ANNO LXX - N. 1 
GENNAIO - MARZO 2018 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE 
TRIMESTRALE DI SERVIZIO 



COMITATO 
SCIENTIfICO: 
Presidente: Michele 
Dipace. Componenti: Franco Coppi 
- Giuseppe 
Guarino Natalino 
Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 


DIRETTORE 
RESPONSABILE: 
Giuseppe 
Fiengo 
-CONDIRETTORI: 
Maurizio 
Borgo, 
Danilo 
Del 
Gaizo 
e 
Stefano Varone. 


COMITATO 
DI 
REDAZIONE: 
Giacomo Aiello -Lorenzo 
D�Ascia 
-Gianni 
De 
Bellis 
-Francesco 
De 
Luca 
-
Wally 
Ferrante 
-Sergio 
Fiorentino 
-Paolo 
Gentili 
-Maria 
Vittoria 
Lumetti 
-Francesco 
Meloncelli 
Marina 
Russo. 


CORRISPONDENTI 
DELLE 
AVVOCATURE 
DISTRETTUALI: 
Andrea 
Michele 
Caridi 
-Stefano 
Maria 
Cerillo 
Pierfrancesco 
La 
Spina 
-Marco 
Meloni 
-Maria 
Assunta 
Mercati 
-Alfonso 
Mezzotero 
-Riccardo 
Montagnoli 
-Domenico 
Mutino 
-Nicola 
Parri 
-Adele 
Quattrone 
-Pietro 
Vitullo. 


HANNO 
COLLABORATO 
INOLTRE 
AL 
PRESENTE 
fASCICOLO: 
Maria 
Bianca 
Armiento, 
Cesare 
Borgia, 
Emma 
Damiani, 
Enrico 
De 
Giovanni, 
Marco 
Fedi, 
Giuliano 
Gambardella, 
Michele 
Gerardo, 
Paolo 
Marchini, 
Leonello 
Mariani, 
Giuditta 
Marra, 
Massimo 
Massella 
Ducci 
Teri, 
Marco 
Meloni, 
Francesca Muccio, Gaetana Natale, Giancarlo Pampanelli, Alessandra Parente, Daniele 
Atanasio 
Sisca, 
Annalisa 
Tricarico, 
Mario 
Zito. 


Email 
giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it 
danilodelgaizo@avvocaturastato.it 
stefanovarone@avvocaturastato.it 


ABBONAMENTO 
ANNUO 
..............................................................................� 40,00 
UN 
NUMERO 
.............................................................................................. � 12,00 


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acquisti 
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copia 
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bancario 
o 
postale 
a 
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della 
Tesoreria 
dello 
Stato 
specificando 
codice 
IBAN: 
IT 
42Q 
01000 
03245 
348 
0 
10 
2368 
05, 
causale 
di 
versamento, 
indirizzo 
ove 
effettuare 
la 
spedizione, 
codice 
fiscale 
del 
versante. 


I 
destinatari 
della 
rivista 
sono 
pregati 
di 
comunicare 
eventuali 
variazioni 
di 
indirizzo 


AVVOCATURA 
GENERALE 
DELLO 
STATO 
RASSEGNA 
- Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia - Printed in Italy 


Autorizzazione 
Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 



indice 
-sommario 


Comunicato dell�Avvocato Generale: Elena 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
TEMI 
ISTITUZIONALI 
Pareri: A) A.l. 28839/17 - Art. 341 bis 
cod. pen. - Oltraggio a pubblico 
ufficiale 
-Risarcimento 
del 
danno 
-Estinzione 
del 
reato 
-Criteri 
generali 
di 
quantificazione 
del 
danno 
e 
di 
valutazione 
della 
congruit� 
delle 
offerte 
risarcitorie 
- Modalit� di 
trattazione. B) Aa.ll. 47029/11 e 
12809/16 - Alloggio 
di 
servizio - Concessione 
- Rilascio - Beni 
mobili 
reliquati 
dall'ex 
concessionario -Mancata asportazione 
- Acquisto per 
occupazione 
del 
diritto 
di 
propriet� 
da 
parte 
dell'Amministrazione, 
Circolare 
A.G. 
prot. 
195494 del 12 aprile 2018 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
1 
Gaetana 
Natale, 
La 
prova 
del 
nesso 
causale, 
concause 
e 
il 
principio 
del 
�pi� 
probabile 
che 
non� 
(Osservatorio 
sulla 
Giustizia 
Civile, 
Gruppo 
Danno) 
. 
�� 
13 
CONTENZIOSO 
COMUNITARIO 
ED 
INTERNAZIONALE 
Giuditta 
Marra, 
L�effetto 
della 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
del-
l�Unione 
nella 
causa 
C-284/16 
�Achmea� 
sulle 
procedure 
arbitrali 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
intra-UE 
pendenti 
in 
esecuzione 
del 
Trattato 
sulla Carta dell�energia 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
25 
Paolo Gentili, Marina 
Russo, La presa in carico da parte 
del 
Servizio Sanitario 
Nazionale 
dell�uso di 
farmaci 
�off-label� 
in presenza di 
alternativa 
terapeutica 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
57 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 
Questioni 
aperte 
a seguito di 
Corte 
Costituzionale 
22/2018 in materia di 
revoca delle 
patenti 
di 
guida (C. Cost., sent. 9 febbraio 2018 n. 22; 
T.a.r. 
Lombardia - Brescia, Sez. I, sent. 26 marzo 2018 n. 343) 
. . . . . . . . . . . . �� 
77 
Marina 
Russo, 
Revoca di 
finanziamenti 
pubblici 
alle 
imprese 
e 
passivo 
fallimentare: 
il 
trattamento 
privilegiato 
del 
credito 
restitutorio 
(Cass. 
civ., 
Sez. I, ord. 20 aprile 2018 n. 9926) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
89 
Wally ferrante, 
Unioni 
omoaffettive: trascrizione 
di 
un matrimonio contratto 
all�estero e 
normativa sopravvenuta sulle 
unioni 
civili 
(Cass. civ., 
Sez. I, sent. 14 maggio 2018 n. 11696) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
94 
Alessandra 
Parente, Profili 
giuridici 
dell�assunzione 
ex 
novo del 
dipendente 
stabilizzato, 
con 
particolare 
riferimento 
agli 
effetti 
preclusivi 
in 
ordine 
al 
riconoscimento 
del 
servizio 
pregresso 
ai 
fini 
dell�anzianit� 
giuridica 
(Trib. Napoli, Sez. lavoro, sent. 13 ottobre 2017 n. 6887) 
. . . . �� 
106 
Piero 
Vitullo, 
francesca 
Muccio, 
Le 
proposte 
di 
vincolo 
paesaggistico, 
adottate 
nel 
vigore 
del 
d.lgs. 490/1999, dopo la sentenza n. 13/2017 del-
l�Adunanza 
Plenaria 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(Cons. 
St., 
Ad. 
Plen., 
sent. 
22 
dicembre 2017 n. 13) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
121 



Maria 
Bianca 
Armiento, Quale 
indice 
per 
la determinazione 
delle 
royalties. 
Brevi 
riflessioni 
a seguito della sentenza n. 290/2018 del 
Consiglio 
di Stato 
(Con. St., Sez. VI, sent. 18 gennaio 2018 n. 290). . . . . . . . . . . . 

Paolo Marchini, La �Accessione 
invertita ambientale� 
e 
il 
decalogo del 
Consiglio di Stato (Cons. St., Sez. VI, sent. 30 marzo 2018 n. 2017) 
. . . 

Danilo 
Del 
Gaizo, 
Esegesi 
dell�art. 
96 
c.p.a. 
e 
termini 
per 
l�impugnazione 
�incidentale� 
(Cons. St., Sez. V, sent. 30 aprile 2018 n. 2602) 
. . . . . . . . 

Marco 
Meloni, 
Riflessioni 
semiserie 
sullo 
stile 
e 
sulla 
sostanza 
delle 
cose. 
Noterella minima 
(T.a.r. Veneto, sent. 15 maggio 2018 n. 529) 
. . . . . . . . 

LEGISLAZIONE 
ED 
ATTUALIT� 


Leonello Mariani, Enrico De 
Giovanni, Maurizio Borgo, Annalisa 
Tricarico, 
L�obbligo vaccinale 
di 
cui 
cui 
all�articolo 1, comma 2, del 
decreto-
legge 
7 giugno 2017, n. 73. L�interesse 
della collettivit� quale 
limite 
alla 
dimensione individualistica del diritto alla tutela della salute 
. . . . . . . . 

Mario 
Zito, 
La 
memoria 
dell�Avvocatura 
nel 
procedimento 
penale 
c.d. 
Aemilia 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Daniele 
Atanasio 
Sisca, 
Sulla 
successione 
nei 
rapporti 
facenti 
capo 
al 
�cessato� 
ufficio del 
Commissario delegato per 
l�emergenza ambientale 
della Regione 
Calabria, la giurisprudenza si 
allinea al 
dictum 
del 
Consiglio 
di Stato 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Marco fedi, Giuliano Gambardella, Il 
voto degli 
italiani 
all�estero: dalle 
origini 
del 
dibattito 
alle 
problematiche 
attuali 
fino 
alla 
recente 
pronuncia 
(di rito) della Corte Costituzionale sulle modalit� di voto. . . . . . . . . . . . 

CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 


Michele 
Gerardo, 
La 
perdita 
di 
centralit� 
della 
legge, 
quale 
conseguenza 
del tramonto dei caratteri della generalit� e dell�astrattezza 
. . . . . . . . . 

Cesare 
Borgia, Oltre 
il 
dogma dell�immunit� della pubblica amministrazione 
anche in punto di responsabilit� precontrattuale 
. . . . . . . . . . . . . . 

pag. 
152 
�� 
178 
�� 
191 
�� 
193 
�� 
199 
�� 
236 
�� 
259 
�� 
265 
�� 
281 
�� 
298 



COMUNICATO DELL�AVVOCATO GENERALE (*) 


Profondamente 
commosso 
comunico 
che 
ieri 
sera 
� 
deceduta 
la 
collega 
ed 
amica Elena Pino. 
Ci 
uniamo tutti 
al 
grande 
dolore 
della 
famiglia 
nel 
ricordo e 
nel 
rimpianto di 
una 
persona 
speciale 
che, nel 
corso della 
sua 
carriera, ha 
dato sempre 
lustro 
all�Istituto, e 
con la 
sua 
presenza 
ha 
regalato a 
tutti 
noi 
allegria, serenit� 
e 
sorrisi. 


Massimo Massella Ducci 
Teri 


Tra le tante e pi� testimonianze ... 


�Non riesco a trovare 
parole 
adeguate 
per 
descrivere 
il 
mio addolorato sgomento. 
Elena per 
tutti 
noi 
dell'Avvocatura di 
Palermo, e 
non solo, ha rappresentato 
un insostituibile 
riferimento nel 
complesso percorso verso conoscenza e 
apprezzamento 
di nuovi mezzi e metodi di lavoro. 
Alla Sua abnegazione 
e 
al 
Suo instancabile 
sacrificio credo che 
l'Avvocatura 
dello Stato tutta debba il pi� alto e sincero riconoscimento. 
A 
mia volta, non dimenticher� la Sua sincera amicizia, il 
Suo contagioso sorriso 
e 
le 
Sue 
grandi, 
e 
in 
gran 
parte 
condivise, 
passioni 
per 
il 
meglio 
della 
terra di Sicilia e della cultura che la pervade. 
Vorrei 
per� che 
ciascuno la ricordasse 
anche 
per 
la Sua immensa umanit�, 
profusa 
-forse 
non 
� 
noto 
a 
tutti 
-nell'utilizzo 
delle 
poche 
ferie 
disponibili 
nell'attivit� di 
cooperazione 
internazionale 
in favore 
dei 
profughi 
balcanici: 
non dimentico quanto si 
commuosse 
teneramente 
nel 
descrivere 
quelle 
dure 
giornate e l'addolorata impotenza che tante volte le caratterizzava! 
Addio splendida, irripetibile e grande amica!� 


�Mia cara Elena, 
domenica, senza saperlo, ci siamo salutate tra i gelsomini del tuo terrazzo. 
Un abbraccio pi� lungo del solito accompagnato dal tuo sorriso di sempre. 
Cos� ci si saluta tra chi sa che non si lascer� mai� 


(*) Email Segreteria Particolare - mercoled� 23 maggio 2018 11:10. 



... e in ricordo di Elena in tutto il Consiglio di Stato 


Questa 
mattina, a 
nome 
dell�istituto e 
di 
tutti 
i 
colleghi 
dell�Avvocatura 
dello Stato, ho commemorato la 
nostra 
amata 
Elena 
in udienza 
davanti 
a 
tutte 
le 
quattro 
Sezioni 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
insieme 
con 
i 
rispettivi 
Presidenti 
Lipari, Anastasi, Saltelli 
e 
Santoro, gli 
Avv.ti 
Filippo e 
Benedetta 
Lubrano e 
l�Avv. Antonino Galletti per il Consiglio dell�Ordine di Roma. 


Questo � 
successo perch� 
il 
Segretario Generale 
del 
CDS 
Mario Torsello 
ieri 
ha 
ritenuto 
di 
dover 
comunicare 
immediatamente 
a 
tutti 
i 
magistrati 
la 
scomparsa 
dell�Avvocato 
dello 
Stato 
Elena 
Pino 
e 
disporre 
che 
fosse 
ricordata 
ad 
inizio 
delle 
udienze 
odierne, 
sottolineando 
che 
�la 
Giustizia 
Amministrativa 
ricorda la Sua particolare 
competenza e 
forte 
vitalit� e 
il 
Suo straordinario 
contributo alla fase di avvio del processo amministrativo telematico� . 


Credo che 
sia 
la 
prima 
volta 
- ed io non ho mancato di 
sottolinearlo - che 
viene 
commemorata 
a 
cos� 
alto 
livello 
e 
in 
modo 
cos� 
partecipato 
una 
semplice 
silenziosa, 
ma 
straordinaria 
collega 
a 
cui 
tutti 
hanno 
dovuto 
rendere 
omaggio. 
Aggiungo 
che 
un 
Presidente, 
oltre 
agli 
elogi 
per 
Elena, 
ha 
testualmente 
e 
pubblicamente 
osservato: 
�del 
resto � 
nota a tutti 
la capacit� di 
lavoro e 
di 
sacrificio 
degli 
Avvocati dello Stato�. 


Questa 
� 
l�Avvocatura 
dello Stato per cui 
ha 
sempre 
lavorato e 
in cui 
ha 
sempre creduto la nostra Elena. 


Abbiamo 
un 
motivo 
in 
pi� 
per 
continuare 
tutti 
insieme 
ad 
impegnarci 
come � nel nostro modo di essere. 


Un abbraccio di cuore a tutti. 


Vittorio Cesaroni 



TEMIISTITUZIONALI
Avvocatura 
Generaledello 
Stato 


CirColare 
n. 21/2018 


oggetto: 
a) a.l. 28839/17 - art. 341 bis 
cod. pen. - oltraggio a pubblico ufficiale 
-risarcimento 
del 
danno 
-estinzione 
del 
reato 
-Criteri 
generali 
di 
quantificazione 
del 
danno e 
di 
valutazione 
della congruit� delle 
offerte 
risarcitorie - Modalit� di trattazione. 
B) aa.ll. 47029/11 e 
12809/16 - alloggio di 
servizio - Concessione 
- rilascio 
- Beni 
mobili 
reliquati 
dall'ex concessionario - Mancata asportazione 
-acquisto 
per 
occupazione 
del 
diritto 
di 
propriet� 
da 
parte 
dell'amministrazione. 


Si 
trasmettono, 
per 
opportuna 
conoscenza, 
i 
pareri 
resi 
dal 
Comitato 
consultivo 
sulle 
tematiche 
di 
cui 
all'oggetto 
con 
invito 
ad 
attenersi 
alle 
indicazioni 
ivi contenute. 


L'AVVOCATO GENERALE 
avv. Massimo Massella Ducci 
Teri 


A) 
Art. 
341 
bis 
cod. 
pen. 
-Oltraggio 
a 
pubblico 
ufficiale 
-Risarcimento 
del 
danno 
-Estinzione 
del 
reato 
-Criteri 
generali 
di 
quantificazione 
del 
danno 
e 
di 
valutazione 
della 
congruit� 
delle 
offerte 
risarcitorie 
-Modalit� 
di 
trattazione. 


Parere del 14/12/2017-599048, 
AL 28839/2017, Avv. LEOnELLO 
MARiAni 


ComՏ 
noto, l�art. 341 bis 
cod. pen., riferito al 
delitto di 
oltraggio a 
pubblico 
ufficiale 
e 
aggiunto dal 
comma 
8 dell�art. 1 della 
legge 
15 luglio 2009, 


n. 94, prevede, al 
comma 
3, che 
�Ove 
l�imputato, prima del 
giudizio, abbia 
riparato 
interamente 
il 
danno, 
mediante 
risarcimento 
di 
esso 
sia 
nei 
confronti 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


della persona offesa sia nei 
confronti 
dell�ente 
di 
appartenenza della medesima, 
il reato � estinto�. 


� 
Con nota 
7 ottobre 
2011 n. 312779 (A.l. 6332/11 avv. Giannuzzi), indirizzata 
al 
Comando 
generale 
dell�Arma 
dei 
Carabinieri, 
l�Avvocatura 
generale 
dichiar� di 
condividere 
l�orientamento emerso in seno al 
Tavolo tecnico interforze 
istituito presso il 
Dipartimento della 
pubblica 
sicurezza 
- Ufficio per 
il 
coordinamento e 
la 
pianificazione 
delle 
Forze 
di 
polizia, secondo il 
quale 
rientra 
nella 
sfera 
di 
attribuzioni 
dell�Avvocatura 
dello Stato la 
competenza 
a 
valutare 
la 
congruit� 
delle 
somme 
offerte 
dagli 
imputati 
del 
reato di 
oltraggio 
a 
pubblico ufficiale, a 
titolo di 
risarcimento del 
danno, alla 
persona 
offesa 
ed 
all�ente 
di 
appartenenza, ai 
fini 
dell�estinzione 
del 
reato 
ex 
art. 341 bis 
del 
codice 
penale. 
L�assunto 
era 
motivato 
in 
relazione 
al 
fatto 
che 
la 
valutazione 
in 
questione 
riguardava, non gi� 
la 
convenienza 
economica 
dell�offerta 
risarcitoria, bens� 
la 
sua 
congruit�, vale 
a 
dire 
la 
sua 
�idoneit� ad assicurare 
l�integrale 
riparazione 
del 
danno, quale 
requisito indispensabile 
perch� 
si 
possa produrre 
l�effetto 
estintivo del reato�. 

Si 
aggiungeva, 
nell�occasione, 
che 
nell�esprimere 
il 
parere 
di 
competenza, 
l�Avvocatura 
dello Stato si 
sarebbe 
ovviamente 
avvalsa 
della 
collaborazione 
delle 
Amministrazioni 
interessate 
per 
acquisire 
tutti 
gli 
elementi 
di 
conoscenza 
necessari 
per esprimere, nei 
singoli 
casi 
concreti, un corretto giudizio di 
congruit�. 


In continuit� 
con detto parere, la 
competenza 
dell�Avvocatura 
ad esprimere 
la 
valutazione 
di 
congruit� 
� 
stata 
successivamente 
confermata 
anche 
con 
riguardo 
all�ipotesi 
prevista 
dall�art. 
168 
bis 
cod. 
pen. 
che 
subordina 
la 
sospensione 
del 
procedimento con messa 
alla 
prova 
dell�imputato al 
risarcimento 
del 
danno 
cagionato 
dal 
reato 
(nota 
9 
marzo 
2017 
n. 
12716 
-A.l. 
18907/16 avv. Giannuzzi). 


� 
Su tali 
basi 
le 
Forze 
di 
polizia, ogniqualvolta 
venga 
loro formulata 
una 
profferta 
risarcitoria 
finalizzata 
a 
concretare 
la 
speciale 
causa 
di 
estinzione 
del 
reato prevista 
dal 
comma 
3 dell�art. 341 bis 
citato, sono solite 
richiedere 
alla 
Avvocatura 
territorialmente 
competente 
l�anzidetto 
giudizio 
di 
congruit� 
contestualmente 
trasmettendo 
una 
breve 
relazione 
descrittiva 
che 
consenta 
all�Organo 
legale 
di 
apprezzare 
lo 
svolgersi 
degli 
eventi 
che 
hanno 
condotto 
alla 
denuncia del reato e alla successiva formulazione dell�imputazione. 
Naturalmente, trattandosi 
di 
danno non patrimoniale, non esistono criteri 
legali 
di 
quantificazione 
del 
medesimo e 
la 
sua 
liquidazione 
viene 
operata 
da 
ciascuna 
Avvocatura 
in via 
essenzialmente 
equitativa, avuto riguardo, di 
regola, 
alla 
maggiore 
o minore 
gravit� 
dell�offesa 
all�onore 
e 
al 
prestigio quale 
desumibile dal contesto nel quale si � realizzata l�azione delittuosa. 


Peraltro, 
non 
esistendo 
neppure 
direttive 
di 
massima 
finalizzate 
ad 
uniformare 
l�attivit� 
valutativa 
delle 
singole 
Avvocature, 
i 
giudizi 
di 
congruit�, 
pur 
a 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


fronte 
di 
fattispecie 
sostanzialmente 
analoghe, 
possono 
variare 
da 
Avvocatura 
ad 
Avvocatura 
ed 
in 
certi 
casi 
si 
attestano 
su 
importi 
meramente 
simbolici. 


� 
L�esigenza 
-gi� 
da 
tempo 
avvertita 
-di 
una 
direttiva 
in 
materia 
che 
valga 
ad orientare 
e 
ad uniformare 
l�attivit� 
dell�Avvocatura 
� 
ora 
riproposta 
da 
alcune 
richieste 
di 
parere 
provenienti 
dal 
Comando generale 
dell�Arma 
dei 
Carabinieri. 
Con nota 
28 febbraio 2014 n. 131/41-2-2008 lo Stato Maggiore 
- Ufficio 
legislazione 
- del 
Comando generale 
dell�Arma, nel 
riferire 
di 
un parere 
reso 
in materia 
dall�Avvocatura 
distrettuale 
dello Stato di 
Venezia, aveva 
evidenziato 
il 
�consistente 
carico burocratico� 
costituito dai 
pareri 
in parola 
sia 
per 
i 
Comandi 
provinciali 
sia 
per 
le 
stesse 
Avvocature 
a 
fronte 
di 
un 
ridotto 
valore 
economico delle pratiche. 


Al 
fine 
di 
deflazionare 
le 
attivit� 
in 
questione 
il 
Comando 
proponeva 
pertanto 
l�adozione 
di 
una 
direttiva, ex 
art. 15 r.d. 30 ottobre 
1933, n. 1611, che 
rimettesse 
ai 
singoli 
Comandi 
provinciali 
la 
valutazione, sulla 
base 
di 
valori 
ricompresi 
tra 
� 
500,00= 
e 
� 
1.000,00= 
per 
ogni 
pubblico 
ufficiale 
offeso 
e 
tenuto conto delle 
caratteristiche 
dei 
singoli 
casi, della 
congruit� 
dei 
risarcimenti 
offerti 
sia 
all�Amministrazione 
sia 
ai 
singoli 
dipendenti; 
con salvezza, 
peraltro, delle 
ipotesi 
in cui, per la 
particolare 
gravit� 
dei 
fatti 
contestati, quei 
valori 
apparissero 
insufficienti 
e 
fosse 
quindi 
opportuno 
interessare 
al 
riguardo 
la competente 
Avvocatura distrettuale. 


Con 
nota 
1 
luglio 
2017 
n. 
131/23-42-1-2008 
il 
Comando 
generale 
del-
l�Arma 
dei 
Carabinieri 
- Stato Maggiore 
Ufficio legislazione 
- sottopone 
ora 
a 
questo Generale 
ufficio alcune 
ulteriori 
problematiche 
emerse 
in occasione 
della trattazione delle proposte risarcitorie in parola. 


In particolare: 


1. si 
� 
prospettata 
la 
questione 
della 
competenza 
a 
congruire 
le 
offerte 
di 
risarcimento alla 
luce 
delle 
perplessit� 
al 
riguardo avanzate 
dall�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Palermo 
la 
quale, 
da 
un 
lato, 
ha 
evidenziato 
l�assenza 
di 
una 
norma 
che 
radichi 
in capo all�Avvocatura 
la 
competenza 
ad esprimere 
il 
richiesto parere 
e, dall�altro, ha 
rilevato che 
la 
consultazione 
non ha 
ad oggetto 
questioni 
di 
diritto, 
ma 
una 
semplice 
valutazione 
di 
merito 
su 
circostanze 
di 
fatto, 
valutazione 
riconducibile 
esclusivamente 
alla 
discrezionalit� 
della 
parte 
offesa 
(l�Ente 
di 
appartenenza 
del 
dipendente 
oltraggiato) e 
riguardante 
l�adeguatezza della profferta risarcitoria; 
2. 
si 
sono chiesti 
chiarimenti 
in merito alla 
condotta 
da 
tenere 
da 
parte 
dei 
Comandi 
provinciali 
dell�Arma 
che 
siano 
richiesti 
dall�autorit� 
giudiziaria 
procedente 
di 
notizie 
in 
merito 
all�avvenuto 
risarcimento 
del 
danno 
al 
fine 
della successiva declaratoria di estinzione del reato; 
3. 
si 
� 
chiesto di 
chiarire 
-riprendendo anche 
sul 
punto rilievo gi� 
formulato 
dalla 
Avvocatura 
di 
Palermo - se 
sia 
o meno conforme 
alla 
ratio 
della 
disposizione 
in rassegna 
l�offerta 
ai 
militari 
oltraggiati 
di 
un risarcimento di 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


importo 
superiore 
a 
quello 
oblato 
all�Amministrazione 
di 
appartenenza: 
in 
questa 
prospettiva, 
si 
� 
comunque 
evidenziata 
l�opportunit� 
che 
l�accettazione 
del 
risarcimento 
da 
parte 
dei 
militari 
preceda 
il 
parere 
sulla 
congruit� 
della 
somma 
offerta 
all�Amministrazione 
e 
che 
la 
misura 
di 
quello 
sia 
perci� 
portata 
a 
conoscenza 
della 
competente 
Avvocatura 
affinch� 
questa 
ne 
possa 
tener 
conto in occasione dell�espressione del proprio parere; 


4. 
si 
� 
infine 
riferito 
del 
parere 
reso 
dall�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Bari 
la 
quale, 
richiesta 
di 
esprimersi 
in 
merito 
ad 
un�offerta 
risarcitoria 
formulata 
ai 
fini 
di 
cui 
all�art. 
168 
bis 
cod. 
pen. 
nell�ambito 
di 
un 
procedimento 
per il 
delitto di 
resistenza 
a 
pubblico ufficiale, ha 
ritenuto che, nel 
caso in cui 
dal 
reato contestato siano derivate 
lesioni 
che 
abbiano comportato l�assenza 
dal 
servizio del 
militare, il 
risarcimento non pu� essere 
determinato forfettariamente 
o in via 
equitativa 
o simbolica, ma 
dev�essere 
commisurato alle 
retribuzioni 
corrisposte durante il periodo di forzata assenza dal lavoro. 
� 
Le 
riassunte 
problematiche 
impongono, 
per 
il 
loro 
carattere 
generale 
e 
di 
massima, 
un 
approccio 
unitario 
e 
coordinato: 
con 
la 
precisazione, 
peraltro, 
che 
la 
competenza 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
a 
rendere, 
ove 
richiesta, 
il 
giudizio 
di 
congruit� 
dell�offerta 
risarcitoria 
formulata 
riposa 
sul 
disposto 
generale 
dell�art. 
13 
del 
r.d. 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
1611 
-recante 
approvazione 
del 
testo 
unico 
delle 
leggi 
e 
delle 
norme 
giuridiche 
sulla 
rappresentanza 
e 
difesa 
in 
giudizio 
dello 
Stato 
e 
sull�ordinamento 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
-a 
mente 
del 
quale 
l�Organo 
legale 
�provvede 
alla 
tutela 
legale 
dei 
diritti 
e 
degli 
interessi 
dello 
Stato� 
nonch� 
�alle 
consultazioni 
legali 
richieste 
dalle 
Amministrazioni�. 
� 
Tanto 
premesso, 
� 
senz�altro 
condivisibile 
l�esigenza, 
manifestata 
dal 
Comando generale 
dell�Arma 
dei 
Carabinieri, di 
individuare 
modalit� 
di 
gestione 
�standardizzate� 
degli 
affari 
in 
questione 
che 
valgano 
ad 
assicurare 
una 
maggiore 
celerit� 
nell�istruzione 
e 
nella 
valutazione 
delle 
offerte 
risarcitorie; 
e 
che, nel 
contempo, siano in grado di 
garantire 
uniformit� 
di 
trattazione 
a 
livello 
nazionale 
di 
questioni 
caratterizzate 
da 
sostanziale 
analogia 
e 
ripetitivit�, 
scongiurando il rischio di valutazioni divergenti e/o di risarcimenti irrisori. 
Naturalmente, 
trattandosi 
di 
danno 
non 
patrimoniale, 
la 
stima 
del 
pregiudizio 
si 
svolge 
necessariamente 
su base 
equitativa 
(v. l�art. 1226 cod. civ. al 
quale 
rinvia 
l�art. 
2056 
cod. 
civ.): 
e, 
tuttavia, 
onde 
evitare 
che 
l�equit� 
trasmodi 
in arbitrio, � 
d�uopo tentare 
di 
individuare 
criteri 
generali 
ai 
quali 
informare 
ed uniformare, pur nella 
variet� 
delle 
fattispecie 
oggetto d�esame, la 
valutazione; 
con la 
precisazione, peraltro, che 
la 
specifica 
natura 
del 
bene 
giuridico 
tutelato dall�art. 341-bis 
cod. pen. e 
la 
stessa 
struttura 
del 
reato impediscono 
il 
ricorso alle 
tecniche 
di 
liquidazione 
del 
danno non patrimoniale 
utilizzate 
dalla 
prassi 
giurisprudenziale 
con riferimento agli 
illeciti, civili 
e 
penali, dai 
quali 
sia 
derivata 
una 
lesione 
dell�integrit� 
psico-fisica 
(quali, ad es., la 
determinazione 
del 
danno non patrimoniale 
in funzione 
dei 
punti 
percentuali 
di 
invalidit� 
residuata). 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


Va 
perci� 
considerato 
che 
il 
legislatore, 
ammettendo 
la 
possibilit� 
di 
estinguere 
il 
reato 
di 
oltraggio 
a 
pubblico 
ufficiale 
mediante 
il 
risarcimento 
del 
danno, ha, evidentemente, inteso attribuire 
alla 
riparazione 
anche 
una 
connotazione 
in qualche 
modo sanzionatoria 
e, quindi, in buona 
sostanza, una 
funzione 
sostitutiva 
della 
reazione 
penale 
altrimenti 
operante 
per 
il 
caso 
di 
mancato risarcimento. 


Su 
tale 
presupposto, 
e 
considerato, 
da 
un 
lato, 
che 
l�offerta 
di 
riparazione 
del 
danno costituisce 
implicita 
ammissione 
di 
responsabilit� 
da 
parte 
dell�imputato 
e, 
dall�altro, 
che, 
ai 
sensi 
dell�art. 
23, 
comma 
1, 
cod. 
pen., 
la 
pena 
della 
reclusione 
�, in via 
generale, fissata 
nel 
minimo in gg. 15 - durata 
alla 
quale 
corrisponde, 
in 
applicazione 
del 
criterio 
di 
ragguaglio 
fra 
pene 
pecuniarie 
e 
pene 
detentive 
stabilito dall�art. 135 dello stesso codice 
(� 250,00= per ogni 
giorno di 
pena 
detentiva), l�importo di 
� 3.750,00= -, potrebbe 
ritenersi 
congruo 
e 
rispondente 
alla 
evidenziata 
ratio 
della 
norma 
quantificare 
il 
risarcimento 
spettante 
all�Amministrazione 
in 
� 
3.750,00= 
per 
fatti 
di 
massima 
gravit�, 
in 
� 
1.875,00= 
-pari 
alla 
met� 
del 
massimo 
-per 
fatti 
di 
media 
gravit� 
e 
in � 1.250,00 - corrispondenti 
a 
un terzo del 
massimo - per fatti 
di 
minima 
gravit�, 
salva 
la 
possibilit� 
di 
graduare 
diversamente 
il 
risarcimento, 
comunque 
nei 
limiti 
sopraindicati, in relazione 
alle 
caratteristiche 
di 
ogni 
singola 
fattispecie 
tenendo 
conto, 
da 
un 
lato, 
della 
gravit� 
del 
reato 
quale 
desumibile 
dagli 
elementi 
indicati 
dall�art. 
133 
cod. 
pen. 
e, 
dall�altro, 
della 
capacit� 
economica 
dell�offerente 
la 
quale, ai 
sensi 
dell�art. 133-bis 
cod. pen., costituisce 
parametro 
di 
valutazione 
specificamente 
rilevante 
ai 
fini 
della 
determinazione 
del-
l�ammontare della pena pecuniaria. 


In questa 
prospettiva, si 
ritiene 
dunque 
che 
la 
valutazione, alla 
luce 
dei 
criteri 
generali 
sopraindicati, della 
congruit� 
delle 
offerte 
risarcitorie 
ricevute 
possa 
essere 
compiuta 
direttamente 
da 
parte 
delle 
singole 
Amministrazioni 
interessate, 
fermo 
restando 
il 
ricorso 
all�Avvocatura 
territorialmente 
competente 
in tutti 
i 
casi 
in cui 
l�applicazione 
di 
quei 
criteri 
risulti 
incongrua, per eccesso 


o per difetto, rispetto alle 
peculiarit� 
del 
singolo caso e/o al 
numero dei 
pubblici 
ufficiali offesi. 
La 
trattazione 
diretta 
- ma 
sulla 
base 
di 
criteri 
predeterminati 
- delle 
pratiche 
risarcitorie 
in questione 
consente 
di 
assicurare 
uniformit�, omogeneit� 
e 
celerit� 
di 
valutazione 
evitando che 
l�interpello dell�Avvocatura 
su ogni 
singola 
proposta 
possa 
risolversi 
in 
un 
aggravio 
procedimentale 
foriero 
di 
ritardi 
nella 
valutazione 
delle 
offerte 
che 
di 
regola 
necessitano di 
urgente 
riscontro 
in 
ragione 
della 
contestuale 
pendenza 
del 
giudizio 
penale 
in 
seno 
al 
quale 
l�offerente 
ha 
interesse 
a 
far 
constare 
l�avvenuto 
perfezionamento 
della 
fattispecie 
estintiva 
del 
reato contestatogli; 
fermo restando, come 
sՏ 
detto, l�intervento 
dell�Organo legale 
in tutti 
quei 
casi 
che, per particolari 
profili 
fattuali, si 
discostano 
dall�ordinario. 


� 
Venendo poi 
agli 
ulteriori 
quesiti, si 
ritiene 
che, pur essendo precipuo 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


interesse 
ed onere 
dell�imputato fornire 
al 
giudice 
la 
prova 
dell�avvenuto risarcimento 
del 
danno 
onde 
godere 
dell�effetto 
estintivo 
del 
reato 
a 
quello 
conseguente, 
dovere 
di 
collaborazione 
istituzionale 
imponga 
all�Amministrazione, 
ove 
richiesta, di 
comunicare 
all�autorit� 
giudiziaria 
procedente 
se 
l�offerta 
risarcitoria 
formulata 
� 
stata 
o meno accettata 
e, nell�affermativa, se 
all�accettazione 
� seguito o meno il concreto versamento dell�importo dovuto. 


� 
Quanto ai 
destinatari 
dell�offerta, l�art. 341 bis, comma 
3, cod. pen. stabilisce 
che 
l�effetto 
estintivo 
del 
reato 
� 
subordinato 
al 
risarcimento 
del 
danno 
�sia 
nei 
confronti 
della persona offesa sia 
nei 
confronti 
dell�ente 
di 
appartenenza 
della medesima�. 


E, quindi, bench� 
la 
pubblica 
Amministrazione 
sia 
il 
soggetto titolare 
del 
bene 
giuridico 
tutelato 
dalla 
norma 
incriminatrice 
-la 
quale 
risulta 
infatti 
compresa 
nel 
Capo II� 
del 
Titolo II� 
del 
Libro 
II� 
del 
codice 
penale 
dedicato 
ai 
delitti 
dei 
privati 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione 
-, 
la 
norma 
subordina 
l�estinzione 
del 
reato 
al 
risarcimento 
del 
danno 
subito 
non 
soltanto 
da 
questa, 
ma anche 
dal pubblico ufficiale oltraggiato. 


Il 
che 
induce 
a 
ritenere 
che 
la 
disposizione 
abbia 
inteso individuare 
due 
parti 
lese 
-la 
pubblica 
Amministrazione 
di 
appartenenza, 
titolare 
del 
bene 
giuridico 
protetto, 
quale 
persona 
offesa 
dal 
reato 
e 
il 
pubblico 
ufficiale 
oltraggiato, 
quale 
soggetto 
danneggiato 
civilmente 
-ciascuna 
delle 
quali 
� 
autonomamente 
libera 
di 
valutare 
la 
gravit� 
del 
pregiudizio morale 
subito e, di 
conseguenza, 
la satisfattivit� del risarcimento offerto. 


Eppertanto, 
come 
l�accettazione 
del 
risarcimento 
da 
parte 
del 
dipendente 
non pu� vincolare 
- n� 
in s� 
n� 
quanto all�entit� 
- la 
libert� 
dell�Amministrazione 
di 
rifiutare, perch� 
incongrua 
o, comunque, inaccettabile, l�offerta 
alla 
stessa 
rivolta, cos� 
l�accettazione 
del 
risarcimento da 
parte 
dell�Amministrazione 
non 
pu� 
impedire 
al 
dipendente 
di 
ricusare, 
per 
le 
stesse 
ragioni, 
la 
profferta 
allo stesso formulata, cos� 
di 
fatto rimettendo al 
giudice 
la 
valutazione 
circa la congruit� del risarcimento proposto. 


Da 
tanto 
discende, 
quale 
logico 
corollario, 
che, 
trattandosi 
di 
danni 
distinti 
anche 
se 
collegati 
quanto 
al 
fatto 
genetico, 
l�Amministrazione 
-o 
l�Avvocatura 
-non 
pu� 
surrogarsi 
al 
dipendente 
nel 
valutare 
la 
congruit� 
dell�offerta 
da 
questi 
ricevuta 
cos� 
come, 
parallelamente, 
il 
dipendente 
non 
pu� 
sostituirsi 
al-
l�Amministrazione 
di 
appartenenza 
nel 
sindacare 
la 
satisfattivit� 
della 
proposta 
a questa indirizzata. 


La 
qual 
cosa 
non 
esclude 
che, 
proprio 
in 
considerazione 
del 
fatto 
che 
l�Amministrazione 
�, 
come 
sՏ 
detto, 
il 
soggetto 
titolare 
del 
bene 
giuridico 
protetto 
dalla 
norma 
incriminatrice, 
l�entit� 
del 
risarcimento 
alla 
stessa 
offerto 
dovr� 
essere 
non soltanto congruo alla 
luce 
dei 
criteri 
generali 
pi� sopra 
indicati, 
ma 
altres� 
di 
regola 
superiore 
-e, 
comunque, 
mai 
inferiore 
-a 
quello 
proposto 
ai dipendenti. 


� 
Quanto, 
infine, 
al 
parere 
reso 
dall�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato 
di 

TEMI 
ISTITUzIONALI 


Bari 
in 
merito 
alla 
latitudine 
del 
risarcimento 
richiesto 
ai 
fini 
di 
cui 
all�art. 
168 bis 
cod. pen., esso appare pienamente condivisibile. 


Tale 
norma, 
a 
differenza 
di 
quella 
di 
cui 
all�art. 
341 
bis 
cod. 
pen., 
� 
infatti 
suscettibile 
di 
applicazione 
ad una 
pluralit� 
di 
ipotesi 
delittuose, individuate 
ratione 
poenae 
o 
nominis, 
dalle 
quali 
possono 
derivare 
anche 
pregiudizi 
di 
natura patrimoniale. 


� 
pertanto evidente 
che, in questi 
casi, l�eliminazione 
delle 
conseguenze 
dannose 
derivanti 
dal 
reato 
e, 
in 
particolare, 
il 
risarcimento 
del 
danno 
per 
equivalente, 
cui 
� 
subordinata 
l�ammissione 
al 
beneficio 
della 
messa 
alla 
prova 
dell�imputato, postula 
la 
riparazione 
anche 
dei 
danni 
patrimoniali 
da 
quello 
derivati 
a 
terzi: 
come 
appunto accade 
nel 
caso delle 
lesioni 
personali 
che, impedendo 
la 
prestazione 
lavorativa 
del 
dipendente, ledono il 
correlato diritto di 
credito 
dell�Amministrazione 
datrice 
di 
lavoro 
la 
quale 
si 
trova 
esposta 
ad 
erogare 
la 
retribuzione 
e 
i 
correlati 
contributi 
previdenziali 
ed assistenziali 
pur in 
difetto di qualsiasi controprestazione da parte del lavoratore impedito. 


In 
tale 
ipotesi, 
quindi, 
nella 
quale 
possono 
concorrere 
una 
pluralit� 
di 
reati, 
il 
risarcimento 
del 
danno 
deve 
necessariamente 
comprendere, 
per 
sortire 
l�effetto di 
cui 
all�art. 168 bis 
cod. pen., tutte 
le 
conseguenze 
pregiudizievoli, 
patrimoniali e non patrimoniali, derivate dai reati per i quali si procede. 


� 
In considerazione 
del 
carattere 
di 
massima 
della 
presente 
consultazione 
su di 
essa 
� 
stato sentito il 
Comitato consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato il 
quale nella seduta del 13 novembre 2017 si � espresso in conformit�. 
Trattandosi 
di 
problematiche 
di 
comune 
interesse, 
la 
presente 
direttiva 
viene 
estesa 
al 
Comando 
Generale 
della 
Guardia 
di 
Finanza 
e 
al 
Ministero 
dell�Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. 


Parere del 26/03/2018-159704, 
AL 28839/2017, Avv. LEOnELLO 
MARiAni 


Con 
la 
nota 
a 
riscontro 
codesto 
Comando 
generale 
formula, 
con 
riferimento 
alle 
problematiche 
affrontate 
dalla 
consultazione 
resa 
con 
nota 
n. 
599050 del 
14.12.2017, due 
ulteriori 
quesiti 
integrativi 
chiedendo in particolare 
di conoscere: 


1. se 
nel 
caso in cui 
la 
condotta 
oltraggiosa 
coinvolga 
pi� militari 
l�importo 
offerto 
all�Amministrazione 
a 
risarcimento 
del 
danno 
debba 
essere 
quam 
minus 
pari alla somma degli importi offerti ai singoli militari; 
2. se 
ai 
fini 
dell�ammissione 
al 
beneficio di 
cui 
all�art. 168 bis 
cod. pen. 
sia 
opportuno informare 
l�autorit� 
giudiziaria 
competente 
che 
il 
reato ascritto 
all�imputato ha 
comportato conseguenze 
lesive 
per l�Amministrazione 
in termini 
sia 
di 
danno patrimoniale 
- come 
ad es. accade 
nel 
caso di 
fatti 
di 
reato 
che 
abbiano 
determinato 
assenze 
dal 
servizio 
comunque 
coperte 
da 
retribu

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


zione 
e 
contribuzione 
- sia 
di 
danno non patrimoniale 
- in relazione 
ad ipotesi 
delittuose 
dalle 
quali 
sia 
derivato, come 
nel 
caso di 
oltraggio a 
pubblico ufficiale, 
un 
vulnus 
alla 
reputazione 
e 
all�immagine 
del 
Corpo 
di 
appartenenza 
del pubblico ufficiale -. 


� 
Con riferimento al 
primo dei 
proposti 
quesiti 
la 
Scrivente 
osserva 
che 
nell�ipotesi 
di 
oltraggio commesso in danno di 
una 
pluralit� 
di 
pubblici 
ufficiali 
il 
danno 
dell�Amministrazione 
non 
pu� 
automaticamente 
determinarsi 
in 
funzione della sommatoria dei danni subiti dai singoli militari operanti. 
Detto 
danno, 
bench� 
di 
regola 
superiore 
e, 
comunque, 
mai 
inferiore 
a 
quello subito dai 
dipendenti 
e 
bench� 
a 
questo collegato dal 
punto di 
vista 
del 
fatto generatore, � 
infatti 
diverso e 
distinto da 
quello individuale 
di 
talch� 
non 
pu�, ad avviso di 
questo Generale 
ufficio, costituire 
la 
risultante 
della 
somma 
aritmetica dei danni individuali. 


La 
pluralit� 
dei 
danneggiati 
si 
traduce 
infatti, al 
di 
fuori 
di 
ogni 
automatismo, 
in 
una 
maggiore 
gravit� 
del 
fatto 
delittuoso 
che 
pu� 
semplicemente 
condurre 
ad 
un 
ragionevole, 
proporzionale 
incremento 
di 
quanto 
dovuto 
al-
l�Amministrazione 
a 
titolo di 
risarcimento secondo i 
criteri 
indicati 
nel 
parere 
a riferimento. 


� 
Con riguardo invece 
al 
secondo dei 
proposti 
quesiti 
pare 
senz�altro opportuno 
che, quando il 
reato ascritto all�imputato ha 
comportato conseguenze 
lesive 
per 
l�Amministrazione 
in 
termini 
sia 
di 
danno 
patrimoniale 
sia 
di 
danno 
non patrimoniale, l�autorit� 
giudiziaria 
competente 
a 
decidere 
circa 
l�ammissione 
al 
beneficio 
di 
cui 
all�art. 
168 
bis 
cod. 
pen. 
sia 
resa 
edotta 
di 
tutte 
le 
conseguenze 
pregiudizievoli, patrimoniali 
e 
non patrimoniali, derivate 
dal 
reato 
posto 
che 
la 
sospensione 
del 
procedimento 
con 
messa 
alla 
prova 
dell�imputato 
presuppone, 
tra 
l�altro, 
�la 
prestazione 
di 
condotte 
volte 
all�eliminazione 
delle 
conseguenze 
dannose 
o pericolose 
derivanti 
dal 
reato, nonch�, ove 
possibile, 
il risarcimento del danno dallo stesso cagionato� 
(comma 2). 
Cos� 
come 
appare 
opportuno 
che, 
per 
evidenti 
ragioni 
di 
coerenza 
ed 
uniformit�, 
il 
danno non patrimoniale 
derivato da 
condotte 
riferibili 
all�art. 341 
bis 
cod. pen. sia 
quantificato, anche 
in tali 
evenienze, facendo riferimento ai 
criteri 
di 
ordine 
generale 
seguiti 
per 
la 
valutazione 
della 
congruit� 
delle 
offerte 
risarcitorie 
formulate, a 
mente 
del 
comma 
3 della 
citata 
disposizione, al 
fine 
di conseguire l�effetto estintivo del reato ivi previsto. 


� 
In considerazione 
del 
carattere 
di 
massima 
della 
presente 
consultazione 
su di 
essa 
� 
stato sentito il 
Comitato consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato il 
quale nella seduta del 22 marzo 2018 si � espresso in conformit�. 
Trattandosi 
di 
problematiche 
di 
comune 
interesse, il 
presente 
parere 
integrativo 
viene 
esteso 
al 
Comando 
Generale 
dell�Arma 
dei 
Carabinieri 
e 
al 
Ministero dell�Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza. 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


B) Alloggio di 
servizio - Concessione 
- Rilascio - Beni 
mobili 
reliquati 
dall'ex 


concessionario - Mancata asportazione 
- Acquisto per 
occupazione 
del 
di


ritto di propriet� da parte dell'Amministrazione. 


Parere del 06/04/2018-181926, 
AL 12809/2016, Avv. GiAnCARLO 
PAMPAnELLi 


Con 
la 
nota 
sopra 
indicata 
� 
stata 
chiesta 
da 
codesta 
Aeronautica 
Militare 


-Comando Supporti 
Enti 
di 
vertice 
a 
questo Organo legale 
l'autorizzazione 
a 
poter procedere 
alla 
vendita/smaltimento di 
mobili 
e 
masserizie 
a 
suo tempo 
lasciati 
nell'alloggio 
di 
servizio 
da 
ex 
occupante 
dello 
stesso, 
trasferitosi 
in 
Brasile, 
pi� 
volte 
inutilmente 
diffidato 
affinch� 
procedesse 
al 
ritiro 
di 
detti 
beni per i quali l'Amm.ne corrisponde a Ditta esterna le spese di custodia. 
Tanto premesso, osserva 
la 
Scrivente 
che 
la 
problematica 
di 
che 
trattasi 
appare 
trascendere 
la 
singola 
fattispecie 
all'esame, per la 
sua 
suscettibilit� 
di 
riproporsi 
in 
una 
serie 
di 
casi 
(come 
in 
effetti 
gi� 
avvenuto 
secondo 
quanto 
informalmente appreso). 


Invero, la 
situazione 
oggetto di 
esame 
non trova 
una 
regolamentazione 
specifica 
nei 
codici 
militari, n� 
- come 
comunicato con nota 
n. 63761 dell�11 
settembre 
2017 
del 
Ministero 
Difesa 
-Segretariato 
Generale 
-VI 
Reparto 
Contenzioso 
e 
Affari 
Legali 
interpellato al 
riguardo da 
questa 
Avvocatura 
- in disposizioni 
di carattere interno dell'Amm.ne. 


In particolare, l'art. 355 del 
DPR. n. 90/12010 in effetti 
prevede 
che 
l'ordine 
di 
recupero 
coattivo 
dell'alloggio 
disponga 
che 
esso 
debba 
essere 
lasciato 
"libero 
da 
persone 
e 
cose", 
ma 
non 
contempla 
poteri 
di 
autotutela 
dell'Amm.ne 
in relazione ai mobili dell'ex utilizzatore presenti nell'alloggio medesimo. 


Ci� 
posto, 
ritiene 
questo 
Organo 
legale 
di 
rappresentare 
l'opportunit� 
che, 
onde 
evitare 
il 
verificarsi 
delle 
situazioni 
"de 
quibus', 
sia 
inserita 
nella 
normativa 
regolamentare 
militare, 
nei 
disciplinari 
di 
concessione 
degli 
alloggi 
nonch� 
nei 
provvedimenti 
di 
recupero coattivo degli 
immobili, apposita 
previsione 
per 
la 
quale, 
decorso 
un 
breve 
termine 
dal 
rilascio 
(es. 
20 
giorni) 
senza 
che 
vengano prelevati 
dall'ex utilizzatore 
i 
beni 
mobili 
di 
propriet� 
reliquati 
nell'alloggio, gli 
stessi 
verranno considerati 
abbandonati 
("res 
derelicta"), ai 
sensi 
del 
disposto 
dell'art. 
923, 
comma 
2, 
cod. 
civ., 
con 
il 
conseguente 
acquisto 
della 
loro propriet� 
a 
titolo originario in capo all'Amm.ne, che 
potr� 
venderli 
e/o smaltirli. 


Tali 
espresse 
previsioni 
eviterebbero 
il 
rischio 
di 
vertenze 
anche 
giudiziali 
in ordine 
all'effettiva 
intenzione 
dell'interessato di 
dismettere 
i 
mobili 
dell'alloggio, 
permettendo di 
poter attribuire 
al 
comportamento inerte 
dell'ex occupante 
il 
significato di 
"abbandono" 
dei 
beni 
e 
risolvendo cos� 
anche 
situazioni 
particolari, come nel caso d'irreperibilit� dell'ex occupante dell'immobile. 


Dette 
disposizioni 
potranno 
consentire 
altres� 
di 
evitare, 
salvo 
che 
l'alloggio 
non 
debba 
immediatamente 
e 
contestualmente 
essere 
utilizzato 
da 
altro 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


soggetto 
avente 
diritto, 
di 
affrontare 
le 
spese 
di 
custodia 
per 
il 
breve 
lasso 
temporale 
necessario per lo smaltimento/vendita 
dei 
beni, in cui, ove 
possibile, i 
mobili 
potranno 
restare 
nell'alloggio 
con 
la 
custodia 
da 
parte 
dell'Amm.ne 
stessa. 


Fermo 
quanto 
sopra, 
venendo 
al 
caso 
specifico 
in 
esame, 
tenuto 
conto 
della 
parvit� 
del 
valore 
dei 
mobili 
in questione, non si 
ritiene 
anzitutto opportuno 
far ricorso alla 
procedura, con connessi 
oneri, volta 
ad una 
formale 
costituzione 
in 
mora 
dell'interessato 
ex 
art. 
1209, 
comma 
2, 
cod. 
civ., 
cui 
conseguirebbe 
l'addebito allo stesso delle 
spese 
di 
custodia 
e 
la 
possibilit� 
per 
l'Amm.ne 
di 
avvalersi 
del 
diritto di 
ritenzione 
di 
cui 
all'art. 2756 cod. civ. e 
successivamente di vendere i beni. 


D'altro 
canto, 
in 
mancanza 
delle 
previsioni 
normative 
sopra 
suggerite, 
appare 
evidente 
come 
non possa 
allo stato attribuirsi 
al 
"silenzio" 
dell'ex occupante 
il significato di volont� di abbandono dei beni mobili. 


Pertanto, ritiene 
la 
Scrivente 
che, al 
fine 
di 
risolvere 
la 
problematica, tenuto 
conto 
delle 
circostanze 
in 
fatto 
qui 
rappresentate 
da 
codesta 
Amm.ne, 
debba 
ulteriormente 
diffidarsi 
l'interessato, con prova 
certa 
di 
avvenuta 
ricezione 
della 
diffida, ad attivarsi 
entro un breve 
termine 
(30 giorn�) per il 
recupero 
dei 
beni 
in 
questione, 
espressamente 
avvertendolo 
che, 
al 
decorso 
infruttuoso 
del 
termine, 
i 
beni 
saranno 
considerati 
abbandonati 
("res 
derelicta") 
ai 
sensi 
dell'art. 
923, 
comma 
2, 
cod. 
civ. 
ed 
entreranno 
nella 
disponibilit� 
dell�Amm.ne, 
che 
potr� 
conseguentemente 
provvedere 
al 
loro 
smaltimento 
attesa 
la cennata segnalazione di un valore pressoch� nullo degli stessi. 


La 
soluzione 
proposta 
trova 
fondamento nella 
richiamata 
disciplina 
generale 
codicistica. 


Inoltre, circa 
l'obbligo non adempiuto di 
lasciare 
libero l'alloggio anche 
dalle 
cose 
si 
appalesa 
in linea 
con quanto disposto - nell'ambito della 
esecuzione 
coattiva 
per consegna 
e 
rilascio d'immobile 
- dal 
cod. proc. civ., per il 
quale 
i 
mobili 
lasciati 
dall'esecutato nell'alloggio in violazione 
dell'obbligo di 
liberarlo vengono reputati (a determinate condizioni) "res derelicta". 


Infatti, detto codice 
all'art. 609, comma 
2, parte 
seconda, introdotto con 
la 
recente 
novella 
di 
cui 
al 
D.L. n. 132/14 conv. in legge 
n. 162/14, prevede 
espressamente 
che 
in difetto di 
istanza 
da 
parte 
dell'esecutante, quando non 
appare 
evidente 
l'utilit� 
del 
tentativo di 
vendita 
dei 
mobili, i 
beni 
"sono considerati 
abbandonati" 
("res 
derelicta") 
e 
l'ufficiale 
giudiziario 
(salva 
diversa 
richiesta 
della 
parte 
istante) ne 
dispone 
direttamente 
lo smaltimento o la 
distruzione. 


Nei sensi di cui sopra � l'avviso della Scrivente. 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


Parere del 06/04/2018-181935, 
AL 47029/2011, Avv. EMMA 
DAMiAni 


Si 
riscontra 
la 
nota 
prot. 
n. 
81325 
in 
data 
10 
ottobre 
2017, 
rappresentando 
quanto segue. 


Ove 
fosse 
configurabile 
un 
obbligo 
di 
restituzione 
al 
Cap. 
S. 
dei 
beni 
mobili 
di 
sua 
propriet�, 
bench� 
l'Amministrazione 
non 
possa 
essere 
ritenuta 
in 
mora 
anche 
solo per effetto della 
(sembrerebbe 
gi� 
compiuta) offerta 
non formale 
di 
restituzione 
(cfr. art. 1220 cod. civ.) dei 
beni 
medesimi, l'integrazione 
di 
una 
mora 
del 
Cap. 
S., 
con 
ogni 
conseguente 
effetto 
(tra 
cui 
anche 
l'addebito 
delle 
spese 
di 
custodia, 
cfr. 
art. 
1207 
cod. 
civ.), 
implicherebbe 
l'osservanza 
delle formalit� prescritte dagli arti. 1209, comma 2 e ss., cod. civ. 


Il 
conseguente 
addebito al 
Cap. S. delle 
spese 
di 
custodia, consentirebbe 
a 
codesta 
Amministrazione 
l'esercizio 
del 
diritto 
di 
ritenzione 
sui 
beni 
custoditi 
(ai 
sensi 
dell'art. 2756 cod. civ.) e 
la 
conseguente 
possibilit� 
di 
vendita 
degli 
stessi, secondo le formalit� di cui all'art. 2797 cod. civ. 


I non trascurabili 
oneri 
procedurali 
connessi 
alle 
sopra 
dette 
facolt�, potrebbero, 
tuttavia, risultare 
ultronei 
laddove 
potesse 
affermarsi 
che 
i 
beni 
de 
quibus, anche 
in considerazione 
del 
loro trascurabile 
valore, siano stati 
semplicemente 
abbandonati 
senza 
alcun obbligo di 
custodia 
degli 
stessi 
a 
carico 
dell'Amministrazione 
che, nella 
procedura 
di 
cui 
all'art. 333 DPR 90/10, analogamente 
a 
quanto previsto dall'art. 609, comma 
2, c.p.c., potrebbe 
provvedere 
al relativo smaltimento. 


Nella 
fattispecie 
che 
ci 
occupa, sembrerebbe 
che 
il 
cap. S., consapevole 
della 
cessazione 
del 
rapporto 
concessorio 
relativo 
all'alloggio 
di 
servizio 
e 
quindi 
del 
proprio 
conseguente 
onere 
di 
liberazione 
dell'unit� 
immobiliare 
goduta, 
si 
sia 
allontanato, 
peraltro 
rendendosi 
irreperibile, 
ivi 
abbandonando 
beni 
mobili di 
"nessun valore". 


Su 
tale 
presupposto, 
si 
pu� 
ritenere 
che, 
nella 
specificit� 
della 
fattispecie, 
codesta 
Amministrazione 
possa 
ritenere 
le 
masserizie 
de 
quibus 
semplicemente 
abbandonate 
e, conseguentemente, a 
termini 
dell'art. 923 cod. civ., disporne 
uti dominus. 


Tanto detto, de 
iure 
condito, in ordine 
alla 
fattispecie 
in oggetto, non pu� 
invece 
trascurarsi 
la 
frequenza, 
segnalata 
anche 
per 
le 
vie 
brevi 
da 
codesta 
Amministrazione, 
con 
cui 
si 
verifica 
l'abbandono 
di 
masserizie 
varie, 
da 
parte 
dei 
beneficiari 
di 
alloggi 
di 
servizio, nei 
locali 
gi� 
goduti 
in concessione 
alla 
cessazione della stessa. 


Al 
fine 
di 
evitare 
che 
l'Amministrazione, 
alla 
cessazione 
del 
rapporto 
concessorio, 
debba 
farsi 
carico di 
provvedere 
anche 
alla 
custodia 
dei 
beni 
mobili 
"lasciati" 
nell'alloggio di 
servizio, considerata 
pure 
la 
difficolt� 
di 
rivalsa 
relativamente 
a 
tali 
spese, soprattutto in caso di 
sopravvenuta 
irreperibilit� 
del 
titolare 
dei 
beni 
de 
quibus, 
si 
ritiene 
opportuno 
sollecitare 
una 
pi� 
puntuale 
disciplina, 
almeno 
regolamentare, 
della 
fattispecie, 
che, 
ex 
ante, 
attribuisca 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


all'eventuale 
inerzia 
del 
proprietario 
dei 
beni 
lasciati 
nell'alloggio 
-il 
quale 
ometta 
di 
curarne 
la 
tempestiva 
rimozione 
-la 
connotazione 
di 
comportamento 
concludente 
idoneo 
a 
far 
presumere 
iuris 
et 
de 
iure 
l'intenzione 
di 
abbandonare 
i beni mobili non asportati. 


Una 
tale 
previsione 
normativa, puntualmente 
richiamata 
nel 
disciplinare 
di 
concessione 
nonch� 
nell'ordine 
di 
rilascio dell'alloggio di 
servizio, consentirebbe 
all'Amministrazione 
concedente, 
decorso 
un 
prestabilito 
termine 
eventualmente 
ulteriore 
rispetto a 
quello fissato per il 
rilascio dell'immobile 
l'occupazione 
delle 
res 
derelictae 
ed 
ogni 
conseguente 
facolt� 
connessa 
all'acquisito 
diritto di propriet� sulle stesse. 


Invero, una 
espressa 
e 
puntuale 
disciplina 
di 
tale 
fattispecie 
de 
iure 
condendo, 
attualmente 
non 
reperibile 
nell'ordinamento 
se 
non 
in 
via 
interpretativa 
-come 
si 
evince 
dalla 
prospettata 
soluzione 
dello 
specifico 
caso 
da 
ultimo 
sottoposto 
all'esame 
della 
Scrivente 
-assicurerebbe 
la 
neutralizzazione 
del 
rischio 
di 
contestazioni 
anche 
giudiziali, in ordine 
alla 
effettivit� 
dell'intenzione 
del 
titolare 
di 
abbandonare 
i 
beni 
non 
tempestivamente 
rimossi 
dall'alloggio 
di 
servizio, al termine della relativa concessione. 


Peraltro, la 
certezza 
legale 
di 
un tale 
effetto acquisitivo dei 
beni 
abbandonati, 
entro un contenuto termine 
"di 
tolleranza", consentirebbe 
all'Amministrazione 
finanche 
di 
evitare 
gli 
oneri 
della 
custodia 
interinale 
ed il 
rischio di 
non 
ottenerne 
di 
fatto 
il 
recupero, 
in 
caso 
di 
irreperibilit� 
o 
non 
solvibilit� 
del-
l'originario titolare. 


In tal 
senso si 
auspica 
la 
pronta 
attivazione 
di 
codesta 
Amministrazione 
per l'assunzione delle iniziative del caso. 


Si rimane a disposizione per ogni chiarimento necessario od utile. 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


OSSERVATORIO SULLA GIUSTIZIA CIVILE 
GRUPPO DANNO 


La prova del nesso causale, concause e 
il principio del �pi� probabile che non� 


relazione di 
Gaetana natale 


-avvocato dello Stato Il 
tema 
della 
prova 
del 
nesso causale 
rappresenta 
uno degli 
aspetti 
pi� dibattuti 
nell�ambito della 
responsabilit� 
civile: 
il 
�nesso di 
causa� 
ha 
un ruolo 
centrale 
e 
nevralgico, 
al 
punto 
tale 
da 
costituire 
un 
vero 
e 
proprio 
indice 
di 
evoluzione sistemica dell�intera materia del risarcimento del danno. 


Nel 
sistema 
del 
Common 
Law 
si 
rinviene 
la 
nota 
l�espressione 
�causation 
is 
a peg on which the 
judge 
can hang any 
decision he 
likes� 
(H.L.A. HART, 
TONy 
HONOR�, 
Causation 
in 
the 
Law, 
2 
nd 
ed., 
Oxford: 
Clarendon, 
1985, 
465), 
espressione 
che 
pu� 
essere 
liberamente 
tradotta 
in 
italiano 
come 
�la 
causalit� 
� 
un perno intorno al 
quale 
il 
giudice 
pu� far 
ruotare 
la decisione 
che 
ritiene 
pi� opportuna�. Ed anche 
nel 
nostro sistema 
di 
Civil 
Law 
il 
rapporto di 
causalit� 
rappresenta 
il 
filtro attraverso il 
quale 
l�organo giudicante 
pu� valutare 
concretamente 
la 
fondatezza 
di 
una 
pretesa 
risarcitoria. 
Il 
problema 
investe 
soprattutto 
l�onere 
probatorio, 
riguardo 
al 
quale 
assume 
un 
rilievo 
interessante 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
Sez. 
III 
Civile 
14 
novembre 
2017 
n. 
26284 che 
nel 
corso di 
quest�anno giudiziario gli 
Osservatori 
sulla 
Giustizia 
Civile 
non possono non prendere 
in esame, al 
fine 
di 
delineare 
le 
nuove 
linee 
evolutive della giurisprudenza in materia di danno. 


Tale 
pronunzia 
ha 
affermato 
(conformandosi 
alla 
precedente 
sentenza 
Cass. Civ. Sez. III n. 18392 del 
26 luglio 2017) che 
�sia nei 
giudizi 
di 
risarcimento 
del 
danno derivante 
da inadempimento contrattuale 
sia in quelli 
di 
risarcimento del 
danno da fatto illecito, la condotta colposa del 
responsabile 
ed il 
nesso di 
causa tra questa ed il 
danno costituiscono l�oggetto di 
due 
accertamenti 
concettualmente 
distinti; la sussistenza della prima non dimostra, 
di 
per 
s�, 
anche 
la 
sussistenza 
del 
secondo 
e 
viceversa; 
l�art. 
1218 
c.c., 
solleva 
il 
creditore 
dalla 
obbligazione 
che 
si 
afferma 
non 
adempiuta 
dall�onere 
di 
provare 
la colpa del 
debitore 
inadempiente, ma non dall�onere 
di 
provare 
il 
nesso di 
causa tra la condotta del 
debitore 
ed il 
danno di 
cui 
domanda il 
risarcimento; 
nei 
giudizi 
di 
risarcimento del 
danno da responsabilit� medica, � 
onere 
dell�attore 
paziente 
danneggiato, dimostrare 
l�esistenza del 
nesso causale 
tra la condotta del 
medico e 
il 
danno di 
cui 
chiede 
il 
risarcimento; tale 
onere 
va assolto dimostrando, con qualsiasi 
mezzo di 
prova, che 
la condotta 
del 
sanitario � 
stata, secondo il 
criterio del 
�pi� probabile 
che 
non� 
la causa 
del 
danno; se, al 
termine 
dell�istruttoria, non risulti 
provato il 
nesso tra con



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


dotta ed evento, per 
essere 
la causa del 
danno lamentato dal 
paziente 
rimasta 
assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata�. 


La 
suddetta 
sentenza 
ha 
suscitato un vivace 
dibattito dottrinario volto a 
chiarire 
se 
il 
principio 
di 
diritto 
da 
essa 
enunciato 
si 
inserisca 
nel 
solco 
del 
tradizionale 
orientamento 
giurisprudenziale 
venutosi 
a 
formare 
dopo 
le 
sentenze 
delle 
Sezioni 
Unite 
della 
Cassazione 
dell�11 
gennaio 
2011, 
nn. 
576-585, 
in 
ordine 
all�onere 
probatorio 
relativo 
al 
nesso 
di 
causalit� 
o 
se 
rappresenti 
e 
in 
che 
termini un elemento di novit�. 


Si 
ricorder� 
che 
la 
nota 
sentenza 
della 
Cassazione 
n. 
577/08 
in 
particolare 
aveva 
affermato che 
�il 
paziente 
deve 
limitarsi 
a provare 
l�esistenza del 
contratto 
(o il 
contatto sociale) e 
l�insorgenza o l�aggravamento della patologia 
ed allegare 
l�inadempimento del 
debitore, astrattamente 
idoneo a provocare 
il 
danno 
lamentato, 
rimanendo 
a 
carico 
del 
debitore 
dimostrare 
o 
che 
tale 
adempimento non vi 
� 
stato ovvero che, pur 
esistendo, esso non � 
stato eziologicamente 
rilevante�. 

Orbene, 
dal 
recente 
orientamento 
giurisprudenziale 
rappresentato 
dalle 
due 
sentenze 
in esame 
della 
III Sezione 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione, 
la 
n. 18392 del 
26 luglio 2017 e 
la 
n. 26824 del 
14 novembre 
2017, discende 
il 
corollario secondo il 
quale 
dalla 
colpa 
non si 
possono trarre 
elementi 
per ritenere 
dimostrato il 
nesso causale. Esso, infatti, schiude 
la 
via 
all�idea 
per cui 
il 
legame 
tra 
la 
condotta 
e 
il 
danno vada 
sempre 
dimostrato dall�attore, altres� 
inducendo 
a 
mettere 
da 
parte 
la 
connessa 
idea 
a 
tenore 
della 
quale 
l�allegazione 
di 
un comportamento astrattamente 
idoneo a 
cagionarlo possa 
esimere 
il 
danneggiato 
dalla 
prova 
di 
cui 
si 
tratta 
(su tale 
argomento Cass. 29 febbraio 2016 


n. 
3893, 
Foro 
it., 
2016, 
I 
1728 
con 
nota 
di 
TASSONE, 
�negligenza 
medica 
e 
pregressa situazione 
patologica�, altres� 
annotata 
da 
D�ADDA 
�Concorso di 
causa naturale 
e 
responsabilit� proporzionale: l�apparente 
ortodossia della 
Suprema Corte�, in nuova Giur. Civ., 2016, 1049). 
Si 
precisa 
che 
tale 
principio appare 
ricorrente 
anche 
in tema 
di 
responsabilit� 
aquiliana, 
laddove 
la 
puntualizzazione 
contenuta 
nella 
sentenza 
n. 
26284 
del 
14 
novembre 
2017 
in 
materia 
di 
responsabilit� 
contrattuale 
potrebbe 
avere 
un qualche 
rilievo pure 
per la 
ricostruzione 
di 
questa 
in termini 
soggettivi 
invece 
che 
oggettivi 
(da 
ultimo 
D. zORzIT, �La Cassazione 
e 
la prova del 
nesso 
causale: l�inizio di 
una nuova storia?� 
nota 
a 
Cass. 26 luglio 2017 n. 18392, 
Foro it., I 3358, in Danno e responsabilit� 
2017, 700). 


Occorre 
allora 
chiedersi 
da 
osservatori 
della 
giustizia 
civile 
se 
tali 
recenti 
sentenze 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione, la 
n. 18392 del 
26 luglio 2017 e 
la 
n. 
26824 
del 
14 
novembre 
2017, 
rappresentino 
il 
segnale 
di 
una 
tendenziale 
equiparazione 
tra 
responsabilit� 
contrattuale 
ed 
extracontrattuale 
sul 
piano 
del-
l�onere 
probatorio relativo alla 
sussistenza 
del 
nesso causale 
e 
se 
il 
principio 
da 
esse 
enunciato 
in 
tema 
di 
responsabilit� 
contrattuale 
si 
traduca 
nel 
contempo 
in 
un 
maggiore 
rigore 
dal 
parte 
del 
giudice 
nel 
valutare 
l�assolvimento 
del



TEMI 
ISTITUzIONALI 


l�onere 
probatorio nel 
campo della 
responsabilit� 
extracontratuale, ove 
vige, 
comunque, il 
fondamentale 
principio secondo il 
quale 
l��onus 
probandi 
imcubit 
ei qui dicit e non ei qui negat� 
ex art. 2697 c.c. 


A 
tal 
riguardo qualche 
autore 
(vedi 
I. DI 
ROSA 
in un commento alla 
sentenza 
della 
Cassazione 
del 
26 
luglio 
2017 
n. 
18392 
pubblicato 
in 
Foro 
it. 
anno 
2017, parte I, col. 3358) ha osservato che: 


�Alla 
distinzione 
tra 
danno-evento, 
inteso 
quale 
lesione 
dell�interesse 
giuridicamente 
tutelato e 
direttamente 
derivante 
dall�illiceit� della condotta 
e 
danno-conseguenza, 
inteso 
quale 
pregiudizio 
concretamente 
sofferto 
e 
il 
solo 
oggetto 
di 
risarcimento, 
corrisponde 
il 
discrimen 
tra 
causalit� 
materiale 
e 
causalit� 
giuridica. 
in 
particolare, 
la 
prima 
offre 
il 
collegamento 
naturalistico 
tra la condotta attiva od omissiva, e 
l�evento; la seconda consente 
un�imputazione 
di 
responsabilit� in termini 
giuridicamente 
rilevanti, tali 
da determinare 
l�insorgenza 
dell�obbligo 
al 
risarcimento 
del 
danno. 
La 
tradizionale 
bipartizione 
del 
nesso 
causale 
deriva 
in 
linea 
retta 
dall�impostazione 
tedesca, 
in cui 
si 
contraddistinguono la responsabilit� �strutturale�, cd. haftungsbegrundende 
Kausalitat, 
volta 
ad 
accertare 
la 
sussistenza 
di 
un�interdipendenza 
tra il 
comportamento del 
danneggiante 
e 
l�evento lesivo, e 
la cd. haftungsausfullende 
Kausalitat, 
orientata, 
invece, 
a 
verificare 
l�esistenza 
di 
un 
danno 
da 
risarcire. 
in 
siffatto 
contesto 
si 
inserisce 
la 
ripartizione 
dell�onus 
probandi 
voluta dall�art. 2697 c.c., che 
cristallizza il 
<distinguo> 
tra prova del 
fatto 
costitutivo 
del 
diritto, 
a 
carico 
dell�attore, 
e 
quella 
dei 
fatti 
modificativi 
o 
estintivi dello stesso, gravante, per converso, sul convenuto�. 


Al 
di 
l� 
di 
tali 
elaborazioni 
dottrinarie, per cogliere 
la 
portata 
innovativa 
della 
pronunzia 
n. 26284 del 
14 novembre 
2017 occorre 
partire 
dalla 
fattispecie 
concreta. 


Un 
minore, 
nato 
prematuro, 
risulta 
affetto 
da 
una 
retinopatia 
oculare 
all�occhio 
destro, 
che 
determina 
la 
perdita 
totale 
della 
vista. 
I 
genitori 
e 
poi 
il 
danneggiato 
in 
proprio, 
divenuto 
maggiorenne, 
affermano 
che 
la 
patologia 
discende 
dai 
negligenti 
trattamenti 
praticati 
dai 
sanitari 
della 
struttura 
convenuta 
al 
momento 
della 
nascita. 
La 
CTU 
ritiene, 
invece, 
che 
essa 
possa 
essere 
riconducibile, 
in 
via 
alternativa, 
a 
tre 
diversi 
fattori, 
di 
cui 
solo 
l�ultimo 
imputabile 
a 
responsabilit� 
dei 
medici 
o 
della 
struttura 
stessa 
(essendo 
gli 
altri 
preesistenti 
alla 
nascita), 
e 
cio�: 
a) 
ad 
una 
malformazione 
congenita 
della 
retina, 
b) 
ad 
un�infezione 
da 
citomegalovirus 
e 
c) 
ad 
una 
iperossia 
da 
eccessiva 
somministrazione 
d�ossigeno. 
Tuttavia 
-evidenzia 
il 
CTU 
-il 
fatto 
che 
la 
patologia 
risultasse 
in 
stato 
gi� 
avanzato 
al 
momento 
della 
diagnosi 
posta 
in 
essere 
a 
tre 
mesi 
dal 
parto 
fa 
propendere 
per 
la 
sua 
preesistenza, 
mentre 
il 
suo 
carattere 
unilaterale 
induce 
ad 
escludere 
il 
rilievo 
dell�iperossia 
che 
verosimilmente 
avrebbe 
dovuto 
danneggiare 
entrambi 
gli 
occhi 
finendo 
per 
individuare 
nell�infezione 
da 
citomegalovirus 
la 
causa 
pi� 
probabile. 
Di 
qui 
l�affermazione 
della 
Suprema 
Corte 
secondo 
cui 
bene 
aveva 
fatto 
il 
secondo 
giudice 
a 
respingere 
la 
domanda. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Con la 
sentenza 
di 
cui 
si 
tratta 
la 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
torna 
ex 
professo 
su 
un 
tema 
di 
straordinaria 
rilevanza: 
quello 
concernente 
la 
(possibile) 
inversione 
dell�onere 
della 
prova 
in 
ordine 
alla 
sussistenza 
dell�elemento 
eziologico 
nella 
responsabilit� 
contrattuale 
derivante 
da 
un 
passo 
di 
Cass. 
Sez. 
Unite, 
11 
gennaio 
2008 
n. 
577, 
vale 
a 
dire 
una 
delle 
dieci 
pronunce 
(Cass. 
Sez. 
Unite 
11 gennaio 2008 nn. 576 - 585), rese 
dal 
Supremo organo della 
nomofilachia 
in tema 
di 
emotrasfusioni 
infette 
e 
con le 
quali 
sono stati 
fissati 
principi 
assai 
importanti 
(fra 
l�altro) 
circa 
l�accertamento 
del 
nesso: 
a 
fronte 
dell�allegazione 
dell�inadempimento il 
debitore 
non deve 
solo provare 
di 
essere 
stato diligente 
secondo le 
regole 
elaborate 
a 
partire 
da 
Cass. 13533/01, 
bens� 
che 
- ove 
non lo sia 
stato - deve 
pure 
dimostrare 
l�assenza 
di 
un legame 
fra la sua condotta e il pregiudizio. 


In base 
a 
tale 
imposizione 
il 
paziente 
deve 
limitarsi 
a 
provare 
l�esistenza 
del 
contratto (o il 
contatto sociale) e 
l�insorgenza 
o l�aggravamento della 
patologia 
ed allegare 
l�inadempimento del 
debitore, astrattamente 
idoneo a 
provocare 
il 
danno lamentato, rimanendo a 
carico del 
debitore 
dimostrare 
o che 
tale 
adempimento non vi 
� 
stato ovvero che, pur esistendo, esso non � 
stato 
eziologicamente rilevante. 


Si 
ricorder� 
che 
per 
quanto 
concerne 
la 
responsabilit� 
extracontrattuale 
del 
Ministero 
della 
Salute 
in 
materia 
di 
danni 
da 
emotrasfusione 
la 
nota 
sentenza 
delle 
Sezioni 
Unite 
della 
Cassazione, 
la 
n. 
581 
dell�11 
gennaio 
2008, 
esclusa 
la 
configurabilit� 
del 
reato 
di 
epidemia 
colposa 
o 
lesioni 
colposi 
plurime 
ex 
artt. 
438 
e 
452 
c.p., 
aveva 
affermato 
che: 
�il 
giudice, 
accertata 
l�omissione 
delle 
attivit� 
istituzionali 
di 
competenza 
del 
Ministero 
della 
Salute 
ed 
accertata 
con 
riferimento 
all�epoca 
di 
produzione 
dei 
preparati, 
la 
conoscenza 
oggettiva 
ed 
indubbia, 
ai 
pi� 
alti 
livelli 
scientifici 
della 
possibile 
veicolazione 
di 
virus 
attraverso 
il 
sangue 
od 
emoderivati 
infetti, 
nonch� 
l�esistenza 
di 
patologie 
da 
virus 
(Hiv, 
HBv 
e 
HCv) 
a 
carico 
dei 
soggetti 
emotrasfusi 
e 
assuntori 
di 
emoderivati, 
deve 
dichiarare 
e 
ritenere, 
in 
assenza 
di 
fattori 
alternativi, 
che 
la 
condotta 
omissiva 
del 
Ministero 
sia 
stata 
causa 
determinante 
dell�insorgenza 
delle 
malattie, 
ricollegabili 
al 
sangue 
od 
emoderivati 
infetti�. 
Ai 
fini 
dell�accertamento 
del 
nesso 
causale 
la 
Cassazione 
con 
tale 
nota 
sentenza 
aveva 
anche 
chiarito 
che 
�il 
giudice 
� 
tenuto 
ad 
accertare 
se 
l�evento 
dannoso 
sia 
ricollegabile 
all�omissione 
(causalit� 
omissiva), 
nel 
senso 
che 
esso 
non 
si 
sarebbe 
verificato 
se 
(causalit� 
ipotetica) 
l�agente 
avesse 
posto 
in 
essere 
la 
condotta 
doverosa 
impostagli, 
con 
esclusione 
di 
fattori 
alternativi. 
L�accertamento 
del 
rapporto 
di 
causalit� 
ipotetica 
passa 
attraverso 
l�enunciato 
�controfattuale� 
che 
pone 
al 
posto 
dell�omissione 
il 
comportamento 
alternativo 
dovuto, 
onde 
verificare 
se 
la 
condotta 
doverosa 
avrebbe 
evitato 
il 
danno 
lamentato 
dal 
danneggiato 
(cd. 
prognosi 
postuma)�. 
Secondo 
la 
Suprema 
Corte, 
inoltre, 
dovrebbe 
farsi 
riferimento 
(tra 
l�altro) 
alla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
CE 
che 
si 
Ǐ 
indirizzata 
ad 
ac



TEMI 
ISTITUzIONALI 


cettare 
che 
la 
causalit� 
non 
possa 
che 
poggiare 
su 
logiche 
di 
tipo 
probabilistico. 
La 
CGCE 
con 
sentenza 
del 
13 
luglio 
2006, 
n. 
295 
ha 
ritenuto 
sussistere 
la 
violazione 
delle 
norme 
sulla 
concorrenza 
in 
danno 
del 
consumatore 
se 
�appaia 
sufficientemente 
probabile� 
che 
l�intesa 
tra 
compagnie 
assicurative 
possa 
avere 
un�influenza 
sulla 
vendita 
delle 
polizze 
della 
detta 
assicurazione. 
La 
CGCE 
con 
sentenza 
del 
15 
febbraio 
2005 
n. 
12, 
sempre 
in 
tema 
di 
tutela 
della 
concorrenza, 
ha 
ritenuto 
che 
occorre 
postulare 
le 
varie 
concatenazioni 
causa 
-effetto, 
al 
fine 
di 
accogliere 
quelle 
maggiormente 
probabili�. 
Sulla 
base 
di 
tali 
assunti, 
basati 
sulla 
prevedibilit� 
in 
astratto 
dell�evento 
e 
sulla 


c.d. 
causalit� 
adeguata 
o 
quella 
similare 
della 
c.d. 
regolarit� 
causale, 
la 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
configurato 
una 
responsabilit� 
extracontrattuale 
del 
Ministero 
della 
Salute 
per 
danni 
da 
emotrasfusioni 
anche 
a 
partire 
dalla 
fine 
degli 
anni 
60, 
a 
prescindere 
dalla 
data 
di 
scoperta 
scientifica 
dei 
vari 
virus 
HBV 
(1978), 
HIV 
(1985), 
HCV 
(1988), 
in 
quanto 
�non 
sussistono 
tre 
eventi 
lesivi, 
come 
se 
si 
trattasse 
di 
tre 
serie 
causali 
autonome 
ed 
indipendenti, 
ma 
di 
un 
unico 
evento 
lesivo, 
cio� 
la 
lesione 
dell�integrit� 
fisica 
(essenzialmente 
del 
fegato), 
per 
cui 
unico 
� 
il 
nesso 
causale: 
trasfusione 
con 
sangue 
infetto 
-contagio 
infettivo 
-lesione 
dell�integrit�� 
(Cass. 
581/2008). 
Tale 
orientamento 
� 
certamente 
ispirato 
da 
comprensibili 
e 
condivisibili 
ragioni 
solidaristiche 
che 
impongono 
di 
tutelare 
la 
salute 
come 
bene 
primario 
costituzionalmente 
tutelato 
ex 
art. 
32 
Cost. 
Ma 
cosa 
� 
avvenuto dopo il 
2008 sul 
piano dell�onere 
della 
prova 
concernente 
il 
nesso 
causale 
in 
materia 
sia 
di 
responsabilit� 
contrattuale 
che 
in 
quella 
di 
responsabilit� 
extracontrattuale? 
Come 
� 
stata 
configurata 
e 
valutata 
negli 
anni 
seguenti 
la 
prova 
dei 
�fattori 
alternativi 
� 
di 
cui 
parlava 
la 
Cassazione 
nella nota sentenza sopra citata? 


Dopo l�11 gennaio 2008 non poche 
sentenze 
di 
legittimit� 
hanno messo 
in crisi 
l�idea 
per cui 
l�inversione 
dell�onus 
probandi 
riguardasse 
anche 
l�elemento 
oggettivo, 
come 
ad 
esempio 
accadeva 
in 
una 
pronunzia 
di 
grande 
rilievo 
circa 
la 
tematica 
delle 
concause, ossia 
la 
sentenza 
della 
Cass. 21 luglio 2011, 


n. 15591, (in Corriere 
giur., 2011, 1672 con nota 
di 
BONA, �La Cassazione 
rigetta 
il 
modello 
della 
causalit� 
proporzionale� 
con 
un 
decalogo 
impeccabile 
sulla 
valutazione 
degli 
stati 
pregressi), nonch� 
fra 
le 
pieghe 
di 
quelle 
tese 
a 
ribadire 
il 
principio 
per 
cui 
� 
sempre 
al 
danneggiato 
che 
spetta 
la 
prova 
del 
nesso, talvolta 
rese 
in casi 
in cui 
veniva 
in considerazione 
una 
responsabilit� 
contrattuale 
(Cass. 24 maggio 2010, n. 12626). Il 
medesimo orientamento si 
rinveniva 
esaminando la 
giurisprudenza 
lavoristica 
in tema 
di 
responsabilit� 
datoriale 
(ritenuta 
contrattuale) ex art. 2087 c.c., pur con un arresto di 
segno 
nettamente 
contrario 
alla 
suddetta 
soluzione, 
reso 
nel 
2013 
dalle 
medesime 
Sezioni 
Unite 
(Cass. Sez. Un. 23 settembre 
2013, n. 21678). Infine, si 
riscontravano 
via 
via 
diverse 
pronunce 
in 
cui 
si 
affermava 
espressamente 
che 
la 
�prova 
del 
nesso 
tra 
inadempimento 
e 
danno 
comunque 
compete 
alla 
parte 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


che 
alleghi 
l�inadempimento altrui� (Cass. 9 ottobre 
2012 n. 17143, Cass. 12 
settembre 
2013 
n. 
20904, 
Cass. 
20 
novembre 
2015 
n. 
21777). 
D�altronde, 
portava 
alla 
medesima 
conclusione 
l�esame 
- con tutte 
le 
loro peculiarit� 
- delle 
decisioni 
rese 
in materia 
di 
nascite 
indesiderate 
(e 
di 
�diritto a 
non nascere 
se 
non sani�) nonch� 
di 
consenso informato (in cui 
viene 
in considerazione 
uno 
schema di accertamento del nesso alquanto analogo). 

Dunque, 
prima 
della 
sentenza 
n. 
26824 
del 
14 
novembre 
2017 
il 
formante 
giurisprudenziale 
appariva 
in maggioranza 
orientato a 
non sovvertire 
l�insegnamento 
tradizionale 
sebbene 
non 
mancasse 
qualche 
pronuncia 
di 
legittimit� 
(oltre 
che 
di 
merito 
a 
esempio 
Trib. 
Rovereto 
2 
agosto 
2008) 
orientate 
in 
modo 
diverso (Cass. 30 settembre 2014 n. 20547, Cass. 21 luglio 2011 n. 15993). 


La 
questione 
inerente 
all�inversione 
dell�onere 
della 
prova 
del 
nesso 
causale 
tocca tre aspetti: 


1) 
In 
primo 
luogo 
e 
sul 
piano 
generale 
vengono 
in 
risalto 
le 
incongruenze 
d�una 
regola 
che 
non solo poneva 
di 
fatto un�obbligazione 
di 
risultato sul 
debitore 
e 
lo trasformava 
in una 
sorta 
di 
assicuratore, ma 
che 
finiva 
altres� 
per 
tradursi 
nell�affermazione 
per cui, a 
fronte 
di 
domande 
avanzate 
su base 
contrattuale 
e 
aquiliana, 
si 
potevano 
avere 
esiti 
potenzialmente 
opposti 
-anche 
nel 
medesimo 
giudizio 
-in 
caso 
di 
persistente 
incertezza 
sulla 
sussistenza 
dell�elemento eziologico, ad esempio a 
fronte 
di 
doglianze 
rivolte 
sia 
contro 
la 
struttura 
sia 
contro 
il 
sanitario. 
In 
effetti 
non 
si 
capiva 
perch� 
la 
sussunzione 
di 
una 
fattispecie 
concreta 
-nel 
caso 
della 
colpa 
medica, 
esattamente 
della 
stessa 
fattispecie 
concreta 
- nella 
disciplina 
dell�una 
e 
dell�altra 
dovesse 
portare 
a risultati cos� diversi. 


Il 
tema 
� 
rilevantissimo, perch� 
la 
legge 
Gelli 
entrata 
in vigore 
lo scorso 
17 marzo 2017 ha 
nettamente 
distinto la 
responsabilit� 
della 
struttura 
e 
quella 
del 
medico, qualificando la 
prima 
come 
contrattuale 
e 
la 
seconda 
come 
extracontrattuale. 


2) 
In 
secondo 
luogo, 
viene 
in 
considerazione 
la 
difficile 
tematica 
del 
trattamento 
della 
�causa 
ignota�, 
rilevante, 
fra 
l�altro, 
con 
riguardo 
alle 
riflessioni 
riguardanti 
i 
modelli 
di 
ripartizione 
della 
responsabilit� 
nell�illecito soggettivamente 
complesso e 
quelle 
legate 
alla 
�causalit� 
incerta� (TASSONE 
�La ripartizione 
della 
responsabilit� 
nell�illecito 
civile 
-Analisi 
giuseconomica 
e 
comparata� 
Napoli, 2017, PUCELLA 
�La causalit� incerta�, Torino 2007). 


La 
sentenza 
della 
Cassazione 
n. 18392/17 propone 
un'interessante 
ripartizione 
degli 
oneri 
fra 
le 
parti 
- dacch� 
ove 
l'attore 
provi 
il 
nesso, compete 
al 
convenuto dimostrare 
che 
la 
prestazione 
� 
divenuta 
impossibile 
per una 
causa 
imprevedibile ed inevitabile. 

3) 
In 
terzo 
luogo 
e 
sul 
piano 
delle 
implicazioni, 
la 
regola 
enunciata 
da 
Cass. 18392/17, cit., e 
ribadita 
da 
Cass. 26284/17, potrebbe 
orientare 
l'interprete 
verso 
una 
concezione 
soggettiva 
della 
responsabilit� 
del 
debitore, 
essendo 
noto 
che 
l'opzione 
ermeneutica 
per 
cui 
la 
responsabilit� 
ex 
art. 
1218 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


c.c. sarebbe 
oggettiva 
conduce 
proprio a 
porre 
sul 
medesimo il 
rischio della 
causa ignota. 
La 
seconda 
questione 
sulla 
quale 
preme 
soffermarsi 
riguarda 
il 
criterio 
del 
pi� 
�probabile 
che 
non� 
dettato 
per 
l'accertamento 
del 
nesso 
in 
sede 
civile 
e 
consacrato dalle 
stesse 
decisioni 
a 
sezioni 
unite 
del 
gennaio 2008, ormai 
costituente 
ius receptum. 

Qui gli aspetti di rilievo sono due. 
Intanto, la 
circostanza 
per cui 
la 
condotta 
dei 
sanitari 
� 
individuata 
come 
una 
delle 
tre 
cause 
del 
danno richiama 
il 
tema 
- per vero non molto indagato 


-circa 
la 
concezione 
c.d. debole 
o forte 
del 
criterio stesso, almeno stando ad 
una 
delle 
accezioni 
con 
cui 
tali 
termini 
sono 
impiegati: 
da 
non 
confondere 
con 
l'uso che 
se 
ne 
fa 
nel 
discorrere 
di 
c.d. causalit� 
generale 
e 
individuale 
o specifica. 
In effetti, se 
le 
cause 
della 
patologia 
possono essere 
con certezza 
tre 
e 
con altrettanta 
certezza 
non � 
dato di 
sapere 
quale 
di 
esse 
abbia 
portato all'insorgenza 
di 
essa, 
la 
spiegazione 
eziologica 
che 
si 
appunta 
sulla 
ridetta 
condotta 
non supera 
una 
soglia 
probabilistica, del 
33 per cento, dunque 
e 
in ogni 
caso 
nettamente 
inferiore 
a 
quella 
che 
consente 
di 
affermare 
la 
preponderanza 
del-
l'evidenza. 
Ma 
la 
Suprema 
Corte 
ha 
precisato 
che 
ciascuna 
delle 
altre 
due 
cause 
� 
pi� probabilmente 
della 
terza 
alla 
base 
del 
danno, cos� 
richiamando implicitamente 
l'insegnamento - problematico, almeno quando si 
debba 
poi 
segnare 
il 
confine 
fra 
il 
nesso 
e 
la 
perdita 
di 
chance 
-secondo 
il 
quale, 
�la 
concorrenza 
di 
cause 
di 
diversa 
incidenza 
probabilistica 
non conduce 
ipso facto 
alla 
aberrante 
regola 
del 
cinquanta 
per 
cento 
plus 
unum, 
bens� 
alla 
compiuta 
valutazione 
dell'evidenza 
del 
probabile�, 
per 
cui 
�esemplificando, 
se, 
in 
tema 
di 
danni 
da 
trasfusione 
di 
sangue 
infetto, le 
possibili 
concause 
appaiono plurime 
e 
quantificabili 
in 
misura 
di 
dieci, 
ciascuna 
con 
un'incidenza 
probabilistica 
pari 
al 
tre 
per cento, mentre 
la 
trasfusione 
attinge 
al 
grado di 
probabilit� 
pari 
al 
quaranta 
per cento, non per questo la 
domanda 
risarcitoria 
sar� 
per ci� solo 
rigettata 
[...] o geneticamente 
trasmutata 
in risarcimento da 
chance 
perduta� 
(Cass. 21 luglio 2011 n. 15991). 


Dunque, la 
sentenza 
n. 26284/17 assume 
rilievo perch� 
si 
inscrive 
fra 
le 
poche 
che, almeno a 
livello operazionale, accedono di 
fatto alla 
concezione 
debole 
del 
criterio, 
escludendo 
in 
base 
ad 
esso 
la 
sussistenza 
del 
nesso 
causale 
nel caso concreto. 


Si 
ricorder� 
che 
la 
nota 
pronuncia 
delle 
Sezioni 
Unite 
11 gennaio 2008 


n. 581 aveva 
affermato che 
nel 
diritto civile 
l�accertamento del 
nesso causale, 
attraverso la 
sussunzione 
della 
fattispecie 
nelle 
leggi 
di 
copertura 
scientifiche 
e 
nelle 
leggi 
di 
probabilit� 
statistica, si 
basa 
essenzialmente 
sul 
criterio della 
�prevedibilit� 
obiettiva 
dell�evento� 
(tesi 
della 
regolarit� 
causale 
ex artt. 40 e 
41 c.p.), valutata 
in astratto e 
non in concreto, alla 
stregua 
delle 
conoscenze 
non 
gi� 
dell�uomo medio, bens� 
della 
migliore 
scienza 
ed esperienza 
del 
mo

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


mento 
storico 
di 
riferimento. 
In 
questo 
modo 
la 
Corte 
di 
legittimit� 
ha 
operato 
un 
significativo 
distacco 
tra 
causalit� 
penale 
e 
causalit� 
civile, 
osservando 
che, 
mentre 
nel 
giudizio penale 
la 
prova 
del 
nesso va 
fornita 
�oltre 
ogni 
ragionevole 
dubbio�, 
nel 
giudizio 
civile 
opera 
il 
�canone 
del 
pi� 
probabile 
che 
non�. 
Tale 
nota 
sentenza 
n. 581/2008 non ha, per�, risolto e 
chiarito tutte 
le 
incertezze 
connaturate 
ad 
una 
materia 
complessa, 
tanto 
che 
parte 
della 
dottrina, 
preso atto dell�eccessiva 
aleatoriet� 
dell�accertamento basato sul 
�pi� probabile 
che 
non 
�, 
ha 
proposto 
(quale 
sistema 
di 
contemperamento 
tra 
opposte 
esigenze) 
di 
consentire 
al 
giudice 
-in 
caso 
di 
verifica 
effettuata 
soltanto 
su 
base 
statistica 
- che, perci�, non abbia 
permesso di 
escludere 
del 
tutto il 
concorso 
di 
concause 
naturali, 
non 
�umanamente 
gestibili� 
da 
parte 
del 
convenuto 
-una 
correlativa 
�graduazione 
del 
quantum 
risarcibile�, 
cos� 
da 
circoscriverlo 
ad 
una 
percentuale 
pari 
all�incidenza 
statistica 
della 
condotta 
del 
danneggiante 
nella 
produzione 
dell�evento. 
Ma 
questa 
impostazione 
non 
� 
stata 
accolta 
dalla 
giurisprudenza, la 
quale 
continua 
sostanzialmente 
ad oscillare 
tra 
l�impostazione 
classica 
(conditio sine 
qua non temperata) e 
nuovo approccio (conditio 
sine 
qua 
non 
verificata 
su 
base 
statistica, 
alla 
stregua 
del 
pi� 
probabile 
che 
non), 
anzi 
manifestando 
di 
recente 
un 
rinnovato 
rigore. 
A 
tal 
riguardo 
si 
ricorda 
la 
sentenza 
Cass. 
Civ. 
III 
sez. 
del 
6 
maggio 
2015 
n. 
8995 
secondo 
cui: 
�in 
materia 
di 
responsabilit� contrattuale 
(nella specie 
per 
attivit� medico-chirurgica), 
una volta accertato il 
nesso causale 
tra l�inadempimento ed il 
danno 
lamentato, 
l�incertezza 
circa 
l�eventuale 
efficacia 
concausale 
di 
un 
fattore 
naturale, 
non rende 
ammissibile, sul 
piano giuridico, l�operativit� di 
un ragionamento 
probatorio �semplificato� 
che 
conduca ad un frazionamento della 
responsabilit�, con conseguente 
ridimensionamento del 
�quantum 
risarcitorio� 
secondo criteri 
equitativi�. Il 
concetto della 
�causalit� proporzionale� 
con 
conseguente 
frazionamento 
della 
responsabilit� 
e 
del 
quantum 
risarcitorio, 
per 
ora 
escluso 
dalla 
giurisprudenza, 
non 
pu� 
portare, 
per�, 
in 
caso 
di 
mancata 
prova 
del 
nesso causale, a 
trasformare 
il 
danno concreto ed attuale 
in danno 
da 
perdita 
di 
chance. 
Tale 
concetto 
viene, 
infatti, 
talora 
evocato 
per 
riconoscere 
un 
risarcimento, 
seppure 
ridotto, 
senza 
una 
piena 
prova 
del 
nesso 
causale, 
aderendo 
alla 
�cd. teoria ontologica� 
e 
�non eziologica� 
della �chance�, questione 
di 
recente 
affrontata 
anche 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
con 
riguardo 
alla 
probabilit� 
di 
aggiudicazione 
di 
un appalto pubblico (sent. Cons. St. III sez. 


n. 118/18). 
Di 
poi 
- e 
veniamo al 
secondo aspetto - una 
parte 
della 
dottrina 
ha 
tentato 
di 
coordinare 
la 
regola 
tradizionale 
in tema 
di 
prova 
del 
nesso e 
quella 
derivante 
da 
Cass. 
577/08 
in 
base 
alla 
teoria 
dell'inadempimento 
qualificato, 
sulla 
scorta 
della 
pure 
citata 
Cass. 13533/01: 
semplificando un discorso potenzialmente 
pi� 
complesso, 
l'allegazione 
di 
una 
condotta 
di 
per 
s� 
idonea 
a 
cagionare 
il 
danno 
sarebbe 
di 
per 
s� 
idonea 
a 
spostare 
sul 
debitore 
l'onere 
di 
provare 
l'insussistenza 
del 
nesso. Ora, di 
l� 
dal 
fatto che 
una 
tale 
ricostruzione 
- seppur 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


tesa 
a 
trovare 
una 
via 
in qualche 
modo mediana 
rispetto alle 
due 
opposte 
visioni 
-risulta 
sempre 
e 
assai 
sbilanciata 
in 
favore 
del 
creditore, 
con 
tutte 
le 
controindicazioni 
sopra 
viste, essa 
pu� portare 
in taluni 
casi 
a 
soluzioni 
non 
eque. 
In 
particolare, 
viene 
alla 
mente 
l'importante 
decisione 
resa 
dalla 
Suprema 
corte 
in tema 
di 
concause 
in cui 
1'idoneit� 
di 
per s� 
della 
condotta 
a 
cagionare 
il 
danno ha 
portato a 
risarcire 
per intero il 
pregiudizio connesso al 
cento per 
cento 
dell'invalidit� 
da 
cui 
risultava 
colpito 
il 
minore 
dopo 
la 
malpractice 
posta 
in 
essere 
durante 
il 
parto, 
sebbene 
egli 
fosse 
gi� 
affetto 
da 
una 
sindrome 
di 
Down che 
azzerava 
ogni 
sua 
capacit� 
psico-fisica 
(Cass. 29 febbraio 2016 n. 
3893). 


Ebbene, 
poich� 
nel 
caso 
deciso 
dalla 
sentenza 
26824/17 
le 
due 
altre 
cause 
all'origine 
della 
retinopatia 
erano a 
ben vedere 
preesistenti 
condizioni 
patologiche 
(l'una 
strutturale 
e 
l'altra 
contingente), essa 
pu� ben essere 
letta 
anche 
con la 
lente 
delle 
concause 
naturali: 
s� 
da 
pervenire 
alla 
proposizione 
del 
tutto 
ovvia 
per 
cui 
ciascuna 
di 
esse 
esclude 
il 
nesso 
perch� 
� 
(pi� 
probabilmente 
che 
non) all'origine 
della 
perdita 
della 
vista, ma 
altres� 
consentendo di 
sostenere 
- in modo meno ovvio - che 
non rimane 
pi� nulla 
della 
proposizione 
riconducibile 
alla 
decisione 
del 
2016 
secondo 
la 
quale 
la 
mera 
idoneit� 
della 
condotta 
del 
medico a 
cagionare 
il 
danno (la 
quale 
incida 
su una 
situazione 
gi� 
compromessa) � 
da 
sola 
idonea 
a 
giustificare 
l'affermazione 
della 
sua 
responsabilit�. 


A 
fronte 
di 
un 
quadro 
cos� 
composito 
la 
razionalizzazione 
di 
massima 
confermata 
dalla 
decisione 
n. 
26284/17 
merita 
certamente 
attenzione. 
In 
effetti 
a 
prescindere 
dalle 
suggestioni, 
delicatissime, 
che 
potrebbero 
derivare 
da 
un'acritica 
esportazione 
in sede 
civile 
del 
criterio sul 
quale 
insistono la 
pronuncia 
Franzese 
e 
le 
decisioni 
rese 
sulla 
sua 
scia 
a 
tenore 
del 
quale, nel 
momento 
di 
accertare 
il 
nesso, 
occorre 
procedere 
ad 
un 
�ragionamento 
probatorio 
che 
abbia 
altres� 
escluso 
l'interferenza 
di 
fattori 
alternativi� 
-non 
mancano 
altri 
strumenti 
idonei 
ad 
alleggerire 
l'onere 
della 
prova 
che 
incombe 
sull'attore. 

L'inventario abbraccia, ad esempio, le 
regole 
di 
dettaglio atte 
a 
determinare 
in singole 
ipotesi 
la 
suddetta 
inversione 
(come 
si 
stabiliva 
in tema 
di 
interventi 
routinari 
prima 
di 
Cass., Sez. Un., 13533/01), la 
�doctrine� della 
res 
ipsa 
loquitur, 
il 
principio 
della 
vicinanza 
della 
prova, 
il 
danno 
evidenziale, 
nonch� la prova indiziaria e quella presuntiva. 

Orbene, si 
pu� senz�altro affermare 
che 
la 
sentenza 
n. 26824/17 nel 
sancire 
un 
�tronco 
comune� 
che 
caratterizza 
la 
mancata 
inversione 
dell'onere 
della 
prova 
sul 
nesso 
nella 
responsabilit� 
contrattuale 
ed 
extracontrattuale 
implica 
l'innesto su esso di 
tanti 
�rami� quanti 
sono i 
regimi 
che 
definiscono la 
concreta operativit� del nesso. 


Sulla 
base 
di 
tale 
nuova 
prospettiva 
appaiono senz�altro significative 
nel 
corso del 
corrente 
anno giudiziario alcune 
pronunzie 
emesse 
in tema 
di 
danni 
da 
emotrasfusione 
che 
hanno 
escluso 
la 
responsabilit� 
extracontrattuale 
del 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Ministero 
della 
Salute 
proprio 
in 
relazione 
alla 
mancata 
concreta 
prova 
del 
nesso causale. 


Si 
segnalano 
di 
recente 
presso 
il 
Tribunale 
di 
Roma: 
sent. 
n. 
22643 
dell�1 
dicembre 
2017; 
sent. n. 5266 del 
13 marzo 2018; 
sent. n. 5846 del 
19 marzo 
2018; 
sent. n. 5998/2018 del 
21 marzo 2018; 
sent. n. 6477/18 del 
28 marzo 


18. 
Si 
segnala 
anche 
la 
recentissima 
sentenza 
n. 
9561 
dell�11 
maggio 
2018 
del 
Tribunale 
di 
Roma 
che 
ha 
escluso la 
responsabilit� 
del 
Ministero 
della 
Difesa 
per 
i 
danni 
riconducibili 
all�insorgenza 
del 
Linfoma 
di 
Hodgkin 
contratto 
dai 
militari, asseritamente 
dovuta 
ad esposizione 
ad uranio impoverito. Tale 
pronunzia 
si 
fonda 
essenzialmente 
sul 
rilievo 
che 
non 
� 
stata 
raggiunta 
la 
prova 
della 
presenza 
di 
uranio 
impoverito 
nell�ambiente 
lavorativo 
in 
cui 
l�attore 
aveva 
prestato il 
suo servizio di 
leva 
e 
sul 
riferimento alle 
recenti 
acquisizioni 
scientifiche 
che 
non 
consentono 
di 
ritenere 
scientificamente 
provata 
l�esistenza 
del 
nesso di 
causalit� 
tra 
esposizione 
ad uranio impoverito ed insorgenza 
di 
neoplasie quali il linfoma di Hodgkin. 
Possiamo affermare 
che 
tali 
pronunzie 
hanno in un certo qual 
modo recepito 
il 
recente 
orientamento della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
che 
ha 
cercato 
di porre un freno a quella che � stata definita la �fuga dalla causalit��. 


Qualche 
autorevole 
Autore 
(M. 
ROSSETTI, 
�Unicuique 
suum, 
ovvero 
le 
regole 
di 
responsabilit� 
non 
sono 
uguali 
per 
tutti. 
Preoccupate 
considerazioni 
sulla 
fuga 
in 
avanti 
della 
responsabilit� 
medica�, 
in 
Giust. 
civ., 
2010, 
10, 
2218) ha 
sottolineato la 
necessit� 
di 
un�adeguata 
prova 
del 
nesso causale 
con 
la 
consapevolezza 
e 
la 
presa 
d�atto delle 
criticit� 
che 
l�orientamento dettato 
dalla 
sentenze 
delle 
sezioni 
unite 
nn. 576-585 dell�11 gennaio 2008, ispirato 
al 
favor 
creditoris 
hanno determinato (si 
pensi 
alla 
medicina 
difensiva 
o alla 
fuga 
delle 
compagnie 
dal 
mercato), criticit� 
che 
la 
nuova 
legge 
Gelli 
Bianco 
sulla 
responsabilit� 
sanitaria 
ha 
cercato di 
risolvere, attraverso il 
superamento 
della nozione di �contatto sociale�. 


Nell�ambito di 
una 
riflessione 
pi� generale, se 
� 
vero ed indiscutibile, da 
un lato, che 
la 
salute 
� 
un bene 
primario da 
tutelare 
ex art. 32 Cost., ci 
si 
deve 
chiedere, 
dall�altro, 
se 
addossare 
alle 
strutture 
sanitarie 
oneri 
probatori 
gravosi 
sia 
davvero la 
scelta 
giusta 
per la 
collettivit� 
dei 
cittadini. O 
se, per converso, 
un tale 
meccanismo non vada 
ad incidere 
su pi� ampi 
e 
delicati 
equilibri 
della 
finanza pubblica. 


Il 
rigore 
probatorio imposto dalle 
recenti 
sentenze 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
in tema 
di 
prova 
del 
nesso causale 
nasce 
dalla 
figura 
dei 
�diritti 
finanziariamente 
condizionati� 
introdotti 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
con 
la 
nota 
sentenza 
n. 455/1990: 
a 
fronte 
di 
finanziamenti 
limitati, ogni 
risorsa 
sottratta 
al 
sistema 
della 
sanit� 
pubblica, per il 
tramite 
di 
automatismi 
risarcitori 
che 
prescindono da 
una 
verifica 
in concreto del 
nesso causale 
- si 
traduce 
alla 
fine 
nella 
riduzione 
dei 
servizi 
erogati, e 
quindi 
in un vulnus 
per tutti 
i 
cittadini 
pazienti 
che chiedono di essere assistiti e curati. 



TEMI 
ISTITUzIONALI 


Se, dunque, la 
legge 
Gelli 
Bianco rinviene 
la 
sua 
ratio nell�esigenza 
di 
recuperare 
l�equilibrio 
e 
mediare 
tra 
opposte 
esigenze, 
le 
recenti 
decisioni 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
in tema 
di 
prova 
del 
nesso causale, sopra 
illustrate 
come 
elemento di 
novit� 
emerso nel 
corso dell�ultimo anno giudiziario, 
sembrano farsi portatrici di questa rinnovata esigenza. 


Roma, 22 maggio 2018 



ConTEnziosoComUniTarioEdinTErnazionaLE
L�effetto della sentenza della Corte di Giustizia dell�Unione 
nella causa C-284/16 �Achmea� 
sulle procedure arbitrali 
di risoluzione delle controversie intra-UE pendenti 
in esecuzione del 
Trattato sulla Carta dell�energia 


Giuditta Marra * 


The 
paper analyzes 
the 
recent 
decision of the 
Court 
of Justice 
of the 
European Union 
�Achmea� 
established that 
the 
arbitration clauses 
contained in investment 
agreements 
are 
incompatible 
with EU 
law. The 
Achmea 
case 
concerned the 
compatibility of the 
Czech Republic-
Netherlands 
bilateral 
investment 
treaty 
(BIT) 
with 
EU 
law, 
but 
the 
Court 
of 
Justice�s 
reasoning 
should 
be 
expanded 
to 
the 
intra-EU 
investment 
disputes 
under 
the 
ECT. 
Consequently, 
Member 
States 
have 
an 
obligation 
to 
terminate 
not 
only 
intra-EU 
BITs, 
but 
also 
intra-
EU application of ECT in order to ensure legal certainty. 


Sommario: 1. introduzione 
- 2. La nozione 
di 
investimento diretto estero (iDE) - 3. il 
diritto internazionale 
sull�investimento diretto estero (iDE) - 4. i Trattati 
bilaterali 
e 
multilaterali 
in materia di 
investimenti 
diretti 
esteri 
- 5. La sentenza �achmea� 
- 5.1. La vicenda 


-5.2. i quesiti 
- 5.3. La decisione 
- 6. i riflessi 
della sentenza �achmea� 
sulle 
controversie 
arbitrali 
intra-UE 
pendenti 
ai 
sensi 
della Carta dell�energia - 6.1. il 
diritto applicabile 
dal 
Tribunale 
arbitrale 
nelle 
controversie 
intra-UE 
pendenti 
ai 
sensi 
della Carta dell�Energia 6.2. 
L�equiparabilit� 
del 
Tribunale 
istituito 
ai 
sensi 
dell�art. 
26.4 
ECT 
a 
una 
giurisdizione 
interna a uno Stato membro - 6.3. La definitivit� del lodo arbitrale - 7. Conclusioni. 
1. introduzione. 
L�ordinamento giuridico dell�Unione 
europea 
si 
contraddistingue 
per la 
sua 
autonomia. 
Fin 
dagli 
anni 
sessanta 
del 
secolo 
scorso 
viene 
affermata, 
nella 


(*) Dottore 
in Giurisprudenza, ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso l�Avvocatura 
Generale 
dello Stato, 
tirocinante presso la Corte di Cassazione. 


RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia, 
la 
natura 
autonoma 
del 
diritto 
europeo, 
al 
fine 
di 
salvaguardare 
l�ordinamento giuridico dell�Unione 
da 
interferenze 
esterne. Tale 
autonomia 
si 
declina, sotto il 
profilo giurisdizionale, nell�accentramento 
in capo alla 
Corte 
di 
Giustizia 
della 
competenza 
a 
interpretare 
e 
applicare 
il diritto europeo. 


A 
sua 
volta, sin dal 
1959, data 
della 
stipula 
del 
Trattato sulla 
promozione 
e 
la 
protezione 
degli 
investimenti 
tra 
Germania 
e 
Pakistan, i 
trattati 
di 
investimento, 
bilaterali 
e 
multilaterali, prevedono la 
possibilit� 
per gli 
investitori 
di 
promuovere 
una 
procedura 
arbitrale 
volta 
ad ottenere, nella 
maggioranza 
dei 
casi, il 
risarcimento dei 
danni 
cagionati 
dalla 
violazione, da 
parte 
dello Stato 
ospite dell�investimento, degli obblighi assunti in virt� di tali trattati. 


Tale 
metodo 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
se, 
da 
un 
lato 
garantisce 
agli 
investitori 
una 
certa 
omogeneit� 
di 
trattamento rispetto ai 
sistemi 
giurisdizionali 
Statali, dall�altro sembra 
minare 
il 
monopolio della 
Corte 
di 
Giustizia 
nell�interpretazione 
e 
nell�applicazione 
del 
diritto 
europeo, 
permettendo 
che 
i 
giudici 
europei 
e 
nazionali 
siano 
vincolati 
all�applicazione 
che 
gli 
arbitri 
fanno di tale diritto. 

In 
particolare, 
l�incompatibilit� 
tra 
il 
diritto 
europeo 
e 
tali 
strumenti 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
tra 
investitore 
e 
Stato 
ospite 
si 
� 
accentuata 
a 
seguito 
di 
due 
eventi. 
In 
primo 
luogo, 
si 
� 
riscontrato 
un 
crescente 
utilizzo 
dell�arbitrato 
internazionale 
nelle 
controversie 
fra 
soggetti 
interni 
all�Unione 
europea, 
essendo 
gli 
Stati 
membri 
dell�Unione 
firmatari 
di 
quasi 
la 
met� 
dei 
trattati 
internazionali 
attualmente 
in 
vigore 
in 
materia 
di 
investimento. 
In 
pi�, 
con 
il 
Trattato 
di 
Lisbona 
� 
stata 
attribuita 
all�Unione 
e 
non 
pi� 
ai 
singoli 
Stati 
la 
competenza 
esclusiva 
a 
concludere 
nuovi 
trattati 
bilaterali 
in 
materia 
di 
investimenti 
esteri. 


Sul 
punto, 
� 
di 
recente 
intervenuta 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
nella 
causa 
C-284/16 �achmea�, la 
quale 
ha 
dichiarato l�incompatibilit� 
con il 
diritto europeo di 
una 
clausola 
contenuta 
in un trattato bilaterale 
internazionale 
che 
prevede 
una 
procedura 
arbitrale 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
nascenti 
tra 
un investitore 
di 
uno Stato membro e 
un altro Stato 
membro dell�Unione. 

Il 
presente 
contributo 
si 
propone 
di 
analizzare 
l�estensibilit� 
del 
principio 
espresso 
dalla 
Corte 
alle 
clausole 
compromissorie 
contenute 
nei 
trattati 
internazionali 
multilaterali 
di 
cui 
pure 
l�Unione 
europea 
� 
parte 
contraente, 
avendo 
particolare 
riguardo 
al 
Trattato 
sulla 
Carta 
dell�energia, 
pi� 
frequentemente 
invocato, 
negli 
ultimi 
anni, 
nelle 
controversie 
arbitrali 
in 
materia 
di 
investimenti. 


2. La nozione di investimento diretto estero (iDE). 
Il 
diritto internazionale 
degli 
investimenti 
trova 
applicazione 
nel 
caso in 
cui 
un investimento sia 
realizzato da 
un investitore 
straniero, ossia 
da 
un operatore 
economico proveniente 
da 
uno Stato diverso da 
quello nel 
territorio del 
quale viene compiuto (c.d. �Stato ospite� o �Stato ospitante�). 


CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


La 
nozione 
di 
�investimento� 
� 
un concetto economico, prima 
che 
giuridico. 
Queste 
due 
tipologie 
di 
definizioni 
possono 
essere 
descritte 
come 
due 
cerchi 
concentrici, 
nei 
quali 
il 
concetto 
economico 
racchiude 
quello 
giuridico. 
Secondo 
gli 
economisti, 
infatti, 
� 
investimento 
tutto 
ci� 
che 
l�impresa 
non 
destina 
al 
consumo, mentre 
da 
un punto di 
vista 
giuridico occorre 
restringere 
il 
campo: 
� 
investimento diretto estero l�acquisizione 
di 
partecipazioni 
nel 
capitale 
sociale di societ� straniere in un�ottica di medio 
-lungo periodo. 

Lo scopo dell�investimento diretto estero � 
consentire 
all�impresa 
nazionale 
di 
estendere 
la 
propria 
attivit� 
tramite 
l�istituzione, 
l�acquisizione 
del 
controllo 
o di 
una 
partecipazione 
rilevante 
in societ� 
straniere, cos� 
da 
realizzare 
un duplice 
obiettivo: 
la 
definitiva 
presenza 
sul 
mercato estero e 
la 
gestione 
di 
una data combinazione di fattori produttivi. 

Sebbene 
tale 
obiettivo 
possa 
essere 
realizzato 
pi� 
semplicemente 
dall�imprenditore 
attraverso 
il 
mantenimento 
di 
rapporti 
di 
esportazione 
con 
paesi 
stranieri, tuttavia 
l�opzione 
dell�investimento diretto estero presenta 
una 
pluralit� 
di 
vantaggi, fra 
cui 
la 
maggiore 
disponibilit� 
e 
qualit� 
dei 
fattori 
produttivi 
grazie ai minori costi di trasporto delle merci e dei costi di lavoro (1). 

3. il diritto internazionale sull�investimento diretto estero (iDE). 
La 
normativa 
in 
materia 
di 
investimenti 
diretti 
esteri 
si 
compone 
di 
un 
�complesso articolato di 
fonti� 
(2), fra 
cui: 
il 
diritto internazionale 
generale, 
gli 
accordi 
bilaterali 
e 
multilaterali 
e 
i 
contratti 
tra 
Stati 
e 
stranieri. Pur strutturalmente 
diverse, tali 
fonti 
si 
occupano tutte 
di 
tre 
ambiti 
di 
disciplina 
degli 
investimenti: 
il 
trattamento, 
la 
protezione 
e 
la 
garanzia 
e 
rispondono 
a 
una 
ratio 
comune. 

occorre 
soffermarsi 
brevemente 
sui 
tre 
piani 
della 
disciplina 
degli 
investimenti, 
per poi esaminarne il fondamento. 

Il 
�trattamento� 
degli 
investimenti 
� 
l�insieme 
delle 
disposizioni, 
normalmente 
di 
origine 
nazionale, 
che 
stabiliscono 
la 
disciplina 
giuridica 
del-
l�investimento 
negli 
aspetti 
dell�ammissione 
(3), 
dell�ammontare, 
della 
localizzazione, 
della 
normativa 
fiscale, 
del 
rimpatrio 
dei 
profitti 
e 
del 
disinvestimento 
(4). 


La 
�protezione� 
degli 
investimenti 
comprende 
quelle 
norme, 
sia 
di 
origine 
interna 
che 
internazionale, 
volte 
a 
tutelare 
l�investimento 
straniero 
nei 
casi 
di 
mutamento 
del 
quadro 
ordinamentale 
ad 
opera 
del 
legislatore 
dello 
Stato 
ospite. 


(1) Cfr. F. MARRELLA, manuale 
di 
diritto del 
commercio internazionale 
- Contratti 
internazionali 
imprese globali ed arbitrato, Cedam, 2017, pp. 652 ss. 
(2) A. LIGUSTRo, P. PICoNE, 
Diritto dell�organizzazione 
mondiale 
del 
commercio, Cedam, 2002, 
p. 221. 
(3) 
Alcuni 
settori 
definiti 
�strategici� 
sono 
esclusi 
dalla 
possibilit� 
di 
investimento 
straniero, 
come 
ad esempio quello bancario. 
(4) Talvolta il disinvestimento � sottoposto a limiti temporali e quantitativi. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


La 
�garanzia� 
degli 
investimenti, 
infine, 
� 
l�aspetto 
pi� 
problematico 
della 
disciplina, 
poich� 
definisce 
gli 
strumenti 
volti 
a 
trasferire 
il 
rischio 
politico 
dell�investimento 
dall�impresa 
allo 
Stato 
di 
destinazione 
dell�investimento. 


Al 
fondo dei 
tre 
piani 
della 
disciplina 
degli 
investimenti 
vi 
� 
la 
ricerca 
di 
un equilibrio tra 
due 
opposte 
esigenze, riconducibili 
ai 
due 
soggetti 
protagonisti 
del 
rapporto: 
l�impresa 
transnazionale 
e 
lo Stato di 
destinazione 
dell�investimento. 
Mentre 
l�investitore 
ha 
interesse 
a 
ricevere 
la 
massima 
tutela 
rispetto ai 
beni 
situati 
sul 
territorio dello Stato ospitante, quest�ultimo ha 
interesse 
a 
che 
la 
propria 
sovranit� 
non venga 
posta 
in discussione 
da 
organizzazioni 
potenzialmente 
in 
grado 
di 
esercitare 
la 
propria 
influenza 
sulla 
gestione 
della 
res publica, poich� dotate di un consistente potere economico (5). 

Per 
garantire 
la 
tutela 
dell�investitore, 
gli 
accordi 
internazionali 
hanno 
previsto, come 
strumento di 
risoluzione 
delle 
controversie, proprio l�arbitrato 
internazionale. 
L�applicazione 
di 
un 
tale 
meccanismo 
alle 
controversie 
nascenti 
tra 
lo Stato ospitante 
e 
l�investitore 
ha 
�rivoluzionato il 
concetto stesso di 
arbitrato 
internazionale� 
(6). 
L�arbitrato 
internazionale 
�, 
invero, 
nato 
per 
risolvere 
controversie 
sorte 
tra 
due 
Stati, in cui 
entrambe 
le 
parti 
sono poste 
in 
una 
posizione 
di 
originaria 
pari 
ordinazione, in questo caso tuttavia 
esso � 
applicato 
alle 
controversie 
tra 
uno Stato e 
un privato (7). Alla 
base 
dell�efficacia 
dello strumento arbitrale 
vՏ, dunque, la 
necessit� 
dello Stato ospitante 
di 
autolimitare 
la 
propria 
sovranit�. vige, infatti, il 
principio per cui 
non esiste 
un 
diritto 
a 
investire 
in 
un 
Paese 
estero, 
rimanendo 
ogni 
Stato 
libero 
di 
accogliere 


o 
meno 
gli 
investimenti 
stranieri 
e 
di 
dettarne 
la 
disciplina 
giuridica, 
adottando 
misure 
incentive, dissuasive 
o semi-incentive 
sugli 
investimenti. Tale 
libert�, 
tuttavia, generalmente, non � 
assoluta 
e 
viene 
ridotta 
dall�assunzione 
da 
parte 
dello Stato di 
obblighi 
pattizi, inseriti 
nelle 
convenzioni 
internazionali 
multilaterali 
e bilaterali (8). 
4. i Trattati bilaterali e multilaterali in materia di investimenti diretti esteri. 
La 
materia 
degli 
investimenti 
diretti 
esteri 
� 
per 
lo 
pi� 
disciplinata 
da 
con


(5) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 655 ss. 
(6) R. SABIA, ascesa e 
declino dell��investor 
- State 
arbitration�, fra contrasto alla corruzione 
internazionale, regolazione 
dei 
mercati 
e 
free 
trade 
agreements 
multilaterali, in rivista dell�arbitrato, 
fasc. 1, 2016, p. 165; 
si 
veda 
sul 
punto anche 
A. BARLETTA, in tema di 
arbitrato degli 
investimenti 
e 
giurisdizione dello Stato, in Europa e Diritto Privato, fasc. 3, 2015, p. 545. 
(7) 
TantՏ 
vero 
che 
l�arbitrato 
internazionale 
nasce 
nell�ambiente 
dell�antica 
Grecia, 
in 
cui 
il 
mantenimento 
e 
lo 
sviluppo 
di 
relazioni 
pacifiche 
fra 
le 
equiordinate 
�..... 
era 
l�obiettivo 
primario, 
e 
non 
in 
ambito 
romano. 
Per 
i 
Romani, 
infatti, 
l�utilizzo 
di 
un 
tale 
metodo 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
era 
segno 
di 
debolezza, 
poich� 
implicava 
l�inammissibile 
accettazione 
di 
una 
posizione 
di 
parit� 
con 
una 
controparte 
�barbara�. 
I 
popoli 
stranieri 
erano 
considerati 
dai 
Romani 
come 
inferiori 
e, 
dunque, 
insuscettibili 
di 
assumere 
la 
veste 
di 
controparte 
in 
un 
giudizio 
arbitrale. 
Per 
una 
disamina 
delle 
origini 
dell�arbitrato 
tra 
Stati 
si 
veda 
A. 
PIETRoBoN, 
il 
giudizio 
nell�arbitrato 
fra 
Stati, 
Editoriale 
Scientifica, 
2016, 
pp. 
21 
ss. 
(8) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 656-657. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


venzioni 
bilaterali, denominate 
Bilateral 
investment 
Treaties 
(BIT). I BITs 
rispondono 
all�antica 
esigenza 
di 
assimilare 
il 
trattamento giuridico dello straniero 
a 
quello 
riservato 
al 
cittadino 
dello 
Stato 
contraente. 
Tali 
trattati 
rappresentano un�evoluzione 
delle 
convenzioni 
di 
amicizia, commercio e 
navigazione, 
attraverso le 
quali 
ogni 
Stato regolava 
l�accesso delle 
persone 
fisiche 
e 
giuridiche, 
il 
loro 
stabilimento 
nel 
territorio, 
lo 
svolgimento 
delle 
professioni 
e 
il 
trattamento giuridico dei 
loro beni 
(9). A 
tal 
riguardo, occorre, 
tuttavia, osservare 
che 
l�art. 207, par. 1, come 
modificato dal 
Trattato di 
Lisbona, 
ha 
attribuito all�Unione 
europea 
la 
competenza 
esclusiva 
a 
concludere 
nuovi 
trattati 
bilaterali 
in 
materia 
di 
investimenti 
esteri 
e, 
dunque, 
con 
l�entrata 
in vigore 
del 
Trattato (10), la 
negoziazione 
e 
la 
conclusione 
di 
questi 
accordi 
sar� svolta dalla Commissione europea. 

I trattati 
multilaterali 
sono, al 
contrario, poco numerosi 
in materia. Tra 
i 
pi� 
rilevanti 
si 
possono 
citare 
il 
mercado 
Com�n 
del 
Sur 
(MERCoSUR) 
(11), 
il 
North 
atlantic 
Free 
Trade 
agreement 
(NAFTA) 
(12) 
e 
l�Energy 
Charter 
Treaty 
(ECT). 


occorre, 
ai 
nostri 
fini, 
concentrare 
l�attenzione 
su 
quest�ultimo, 
comՏ 
stato di 
recente 
confermato dalla 
�UNCTaD 
Note 
on recent 
Trends 
in iiaS 
and iSDS�, infatti, negli 
ultimi 
anni 
le 
controversie 
intra-UE 
nel 
settore 
delle 
energie 
rinnovabili 
hanno reso l�ECT 
il 
trattato pi� frequentemente 
invocato 
nelle 
controversie 
arbitrali 
in 
materia 
di 
investimenti 
(13). 
Il 
Trattato 
sulla 
Carta 
dell�Energia 
� 
stato sottoscritto a 
Lisbona 
il 
17 dicembre 
1994 da 
cinquantadue 
parti 
contraenti 
ed 
� 
entrato 
in 
vigore 
il 
16 
aprile 
1998 
a 
seguito 


(9) Cfr. F. MARRELLA, op. cit., pp. 657-658. 
(10) Il 
Trattato di 
Lisbona 
� 
stato firmato il 
13 dicembre 
2007 ed � 
entrato in vigore 
a 
partire 
dal 
1 gennaio 2009. 
(11) 
Il 
mercado 
Com�n 
del 
Sur, 
costituito 
con 
il 
Trattato 
di 
Asunci�n 
del 
26 
marzo 
1991, 
realizza 
l�unione 
doganale 
fra 
Argentina, 
Brasile, 
Paraguay 
e 
Uruguay 
e, 
per 
quanto 
interessa 
in 
questa 
sede, 
prevede 
che 
le 
controversie 
nascenti 
tra 
un investitore 
nazionale 
di 
uno Stato contraente 
e 
un altro Stato 
contraente, se 
non risolte 
amichevolmente, possano essere 
deferite 
a 
Tribunali 
arbitrali 
ad hoc. Si 
veda 
a 
tal 
riguardo C. TUoSTo, L�evoluzione 
del 
sistema di 
risoluzione 
delle 
controversie 
del 
mercosur 
e 
�influenze� 
comunitarie, in L�evoluzione 
dei 
sistemi 
giurisdizionali 
regionali 
ed influenze 
comunitarie 
(a 
cura di P. PENNETTA), Cacucci Editore, 2010, pp. 51 ss. 
(12) Il 
North atlantic 
Free 
Trade 
agreement, concluso il 
17 novembre 
1992 ed entrato in vigore 
il 
1 
gennaio 
1994, 
rimuove 
ogni 
restrizione 
al 
libero 
commercio 
fra 
gli 
Stati 
Uniti, 
il 
Canada 
e 
il 
Messico, 
con riferimento ai 
beni 
che 
originano in uno degli 
Stati 
contraenti. Anche 
in tal 
caso, le 
controversie 
tra 
il 
privato investitore 
e 
lo Stato destinatario dell�investimento sono devolute 
a 
un meccanismo arbitrale, 
che 
l�investitore 
deve 
scegliere 
tra 
i 
tre 
previsti 
dal 
Trattato: 
Convenzione 
di 
Washington 
del 
1965, 
Meccanismo 
Supplementare ovvero Regolamento arbitrale dell�UNCITRAL. 
(13) 
Cos� 
l�ECT 
ha 
preso 
il 
posto 
del 
NAFTA, 
UNCTAD, 
IIA 
Issues 
Note, 
Recent 
Trends 
in 
IIAS 
and ISDS, No. 1, February 2015, http://unctad.org/en/PublicationsLibrary/webdiaepcb2015d1_en.pdf. 
Secondo la 
nota 
Note, p. 6 nel 
solo 2014 �[a] 
quarter 
of 
all 
known new disputes 
(eleven) were 
intra-
European Union cases, which is 
lower 
than the 
year 
before 
(in 2013, 42 per 
cent 
of 
all 
new claims 
were 
intra-European 
Union). 
Half 
of 
them 
were 
brought 
pursuant 
to 
the 
ECT, 
and 
the 
rest 
on 
the 
basis 
of 
intra-European Union BiTs.� 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


delle 
prime 
trenta 
ratifiche. 
Le 
materie 
disciplinate 
dal 
Trattato 
sono 
quelle 
del 
commercio e 
del 
transito dei 
prodotti 
energetici, dell�efficienza 
energetica 
e 
delle 
connesse 
problematiche 
ambientali, 
nonch� 
il 
settore 
degli 
investimenti. 
La 
peculiarit� 
della 
convenzione 
� 
l�ampiezza 
del 
suo ambito di 
applicazione, 
tra 
le 
parti 
contraenti 
figurano, infatti, la 
Comunit� 
Europea 
e 
tutti 
i 
suoi 
Stati 
membri, la 
Russia 
e 
altri 
Stati 
membri 
dell�ex Unione 
Sovietica. L�art. 26 del 
Trattato prevede 
un peculiare 
mezzo di 
risoluzione 
delle 
controversie 
fra 
investitori 
e 
Parti 
contraenti, stabilendo che, ove 
l�investitore 
decida 
di 
attivare 
la 
procedura 
arbitrale, 
possa 
optare 
a 
sua 
scelta 
tra 
i 
meccanismi 
previsti 
dalla: 
Convenzione 
di 
Washington del 
1965 sulla 
risoluzione 
di 
controversie 
in materia 
di 
investimenti 
o, se 
inapplicabile, dal 
Meccanismo Supplementare; 
dal 
Regolamento 
arbitrale 
dell�UNCITRAL 
ovvero 
dal 
Regolamento 
dell�Istituto 
Arbitrale 
della 
Camera 
di 
Commercio di 
Stoccolma. Ciascun Tribunale, costituito 
ai 
sensi 
dell�art. 26, decider� 
la 
controversia 
sulla 
base 
del 
medesimo 
Trattato, 
nonch� 
delle 
regole 
e 
principi 
del 
diritto 
internazionale 
(art. 
26.6 
dell�ECT) (14). 

Elemento 
comune 
delle 
convenzioni 
in 
materia 
di 
investimenti 
diretti 
esteri 
� 
la 
previsione 
di 
un 
meccanismo 
di 
composizione 
arbitrale 
delle 
controversie 
nascenti 
tra 
il 
privato 
investitore 
e 
lo 
Stato 
destinatario 
dell�investimento. 
Prima 
dello 
sviluppo 
di 
tali 
convenzioni, 
infatti, 
l�investitore 
straniero 
che 
lamentasse 
un 
danno 
ad 
opera 
dello 
Stato 
ospite 
poteva 
o 
ricorrere 
alla 
giustizia 
interna 
ovvero 
intraprendere 
la 
via 
diplomatica, 
entrambi 
rimedi 
considerati 
insufficienti 
poich� 
scontano 
il 
rischio 
di 
politicizzazione 
o 
di 
eccessiva 
discrezionalit� 
(15). 
Il 
ricorso 
all�arbitrato 
internazionale 
per 
la 
composizione 
delle 
dispute 
�, 
dunque, 
una 
componente 
imprescindibile 
della 
promozione 
e 
della 
protezione 
degli 
investimenti 
esteri 
che 
ogni 
trattato 
offre 
di 
favorire. 


I 
sistemi 
di 
arbitrato 
internazionale 
previsti 
dalle 
convenzioni 
sopra 
richiamate 
sono 
diversi 
e 
ricomprendono: 
la 
Convenzione 
di 
Washington 
del 
1965, istitutiva 
del 
Centro Internazionale 
per la 
risoluzione 
delle 
controversie 
in materia 
di 
investimenti 
(ICSID) ovvero, ove 
tale 
convenzione 
non sia 
applicabile, 
il 
Meccanismo 
Supplementare 
predisposto 
dall�ICSID; 
l�arbitrato 
ad hoc 
in base 
al 
Regolamento di 
arbitrato dell�UNCITRAL 
del 
1976; 
l�arbitrato 
sulla 
base 
del 
Regolamento dell�Istituto Arbitrale 
della 
Camera 
di 
Commercio 
di 
Stoccolma; 
l�arbitrato 
sulla 
base 
del 
Regolamento 
della 
Corte 
di 


(14) Cfr. P. BERNARDINI, L�arbitrato nel 
commercio e 
negli 
investimenti 
internazionali, Giuffr�, 
2008, pp. 251-253. 
(15) 
Cfr. 
L. 
GaLaNTi, 
arbitrato 
sugli 
investimenti 
e 
forme 
processuali 
del 
consenso, 
in 
rivista 
del-
l'arbitrato, 
fasc. 
2, 
2017, 
p. 
424; 
D. 
GALLo, 
Portata, 
estensione 
e 
limiti 
del 
nuovo 
sistema 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
in 
materia 
d�investimenti 
nei 
recenti 
accordi 
sul 
libero 
scambio 
dell�Unione 
Europea, 
in Diritto del 
Commercio internazionale, fasc. 4, 2016, p. 827; 
S. RoSSELLA 
e 
C. TRECRoCI, ascesa e 
declino dell'� investor-State 
arbitration �, fra contrasto alla corruzione 
internazionale, regolazione 
dei 
mercati e Free Trade 
agreements multilaterali, in rivista dell'arbitrato, fasc. 1, 2016, p. 165. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


Arbitrato Internazionale 
di 
Londra 
(LCIA) e, infine, l�arbitrato in base 
al 
Regolamento 
della Camera di Commercio Internazionale (ICC). 

Tali 
meccanismi 
di 
arbitrato 
internazionale 
possono 
essere 
suddivisi 
in 
due 
gruppi, contrapponendosi 
l�arbitrato secondo la 
Convenzione 
di 
Washington 
a 
tutti 
gli 
altri 
sistemi 
di 
arbitrato contemplati 
dai 
trattati 
a 
tutela 
degli 
investimenti. 
Esiste, 
infatti, 
una 
rilevante 
differenza 
tra 
questi 
due 
gruppi: 
mentre 
la 
Convenzione 
di 
Washington, fondata 
su un trattato internazionale, contiene 
una 
disciplina 
autosufficiente 
e 
autonoma, insensibile 
alle 
interferenze 
delle 
leggi 
e 
dei 
giudici 
nazionali, gli 
altri 
mezzi 
di 
risoluzione 
delle 
controversie, 
di 
natura 
privata, trovano fondamento nel 
richiamo del 
relativo regolamento 
ad 
opera 
delle 
parti 
e, 
conseguentemente, 
la 
normativa 
arbitrale 
dovr� 
necessariamente 
essere 
integrata 
dalle 
norme 
di 
procedura 
vigenti 
nella 
sede 
dell�arbitrato (16). 


5. La sentenza �achmea� . 
Recentemente 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea 
� 
intervenuta 
a 
giudicare 
della 
compatibilit� 
con il 
diritto comunitario di 
una 
clausola 
contenuta 
in 
un 
trattato 
bilaterale 
internazionale 
che 
prevede 
una 
procedura 
arbitrale 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
nascenti 
tra 
un investitore 
di 
uno Stato membro 
e un altro Stato membro dell�Unione. 


Alla 
radice 
di 
tale 
problema 
vi 
� 
la 
diversit� 
tra 
le 
figure 
dell�arbitrato 
nazionale 
e 
dell�arbitrato 
internazionale: 
mentre 
il 
primo 
� 
infatti 
generalmente 
ammesso 
dai 
singoli 
ordinamenti 
nazionali, 
in 
alternativa 
al 
ricorso 
agli 
organi 
di 
giustizia 
statali, unicamente 
se 
posto in essere 
su base 
volontaria 
dalle 
parti 
e 
generalmente 
con 
valore 
negoziale 
(transattivo), 
nel 
secondo, 
invece, 
la 
procedura 
arbitrale 
� 
prevista 
come 
deroga 
obbligatoria 
(per la 
parte 
convenuta) 
al ricorso agli organi di giustizia ordinamentali. 


Con 
la 
sentenza 
del 
6 
marzo 
2018, 
repubblica 
Slovacca 
c. 
achmea 
BV, 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea 
chiarisce 
che 
tali 
clausole 
si 
pongono 
in 
contrasto 
con 
il 
disposto 
degli 
articoli 
267 
e 
344 
TFUE, 
dichiarando 
che: 
�Gli 
articoli 
267 
e 
344 
TFUE 
devono 
essere 
interpretati 
nel 
senso 
che 
ostano 
ad 
una 
norma 
contenuta 
in 
un 
accordo 
internazionale 
concluso 
tra 
gli 
Stati 
membri, 
come 
l�articolo 
8 
dell�accordo 
per 
la 
promozione 
e 
la 
tutela 
reciproche 
degli 
investimenti 
tra 
il 
regno 
dei 
Paesi 
Bassi 
e 
la 
repubblica 
federale 
ceca 
e 
slovacca, 
in 
forza 
della 
quale 
un 
investitore 
di 
uno 
di 
detti 
Stati 
membri, 
in 
caso 
di 
controversia 
riguardante 
gli 
investimenti 
nell�altro 
Stato 
membro 
pu� 
avviare 
un 
procedimento 
contro 
tale 
ultimo 
Stato 
membro 
dinanzi 
ad 
un 
collegio 
arbitrale, 
la 
cui 
competenza 
detto 
Stato 
membro 
si 
� 
impegnato 
ad 
accettare�. 


(16) 
Cfr. 
A. 
BRIGUGLIo, 
L�arbitrato 
estero 
-il 
sistema 
delle 
convenzioni 
internazionali, 
CEDAM, 
1999, pp. 252-253. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


5.1. La vicenda. 
Il 
caso 
trae 
origine 
dall�ordinanza 
di 
rinvio 
pregiudiziale 
con 
cui 
la 
Corte 
federale 
di 
Cassazione 
(Bundesgerichtshof) chiede 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
di 
formulare 
un parere 
sull�interpretazione 
degli 
articoli 
18 (17), 267 (18) e 
344 


(19) TFUE. 
Tale 
ordinanza 
� 
stata 
emessa 
nell�ambito di 
una 
controversia 
tra 
la 
Repubblica 
Slovacca 
e 
la 
Achmea 
Bv 
in 
merito 
al 
lodo 
del 
7 
dicembre 
2012, 
pronunciato dal 
collegio arbitrale 
previsto dall�art. 8 dell�accordo per la 
promozione 
e 
la 
tutela 
degli 
investimenti 
tra 
il 
Regno dei 
Paesi 
Bassi 
e 
l�allora 
Cecoslovacchia (TBI). 

occorre 
innanzitutto, 
data 
la 
singolarit� 
della 
vicenda, 
ripercorrere 
i 
tratti 
salienti 
del 
caso 
in 
esame, 
passando 
dalla 
fase 
antecedente 
la 
nascita 
della 
controversia, 
per 
poi 
giungere 
davanti 
la 
Corte 
di 
Giustizia. 
Nella 
fase 
che 
precede 
la 
nascita 
della 
controversia, 
possono 
indicarsi 
tre 
annate 
di 
particolare 
rilevanza: 


1) 
il 
1991: 
anno di 
conclusione 
del 
trattato bilaterale 
per gli 
investimenti 
(TBI) con cui 
il 
Regno dei 
Paesi 
Bassi 
e 
la 
Cecoslovacchia 
si 
obbligano a 
devolvere 
a 
un collegio arbitrale 
le 
controversie 
eventualmente 
nascenti 
tra 
uno 
Stato contraente e un investitore dell�altro Stato contraente; 


2) 
il 
2004: 
anno in cui 
la 
Slovacchia, succeduta 
in seguito alla 
dissoluzione 
della 
Cecoslovacchia 
nell�assunzione 
dei 
diritti 
e 
degli 
obblighi 
nascenti 
dal 
TBI, 
liberalizza 
il 
proprio 
mercato 
di 
assicurazioni 
sanitarie 
private, 
aprendolo 
agli 
operatori 
nazionali, 
nonch� 
a 
operatori 
esteri, 
cos� 
inducendo 
l�Achmea, un�impresa 
facente 
parte 
di 
un gruppo di 
assicurazioni 
olandese, a 
stabilire una filiale in Slovacchia; 


3) 
il 
2006: 
anno 
in 
cui 
la 
Slovacchia 
interviene 
sul 
mercato 
delle 
assicu


(17) articolo 18 TFUE: 
�Nel 
campo di 
applicazione 
dei 
trattati, e 
senza 
pregiudizio delle 
disposizioni 
particolari 
dagli 
stessi 
previste, � 
vietata 
ogni 
discriminazione 
effettuata 
in base 
alla 
nazionalit�. 
Il 
Parlamento europeo e 
il 
Consiglio, deliberando secondo la 
procedura 
legislativa 
ordinaria, possono 
stabilire regole volte a vietare tali discriminazioni�. 
(18) 
articolo 
267 
TFUE: 
�La 
Corte 
di 
giustizia 
dell'Unione 
europea 
� 
competente 
a 
pronunciarsi, 
in via pregiudiziale: 
a) sull'interpretazione dei trattati; 
b) sulla 
validit� 
e 
l'interpretazione 
degli 
atti 
compiuti 
dalle 
istituzioni, dagli 
organi 
o dagli 
organismi 
dell'Unione. 
Quando una 
questione 
del 
genere 
� 
sollevata 
dinanzi 
ad una 
giurisdizione 
di 
uno degli 
Stati 
membri, 
tale 
giurisdizione 
pu�, qualora 
reputi 
necessaria 
per emanare 
la 
sua 
sentenza 
una 
decisione 
su questo 
punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. 
Quando una 
questione 
del 
genere 
� 
sollevata 
in un giudizio pendente 
davanti 
a 
una 
giurisdizione 
nazionale, 
avverso le 
cui 
decisioni 
non possa 
proporsi 
un ricorso giurisdizionale 
di 
diritto interno, tale 
giurisdizione 
� tenuta a rivolgersi alla Corte. 
Quando una 
questione 
del 
genere 
� 
sollevata 
in un giudizio pendente 
davanti 
a 
una 
giurisdizione 
nazionale 
e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il pi� rapidamente possibile�. 
(19) articolo 344 TFUE: 
�Gli 
Stati 
membri 
si 
impegnano a 
non sottoporre 
una 
controversia 
relativa 
all'interpretazione 
o all'applicazione 
dei 
trattati 
a 
un modo di 
composizione 
diverso da 
quelli 
previsti 
dal trattato stesso�. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


razioni 
private, 
revocandone 
parzialmente 
la 
liberalizzazione. 
Pi� 
precisamente 
con 
la 
legge 
del 
25 
ottobre 
2007 
si 
era 
vietata 
la 
distribuzione 
degli 
utili 
generati 
dalle 
attivit� 
di 
assicurazione 
sanitaria 
privata, 
poi 
nuovamente 
autorizzata 
a 
partire 
dal 
2011, 
in 
seguito 
all�intervento 
della 
Corte 
costituzionale 
della 
Repubblica 
slovacca 
che 
ha 
giudicato 
illegittimo 
l�intervento 
normativo 
(20). 


La 
parziale 
revocazione 
della 
liberalizzazione 
del 
mercato delle 
assicurazioni 
private, 
rappresenta, 
dunque 
l�evento 
generatore 
della 
controversia 
tra 
la 
Slovacchia 
e 
l�Achmea. Invero, a 
partire 
da 
tale 
momento, l�impresa 
assumer� 
che 
le 
misure 
legislative 
le 
hanno 
arrecato 
un 
pregiudizio 
illegittimo, 
poich� contrario al 
TBI. 

La 
fase 
che 
segue 
alla 
nascita 
della 
controversia, vede 
susseguirsi 
principalmente 
tre 
�organi 
giudicanti�, cui 
corrispondono tre 
differenti 
pronunce: 
il 
collegio arbitrale, adito dall�Achmea, che 
con il 
sopracitato lodo del 
7 dicembre 
2012 
condanna 
la 
Repubblica 
slovacca 
a 
pagare 
all�impresa 
un 
risarcimento 
danni 
per un importo di 
circa 
22,1 milioni 
di 
euro; 
la 
Corte 
federale 
di 
Cassazione 
tedesca 
(Bundesgerichtshof) che, nell�ambito della 
procedura 
attivata 
dalla 
Slovacchia 
per 
l�annullamento 
del 
lodo 
arbitrale, 
emette 
l�ordinanza 
di 
rinvio 
pregiudiziale 
con 
cui 
chiede 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
di 
formulare 
un parere 
sull�interpretazione 
degli 
articoli 
18, 267 e 
344 TFUE; 
e 
infine 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�Unione 
Europea, 
con 
la 
pronuncia 
della 
sentenza 
in 
esame. 


5.2. i quesiti. 
In particolare, la 
Corte 
federale 
di 
Cassazione 
(Bundesgerichtshof) sottopone 
all�esame della Corte di Giustizia una triplice questione (21): 


1) 
L�articolo 344 TFUE 
vieta l�applicazione 
di 
una clausola, contenuta 
in 
un 
accordo 
bilaterale 
di 
investimento 
tra 
Stati 
membri 
dell�Unione, 
secondo 
la 
quale 
un 
investitore 
di 
uno 
Stato 
contraente 
pu�, 
in 
caso 
di 
controversia 
riguardante 
investimenti 
effettuati 
all�interno di 
un altro Stato contraente, intraprendere 
una 
procedura 
contro 
quest�ultimo 
Stato 
innanzi 
a 
un 
collegio 
arbitrale, 
dal 
momento 
che 
il 
suddetto 
accordo 
� 
stato 
concluso 
prima 
del-
l�adesione 
di 
uno 
degli 
Stati 
contraenti 
all�Unione, 
ma 
la 
procedura 
arbitrale 
� stata introdotta dopo la suddetta data? 

2) 
L�articolo 267 TFUE 
vieta l�applicazione 
di 
una previsione 
di 
tale 
tenore? 


3) 
alle 
condizioni 
descritte 
nel 
primo 
quesito, 
l�art. 
18, 
primo 
comma, 
TFUE vieta l�applicazione di una previsione di tale tenore? 


Il 
giudice 
europeo, 
tuttavia, 
sembra 
estendere 
la 
portata 
dei 
quesiti, 
in 
un 


(20) �stavn. s�d Slovenskej republiky, sentenza del 26 gennaio 2011. 
(21) Si veda par. 23 della sentenza in esame. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


senso 
che 
va 
al 
di 
l� 
del 
caso 
concreto, 
sottintendendo 
che 
il 
principio 
affermato 
possa 
trovare 
applicazione 
in 
tutti 
quei 
casi 
in 
cui 
all�interno 
di 
qualsivoglia 
accordo 
internazionale 
venga 
inserita 
una 
clausola 
che 
preveda 
una 
possibilit� 
di 
risoluzione 
arbitrale 
delle 
controversie 
nascenti 
tra 
un 
investitore 
di 
uno 
Stato 
membro 
nei 
confronti 
di 
un 
altro 
Stato 
membro 
dell�Unione 
Europea. 


Invero, 
al 
par. 
31 
della 
pronuncia, 
si 
legge 
che: 
�Con 
il 
primo 
e 
il 
secondo 
quesito, 
che 
tratteremo 
congiuntamente, 
il 
giudice 
di 
rinvio 
chiede, 
in 
sostanza, 
se 
gli 
articoli 
267 e 
344 TFUE, devono essere 
interpretati 
nel 
senso di 
vietare 
che 
una norma contenuta in un accordo internazionale 
concluso tra 
Stati 
membri, qual 
� 
l�art. 8 del 
TBi, secondo la quale 
un investitore 
di 
uno 
Stato membro pu�, in caso di 
controversia concernente 
investimenti 
effettuati 
in un altro Stato membro, intraprendere 
una procedura contro quest�ultimo 
Stato membro innanzi 
a un collegio arbitrale, di 
cui 
questo Stato membro si 
� 
vincolato ad accettare la competenza�. 

Ebbene, prima 
di 
esaminare 
i 
quesiti, la 
Corte 
ricorda 
la 
ratio 
e 
le 
peculiarit� 
dei principi stabili agli articoli 267 e 344 TFUE, affermando che: 


1) 
�al 
fine 
di 
assicurare 
di 
salvaguardare 
le 
caratteristiche 
specifiche, 
nonch� 
l�autonomia, 
dell�ordinamento 
giuridico 
europeo, 
i 
trattati 
hanno 
istituito 
un 
sistema 
giurisdizionale 
volto 
a 
garantire 
la 
coerenza 
e 
l�unit� 
nell�interpretazione 
del diritto europeo. 


Secondo quanto stabilito dall�articolo 19 TUE, � 
compito dei 
giudici 
nazionali 
e 
della Corte 
garantire 
la piena applicazione 
del 
diritto europeo all�interno 
degli 
Stati 
membri, 
nonch� 
la 
tutela 
giurisdizionale 
dei 
diritti 
riconosciuti 
ai 
singoli 
dall�ordinamento 
giuridico 
dell�Unione. 
in 
particolare, 
la 
chiave 
di 
volta 
del 
sistema 
giurisdizionale, 
cos� 
delineato, 
� 
costituita 
dalla 
procedura di 
rinvio pregiudiziale 
prevista all�articolo 267 TFUE 
che, instaurando 
un 
dialogo 
fra 
i 
giudici, 
ossia 
fra 
la 
Corte 
e 
i 
giudici 
degli 
Stati 
membri, 
ha lo scopo di 
assicurare 
l�unit� nell�interpretazione 
del 
diritto dell�Unione, 
garantendone 
in tal 
modo la coerenza, la piena efficacia e 
l�autonomia nonch�, 
in 
ultima 
istanza, 
il 
carattere 
specifico 
del 
diritto 
istituito 
dai 
trattati� 
(v. 
parr. 35, 36 e 37 della decisione); 


2) 
�Secondo 
una 
giurisprudenza 
costante 
della 
Corte, 
un 
accordo 
internazionale 
non 
pu� 
pregiudicare 
il 
riparto 
di 
competenze 
fissato 
dai 
trattati 
e, 
dunque, 
l�autonomia 
del 
sistema 
giuridico 
dell�Unione 
di 
cui 
la 
Corte 
assicura 
il 
rispetto. 
Tale 
principio 
si 
rinviene 
nell�articolo 
344 
TFUE, 
secondo 
il 
quale 
gli 
Stati 
membri 
si 
impegnano 
a 
non 
sottoporre 
una 
controversia 
relativa 
a 
l�interpretazione 
o 
l�applicazione 
dei 
trattati 
a 
un 
modo 
di 
composizione 
diverso 
da 
quelli 
previsti 
dal 
trattato 
stesso� 
(v. 
par. 
32 
della 
decisione). 


5.3. La decisione. 
Alla 
luce 
dei 
sopra 
richiamati 
principi, 
il 
procedimento 
logico 
seguito 



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


dalla 
Corte, al 
fine 
di 
vagliare 
la 
legittimit� 
di 
una 
procedura 
arbitrale 
di 
risoluzione 
delle controversie intra-UE, pu� essere suddiviso in tre fasi: 


1) 
occorre 
innanzitutto verificare 
se 
la 
controversia 
sottoposta 
all�esame 
del 
collegio 
arbitrale 
concerne 
l�interpretazione 
o 
l�applicazione 
dei 
trattati 
europei, cos� 
da 
valutare 
l�applicabilit� 
nel 
caso di 
specie 
dell�art. 344 TFUE 


(v. par. 39 della decisione); 
2) 
Nel 
caso in cui 
nella 
controversia 
venga 
effettivamente 
in esame 
l�interpretazione 
o l�applicazione 
dei 
trattati 
europei, allora 
occorrer� 
verificare 
se 
il 
collegio 
arbitrale 
rientri 
nel 
sistema 
giurisdizionale 
dell�Unione 
e, 
in 
particolare, 
se 
esso possa 
essere 
assimilato a 
una 
giurisdizione 
di 
uno degli 
Stati 
membri 
ai 
sensi 
dell�articolo 267 TFUE, cos� 
da 
poter adire 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
in via pregiudiziale (v. par. 43 della pronuncia); 


3) 
Dopodich� 
occorrer� 
verificare 
se 
la 
decisione 
arbitrale 
possa, 
conformemente 
all�articolo 
19 
TUE, 
essere 
soggetta 
al 
controllo 
di 
un 
organo 
giurisdizionale 
di 
uno 
Stato 
membro, 
il 
quale 
garantisce 
che 
le 
questioni 
concernenti 
il 
diritto 
europeo 
portate 
innanzi 
a 
tale 
collegio, 
possano, 
eventualmente, 
essere 
esaminate 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia 
in 
sede 
di 
rinvio 
pregiudiziale 
(v. 
par. 
50 
TFUE). 


Nella 
specie, la 
Corte 
di 
Giustizia 
accerta 
che 
la 
controversia 
sottoposta 
al 
collegio 
arbitrale 
certamente 
involgeva 
l�interpretazione 
e 
l�applicazione 
del 
diritto 
europeo. 
Invero, 
secondo 
l�accordo 
tra 
i 
Paesi 
Bassi 
e 
la 
Slovacchia, 
il 
collegio arbitrale 
deve 
tenere 
conto del 
diritto interno allo Stato contraente 
coinvolto 
nella 
controversia, 
nonch� 
degli 
accordi 
coinvolgenti 
le 
parti. 
Ne 
deriva 
che 
il 
diritto dell�Unione 
europea 
deve 
considerarsi 
diritto applicabile 
alla 
controversia 
in esame, in quanto non solo diritto in vigore 
in ogni 
Stato 
membro 
dell�Unione, 
ma 
anche 
derivante 
da 
un 
accordo 
sovranazionale 
fra 
gli Stati membri (v. parr. 40, 41, e 42 della sentenza). 

Per 
quanto 
riguarda, 
invece, 
la 
natura 
del 
collegio 
arbitrale, 
la 
Corte 
esclude 
che 
esso 
possa 
essere 
assimilato 
a 
una 
giurisdizione 
di 
uno 
Stato 
membro 
del-
l�Unione, 
ai 
sensi 
dell�art. 
267 
TFUE, 
affermando 
che 
ҏ 
proprio 
il 
carattere 
derogatorio 
della 
giurisdizione 
di 
tale 
collegio, 
rispetto 
a 
quella 
dei 
giudici 
di 
questi 
due 
Stati 
membri 
(Paesi 
Bassi 
e 
Slovacchia), 
che 
costituisce 
una 
delle 
principali 
ragioni 
d�essere 
dell�articolo 
8 
del 
TBi� 
(v. 
par. 
45 
della 
sentenza). 


Con riferimento, infine, al 
controllo giurisdizionale 
del 
lodo arbitrale 
il 
giudice 
europeo 
evidenzia 
che 
il 
TBI 
qualifica 
tale 
decisione 
come 
�definitiva� 
e, pur essendo prevista 
una 
procedura 
di 
verifica 
della 
validit� 
del 
lodo, tale 
meccanismo � 
frutto di 
una 
�scelta� 
dello stesso collegio arbitrale. Infatti, il 
collegio decide 
esso stesso la 
propria 
sede 
e, di 
conseguenza, il 
diritto applicabile 
al 
procedimento che 
disciplina 
tale 
controllo. In pi�, osserva 
la 
Corte, 
il controllo giurisdizionale del lodo � �limitato� a ipotesi specifiche. 

Da 
tali 
considerazioni 
la 
Corte 
deduce 
che 
gli 
Stati 
membri 
parte 
dell�accordo 
internazionale 
abbiano 
istituito 
un 
meccanismo 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
tra 
investitore 
e 
Stato 
membro 
che, 
pur 
coinvolgendo 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


l�interpretazione 
e 
l�applicazione 
del 
diritto europeo, non ne 
assicura 
la 
piena 
efficacia e uniformit�. 


6. 
i 
riflessi 
della 
sentenza 
�achmea� 
sulle 
controversie 
arbitrali 
intra-UE 
pendenti ai sensi della Carta dell�energia. 
I paragrafi 
57 e 
58 della 
pronuncia 
in esame 
pongono in luce 
i 
problemi 
nascenti 
dalla 
eventuale 
applicazione, in ambito comunitario, di 
una 
clausola 
contenuta 
in 
un 
accordo 
internazionale 
che 
preveda 
una 
procedura 
arbitrale 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
sorte 
tra 
un investitore 
di 
uno Stato membro e 
un altro Stato membro dell�Unione. 


Invero, 
di 
primo 
acchito, 
al 
par. 
57 
della 
sentenza 
la 
Corte 
sembra 
asserire 
l�astratta 
compatibilit� 
con il 
diritto europeo di 
un accordo internazionale, di 
cui 
l�Unione 
sia 
parte 
contraente, 
che 
attribuisca 
alla 
competenza 
di 
un 
giudice 
terzo 
l�adozione 
di 
pronunce 
vincolanti. 
Secondo 
il 
par. 
57 
della 
decisione, 
infatti: 
�� 
un 
accordo 
internazionale 
che 
preveda 
l�istituzione 
di 
un 
giudice 
incaricato 
dell�interpretazione 
delle 
sue 
disposizioni 
e 
le 
cui 
decisioni 
vincolino 
le 
istituzioni, 
ivi 
compresa 
la 
Corte, 
non 
�, 
in 
linea 
di 
principio, 
incompatibile 
con il 
diritto dell�Unione. infatti, la competenza dell�Unione 
in materia di 
relazioni 
internazionali 
e 
la sua capacit� di 
concludere 
accordi 
internazionali 
comportano necessariamente 
la facolt� di 
assoggettarsi 
alle 
decisioni 
di 
un 
organo 
giurisdizionale 
istituito 
o 
designato 
in 
forza 
di 
tali 
accordi, 
per 
quanto 
concerne 
l�interpretazione 
e 
l�applicazione 
delle 
loro 
disposizioni, 
purch� 
sia 
rispettata l�autonomia dell�Unione e del suo ordinamento giuridico�. 


Successivamente, al 
par. 58 della 
sentenza, la 
Corte 
sembra 
giungere 
alla 
conclusione 
dell�incompatibilit� 
con il 
diritto europeo della 
clausola 
compromissoria 
del 
TBI, sul 
rilievo che 
l�Unione 
non � 
parte 
contraente 
dell�accordo 
concluso 
tra 
Paesi 
Bassi 
e 
Slovacchia, 
precisando 
che: 
�Tuttavia, 
nella 
specie, 
oltre 
al 
fatto che 
le 
controversie 
che 
rientrano nella competenza del 
collegio 
arbitrale 
di 
cui 
all�articolo 
8 
del 
TBi 
possono 
riguardare 
l�interpretazione 
tanto di 
detto accordo quanto del 
diritto dell�Unione, la possibilit� di 
sottoporre 
tali 
controversie 
ad un organismo che 
non costituisce 
un elemento del 
sistema 
giurisdizionale 
dell�Unione 
� 
prevista 
da 
un 
accordo 
concluso 
non 
dall�Unione, ma dagli 
Stati 
membri. orbene, il 
suddetto articolo 8 � 
tale 
da 
rimettere 
in 
discussione, 
oltre 
al 
principio 
di 
fiducia 
reciproca 
tra 
gli 
Stati 
membri, la salvaguardia del 
carattere 
proprio dell�ordinamento istituito dai 
Trattati, garantito dalla procedura del 
rinvio pregiudiziale 
di 
cui 
all�articolo 
267 
TFUE, 
e 
non 
� 
pertanto 
compatibile 
con 
il 
principio 
di 
leale 
cooperazione 
ricordato al punto 34 della presente sentenza�. 


A 
una 
primo superficiale 
esame 
dei 
suddetti 
paragrafi, si 
potrebbe 
giungere 
alla 
conclusione 
che 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
distingua, ponendole 
in contrapposizione, 
due 
diverse 
ipotesi: 
la 
prima 
in 
cui 
la 
clausola 
di 
risoluzione 
arbitrale 
delle 
controversie 
tra 
un investitore 
di 
uno Stato membro e 
un altro 



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


Stato 
membro 
sia 
contenuta 
in 
un 
accordo 
di 
cui 
l�Unione 
europea 
non 
� 
parte 
contraente; 
la 
seconda 
in 
cui 
tale 
clausola 
sia 
inserita 
in 
un 
accordo 
di 
cui 
l�Unione 
europea 
� 
parte 
contraente. 
Nell�un 
caso 
la 
clausola 
compromissoria 
sarebbe 
in contrasto con il 
diritto europeo, nell�altro, invece, detto contrasto 
non vi 
sarebbe, poich� 
l�Unione 
si 
sarebbe 
�assoggettata� 
alle 
decisioni 
di 
un 
organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi. 

Di 
conseguenza, 
essendo 
l�Unione 
firmataria 
dell�ECT, 
l�art. 
26 
dell�ECT, 
che, 
come 
ricordato, 
prevede 
un 
meccanismo 
arbitrale 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
nascenti 
tra 
un investitore 
e 
una 
Parte 
contraente, sembrerebbe 
compatibile 
con il 
diritto comunitario, anche 
qualora 
ad essere 
coinvolti 
fossero 
due Stati membri dell�Unione europea. 

La 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�UE, 
tuttavia, 
sembra 
concludere 
affermando 
che 
un 
accordo 
internazionale, 
contenente 
una 
clausola 
di 
risoluzione 
arbitrale 
delle 
controversie 
intra-UE, di 
cui 
l�Unione 
europea 
sia 
parte, si 
pone 
in contrasto 
con il 
diritto euro unitario, qualora 
il 
suddetto accordo costituisca 
una 
minaccia 
per 
�la 
salvaguardia 
del 
carattere 
proprio 
dell�ordinamento 
istituito 
dai 
Trattati, garantito dalla procedura del 
rinvio pregiudiziale 
di 
cui 
all�articolo 
267 TFUE�. 


In particolare, al 
par. 57 della 
sentenza, la 
Corte 
di 
Giustizia 
precisa 
che 
affinch� 
un 
lodo 
arbitrale, 
emesso 
in 
virt� 
di 
una 
clausola 
compromissoria 
contenuta 
in un accordo internazionale 
di 
cui 
l�Unione 
� 
parte 
contraente, sia 
vincolante 
per 
le 
istituzioni 
dell�Unione 
europea 
deve 
sussistere 
un 
duplice 
presupposto, oggettivo e funzionale: 


1) 
oggetto dell�interpretazione 
del 
collegio arbitrale 
devono essere 
unicamente 
le 
disposizioni 
del 
suddetto accordo internazionale, senza 
estendersi 
a 
quelle 
del 
diritto europeo e 
ci� lo si 
evince 
dall�utilizzo da 
parte 
della 
Corte 
di Giustizia degli aggettivi 
�sue� 
e 
�loro�; 


2) 
Tale 
interpretazione 
sar� 
vincolante 
sempre 
che 
�sia rispettata l�autonomia 
dell�Unione e del suo ordinamento giuridico�. 


Alla 
luce 
di 
tali 
affermazioni, il 
principio espresso dalla 
Corte 
nella 
sentenza 
sembra, in astratto, estendibile 
alle 
clausole 
compromissorie 
contenute 
nei trattati internazionali di cui pure l�Unione europea � parte contraente. 

occorre, 
dunque, 
accertare 
se 
i 
principi 
posti 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia 
possano 
applicarsi 
anche 
alle 
controversie 
intra-UE 
pendenti 
ai 
sensi 
dell�art. 26 
del 
Trattato 
sulla 
Carta 
dell�energia, 
verificando 
la 
sussistenza 
nei 
singoli 
casi 
concreti 
dei 
presupposti 
logico-giuridici 
posti 
a 
fondamento della 
sentenza 
in 
esame (22). 


(22) 
Sull�applicabilit� 
del 
principio 
espresso 
nella 
sentenza 
�Achmea� 
alle 
controversie 
intra-UE, 
pendenti 
ai 
sensi 
dell�art. 26 ECT, si 
vedano N. LAvRANoS, Black 
Tuesday: the 
end of 
intra-EU 
BiTs, in 
http://arbitrationblog.practicallaw.com/black-tuesday-the-end-of-intra-eu-bits: 
�as 
regards 
intra-EU 
ECT 
disputes, it 
would seem 
that 
achmea applies, which means 
that 
European investors 
can no longer 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


� 
necessario 
innanzitutto 
verificare 
se, 
al 
fine 
di 
risolvere 
la 
controversia 
arbitrale pendente ai sensi dell�ECT: 


1) 
venga 
in rilievo l�interpretazione 
o l�applicazione 
del 
diritto europeo; 


2) 
in 
secondo 
luogo 
bisogner� 
accertare 
se 
il 
collegio 
arbitrale 
sia 
o 
meno 
equiparabile a una giurisdizione interna di uno Stato membro; 


3) 
infine, bisogner� 
analizzare 
la 
definitivit� 
del 
lodo arbitrale 
emesso ai 
sensi della Carta dell�energia. 


6.1. il 
diritto applicabile 
dal 
Tribunale 
arbitrale 
nelle 
controversie 
intra-UE 
pendenti ai sensi della Carta dell�Energia. 
Come 
sopra 
ricordato, l�art. 26.6 dell�ECT 
stabilisce 
che 
ogni 
Tribunale 
arbitrale 
istituito ai 
sensi 
della 
Carta 
dell�energia: 
�� 
decide 
sulle 
questioni 
oggetto di 
controversia in conformit� del 
presente 
Trattato e 
delle 
norme 
e 
di 
principi applicabili del diritto internazionale�. 

Il 
diritto applicabile 
dal 
collegio arbitrale 
comprende, dunque, tre 
fonti: 
il 
Trattato 
sulla 
Carta 
dell�energia, 
le 
norme 
di 
diritto 
internazionale 
e 
i 
principi 
di 
diritto internazionale. Queste 
ultime 
unicamente 
se 
applicabili 
alla 
controversia 
oggetto di 
arbitrato, occorrer� 
dunque 
fare 
riferimento alle 
norme 
e 
ai 
principi 
di 
diritto 
internazionale 
in 
vigore 
nei 
rapporti 
fra 
le 
parti 
tra 
cui 
� 
sorta 
la controversia che ha dato origine all�arbitrato. 

Con 
riferimento 
all�applicabilit� 
del 
diritto 
europeo 
nelle 
controversie 
arbitrali 
intra-UE 
si 
apre 
conseguentemente 
una 
triplice 
strada: 
l�inapplicabilit� 
della 
normativa 
europea 
in quanto non qualificabile 
come 
norma 
o principio 
di 
diritto 
internazionale; 
l�applicabilit� 
del 
diritto 
europeo 
poich� 
facente 
parte 
del 
diritto 
internazionale 
ovvero 
l�applicabilit� 
di 
talune 
norme 
europee 
in 
quanto disposizioni 
di 
�applicazione 
necessaria�, poich� 
poste 
a 
tutela 
di 
interessi 
irrinunciabili dell�ordinamento europeo. 

Segue 
la 
prima 
via 
la 
recente 
decisione 
Novenergia v. Kingdom 
of 
Spain 
(23), 
nella 
quale 
il 
collegio sembra 
affermare 
che 
affinch� 
un tribunale 
arbitrale 
possa 
(rectius: 
debba) interpretare 
e 
applicare 
alla 
controversia 
il 
diritto 
europeo non sia 
sufficiente 
l�implicito richiamo al 
diritto internazionale 
contenuto 
nell�art. 
26.6 
ECT, 
ma 
sia 
necessaria 
un�espressa 
previsione 
in 
tal 
senso 
nel 
testo 
del 
trattato, 
attualmente 
inesistente 
(24), 
ovvero 
che 
il 
ricorrente 
abbia 


rely 
on 
the 
ECT 
in 
order 
to 
bring 
cases 
against 
member 
states�; 
S. 
G�SP�R 
SzIL�GyI, 
The 
CJEU 
Strikes 
again in achmea. is 
this 
the 
end of 
investor-State 
arbitration under 
intra-EU 
BiTs?, in http://worldtradelaw.
typepad.com/ielpblog/2018/03/guest-post-the-cjeu-strikes-again-in-achmea-is-this-the-end-of 
investor-
state-arbitration-under-intr.html: 
��the 
iSDS mechanism 
under 
the 
ECT, to the 
extent 
that 
it 
is 
used 
between 
EU 
member 
States 
and 
EU 
investors, 
is 
also 
incompatible 
with 
EU 
law� 
e 
S. 
HINDELANG, 
The 
Limited 
immediate 
Effects 
of 
CJEU�s 
achmea 
Judgement, 
in 
https://verfassungsblog.de/the-limited-
immediate-effects-of-cjeus-achmea-judgement: 
�[t]here 
seems 
to be 
no compelling reason why 
investment 
disputes 
between an investor 
from 
one 
member 
State 
and another 
member 
State 
based on the 
ECT should in result be treated differently from such addressed in the CJEU�s 
achmea Judgement�. 


(23) Novenergia v. Kingdom of Spain, SCC Case No. 063/2015, March 20, 2018. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


assunto 
non 
solo 
una 
violazione 
dell�ECT, 
ma 
anche 
una 
violazione 
del 
diritto 
euro unitario (25). 

Da 
tale 
decisione, 
dunque, 
se 
ne 
desumono 
due 
rilevanti 
conseguenze. 
Innanzitutto, 
il 
lodo 
sembra 
confermare 
che 
l�interpretazione 
o 
l�applicazione 
del 
diritto europeo da 
parte 
del 
collegio arbitrale 
sia 
il 
presupposto affinch� 
operi 
il 
principio 
dell�incompatibilit� 
della 
clausola 
compromissoria 
nelle 
controversie 
intra-UE. In secondo luogo, tuttavia, il 
collegio arbitrale 
sottolinea 
che 
non vi 
� 
una 
relazione 
di 
automatismo tra 
la 
presenza 
nella 
controversia 
di 
due 
soggetti 
parte 
dell�Unione 
e 
l�interpretazione 
o applicazione 
del 
diritto 
euro unitario. In altre 
parole, non � 
sufficiente 
che 
le 
parti 
della 
controversia 
appartengano 
all�Unione 
europea 
per 
far 
s� 
che 
il 
collegio 
interpreti 
o 
applichi 
(anche) il 
diritto europeo, ma 
deve 
alternativamente 
sussistere 
una 
delle 
seguenti 
condizioni: 
la 
modifica 
dell�art. 
26 
ECT, 
affinch� 
si 
inserisca 
un 
espresso 
riferimento 
all�applicazione 
del 
diritto 
europeo 
nella 
risoluzione 
delle 
controversie 
arbitrali 
ovvero 
un�esplicita 
denuncia 
di 
violazione 
del 
diritto 
eurounitario 
da parte del ricorrente. 

Ebbene, 
a 
prescindere 
da 
una 
modifica 
del 
Trattato, 
difficilmente 
il 
ricorrente 
prospetter� 
esplicitamente 
l�inosservanza 
del 
diritto europeo innanzi 
a 
un collegio arbitrale, poich� 
in tal 
caso il 
collegio arbitrale 
dovrebbe 
necessariamente 
affermare il proprio difetto di giurisdizione. 

In 
definitiva, 
la 
sentenza 
achmea, 
nella 
lettura 
datane 
in 
Novenergia 
v. 
Kingdom 
of 
Spain, sembra 
essere 
una 
decisione 
di 
compromesso tra 
l�autonomia 
dei 
collegi 
arbitrali 
e 
il 
monopolio della 
Corte 
di 
Giustizia 
nell�interpretazione 
del 
diritto europeo. Il 
collegio arbitrale 
sar�, infatti, libero di 
risolvere 
le 
controversie 
nascenti 
tra 
Stati 
membri 
dell�Unione 
europea, 
ai 
sensi 
dell�art. 
26 ECT, fintantoch� 
non venga 
in rilievo, nelle 
modalit� 
descritte, l�interpretazione 
o l�applicazione 
del 
diritto euro unitario, nel 
qual 
caso dovr� 
rilevare 
il 
difetto di 
giurisdizione. Nell�attesa 
della 
pubblicazione 
della 
decisione 
del 
collegio 
arbitrale 
sull�eccezione 
di 
difetto 
di 
giurisdizione 
sollevata 
dalla 
Germania 
in riferimento alla 
causa 
pendente 
contro la 
compagnia 
energetica 
sve


(24) Si 
veda 
in tal 
senso, Novenergia v. Kingdom 
of 
Spain, cit. par. 459: 
�The 
Tribunal 
considers 
that 
the 
respondent's 
argument 
relating to article 
26(6) of 
the 
ECT 
to be 
correct 
would require 
an explicit 
inclusion in the 
text 
of 
the 
ECT 
of 
a clear 
exception as 
purported by 
respondent. However, no 
such exception was 
introduced and the 
Tribunal 
concludes 
that 
the 
text 
of 
the 
treaty 
does 
not 
support 
such an interpretation and is 
further 
unconvinced that 
such an exception was 
intended to be 
included 
by the drafters of the ECT�. 
(25) Si 
veda 
in tal 
senso, Novenergia v. Kingdom 
of 
Spain, cit. par. 460: 
�The 
Tribunal 
must 
note 
that 
the 
Claimant 
has 
not 
submitted 
any 
of 
its 
claims 
based 
on 
EU 
law. 
instead, 
it 
is 
clear 
that 
the 
claims 
in this 
arbitration are 
all 
submitted solely 
on the 
basis 
of 
the 
provisions 
contained in the 
ECT. The 
facts 
invoked by 
the 
Claimant 
in support 
of 
its 
claims 
further 
substantiate 
this 
conclusion. it 
is 
equally 
clear 
that 
the 
Claimant 
is 
not 
relying on or 
challenging any 
measures 
adopted or 
directed by 
the 
EU 
or 
any 
of 
its 
organs. rather, it 
is 
clear 
to the 
Tribunal 
that 
the 
Claimant 
is 
exclusively 
relying on the 
adoption 
of measures that were of the respondent's own volition�. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


dese 
vattenfall, al 
fine 
di 
verificare 
condivisione 
o meno di 
tale 
orientamento 
da parte dei tribunali arbitrali. 

Di 
contrario 
avviso 
sembrano 
essere 
parte 
della 
dottrina 
(26) 
e 
alcuni 
collegi 
arbitrali, i 
quali 
non hanno mai 
dubitato della 
natura 
peculiare 
e 
ambivalente 
del 
diritto 
euro 
unitario. 
Esemplificativamente, 
in 
Electrabel 
v. 
Hungary 


(27) e 
in Blusun S.a., Jean-Pierre 
Lecorcier 
and michael 
Stein v. italian republic 
(28), 
il 
collegio 
evidenzia 
la 
duplice 
natura 
del 
diritto 
dell�Unione, 
quale 
diritto 
parte 
sia 
dell�ordinamento 
internazionale 
che 
del 
diritto 
nazionale 
di 
ogni 
Stato 
membro. 
Ancora, 
l�Avvocato 
generale 
Maduro, 
nell�opinion 
espressa 
nel 
caso Kadi, descrive 
il 
diritto europeo come 
�un ordre 
juridique 
interne d�origine internationale� 
(29). 
Seguendo tale 
linea 
interpretativa, si 
potrebbe 
trarre 
la 
conseguenza 
che 
qualora 
uno Stato membro sia 
coinvolto in una 
controversia 
arbitrale 
con un 
investitore 
di 
un 
altro 
Stato 
membro, 
in 
materia 
di 
tutela 
degli 
investimenti 
esteri, 
venga 
sempre 
in 
rilievo 
l�interpretazione 
e 
l�applicazione 
del 
diritto 
dell�Unione europea, in quanto parte del diritto internazionale. 


(26) Cfr. fra 
gli 
altri, T. HARTLEy, 
in �international 
Law and the 
Law of 
the 
European Union - a 
reassessment�, British yearbook of International 
Law, 72, 2001, pp. 1-35 e 
M. BURGSTALLER, �European 
Law 
and 
investment 
Treaties�, 
26 
Journal 
of 
International 
Arbitration, 
2009, 
p. 
191: 
�The 
fact 
that 
the 
EC Treaty 
differs 
from 
ordinary 
international 
agreements 
is 
no warrant 
for 
presuming that 
the 
law 
it 
establishes 
is 
not 
part 
of, and governed by 
international 
law � 
Consequently, EC law is 
best 
viewed 
as 
a 
subsystem 
of 
public 
international 
law, 
though 
a 
highly 
developed 
international 
legal 
order 
with 
particular 
features, 
in 
particular 
the 
primacy 
of 
EC 
Law 
over 
national 
law 
and 
direct 
effect 
of 
EC 
law�. 
(27) �4.120. (ii) EU 
law is 
based on international 
treaties: EU 
law is 
international 
law because 
it 
is 
rooted 
in 
international 
treaties; 
and 
both 
Parties 
accepted, 
of 
course, 
that 
the 
EU 
Treaties 
are 
legal 
instruments 
under 
public 
international 
law. EU 
law flows 
from 
the 
Treaty 
of 
rome, as 
amended many 
times, creating the European Union, as was submitted by the respondent: (�) 
4.122. (iii) The 
Whole 
of 
EU 
Law as 
an international 
Legal 
order: moreover, the 
Tribunal 
considers 
that 
EU 
law as 
a whole 
is 
part 
of 
the 
international 
legal 
order; and it 
does 
not 
draw a material 
distinction, 
as 
proposed by 
the 
Claimant, between the 
EU 
Treaties 
(which the 
Claimant 
acknowledges 
as 
international 
law) 
and 
the 
�droit 
d�riv�� 
(which 
the 
Claimant 
does 
not 
acknowledge 
as 
international 
law). in the 
Tribunal�s 
view, all 
EU 
legal 
rules 
are 
part 
of 
a regional 
system 
of 
international 
law and 
therefore 
have 
an international 
legal 
character. This 
was 
stated clearly 
by 
the 
ECJ 
many 
years 
ago, in 
the famous case Van Gend en Loos: (�) 
4.124. (iv) EU 
law as 
National 
Law: in the 
Tribunal�s 
view, the 
fact 
that 
EU 
law is 
also applied within 
the 
national 
legal 
order 
of 
an EU 
member 
State 
does 
not 
deprive 
it 
of 
its 
international 
legal 
nature. EU 
law remains 
international 
law; EU 
law is 
not 
limited to a treaty 
but 
includes 
a body 
of 
law flowing from 
the 
EU 
Treaties. Legal 
rules 
created under 
the 
Treaties 
can apply 
directly 
within the 
different 
national 
legal 
orders, 
without 
any 
further 
procedural 
step 
taken 
by 
EU 
member 
States�. 
(ICSID 
Case 
No. 
ARB/07/19, Electrabel 
v. Hungary, Decision on Jurisdiction, Applicable 
Law 
and Liability, Nov. 30, 
2012, RLA-4). 
(28) 
�278. The 
Parties 
in effect 
agree 
that 
the 
applicable 
law in determining this 
issue 
is 
international 
law, and specifically 
the 
relevant 
provisions 
of 
the 
VCLT. The 
Tribunal 
agrees, but 
would observe 
that 
this 
does 
not 
exclude 
any 
relevant 
rule 
of 
EU 
law, which would fall 
to be 
applied either 
as 
part 
of 
international 
law or 
as 
part 
of 
the 
law of 
italy�. 
(ICSID 
Case 
No ARB/14/3, Blusun S.a., Jean-
Pierre Lecorcier and michael Stein v. italian republic, Final 
Award, 27 December 2016, RLA-1). 
(29) opinion of the 
Advocate 
General 
Maduro in Case 
C-402/05, paragraph 21, [2008] ECR I6351. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


In una 
posizione 
intermedia 
si 
colloca 
la 
teoria 
delle 
norme 
europee 
di 
applicazione 
necessaria 
(30). Secondo tale 
orientamento vi 
sarebbe 
per gli 
arbitri 
il 
dovere 
di 
interpretare 
e 
applicare 
alle 
controversie 
intra-UE 
le 
norme 
europee 
di 
applicazione 
necessaria, ossia 
un nucleo di 
norme, contenute 
nel 
diritto 
europeo 
primario 
e 
derivato, 
poste 
a 
tutela 
di 
interessi 
irrinunciabili 
dell�ordinamento giuridico europeo. La 
Corte 
di 
Giustizia 
ha 
enunciato tale 
principio nella 
nota 
sentenza 
ingmar 
(31), dichiarando l�imperativit� 
internazionale 
delle 
disposizioni 
contenute 
nella 
Direttiva 
CEE 
653/86 sugli 
agenti 
commerciali. In tale 
decisione, la 
Corte 
ha, infatti, sottolineato che 
il 
regime 
istituito dalla 
Direttiva 
�mira � 
a tutelare, tramite 
la categoria degli 
agenti 
commerciali, 
la 
libert� 
di 
stabilimento 
e 
una 
concorrenza 
non 
falsata 
nell�ambito 
del 
mercato 
interno. 
L�osservanza 
di 
dette 
disposizioni 
nel 
territorio 
della 
Comunit� 
appare, 
pertanto, 
necessario 
per 
la 
realizzazione 
di 
tali 
obiettivi 
del 
Trattato� 
(32). Conseguentemente, �risulta essenziale 
per 
l�ordinamento 
giuridico 
comunitario 
che 
un 
preponente 
stabilito 
in 
un 
paese 
terzo, 
il 
cui 
agente 
commerciale 
esercita 
la 
propria 
attivit� 
all�interno 
della 
Comunit�, 
non possa eludere 
queste 
disposizioni 
con il 
semplice 
espediente 
di 
una clausola 
sulla legge applicabile� 
(33). 

La 
giurisprudenza 
della 
Corte, oltre 
ad essere 
oggetto di 
talune 
critiche 
per un�indebita 
interferenza 
nei 
tradizionali 
meccanismi 
internazionali 
privatistici 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
(34), 
istaura 
un 
clima 
di 
incertezza, 
poich� 
pone 
la 
difficolt� 
di 
individuare 
con 
precisione 
quali 
siano 
le 
norme 
europee 
di 
applicazione 
necessaria, dato che 
non esistono disposizioni 
codificate 
che 
indichino agli 
arbitri 
a 
quali 
norme 
di 
applicazione 
necessaria 
dare 
efficacia. 

In conclusione, sull�applicabilit� 
del 
diritto europeo alle 
controversie 
arbitrali 
tra 
soggetti 
parte 
dell�Unione 
europea, istaurate 
ai 
sensi 
dell�art. 26.6 
ECT, si 
scontrano le 
opinioni 
di 
chi, dando rilievo all�autonomia 
delle 
parti, 
esclude 
un�automatica 
applicazione 
delle 
norme 
o 
dei 
principi 
europei, 
con 
quelle 
di 
chi, 
identificando 
il 
diritto 
europeo 
con 
il 
diritto 
internazionale, 
ritiene 
che 
l�ordinamento 
giuridico 
europeo 
sia 
sempre 
applicabile 
in 
virt� 
del 
richiamo 
che 
l�art. 26.6 ECT 
fa 
al 
diritto internazionale. Infine, vi 
� 
chi 
reputa 
a 
tali 
controversie 
applicabili 
unicamente 
talune 
norme 
del 
diritto 
europeo, 


(30) Cfr. P. BERToLI, Diritto europeo dell�arbitrato internazionale, Giuffr�, 2015, pp. 50 ss. 
(31) Sentenza 
9 novembre 
2000, in causa 
C-381/98, ingmar 
GB 
Ltd c. Eaton Leonard Technologies 
inc. 
(32) Par. 24 della motivazione. 
(33) Par. 24 della motivazione. 
(34) H.L.E. vERAGHEN, The 
Tension Between Party 
autonomy 
and European Union Law: Some 
observations 
on ingmar 
GB 
Ltd V 
Eaton Leonard Technologies 
inc, in international 
& 
Comparative 
Law 
Quarterly, 
vol. 
51, 
2002, 
pp. 
135-154; 
W.H. 
RoTH, 
Case 
C-381/98, 
ingmar 
GB 
Ltd 
v. 
Eaton 
Leonard 
Technologies 
inc. 
judgment 
of 
the 
Court 
(Fifth 
Chamber) 
of 
9 
November 
2000, 
in 
Common 
market 
Law 
review, 2002, pp. 369-383. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


non tanto facendo leva 
sul 
carattere 
internazionale 
delle 
stesse, bens� 
valorizzandone 
la natura di �norme europee di applicazione necessaria�. 


6.2. L�equiparabilit� del 
Tribunale 
istituito ai 
sensi 
dell�art. 26.4 ECT 
a una 
giurisdizione interna a uno Stato membro. 
L�art. 267 TFUE 
restringe 
la 
legittimazione 
ad adire 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
in via 
pregiudiziale 
agli 
�organi 
giurisdizionali 
di 
uno degli 
Stati 
membri�. 
La 
nozione 
di 
�giurisdizione 
nazionale� 
� 
autonoma, 
essendo 
irrilevante 
la 
qualificazione 
dell�organo da 
parte 
del 
diritto interno. La 
Corte 
di 
Giustizia 
ha 
pi� volte 
chiarito che, al 
fine 
di 
attribuire 
ad un organo natura 
giurisdizionale, 
rilevano 
�un 
insieme 
di 
elementi 
quali 
l�origine 
legale 
dell�organo, 
il 
suo carattere 
permanente, l�obbligatoriet� della sua giurisdizione, la natura 
contraddittoria del 
procedimento, il 
fatto che 
l�organo applichi 
norme 
giuridiche 
e 
che 
sia indipendente� 
(35). Dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
sembra 
emergere 
una 
concezione 
di 
�giurisdizione 
statale� 
che 
richiede, 
quale 
presupposto 
essenziale, 
la 
riconducibilit� 
dell�organo 
remittente 
all�ordinamento 
costituzionale 
dello Stato membro. Da 
un lato, infatti, la 
Corte 
riconosce 
tale 
natura 
a 
taluni 
tribunali 
internazionali, quale 
la 
Corte 
del 
Benelux (36), sulla 
base 
del 
fatto che 
siano qualificabili 
come 
�giurisdizioni 
comuni 
a 
vari 
Stati 
membri�, dall�altro nega 
la 
legittimazione 
dei 
tribunali 
arbitrali 
a 
sollevarle 
questioni 
pregiudiziali, difettando del 
requisito dell�obbligatoriet� 
della 
giurisdizione. 
Secondo 
la 
Corte, 
infatti 
�per 
le 
parti 
contraenti 
non 
vi 
� 
alcun 
obbligo, 
n� 
di 
diritto n� 
di 
fatto, di 
affidare 
la soluzione 
delle 
proprie 
liti 
a un 
arbitrato e 
� 
le 
autorit� pubbliche 
dello Stato membro interessato non sono 
implicate 
nella scelta della via dell�arbitrato n� 
sono chiamate 
a intervenire 
d�ufficio 
nello 
svolgimento 
del 
procedimento 
dinnanzi 
all�arbitro� 
(37). 
Cos�, 
la 
Corte 
ha 
potuto 
conoscere 
delle 
controversie 
innanzi 
ai 
tribunali 
arbitrali 
solo indirettamente, grazie 
ai 
rinvii 
pregiudiziali 
sollevati 
dai 
giudici 
innanzi 
ai quali pende un�impugnazione contro un lodo (38). 

Tale 
orientamento restrittivo della 
Corte 
sulla 
nozione 
di 
�giurisdizione 


(35) v. le 
sentenze 
31 gennaio 2013, in causa 
C-394/11, Belov, par. 38; 
4 giugno 2011, miles 
e 
a., 
in 
causa 
C-196/09, 
par. 
37; 
31 
maggio 
2005, 
in 
causa 
C-53/03, 
Syfait; 
30 
maggio 
2002, 
in 
causa 
C516/
99, Schmid; 
15 gennaio 2002, in causa 
C-182/00, Lutz; 
19 novembre 
2001, in causa 
C-17/00, De 
Coster; 
21 
marzo 
2000, 
in 
cause 
riunite 
da 
C-110/98 
a 
C-147/98, 
Gabalfrisa; 
17 
settembre 
1997, 
in 
causa C-54/96, Dorsch Consult; 19 ottobre 1995, in causa C-111/94, Job Centre i. 
(36) La 
Corte 
del 
Benelux � 
stata 
istituita 
dagli 
Stati 
membri 
del 
Benelux tramite 
un trattato e 
ha 
la 
competenza 
ad interpretare 
in via 
pregiudiziale 
le 
questioni 
attinenti 
all�applicazione 
della 
legge 
uniforme 
del 
Benelux 
sui 
marchi 
di 
impresa: 
sentenza 
4 
novembre 
1997, 
in 
causa 
C-337/95, 
Parfums 
Christian 
Dior. 
(37) 
Sentenze 
13 
febbraio 
2014, 
in 
causa 
C-555/13, 
merck 
Canada 
inc., 
par. 
17; 
27 
gennaio 
2005, 
in causa C-125/04, Denuit e Cordenier; 23 marzo 1982, in causa 102/81, Nordsee. 
(38) Sentenza 
6 marzo 2018, in causa 
C.284/16, repubblica Slovacca c. achmea BV; 
1 giugno 
1999, in causa C-126/97, Eco Swiss c. Benetton; 27 aprile 1994, in causa C-393/92, almelo. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


statale�, 
pur 
trovando 
ragione 
nel 
fatto 
che 
� 
lo 
Stato 
membro 
a 
essere 
responsabile 
per la 
violazione 
del 
dovere 
di 
investire 
la 
Corte 
a 
titolo pregiudiziale, 
� 
stata 
oggetto 
di 
critiche. 
� 
stato, 
infatti, 
osservato 
che 
il 
meccanismo 
del 
rinvio 
pregiudiziale 
risponde 
all�esigenza 
di 
evitare 
che 
si 
stabilizzi 
un 
giudicato 
in 
contrasto 
con 
il 
diritto 
europeo. 
Ebbene, 
una 
tale 
necessit� 
si 
avvera 
non 
solo con riferimento alle 
decisioni 
rese 
dagli 
organi 
giurisdizionali, ma 
anche 
avendo 
riguardo 
ai 
lodi 
arbitrali, 
che 
ne 
condividono 
gli 
effetti 
di 
accertamento 
ed 
esecutivi, 
nonch� 
la 
capacit� 
di 
circolazione 
(39). 
Pertanto, 
secondo 
alcuni, 
privare 
gli 
arbitri 
della 
funzione 
di 
nomofilachia 
assicurata 
dalla 
Corte 
tramite 
l�art. 267 TFUE 
vorrebbe 
dire 
interpretare 
tale 
norma 
in contraddizione 
con il 
suo obiettivo ultimo (40). Il 
mancato adempimento dell�obbligo di 
rinvio, da 
parte degli arbitri, non avrebbe, tuttavia, una sanzione. 


6.3. La definitivit� del lodo arbitrale. 
L�art. 26.8 ECT 
stabilisce 
che 
�il 
lodo arbitrale 
� 
� 
inappellabile 
e 
vincolante 
per 
le 
Parti 
della controversia. Ciascuna Parte 
contraente 
provvede 
senza 
indugio 
alla 
sua 
esecuzione 
e 
adotta 
disposizioni 
per 
rendere 
esecutorio 
detto 
lodo 
arbitrale 
nella 
propria 
area�. 
Pur 
essendo 
previsto 
un 
controllo 
giurisdizionale, il 
lodo arbitrale 
�, dunque, definitivo e 
vincolante 
per le 
parti. 
La 
possibilit� 
di 
impugnazione 
della 
decisione 
arbitrale 
�, infatti, limitata 
sia 
dal 
punto di 
vista 
soggettivo che 
oggettivo. Per quanto riguarda 
l�aspetto soggettivo, 
la 
parte 
soccombente 
pu� impugnare 
il 
lodo arbitrale 
unicamente 
davanti 
all�autorit� 
competente 
del 
luogo 
ove 
tale 
decisione 
� 
stata 
resa 
che, 
generalmente, 
coincide 
con 
la 
sede 
dell�arbitrato 
(41). 
Con 
riferimento 
al 
profilo 
oggettivo, occorre 
osservare 
che 
� 
l�ordinamento cos� 
individuato a 
stabilire 
i 
motivi 
per 
i 
quali 
la 
parte 
soccombente 
pu� 
svolgere 
il 
ricorso. 
A 
tal 
riguardo, al 
fine 
di 
assicurare 
l�uniformit� 
delle 
legislazioni 
in materia 
di 
impugnazione 
delle 
decisioni 
arbitrali, la 
Convenzione 
di 
Ginevra 
del 
1961, all�art. 
IX, 
ha 
elencato 
tassativamente 
i 
motivi 
di 
annullamento 
del 
lodo 
arbitrale 
(42). 
Tali 
motivi 
corrispondono 
sostanzialmente 
a 
quelli 
previsti 
dall�art. 
5 
della 
Convenzione 
di 
New 
york 
e 
sono: 
incapacit� 
delle 
parti 
di 
stipulare 
l�accordo 
arbitrale; 
invalidit� 
dell�accordo arbitrale 
ai 
sensi 
della 
legge 
indicata 
dalle 
parti 
quale 
legge 
applicabile 
o, in mancanza, di 
quella 
del 
luogo ove 
la 


(39) Cfr. P. BERToLI, 
op. cit., pp. 83 ss. 
(40) 
Cfr. 
M. 
v. 
BENEDETTELLI, 
ordinamento 
comunitario 
e 
arbitrato 
commerciale 
internazionale: 
favor, ostilit� o indifferenza?, in N. BoSCHIERo, P. BERToLI 
(a 
cura 
di), Verso un ordine 
comunitario del 
processo 
civile. 
Pluralit� 
di 
modelli 
e 
tecniche 
processuali 
nello 
spazio 
europeo 
di 
giustizia, 
Napoli 
(Ed. scientifica), 2008, pp. 111-129. 
(41) Cfr. P. BERNARDINI, op. cit., pp. 241 ss. 
(42) 
Cfr. 
G.F. 
BoRIo, 
L�arbitrato 
commerciale 
internazionale 
-Genesi 
e 
svolgimento 
dell�arbitrato 
in italia. L�arbitrato fra imprese 
di 
stati 
diversi. La decisione 
degli 
arbitri, la sua circolazione 
in italia 
e all�estero e la sua impugnazione. Le istituzioni arbitrali permanenti, Giuffr�, 2003, pp. 99 ss. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


decisione 
� 
stata 
resa; 
violazione 
del 
principio del 
giusto processo; 
eccesso di 
competenza 
da 
parte 
degli 
arbitri 
ovvero 
irregolarit� 
nella 
nomina 
del 
collegio 
arbitrale 
o 
nella 
procedura; 
sospensione 
o 
annullamento 
del 
lodo 
arbitrale. 
Secondo 
quanto disposto dal 
secondo comma 
dello stesso articolo, poi: 
�il 
riconoscimento 
e 
l�esecuzione 
di 
una 
sentenza 
arbitrale 
possono 
altres� 
essere 
rifiutati 
se 
l�autorit� competente 
del 
Paese 
in cui 
il 
riconoscimento e 
l�esecuzione 
sono 
richiesti 
constata: 
a) 
che, 
secondo 
la 
legge 
di 
tale 
Paese, 
l�oggetto 
della controversia non � 
suscettibile 
di 
essere 
risolto mediante 
arbitrato; o b) 
che 
il 
riconoscimento o l�esecuzione 
della sentenza sarebbe 
contrario all�ordine 
pubblico del Paese stesso�. 

L�ordine 
pubblico �, peraltro, da 
interpretarsi 
restrittivamente, come 
affermato 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia, 
l�ordine 
pubblico 
�costituisce 
un 
ostacolo 
alla realizzazione 
di 
uno degli 
obiettivi 
fondamentali 
della convenzione, che 
mira a facilitare, per 
quanto possibile, la libera circolazione 
delle 
sentenze 
prevedendo 
un 
procedimento 
di 
exequatur 
semplice 
e 
rapido. 
Tale 
disposizione 
derogatoria 
deve 
essere 
pertanto 
interpretata 
restrittivamente� 
(43) 
e, 
dunque, 
�il 
ricorso alla clausola relativa all�ordine 
pubblico � 
pu� avvenire 
soltanto 
in casi eccezionali� 
(44). 


In definitiva, possono, con riferimento alla 
stabilit� 
della 
decisione 
arbitrale 
resa 
nelle 
controversie 
intra-UE 
pendenti 
ai 
sensi 
della 
Carta 
dell�Energia, 
ritenersi 
estensibili 
le 
conclusioni 
svolte 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia 
nella 
sentenza 
achmea 
(45), rappresentando le 
ipotesi 
di 
impugnazione 
della 
decisione 
arbitrale 
delle 
eccezioni 
al 
generale 
principio 
di 
riconoscimento 
ed 
esecuzione 
dei 
lodi stranieri, volte a precludere un riesame della controversia nel merito. 

7. Conclusioni. 
I principi 
posti 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia 
nella 
causa 
C-284/16 �achmea� 
devono 
essere 
applicati 
anche 
alle 
controversie 
intra-UE 
pendenti 
ai 
sensi 
dell�art. 26 ECT, verificandosi 
la 
sussistenza 
dei 
tre 
presupposti 
logico-giuridici 
posti 
a 
fondamento 
della 
sentenza: 
la 
controversia 
sottoposta 
all�esame 
del 
collegio 
arbitrale 
concerne 
l�interpretazione 
o 
l�applicazione 
dei 
trattati 
europei; 
il 
collegio arbitrale 
non pu� essere 
assimilato a 
una 
giurisdizione 
di 
uno degli 
Stati 
membri 
ai 
sensi 
dell�articolo 267 TFUE 
e, infine, il 
lodo arbitrale, 
emesso ai sensi della Carta dell�energia, � definitivo. 

Quanto al 
primo presupposto, si 
� 
evidenziato come 
al 
fine 
di 
risolvere 
una 
controversia 
arbitrale 
intra-UE 
pendente 
ai 
sensi 
dell�art. 26 ECT, il 
col


(43) Sentenza 
2 giugno 1994, in causa 
C-414/92, Solo Kleinmotoren GmbH 
c. Emilio Boch, par. 
20. 
(44) v. sentenze 
6 settembre 
2012, in causa 
C-619/10, Trade 
agency 
Ltd, par. 48; 
15 novembre 
2012, in causa C-456/11, Gothaer, par. 30; 28 aprile 2009, in causa C-420/07, apostolides, par. 55. 
(45) Per le quali si veda 
supra 
par. 5.3. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


legio 
arbitrale 
dovr� 
interpretare 
o 
applicare 
il 
diritto 
europeo, 
ai 
sensi 
dell�art. 
26 
(6) 
ECT, 
o 
nella 
sua 
interezza, 
in 
quanto 
parte 
del 
diritto 
internazionale, 
ovvero 
in 
relazione 
a 
talune 
disposizioni, 
in 
quanto 
norme 
di 
�applicazione 
necessaria�, poich� 
poste 
a 
tutela 
di 
interessi 
irrinunciabili 
dell�ordinamento 
europeo. 


Con riguardo all�assimilabilit� 
del 
collegio arbitrale 
a 
una 
giurisdizione 
di 
uno degli 
Stati 
membri, ai 
sensi 
dell�articolo 267 TFUE, si 
� 
osservato che 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
ha 
pi� volte 
affermato una 
concezione 
restrittiva 
di 
�giurisdizione 
nazionale�, negando la 
legittimazione 
dei 
tribunali 
arbitrali 
a 
sottoporle 
questioni 
pregiudiziali, in quanto privi 
del 
requisito dell�obbligatoriet� 
della giurisdizione. 

L�art. 26.8 ECT 
qualifica, infine, la 
decisione 
arbitrale 
come 
�inappellabile 
e 
vincolante 
per 
le 
Parti 
della controversia�, limitandone 
la 
possibilit� 
di impugnazione sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo. 

In 
definitiva, 
escludere 
che 
possa 
essere 
attribuito 
a 
un 
collegio 
arbitrale 
il 
potere 
di 
risolvere 
le 
controversie 
tra 
soggetti 
parte 
dell�Unione 
risponde 
all�esigenza 
di 
salvaguardare 
il 
principio 
di 
autonomia 
del 
diritto 
UE. 
�autonomia�, 
invero, 
come 
osservato 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia, 
significa 
�ordinamento 
giuridico 
di 
nuovo 
genere 
nel 
campo 
del 
diritto 
internazionale, 
scaturito 
da 
una 
fonte 
autonoma� 
che, 
�in 
ragione 
della 
sua 
specifica 
natura�, 
non 
pu� 
trovare 
�un 
limite 
in qualsiasi 
provvedimento interno senza perdere 
il 
proprio carattere 
comunitario� 
e 
senza 
che 
ne 
risulti 
�scosso 
il 
fondamento 
giuridico 
della 
stessa 
Comunit�� 
(46). 
Naturale 
corollario 
del 
principio 
di 
autonomia, 
�, 
sotto 
il 
profilo 
giurisdizionale, 
il 
monopolio 
detenuto 
dalla 
Corte 
di 
giustizia 
nell�interpretazione 
e 
nell�applicazione 
del 
diritto 
comunitario 
che 
� 
parte 
del 
diritto 
internazionale, 
conformemente 
agli 
articoli 
19, par. 1 TUE 
e 
344 TFUE. La 
Corte 
aveva, 
invero, 
gi� 
chiarito 
in 
numerose 
sentenze 
(47) 
e 
pareri 
(48) 
che 
organi 
giurisdizionali 
internazionali, 
esterni 
all�ordinamento 
comunitario, 
non 
possono 
dare 
interpretazioni 
vincolanti 
di 
detto 
ordinamento. 
Costituisce, 
dunque, 
una 
trasgressione 
il 
semplice 
fatto 
che 
nell�ordinamento 
giuridico 
interno 
sia 
conservata 
una 
disposizione 
che 
rimetta 
a 
un 
collegio 
arbitrale 
la 
risoluzione 
di 
controversie 
nascenti 
tra 
soggetti 
parte 
dell�UE, 
a 
prescindere 
dalla 
sua 
applicazione 


(46) 
Corte 
di 
giustizia, 
5 
febbraio 
1963, 
causa 
26-62, 
Van 
Gend 
& 
Loos 
c. 
Paesi 
Bassi, 
EU:C:1963:1, punto B, 12. 
(47) Si 
veda, tra 
le 
altre, Corte 
di 
giustizia, 30 maggio 2006, causa 
C-459/03, Commissione 
c. irlanda, 
EU:C:2006:34, punto 123. 
(48) 
Cfr. 
parere 
1/75 
della 
Corte 
di 
giustizia 
(parere 
1/75 
dell'11 
novembre 
1975, 
EU:C:1975:145); 
parere 
1/78 della 
Corte 
di 
giustizia 
(parere 
1/78 del 
4 ottobre 
1979, EU:C:1979:224); 
parere 
1/91 della 
Corte 
di 
giustizia 
(parere 
1/91 del 
14 dicembre 
1991, EU:C:1991:490); 
parere 
2/92 della 
Corte 
di 
giustizia 
del 
24 marzo 1995, raccolta, pp. I-1521 ss.; 
parere 
1/94 della 
Corte 
di 
giustizia 
(parere 
1/94 del 
15 
novembre 
1994, 
EU:C:1994:384); 
parere 
1/00 
della 
Corte 
di 
giustizia 
(parere 
1/00 
del 
18 
aprile 
2002, 
EU:C:2002:231); 
parere 
1/09 della 
Corte 
di 
giustizia 
(parere 
1/09 dell'8 marzo 2011, EU:C:2011/123); 
parere 2/13 della Corte di giustizia (parere 2/13 del 18 dicembre 2014, EU:C:2014:2454). 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


pratica 
(49). 
La 
Commissione 
europea 
ha 
recentemente 
ribadito 
tale 
conclusione 
con 
riferimento 
all�International 
Charter 
Treaty 
(50), 
affermando 
che: 
�it 
is 
declared 
that, 
due 
to 
the 
nature 
of 
the 
EU 
internal 
legal 
order, 
the 
text 
in 
Title 
ii, 
Heading 
4, 
of 
the 
international 
Energy 
Charter 
on 
dispute 
settlement 
mechanisms 
cannot 
be 
construed 
so 
as 
to 
mean 
that 
any 
such 
mechanisms 
would 
be-
come 
applicable 
in relations 
between the 
European Union and its 
member 
States, 
or 
between 
the 
said 
member 
States, 
on 
the 
basis 
of 
that 
text� 
(51). 


Ne 
dovrebbe 
conseguire, 
un 
obbligo 
per 
gli 
Stati 
membri 
dell�Unione 
non 
solo 
di 
porre 
fine 
ai 
trattati 
bilaterali 
di 
investimento 
tra 
paesi 
membri, 
ma 
anche 
di 
far 
cessare 
l�applicazione 
dell�Energy 
Charter 
Treaty 
nelle 
controversie 
intra-UE. Invero, alla 
luce 
dell�art. 351 TFUE, gli 
Stati 
membri 
sono 
obbligati 
a 
ricorrere 
a 
ogni 
mezzo necessario al 
fine 
di 
eliminare 
le 
incompatibilit� 
esistenti 
tra 
i 
Trattati 
europei 
e 
le 
convenzioni 
internazionali 
dagli 
stessi 
concluse 
e, ove 
occorra, devono fornirsi 
reciproca 
assistenza 
per raggiungere 
tale scopo, assumendo eventualmente una comune linea di condotta. 


Tali 
considerazioni 
sono suffragate 
dall�esistenza 
nel 
diritto europeo di 
un complesso di 
norme 
a 
tutela 
degli 
investimenti 
realizzati 
da 
un investitore 
europeo nel 
territorio di 
uno Stato membro, quali 
i 
principi 
della 
libera 
circolazione 
dei 
capitali, 
della 
libert� 
di 
impresa, 
tutelati 
anche 
nella 
Carta 
dei 
Diritti 
fondamentali 
dell�Unione 
Europea 
e 
ci� 
chiarisce 
perch� 
gli 
Stati 
membri 
non 
hanno 
mai 
concluso 
fra 
loro 
trattati 
bilaterali 
di 
investimento. 
Tutti 
gli 
accordi 
di 
investimento tra 
Stati 
membri 
dell�Unione 
esistenti, infatti, sono stati 
conclusi 
quando ancora 
uno degli 
Stati 
parte 
non era 
anche 
membro dell�Unione. 

In conclusione, in conseguenza 
della 
sentenza 
achmea, gli 
Stati 
membri 
dell�UE 
dovrebbero 
adottare 
una 
condotta 
comune 
nelle 
controversie 
arbitrali 
pendenti 
e 
porre 
fine 
all�applicazione 
dell�ECT 
nei 
loro rapporti, invitando, 
nei 
giudizi 
pendenti, i 
tribunali 
arbitrali 
a 
declinare 
la 
propria 
giurisdizione 
e 
predisponendo 
una 
comune 
presa 
d�atto 
della 
inapplicabilit� 
delle 
clausole 
arbitrali 
nelle controversie intra EU promosse dagli investitori. 


(49) Commissione c. Francia, 167/73, par. 34. 
(50) L�International Charter Treaty � un �update� 
dell�Energy Charter Treaty. 
(51) �Si 
dichiara che, data la natura dell'ordinamento giuridico interno all'UE, quanto disposto 
nel 
Titolo 
ii, 
Capo 
4, 
della 
Carta 
internazionale 
dell'energia 
in 
merito 
ai 
meccanismi 
di 
risoluzione 
delle 
controversie, non pu� essere 
interpretato in modo tale 
da rendere 
applicabile 
tali 
meccanismi 
alle 
controversie 
tra l'Unione 
europea e 
i 
suoi 
Stati 
membri, o tra detti 
Stati 
membri, pendenti 
ai 
sensi 
del 
suddetto Trattato�. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 
47 


Corte 
di 
Giustizia dell�Unione 
Europea, Grande 
sezione, sentenza 6 marzo 2018 nella 
causa C-284/16 -Pres. K. Lenaerts, rel. A. Tizzano, avv. Gen. 
M. Wathelet 
- Domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
proposta 
dal 
Bundesgerichthof (Germania) il 
23 maggio 2016 - Slowakische 
Republik/Achmea Bv. 


�Rinvio pregiudiziale 
� Trattato bilaterale 
d�investimento concluso nel 
1991 tra 
il 
Regno dei 
Paesi 
Bassi 
e 
la 
Repubblica 
federale 
ceca 
e 
slovacca 
e 
tuttora 
applicabile 
tra 
il 
Regno 
dei 
Paesi 
Bassi 
e 
la 
Repubblica 
slovacca 
� Disposizione 
che 
consente 
a 
un investitore 
di 
una 
parte 
contraente 
di 
adire 
un 
collegio 
arbitrale 
in 
caso 
di 
controversia 
con 
l�altra 
parte 
contraente 
� 
Compatibilit� 
con gli 
articoli 
18, 267 e 
344 TFUE 
� Nozione 
di 
�giurisdizione� 
� Autonomia 
del 
diritto dell�Unione� 


1 
La 
domanda 
di 
pronuncia 
pregiudiziale 
concerne 
l�interpretazione 
degli 
articoli 
18, 267 
e 344 TFUE. 


2 
Tale 
domanda 
� 
stata 
presentata 
nell�ambito di 
una 
controversia 
tra 
la 
Slowakische 
Republik 
(Repubblica 
slovacca) 
e 
la 
Achmea 
Bv 
in 
merito 
a 
un 
lodo 
arbitrale 
del 
7 
dicembre 
2012 
pronunciato 
dal 
collegio 
arbitrale 
previsto 
dall�accordo 
per 
la 
promozione 
e 
la 
tutela 
reciproche 
degli 
investimenti 
tra 
il 
Regno dei 
Paesi 
Bassi 
e 
la 
Repubblica 
federale 
ceca 
e slovacca (in prosieguo: il �TBI�). 


Contesto normativo 


Il TBI 


3 
Il 
TBI, concluso nel 
1991, � 
entrato in vigore 
il 
1o 
gennaio 1992. Ai 
sensi 
dell�articolo 3, 
paragrafo 1, dello stesso, le 
parti 
contraenti 
si 
sono impegnate 
a 
garantire 
un trattamento 
giusto ed equo agli 
investimenti 
degli 
investitori 
della 
controparte 
e 
a 
non impedire, con 
misure 
irragionevoli 
o discriminatorie, il 
funzionamento, la 
gestione, l�utilizzo, il 
godimento 
o la 
cessione 
di 
tali 
investimenti. Ai 
sensi 
dell�articolo 4 del 
TBI, ciascuna 
parte 
contraente 
garantisce 
la 
libert� 
di 
trasferimento dei 
pagamenti 
relativi 
a 
un investimento, 
compresi 
gli 
utili, gli 
interessi 
e 
i 
dividendi, in valuta 
liberamente 
convertibile 
senza 
restrizioni 
o ritardi ingiustificati. 


4 
L�articolo 8 del medesimo accordo prevede quanto segue: 
�1) 
Qualsiasi 
controversia 
tra 
una 
parte 
contraente 
e 
un 
investitore 
della 
controparte 
relativa 
a 
un 
investimento 
di 
quest�ultimo 
� 
definita, 
per 
quanto 
possibile, 
in 
via 
amichevole. 
2) ogni 
parte 
contraente 
accetta, con il 
presente 
atto, che 
una 
controversia 
ai 
sensi 
del 
paragrafo 
1 
del 
presente 
articolo 
sia 
sottoposta 
a 
un 
collegio 
arbitrale 
qualora 
non 
sia 
stata 
definita 
in via 
amichevole 
entro un termine 
di 
sei 
mesi 
a 
decorrere 
dalla 
data 
in cui 
una 
delle parti della controversia ne ha richiesto la composizione amichevole. 
3) Il 
collegio arbitrale 
di 
cui 
al 
paragrafo 2 del 
presente 
articolo � 
costituito, per ogni 
singolo 
caso, nel 
seguente 
modo: 
ogni 
parte 
della 
controversia 
designa 
un arbitro e 
i 
due 
arbitri 
cos� 
designati 
scelgono 
insieme 
un 
terzo 
arbitro, 
cittadino 
di 
uno 
Stato 
terzo, 
che 
svolger� 
funzioni 
di 
presidente 
del 
collegio. ogni 
parte 
della 
controversia 
designa 
il 
proprio 
arbitro 
entro 
due 
mesi 
a 
decorrere 
dalla 
data 
in 
cui 
l�investitore 
ha 
notificato 
alla 
controparte 
la 
sua 
decisione 
di 
sottoporre 
la 
controversia 
a 
un collegio arbitrale, e 
il 
presidente 
� designato entro un termine di tre mesi a decorrere dalla medesima data. 
4) 
Qualora 
le 
designazioni 
non 
siano 
avvenute 
nei 
termini 
suindicati, 
ogni 
parte 
della 
controversia 
pu� invitare 
il 
presidente 
dell�Istituto arbitrale 
della 
Camera 
di 
commercio 
di 
Stoccolma 
a 
procedere 
alle 
designazioni 
necessarie. Se 
il 
presidente 
� 
cittadino di 
una 
parte 
contraente 
o se 
si 
trova 
nell�impossibilit� 
di 
esercitare 
detta 
funzione 
per qualsiasi 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


altra 
ragione, 
viene 
invitato 
a 
procedere 
alle 
designazioni 
necessarie 
il 
vicepresidente. 
Se 
il 
vicepresidente 
� 
cittadino di 
una 
parte 
contraente 
o si 
trova 
anch�egli 
nell�impossibilit� 
di 
esercitare 
detta 
funzione, 
� 
invitato 
a 
procedere 
alle 
designazioni 
necessarie 
il 
membro 
pi� anziano dell�Istituto arbitrale che non abbia la cittadinanza di una parte contraente. 
5) Il 
collegio arbitrale 
stabilisce 
il 
proprio regolamento interno in conformit� 
del 
regolamento 
arbitrale 
della 
Commissione 
delle 
Nazioni 
Unite 
per il 
diritto commerciale 
internazionale 
(UNCITRAL). 
6) Il 
collegio arbitrale 
decide 
secondo diritto, tenendo conto in particolare, ma 
non in via 
esclusiva: 


� del diritto vigente della parte contraente interessata; 
� 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
accordo 
e 
di 
qualsiasi 
altro 
accordo 
pertinente 
tra 
le 
parti contraenti; 
� delle disposizioni di accordi speciali relativi all�investimento; 
� dei principi generali del diritto internazionale. 
7) Il 
collegio delibera 
a 
maggioranza 
dei 
voti; 
la 
sua 
decisione 
� 
definitiva 
e 
obbligatoria 
per le parti della controversia�. 
Diritto tedesco 


5 Ai 
sensi 
dell�articolo 1059, paragrafo 2, della 
zivilprozessordnung (codice 
di 
procedura 
civile), un lodo arbitrale 
pu� essere 
annullato solo se 
� 
accertato uno dei 
motivi 
di 
annullamento 
previsti 
da 
tale 
disposizione, tra 
i 
quali 
figurano la 
nullit� 
dell�accordo arbitrale 
in virt� della 
legge 
alla 
quale 
le 
parti 
l�hanno subordinata 
e 
la 
contrariet� 
all�ordine 
pubblico 
del riconoscimento o dell�esecuzione del lodo arbitrale. 
Procedimento principale e questioni pregiudiziali 


6 
Il 
1o 
gennaio 1993, la 
Repubblica 
slovacca 
� 
succeduta, in qualit� 
di 
avente 
causa 
della 
Repubblica 
federale 
ceca 
e 
slovacca, nei 
diritti 
e 
negli 
obblighi 
di 
quest�ultima 
ai 
sensi 
del 
TBI e, il 1o 
maggio 2004, essa ha aderito all�Unione europea. 


7 
Nel 
quadro di 
una 
riforma 
del 
suo sistema 
sanitario, nel 
corso del 
2004, la 
Repubblica 
slovacca 
ha 
aperto il 
mercato slovacco a 
operatori 
nazionali 
e 
ad operatori 
di 
altri 
Stati 
che 
offrivano servizi 
di 
assicurazione 
sanitaria 
privata. La 
Achmea, un�impresa 
appartenente 
ad 
un 
gruppo 
di 
assicurazioni 
olandese, 
dopo 
aver 
ottenuto 
l�autorizzazione 
in 
qualit� 
di 
organismo 
di 
assicurazione 
sanitaria, 
ha 
stabilito 
una 
filiale 
in 
Slovacchia, 
alla 
quale 
ha 
apportato 
capitali 
e 
per 
il 
cui 
tramite 
offriva 
prestazioni 
di 
assicurazione 
sanitaria 
privata sul mercato slovacco. 


8 Nel 
corso 
del 
2006, 
la 
Repubblica 
slovacca 
ha 
revocato 
parzialmente 
la 
liberalizzazione 
del 
mercato 
delle 
assicurazioni 
sanitarie 
private. 
In 
particolare, 
con 
legge 
del 
25 
ottobre 
2007, 
ha 
vietato 
la 
distribuzione 
degli 
utili 
generati 
dalle 
attivit� 
di 
assicurazione 
sanitaria 
privata. 
Successivamente, 
poich� 
l��stavn. 
s�d 
Slovenskej 
republiky 
(Corte 
costituzionale 
della 
Repubblica 
slovacca), 
con 
sentenza 
del 
26 
gennaio 
2011, 
ha 
dichiarato 
che 
il 
divieto 
violava 
la 
costituzione 
slovacca, 
la 
Repubblica 
slovacca 
ha, 
con 
una 
legge 
entrata 
in 
vigore 
il 
1o 
agosto 
2011, 
nuovamente 
autorizzato 
la 
distribuzione 
degli 
utili 
di 
cui 
trattasi. 


9 
Ritenendo che 
le 
misure 
legislative 
della 
Repubblica 
slovacca 
le 
avessero arrecato pregiudizio, 
la 
Achmea 
ha, sin dal 
mese 
di 
ottobre 
2008, avviato contro tale 
Stato membro 
un procedimento arbitrale ai sensi dell�articolo 8 del 
TBI. 


10 
Poich� 
� 
stata 
scelta 
come 
sede 
dell�arbitrato Francoforte 
sul 
Meno (Germania), il 
diritto 
tedesco � applicabile al procedimento arbitrale di cui trattasi. 


11 
Nell�ambito di 
tale 
procedimento arbitrale 
la 
Repubblica 
slovacca 
ha 
sollevato un�ecce



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 
49 


zione 
d�incompetenza 
del 
collegio arbitrale. A 
tale 
proposito, essa 
ha 
sostenuto che, in 
ragione 
della 
sua 
adesione 
all�Unione, 
il 
ricorso 
a 
un 
collegio 
arbitrale 
previsto 
all�articolo 
8, paragrafo 2, del 
TBI era 
incompatibile 
con il 
diritto dell�Unione. Con lodo arbitrale 
interlocutorio del 
26 ottobre 
2010, il 
collegio arbitrale 
ha 
respinto tale 
eccezione. Le 
domande 
di 
annullamento 
di 
tale 
lodo 
proposte 
dalla 
Repubblica 
slovacca 
dinanzi 
ai 
giudici 
tedeschi di primo grado e d�appello non sono state accolte. 


12 
Con lodo arbitrale 
del 
7 dicembre 
2012, il 
collegio arbitrale 
ha 
condannato la 
Repubblica 
slovacca 
a 
pagare 
alla 
Achmea 
un risarcimento danni 
per un importo principale 
di 
EUR 
22,1 milioni. La 
Repubblica 
slovacca 
ha 
proposto un ricorso di 
annullamento di 
tale 
lodo 
arbitrale 
dinanzi 
all�oberlandesgericht 
Frankfurt 
am 
Main 
(Tribunale 
superiore 
del 
Land, 
Francoforte 
sul 
Meno, 
Germania). 
Poich� 
detto 
giudice 
ha 
deciso 
di 
respingere 
il 
ricorso, 
la 
Repubblica 
slovacca 
ha 
proposto un�impugnazione 
avverso tale 
decisione 
dinanzi 
al 
Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania). 


13 
Il 
giudice 
del 
rinvio ricorda 
che, dall�adesione 
della 
Repubblica 
slovacca 
all�Unione, il 
1o 
maggio 2004, il 
TBI costituisce 
un accordo tra 
gli 
Stati 
membri, con la 
conseguenza 
che, 
in 
caso 
di 
conflitto, 
le 
disposizioni 
del 
diritto 
dell�Unione 
prevalgono, 
nei 
settori 
che 
disciplinano, sulle disposizioni del 
TBI. 


14 
A 
tale 
proposito, la 
Repubblica 
slovacca 
ha 
espresso dubbi 
in merito alla 
compatibilit� 
della 
clausola 
compromissoria 
contenuta 
all�articolo 8 del 
TBI con gli 
articoli 
18, 267 e 
344 TFUE. Anche 
se 
il 
giudice 
del 
rinvio non condivide 
tali 
dubbi, esso ha 
tuttavia 
considerato 
che, poich� 
la 
Corte 
non si 
� 
ancora 
pronunciata 
su tali 
questioni, che 
rivestono 
una 
notevole 
importanza 
a 
causa 
dei 
numerosi 
trattati 
bilaterali 
di 
investimento ancora 
in 
vigore 
tra 
gli 
Stati 
membri 
che 
prevedono una 
clausola 
compromissoria 
analoga, era 
necessario 
proporre 
alla 
Corte 
il 
presente 
rinvio al 
fine 
di 
dirimere 
la 
controversia 
di 
cui 
� 
investito. 


15 
In 
primo 
luogo, 
il 
giudice 
del 
rinvio 
dubita 
dell�applicabilit� 
stessa 
dell�articolo 
344 
TFUE. 
Innanzitutto, 
risulterebbe 
dall�oggetto 
e 
dalla 
finalit� 
di 
tale 
disposizione 
che, 
sebbene 
il 
suo 
tenore 
letterale 
non 
lo 
faccia 
emergere 
chiaramente, 
quest�ultima 
non 
riguarda 
le controversie tra un privato e uno Stato membro. 


16 
Inoltre, l�articolo 344 TFUE 
riguarderebbe 
unicamente 
le 
controversie 
relative 
all�interpretazione 
e 
all�applicazione 
dei 
Trattati. orbene, ci� non avverrebbe 
nella 
controversia 
di 
cui 
al 
procedimento principale, dal 
momento che 
il 
lodo arbitrale 
del 
7 dicembre 
2012 
� stato adottato sulla base del solo TBI. 


17 
Infine, l�articolo 344 TFUE 
avrebbe 
lo scopo di 
garantire 
l�ordine 
delle 
competenze 
stabilito 
dai 
Trattati 
e, 
di 
conseguenza, 
l�autonomia 
del 
sistema 
giuridico 
dell�Unione, 
di 
cui 
la 
Corte 
garantisce 
il 
rispetto 
e 
sarebbe, 
al 
tempo 
stesso, 
una 
specifica 
espressione 
del 
dovere 
di 
lealt� 
degli 
Stati 
membri 
nei 
confronti 
della 
Corte, ai 
sensi 
dell�articolo 4, paragrafo 
3, TUE. Tuttavia, non se 
ne 
potrebbe 
dedurre 
che 
l�articolo 344 TFUE 
tutela 
la 
competenza 
della 
Corte 
per 
quanto 
riguarda 
tutte 
le 
controversie 
in 
cui 
il 
diritto 
del-
l�Unione 
pu� essere 
applicato o interpretato. In realt�, questa 
disposizione 
tutelerebbe 
la 
competenza 
esclusiva 
della 
Corte, solo nella 
misura 
in cui 
gli 
Stati 
membri 
sono tenuti 
a 
ricorrere 
ai 
procedimenti 
dinanzi 
ad essa 
previsti 
dai 
Trattati. orbene, una 
controversia 
come 
quella 
di 
cui 
al 
procedimento principale 
non potrebbe 
essere 
risolta 
nell�ambito di 
un procedimento che 
si 
svolge 
dinanzi 
ai 
giudici 
dell�Unione. Infatti, i 
Trattati 
non prevedrebbero 
alcun 
procedimento 
giurisdizionale 
che 
consente 
a 
un 
investitore, 
come 
la 
Achmea, di 
far valere, dinanzi 
ai 
giudici 
dell�Unione, il 
diritto al 
risarcimento nei 
con



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


fronti 
di 
uno Stato membro a 
lui 
conferito da 
un trattato bilaterale 
di 
investimento come 
il 
TBI. 


18 
In secondo luogo, il 
giudice 
del 
rinvio si 
chiede 
se 
l�articolo 267 TFUE 
osti 
ad una 
clausola 
compromissoria come quella di cui al procedimento principale. 


19 
A 
tale 
riguardo, esso sottolinea, innanzi 
tutto, che, di 
per s�, il 
procedimento arbitrale 
non 
� 
idoneo 
a 
garantire 
l�uniformit� 
di 
applicazione 
del 
diritto 
dell�Unione 
che 
l�articolo 
267 
TFUE 
mira 
a 
garantire. Infatti, anche 
se, ai 
sensi 
dell�articolo 8, paragrafo 6, del 
TBI, il 
collegio 
arbitrale 
deve 
rispettare 
il 
diritto 
dell�Unione 
e, 
in 
caso 
di 
conflitto 
di 
norme, 
applicarlo 
in via 
prioritaria, esso non avrebbe 
tuttavia 
la 
possibilit� 
di 
adire 
la 
Corte 
in via 
pregiudiziale, 
in 
quanto 
non 
potrebbe 
essere 
considerato 
una 
�giurisdizione� 
ai 
sensi 
dell�articolo 267 TFUE. 


20 
Il 
giudice 
del 
rinvio ritiene, inoltre, che 
l�unit� 
d�interpretazione 
del 
diritto dell�Unione 
possa 
cionondimeno essere 
considerata 
garantita 
nella 
specie 
in quanto, prima 
dell�esecuzione 
del 
lodo 
arbitrale, 
un 
organo 
giurisdizionale 
statale 
pu� 
essere 
indotto 
a 
verificare 
la 
compatibilit� 
del 
lodo arbitrale 
con il 
diritto dell�Unione 
e 
pu�, ove 
necessario, adire 
la 
Corte 
in via 
pregiudiziale. Inoltre, ai 
sensi 
dell�articolo 1059, paragrafo 2, punto 2, lettera 
b), 
del 
codice 
di 
procedura 
civile, 
la 
contrariet� 
all�ordine 
pubblico 
del 
riconoscimento 
o 
dell�esecuzione 
di 
un 
lodo 
arbitrale 
farebbe 
parte 
dei 
motivi 
di 
annullamento 
dello stesso. Analogamente 
a 
quanto la 
Corte 
avrebbe 
dichiarato a 
proposito di 
lodi 
arbitrali 
che 
risolvono controversie 
tra 
privati, il 
potere 
di 
controllo dei 
giudici 
nazionali 
su 
un 
lodo 
arbitrale 
riguardante 
una 
controversia 
tra 
un 
privato 
e 
uno 
Stato 
membro 
potrebbe 
validamente 
essere 
limitato alle 
sole 
violazioni 
di 
disposizioni 
fondamentali 
del 
diritto 
dell�Unione. Tale 
circostanza 
non dovrebbe 
avere 
per effetto che 
una 
clausola 
compromissoria, 
come 
quella 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale, 
sia 
contraria 
all�articolo 
267 
TFUE. 


21 
Il 
giudice 
del 
rinvio aggiunge, infine, che 
la 
Corte 
ha 
gi� 
dichiarato che 
un accordo internazionale, 
che 
prevede 
l�istituzione, al 
di 
fuori 
del 
quadro istituzionale 
e 
giurisdizionale 
dell�Unione, di 
un giudice 
speciale 
responsabile 
dell�interpretazione 
e 
dell�applicazione 
delle 
disposizioni 
di 
detto accordo, � 
compatibile 
con il 
diritto dell�Unione 
purch� 
non 
sia 
pregiudicata 
l�autonomia 
dell�ordinamento 
giuridico 
dell�Unione. 
La 
Corte 
non 
avrebbe 
espresso riserve 
in merito alla 
creazione 
di 
un sistema 
giurisdizionale 
volto, in 
sostanza, 
alla 
soluzione 
delle 
controversie 
vertenti 
sull�interpretazione 
o 
sull�applicazione 
delle 
disposizioni 
stesse 
dell�accordo internazionale 
in questione 
e 
che 
non pregiudicava 
le 
competenze 
dei 
giudici 
degli 
Stati 
membri 
in materia 
d�interpretazione 
e 
applicazione 
del 
diritto dell�Unione, n� 
la 
facolt�, o addirittura 
l�obbligo, per questi 
ultimi 
di 
adire 
la 
Corte 
in via 
pregiudiziale. orbene, il 
collegio arbitrale 
di 
cui 
al 
procedimento principale 
sarebbe 
proprio chiamato a 
statuire 
sulla 
violazione 
delle 
disposizioni 
del 
TBI, che 
dovrebbe 
interpretare 
alla 
luce 
del 
diritto dell�Unione 
e, segnatamente, delle 
disposizioni 
che disciplinano la libera circolazione dei capitali. 


22 
In 
terzo 
luogo, 
il 
giudice 
del 
rinvio 
constata 
che, 
contrariamente 
agli 
investitori 
olandesi 
e 
slovacchi, 
gli 
investitori 
di 
Stati 
membri 
diversi 
dal 
Regno 
dei 
Paesi 
Bassi 
e 
dalla 
Repubblica 
slovacca 
non 
hanno 
la 
possibilit� 
di 
adire 
un 
collegio 
arbitrale 
al 
posto 
di 
un 
giudice 
statale, 
il 
che 
costituisce 
uno 
svantaggio 
considerevole 
idoneo 
ad 
integrare 
una 
discriminazione 
contraria 
all�articolo 
18 
TFUE. 
Tuttavia, 
la 
limitazione, 
mediante 
un 
accordo 
bilaterale 
all�interno 
dell�Unione, 
del 
godimento 
di 
un 
beneficio 
ai 
cittadini 
degli 
Stati 
membri 
contraenti 
sarebbe 
discriminatoria 
solo 
laddove 
i 
cittadini 
degli 
altri 
Stati 



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 
51 


membri 
che 
non 
fruiscono 
di 
tale 
beneficio 
si 
trovino 
in 
una 
situazione 
oggettivamente 
comparabile. 
orbene, 
cos� 
non 
� 
nella 
presente 
fattispecie, 
poich� 
il 
fatto 
che 
i 
diritti 
e 
gli 
obblighi 
reciproci 
si 
applicano 
soltanto 
ai 
cittadini 
di 
uno 
dei 
due 
Stati 
membri 
contraenti 
sarebbe 
una 
conseguenza 
inerente 
alle 
convenzioni 
bilaterali 
concluse 
tra 
questi 
ultimi. 


