzazioni conformi al diritto europeo, ossia rilasciate in base a criteri trasparenti, non discriminatori, obiettivi e proporzionali, oltre che adeguatamente motivati (51). Inoltre, dal 1� luglio 2007 tutti i clienti sono considerati idonei, ossia liberi di acquistare gas naturale dal fornitore di propria scelta (52). Nella fase della vendita del gas, completamente liberalizzata, al contrario di quanto avviene nelle fasi downstream, � preponderante il ruolo del soggetto regolatore, trattandosi di una fase della filiera genuinamente concorrenziale (53). L�intervento regolatorio interviene spesso nei mercati di nuova liberalizzazione e pu� assumere diverse forme che vanno dalla regolazione dell�assetto organizzativo alla regolazione dell�accesso al mercato, alla regolazione dell�esercizio al mercato, in cui rientra la regolazione di prezzi e tariffe (54). A fronte di un mercato liberalizzato -a cui � possibile accedere attraverso un titolo abilitativo semplificato e in cui tutti i clienti sono idonei - sono previste alcune forme di tutela a favore di utenti e consumatori. L�art. 22 del Decreto Letta prevede infatti il c.d. �servizio di tutela� per i clienti domestici (che rientrano tra i clienti �protetti�, unitamente alle utenze relative ad attivit� di servizio pubblico) e per i clienti c.d. vulnerabili, una particolare categoria di clienti domestici per cui vigono i medesimi obblighi previsti per i clienti protetti (55). � dunque rilevante il ruolo del soggetto regolatore, ossia dell�ARERA, che determina i prezzi di riferimento per la vendita ai clienti domestici (e anche a quelli vulnerabili) nell�ambito degli ob (50) L�espressione �autorizzazione obiettivata� � di M. D�ALBERTI, Poteri Pubblici, mercati e Globalizzazione, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 101 che annovera tra questo tipo di autorizzazioni le autorizzazioni bancarie. (51) N. RANGONE, cit., pp. 286-287 che ritiene che questa tipologia di provvedimento dovrebbe essere rilasciato da organismi di regolazione, soluzione che � in un primo momento stata adottata in Italia per le sole telecomunicazioni, mentre per il settore energetico (compreso quello del gas) � stato adottato un sistema �binario� basato sul riparto di competenze tra Autorit� e Ministero. Lo stesso riparto, a seguito dell�adozione del Codice delle Comunicazioni Elettroniche, � stato previsto anche per le comunicazioni elettroniche. (52) Art. 22, comma 1, d.lgs. n. 164/2000. (53) La regolazione, intesa come forma di intervento pubblico nell�economia, secondo gli economisti, interviene in presenza di market failures, connessi all�esistenza di monopoli naturali; alla presenza di beni pubblici, di esternalit� e di asimmetrie informative tra operatori economici e utenti, come sottolineato da A. OGUS, regulation legal form and economic theory, Oxford, Clarendon Press, 1997; pp. 29 ss. (54) Per una ricostruzione del concetto di regolazione e delle varie tipologie di intervento, si veda N. RANGONE, regolazione (voce), in S. CASSESE (a cura di), dizionario di diritto Pubblico, Milano, Giuffr�, 2006, pp. 5057 ss. (55) Art. 22, comma 2-bis, d.lgs. n. 164/2000. I clienti vulnerabili sono �i clienti domestici di cui all'articolo 1, comma 375, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come individuati dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 41 del 18 febbraio 2008�, ossia �i soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 blighi di servizio pubblico. Questa tipologia di utenti, infatti, necessita di una �tutela�, garantita dalla legge tramite l�intervento regolatorio. Il potere del- l�Autorit� di determinare i prezzi costituisce una forma di determinazione amministrativa dei prezzi, molto vicina a quella svolta nel secolo scorso dai Comitati interministeriali dei prezzi (56). La determinazione amministrativa dei prezzi aveva avuto in passato obiettivi di carattere sociale, anche alla luce del disposto dell�art. 41, comma 3, Cost. per cui la legge determina �programmi e controlli�, affinch� l�attivit� economica venga indirizzata e coordinata a fini sociali; successivamente aveva mostrato le proprie debolezze e inadeguatezze (tra queste, sono state individuate in dottrina: le insufficienze della strumentazione prevista; la mancanza di informazioni sui meccanismi di formazione dei prezzi e pi� in generale le disfunzioni del sistema), anche alla luce del diritto eurounitario e delle altre esperienze europee (57); divenendo cos� uno strumento recessivo e mantenuto come, ad esempio, forma di intervento regolatorio. Nel caso di specie, la determinazione dei prezzi per i clienti vulnerabili da parte dell�Autorit� costituisce una forma di regolazione temporanea che ha uno scopo di carattere anche sociale, ossia quello di �accompagnare� clienti economicamente e geograficamente svantaggiati verso un regime di libero mercato. Questa finalit� emerge anche dalla Delibera dell�Autorit� che ha adottato l�indice Pfor per i clienti vulnerabili, con la conseguenza di avere un prezzo pi� basso di acquisto per questi ultimi. La determinazione amministrativa dei prezzi nel settore energetico costituisce peraltro una �categoria a esaurimento�: con l�entrata in vigore della Legge annuale per il mercato e la concorrenza, il regime di maggior tutela � destinato a venir meno dal 1� luglio 2019, aprendo totalmente il mercato alla concorrenza (58): questo a conferma del fatto che la determinazione dei prezzi da parte dell�Autorit� costituisce una forma di sostegno temporanea per alcune categorie di utenti fino alla liberalizzazione completa del mercato. 4. conclusioni. Tirando le fila, da un lato, non � possibile aderire alla tesi prospettata dal Tar Lombardia, per cui sarebbe configurabile un rinvio dinamico da parte della (56) A. POLICE, distribuzione del gas e protezione degli utenti: il ruolo dell�autorit� per l�energia elettrica e il gas, in G. NAPOLITANO, A. zOPPINI (a cura di) annuario di diritto dell�energia 2014. Quali regole per il mercato del gas?, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 220. (57) G. SANVITI, Prezzi e tariffe, in d. disc. Pubbl. XI, Torino, Utet, 1996, p. 513 che menziona, tra le esperienze europee, quella tedesca che aveva, con modifica della costituzione materiale e formale, collegato la manovra dei prezzi agli altri obiettivi del pieno impiego, dell�equilibro della bilancia dei pagamenti e dello sviluppo economico. (58) Art. 1, comma 59, l. 4 agosto 2017 n. 124 �Legge annuale per il mercato e la concorrenza�, G.U. del 14 agosto 2017 n. 189, che ha disposto l�eliminazione dell�art. 22, terzo periodo del d.lgs. n. 164/2000. CONTENzIOSO NAzIONALE disciplina delle royalties alla regolazione di settore e, dall�altro, il Consiglio di Stato, nel riformare l�orientamento dei Giudici di prime cure, ha preferito non approfondire la diversit� degli indici, connessa ad una differenza strutturale tra i due istituti. Per questo, si formulano alcune considerazioni di carattere critico, cercando di colmare il non detto sulle ragioni che giustificano l�utilizzo di due diversi indici. In primo luogo, bisogna sottolineare come l�istituto delle royalties sia intrinsecamente legato alla natura di bene pubblico degli idrocarburi che, in quanto beni del patrimonio indisponibile, appartengono allo Stato, che permette ai terzi di esercitare diritti su di essi, mediante lo strumento della concessione: non a caso, le royalties costituiscono un corrispettivo aggiuntivo rispetto al canone concessorio. La natura di bene pubblico degli idrocarburi si riflette peraltro sull�accesso al mercato: si tratta infatti di un mercato �chiuso�, in cui opera un numero limitato di operatori economici, scelti in base a valutazioni che, nonostante l�influenza della normativa europea, restano in parte discrezionali, anche alla luce della scarsit� del bene-idrocarburo. Nel caso della vendita di gas naturale, invece, siamo in presenza di un prodotto finale che viene venduto in un mercato gi� liberalizzato o comunque tendenzialmente liberalizzato, in cui pu� operare un numero potenzialmente indefinito di imprese e in cui i clienti possono contrattare liberamente: sono tuttavia previste delle tutele (transitorie e in via di esaurimento) per alcune categorie di utenti, per i quali l�Autorit� di settore determina i prezzi di riferimento. In secondo luogo, alla diversa natura del bene, a cui corrisponde anche una diversa tipologia di mercato, sono da riconnettersi due differenti forme di intervento pubblico. Si pu� infatti sostenere che la previsione di un regime di concorrenza per il mercato, connesso alla devoluzione da parte degli operatori economici del corrispettivo monetario di una parte di prodotto estratta quale quello degli idrocarburi, sia da ricondurre a un intervento pubblico di stampo pi� tradizionale da parte dello Stato proprietario dei beni, che in vista della concessione amministrativa del bene demaniale ha diritto a un corrispettivo (basti pensare che un tempo, come gi� � stato osservato, vigeva la riserva di cui all�art. 43 della Costituzione che prevede la facolt� per lo Stato di riservare o trasferire alcune attivit� di impresa ai pubblici poteri, relative in particolare a �servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio�). � dunque necessario che il criterio utilizzato (nel caso di specie, l�indice QE, legislativamente prestabilito) per determinare le royalties sia quanto pi� possibile stabile, certo e invariato. Quanto alla vendita di gas, invece, l�intervento pubblico, recessivo, assume la forma di regolazione dei prezzi e delle tariffe al fine di tutelare clienti svantaggiati, riconducibile all�art. 41 della Costituzione, da leggersi nella sua RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 interezza. Se da un lato, l�iniziativa economica privata � libera, dall�altro, non solo questa sono pu� svolgersi in contrasto con l�utilit� sociale, ma questa viene �indirizzata� a fini sociali dalla legge mediante programmi e controlli, tra i quali, rientra la determinazione amministrativa dei prezzi e nel caso di specie, la determinazione dei prezzi di vendita del gas da parte dell�Autorit�. Proprio per questo, l�indice utilizzato per determinare i prezzi di vendita ai clienti vulnerabili ha natura maggiormente variabile ed elastica: questo spiega anche perch� il legislatore abbia imposto nel 2012 all�Autorit� un cambiamento di indice, attuato mediante l�adozione dell�indice Pfor nel 2013, che ha comportato un abbassamento dei prezzi per i clienti vulnerabili, in ossequio anche all�esigenza di rispetto dell�utilit� sociale di cui all�art. 41, comma 2 della Costituzione. Il Consiglio di Stato, correttamente, non ha seguito la tesi del Tar Lombardia del rinvio dinamico, evidenziando che sarebbe stata necessaria una legge ordinaria e non un provvedimento amministrativo per poter modificare i criteri di determinazione delle royalties; peraltro, a detta di chi scrive, non sono superabili le differenze sostanziali tra la concessione di coltivazione, che necessita di un indice stabile e certo per determinare le royalties dovute allo Stato e la vendita, che richiede al contrario un indice �flessibile�, che tenga in considerazione anche le esigenze sociali. Consiglio di stato, sezione sesta, sentenza 18 gennaio 2018 n. 290 -Pres. S. Santoro, est. I. Volpe -Min. sviluppo economico, Min. economia e finanze, Autorit� per l�energia elettrica, il gas ed il sistema idrico (avv. ti St. F. Bucalo ed A. Bruni) c. Eni spa (avv.ti F. Todarello e F. Novelli) ed altri. FATTO e DIRITTO (omissis) 57. Preliminarmente occorre disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe in considerazione del fatto che le sentenze impugnate, per quanto formalmente diverse, motivano tutte in modo sostanzialmente analogo fra loro e, in ogni caso, riguardano una vicenda oggettivamente unitaria, nell�ambito della quale le parti dei giudizi -e, soprattutto, le rispettive difese -in buona misura coincidono. 58. Vale poi affrontare la formulata eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo. Il Collegio la reputa infondata. 58.1. L�art. 133 c.p.a. dispone che �1. sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (�): (�) b) le controversie aventi ad oggetto atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, ad eccezione delle controversie concernenti indennit�, canoni ed altri corrispettivi (�)�. La formulata eccezione muove proprio da quest�ultimo inciso della norma processuale citata, assumendosi, con essa, che nella fattispecie il thema decidendum del giudizio si risolva esclusivamente nella questione se i concessionari debbano oggi allo Stato, quale corrispettivo nel- l�ambito del rapporto inter partes, un equivalente monetario (della quota di prodotto gas da CONTENzIOSO NAzIONALE essi estratto e da essi originariamente dovuta allo Stato mediante cessione in natura) calcolato secondo il ricordato, pi� risalente indice �QE� oppure secondo un nuovo, pi� recente indice �Pfor�, con la conseguenza per� che, nel primo caso, il corrispettivo risulterebbe di importo maggiore mentre, nel secondo caso, esso sarebbe di importo apprezzabilmente inferiore. Le parti private che hanno mosso l�eccezione in discorso, tuttavia, propugnano la tesi della sua fondatezza muovendo dal presupposto che l�oggetto della controversia riguardi solo �la clausola prezzo� della loro concessione (concessione-contratto) di coltivazione di giacimenti di gas, senza peraltro farsi adeguatamente carico del fatto che, a ben vedere, la loro contestazione punta nella sostanza, implicitamente, a contestare il perdurante equilibrio economico del loro rapporto concessorio con lo Stato. Equilibrio che si sarebbe perduto nel tempo allorquando, rispetto ad un unico originario indice parametrico (ossia l�indice �QE�, in precedenza mai contestato) sulla base del quale calcolare l�equivalente monetario della quota di gas estratto che ciascun concessionario doveva (in natura, nel passato) allo Stato, � stato individuato dall�Autorit� un nuovo indice (quello �Pfor�) molto pi� conveniente dal punto di vista economico e dei bilanci societari dei concessionari. L�equilibrio (contrattuale) a loro avviso perduto avrebbe determinato - questa, nella sostanza, la tesi implicitamente sottesa alla predetta eccezione - un�eccessiva onerosit� sopravvenuta di tali concessioni, onde l�interesse oggettivo delle parti private si attualizza nel desiderio di vedersi dichiarare - come applicabile ai loro rapporti concessori con lo Stato - un parametro di calcolo (del predetto prezzo corrispettivo) idoneo a rendere economicamente pi� convenienti o, comunque, economicamente pi� equilibrate le medesime concessioni. In quest�ottica, allora, non si pu� ignorare che l�oggetto del presente giudizio tende a non circoscriversi esclusivamente a quella ipotesi eccettuativa contemplata dall�art. 133, co. 1, lett. b), c.p.a. ma, in un�ottica di portata pi� ampia, ad abbracciare la fattispecie generale, maggiormente lata, di contestazione di atti e provvedimenti suscettibili di incidere, nel complesso, sul rapporto di concessione di beni pubblici. Contestazione che, come tale, ricade nel perimetro giurisdizionale proprio del giudice amministrativo. 59. Il Collegio non reputa fondata neppure la formulata eccezione di incompetenza territoriale del Tar meneghino innanzi al quale, in primo grado, si � svolto il giudizio. 59.1. Come detto, nella stessa prospettazione dei concessionari un fattore dirimente, idoneo a suffragare la fondatezza delle loro tesi, � costituito dalla decisione dell�Autorit� di abbandonare l�indice �QE�, in favore di quello �Pfor�, nella determinazione di un pi� appropriato ed attuale indice idoneo a determinare, sul mercato, il prezzo di riferimento del gas. Prezzo, quest�ultimo, da prendere in considerazione per calcolare il corrispettivo pecuniario dovuto allo Stato dai suoi concessionari per l�estrazione di quel determinato prodotto. Ad avviso dei concessionari, � proprio questa decisione dell�Autorit�, dopo che essa � stata adottata, a dover valere, nei loro rapporti con lo Stato, ai fini del calcolo del corrispettivo economico delle loro concessioni, solo l�indice �Pfor� potendo da quel momento in poi assicurare una determinazione equilibrata ed equa della somma di denaro dovuta da ciascun concessionario in funzione delle corrispondenti quote di gas estratto (in passato destinate ad essere cedute in natura allo Stato). In quest�ottica allora -come peraltro condivisibilmente rilevato nelle decisioni di primo grado impugnate, che hanno affrontato il tema in discorso - assume rilievo la disposizione dell�art. 14, co. 2, c.p.a. secondo il quale �2. sono devolute funzionalmente alla competenza inderogabile del tribunale amministrativo regionale della lombardia, sede di milano, le controversie relative ai poteri esercitati dall�autorit� per l�energia elettrica e il gas.�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Discorso probabilmente diverso sarebbe valso qualora i concessionari avessero esplicitamente denunciato un sopravvenuto disequilibrio economico delle loro singole concessioni con lo Stato, con un approccio processuale che in tal caso avrebbe implicato un�analisi ampia di tutte le componenti (con relativi pesi e contrappesi) dei rapporti inter partes. Ma tanto, per�, essi non hanno fatto. 60. Sulla formulata richiesta di promuovere, nell�ambito di questo giudizio, una questione di costituzionalit� ovvero, innanzi alla CGUE, di compatibilit� comunitaria, � opportuno invece tornare in seguito, quando il progredire degli argomenti della presene motivazione avr� consentito di mettere in luce alcuni aspetti della controversia che appaiono rilevanti ai fini della decisione su detta richiesta. 61. Ci� premesso, vale procedere ora alla seguente rassegna normativa. 61.1. L�art. 22, primo comma, alinea, della l. n. 6/1957 prevedeva che �Per le concessioni di coltivazione il concessionario � tenuto a corrispondere allo stato una aliquota del prodotto calcolata, sulla produzione giornaliera per pozzo, riferita alla media dell'anno solare, nelle seguenti misure: (�)�. Seguiva, in quel comma, l�indicazione delle diverse aliquote in funzione di differenti scaglioni progressivi di quantitativi di prodotto estratto. Il secondo comma dell�art. 22 precisava che �Per il gas naturale si applicano le stesse aliquote, assumendo l�equivalenza di una tonnellata di olio a 1200 metri cubi di gas�. Il terzo comma aggiungeva che �con decreto del ministro per l�industria e per il commercio, di concerto col ministro per le finanze, pu� essere stabilito, con preavviso di sei mesi, che il concessionario corrisponda, per periodi determinati, invece del prodotto in natura, il valore di esso determinato come al comma seguente�. Il quarto comma, infine, disponeva che �il valore dell�aliquota di prodotto di cui ai commi precedenti � determinato in base al prezzo medio realizzato dal concessionario nel corso del- l�anno per la vendita del suo prodotto�. Si ricava che, all�epoca: -per un verso, era gi� contemplata l�eventualit� (sebbene discrezionalmente rimessa ad una scelta governativa, adottata volta a volta) che i concessionari non dovessero cedere allo Stato, in natura, la quota dovuta di prodotto estratto ma che essi fossero invece tenuti a versare allo Stato un importo monetario equivalente al valore di tale quota; -per altro verso, che in tale eventualit� il calcolo del tantundem doveva allora essere determinato �in base al prezzo medio realizzato dal concessionario [da ciascun concessionario] nel corso dell�anno per la vendita del suo prodotto�. 61.2. Circa dieci anni dopo il predetto art. 22 � stato novellato (art. 66 della l. n. 613/1967). Per un verso, nel primo comma dell�articolo citato sՏ cos� provveduto a stabilire un�aliquota unitaria (non pi� legata a scaglioni progressivi di quantitativi di prodotto estratto) per la determinazione della quota di prodotto estratto dovuta allo Stato dai concessionari. Per alto verso, nel terzo comma della nuova versione dell�articolo si � previsto che �con decreto del ministro per l�industria, il commercio e l�artigianato, di concerto con quello per le finanze, pu� essere stabilito, con preavviso di sei mesi, che il concessionario corrisponda, per periodi determinati, invece del prodotto in natura, il valore di esso calcolato a bocca di pozzo e determinato con le modalit� di cui al disciplinare tipo�. Va segnalato, giacch� di rilievo, che in questa nuova versione di una disposizione peraltro basicamente gi� esistente la particolarit� era insista in una sostanziale delegificazione di una fonte regolatoria: invero, le �modalit�� di determinazione del tantundem monetario non erano pi� prefissate dalla legge (ossia �prezzo medio realizzato dal concessionario nel corso del CONTENzIOSO NAzIONALE l�anno per la vendita del suo prodotto�) bens� lasciate, a decorrere dal 1967, alla disciplina (che per quanto di formazione unilaterale era pur sempre) di fonte negoziale del rapporto concessorio (ossia, il disciplinare-tipo). 61.3. Sopraggiunge la direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Di questo testo normativo rivestono particolare interesse, ai fini della presente decisione, l�ottavo considerando ed alcune disposizioni del suo art. 6. 61.3.1. L�ottavo considerando recita cos�: �considerando che gli stati membri devono mantenere la facolt� di subordinare l�accesso e l�esercizio di tali attivit� a limitazioni giustificate da motivi di interesse pubblico e al versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi, stabilendo le modalit� del versamento in modo da non interferire nella gestione degli enti; che questa facolt� deve esercitarsi in maniera non discriminatoria; che, ad eccezione degli obblighi legati all'esercizio di tale facolt�, non si devono imporre agli enti condizioni e obblighi non giustificati dalla necessit� di gestire correttamente l�attivit�; che il controllo sulle attivit� degli enti deve limitarsi a quanto necessario per l�osservanza di tali obblighi e condizioni;�. � opportuno, al riguardo, sottolineare fin d�ora che nel primo periodo di questo considerando: -la �e� interposta fra le previsioni di �limitazioni giustificate� e di �versamento di un corrispettivo� non risulta assumere, sintatticamente, una valenza alternativa quanto piuttosto additiva; -la �o� interposta tra le previsioni di un corrispettivo �pecuniario� e(rectius, oppure) �in idrocarburi� � idonea, sintatticamente, a scindere le due possibilit� ivi contemplate, dotando ciascuna di esse di una propria autonomia. Detto altrimenti, non risulta che, nella direttiva, vi sia un vincolo espresso per cui debba indispensabilmente sussistere equivalenza (quantitativa) tra le opzioni del versamento di �un corrispettivo pecuniario� oppure del versamento di (una quota corrispettiva in) �idrocarburi�. Del resto, nel recitato normativo in questione, neppure viene detto quali dovrebbero allora essere - in un�ottica interpretativa opposta - i parametri idonei a stabilire la corrispondenza tra la quota di �idrocarburi� di cui lo Stato membro decidesse d�imporre corrispettivamente la cessione e l�ammontare del �corrispettivo pecuniario� dovuto. Invero, se si fosse voluta imporre una siffatta equivalenza, il considerando avrebbe dovuto esplicitamente dire (con la seguente formula od altra consimile) �versamento di un corrispettivo in idrocarburi od equivalente pecuniario�. 61.3.2. L�art. 6 della citata direttiva prevede al suo co. 1 (ovvero al suo paragrafo 1, secondo la tipica nomenclatura in voga in ambito comunitario) che �1. Gli stati membri provvedono affinch� le condizioni e i requisiti di cui all'articolo 5, punto 2), nonch� gli obblighi particolareggiati relativi all'esercizio di un'autorizzazione specifica siano giustificati esclusivamente dalla necessit� di assicurare il corretto esercizio delle attivit� nell'area geografica per la quale � richiesta l�autorizzazione, mediante applicazione del paragrafo 2 oppure versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi.�. Nel contesto di questo segmento normativo, dunque, sussiste un�alternativa (per gli Stati membri) fra l�imposizione ai concessionari di particolari e predeterminati �condizioni e requisiti per l'esercizio delle attivit�� ovvero del �versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi�. Anche nel contesto di quest�ultimo tratto di disposizione non si rinviene un obbligo, per gli Stati membri, di attenersi ad un vincolo di equivalenza tra il �corrispettivo pecuniario� ed il corrispettivo �in idrocarburi� da essi suscettibile di essere alternativamente preteso nei riguardi dei concessionari in discorso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 61.4. La citata direttiva comunitaria � stata trasposta nell�ordinamento nazionale tramite il d.lgs. n. 625/1996, recante appunto la �attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi�. A circa otto anni dall�entrata in vigore di questo decreto delegato � intervenuta, poi, la l.n. 239/2004, recante �riordino del settore energetico, nonch� delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia�. Ebbene, l�art. 1, co. 93, di quest�ultima legge ha novellato il d.lgs. n. 625/1996, in particolare inserendo un nuovo comma dopo quello numero 5 dell�art. 19 del decreto delegato (di per se stesso gi� rubricato �armonizzazione della disciplina sulle aliquote di prodotto della coltivazione�). Non va ignorato (giacch� niente affatto secondario, ai fini della presente decisione) che la �giustificazione� legislativa alla novella in questione, recata dalla aliena dell�art. 1, co. 93, della l. n. 239/2004, � stata la seguente: �ai fini di una migliore attuazione della normativa in materia di aliquote di prodotto della coltivazione (�)�. 61.4.1. Incidentalmente detto, l�art. 19, co. 1, del d.lgs. n. 625/1996, novellato a propria volta dall�art. 45, co. 1, della l.n. 99/2009, recita cos�: �1. Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1� gennaio 1997, il titolare di ciascuna concessione di coltivazione � tenuto a corrispondere annualmente allo stato il valore di un'aliquota del prodotto della coltivazione pari al 7% della quantit� di idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, e al 7% della quantit� di idrocarburi gassosi e al 4% della quantit� di idrocarburi liquidi estratti in mare.�. 61.4.2. Ebbene, il nuovo co. 5-bis dell�art. 19 del d.lgs. n. 625/1996 dispone, a decorrere dalla fine del 2004, nei termini che seguono: �5-bis. Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1� gennaio 2002 i valori unitari dell'aliquota di coltivazione sono determinati: (�) b) per il gas, per tutte le concessioni e per tutti i titolari, in base alla media aritmetica relativa all'anno di riferimento dell'indice Qe, quota energetica del costo della materia prima gas, espresso in euro per mJ, determinato dall'autorit� per l'energia elettrica e il gas ai sensi della del.aut.en.el. e gas 22 aprile 1999, n. 52/99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1999, e successive modificazioni, assumendo fissa l'equivalenza 1 smc = 38,52 mJ. a decorrere dal 1� gennaio 2003, l�aggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, � effettuato dall�autorit� per l�energia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione�. 61.5. Nel quadro della presente rassegna normativa non pu� mancare, poi, la menzione del- l�art. 11, co. 1, del d. l. n. 7/2007 (recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attivit� economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli), convertito, con modificazioni, dalla l. n. 40/2007, e successive modificazioni. Tale art. 11 (rubricato �misure per il mercato del gas�) al co. 1 recita cos�: �1. al fine di accrescere gli scambi sul mercato nazionale del gas naturale, nonch� di facilitare l�accesso dei piccoli e medi operatori, fino al completo recepimento della direttiva 2003/55/ce del Parlamento europeo e del consiglio, del 26 giugno 2003, con decreto del ministro dello sviluppo economico, sentita l'autorit� per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono determinate le CONTENzIOSO NAzIONALE modalit� con cui le aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas dovute allo stato, a decorrere da quelle dovute per l'anno 2006, sono cedute dai titolari delle concessioni di coltivazione presso il mercato regolamentato delle capacit� di cui all'articolo 13 della deliberazione n. 137/02 del 17 luglio 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002, e secondo le modalit� di cui all'articolo 1 della deliberazione n. 22/04 del 26 febbraio 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 66 del 19 marzo 2004, adottate dall'autorit� per l'energia elettrica e il gas. con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro dello sviluppo economico, sono disciplinate le modalit� di versamento delle relative entrate al bilancio dello stato�. 61.5.1. Per le modalit� di cessione presso il mercato regolamentato di aliquote del prodotto della coltivazione di giacimenti di gas naturale dovute allo Stato, a decorrere da quelle dovute per l�anno 2006, occorre fare poi riferimento ai decreti del Ministro dello sviluppo economico 12.7.2007, 15.10.2008 e 6.8.2010. Si legge in particolare nell�ultimo di essi: -all�art. 1, co. 1, lett. a), che �1. il presente decreto stabilisce: a) le modalit� con cui i produttori di gas naturale assolvono all'obbligo di cui all' articolo 11, comma 1, del decreto- legge n. 7/07 a seguito delle disposizioni dell'articolo 30, comma 2, della legge n. 99/09;�; -all�art. 2, co. 1, lett. b), che �b) per indice Qe si intende la quota energetica del costo della materia prima gas, espresso in euro per mJ, determinata dall'autorit� per l'energia elettrica e il gas ai sensi della delibera n. 52/99 e successive modificazioni, assumendo fissa l'equivalenza: 1 metro cubo standard = 38,52 mJ;�; -all�art. 4, co. 3 (peraltro novellato dall�articolo unico, co. 1, del d.m. 22.7.2011), che �3. non sono accettate offerte in acquisto inferiori all'indice Qe di cui all'art. 19, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 625/1996, pubblicato annualmente con comunicato ministeriale, in data antecedente l'offerta, sul sito internet della direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche.�; -all�art. 4, co. 4, che �4. in caso di mancata vendita, il lotto di gas offerto rimane nella disponibilit� del titolare, il quale � tenuto a corrispondere allo stato l'equivalente valorizzato in misura pari all'indice Qe di cui al comma 3.�. Sono queste, unitamente a quelle del presupposto art. 11, co. 1, del d.l. n. 7/2007, convertito come precedentemente detto, le disposizioni che i concessionari (parti del presente giudizio) segnalano come idonee a testimoniare tangibilmente la fondatezza delle loro tesi di merito. Ma di ci� infra. 61.6. Occorre infine ricordare ancora il tenore dell�art. 13, co. 1, del d.l. n. 1/2012, recante �disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit��. Questa norma, contenuta in un articolo rubricato �misure per la riduzione del prezzo del gas naturale per i clienti vulnerabili�, nella sua versione originaria ha recitato cos�: �1. a decorrere dal primo trimestre successivo all�entrata in vigore del presente decreto, l'autorit� per l'energia elettrica e il gas, al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 1� giugno 2011, n. 93, ai valori europei, nella determinazione dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, introduce progressivamente tra i parametri in base ai quali � disposto l'aggiornamento anche il riferimento per una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. in attesa dell'avvio del mercato del gas naturale di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, i mercati di riferimento da considerare sono i mercati europei individuati ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130�. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Nella versione successiva alla legge di conversione (l. n. 27/2012) del predetto decreto-legge, essa recita ora cos�: �1. a decorrere dal primo trimestre successivo all�entrata in vigore del presente decreto, l�autorit� per l'energia elettrica e il gas, al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili di cui all'articolo 22 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, e successive modificazioni, ai valori europei, nella determinazione dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, introduce progressivamente tra i parametri in base ai quali � disposto l'aggiornamento anche il riferimento per una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. in attesa dell'avvio del mercato del gas naturale di cui all'articolo 30, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, i mercati di riferimento da considerare sono i mercati europei individuati ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130�. 61.6.1. �, quella test� riportata, la norma per effetto della quale l�Autorit� ha da ultimo elaborato l�indice �Pfor� - quale sostituto dell�indice �QE� - per una pi� appropriata determinazione del prezzo di riferimento del gas, sul mercato, �al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili�. In termini assolutamente sintetici, l�Autorit�, onde ottemperare al mandato datole dall�art. 13, co. 1, del d.l. n. 1/2012, ha ritenuto opportuno -nell�ambito delle sue formule tariffarie -sostituire il parametro relativo al �costo� (per gli operatori) di approvvigionamento sui mercati della risorsa gas, non prendendo pi� in considerazione gli approvvigionamenti frutto di contratti di medio-lungo termine (parametro di riferimento tipico del tradizionale indice �QE�) bens� quelli frutto di contratti di breve-medio termine, oltre che quelli frutto anche di contratti c.d. spot. I contratti del secondo e, soprattutto, del terzo tipo hanno il vantaggio di �cogliere� oscillazioni anche minime ed anche di breve periodo dei prezzi di approvvigionamento del prodotto gas. Oscillazioni che invece non si riescono ad intercettare ove si faccia riferimento solo ai contratti di medio-lungo termine, all�interno dei quali i prezzi di approvvigionamento del gas sono anche solo intuibilmente - molto pi� stabili e molto meno influenzati dai fattori vari, spesso assai congiunturali, che intervengono (nella naturale dinamica offerta-domanda) e concorrono nella formazione dei prezzi unitari di prodotto. In parole semplici, dunque, con la differente e pi� recente tecnica di rilevazione, e quindi grazie al nuovo indice �Pfor�, i prezzi di riferimento, sul mercato, del gas naturale risultano (peraltro congiunturalmente) essere oggettivamente pi� bassi rispetto a quelli che si ricavano utilizzando l�indice �QE�. 62. Proprio questa obiettiva e tangibile diversit� (per quanto congiunturale, al momento) consistente, in assoluta sintesi, nel fatto che, per i concessionari, varrebbe un prezzo pi� elevato quando essi devono calcolare il �corrispettivo pecuniario� dovuto allo Stato quale tantundem del valore delle quote di prodotto-gas (da essi estratto e storicamente da cedere allo Stato in natura), mentre vale un prezzo pi� basso (per il medesimo prodotto) quando essi devono stabilire i loro prezzi di cessione del gas naturale destinato ai consumi dei �clienti vulnerabili� -ha spinto i medesimi concessionari a reagire in sede giudiziaria avverso gli atti dell�Amministrazione con i quali � stata ancora di recente reiterata la modalit� di calcolo (secondo l�indice �QE�, peraltro aggiornato) del predetto loro �corrispettivo pecuniario�. Dal loro punto di vista, pur in disparte ogni altra considerazione, l�irrazionalit� sostanziale della situazione determinatasi discenderebbe dalla constatazione del fallimento delle cessioni (rectius, dei tentativi di cessione) dei concessionari, sul mercato, delle loro quote di prodotto- gas estratto che (storicamente) essi avrebbero dovuto cedere in natura allo Stato. CONTENzIOSO NAzIONALE Come sopra accennato (punto 61.5.1. che precede), i concessionari segnalano che le aste per la vendita di tali quote di prodotto, applicativamente conseguenti all�art. 11, co. 1, del d.l. n. 7/2007, convertito come sopra detto, e ai decreti ministeriali di relativa attuazione, sono andate regolarmente deserte dopo che l�Autorit� ha effettuato la sostituzione dell�indice �Pfor� all�indice �QE�. E ci� del resto, dal punto di vista dei concessionari, � peraltro perfettamente logico, difficile essendo che possa trovarsi, sul mercato, un acquirente disposto ad acquistare dai concessionari quote di prodotto-gas ad un prezzo (vincolato) pi� elevato rispetto a quello, pi� basso, identificato dall�Autorit� come di legittimo riferimento per le cessioni del gas naturale ai �clienti vulnerabili�. Ci� che, in altri termini, urta ai concessionari � che essi debbano allo Stato, quale �corrispettivo pecuniario� imposto alle loro concessioni, somme di denaro maggiori rispetto a quelle che gli stessi sarebbero oggettivamente in grado di ricavare (a parit� di quantitativi parametrici di prodotto-gas dovuto, in valore, allo Stato) cedendo il gas naturale (dopo l�introduzione del- l�indice �Pfor�) secondo la naturale dinamica dell�offerta e della domanda. � questa, in pratica, la situazione che induce i concessionari a denunciare qui la pretesa irrazionalit� (e la conseguente pretesa lesivit�) di uno stato delle cose tale per cui essi sarebbero costretti - ove i loro ricorsi non fossero accolti - a corrispondere allo Stato corrispettivi che ritengono �gonfiati� rispetto ai loro prezzi di realizzo (peraltro teorici giacch� le aste di vendite sono andate deserte, come sopra accennato), secondo naturale dinamica di mercato, conseguenti alla cessione di quote unitarie del loro gas naturale estratto. In ultima analisi -denunciano i concessionari -, per effetto di un�interpretazione ritenuta errata dell�art. 19, co. 5-bis, del d.lgs. n. 625/1996, essi sarebbero ormai costretti a versare allo Stato un �corrispettivo pecuniario� elevato (in quanto ancorato a parametri del suo calcolo legati all�indice �QE�) e che essi non riescono a �recuperare�, giacch� vanno deserte le aste di vendita (delle quote statali) del prodotto gas (proprio perch� dette quote andrebbero cedute a valori per i quali non si individuano compratori, in quanto calcolati obbligatoriamente sulla base dell�indice �QE�). Come � possibile desumere, dunque, le doglianze dei concessionari muovono non tanto (e non solo) dal fatto che il �corrispettivo pecuniario� dovuto allo Stato � divenuto elevato in s� quanto piuttosto (se non soprattutto) per il fatto che essi non riescono poi a �rientrare� da tale esborso vendendo le quote (statali) di gas ad un prezzo almeno pari al predetto �corrispettivo pecuniario�. 62.1. I concessionari reputano di avere individuato una soluzione giuridica, di fonte interpretativa, alla situazione critica in cui essi oggi starebbero. L�unica soluzione razionale, a loro avviso, che sarebbe plausibile per gestire -fermo l�impianto formale dell�art. 19, co. 5-bis, del d.lgs. n. 625/1996 - una situazione ritenuta altrimenti per loro illegittima. 63. In sintesi, i concessionari sottolineano che: -se � vero che, ai sensi del predetto art. 19, co. 5-bis, lett. b), �(�) i valori unitari dell�aliquota di coltivazione sono determinati: (�) b) per il gas, per tutte le concessioni e per tutti i titolari, in base alla media aritmetica relativa all�anno di riferimento dell'indice Qe (�) determinato dall�autorit� (�)� ai sensi della sua delibera n. 52/1999; -� per� altrettanto vero che la stessa disposizione aggiunge pure, immediatamente dopo la menzione di tale delibera n. 52/1999, le parole �(�) e successive modificazioni (�)�. Dal loro punto di vista, dunque, proprio queste ultime parole farebbero intendere che la �costruzione� dell�intera disposizione presa in considerazione (i.e., art. 19, co. 5-bis, lett. b), primo periodo, del d.lgs. n. 625/1996) vada interpretativamente intesa in chiave obiettivamente dinamica. In parole povere, la tesi � che, al nascere della norma, il parametro di determinazione di quei valori unitari fu inizialmente ancorato all�indice �QE� all�epoca esistente (ed equo, secondo RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 l�andamento dell�epoca dei prezzi di mercato del prodotto gas) e come esso era stato determinato (quantitativamente) dall�Autorit� con la predetta delibera del 1999. Tuttavia, gi� al momento del suo nascere, la medesima norma avrebbe altres� contemplato - nella prospettiva dei necessari, successivi aggiornamenti del parametro determinativo di quei valori unitari non solo l�eventualit� che potesse mutare - per decisione dell�Autorit� - l�entit� (dal punto di vista quantitativo) dell�indice �QE� ma anche l�ulteriore eventualit� che -sempre per decisione dell�Autorit� - potesse addirittura cambiare l�indice stesso (per introduzione di un indice diverso, sostitutivo di quello �QE�). 64. Negli scritti difensivi dei concessionari, per�, viene tenuto alquanto in ombra il secondo periodo che pure forma la disposizione di cui al citato art. 19, co. 5-bis, lett. b). Un periodo che invece merita di essere adeguatamente illuminato proprio perch� idoneo a completare (e dunque comprendere appieo) la portata precettiva della norma in discorso. 64.1. Questo ulteriore periodo recita cosi: �a decorrere dal 1� gennaio 2003, l�aggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, � effettuato dall�autorit� per l�energia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione�. Del fraseggio normativo in discorso, ad avviso del Collegio, va piuttosto colta l�importanza delle seguenti parole: -�tale indice�. Parole, queste, idonee a poter richiamare, nel contesto complessivo dell�intera frazione di norma della quale si sta parlando, null�altro che il solo indice �QE�, giacch� solo questo (e non un altro) � l�indice menzionato nel periodo immediatamente precedente della norma medesima; -�aggiornamento� (�) �ai soli fini del presente articolo�. Parole, queste, idonee a stressare il concetto secondo il quale i successivi aggiornamenti effettuati dall�Autorit� dell�indice in questione (quello �QE�) sarebbero valsi, nel tempo, ad attualizzare esclusivamente il meccanismo di calcolo dei valori unitari del prodotto gas (da moltiplicare poi per le quote di prodotto di spettanza statale) ai soli fini della periodica determinazione del �corrispettivo pecuniario� dovuto allo Stato dai singoli concessionari, evidentemente (pur se implicitamente) a prescindere da quella che sarebbe potuta essere l�evoluzione del valore unitario del prodotto gas secondo altre dinamiche del suo mercato; -�sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione�. Parole, queste, che chiudono logicamente il circuito interpretativo che si sta illustrando. Invero, i �parametri� di cui alla delibera dell�Autorit� n. 52/1999 potevano (e possono) logicamente ritenersi appropriati per l�aggiornamento dell�indice �QE� ma al tempo stesso inidonei ad operare per un aggiornamento di un qualunque altro indice (come ad esempio il �Pfor�) diverso da quello �QE�. E, quanto meno, i concessionari, in questo giudizio, non hanno fornito argomenti a riscontro del fatto che i �parametri� di cui alla delibera n. 52/1999 potessero esattamente valere anche per aggiornamenti di un indice diverso, quale il �Pfor�. Sul piano di un�interpretazione letterale della norma in discorso, letta in modo completo, la tesi propugnata dai concessionari non risulta dunque condivisibile. 65. La tesi dei concessionari, peraltro, non appare condivisibile neppure in ottiche diverse (di natura finanziaria), eppure necessariamente concorrenti. 65.1. Come si � detto, gi� in passato non era escluso dalla legge che - per decisione governativa, suscettibile di mutevolezza nel tempo - i concessionari fossero tenuti, invece di cedere in natura allo Stato quote del prodotto gas da loro estratto, a versare allo stesso un �corrispettivo pecuniario� a fronte delle concessioni di cui essi erano titolari. Particolarit� dell�epoca (art. 22, quarto comma, della l. n. 6/1957 e art. 22, terzo comma, della CONTENzIOSO NAzIONALE stessa legge, come per� novellato dalla l.n. 613/1967) era per� il fatto che sussisteva - esplicitamente per legge -un rapporto di sostanziale �equivalenza� tra la quota di prodotto (in linea di principio dovuta in natura, dal concessionario allo Stato) ed il ricavato economico che ciascun concessionario avrebbe potuto trarre (secondo i prezzi correnti) dalla vendita di quella quota sul mercato. Dal punto di vista dei concessionari, perci�, era praticamente neutrale la scelta che, nei loro riguardi, il Governo avrebbe potuto effettuare. Se il Governo avesse optato per il versamento di un �corrispettivo pecuniario�, i concessionari avrebbero infatti potuto compensare l�esborso cedendo sul mercato le quote (precedentemente identificate come di spettanza statale) che sarebbero conseguentemente rimaste nella loro disponibilit�, giacch� non pi� da cedere in natura. 65.2. Quanto meno dal 2004 tuttavia, con l�entrata in vigore dell�art. 19, co. 5-bis, del d.lgs. n. 625/1996, l�ottica e la finalit� del meccanismo determinativo del tantundem dovuto per una concessione estrattiva � mutato sensibilmente. E questo (da non dimenticare), come �spiegato� dall�art. 1, co. 93, alinea, della l. n. 239/2004, che quel co. 5-bis dell�art. 19 citato ha introdotto, proprio �ai fini di una migliore attuazione della normativa in materia di aliquote di prodotto della coltivazione (�)�, ossia per una pi� semplice, pratica ed efficiente attuazione di quella normativa. Nel nuovo quadro normativo � in primo luogo scomparsa la possibilit� che i concessionari potessero �pagare� (a fronte della concessione) lo Stato in natura, cedendogli una quota predeterminata di prodotto gas da loro estratto. Rispetto all�alternativa offerta dall�ottavo considerando e dall�art. 6, paragrafo 1, della direttiva 94/22/CE, evidentemente il Legislatore ha optato direttamente per la predilezione del �corrispettivo pecuniario� (in luogo di quello �in idrocarburi�). Nel nuovo quadro normativo, poi, non si rinviene un qualunque riferimento che, sul piano interpretativo, possa far intendere che debba ricorrere una �equivalenza� tra �corrispettivo pecuniario� e valore della quota predeterminata del prodotto gas estratto. Ci� del resto � logico: -per un verso, alla luce dei riferimenti normativi citati della direttiva 94/22/CE i quali, come gi� detto, non mostrano di imporre agli Stati membri una �equivalenza� tra le due forme di corrispettivo e questo per il semplice fatto che, nella struttura della direttiva, figura esistere (a favore degli Stati membri) un�opzione alternativa assoluta (o �corrispettivo pecuniario� o �corrispettivo in idrocarburi�, senza tuttavia una qualche liaison fra gli stessi) e non piuttosto -come era in passato nel nostro ordinamento - una forma esclusiva di pagamento in natura (quote di prodotto estratto dovute dal concessionario allo Stato), con facolt� del concessionario (subordinata peraltro alla previa scelta governativa e, dunque, ad un licet statale) di liberarsi attraverso la corresponsione di un equivalente economico (del valore di dette quote); -per altro verso, alla luce dell�evidente scelta del Legislatore di rendere sufficientemente stabile, e perci� prevedibile nel tempo, l�entrata finanziaria derivante dalle concessioni di estrazione attraverso l�ancoraggio del meccanismo di calcolo del �corrispettivo pecuniario� (delle concessioni) ad un indice di riferimento (quello �QE�) a propria volta legato a valori di mercato altrettanto sufficientemente stabili o, quanto meno, poco riflettenti le eventuali variazioni congiunturali dei prezzi del prodotto gas sui mercati di approvvigionamento; -per altro verso ancora, alla luce dell�altrettanto evidente scelta del Legislatore (resa possibile, come detto, dalla struttura normativa della direttiva 94/22/CE) di utilizzare le quote predeterminate di prodotto estratto come un semplice moltiplicatore applicativo dell�indice (quello �QE�) prescelto in via legislativa. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 65.3. A fronte di queste considerazioni, allora, non � (ulteriormente) plausibile la lettura interpretativa prospettata dai concessionari dell�art. 19, co. 5-bis, lett. b), primo periodo, del d.lgs. n. 625/1996 (anche a prescindere dalla portata ostativa, a detta interpretazione, conseguente gi� alla formulazione del secondo periodo della stessa lett. b) del citato co. 5-bis). Secondo questa lettura interpretativa, in estrema sintesi, non dovrebbe escludersi che per effetto di una scelta dell�Autorit� - che, si badi bene, per quanto autorevole � pur sempre una scelta di natura amministrativa e perci� di rango sub legislativo - si possa determinare una riduzione del gettito finanziario derivante dall�operativit� della norma (il citato art. 19, co. 5bis, lett. b), abbandonandosi l�utilizzazione dell�indice �QE�, formalmente previsto dalla norma primaria, in favore di un pi� conveniente (ma solo per i concessionari) indice �Pfor�, la cui introduzione, peraltro, era del tutto sconosciuta ed imprevedibile all�epoca (2004) del- l�entrata in vigore della citata norma primaria. Questa prospettazione, tuttavia, urterebbe con l�art. 81 Cost., specie alla luce della sua pi� recente riformulazione (per effetto della l. cost. n. 1/2012). Si legittimerebbe invero, ove mai fosse vera la prospettazione dei concessionari, per scelta di un�Autorit� amministrativa, un deficit finanziario per lo Stato senza che vi fosse una legge che provvedesse ai mezzi per fare fronte ai maggiori oneri derivanti dalla minore entrata. In altri termini, la prospettazione dei concessionari, per potersi materializzare, necessiterebbe di un previo intervento legislativo che, modificando nel senso auspicato la formula di cui all�art. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996, si facesse pure carico degli effetti finanziari negativi per il bilancio pubblico che ne deriverebbero. 65.4. Anche da un ulteriore punto di vista eminentemente giuridico, poi, la prospettazione dei concessionari non pu� essere condivisa. Infatti, il motivo per il quale l�Autorit� ha abbandonato l�indice �QE� in favore di quello �Pfor� risiede nel fatto che essa ha ritenuto corretto dare cos� (ossia attraverso questa sostituzione di indici) attuazione al compito attribuitole dall�art. 13, co. 1, del d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2012. Il compito che era stato assegnato all�Autorit� -come si legge nella norma richiamata -era per� preordinato solo �al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili� e non al fine (ovvero non anche al fine) di immutare il metodo di determinazione dei valori unitari dell�aliquota di coltivazione di cui all�art. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996. Riprova ne sia -se pur non bastasse il solo dato letterale della norma richiamata -il fatto che (tenuto conto dei riflessi finanziari negativi che sarebbero derivati da una sostituzione dell�indice �Pfor� a quello �QE�, in senso alla disposizione del predetto art. 19, co. 5-bis, se � vero quanto dichiarano gli stessi concessionari, ossia che attraverso l�impiego dell�indice �Pfor� essi avrebbero pagato allo Stato un �corrispettivo pecuniario� di minore entit�) il citato art. 13 non reca alcuna disposizione di copertura finanziaria a fronte di tali minori entrate per l�Erario. 66. Avviandosi alla conclusione occorre dire ancora che, se anche le circostanze (i.e., la sopravvenuta norma di cui all�art. 13, co. 1, del citato d.l. n. 1/2012) hanno fatto s� che i concessionari percepissero una maggiore incidenza economica, sui loro bilanci, dei loro pagamenti allo Stato di �corrispettivi pecuniari� legati all�applicazione e alla progressiva variazione quantitativa dell�indice �QE� (quale riflesso di una comparazione con quanto essi avrebbero pagato qualora i �corrispettivi pecuniari� di cui all�art. 19, co. 5-bis, lett b), del d.lgs. n. 625/1996 fossero stati calcolati, dal 2012 in poi, secondo l�indice �Pfor�), i riflessi di una tale sopravvenienza non possono essere apprezzati e valutati nell�ambito del presente giudizio, per come esso � stato impostato. CONTENzIOSO NAzIONALE L�eventuale denuncia, da parte dei concessionari, della non sopportabilit� economica da parte loro di una sopravvenuta maggiore onerosit� delle concessioni di cui sono titolari, e della riflessa, ritenuta non equit� (sopravvenuta) del �prezzo� di tali concessioni, � invero questione che pu� essere soppesata soltanto nel quadro di una censura di non accettabile sopravvenuto disequilibrio delle condizioni complessive delle concessioni medesime, alla luce di un esame completo di tutte le loro clausole e dei relativi, conseguenti oneri e vantaggi. Censura, quella test� evocata, che tuttavia non ricade nell�ambito del thema decidendum del presente giudizio. 67. Anche in quest�ultima ottica, dunque, non risultano fondate (riprendendosi qui il tema di cui al punto 60. che precede) le richieste dei concessionari di promuovimento, in seno a questo giudizio, di un incidente costituzionalit� ovvero di interpretazione comunitaria della compatibilit� con l�ordinamento sovranazionale della disposizione di cui all�art. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996. Come si � visto, con questa norma il Legislatore, da un lato, ha optato per il solo �corrispettivo pecuniario� a fronte dell�attribuzione di concessioni di estrazione del gas (superando il regime previgente che prevedeva, in primo luogo, una cessione in natura di quote di prodotto gas estratto e, alternativamente, previo tuttavia un licet governativo, il pagamento di un controvalore pecuniario di tali quote calcolato sulla base di prezzi di mercato del gas) e, dall�altro lato, ha oggettivato il meccanismo di determinazione della monetizzazione di tale �corrispettivo pecuniario� attraverso l�ancoraggio all�andamento di un predeterminato indice parametrico (il �QE�). Con questa norma il Legislatore non ha altres� introdotto forme di adeguamento nel tempo del predetto meccanismo di determinazione del corrispettivo in funzione di valutazioni che attengono alla maggiore o minore (eventuale) onerosit� delle concessioni-contratto. Al di fuori -come detto -di un thema decidendum idoneo a valutare l�appropriatezza e l�equilibrio di tale onerosit� non � dunque utile promuovere uno o entrambi i sindacati incidentali chiesti dai concessionari dato che una qualunque risposta che da essi si ottenesse non risulterebbe utile alla soluzione della presente controversia, la quale invece - come si � visto - � suscettibile di per s� di essere definita attraverso parametri valutativi che prescindono da sindacati costituzionali ovvero comunitari della norma di cui all�art. 19, co. 5-bis, lett. b), del d.lgs. n. 625/1996. 68. In conclusione, gli appelli in epigrafe - riuniti - vanno accolti e per l�effetto, in riforma delle sentenze impugnate, vanno respinti i ricorsi originariamente proposti. Tenuto conto dei tratti di novit� delle questioni trattate, ricorrono giustificati motivi per l�integrale compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li accoglie e per l�effetto, in riforma delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi originariamente proposti. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2017. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 la �accessione invertita ambientale� e il decalogo del Consiglio di stato nota a consiGlio di stato, sez. Vi, sentenza 30 marzo 2018 n. 2017 Paolo Marchini* La sentenza n. 2017/2018 della sesta sezione del Consiglio di Stato costituisce la pietra d�angolo della accessione invertita ambientale. Questo istituto (1) nacque come una sorta di punitive damage con il duplice scopo di indurre l�autore dell�illecito edilizio ad ottemperare all�ordinanza di demolizione (pena la perdita della propriet� anche dell�area) e di velocizzare il ripristino ambientale da parte del Parco, una volta acquisita la propriet�. Il banco di prova dell�istituto -con riferimento alle aree protette -si � avuto solo recentemente allorch� l�Ente Parco Nazionale del Vesuvio ha emanato centinaia di provvedimenti di acquisizione in propriet� dopo l�inutile decorso del termine di ottemperanza delle ordinanze di demolizione dei varii Comuni circumvesuviani e dello stesso ente parco. Il t.a.r. Campania, investito dai numerosi ricorsi, aveva annullato l�atto di acquisizione del Parco per il pi� grave vizio di cui l�atto amministrativo pu� essere affetto, ossia la nullit� per difetto assoluto di attribuzione. (*) Avvocato dello Stato. (1) Che prevede la acquisizione al patrimonio dell�ente parco del manufatto abusivo e dell�area di sedime, qualora il privato destinatario dell�ordinanza di demolizione non vi ottemperi nel termine di legge (per i riferimenti di legge sia consentito rinviare all�atto di appello dell�Avvocatura generale qui riportato). AL 37729/17 Avv. Paolo Marchini CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIzIONALE RICORSO IN APPELLO CON ISTANzA DI SOSPENSIONE PER ENTE PARCO NAzIONALE DEL VESUVIO (E.P.N.V.), c.f. 94147260635, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso ex lege dall�Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede alla via dei Portoghesi, n. 12, domicilia per legge; contro A.S., c.f. ..., rappresentata e difesa dall�Avv.to Alfonso Capotorto, c.f. CPTLNS70B11G813E, presso cui elettivamente domicilia in Napoli, al Centro Direzionale Isola E/2 sc. A; /2; pec: alfonso.capotorto@pecavvocatinola.it per la riforma della sentenza del T.A.R. della Campania-Napoli sez. III, n. 3746/2017, dep. il 12.7.2017, non notificata sul ricorso numero di registro generale 2110 del 2017 con il quale � stato chiesto l�annullamento: -dell�ordinanza di Accertamento di Inottemperanza e dichiarazione di acquisizione n. 314 del 21.9. 