23 
Alla 
luce 
delle 
considerazioni 
che 
precedono, 
il 
Bundesgerichtshof 
(Corte 
federale 
di 
giustizia) 
ha 
deciso di 
sospendere 
il 
procedimento e 
di 
sottoporre 
alla 
Corte 
le 
seguenti 
questioni 
pregiudiziali: 
�1) Se 
l�articolo 344 TFUE 
osti 
all�applicazione 
di 
una 
clausola 
di 
un accordo bilaterale 
in materia 
di 
investimenti 
concluso tra 
gli 
Stati 
membri 
dell�Unione 
(che 
si 
� 
convenuto 
di 
denominare 
�un 
trattato 
bilaterale 
in 
materia 
d�investimenti 
interno 
all�Unione�), 
in 
base 
alla 
quale 
un investitore 
di 
uno Stato contraente, in caso di 
controversie 
in materia 
di 
investimenti 
nell�altro Stato contraente, pu� avviare 
nei 
confronti 
di 
quest�ultimo un 
procedimento dinanzi 
a 
un collegio arbitrale, nel 
caso in cui 
l�accordo in materia 
di 
investimenti 
sia 
stato concluso anteriormente 
all�adesione 
dello Stato contraente 
all�Unione, 
ma la procedura arbitrale debba essere avviata solo successivamente. 
In caso di risposta negativa alla prima questione: 
2) Se l�articolo 267 TFUE osti all�applicazione di una clausola di tale tipo. 
In caso di risposta negativa alla prima e seconda questione: 
3) 
Se 
l�articolo 
18, 
primo 
comma, 
TFUE, 
nelle 
circostanze 
descritte 
nella 
prima 
questione, 
osti all�applicazione di una clausola di tal genere�. 
(...) 
sulle questioni pregiudiziali 
Sulle questioni prima e seconda 


31 
Con le 
questioni 
prima 
e 
seconda, che 
occorre 
esaminare 
congiuntamente, il 
giudice 
del 
rinvio chiede, in sostanza, se 
gli 
articoli 
267 e 
344 TFUE 
debbano essere 
interpretati 
nel 
senso che 
ostano ad una 
norma 
contenuta 
in un accordo internazionale 
concluso tra 
gli 
Stati 
membri, come 
l�articolo 8 del 
TBI, in forza 
della 
quale 
un investitore 
di 
uno di 
detti 
Stati 
membri, 
in 
caso 
di 
controversia 
riguardante 
gli 
investimenti 
nell�altro 
Stato 
membro, 
pu� avviare 
un procedimento contro tale 
ultimo Stato membro dinanzi 
ad un collegio arbitrale, 
la cui competenza detto Stato membro si � impegnato ad accettare. 


32 
Al 
fine 
di 
rispondere 
a 
tali 
questioni, si 
deve 
ricordare 
che, secondo una 
giurisprudenza 
costante 
della 
Corte, 
un 
accordo 
internazionale 
non 
pu� 
pregiudicare 
l�ordinamento 
delle 
competenze 
stabilito 
dai 
Trattati 
e, 
quindi, 
l�autonomia 
del 
sistema 
giuridico 
dell�Unione, 
di 
cui 
la 
Corte 
garantisce 
il 
rispetto. 
Tale 
principio 
trova 
riconoscimento 
in 
particolare 
nell�articolo 
344 
TFUE, 
a 
norma 
del 
quale 
gli 
Stati 
membri 
si 
impegnano 
a 
non 
sottoporre 
una 
controversia 
relativa 
all�interpretazione 
o all�applicazione 
dei 
Trattati 
a 
un modo di 
composizione 
diverso 
da 
quelli 
previsti 
da 
questi 
ultimi 
[parere 
2/13 
(Adesione 
del-
l�Unione 
alla 
CEDU), del 
18 dicembre 
2014, EU:C:2014:2454, punto 201 e 
giurisprudenza 
ivi citata]. 


33 Secondo una 
giurisprudenza 
altrettanto consolidata 
della 
Corte, l�autonomia 
del 
diritto 
dell�Unione, 
alla 
luce 
tanto 
del 
diritto 
degli 
Stati 
membri 
quanto 
del 
diritto 
internazionale, 
si 
giustifica 
sulla 
base 
delle 
caratteristiche 
essenziali 
dell�Unione 
e 
del 
diritto 
dell�Unione, 
relative, in particolare, alla 
struttura 
costituzionale 
dell�Unione 
nonch� 
alla 
natura 
stessa 
di 
tale 
diritto. Il 
diritto dell�Unione 
si 
caratterizza, infatti, per la 
circostanza 
di 
essere 
una 
fonte 
autonoma, 
costituita 
dai 
Trattati, 
per 
il 
suo 
primato 
sui 
diritti 
degli 
Stati 
membri 
nonch� 
per l�efficacia 
diretta 
di 
tutta 
una 
serie 
di 
disposizioni 
applicabili 
ai 
loro cittadini 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


e 
agli 
stessi 
Stati 
membri. Tali 
caratteristiche 
hanno dato luogo a 
una 
rete 
strutturata 
di 
principi, di 
norme 
e 
di 
rapporti 
giuridici 
mutualmente 
interdipendenti, che 
vincolano in 
modo reciproco gli 
Stati 
membri 
e 
l�Unione, nonch� 
gli 
Stati 
membri 
tra 
di 
loro [v., in tal 
senso, 
parere 
2/13 
(Adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), 
del 
18 
dicembre 
2014, 
EU:C:2014:2454, punti da 165 a 167 e giurisprudenza ivi citata]. 


34 
Il 
diritto dell�Unione 
poggia, infatti, sulla 
premessa 
fondamentale 
secondo cui 
ciascuno 
Stato membro condivide 
con tutti 
gli 
altri 
Stati 
membri, e 
riconosce 
che 
questi 
condividono 
con 
esso, 
una 
serie 
di 
valori 
comuni 
sui 
quali 
l�Unione 
si 
fonda, 
cos� 
come 
precisato 
all�articolo 2 TUE. Tale 
premessa 
implica 
e 
giustifica 
l�esistenza 
della 
fiducia 
reciproca 
tra 
gli 
Stati 
membri 
quanto 
al 
riconoscimento 
di 
tali 
valori 
e, 
dunque, 
al 
rispetto 
del 
diritto 
dell�Unione 
che 
li 
attua. � 
proprio in tale 
contesto che 
spetta 
agli 
Stati 
membri, segnatamente, 
in virt� del 
principio di 
leale 
cooperazione 
enunciato all�articolo 4, paragrafo 3, 
primo comma, TUE, garantire, nei 
loro rispettivi 
territori, l�applicazione 
e 
il 
rispetto del 
diritto dell�Unione 
e 
adottare, a 
tal 
fine, ogni 
misura 
di 
carattere 
generale 
o particolare 
atta 
ad assicurare 
l�esecuzione 
degli 
obblighi 
derivanti 
dai 
Trattati 
o conseguenti 
agli 
atti 
delle 
istituzioni 
dell�Unione 
[parere 
2/13 (Adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), del 
18 dicembre 
2014, EU:C:2014:2454, punti 168 e 173 e giurisprudenza ivi citata]. 


35 
Per garantire 
la 
preservazione 
delle 
caratteristiche 
specifiche 
e 
dell�autonomia 
dell�ordinamento 
giuridico dell�Unione, i 
Trattati 
hanno istituito un sistema 
giurisdizionale 
destinato 
ad 
assicurare 
la 
coerenza 
e 
l�unit� 
nell�interpretazione 
del 
diritto 
dell�Unione, 
[parere 
2/13 (Adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), del 
18 dicembre 
2014, EU:C:2014:2454, punto 
174]. 


36 
In 
tale 
ambito, 
conformemente 
all�articolo 
19 
TUE, 
spetta 
ai 
giudici 
nazionali 
e 
alla 
Corte 
garantire 
la 
piena 
applicazione 
del 
diritto dell�Unione 
nell�insieme 
degli 
Stati 
membri, 
nonch� 
la 
tutela 
giurisdizionale 
dei 
diritti 
spettanti 
agli 
amministrati 
in forza 
del 
diritto 
dell�Unione 
[v., in tal 
senso, parere 
1/09 (Accordo sulla 
creazione 
di 
un sistema 
unico di 
risoluzione 
delle 
controversie 
in 
materia 
di 
brevetti), 
dell�8 
marzo 
2011, 
EU:C:2011:123, 
punto 
68, 
e 
2/13 
(Adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), 
del 
18 
dicembre 
2014, 
EU:C:2014:2454, punto 175, nonch� 
sentenza 
del 
27 febbraio 2018, Associa��o Sindical 
dos Ju�zes Portugueses, C.64/16, EU:C:2018:(�), punto 33]. 


37 
In tale 
contesto, la 
chiave 
di 
volta 
del 
sistema 
giurisdizionale 
cos� 
concepito � 
costituita 
dal 
procedimento 
di 
rinvio 
pregiudiziale 
previsto 
dall�articolo 
267 
TFUE, 
il 
quale, 
instaurando 
un 
dialogo 
da 
giudice 
a 
giudice 
proprio 
tra 
la 
Corte 
e 
i 
giudici 
degli 
Stati 
membri, 
mira 
ad 
assicurare 
l�unit� 
di 
interpretazione 
del 
diritto 
dell�Unione, 
permettendo 
cos� 
di 
garantire 
la 
coerenza, la 
piena 
efficacia 
e 
l�autonomia 
di 
tale 
diritto nonch�, in ultima 
istanza, 
il 
carattere 
peculiare 
dell�ordinamento 
istituito 
dai 
Trattati 
[parere 
2/13 
(Adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), 
del 
18 
dicembre 
2014, 
EU:C:2014:2454, 
punto 
176 
e 
giurisprudenza 
ivi citata]. 


38 
� 
alla 
luce 
di 
dette 
considerazioni 
che 
occorre 
risolvere 
le 
questioni 
pregiudiziali 
prima 
e seconda. 


39 
A 
tal 
fine, 
occorre, 
in 
primo 
luogo, 
verificare 
se 
le 
controversie 
che 
� 
chiamato 
a 
conoscere 
il 
collegio 
arbitrale 
di 
cui 
all�articolo 
8 
del 
TBI 
possono 
riguardare 
l�interpretazione 
o 
l�applicazione del diritto dell�Unione. 


40 
A 
tale 
proposito, 
anche 
supponendo, 
come 
sostiene 
in 
particolare 
la 
Achmea, 
che 
tale 
collegio, 
nonostante 
la 
formulazione 
molto ampia 
dell�articolo 8, paragrafo 1, del 
TBI, sia 
chiamato a 
pronunciarsi 
solo su un�eventuale 
violazione 
di 
detto accordo, resta 
il 
fatto 



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 
53 


che, a 
tale 
scopo, ai 
sensi 
dell�articolo 8, paragrafo 6, del 
TBI, esso deve 
tenere 
conto segnatamente 
del 
diritto della 
parte 
contraente 
interessata 
e 
di 
qualsiasi 
accordo pertinente 
tra le parti contraenti. 


41 
orbene, 
tenuto 
conto 
della 
natura 
e 
delle 
caratteristiche 
del 
diritto 
dell�Unione 
menzionate 
al 
punto 
33 
della 
presente 
sentenza, 
tale 
diritto 
deve 
essere 
considerato 
al 
contempo 
come 
facente 
parte 
del 
diritto in vigore 
in ogni 
Stato membro e 
in quanto derivante 
da 
un accordo 
internazionale tra gli Stati membri. 


42 
Ne 
deriva 
che, per entrambe 
tali 
ragioni, il 
collegio arbitrale 
di 
cui 
all�articolo 8 del 
TBI 
�, se 
del 
caso, chiamato ad interpretare 
o ad applicare 
il 
diritto dell�Unione 
e, in particolare, 
le 
disposizioni 
concernenti 
le 
libert� 
fondamentali, tra 
cui 
la 
libert� 
di 
stabilimento 
e la libera circolazione dei capitali. 


43 
occorre, 
di 
conseguenza, 
verificare, 
in 
secondo 
luogo, 
se 
un 
collegio 
arbitrale 
come 
quello 
di 
cui 
all�articolo 
8 
del 
TBI 
rientri 
nel 
sistema 
giurisdizionale 
dell�Unione 
e, 
in 
particolare, 
se 
esso 
possa 
essere 
considerato 
come 
una 
giurisdizione 
di 
uno 
degli 
Stati 
membri 
ai 
sensi 
dell�articolo 267 TFUE. Infatti, la 
circostanza 
che 
un collegio creato dagli 
Stati 
membri 
� 
situato nel 
sistema 
giurisdizionale 
dell�Unione 
implica 
che 
le 
sue 
pronunce 
sono soggette 
a 
procedure 
in grado di 
garantire 
la 
piena 
efficacia 
delle 
norme 
dell�Unione 
[v., in 
tal 
senso, parere 
1/09 (Accordo sulla 
creazione 
di 
un sistema 
unico di 
risoluzione 
delle 
controversie 
in materia 
di 
brevetti), dell�8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 82 e 
giurisprudenza 
ivi citata]. 


44 
A 
tale 
proposito, nella 
causa 
che 
ha 
dato luogo alla 
sentenza 
del 
12 giugno 2014, Ascendi 
Beiras 
Litoral 
e 
Alta, 
Auto 
Estradas 
das 
Beiras 
Litoral 
e 
Alta, 
C.377/13, 
EU:C:2014:1754), 
la 
Corte 
ha 
dedotto 
il 
carattere 
di 
�organo 
giurisdizionale 
di 
uno 
Stato 
membro� del 
tribunale 
in questione, dalla 
circostanza 
che 
esso, nel 
suo complesso, era 
un 
elemento 
del 
sistema 
di 
risoluzione 
giurisdizionale 
delle 
controversie 
in 
materia 
fiscale 
previsto 
dalla 
Costituzione 
portoghese 
stessa 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
12 
giugno 
2014, Ascendi 
Beiras 
Litoral 
e 
Alta, Auto Estradas 
das 
Beiras 
Litoral 
e 
Alta, C.377/13, 
EU:C:2014:1754, punti 25 e 26). 


45 
orbene, nel 
procedimento principale, il 
collegio arbitrale 
non costituisce 
un elemento del 
sistema 
giurisdizionale 
stabilito nei 
Paesi 
Bassi 
e 
in Slovacchia. D�altronde, � 
proprio il 
carattere 
derogatorio della 
giurisdizione 
di 
tale 
collegio, rispetto a 
quella 
dei 
giudici 
di 
questi 
due 
Stati 
membri, 
che 
costituisce 
una 
delle 
principali 
ragioni 
d�essere 
dell�articolo 
8 del 
TBI. 


46 
Tale 
caratteristica 
del 
collegio arbitrale 
di 
cui 
al 
procedimento principale 
comporta 
che 
esso 
non 
pu�, 
in 
ogni 
caso, 
essere 
qualificato 
come 
giurisdizione 
�di 
uno 
degli 
Stati 
membri
�, ai sensi dell�articolo 267 TFUE. 


47 
vero � 
che 
la 
Corte 
ha 
deciso che 
non vi 
� 
alcun motivo valido che 
possa 
giustificare 
che 
ad una 
giurisdizione 
comune 
a 
vari 
Stati 
membri, come 
quella 
della 
Corte 
di 
giustizia 
del 
Benelux, 
non 
sia 
consentito 
di 
sottoporre 
questioni 
pregiudiziali 
alla 
Corte 
alla 
stessa 
stregua 
degli 
organi 
giurisdizionali 
propri 
a 
ciascuno di 
tali 
Stati 
membri 
(v., in tal 
senso, 
sentenze 
del 
4 
novembre 
1997, 
Parfums 
Christian 
Dior, 
C.337/95, 
EU:C:1997:517, 
punto 
21, e del 14 giugno 2011, Miles e a., C.196/09, EU:C:2011:388, punto 40). 


48 
Tuttavia, 
il 
collegio 
arbitrale 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale, 
non 
costituisce 
una 
siffatta 
giurisdizione 
comune 
a 
vari 
Stati 
membri, 
paragonabile 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
del 
Benelux. 
Infatti, 
mentre, 
da 
un 
lato, 
quest�ultima 
� 
incaricata 
di 
assicurare 
l�uniformit� 
nell�applicazione 
delle 
norme 
giuridiche 
comuni 
ai 
tre 
Stati 
del 
Benelux 
e, 
dall�altro, 
il 
procedimento 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


instaurato 
dinanzi 
ad 
essa 
costituisce 
un 
incidente 
nell�ambito 
delle 
cause 
pendenti 
dinanzi 
ai 
giudici 
nazionali, 
in 
esito 
al 
quale 
viene 
fissata 
l�interpretazione 
definitiva 
delle 
norme 
giuridiche 
comuni 
al 
Benelux, 
il 
collegio 
arbitrale 
di 
cui 
al 
procedimento 
principale 
non 
presenta 
un 
simile 
collegamento 
rispetto 
ai 
sistemi 
giurisdizionali 
degli 
Stati 
membri 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenza 
del 
14 
giugno 
2011, 
Miles 
e 
a., 
C.196/09, 
EU:C:2011:388, 
punto 
41). 


49 Ne 
consegue 
che 
un collegio come 
quello di 
cui 
all�articolo 8 del 
TBI non pu� essere 
considerato 
come 
una 
�giurisdizione 
di 
uno 
degli 
Stati 
membri�, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
267 TFUE, e non �, quindi, abilitato ad adire la Corte in via pregiudiziale. 


50 
In 
tali 
circostanze, 
occorre 
inoltre 
verificare, 
in 
terzo 
luogo, 
se 
la 
decisione 
arbitrale 
emessa 
da 
tale 
collegio, conformemente, in particolare, all�articolo 19 TUE, sia 
soggetta 
al 
controllo di 
un organo giurisdizionale 
di 
uno Stato membro che 
garantisce 
che 
le 
questioni 
di 
diritto dell�Unione 
che 
tale 
collegio potrebbe 
essere 
indotto a 
trattare 
possano, 
eventualmente, essere esaminate dalla Corte nell�ambito di un rinvio pregiudiziale. 


51 
A 
tal 
fine, si 
deve 
rilevare 
che, ai 
sensi 
dell�articolo 8, paragrafo 7, del 
TBI, la 
decisione 
del 
collegio 
arbitrale 
previsto 
da 
tale 
articolo 
� 
definitiva. 
Inoltre, 
in 
applicazione 
dell�articolo 
8, paragrafo 5, del 
TBI, tale 
collegio arbitrale 
stabilisce 
le 
proprie 
norme 
di 
procedura 
in 
conformit� 
con 
il 
regolamento 
d�arbitrato 
dell�UNCITRAL 
e, 
in 
particolare, 
decide 
egli 
stesso la 
propria 
sede 
e, di 
conseguenza, il 
diritto applicabile 
al 
procedimento 
che 
disciplina 
il 
controllo giurisdizionale 
della 
validit� 
della 
decisione 
che 
pone 
fine 
alla 
controversia dinanzi ad esso pendente. 


52 
Nella 
specie, il 
collegio arbitrale 
adito dalla 
Achmea 
ha 
scelto come 
sede 
Francoforte 
sul 
Meno, il 
che 
ha 
reso il 
diritto tedesco applicabile 
al 
procedimento che 
disciplina 
il 
controllo 
giurisdizionale 
della 
validit� 
del 
lodo arbitrale 
pronunciato da 
tale 
collegio il 
7 dicembre 
2012. 
�, 
infatti, 
tale 
scelta, 
che 
ha 
consentito 
alla 
Repubblica 
slovacca, 
quale 
parte 
della 
controversia, di 
chiedere, in base 
a 
tale 
diritto, un controllo giurisdizionale 
di 
tale lodo arbitrale, investendo, a tal fine, il giudice tedesco competente. 


53 
Tuttavia, 
occorre 
constatare 
che 
un 
tale 
controllo 
giurisdizionale 
pu� 
essere 
esercitato 
dal 
suddetto 
giudice 
solo 
nella 
misura 
in 
cui 
il 
diritto 
nazionale 
lo 
consenta. 
Peraltro, 
l�articolo 
1059, 
paragrafo 
2, 
del 
codice 
di 
procedura 
civile 
prevede 
solo 
un 
controllo 
limitato, 
che 
riguarda, 
in 
particolare, 
la 
validit�, 
alla 
luce 
della 
legge 
applicabile, 
della 
convenzione 
arbitrale 
o il 
rispetto dell�ordine 
pubblico per il 
riconoscimento o l�esecuzione 
di 
un lodo 
arbitrale. 


54 
vero � 
che, per quanto riguarda 
l�arbitrato commerciale, la 
Corte 
ha 
dichiarato che 
le 
esigenze 
di 
efficacia 
del 
procedimento arbitrale 
giustificano il 
fatto che 
il 
controllo dei 
lodi 
arbitrali 
da 
parte 
dei 
giudici 
degli 
Stati 
membri 
abbia 
un carattere 
limitato, purch� 
le 
disposizioni 
fondamentali 
del 
diritto dell�Unione 
possano essere 
esaminate 
nell�ambito di 
tale 
controllo e, se 
del 
caso, essere 
oggetto di 
un rinvio in via 
pregiudiziale 
dinanzi 
alla 
Corte 
(v., 
in 
tal 
senso, 
sentenze 
del 
1o 
giugno 
1999, 
Eco 
Swiss, 
C.126/97, 
EU:C:1999:269, 
punti 
35, 
36 
e 
40, 
nonch� 
del 
26 
ottobre 
2006, 
Mostaza 
Claro, 
C.168/05, 
EU:C:2006:675, punti da 34 a 39). 


55 Tuttavia, un procedimento di 
arbitrato, come 
quello di 
cui 
all�articolo 8 del 
TBI, si 
distingue 
da 
un procedimento di 
arbitrato commerciale. Infatti, mentre 
il 
secondo trova 
la 
sua 
origine 
nell�autonomia 
della 
volont� 
delle 
parti 
in 
causa, 
il 
primo 
deriva 
da 
un 
trattato, 
mediante 
il 
quale 
gli 
Stati 
membri 
acconsentono a 
sottrarre 
alla 
competenza 
dei 
propri 
organi 
giurisdizionali, e 
quindi 
al 
sistema 
di 
vie 
di 
ricorso giurisdizionale 
che 
l�articolo 
19, paragrafo 1, secondo comma, TUE 
impone 
loro di 
stabilire 
nei 
settori 
coperti 
dal 
di



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 
55 


ritto dell�Unione 
(v., in tal 
senso, sentenza 
del 
27 febbraio 2018, Associa��o Sindical 
dos 
Ju�zes 
Portugueses, C.64/16, EU:C:2018: 
(�), punto 34), controversie 
che 
possono riguardare 
l�applicazione 
o l�interpretazione 
di 
tale 
diritto. In tali 
circostanze, le 
considerazioni 
enunciate 
al 
punto 
precedente, 
relative 
all�arbitrato 
commerciale 
non 
sono 
applicabili a un procedimento di arbitrato, come quello di cui all�articolo 8, del 
TBI. 


56 Di 
conseguenza, alla 
luce 
dell�insieme 
delle 
caratteristiche 
del 
collegio arbitrale 
di 
cui 
all�articolo 8 del 
TBI e 
ricordate 
ai 
punti 
da 
39 a 
55 della 
presente 
sentenza, occorre 
considerare 
che, 
con 
la 
conclusione 
del 
TBI, 
gli 
Stati 
membri 
parti 
dell�accordo 
hanno 
istituito 
un meccanismo di 
risoluzione 
delle 
controversie 
tra 
un investitore 
e 
uno Stato membro 
che 
pu� escludere 
che 
tali 
controversie, anche 
laddove 
possano riguardare 
l�interpretazione 
o l�applicazione 
del 
diritto dell�Unione, siano risolte 
in modo da 
garantire 
la 
piena 
efficacia del suddetto diritto. 


57 
vero � 
che, secondo una 
costante 
giurisprudenza 
della 
Corte, un accordo internazionale 
che 
preveda 
l�istituzione 
di 
un giudice 
incaricato dell�interpretazione 
delle 
sue 
disposizioni 
e 
le 
cui 
decisioni 
vincolino le 
istituzioni, ivi 
compresa 
la 
Corte, non �, in linea 
di 
principio, incompatibile 
con il 
diritto dell�Unione. Infatti, la 
competenza 
dell�Unione 
in 
materia 
di 
relazioni 
internazionali 
e 
la 
sua 
capacit� 
di 
concludere 
accordi 
internazionali 
comportano necessariamente 
la 
facolt� 
di 
assoggettarsi 
alle 
decisioni 
di 
un organo giurisdizionale 
istituito o designato in forza 
di 
tali 
accordi, per quanto concerne 
l�interpretazione 
e 
l�applicazione 
delle 
loro 
disposizioni, 
purch� 
sia 
rispettata 
l�autonomia 
dell�Unione 
e 
del 
suo 
ordinamento 
giuridico 
[v., 
in 
tal 
senso, 
parere 
1/91 
(Accordo 
SEE.I) 
del 
14 dicembre 
1991, EU:C:1991:490, punti 
40 e 
70, 1/09 (Accordo sulla 
creazione 
di 
un 
sistema 
unico 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
in 
materia 
di 
brevetti), 
dell�8 
marzo 
2011, 
EU:C:2011:123, 
punti 
74 
e 
76, 
nonch� 
parere 
2/13 
(Adesione 
dell�Unione 
alla 
CEDU), del 18 dicembre 2014 EU:C:2014:2454, punti 182 e 183]. 


58 Tuttavia, nella 
specie, oltre 
al 
fatto che 
le 
controversie 
che 
rientrano nella 
competenza 
del 
collegio 
arbitrale 
di 
cui 
all�articolo 
8 
del 
TBI 
possono 
riguardare 
l�interpretazione 
tanto di 
detto accordo quanto del 
diritto dell�Unione, la 
possibilit� 
di 
sottoporre 
tali 
controversie 
ad 
un 
organismo 
che 
non 
costituisce 
un 
elemento 
del 
sistema 
giurisdizionale 
dell�Unione 
� 
prevista 
da 
un accordo concluso non dall�Unione, ma 
dagli 
Stati 
membri. 
orbene, 
il 
suddetto 
articolo 
8 
� 
tale 
da 
rimettere 
in 
discussione, 
oltre 
al 
principio 
di 
fiducia 
reciproca 
tra 
gli 
Stati 
membri, 
la 
salvaguardia 
del 
carattere 
proprio 
dell�ordinamento 
istituito 
dai 
Trattati, garantito dalla 
procedura 
del 
rinvio pregiudiziale 
di 
cui 
all�articolo 267 
TFUE, 
e 
non 
� 
pertanto 
compatibile 
con 
il 
principio 
di 
leale 
cooperazione 
ricordato 
al 
punto 34 della presente sentenza. 


59 
In tali condizioni, l�articolo 8 del 
TBI pregiudica l�autonomia del diritto dell�Unione. 


60 Di 
conseguenza, si 
deve 
rispondere 
alle 
questioni 
prima 
e 
seconda 
dichiarando che 
gli 
articoli 
267 e 
344 TFUE 
devono essere 
interpretati 
nel 
senso che 
ostano ad una 
norma 
contenuta 
in un accordo internazionale 
concluso tra 
gli 
Stati 
membri, come 
l�articolo 8 
del 
TBI, in forza 
della 
quale 
un investitore 
di 
uno di 
detti 
Stati 
membri, in caso di 
controversia 
riguardante 
gli 
investimenti 
nell�altro Stato membro, pu� avviare 
un procedimento 
contro 
tale 
ultimo 
Stato 
membro 
dinanzi 
ad 
un 
collegio 
arbitrale, 
la 
cui 
competenza 
detto Stato membro si � impegnato ad accettare. 
Sulla terza questione 


61 
Tenuto 
conto 
della 
risposta 
fornita 
alle 
questioni 
prima 
e 
seconda, 
non 
occorre 
rispondere 
alla terza questione. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


sulle spese 


62 Nei 
confronti 
delle 
parti 
nel 
procedimento principale 
la 
presente 
causa 
costituisce 
un incidente 
sollevato dinanzi 
al 
giudice 
nazionale, cui 
spetta 
quindi 
statuire 
sulle 
spese. Le 
spese 
sostenute 
da 
altri 
soggetti 
per presentare 
osservazioni 
alla 
Corte 
non possono dar 
luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara: 
Gli 
articoli 
267 e 
344 TFUE devono essere 
interpretati 
nel 
senso che 
ostano ad 
una 
norma contenuta in 
un 
accordo internazionale 
concluso tra gli 
stati 
membri, come 
l�articolo 8 dell�accordo per 
la promozione 
e 
la tutela reciproche 
degli 
investimenti 
tra il 
regno dei 
Paesi 
Bassi 
e 
la repubblica federale 
ceca e 
slovacca, in 
forza della 
quale 
un 
investitore 
di 
uno 
di 
detti 
stati 
membri, 
in 
caso 
di 
controversia 
riguardante 
gli 
investimenti 
nell�altro stato membro, pu� avviare 
un 
procedimento contro tale 
ultimo 
stato 
membro 
dinanzi 
ad 
un 
collegio 
arbitrale, 
la 
cui 
competenza 
detto 
stato 
membro si � impegnato ad accettare. 



CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


La presa in carico da parte del servizio 
sanitario nazionale dell�uso di farmaci 
�off-label� 
in presenza di alternativa terapeutica 


In rassegna 
una 
questione 
pregiudiziale 
sollevata 
dal 
Consiglio di 
Stato 
avanti alla Corte di Giustizia UE. 


Il 
giudice 
a 
quo 
dubita, 
in 
particolare, 
della 
compatibilit� 
con 
il 
diritto 
UE 
della 
norma 
di 
cui 
all�art. 3 del 
D.L. n. 36/2014 (cosiddetto �decreto Lorenzin�). 


Tale 
norma 
ha 
introdotto nell'art. 1 del 
D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 
1996 il 
comma 
4-bis, il 
quale 
consente 
- anche 
in presenza 
di 
un'alternativa 
terapeutica 
nell'ambito dei 
medicinali 
autorizzati 
- di 
inserire, previa 
valutazione 
dell'Agenzia 
italiana 
del 
farmaco (AIFA), i 
medicinali 
che 
possono essere 
utilizzati 
per 
un'indicazione 
terapeutica 
diversa 
da 
quella 
autorizzata 
(�off 
label� 
) 
nell'elenco 
di 
cui 
al 
comma 
4 
dello 
stesso 
art. 
1 
(cosiddetta 
�lista 
648�), purch� 
essa 
sia 
nota 
e 
conforme 
a 
ricerche 
condotte 
nell'ambito della 
comunit� 
medico-scientifica 
nazionale 
e 
internazionale, secondo parametri 
di 
economicit� e appropriatezza. 

Dall�inserimento 
nell�elenco 
consegue 
l�erogazione 
a 
carico 
del 
Servizio 
sanitario nazionale. 


Il 
Consiglio 
di 
Stato 
dubita, 
in 
particolare, 
della 
compatibilit� 
di 
tale 
normativa 
nazionale 
con 
la 
normativa 
europea 
in 
materia 
di 
autorizzazione 
al-
l�immissione 
in 
commercio, 
anche 
nella 
parte 
in 
cui 
quest�ultima 
radica 
la 
competenza in capo all�EMA relativamente all�AIC dei farmaci oncologici. 


L�ordinanza 
di 
rimessione 
d� 
per 
assunto 
che 
la 
norma 
sia 
stata 
dettata 
da 
ragioni 
economiche 
e, 
soprattutto, 
che 
essa 
incentiverebbe 
l�uso 
off-label 
in 
presenza 
di 
alternativa 
terapeutica: 
attraverso 
la 
previsione 
di 
un 
regime 
di 
rimborsabilit� 
a 
carico 
del 
SSN, 
si 
finirebbe 
per 
favorire 
il 
ricorso 
generalizzato 
alla 
prescrizione 
off-label, 
nei 
confronti 
della 
generalit� 
dei 
pazienti 
ed 
a 
prescindere 
da 
qualsivoglia 
collegamento 
con 
le 
esigenze 
del 
singolo 
che 
-di 
regola 
-giustificano 
il 
ricorso 
in 
via 
eccezionale 
a 
tale 
tipo 
di 
utilizzo 
dei 
farmaci. 


La 
difesa 
della 
norma 
nazionale 
� 
stata 
affidata 
principalmente 
alla 
contestazione 
di 
tali 
assunti: 
il 
Decreto 
Lorenzin 
ha 
per 
finalit� 
l�ampliamento 
delle 
possibilit� 
di 
cura, 
mentre 
le 
favorevoli 
implicazioni 
economiche 
che, 
pure, esso innegabilmente 
reca 
per il 
Servizio sanitario nazionale 
non ne 
rappresentano 
la 
ratio 
esclusiva. 

Lungi 
dall�incentivare 
il 
ricorso all�uso off-label 
di 
farmaci 
dei 
quali 
esiste 
valida 
alternantiva 
terapeutica 
autorizzata 
sul 
mercato, 
esso 
lascia 
del 
tutto 
invariata 
la 
disciplina 
in 
tema 
di 
autonomia 
e 
responsabilit� 
prescrittiva 
del 
medico. 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


Si pubblicano integralmente le posizioni espresse dal Governo Italiano. 


Ct 8174/17 


Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 


CorTE di GiUsTizia dELL'UnionE EUroPEa 


ossErVazioni 
del 
GoVErno 
dELLa 
rEPUBBLiCa 
iTaLiana, in persona 
dell'Agente 
designato 
per 
il 
presente 
giudizio, 
con 
domicilio 
eletto 
a 
Lussemburgo 
presso 
l'Ambasciata d�Italia 


nella causa C-29/17 


Promossa 
ai 
sensi 
dell'art. 267 TFUE 
dal 
Consiglio di 
Stato (Italia) con ordinanza 
in data 19.12.2016. 


il giudizio a quo; 


1. 
L'ordinanza 
che 
ha 
sollevato la 
presente 
questione 
pregiudiziale 
� 
stata 
pronunciata 
nell'ambito 
di 
un 
giudizio 
instaurato 
dall'azienda 
farmaceutica 
Novartis Farma s.p.a. 
2. 
In tale 
giudizio si 
controverte 
dell'uso off-label 
del 
medicinale 
Avastin, 
intendendosi, con tale 
espressione, l'utilizzo di 
un farmaco per un'indicazione 
diversa 
da 
quelle 
per 
cui 
esso 
ha 
ottenuto 
l'autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio (AIC). 
3. 
Nell'ordinamento italiano, l'uso off-label 
dei 
farmaci 
in regime 
di 
rimborso 
a 
carico del 
Servizio sanitario nazionale 
� 
stato dapprima 
previsto (dall'art. 
1 
comma 
4 
D.L. 
536/1996 
conv. 
in 
1. 
648 
del 
1996) 
con 
esclusivo 
riferimento ai 
casi 
in cui 
non esistesse, per una 
determinata 
indicazione, "valida 
alternativa terapeutica": 
la 
norma 
prevede, in particolare, che 
"Qualora 
non 
esista 
valida 
alternativa 
terapeutica, 
sono 
erogabili 
a 
totale 
carico 
del 
Servizio Sanitario nazionale 
i 
medicinali 
da impiegare 
per 
un'indicazione 
terapeutica 
diversa da quella autorizzata, inseriti 
in un apposito elenco predisposto 
e 
periodicamente 
aggiornato dalla Commissione 
Unica del 
Farmaco 
conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa ...". 
4. 
Successivamente, l'art. 3 del 
D.L. n. 36/2014 (cosiddetto "decreto Lorenzin") 
ha 
introdotto - all'art. 1 del 
D.L. 536/1996 conv. in l. 648 del 
1996 il 
comma 
4-bis, 
il 
quale 
consente 
-anche 
in 
presenza 
di 
un'alternativa 
terapeutica 
nell'ambito 
dei 
medicinali 
autorizzati 
-di 
porre 
a 
carico 
del 
SSN 
i 
medicinali 
prescritti 
off-label, 
previa 
valutazione 
dell'Agenzia 
italiana 
del 
farmaco (AIFA), qualora 
tali 
medicinali 
possano essere 
utilizzati 
per un'indicazione 
terapeutica 
diversa 
da 
quella 
autorizzata 
nell'elenco di 
cui 
al 
comma 
4, purch� 
essa 
sia 
nota 
e 
conforme 
a 
ricerche 
condotte 
nell'ambito della 
co

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


munit� 
medico-scientifica 
nazionale 
e 
internazionale, 
secondo 
parametri 
di 
economicit� e appropriatezza. 

5. 
Dall'inserimento 
nell'elenco 
(cosiddetta 
"lista 
648") 
consegue, 
appunto, 
l'erogazione a carico del Servizio sanitario nazionale. 
6. 
Nel 
giudizio a quo, l'azienda 
ricorrente 
ha 
agito innanzi 
al 
giudice 
amministrativo 
chiedendo 
l'annullamento 
delle 
delibere 
nn. 
622 
del 
24 
giugno 
2014 e 79 del 30 gennaio 2015 dell'Agenzia italiana del Farmaco - AIFA. 
7. Con il 
primo di 
tali 
provvedimenti, AIFA 
ha 
disposto, ai 
sensi 
dell'art. 1 
comma 
4-bis 
D.L. 
536/1996, 
l"inserimento 
di 
una 
indicazione 
terapeutica 
del 
medicinale 
per 
uso 
umano 
Bevacizumab 
-avastin 
nell'elenco 
ex 
lege 
n. 
648/1996�; 
si 
trattava 
- in particolare 
- dell'indicazione 
terapeutica 
"degenerazione 
maculare 
correlata 
all'et�". 
Con 
la 
determina 
79 
del 
mese 
di 
Gennaio 
2015, 
AIFA 
ha 
poi 
introdotto 
una 
parziale 
modifica 
alle 
condizioni 
dettate 
dalla 
Determina 
662 
del 
2014 
per 
il 
suddetto 
inserimento, 
come 
meglio 
si 
preciser� 
pi� avanti, al punto 14. 
8. 
Attraverso le 
summenzionate 
determine, AIFA 
- in sintonia 
con quanto 
osservato 
nel 
parere 
espresso 
sulla 
questione 
dal 
Consiglio 
Superiore 
di 
Sanit� 
(organo consultivo del 
Ministero della 
Salute) ha 
previsto che 
l'utilizzo intravitreale 
di 
Avastin debba 
necessariamente 
avvenire 
nel 
rispetto dei 
pi� elevati 
standard 
di 
sicurezza 
applicabili, 
considerando 
che 
si 
tratta 
di 
un 
farmaco 
non 
autorizzato 
per 
uso 
intravitreale 
e, 
di 
conseguenza, 
non 
dosato 
n� 
confezionato 
per l'uso in ambito oculistico. L'Avastin, infatti, � 
commercializzato in fiale 
e, 
ai 
fini 
dell'uso 
intravitreale, 
necessita 
di 
essere 
estratto 
da 
queste 
per 
essere 
allestito in siringhe monodose, in condizioni di perfetta sterilit�. 
9. 
In particolare, la Determina n. 662/2014 AIFA ha previsto che: 
a) 
Il 
confezionamento 
in 
monodose 
del 
farmaco 
bevacizumab 
per 
l'uso 
intravitreale 
deve 
essere 
effettuato, 
per 
garantirne 
la 
sterilit�, 
esclusivamente 
dalle 
farmacie 
ospedaliere 
in 
possesso 
dei 
requisiti 
necessari 
e 
nel 
rispetto 
delle Norme di Buona Preparazione; 


b) La 
somministrazione 
di 
bevacizumab per uso intravitreale 
� 
riservata 
a 
centri 
oculistici 
ad alta 
specializzazione 
presso ospedali 
pubblici 
individuati 
dalle Regioni; 


c) La 
somministrazione 
del 
farmaco deve 
avvenire 
solo previa 
sottoscrizione 
da 
parte 
del 
paziente 
del 
consenso informato, che 
contenga 
le 
motivazioni 
scientifiche 
accompagnate 
da 
adeguate 
informazioni 
sull'esistenza 
di 
alternative terapeutiche approvate; 


d) 
Si 
dovr� 
istituire 
un 
registro 
di 
monitoraggio 
al 
quale 
sia 
allegata 
la 
scheda di segnalazione delle eventuali reazioni avverse. 


10. 
Deve 
qui 
precisarsi, per quanto concerne 
il 
profilo di 
cui 
alla 
lettera 
a) 
che 
precede, che 
il 
Consiglio di 
Stato, in accoglimento di 
un distinto ricorso 
proposto avverso la 
Determina 
AIFA 
n. 662/2014 da 
una 
farmacia 
privata 
interessata 
ad effettuare 
le 
operazioni 
di 
frazionamento riservate 
alle 
sole 
far

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


macie 
ospedaliere, con sentenza 
n. 24/2017 ha 
annullato parzialmente 
la 
Determina 
662/2014. 


11. 
In particolare, la 
sentenza 
n. 24/2017 ha 
affermato che 
la 
garanzia 
di 
sterilit� 
del 
confezionamento 
non 
potesse 
giustificarsi 
con 
la 
sola 
natura 
ospedaliera 
della 
farmacia 
incaricata 
del 
confezionamento del 
prodotto, ma 
con la 
previsione 
delle 
necessarie 
dotazioni 
tecniche 
e 
delle 
metodiche 
da 
utilizzarsi, 
idonee 
a 
scongiurare 
la 
contaminazione 
del 
prodotto 
durante 
la 
lavorazione 
(farmacie 
"in possesso dei necessari requisiti"). 
12. 
La 
sentenza 
di 
cui 
al 
punto che 
precede 
ha 
pertanto ritenuto illegittima 
la 
riserva 
alle 
sole 
farmacie 
ospedaliere 
della 
possibilit� 
di 
ripartire 
l'Avastin 
per 
la 
sua 
utilizzazione 
off-label, 
posto 
che 
comunque 
anche 
con 
l'annullamento 
di 
tale 
riserva, la 
somministrazione 
del 
prodotto farmaceutico avviene 
comunque in ambiente ospedaliero. 
13. 
Successivamente, l'Autorit� 
Garante 
della 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato 
ha 
invitato l'AIFA 
a 
valutare 
la 
possibilit� 
di 
ammettere 
anche 
i 
centri 
di 
alta 
specializzazione 
di 
natura 
privata 
alla 
somministrazione 
di 
Avastin 
per 
uso 
intravitreale, 
nel 
rispetto delle 
stesse 
condizioni 
di 
sicurezza 
definite 
dalla 
Determina 
662/2014. 
14. 
Con 
la 
determina 
79 
del 
mese 
di 
Gennaio 
2015, 
AIFA 
ha 
recepito 
l'invito 
dell'Autorit�, 
stabilendo 
che 
la 
somministrazione 
del 
farmaco 
possa 
avvenire 
esclusivamente 
"nei 
Centri 
ospedalieri 
ad 
alta 
specializzazione 
individuati 
dalle 
regioni", 
includendo 
con 
tale 
dizione 
-anche 
le 
strutture 
private 
che 
siano 
in 
grado 
di 
garantire 
il 
pieno 
rispetto 
delle 
summenzionate 
condizioni. 
15. 
La 
societ� 
Novartis, titolare 
del 
farmaco Lucentis, autorizzato all'immissione 
in commercio per l'indicazione 
"degenerazione 
maculare 
correlata 
all'et�" 
ha 
contestato le 
Determine 
dell'AlFA 
di 
cui 
si 
� 
detto al 
punto 6, tra 
l'altro denunciandone 
l'illegittimit� 
derivata 
dall'asserito contrasto della 
normativa 
introdotta 
dal 
"Decreto Lorenzin" 
con la 
normativa 
europea 
in materia 
di autorizzazione all'immissione in commercio dei farmaci. 
16. 
AIFA 
ha 
resistito 
in 
giudizio, 
negando 
una 
possibile 
interferenza 
tra 
l'istituto 
dell'uso 
off-label 
disciplinato 
dall'art. 
1 
comma 
4-bis 
del 
D.L. 
536/1996 e la normativa europea. 
17. 
11 Consiglio di 
Stato, pur dichiaratamente 
propendendo per la 
tesi 
di 
AIFA 
"... in quanto la controversia riguarda l'utilizzazione 
off-label 
del 
farmaco 
che 
non incide 
sull'aiC" 
ha 
comunque 
ravvisato un margine 
di 
dubbio 
interpretativo 
rilevante 
ai 
fini 
del 
decidere, 
ed 
ha 
pertanto 
sottoposto 
alla 
Corte 
di Giustizia dell'Unione Europea i seguenti quesiti: 
18. 
Se 
le 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
Direttiva 
2001/83/CE, come 
successivamente 
modificata, e 
segnatamente 
gli 
articoli 
5 e 
6, in relazione 
anche 
al 
secondo 
considerando 
della 
direttiva 
stessa, 
ostino 
all'applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
(il 
pi� 
volte 
citato 
art. 
1, 
comma 
4-bis 
del 
decreto 
legge) 
che, 
al 
fine 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


di 
perseguire 
finalit� 
di 
contenimento 
di 
spesa, 
incentivi, 
attraverso 
l'inclusione 
nella 
lista 
dei 
medicinali 
rimborsabili 
dal 
servizio sanitario nazionale, l'utilizzazione 
di 
un farmaco al 
di 
fuori 
della 
indicazione 
terapeutica 
autorizzata 
nei 
confronti 
della 
generalit� 
dei 
pazienti, indipendentemente 
da 
qualsiasi 
considerazione 
delle 
esigenze 
terapeutiche 
del 
singolo paziente 
e 
nonostante 
l'esistenza 
e 
la 
disponibilit� 
sul 
mercato 
di 
farmaci 
autorizzati 
per 
la 
specifica 
indicazione terapeutica; 


19. 
Se 
l'art. 
3 
n. 
1 
della 
Direttiva 
2001/83/CE 
(formula 
magistrale), 
possa 
applicarsi 
nel 
caso 
in 
cui 
la 
preparazione 
del 
prodotto 
farmaceutico, 
bench� 
eseguita 
in 
farmacia 
sulla 
base 
di 
una 
prescrizione 
medica 
destinata 
ad 
un 
singolo 
paziente, 
sia 
comunque 
effettuata 
serialmente, 
in 
modo 
eguale 
e 
ripetuto, 
senza 
tener 
conto 
delle 
specifiche 
esigenze 
del 
singolo 
paziente, 
con 
dispensazione 
del 
prodotto 
alla 
struttura 
ospedaliera 
e 
non 
al 
paziente 
(tenuto 
conto 
che 
il 
farmaco 
� 
classificato 
in 
classe 
H-oSP) 
e 
con 
utilizzazione 
in 
una 
struttura 
anche 
diversa 
da 
quella 
in 
cui 
� 
stato 
operato 
il 
confezionamento; 
20. 
Se 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
Regolamento 
(CE) 
n. 
726/2004, 
come 
successivamente 
modificato, 
e 
segnatamente 
gli 
articoli 
3, 
25 
e 
26, 
nonch� 
l'allegato, 
che 
assegnano 
all'Agenzia 
europea 
per 
i 
medicinali 
(EMA) 
la 
competenza 
esclusiva 
a 
valutare 
i 
profili 
di 
qualit�, 
sicurezza 
ed 
efficac�a 
dei 
medicinali 
aventi 
come 
indicazione 
terapeutica 
il 
trattamento 
di 
patologie 
oncologiche, 
sia 
nell'ambito 
della 
procedura 
di 
rilascio 
dell'autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
(Procedura 
centralizzata 
obbligatoria), 
sia 
al 
fine 
del 
monitoraggio 
e 
del 
coordinamento 
delle 
azioni 
di 
farmacovigilanza 
successive 
all'immissione 
del 
farmaco 
sul 
mercato, 
ostino 
all'applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
che 
riservi 
all'autorit� 
regolatora 
nazionale 
(AlFA) 
la 
competenza 
ad 
assumere 
determinazioni 
in 
merito 
ai 
profili 
di 
sicurezza 
dei 
medicinali, 
connessi 
al 
loro 
uso 
off-label, 
la 
cui 
autorizzazione 
rientra 
nella 
competenza 
esclusiva 
della 
Commissione 
Europea, 
in 
considerazione 
delle 
valutazioni 
tecnico 
scientifiche 
effettuate 
dall'Agenzia 
europea 
per 
i 
medicinali 
(EMA); 
21. 
Se 
le 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
Direttiva 
89/105/CEE, 
come 
successivamente 
modificata, 
e 
segnatamente 
l'art. 
1 
par. 
3), 
ostino 
all'applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
che 
consenta 
allo 
Stato 
membro, 
nell'ambito 
delle 
proprie 
decisioni 
in 
materia 
di 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
sanitarie 
sostenute 
dall'assistito, 
di 
prevedere 
la 
rimborsabilit� 
di 
un 
farmaco 
utilizzato 
al 
di 
fuori 
delle 
indicazioni 
terapeutiche 
precisate 
nell'autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
rilasciata 
dalla 
Commissione 
Europea, 
o 
da 
un'Agenzia 
specializzata 
europea, 
all'esito 
di 
una 
procedura 
di 
valutazione 
centralizzata, 
senza 
che 
ricorrano 
i 
requisiti 
previsti 
dagli 
artt. 
3 
e 
5 
della 
direttiva 
2001/83/CE. 
22. 
La normativa rilevante; 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


Ai 
fini 
del 
presente 
giudizio vengono in considerazione 
le 
seguenti 
norme 
di diritto europeo: 


23. 
direttiva 
2001/83/CE 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consigli 
del 
6 
novembre 
2001 
recante 
un 
codice 
comunitario 
relativo 
ai 
medicinali 
per 
uso 
umano: 
ii 
Considerando:"Lo scopo principale 
delle 
norme 
relative 
alla produzione, 
alla distribuzione 
e 
all'uso di 
medicinali 
deve 
essere 
quello di 
assicurare 
la 
tutela della sanit� pubblica" 
art. 3 n. 1: 
"La presente 
direttiva non si 
applica a quanto segue: 1) ai 
medicinali 
preparati 
in farmacia in base 
ad una prescrizione 
medica destinata ad 
un determinato paziente (detti formula magistrale);" 
art. 
5: 
"Uno 
stato 
membro 
pu�, 
conformemente 
alla 
legislazione 
in 
vigore 
e 
per 
rispondere 
ad 
esigenze 
speciali, 
escludere 
dal 
campo 
di 
applicazione 
della 
presente 
direttiva 
i 
medicinali 
forniti 
per 
rispondere 
ad 
un'ordinazione 
leale 
e 
non 
sollecitata, 
elaborati 
conformemente 
alle 
prescrizioni 
di 
un 
medico 
autorizzato 
e 
destinati 
ai 
suoi 
malati 
sotto 
la 
sua 
personale 
e 
diretta 
responsabilit�". 
art. 
6 
n. 
1: 
"Nessun 
medicinale 
pu� 
essere 
immesso 
in 
commercio 
in 
uno 
Stato 
membro senza un'autorizzazione 
all'immissione 
in commercio delle 
autorit� 
competenti 
di 
detto Stato membro rilasciata a norma della presente 
direttiva 
oppure senza un'autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93" 
24. 
regolamento (CE) 726/2004 
del 
Parlamento europeo e 
delConsiglio 
del 
31 marzo 2004 che 
istituisce 
procedure 
comunitarie 
per l'autorizzazione 
e 
la 
sorveglianza 
dei 
medicinali 
per 
uso 
umano 
e 
veterinario, 
e 
che 
istituisce 
l'agenzia europea per i medicinali: 
art. 3: "1. Nessun medicinale 
contemplato nell'allegato pu� essere 
immesso 
in commercio nella Comunit� senza un'autorizzazione 
rilasciata dalla Comunit� 
secondo il disposto del presente regolamento. 


2. Qualsiasi 
medicinale 
non contemplato nell'allegato pu� essere 
oggetto di 
autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
rilasciata 
dalla 
Comunit� 
secondo 
il disposto del presente regolamento, qualora: 
a) 
il 
medicinale 
contenga 
una 
nuova 
sostanza 
attiva 
che 
alla 
data 
dell'entrata 
in vigore del presente regolamento non era autorizzata nella Comunit�, 
oppure 
b) 
il 
richiedente 
dimostri 
che 
tale 
medicinale 
costituisce 
un'innovazione 
significativa 
sul 
piano 
terapeutico, 
scientifico 
o 
tecnico 
o 
che 
il 
rilascio 
di 
un'autorizzazione 
secondo 
il 
presente 
regolamento 
� 
nell'interesse 
dei 
pazienti 
o 
della sanit� animale a livello comunitario. 
Possono 
essere 
oggetto 
di 
autorizzazione 
anche 
i 
medicinali 
immunologici 
veterinari 
relativi 
a malattie 
animali 
sottoposte 
a misure 
comunitarie 
di 
profilassi. 
3. Un medicinale 
generico di 
un medicinale 
di 
riferimento autorizzato dalla 
Comunit� 
pu� 
essere 
autorizzato 
dalle 
autorit� 
competenti 
degli 
Stati 
membri 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


a 
norma 
della 
direttiva 
2001/83/CE 
e 
della 
direttiva 
2001/82/CE, 
alle 
seguenti 
condizioni: 
a) 
la 
domanda 
d'autorizzazione 
� 
presentata 
a 
norma 
dell'articolo 
10 
della 
direttiva 2001/83/CE o dell'articolo 13 della direttiva 2001/82/CE; 
b) 
il 
riassunto 
delle 
caratteristiche 
del 
prodotto 
�, 
in 
tutti 
gli 
aspetti 
pertinenti, 
coerente 
con quello del 
medicinale 
autorizzato dalla Comunit�, salvo per 
le 
parti 
del 
riassunto delle 
caratteristiche 
del 
prodotto che 
si 
riferiscono a indicazioni 
o 
a 
forme 
di 
dosaggio 
ancora 
coperte 
dal 
diritto 
di 
brevetto 
al 
momento 
dell'immissione in commercio del medicinale generico; 
e 
c) 
il 
medicinale 
generico 
� 
autorizzato 
con 
la 
stessa 
denominazione 
in 
tutti 
gli 
Stati 
membri 
in cui 
� 
stata presentata la domanda. ai 
fini 
della presente 
disposizione 
tutte 
le 
versioni 
linguistiche 
della denominazione 
comune 
internazionale 
(DCi) sono considerate una stessa denominazione. 


4. Previa consultazione 
del 
comitato competente 
dell'agenzia, l'allegato pu� 
essere 
riesaminato 
alla 
luce 
del 
progresso 
tecnico 
e 
scientifico 
per 
apportarvi 
le 
modf�cazioni 
necessarie 
senza 
estendere 
l'ambito 
di 
applicazione 
della 
procedura 
centralizzata. Tali 
modificazioni 
sono adottate 
secondo la procedura 
di cui all'articolo 87 paragrafo 2". 
art. 25: 
"Gli 
Stati 
membri 
assicurano che 
tutti 
i 
casi 
di 
presunti 
effetti 
collaterali 
negativi 
gravi 
verificatisi 
nel 
loro territorio, in relazione 
ad un medicinale 
per 
uso 
umano 
autorizzato 
ai 
sensi 
del 
presente 
regolamento 
e 
loro 
segnalati, siano registrati 
e 
comunicati 
all'agenzia e 
al 
titolare 
dell'autorizzazione 
all'immissione 
in commercio rapidamente, e 
comunque 
in ogni 
caso 
non 
oltre 
15 
giorni 
dal 
ricevimento 
dell'informazione. 
L'agenzia 
trasmette 
l'informazione 
ai 
sistemi 
nazionali 
di 
farmacovigilanza istituiti 
a norma dell'articolo 
102 della direttiva 2001/83/CE. 
art. 26: 
La Commissione, in consultazione 
con l'agenzia, gli 
Stati 
membri 
e 
le 
parti 
interessate, elabora una guida per 
raccogliere, verf�care 
e 
presentare 
relazioni 
sugli 
effetti 
collaterali 
negativi. 
La 
guida 
contiene 
in 
particolare, 
per 
gli 
operatori 
sanitari, raccomandazioni 
concernenti 
la trasmissione 
delle 
informazioni sugli effetti collaterali negativi. 
Per 
inviare 
le 
relazioni 
sugli 
effetti 
indesiderati, i 
titolari 
di 
autorizzazioni 
al-
l'immissione 
in commercio utilizzano la terminologia medica accettata a livello 
internazionale, conformemente a tale guida. 
L'agenzia, in consultazione 
con gli 
Stati 
membri 
e 
la Commissione, istituisce 
una rete 
informatica per 
la trasmissione 
rapida di 
informazioni 
alle 
autorit� 
competenti 
della 
Comunit� 
in 
caso 
di 
allarmi 
relativi 
a 
difetti 
di 
fabbricazione 
o a effetti 
collaterali 
negativi 
gravi, o altre 
informazioni 
di 
farmacovigilanza 
su medicinali 
autorizzati 
a norma dell'articolo 6 della direttiva 2001/83/CE. 
Tali 
informazioni 
sono rese 
accessibili 
al 
pubblico, se 
del 
caso previa valutazione. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


Durante 
un periodo di 
cinque 
anni 
successivo alla prima immissione 
in commercio 
nella Comunit�, l'agenzia pu� chiedere 
che 
il 
titolare 
dell'autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
disponga 
che 
taluni 
dati 
specifici 
di 
farmacovigilanza 
siano 
raccolti 
presso 
gruppi 
mirati 
di 
pazienti. 
L'agenzia 
precisa i 
motivi 
che 
giustificano la richiesta. il 
titolare 
dell'autorizzazione 
al-
l'immissione 
in commercio riunisce 
e 
analizza i 
dati 
raccolti 
e 
li 
sottopone 
all'agenzia 
per valutazione". 


25. 
direttiva 89/105/CEE 
del 
Parlamento Europeo e 
del 
Consiglio relativa 
alla 
trasparenza 
delle 
misure 
che 
regolano 
la 
fissazione 
dei 
prezzi 
dei 
medicinali 
per 
uso 
umano 
e 
la 
loro 
inclusione 
nei 
regimi 
pubblici 
di 
assicurazione 
malattia: 
art. 
1 
n. 
3: 
"Nessun 
elemento 
della 
presente 
Direttiva 
consente 
la 
commercializzazione 
di 
una specialit� medicinale 
per 
cui 
non � 
stata rilasciata l'autorizzazione 
di cui all'articolo 3 della Direttiva 65/65/CE" 
26. 
Rileva, inoltre, la seguente normativa nazionale: 
27. 
decreto 
legge 
n. 
536 
del 
21 
ottobre 
1996 
convertito 
con 
modificazioni 
dalla 
legge 23 dicembre 1996 n. 648: 
art. 1 comma 4 (enfasi 
aggiunta): 
"Qualora non esista valida alternativa terapeutica, 
sono erogabili 
a totale 
carico del 
Servizio sanitario nazionale, a 
partire 
dal 
1 
gennaio 
1997, 
i 
medicinali 
innovativi 
la 
cui 
commercializzazione 
� 
autorizzata in altri 
Stati 
ma non sul 
territorio nazionale, i 
medicinali 
non 
ancora autorizzati 
ma sottoposti 
a sperimentazione 
clinica e 
i 
medicinali 
da 
impiegare 
per 
un'indicazione 
terapeutica 
diversa 
da 
quella 
autorizata, 
inseriti 
in 
apposito 
elenco 
predisposto 
e 
periodicamente 
aggiornato 
dalla 
Commissione 
unica 
del 
farmaco 
conformemente 
alle 
procedure 
ed 
ai 
criteri 
adottati 
dalla stessa. L'onere 
derivante 
dal 
presente 
comma, quantificato in 
lire 
30 miliardi 
per 
anno [euro 15.493.706,97], resta a carico del 
Servizio sanitario 
nazionale 
nell'ambito del 
tetto di 
spesa programmato per 
l'assistenza 
farmaceutica. 
art. 
1 
comma 
4-bis 
"4-bis. 
anche 
se 
sussista 
altra 
alternativa 
terapeutica 
nell'ambito 
dei 
medicinali 
autorizzati, 
previa 
valutazione 
dell'agenzia 
italiana 
del 
farmaco 
(aiFa), 
sono 
inseriti 
nell'elenco 
di 
cui 
al 
comma 
4, 
con 
conseguente 
erogazione 
a 
carico 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale, 
i 
medicinali 
che 
possono 
essere 
utilizzati 
per 
un'indicazione 
terapeutica 
diversa 
da 
quella 
autorizzata, 
purch� 
tale 
indicazione 
sia 
nota 
e 
conforme 
a 
ricerche 
condotte 
nell'ambito 
della 
comunit� 
medico-scientifica 
nazionale 
e 
internazionale, 
secondo 
parametri 
di 
economicit� 
e 
appropriatezza. 
in 
tal 
caso 
l'aiFa 
attiva 
idonei 
strumenti 
di 
monitoraggio 
a 
tutela 
della 
sicurezza 
dei 
pazienti 
e 
assume 
tempestivamente 
le 
necessarie 
determinazioni" 
(introdotto 
dall'art. 
3 
del 
decreto 
legge 
20 
marzo 
2014 
n. 
36 
-c.d. 
Decreto 
Lorenzin 
-convertito 
con 
modificazioni 
dalla 
L. 
16 
maggio 
2014 
n. 
79, 
recante 
"Disposizioni 
urgenti 
in 
materia 
di 
disciplina 
degli 
stupefacenti 
e 
sostanze 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


psicotrope, 
prevenzione, 
cura 
e 
riabilitazione 
dei 
relativi 
stati 
di 
tossicodipendenza, 
di 
cui 
al 
decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 
9 
ottobre 
1990, 


n. 
309, 
nonch� 
di 
impiego 
di 
medicinali 
meno 
onerosi 
da 
parte 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale"). 
28. 
decreto 
Legge 
17 
febbraio 
1998 
n. 
23 
conv. 
in 
l. 
94 
deli'8 
aprile 
1998 (contenente 
"Disposizioni 
urgenti 
in 
materia di 
sperimentazioni 
cliniche 
in campo oncologico e altre misure in materia sanitaria") 
art. 3: 
osservanza delle indicazioni terapeutiche autorizzate. 
"i. Fatto salvo il 
disposto dei 
commi 
2 e 
3, il 
medico, nel 
prescrivere 
una specialit� 
medicinale 
o altro medicinale 
prodotto industrialmente, si 
attiene 
alle 
indicazioni 
terapeutiche, 
alle 
vie 
e 
alle 
modalit� 
di 
somministrazione 
previste 
dall'autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
rilasciata 
dal 
ministero 
della 
sanit�. 


2. in singoli 
casi 
il 
medico pu�, sotto la sua diretta responsabilit� e 
previa informazione 
del 
paziente 
e 
acquisizione 
del 
consenso dello stesso, impiegare 
un medicinale 
prodotto industrialmente 
per 
un'indicazione 
o una via di 
somministrazione 
o una modalit� di 
somministrazione 
o di 
utilizzazione 
diversa 
da 
quella 
autorizzata, 
ovvero 
riconosciuta 
agli 
effetti 
dell'applicazione 
del-
l'articolo 1, comma 4, del 
decreto-legge 
21 ottobre 
1996, n. 536, convertito 
dalla 
legge 
23 
dicembre 
1996, 
n. 
648, 
qualora 
il 
medico 
stesso 
ritenga, 
in 
base 
a dati 
documentabili, che 
il 
paziente 
non possa essere 
utilmente 
trattato 
con medicinali 
per 
i 
quali 
sia gi� approvata quella indicazione 
terapeutica o 
quella 
via 
o 
modalit� 
di 
somministrazione 
e 
purch� 
tale 
impiego 
sia 
noto 
e 
conforme 
a lavori 
apparsi 
su pubblicazioni 
scientifiche 
accreditate 
in campo 
internazionale. 
... 4. in nessun caso il 
ricorso, anche 
improprio, del 
medico alla facolt� prevista 
dai 
commi 
2 e 
3 pu� costituire 
riconoscimento del 
diritto del 
paziente 
alla erogazione 
dei 
medicinali 
a carico del 
Servizio sanitario nazionale, al 
di 
fuori 
dell'ipotesi 
disciplinata dall'articolo 1, comma 4, del 
decreto-legge 
21 
ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648. 
La violazione, da parte 
del 
medico, delle 
disposizioni 
del 
presente 
articolo � 
oggetto di 
procedimento disciplinare 
ai 
sensi 
del 
decreto legislativo del 
Capo 
provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233. 
art. 
5: 
Prescrizione 
dipreparazioni 
magistrali. 
"1. 
Fatto 
salvo 
il 
disposto 
del 
comma 
2, 
i 
medici 
possono 
prescrivere 
preparazioni 
magistrali 
esclusivamente 
a 
base 
di 
principi 
attivi 
descritti 
nelle 
farmacopee 
dei 
Paesi 
del-
l'Unione 
europea 
o 
contenuti 
in 
medicinali 
prodotti 
industrialmente 
di 
cui 
� 
autorizzato 
il 
commercio 
in 
italia 
o 
in 
altro 
Paese 
dell'Unione 
europea. 
La 
prescrizione 
di 
preparazioni 
magistrali 
per 
uso 
orale 
pu� 
includere 
principi 
attivi 
diversi 
da 
quelli 
previsti 
dal 
primo 
periodo 
del 
presente 
comma, 
qualora 
questi 
siano 
contenuti 
in 
prodotti 
non 
farmaceutici 
per 
uso 
orale, 
regolarmente 
in 
commercio 
nei 
Paesi 
dell'Unione 
europea; 
parimenti, 
la 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


prescrizione 
di 
preparazioni 
magistrali 
per 
uso 
esterno 
pu� 
includere 
principi 
attivi 
diversi 
da 
quelli 
previsti 
dal 
primo 
periodo 
del 
presente 
comma, 
qualora 
questi 
siano 
contenuti 
in 
prodotti 
cosmetici 
regolarmente 
in 
commercio 
in 
detti 
Paesi. 
Sono 
fatti 
in 
ogni 
caso 
salvi 
i 
divieti 
e 
le 
limitazioni 
stabiliti 
dal 
ministero 
della 
sanit� 
per 
esigenze 
di 
tutela 
della 
salute 
pubblica. 
2. 
� 
consentita 
la 
prescrizione 
di 
preparazioni 
magistrali 
a 
base 
di 
princ�pi 
attivi 
gi� 
contenuti 
in 
specialit� 
medicinali 
la 
cui 
autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio 
sia 
stata 
revocata 
o 
non 
confermata 
per 
motivi 
non 
attinenti 
ai 
rischi 
di 
impiego 
del 
principio 
attivo. 
3. 
il 
medico 
deve 
ottenere 
il 
consenso 
del 
paziente 
al 
trattamento 
medico 
e 
specificare 
nella 
ricetta 
le 
esigenze 
particolari 
che 
giustificano 
il 
ricorso 
alla 
prescrizione 
estemporanea. 
Nella 
ricetta 
il 
medico 
dovr� 
trascrivere, 
senza 
riportare 
le 
generalit� 
del 
paziente, 
un 
riferimento 
numerico 
o 
alfanumerico 
di 
collegamento 
a 
dati 
d'archivio 
in 
proprio 
possesso 
che 
consenta, 
in 
caso 
di 
richiesta 
da 
parte 
dell'autorit� 
sanitaria, 
di 
risalire 
all'identit� 
del 
paziente 
trattato. 
... 
5. 
Le 
disposizioni 
dei 
commi 
3 
e 
4 
non 
si 
applicano 
quando 
il 
medicinale 
� 
prescritto 
per 
indicazioni 
terapeutiche 
corrispondenti 
a 
quelle 
dei 
medicinali 
industriali 
autorizzati 
a 
base 
dello 
stesso 
principio 
attivo. 


6. 
La 
violazione, 
da 
parte 
del 
medico 
o 
del 
farmacista, 
delle 
disposizioni 
del 
presente 
articolo 
� 
oggetto 
di 
procedimento 
disciplinare 
ai 
sensi 
del 
decreto 
legislativo 
del 
Capo 
provvisorio 
dello 
Stato 
13 
settembre 
1946, 
n. 
233". 
29. 
Legge 296 del 27 dicembre 2006: 
art. 
1 
comma 
796 
lett. 
z): 
la 
disposizione 
di 
cui 
all'articolo 
3, 
comma 
2, 
del 
decreto-legge 
17 
febbraio 
1998, 
n. 
23, 
convertito, 
con 
modflcazioni, 
dalla 
legge 
8 
aprile 
1998, 
n. 
94, 
non 
� 
applicabile 
al 
ricorso 
a 
terapie 
farmacologiche 
a 
carico 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale, 
che, 
nell'ambito 
dei 
pres�di 
ospedalieri 
o 
di 
altre 
strutture 
e 
interventi 
sanitari, 
assuma 
carattere 
diffuso 
e 
sistematico 
e 
si 
configuri, 
al 
di 
fuori 
delle 
condizioni 
di 
autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio, 
quale 
alternativa 
terapeutica 
rivolta 
a 
pazienti 
portatori 
di 
patologie 
per 
le 
quali 
risultino 
autorizzati 
farmaci 
recanti 
specifica 
indicazione 
al 
trattamento. 
il 
ricorso 
a 
tali 
terapie 
� 
consentito 
solo 
nell'ambito 
delle 
sperimentazioni 
cliniche 
dei 
medicinali 
di 
cui 
al 
decreto 
legislativo 
24 
giugno 
2003, 
n. 
211, 
e 
successive 
modificazioni. 
in 
caso 
di 
ricorso 
improprio 
si 
applicano 
le 
disposizioni 
di 
cui 
all'articolo 
3, 
commi 
4 
e 
5, 
del 
citato 
decreto-legge 
17 
febbraio 
1998, 
n. 
23, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
8 
aprile 
1998, 
n. 
94. 
Le 
regioni 
provvedono 
ad 
adottare 
entro 
il 
28 
febbraio 
2007 
disposizioni 
per 
le 
aziende 
sanitarie 
locali, 
per 
le 
aziende 
ospedaliere, 
per 
le 
aziende 
ospedaliere 
universitarie 
e 
per 
gli 
istituti 
di 
ricovero 
e 
cura 
a 
carattere 
scientifico 
volte 
alla 
individuazione 
dei 
responsabili 
dei 
procedimenti 
applicativi 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
presente 
lettera, 
anche 
sotto 
il 
profilo 
della 
responsabilit� 
ammi

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


nistrativa 
per 
danno 
erariale. 
Fino 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
delle 
disposizioni 
regionali 
di 
cui 
alla 
presente 
lettera, 
tale 
responsabilit� 
� 
attribuita 
al 
direttore 
sanitario 
delle 
aziende 
sanitarie 
locali, 
delle 
aziende 
ospedaliere, 
delle 
aziende 
ospedaliere 
universitarie 
e 
degli 
istituti 
di 
ricovero 
e 
cura 
a 
carattere 
scientifico. 


30. 
Le osservazioni del Governo italiano; 
Il 
Consiglio 
di 
Stato 
dubita 
della 
compatibilit� 
della 
normativa 
nazionale 
che 
disciplina 
i 
casi 
in 
cui 
� 
possibile 
che 
sia 
posto 
a 
carico 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale 
l'uso 
off-label 
dei 
farmaci, 
anche 
in 
presenza 
di 
alternativa 
terapeutica 
"on-label", 
con 
la 
normativa 
europea 
in 
materia 
di 
autorizzazione 
all'immissione 
in 
commercio, 
anche 
nella 
parte 
in 
cui 
quest'ultima 
radica 
la 
competenza 
in 
capo 
all'EMA 
relativamente 
all'AIC 
dei 
farmaci 
oncologici. 


31. 
In particolare, il 
giudice 
a quo evidenzia 
che 
la 
scelta 
del 
legislatore 
nazionale 
sarebbe 
stata 
dettata 
da 
ragioni 
economiche, posto che 
il 
prezzo di 
Avastin 
� 
di 
gran 
lunga 
inferiore 
a 
quello 
del 
farmaco 
Lucentis 
autorizzato 
per 
l'indicazione 
"degenerazione 
maculare 
correlata 
all'et�"; 
d� 
per 
scontato 
quindi 
- che 
la 
norma 
introdotta 
dal 
"Decreto Lorenzin" 
incentiverebbe 
l'uso 
off-label 
in presenza 
d� 
alternativa 
terapeutica: 
attraverso la 
previsione 
di 
un 
regime 
di 
rimborsabilit� 
a 
carico del 
SSN, si 
finirebbe 
per favorire 
il 
ricorso 
generalizzato alla 
prescrizione 
off-label, nei 
confronti 
della 
generalit� 
dei 
pazienti 
ed a 
prescindere 
da 
qualsivoglia 
collegamento con le 
esigenze 
del 
singolo 
che 
-di 
regola 
-giustificano il 
ricorso in via 
eccezionale 
a 
tale 
tipo di 
utilizzo dei farmaci. 
32. 
Ci� tanto pi� che 
la 
dispensazione 
avverrebbe 
non gi� 
al 
singolo paziente, 
bens� 
alla 
struttura 
ospedaliera 
(Avastin � 
un farmaco classificato H, 
quindi 
suscettibile 
di 
essere 
dispensato solo in ambiente 
ospedaliero), in apparente 
contrasto anche 
con quanto affermato dalla 
CGUE 
nella 
sentenza 
del 
16 
luglio 
2015 
resa 
nelle 
cause 
riunite 
C-544/13 
e 
C-545/13 
in 
relazione 
all'art. 
3 n. 1 Direttiva 
2001/83/CE, ove 
si 
� 
affermato che 
la 
"formula magistrale" 
� 
tale 
solo in caso di 
contemporanea 
ricorrenza 
di 
pi� condizioni, quali 
la 
preparazione 
in farmacia 
in base 
alle 
indicazioni 
di 
una 
farmacopea 
e 
la 
destinazione 
diretta ai pazienti. 
33.1 
dubbi 
interpretativi 
sollevati 
dal 
giudice 
a 
quo 
non 
sono 
fondati, 
come 
subito si vedr�. 
34. 
irricevibilit� dei quesiti; 
oggetto del 
contendere 
nel 
giudizio a quo 
� 
la 
legittimit� 
della 
normativa 
nazionale 
che 
consente 
l'uso off 
label 
di 
Avastin per la 
cura 
della 
maculopatia 
senile, sotto lo specifico aspetto della 
possibilit� 
di 
accollare 
il 
costo di 
tale 
uso al 
Servizio sanitario nazionale. Non �, cio�, in discussione 
la 
liceit� 
in s� 
delle 
prescrizioni 
off-label 
in 
generale, 
e 
in 
particolare 
dell'Avastin 
per 
la 
cura 
della 
maculopatia 
senile; 
ma 
� 
in discussione 
solo la 
possibilit�, a 
certe 
con



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


dizioni, 
di 
equiparare 
ai 
fini 
del 
rimborso 
da 
parte 
del 
ssn 
tale 
prescrizione 
alla 
prescrizione 
del 
farmaco 
dotato 
di 
specifica 
AIC 
per 
tale 
patologia 
(in 
particolare, 
il 
Lucentis). Che 
la 
prescrizione 
off-label 
sia 
in s� 
lecita 
� 
infatti 
cosa 
scontata, dipendendo dalla 
responsabilit� 
e 
autonomia 
terapeutica 
spettante 
a 
qualsiasi 
medico; 
ed � 
circostanza 
confermata 
proprio dalla 
(limitata) possibilit� 
di 
porre 
tali 
prescrizioni 
a 
carico del 
SSN: 
se 
la 
prescrizione 
off-label 
fosse 
di 
per 
s� 
non 
consentita, 
� 
infatti 
evidente 
che 
non 
potrebbe 
esserne 
consentito 
neppure l'accollo del costo al SSN. 


35. 
La 
questione 
oggetto 
di 
causa, 
allora, 
non 
solo 
� 
una 
questione 
ben 
distinta 
da 
quella 
della 
disciplina 
europea 
dell'AIC 
e 
delle 
deroghe 
alla 
relativa 
applicazione, 
ma 
� 
anche 
una 
materia 
che 
esula 
dal 
campo 
applicativo 
della 
normativa 
europea, 
come 
chiarito 
dallo 
"Study 
on 
off-label 
use 
of 
medicinal 
Products" 
eseguito 
su 
richiesta 
della 
Commissione 
Europea 
e 
pubblicato 
nel 
Febbraio 
2017, 
e 
reperibile 
all'indirizzo 
http://ec.europa. 
eu/health/sites/health/files/files/documents/2017_02_28_fina1 
_study_report_
on_off-label_use_pdf, 
(pag. 
15, 
par. 
1.1.2 
"... 
EU 
Legislation 
does 
not 
directly 
regulate 
off-label 
use 
..."). 
36. 
In 
effetti, 
sia 
la 
Commissione 
Europea, 
sia 
il 
Tribunale 
di 
Primo 
Grado 
hanno avuto modo di 
chiarire 
che 
l'utilizzazione 
off-label 
di 
un farmaco precedentemente 
autorizzato 
non 
solo 
non 
� 
vietata, 
ma 
non 
� 
neanche 
disciplinata 
dal diritto europeo. 
37. 
In 
particolare, 
secondo 
il 
Tribunale 
di 
Primo 
grado, 
non 
vi 
� 
alcuna 
previsione 
"che 
impedisca 
ai 
dottori 
di 
prescrivere 
un 
medicinale 
per 
delle 
indicazioni 
terapeutiche 
diverse 
da quelle 
per 
cui 
ha ottenuto una autorizzazione". 
38. 
In 
linea 
con 
tale 
impostazione 
si 
pone 
anche 
la 
Commissione 
Europea, 
nelle osservazioni scritte depositate nell'ambito del giudizio C-179/16. 
Nei 
punti 
67 e 
68 delle 
osservazioni 
depositate 
in quella 
causa, la 
Commissione 
scrive: 
"67 .... 
vi 
� 
una differenza fondamentale 
tra i 
casi 
regolati 
dal-
l'articolo 5, n. 1, della Direttiva 2001/83 e 
l'utilizzo offlabel 
di 
un medicinale 
autorizzato. 
mentre 
nel 
primo 
caso 
si 
tratta 
di 
un 
prodotto 
non 
autorizzato 
al-
l'immissione 
al 
commercio (il 
cui 
utilizzo, salvo casi 
eccezionali, � 
vietato), 
nel 
secondo caso si 
tratta di 
un prodotto provvisto di 
un�aiC, il 
cui 
utilizzo 
per 
patologie 
diverse 
da quelle 
indicate 
nell�aiC, sotto la responsabilit� del 
medico prescrivente, non � vietato. 
68. 
Con 
rjferimento 
all'utilizzazione 
off-label 
di 
medicinali, 
il 
Tribunale 
ha 
infatti 
chiarito 
che 
non 
vi 
� 
alcuna 
disposizione 
del 
diritto 
dell'Unione 
che 
vieti 
ad 
un 
medico 
di 
prescrivere 
un 
medicinale 
per 
il 
trattamento 
di 
patologie 
diverse 
rispetto 
a 
quelle 
per 
le 
quali 
ha 
ricevuto 
1�aiC. 
al 
contrario, 
la 
normativa 
UE 
in 
ambito 
farmaceutico 
riconosce 
che, 
in 
alcune 
circostanze, 
l'uso 
off-label 
di 
un 
farmaco 
sia 
necessario, 
ad 
esempio 
in 
caso 
di 
seria 
minaccia 
alla 
salute 
pubblica. 
in 
italia, 
come 
si 
� 
detto 
sopra, 
l'uso 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


dei 
farmaci 
off-label 
non 
� 
vietato 
e, 
in 
alcuni 
casi, 
esso 
� 
addirittura 
rimborsato 
dal 
sistema 
sanitario 
nazionale. 
Pertanto, 
l'eventuale 
commercializzazione 
e 
offerta 
di 
farmaci 
per 
usi 
off-label 
non 
pu� 
considerarsi 
contraria 
al 
quadro 
regolamentare, 
anche 
laddove 
questo 
non 
ne 
preveda 
una 
disciplina 
specifica". 


39. 
Posto che 
il 
rinvio alla 
Corte 
di 
Giustizia 
� 
ricevibile 
solo se 
la 
soluzione 
della 
questione 
sollevata 
ricade 
nella 
sfera 
di 
applicazione 
del 
diritto 
dell'UE, 
ed 
decisiva 
ai 
fini 
della 
risoluzione 
della 
questione 
controversa, 
e 
inoltre 
se 
sul 
punto non esista 
gi� 
una 
consolidata 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
(sentenza 
27 marzo 1963, causa 
28-30/62, 
Da Costa, punti 
5 e 
6; 
sentenza 
26 novembre 
1988, causa 
C-7/97, oscar 
Bronner, punti 
17-21; 
sentenza 
11 
settembre 
2008, 
cause 
C-428-434/06, 
Union 
Generai 
de 
Trabajadores 
de 
la 
rioja, 
punto 
39), 
� 
palese 
l'irricevibilit� 
dei 
quesiti 
sollevati, 
che 
non 
vertono 
sulla 
materia 
oggetto 
del 
contendere 
(che 
� 
di 
stretto 
interesse 
interno, 
essendo limitata 
alla 
prescrivibilit� 
dell'uso off-label 
a 
carico del 
SSN), e 
comunque 
toccano un punto (la 
prescrizione 
off-iabel) che 
appare 
estraneo all'oggetto 
della 
Direttiva 
2001/83, 
come 
affermato 
da 
consolidata 
giurisprudenza 
40. 
infondatezza; 
La 
questione 
� 
comunque 
infondata, in quanto la 
normativa 
europea 
indicata 
nei 
quesiti 
non osta 
a 
quella 
nazionale 
introdotta 
con il 
"Decreto Lorenzin", 
per le ragioni che qui di seguito si illustrano. 


41. 
In Italia, l'uso off-label 
di 
un medicinale 
� 
disciplinato dalle 
norme 
indicate 
ai 
punti 
26-29 
che 
precedono 
(D.L. 
536 
del 
21 
ottobre 
1996 
art. 
1 
commi 
4 e 
4-bis 
D.L. 17 febbraio 1998 n. 23 conv. n 1. 94 dell'8 aprile 
1998 - art. 3; 
1. 27 dicembre 2006 n. 296 art. 1 comma 796 lett. z)). 
42. 
L'uso 
del 
medicinale 
oltre 
i 
limiti 
derivanti 
dall'AIC, 
disciplinato 
da 
tali 
norme, 
risponde 
all'esigenza 
di 
consentire 
un 
ampliamento 
delle 
possibilit� 
di 
cura, esigenza 
che 
ha 
meritato l'attenzione 
del 
legislatore 
innanzi 
tutto in 
quanto 
l'autorit� 
di 
farmacovigilanza 
non 
ha 
alcun 
potere 
di 
imporre 
alle 
aziende 
farmaceutiche 
le 
indicazioni 
da 
autorizzare 
per i 
farmaci 
di 
cui 
sono 
titolari. 
43. 
In linea 
generale, infatti, l'uso off-label 
risponde 
proprio all'esigenza 
di 
cura 
nei 
casi 
in 
cui, 
pur 
se 
esiste 
prova 
della 
sicurezza 
ed 
efficacia 
di 
un 
farmaco per una 
determinata 
indicazione, l'azienda 
non richiede 
l'estensione 
dell'autorizzazione 
a 
tale 
indicazione, oppure 
nei 
casi 
di 
patologie 
rare 
o per 
le 
quali 
sia 
comunque 
difficile 
individuare 
formulazioni 
adatte 
ai 
vari 
gruppi 
di 
et� 
dei 
pazienti, come 
accade 
ad esempio in pediatria 
("Study 
on off-iabel 
use 
of 
medicinal 
Products" 
eseguito su richiesta 
della 
Commissione 
Europea 
e pubblicato nel Febbraio 2017- gi� citato sub 35 - punto 1.1.2, pag. 16). 
44. 
In 
tale 
quadro, 
le 
(pur 
possibili) 
valutazioni 
di 
tipo 
economico, 
restano 
sempre 
subordinate 
ad una 
preventiva 
valutazione 
di 
carattere 
scientifico del 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


rapporto rischio-beneficio, nella 
cui 
definizione 
intervengono rigorose 
valutazioni 
scientifiche. 


45. 
Nel 
caso particolare 
di 
Avastin, si 
� 
visto sopra, al 
punto 9, con quale 
attenzione 
AlFA 
abbia 
individuato le 
condizioni 
per consentire 
tale 
utilizzo, 
conformemente 
a 
quanto 
previsto 
dall'art. 
4-bis 
cit., 
che 
fa 
esplicito 
riferimento 
a 
"ricerche 
condotte 
nell'ambito della comunit� medico-scientifica nazionale 
e 
internazionale", 
dunque 
a 
studi 
realizzati 
secondo 
criteri 
e 
metodologie 
globalmente 
utilizzati 
ed accettati 
nell'ambito della 
comunit� 
internazionale, secondo 
parametri 
di 
attendibilit� 
noti 
e 
condivisi, 
risultati 
d� 
ricerche 
pubblicate 
su riviste 
internazionali 
che, come 
tali, sottostanno ad un vaglio di 
qualit� 
secondo 
criteri predefiniti ed universalmente accettati. 
46. 
L'autorizzazione 
dell'uso off-label 
avviene 
sempre 
nel 
presupposto di 
verifiche 
scientifiche 
di 
tal 
genere, sulla 
base 
delle 
richieste 
che 
pervengono 
ad AIFA 
da 
parte 
di 
societ� 
scientifiche, associazioni 
di 
pazienti, dell'uso proveniente 
dalla 
pratica 
clinica 
nell'applicazione 
di 
linee 
guida 
indirizzate 
ai 
medici 
prescrittori, come 
prevede 
il 
Provvedimento del 
20 luglio 2000, recante 
"istituzione 
dell'elenco 
delle 
specialit� 
medicinali 
erogabili 
a 
totale 
carico 
del Servizio sanitario nazionale ai sensi della legge 648/96". 


47. 
Poich�, 
come 
si 
� 
detto, 
la 
prescrizione 
off-label 
di 
un 
medicinale, 
produce 
un 
innegabile 
effetto 
di 
ampliamento 
delle 
possibilit� 
di 
cura, 
da 
esso 
discende 
anche 
un 
ampliamento 
della 
concorrenza, 
con 
prevedibili 
ricadute 
positive 
analoghe 
a 
quelle 
che 
sono determinate 
dall'ingresso, sul 
mercato, di 
un nuovo prodotto autorizzato per le stesse indicazioni. 
48. 
Tutto 
ci� 
in 
un'ottica, 
come 
gi� 
osservato, 
di 
massima 
realizzazione 
del 
principio 
di 
universalit� 
dell'accesso 
alle 
terapie 
farmacologiche: 
tutti 
i 
pazienti 
hanno il 
diritto di 
accedere 
alle 
cure 
alle 
medesime 
condizioni; 
perci� 
si 
prevede, in casi 
specifici 
di 
indisponibilit� 
di 
terapie 
approvate 
per determinate 
indicazioni, la 
possibilit� 
di 
un trattamento non autorizzato, purch� 
attentamente 
valutato 
sotto 
il 
profilo 
dell'efficacia 
e 
della 
sicurezza, 
cos� 
da 
ampliare 
l'accesso alle 
cure 
senza 
possibilit� 
di 
esclusione 
per ragioni 
di 
tipo 
economico/sociale, specie 
in un quadro sempre 
pi� caratterizzato da 
risorse 
finanziarie limitate. 
49. 
Il 
mantenimento della 
rimborsabilit� 
per il 
solo farmaco autorizzato, 
con costi 
notevolmente 
pi� alti 
rispetto all'utilizzo off-label, potrebbe 
infatti 
determinare 
la 
necessit� 
di 
ricorrere 
a 
criteri 
di 
accesso stringenti, con conseguente 
riduzione del numero di pazienti trattati. 
50. 
Tutto ci� chiarito, va 
ad ogni 
buon fine 
sottolineato come 
il 
fenomeno 
della 
prescrizione 
off-label, ai 
sensi 
dell'art. 1, comma 
4-bis 
D.L. 536/1996, 
abbia 
comunque, 
in 
Italia, 
una 
dimensione 
decisamente 
limitata 
rispetto 
al 
volume 
del 
mercato 
dei 
farmaci 
in 
generale, 
come 
evidenziato 
dall'elenco 
seguente, 
in cui 
sono indicate 
le 
specialit� 
ricadenti 
nella 
previsione 
normativa 
in questione. 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


Medicinale 
Indicazione terapeutica 
�lista 648� 
Farmaco autorizzato in Italia 
per 
la 
stessa 
indicazione 
terapeutica 
Bevacizumab - Avastin 
Degenerazione 
maculare 
correlata 
all�et� (AMD) 
Lucentis - Ranimizumab 
Bosentan Trattamento 
ipertensione 
polmonare 
cronica 
di 
tromboembolica 
(IPCTE) 
inoperabile 
mediante 
intervento 
chirurgico 
di 
endoarteriectomia 
polmonare 
(EAP), 
IPCTE 
persistente 
dopo 
intervento 
chirugico 
di 
EAP 
inefficace 
o 
recidiva 
di 
IPCTE 
dopo 
intervento 
chirurgico di 
EAP 
efficace 
ma non ripetibile 
Adempas (riociguat) 
Misoprostolo sublinguale 
Rammollimento 
della 
cervice 
uterina 
per 
indicazione 
ostetrica 
o ginecologica 
Cervidil (gemeprost) 
Metronidazolo 
Trattamento 
delle 
forme 
lievi 
e 
moderate 
di 
infezione 
da 
clostridium 
difficile 
(CDI) 
limitatamente 
al 
primo 
episodio 
o 
alla 
prima 
recidiva 
(se 
della 
stessa 
gravit� 
del 
primo 
evento) 
Bevacizumab-Avastin 
(approvato 
in 
data 
18-20 
gennaio 
2017, 
ma 
non 
ancora 
inserito 
in 
lista 
perch� 
in 
attesa 
del 
registro 
di 
monitoraggio) 
Trattamento 
della 
compressione 
visiva 
dovuta 
a 
edema 
macurlare 
diabetico 
nei 
pazienti 
con 
acuit� 
visiva 
non 
minore di 20/40 
Lucentis - Ranimizumab 
Eylea (aflibercept) 
Metilfenidato 
Trattamento 
del 
disturbo 
da 
deficit 
dell�attenzione 
e 
iperattivit� 
(ADHD) 
negli 
adulti 
gi� 
in 
trattamento 
farmacologico 
prima 
del 
compimento 
del diciottesimo anno di et� 
Strattera (atomexetina) 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


51. 
Cos� 
inquadrata 
la 
tematica 
della 
prescrizione 
off-label 
e 
la 
finalit� 
del-
l'inserimento nella 
"lista 
648", si 
intende 
qui 
sottolineare 
come 
i 
quesiti 
sollevati 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
scontino 
un 
vizio 
prospettico 
di 
fondo 
(specie 
i 
primi 
due): 
il 
giudice 
d� 
infatti 
per assunto che 
la 
norma 
che 
permette 
l'inserimento 
in lista 
anche 
in presenza 
di 
alternative 
terapeutiche 
e 
con costo a 
carico 
del 
SSN 
comporti 
l'abbandono 
del 
tratto 
distintivo 
tipico 
dell'uso 
off-label, 
vale 
a 
dire 
la 
funzionalit� 
della 
prescrizione 
al 
caso 
singolo 
(art. 
5 
Dir. 
2001/83/CE), 
per 
trasformarlo 
in 
uno 
strumento 
"di 
massa", 
addirittura 
incentivato 
dalla 
norma 
ed avulso dalla 
considerazione 
delle 
esigenze 
terapeutiche 
del singolo paziente. 
52. 
Al 
contrario, 
la 
norma 
introdotta 
dal 
Decreto 
Lorenzin 
non 
ha 
innovato 
il 
quadro 
normativo 
preesistente 
in 
materia 
di 
autonomia 
prescrittiva 
e 
responsabilit� 
(disciplinare, civile 
e 
penale) del 
medico, come 
risultante 
dalla 
normativa 
indicata 
ai 
punti 
26-29 
che 
precedono: 
tali 
aspetti 
rimangono 
invariati, 
e 
la 
scelta 
della 
terapia 
off-label 
resta 
collegata 
ad una 
precisa 
opzione 
prescrittiva 
del 
medico curante, basata 
sulla 
valutazione 
clinica 
delle 
condizioni 
del 
paziente: 
la 
prescrizione 
di 
un medicinale 
off-label 
non � 
autorizzata, n� 
tanto 
meno - imposta 
o promossa 
dall'AIFA, bens� 
resta 
appannaggio del 
medico, 
cui 
incombono i 
consueti 
obblighi 
di 
informativa 
al 
paziente 
e 
di 
acquisizione 
del 
consenso 
informato, 
oltre 
al 
rispetto 
delle 
condizioni 
indicate 
nella 
Delibera 
AIFA di inserimento nella "lista 648". 
53. 
La 
circostanza 
che 
il 
farmaco prescritto off-label 
possa 
essere 
rimborsato 
dal 
SSN, insomma, non preclude 
n� 
limita 
la 
facolt� 
del 
medico prescrittore 
di preferire il farmaco autorizzato. 
54. 
Proprio 
perch� 
AIFA 
non 
interferisce 
sulla 
prescrizione, 
autorizzandola 
od imponendola, bens� 
solo sulla 
rimborsabilit� 
della 
prescrizione 
stessa, non 
si 
realizza 
alcuna 
interferenza 
n� 
con la 
normat�va 
europea 
in tema 
di 
AIC richiamata 
nel 
primo e 
nel 
quarto quesito, n� 
con quella 
che 
sancisce 
la 
competenza 
esclusiva 
dell'EMA 
per 
i 
medicinali 
oncologici 
richiamata 
nel 
terzo 
quesito. 
55. 
In 
sostanza, 
pu� 
concludersi 
che 
la 
possibilit� 
di 
prescrivere 
un 
farmaco 
off-label 
e, 
anche, 
in 
certi 
casi, 
di 
rimborsarlo 
a 
carico 
del 
SSN, 
non 
influisce 
in 
alcun 
modo 
sull'applicazione 
della 
normativa 
europea 
in 
tema 
di 
AIC; 
mentre 
una 
interpretazione 
restrittiva, 
che 
si 
traducesse 
nella 
pratica 
impossibilit� 
di 
ricorrere 
a 
tale 
tipo 
di 
prescrizioni 
anche 
nei 
casi 
in 
cui 
i 
medici 
le 
ritengano 
utili 
e 
appropriate 
al 
singolo 
paziente, 
si 
porrebbe 
in 
contrasto 
con 
il 
principio 
di 
proporzionalit� 
e 
con 
il 
diritto 
fondamentale 
alla 
salute 
riconosciuto 
dall'art. 
35 
della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
del-
l'Unione 
europea. 
A 
questo 
riguardo 
va 
sottolineato 
che 
il 
contenuto 
essenziale 
di 
tale 
diritto 
consiste 
testualmente 
nell'"ottenere 
cure 
mediche 
alle 
condizioni 
stabilite 
dalle 
legislazioni 
e 
prassi 
nazionali". 
Sicch� 
in 
linea 
di 
principio 
tali 
legislazioni 
e 
prassi, 
anche 
nella 
parte 
e 
nei 
casi 
in 
cui 
consen

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


tano 
prescrizioni 
off-label, 
vanno 
considerate 
compatibili 
con 
il 
diritto 
derivato 
UE. 


56. 
Il 
Consiglio di 
Stato si 
sofferma 
poi 
sulla 
questione 
se 
sia 
possibile 
invocare 
la 
cosiddetta 
"formula magistrale" 
di 
cui 
all'art. 3 n. 1 della 
Direttiva 
2001/83/CE, in un caso in cui 
- sebbene 
la 
prescrizione 
del 
farmaco sia 
per 
singolo paziente 
e 
la 
preparazione 
sia 
eseguita 
in farmacia 
- tuttavia 
ci� avvenga 
in 
modo 
seriale 
e 
ripetuto, 
senza 
tenere 
conto 
delle 
esigenze 
individuali 
del 
paziente, con dispensazione 
non gi� 
direttamente 
a 
quest'ultimo, bens� 
attraverso 
la struttura ospedaliera in cui egli � inserito. 
57. 
Per 
superare 
il 
dubbio 
del 
giudice 
remittente 
in 
relazione 
al 
prospettato 
utilizzo 
"seriale" 
della 
prescrizione 
off-label, 
baster� 
richiamare 
quanto 
gi� 
esposto al 
punto 52 che 
precede, circa 
il 
fatto che 
la 
prescrizione 
non pu� prescindere 
dalla 
valutazione 
da 
parte 
del 
medico della 
condizione 
del 
paziente, 
essendo invariato il 
regime 
della 
responsabilit� 
e 
dell'autonomia 
prescrittiva 
del 
medico 
medesimo. 
Non 
pu� 
esservi, 
insomma, 
prescrizione 
individuale 
che 
prescinda 
dalla 
considerazione 
delle 
esigenze 
individuali 
del 
paziente, ed 
� 
lo stesso Consiglio di 
Stato, del 
resto, ad ammettere 
- nel 
prospettare 
il 
quesito 
- che 
la 
prescrizione 
ha 
comunque 
ad oggetto una 
preparazione 
destinata 
ad un singolo paziente. 
58. 
Quanto, poi, al 
regime 
di 
dispensazione 
del 
farmaco, questo non ha 
a 
che 
vedere 
con una 
pretesa 
mancanza 
di 
considerazione 
delle 
esigenze 
specifiche 
del 
singolo, bens� 
opera 
sul 
piano - del 
tutto differente 
- del 
regime 
di 
fornitura 
ed utilizzo, a 
sua 
volta 
dipendente 
dalla 
classificazione 
del 
farmaco. 
59. 
In 
particolare, 
Avastin 
� 
un 
farmaco 
di 
classe 
H-oSP: 
tale 
classifica 
comporta 
che 
il 
medicinale, per le 
sue 
caratteristiche 
o per l'innovativit�, le 
modalit� 
di 
somministrazione 
o per altre 
ragioni 
di 
salute 
pubblica, possa 
essere 
utilizzato esclusivamente 
in ambiente 
ospedaliero o in strutture 
assimilabili, 
come 
prevede 
l�art. 
92 
del 
D. 
Lgs. 
24 
aprile 
2006 
n. 
219 
(Attuazione 
della 
direttiva 
2001/83/CE 
contenente 
il 
Codice 
Comunitario concernente 
i 
medicinali 
per uso umano): 
"i medicinali 
utilizzabili 
esclusivamente 
in ambiente 
ospedaliero 
sono 
i 
medicinali 
che, 
per 
le 
caratteristiche 
farmacologiche, 
o 
per 
innovativit�, per 
modalit� di 
somministrazione 
o per 
altri 
motivi 
di 
tutela 
della 
salute 
pubblica, 
non 
possono 
essere 
utilizzati 
in 
condizioni 
di 
sufficiente 
sicurezza al di fuori di strutture ospedaliere. 
Tenuto 
conto 
delle 
caratteristiche 
dei 
medicinali, 
l'aiFa 
pu� 
stabilire 
che 
l'uso 
dei 
medicinali 
previsti 
dal 
comma 1 � 
limitato a taluni 
centri 
ospedalieri 
o, 
invece, � ammesso anche nelle strutture di ricovero a carattere privato. 
i medicinali 
disciplinati 
dal 
presente 
articolo devono recare 
sull'imballaggio 
esterno 
o, 
in 
mancanza 
di 
questo, 
sul 
confezionamento 
primario 
le 
frasi. 
�Uso 
riservato agli 
ospedali. Vietata la vendita al 
pubblico�. Nelle 
ipotesi 
previste 
dal 
comma 2 la prima frase 
� 
modificata in rapporto all'impiego autorizzato 
del medicinale. 

RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


i medicinali 
disciplinati 
dal 
presente 
articolo sono forniti 
dai 
produttori 
e 
dai 
grossisti 
direttamente 
alle 
strutture 
autorizzate 
a impiegarli 
o agli 
enti 
da cui 
queste dipendono". 


60. 
� 
ben 
diverso 
il 
caso 
di 
quei 
farmaci 
che 
sono 
inseriti 
nella 
classe 
USPL, 
per 
la 
dispensazione 
in 
ambito 
ambulatoriale 
da 
parte 
dello 
specialista, 
disciplinati dall'art. 94 dello stesso D. Lgs. 24 aprile 2006 n. 219: 
"1. 
i 
medicinali 
utilizzabili 
esclusivamente 
dallo 
specialista 
in 
ambulatorio 
sono i 
medicinali 
che, per 
loro caratteristiche 
farmacologiche 
e 
modalit� di 
impiego, sono destinati 
ad essere 
utilizzati 
direttamente 
dallo specialista durante 
la visita ambulatoriale. 
Lo specialista pu� utilizzare 
un medicinale 
di 
cui 
al 
comma 1 presso il 
domicilio 
del 
paziente, soltanto se 
la somministrazione 
dello stesso non necessita 
di particolari attrezzature ambulatoriali. 
i medicinali 
disciplinati 
dal 
presente 
articolo devono recare 
sull'imballaggio 
esterno 
o, 
in 
mancanza 
di 
questo, 
sul 
confezionamento 
primario 
le 
frasi: 
�Uso 
riservato 
a...�, 
con 
specificazione 
dello 
specialista 
autorizzato 
all'impiego 
del 
medicinale, e �Vietatala vendita al pubblico�. 
i medicinali 
disciplinati 
dal 
presente 
articolo possono essere 
forniti 
dai 
produttori 
e 
dai 
grossisti 
direttamente 
agli 
specialisti 
autorizzati 
ad impiegarli". 


61. 
Parimenti 
indifferente 
rispetto 
alla 
problematica 
posta 
dal 
giudice 
a 
quo 
(compatibilit� 
dell'uso 
off-label 
con 
la 
disciplina 
della 
"formula 
magistrale") 
� 
la 
circostanza, 
pure 
valorizzata 
nel 
quesito, 
che 
l'utilizzazione 
finale 
del 
medicinale 
allestito in siringa 
monodose 
possa 
avvenire 
in una 
struttura 
anche 
diversa 
da 
quella 
in 
cui 
� 
stato 
operato 
il 
confezionamento: 
anche 
in 
questo 
caso, 
si 
tratta 
di 
una 
circostanza 
operante 
su 
un 
piano 
differente 
rispetto 
alla 
necessit� 
che 
la 
formula 
magistrale 
sia 
preparata 
in farmacia 
sulla 
base 
di 
una prescrizione destinata ad un determinato paziente. 
62. 
Si 
� 
gi� 
ricordato che, per l'uso off-label, Avastin necessita 
di 
un frazionamento 
di 
elevata 
complessit�, volto a 
ricavare 
pi� dosi 
per l'uso intravitreale 
da 
ogni 
flaconcino, 
il 
che 
comporta 
l'esigenza 
che 
sia 
assolutamente 
garantita 
la 
sterilit� 
dell'operazione. In particolare, nella 
specie, non solo interessa 
la 
sterilit� 
del 
confezionamento 
in 
siringhe 
monouso, 
ma 
anche 
la 
massima 
prossimit� 
spazio-temporale 
dell'iniezione 
nel 
bulbo 
oculare 
del 
paziente 
rispetto 
all'allestimento 
del 
prodotto, 
prossimit� 
necessaria 
per 
il 
rispetto 
di 
quanto indicato nel 
Riassunto delle 
Caratteristiche 
del 
Prodotto (RCP) circa 
la stabilit� dello stesso. 
63. 
� 
per questo che 
le 
Delibere 
AIFA 
662/2014 e 
79/2015 hanno stabilito 
che 
il 
confezionamento 
in 
monodose 
per 
l'uso 
intravitreale 
sia 
effettuato 
esclusivamente 
dalle 
farmacie 
in 
possesso 
dei 
requisiti 
necessari 
e 
nel 
rispetto 
delle 
Norme 
di 
Buona 
Preparazione, 
e 
che 
la 
successiva 
somministrazione 
sia 
riservata 
a centri oculistici ad alta specializzazione individuati dalle Regioni. 
64. 
Il 
fatto che 
l'allestimento possa 
non avvenire 
nello stesso luogo della 

CoNTENzIoSo 
CoMUNITARIo 
ED 
INTERNAzIoNALE 


somministrazione 
non � 
dunque 
significativo ai 
fini 
della 
risposta 
al 
quesito, 
in quanto fa 
parte 
delle 
prescrizioni 
tecniche 
necessarie 
e 
sufficienti 
alla 
sicurezza 
dell'uso off-label 
di 
un farmaco comunque 
destinato, per le 
specificit� 
che lo caratterizzano, necessariamente all'uso ospedaliero. 


65. 
Il 
Governo 
italiano 
propone 
pertanto 
di 
rispondere 
ai 
quesiti 
come 
segue: 
Quanto al primo quesito: 


"Le 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
Direttiva 
2001/83/CE, come 
successivamente 
modificata, 
e 
segnatamente 
gli 
articoli 
5 
e 
6, 
in 
relazione 
anche 
al 
secondo 
considerando 
della 
direttiva 
stessa, non ostano all'applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
che, 
al 
fine 
di 
perseguire 
finalit� 
di 
contenimento 
di 
spesa, 
incentivi 
(rectius, consenta), attraverso l'inclusione 
nella 
lista 
dei 
medicinali 
rimborsabili 
dal 
servizio sanitario nazionale, l'utilizzazione 
di 
un farmaco al 
di 
fuori 
della 
indicazione 
terapeutica 
autorizzata 
nei 
confronti 
della 
generalit� 
dei 
pazienti, 
nonostante 
l'esistenza 
e 
la 
disponibilit� 
sul 
mercato di 
farmaci 
autorizzati 
per la specifica indicazione terapeutica"; 


Quanto al secondo quesito: 


"L'art. 3 n. 1 della 
Direttiva 
2001/83/CE 
(formula 
magistrale), pu� applicarsi 
nel 
caso 
in 
cui 
la 
preparazione 
del 
prodotto 
farmaceutico, 
eseguita 
in 
farmacia 
sulla 
base 
di 
una 
prescrizione 
medica 
destinata 
ad un singolo paziente, 
sia 
comunque 
effettuata 
serialmente, in modo eguale 
e 
ripetuto, con dispensazione 
del 
prodotto 
alla 
struttura 
ospedaliera 
e 
non 
al 
paziente 
(tenuto 
conto 
che 
il 
farmaco � 
classificato in classe 
H-oSP) e 
con utilizzazione 
in una 
struttura 
anche diversa da quella in cui � stato operato il confezionamento"; 


Quanto al terzo quesito: 


"Le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
Regolamento (CE) n. 726/2004, come 
successivamente 
modificato, e 
segnatamente 
gli 
articoli 
3, 25 e 
26, nonch� 
l'allegato, 
che 
assegnano 
all'Agenzia 
europea 
per 
i 
medicinali 
(EMA) 
la 
competenza 
esclusiva 
a 
valutare 
i 
profili 
di 
qualit�, sicurezza 
ed efficacia 
dei 
medicinali 
aventi 
come 
indicazione 
terapeutica 
il 
trattamento di 
patologie 
oncologiche, 
sia 
nell'ambito della 
procedura 
di 
rilascio dell'autorizzazione 
all'immissione 
in commercio (Procedura 
centralizzata 
obbligatoria), sia 
al 
fine 
del 
monitoraggio 
e 
del 
coordinamento 
delle 
azioni 
di 
farmacovigilanza 
successive 
all'immissione 
del 
farmaco 
sul 
mercato, 
non 
ostano 
all'applicazione 
di 
una 
legge 
nazionale 
che 
riservi 
all'autorit� 
regolatoria 
nazionale 
(AlFA) la 
competenza 
ad 
assumere 
determinazioni 
in 
merito 
ai 
profili 
di 
sicurezza 
dei 
medicinali, 
connessi 
al 
loro uso off-label, la 
cui 
autorizzazione 
rientra 
nella 
competenza 
esclusiva 
della 
Commissione 
Europea, 
in 
considerazione 
delle 
valutazioni 
tecnico 
scientifiche effettuate dall'Agenzia europea per i medicinali (EMA)"; 


Quanto al quarto quesito: 


"Le 
disposizioni 
di 
cui 
alla 
Direttiva 
89/105/CEE, come 
successivamente 
modificata, e 
segnatamente 
l'art. 1 par. 3), non ostano all'applicazione 
di 
una 



RASSEGNA 
AvvoCATURA 
DELLo 
STATo - N. 1/2018 


legge 
nazionale 
che 
consenta 
allo 
Stato 
membro, nell'ambito 
delle 
proprie 
decisioni 
in 
materia 
di 
rimborsabilit� 
delle 
spese 
sanitarie 
sostenute 
dall'assistito, 
di 
prevedere 
la 
rimborsabilita 
di 
un farmaco utilizzato al 
di 
fuori 
delle 
indicazioni 
terapeutiche 
precisate 
nell'autorizzazione 
all'immissione 
in commercio 
rilasciata 
dalla 
Commissione 
Europea, 
o 
da 
un'Agenzia 
specializzata 
europea, 
all'esito 
di 
una 
procedura 
di 
valutazione 
centralizzata, 
senza 
che 
ricorrano 
i 
requisiti previsti dagli artt. 3 e 5 della direttiva 2001/83/CE". 


Paolo Gentili 


Marina Russo 


Avvocati dello Stato 



Contenziosonazionale
Questioni aperte a seguito di Corte Costituzionale 
22/18 in materia di revoca delle patenti di guida 


Uno 
scambio 
di 
email 
sU 
corte 
costitUzionale, sentenza 
9 febbraio 
2018 n. 22; 
tar lombardia 
- brescia, sez. i, sentenza 
26 marzo 
2018 n. 343 


Da: Lionello Orcali [mailto:lionello.orcali@avvocaturastato.it] 
Inviato: luned� 19 febbraio 2018 10:22 


A: 
Avvocati_tutti <Avvocati_tutti@avvocaturastato.it> 
Oggetto: 
Qualche 
interrogativo a 
seguito di 
C. Cost. 22/18 in materia 
di 
revoca 
delle 
patenti 
di guida. 
La 
pronuncia 
della 
Corte 
Cost. 
sembrerebbe 
decisamente 
modificare 
il 
sistema 
in 
punto 
di 
giurisdizione, 
posto 
che, 
venendo 
meno 
la 
natura 
vincolata 
della 
revoca, 
essa, 
alla 
luce 
della 
costante 
giurisprudenza 
delle 
SS.UU., 
dovrebbe 
essere 
attribuita 
al 
giudice 
amministrativo. 
Non 
osta 
a 
tale 
conclusione, 
in 
relazione 
alle 
cause 
pendenti, 
l�art. 
5 
del 
codice 
di 
procedura 
civile, 
ritenuto 
inapplicabile 
�� 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
mutamento 
dello 
stato 
di 
diritto 


o 
di 
fatto 
comporti, 
invece, 
l'attribuzione 
della 
giurisdizione 
al 
giudice 
che 
ne 
era 
privo 
al 
momento 
della 
proposizione 
della 
domanda� 
(Cass. 
civ. 
Sez. 
Unite, 
13 
settembre 
2005, 
n. 
18126; 
nello 
stesso 
senso 
Cass. 
civ. 
Sez. 
II, 
8 
ottobre 
2014, 
n. 
21221; 
giurisprudenza 
pacifica). 
E 
salvo 
esaminare 
le 
complicazioni 
che 
potrebbero 
verificarsi 
avanti 
al 
giudice 
civile 
presso 
il 
quale 
la 
causa 
fosse 
stata 
riassunta 
a 
seguito 
di 
pronuncia 
del 
G.A. 
dichiarativa 
della 
carenza 
di 
giurisdizione, 
in 
relazione 
alla 
possibilit� 
ed 
ai 
tempi 
del-
l�eventuale 
conflitto. 
Peraltro, sussistono aspetti 
di 
tale 
sentenza 
che 
fanno sorgere 
talune 
perplessit�. 
Si deve infatti considerare: 


- che viene ivi espressamente riaffermata la giurisdizione dell�A.g.o.; 
-che, in base 
a 
tale 
considerazione, viene 
dichiarata 
inammissibile 
la 
qlc 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


proposta 
dal 
Tar Friuli, ed ammissibile 
quella 
proposta 
dal 
Tribunale 
di 
Genova; 


-che, 
quindi, 
ove 
si 
applicassero 
i 
principi 
affermati 
dalle 
SS.UU., 
avverrebbe 
che, 
a 
seguito 
della 
rimessione 
della 
questione 
da 
parte 
di 
un 
Tribunale, 
ritenuta 
ammissibile 
proprio 
in 
base 
a 
considerazioni 
relative 
alla 
giurisdizione, 
tale 
Tribunale 
(come 
tutti 
gli 
altri) 
non 
potrebbe 
fare 
concreta 
applicazione 
della 
norma 
modificata 
dall�intervento 
della 
Corte 
Cost., 
talch� 
la 
questione, 
in 
contrasto 
con 
le 
norme 
ed 
i 
principi 
che 
regolano 
la 
rimessione 
delle 
questioni 
e 
la 
valutazione 
della 
loro 
ammissibilit�, 
dovrebbe 
essere 
ex 
post 
considerata 
irrilevante 
in 
quel 
giudizio; 
e 
dovrebbe 
invece 
essere 
concretamente 
applicata, 
e 
sarebbe 
quindi 
manifestamente 
rilevante, 
proprio 
nel 
giudizio 
avanti 
al 
Tar 
la 
cui 
qlc 
� 
stata 
ritenuta 
inammissibile 
per 
difetto 
di 
rilevanza. 


Suppongo che 
si 
debba 
comunque 
arrivare 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo 
in 
materia, 
ma 
il 
percorso, 
per 
quanto 
ho 
inteso, 
non 
mi 
sembra 
del tutto lineare. 


O mi � sfuggito qualche aspetto? 


avv. lionello orcali 
avvocatura dello stato di brescia 


Da: 
Angelo Nicotra [mailto:angelo.nicotra@avvocaturastato.it] 
Inviato: marted� 27 marzo 2018 18:21 


A: 
'Montagnoli 
Riccardo' 
<riccardo.montagnoli@avvocaturastato.it>; 
'Orcali 
Lionello' 
<lionello.
orcali@avvocaturastato.it>; 'Avvocati_tutti' <Avvocati_tutti@avvocaturastato.it> 
Oggetto: 
R: 
Qualche 
interrogativo 
a 
seguito 
di 
C. 
Cost. 
22/18 
in 
materia 
di 
revoca 
delle 
patenti 
di guida. 
Riprendendo 
la 
discussione 
sulle 
conseguenze 
della 
Corte 
Costituzionale 
22/18 
in 
tema 
di 
revoca 
della 
patente 
ex 
art. 
120 
c.d.s., 
Vi 
chiedo 
se, 
tra 
le 
tante 
A.G. d�Italia, qualcuna 
si 
sia 
pronunciata, a 
valle 
della 
sentenza 
costituzionale, 
a favore della Giurisdizione amministrativa sulla materia. 


Il 
Tribunale 
di 
Milano 
(ma 
ho 
notizie 
anche 
di 
quello 
di 
Cagliari) 
si 
� 
espresso a 
favore 
della 
Giurisdizione 
ordinaria, con diverse 
pronunce, a 
mio 
modesto avviso, criticabili in diritto. 

Qualche materiale utile? 


avv. angelo nicotra 
avvocatura dello stato di milano 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Da: Francesco Triolo [mailto:francesco.triolo@avvocaturastato.it] 
Inviato: 
Wednesday 28 March 2018 17:09 


A: 
'Angelo 
Nicotra' 
<angelo.nicotra@avvocaturastato.it>; 
'Montagnoli 
Riccardo' 
<riccardo.montagnoli@avvocaturastato.it>; 
'Orcali 
Lionello' 
<lionello.orcali@avvocaturastato.
it>; 'Avvocati_tutti' <Avvocati_tutti@avvocaturastato.it> 
Oggetto: 
R: 
Qualche 
interrogativo 
a 
seguito 
di 
C. 
Cost. 
22/18 
in 
materia 
di 
revoca 
delle 
patenti 
di guida. 
Mi 
sembra 
che 
la 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale, nella 
parte 
in cui 
afferma 
l�illegittimit� 
dell�automatismo, 
e, 
dunque 
postula 
l�esercizio 
di 
un 
potere 
discrezionale 
del 
prefetto, 
non 
lasci 
dubbi 
sulla 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo. 


Non 
mi 
pare 
che 
il 
fatto 
che 
la 
Corte 
si 
sia 
pronunciata 
sulla 
questione 
sollevata 
dal 
Tribunale 
di 
Genova 
determini 
la 
implicita 
affermazione 
della 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario, 
posto 
che 
essa 
era 
sussistente 
fino 
al 
momento 
in 
cui 
l�automatismo 
non 
� 
stato 
dichiarato 
costituzionalmente 
illegittimo. 


La 
questione 
della 
giurisdizione 
� 
quindi 
strettamente 
connessa 
a 
quella 
della ragionevolezza dell�automatismo. 


Per 
le 
stesse 
ragioni, 
mi 
sembra 
che 
debba 
continuare 
ad 
essere 
affermata 
la 
giurisdizione 
del 
Giudice 
ordinario 
per 
tutte 
le 
altre 
ipotesi 
non 
investite 
dalla 
pronuncia 
di 
illegittimit� 
costituzionale, 
che 
espressamente 
concerne 
solo la 
revoca 
in presenza 
di 
condanne 
per i 
reati 
previsti 
dagli 
artt. 73 e 
74, 
DPR 309/90. 


Per tutte 
le 
altre 
ipotesi, la 
natura 
vincolata 
del 
provvedimento di 
revoca 
(proprio per effetto della 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale) rimane, per lo 
meno fino a 
nuova 
pronuncia 
di 
incostituzionalit� 
anche 
su di 
esse 
(in questo 
caso 
per� 
non 
varrebbe 
pi� 
il 
tertium 
comparationis 
dell�art. 
85, 
DPR 
309/90). 


avv. francesco triolo 
avvocatura dello stato di reggio calabria 


Da: Lionello Orcali <lionello.orcali@avvocaturastato.it> 
Inviato: venerd� 30 marzo 2018 10:50 


A: 
Triolo Francesco; Nicotra 
Angelo; Montagnoli Riccardo; 
Avvocati_tutti 
Oggetto: 
R: 
Qualche 
interrogativo 
a 
seguito 
di 
C. 
Cost. 
22/18 
in 
materia 
di 
revoca 
delle 
patenti 
di guida. 
Vi 
allego una 
recentissima 
sentenza 
del 
Tar Brescia, che 
dichiara 
la 
giurisdizione 
del G.A., e annulla, in relazione a ricorso del 2015. 


avv. lionello orcali 
avvocatura dello stato di brescia 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Corte costituzionale, sentenza 9 febbraio 2018 n. 22 
-Pres. Lattanzi, red. Morelli. 
Norme 
impugnate: 
Art. 120, c. 1� 
e 
2�, del 
decreto legislativo 30 aprile 
1992, n. 285 (Nuovo 
codice 
della 
Strada), come 
sostituito dall�art. 3, c. 52�, lett. a), della 
legge 
15 luglio 2009, n. 
94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica). 


(omissis) 
considerato in diritto 


1.� L�art. 120 del 
decreto legislativo 30 aprile 
1992, n. 285 (Nuovo codice 
della 
strada), 
come 
sostituito 
dall�art. 
3, 
comma 
52, 
lettera 
a), 
della 
legge 
15 
luglio 
2009, 
n. 
94 
(Disposizioni 
in materia 
di 
sicurezza 
pubblica), sotto la 
rubrica 
�Requisiti 
morali 
per ottenere 
il 
rilascio dei 
titoli abilitativi di cui all�art. 116�, nei suoi commi 1, 2 e 3, cos� testualmente dispone: 


�1. Non possono conseguire 
la 
patente 
di 
guida 
i 
delinquenti 
abituali, professionali 
o 
per tendenza 
e 
coloro che 
sono o sono stati 
sottoposti 
a 
misure 
di 
sicurezza 
personali 
[�], le 
persone 
condannate 
per i 
reati 
[in materia 
di 
stupefacenti] di 
cui 
agli 
artt. 73 e 
74 del 
testo 
unico di 
cui 
al 
decreto del 
Presidente 
della 
Repubblica 
9 ottobre 
1990, n. 309, fatti 
salvi 
gli 
effetti di provvedimenti riabilitativi [�]�; 
�2. [�] se 
le 
condizioni 
soggettive 
indicate 
al 
primo periodo del 
comma 
1 del 
presente 
articolo intervengono in data 
successiva 
al 
rilascio, il 
prefetto provvede 
alla 
revoca 
della 
patente 
di 
guida. La 
revoca 
non pu� essere 
disposta 
se 
sono trascorsi 
pi� di 
tre 
anni 
dalla 
data 
[�] 
del 
passaggio 
in 
giudicato 
della 
sentenza 
di 
condanna 
per 
i 
reati 
indicati 
al 
primo 
periodo 
del medesimo comma 1�; 
�3. [l]a 
persona 
destinataria 
del 
provvedimento di 
revoca 
di 
cui 
al 
comma 
2 non pu� 
conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni�. 
2.. Le 
tre 
ordinanze, di 
cui 
si 
� 
in narrativa 
detto, convergono nel 
denunciare, per contrasto 
con i 
parametri 
costituzionali 
in esse 
rispettivamente 
evocati, la 
disposizione 
di 
cui 
al 
comma 
2, in correlazione 
al 
precedente 
comma 
1, dell�art. 120 del 
codice 
della 
strada, con 
specifico ed esclusivo riguardo alla 
revoca 
della 
patente 
di 
guida 
che 
consegua 
a 
condanna 
per reati 
in materia 
di 
stupefacenti. E, per tale 
comunanza 
di 
oggetto, possono riunirsi, per 
essere decise con unica sentenza. 

3.. 
Preliminarmente, 
va 
per� 
dichiarata 
la 
manifesta 
inammissibilit� 
della 
questione 
sollevata 
dal 
Tribunale 
amministrativo 
regionale 
per 
il 
Friuli-Venezia 
Giulia 
(r.o. 
n. 
20 
del 
2016). Ci� in quanto detto giudice difetta ictu oculi di giurisdizione. 

Per risalente 
e 
consolidata 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
cassazione, giudice 
regolatore 
della 
giurisdizione, 
i 
provvedimenti 
adottati 
ai 
sensi 
dell�art. 
120 
cod. 
strada 
(incidenti 
su 
diritti 
soggettivi 
non degradabili 
ad interessi 
legittimi 
per effetto della 
loro adozione, n� 
inerenti 
a 
materia 
riconducibile 
alla 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo) sono riservati, 
infatti, 
alla 
cognizione 
del 
giudice 
ordinario 
(ex 
multis, 
sezioni 
unite, 
sentenze 
14 
maggio 
2014, 
n. 
10406; 
6 
febbraio 
2006, 
n. 
2446; 
e, 
analogamente 
in 
tema 
di 
sospensione 
della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 1996, n. 6232). 

E 
rispetto 
a 
tale 
univoco 
orientamento, 
il 
rimettente 
non 
spende 
alcuna 
-sia 
pur 
solo 
�non implausibile� 
- motivazione, per prospettarne 
la 
superabilit�, a 
sostegno della 
sua 
(pertanto 
manifestamente 
non sussistente) legittimazione 
a 
sollevare, come 
giudice 
a 
quo, la 
questione 
suddetta. 

4.. Anche 
le 
questioni 
sollevate 
dal 
giudice 
monocratico del 
Tribunale 
ordinario di 
Genova 
(r.o. n. 97 del 2017), sono manifestamente inammissibili. 
Prive 
di 
rilevanza 
- nel 
giudizio a 
quo avente, come 
detto, ad oggetto un provvedimento 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


di 
revoca 
della 
patente 
di 
guida 
- sono, infatti, le 
questioni 
relative 
ad asseriti 
(non pertinenti) 
profili 
di 
deteriore 
trattamento dei 
soggetti 
che 
intendano conseguire, per la 
prima 
volta, il 
titolo 
abilitativo. Sono poi 
carenti 
della 
descrizione 
della 
fattispecie 
concreta, ai 
fini 
della 
motivazione 
sulla 
rilevanza, 
le 
questioni 
che 
il 
rimettente 
dichiara 
di 
far 
proprie, 
mutuandole 
dalle 
precedenti 
ordinanze 
di 
altri 
giudici, 
cui 
all�uopo 
rinvia. 
E, 
comunque, 
tutte 
le 
(non 
sempre 
chiaramente) 
adombrate 
questioni 
risultano 
aggregate 
in 
dispositivo, 
ma 
senza 
indicazione 
alcuna dei parametri di rispettivo riferimento. 

5.. La 
sola 
ordinanza 
(r.o. n. 210 del 
2016) del 
Tribunale 
ordinario di 
Genova, in composizione 
collegiale, supera, dunque, il vaglio di ammissibilit� delle questioni sollevate. 

Il thema decidendum segnato da detta ordinanza ha, come detto, un duplice oggetto. 

5.1.. Per un verso il 
rimettente 
denuncia, infatti, il 
combinato disposto dei 
commi 
1 e 
2 del 
novellato art. 120 cod. strada, nella 
parte 
in cui 
ne 
conseguirebbe 
la 
revocabilit� 
della 
patente 
di 
guida, anche 
in via 
retroattiva, in correlazione 
a 
condanne 
bens� 
successive 
all�entrata 
in vigore 
della 
novella 
del 
2009, ma 
concernenti 
reati 
(in materia 
di 
stupefacenti) commessi 
(come 
nella 
specie) anteriormente 
a 
tale 
data; 
e 
ne 
prospetta 
il 
contrasto con gli 
artt. 11 
e 
117, primo comma, della 
Costituzione, in relazione 
all�art. 7 della 
Convenzione 
per la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell�uomo e 
delle 
libert� 
fondamentali 
(CEDU), firmata 
a 
Roma 
il 
4 novembre 
1950, 
ratificata 
e 
resa 
esecutiva 
con 
legge 
4 
agosto 
1955, 
n. 
848, 
per 
lesione 
del 
principio di 
irretroattivit� 
delle 
sanzioni 
sostanzialmente 
penali 
sancito dalla 
evocata 
norma 
convenzionale, come interpretata dalla Corte di Strasburgo. 

5.2.. 
Sotto 
altro 
e 
pi� 
generale 
profilo, 
dubita 
poi 
lo 
stesso 
giudice 
che 
l��automatismo� 
della 
revoca 
del 
titolo di 
guida, che 
la 
normativa 
censurata 
direttamente 
ricollega 
ad intervenuta 
condanna 
per 
i 
reati 
in 
questione, 
violi 
gli 
artt. 
3, 
16, 
25 
e 
111 
Cost., 
per 
essere 
connotato 
da 
�profili 
di 
irragionevolezza 
e 
di 
conseguente 
disparit� 
di 
trattamento�, rilevanti 
�oltre 
che 
per l�incidenza 
sulla 
libert� 
personale 
e 
sulla 
libert� 
di 
circolazione 
[�] anche 
dal 
punto di 
vista della sottrazione del soggetto al giudice naturale e ad un giusto processo�. 

E, in relazione 
a 
tale 
secondo profilo, il 
Tribunale 
ordinario di 
Genova 
sottolinea 
le 
rilevanti 
�conseguenze 
negative� 
che 
-per 
la 
ricorrente 
(la 
quale, 
da 
sola, 
�deve 
accompagnare 
presso istituti 
dislocati 
in luoghi 
diversi 
le 
tre 
figlie 
minori, una 
delle 
quali 
con problemi 
di 
salute 
che 
comportano un periodico monitoraggio ospedaliero�) - avrebbe 
la 
revoca 
della 
patente, 
disposta 
a 
ben 
otto 
anni 
di 
distanza 
dalla 
commissione 
del 
reato 
di 
cui 
all�art. 
73, 
comma 
5, del 
decreto del 
Presidente 
della 
Repubblica 
9 ottobre 
1990, n. 309 (Testo unico delle 
leggi 
in materia 
di 
disciplina 
degli 
stupefacenti 
e 
sostanze 
psicotrope, prevenzione, cura 
e 
riabilitazione 
dei 
relativi 
stati 
di 
tossicodipendenza), fatto lieve, in relazione 
al 
quale 
il 
giudice 
penale 
aveva 
ritenuto di 
non disporre 
il 
ritiro del 
titolo di 
guida 
ex art. 85 del 
medesimo d.P.R. 


n. 309 del 1990. 
6.. Nell�incipit 
del 
percorso argomentativo relativo alla 
prima 
delle 
due 
cos� 
sollevate 
questioni, 
il 
Tribunale 
ordinario 
di 
Genova 
muove 
dalla 
considerazione 
che 
la 
�sanzione 
della 
revoca�, 
di 
cui 
al 
censurato 
art. 
120 
cod. 
strada, 
non 
abbia 
�carattere 
penale� 
nell�ordinamento 
interno (e 
non chiami 
per ci� in gioco i 
principi 
di 
cui 
all�art. 25, secondo comma, Cost.); 
ma 
si 
pone 
poi 
il 
quesito - cui 
d� 
risposta 
affermativa 
- �se 
la 
revoca 
sia 
una 
vera 
e 
propria 
sanzione 
in senso sostanziale� alla 
stregua 
dei 
cosiddetti 
�Engel 
criteria�, enucleabili 
dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
europea 
dei 
diritti 
dell�uomo. 
Dal 
che 
l�evocazione 
del 
parametro 
interposto di 
cui 
all�art. 7 della 
CEDU, ai 
fini 
della 
denunciata 
violazione 
dell�art. 117, primo 
comma, Cost., e 
dell�art. 11 Cost., quest�ultimo impropriamente 
per� richiamato (sentenze 
n. 
210 del 2013 e n. 80 del 2011). 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


6.1.. La 
natura 
di 
�sanzione� della 
revoca 
della 
patente, qui 
in esame, � 
per� erroneamente 
presupposta dal rimettente. 

Come 
pi� 
volte 
ribadito 
dalla 
Corte 
di 
legittimit� 
(per 
tutte, 
sezioni 
unite 
civili, 
sentenza 
14 maggio 2014, n. 10406; 
sezione 
seconda 
civile, ordinanza 
4 novembre 
2010, n. 22491), la 
revoca 
della 
patente, nei 
casi 
previsti 
dall�art. 120 in esame, non ha 
natura 
sanzionatoria, n� 
costituisce 
conseguenza 
accessoria 
della 
violazione 
di 
una 
disposizione 
in 
tema 
di 
circolazione 
stradale, 
ma 
rappresenta 
la 
constatazione 
dell�insussistenza 
(sopravvenuta) 
dei 
�requisiti 
morali
� prescritti per il conseguimento di quel titolo di abilitazione. 

Vale 
a 
dire 
che, 
diversamente 
dal 
�ritiro� 
della 
patente 
disposto 
dal 
giudice 
penale 
ai 
sensi 
dell�art. 
85 
del 
d.P.R. 
n. 
309 
del 
1990, 
la 
�revoca� 
del 
titolo 
in 
via 
amministrativa, 
di 
cui 
alla 
disposizione 
censurata, 
non 
risponde 
ad 
una 
funzione 
punitiva, 
retributiva 
o 
dissuasiva 
dalla 
commissione 
di 
illeciti 
e 
trova, 
viceversa, 
la 
sua 
ratio 
nell�individuazione 
di 
un 
perimetro 
di 
affidabilit� 
morale 
del 
soggetto, 
cui 
� 
rilasciata 
la 
patente 
di 
guida, 
e 
nella 
selezione 
di 
ipotesi 
in 
presenza 
delle 
quali 
tale 
affidabilit� 
viene 
meno. 
Per 
cui 
quelli 
che 
vengono, 
nel 
nostro 
caso, 
in 
rilievo 
sono, 
appunto, 
solo 
effetti 
riflessi 
della 
condanna 
penale, 
in 
settori 
ordinamentali 
diversi 
da 
quello 
cui 
� 
affidata 
la 
funzione 
repressiva 
degli 
illeciti 
con 
le 
misure 
afflittive 
al 
riguardo 
previste. 


Esclusa 
cos�, in radice, la 
natura 
sanzionatoria 
della 
revoca 
in via 
amministrativa 
della 
patente, 
risulta 
non 
pertinente 
l�evocazione 
della 
giurisprudenza 
della 
Corte 
europea 
sui 
criteri 
per 
l�attribuibilit� 
di 
natura 
sostanzialmente 
penale 
a 
�sanzioni� 
non 
formalmente 
tali. 
Mentre 


-nella 
logica 
(appunto non punitiva 
ma 
individuativa 
delle 
condizioni 
soggettive 
ostative 
al 
conseguimento o al 
mantenimento del 
permesso di 
guida) che 
ispira 
la 
novella 
del 
2009 - la 
revoca 
della 
patente 
anche 
per reati, in materia 
di 
stupefacenti, commessi 
anteriormente 
alla 
entrata 
in vigore 
della 
disposizione 
impugnata, per i 
quali 
la 
condanna 
sia 
per� comunque 
intervenuta 
dopo 
tale 
data, 
attiene 
al 
piano 
degli 
effetti 
riconducibili 
all�applicazione 
ratione 
temporis della norma stessa. 
Dal che la non fondatezza della questione sin qui esaminata. 

7.. La 
seconda 
questione 
- relativa 
all�automatismo della 
revoca 
della 
patente, da 
parte 
dell�autorit� 
amministrativa, in caso di 
sopravvenuta 
condanna 
del 
suo titolare, per reati 
in 
materia 
di 
stupefacenti 
- �, invece, fondata 
per violazione 
dei 
principi 
di 
eguaglianza, proporzionalit� 
e ragionevolezza di cui all�art. 3 Cost. 

La 
disposizione 
denunciata 
-sul 
presupposto 
di 
una 
indifferenziata 
valutazione 
di 
sopravvenienza 
di 
una 
condizione 
ostativa 
al 
mantenimento 
del 
titolo 
di 
abilitazione 
alla 
guida 
ricollega, 
infatti, 
in 
via 
automatica, 
il 
medesimo 
effetto, 
la 
revoca 
di 
quel 
titolo, 
ad 
una 
variet� 
di 
fattispecie, 
non 
sussumibili 
in 
termini 
di 
omogeneit�, 
atteso 
che 
la 
condanna, 
cui 
la 
norma 
fa 
riferimento, 
pu� 
riguardare 
reati 
di 
diversa, 
se 
non 
addirittura 
di 
lieve, 
entit�. 
Reati 
che, 
per 
di 
pi�, 
possono 
(come 
nella 
specie) 
essere 
assai 
risalenti 
nel 
tempo, 
rispetto 
alla 
data 
di 
definizione 
del 
giudizio. 
Il 
che 
dovrebbe 
escluderne 
l�attitudine 
a 
fondare, 
nei 
confronti 
del 
condannato, 
dopo 
un 
tale 
intervallo 
temporale, 
un 
giudizio, 
di 
assenza 
dei 
requisiti 
soggettivi 
per 
il 
mantenimento 
del 
titolo 
di 
abilitazione 
alla 
guida, 
riferito, 
in 
via 
automatica, 
all�attualit�. 


Ulteriore 
profilo di 
irragionevolezza 
della 
disposizione 
in esame 
�, poi, ravvisabile 
nel-
l�automatismo 
della 
�revoca� 
amministrativa 
rispetto 
alla 
discrezionalit� 
della 
parallela 
misura 
del 
�ritiro� 
della 
patente 
che, ai 
sensi 
dell�art. 85 del 
d.P.R. n. 309 del 
1990, il 
giudice 
che 
pronuncia la condanna per i reati in questione �pu� disporre�, motivandola, �per un periodo 
non superiore a tre anni�. 

� 
pur vero che 
tali 
due 
misure 
- come 
gi� 
evidenziato - operano su piani 
diversi 
e 
rispondono 
a diverse finalit�. 


CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Ma 
la 
contraddizione 
non 
sta 
nel 
fatto 
che 
la 
condanna 
per 
reati 
in 
materia 
di 
stupefacenti 
possa 
rilevare 
come 
condizione 
soggettiva 
ostativa 
al 
mantenimento del 
titolo di 
abilitazione 
alla 
guida, 
agli 
effetti 
della 
sua 
revocabilit� 
da 
parte 
dell�autorit� 
amministrativa, 
anche 
quando 
il 
giudice 
penale 
(non 
ritenendo 
che 
detto 
titolo 
sia 
strumentale 
al 
reato 
commesso 
o 
che 
possa 
agevolare 
la 
commissione 
di 
nuovi 
reati) decida 
di 
non disporre 
(ovvero disponga 
per un pi� 
breve periodo) la sanzione accessoria del ritiro della patente. 

La 
contraddizione 
sta, invece, in ci� che 
- agli 
effetti 
dell�adozione 
delle 
misure 
di 
loro 
rispettiva 
competenza 
(che 
pur si 
ricollegano al 
medesimo fatto-reato e, sul 
piano pratico, incidono 
in 
senso 
identicamente 
negativo 
sulla 
titolarit� 
della 
patente) 
-mentre 
il 
giudice 
penale 
ha 
la 
�facolt�� 
di 
disporre, 
ove 
lo 
ritenga 
opportuno, 
il 
ritiro 
della 
patente, 
il 
prefetto 
ha 
invece 
il �dovere� di disporne la revoca. 

Per 
tali 
profili 
di 
contrasto 
con 
l�art. 
3 
Cost. 
(nei 
quali 
restano 
assorbite 
le 
altre 
formulate 
censure) 
va, 
pertanto, 
dichiarata 
l�illegittimit� 
costituzionale 
dell�esaminato 
comma 
2 
dell�art. 
120 cod. strada, nella 
parte 
in cui 
dispone 
che 
il 
prefetto �provvede� - invece 
che 
�pu� provvedere
� - alla 
revoca 
della 
patente 
di 
guida, in caso di 
sopravvenuta 
condanna 
del 
suo titolare 
per reati di cui agli artt. 73 e 74 del d.P.R. n. 309 del 1990. 

PER 
QUESTI 
MOTIVI 


LA CORTE COSTITUzIONALE 


riuniti i giudizi, 

1) dichiara 
l�illegittimit� 
costituzionale 
dell�art. 120, comma 
2, del 
decreto legislativo 
30 aprile 
1992, n. 285 (Nuovo codice 
della 
strada), come 
sostituito dall�art. 3, comma 
52, lettera 
a), della 
legge 
15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni 
in materia 
di 
sicurezza 
pubblica), nella 
parte 
in cui 
- con riguardo all�ipotesi 
di 
condanna 
per reati 
di 
cui 
agli 
artt. 73 e 
74 del 
decreto 
del 
Presidente 
della 
Repubblica 
9 ottobre 
1990, n. 309 (Testo unico delle 
leggi 
in materia 
di 
disciplina 
degli 
stupefacenti 
e 
sostanze 
psicotrope, prevenzione, cura 
e 
riabilitazione 
dei 
relativi 
stati 
di 
tossicodipendenza), che 
intervenga 
in data 
successiva 
a 
quella 
di 
rilascio della 
patente 
di 
guida 
- dispone 
che 
il 
prefetto �provvede� - invece 
che 
�pu� provvedere� - alla 
revoca 
della patente; 


2) 
dichiara 
la 
manifesta 
inammissibilit� 
della 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 120, commi 
1 e 
2, del 
d.lgs. n. 285 del 
1992, sollevata, in riferimento agli 
artt. 3 e 
27 
della 
Costituzione, dal 
Tribunale 
amministrativo regionale 
per il 
Friuli-Venezia 
Giulia, con 
l�ordinanza in epigrafe; 


3) dichiara 
la 
manifesta 
inammissibilit� 
delle 
questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
del-
l�art. 120, commi 
1 e 
2, del 
d.lgs. n. 285 del 
1992, sollevate, in riferimento agli 
artt. 3, 16, 25, 
27 e 
111 Cost., dal 
Tribunale 
ordinario di 
Genova, in composizione 
monocratica, con l�ordinanza 
in epigrafe; 


4) dichiara 
non fondata 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell�art. 120, commi 
1 
e 
2, 
del 
d.lgs. 
n. 
285 
del 
1992, 
sollevata, 
in 
riferimento 
agli 
artt. 
11 
e 
117, 
primo 
comma 
Cost., 
in 
relazione 
all�art. 
7 
della 
Convenzione 
per 
la 
salvaguardia 
dei 
diritti 
dell�uomo 
e 
delle 
libert� 
fondamentali 
(CEDU), 
firmata 
a 
Roma 
il 
4 
novembre 
1950, 
ratificata 
e 
resa 
esecutiva 
con 
legge 
4 agosto 1955, n. 848, dal 
Tribunale 
ordinario di 
Genova, in composizione 
collegiale, 
con l�ordinanza indicata in epigrafe. 

Cos� 
deciso in Roma, nella 
sede 
della 
Corte 
costituzionale, Palazzo della 
Consulta, il 
24 gennaio 2018. 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


tribunale 
amministrativo Regionale 
per 
la lombardia, Brescia (sezione 
Prima), sentenza 
26 marzo 2018 n. 343 
-Pres. est. Roberto Politi. 


FATTO 
Con l�avversata 
ordinanza, il 
Prefetto di 
Bergamo, ex art. 120 commi 
1 e 
2 del 
Codice 
della 
Strada comunicava al ricorrente la revoca della patente di guida allo stesso rilasciata. 
Il 
provvedimento veniva 
adottato a 
fronte 
della 
sentenza 
con la 
quale 
la 
Corte 
d'Appello di 
Brescia 
aveva 
condannato l'odierno ricorrente 
alla 
pena 
di 
anni 
due 
e 
mesi 
otto di 
reclusione 
e ad � 12.000,00 di multa per il reato previsto e punito dall'art. 73 del D.P.R. 309/1990. 
Il 
Prefetto di 
Bergamo riteneva 
che 
il 
sig. -OMISSIS 
-non possedesse 
pi� i 
requisiti 
morali 
prescritti 
per ottenere 
il 
rilascio della 
patente 
di 
guida 
sulla 
base 
di 
un'applicazione 
"automatica" 
della 
revoca 
del 
titolo, 
attesa 
la 
sussistenza 
di 
una 
delle 
cause 
previste 
dall'art. 
120 
C.d.S. 
Queste le dedotte censure: 


eccesso di 
potere 
per 
travisamento dei 
fatti; o, in subordine, violazione 
di 
legge, in quanto il 
Prefetto della Provincia di 
bergamo, nel 
motivare 
il 
provvedimento di 
revoca della patente, 
ometteva di 
rappresentare 
gli 
elementi 
concreti 
in base 
ai 
quali 
si 
sarebbe 
dovuto desumere 
lo stato attuale 
di 
pericolosit� sociale 
del 
ricorrente 
applicando un ragionamento basato su 
un mero automatismo. 

Il 
Prefetto di 
Bergamo, con il 
provvedimento impugnato, non ha 
formulato alcun giudizio di 
pericolosit� 
sociale 
nei 
confronti 
del 
ricorrente, 
limitandosi 
ad 
un 
mero 
richiamo 
al 
precedente 
penale 
del 
sig. - OMISSIS 
- ed alla 
citazione, quale 
fondamento del 
proprio operato, della 
pronuncia 
della 
Corte 
Costituzionale 
(ordinanza 
169/2013) che, espressamente, conferma 
la 
legittimit� 
di tale procedimento. 
L�ordinanza 
n. 169 del 
2013, citata 
nel 
provvedimento impugnato, si 
porrebbe 
in contrasto 
con 
i 
principi 
declinati 
dalla 
stessa 
Corte 
Costituzionale, 
che 
non 
possono 
essere 
disattesi 
senza entrare in conflitto con quanto affermato a livello comunitario. 
Nell�osservare 
come 
la 
sentenza 
di 
condanna 
richiamata 
in 
atti 
risalga 
ad 
un 
episodio 
avvenuto 
in 
data 
9 
marzo 
2007, 
ribadisce 
parte 
ricorrente 
l�illegittimit� 
del 
gravato 
provvedimento, 
laddove 
non ha 
contemplato alcuna 
valutazione 
discrezionale 
da 
parte 
della 
Pubblica 
amministrazione 
in merito all'attualit� del pericolo evidenziato. 
Formula 
parte 
ricorrente, 
in 
subordine, 
eccezione 
di 
incostituzionalit� 
dell'art. 
120, 
commi 
1 
e 
2, 
del 
codice 
della 
strada, 
come 
modificato 
dalla 
legge 
94/2009, 
nella 
parte 
in 
cui 
prevede 
la 
perdita 
automatica 
del 
possesso 
dei 
requisiti 
morali 
prescritti 
per 
ottenere 
il 
rilascio 
della 
patente 
di 
guida 
per 
le 
persone 
condannate 
per 
i 
reati 
di 
cui 
agli 
artt. 
73 
e 
74 
del 
Testo 
Unico 
di 
cui 
al 
D.P.R. 
309/1990, 
per 
violazione 
dell'art. 
117, 
comma 
1, 
Cost. 
e 
per 
l'aperto 
contrasto 
con 
l'ordinamento 
comunitario 
nella 
misura 
in 
cui 
non 
lascia 
spazio 
ad 
una 
valutazione 
discrezionale 
della 
pubblica 
Amministrazione, 
nonch� 
per 
violazione 
dell'art. 
3 
Cost. 
Conclude 
parte 
ricorrente 
insistendo 
per 
l'accoglimento 
del 
gravame, 
con 
conseguente 
annullamento 
degli atti oggetto di censura. 
L'Amministrazione 
intimata, costituitasi 
in giudizio, ha 
eccepito l'infondatezza 
delle 
esposte 
doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa. 
La 
domanda 
di 
sospensione 
dell'esecuzione 
dell'atto 
impugnato, 
dalla 
parte 
ricorrente 
proposta 
in via incidentale, � stata da questa Sezione respinta con ordinanza n. 293 del 5 marzo 2015. 
Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 21 marzo 2018. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


DIRITTO 


1. 
Giova 
precisare 
che 
il 
provvedimento 
impugnato 
ha 
disposto, 
nei 
confronti 
dell�odierno 
ricorrente, 
la revoca della patente di guida: 
-a 
fronte 
della 
sentenza 
n. 2802/2012 in data 
12 novembre 
2012, con la 
quale 
la 
Corte 
d�Appello 
di 
Brescia 
ha 
condannato l�odierno ricorrente 
alla 
pena 
della 
reclusione 
per anni 
due 
e 
mesi 
otto, nonch� 
della 
multa 
per � 12.000,00, per il 
reato previsto e 
punito dall'art. 73 del 
D.P.R. 309/1990; 
-in 
ragione 
del 
conseguente, 
ritenuto, 
venir 
meno, 
in 
capo 
all�interessato, 
dei 
�requisiti 
morali 
prescritti 
per ottenere 
il 
rilascio della 
patente 
di 
guida�, ai 
sensi 
dell�art. 120, commi 
1 e 
2, 
del Codice della Strada, approvato con D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285; 
-ed in considerazione 
del 
contenuto dell�ordinanza 
della 
Corte 
Costituzionale 
169/2013, con 
la 
quale 
� 
stata 
confermata 
l�applicazione 
�automatica� 
della 
revoca 
della 
patente 
di 
guida, in 
presenza di una delle cause previste dall�art. 120 C.d.S. 
Il 
suindicato 
pregiudizio 
penale 
ha 
costituito, 
pertanto, 
l�unico 
presupposto 
giustificativo 
del-
l�adozione 
del 
censurato provvedimento di 
diniego di 
rilascio della 
patente 
di 
guida, in relazione 
alla 
affermata 
�mancanza 
dei 
requisiti 
morali� 
di 
cui 
all�art. 
120, 
comma 
1, 
del 
Codice 
della Strada. 
L�art. 120 del 
D.Lgs. 30 aprile 
1992, n. 285 (Nuovo codice 
della 
strada), come 
sostituito dal-
l�art. 3, comma 
52, lettera 
a), della 
legge 
15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni 
in materia 
di 
sicurezza 
pubblica), 
sotto 
la 
rubrica 
�requisiti 
morali 
per 
ottenere 
il 
rilascio 
dei 
titoli 
abilitativi 
di 
cui 
all�art. 116�, nei 
suoi 
commi 
1, 2 e 
3, cos� 
testualmente 
stabilisce 
(rectius: 
stabiliva, 
anteriormente all�intervento della Corte Costituzionale, di cui al successivo punto 2.): 
�1. 
non 
possono 
conseguire 
la 
patente 
di 
guida 
i 
delinquenti 
abituali, 
professionali 
o 
per 
tendenza 
e 
coloro 
che 
sono 
o 
sono 
stati 
sottoposti 
a 
misure 
di 
sicurezza 
personali 
[�], 
le 
persone 
condannate 
per 
i 
reati 
[in materia di 
stupefacenti] 
di 
cui 
agli 
artt. 73 e 
74 del 
testo unico di 
cui 
al 
decreto del 
Presidente 
della repubblica 9 ottobre 
1990, n. 309, fatti 
salvi 
gli 
effetti 
di 
provvedimenti riabilitativi [�]�; 
�2. [�] 
se 
le 
condizioni 
soggettive 
indicate 
al 
primo periodo del 
comma 1 del 
presente 
articolo 
intervengono 
in 
data 
successiva 
al 
rilascio, 
il 
prefetto 
provvede 
alla 
revoca 
della 
patente 
di 
guida. la revoca non pu� essere 
disposta se 
sono trascorsi 
pi� di 
tre 
anni 
dalla data [�] 
del 
passaggio in giudicato della sentenza di 
condanna per 
i 
reati 
indicati 
al 
primo periodo 
del medesimo comma 1�; 
�3. [l]a persona destinataria del 
provvedimento di 
revoca di 
cui 
al 
comma 2 non pu� conseguire 
una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni�. 
2. Con recente 
sentenza 
n. 22 del 
9 febbraio 2018 (pubblicata 
in G.U. il 
14 febbraio 2018), la 
Corte 
Costituzionale, esclusa 
la 
natura 
sanzionatoria 
della 
revoca 
in via 
amministrativa 
della 
patente, ha 
ritenuto fondata 
la 
questione 
- relativa 
all�automatismo della 
revoca 
della 
patente, 
da 
parte 
dell�autorit� 
amministrativa, in caso di 
sopravvenuta 
condanna 
del 
suo titolare, per 
reati 
in materia 
di 
stupefacenti 
- per violazione 
dei 
principi 
di 
eguaglianza, proporzionalit� 
e 
ragionevolezza di cui all�art. 3 della Costituzione. 
La 
disposizione 
ex 
art. 
120 
C.d.S., 
secondo 
il 
giudizio 
della 
Corte, 
in 
quanto 
fondata 
�sul 
presupposto di 
una indifferenziata valutazione 
di 
sopravvenienza di 
una condizione 
ostativa 
al 
mantenimento del 
titolo di 
abilitazione 
alla guida � 
ricollega � 
in via automatica, il 
medesimo 
effetto, 
la 
revoca 
di 
quel 
titolo, 
ad 
una 
variet� 
di 
fattispecie, 
non 
sussumibili 
in 
termini 
di 
omogeneit�, atteso che 
la condanna, cui 
la norma fa riferimento, pu� riguardare 
reati 
di 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


diversa, se 
non addirittura di 
lieve, entit�. reati 
che, per 
di 
pi�, possono � 
essere 
assai 
risalenti 
nel 
tempo, rispetto alla data di 
definizione 
del 
giudizio. il 
che 
dovrebbe 
escluderne 
l�attitudine 
a 
fondare, 
nei 
confronti 
del 
condannato, 
dopo 
un 
tale 
intervallo 
temporale, 
un 
giudizio, di 
assenza dei 
requisiti 
soggettivi 
per 
il 
mantenimento del 
titolo di 
abilitazione 
alla 
guida, riferito, in via automatica, all�attualit��. 
Ulteriore 
profilo di 
irragionevolezza 
della 
disposizione 
in esame 
� 
stato, poi, ravvisato �nell�automatismo 
della 
�revoca� 
amministrativa 
rispetto 
alla 
discrezionalit� 
della 
parallela 
misura 
del 
�ritiro� 
della patente 
che, ai 
sensi 
dell�art. 85 del 
d.P.r. n. 309 del 
1990, il 
giudice 
che 
pronuncia la condanna per 
i 
reati 
in questione 
�pu� disporre�, motivandola, �per 
un periodo 
non superiore 
a tre 
anni�: contraddizione 
ravvisabile 
�in ci� che 
- agli 
effetti 
dell�adozione 
delle 
misure 
di 
loro 
rispettiva 
competenza 
(che 
pur 
si 
ricollegano 
al 
medesimo 
fatto-reato 
e, 
sul 
piano 
pratico, 
incidono 
in 
senso 
identicamente 
negativo 
sulla 
titolarit� 
della 
patente) - mentre 
il 
giudice 
penale 
ha la �facolt�� 
di 
disporre, ove 
lo ritenga opportuno, il 
ritiro della patente, il prefetto ha invece il �dovere� di disporne la revoca�. 


Per tali 
profili 
di 
contrasto con l�art. 3 Cost., � 
stata, pertanto, dichiarata 
l�illegittimit� 
costituzionale 
del 
comma 
2 
dell�art. 
120 
cod. 
strada, 
nella 
parte 
in 
cui 
dispone 
che 
il 
prefetto 
�provvede
� 
-invece 
che 
�pu� 
provvedere� 
-alla 
revoca 
della 
patente 
di 
guida, 
in 
caso 
di 
sopravvenuta 
condanna 
del 
suo titolare 
per i 
reati 
di 
cui 
agli 
artt. 73 e 
74 del 
D.P.R. n. 309 del 
1990. 


3. 
Tale 
conclusione 
si 
rivela 
affatto 
omogenea 
rispetto 
alla 
sistematica 
interpretativa 
da 
questa 
Sezione 
esplicitata 
con sentenza 
21 giugno 2016 n. 864; 
e, da 
ultimo, ribadita 
con sentenza 
11 dicembre 2017 n. 1416. 
Con tale pronunzia, in particolare, � stato rilevato come: 
-�per 
quanto riguarda i 
reati 
in materia di 
stupefacenti 
l�automatismo della revoca o del 
diniego 
di 
rilascio della patente 
di 
guida ex 
art. 120 commi 
1 e 
2 del 
codice 
della strada sia venuto 
meno 
in 
relazione 
alla 
fattispecie 
di 
lieve 
entit� 
e 
alla 
condanna 
per 
droghe 
leggere, 
purch� 
in 
quest�ultimo 
caso 
la 
pena 
in 
concreto 
applicata 
non 
superi 
il 
massimo 
edittale 
della 
fattispecie di lieve entit��; 
-�la perdita dell�automatismo implica l�obbligo per 
la Prefettura di 
valutare 
in concreto la 
posizione 
dell�interessato, 
tenendo 
conto 
non 
solo 
delle 
condanne 
penali 
ma 
anche 
della 
condotta 
successiva e delle prospettive di reinserimento sociale�. 
Sotto tale 
ultimo profilo, questa 
stessa 
Sezione 
(cfr. ordinanza 
n. 1216 del 
23 giugno 2015, 
resa 
nell�ambito del 
giudizio conclusosi 
poi 
con la 
sentenza 
sopra 
citata), aveva 
ritenuto rilevanti, 
nel 
quadro del 
rinnovato apprezzamento incombente 
sulla 
competente 
Autorit�, i 
seguenti 
parametri: 


�(1) gravit� dell�episodio criminoso descritto nella sentenza di condanna; 

(2) condotta mantenuta dal 
ricorrente 
successivamente 
alla condanna, sia sotto il 
profilo lavorativo 
sia in generale nei rapporti sociali e interpersonali; 
(3) eventuali nuove denunce a carico del ricorrente, o frequentazione di soggetti pericolosi; 
(4) eventuale 
presenza di 
familiari 
in grado di 
assistere 
e 
sostenere 
il 
ricorrente 
nel 
percorso 
riabilitativo; 
(5) svolgimento di 
attivit� lavorative, oppure 
offerte 
di 
lavoro, in relazione 
alle 
quali 
sia necessario 
il possesso della patente di guida�. 
4. 
L�intervenuta 
pronunzia 
di 
incostituzionalit� 
dell�art. 
120, 
comma 
2, 
C.d.S., 
per 
come 
promanante 
dal 
suindicato 
intervento 
�manipolativo� 
posto 
in 
essere 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
(nelle 
conclusioni, 
come 
si 
� 
avuto 
modo 
di 
rilevare, 
affatto 
omogeneo 
ai 
principi 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


come 
sopra 
precedentemente 
enunciati 
dalla 
Sezione), 
impone 
l�accoglimento 
del 
presente 
mezzo 
di 
tutela. 
Il 
venir meno dell��automatismo� 
precedentemente 
disciplinato dalla 
norma 
in rassegna 
(e 
ricollegante 
la 
revoca 
del 
titolo di 
guida 
all�intervenuta 
pronunzia 
di 
una 
sentenza 
penale 
di 
condanna), impone, ora, alla 
competente 
Autorit� 
prefettizia 
una 
(necessaria) valutazione 
in 
ordine 
alla 
immanenza 
e 
consistenza 
degli 
elementi 
suscettibili 
di 
inalveare 
un 
giudizio 
di 
�insussistenza� 
dei 
requisiti 
morali: 
giudizio che, lungi 
dal 
promanare 
dal 
mero pregiudizio 
penale, deve 
transitare 
attraverso un apprezzamento discrezionale, le 
cui 
direttrici 
di 
svolgimento 
ben possono essere 
ricondotte 
ai 
parametri 
da 
questa 
Sezione 
enucleati 
in epoca 
largamente 
antecedente al recente arresto del Giudice delle Leggi. 
Va 
soggiunto che, laddove 
(come 
nel 
caso in esame) la 
sentenza 
di 
condanna 
riveli 
collocazione 
temporale 
largamente 
risalente 
rispetto 
alla 
determinazione 
prefettizia 
concernente 
il 
titolo di 
guida, sul 
discrezionale 
apprezzamento anzidetto � 
suscettibile 
di 
indurre 
un rafforzamento 
dell�effusione 
motivazionale, 
s� 
da 
esplicitare 
le 
ragioni 
sottese 
ad 
un 
giudizio 
di 
�perduranza� della �inidoneit� morale� ai fini della conservazione del titolo stesso. 


5. Se 
quanto esposto chiaramente 
milita 
nel 
senso dell�accoglibilit� 
del 
presente 
ricorso, non 
ravvisa 
il 
Collegio alcun elemento ostativo a 
siffatta 
conclusione 
con riferimento all�appartenenza 
della 
cognizione 
giurisdizionale 
della 
presente 
controversia 
al 
giudice 
ordinario, 
anzich� 
al giudice amministrativo. 
Tale 
dubbio 
potrebbe 
essere 
indotto 
dalla 
stessa 
sentenza 
della 
Consulta 
22/2018, 
laddove 
viene 
dichiarata 
�la manifesta inammissibilit� della questione 
sollevata dal 
tribunale 
amministrativo 
regionale 
per 
il 
friuli-Venezia Giulia � 
in quanto detto giudice 
difetta 
ictu oculi 
di 
giurisdizione. 
Per 
risalente 
e 
consolidata 
giurisprudenza 
della 
corte 
di 
cassazione, 
giudice 
regolatore 
della giurisdizione, i 
provvedimenti 
adottati 
ai 
sensi 
dell�art. 120 cod. strada (incidenti 
su 
diritti 
soggettivi 
non 
degradabili 
ad 
interessi 
legittimi 
per 
effetto 
della 
loro 
adozione, 
n� 
inerenti 
a materia riconducibile 
alla giurisdizione 
esclusiva del 
giudice 
amministrativo) 
sono 
riservati, 
infatti, 
alla 
cognizione 
del 
giudice 
ordinario 
(ex 
multis, 
sezioni 
Unite, 
sentenze 
14 
maggio 
2014, 
n. 
10406; 
6 
febbraio 
2006, 
n. 
2446; 
e, 
analogamente 
in 
tema 
di 
sospensione 
della patente, 27 aprile 2005, n. 8693; 11 febbraio 2003, n. 1993; 8 luglio 1996, n. 6232)�. 
Peraltro, 
come 
correttamente 
osservato 
dall�Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
(cfr. 
memoria 
depositata il 17 febbraio 2018): 
-se 
� 
pur 
vero 
che, 
ripetutamente, 
le 
Sezioni 
Unite 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
si 
sono 
pronunciate 
in 
favore 
della 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario 
(in 
considerazione 
della 
natura 
vincolata della revoca) 
- ora, proprio la 
sentenza 
da 
ultimo resa 
dalla 
Corte 
Costituzionale, nel 
dichiarare 
l�incostituzionalit� 
dell�art. 120 C.d.S. nella 
parte 
in cui 
dispone 
che 
il 
prefetto �provvede� 
- in luogo 
di 
�pu� provvedere� 
- alla 
revoca 
della 
patente, ha 
caratterizzato siffatta 
determinazione 
in 
senso 
marcatamente 
discrezionale: 
con 
riveniente, 
chiara, 
sussumibilit� 
della 
cognizione 
delle 
relative controversie nel perimetro giurisdizionale di spettanza del giudice amministrativo. 
N� 
osta 
a 
siffatta 
conclusione 
- come, pure, correttamente 
rilevato dalla 
stessa 
difesa 
erariale 
-quanto 
indicato 
dall�art. 
5 
c.p.c., 
atteso 
che 
il 
principio 
da 
esso 
stabilito 
�secondo 
cui 
la 
giurisdizione 
si 
determina con riguardo alla legge 
vigente 
ed allo stato di 
fatto esistente 
al 
momento 
della proposizione 
della domanda, senza che 
abbiano effetto i 
successivi 
mutamenti, 
essendo 
diretto 
a 
favorire, 
e 
non 
ad 
impedire, 
il 
verificarsi 
della 
perpetuatio 
jurisdictionis, 
trova applicazione 
solo nel 
caso di 
sopravvenuta carenza di 
giurisdizione 
del 
giudice 
originariamente 
adito, ma non anche 
nel 
caso in cui 
il 
mutamento dello stato di 
diritto o di 
fatto 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


comporti, invece, l'attribuzione 
della giurisdizione 
al 
giudice 
che 
ne 
era privo al 
momento 
della proposizione 
della domanda 
(Cass., SS.UU., 13 settembre 
200, n. 18126 e 
Cass. civ., 
Sez. II, 8 ottobre 2014 n. 21221). 


6. 
Nell�escludere 
che 
la 
gravata 
determinazione 
rechi, 
come 
in 
precedenza 
accennato, 
adeguati 
elementi 
rappresentativi 
in 
ordine 
alla 
discrezionale 
valutazione 
-ora 
-rimessa 
alla 
competente 
Autorit� 
prefettizia 
(diversamente 
rispetto a 
quanto, pur esaurientemente, rappresentato dal-
l�Avvocatura 
nella 
sopra 
citata 
memoria 
difensiva; 
a 
proposito del 
contenuto della 
quale, va 
rammentato 
come 
sia 
preclusa 
l�integrazione 
�postuma� 
del 
contenuto 
motivazionale 
dell�atto 
assoggettato 
a 
sindacato 
giurisdizionale), 
deve 
ribadirsi, 
nei 
limiti 
di 
cui 
sopra, 
l�accoglibilit� 
del proposto mezzo di tutela: alla quale accede l�annullamento dell�atto con esso gravato. 
Deve, 
da 
ultimo, 
soggiungersi 
che 
l�effetto 
conformativo 
promanante 
dalla 
presente 
pronunzia 
imporr� 
alla 
competente 
Autorit�, in sede 
di 
rinnovato esercizio del 
potere, la 
valutazione 
anzidetta 
della 
personalit� 
del 
ricorrente, 
con 
carattere 
di 
necessaria 
prodromicit� 
rispetto 
al-
l�assunzione della determinazione concernente il rilascio del titolo di guida. 
Sussistono, in ragione 
della 
peculiarit� 
della 
presente 
controversia 
(segnatamente, con riferimento 
alla 
sopravvenienza, 
in 
pendenza 
di 
giudizio, 
della 
pi� 
volte 
citata 
pronunzia 
della 
Corte Costituzionale), giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite. 
P.Q.M. 
Il 
Tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
Lombardia 
sezione 
staccata 
di 
Brescia 
(Sezione 
Prima), definitivamente 
pronunciando sul 
ricorso, come 
in epigrafe 
proposto, lo accoglie 
e, 
per l'effetto, annulla 
- nei 
limiti 
e 
con gli 
effetti 
indicati 
in motivazione 
- l�atto con esso gravato. 
Spese compensate. 
(...) 
Cos� deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2018. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Revoca 
di 
finanziamenti 
pubblici 
alle 
imprese 
e 
passivo 
fallimentare: 
il 
trattamento 
privilegiato 
del 
credito 
restitutorio 

cassazione 
ciVile, sez. i, ordinanza 
20 aPrile 
2018 n. 9926 


Con l�ordinanza 
in rassegna 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
- previa 
riunione 
accolto 
i 
ricorsi 
proposti 
nell�interesse 
del 
Ministero dello Sviluppo Economico 
e 
di 
Equitalia 
SPA, per l�annullamento del 
decreto del 
Tribunale 
di 
Brescia 
sez. fall. 

La 
Corte 
ha 
affermato il 
principio per cui 
il 
credito avente 
titolo del 
decreto 
ministeriale 
di 
revoca 
del 
finanziamento 
gi� 
concesso 
ex 
lege 
n. 
237/1993, deve 
essere 
ammesso al 
passivo fallimentare 
in via 
privilegiata 
ex 
art. 9 comma 
5 del 
D.lgs. 123/1998, ritenendo che 
il 
privilegio generale 
previsto 
da 
tale 
norma 
competa 
a 
tutti 
i 
crediti 
relativi 
ai 
finanziamenti 
erogati 
e 
poi 
revocati 
all�impresa, 
tanto 
se 
abbiano 
fonte 
nell�irregolare 
concessione 
dell�intervento 
o 
nell�indebito 
conseguimento 
del 
beneficio, 
quanto 
se 
derivino 
da 
qualsiasi 
altra 
ragione, anche 
attinente 
alla 
fase 
negoziale 
successiva 
alla 
erogazione del contributo. 


marina russo* 


Cassazione 
civile, sezione 
i, ordinanza 20 aprile 
2018 n. 9926 -Pres. A. Didone, rel. A. 
Valitutti. 


FATTI DI CAUSA 


1. Equitalia 
Nord s.p.a. in qualit� 
di 
concessionario per la 
riscossione, presentava 
istanza, 
ex art. 93 legge 
fall., per l'ammissione 
al 
privilegio del 
Fallimento Valsella 
Meccanotecnica 
s.r.l. in liquidazione 
di 
un credito iscritto a 
ruolo per l'importo complessivo di 
Euro 11.566. 
027,43, avente 
titolo nel 
decreto ministeriale 
del 
10 gennaio 2008, con il 
quale 
era 
stato revocato 
il 
finanziamento a 
suo tempo concesso all'impresa, ai 
sensi 
della 
legge 
n. 237/1993, 
nell'ambito di 
un programma 
di 
investimenti 
avente 
ad oggetto la 
riconversione 
dello stabilimento 
industriale 
sito in Castenedolo. Il 
credito veniva 
ammesso nel 
passivo del 
fallimento 
al chirografo. 
2. Con decreto n. 18912013, depositato il 
21 febbraio 2013, emesso all'esito del 
giudizio 
di 
opposizione 
allo stato passivo instaurato dal 
concessionario per la 
riscossione, il 
Tribunale 
di 
Brescia 
confermava 
l'ammissione 
del 
credito al 
chirografo nel 
passivo del 
Fallimento Val-
sella 
Meccanotecnica 
s.r.l. in liquidazione, gi� 
effettuata 
dal 
giudice 
delegato, ritenendo non 
sussistenti 
i 
presupposti 
per il 
riconoscimento del 
privilegio di 
cui 
agli 
artt. 24, comma 
33, 
della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e 9, commi 4 e 5, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 123. 
3. 
Per 
la 
cassazione 
di 
tale 
pronuncia 
hanno 
proposto 
separati 
ricorsi 
il 
Ministero 
dello 
Svi(*) 
Avvocato dello Stato. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


luppo 
Economico 
ed 
Equitalia 
Nord 
s.p.a. 
Quest'ultima 
ha, 
altres�, 
proposto 
ricorso 
incidentale 
adesivo 
al 
ricorso 
principale 
del 
Ministero. 
L'intimato 
Fallimento 
Valsella 
Meccanotecnica 


s.r.l. in liquidazione non ha svolto attivit� difensiva. 
RAGIONI DELLA DECISIONE 


1. Preliminarmente 
vanno riuniti, ai 
sensi 
dell'art. 335 cod. proc. civ., i 
ricorsi 
nn. 8436 e 
8493/2013, proposti 
nei 
confronti 
dello stesso provvedimento n. 189/2013, emesso dal 
Tribunale 
di Brescia. 
2. Nel 
merito, va 
rilevato che 
i 
motivi 
del 
ricorso principale 
proposto dal 
Ministero dello 
Sviluppo Economico, del 
ricorso incidentale 
adesivo di 
Equitala 
Nord s.p.a., iscritti 
a 
ruolo 
allo 
stesso 
numero 
R.G. 
8436/2013, 
e 
del 
ricorso 
autonomo 
e 
successivo 
di 
Equitalia, 
rubricato 
al 
n. R.G. 8493/2013 - da 
considerarsi 
come 
ricorso incidentale 
proposto nei 
termini 
di 
cui 
agli 
artt. 370 e 
371 cod. proc. civ. (Cass., 20/03/2015, n. 5695; 
Cass., 09/02/2016, n. 2516) hanno 
ad 
oggetto 
le 
medesime 
censure 
e, 
per 
la 
loro 
stretta 
connessione, 
vanno 
esaminati 
congiuntamente. 
2.1. 1 ricorrenti 
rilevano che 
Equitalia 
Nord s.p.a., in qualit� 
di 
concessionario per la 
riscossione, 
aveva 
presentato istanza, ex art. 93 legge 
fall., per l'ammissione 
al 
privilegio del 
Fallimento 
Valsella 
Meccanotecnica 
s.r.l. 
in 
liquidazione 
di 
un 
credito 
iscritto 
a 
ruolo 
per 
l'importo 
complessivo 
di 
Euro 
11.566.027,43, 
avente 
titolo 
nel 
decreto 
mnisteriale 
del 
10 
gennaio 
2008, con il 
quale 
era 
stato revocato il 
finanziamento a 
suo tempo concesso all'impresa, ai 
sensi della regge 
n. 
237/1993, 
nell'ambito 
di 
un 
programma 
di 
investimenti 
avente 
ad 
oggetto 
la 
riconversione 
dello stabilimento industriale 
sito in Castenedolo. La 
revoca 
- a 
tenore 
del 
decreto succitato - era 
imputabile 
all'inadempienza 
della 
societ� 
benefic�aria 
del 
contributo, 
rispetto all'obbligo di 
restituzione 
di 
tale 
finanziamento, non avendo la 
medesima 
pagato le 
prime 
tre 
rate 
ricomprese 
del 
piano 
di 
restituzione 
dell'agevolazione 
concessa, 
in 
tal 
modo 
determinando la 
perdita 
del 
beneficio del 
termine, ex art. 1186 cod. civ., e 
l'avvio del 
procedimento 
di revoca totale del contributo erogato. 
2.2. Con decreto n. 189/2013, depositato il 
21 febbraio 2013, emesso all�esito del 
giudizio 
di 
opposizione 
allo stato passivo instaurato dal 
concessionario per la 
riscossione, il 
Tribunale 
di 
Brescia 
confermava, peraltro, l'ammissione 
del 
credito al 
chirografo nel 
passivo del 
Fallimento 
Valsella Meccanotecnica s.r.l. in liquidazione, gi� effettuata dal giudice delegato. 
2.3. 
Avverso 
tate 
provvedimento 
-denunciando 
la 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
degli 
artt. 24, comma 
33, della 
legge 
27 dicembre 
1997, n. 449, 9, commi 
4 e 
5, del 
d.lgs. 31 marzo 
1998, n. 123, 1362 cod. civ., 4, secondo comma, della 
legge 
20 marzo 1865, n. 2248, allegato 
E) 
e 
112 
cod. 
proc. 
civ., 
in 
relazione 
all'art. 
360, 
primo 
comma, 
n. 
3 
cod. 
proc. 
civ. 
-insorgono 
Equitalia ed il Ministero, con i rispettivi ricorsi per cassazione. 
2.3.1. Gli 
istanti 
deducono che 
la 
decisione 
dei 
tribunale 
si 
sarebbe 
posta 
in contrasto con 
il 
disposto delle 
norme 
succitate, il 
cui 
disposto evidenzierebbe, in modo inequivoco, come 
contrariamente 
a 
quanto ritenuto dal 
giudice 
a 
quo - il 
diritto dell'amministrazione, in conseguenza 
dell'emesso provvedimento amministrativo di 
revoca, alla 
restituzione 
del 
finanziamento 
concesso 
all'impresa 
inadempiente, 
costituisce 
credito 
privilegiato 
e 
non 
chirografario. 
2.3.2. 
Di 
pi�, 
la 
valutazione 
operata 
dal 
tribunale 
si 
sarebbe 
spinta 
ben 
oltre 
l'accertamento 
dell'esistenza 
del 
privilegio sulla 
base 
di 
quanto documentato dal 
creditore 
istante, fino a 
sindacare 
- incorrendo in ultrapetizione, ai 
sensi 
dell'art. 112 cod. proc. civ., e 
nella 
violazione 
dei 
limiti 
imposti 
al 
giudice 
ordinario 
in 
relazione 
agli 
atti 
amministrativi 
dall'art. 
4 
della 
legge 
n. 2248 dei 
1865 - la 
stessa 
legittimit� 
dell'esercizio del 
potere 
di 
revoca, diversamente 
qua

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


lificando l'atto dell'amministrazione, che 
invero ad avviso del 
tribunale 
- non si 
sarebbe 
tradotto 
nell'emissione 
di 
un 
vero 
e 
proprio 
provvedimento 
pubblicistico 
(�tale 
atipica 
revoca�), 
bens� 
in un atto privatistico volto ad avvalersi 
della 
decadenza 
del 
beneficiario del 
finanziamento 
dal 
beneficio del 
termine, ex art. 1186 cod. civ. Il 
Tribunale 
avrebbe 
dovuto, per converso, 
sulla 
base 
dell'insindacabile 
provvedimento 
di 
revoca 
del 
beneficio, 
tale 
qualificato 
dell'amministrazione, ammettere 
il 
relativo credito al 
privilegio, ai 
sensi 
degli 
artt. 24 della 
legge n. 449 del 1997 e 9 del d.lgs. n. 123 del 1998. 


3. Le censure sono fondate. 
3.1. 
Va 
osservato, 
al 
riguardo, 
che 
gi� 
la 
disposizione 
generale 
in 
materia 
di 
riscossione 
delle 
agevolazioni 
concesse 
dal 
Ministero a 
titolo di 
incentivi 
alle 
imprese, contenuta 
nell'art. 
24 della 
legge 
n. 449 del 
1997, - dopo avere 
previsto che 
il 
provvedimento di 
revoca 
di 
tali 
benefici 
costituisce 
titolo per l'iscrizione 
a 
ruolo, ai 
sensi 
dell'art. 67, comma 
2, del 
d.P.R. 28 
gennaio 
1988, 
n. 
43, 
della 
sorte 
capitale, 
degli 
interessi 
e 
delle 
sanzioni 
(comma 
32) 
-dispone 
che 
�Il 
diritto alla 
ripetizione 
costituisce 
credito privilegiato e 
prevale 
su ogni 
altro titolo di 
prelazione 
da 
qualsiasi 
causa 
derivante 
ad eccezione 
del 
privilegio per spese 
di 
giustizia 
e 
di 
quelli 
previsti 
dall'articolo 
2751-bis 
dei 
codice 
civile, 
fatti 
salvi 
i 
precedenti 
diritti 
di 
prelazione 
spettanti 
a 
terzi 
[...]�. 
Di 
tale 
inequivoca 
previsione 
normativa 
-che 
qualifica 
come 
privilegiato 
il 
credito per la 
restituzione, conseguente 
alla 
revoca 
da 
parte 
dell'amministrazione, da 
qualsiasi 
titolo derivi, del 
finanziamento erogato dal 
Ministero - il 
provvedimento del 
Tribunale 
impugnato non ha, tuttavia, in alcun modo tenuto conto. 
3.2. 
Del 
tutto 
erronea 
� 
da 
reputarsi, 
peraltro, 
anche 
l'interpretazione 
che 
�l 
tribunale 
ha 
fatto della 
successiva 
disposizione 
di 
cui 
all'art. 9 del 
d.lgs. n. 123 del 
1998, posta 
a 
fondamento 
del 
provvedimento impugnato. La 
norma 
prevede, al 
comma 
4, che 
�Nei 
casi 
di 
restituzione 
dell'intervento in conseguenza 
della 
revoca 
di 
cui 
al 
comma 
3, o comunque 
disposta 
per 
azioni 
o 
fatti 
addebitati 
all'impresa 
beneficiaria, 
e 
della 
revoca 
di 
cui 
al 
comma 
1, 
disposta 
anche 
in 
misura 
parziale 
purch� 
proporzionale 
all'inadempimento 
riscontrato, 
l'impresa 
stessa 
versa 
il 
relativo importo maggiorato di 
un interesse 
pari 
al 
tasso ufficiale 
di 
sconto vigente 
alla 
data 
dell'ordinativo di 
pagamento, ovvero alla 
data 
di 
concessione 
del 
credito di 
imposta, 
maggiorato di 
cinque 
punti 
percentuali. In tutti 
gli 
altri 
casi 
la 
maggiorazione 
da 
applicare 
� 
determinata in misura pari al tasso ufficiale di sconto�. 
Il 
successivo comma 
5 dispone, poi, che 
�Per le 
restituzioni 
di 
cui 
al 
comma 
4 i 
crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto legislativo sono preferiti 
a 
ogni 
altro titolo di 
prelazione 
da 
qualsiasi 
causa 
derivante, ad eccezione 
del 
privilegio per spese 
di 
giustizia 
e 
di 
quelli 
previsti 
dall'articolo 2751-bis 
del 
codice 
civile 
e 
fatti 
salvi 
i 
diritti 
preesistenti 
dei 
terzi�, e 
che 
al 
recupero di 
tali 
crediti 
si 
provvede 
con iscrizione 
a 
ruolo ex art. 67, 
comma 2, del d.P.R. n. 43 del 1988. 


3.3. 
Orbene, 
il 
tribunale 
ha 
interpretato 
tali 
disposizioni 
nel 
senso 
che 
il 
credito 
derivante 
dalla 
restituzione 
del 
finanziamento 
abbia 
le 
proprie 
radici 
�nell'irregolare 
ammissione 
all'intervento 
o 
comunque 
nell'indebito 
conseguimento 
del 
beneficio 
di 
legge� 
(p. 
8), 
considerate 
come 
uniche 
�ipotesi 
tipicamente 
disciplinate 
dalla 
legge�, 
nelle 
quali 
l'ente 
erogatore 
avrebbe 
diritto 
al 
�trattamento 
privilegiato 
del 
credito 
restitutorio�. 
Sicch� 
il 
riferimento 
alle 
gravi 
inadempienze 
del 
beneficiario 
ed 
ai 
fatti 
imputabili 
al 
medesimo 
non 
potrebbe 
in 
alcun 
modo 
essere 
inteso 
come 
riferito 
alla 
�mancata 
restituzione 
di 
un 
finanziamento 
regolarmente 
concesso�, 
venendo 
in 
siffatta 
ipotesi 
in 
considerazione 
una 
patologia 
�meramente 
attinente 
al 
rapporto 
di 
credito 
(della 
P.A.) 
ormai 
instaurato 
e 
non 
gi� 
alle 
condizioni 
concessorie 
ed 
alla 
ratio 
giustificatrice 
della 
sovvenzione� 
(p. 
7). 
Si 
tratterebbe, 
in 
altri 
termini, 
ad 
avviso 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


del 
Tribunale, 
di 
una 
�atipica 
revoca�, 
che 
non 
integrerebbe 
la 
fattispecie 
provvedimentale 
tipica, 
che 
sola 
potrebbe 
dare 
origine 
al 
credito 
restitutorio 
privilegiato, 
ai 
sensi 
delle 
norme 
succitate. 


3.4. Tanto premesso, va 
osservato, in proposito, che 
l'art. 9 dei 
d.gs. n. 123 del 
1998 disciplina 
la 
revoca 
dei 
benefici 
(previsti 
dal 
precedente 
art. 7), la 
misura 
delle 
restituzioni 
in conseguenza 
della 
revoca 
e 
prevede 
le 
ipotesi 
in cui 
opera 
il 
privilegio. In particolare, la 
revoca 
dei 
benefici 
� 
prevista: 
a) 
in 
caso 
di 
�assenza 
di 
uno 
o 
pi� 
requisiti, 
ovvero 
di 
documentazione 
incompleta 
o irregolare, per fatti 
comunque 
imputabili 
al 
richiedente 
e 
non sanabili� (comma 
1); 
b) 
nel 
caso 
in 
cui 
�i 
beni 
acquistati 
con 
l'intervento 
siano 
alienati, 
ceduti 
o 
distratti 
nei 
cinque 
anni 
successivi 
alla 
concessione, 
ovvero 
prima 
che 
abbia 
termine 
quanto 
previsto 
dal 
progetto 
ammesso all'intervento� (comma 
3); 
c) nel 
caso di 
�azioni 
o fatti 
addebitati 
all'impresa 
beneficiaria� e 
- pi� in generale 
- �n tutti 
gli 
altri 
casi� (comma 
4). Gli 
interventi 
pubblici 
di 
sostegno all'economia 
si 
realizzano, dunque, attraverso un procedimento complesso, in cui 
la 
fase 
di 
natura 
amministrativa 
di 
selezione 
dei 
beneficiari 
in 
vista 
della 
realizzazione 
di 
interessi 
pubblici 
� 
seguita 
da 
un 
negozio 
privatistico 
di 
finanziamento 
o 
di 
garanzia, 
nella 
cui 
struttura 
causale 
si 
inserisce 
la 
destinazione 
delle 
somme 
ad uno specifico scopo. La 
deviazione 
dallo 
scopo, nei 
casi 
suindicati, cos� 
come 
l'inadempienza 
a 
tale 
rapporto negoziale, determina 
la 
violazione 
della 
causa 
del 
contratto 
di 
finanziamento 
o 
di 
garanzia 
e 
costituisce 
-attesa 
la 
stretta 
connessione 
sussistente 
tra 
le 
due 
fasi 
del 
complesso procedimento in esame 
- presupposto 
alla revoca del beneficio erogato (cfr. Cass., 20/09/2017, n. 21841). 
In 
altri 
termini, 
contrariamente 
a 
quanto 
ritenuto 
dal 
tribunale, 
anche 
la 
patologia 
inerente 
alla 
successiva 
fase 
-sebbene 
di 
carattere 
negoziale 
-concernente 
la 
gestione 
del 
rapporto 
di 
credito 
insorto 
per 
effetto 
della 
concessione, 
pu� 
incidere 
su 
quest'ultima 
e 
comportare 
la 
revoca 
del 
beneficio 
e 
la 
conseguente 
insorgenza 
del 
diritto 
dell'amministrazione 
alla 
restituzione. 


3.5. � 
in tale 
contesto che 
si 
colloca, quindi, - come 
dianzi 
detto - il 
privilegio di 
cui 
all'art. 
9, comma 
5, secondo il 
quale 
�per le 
restituzioni 
di 
cui 
ai 
comma 
4, i 
crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti 
erogati 
ai 
sensi 
del 
presente 
decreto legislativo sono preferiti 
a 
ogni 
altro titolo 
di 
prelazione 
da 
qualsiasi 
causa 
derivante, ad eccezione 
del 
privilegio per spese 
di 
giustizia 
e 
di 
quelli 
previsti 
dall'art. 2751 bis 
c.c. e 
fatti 
salvi 
i 
diritti 
preesistenti 
dei 
terzi�. La 
norma 
rinvia, pertanto, ai 
fin� 
dell'applicazione 
del 
privilegio generale 
- con una 
locuzione 
volutamente 
generica 
ed onnicomprensiva 
- ai 
�crediti 
nascenti 
dai 
finanziamenti� di 
cui 
al 
comma 
4 
(che 
disciplina, 
come 
si 
� 
detto, 
la 
revoca 
di 
tutte 
le 
somme 
erogate), 
facendo, 
pertanto, 
inevitabilmente 
riferimento a 
tutti 
i 
crediti 
relativi 
ai 
finanziamenti 
erogati, e 
poi 
revocati, alla 
impresa; 
ossia 
- non soltanto, come 
ha 
inteso il 
tribunale 
ai 
crediti 
aventi 
la 
loro fonte 
nell'irregolare 
concessione 
dell'intervento o nell'indebito conseguimento del 
beneficio - ma 
anche 
a 
quelli 
derivanti, come 
nella 
specie, da 
�ragioni 
o fatti 
addebitati 
all'impresa 
beneficiaria� o 
da 
qualsiasi 
altra 
ragione 
(�in tutti 
gli 
altri 
casi�), anche 
se 
attinente 
alla 
fase 
negoziale 
successiva 
all'erogazione del contributo. 
Tale 
opzione 
interpretativa 
�, invero, perfettamente 
in linea 
con le 
finalit� 
proprie 
dei 
finanziamenti 
e 
con le 
necessarie 
garanzie 
che 
lo Stato introduce 
per la 
tutela 
delle 
proprie 
ragioni 
di 
credito, 
anche 
al 
fine 
di 
consentire 
alle 
risorse 
pubbliche 
di 
trovare 
adeguata 
protezione, al 
fine 
d� 
realizzare 
l'interesse 
pubblicistico al 
reimpiego di 
quelle 
stesse 
risorse 
gi� 
messe 
a 
disposizione 
delle 
imprese 
per scopi 
frustrati 
dall�inadempenza 
delle 
medesime 
agli 
obblighi 
assunti 
(Cass. 21841/2017; 
Cass., 02/03/2012, n. 3335, nel 
senso che 
il 
presupposto 
unico del 
diritto dello Stato alle 
restituzioni, garantito dai 
privilegio di 
cui 
al 
comma 
5 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


dell'art. 9 del 
d.lgs. n. 123 del 
1998, � 
che 
si 
tratti 
di 
interventi 
di 
sostegno pubblico alle 
imprese, 
erogati in forza del medesimo decreto legislativo). 


3.6. Per tutte 
le 
ragioni 
esposte, pertanto, i 
ricorsi 
principale 
ed incidentale 
devono essere 
accolti. 
4. L'accoglimento dei 
ricorsi 
comporta 
la 
cassazione 
dell'impugnata 
sentenza 
con rinvio al 
Tribunale 
di 
Brescia 
in diversa 
composizione, che 
dovr� 
procedere 
a 
nuovo esame 
del 
merito 
della 
controversia 
facendo 
applicazione 
dei 
principi 
di 
diritto 
suesposti, 
e 
provvedendo, 
altres�, 
alla liquidazione delle spese del presente giudizio. 
P.Q.M. 
Accoglie 
il 
ricorso 
principale; 
accoglie 
il 
ricorso 
incidentale; 
cassa 
la 
sentenza 
impugnata; 
rinvia 
al 
Tribunale 
di 
Brescia 
in 
diversa 
composizione, 
cui 
demanda 
di 
provvedere 
anche 
sulle 
spese del giudizio di legittimit�. 
Cos� deciso in Roma il 22/02/2018. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Unioni omoaffettive: trascrizione di un matrimonio contratto 
all�estero e normativa sopravvenuta sulle unioni civili 


cassazione 
ciVile, sez. i, sentenza 
14 maGGio 
2018 n. 11696 


La 
sentenza 
della 
Corte 
di 
cassazione 
del 
14 maggio 2018, n. 11696 ha 
respinto il 
ricorso avversario volto ad ottenere 
la 
trascrizione 
del 
matrimonio 
celebrato 
all�estero 
tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
(nella 
specie 
matrimonio 
�misto� 
tra un cittadino italiano e un cittadino straniero). 


Si 
tratta 
della 
prima 
sentenza 
della 
Suprema 
Corte, in materia 
di 
trascrizione 
in 
Italia 
di 
matrimonio 
tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
celebrato 
all�estero, 
pronunciata 
dopo l�entrata 
in vigore 
della 
legge 
20 maggio 2016, n. 76 sulle 
unioni civili e dei relativi decreti attuativi (d.lgs. 19 gennaio 2017 nn. 5 e 7). 


La 
Corte 
di 
cassazione, 
ha 
ritenuto 
applicabile 
la 
normativa 
sopravvenuta 
all�ipotesi 
di 
matrimonio 
celebrato 
prima 
della 
sua 
entrata 
in 
vigore, 
in 
quanto 
�l�applicazione 
delle 
nuove 
norme 
ai 
rapporti 
sorti 
prima 
della 
sua 
entrata 
in 
vigore 
non 
costituisce 
una 
deroga 
al 
principio 
d�irretroattivit� 
della 
legge, 
ma 
una 
conseguenza 
della 
specifica 
funzione 
di 
coordinamento 
e 
di 
legittima 
circolazione 
degli 
status 
posta 
alla 
base 
della 
loro 
introduzione 
nell�ordinamento�. 


Tuttavia, 
la 
Suprema 
Corte 
ha 
ritenuto 
che 
la 
normativa 
sopravvenuta 
non 
sia 
applicabile 
al 
caso 
dedotto 
in 
giudizio, 
relativo 
a 
matrimonio 
�misto� 
contratto 
tra 
un cittadino italiano e 
un cittadino straniero in quanto, ai 
sensi 
del-
l�art. 32 bis 
della 
legge 
n. 218 del 
1995 �il 
matrimonio contratto all�estero da 
cittadini 
italiani 
con persona dello stesso sesso produce 
gli 
effetti 
dell�unione 
civile 
regolata 
dalla 
legge 
italiana�. 
La 
formulazione 
vigente, 
prosegue 
la 
Suprema 
Corte, ҏ 
frutto di 
una modifica del 
testo iniziale, dovuta all�intervento 
correttivo 
sollecitato 
dalle 
commissioni 
affari 
costituzionali 
e 
Giustizia 
sul 
testo 
precedente 
che 
non 
prevedeva 
la 
limitazione 
della 
conversione 
in 
unione 
civile 
ai 
matrimoni 
contratti 
da �cittadini 
italiani� 
all�estero ma si 
riferiva 
genericamente 
ai 
matrimoni 
contratti 
all�estero, 
comprendendovi 
anche 
i 
cittadini 
stranieri. 
tale 
estensione 
� 
stata 
ritenuta 
ingiustificata 
rispetto 
alla 
ratio antielusiva posta a base della nuova norma�. 


Wally Ferrante* 


Cassazione 
civile, sezione 
i, sentenza 14 maggio 2018 n. 11696 
-Pres. F. Tirelli, rel. M. 
Acierno, P.m. F. Ceroni 
(difforme) - (Omissis) c. Sindaco Comune 
di 
Milano - Ufficiale 
di 
Governo (avv. St. W. Ferrante) in punto decreto Corte 
appello Milano dep. 6 novembre 
2015. 


FATTI DI CAUSA 


1. 
La 
Corte 
d'appello 
di 
Milano, 
confermando 
la 
sentenza 
di 
primo 
grado, 
ha 
respinto 
il 
ricorso 
proposto 
da 
(omissis) 
volto 
a 
far 
dichiarare 
l'illegittimit� 
del 
rifiuto 
di 
trascrizione 
(*) Avvocato dello Stato. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


del 
loro 
matrimonio 
celebrato 
in 
(omissis) 
e, 
successivamente, 
con 
rito 
civile 
in 
(omissis). 


2. A 
sostegno della 
decisione 
la 
Corte 
territoriale 
ha 
affermato che 
alla 
luce 
del 
complessivo 
quadro costituzionale 
e 
convenzionale 
i 
singoli 
Stati 
membri 
del 
Consiglio d'Europa 
conservano 
la 
libert� 
di 
scegliere 
il 
modello 
di 
unione 
(tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso) 
giuridicamente 
riconosciuta 
nell'ordinamento 
interno 
e 
che 
in 
ordine 
a 
tale 
modello 
deve 
rinvenirsi 
una 
riserva 
assoluta 
di 
legislazione 
nazionale. 
Il 
matrimonio 
tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
non 
corrisponde 
al 
modello matrimoniale 
delineato dal 
nostro ordinamento e, di 
conseguenza, la 
trascrizione 
di 
un atto estero di 
tale 
contenuto determinerebbe 
un quadro d'incertezza 
incompatibile 
con 
l'assetto e la funzione della trascrizione. 
3. 
Avverso tale 
pronuncia 
hanno proposto ricorso per cassazione 
(omissis) sulla 
base 
di 
due 
motivi. 
Ha 
resistito 
con 
controricorso 
e 
ricorso 
incidentale 
il 
sindaco 
di 
Milano 
come 
Ufficiale 
del 
Governo ed ha 
proposto controricorso adesivo l'associazione 
(omissis). Hanno depositato 
memoria i ricorrenti e i controricorrenti adesivi. 
RAGIONI DELLA DECISIONE 


4. 
Deve 
rilevarsi, preliminarmente, che 
nelle 
more 
del 
giudizio per cassazione 
� 
intervenuta 
la 
L. n. 76 del 
2016 ed i 
decreti 
legislativi 
delegati 
previsti 
dall'art. 1, comma 
28, lett. b) riguardanti 
l'adeguamento delle 
disposizioni 
dell'ordinamento dello stato civile 
in materia 
di 
iscrizioni, trascrizioni 
ed annotazioni 
nonch� 
delle 
norme 
in materia 
di 
diritto internazionale 
privato. Sono stati, infatti, emanati 
rispettivamente 
i 
D.Lgs. 19 gennaio 2017 n. 5 e 
D.Lgs. n. 
7 del 2017. 
4.1. 
L'illustrazione 
dei 
motivi 
di 
ricorso 
verr�, 
conseguentemente 
completata 
dalle 
integrazioni 
contenute 
nelle 
memorie 
depositate, dovendosi 
affrontare, tra 
gli 
altri, il 
profilo dell'applicabilit� 
della 
nuova 
disciplina 
normativa 
anche 
ai 
rapporti 
sorti 
prima 
dell'entrata 
in vigore 
del 
nuovo complesso sistema legislativo, ed ai giudizi instaurati anteriormente ad esso. 
5. Nel 
primo motivo di 
ricorso viene 
dedotta 
la 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
del 
principio 
generale 
del 
favor 
matrimon� 
in relazione 
agli 
artt. 2, 3 e 
29 Cost., nonch� 
del 
principio di 
tassativit� 
e 
tipicit� 
delle 
fattispecie, del 
principio della 
conservazione 
degli 
atti, del 
diritto 
alla 
vita 
familiare 
e 
del 
divieto di 
discriminazione. In particolare, le 
parti 
contestano che 
il 
matrimonio tra 
persone 
dello stesso sesso celebrato all'estero sia 
inidoneo alla 
produzione 
di 
effetti 
giuridici 
nel 
nostro ordinamento e 
che 
viga 
il 
principio di 
tassativit� 
in ordine 
alla 
trascrizione 
degli 
atti. Viene 
rilevato che 
il 
D.P.R. n. 396 del 
2000, art. 63, comma 
2, stabilisce 
che 
i 
matrimoni 
celebrati 
all'estero, davanti 
all'autorit� 
locale, secondo le 
leggi 
del 
luogo, devono 
essere 
trascritti 
nei 
registri 
dello stato civile 
e 
che 
la 
L. n. 218 del 
1995, art. 27 afferma 
che 
la 
capacit� 
matrimoniale 
e 
le 
altre 
condizioni 
per 
contrarre 
matrimonio 
sono 
regolate 
dalla 
legge 
nazionale 
del 
nubendo. Infine 
l'art. 115 c.c. richiama 
per il 
cittadino italiano le 
norme 
nazionali 
sulle 
condizioni 
per contrarre 
matrimonio contenute 
negli 
artt. 84 c.c. e 
ss. Nessuna 
di 
tali 
norme 
contiene 
riferimenti 
testuali 
diretti 
od 
indiretti 
alla 
diversit� 
di 
sesso 
dei 
coniugi. 
Una 
volta 
soddisfatti 
i 
requisiti 
sostanziali 
di 
stato e 
capacit� 
previsti 
dalla 
legge 
italiana 
il 
matrimonio 
del 
cittadino 
italiano 
celebrato 
nel 
rispetto 
della 
lex 
loci 
ha 
immediata 
validit� 
nel 
nostro ordinamento. Alla 
luce 
di 
queste 
premesse, una 
volta 
superata 
anche 
dalla 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
la 
tesi 
dell'inesistenza 
giuridica 
del 
matrimonio contratto tra 
persone 
dello stesso sesso e 
la 
vigenza 
dell'art. 9 della 
Carta 
dei 
diritti 
Fondamentali 
dell'Unione 
Europea 
e 
12 
della 
CEDU 
rimane 
priva 
di 
fondamento 
l'intrascrivibilit� 
del 
predetto 
matrimonio. 
Se 
la 
differenza 
di 
sesso tra 
i 
nubendi 
non � 
un requisito necessario per la 
esistenza 
e 
validit� 
del 
matrimonio 
non 
pu� 
neanche 
incidere 
sulla 
sua 
efficacia. 
N� 
pu� 
pi� 
ritenersi 
la 
contrariet� 
al 
parametro dell'ordine 
pubblico del 
matrimonio in questione 
L. n. 218 del 
1995, ex art. 16, 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


essendo tale 
impedimento escluso dalla 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
ed essendo applicabile 
il 
principio secondo il 
quale 
i 
matrimoni 
celebrati 
tra 
cittadini 
italiani 
e 
stranieri 
hanno immediata 
rilevanza 
nel 
nostro 
ordinamento 
sempre 
che 
essi 
risultino 
celebrati 
secondo 
le 
forme 
previste 
dalla 
legge 
straniera 
e 
sempre 
che 
sussistano 
i 
requisiti 
di 
capacit� 
previsti 
dalla 
legge 
nazionale. 

6. 
Nel 
secondo motivo viene 
dedotta 
specificamente 
la 
violazione 
del 
divieto di 
discriminazione 
in ordine 
all'affermazione 
della 
Corte 
d'appello secondo la 
quale 
il 
matrimonio tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
non 
corrisponde 
alla 
tipologia 
di 
matrimonio 
delineato 
nel 
nostro 
ordinamento e 
perci� non � 
trascrivibile. La 
trascrizione 
ha 
solo efficacia 
certativa 
e 
non costitutiva 
di 
un atto che 
� 
immediatamente 
valido ed efficace 
tanto che 
non sarebbe 
consentito 
un 
secondo 
matrimonio 
di 
uno 
dei 
componenti 
l'unione 
coniugale 
in 
questione 
ex 
art. 
116 
c.c. 
Inoltre 
il 
ricorrente 
di 
nazionalit� 
(omissis), ha 
ottenuto il 
rilascio del 
permesso di 
soggiorno 
per motivi 
familiari 
proprio in considerazione 
dell'unione 
matrimoniale. Alla 
luce 
della 
giurisprudenza 
Cedu in tema 
d'interpretazione 
degli 
artt. 8, 12 e 
14 della 
Convenzione 
non si 
riscontra 
alcuna 
proporzionalit� 
nella 
soluzione 
adottata 
dalla 
Corte 
d'appello. 
Essa 
viola 
la 
vita 
privata 
e 
famigliare 
dei 
ricorrenti, la 
loro libert� 
individuale 
e 
li 
discrimina 
in ragione 
del 
loro orientamento sessuale. 
7. Le 
ragioni 
dei 
ricorrenti 
sono state 
corroborate 
anche 
dal 
controricorso adesivo dell'Associazione 
(omissis), in particolare 
sotto il 
profilo dell'insussistenza 
dell'impedimento dovuto 
alla 
contrariet� 
all'ordine 
pubblico da 
intendersi 
come 
ordine 
pubblico internazionale, attualmente 
del 
tutto aperto al 
riconoscimento giuridico delle 
unioni 
tra 
persone 
dello stesso sesso. 
La 
scelta 
del 
modello � 
rimessa 
al 
legislatore 
interno e 
non entra 
nella 
valutazione 
di 
compatibilit� 
posta dal limite dell'ordine pubblico internazionale. 
8. 
Nella 
memoria 
delle 
parti 
ricorrenti 
� 
stata 
evidenziata 
l'entrata 
in vigore 
della 
L. n. 76 del 
2016 e 
la 
previsione 
nell'art. 1, comma 
28 lett. 
b), della 
delega 
al 
Governo per l'emanazione 
di 
decreti 
attuativi 
in ordine 
alla 
materia 
del 
diritto internazionale 
privato "prevedendo l'applicazione 
della 
disciplina 
dell'unione 
civile 
tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
regolata 
dalle 
leggi 
italiane 
alle 
coppie 
formate 
da 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
che 
abbiano 
contratto 
all'estero 
matrimonio, unione civile o altro istituto analogo". 
Nella 
relazione 
illustrativa 
era 
stato 
sostenuto 
che 
"per 
quanto 
riguarda 
il 
matrimonio 
tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso 
celebrato 
all'estero, 
la 
soluzione 
obbligata 
� 
quella 
per 
cui 
lo 
stesso 
produce 
in 
italia 
gli 
effetti 
dell'unione 
civile 
regolata 
dalla 
legge 
italiana, 
indipendentemente 
dalla cittadinanza (italiana o straniera) delle 
parti". Successivamente, tuttavia, la 
Commissione 
affari 
Costituzionali 
del 
Senato e 
le 
Commissioni 
Giustizia 
di 
Camera 
e 
Senato hanno 
rilevato che 
questa 
formulazione 
cos� 
ampia 
contraddicesse 
i 
principi 
generali 
in materia 
di 
diritto 
internazionale 
privato, 
determinando 
una 
situazione 
di 
disparit� 
di 
trattamento 
tra 
coppie 
dello stesso sesso straniere 
coniugate 
all'estero e 
coppie 
unite 
all'estero da 
un vincolo diverso 
dal 
matrimonio. Da 
tale 
indicazione 
� 
sorta 
la 
formulazione 
della 
L. n. 218 del 
1995, 
art. 32bis, che 
stabilisce 
solo per i 
cittadini 
italiani 
dello stesso sesso che 
abbiano contratto 
matrimonio all'estero la produzione nel nostro ordinamento degli effetti dell'unione civile. 
La 
norma 
� 
applicabile 
soltanto nell'ipotesi 
in cui 
entrambi 
i 
nubendi 
siano italiani. La 
conclusione 
� 
suggerita 
dalla 
relazione 
accompagnatoria 
che 
riferisce 
la 
soluzione 
al 
matrimonio 
contratto all'estero, ove si tratti di cittadini italiani dello stesso sesso. 
La 
norma 
sulla 
trascrizione 
applicabile, pertanto, � 
il 
R.D. n. 1238 del 
1939, art. 125, comma 
5, che 
prescrive 
la 
trascrizione 
nei 
registri 
di 
matrimonio degli 
atti 
di 
matrimonio celebrati 
all'estero. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Dunque 
la 
legge 
italiana 
non pu� pi� regolare 
situazioni, quali 
quella 
dedotta 
in giudizio, antecedenti 
il 5 giugno 2016 (data di entrata in vigore della L. n. 76 del 2016). 

9. 
Nella 
memoria 
dell'associazione 
(omissis) 
viene 
affrontata 
specificamente 
la 
categoria 
delle 
coppie 
cd. miste, ovvero composte 
da 
un cittadino italiano ed un cittadino straniero con matrimonio 
celebrato 
all'estero. 
Questa 
tipologia 
di 
unione 
coniugale 
non 
pu� 
produrre 
gli 
effetti 
dell'unione 
civile, 
in 
quanto 
la 
citata 
L. 
n. 
218 
del 
1995, 
art. 
32 
bis 
limita 
tale 
peculiare 
effetto 
solo ai 
matrimoni 
contratti 
dai 
cittadini 
italiani. La 
conferma 
della 
correttezza 
dell'inapplicabilit� 
della 
limitazione 
degli 
effetti 
alle 
coppie 
miste 
deriva 
dal 
confronto tra 
lo schema 
di 
decreto 
legislativo 
trasmesso 
una 
prima 
volta 
al 
Parlamento, 
che 
si 
riferiva 
genericamente 
al 
matrimonio 
contratto 
all'estero 
da 
persone 
dello 
stesso 
sesso, 
e 
il 
testo 
effettivamente 
adottato 
che 
si 
riferisce 
invece 
a 
"cittadini 
italiani 
dello 
stesso 
sesso". Il 
rinvio 
esclusivo 
alla 
legge 
italiana 
avrebbe 
impedito 
l'applicazione 
delle 
regole 
di 
diritto 
internazionale 
privato 
il 
cui 
scopo 
� il coordinamento con gli ordinamenti stranieri. 
Nella 
memoria 
viene, infine, sottolineato il 
difetto di 
coordinamento normativo tra 
il 
R.D. n. 
1238 
del 
1939, 
art. 
125, 
comma 
5, 
n. 
1, 
che 
prescrive 
la 
trascrizione 
nei 
registri 
di 
matrimonio 
celebrati 
all'estero e 
l'art. 134 bis, introdotto dal 
D.Lgs. n. 5 del 
2017, secondo il 
quale 
tutti 
gli 
atti 
di 
costituzione 
delle 
unioni 
civili 
avvenute 
all'estero 
e 
gli 
atti 
di 
matrimonio 
tra 
persone 
dello stesso sesso avvenuti 
all'estero devono essere 
trascritti 
nel 
registro delle 
unioni 
civili. 
Si 
tratta 
di 
una 
dimenticanza 
del 
legislatore 
delegato, come 
sottolineato anche 
dal 
Consiglio 
Nazionale 
del 
Notariato. Deve 
pertanto ritenersi 
che 
il 
citato art. 134 bis 
sia 
applicabile 
soltanto 
ai 
matrimoni 
contratti 
da 
soli 
cittadini 
italiani 
all'estero in quanto non � 
plausibile 
che 
una 
tipologia 
di 
matrimonio che 
secondo le 
norme 
di 
diritto internazionale 
privato pu� essere 
trascritto come 
tale 
debba 
subire, per una 
disposizione 
relativa 
ad una 
fase 
meramente 
certativa, 
una 
sorte 
diversa. 
I 
matrimoni 
composti 
da 
coppie 
miste 
non 
sono 
stati 
celebrati 
all'estero 
con un intento elusivo, costituendo l'esercizio di 
un diritto soggettivo riconosciuto dall'art. 12 
Cedu e 
9 Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
Europea. L'unione 
matrimoniale 
dedotta 
nel 
presente 
giudizio 
non 
solo 
� 
coerente 
con 
la 
lex 
loci, 
ma 
ha 
un 
elemento 
di 
transnazionalit� 
che 
non � 
stato creato ad hoc 
ma 
� 
agganciato alla 
legge 
nazionale 
di 
uno dei 
coniugi, e, dunque, 
nell'esercizio di 
un diritto fondamentale. In conclusione, la 
L. n. 218 del 
1995, art. 32 
bis 
non � applicabile alla fattispecie. 
9.1 
L'applicazione 
del 
cd. 
downgrading 
(ovvero 
l'applicazione 
della 
disciplina 
normativa 
delle 
unioni 
civili) 
anche 
ai 
matrimoni 
cd. 
misti 
determinerebbe 
una 
violazione 
dell'art. 
3 
Cost. 
Ove 
si 
ritenga, contro il 
chiaro dato testuale, che 
l'art. 32 bis 
sopra 
citato sia 
applicabile 
alla 
fattispecie, 
deve essere prospettata eccezione d'illegittimit� costituzionale delle seguenti norme: 
-L. n. 76 del 
2016, art. 1, comma 
28, lett. b) nella 
parte 
in cui 
prevede 
anche 
per i 
matrimoni 
formati 
all'estero da 
una 
coppia 
formata 
da 
un cittadino italiano e 
da 
uno straniero l'applicazione 
della disciplina dell'unione civile; 
-il 
R.D. n. 1238 del 
1939, art. 134 bis, comma 
3, lett. a) 
nella 
parte 
in cui 
prevede 
che 
nel 
registro 
delle 
unioni 
civili 
di 
cui 
al 
R.D. n. 1238 del 
1939, art. 14, n. 4bis 
debbano trascriversi 
tutti gli atti di matrimoni tra persone dello stesso sesso avvenuti all'estero. 
L'eccezione 
viene 
prospettata 
in relazione 
agli 
artt. 2, 3, 29 e 
117 Cost. nonch� 
in relazione 
agli 
artt. 8 e 
14 Cedu. L'interpretazione 
censurabile 
sarebbe 
infatti 
fondata 
soltanto sul 
sesso 
e sull'orientamento sessuale dei coniugi cos� violando il principio di uguaglianza. 
In 
assenza 
dell'impedimento 
costituito 
dalla 
contrariet� 
all'ordine 
pubblico 
internazionale 
non 
� 
ragionevole 
ed 
� 
discriminatoria 
la 
disparit� 
di 
trattamento 
tra 
matrimonio 
contratto 
all'estero 
da coppia eterosessuale e dello stesso sesso nell'ipotesi di matrimonio cd. misto. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


10. 
ECCEzIONI PRELIMINARI D'INAMMISSIBILIT� 
DEL RICORSO. 
Preliminarmente 
devono essere 
affrontate 
le 
eccezioni 
d'inammissibilit� 
del 
ricorso per cassazione 
prospettate 
dall'Avvocatura 
dello 
Stato 
in 
rappresentanza 
e 
difesa 
del 
Sindaco 
in 
qualit� 
di ufficiale del Governo. 
10.1 In primo luogo � 
stato dedotto il 
difetto di 
notifica 
del 
ricorso per cassazione 
al 
Procuratore 
generale 
presso la 
Corte 
di 
cassazione. Le 
parti 
ricorrenti 
hanno depositato all'udienza 
del 
30 novembre 
2017 la 
copia 
dell'avviso di 
ricevimento dell'atto regolarmente 
notificato al 
suddetto Procuratore 
generale. Deve, peraltro, evidenziarsi 
che 
il 
ricorso non deve 
essere 
notificato 
al 
Procuratore 
generale 
presso 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
ma 
soltanto 
all'ufficio 
della 
Procura 
generale 
presso 
la 
Corte 
d'appello, 
in 
quanto 
parte 
del 
giudizio 
che 
ha 
dato 
luogo 
al 
provvedimento impugnato. La 
giurisprudenza 
costante 
di 
questa 
Corte, ha, al 
riguardo, stabilito 
che 
anche 
tale 
ultima 
omissione 
sia 
priva 
di 
rilievo ove 
le 
conclusioni 
del 
P.G. presso la 
corte 
d'appello 
siano 
state 
accolte 
dalla 
sentenza 
impugnata 
e 
il 
controllo 
di 
legittimit� 
sia 
stato assicurato dalla 
partecipazione 
al 
procedimento davanti 
la 
Corte 
di 
cassazione 
del 
Procuratore 
generale 
che 
abbia, come 
nella 
specie, rassegnato le 
sue 
conclusioni 
(Cass. 11211 
del 2014). 
10.2 Il 
Procuratore 
generale, all'udienza 
pubblica 
del 
30 novembre 
2017, ha 
concluso per il 
rigetto del 
ricorso, richiamando gli 
orientamenti 
gi� 
espressi 
da 
questa 
Corte 
ante 
L. n. 76 del 
2016, 
ed 
ha 
ritenuto 
la 
fattispecie 
dedotta 
in 
giudizio, 
ratione 
temporis, 
non 
regolata 
dalla 
nuova legge. 
11. 
� 
stato 
prospettato 
dalla 
parte 
controricorrente 
anche 
un 
unico 
motivo 
di 
ricorso 
incidentale 
volto alla 
dichiarazione 
di 
nullit� 
della 
sentenza 
impugnata 
e 
di 
tutto il 
procedimento per effetto 
della 
mancata 
notifica 
del 
ricorso introduttivo e 
del 
reclamo al 
Sindaco del 
comune 
di 
Milano in qualit� 
di 
Ufficiale 
del 
Governo presso l'Avvocatura 
di 
Stato. Presumibilmente 
il 
ricorso ed il 
reclamo sono stati 
notificati 
direttamente 
al 
Sindaco e 
non presso l'Avvocatura 
di 
Stato, trascurando la 
sua 
qualit� 
di 
Ufficiale 
del 
Governo nella 
specie, ma 
il 
giudice 
del 
merito, 
sia 
in 
primo 
che 
in 
secondo 
grado, 
non 
ha 
disposto 
la 
rinnovazione 
della 
notificazione. 
11.1 
La 
censura 
deve 
essere 
disattesa. 
Tra 
le 
attribuzioni 
del 
sindaco 
nei 
servizi 
di 
competenza 
statale, il 
D.Lgs. n. 267 del 
2000, art. 54 include 
specificamente 
alla 
lettera 
a) 
la 
tenuta 
dei 
registri 
dello stato civile. Questa 
funzione 
pubblica 
viene 
svolta 
dal 
sindaco in qualit� 
di 
Ufficiale 
del 
Governo. L'eccezione 
prospettata 
richiede 
il 
preventivo l'esame 
della 
natura 
del-
l'attivit� 
svolta 
dal 
Sindaco 
in 
tale 
peculiare 
ruolo. 
Pu� 
osservarsi 
al 
riguardo 
che 
si 
tratta 
dell'esercizio di 
una 
funzione 
certificativa 
a 
carattere 
dichiarativo del 
tutto priva 
di 
discrezionalit� 
amministrativa, 
in 
quanto 
regolata 
esclusivamente 
da 
norme 
legislative 
o 
regolamentari 
che 
ne 
pongono in luce 
la 
vincolativit�. Il 
potere 
di 
rifiuto della 
trascrizione 
dell'atto, se 
contrario 
all'ordine 
pubblico, si 
colloca 
all'interno dell'esercizio di 
una 
funzione 
amministrativa 
vincolata 
dal 
momento 
che 
il 
parametro 
alla 
luce 
del 
quale 
verificare 
la 
coerenza 
o 
la 
non 
conformit� 
a 
tale 
canone 
deriva 
da 
un complesso tessuto costituzionale, convenzionale 
e 
legislativo 
e 
pi� specificamente, per gli 
ufficiali 
di 
stato civile, dalle 
prescrizioni, per essi 
cogenti, 
contenute 
nelle 
circolari 
del 
Ministero degli 
Interni 
al 
riguardo. L'ulteriore 
indice 
della 
natura 
vincolata 
della 
funzione 
svolta 
e 
della 
correlata 
situazione 
di 
diritto soggettivo del 
richiedente 
la 
trascrizione 
si 
pu� cogliere 
nella 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario e 
nell'articolazione 
del 
rapporto tra 
organo giudicante 
e 
ufficiale 
dello stato civile 
cos� 
come 
previsto 
dalla 
norma. Al 
riguardo, a 
fronte 
del 
rifiuto alla 
trascrizione 
dell'atto, il 
richiedente 
pu� proporre 
ricorso giurisdizionale 
nei 
modi 
indicati 
nel 
D.P.R. n. 396 del 
2000, art. 95, comma 
1 e 
ai 
sensi 
del 
successivo art. 96, comma 
1: 
"il 
tribunale 
pu�, senza particolari 
formalit�, assu

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


mere 
informazioni, acquisire 
documenti 
e 
disporre 
l'audizione 
dell'ufficiale 
dello stato civile. 

2. il 
tribunale, prima di 
provvedere, deve 
sentire 
il 
procuratore 
della repubblica e 
gli 
interessati 
e richiedere, se del caso, il parere del giudice tutelare". 
L'audizione 
dell'ufficiale 
dello stato civile, ha, pertanto, natura 
eventuale, in quanto conseguente 
alle 
valutazioni 
relative 
alle 
esigenze 
istruttorie 
formulate 
dal 
Tribunale 
e 
non 
�, 
di 
conseguenza, 
idonea 
a 
predeterminare 
una 
partecipazione 
necessaria 
dell'Ufficiale 
dello 
stato 
civile al giudizio. 
12. 
APPLICABILIT� 
DELLA 
L. N. 76 DEL 
2016 E 
DEI DECRETI LEGISLATIVI DELEGATIVI N. 5 E 
7 DEL 
2017 AL GIUDIzIO. 
Pregiudiziale 
all'esame 
dei 
singoli 
motivi 
di 
ricorso � 
la 
verifica 
dell'applicabilit� 
alla 
fattispecie 
dedotta 
in giudizio della 
nuova 
disciplina 
normativa 
relativa 
alle 
unioni 
civili 
tra 
persone 
dello 
stesso 
sesso. 
Nella 
specie 
il 
matrimonio 
di 
cui 
si 
chiede 
la 
trascrizione 
� 
stato 
contratto prima 
del 
5 giugno 2016, giorno in cui 
� 
entrata 
in vigore 
la 
L. n. 76 del 
2016 ed 
anche il giudizio � stato instaurato anteriormente a tale data. 
La 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
in 
relazione 
a 
un 
caso 
analogo 
(matrimonio 
contratto 
all'estero 
da 
due 
cittadini 
italiani 
dello stesso sesso), con la 
sentenza 
n. 4124 del 
2012 ha 
escluso la 
legittimit� 
della 
trascrizione 
e, successivamente, con la 
sentenza 
n. 2400 del 
2015 ha 
ritenuto 
inapplicabile 
il 
modello matrimoniale 
alle 
unioni 
omoaffettive, in una 
fattispecie 
sorta 
dal 
rifiuto 
di 
procedere 
alle 
pubblicazioni 
matrimoniali, nonostante 
la 
indubitabile 
riconducibilit� 
di 
tali 
unioni 
tra 
le 
formazioni 
sociali 
che 
godono di 
pieno riconoscimento e 
protezione 
ex 
art. 2 Cost. In entrambe 
le 
decisioni 
� 
stato evidenziato come 
sia 
l'art. 9 della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
Europea 
sia 
l'art. 12 Cedu, non impongano agli 
Stati 
l'adozione 
del 
modello 
matrimoniale 
per 
il 
riconoscimento 
giuridico 
delle 
unioni 
omoaffettive 
al 
loro 
interno, 
ferma 
la 
necessit� 
di 
garantire 
un grado di 
protezione 
dei 
diritti 
individuali 
e 
relazionali 
sorti 
da tali unioni tendenzialmente omogeneo a quelle coniugali. 
La 
conseguenza, prospettata 
dal 
Procuratore 
Generale 
nella 
propria 
requisitoria, della 
inapplicabilit� 
del 
nuovo regime 
giuridico introdotto dalla 
L. n. 76 del 
2016, anche 
alla 
luce 
delle 
pronunce 
n. 138 del 
2010 e 
170 del 
2014, � 
la 
radicale 
intrascrivibilit� 
del 
matrimonio contratto 
da una coppia omoaffettiva all'estero. 
Tale 
conclusione, tuttavia, non pu� essere 
integralmente 
condivisa, dal 
momento che 
la 
L. n. 
76 
del 
2016 
oltre 
ad 
introdurre 
un 
peculiare 
modello 
giuridicamente 
riconosciuto 
per 
le 
unioni 
omoaffettive, ha 
regolato specificamente 
anche 
la 
disciplina 
delle 
trascrizioni 
dei 
matrimoni 
o delle 
unioni 
giuridicamente 
riconosciute 
di 
natura 
omoaffettiva 
contratte 
all'estero. Il 
legislatore 
ha 
avvertito 
l'inadeguatezza 
della 
regolazione 
dei 
rapporti 
di 
famiglia 
contenuti 
nel 
Titolo III, capo IV 
della 
L. n. 218 del 
1995 ed ha 
introdotto gli 
artt. 32 
bis, 
ter, quater, quinquies. 
Gli 
artt. 32 ter 
e 
quater 
hanno ad oggetto l'individuazione 
della 
giurisdizione 
e 
della 
legge 
applicabile 
in 
ordine 
alla 
capacit� 
e 
alle 
condizioni 
per 
contrarre 
matrimonio 
e 
allo 
scioglimento 
delle 
unioni 
civili. Gli 
artt. 32 bis 
e 
quinquies 
riguardano, invece, specificamente 
il 
tema 
degli 
effetti 
nel 
nostro 
ordinamento 
dei 
matrimoni 
e 
delle 
unioni 
civili 
(o 
istituti 
analoghi 
come 
precisa 
l'art. 32 
quinquies) contratte 
all'estero da 
cittadini 
italiani. La 
definizione 
degli 
effetti 
rispettivamente 
del 
matrimonio 
e 
dell'unione 
civile 
(o 
istituto 
analogo) 
contratti 
all'estero 
da 
cittadini 
italiani 
non 
pu� 
essere 
temporalmente 
limitata, 
proprio 
in 
virt� 
dell'intrinseca 
ratio 
della 
novella, 
alle 
relazioni 
coniugali 
o 
alle 
unioni 
giuridicamente 
riconosciute, 
contratte 
dopo 
l'entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
italiana 
n� 
pu� 
essere 
condizionata 
dalla 
data 
d'instaurazione 
del 
giudizio. 
Nessuna 
delle 
due 
norme 
contiene 
la 
delimitazione 
dell'efficacia 
temporale 
del 
meccanismo legislativo di 
conversione 
(nell'ipotesi 
del 
matrimonio contratto 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


all'estero) o di 
equiparazione 
degli 
effetti 
(nell'ipotesi 
dell'unione 
contratta 
all'estero) e, del 
resto, una 
previsione 
diversa 
avrebbe 
determinato un'ingiustificata 
ed irragionevole 
disparit� 
di 
trattamento 
per 
i 
cittadini 
italiani 
che 
abbiano 
contratto 
matrimoni 
o 
unioni 
all'estero 
prima 
dell'entrata 
in 
vigore 
della 
nuova 
legge, 
ai 
quali 
sarebbe 
preclusa 
in 
via 
generale 
l'applicazione 
delle 
nuove 
norme 
di 
diritto internazionale 
privato, volte 
proprio ad evitare 
soluzioni 
di 
continuit� 
e 
disomogeneit� 
di 
condizioni 
di 
riconoscimento e 
di 
tutela 
all'interno del 
nostro ordinamento, 
con riferimento a situazioni omogenee. 
L'applicazione 
delle 
nuove 
norme 
ai 
rapporti 
sorti 
prima 
della 
sua 
entrata 
in vigore 
non costituisce 
una 
deroga 
al 
principio d'irretroattivit� 
della 
legge, ma 
una 
conseguenza 
della 
specifica 
funzione 
di 
coordinamento e 
legittima 
circolazione 
degli 
status 
posta 
alla 
base 
della 
loro 
introduzione 
nell'ordinamento. L'esigenza 
primaria, indicata 
anche 
nella 
L. n. 76 del 
2016, 
art. 1, comma 
28, nel 
quale 
� 
definito l'ambito della 
delega 
al 
Governo nella 
materia, deve 
rinvenirsi 
proprio nella 
necessit� 
di 
fornire 
un regime 
giuridico uniforme 
alle 
coppie 
che 
abbiano 
(gi�) 
contratto 
all'estero 
un 
matrimonio, 
unione 
civile 
od 
altro 
istituto. 
Poich� 
con 
il 
matrimonio o con l'unione 
civile 
od istituto analogo si 
costituisce 
uno status 
tipicamente 
a 
natura 
non 
istantanea, 
ma 
destinato 
a 
durare 
nel 
tempo 
quanto 
meno 
fino 
all'eventuale 
suo 
scioglimento, deve 
essere 
applicato, in tema 
di 
riconoscimento degli 
effetti 
di 
esso in ordinamento 
diverso da 
quello in cui 
il 
vincolo � 
stato contratto, il 
regime 
giuridico vigente 
al 
momento 
della 
decisione, non essendo costituzionalmente 
compatibile 
una 
soluzione 
che, solo 
in virt� di 
una 
preclusione 
temporale, potrebbe 
impedire 
il 
riconoscimento di 
effetti 
giuridici 
all'interno del nostro ordinamento a cittadini italiani e stranieri. 

13. 
LA 
TRASCRIzIONE 
DEL 
MATRIMONIO 
CONTRATTO 
ALL'ESTERO 
DA 
UN 
CITTADINO 
ITALIANO 
E DA UN CITTADINO STRANIERO. 
Premessa 
l'astratta 
applicabilit� 
del 
nuovo regime 
di 
diritto internazionale 
privato alla 
fattispecie 
dedotta 
in giudizio, ed in particolare 
degli 
artt. 32 bis 
e 
quinquies, specificamente 
riguardanti 
il 
riconoscimento 
di 
matrimoni 
o 
unioni 
riconosciute 
contratte 
all'estero, 
deve 
in 
primo 
luogo 
essere 
definito 
l'oggetto 
dell'accertamento 
relativo 
al 
riconoscimento 
dell'efficacia 
di 
atti, provvedimenti 
o sentenze 
straniere 
nel 
nostro ordinamento secondo la 
L. n. 218 del 
1995, artt. 64 e ss. 
13.1 
Il giudizio di riconoscimento degli atti e dei provvedimenti giurisdizionali esteri. 
Secondo il 
consolidato orientamento di 
questa 
Corte, il 
sindacato giurisdizionale 
deve 
essere 
rivolto agli 
effetti 
che 
possono prodursi 
nel 
nostro ordinamento a 
causa 
del 
riconoscimento 
o, nella 
specie, della 
trascrizione 
dell'atto, senza 
che 
lo stesso possa 
essere 
sottoposto ad un 
sindacato contenutistico (Cass. 15343 del 
2016) o, nel 
caso si 
tratti 
di 
una 
sentenza 
straniera, 
senza 
che 
si 
debba 
verificare 
la 
correttezza 
della 
soluzione 
adottata 
dal 
giudice 
straniero in 
relazione 
alla 
disciplina 
di 
diritto positivo interno (cfr. Cass. 9483 del 
2013, sulla 
irrilevanza 
della 
diversit� 
del 
regime 
patrimoniale 
coniugale 
vigente 
negli 
Stati 
Uniti 
rispetto a 
quello 
italiano). 
Neanche 
l'accertamento 
dell'esistenza 
(o 
della 
mancanza) 
di 
analogo 
istituto 
nell'ordinamento 
italiano costituisce, in linea 
generale, un ostacolo impeditivo al 
riconoscimento, come 
� 
accaduto 
nelle 
pronunce 
che 
hanno riconosciuto provvedimenti 
e 
sentenze 
straniere 
di 
divorzio 
ancorch� 
negli 
ordinamenti 
di 
provenienza 
non fosse 
conosciuta 
la 
separazione 
personale. Il 
limite 
effettivo, in ordine 
ai 
rapporti 
di 
famiglia, � 
costituito dal 
complesso dei 
principi 
anche 
di 
natura 
valoriale, 
costituzionale 
e 
convenzionale 
che, 
sul 
fondamento 
della 
dignit� 
della 
persona, 
della 
uguaglianza 
di 
genere 
e 
della 
non discriminazione 
tra 
generi 
ed in relazione 
all'orientamento 
sessuale, 
determinano 
l'orizzonte 
non 
oltrepassabile 
dell'ordine 
pubblico 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


internazionale. Un atto o provvedimento straniero che 
sia 
rispettoso di 
tale 
limite 
merita 
di 
essere 
riconosciuto 
nel 
nostro 
ordinamento 
con 
riferimento 
specifico 
agli 
effetti 
che 
� 
destinato 
a produrre. 