2016 adottata dall�Ente Parco Nazionale del Vesuvio notificata alla ricorrente in data 27.2.2017; - di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, per quanto di ragione. FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Cos� riporta il fatto il t.a.r. a quo: �Premesso che: CONTENzIOSO NAzIONALE Approdata al Consiglio di Stato, la �accessione invertita ambientale� ha ora il suo decalogo. La sesta sezione nel riconoscere il pieno potere dell�ente parco di acquisire le aree, fissa alcuni principi fondamentali. In primo luogo, viene stabilito il confine tra la disciplina propriamente edilizia dell�istituto, come disciplinata dall�art. 31 del T.U.E. 6 giugno 2001, n. 380, e quella speciale sulle aree protette contemplata dall�art. 2, comma 1, della L. n. 426/1998 e dall�art. 1, comma 1104, della L. n. 296/2006. Il Consiglio afferma che l�art. 31 del T.U.E. (che attribuisce la competenza al Comune) recede rispetto alla citata norma del 1998, ritenuta di natura speciale. In ogni caso, si avrebbe l�effetto abrogativo dell�art. 31 cit., da parte della norma sopravvenuta costituita dal prefato comma 1104 dell�art. 1 L. n. 296/2006, il quale, dopo un rimpallo di competenze tra Comune e Ente parco attribuite ora all�uno, ora all�altro ente da norme succedutesi nel tempo, ha definitivamente individuato nell�ente parco l�unico soggetto competente ad acquisire le aree soggette a plurivincolo (quello edilizio concorrente con quello ambientale). La sezione, poi, respinge la distinzione operata dal t.a.r. tra effetto legale della acquisizione gratuita a vantaggio del Parco e potere del Comune di dichiarare l�effetto stesso, ci� in quanto non avrebbe senso scindere la dichiarazione dal proprietario finale. Di rilievo � la considerazione del Consiglio che l�art. 1, comma 1104, della L. n. 296/2006 � norma di sistema e di semplificazione risolutiva di conflitti di competenze tra enti sulla stessa area, affidando all�ente parco la gestione finale della repressione degli abusi. Da ultimo, va evidenziata l�affermazione della giurisdizione esclusiva del G.A. in quanto disciplina �urbanistica�. Infatti, la questione oggetto di lite vede sempre l�insistenza di un plurivincolo (edilizio ed ambientale) tale da attrarre la materia composita nell�alveo della giuridizione esclusiva del G.A. -� impugnato il provvedimento del 21/9/2016 (notificato il 27/2/2017, come indicato in ricorso e non contestato), con cui il direttore dell�ente Parco nazionale del Vesuvio ha dichiarato ed ordinato l�acquisizione gratuita al patrimonio dell�ente dei fabbricati e delle relative aree di sedime di propriet� della ricorrente, abusivamente realizzati in ottaviano (na), alla via recupe (in catasto al foglio 16, particella 1392), nonch� dell�ulteriore area necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive con l�avvertenza che l�area acquisita non pu� comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita; -con il ricorso, notificato il 27/4/2017 e depositato il 25/5/2017, la sig. ra .. espone di essere proprietaria dell�immobile suddetto, al di sopra del quale realizzava, senza permesso di costruire un �manufatto terraneo di forma rettangolare con struttura verticale ed orizzontale in ferro, poggiante su una base in RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 calcestruzzo, con chiusura perimetrale in blocchi di laterizi e copertura a falde inclinate con lamiere coibentate (�), avente una superficie di mq. 93,00 circa ed una volumetria pari a mc. 307,00 circa�; -� denunciata la violazione di legge (artt. 6, 7, 8 e 13 della l. n. 394 del 1991; artt. 31 e 36 del d.P.r. n. 380 del 2001; art. 16 della l. n. 241 del 1990), oltre all�eccesso di potere sotto pi� profili, sostenendo l�illegittimit� dell�acquisizione dell�area ulteriore rispetto al manufatto, che si riverbera sull�ordine di sgombero e sulla previsione dell�indennit� di occupazione, aggiungendo che, nell�ipotesi di concorso di vincoli, l�acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune; - l�ente si � costituito in giudizio per resistere al ricorso; -alla camera di consiglio del 20 giugno 2017 � stato formulato l�avviso ex art. 73 cod. proc. amm. per le questioni rilevabili d�ufficio di cui appresso; -il resistente ente ha prodotto memoria di replica il 23/6/2017, insistendo per il rigetto del ricorso; -il ricorso � stato poi introitato per la decisione, con avviso dell�eventualit� di sentenza breve, alla camera di consiglio del 4/7/2017;...�. Il t.a.r. con la sentenza qui impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso con la seguente motivazione: �-come gi� rilevato nella giurisprudenza di questa sezione (cfr. la sentenza del 15/7/2016 n. 3549), l�inottemperanza all�ordine di demolizione determina automaticamente l�effetto acquisitivo del- l�opera abusiva e dell�area di sedime (nonch�, ove previsto, dell�ulteriore area necessaria alla realizzazione di opere analoghe secondo lo strumento urbanistico); -ci� nonostante � necessario un atto amministrativo di natura autoritativa il quale, sia pure avente carattere dichiarativo, rappresenta l�accertamento ricognitivo della consistenza immobiliare oggetto di trasferimento, nonch� del soggetto inciso e dell�amministrazione beneficiaria, e costituisce titolo occorrente per l�immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari del trasferimento dell�immobile; -occorre quindi distinguere tra l�effetto ablativo, che si verifica automaticamente ope legis allorch� vengano in essere i presupposti di fatto e di diritto previsti dalla legge (l�art. 31 del dPr n. 380/2001), ed il potere di dichiarare l�avvenuta acquisizione al fine di conseguire unilateralmente (anche contro l�opposizione del destinatario, e quindi in sede di autotutela) l�immissione nel possesso dell�amministrazione avente diritto e della relativa trascrizione nei registri immobiliari; infatti la giurisprudenza postula in materia la necessit� di procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege (cfr. cass. pen. sez. iii, 17/11/2009, n. 2912 e cons. st., sez. iV, 14/4/2015, n. 1884); -per l�individuazione dell�autorit� titolare di tale potere, questa sezione ha recentemente affermato che l�art. 31 del d.P.r. n. 380/2001, applicato dall�ente Parco nazionale del Vesuvio, delinea un modello sanzionatorio che prevede l�acquisizione in caso di inottemperanza all�ingiunzione di demolizione ivi disciplinata precedentemente disposta dal comune, con esclusione di sanzioni demolitive ordinate da diverse autorit� con poteri autonomi in base ad altre disposizioni, mentre l�art. 29 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 attribuisce all�organismo di gestione dell�area naturale protetta il potere di ingiungere la demolizione e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, stabilendo in caso di inosservanza l�esecuzione in danno degli obbligati ma non l�ulteriore sanzione dell�acquisizione al patrimonio dell�ente (cfr. la sentenza del 24/5/2017 n. 2742); -giova altres� soggiungere che, per il carattere sia sanzionatorio che di autotutela dei poteri previsti dalla legge in materia, la normativa risulta soggetta a canoni ermeneutici rispettosi del principio di legalit�; -ne discende che (come affermato nella sentenza citata, le cui statuizioni il collegio intende ribadire e riproporre in funzione motivazionale della presente pronuncia): a) �il potere di acquisizione gratuita (anche in favore di terzo, nella specie: ente Parco) � da ricondurre nell�alveo del citato articolo 31 ed esso non pu� che essere attribuito al comune con la prevista possibilit� di destinazione in favore dell�ente Parco�; b) esso �passa necessariamente (e non solo ai fini dell�immissione in possesso e della trascrizione), per il tramite di un formale atto in funzione di mero accertamento dell�inottemperanza che, per�, non pu� che essere pur esso di competenza comunale e ci� anche e specie allorquando - come nella specie - l�acquisizione venga destinata in favore di soggetto diverso�; c) �l�art. 2, co. 1, della legge n. 426 del 1998 (cfr. anche art. 1, co. 1104, della legge n. 296 del 2006) incide unicamente sul soggetto che � destinatario dell�acquisizione, ma non deroga n� modifica l�art. 31 del dPr 380 nella parte in cui vengono per il resto disciplinati il potere ed il procedimento per la relativa declaratoria�; CONTENzIOSO NAzIONALE ritenuto che: -nel caso in esame, in difetto di specifica censura in ordine alla competenza a dichiarare l�acquisizione gratuita, va rilevata d�ufficio incidenter tantum la nullit� del provvedimento impugnato per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, sussistendo in capo all�ente Parco nazionale del Vesuvio carenza di potere in astratto all�adozione di atti di acquisizione al proprio patrimonio (cfr. cons. stato, sez. V, 4/5/2017 n. 2028, per cui la nullit� ricorre nell�ipotesi in cui �il vizio da cui l'atto amministrativo � affetto assume connotati di gravit� ed evidenza tali da impedirne la qualificazione come manifestazione di potere amministrativo, sia pure eventualmente illegittima�); -invero, non � configurabile nella specie l�esercizio del potere amministrativo (di cui l�ente � privo), cosicch� la controversia non pu� essere devoluta al G.a. adito, ex art. 7 c.p.a., e le situazioni giuridiche soggettive incise sono suscettibili di tutela innanzi alla giurisdizione ordinaria (cfr. cons. stato, sez. V, 8/3/2010 n. 1331: �l�atto nullo, infatti, non produce alcun effetto degradatorio delle posizioni soggettive di cui si assume la lesione, e se dalla esecuzione del provvedimento sono derivati effetti pregiudizievoli, gli stessi vanno considerati come violazioni di diritti soggettivi la cui tutela appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario�; conf., tar lazio, sez. i-quater, 13/10/2016 n. 10239; tar sicilia, sez. ii, 12/2/2016 n. 420); ritenuto che, per effetto della rilevata nullit� dell�atto impugnato, consegue l�inammissibilit� del ricorso avverso il provvedimento di acquisizione ed il susseguente sgombero, affetto a sua volta dallo stesso vizio dell�atto presupposto (dichiarativo dell�acquisizione e comportante appunto l�immissione nel possesso); occorre infatti precisare che: a) la declaratoria di inammissibilit� rende inoperante il meccanismo della translatio judicii, codificato all�art. 11 c.p.a., il quale presuppone che vi sia una domanda (che nella specie il ricorrente non ha formulato) la cui cognizione � trasferita ad altro Giudice fornito di giurisdizione; b) in mancanza della formale deduzione di tale aspetto, il G.a. adito, che rilevi d�ufficio incidenter tantum la nullit� del provvedimento (per difetto del potere amministrativo, con riferimento all�art. 7 c.p.a.), deve limitarsi a ravvisare la sussistenza delle condizioni ostative per una pronuncia nel merito (art. 35, primo comma, lett. b), c.p.a.), in quanto il ricorrente non ha interesse ad una pronuncia sui vizi dedotti con il ricorso in esame contro un atto nullo, rispetto al quale l�interessato ha invece l�onere di esperire davanti al giudice ordinario le azioni previste dall�ordinamento a tutela del proprio diritto;...�. *** La sentenza si palesa ingiusta, errata in diritto in punto di giurisdizione e gravemente lesiva della legge in tema delle prerogative e competenze dell�ente parco in materia di tutela ambientale ripristinatoria e sanzionatoria, nonch� contraria a Costituzione, e merita di essere annullata, previa sospensione, con rinvio al t.a.r. per i seguenti MOTIVI VIOLAzIONE DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTICOLI: 31, COMMI 4 E 6, DEL D.P.R. N. 380/2001; 2 DELLA LEGGE N. 426/1998; 1, COMMA 1104, DELLA LEGGE N. 296/06. VIOLAzIONE DELL�ART. 29, COMMA 2, DELLA LEGGE N. 394/1991. FALSA APPLICAzIONE DELL�ART. 21 SEPTIES DELLA LEGGE N. 241/1990 E DELLE NORME IN TEMA DI NULLIT� DEGLI ATTI AMMINISTRATIVI E DELLA GIURISDIzIONE DEL G.A. VIOLAzIONE DEGLI ARTT. 7 E 35, COMMA 1, LETT. B) DEL C.P.A. VIOLAzIONE DEGLI ARTT. 3, 9, COMMA 2, E 97, COMMA 2, COST. Si impugna la sentenza, redatta in forma semplificata, nella parte in cui ha dichiarato la �nullit� del provvedimento impugnato per difetto assoluto di attribuzione ex art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, sussistendo in capo all'ente Parco nazionale del Vesuvio carenza di potere in astratto all'adozione di atti di acquisizione al proprio patrimonio�. La presente impugnazione, tramite la riforma ed il rinvio al t.a.r., mira alla affermazione della giurisdizione del g.a. e, nel merito, alla dichiarazione di validit� dell�atto impugnato e alla pronuncia da parte del g.a. della sua legittimit�: in particolare, sotto il profilo della competenza dell�ente parco ad accertare la inottemperanza alla propria ordinanza di demolizione, onde attuare la sanzione della acquisizione in propriet� ed acquisire i titoli all�immissione in possesso dell�area ed alla trascrizione della propriet� pubblica sui rr.ii. Dal ritenuto difetto assoluto di attribuzione del potere esercitato dall�ente parco in epigrafe con gli atti impugnati, il t.a.r. ha fatto discendere la nullit� della determinazione n. 311/2016 del Direttore del Parco, rilevata d�ufficio; quindi, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione a fronte di supposta lesione di diritto soggettivo, nonch� la conseguente inammissibilit� del ricorso. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 La carenza assoluta del potere o il difetto assoluto di attribuzione, secondo il t.a.r., colpiscono il potere di dichiarare l�avvenuta acquisizione. Per giungere a tale gravissima (a nostro avviso, s�intende) affermazione, il t.a.r. muove dalla indagine sulla �individuazione dell�autorit� titolare di tale potere�, ossia della competenza, e, giustamente, va alla ricerca della norma di legge attributiva, rinvenendola nell�art. 31 del D.P.R. n. 380/2001. Il t.a.r. sostiene che l�art. 31 del t.u. sull�edilizia scolpisca un �modello sanzionatorio� - ritenuto applicabile all�Ente Parco vesuviano - il quale prevede la acquisizione esclusivamente a favore dell�ente comunale a seguito dell�inottemperanza all�ordinanza di demolizione precedentemente disposta dal medesimo Comune: la norma non contempla - a dire del t.a.r. - altre autorit� competenti ad ingiungere la demolizione; tuttavia, tale potere ingiuntivo, prosegue sempre il t.a.r., � previsto dall�art. 29 della L. n. 394/1991 in capo all�ente parco, e la norma non contempla �l�ulteriore sanzione della acquisizione al patrimonio dell�ente�. A parere del t.a.r., gli artt. 2, comma 1, della L. n. 426 del 1998, e 1, comma 1104 della l. n. 296 del 2006, non attribuiscono all�ente parco il �potere di acquisizione gratuita� n� �il procedimento per la relativa declaratoria� e non derogano n� modificano l�art. 31 del DPR 380/2001 che solo al Comune attribuirebbe in via esclusiva la competenza ad esercitare �il potere di acquisizione gratuita� con la �possibilit� di destinazione in favore dell�ente Parco� (pag. 5 sentenza). Tale tesi non pu� essere condivisa. Prima di esporre il quadro diacronico delle norme che hanno definitivamente stabilito l�acquisizione gratuita in favore degli enti parco nel caso del plurivincolo, mette conto subito denunciare quello che ci appare essere un grave errore giuridico commesso dal t.a.r., ossia confondere l�esercizio del potere con la sanzione stessa, nonch� confondere l�esercizio del potere con l�effetto giuridico creato dalla legge collegato ad una illecita omissione di attivit� da parte del privato (id est, l�inottemperanza alla ordinanza di demolizione). In altri termini, la acquisizione gratuita non costituisce esercizio di potere amministrativo, ma � una sanzione legale che si produce ex lege senza esercizio di potere: la acquisizione gratuita, quindi, non � un provvedimento amministrativo espressione di potere amministrativo (financo dichiarativo), ma costituisce una modificazione dello stato giuridico delle cose determinata ex lege. Cos� correttamente impostata la questione, � del tutto arbitrario andare alla ricerca di chi sia il titolare di un potere che non esiste, ossia quello di dichiarare la acquisizione gratuita da parte della P.A. che ne � gi� divenuta proprietaria ex lege. Come si vedr�, � la legge stessa che stabilisce che, nella fattispecie ratione temporis la sanzione della acquisizione dell�area (e della perdita della sua propriet� da parte del privato) � di competenza degli enti parco. Fatta questa premessa, si andr� ad esporre: a) la successione delle leggi nel tempo; b) natura giuridica della acquisizione in propriet�; c) il potere di accertare l�inottemperanza, sua competenza e la errata interpretazione dell�art. 31 del t.u. dell�edilizia in una prospettiva sistematica attraverso la tecnica del rinvio tra norme; d) la competenza del procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege; e) la illustrazione delle censure di violazione di legge e della Costituzione. *** a) Quadro normativo e sua evoluzione storica. CoMPetenza Del CoMUne Dal 1977 al 28 DiCeMBRe 1998 � 1. l�art. 7, comma 6 della legge n. 47 del 1985 ante testo unico sull�edilizia. La legge 28 febbraio 1985 n. 47 recante �norme in materia di controllo dell�attivit� urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie �, pubblicata nella Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, S.O., riproduce la disposizione contenuta nell'art. 15, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, che prevedeva la acquisizione in propriet� dell�area, quale sanzione di secondo grado, nel caso di interventi eseguiti in assenza di permessi di costruire, di totale difformit� o con variazioni essenziali e di inottemperanza all�ordinanza di demolizione emanato dalla Amministrazione cui compete la vigilanza sull�osservanza dei vincoli esistenti. In particolare il comma 6 dell�art. 7 [poi abrogato dall�art. 136, D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 378, con la decorrenza indicata nell'art. 138 dello stesso decreto e dall'art. 136, CONTENzIOSO NAzIONALE D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la decorrenza indicata nell�art. 138 dello stesso decreto, e poi ulteriormente trasfuso nell'art. 31 del testo unico emanato con il suddetto D.P.R. n. 380 del 2001, attualmente vigente], attribuisce la competenza �dominicale� (ossia legittimante l�acquisizione in propriet� dell�area) a seconda che il vincolo ambientale concorra o meno con altri vincoli di inedificabilit�. Recita Par. 7, rubricato: �opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformit� o con variazioni essenziali: �sono opere eseguite in totale difformit� dalla concessione quelle che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto della concessione stessa, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. il sindaco, accertata l'esecuzione di opere in assenza di concessione, in totale difformit� dalla medesima ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione. se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall�ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonch� quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. l'area acquisita non pu� comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione a demolire, nel termine di cui al precedente comma, previa notifica all'interessato, costituisce titolo per l�immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. l'opera acquisita deve essere demolita con ordinanza del sindaco a spese dei responsabili dell�abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Per le opere abusivamente eseguite su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit�, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. nella ipotesi di concorso dei vincoli l�acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune. il segretario comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione nell'albo comunale, l�elenco dei rapporti comunicati dagli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria riguardanti opere o lottizzazioni realizzate abusivamente e delle relative ordinanze di sospensione e lo trasmette all'autorit� giudiziaria competente, al presidente della giunta regionale e, tramite la competente prefettura, al ministro dei lavori pubblici. in caso d'inerzia, protrattasi per quindici giorni dalla data di constatazione della inosservanza delle disposizioni di cui al primo comma dell'art. 4 ovvero protrattasi oltre il termine stabilito dal terzo comma del medesimo articolo 4, il presidente della giunta regionale, nei successivi trenta giorni, adotta i provvedimenti eventualmente necessari dandone contestuale comunicazione alla competente autorit� giudiziaria ai fini dell'esercizio dell'azione penale. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 17, lettera b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10, come modificato dal successivo articolo 20 della presente legge, ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita�. � 2. la legge quadro sulle aree protette l. n. 394/1991. L'inosservanza delle misure ripristinatone � disciplinata dall'art. 29, secondo comma, che rinvia alla disciplina dell�art. 27 della 1. 28 febbraio 1985, n. 47, corrispondente all�attuale art. 41 del D.P.R. 380/01, e non contempla l�acquisizione in propriet� dell�area (che si connette invece, come detto, alle specifiche violazioni previste dall�art. 31 del predetto d.p.r.). L�assenza d� una disciplina, nella legge quadro, della acquisizione in propriet� da ineseguito ordine di demolizione promanato dall�Ente Parco, pu� agevolmente giustificarsi con il fatto che tale disciplina era gi� contemplata dal citato comma 6 dell�art. 7 della legge n. 47/1985, sia nel caso di �monovincolo�, s�a in quello d� �plurivincolo�, sicch� non vi era necessit� di una sua rinnovazione. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 CoMPetenza Dell�ente PaRCo Dal 29 DiCeMBRe 1998 al 29 GiUGno 2003 � 3. la legge 9 dicembre 1998 n. 426. Con la legge 9 dicembre 1998 n. 426, recante nuovi interventi in campo ambientale e pubblicata nella Gazz. Uff. 14 dicembre 1998, n. 291, il legislatore pone la prima significativa deroga alla regola generale dettata dal comma 6 dell�art. 7 della legge n. 47/1985 in tema di competenza �dominicale� nella fattispecie di plurivincolo di inedificabilit�. Infatti, l�art. 2 oblitera del tutto la competenza comunale. Dispone tale norma: �interventi per la conservazione della natura. 1. nelle aree naturali protette nazionali l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, [n.d.r.: ora art. 31 d.p.r. n. 380 del 2001] si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione. nelle aree protette nazionali, i sindaci sono tenuti a notificare al ministero dell�ambiente e agli enti parco, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli accertamenti e le ingiunzioni alla demolizione di cui all'articolo 7, secondo comma, della citata legge n. 47 del 1985. il ministro dell'ambiente pu� procedere agli interventi di demolizione avvalendosi delle strutture tecniche e operative del ministero della difesa, sulla base di apposita convenzione stipulata d'intesa con il ministro della difesa, nel limite di spesa di lire 500 milioni per l'anno 1998 e di lire 2.500 milioni a decorrere dall'anno 1999�. Il testo non contempla ipotesi di plurivincolo, sicch� esse devono ritenersi ricomprese nella competenza dominicale dell�ente parco nazionale. CoMPetenza Del CoMUne Dal 30 GiUGno 2003 al 31 DiCeMBRe 2006 � 4. il testo Unico sull�edilizia d.P.R. n. 380/2001 (Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 2001, n. 245, s.o). La questione sembrava definitivamente risolta con riferimento alle aree protette nazionali, se non fosse che il legislatore interviene nuovamente in deroga, reintroducendo la doppia competenza, segnatamente quella comunale in caso di plurivincolo. Infatti al comma 6 dell�art. 31 del testo unico sull�edilizia � scritto: �Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit�, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune'��. Quanto alla entrata in vigore, il D.P.R. 06/06/2001, n. 380 all�art. 138 (L) �entrata in vigore del testo unico� si prevede: 1. le disposizioni del presente testo unico entrano in vigore a decorrere dal 1 � gennaio 2002 (Termine prorogato al 30 giugno 2002, dall�art. 5-bis, comma 1, D.L. 23 novembre 2001, n. 411, convertito dalla L. 31 dicembre 2001, n. 463 e, successivamente, al 30 giugno 2003 dall'art. 2, comma 1, D.L. 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 1� agosto 2002. n. 185). CoMPetenza Dell�ente PaRCo Dal 1 Gennaio 2007 � 5. la legge 27 dicembre 2006 n. 296. Solo con la legge finanziaria per il 2007 (�Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato�, pubblicata nella Gazz. Uff. 27 dicembre 2006, n. 296, S.O.) all�art. 1, comma 1104 si deroga ancora - ed allo stato attualmente vigente, definitivamente - al testo unico sull�edilizia, attribuendo stavolta la competenza dominicale in via principale all�ente parco (ora anche regionale) e, solo in via sussidiaria, al Comune. Infatti, l�art. 1, comma 1104, dispone ora che (enfasi ns.) �Nelle aree naturali protette l�acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, (...allo stato della legislazione vigente, art. 31, sesto comma, d.p.r. n. 380 del 2001) si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni. restano confermati gli obblighi di notifica al ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare degli accertamenti, delle ingiunzioni alla demolizione e degli eventuali abbattimenti direttamente effettuati, come anche le procedure e le modalit� di demolizione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge". CONTENzIOSO NAzIONALE L�entrata in vigore di tale normativa � disciplinata dall�art. 1, comma, 1364: �la presente legge entra in vigore il 1� gennaio 2007, ad eccezione dei commi 966, 967, 968 e 969, che entrano in vigore dalla data di pubblicazione della presente legge�. b) natura giuridica della acquisizione in propriet�. La acquisizione in propriet� ha natura giuridica di sanzione autonoma che ''consegue all�inottemperanza dell�ingiunzione, abilitando poi il sindaco ad una scelta fra la demolizione di ufficio e la conservazione del bene, definitivamente gi� acquisito, per la destinazione a fini pubblici, sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali" (Corte Costituzionale, sentenza n. 345 del 11/7/1991). Da qui il corollario che "la notifica dell�accertamento dell�inottemperanza � un adempimento estrinseco rispetto alla fattispecie ablatoria ed ha due funzioni. l'una, consiste nello essere il necessario titolo per la concreta immissione nel possesso da parte dello ente comunale qualora l�interessato non intenda spontaneamente spogliarsi del bene; l�altra, si rinviene nel permettere al comune di trascrivere nei registri immobiliari il trasferimento della propriet� (per gli effetti dell'art. 2644 cod. civ.)" (Cass. pen., sez. IIII, 28 maggio 2009, n. 22440, Morichetti). Secondo autorevole dottrina (Predieri) si tratta di un�ablazione intesa quale confisca amministrativa repressiva, in quanto sanzione conseguente ad un illecito amministrativo, quale � il costruire senza il provvedimento concessorio (o in difformit� da esso). Quindi, i due effetti automatici (lo spossessamento e la acquisizione al patrimonio dell�ente) si verificano nello stesso tempo istantaneo ed a quel tempo va individuato l�ente competente che la legge in vigore in quel momento indica. c) il potere di accertare l�inottemperanza, sua competenza e la errata interpretazione dell�art. 31 del t.u. dell�edilizia in una prospettiva sistematica attraverso la tecnica del rinvio tra norme. Da quanto precede dovrebbe ora essere chiaro come il t.a.r. sia caduto in errore quando parla di �potere di dichiarare l�avvenuta acquisizione� laddove si pone l�interrogativo su quale P.A. la legge ne appunti la competenza; in realt�, l�indagine - come poi il t.a.r. far� - involge il potere di accertare la inottemperanza all�ordinanza di demolizione, atteso che -come visto dal richiamato arresto della cassazione penale -solo tale accertamento costituisce il necessario titolo per la concreta immissione nel possesso da parte dello ente parco qualora l�interessato non intenda spontaneamente spogliarsi del bene; l�altra, si rinviene nel permettere all�ente parco di trascrivere nei registri immobiliari il trasferimento della propriet� (art. 31, comma 4 TUE). Ma, allora, la questione principale si sposta su chi debba accertare la inottemperanza. Il t.a.r. risolve la questione sulla base di una miope interpretazione del combinato disposto degli artt. 31, commi 4 e 6 t.u.e., 1 comma 1104 della legge n. 296/2006 e 29 della L. n. 394/1991. Infatti, prevedendo il comma 6 che la acquisizione �si verifica a favore del patrimonio del comune� anche nel caso di �concorso di vincoli�, appare fin troppo elementare che l�accertamento dell�inottemperanza non potesse che riferirsi al solo comune stesso e non ad altri enti, e non pu� certo invocarsi a supporto della tesi della incompetenza del parco a procedere a detto accertamento l�art. 29 della L. n. 394 del 1991 che � necessariamente silente su tale atto amministrativo: infatti, quando entr� in vigore tale norma, vigeva il vecchio testo dell�art. 7 della L. n. 47 del 1985 il quale prevedeva che nel caso di �concorso di vincoli� la acquisizione �si verifica a favore del patrimonio del comune�; quindi � giocoforza che la norma sulle aree protette non si occupasse anche della competenza di un atto di accertamento che per legge gravava gi� sullo stesso ente che ne aveva acquisito la propriet�! La simmetria che il t.u.e. prevede sta tra potere di ordinanza di demolizione e potere di accertamento dell�inottemperanza; e l�effetto della acquisizione in propriet� non pu� che conseguirsi in capo al medesimo ente cui competono quei due poteri �a monte�, ossia il comune. Ma quando interviene il jus superveniens costituito dall�art. 1 comma 1104 della legge n. 296/2006 [che inverte la competenza della acquisizione gratuita delle opere abusive in favore dell�ente parco gestore del vincolo ambientale sull�area], se - come nella fattispecie qui in rilievo - l�ordinanza di demolizione viene emanata dallo stesso ente parco ex art. 29 della L. 394/1991 (fatto incontroverso, v. pag. 1 sentenza impugnata), si domanda: perch� ad accertare l�inottemperanza all�ordine di demolizione deve essere il comune, ad essa estranea, il quale non acquisir� nemmeno l�area? Sarebbe del tutto irragionevole, infatti, appuntare la competenza alla precostituzione del titolo di immissione in possesso e di trascrizione immobiliare della propriet� acquisita al comune che resta del tutto RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 estraneo a tali effetti giuridici ed alla propriet� stessa e che non ha nemmeno emanato l�ordinanza di demolizione. Una interpretazione del genere dell�art. 31 t.u.e. si porrebbe in contrasto con l�art. 3 per la sua irragionevolezza, nonch� con l�art. 97 Cost. sotto il profilo del buon andamento dell�azione amministrativa di autotutela ambientale, minando quella tutela del paesaggio garantita dall�art. 9, comma 2, Cost. La tesi del t.a.r. viene a rompere proprio quella simmetria di cui si diceva posta dallo stesso t.u.e. tra potere di ordinare la demolizione/potere di accertare l�inottemperanza e che conduce all�unicit� di competenza; simmetria del tutto logica e razionale e dalla quale non pu� che trarsi il seguente corollario: se l�ente che acquisisce la propriet� coincide con l�ente che ha ordinato la demolizione, � il medesimo ente che ha il potere di accertare l�inottemperanza all�ordine di demolizione, precostituendosi cos� i titoli per rendere esecutiva la sanzione in suo favore. Si tratta di conclusione alla quale si perviene anche attraverso una interpretazione sistematica degli articoli 29 della L. 394/91 (ordine di demolizione da parte del Parco), art. 1, comma 1104 l. 296/2006 e 31, commi 4 e 6 T.U.E. attualmente vigente. In buona sostanza, l�art. 31 del t.u.e., per effetto del jus superveniens che recepisce, si interpreta nel senso che l�accertamento della inottemperanza all�ordine di demolizione di manufatto ricadente in area protetta, maturatasi dopo il I gennaio 2007, compete all�ente parco che ne ha gi� acquisito la propriet�. Ancora potrebbe fondatamente sostenersi che, essendo stato abrogato l�ultimo periodo del comma 6 dell�art. 31 t.u.e. da parte dell�art. 1 della L. 296/2006, nella fattispecie legale della acquisizione gratuita della propriet� di area soggetta a plurivincolo il comma 4 del cit. art. 31 deve essere integrato ed interpretato alla luce della mutata competenza acquisitiva e, conseguentemente il potere di accertare l�inottemperanza compete esclusivamente all�ente parco. Ci� accade in tutte quelle norme che mutano la competenza le quali vanno ad integrare le norme che disciplinano l�esercizio del potere, le quali restano in vigore, ma si integrano con la norma sulla competenza. d) la competenza del procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege. Per le ragioni che precedono, ne consegue che la competenza a promuovere il procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione della sanzione ex lege, nella fattispecie concreta va individuata nell�ente parco, non potendosi condividere la tesi del t.a.r. secondo cui l'art. 2, co. 1, della legge n. 426 del 1998 (cfr. anche art. 1, co. 1104, della legge n. 296 del 2006) incide unicamente sul soggetto che � destinatario dell'acquisizione, ma non deroga n� modifica l'art. 31 del DPR 380 nella parte in cui vengono per il resto disciplinati il potere ed il procedimento per la relativa declaratoria. e) 1. sulla falsa applicazione dell�art. 21 septies della l. n. 241/1990. Venendo ora alla illustrazione delle singole censure di violazione di legge, quanto alla violazione degli articoli 29 della L. 394/91, 1, comma 1104 l. 296/2006 e 31, commi 4 e 6 T.U.E., valga quanto argomentato ai superiori punti c) e d) ai quali si rinvia; in merito alla rilevata nullit� dell�atto amministrativo impugnato per carenza assoluta di potere, � agile a questo punto rilevarne la infondatezza. Infatti, se alla luce della interpretazione sistematica sopra offerta la competenza ad accertare l�inottemperanza va individuata in capo all�ente parco, ne consegue che l�atto impugnato, lungi dall�essere nullo, appare pienamente legittimo ed espressione di potere amministrativo che, sia pure vincolato, vede contrapposto un interesse legittimo oppositivo e non certo un diritto soggettivo tale da radicare la giurisdizione del g.o. In ogni caso, va detto che la carenza assoluta di potere ricorre, tra le altre fattispecie in essa incluse, quando l�Amministrazione emanante l�atto � del tutto estranea al plesso organizzatorio di quella effettivamente competente. Ma, in materia di tutela ambientale non pu� predicarsi una tale estraneit� tra ente parco e comune, atteso che in materia di autotutela le competenze tra le due PP.AA. si affiancano: oltre al caso del plurivincolo, si pensi alle ipotesi dei condoni edilizi su immobili insistenti in area protetta, per le quali ipotesi la legge n. 47 prevede che il condono non pu� essere rilasciato senza l�assenso dell�ente parco; oppure alle ipotesi in cui i vincoli ambientali sono posti dalla pianificazione edilizia comunale tramite il rinvio recettizio ai piani paesaggistici (v. ad es. il p.r.g. di Sabaudia nel Parco del Circeo). In alcuni casi � lo stesso Comune autonomamente a non rilasciare il titolo edilizio perch� contrastante con il piano del parco o con il regolamento del parco (con ci� evitando all�ente parco di denegare il nulla osta ex art. 13 L. 394/91). CONTENzIOSO NAzIONALE Da tali esempi si ricava che, semmai, non di c.d. �acompetenza� (per dirla con il Sandulli) si tratta, bens� -semmai -di incompetenza relativa che giammai produrrebbe la nullit� del provvedimento amministrativo, bens� la sua sola annullabilit� sindacabile dal g.a. Da qui la censurata violazione dell�art. 21 septies della legge sul procedimento e delle norme in tema di nullit� degli atti amministrativi, censure che ridondano sulla violazione degli artt. 7 e 35 comma 1, lett. b) del c.p.a., perch� il t.a.r. avrebbe dovuto ritenere la giurisdizione e scendere nel merito del giudizio di legittimit� (implicitamente ritenendo ammissibile il ricorso). e) 2. la violazione degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione. Si � gi� detto come la tesi del t.a.r. renderebbe costituzionalmente illegittimo l�art. 31 t.u.e. laddove si interpretassero i commi 4 e 6 nel senso che anche nell�ipotesi di plurivincolo, la competenza ad accertare l�inottemperanza ed a promuovere il procedimento amministrativo di attuazione della sanzione acquisitiva, spetterebbe al comune. Qui non pu� che ribadirsi l�argomento secondo il quale sarebbe irragionevole che la legge appuntase la competenza alla precostituzione del titolo di immissione in possesso ed alla trascrizione immobiliare della propriet� acquisita sul comune che � ente del tutto estraneo a tali effetti giuridici ed alla propriet� stessa. Per non dire il paradosso che si avrebbe: il comune che non � proprietario e non ha ingiunto la demolizione, dovrebbe nell�interesse del parco addirittura trascrivere la acquisizione di un altro ente. Una interpretazione del genere dell�art. 31 t.u.e. si pone in evidente contrasto con l�art. 3 per la sua irragionevolezza, nonch� con l�art 97 Cost. sotto il profilo del buon andamento dell�azione amministrativa di autotutela ambientale, minando quella tutela del paesaggio garantita dall�art. 9, comma 2, Cost. Ed anche per l�attivit� comunale si avrebbe un vulnus al buon andamento della propria attivit� amministrativa, dovendo compiere tutta una serie di atti per i quali non ha alcun interesse pubblico da perseguire. D�altro canto, se per immettersi nel possesso dell�area l�ente parco dovesse attendere l�apertura del procedimento di accertamento dell�inottemperanza da parte del Comune (che ricordiamo non essere nella fattispecie l�ente che ha emesso l�ordinanza di demolizione e pertanto non � nel possesso di tutti gli atti del procedimento sottesi a tale provvedimento), dipenderebbe dalle inerzie amministrative di quest�ultimo (spesso a favore del privato che permarrebbe nell�area e a danno dell�ambiente), con ci� rallentando quella rapidit� di azione amministrativa e del suo buon andamento che deve contraddistinguere ogni irrogazione di sanzione amministrativa; esigenza a fortiori apprezzabile quando poi � in gioco il bene ambientale protetto leso ed il suo celere ripristino. ISTANzA DI SOSPENSIONE Si chiede la sospensione degli effetti della sentenza poich� ritenuti sussistenti entrambi i presupposti del fumus e del periculum. Dalla sospensione degli effetti della sentenza discende automaticamente la validit� dell�atto impugnato e la prosecuzione della fase amministrativa della attuazione della sanzione, la cui legittimit� dovr� essere vagliata in sede di rinvio dal t.a.r. a quo ai sensi dell�art. 105 c.p.a. (il t.a.r. ha declinato la giurisdizione). Quanto al fumus, valgano i suindicati motivi di impugnazione. Quanto al periculum, trattandosi di attuare la sanzione procedendo l�ente parco al rimedio ripristinatorio urge che questo sia posto in essere, anche in considerazione del principio di diritto che la attuazione della sanzione deve essere quanto pi� prossima all�atto illecito. Inoltre, la compromissione del bene ambientale costituisce danno permanente che necessita quanto prima di essere rimediato attraverso la riqualificazione dell�area, previa appunto la sua acquisizione. P.Q.M. SI CONCLUDE Affinch� il Consiglio di Stato voglia: 1) in via cautelare, sospendere gli effetti della sentenza impugnata; 2) in accoglimento del presente ricorso, ritenuta la giurisdizione del g.a., riformare quest�ultima, con rimessione della causa al t.a.r. della Campania. 3) Con vittoria di spese, diritti ed onorari del grado giudizio. Ai fini del c.u. da prenotarsi a debito, si dichiara che la causa � di valore indeterminabile. Roma, 22 gennaio 2018 Paolo Marchini Avvocato dello Stato RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 Consiglio di stato, sezione sesta, sentenza 30 marzo 2018 n. 2017 -Pres. L. Maruotti, est. F. Gambato Spisani - Ente Parco nazionale del Vesuvio (avv. St. P. Marchini) c. S.A. (avv. A. Capotorto). (...) 1. Con ordinanza 13 dicembre 2012, n. 43, notificata il 28 dicembre 2012 alla ricorrente appellata, l�Ente Parco nazionale del Vesuvio ha ordinato la demolizione delle opere abusive descritte in epigrafe. 2. Con il provvedimento di data 21 settembre 2016, l�Ente ha dichiarato l�acquisizione gratuita al proprio patrimonio delle opere edilizie abusive ed ha disposto che la responsabile gli corrisponda una indennit� mensile di occupazione senza titolo, determinata nel provvedimento stesso, con decorrenza dal 15 maggio 2012 e sino alla data dello sgombero. 3. Con la sentenza indicata in epigrafe, il TAR ha dichiarato inammissibile il ricorso contro il provvedimento di acquisizione, rilevando �d�ufficio� che: -l�Ente avrebbe emanato l�atto in �difetto assoluto di attribuzione�, poich� le norme vigenti attribuirebbero il potere di disporre l�acquisizione gratuita esclusivamente al Comune nel cui territorio l�opera abusiva si trova; -l�art. 31 del T.U. 6 giugno 2001, n. 380, avrebbe implicitamente abrogato l�art. 2, comma 1, della l. 9 dicembre 1998, n. 426, e l�art. 29 della l. 6 dicembre 1991, n. 394, sicch� l�ente gestore di un�area protetta - pur essendo titolare del potere di ingiungere la demolizione e la riduzione in pristino di opere abusive -in caso di inottemperanza a tali ordini non sarebbe titolare anche del potere di disporre l�acquisizione gratuita delle opere al proprio patrimonio e di procedere alla immissione in possesso e alla trascrizione. Contro tale sentenza, l�Ente Parco Nazionale del Vesuvio ha proposto impugnazione, con appello che contiene un unico articolato motivo di violazione delle norme sopra indicate, sostenendo: -in primo luogo che l�acquisizione gratuita non costituirebbe esercizio di potere amministrativo, ma sanzione legale, e quindi che dichiararne l�avveramento rientra nella competenza dell�Ente che se ne avvantaggia; -in secondo luogo, che comunque non si verserebbe in una fattispecie di carenza di potere o di difetto assoluto di attribuzione e in subordine che l�art. 31 del T.U., ove fosse interpretato nel senso affermato dal TAR, sarebbe incostituzionale per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.; - il TAR non avrebbe potuto d�ufficio rilevare la nullit� dell�atto impugnato. L�appellata resiste, con memoria 27 febbraio 2018, nella quale contesta le argomentazioni in diritto poste alla base dell�appello e difende la motivazione della sentenza impugnata, chiedendo che l�appello stesso sia respinto. 4. Ritiene la Sezione che le censure dell�appellante siano fondate e vadano accolte, per le ragioni di seguito esposte. 4.1. Innanzitutto, sotto il profilo processuale vanno condivise le deduzioni dell�Ente appellante, per le quali il TAR non avrebbe potuto d�ufficio rilevare la nullit� dell�atto impugnato in primo grado e comunque non sussistevano i presupposti sostanziali per rilevare tale nullit�. Quanto meno, si sarebbe dovuto prospettare la questione all�Amministrazione, ai sensi dell�art. 73, comma 3, del codice del processo amministrativo. Inoltre, poich� le censure di primo grado neppure avevano ipotizzato un difetto di competenza dell�Autorit� emanante, il TAR si sarebbe dovuto limitare ad esaminare le censure proposte. Neppure si possono considerare sussistenti i presupposti per ravvisare un �difetto assoluto di attribuzione�, quando un Ente Parco emani un provvedimento in tema di tutela del territorio. CONTENzIOSO NAzIONALE Poich� la legislazione di settore ha previsto il dovere del medesimo Ente Parco di prevenire e di reprimere gli abusi edilizi, e di sanzionarli conseguentemente, qualora si prospetti che il medesimo Ente abbia esercitato un potere spettante esclusivamente al Comune, si pone una questione di �competenza�, e dunque una questione di legittimit� dell�atto impugnato. Sotto tale profilo, va rimarcato che - anche in tema di competenza - ogni violazione di legge, pi� o meno grave, determina l�annullabilit� del provvedimento, tranne i casi in cui l�Autorit� emanante non abbia alcun potere nella materia in questione, ci� che soltanto configura il difetto assoluto di attribuzione (cfr. Sez. VI, 7 agosto 2013, n. 4167). Poich� l�Ente Parco � senz�altro titolare di poteri-doveri in materia di tutela del territorio, nel caso di abusi edilizi, vanno accolte tutte le censure dell�Amministrazione appellante, sulla insussistenza del difetto assoluto di attribuzione e sulla erroneit� della rilevazione d�ufficio di una insussistente patologia dell�atto. 4.2. Risultano altres� fondate tutte le altre censure dell�Amministrazione appellante (da valutare tenendo conto della sussistenza della giurisdizione esclusiva amministrativa in materia urbanistica e delle peculiarit� della vicenda posta all�esame della Sezione). Nel caso di abusi edilizi cd maggiori, ovvero di opere realizzate in assenza o totale difformit� dal necessario permesso di costruire, le sanzioni sono previste in via generale dall�art. 31 del T.U. 380/2001, riproduttivo sul punto delle identiche disposizioni gi� contenute nella l. 28 febbraio 1985, n. 47. Il Comune, quale ente preposto alla corretta gestione del territorio e titolare del relativo potere di vigilanza, deve ordinare la rimessione in pristino, e la demolizione in cui essa si concreta; in caso di inottemperanza si verifica poi di diritto l�acquisizione dell�opera abusiva stessa al patrimonio dell�ente, il quale � tenuto a provvedere, ormai quale proprietario, alla rimessione in pristino non ancora effettuata. Quando si tratta di un abuso nell�area protetta rappresentata da un parco nazionale, le sanzioni sono le stesse quanto al contenuto e si deve tener conto delle disposizioni speciali che prevedono le relative competenze. L�art. 29, comma 1, della l. 394/1991 ha previsto che �il legale rappresentante dell'organismo di gestione dell'area naturale protetta, qualora venga esercitata un'attivit� in difformit� dal piano, dal regolamento o dal nulla osta, dispone l'immediata sospensione dell'attivit� medesima ed ordina in ogni caso la riduzione in pristino o la ricostituzione di specie vegetali o animali a spese del trasgressore con la responsabilit� solidale del committente, del titolare dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere�. I poteri in materia sono stati concentrati nel legale rappresentante dell�Ente Parco, il quale � nella miglior posizione per valutare se siano o no rispettate tutte le norme di tutela dell�area protetta (che potrebbe interessare anche il territorio di pi� Comuni, con i relativi problemi di coordinamento che sorgerebbero, se operasse la tutela ordinaria, demandata a ciascuno di essi). Nel quadro disegnato da questa disposizione, si inserisce l�art. 2, comma 1, della l. 426/1998, per il quale �nelle aree naturali protette nazionali l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione�. Il riferimento � alla normativa previgente all�art. 31 del T.U., che, come rilevato, aveva un corrispondente contenuto: in base al dato di fatto per cui le attivit� in contrasto con la tutela sono di solito rappresentate da opere abusive, si � completato il sistema, accentrando anche l�effetto della acquisizione gratuita in capo all�ente gestore. Identica disposizione � contenuta nell�art. 1, comma 1104, della l. 296/2006, posteriore al RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 T.U.: �nelle aree naturali protette l'acquisizione gratuita delle opere abusive di cui all'articolo 7, sesto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione ovvero, in assenza di questi, a favore dei comuni�. 4.3. Non risulta condivisibile, pertanto, quanto rilevato dalla sentenza impugnata, secondo la quale l�art. 31 del T.U. 380/2001 avrebbe operato una abrogazione delle norme di tutela descritte. In primo luogo, si tratta di norme speciali (a tutela delle aree rientranti nel parco), le quali per principio generale non vengono abrogate da una legge generale sopravvenuta. Inoltre, l�art. 1, comma 1104 citato, � entrato in vigore successivamente all�entrata in vigore del T.U. n. 380 del 2001. 4.4. Non risulta nemmeno condivisibile l�interpretazione, fatta propria dal TAR, per cui occorrerebbe distinguere fra l�effetto legale della acquisizione gratuita, che va a vantaggio del- l�ente gestore ed � automatico, e il potere di dichiarare l�effetto stesso, che spetterebbe invece al Comune. Il beneficiario di tale effetto legale, contrariamente a quanto sostiene l�appellata, � effettivamente l�Ente Parco, in forza delle norme speciali appena riportate (che prevalgono sul comma 6 dell�art. 31 del T.U., per cui �Per gli interventi abusivamente eseguiti su terreni sottoposti, in base a leggi statali o regionali, a vincolo di inedificabilit�, l'acquisizione gratuita, nel caso di inottemperanza all'ingiunzione di demolizione, si verifica di diritto a favore delle amministrazioni cui compete la vigilanza sull'osservanza del vincolo. tali amministrazioni provvedono alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell'abuso. nella ipotesi di concorso dei vincoli, l'acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune�). Si tratta infatti di una normativa generale sulla pluralit� di vincoli, l� dove l�istituzione di un parco nazionale non si riduce a un mero �vincolo�, ma comporta un pi� complesso sistema di tutela a s� stante (come disposto dalla normativa anche sopravvenuta al testo unico). 4.5. Come correttamente rilevato dall�Amministrazione appellante, nel sistema delineato dal- l�art. 1, comma 1104, della l. 296/2006, l�attribuzione all�Ente Parco del potere di acquisizione risulta anche coerente con l�esigenza che siano ridotte le questioni di coordinamento tra i Comuni i cui territori facciano parte del parco, in un�ottica - tenuta presente dal legislatore - secondo cui proprio l�Ente Parco � l�autorit� che � specificamente preposta alla repressione degli abusi posti in essere all�interno del territorio del parco. 5. Per le ragioni che precedono, l�appello va accolto. Poich� in questo grado l�appellata non ha riproposto le proprie censure di primo grado, in riforma della sentenza impugnata il ricorso di primo grado va respinto. Le spese dei due gradi del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l�appello n. 607 del 2018 e, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado n. 2110/2017, proposto al TAR per la Campania, Sede di Napoli. Condanna l�appellata a rifondere all�Amministrazione appellante le spese dell�intero giudizio, spese che liquida in � 2.000 (tremila/00) per ciascuno dei gradi, e cos� per complessivi � 4.000 (quattromila/00), oltre accessori di legge, se dovuti. Cos� deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1� marzo 2018. CONTENzIOSO NAzIONALE esegesi dell�art. 96 c.p.a. e termini per l�impugnazione �incidentale� consiGlio di stato, sezione QUinta, sentenza 30 aPrile 2018 n. 2602 La recente sentenza del Consiglio di Stato, Sez. Quinta, ha, tra l�altro (par. 7.2), ritenuto tempestivo un appello proposto in via autonoma avverso sentenza gi� impugnata dal cointeressato con appello principale, entro il termine ordinario decorrente dalla pubblicazione della sentenza, anche se oltre il termine (in questo caso dimezzato), decorrente dalla notifica dell�appello principale, ai sensi dell�art. 96 c.p.a. A quanto mi consta si tratta della prima pronuncia in termini sulla questione, successiva all�entrata in vigore del predetto Codice. La giurisprudenza citata nella decisione, infatti, pur affermando, in astratto, il principio secondo cui l�impugnazione incidentale autonoma � �nella sostanza un appello autonomo, avente la medesima natura di quello principale�, era intervenuta in casi nei quali l�appello successivo risultava comunque proposto entro il termine di cui all�art. 96 c.p.a. Mentre le opinioni della dottrina rinvenibili sul punto, con specifico riferimento all�esegesi dell�art. 96, non sembrano fornire utili spunti per sostenere la tempestivit� dell�appello successivo, proposto nelle condizioni predette. danilo del Gaizo* Consiglio di stato, sezione Quinta, sentenza 30 aprile 2018 n. 2602 -Pres. C. Saltelli, est. A. Rotondano - ITC (avv.ti M. Lombardo, G. Totino, E. Pellicciotti) c. Min. Interno, Commissione Nazionale per il diritto d�asilo (avv. St. D. Del Gaizo) e nei confronti di C.I.E.S. (avv.ti A. Lirosi, C. Giangiacomo, N. Lais, C. Pepe) (ricorso r.g. 9724/2016); Min. Interno, Commissione Nazionale per il diritto d�asilo c. C.I.E.S e nei confronti di ITC (ricorso r.g. 1008/2017). DIRITTO 6. Va innanzitutto disposta la riunione degli appelli in trattazione, ai sensi dell�art. 96, comma 1, c.p.a., in quanto rivolti avverso la stessa sentenza (Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 2015, n. 1763). 7. Prima di procedere all�esame dei motivi di censura sollevati con gli appelli in trattazione, occorre decidere le questioni preliminari sollevate dalle parti nei propri atti difensivi. (...) 7.2. Deve essere scrutinata l�eccezione di irricevibilit� dell�appello proposto dal Ministero dell�Interno e dalla Commissione Nazionale per il diritto d�asilo formulata dalla difesa di CIES sul presupposto che detta impugnazione sia stata notificata tardivamente, cio� oltre i 30 giorni dalla notifica dell�impugnazione principale spiegata da ITC, incardinata dinanzi a (*) Avvocato dello Stato. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 questo Consiglio con giudizio RG 9724/2016, in violazione dell�art. 96 Cod. proc. amm. L�eccezione � infondata. Posto che le amministrazioni statali appellanti non hanno proposto appello incidentale, bens� un autonomo atto di appello avverso la sentenza segnata in epigrafe che le vedeva soccombenti, deve rammentarsi che, come puntualizzato da Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2015 n. 93, dalle cui conclusioni non vi � ragione di discostarsi �la giurisprudenza amministrativa formatasi prima dell'avvento del vigente c.P.a. era gi� consolidata nel senso che alla luce dell'art. 333 c.p.c., ritenuto applicabile anche al giudizio amministrativo, la parte che avesse ricevuto la notifica dell'altrui appello proposto contro una sentenza aveva, s�, l'onere di impugnare quest'ultima in via incidentale, se voleva evitare di incorrere nella decadenza nel- l'ipotesi di mancata riunione dei relativi giudizi, ma ci� non precludeva alla parte stessa la possibilit� di proporre la propria impugnazione anche in forma autonoma (cfr. ad es. c.d.s., iV, 26 settembre 2007, n. 4970; Vi, 24 febbraio 2011, n. 1166). la giurisprudenza civile, del resto, in assenza di un'espressa indicazione legislativa sull'essenzialit� dell'osservanza delle forme del ricorso incidentale, ravvisa tuttora l'idoneit� del ricorso successivo a raggiungere il proprio scopo anche ove proposto nelle forme del ricorso principale: e ritiene che solo in difetto di riunione delle due impugnative la pronuncia emessa sulla prima renda improcedibile la seconda, in forza della decadenza con la quale l'art. 333 cod. cit. sanziona la violazione della norma dell'incidentalit� delle impugnazioni proposte successivamente (cass. civ., iii, 7 novembre 2013, n. 25054; ss.UU., 7 luglio 2009, n. 15843). orbene, questa impostazione non pu� non trovare conferma anche nel sistema del vigente c.P.a., agevole essendo osservare che il suo art. 96 non prevede alcuna sanzione diretta a carico della parte soccombente in prime cure che abbia proposto il proprio appello in forma autonoma anzich� incidentale�. A ci� consegue la tempestivit� dell�appello in questione, non potendo peraltro sottacersi che a tale conclusione si giunge anche qualificando tale impugnazione come incidentale autonoma che, in conformit� al consolidato orientamento di questo Consiglio (Cons. Stato, sez. III, 2017 n. 3873; sez. IV, 12 giugno 2013, n. 3252; Adunanza Plenaria n. 24 del 2011) � ��nella sostanza un appello autonomo, avente la medesima natura di quello principale: l�appellante incidentale, parzialmente soccombente in primo grado, chiede la revisione dei capi o dei punti della sentenza che gli sono sfavorevoli, sicch� il suo interesse ad impugnarla nasce da essa e non dall�appello principale. ne consegue che all� appello incidentale autonomo si applica il regime dell�appello principale. infatti, la circostanza che lo stesso vada proposto in forza della regola di concentrazione delle impugnazioni, all�interno del giudizio instaurato con l�appello principale, non ne altera l�intima struttura, poich� incidentale � solo la tecnica con la quale viene attivata l�impugnazione (�) e non anche il suo contenuto�. (...) CONTENzIOSO NAzIONALE Riflessioni semiserie sullo stile e sulla sostanza delle cose �noterella minima� a tribUnale amministratiVo reGionale Per il Veneto, sez. i, sentenza 15 maGGio 2018 n. 529 Avendo bazzicato tribunali di provincia ormai da trentacinque anni, gli ultimi venticinque come Avvocato dello Stato, ho sempre considerato con perplessit� l�istituto della cancellazione delle espressioni sconvenienti ed offensive di cui all�art. 89 c.p.c. e mi sono ben guardato dal ricorrervi per svariate ragioni. In primis, sin dalle scuole elementari ho maturato la convinzione che andare a lamentarsi dalla signora maestra (nel mio caso, un vero Signor Maestro) denotava spesso un certo grado di pusillanimit�, attitudine alla delazione e incapacit� di reggere un confronto diretto con un avversario risolvendo i conflitti in autonomia e concedendo e ottenendo reciproco rispetto. Crescendo la sensazione si � rafforzata ed � maturata la convinzione che ad essere offensive e sconvenienti pi� che le espressioni siano talvolta le personalit�, che il ricorso all�Autorit� per la �cancellazione� sia un cedimento alla propria permalosit�, vizio ineliminabile negli avvocati, e ad un notevole senso di inadeguatezza e che in definitiva le sciocchezze scritte potessero benissimo rimanere sulla carta, a documentum dell�occasione e a monumentum del loro Autore. Tra le molte migliaia di cause trattate, anche �a muso duro�, riesco a ricordare solo due occasioni nelle quali il patrocinatore avversario ha ritenuto di chiedere nei miei confronti l�applicazione dell��infamante� art. 89. Nel primo caso, di alcuni anni fa, la richiesta, ovviamente disattesa in ogni fase processuale in cui � stata proposta e riproposta, si inquadrava in un contenzioso molto avvelenato, con ingenti e largamente infondate aspettative economiche, condito di attacchi mediatici, lettere anonime, agguati di Iene (nel senso di inviati del programma televisivo) e, dulcis in fundo, espostino al C.A.P.S. Recentissima invece la seconda occasione, documentata nella allegata sentenza del TAR per il Veneto (tra l�altro, cessata materia del contendere a spese compensate!) e relativa ad un porto d�armi non rinnovato ad un anziano cacciatore e poi alla fine concesso dall�Amministrazione dopo un�ordinanza cautelare. Riporto quanto censurato dalla controparte: �Si espone, richiamando la documentazione gi� dimessa dalla controparte e in particolare il correttamente motivato provvedimento impugnato. Nulla vale, ai fini che ci occupa, la remissione della querela da parte del fratello del (..), picchiato dopo essere gi� stato pi� volte minacciato di morte RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 e infine anche con un�arma dal ricorrente. Lo stesso non pu� non essere posto in relazione con l�episodio del 1997, quando il ricorrente era gi� ampiamente maturo e quasi cinquantenne, ai danni di due guardie venatorie, pure esse minacciate di morte dall�appassionato cacciatore. L�abitudine a proferire minacce di morte, ad alzare le mani, a praticare violenza verbale e fisica sono segnali inequivoci che indicano come la comunit� sia pi� sicura tenendo il signor (..). lontano dalle armi�. Convinzione che, col rispetto dovuto al Giudice Amministrativo che ha ritenuto di non considerare unitariamente i due episodi, di valutare la risalenza nel tempo del primo e la remissione della querela nel secondo, e all�Autorit� Amministrativa che ha preferito adeguarsi, sommessamente mantengo� sperando che il sig. (..) non abbia a litigare con nessuno, con fucile o senza, e che il suo avvocato non se la prenda se qualcuno risponde per le rime. Marco Meloni* tribunale amministrativo Regionale per il Veneto, sezione Prima, sentenza 15 maggio 2018 n. 529 -Pres. Nicolosi, est. Dato. FATTO 1. Con provvedimento prot. n. Cat.6.L/Amm/17 del 1 febbraio 2017, notificato il successivo 5 febbraio 2017, il Questore ... ha rigettato l'istanza di rinnovo della licenza di porto di fucile, presentata dal ricorrente in data 17 marzo 2015, sulla base di due episodi: il deferimento del ricorrente all'autorit� giudiziaria, a seguito di una querela sporta contro di esso da due guardie venatorie per un diverbio avvenuto durante un servizio di vigilanza, per i reati di minaccia grave e di turbamento di servizio pubblico o di pubblica necessit� (procedimento penale conclusosi con l'applicazione della pena ex art. 444 c.p.p.), ed un ulteriore deferimento del ricorrente all'autorit� giudiziaria a seguito di querela proposta dal fratello, dopo un litigio con quest'ultimo per essere stato minacciato con una carabina, per i reati di minaccia grave e di percosse. 