13.2 
La peculiarit� della domanda. 
L'applicazione 
dei 
principi 
sopra 
esposti 
alla 
fattispecie 
dedotta 
nel 
presente 
giudizio 
presenta 
delle peculiarit� che meritano di essere sinteticamente rilevate. 
Le 
parti 
ricorrenti 
hanno 
richiesto 
la 
trascrizione 
dell'atto 
di 
matrimonio 
come 
tale. 
Esse, 
come 
ribadito anche 
in tutti 
gli 
atti 
difensivi 
dimessi 
in giudizio, richiedono il 
riconoscimento della 
loro unione 
coniugale 
come 
matrimonio e 
non come 
unione 
civile. Non ritengono legittima 
l'applicazione 
del 
cd. downgrading 
ovvero la 
conversione 
della 
loro unione 
matrimoniale 
in 
unione 
civile. Non ritengono, di 
conseguenza, sufficiente 
che 
mediante 
la 
trascrizione 
negli 
atti 
del 
registro delle 
unioni 
civili 
del 
loro matrimonio si 
producano automaticamente 
nel 
nostro 
ordinamento gli 
effetti 
giuridici 
previsti 
dalla 
L. n. 76 del 
2016 e 
la 
conseguente, tendenziale, 
equiparazione 
delle 
tutele 
a 
quelle 
previste 
per l'unione 
coniugale 
con i 
limiti 
in essa 
indicati 
e 
salva 
la 
clausola 
di 
salvaguardia 
per i 
diritti 
gi� 
riconosciuti 
in sede 
giurisdizionale, 
contenuta nella L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 20. 
Alla 
peculiarit� 
della 
domanda 
proposta 
dalle 
parti 
ricorrenti 
corrisponde 
specularmente 
la 
complessit� 
del 
sistema 
giuridico 
ad 
essa 
astrattamente 
applicabile. 
Deve 
rilevarsi, 
al 
riguardo, 
che 
le 
norme 
di 
diritto internazionale 
privato (L. n. 218 del 
1995, artt. 64 e 
ss; 
per i 
provvedimenti 
ed atti 
in materia 
di 
famiglia, artt. 65 e 
66), come 
gi� 
evidenziato, concernono il 
riconoscimento 
degli 
effetti 
dell'atto. 
L'impedimento 
costituito 
dalla 
contrariet� 
all'ordine 
pubblico, nella 
configurazione 
sopra 
delineata, coerente 
con gli 
orientamenti 
di 
questa 
Corte 
(Cass. 11599 del 
2016 e 
S.U. 16601 del 
2017), riguarda 
gli 
effetti 
e 
non la 
qualificazione 
del-
l'atto. A 
tal 
proposito deve 
precisarsi 
che 
la 
disciplina 
contenuta 
nella 
L. n. 218 del 
1995, art. 
28, relativa 
alla 
validit� 
formale 
del 
matrimonio, riguarda 
la 
legge 
applicabile 
e 
non il 
riconoscimento 
o 
la 
trascrizione 
dell'atto 
formato 
all'estero. 
Ai 
fini 
dell'individuazione 
della 
legge 
applicabile 
per 
la 
validit� 
formale 
dell'atto, 
in 
via 
generale, 
concorre 
con 
gli 
altri 
criteri 
anche 
quello 
del 
luogo 
della 
celebrazione 
ma 
tale 
disposizione 
non 
incide 
sulla 
determinazione 
degli 
effetti 
nonch� 
delle 
condizioni 
e 
capacit� 
matrimoniali 
che, anche 
ai 
fini 
della 
legge 
applicabile, 
sono 
regolate 
dal 
criterio 
della 
legge 
nazionale 
dei 
contraenti 
(art. 
27). 
Quest'ultima, 
ove 
diversa, dar� 
luogo ad ambiti 
di 
riferimento giuridico diverso, rispetto ai 
quali 
non viene 
indicato 
un criterio di prevalenza. 
Nel 
caso 
di 
specie, 
la 
non 
contrariet� 
all'ordine 
pubblico 
internazionale, 
cos� 
come 
interpretato 
dal 
legislatore 
della 
L. 
n. 
76 
del 
2016 
e 
dei 
decreti 
delegati, 
del 
riconoscimento 
del 
matrimonio 
e 
delle 
unioni 
civili 
o 
istituti 
analoghi 
contratti 
all'estero, 
� 
consacrata 
dalla 
L. 
n. 
218 
del 
1995, 
artt. 32 bis 
e 
quinquies. 
Gli 
atti 
di 
matrimonio e 
di 
unioni 
riconosciute 
producono senz'altro 
effetti 
giuridici 
nel 
nostro 
ordinamento 
secondo 
il 
regime 
di 
convertibilit� 
stabilito 
dalle 
nuove 
norme. 
13.3 
L'esame del quadro giuridico di riferimento. 
La 
norma 
cardine 
per 
stabilire 
entro 
che 
limiti 
pu� 
essere 
riconosciuto 
nel 
nostro 
ordinamento 
l'atto di matrimonio dedotto nel presente giudizio � la L. n. 218 del 1995, art. 32 bis. 
La 
norma 
dispone 
che 
"il 
matrimonio 
contratto 
all'estero 
da 
cittadini 
italiani 
con 
persona 
dello 
stesso 
sesso 
produce 
gli 
effetti 
dell'unione 
civile 
regolata 
dalla 
legge 
italiana." 
La 
formulazione 
vigente 
� 
frutto 
di 
una 
modifica 
del 
testo 
iniziale, 
dovuta 
all'intervento 
correttivo 
sollecitato 
dalle 
Commissioni 
Affari 
Costituzionali 
e 
Giustizia 
sul 
testo 
precedente 
che 
non 
prevedeva 
la 
limitazione 
della 
conversione 
in 
unione 
civile 
ai 
matrimoni 
contratti 
da 
"citta

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


dini 
italiani" 
all'estero 
ma 
si 
riferiva 
genericamente 
ai 
matrimoni 
contratti 
all'estero, 
comprendendovi 
anche 
i 
cittadini 
stranieri. 
Tale 
estensione 
� 
stata 
ritenuta 
ingiustificata 
rispetto 
alla 
ratio 
antielusiva 
posta 
a 
base 
della 
nuova 
norma. 
In 
particolare 
si 
� 
ritenuto 
che 
quando 
il 
matrimonio 
� 
stato 
contratto 
all'estero 
da 
cittadini 
stranieri 
non 
pu� 
ravvisarsi 
in 
esso 
alcun 
intento 
di 
aggiramento 
della 
L. 
n. 
76 
del 
2016 
e 
del 
modello 
di 
unione 
civile 
vigente 
nel 
nostro 
ordinamento, 
cos� 
da 
doversi 
escludere 
la 
necessit� 
di 
derogare 
alle 
regole 
generalmente 
applicabili 
di 
diritto 
internazionale 
privato 
in 
relazione 
alla 
legge 
applicabile 
a 
tale 
relazione 
coniugale. 
In 
tale 
peculiare 
ipotesi 
non 
pu� 
essere 
ignorato 
il 
carattere 
intrinsecamente 
transnazionale 
del 
rapporto 
matrimoniale 
contratto 
tra 
cittadini 
stranieri, 
in 
quanto 
caratterizzato 
da 
un 
sufficiente 
grado 
di 
estraneit� 
rispetto 
al 
nostro 
ordinamento, 
con 
conseguente 
operativit� 
dei 
criteri 
di 
collegamento 
stabiliti 
negli 
artt. 
da 
26 
a 
30 
della 
l. 
n. 
218 
del 
1995 
o, 
ove 
applicabili, 
dei 
regolamenti 
UE 
in 
materia 
matrimoniale 
(Regolamento 
CE 
n. 
2201 
del 
2003 
e 
1259 
del 
2010). 
L'art. 32 bis, in conclusione, non trova 
applicazione 
diretta 
nell'ipotesi 
in cui 
venga 
richiesto 
il 
riconoscimento di 
un'unione 
coniugale 
contratta 
all'estero tra 
due 
cittadini 
stranieri. Il 
matrimonio 
dovrebbe 
essere 
trascritto, in questa 
ipotesi, come 
tale, senza 
operare 
alcuna 
conversione 
ancorch� 
il 
R.D. n. 1238 del 
1939, art. 63, cos� 
come 
modificato dal 
D.Lgs. n. 5 del 
2017, non preveda 
un registro dei 
matrimoni 
contratti 
da 
cittadini 
stranieri 
dello stesso sesso 
all'estero ma, al 
contrario, per questa 
ipotesi 
stabilisca, verosimilmente 
per un difetto di 
coordinamento 
con l'altro D.Lgs. n. 7 del 
2017, all'art. 63, comma 
2, lett. c-bis, che 
anche 
tali 
atti 
vadano 
trascritti 
nel 
registro 
delle 
unioni 
civili. 
Tale 
profilo 
critico, 
tuttavia 
non 
incide 
sull'applicazione 
della 
regola 
sostanziale 
della 
lex 
fori, in considerazione 
della 
funzione 
meramente 
certificativa 
della 
trascrizione 
di 
un atto che 
sia 
idoneo a 
produrre 
effetti 
nell'ordinamento 
ove 
ci� 
sia 
stato 
richiesto 
in 
forza 
di 
una 
norma 
di 
legge 
o 
di 
un 
provvedimento 
giurisdizionale. 
Il 
testo dell'art. 32 bis 
lascia 
tuttavia 
irrisolta 
la 
questione, formante 
oggetto del 
presente 
giudizio, 
relativa 
alla 
trascrizione 
in Italia 
del 
matrimonio tra 
persone 
dello stesso sesso, di 
cui 
una sia cittadino italiano e l'altro cittadino straniero, contratto all'estero. 
Come 
gi� 
rilevato, le 
nuove 
norme 
regolative 
della 
trascrizione 
(e 
della 
conseguente 
produzione 
degli 
effetti 
nel 
nostro 
ordinamento) 
delle 
unioni 
matrimoniali 
(o 
delle 
unioni 
civili) 
omoaffettive contratte all'estero sono l'art. 32 bis 
e l'art. 32 quinquies. 
Dall'esame 
coordinato di 
esse 
pu� essere 
ricavato in primo luogo il 
principio, definito efficacemente 
dalla 
dottrina 
di 
ordine 
pubblico 
"positivo" 
di 
netto 
favor 
in 
ordine 
al 
riconoscimento 
giuridico delle 
unioni 
omoaffettive 
ed all'accesso alle 
unioni 
civili 
ex 
L. n. 76 del 
2016. L'art. 
32 
quinquies 
contiene 
una 
clausola 
di 
salvaguardia 
secondo 
la 
quale 
le 
unioni 
civili 
o 
altri 
istituti 
analoghi, 
anche 
se 
non 
dotati 
di 
un 
complesso 
di 
strumenti 
di 
tutela 
equiparabili 
a 
quelli 
contenuti 
nella 
L. 
n. 
76 
del 
2016, 
producono 
gli 
stessi 
effetti 
delle 
unioni 
civili 
regolate 
dalla 
legge 
italiana. 
La 
norma 
stabilisce 
la 
prevalenza 
della 
legge 
italiana 
rispetto 
a 
leggi 
straniere 
che 
non 
tutelino 
in 
maniera 
equivalente 
tali 
unioni 
e 
costituisce 
uno 
degli 
indicatori 
della 
centralit� 
e 
l'esclusivit� 
della 
scelta 
adottata 
dal 
legislatore 
italiano in ordine 
al 
riconoscimento 
delle unioni omoaffettive. 
L'art. 
32 
bis 
completa, 
pertanto, 
il 
quadro 
degli 
effetti 
che 
possono 
produrre 
le 
diverse 
tipologie 
di 
unioni 
formate 
da 
coppie 
omoaffettive 
nel 
nostro ordinamento, in quanto stabilisce 
anche 
per l'ipotesi 
dell'unione 
coniugale 
contratta 
all'estero quantomeno la 
produzione 
degli 
effetti 
dell'unione civile 
ex 
L. n. 76 del 2016. 
Deve, in conclusione, ritenersi 
che 
il 
legislatore 
italiano abbia 
inteso esercitare 
pienamente 
la 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


libert� 
di 
scelta 
del 
modello di 
riconoscimento giuridico delle 
unioni 
omoaffettive 
coerentemente 
con 
il 
quadro 
convenzionale 
(artt. 
8 
e 
12 
Cedu) 
e 
con 
quello 
derivante 
dal 
sistema 
anche 
costituzionale 
dell'Unione 
Europea 
(art. 
9 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
Europea). 
� 
stato 
prefigurato 
un 
sistema 
di 
riconoscimento 
delle 
unioni 
omoaffettive, 
contratte 
all'estero, 
fondato sulla 
preminenza 
del 
modello adottato nel 
diritto interno delle 
unioni 
civili. Con la 


L. n. 76 del 
2016 il 
legislatore 
ha 
colmato il 
vuoto di 
tutela 
che 
caratterizzava 
l'ordinamento 
interno, cos� 
come 
richiesto dalla 
Corte 
Cost. con la 
sentenza 
n. 170 del 
2014 e 
dalla 
Corte 
Europea 
dei 
diritti 
umani 
nella 
sentenza 
Oliari 
contro 
Italia 
(sentenza 
del 
21 
luglio 
2105 
ricorsi 
n. 
18766 
e 
36030 
del 
2011), 
operando 
una 
scelta 
diversa 
da 
quella 
di 
molti 
altri 
Stati, 
fondata, 
invece 
sull'adozione 
del 
modello 
matrimoniale. 
Tale 
scelta 
� 
stata 
il 
frutto 
dell'esercizio 
di 
una 
discrezionalit� 
legislativa 
del 
tutto rientrante 
nel 
"potere 
di 
apprezzamento degli 
Stati" 
indicato dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
Edu proprio con riferimento all'interpretazione 
del-
l'art. 
12 
(Sentenza 
Schalk 
e 
Kopf 
del 
3 
giugno 
2010, 
ricorso 
n. 
30141 
del 
2004) 
e 
della 
precisa 
indicazione 
proveniente 
dalla 
citata 
sentenza 
n. 
170 
del 
2014. 
Per 
le 
unioni 
omoaffettive 
� 
stato scelto un modello di 
riconoscimento giuridico peculiare, ancorch� 
in larga 
parte 
conformato, 
per quanto riguarda 
i 
diritti 
ed i 
doveri 
dei 
componenti 
dell'unione, al 
rapporto matrimoniale. 
Alla 
diversit� 
della 
"forma" 
dell'unione 
civile 
rispetto 
al 
matrimonio 
corrisponde, 
peraltro, 
un'ampia 
equiparazione 
degli 
strumenti 
di 
regolazione, 
realizzata 
attraverso 
la 
tecnica 
del 
rinvio alla 
disciplina 
codicistica 
del 
rapporto matrimoniale 
da 
ritenersi, anche 
in ordine 
alla 
funzione 
adeguatrice 
della 
giurisprudenza, 
il 
parametro 
di 
riferimento 
antidiscriminatorio. 
13.4 
Il 
riconoscimento 
del 
matrimonio 
formato 
all'estero 
da 
cittadino 
italiano 
e 
cittadino 
straniero. 
Prima 
di 
procedere 
all'esame 
del 
nuovo sistema 
di 
diritto internazionale 
privato relativo agli 
effetti 
dei 
matrimoni 
e 
delle 
unioni 
contratte 
all'estero da 
cittadini 
dello stesso sesso, � 
necessario 
ribadire 
che 
all'esito del 
rifiuto della 
trascrizione 
dell'atto (o in virt� dell'opposizione 
al 
riconoscimento 
di 
un 
titolo 
giurisdizionale 
estero), 
il 
sindacato 
giurisdizionale 
riguarda 
gli 
effetti 
dell'atto 
o 
del 
provvedimento 
e 
non 
� 
limitato 
alla 
forma 
dello 
stesso. 
Il 
riconoscimento 
dell'atto 
determina 
il 
regime 
giuridico 
applicabile 
secondo 
le 
norme 
di 
collegamento 
di 
diritto 
internazionale 
privato 
elaborate 
dal 
D.Lgs. 
n. 
7 
del 
2017 
(prevalentemente 
coerenti 
con 
quelle 
preesistenti salve le esigenze di adeguamento dovute al nuovo istituto dell'unione civile). 
Nel 
caso di 
specie 
occorre 
stabilire 
se 
trova 
applicazione 
la 
limitazione 
degli 
effetti 
stabilita 
nell'art. 32 bis 
alla 
fattispecie 
peculiare 
dedotta 
in giudizio o se 
l'atto in oggetto pu� essere 
trascritto come unione matrimoniale (e non come unione civile). 
La 
specialit� 
della 
normazione 
introdotta 
con il 
D.Lgs. n. 7 del 
2017, nel 
sistema 
previgente 
di 
diritto 
internazionale 
privato, 
determina 
l'applicazione 
di 
questo 
peculiare 
regime 
giuridico 
degli 
effetti 
degli 
atti 
formati 
all'estero, nell'ambito delle 
unioni 
omoaffettive. La 
disciplina 
generale 
contenuta 
nella 
L. 
n. 
219 
del 
1995, 
artt. 
24 
e 
segg. 
� 
integrata 
da 
quella 
puntuale 
sopra 
indicata 
e 
il 
rispetto del 
limite 
costituito dall'ordine 
pubblico internazionale 
non deve 
essere 
oggetto di 
un esame 
specifico, essendo gi� 
stato oggetto della 
valutazione 
operata 
dal 
legislatore 
all'interno del 
nuovo regime 
giuridico di 
carattere 
speciale 
L. n. 76 del 
2016, 
ex 
art. 
1, 
comma 
28. 
Le 
unioni 
omoaffettive 
nel 
nostro 
ordinamento 
non 
contrastano 
con 
l'ordine 
pubblico internazionale 
e, conseguentemente, anche 
quelle 
contratte 
all'estero devono essere 
riconosciute 
ed 
assistite 
da 
un 
sistema 
di 
tutele 
adeguato. 
La 
compatibilit� 
dei 
modelli 
adottati 
all'estero 
(matrimonio 
od 
unione 
civile) 
nel 
nostro 
ordinamento 
trova 
una 
regolazione 
puntuale 
con i 
meccanismi 
di 
conversione 
elaborati 
dal 
legislatore 
del 
D.Lgs. n. 7 del 
2016. Tale 
complesso 
di 
regole 
definisce, tuttavia, anche 
il 
perimetro all'interno del 
quale 
tali 
unioni 
produ

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


cono effetti 
nel 
nostro ordinamento. La 
libert� 
di 
scelta 
del 
modello di 
unione 
omoaffettiva 
rimessa 
ai 
singoli 
Stati 
si 
estende, 
a 
fini 
antielusivi 
e 
di 
coerenza 
antiscriminatoria 
del 
sistema 
di 
regolazione 
interna, anche 
alla 
produzione 
degli 
effetti 
degli 
atti 
formati 
all'estero, salva 
l'ipotesi 
della 
totale 
transnazionalit� 
di 
essi 
(matrimonio contratto all'estero da 
cittadini 
entrambi 
stranieri). 
All'interno 
del 
quadro 
che 
si 
� 
delineato 
non 
risulta 
disagevole 
l'interpretazione 
della 
L. 
n. 
219 del 1995, art. 32 bis. 
Sul 
piano 
strettamente 
testuale, 
come 
� 
stato 
rilevato 
anche 
dalla 
dottrina, 
si 
pu� 
cogliere 
una 
differenza 
rilevante 
tra 
la 
formulazione 
dell'art. 
32 
bis 
e 
quella 
dell'art. 
32 
quinquies. 
Nella 
prima 
norma 
l'ambito 
soggettivo 
di 
applicazione 
del 
nuovo 
regime 
riguarda 
in 
generale 
"il 
matrimonio 
contratto 
all'estero 
da 
cittadini 
italiani" 
mentre 
l'art. 
32 
quinquies, 
che 
estende 
il 
sistema 
di 
tutele 
previsto 
dalla 
L. 
n. 
76 
del 
2016 
anche 
ad 
istituti 
analoghi, 
si 
riferisce 
ad 
unioni 
costituite 
all'estero 
"tra 
cittadini 
italiani", 
oltre 
a 
richiedere 
l'ulteriore 
requisito 
dell'abituale 
residenza 
in 
Italia. 
La 
differenza 
testuale 
ha 
un 
significato 
logico-giuridico 
chiaro. 
L'art. 
32 
bis 
esprime 
la 
nettezza 
della 
scelta 
legislativa 
verso 
il 
modello 
dell'unione 
civile, 
limitando 
gli 
effetti 
della 
circolazione 
di 
atti 
matrimoniali 
relativi 
ad 
unioni 
omoaffettive 
a 
quelle 
costituite 
da 
cittadini 
entrambi 
stranieri, 
come 
rileva 
l'indicatore 
costituito 
dall'uso 
del 
"da", 
rispetto 
alla 
diversa 
opzione 
adottata 
dall'art. 
32quinquies 
che 
ha 
una 
ratio 
estensiva 
del 
regime 
giuridico 
di 
riconoscimento 
e 
tutela 
contenuto 
nella 
L. 
n. 
76 
del 
2016 
a 
tutti 
i 
cittadini 
italiani, 
ancorch� 
abbiano 
dato 
vita 
all'estero 
ad 
un 
vincolo 
munito 
di 
un 
grado 
inferiore 
di 
diritti. 
La 
soluzione 
indicata 
� 
coerente 
anche 
con 
il 
regime 
giuridico 
di 
diritto 
internazionale 
privato 
relativo alla 
capacit� 
e 
alle 
condizioni 
per contrarre 
matrimonio. L'art. 27, applicabile 
nella 
specie, 
rinvia 
alla 
legge 
nazionale 
di 
ciascuno 
dei 
nubendi. 
Tale 
criterio 
nella 
specie 
creerebbe 
un conflitto non risolvibile 
in ordine 
alla 
forma 
ed agli 
effetti 
della 
trascrizione 
dell'atto contratto 
all'estero 
ove 
non 
si 
adottasse 
la 
soluzione 
interpretativa 
dell'art. 
32 
bis 
cui 
si 
� 
acceduto. 
Si 
deve, 
inoltre, 
rilevare, 
che 
se 
l'art. 
32 
bis 
si 
applicasse 
anche 
ai 
cd. 
matrimoni 
"misti", 
ovvero 
contratti 
da 
un 
cittadino 
italiano 
e 
da 
un 
cittadino 
straniero, 
si 
determinerebbe 
una 
discriminazione 
cd. 
"a 
rovescio" 
tra 
i 
cittadini 
italiani 
che 
hanno 
contratto 
matrimonio 
all'estero 
e 
possono 
"trasportare" 
forma 
ed 
effetti 
del 
vincolo 
nel 
nostro 
ordinamento 
e 
quelli 
che 
hanno 
contratto 
un'unione 
civile 
in 
adesione 
al 
modello 
legislativo 
applicabile 
nel 
nostro 
ordinamento. 


13. 5 
Le eccezioni d'illegittimit� costituzionale. 
Alla 
luce 
del 
quadro costituzionale, convenzionale 
e 
di 
diritto interno delineato, non possono 
essere 
accolte 
le 
eccezioni 
d'illegittimit� 
costituzionale 
formulate 
dall'interveniente 
Associazione 
(omissis). 
Premessa 
l'applicabilit� 
diretta 
della 
L. 
n. 
219 
del 
1995, 
art. 
32bis 
in 
quanto 
norma 
diretta 
proprio a 
regolare 
la 
circolazione 
ed il 
riconoscimento degli 
effetti 
degli 
atti 
di 
matrimonio 
contratti 
da 
coppie 
omoaffettive 
all'estero, cos� 
come 
richiesto dalla 
dellega 
contenuta 
nella 
L. n. 76 del 
2016, art. 1, comma 
28, la 
non trascrivibilit� 
dell'atto di 
matrimonio formato da 
un cittadino straniero ed un cittadino italiano non costituisce 
il 
frutto di 
un quadro discriminatorio 
per ragioni 
di 
orientamento sessuale 
o un'interpretazione 
convenzionalmente 
e 
costituzionalmente 
incompatibile 
con il 
limite 
antidiscriminatorio, dal 
momento che 
la 
scelta 
del 
modello di 
unione 
riconosciuta 
tra 
persone 
dello stesso sesso negli 
ordinamenti 
facenti 
parte 
del 
Consiglio d'Europa 
� 
rimessa 
al 
libero apprezzamento degli 
stati 
membri, salva 
la 
definizione 
di 
uno standard di 
tutele 
coerenti 
con l'interpretazione 
del 
diritto alla 
vita 
familiare 
ex 
art. 
8 
fornita 
dalla 
Corte 
Edu. 
La 
discriminazione 
tra 
cittadini 
italiani 
non 
� 
ravvisabile 
ed 
anzi, come 
rilevato, un profilo di 
discriminazione 
inversa 
potrebbe 
individuarsi 
nella 
scelta 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


ermeneutica 
contraria. La 
discriminazione 
per orientamento sessuale 
dei 
cittadini 
stranieri 
in 
ordine 
alla 
libert� 
di 
circolazione 
e 
di 
stabilimento � 
del 
pari 
non rilevabile 
dal 
momento che 
l'unione 
omoaffettiva 
riconosciuta 
all'estero secondo il 
paradigma 
matrimoniale 
non � 
priva 
di 
effetti 
nel 
nostro 
ordinamento 
e 
la 
regolazione 
dei 
rapporti 
personali 
e 
patrimoniali 
tra 
i 
componenti 
dell'unione 
rimane 
disciplinata 
dal 
sistema 
generale 
di 
diritto internazionale 
privato 
(artt. 26 e ss.). 
Infine 
la 
specialit� 
del 
nuovo regime 
giuridico come 
illustrato evidenzia, da 
un lato, che 
non 
pu� essere 
valutato il 
limite 
dell'ordine 
pubblico internazionale 
in astratto, disancorato dalle 
norme 
di 
diritto internazionale 
privato concretamente 
in vigore, e, dall'altro, che 
la 
scelta 
legislativa 
� del tutto compatibile con tale parametro. 

13.6 
In 
conclusione 
il 
ricorso 
deve 
essere 
rigettato. 
La 
assoluta 
novit� 
della 
questione 
impone 
la compensazione delle spese processuali del presente giudizio. 
P.Q.M. 
Rigetta il ricorso. Compensa le spese processuali del presente giudizio. 
In caso di diffusione omettere le generalit� e i riferimenti geografici. 
Cos� deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 dicembre 2017. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Profili giuridici dell�assunzione 
ex novo 
del 
dipendente stabilizzato, con particolare riferimento 
agli effetti preclusivi in ordine al riconoscimento del 
servizio pregresso ai fini dell�anzianit� giuridica 


nota 
a 
tribUnale 
di 
naPoli, sez. laVoro, sentenza 
13 ottobre 
2017 n. 6887 


Alessandra Parente* 


l�assunzione 
conseguente 
alla 
stabilizzazione 
deve 
essere 
ritenuta 
a 
tutti 
gli 
effetti 
quale 
nuova 
assunzione 
presso 
la 
P.a., 
non 
potendo 
condividersi 
l�affermazione 
secondo 
la 
quale 
si 
tratterebbe 
di 
una 
mera 
trasformazione 
di 
un 
rapporto 
di 
lavoro 
a 
tempo 
determinato 
in 
rapporto 
di 
lavoro 
a 
tempo 
indeterminato. 
non 
si 
ravvisano, 
dunque, 
le 
condizioni 
per 
affermare 
il 
diritto 
del 
dipendente 
alla 
ricostruzione 
della 
carriera 
professionale 
al 
fine 
del 
riconoscimento 
dell�anzianit� 
ai 
fini 
giuridici, 
da 
qualsiasi 
data 
cadente 
nel 
periodo 
precedente 
alla 
stabilizzazione. 
al 
contrario, 
la 
posizione 
del 
dipendente 
a 
tempo 
indeterminato 
e 
quella 
di 
chi 
ha 
lavorato 
con 
continuit� 
nella 
medesima 
mansione 
in 
forza 
di 
una 
pluralit� 
di 
rapporti 
a 
termine 
sono 
pienamente 
equiparabili 
sotto 
il 
profilo 
delle 
�condizioni 
d�impiego�. 
Pertanto, 
deve 
riconoscersi 
al 
dipendente 
la 
progressione 
retributiva 
in 
funzione 
dell�anzianit� 
maturata, 
limitatamente 
alle 
differenze 
economiche 
conseguenti 
alla 
progressione 
economica 
nella 
fascia 
di 
appartenenza. 
i 
crediti 
retributivi 
maturati 
dal 
dipendente 
stabilizzato 
sono 
soggetti 
al 
termine 
di 
prescrizione 
quinquennale, 
decorrente, 
in 
egual 
modo, 
in 
costanza 
sia 
del 
rapporto 
a 
termine 
sia 
del 
rapporto 
a 
tempo 
indeterminato. 
il 
dies 
a 
quo 
per 
l�esercizio 
del 
diritto 
alle 
rivendicazioni 
economiche, 
anche 
nel 
caso 
di 
contratti 
a 
termine 
con 
la 
P.a., 
deve, 
pertanto, 
essere 
individuato 
in 
pendenza 
del 
rapporto. 


La 
sentenza 
in 
commento 
propone 
un�interpretazione 
innovativa 
della 
quaestio, alquanto dibattuta 
da 
parte 
della 
giurisprudenza, inerente 
la 
natura 
giuridica 
degli 
interventi 
legislativi 
di 
�stabilizzazione� 
e 
dei 
suoi 
effetti 
sulla 
ricostruzione 
di 
carriera 
dei 
dipendenti 
pubblici 
stabilizzati, alla 
luce 
delle 
influenze 
del 
diritto interno ed europeo. Il 
dubbio interpretativo, foriero di 
evidenti 
riflessi 
pratici 
e 
di 
notevoli 
contenziosi 
giudiziari, 
riguarda 
la 
sussistenza 


o meno, a 
seguito dei 
processi 
di 
stabilizzazione, del 
diritto al 
riconoscimento 
del 
pregresso periodo di 
anzianit�, maturato, a 
parit� 
di 
mansioni, durante 
lo 
svolgimento di rapporti a termine. 
(*) Dottore 
in Giurisprudenza, praticante 
forense 
presso l�Avvocatura 
distrettuale 
dello Stato di 
Napoli. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


sommario: 
1. 
la 
quaestio 
facti 
-2. 
il 
quadro 
normtivo 
e 
giurisprudenziale 
di 
riferimento 


-3. il 
ruolo della contrattazione 
collettiva - 4. cenni 
sul 
rapporto tra anzianit� di 
servizio e 
prescrizione - 5. considerazioni conclusive. 
1. la Quaestio facti. 
La 
quaestio facti, nella 
sentenza 
che 
si 
annota, � 
quella 
di 
un dipendente 
del 
MIBACT, 
in 
servizio 
quale 
�addetto 
ai 
servizi 
di 
vigilanza 
e 
custodia� 
presso 
il 
Museo 
Archeologico 
di 
Napoli, 
con 
una 
pluralit� 
di 
contratti 
a 
tempo 
determinato 
(oggetto 
senza 
soluzione 
di 
continuit� 
di 
varie 
proroghe 
e 
rinnovi, 
con l�esclusione 
di 
un primo contratto trimestrale) dal 
settembre 
del 
1998 al 
luglio del 
2007; 
fin quando non � 
intervenuta 
la 
sua 
stabilizzazione, sempre 
presso il medesimo ente, a far data dal 5 novembre 2007. 


Il 
dipendente, nel 
convenire 
in giudizio il 
MIBACT 
innanzi 
al 
Tribunale 
del 
Lavoro 
competente 
per 
territorio, 
ha 
rivendicato, 
in 
applicazione 
della 
clausola 
4 
dell�Accordo 
Quadro 
sul 
lavoro 
a 
tempo 
determinato, 
l�accertamento 
dell�illegittimit� dell�azzeramento dell�anzianit� maturata all�atto del-
l�immissione 
in 
ruolo 
e 
l�accertamento 
del 
diritto 
al 
riconoscimento 
dell�anzianit� 
di 
servizio, a 
fini 
giuridici 
ed economici, maturata 
nel 
rapporto 
di 
lavoro 
a 
termine 
e 
la 
conseguente 
condanna 
del 
Ministero 
resistente 
alla 
integrale 
ricostruzione 
di 
carriera, 
al 
pagamento 
delle 
differenze 
retributive 
e 
delle differenze economiche spettanti in suo favore. 


2. il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento. 
La 
stabilizzazione 
a 
domanda 
del 
personale 
non dirigenziale 
in servizio 
a 
tempo 
determinato 
da 
almeno 
tre 
anni, 
anche 
non 
continuativi, 
purch� 
in 
precedenza 
assunto mediante 
procedure 
selettive 
di 
natura 
concorsuale 
o previste 
da 
norme 
di 
legge, � 
disciplinata 
dall�art. 1, commi 
519 
(1) 
-520, della 
legge 
n. 296/2006 (ulteriori 
misure 
di 
stabilizzazione 
sono, altres�, contenute 
nella legge n. 244/2007). 


Come 
evidenziato nella 
sentenza 
che 
si 
annota, la 
disciplina 
della 
stabilizzazione: 
� 
derogatoria 
rispetto 
al 
principio 
dell�accesso 
al 
pubblico 
impiego 
mediante 
concorso, ex art. 97 Cost.; 
valorizza 
il 
requisito della 
triennalit� 
dei 
rapporti 
a 
tempo 
determinato; 
non 
configura 
un�ipotesi 
di 
mera 
trasformazione 
del 
contratto da 
tempo determinato a 
tempo indeterminato (2); 
ammette 
l�as


(1) 
Il 
comma 
519 
della 
c.d. 
legge 
Finanziaria 
per 
l�anno 
2007, 
norma 
di 
riferimento 
per 
le 
intervenute 
stabilizzazioni, 
cos� 
dispone: 
�Per 
l�anno 
2007 
una 
quota 
pari 
al 
20% 
del 
fondo 
di 
cui 
al 
comma 
513 
� 
destinata 
alla 
stabilizzazione 
a 
domanda 
del 
personale 
non 
dirigenziale 
in 
servizio 
a 
tempo 
determinato 
da 
almeno 
tre 
anni, 
anche 
non 
continuativi, 
o 
che 
consegua 
tale 
requisito 
in 
virt� 
di 
contratti 
stipulati 
anteriormente 
alla 
data 
del 
29 
settembre 
2006 
o 
che 
sia 
stato 
in 
servizio 
per 
almeno 
tre 
anni, 
anche 
non 
continuativi, 
nel 
quinquennio 
anteriore 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
legge, 
che 
ne 
faccia 
istanza, 
purch� 
sia 
stato 
assunto 
mediante 
procedure 
selettive 
di 
natura 
concorsuale 
o 
previste 
da 
norme 
di 
legge 
(�)�. 
(2) Conversione 
tra 
l�altro preclusa 
dall�art. 36, comma 
6, D.lgs. n. 165/2001, come 
ribadito, di 
recente, dalle SS.UU. nella sentenza n. 5072/2016. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


sunzione 
del 
personale 
non attualmente 
in servizio, purch� 
abbia 
maturato il 
citato 
requisito 
dei 
tre 
anni 
di 
servizio; 
ha 
rappresentato 
una 
misura 
di 
notevole 
portata, interessando Amministrazioni differenti per tipologia (3). 


Il 
corretto inquadramento giuridico della 
stabilizzazione 
nel 
contesto interno 
non pu� prescindere 
dal 
contenuto della 
Circolare 
della 
Funzione 
Pubblica 
n. 
5/2008 
(4), 
che 
dispone: 
�il 
concetto 
di 
stabilizzazione 
non 
ha 
una 
valenza giuridica e 
non va in nessun caso inteso come 
intervento volto alla 
trasformazione 
a tempo indeterminato del 
rapporto di 
lavoro a tempo determinato 
in quanto ci� risulta incompatibile 
con le 
disposizioni 
previste 
in materia 
di 
costituzione 
di 
rapporto 
di 
lavoro 
alle 
dipendenze 
delle 
amministrazioni 
pubbliche. 
il 
principio 
inderogabile 
� 
sancito, 
come 
gi� 
detto, 
dall�art. 36, comma 6, del 
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (�) ne 
deriva 
che 
l�assunzione 
a 
tempo 
indeterminato, 
quale 
momento 
conclusivo 
della relativa procedura (�) � 
priva di 
continuit� rispetto al 
precedente 
rapporto 
con la conseguenza che 
il 
periodo non di 
ruolo non � 
utile 
neppure 
ai 
fini dell�anzianit� di servizio�. 


Sul 
punto, 
al 
quadro 
nazionale 
si 
aggiunge 
quello 
europeo. 
Gli 
organismi 
europei 
a 
ci� 
deputati 
hanno 
affermato 
principi 
diversi 
ed 
in 
parte 
contrastanti 
con 
la 
normativa 
interna 
-avendo 
ben 
presente 
la 
diretta 
applicabilit� 
degli 
stessi 
(5) (se 
contenuti 
in norme 
U.E. con effetto diretto ed in sentenze 
interpretative 
della 
C.G.E.) quanto meno in chiave 
di 
riconoscimento da 
parte 
dei 
Giudici 
nazionali 
-sollecitando, 
cos�, 
interpretazioni 
giurisprudenziali 
interne 
divergenti 
tra 
loro ma 
con un filo conduttore 
comune: 
i 
criteri 
di 
�effettivit�� 
e �concretezza�. 


La 
clausola 
4 dell��accordo Quadro ces, Unice 
e 
ceeP 
sul 
lavoro a 


(3) Sul 
punto cfr. V. MILANI, le 
misure 
di 
stabilizzazione 
del 
lavoro precario nel 
settore 
pubblico 
previste 
dalla legge 
finanziaria 2007, 
in Gior. dir. amm., n. 12, 2007, pagg. 1265 ss. Vi 
rientrano, anzitutto, 
le 
Amministrazioni 
dello Stato, anche 
ad ordinamento autonomo, le 
agenzie, incluse 
quelle 
fiscali, 
gli 
enti 
pubblici 
non economici, gli 
enti 
di 
ricerca, nonch� 
gli 
enti 
e 
le 
aziende 
elencate 
all�art. 70, 
D.lgs. n. 165/2001, le 
Amministrazioni regionali e locali, gli enti del Servizio Sanitario Nazionale. 
(4) La 
Circolare 
della 
Funzione 
Pubblica 
n. 5/2008 � 
stata 
emanata 
con l�intento di 
fornire 
linee 
di 
indirizzo 
chiare 
per 
l�interpretazione 
ed 
attuazione 
delle 
procedure 
di 
stabilizzazione 
previste 
sia 
dalla 
legge 
n. 
206/2006 
che 
dalla 
legge 
n. 
244/2007. 
I 
profili 
di 
particolare 
rilievo, 
anche 
ai 
fini 
della 
sentenza 
che 
si 
annota, presenti 
nella 
Circolare 
sono: 
il 
riconoscimento della 
volont� 
del 
legislatore 
di 
porre 
rimedio 
alle 
situazioni 
irregolari 
determinatesi 
come 
effetto 
dell�utilizzo 
del 
lavoro 
flessibile 
per 
esigenze 
permanenti 
legate 
al 
fabbisogno; 
l�affermazione 
che 
trattasi 
di 
una 
procedura 
speciale 
di 
reclutamento, 
in deroga 
alle 
modalit� 
ordinarie 
del 
concorso pubblico, in quanto riservata 
ad una 
platea 
di 
destinatari 
per i 
quali 
si 
� 
scelto di 
valorizzare 
l�esperienza 
professionale, ma 
al 
contempo esperibile 
da 
parte 
delle 
Amministrazioni 
nei 
limiti 
delle 
dotazioni 
organiche, in ragione 
del 
loro effettivo fabbisogno e 
compatibilmente 
con 
le 
risorse 
finanziarie 
a 
disposizione; 
il 
richiamo, 
supportato 
dalla 
giurisprudenza 
(cfr. 
Tar 
Veneto, Sez. II, 19 ott. 2007, n. 3342), al 
principio che 
la 
stabilizzazione 
� 
una 
facolt� 
discrezionale 
e 
non un obbligo per le 
Amministrazioni, pertanto non genera 
diritti 
in capo all�interessato al 
suo ottenimento, 
quanto unicamente un�aspettativa di mero fatto. 
(5) Sul 
punto cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 7 nov. 2016, n. 22552, in ced 
cass., 2016; 
Cass. Civ., 
Sez. Lav., 12 ott. 2011, n. 20980, ivi, 2011. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


tempo determinato� 
(6), meglio conosciuta 
come 
principio di 
non discriminazione, 
� 
la 
norma 
di 
riferimento 
in 
ipotesi 
come 
questa 
e 
stabilisce, 
per 
quanto riguarda 
le 
�condizioni 
d�impiego�, che 
i 
lavoratori 
a 
tempo determinato 
non 
possano 
essere 
trattati 
in 
modo 
meno 
favorevole 
rispetto 
ai 
lavoratori 
a 
tempo 
indeterminato 
comparabili, 
per 
il 
solo 
fatto 
di 
avere 
un 
contratto 
a 
termine, a 
meno che 
non sussistano ragioni 
oggettive. Stabilisce, altres�, che 
i 
criteri 
del 
periodo di 
anzianit� 
di 
servizio relativi 
a 
particolari 
condizioni 
di 
lavoro debbano essere 
gli 
stessi 
sia 
per i 
lavoratori 
a 
tempo determinato sia 
per quelli 
a 
tempo indeterminato, eccetto quando criteri 
diversi 
in materia 
di 
anzianit� siano giustificati da motivazioni oggettive. 


L�art. 
153, 
par. 
5, 
TFUE 
(ex 
art. 
137 
TCE) 
in 
materia 
di 
iniziative 
del-
l�Unione 
volte 
a 
sostenere 
e 
completare 
l�azione 
degli 
Stati 
membri 
in 
una 
pluralit� 
di 
settori, 
pare 
disporre 
una 
riserva 
in 
favore 
dei 
singoli 
Stati 
in 
ordine 
agliaspettieconomico-retributivi, suscettibile, in ogni 
caso, di 
un�interpretazione 
restrittiva, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza (7). 


Gli 
anzidetti 
criteri 
di 
effettivit� 
e 
concretezza 
si 
traducono, pertanto, in 
un�attenta 
analisi 
che 
l�Autorit� 
giudiziaria 
adita 
deve 
svolgere 
circa 
la 
natura 
del 
lavoro, le 
condizioni 
di 
formazione 
e 
di 
impiego dei 
lavoratori 
ante 
stabilizzazione, 
al 
fine 
di 
comprendere 
se 
si 
trovino o meno in situazioni 
comparabili 
a quelle dei dipendenti di ruolo (8). 


La 
giurisprudenza 
interna 
ha 
recepito 
gli 
orientamenti 
europei 
in 
maniera 
difforme. 

Si 
sono 
registrate 
pronunce 
di 
merito 
che 
-nel 
valorizzare 
in 
termini 
quasi 
assoluti 
il 
predicato 
semantico 
contenuto 
nella 
clausola 
4 
sul 
versante 
della 
non 
discriminazione 
-non 
hanno 
ravvisato 
ragioni 
ostative 
all�applicazione 
del 
principio 
ivi 
contenuto, 
riconoscendo, 
per 
l�effetto, 
la 
fondatezza 
delle 
pretese 
dei ricorrenti alla ricostruzione integrale di carriera (9). 


Altra 
giurisprudenza 
non ha 
optato per una 
applicazione 
indiscriminata 
della 
clausola 
4 anche 
alle 
ipotesi 
di 
stabilizzazione, conducendo un�analisi 
pi� 
precisa 
incentrata 
su 
due 
possibili 
limiti 
all�operativit� 
dell�Accordo 
Quadro, 
vale 
a 
dire: 
il 
profilo 
genetico 
del 
contratto 
a 
tempo 
determinato 
e 
del 
successivo 
contratto 
a 
tempo 
indeterminato 
per 
intervenuta 
stabilizzazione; 
i 
contenuti delle mansioni svolte. 

La 
giurisprudenza 
in oggetto, in coerenza 
con la 
disciplina 
interna 
sulla 
stabilizzazione, 
ma 
ancor 
pi� 
sulla 
base 
del 
divieto 
di 
conversione 
sancito 
dall�art. 
36, 
D.lgs. 
n. 
165/2001, 
nonch� 
ai 
sensi 
dell�art. 
97 
Cost. 
sul 
principio 


(6) 
Contenuto 
nella 
Direttiva 
99/70/CE, 
recepita 
nel 
nostro 
ordinamento 
con 
il 
D.lgs. 
n. 
368/2001. 
(7) In questo senso cfr. Corte Giust., 13 sett. 2007, C-307/05, in www.curia.europa.eu. 
(8) 
Sul 
punto 
cfr. 
Corte 
Giust., 
ord., 
7 
mar. 
2013, 
C-193/01 
e 
Corte 
Giust., 
4 
sett. 
2014, 
C-152/14, 
in www.curia.europa.eu. 
(9) 
ex 
multis 
le 
recenti: 
Cass., 
Sez. 
Lav., 
ord., 
23 
nov. 
2017, 
n. 
27950; 
Corte 
App. 
Catanzaro, 
Sez. 
Lav., 4 dic. 2017, n. 1915; 
Trib. Napoli, Sez. Lav., 28 febbr. 2018, n. 1383. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


di 
accesso tramite 
concorso agli 
impieghi 
nella 
P.A., ha 
posto l�accento sulla 
natura 
di 
�nuova� 
assunzione 
insita 
nella 
stabilizzazione. 
Altre 
pronunce 
di 
merito hanno indagato il 
profilo dell�identit� 
delle 
mansioni, delle 
modalit� 
inerenti 
le 
condizioni 
di 
formazione 
e 
le 
attivit� 
svolte, rinvenendo in tali 
profili 
�ragioni 
oggettive� 
giustificatrici 
della 
diversit� 
di 
trattamento e, dunque, 
del 
mancato 
riconoscimento 
dell�anzianit� 
pregressa, 
al 
momento 
dell�immissione 
in ruolo (10). 


3. il ruolo della contrattazione collettiva. 
Una 
lettura 
correttamente 
orientata 
delle 
misure 
di 
stabilizzazione 
e 
della 
ricostruzione 
di 
carriera 
che 
ne 
pu� 
conseguire, 
anche 
nelle 
ipotesi 
in 
cui 
venga 
disposta 
a 
posteriori 
da 
parte 
dell�Autorit� 
giudiziaria, 
non 
pu� 
prescindere 
dal 
contenuto 
del 
Contratto 
Collettivo 
di 
riferimento, 
in 
quanto 
fonte 
primaria 
nella 
regolamentazione 
dei 
rapporti 
di 
lavoro ed oggetto di 
concertazione 
tra 
le 
parti; 
nel 
caso 
del 
dipendente 
della 
sentenza 
che 
si 
annota, 
trattasi 
del 
CCNL 
Comparto Ministeri 
quadriennio normativo 2006 
-2009, biennio economico 
2006-2007. 

Il 
Contratto Collettivo si 
applica 
a 
tutti 
i 
lavoratori 
del 
comparto, siano 
essi 
titolari 
di 
rapporti 
di 
lavoro a 
tempo determinato o indeterminato, e 
nel 
disporre 
un nuovo sistema 
di 
classificazione, punta 
alla 
valorizzazione 
delle 
professionalit� 
interne 
per 
garantire 
alla 
collettivit� 
prestazioni 
di 
elevata 
qualificazione 
ed il conseguimento di obiettivi di efficacia (11). 

L�art. 10 �nuovo inquadramento e 
norme 
di 
prima applicazione� 
del 
CCNL, 
al 
comma 
1 
dispone: 
�il 
personale 
in 
servizio 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
ccnl 
� 
inquadrato 
nel 
nuovo 
sistema 
di 
classificazione 
con 
effetto 
automatico 
dalla 
stessa 
data 
mediante 
il 
riconoscimento 
-all�interno 
di 
ciascuna 
area 
-della 
posizione 
economica 
gi� 
conseguita 
nell�ordinamento 
di 
provenienza 
e 
con 
la 
collocazione 
nella 
fascia 
retributiva 
corrispondente 
(�)�. 


Il 
riconoscimento automatico insito nel 
nuovo inquadramento in �aree�con 
il 
conseguente 
abbandono delle 
�fasce� 
previste 
nel 
Contratto Collettivo 
precedente 
- si 
riferisce, pertanto, alla 
posizione 
economica 
gi� 
conseguita 
e 
alla fascia retributiva corrispondente. 

All�inquadramento del 
personale 
gi� 
in servizio si 
affianca 
la 
disciplina 
dell�accesso dall�esterno, con una 
riserva 
di 
posti 
- per le 
vacanze 
organiche 
che 
deve 
essere 
pari 
al 
50% dei 
posti 
disponibili 
per ciascun profilo (12). Si 
evince, 
pertanto, 
la 
necessit� 
di 
bilanciare 
e 
garantire 
gli 
accessi 
ai 
profili 
professionali 
previsti sia dall�interno che dall�esterno. 


(10) Il 
filone 
giurisprudenziale 
fondato su questa 
ratio decidendi 
si 
� 
espresso, particolarmente, 
sui 
ricercatori 
stabilizzati 
degli 
enti 
di 
ricerca: 
cfr. Trib. Potenza, Sez. Lav., 20 giug. 2017, n. 564; 
Trib. 
Firenze, Sez. Lav., 17 febbr. 2016, n. 137; 
Trib. Roma, Sez. Lav., 30 ott. 2014, n. 10206; 
Trib. Cosenza, 
Sez. Lav., 22 nov. 2013, n. 3157. 
(11) Cfr. art. 5 �obiettivi e finalit�� 
del CCNL Comparto Ministeri 2006 
-2009. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Altro profilo di 
rilievo nella 
valutazione 
dell�influenza 
che 
il 
CCNL 
pu� 
avere 
nell�orientare 
le 
diverse 
interpretazioni, anche 
giurisprudenziali, volte 
al 
riconoscimento 
dell�anzianit� 
di 
servizio 
pregressa 
ai 
lavoratori 
stabilizzati, 
� 
rappresentato dalla 
disciplina 
delle 
progressioni 
tra 
le 
aree 
(13) e, ancor pi�, 
degli sviluppi economici all�interno delle aree. 

I passaggi 
da 
una 
fascia 
retributiva 
a 
quella 
immediatamente 
successiva, 
ai 
sensi 
dell�art. 
18 
del 
CCNL, 
avvengono 
con 
decorrenza 
fissa 
dal 
1� 
gennaio 
e 
si 
fondano su specifici 
criteri 
e 
principi: 
esperienza 
professionale 
maturata; 
titoli 
di 
studio, 
culturali 
e 
pubblicazioni, 
coerenti 
con 
l�attivit� 
del 
profilo; 
percorsi 
formativi 
con esame 
finale, qualificati 
quanto alla 
durata 
ed ai 
contenuti 
che 
devono essere 
correlati 
all�attivit� 
lavorativa 
affidata. Con particolare 
riferimento 
all�esperienza 
professionale 
-quale 
requisito 
per 
la 
progressione 
economica 
-occorre, 
altres�, 
evitare 
di 
considerare 
la 
mera 
anzianit� 
di 
servizio 
ed 
altri 
riconoscimenti 
puramente 
formali, 
nell�ottica 
di 
valorizzare 
le 
capacit� 
reali 
dei 
dipendenti, 
selezionati 
in 
base 
alle 
loro 
effettive 
conoscenze 
e 
a 
quello 
che gli stessi sono in grado di fare (14). 


La 
ratio 
ispiratrice 
di 
tali 
norme 
e 
della 
disciplina 
del 
CCNL 
nel 
suo 
complesso 
pare 
improntata 
a 
criteri 
di 
effettivit� 
e 
pragmaticit�, vale 
a 
dire 
che 
il 
legislatore 
tende 
a 
rifiutare 
una 
regolamentazione 
dei 
rapporti 
di 
lavoro con 
la 
P.A. 
che 
sia 
ispirata 
a 
meri 
automatismi 
e 
cadenze 
temporali 
(retaggio 
di 
discipline 
non pi� attuali 
e 
attuabili); 
ancor pi� quando i 
profili 
da 
�normare� 
sono quelli 
relativi 
alla 
carriera, alla 
valutazione 
ed alle 
conseguenti 
progressioni 
dei dipendenti (15). 

4. cenni sul rapporto tra anzianit� di servizio e prescrizione. 
L�anzianit� 
di 
servizio del 
lavoratore 
non � 
uno stato o un elemento costitutivo 
di 
uno 
status 
di 
quest�ultimo, 
quanto, 
piuttosto, 
un 
�distinto 
bene 
della 
vita 
oggetto di 
autonomo diritto�, rappresentando una 
dimensione 
temporale 
che 
caratterizza 
il 
rapporto di 
lavoro e 
che, in quanto fatto giuridico, 
integra 
il 
presupposto di 
fatto di 
distinti 
specifici 
diritti 
(16) (ad es. indennit� 


(12) Cfr art. 11 �accesso dall�esterno� 
del CCNL Comparto Ministeri 2006 
-2009. 
(13) Cfr artt. 13, 14 e 15 del CCNL Comparto Ministeri 2006 
-2009. 
(14) Cfr art. 18, comma 6, del CCNL Comparto Ministeri 2006 
-2009. 
(15) 
Tale 
orientamento 
trova 
conferma, 
tra 
gli 
altri, 
nel 
D.lgs. 
n. 
150/2009 
�attuazione 
della 
legge 
delega 4/3/09 n. 15 in materia di 
ottimizzazione 
della produttivit� del 
lavoro pubblico e 
di 
efficienza e 
trasparenza 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
�, 
cos� 
come 
modificato 
dal 
D.lgs. 
n. 
74/2017 
�Valutazione 
della performance 
dei 
dipendenti 
pubblici� 
(uno dei 
c.d. decreti 
Madia 
insieme 
con il 
D.lgs. n. 75/2017 
�testo Unico sul 
Pubblico impiego�). In particolare, l�art. 23 dispone: 
�le 
progressioni 
economiche 
sono attribuite 
in modo selettivo, ad una quota limitata di 
dipendenti, in relazione 
allo sviluppo delle 
competenze 
professionali 
ed 
ai 
risultati 
individuali 
e 
collettivi 
rilevati 
dal 
sistema 
di 
valutazione� 
e 
l�art. 62 dispone: 
�i dipendenti 
pubblici 
(�) sono inquadrati 
in almeno tre 
distinte 
aree 
funzionali. le 
progressioni 
all�interno della stessa area avvengono secondo principi 
di 
selettivit�, in funzione 
delle 
qualit� culturali 
e 
professionali, dell�attivit� svolta e 
dei 
risultati 
conseguiti, attraverso l�attribuzione 
di fasce di merito. (�)�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


di 
anzianit�, 
retribuzione, 
risarcimento 
del 
danno 
per 
omissione 
contributiva). 
Pertanto, 
l�anzianit� 
non 
� 
suscettibile 
di 
un�autonoma 
prescrizione 
distinta 
da quella di ciascuno dei singoli diritti che su di essa si fondano. 


Nella 
sentenza 
che 
si 
annota 
le 
differenze 
retributive 
riconoscibili 
al 
lavoratore 
stabilizzato, 
gi� 
inquadrato 
in 
pendenza 
di 
rapporti 
a 
termine 
nella 
fascia 
retributiva 
B1 
(successivamente 
assorbita 
nella 
seconda 
area 
-posizione 
F1 
dal 
CCNL 
2006 
-2009), 
al 
pari 
dei 
suoi 
colleghi 
�di 
ruolo�, 
sono 
individuate 
nelle 
differenze 
economiche 
conseguenti 
alla 
progressione 
retributiva 
nella 
fascia 
di 
appartenenza. 
Le 
differenze 
retributive, 
in 
quanto 
crediti 
da 
lavoro, 
soggiacciono 
al 
termine 
di 
prescrizione 
quinquennale, 
decorrente 
in 
costanza 
sia 
della 
pluralit� 
di 
rapporti 
a 
termine 
sia 
del 
rapporto 
a 
tempo 
indeterminato, 
intervenuto 
a 
seguito 
di 
stabilizzazione. 
Non 
vi 
�, 
per 
esse, 
dilazione 
del 
termine 
di 
prescrizione 
al 
momento 
della 
cessazione 
del 
rapporto 
a 
termine, 
n� 
tantomeno 
il 
dies 
a 
quo 
per 
l�esercizio 
del 
diritto 
alle 
differenze 
retributive 
decorre 
dalla 
data 
di 
stipula 
del 
contratto 
a 
tempo 
indeterminato. 


Il 
delicato rapporto tra 
anzianit� 
di 
servizio - nella 
pluralit� 
di 
diritti 
in 
cui 
si 
articola 
- e 
regime 
della 
prescrizione 
(decennale, quinquennale, presuntiva) 
ha 
trovato 
nella 
giurisprudenza 
il 
modo 
di 
dipanarsi; 
varie 
pronunce 
della 
Consulta, del 
Giudice 
di 
legittimit� 
e 
del 
Consiglio di 
Stato, susseguitesi 
nei 
decenni 
in merito, rappresentano un faro sulla 
frammentata 
disciplina 
normativa 
della 
prescrizione 
nei 
rapporti 
di 
lavoro (17), offrendone 
una 
interpretazione 
dinamica e volta ad uno spiccato pragmatismo. 

Da 
tali 
pronunce 
� 
stato possibile 
trarre 
importanti 
principi 
- in minima 
parte 
accennati 
a 
seguire 
- sul 
legame 
tra 
rapporto di 
lavoro e 
regime 
di 
prescrizione, 
ancor pi� con la P.A., vale a dire: 


-la 
declaratoria 
della 
illegittimit� 
costituzionale 
dell�art. 
2948 
c.c. 
(18), 
nella 
parte 
in 
cui 
consente 
che 
la 
prescrizione 
quinquennale 
dei 
crediti 
di 
lavoro 
decorra 
in 
pendenza 
del 
rapporto 
di 
lavoro, 
non 
riguarda 
il 
caso 
in 
cui 
il 
rapporto 
stesso, 
pubblico 
o 
privato, 
sia 
assistito 
dalla 
stabilit� 
reale 
e 
cio� 
caratterizzato 
da 
una 
disciplina 
che, 
sul 
piano 
sostanziale, 
subordini 
la 
legittimit� 
del 
licenziamento 
alla 
sussistenza 
di 
circostanze 
oggettive 
o 
predeterminate 
e, 
sul 
piano 
processuale, 
affidi 
al 
giudice 
il 
sindacato 
sul 
licenziamento 
illegittimo; 
ci� 
che 
si 
verifica 
relativamente 
ai 
rapporti 
di 
lavoro 
cui 
� 
applicabile 
la 
l. 
n. 
300/1970, 
la 
cui 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
segna, 
pertanto, 
il 
dies 


(16) 
La 
definizione 
di 
anzianit� 
di 
servizio 
ivi 
riportata 
� 
stata 
enunciata 
dalle 
SS.UU. 
nella 
storica 
sentenza 
n. 4812/1986 ed ha 
trovato ampio seguito nella 
giurisprudenza 
successiva. ex 
multis: 
Cass., 
Sez. Lav., 8/1/91 n. 71; Cass., Sez. Lav., 19/1/99, n. 477; Cass., Sez. Lav., 27/2/04, n. 4076. 
(17) La 
disciplina 
della 
prescrizione 
dei 
diritti 
del 
lavoratore 
trova 
i 
suoi 
cardini 
negli 
artt. 2934 
- 2935 - 2946 - 2948 - 2955 - 2956 - 2957 c.c. 
(18) La 
declaratoria 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
dell�art. 2948 n. 4, c.c., nonch� 
degli 
artt. 2955 
n. 2 e 2956 n. 1, c.c., si � avuta con la sentenza della Consulta n. 63/1966. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


a 
quo 
del 
decorso 
della 
prescrizione 
suddetta, 
pur 
in 
pendenza 
dei 
rapporti 
stessi 
(19); 


-in tema 
di 
prescrizione 
dei 
crediti 
del 
lavoratore, il 
principio di 
cui 
agli 
artt. 2948 n. 4, 2955 n. 2, 2956 n. 1, c.c. secondo il 
quale 
la 
prescrizione 
non 
decorre 
in 
costanza 
di 
rapporto 
di 
lavoro 
non 
assistito 
da 
stabilit� 
reale, 
riguarda 
per espressa 
previsione 
il 
solo diritto alla 
retribuzione 
e 
non si 
estende 
al 
diritto del 
lavoratore 
al 
risarcimento del 
danno derivante 
dalla 
violazione 
degli 
obblighi 
di 
cui 
all�art. 2087 c.c., la 
cui 
prescrizione 
(decennale 
in caso 
di 
azione 
di 
responsabilit� 
contrattuale) decorre 
dal 
momento in cui 
il 
danno 
si � manifestato, anche in corso di rapporto di lavoro (20); 
-ai 
sensi 
dell�art. 
2935 
c.c. 
il 
termine 
iniziale 
di 
decorso 
della 
prescrizione 
del 
diritto 
al 
TFR 
va 
individuato 
nel 
momento 
in 
cui 
tale 
diritto 
pu� 
essere 
fatto 
valere, 
e, 
quindi 
nel 
momento 
in 
cui 
il 
rapporto 
di 
lavoro 
subordinato 
cessa 
e 
non gi� 
in quello in cui 
sia 
stato accertato giudizialmente 
l�effettivo 
ammontare delle retribuzioni spettanti (21); 


-la 
prescrizione 
dei 
crediti 
retributivi 
relativi 
ad 
un 
rapporto 
di 
lavoro 
con la 
P.A. si 
deve 
ritenere 
decorrente 
in costanza 
del 
rapporto stesso sebbene 
quest�ultimo 
possa 
avere 
carattere 
provvisorio 
o 
temporaneo, 
non 
essendo 
sostenibile 
per 
la 
natura 
del 
rapporto 
che 
il 
dipendente 
pubblico 
possa 
essere 
in 
qualche 
modo 
esposto 
a 
possibili 
ritorsioni 
e 
rappresaglie 
qualora 
tuteli 
in 
via 
giudiziale 
i 
propri 
diritti 
ed 
interessi. 
Poich� 
istituzionalmente 
vincolato 
alle 
regole 
sulla 
discrezionalit� 
amministrativa 
ed 
ai 
principi 
costituzionali 
di 
buon 
andamento 
e 
imparzialit� 
il 
datore 
di 
lavoro 
pubblico 
� 
in 
condizione 
di 
operare, 
sui 
propri 
dipendenti, 
una 
pressione 
ridotta, 
e 
ci�, 
anche 
su 
quelli 
a 
tempo 
(22); 


-il 
termine 
di 
prescrizione 
quinquennale 
dei 
crediti 
retributivi 
relativi 
ad 
un 
rapporto 
di 
lavoro 
con 
la 
P.A. 
decorre 
in 
costanza 
del 
rapporto 
stesso, 
anche 
se 
questo abbia 
carattere 
provvisorio o temporaneo, ed � 
riferibile 
a 
tutte 
le 
pretese economiche riconosciute ai pubblici dipendenti (23). 
5. considerazioni conclusive. 
La 
sentenza 
che 
si 
annota, a 
parere 
di 
chi 
scrive, presenta 
profili 
d�interesse 
peculiari, fornendo una 
lettura 
equilibrata 
di 
un �fenomeno� 
complesso 
e dibattuto. 

Si 
caratterizza 
per una 
analisi 
normativa 
delle 
misure 
di 
stabilizzazione 
che 
non 
trascura 
il 
contesto 
interno 
nel 
quale 
tali 
interventi 
sono 
maturati. 
Nel 


(19) Cfr. Cass. civ., 20/4/83, n. 2724; Cass. Civ., 15/11/84, n. 5801. 
(20) Cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 28/7/2010, n. 17629. 
(21) Cfr. Cass. Civ., Sez. Lav., 23/4/2009, n. 9695. 
(22) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3/4/2007, da n. 1486 a n. 1504. 
(23) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 3/4/2007, da n. 1486 a n. 1504, cit. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


riconoscere 
nel 
contratto a 
tempo indeterminato a 
seguito di 
stabilizzazione 
una 
nuova 
assunzione, avvenuta 
ex 
novo e 
non collegabile 
in automatico alle 
precedenti 
(salvo espressa 
previsione 
in tal 
senso), si 
pone 
in armonia 
con il 
principio costituzionale 
dell�accesso mediante 
concorso agli 
impieghi 
con la 
P.A., 
con 
il 
divieto 
di 
�conversione� 
posto 
dall�art. 
36, 
comma 
6, 
D.lgs. 
n. 
165/2001, nonch� 
con il 
carattere 
derogatorio delle 
misure 
di 
stabilizzazione, 
senza 
trascurare, altres�, l�impianto normativo del 
CCNL 
di 
riferimento. Coerente 
con 
tali 
deduzioni 
� 
l�affermazione, 
in 
sentenza, 
dell�impossibilit� 
di 
ammettere 
il 
riconoscimento dell�anzianit� 
di 
servizio pregressa 
ai 
fini 
giuridici 
al dipendente stabilizzato. 


La 
sentenza 
si 
rivela 
innovativa, rispetto ad altre 
molteplici 
pronunce 
dei 
giudici 
interni, per aver distinto i 
paradigmi 
normativi 
su cui 
fondare 
il 
riconoscimento 
dei 
diritti 
insiti 
nell�anzianit� 
di 
servizio ai 
fini 
giuridici 
e 
quello 
dei 
diritti 
connaturati 
all�anzianit� 
di 
servizio ai 
fini 
economici, in piena 
coerenza 
con il 
principio dell�anzianit� 
di 
servizio quale 
presupposto di 
fatto di 
distinti 
specifici 
diritti. Pone, pertanto, il 
riconoscimento dell�anzianit� 
ai 
fini 
giuridici 
ed economici 
su due 
binari 
diversi, i 
quali, non sempre 
e 
non necessariamente, 
si intersecano. 


Non 
trascura, 
al 
contrario 
valorizza, 
il 
contributo 
essenziale 
dato 
alla 
materia 
dalla 
giurisprudenza 
dell�U.E. 
e, 
partendo 
dalle 
definizioni 
di 
�condizioni 
d�impiego� 
e 
�ragioni 
oggettive� 
fornite 
da 
ampia 
giurisprudenza 
della 
C.G.E., 
riconosce 
che 
tali 
principi 
possano incidere 
sulla 
ricostruzione 
di 
carriera 
del 
dipendente stabilizzato ma, unicamente, per il profilo economico. 

Il 
riconoscimento delle 
differenze 
economiche 
conseguenti 
alla 
progressione 
retributiva 
nell�area 
di 
appartenenza, disposto nella 
sentenza 
che 
si 
annota, 
valorizza 
l�esperienza 
lavorativa 
pregressa 
del 
dipendente, senza 
porsi 
in disarmonia 
con i 
nuovi 
criteri 
previsti 
dal 
CCNL 
di 
riferimento e 
da 
ampia 
legislazione 
successiva 
(tra 
tutti 
i 
decreti 
Madia 
del 
2017) per la 
valutazione 
dell�esperienza lavorativa ai fini delle progressioni di carriera. 


Il 
doppio 
binario 
previsto 
in 
sentenza 
per 
il 
riconoscimento 
dell�anzianit� 
ai 
fini 
giuridici 
ed economici 
si 
riflette, in maniera 
coerente, anche 
sul 
regime 
della prescrizione. 

Il 
rapporto di 
lavoro con la 
P.A. risulta 
connotato da 
stabilit� 
reale 
- pur 
se 
a 
tempo 
determinato, 
viste 
le 
caratteristiche 
intrinseche 
del 
datore 
di 
lavoro 
e 
le 
tutele 
offerte 
dal 
CCNL 
- pertanto, il 
dies 
a quo 
per la 
prescrizione 
quinquennale 
dei 
crediti 
da 
lavoro, risentendo della 
stabilit�, � 
autonomo rispetto 
all�intervenuta 
stabilizzazione, non decorrendo dalla 
data 
di 
stipula 
del 
contratto 
a 
tempo 
indeterminato 
ma, 
al 
contrario, 
in 
costanza 
di 
rapporto 
a 
termine. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


tribunale 
di 
napoli, 
sezione 
lavoro, 
sentenza 
13 
ottobre 
2017 
n. 
6887 
-Giud. 
Amalia 
Urzini - A.C. (avv. G. d�Ambrosio) c. MIBACT (avv. St. G. Arpaia). 


RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO 
Con 
ricorso 
depositato 
in 
data 
20/3/2017 
l'epigrafato 
ricorrente 
ha 
premesso 
di 
avere 
intrattenuto con l'amministrazione 
convenuta 
plurimi 
contratti 
a 
tempo determinato, di 
cui 
i 
primi 
con durata 
trimestrale 
dal 
16/9/1998 al 
12/10/1999 con mansioni 
di 
addetto ai 
servizi 
di 
vigilanza 
e 
custodia 
e 
il 
successivo dal 
14/1/2000 al 
30/6/2001 quale 
addetto ai 
servizi 
di 
vigilanza 
ed 
assegnato 
al 
Museo 
Archeologico 
di 
Napoli; 
di 
avere 
avuto 
una 
serie 
di 
proroghe 
e 
rinnovi 
continuando a 
prestare 
servizio senza 
soluzione 
di 
continuit� 
fino al 
2/7/2007 in cui 
fu disposta 
l'ultima 
proroga 
fino alla 
sua 
definitiva 
trasformazione 
a 
tempo indeterminato in 
data 
5/11/2007; 
di 
avere 
svolto 
le 
stesse 
identiche 
mansioni 
per 
tutto 
l'arco 
temporale 
anzidette 
e 
che 
tali 
mansioni 
sono 
state 
espletate 
dai 
dipendenti 
di 
ruolo 
del 
Ministero; 
di 
non 
avere 
conseguito il 
riconoscimento dell'anzianit� 
antecedente 
all'immissione 
in ruolo. L�istante, in 
base 
ad articolate 
considerazioni 
giuridiche 
ha 
convenuto in giudizio il 
Ministero al 
fine 
di 
ottenere, 
previa 
disapplicazione 
di 
qualsivoglia 
norma 
legale 
e/o 
contrattuale 
contrastante 
con 
la 
clausola 
4 dell'Accordo quadro sul 
lavoro a 
tempo determinato, l'accertamento dell'illegittimit� 
dell'azzeramento 
dell'anzianit� 
maturata 
all'atto 
dell'immissione 
in 
ruolo 
e 
l'accertamento 
del 
diritto al 
riconoscimento dell'anzianit� 
di 
servizio, a 
fin� 
giuridici 
ed economici, 
maturata 
nel 
rapporto di 
lavoro a 
termine 
a 
decorrere 
dal 
16/9/1998 o dalla 
diversa 
data 
ritenuta 
di 
giustizia; 
la 
condanna 
del 
Ministero al 
pagamento in suo favore 
delle 
differenze 
retributive 
maturate 
fino 
all'esatta 
collocazione 
classe 
di 
servizio 
corrispondente 
alla 
predetta 
anzianit� 
maturata 
oltre 
ad 
eventuali 
somme 
spettanti 
ancora 
a 
titolo 
di 
differenze 
economiche; 
la 
condanna 
inoltre 
del 
Ministero alla 
ricostruzione 
della 
carriera 
considerando per intero i 
servizi svolti durante i contratti a tempo determinato, spese vinte. 
Il 
Ministero, 
costituitosi 
tempestivamente 
in 
giudizio 
a 
mezzo 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
(cfr 
memoria 
depositata 
il 
29/9/2017), 
ha 
eccepito 
la 
prescrizione 
dei 
crediti 
e 
nel 
merito, 
ha 
dedotto 
l'infondatezza 
delle 
domande 
sia 
alla 
stregua 
della 
normativa 
nazionale 
che 
comunitaria 
per cui ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese. 
All'odierna 
udienza 
la 
causa 
al 
termine 
della 
camera 
di 
consiglio � 
stata 
decisa 
con sentenza 
di cui � stata data pubblica lettura nei termini di seguito precisati. 
In punto di 
fatto, � 
documentato che 
il 
ricorrente 
ha 
prestato servizio alle 
dipendenze 
del 
Ministero convenuto in forza 
di 
due 
contratti 
trimestrali 
non continuativi, il 
primo decorrente 
dal 
16/9/1998 e 
il 
secondo dal 
12/7/1999, con inquadramento nel 
profilo di 
addetto ai 
servizi 
di 
vigilanza; 
� 
parimenti 
documentato che 
egli, assunto dal 
14/1/2000 con contratto a 
tempo 
determinato 
con 
scadenza 
al 
30/6/2001 
ha 
avuto 
una 
serie 
di 
proroghe 
annuali 
dal 
31/12/2001 al 
31/12/2006. L'istante 
versa 
in atti 
anche 
il 
contratto del 
2/7/2007 definito "atto 
integrativo al 
contratto di 
lavoro" 
ove 
si 
conviene 
una 
proroga 
del 
contratto a 
tempo determinato 
fino alla sua trasformazione a tempo indeterminato. 
Egli 
valorizza 
le 
espressioni 
letterali 
contenute 
nell'atto del 
2/7/2007 per sostenere 
che 
si 
� 
trattato di 
una 
prosecuzione 
ininterrotta 
dello stesso rapporto di 
lavoro. In effetti, il 
richiamo 
nell'atto, alla 
procedura 
di 
stabilizzazione 
prevista 
dalla 
legge 
296/2006 consente 
di 
risolvere 
la 
questione 
controversa 
tra 
le 
parti, in base 
alla 
sua 
regolamentazione, al 
di 
l� 
e 
a 
prescindere 
dalle 
parole 
adoperate 
dalla 
P.A. Del 
resto il 
contratto del 
5/11/2007 in prod. ha 
ad oggetto l'assunzione 
a 
tempo indeterminato con predeterminazione 
di 
un periodo di 
prova 
ed 
� 
verosimile 
ritenere, 
pur 
senza 
che 
sia 
stato 
allegato 
che, 
per 
effetto 
dell'assunzione 
in 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


ruolo, il 
ricorrente 
ha 
percepito il 
trattamento di 
fine 
rapporto, il 
cui 
presupposto � 
la 
risoluzione 
del contratto a termine in corso. 


Pu� quindi 
ritenersi, a 
differenza 
dei 
contratti 
trimestrali 
intervallati 
da 
un periodo significativo, 
il 
rapporto di 
lavoro del 
ricorrente, a 
decorrere 
dal 
contratto del 
14/1/2000 si 
� 
svolto 
ininterrottamente, 
s� 
da 
coprire 
integralmente 
il 
periodo 
complessivamente 
di 
interesse 
ed � 
possibile 
presumere 
che 
il 
ricorrente 
abbia 
svolto mansioni 
di 
addetto alla 
vigilanza, di 
pertinenza 
anche 
del 
personale 
a 
tempo 
indeterminato 
di 
pari 
inquadramento. 
La 
contraria 
possibilit� 
-che 
egli 
abbia 
svolto mansioni 
diverse 
da 
quelle 
assegnate 
al 
personale 
di 
pari 
qualifica 
-andrebbe 
comunque 
esclusa 
giacch� 
opera 
il 
principio 
formale 
di 
equivalenza 
delle 
mansioni 
nell'impiego pubblico ed � 
pacifico che 
il 
ricorrente 
abbia 
svolto, per tutta 
la 
durata 
dei 
rapporti 
precari, mansioni 
della 
qualifica 
di 
appartenenza. Peraltro il 
Ministero d� 
conto 
nella 
memoria 
difensiva, di 
avere 
inquadrato il 
ricorrente 
nell'area 
B, posizione 
economica 
B1 
fino 
al 
nuovo 
sistema 
di 
classificazione 
del 
personale 
con 
il 
quale 
tale 
area 
� 
confluita 
nel-
l'area 
seconda 
F, fascia 
retributiva 
F1 applicato all'A.C. dal 
14/9/2007, con ci� palesando di 
avere 
sempre 
riservato a 
costitui 
lo stesso trattamento del 
personale 
di 
ruolo di 
pari 
qualifica 
e mansioni. 


Non appare 
neanche 
configurabile 
una 
diversa 
intensit� 
del 
potere 
organizzativo datoriale 
o diversi 
obblighi 
a 
carico delle 
parti 
del 
rapporto di 
impiego pubblico connaturate 
al 
carattere 
(stabile 
o precario) del 
rapporto medesimo, giacch� 
per tutta 
la 
durata 
del 
rapporto 
anche 
il 
lavoratore 
assunto a 
tempo determinato � 
tenuto all'obbligo di 
esclusiva 
prestazione 
della 
propria 
attivit� 
in 
favore 
dell'amministrazione, 
salvi 
i 
casi 
previsti 
dalla 
legge, 
ed 
all'adempimento 
degli 
obblighi 
di 
diligenza 
e 
fedelt� 
specificamente 
imposti 
all'amministrazione 
(e 
quindi 
ai 
pubblici 
impiegati) dai 
principi 
di 
buona 
amministrazione 
ed imparzialit� 
ex art. 
97 Cost. 


� 
pure 
pacifico 
(ma 
risulta 
comunque 
dalla 
contrattazione 
soggettivamente 
efficace, 
cfr. 
art. 20 del 
CCNL 
21.2.2002 relativo al 
quadriennio normativo 1998-2001) come 
al 
personale 
assunto a 
tempo determinato si 
applichi 
il 
trattamento economico e 
normativo previsto per il 
personale a tempo indeterminato "compatibilmente con la durata del contratto a termine". 


Pu� quindi 
convenirsi, ai 
fini 
che 
ne 
occupano che, per tutta 
la 
durata 
del 
rapporto a 
termine 
inter 
partes 
decorrente 
dal 
14/1/2000, 
e 
quindi 
pressoch� 
continuativamente, 
il 
ricorrente 
risulta 
avere 
svolto 
una 
prestazione 
in 
tutto 
equivalente 
a 
quella 
dei 
lavoratori 
dipendenti 
del-
l'amministrazione 
assunti 
a 
tempo indeterminato di 
pari 
qualifica 
(addetto ai 
servizi 
di 
vigilanza 
di area retributiva B posizione B1). 


La 
procedura 
di 
stabilizzazione 
che 
ha 
riguardato il 
ricorrente 
� 
contenuta 
nella 
legge 
296/2006. 


I commi 
519 e 
520 di 
detta 
legge 
prevedono che 
"Per l'anno 2007 una 
quota 
pari 
al 
20 
per cento del 
fondo di 
cui 
al 
comma 
513 � 
destinata 
alla 
stabilizzazione 
a 
domanda 
del 
personale 
non dirigenziale 
in servizio a 
tempo determinato da 
almeno tre 
anni, anche 
non continuativi, 
o che 
consegua 
tale 
requisito in virt� di 
contratti 
stipulati 
anteriormente 
alla 
data 
del 
29 settembre 
2006 o che 
sia 
stato in servizio per almeno tre 
anni, anche 
non continuativi, nel 
quinquennio 
anteriore 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
presente 
legge, 
che 
ne 
faccia 
istanza, 
purch� 
sia 
stato 
assunto 
mediante 
procedure 
selettive 
di 
natura 
concorsuale 
o 
previste 
da 
norme 
di 
legge. Alle 
iniziative 
di 
stabilizzazione 
del 
personale 
assunto a 
tempo determinato 
mediante 
procedure 
diverse 
si 
provvede 
previo espletamento di 
prove 
selettive. Le 
amministrazioni 
continuano ad avvalersi 
del 
personale 
di 
cui 
al 
presente 
comma, e 
prioritariamente 
del 
personale 
di 
cui 
all'articolo 23, comma 
1, del 
decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215, 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


e 
successive 
modificazioni, 
in 
servizio 
al 
31 
dicembre 
2006, 
nelle 
more 
della 
conclusione 
delle 
procedure 
di 
stabilizzazione. Nei 
limiti 
del 
presente 
comma, la 
stabilizzazione 
del 
personale 
volontario del 
Corpo nazionale 
dei 
vigili 
del 
fuoco � 
consentita 
al 
personale 
che 
risulti 
iscritto 
negli 
appositi 
elenchi, 
di 
cui 
all'articolo 
6 
del 
decreto 
legislativo 
8 
marzo 
2006, 
n. 
139, 
da 
almeno tre 
anni 
ed abbia 
effettuato non meno di 
centoventi 
giorni 
di 
servizio. Con decreto 
del 
Ministro dell'interno, fermo restando il 
possesso dei 
requisiti 
ordinari 
per l'accesso alla 
qualifica 
di 
vigile 
del 
fuoco 
previsti 
dalle 
vigenti 
disposizioni, 
sono 
stabiliti 
i 
criteri, 
il 
sistema 
di selezione, nonch� modalit� abbreviate per il corso di formazione. 


Le 
assunzioni 
di 
cui 
al 
presente 
comma 
sono autorizzate 
secondo le 
modalit� 
di 
cui 
all'articolo 
39, comma 
3-ter, della 
legge 
27 dicembre 
1997, n. 449, e 
successive 
modificazioni" 
e 
che 
"per l'anno 2007, per le 
specifiche 
esigenze 
degli 
enti 
di 
ricerca, � 
costituito, nello stato 
di 
previsione 
del 
Ministero dell'economia 
e 
delle 
finanze, un apposito fondo, destinato alla 
stabilizzazione 
di 
ricercatori, tecnologi, tecnici 
e 
personale 
impiegato in attivit� 
di 
ricerca 
in 
possesso dei 
requisiti 
temporali 
e 
di 
selezione 
di 
cui 
al 
comma 
519, nonch� 
all'assunzione 
dei 
vincitori 
di 
concorso con uno stanziamento pari 
a 
20 milioni 
d� 
euro per l'anno 2007 e 
a 
30 
milioni 
di 
euro, a 
decorrere 
dall'anno 2008. All'utilizzo del 
predetto fondo si 
provvede 
con 
decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri, da 
adottare, previa 
deliberazione 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
sentite 
1e 
amministrazioni 
vigilanti, 
su 
proposta 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
-Dipartimento 
della 
funzione 
pubblica, 
di 
concerto 
con 
il 
Ministero 
dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato". 


� 
corretto 
quanto 
sostenuto 
da 
una 
parte 
della 
giurisprudenza 
di 
merito 
a 
cui 
la 
scrivente 
ha 
aderito 
gi� 
in 
precedente 
fattispecie, 
che 
"il 
legislatore 
� 
intervenuto 
con 
la 
finalit� 
di 
sanare 
situazioni 
che 
s� 
protraggono da 
lungo tempo e 
che 
hanno disatteso le 
norme 
che 
regolano il 
sistema 
di 
provvista 
d� 
personale 
nelle 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
creato diffuse 
aspettative 
nei 
dipendenti 
cos� 
assunti, anche 
in violazione 
dell'art. 36 del 
decreto legislativo n. 165 del 
2001. 


Infatti, 
come 
gi� 
diffusamente 
sottolineato 
nella 
Circolare 
n. 
3 
del 
2006 
del 
Ministro 
per la 
funzione 
pubblica, il 
ricorso a 
contratti 
di 
lavoro a 
tempo determinato corrisponde 
alla 
necessit� 
di 
fare 
fronte 
ad 
esigenze 
temporanee 
delle 
amministrazioni, 
mentre 
nelle 
situazioni 
oggetto della 
stabilizzazione 
prevista 
dalla 
legge 
finanziaria 
per l'anno 2007 di 
fatto si 
sono 
utilizzate 
tipologie 
di 
lavoro 
temporaneo 
per 
esigenze 
permanenti 
dell'amministrazione 
e 
non 
esternalizzate. 
Inoltre, 
occorre 
ricordare 
che 
sebbene 
la 
natura 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
si 
tratta 
possa 
essere 
considerata 
derogatoria 
rispetto alle 
normali 
procedure 
di 
assunzione, in quanto 
finalizzata 
a 
sanare 
le 
situazioni 
sopra 
descritte, occorre 
necessariamente 
inquadrare 
la 
loro 
applicazione 
nel 
sistema 
delle 
norme 
vigenti 
in materia" 
(cfr Direttiva 
30 aprile 
2007, n. 7 
del Dipartimento della Funzione Pubblica). 


La 
legge 
dunque 
individua 
pertanto due 
categorie 
di 
personale, ossia 
quello non dirigenziale 
in servizio a 
tempo determinato e 
quello di 
cui 
al 
comma 
1156, lettera 
f), purch� 
sia 
stato 
assunto 
mediante 
procedure 
selettive 
di 
natura 
concorsuale 
o 
previste 
da 
norme 
di 
legge. 


I lavoratori 
precari 
rientrano nella 
prima 
categoria. Per costoro � 
previsto testualmente 
che la stabilizzazione avvenga mediante l'assunzione del personale. 


La 
locuzione, lungi 
dall'essere. atecnica, individua 
le 
modalit� 
di 
reclutamento del 
personale 
cd precario che, in deroga 
alla 
procedura 
di 
accesso nei 
ruoli 
pubblici 
mediante 
concorso, 
� 
assunto 
direttamente 
mediante 
la 
sottoscrizione 
di 
un 
contratto 
di 
lavor�` 
a 
tempo 
indeterminato, 
valorizzando 
il 
requisito 
della 
triennalit� 
dei 
rapporti 
a 
tempo 
determinato 
(nell'ambito 
delle 
tre 
ipotesi 
di 
cui 
al 
comma 
519). 
La 
possibilit� 
di 
stabilizzare 
anche 
quei 
rapporti 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


gi� 
risolti 
alla 
data 
della 
stipula 
del 
contratto 
a 
tempo 
indeterminato, 
purch� 
rientranti 
nel 
triennio, rafforza 
la 
convinzione 
che 
tra 
i 
due 
rapporti 
non vi 
� 
continuit�, nel 
senso che 
le 
norme 
citate 
sono chiare 
nell'evidenziare 
che 
la 
stabilizzazione 
non costituisce 
una 
mera 
trasformazione 
del 
rapporto 
da 
contratto 
a 
tempo 
determinato 
in 
contratto 
a 
tempo 
indeterminato, 
quanto una 
nuova 
assunzione 
in relazione 
alla 
quale 
l'esistenza 
di 
un contratto a 
tempo determinato 
costituisce mero presupposto. 


In primo luogo, la 
conversione 
del 
contratto di 
lavoro da 
tempo determinato a 
tempo 
indeterminato � 
nel 
pubblico impiego preclusa 
dall'art. 36, comma 
sesto, del 
d.lgs. 30 marzo 
2001 
n. 
165, 
per 
cui 
in 
assenza 
di 
una 
specifica 
normativa 
speciale 
che 
deroghi 
a 
tale 
principio 
non pu� certamente 
operarsi 
in questa 
sede 
tale 
conversione 
(il 
principio � 
stato ribadito di 
recente dalla Suprema Corte a sezioni unite nella sentenza n. 5072 del 15/3/2016). 


In secondo luogo, la 
normativa 
sopra 
citata 
qualifica 
espressamente 
la 
stabilizzazione 
quale 
assunzione 
e 
la 
ammette 
anche 
in relazione 
al 
personale 
che 
non sia 
attualmente 
in servizio, 
purch� 
abbia 
maturato il 
requisito citato, con la 
conseguenza 
che 
la 
stabilizzazione 
non 
pu� 
essere 
considerata 
una 
mera 
prosecuzione 
del 
rapporto 
pregresso, 
ma 
costituisce 
una 
vera 
e propria assunzione ex novo. 


Pertanto, 
l'assunzione 
conseguente 
alla 
stabilizzazione 
deve 
essere 
ritenuta 
a 
tutti 
gli 
effetti 
quale 
nuova 
assunzione 
presso 
la 
pubblica 
amministrazione, 
la 
quale 
ha 
instaurato 
un 
nuovo 
contratto 
di 
lavoro 
con 
il 
soggetto 
"stabilizzato", 
mentre 
non 
potrebbe 
essere 
condivisa, 
per le 
ragioni 
sopra 
riportate, l'affermazione 
secondo la 
quale 
si 
tratterebbe 
di 
una 
mera 
trasformazione 
di 
un rapporto di 
lavoro a 
tempo determinato in rapporto di 
lavoro a 
tempo indeterminato. 


Poich� 
la 
stabilizzazione 
costituisce 
una 
nuova 
assunzione 
in base 
alla 
quale 
il 
rapporto 
di 
lavoro 
si 
costituisce 
ex 
nunc, 
in 
assenza 
di 
una 
specifica 
disposizione 
normativa 
che 
lo 
preveda 
espressamente, 
il 
pregresso 
servizio, 
in 
qualunque 
arco 
temporale 
esso 
sia 
stato 
prestato, 
non pu� automaticamente 
essere 
considerato ai 
fini 
dell'anzianit� 
di 
servizio. Ci� del 
resto � 
reso evidente 
dallo stesso meccanismo per la 
stabilizzazione, ove 
il 
legislatore 
l'ha 
ammessa 
anche 
in relazione 
a 
rapporti 
che 
fossero gi� 
cessati, ovvero in relazione 
a 
rapporti 
non continuativi, 
purch� di durata complessiva non inferiore al triennio. 


Poich� 
ogni 
singola 
assunzione 
a 
tempo determinato costituisce 
una 
nuova 
assunzione 
del 
lavoratore 
che 
non 
� 
in 
nulla 
collegata 
alle 
precedenti, 
salve 
espresse 
previsioni 
in 
tal 
senso, ogni 
singolo rapporto ha 
una 
sua 
distinta 
autonomia 
e 
questo anche 
nel 
caso in cui 
il 
lavoratore 
venga 
successivamente 
assunto dallo stesso ente 
con contratto a 
tempo indeterminato. 
Pertanto, non si 
ravvisano le 
condizioni 
per affermare 
il 
diritto del 
ricorrente 
alla 
ricostruzione 
della 
carriera 
professionale 
al 
fine 
del 
verosimile 
riconoscimento dell'anzianit� 
ai 
fini giuridici, da qualsiasi data cadente nel periodo precedente alla stabilizzazione. 


Ci� 
posto, 
si 
deve 
evidenziare 
che 
risponde 
a 
canoni 
di 
equit� 
il 
principio 
in 
base 
al 
quale 
l'anzianit� 
di 
servizio, 
quantomeno 
in 
proporzione 
alla 
prestazione 
lavorativa 
effettivamente 
resa, 
venga 
considerata 
ai 
fin� 
degli 
aumenti 
periodici, 
pur 
in 
assenza 
di 
una 
esplicita 
disposizione 
contrattuale 
o 
normativa 
in 
tal 
senso, 
ovvero 
ai 
fini 
dell'applicazione 
di 
tutti 
gli 
istituti 
contrattuali 
che 
hanno 
quale 
presupposto 
la 
sussistenza 
di 
una 
pregressa 
attivit� 
lavorativa. 


A 
tale 
risultato 
pu� 
pervenirsi, 
pur 
tenendo 
fermi 
gli 
effetti 
della 
stabilizzazione, 
la 
quale 
non 
consente 
di 
ricostruire 
un 
unico 
rapporto 
di 
lavoro 
a 
tempo 
indeterminato 
a 
decorrere 
dalla 
data 
di 
stipula 
del 
primo dei 
contratti 
a 
termine, attraverso l'analisi 
della 
normativa 
europea 
in relazione 
agli 
effetti 
della 
successione 
di 
una 
pluralit� 
di 
contratti 
a 
termine, come 
interpretata dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Risultano 
infatti 
ricorrere 
nel 
caso 
in 
esame, 
tutti 
i 
presupposti 
per 
l'applicazione 
del 
principio 
di 
non 
discriminazione 
tra 
lavoratori 
di 
cui 
all'art. 
4 
dell'Accordo 
Quadro 
attuato 
con 
Direttiva 
1999/70/CE 
cos� 
che 
nessuna 
ragionevole 
giustificazione 
di 
una 
disparit� 
di 
trattamento 
economico 
pu� 
trarsi 
da 
tale 
argomento. 
Rispetto 
ad 
esso 
la 
modalit� 
di 
selezione 
del 
personale 
- mediante 
stabilizzazione 
e 
non mediante 
pubblico concorso - non incide 
sulla 
qualit� del lavoro prestato, come si vedr� attraverso le decisioni della Corte di Giustizia. 


La 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
ha 
chiarito la 
portata 
generale 
della 
direttiva 
99/70 e 
del 
principio della 
parit� 
di 
trattamento e 
del 
divieto di 
discriminazione 
che 
vi 
sono 
affermati: 
"la mera circostanza che 
un impiegato sia qualificato come 
�di 
ruolo' 
in base 
all'ordinamento 
interno 
e 
presenti 
taluni 
aspetti 
caratterizzanti 
il 
pubblico 
impiego 
di 
uno 
stato 
membro 
interessato 
� 
priva 
di 
rilevanza 
sotto 
questo 
aspetto, 
pena 
rimettere 
seriamente 
in 
questione 
l'efficacia pratica della direttiva 1999/70 e 
quella dell'accordo quadro nonch� 
la 
loro 
applicazione 
uniforme 
negli 
stati 
membri; 
riservando 
a 
questi 
ultimi 
la 
possibilit� 
di 
escludere, a loro discrezione, talune 
categorie 
di 
persone 
dal 
beneficio della tutela voluta da 
tali 
strumenti 
comunitari� 
(cos� 
: 
Corte 
di 
Giustizia 
13 
settembre 
2007 
C-307/5 
Del 
Cerro 
punto 29; 
Corte 
di 
Giustizia 
22 dicembre 
2010 C-444/09 Gavieiro e 
C-456/09 Torres 
punto 
43). 
"infatti; 
una 
disparit� 
di 
trattamento 
che 
riguardi 
le 
condizioni 
di 
impiego 
tra 
lavoratori 
a 
tempo 
determinato 
e 
lavoratori 
a 
tempo 
indeterminato 
non 
pu� 
essere 
giustificata 
mediante 
un 
criterio 
che, 
in 
modo 
generale 
ed 
astratto, 
si 
riferisca 
alla 
durata 
stessa 
dell'impiego. 
"ammettere 
che 
la mera natura temporanea di 
un rapporto di 
lavoro basti 
a giustificare 
una siffatta 
disparit� di 
trattamento priverebbe 
del 
loro contenuto gli 
scopi 
della direttiva 70/99 e 
dell'accordo quadro" 
(corte 
di 
Giustizia 22 dicembre 
2010 cit. punto 57), scopi 
individuati 
dalla 
stessa 
corte 
nella 
garanzia 
della 
parit� 
di 
trattamento 
ai 
lavoratori 
a 
tempo 
determinato, 
proteggendoli 
dalle 
discriminazioni 
(..) al 
fine 
di 
impedire 
che 
un rapporto di 
impiego di 
tale 
natura venga utilizzato da un datore 
di 
lavoro per 
privare 
questi 
lavoratori 
di 
diritti 
riconosciuti 
ai lavoratori a tempo indeterminato" 
(punti 47 e 48). 


Il 
trattamento retributivo progressivamente 
collegato all'anzianit� 
di 
lavoro rientra 
indiscutibilmente 
nel 
concetto di 
"condizioni 
di 
impiego" 
di 
cui 
parla 
la 
direttiva, trasposta 
nel 
D.Lgs. 368/2001. Secondo la 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia, l'unico limite 
che 
giustifica 
un trattamento differenziato, e 
cio� 
la 
sussistenza 
di 
ragioni 
oggettive, non pu� essere 
ravvisato 
dalla 
mera 
circostanza 
che 
un 
impiego 
sia 
qualificato 
di 
ruolo 
in 
base 
all'ordinamento 
interno e 
presenti 
alcuni 
aspetti 
caratterizzanti 
il 
pubblico impiego (cfr.: 
Corte 
di 
Giustizia 
II 
Sez. 13 settembre 
2007 causa 
307/05 Del 
Cerro, punti 
da 
26 a 
29; 
Corte 
di 
Giustizia 
22 dicembre 
2010 cause riunite 444/09 e 456/09 Gavieiro e 
Torres). 


La 
Corte 
di 
Giustizia 
ha 
definito la 
nozione 
di 
ragioni 
oggettive, tali 
da 
giustificare 
una 
diversit� 
di 
trattamento tra 
assunti 
a 
termine 
e 
assunti 
di 
ruolo, nel 
senso che 
si 
deve 
trattare 
di 
"elementi 
precisi 
e 
concreti 
( 
... 
) 
che 
possono 
risultare 
segnatamente 
dalla 
particolare 
natura 
delle 
funzioni 
per 
l'espletamento 
delle 
quali 
sono 
stati 
conclusi 
i 
contratti 
a 
tempo 
determinato" 
(cfr.: 
Corte 
di 
Giustizia 
sentenza 
Del 
Cerro citata, punti 
da 
49 a 
58). In altri 
termini, - come 
puntualizzato 
dalla 
citata 
sentenza 
Gavie�ro 
e 
Torres, 
e 
ribadito 
dall'ordinanza 
9 
febbraio 
2012, 
causa 
C 
556/11, 
Lorenzo 
Martinez 
cit., 
punti 
47, 
48, 
49 
e 
50 
-le 
ragioni 
oggettive 
che 
ai 
sensi 
dell'art. 
4 
punto 
1 
della 
direttiva 
clausola 
legittimano 
la 
differenza 
di 
trattamento 
non 
possono 
consistere 
nel 
fatto che 
questa 
sia 
prevista 
da 
una 
norma 
interna 
generale 
ed astratta, quale 
la 
legge 
o 
il 
contratto 
collettivo, 
ma 
riguardano 
"la 
sussistenza 
di 
elementi 
precisi 
e 
concreti, 
che 
contraddistinguono il 
rapporto di 
impiego di 
cui 
trattasi, nel 
particolare 
contesto in cui 
s'inscrive 
ed in base 
a 
criteri 
oggettivi 
e 
trasparenti, al 
fine 
di 
verificare 
se 
tale 
disparit� 
ri



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


sponda 
ad una 
reale 
necessit�, sia 
idonea 
a 
conseguire 
l'obiettivo perseguito e 
risulti 
a 
tal 
fine 
necessaria". 


La 
"reale 
necessit�" 
di 
un trattamento differente 
tra 
lavoratori, cos� 
come 
descritta 
dalla 
Corte 
europea, non pu� certo identificarsi 
con l'essere 
un dipendente 
a 
tempo determinato, di 
ruolo 
o 
meno 
e 
assunto 
o 
meno 
con 
concorso, 
n� 
tali 
peculiarit� 
del 
rapporto 
di 
impiego 
hanno 
alcuna 
correlazione 
logica 
con il 
negare 
la 
progressione 
retributiva 
in funzione 
dell'anzianit� 
maturata 
(cfr. in questi 
termini: 
Corte 
di 
Giustizia 
22 dicembre 
2010, cit. punto 43): 
in tale 
ottica 
antidiscriminatoria, 
non 
pu� 
condividersi 
l'argomentazione 
della 
difesa 
dell'Ente 
ostativa 
alla valutazione dell'anzianit� di servizio a fini economici. 


La 
posizione 
del 
dipendente 
a 
tempo indeterminato e 
quella 
di 
chi 
ha 
lavorato - come 
il 
ricorrente 
- con continuit� 
nella 
medesima 
mansione 
in forza 
di 
una 
pluralit� 
di 
rapporti 
a 
termine 
sono 
pertanto 
pienamente 
equiparabili, 
non 
potendo 
essere 
preclusiva 
la 
circostanza 
che 
si 
tratta 
di 
un 
impiegato 
non 
di 
ruolo, 
non 
assunto 
per 
pubblico 
concorso 
e 
non 
soggetto 
a 
stabilizzazione 
dopo un periodo di 
prova, come 
evidenziato dalle 
decisioni 
del 
giudice 
comunitario 
sopra riportate. 


Tale 
orientamento 
� 
stato 
di 
recente 
confermato 
con 
ordinanza 
della 
Corte 
GCE 
(Ottava 
Sezione) del 4 settembre 2014 nella causa C-152/14. 


Pertanto, il 
ricorso pu� essere 
accolto limitatamente 
al 
riconoscimento delle 
differenze 
economiche 
conseguenti 
alla 
progressione 
economica 
nella 
fascia 
di 
appartenenza 
(ex B poi 
F) a 
decorrere 
dal 
14/1/2000. Le 
rivendicazioni 
soggiacciono al 
termine 
prescrizionale 
quinquennale 
decorrente 
in costanza 
sia 
del 
rapporto a 
termine 
che 
a 
tempo indeterminato e, in 
considerazione 
dell'atto interruttivo del 
24/2/2012 e 
del 
successivo del 
20/2/2017, pu� essere 
disposta 
la 
condanna 
del 
Ministero al 
pagamento in favore 
del 
ricorrente 
delle 
differenze 
maturate 
a 
decorrere 
dal 
24/2/2007. Sulla 
sorta 
maturano i 
soli 
interessi 
legali 
dalla 
maturazione 
al 
saldo, ex art. 22, 36� 
comma 
legge 
724/94 (come 
modificata 
dalla 
pronuncia 
di 
incostituzionalit� 
n. 459/00). 


Il 
ricorso va 
quindi 
accolto nei 
termini 
anzidetti, assorbite 
tutte 
le 
ulteriori 
argomentazioni 
delle parti in quanto non rilevanti e/o non conferenti. 


Le 
spese, stante 
l'esito del 
giudizio, si 
compensano per la 
met� 
e 
per la 
restante 
parte 
seguono la soccombenza liquidandosi come da dispositivo. 


P.Q.M. 
in parziale 
accoglimento del 
ricorso dichiara 
il 
diritto di 
AC. al 
riconoscimento dell'anzianit� 
del 
servizio 
prestato 
alle 
dipendenze 
del 
Ministero 
prima 
della 
stabilizzazione 
a 
decorrere 
dal 
14/1/2000, a 
soli 
fini 
economici 
e 
per l'effetto, condanna 
il 
Ministero al 
pagamento delle 
relative 
differenze 
retributive 
maturate 
dal 
24/2/2007 all'attualit�, maggiorate 
con gli 
interessi 
legali dalle scadenza al saldo, da quantificarsi in separata sede; 
rigetta per il resto il ricorso; 
liquida 
le 
spese 
in complessivi 
� 4.955,35 comprensivi 
di 
spese 
generali, di 
cui 
compensa 
la 
met� 
e 
condanna 
il 
convenuto al 
pagamento della 
restante 
met� 
delle 
stesse 
oltre 
IVA 
e 
CPA 
con attribuzione. 
Napoli, 13/10/2017 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


le proposte di vincolo paesaggistico, adottate 


nel vigore del d.lgs. 490/1999, dopo la sentenza n. 13/2017 


dell�adunanza Plenaria del Consiglio di stato 


nota 
a 
consiGlio 
di 
stato, adUnanza 
Plenaria, sentenza 
22 dicembre 
2017 n. 13 


Piero Vitullo, Francesca Muccio 
(*) 


sommario: 1. Premessa - 2. la sentenza di 
primo grado impugnata - 3. la sentenza n. 
13/2017 
dell�adunanza 
Plenaria 
e 
la 
ricostruzione 
dogmatica 
della 
questione 
in 
essa 
esposta 


-4. la modulazione 
nel 
tempo degli 
effetti 
della pronuncia di 
annullamento - 5. la funzione 
monofilattica della decisione dell�a.P. - 6. conclusioni. 
1. Premessa. 
La 
questione 
trae 
origine 
da 
un ricorso giurisdizionale 
con cui 
sono state 
impugnate 
due 
proposte 
di 
vincolo 
paesaggistico 
della 
Soprintendenza 
BACT 
per 
il 
Molise, 
da 
parte 
di 
una 
societ� 
interessata 
alla 
realizzazione 
nel 
Comune 
di 
Miranda 
(IS) 
di 
un 
impianto 
alimentato 
da 
fonte 
eolica, 
di 
potenza 
inferiore 
a 
32,2 MW, e 
che 
pertanto aveva 
richiesto l�autorizzazione 
unica 
ai 
sensi 
del-
l�art. 12 d.lgs. 387/2003, poi 
negatale 
dall�Autorit� 
procedente 
(Regione 
Molise, 
Servizio per le 
Politiche 
Energetiche), a 
seguito del 
negativo parere 
della 
Soprintendenza medesima. 


Motivo 
principale 
dell�impugnazione, 
la 
mancata 
emissione 
della 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse 
nel 
termine 
di 
180 
giorni 
dall�adozione 
delle 
proposte 
di 
vincolo, 
termine 
stabilito 
dal 
d.lgs. 
42/2004 
(o 
Codice 
dei 
beni 
ambientali 
e 
del 
paesaggio), come 
modificato dal 
d.lgs. 157/2006 e 
dal 
d.lgs. 
63/2008, sul 
cui 
fondamento era 
stato rilasciato il 
parere 
negativo ex 
art. 146 
d.lgs. 42/2004 della Soprintendenza territorialmente competente. 


Aspetto 
essenziale 
della 
questione 
� 
l�anteriorit�, 
rispetto 
all�attuale 
Codice 
del 
Paesaggio, 
di 
ambedue 
le 
predette 
proposte, 
adottate 
nella 
vigenza 
del 
d.lgs. 
490/1999 
alla 
cui 
stregua 
(cfr. 
art. 
140 
commi 
5 
e 
6; 
art. 
151, 
commi 
1 
e 
2) 
la 
competente 
Commissione 
istituita 
in 
ciascuna 
provincia 
poteva 
individuare 
complessi 
di 
cose 
immobili 
aventi 
valore 
estetico 
e 
tradizionale, 
nonch� 
bellezze 
panoramiche, 
mediante 
inserimento 
in 
appositi 
elenchi 
di 
localit�, 
valevole 
come 
atto 
preparatorio 
della 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico. 


Pertanto la 
Soprintendenza, rettificando un�iniziale 
attestazione 
richiesta 
dalla 
Societ� 
istante, in esito a 
pi� approfondita 
ricerca 
d�archivio, con le 
ri


(*) Piero Vitullo, Avvocato dello Stato. 


Francesca 
Muccio, Dottore 
in Giurisprudenza, ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso l�Avvocatura 
di


strettuale dello Stato di Campobasso. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


cordate 
note 
oggetto 
di 
impugnazione 
ha 
rilevato 
la 
sussistenza 
in 
loco 
dei 
vincoli 
provvisori 
scaturenti 
dalla 
proposta 
di 
inserimento in tali 
elenchi 
della 
localit� 
coinvolta 
dal 
divisato intervento, dichiarando la 
vigenza 
delle 
norme 
di 
salvaguardia 
e 
degli 
obblighi 
di 
cui 
al 
d.lgs. 42/2004 nell�area 
interessata, 
nelle 
more 
della 
definizione 
ed 
emanazione 
del 
decreto 
e 
della 
disciplina 
d�uso 
da parte della Direzione regionale BACT. 


In proposito il 
T.A.R. Molise, adito dalla 
predetta 
Societ� 
per l�annullamento 
delle 
proposte 
di 
vincolo 
e 
dei 
pareri 
negativi 
espressi 
sulla 
scorta 
delle 
medesime, 
aderendo 
alla 
teoria 
della 
�continuit�� 
(v. 
infra) 
ha 
affermato 
la 
validit� 
ed efficacia 
attuali 
di 
tali 
proposte, bench� 
non ancora 
seguite 
da 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse, 
cristallizzando 
per 
esse 
il 
precedente 
regime 
e 
richiamando 
a 
supporto 
la 
tradizionale 
impostazione 
della 
giurisprudenza 
penale 
(1). 
Non 
ha, 
comunque, 
mancato 
di 
sottolineare, 
il 
giudice 
di 
primo 
grado, la 
�non chiara 
formulazione 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
agli 
artt. 140, 141 
e 
157 del 
d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42� 
ed il 
�mancato coordinamento tecnico 
tra 
il 
testo 
originario 
del 
d.lgs. 
n. 
42 
e 
le 
frammentarie 
modificazioni 
nel 
tempo 
sopravvenute�. 


Investita 
della 
impugnativa 
della 
sentenza 
del 
T.A.R. 
Molise, 
la 
IV 
sezione 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
ravvisando 
contrasto 
giurisprudenziale 
in 
materia, 
ha rimesso la questione all�Adunanza Plenaria (2). 


Quest�ultima, 
con 
la 
sentenza 
n. 
13/2017, 
depositata 
il 
22 
dicembre 
2017, 
ha 
affrontato la 
tematica 
abbracciando una 
�terza 
via�, mediana 
rispetto alle 
due 
diverse 
posizioni, della 
�continuit�� 
e 
della 
�discontinuit��, che 
in sede 
processuale si sono confrontate e che qui di seguito si esporranno. 


Trattasi 
di 
tematica 
- � 
intuibile 
- scaturente 
dalla 
contrapposizione 
di 
rilevanti 
interessi, 
tesi 
per 
un 
verso 
alla 
salvaguardia 
dei 
luoghi 
con 
significativa 
importanza 
paesaggistico-culturale 
da 
usi 
incompatibili, 
per 
altro 
verso 
all�incentivazione 
della 
produzione 
imprenditoriale 
di 
energia 
da 
fonti 
rinnovabili. 


2. la sentenza di primo grado impugnata. 
Sancendo 
la 
permanenza 
dei 
vincoli 
proposti 
nel 
2001 
e 
nel 
2002, 
il 


T.A.R. 
Molise 
con 
la 
sentenza 
di 
primo 
grado 
n. 
92/2016 
ha 
recepito 
le 
ragioni 
dell�Amministrazione 
statale, 
deponenti 
per 
la 
permanenza 
degli 
effetti 
di 
salvaguardia 
del vincolo in fieri, dichiarandoli validi ed efficaci. 
In 
particolare 
il 
T.A.R. 
Molise, 
con 
la 
succitata 
sentenza, 
ha 
affermato 
che 
l�art. 
157, 
comma 
2, 
d.lgs. 
42/2004 
non 
ha 
previsto 
termini 
di 
decadenza 
o 
di 
silenzio 
significativo 
per 
i 
beni 
oggetto 
di 
proposte 
di 
vincolo 
antecedenti 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
Codice, 
cristallizzando 
in 
tal 
modo 
per 
essi 
il 
precedente 


(1) Cfr. Corte 
di 
Cassazione 
penale, sez. III, 17 febbraio 2012, n. 6617 e 
Corte 
di 
Cassazione 
penale, 
sez. III, 17 febbraio 2010, n. 16476. 
(2) Cons. St., sez. IV, ord., 12 giugno 2017, n. 2838. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


regime, 
reputando 
corretto 
ritenere, 
�come 
affermato 
dalle 
(�) 
condivisibili 
sentenze 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
[Corte 
di 
Cassazione 
penale, 
sez. 
III, 
17 
febbraio 
2012, 
n. 
6617, 
e 
sez. 
III, 
17 
febbraio 
2010, 
n. 
16476], 
che 
a 
tali 
beni 
non 
siano 
estensibili 
le 
innovazioni 
introdotte 
con 
il 
d.lgs. 
24 
marzo 
2006, 
n. 
157, 
e 
dal 
d.lgs. 
n. 
26 
marzo 
2008, 
n. 
63� 
e 
che 
le 
forme 
di 
decadenza 
introdotte 
da 
queste 
fonti 
normative 
successivamente 
sopravvenute 
non 
siano 
pertanto 
applicabili 
alle 
proposte 
di 
vincolo 
formulate 
antecedentemente 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
codice 
approvato 
con 
d.lgs. 
22 
gennaio 
2004, 
n. 
42. 


Tali 
considerazioni 
appaiono, peraltro, avvalorate 
da 
due 
ulteriori 
argomentazioni. 


Il 
d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 si 
riferisce 
ai 
beni 
previsti 
dall�art. 157 
come 
a 
un�autonoma 
categoria 
di 
beni 
soggetti 
a 
tutela 
dal 
carattere 
non temporaneo 
ma 
duraturo, sia 
all�art. 146, in cui 
prescrive 
che 
�i 
proprietari, possessori 
o 
detentori 
a 
qualsiasi 
titolo 
di 
immobili 
ed 
aree 
di 
interesse 
paesaggistico, 
tutelati 
dalla 
legge, 
a 
termini 
dell�articolo 
142, 
o 
in 
base 
alla 
legge, a 
termini 
degli 
articolo 136, 143, comma 
1, lettera 
d), e 
157, non possono 
distruggerli, 
n� 
introdurvi 
modificazioni 
che 
rechino 
pregiudizio 
ai 
valori 
paesaggistici 
oggetto 
di 
protezione�, 
sia 
all�art. 
143, 
comma 
4, 
lett. 
a), 
laddove 
prevede 
forme 
semplificate 
di 
rilascio dell�autorizzazione 
paesaggistica 
nelle 
aree 
vincolate 
ex 
lege 
disciplinate 
nel 
piano 
paesistico 
e 
non 
interessate 
da 
specifici 
procedimenti 
o provvedimenti 
ai 
sensi 
degli 
articoli 
136, 138, 139, 
140, 141 e 157. 


Per il 
T.A.R. Molise 
�alle 
medesime 
conclusioni 
conduce 
anche 
una 
lettura 
costituzionalmente 
orientata 
della 
norma, atteso che 
le 
finalit� 
di 
tutela 
del 
paesaggio, garantite 
dall�art. 9 della 
Costituzione, che 
integrano un interesse 
pubblico 
preminente 
rispetto 
ad 
altri 
interessi 
confliggenti, 
risulterebbero 
irrimediabilmente 
compromesse 
da 
un 
esito 
interpretativo 
che 
facesse 
derivare 
implicitamente 
una 
indiscriminata 
e 
generalizzata 
decadenza 
di 
tutte 
le 
proposte 
di 
vincolo non ancora 
approvate 
presenti 
sull�intero territorio nazionale 
indipendentemente 
dalla 
data 
della 
loro 
formulazione 
entro 
i 
brevissini 
termini 
di 
decadenza 
previsti 
dall�art. 141 del 
d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, nel 
testo 
modificato 
dal 
d.lgs. 
24 
marzo 
2006, 
n. 
157, 
e 
dal 
d.lgs. 
26 
marzo 
2008, 
n. 
63, 
senza 
neppure 
la 
predisposizione 
di 
misure 
organizzative 
idonee 
a 
consentire 
alle 
Soprintendenze 
un�effettiva 
verifica 
da 
svolgersi 
caso per caso del 
permanere 
delle 
esigenze 
di 
tutela 
e 
della 
loro effettiva 
consistenza 
(per completezza 
va 
soggiunto che 
un tale 
problema 
non si 
pone 
negli 
stessi 
termini 
per 
le 
proposte 
di 
vincolo 
formulate 
successivamente, 
perch� 
le 
Amministrazioni, 
edotte 
degli 
effetti 
della 
propria 
eventuale 
inerzia, sono state 
poste 
dal 
legislatore 
nelle 
condizioni 
di 
programmare 
la 
propria 
attivit� 
in base 
alle 
risorse 
disponibili)�. 


Tanto pi� che, per il 
medesimo giudice, �non sono in discussione 
vincoli 
di 
inedificabilit� 
assoluta, bens� 
relativi, che 
comportano solo la 
necessit� 
di 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


ottenere 
un�apposita 
autorizzazione 
della 
Soprintendenza 
circa 
la 
compatibilit� 
degli 
interventi 
con i 
valori 
paesaggistici 
oggetto di 
protezione, e 
che, come 
� 
noto, i 
beni 
immobili 
vengono assoggettati 
a 
vincoli 
paesistici 
per il 
loro intrinseco 
valore, in ragione 
della 
loro localizzazione 
o della 
loro inserzione 
in 
un 
complesso 
che 
ha 
in 
modo 
coessenziale 
le 
qualit� 
indicate 
dalla 
legge 
e 
quindi, in altri 
termini, per valori 
che 
rappresentano le 
caratteristiche 
intrinseche 
del bene�. 


Il 
T.A.R. 
Molise 
richiama, 
sul 
punto, 
la 
sentenza 
n. 
262/1997, 
emessa 
dalla 
Corte 
Costituzionale, 
che 
ha 
respinto 
le 
questioni 
di 
incostituzionalit� 
sollevate 
con riguardo alla 
mancata 
previsione 
di 
una 
decadenza 
o indennizzabilit� 
delle 
proposte 
di 
vincolo successivamente 
non approvate, sul 
presupposto 
che 
�sul 
piano 
costituzionale 
non 
si 
profila 
neppure 
una 
esigenza 
di 
inefficacia 
dei 
vincoli 
paesistici 
oltre 
un certo tempo, quando non sia 
intervenuto 
un primo atto collegato alla 
previsione 
di 
un indennizzo ovvero strettamente 
preordinato 
all�espropriazione 
e 
neppure 
si 
pone 
un 
problema 
di 
durata 
della 
misura 
cautelativa 
o anticipatoria, n� 
un profilo di 
indennizzabilit� 
anch�esso 
collegato alla 
durata, in quanto il 
legislatore 
ha 
attribuito un effetto 
immediatamente 
vincolante 
per i 
soggetti 
contemplati 
dall�art. 7 della 
legge 
1497 del 
1939 fin dal 
momento della 
ricognizione 
delle 
�qualit� 
connaturali 
secondo il 
regime 
proprio del 
bene�, cio� 
dalla 
compilazione 
e 
pubblicazione 
dell�elenco 
con 
valore 
costitutivo 
del 
regime 
giuridico 
dell�immobile 
da 
parte 
delle commissioni al termine del primo subprocedimento�. 


Infine, per il 
T.A.R. Molise, da 
respingere 
sarebbe 
anche 
il 
timore 
di 
un 
vuoto di 
tutela, prevedendo l�ordinamento specifici 
rimedi 
nei 
confronti 
del-
l�eventuale inerzia dell�Amministrazione. 


3. la sentenza n. 13/2017 dell�adunanza Plenaria e 
la ricostruzione 
dogmatica 
della questione in essa esposta. 
L�Adunanza 
Plenaria, nella 
succitata 
sentenza 
pubblicata 
il 
22 dicembre 
2017, 
ha 
riconosciuto 
la 
permanenza, 
ma 
non 
l�efficacia, 
delle 
proposte 
di 
vincolo 
in questione 
sancendone, mediante 
l�uso di 
poteri 
conformativi 
e 
in particolare 
la 
modulazione 
degli 
effetti 
caducatori 
della 
decisione, 
la 
validit� 
transitoria 
e 
l�opportunit� 
di 
consolidazione 
qualora 
confermate 
entro 
180 
giorni 
dalla 
data 
di 
pubblicazione 
della 
pronuncia 
medesima, 
scadenti 
dunque 
il 22 giugno 2018. 


Si 
� 
cos� 
discostato, il 
Supremo Consesso, tanto dal 
minoritario orientamento 
(anche 
detto 
della 
�discontinuit��), 
che 
vorrebbe 
decaduti 
i 
vincoli 
proposti 
prima 
dell�entrata 
in 
vigore 
del 
Codice 
(cos� 
come 
modificato 
dai 
decreti 
legislativi 
n. 157/2006 e 
n. 63/2008), quanto dal 
maggioritario orientamento 
(o della 
�continuit��), che 
privilegia, invece, la 
conservazione 
dell�efficacia 
dei 
vincoli 
predetti, nonostante 
l�intervenuto Codice 
e 
le 
successive 
modificazioni. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Il 
maggioritario orientamento sembra 
far leva 
sul 
principio di 
irretroattivit� 
della 
disciplina 
sopravvenuta 
(irrogativa 
della 
decadenza 
per inutile 
scadenza 
del 
termine 
a 
presidio 
della 
stabilizzazione 
del 
vincolo 
equivalente 
a 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse), 
oltre 
che 
sulla 
rilevanza 
costituzionale 
del 
bene 
paesaggio ex 
art 
9 Cost.; 
il 
minoritario orientamento postulerebbe 
la 
cessazione 
degli 
effetti 
delle 
proposte 
di 
vincolo 
sulla 
base 
del 
necessario 
contemperamento 
dei 
principi 
di 
buon andamento della 
P.A., di 
tutela 
del 
diritto 
di 
propriet� 
e 
dell�interesse 
paesaggistico, nonch� 
sulla 
base 
del 
dato normativo 
interpretato in senso logico-sistematico. 

L�una 
e 
l�altra 
tesi 
sono, in effetti, sconfessate 
dalla 
Adunanza 
Plenaria 
del 
Consiglio di 
Stato che, adducendo difformi 
e 
anche 
innovative 
argomentazioni, 
propugna 
una 
�terza 
via�, 
culminante 
in 
una 
pronuncia 
di 
annullamento 
eccezionalmente 
ex 
nunc 
(operante 
con 
la 
scadenza 
del 
termine 
calcolato 
dalla 
data 
di 
pubblicazione 
della 
sentenza), 
che 
vale 
a 
qualificare 
l�intero 
impianto 
ricostruttivo, 
incentrato 
proprio 
sull�esplicazione 
della 
nuova 
regola 
applicativa, 
solo 
per 
il 
futuro 
e 
per 
i 
casi 
di 
specie 
sorti 
successivamente 
alla sua adozione. 


Inoltre, 
l�A.P. 
ritiene 
di 
dissentire 
dall�impostazione 
del 
precedente 
dibattito 
sui vincoli, secondo cui: 


a) 
se la proposta perde efficacia, il vincolo preliminare decade; 


b) 
se la proposta non perde efficacia, il vincolo preliminare non decade. 


Reputando 
che 
la 
premessa 
del 
ragionamento 
non 
sia 
corretta, 
l�Adunanza 
Plenaria 
afferma 
che 
l�effetto preliminare 
� 
disposto dalla 
legge 
e, pi� precisamente, 
dal 
combinato 
disposto 
dell�art. 
139, 
comma 
2, 
e 
dell�art. 
146, 
comma 1, d.lgs. 42/2004. 


Recita 
l�art. 139, comma 
2, d.lgs. 42/2004: 
�dell'avvenuta 
proposta 
e 
relativa 
pubblicazione 
� 
data 
senza 
indugio 
notizia 
su 
almeno 
due 
quotidiani 
diffusi 
nella 
regione 
interessata, nonch� 
su un quotidiano a 
diffusione 
nazionale 
e 
sui 
siti 
informatici 
della 
regione 
e 
degli 
altri 
enti 
pubblici 
territoriali 
nel 
cui 
ambito 
ricadono 
gli 
immobili 
o 
le 
aree 
da 
assoggettare 
a 
tutela. 
Dal 
primo 
giorno di 
pubblicazione 
decorrono gli 
effetti 
di 
cui 
all'articolo 146, comma 
1. 
Alle 
medesime 
forme 
di 
pubblicit� 
� 
sottoposta 
la 
determinazione 
negativa 
della commissione�. 

L�art. 
146, 
comma 
1, 
d.lgs. 
421/2004 
stabilisce, 
invece, 
che: 
�I 
proprietari, 
possessori 
o detentori 
a 
qualsiasi 
titolo di 
immobili 
ed aree 
di 
interesse 
paesaggistico, 
tutelati 
dalla 
legge, a 
termini 
dell'articolo 142, o in base 
alla 
legge, 
a 
termini 
degli 
articoli 
136, 143, comma 
1, lettera 
d), e 
157, non possono distruggerli, 
n� 
introdurvi 
modificazioni 
che 
rechino pregiudizio ai 
valori 
paesaggistici 
oggetto di protezione�. 


In altri 
termini, per il 
pi� elevato Consesso Amministrativo, a 
decadere 
non sarebbe 
la 
proposta 
in s�, quanto l�effetto preliminare 
(di 
�salvaguardia�) 
dalla stessa scaturente 
ex lege. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Rinviando l�art. 157, comma 
2, d.lgs. 42/2004, tanto all�art. 141, comma 
5, 
quanto 
all�art. 
146, 
comma 
2, 
�per 
evitare 
l�assurdo 
logico 
che 
esso 
implichi 
allo stesso tempo che 
l�effetto preliminare 
delle 
proposte 
anteriori 
al 
Codice 
cessi 
(141, comma 
5) e 
persista 
(146, comma 
1), l�unica 
soluzione 
possibile 
� 
interpretarlo nel 
senso che 
esso intenda 
da 
un lato conservare 
l�efficacia 
delle 
proposte 
anteriori 
al 
Codice, dall�altro assoggettarne 
l�effetto preliminare 
al 
vincolo della disciplina vigente�. 