2. In data 8 aprile 2014 la Questura, conosciuto il secondo episodio citato, provvedeva a notificare all'odierno ricorrente l'avvio del procedimento di revoca della licenza di porto di fucile. 3. In data 23 giugno 2015, veniva notificato al ricorrente l'avviso di avvio del procedimento di respingimento istanza di rinnovo di porto di fucile per uso di caccia a seguito della imminente scadenza dell'ultima licenza. 4. In data 7 luglio 2015, il ricorrente depositava, presso l�Ufficio Licenze della Divisione Amministrativa e Sociale della Questura, una memoria difensiva nella quale si opponeva al respingimento dell'istanza di rinnovo di porto di fucile. 5. In relazione al secondo deferimento all'autorit� giudiziaria, in data 12 maggio 2016, il fratello del ricorrente rimetteva la querela proposta; tale remissione veniva accettata dal ricorrente in data 28 settembre 2016. (*) Avvocato dello Stato. CONTENzIOSO NAzIONALE 6. Il 6 dicembre 2016 il ricorrente trasmetteva alla Questura copia dell'avvenuta remissione di querela e della accettazione della stessa. Il successivo 14 dicembre 2016, i Carabinieri di ... inoltravano una comunicazione alla Questura nella quale davano atto che la condotta di - OMISSIS-era "tale da far credere nel suo ravvedimento". Il 17 dicembre 2016 veniva prodotta una seconda memoria difensiva nella quale, con riferimento al secondo episodio, si evidenziava che la carabina con la quale il fratello del ricorrente era stato minacciato, oltre a non essere carica, non fosse un arma con caratteristiche tali da poter uccidere. 7. Il Questore come sopra detto, il successivo 1 febbraio 2017, respingeva l'istanza presentata dal ricorrente; il successivo 7 marzo 2017, il ricorrente decideva di proporre ricorso gerarchico, dinnanzi al Prefetto, avverso il diniego di rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia e chiedeva la revoca del provvedimento del Questore. 8. In data 30 agosto 2017, con provvedimento prot. n. 0055284, notificato con nota prot. n. 0055289 in pari data, il Preftto respingeva il ricorso gerarchico presentato da -OMISSIS-. 9. Il ricorrente, pertanto, proponeva ricorso giurisdizionale, impugnando gli atti in epigrafe di cui chiedeva l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia. 10. Si � costituito in giudizio il Ministero dell'Interno che ha chiesto la reiezione delle domande proposte dal ricorrente. 11. Con ordinanza 7 dicembre 2017, n. 611 questo Tribunale Amministrativo Regionale, Sez. I, accoglieva l'istanza di sospensione "ai fini del riesame della posizione giuridica del ricorrente" sulla base dei principi affermati nella medesima ordinanza. 12. Successivamente alla pronuncia della predetta ordinanza cautelare - come rileva il ricorrente nella memoria depositata in data 20 marzo 2018 - l'Amministrazione resistente ha dapprima annullato in autotutela l'atto impugnato e poi, a seguito di avvio di nuovo procedimento, ha rilasciato brevi manu una nuova "licenza di porto di fucile" n. 867884-0, valida per sei anni dalla data del rilascio ovvero con scadenza 28 febbraio 2024. Pertanto, il ricorrente ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere ai sensi dell'art. 34, comma 5, c.p.a, a spese compensate ma con condanna dell'Amministrazione alla restituzione del costo del contributo unificato, pari a Euro. 650,00, in base al principio della soccombenza virtuale, invocabile per individuare la parte tecnicamente soccombente su cui ricade l'obbligazione legale di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 13. All'udienza pubblica del 9 maggio 2018 il Collegio ha preso atto della dichiarazione di cessata materia del contendere evidenziata in memoria da parte ricorrente ed il ricorso � stato trattenuto in decisione. DIRITTO 1. Il Collegio ravvisa validi motivi per dichiarare cessata la materia del contendere, ai sensi dell'art. 34, u. c., c.p.a., per le ragioni di seguito indicate. 1.1. Come costantemente affermato dalla giurisprudenza, nel caso in cui il giudice sospenda in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e l'Amministrazione vi si adegui, con l'adozione di un atto consequenziale al contenuto dell'ordinanza cautelare, non si ha improcedibilit� del ricorso, n� cessazione della materia del contendere (se l'atto, rispettivamente, sia sfavorevole o favorevole al ricorrente), giacch� l'adozione non spontanea dell'atto con cui si � data esecuzione alla sospensiva non produce la revoca del precedente provvedimento impugnato e ha una rilevanza solo provvisoria, in attesa cio� che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo. Se, invece, a seguito dell'ordinanza cautelare di sospensione, l'Amministrazione effettui una nuova valutazione ed adotti un atto espressione di nuova volont� di provvedere, che costituisca RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 cio� un nuovo giudizio, autonomo e indipendente dall'esecuzione della pronuncia cautelare, allora il ricorso nei confronti del precedente provvedimento gravato diventa improcedibile, ovvero si ha cessazione della materia del contendere laddove si tratti di un atto con contenuto del tutto satisfattivo della pretesa azionata dal ricorrente (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. III, 4 settembre 2017, n. 4188; T.A.R. Sardegna, sez. I, 27 aprile 2018, n. 380; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III ter, 2 marzo 2018, n. 2383; T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 9 febbraio 2018, n. 55). Orbene, risulta doveroso constatare che l'obbligo di attuazione della pronuncia interinale non comporta sempre e comunque una mera attivit� di esecuzione in senso stretto, bens� ben si presta a determinare una completa riedizione del procedimento. Al fine di correttamente configurare la natura del provvedimento adottato in attuazione del- l'ordinanza cautelare, riveste sicuro carattere dirimente l'accertamento della permanenza in capo all'Amministrazione di un margine di scelta nell'ottemperare al dictum dell'ordinanza stessa, ossia l'esistenza o meno di profili sostanziali della vicenda che possano essere considerati non coperti dal "giudicato cautelare". Ci� detto, il Collegio ritiene che, ove si tratti - come nell'ipotesi in trattazione - di ordinanza di accoglimento dell'istanza cautelare "ai fini del riesame" - tali profili sussistano. Come si trae dall'orientamento giurisprudenziale consolidato, �, infatti, inequivoco che, in tutti i casi in cui sia disposto il "riesame", la sfera di "autonomia" dell'Amministrazione resta intatta nel senso che quest'ultima � meramente tenuta a "rivalutare la situazione alla luce dei motivi di ricorso" e, dunque, gode di libert� di determinazione nell'assunzione del nuovo atto, essendo il remand una tecnica di tutela cautelare che si caratterizza proprio per rimettere in gioco l'assetto di interessi definiti con l'atto gravato, restituendo quindi all'Amministrazione l'intero potere decisionale iniziale, senza tuttavia pregiudicarne il risultato finale (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 13 luglio 2017, n. 1112; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 31 maggio 2017, n. 1464; T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 20 gennaio 2017, n. 1067). 1.2. Posto che - sulla base dei rilievi in precedenza riportati - il provvedimento di autotutela dell'atto impugnato, e poi, a seguito di avvio di nuovo procedimento, il rilascio di nuova "licenza di porto di fucile" devono essere intesi come espressione dell'esercizio di funzione amministrativa e non di mera attivit� esecutiva dell'ordinanza cautelare n. 611/2017 di questo Tribunale Amministrativo Regionale, assolutamente idonei -in quanto tali -a sostituirsi ai provvedimenti in precedenza adottati, e accertato, ancora, che il ricorrente ha esplicitamente riconosciuto il sopravvenuto soddisfacimento del proprio interesse (cfr. memoria depositata in data 20 marzo 2018), il Collegio -come gi� anticipato -ravvisa validi motivi per dichiarare cessata la materia del contendere. 2. Deve essere esaminata, a questo punto, la domanda proposta in sede di camera di consiglio del 6 dicembre 2017 dalla difesa della parte ricorrente in ordine all'espunzione di alcune frasi ed espressioni ritenute offensive contenute alle righe dalla numero 4 alla numero 11 della memoria dell'Amministrazione resistente depositata in data 15 novembre 2017; la medesima difesa ha chiesto che ne sia dato atto in ordinanza. Nella predetta ordinanza cautelare n. 611/2017 � stata riservata al merito la decisione sulla richiesta di espunzione delle frasi contenute nella memoria dell'Amministrazione resistente. 2.1. Il Collegio reputa, tuttavia, insussistenti i presupposti per accogliere l'istanza de qua. Ed invero, la cancellazione delle espressioni ritenute offensive o sconvenienti ex art. 89 c.p.c. -applicabile al processo amministrativo in virt� del richiamo ex art. 39, comma 1, c.p.a. (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 aprile 2018, n. 1065) - va esclusa allorch� il loro uso non risulti dettato da un passionale ed incomposto intento dispregiativo ed offensivo nei con CONTENzIOSO NAzIONALE fronti della controparte, conservando invece un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive, essendo infatti preordinato a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilit� delle sue affermazioni (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 12 aprile 2018, n. 3999; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 22 febbraio 2018, n. 504). Nel caso di specie, le espressioni utilizzate dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia, seppure caratterizzate da una certa enfasi, non eccedono comunque gli scopi difensivi e l'oggetto del giudizio n� sono trascese al piano dell'offesa gratuita ed avulsa dalla vis polemica che connota il dibattito tra le parti in causa e, inoltre, risultano in rapporto di strumentalit� rispetto al diritto di difesa. Per queste ragioni, non sussistono i presupposti per disporre la cancellazione in questione. 3. In ordine alla statuizione sulle spese, parte ricorrente ne ha chiesto con memoria la compensazione. 4. Per quanto attiene, invece, all'obbligazione di pagamento del contributo unificato, di cui parte ricorrente ha chiesto la rifusione in base al principio della soccombenza virtuale, va in primo luogo rilevato che l'art. 13, comma 6 bis.1, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, introdotto dall'art. 2, comma 35 bis, lett. e), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, dispone che "l'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi [contributo unificato] � dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si � costituita in giudizio". Secondo la giurisprudenza, il contributo unificato di cui agli artt. 9 e ss. del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, � oggetto di una obbligazione ex lege sottratta alla potest� del giudice, sia quanto alla possibilit� di disporne la compensazione, sia quanto alla determinazione del suo ammontare, gi� predeterminato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285; Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2014, n. 1160). A prescindere dal regolamento delle spese di giudizio � la parte soccombente, dunque, ad essere comunque tenuta a rimborsare a quella vittoriosa il contributo unificato da essa versato, senza che nulla debba essere dichiarato in sentenza. Tuttavia, nel caso in cui il giudizio venga definito mediante declaratoria di improcedibilit� per sopravvenuta carenza di interesse o di cessata materia del contendere, il Collegio deve farsi carico di indicare la parte soccombente proprio ai fini della individuazione della parte su cui ricade l'obbligo del pagamento del contributo unificato. Anche a tale proposito, peraltro, soccorre il ricordato principio della soccombenza virtuale (che costituisce un'applicazione del principio di causalit�: cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2482), invocabile per individuare la parte tecnicamente soccombente su cui ricade l'obbligazione legale de qua (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 29 aprile 2015, n. 6211). Nel caso in esame, va ritenuta la soccombenza virtuale dell'Amministrazione resistente, tenuto conto che la stessa ha adottato un provvedimento - che ha costretto il ricorrente ad attivare il rimedio giurisdizionale -salvo poi eliminarlo dal mondo giuridico con il successivo intervento in autotutela; infine, la medesima Amministrazione resistente ha attribuito al ricorrente l'agognato titolo. 5. In conclusione, va dichiarata la cessata materia del contendere ai sensi dell'art. 34, u.c., c.p.a. 6. Le spese di lite possono essere compensate in conformit� a quanto richiesto dalla parte ricorrente. 7. In applicazione del richiamato principio della soccombenza virtuale, l'Amministrazione resistente va condannata alla refusione del contributo unificato in favore di parte ricorrente. RASSEGNA AVVOCATURA DELLO STATO - N. 1/2018 P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere. Spese compensate. Condanna l'Amministrazione resistente al rimborso in favore della parte ricorrente del contributo unificato versato per la proposizione del ricorso. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignit� della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalit� nonch� di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte ricorrente. Cos� deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2018. LegisLazioneedattuaLit� L�obbligo vaccinale di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73. L�interesse della collettivit� quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute Leonello Mariani, Enrico De Giovanni, Maurizio Borgo, Annalisa Tricarico (*) Il presente scritto ha ad oggetto la disposizione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, conv. con modif. dall�art. 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119, che prevede che il soggetto immunizzato naturalmente adempia all�obbligo vaccinale �di norma e comunque nei limiti delle disponibilit� del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l�antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione� (articolo 1, comma 2) e le conseguenze del rifiuto -eventualmente opposto dai genitori/tutori o affidatari -di far somministrare ad un minore un vaccino combinato in cui sia presente anche l�antigene per la malattia infettiva per la quale quest�ultimo sia immunizzato. Alla luce della situazione epidemiologica del Paese, attraverso l�analisi delle pronunce della Consulta e degli altri organi giurisdizionali, partendo dal dato positivo di cui al richiamato articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017, si � inteso verificare se quest�ultimo sia o meno in grado di resistere ad un test di costituzionalit�. In particolare, atteso che esiste �il dovere dell�individuo di non ledere n� porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui� e che �le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunit�, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti obbligatori, posti in essere anche nell�interesse della persona stessa� (Corte cost., sentt. nn. 218/1994 e 399/1996, richiamate dalla sent. n. 5/2018), si � proceduto (*) Leonello Mariani, Vice Avvocato Generale dello Stato. Enrico De Giovanni, Avvocato dello Stato. Maurizio Borgo, Avvocato dello Stato, Capo Ufficio Legislativo Ministero della salute. Annalisa Tricarico, Dirigente Ufficio Legislativo Ministero della salute, Dottore di ricerca in Dottrine generali del diritto. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 ad applicare alla disposizione in questione il criterio del ragionevole contemperamento degli interessi in gioco per appurare se siano stati o meno rispettati i limiti entro i quali � possibile imporre legittimamente trattamenti sanitari, tenendo nella dovuta considerazione anche la circostanza che il mancato assolvimento dell�obbligo vaccinale comporta l�impossibilit� di accedere ai servizi educativi per l�infanzia e alla scuola dell�infanzia (articolo 3, d.l. n. 73 del 2017), oltrech� l�irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (articolo 1, d.l. n. 73 .del 2017). Sommario: 1. L�importanza delle strategie vaccinali - 2. il disposto del decreto-legge n. 73 del 2017 - 2.1. L�ambito di applicazione dell�obbligo vaccinale - 2.2. adempimenti vaccinali e accesso ai servizi educativi per l�infanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie -2.2.1. La formazione delle classi - 3. L�obbligo vaccinale di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017: l�interesse della collettivit� quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute - 3.1. il fondamento tecnico-sanitario dell�obbligo di cui all�art. 1, comma 2, decreto-legge n. 73 del 2017 - 3.2. Le motivazioni giuridiche dell�obbligo di cui all�art. 1, comma 2, decreto-legge n. 73 del 2017 - 3.2.1. i trattamenti sanitari obbligatori: l�orientamento della giurisprudenza e della dottrina -3.2.2. L�insussistenza del principio di autodeterminazione del singolo in rapporto al dovere dei genitori di adottare misure idonee ad evitare pregiudizi per la salute dei figli minori - 3.3. il diritto alla tutela della salute e il dovere di solidariet� sociale - 3.4. il diritto alla tutela della salute, il diritto all�istruzione e il principio di eguaglianza -3.5. il diritto alla tutela della salute e il principio di precauzione. 1. L�importanza delle strategie vaccinali. L�8 giugno 2017 � entrato in vigore il decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, con il quale � stato esteso il novero delle vaccinazioni da somministrare obbligatoriamente ai minori di et� compresa tra zero e sedici anni, che non presentino controindicazioni temporanee o assolute alla vaccinazione e che non siano esonerati, in quanto immunizzati a seguito di malattia naturale. L�approvazione del menzionato decreto da parte del Consiglio dei Ministri ha suscitato, sin da subito, un acceso dibattito nell�opinione pubblica, che, coinvolgendo la comunit� scientifica e le diverse Istituzioni competenti, ha accompagnato l�iter parlamentare di conversione in legge. Al fine di delineare compiutamente il contesto socio-culturale ed organizzativo in cui si inserisce il decreto-legge in esame, non pu� non evidenziarsi che, nella storia della medicina occidentale, l�introduzione delle vaccinazioni ha rappresentato l�intervento di sanit� pubblica pi� importante per l�umanit�. Esse, limitando la suscettibilit�, individuale e di gruppo, alle infezioni, hanno, determinato il ridursi della diffusione di molte malattie contagiose, risultando spesso necessarie per la completa eradicazione di patologie che costituivano veri e propri flagelli sociali. In Italia, l�offerta delle vaccinazioni si � evoluta nel corso degli anni pa LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� rallelamente al progredire delle conoscenze tecnico-scientifiche e delle condizioni socio-economiche della nazione. In passato, l�obbligatoriet� e la gratuit� delle vaccinazioni hanno costituito uno strumento per garantire l�uniformit� dell�offerta alla popolazione, al fine di evitare - per quanto possibile - situazioni di disparit� nell�accesso ai servizi e agli interventi di profilassi sanitaria diretta. A livello mondiale, l�obbligo vaccinale si � dimostrato un ottimo mezzo per addivenire all�eradicazione globale del vaiolo e, recentemente, all�eliminazione della poliomielite dalle regioni delle Americhe, del Pacifico occidentale, dell�Europa e del Sud-Est Asiatico (secondo la divisione geografica dell�organizzazione Mondiale della Sanit� -oMS), in cui vive circa l�80% della popolazione globale. In Italia, attraverso l�introduzione, nel secolo scorso, dell�obbligo di vaccinazione e di strategie vaccinali di massa, sono stati ottenuti ottimi risultati in termini di controllo della difterite, del tetano, della poliomielite, dell�epatite virale B (1). Al fine di garantire e agevolare il controllo dell�adempimento dell�obbligo vaccinale, l�articolo 47 del d.P.r. 22 dicembre 1967, n. 1518, in materia di servizi di medicina scolastica, imponeva la presentazione delle certificazioni attestanti l�intervenuta vaccinazione, pena il rifiuto dell�iscrizione a scuola; l�obbligo vaccinale era inoltre presidiato da sanzioni penali a carico dei genitori inadempienti. Grazie anche a tali previsioni normative, negli anni novanta del secolo scorso la copertura vaccinale aveva raggiunto, per i vaccini anti-difterite e anti-tetano, la soglia del 95% e, per il vaccino anti-poliomielite, del 98% (2). Proprio il successo delle strategie vaccinali, che ha condotto, in quegli anni, alla scomparsa pressoch� totale di alcune malattie, ha determinato la riduzione della percezione della pericolosit� del contagio, agevolando, in parallelo, il diffondersi di movimenti di opinione contrari alla pratica vaccinale, anche per motivi ideologici o religiosi. Si � cos� giunti ad escludere che la vaccinazione costituisse requisito per l�iscrizione alla scuola. In particolare, il d.P.r. 26 gennaio 1999, n. 355, novellando il citato art. 47 del d.P.r. n. 1518 del 1967, pur prevedendo l�obbligo dei direttori delle scuole e dei capi degli istituti di istruzione pubblica o privata di accertare, all�atto dell�ammissione alla scuola o agli esami, se fossero state praticate agli alunni le vaccinazioni e le rivaccinazioni obbligatorie -richiedendo la presen (1) Il relativo obbligo vaccinale � stato introdotto, rispettivamente, per la difterite con la legge 6 giugno 1939, n. 891, per il tetano con la legge 5 marzo 1963, n. 292, per la poliomielite con la legge 4 febbraio 1966, n. 51, per l�epatite virale B con la legge 27 maggio 1991, n. 165. (2) Cfr. dati riportati sul sito internet dell�organizzazione Mondiale della Sanit� (oMS). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 tazione della relativa certificazione o di una dichiarazione sostitutiva e prescrivendo, in caso di mancata presentazione del certificato o della dichiarazione, l�obbligo di comunicazione del fatto all�unit� sanitaria locale di appartenenza e al Ministero della sanit�, per i provvedimenti di competenza -, aveva stabilito: �la mancata certificazione non comporta il rifiuto di ammissione dell�alunno alla scuola dell�obbligo o agli esami�. nei fatti, entrambi gli obblighi -di controllo e di segnalazione -sono stati largamente disattesi, tantՏ vero che al Ministero della salute pervenivano, ogni anno, una decina di segnalazioni, mentre, dai dati raccolti per calcolare le coperture vaccinali, risulta che i non vaccinati fossero alcune decine di migliaia l�anno. E, parimenti, inosservato risultava l�obbligo dei sanitari competenti di segnalare l�inadempimento all�autorit� giudiziaria ai fini dell�eventuale adozione, nei confronti dei genitori, dei provvedimenti previsti dagli artt. 330 e ss. del codice civile. A tutto ci� si aggiunga che, per effetto dell�intervenuta depenalizzazione di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, l�adempimento dell�obbligo vaccinale, originariamente presidiato -come detto -da sanzioni penali, era accompagnato da sanzioni amministrative pecuniarie irrisorie (rispettivamente, per la mancata effettuazione della vaccinazione anti-poliomielitica fino a 154,94 euro, per quella anti-tetanica fino a 51,65 euro e per quella anti-epatitica B da 51,65 a 258,23 euro). In definitiva, a decorrere dal 1999, anche in ragione del raggiungimento di soddisfacenti coperture vaccinali, il sistema delle vaccinazioni, fino ad allora basato sull�obbligatoriet�, si � fondato sull�adesione consapevole, volontaria e responsabile alle pratiche vaccinali da parte dei genitori. Peraltro, con il Piano Sanitario nazionale (PSn) 1998-2000 fu ribadita l�importanza del raggiungimento di adeguate coperture oltrech� per le vaccinazioni - gi� allora - obbligatorie anche per quelle raccomandate, ritenute altrettanto importanti ed efficaci per la tutela della salute individuale e collettiva. Le vaccinazioni raccomandate (ad esempio, contro la pertosse, il morbillo, la parotite, la rosolia, le infezioni da Haemophilus influenzae tipo B), sebbene non imposte per legge, erano infatti ritenute utili quanto quelle obbligatorie e, come tali, inserite nel Calendario vaccinale. non a caso, in tutti i documenti programmatori, la differenziazione tra vaccinazioni obbligatorie e vaccinazioni raccomandate � stata mantenuta solo sul piano formale, in quanto non � mai stata fatta una distinzione - in termini di priorit� da perseguire -tra gli obiettivi di copertura vaccinale da raggiungere per le une o per le altre, tutte ritenute ugualmente importanti. Da ultimo, il 19 gennaio 2017, la Conferenza Stato-regioni ha approvato il Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale (d�ora in avanti, per brevit�, anche PnPV) 2017-2019 (3), con lo scopo primario dell��armonizzazione delle stra LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� tegie vaccinali in atto nel Paese, al fine di garantire alla popolazione, indipendentemente da luogo di residenza, reddito e livello socio-culturale, i pieni benefici derivanti dalla vaccinazione, intesa sia come strumento di protezione individuale che di prevenzione collettiva, attraverso l�equit� nell�accesso a vaccini di elevata qualit�, anche sotto il profilo della sicurezza, e disponibili nel tempo (prevenendo, il pi� possibile, situazioni di carenza), e a servizi di immunizzazione di livello eccellente�. In tale Piano, si evidenzia che il successo dei programmi vaccinali si fonda sia sulla protezione del singolo sia sul raggiungimento e sul mantenimento, nella popolazione, di coperture vaccinali a livelli tali da consentire di controllare efficacemente la circolazione del virus o batterio e, quindi, la diffusione delle rispettive malattie infettive sull�intero territorio nazionale. Inoltre, tenuto conto del fatto che la vaccinazione rappresenta, ancor prima che una pratica sanitaria, un�opportunit� di salute che, per evidenti ragioni di parit� di trattamento, deve essere garantita, senza distinzioni di sorta, a tutti (cittadini e stranieri), i vaccini -obbligatori e raccomandati - previsti dal nuovo Calendario del PnPV 2017-2019 sono stati inseriti nel d.P.C.M. 12 gennaio 2017, recante la definizione e l�aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (c.d. nuovi LEA): il che, tra l�altro, dimostra la loro efficacia, sicurezza ed utilit� per il benessere del singolo e della collettivit�. Tuttavia, proprio il successo delle strategie vaccinali, che ha determinato l�eliminazione pressoch� totale di alcune malattie e, quindi, una riduzione della percezione della pericolosit� del contagio e della gravit� delle infezioni, ha favorito, negli ultimi anni, anche per effetto del concomitante diffondersi di teorie miranti ad enfatizzare la frequenza e la gravit� degli eventi avversi conseguenti alle vaccinazioni, il sorgere di movimenti di opinione contrari alle stesse e l�aumento della fiducia riposta in pratiche di medicina c.d. alternativa. Peraltro, tra le ragioni che hanno contribuito a creare un clima di diffidenza verso le vaccinazioni va annoverata non solo la scarsa informazione circa la gravit� delle conseguenze -talvolta anche letali -che possono derivare da patologie che sarebbero facilmente evitabili con il ricorso alla pratica vaccinale, ma anche il disorientamento creato dalle differenze esistenti tra le varie regioni e, addirittura, tra le aziende sanitarie locali della stessa regione in merito all�offerta vaccinale (tipi di vaccini obbligatori e raccomandati, et� di inizio del ciclo vaccinale, numero di dosi previste per il ciclo di base e i successivi richiami). Il risultato � stato che, recentemente, si � registrato un progressivo ed inesorabile trend in diminuzione nel ricorso alle vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, con una discesa della copertura vaccinale nazionale al di (3) Cfr. Intesa raggiunta, ai sensi dell�art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano - rep. atti n. 10/CSr, pubblicata sulla G.U. del 18 febbraio 2017. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 sotto del 95%, soglia raccomandata dall�organizzazione Mondiale della Sanit� per raggiungere la c.d. immunit� di gregge, per proteggere, cio�, indirettamente anche coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi. Particolarmente preoccupanti sono risultati i dati relativi alle coperture vaccinali del morbillo e della rosolia, addirittura scesi di cinque punti percentuali tra il 2013 e il 2015 (per i nati nel 2012), dal 90,4% all�85,3% (dato inferiore a quello raggiunto nel 2004 e poi cresciuto fino al 2012), valori, questi, che, tra l�altro, rischiano di far fallire il Piano globale di eliminazione del morbillo e della rosolia -cui ha aderito anche la regione europea dell�oMS -il quale mira ad eliminare dall�Europa sia il morbillo che la rosolia entro il 2020 (4). nel 2017, si � verificata in Italia una vera e propria epidemia di morbillo, responsabile di quasi 5000 casi e 4 decessi (5). E il morbillo non � che una malattia �epifanica�, la quale, manifestandosi prima delle altre, funge da campanello d�allarme, non ignorabile. In definitiva, la significativa diminuzione delle coperture vaccinali che ha riguardato tutte le malattie, comprese quelle per le quali l�Italia aveva gi� raggiunto ottimi risultati con l�utilizzo della vaccinazione esavalente (epatite B, difterite, poliomielite, Haemophilus influenzae di tipo B, pertosse, tetano), i rischi connessi all�imminente riapertura delle scuole, la esigenza di adeguare l�organizzazione dei servizi delle aziende sanitarie locali alla nuova strategia vaccinale, il tempo indispensabile a garantire l�efficacia delle campagne di comunicazione, la necessit� e l�urgenza -pi� volte insistentemente rappresentata dall�oMS e dalla comunit� scientifica nazionale e internazionale -di un tempestivo intervento di recupero e contenimento del rischio epidemico, soprattutto per proteggere coloro che non rispondono efficacemente alle vaccinazioni, nonch� i soggetti che, a causa di particolari condizioni patologiche, non possono essere vaccinati, hanno suggerito l�adozione, con effetto immediato, di misure che valessero ad estendere e a rendere effettivo l�obbligo di vaccinazione. 2. il disposto del decreto-legge n. 73 del 2017. Si illustra, di seguito, sinteticamente, per i fini di cui al presente scritto, il disposto del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dall�articolo 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119. Al riguardo, non si pu� prescindere dall�evidenziare che, per effetto del procedimento di conversione, il decreto-legge � stato integrato da disposizioni che, pur senza stravolgerne l�impianto di base e la ratio ispiratrice, hanno, in vario modo, modulato la disciplina originaria, agevolando, per quanto possibile, le famiglie, nell�adempimento degli obblighi vaccinali (6), e le istituzioni, (4) Cfr. dati sulle coperture vaccinali riportati sul sito internet dell�oMS. (5) Bollettino pubblicato sul sito internet dell�Istituto superiore di sanit�. (6) Ad esempio, per facilitare l�adempimento dei nuovi obblighi vaccinali, inserendo il comma LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� nei controlli loro spettanti (7), e riducendo il numero delle vaccinazioni obbligatorie (da 12 a 10), nonch� introducendo, per alcune, un regime di obbligatoriet� suscettibile di cessazione, in relazione all�andamento dei dati epidemiologici e del grado di copertura vaccinale (art. 1, commi 1-bis e 1-ter), e, per altre, un regime di non-obbligatoriet� (art. 1, comma 1-quater). 2.1. L�ambito di applcazione dell�obbligo vaccinale. Per effetto delle modifiche intervenute durante l�iter di conversione, il numero delle vaccinazioni obbligatorie, individuate dall�art. 1, comma 1 � pari a sei: a) anti-poliomielitica; b) anti-difterica; c) anti-tetanica; d) anti-epatite B; e) anti-pertosse; f) anti-Haemophilus influenzae tipo b. Ai sensi del comma 1-bis del medesimo art. 1, �sono altres� obbligatorie e gratuite, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita, le vaccinazioni di seguito indicate: a) anti-morbillo; b) anti-rosolia; c) anti-parotite; d) anti-varicella� (8). 1-bis, � stata attribuita alle regioni e alle province autonome la possibilit� di prevedere la prenotazione gratuita delle vaccinazioni di cui all�art. 1 presso le farmacie convenzionate aperte al pubblico attraverso il Centro Unificato di Prenotazione (Sistema CUP), di cui al decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153. (7) Cfr. il disposto dell�articolo 3-bis del d.l n. 73 del 2017. (8) Pertanto: � i nati dal 2001 al 2004 hanno l�obbligo di effettuare, ove non lo abbiano gi� fatto, le quattro vaccinazioni gi� imposte per legge (anti-epatite B; anti-tetano; anti-poliomielite; anti-difterite) e l�anti-morbillo, l�anti-parotite, l�anti-rosolia, l�anti-pertosse e l�anti-Haemophilus influenzae tipo b, che sono vaccinazioni raccomandate dal Calendario vaccinale di cui al D.M. 7 aprile 1999, �nuovo calendario delle vaccinazioni obbligatorie e raccomandate per l�et� evolutiva� e dal Piano nazionale Vaccini 1999-2000 (Accordo Stato-regioni del 18 giugno 1999 - G.U. Serie Generale n. 176 del 29 luglio 1999 - suppl. n. 144); � per i nati dal 2005 al 2011, � obbligatorio attenersi al Calendario vaccinale incluso nel Piano nazionale Vaccini 2005-2007 (Accordo Stato-regioni del 3 marzo 2005 - G.U. Serie Generale n. 86 del 14 aprile 2005, suppl. n. 63), che prevede, oltre alle quattro vaccinazioni gi� imposte per legge, anche l�anti-morbillo, l�anti-parotite, l�anti-rosolia, l�anti-pertosse e l�anti-Haemophilus influenzae tipo b; � i nati dal 2012 al 2016 devono attenersi al Calendario vaccinale incluso nel Piano nazionale Prevenzione Vaccinale 2012-2014 (Intesa Stato-regioni del 22 febbraio 2012 - G.U. Serie Generale n. 60 del 12 marzo 2012, suppl. n. 47), e, quindi, effettuare oltre alle quattro vaccinazioni gi� imposte per legge, anche l�anti-morbillo, l�anti-parotite, l�anti-rosolia, l�anti-pertosse, l�anti-Haemophilus influenzae tipo b; rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Peraltro, come anticipato, il comma 1-ter dell�articolo 1 prevede che: �Sulla base della verifica dei dati epidemiologici, delle eventuali reazioni avverse segnalate in attuazione delle vigenti disposizioni di legge e delle coperture vaccinali raggiunte nonch� degli eventuali eventi avversi segnalati in attuazione delle vigenti disposizioni di legge, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell�attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del ministro della salute 19 gennaio 2017, il ministro della salute, con decreto da adottare decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e successivamente con cadenza triennale, sentiti il Consiglio superiore di sanit�, l�agenzia italiana del farmaco (aiFa), l�istituto superiore di sanit� e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, pu� disporre la cessazione dell'obbligatoriet� per una o pi� delle vaccinazioni di cui al comma 1-bis. in caso di mancata presentazione alle Camere degli schemi di decreto, il ministro della salute trasmette alle Camere una relazione recante le motivazioni della mancata presentazione nonch� i dati epidemiologici e quelli sulle coperture vaccinali�. Per quanto concerne l�ambito soggettivo dell�obbligo vaccinale, va precisato che esso riguarda i soli minori di et� compresa tra zero e sedici anni; inoltre, con l�esplicita inclusione dei minori stranieri non accompagnati di tale et�, � stato declinato il disposto dell�art. 34 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall�art. 14 della legge 17 aprile 2017, n. 47, ai sensi del quale, i minori stranieri non accompagnati sono obbligatoriamente iscritti al Servizio sanitario nazionale ed � loro assicurata parit� di trattamento e piena uguaglianza di diritti e doveri rispetto ai cittadini italiani per quanto attiene all�assistenza erogata in Italia dal Servizio sanitario nazionale, anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno, a seguito delle segnalazioni dopo il loro ritrovamento sul territorio nazionale. L�art. 1-quater ha conferito dignit� legislativa alle raccomandazioni contenute nel PnPV 2017-2019 per le vaccinazioni anti-meningococcica B, anti-meningococcica C, anti-pneumococcica e anti-rotavirus, disponendo che le regioni ne assicurino l�offerta attiva e gratuita, in base alle specifiche indicazioni del Calendario vaccinale nazionale relativo a ciascuna coorte di nascita (9). � i nati dal 2017, dal momento che il 19 gennaio 2017 � stato approvato, con Intesa in Conferenza Stato-regioni il nuovo Piano nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 (G.U. Serie Generale n. 41 del 18 febbraio 2017), dovranno rispettare il Calendario vaccinale in esso incluso; quindi, oltre alle quattro vaccinazioni gi� imposte per legge, ai fini del decreto-legge n. 73 del 2017, bisogner� effettuare l�anti-morbillo, l�anti-parotite, l�anti-rosolia, l�anti-pertosse, l�anti-Haemophilus influenzae tipo b, l�anti-meningococcica C, l�anti-meningococcica B e l�anti-varicella. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� nell�ipotesi di avvenuta immunizzazione a seguito di malattia naturale, comprovata dalla notifica, che, ai sensi dell�articolo 1 del decreto ministeriale 15 dicembre 1990, i medici sono tenuti a fare alle aziende sanitarie locali, ovvero dagli esiti dell�analisi sierologica, il minore � esonerato dall�obbligo di vaccinazione (articolo 2). Al riguardo, in sede di conversione, � stato chiarito che il soggetto immunizzato adempie all�obbligo vaccinale �di norma e comunque nei limiti delle disponibilit� del Servizio sanitario nazionale, con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l�antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione� (sul punto, cfr. amplius infra). A tal fine, si � specificato che �le procedure accentrate di acquisto di cui all�articolo 9, comma 3, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, e all�articolo 1, comma 548, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, con riferimento all�acquisto dei vaccini obbligatori, riguardano anche i vaccini in formulazione monocomponente� e che �annualmente l�aiFa pubblica nel proprio sito internet i dati relativi alla disponibilit� dei vaccini in formulazione monocomponente e parzialmente combinati� (comma 2-ter). Al di fuori delle ipotesi di esonero, le vaccinazioni obbligatorie possono essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, nel rispetto delle indicazioni fornite dal Ministero della salute e dall�Istituto Superiore di Sanit� nella Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni. Ci� premesso quanto all�obbligo, va rappresentato che, valorizzando l�importanza di una stretta collaborazione tra tutte le componenti dell�amministrazione statale e territoriale per il raggiungimento dell�obiettivo comune della tutela della salute, individuale e collettiva, il decreto-legge -nel testo risultante dalla legge di conversione - disegna un apparato di strumenti �rimediali� per l�ipotesi in cui si accerti l�inadempimento. In particolare, nel caso in cui l�Azienda sanitaria locale territorialmente competente verifichi, anche attraverso un controllo dell�anagrafe vaccinale, che un minore non sia stato sottoposto alle vaccinazioni secondo il Calendario relativo alla propria coorte di nascita, provvede a contattare i genitori esercenti la responsabilit� genitoriale e i tutori o affidatari, rivolgendo loro un invito (9) Con una apposita circolare del 14 agosto 2017, � stata data attuazione alla previsione per cui, entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, il Ministero della salute, sentito l�Istituto superiore di sanit�, avrebbe dovuto fornire indicazioni operative per l�attuazione del comma l-quater, �anche sulla base della verifica dei dati epidemiologici e delle coperture vaccinali raggiunte, effettuata dalla Commissione per il monitoraggio dell�attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del ministro della salute 19 gennaio 2017� (art. 1, comma 1-quinquies). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 scritto alla vaccinazione, eventualmente corredato di materiale informativo. nel caso in cui non rispondano all�invito, i genitori e i tutori vengono nuovamente convocati, con raccomandata con ricevuta di ritorno, per un colloquio, al fine di comprendere le motivazioni della mancata vaccinazione e di fornire -eventualmente anche con il coinvolgimento del pediatra di libera scelta -una corretta informazione sull�obiettivo individuale e collettivo della pratica vaccinale e i rischi derivanti dalla mancata prevenzione. nell�ipotesi in cui i genitori esercenti la responsabilit� genitoriale e i tutori non si presentino al colloquio ovvero, all�esito dell�interlocuzione, non facciano somministrare il vaccino al figlio minore, gli organi competenti in base alla normativa regionale contestano loro formalmente l�inadempimento dell�obbligo vaccinale, con l�avvertimento che, ove non provvedano a far somministrare al minore il vaccino o la prima dose del ciclo vaccinale, entro il termine fissato, sar� loro comminata la sanzione amministrativa pecuniaria. Viceversa, non incorrono in sanzioni i genitori/tutori/affidatari, che, a seguito di contestazione della violazione dell�obbligo vaccinale, nel termine indicato, provvedano a far somministrare al minore il vaccino o la prima dose del ciclo vaccinale, a condizione che il completamento del ciclo previsto per ciascuna vaccinazione obbligatoria avvenga nel rispetto delle tempistiche stabilite dalla schedula vaccinale in relazione all�et� (10). Ai genitori/tutori/affidatari, a seguito di accertamento della violazione dell�obbligo di vaccinazione, a prescindere dal numero di vaccinazioni omesse, � applicata una sola sanzione, ai fini della determinazione della quale si terr� conto del numero degli obblighi vaccinali non adempiuti (11). Peraltro, nell�ipotesi in cui, dopo l�irrogazione della sanzione, i genitori o i tutori incorrano in una nuova e successiva violazione dell�obbligo vaccinale (ad esempio, omettano di sottoporre il minore ad un richiamo vaccinale), agli stessi sar� comminata una nuova sanzione. L�entit� della sanzione, originariamente individuata nell�ambito di una forbice piuttosto ampia -da euro cinquecento a euro settemilacinquecento, consistente, quindi, in una somma da dieci a trenta volte superiore rispetto a quella (10) nell�ipotesi in cui al minore non siano stati somministrati pi� vaccini, l�Azienda sanitaria locale dovr� applicare il protocollo vaccinale pi� opportuno, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili. La Direzione generale della prevenzione sanitaria, in collaborazione con il Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni, istituito il 25 settembre 2017, ha predisposto, su richiesta dalle regioni, la circolare 15 gennaio 2018, allo scopo di fornire agli operatori impegnati nell�applicazione del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73 uno schema di riferimento per il recupero dei soggetti inadempienti. (11) Ed invero, ai sensi dell�articolo 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, chi commette pi� violazioni della medesima disposizione soggiace a una sanzione maggiorata (e non all�applicazione di un numero di sanzioni pari alle violazioni commesse). In generale, per l�accertamento, la contestazione e l�irrogazione della sanzione amministrativa si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� irrogabile in precedenza per la violazione dell�obbligo della vaccinazione antiepatite B (vaccinazione obbligatoria di pi� recente introduzione) -, � stata notevolmente ridotta dalla legge di conversione, atteso che, in caso di mancata effettuazione delle vaccinazioni di cui ai commi l e l-bis, vengono comminate sanzioni amministrative pecuniarie da euro cento a euro cinquecento. In sede di conversione, � stato, inoltre, soppresso il comma 5 dell�art. 1, che prevedeva, in capo all�Azienda sanitaria territorialmente competente, il dovere di segnalare l�inadempimento dell�obbligo vaccinale alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni, per l�eventuale adozione dei provvedimenti di competenza. In proposito, si precisa che la previsione in questione non innovava, ma si limitava a richiamare i presupposti che, ai sensi delle vigenti disposizioni del codice civile, giustificano l�apertura del procedimento di cui all�articolo 336 del codice civile e l�applicazione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e seguenti c.c. (sul punto, cfr. infra); di conseguenza, richiamava l�attenzione sulla circostanza che la violazione di uno o pi� obblighi vaccinali avrebbe potuto essere oggetto di valutazione da parte della Procura e del Tribunale per i Minorenni congiuntamente ad altri rilevanti elementi di fatto e di diritto (12). Con il comma 6-ter, sempre al fine di garantire il raggiungimento e il mantenimento di adeguati obiettivi di copertura vaccinale, alla Commissione per il monitoraggio dell�attuazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, istituita con decreto del Ministro della salute 19 gennaio 2017, � stato attribuito il compito di verificare il rispetto degli obiettivi del Calendario vaccinale nazionale e l�avvio delle misure di competenza atte a garantire la piena e uniforme erogazione dei livelli essenziali di assistenza previsti per i casi di mancata, ritardata o non corretta applicazione (13). (12) In proposito, si rappresenta che l�applicazione dei provvedimenti di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile non pu� ritenersi preclusa in ragione dell�espressa previsione di una sanzione amministrativa per il caso di violazione dell�obbligo in esame (Corte Cost., sentenza 16-27 marzo 1992, n. 132). Ed invero, in considerazione della tutela della salute del minore e del suo diritto all�istruzione -che debbono essere oggetto di primaria considerazione e che sono pregiudicate anch�esse dalla mancata osservanza dell�obbligo di vaccinazione - l�ordinamento prevede che il giudice minorile possa adottare -su ricorso dell�altro genitore, dei parenti e del pubblico ministero, ovvero anche d�ufficio - i provvedimenti idonei per sottoporre il bambino alla vaccinazione e l�operatore sanitario competente deve, per parte sua, segnalare o denunziare l�omissione o il rifiuto dei genitori (Corte Cost., sentenza 17-24 gennaio 1991, n. 26). (13) Si rappresenta che l�articolo 1, comma 6, fa salva, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, l�adozione di provvedimenti contingibili e urgenti ai sensi dell�articolo 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, da parte del sindaco, quale rappresentante della comunit� locale, o dello Stato e delle regioni in ragione della dimensione dell�emergenza. In sede di conversione in legge, si � richiamato espressamente il potere sostitutivo esercitabile dal Governo, ai sensi dell�art. 120, secondo comma, della Costituzione e secondo le procedure di cui all�art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, in presenza di specifiche condizioni di rischio elevato per la salute pubblica. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Inoltre, ai sensi dell�art. 4-ter, per assicurare il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione e gestione delle emergenze sanitarie relative alle malattie infettive, sono stati integrati gli obiettivi e la composizione dell�Unit� di crisi permanente, istituita presso il Ministero della salute con d.m. 27 marzo 2015, al fine di renderli pi� funzionali alle esigenze di coordinamento tra tutti i soggetti istituzionali competenti in materia di prevenzione delle malattie infettive nonch� di regia rispetto alle azioni da adottare in condizioni di rischio o allarme (14). Infine, in termini generali, al fine di monitorare l�attuazione dei programmi vaccinali sul territorio nazionale, calcolare le coperture vaccinali per tutte le vaccinazioni in soggetti di qualunque et� e supportare le analisi per il monitoraggio degli eventi avversi e gli studi di efficacia vaccinale, � stato stabilito che, con decreto del Ministro della salute, d�intesa con la Conferenza Stato-regioni, sar� istituita, presso il Ministero della salute - anche attraverso il riuso di sistemi informatici o di parti di essi gi� realizzati da altre amministrazioni sanitarie -l�Anagrafe nazionale vaccini, nella quale saranno registrati sia i soggetti vaccinati sia i soggetti da sottoporre a vaccinazione e le dosi, i tempi di somministrazione delle vaccinazioni effettuate e gli eventuali eventi avversi. nell�Anagrafe nazionale vaccini confluiranno i dati delle Anagrafi regionali esistenti, i dati relativi alle notifiche dei casi di malattia effettuate dal medico curante, nonch� i dati concernenti gli eventuali eventi avversi delle vaccinazioni che gi� sono immessi nella rete nazionale di farmacovigilanza di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2015. 2.2. adempimenti vaccinali e accesso ai servizi educativi per l�infanzia, alle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai centri di formazione professionale regionale e alle scuole private non paritarie Al fine di rendere effettivo l�obbligo vaccinale, garantendo il diritto dei soggetti �fragili� a frequentare in condizioni di sicurezza la comunit� educativa/ scolastica, ai sensi dell�articolo 3 del decreto-legge n. 73 del 2017, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l�infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti ad accertare la situazione vaccinale degli iscritti. Tale accertamento, nell�ipotesi in cui le regioni e province autonome siano in possesso di un�anagrafe vaccinale regionale, avviene con le modalit� definite da un�apposita nota tecnica congiuntamente adottata dal Ministero della salute e dal Ministero dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca, sen (14) Il d.m. 11 ottobre 2017, prima, e il d.m. 12 febbraio 2018 hanno provveduto ad integrare la composizione dell�Unit� di crisi, con rappresentanti della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute e dell�Agenzia Italiana del farmaco. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� tito il Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell�18-ter del de- creto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, il quale dispone che l�importante semplificazione amministrativa prevista dall�articolo 3-bis del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, limitatamente ai commi da 1 a 4, sia applicabile gi� a decorrere dall�anno scolastico-calendario annuale 2017/2018. Pertanto, sinteticamente, la trasmissione dell�elenco degli iscritti alle Aziende sanitarie locali da parte dei dirigenti scolastici e dei responsabili � seguito dalla restituzione del medesimo elenco, completato, ove necessario, con le diciture �non in regola con gli obblighi vaccinali�, �non ricade nelle condizioni di esonero, omissione o differimento�, �non ha presentato formale richiesta di vaccinazione�. Successivamente, con una sorta di �soccorso istruttorio�, i genitori dei soli minori che risultino non in regola con gli adempimenti vaccinali sono invitati a depositare la documentazione comprovante l�effettuazione delle vaccinazioni ovvero l�esonero, l�omissione o il differimento delle stesse o la presentazione della formale richiesta di vaccinazione all�Azienda sanitaria locale (15). Per i servizi educativi per l�infanzia e le scuole dell�infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie, i minori non in regola con gli adempimenti vaccinali, i cui genitori/tutori/affidatari non presentino documentazione idonea a dimostrare la regolarit� della loro posizione, saranno esclusi dal servizio e potranno essere riammessi solo a decorrere dalla data di presentazione della documentazione medesima. Per gli altri gradi di istruzione e per i centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti non determiner� il divieto di accesso n� impedir� la partecipazione agli esami (16). Viceversa, nell�ipotesi in cui le regioni non siano dotate di un�anagrafe (15) Pi� specificamente, a decorrere dall�anno scolastico-calendario annuale 2018/2019, le Asl provvederanno a restituire, entro il 10 giugno di ciascun anno, il predetto elenco, completandolo con l�indicazione dei soggetti che risultano non in regola con gli obblighi vaccinali, che non ricadono nelle condizioni di esonero, omissione o differimento delle stesse e che non abbiano presentato formale richiesta di vaccinazione. ricevuto l�elenco, entro dieci giorni, i dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi per l�infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie, inviteranno i genitori o i tutori ovvero gli affidatari dei minori indicati nei suddetti elenchi a presentare, entro il 10 luglio, la documentazione. Entro il 20 luglio, i dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi per l�infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie trasmetteranno la documentazione pervenuta ovvero ne comunicheranno l�eventuale mancato deposito alla azienda sanitaria locale territorialmente competente, che, qualora la medesima o altra azienda sanitaria non si sia gi� attivata in ordine alla violazione del medesimo obbligo vaccinale, provveder� agli adempimenti di competenza e, ricorrendone i presupposti, alla contestazione dell�inadempimento e all�applicazione delle sanzioni, ai sensi dell�articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017. (16) Cfr. amplius la circolare congiuntamente adottata il 27 febbraio 2018 dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute e dal Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 vaccinale, per l�anno scolastico 2018/2019, i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei servizi educativi per l�infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie sono tenuti a richiedere, all�atto dell�iscrizione, ai genitori esercenti la responsabilit� genitoriale, ai tutori ovvero agli affidatari la presentazione di idonea documentazione comprovante l�effettuazione delle vaccinazioni indicate all�articolo 1 del d.l. n. 73 del 2017, l�esonero, l�omissione o il differimento delle stesse in relazione a quanto previsto dall�articolo 1, commi 2 e 3, ovvero la presentazione di formale richiesta di vaccinazione all�Azienda sanitaria locale territorialmente competente, che eseguir� le vaccinazioni in base a quanto previsto dalla schedula vaccinale in relazione all�et� del minore. Per agevolare i genitori nell�adempimento di tale incombente, � previsto che la documentazione comprovante l�effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie possa essere sostituita da dichiarazione resa ai sensi del d.P.r. 28 dicembre 2000, n. 445; in tale caso, la predetta documentazione dovr� comunque essere prodotta entro il 10 luglio 2018. Tale termine, anche in considerazione delle usuali tempistiche per l�iscrizione alle scuole e ai servizi educativi, � stato individuato in considerazione oltrech� delle esigenze logistiche dei genitori anche di quelle organizzative dei dirigenti scolastici e dei responsabili, che devono espletare gli adempimenti di competenza, ivi inclusi quelli di cui all�articolo 4 del decreto-legge, relativamente alla formazione delle classi (cfr. infra). La presentazione della documentazione indicata costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per l�infanzia e alla scuola dell�infanzia. In ogni caso, anche con riferimento ai minori iscritti alle altre scuole o ai centri di formazione professionale regionale, la mancata presentazione della documentazione nei termini previsti � segnalata, entro i successivi dieci giorni, all�Azienda sanitaria locale dai dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e dai responsabili dei servizi educativi per l�infanzia, dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie. ricevuta la segnalazione, l�Azienda sanitaria locale, ove essa stessa o altra Azienda sanitaria non abbia gi� provveduto, espleter� gli adempimenti di cui all�articolo 1, comma 4 (17). Ed invero, anche considerando la sussistenza di rischi di contagio pi� elevati tra i bambini che frequentano i servizi educativi per l�infanzia e le scuole dell�infanzia (0-6 anni), il legislatore ha inteso garantire un adeguato bilanciamento tra le esigenze di salute collettiva, perseguite attraverso l�obbligo vaccinale, e il diritto-dovere all�istruzione, presidiato da un reato contestabile ai genitori dei minori di anni sedici che non frequentino la scuola c.d. dell�obbligo (sul punto, cfr. amplius infra) (18). (17) Cfr. paragrafo 4 della circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute del 16 agosto 2017. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� 2.2.1. La formazione delle classi. Al fine di salvaguardare la salute dei soggetti pi� fragili -vale a dire i minori non vaccinabili per ragioni di salute, che sarebbero esposti ad un rischio non trascurabile se i loro compagni di classe non fossero vaccinati -sono inseriti, di norma, in classi nelle quali sono presenti soltanto minori vaccinati o immunizzati naturalmente, fermi restando il numero delle classi determinato secondo le disposizioni vigenti e i limiti di cui all�articolo 1, comma 201, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e all�articolo 19, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111. Trattasi di un criterio organizzativo che l�istituzione scolastica � tenuta ad applicare, sempre che non determini un aumento del numero delle classi, come si evince dal richiamo, espressamente contenuto nella disposizione, alla normativa vigente riguardante i limiti della dotazione organica (19). 3. L�obbligo vaccinale di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto-legge n. 73 del 2017: l�interesse della collettivit� quale limite alla dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute. Con specifico riferimento all�esonero previsto per i soggetti che abbiano gi� contratto una o pi� delle malattie per le quali � previsto l�obbligo (art. 1, co. 2), come detto, in sede di conversione, � stato chiarito che il soggetto im (18) Al riguardo, non ci si pu� esimere dal rappresentare che la Commissione speciale del Consiglio di Stato si � pronunciata in sede consultiva sulla richiesta di parere del Presidente della regione Veneto in ordine all�interpretazione degli articoli 3, 3-bis e 5 del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, con particolare riguardo alle determinazioni conseguenti alla mancata presentazione ai dirigenti scolastici ovvero ai responsabili dei servizi educativi per l�infanzia e delle scuole dell�infanzia della documentazione idonea a dimostrare l�adempimento agli obblighi vaccinali previsti dal medesimo decreto-legge. Pi� specificamente, con il parere n. 2065 del 26 settembre 2017, la predetta Commissione speciale del Consiglio di Stato si � espressa in merito alla seguente questione: �se gi� a decorrere dall�anno scolastico 2017/2018 (�) si applichi la regola, stabilita dal comma 3 dell�articolo 3 del decreto-legge, secondo cui la mancata presentazione della documentazione relativa all�adempimento degli obblighi vaccinali preclude l�accesso alla scuola�, concludendo che, sebbene la parola �esclusione� non sia presente in alcun articolo del decreto-legge in questione, �nell�anno scolastico 2017/2018 si applicano gli articoli 3 e 5 del decreto-legge, sicch� vale gi� nel corrente anno scolastico il divieto di accesso nel caso di mancata presentazione della documentazione idonea a comprovare l�adempimento dell�obbligo vaccinale�. Pertanto, non pu� che considerarsi totalmente privo di fondamento l�assunto, pure avanzato in pi� occasioni da genitori e associazioni nei ricorsi al Tribunale Amministrativo regionale del Lazio per l�annullamento delle circolari applicative del decreto-legge in questione, per cui le disposizioni vigenti individuerebbero ai sensi dell�articolo 5 esclusivamente la dead line per la consegna della documentazione agli istituti scolastici/servizi educativi per l�anno scolastico/calendario annuale 2017/2018, senza prevedere l�esclusione dall�accesso ai servizi educativi e alle scuole dell�infanzia in caso di inadempimento (cfr., nel senso indicato, T.A.r. Lazio, sezione terza-quater, sent. 16 marzo 2018, in www.giustizia-amministrativa.it). (19) �, inoltre, previsto che i dirigenti scolastici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione e i responsabili dei centri di formazione professionale regionale e delle scuole private non paritarie comunichino all�azienda sanitaria locale, entro il 31 ottobre dell�anno scolastico in corso, le classi nelle quali sono presenti pi� di due alunni non vaccinati. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 munizzato adempie all�obbligo �con vaccini in formulazione monocomponente o combinata in cui sia assente l�antigene per la malattia infettiva per la quale sussiste immunizzazione�, semprech� i predetti vaccini siano effettivamente nella disponibilit� del Servizio sanitario nazionale. Tale previsione � stata introdotta in ragione della carenza ovvero dell�irreperibilit� sul mercato di vaccini monocomponenti e della conseguente necessit� di ricorrere frequentemente a vaccini combinati che, talvolta, contengono anche l�antigene relativo a malattie per le quali il soggetto ha gi� conseguito l�immunizzazione ovvero a patologie per le quali la vaccinazione non � obbligatoria. Ad esempio, attesa l�attuale irreperibilit� sul mercato di vaccini mono- componenti per parotite, rosolia e morbillo, anche nel caso in cui il bambino abbia gi� contratto il morbillo, per garantire l�assolvimento dell�obbligo vaccinale, in particolare di quello per la parotite e la rosolia, � necessario ricorrere ad un vaccino combinato che contenga anche l�antigene relativo al morbillo. In proposito, si ritiene opportuno rilevare che, a prescindere dall�accertamento dell�intervenuta immunizzazione, gi� prima dell�adozione del d.l. n. 73/2017, alcuni genitori avevano adito l�autorit� giurisdizionale adducendo il diritto di rifiutare la somministrazione del vaccino esavalente, contenente, oltre alle quattro vaccinazioni imposte dalla legge, anche l�antigene relativo a due vaccinazioni raccomandate dal vigente Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale, ma non (ancora) obbligatorie per legge (anti-Hib e anti-pertosse) (cfr. ricorsi al T.A.r. Emilia-romagna, Bologna, nn. 155 e 194 del 2017). 3.1. il fondamento tecnico-sanitario dell�obbligo di cui all�art. 1, comma 2, decreto-legge n. 73 del 2017. Dal punto di vista tecnico-sanitario, si ritine opportuno, preliminarmente, precisare che, delle dieci malattie in relazione alle quali sussiste l�obbligo di vaccinazione ai sensi del decreto-legge n. 73 del 2017, la pregressa malattia conferisce immunit� permanente solo nel caso di morbillo, parotite, rosolia, varicella, epatite b e poliomielite. Deve inoltre considerarsi che la vaccinazione di un soggetto che ha contratto la malattia � un evento molto frequente, sia perch� tante infezioni avvengono in modo silente (senza manifestazioni cliniche, quindi, senza una malattia conclamata) sia perch� vi sono soggetti il cui stato vaccinale � sconosciuto e non pu� essere ricostruito (ad esempio, immigrati). Ci� posto, va evidenziato che i vaccini combinati, come il vaccino esavalente, sono considerati quale prima scelta per l�immunizzazione dei nuovi nati, per gli indubbi vantaggi che essi presentano, sia per il bambino e per i suoi genitori sia per gli operatori dei servizi vaccinali (20). Inoltre, non vi � alcuna evidenza scientifica, nella letteratura accreditata, circa presunti effetti dannosi conseguenti alla simultanea somministrazione di LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� pi� vaccini attraverso formulazioni combinate: anzi, dai dati disponibili emerge l�assenza di conseguenze pregiudizievoli per il sistema immunitario dei bambini che vi si sottopongono e, parimenti, l�insussistenza di evidenze che la pregressa malattia rappresenti una controindicazione alla vaccinazione. In generale, la vaccinazione � basata su due presupposti principali, ovvero la efficacia e la sicurezza. Il controllo della qualit� e della sicurezza del vaccino verte sull�analisi delle sue caratteristiche (fisiche, chimiche e biologiche), cui seguono studi di sicurezza pre-clinica e clinica sull�uomo (studi di sperimentazione clinica di Fase I, II e III), progressivamente pi� ampi. L�immissione in commercio del vaccino � sotto la responsabilit� dell�Autorit� di controllo nazionale (AIFA) o europea (EMA) e si avvale della partecipazione di gruppi di esperti che valutano su base scientifica i dati. ogni lotto, prima di essere commercializzato in Italia e in molti Paesi europei, � sottoposto per legge a controllo da parte di uno degli official medicine Control Laboratory del network europeo, secondo regole e procedure condivise e consolidate. Successivamente all�immissione in commercio, tutte le possibili associazioni tra vaccini e potenziali effetti collaterali sono analizzate dalla rete della farmacovigilanza (che, in Italia, fa capo ad AIFA), che valuta, su tutta la popolazione trattata, la presenza di reazioni (previste/prevedibili o meno) a seguito della somministrazione del prodotto. I vaccini, cos� come tutti i farmaci esistenti, hanno un profilo rischio-beneficio, atteso che non esiste per un farmaco il cosiddetto �rischio zero�. Peraltro, considerato che i vaccini sono farmaci ad alto livello di sicurezza, rispetto ad essi � apprezzabile una netta prevalenza dei benefici sui rischi. Analogamente alla generalit� dei farmaci, i vaccini devono essere somministrati correttamente ovvero seguendo le indicazioni terapeutiche sull�uso e sulla posologia e considerando le eventuali controindicazioni. Proprio per questo, ogni vaccino, in base agli studi e in base all�esperienza di sorveglianza post marketing, ha una dettagliata lista di avvertenze speciali e precauzioni di impiego (anche in situazioni come la gravidanza), di interazioni con altri medicinali e di altre forme di interazione, effetti indesiderati e reazioni avverse, eventuali rischi da sovradosaggio. Tali caratteristiche sono elencate nelle cosiddette schede tecniche (o, pi� precisamente, nel �riassunto delle caratteristiche del prodotto�), pubblicamente disponibili come per altri farmaci sul sito dell�AIFA. Tali schede sono le versioni pi� estese e pi� tecniche del �Foglio illustrativo� (cosiddetto �bugiardino�) che contiene le informazioni per l�utilizzatore, in un linguaggio pi� accessibile. (20) Il contenuto del presente paragrafo � estratto dal dossier presentato alla Corte Costituzionale, per il tramite della Avvocatura Generale dello Stato, dal competente Ufficio della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Per quanto pi� specificamente interessa in questa sede, si precisa che le schede tecniche dei vaccini non contemplano uno screening pre-vaccinale per verificare se il soggetto ha gi� contratto la infezione/malattia, perch� la contrazione della malattia non � ritenuta un motivo di controindicazione. A livello internazionale, i Center for Disease Control di atlanta (CDC), sia sul loro sito web dedicato agli operatori sanitari sia nel Pink Book, in relazione all�approccio al paziente - che include, come previsto anche dal Piano nazionale della Prevenzione Vaccinale 2017-2019, approvato in Conferenza Stato-regioni il 19 gennaio 2017, solo l�effettuazione di un�anamnesi accurata per la ricerca di eventuali controindicazioni e la raccolta delle informazioni sulle vaccinazioni pregresse -dispongono chiaramente: �Se la documentazione delle precedenti vaccinazioni non � disponibile, somministrare i vaccini sulla base dell�et� della persona�. Anche il Green Book (Public Health England) e le Linee guida australiane prevedono esclusivamente lo screening pre-vaccinale mediante una checklist senza approfondimenti di laboratorio. Le Linee guida australiane specificatamente inseriscono tra le �false controindicazioni� precedenti infezioni dallo stesso agente patogeno. Inoltre, affermano che �poich� precedenti infezioni non sono una controindicazione contro la stessa malattia, in molte circostanze e per molti vaccini � pi� pratico offrire la vaccinazione piuttosto che effettuare test di laboratori�. Tale approccio � lo stesso considerato da tutte le altre Linee guida internazionali, che non prevedono assolutamente la necessit� di uno screening ematico per verificare una pregressa immunit� naturale. Una delle pubblicazioni pi� note nel settore della vaccinologia, il red Book 2015, afferma che �in caso di stato di immunizzazione sconosciuta o incerta, la persona dovrebbe essere considerata suscettibile, e la vaccinazione raccomandata. Test sierologici potrebbero essere una alternativa per alcune vaccinazioni (per esempio morbillo, rosolia, epatite a, tetano), ma non ci sono evidenze che suggeriscono che la somministrazione di vaccini in soggetti immuni sia dannosa�. A livello nazionale, la Guida alle Controindicazioni alle vaccinazioni dell�Istituto Superiore di Sanit� ed. 2009 -documento di riferimento sulle controindicazioni, citato anche nella circolare adottata dalla Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute il 16 agosto 2017 - non individua tra le controindicazioni la pregressa malattia; specificatamente, considera �falsa controindicazione� la pregressa malattia nei casi di epatite B, malattia invasiva meningococcica, febbre tifoide (21). (21) A livello nazionale, una indicazione della innocuit� della vaccinazione di soggetti con pregressa malattia naturale o vaccinazione � presente anche nel Protocollo operativo per il controllo delle malattie infettive e la profilassi immunitaria in relazione all�afflusso di immigrati della regione Veneto, LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� A dimostrazione della non-rilevanza di una pregressa malattia, anche la scheda di triage pre-vaccinale (scheda anamnestica) non contempla tra le informazioni da raccogliere quelle relative alle pregresse malattie. Pertanto, non ci sono evidenze che una pregressa malattia rappresenti una controindicazione alla vaccinazione e che sia quindi necessario svolgere tale accertamento prima di effettuare la vaccinazione. Di conseguenza, la positivit� a un test per pregressa malattia, tra l�altro, come anticipato, esclusivamente per alcune vaccinazioni (varicella, morbillo, rosolia, parotite, Hib, epatite B, poliomielite), rispetto alle quali si realizza l�immunizzazione, rappresenterebbe solo una �non-necessit�� di effettuare la vaccinazione (22). dove, nella sezione per l�immunoprofilassi, si raccomanda di seguire le procedure di seguito indicate: in caso di minori immigrati (0-14 anni) occorre considerare tutte le vaccinazioni previste dal calendario nazionale e regionale: -se il bambino non � mai stato vaccinato: andr� vaccinato seguendo il vigente calendario, in rapporto all�et�; -se il bambino � stato vaccinato regolarmente nel Paese di origine e lo stato vaccinale � sufficientemente documentato: andr� completato il ciclo vaccinale; -se la documentazione � insufficiente e lo stato vaccinale � dubbio: si dovranno somministrare i vaccini previsti dal vigente calendario. (22) Con riferimento a quanto affermato, si veda: AIFA, CercaFarmaco, in https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/bancadatifarmaci/cerca-farmaco; CDC, https://www.cdc.gov/vaccines/hcp/admin/admin-protocols.html; CDC, Epidemiology and Prevention of Vaccine-Preventable Diseases The Pink Book: Course Textbook -13th Edition (2015) https://www.cdc.gov/vaccines/pubs/pinkbook/vac-admin.html; American Academy of Pediatrics, [Chapter title.] in: Kimberlin DW, Brady MT, Jackson MA, Long SS, eds. red Book 2015 report of the Committee on Infectious Diseases. 30th ed. Elk Grove Village, IL: American Academy of Pediatrics, 2015 [Section I, p. 38); regione Veneto, Protocollo operativo per il controllo delle malattie infettive e la profilassi immunitaria in relazione all�afflusso di immigrati, 2014, in http://repository.regione.veneto.it/public/2ab9a9def3c4c2ce6140dd9404517dd6.php?dl=true; Istituto Superiore di Sanit�, Guida alle controindicazioni alla Vaccinazione, 2009, in http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=1947; Public health England, immunization against infectious disease Last updated: 2 September 2014 in https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/147824/Green-BookChapter- 6-v2_0.pdf; CDC, Vaccine and immunization, https://www.cdc.gov/vaccines/hcp/acip-recs/general- recs/contraindications.pdf; australian Technical advisory Group on immunisation (aTaGi). The australian immunisation handbook 10th ed (2017 update), Canberra: Australian Government Department of Health, 2017 http://www.immunise.health.gov.au/internet/immunise/publishing.nsf/Content/Handbook10- home; Public Health agency of Canada. Canadian immunization Guide, 2015, in http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/index-eng.php; Guide Errata and Clarifications, 02.2016, in http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/errata-eng.php; Direction g�n�rale de la sant�, Comit� technique des vaccinations, Guide des vaccinations, 2012, in http://www.inpes.sante.fr/CFESBases/catalogue/ pdf/1133.pdf; Sant� et Services Sociaux du Qu�bec, Protocole d�immunisation du Qu�bec (PiQ), 2013, mises � jour de mars 2016, in http://publications.msss.gouv.qc.ca/msss/fichiers/piq/piq_complet.pdf; new zealand Ministry of Health. immunization Handbook, 2014, in http://www.health.govt.nz/system/ files/documents/publications/immunisation-handbook-2014-2nd-edn-apr16.pdf; http://www.health. govt.nz/publication/immunisation-handbook-2014-2nd-edn; Association Espanola de Pediatria, manual de vacunas en linea de la aEP, in http://vacunasaep.org/documentos/manual/manual-devacunas. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 3.2. Le motivazioni giuridiche dell�obbligo di cui all�art. 1, comma 2, decreto- legge n. 73 del 2017. Sotto il profilo strettamente giuridico, come detto, ai sensi dell�art. 1, comma 2, del d.l. n. 73/2017, la somministrazione di vaccini in cui sia assente l�antigene per la malattia infettiva per la quale gi� sussiste immunizzazione naturale rappresenta soltanto una possibilit� per il minore, garantita nei limiti delle disponibilit� del Servizio Sanitario nazionale. In proposito, in via preliminare, non pu� non rilevarsi che n� il Ministero della salute n� l�AIFA dispongono del potere di richiedere o sollecitare lo sviluppo e la successiva registrazione, da parte delle aziende farmaceutiche, di un vaccino o, pi� in generale, di un farmaco avente determinate caratteristiche e che i Piani nazionali di Prevenzione Vaccinale non contengono uno specifico riferimento ai vaccini da utilizzare tra quelli disponibili in commercio, dando viceversa indicazioni sulle vaccinazioni da effettuare, in base agli obiettivi di salute definiti e concordati con le regioni, e sulla tempistica da seguire, per garantire al massimo grado l�efficacia della risposta vaccinale, salvaguardando la sicurezza. Ci� posto, occorre verificare se il rifiuto di somministrazione di un vaccino combinato in cui sia presente anche l�antigene per la malattia per la quale sussiste immunizzazione possa considerarsi illegittimamente o legittimamente opposto da un genitore/tutore/affidatario, in considerazione del limite alla libert� individuale posto dall�altrui diritto alla salute, sia nella sua dimensione individuale -come speculare diritto del singolo -sia nella sua declinazione sociale - come interesse della collettivit� -, limite che, se di regola impone di ricercare il giusto contemperamento tra i diritti eventualmente in conflitto, potrebbe, in caso di constatata incompatibilit� e con le dovute garanzie, rappresentare una barriera o, comunque, un ostacolo per l�esercizio della stessa libert� individuale. 3.2.1. i trattamenti sanitari obbligatori: l�orientamento della giurisprudenza e della dottrina. La giurisprudenza costituzionale -al pari, del resto, della pi� illustre dottrina -ha affermato che il bene della tutela della salute, quale �fondamentale diritto dell�individuo e interesse della collettivit�� (art. 32 Costituzione), � ontologicamente dualista (23), rilevando, da un lato, nella sua accezione individuale e soggettiva (24) e, dall�altro, nella sua dimensione sociale e oggettiva (25). (23) Cfr. ex multis Corte Cost., sent. 18 luglio1991, n. 356, in www.giurcost.org. (24) C. ESPoSITo, La libert� di manifestazione del pensiero nell�ordinamento italiano, 1958. (25) Corte Cost., sent. 26 aprile 2012, n. 107, in www.cortecostituzionale.it; cfr. anche B. PEzzInI, Principi costituzionali e politica della sanit�: il contributo della giurisprudenza costituzionale alla de LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Il diritto alla tutela della salute del singolo consta non soltanto del diritto -sociale -alle cure -ossia del diritto �fondamentale ed originario� di ciascuno di essere curato (26) -, ma anche del diritto di curarsi nel momento e nel modo che si reputi pi� appropriato (27) o di non curarsi affatto, declinando l�offerta di cure (28). Peraltro, tale diritto �di libert��, analogamente a molti altri diritti di libert� garantiti dalla nostra Carta Costituzionale, � limitato sia dall�altrui diritto sia, come anticipato, dall�interesse della collettivit�. Ed invero, in via generale, considerato il punto di vista etico-sociale accolto nella Costituzione, i diritti di libert� �non possono, nel loro insieme, considerarsi attribuiti all�uomo per la soddisfazione delle sue egoistiche esigenze, poich� alcuni di essi risultano improntati ad una elevata finalit� sociale� (29). Per quanto specificamente attiene alla libert� connessa alla tutela della salute, se da un lato, manca un�enunciazione della sua funzione sociale, pubblica o collettiva (30), dall�altro, non pu� non tenersi nella dovuta considerazione il disposto del comma secondo dell�art. 32 (31). finizione del diritto sociale alla salute, in C.E. GALLo e B. PEzzInI (a cura di), Profili attuali del diritto alla salute, 1998. (26) B. PEzzInI, il diritto alla salute: profili costituzionali, 1983. (27) In proposito, � stato osservato che �il profilo (�) di libert� di cura, a meno di non configurarlo come situazione meramente astratta, � strettamente embricato con quello �sociale-prestazionale�, in quanto senza un apparato organizzativo che assicuri tali prestazioni (di cura, ma altres� di prevenzione e riabilitazione) la libert� stessa viene meno e la salute � compromessa o violata�: r. BALDUzzI, Salute (diritto alla), in S. CASSESE (diretto da), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, p. 5395. (28) Sul diritto alla tutela della salute con riferimento ai diritti di libert� si rinvia all�ampia ed approfondita analisi di M. LUCIAnI, Salute, I, Diritto alla salute -Diritto costituzionale, voce, in Enc. giur., XXVII, roma, 1991, p. 2; cfr. anche V. CrISAFULLI, in tema di emotrasfusioni obbligatorie, in Diritto e societ�, 1982, pp. 564-5. (29) D. MorAnA, La salute nella Costituzione italiana. Profili sistematici, Milano, 2002, p. 162. La stessa Autrice rimanda alla distinzione tra diritti individualistici, che �sono attribuiti all��uomo�come tale a vantaggio dell�uomo, al singolo per ci� che essi rappresentano per esso singolo nelle sue qualit� universali o per l�appagamento egoistico dei suoi bisogni o desideri individuali� e diritti funzionali, che �sono attribuiti al singolo nella sua specifica qualit� di membro o di partecipe di determinate comunit�, per le funzioni che in esse il singolo debba esplicare, sicch� tale partecipazione determina il contenuto ed i limiti del diritto�, operata da C. ESPoSITo, in La libert� di manifestazione del pensiero nell�ordinamento italiano, in rivista italiana per le scienze giuridiche, 1957-1958. (30) non appare decisivo in tal senso l�inserimento nell�ambito del titolo dedicato ai rapporti etico-sociali, secondo D. MorAnA, cfr. La salute nella Costituzione italiana, cit., p. 164. Per considerazioni di senso parzialmente diverso, cfr. M. oLIVETTI, appunti per una mappa concettuale sul diritto alla salute nel sistema costituzionale italiano, in metodologia Didattica e innovazione Clinica - Nuova Serie, 2004, per il quale �Nei documenti costituzionali meno recenti (sia quelli che segnano l�alba del costituzionalismo moderno alla fine del settecento, sia quelli di tutto il secolo successivo e della prima met� del novecento), la salute viene in considerazione anzitutto come limite alle libert� individuali. Questo profilo � ben visibile nella stessa Costituzione italiana, che menziona la salute come limite alla libert� domiciliare (nel senso che essa � un motivo che autorizza limitazioni a tale libert� che non sottostanno alla riserva di giurisdizione: art. 14) e alla libert� di circolazione e soggiorno (limiti a tale libert� possono essere previsti dalla legge per motivi di �sanit��: art. 16) e che la evoca indirettamente sotto la forma della �incolumit� pubblica� come limite alla libert� di riunione (per tali motivi pu� rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 A parere della Consulta, il diritto alla tutela della salute porta con s� �il dovere dell�individuo di non ledere n� porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell�eguale protezione del coesistente diritto degli altri. Le simmetriche posizioni dei singoli si contemperano ulteriormente con gli interessi essenziali della comunit�, che possono richiedere la sottoposizione della persona a trattamenti obbligatori, posti in essere anche nell�interesse della persona stessa, o prevedere la soggezione di essa ad oneri particolari� (32). Del resto, lo stesso dato letterale dell�articolo 32 Cost., collegando il primo e il secondo comma, sottintende che i trattamenti sanitari obbligatori di cui al secondo comma debbano essere funzionalizzati alla �tutela della salute� (non ad altri beni o situazioni) come �diritto dell�individuo� (da intendersi quale diritto dell�individuo alla propria salute) �e� (non �oppure�, non �ovvero�) come �interesse della collettivit�� (vale a dire interesse della collettivit� alla - propria - salute, alla salute collettiva) (33). Talvolta, per�, il diritto alla tutela della salute del singolo, per sua stessa natura, rischia di confliggere con il coesistente e reciproco diritto degli altri consociati ovvero con gli interessi della societas (34). In particolare, la legittimit� dei trattamenti sanitari obbligatori si ritrova nel �punto di intersezione� tra le tre dimensioni costituzionali del diritto alla tutela della salute (individuale, interindividuale e collettiva) (35). Come evidenziato da autorevole dottrina, �la preminenza nella tutela della salute dell�aspetto soggettivo personale rispetto a quello collettivo rende inaccettabile un sacrificio della libera autodeterminazione individuale se non in presenza di rischi per lo stato di salute altrui� (36); conseguentemente, nessun trattamento sanitario obbligatorio pu� esser volto soltanto alla tutela della salute individuale, potendosi, in tal caso, configurare esclusivamente incoercibili azioni di promozione della salute (37). essere vietata una riunione: art. 17). ma questa impostazione traspare anche nella Convenzione europea dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali del 1950, la quale configura la salute come limite alla libert� personale (art. 5 lett. e), alla libert� di espressione (art. 10, 2� co.) e alle libert� di riunione e di associazione (art. 11, 2� co.)�. (31) Sul punto, cfr. amplius infra. (32) Corte Cost., sent. n. 2 giugno 1994, n. 218 e sent. 20 dicembre 1996, n. 399, in www.giurcost.it. (33) A.A. nEGronI, Trattamenti sanitari obbligatori e tutela della salute individuale e collettiva, in www.forumcostituzionale.it. (34) A. D�ATEnA, Lezioni di diritto costituzionale, Torino, 2012; sul punto cfr. anche D. MorAnA, La salute come diritto costituzionale, Torino, 2015. (35) F. MInnI e A. MorronE, il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in rivista dell�associazione italiana dei Costituzionalisti, n. 3 del 2013. (36) M. CoCConI, il diritto alla tutela della salute, Padova, 1998. (37) r. BALDUzzI, D. SErVETTI, La garanzia costituzionale del diritto alla salute e la sua attua LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� �Le sole limitazioni costituzionalmente consentite [al diritto alla salute dell�individuo] sono quelle rivolte a salvaguardare la salute collettiva dai pericoli o dai danni che ad essa possono derivare dalle manifestazioni, positive o negative, dell�esercizio di quel diritto individuale [alla salute]. Cos�, sar� legittimo che i pubblici poteri, sempre per� sulla base di una legge, obblighino gli individui a sottoporsi a determinati trattamenti sanitari a fini di tutela della salute collettiva (art. 32 cpv.), limitando o anche coartando il diritto individuale alla disponibilit� del proprio corpo� (38). In definitiva, l�equo contemperamento degli interessi e dei valori in gioco rappresenta il criterio sulla base del quale la Corte Costituzionale ha delineato i limiti entro i quali possono essere legittimamente imposti trattamenti vaccinali e, pi� in generale, trattamenti sanitari obbligatori (39)(40). Pertanto, l�imposizione di trattamenti sanitari obbligatori � ammissibile solo quando gli stessi siano in grado di garantire la contestuale tutela della salute individuale e di quella collettiva, escludendo, quindi, la legittimit� di pratiche sanitarie che comportino una deminutio della salute del singolo in favore di quella collettiva (41). In altri termini, la Corte Costituzionale, cogliendo tutta la problematicit� delle c.d. scelte tragiche del diritto (42), ha chiarito che l�eventuale conflitto tra zione nel Servizio sanitario nazionale, cit. nello stesso senso, D. VInCEnzI AMATo, Tutela della salute e libert� individuale, in Giurisprudenza costituzionale, cit., p. 2469; M. LUCIAnI, il diritto costituzionale alla salute, in Diritto e societ�, 1980, pp. 781-782; P. BArILE, Diritti dell�uomo e libert� fondamentali, 1984, p. 386. (38) F. MoDUGno, Trattamenti sanitari �non obbligatori� e Costituzione, cit., pp. 311-312; cfr. anche P. VEronESI, Uno statuto costituzionale del corpo, cit., pp. 154-155: �ai sensi dell�art. 32, secondo comma, pu� [�] disporsi un trattamento sanitario obbligatorio (tso) solo quando sia in discussione non solo la salute del singolo ma - in contemporanea e direttamente - anche quella della collettivit�. Nel senso cio� che l�ipotizzato trattamento coercitivo dev�essere indispensabile al fine di evitare una situazione di pericolo per la salute dei consociati, non potendosi comunque pregiudicare la salute di chi vi viene sottoposto�; L. CArLASSArE, L�art. 32 della Costituzione e il suo significato, in r. ALESSI (a cura di), L�amministrazione sanitaria, Vicenza, 1967, pp. 103 ss. (39) I trattamenti sanitari consistono �in tutte quelle attivit� diagnostiche e terapeutiche rivolte a prevenire o a curare le malattie� (S. PAnUnzIo, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), in Diritto e societ�, 1979, pp. 875 ss.) �a nulla rilevando l�istantaneit�, la durata, il grado di �violenza esterna� o la dolorosit�� (F. MoDUGno, Trattamenti sanitari �non obbligatori� e Costituzione (a proposito del rifiuto delle trasfusioni di sangue), in Diritto e societ�, 1982, p. 303). (40) Sui trattamenti sanitari obbligatori, prima dell�entrata in vigore del decreto-legge n. 73 del 2017, si rinvia a: S. PAnUnzIo, Trattamenti sanitari obbligatori e Costituzione (a proposito della disciplina delle vaccinazioni), cit., pp. 875-909; L. MEzzETTI, A. zAMA, Trattamenti sanitari obbligatori, in Digesto delle discipline pubblicistiche, XV, Torino, 1999, pp. 336 ss.; P. BAIMA BoLLonE, medicina legale, Torino, 2005, pp. 106 ss.; C. BUCCELLI, P. BUCCELLI, Liceit� dell�atto medico, in F. DE FErrArI, L. PALMIErI (a cura di), manuale di medicina legale. Per una formazione, per una conoscenza, Milano, 2007, pp. 30 ss. (41) Cfr. ex multis I. CIoLLI, i Trattamenti sanitari obbligatori e il paziente con problemi psichici. Profili Costituzionali, in amministrazione in cammino. (42) r. BALDUzzI, D. SErVETTI, La garanzia costituzionale del diritto alla salute e la sua attua rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 la libert� di autodeterminazione individuale in ordine alla scelta e al rifiuto delle cure e l�interesse della collettivit� pu� essere autoritativamente risolto a favore di quest�ultimo soltanto nell�ipotesi in cui la cura imposta coincida e non contrasti con l�interesse individuale, dovendo a contrario ritenersi incompatibile con il precetto costituzionale di cui all�art. 32 Cost. il trattamento sanitario obbligatorio che abbia come fine esclusivo la tutela della salute collettiva, senza beneficio o con pregiudizio per la salute di chi vi � sottoposto (si vedano le sentenze nn. 307/1990 (43) e 132/1992 (44), in tema di vaccinazione antipoliomielitica, o la sentenza n. 218/1994, in materia di prevenzione e lotta contro l�AIDS). In particolare, con la sentenza n. 258 del 1994 (45), la Consulta, richiamando le precedenti pronunce, ha indicato con chiarezza le condizioni in presenza delle quali la legge impositiva di un trattamento sanitario pu� ritenersi conforme al parametro costituzionale. Il trattamento sanitario obbligatorio � legittimo se: 1) � �diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di chi vi � assoggettato, ma anche a preservare lo stato di salute degli altri, giacch� � proprio tale ulteriore scopo, attinente alla salute come interesse della collettivit�, a giustificare la compressione di quella autodeterminazione del- l�uomo che inerisce al diritto di ciascuno alla salute in quanto diritto fondamentale� (46). In particolare, per lo stato di salute degli altri deve essersi in presenza di un �pericolo immediato� (47) ovvero di �un pericolo diretto� (48). Tale pericolo: i) deve essere �rilevante�, sia nel senso che l�evento paventato deve avere un apprezzabile grado di possibilit� di verificarsi, sia nel senso che il danno temuto deve essere significativo e non relativo a patologie che ordinariamente, in s� considerate, abbiano sulla salute conseguenze temporanee e/o di lieve entit� (49); ii) non deve essere volontariamente assunto dai membri della collettivit�, zione nel Servizio sanitario nazionale, in r. BALDUzzI, G. CArPAnI (a cura di), manuale di diritto sanitario, Bologna, 2013. (43) Corte Cost., sentenza 14-22 giugno 1990, n. 307, in www.giurcost.org. (44) Corte Cost., sentenza 16 marzo 1992, n. 132, in www.giurcost.org. (45) Corte Cost., sentenza 20 giugno 1994, n. 258, in www.giurcost.org. (46) Corte Cost., sent. n. 307 del 1990, cit. Si consideri che l�esigenza di tutelare e non danneggiare la salute del soggetto sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio implica che il trattamento sia posto comunque in essere da professionisti (medici, infermieri, ecc.), utilizzando i pi� efficaci e pi� sicuri trattamenti che la medicina mette a disposizione e adottando inoltre tutte le cautele possibili per evitare l�insorgere di reazioni avverse nell�obbligato al trattamento. (47) B. PEzzInI, il diritto alla salute: profili costituzionali, in Diritto e societ�, 1983, pp. 21 ss. (48) B. BArBISAn, La morte che ci sfugge, le dichiarazioni anticipate di volont� ed il limite del rispetto della persona umana, in www.astrid-online.it, 2009, pp. 8 ss. (49) M. oLIVETTI, appunti per una mappa concettuale sul diritto alla salute nel sistema costituzionale italiano, in metodologia Didattica e innovazione Clinica, cit., osserva come solo �gravi interessi della collettivit�� possano giustificare i trattamenti sanitari obbligatori. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� se non altro in quanto, in caso contrario, il pericolo per la salute sarebbe facilmente evitabile semplicemente mediante la non assunzione del rischio da parte degli interessati; iii) non deve essere evitabile con misure alternative all�imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio, in quanto, diversamente, lo Stato sarebbe tenuto ad attuare le misure, distinte dai trattamenti sanitari obbligatori, in grado di evitare il pericolo per la salute collettiva senza il sacrificio della libert� personale dei singoli (50). 2) vi � �la previsione che esso non incida negativamente sullo stato di salute di colui che vi � assoggettato, salvo che per quelle sole conseguenze che, per la loro temporaneit� e scarsa entit�, appaiano normali di ogni intervento sanitario e, pertanto, tollerabili�; 3) �nell�ipotesi di danno ulteriore alla salute del soggetto sottoposto al trattamento obbligatorio -ivi compresa la malattia contratta per contagio causato da vaccinazione profilattica -sia prevista comunque la corresponsione di una �equa indennit�� in favore del danneggiato� (51). orbene, sembra che nell�ipotesi delle vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto-legge n. 73 del 2017, e in particolare in relazione all�obbligo di cui all�articolo 1, comma 2, che riguarda anche i soggetti immunizzati nel- l�ipotesi in cui non sia disponibile il vaccino monocomponente o quello combinato in cui sia assente l�antigene relativo alla malattia per la quale si � conseguita l�immunizzazione, ricorrano tutte le condizioni appena elencate. Ed invero, la vaccinazione � inequivocabilmente diretta a preservare lo stato di salute non soltanto di chi vi � assoggettato ma anche di tutti gli altri membri della collettivit� e, in particolare, di coloro che, a causa di particolari condizioni patologiche, non possono essere assoggettati a vaccinazione e che correrebbero seri rischi nel caso in cui venisse meno la c.d. immunit� di gregge. E tale conclusione vale anche nell�ipotesi della vaccinazione di un soggetto immunizzato nei confronti di una delle malattie che il vaccino combinato tende a prevenire, atteso che, come detto, la pregressa malattia non rappresenta una controindicazione alla vaccinazione e che il beneficio per la salute individuale, conseguibile attraverso la somministrazione del vaccino combinato, rende assolutamente �tollerabile� il �sacrificio� dell�inoculazione del vaccino contenente anche l�antigene relativo alla malattia per cui si � conseguita l�immunizzazione. (50) D. VInCEnzI AMATo, Tutela della salute e libert� individuale, cit., p. 2471; D. MorAnA, La salute nella Costituzione italiana, cit., p. 203. (51) Ferma restando la parallela tutela risarcitoria, la quale �trova applicazione tutte le volte che le concrete forme di attuazione della legge impositiva del trattamento o di esecuzione materiale di esso non siano accompagnate dalle cautele o condotte secondo le modalit� che lo stato delle conoscenze scientifiche e l�arte prescrivono in relazione alla sua natura� (sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori previsti dall�art. 2043 cod. civ.). rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Pi� specificamente, come gi� illustrato nel paragrafo primo del presente lavoro, occorre tener conto del fatto che il decreto legge n. 73 del 2017 � stato adottato in un contesto caratterizzato da una preoccupante flessione delle coperture vaccinali e dall�aumento dei casi di malattie infettive in fasce di et� diverse da quelle classiche e con quadri clinici pi� gravi e conseguente maggiore ricorso all�ospedalizzazione, oltrech� dalla ricomparsa di malattie ormai sotto controllo. Va, inoltre, considerato che la pratica vaccinale non �, di regola, pericolosa e che, viceversa, sono gravi, talvolta letali, i rischi che possono, in difetto di vaccinazione, derivare dalla contrazione della malattia: le possibili conseguenze della vaccinazione, puntualmente enumerate nella Tabella 2 di cui alle pagg. 33-35 del Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, sono, nella stragrande maggioranza dei casi, quelle proprie di ogni trattamento sanitario e per la loro lievit� e temporaneit� sono non soltanto tollerabili, ma sicuramente trascurabili, se raffrontati ai benefici che certamente conseguono all�immunizzazione. Infine, nell�ipotesi di lesioni o infermit� causate da vaccinazioni obbligatorie che abbiano comportato una menomazione permanente dell�integrit� psico-fisica, l�ordinamento appresta una specifica tutela indennitaria (l. 25 febbraio 1992, n. 210 e ss. mm) richiamata dagli artt. 5-bis, 5-ter e 5-quater del decreto-legge in questione, alla quale si affianca la responsabilit� civile che opera sul piano della tutela della salute di ciascuno contro l�illecito (da parte di chicchessia) sulla base dei titoli soggettivi di imputazione e con gli effetti risarcitori pieni previsti dall�art. 2043 del codice civile. Al riguardo, una importante novit� � prevista dall�art. 5-bis del decreto-legge n. 73 del 2017, ai sensi del quale l�Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) � litisconsorte necessario nei procedimenti relativi a controversie aventi ad oggetto domande di riconoscimento di indennizzo da vaccinazioni e a ogni altra controversia volta al riconoscimento del danno da vaccinazione, nonch� in controversie aventi ad oggetto domande di autorizzazione alla somministrazione di presunti farmaci non oggetto di sperimentazione almeno di fase 3 e da porre a carico del Servizio sanitario nazionale o di enti o strutture sanitarie pubbliche. Quanto sinora sostenuto trova conferma nel parere n. 2065 del 26 settembre 2017, reso dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato su richiesta della regione Veneto, con specifico riferimento all�obbligo vaccinale introdotto dal decreto-legge n. 73 del 2017, nel quale si legge che: �La Costituzione, �, contrariamente a quanto divisato dai sostenitori di alcune interpretazioni riduzionistiche del diritto alla salute, non riconosce un�incondizionata e assoluta libert� di non curarsi o di non essere sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori (anche in relazione a terapie preventive quali sono i vaccini), per la semplice ragione che, soprattutto nelle patologie ad alta diffusivit�, una cura sbagliata o la decisione individuale di non curarsi pu� dan LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� neggiare la salute di molti altri esseri umani e, in particolare, la salute dei pi� deboli, ossia dei bambini e di chi � gi� ammalato� o di chi, per particolari condizioni cliniche, non si pu� vaccinare: e, ci�, perch� �la salute non � solo oggetto di un diritto (variamente declinabile come diritto alla cura e diritto di non curarsi e comunque ad esprimere un consenso informato alla cura), ma � anche un interesse della collettivit��, interesse che, come sՏ detto, ben pu� giustificare, nei modi e nei limiti visti, l�intervento del legislatore per imporre, con carattere di generalit� e sulla base di un rapporto di proporzionalit� con le esigenze di tutela dell�altrui salute, determinati trattamenti sanitari (52). Va, inoltre, considerato, ai fini della verifica della ragionevolezza dell�intervento normativo in questione, che, come evidenziato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018, in relazione al ricorso sollevato in via principale dalla regione Veneto, il legislatore � intervenuto in una situazione in cui �lo strumento della persuasione appariva carente sul piano del- l�efficacia� e �nulla esclude che, mutate le condizioni, la scelta possa essere rivalutata e riconsiderata. in questa prospettiva di valorizzazione della dinamica evolutiva propria delle conoscenze medico-scientifiche che debbono sorreggere le scelte normative in campo sanitario, il legislatore ai sensi dell�art. 1, comma 1-ter del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito ha opportunamente introdotto in sede di conversione un sistema di monitoraggio periodico che pu� sfociare nella cessazione della obbligatoriet� di alcuni vaccini (...). Questo elemento di flessibilizzazione della normativa, da attivarsi alla luce dei dati emersi nelle sedi scientifiche appropriate, denota che la scelta legislativa a favore dello strumento dell�obbligo � fortemente ancorata al contesto ed � suscettibile di diversa valutazione al mutare di esso� (53). Tra l�altro, le misure previste dal decreto-legge sono state accompagnate dall�avvio, da parte del Ministero della salute - a decorrere dal mese di luglio 2017 -di iniziative di comunicazione e informazione istituzionale per illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni di cui al decreto, ai sensi della legge 7 giugno 2000, n. 150, in collaborazione con i medici di medicina generale, i pediatri di libera scelta e i farmacisti delle farmacie del territorio, sentite le rispettive rappresentanze ordinistiche e le associazioni di categoria. Il Ministero della salute e il Ministero dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca, nell�anno scolastico 2017/2018, hanno adottato iniziative di formazione del personale docente ed educativo e di educazione delle alunne e degli alunni sui temi della prevenzione sanitaria e in particolare delle vaccinazioni, anche attraverso il coinvolgimento delle associazioni dei genitori (54), (52) P. BArILE, Diritti dell�uomo e libert� fondamentali, cit. (53) Corte Cost., 18 gennaio 2018, n. 5, in www.cortecostituzionale.it. (54) L�intervento formativo ha riguardato le istituzioni scolastiche del primo ciclo di istruzione, in particolare, un docente per autonomia scolastica, che, a sua volta, ha sensibilizzato sulle tematiche rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 con l�obiettivo di promuovere una adesione volontaria e consapevole alle vaccinazioni previste dal PnPV e diffondere la cultura delle vaccinazioni nella popolazione e tra gli esercenti le professioni sanitarie (55). Va, infine, evidenziato che, come ha giustamente rilevato la Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2018, il legislatore del 2017, nell�estendere l�obbligo vaccinale, �ha ritenuto di dover preservare un adeguato spazio per un rapporto con i cittadini basato sull�informazione, sul confronto e sulla persuasione: in caso di mancata osservanza dell�obbligo vaccinale, l�art. 1 comma 4 del decreto-legge n. 73 del 2017, come convertito, prevede un procedimento volto in primo luogo a fornire ai genitori (o agli esercenti la potest� genitoriale) ulteriori informazioni sulle vaccinazioni e a sollecitarne l�effettuazione. a tale scopo, il legislatore ha inserito un apposito colloquio tra le autorit� sanitarie e i genitori, istituendo un momento di incontro personale, strumento particolarmente favorevole alla comprensione reciproca, alla persuasione e all�adesione consapevole�. 3.2.2. L�insussistenza del principio di autodeterminazione del singolo in rapporto al dovere dei genitori di adottare misure idonee ad evitare pregiudizi per la salute dei figli minori. Tutto ci� premesso, nel valutare la legittimit� di un eventuale rifiuto di somministrazione delle vaccinazioni opposto dai genitori dei minori gi� immunizzati per una o pi� delle malattie per le quali viene somministrato un vaccino combinato, non si pu� prescindere dall�evidenziare che, nel caso delle vaccinazioni obbligatorie previste dal decreto-legge n. 73/2017, il richiamo al principio di autodeterminazione del singolo individuo non � corretto, atteso che i destinatari dell�obbligo vaccinale sono �minori di et� compresa tra zero e sedici anni� (art. 1, comma 1). Ci� che rileva, in tale caso, non � la loro libert� di scelta quanto �il potere- dovere dei genitori di adottare le misure e le condotte idonee a evitare pregiudizi o concreti pericoli alla [loro] salute� (56). In proposito, non pu� negarsi che, nella moderna concezione, la potest� parentale (oggi, responsabilit� genitoriale) non � pi� intesa quale vitae necisque potestas, bens� come �diritto-dovere che trova nell�interesse del figlio la sua funzione e il suo limite� (57). per le quali � stato formato gli altri colleghi dell�istituzione scolastica di appartenenza. Il Ministero della salute ha coadiuvato il Ministero dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca, predisponendo e fornendo materiale informativo alle istituzioni scolastiche. (55) In sede di conversione in legge, � stato anche previsto che i consultori familiari di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405 hanno il compito di diffondere le informazioni relative alle disposizioni del decreto-legge. (56) Corte Cost., ord. 8-22 luglio, 2004, n. 262, in www.giurcost.org. (57) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1992. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Ed infatti, �la Costituzione ha rovesciato le concezioni che assoggettavano i figli ad un potere assoluto ed incontrollato, affermando il diritto del minore ad un pieno sviluppo della sua personalit� e collegando funzionalmente a tale interesse i doveri che ineriscono, prima ancora dei diritti, all�esercizio della potest� genitoriale. � appunto questo il fondamento costituzionale degli artt. 330 e 333 cod. civ., che consentono al giudice - allorquando i genitori, venendo meno ai loro obblighi, pregiudicano beni fondamentali del minore - quali la salute e l�istruzione - di intervenire affinch� a tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie� (58). Conclusioni, quelle appena esposte, riprese nella menzionata ordinanza n. 262/2004, in materia di vaccinazione antitetanica da somministrare ai nuovi nati, con cui la Consulta, nel dichiarare la manifesta inammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale sollevata, ha eccepito al giudice rimettente la mancata considerazione �del rischio derivante allo stesso minore dall�omissione della vaccinazione, posto, che nel caso del minore, non � in gioco la sua autodeterminazione, ma il potere-dovere dei genitori di adottare le misure e le condotte idonee a evitare pregiudizi o concreti pericoli alla salute dello stesso minore, non potendosi ammettere una totale libert� dei genitori di effettuare anche scelte che potrebbero essere gravemente pregiudizievoli al figlio�. Anche la Corte di Cassazione, proprio in tema di sanzioni amministrative per la violazione dell�obbligo di sottoposizione alle vaccinazioni obbligatorie, ha sostenuto che �il dovere di tutelare la salute del minore da parte del genitore non pu� risolversi nella negazione, per propria convinzione, dell�esistenza dell�obbligo, o nel timore generico di un pregiudizio per il minore, ma deve concretarsi nella prospettazione di specifiche ragioni che nel singolo caso rendono la vaccinazione pericolosa e nella dimostrazione di particolari controindicazioni, desunte dalla salute fisica del soggetto da vaccinare� (59). Pi� recentemente, proprio in relazione all�opposizione della madre di un minore di anni sette rispetto alla somministrazione di ulteriori dosi di vaccini combinati (esavalente e trivalente), il giudice di merito, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., ha disposto, all�esito di consulenza tecnica d�ufficio, l�affievolimento della responsabilit� genitoriale della stessa madre (60). In definitiva, nel caso di vaccinazioni obbligatorie su minori, la questione della contrapposizione tra diritto individuale di libert�/interesse della collettivit� assume uno spessore ulteriormente problematico, in quanto i genitori/tutori/ affidatari hanno l�obbligo imprescindibile di rispettare l�interesse del (58) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1992. (59) Cos� Cass., sez. I, 8 luglio 2005, n. 14384; v. anche, in termini sostanzialmente analoghi, Cass., sez. I, 18 luglio 2003, n. 11226. (60) Corte d�Appello napoli, sez. famiglia, decreto 30 agosto 2017; conformemente, Trib. roma, sez. I, ord. 16 febbraio 2017; Corte d�Appello Bologna, sez. lav., 13 febbraio 2015, n. 1767/2014. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 minore. In altri termini, il diritto dei terzi alla tutela della propria salute e l�interesse collettivo vanno contemperati non gi� con la libert� di autodeterminazione del singolo, bens� �con l�interesse del bambino� il quale esige �tutela anche nei confronti dei genitori che -sulla base di personali convinzioni in merito alla validit� della pratica vaccinale -non adempiono ai compiti inerenti alla cura del minore� (61). 3.3. il diritto alla tutela della salute e il dovere di solidariet� sociale. Tutto ci� premesso, non pu� che introdursi l�altro principio al quale � intrinsecamente connesso il tema dei trattamenti sanitari obbligatori: il dovere di solidariet� di cui all�articolo 2 della Costituzione, �nel qual riecheggiano il principio cattolico della solidariet� e l�istanza mazziniana che vuole i diritti collegati ai doveri, essendo evidente che nessuno Stato pu� esistere senza un certo grado di solidariet� tra i suoi cittadini� (62). Ed infatti, � proprio mediante il richiamo agli inderogabili doveri di solidariet� sociale che l��interesse della collettivit�� giustifica, nell�ottica del comma 2 dell�art. 32 della Carta fondamentale, l�imposizione al singolo di un determinato trattamento sanitario, anche perch� - come � stato notato da illustre dottrina - alcuni tra i doveri di solidariet� non sono altro che il risvolto di diritti: cos�, ad esempio, il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30), il dovere di acquisire l�istruzione mediante la frequenza della scuola c.d. dell�obbligo (art. 34), quello di esercitare il diritto di voto (art. 48) e, per quanto qui interessa, il dovere di sottoporsi a trattamenti sanitari (63). In proposito, se non si pu� prescindere dal rilevare che la maggior parte degli Autori disconosce l�esistenza di un vero e proprio dovere giuridico di mantenersi in buona condizione psicofisica (64), non si pu� parimenti negare che il generale dovere di solidariet� -che, come ha di recente ricordato il Consiglio di Stato nel richiamato parere della Commissione Speciale, �pervade e innerva tutti i rapporti sociali e giuridici�-� bidirezionale e reciproco, in quanto coinvolge, in egual misura, la collettivit� e il singolo. Ed invero, proprio valorizzando il dovere di solidariet�, si giunge a giu (61) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132/1992. (62) M. MAzzIoTTI DI CELSo, G.M. SALErno, manuale di diritto costituzionale, Padova, 2003, p. 145. (63) V. CrISAFULLI, L. PALADIn (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990. (64) ne consegue che - come detto - il sacrificio della libert� individuale che un trattamento sanitario obbligatorio comporta sia accettabile e costituzionalmente legittimo solo in presenza di rischi per lo stato di salute dell�insieme degli altri consociati. Sull�inesistenza di un dovere alla salute, cfr. M. LUCIAnI, il diritto costituzionale alla salute, cit., pp. 780 ss.; r. D�ALESSIo, i limiti costituzionali dei trattamenti �sanitari�, (a proposito dei Testimoni di Geova), in Diritto e societ�, 1981, pp. 536 ss.; D. VInCEnzI AMATo, Tutela della salute e libert� individuale, cit., pp. 2466 ss.; G. GEMMA, Diritto a rifiutare cure ed interessi costituzionali diversi dalla salute pubblica, in rivista aic, 2017; A.A. nEGronI, Sull�inesistenza di un �dovere alla salute� nella Costituzione italiana, in Bioetica, 2014, pp. 59 ss. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� stificare sia l�imposizione al singolo di un determinato trattamento sanitario sia il corrispondente aggravio per la collettivit�, che sar� chiamata a compensare economicamente il pregiudizio che eventualmente derivi al singolo dal trattamento sanitario, prescritto nell�interesse non soltanto suo, ma della stessa collettivit�. nella gi� citata sentenza n. 307 del 1990, in materia di vaccinazione antipoliomielitica, la Corte costituzionale sostiene che sia il rilievo costituzionale della tutela della salute come interesse della collettivit� a giustificare il fatto che, in nome della solidariet� verso gli altri, ciascuno possa essere obbligato ad un dato trattamento sanitario. Anche nella successiva sentenza n. 118/1996 (65) -ancora in tema di vaccinazione antipoliomielitica -si afferma che �in nome del dovere di solidariet� verso gli altri � possibile che chi ha da essere sottoposto al trattamento sanitario (o, come nel caso della vaccinazione antipoliomielitica che si pratica nei primi mesi di vita, chi esercita la potest� di genitore o la tutela) sia privato della facolt� di decidere liberamente. �La coesistenza tra la dimensione individuale e quella collettiva della disciplina costituzionale della salute nonch� il dovere di solidariet� che lega il singolo alla collettivit�, ma anche la collettivit� al singolo, impongono che si predisponga, per quanti abbiano ricevuto un danno alla salute dall�aver ottemperato all�obbligo del trattamento sanitario, una specifica misura di sostegno consistente in un equo ristoro del danno. Un ristoro, occorre aggiungere, dovuto per il semplice fatto obiettivo e incolpevole dell�aver sub�to un pregiudizio non evitabile, in un�occasione dalla quale la collettivit� nel suo complesso trae un beneficio [e che] prescinde dalla colpa e deriva dall�inderogabile dovere di solidariet� che, in questi casi, incombe sull�intera collettivit� e, per essa, sullo Stato� (66). Anche con la menzionata sentenza n. 107/2012 - cui rinvia la pi� recente sentenza n. 268 del 2017 (67) - la Corte Costituzionale, nel richiamare la correlazione esistente, tra il diritto fondamentale dell�individuo e l�interesse della collettivit�, pone l�accento sulla �necessit� che, ove i valori in questione vengano a trovarsi in frizione, l�assunzione dei rischi, relativi a un trattamento �sacrificante� della libert� individuale, venga ricondotta ad una dimensione di tipo solidaristico�. Da ultimo, la Consulta ha fondato il proprio giudizio di legittimit� della scelta effettuata dal decreto-legge n. 73 del 2017, proprio sulla circostanza che tale scelta � �volta a tutelare la salute individuale e collettiva� ed � �fondata (65) Corte Cost., sent. 15-18 aprile, 1996, n. 118, in www.giurcost.org. (66) Cfr. anche Corte Cost., sentenza 22 giugno 2000, n. 226, in www.giurcost.org, che ribadisce che ҏ dunque l�interesse collettivo alla salute la ragione determinante del diritto all�indennizzo. Non � l�obbligatoriet� in quanto tale del trattamento, la quale � semplicemente strumento per il perseguimento di tale interesse�. (67) Corte Cost., sentenza 22 novembre 2017, n. 268, in www.giurcost.org. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 sul dovere di solidariet� nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie� (cfr. Comunicato dell�Ufficio Stampa del 22 novembre u.s., relativo alla decisione assunta dalla Corte costituzionale successivamente all�udienza in cui sono state discusse le numerose questioni di legittimit� costituzionale promosse in via principale dalla regione Veneto) (68). 3.4. il diritto alla tutela della salute, il diritto all�istruzione e il principio di eguaglianza. Tutto ci� premesso, il diritto alla tutela della salute, cos� come, del resto, il diritto all�istruzione (art. 34 Cost.), va correlato al principio di uguaglianza e al diritto di tutti di accedere non solo ai servizi sanitari, ma anche ai servizi educativi e scolastici in condizioni di effettiva parit�. Al riguardo, non si pu� omettere di considerare che l�inadempimento dell�obbligo vaccinale da parte di alcuni genitori -e, per quanto in questa sede specificamente interessa, da parte dei genitori dei minori parzialmente immunizzati rispetto alle malattie per le cui vaccinazioni sussiste l�obbligo di legge -in nome di una malintesa �libert� delle cure� rischierebbe di esporre al contagio tutti coloro i quali vengano in contatto con i loro figli non vaccinati. La Commissione Speciale del Consiglio di Stato, nel citato parere del 26 settembre 2017, ha chiarito �che i bambini costretti a frequentare classi in cui sia bassa l�immunit� di gregge potrebbero essere esposti a pericoli per la loro salute (�). La discriminazione tra bambini e bambini, tra cittadini sani e cittadini deboli, non potrebbe essere pi� eclatante. il servizio sanitario e il servizio scolastico, da chiunque gestiti, debbono quindi garantire alti e omogenei livelli di copertura vaccinale in tutto il Paese, dal momento che la stessa ragion d�essere di tali servizi � quella di rendere effettivi, all�insegna del buon andamento amministrativo e della leale collaborazione tra i vari livelli di governo, i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione e, tra questi, in primo luogo il diritto alla vita e alla salute, quali indefettibili precondizioni per un pieno sviluppo della persona umana, pure in quella particolare formazione sociale che � la scuola�. Ci� giustifica la previsione di cui all�art. 3, comma 3, del d.l. n. 73/2017, in base alla quale - come visto - la presentazione della documentazione comprovante l�adempimento dell�obbligo vaccinale costituisce requisito di accesso ai servizi educativi per l�infanzia e alle scuole dell�infanzia, ivi incluse quelle private non paritarie. (68) A parere di D. MorAnA, la giurisprudenza costituzionale �bench� escluda in via di principio che l�interesse della collettivit� abiliti il legislatore a provocare il sacrificio della salute del singolo, finisce poi con il risolvere il conflitto tra le due polarit� in favore dell�interesse della collettivit�: la salvaguardia della tutela della salute dell�individuo, che pure in base alla Costituzione deve rappresentare un limite per l�imposizione del trattamento stesso, viene in concreto ad essere esposta a pregiudizio in ragione di quell�interesse� (Cfr. La salute come diritto costituzionale. Lezioni, cit. p. 61). LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� � infatti evidente che il pericolo di contagio � massimo in et� prescolare, per effetto stesso dei comportamenti assunti dai bambini, tali da accrescere le probabilit� di trasmissione di virus e batteri (gattonamento, scambio di ciucci e di giocattoli) e, di conseguenza, altrettanto alto � il rischio di complicanze per coloro che, per specifiche condizioni cliniche ostative, non possono sottoporsi alle vaccinazioni. Viceversa, le esigenze di tutela dei minori non vaccinati sono, ratione aetatis, meno pressanti, nel caso dei minori da sette a sedici anni, per i quali la presentazione della documentazione comprovante l�adempimento dell�obbligo vaccinale non costituisce requisito di accesso alla scuola o agli esami (cfr., amplius supra). Come ha rilevato il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 962 del 2018, la disposizione di cui al comma 3 dell�articolo 3 del d.l. n. 73 del 2017 � stata introdotta �a seguito di un bilanciamento tra opposti interessi, entrambi di rilevanza costituzionale: quello all�istruzione e quello alla salute, bilanciamento che pu� essere svolto dal solo legislatore, rientrando tale scelta nella sua propria ed esclusiva discrezionalit�, alla quale non pu� sostituirsi il giudice anteponendo un proprio personale convincimento che travalichi il chiaro contenuto della norma oggetto di applicazione. Nella propria valutazione discrezionale, il legislatore ha tenuto conto non solo del differente regime normativo esistente tra la scuola dell�obbligo e l�educazione pre-scolare, che si svolge presso gli asili nido e le scuole del- l�infanzia, ma ha valutato anche la condizione soggettiva differente esistente tra i bambini di et� superiore ai sei anni, e quelli da zero a sei anni. Questi ultimi, infatti, sono molto pi� fragili, e come tali necessitano di maggiori misure di precauzione e prevenzione. i rischi di contagio pi� elevati si registrano, infatti, tra i bambini che frequentano, per l�appunto, i servizi educativi per l�infanzia e le scuole dell�infanzia o che comunque frequentino luoghi in cui vi sia la presenza contemporanea di bambini di pi� famiglie. Ne deriva che la situazione sia giuridica che fattuale in cui versano i bambini che devono iscriversi alla scuola dell�obbligo, e quelli relativi alla fascia 0-6 anni, presenta tali differenze da non consentire l�estensione della normativa derogatoria prevista per i bambini pi� grandi a quelli di et� ricompresa tra i 0-6 anni, se non a condizione di �disapplicare� l�art. 1 del D.P.r. n. 335/1999 o, comunque, di applicare tale norma �in modo difforme� da quanto previsto dal legislatore� (69)(70). Infine, come ha suggerito il Tribunale Amministrativo regionale del Lazio (69) Cons. Stato, sez. II, sent. 14 febbraio 2018, n. 962, in www.giustizia-amministrativa.it. (70) non pu� non rilevarsi che il principio di eguaglianza ha giustificato l�inserimento delle prestazioni vaccinali in esame tra i livelli essenziali di assistenza (LEA), sin dal 2001. E, in effetti, solo garantendo a tutti e sull�intero territorio nazionale, in condizioni di parit� e gratuit�, l�accesso all�offerta vaccinale si assicura, anche sotto questo profilo, l�eguaglianza - sostanziale - dei cittadini. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 in una recente pronuncia, non si pu� mancare di fare riferimento ai principi enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 5 del 2018 in tema di diritto alla salute, �per le loro ricadute in tema di salute dei minori soggetti anche all�obbligo scolastico, specie laddove la Corte si riferisce al diritto dovere dei genitori di adottare condotte idonee a proteggere la salute dei figli garantendo che tale libert� non determini scelte potenzialmente pregiudizievoli per la salute dei minori, in specie quando vengano a contatto tra loro a scuola� (71). 3.5. il diritto alla tutela della salute e il principio di precauzione. Un ultimo profilo di rilevanza attiene alla verifica del rispetto, dalla parte della normativa in esame, del principio di precauzione (72). � difficile affermare che esista una condotta umana �a rischio zero�, tuttavia l�amministrazione di un rischio incerto � maggiormente sfidante quando � correlata ad un diritto fondamentale dell�essere umano, quale � il diritto alla tutela della salute. Ci� posto, va considerato che, a parere di taluni, la pratica vaccinale comporta il rischio di reazioni avverse o, comunque, di pregiudizi per la salute dei vaccinati pi� gravi di quelli che con la vaccinazione si intendono prevenire, per cui il legislatore avrebbe dovuto astenersi dall�imporre coattivamente il ricorso alla vaccinazione (73). Viceversa, secondo la comunit� scientifica, considerata la situazione epidemiologica e il trend in discesa delle coperture vaccinali, l�adozione di misure idonee ad estendere e a rendere effettiva la profilassi vaccinale costituisce la pi� evidente applicazione della regola in cui si compendiano sia il principio di prevenzione che quello di precauzione. In altri termini, in presenza di un�alternativa che presenti rischi per la salute umana, il decisore pubblico � tenuto a prediligere la soluzione che consenta di neutralizzare o minimizzare tale rischio: ed invero, nella situazione data (cfr. supra, par. 1), l�imposizione dell�obbligo vaccinale rappresenta la misura di sanit� pubblica maggiormente idonea ad annullare o a ridurre i rischi per la salute umana -per quella individuale e per quella collettiva -connessi alla diffusione delle malattie, soprattutto di quelle infettive (74). Del resto, come (71) Tar Lazio, sez. terza-quater, sent. 16 marzo 2018, cit. (72) M.G. STAnzIonE, Principio di precauzione e diritto alla salute. Profili di diritto comparato, in www.comparazionedirittocivile.it. L�Autrice spiega che il termine �precauzione� �reca con s� l�idea della anticipazione sul piano temporale di una condotta di tutela dinnanzi ad un rischio, come testimonia l�etimologia stessa: il latino praecavere significa letteralmente �prestare attenzione prima��. (73) Le norme impugnate - si legge nel ricorso della regione Veneto alla Corte costituzionale -, �proprio contraddicendo il principio di precauzione, introdurrebbero una sorta di grottesca �sperimentazione di massa� obbligatoria (�), senza il sostegno di un preventivo sistema di farmacovigilanza e senza una supervisione bioetica�. (74) Cfr. anche Cons. Stato, sez. III, ordinanza 20 aprile 2017, n. 1662, in www.giustizia-amministrativa. it. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� evidenziato dalla Corte di Cassazione, il diritto alla tutela della salute ex art. 32 della Costituzione deve consentire la giustiziabilit� anche dei pericoli potenziali (75)(76). Va, inoltre, osservato che i rischi per la salute umana -oggettivi e provati sono diversi da quelli semplicemente ipotetici ovvero basati su meri indizi. In definitiva, � certo che i rischi correlati alle malattie, soprattutto infettive, prevenibili con le vaccinazioni sono numerosi e, in molti casi, assai gravi: basta consultare la Tabella 1 di cui alle pagg. 32 e 33 del vigente Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale per avere contezza del tipo, della frequenza e della gravit� delle patologie e delle complicanze, correlate alla contrazione di ciascuna delle malattie per le quali � previsto l�obbligo della vaccinazione (77). �, inoltre, noto e scientificamente provato che la somministrazione dei vaccini ha contribuito ad eliminare o a contenere un numero notevole di malattie che, all�inizio del secolo scorso, ancora causavano in Italia vittime e invalidit�. �, infine, accertato che le reazioni avverse comunemente indotte dalle vaccinazioni sono, di regola, per frequenza e intensit�, scarsamente significative (78), e, pertanto, �tollerabili�. Le reazioni avverse gravi e le complicanze irreversibili sono invece estremamente rare e non vi sono evidenze scientifiche in merito all�esistenza di un rapporto di causalit� tra vaccinazione e reazione. Peraltro, lo stesso decisore pubblico, proprio al fine di implementare le garanzie per i minori da sottoporre a vaccinazione ha posto in capo all�Agenzia Italiana del farmaco, per il tramite della Commissione tecnico-scientifica, all�uopo integrata da esperti indipendenti e che non si trovino in situazioni di conflitto di interesse, e in collaborazione con l�Istituto Superiore di Sanit�, il compito di predisporre e trasmettere al Ministero della salute una relazione annuale sui risultati del sistema di farmacovigilanza e sui dati degli eventi avversi per i quali � stata confermata un�associazione con la vaccinazione. Il Ministro della salute trasmetter� la predetta relazione alle Camere. Tra l�altro e pi� in generale, come ha giustamente rilevato la Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel pi� volte citato parere, le tesi che biasimano il ricorso alla pratica vaccinale, reputandolo contrario al principio di (75) Cfr. Corte Cass., sez. III, sentenza 27 luglio 2000, n. 9893. (76) Si veda anche Corte Cost., sentenza 26 maggio 1998, n. 185, in Foro it., 1998, 1713, per la quale l�incertezza scientifica non � sufficiente per escludere l�adozione di provvedimenti volti alla tutela della salute. (77) Cfr. anche Quaderni del ministero della salute, Vaccinazioni: stato dell�arte, falsi miti e prospettive. il ruolo chiave della prevenzione, 2017. (78) Cfr. il Piano nazionale di Prevenzione Vaccinale vigente, Tabella 2, pagg. 33-35, dove sono elencate e distinte per frequenza le principali reazioni avverse documentate per ciascuna delle malattie oggetto delle vaccinazioni obbligatorie. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 precauzione, si pongono, in realt�, in contraddizione proprio con il fondamento scientifico di tale principio. Il principio di precauzione non obbliga infatti alla scelta dell�opzione totalmente priva di rischi, ma �impone al decisore pubblico (legislatore o amministratore), in contesti determinati, di prediligere, tra le plurime ipotizzabili, la soluzione che renda possibile il bilanciamento tra la minimizzazione dei rischi e la massimizzazione dei vantaggi, attraverso l�individuazione, sulla base di un test di proporzionalit�, di una soglia di pericolo accettabile; la selezione di tale soglia, tuttavia, pu� compiersi unicamente sulla base di una conoscenza completa e, soprattutto, accreditata dalla migliore scienza disponibile. Sicch� il principio di precauzione pu�, talora, condurre le autorit� pubbliche a non agire oppure, in altri casi, pu� spingerle ad attivarsi, adottando misure proporzionate al livello di protezione prescelto (cio� adeguate rispetto alla soglia di pericolo accettabile)� (79). In definitiva, la Commissione Speciale �senza entrare in valutazioni di carattere epidemiologico che dovrebbe essere riservate agli esperti (e che certamente non spettano ai giuristi)�, ha affermato che �risulta infatti evidente -sulla base delle acquisizioni della migliore scienza medica e delle raccomandazioni delle organizzazioni internazionali -che soltanto la pi� ampia vaccinazione dei bambini costituisca misura idonea e proporzionata a garantire la salute di altri bambini e che solo la vaccinazione permetta di proteggere, proprio grazie al raggiungimento dell�obiettivo dell��immunit� di gregge�, la salute delle fasce pi� deboli, ossia di coloro che, per particolari ragioni di ordine sanitario, non possano vaccinarsi. Porre ostacoli di qualunque genere alla vaccinazione (la cui �appropriatezza� sia riconosciuta dalla pi� accreditata scienza medico-legale e dalle autorit� pubbliche, legislative o amministrative, a ci� deputate) pu� risolversi in un pregiudizio per il singolo individuo non vaccinato, ma soprattutto vulnera immediatamente l�interesse collettivo, giacch� rischia di ledere, talora irreparabilmente, la salute di altri soggetti deboli�. Anche la Corte costituzionale, nella sentenza n. 5/2018, ha concluso che �a fronte di una copertura vaccinale insoddisfacente nel presente e incline alla criticit� nel futuro (�) [rientra] nella discrezionalit� -e nella responsabilit� politica -degli organi di governo apprezzare la sopraggiunta urgenza di inter (79) Tra l�altro, sostiene la Commissione Speciale del Consiglio di Stato, �La base scientifica del principio di precauzione rappresenta anche un presidio di garanzia della ragionevolezza delle scelte pubbliche e rafforza conseguentemente la compliance delle regole positive (su di esso fondate) che impongano obblighi di comportamento per i consociati. La consapevolezza, invero, che il decisore pubblico sia tenuto a seguire una strategia valutativa (di problem solving) poggiante sulle verificabili e verificate acquisizioni della miglior scienza del momento (e sul rigore del relativo metodo) concorre ad escludere il sospetto di arbitrariet� inevitabilmente connesso a ogni epifania dell�autoritativit�, specialmente quando quest�ultima si manifesti sotto forma di biopotere (ossia di esercizio della politicit�, in questo caso estrinsecantesi in cogenza normativa, nella gestione del corpo umano)�. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� venire, alla luce dei nuovi dati e dei fenomeni epidemiologici frattanto emersi, anche in nome del principio di precauzione che deve presidiare un ambito cos� delicato per la salute di ogni cittadino come � quello della prevenzione�. Tutte le considerazioni che precedono valgono, naturalmente, anche -per i fini di cui al presente scritto -relativamente all�obbligo previsto dall�articolo 1, comma 2, del decreto-legge in questione per i soggetti parzialmente immunizzati, anche perch�, considerato che la pregressa malattia non � una controindicazione alla vaccinazione (cfr. supra, par. 3.1) l�obbligo di farsi somministrare il vaccino combinato nel quale � presente anche l�antigene relativo alla malattia per quale sussiste l�immunizzazione � pienamente giustificato, sotto il profilo del principio di precauzione, dal rischio di contrarre e potenzialmente diffondere malattie infettive per le quali non si � immuni. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 La memoria dell�avvocatura dello stato nel procedimento penale c.d. aemilia Il processo c.d. Aemilia non � il primo processo di mafia in Emilia-romagna essendo stato preceduto da altri importanti processi tanto che la Corte d�appello di Bologna, giudicando sul troncone dell�abbreviato, ha parlato della presenza della mafia in Emilia-romagna come di un �fatto notorio�. I numeri del processo, oltre 200 imputati, sono per� importanti cos� come importante, tanto da costituirne la particolarit�, � la mutazione intervenuta nell�attivit� dell�associazione criminale. Venendo da una feroce guerra di mafia, svoltasi negli anni �90, le varie componenti del- l�associazione hanno realizzato una pax mafiosa che ha sfruttato in pieno l�effetto di intimidazione maturato presso la popolazione. Questo ha consentito all�associazione di muoversi con modalit� Pull sfruttando il marchio e offrendo servizi: principalmente nel campo del recupero crediti e della creazione di disponibilit� mediante false fatturazioni, servizi che sono stati richiesti dal territorio senza necessit� di pressioni o minacce. Sono numerosi i casi di professionisti o uomini politici che sono stati intercettati mentre esprimevano ammirazione per il potere dei mafiosi o le utilit� che potevano derivargli dalla collaborazione con loro. La mancanza di imputazioni collegate a reati di sangue ha fatto dire che non c�era una autonoma organizzazione mafiosa, ma che si era solo in presenza di reati scopo commessi dagli appartenenti alla cosca originaria di Cutro in Calabria. Scopo della costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio � stato proprio contrastare una lettura riduttiva e consolante di questo tipo. La vicenda giudiziaria penale si interseca con altre nelle quali l�avvocatura dello Stato � stata impegnata: il contrasto all�infiltrazione mafiosa tramite i provvedimenti prefettizi a contenuto interdittivo e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose nei lavori post ricostruzione dopo il terremoto del 2012 mediante creazione di white list. In tutti e due gli ambiti l�avvocatura distrettuale ha fornito collaborazione sia in sede consultiva che nella difesa dei provvedimenti innanzi al Tar e il processo fotografa l�utilit� di questi strumenti di contrasto. A fronte delle iniziative prefettizie l�organizzazione ha reagito oltre che minacciando il Prefetto anche simulando una reazione dell�intera comunit� di origine calabrese e organizzando un incontro pubblico con soggetti politici. La pervasivit� dell�associazione nel sistema delle imprese ha seguito due canali: l�alterazione della concorrenza mediante il finanziamento, frutto di riciclaggio, per imprese operanti effettivamente nel settore dell�edilizia e dell�autotrasporto tanto da condizionare i relativi mercati; La creazione di imprese fantasma da adibire a cartiere o comunque a pedine per la creazione di fatture false da offrire alle imprese compiacenti. Una quota importante degli imputati ha richiesto il giudizio abbreviato che ha visto concludere il grado d�appello, con la conferma della impostazione seguita dalla Procura Antimafia e un gran numero di condanne. nel dibattimento in corso la Procura Antimafia ha contestato a diversi imputati di aver LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� proseguito anche dopo il rinvio a giudizio nella condotta associativa cos� che il dibattimento ha visto correre in parallelo sia il rito ordinario che quello abbreviato per coloro che hanno optato per tale rito in ordine alle nuove imputazioni. Mario Zito* Avvocatura dello Stato Via Guido reni n. 4 Bologna Tel. 051 222802 Fax 051 232297 PEC: ads.bo@pec.avvocaturastato.it C.F. ads80068910373 TrIBUnALE DI rEGGIo EMILIA MEMorIA Per l'avvocatura dello Stato nell'interesse delle Parti Civili costituite a suo ministero nel procedimento penale c.d. Aemilia rG 555/16. Prima di iniziare ad illustrare la costituzione dell'avvocatura dello Stato corre l'obbligo di formalizzare le scuse per non essere stato sufficientemente assiduo ad un processo cos� importante, pur cercando di seguire comunque il processo attraverso la lettura dei verbali. Importanza non diminuita dal fatto che gi� si siano concluse le fasi di merito del giudizio abbreviato strettamente connesso con il presente e siano gi� pendenti in cassazione i ricorsi che vaglieranno la legittimit� di una sentenza che conferma l'iniziativa della Procura Distrettuale Antimafia che � oggi alla vostra attenzione. L'importanza capitale di questo dibattimento non sta solo nei numeri delle udienze e degli imputati n� solo, anche se assolutamente particolare, della sua implementazione istruttoria in corso di causa grazie sia alle nuove acquisizioni che alla collaborazione di soggetti che hanno dovuto arrendersi all'evidenza delle accuse ed hanno avuto, non dico un moto di coscienza, ma almeno la consapevolezza della inutilit� di opporsi ad una realt� di assoluta evidenza. L'impegno per realizzare questo dibattimento � evidente sia nella necessit� di predispone una struttura espressamente dedicata e di impegnare in modo cos� forte le risorse umane e strutturali dell'attivit� giudiziaria imponendo ritmi di lavorio non usuali. Uno sforzo dell'intera organizzazione della giustizia che parte dagli accertamenti della Procura Antimafia ma che ha coinvolto l�intera macchina organizzativa. A mio avviso, l'importanza del dibattimento � proprio nella sua pubblicit� che ha consentito con la piena esplicazione delle difese a chi ne abbia voglia, di (*) Avvocato dello Stato. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 cogliere l'importanza, tutta la portata assolutamente raggelante, del fenomeno dell�infiltrazione mafiosa in terra emiliana. Una percezione non mediata dalla lettura ma drammaticamente verificabile dall'emergere innanzi al Collegio di dichiarazioni, immagini, frasi tali da fornire la percezione del fenomeno anche a livello sensoriale. Il dibattimento ha visto quello che � proprio di un processo di mafia in ordine all'acquisizione delle testimonianze. Come ha osservato il dr. Mescolini solo la parola omert� pu� descrivere il disagio dei testi a raccontare le violenze cui sono state vittima. racconto del quale attraverso le intercettazioni c'era invece il pieno riscontro. "Peggio del Terremoto" ha detto un teste per descrivere il timore indotto dalle pressioni e abbiamo sentito, come fosse una fiction ma era la realt�, la violenza delle minacce. Il valore pi� importante, il dono di questo dibattimento, � che ora grazie alla sua pubblicit� non CI Sono PI� ALIBI non c'� pi� spazio per interpretazioni di maniera. Per la mafia d'onore, per i valori contrapposti allo stato borghese, per l'autorevolezza personale, per una supposta linearit� di comportamento e capacit� organizzativa anche a materie diverse dal crimine. ora abbiamo l'evidenza assoluta che l'organizzazione mafiosa � solo la somma di soggetti che hanno un programma delinquenziale e che si adoperano per metterlo in essere. non sono uomini d'onore ma solo delinquenti. Scontiamo troppo i danni provocati da una lettura falsa del fenomeno, come non � stato mai corretto fare ma che per troppo tempo ha tenuto banco. Una lettura tardo romantica, per altro risalente che affonda nella sfiducia nello Stato e nella puerile ricerca di succedanei. Ai primi del '900 Francesco Saverio nitti scrisse: "Briganti ed Eroi" osservando come squallidi personaggi, quali furono i briganti endemici nell'Italia preunitaria, trovassero simpatia nell'immaginario popolare. Un bisogno poco maturo di eroi positivi e negativi che � ancora presente. Ma non esiste un altro Stato oltre quello che faticosamente si realizza attraverso la Costituzione e le leggi della repubblica. occorre quindi la presa di coscienza dei risultati che un pubblico dibattimento pu� consentire anche attraverso l'elaborazione della stampa e degli studiosi, cos� da riportare in un quadro di verit� il fenomeno dell'infiltrazione mafiosa fuori dei territori originari. Una lettura grazie alla quale, bisogna dirlo anche se non piace e bisogna dirlo forte, l'organizzazione mafiosa � stata accettata da ceti dirigenti della nostra societ� che si sono chinati davanti a due sue manifestazioni complementari. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� IL PoTErE L 'UTILIT� PErSonALE Davanti a questi miti si � piegato un ceto professionale e imprenditoriale in una fascinazione che nel nostro processo si � declinata in vari modi: dall'ammirazione, alla connivenza al concorso esterno. Estremamente puntuale e acuta � stata l'osservazione del Pubblico Ministero quando ha osservato come la n'ndrangheta non abbia avuto necessit� di sollecitare gli imprenditori perch� profittassero delle fatture false. In termini Mercato ha potuto opere con metodologia Pull senza bisogno di spingere il prodotto. Ha capitalizzato talmente tanto nel periodo della Guerra di mafia, sul marchio e sul vissuto presso la potenziale clientela che gli avventori sono andati a cercarla. Come solo alcuni marchi storici possono permettersi di fare tra le Aziende. Potenza nel male e falsa efficienza. L'ammirazione e l'ingordigia si sono messe insieme ed hanno reso la fornitura di prodotti mafiosi come un bene corrente. Un errore di prospettiva che come meglio vedremo esaminando le varie sfaccettature della costituzione di parte civile che solo la verit� processuale, sempre che venga diffusa, letta e meditata, pu� contrastare. non vi � nulla di positivo che possa nascere dal predominio delle organizzazioni mafiose: spiace che imprenditori e politici abbiano potuto confondere con l'efficienza l'apparente disponibilit� che si offre di fornire, senza molti sforzi e utilizzando argomenti di maniera, consensi elettorali, lavoratori in nero, sconti fiscali. La soddisfazione che si sente in una intercettazione di poter frequentare e andare a cenare con un grosso uomo di mafia ricorda, prima ancora del "Silenzio degli innocenti", la frase dell'Amleto su Polonio che � a cena come portata e non come ospite. Al termine dell'avventura con la mafia gli imprenditori collusi hanno trovato solo il carcere e il fallimento e questo processo � pieno di esempi. In questo sforzo di verit� che pu� consentire al ceto imprenditoriale della nostra regione di liberarsi da un pericolo reale che gi� si � inverato in non pochi casi, e nel quale sta vivendo con inconsapevolezza grave, � l'effetto migliore delle indagini, della cultura alta di garantismo e di preparazione giuridica, messa in campo dai Pubblici Ministeri che solo se trover� piena rispondenza nell'esito di questo procedimento, come la ha avuta nel troncone importante dell'abbreviato, potr� essere utile alla collettivit�. Questo nella necessaria intersezione tra accertamento dei fatti in giudizio e sua metabolizzazione nel tessuto sociale che dovr� avvenire ad opera di altri soggetti. Grazie allo sforzo di chiamare le cose con il loro nome che la Procura Antimafia vi ha chiesto: rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 omert� dove c'� omert�, delinquenza dove c'� delinquenza, ottusit� e sottovalutazione dove queste sono emerse, in questo sta il senso forte delle richieste che vi sono state avanzate dalla Procura e di quelle che, nell'ambito specifico degli interessi civili, vi sono state avanzate attraverso le conclusioni che vi ho letto. La Corte d'appello di Bologna giudicando sugli appelli e confermando le decisioni del GUP ha parlato di fatto notorio a proposito della presenza in Emilia delle organizzazioni mafiose tratto dalle numerose sentenze passate in giudicato che vi sono state gi� negli anni passati. Come non si ha difficolt� a ritenere forte e stabile la presenza delle organizzazioni criminali nelle regioni del meridione ormai la stessa considerazione si pu� fare in Emilia-romagna. Un percorso ormai lungo che prende le mosse dai primi anni ottanta e che ha visto numerosi procedimenti penali. Ma un percorso non lineare, a volte ondivago e interrotto, se � vero che fin dal 1983 il Questore di reggio Emilia aveva visto il pericolo formarsi, ma ancora nel pieno degli anni '90 si aveva ritegno ad associare ad indagini penali in Emilia, la parola mafia tanto che ci� provocava ingombranti, anche se in buona fede, discese in campo. Un cammino in cui, come emerge anche da questo processo, si sono visti esempi alti di dedizione al servizio dello Stato da parte di funzionari e dipendenti, in una storia che per�, in non poche occasioni, ha visto episodi opachi se non il tradimento eclatante per il quale sono a processo alcuni ex dipendenti del Ministero dell'interno. Ancora pi� importante, ai fini della presa di coscienza sociale rispetto alla valutazione della Corte ristretta all'esito di un procedimento camerale, sar� quindi la vostra sentenza resa in un dibattimento ampio e seguito dai mezzi di informazione. L'avvocatura dello Stato � costituita nell'interesse di pi� soggetti. i Iniziamo dalla costituzione pi� importante e particolare di questo processo. La Costituzione dello Stato Italiano, lo Stato ordinamento rappresentato dalla Presidenza del consiglio dei Ministri. Una costituzione non usuale in rappresentanza dei valori costituzionali che con la creazione e lo sviluppo di una associazione di stampo mafioso in reggio Emilia e provincia vengono irrisi e messi in pericolo. La Costituzione di Parte civile dello Stato ordinamento, quale espressione e a tutela dei valori costituzionali � quindi rivolta verso tutti gli associati e i concorrenti nel reato associativo. La presenza dell'attivit� criminale crea un elemento di disturbo della vita economica e non di crescita di essa. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� L'accumulazione delle risorse che tramite il riciclaggio e la connessa intestazione fittizia di beni produttivi viene a operarsi, inquina il territorio di riferimento. Privilegia alcune imprese su altre, rende la malavita presente in settori del- l'economia nei quali aggredisce l'elemento portante e fondamentale di una economia di mercato: la libera concorrenza. Si tratta quindi di un reato sistemico, aggressivo dei valori dell'economia come tutelati dalla Costituzione che indica il valore sociale dell'attivit� economica e la corretta allocazione delle risorse nell'attivit� produttiva. non siamo costituiti per gli altri reati fine che, con la loro autonoma contrariet� all'ordinamento, trovano lo Stato sufficientemente presente attraverso l�intervento del Pubblico Ministero e sono portatori di un loro danno criminale, ma non di un contrasto ordinamentale quale quello che con la costituzione di parte civile dello Stato ordinamento viene ad essere posto alla speciale attenzione del Tribunale. non � esagerato parlare di valenza eversiva per il reato di associazione di stampo mafioso che si pone come autonomo sistema di valori alternativo a quello dello Stato. La nostra � stata una scelta iniziale, mantenuta ferma nel corso del dibattimento che non significa presa di distanza dalla gravit� degli altri delitti. Ci si � stato chiesto, non senza una punta di polemica, perch� non siamo costituiti per i delitti contro il mondo del lavoro cui al Capo 90 del decreto che dispone il giudizio. La scelta della costituzione dello Stato ordinamento solo per il reato associativo segue le regole sulla legittimazione della parte civile possibile solo in caso di danno civile risarcibile quando vi sia un interesse eccedente il solo contrasto del crimine di competenza dell'autorit� giudiziaria. Per le singole amministrazioni dello Stato e a maggior ragione per lo Stato stesso, la Costituzione di parte Civile deve essere ricollegata non alla mera violazione di norme, sia pure rientranti in generale nel campo assegnato all'amministrazione, ma nella lesione concreta ed attuale di un interesse specifico. Vi � poi da dire in generale che, quando si tratta di reati plurioffensivi, che colpiscono anche le istituzioni territoriali, non sembra opportuna una eccessiva stratificazione dovendo operare il principio di prossimit� o sussidiariet� cos� che ove vi sia un ente specificatamente competente come in questo caso la regione Emilia romagna non vi sia ragione di duplicare le pretese. L'illustrazione della costituzione di Parte Civile della presidenza del consiglio si intreccia con la discussione della questione di incompetenza territoriale proposta in primo grado, rigettata con ampia ed esaustiva motivazione dal GUP nel giudizio abbreviato, riproposta con i motivi di appello e rigettata e ora al- l'attenzione della Corte Suprema. � certo che se si potesse vedere nell'attivit� degli imputati solo una serie di reati fine di una associazione gi� ben conosciuta e contrastata, stabilita in pro rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 vincia di Crotone, non vi sarebbe molto spazio aggiuntivo di aggressione all'ordinamento giuridico tale da giustificare a pieno e quindi legittimare la costituzione di parte civile dello Stato comunit� e della Presidenza del consiglio in sua rappresentanza. � proprio l'aggressione ad un territorio non immune n� vergine, ma di certo oggetto di una attivit� di penetrazione e sfruttamento con diffusione di atteggiamenti mentali e comportamenti alternativi ai valori diffusi, che giustifica la presenza di questa Parte Civile. non � sufficiente la mera repressione di singoli comportamenti, ma � necessario che vengano rimarcati confini e limiti di vigenza di valori e condivisione sociale. Il carattere eversivo dell'associazione mafiosa rispetto ai valori segnati dal- l'evoluzione sociale, dal progresso, dalla indipendenza di uomini e donne quali autonomi portatori di diritti e posizioni soggettive, giustifica una costituzione di parte civile in nome dei valori aggrediti oltre che in nome delle singole norme violate. L'associazione mafiosa e questa in particolare, propone una frontale opposizione rispetto all'intero sistema di valori che guida la nostra Costituzione. � uno specchio deformato che sostituisce: alla solidariet�, l'egoismo, alla libert� la dipendenza, alla partecipazione ai destini comuni tramite condivisione di diritti e doveri il soffocamento delle aspettative e la necessit� di prestare ossequio alla volont� altrui. Alla libert� economica la creazione di apparenze posticce. I cittadini, nella previsione costituzionale, non sono "uomini di un altro uomo", non devono essere ciechi strumenti di un potere superiore che pu� disporre di loro e dei loro beni a proprio piacimento, ma sono soggetti di diritto, devono essere liberi e autonomi e non soggetti a forze oscure e invasive tali da togliere loro la dignit� prima ancora che il denaro. � l'aggressione al territorio dell'Emilia romagna, la sua difesa verso una presenza aliena ai valori costituzionali, che quindi giustifica la nostra presenza e questo esclusivamente perch� crediamo che in Emilia si sia costituita una presenza mafiosa forte e non si siano solo realizzati i reati scopo di un'altra associazione mafiosa. A descrivere compiutamente quale � l'effetto dell'associazione mafiosa su un territorio si pu� utilizzare un breve romanzo di Melville. BEnITo CErEno. Un capitano di una nave da guerra sale a bordo di una nave che vede navigare con scarso vigore, sbandata e quasi priva di guida. Incontra un capitano malfermo e abulico e dei marinai apatici. Accanto al capitano vi � sempre un suo cameriere, gentile e premuroso che ne segue i passi. Solo con fatica e per caso si disvela la realt�. La nave � in mano ai Pirati e l'apatia del capitano � l'assoggettamento alla forza non espressa, alla intimidazione. Questa � una caratteristica dell'azione delle organizzazioni mafiose assoluta LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� mente peculiare che la distingue dalla comune delinquenza dai Briganti di cui parlava nitti. Mentre l'azione di questi � espressa e riconoscibile, la mafia agisce sempre sotto una copertura nascondendosi sotto un'apparenza di diritto e legalit�. Cos� � nel nostro processo dove, se non avessimo le intercettazioni e le dichiarazioni dei pentiti e leggessimo solo quello che vogliono mostraci, non vedremmo estorsioni ma cessioni di credito, non vedremmo sfruttamento del lavoro ma buste paga corrette, vedremmo aziende dirette dai titolari che vi hanno investito i loro soldi e non intestazioni fittizie e riciclaggio, vedremmo forniture di merce dove c'� un giro di fatture false, vedremmo delegazioni di pagamento invece che usure. La mafia si � sempre caratterizzata con questa duplicit�, non manifesta pubblicamente il proprio potere perch� quello che conta � esercitarlo con profitto. Certo sono menzogne con le gambe corte, ma dove la mafia comanda nessuno � disposto ad andare a vedere sotto le apparenze. Per, fare questo costruisce quello che la norma prevede l'assoggettamento e l'omert�. Una melmosa palude dove nessuno deve reagire, dove all'azione degli organi che devono garantire la trasparenza si risponde non con il diritto ma con l'aggressione personale. Aggressione personale che nelle forme pi� o meno cruente serve a costruire il presupposto dell'assoggettamento. Chi si � ribellato e ha pagato a caro prezzo rafforza il potere sul territorio. Questo � l'effetto della mafia sul territorio e l�immagine esterna dei mafiosi si nasconde spesso sotto quella di soggetti subordinati, buoni padri di famiglia, contadini analfabeti o soggetti poco appariscenti, proprio perch� l'effetto della intimidazione � capace di annichilire le resistenze. Una melmosa palude dove nessuno deve reagire, dove all'azione degli organi dello Stato si risponde non con il diritto ma con l'aggressione personale. non � un paragone letterario e gli episodi di intimidazione verso i giornalisti ne sono la prova. non vi possono essere voci critiche, non si deve parlare o discutere non si pu� dubitare del comportamento degli associati. Parlando a seguire sulla costituzione del Ministero dell'interno, dovremo spendere qualche parola sul tentativo di screditare la testimonianza del prefetto De Miro operata con modalit� che giustamente hanno provocato una forte reazione dell'ordinamento che ha ben individuato l'elemento oggettivo del reato di calunnia ma ancora di pi� la callida preordinazione. Preordinazione tesa a chiudere la bocca a chi si � permesso di chiamare le cose con il loro nome. La conseguenza dell'esistenza dell'associazione � quella descritta dalla norma penale. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 L'associazione � di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione (3) del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omert� che ne deriva non solo per commettere delitti, ma anche ovvero per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attivit� economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per s� o per altri, ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a s� o ad altri in occasione di consultazioni elettorali (4) (5). L'associazione che � a processo ha inteso onorare ognuna delle condotte previste dalla norma. non necessariamente la norma prevede il compimento di delitti o il dispiegars� della violenza, quanto la diffusione dell'apatia economica e sociale derivante dall'assoggettamento, dall'omert� intesa anche come impossibilit� di comunicazione e di esplicitazione della dialettica sociale, della mancanza di stimoli concorrenziali sia nell'economia che nella politica, per essere i ruoli determinati non dalla libera concorrenza ma dall'asservimento. Certamente l'associazione sviluppatasi a reggio Emilia ha delle peculiarit�, si tratta di mafia degli affari anche se non disdegna i reati di tradizione. Ma questo � il secondo tempo rispetto ad una guerra di mafia con omicidi efferati che sono ormai storia e che sono la premessa della situazione attuale. L'associazione criminale vive per fare profitti illeciti e quello che la caratterizza non � il tipo di delitto scopo ma gli effetti sul territorio che si realizzano nei confronti di un numero indeterminato di soggetti. Il completo assoggettamento non � ora la situazione della citt� di reggio Emilia o della sua provincia. � per� la situazione di altre parti importanti del paese dove le organizzazioni mafiose si sono radicate e diffuse. Intere categorie imprenditoriali sentono la difficolt� di mantenere una libera concorrenza. � perci� utile e positivo che in questo processo vi sia una ampia partecipazione delle Parti civili Istituzionali o costituite da libere associazioni, le quali chiedono con forza che un pericoloso piano inclinato venga raddrizzato. La questione della presenza autonoma di un'associazione criminale non ha perci� per questa Parte Civile mera rilevanza pregiudiziale o formale, ma, come gi� giudicato dal GUP e dalla Corte d'appello, � questione che attiene al merito della imputazione. non � indifferente il giudice che punisce i comportamenti cui al capo di imputazione perch� questo � un processo a difesa soprattutto di un territorio. Uno degli argomenti sollevati dalle difese � che la giurisprudenza della corte di cassazione ha stabilito il carattere unitario della n'ndrangheta che in questo modo si differenzia da altre associazioni criminali per avere un unico vertice. � stato poi detto che il contenuto specifico del 416 bis � un valore aggiunto fornito dalla Cosca di Cutro. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� occorre fare una premessa in termini di principio per rilevare il vizio logico di queste affermazioni. In realt� con esse si vuole postulare che l'associazione criminale di stampo n'ndranghetistico abbia un proprio contenuto valoriale estraneo ed eccedente quello dell'attivit� dei propri associati. Cos� non �. � vero che per comodit� si pu� fare ricorso a notazioni di diritto civile sulla struttura associativa nell'esame dell'attivit� degli associati di 416 bis, ma � anche vero che questo �, in radice sbagliato. Le creazioni giuridiche che eccedono le singole personalit� e se ne distaccano, giungendo a conseguire propria rilevanza appunto giuridica sono solo quelle che sono create o riconosciute dal diritto. nelle associazioni criminale non vi � creazione di alcun valore aggiunto: � un ossimoro parlare di valori-criminali. nell'associazione per delinquere vi � solo l'attivit� di singoli che, in quanto associata, crea un nuovo disvalore, ma non la creazione di un autonomo centro di aggregazione di valori autonomi. In buona sostanza non abbiamo da interrogarci attraverso quali strumenti giuridici: scissione, aggregazione, mandato si sia costituita in provincia di reggio Emilia una autonoma associazione mafiosa quando abbiamo su questo territorio l'azione associata di soggetti che fanno riferimento a usi e mentalit� propri degli associati di stampo n'ndranghetistico. non sono da ricercare atti giuridici di affiliazione. In qualche caso poi l'affiliazione � del tutto inutile, come dice Grande Aracri: "ci conosciamo e frequentiamo da padre in figlio". In realt� la ndrangheta � una istituzione di stampo feudale a base personale. ognuno � uomo di un altro uomo. Il singolo affiliato ha una dote di rapporti, di soggetti verso i quali pu� esercitare una supremazia e quando viene affiliato si mette nelle mani di altri che rivestono un grado superiore nel senso che hanno una dignit� riconosciuta da chi � sopra di loro e cos� via. non vi � distacco tra il dato della partecipazione personale e quello dell'esistenza dell'associazione. Il singolo associato non ha i diritti e i doveri del socio verso una entit� terza diversa da lui. Ha la soggezione feudale verso i capi che conosce, verso i quali � responsabile per le sue azioni e per quelle delle persone (familiari, clienti, amici e vittime) sulle quali pu� agire. L'omert� � un dato esterno dell'agire dell'associazione, ma anche e soprattutto uno strumento interno che consente a chi � sovraordinato di disporre delle forze di tutti quelli che ha sotto e a sua volta di essere tributario di tutta questa forza verso chi � sopra di lui. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 � proprio questo che rende difficile il contrasto. Se si riesce ad eliminare un soggetto al grado inferiore non si � fatto grande danno, la sua dote viene redistribuita. Se si riesce a colpire in alto vi � una pressione di chi era pi� sotto e che pu� prendere la "dote" di chi � eliminato. Diceva sant'Agostino: �Anche i ladri sentono la fratellanza". Per gli n'ndranghetisti nonostante la boriosit� di certe affermazioni non � cos�. � il vincolo feudale a creare la dipendenza e l'interesse a coprirsi e ad essere a disposizione. Quando questo si spezza, perch� la struttura � andata in crisi, il vincolo feudale � saltato e si � diventati uomini di altri uomini, sar� proprio il sodale pi� stretto ad uccidere. non ci sono rapporti di amicizia o di parentela per l'affiliato che � pronto a compromettere o e rovinare i propri parenti come nel nostro processo dove tramite l'intestazione fittizia si compromettono i giovani figli. Si pu� fare riferimento, come pi� simile nella creazione di una nuova "Locale", la figura del Franchising e certo vi � una somiglianza di metodo. Gli affiliati alla ndrangheta che operano in Emilia si sentono certo espressione di un pi� generale confraternita e ne ripetono e propagano usi e riti, ma sono espressione di una attivit� che � territorialmente definita e che sviluppa le proprie azioni con assoluta autonomia. Su di un singolo territorio, inteso come fonte di attivit� delinquenziale di regola opera una sola cosca, "una locale" che non si sottrae al rapporto con gli altri affiliati, ma che si determina in autonomia. In questo senso l'associazione � unica e pu� avere un solo vertice: ma non � il vertice di una struttura burocratica e legale, ma il coordinamento di attivit� diffuse su diversi territori da gruppi autonomi di affiliati. Ipotizzare diversamente appare impossibile se si pensa che per delinquere su di un territorio occorre sempre un coordinamento continuo e forte tale da consentire di poter effettuare ogni diversa azione criminale senza interferire con quelle poste in essere dagli altri affiliati in un clima di comune interazione che la distanza impedisce. Cos� � del tutto ragionevole e coerente che i partecipanti alla locale di reggio Emilia si rapportino con Grande Aracri e abbiano interessi in comune, cos� come � del tutto naturale che quando si riesce a avere la disponibilit� di un enorme quantitativo di piastrelle che non � possibile riciclare sul territorio, si operi in rete addirittura con la cosca di Gioiosa Jonica. Ma se si effettuano estorsioni che si risolvono sul territorio perch� queste dovrebbero interessare chi opera in Calabria? Se si mette in linea un formidabile sistema di imprese che consentano di riciclare forti somme di danaro realizzando profitti con le false fatturazioni, si prender� volentieri materia prima (il danaro) fornito dalla Calabria, ma si gestir� l'attivit� in proprio. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Cos� per le intestazioni fittizie. Se si hanno contatti con Commercialisti, Giornalisti, dipendenti delle forze dell'ordine chi gestir� e metter� a frutto queste conoscenze: chi abita a Cutro? oppure dobbiamo ipotizzare schemi operativi stabili e burocratici, direzioni provinciali, Direzioni regionali, archivi o uffici studi e scrivere il diritto amministrativo della n'ndrangheta. Se nell'esame dell'attivit� mafiosa si pu� fare riferimento a concetti di diritto non sar� al diritto amministrativo o a quello commerciale, sar� piuttosto al diritto internazionale. L'effettivit� del potere sul territorio che incontra limiti solo dai patti e dalle guerre. La Pace tra le cosche dopo il periodo degli omicidi di Dragone � garantita da un patto e dalla capacit� dei paciscenti di contrastare e distruggere chi non vi avesse ottemperato. Il dato dal quale occorre partire non � quindi l'esistenza di una scissione o di un contrasto o diversit� di interessi tra Cutro o reggio Emilia tale da dar vita alla locale di reggio Emilia. occorre solo rilevare che in base al principio dell'effettivit� a reggio Emilia si sono verificati i presupposti perch� si sia realizzato il disposto dell'art. 416 bis. Una volta che gli imputati si comportano come aderenti ad una associazione mafiosa e operano concretamente su di un territorio determinato, nel quale si manifesta concretamente la presenza dell'associazione, si � in presenza di una nuova "Locale" e la Corte di cassazione si � "ex professo" occupata, sulla base dell'effettivit�, proprio del fenomeno della creazione di strutture locali di una associazione preesistente. Sez. 6, Sentenza n. 44667 del 12/05/2016 Ud. (dep. 24/10/2016) rv. 268676 Presidente: ippolito F. Estensore: Ricciarelli M. relatore: Ricciarelli M. imputato: P.g. in proc. Camarda e altri. P.m. Mazzotta g. (Parz. Diff.) (Annulla in parte con rinvio, App. Torino, 28/05/2015) 602 rEATI ConTro L'orDInE PUBBLICo -013ASSoCIAzIonE PEr DELInQUErE -In GEnErE rEATI ConTro L'orDInE PUBBLICo -DELITTI -ASSoCIAzIonE PEr DELInQUErE -In GEnErE Associazione di tipo mafioso -Delocalizzazione -Costituzione di una struttura autonoma e originale - Configurabilit� della fattispecie di cui all'art. 416 - Bis cod. pen. - Condizioni - Fattispecie. In tema di associazione di tipo mafioso, nei casi di delocalizzazione di pi� articolazioni periferiche (c.d. locali) che, pur richiamandosi a consorterie mafiose comprese tra quelle specificamente tipizzate sulla base di una consolidata esperienza, costituiscano un unico centro autonomo di imputazione di scelte criminali in un diverso quadro territoriale, non occorre che ogni cellula abbia dato luogo alla manifestazione del metodo mafioso, essendo invece necessario rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 verificare che ciascuna di esse sia effettivamente parte del sodalizio e che questo, nel suo complesso, si sia manifestato nel nuovo contesto territoriale attraverso modalit� concrete che, pur potendo non postulare azioni eclatanti, devono consistere nell'attuazione di un sistema incentrato sull'assoggettamento derivante dalla forza del vincolo associativo: (Fattispecie relativa alla costituzione di plurime "locali" di 'ndrangheta operanti in Piemonte, in cui la Corte ha ritenuto sussistente un'unica associazione mafiosa composta da pi� cellule tra loro federate, evidenziando da una parte, come le singole cellule, pur operanti in propri ambiti territoriali e mantenendo stabilmente i contatti con gli organismi di vertice della consorteria di riferimento, si riconoscessero "come parti di un tutto", e, dall'altra, come il sodalizio avesse, nel suo complesso, fatto effettivamente uso del metodo mafioso all'esterno ed al suo interno). occorre partire dagli effetti perch� sono gli effetti quelli che la norma dell'art. 416 bis mette in evidenza. Vi � associazione autonoma di stampo mafioso quando su di un territorio si manifesta e viene percepito dalla generalit� dei cittadini l'esistenza di un potere di condizionamento derivante dall'utilizzo del metodo mafioso. Vi � invece mera esplicitazione di reati scopo, quando in un territorio, in cui non vi � questa percezione generale, si verificano atti compiuti da associati ad una organizzazione mafiosa. Il dato del condizionamento quindi rileva e certamente, sotto questo profilo, non � dubitabile che in reggio Emilia si sia creata una autonoma fonte di condizionamento e di attivit� e non si siano solo sentiti gli effetti di una attivit� progettata e pensata altrove. Si potrebbe seriamente dubitare che a reggio Emilia e nei territori contermini non si sentisse la presenza di una associazione mafiosa quando tale percezione viene riferita al Prefetto dalle categorie economiche. L'eccezione di incompetenza territoriale � smentita da ognuno degli episodi che sono stati portai alla vostra attenzione. � smentita dal terrore dei soggetti minacciati, dall'omert� che scatta davanti a incendi di grande portata, ma � smentita proprio dal fascino che sul territorio l'associazione riesce ad avere in persone che non appartengono all'insediamento dei calabresi. G., B., la dottoressa T., il dott. C. percepiscono come attiva e presente sul territorio una organizzazione con la quale poter avere rapporti ed � sul territorio di reggio Emilia che creano con i suoi affiliati i loro rapporti e ne sono addirittura affascinati. D'altra parte a reggio Emilia che operi una associazione di stampo mafioso autonoma � del tutto pacifico: Quando con ammirazione o terrore a seconda dei casi ci si riferisce ai calabresi, ai Cutresi non lo si fa certo in senso geografico. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Tutti percepiscono che c'� un'entit� sovrapersonale unitaria e stabilita a reggio Emilia. Molti degli imputati sono stati intercettati mentre ammettono di far parte di un gruppo. Tutta la citt� percepisce, al di l� dei distinguo di maniera, che c'� una pressione, anche quando non si hanno prove concrete viene percepita una mancanza di spontaneit� e di libert� che attraversa intere categorie economiche come l'edilizia e l'autotrasporto. C'� un effetto unificante dovuto all'azione di un'associazione e non semplici reati scopo. La totale autonomia della cosca di reggio Emilia emerge poi da elementi indiscutibili. Grande Aracri nicolino � sostanzialmente estraneo alle dinamiche interne alla cosca fuori dai propri interessi personali, cosa impossibile ove ne fosse strettamente partecipe o ove gli affiliati di reggio Emilia fossero tutti stretti solo dalle relazioni presenti a Cutro. Ha la necessit� di un suo uomo per salvaguardare i suoi affari o per poter avere conoscenza e notizia delle opportunit� che ci sono di investire sull'attivit� criminale che si svolge a reggio Emilia. Di un ufficiale di collegamento. Prima V. poi G. con l�aiuto di M. Questa circostanza � di per s� d'ostacolo all'idea della cosca unica. Il pericolo che si nasconde sotto l'eccezione � la banalizzazione di questo processo: l'idea che il territorio, sia immune e accetti solo singole ingerenze, � estremamente pericolosa. Come gi� detto la costituzione della Presidenza del consiglio nasce dalla specificit� del fenomeno dell'insediamento mafioso nella regione Emilia romagna. I crimini che sono a giudizio non possono essere giudicati da un giudice posto altrove che non in Emilia romagna, perch� � necessario che, non solo vi siano condanne, ma che da queste possa nascere una consapevolezza e una attenzione generale che costituisca la salvaguardia del futuro di questa regione. A conferma di quanto pericolo si annidava nel comportamento degli imputati � sufficiente avere riferimento alla situazione che le organizzazioni economiche di categoria hanno rappresentato al Prefetto di reggio nel 2009 come dato ormai risalente negli anni. Una infiltrazione mafiosa capace di condizionare interi settori: l'autotrasporto nel quale tariffe fuori mercato rischiavano di estromettere molte imprese, l'edilizia, il mondo dell'estrazione degli inerti. Una situazione pesante che ha indotto la Prefettura ad emettere decine di inibitorie ai sensi della normativa antimafia. Certificazioni a contenuto interdittivo che hanno provocato la reazione scomposta degli imputati. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 occorre un chiarimento: L'informativa a contenuto interdittivo non certifica che una Impresa sia mafiosa, ma solo che vi � il pericolo, anche incolpevole, che vi sia una infiltrazione da parte della criminalit� organizzata tale da condizionare l'operativit� dell'impresa e portare rischio per il settore dei contratti pubblici. Perci� non sono le interdittive emesse nei confronti delle societ� degli imputati a fornire la prova della loro appartenenza alla associazione mafiosa. Quello che fornisce la prova dell'esistenza dell'associazione e dell'appartenenza degli imputati ad essa, � la reazione che gli stessi hanno avuto. Se le interdittive avessero colpito soggetti non tra di loro collegati, la reazione da attendersi sarebbe stata quella del riscontro individuale in sede giudiziaria svolto avverso il singolo provvedimento anzi separando il pi� possibile le varie posizioni. Quando il Prefetto ha emesso le informazioni a contenuto interdittivo non aveva n� poteva avere, un intento unitario perch� le informazioni sono chieste dalle singole stazioni appaltanti verso singoli soggetti economici e non seguono quindi un disegno preciso. L'idea della "persecuzione" � puerile e non tiene conto delle caratteristiche dello strumento nel quale ogni istruttoria � separata e ha origine da un input esterno. Il momento unitario lo hanno dato gli imputati di questo processo. I soggetti, legati tra di loro, ma colpiti singolarmente, si sono immediatamente riconosciuti come pronti a fare fronte comune � hanno reagito tentando di strumentalizzare la loro personale difficolt� nascondendola sotto l'apparente tutela generale degli imprenditori calabresi. In realt� non hanno coinvolto nessuno che non fosse dei loro. Colpisce come in nessuna delle difese nei vari ricorsi amministrativi viene dubitato della capacit� di compromissione dei rapporti delle imprese con i soggetti che poi saranno arrestati. In molti casi non hanno neppure proposto ricorso al Tar preferendo tentare di condizionare l'ufficio in termini generali. Le intercettazioni mostrano come quando i provvedimenti amministrativi o la stampa identifica uno di loro tutti gli appartenenti si sentono colpiti. "Parlano di noi" dicono S. e D. davanti ad un servizio televisivo che era relativo solo al fratello di Grande Aracri. Quando finalmente la pressione amministrativa o dell'informazione li mette allo scoperto fanno immediatamente fronte comune. Si sono rivolti al P. con cui avevano gi� rapporti di scambio. L'intercettazione tra P. e P. � chiarissima nel mostrare che P. � gi� il cavallo di battaglia della cosca. non gli viene fatta una promessa per iniziare un rapporto, ma la minaccia di cessarlo: "potremmo cambiare cavallo". LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� P. si presta al punto di camuffare nella sua dichiarazione prodotta al TAr la realt� della riunione. non sua convocazione per servire la mafia, ma propria autonoma attivit� politica nei riguardi della comunit� calabrese. Comunit� calabrese che non � mai stata oggetto delle attenzioni n� del P. n� della mafia che tutto vuole meno che la sua tutela e la sua piena integrazione nel tessuto sociale. "Hai visto che gente c'era" la frase dell�avvocato S. A. � di una pregnanza assoluta altro che tutela della comunit� di origine. La cena al ristorante "antichi sapori" ha un doppio piano di lettura come � regola per le attivit� di mafia: uno per chi la vede dall'esterno e l'altro per chi, come gli inquirenti, ne ha seguito la preparazione e le motivazioni. non � un incontro politico, ma la mascheratura di un impegno verso la collettivit� dei calabresi che nasconde solo la volont� di tutelare l'organizzazione. non c'� certo rappresentanza di interessi, non c'� mai stata. La tutela del dato identitario � solo una evidente copertura perch� le intercettazioni sulla preparazione della riunione danno la prova della loro autoidentificazione come l'associazione che infiltrava le imprese. C'� solo sfruttamento, utilizzare le persone rese sensibili dall'esperienza meridionale all'infiltrazione mafiosa per propagare questa anche nella nuova regione di insediamento. Anche per talune singolari prese di posizione occorre fare una precisazione: I calabresi sono le prime vittime dell'attivit� dell'associazione. non vittime dell'azione della Procura che certo viene a turbare equilibri consolidati. Equilibri al ribasso capaci di assicurare un momento di prosperit� minato perch� contro il diritto e incapace di reggere a lungo. non vi pu� essere bene per tutti nell'azione della associazione mafiosa. La comunit� di origine Cutrese ha trovato un effimero benessere ma riservato a pochi, mentre tanti imprenditori di origine calabrese, corretti e onesti, riescono ad affermarsi solo a fatica dovendo lottare con condizionamenti e concorrenza sleale. non si costruisce nulla di duraturo sul fango: � una accumulazione senza sviluppo, fine a s� stessa. non si fa efficienza con l'evasione fiscale o con il lavoro nero, ma solo con l'ottimizzazione dei mezzi di produzione. Mai nessuna delle intercettazioni che per centinaia di ore sono a vostra disposizione indica un qualsiasi interesse sociale degli imputati. � il dato precipuo delle associazioni di stampo mafioso quello di sforzarsi di non farsi distinguere dal contesto, di operare con mimetismo rispetto al contesto di appartenenza. regione ricca dove non � necessario uccidere ma � sufficiente minacciare. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Soprattutto localit� dove la mancata conoscenza del fenomeno ha reso possibile che soggetti del tutto estranei e lontani, soggetti che esercitano professioni stimate e che non hanno necessit� di legarsi ad ambienti criminali, sentano il fascino di una presenza della quale percepiscono banalmente solo l'aspetto simbolico e magniloquente dell'uso della forza. � contro questo pericolo che vi si chiede una sentenza ferma e decisa che separi il mondo retto dal diritto, con le sue difficolt� e le sue aporie, da quello delle scorciatoie, dell'abuso e dello sfruttamento. Posizioni degli imprenditori collusi vanno certamente punite con le sanzioni di legge perch� sono epigrammatiche del pericolo che la societ� dell'Emilia corre a causa dell'infiltrazione mafiosa. Cos� come vanno scoraggiate le pratiche di infiltrazione costituite dalle intestazioni di comodo. Sono un primo gradino di affiliazione, immettono nel tessuto delle imprese soggetti anomali che distorcono il mercato e drenano risorse. non solo sono reati scopo dell'infiltrazione, ma sintomo del generale indebolimento delle difese del tessuto sociale che l'infiltrazione provoca. Quando a causa della presenza della mafia un territorio perde di vista la differenza tra il bene e il male e si ricerca l'approccio con le associazioni malavitose come una occasione di utilit� politica o professionale, vuol dire che il male ha gi� progredito e il rischio epidemico � forte. Le caratteristiche delle organizzazioni mafiose di calarsi nel territorio � quella di annichilirne le risorse deviandole verso gli interessi dell'associazione e cos� si viene a costituire un limite allo sviluppo. Viene sostenuto che in Emilia vi era solo una associazione per delinquere mentre "il bis viene dalla Calabria". non � il dispiego della violenza la caratteristica che il legislatore ha posto alla base del 416 bis ma l'oppressione sul territorio. A parte il carattere del tutto autoctono degli episodi di violenza, anche gravi, che sono all'attenzione della Corte, quello che � emerso � proprio il dato normativo dell'assoggettamento. Proprio questa � la situazione che � stata rappresentata dalle categorie economiche al Prefetto e contrastata in via amministrativa ed � quello che � emerso compiutamente dalle indagini. Una presenza pervasiva che purtroppo non ha tralasciato anche esponenti delle forze dell'ordine anche loro purtroppo vittime del fascino della Criminalit� e del suo potere corruttivo. Solo la liberta di autodeterminazione pu� essere volano di una societ� fluente e capace di crescita economica e sviluppo sociale. Che crescita ci pu� essere quando, come racconta Giglio, tutti gli imprenditori in qualche modo vicini alla Cosca si devono tassare per regalare una macchina ad un detenuto scarcerato. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Quando tutti i cittadini originari di Cutro devono informare S. delle loro cose. Quando dopo anni di carcerazione vengono fuori soggetti con enormi disponibilit� economiche come B. Quale sistema economico pu� crescere quando le trattative comprendono l'incendio doloso. Certamente i reati fiscali hanno una loro autonomia e non c'� bisogno della mafia per fare provvista di fatture false. Ma l'illiceit� viene elevata a potenza quando si utilizzano per riciclare capitali di provenienza illecita e quando il loro ricavato serve ad alimentare l'attivit� dell'associazione. non tutti i reati o le illegittimit� sono da ascrivere alla mafia, ma si pu� dire che essa sia un metabolizzatore delle attivit� criminali verso le quali ha un rapporto speculativo. L'esperienza di questo processo indica come non vi sia un Core businnes del- l'attivit� mafiosa. Certo per Sarcone e compagni fare delle estorsioni � una specie di omaggio alla tradizione ma in Emilia: le fatture false rendono il 10 o 20% per ogni giro bancario e diventano quindi una attivit� importante. Certo non resistono alle tentazioni. Se qualcuno di loro truffa un imponente quantit� di piastrelle, sembra brutto non profittarne e allora viene fuori la caratteristica pi� insidiosa dell'organizzazione mafiosa, la capacit� di agire in rete trova la migliore occasione di mettersi in evidenza e le piastrelle arrivano anche a Gioiosa Jonica. Le stesse macerie del terremoto possono diventare un nuovo settore di profitto violando la normativa ambientale. � singolare questa commistione tra vecchio e nuovo, estorsioni tradizionali e sofisticate attivit� economiche. Imprese effettive che drogano il proprio settore grazie all'accesso gratuito ai capitali e imprese fittizie che servono solo a frodare le tasse. Commercio di droga, di piastrelle e di consenso elettorale, traffico di rifiuti tutto legato e ottimizzato dalla presenza di una rete di soggetti pronta a coprirsi, a condividere, a trarre profitto. nessun valore ha il rilevo difensivo che non tutti gli imputati sono coinvolti in tutti gli episodi delittuosi o che non vi � la prova positiva del rapporto di un associato con tutti gli altri. La n'ndrangheta non � un Club Service. Torna sempre l'aporia di raffrontare l'azione criminale a modelli giuridici leciti. Essere il capo o il promotore non fa s� che sulla scrivania pervengano tutti i dossier. L'aggregazione sul singolo affare pu� essere sporadica tanto il beneficio finale sar� comune ed � dato tramite la reciproca compromissione e interdipendenza, dalla forza dell'associazione. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 La reciproca disponibilit� potenziale costituisce l'anima dell'associazione non il fare necessariamente insieme ogni reato scopo o ogni attivit� connessa al- l'associazione. Dalle testimonianze dei collaboratori e dalle intercettazioni emerge il continuo coinvolgimento informativo che scorre tra gli affiliati di un certo calibro, di quelli che non possono tacersi l'un l'altro i propri programmi perch� sempre in esecuzione di un'azione interdipendente. neppure � necessario che vi sia un "Fondo Comune" (magari da mettere a bilancio) perch� esso � dato dalla comune disponibilit�. ii La costituzione di parte civile dell'avvocatura dello Stato nel processo Aemilia � in rappresentanza di pi� soggetti. � stata formalizzata nell'interesse del Ministero dell'Ambiente per i reati ambientali connessi esclusivamente alla vicenda B. nella quale, diciamo per non farsi mancare nulla, sono stati commessi reati connessi al mancato corretto smaltimento dell'amianto in sede di lavori per la ricostruzione post terremoto che � stato mischiato al pietrisco per fare i vialetti delle scuole. Queste condotte sono rimaste all�attenzione del Tribunale di reggio Emilia perch� solo r. collaboratore di B. ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato. Tra le altre cose che hanno sporcato, questi imputati sono riusciti anche a macchiare una buona storia, inusuale in Italia, di una efficiente ricostruzione dopo un terremoto. Episodi gravi anche se limitati rispetto all'impegno della ricostruzione dai quali traspare, come per gli altri, l'assoluto dispregio per gli interessi generali tanto da mischiare i residui d'amianto nella ghiaia dei vialetti delle scuole con sicura compromissione dell'ambiente. Vi � per� la soddisfazione, anche personale, di avere visto come i meccanismi di creazione di White List sostanziali a tutela dei lavori poi estesi in campo nazionale abbia tenuto lontane le imprese direttamente gestite dagli appartenenti o comunque dove il collegamento era apparente. Solo la B. ha potuto operare in quanto la presenza del collegamento strutturale con l'associazione non poteva essere colto in via amministrativa. Gli imputati cui � addebitato il capo 91 del decreto che dispone il giudizio, devono essere quindi ritenuti responsabili dei delitti cui agli articoli 256 e 260 del TU 152/06 Codice dell'ambiente e condannati al risarcimento del danno ambientale. C'� quindi una pretesa risarcitoria del Ministero dell'Ambiente sulla quale non si � proceduto nel Giudizio Abbreviato e che ora � alla vostra attenzione. La condotta punibile, ex art. 260 del Codice Ambiente deve, secondo la ricostruzione della giurisprudenza, consistere nel compimento di operazioni e at LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� tivit� ripetute, continuative e organizzate, con la predisposizione di mezzi e capitali, quale una struttura organizzativa di tipo imprenditoriale, idonea e adeguata a realizzare l'obiettivo criminoso, anche se non in via esclusiva, potendo l'attivit� criminosa essere marginale o secondaria rispetto all'attivit� principale lecitamente svolta. La legge richiede che la realizzazione di una pluralit� di operazioni, tipizzate nella gestione abusiva di rifiuti debba coesistere con la predisposizione di una struttura organizzata, non occasionale, con l'allestimento di mezzi e attivit� continuative e abituali, in continuit� temporale, finalizzate alla abusiva gestione di ingenti quantit� di rifiuti: "alla pluralit� delle azioni che � elemento costitutivo del fatto, corrisponde una unica violazione di legge, e perci� il reato � abituale dal momento che per il suo perfezionamento � necessaria le realizzazione di pi� comportamenti della stessa specie". � certo che per la ricostruzione si � proceduto, per risparmiare 10 euro dir� B.B., ad utilizzare residui contenenti amianto e che vi � stato un accumulo di sostanze che andavano smaltite correttamente. Questa movimentazione abusiva ed illecita dei rifiuti � stata svolta in forma d'attivit� di impresa verso un numero indeterminato di cantieri e certamente, ove non vi fosse stato un intervento tempestivo del Commissario alla ricostruzione, avremmo visto come l'evento terremoto si trasformava attraverso l�illegalit� in occasione di profitto attraverso il reimpiego abusivo delle macerie. Per il reato contravvenzionale � sufficiente che lo stoccaggio delle macerie contenenti amianto non sia stato svolto correttamente. La quantificazione del danno � complessa, va ripartito il danno ambientale di competenza del Ministero da quello, ex art. 2043, di competenza del Comune. Per questo chiediamo la affermazione della responsabilit� civile degli imputati per i reati ambientali per i quali vi � costituzione di Parte Civile del Ministero dell'Ambiente con riserva di quantificazione al Giudice Civile. iii Siamo poi costituiti per l'Agenzia delle Entrate. L'Agenzia di norma avendo poteri di accertamento e riscossione delle imposte non ha necessit� di costituirsi in giudizio. In questo processo per� ha la necessit� di acquisire un titolo risarcitorio nei confronti di soggetti che non sono soggetti di imposta e la cui responsabilit� nei reati ha fatto s� che venissero sottratte forti fonti di reddito imponibile attraverso le operazioni di falsa fatturazione. Tali operazioni da un lato portano a crediti IVA fittizi cui corrispondono debiti di IVA da parte di soggetti insolventi e poi hanno consentito ad una pluralit� di imprese del nord Italia di abbattere la base imponibile. Verso questi soggetti l'Agenzia pu� procedere con gli accertamenti di natura Tributaria ma verso chi ha consentito la falsa prospettazione reddituale con la rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 propria condotta l'Agenzia deve fare valere il diritto al risarcimento del danno e pu� farlo solo in questa sede. Danno sia patrimoniale, per il minore gettito da mancato accertamento, che non patrimoniale per il disservizio che questi reati hanno provocato all'Agenzia e per il danno all'immagine che deriva verso la platea dei contribuenti da una attivit� svolta in forma non episodica ma industriale, di elusione e evasione delle imposte. La costituzione � quindi riferita ai reati fiscali di false fatturazioni contestati agli imputati. non si tratta di episodi isolati ma dell'assunzione del reato di false fatturazioni quale strumento privilegiato di riciclaggio di somme di danaro e di creazione di profitto. Certamente l'esistenza di una platea ingorda di potenziali destinatari delle fatture false � un dato deludente per l'imprenditoria italiana e non � uno specifico delle organizzazioni mafiose vedendo altri soggetti che la accontentano. La n'ndrangheta � soggetto ormai stabilmente presente nel settore: un player di rango che fornisce sicurezza. Ma � certo che il drenare risorse nel meridione d'Italia per consentire una massiccia evasione al nord � l'inversione di tutti i principi di redistribuzione che sono alla base della imposizione fiscale di un paese moderno (robin Hood al contrario, strozza gli imprenditori del Sud e con il provento arricchisce quelli del nord). La costituzione di Parte Civile dell'Agenzia � quindi a tutela della immagine e della funzione istituzionale dell'Agenzia delle Entrate. iV Siamo poi costituiti per il Ministero dell'interno nei confronti dei dipendenti che in violazione del proprio giuramento, hanno aderito all'associazione o ne hanno agevolato l'opera. non in rappresentanza di una parte o della maggior parte degli operatori di polizia che non sono stati attinti dalla suggestione dell'attivit� degli imputati. Siamo in rappresentanza dell'Amministrazione che quotidianamente garantisce a tutti l'ordine e la sicurezza pubblica e che � strumentale, attraverso la polizia giudiziaria, all'attivit� delle Procure della repubblica. L'avvocatura dello Stato non ha occhi pietosi per chi tradisce il proprio compito e le ragioni per le quali ha la fiducia dei cittadini, spesso � chiamata a difendere o comporre situazioni nelle quali i dipendenti hanno travalicato o violato i limiti delle proprie funzioni, operando comunque all'interno di esse. In questo processo vi � invece il tradimento pi� volgare del rapporto di fiducia con l'amministrazione e del rapporto di colleganza con gli altri dipendenti. La colpa di Caino � sempre la pi� vergognosa. non si pu� condividere quotidianamente l'impegno dei colleghi e contemporaneamente essere a disposizione di chi � pronto ad ucciderli quando siano d'ostacolo al perseguimento dei propri fini criminosi. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� non si possono servire due padroni e per chi serve una forza di polizia non vi � tradimento peggiore che aderire con la volont� espressa o con i comportamenti, ad una associazione nemica dell'ordinamento giuridico, estranea ai suoi valori costituzionali e attivamente impegnata a eludere l'azione delle forze del- l'ordine. Dobbiamo per� ricordare come l'Amministrazione dell'interno sia ben dentro la storia di questo procedimento a diverso e nobile titolo. L'azione della Prefettura si � svolta autonomamente, ma secondo le proprie competenze ha evidenziato i profili amministrativi insiti nell'esistenza della associazione per delinquere. Due punti di vista diversi, due punti di partenza uno stesso risultato. La completa coerenza dell'accertamento dei reati con quello dei suoi effetti sul tessuto imprenditoriale valido ai fini dell'accertamento dei rischi di infiltrazione. L'opera del Prefetto De Miro � stata ammirevole e la Provincia di reggio Emilia ne ha tratto frutti importanti. Questo ha provocato reazioni: minacce gravi, nascoste ed esplicite ed il tentativo di discredito operato dall'imputato I. attraverso una strumentale denuncia. Il GIP ha liquidato la questione, ma non basta certo questo a riportare un comportamento aggressivo e spudorato nell'ambito del mero esercizio dei diritti. Vi � una coerenza eversiva tra la denuncia del Prefetto per avere osato dedurre dagli accertamenti delle Forze dell'ordine il pericolo di infiltrazioni mafiose e tutto il modo di operare della associazione mafiosa che tende, con mezzi diversi ma con unica finalit�, ad indebolire chi si discosta dalla supina accettazione della sua esistenza. Siamo nell'eversione dell'ordine democratico quando si pretende di sentirsi offesi dalle verifiche amministrative perch� ci si ritiene superiori all'azione dello Stato. ricorda nella sua diversit� il caso degli estremisti che decidono di schedare e mettere on line i poliziotti che partecipano alle operazioni di ordine pubblico perch� la Polizia li scheda c.d. "Caccia allo sbirro". Siamo tutti uguali, ognuno espressione di un autonomo potere e se ti permetti di far rispettare la tua legge io ti assoggetter� alla mia. Ma come si permette questo prefetto di scrivere quelle cose di me! Questo non nel '600 del capolavoro di Manzoni ma in una repubblica democratica. Il provvedimento amministrativo deve subire ogni legittimo controllo interno e giudiziale e tutti siamo uguali innanzi alla legge. Ma alla legge dello Stato non a quella della vendetta personale, della ripicca, del tentativo di intimidazione. L'impatto dell'azione amministrativa posta in essere dalla Prefettura di reggio Emilia e della sua titolare pro tempore � su un piano diverso dalla repressione penale. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Sono due piani distinti e autonomi ma hanno lo stesso oggetto di ricerca. Guardando da diversi punti di vista il risultato � il medesimo. L'assoggettamento di interi settori dell'economia della Provincia di reggio Emilia attraverso l'infiltrazione mafiosa ha rilievo amministrativo e Penale. � ora che il mio intervento volga al termine e certamente si rivolge con fiducia verso la decisione che il Tribunale andr� a prendere perch� le indagini condotte dalla Procura Distrettuale Antimafia sono state attente, espressione di grande professionalit� e supportate da un imponente mole di riscontri. reggio Emilia 24 maggio 2018 mario ZiTo avvocato dello Stato LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� sulla successione nei rapporti facenti capo al �cessato� ufficio del Commissario delegato per l�emergenza ambientale della Regione Calabria, la giurisprudenza si allinea al dictum del Consiglio di stato Daniele Atanasio Sisca* Sommario: 1. La vicenda -2. La giurisprudenza quasi unanime esclude la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri -3. alcune riflessioni, anche alla luce dell�emanazione del Codice di Protezione Civile. La necessit� di intervento normativo espresso. 1. La vicenda. Sembra finalmente intravedersi l�epilogo della nota vicenda relativa alla successione dei rapporti facenti capo al cessato Ufficio commissariale per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria (1). L�ambigua formulazione dell�art. 1, comma 422, della l. 27 dicembre 2013, n. 147 (ai sensi della quale �alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell�art. 5, commi 4-ter e 4-quater, della l. 24 febbraio 1992, n. 225 (istituzione del servizio nazionale della protezione civile), subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell�art. 110 del codice di procedura civile, nonch� in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni di cui all�art. 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, gi� facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell�art. 5 della citata legge n. 225 del 1992. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell�art. 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati�), che aveva dato adito a diverse e contrastanti interpretazioni, pare - a seguito dell�intervento della Corte Costituzionale (2) e del Consiglio di Stato (3) - trovare la sua unanime e corretta applicazione da parte della giurisprudenza ordinaria. (*) Gi� praticante forense presso l�Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro. (1) Per un approfondimento della questione, si rinvia a SISCA, La successione degli Enti Pubblici: il caso controverso del Commissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria, in rass. avv. Stato, n. 3/2016, pp. 244 ss.; ID., La successione dei rapporti facenti capo al �cessato� ufficio del Commissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria: una questione ancora aperta, ivi, n. 3/2017, pp. 266 ss. (2) Corte Cost. 21 gennaio 2016, n. 8, in www.cortecostituzionale.it. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Per ragioni di completezza si rende opportuno esporre, in via di estrema sintesi, gli orientamenti formatisi sul tema. Il primo attribuiva la legittimazione a succedere nei rapporti del cessato Ufficio commissariale (sempre) in capo alla regione Calabria, senza, tuttavia, considerare la speciale disposizione di cui all�ultimo inciso dell�art. 1, comma 422 cit. (�Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell�art. 5 della medesima legge n. 225 del 1992 siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati�). In particolare, secondo tale orientamento, a seguito della cessazione dell�Ufficio commissariale, �la regione ha proseguito, in regime ordinario, le iniziative in corso finalizzate al superamento della criticit� in materia ambientale al fine di attuare il definitivo trasferimento di tutti i rapporti giuridici pendenti in capo alla regione medesima, mentre alcun subentro risulta attuato in favore della Presidenza del Consiglio dei ministri, che risulta, pertanto, estranea alla pretesa e dunque carente di legittimazione a contraddire� (4). Il secondo orientamento sosteneva, invece, che il rapporto successorio delineato dall�art. 1, comma 422, l. n. 147/2013 trovasse applicazione soltanto quando i Commissari delegati siano �rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati� (5). Quest�ultimo indirizzo era da ritenersi certamente pi� conforme al tenore letterale della norma, in quanto prende in considerazione la disposizione contenuta nel comma 422 cit. nella sua totalit� (ultimo inciso compreso), ferma restando la necessit� di chiarire - ai fini della diversa attribuzione della legittimazione processuale e sostanziale - quando si trattasse di soggetti designati dalle amministrazioni ordinariamente competenti. Tanto in considerazione del rilievo che dal 1997 al 2004 il ruolo di Commissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio regionale calabrese era stato ricoperto dal Presidente della regione Calabria, mentre, dal 2004 e fino alla cessazione dell�Ufficio commissariale, era stato ricoperto da soggetti appartenenti all�amministrazione statale (quasi sempre Prefetti). Per quanto concerne il primo periodo citato - riferendosi testualmente la norma ai rappresentanti degli enti ordinariamente competenti - non sarebbero dovuti sorgere dubbi circa l�attribuzione della legittimazione passiva in capo alla regione Calabria; per quanto concerne, invece, il secondo periodo temporale la situazione si presentava pi� complessa. (3) Cons St., sez. IV, 17 giugno 2016, n. 2700, in www.giustizia-amministrativa.it. (4) A sostegno di questo orientamento: App. Catanzaro, sez. II, 15 febbraio 2016, n. 483; id., 27 gennaio 2016, n. 95; id., 3 luglio 2015, n. 928; id. 27 gennaio 2016, n. 95, tutte inedite. (5) Sostengono questo orientamento: App. Catanzaro, sez. III, 8 giugno 2016, n. 951; id., 19 maggio 2016, n. 801; id., 21 gennaio 2015, n. 62; id., 15 luglio 2016, n. 1250; id., 4 aprile 2016, n. 473, tutte inedite. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� In particolare, occorreva capire cosa la norma volesse intendere con la locuzione �soggetti dagli stessi [dagli enti ordinariamente competenti] designati�, ci� soprattutto ove si consideri che, anche qualora i commissari erano rappresentanti dell�amministrazione statale, la regione ha sempre indicato i nominativi dei soggetti ritenuti idonei per lo svolgimento dell�incarico (6). La prima pronuncia che si sofferma su tale aspetto � la n. 2700/2016 del Consiglio di Stato, la quale, nel cercare di porre rimedio ai dubbi interpretativi suscitati da tale inciso, ha affermato che �la successione universale ex comma 422 resta esclusa solo quando la regione sia rimasta del tutto estranea alla nomina o alla designazione del Commissario delegato�. Con la locuzione �del tutto estranea�, il Consiglio di Stato precisa che per poter esonerare la regione Calabria da qualsivoglia rapporto con il Commissario -occorre che la medesima non sia per nulla interferita con il processo di designazione e di nomina (cosa che in realt� non � mai avvenuta, in quanto la regione ha sempre, quantomeno, indicato i soggetti ritenuti idonei a svolgere tale incarico) (7). Tuttavia, nonostante la pronuncia chiarificatrice del Consiglio di Stato, la successiva giurisprudenza non si � dimostrata unanime nel darvi seguito. Successivamente, infatti, il Tribunale di Catanzaro ha adottato due diversi orientamenti: il primo (della sez. I) ha condiviso quanto affermato dai giudici di Palazzo Spada nella citata sentenza n. 2700/2016; il secondo (della sez. II) lo ha, di contro, inopinatamente ed espressamente disatteso, attraverso una serie di pronunce che attribuivano la legittimazione a succedere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (8), che valorizzavano argomentazioni fattuali e giuridiche prive di supporto logico (9). Tuttavia -salvo queste sporadiche (e ormai superate) resistenze e alla luce delle pi� recenti pronunce -la giurisprudenza del Tribunale e, soprattutto, della Corte d�appello di Catanzaro, si dimostra ormai pressoch� unanime, come si vedr� infra, nel seguire l�orientamento fatto proprio dal Supremo Consesso di (6) amplius in SISCA, La successione degli Enti Pubblici: il caso controverso del Commissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria, cit. (7) Secondo, il Consiglio di Stato il contributo della regione nel processo di nomina sarebbe presunto. Si legge nella citata sentenza, infatti, che ҏ comunque implausibile che le nomine siano avvenute senza un raccordo con la regione, dato che, rispetto allo stato di emergenza la regione ordinariamente competente non � comunque estranea, giacch�, nell'ambito dell'organizzazione policentrica della protezione civile, occorre che essa stessa fornisca l'intesa per la deliberazione del Governo e, dunque, cooperi in collaborazione leale e solidaristica�. (8) Il primo provvedimento � un�ordinanza emessa in composizione collegiale in data 13 gennaio 2017; quelli successivi si rifanno integralmente a quest�ultima riportandola letteralmente nella parte motivazionale. (9) La questione � stata trattata approfonditamente da SISCA, ancora sulla successione dei rapporti facenti capo al �cessato� ufficio del Commissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria. Si va verso un orientamento condiviso (?!), in rass. avv. Stato, n. 4/2017, pp. 267 ss. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 giustizia amministrativa con la citata sentenza n. 2700/2016 e nell�attribuire, quindi, la legittimazione a succedere in capo alla regione Calabria. 2. La giurisprudenza quasi unanime esclude la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri. La disamina delle ultime pronunce sul tema fa emergere ormai unanime convergenza - salvo alcune eccezioni (frutto, ancora una volta, di errori interpretativi fattuali e giuridici) -sull�attribuzione della legittimazione a succedere in capo alla regione Calabria. Difatti, da gennaio 2018, tra le sentenze aventi ad oggetto la vicenda, solo due (emesse, rispettivamente, dal Tribunale di Catanzaro e di Lamezia Terme) concludono per l�attribuzione della legittimazione passiva in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La prima pronuncia (Trib. Catanzaro, sez. II civ., 4 gennaio 2018, n. 53) riprende (riportandola integralmente nella sua parte motiva) l�ordinanza della sez. II del Tribunale di Catanzaro del 13 gennaio 2017 di cui si � accennato supra (10) (11). Le argomentazioni svolte nella seconda pronuncia (Trib. Lamezia Terme, sez. lav., 25 gennaio 2018, n. 28) impongono alcune considerazioni. In tale decisione, infatti, il Giudicante -nel dichiarare il difetto di legittimazione passiva della regione Calabria - ha aderito all�orientamento fatto proprio da due sentenze del Tribunale e della Corte d�appello di Catanzaro (12), rispettivamente, del maggio 2014 e del gennaio 2015, omettendo di considerare, pertanto, tutta l�evoluzione giurisprudenziale degli ultimi tre anni. (10) Con tale ordinanza, il Tribunale di Catanzaro disattende espressamente il ragionamento seguito dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 2700/2016, affermando che �appare in contrasto con il chiaro dettato normativo (ult. periodo del comma 422, art. 1 cit.), finendo per sancire sempre ed in ogni caso la successione della regione Calabria, in secondo luogo appare tradire il dichiarato intendo di dare alla norma una interpretazione conforme alla lettura data ad essa dalla Corte Costituzionale, andando ben oltre il dictum della Corte stessa�. Tale conclusione risulta, tuttavia, distonica rispetto all�intento del legislatore, per come correttamente interpretato dal Consiglio di Stato, il quale aveva precisato la portata del termine �designati�. In conclusione, il Tribunale di Catanzaro, in tale ordinanza - nel censurare la sentenza del Consiglio di Stato in quanto la stessa, a suo dire, finirebbe per attribuire la legittimazione sempre in capo alla regione Calabria - fornisce una soluzione esattamente uguale e contraria e consistente nel conferimento della legittimazione passiva sempre in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in quanto l�ultimo Commissario delegato era un Prefetto. L�ordinanza del 13 gennaio 2017 � stata condivisa (riportandola conformemente nella sua parte motiva) da Trib. Catanzaro, sez. II civ., 28 febbraio 2017, n. 405 e, pi� di recente, da Trib. Catanzaro, sez. II civ., 10 luglio 2017, n. 1066, inedite. (11) Per un maggiore approfondimento sulla questione si veda SISCA, La successione dei rapporti facenti capo al �cessato� ufficio del Commissario delegato per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria: una questione ancora aperta, cit. (12) In particolare si fa riferimento a Trib. Catanzaro, ord. 6 maggio 2014 e App. Catanzaro, 21 gennaio 2015, n. 62, inedite. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Il Tribunale di Lamezia Terme richiama la sentenza n. 8/2016 della Corte Costituzionale, senza, tuttavia, prendere in alcun modo in considerazione l�ultimo inciso della disposizione contenuta nell�art. 1, comma 422, l. n. 147/2013. Tale disposizione avrebbe dovuto applicarsi al caso di specie, in quanto il Commissario delegato cui era attribuibile il rapporto oggetto della controversia era il Presidente della regione Calabria. Il che avrebbe consentito di escludere sit et simpliciter la legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, senza la necessit� di svolgere ulteriori attivit� interpretative. Le ulteriori pronunce rinvenibili (emesse dalla Corte d�appello di Catanzaro) concludono, di converso, per la legittimazione passiva della regione Calabria. nella prima sentenza (App. Catanzaro, sez. lav., 10 aprile 2018, n. 394), dopo aver correttamente ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale inerente la questione, valorizza le argomentazioni svolte nella citata sentenza n. 2700/2016 del Consiglio di Stato, nonch� in tutte le pronunce della medesima Corte che avevano gi� sposato tale tesi. Una motivazione pressoch� simile sostiene l�ulteriore sentenza della medesima Corte, 26 marzo 2018 n. 478. Sulla stessa scia si pone, poi, la sentenza n. 900 del 10 maggio 2018 della Corte territoriale calabrese, nella quale - dopo la dichiarazione di nullit� della sentenza impugnata - si legge testualmente che: �E tanto senza che venga in rilievo il complesso tema legato alla corretta individuazione del soggetto passivo dell�obbligazione di pagamento, che questa Corte, ritiene di dover individuare -sulla scorta di quanto indicato dal Consiglio di Stato (sez. iV, 17 giugno 2016, n. 2700) - nella regione Calabria�. Da ultimo, anche la sez. II del Tribunale catanzarese (espressiva del- l�orientamento contrastante con la pronuncia n. 2700 del Consiglio di Stato) con la sentenza n. 759 del 10 maggio 2018 - ha statuito la legittimazione passiva della regione Calabria. Anche in tale pronuncia viene dato atto del percorso normativo e giurisprudenziale inerente la vicenda e - contrariamente a quanto sostenuto nella sopra citata sentenza del Tribunale di Lamezia Terme n. 28/2018 - viene, comunque, dato atto che il Commissario delegato al momento del conferimento dell�incarico era il Presidente della regione Calabria. Tanto varrebbe di per s� ad escludere - secondo la Corte - la legittimazione in capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La circostanza secondo cui tale pronuncia sia stata emessa dalla sezione che aveva in precedenza dato vita all�unico orientamento contrastante con la tesi accolta del Consiglio di Stato porta a ritenere (questo � l�auspicio) definitivamente superate le erronee interpretazioni della normativa, che, in precedenza, avevano condotto all�affermazione della legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 3. alcune riflessioni, anche alla luce dell�emanazione del Codice di Protezione Civile. La necessit� di intervento normativo espresso. Il fatto che, dopo ben cinque anni dalla cessazione delle funzioni dell�Ufficio commissariale, ancora � in discussione il tema della successione dei suoi rapporti dipende, principalmente, dall�art. 1, comma 422, della l. n. 147/2013. La sua portata poco chiara ha, infatti, causato una lettura flessibile e foriera di interpretazioni diverse e addirittura contrastanti. In questo quadro, sarebbe stato auspicabile un intervento chiarificatore da parte del legislatore. Difatti, i recenti interventi legislativi in materia non sembrano deporre in senso favorevole circa la volont� di fornire una disciplina pi� chiara e dettagliata. Questo � quanto emerge dal Codice di Protezione Civile vigente dal 6 febbraio 2018 (13), con il quale si � inteso risistemare, in modo organico ed unitario, tutta la legislazione che dalla legge n. 225/1992 ad oggi ha riguardato il settore della protezione civile e, di conseguenza, la disciplina dell�esercizio dei poteri emergenziali del governo. Con tale provvedimento il legislatore ha abrogato il tanto dibattuto art. 1, comma 422 cit., il cui testo, tuttavia, � stato integralmente riprodotto nell�art. 24 del Codice. Sarebbe potuta essere, questa, una valida occasione per risolvere in radice la problematica, che involge non solo l�Ufficio commissariale per l�emergenza ambientale della regione Calabria (rispetto al quale si � giunti - seppur con molta fatica -alla corretta interpretazione della normativa), ma anche eventuali vicende che potranno in seguito scaturire dall�applicazione di tale disposizione (soprattutto ove si presentino elementi di ambiguit� per come avvenuto nel caso dell�emergenza calabrese). Sicuramente la giurisprudenza cristallizzatasi sul punto costituir� un valido baluardo a fini interpretativi; il che, tuttavia, non consentirebbe di escludere a monte l�insorgere di (inutili) contenziosi dai quali deriverebbero pregiudizi per le pubbliche amministrazioni coinvolte dal meccanismo successorio, oltrech� per le controparti alla ricerca del loro legittimo contraddittore. (13) D.lgs. n. 1 del 2 gennaio 2018, pubblicato in Gazz. Uff., 22 gennaio 2018. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� il voto degli italiani all�estero: dalle origini del dibatitto alle problematiche attuali fino alla recente pronuncia (di rito) della Corte Costituzionale sulle modalit� di voto Marco Fedi, Giuliano Gambardella (*) Sommario: 1. Premessa -2. La decisione della Consulta -3. il voto degli italiani all�estero; le origini del dibattito, la legge Tremaglia fino all�emendamento Lupi -4. il voto per corrispondenza. Dalla sua introduzione alle problematiche attuali con particolare riferimento alla violazione dei principi di personalit�, libert� e segretezza e, al suo contrasto con l�articolo 48 della Costituzione - 5. Conclusioni. 1. Premessa. Con il presente lavoro si vuole essenzialmente fare un commento all�ordinanza n. 63/2018, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Venezia il 23 dicembre 2017 e concernente la contestazione della violazione del principio di segretezza e personalit� del voto a causa dell'invio per posta delle schede. 2. La decisione della Consulta. L�udienza pubblica del 21 febbraio 2018 � iniziata con l�intervento del giudice relatore Mario rosario Morelli, che ha illustrato al collegio le diverse posizioni delle parti in causa: da un lato, dunque, le denunce di brogli e i casi emersi negli anni passati nella circoscrizione Estero; dall�altro la difesa di una modalit� �obbligata�, l�unica davvero in grado di consentire di votare agli italiani nel mondo, messa sotto accusa citando criticit� che, volendo, potrebbero essere eccepite anche per il voto a domicilio o assistito per gli italiani in Italia. All�intervento del relatore � seguita l�arringa dell�avvocato Mario Bertolissi, difensore di P.M.C., che ha ampiamente illustrato al collegio le gravi violazioni sulla costituzionalit� della legge sul voto all�estero. Il suddetto difensore contesta l�impianto della legge Tremaglia (legge n. 459 del 27 dicembre 2001) e pi� nel dettaglio il voto per corrispondenza, che contrasta palesemente con i principi contenuti nel secondo comma dell�articolo 48 della Costituzione, ai sensi del quale �il voto � personale ed eguale, libero e segreto�. Successivamente, per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, (*) Marco Fedi, Deputato del Partito Democratico dalla XV alla XVII legislatura. Giuliano Gambardella, avvocato del libero foro, gi� dottore di ricerca in diritto e giustizia ammini strativa presso l�Universit� degli Studi di roma Tor Vergata. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 per il Ministero degli affari esteri e per il Ministero dell�interno � intervenuto il vice avvocato generale dello Stato, Vincenzo nunziata. La tesi dell�avvocatura � che �non si deve guardare solo al secondo comma dell�articolo 48, ma anche al terzo comma, che parla della �effettivit�� del voto�. nell�atto di intervento del 30 gennario 2018 e nella successiva memoria illustrativa del 9 febbraio 2018, l�Avvocatura dello Stato ha sottolineato che se la questione di legittimit� costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia fosse fondata e, quindi passibile di accoglimento, agli italiani all�estero non sarebbe garantita la possibilit� di votare. A prescindere dalla questione dei seggi, va dunque garantita l�effettivit� del voto all�estero, ricordando che l�ipotesi del ritorno dei cittadini in Italia per esercitare il loro diritto ҏ un�ipotesi residuale rispetto al voto per corrispondenza�. Ipotesi, quest�ultima, che necessita di una opzione da esercitare, dice la legge de qua, entro il 31 dicembre dell�anno precedente alle consultazioni elettorali (termine quest�anno prorogato all�8 gennaio 2018): dunque -ha argomentato l�avvocatura -un eventuale accoglimento del ricorso pregiudicherebbe il voto degli italiani all�estero; per di pi� questi ultimi non potrebbero votare per corrispondenza n� tornare in Italia, visto che il termine � scaduto da un mese e mezzo. Quella chiamata in causa dai ricorrenti, per l�Avvocatura dello Stato, � �un�eventuale patologia�. Che la segretezza del voto sia stata centrale anche per il Legislatore del 2001, � dimostrato dal fatto che �le sanzioni per reati elettorali sono raddoppiate per il voto all�estero�, come recita l�articolo 18 della legge n. 459 del 27 dicembre 2001, secondo il quale: �Chi commette in territorio estero taluno dei reati previsti dal testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, � punito secondo la legge italiana�. Sempre secondo l�Avvocatura dello Stato, il rischio di brogli in caso di utilizzo del modello di voto per corrispondenza ҏ ipotetico� e �Il quadro d�insieme sul voto all�estero � immune dalle censure proposte�. La Consulta, preso atto degli interventi dei rappresentanti delle parti in causa, ha condiviso la tesi dell�Avvocatura dello Stato, dichiarando inammissibile la questione di legittimit� costituzionale di varie disposizioni della legge Tremaglia sul voto all�estero per corrispondenza. Secondo la Consulta, quindi, un errore di percorso procedurale ha impedito alla Corte costituzionale di entrare nel merito. La Corte costituzionale sostiene che nel contesto di una procedura referendaria, � inammissibile chiedere in via preventiva al Tribunale di sollevare la questione di costituzionalit� di leggi elettorali. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� In questo caso, infatti, non esiste una �zona franca� che giustifichi un tale accesso preventivo e diretto. La Corte costituzionale, richiamando due importanti ordinanze, ha stabilito che sia la legge sul referendum che il successivo regolamento di attuazione prevedono espressamente che contro le operazioni di voto si possa proporre reclamo davanti all�Ufficio centrale per la circoscrizione estero ai sensi del- l�art. 7 della legge n. 459 del 27 dicembre 2001 e che, successivamente, possa intervenire anche l�Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, organo legittimato a sollevare l�incidente di costituzionalit� (ordinanze n. 1 e n. 14 del 2009). Pi� nel dettaglio, secondo la Corte costituzionale sono due i motivi di inammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia. Con il primo motivo la Corte costituzionale ha ritenuto non sufficiente e quindi non ammissibile la questione di legittimit� costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia; in particolare secondo la Consulta �il mero riferimento all�interesse all��accertamento giudiziale [�] della concreta volont� della legge�, sulla pienezza del diritto di voto del residente all�estero, con riguardo alla (allora) futura consultazione referendaria, senza alcun�altra indicazione, nemmeno sintetica o per relationem (della situazione soggettiva e/o oggettiva che risulterebbe, nel caso concreto, potenzialmente impeditiva della segretezza del voto), �non pu� essere considerato motivazione sufficiente e non implausibile dell�esistenza dell�interesse ad agire, idonea, in quanto tale, a escludere un riesame ad opera di questa Corte dell�apprezzamento compiuto dal giudice a quo ai fini dell�ammissibilit� dell�azione� (sentenza n. 110 del 2015)�. Con il secondo motivo, invece, la Corte costituzionale contesta precedenti sentenze, sempre emanate dalla medesima, in quanto le medesime si riferiscono a casi diversi da quello in oggetto; secondo la Corte quindi, �diversamente dalle ipotesi prese in esame dalle sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017 (in tema di elezione del Parlamento nazionale, i cui risultati, in quanto esclusivamente rimessi al controllo delle Camere di appartenenza ex art. 66 Cost., sono sottratti a quello del giudice comune) ed analogamente, invece, a quella relativa alla elezione dei membri italiani del Parlamento europeo, di cui alla sentenza n. 110 del 2015 -l�incertezza sulla pienezza sul diritto di voto nella procedura referendaria, come nella specie prospettata, �non pu� essere considerata costituzionalmente insuperabile [�] nel senso di non poter essere risolta, sul piano costituzionale, se non ammettendo un�azione del tipo di quella proposta nel giudizio a quo� (sentenza n. 110 del 2015)�. 3. il voto degli italiani all�estero; le origini del dibattito, la legge Tremaglia e, da ultimo, l�emendamento Lupi. Ad avviso di chi scrive, le motivazioni che hanno portato all�introduzione rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 della legge Tremaglia risalgono al passato e meritano di essere menzionate, ma, prima di tutto, � opportuno evidenziare alcuni passaggi storici di non scarsa importanza. Come � stato autorevolmente osservato, l�esigenza di dare un diritto di voto agli italiani residenti all�estero � nata nel momento di massimo flusso migratorio in uscita dall�Italia (1). Pi� nello specifico, essa � stata discussa per la prima volta a roma pi� di un secolo fa nel corso del primo Congresso degli emigrati italiani all�estero, ed � stata una questione (2) legata al diritto degli emigrati di votare, ma al tempo stesso, al desiderio di questi ultimi di partecipare alla vita politica italiana anche se dai nuovi Paesi ospitanti. La citata dottrina non ha mancato di menzionare altre importanti personalit� legate alla politica di allora che erano a favore del voto degli italiani all�estero; tra le tante, si citano Luigi Luttazzi, Filippo Turati, Aniolo Cabrini, Geremia Bonomelli, napoleone Colajanni e romolo Murri. nel 1909, il deputato socialista e sindacalista Cabrini � stato tra i primi a sostenere la necessit� dell�entrata in vigore di una legge per regolamentare e per concedere un nuovo diritto ai cittadini italiani residenti all�estero. Alla sua proposta ne sono seguite altre negli anni 1913, 1914 e 1923. nello specifico, tali proposte concernevano il riconoscimento del suffragio universale maschile in Italia (3). All�inizio del periodo fascista, il tentativo di consentire agli italiani residenti all�estero di votare per le elezioni in patria si � risolto in un totale fallimento. Un�importante dottrina non ha mancato di osservare come il diritto di voto degli italiani residenti all�estero, dopo quasi vent�anni di buio, � riemerso nel 1945 quando i Comitati di liberazione nazionale e i protagonisti della resistenza antifascista all�estero, in particolare Francia, Svizzera e Argentina, lamentarono la mancanza di propri rappresentanti alle discussioni che avrebbero portato alla elezione dell�Assemblea Costituente (4). Ed ancora un�altra illuminante dottrina ha evidenziato che la Commissione dell�Assemblea Costituente per la elaborazione della legge in merito alle elezioni prese in considerazione �tutti gli accorgimenti e i mezzi idonei al fine (1) F. TArAnTIno, il voto degli italiani all�estero: le difficolt� incontrate in argentina nell�attuazione delle norme, in Quaderni dell�osservatorio Elettorale n. 57, 2007, p. 7. (2) M. CoLUCCI, il voto degli italiani all�estero, in P. BEVILAQUA, A. DE CLEMEnTI e E. FrAnzInA, (a cura di), Storia dell�emigrazione italiana, Donzelli Editore, 2002, p. 64. (3) M. CHoATE, Sending State�s transnational interventions in politics, culture and economics; The historical example of italy, in �international migration review�, BEVILAQUA, A. DE CLEMEnTI e E. FrAnzInA (a cura di), Storia dell�emigrazione italiana: arrivi, Donzelli Editore, 2002, p. 604. (4) C. DAMIAnI, L�emigrazione italiana negli Stati Uniti durante il periodo fascista inr. DE FELICE (a cura di), Cenni storici sulla emigrazione italiana nelle americhe e in australia, Milano, Franco Angeli Editore, 1979, pp. 105-42. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� di rendere possibile l�esercizio del voto� agli italiani all�estero, soprattutto coloro che si trovavano ancora in stato di prigionia o di internamento, ma convenne che ostacoli di vario ordine ne impedivano il possibile esercizio (5). A causa della mancata entrata in vigore della legge de qua, la questione del voto degli italiani residenti all�estero � stata riproposta dopo l�entrata in vigore della Costituzione della repubblica Italiana quando l�on. Giuseppe Piemonte del Partito socialista dei lavoratori italiani (P.S.L.I.) e l�on. Fernando Schiavetti (autonomista) hanno avanzato due emendamenti �mai approvati�, al fine esclusivo di assicurare �la possibilit� del diritto di voto all�estero e la possibilit� della espressione della loro volont� e della rappresentanza dei loro interessi� (emendamento Schiavetti). Alla lista va aggiunto anche il nome di Gelso Chini, operaio comunista, che, con una frase che ad avviso di chi scrive conserva ancora grande attualit�, ha evidenziato la mancanza da parte della classe politica di allora della cognizione del problema dell�esercizio del diritto di voto all�estero, presa di coscienza che sarebbe avvenuta in seguito con l�emigrazione di massa. Infatti, la necessit� di fare entrare in vigore una legge a tutela esclusiva degli emigranti � riapparsa soltanto nella seconda met� degli anni settanta, quando il tema dell�emigrazione italiana inizi� ad interessare la politica e l�opinione pubblica italiana. La conferma di quanto sopra detto trova riscontro in una dichiarazione dell�ex Presidente del Consiglio dei Ministri Aldo Moro, durante il discorso dell�apertura della Conferenza nazionale sull�emigrazione italiana del 1975, in cui sottoline� che �trenta milioni di italiani (l�equivalente della popolazione urbana del Novecento) sono emigrati nel primo secolo dell�unita nazionale e sei milioni sono a tutt�oggi all�estero per motivi di lavoro�. Anche il noto giornalista, saggista e storico italiano, Indro Montanelli, il 12 gennaio 1977, sul Giornale, rispetto al tema del voto italiano all�estero, scriveva che �la democrazia italiana non pu� pi� permettersi il lusso di rinunciare a cinque milioni di voti, di cui quattro andrebbero a rafforzare i partiti che la sostengono�. Infine, dal 1972 al 1983 (legislature VI-VIII), si continuava a registrare un aumento delle proposte di legge rispetto al periodo 1948-1972. Si passa da 10 a 28, con una netta maggioranza a favore del voto per corrispondenza. Prima dell�entrata in vigore della legge n. 459 del 27 dicembre 2001, legge che porta il nome del suo proponente ed ex Ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia e del suo regolamento di attuazione avvenuto con D.P.r. n. 2003/104 (6), ci si interrogava sui possibili modelli che meglio avreb( 5) G. MEnnA, Le proposte italiane in materia di voto di cittadini residenti all�estero, in F. LAn- CHESTEr (a cura di), il voto degli italiani all�estero, Bulzoni Editore, 1988, p. 26. (6) Per un riassunto degli atti normativi della riforma del voto italiano all�estero, vedasi F. TA rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 bero garantito ai cittadini elettori italiani residenti all�estero l�effettivo esercizio del diritto di voto all�estero, senza necessit� di rientrare nello Stato di origine. Sono stati proposti il voto per procura, il voto in loco presso le rappresentanze diplomatiche italiane all�estero, cio� presso i consolati e le ambasciate e il voto per corrispondenza; quest�ultimo, � stato il modello che ha prevalso sugli altri per volont� del legislatore (7). Inoltre, con l�entrata in vigore della legge de qua � stata istituita per la prima volta nella storia della politica italiana, una circoscrizione estero con un aumento del numero dei parlamentari e precisamente di dodici deputati e sei senatori. Essi sono ripartiti nel seguente modo: � La ripartizione Europa: elegge cinque deputati e due senatori compresi anche i territori asiatici della Federazione russa e della Turchia oltre a Cipro. Inoltre in essa rientrano tutti gli altri territori sottoposti al dominio o alla sovranit� delle ex potenze coloniali europee ad esempio: la Guyana Francese, la Polinesia francese, l'isola di Sant'Elena e altre isole sia caraibiche sia degli arcipelaghi dell� oceano Pacifico. � La ripartizione America Meridionale: elegge quattro deputati e due senatori anche se non tutti i territori che fanno parte dell'area geografica sono inclusi, (alcuni territori di fatto votano in altre ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee). � La ripartizione America settentrionale e centrale: elegge due deputati e un senatore, (anche in questo caso alcuni territori votano in altre ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee). � La ripartizione Africa, Asia, oceania e Antartide: elegge un deputato e un senatore. Da notare che anche in questo caso alcuni territori votano in altre ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee. Merita sottolineare che i deputati e i senatori eletti nella circoscrizione estera sono obbligati a risiedere nella circoscrizione di riferimento. Da ultimo vale la pena evidenziare che, con l�introduzione della modifica proposta dall�onorevole Lupi, la legge Tremaglia ha subito un vero vulnus al suo contenuto. Infatti tale modifica prevede la possibilit� di candidare nella circoscrizione estero anche i cittadini italiani residenti in Italia, ovviamente si tratta di candidati che non hanno mai avuto rapporti diretti e indiretti con il territorio. rAnTIno, il voto degli italiani all�estero: le difficolt� incontrate in argentina nell�attuazione delle norme in Quaderni dell�osservatorio Elettorale, in SIMonE BATTISTon e BrUno MASCITELLI, Firenze University press, 2012. (7) U. LA MESA, Problematiche attuali in materia di esercizio del diritto di voto da parte degli elettori all�estero, in �Quaderni dell�osservatorio Elettorale� n. 8, dicembre 1980, p. 73; Seminario e tavola rotonda sul �Esercizio del diritto di voto degli italiani all�estero�, Seconda Conferenza nazionale dell�Emigrazione, Quaderno di documentazione preparatoria n. 5, Fratelli Palombini Editori, 1998. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� Pi� nello specifico, all�articolo 4 dopo il comma 2, � stato inserito il comma 2 bis ai sensi del quale: �all�articolo 8 comma 1 della legge 27 dicembre 2001 n. 459 sono apportate le seguenti modificazioni: 1) la lettera b � sostituita dalla seguente: b) �gli elettori residenti in italia possono essere candidati in una sola ripartizione della circoscrizione Estero; gli elettori residenti all�Estero possono essere candidati solo nella ripartizione di residenza della circoscrizione Estero�. In buona sostanza, con tale emendamento si deroga alla ratio della modifica costituzionale della riforma del 2001 che introdusse il voto dei circa 4 milioni di cittadini residenti fuori dai confini. Chi scrive ha gi� messo in luce come la legge sul voto all�estero con l�emendamento Lupi ha subito un duro colpo nel rapporto tra eletti ed elettori, che � l�essenza della Circoscrizione Estero. � palese la natura politica della proposta Lupi, che fornisce soluzioni di candidatura a chi non ha un solido rapporto con il territorio. non si pu� certamente condividere tale emendamento, anche perch� ha creato delle disparit� tra gli stessi candidati al Parlamento italiano; infatti non � pensabile, almeno se non in palese contrasto con i principi di uguaglianza e di elettorato passivo (artt. 2 e 48 Cost.), che un cittadino italiano residente in Italia possa candidarsi anche nella circoscrizione estero e non viceversa (8). Tornando alla tematica del voto per corrispondenza, merita sin da ora evidenziare che sin dalla sua entrata in vigore fino ai nostri giorni ha sempre suscitato, sia in dottrina che in giurisprudenza, seri dubbi di costituzionalit� per contrasto con l�articolo 48 della Costituzione, ed in particolare con i suoi principi di uguaglianza, libert� e segretezza. Tali dubbi, pertanto, sono sfociati nell�ordinanza di rimessione della Terza sezione civile del Tribunale ordinario di Venezia alla Corte Costituzionale che, tuttavia, come detto, non ha ancora risolto nel merito la questione de qua. 4. il voto per corrispondenza. Dalla sua introduzione alle problematiche attuali con particolare riferimento alla violazione dei principi di personalit�, libert� e segretezza e, al suo contrasto con l�articolo 48 della Costituzione. Come gi� detto, il voto per corrispondenza, fin dalla sua entrata in vigore, ha suscitato sempre molte perplessit�: cՏ chi ha paventato e continua tuttora a paventare, come chi scrive, l�incostituzionalit� della norma de qua, perch� non garantirebbe la personalit�, l�uguaglianza e la segretezza del voto ai sensi e per gli effetti dell�art. 48 Costituzione. Secondo altre voci, invece, il secondo comma del medesimo articolo, con (8) M. FEDI, La strana vicenda della legge n. 459 del 2001. ovvero: le ragioni di un nobile dibattito nel 2001 e di una meno nobile assenza di dibattito nel 2017 in http://comunicazioneinform.it/marcofedi- pd-la-strana-vicenda-della-legge-n-459-del-2001/. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 l�introduzione della Circoscrizione Estero, ha subito un affievolimento della rigidit� volta ad ammettere una disciplina ad hoc per garantire l�esercizio del diritto di voto all�estero (9). Inoltre, nella memoria illustrativa dell�avvocatura dello Stato, a tutela della costituzionalit� della suddetta legge viene messo in rilievo anche il terzo comma dell�articoli 48 della Costituzione, introdotto con legge costituzionale n. 1/2000, che ha istituito una circoscrizione Estero per consentire l�esercizio del diritto di voto alle elezioni politiche da parte dei cittadini non residenti in Italia. L�innovazione si � completata con ulteriori modifiche degli articoli 56 e 57 della Costituzione e con la puntuale attuazione da parte della legge 27 dicembre 2001, n. 459 e del successivo D.P.r. n. 104/2003. Di contrario avviso � la dottrina pi� autorevole (M. Bertolissi), assolutamente condivisa da parte di chi scrive, che, nelle deduzioni depositate in vista dell�udienza del 21 febbraio 2018, ha messo in luce come il voto per corrispondenza �presenta tali e tante ombre da far persino dubitare che possa definirsi �voto�, almeno nell�accezione in cui tale termine � usato dalla Costituzione: l�art. 48, comma 2, della stessa infatti individua quattro caratteri indefettibili del voto �personalit�, uguaglianza, libert� e segretezza� �. La suddetta dottrina ha altres� evidenziato che ad essere vulnerata � la segretezza (come pure invero anche la personalit� e la libert�). Infatti, l�art. 12 legge 459 del 27 dicembre 2001 (e decreto del Presidente della repubblica 104/2003 di attuazione) - richiamato dal contenuto dell�ordinanza di rimessione del Tribunale di Venezia n. 5 del 2018 prevede che �i cittadini italiani residenti all�estero, dopo aver votato ubiquiter, utilizzando la scheda elettorale inviata loro dall�ufficio consolare a mezzo posta raccomandata �o con altro mezzo di analoga affidabilit��, la spediscano -parimenti per posta, ma senza necessario ricorso alla �raccomandata o altro mezzo di analoga affidabilit�� - agli uffici consolari competenti per l�invio con valigia diplomatica all�Ufficio centrale per la circoscrizione estero�. Secondo il Tribunale di Venezia, quindi, le modalit� con cui si sono svolte le votazioni in vista della consultazione referendaria �non assicurano la segretezza, la personalit� e la libert� del voto, sia nella fase della sua manifestazione, la quale non avviene in luogo presidiato, di talch� non vi pu� essere una garanzia assoluta che l�elettore sia da solo e che dunque il voto sia realmente �personale� e �libero�; sia -successivamente -con la sua �comunicazione� alle sedi consolari, specie ove la segretezza della corrispondenza non sia adeguatamente garantita dal servizio postale locale�. Il che comporta un vulnus ai principi di cui agli articoli 1 e 48, secondo e terzo comma, Cost. non vale in proposito quanto affermato dalla Corte costituzionale nel (9) V. nUnzIATA, memoria illustrativa nel giudizio di legittimit� costituzionale, 9 febbraio 2018 p. 5. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� l�ordinanza n. 195/2003, sia perch� non ha deciso nel merito sia perch� il suo dictum �non porta a considerare definitivamente risolto il difficile bilanciamento tra l�obiettivo della massima estensione del suffragio e la realizzazione delle modalit� che ne garantiscano esse stesse l�effettivit��. Quel che deve rimanere fermo - sottolinea il Tribunale di Venezia nella sua ordinanza di rimessione -� che �tali modalit� non costituiscono mero �accidente�, ma �sostanza�� (ivi), con la conseguenza che vanno scelte quelle (modalit�) che permettono - qui, pure, vale l�art. 3 Cost. - �che anche il voto degli italiani residenti all�estero debba corrispondere� ai requisiti stabiliti dall�art. 48, co. 2, Cost. (ivi): requisiti che �si rivelano ancora baluardi irrinunciabili a salvaguardia della nostra democrazia elettorale� . L�inciso finale fa pensare alla democrazia tout court, devastata dagli scandali, oggi in una condizione di preoccupante crisi: non comparabile con quella esistente al tempo in cui � stata approvata la legge n. 459/2001. In concreto, quindi, P.M.C. pu� aver mostrato oppure potr� �mostrare volontariamente a terzi la scheda votata� (� una causa di nullit� del voto) oppure pu� essere stato o potr� �esservi costretto� (con le medesime conseguenze) in Slovacchia, �dove risiede�, oltretutto �in mancanza di uno specifico accordo ex art. 19 legge 459�. Tuttavia, merita sin da ora evidenziare che il caso che ci occupa non � un caso isolato, infatti anche in passato altri casi hanno suscitato il sospetto del- l�incostituzionalit� del voto per corrispondenza. A tale riguardo, vanno assolutamente richiamate le osservazioni mosse da Francesco Tarantino nel IX Convegno Internazionale della Societ� Italiana degli studi elettorali. Secondo Tarantino infatti: � �sicuro� quel sistema di voto per corrispondenza nel quale nessuna interferenza turbi le fasi di spedizione, recapito e ricezione del plico elettorale. Proprio Tarantino oltre un decennio fa, al fine di meglio capire i problemi che potevano emergere in caso di spedizione e di recapito delle schede elettorali, ha svolto una lunga indagine sull�esito delle votazioni elettorali in Argentina. Va preliminarmente evidenziato che �le concrete modalit� delle operazioni di recapito sono demandate ai singoli uffici consolari, istituiti presso ogni circoscrizione, che hanno la facolt� di appaltare ad una ditta sia la stampa del materiale elettorale che la spedizione dei plichi�. � bene ricordare infatti che non in tutti i Paesi (ed � il caso dell�Argentina), come messo in luce dallo stesso autore, esiste una societ� che ha il monopolio dei servizi postali e che quindi pi� societ� si sono occupate del recapito dei plichi elettorali. Tra il 2003 ed il 2006, ad esempio, la rete consolare italiana in Argentina ha gradualmente migliorato le regole di recapito delle schede, introducendo una rigorosit� via via maggiore. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Se per il referendum 2003 infatti vigeva il cosiddetto sistema �bajo puerta�, che prevedeva la possibilit� di lasciare il plico in giacenza al domicilio dell�elettore, per le elezioni politiche del 2006 � divenuta necessaria la consegna delle schede ad una persona maggiorenne fornita di documento d�identit�, non obbligatoriamente vincolata da parentela con l�elettore. Decisamente pi� sicuro sarebbe l�obbligo di consegnare direttamente al- l�elettore, o ad un parente, il plico con le schede elettorali ma una sperimentazione dell�Ambasciata d�Italia a Buenos Aires, che prevedeva la consegna personale di una tessera magnetica ai cittadini italiani, ha rivelato lo scarso successo del- l�iniziativa: poco pi� del 35% delle tessere � stato recapitato e ci� ha suggerito l�inapplicabilit� del metodo in occasione delle consultazioni elettorali. Lo schema ideale, come � noto, vorrebbe che ad ogni plico inviato corrisponda un solo cittadino destinatario: una volta ricevuto il plico, questi decide di votare o meno, in maniera personale e segreta, la scheda che trova ed eventualmente rispedirlo nei tempi prestabiliti (10). A tale visione ideale del sistema di voto per corrispondenza ci sono per� da aggiungere tutte le possibili casistiche che si sono verificate nelle prime esperienze di voto in Argentina e, verosimilmente, anche in altri paesi del mondo. Esiste infatti una percentuale di schede che non riesce a raggiungere i destinatari, rispetto all�indagine fatta in Argentina, Tarantino ha sottolineato come il parametro del mancato recapito � importante sotto due profili: innanzitutto implica un�analisi attenta dei motivi per cui una percentuale, minima ma non esigua, di plichi non � recapitata ed inoltre offre lo spunto per alcune considerazioni in merito al grado di partecipazione elettorale. In merito a quest�ultimo aspetto vale la pena di ricordare che il livello di partecipazione elettorale all�estero pu� essere calcolato in due modi differenti: se si computa il numero dei plichi tornati soltanto su quelli inviati, si rischia di ottenere percentuali pi� basse e poco realistiche. Computando invece i plichi tornati ai Consolati su quelli effettivamente recapitati si ha una misura della partecipazione pi� veritiera e pi� corrispondente alla realt�. Tale osservazione ha particolare rilevanza per quei contesti in cui si � denunciata una bassa partecipazione dei connazionali all�estero causata presumibilmente da una disaffezione nei confronti del nostro Paese o del nuovo strumento legislativo. Talvolta per�, ed � il caso di molte citt� dell�America Settentrionale, � stato l�elevato numero di mancati recapiti a spingere gli analisti ad una sottostima non indifferente della partecipazione elettorale. In tutta la circoscrizione Estero, nelle elezioni politiche del 2006, a fronte di 2.699.421 plichi inviati sono stati restituiti per mancata consegna 247.978 (10) IX Convegno internazionale della S.I.S.E. (Societ� Italiana di Studi Elettoriali), La cittadinanza elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 10, 11. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� plichi, pari al 9,1% sul totale di quelli inviati. I plichi effettivamente recapitati sono stati dunque 2.451.443. In Argentina, sono stati inviati 357.795 plichi e alle ore 16, di gioved� 6 aprile 2006, ne erano tornati alla rete consolare 200.824, pari al 56,1% dei plichi inviati e al 70,7% di quelli effettivamente recapitati. Questa notevole differenza � dettata dal cospicuo numero di mancati recapiti che in Argentina ha interessato 68.366 plichi, pari al 19,4% dei plichi effettivamente inviati nel Paese e pari al 27,5% di tutti i mancati recapiti della Circoscrizione Estero. � lecito, a questo punto, interrogarsi circa le motivazioni di un numero cos� alto di schede elettorali �inutilizzate�: intuitivamente, alla luce delle considerazioni svolte circa la difficile formazione degli elenchi elettorali, la presenza di errori nei dati contenuti nell�AIrE o negli schedari consolari pu� essere una causa fondamentale di mancato recapito. Ma qualՏ l�incidenza degli errori rispetto, ad esempio ai rifiuti volontari, agli smarrimenti o alle sparizioni? La rete consolare argentina ha appaltato la consegna delle schede elettorali a diverse societ� postali private che avevano l�obbligo di compilare un report circa la consegna di ogni singolo plico, specificandone l�esito del recapito. In base ai dati raccolti presso l�Ambasciata d�Italia a Buenos Aires � evidente che la causa principale dei mancati recapiti (68,9% dei casi) � la presenza di errori e inesattezze nei dati degli elettori, seguita da cause inerenti all�assenza o al rifiuto di ritirare il plico (30,5%) e solo nello 0,6% dei casi i plichi sono stati smarriti o il postino � stato derubato. In conclusione � possibile affermare che il grande ostacolo ad una corretta e lineare gestione del voto all�estero � rappresentato proprio dalla presenza di errori negli elenchi dei nostri connazionali. Le difficolt� delle amministrazioni e, talvolta, l�imprecisione o le false generalit� dichiarate dagli stessi cittadini sono situazioni che difficilmente si riusciranno a sanare completamente, nonostante gli sforzi e i sensibili miglioramenti che pur vi sono stati (11). Quest�anno, per il rinnovo della XVIII legislatura, anche in Australia e in Canada si sono verificate gravi irregolarit� dovute non soltanto al mancato recapito di schede elettorali o alla dispersione delle stesse. 5. Conclusioni. Alla luce di quanto sopra esposto e, dato l�esito della questione di legittimit� costituzionale sollevata dal Tribunale di Venezia, �esito dovuto al fatto che la pronuncia de qua � stata una pronuncia di rito e non di merito, che ha lasciato ancora aperta la questione della costituzionalit� del modello del voto per corrispondenza�, sarebbe opportuno ma soprattutto urgente, un intervento da parte del nuovo legislatore. (11) IX Convegno internazionale della S.I.S.E., La cittadinanza elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 11, 12 e 13. rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 Tale intervento deve avere ad oggetto l�emanazione di una nuova disciplina di dettaglio avente ad oggetto un nuova modalit� del voto degli italiani residenti all�estero. Ad avviso di chi scrive, una buona idea sarebbe l�introduzione del voto elettronico, poich� i vantaggi di tale modalit� di voto sono di non poca importanza. Anzitutto il voto elettronico consente all�elettore di esprimersi ovunque si trovi e le relative modalit� impediscono errori formali e voti non validi. Inoltre, con l�introduzione del voto elettronico vi sono una serie di vantaggi rispetto alla tradizionale procedura cartacea che meritano di essere sottolineati: in primis gli aventi diritto al voto possono votare in modo rapido e comodo; il sistema pu� essere impiegato su tutti i tipi di piattaforme e dispositivi: smartphone, tablet o computer; le persone con disabilit� possono votare online senza dover ricorrere all�utilizzo di terzi. Inoltre, come si � detto, tale tipo di votazione impedisce errori formali come risposte non leggibili, firme mancanti, moduli stampati in modo errato o liste non valide nel processo elettorale e di voto; gli elettori ricevono una conferma che il proprio voto � stato espresso e salvato nell�urna in modo corretto; lo spoglio dei voti avviene con rapidit� e precisione. Il voto elettronico � sicuro perch� i voti vengono trasmessi e salvati soltanto in modo cifrato e anonimo; algoritmi sofisticati evitano che i voti possano essere manipolati di nascosto. Un ulteriore vantaggio � quello di evitare che errori ed imprecisioni provochino il mancato recapito di schede elettorali e/o la loro dispersione come spesso � capitato nel voto per corrispondenza. In assenza della suddetta opzione, il voto all�estero sicuramente subir� un vulnus. Sarebbe opportuna anche l�istituzione di un apposito Ufficio Elettorale permanente all�interno di ogni Consolato preposto alla gestione e alla formazione degli elenchi elettorali, cui non competano anche gravosi compiti legati a pratiche di cittadinanza e ai passaporti. Ancora, per evitare carenze di risorse umane e finanziarie degli Uffici consolari, sarebbe auspicabile anche la partecipazione del personale del Ministero dell�interno al coordinamento di tali uffici in modo da salvaguardare l�unitariet� della materia anagrafico -elettorale e risolvere le difficolt� dovute alla scarsa comunicazione tra Consolati e Anagrafi Comunali (12). Con riferimento al comunicato stampa del 21 febbraio 2018, ed in attesa della pronuncia definitiva della Corte costituzionale, chi scrive, lungi dal criticare l�esito della suddetta ordinanza che comunque, almeno in vista di una consultazione referendaria non poteva essere diverso da quello reso, tiene a (12) IX Convegno internazionale della S.I.S.E., La cittadinanza elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 11, 12 e 13. LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� precisare che, sebbene sia vero che l�Ufficio centrale per la circoscrizione Estero � il legittimo destinatario della richiesta di riesame delle schede annullate e/o contestate, � pur vero che nel caso che ci riguarda, il Tribunale di Venezia, ha sollevato la questione di legittimit� costituzionale in riferimento alla legittimit� costituzionale del voto per corrispondenza e non al riesame delle schede contenenti voti contestati, questione rimasta purtroppo irrisolta. Inoltre, una valida alternativa che eviterebbe un grado non ancora soddisfacente di certezza e sicurezza del voto per corrispondenza, e che non vanificherebbe lo sforzo di comuni e consolati, sarebbe l�introduzione di una semplice volont� di esercitare il voto all�estero. Tale opzione era gi� stata proposta dal Tarantino. Tale volont� non deve configurare una vera e propria richiesta di votare, quanto piuttosto una sorta di registrazione o segnalazione. orbene, se da un lato � vero che la suddetta procedura porterebbe certamente a ridurre il livello di partecipazione � altrettanto vero che risolverebbe il problema della formazione delle liste elettorali, in quanto sarebbero inclusi soltanto coloro che segnalano la propria volont� di votare al Consolato, ricordando ed aggiornando le proprie generalit� ed evitando di far risultare voti di persone decedute, come � recentemente avvenuto in Australia. Tale opzione avrebbe anche risvolti positivi a livello processuale, perch� eviterebbe l�apertura di indagini da parte della Procura della repubblica mirate essenzialmente all�accertamento di fatti costituenti reato e precisamente di falsi materiali commessi sulle schede elettorali da soggetti diversi dall�elettore; � molto semplice infatti modificare, manomettere e/o falsare la scheda inviata dall�elettore una volta che il medesimo ha espresso la preferenza. L�introduzione del voto elettronico, poi, eviterebbe anche possibili ricorsi ai giudici amministrativi per l�impugnazione dell�atto di proclamazione dei candidati deputati e senatori eletti illecitamente ed illegittimamente. Infine, sotto il profilo economico, il voto elettronico eviterebbe il costo aereo destinato al trasporto delle schede dall�estero all�Italia. Corte costituzionale, ordinanza 27 marzo 2018 n. 63 -Pres. Lattanzi, red. Morelli - Giudizio di legittimit� costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per l�esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all�estero), promosso dal Tribunale ordinario di Venezia nel procedimento vertente tra P.M.C. (avv. M. Bertolissi) e la Presidenza del Consiglio dei ministri e altri (avv. St. V. nunziata), con ordinanza del 5 gennaio 2018. (...) ritenuto che nel corso di un procedimento ex art. 702-bis del codice di procedura civile promosso da un cittadino italiano residente all�estero, il quale, previa sospensione dei provvedimenti di avvio delle operazioni referendarie (indette per il successivo dicembre 2016), chiedeva, nel merito, dichiararsi che, �tramite il c.d. �voto per corrispondenza�, il [suo] diritto rASSEGnA AVVoCATUrA DELLo STATo - n. 1/2018 di voto [�] non pu� essere stato esercitato (nel passato) e non potr� nemmeno essere esercitato (anche nell�immediato futuro) in modo libero e diretto, con pieno e completo rispetto delle garanzie di segretezza e personalit� [�]� e, a tal fine, chiedeva sollevarsi questione di legittimit� costituzionale della vigente disciplina del voto all�estero - l�adito giudice monocratico del Tribunale ordinario di Venezia ha sollevato questione incidentale di legittimit� costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per l�esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all�estero), nella parte, appunto, in cui disciplinano le modalit� di esercizio del voto per corrispondenza dei cittadini italiani residenti all�estero, per contrasto con gli artt. 1, secondo comma, e 48, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione; che, secondo il rimettente, la denunciata disciplina del voto per corrispondenza contrasterebbe con gli evocati parametri costituzionali, presentando �tali e tante ombre da far perfino dubitare che possa definirsi �voto��; che, in particolare, violato sarebbe il �principio di segretezza�, poich� l�art. 12 della legge n. 459 del 2001 prevede che �i cittadini italiani residenti all�estero, dopo avere votato ubiquiter, utilizzando la scheda elettorale inviata loro dall�ufficio consolare a mezzo posta raccomandata �o con altro mezzo di analoga affidabilit��, la spediscano -parimenti per posta, ma senza necessario ricorso alla �raccomandata o altro mezzo di analoga affidabilit�� -agli uffici consolari competenti per l�invio con valigia diplomatica all�Ufficio centrale per la circoscrizione Estero�. Ci� che, appunto, �non assicur[erebbe] la segretezza, la personalit� e la libert� del voto�, sia nella fase della sua manifestazione che in quella successiva della sua comunicazione; che si � costituito davanti a questa Corte il ricorrente nel giudizio principale, che, in adesione alla prospettazione del giudice a quo, ha evidenziato il pericolo (ed enumerato episodi e testimonianze portati alla luce dai mezzi di informazione) di �brogli�, che le modalit� di esercizio del voto per corrispondenza (hanno consentito e) consentirebbero. Ed ha sostenuto che, comunque, i requisiti (di personalit�, libert� e segretezza) del diritto di voto, in quanto posti a presidio della stessa democrazia del Paese, non sarebbero bilanciabili con altri valori costituzionali; che � altres� intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall�Avvocatura generale dello Stato, che ha preliminarmente eccepito l�inammissibilit� della questione sollevata dal rimettente (per l�assoluta carenza di sua motivazione, sia sulle �ragioni che dimostrino il potenziale pregiudizio per il requisito della segretezza del voto� nel caso di specie, sia sulla sussistenza dell�interesse del ricorrente ad agire in via preventiva rispetto alla consultazione referendaria, �cos� sfuggendo all�attivit� probatoria che un reclamo ex post sulle operazioni di voto, all�Ufficio centrale per la circoscrizione Estero, avrebbe comportato �). E, in subordine, ha sostenuto, nel merito, che quella del voto per corrispondenza Ǐ stata, in realt�, una scelta �obbligata� dato che il voto per procura � oggettivamente contrario al principio di personalit�, mentre il voto in loco, mediante la predisposizione di sezioni elettorali sul territorio degli Stati ospitanti, avrebbe creato problemi irrisolvibili di organizzazione e, in molti casi, sarebbe stato vietato dagli Stati stessi per il rischio di veder lesa la propria sovranit� �, dal che la non fondatezza, comunque, delle censure formulate dal Tribunale a quo; che, nel ribadire, con successiva memoria, le proprie conclusioni, l�Avvocatura dello Stato ha ulteriormente, tra l�altro, argomentato che la �deroga� alla segretezza del voto, senza la quale gli italiani all�estero non avrebbero potuto �scegliere se esercitare il diritto di voto in Italia o all�estero�, opererebbe sullo stesso piano delle deroghe, resesi parimenti necessarie, per consentire ai cittadini affetti da gravi infermit� il cosiddetto �voto assistito� e il �voto a domicilio�, ed ha ricordato ancora come il sistema prescelto dal legislatore del 2001 sia stato LEGISLAzIonE ED ATTUALIT� �adottato, in diversi periodi, anche da altri ordinamenti giuridici (tra l�altro, Francia, Svizzera, Germania, alcuni stati degli USA, Spagna)�. Considerato che la questione di legittimit� costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per l�esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all�estero), sollevata dal Tribunale di Venezia -pur evidenziando oggettive criticit� della normativa denunciata quanto al bilanciamento della �effettivit�� del diritto di voto dei cittadini residenti all�estero con gli imprescindibili requisiti di personalit�, libert� e segretezza del voto stesso, con riferimento ai parametri di cui, rispettivamente, ai commi terzo e secondo dell�art. 48 della Costituzione - �, per�, sotto un duplice profilo, manifestamente inammissibile; che in primo luogo, infatti, il mero riferimento all�interesse all��accertamento giudiziale [...] della concreta volont� della legge�, sulla pienezza del diritto di voto del residente all�estero, con riguardo alla (allora) futura consultazione referendaria, senza alcun�altra indicazione, nemmeno sintetica o per relationem (della situazione soggettiva e/o oggettiva che risulterebbe, nel caso concreto, potenzialmente impeditiva della segretezza del voto), �non pu� essere considerato motivazione sufficiente e non implausibile dell�esistenza dell�interesse ad agire, idonea, in quanto tale, a escludere un riesame ad opera di questa Corte dell�apprezzamento compiuto dal giudice a quo ai fini dell�ammissibilit� dell�azione� (sentenza n. 110 del 2015); che inoltre - diversamente dalle ipotesi prese in esame dalle sentenze n. 1 del 2014 e n. 35 del 2017 (in tema di elezione del Parlamento nazionale, i cui risultati, in quanto esclusivamente rimessi al controllo delle Camere di appartenenza ex art. 66 Cost., sono sottratti a quello del giudice comune) ed analogamente, invece, a quella relativa alla elezione dei membri italiani del Parlamento europeo, di cui alla sentenza n. 110 del 2015 - l�incertezza sulla pienezza sul diritto di voto nella procedura referendaria, come nella specie prospettata, �non pu� essere considerata costituzionalmente insuperabile [�] nel senso di non poter essere risolta, sul piano costituzionale, se non ammettendo un�azione del tipo di quella proposta nel giudizio a quo� (sentenza n. 110 del 2015); che, infatti, nella procedura in esame sono espressamente previste la reclamabilit� delle operazioni di voto all�Ufficio centrale per la circoscrizione Estero - ex art. 23 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo) e art. 20, comma 3, del Decreto del Presidente della repubblica 2 aprile 2003, n. 104 (regolamento di attuazione della L. 27 dicembre 2001, n. 459, recante disciplina per l�esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all�estero) -e la loro successiva sottoponibilit� all�esame dell�Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, legittimato - esso - a sollevare incidente di costituzionalit� (ordinanze n. 14 e n. 1 del 2009); che, in ragione appunto di tali non superabili profili di inammissibilit�, resta precluso, in limine, l�esame nel merito della questione sollevata. PEr QUESTI MoTIVI LA CorTE CoSTITUzIonALE dichiara la manifesta inammissibilit� della questione di legittimit� costituzionale degli artt. 1, comma 2, 2, 4-bis, 12 e 14 della legge 27 dicembre 2001, n. 459 (norme per l�esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all�estero), sollevata, in riferimento agli artt. 1, secondo comma, e 48, primo, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Venezia, con l�ordinanza indicata in epigrafe. Cos� deciso in roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2018. Contributididottrina La perdita di centralit� della legge, quale conseguenza del tramonto dei caratteri della generalit� e dell�astrattezza Michele Gerardo* Sommario: 1. introduzione - 2. il caso della (non) legge regionale di riconoscimento di legittimit� di debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive - 3. Provvedimentalizzazione della legge -4. La�selva oscura� della delegificazione senza qualit� -5. Legge non autoapplicativa a causa del rinvio a provvedimenti completivi del precetto giuridico -6. L�invasione della sfera legislativa da parte degli atti extra ordinem - 7. Conclusioni. 1. introduzione. Quando si parla di perdita di centralit� della legge abitualmente ci si riferisce alle vicende che hanno interessato il ruolo della legge nel transito dall�Ottocento all�epoca contemporanea. Dopo la rivoluzione francese ed il trionfo della borghesia, con una societ� sostanzialmente monoclasse, la legge ha costituito la fonte pi� importante del diritto. In Italia lo Statuto Albertino era una costituzione flessibile, sicch� la legge era al vertice del sistema. Da ci� il ruolo costituzionale del codice civile, la pi� importante delle leggi. Marginale era, poi, il ruolo delle altre fonti del diritto. In due secoli il quadro di riferimento � radicalmente cambiato, in senso qualitativo e quantitativo. Questi, in sintesi, i dati rilevanti. Nel 1948 � entrata in vigore una costituzione rigida, sicch� la legge ordinaria ha perso il primato nella gerarchia delle fonti. L�evoluzione del ruolo della Comunit� Europea, istituita nel 1957, ha condotto ad una situazione nella quale si � affermato il primato delle fonti di pro (*) Avvocato dello Stato. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 venienza comunitaria, con la conseguenza che la legge � retrocessa al terzo posto nella gerarchia delle fonti. Dal 1970 � pienamente operativo l�ordinamento regionale. Tale circostanza ha comportato il concorso delle regioni nella funzione legislativa, allo stesso livello della legge statale, come riconosciuto dall�art. 117, comma 1 della Costituzione. A conclusione dell�indicato percorso, quindi, la legge ha perduto il suo ruolo centrale nella gerarchia delle fonti del diritto. Il presente studio ha ad oggetto sempre l�esame della perdita di centralit� della legge, ma da un diverso punto di vista. Si vogliono, infatti, evidenziare le circostanze e le prassi - antiche e recenti - in virt� delle quali la pi� importante fonte primaria (1), ossia la legge, si allontana dagli ordinari canoni strutturali, costituiti dalla formulazione generale ed astratta della norma ivi contenuta, con il corollario del decadimento del ruolo di tale fonte del diritto. La legge in senso formale � quella fonte del diritto che germina all�esito del procedimento delineato negli artt. 71-75 della Costituzione. Questo � il dato necessario. Il criterio per individuare ci� che � legge �, quindi, essenzialmente formale (2). In aggiunta al dato formale/procedimentale, normalmente la legge -quale contenente, quale disposizione (cd. legge in senso formale) - presenta anche un requisito strutturale / contenutistico. Tale requisito strutturale � il contenuto della disposizione, costituito dalla norma giuridica, dal precetto, con i caratteri della generalit� ed astrattezza (3). La generalit� consiste nella attitudine della (1) Fonti primarie sono: leggi ed atti aventi forza di legge dello Stato (decreto legislativo, decreto legge, sentenza della Corte Costituzionale dichiarativa della illegittimit� costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge, referendum abrogativo); statuti e leggi regionali; leggi delle Province di Trento e Bolzano; regolamenti parlamentari. Per un quadro d�insieme sulla sterminata materia delle fonti del diritto si richiamano ex multis: V. CrI- SAFuLLI, Lezioni di diritto costituzionale, II volume, CEDAM, V edizione, 1984, pp. 1 e ss.; T. MArTINES, Diritto costituzionale, Giuffr�, III edizione, 1984, pp. 49 e ss.; r. BIN - G. PITruzzELLA, Diritto costituzionale, Giappichelli, VIII edizione, 2007, pp. 277 e ss.; A. BArBErA - C. FuSArO, Corso di diritto costituzionale, il Mulino, II edizione, 2014, pp. 101 e ss.; N. BOBBIO, Teoria dell�ordinamento giuridico, Giappichelli, 1960, pp. 25 e ss.; F. MODuGNO, voce Fonti del Diritto in Digesto, 2010; M. LuCISANO, voce Fonti del Diritto in il diritto. Enciclopedia Giuridica del Sole 24ore, 2007, vol. 6, p. 469. Corollario della qualificazione di fonte del diritto � l�applicazione di una serie di principi, tra cui: a) iura novit curia; b) ignorantia legis non excusat; c) necessit� della pubblicazione nei modi ufficiali previsti dall�ordinamento giuridico; d) applicazione dell�art. 12 delle preleggi, in materia di interpretazione; e) la violazione e falsa applicazione della norma giuridica � censurabile in sede di legittimit� (artt. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e 606, co. 1, lett. b, c.p.p.). (2) L�efficacia formale � la particolare forza derivante dagli atti e fatti dall�essere emanati da determinati organi secondo procedure prefissate: cos� T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 73. In tal senso gi� V.E. OrLANDO, Principi di diritto costituzionale, Barbera, 1889, p. 120 secondo cui �ogni provvedimento che sia stato approvato dalle due Camere e sanzionato dal re, � legge. Questo senso prescinde completamente dal contenuto delle legge medesima: tutto si riassume nella forma�. DOTTrINA 283 norma a regolare categorie di fatti o di comportamenti senza riferimento a situazioni o rapporti determinati. L�astrattezza implica che la norma dispone in via preventiva ed ipotetica e secondo uno schema logico in base al quale se si verifica l�evento A deve verificarsi l�evento B (4). Si rileva in dottrina che � �innegabile che la generalit� rappresenta quanto meno - un carattere <naturale> delle norme costituenti il diritto oggettivo. Questo, infatti, � ordinamento, e non � concepibile ordinamento che non abbia un certo grado di stabilit� e permanenza nel tempo; n� basta a formare un ordinamento una somma seriale di precetti individuali, esaurentesi ciascuno una tantum, che sarebbero - da soli - inidonei ad oggettivizzarsi, distaccandosi dai fatti od atti dai quali derivano� (5). Generalit� ed astrattezza sono altres� caratteri funzionali al rispetto dei principi costituzionali di cui all�art. 1 Cost., secondo cui la sovranit� appartiene al popolo (e quindi la legge deve valere per tutti e non per uno specifico destinatario) e all�art. 3 Cost., secondo cui tutti sono eguali di fronte alla legge (e quindi la legge deve disciplinare indistinti casi futuri e non puntuali casi concreti). Nel tempo, con accelerazioni nel recente passato, stanno scolorandosi i caratteri della generalit� ed astrattezza, con fughe dai connotati tipici. Sicch� della legge resta solo un guscio vuoto (6). Di seguito si illustreranno alcuni casi emblematici del descritto fenomeno. 2. il caso della (non) legge regionale di riconoscimento di legittimit� di debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive. Il debito fuori bilancio di un ente pubblico consiste in una obbligazione verso terzi per il pagamento di una determinata somma di danaro che grava sull�ente, assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa. Esso � considerato uno strumento sostitutivo del contratto, in quanto consente all�amministrazione che si sia avvalsa di una prestazione irregolarmente ordinata, vale a dire non supportata da un formale contratto o altro idoneo titolo, di riconoscere unilateralmente il relativo debito e sanare con procedura extra ordinem la relativa spesa. La ratio � quella di evitare una possibile azione di indebito arricchimento da parte del prestatore e perci� � ammissibile negli stessi limiti previsti dall�art. 2041 c.c., riconoscendo la minor somma tra la diminuzione patrimoniale del privato e l�arricchimento dell�accipiens, con la differenza che il riconoscimento dell�utilit� spetta alla stessa amministrazione. (3) Ex plurimis: A. BArBErA - C. FuSArO, Corso di diritto costituzionale, cit., p. 123. (4) Su tali concetti T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 58. (5) In tal senso V. CrISAFuLLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 22. (6) Sulle ragioni della perdita di centralit� della legge ordinaria statale: M. ruOTOLO, voce Legge (in generale), in il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, 8� volume, 2007, pp. 741-744. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 L�atto di riconoscimento � uno strumento amministrativo per il pagamento spontaneo di un debito latente, ammissibile con adeguata motivazione in presenza di determinati presupposti: comprovata necessit� della impossibilit� di valersi dei normali schemi negoziali; autonoma valutazione delle utilit� del- l�opera e della misura dell�indennizzo; indicazioni delle circostanze eccezionali e della convenienza ad adottarlo (7). Il riconoscimento viene operato con un atto avente natura di provvedimento amministrativo, con l�eccezione dei riconoscimenti operati dalla regione, per i quali il procedimento presenta delle peculiarit�. Per il riconoscimento del debito fuori bilancio operato dalla regione, infatti, si segue l�iter delineato dall�art. 73 del D.L.vo 23 giugno 2011, n. 118 che al comma 1 cos� recita: �il Consiglio regionale riconosce con legge, la legittimit� dei debiti fuori bilancio derivanti da: a) sentenze esecutive; b) copertura dei disavanzi di enti, societ� ed organismi controllati, o, comunque, dipendenti dalla regione, purch� il disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, delle societ� di cui alla lettera b); d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilit�; e) acquisizione di beni e servizi in assenza del preventivo impegno di spesa�. Dunque, la regola generale � che il riconoscimento di legittimit� dei debiti fuori bilancio si fa con legge regionale, riconducibile tipologicamente alle cd. leggi-provvedimento, di seguito esaminate e non, come per ogni altro ente pubblico, con provvedimento amministrativo. La ratio della previsione �, all�evidenza, quella di un puntuale controllo da parte dell�organo politico (Consiglio regionale) rappresentativo della comunit� regionale. Il comma 4 dell�articolo citato, in deroga alla regola generale, prevede una singolare fattispecie di riconoscimento per i debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive. Questo il testo della disposizione: �al riconoscimento della legittimit� dei debiti fuori bilancio di cui al comma 1, lettera a), il Consiglio regionale provvede entro sessanta giorni dalla ricezione della relativa proposta. Decorso inutilmente tale termine, la legittimit� di detto debito si intende riconosciuta�. La descritta singolare fattispecie pu� essere spiegata con almeno due modelli ricostruttivi: � formazione tacita di un atto del procedimento legislativo regionale, ossia dell�approvazione del Consiglio regionale. L�inerzia per sessanta giorni equivale ad approvazione della legge da parte (7) Per una introduzione generale: P. SANTOrO, manuale di contabilit� e finanza pubblica, V edizione, Maggioli, 2012, pp. 432-434; M. SCIASCIA, Diritto delle gestioni pubbliche, II edizione, Giuffr�, 2013, pp. 240-251. DOTTrINA 285 del Consiglio regionale. Il decorso del tempo costituisce un surrogato della approvazione, con il normale prosieguo dell�iter legislativo (promulgazione e pubblicazione); � valutazione legale tipica. L�inerzia per sessanta giorni equivale a mero riconoscimento del debito fuori bilancio scaturente da sentenza esecutiva, senza alcuna valenza legislativa. La fattispecie del riconoscimento � costituita, quindi, da due momenti rilevanti: iniziativa legislativa (contenuta in una delibera di Giunta regionale, avente natura di provvedimento amministrativo) e decorso del periodo rilevante. Deve ritenersi che il secondo modello � quello pi� coerente con la previsione legislativa. Ci� considerato, va rilevata la atipicit� nel procedimento legislativo e l�incoerenza valoriale di fondo. Da un lato, volendosi esaltare il momento del controllo da parte dell�organo politico rappresentativo della comunit� regionale, si prevede che il riconoscimento del debito debba essere fatto con legge; dall�altro lato, decorso un dato periodo di tempo, si prescinde dalla legge, svilendo in un certo senso il suo ruolo, dando sponda all�ostruzionismo della maggioranza. Viene in rilievo, nel caso del riconoscimento di debiti fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive, un procedimento legislativo a completamento eventuale -secundum eventum facti, verrebbe di dire -al fine del conseguimento di un certo effetto giuridico. 3. Provvedimentalizzazione della legge. Molto diffuse sono le cd. leggi-provvedimento, ossia leggi - tanto statali, quanto regionali - che hanno come destinatari soggetti singoli e determinati; in genere, leggi con le quali vengono assunti provvedimenti concreti (e quindi non astratti) con riferimento a situazioni ed a soggetti determinati (e quindi non generali) (8). � prassi che nelle leggi finanziarie (poi di stabilit� ed ora di bilancio), negli ultimi anni strutturate in uno o pochi articoli ciascuno con qualche migliaio di commi (9), siano contenute disposizioni-provvedimento. A mero titolo di esempio si richiama l�art. 1, comma 324 L. 27 dicembre 2017, n. 205 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) secondo cui: �al fine di sostenere l'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi (oNLUS), di cui alla legge 12 maggio 1942, n. 889, alla legge 21 agosto 1950, n. 698, e al decreto del (8) Sulle leggi-provvedimento: T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., pp. 59-60; r. BIN - G. PITruzzELLA, Diritto costituzionale, cit., 2007, p. 80; P. VIPIANA, voce Legge-provvedimento regionale, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento 2010, uTET Giuridica, pp. 250-262. (9) �quegli ammassi informi di norme� per S. CASSESE, il diritto amministrativo: storie e prospettive, Giuffr�, 2010, p. 550. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 Presidente della repubblica 31 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 9 maggio 1979, � autorizzata la spesa di un milione di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020�. Con previsioni del genere il carattere della generalit� ed astrattezza viene pianamente obliato. La legge ha la sostanza di un provvedimento amministrativo. Le leggi-provvedimento costituiscono una deroga al principio di divisione dei poteri, dato che non spetterebbe al legislatore ordinario emanare atti a contenuto concreto, questo compito essendo proprio delle autorit� amministrative (10). Vi � il pericolo che le leggi-provvedimento introducano precetti in contrasto con il principio di eguaglianza, di imparzialit� e buon andamento della P.A., con ostacoli alla piena ed efficace tutela giuridica delle situazioni soggettive protette. Difatti, contro la legge illegittima si pu� proporre solo la questione di legittimit� costituzionale, laddove a fronte del provvedimento amministrativo illegittimo si pu� agire dinanzi al giudice amministrativo. Va precisato che il contenuto provvedimentale - in assenza di una riserva di amministrazione - in s� e per s� non rende illegittima la legge (11). Anzi, il principio di eguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2, della Cost. - che impone di trattare in modo eguale situazioni eguali e in modo diverso situazioni diverse -pu� richiedere leggi dal contenuto particolare per �rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libert� e l�eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l�effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all�organizzazione politica, economica e sociale del paese�. Ci� al fine di garantire l�eguaglianza dei punti di partenza. Quindi, la deroga ai caratteri della generalit� ed astrattezza, deve giustificarsi per la ragionevolezza e non arbitrariet� della previsione (arg. ex art. 3 della Cost. sul principio costituzionale di eguaglianza). La deroga ai caratteri della generalit� ed astrattezza, ancorch� facultata dal principio di eguaglianza sostanziale, non deve tuttavia interferire con l�esercizio concreto della funzione giurisdizionale. Vuol dirsi che la detta deroga deve giustificarsi altres� nel rispetto della funzione giurisdizionale (10) Cos� T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 60. (11) T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 62 osserva che �la Costituzione non vieta che la legge assuma un contenuto concreto giacch�, laddove vuole che essa abbia carattere di generalit�, lo ha espressamente disposto (v. artt. 16, comma i; 21, comma V; 33 comma ii; 128)�. In senso analogo la Corte Costituzionale, secondo cui �secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, non � preclusa alla legge ordinaria la possibilit� di attrarre nella propria sfera di disciplina oggetti o materie normalmente affidati all'autorit� amministrativa, non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto, ossia di leggi-provvedimento (sentenza n. 347 del 1995)� (sentenza 13 luglio 2007, n. 267). Critico sulle leggi-provvedimento, G. COrSO, manuale di diritto amministrativo, VIII edizione, Giappichelli, 2017, p. 48, per il quale la Costituzione disporrebbe anche una riserva di provvedimento amministrativo. DOTTrINA 287 (artt. 101 ss. Cost.) in ordine alla decisione delle cause in corso (12). Il limite rappresentato dal rispetto dell'esercizio della funzione giurisdizionale pu� venire violato in vari modi: qualora la legge-provvedimento incida su un giudizio pendente, come nel caso della legge revocante determinate autorizzazioni che intervenga quando � in corso una causa relativa a queste ultime; qualora la legge-provvedimento addirittura impedisca l'insorgere di un giudizio, come nel caso della legge attuante la sanatoria di decreti assessorili per evitare che l'assessore incorra in responsabilit� da far valere giudizialmente; qualora la legge-provvedimento comporti una elusione del giudicato, come nel caso della legge prevedente un concorso riservato ai candidati esclusi da un altro precedentemente svolto, mentre l'ottemperanza al giudicato del giudice amministrativo, che aveva annullato i provvedimenti di esclusione dei suddetti, avrebbe richiesto il rinnovo della procedura concorsuale (13). 4. La �selva oscura� della delegificazione senza qualit�. La delegificazione � una tecnica - massiva a partire dall�inizio degli anni �90 del secolo scorso - per cui la disciplina di alcune materie non protette da riserva di legge � trasferita dalla fonte legislativa primaria a fonti normative inferiori o ad atti amministrativi generali (14). Tale tecnica viene ritenuta maggiormente congeniale al fine dell�adattamento del sistema normativo alla rapida evoluzione della societ� e/o per la semplificazione del sistema normativo. Ove la delegificazione venga intesa come trasferimento di livello delle fonti di disciplina, lo strumento emblematico � costituito dal regolamento cd. di delegificazione di cui all�art. 17, commi 2 e 3, L. 23 agosto 1988, n. 400 secondo cui �2. Con decreto del Presidente della repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della repubblica, autorizzando l'esercizio della potest� regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari. (12) In ordine a tali limiti, ex plurimis, Corte Costituzionale, sentenza n. 267/2007, cit.; Corte Costituzionale, sentenza 22 giugno 2010, n. 270. (13) Su tali aspetti: P. VIPIANA, voce Legge-provvedimento regionale, cit. (14) La delegificazione � una tecnica per determinare altres� la cessazione della vigenza della legge con liberalizzazione della materia illo tempore disciplinata, materia non coinvolta da riserva di legge, n� assoluta, n� relativa. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 3. Con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del ministro o di autorit� sottordinate al ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di pi� ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessit� di apposita autorizzazione da parte della legge. i regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione�. Tale tecnica, tuttavia, ha determinato una moltiplicazione seriale delle fonti disciplinatrici, con complicazioni in ordine alla conoscibilit� delle norme. Per illustrare il fenomeno si segnala il caso della disciplina in tema di esclusione dal diritto di accesso ai documenti amministrativi: ai sensi dell�art. 24, comma 2, L. 7 agosto 1990, n. 241, le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilit� sottratti al diritto di accesso. In attuazione di tale precetto � stata adottata una miriade di atti, dal contenuto pressoch� identico, con parcellizzazione della disciplina. Il cittadino per conoscere i casi di esclusione dall�accesso deve fare una ricerca amministrazione per amministrazione, individuando altres� l�attuale vigenza della fonte. Tale soluzione, in chiave di costi e benefici, non pare la soluzione ottimale. Analoghe considerazioni valgono per gli atti con i quali sono individuati i termini entro i quali devono concludersi ex art. 2 L. n. 241/1990 i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali, degli enti pubblici nazionali e delle autorit� di garanzia e di vigilanza. Vuol dirsi che va ripensata la tecnica della delegificazione. Miglior partito sarebbe quello, per quanto possibile, di disciplinare con una unica fonte la materia, cercando di prevedere tutti i possibili casi concreti. 5. Legge non autoapplicativa a causa del rinvio a provvedimenti completivi del precetto giuridico. L�ideale, risalente all�illuminismo, � quello della legge chiara, precisa, completa e comprensibile dai cittadini. Negli ultimi anni deve registrarsi che la legge dello Stato e delle regioni (15) in misura rilevante contiene -nella disciplina di una data materia -rimandi a provvedimenti completivi, da adottare entro un dato termine. Con il termine provvedimenti completivi vuol farsi riferimento ad atti che completano la (15) In alcune regioni, negli ultimi anni, oltre la met� delle leggi contiene il rinvio a provvedimenti completivi. DOTTrINA 289 norma giuridica contenuta nella disposizione. In assenza di tale atto il precetto � incompleto e non pu� applicarsi. Vi � una sorta di rinvio per la determinazione del contenuto. Il fenomeno � tendenzialmente diverso dalla delegificazione, analizzata nel paragrafo precedente, atteso che qui la materia � regolata prioritariamente dalla fonte primaria; non vanno escluse, tuttavia, interferenze, laddove un segmento di materia viene delegificato. Tali provvedimenti completivi in minima parte sono fonti secondarie, come i regolamenti; per la massima parte sono delibere dell�organo politico collegiale (Delibere del Consiglio dei Ministri o delibere di Giunta regionale), dell�organo politico monocratico (D.P.C.M.; D.P.G.r.; D.M.; D.I.; Decreti assessorili) e della dirigenza (Decreti dirigenziali). A mo� di esempio si cita la previsione di cui all�art. 11, comma 6, del Testo unico in materia di societ� a partecipazione pubblica (D.L.vo 19 agosto 2016, n. 175) secondo cui �Con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, per le societ� a controllo pubblico sono definiti indicatori dimensionali quantitativi e qualitativi al fine di individuare fino a cinque fasce per la classificazione delle suddette societ�. Per le societ� controllate dalle regioni o dagli enti locali, il decreto di cui al primo periodo � adottato previa intesa in Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Per ciascuna fascia � determinato, in proporzione, il limite dei compensi massimi al quale gli organi di dette societ� devono fare riferimento, secondo criteri oggettivi e trasparenti, per la determinazione del trattamento economico annuo onnicomprensivo da corrispondere agli amministratori, ai titolari e componenti degli organi di controllo, ai dirigenti e ai dipendenti, che non potr� comunque eccedere il limite massimo di euro 240.000 annui al lordo dei contributi previdenziali e assistenziali e degli oneri fiscali a carico del beneficiario, tenuto conto anche dei compensi corrisposti da altre pubbliche amministrazioni o da altre societ� a controllo pubblico�. Inutile sottolineare l�importanza di tale decreto: fissare il compenso congruo per i manager pubblici, strumentale alla efficienza delle societ� pubbliche, con le conseguenti ricadute sul bilancio pubblico. Orbene il decreto de quo che doveva adottarsi entro 30 giorni dall�entrata in vigore del D.L.vo n. 175/2016, non � stato ancora adottato. Si cita altres� la previsione -in tema di risarcimento del danno ambientale -di cui all�art. 311, comma 3, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152: �Con decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformit� a quanto previsto dal punto 1.2.3 dell'allegato 3 alla presente parte sesta i criteri ed i rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 metodi, anche di valutazione monetaria, per determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa�. Anche questo decreto - nella materia sensibile della tutela dell�ambiente -non � stato ancora adottato, nonostante il lunghissimo lasso di tempo trascorso dalla entrata in vigore della norma attributiva del potere. Si rammenta, infine, il caso che pu� considerarsi emblematico del problema evidenziato, ossia quello del nuovo Codice degli Appalti (D.L.vo 12 aprile 2016, n. 50). Questo deve essere integrato da circa cinquanta atti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero delle Infrastrutture, del- l�ANAC, aventi la pi� disparata natura e da adottare entro determinati termini. L�operatore che vuole conoscere la disciplina di una materia deve disporre in luogo di un unico testo - di una congerie di fonti, da controllare nella loro vigenza. una sorta di vestito di Arlecchino, per intenderci. Con l�aggravante che, laddove non vengano adottati i provvedimenti normativi entro i termini prefissati (termini giustamente definibili, con redenti, �canzonatori�), la disciplina � quantomai problematica. Ed � quanto avvenuto proprio con il Codice degli Appalti. Valga il caso della qualificazione delle stazioni appaltanti, ex art. 38, comma 2, del detto Codice �Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi, su proposta del ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, sentite l'aNaC e la Conferenza Unificata, sono definiti i requisiti tecnico organizzativi per l'iscrizione all'elenco di cui al comma 1, in applicazione dei criteri di qualit�, efficienza e professionalizzazione, tra cui, per le centrali di committenza, il carattere di stabilit� delle attivit� e il relativo ambito territoriale. il decreto definisce, inoltre, le modalit� attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione e di eventuale aggiornamento e revoca, nonch� la data a decorrere dalla quale entra in vigore il nuovo sistema di qualificazione�. Il decreto in esame, a due anni della entrata in vigore del Codice degli Appalti, non ha ancora visto la luce. I principi di unit�, completezza, credibilit� e coerenza nella materia degli appalti sono messi a dura prova da tale modo di legiferare. Ove si insista nel mantenere tale modo di legiferare - con i numerosi rinvii evidenziati - occorrerebbe almeno adottare, ex art. 17-bis, L. n. 400/1988 testi unici compilativi onde semplificare la ricerca del diritto (�attenendosi ai seguenti criteri: a) puntuale individuazione del testo vigente delle norme; b) ricognizione delle norme abrogate, anche implicitamente, da successive disposizioni; c) coordinamento formale del testo delle disposizioni vigenti in modo da garantire la coerenza logica e sistematica della normativa; d) ricognizione delle disposizioni, non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore�). Ci� descritto, si rileva che diverse sono le cause del fenomeno della legge DOTTrINA 291 non autoapplicativa a causa del rinvio a provvedimenti completivi. Tra queste cause evidenziamo: � assenza di unitaria visione politica nelle forze governative che sostengono l�approvazione della legge. In tale evenienza, in assenza di un accordo, si rinvia al futuro atto il completamento della disciplina, sperando nel frattempo di raggiungere una intesa; � azione ostativa dei portatori di interessi, contrari alla piena attuazione della legge, sugli organi politici al fine di impedire o rallentare il completamento della vicenda; � istruttoria incompleta alla base della legge e/o impreparazione dei conditores. In questo caso la tecnica del rinvio all�atto completivo � una misura necessitata, confidando, poi, di recuperare in seguito il tempo perduto; � non rendere immediatamente conoscibili i destinatari di benefici e/o provvidenze. Il rinvio all�atto completivo ha la funzione di dilatare nel tempo le fonti della conoscenza. Inutile dire che tale tecnica di normazione cozza con i principi di efficacia dell�azione politica, dilatandosi i tempi entro i quali conseguire e misurare i risultati. Con l�ulteriore aggravante che spesso i provvedimenti attuativi vengono adottati con ritardo rispetto ai termini fissati o addirittura non adottati. Tale tecnica di normazione andrebbe espunta dal sistema. La legge, da subito, dovrebbe essere completa nei contenuti. 6. L�invasione della sfera legislativa da parte degli atti extra ordinem. Le ordinanze di necessit� e di urgenza (cd. extra ordinem) sono atti di autorit� amministrative adottabili, sul presupposto della necessit� e dell�urgenza del provvedere, per far fronte ad un pericolo di danno grave ed imminente per la generalit� dei cittadini, con contenuto discrezionalmente determinabile e non prestabilito dalla legge. Si ritiene che loro attributo sia anche quello di incidere derogativamente e sospensivamente sulla legislazione in vigore. Difatti, nelle materie non coperte da riserva di legge si riconosce in dottrina che l�ordinanza possa derogare temporaneamente alla legislazione preesistente, anche contra legem, ossia in contrasto con la disciplina legislativa ordinariamente valevole nella materia (16). Circa la compressione di disposizione legislative, l�assestato quadro dottrinale e giurisprudenziale � nel senso che le dette ordinanze non possano essere emanate in contrasto con i principi generali dell�ordinamento giuridico e con i principi fondamentali della Costituzione, debbano avere una efficacia limitata nel tempo (il principio di proporzionalit� esige che il contenuto delle (16) Ex plurimis: E. CASETTA, manuale di diritto amministrativo, XVI edizione, Giuffr�, 2014, p. 344; L. MAzzArOLLI, G. PErICu, A. rOMANO, F.A. rOVErSI MONACO, F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, I volume, IV edizione, Monduzzi, 2005, p. 60. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 ordinanze sia rigidamente calibrato in funzione dell�emergenza specifica che deve essere in concreto fronteggiata), debbano essere motivate e adeguatamente pubblicizzate, non si possano adottare in luogo di poteri tipici previsti dalle norme vigenti idonei a far fronte a quel tipo di situazione (17). Con tali tipi di ordinanze vi � una sicura deroga ai caratteri della tipicit� e nominativit� del provvedimento amministrativo. Fra i casi abitualmente ricondotti alla categoria delle ordinanze extra ordinem possiamo citare i seguenti: � ordinanze necessitate (art. 7 della l. 20 marzo 1865 n. 2248, All. E:�allorch� per grave necessit� pubblica l�autorit� amministrativa debba senza indugio disporre della propriet� privata, od in pendenza di un giudizio, per la stessa ragione, procedere all�esecuzione dell�atto delle cui conseguenze giuridiche si disputa, essa provveder� con decreto motivato, sempre per� senza pregiudizio dei diritti delle parti�) (18); � tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica (art. 2, comma 1, del T.u. delle leggi di Pubblica Sicurezza 18 giugno 1931, n. 773, secondo cui: �il prefetto, nel caso di urgenza o per grave necessit� pubblica, ha facolt� di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica�) (19); � igiene e sanit� pubblica e polizia veterinaria (art. 32, commi 1 e 3, della l. 23 dicembre 1978, n. 833: �il ministro della sanit� pu� emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanit� pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente pi� regioni [comma 1]. Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di ca( 17) Ex plurimis: M. CLArICh, manuale di diritto amministrativo, III edizione, Il Mulino, 2017, pp. 85-87. (18) Sui provvedimenti adottati dai Prefetti in applicazione di questo articolo, L. 30 novembre 1950, n. 996, articolo unico, cos� dispone: �i provvedimenti adottati dai Prefetti nell'esercizio dei poteri previsti dall'art. 7 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, sono provvedimenti definitivi�. Secondo la Corte di Appello di Napoli, sentenza 3 dicembre 2007 �il potere di requisizione previsto dall'art. 7, cit., costituisce un provvedimento derogatorio di carattere eccezionale, al quale � consentito fare ricorso solo di fronte all'urgenza e alla necessit� di disporre della propriet� privata per esigenze di carattere generale�. (19) Ai sensi dell�art. 216, comma 1, del T.u. delle leggi di Pubblica Sicurezza �oltre quanto � disposto dall'art. 2, qualora la dichiarazione di pericolo pubblico si estenda all'intero territorio del regno, il ministro dell'interno pu� emanare ordinanze, anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie che abbiano comunque attinenza all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica�. T.A.r. Piemonte Torino, sentenza 3 agosto 2012, n. 969 precisa: �Con riferimento ai limiti insuperabili del potere amministrativo la giurisprudenza ha affermato che le ordinanze prefettizie di ordine pubblico e di urgenza ai sensi del- l'art. 2 t.u.p.s. 18 giugno 1931 n. 773 sono utilizzabili soltanto nei casi di riserva relativa di legge ma in tali casi possono incidere anche nei riguardi di diritti costituzionalmente garantiti (i quali ultimi non possono essere tutelati oltre i limiti ad essi coessenziali, tali da consentire l'esplicarsi delle esigenze necessarie ad assicurare la vita stessa della comunit� e quindi anche l'adozione di misure d'urgenza prefettizie)�. DOTTrINA 293 rattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente pi� comuni e al territorio comunale [comma 3]�; art. 129, comma 1, del testo unico delle leggi sanitarie r.D. 27 luglio 1934, n. 1265: �in caso di sospensione o di interruzione di un esercizio farmaceutico, dipendenti da qualsiasi causa, e dalle quali sia derivato o possa derivare nocumento all'assistenza farmaceutica locale, il prefetto adotta i provvedimenti di urgenza per assicurare tale assistenza�; art. 261, comma 1, del testo unico delle leggi sanitarie: �il ministro per l'interno, quando si sviluppi nel regno una malattia infettiva a carattere epidemico, pu� emettere ordinanze speciali per la visita e disinfezione delle case, per l'organizzazione di servizi e soccorsi medici e per le misure cautelari da adottare contro la diffusione della malattia stessa�); � incolumit� pubblica e sicurezza urbana (art. 54, comma 4, T.u. enti locali D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267:�il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princ�pi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumit� pubblica e la sicurezza urbana�); � emergenze sanitarie o igiene pubblica a carattere esclusivamente locale e decoro urbano (art. 50, comma 5, T.u. enti locali D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267: �in particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunit� locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunit� locale, in relazione all'urgente necessit� di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilit� urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillit� e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza, ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di pi� ambiti territoriali regionali�); � gestione dei rifiuti (art. 191, commi 1 e 3, D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 secondo cui �1.[�] qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessit� di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della provincia ovvero il Sindaco possono emettere, nell'ambito delle rispettive competenze, ordinanze contingibili ed urgenti per consentire il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti, anche in deroga alle disposizioni vigenti, nel rispetto, comunque, delle disposizioni contenute nelle direttive del- l'Unione europea, garantendo un elevato livello di tutela della salute e dell'ambiente. Dette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 dei ministri, al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al ministro della salute, al ministro delle attivit� produttive, al Presidente della regione e all'autorit� d'ambito di cui all'articolo 201 entro tre giorni dall'emissione ed hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi. 3. Le ordinanze di cui al comma 1 indicano le norme a cui si intende derogare e sono adottate su parere degli organi tecnici o tecnico-sanitari locali, che si esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali�); � inquinamento marittimo (art. 12, comma 2, L. 31 dicembre 1982, n. 979: �L'autorit� marittima rivolge ai soggetti [�] immediata diffida a prendere tutte le misure ritenute necessarie per prevenire il pericolo d'inquinamento e per eliminare gli effetti gi� prodotti. Nel caso in cui tale diffida resti senza effetto, o non produca gli effetti sperati in un periodo di tempo assegnato, l'autorit� marittima far� eseguire le misure ritenute necessarie per conto dell'armatore o del proprietario, recuperando, poi, dagli stessi le spese sostenute�) (20); � tutela dell�ambiente (art. 8 L. 3 marzo 1987, n. 59: �Fuori dei casi di cui al comma 3 dell'articolo 8 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (21), qualora si verifichino situazioni di grave pericolo di danno ambientale e non si possa altrimenti provvedere, il ministro dell'ambiente, di concerto con i ministri eventualmente competenti, pu� emettere ordinanze contingibili e urgenti per la tutela dell'ambiente. Le ordinanze hanno efficacia per un periodo non superiore a sei mesi�) (22); � funzionamento minimo dei servizi di preminente interesse generale (art. 8, comma 1, L.12 giugno 1990, n. 146: �Quando sussista il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati [�], che potrebbe essere cagionato dall'interruzione o dalla alterazione del funzionamento dei servizi pubblici di cui all'articolo 1, conseguente all'esercizio dello sciopero o a forme di astensione collettiva di lavoratori autonomi, professionisti o piccoli imprenditori, su segnalazione della Commissione di garanzia ovvero, nei casi di necessit� e urgenza, di (20) Per questa ipotesi: A.M. SANDuLLI, manuale di diritto amministrativo, I volume, XV edizione, Jovene, 1989, p. 74. (21) Per il quale: �in caso di mancata attuazione o di inosservanza da parte delle regioni, delle province o dei comuni, delle disposizioni di legge relative alla tutela dell'ambiente, e qualora possa derivarne un grave danno ecologico, il ministro dell'ambiente, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche a carattere inibitorio di opere, di lavoro o di attivit� antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Se la mancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma � imputabile ad un ufficio periferico dello Stato, il ministro dell'ambiente informa senza indugio il ministro competente da cui l'ufficio dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento. Se permane la necessit� di un intervento cautelare per evitare un grave danno ecologico, l'ordinanza di cui al presente comma � adottata dal ministro competente, di concerto con il ministro dell'ambiente�. (22) Anche per questa ipotesi: A.M. SANDuLLI, manuale di diritto amministrativo, cit., p. 74. DOTTrINA 295 propria iniziativa, informando previamente la Commissione di garanzia, il Presidente del Consiglio dei ministri o un ministro da lui delegato, se il conflitto ha rilevanza nazionale o interregionale, ovvero, negli altri casi, il prefetto o il corrispondente organo nelle regioni a statuto speciale, informati i presidenti delle regioni o delle province autonome di Trento e di Bolzano, invitano le parti a desistere dai comportamenti che determinano la situazione di pericolo, esperiscono un tentativo di conciliazione, da esaurire nel pi� breve tempo possibile, e se il tentativo non riesce, adottano con ordinanza le misure necessarie a prevenire il pregiudizio ai diritti della persona costituzionalmente tutelati [�]�); � emergenze in materia di protezione civile (Codice della protezione civile, D.L.vo 2 gennaio 2018, n. 1, in specie l�art. 25 relativo alle ordinanze di protezione, a tenor del quale: �1. Per il coordinamento dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalit� indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea. Le ordinanze sono emanate acquisita l'intesa delle regioni e Province autonome territorialmente interessate e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate. [�]. 3. Le ordinanze di protezione civile non sono soggette al controllo preventivo di legittimit� di cui all'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni. 4. Le ordinanze di protezione civile, la cui efficacia decorre dalla data di adozione e che sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana, sono rese pubbliche ai sensi di quanto previsto dall'articolo 42 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e successive modificazioni e sono trasmesse, per informazione, al Presidente del Consiglio dei ministri, alle regioni o Province autonome interessate e fino al trentesimo giorno dalla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, al ministero dell'economia e delle finanze.[�] 9. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo avverso le ordinanze di protezione civile e i consequenziali provvedimenti commissariali nonch� avverso gli atti, i provvedimenti e le ordinanze emananti ai sensi del presente articolo � disciplinata dal codice del processo amministrativo�); � poteri sostitutivi (art. 8 della l. 5 giugno 2003, n. 131 (23), relativo al( 23) Che per quanto di interesse enuncia: �1. Nei casi e per le finalit� previsti dall'articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente per materia, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 l�attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo, sulle ordinanze di urgenza nell�ambito dei detti poteri sostitutivi). Come rilevato sopra, la communis opinio - invero radicata in dottrina ed in giurisprudenza - � nel senso, che tutte le ordinanze extra ordinem nelle materie non coperte da riserva assoluta di legge possano derogare temporaneamente alla legislazione preesistente, a prescindere da un�espressa previsione nella fonte normativa attributiva del potere di ordinanza. A condividere tale opinione la sfera legislativa subirebbe una erosione temporanea. Emblematica � la normativa da ultimo richiamata, in ordine ai poteri sostitutivi con la nomina del commissario ad acta. un campo riguardato dai detti poteri � quello del rientro, in capo all�amministrazione regionale, dal deficit in materia sanitaria. I poteri sostitutivi possono avere ad oggetto anche l�esercizio di funzioni normative. Si registra un ampio dibattito in dottrina circa i possibili profili di illegittimit� costituzionale di norme dalle quali possa discendere un�asserita natura legislativa del potere sostitutivo esercitato dai commissari nominati dal governo e si ritiene che l�esercizio del potere sostitutivo possa realizzarsi sia mediante l�adozione di un atto, al posto di quello omesso dall�organo sostituito, sia mediante la sospensione di un atto, anche legislativo gi� emanato (24). Contrariamente alla communis opinio deve ritenersi che in ossequio al principio di legalit� e di gerarchia delle fonti le ordinanze extra ordinem non possano derogare temporaneamente alla legislazione preesistente, a meno che non vi sia una espressa previsione nella fonte normativa regolante il potere di ordinanza (come nel caso delle ordinanze in materia di gestione dei rifiuti e di emergenze di protezione civile). Con l�assecondare la communis opinio si aggiungerebbe un�ulteriore tessera al mosaico diretto a depotenziare la legge. Quando vi � una espressa previsione, tali ordinanze formalmente si presentano come atti amministrativi, mentre sostanzialmente esse possono incidere sulla legislazione. Tecnicamente l�ordinanza non abroga la legge. La sua vigenza determina la sospensione della efficacia della norma legislativa, la cui operativit� viene compressa con una sorta di deroga temporanea. Cessata l�operativit� dell�ordinanza, l�efficacia della legge si riespande. Il meccanismo � analogo al rapporto tra il diritto di propriet� e il diritto reale di godimento che lo limita: durante la pendenza del diritto di godimento le facolt� del pro- apposito commissario. [�]. 3. Fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale, qualora l'esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o Citt� metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princ�pi di sussidiariet� e di leale collaborazione. il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito�. (24) r. BALDuzzI - G. CArPANI (a cura di), manuale di diritto sanitario, il Mulino, 2013, p. 405; N. VICECONTE, Gli atti dei Commissari ad acta in sanit� tra 'forma' amministrativa e 'sostanza' legislativa: la Corte asserisce, ma non chiarisce (Osservazione a Corte costituzionale, sentenza 12 dicembre 2014 n. 278), in Giur. Cost., 2014, pp. 4732 - 4740. DOTTrINA 297 prietario sono compresse, salvo riespandersi alla scadenza del termine del diritto reale di godimento. 7. Conclusioni. Tirando le fila del discorso, � agevole rilevare come l�unico caso in cui un legislatore ragionevole dovrebbe adottare leggi senza i caratteri della generalit� ed astrattezza � quello strumentale all�attuazione del principio di eguaglianza sostanziale. All�evidenza, il carattere complesso della societ�, la frammentazione degli interessi con la formazione dello Stato-pluriclasse, rendono inevitabile l�adozione di leggi provvedimento. Per il resto, occorre essere critici verso le leggi provvedimento irragionevoli, verso la delegificazione che complica la ricerca del diritto, verso la legge non autoapplicativa e verso gli atti extra ordinem dal contenuto derogatorio della legge ordinaria nei casi non previsti nella fonte attributiva del potere. Le tipologie di leggi criticate sono in contrasto con il principio di eguaglianza sostanziale, con il principio di legalit� dell�azione amministrativa e con l�esigenza di norme giuridiche semplici, complete e conoscibili con immediatezza. L�attuale quadro legislativo si caratterizza per la scarsa qualit�: testi che rinviano ad altri testi, leggi che rinviano -in aspetti qualificanti -a regolamenti, fattura sciatta, eccessiva lunghezza. Tacito evidenziava che uno dei sintomi della corruzione della res pubblica � la molteplicit� delle leggi. � fin troppo evidente che un testo normativo prolisso, involuto, richiamante altre disposizioni (in modo che il quadro della materia risulti da varie leggi, come un puzzle) agevola anche condotte amministrative opache. Pi� semplice e chiaro � il quadro normativo, meno facili sono condotte corruttive e viceversa. Leggi chiare, precise, poche, era l�ideologia dell�illuminismo. Il sistema giuridico prevede strumenti finalizzati alla produzione di norme chiare (es. AIr, drafting, etc.), che per� non vengono adeguatamente utilizzati. Certo, un legiferare semplificato � attivit� impegnativa. Pascal nel concludere una lettera ad un amico scrisse: �Scusami per la lunghezza della lettera, ma non ho avuto il tempo di farla pi� breve�. Cionondimeno i produttori delle norme dovrebbero mettere in campo tutti gli sforzi per la redazione di leggi immediatamente fruibili da tutti i consociati. In conclusione: la legge con i connotati della generalit� ed astrattezza non � un ferro vecchio ottocentesco, ma � ancora strumento per un�ordinata ed efficace regolazione. L�auspicio �, quindi, che si torni all�antico, perch� - come avrebbe chiosato Mario Pagano - non sempre quello che viene dopo � meglio. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 oltre il dogma dell�immunit� della pubblica ammministrazione anche in punto di responsabilit� precontrattuale Cesare Borgia* Sommario: 1. Premessa -2. il fondamento della responsabilit� della pubblica amministrazione -3. Le due forme di responsabilit� precontrattuale: �pura� e �spuria� -4. Le nuove frontiere della responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione -5. Conclusioni. 1. Premessa. Questo studio intende in via preliminare mettere in luce il contesto attuale riguardante il diritto amministrativo, ed in particolare i rapporti tra le pubbliche amministrazioni e gli amministrati, perch� ogni trattazione di un qualsiasi argomento dello stesso non pu�, a parere di chi scrive, prescindere dall�analisi della realt�. La responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione riflette le sorti dell�omologo istituto di diritto comune (1). � evidente come la forza della perfezione concettuale tipica del diritto privato �si impone anche negli altri settori perch� fornisce un linguaggio formalizzato idoneo a organizzare razionalmente la conoscenza giuridica dei fenomeni. in altri termini, gli strumenti concettuali del diritto privato hanno costituito la base per elaborare anche quelli del diritto pubblico e amministrativo, nonostante la progressiva e sempre pi� intensa elaborazione di istituti speciali nell�ambito delle esperienze di diritto amministrativo� (2). Ci� nonostante, anche quando l�amministrazione esercita le proprie competenze per mezzo degli strumenti tipici del diritto privato non pu� dirsi che stia esercitando autonomia privata in senso proprio (3), dal momento che l�attivit� amministrativa � sempre funzionaliz (*) Dottore in Giurisprudenza, specialista in Professioni Legali, collaboratore presso le cattedre di Diritto Amministrativo II e di Diritto dei beni e dei servizi pubblici della Facolt� di Giurisprudenza dell�universit� di roma �La Sapienza�. articolo gi� pubblicato sulla rivista on line italiappalti (Codice iSSn 2531-4025) in data 12/04/ 2018. (1) Tra gli altri: G.M. rACCA, La responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione tra autonomia e correttezza, Napoli, 2000; A.G. DIANA, La responsabilit� precontrattuale della Pubblica amministrazione, Padova, 2000; E. LIuzzO, La responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione, Milano, 1995. (2) A. LALLI, Pubblico e privato: le tendenze di lungo periodo e la recente disciplina in materia di societ� partecipate dai pubblici poteri, in rivista italiana per le scienze giuridiche, 7 (2016), 315. (3) A. LALLI, Pubblico e privato: le tendenze di lungo periodo e la recente disciplina in materia di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 317. DOTTrINA 299 zata (4) e ci� basta per distinguere nettamente l�autonomia privata dei privati dall�autonomia privata dell�amministrazione. Le autonomie proprie dell�amministrazione, secondo una impostazione che, seppur classica, � ancora attuale, indicano gli spazi di valutazione soggettiva necessari per poter apprezzare le situazioni nel caso concreto, laddove non tutte sono prevedibili in astratto e in generale dalla legge, �al fine di massimizzare l�interesse pubblico� (5). Nell�esercizio del potere pubblico inteso nell�accezione tradizionale ovvero il potere unilaterale, autoritativo e tipico, questo ambito di autonomia dell�amministrazione prende il nome di discrezionalit� e �l�attivit� giuridica posta in essere nel suo esercizio ha i connotati della funzione� (6). L�elemento della �funzionalizzazione� � fondamentale in materia di diritto amministrativo. Tanto premesso, � stato di recente autorevolmente affermato (7) che oggi il vero diritto privato sarebbe il diritto amministrativo inteso come diritto del- l�intera societ�, e non pi�, quindi, come il diritto della pubblica amministrazione. Quanto affermato poggia sulla considerazione che le discipline ruotanti attorno al Diritto Amministrativo appaiono sempre pi� estese a ogni aspetto della vita dei singoli e della collettivit�; molta parte della disciplina amministrativa delle attivit� private viene elaborata a seguito di procedimenti partecipati �nei quali si realizza un confronto cooperativo tra i titolari di interessi privati e i portatori di quelli pubblici� (8); il diritto amministrativo tende sempre pi� a originarsi dal basso cos� come, storicamente nella tradizione romanistica, � stato elaborato il diritto privato a seguito dell�opera di sistemazione e razionalizzazione svolta dai giureconsulti delle esigenze e degli interessi manifestati dalla societ� e non tanto come un�imposizione dall�alto e dall�esterno (9). Tali preliminari considerazioni sono in grado di fotografare i tempi odierni. Si pensi, ad esempio, alla tutela amministrativa dei consumatori affidata in linea generale all�Autorit� garante della concorrenza e del mercato e, a date condizioni ed entro certi limiti, alle Autorit� di regolazione di settore. In applicazione delle discipline in materia di pratiche commerciali scorrette e di clausole vessatorie, si � istituita una specifica funzione amministrativa tutoria di determinate categorie di soggetti privati ritenute deboli nella loro attivit� negoziale con altri soggetti privati ritenuti in posizione di forza sul mercato (10). (4) V. CEruLLI IrELLI, amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011, 10 e ss. (5) A. LALLI, ibidem. (6) A. LALLI, ibidem. (7) S. CASSESE, L. TOrChIA, Diritto amministrativo. Una conversazione, Bologna, 2014, 37 e ss. (8) A. LALLI, Pubblico e privato: le tendenze di lungo periodo e la recente disciplina in materia di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 319. (9) A. LALLI, ibidem. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 Specularmente a questo fenomeno, deve evidenziarsi la tendenza sempre pi� marcata all�uso da parte della pubblica amministrazione di modelli consensuali anche nel momento in cui esercita un potere pubblico nella sua accezione tradizionale di attivit� unilaterale, autoritativa e tipica (11). L�attivit� consensuale (12) della pubblica amministrazione gode di una perdurante attualit� all�interno del dibattito sulla distinzione tra pubblico e privato nel diritto amministrativo (13). Da sempre la pubblica amministrazione si avvale degli strumenti tipici del diritto privato come i contratti, le obbligazioni, i diritti reali, le societ�, seppure seguendo discipline speciali che escludono che l�amministrazione possa essere considerata titolare di autonomia privata nella medesima accezione propria dell�autonomia che riguarda i privati. Ma il diverso fenomeno cui si allude indica la tendenza a conferire peculiare rilevanza al consenso dei soggetti privati con i quali l�amministrazione entra in contatto nell�esercizio delle proprie competenze, andando ben oltre la tradizionale prospettiva della teoria non negoziale del provvedimento amministrativo (14). Ne deriva la consapevolezza che il diritto privato ha mutuato alcuni strumenti di natura tipicamente amministrativa e conosce la presenza sempre pi� pervasiva della regolazione amministrativa, sia in funzione di supporto e tutela delle autonomie private, si pensi ai soggetti ritenuti deboli oppure, all�opposto, in funzione di limite all�autonomia privata quando questa trasmodi in esercizio di potere privato abusivo. D�altro canto, il diritto amministrativo si serve sempre pi� degli strumenti privatistici e, in particolar modo, d� sempre maggior rilievo al consenso dei privati interessati dall�azione amministrativa autoritativa. Nel quadro attuale, e pur sempre mutevole, l�amministrazione, oltre ad agire secondo il tradizionale schema pubblicistico autoritativo, �adotta sempre pi� modelli nei quali il consenso dei privati ha un ruolo importante; inoltre, applica, da sempre, gli strumenti propri del diritto privato� (15), pur residuando un�irriducibile differenza di fondo tra la nozione di autonomia privata dei privati e quella di autonomia privata dell�amministrazione. A fronte di tale rilevante tendenza, non appare contestata la possibilit�, (10) A. LALLI, Pubblico e privato: le tendenze di lungo periodo e la recente disciplina in materia di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 321. (11) A. LALLI, Pubblico e privato: le tendenze di lungo periodo e la recente disciplina in materia di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 322. (12) A. MOLITErNI, amministrazione consensuale e diritto privato, Napoli, 2016. (13) M. D�ALBErTI, Diritto amministrativo e diritto privato: nuove emersioni di una questione antica, in riv. trim. dir. pubbl., 2012, 1019 ss. (14) F.G. SCOCA, La teoria del provvedimento dalla sua formazione alla legge sul procedimento, in Dir. amm., 1995, 1 e ss. (15) A. LALLI, Pubblico e privato: le tendenze di lungo periodo e la recente disciplina in materia di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 325. DOTTrINA 301 come anche l�utilit� se si vuole, per le amministrazioni pubbliche di avvalersi di tecniche e mezzi di azione propri dell�ordinamento dei privati (16). Maggiormente discussa continua invece ad essere la questione degli effettivi limiti -anche costituzionali -rispetto all�ingresso e all�utilizzo di simili strumenti nell�ordinamento amministrativo; �e, soprattutto, la questione del grado e del livello di necessario adattamento (o di snaturamento) delle tecniche privatistiche allorch� le stesse siano messe al servizio dei pubblici poteri� (17). Il fenomeno descritto investe anche la responsabilit� della pubblica amministrazione, dal momento che il binomio �responsabilit� aquiliana -responsabilit� contrattuale� � un modello generale che si specializza gi� nel diritto privato (si pensi alla tutela rafforzata del consumatore). Ancora, l�estensione delle regole generali sulla responsabilit� civilistica al danno cagionato dalla pubblica amministrazione deve necessariamente tenere in dovuta considerazione qual � il modo di manifestarsi dell�azione pubblica, ossia il procedimento amministrativo, che in tempi odierni, come si � gi� evidenziato, � significativamente partecipato dal privato, al punto che la responsabilit� della pubblica amministrazione pare, come si vedr� nelle pagine successive, sempre pi� riconducibile al modello della responsabilit� da �contatto sociale�. 2. il fondamento della responsabilit� della pubblica amministrazione. In un primo momento si escludeva la possibilit� che una condotta pubblica fosse sottoposta ai principi della culpa in contrahendo, facendo leva, in particolare, sulla presunzione di correttezza del comportamento tenuto dai soggetti pubblici, sull�inammissibilit� di un sindacato del Giudice Ordinario sulle scelte discrezionali della pubblica amministrazione, sulla non ipotizzabilit� di un affidamento meritevole di tutela del privato in ordine alla stipula del contratto, tenuto conto della disciplina di matrice pubblicistica cui � sottoposta l�intera attivit� contrattuale dei soggetti pubblici. La tipologia di interesse che si persegue, la modalit� discrezionale e la presunzione di correttezza che caratterizza l�agere pubblico, infatti, rappresentavano un valido ostacolo alla configurabilit� in capo al soggetto pubblico di una responsabilit� precontrattuale. Fondamentalmente, la ragione di tale esclusione si fondava sul postulato che durante la fase di formazione del contratto la posizione del privato viene a configurarsi esclusivamente quale interesse legittimo nei confronti dei pubblici poteri, mentre la pubblica amministrazione, nel suo agire iure privatorum, (16) V. CEruLLI IrELLI, amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011. (17) A. MOLITErNI, Pubblico e privato nell�attivit� negoziale della p.a., in rivista italiana per le scienze giuridiche, 7 (2016), 333. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 esercita comunque un potere discrezionale e, per tale ragione, era ritenuta capace di un comportamento insindacabile, cio� di determinarsi liberamente, senza vincoli, fino all�approvazione del contratto. Con tale argomentazione si escludeva la possibilit� di una responsabilit� della pubblica amministrazione, godendo questa di una posizione di �libert��, di autodeterminazione, per mezzo dell�esercizio della discrezionalit� amministrativa, finalizzata al perseguimento dell�interesse pubblico. Tuttavia in Costituzione della vecchia amministrazione autoritaria non vi � traccia e, come affermato in dottrina, nessuna base costituzionale hanno i vecchi istituti che di quella concezione possono considerarvi derivazione (18). In Costituzione sono piuttosto presenti principi opposti, riguardo all�amministrazione come �funzione servente gli interessi della collettivit�� (19) cui provvede con imparzialit�, secondo la legge e ne deve assicurare il buon andamento. Solo in qualche caso, sulla base di specifiche disposizioni di legge � previsto l�esercizio di poteri autoritari. Si pu� affermare che nel sistema costituzionale, corroborato sul punto dal diritto europeo, emerge piuttosto una concezione dell�amministrazione paritaria; cio� � una amministrazione nella quale l�esercizio dei poteri autoritativi [�] � l�eccezione e non la regola, limitata ai casi espressamente previsti, a loro volta limitati alla stretta necessit�� (20). Questo vuol dire che laddove il risultato pratico dell�azione amministrativa possa essere raggiunto senza l�esercizio della autorit�, lo strumento paritario debba in principio essere preferito; in principio, anche a fronte dell�esigenza del buon andamento, che necessita piuttosto della partecipazione e del consenso che dell�autorit� (c.d. demarchia (21)). Questa impostazione, peraltro, risulta, come � stato affermato, notevolmente accentuata in virt� dell�ingresso nel testo costituzionale del principio di sussidiariet� (art. 118), �segnatamente laddove impone di fare spazio ai cittadini nell�esercizio diretto di attivit� di interesse generale� (22). La responsabilit� della pubblica amministrazione, nel nostro ordinamento, rinviene il suo fondamento costituzionale nell�articolo 28, in base al quale �i funzionari e i dipendenti dello Stato sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative degli atti compiuti in violazione dei diritti. in tali casi la responsabilit� civile si estende allo Stato e agli enti pubblici�. Nella costruzione dei Costituenti, il riconoscimento della responsabilit� (18) V. CEruLLI IrELLI, Diritto pubblico e privato nella pubblica amministrazione (profili generali e costituzionali), in rivista italiana per le scienze giuridiche, 7 (2016), 267. (19) V. CEruLLI IrELLI, Diritto pubblico e privato nella pubblica amministrazione (profili generali e costituzionali), cit., 268. (20) V. CEruLLI IrELLI, ibidem. (21) F. BENVENuTI, Per un diritto amministrativo paritario, in AA.VV., Studi in memoria di Enrico Guicciardi, Padova, 1975. (22) V. CEruLLI IrELLI, ibidem. DOTTrINA 303 degli apparati pubblici, alla luce del dato testuale e della collocazione sistematica del disposto normativo, era un istituto predisposto per rafforzare la tutela dei diritti fondamentali, in specie le libert� civili. Tale prospettiva ha, pertanto, in un primo momento, comportato una differenziazione netta tra le posizioni giuridiche lese dall�agire della pubblica amministrazione, riconducibile per molto tempo all�interpretazione dominante: riconoscimento fin da subito della risarcibilit� dei danni cagionati da lesioni di diritti soggettivi, non altrettanto per quanto riguardava gli interessi legittimi. Questa impostazione, inoltre, come per ogni istituto della scienza del diritto amministrativo, ruotava attorno alla funzionalizzazione dell�attivit� amministrativa, tesa necessariamente al perseguimento dell�interesse pubblico, pur esplicandosi, come nel caso in questione, mediante il ricorso a moduli privatistici. La tensione pubblicistica dell�attivit� privata della pubblica amministrazione ha indotto la giurisprudenza pi� tradizionale ad escludere l�estensibilit� agli enti pubblici della culpa in contrahendo. A sostegno della tesi pi� restrittiva l�assunto che, anche dopo l�individuazione del contraente, la pubblica amministrazione rimane titolare di un vero e proprio potere discrezionale in ordine alla valutazione circa la convenienza e la rispondenza all�interesse pubblico del contratto che si accinge a stipulare: il privato, quindi, non avrebbe vantato alcun diritto soggettivo risarcibile nei confronti dell�amministrazione, ma soltanto un interesse legittimo al corretto esercizio del suo potere discrezionale. Tale posizione di chiusura � stata superata dalla giurisprudenza a partire dagli anni Sessanta. Si � osservato, infatti, che l�osservanza dei canoni di correttezza e buona fede nelle trattative � cosa ben diversa rispetto alla legittimit� e alla convenienza dell�azione amministrativa: l�accertamento della buona fede della pubblica amministrazione, pertanto, rientra nei poteri del giudice, la cui indagine verte unicamente sull�adempimento del dovere civilistico di agire da corretto contraente. Se, quindi, l�impostazione tradizionale faceva leva sulla presunta correttezza del comportamento tenuto dai soggetti pubblici, sull�inammissibilit� di un sindacato del G.O. sulle scelte discrezionali della P.A., sulla non ipotizzabilit� di un affidamento meritevole di tutela del privato in ordine alla stipula del contratto, la giurisprudenza, nei primi anni Sessanta, inizi� a superare queste presunzioni concettuali, recependo quell�insegnamento della miglior dottrina secondo cui, ai fini della responsabilit� precontrattuale, ci� che si chiede al giudice non � di valutare la correttezza della condotta dell�amministratore, bens� quella del contraente (23). (23) M. NIGrO, L�amministrazione tra diritto pubblico e diritto privato, in Foro it., 1961, 462 ss., il quale acutamente osserva che a venire in considerazione non � la valutazione circa la correttezza del- l�agire dei pubblici poteri sotto il profilo del perseguimento o meno del pubblico interesse, perch�, ai fini della responsabilit� precontrattuale, a venire in gioco �, piuttosto, il comportamento della Pubblica Amministrazione quale corretto contraente. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 Aprendo, quindi, alla possibilit� che un soggetto pubblico, sia pure nel perseguimento dell�interesse pubblico, possa agire come un soggetto privato, si ammetteva la riconducibilit� all�istituto della responsabilit� centrale nel- l�estrinsecarsi dei rapporti giuridici privatistici (24). La giurisprudenza amministrativa ha cos� esteso, come sostenuto in dottrina, il paradigma della responsabilit� precontrattuale di origine civilistica a tutte quelle fattispecie che vedono la pubblica amministrazione in veste di contraente. Pi� nello specifico, si perviene alla convinzione secondo cui se da un lato la responsabilit� precontrattuale � certamente da escludere nelle ipotesi in cui la pubblica amministrazione agisce come soggetto in posizione autoritaria, dall�altro non pu� non ammettersi la riconducibilit� alle fattispecie di cui agli articoli 1337 e 1338 c.c. di tutte quelle condotte afferenti alle cosiddette trattative private. In una fase successiva, si � registrato in giurisprudenza (25) un ulteriore mutamento interpretativo: avallando le critiche avanzate in dottrina, si � affermato come anche nel caso in cui la pubblica amministrazione adotti una procedura ad evidenza pubblica � possibile scorgere uno spazio applicativo della responsabilit� precontrattuale, a patto per� che tra le parti si sia configurato un rapporto personalizzato. La giurisprudenza, nell�ottica di una lettura sempre pi� garantista del diritto amministrativo, apre ad una responsabilit� precontrattuale anche nelle ipotesi in cui la pubblica amministrazione agisce come soggetto pubblico, e dunque in una posizione di potere, ma limita tale possibilit� alla fase finale della procedura di scelta del contraente privato, e cio� a quella fase che vede il soggetto privato, sul piano dinamico, lasciare la posizione di mero partecipante alla gara per assumere quella di parte contrattuale. � solo dal momento dell�aggiudicazione, quindi, che la pubblica amministrazione � tenuta all�osservanza di quei canoni comportamentali che sorreggono la responsabilit� di cui all�articolo 1337 del Codice Civile. Come evidenziato in dottrina, detta tesi trovava autorevole fondamento giurisprudenziale in quelle decisioni che ritenevano che prima della scelta del contraente, nella fase in cui gli interessati non hanno ancora la qualit� di futuri contraenti, ma soltanto quella di partecipanti alla gara e vantano esclusivamente una posizione di interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione, non potesse configurarsi una responsabilit� precontrattuale. Prima dell�aggiudicazione, cio�, gli interessati sarebbero soltanto dei partecipanti al procedimento amministrativo, in quanto tali legittimati soltanto a pretendere la legittimit� degli atti compiuti (26). (24) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, roma, 2017, 304. (25) Si veda Cass. civ., Sez. un., 12 maggio 2008, n. 11656. (26) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, cit., 305. DOTTrINA 305 Anche tale orientamento, tuttavia, � stato oggetto di severe critiche: il Consiglio di Stato (27), infatti, ha affermato che sebbene il procedimento ad evidenza pubblica sia dotato di una doppia natura, i due momenti fattuali, quello pubblicistico e quello privatistico, devono essere letti in un rapporto di successione logica, in cui ogni elemento non gode di vita propria ma rappresenta la logica conseguenza del suo predecessore, in quanto tali tutti insieme tendenti alla stipulazione del contratto. Sulla base di ci� risulta evidente che ogni singolo provvedimento � dotato della forza necessaria a generare un legittimo affidamento nel terzo contraente, tale per cui nello svolgimento di quella attivit� volta alla ricerca e alla scelta del contraente l�amministrazione � tenuta non solo a rispettare le regole dettate dall�interesse pubblico, ma anche i canoni di correttezza di cui all�articolo 1337 del Codice Civile (28). Come affermato in dottrina, non rileva che la scorrettezza comportamentale si sia verificata prima o dopo l�aggiudicazione definitiva, poich� la matrice costituzionale del generale dovere di buona fede � tale da imporre la lettura unitaria della procedura pubblica di scelta del contraente (29). Ancora, al fine di ammettere la configurabilit� della responsabilit� precontrattuale anche nella fase che precede l�aggiudicazione, la giurisprudenza ha attribuito agli atti della procedura di evidenza pubblica una valenza anche privatistica. Il privato, dunque, � contemporaneamente titolare sia dell�interesse legittimo al regolare svolgimento della procedura pubblica, sia del diritto (27) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797; Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611; Cons. Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2014, n. 142. (28) Quanto detto � stato confermato anche da Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2017, n. 1979: il comportamento di una Pubblica Amministrazione �che, dopo l�adozione dell�aggiudicazione definitiva, ha omesso di addivenire, senza offrire alcuna plausibile giustificazione, alla stipula del relativo contratto, integra un comportamento contrario ai generali doveri di correttezza e di buona fede, i quali, come riconosciuto da una giurisprudenza ormai pacifica, trovano applicazione, nonostante la loro derivazione privatistica (cfr. art. 1337 c.c.), anche nell�ambito del procedimento amministrativo, a maggior ragione se si tratta di un procedimento di evidenza pubblica finalizzato alla stipula di un contratto. La responsabilit� in esame � una responsabilit� da comportamento (amministrativo) scorretto, non da provvedimento illegittimo: essa nasce dalla violazione di norme (come si � detto di derivazione privatistica) che hanno ad oggetto il comportamento della pubblica amministrazione, non l�invalidit� del procedimento. La responsabilit� precontrattuale, pertanto, sussiste anche a prescindere dall�invalidit� provvedimentale, perch� il danno che il privato lamenta non discende dal provvedimento, ma dal comportamento tenuto dall�amministrazione (cfr. sul punto Cons. Stato, Sez. Vi, 1 febbraio 2013, n. 633). a differenza di quanto ritenuto dal Comune, la responsabilit� precontrattuale non richiede, quindi, come presupposto l�illegittimit� provvedimentale. in ordine all�elemento soggettivo della colpa, deve, in primo luogo, rilevarsi come, secondo la tesi prevalente nella pi� recente giurisprudenza (da ultimo Cass. civ., Sez. i, 12 luglio 2016, n. 14188), la responsabilit� precontrattuale integra una ipotesi di responsabilit� c.d. contrattuale da inadempimento di un�obbligazione di protezione (di lealt� e correttezza) che nasce, ex lege, in conseguenza del contatto sociale che si instaura tra le parti nel corso della trattativa precontrattuale�. Conf. anche Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797; Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 2016, n. 1599; Cons. Stato, Sez. III, 15 aprile 2016, n. 1532. (29) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, cit., 306. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 soggettivo al corretto svolgimento delle trattative prenegoziali. Egli � pertanto abilitato ad esercitare due differenti azioni: quella impugnatoria, avente ad oggetto la legittimit� degli atti di gara, ovvero quella risarcitoria a titolo di responsabilit� precontrattuale. 3. Le due forme di responsabilit� precontrattuale: �pura� e �spuria�. I casi di responsabilit� della pubblica amministrazione per atti illegittimi commessi nella fase che precede il perfezionamento del vincolo contrattuale si sono notevolmente ampliati a seguito, da un lato, del riconoscimento della risarcibilit� degli interessi legittimi con la imprescindibile sentenza n. 500/1999 e, dall�altro, per il crescente interesse del diritto comunitario per la materia dei contratti pubblici, per i quali oggi � dettata una dettagliata disciplina, la cui violazione, al pari di quella di norme interne, pu� condurre a fenomeni risarcitori da parte della pubblica amministrazione in veste di stazione appaltante. Tanto si verifica sia nel caso di danni cagionati da comportamenti scorretti nel corso della procedura, violativi degli obblighi privatistici di lealt�, correttezza e diligenza, come riconducibili agli articoli 1337 e 1338 c.c. (c.d. responsabilit� precontrattuale pura (30): si pensi alla violazione dell�obbligo di informazione ovvero alla gara bandita senza avere i fondi e, quindi, in un momento successivo revocata) che in quello di danni connessi a provvedimenti illegittimi che, essendo intervenuti nel corso della procedura, sono lesivi di interessi legittimi (si pensi al caso del provvedimento di esclusione dalla gara o dell�aggiudicazione illegittima in favore di una impresa concorrente: siamo nel perimetro della c.d. responsabilit� precontrattuale spuria). Ovvio che la natura di detta ultima forma di responsabilit� della P.A. per lesione degli interessi legittimi dei concorrenti rimane profondamente diversa, come evidenziato da autorevole studioso, rispetto a quella precontrattuale in senso stretto. Pi� nello specifico: il privato che deduce la responsabilit� da provvedimento illegittimo precontrattuale della P.A. non intende far valere la violazione del principio di buona fede oggettiva di cui all�articolo 1337 del Codice Civile, bens� il pregiudizio che un provvedimento amministrativo illegittimo arreca all�interesse legittimo pretensivo al conseguimento del bene della vita, rappresentato dall�aggiudicazione, o meglio, dalla stipulazione del contratto e del relativo utile. In tal caso, non sarebbe configurabile una responsabilit� precontrattuale in senso ontologico, quanto piuttosto in senso cronologico e ci� in quanto la responsabilit� della pubblica amministrazione precede la stipula del contratto. La responsabilit� precontrattuale �spuria�, infatti, designa l�obbligazione (30) ricondotta dalla pi� recente giurisprudenza alla responsabilit� contrattuale da contatto sociale. Si veda sul punto: Cass., Sez. I, 20 dicembre 2011, n. 27648. DOTTrINA 307 risarcitoria avente ad oggetto i danni cagionati dall�adozione di provvedimenti illegittimi nel corso della serie procedimentale di evidenza pubblica: essa, dunque, involge l�esercizio non corretto del potere pubblicistico di stampo autoritativo, con la conseguente lesione di interessi legittimi. Si tratta, pertanto, di una forma di responsabilit� solo cronologicamente connessa alle trattative precontrattuali, ma ontologicamente assai diversa da quella derivante dalla violazione del canone di buona fede prenegoziale. La responsabilit� precontrattuale �pura�, invece, si configura in caso di violazione dei canoni comportamentali privatistici posti dagli articoli 1337 e 1338 c.c. In tali ipotesi, pertanto, il soggetto pubblico non adotta provvedimenti illegittimi ma tiene comportamenti illeciti. Oggetto di denuncia non sono cio� i singoli provvedimenti atomisticamente considerati, ma la condotta complessiva. Si pensi al caso della revoca legittima ma tardiva di una gara per mancanza ab origine di fondi: il provvedimento, in s� considerato, � legittimo, tuttavia si inserisce in una condotta complessiva violativa dei canoni di correttezza e buona fede. Le due forme di responsabilit� precontrattuale si differenziano, quindi, per natura e presupposti; diverso �, peraltro, il danno risarcibile nelle due fattispecie. Il contraente che lamenta la lesione del suo interesse legittimo al corretto svolgimento della gara, infatti, fa valere l�interesse positivo corrispondente al guadagno che gli sarebbe derivato dalla conclusione del contratto, mentre, l�aggiudicatario che abbia confidato senza sua colpa nella validit� della procedura o nell�esistenza dei fondi per la stipula del contratto, pu� far valere solo l�interesse negativo pari alle spese sostenute per la sua partecipazione alla gara e nella perdita di altre occasioni contrattuali sfuggite a causa del- l�inutile coinvolgimento nella procedura illegittima. La diversa natura delle due forme di responsabilit� precontrattuale ha implicazioni anche in tema di giurisdizione. In caso di responsabilit� spuria, per la quale la giurisdizione non potr� che radicarsi in capo al Giudice Amministrativo ai sensi dell�articolo 7 c.p.a., viene in rilievo un�ipotesi di cattivo uso del potere pubblico, naturaliter devoluta alla giurisdizione amministrativa di legittimit�. Qualche dubbio in pi� � emerso a riguardo della responsabilit� precontrattuale pura. Le incertezze pretorie al centro del dibattito tradizionale, in linea di massima orientato verso la giurisdizione del Giudice Amministrativo, sono state definitivamente superate dall�articolo 133, co. 1 lett. e), c.p.a., a mente del quale sono devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo le controversie �relative a procedure di affidamento di pubblici lavori [�] ivi incluse quelle risarcitorie�. Se ne deduce che le controversie in materia di responsabilit� precontrat rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 tuale, appartenendo al genus di quelle �risarcitorie�, sono soggette alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo. Va soggiunto che, lungi dal costituire un approdo ormai pacifico della giurisprudenza, detta ricostruzione � stata messa in dubbio da tre recenti ordinanze �gemelle� delle Sezioni unite che hanno affermato che la domanda di risarcimento del danno subito a seguito del ritiro in autotutela di un precedente provvedimento illegittimo ampliativo, con conseguente frustrazione dell�affidamento ingenerato nel destinatario del provvedimento, � di pertinenza della giurisdizione ordinaria. 4. Le nuove frontiere della responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione. Il Supremo Consesso amministrativo ha affermato che in materia di contratti pubblici si � in presenza di una formazione necessariamente progressiva del contratto, che si sviluppa secondo lo schema dell�offerta al pubblico, dove si registra un primo contatto con una pluralit� di possibili contraenti. Non � perci� possibile scindere il momento di sviluppo del procedimento negoziale, limitando l�applicazione delle regole di responsabilit� precontrattuale alla fase in cui il contatto sociale viene qualificato con l�aggiudicazione del contratto. Pertanto anche la condotta anteriore a tale momento temporale deve sottostare alle disposizioni di cui all�articolo 1337 del Codice Civile. Se durante la fase formativa del contratto la pubblica amministrazione viola quel dovere di lealt� e correttezza ponendo in essere comportamenti che non garantiscono l�affidamento della controparte in modo da sorprendere la sua fiducia sulla conclusione del contratto, essa risponde per responsabilit� precontrattuale (31). La giurisprudenza prevalente, tuttavia, continua a delimitare la fase in cui pu� sorgere un ragionevole affidamento in capo al privato, tale da integrare un interesse meritevole di tutela, a quella successiva all�aggiudicazione. Si continua, infatti, a ritenere che la responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione, essendo connessa alla violazione delle regole di condotta tipiche della formazione del contratto, non pu� che riguardare fatti svoltisi in tale fase, non potendo, per contro, configurarsi anteriormente alla scelta del contraente, allorch� gli aspiranti a tale posizione sono solo partecipanti ad una gara e, come tali, titolari di un mero interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione. � stato peraltro osservato (32) che l�estensione alle procedure di affidamento di contratti pubblici dei principi e delle regole in materia di responsabilit� precontrattuale comporta che l�amministrazione aggiudicatrice intanto pu� ritenersi soggetta alle conseguenze derivanti dall�articolo (31) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, cit., 307. (32) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2015, n. 1864. DOTTrINA 309 1337 c.c. in quanto la gara sia giunta ad uno stadio tale da avere ingenerato nel concorrente la ragionevole aspettativa di conseguire l�aggiudicazione e dunque la stipulazione del contratto. In altri termini, occorre che quest�ultimo veda leso un affidamento consolidato in ordine alla favorevole conclusione della procedura di gara, solo con l�aggiudicazione definitiva pu�, per�, dirsi sorto un affidamento meritevole di tutela e risarcibile a titolo di responsabilit� precontrattuale poich� la sua offerta, individuata come la migliore dalla commissione di gara, � stata ritenuta tale anche dalla stazione appaltante. Va dato atto, a questo punto, degli ultimi arresti della giurisprudenza in tema di natura giuridica della responsabilit� precontrattuale. Quanto sin qui argomentato si � basato sull�assunto di fondo, affermato quasi costantemente dalla giurisprudenza prevalente, civilistica e non, che ascrive alla responsabilit� precontrattuale natura aquiliana. Tale conclusione � indotta, come affermato in dottrina, dall�assenza di un pregresso rapporto obbligatorio tra le parti, unico elemento che, se inadempiuto, pu� determinare il sorgere di una responsabilit� contrattuale (rievocando gli elementi di diritto romano: obligatio ex contractu, dove il termine �contratto� esprime un�obbligazione fondata su di un accordo). Ne deriva, quindi, la qualificazione della responsabilit� come aquiliana, con le relative conseguenze in materia di prescrizione e di riparto dell�onere della prova. Tuttavia, nella giurisprudenza pi� recente della Cassazione, � emerso un trend diverso, un indirizzo che, se confermato, potrebbe rivoluzionare l�intera materia della responsabilit� precontrattuale anche sul versante della scienza del diritto amministrativo. La Cassazione, in alcuni arresti, ha qualificato la responsabilit� in esame come contrattuale da �contatto sociale�, la quale scaturisce dalla violazione di uno specifico e preesistente rapporto obbligatorio rappresentato dall�esistenza di trattative in stato avanzato. Stando alla rivoluzionaria ricostruzione, sempre pi� centrale nel dibattito odierno riguardante la branca del diritto privato, quindi trapiantandola nel settore del diritto amministrativo, lo specifico rapporto, fonte della responsabilit� da contatto, sarebbe rappresentato dalla relazione che si instaura tra la pubblica amministrazione e il partecipante alla gara; relazione che � idonea a produrre specifici obblighi comportamentali in capo alle parti, ai senti dell�articolo 1173 del codice civile. Deve infine tenersi conto dell�interpretazione fornita dalla giurisprudenza alle nuove disposizioni dettate dal Codice del processo e, ancor prima, dal Codice dei contratti pubblici. Secondo taluni (33) l�espresso riconoscimento al Giudice Amministrativo (33) Cfr. Cass. civ., Sez. un., 11 gennaio 2011, n. 391; T.A.r. Toscana, Firenze, Sez. I, 27 gennaio 2011, n. 154. rASSEGNA AVVOCATurA DELLO STATO - N. 1/2018 del potere di caducare il contratto stipulato a seguito di una procedura ad evidenza pubblica illegittima, escluderebbe ogni residuo potere in capo alla pubblica amministrazione di rimuovere l�atto in autotutela. Ne conseguirebbe, pertanto, una responsabilit� squisitamente contrattuale, di matrice civilistica, in quanto il comportamento dell�Amministrazione che rimuove in autotutela un atto inerente la procedura pubblicistica dopo la stipula del contratto si risolverebbe nell�illegittimo esercizio del diritto di recesso di cui al Codice Civile. Tale tesi, tuttavia, � avversata da chi sostiene che il riconoscimento normativo di uno specifico potere giudiziale di conoscere della sorte del contratto non osta all�esercizio del potere di rimozione in autotutela della pubblica amministrazione, la quale conserva intatto il potere di annullare l�aggiudicazione di un appalto pubblico anche dopo la stipulazione del contratto, con la conseguente caducazione automatica dei relativi effetti negoziali (34). Il riconoscimento del potere di intervento in secondo grado sugli atti della procedura di gara, implica evidentemente l�affermazione di un diverso tipo di responsabilit� in capo alla pubblica amministrazione, la quale sar� tenuta a corrispondere all�aggiudicatario l�indennizzo di cui all�articolo 21-quinquies, L. n. 241/1990; in caso di esercizio illegittimo del potere di autotutela, invece, l�amministrazione risponder� dei danni subiti a titolo di responsabilit� aquiliana da illegittimo esercizio del potere pubblicistico (35). 5. Conclusioni. L�evoluzione dell�istituto della responsabilit� precontrattuale della pubblica amministrazione dimostra il progressivo scardinamento della tradizionale divisione del diritto, quale strumento utilizzato da un�organizzazione per regolare la vita sociale, in pubblico (regolante i rapporti tra Stato o enti pubblici ed i privati, quando i primi agiscono in posizione di supremazia) e privato (regolante i rapporti interindividuali tra privati che si muovono in condizioni di parit�). Questo perch� il rapporto tra privato e pubblica amministrazione potrebbe paragonarsi a quello intercorrente tra i privati durante le trattative per la stipulazione di un contratto, da cui discenderebbe per entrambi, quindi anche per la pubblica amministrazione, in una originaria posizione di supremazia, il dovere di comportarsi secondo buona fede. (34) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2013, n. 5786; T.A.r. Puglia, Bari, Sez. II, 14 novembre 2013, n. 1534; Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440. (35) Sulla questione ha preso posizione l�Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, 20 giugno 2014, n. 14, secondo cui �il potere di revoca dell�aggiudicazione non pu� essere esercitato dalla p.a., una volta intervenuta la stipula del contratto di appalto, che chiude la fase pubblicistica ed apre quella negoziale, caratterizzata da tendenziale parit� tra le parti. Di conseguenza, negli appalti di lavori pubblici in caso di sopravvenuti motivi di opportunit�, la p.a. pu� recedere dal contratto, secondo la speciale previsione di cui all�art. 134 del codice degli appalti, con le conseguenze indennitarie ivi previste�. DOTTrINA 311 Tutto ci� contribuisce, in virt� dell�avvicinamento del diritto pubblico al diritto privato, al progressivo superamento della concezione di �soggetto autoritario� della pubblica amministrazione. Invero, il dogma dell�immunit� della pubblica amministrazione si supera, anche in punto di responsabilit� precontrattuale, sulla base di imprescindibili principi costituzionali che regolano l�attivit� amministrativa: il precetto dell�articolo 28 della Costituzione, che consacra al pi� alto livello della gerarchia delle fonti un principio la cui portata non autorizza manovre ermeneutiche capaci di escludere detta responsabilit�, capace di innovare e stravolgere il tessuto normativo previgente; l�articolo 97 della Costituzione, che prevede il dovere della pubblica amministrazione di perseguire l�imparzialit� e il buon andamento, nella cui cornice si collocano i doveri di buona fede e di correttezza che si impongono quali principi istituzionali del comportamento delle amministrazioni pubbliche; l�articolo 113 della Costituzione, che formalizza una tutela giurisdizionale indefettibile per il privato nei confronti degli atti della pubblica amministrazione.