E 
ci� 
perch� 
�il 
(rispetto 
del) 
principio 
di 
non 
contraddizione 
� 
un 
vincolo 
per l�interprete 
(e 
di 
cui, la 
stessa 
giurisprudenza 
costituzionale 
rappresenta 
il 
baluardo)�. 


Se 
ne 
desume, 
dunque, 
la 
scissione 
e 
l�autonoma 
considerazione 
della 
proposta 
(e 
della 
sua 
validit�) 
da 
un 
lato, 
della 
sua 
efficacia 
nel 
tempo 
dall�altro. 


Quelle 
sopra 
richiamate 
sarebbero, 
peraltro, 
norme 
incidenti 
non 
gi� 
sulle 
proposte 
di 
vincolo, 
bens� 
sul 
potere 
ministeriale 
di 
provvedere 
sulle 
medesime 
proposte, facendo seguire 
la 
cessazione 
degli 
effetti 
di 
salvaguardia 
alla 
mancata 
emissione 
della 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse 
entro 
il 
termine 
di 
180 
giorni dalla formulata proposta. 

Ci�, al 
fine 
di 
non premiare 
l�inerzia 
dell�Amministrazione 
e 
sollecitarla 
a un tempestivo intervento. 


Non 
le 
proposte 
risulterebbero, 
pertanto, 
incise 
dalle 
discipline 
introdotte 
dal 
d.lgs. 157/2006 e 
63/2008, bens� 
solo l�esercizio del 
potere 
e 
le 
sue 
conseguenze, 
nel caso in cui l�inerzia si protragga oltre i predetti 180 giorni. 


�� 
quindi 
la 
diversa 
conformazione 
del 
potere 
di 
provvedere 
a 
venire 
in 
discussione 
- chiarisce 
l�A.P. - e 
non, per cos� 
dire, la 
natura 
della 
proposta, se 
non 
altro 
sotto 
il 
profilo 
temporale: 
se 
cio� 
antecedente 
o 
susseguente 
alla 
nuova disciplina. 


Non vi 
sono, in altri 
termini, proposte 
dotate 
di 
un�efficacia 
vincolante 
sine 
die, e 
proposte 
(successive 
alla 
novella) a 
regime 
di 
salvaguardia 
temporalmente 
limitato; 
vi 
� 
semplicemente 
un 
potere 
dell�amministrazione 
che, 
dopo la 
novella, � 
diversamente 
conformato in relazione 
al 
suo esercizio nel 
tempo, con conseguenze in ordine agli effetti di salvaguardia�. 


Quanto 
al 
rischio 
di 
cessazione 
ex 
abrupto 
di 
un 
numero 
indefinito 
di 
proposte 
finora 
applicabili 
nel 
territorio 
nazionale, 
che 
lascerebbe 
sguarnita 
di 
tutela 
paesaggistica 
una 
serie 
di 
aree 
pregevoli 
a 
livello 
naturalistico 
o 
culturale, 
esso viene eluso dall�Adunanza Plenaria, sul presupposto, al riguardo, che: 


a) 
cessa l�effetto preliminare di vincolo, non l�efficacia della proposta; 


b) 
la 
decadenza 
dell�effetto preliminare 
non � 
immediata, ma 
decorso il 
termine di 180 giorni. 


Tale 
ultimo termine 
decorre, come 
detto, dalla 
pubblicazione 
della 
pronuncia, 
reputando l�Adunanza 
Plenaria 
del 
Consiglio di 
Stato di 
poter modulare 
la 
portata 
temporale 
della 
sua 
sentenza, 
facendone 
decorrere 
gli 
effetti 
pro 
futuro. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Su tale 
aspetto si 
innesta 
il 
profilo interpretativo pi� significativo della 
sentenza in disamina (si veda subito infra). 


4. la modulazione nel tempo degli effetti della pronuncia di annullamento. 
L�innovativa 
conclusione 
cui 
perviene 
l�Adunanza 
Plenaria 
trova 
un 
immediato 
addentellato 
-in 
termini 
trasponibili 
anche 
nell�ordinamento 
interno 
nella 
giurisprudenza 
comunitaria, 
che 
ha 
gi� 
da 
tempo 
affermato 
che 
�il 
principio 
di 
efficacia 
ex 
tunc 
dell�annullamento, 
seppur 
costituente 
la 
regola, 
non 
ha 
portata 
assoluta 
e 
che 
la 
Corte 
pu� 
dichiarare 
che 
l�annullamento 
di 
un 
atto 
(sia 
esso 
parziale 
o 
totale) 
abbia 
effetto 
ex 
nunc 
o 
che, 
addirittura, 
l�atto 
medesimo 
conservi 
i 
propri 
effetti 
sino 
a 
che 
l�istituzione 
comunitaria 
modifichi 
o 
sostituisca 
l�atto 
impugnato 
(Corte 
di 
giustizia, 
5 
giugno 
1973, 
Commissione 
c. 
Consiglio, 
in 
C-81/72; 
1999, 
Parlamento 
c. 
Consiglio, 
in 
C-164/97 
e 
165/97)�. 


Tale 
potere, prima 
dell�entrata 
in vigore 
del 
Trattato di 
Lisbona, era 
previsto 
in caso di 
dichiarata 
invalidit� 
di 
un regolamento comunitario, ma 
era 
esercitabile anche nel caso di impugnativa delle decisioni. 

Ci� induce 
alla 
conseguenza 
secondo la 
quale 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
pu� 
stabilire 
�la 
perduranza, in tutto o in parte, degli 
effetti 
dell�atto risultato illegittimo, 
per un periodo di 
tempo che 
pu� tenere 
conto non solo del 
principio 
di 
certezza 
del 
diritto e 
della 
posizione 
di 
chi 
ha 
vittoriosamente 
agito in giudizio, 
ma anche di ogni altra circostanza da considerare rilevante�. 


Tale 
giurisprudenza 
trova 
fondamento nell�art. 264 del 
Trattato sul 
Funzionamento 
dell�Unione 
Europea, il 
quale 
stabilisce 
che 
sia 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
a 
delimitare 
gli 
effetti 
dell�atto 
impugnato 
da 
considerarsi 
definitivi, 
principio europeo che 
fa 
ingresso, insieme 
ai 
principi 
di 
rango costituzionale, 
nel 
nostro ordinamento in virt� dell�art. 1 del 
c.p.a. (�La 
giurisdizione 
amministrativa 
assicura 
una 
tutela 
piena 
ed effettiva 
secondo i 
principi 
della 
Costituzione 
e del diritto europeo�). 


La 
regola 
dell�annullamento ex 
tunc 
di 
un atto troverebbe, pertanto, deroga 
nella 
limitazione 
dell�efficacia 
retroattiva 
dell�atto ovvero nell�annullamento 
ex nunc 
del medesimo. 


La 
graduazione 
delle 
decisioni 
di 
annullamento ha, inoltre, fondamento, 
specifica 
ancora 
la 
Plenaria, negli 
artt. 21-nonies 
L. 21/1990 e 
34, comma 
1, 
lett. a), c.p.a, oltre 
che 
in materia 
di 
appalti 
pubblici, negli 
artt. 121 e 
122 del 


c.p.a. (3). 
Anche 
la 
Corte 
Costituzionale, 
con 
sent. 
n. 
10/2015, 
ha 
modulato 
l�efficacia 
della 
pronunciata 
illegittimit� 
della 
c.d. 
�Robin 
Tax� 
(4), 
stabilendone 
la 
decor


(3) 
Trattasi 
di 
chiari 
esempi 
di 
modulazione 
degli 
effetti 
della 
pronuncia 
di 
annullamento 
del 
Giudice 
amministrativo: 
l�annullamento dell�atto amministrativo in via 
di 
autotutela, l�annullamento di 
un 
atto 
(in 
tutto 
o 
in 
parte), 
la 
declaratoria 
di 
inefficacia 
di 
un 
contratto 
pubblico 
a 
seguito 
dell�annullamento 
dell�aggiudicazione definitiva. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


renza 
dal 
giorno 
successivo 
alla 
pubblicazione 
in 
Gazzetta 
Ufficiale, 
al 
fine 
di 
evitare 
che 
�l�impatto 
macroeconomico 
delle 
restituzioni 
dei 
versamenti 
tributari 
connesse 
alla 
pronuncia 
determini 
uno 
squilibrio 
del 
bilancio 
dello 
Stato 
di 
entit� 
tale 
da 
implicare 
la 
necessit� 
di 
una 
manovra 
finanziaria 
aggiuntiva�. 


Il 
Giudice 
delle 
Leggi 
ha, altres�, affermato che 
l�illegittimit� 
di 
un atto 
pu� 
essere 
suscettibile 
di 
modulazione 
temporale, 
qualora 
sussistano 
le 
seguenti 
due 
condizioni: 
�l�impellente 
necessit� 
di 
tutelare 
uno 
o 
pi� 
principi 
costituzionali 
i 
quali, 
altrimenti, 
risulterebbero 
irrimediabilmente 
compromessi 
da 
una 
decisione 
di 
mero accoglimento e 
la 
circostanza 
che 
la 
compressione 
degli 
effetti 
retroattivi 
sia 
limitata 
a 
quanto strettamente 
necessario per assicurare 
il contemperamento dei valori in gioco�. 


Facendo 
leva 
sul 
carattere 
interpretativo 
delle 
proprie 
pronunce 
l�Adunanza 
Plenaria 
ha 
ravvisato 
l�assimilabilit� 
delle 
medesime 
alle 
decisioni 
pregiudiziali 
emesse 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia, 
le 
quali 
sono 
peraltro 
vincolanti 
non 
solo per il 
giudice 
che 
ha 
sollevato la 
questione, ma 
anche 
per qualsiasi 
altro 
caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime norme. 

Come 
le 
sentenze 
di 
annullamento e 
quelle 
di 
incostituzionalit�, anche 
le 
sentenze 
interpretative 
hanno efficacia 
retroattiva, salvo che 
tale 
retroattivit� 
meriti deroga, volendosi garantire il principio di certezza del diritto. 

I giudici 
del 
Supremo Consesso Amministrativo al 
riguardo hanno anche 
precisato che 
l�art. 113, comma 
3, Cost. (�La 
legge 
determina 
quali 
organi 
di 
giurisdizione 
possono 
annullare 
gli 
atti 
della 
pubblica 
amministrazione 
nei 
casi 
e 
con 
gli 
effetti 
previsti 
dalle 
legge 
stessa�) 
non 
trova 
applicazione 
qualora 
vi 
sia 
�un principio di 
diritto UE 
direttamente 
applicabile 
che 
permetta 
ai 
giudici 
amministrativi 
di 
pronunciarsi 
sulla 
legittimit� 
degli 
atti 
della 
Pubblica 
Amministrazione, modulando gli 
effetti 
della 
propria 
sentenza, e 
ci� vale 
in 
particolare 
quando il 
giudizio di 
annullamento presenti 
uno spiccato carattere 
interpretativo�. 


Seconda 
conseguenza 
� 
l�applicabilit� 
del 
�prospective 
overruling�, che 
si 
estrinseca 
nella 
�possibilit� 
data 
al 
giudicante 
di 
modificare 
un precedente, 
ritenuto inadeguato, per tutti 
i 
casi 
che 
si 
presenteranno in futuro, decidendo 
per� il caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata�. 


Il 
suesposto impianto interpretativo non � 
frutto di 
un�autonoma 
elaborazione 
dell�A.P., 
in 
quanto 
desunto 
da 
un 
emblematico 
caso 
precedente, 
espressamente 
richiamato 
quale 
leading 
case 
-e 
anche 
parzialmente 
riprodotto, 
in termini 
sopra 
gi� 
riportati 
- del 
medesimo Consiglio di 
Stato (5), forgiato 
su una fattispecie similare, in materia di tutela ambientale. 


(4) Ossia 
la 
maggiorazione 
dell�IRES 
applicabile 
alle 
imprese 
operanti 
nel 
settore 
energetico e 
petrolifero, 
cos� 
come 
delineata 
dall�art. 
81, 
commi 
16, 
17 
e 
18 
del 
d.l. 
25 
giugno 
2008, 
n. 
112, 
convertito 
in legge, con modificazioni, con l. 6 agosto 2008, n. 133. 
(5) Sez. VI, sentenza n. 2755/2011. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Caso, 
definito 
con 
un 
approccio 
identico 
e 
un�identica 
soluzione, 
di 
provvisoria 
permanenza 
degli 
effetti 
di 
un atto astrattamente 
suscettibile 
di 
qualificazione 
di 
invalidit� 
e 
di 
differimento 
nel 
futuro 
degli 
effetti 
della 
dichiarazione di quest�ultima (6). 


(6) Militano, a 
supporto argomentativo della 
soluzione 
intermedia 
propugnata 
dall�A.P., i 
pertinenti 
passaggi motivazionali della sentenza n. 2755/2011: 
�Di 
regola, in base 
ai 
principi 
fondanti 
la 
giustizia 
amministrativa, l'accoglimento della 
azione 
di 
annullamento 
comporta 
l'annullamento 
con 
effetti 
ex 
tunc 
del 
provvedimento 
risultato 
illegittimo, 
con 
salvezza 
degli 
ulteriori 
provvedimenti 
della 
autorit� 
amministrativa, 
che 
pu� 
anche 
retroattivamente 
disporre con un atto avente effetti �ora per allora'. 
Tale 
regola 
fondamentale 
� 
stata 
affermata 
ab 
antiquo 
et 
antiquissimo 
tempore 
da 
questo 
Consiglio 
(come 
ineluttabile 
corollario del 
principio di 
effettivit� 
della 
tutela), poich� 
la 
misura 
tipica 
dello Stato 
di 
diritto 
-come 
affermatosi 
con 
la 
legge 
fondamentale 
del 
1889, 
istitutiva 
della 
Quarta 
Sezione 
del 
Consiglio di 
Stato - non pu� che 
essere 
quella 
della 
eliminazione 
integrale 
degli 
effetti 
dell'atto lesivo 
per il ricorrente, risultato difforme dal principio di legalit�. 
15.2. Tuttavia, quando la 
sua 
applicazione 
risulterebbe 
incongrua 
e 
manifestamente 
ingiusta, ovvero in 
contrasto col 
principio di 
effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale, ad avviso del 
Collegio la 
regola 
dell'annullamento 
con effetti 
ex 
tunc 
dell'atto impugnato a 
seconda 
delle 
circostanze 
deve 
trovare 
una 
deroga, 
o con la 
limitazione 
parziale 
della 
retroattivit� 
degli 
effetti 
(Sez. VI, 9 marzo 2011, n. 1488), o con la 
loro decorrenza 
ex 
nunc 
ovvero escludendo del 
tutto gli 
effetti 
dell'annullamento e 
disponendo esclusivamente 
gli effetti conformativi. 
La 
legislazione 
ordinaria 
non preclude 
al 
giudice 
amministrativo l'esercizio del 
potere 
di 
determinare 
gli effetti delle proprie sentenze di accoglimento. 
Da 
un 
lato, 
la 
normativa 
sostanziale 
e 
quella 
processuale 
non 
dispongono 
l'inevitabilit� 
della 
retroattivit� 
degli 
effetti 
dell'annullamento di 
un atto in sede 
amministrativa 
o giurisdizionale 
(cfr. l'art. 21 nonies 
della legge n. 241 del 1990 e l'art. 34, comma 1, lettera a), del Codice del processo amministrativo). 
D'altro lato, dagli 
articoli 
121 e 
122 del 
Codice 
emerge 
che 
la 
rilevata 
fondatezza 
di 
un ricorso d'annullamento 
pu� 
comportare 
l'esercizio 
di 
un 
potere 
valutativo 
del 
giudice, 
sulla 
determinazione 
dei 
concreti 
effetti della propria pronuncia. 
Tale 
potere 
valutativo, attribuito per determinare 
la 
perduranza 
o meno degli 
effetti 
di 
un contratto, per 
le 
ragioni 
di 
seguito esposte, va 
riconosciuto al 
giudice 
amministrativo in termini 
generali, quando si 
tratti di determinare la perduranza o meno degli effetti di un provvedimento. 
16. 
Il 
giudice 
amministrativo, 
nel 
determinare 
gli 
effetti 
delle 
proprie 
statuizioni, 
deve 
ispirarsi 
al 
criterio 
per cui 
esse, anche 
le 
pi� innovative, devono produrre 
conseguenze 
coerenti 
con il 
sistema 
(e 
cio� 
armoniche 
con i 
principi 
generali 
dell'ordinamento, e 
in particolare 
con quello di 
effettivit� 
della 
tutela) e 
congruenti 
(in 
quanto 
basate 
sui 
medesimi 
principi 
generali, 
da 
cui 
possa 
desumersi 
in 
via 
interpretativa 
la 
regula iuris 
in concreto enunciata). 
17. 
Nel 
caso 
di 
specie 
(e 
con 
riferimento 
al 
criterio 
della 
coerenza 
col 
sistema 
e 
col 
principio 
di 
effettivit� 
della 
tutela 
da 
attuare 
nei 
confronti 
dell'appellante, vincitrice 
nel 
giudizio), si 
deve 
tenere 
conto di 
due 
decisive considerazioni: 
a) il 
ricorso di 
primo grado � 
stato proposto da 
una 
associazione 
ambientalista, non a 
tutela 
della 
sua 
specifica 
sfera 
giuridica, 
bens� 
nella 
qualit� 
di 
soggetto 
legittimato 
ex 
lege 
ad 
impugnare 
i 
provvedimenti 
di 
portata 
generale 
che 
in 
qualsiasi 
modo 
abbiano 
una 
negativa 
incidenza 
sull'ambiente 
e 
sulle 
sue 
singole 
componenti, ovvero non lo abbiano adeguatamente tutelato (v. l'art. 18 della legge n. 349 del 1986); 
b) il 
medesimo ricorso di 
primo grado non ha 
mirato a 
far rimuovere 
in quanto tali 
gli 
atti 
generali 
impugnati, 
bens� 
a 
farne 
rilevare 
l'illegittimit� 
per l'inadeguatezza 
della 
tutela 
prevista 
dal 
piano faunistico 
approvato dalla 
Regione 
Puglia, inadeguatezza 
da 
considerare 
in re 
ipsa 
per il 
fatto che 
non sia 
stato 
posto 
in 
essere 
il 
prescritto 
procedimento 
di 
valutazione 
ambientale 
strategica 
(cos� 
mancando 
le 
pi� 
compiute 
valutazioni 
di 
merito), la 
cui 
conclusione 
avrebbe 
potuto ragionevolmente 
indurre 
l'Autorit� 
regionale 
ad 
emanare 
prescrizioni 
pi� 
restrittive, 
limitative 
dei 
comportamenti 
potenzialmente 
incidenti 
sull'ambiente e su alcune delle sue componenti. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Ove 
il 
Collegio annullasse 
ex 
tunc 
ovvero anche 
ex 
nunc 
il 
piano in ragione 
della 
mancata 
attivazione 
della 
VAS, 
sarebbero 
travolte 
tutte 
le 
prescrizioni 
del 
piano, 
e 
ci� 
sia 
in 
contrasto 
con 
la 
pretesa 
azionata 
col 
ricorso di 
primo grado, sia 
con la 
gravissima 
e 
paradossale 
conseguenza 
di 
privare 
il 
territorio pugliese 
di 
qualsiasi 
regolamentazione 
e 
di 
tutte 
le 
prescrizioni 
di 
tutela 
sostanziali 
contenute 
nel 
piano 
gi� 
approvato (retrospettivamente 
o a 
decorrere 
dalla 
pubblicazione 
della 
presente 
sentenza, nei 
casi 
rispettivamente 
di annullamento ex tunc 
o ex nunc). 
In 
altri 
termini, 
l'annullamento 
ex 
tunc 
e 
anche 
quello 
ex 
nunc 
degli 
atti 
impugnati 
risulterebbero 
in 
palese 
contrasto sia 
con l'interesse 
posto a 
base 
dell'impugnazione, sia 
con le 
esigenze 
di 
tutela 
prese 
in 
considerazione 
dalla 
normativa 
di 
settore, e 
si 
ritorcerebbe 
a 
carico degli 
interessi 
pubblici 
di 
cui 
� 
portatrice 
ex lege 
l'associazione appellante. 


18. Ritiene 
la 
Sezione 
che 
tali 
conclusioni 
paradossali 
possano essere 
agevolmente 
evitate, facendo applicazione 
dei 
principi 
nazionali 
sulla 
effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale, 
nonch� 
dei 
pacifici 
principi 
enunciati 
dalla 
Corte 
di 
Giustizia, e 
applicabili 
anche 
nel 
sistema 
nazionale, nei 
casi 
di 
constatata 
invalidit� 
di un atto di portata generale. 
18.1. Quanto al 
principio di 
effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale, desumibile 
dagli 
articoli 
6 e 
13 della 
CEDU, dagli 
artt. 24, 111 e 
113 della 
Costituzione 
e 
dal 
Codice 
del 
processo amministrativo, si 
deve 
ritenere 
che 
la 
funzione 
primaria 
ed essenziale 
del 
giudizio � 
quella 
di 
attribuire 
alla 
parte 
che 
risulti 
vittoriosa 
l'utilit� che le compete in base all'ordinamento sostanziale. 
La 
fondatezza 
delle 
censure 
della 
associazione 
appellante 
-legittimata 
ad 
impugnare 
gli 
atti 
generali 
comunque 
viziati 
e 
lesivi 
per l'ambiente 
- non pu� indurre 
il 
giudice 
amministrativo ad emettere 
statuizioni 
che 
vanifichino l'effettivit� 
della 
tutela 
o, addirittura, che 
si 
pongano in palese 
contrasto con le 
finalit� 
poste a base della iniziativa processuale. 
In 
applicazione 
del 
principio 
sancito 
dall'art. 
1 
del 
Codice 
del 
processo 
amministrativo 
(sulla 
"tutela 
piena 
ed effettiva'), il 
giudice 
pu� emettere 
le 
statuizioni 
che 
risultino in concreto satisfattive 
dell'interesse 
fatto valere e deve interpretare coerentemente ogni disposizione processuale. 
18.2. 
Quanto 
alla 
rilevanza 
nel 
sistema 
nazionale 
dei 
principi 
europei 
(anch'essi 
richiamati 
dall'art. 
1 
del 
Codice), va 
premesso che 
- per l'articolo 264 del 
Trattato sul 
funzionamento della 
Unione 
Europea 
-la 
Corte 
di 
Giustizia, ove 
lo reputi 
necessario, pu� precisare 
"gli 
effetti 
dell'atto annullato che 
devono 
essere considerati definitivi'. 
La 
giurisprudenza 
comunitaria 
ha 
da 
tempo affermato che 
il 
principio dell'efficacia 
ex 
tunc 
dell'annullamento, 
seppur costituente 
la 
regola, non ha 
portata 
assoluta 
e 
che 
la 
Corte 
pu� dichiarare 
che 
l'annullamento 
di 
un atto (sia 
esso parziale 
o totale) abbia 
effetto 
ex 
nunc 
o che, addirittura, l'atto medesimo 
conservi 
i 
propri 
effetti 
sino 
a 
che 
l'istituzione 
comunitaria 
modifichi 
o 
sostituisca 
l'atto 
impugnato 
(Corte 
di 
Giustizia, 
5 
giugno 
1973, 
Commissione 
c. 
Consiglio, 
in 
C-81/72; 
Corte 
di 
Giustizia, 
25 
febbraio 
1999, 
Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). 
Tale 
potere 
valutativo 
prima 
dell'entrata 
in 
vigore 
del 
Trattato 
di 
Lisbona 
era 
previsto 
espressamente 
nel 
caso di 
riscontrata 
invalidit� 
di 
un regolamento comunitario (v. l'art. 231 del 
Trattato istitutivo della 
Comunit� 
Europea), ma 
era 
esercitabile 
- ad avviso della 
Corte 
- anche 
nei 
casi 
di 
impugnazione 
delle 
decisioni 
(Corte 
di 
Giustizia, 
12 
maggio 
1998, 
Regno 
Unito 
c. 
Commissione, 
in 
C-106/96), 
delle 
direttive 
e 
di 
ogni 
altro atto generale 
(Corte 
di 
Giustizia, 7 luglio 1992, Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 
5 
luglio 1995, Parlamento c. Consiglio, in C-21-94). 
La 
Corte 
di 
Giustizia 
� 
dunque 
titolare 
anche 
del 
potere 
di 
statuire 
la 
perduranza, 
in 
tutto 
o 
in 
parte, 
degli 
effetti 
dell'atto 
risultato 
illegittimo, 
per 
un 
periodo 
di 
tempo 
che 
pu� 
tenere 
conto 
non 
solo 
del 
principio di 
certezza 
del 
diritto e 
della 
posizione 
di 
chi 
ha 
vittoriosamente 
agito in giudizio, ma 
anche 
di 
ogni 
altra 
circostanza 
da 
considerare 
rilevante 
(Corte 
di 
Giustizia, 10 gennaio 2006, in C-178/03; 
3 
settembre 2008, in C-402/05 e 415/05; 22 dicembre 2008, in C-333/07). 
Tale 
giurisprudenza, 
come 
sopra 
segnalato, 
ha 
ormai 
trovato 
un 
fondamento 
testuale 
nel 
secondo 
comma 
dell'art. 
264 
(ex 
231) 
del 
Trattato 
di 
Lisbona 
sul 
funzionamento 
della 
Unione 
Europea, 
che 
non 
contiene 
pi� 
il 
riferimento 
delimitativo 
alla 
categoria 
dei 
regolamenti 
("Se 
il 
ricorso 
� 
fondato, 
la 
Corte 
di 
giustizia 
dell'Unione 
europea 
dichiara 
nullo e 
non avvenuto l'atto impugnato. Tuttavia 
la 
Corte, ove 
lo reputi 
necessario, 
precisa gli effetti dell'atto annullato che devono essere considerati definitivi"). 
18.3. Ci� posto, ritiene 
la 
Sezione 
che 
- nel 
rispetto del 
principio di 
congruenza, per il 
quale 
la 
propria 
statuizione 
deve 
fondarsi 
quanto meno su regole 
disciplinanti 
un caso analogo - anche 
il 
giudice 
amministrativo 
nazionale 
possa 
differire 
gli 
effetti 
di 
annullamento degli 
atti 
impugnati, risultati 
illegittimi, 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


5. la funzione nomofilattica della decisione dell�a.P. 
A 
questo punto, non pu� eludersi 
un cenno alla 
portata 
vincolante 
della 
pronuncia 
in 
disamina 
e 
al 
riguardo 
deve 
ravvisarsi 
la 
sostanziale 
identit� 
delle 
modalit� 
di 
estrinsecazione 
dell�esercizio della 
funzione 
nomofilattica 
e 
unificatrice 
dell�A.P., 
se 
rapportata 
all�archetipo 
rappresentato 
da 
quella 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
e 
desumibile 
in prima 
battuta 
dall�art. 65 R.D. 12/1941 
(ordinamento giudiziario) (7), che 
va 
coordinato con la 
somma 
regola 
ex 
art. 
101 Cost., in vista dell�uniforme osservanza della legge. 


Tale 
funzione/missione 
si 
connota 
in 
ragione 
del 
fatto 
che, 
in 
linea 
di 
principio, 
le 
disposizioni 
in 
vigore 
non 
consentono 
alla 
Corte 
di 
Cassazione, 
in 
quanto giudice 
di 
legittimit�, di 
conoscere 
i 
fatti 
di 
causa, salvo che 
emergano 
dagli 
atti 
gi� 
acquisiti 
nel 
procedimento, nelle 
fasi 
che 
procedono il 
processo 
e 
nella 
misura 
in 
cui 
sia 
necessario 
conoscerli 
per 
valutare 
i 
rimedi 
che 
la 
legge 
permette di utilizzare per motivare un ricorso presso la Corte stessa. 

Rilevato 
un 
vizio 
di 
legittimit�, 
la 
Suprema 
Corte 
-proprio 
perch� 
giudice 
del 
diritto 
dopo 
lo 
svolgimento 
di 
due 
giudizi 
sul 
fatto 
-nel 
cassare 
la 
sentenza, 
emette il principio di diritto cui il giudice del rinvio deve uniformarsi. 


ovvero 
non 
disporli 
affatto, 
statuendo 
solo 
gli 
effetti 
conformativi, 
volti 
a 
far 
sostituire 
il 
provvedimento 
risultato illegittimo. 
Da 
un lato il 
sopra 
richiamato principio di 
effettivit� 
della 
tutela 
impone 
di 
emettere 
una 
sentenza 
che 
sia del tutto coerente con le istanze di tutela e di giustizia. 
Dall'altro, non pu� disconoscersi 
che 
- in una 
materia 
quale 
quella 
ambientale, per la 
quale 
vi 
� 
la 
competenza 
concorrente 
dell'Unione 
e 
degli 
Stati 
-gli 
standard 
della 
tutela 
giurisdizionale 
non 
possano 
essere 
diversi, a 
seconda 
che 
gli 
atti 
regolatori 
siano emessi 
in sede 
comunitaria 
o nazionale 
(e, dunque, 
che la controversia vada decisa o meno dal giudice dell'Unione). 
Il 
giudice 
nazionale 
ove 
occorra 
pu� applicare 
le 
collaudate 
regole 
applicate 
dal 
giudice 
dell'Unione, 
spesso basate 
sul 
semplice 
buon senso, cos� 
come 
lo stesso giudice 
dell'Unione, nell'esercizio delle 
sue 
altissime 
funzioni, assicura 
"il 
rispetto dei 
principi 
generali 
comuni 
ai 
diritti 
degli 
Stati 
membri" 
(per 
l'art. 340 del medesimo Trattato sul funzionamento dell'Unione). 


18.4. 
Tenuto 
conto 
di 
questo 
continuo 
processo 
di 
osmosi 
tra 
i 
principi 
applicabili 
dal 
giudice 
dell'Unione 
e 
quelli 
desumibili 
dagli 
ordinamenti 
degli 
Stati 
membri, nella 
fattispecie 
in esame 
la 
Sezione 
ritiene 
dunque che sia necessario: 
-non statuire 
gli 
effetti 
di 
annullamento degli 
atti 
impugnati 
in primo grado e 
di 
disporre 
unicamente 
gli effetti conformativi delle statuizioni della presente sentenza; 
-disporre 
che 
i 
medesimi 
atti 
conservino i 
propri 
effetti 
sino a 
che 
la 
Regione 
Puglia 
li 
modifichi 
o li 
sostituisca. 
Sarebbe 
infatti 
contrario al 
buon senso, oltre 
che 
in contrasto con l'interesse 
fatto valere 
in giudizio, disporre 
l'annullamento 
ex 
tunc 
o 
ex 
nunc 
delle 
misure 
di 
tutela 
gi� 
introdotte, 
sol 
perch� 
esse 
siano 
risultate 
insufficienti (non essendovi, n� essendo stata prospettata, una normativa suppletiva di salvaguardia). 
Per di 
pi�, nel 
caso di 
specie, lo strumento generale 
programmatorio e 
di 
regolamentazione 
� 
risultato 
privo di 
specifici 
vizi 
sostanziali 
(pur se 
- per il 
procedimento seguito - � 
ragionevole 
supporre 
che 
la 
mancanza 
della 
VAS 
abbia 
inciso sul 
suo contenuto, per l'assenza 
di 
valutazioni 
degli 
ulteriori 
profili 
di 
tutela prescritti dalla normativa di settore)�. 
(7) �La 
corte 
suprema 
di 
cassazione, quale 
organo supremo della 
giustizia, assicura 
l'esatta 
osservanza 
e 
l'uniforme 
interpretazione 
della 
legge, 
l'unit� 
del 
diritto 
oggettivo 
nazionale, 
il 
rispetto 
dei 
limiti 
delle 
diverse 
giurisdizioni; 
regola 
i 
conflitti 
di 
competenza 
e 
di 
attribuzioni, 
ed 
adempie 
gli 
altri 
compiti 
ad essa conferiti dalla legge�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Tale 
principio, pur non propriamente 
vincolante 
per i 
giudici 
chiamati 
a 
decidere 
cause 
diverse, si 
impone 
quantomeno quale 
autorevole 
precedente, 
che 
concorre 
alla 
certezza 
del 
diritto a 
fini 
di 
sua 
uniforme 
applicazione, generando 
un 
vincolo 
almeno 
di 
tipo 
processuale, 
che 
obbliga 
alla 
non 
emissione 
di sentenze dal contenuto difforme. 


Sul 
punto 
non 
si 
ravvisano 
sostanziali 
difformit�, 
almeno 
quanto 
alla 
funzione 
�interna� 
della 
S.C., rispetto alla 
natura 
e 
all�operato dell�altro ordine 
giurisdizionale, 
anche 
se 
in 
qualit� 
di 
giudice 
di 
secondo 
grado 
in 
appello, 
vale 
a 
dire 
il 
Consiglio di 
Stato (che 
in veste 
di 
Adunanza 
plenaria 
�recupera� 
una 
dimensione pi� netta di �giudice di legittimit��). 

Difformit�, non ravvisabili 
nemmeno nella 
disciplina 
esplicita 
delle 
condizioni 
di 
revisione 
e 
riesame 
del 
principio di 
diritto non condiviso, essendo 
stata 
codificata 
la 
(minima) 
possibilit�, 
e 
solo 
per 
la 
sezione 
semplice 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(quindi 
non 
per 
i 
giudici 
amministrativi 
di 
prima 
istanza), 
di 
discostarsi 
da 
un 
pronunciamento 
emesso 
dall�Adunanza 
Plenaria, 
in 
perfetta 
corrispondenza con l�attuale formulazione dell�art. 374, comma 3, c.p.c. (8). 


Limitata 
�, 
peraltro, 
l�opportunit� 
di 
interlocuzione 
(art. 
99, 
terzo 
comma, 
c.p.a.) 
riservata 
alla 
Sezione 
semplice 
di 
rimettere 
in 
discussione 
la 
questione, 
reinvestendo nuovamente 
l�A.P. con ordinanza 
motivata, affinch� 
la 
causa 
sia 
trattenuta in decisione dal Superiore Consesso. 


Recita, difatti, l�art. 99 c.p.a.: 
�La 
sezione 
cui 
� 
assegnato il 
ricorso, se 
rileva 
che 
il 
punto 
di 
diritto 
sottoposto 
al 
suo 
esame 
ha 
dato 
luogo 
o 
possa 
dare 
luogo a 
contrasti 
giurisprudenziali, con ordinanza 
emanata 
su richiesta 
delle 
parti 
o d�ufficio pu� rimettere 
il 
ricorso all�esame 
dell�Adunanza 
Plenaria. 
L�Adunanza 
Plenaria, qualora 
ne 
ravvisi 
l�opportunit�, pu� restituire 
gli 
atti 
alla 
sezione 
(�). 
Se 
la 
sezione 
cui 
� 
assegnato 
il 
ricorso 
ritiene 
di 
non 
condividere 
un principio di 
diritto enunciato dall�Adunanza 
Plenaria, rimette 
a quest�ultima, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso�. 


Si 
tratta 
di 
una 
soluzione 
che 
orienta 
tale 
funzione 
verso la 
produzione 
di 
indirizzi 
unificanti, imperniati 
sul 
modello del 
precedente 
vincolante 
proprio 
dei 
sistemi 
di 
diritto 
anglosassone, 
qualificando 
il 
precipuo 
compito 
assegnato 
all�Adunanza 
Plenaria 
dal 
Legislatore 
- con funzione 
nomofilattica 
a 
questo 


(8) Articolo 374 �Pronuncia a sezioni unite�: 
"[I]. La 
Corte 
pronuncia 
a 
sezioni 
unite 
nei 
casi 
previsti 
nel 
n. 1) dell'articolo 360 e 
nell'articolo 362 
[142 att.]. Tuttavia, tranne 
che 
nei 
casi 
di 
impugnazione 
delle 
decisioni 
del 
Consiglio di 
Stato e 
della 
Corte 
dei 
conti, il 
ricorso pu� essere 
assegnato alle 
sezioni 
semplici, se 
sulla 
questione 
di 
giurisdizione 
proposta si sono gi� pronunciate le sezioni unite. 
[II]. Inoltre 
il 
primo presidente 
pu� disporre 
che 
la 
Corte 
pronunci 
a 
sezioni 
unite 
sui 
ricorsi 
che 
presentano 
una 
questione 
di 
diritto 
gi� 
decisa 
in 
senso 
difforme 
dalle 
sezioni 
semplici, 
e 
su 
quelli 
che 
presentano 
una questione di massima di particolare importanza [376]. 
[III]. 
Se 
la 
sezione 
semplice 
ritiene 
di 
non 
condividere 
il 
principio 
di 
diritto 
enunciato 
dalle 
sezioni 
unite, rimette a queste ultime, con ordinanza motivata, la decisione del ricorso. 
[IV]. In tutti gli altri casi la Corte pronuncia a sezione semplice�. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


punto non diversa 
da 
quella 
propria 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
a 
Sezioni 
Unite 


-come 
quello di 
dirimere 
contrasti 
giurisprudenziali, reali 
o potenziali, su un 
profilo di 
diritto di 
rilievo generale 
(con operazione 
motivazionale 
separabile 
da 
quella 
attinente 
alla 
strutturazione 
logico-ricostruttiva 
della 
risoluzione 
del 
caso concreto), attraverso l�emanazione 
di 
pronunciamenti 
che 
non possono 
non 
essere 
attendibili 
e 
orientatori 
per 
tutti 
i 
consessi 
amministrativi, 
a 
fortiori 
per i giudici di primo grado. 
6. conclusioni. 
In conclusione, l�Adunanza 
Plenaria 
nel 
caso di 
specie 
dichiara 
l�illegittimit� 
delle 
proposte 
non seguite 
dalla 
dichiarazione 
di 
pubblico interesse, reputandosi 
a ci� legittimata in costanza di tre condizioni: 


a) 
l�obiettiva 
e 
rilevante 
incertezza 
circa 
la 
portata 
delle 
disposizioni 
da 
interpretare, essendo equivoco il dato letterale; 


b) 
l�esistenza 
di 
un orientamento prevalente 
contrario all�interpretazione 
adottata, dominando quantitativamente la tesi della continuit�; 


c) 
la 
necessit� 
di 
tutelare 
uno o pi� principi 
costituzionali 
o, comunque, 
di 
evitare 
gravi 
ripercussioni 
socio-economiche, 
essendo 
necessario 
evitare 
l�istantanea 
cessazione 
dei 
vincoli 
attualmente 
insistenti 
su aree 
di 
interesse 
naturalistico o culturale. 

Conservano, pertanto, efficacia 
le 
dichiarazioni 
di 
pubblico interesse 
anteriori 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
Codice 
dei 
Beni 
Culturali 
e 
del 
Paesaggio, 
mentre 
l�effetto 
preliminare 
del 
vincolo 
cessa 
solo 
dopo 
il 
decorso 
il 
termine 
previsto dall�art. 140, comma 
1, d.lgs. 42/2004, ossia 
i 
180 giorni 
decorrenti 
(non 
gi� 
dalla 
formulazione 
della 
proposta 
ma) 
dalla 
data 
di 
pubblicazione 
della sentenza (22 dicembre 2017). 


Non 
appaiono 
convincenti 
le 
voci 
critiche 
finora 
levatesi 
avverso 
tale 
prospettazione, 
in quanto ci� che 
occorre, in sintesi, evidenziare 
� 
che 
proprio attraverso 
la 
conservazione 
a 
tempo 
determinato 
dei 
vincoli 
provvisori, 
non 
seguiti 
da 
dichiarazione 
di 
pubblico 
interesse, 
pu� 
ravvisarsi 
un 
accettabile 
compromesso tra 
le 
contrapposte 
impostazioni 
in confronto, contestualmente 
dandosi 
un senso anche 
all�oggettiva 
discrasia 
tra 
proposte 
anteriori 
alle 
novelle 
del 
2006 e 
2008, potenzialmente 
aventi 
un�efficacia 
sine 
die, e 
proposte 
successive, con regime di salvaguardia temporalmente limitato. 


Ci�, 
in 
considerazione 
non 
solo 
del 
principio 
di 
parit� 
di 
trattamento, 
che 
informa 
il 
diritto 
(amministrativo), 
fine 
irrinunciabile 
dell�ordinamento 
comunitario 
e 
sfociante 
nei 
connessi 
divieti 
di 
discriminazione 
vigenti 
in 
ambito 
europeo, ma 
anche 
del 
principio di 
non contraddizione, che 
per l�Adunanza 
Plenaria 
parrebbe 
inficiato dal 
contemporaneo rinvio, cui 
gi� 
si 
� 
fatto cenno, 
tanto 
all�art. 
141, 
comma 
5, 
quanto 
all�art. 
146, 
comma 
2, 
operato 
dall�art. 
157, comma 2, d.lgs. 42/2004. 


Alla 
luce 
di 
quanto 
sopra 
esposto, 
risulta 
arduo 
intravedere 
nella 
sentenza 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


n. 
13/2017 
dell�Adunanza 
Plenaria 
un 
superamento 
del 
limite 
dell�esegesi 
che, 
nel 
senso 
etimologico 
del 
termine, 
� 
un 
�trarre 
fuori�, 
senza 
aggiungervi 
nulla, 
pena 
il 
superamento del 
�grenze�, termine 
kantiano che 
sta 
a 
significare 
il 
limite 
gnoseologico oltre il quale si pongono le fallaci conoscenze. 
Tale 
sentenza 
non pu�, per le 
suesposte 
considerazioni, essere 
frutto di 
normogenetica 
n�, a 
ben guardare, giunge 
alla 
surrettizia 
introduzione 
di 
una 
norma 
di 
diritto intertemporale, con il 
fine 
di 
interrompere 
il 
decorso dei 
180 
giorni 
(dalla 
pubblicazione 
della 
proposta 
di 
vincolo), 
per 
farlo 
riprendere 
�ex 
novo� 
dalla 
pubblicazione 
della 
pronuncia 
(9), 
bens� 
consiste 
in 
una 
peculiare 
espressione 
dell�esercizio 
del 
potere 
conformativo 
riconoscibile 
in 
capo 
al 


G.A. al 
fine 
di 
adeguare 
la 
pronuncia 
di 
diritto al 
migliore 
assetto dei 
contrapposti 
interessi in gioco. 
Il 
principio affermato dall�A.P., di 
modulazione 
ex 
nunc 
della 
pronuncia 
di 
annullamento, 
dovrebbe 
trovare 
plausibilmente 
conferma 
nella 
sentenza 
che 
la 
IV 
Sezione 
del 
Consiglio di 
Stato dovrebbe 
emettere 
in sede 
di 
rinvio, sempre 
che 
quest�ultima 
non si 
orienti, in modo dirimente, per la 
prevalenza 
del 
principio dell�overruling, pure avallato dalla decisione n. 13/2017. 


Dovrebbe 
invero imporsi 
l�esigenza, palesata 
dalla 
stessa 
A.P., di 
valorizzare 
l�assunto deponente 
per l�applicabilit� 
alla 
concreta 
fattispecie 
scrutinata 
della 
�regola 
del 
caso 
superata�, 
ossia 
la 
tesi 
maggioritaria 
recepita 
in 
prima istanza. 


Va 
altres� 
considerato che, a 
ben vedere, sotto altra 
angolazione 
prospettica 
il 
principio 
di 
diritto 
suesposto 
potrebbe 
anche 
apparire 
radicalmente 
inapplicabile, 
qualora 
nel 
caso concreto gli 
atti 
statali 
impugnati 
vengano - come 
ben possibile 
- inquadrati, in fatto e 
in diritto, non tanto quali 
�proposte 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico� 
bens� 
quali 
casi 
riconducibili 
alla 
previsione 
della 
lett. d-bis 
del 
comma 
1 dell�art. 157 d.lgs. 42/2004 (�Conservano 
efficacia 
a 
tutti 
gli 
effetti: 
� 
d-bis) 
gli 
elenchi 
compilati 
ovvero 
integrati 
ai 
sensi 
del 
decreto legislativo 29 ottobre 
1999, n. 490 � 
(10)), in termini 
che 
potrebbero sottrarli 
al 
giogo della 
possibile 
decadenza, in quanto integrazioni 
�definitive�. 


Consiglio di 
stato, adunanza Plenaria, sentenza 22 dicembre 
2017 n. 13 
-Pres. A. Pajno, 
est. F. Bellomo - Era 
s.r.l. (avv.ti 
M. Lioi, S. Viti) c. Min. dei 
beni 
e 
delle 
attivit� 
culturali 
e 
del turismo (avv. gen. St.). 


FATTO 


1. In data 
21 ottobre 
2013 Energia 
rinnovabile 
ambientale 
(Era) s.r.l. ha 
domandato alla 
Regione 
Molise 
il 
rilascio dell�autorizzazione 
unica, prevista 
dall�art. 12 d.lgs. 387/2003, per la 
(9) VACCA, ius dicere e creazione del diritto, in lexitalia, n. 1/2018. 
(10) T.U. Beni culturali e ambientali antecedente al d.lgs 42/2004 in attuale vigore. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


costruzione 
ed esercizio di 
un impianto per la 
produzione 
di 
energia 
elettrica 
da 
fonte 
eolica 
nel Comune di Miranda, localit� San Andrino e Serra Iapietro. 
A 
tal 
fine 
la 
societ� 
aveva 
interpellato 
la 
Soprintendenza 
per 
i 
beni 
architettonici 
e 
paesaggistici 
del 
Molise, chiedendo notizie 
circa 
l�eventuale 
esistenza 
di 
procedimenti 
di 
tutela 
paesaggistica 
o di 
accertamento della 
sussistenza 
di 
beni 
archeologici, in corso alla 
data 
di 
presentazione 
della sua istanza. 
La 
Soprintendenza, 
in 
un 
primo 
tempo, 
con 
nota 
15 
novembre 
2013, 
rispondeva 
negativamente, 
affermando 
l�insussistenza 
di 
vincoli 
nell�intero 
territorio 
del 
Comune 
di 
Miranda; 
ma, in un secondo tempo, con nota 
22 maggio 2014 n. 3788, comunicava 
che 
�a seguito di 
una 
pi� 
attenta 
ricerca 
di 
archivi 
� 
risultano 
vigenti 
i 
vincoli 
di 
tutela 
paesaggistica 
a 
seguito 
delle 
proposte 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico, di 
cui 
alla nota protocollo n. 
19467 del 12 novembre 2001 ed alla nota protocollo n. 1381 del 20 giugno 2002�. 


La 
societ� 
replicava 
che 
si 
trattava 
di 
mere 
proposte 
di 
vincolo, 
il 
cui 
procedimento 
non 
si 
era 
mai 
concluso, 
tantՏ 
che 
lo 
stesso 
Comune 
di 
Miranda, 
accertato 
il 
superamento 
del 
termine 
di 
210 
giorni 
previsto 
dal 
DPR 
n. 
495/1994 
per 
la 
conclusione 
del 
procedimento, 
aveva 
preso 
atto 
della 
loro 
decadenza 
con 
delibera 
del 
Consiglio 
Comunale 
30 
dicembre 
2004 
n. 
37. 
Con note 
26 settembre 
2014 n. 0007292 e 
0007306, alla 
luce 
del 
parere 
3 novembre 
2009 n. 
21909 
del 
Ministero 
per 
i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
(secondo 
il 
quale 
l�art. 
157, 
comma 
2 
d.lgs. n. 42 del 
2004 ha 
la 
funzione 
di 
salvaguardare 
l�efficacia 
degli 
atti 
istruttori 
relativi 
ai 
procedimenti 
di 
dichiarazione 
di 
interesse 
paesaggistico anche 
se 
non perfezionati 
o privi 
di 
disciplina d�uso), la Soprintendenza ha: 
-dichiarato 
la 
persistente 
efficacia 
delle 
proposte 
di 
dichiarazione 
di 
interesse 
pubblico 
di 
parte del territorio del Comune di Miranda; 
-disposto 
che 
�nelle 
more 
della 
definizione 
del 
decreto 
e 
della 
sua 
emanazione 
da 
parte 
della 
direzione 
regionale 
per 
i 
beni 
culturali 
e 
paesaggistici 
del 
molise, insieme 
con la relativa 
disciplina d�uso, vigono le 
norme 
di 
salvaguardia e 
gli 
obblighi 
di 
cui 
all�art. 146 d.lgs. n. 
42/2004� 
nell�area interessata. 


2. Era 
s.r.l. ha 
impugnato dinanzi 
al 
Tar del 
Molise 
le 
note 
gemelle 
del 
26 settembre 
2014, 
quella del 22 maggio 2014, le proposte di vincolo risalenti al 2001 e al 2002. 
Con sentenza n. 92/2016 il 
Tar ha: 
-dichiarato irricevibile 
il 
primo motivo, con cui 
erano state 
censurate 
le 
proposte 
di 
vincolo 
del 2001 e 2002; 
- respinto i motivi dal secondo al sesto; 
-assorbito l�eccezione 
di 
inammissibilit� 
del 
ricorso di 
primo grado fondata 
sulla 
natura 
endoprocedimentale 
delle note del 22 maggio e 26 settembre 2014; 
-dichiarato inammissibile 
il 
ricorso incidentale 
del 
Ministero avverso le 
delibere 
comunali 
del 2004 che avevano dichiarato decadute le proposte di vincolo. 
Con riguardo alla 
questione 
oggetto del 
presente 
giudizio, il 
Tar ha 
ritenuto preferibile 
l�interpretazione 
secondo la 
quale 
la 
proposta 
di 
vincolo formulata 
prima 
dell�entrata 
in vigore 
del 
d.lgs. n. 42 del 
2004 conserva 
efficacia 
anche 
in assenza 
di 
approvazione 
mediante 
adozione 
della dichiarazione di notevole interesse pubblico, poich�: 
a) alla 
data 
di 
entrata 
in vigore 
del 
d.lgs. n. 42 del 
2004 ha 
continuato a 
trovare 
applicazione 
la 
medesima 
disciplina 
ricavata 
dall�interpretazione 
degli 
artt. 2, 3 e 
7 della 
legge 
n. 1497 del 
1939 (Consiglio di 
Stato, VI sezione, 3 ottobre 
1994, n. 1473 e 
1 marzo 1995, n. 212), confermata 
dall�art. 140 del 
d.lgs. n. 490 del 
1999, secondo la 
quale, relativamente 
alle 
c.d. bellezze 
di 
insieme, la 
tutela 
dei 
valori 
paesaggistici 
(che 
si 
sostanzia 
nella 
necessit� 
di 
ottenere 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


l�autorizzazione 
paesaggistica 
per poter modificare 
i 
beni 
soggetti 
a 
tutela) si 
esplica 
dal 
momento 
in 
cui 
la 
proposta 
di 
vincolo 
� 
pubblicata 
nell�albo 
dei 
Comuni 
interessati, 
a 
scopo 
cautelativo, 
sino alla adozione del provvedimento finale; 
b) 
l�art. 
157, 
comma 
2 
d.lgs. 
n. 
42/2004, 
nel 
richiamare 
le 
norme 
di 
tutela 
del 
capo 
terzo, 
ha 
stabilizzato 
il 
regime 
giuridico 
delle 
proposte 
di 
vincolo 
preesistenti, 
non 
prevedendo 
forme 
di 
decadenza 
del 
vincolo, 
termini 
perentori 
per 
il 
perfezionamento 
della 
procedura 
o 
forme 
di 
silenzio. 
Detta 
disposizione 
non 
ha 
subito 
alcuna 
modifica 
ad 
opera 
del 
d.lgs. 
n. 
157/2006 
e 
del 
d.lgs. 
n. 
63/2008, 
che 
hanno 
invece 
sostituito 
l�art. 
141 
d.lgs. 
n. 
42/2004, 
introducendo 
la 
decadenza 
per 
le 
proposte 
non 
tempestivamente 
approvate 
dal 
Ministro: 
l�art. 
141, 
comma 
3, 
ultimo 
periodo, 
nel 
testo 
vigente 
tra 
i 
due 
decreti, 
ha 
previsto 
che 
�in 
caso 
di 
inutile 
decorso 
del 
predetto 
termine 
cessano 
gli 
effetti 
di 
cui 
all�articolo 
146, 
comma 
1�; 
l�art. 
141, 
comma 
5, 
nel 
testo 
attualmente 
vigente, 
ha 
previsto 
che 
�se 
il 
provvedimento 
ministeriale 
di 
dichiarazione 
non 
� 
adottato 
nei 
termini 
di 
cui 
all�articolo 
140, 
comma 
1, 
allo 
scadere 
dei 
detti 
termini, 
per 
le 
aree 
e 
gli 
immobili 
oggetto 
della 
proposta 
di 
dichiarazione, 
cessano 
gli 
effetti 
di 
cui 
all�articolo 
146, 
comma 
1�. 
Da 
ci� 
consegue 
che 
tali 
previsioni 
non 
sono 
applicabili 
alle 
proposte 
di 
vincolo 
formulate 
antecedentemente 
alla 
entrata 
in 
vigore 
del 
Codice; 
c) 
una 
diversa 
conclusione 
si 
porrebbe 
in 
conflitto 
con 
l�interpretazione 
letterale 
e 
sistematica 
dell�art. 157, comma 
2, il 
quale 
non prevede 
un rinvio mobile, suscettibile 
di 
recepire 
le 
successive 
modifiche 
normative, poich� 
ci� comporterebbe, oltre 
che 
un contrasto con l�intenzione 
del 
legislatore, anche 
la 
retroattivit� 
delle 
norme 
sopravvenute 
ed una 
violazione 
del 
principio 
tempus regit actum; 
d) le 
finalit� 
di 
tutela 
del 
paesaggio, garantite 
dall�art. 9 della 
Costituzione, che 
integrano un 
interesse 
pubblico 
preminente 
rispetto 
ad 
altri 
interessi, 
risulterebbero 
compromesse 
da 
un 
esito 
interpretativo 
che 
facesse 
derivare 
implicitamente 
una 
indiscriminata 
e 
generalizzata 
decadenza 
di 
tutte 
le 
proposte 
di 
vincolo non ancora 
approvate 
presenti 
sull�intero territorio nazionale 
indipendentemente 
dalla 
data 
della 
loro 
formulazione, 
entro 
i 
brevi 
termini 
di 
decadenza 
previsti 
dall�art. 
141 
del 
d.lgs. 
n. 
42/2004, 
nel 
testo 
modificato 
dal 
d.lgs. 
n. 
157/2006 e 
dal 
d.lgs. n. 63/2008, senza 
neppure 
la 
predisposizione 
di 
misure 
organizzative 
idonee 
a 
consentire 
alle 
Soprintendenze 
un�effettiva 
verifica 
da 
svolgersi 
caso per caso del 
permanere 
delle 
esigenze 
di 
tutela 
e 
della 
loro 
effettiva 
consistenza 
(problema 
che 
non 
si 
pone 
per 
le 
proposte 
di 
vincolo 
formulate 
successivamente, 
perch� 
le 
Amministrazioni, 
edotte 
degli 
effetti 
della 
propria 
eventuale 
inerzia, sono state 
poste 
dal 
legislatore 
nelle 
condizioni 
di 
programmare 
la propria attivit� in base alle risorse disponibili). 


3. 
Era 
s.r.l. 
ha 
proposto 
appello, 
deducendo 
con 
il 
secondo 
motivo 
di 
censura: 
decadenza 
della 
proposta 
di 
vincolo; 
erronea 
interpretazione 
degli 
artt. 39, 140, 141, 157, 183 e 
184 d.lgs. n. 
42/2004; 
violazione 
dell�art. 13.3 Linee 
Guida 
Regione 
Molise 
per il 
procedimento unico ex 
art. 12 d.lgs. n. 387/2003; violazione del principio tempus regit actum. 
L�appellante sviluppa i seguenti argomenti: 
a) 
non 
pu� 
opporsi 
il 
divieto 
di 
retroattivit� 
della 
legge 
nel 
caso 
della 
applicazione 
di 
normative 
che 
siano intervenute 
quando il 
procedimento amministrativo sia 
ancora 
in corso, poich�, se 
in pendenza 
di 
un procedimento interviene 
una 
nuova 
disposizione, il 
provvedimento che 
ne 
� 
l�epilogo deve 
necessariamente 
adeguarsi 
a 
quest�ultima. Nel 
caso di 
specie, dopo l�entrata 
in vigore 
del 
d.lgs. n. 63/2008, che 
ha 
introdotto la 
norma 
sulla 
decadenza, il 
termine 
ivi 
previsto 
ha iniziato a decorrere integralmente anche per le proposte di vincolo gi� presentate; 
b) mentre 
esiste 
una 
disposizione 
- appunto l�art. 157 - che 
assoggetta 
alla 
regola 
introdotta 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


dal 
d.lgs. n. 63/2008 anche 
le 
proposte 
di 
vincolo precedenti, non esiste 
nessuna 
norma 
che 
escluda l�applicabilit� del termine di decadenza a tali proposte; 
c) 
l�esistenza 
di 
termini 
certi 
per 
la 
conclusione 
dei 
procedimenti 
� 
confermata 
in 
via 
generale 
dalla legge n. 241/1990. 
Si 
sono costituiti 
in giudizio il 
Ministero per i 
beni 
e 
le 
attivit� 
culturali 
e, ad adiuvandum 
dell�appellante, il Comune di Miranda. 


4. All�esito dell�udienza 
del 
20 dicembre 
2016 la 
VI Sezione, ravvisando un contrasto di 
giurisprudenza, 
ha 
deferito all�Adunanza 
Plenaria 
la 
seguente 
questione: 
�se, a mente 
del 
combinato 
disposto 
degli 
articoli 
140, 
141 
e 
157, 
co. 
2 
d.lgs. 
22 
gennaio 
2004, 
n. 
42 
-come 
modificati 
dapprima con il 
d.lgs. 24 marzo 2006 n. 157, e 
poi, con il 
d.lgs. 26 marzo 2008 n. 
63 - le 
proposte 
di 
vincolo formulate 
prima dell�entrata in vigore 
del 
medesimo decreto legislativo, 
e 
per 
le 
quali 
non vi 
sia stata conclusione 
del 
relativo procedimento con l�adozione 
del 
decreto 
ministeriale 
recante 
la 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico, 
cessino 
di 
avere effetto�. 
L�appellante e il Ministero hanno depositato ulteriori memorie. 
La causa � passata in decisione all�udienza Plenaria dell�11 ottobre 2017. 


DIRITTO 


1. Nel 
quadro normativo anteriore 
al 
d.lgs. n. 42 del 
2004 la 
tutela 
paesaggistica 
si 
esplicava 
fin dal 
momento in cui 
la 
proposta 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico era 
pubblicata 
nell�albo del 
Comune 
interessato e 
perdurava 
sine 
die, non essendo previsto un termine 
di 
efficacia 
della 
misura 
ovvero di 
consumazione 
del 
potere 
vincolistico, per cui 
l�adozione 
del 
provvedimento finale 
poteva 
intervenire 
anche 
a 
notevole 
distanza 
di 
tempo, senza 
che 
venisse meno l�effetto preliminare di vincolo. 
All�origine 
di 
questa 
disciplina 
vi 
era 
l�interpretazione 
della 
legge 
n. 1497 del 
1939, la 
quale 
prevedeva 
che 
una 
commissione 
istituita 
in 
ciascuna 
provincia 
compilasse 
un 
elenco 
di 
localit� 
(�i 
complessi 
di 
cose 
immobili 
che 
compongono 
un 
caratteristico 
aspetto 
avente 
valore 
estetico 
e 
tradizionale�, 
nonch� 
�le 
bellezze 
panoramiche 
considerate 
come 
quadri 
naturali 
e 
cos� 
pure 
quei 
punti 
di 
vista 
o di 
belvedere, accessibili 
al 
pubblico, dai 
quali 
si 
goda 
lo spettacolo di 
quelle bellezze�), valevole come proposta di dichiarazione di notevole interesse pubblico. 
L�art. 2 stabiliva 
all�ultimo comma 
che 
�l�elenco delle 
localit�, cos� 
compilato, e 
ogni 
variante, 
di 
mano 
in 
mano 
che 
vi 
s�introduca 
sono 
pubblicati 
per 
un 
periodo 
di 
tre 
mesi 
all�albo 
di 
tutti 
i 
comuni 
interessati 
della Provincia, e 
depositati 
oltrech� 
nelle 
segreterie 
dei 
comuni 
stessi ��. 
Il successivo art. 7 stabiliva: 


�i proprietari, possessori 
o detentori, a qualsiasi 
titolo, dell'immobile, il 
quale 
sia stato oggetto 
nei 
pubblicati 
elenchi 
delle 
localit�, non possono distruggerlo n� 
introdurvi 
modificazioni 
che 
rechino pregiudizio a quel 
suo esteriore 
aspetto che 
� 
protetto dalla presente 
legge. 
essi, pertanto, debbono presentare 
i 
progetti 
dei 
lavori 
che 
vogliano intraprendere 
alla competente 
regia soprintendenza e 
astenersi 
dal 
mettervi 
mano sino a tanto che 
non ne 
abbiano 
ottenuta l'autorizzazione�. 

Ancorch� 
non fosse 
espressamente 
previsto che 
la 
proposta 
generasse 
gli 
effetti 
di 
cui 
all�art. 
7, 
il 
riferimento 
ivi 
operato 
agli 
elenchi 
pubblicati 
faceva 
ritenere 
che 
dal 
momento 
della 
pubblicazione 
l�area fosse assoggettata alle relative prescrizioni. 
Tale 
disciplina 
� 
stata 
nella 
sostanza 
trasfusa 
nel 
d.lgs. 190 del 
1999 (cfr. art. 140 commi 
5 e 
6; art. 151, commi 1 e 2). 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Il 
d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio, d�ora 
in avanti 
Codice) 
ha 
recepito 
questo 
sistema, 
prevedendo 
l�effetto 
di 
vincolo 
nell�art. 
146, 
e 
legandolo 
anche alle proposte nell�art. 138. 
L�art. 146, nel testo originario, stabiliva: 


�1. i proprietari, possessori 
o detentori 
a qualsiasi 
titolo di 
immobili 
e 
aree 
oggetto degli 
atti 
e 
dei 
provvedimenti 
elencati 
all'articolo 157, oggetto di 
proposta formulata ai 
sensi 
degli 
articoli 
138 
e 
141, 
tutelati 
ai 
sensi 
dell'articolo 
142, 
ovvero 
sottoposti 
a 
tutela 
dalle 
disposizioni 
del 
piano paesaggistico, non possono distruggerli, n� 
introdurvi 
modificazioni 
che 
rechino 
pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione. 

2. i proprietari, possessori 
o detentori 
a qualsiasi 
titolo dei 
beni 
indicati 
al 
comma 1, hanno 
l�obbligo 
di 
sottoporre 
alla 
regione 
o 
all'ente 
locale 
al 
quale 
la 
regione 
ha 
affidato 
la 
relativa 
competenza 
i 
progetti 
delle 
opere 
che 
intendano 
eseguire, 
corredati 
della 
documentazione 
prevista, al fine di ottenere la preventiva autorizzazione�. 
L�art. 138, nel testo originario, stabiliva: 


1. su iniziativa del 
direttore 
regionale, della regione 
o degli 
altri 
enti 
pubblici 
territoriali 
interessati, 
la commissione 
indicata all'articolo 137, acquisisce 
le 
necessarie 
informazioni 
attraverso 
le 
soprintendenze 
e 
gli 
uffici 
regionali 
e 
provinciali, 
valuta 
la 
sussistenza 
del 
notevole 
interesse 
pubblico degli 
immobili 
e 
delle 
aree 
di 
cui 
all'articolo 136, e 
propone 
la dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico. la proposta � 
motivata con riferimento alle 
caratteristiche 
storiche, 
culturali, 
naturali, 
morfologiche 
ed 
estetiche 
proprie 
degli 
immobili 
o 
delle 
aree 
che 
abbiano 
significato 
e 
valore 
identitario 
del 
territorio 
in 
cui 
ricadono 
o 
che 
siano 
percepite 
come 
tali 
dalle 
popolazioni 
e 
contiene 
le 
prescrizioni, 
le 
misure 
ed 
i 
criteri 
di 
gestione 
indicati 
all'articolo 143, comma 3. 
2. 
le 
proposte 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
sono 
dirette 
a 
stabilire 
una 
specifica 
disciplina di 
tutela e 
valorizzazione, che 
sia maggiormente 
rispondente 
agli 
elementi 
peculiari 
e 
al 
valore 
degli 
specifici 
ambiti 
paesaggistici 
e 
costituisca 
parte 
integrante 
di 
quella 
prevista dal piano paesaggistico�. 
A 
seguito delle 
modifiche 
intervenute 
con il 
d.lgs. n. 63 del 
2008, l�effetto preliminare 
della 
proposta 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico � 
stato diversamente 
esplicitato, ma 
ha mantenuto le stesse caratteristiche. 
L�art. 146, nel testo vigente, prevede: 


�1. 
i 
proprietari, 
possessori 
o 
detentori 
a 
qualsiasi 
titolo 
di 
immobili 
ed 
aree 
di 
interesse 
paesaggistico, 
tutelati 
dalla 
legge, 
a 
termini 
dell�articolo 
142, 
o 
in 
base 
alla 
legge, 
a 
termini 
degli 
articoli 
136, 143, comma 1, lettera d), e 
157, non possono distruggerli, n� 
introdurvi 
modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione�. 
�2. 
i 
soggetti 
di 
cui 
al 
comma 
1 
hanno 
l�obbligo 
di 
presentare 
alle 
amministrazioni 
competenti 
il 
progetto 
degli 
interventi 
che 
intendano 
intraprendere, 
corredato 
della 
prescritta 
documentazione, 
ed 
astenersi 
dall�avviare 
i 
lavori 
fino 
a 
quando 
non 
ne 
abbiano 
ottenuta 
l�autorizzazione�. 


L�art. 139, nel testo vigente, stabilisce: 


�1. la proposta di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico di 
cui 
all'articolo 138, corredata 
di 
planimetria 
redatta 
in 
scala 
idonea 
alla 
puntuale 
individuazione 
degli 
immobili 
e 
delle 
aree 
che 
ne 
costituiscono oggetto, � 
pubblicata per 
novanta giorni 
all'albo pretorio e 
depositata 
a 
disposizione 
del 
pubblico 
presso 
gli 
uffici 
dei 
comuni 
interessati. 
la 
proposta 
� 
altres� 
comunicata alla citt� metropolitana e alla provincia interessate. 

2. 
[�] 
dal 
primo 
giorno 
di 
pubblicazione 
decorrono 
gli 
effetti 
di 
cui 
all�articolo 
146, 
comma 
1�. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Nella 
formulazione 
originaria 
del 
Codice, 
come 
nella 
disciplina 
anteriore, 
non 
era 
prevista 
nessuna 
decadenza 
allo spirare 
del 
termine 
di 
conclusione 
del 
procedimento senza 
che 
fosse 
intervenuta l�approvazione della proposta. 
Una 
disciplina 
del 
genere 
� 
stata 
introdotta 
nel 
Codice 
con le 
modifiche 
intervenute 
prima 
ad 
opera del d.lgs. 157 del 2006, poi ad opera del d.lgs. n. 63 del 2008. 
L�art. 141, comma 3, nel testo vigente a seguito del d.lgs. 157 del 2006, stabiliva: 


�il 
ministero 
valuta 
le 
osservazioni 
presentate 
ai 
sensi 
dell'articolo 
139, 
comma 
5, 
e 
provvede 
con 
decreto 
entro 
novanta 
giorni 
dalla 
data 
di 
scadenza 
del 
termine 
per 
la 
presentazione 
delle 
osservazioni. 
il 
decreto 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
� 
notificato, 
depositato, 
trascritto 
e 
pubblicato 
nelle 
forme 
previste 
dall'articolo 
140, 
commi 
3, 
4 
e 
5. 
in 
caso 
di 
inutile 
decorso del predetto termine cessano gli effetti cui all'articolo 146, comma 1�. 
L�art. 141, comma 
5, nel 
testo oggi 
vigente, stabilisce 
che 
�se 
il 
provvedimento ministeriale 
di 
dichiarazione 
non � 
adottato nei 
termini 
di 
cui 
all�art. 140, comma 1, allo scadere 
di 
detti 
termini, per 
le 
aree 
e 
gli 
immobili 
oggetto della proposta di 
dichiarazione, cessano gli 
effetti 
di cui all�art. 146, comma 1�. 

In 
base 
al 
combinato 
disposto 
dell�art. 
140, 
comma 
1 
e 
139, 
comma 
5 
il 
termine 
per 
l�adozione 
del 
provvedimento 
ministeriale 
di 
dichiarazione 
� 
di 
180 
giorni 
dalla 
pubblicazione 
della 
proposta. 
In 
questo 
dedalo 
normativo 
si 
inserisce 
l�art. 
157, 
comma 
2, 
il 
quale, 
sin 
dall�inizio, 
ha 
previsto 
che 
�le 
disposizioni 
della presente 
Parte 
si 
applicano anche 
agli 
immobili 
ed alle 
aree 
in ordine 
ai 
quali, 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
codice, 
sia 
stata 
formulata 
la 
proposta 
ovvero definita la perimetrazione 
ai 
fini 
della dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico o 
del riconoscimento quali zone di interesse archeologico�. 

Da 
un 
lato, 
dunque, 
la 
norma 
transitoria 
sembra 
conservare 
l�efficacia 
limitativa 
delle 
proposte 
di 
vincolo anteriori 
all�entrata 
in vigore 
del 
Codice, dall�altro la 
nuova 
disciplina 
stabilisce 
espressamente 
la 
cessazione 
degli 
effetti 
limitativi 
derivanti 
dalla 
proposta 
di 
vincolo 
allo 
scadere 
del termine per la conclusione del procedimento. 
Su 
questo 
dilemma 
si 
insinua 
il 
dubbio 
ermeneutico 
prospettato 
dall�ordinanza 
di 
rimessione, 
i cui termini possono riepilogarsi. 


2. La 
tesi 
secondo cui 
le 
proposte 
di 
vincolo avanzate 
prima 
dell�entrata 
in vigore 
del 
d.lgs. 
n. 
42/2004 
conservino 
efficacia, 
ancorch� 
i 
relativi 
procedimenti 
non 
si 
siano 
conclusi 
nel 
termine 
legale, pur dopo le 
modifiche 
all�art. 141, � 
sostenuta 
dalla 
tradizionale 
e 
prevalente 
giurisprudenza 
amministrativa 
(da 
ultimo Consiglio di 
Stato, VI sezione, 27 luglio 2015 n. 
3663). 
A sostegno della tesi i seguenti argomenti: 
-il 
legislatore, a 
fronte 
dell�introduzione 
della 
perdita 
di 
efficacia 
delle 
misure 
di 
tutela 
per il 
mancato rispetto del 
termine 
di 
adozione 
del 
decreto ministeriale 
di 
approvazione 
della 
proposta, 
non ha 
invece 
modificato l�art. 157, comma 
2 del 
Codice, n� 
questo contiene 
un rinvio 
mobile, di 
modo che 
le 
forme 
di 
decadenza 
successivamente 
introdotte 
non sono applicabili 
alle proposte formulate anteriormente alla sua entrata in vigore; 
-per 
contro 
l�applicazione 
del 
sopravvenuto 
regime 
di 
perdita 
di 
efficacia 
delle 
misure 
di 
tutela avrebbe natura retroattiva e contrasterebbe con il principio tempus regit actum; 
-la 
insensibilit� 
delle 
antecedenti 
proposte 
al 
nuovo 
regime 
si 
giustifica, 
sul 
piano 
sistematico 
e 
secondo una 
interpretazione 
costituzionalmente 
orientata, con la 
finalit� 
di 
tutela 
del 
paesaggio, 
in attuazione 
dell�art. 9 Cost., posto che, diversamente 
opinando, si 
avrebbe 
una 
indiscriminata 
e 
generalizzata 
decadenza 
di 
tutte 
le 
proposte 
di 
vincolo non ancora 
approvate 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


presenti 
sull�intero 
territorio 
nazionale 
indipendentemente 
dalla 
data 
della 
loro 
formulazione, 
entro i brevi tempi di decadenza previsti dall�art. 141 del d.lgs. n. 42/2004. 
A 
tale 
orientamento 
aderisce 
anche 
la 
giurisprudenza 
penale: 
�la 
proposta 
di 
vincolo, 
formulata 
dalla 
competente 
commissione 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
d.lvo. 
n. 
42/2004, 
conserva 
efficacia 
anche 
in 
assenza 
della 
adozione 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
(sez. 
iii 
n. 
16476, 
28 
aprile 
2010)� 
e 
ci� 
si 
basa 
�sul 
tenore 
letterale 
dell�articolo 
157, 
comma 
secondo, 
d.lvo. 
n. 
42/2004, 
il 
quale 
prevede 
l�applicabilit� 
delle 
disposizioni 
contenute 
nella 
Parte 
terza 
del 
decreto 
anche 
agli 
immobili 
ed 
alle 
aree 
in 
ordine 
ai 
quali, 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
codice 
dei 
beni 
culturali 
e 
del 
paesaggio, 
sia 
stata 
formulata 
la 
proposta 
ovvero 
definita 
la 
perimetrazione 
ai 
fini 
della 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
o 
del 
riconoscimento 
quali 
zone 
di 
interesse 
archeologico� 
(Cass. 
pen. 
sez. 
III, 
12 
gennaio 
2012 
n. 
6617). 
La 
tesi 
contraria 
� 
stata 
di 
recente 
sostenuta 
dalla 
VI Sezione 
del 
Consiglio di 
Stato (16 novembre 
2016 n. 4746): 


�se, invero, potesse 
ammettersi 
una tipologia di 
proposte 
di 
vincolo ante 
d.lgs. n. 42/2004 
suscettibili 
di 
sopravvivere, 
in 
quella 
che 
pur 
sempre 
� 
ed 
� 
stata 
una 
loro 
precariet�, 
al 
nuovo 
regime 
di 
omologhe 
proposte 
formulate 
dopo l�entrata in vigore 
delle 
nuove 
disposizioni 
recate 
in argomento da questo testo legislativo, occorrerebbe 
riconoscere 
allora che 
quelle 
pi� 
antiche 
sono, 
in 
realt�, 
delle 
super 
proposte. 
in 
altri 
termini, 
proposte 
dotate 
di 
un 
loro 
proprio 
quid 
pluris 
che, 
appunto, 
ne 
assicura 
la 
sopravvivenza 
sine 
die, 
pur 
in 
assenza 
di 
una 
qualche 
prospettiva 
di 
materiale 
conclusione 
del 
procedimento 
(di 
apposizione 
di 
vincolo) 
che 
con 
esse si avvi�. 
epper�, 
allora, 
dovendosi 
escludere 
(in 
primo 
luogo 
sul 
piano 
logico) 
che 
una 
maggiore 
qualit� 
di 
tali 
pi� antiche 
proposte 
derivi 
proprio dalla loro et� (urtando il 
buon senso l�astratto 
assunto secondo il 
quale 
pi� invecchiasse 
un procedimento di 
apposizione 
di 
vincolo, senza 
una 
sua 
definitiva 
e 
formale 
conclusione, 
pi� 
esso 
denoterebbe 
un 
oggetto 
da 
tutelare 
di 
maggior 
pregio 
e 
qualit�), 
resta 
il 
fatto 
che 
delle 
due 
l�una: 
o 
della 
maggiore 
robustezza 
delle 
proposte 
di 
vincolo pi� antiche 
vi 
� 
asserzione 
esplicita nella legge 
o la loro robustezza maggiore 
dovrebbe 
derivare 
da una �gerarchia� 
di 
pregi 
da tutelare 
in cima ai 
quali 
collocare 
quelli oggetto, appunto, delle proposte di vincolo pi� vecchie. 
dell�una 
e 
dell�altra 
ipotesi, 
tuttavia, 
n� 
vՏ 
traccia 
espressa 
nella 
legge 
(oggi 
il 
d.lgs. 
n. 
42/2004) n� 
vՏ 
menzione 
nella prassi 
amministrativa conosciuta n� 
(cosa ancor 
pi� importante) 
vՏ 
indicazione 
esplicita 
e 
circostanziata 
nella 
posizione 
assunta 
dall�amministrazione 
statale nel caso qui in esame. 
deve 
allora 
concludersi, 
sul 
piano 
logico, 
che, 
in 
assenza 
di 
questa 
ipotetica 
maggiore 
qualit� 
nelle 
proposte 
di 
vincolo pi� antiche, per 
esse 
valga piuttosto proprio l�assunto logico contrario, 
ossia che 
la mancata conclusione 
del 
provvedimento di 
trasformazione 
del 
vincolo da 
proposto 
a 
definitivo 
denoti 
invece 
l�affievolimento 
e 
poi 
lo 
svanire, 
col 
passar 
del 
tempo, 
dell�interesse 
pubblico 
che 
aveva 
inizialmente 
giustificato 
la 
misura 
precauzionale 
(connessa 
alla proposta di 
vincolo) tesa ad assicurare 
particolare 
protezione 
a determinati 
beni 
o loro 
insiemi � 
Peraltro, questi 
argomenti, che 
si 
giustificano e 
paiono sufficienti 
sul 
piano logico e 
del 
buon 
senso, ben possono poi 
incrociarsi 
col 
dato letterale 
della norma dal 
cui 
contenuto il 
dubbio 
interpretativo � maggiormente scaturito, ossia l�art. 157 del d.lgs. n. 42/2004. 
Quest�ultimo afferma che 
�conservano efficacia a tutti 
gli 
effetti� 
una serie 
di 
atti 
(dichiarazioni, 
elenchi, provvedimenti) che, per 
come 
indicati 
dalla legge, sicuramente 
fanno riferimento 
ad atti formali e definitivi, non dunque a semplici loro proposte. 


CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


le 
(mere) 
proposte, 
come 
tali, 
in 
altri 
termini 
non 
risultano 
salvaguardate 
dalla 
legge 
dal 
punto di vista della conservazione della loro efficacia. 
anche 
letteralmente, dunque, la norma primaria non induce 
-dal 
punto di 
vista dell�interpretazione 
ragionevole 
- a conclusioni 
nel 
senso di 
una salvaguardia sine 
die 
delle 
proposte 
di vincolo ante d.lgs. n. 42/2004 e, comunque, significativamente pi� antiche. 
n� 
queste 
conclusioni 
possono trovare 
conforto e 
fondamento in argomentazioni 
altre 
di 
natura 
prettamente 
pratica ovvero di 
tipo organizzativo, quale 
quelle 
avanzate 
in primo grado 
dalla difesa erariale 
e 
raccolte 
dalla sentenza impugnata, secondo le 
quali 
la soluzione 
interpretativa 
qui 
preferita sarebbe 
idonea a far 
crollare, nei 
loro effetti, chiss� quali 
e 
quante 
proposte di vincolo rimaste nel tempo meramente tali. 
al 
riguardo, premesso che 
un assunto di 
tal 
genere 
equivarrebbe 
a far 
ammettere 
all�amministrazione 
che 
essa 
� 
la 
prima 
ad 
ignorare 
il 
�portafoglio� 
di 
(mere) 
proposte 
di 
vincolo 
(giacenti) di cui ancora la stessa fruirebbe, pu� a tanto obiettarsi che: 

-se 
anche 
l�amministrazione 
ne 
avesse 
effettivamente 
perso il 
loro ricordo puntuale, proprio 
questo dimostrerebbe 
allora l�intervenuta sparizione 
dell�interesse 
pubblico che 
originariamente 
le motiv�; 
-ed inoltre 
che, se 
di 
tali 
antiche 
proposte 
di 
vincolo sՏ 
persa traccia, nulla impedisce 
che 
esse 
vengano 
d�ora 
in 
poi 
riproposte 
dall�amministrazione 
competente 
ma, 
adesso, 
nel 
quadro 
della 
pi� 
rigida 
e 
precisa 
temporizzazione 
della 
scansione 
procedimentale 
che 
deve 
condurre 
alla definitivit� formale del vincolo�. 
Per comodit� 
narrativa 
e 
assonanza 
concettuale 
si 
pu� definire 
la 
prima 
tesi 
di 
�continuit�� 
(postulando la 
permanenza 
degli 
effetti 
sulla 
base 
del 
dato letterale 
e 
del 
principio di 
irretroattivit� 
della 
legge, oltre 
che 
della 
rilevanza 
costituzionale 
del 
bene 
paesaggio), la 
seconda 
di 
�discontinuit�� 
(postulando la 
cessazione 
degli 
effetti 
sulla 
base 
del 
dato logico-sistematico). 

3. A tale dualismo la Sezione rimettente aggiunge argomentazioni contrapposte. 
Dal lato della tesi della continuit�: 
-richiama 
la 
sentenza 
23 luglio 1997 n. 262 della 
Corte 
costituzionale, secondo cui 
�il 
mancato 
esercizio 
delle 
attribuzioni 
da 
parte 
dell�amministrazione 
entro 
il 
termine 
per 
provvedere 
non 
comporta 
ex 
se, 
in 
difetto 
di 
espressa 
previsione, 
la 
decadenza 
del 
potere, 
n� 
il 
venir 
meno 
dell�efficacia 
dell�originario 
vincolo. 
in 
tali 
ipotesi, 
sempre 
che 
il 
legislatore 
non 
abbia 
attribuito 
un 
particolare 
significato 
all�inerzia-silenzio, 
si 
verifica 
un�illegittimit� 
di 
comportamenti 
derivante da inadempimento di obblighi�. 
-evidenzia 
che 
la 
ratio 
della 
persistenza 
dell�efficacia 
della 
proposta 
di 
vincolo 
� 
la 
stessa 
che 
ha 
condotto la 
Corte 
costituzionale 
(cfr. sentenza 
n. 57 del 
2015) e 
l�Adunanza 
plenaria 
(cfr. sentenza 
n. 6 del 
2015), chiamate 
a 
pronunciarsi 
sul 
termine 
dell�azione 
risarcitoria 
introdotto 
dall�art. 30, comma 
3 CPA, ad escludere 
l�applicazione 
di 
norme 
che 
fissano decadenze 
a rapporti anteriori, optando per l�ultrattivit� delle norme precedenti; 
-supera 
la 
possibile 
obiezione 
fondata 
sul 
principio 
di 
proporzionalit�, 
atteso 
che 
la 
normativa 
nazionale 
di 
tutela 
del 
paesaggio attiene 
a 
una 
materia 
che 
non rientra 
nelle 
competenze 
del-
l�Unione (Corte di giustizia UE, sez. X, 6 marzo 2014, C-206/13). 
Dal lato della tesi della discontinuit�: 


-sottolinea 
che, con i 
decreti 
legislativi 
n. 157/2006 e 
63/2008, il 
legislatore 
ha 
espresso il 
suo favore 
verso la 
cessazione 
di 
efficacia 
del 
vincolo provvisorio per mancato rispetto del 
termine 
di 
conclusione 
del 
procedimento, a 
fronte 
del 
quale 
sempre 
meno si 
giustifica, con il 
passare 
del 
tempo, un�eccezione 
relativa 
a 
proposte 
di 
vincolo formulate 
in epoca 
anteriore 
al 2004; 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


-contrasta 
l�argomento letterale, poich�, da 
un lato appare 
dubbio sostenere 
la 
violazione 
del 
principio di 
irretroattivit� 
della 
legge 
nel 
caso di 
procedimenti 
non ancora 
conclusi, e 
dunque 
in assenza 
di 
situazioni 
e/o rapporti 
giuridici 
consolidati, dall�altro lato, tra 
due 
possibili 
interpretazioni 
della 
norma, ed in assenza 
di 
specifiche 
indicazioni 
del 
legislatore, appare 
preferibile 
una 
interpretazione 
che 
tenda 
ad 
uniformare 
il 
sistema, 
in 
luogo 
di 
una 
interpretazione 
che 
produca 
differenti 
applicazioni 
dei 
poteri 
amministrativi 
(e 
dei 
loro 
effetti) 
e, 
dunque, 
possibili disparit� di trattamento. 
4. L�Adunanza 
Plenaria 
ritiene 
preferibile 
la 
tesi 
minoritaria 
della 
discontinuit�, ravvisando 
tuttavia 
l�esigenza 
di 
arricchirne 
(e 
in 
parte 
modificarne) 
le 
argomentazioni 
e 
individuarne 
gli 
effetti. 
Sotto il primo profilo si far� ricorso ai comuni metodi dell�interpretazione: 
- letterale (sub 
4.1); 
- logico-sistematica (sub 
4.2); 
- teleologica (sub 
4.3). 
4.1 Il dato letterale si presenta a prima vista ostile alla tesi della discontinuit�. 
Prova 
ne 
sia 
che 
l�orientamento 
che 
la 
sostiene 
per 
superarlo 
impiega 
un�argomentazione 
non 
corretta, ossia 
che, riferendosi 
il 
comma 
1 dell�art. 157 (�conservano efficacia a tutti 
gli 
effetti�) 
a 
una 
serie 
di 
atti 
formali 
e 
definitivi, 
per 
le 
semplici 
proposte 
-considerate 
dal 
comma 
2 - vale la regola opposta. 
Conviene 
allora 
riportare 
l�intero testo dell�art. 157 (�Notifiche 
eseguite, elenchi 
compilati, 
provvedimenti e atti emessi ai sensi della normativa previgente�): 
�1. conservano efficacia a tutti gli effetti: 
a) le 
dichiarazioni 
di 
importante 
interesse 
pubblico delle 
bellezze 
naturali 
o panoramiche, 
notificate in base alla legge 11 giugno 1922, n. 778; 
b) gli elenchi compilati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497; 
c) 
le 
dichiarazioni 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
notificate 
ai 
sensi 
della 
legge 
29 
giugno 
1939, n. 1497; 
d) i 
provvedimenti 
di 
riconoscimento delle 
zone 
di 
interesse 
archeologico emessi 
ai 
sensi 
del-
l�articolo 82, quinto comma, del 
decreto del 
Presidente 
della repubblica 24 luglio 1977, n. 
616, aggiunto dall�articolo 1 del 
decreto legge 
27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni 
nella legge 8 agosto 1985, n. 431; 
d-bis) gli 
elenchi 
compilati 
ovvero integrati 
ai 
sensi 
del 
decreto legislativo 29 ottobre 
1999, 


n. 490; 
e) le 
dichiarazioni 
di 
notevole 
interesse 
pubblico notificate 
ai 
sensi 
del 
decreto legislativo 29 
ottobre 1999, n. 490 (6); 
f) i 
provvedimenti 
di 
riconoscimento delle 
zone 
di 
interesse 
archeologico emessi 
ai 
sensi 
del 
decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490; 
f-bis) i 
provvedimenti 
emanati 
ai 
sensi 
dell�articolo 1-ter 
del 
decreto-legge 
27 giugno 1985, 
n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431. 
2. 
le 
disposizioni 
della 
presente 
Parte 
si 
applicano 
anche 
agli 
immobili 
ed 
alle 
aree 
in 
ordine 
ai 
quali, alla data di 
entrata in vigore 
del 
presente 
codice, sia stata formulata la proposta ovvero 
definita 
la 
perimetrazione 
ai 
fini 
della 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
o 
del 
riconoscimento quali zone di interesse archeologico�. 
� 
di 
plastica 
evidenza 
che, se 
anche 
� 
vero (anzi: 
proprio perch� 
� 
vero) che 
il 
comma 
1 si 
riferisce 
agli 
atti 
definitivi, il 
comma 
2 - che 
� 
quello che 
rileva 
- si 
riferisce 
alle 
proposte. Non 
ne deriva, per�, che le proposte, diversamente dagli atti definitivi, perdono efficacia. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


La 
questione 
deve 
invece 
essere 
risolta 
su un altro piano: 
il 
rapporto tra 
(perdita 
di) efficacia 
delle 
proposte 
e 
(perdita 
di) efficacia 
del 
vincolo preliminare 
sul 
bene 
che 
ne 
costituisce 
oggetto. 
Nel 
ragionamento di 
entrambi 
gli 
orientamenti, muovendo dalla 
tacita 
premessa 
che 
la 
proposta 
di vincolo ha natura dichiarativa, si ritiene che i due momenti non siano separabili. 
Lo stesso quesito formulato dalla 
Sezione 
rimettente 
domanda 
�se 
� 
le 
proposte 
di 
vincolo 
formulate 
prima dell�entrata in vigore 
del 
medesimo decreto legislativo, e 
per 
le 
quali 
non vi 
sia 
stata 
conclusione 
del 
relativo 
procedimento 
con 
l�adozione 
del 
decreto 
ministeriale 
recante 
la dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico, cessino di 
avere 
effetto�, dando per scontato 
che 
a 
perdere 
efficacia 
- in ipotesi 
-sarebbe 
la 
proposta 
nella 
sua 
interezza, non soltanto il 
vincolo preliminare che da essa nasce. 
In tale prospettiva il dibattito sin oggi svolto non � sfuggito alla seguente alternativa: 
a) se la proposta perde efficacia, il vincolo preliminare decade; 
b) se la proposta non perde efficacia, il vincolo preliminare non decade. 
A 
ci� 
si 
deve 
la 
preferenza 
in 
giurisprudenza 
per 
la 
tesi 
della 
continuit�: 
dovendosi 
riconoscere 
la 
perdurante 
efficacia 
delle 
proposte 
anteriori 
al 
Codice 
in virt� dell�art. 157, comma 
2 (dato 
insuperabile 
sul 
piano 
logico-testuale), 
non 
pu� 
che 
riconoscersi 
la 
conservazione 
dell�effetto 
preliminare di vincolo. 
L�Adunanza 
Plenaria 
ritiene 
che 
la 
premessa 
del 
ragionamento 
appena 
indicato 
(vi 
� 
decadenza 
del vincolo preliminare solo se la proposta perde efficacia) non sia corretta. 
L�effetto 
preliminare, 
ancorch� 
trovi 
il 
suo 
presupposto 
nella 
proposta, 
� 
disposto 
dalla 
legge, 
precisamente 
- oggi 
- dal 
combinato disposto dell�art. 139, comma 
2 e 
dell�art. 146, comma 
1 d.lgs. n. 42/2004, in precedenza trascritti. 
Pu� anticiparsi 
(� 
questo lo scoglio da 
superare) che 
tale 
ultima 
disposizione 
si 
applica 
anche 
alle 
proposte 
anteriori 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
Codice, 
vuoi 
perch� 
l�art. 
157, 
comma 
2 
estende 
espressamente 
tutta 
la 
disciplina 
di 
tutela 
paesaggistica 
del 
Codice 
(la 
�presente 
Parte� 
� 
la 
Parte 
III, in cui 
figura 
l�art. 146, comma 
1) ai 
beni 
per i 
quali 
la 
proposta 
di 
notevole 
interesse 
pubblico sia 
stata 
formulata 
anteriormente 
alla 
sua 
entrata 
in vigore, vuoi 
perch� 
lo stesso art. 
146, 
comma 
1 
richiama 
l�art. 
157 
nella 
sua 
interezza: 
tra 
art. 
146, 
comma 
1 
e 
art. 
157, 
comma 
2 esiste un richiamo reciproco. 
Per adesso merita 
evidenziare 
che 
l�effetto preliminare 
� 
dal 
legislatore 
ricollegato alle 
proposte 
non 
in 
virt� 
di 
un�equiparazione 
con 
gli 
atti 
che 
definitivamente 
accertano 
le 
qualit� 
del 
bene, ma a titolo cautelare. 
A 
riprova 
di 
ci� 
si 
rammenta 
che 
l�art. 
141, 
comma 
5 
d.lgs. 
42/2004 
(come 
sostituito 
dal 
d.lgs. 
63/2008) stabilisce 
che 
�se 
il 
provvedimento ministeriale 
di 
dichiarazione 
non � 
adottato nei 
termini 
di 
cui 
all�art. 140, comma 1, allo scadere 
di 
detti 
termini, per 
le 
aree 
e 
gli 
immobili 
oggetto della proposta di 
dichiarazione, cessano gli 
effetti 
di 
cui 
all�art. 146, comma 1�:a 
decadere non � la proposta, ma l�effetto preliminare. 
Anche 
il 
testo previgente 
dell�art. 141, introdotto dal 
d.lgs. 157/2006, stabiliva 
al 
comma 
3 
che 
�in caso di 
inutile 
decorso del 
predetto termine 
cessano gli 
effetti 
cui 
all�articolo 146, 
comma 1�. 


Coerentemente 
con il 
principio introdotto dall�art. 2 della 
legge 
n. 241 del 
1990, e 
rafforzato 
dalle 
modifiche 
al 
medesimo, il 
potere 
autoritativo della 
pubblica 
amministrazione 
� 
circoscritto 
temporalmente. In materia 
di 
tutela 
paesaggistica 
il 
legislatore 
ha 
adottato un compromesso, 
prevedendo che 
il 
potere 
impositivo del 
vincolo persiste 
anche 
dopo la 
scadenza 
del 
termine, ma cessa l�effetto restrittivo derivante dal suo (iniziale) esercizio. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Muovendo da 
questa 
premessa, si 
pu� correttamente 
inquadrare 
il 
richiamo reciproco tra 
art. 
146, comma 1 e art. 157, comma 2. 
Nella 
formulazione 
originaria 
del 
Codice, 
non 
essendo 
prevista 
la 
cessazione 
dell�effetto 
preliminare 
alla 
scadenza 
del 
termine 
per provvedere, il 
richiamo poteva 
effettivamente 
ritenersi 
indicativo della 
volont� 
del 
legislatore 
di 
conservare 
l�effetto preliminare 
delle 
proposte 
anteriori 
al Codice anche in caso di scadenza del termine per approvarle. 
In tal 
senso l�art. 157, comma 
2, piuttosto che 
far salva 
la 
disciplina 
anteriore 
al 
Codice 
per 
le 
situazioni 
pendenti, 
prevedeva 
l�applicazione 
ad 
esse 
della 
nuova 
disciplina, 
ispirata 
(al 
momento dell�entrata in vigore del Codice) a un principio analogo. 
L�art. 157, comma 
2 � 
una 
norma 
di 
diritto transitorio e 
non di 
diritto intertemporale. Infatti, 
sono disposizioni 
di 
diritto intertemporale 
le 
norme 
di 
carattere 
generale 
volte 
a 
comporre 
in 
via 
preventiva 
e 
generale 
le 
antinomie 
temporali 
tra 
leggi 
(es. art. 2 c.p. e 
art. 11 preleggi); 
sono 
norme 
transitorie 
le 
disposizioni 
poste 
in 
chiusura 
di 
specifiche 
riforme 
legislative, 
dirette 
espressamente 
allo scioglimento di 
antinomie 
che 
si 
verificano nel 
passaggio dalla 
legge 
anteriore 
alla posteriore ed a rendere pi� graduale il suddetto passaggio. 
Introdotta 
la 
regola 
secondo cui 
l�effetto preliminare 
viene 
meno allo scadere 
del 
termine, il 
rinvio operato dall�art. 157, comma 
2, pur testualmente 
immodificato, non ha 
pi� lo stesso 
significato. 
Il 
fenomeno delle 
modificazioni 
della 
norma 
(precetto) a 
disposizione 
(testo) invariata 
- ben 
noto agli 
interpreti 
- � 
stato cristallizzato dalle 
Sezioni 
Unite 
civili: 
�in ragione, appunto, di 
tale 
collegamento tra norma giuridica e 
valore 
(che 
segna il 
discrimine 
tra legge 
fisica o di 
natura e 
il 
diritto come 
legge 
assiologica), ed anche 
del 
suo inevitabile 
porsi 
come 
elemento 
(di 
settore) di 
un sistema ordinamentale, la norma, una volta posta in essere, non resta cristallizzata 
in se 
stessa, ma � 
soggetta, ex 
se, a dinamiche 
evolutive. nel 
senso che, nel 
tempo, 
essa � 
suscettibile 
di 
assumere 
una molteplicit� di 
contenuti, in relazione 
ed entro il 
limite 
dei 
significati 
resi 
possibili 
dalla plurivocit� del 
significante 
testuale 
- per 
un duplice 
ordine 
di fattori propulsivi, interni ed esterni. [�] 
Parallelamente, 
per 
quanto 
poi 
attiene 
all�incidenza 
di 
fattori 
esterni, 
� 
decisivo 
l�aspetto 
strutturale-sistematico della regola iuris, quale 
elemento non in s� 
autoconchiuso, ma segmento 
invece 
di 
una complessa architettura giuridica, coordinata secondo postulati 
di 
unitariet� 
e 
completezza. in questo articolato mosaico, ogni 
disposizione 
si 
trova cos� 
inserita in 
settori 
e 
subsettori 
normativi 
ed 
investe 
una 
serie 
di 
relazioni 
reciproche 
con 
norme 
contigue. 
Per 
cui 
� 
ben comprensibile 
come, in prospettiva diacronica, le 
eventuali 
successive 
modificazioni, 
abrogazioni, sostituzioni 
delle 
disposizioni 
interferenti 
abbiano una possibile 
ed automatica 
ricaduta sul 
contenuto della disposizione 
in questione, anche 
per 
questa via quindi 
innescandone processi modificativi� 
(Cass. sez. un., n. 15144 del 2011). 
Probabilmente 
il 
legislatore 
avrebbe 
fatto meglio a 
introdurre 
una 
norma 
di 
coordinamento, 
per evitare 
equivoci 
interpretativi, ma 
il 
suo mancato intervento non pu� certo leggersi 
come 
manifestazione 
della 
volont� 
di 
mantenere 
il 
regime 
transitorio 
inalterato, 
posto 
che 
a 
distanza 
di 
due 
anni 
dall�entrata 
in 
vigore 
del 
Codice 
la 
fase 
transitoria 
era 
oramai 
superata 
e 
il 
sistema 
normativo che ne costituiva oggetto era cambiato. 
In particolare, il 
rinvio operato dall�art. 157, comma 
2 (�le 
disposizioni 
della presente 
Parte 
si 
applicano anche 
agli 
immobili 
ed alle 
aree 
in ordine 
ai 
quali, alla data di 
entrata in vigore 
del 
presente 
codice, sia stata formulata la proposta�), ha 
coperto anche 
la 
regola 
della 
decadenza 
introdotta 
nell�art. 
141 
dal 
d.lgs. 
157/2006 
e 
riformulata 
dal 
d.lgs. 
63/2008, 
non 
avendo 
alcun 
fondamento 
la 
tesi 
secondo 
cui 
esso 
sia 
limitato 
alle 
norme 
di 
tutela 
(dunque 
al 
solo 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


art. 146), o che 
si 
tratta 
di 
rinvio fisso (dunque 
al 
testo originario dell�art. 141). Infatti, l�art. 
157, comma 2: 
a) 
richiama 
integralmente 
la 
parte 
III 
del 
Codice, 
senza 
distinguere 
tra 
norme 
sostanziali 
e 
norme 
procedurali, n� 
per vero l�art. 141, comma 
5 potrebbe 
ritenersi 
norma 
meramente 
procedurale; 
b) non prevede 
un rinvio recettizio, ma 
formale 
(quindi 
mobile), come 
si 
evince 
dalla 
formulazione 
letterale, che 
si 
riferisce 
alla 
fonte 
(�le 
disposizioni 
della presente 
Parte�) e 
non al 
contenuto. 
Posto, dunque, che 
l�art. 157, comma 
2 rinvia 
tanto all�art. 141, comma 
5 quanto all�art. 146, 
comma 
1, per evitare 
l�assurdo logico che 
esso implichi 
allo stesso tempo che 
l�effetto preliminare 
delle 
proposte 
anteriori 
al 
Codice 
cessi 
(art. 
141, 
comma 
5) 
e 
persista 
(art. 
146, 
comma 
1), 
l�unica 
soluzione 
possibile 
� 
interpretarlo 
nel 
senso 
che 
esso 
intenda 
da 
un 
lato 
conservare 
l�efficacia 
delle 
proposte 
anteriori 
al 
Codice, dall�altro assoggettarne 
l�effetto preliminare 
di 
vincolo alla disciplina vigente. 
� 
opportuno precisare 
che 
una 
siffatta 
conclusione 
� 
doverosa 
sul 
piano esegetico, poich� 
il 
(rispetto del) principio di 
non contraddizione 
� 
un vincolo per l�interprete, (e 
di 
cui, la 
stessa 
giurisprudenza costituzionale rappresenta il baluardo). 


4.2 Il 
principio di 
irretroattivit� 
della 
legge 
non � 
vulnerato, poich� 
la 
tesi 
della 
discontinuit� 
non si fonda sulla retroattivit� della nuova disciplina, ma sulla non ultrattivit� della vecchia. 
A 
essere 
precisi, tuttavia, la 
questione 
non si 
pone 
neppure: 
solo se 
mancasse 
una 
norma 
transitoria, 
occorrerebbe 
interpretare 
la 
portata 
(retroattiva 
o 
meno) 
della 
nuova 
legge. 
Ma 
la 
norma transitoria esiste e regola l�applicabilit� alle situazioni pendenti della nuova legge. 
La 
vecchia 
disciplina, peraltro, non � 
costituita 
dalla 
normativa 
anteriore 
al 
Codice, ma 
dalla 
stessa 
normativa 
codicistica, prima 
che, per effetto dei 
d.lgs. 157/2006 e 
63/2008, l�art. 141 
prevedesse 
la 
cessazione 
del 
vincolo preliminare 
allo scadere 
del 
termine 
di 
adozione 
della 
dichiarazione di notevole interesse pubblico del bene. 
Essendo - appunto - l�attuale 
art. 141 parimenti 
richiamato dall�art. 157, comma 
2, � 
il 
legislatore 
(e 
non l�interprete) ad aver stabilito che 
le 
proposte 
anteriori 
al 
Codice 
sono assoggettate 
alla nuova disciplina, introdotta nel 2006 e confermata nel 2008. 
Se, dunque, si 
volesse 
proseguire 
a 
ragionare 
in termini 
di 
retroattivit� 
o meno, si 
dovrebbe 
quantomeno 
prendere 
atto 
che 
sarebbe 
una 
retroattivit� 
voluta 
dal 
legislatore, 
non 
censurabile 
dal 
punto di 
vista 
costituzionale, riferendosi 
a 
rapporti 
sorti 
anteriormente 
ma 
non esauriti, ai 
quali dunque l�applicazione della disciplina vigente � del tutto ragionevole. 
Far cessare 
gli 
effetti 
della 
proposta 
di 
vincolo adottata 
nel 
passato non � 
meno logico che 
conservarli, tanto pi� che 
si 
tratta 
di 
un passato remoto: 
le 
proposte 
sono quelle 
anteriori 
al 
2004 
(entrata 
in 
vigore 
del 
Codice), 
mentre 
la 
cessazione 
del 
vincolo 
� 
stata 
prevista 
nel 
2006 
e poi nel 2008 (entrata in vigore delle modifiche). 
A 
ci� si 
aggiunga 
l�opportunit� 
di 
uniformare 
il 
sistema, per esigenze 
di 
coerenza 
e 
di 
parit� 
di 
trattamento, che 
viene 
in rilievo allorquando si 
debbano valutare 
fatti 
accaduti 
nel 
passato 
i cui effetti si producono nel presente. 
4.3 
Da 
ultimo, 
sul 
piano 
teleologico, 
la 
tesi 
della 
discontinuit� 
si 
giustifica 
alla 
luce 
della 
considerazione, 
da 
parte 
del 
legislatore, 
di 
una 
pluralit� 
di 
valori 
costituzionali, 
quali, 
oltre 
quello 
del 
paesaggio, 
la 
protezione 
della 
propriet� 
privata 
(art. 
41 
Cost., 
nonch� 
art. 
1 
del 
I 
protocollo 
addizionale 
alla 
CEDU 
e 
quindi 
art. 
117 
Cost.), 
e 
il 
buon 
andamento 
della 
pubblica 
amministrazione. 
Pu� ulteriormente 
aggiungersi 
che 
la 
tesi 
della 
continuit� 
si 
pone 
in conflitto con il 
canone 
della 
ragionevolezza, poich� 
ammette 
che 
il 
vincolo preliminare 
possa 
essere 
efficace 
anche 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


a 
distanza 
di 
numerosi 
anni 
dalla 
proposta, ancorch� 
da 
tempo sia 
stata 
introdotta 
nel 
Codice 
una disposizione che ne sancisce la perdita di efficacia. 
L�immagine 
delle 
�super proposte�, coniate 
per le 
proposte 
di 
vincolo pi� antiche, � 
uno stratagemma 
retorico 
per 
evidenziare 
l�irrazionalit� 
di 
una 
soluzione 
che 
punti 
a 
conservarne 
l�effetto 
vincolante 
a 
distanza 
di 
molti 
anni 
e 
al 
subentrare 
di 
una 
disciplina 
che 
ne 
prevede 
la 
decadenza allo spirare del termine fissato per la conclusione del procedimento. 
Tale 
argomento non sembra 
possa 
essere 
superato dalla 
possibilit�, per il 
privato, di 
esperire 
l�azione 
contro l�inerzia 
prevista 
dal 
Codice 
del 
processo amministrativo. Ed infatti, gravare 
il 
privato dell�onere 
di 
agire 
per la 
conclusione 
di 
un procedimento d�ufficio, diretto a 
vincolare 
la sua propriet�, appare obiettivamente paradossale. 

5. Le 
osservazioni 
sopra 
esposte 
trovano ulteriore 
conferma 
considerando la 
natura 
delle 
disposizioni 
contenute 
negli 
artt. 141, c. 5 e 
147, c. 2 del 
codice 
dei 
beni 
culturali, alla 
stregua 
delle 
quali, 
a 
far 
data 
dalla 
loro 
entrata 
in 
vigore, 
il 
mancato 
esercizio 
del 
potere 
di 
provvedere 
sulla proposta comporta la cessazione dell�effetto temporaneamente inibitorio di essa. 
Giova 
infatti 
rilevare 
che 
quelle 
in questione 
non sono norme 
che 
intervengono sulle 
�proposte� 
di 
vincolo, 
ma 
disposizioni 
che 
operano, 
invece, 
sul 
potere 
ministeriale 
di 
provvedere 
sulle 
medesime 
proposte, ivi 
comprese 
quelle 
anteriori 
alla 
nuova 
disciplina, da 
cui 
permanente 
validit� 
� 
stata 
garantita 
dalla 
norma 
transitoria 
di 
cui 
all�art. 152. Non a 
caso, d�altra 
parte, la 
rubrica 
dell�art. 141 fa 
riferimento ai 
�provvedimenti 
ministeriali�, e 
quindi 
ci� che 
costituisce l�esercizio del potere. 
Le 
norme 
in 
questione 
intervengono, 
cos�, 
sul 
potere 
dell�amministrazione, 
diversamente 
conformandolo 
nel 
senso di 
far conseguire 
al 
suo mancato esercizio nel 
termine 
di 
180 giorni, 
non la 
decadenza 
della 
proposta, ma 
la 
semplice 
cessazione 
degli 
effetti 
di 
salvaguardia. A 
partire 
da 
tale 
data 
l�Amministrazione 
conserva 
il 
potere-dovere 
di 
provvedere 
sulla 
proposta, 
ma 
deve 
tener conto del 
fatto che 
� 
ormai 
cessata 
l�efficacia 
inibitoria 
conseguente 
alla 
sua 
presentazione. La 
norma 
intende 
indurre 
l�amministrazione 
ad un pi� tempestivo intervento, 
eliminando la 
possibilit� 
di 
premiare, attraverso la 
permanenza 
degli 
effetti 
della 
proposta, 
l�inerzia 
dell�amministrazione 
medesima, senza 
precludere, pur dopo i 
180 giorni, la 
possibilit� 
di un suo intervento. 
Consegue 
da 
ci� 
che 
la 
nuova 
disciplina, 
introdotta 
con 
il 
d.lgs. 
157/2006 
e 
con 
il 
d.lgs. 
63/2008, non tocca 
le 
proposte 
(ivi 
comprese 
quelle 
di 
cui 
all�art. 157, c. 2) che 
sono e 
rimangono 
efficaci, ma 
semplicemente 
l�esercizio del 
potere 
e 
le 
sue 
conseguenze, in caso di 
inerzia 
protrattasi 
oltre 
180 giorni. La 
nuova 
disciplina, in qualche 
modo, pone 
un collegamento, 
prima 
inesistente, tra 
l�esercizio del 
potere 
e 
l�efficacia 
inibitoria 
delle 
proposte, facendo 
venir 
meno 
proprio 
quella 
efficacia 
inibitoria 
che, 
prima 
della 
novella, 
appariva 
collegata 
ad un potere 
configurato come 
temporalmente 
illimitato. E 
quindi 
la 
diversa 
conformazione 
del 
potere 
di 
provvedere 
a 
venire 
in discussione, e 
non, per cos� 
dire, la 
natura 
della 
proposta, se 
non altro sotto il 
profilo temporale: 
se 
cio�, antecedente 
o susseguente 
alla 
nuova 
disciplina. Non vi 
sono, in altri 
termini 
proposte 
dotate 
di 
una 
efficacia 
vincolante 
sine 
die, e 
proposte 
(successive 
alla 
novella) a 
regime 
di 
salvaguardia 
temporalmente 
limitato; 
vi 
� 
semplicemente 
un potere 
dell�amministrazione, che, dopo la 
novella 
� 
diversamente 
conformato 
in relazione 
al 
suo esercizio nel 
tempo, con conseguenze 
in ordine 
agli 
effetti 
di 
salvaguardia. 
� 
quindi 
la 
diversa 
conformazione 
del 
potere 
a 
rendere, a 
far data 
dell�entrata 
in 
vigore 
delle 
nuove 
norme, temporanea 
quell�efficacia 
di 
salvaguardia 
che 
in passato (a 
fronte 
di 
una 
conformazione 
del 
potere 
come 
privo 
di 
conseguenze 
in 
relazione 
al 
tempo 
di 
esercizio) 
appariva permanente. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


L�erroneit� 
della 
prospettiva 
tradizionale 
si 
coglie, d�altra 
parte, considerando che, ove 
fosse 
vera 
la 
tesi 
con essa 
prospettata, dovrebbe 
ritenersi 
che, con la 
norma 
transitoria 
dell�art. 152 
si 
preservi 
(non solo l�efficacia 
e 
la 
validit� 
della 
proposta 
anteriore 
nel 
tempo ma) anche 
un 
potere 
dell�amministrazione 
temporalmente 
illimitato 
senza 
conseguenze 
in 
ordine 
al 
suo 
mancato esercizio; 
esito questo che 
deve 
essere 
escluso dal 
momento che 
l�art. 152, c. 2, si 
riferisce 
con 
chiarezza 
agli 
immobili 
per 
i 
quali 
sia 
stata 
presentata 
la 
proposta, 
e 
quindi, 
esclusivamente 
alla proposta e non al potere. 
�, d�altra 
parte, lo stesso art. 157, c. 2, ad evidenziare 
l�applicabilit� 
della 
nuova 
disciplina 
anche 
alle 
�vecchie� 
proposte; 
esso, infatti, nell�affermare 
l�applicabilit� 
delle 
�disposizioni 
della 
presente 
Parte� 
(Parte 
IX: 
libert� 
di 
iniziativa 
economica 
e 
propriet�) agli 
immobili 
per 
i 
quali 
�sia 
stata 
formulata 
la 
proposta�, positivamente 
estende 
a 
tali 
proposte 
anche 
la 
disciplina 
di tale Parte introdotta con la sopra indicata novella legislativa. 
In tal 
modo, infine, viene 
fatta 
corretta 
applicazione 
alla 
fattispecie 
del 
principio 
tempus 
regit 
actum, dal 
momento che 
la 
nuova 
disciplina 
viene 
applicata 
alla 
fase 
del 
procedimento (valutazione 
della 
proposta 
ai 
fini 
dell�assunzione 
del 
provvedimento 
definitivo) 
ancora 
in 
corso. 
Va 
rilevato, infine, che 
una 
interpretazione 
del 
senso sopra 
prospettato evita 
macroscopiche 
irrazionalit�: 
a) 
escludendo 
l�esistenza 
di 
proposte 
con 
un 
effetto 
inibitorio 
permanente 
(cos� 
premiando 
proprio quell�inerzia dell�amministrazione che il legislatore intende escludere); 
b) escludendo un paradossale 
mutamento di 
natura 
delle 
proposte 
anteriori 
alla 
novella, dal 
momento che 
una 
mera 
norma 
di 
salvaguardia 
delle 
proposte 
antecedenti 
(art. 157) avrebbe 
sostanzialmente 
trasformato queste 
in provvedimenti 
definitivi 
di 
vincolo, ed una 
tutela 
interinale 
in una tutela definitiva. 


6. 
Proprio 
l�opzione 
legislativa 
per 
un 
bilanciamento 
dei 
contrapposti 
valori 
induce 
a 
riflettere 
sulle conseguenze della tesi della discontinuit�. 
La 
difesa 
statale 
ha 
insistito sulla 
compromissione 
della 
tutela 
paesaggistica 
che 
ne 
deriverebbe, 
essa 
implicando la 
cessazione 
ex 
abrupto 
di 
un numero indefinito (ma 
verosimilmente 
elevato) di 
proposte 
di 
vincolo, che 
lascerebbe 
prive 
di 
protezione 
aree 
pregiate 
dal 
punto di 
vista naturalistico o culturale. 
Il timore � infondato per due successivi ordini di ragioni: 
a) cessa l�effetto preliminare di vincolo, non l�efficacia della proposta; 
b) 
la 
decadenza 
dell�effetto 
preliminare 
non 
� 
immediata, 
ma 
decorso 
il 
termine 
di 
180 
giorni. 
� 
vero che, in base 
al 
combinato disposto dell�art. 140, comma 
1 e 
dell�art. 139, comma 
5 del 
Codice, tale 
termine 
decorre 
dalla 
pubblicazione 
della 
proposta 
(quindi, per le 
proposte 
anteriori 
al 
Codice, il 
vincolo preliminare 
sarebbe 
decaduto decorsi 
180 giorni 
dall�entrata 
in vigore 
-ad 
opera 
del 
d.lgs. 
63/2008 
-dell�attuale 
testo 
dell�art. 
141, 
comma 
5, 
che 
tale 
decadenza 
commina, ovvero, ancor prima, per effetto del 
d.lgs. 157/2006, che 
l�ha 
introdotta), ma, in un 
quadro di 
incertezza 
normativa, ben pu� il 
Consiglio di 
Stato - in sede 
Plenaria 
- modulare 
la 
portata temporale della propria sentenza, facendone decorrere gli effetti solo per il futuro. 
La 
possibilit� 
di 
modulare 
la 
portata 
temporale 
delle 
decisioni 
giurisdizionali 
� 
un principio 
affermato dalla 
Corte 
di 
Giustizia 
UE 
(e, meno incisivamente, dalla 
giurisprudenza 
costituzionale), 
che trova terreno fertile nel processo amministrativo. 
La 
giurisprudenza 
comunitaria 
ha 
gi� 
da 
tempo affermato - nell�ambito della 
giurisdizione 
di 
annullamento sugli 
atti 
comunitari 
- che 
il 
principio dell�efficacia 
ex 
tunc 
dell�annullamento, 
seppur costituente 
la 
regola, non ha 
portata 
assoluta 
e 
che 
la 
Corte 
pu� dichiarare 
che 
l�annullamento 
di 
un atto (sia 
esso parziale 
o totale) abbia 
effetto 
ex 
nunc 
o che, addirittura, l�atto 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


medesimo conservi 
i 
propri 
effetti 
sino a 
che 
l�istituzione 
comunitaria 
modifichi 
o sostituisca 
l�atto impugnato (Corte 
di 
Giustizia, 5 giugno 1973, Commissione 
c. Consiglio, in C-81/72; 
1999, Parlamento c. Consiglio, in C-164/97 e 165/97). 
Tale 
potere 
valutativo prima 
dell�entrata 
in vigore 
del 
Trattato di 
Lisbona 
era 
previsto espressamente 
nel 
caso 
di 
riscontrata 
invalidit� 
di 
un 
regolamento 
comunitario 
(art. 
231 
del 
Trattato 
della 
Comunit� 
Europea), ma 
era 
esercitabile 
- ad avviso della 
Corte 
- anche 
nei 
casi 
di 
impugnazione 
delle 
decisioni 
(Corte 
di 
Giustizia, 
12 
maggio 
1998, 
Regno 
Unito 
c 
Commissione, 
in C-106/96), delle 
direttive 
e 
di 
ogni 
altro atto generale 
(Corte 
di 
Giustizia, 7 luglio 1992, 
Parlamento c. Consiglio, in C-295/90; 5 luglio 1995, Parlamento c Consiglio, in C-21-94). 
La 
Corte 
di 
Giustizia 
� 
dunque 
titolare 
anche 
del 
potere 
di 
statuire 
la 
perduranza, in tutto o in 
parte, degli 
effetti 
dell�atto risultato illegittimo, per un periodo di 
tempo che 
pu� tenere 
conto 
non solo del principio di certezza del diritto e della posizione di chi ha vittoriosamente agito 
in giudizio, ma 
anche 
di 
ogni 
altra 
circostanza 
da 
considerare 
rilevante 
(Corte 
di 
Giustizia, 
10 gennaio 2006, in C-178/03; 
3 settembre 
2008, in C-402/05 e 
415/05; 
22 dicembre 
2008, 
in C-333/07). 
Tale 
giurisprudenza 
ha 
trovato un fondamento testuale 
nel 
secondo comma 
dell�art. 264 del 
Trattato sul 
funzionamento della 
Unione 
Europea, che 
non contiene 
pi� il 
riferimento delimitativo 
alla 
categoria 
dei 
regolamenti 
(�se 
il 
ricorso 
� 
fondato, 
la 
corte 
di 
giustizia 
dell�Unione 
europea dichiara nullo e 
non avvenuto l�atto impugnato. tuttavia la corte, ove 
lo reputi 
necessario, 
precisa gli effetti dell�atto annullato che devono essere considerati definitivi�). 
I principi 
europei 
sono trasferibili 
nell�ordinamento nazionale 
in virt� dell�art. 1 del 
Codice 
sul 
processo 
amministrativo, 
secondo 
cui 
�la 
giurisdizione 
amministrativa 
assicura 
una 
tutela 
piena ed effettiva secondo i principi della costituzione e del diritto europeo�. 
Il 
Consiglio di 
Stato ha 
gi� 
fatto applicazione 
di 
codesti 
principi 
(leading case 
Cons. Stato, 
sez. 
VI, 
n. 
2755 
del 
2011): 
rilevata 
l�illegittimit� 
del 
piano 
faunistico 
venatorio 
regionale, 
piuttosto 
che 
annullarlo 
(cos� 
eliminando 
le 
-pur 
insufficienti 
-misure 
protettive 
per 
la 
fauna), 
il 
giudice 
amministrativo ha 
statuito l�obbligo di 
procedere 
entro dieci 
mesi 
all�approvazione 
di un nuovo piano faunistico, in conformit� alla motivazione di accoglimento del ricorso. 
Ad 
avviso 
del 
Collegio 
la 
regola 
dell�annullamento 
con 
effetti 
ex 
tunc 
dell�atto 
impugnato 
pu�, sia 
pure 
in circostanze 
assolutamente 
eccezionali, trovare 
una 
deroga, con la 
limitazione 
parziale 
della 
retroattivit� 
degli 
effetti 
(si 
veda, 
in 
questo 
senso, 
Sez. 
VI, 
9 
marzo 
2011, 
n. 
1488), o con la loro decorrenza 
ex nunc. 
L�ordinamento riconosce 
la 
possibilit� 
di 
graduare 
l�efficacia 
delle 
decisioni 
di 
annullamento 
di 
un atto amministrativo (cfr. l�art. 21-nonies 
della 
legge 
n. 241 del 
1990 e 
l�art. 34, comma 
1, lettera 
a), del 
Codice 
del 
processo amministrativo). � 
altres� 
ammessa 
la 
possibilit� 
per il 
giudice 
amministrativo di 
modellare 
nel 
caso concreto l�efficacia 
delle 
sentenza 
in materia 
di 
contratti pubblici (cfr. artt. 121 e 122 del Codice del processo amministrativo). 
Anche 
la 
Corte 
costituzionale, pur partendo dal 
principio della 
natura 
intrinsecamente 
retroattiva 
delle 
sentenze 
dichiarative 
dell�incostituzionalit� 
di 
una 
legge, nell�accogliere 
la 
questione 
di 
legittimit� 
della 
disposizione 
che 
introduce 
un�addizionale 
all�imposta 
sul 
reddito 
delle 
societ� 
per talune 
imprese 
(c.d. Robin Tax), ha 
affermato che 
gli 
�effetti 
della dichiarazione 
di 
illegittimit� costituzionale 
decorrono, tuttavia, dal 
giorno successivo alla pubblicazione 
della 
decisione 
nella 
Gazzetta 
Ufficiale 
al 
fine 
di 
evitare 
che 
l�impatto 
macroeconomico 
delle 
restituzioni 
dei 
versamenti 
tributari 
connesse 
alla pronuncia determini 
uno squilibrio 
del 
bilancio dello stato di 
entit� tale 
da implicare 
la necessit� di 
una manovra finanziaria 
aggiuntiva, anche 
per 
non venir 
meno al 
rispetto dei 
parametri 
cui 
l�italia si 
� 
obbligata in 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


sede 
di 
Unione 
europea 
ed 
internazionale 
e, 
in 
particolare, 
delle 
previsioni 
annuali 
e 
pluriennali 
indicate 
nelle 
leggi 
di 
stabilit� 
in 
cui 
tale 
entrata 
� 
stata 
considerata 
a 
regime� 
(Corte 
cost., 11 febbraio 2015 n. 10). 
La 
graduazione 
degli 
effetti 
nel 
tempo della 
sentenza 
di 
accoglimento pu�, cos�, ritenersi 
eccezionalmente 
ammessa 
a 
due 
condizioni: 
�l�impellente 
necessit� 
di 
tutelare 
uno 
o 
pi� 
principi 
costituzionali 
i 
quali, altrimenti, risulterebbero irrimediabilmente 
compromessi 
da una decisione 
di 
mero accoglimento e 
la circostanza che 
la compressione 
degli 
effetti 
retroattivi 
sia 
limitata 
a 
quanto 
strettamente 
necessario 
per 
assicurare 
il 
contemperamento 
dei 
valori 
in 
gioco�. 


Rispetto 
a 
tale 
quadro, 
merita 
segnalare 
la 
peculiarit� 
delle 
pronunce 
dell�Adunanza 
Plenaria. 
Stabilisce 
l�art. 99 del 
Codice 
del 
processo amministrativo (�deferimento all�adunanza plenaria�): 
�1. la sezione 
cui 
� 
assegnato il 
ricorso, se 
rileva che 
il 
punto di 
diritto sottoposto al 
suo 
esame 
ha 
dato 
luogo 
o 
possa 
dare 
luogo 
a 
contrasti 
giurisprudenziali, 
con 
ordinanza 
emanata 
su richiesta delle 
parti 
o d�ufficio pu� rimettere 
il 
ricorso all�esame 
dell�adunanza plenaria. 
l�adunanza plenaria, qualora ne ravvisi l�opportunit�, pu� restituire gli atti alla sezione. 


2. Prima della decisione, il 
presidente 
del 
consiglio di 
stato, su richiesta delle 
parti 
o d�ufficio, 
pu� deferire 
all�adunanza plenaria qualunque 
ricorso, per 
risolvere 
questioni 
di 
massima 
di particolare importanza ovvero per dirimere contrasti giurisprudenziali. 
3. se 
la sezione 
cui 
� 
assegnato il 
ricorso ritiene 
di 
non condividere 
un principio di 
diritto 
enunciato dall�adunanza plenaria, rimette 
a quest�ultima, con ordinanza motivata, la decisione 
del ricorso. 
4. 
l�adunanza 
plenaria 
decide 
l�intera 
controversia, 
salvo 
che 
ritenga 
di 
enunciare 
il 
principio 
di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente. 
5. 
se 
ritiene 
che 
la 
questione 
� 
di 
particolare 
importanza, 
l�adunanza 
plenaria 
pu� 
comunque 
enunciare 
il 
principio di 
diritto nell�interesse 
della legge 
anche 
quando dichiara il 
ricorso 
irricevibile, 
inammissibile 
o 
improcedibile, 
ovvero 
l�estinzione 
del 
giudizio. 
in 
tali 
casi, 
la 
pronuncia dell�adunanza plenaria non ha effetto sul provvedimento impugnato�. 
La 
costante 
dei 
cinque 
commi 
in 
cui 
si 
articola 
la 
disposizione 
� 
il 
principio 
di 
diritto, 
la 
cui 
enunciazione 
� 
lo 
scopo 
primo 
(se 
non 
unico: 
cfr. 
commi 
4 
e 
5) 
dell�intervento 
della 
Plenaria. 
Ci� che 
nel 
comune 
giudizio amministrativo � 
il 
contenuto di 
accertamento in iure 
della 
sentenza, 
meramente 
strumentale 
alla 
pronuncia 
di 
annullamento (pertanto confinato nella 
motivazione 
e 
delimitato dal 
caso concreto), nel 
giudizio in Plenaria 
identifica 
la 
pronuncia 
in s�, 
con due conseguenze. 
La 
prima 
conseguenza 
� 
il 
riconoscimento 
della 
natura 
essenzialmente 
interpretativa 
delle 
pronunce 
dell�Adunanza 
Plenaria, in particolare 
quando essa 
ritenga 
di 
enunciare 
il 
principio 
di diritto e di restituire per il resto il giudizio alla sezione remittente. 
Tale 
carattere 
consente 
di 
operare 
un 
(relativo) 
parallelismo 
con 
le 
decisioni 
pregiudiziali 
della 
Corte 
di 
giustizia, le 
quali 
hanno la 
stessa 
efficacia 
delle 
disposizioni 
interpretate 
e, pertanto, 
oltre 
a 
vincolare 
il 
giudice 
che 
ha 
sollevato la 
questione, spiegano i 
propri 
effetti 
anche 
rispetto a qualsiasi altro caso che debba essere deciso in applicazione delle medesime. 
Come 
le 
sentenze 
di 
annullamento e 
quelle 
di 
incostituzionalit�, anche 
le 
sentenze 
interpretative 
hanno efficacia 
retroattiva, ma 
per ragioni 
diverse: 
non si 
tratta 
di 
eliminare 
un atto dal 
mondo 
giuridico 
per 
vizi 
genetici 
o 
di 
dichiarare 
l�originaria 
difformit� 
di 
un 
legge 
dalla 
fonte 
superiore, ma 
di 
accertare 
il 
significato di 
un frammento dell�ordinamento giuridico qual 
era 
sin dal momento della sua venuta ad esistenza. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


In tali 
ipotesi 
la 
deroga 
alla 
retroattivit� 
trova 
fondamento, pi� che 
nel 
principio di 
effettivit� 
della tutela giurisdizionale, nel principio di certezza del diritto: si limita la possibilit� per gli 
interessati 
di 
far valere 
la 
norma 
giuridica 
come 
interpretata, se 
vi 
� 
il 
rischio di 
ripercussioni 
economiche 
o 
sociali 
gravi, 
dovute, 
in 
particolare, 
all�elevato 
numero 
di 
rapporti 
giuridici 
costituiti 
in buona 
fede 
sulla 
base 
di 
una 
diversa 
interpretazione 
normativa, sempre 
che 
risulti 
che 
i 
destinatari 
del 
precetto erano stati 
indotti 
ad un comportamento non conforme 
alla 
normativa 
in ragione 
di 
una 
obiettiva 
e 
rilevante 
incertezza 
circa 
la 
portata 
delle 
disposizioni 
(in 
tal 
senso, 
ma 
con 
riferimento 
all�ordinamento 
comunitario, 
Corte 
di 
Giustizia, 
15 
marzo 
2005, 
in C-209/03). 
A 
giustificazione 
dell�assunto 
vi 
� 
anche 
un 
dato 
testuale: 
l�art. 
113, 
comma 
3 
Cost. 
stabilisce 
che 
�la 
legge 
determina 
quali 
organi 
di 
giurisdizione 
possono 
annullare 
gli 
atti 
della 
pubblica 
amministrazione 
nei 
casi 
e 
con 
gli 
effetti 
previsti 
dalla 
legge 
stessa�. 
L�interposizione 
del 
legislatore 
non 
occorre 
allorquando 
via 
sia 
un 
principio 
generale 
dell�ordinamento 
UE 
direttamente 
applicabile 
che 
permetta 
al 
giudice 
amministrativo 
di 
pronunciarsi 
sulla 
legittimit� 
degli 
atti 
della 
pubblica 
amministrazione 
modulando 
gli 
effetti 
della 
propria 
sentenza, 
e 
ci� 
vale 
in 
particolare 
quando 
il 
giudizio 
di 
annullamento 
presenti 
uno 
spiccato 
carattere 
interpretativo. 
La 
seconda 
conseguenza 
� 
la 
praticabilit� 
della 
prospective 
overruling, in forza 
della 
quale 
il 
principio 
di 
diritto, 
affermato 
in 
contrasto 
con 
l�orientamento 
prevalente 
in 
passato, 
non 
verr� 
applicato (con vari 
aggiustamenti) alle 
situazioni 
anteriori 
alla 
data 
della 
decisione. La 
prospective 
overruling si 
esplicita, dunque, nella 
possibilit� 
per il 
giudice 
di 
modificare 
un precedente, 
ritenuto inadeguato, per tutti 
i 
casi 
che 
si 
presenteranno in futuro, decidendo per� il 
caso alla sua immediata cognizione in base alla regola superata. 
In conclusione: 
all�Adunanza 
Plenaria 
� 
concessa 
la 
possibilit� 
di 
limitare 
al 
futuro l�applicazione 
del principio di diritto al verificarsi delle seguenti condizioni: 
a) l�obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; 
b) l�esistenza di un orientamento prevalente contrario all�interpretazione adottata; 
c) la 
necessit� 
di 
tutelare 
uno o pi� principi 
costituzionali 
o, comunque, di 
evitare 
gravi 
ripercussioni 
socio-economiche. 
Nella fattispecie in esame sussistono tutte le condizioni, poich�: 
a) il dato letterale � equivoco; 
b) la tesi della continuit� � prevalente; 
c) � 
necessario, a 
tutela 
del 
paesaggio, evitare 
la 
cessazione 
istantanea 
di 
tutti 
i 
vincoli 
preliminari 
attualmente esistenti su aree di interesse naturalistico o culturale. 
Avendo ritenuto che 
le 
proposte 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico anteriori 
al 
Codice 
conservino efficacia, mentre 
l�effetto preliminare 
di 
vincolo che 
ad esse 
si 
ricollega 
cessi 
decorso 
-senza 
che 
il 
relativo 
procedimento 
si 
sia 
concluso 
-il 
termine 
previsto 
dall�art. 
140, comma 
1 (180 giorni, che 
per tali 
proposte 
dovrebbe 
essere 
calcolato a 
partire 
dal 
d.lgs. 
63/2008, ovvero dal 
d.lgs. 157/2006), la 
delimitazione 
al 
futuro di 
tale 
principio implica 
che 
l�effetto preliminare cessi decorsi 180 giorni dalla pubblicazione della sentenza. 
Resta 
ferma 
la 
possibilit� 
del 
legislatore, in pendenza 
di 
detto termine, di 
intervenire 
a 
disciplinare 
ex 
novo 
la 
fattispecie, nel 
rispetto del 
principio di 
ragionevolezza 
e 
dei 
valori 
costituzionali 
difesi 
dalla 
tesi 
della 
disconrtinuit� 
(ad 
esempio 
allungando 
il 
termine 
per 
la 
conclusione 
dei 
procedimenti 
in questione 
del 
tempo strettamente 
necessario al 
censimento 
delle proposte esistenti). 


6. Al quesito deferito pu� dunque rispondersi che: 
�il 
combinato disposto - nell�ordine 
logico - dell�art. 157, comma 2, dell�art. 141, comma 5, 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


dell�art. 140, comma 1 e 
dell�art. 139, comma 5 del 
d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, deve 
interpretarsi 
nel 
senso che 
il 
vincolo preliminare 
nascente 
dalle 
proposte 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico 
formulate 
prima 
dell�entrata 
in 
vigore 
del 
medesimo 
decreto 
legislativo 
-come 
modificato 
con 
il 
d.lgs. 
24 
marzo 
2006, 
n. 
157 
e 
con 
il 
d.lgs. 
26 
marzo 
2008, 


n. 63 - cessa qualora il relativo procedimento non si sia concluso entro 180 giorni�. (1) 
�l�adunanza 
Plenaria 
del 
consiglio 
di 
stato 
pu� 
modulare 
la 
portata 
temporale 
delle 
proprie 
pronunce, 
in 
particolare 
limitandone 
gli 
effetti 
al 
futuro, 
al 
verificarsi 
delle 
seguenti 
condizioni: 
a) un�obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni da interpretare; 
b) l�esistenza di un orientamento prevalente contrario all�interpretazione adottata; 
c) la necessit� di 
tutelare 
uno o pi� principi 
costituzionali 
o, comunque, di 
evitare 
gravi 
ripercussioni 
socio-economiche�. (2) 
�il 
termine 
di 
efficacia di 
180 giorni 
del 
vincolo preliminare 
nascente 
dalle 
proposte 
di 
dichiarazione 
di 
notevole 
interesse 
pubblico formulate 
prima dell�entrata in vigore 
del 
d.lgs. 
22 gennaio 2004, n. 42 decorre dalla pubblicazione della presente sentenza�. 
(3) 
Ci� 
posto, 
il 
Collegio 
restituisce 
il 
giudizio 
alla 
Sezione 
remittente 
ai 
sensi 
dell�art. 
99, 
comma 
4 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio di 
Stato in sede 
giurisdizionale, Adunanza 
Plenaria, enuncia 
i 
principi 
di 
diritto 
di cui al punto 6 della motivazione e restituisce per il resto il giudizio alla IV sezione. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 ottobre 2017. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Quale indice per la determinazione delle 
royalties? 
Brevi riflessioni a seguito della sentenza 
n. 290/2018 del Consiglio di stato 


nota 
a 
consiGlio 
di 
stato, sez. sesta, sentenza 
18 Gennaio 
2018 n. 290 


Maria Bianca Armiento* 


sommario: 1. Un indice 
controverso: la vicenda processuale 
e 
le 
questioni 
di 
diritto 


2. 
l�evoluzione 
normativa 
della 
disciplina 
delle 
royalties 
e 
il 
ruolo 
dello 
stato 
�proprietario� 
degli 
idrocarburi 
- 3. il 
ruolo dello stato regolatore: la determinazione 
dei 
prezzi 
del 
gas 
sul 
mercato tutelato come forma di determinazione amministrativa dei prezzi - 4. conclusioni. 
1. Un indice controverso: la vicenda processuale e le questioni di diritto. 
Il 
Consiglio di 
Stato, con la 
sentenza 
in epigrafe, si 
� 
occupato della 
controversia 
relativa 
ai 
criteri 
di 
determinazione 
delle 
royalties 
che 
le 
societ� 
operanti 
nel settore degli idrocarburi devono corrispondere allo Stato. 

La 
questione 
nasceva 
dal 
ricorso 
proposto 
da 
diverse 
societ� 
titolari 
di 
concessioni 
di 
coltivazione 
di 
gas 
naturale 
al 
Tar 
Lombardia, 
per 
l�annullamento 
di 
una 
serie 
di 
provvedimenti 
del 
Ministero dello Sviluppo Economico 
e 
l�Autorit� 
di 
Regolazione 
per Energia, Reti 
e 
Ambiente 
(in seguito, anche 
ARERA), che 
determinavano le 
royalties 
in base 
all�indice 
QE 
(basato sulle 
quotazioni del petrolio e di altri combustibili). 


Il 
Tar 
Lombardia 
con 
la 
sentenza 
n. 
1219/2016 
accoglieva 
la 
tesi 
proposta 
dalle 
societ� 
ricorrenti 
che 
lamentavano 
che 
il 
criterio 
utilizzato 
dovesse 
essere 
sostituito dall�indice 
Pfor, basato sulle 
quotazioni 
del 
TTF, il 
mercato del 
gas 
olandese 
che 
rappresenta 
il 
benchmark 
per gli 
Stati 
Europei. L�uso di 
questo 
indice 
- adottato dall�ARERA 
per determinare 
il 
prezzo del 
gas 
sul 
mercato 
tutelato 
agli 
utenti 
finali 
-avrebbe 
comportato 
un 
risparmio 
di 
spesa 
per 
i 
concessionari, 
con conseguente diminuzione dell�introito destinato allo Stato. 

La 
normativa 
di 
riferimento, 
ossia 
l�art. 
19, 
comma 
5-bis, 
lett. 
b, 
del 
d.lgs. 


n. 625 del 
1996, che 
determinava, alla 
data 
di 
entrata 
in vigore 
della 
legge, i 
valori 
delle 
royalties 
per 
il 
gas 
naturale 
all�indice 
QE, 
richiamava 
infatti 
la 
delibera 
dell�ARERA 
n. 
52/99 
(1) 
e 
anche 
le 
�successive 
modificazioni� 
di 
questa; 
la 
delibera, 
in 
un 
primo 
momento, 
aveva 
adottato 
l�indice 
QE 
per 
determinare 
i 
prezzi 
di 
cessione 
del 
gas 
naturale 
agli 
utenti 
del 
mercato c.d. 
tutelato. Ritenevano le 
societ� 
ricorrenti 
che, a 
seguito della 
successiva 
ado(*) 
Ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso l�Avvocatua 
Generale 
dello Stato - con l�avv. St. Alessandra 
Bruni; dottoranda in Diritto Pubblico e dell�Economia dell�Universit� di Pisa. 


(1) Delibera 
n. 52/99, G.U. 
del 
30 aprile 
1999 n. 100 �Criteri 
per l�indicizzazione 
delle 
tariffe 
per 
la parte al costo della materia prima, nel servizio di distribuzione dei gas a mezzo reti urbane�. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


zione 
da 
parte 
dell�Autorit� 
dell�indice 
Pfor 
per 
determinare 
i 
prezzi 
per 
i 
clienti 
vulnerabili 
(2), si 
fosse 
verificato un rinvio mobile 
o dinamico alla 
disciplina 
regolatoria da parte di quella in materia di 
royalties 
(3). 


Ad 
avviso 
dei 
Giudici 
di 
prime 
cure, 
la 
soluzione 
prospettata 
dalle 
societ� 
era 
da 
accogliere, in quanto la 
norma 
in questione 
avrebbe 
configurato, mediante 
l�utilizzo dell�espressione 
�successive 
modificazioni�, effettivamente 
un 
rinvio 
mobile 
o 
dinamico, 
a 
testimonianza 
dell�interesse 
dell�Autorit� 
sulle 
vicende 
giuridiche 
intervenute 
nella 
regolazione 
di 
settore. 
Ne 
conseguiva 
che 
la 
vigenza 
dell�indice 
QE 
per 
la 
determinazione 
del 
valore 
delle 
aliquote 
spettanti 
allo Stato, ormai 
non pi� in grado di 
rispecchiare 
il 
costo della 
materia 
prima, 
non 
fosse 
pi� 
sostenibile 
e 
che 
dovesse 
dunque 
applicarsi 
l�indice 
Pfor, 
alla 
luce 
del 
rinvio dinamico operato dall�art. 19, comma 
5-bis 
alla 
disciplina 
regolatoria di settore. 


Avverso 
la 
predetta 
pronuncia, 
proponevano 
appello 
il 
Ministero 
dello 
Sviluppo 
Economico, 
l�ARERA 
e 
il 
Ministero 
dell�Economia 
e 
delle 
Finanze, 
deducendo la 
violazione 
della 
normativa 
in materia, ritenevano che 
non potesse 
configurarsi 
alcun tipo di 
rinvio, in quanto l�indice 
Pfor, utilizzato dal-
l�ARERA 
al 
solo fine 
di 
determinare 
i 
prezzi 
del 
gas 
naturale 
per i 
clienti 
del 
mercato 
tutelato, 
non 
trovava 
applicazione 
al 
di 
l� 
di 
quest�ambito, 
trattandosi 
di 
una 
disciplina 
diversa 
e 
non sovrapponibile 
alla 
disciplina 
della 
determinazione 
delle 
royalties 
che 
le 
societ� 
devono corrispondere 
allo Stato (ancorata 
proprio per la diversit� di finalit� e disciplina all�indice QE). 


Il 
Consiglio di 
Stato, con sentenza 
del 
18 gennaio 2018, ha 
riformato la 
sentenza 
del 
TAR Lombardia, accogliendo tali 
argomentazioni 
(4). In particolare, 
i 
Giudici 
di 
Palazzo Spada, nella 
lunga 
e 
articolata 
motivazione 
(in cui 
� 
stata 
ripercorsa 
anche 
l�evoluzione 
normativa 
della 
disciplina 
delle 
royalties), 
hanno 
ritenuto 
di 
non 
dover 
aderire 
alla 
tesi 
delle 
societ� 
ricorrenti, 
ancorando 
la 
propria 
decisione 
a 
due 
valutazioni, la 
prima 
di 
carattere 
economico e 
finanziario, 
la seconda di carattere strettamente giuridico. 

Quanto 
alla 
prima 
valutazione, 
ad 
avviso 
dei 
Giudici, 
l�utilizzo 
dell�indice 
QE 
- connesso a 
valori 
di 
mercato e 
considerato stabile 
- � 
necessario per ren


(2) Delibera 
n. 196/2013/R/Gas 
�Seconda 
fase 
della 
riforma 
delle 
condizioni 
economiche 
applicate 
ai 
clienti 
finali 
del 
servizio di 
tutela 
nel 
mercato del 
gas 
naturale 
a 
partire 
dall�1 ottobre 
2013. Modifiche 
al 
TIVG�. 
(3) Sostenevano inoltre 
i 
ricorrenti 
che 
la 
soluzione 
in questione 
fosse 
corroborata 
da 
quanto previsto 
dall�ultimo periodo della 
norma, che 
prevede 
che 
�A 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 2003, l'aggiornamento 
di 
tale 
indice, ai 
soli 
fini 
del 
presente 
articolo, � 
effettuato dall'Autorit� 
per l'energia 
elettrica 
e 
il 
gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione�. 
(4) 
In 
sede 
cautelare, 
il 
Consiglio 
di 
Stato, 
con 
ordinanza, 
aveva 
ritenuto 
che 
non 
fosse 
ragionevole 
una 
�confusione� 
tra 
una 
disciplina 
relativa 
agli 
oneri 
dovuti 
allo Stato in forza 
di 
una 
concessione 
amministrativa 
(quale 
quella 
di 
coltivazione 
dei 
giacimenti 
di 
idrocarburi, ai 
sensi 
del 
d.lgs. n. 625/1996) 
e 
quella 
relativa 
alla 
fissazione 
di 
prezzi 
di 
riferimento per la 
cessione 
di 
prodotti, da 
parte 
delle 
stesse 
societ�, agli utenti del mercato tutelato. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


dere 
�certa� 
l�entrata 
finanziaria 
attraverso l�utilizzo dell�indice 
QE 
al 
fine 
di 
calcolare 
il 
corrispettivo pecuniario; 
inoltre, secondo il 
Collegio, la 
prospettazione 
dei 
concessionari, 
per 
cui 
l�Autorit� 
con 
un 
atto 
amministrativo 
(di 
rango 
inferiore 
alla 
legge 
ordinaria) 
possa 
determinare 
una 
riduzione 
del 
gettito 
finanziario derivante 
dalla 
corresponsione 
delle 
royalties, contrasterebbe 
con 
i 
principi 
dell�art. 
81 
della 
Costituzione; 
alla 
luce 
del 
minor 
introito 
che 
ne 
deriverebbe 
con 
l�utilizzo 
dell�indice 
Pfor 
sarebbe 
di 
conseguenza 
necessaria 
una 
espressa 
previsione 
normativa 
al 
fine 
di 
�giustificare� 
gli 
effetti 
negativi 
che ne deriverebbero per il bilancio pubblico (5). 


Quanto alla 
valutazione 
di 
carattere 
giuridico, il 
Consiglio di 
Stato ha 
ritenuto 
che 
l�ARERA 
avesse 
abbandonato 
l�indice 
QE 
in 
favore 
dell�indice 
Pfor, per effetto del 
Decreto �Cresci 
Italia� 
(6) che 
ha 
imposto all�Autorit� 
di 
adeguare 
i 
prezzi 
di 
riferimento del 
gas 
naturale 
per i 
clienti 
vulnerabili 
(notevolmente 
pi� 
alti, 
attraverso 
l�impiego 
dell�indice 
QE), 
ma 
non 
anche 
di 
modificare 
i 
criteri 
di 
calcolo delle 
royalties, motivo per cui 
non poteva 
trovare 
accoglimento la prospettazione dei concessionari. 

2. 
l�evoluzione 
normativa 
della 
disciplina 
delle 
royalties 
e 
il 
ruolo 
dello 
stato 
�proprietario� degli idrocarburi. 
I Giudici, come 
pu� osservarsi, nel 
motivare 
l�accoglimento dell�appello 
-che 
sarebbe 
stato 
da 
ancorare 
piuttosto 
alla 
diversit� 
di 
rationes 
-hanno 
svolto valutazioni 
di 
carattere 
�pratico�, legate 
all�esigenza 
di 
mantenere 
costante, 
tramite 
le 
royalties, 
l�introito 
dello 
Stato, 
non 
soffermandosi 
invece 
sulla 
diversa 
natura 
dei 
due 
istituti, che 
giustifica 
l�applicazione 
di 
due 
indici 
differenti, e che in questa sede si prova a ricostruire. 

La 
differenza, in primo luogo, ha 
carattere 
�strutturale�, riguardando peraltro 
due 
momenti 
�separati� 
del 
mercato del 
gas 
naturale, al 
pari 
di 
quello 
dell�energia 
elettrica, mercato di 
filiera, caratterizzato da 
molteplici 
fasi: 
da 
un lato, la 
coltivazione 
degli 
idrocarburi, fase 
up-stream 
della 
filiera 
e 
dall�altro 
la 
vendita 
di 
gas 
naturale, fase 
tipicamente 
downstream, che 
vede 
la 
cessione 
del prodotto agli utenti finali. 


In secondo luogo, il 
divario nasce 
dall�impatto delle 
politiche 
di 
liberalizzazione 
delle 
public 
utilities, adottate 
dalla 
Comunit� 
Europea 
tra 
gli 
anni 
Ottanta 
e 
Novanta 
del 
secolo scorso attraverso lo strumento del 
vecchio art. 
90 
del 
Trattato 
Istitutivo 
(oggi 
art. 
106 
del 
Trattato 
sul 
Funzionamento 
del


(5) Il 
riferimento � 
all�art. 81, comma 
3, Cost. per cui 
�Ogni 
legge 
che 
importi 
nuovi 
o maggiori 
oneri 
provvede 
ai 
mezzi 
per farvi 
fronte�. Sull�evoluzione 
dell�art. 81, si 
veda 
M. PASSALACQUA, �Pareggio
� di 
bilancio contro intervento pubblico nel 
nuovo art. 81 della costituzione, in amministrazione 
in cammino, 2012, pp. 1 ss. 
(6) Art. 13, d.l. del 
24 gennaio 2012 n. 1 �Disposizioni 
urgenti 
per la 
concorrenza, lo sviluppo 
delle 
infrastrutture 
e 
la 
competitivit��, G.U. 
del 
24 gennaio 2012 n. 19 (convertito, con modificazioni 
in l. 24 marzo 2012 n. 27, G.U. 
del 24 marzo 2012 n. 71). 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


l�Unione 
Europea) che 
faceva 
divieto agli 
Stati 
Membri 
di 
emanare 
o mantenere 
nei 
confronti 
delle 
imprese 
titolari 
di 
�diritti 
speciali 
o esclusivi� misure 
contrarie 
alle 
norme 
del 
Trattato, 
segnatamente 
quelle 
relative 
alle 
regole 
concorrenziali, 
e 
sottoponeva 
a 
queste 
ultime 
le 
imprese 
pubbliche 
e 
private, incaricate 
di 
servizio 
di 
interesse 
economico 
generale 
e 
aventi 
carattere 
di 
monopolio fiscale, tranne 
nel 
caso in cui 
l�applicazione 
delle 
suddette 
regole 
fosse 
ostativo 
all�adempimento 
della 
�specifica 
missione� 
loro 
affidata 
(7). 
Con le 
prime 
direttive 
di 
liberalizzazione, adottate 
nel 
settore 
delle 
telecomunicazioni 
(8), � 
stata 
sancita 
la 
soppressione 
dei 
diritti 
speciali 
ed esclusivi 
in 
capo ad alcune 
imprese, imponendo contemporaneamente 
agli 
incumbent 
di 
favorire 
l�entrata 
dei 
nuovi 
operatori 
nel 
mercato, 
ad 
esempio, 
garantendo 
l�accesso 
all�infrastruttura o l�interconnessione tra le reti (9). 

Per effetto di 
queste 
politiche, laddove 
alcuni 
servizi 
pubblici 
sono stati 
completamente 
liberalizzati 
(10) (basti 
pensare, tra 
i 
servizi 
a 
rete 
infrastrutturale, 
alle 
comunicazioni 
elettriche, liberalizzate 
sia 
a 
livello di 
servizio sia 
di 
rete 
e, tra 
gli 
altri, pi� di 
recente 
il 
servizio postale, a 
seguito dell�entrata 
in 
vigore 
della 
Legge 
per il 
mercato e 
la 
concorrenza 
(11)) e 
altri 
hanno conosciuto 
una 
parziale 
apertura 
alla 
concorrenza 
(esempio emblematico � 
il 
trasporto 
ferroviario, 
dove 
vi 
� 
una 
netta 
separazione 
tra 
la 
rete, 
gestita 
in 
regime 
concessorio e 
monopolistico, poich� 
non fisicamente 
ed economicamente 
duplicabile 
e 
il 
servizio, oggi 
liberalizzato (12)), nel 
mercato degli 
idrocarburi 
e 


(7) 
La 
definizione 
di 
diritti 
speciali 
o 
esclusivi 
non 
appare 
nel 
Trattato, 
n� 
� 
presente 
nelle 
prime 
direttive 
di 
liberalizzazione. 
La 
giurisprudenza 
comunitaria 
li 
ha 
definiti 
come 
quei 
diritti 
conferiti 
dall�autorit� 
di 
uno 
Stato 
Membro 
a 
un�impresa 
o 
a 
un 
numero 
limitato 
d�imprese 
sulla 
base 
di 
criteri 
che 
non 
sono 
obiettivi, 
proporzionati 
e 
non 
discriminatori 
e 
che 
influenzano 
la 
capacit� 
di 
altri 
operatori 
di 
prestare 
il 
servizio 
nello 
stesso 
territorio, 
a 
condizioni 
equivalenti; 
si 
veda 
Corte 
di 
Giustizia, 
CE, 
the 
Queen 
c. 
secretary 
of 
state 
for 
trade 
and 
industry 
-british 
telecommunications, 
C-302/94, 
12 
dicembre 
1996, 
� 
34. 
(8) Direttiva 
della 
Commissione 
CEE 
del 
16 maggio 1988 n. 301 �Concorrenza 
sui 
mercati 
dei 
terminali 
di 
telecomunicazione� (c.d. Direttiva 
Terminali), G.U.c.e. 
del 
25 maggio 1988, n. L 
131 e 
Direttiva 
della 
Commissione 
CEE 
del 
28 giugno 1990 n. 388 �Concorrenza 
nei 
mercati 
dei 
servizi 
di 
telecomunicazione� (c.d. Direttiva Concorrenza), 
G.U.c.e, 24 luglio 1990 n. L 192. 
(9) Sulle 
politiche 
di 
liberalizzazione 
di 
ispirazione 
comunitaria 
dei 
servizi 
pubblici, si 
veda 
N. 
RANGONE, i servizi pubblici, Bologna, Il Mulino, 1999. 
(10) 
La 
liberalizzazione 
ex 
art. 
106 
TFUE 
si 
definisce 
�economica�, 
poich� 
comporta 
la 
soppressione 
dei 
limiti 
all�entrata 
nel 
mercato, da 
tenere 
distinta 
dalla 
liberalizzazione 
�amministrativa�, ossia, 
la 
soppressione 
dei 
vincoli 
di 
matrice 
pubblicistica 
che 
gravano sui 
privati. Tuttavia, la 
liberalizzazione 
economica 
pu� comportare 
nella 
fase 
iniziale 
un penetrante 
intervento pubblico, come 
� 
avvenuto durante 
gli 
anni 
Novanta 
del 
secolo scorso. Per la 
distinzione, si 
veda 
S. CASSESE, Quattro paradossi 
sui 
rapporti 
tra 
poteri 
pubblici 
ed 
autonomie 
private, 
in 
rivista 
trimestrale 
di 
diritto 
pubblico, 
II, 
2000, 
pp. 392-393. 
(11) Art. 1, commi 
57 e 
58, l. 4 agosto 2017 n. 124 �Legge 
annuale 
per il 
mercato e 
la 
concorrenza
�, G.U. 
del 
14 agosto 2017 n. 189 che 
hanno soppresso il 
monopolio in capo a 
Poste 
Italiane 
s.p.a. 
della 
notifica 
di 
multe 
e 
atti 
giudiziari. Per un primo commento alla 
legge, D. AGUS, la legge 
annuale 
per il mercato e la concorrenza, in Giornale di diritto amministrativo, VI, 2017, pp. 729 ss. 
(12) � 
stata 
prevista, infatti, dal 
�Quarto Pacchetto Ferroviario�, la 
liberalizzazione 
del 
trasporto 
nazionale passeggeri a partire dal 2019. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


del 
gas 
naturale, tradizionalmente, un mercato verticalmente 
integrato, la 
liberalizzazione 
ha 
interessato solo alcune 
attivit� 
della 
filiera, sottoposte 
oggi 
a 
regime 
autorizzatorio, 
mentre 
altre 
restano 
assoggettate 
a 
un 
regime 
concessorio 
e/o monopolistico. 

A 
seguito dell�influenza 
europea, si 
� 
assistito a 
una 
riduzione 
della 
discrezionalit� 
dei 
pubblici 
poteri 
nel 
rilascio dei 
titoli 
abilitativi 
all�attivit� 
di 
impresa 
(13); 
� 
inoltre 
venuto meno il 
regime 
di 
riserva 
ex art. 43 della 
Costituzione 
in 
capo 
all�ENI 
(14), 
seppur 
parziale, 
poich� 
concentrato 
in 
alcune 
zone geografiche determinate (15). 

La 
coltivazione 
di 
idrocarburi 
� 
caratterizzata 
da 
una 
disciplina 
molto articolata 
e 
frammentaria, contenuta 
in diverse 
normative 
(16). La 
concessione 
di 
coltivazione 
� 
accordata 
ai 
titolari 
di 
permessi 
di 
ricerca 
che, a 
seguito di 
perforazione 
di 
uno o pi� pozzi, abbiano rinvenuto idrocarburi 
liquidi 
o gassosi, 
�se 
la 
capacit� 
produttiva 
dei 
pozzi 
stessi 
e 
gli 
altri 
elementi 
di 
valutazione 
geo-mineraria 
disponibili 
giustifichino 
tecnicamente 
ed 
economicamente 
lo sviluppo del 
giacimento scoperto� (17), che 
presentino un programma 
di 
lavoro e siano in possesso di requisiti normativamente previsti (18). 


(13) Sull�evoluzione 
della 
disciplina 
del 
gas 
naturale 
e 
sulla 
sua 
apertura 
al 
mercato anche 
alla 
luce 
della 
normativa 
europea, si 
vedano N. RANGONE, i servizi 
pubblici, Bologna, Il 
Mulino, 1999, pp. 
187 ss.; 
G. NAPOLITANO, l�energia elettrica e 
il 
gas, in S. CASSESE 
(a 
cura 
di) diritto amministrativo 
speciale, II, Milano, Giuffr�, 2003, pp. 2189 ss.; 
G. CAIA 
- S. COLOMBARI, regolazione 
amministrativa 
e 
mercato interno del 
gas 
naturale, in rassegna giuridica dell�energia elettrica, II, 2000, pp. 339 ss.; 
E. BRUTI 
LIBERATI, la regolazione 
pro-concorrenziale 
dei 
servizi 
pubblici 
a rete. il 
caso dell�energia 
elettrica e del gas naturale, Milano, Giuffr�, 2006. 
(14) Sul 
regime 
della 
riserva, si 
vedano S. CASSESE, la regolamentazione 
dei 
servizi 
di 
pubblica 
utilit� 
in 
italia, 
in 
l�industria, 
XIII, 
1992, 
pp. 
167 
ss. 
e 
F. 
TRIMARCHI 
BANFI, 
organizzazione 
ad 
iniziativa 
privata e 
organizzazione 
economica ad iniziativa riservata negli 
articoli 
41 e 
43 della costituzione, in 
Politica del diritto, I, 1992, pp. 3 ss. 
(15) Nel 
1953 erano state 
attribuite 
all�Ente 
Nazionale 
Idrocarburi 
(ENI) - ente 
con personalit� 
giuridica 
di 
diritto pubblico, prima 
della 
sua 
trasformazione 
in societ� 
per azioni 
nel 
1992 - in regime 
di 
riserva, la 
ricerca 
e 
la 
coltivazione 
di 
idrocarburi 
nella 
Valle 
Padana 
e 
nell�alto Adriatico e 
la 
costruzione 
e 
l�esercizio di 
condotte 
per il 
trasporto di 
idrocarburi 
minerari 
nazionali, ai 
sensi 
della 
l. 19 febbraio 
1953, n. 136 �Istituzione 
dell�Ente 
Nazionale 
Idrocarburi 
(E.N.I)� G.U. 
del 
27 marzo 1953 n. 72. 
L�art. 2 della 
suddetta 
legge 
prevedeva 
inoltre 
la 
possibilit� 
dell�Ente 
di 
svolgere 
attivit� 
di 
lavorazione, 
trasformazione, utilizzazione 
e 
commercio di 
idrocarburi, in osservanza 
della 
vigente 
legislazione; 
ai 
sensi 
dell�art. 3, invece, i 
compiti 
per i 
quali 
� 
riconosciuta 
l�esclusiva 
dovevano essere 
svolti 
mediante 
societ� 
controllate 
dallo stesso Ente. Successivamente, il 
regime 
di 
esclusiva 
attribuito all�ENI era 
stato 
esteso anche 
ad altre 
attivit�: 
l�art. 5, l. 21 luglio 1967 n. 613 �Ricerca 
e 
coltivazione 
degli 
idrocarburi 
liquidi 
e 
gassosi 
nel 
mare 
territoriale 
e 
nella 
piattaforma 
continentale 
e 
modificazioni 
alla 
l. 11 gennaio 
1957 n. 6 sulla 
ricerca 
e 
coltivazione 
degli 
idrocarburi 
liquidi 
e 
gassosi�, G.U. 
del 
3 agosto 1967 n. 194 
aveva 
attribuito 
all�Ente 
la 
riserva 
di 
prospezione 
(ossia 
l�insieme 
dei 
rilievi 
geografici, 
geologici 
e 
geofisici 
intesi ad accertare la natura del sottofondo marino). 
(16) Definiti, quali 
�combustibili 
liquidi 
e 
gassosi� di 
�interesse 
nazionale� dall�art. 2, comma 
1, 
del 
D.P.R. 18 aprile 
1994 n. 382 �Disciplina 
dei 
procedimenti 
di 
conferimento dei 
permessi 
di 
ricerca 
e 
di 
concessioni 
di 
coltivazione 
di 
giacimenti 
minerari 
di 
interesse 
nazionale 
e 
di 
interesse 
locale�, G.U. 
del 18 giugno 1994 n. 141. 
(17) Art. 9, comma 
1, l. 9 gennaio 1991 n. 9 �Norme 
per l'attuazione 
del 
nuovo Piano energetico 
nazionale: 
aspetti 
istituzionali, centrali 
idroelettriche 
ed elettrodotti, idrocarburi 
e 
geotermia, autopro

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Una 
prima 
apertura 
alle 
regole 
concorrenziali, 
con 
conseguente 
scardinamento 
del 
monopolio (seppur parziale) venuto ad esistenza, deriva 
dal 
legislatore 
eurounitario, 
con 
la 
Direttiva 
del 
30 
maggio 
1994 
n. 
22 
(19), 
in 
materia 
di 
condizioni 
di 
rilascio e 
di 
esercizio di 
autorizzazioni 
alla 
prospezione, ricerca 
e 
coltivazione 
di 
idrocarburi. 
La 
Direttiva 
parte 
dal 
presupposto 
di 
dover 
garantire 
un accesso non discriminatorio alle 
attivit�, tramite 
modalit� 
maggiormente 
concorrenziali, con lo scopo di 
rafforzare 
il 
mercato interno energetico 
(20); 
prevede 
che 
possano 
richiedere 
l�autorizzazione 
(21) 
tutti 
i 
soggetti 
in 
possesso 
di 
alcuni 
requisiti 
e 
che 
il 
rilascio 
del 
titolo 
debba 
avvenire 
sulla base di criteri obiettivi e preventivamente pubblicati (22). 


A 
seguito dell�entrata 
in vigore 
del 
d.lgs. n. 625/1996, che 
rappresenta 
il 
primo passo verso l�erosione 
del 
regime 
della 
riserva 
delle 
attivit� 
di 
prospezione, 
ricerca 
e 
coltivazione 
di 
idrocarburi 
(23), � 
previsto che 
le 
suddette 
attivit� 
siano 
esercitate 
in 
modo 
che 
non 
vi 
siano 
discriminazioni 
tra 
enti 
richiedenti e soggetti gi� titolari (24). 


La 
disciplina 
della 
concessione 
di 
coltivazione 
e 
della 
sua 
limitata 
apertura 
al 
mercato si 
interseca 
con la 
disciplina 
delle 
royalties, ossia 
la 
quota 
di 
prodotto estratto oppure 
il 
valore 
dell�aliquota 
del 
prodotto di 
coltivazione 
da 
corrispondere 
allo 
Stato. 
La 
previsione 
di 
royalties 
� 
strettamente 
connessa 
alla 
natura 
di 
�bene 
pubblico� 
degli 
idrocarburi, 
che 
fanno 
parte 
del 
patrimonio 
indisponibile 
ai 
sensi 
dell�art. 826 c.c: 
esse 
costituiscono una 
delle 
massime 
espressioni del potere concessorio dello Stato (25). 


La 
normativa 
-peraltro 
analizzata 
anche 
in 
motivazione 
-originaria


duzione 
e 
disposizioni 
fiscali�, G.U. 
del 
16 gennaio 1991 n. 13; 
art. 12, D.P.R. 18 aprile 
1994 n. 484 
�Regolamento recante 
la 
disciplina 
dei 
procedimenti 
di 
conferimento dei 
permessi 
di 
prospezione 
o ricerca 
e 
di 
concessione 
di 
coltivazione 
di 
idrocarburi 
in terraferma 
e 
in mare�, G.U. 
dell�8 agosto 1994 


n. 184. 
(18) Art. 27, l. n. 613/1957. 
(19) 
Direttiva 
del 
Parlamento 
e 
del 
Consiglio 
CE 
del 
30 
maggio 
1994 
n. 
22 
�Condizioni 
di 
rilascio 
e 
di 
esercizio delle 
autorizzazioni 
alla 
prospezione, ricerca 
e 
coltivazione 
di 
idrocarburi�, G.U.c.e. 
del 
30 giugno 1994 n. L 164/3. 
(20) Considerando 6, Direttiva 94/22/CE; 
Artt. 3 e 5, Direttiva 94/22/CE. 
(21) Si 
noti 
come 
la 
normativa 
europea 
definisca 
�autorizzazioni� 
i 
titoli 
abilitativi, anzich� 
concessioni. 
(22) Considerando 7, Direttiva 94/22/CE. 
(23) Art. 23, l. n. 625/1996, che 
ha 
previsto, a 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 1997, la 
cessazione 
dei 
regimi 
di 
esclusiva 
in capo a 
E.N.I. s.p.a., che 
pu� comunque, ai 
sensi 
dell�art. 24, comma 
1 del 
d.lgs. 
n. 625/1996 ottenere 
dal 
Ministero l�attribuzione 
di 
permessi 
di 
ricerca, di 
concessioni 
di 
coltivazione 
e 
di 
stoccaggio �a 
salvaguardia 
dei 
diritti 
maturati 
in regime 
di 
esclusiva�. L�art. 24, comma 
2 dispone 
che i titoli minerari sono attribuiti all�ENI che li esercita attraverso societ� controllate o collegate. 
(24) Art. 3, comma 
3, d.lgs. n. 625/1996. Resta 
ferma 
la 
facolt� 
dei 
pubblici 
poteri 
- per motivi 
di 
sicurezza 
nazionale 
- di 
negare 
l�autorizzazione 
all�accesso o all�esercizio dell�attivit� 
a 
enti 
effettivamente 
controllati da Stati o cittadini non appartenenti all�Unione Europea. 
(25) La 
partecipazione 
dello Stato ai 
profitti 
dei 
concessionari, ad avviso di 
G. GUGLIELMI, 
idrocarburi, 
in enciclopedia del 
diritto, Milano, 1970, XIX, p. 990, pu� essere 
considerata 
la 
�pi� antica 
ed 
autentica espressione del diritto dominicale�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


mente 
prevedeva 
un 
corrispettivo 
�in 
natura� 
da 
corrispondere 
allo 
Stato 
a 
titolo 
di 
onere 
concessorio 
e 
in 
aggiunta 
al 
canone, 
secondo 
scaglioni 
progressivi 
(26), 
a 
cui 
faceva 
da 
contraltare 
la 
possibilit� 
alternativa 
per 
i 
concessionari 
di 
corrispondere 
in 
luogo 
del 
prodotto, 
il 
valore 
di 
esso 
(27). 
Successivamente, 
l�art. 
66 
della 
l. 
21 
luglio 
1967 
n. 
613 
ha 
modificato 
la 
disciplina 
precedente, 
introducendo 
il 
criterio 
di 
�proporzionalit� 
alla 
produzione
�, 
commisurato 
al 
prodotto 
effettivamente 
estratto 
o, 
in 
alternativa, 
disponendo 
che 
il 
concessionario 
corrisponda 
per 
periodi 
determinati, 
il 
valore 
di 
esso 
calcolato 
a 
bocca 
di 
pozzo 
(28). 


Il 
quadro normativo � 
rimasto sostanzialmente 
immutato fino alla 
Direttiva 
94/22/CE, che 
ha 
disposto che 
gli 
Stati 
Membri 
possano subordinare 
la 
concessione 
al 
possesso 
di 
alcuni 
requisiti 
e 
condizioni 
oppure 
al 
�versamento 
di 
un 
corrispettivo 
pecuniario 
o 
in 
idrocarburi� 
(29). 
Il 
legislatore 
sovranazionale 
ha 
dunque 
conservato l�istituto delle 
royalties, introducendo un�alternativa 
tra 
il 
versamento 
di 
un 
corrispettivo 
in 
natura 
oppure 
pecuniario; 
soluzione, 
quest�ultima, 
fatta 
propria 
dal 
d.lgs. 
n. 
625/1996 
che, 
come 
si 
� 
visto, prevede 
che 
i 
concessionari 
corrispondano allo Stato l�equivalente 
monetario 
del valore del prodotto coltivato. 

Dalla 
complessa 
legislazione 
in 
materia 
di 
idrocarburi, 
emerge 
come, 
una 
volta 
venuta 
meno la 
riserva, la 
coltivazione 
del 
giacimento - sebbene 
svolta 
formalmente 
in regime 
di 
concorrenza 
per il 
mercato a 
seguito delle 
politiche 
di 
liberalizzazione 
sovranazionali 
- abbia 
natura 
concessoria 
(30), laddove 
si 


(26) Art. 22, comma 1, l. n. 6/1957. 
(27) Art. 22, comma 
3, l. n. 6/1957. Il 
comma 
4 prevedeva 
che 
il 
valore 
dell�aliquota 
fosse 
da 
determinarsi 
in base 
al 
prezzo medio realizzato dal 
concessionario nel 
corso dell�anno per la 
vendita 
del 
suo prodotto. 
(28) 
Sull�evoluzione 
della 
disciplina 
delle 
royalties, 
con 
particolare 
riferimento 
alla 
l. 
n. 
613/1967, 
G. ENDRICI, idrocarburi, in enciclopedia del diritto, vol. XV, 1988, p. 4. 
(29) Art. 6, comma 1, Direttiva 94/22/CE. 
(30) 
Secondo 
la 
nota 
definizione 
elaborata 
da 
O. 
RANELLETTI, 
teoria 
generale 
delle 
autorizzazioni 
e 
concessioni, 
Torino, 
Fratelli 
Bocca 
Editori, 
1894-1897, 
passim, 
con 
il 
provvedimento 
concessorio, 
l�amministrazione 
attribuirebbe 
al 
privato ex 
novo (c.d. concessioni 
costitutive: 
�[nelle 
concessioni] si 
esce 
fuori 
del 
campo di 
attivit� 
proprio di 
ogni 
individuo e 
si 
passa 
al 
di 
l� 
in una 
nuova 
sfera, che 
lo 
Stato viene 
a 
lui 
ad aprire, si 
ha 
in altre 
parole 
un vero nuovo diritto (sensu lato), che 
dallo Stato � 
conferito 
al 
privato, senza 
che 
questi 
ne 
abbia 
neppure 
il 
germe�) oppure 
gli 
trasferiscono (c.d. concessioni 
traslative) la 
titolarit� 
di 
un diritto �nuovo�, non esercitabile 
in assenza 
di 
concessione. La 
successiva 
dottrina 
sulle 
concessioni 
amministrative 
ha 
richiamato, spesso criticamente, la 
posizione 
del 
Ranelletti 
e 
la 
distinzione 
tra 
concessioni 
costitutive 
e 
traslative. Quest�ultima 
distinzione 
� 
stata 
aspramente 
censurata: 
senza 
pretese 
di 
esaustivit�, E. SILVESTRI, concessione 
amministrativa 
(voce), in enciclopedia 
del 
diritto, 
1961, 
VIII, 
p. 
371, 
ammette 
l�esistenza 
delle 
sole 
concessioni 
costitutive, 
per 
cui 
� 
da 
ritenere 
che 
il 
privato non subentri 
nella 
titolarit� 
del 
diritto o nel 
potere 
dell�amministrazione 
concedente, ma 
acquisti solo una facolt� particolare. 
M.S. 
GIANNINI, 
diritto 
amministrativo, 
Vol. 
2, 
Milano, 
Giuffr�, 
3�ed., 
1993, 
p. 
652, 
che 
reputa 
la 
suddetta 
costruzione 
�elementare�: 
� 
ammissibile 
che 
le 
concessioni 
siano 
considerate 
ampliative 
della 
sfera 
giuridica 
soggettiva, ma 
non sono i 
soli 
strumenti 
dotati 
di 
tale 
potere, tipico anche 
delle 
autorizzazioni 
costitutive 
e 
dei 
negozi 
di 
diritto 
privato 
posti 
in 
essere 
tra 
pubbliche 
amministrazioni 
che 
ampliano 
la 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


ritiene 
che 
si 
tratti 
di 
concessione 
non gi� 
di 
un bene, ma 
di 
attivit� 
riservata 
allo Stato (31) e 
a 
carattere 
discrezionale, poich� 
� 
attribuito ex 
lege 
all�amministrazione 
il 
potere 
di 
compiere 
diverse 
valutazioni 
(ad 
esempio, 
sulla 
possibilit� 
di 
sfruttare 
il 
pozzo, 
di 
stabilire 
le 
condizioni 
a 
cui 
la 
concessione 
� 
sottoposta 
e 
di 
approvare 
altres� 
il 
programma 
di 
sviluppo dell�area 
di 
coltivazione): 
in capo al 
concessionario si 
creerebbe 
una 
situazione 
giuridica 
non 
assimilabile a un diritto soggettivo perfetto (32). 

La 
�liberalizzazione� 
cos� 
introdotta 
dalla 
Direttiva 
30 maggio 1994 n. 
22 e 
recepita 
dal 
d.lgs. n. 625/1996 � 
dunque 
solo parziale 
e 
formale. Se 
da 
un 
lato, infatti, � 
venuto meno il 
regime 
della 
riserva, sono cessate 
le 
esclusive 
in 
capo 
all�operatore 
monopolista 
e 
questo 
ha 
permesso 
a 
diversi 
soggetti 
di 
operare 
nel 
mercato e 
di 
ottenere 
il 
titolo necessario alla 
coltivazione; 
dall�altro, 
l�attivit� 
di 
coltivazione 
resta 
�contingentata� 
e 
fortemente 
caratterizzata 
dal-
l�autoritativit� 
dei 
pubblici 
poteri, in quanto attribuita 
a 
un numero limitato di 
soggetti 
(vista 
anche 
la 
scarsit� 
di 
risorse 
naturali) designati 
in base 
a 
una 
valutazione 
a 
carattere 
discrezionale 
dell�amministrazione 
e 
tenuti 
ex 
lege 
a 
corrispondere 
un 
corrispettivo 
monetario 
(obbligo 
che 
discendere 
dall�essere 
titolari 
di 
concessione); 
si 
osserva 
inoltre 
come 
la 
presenza 
dell�Autorit� 
di 
regolazione 
sia 
quasi 
del 
tutto 
assente, 
mentre 
risulti 
preponderante 
quella 
ministeriale, 
organizzazione 
amministrativa 
tradizionalmente 
connessa 
al 
potere 
politico. 

Dunque, 
anche 
a 
seguito 
delle 
spinte 
liberalizzatrici, 
la 
coltivazione 
di 
idrocarburi 
resta 
un�attivit� 
formalmente 
concorrenziale 
(svolta 
in regime 
di 
concorrenza 
per 
il 
mercato), 
ma 
sostanzialmente 
�concessoria�, 
caratterizzata 
da 
elevata 
discrezionalit� 
dei 
pubblici 
poteri 
nel 
rilascio del 
titolo abilitativo: 
la 
natura 
concessoria 
� 
peraltro da 
ricondurre 
alla 
stessa 
previsione 
delle 
royalties, 
oggetto della 
controversia 
dinanzi 
al 
Consiglio di 
Stato. La 
ratio 
delle 
royalties 
� 
dunque 
quella 
di 
rendere 
partecipe 
lo Stato - in veste 
di 
�proprietario� 
del 
bene-giacimento o di 
soggetto che 
�concede� 
a 
terzi 
lo svolgimento 
dell�attivit� 
di 
coltivazione 
-dei 
profitti 
legati 
all�attivit�, 
attraverso 
la 
cessione 


sfera 
giuridica 
del 
soggetto. 
Infine, 
parte 
della 
dottrina 
ha 
ritenuto 
che 
le 
concessioni 
amministrative 
fossero da 
ricondurre 
ad atti 
di 
diritto privato e 
che 
avessero struttura 
contrattuale: 
per M. D�ALBERTI, 
le 
concessioni 
amministrative. 
aspetti 
della 
contrattualit� 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, 
Napoli, 
Jovene, 
1981, pp. 294-295; 
360, il 
rapporto concessorio nasce 
dal 
contratto che 
ne 
disciplina 
ogni 
aspetto, 
ma 
non 
vi 
sarebbe 
alcun 
provvedimento 
amministrativo 
di 
concessione, 
poich� 
l�unico 
atto 
amministrativo 
esistente 
sarebbe 
un 
�decreto 
di 
mera 
approvazione 
del 
contratto�, 
alla 
cui 
conclusione 
si 
pu� 
giungere, 
peraltro, anche 
a 
seguito di 
valutazione 
discrezionale. Ne 
consegue 
che 
a 
determinare 
il 
contenuto 
della 
concessione 
� 
proprio 
il 
contratto: 
il 
decreto 
di 
approvazione 
si 
limita 
a 
stabilire 
che 
la 
convenzione 
� 
stata 
approvata 
e 
resa 
esecutoria. In generale, ad avviso dell�Autore, si 
pu� affermare 
che 
i 
contratti 
di 
concessione 
siano pi� rispondenti 
al 
modello di 
diritto comune 
con deroghe 
ispirate 
al 
diritto amministrativo, 
che non a un modello ispirato al diritto amministrativo stesso. 

(31) G. GUARINO, scritti 
di 
diritto pubblico dell�economia e 
di 
diritto dell�energia, Milano, Giuffr�, 
1962, p. 270. 
(32) G. GUGLIELMI, cit. (voce), in enciclopedia del diritto, Milano, 1970, XIX, p. 988. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


di 
parte 
dei 
prodotti 
estratti 
(come 
avveniva 
un 
tempo) 
o 
il 
valore 
dell�aliquota 
di prodotto coltivato (come previsto dall�art. 19 della l. n. 625/1996). 


� 
dunque 
necessario, 
alla 
luce 
di 
quanto 
esposto, 
che 
le 
aliquote 
siano 
determinate 
in 
modo 
tendenzialmente 
certo: 
come 
ha 
anche 
riconosciuto 
il 
Consiglio di 
Stato, l�indice 
QE, legato a 
valori 
di 
mercato ancora 
stabili 
e 
non 
condizionati 
dalle 
variazioni 
dei 
prezzi 
sul 
mercato, 
al 
momento 
permette 
un�entrata costante per lo Stato. 

3. 
il 
ruolo 
dello 
stato 
regolatore: 
la 
determinazione 
dei 
prezzi 
del 
gas 
sul 
mercato 
tutelato come forma di determinazione amministrativa dei prezzi. 
Considerazioni 
diverse 
meritano 
di 
essere 
svolte 
per 
la 
vendita 
del 
gas 
naturale. Si 
tratta 
invero di 
un�attivit� 
a 
valle 
della 
filiera 
(c.d. attivit� 
downstream), 
che, 
a 
differenza 
della 
coltivazione 
di 
idrocarburi, 
ha 
conosciuto 
una 
liberalizzazione 
totale 
e 
la 
conseguente 
presenza 
del 
soggetto 
regolatore, 
anche 
al fine di tutelare gli utenti finali e i consumatori. 


L�attivit� 
di 
vendita 
del 
gas 
� 
stata 
oggetto 
di 
una 
puntuale 
disciplina, 
volta 
ad 
introdurre 
regole 
concorrenziali 
in 
questa 
fase 
della 
filiera, 
in 
un 
primo 
momento nel 
1998, con la 
Direttiva 
del 
22 giugno n. 30 (c.d. �Prima 
Direttiva 
Gas�) 
(33). 
La 
direttiva 
� 
stata 
in 
seguito 
abrogata 
dalla 
Direttiva 
del 
26 
giugno 
2003 n. 55 (34) poi 
abrogata 
a 
sua 
volta 
dalla 
Direttiva 
del 
13 luglio 2009 n. 
73 (35), attualmente 
il 
testo normativo europeo principale 
vigente 
in materia 
di 
gas 
naturale. 
La 
Prima 
Direttiva 
Gas 
� 
stata 
attuata 
con 
d.lgs. 
del 
23 
maggio 
2000 n. 164 (c.d. Decreto Letta), modificato poi 
negli 
anni 
al 
fine 
di 
attuare 
la 
legislazione 
europea 
successiva 
(36). In base 
al 
Decreto Letta, sono libere 
le 
attivit� 
di 
importazione, 
esportazione, 
trasporto 
e 
dispacciamento, 
distribuzione 
e 
vendita 
di 
gas 
naturale, mentre 
resta 
in vigore 
la 
precedente 
disciplina 
per la 
coltivazione 
e 
lo stoccaggio di 
cui 
al 
d.lgs. n. 625/1996, assoggettate 
a 
regime concessorio (37). 

In 
particolare, 
l�attivit� 
di 
vendita 
� 
stata 
separata 
da 
quella 
di 
distribuzione 
con 
l�adozione 
del 
Decreto 
Letta, 
a 
livello 
non 
solo 
contabile, 
ma 
anche 
societario 
(38). 
Svolta 
in 
regime 
di 
concorrenza 
nel 
mercato, 
il 
Decreto 
Letta 
aveva 


(33) Direttiva 
del 
Parlamento Europeo e 
del 
Consiglio CE 
del 
22 giugno 1998 n. 30 �Norme 
comuni 
per il mercato interno del gas naturale�, G.U.c.e. 
del 21 luglio 1998 n. L 204. 
(34) Direttiva 
del 
Parlamento Europeo e 
del 
Consiglio CE 
del 
26 giugno 2003 n. 55 �Norme 
comuni 
per il 
mercato interno del 
gas 
naturale 
e 
abrogazione 
della 
direttiva 
98/30/CE�, G.U.c.e. 
del 
15 
luglio 2003 n. L. 176/57. 
(35) 
Direttiva 
del 
Parlamento 
Europeo 
e 
del 
Consiglio 
CE 
del 
13 
luglio 
2009 
n. 
73 
�Norme 
comuni 
per 
il 
mercato 
interno 
del 
gas 
naturale 
e 
abrogazione 
della 
direttiva 
2003/55/CE�, 
G.U.c.e. 
del 
14 
agosto 
2009 n. L. 211/94. 
(36) D.lgs. del 
23 maggio 2000 n. 164 �Attuazione 
della 
direttiva 
n. 98/30/CE 
recante 
norme 
comuni 
per il 
mercato interno del 
gas 
naturale, a 
norma 
dell�art. 41 della 
legge 
17 maggio 1999 n. 144�, 
G.U. 
del 20 giugno 2000 n. 142. 
(37) Art. 1, d.lgs. n. 164/2000. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


inizialmente 
previsto 
che 
fosse 
originariamente 
esercitata 
mediante 
autorizzazione 
non 
discrezionale 
(39) 
da 
parte 
del 
Ministero 
dello 
Sviluppo 
Economico, 
sulla 
base 
della 
verifica 
di 
alcuni 
requisiti 
normativamente 
previsti 
(40). 


A 
seguito 
delle 
modifiche 
introdotte 
dalla 
ricezione 
della 
direttiva 
2009/73/CE, l�autorizzazione 
� 
stata 
sostituita 
dall�iscrizione 
in un elenco detenuto 
dal 
Ministero, 
sempre 
subordinata 
alla 
verifica 
degli 
stessi 
requisiti 
precedentemente 
previsti 
(41). 
Con 
decreto 
ministeriale 
(42) 
sono 
stati 
poi 
specificati 
i 
requisiti 
necessari 
ai 
fini 
dell�iscrizione 
(43). 
Le 
domande 
di 
iscri


(38) 
Art. 
21, 
comma 
2, 
d.lgs. 
n. 
164/2000. 
Si 
veda, 
a 
tal 
proposito, 
TAR 
Abruzzo-Pescara, 
sentenza 
del 
13 febbraio 2002, n. 252 che 
ha 
annullato il 
bando di 
un Comune 
con cui 
si 
affidavano il 
servizio di 
distribuzione 
e 
quello di 
vendita 
allo stesso soggetto, poich� 
l�attivit� 
di 
vendita 
pu� essere 
esercitata 
dall�impresa 
distributrice 
solo 
in 
via 
del 
tutto 
eccezionale 
e 
transitoria 
e 
che 
solo 
l�attivit� 
di 
distribuzione 
(e 
non 
anche 
l�attivit� 
di 
vendita), 
in 
quanto 
definita 
dalla 
legge 
come 
attivit� 
di 
servizio 
pubblico, 
possa 
essere 
affidata 
tramite 
gara, con nota 
di 
M. MONTEDURO, il 
servizio pubblico di 
distribuzione 
del 
gas 
naturale 
nella riforma operata dal 
d.lg. n. 164 del 
2000: profili 
sostanziali 
e 
procedimentali 
in foro 
amm. tar, fasc. 2, 2002, pp. 590 ss. 
(39) 
La 
letteratura 
sulle 
autorizzazioni 
amministrative 
� 
vastissima. 
La 
teoria 
delle 
autorizzazioni 
� 
stata 
elaborata 
da 
O. 
RANELLETTI, 
teoria 
Generale 
delle 
autorizzazioni 
e 
concessioni, 
ii, 
facolt� 
create, Torino, Fratelli 
Bocca 
Editori, 1894, pp. 6-7. Secondo il 
Ranelletti, le 
autorizzazioni 
sono da 
ricondurre 
a 
una 
funzione 
conservatrice 
dello Stato e 
consistono nella 
rimozione 
di 
un limite, che 
impedisce 
al 
singolo 
di 
esplicare 
la 
propria 
libert� 
per 
ragioni 
di 
ordine 
pubblico; 
l�amministrazione 
concede 
l�autorizzazione 
(rimuovendo il 
limite), nel 
momento in cui 
le 
condizioni 
del 
richiedente 
�[diano] sufficiente 
garanzia 
che 
tutte 
le 
esigenze 
giuridiche 
e 
sociali, in nome 
delle 
quali 
quei 
limiti 
furono posti 
all�attivit� 
individuale, 
saranno 
rispettate�; 
di 
conseguenza, 
l�amministrazione, 
prima 
di 
accordare 
il 
provvedimento, deve 
compiere 
una 
valutazione 
(da 
ritenersi 
tuttavia 
discrezionale, in quanto Ranelletti 
parla 
di 
apprezzamento dello �stato delle 
cose, che 
si 
presenta 
in quel 
dato momento, per decidere 
della 
convenienza 
o meno di 
permettere 
quel 
dato atto, secondo gli 
scopi 
d�interesse 
collettivo�): 
secondo lo 
studioso, dunque, tranne 
in alcuni 
casi 
eccezionali, � 
sempre 
l�amministrazione 
(e 
dunque 
il 
potere 
esecutivo) 
ad 
emanare 
il 
provvedimento 
autorizzatorio. Si 
vedano 
altres� 
i 
noti 
contributi, 
che 
partendo 
dalla 
teoria 
di 
Ranelletti, hanno esaminato criticamente 
l�istituto dell�autorizzazione 
amministrativa, di 
A.M. SANDULLI, notazioni 
in tema di 
provvedimenti 
autorizzativi, in rivista trimestrale 
di 
diritto pubblico, 
1957, pp. 784 ss.; 
F. FRANCHINI, le 
autorizzazioni 
amministrative 
costitutive 
di 
rapporti 
giuridici 
per 
l�amministrazione 
e 
i 
privati, Milano, Giuffr�, 1957; 
R. VILLATA, autorizzazioni 
amministrative 
e 
iniziativa 
economica 
privata, 
Milano, 
Giuffr�, 
1974; 
A. 
ORSI 
BATTAGLINI, 
autorizzazione 
amministrativa 
(voce), in dig. disc. Pubbl., 1988, pp. 58 ss.; 
F. FRACCHIA, 
autorizzazione 
amministrativa e 
situazioni 
giuridiche soggettive, Napoli, Jovene, 1996. 
(40) Tra 
queste, il 
testo precedente 
dell�art. 17, d.lgs. n. 164/2000 prevedeva 
la 
disponibilit� 
di 
un 
adeguato 
servizio 
di 
modulazione; 
dimostrazione 
della 
provenienza 
di 
gas 
e 
affidabilit� 
del 
trasporto 
e 
adeguate 
capacit� 
tecniche 
e 
finanziarie. Se 
a 
seguito di 
inoltro della 
domanda, il 
Ministero rimaneva 
silente e non esprimeva un rifiuto motivato entro tre mesi, l�attivit� si considerava autorizzata. 
(41) Sul 
passaggio dall�autorizzazione 
all�iscrizione 
al 
registro detenuto dal 
Ministero, si 
vedano 
S.M. 
SAMBRI, 
M. 
MENGASSINI, 
le 
attivit� 
up-stream 
nel 
settore 
dell�energia 
elettrica 
e 
del 
gas 
naturale, 
in E. PICOzzA, S.M. SAMBRI 
(a cura di), il diritto dell�energia, Padova, Cedam, 2015, pp. 486 ss. 
(42) D.M. del 
29 dicembre 
2011 �Semplificazione 
per le 
attivit� 
di 
vendita 
di 
gas 
naturale 
e 
di 
biogas 
ai 
sensi 
dell�articolo 30 del 
decreto legislativo 1� 
giugno 2011, n. 93�, G.U. 
del 
21 gennaio 2012 
n. 17. 
(43) 
Artt. 
3 
e 
5, 
D.M. 
del 
29 
dicembre 
2011. 
Il 
richiedente 
deve 
provare 
la 
propria 
capacit� 
tecnica, 
sulla 
base 
della 
presentazione 
del 
certificato camerale 
(fornendo, inoltre, la 
struttura 
organizzativa 
del-
l�impresa 
richiedente, 
l�elenco 
delle 
competenze 
disponibili 
anche 
in 
termini 
di 
risorse 
umane 
e 
l�elenco 
delle 
attivit� 
svolte; 
dall�oggetto sociale, invece, deve 
risultare 
che 
tra 
le 
attivit� 
svolte 
vi 
� 
quella 
di 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


zione 
sono presentate 
al 
Ministero almeno tre 
mesi 
prima 
dell�inizio dell�attivit� 
e 
s�intendono accolte 
se 
questo non esprime 
un diniego motivato entro 
questo periodo (44); 
l�elenco � 
pubblicato sul 
sito del 
Ministero e 
aggiornato 
mensilmente (45). 

Come 
si 
pu� osservare, la 
fase 
di 
vendita 
del 
gas 
naturale 
ha 
una 
natura 
molto diversa 
da 
quella 
di 
coltivazione 
degli 
idrocarburi. Si 
tratta 
infatti 
della 
fase 
finale 
(downstream) della 
filiera, laddove 
il 
prodotto viene 
venduto agli 
utenti. La 
vendita, a 
differenza 
della 
coltivazione, � 
totalmente 
liberalizzata: 
vi 
� 
stato 
dunque 
un 
passaggio 
da 
un 
regime 
di 
riserva 
a 
un 
regime 
di 
full 
competition, 
accompagnato 
da 
alcune 
misure 
di 
ri-regolazione 
(46). 
� 
mutata 
anche 
la 
natura 
del 
titolo 
abilitativo 
all�attivit�: 
se 
prima 
dell�entrata 
in 
vigore 
del 
Decreto 
Letta, 
questa 
era 
svolta 
in 
regime 
concessorio 
da 
parte 
dello 
stesso 
soggetto 
distributore, 
a 
seguito 
dell�entrata 
in 
vigore 
del 
d.lgs. 
164/2000, 
questa 
viene 
inizialmente 
svolta 
sulla 
base 
di 
un�autorizzazione 
non 
discrezionale 
(47), rilasciata 
sulla 
base 
dell�accertamento di 
requisiti 
oggettivi 
e 
soggettivi 
previsti 
dalla 
legge, con la 
conseguenza 
che 
il 
rilascio della 
suddetta 
autorizzazione 
costitutiva 
atto dovuto (48). Successivamente, come 
si 
� 
visto, il 
rilascio 
del 
titolo abilitativo � 
stato ulteriormente 
semplificato con la 
previsione 
di 
un�iscrizione 
in un registro detenuto dal 
Ministero dello Sviluppo Economico; 
si 
� 
ritenuto 
che 
la 
suddetta 
iscrizione 
mantenga 
natura 
di 
autorizzazione 
amministrativa, 
anche 
ai 
fini 
della 
tutela 
giurisdizionale 
(49) 
e 
che 
possa 
avere 
natura 
di 
autorizzazione 
�obiettivata�, 
poich� 
sebbene 
il 
controllo 
ex 
ante 
non 
sia 
stato 
eliminato, 
la 
discrezionalit� 
dell�amministrazione 
nel 
rilascio 
del 
provvedimento si 
� 
notevolmente 
ridotta 
o � 
venuta 
meno, poich� 
per esercitare 
l�attivit� � necessario soddisfare i requisiti previsti dalla legge (50). 


vendita 
di 
gas) e 
quella 
finanziaria, provata 
sulla 
base 
di 
documentazione 
comprovante 
i 
bilanci 
degli 
ultimi 
tre 
anni 
e 
sulla 
possibilit� 
di 
finanziare 
l�acquisto di 
gas 
per un periodo minimo di 
tre 
anni 
(con 
l�obbligo di 
fornire 
in adeguate 
garanzie 
se 
ci� non fosse 
possibile); 
la 
disponibilit� 
e 
la 
provenienza 
di 
gas sono comprovate mediante apposita dichiarazione attestante la capacit� di modulazione. 


(44) Art. 2, D.M. del 29 dicembre 2011. 
(45) Art. 17, comma 4, d.lgs. n. 164/2000. 
(46) 
Tra 
queste, 
ai 
sensi 
dell�art. 
19, 
comma 
2 
e 
3 
del 
d.lgs. 
n. 
164/2000, 
il 
divieto 
per 
l�incumbent 
di 
vendere, 
direttamente 
o 
a 
mezzo 
di 
altre 
societ�, 
ai 
clienti 
nazionali 
pi� 
del 
50% 
dei 
consumi 
nazionali 
di gas su base annuale dal 1� gennaio 2003 al 31 dicembre 2010. 
(47) Autorizzazione 
�vincolata�, secondo il 
modello elaborato da 
A. ORSI 
BATTAGLINI, autorizzazione 
amministrativa 
(voce), in dig. disc. Pubbl., 1988, p. 73. 
(48) Sul 
punto, si 
veda 
S. COLOMBARI, l�attivit� di 
vendita del 
gas 
naturale 
tra regolazione 
e 
liberalizzazione, 
in 
foro amm., tar 
2003, pp. 401 ss., che 
rinviene 
a 
conferma 
di 
ci� anche 
la 
previsione 
di 
un meccanismo di 
silenzio-assenso, decorsi 
tre 
mesi 
dalla 
richiesta, e 
dal 
fatto che 
l�autorizzazione 
non possa 
essere 
negata 
se 
non per motivi 
obiettivi 
e 
non discriminatori. L�Autore 
ritiene 
peraltro che 
la 
fase 
della 
vendita 
non 
possa 
essere 
ascritta 
al 
novero 
dei 
servizi 
di 
pubblica 
utilit�: 
il 
d.lgs. 
n. 
164/2000 
non configura 
la 
vendita 
come 
servizio pubblico (come 
avviene, per esempio con l�attivit� 
di 
distribuzione) 
e l�attivit� si svolgerebbe al pari di qualsiasi attivit� di impresa. 
(49) 
S.M. 
SAMBRI, 
M. 
MENGASSINI, 
cit., 
in 
E. 
PICOzzA, 
S.M. 
SAMBRI 
(a 
cura 
di), 
il 
diritto 
del-
l�energia, Padova, Cedam, 2015, p. 486. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Si 
tratta 
dunque 
di 
un�autorizzazione 
non solo vincolata 
e 
non discrezionale, 
ma 
da 
annoverare 
tra 
le 
autorizzazioni 
conformi 
al 
diritto europeo, ossia 
rilasciate 
in base 
a 
criteri 
trasparenti, non discriminatori, obiettivi 
e 
proporzionali, 
oltre 
che 
adeguatamente 
motivati 
(51). 
Inoltre, 
dal 
1� 
luglio 
2007 
tutti 
i 
clienti 
sono considerati 
idonei, ossia 
liberi 
di 
acquistare 
gas 
naturale 
dal 
fornitore 
di propria scelta (52). 


Nella 
fase 
della 
vendita 
del 
gas, 
completamente 
liberalizzata, 
al 
contrario 
di 
quanto 
avviene 
nelle 
fasi 
downstream, 
� 
preponderante 
il 
ruolo 
del 
soggetto 
regolatore, 
trattandosi 
di 
una 
fase 
della 
filiera 
genuinamente 
concorrenziale 
(53). 
L�intervento 
regolatorio 
interviene 
spesso 
nei 
mercati 
di 
nuova 
liberalizzazione 
e 
pu� assumere 
diverse 
forme 
che 
vanno dalla 
regolazione 
dell�assetto 
organizzativo alla 
regolazione 
dell�accesso al 
mercato, alla 
regolazione 
dell�esercizio al mercato, in cui rientra la regolazione di prezzi e tariffe (54). 

A 
fronte 
di 
un 
mercato 
liberalizzato 
-a 
cui 
� 
possibile 
accedere 
attraverso 
un titolo abilitativo semplificato e 
in cui 
tutti 
i 
clienti 
sono idonei 
- sono previste 
alcune forme di tutela a favore di utenti e consumatori. 


L�art. 22 del 
Decreto Letta 
prevede 
infatti 
il 
c.d. �servizio di 
tutela� 
per i 
clienti 
domestici 
(che 
rientrano tra 
i 
clienti 
�protetti�, unitamente 
alle 
utenze 
relative 
ad 
attivit� 
di 
servizio 
pubblico) 
e 
per 
i 
clienti 
c.d. 
vulnerabili, 
una 
particolare 
categoria 
di 
clienti 
domestici 
per cui 
vigono i 
medesimi 
obblighi 
previsti 
per 
i 
clienti 
protetti 
(55). 
� 
dunque 
rilevante 
il 
ruolo 
del 
soggetto 
regolatore, 
ossia 
dell�ARERA, 
che 
determina 
i 
prezzi 
di 
riferimento 
per 
la 
vendita 
ai 
clienti 
domestici 
(e 
anche 
a 
quelli 
vulnerabili) 
nell�ambito 
degli 
ob


(50) 
L�espressione 
�autorizzazione 
obiettivata� 
� 
di 
M. 
D�ALBERTI, 
Poteri 
Pubblici, 
mercati 
e 
Globalizzazione, Bologna, Il 
Mulino, 2008, p. 101 che 
annovera 
tra 
questo tipo di 
autorizzazioni 
le 
autorizzazioni 
bancarie. 
(51) N. RANGONE, cit., pp. 286-287 che 
ritiene 
che 
questa 
tipologia 
di 
provvedimento dovrebbe 
essere 
rilasciato 
da 
organismi 
di 
regolazione, 
soluzione 
che 
� 
in 
un 
primo 
momento 
stata 
adottata 
in 
Italia 
per le 
sole 
telecomunicazioni, mentre 
per il 
settore 
energetico (compreso quello del 
gas) � 
stato 
adottato 
un 
sistema 
�binario� 
basato 
sul 
riparto 
di 
competenze 
tra 
Autorit� 
e 
Ministero. 
Lo 
stesso 
riparto, 
a 
seguito dell�adozione 
del 
Codice 
delle 
Comunicazioni 
Elettroniche, � 
stato previsto anche 
per le 
comunicazioni 
elettroniche. 
(52) Art. 22, comma 1, d.lgs. n. 164/2000. 
(53) La 
regolazione, intesa 
come 
forma 
di 
intervento pubblico nell�economia, secondo gli 
economisti, 
interviene 
in 
presenza 
di 
market 
failures, 
connessi 
all�esistenza 
di 
monopoli 
naturali; 
alla 
presenza 
di 
beni 
pubblici, di 
esternalit� 
e 
di 
asimmetrie 
informative 
tra 
operatori 
economici 
e 
utenti, come 
sottolineato 
da 
A. OGUS, regulation legal 
form 
and economic 
theory, Oxford, Clarendon Press, 1997; 
pp. 
29 ss. 
(54) 
Per 
una 
ricostruzione 
del 
concetto 
di 
regolazione 
e 
delle 
varie 
tipologie 
di 
intervento, 
si 
veda 
N. 
RANGONE, 
regolazione 
(voce), 
in 
S. 
CASSESE 
(a 
cura 
di), 
dizionario 
di 
diritto 
Pubblico, 
Milano, 
Giuffr�, 2006, pp. 5057 ss. 
(55) Art. 22, comma 
2-bis, d.lgs. n. 164/2000. I clienti 
vulnerabili 
sono �i 
clienti 
domestici 
di 
cui 
all'articolo 1, comma 
375, della 
legge 
23 dicembre 
2005, n. 266, come 
individuati 
dal 
decreto del 
Ministro 
dello 
sviluppo 
economico 
28 
dicembre 
2007, 
pubblicato 
nella 
Gazzetta 
Ufficiale 
n. 
41 
del 
18 
febbraio 
2008�, ossia 
�i 
soli 
clienti 
economicamente 
svantaggiati, prevedendo in particolare 
una 
revisione 
della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere le famiglie economicamente disagiate�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


blighi 
di 
servizio pubblico. Questa 
tipologia 
di 
utenti, infatti, necessita 
di 
una 
�tutela�, 
garantita 
dalla 
legge 
tramite 
l�intervento 
regolatorio. 
Il 
potere 
del-
l�Autorit� 
di 
determinare 
i 
prezzi 
costituisce 
una 
forma 
di 
determinazione 
amministrativa 
dei 
prezzi, 
molto 
vicina 
a 
quella 
svolta 
nel 
secolo 
scorso 
dai 
Comitati 
interministeriali 
dei 
prezzi 
(56). La 
determinazione 
amministrativa 
dei 
prezzi 
aveva 
avuto in passato obiettivi 
di 
carattere 
sociale, anche 
alla 
luce 
del 
disposto 
dell�art. 
41, 
comma 
3, 
Cost. 
per 
cui 
la 
legge 
determina 
�programmi 
e 
controlli�, affinch� 
l�attivit� 
economica 
venga 
indirizzata 
e 
coordinata 
a 
fini 
sociali; 
successivamente 
aveva 
mostrato 
le 
proprie 
debolezze 
e 
inadeguatezze 
(tra 
queste, sono state 
individuate 
in dottrina: 
le 
insufficienze 
della 
strumentazione 
prevista; 
la 
mancanza 
di 
informazioni 
sui 
meccanismi 
di 
formazione 
dei 
prezzi 
e 
pi� in generale 
le 
disfunzioni 
del 
sistema), anche 
alla 
luce 
del 
diritto eurounitario e 
delle 
altre 
esperienze 
europee 
(57); 
divenendo 
cos� 
uno strumento recessivo e 
mantenuto come, ad esempio, forma 
di 
intervento 
regolatorio. 


Nel 
caso di 
specie, la 
determinazione 
dei 
prezzi 
per i 
clienti 
vulnerabili 
da 
parte 
dell�Autorit� 
costituisce 
una 
forma 
di 
regolazione 
temporanea 
che 
ha 
uno scopo di 
carattere 
anche 
sociale, ossia 
quello di 
�accompagnare� 
clienti 
economicamente 
e 
geograficamente 
svantaggiati 
verso 
un 
regime 
di 
libero 
mercato. 
Questa 
finalit� 
emerge 
anche 
dalla 
Delibera 
dell�Autorit� 
che 
ha 
adottato l�indice 
Pfor per i 
clienti 
vulnerabili, con la 
conseguenza 
di 
avere 
un 
prezzo 
pi� 
basso 
di 
acquisto 
per 
questi 
ultimi. 
La 
determinazione 
amministrativa 
dei 
prezzi 
nel 
settore 
energetico 
costituisce 
peraltro 
una 
�categoria 
a 
esaurimento�: 
con 
l�entrata 
in 
vigore 
della 
Legge 
annuale 
per 
il 
mercato 
e 
la 
concorrenza, 
il 
regime 
di 
maggior 
tutela 
� 
destinato 
a 
venir 
meno 
dal 
1� 
luglio 
2019, aprendo totalmente 
il 
mercato alla 
concorrenza 
(58): 
questo a 
conferma 
del 
fatto 
che 
la 
determinazione 
dei 
prezzi 
da 
parte 
dell�Autorit� 
costituisce 
una 
forma 
di 
sostegno temporanea 
per alcune 
categorie 
di 
utenti 
fino alla 
liberalizzazione 
completa del mercato. 

4. conclusioni. 
Tirando le 
fila, da 
un lato, non � 
possibile 
aderire 
alla 
tesi 
prospettata 
dal 
Tar 
Lombardia, 
per 
cui 
sarebbe 
configurabile 
un 
rinvio 
dinamico 
da 
parte 
della 


(56) 
A. 
POLICE, 
distribuzione 
del 
gas 
e 
protezione 
degli 
utenti: 
il 
ruolo 
dell�autorit� 
per 
l�energia 
elettrica e 
il 
gas, in G. NAPOLITANO, A. zOPPINI 
(a 
cura 
di) annuario di 
diritto dell�energia 2014. Quali 
regole per il mercato del gas?, Bologna, Il Mulino, 2014, p. 220. 
(57) G. SANVITI, 
Prezzi 
e 
tariffe, in d. disc. Pubbl. 
XI, Torino, Utet, 1996, p. 513 che 
menziona, 
tra 
le 
esperienze 
europee, 
quella 
tedesca 
che 
aveva, 
con 
modifica 
della 
costituzione 
materiale 
e 
formale, 
collegato la 
manovra 
dei 
prezzi 
agli 
altri 
obiettivi 
del 
pieno impiego, dell�equilibro della 
bilancia 
dei 
pagamenti e dello sviluppo economico. 
(58) Art. 1, comma 
59, l. 4 agosto 2017 n. 124 �Legge 
annuale 
per il 
mercato e 
la 
concorrenza�, 
G.U. del 
14 agosto 2017 n. 189, che 
ha 
disposto l�eliminazione 
dell�art. 22, terzo periodo del 
d.lgs. n. 
164/2000. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


disciplina 
delle 
royalties 
alla 
regolazione 
di 
settore 
e, dall�altro, il 
Consiglio 
di 
Stato, nel 
riformare 
l�orientamento dei 
Giudici 
di 
prime 
cure, ha 
preferito 
non approfondire 
la 
diversit� 
degli 
indici, connessa 
ad una 
differenza 
strutturale 
tra i due istituti. 

Per questo, si 
formulano alcune 
considerazioni 
di 
carattere 
critico, cercando 
di 
colmare 
il 
non detto sulle 
ragioni 
che 
giustificano l�utilizzo di 
due 
diversi indici. 


In 
primo 
luogo, 
bisogna 
sottolineare 
come 
l�istituto 
delle 
royalties 
sia 
intrinsecamente 
legato 
alla 
natura 
di 
bene 
pubblico 
degli 
idrocarburi 
che, 
in 
quanto 
beni 
del 
patrimonio 
indisponibile, 
appartengono 
allo 
Stato, 
che 
permette 
ai 
terzi 
di 
esercitare 
diritti 
su di 
essi, mediante 
lo strumento della 
concessione: 
non 
a 
caso, 
le 
royalties 
costituiscono 
un 
corrispettivo 
aggiuntivo 
rispetto al 
canone 
concessorio. La 
natura 
di 
bene 
pubblico degli 
idrocarburi 
si 
riflette 
peraltro 
sull�accesso 
al 
mercato: 
si 
tratta 
infatti 
di 
un 
mercato 
�chiuso�, 
in cui 
opera 
un numero limitato di 
operatori 
economici, scelti 
in base 
a 
valutazioni 
che, nonostante 
l�influenza 
della 
normativa 
europea, restano in parte 
discrezionali, anche alla luce della scarsit� del bene-idrocarburo. 

Nel 
caso 
della 
vendita 
di 
gas 
naturale, 
invece, 
siamo 
in 
presenza 
di 
un 
prodotto 
finale 
che 
viene 
venduto 
in 
un 
mercato 
gi� 
liberalizzato 
o 
comunque 
tendenzialmente 
liberalizzato, 
in 
cui 
pu� 
operare 
un 
numero 
potenzialmente 
indefinito 
di 
imprese 
e 
in 
cui 
i 
clienti 
possono 
contrattare 
liberamente: 
sono 
tuttavia 
previste 
delle 
tutele 
(transitorie 
e 
in 
via 
di 
esaurimento) 
per 
alcune 
categorie 
di 
utenti, 
per 
i 
quali 
l�Autorit� 
di 
settore 
determina 
i 
prezzi 
di 
riferimento. 


In secondo luogo, alla 
diversa 
natura 
del 
bene, a 
cui 
corrisponde 
anche 
una 
diversa 
tipologia 
di 
mercato, sono da 
riconnettersi 
due 
differenti 
forme 
di 
intervento pubblico. 

Si 
pu� infatti 
sostenere 
che 
la 
previsione 
di 
un regime 
di 
concorrenza 
per 
il 
mercato, connesso alla 
devoluzione 
da 
parte 
degli 
operatori 
economici 
del 
corrispettivo 
monetario 
di 
una 
parte 
di 
prodotto 
estratta 
quale 
quello 
degli 
idrocarburi, sia 
da 
ricondurre 
a 
un intervento pubblico di 
stampo pi� tradizionale 
da 
parte 
dello Stato proprietario dei 
beni, che 
in vista 
della 
concessione 
amministrativa 
del 
bene 
demaniale 
ha 
diritto a 
un corrispettivo (basti 
pensare 
che 
un tempo, come 
gi� 
� 
stato osservato, vigeva 
la 
riserva 
di 
cui 
all�art. 43 
della 
Costituzione 
che 
prevede 
la 
facolt� 
per lo Stato di 
riservare 
o trasferire 
alcune 
attivit� 
di 
impresa 
ai 
pubblici 
poteri, relative 
in particolare 
a 
�servizi 
pubblici 
essenziali 
o 
a 
fonti 
di 
energia 
o 
a 
situazioni 
di 
monopolio�). 
� 
dunque 
necessario che 
il 
criterio utilizzato (nel 
caso di 
specie, l�indice 
QE, legislativamente 
prestabilito) per determinare 
le 
royalties 
sia 
quanto pi� possibile 
stabile, 
certo e invariato. 

Quanto alla 
vendita 
di 
gas, invece, l�intervento pubblico, recessivo, assume 
la 
forma 
di 
regolazione 
dei 
prezzi 
e 
delle 
tariffe 
al 
fine 
di 
tutelare 
clienti 
svantaggiati, riconducibile 
all�art. 41 della 
Costituzione, da 
leggersi 
nella 
sua 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


interezza. 
Se 
da 
un 
lato, 
l�iniziativa 
economica 
privata 
� 
libera, 
dall�altro, 
non 
solo 
questa 
sono 
pu� 
svolgersi 
in 
contrasto 
con 
l�utilit� 
sociale, 
ma 
questa 
viene 
�indirizzata� 
a 
fini 
sociali 
dalla 
legge 
mediante 
programmi 
e 
controlli, 
tra 
i 
quali, rientra 
la 
determinazione 
amministrativa 
dei 
prezzi 
e 
nel 
caso di 
specie, la 
determinazione 
dei 
prezzi 
di 
vendita 
del 
gas 
da 
parte 
dell�Autorit�. 
Proprio 
per 
questo, 
l�indice 
utilizzato 
per 
determinare 
i 
prezzi 
di 
vendita 
ai 
clienti 
vulnerabili 
ha 
natura 
maggiormente 
variabile 
ed 
elastica: 
questo 
spiega 
anche 
perch� 
il 
legislatore 
abbia 
imposto 
nel 
2012 
all�Autorit� 
un 
cambiamento 
di 
indice, 
attuato 
mediante 
l�adozione 
dell�indice 
Pfor 
nel 
2013, 
che 
ha 
comportato un abbassamento dei 
prezzi 
per i 
clienti 
vulnerabili, in ossequio 
anche 
all�esigenza 
di 
rispetto 
dell�utilit� 
sociale 
di 
cui 
all�art. 
41, 
comma 
2 
della Costituzione. 

Il 
Consiglio di 
Stato, correttamente, non ha 
seguito la 
tesi 
del 
Tar Lombardia 
del 
rinvio 
dinamico, 
evidenziando 
che 
sarebbe 
stata 
necessaria 
una 
legge 
ordinaria 
e 
non un provvedimento amministrativo per poter modificare 
i 
criteri 
di 
determinazione 
delle 
royalties; 
peraltro, a 
detta 
di 
chi 
scrive, non 
sono 
superabili 
le 
differenze 
sostanziali 
tra 
la 
concessione 
di 
coltivazione, 
che 
necessita 
di 
un indice 
stabile 
e 
certo per determinare 
le 
royalties 
dovute 
allo 
Stato e 
la 
vendita, che 
richiede 
al 
contrario un indice 
�flessibile�, che 
tenga 
in 
considerazione anche le esigenze sociali. 

Consiglio di 
stato, sezione 
sesta, sentenza 18 gennaio 2018 n. 290 
-Pres. S. Santoro, est. 


I. 
Volpe 
-Min. 
sviluppo 
economico, 
Min. 
economia 
e 
finanze, 
Autorit� 
per 
l�energia 
elettrica, 
il 
gas 
ed il 
sistema 
idrico (avv. ti 
St. F. Bucalo ed A. Bruni) c. Eni 
spa 
(avv.ti 
F. Todarello e 
F. 
Novelli) ed altri. 
FATTO e DIRITTO 
(omissis) 


57. Preliminarmente 
occorre 
disporre 
la 
riunione 
dei 
ricorsi 
in epigrafe 
in considerazione 
del 
fatto che 
le 
sentenze 
impugnate, per quanto formalmente 
diverse, motivano tutte 
in modo sostanzialmente 
analogo 
fra 
loro 
e, 
in 
ogni 
caso, 
riguardano 
una 
vicenda 
oggettivamente 
unitaria, 
nell�ambito 
della 
quale 
le 
parti 
dei 
giudizi 
-e, 
soprattutto, 
le 
rispettive 
difese 
-in 
buona 
misura 
coincidono. 
58. Vale 
poi 
affrontare 
la 
formulata 
eccezione 
di 
difetto di 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo. 
Il Collegio la reputa infondata. 
58.1. L�art. 133 c.p.a. dispone 
che 
�1. sono devolute 
alla giurisdizione 
esclusiva del 
giudice 
amministrativo (�): (�) 
b) le 
controversie 
aventi 
ad oggetto atti 
e 
provvedimenti 
relativi 
a 
rapporti 
di 
concessione 
di 
beni 
pubblici, ad eccezione 
delle 
controversie 
concernenti 
indennit�, 
canoni ed altri corrispettivi 
(�)�. 
La 
formulata 
eccezione 
muove 
proprio da 
quest�ultimo inciso della 
norma 
processuale 
citata, 
assumendosi, 
con 
essa, 
che 
nella 
fattispecie 
il 
thema 
decidendum 
del 
giudizio 
si 
risolva 
esclusivamente 
nella 
questione 
se 
i 
concessionari 
debbano oggi 
allo Stato, quale 
corrispettivo nel-
l�ambito del 
rapporto inter 
partes, un equivalente 
monetario (della 
quota 
di 
prodotto gas 
da 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


essi 
estratto 
e 
da 
essi 
originariamente 
dovuta 
allo 
Stato 
mediante 
cessione 
in 
natura) 
calcolato 
secondo il 
ricordato, pi� risalente 
indice 
�QE� 
oppure 
secondo un nuovo, pi� recente 
indice 
�Pfor�, con la 
conseguenza 
per� che, nel 
primo caso, il 
corrispettivo risulterebbe 
di 
importo 
maggiore mentre, nel secondo caso, esso sarebbe di importo apprezzabilmente inferiore. 
Le 
parti 
private 
che 
hanno mosso l�eccezione 
in discorso, tuttavia, propugnano la 
tesi 
della 
sua 
fondatezza 
muovendo dal 
presupposto che 
l�oggetto della 
controversia 
riguardi 
solo �la 
clausola 
prezzo� 
della 
loro concessione 
(concessione-contratto) di 
coltivazione 
di 
giacimenti 
di 
gas, senza 
peraltro farsi 
adeguatamente 
carico del 
fatto che, a 
ben vedere, la 
loro contestazione 
punta 
nella 
sostanza, implicitamente, a 
contestare 
il 
perdurante 
equilibrio economico 
del loro rapporto concessorio con lo Stato. 
Equilibrio 
che 
si 
sarebbe 
perduto 
nel 
tempo 
allorquando, 
rispetto 
ad 
un 
unico 
originario 
indice 
parametrico (ossia 
l�indice 
�QE�, in precedenza 
mai 
contestato) sulla 
base 
del 
quale 
calcolare 
l�equivalente 
monetario della 
quota 
di 
gas 
estratto che 
ciascun concessionario doveva 
(in natura, 
nel 
passato) allo Stato, � 
stato individuato dall�Autorit� 
un nuovo indice 
(quello �Pfor�) 
molto pi� conveniente 
dal 
punto di 
vista 
economico e 
dei 
bilanci 
societari 
dei 
concessionari. 
L�equilibrio (contrattuale) a 
loro avviso perduto avrebbe 
determinato - questa, nella 
sostanza, 
la 
tesi 
implicitamente 
sottesa 
alla 
predetta 
eccezione 
- un�eccessiva 
onerosit� 
sopravvenuta 
di 
tali 
concessioni, onde 
l�interesse 
oggettivo delle 
parti 
private 
si 
attualizza 
nel 
desiderio di 
vedersi 
dichiarare 
- come 
applicabile 
ai 
loro rapporti 
concessori 
con lo Stato - un parametro 
di 
calcolo (del 
predetto prezzo corrispettivo) idoneo a 
rendere 
economicamente 
pi� convenienti 
o, comunque, economicamente pi� equilibrate le medesime concessioni. 
In quest�ottica, allora, non si 
pu� ignorare 
che 
l�oggetto del 
presente 
giudizio tende 
a 
non circoscriversi 
esclusivamente 
a 
quella 
ipotesi 
eccettuativa 
contemplata 
dall�art. 133, co. 1, lett. 
b), c.p.a. ma, in un�ottica 
di 
portata 
pi� ampia, ad abbracciare 
la 
fattispecie 
generale, maggiormente 
lata, 
di 
contestazione 
di 
atti 
e 
provvedimenti 
suscettibili 
di 
incidere, 
nel 
complesso, 
sul 
rapporto 
di 
concessione 
di 
beni 
pubblici. 
Contestazione 
che, 
come 
tale, 
ricade 
nel 
perimetro 
giurisdizionale proprio del giudice amministrativo. 


59. 
Il 
Collegio 
non 
reputa 
fondata 
neppure 
la 
formulata 
eccezione 
di 
incompetenza 
territoriale 
del 
Tar meneghino innanzi al quale, in primo grado, si � svolto il giudizio. 
59.1. Come 
detto, nella 
stessa 
prospettazione 
dei 
concessionari 
un fattore 
dirimente, idoneo 
a 
suffragare 
la 
fondatezza 
delle 
loro tesi, � 
costituito dalla 
decisione 
dell�Autorit� 
di 
abbandonare 
l�indice 
�QE�, in favore 
di 
quello �Pfor�, nella 
determinazione 
di 
un pi� appropriato 
ed attuale 
indice 
idoneo a 
determinare, sul 
mercato, il 
prezzo di 
riferimento del 
gas. Prezzo, 
quest�ultimo, da 
prendere 
in considerazione 
per calcolare 
il 
corrispettivo pecuniario dovuto 
allo Stato dai suoi concessionari per l�estrazione di quel determinato prodotto. 
Ad avviso dei 
concessionari, � 
proprio questa 
decisione 
dell�Autorit�, dopo che 
essa 
� 
stata 
adottata, 
a 
dover 
valere, 
nei 
loro 
rapporti 
con 
lo 
Stato, 
ai 
fini 
del 
calcolo 
del 
corrispettivo 
economico 
delle 
loro 
concessioni, 
solo 
l�indice 
�Pfor� 
potendo 
da 
quel 
momento 
in 
poi 
assicurare 
una 
determinazione 
equilibrata 
ed equa 
della 
somma 
di 
denaro dovuta 
da 
ciascun concessionario 
in funzione 
delle 
corrispondenti 
quote 
di 
gas 
estratto (in passato destinate 
ad essere 
cedute 
in natura allo Stato). 
In 
quest�ottica 
allora 
-come 
peraltro 
condivisibilmente 
rilevato 
nelle 
decisioni 
di 
primo 
grado 
impugnate, che 
hanno affrontato il 
tema 
in discorso - assume 
rilievo la 
disposizione 
dell�art. 
14, co. 2, c.p.a. secondo il 
quale 
�2. sono devolute 
funzionalmente 
alla competenza inderogabile 
del 
tribunale 
amministrativo regionale 
della lombardia, sede 
di 
milano, le 
controversie 
relative ai poteri esercitati dall�autorit� per l�energia elettrica e il gas.�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Discorso 
probabilmente 
diverso 
sarebbe 
valso 
qualora 
i 
concessionari 
avessero 
esplicitamente 
denunciato 
un 
sopravvenuto 
disequilibrio 
economico 
delle 
loro 
singole 
concessioni 
con 
lo 
Stato, 
con 
un 
approccio 
processuale 
che 
in 
tal 
caso 
avrebbe 
implicato 
un�analisi 
ampia 
di 
tutte 
le 
componenti 
(con 
relativi 
pesi 
e 
contrappesi) 
dei 
rapporti 
inter 
partes. 
Ma 
tanto, 
per�, 
essi 
non 
hanno 
fatto. 


60. Sulla 
formulata 
richiesta 
di 
promuovere, nell�ambito di 
questo giudizio, una 
questione 
di 
costituzionalit� 
ovvero, 
innanzi 
alla 
CGUE, 
di 
compatibilit� 
comunitaria, 
� 
opportuno 
invece 
tornare 
in seguito, quando il 
progredire 
degli 
argomenti 
della 
presene 
motivazione 
avr� 
consentito 
di 
mettere 
in luce 
alcuni 
aspetti 
della 
controversia 
che 
appaiono rilevanti 
ai 
fini 
della 
decisione su detta richiesta. 
61. Ci� premesso, vale procedere ora alla seguente rassegna normativa. 
61.1. L�art. 22, primo comma, alinea, della 
l. n. 6/1957 prevedeva 
che 
�Per 
le 
concessioni 
di 
coltivazione 
il 
concessionario � 
tenuto a corrispondere 
allo stato una aliquota del 
prodotto 
calcolata, sulla produzione 
giornaliera per 
pozzo, riferita alla media dell'anno solare, nelle 
seguenti misure: 
(�)�. 
Seguiva, 
in 
quel 
comma, 
l�indicazione 
delle 
diverse 
aliquote 
in 
funzione 
di 
differenti 
scaglioni 
progressivi di quantitativi di prodotto estratto. 
Il 
secondo comma 
dell�art. 22 precisava 
che 
�Per 
il 
gas 
naturale 
si 
applicano le 
stesse 
aliquote, 
assumendo l�equivalenza di una tonnellata di olio a 1200 metri cubi di gas�. 
Il 
terzo 
comma 
aggiungeva 
che 
�con 
decreto 
del 
ministro 
per 
l�industria 
e 
per 
il 
commercio, 
di 
concerto col 
ministro per 
le 
finanze, pu� essere 
stabilito, con preavviso di 
sei 
mesi, che 
il 
concessionario corrisponda, per 
periodi 
determinati, invece 
del 
prodotto in natura, il 
valore 
di esso determinato come al comma seguente�. 
Il 
quarto comma, infine, disponeva 
che 
�il 
valore 
dell�aliquota di 
prodotto di 
cui 
ai 
commi 
precedenti 
� 
determinato 
in 
base 
al 
prezzo 
medio 
realizzato 
dal 
concessionario 
nel 
corso 
del-
l�anno per la vendita del suo prodotto�. 
Si ricava che, all�epoca: 


-per un verso, era 
gi� 
contemplata 
l�eventualit� 
(sebbene 
discrezionalmente 
rimessa 
ad una 
scelta 
governativa, 
adottata 
volta 
a 
volta) 
che 
i 
concessionari 
non 
dovessero 
cedere 
allo 
Stato, 
in natura, la 
quota 
dovuta 
di 
prodotto estratto ma 
che 
essi 
fossero invece 
tenuti 
a 
versare 
allo 
Stato un importo monetario equivalente al valore di tale quota; 
-per altro verso, che 
in tale 
eventualit� 
il 
calcolo del 
tantundem 
doveva 
allora 
essere 
determinato 
�in base 
al 
prezzo medio realizzato dal 
concessionario 
[da 
ciascun concessionario] 
nel corso dell�anno per la vendita del suo prodotto�. 
61.2. Circa dieci anni dopo il predetto art. 22 � stato novellato (art. 66 della l. n. 613/1967). 
Per un verso, nel 
primo comma 
dell�articolo citato sՏ 
cos� 
provveduto a 
stabilire 
un�aliquota 
unitaria 
(non pi� legata 
a 
scaglioni 
progressivi 
di 
quantitativi 
di 
prodotto estratto) per la 
determinazione 
della quota di prodotto estratto dovuta allo Stato dai concessionari. 
Per alto verso, nel 
terzo comma 
della 
nuova 
versione 
dell�articolo si 
� 
previsto che 
�con decreto 
del 
ministro per 
l�industria, il 
commercio e 
l�artigianato, di 
concerto con quello per 
le 
finanze, 
pu� 
essere 
stabilito, 
con 
preavviso 
di 
sei 
mesi, 
che 
il 
concessionario 
corrisponda, 
per 
periodi 
determinati, invece 
del 
prodotto in natura, il 
valore 
di 
esso calcolato a bocca di 
pozzo e determinato con le modalit� di cui al disciplinare tipo�. 
Va 
segnalato, 
giacch� 
di 
rilievo, 
che 
in 
questa 
nuova 
versione 
di 
una 
disposizione 
peraltro 
basicamente 
gi� 
esistente 
la 
particolarit� 
era 
insista 
in 
una 
sostanziale 
delegificazione 
di 
una 
fonte 
regolatoria: 
invero, le 
�modalit�� 
di 
determinazione 
del 
tantundem 
monetario non erano 
pi� prefissate 
dalla 
legge 
(ossia 
�prezzo medio realizzato dal 
concessionario nel 
corso del



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


l�anno per 
la vendita del 
suo prodotto�) bens� 
lasciate, a 
decorrere 
dal 
1967, alla 
disciplina 
(che 
per 
quanto 
di 
formazione 
unilaterale 
era 
pur 
sempre) 
di 
fonte 
negoziale 
del 
rapporto 
concessorio 
(ossia, il disciplinare-tipo). 


61.3. 
Sopraggiunge 
la 
direttiva 
94/22/CE 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
30 
maggio 
1994, 
relativa 
alle 
condizioni 
di 
rilascio 
e 
di 
esercizio 
delle 
autorizzazioni 
alla 
prospezione, 
ricerca e coltivazione di idrocarburi. 
Di 
questo 
testo 
normativo 
rivestono 
particolare 
interesse, 
ai 
fini 
della 
presente 
decisione, 
l�ottavo 
considerando ed alcune disposizioni del suo art. 6. 
61.3.1. L�ottavo considerando recita cos�: 
�considerando che 
gli 
stati 
membri 
devono mantenere 
la facolt� di 
subordinare 
l�accesso e 
l�esercizio di 
tali 
attivit� a limitazioni 
giustificate 
da motivi 
di 
interesse 
pubblico e 
al 
versamento 
di 
un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi, stabilendo le 
modalit� del 
versamento 
in 
modo 
da 
non 
interferire 
nella 
gestione 
degli 
enti; 
che 
questa 
facolt� 
deve 
esercitarsi 
in 
maniera non discriminatoria; che, ad eccezione 
degli 
obblighi 
legati 
all'esercizio di 
tale 
facolt�, 
non si 
devono imporre 
agli 
enti 
condizioni 
e 
obblighi 
non giustificati 
dalla necessit� di 
gestire 
correttamente 
l�attivit�; 
che 
il 
controllo 
sulle 
attivit� 
degli 
enti 
deve 
limitarsi 
a 
quanto 
necessario per l�osservanza di tali obblighi e condizioni;�. 
� 
opportuno, 
al 
riguardo, 
sottolineare 
fin 
d�ora 
che 
nel 
primo 
periodo 
di 
questo 
considerando: 
-la 
�e� 
interposta 
fra 
le 
previsioni 
di 
�limitazioni 
giustificate� 
e 
di 
�versamento 
di 
un 
corrispettivo� 
non 
risulta 
assumere, 
sintatticamente, 
una 
valenza 
alternativa 
quanto 
piuttosto 
additiva; 


-la 
�o� interposta 
tra 
le 
previsioni 
di 
un corrispettivo �pecuniario� 
e(rectius, oppure) �in 
idrocarburi� 
� 
idonea, sintatticamente, a 
scindere 
le 
due 
possibilit� 
ivi 
contemplate, dotando 
ciascuna 
di 
esse 
di 
una 
propria 
autonomia. Detto altrimenti, non risulta 
che, nella 
direttiva, vi 
sia 
un 
vincolo 
espresso 
per 
cui 
debba 
indispensabilmente 
sussistere 
equivalenza 
(quantitativa) 
tra 
le 
opzioni 
del 
versamento di 
�un corrispettivo pecuniario� 
oppure 
del 
versamento di 
(una 
quota 
corrispettiva 
in) �idrocarburi�. Del 
resto, nel 
recitato normativo in questione, neppure 
viene 
detto quali 
dovrebbero allora 
essere 
- in un�ottica 
interpretativa 
opposta 
- i 
parametri 
idonei 
a 
stabilire 
la 
corrispondenza 
tra 
la 
quota 
di 
�idrocarburi� 
di 
cui 
lo Stato membro decidesse 
d�imporre 
corrispettivamente 
la 
cessione 
e 
l�ammontare 
del 
�corrispettivo pecuniario� 
dovuto. Invero, se 
si 
fosse 
voluta 
imporre 
una 
siffatta 
equivalenza, il 
considerando avrebbe 
dovuto esplicitamente 
dire 
(con la 
seguente 
formula 
od altra 
consimile) �versamento di 
un 
corrispettivo in idrocarburi od equivalente pecuniario�. 
61.3.2. L�art. 6 della 
citata 
direttiva 
prevede 
al 
suo co. 1 (ovvero al 
suo paragrafo 1, secondo 
la 
tipica 
nomenclatura 
in voga 
in ambito comunitario) che 
�1. Gli 
stati 
membri 
provvedono 
affinch� 
le 
condizioni 
e 
i 
requisiti 
di 
cui 
all'articolo 5, punto 2), nonch� 
gli 
obblighi 
particolareggiati 
relativi 
all'esercizio 
di 
un'autorizzazione 
specifica 
siano 
giustificati 
esclusivamente 
dalla 
necessit� 
di 
assicurare 
il 
corretto 
esercizio 
delle 
attivit� 
nell'area 
geografica 
per 
la 
quale 
� 
richiesta 
l�autorizzazione, 
mediante 
applicazione 
del 
paragrafo 
2 
oppure 
versamento 
di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi.�. 
Nel 
contesto 
di 
questo 
segmento 
normativo, 
dunque, 
sussiste 
un�alternativa 
(per 
gli 
Stati 
membri) 
fra 
l�imposizione 
ai 
concessionari 
di 
particolari 
e 
predeterminati 
�condizioni 
e 
requisiti 
per 
l'esercizio 
delle 
attivit�� 
ovvero 
del 
�versamento 
di 
un 
corrispettivo 
pecuniario 
o 
in 
idrocarburi�. 
Anche 
nel 
contesto di 
quest�ultimo tratto di 
disposizione 
non si 
rinviene 
un obbligo, per gli 
Stati 
membri, di 
attenersi 
ad un vincolo di 
equivalenza 
tra 
il 
�corrispettivo pecuniario� 
ed il 
corrispettivo 
�in 
idrocarburi� 
da 
essi 
suscettibile 
di 
essere 
alternativamente 
preteso 
nei 
riguardi 
dei concessionari in discorso. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


61.4. 
La 
citata 
direttiva 
comunitaria 
� 
stata 
trasposta 
nell�ordinamento 
nazionale 
tramite 
il 
d.lgs. n. 625/1996, recante 
appunto la 
�attuazione 
della 
direttiva 
94/22/CEE 
relativa 
alle 
condizioni 
di 
rilascio e 
di 
esercizio delle 
autorizzazioni 
alla 
prospezione, ricerca 
e 
coltivazione 
di idrocarburi�. 
A 
circa 
otto anni 
dall�entrata 
in vigore 
di 
questo decreto delegato � 
intervenuta, poi, la 
l.n. 
239/2004, recante 
�riordino del 
settore 
energetico, nonch� 
delega 
al 
Governo per il 
riassetto 
delle disposizioni vigenti in materia di energia�. 
Ebbene, l�art. 1, co. 93, di 
quest�ultima 
legge 
ha 
novellato il 
d.lgs. n. 625/1996, in particolare 
inserendo un nuovo comma 
dopo quello numero 5 dell�art. 19 del 
decreto delegato (di 
per se 
stesso gi� 
rubricato 
�armonizzazione 
della disciplina sulle 
aliquote 
di 
prodotto della coltivazione�). 
Non 
va 
ignorato 
(giacch� 
niente 
affatto 
secondario, 
ai 
fini 
della 
presente 
decisione) 
che 
la 
�giustificazione� 
legislativa 
alla 
novella 
in 
questione, 
recata 
dalla 
aliena 
dell�art. 
1, 
co. 
93, 
della 
l. n. 239/2004, � 
stata 
la 
seguente: 
�ai 
fini 
di 
una migliore 
attuazione 
della normativa 
in materia di aliquote di prodotto della coltivazione 
(�)�. 
61.4.1. Incidentalmente 
detto, l�art. 19, co. 1, del 
d.lgs. n. 625/1996, novellato a 
propria 
volta 
dall�art. 45, co. 1, della l.n. 99/2009, recita cos�: 
�1. Per 
le 
produzioni 
ottenute 
a decorrere 
dal 
1� 
gennaio 1997, il 
titolare 
di 
ciascuna concessione 
di 
coltivazione 
� 
tenuto a corrispondere 
annualmente 
allo stato il 
valore 
di 
un'aliquota 
del 
prodotto 
della 
coltivazione 
pari 
al 
7% 
della 
quantit� 
di 
idrocarburi 
liquidi 
e 
gassosi 
estratti 
in terraferma, e 
al 
7% della quantit� di 
idrocarburi 
gassosi 
e 
al 
4% della quantit� di 
idrocarburi liquidi estratti in mare.�. 


61.4.2. 
Ebbene, 
il 
nuovo 
co. 
5-bis 
dell�art. 
19 
del 
d.lgs. 
n. 
625/1996 
dispone, 
a 
decorrere 
dalla 
fine del 2004, nei termini che seguono: 
�5-bis. 
Per 
le 
produzioni 
ottenute 
a 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 
2002 
i 
valori 
unitari 
dell'aliquota 
di coltivazione sono determinati: 

(�) 


b) 
per 
il 
gas, 
per 
tutte 
le 
concessioni 
e 
per 
tutti 
i 
titolari, 
in 
base 
alla 
media 
aritmetica 
relativa 
all'anno di 
riferimento dell'indice 
Qe, quota energetica del 
costo della materia prima gas, 
espresso 
in 
euro 
per 
mJ, 
determinato 
dall'autorit� 
per 
l'energia 
elettrica 
e 
il 
gas 
ai 
sensi 
della del.aut.en.el. e 
gas 
22 aprile 
1999, n. 52/99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 
n. 100 
del 
30 aprile 
1999, e 
successive 
modificazioni, assumendo fissa l'equivalenza 1 smc 
= 
38,52 
mJ. a 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 2003, l�aggiornamento di 
tale 
indice, ai 
soli 
fini 
del 
presente 
articolo, � 
effettuato dall�autorit� per 
l�energia elettrica e 
il 
gas 
sulla base 
dei 
parametri 
di 
cui alla stessa deliberazione�. 


61.5. Nel 
quadro della 
presente 
rassegna 
normativa 
non pu� mancare, poi, la 
menzione 
del-
l�art. 11, co. 1, del 
d. l. n. 7/2007 (recante 
misure 
urgenti 
per la 
tutela 
dei 
consumatori, la 
promozione 
della 
concorrenza, lo sviluppo di 
attivit� 
economiche, la 
nascita 
di 
nuove 
imprese, 
la 
valorizzazione 
dell'istruzione 
tecnico-professionale 
e 
la 
rottamazione 
di 
autoveicoli), convertito, 
con modificazioni, dalla l. n. 40/2007, e successive modificazioni. 
Tale art. 11 (rubricato �misure per il mercato del gas�) al co. 1 recita cos�: 
�1. 
al 
fine 
di 
accrescere 
gli 
scambi 
sul 
mercato 
nazionale 
del 
gas 
naturale, 
nonch� 
di 
facilitare 
l�accesso 
dei 
piccoli 
e 
medi 
operatori, 
fino 
al 
completo 
recepimento 
della 
direttiva 
2003/55/ce 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
consiglio, 
del 
26 
giugno 
2003, 
con 
decreto 
del 
ministro dello sviluppo economico, sentita l'autorit� per 
l'energia elettrica e 
il 
gas, da emanare 
entro tre 
mesi 
dalla data di 
entrata in vigore 
del 
presente 
decreto, sono determinate 
le 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


modalit� con cui 
le 
aliquote 
del 
prodotto della coltivazione 
di 
giacimenti 
di 
gas 
dovute 
allo 
stato, 
a 
decorrere 
da 
quelle 
dovute 
per 
l'anno 
2006, 
sono 
cedute 
dai 
titolari 
delle 
concessioni 
di 
coltivazione 
presso il 
mercato regolamentato delle 
capacit� di 
cui 
all'articolo 13 della deliberazione 
n. 137/02 del 
17 luglio 2002, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 
n. 190 del 
14 
agosto 2002, e 
secondo le 
modalit� di 
cui 
all'articolo 1 della deliberazione 
n. 22/04 del 
26 
febbraio 
2004, 
pubblicata 
nella 
Gazzetta 
Ufficiale 
n. 
66 
del 
19 
marzo 
2004, 
adottate 
dall'autorit� 
per 
l'energia elettrica e 
il 
gas. con decreto del 
ministro dell'economia e 
delle 
finanze, 
di 
concerto con il 
ministro dello sviluppo economico, sono disciplinate 
le 
modalit� di 
versamento 
delle relative entrate al bilancio dello stato�. 


61.5.1. Per le 
modalit� 
di 
cessione 
presso il 
mercato regolamentato di 
aliquote 
del 
prodotto 
della 
coltivazione 
di 
giacimenti 
di 
gas 
naturale 
dovute 
allo 
Stato, 
a 
decorrere 
da 
quelle 
dovute 
per 
l�anno 
2006, 
occorre 
fare 
poi 
riferimento 
ai 
decreti 
del 
Ministro 
dello 
sviluppo 
economico 
12.7.2007, 15.10.2008 e 6.8.2010. 
Si legge in particolare nell�ultimo di essi: 
-all�art. 1, co. 1, lett. a), che 
�1. il 
presente 
decreto stabilisce: a) le 
modalit� con cui 
i 
produttori 
di 
gas 
naturale 
assolvono 
all'obbligo 
di 
cui 
all' 
articolo 
11, 
comma 
1, 
del 
decreto-
legge n. 7/07 a seguito delle disposizioni dell'articolo 30, comma 2, della legge n. 99/09;�; 
-all�art. 2, co. 1, lett. b), che 
�b) per 
indice 
Qe 
si 
intende 
la quota energetica del 
costo della 
materia prima gas, espresso in euro per 
mJ, determinata dall'autorit� per 
l'energia elettrica 
e 
il 
gas 
ai 
sensi 
della delibera n. 52/99 e 
successive 
modificazioni, assumendo fissa l'equivalenza: 
1 metro cubo standard = 38,52 mJ;�; 
-all�art. 
4, 
co. 
3 
(peraltro 
novellato 
dall�articolo 
unico, 
co. 
1, 
del 
d.m. 
22.7.2011), 
che 
�3. 
non sono accettate 
offerte 
in acquisto inferiori 
all'indice 
Qe 
di 
cui 
all'art. 19, comma 5-bis, 
del 
decreto legislativo n. 625/1996, pubblicato annualmente 
con comunicato ministeriale, in 
data antecedente 
l'offerta, sul 
sito internet 
della direzione 
generale 
per 
le 
risorse 
minerarie 
ed energetiche.�; 
-all�art. 4, co. 4, che 
�4. in caso di 
mancata vendita, il 
lotto di 
gas 
offerto rimane 
nella disponibilit� 
del 
titolare, il 
quale 
� 
tenuto a corrispondere 
allo stato l'equivalente 
valorizzato 
in misura pari all'indice Qe di cui al comma 3.�. 
Sono queste, unitamente 
a 
quelle 
del 
presupposto art. 11, co. 1, del 
d.l. n. 7/2007, convertito 
come 
precedentemente 
detto, le 
disposizioni 
che 
i 
concessionari 
(parti 
del 
presente 
giudizio) 
segnalano come idonee a testimoniare tangibilmente la fondatezza delle loro tesi di merito. 
Ma di ci� infra. 


61.6. Occorre 
infine 
ricordare 
ancora 
il 
tenore 
dell�art. 13, co. 1, del 
d.l. n. 1/2012, recante 
�disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivit��. 
Questa 
norma, contenuta 
in un articolo rubricato �misure 
per 
la riduzione 
del 
prezzo del 
gas 
naturale per i clienti vulnerabili�, nella sua versione originaria ha recitato cos�: 
�1. 
a 
decorrere 
dal 
primo 
trimestre 
successivo 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
decreto, 
l'autorit� 
per 
l'energia 
elettrica 
e 
il 
gas, 
al 
fine 
di 
adeguare 
i 
prezzi 
di 
riferimento 
del 
gas 
naturale 
per 
i 
clienti 
vulnerabili 
di 
cui 
all'articolo 
7 
del 
decreto 
legislativo 
1� 
giugno 
2011, 
n. 
93, 
ai 
valori 
europei, 
nella 
determinazione 
dei 
corrispettivi 
variabili 
a 
copertura 
dei 
costi 
di 
approvvigionamento 
di 
gas 
naturale, 
introduce 
progressivamente 
tra 
i 
parametri 
in 
base 
ai 
quali 
� 
disposto 
l'aggiornamento 
anche 
il 
riferimento 
per 
una 
quota 
gradualmente 
crescente 
ai 
prezzi 
del 
gas 
rilevati 
sul 
mercato. 
in 
attesa 
dell'avvio 
del 
mercato 
del 
gas 
naturale 
di 
cui 
all'articolo 
30, 
comma 
1, 
della 
legge 
23 
luglio 
2009, 
n. 
99, 
i 
mercati 
di 
riferimento 
da 
considerare 
sono 
i 
mercati 
europei 
individuati 
ai 
sensi 
dell'articolo 
9, 
comma 
6, 
del 
decreto 
legislativo 
13 
agosto 
2010, 
n. 
130�. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Nella 
versione 
successiva 
alla 
legge 
di 
conversione 
(l. 
n. 
27/2012) 
del 
predetto 
decreto-legge, 
essa recita ora cos�: 


�1. 
a 
decorrere 
dal 
primo 
trimestre 
successivo 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
decreto, 
l�autorit� 
per 
l'energia 
elettrica 
e 
il 
gas, 
al 
fine 
di 
adeguare 
i 
prezzi 
di 
riferimento 
del 
gas 
naturale 
per 
i 
clienti 
vulnerabili 
di 
cui 
all'articolo 22 del 
decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, 
e 
successive 
modificazioni, ai 
valori 
europei, nella determinazione 
dei 
corrispettivi 
variabili 
a copertura dei 
costi 
di 
approvvigionamento di 
gas 
naturale, introduce 
progressivamente 
tra 
i 
parametri 
in base 
ai 
quali 
� 
disposto l'aggiornamento anche 
il 
riferimento per 
una quota 
gradualmente 
crescente 
ai 
prezzi 
del 
gas 
rilevati 
sul 
mercato. 
in 
attesa 
dell'avvio 
del 
mercato 
del 
gas 
naturale 
di 
cui 
all'articolo 30, comma 1, della legge 
23 luglio 2009, n. 99, i 
mercati 
di 
riferimento 
da 
considerare 
sono 
i 
mercati 
europei 
individuati 
ai 
sensi 
dell'articolo 
9, 
comma 
6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130�. 


61.6.1. �, quella 
test� 
riportata, la 
norma 
per effetto della 
quale 
l�Autorit� 
ha 
da 
ultimo elaborato 
l�indice 
�Pfor� 
- quale 
sostituto dell�indice 
�QE� 
- per una 
pi� appropriata 
determinazione 
del 
prezzo 
di 
riferimento 
del 
gas, 
sul 
mercato, 
�al 
fine 
di 
adeguare 
i 
prezzi 
di 
riferimento 
del gas naturale per i clienti vulnerabili�. 
In 
termini 
assolutamente 
sintetici, 
l�Autorit�, 
onde 
ottemperare 
al 
mandato 
datole 
dall�art. 
13, 
co. 
1, 
del 
d.l. 
n. 
1/2012, 
ha 
ritenuto 
opportuno 
-nell�ambito 
delle 
sue 
formule 
tariffarie 
-sostituire 
il 
parametro 
relativo 
al 
�costo� 
(per 
gli 
operatori) 
di 
approvvigionamento 
sui 
mercati 
della 
risorsa 
gas, 
non 
prendendo 
pi� 
in 
considerazione 
gli 
approvvigionamenti 
frutto 
di 
contratti 
di 
medio-lungo 
termine 
(parametro 
di 
riferimento 
tipico 
del 
tradizionale 
indice 
�QE�) 
bens� 
quelli 
frutto 
di 
contratti 
di 
breve-medio 
termine, 
oltre 
che 
quelli 
frutto 
anche 
di 
contratti 
c.d. 
spot. 
I 
contratti 
del 
secondo 
e, 
soprattutto, 
del 
terzo 
tipo 
hanno 
il 
vantaggio 
di 
�cogliere� 
oscillazioni 
anche 
minime 
ed anche 
di 
breve 
periodo dei 
prezzi 
di 
approvvigionamento del 
prodotto gas. 
Oscillazioni 
che 
invece 
non 
si 
riescono 
ad 
intercettare 
ove 
si 
faccia 
riferimento 
solo 
ai 
contratti 
di 
medio-lungo termine, all�interno dei 
quali 
i 
prezzi 
di 
approvvigionamento del 
gas 
sono anche 
solo intuibilmente 
- molto pi� stabili 
e 
molto meno influenzati 
dai 
fattori 
vari, spesso 
assai 
congiunturali, 
che 
intervengono 
(nella 
naturale 
dinamica 
offerta-domanda) 
e 
concorrono 
nella formazione dei prezzi unitari di prodotto. 
In 
parole 
semplici, 
dunque, 
con 
la 
differente 
e 
pi� 
recente 
tecnica 
di 
rilevazione, 
e 
quindi 
grazie 
al 
nuovo indice 
�Pfor�, i 
prezzi 
di 
riferimento, sul 
mercato, del 
gas 
naturale 
risultano (peraltro 
congiunturalmente) 
essere 
oggettivamente 
pi� 
bassi 
rispetto 
a 
quelli 
che 
si 
ricavano 
utilizzando l�indice �QE�. 


62. 
Proprio 
questa 
obiettiva 
e 
tangibile 
diversit� 
(per 
quanto 
congiunturale, 
al 
momento) 
consistente, 
in assoluta 
sintesi, nel 
fatto che, per i 
concessionari, varrebbe 
un prezzo pi� elevato 
quando essi 
devono calcolare 
il 
�corrispettivo pecuniario� 
dovuto allo Stato quale 
tantundem 
del 
valore 
delle 
quote 
di 
prodotto-gas 
(da 
essi 
estratto e 
storicamente 
da 
cedere 
allo 
Stato in natura), mentre 
vale 
un prezzo pi� basso (per il 
medesimo prodotto) quando essi 
devono 
stabilire 
i 
loro prezzi 
di 
cessione 
del 
gas 
naturale 
destinato ai 
consumi 
dei 
�clienti 
vulnerabili� 
-ha 
spinto 
i 
medesimi 
concessionari 
a 
reagire 
in 
sede 
giudiziaria 
avverso 
gli 
atti 
dell�Amministrazione 
con i 
quali 
� 
stata 
ancora 
di 
recente 
reiterata 
la 
modalit� 
di 
calcolo (secondo 
l�indice �QE�, peraltro aggiornato) del predetto loro �corrispettivo pecuniario�. 
Dal 
loro punto di 
vista, pur in disparte 
ogni 
altra 
considerazione, l�irrazionalit� 
sostanziale 
della 
situazione 
determinatasi 
discenderebbe 
dalla 
constatazione 
del 
fallimento 
delle 
cessioni 
(rectius, dei 
tentativi 
di 
cessione) 
dei 
concessionari, sul 
mercato, delle 
loro 
quote 
di 
prodotto-
gas estratto che (storicamente) essi avrebbero dovuto cedere in natura allo Stato. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Come 
sopra 
accennato 
(punto 
61.5.1. 
che 
precede), 
i 
concessionari 
segnalano 
che 
le 
aste 
per 
la 
vendita 
di 
tali 
quote 
di 
prodotto, 
applicativamente 
conseguenti 
all�art. 
11, 
co. 
1, 
del 
d.l. 
n. 
7/2007, 
convertito 
come 
sopra 
detto, 
e 
ai 
decreti 
ministeriali 
di 
relativa 
attuazione, 
sono 
andate 
regolarmente 
deserte 
dopo 
che 
l�Autorit� 
ha 
effettuato 
la 
sostituzione 
dell�indice 
�Pfor� 
all�indice 
�QE�. 
E 
ci� 
del 
resto, 
dal 
punto 
di 
vista 
dei 
concessionari, 
� 
peraltro 
perfettamente 
logico, 
difficile 
essendo 
che 
possa 
trovarsi, 
sul 
mercato, 
un 
acquirente 
disposto 
ad 
acquistare 
dai 
concessionari 
quote 
di 
prodotto-gas 
ad 
un 
prezzo 
(vincolato) 
pi� 
elevato 
rispetto 
a 
quello, 
pi� 
basso, 
identificato 
dall�Autorit� 
come 
di 
legittimo 
riferimento 
per 
le 
cessioni 
del 
gas 
naturale 
ai 
�clienti 
vulnerabili�. 
Ci� 
che, 
in 
altri 
termini, 
urta 
ai 
concessionari 
� 
che 
essi 
debbano 
allo 
Stato, 
quale 
�corrispettivo 
pecuniario� 
imposto alle 
loro concessioni, somme 
di 
denaro maggiori 
rispetto a 
quelle 
che 
gli 
stessi 
sarebbero 
oggettivamente 
in 
grado 
di 
ricavare 
(a 
parit� 
di 
quantitativi 
parametrici 
di 
prodotto-gas 
dovuto, in valore, allo Stato) cedendo il 
gas 
naturale 
(dopo l�introduzione 
del-
l�indice �Pfor�) secondo la naturale dinamica dell�offerta e della domanda. 
� 
questa, in pratica, la 
situazione 
che 
induce 
i 
concessionari 
a 
denunciare 
qui 
la 
pretesa 
irrazionalit� 
(e 
la 
conseguente 
pretesa 
lesivit�) di 
uno stato delle 
cose 
tale 
per cui 
essi 
sarebbero 
costretti 
- ove 
i 
loro ricorsi 
non fossero accolti 
- a 
corrispondere 
allo Stato corrispettivi 
che 
ritengono 
�gonfiati� 
rispetto 
ai 
loro 
prezzi 
di 
realizzo 
(peraltro 
teorici 
giacch� 
le 
aste 
di 
vendite 
sono andate 
deserte, come 
sopra 
accennato), secondo naturale 
dinamica 
di 
mercato, conseguenti 
alla cessione di quote unitarie del loro gas naturale estratto. 
In 
ultima 
analisi 
-denunciano 
i 
concessionari 
-, 
per 
effetto 
di 
un�interpretazione 
ritenuta 
errata 
dell�art. 
19, 
co. 
5-bis, 
del 
d.lgs. 
n. 
625/1996, 
essi 
sarebbero 
ormai 
costretti 
a 
versare 
allo 
Stato 
un 
�corrispettivo 
pecuniario� 
elevato 
(in 
quanto 
ancorato 
a 
parametri 
del 
suo 
calcolo 
legati 
all�indice 
�QE�) 
e 
che 
essi 
non 
riescono 
a 
�recuperare�, 
giacch� 
vanno 
deserte 
le 
aste 
di 
vendita 
(delle 
quote 
statali) 
del 
prodotto 
gas 
(proprio 
perch� 
dette 
quote 
andrebbero 
cedute 
a 
valori 
per 
i 
quali 
non 
si 
individuano 
compratori, 
in 
quanto 
calcolati 
obbligatoriamente 
sulla 
base 
dell�indice 
�QE�). 
Come 
� 
possibile 
desumere, 
dunque, 
le 
doglianze 
dei 
concessionari 
muovono 
non 
tanto 
(e 
non 
solo) 
dal 
fatto 
che 
il 
�corrispettivo 
pecuniario� 
dovuto 
allo 
Stato 
� 
divenuto 
elevato 
in 
s� 
quanto 
piuttosto 
(se 
non 
soprattutto) 
per 
il 
fatto 
che 
essi 
non 
riescono 
poi 
a 
�rientrare� 
da 
tale 
esborso 
vendendo 
le 
quote 
(statali) 
di 
gas 
ad 
un 
prezzo 
almeno 
pari 
al 
predetto 
�corrispettivo 
pecuniario�. 


62.1. I concessionari 
reputano di 
avere 
individuato una 
soluzione 
giuridica, di 
fonte 
interpretativa, 
alla situazione critica in cui essi oggi starebbero. 
L�unica 
soluzione 
razionale, 
a 
loro 
avviso, 
che 
sarebbe 
plausibile 
per 
gestire 
-fermo 
l�impianto 
formale 
dell�art. 19, co. 5-bis, del 
d.lgs. n. 625/1996 - una 
situazione 
ritenuta 
altrimenti 
per 
loro illegittima. 
63. In sintesi, i concessionari sottolineano che: 
-se 
� 
vero 
che, 
ai 
sensi 
del 
predetto 
art. 
19, 
co. 
5-bis, 
lett. 
b), 
�(�) 
i 
valori 
unitari 
dell�aliquota 
di 
coltivazione 
sono 
determinati: 
(�) 
b) 
per 
il 
gas, 
per 
tutte 
le 
concessioni 
e 
per 
tutti 
i 
titolari, 
in 
base 
alla 
media 
aritmetica 
relativa 
all�anno 
di 
riferimento 
dell'indice 
Qe 
(�) 
determinato 
dall�autorit� (�)� 
ai sensi della sua delibera n. 52/1999; 
-� 
per� altrettanto vero che 
la 
stessa 
disposizione 
aggiunge 
pure, immediatamente 
dopo la 
menzione di tale delibera n. 52/1999, le parole 
�(�) 
e successive modificazioni 
(�)�. 
Dal 
loro 
punto 
di 
vista, 
dunque, 
proprio 
queste 
ultime 
parole 
farebbero 
intendere 
che 
la 
�costruzione� 
dell�intera 
disposizione 
presa 
in 
considerazione 
(i.e., 
art. 
19, 
co. 
5-bis, 
lett. 
b), 
primo 
periodo, 
del 
d.lgs. 
n. 
625/1996) 
vada 
interpretativamente 
intesa 
in 
chiave 
obiettivamente 
dinamica. 
In parole 
povere, la 
tesi 
� 
che, al 
nascere 
della 
norma, il 
parametro di 
determinazione 
di 
quei 
valori 
unitari 
fu inizialmente 
ancorato all�indice 
�QE� 
all�epoca 
esistente 
(ed equo, secondo 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


l�andamento dell�epoca 
dei 
prezzi 
di 
mercato del 
prodotto gas) e 
come 
esso era 
stato determinato 
(quantitativamente) 
dall�Autorit� 
con 
la 
predetta 
delibera 
del 
1999. 
Tuttavia, 
gi� 
al 
momento del 
suo nascere, la 
medesima 
norma 
avrebbe 
altres� 
contemplato - nella 
prospettiva 
dei 
necessari, successivi 
aggiornamenti 
del 
parametro determinativo di 
quei 
valori 
unitari 
non 
solo l�eventualit� 
che 
potesse 
mutare 
- per decisione 
dell�Autorit� 
- l�entit� 
(dal 
punto di 
vista 
quantitativo) 
dell�indice 
�QE� 
ma 
anche 
l�ulteriore 
eventualit� 
che 
-sempre 
per 
decisione 
dell�Autorit� 
- potesse 
addirittura 
cambiare 
l�indice 
stesso (per introduzione 
di 
un indice 
diverso, 
sostitutivo di quello �QE�). 


64. Negli 
scritti 
difensivi 
dei 
concessionari, per�, viene 
tenuto alquanto in ombra 
il 
secondo 
periodo che 
pure 
forma 
la 
disposizione 
di 
cui 
al 
citato art. 19, co. 5-bis, lett. b). Un periodo 
che 
invece 
merita 
di 
essere 
adeguatamente 
illuminato proprio perch� 
idoneo a 
completare 
(e 
dunque comprendere appieo) la portata precettiva della norma in discorso. 
64.1. 
Questo 
ulteriore 
periodo 
recita 
cosi: 
�a 
decorrere 
dal 
1� 
gennaio 
2003, 
l�aggiornamento 
di 
tale 
indice, 
ai 
soli 
fini 
del 
presente 
articolo, 
� 
effettuato 
dall�autorit� 
per 
l�energia 
elettrica 
e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione�. 
Del 
fraseggio normativo in discorso, ad avviso del 
Collegio, va 
piuttosto colta 
l�importanza 
delle seguenti parole: 
-�tale 
indice�. 
Parole, 
queste, 
idonee 
a 
poter 
richiamare, 
nel 
contesto 
complessivo 
dell�intera 
frazione 
di 
norma 
della 
quale 
si 
sta 
parlando, null�altro che 
il 
solo indice 
�QE�, giacch� 
solo 
questo (e 
non un altro) � 
l�indice 
menzionato nel 
periodo immediatamente 
precedente 
della 
norma medesima; 
-�aggiornamento� 
(�) �ai 
soli 
fini 
del 
presente 
articolo�. Parole, queste, idonee 
a 
stressare 
il 
concetto secondo il 
quale 
i 
successivi 
aggiornamenti 
effettuati 
dall�Autorit� 
dell�indice 
in 
questione 
(quello �QE�) sarebbero valsi, nel 
tempo, ad attualizzare 
esclusivamente 
il 
meccanismo 
di 
calcolo 
dei 
valori 
unitari 
del 
prodotto 
gas 
(da 
moltiplicare 
poi 
per 
le 
quote 
di 
prodotto 
di 
spettanza 
statale) ai 
soli 
fini 
della 
periodica 
determinazione 
del 
�corrispettivo pecuniario� 
dovuto allo Stato dai 
singoli 
concessionari, evidentemente 
(pur se 
implicitamente) a 
prescindere 
da 
quella 
che 
sarebbe 
potuta 
essere 
l�evoluzione 
del 
valore 
unitario del 
prodotto gas 
secondo 
altre dinamiche del suo mercato; 
-�sulla base 
dei 
parametri 
di 
cui 
alla stessa deliberazione�. Parole, queste, che 
chiudono 
logicamente 
il 
circuito interpretativo che 
si 
sta 
illustrando. Invero, i 
�parametri� 
di 
cui 
alla 
delibera 
dell�Autorit� 
n. 
52/1999 
potevano 
(e 
possono) 
logicamente 
ritenersi 
appropriati 
per 
l�aggiornamento 
dell�indice 
�QE� 
ma 
al 
tempo 
stesso 
inidonei 
ad 
operare 
per 
un 
aggiornamento 
di 
un qualunque 
altro indice 
(come 
ad esempio il 
�Pfor�) diverso da 
quello �QE�. E, 
quanto meno, i 
concessionari, in questo giudizio, non hanno fornito argomenti 
a 
riscontro del 
fatto che 
i 
�parametri� 
di 
cui 
alla 
delibera 
n. 52/1999 potessero esattamente 
valere 
anche 
per 
aggiornamenti di un indice diverso, quale il �Pfor�. 
Sul 
piano di 
un�interpretazione 
letterale 
della 
norma 
in discorso, letta 
in modo completo, la 
tesi propugnata dai concessionari non risulta dunque condivisibile. 
65. La 
tesi 
dei 
concessionari, peraltro, non appare 
condivisibile 
neppure 
in ottiche 
diverse 
(di 
natura finanziaria), eppure necessariamente concorrenti. 
65.1. Come 
si 
� 
detto, gi� 
in passato non era 
escluso dalla 
legge 
che 
- per decisione 
governativa, 
suscettibile 
di 
mutevolezza 
nel 
tempo - i 
concessionari 
fossero tenuti, invece 
di 
cedere 
in natura 
allo Stato quote 
del 
prodotto gas 
da 
loro estratto, a 
versare 
allo stesso un �corrispettivo 
pecuniario� a fronte delle concessioni di cui essi erano titolari. 
Particolarit� 
dell�epoca 
(art. 
22, 
quarto 
comma, 
della 
l. 
n. 
6/1957 
e 
art. 
22, 
terzo 
comma, 
della 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


stessa 
legge, come 
per� novellato dalla 
l.n. 613/1967) era 
per� il 
fatto che 
sussisteva 
- esplicitamente 
per 
legge 
-un 
rapporto 
di 
sostanziale 
�equivalenza� 
tra 
la 
quota 
di 
prodotto 
(in 
linea 
di 
principio dovuta 
in natura, dal 
concessionario allo Stato) ed il 
ricavato economico che 
ciascun 
concessionario avrebbe 
potuto trarre 
(secondo i 
prezzi 
correnti) dalla 
vendita 
di 
quella 
quota sul mercato. 
Dal 
punto 
di 
vista 
dei 
concessionari, 
perci�, 
era 
praticamente 
neutrale 
la 
scelta 
che, 
nei 
loro 
riguardi, 
il 
Governo 
avrebbe 
potuto 
effettuare. 
Se 
il 
Governo 
avesse 
optato 
per 
il 
versamento 
di 
un 
�corrispettivo 
pecuniario�, 
i 
concessionari 
avrebbero 
infatti 
potuto 
compensare 
l�esborso 
cedendo 
sul 
mercato 
le 
quote 
(precedentemente 
identificate 
come 
di 
spettanza 
statale) 
che 
sarebbero 
conseguentemente 
rimaste 
nella 
loro 
disponibilit�, 
giacch� 
non 
pi� 
da 
cedere 
in 
natura. 


65.2. Quanto meno dal 
2004 tuttavia, con l�entrata 
in vigore 
dell�art. 19, co. 5-bis, del 
d.lgs. 
n. 
625/1996, 
l�ottica 
e 
la 
finalit� 
del 
meccanismo 
determinativo 
del 
tantundem 
dovuto 
per 
una concessione estrattiva � mutato sensibilmente. 
E 
questo (da 
non dimenticare), come 
�spiegato� 
dall�art. 1, co. 93, alinea, della 
l. n. 239/2004, 
che 
quel 
co. 5-bis 
dell�art. 19 citato ha 
introdotto, proprio �ai 
fini 
di 
una migliore 
attuazione 
della normativa in materia di 
aliquote 
di 
prodotto della coltivazione 
(�)�, ossia 
per una 
pi� 
semplice, pratica ed efficiente attuazione di quella normativa. 
Nel 
nuovo quadro normativo � 
in primo luogo scomparsa 
la 
possibilit� 
che 
i 
concessionari 
potessero �pagare� 
(a 
fronte 
della 
concessione) lo Stato in natura, cedendogli 
una 
quota 
predeterminata 
di prodotto gas da loro estratto. 
Rispetto 
all�alternativa 
offerta 
dall�ottavo 
considerando 
e 
dall�art. 
6, 
paragrafo 
1, 
della 
direttiva 
94/22/CE, evidentemente 
il 
Legislatore 
ha 
optato direttamente 
per la 
predilezione 
del 
�corrispettivo 
pecuniario� (in luogo di quello �in idrocarburi�). 
Nel 
nuovo quadro normativo, poi, non si 
rinviene 
un qualunque 
riferimento che, sul 
piano interpretativo, 
possa 
far intendere 
che 
debba 
ricorrere 
una 
�equivalenza� 
tra 
�corrispettivo pecuniario� 
e valore della quota predeterminata del prodotto gas estratto. 
Ci� del resto � logico: 
-per un verso, alla 
luce 
dei 
riferimenti 
normativi 
citati 
della 
direttiva 
94/22/CE 
i 
quali, come 
gi� 
detto, non mostrano di 
imporre 
agli 
Stati 
membri 
una 
�equivalenza� 
tra 
le 
due 
forme 
di 
corrispettivo e 
questo per il 
semplice 
fatto che, nella 
struttura 
della 
direttiva, figura 
esistere 
(a 
favore 
degli 
Stati 
membri) un�opzione 
alternativa 
assoluta 
(o �corrispettivo pecuniario� 
o 
�corrispettivo in idrocarburi�, senza 
tuttavia 
una 
qualche 
liaison 
fra 
gli 
stessi) e 
non piuttosto 
-come 
era 
in passato nel 
nostro ordinamento - una 
forma 
esclusiva 
di 
pagamento in natura 
(quote 
di 
prodotto 
estratto 
dovute 
dal 
concessionario 
allo 
Stato), 
con 
facolt� 
del 
concessionario 
(subordinata 
peraltro alla 
previa 
scelta 
governativa 
e, dunque, ad un licet 
statale) di 
liberarsi 
attraverso la corresponsione di un equivalente economico (del valore di dette quote); 
-per altro verso, alla 
luce 
dell�evidente 
scelta 
del 
Legislatore 
di 
rendere 
sufficientemente 
stabile, 
e 
perci� prevedibile 
nel 
tempo, l�entrata 
finanziaria 
derivante 
dalle 
concessioni 
di 
estrazione 
attraverso l�ancoraggio del 
meccanismo di 
calcolo del 
�corrispettivo pecuniario� 
(delle 
concessioni) 
ad 
un 
indice 
di 
riferimento 
(quello 
�QE�) 
a 
propria 
volta 
legato 
a 
valori 
di 
mercato 
altrettanto 
sufficientemente 
stabili 
o, 
quanto 
meno, 
poco 
riflettenti 
le 
eventuali 
variazioni 
congiunturali 
dei prezzi del prodotto gas sui mercati di approvvigionamento; 
-per 
altro 
verso 
ancora, 
alla 
luce 
dell�altrettanto 
evidente 
scelta 
del 
Legislatore 
(resa 
possibile, 
come 
detto, dalla 
struttura 
normativa 
della 
direttiva 
94/22/CE) di 
utilizzare 
le 
quote 
predeterminate 
di 
prodotto 
estratto 
come 
un 
semplice 
moltiplicatore 
applicativo 
dell�indice 
(quello 
�QE�) prescelto in via legislativa. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


65.3. A 
fronte 
di 
queste 
considerazioni, allora, non � 
(ulteriormente) plausibile 
la 
lettura 
interpretativa 
prospettata 
dai 
concessionari 
dell�art. 
19, 
co. 
5-bis, 
lett. 
b), 
primo 
periodo, 
del 
d.lgs. n. 625/1996 (anche 
a 
prescindere 
dalla 
portata 
ostativa, a 
detta 
interpretazione, conseguente 
gi� alla formulazione del secondo periodo della stessa lett. b) del citato co. 5-bis). 
Secondo questa 
lettura 
interpretativa, in estrema 
sintesi, non dovrebbe 
escludersi 
che 
per effetto 
di 
una 
scelta 
dell�Autorit� 
- che, si 
badi 
bene, per quanto autorevole 
� 
pur sempre 
una 
scelta 
di 
natura 
amministrativa 
e 
perci� di 
rango sub 
legislativo - si 
possa 
determinare 
una 
riduzione 
del 
gettito finanziario derivante 
dall�operativit� 
della 
norma 
(il 
citato art. 19, co. 5bis, 
lett. 
b), 
abbandonandosi 
l�utilizzazione 
dell�indice 
�QE�, 
formalmente 
previsto 
dalla 
norma 
primaria, in favore 
di 
un pi� conveniente 
(ma 
solo per i 
concessionari) indice 
�Pfor�, 
la 
cui 
introduzione, peraltro, era 
del 
tutto sconosciuta 
ed imprevedibile 
all�epoca 
(2004) del-
l�entrata in vigore della citata norma primaria. 
Questa 
prospettazione, tuttavia, urterebbe 
con l�art. 81 Cost., specie 
alla 
luce 
della 
sua 
pi� recente 
riformulazione (per effetto della l. cost. n. 1/2012). 
Si 
legittimerebbe 
invero, ove 
mai 
fosse 
vera 
la 
prospettazione 
dei 
concessionari, per scelta 
di 
un�Autorit� 
amministrativa, un deficit 
finanziario per lo Stato senza 
che 
vi 
fosse 
una 
legge 
che provvedesse ai mezzi per fare fronte ai maggiori oneri derivanti dalla minore entrata. 
In 
altri 
termini, 
la 
prospettazione 
dei 
concessionari, 
per 
potersi 
materializzare, 
necessiterebbe 
di 
un previo intervento legislativo che, modificando nel 
senso auspicato la 
formula 
di 
cui 
all�art. 
19, co. 5-bis, lett. b), del 
d.lgs. n. 625/1996, si 
facesse 
pure 
carico degli 
effetti 
finanziari 
negativi per il bilancio pubblico che ne deriverebbero. 
65.4. 
Anche 
da 
un 
ulteriore 
punto 
di 
vista 
eminentemente 
giuridico, 
poi, 
la 
prospettazione 
dei 
concessionari non pu� essere condivisa. 
Infatti, 
il 
motivo 
per 
il 
quale 
l�Autorit� 
ha 
abbandonato 
l�indice 
�QE� 
in 
favore 
di 
quello 
�Pfor� 
risiede 
nel 
fatto che 
essa 
ha 
ritenuto corretto dare 
cos� 
(ossia 
attraverso questa 
sostituzione 
di 
indici) attuazione 
al 
compito attribuitole 
dall�art. 13, co. 1, del 
d.l. n. 1/2012, convertito, con 
modificazioni, dalla l. n. 27/2012. 
Il 
compito 
che 
era 
stato 
assegnato 
all�Autorit� 
-come 
si 
legge 
nella 
norma 
richiamata 
-era 
per� 
preordinato 
solo 
�al 
fine 
di 
adeguare 
i 
prezzi 
di 
riferimento 
del 
gas 
naturale 
per 
i 
clienti 
vulnerabili� 
e 
non 
al 
fine 
(ovvero 
non 
anche 
al 
fine) 
di 
immutare 
il 
metodo 
di 
determinazione 
dei 
valori 
unitari 
dell�aliquota 
di 
coltivazione 
di 
cui 
all�art. 
19, 
co. 
5-bis, 
lett. 
b), 
del 
d.lgs. 
n. 
625/1996. 
Riprova 
ne 
sia 
-se 
pur 
non 
bastasse 
il 
solo 
dato 
letterale 
della 
norma 
richiamata 
-il 
fatto 
che 
(tenuto 
conto 
dei 
riflessi 
finanziari 
negativi 
che 
sarebbero 
derivati 
da 
una 
sostituzione 
dell�indice 
�Pfor� 
a 
quello 
�QE�, 
in 
senso 
alla 
disposizione 
del 
predetto 
art. 
19, 
co. 
5-bis, 
se 
� 
vero 
quanto 
dichiarano 
gli 
stessi 
concessionari, 
ossia 
che 
attraverso 
l�impiego 
dell�indice 
�Pfor� 
essi 
avrebbero 
pagato 
allo 
Stato 
un 
�corrispettivo 
pecuniario� 
di 
minore 
entit�) 
il 
citato 
art. 
13 
non 
reca 
alcuna 
disposizione 
di 
copertura 
finanziaria 
a 
fronte 
di 
tali 
minori 
entrate 
per 
l�Erario. 
66. Avviandosi 
alla 
conclusione 
occorre 
dire 
ancora 
che, se 
anche 
le 
circostanze 
(i.e., la 
sopravvenuta 
norma 
di 
cui 
all�art. 13, co. 1, del 
citato d.l. n. 1/2012) hanno fatto s� 
che 
i 
concessionari 
percepissero 
una 
maggiore 
incidenza 
economica, 
sui 
loro 
bilanci, 
dei 
loro 
pagamenti 
allo Stato di 
�corrispettivi 
pecuniari� 
legati 
all�applicazione 
e 
alla 
progressiva 
variazione 
quantitativa 
dell�indice 
�QE� 
(quale 
riflesso 
di 
una 
comparazione 
con 
quanto 
essi 
avrebbero 
pagato 
qualora 
i 
�corrispettivi 
pecuniari� 
di 
cui 
all�art. 
19, 
co. 
5-bis, 
lett 
b), 
del 
d.lgs. 
n. 625/1996 fossero stati 
calcolati, dal 
2012 in poi, secondo l�indice 
�Pfor�), i 
riflessi 
di 
una 
tale 
sopravvenienza 
non 
possono 
essere 
apprezzati 
e 
valutati 
nell�ambito 
del 
presente 
giudizio, 
per come esso � stato impostato. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


L�eventuale 
denuncia, 
da 
parte 
dei 
concessionari, 
della 
non 
sopportabilit� 
economica 
da 
parte 
loro di una sopravvenuta maggiore onerosit� delle concessioni di cui sono titolari, e della riflessa, 
ritenuta 
non equit� 
(sopravvenuta) del 
�prezzo� 
di 
tali 
concessioni, � 
invero questione 
che 
pu� essere 
soppesata 
soltanto nel 
quadro di 
una 
censura 
di 
non accettabile 
sopravvenuto 
disequilibrio delle 
condizioni 
complessive 
delle 
concessioni 
medesime, alla 
luce 
di 
un esame 
completo di tutte le loro clausole e dei relativi, conseguenti oneri e vantaggi. 
Censura, quella 
test� 
evocata, che 
tuttavia 
non ricade 
nell�ambito del 
thema decidendum 
del 
presente giudizio. 


67. Anche 
in quest�ultima 
ottica, dunque, non risultano fondate 
(riprendendosi 
qui 
il 
tema 
di 
cui 
al 
punto 
60. 
che 
precede) 
le 
richieste 
dei 
concessionari 
di 
promuovimento, 
in 
seno 
a 
questo 
giudizio, di 
un incidente 
costituzionalit� 
ovvero di 
interpretazione 
comunitaria 
della 
compatibilit� 
con l�ordinamento sovranazionale 
della 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 19, co. 5-bis, lett. 
b), del d.lgs. n. 625/1996. 
Come 
si 
� 
visto, 
con 
questa 
norma 
il 
Legislatore, 
da 
un 
lato, 
ha 
optato 
per 
il 
solo 
�corrispettivo 
pecuniario� 
a 
fronte 
dell�attribuzione 
di 
concessioni 
di 
estrazione 
del 
gas 
(superando 
il 
regime 
previgente 
che 
prevedeva, 
in 
primo 
luogo, 
una 
cessione 
in 
natura 
di 
quote 
di 
prodotto 
gas 
estratto e, alternativamente, previo tuttavia 
un licet 
governativo, il 
pagamento di 
un controvalore 
pecuniario di 
tali 
quote 
calcolato sulla 
base 
di 
prezzi 
di 
mercato del 
gas) e, dall�altro 
lato, ha 
oggettivato il 
meccanismo di 
determinazione 
della 
monetizzazione 
di 
tale 
�corrispettivo 
pecuniario� 
attraverso l�ancoraggio all�andamento di 
un predeterminato indice 
parametrico 
(il �QE�). 
Con questa 
norma 
il 
Legislatore 
non ha 
altres� 
introdotto forme 
di 
adeguamento nel 
tempo 
del 
predetto meccanismo di 
determinazione 
del 
corrispettivo in funzione 
di 
valutazioni 
che 
attengono alla maggiore o minore (eventuale) onerosit� delle concessioni-contratto. 
Al 
di 
fuori 
-come 
detto 
-di 
un 
thema 
decidendum 
idoneo 
a 
valutare 
l�appropriatezza 
e 
l�equilibrio 
di 
tale 
onerosit� 
non � 
dunque 
utile 
promuovere 
uno o entrambi 
i 
sindacati 
incidentali 
chiesti 
dai 
concessionari 
dato che 
una 
qualunque 
risposta 
che 
da 
essi 
si 
ottenesse 
non risulterebbe 
utile 
alla 
soluzione 
della 
presente 
controversia, la 
quale 
invece 
- come 
si 
� 
visto - � 
suscettibile 
di 
per 
s� 
di 
essere 
definita 
attraverso 
parametri 
valutativi 
che 
prescindono 
da 
sindacati 
costituzionali 
ovvero comunitari 
della 
norma 
di 
cui 
all�art. 19, co. 5-bis, lett. b), del 
d.lgs. n. 625/1996. 
68. In conclusione, gli 
appelli 
in epigrafe 
- riuniti 
- vanno accolti 
e 
per l�effetto, in riforma 
delle sentenze impugnate, vanno respinti i ricorsi originariamente proposti. 
Tenuto conto dei 
tratti 
di 
novit� 
delle 
questioni 
trattate, ricorrono giustificati 
motivi 
per l�integrale 
compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio. 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio di 
Stato in sede 
giurisdizionale 
(Sezione 
Sesta), definitivamente 
pronunciando 
sugli 
appelli, come 
in epigrafe 
proposti, previa 
loro riunione, li 
accoglie 
e 
per l�effetto, in riforma 
delle sentenze impugnate, respinge i ricorsi originariamente proposti. 
Spese compensate. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2017. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


la �accessione invertita ambientale� 
e il decalogo del Consiglio di stato 


nota 
a 
consiGlio 
di 
stato, sez. Vi, sentenza 
30 marzo 
2018 n. 2017 


Paolo Marchini* 

La 
sentenza 
n. 2017/2018 della 
sesta 
sezione 
del 
Consiglio di 
Stato costituisce 
la pietra d�angolo della accessione invertita ambientale. 


Questo 
istituto 
(1) 
nacque 
come 
una 
sorta 
di 
punitive 
damage 
con 
il 
duplice 
scopo 
di 
indurre 
l�autore 
dell�illecito 
edilizio 
ad 
ottemperare 
all�ordinanza 
di 
demolizione 
(pena 
la 
perdita 
della 
propriet� 
anche 
dell�area) 
e 
di 
velocizzare 
il 
ripristino 
ambientale 
da 
parte 
del 
Parco, 
una 
volta 
acquisita 
la 
propriet�. 


Il 
banco 
di 
prova 
dell�istituto 
-con 
riferimento 
alle 
aree 
protette 
-si 
� 
avuto solo recentemente 
allorch� 
l�Ente 
Parco Nazionale 
del 
Vesuvio ha 
emanato 
centinaia 
di 
provvedimenti 
di 
acquisizione 
in propriet� 
dopo l�inutile 
decorso 
del 
termine 
di 
ottemperanza 
delle 
ordinanze 
di 
demolizione 
dei 
varii 
Comuni circumvesuviani e dello stesso ente parco. 


Il 
t.a.r. Campania, investito dai 
numerosi 
ricorsi, aveva 
annullato l�atto 
di 
acquisizione 
del 
Parco 
per 
il 
pi� 
grave 
vizio 
di 
cui 
l�atto 
amministrativo 
pu� essere affetto, ossia la nullit� per difetto assoluto di attribuzione. 


(*) Avvocato dello Stato. 


(1) Che 
prevede 
la 
acquisizione 
al 
patrimonio dell�ente 
parco del 
manufatto abusivo e 
dell�area 
di 
sedime, qualora 
il 
privato destinatario dell�ordinanza 
di 
demolizione 
non vi 
ottemperi 
nel 
termine 
di 
legge 
(per i 
riferimenti 
di 
legge 
sia 
consentito rinviare 
all�atto di 
appello dell�Avvocatura 
generale 
qui 
riportato). 
AL 37729/17 Avv. Paolo Marchini 
CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIzIONALE 
RICORSO IN 
APPELLO CON ISTANzA DI SOSPENSIONE 


PER 
ENTE 
PARCO 
NAzIONALE 
DEL 
VESUVIO 
(E.P.N.V.), c.f. 94147260635, in persona 
del 
legale 
rappresentante 
p.t., rappresentato e 
difeso ex lege 
dall�Avvocatura 
generale 
dello Stato, presso la 
cui 
sede 
alla 
via 
dei 
Portoghesi, n. 12, domicilia per legge; 


contro 
A.S., c.f. ..., rappresentata 
e 
difesa 
dall�Avv.to Alfonso Capotorto, c.f. CPTLNS70B11G813E, presso 
cui 
elettivamente 
domicilia 
in 
Napoli, 
al 
Centro 
Direzionale 
Isola 
E/2 
sc. 
A; 
/2; 
pec: 
alfonso.capotorto@pecavvocatinola.it 


per la riforma 
della 
sentenza 
del 
T.A.R. 
della 
Campania-Napoli 
sez. 
III, 
n. 
3746/2017, 
dep. 
il 
12.7.2017, 
non 
notificata 
sul ricorso numero di registro generale 2110 del 2017 con il quale � stato chiesto l�annullamento: 
-dell�ordinanza 
di 
Accertamento 
di 
Inottemperanza 
e 
dichiarazione 
di 
acquisizione 
n. 
314 
del 
21.9. 
2016 adottata dall�Ente Parco Nazionale del 
Vesuvio notificata alla ricorrente in data 27.2.2017; 


- di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, per quanto di ragione. 
FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 
Cos� riporta il fatto il t.a.r. a quo: 
�Premesso che: 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Approdata 
al 
Consiglio di 
Stato, la 
�accessione 
invertita 
ambientale� 
ha 
ora il suo decalogo. 


La 
sesta 
sezione 
nel 
riconoscere 
il 
pieno potere 
dell�ente 
parco di 
acquisire 
le aree, fissa alcuni principi fondamentali. 


In 
primo 
luogo, 
viene 
stabilito 
il 
confine 
tra 
la 
disciplina 
propriamente 
edilizia 
dell�istituto, come 
disciplinata 
dall�art. 31 del 
T.U.E. 6 giugno 2001, 


n. 380, e 
quella 
speciale 
sulle 
aree 
protette 
contemplata 
dall�art. 2, comma 
1, 
della L. n. 426/1998 e dall�art. 1, comma 1104, della L. n. 296/2006. 
Il 
Consiglio 
afferma 
che 
l�art. 
31 
del 
T.U.E. 
(che 
attribuisce 
la 
competenza 
al 
Comune) 
recede 
rispetto 
alla 
citata 
norma 
del 
1998, 
ritenuta 
di 
natura 
speciale. 
In 
ogni 
caso, 
si 
avrebbe 
l�effetto 
abrogativo 
dell�art. 
31 
cit., 
da 
parte 
della 
norma 
sopravvenuta 
costituita 
dal 
prefato 
comma 
1104 
dell�art. 
1 
L. 
n. 
296/2006, il 
quale, dopo un rimpallo di 
competenze 
tra 
Comune 
e 
Ente 
parco 
attribuite 
ora 
all�uno, 
ora 
all�altro 
ente 
da 
norme 
succedutesi 
nel 
tempo, 
ha 
definitivamente 
individuato 
nell�ente 
parco 
l�unico 
soggetto 
competente 
ad 
acquisire 
le 
aree 
soggette 
a 
plurivincolo 
(quello 
edilizio 
concorrente 
con 
quello 
ambientale). 


La 
sezione, poi, respinge 
la 
distinzione 
operata 
dal 
t.a.r. tra 
effetto legale 
della 
acquisizione 
gratuita 
a 
vantaggio del 
Parco e 
potere 
del 
Comune 
di 
dichiarare 
l�effetto stesso, ci� in quanto non avrebbe 
senso scindere 
la 
dichiarazione 
dal proprietario finale. 


Di 
rilievo 
� 
la 
considerazione 
del 
Consiglio 
che 
l�art. 
1, 
comma 
1104, 
della 
L. 
n. 
296/2006 
� 
norma 
di 
sistema 
e 
di 
semplificazione 
risolutiva 
di 
conflitti 
di 
competenze 
tra 
enti 
sulla 
stessa 
area, affidando all�ente 
parco la 
gestione 
finale della repressione degli abusi. 


Da 
ultimo, 
va 
evidenziata 
l�affermazione 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
del 


G.A. in quanto disciplina �urbanistica�. 
Infatti, la 
questione 
oggetto di 
lite 
vede 
sempre 
l�insistenza 
di 
un plurivincolo 
(edilizio 
ed 
ambientale) 
tale 
da 
attrarre 
la 
materia 
composita 
nell�alveo 
della giuridizione esclusiva del G.A. 


-� 
impugnato il 
provvedimento del 
21/9/2016 (notificato il 
27/2/2017, come 
indicato in ricorso e 
non contestato), con cui 
il 
direttore 
dell�ente 
Parco nazionale 
del 
Vesuvio ha dichiarato ed ordinato 
l�acquisizione 
gratuita 
al 
patrimonio 
dell�ente 
dei 
fabbricati 
e 
delle 
relative 
aree 
di 
sedime 
di 
propriet� 
della 
ricorrente, 
abusivamente 
realizzati 
in 
ottaviano 
(na), 
alla 
via 
recupe 
(in 
catasto 
al 
foglio 
16, 
particella 
1392), 
nonch� 
dell�ulteriore 
area 
necessaria, 
secondo 
le 
vigenti 
prescrizioni 
urbanistiche, 
alla realizzazione 
di 
opere 
analoghe 
a quelle 
abusive 
con l�avvertenza che 
l�area acquisita non pu� comunque 
essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita; 
-con 
il 
ricorso, 
notificato 
il 
27/4/2017 
e 
depositato 
il 
25/5/2017, 
la 
sig. 
ra 
.. 
espone 
di 
essere 
proprietaria 
dell�immobile 
suddetto, 
al 
di 
sopra 
del 
quale 
realizzava, 
senza 
permesso 
di 
costruire 
un 
�manufatto 
terraneo 
di 
forma 
rettangolare 
con 
struttura 
verticale 
ed 
orizzontale 
in 
ferro, 
poggiante 
su 
una 
base 
in 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


calcestruzzo, 
con 
chiusura 
perimetrale 
in 
blocchi 
di 
laterizi 
e 
copertura 
a 
falde 
inclinate 
con 
lamiere 
coibentate 
(�), 
avente 
una 
superficie 
di 
mq. 
93,00 
circa 
ed 
una 
volumetria 
pari 
a 
mc. 
307,00 
circa�; 


-� 
denunciata la violazione 
di 
legge 
(artt. 6, 7, 8 e 
13 della l. n. 394 del 
1991; artt. 31 e 
36 del 
d.P.r. n. 380 del 
2001; art. 16 della l. n. 241 del 
1990), oltre 
all�eccesso di 
potere 
sotto pi� profili, sostenendo 
l�illegittimit� dell�acquisizione 
dell�area ulteriore 
rispetto al 
manufatto, che 
si 
riverbera sull�ordine 
di 
sgombero e 
sulla previsione 
dell�indennit� di 
occupazione, aggiungendo che, nell�ipotesi 
di 
concorso di vincoli, l�acquisizione si verifica a favore del patrimonio del comune; 
- l�ente si � costituito in giudizio per resistere al ricorso; 
-alla camera di 
consiglio del 
20 giugno 2017 � 
stato formulato l�avviso ex 
art. 73 cod. proc. amm. 
per le questioni rilevabili d�ufficio di cui appresso; 
-il 
resistente 
ente 
ha prodotto memoria di 
replica il 
23/6/2017, insistendo per 
il 
rigetto del 
ricorso; 
-il 
ricorso � 
stato poi 
introitato per 
la decisione, con avviso dell�eventualit� di 
sentenza breve, alla 
camera di consiglio del 4/7/2017;...�. 
Il 
t.a.r. con la 
sentenza 
qui 
impugnata 
ha 
dichiarato inammissibile 
il 
ricorso con la 
seguente 
motivazione: 
�-come 
gi� 
rilevato 
nella 
giurisprudenza 
di 
questa 
sezione 
(cfr. 
la 
sentenza 
del 
15/7/2016 
n. 
3549), l�inottemperanza all�ordine 
di 
demolizione 
determina automaticamente 
l�effetto acquisitivo del-
l�opera abusiva e 
dell�area di 
sedime 
(nonch�, ove 
previsto, dell�ulteriore 
area necessaria alla realizzazione 
di opere analoghe secondo lo strumento urbanistico); 


-ci� nonostante 
� 
necessario un atto amministrativo di 
natura autoritativa il 
quale, sia pure 
avente 
carattere 
dichiarativo, rappresenta l�accertamento ricognitivo della consistenza immobiliare 
oggetto 
di 
trasferimento, nonch� 
del 
soggetto inciso e 
dell�amministrazione 
beneficiaria, e 
costituisce 
titolo occorrente 
per 
l�immissione 
in 
possesso 
e 
per 
la 
trascrizione 
nei 
registri 
immobiliari 
del 
trasferimento 
dell�immobile; 
-occorre 
quindi 
distinguere 
tra 
l�effetto 
ablativo, 
che 
si 
verifica 
automaticamente 
ope 
legis 
allorch� 
vengano 
in 
essere 
i 
presupposti 
di 
fatto 
e 
di 
diritto 
previsti 
dalla 
legge 
(l�art. 
31 
del 
dPr 
n. 
380/2001), 
ed 
il 
potere 
di 
dichiarare 
l�avvenuta 
acquisizione 
al 
fine 
di 
conseguire 
unilateralmente 
(anche 
contro 
l�opposizione 
del 
destinatario, 
e 
quindi 
in 
sede 
di 
autotutela) 
l�immissione 
nel 
possesso 
dell�amministrazione 
avente 
diritto 
e 
della 
relativa 
trascrizione 
nei 
registri 
immobiliari; 
infatti 
la 
giurisprudenza 
postula 
in 
materia 
la 
necessit� 
di 
procedimento 
amministrativo 
finalizzato 
alla 
concreta 
applicazione 
della 
sanzione 
ex 
lege 
(cfr. 
cass. 
pen. 
sez. 
iii, 
17/11/2009, 
n. 
2912 
e 
cons. 
st., 
sez. 
iV, 
14/4/2015, 
n. 
1884); 


-per 
l�individuazione 
dell�autorit� titolare 
di 
tale 
potere, questa sezione 
ha recentemente 
affermato 
che 
l�art. 
31 
del 
d.P.r. 
n. 
380/2001, 
applicato 
dall�ente 
Parco 
nazionale 
del 
Vesuvio, 
delinea 
un 
modello 
sanzionatorio che 
prevede 
l�acquisizione 
in caso di 
inottemperanza all�ingiunzione 
di 
demolizione 
ivi 
disciplinata precedentemente 
disposta dal 
comune, con esclusione 
di 
sanzioni 
demolitive 
ordinate 
da 
diverse 
autorit� 
con 
poteri 
autonomi 
in 
base 
ad 
altre 
disposizioni, 
mentre 
l�art. 
29 
della 
legge 
6 
dicembre 
1991, n. 394 attribuisce 
all�organismo di 
gestione 
dell�area naturale 
protetta il 
potere 
di 
ingiungere 
la 
demolizione 
e 
la riduzione 
in pristino dello stato dei 
luoghi, stabilendo in caso di 
inosservanza l�esecuzione 
in 
danno 
degli 
obbligati 
ma 
non 
l�ulteriore 
sanzione 
dell�acquisizione 
al 
patrimonio 
dell�ente 
(cfr. la sentenza del 24/5/2017 n. 2742); 
-giova 
altres� 
soggiungere 
che, 
per 
il 
carattere 
sia 
sanzionatorio 
che 
di 
autotutela 
dei 
poteri 
previsti 
dalla 
legge 
in 
materia, 
la 
normativa 
risulta 
soggetta 
a 
canoni 
ermeneutici 
rispettosi 
del 
principio 
di 
legalit�; 


-ne 
discende 
che 
(come 
affermato 
nella 
sentenza 
citata, 
le 
cui 
statuizioni 
il 
collegio 
intende 
ribadire 
e riproporre in funzione motivazionale della presente pronuncia): 


a) �il 
potere 
di 
acquisizione 
gratuita (anche 
in favore 
di 
terzo, nella specie: ente 
Parco) � 
da ricondurre 
nell�alveo del 
citato articolo 31 ed esso non pu� che 
essere 
attribuito al 
comune 
con la prevista 
possibilit� di destinazione in favore dell�ente Parco�; 


b) esso �passa necessariamente 
(e 
non solo ai 
fini 
dell�immissione 
in possesso e 
della trascrizione), 
per 
il 
tramite 
di 
un formale 
atto in funzione 
di 
mero accertamento dell�inottemperanza che, per�, non 
pu� che 
essere 
pur 
esso di 
competenza comunale 
e 
ci� anche 
e 
specie 
allorquando - come 
nella specie 


- l�acquisizione venga destinata in favore di soggetto diverso�; 
c) 
�l�art. 
2, 
co. 
1, 
della 
legge 
n. 
426 
del 
1998 
(cfr. 
anche 
art. 
1, 
co. 
1104, 
della 
legge 
n. 
296 
del 
2006) 
incide 
unicamente 
sul 
soggetto che 
� 
destinatario dell�acquisizione, ma non deroga n� 
modifica l�art. 
31 del 
dPr 
380 nella parte 
in cui 
vengono per 
il 
resto disciplinati 
il 
potere 
ed il 
procedimento per 
la 
relativa declaratoria�; 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


ritenuto che: 


-nel 
caso in esame, in difetto di 
specifica censura in ordine 
alla competenza a dichiarare 
l�acquisizione 
gratuita, 
va 
rilevata 
d�ufficio 
incidenter 
tantum 
la 
nullit� 
del 
provvedimento 
impugnato 
per 
difetto 
assoluto 
di 
attribuzione 
ex 
art. 
21-septies 
della 
legge 
n. 
241 
del 
1990, 
sussistendo 
in 
capo 
all�ente 
Parco 
nazionale 
del 
Vesuvio carenza di 
potere 
in astratto all�adozione 
di 
atti 
di 
acquisizione 
al 
proprio patrimonio 
(cfr. cons. stato, sez. V, 4/5/2017 n. 2028, per 
cui 
la nullit� ricorre 
nell�ipotesi 
in cui 
�il 
vizio da 
cui 
l'atto amministrativo � 
affetto assume 
connotati 
di 
gravit� ed evidenza tali 
da impedirne 
la qualificazione 
come manifestazione di potere amministrativo, sia pure eventualmente illegittima�); 
-invero, 
non 
� 
configurabile 
nella 
specie 
l�esercizio 
del 
potere 
amministrativo 
(di 
cui 
l�ente 
� 
privo), 
cosicch� 
la 
controversia 
non 
pu� 
essere 
devoluta 
al 
G.a. 
adito, 
ex 
art. 
7 
c.p.a., 
e 
le 
situazioni 
giuridiche 
soggettive 
incise 
sono suscettibili 
di 
tutela innanzi 
alla giurisdizione 
ordinaria (cfr. cons. stato, sez. V, 
8/3/2010 
n. 
1331: 
�l�atto 
nullo, 
infatti, 
non 
produce 
alcun 
effetto 
degradatorio 
delle 
posizioni 
soggettive 
di 
cui 
si 
assume 
la lesione, e 
se 
dalla esecuzione 
del 
provvedimento sono derivati 
effetti 
pregiudizievoli, 
gli 
stessi 
vanno 
considerati 
come 
violazioni 
di 
diritti 
soggettivi 
la 
cui 
tutela 
appartiene 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
ordinario�; 
conf., 
tar 
lazio, 
sez. 
i-quater, 
13/10/2016 
n. 
10239; 
tar 
sicilia, 
sez. 
ii, 
12/2/2016 n. 420); 


ritenuto 
che, 
per 
effetto 
della 
rilevata 
nullit� 
dell�atto 
impugnato, 
consegue 
l�inammissibilit� 
del 
ricorso avverso il 
provvedimento di 
acquisizione 
ed il 
susseguente 
sgombero, affetto a sua volta dallo 
stesso vizio dell�atto presupposto (dichiarativo dell�acquisizione 
e 
comportante 
appunto l�immissione 
nel possesso); occorre infatti precisare che: 


a) la declaratoria di 
inammissibilit� rende 
inoperante 
il 
meccanismo della translatio judicii, codificato 
all�art. 11 c.p.a., il 
quale 
presuppone 
che 
vi 
sia una domanda (che 
nella specie 
il 
ricorrente 
non 
ha formulato) la cui cognizione � trasferita ad altro Giudice fornito di giurisdizione; 


b) 
in 
mancanza 
della 
formale 
deduzione 
di 
tale 
aspetto, 
il 
G.a. 
adito, 
che 
rilevi 
d�ufficio 
incidenter 
tantum 
la 
nullit� 
del 
provvedimento 
(per 
difetto 
del 
potere 
amministrativo, 
con 
riferimento 
all�art. 
7 
c.p.a.), 
deve 
limitarsi 
a 
ravvisare 
la 
sussistenza 
delle 
condizioni 
ostative 
per 
una 
pronuncia 
nel 
merito 
(art. 
35, 
primo 
comma, 
lett. 
b), 
c.p.a.), 
in 
quanto 
il 
ricorrente 
non 
ha 
interesse 
ad 
una 
pronuncia 
sui 
vizi 
dedotti 
con 
il 
ricorso 
in 
esame 
contro 
un 
atto 
nullo, 
rispetto 
al 
quale 
l�interessato 
ha 
invece 
l�onere 
di 
esperire 
davanti 
al 
giudice 
ordinario 
le 
azioni 
previste 
dall�ordinamento 
a 
tutela 
del 
proprio 
diritto;...�. 


*** 


La 
sentenza 
si 
palesa 
ingiusta, errata 
in diritto in punto di 
giurisdizione 
e 
gravemente 
lesiva 
della 
legge 
in tema 
delle 
prerogative 
e 
competenze 
dell�ente 
parco in materia 
di 
tutela 
ambientale 
ripristinatoria 
e 
sanzionatoria, 
nonch� 
contraria 
a 
Costituzione, 
e 
merita 
di 
essere 
annullata, 
previa 
sospensione, 
con 
rinvio 
al t.a.r. per i seguenti 


MOTIVI 
VIOLAzIONE 
DEL 
COMBINATO 
DISPOSTO 
DEGLI 
ARTICOLI: 
31, 
COMMI 
4 
E 
6, 
DEL 
D.P.R. 
N. 
380/2001; 
2 
DELLA 
LEGGE 


N. 
426/1998; 
1, 
COMMA 
1104, 
DELLA 
LEGGE 
N. 
296/06. 
VIOLAzIONE 
DELL�ART. 
29, 
COMMA 
2, 
DELLA 
LEGGE 
N. 
394/1991. 
FALSA 
APPLICAzIONE 
DELL�ART. 
21 
SEPTIES 
DELLA 
LEGGE 
N. 
241/1990 
E 
DELLE 
NORME 
IN 
TEMA 
DI 
NULLIT� 
DEGLI 
ATTI 
AMMINISTRATIVI 
E 
DELLA 
GIURISDIzIONE 
DEL 
G.A. 
VIOLAzIONE 
DEGLI 
ARTT. 
7 
E 
35, 
COMMA 1, LETT. B) DEL C.P.A. VIOLAzIONE DEGLI ARTT. 3, 9, COMMA 2, E 97, COMMA 2, COST. 
Si 
impugna 
la 
sentenza, 
redatta 
in 
forma 
semplificata, 
nella 
parte 
in 
cui 
ha 
dichiarato 
la 
�nullit� 
del 
provvedimento impugnato per 
difetto assoluto di 
attribuzione 
ex 
art. 21-septies 
della legge 
n. 241 del 
1990, 
sussistendo 
in 
capo 
all'ente 
Parco 
nazionale 
del 
Vesuvio 
carenza 
di 
potere 
in 
astratto 
all'adozione 
di atti di acquisizione al proprio patrimonio�. 
La 
presente 
impugnazione, tramite 
la 
riforma 
ed il 
rinvio al 
t.a.r., mira 
alla 
affermazione 
della 
giurisdizione 
del 
g.a. e, nel 
merito, alla 
dichiarazione 
di 
validit� 
dell�atto impugnato e 
alla 
pronuncia 
da 
parte 
del 
g.a. 
della 
sua 
legittimit�: 
in 
particolare, 
sotto 
il 
profilo 
della 
competenza 
dell�ente 
parco 
ad 
accertare 
la 
inottemperanza 
alla 
propria 
ordinanza 
di 
demolizione, onde 
attuare 
la 
sanzione 
della 
acquisizione 
in 
propriet� 
ed 
acquisire 
i 
titoli 
all�immissione 
in 
possesso 
dell�area 
ed 
alla 
trascrizione 
della 
propriet� 
pubblica sui rr.ii. 
Dal 
ritenuto difetto assoluto di 
attribuzione 
del 
potere 
esercitato dall�ente 
parco in epigrafe 
con gli 
atti 
impugnati, 
il 
t.a.r. 
ha 
fatto 
discendere 
la 
nullit� 
della 
determinazione 
n. 
311/2016 
del 
Direttore 
del 
Parco, 
rilevata 
d�ufficio; 
quindi, ha 
dichiarato il 
proprio difetto di 
giurisdizione 
a 
fronte 
di 
supposta 
lesione 
di 
diritto soggettivo, nonch� la conseguente inammissibilit� del ricorso. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


La 
carenza 
assoluta 
del 
potere 
o il 
difetto assoluto di 
attribuzione, secondo il 
t.a.r., colpiscono il 
potere 
di 
dichiarare 
l�avvenuta 
acquisizione. Per giungere 
a 
tale 
gravissima 
(a 
nostro avviso, s�intende) affermazione, 
il 
t.a.r. muove 
dalla 
indagine 
sulla 
�individuazione 
dell�autorit� titolare 
di 
tale 
potere�, ossia 
della 
competenza, e, giustamente, va 
alla 
ricerca 
della 
norma 
di 
legge 
attributiva, rinvenendola 
nell�art. 
31 del D.P.R. n. 380/2001. 
Il 
t.a.r. sostiene 
che 
l�art. 31 del 
t.u. sull�edilizia 
scolpisca 
un �modello sanzionatorio� 
- ritenuto applicabile 
all�Ente 
Parco vesuviano - il 
quale 
prevede 
la 
acquisizione 
esclusivamente 
a 
favore 
dell�ente 
comunale 
a 
seguito 
dell�inottemperanza 
all�ordinanza 
di 
demolizione 
precedentemente 
disposta 
dal 
medesimo Comune: 
la 
norma 
non contempla 
- a 
dire 
del 
t.a.r. - altre 
autorit� 
competenti 
ad ingiungere 
la 
demolizione; 
tuttavia, tale 
potere 
ingiuntivo, prosegue 
sempre 
il 
t.a.r., � 
previsto dall�art. 29 della 
L. 


n. 394/1991 in capo all�ente 
parco, e 
la 
norma 
non contempla 
�l�ulteriore 
sanzione 
della acquisizione 
al patrimonio dell�ente�. 
A 
parere 
del 
t.a.r., gli 
artt. 2, comma 
1, della 
L. n. 426 del 
1998, e 
1, comma 
1104 della 
l. n. 296 del 
2006, non attribuiscono all�ente 
parco il 
�potere 
di 
acquisizione 
gratuita� 
n� 
�il 
procedimento per 
la 
relativa declaratoria� 
e 
non derogano n� 
modificano l�art. 31 del 
DPR 380/2001 che 
solo al 
Comune 
attribuirebbe 
in 
via 
esclusiva 
la 
competenza 
ad 
esercitare 
�il 
potere 
di 
acquisizione 
gratuita� 
con 
la 
�possibilit� di destinazione in favore dell�ente Parco� 
(pag. 5 sentenza). 
Tale tesi non pu� essere condivisa. 
Prima 
di 
esporre 
il 
quadro 
diacronico 
delle 
norme 
che 
hanno 
definitivamente 
stabilito 
l�acquisizione 
gratuita 
in favore 
degli 
enti 
parco nel 
caso del 
plurivincolo, mette 
conto subito denunciare 
quello che 
ci 
appare 
essere 
un grave 
errore 
giuridico commesso dal 
t.a.r., ossia 
confondere 
l�esercizio del 
potere 
con 
la 
sanzione 
stessa, nonch� 
confondere 
l�esercizio del 
potere 
con l�effetto giuridico creato dalla 
legge 
collegato 
ad 
una 
illecita 
omissione 
di 
attivit� 
da 
parte 
del 
privato 
(id 
est, 
l�inottemperanza 
alla 
ordinanza 
di demolizione). 
In 
altri 
termini, 
la 
acquisizione 
gratuita 
non 
costituisce 
esercizio 
di 
potere 
amministrativo, 
ma 
� 
una 
sanzione 
legale 
che 
si 
produce 
ex 
lege 
senza 
esercizio di 
potere: 
la 
acquisizione 
gratuita, quindi, non � 
un 
provvedimento amministrativo espressione 
di 
potere 
amministrativo (financo dichiarativo), ma 
costituisce 
una modificazione dello stato giuridico delle cose determinata 
ex lege. 
Cos� 
correttamente 
impostata 
la 
questione, � 
del 
tutto arbitrario andare 
alla 
ricerca 
di 
chi 
sia 
il 
titolare 
di 
un potere 
che 
non esiste, ossia 
quello di 
dichiarare 
la 
acquisizione 
gratuita 
da 
parte 
della 
P.A. che 
ne 
� 
gi� 
divenuta 
proprietaria 
ex 
lege. Come 
si 
vedr�, � 
la 
legge 
stessa 
che 
stabilisce 
che, nella 
fattispecie 
ratione 
temporis 
la 
sanzione 
della 
acquisizione 
dell�area 
(e 
della 
perdita 
della 
sua 
propriet� 
da 
parte 
del 
privato) � di competenza degli enti parco. 
Fatta questa premessa, si andr� ad esporre: 
a) la successione delle leggi nel tempo; 
b) natura giuridica della acquisizione in propriet�; 
c) il 
potere 
di 
accertare 
l�inottemperanza, sua 
competenza 
e 
la 
errata 
interpretazione 
dell�art. 31 del 
t.u. 
dell�edilizia in una prospettiva sistematica attraverso la tecnica del rinvio tra norme; 
d) 
la 
competenza 
del 
procedimento 
amministrativo 
finalizzato 
alla 
concreta 
applicazione 
della 
sanzione 
ex lege; 
e) la illustrazione delle censure di violazione di legge e della Costituzione. 


*** 
a) Quadro normativo e sua evoluzione storica. 

CoMPetenza Del CoMUne Dal 1977 al 28 DiCeMBRe 1998 
� 1. l�art. 7, comma 6 della legge n. 47 del 1985 ante testo unico sull�edilizia. 


La 
legge 
28 
febbraio 
1985 
n. 
47 
recante 
�norme 
in 
materia 
di 
controllo 
dell�attivit� 
urbanistico-edilizia, 
sanzioni, recupero e 
sanatoria delle 
opere 
edilizie 
�, pubblicata 
nella 
Gazz. Uff. 2 marzo 1985, n. 53, 
S.O., riproduce 
la 
disposizione 
contenuta 
nell'art. 15, terzo comma, della 
legge 
28 gennaio 1977, n. 10, 
che 
prevedeva 
la 
acquisizione 
in propriet� 
dell�area, quale 
sanzione 
di 
secondo grado, nel 
caso di 
interventi 
eseguiti 
in 
assenza 
di 
permessi 
di 
costruire, 
di 
totale 
difformit� 
o 
con 
variazioni 
essenziali 
e 
di 
inottemperanza 
all�ordinanza 
di 
demolizione 
emanato dalla 
Amministrazione 
cui 
compete 
la 
vigilanza 
sull�osservanza 
dei 
vincoli 
esistenti. 
In 
particolare 
il 
comma 
6 
dell�art. 
7 
[poi 
abrogato 
dall�art. 
136, 
D.Lgs. 
6 
giugno 
2001, 
n. 
378, 
con 
la 
decorrenza 
indicata 
nell'art. 
138 
dello 
stesso 
decreto 
e 
dall'art. 
136, 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la 
decorrenza 
indicata 
nell�art. 138 dello stesso decreto, e 
poi 
ulteriormente 
trasfuso 
nell'art. 
31 
del 
testo 
unico 
emanato 
con 
il 
suddetto 
D.P.R. 
n. 
380 
del 
2001, 
attualmente 
vigente], 
attribuisce 
la 
competenza 
�dominicale� 
(ossia 
legittimante 
l�acquisizione 
in 
propriet� 
dell�area) 
a seconda che il vincolo ambientale concorra o meno con altri vincoli di inedificabilit�. 
Recita Par. 7, rubricato: 
�opere eseguite in assenza di concessione, in totale difformit� o con variazioni essenziali: 
�sono opere 
eseguite 
in totale 
difformit� dalla concessione 
quelle 
che 
comportano la realizzazione 
di 
un 
organismo 
edilizio 
integralmente 
diverso 
per 
caratteristiche 
tipologiche, 
planovolumetriche 
o 
di 
utilizzazione 
da quello oggetto della concessione 
stessa, ovvero l'esecuzione 
di 
volumi 
edilizi 
oltre 
i 
limiti 
indicati 
nel 
progetto e 
tali 
da costituire 
un organismo edilizio o parte 
di 
esso con specifica rilevanza ed 
autonomamente utilizzabile. 
il 
sindaco, 
accertata 
l'esecuzione 
di 
opere 
in 
assenza 
di 
concessione, 
in 
totale 
difformit� 
dalla 
medesima 
ovvero 
con 
variazioni 
essenziali, 
determinate 
ai 
sensi 
del 
successivo 
articolo 
8, 
ingiunge 
la 
demolizione. 
se 
il 
responsabile 
dell'abuso 
non 
provvede 
alla 
demolizione 
e 
al 
ripristino 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
nel 
termine 
di 
novanta giorni 
dall�ingiunzione, il 
bene 
e 
l'area di 
sedime, nonch� 
quella necessaria, secondo 
le 
vigenti 
prescrizioni 
urbanistiche, 
alla 
realizzazione 
di 
opere 
analoghe 
a 
quelle 
abusive 
sono 
acquisiti 
di 
diritto 
gratuitamente 
al 
patrimonio 
del 
comune. 
l'area 
acquisita 
non 
pu� 
comunque 
essere 
superiore 
a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita. 
l'accertamento 
dell'inottemperanza 
alla 
ingiunzione 
a 
demolire, 
nel 
termine 
di 
cui 
al 
precedente 
comma, 
previa notifica all'interessato, costituisce 
titolo per 
l�immissione 
nel 
possesso e 
per 
la trascrizione 
nei 
registri immobiliari, che deve essere eseguita gratuitamente. 
l'opera acquisita deve 
essere 
demolita con ordinanza del 
sindaco a spese 
dei 
responsabili 
dell�abuso, 
salvo 
che 
con 
deliberazione 
consiliare 
non 
si 
dichiari 
l'esistenza 
di 
prevalenti 
interessi 
pubblici 
e 
sempre 
che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. 
Per 
le 
opere 
abusivamente 
eseguite 
su terreni 
sottoposti, in base 
a leggi 
statali 
o regionali, a vincolo di 
inedificabilit�, l'acquisizione 
gratuita, nel 
caso di 
inottemperanza all'ingiunzione 
di 
demolizione, si 
verifica 
di 
diritto a favore 
delle 
amministrazioni 
cui 
compete 
la vigilanza sull'osservanza del 
vincolo. tali 
amministrazioni 
provvedono alla demolizione 
delle 
opere 
abusive 
ed al 
ripristino dello stato dei 
luoghi 
a spese 
dei 
responsabili 
dell'abuso. nella ipotesi 
di 
concorso dei 
vincoli 
l�acquisizione 
si 
verifica a favore 
del patrimonio del comune. 
il 
segretario 
comunale 
redige 
e 
pubblica 
mensilmente, 
mediante 
affissione 
nell'albo 
comunale, 
l�elenco 
dei 
rapporti 
comunicati 
dagli 
ufficiali 
ed agenti 
di 
polizia giudiziaria riguardanti 
opere 
o lottizzazioni 
realizzate 
abusivamente 
e 
delle 
relative 
ordinanze 
di 
sospensione 
e 
lo trasmette 
all'autorit� giudiziaria 
competente, al 
presidente 
della giunta regionale 
e, tramite 
la competente 
prefettura, al 
ministro dei 
lavori 
pubblici. 
in caso d'inerzia, protrattasi 
per 
quindici 
giorni 
dalla data di 
constatazione 
della inosservanza delle 
disposizioni 
di 
cui 
al 
primo 
comma 
dell'art. 
4 
ovvero 
protrattasi 
oltre 
il 
termine 
stabilito 
dal 
terzo 
comma 
del 
medesimo articolo 4, il 
presidente 
della giunta regionale, nei 
successivi 
trenta giorni, adotta i 
provvedimenti 
eventualmente 
necessari 
dandone 
contestuale 
comunicazione 
alla competente 
autorit� giudiziaria 
ai fini dell'esercizio dell'azione penale. 
Per 
le 
opere 
abusive 
di 
cui 
al 
presente 
articolo, il 
giudice, con la sentenza di 
condanna per 
il 
reato di 
cui 
all'articolo 
17, 
lettera 
b), 
della 
legge 
28 
gennaio 
1977, 
n. 
10, 
come 
modificato 
dal 
successivo 
articolo 
20 della presente 
legge, ordina la demolizione 
delle 
opere 
stesse 
se 
ancora non sia stata altrimenti 
eseguita�. 


� 2. la legge quadro sulle aree protette l. n. 394/1991. 


L'inosservanza 
delle 
misure 
ripristinatone 
� 
disciplinata 
dall'art. 29, secondo comma, che 
rinvia 
alla 
disciplina 
dell�art. 
27 
della 
1. 
28 
febbraio 
1985, 
n. 
47, 
corrispondente 
all�attuale 
art. 
41 
del 
D.P.R. 
380/01, 
e 
non 
contempla 
l�acquisizione 
in 
propriet� 
dell�area 
(che 
si 
connette 
invece, 
come 
detto, 
alle 
specifiche 
violazioni previste dall�art. 31 del predetto d.p.r.). 
L�assenza 
d� 
una 
disciplina, nella 
legge 
quadro, della 
acquisizione 
in propriet� 
da 
ineseguito ordine 
di 
demolizione 
promanato dall�Ente 
Parco, pu� agevolmente 
giustificarsi 
con il 
fatto che 
tale 
disciplina 
era 
gi� 
contemplata 
dal 
citato 
comma 
6 
dell�art. 
7 
della 
legge 
n. 
47/1985, 
sia 
nel 
caso 
di 
�monovincolo�, 
s�a in quello d� 
�plurivincolo�, sicch� non vi era necessit� di una sua rinnovazione. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


CoMPetenza Dell�ente PaRCo Dal 29 DiCeMBRe 1998 al 29 GiUGno 2003 
� 3. la legge 9 dicembre 1998 n. 426. 


Con la 
legge 
9 dicembre 
1998 n. 426, recante 
nuovi 
interventi 
in campo ambientale 
e 
pubblicata 
nella 
Gazz. 
Uff. 
14 
dicembre 
1998, 
n. 
291, 
il 
legislatore 
pone 
la 
prima 
significativa 
deroga 
alla 
regola 
generale 
dettata 
dal 
comma 
6 dell�art. 7 della 
legge 
n. 47/1985 in tema 
di 
competenza 
�dominicale� 
nella 
fattispecie 
di plurivincolo di inedificabilit�. 
Infatti, l�art. 2 oblitera del tutto la competenza comunale. 
Dispone tale norma: 


�interventi per la conservazione della natura. 


1. 
nelle 
aree 
naturali 
protette 
nazionali 
l'acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
abusive 
di 
cui 
all'articolo 
7, 
sesto 
comma, 
della 
legge 
28 
febbraio 
1985, 
n. 
47, 
e 
successive 
modificazioni 
ed 
integrazioni, 
[n.d.r.: 
ora 
art. 
31 
d.p.r. 
n. 
380 
del 
2001] 
si 
verifica 
di 
diritto 
a 
favore 
degli 
organismi 
di 
gestione. 
nelle 
aree 
protette 
nazionali, 
i 
sindaci 
sono 
tenuti 
a 
notificare 
al 
ministero 
dell�ambiente 
e 
agli 
enti 
parco, 
entro 
novanta 
giorni 
dalla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
presente 
legge, 
gli 
accertamenti 
e 
le 
ingiunzioni 
alla 
demolizione 
di 
cui 
all'articolo 
7, 
secondo 
comma, 
della 
citata 
legge 
n. 
47 
del 
1985. 
il 
ministro 
dell'ambiente 
pu� 
procedere 
agli 
interventi 
di 
demolizione 
avvalendosi 
delle 
strutture 
tecniche 
e 
operative 
del 
ministero 
della 
difesa, 
sulla 
base 
di 
apposita 
convenzione 
stipulata 
d'intesa 
con 
il 
ministro 
della 
difesa, 
nel 
limite 
di 
spesa 
di 
lire 
500 
milioni 
per 
l'anno 
1998 
e 
di 
lire 
2.500 
milioni 
a 
decorrere 
dall'anno 
1999�. 
Il 
testo 
non 
contempla 
ipotesi 
di 
plurivincolo, 
sicch� 
esse 
devono 
ritenersi 
ricomprese 
nella 
competenza 
dominicale dell�ente parco nazionale. 


CoMPetenza Del CoMUne Dal 30 GiUGno 2003 al 31 DiCeMBRe 2006 
� 4. il 
testo Unico sull�edilizia d.P.R. n. 380/2001 (Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 ottobre 
2001, n. 
245, s.o). 


La 
questione 
sembrava 
definitivamente 
risolta 
con riferimento alle 
aree 
protette 
nazionali, se 
non fosse 
che 
il 
legislatore 
interviene 
nuovamente 
in 
deroga, 
reintroducendo 
la 
doppia 
competenza, 
segnatamente 
quella comunale in caso di plurivincolo. 
Infatti al comma 6 dell�art. 31 del testo unico sull�edilizia � scritto: 


�Per 
gli 
interventi 
abusivamente 
eseguiti 
su terreni 
sottoposti, in base 
a leggi 
statali 
o regionali, a vincolo 
di 
inedificabilit�, 
l'acquisizione 
gratuita, 
nel 
caso 
di 
inottemperanza 
all'ingiunzione 
di 
demolizione, 
si 
verifica 
di 
diritto 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
cui 
compete 
la 
vigilanza 
sull'osservanza 
del 
vincolo. 
tali 
amministrazioni 
provvedono alla demolizione 
delle 
opere 
abusive 
ed al 
ripristino dello stato dei 
luoghi 
a 
spese 
dei 
responsabili 
dell'abuso. 
nella 
ipotesi 
di 
concorso 
dei 
vincoli, 
l'acquisizione 
si 
verifica 
a favore del patrimonio del comune'��. 
Quanto alla 
entrata 
in vigore, il 
D.P.R. 06/06/2001, n. 380 all�art. 138 (L) 
�entrata in vigore 
del 
testo 
unico� 
si prevede: 


1. le 
disposizioni 
del 
presente 
testo unico entrano in vigore 
a decorrere 
dal 
1 � 
gennaio 2002 (Termine 
prorogato al 
30 giugno 2002, dall�art. 5-bis, comma 
1, D.L. 23 novembre 
2001, n. 411, convertito dalla 
L. 
31 
dicembre 
2001, 
n. 
463 
e, 
successivamente, 
al 
30 
giugno 
2003 
dall'art. 
2, 
comma 
1, 
D.L. 
20 
giugno 
2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 1� agosto 2002. n. 185). 
CoMPetenza Dell�ente PaRCo Dal 1 Gennaio 2007 
� 5. la legge 27 dicembre 2006 n. 296. 

Solo con la 
legge 
finanziaria 
per il 
2007 (�Disposizioni 
per la 
formazione 
del 
bilancio annuale 
e 
pluriennale 
dello 
Stato�, 
pubblicata 
nella 
Gazz. 
Uff. 
27 
dicembre 
2006, 
n. 
296, 
S.O.) 
all�art. 
1, 
comma 
1104 
si 
deroga 
ancora 
- ed allo stato attualmente 
vigente, definitivamente 
- al 
testo unico sull�edilizia, attribuendo 
stavolta 
la 
competenza 
dominicale 
in via 
principale 
all�ente 
parco (ora 
anche 
regionale) e, solo 
in via sussidiaria, al Comune. 
Infatti, 
l�art. 
1, 
comma 
1104, 
dispone 
ora 
che 
(enfasi 
ns.) 
�Nelle 
aree 
naturali 
protette 
l�acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
abusive 
di 
cui 
all'articolo 
7, 
sesto 
comma, 
della 
legge 
28 
febbraio 
1985, 
n. 
47, 
e 
successive 
modificazioni, 
(...allo 
stato 
della 
legislazione 
vigente, 
art. 
31, 
sesto 
comma, 
d.p.r. 
n. 
380 
del 
2001) 
si 
verifica 
di 
diritto 
a 
favore 
degli 
organismi 
di 
gestione 
ovvero, 
in 
assenza 
di 
questi, 
a 
favore 
dei 
comuni. 
restano 
confermati 
gli 
obblighi 
di 
notifica 
al 
ministero 
dell'ambiente 
e 
della 
tutela 
del 
territorio 
e 
del 
mare 
degli 
accertamenti, 
delle 
ingiunzioni 
alla 
demolizione 
e 
degli 
eventuali 
abbattimenti 
direttamente 
effettuati, 
come 
anche 
le 
procedure 
e 
le 
modalit� 
di 
demolizione 
vigenti 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
presente 
legge". 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


L�entrata 
in vigore 
di 
tale 
normativa 
� 
disciplinata 
dall�art. 1, comma, 1364: 
�la presente 
legge 
entra 
in vigore 
il 
1� 
gennaio 2007, ad eccezione 
dei 
commi 
966, 967, 968 e 
969, che 
entrano in vigore 
dalla 
data di pubblicazione della presente legge�. 


b) natura giuridica della acquisizione in propriet�. 


La 
acquisizione 
in 
propriet� 
ha 
natura 
giuridica 
di 
sanzione 
autonoma 
che 
''consegue 
all�inottemperanza 
dell�ingiunzione, 
abilitando 
poi 
il 
sindaco 
ad 
una 
scelta 
fra 
la 
demolizione 
di 
ufficio 
e 
la 
conservazione 
del 
bene, 
definitivamente 
gi� 
acquisito, 
per 
la 
destinazione 
a 
fini 
pubblici, 
sempre 
che 
l'opera 
non 
contrasti 
con 
rilevanti 
interessi 
urbanistici 
o 
ambientali" 
(Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
n. 
345 
del 
11/7/1991). 
Da 
qui 
il 
corollario 
che 
"la 
notifica 
dell�accertamento 
dell�inottemperanza 
� 
un 
adempimento 
estrinseco 
rispetto 
alla 
fattispecie 
ablatoria 
ed 
ha 
due 
funzioni. 
l'una, 
consiste 
nello 
essere 
il 
necessario 
titolo 
per 
la 
concreta 
immissione 
nel 
possesso 
da 
parte 
dello 
ente 
comunale 
qualora 
l�interessato 
non 
intenda 
spontaneamente 
spogliarsi 
del 
bene; l�altra, si 
rinviene 
nel 
permettere 
al 
comune 
di 
trascrivere 
nei 
registri 
immobiliari 
il 
trasferimento della propriet� (per 
gli 
effetti 
dell'art. 2644 cod. civ.)" 
(Cass. pen., 
sez. IIII, 28 maggio 2009, n. 22440, Morichetti). 
Secondo autorevole 
dottrina 
(Predieri) si 
tratta 
di 
un�ablazione 
intesa 
quale 
confisca 
amministrativa 
repressiva, 
in 
quanto 
sanzione 
conseguente 
ad 
un 
illecito 
amministrativo, 
quale 
� 
il 
costruire 
senza 
il 
provvedimento 
concessorio (o in difformit� da esso). 
Quindi, 
i 
due 
effetti 
automatici 
(lo 
spossessamento 
e 
la 
acquisizione 
al 
patrimonio 
dell�ente) 
si 
verificano 
nello stesso tempo istantaneo ed a 
quel 
tempo va 
individuato l�ente 
competente 
che 
la 
legge 
in vigore 
in quel momento indica. 


c) il 
potere 
di 
accertare 
l�inottemperanza, sua competenza e 
la errata interpretazione 
dell�art. 31 
del t.u. dell�edilizia in una prospettiva sistematica attraverso la tecnica del rinvio tra norme. 


Da 
quanto precede 
dovrebbe 
ora 
essere 
chiaro come 
il 
t.a.r. sia 
caduto in errore 
quando parla 
di 
�potere 
di 
dichiarare 
l�avvenuta acquisizione� 
laddove 
si 
pone 
l�interrogativo su quale 
P.A. la 
legge 
ne 
appunti 
la 
competenza; 
in realt�, l�indagine 
- come 
poi 
il 
t.a.r. far� 
- involge 
il 
potere 
di 
accertare 
la 
inottemperanza 
all�ordinanza 
di 
demolizione, 
atteso 
che 
-come 
visto 
dal 
richiamato 
arresto 
della 
cassazione 
penale 


-solo tale 
accertamento costituisce 
il 
necessario titolo per la 
concreta 
immissione 
nel 
possesso da 
parte 
dello 
ente 
parco 
qualora 
l�interessato 
non 
intenda 
spontaneamente 
spogliarsi 
del 
bene; 
l�altra, 
si 
rinviene 
nel 
permettere 
all�ente 
parco di 
trascrivere 
nei 
registri 
immobiliari 
il 
trasferimento della 
propriet� 
(art. 
31, comma 4 TUE). 
Ma, allora, la questione principale si sposta su chi debba accertare la inottemperanza. 
Il 
t.a.r. risolve 
la 
questione 
sulla 
base 
di 
una 
miope 
interpretazione 
del 
combinato disposto degli 
artt. 
31, commi 4 e 6 t.u.e., 1 comma 1104 della legge n. 296/2006 e 29 della L. n. 394/1991. 
Infatti, prevedendo il 
comma 
6 che 
la 
acquisizione 
�si 
verifica a favore 
del 
patrimonio del 
comune� 
anche 
nel 
caso di 
�concorso di 
vincoli�, appare 
fin troppo elementare 
che 
l�accertamento dell�inottemperanza 
non potesse 
che 
riferirsi 
al 
solo comune 
stesso e 
non ad altri 
enti, e 
non pu� certo invocarsi 
a 
supporto della 
tesi 
della 
incompetenza 
del 
parco a 
procedere 
a 
detto accertamento l�art. 29 della 
L. n. 
394 del 
1991 che 
� 
necessariamente 
silente 
su tale 
atto amministrativo: 
infatti, quando entr� in vigore 
tale 
norma, vigeva 
il 
vecchio testo dell�art. 7 della 
L. n. 47 del 
1985 il 
quale 
prevedeva 
che 
nel 
caso di 
�concorso di 
vincoli� 
la 
acquisizione 
�si 
verifica a favore 
del 
patrimonio del 
comune�; 
quindi 
� 
giocoforza 
che 
la 
norma 
sulle 
aree 
protette 
non si 
occupasse 
anche 
della 
competenza 
di 
un atto di 
accertamento 
che per legge gravava gi� sullo stesso ente che ne aveva acquisito la propriet�! 
La 
simmetria 
che 
il 
t.u.e. prevede 
sta 
tra 
potere 
di 
ordinanza 
di 
demolizione 
e 
potere 
di 
accertamento 
dell�inottemperanza; 
e 
l�effetto della 
acquisizione 
in propriet� 
non pu� che 
conseguirsi 
in capo al 
medesimo 
ente cui competono quei due poteri �a monte�, ossia il comune. 
Ma 
quando 
interviene 
il 
jus 
superveniens 
costituito 
dall�art. 
1 
comma 
1104 
della 
legge 
n. 
296/2006 
[che 
inverte 
la 
competenza 
della 
acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
abusive 
in favore 
dell�ente 
parco gestore 
del 
vincolo ambientale 
sull�area], se 
- come 
nella 
fattispecie 
qui 
in rilievo - l�ordinanza 
di 
demolizione 
viene 
emanata 
dallo 
stesso 
ente 
parco 
ex 
art. 
29 
della 
L. 
394/1991 
(fatto 
incontroverso, 
v. 
pag. 
1 
sentenza 
impugnata), si 
domanda: 
perch� 
ad accertare 
l�inottemperanza 
all�ordine 
di 
demolizione 
deve 
essere 
il 
comune, ad essa estranea, il quale non acquisir� nemmeno l�area? 
Sarebbe 
del 
tutto irragionevole, infatti, appuntare 
la 
competenza 
alla 
precostituzione 
del 
titolo di 
immissione 
in 
possesso 
e 
di 
trascrizione 
immobiliare 
della 
propriet� 
acquisita 
al 
comune 
che 
resta 
del 
tutto 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


estraneo a 
tali 
effetti 
giuridici 
ed alla 
propriet� 
stessa 
e 
che 
non ha 
nemmeno emanato l�ordinanza 
di 
demolizione. 
Una 
interpretazione 
del 
genere 
dell�art. 31 t.u.e. si 
porrebbe 
in contrasto con l�art. 3 per la 
sua 
irragionevolezza, 
nonch� 
con l�art. 97 Cost. sotto il 
profilo del 
buon andamento dell�azione 
amministrativa 
di 
autotutela ambientale, minando quella tutela del paesaggio garantita dall�art. 9, comma 2, Cost. 
La 
tesi 
del 
t.a.r. viene 
a 
rompere 
proprio quella 
simmetria 
di 
cui 
si 
diceva 
posta 
dallo stesso t.u.e. tra 
potere 
di 
ordinare 
la 
demolizione/potere 
di 
accertare 
l�inottemperanza 
e 
che 
conduce 
all�unicit� 
di 
competenza; 
simmetria 
del 
tutto logica 
e 
razionale 
e 
dalla 
quale 
non pu� che 
trarsi 
il 
seguente 
corollario: 
se 
l�ente 
che 
acquisisce 
la 
propriet� 
coincide 
con 
l�ente 
che 
ha 
ordinato 
la 
demolizione, 
� 
il 
medesimo 
ente 
che 
ha 
il 
potere 
di 
accertare 
l�inottemperanza 
all�ordine 
di 
demolizione, 
precostituendosi 
cos� 
i 
titoli 
per 
rendere esecutiva la sanzione in suo favore. 
Si 
tratta 
di 
conclusione 
alla 
quale 
si 
perviene 
anche 
attraverso una 
interpretazione 
sistematica 
degli 
articoli 
29 della 
L. 394/91 (ordine 
di 
demolizione 
da 
parte 
del 
Parco), art. 1, comma 
1104 l. 296/2006 e 
31, commi 4 e 6 T.U.E. attualmente vigente. 
In 
buona 
sostanza, 
l�art. 
31 
del 
t.u.e., 
per 
effetto 
del 
jus 
superveniens 
che 
recepisce, 
si 
interpreta 
nel 
senso che 
l�accertamento della 
inottemperanza 
all�ordine 
di 
demolizione 
di 
manufatto ricadente 
in area 
protetta, maturatasi 
dopo il 
I gennaio 2007, compete 
all�ente 
parco che 
ne 
ha 
gi� 
acquisito la 
propriet�. 
Ancora 
potrebbe 
fondatamente 
sostenersi 
che, 
essendo 
stato 
abrogato 
l�ultimo 
periodo 
del 
comma 
6 
dell�art. 
31 
t.u.e. 
da 
parte 
dell�art. 
1 
della 
L. 
296/2006, 
nella 
fattispecie 
legale 
della 
acquisizione 
gratuita 
della 
propriet� 
di 
area 
soggetta 
a 
plurivincolo il 
comma 
4 del 
cit. art. 31 deve 
essere 
integrato ed interpretato 
alla 
luce 
della 
mutata 
competenza 
acquisitiva 
e, conseguentemente 
il 
potere 
di 
accertare 
l�inottemperanza 
compete esclusivamente all�ente parco. 
Ci� 
accade 
in 
tutte 
quelle 
norme 
che 
mutano 
la 
competenza 
le 
quali 
vanno 
ad 
integrare 
le 
norme 
che 
disciplinano 
l�esercizio 
del 
potere, 
le 
quali 
restano 
in 
vigore, 
ma 
si 
integrano 
con 
la 
norma 
sulla 
competenza. 


d) la competenza del 
procedimento amministrativo finalizzato alla concreta applicazione 
della 
sanzione ex lege. 


Per le 
ragioni 
che 
precedono, ne 
consegue 
che 
la 
competenza 
a 
promuovere 
il 
procedimento amministrativo 
finalizzato alla 
concreta 
applicazione 
della 
sanzione 
ex 
lege, nella 
fattispecie 
concreta 
va 
individuata 
nell�ente 
parco, non potendosi 
condividere 
la 
tesi 
del 
t.a.r. secondo cui 
l'art. 2, co. 1, della 
legge 


n. 426 del 
1998 (cfr. anche 
art. 1, co. 1104, della 
legge 
n. 296 del 
2006) incide 
unicamente 
sul 
soggetto 
che 
� 
destinatario dell'acquisizione, ma 
non deroga 
n� 
modifica 
l'art. 31 del 
DPR 380 nella 
parte 
in cui 
vengono per il resto disciplinati il potere ed il procedimento per la relativa declaratoria. 
e) 1. sulla falsa applicazione dell�art. 21 septies della l. n. 241/1990. 


Venendo ora 
alla 
illustrazione 
delle 
singole 
censure 
di 
violazione 
di 
legge, quanto alla 
violazione 
degli 
articoli 
29 della 
L. 394/91, 1, comma 
1104 l. 296/2006 e 
31, commi 
4 e 
6 T.U.E., valga 
quanto argomentato 
ai 
superiori 
punti 
c) 
e 
d) 
ai 
quali 
si 
rinvia; 
in 
merito 
alla 
rilevata 
nullit� 
dell�atto 
amministrativo 
impugnato per carenza assoluta di potere, � agile a questo punto rilevarne la infondatezza. 
Infatti, 
se 
alla 
luce 
della 
interpretazione 
sistematica 
sopra 
offerta 
la 
competenza 
ad 
accertare 
l�inottemperanza 
va 
individuata 
in 
capo 
all�ente 
parco, 
ne 
consegue 
che 
l�atto 
impugnato, 
lungi 
dall�essere 
nullo, 
appare 
pienamente 
legittimo 
ed 
espressione 
di 
potere 
amministrativo 
che, 
sia 
pure 
vincolato, 
vede 
contrapposto 
un 
interesse 
legittimo 
oppositivo 
e 
non 
certo 
un 
diritto 
soggettivo 
tale 
da 
radicare 
la 
giurisdizione 
del 
g.o. 
In ogni 
caso, va 
detto che 
la 
carenza 
assoluta 
di 
potere 
ricorre, tra 
le 
altre 
fattispecie 
in essa 
incluse, 
quando l�Amministrazione 
emanante 
l�atto � 
del 
tutto estranea 
al 
plesso organizzatorio di 
quella 
effettivamente 
competente. 
Ma, 
in 
materia 
di 
tutela 
ambientale 
non 
pu� 
predicarsi 
una 
tale 
estraneit� 
tra 
ente 
parco 
e 
comune, 
atteso 
che 
in 
materia 
di 
autotutela 
le 
competenze 
tra 
le 
due 
PP.AA. 
si 
affiancano: 
oltre 
al 
caso 
del 
plurivincolo, 
si 
pensi 
alle 
ipotesi 
dei 
condoni 
edilizi 
su 
immobili 
insistenti 
in 
area 
protetta, 
per 
le 
quali 
ipotesi 
la 
legge 


n. 
47 
prevede 
che 
il 
condono 
non 
pu� 
essere 
rilasciato 
senza 
l�assenso 
dell�ente 
parco; 
oppure 
alle 
ipotesi 
in cui 
i 
vincoli 
ambientali 
sono posti 
dalla 
pianificazione 
edilizia 
comunale 
tramite 
il 
rinvio recettizio 
ai piani paesaggistici (v. ad es. il p.r.g. di Sabaudia nel Parco del Circeo). 
In alcuni 
casi 
� 
lo stesso Comune 
autonomamente 
a 
non rilasciare 
il 
titolo edilizio perch� 
contrastante 
con 
il 
piano 
del 
parco 
o 
con 
il 
regolamento 
del 
parco 
(con 
ci� 
evitando 
all�ente 
parco 
di 
denegare 
il 
nulla osta ex art. 13 L. 394/91). 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Da 
tali 
esempi 
si 
ricava 
che, 
semmai, 
non 
di 
c.d. 
�acompetenza� 
(per 
dirla 
con 
il 
Sandulli) 
si 
tratta, 
bens� 
-semmai 
-di 
incompetenza 
relativa 
che 
giammai 
produrrebbe 
la 
nullit� 
del 
provvedimento 
amministrativo, 
bens� 
la 
sua 
sola 
annullabilit� 
sindacabile 
dal 
g.a. Da 
qui 
la 
censurata 
violazione 
dell�art. 21 
septies 
della 
legge 
sul 
procedimento e 
delle 
norme 
in tema 
di 
nullit� 
degli 
atti 
amministrativi, censure 
che 
ridondano 
sulla 
violazione 
degli 
artt. 
7 
e 
35 
comma 
1, 
lett. 
b) 
del 
c.p.a., 
perch� 
il 
t.a.r. 
avrebbe 
dovuto 
ritenere 
la 
giurisdizione 
e 
scendere 
nel 
merito 
del 
giudizio 
di 
legittimit� 
(implicitamente 
ritenendo 
ammissibile il ricorso). 


e) 2. la violazione degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione. 


Si 
� 
gi� 
detto come 
la 
tesi 
del 
t.a.r. renderebbe 
costituzionalmente 
illegittimo l�art. 31 t.u.e. laddove 
si 
interpretassero 
i 
commi 
4 
e 
6 
nel 
senso 
che 
anche 
nell�ipotesi 
di 
plurivincolo, 
la 
competenza 
ad 
accertare 
l�inottemperanza 
ed a 
promuovere 
il 
procedimento amministrativo di 
attuazione 
della 
sanzione 
acquisitiva, 
spetterebbe al comune. 
Qui 
non 
pu� 
che 
ribadirsi 
l�argomento 
secondo 
il 
quale 
sarebbe 
irragionevole 
che 
la 
legge 
appuntase 
la 
competenza 
alla 
precostituzione 
del 
titolo 
di 
immissione 
in 
possesso 
ed 
alla 
trascrizione 
immobiliare 
della 
propriet� 
acquisita 
sul 
comune 
che 
� 
ente 
del 
tutto 
estraneo 
a 
tali 
effetti 
giuridici 
ed 
alla 
propriet� 
stessa. 
Per non dire 
il 
paradosso che 
si 
avrebbe: 
il 
comune 
che 
non � 
proprietario e 
non ha 
ingiunto la 
demolizione, 
dovrebbe nell�interesse del parco addirittura trascrivere la acquisizione di un altro ente. 
Una 
interpretazione 
del 
genere 
dell�art. 31 t.u.e. si 
pone 
in evidente 
contrasto con l�art. 3 per la 
sua 
irragionevolezza, 
nonch� 
con 
l�art 
97 
Cost. 
sotto 
il 
profilo 
del 
buon 
andamento 
dell�azione 
amministrativa 
di autotutela ambientale, minando quella tutela del paesaggio garantita dall�art. 9, comma 2, Cost. 
Ed 
anche 
per 
l�attivit� 
comunale 
si 
avrebbe 
un 
vulnus 
al 
buon 
andamento 
della 
propria 
attivit� 
amministrativa, 
dovendo 
compiere 
tutta 
una 
serie 
di 
atti 
per 
i 
quali 
non 
ha 
alcun 
interesse 
pubblico 
da 
perseguire. 
D�altro 
canto, 
se 
per 
immettersi 
nel 
possesso 
dell�area 
l�ente 
parco 
dovesse 
attendere 
l�apertura 
del 
procedimento 
di 
accertamento dell�inottemperanza 
da 
parte 
del 
Comune 
(che 
ricordiamo non essere 
nella 
fattispecie 
l�ente 
che 
ha 
emesso l�ordinanza 
di 
demolizione 
e 
pertanto non � 
nel 
possesso di 
tutti 
gli 
atti 
del 
procedimento sottesi 
a 
tale 
provvedimento), dipenderebbe 
dalle 
inerzie 
amministrative 
di 
quest�ultimo 
(spesso 
a 
favore 
del 
privato 
che 
permarrebbe 
nell�area 
e 
a 
danno 
dell�ambiente), 
con 
ci� 
rallentando 
quella 
rapidit� 
di 
azione 
amministrativa 
e 
del 
suo buon andamento che 
deve 
contraddistinguere 
ogni 
irrogazione 
di 
sanzione 
amministrativa; 
esigenza 
a 
fortiori 
apprezzabile 
quando 
poi 
� 
in 
gioco 
il 
bene 
ambientale protetto leso ed il suo celere ripristino. 

ISTANzA DI SOSPENSIONE 
Si 
chiede 
la 
sospensione 
degli 
effetti 
della 
sentenza 
poich� 
ritenuti 
sussistenti 
entrambi 
i 
presupposti 
del 
fumus 
e 
del 
periculum. Dalla 
sospensione 
degli 
effetti 
della 
sentenza 
discende 
automaticamente 
la 
validit� 
dell�atto impugnato e 
la 
prosecuzione 
della 
fase 
amministrativa 
della 
attuazione 
della 
sanzione, 
la 
cui 
legittimit� 
dovr� 
essere 
vagliata 
in sede 
di 
rinvio dal 
t.a.r. a quo 
ai 
sensi 
dell�art. 105 c.p.a. (il 


t.a.r. ha declinato la giurisdizione). 
Quanto al 
fumus, valgano i suindicati motivi di impugnazione. 
Quanto 
al 
periculum, 
trattandosi 
di 
attuare 
la 
sanzione 
procedendo 
l�ente 
parco 
al 
rimedio 
ripristinatorio 
urge 
che 
questo 
sia 
posto 
in 
essere, 
anche 
in 
considerazione 
del 
principio 
di 
diritto 
che 
la 
attuazione 
della sanzione deve essere quanto pi� prossima all�atto illecito. 
Inoltre, 
la 
compromissione 
del 
bene 
ambientale 
costituisce 
danno 
permanente 
che 
necessita 
quanto 
prima 
di essere rimediato attraverso la riqualificazione dell�area, previa appunto la sua acquisizione. 
P.Q.M. 
SI CONCLUDE 
Affinch� il Consiglio di Stato voglia: 
1) in via cautelare, sospendere gli effetti della sentenza impugnata; 
2) in accoglimento del 
presente 
ricorso, ritenuta 
la 
giurisdizione 
del 
g.a., riformare 
quest�ultima, con rimessione 
della causa al t.a.r. della Campania. 
3) Con vittoria 
di 
spese, diritti 
ed onorari 
del 
grado giudizio. Ai 
fini 
del 
c.u. da 
prenotarsi 
a 
debito, si 
dichiara 
che la causa � di valore indeterminabile. 
Roma, 22 gennaio 2018 


Paolo Marchini 
Avvocato dello Stato 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Consiglio 
di 
stato, 
sezione 
sesta, 
sentenza 
30 
marzo 
2018 
n. 
2017 
-Pres. 
L. 
Maruotti, 
est. 


F. Gambato Spisani 
- Ente 
Parco nazionale 
del 
Vesuvio (avv. St. P. Marchini) c. S.A. (avv. A. 
Capotorto). 
(...) 
1. Con ordinanza 
13 dicembre 
2012, n. 43, notificata 
il 
28 dicembre 
2012 alla 
ricorrente 
appellata, 
l�Ente 
Parco 
nazionale 
del 
Vesuvio 
ha 
ordinato 
la 
demolizione 
delle 
opere 
abusive 
descritte in epigrafe. 
2. 
Con 
il 
provvedimento 
di 
data 
21 
settembre 
2016, 
l�Ente 
ha 
dichiarato 
l�acquisizione 
gratuita 
al 
proprio patrimonio delle 
opere 
edilizie 
abusive 
ed ha 
disposto che 
la 
responsabile 
gli 
corrisponda 
una 
indennit� 
mensile 
di 
occupazione 
senza 
titolo, determinata 
nel 
provvedimento 
stesso, con decorrenza dal 15 maggio 2012 e sino alla data dello sgombero. 
3. Con la 
sentenza 
indicata 
in epigrafe, il 
TAR ha 
dichiarato inammissibile 
il 
ricorso contro il 
provvedimento di acquisizione, rilevando �d�ufficio� che: 
-l�Ente 
avrebbe 
emanato l�atto in �difetto assoluto di 
attribuzione�, poich� 
le 
norme 
vigenti 
attribuirebbero il 
potere 
di 
disporre 
l�acquisizione 
gratuita 
esclusivamente 
al 
Comune 
nel 
cui 
territorio l�opera abusiva si trova; 
-l�art. 31 del 
T.U. 6 giugno 2001, n. 380, avrebbe 
implicitamente 
abrogato l�art. 2, comma 
1, 
della 
l. 9 dicembre 
1998, n. 426, e 
l�art. 29 della 
l. 6 dicembre 
1991, n. 394, sicch� 
l�ente 
gestore 
di 
un�area 
protetta 
- pur essendo titolare 
del 
potere 
di 
ingiungere 
la 
demolizione 
e 
la 
riduzione 
in 
pristino 
di 
opere 
abusive 
-in 
caso 
di 
inottemperanza 
a 
tali 
ordini 
non 
sarebbe 
titolare 
anche 
del 
potere 
di 
disporre 
l�acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
al 
proprio patrimonio 
e di procedere alla immissione in possesso e alla trascrizione. 
Contro tale 
sentenza, l�Ente 
Parco Nazionale 
del 
Vesuvio ha 
proposto impugnazione, con appello 
che 
contiene 
un unico articolato motivo di 
violazione 
delle 
norme 
sopra 
indicate, sostenendo: 
-in primo luogo che 
l�acquisizione 
gratuita 
non costituirebbe 
esercizio di 
potere 
amministrativo, 
ma 
sanzione 
legale, 
e 
quindi 
che 
dichiararne 
l�avveramento 
rientra 
nella 
competenza 
dell�Ente che se ne avvantaggia; 
-in secondo luogo, che 
comunque 
non si 
verserebbe 
in una 
fattispecie 
di 
carenza 
di 
potere 
o 
di 
difetto assoluto di 
attribuzione 
e 
in subordine 
che 
l�art. 31 del 
T.U., ove 
fosse 
interpretato 
nel 
senso affermato dal 
TAR, sarebbe 
incostituzionale 
per violazione 
degli 
artt. 3 e 
97 Cost.; 
- il 
TAR non avrebbe potuto d�ufficio rilevare la nullit� dell�atto impugnato. 
L�appellata 
resiste, con memoria 
27 febbraio 2018, nella 
quale 
contesta 
le 
argomentazioni 
in 
diritto poste 
alla 
base 
dell�appello e 
difende 
la 
motivazione 
della 
sentenza 
impugnata, chiedendo 
che l�appello stesso sia respinto. 
4. Ritiene 
la 
Sezione 
che 
le 
censure 
dell�appellante 
siano fondate 
e 
vadano accolte, per le 
ragioni 
di seguito esposte. 
4.1. 
Innanzitutto, 
sotto 
il 
profilo 
processuale 
vanno 
condivise 
le 
deduzioni 
dell�Ente 
appellante, 
per 
le 
quali 
il 
TAR 
non 
avrebbe 
potuto 
d�ufficio 
rilevare 
la 
nullit� 
dell�atto 
impugnato 
in 
primo 
grado 
e 
comunque 
non 
sussistevano 
i 
presupposti 
sostanziali 
per 
rilevare 
tale 
nullit�. 
Quanto 
meno, 
si 
sarebbe 
dovuto 
prospettare 
la 
questione 
all�Amministrazione, 
ai 
sensi 
dell�art. 
73, comma 3, del codice del processo amministrativo. 
Inoltre, 
poich� 
le 
censure 
di 
primo 
grado 
neppure 
avevano 
ipotizzato 
un 
difetto 
di 
competenza 
dell�Autorit� emanante, il 
TAR si sarebbe dovuto limitare ad esaminare le censure proposte. 
Neppure 
si 
possono considerare 
sussistenti 
i 
presupposti 
per ravvisare 
un �difetto assoluto di 
attribuzione�, quando un Ente 
Parco emani 
un provvedimento in tema 
di 
tutela 
del 
territorio. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Poich� 
la 
legislazione 
di 
settore 
ha 
previsto il 
dovere 
del 
medesimo Ente 
Parco di 
prevenire 
e 
di 
reprimere 
gli 
abusi 
edilizi, e 
di 
sanzionarli 
conseguentemente, qualora 
si 
prospetti 
che 
il 
medesimo Ente 
abbia 
esercitato un potere 
spettante 
esclusivamente 
al 
Comune, si 
pone 
una 
questione di �competenza�, e dunque una questione di legittimit� dell�atto impugnato. 
Sotto tale 
profilo, va 
rimarcato che 
- anche 
in tema 
di 
competenza 
- ogni 
violazione 
di 
legge, 
pi� o meno grave, determina 
l�annullabilit� 
del 
provvedimento, tranne 
i 
casi 
in cui 
l�Autorit� 
emanante 
non abbia 
alcun potere 
nella 
materia 
in questione, ci� che 
soltanto configura 
il 
difetto 
assoluto di attribuzione (cfr. Sez. VI, 7 agosto 2013, n. 4167). 
Poich� 
l�Ente 
Parco � 
senz�altro titolare 
di 
poteri-doveri 
in materia 
di 
tutela 
del 
territorio, nel 
caso 
di 
abusi 
edilizi, 
vanno 
accolte 
tutte 
le 
censure 
dell�Amministrazione 
appellante, 
sulla 
insussistenza 
del 
difetto assoluto di 
attribuzione 
e 
sulla 
erroneit� 
della 
rilevazione 
d�ufficio di 
una insussistente patologia dell�atto. 


4.2. Risultano altres� 
fondate 
tutte 
le 
altre 
censure 
dell�Amministrazione 
appellante 
(da 
valutare 
tenendo conto della 
sussistenza 
della 
giurisdizione 
esclusiva 
amministrativa 
in materia 
urbanistica e delle peculiarit� della vicenda posta all�esame della Sezione). 
Nel 
caso di 
abusi 
edilizi 
cd maggiori, ovvero di 
opere 
realizzate 
in assenza 
o totale 
difformit� 
dal 
necessario permesso di 
costruire, le 
sanzioni 
sono previste 
in via 
generale 
dall�art. 31 del 
T.U. 
380/2001, 
riproduttivo 
sul 
punto 
delle 
identiche 
disposizioni 
gi� 
contenute 
nella 
l. 
28 
febbraio 1985, n. 47. 
Il 
Comune, 
quale 
ente 
preposto 
alla 
corretta 
gestione 
del 
territorio 
e 
titolare 
del 
relativo 
potere 
di 
vigilanza, deve 
ordinare 
la 
rimessione 
in pristino, e 
la 
demolizione 
in cui 
essa 
si 
concreta; 
in caso di 
inottemperanza 
si 
verifica 
poi 
di 
diritto l�acquisizione 
dell�opera 
abusiva 
stessa 
al 
patrimonio dell�ente, il 
quale 
� 
tenuto a 
provvedere, ormai 
quale 
proprietario, alla 
rimessione 
in pristino non ancora effettuata. 
Quando 
si 
tratta 
di 
un 
abuso 
nell�area 
protetta 
rappresentata 
da 
un 
parco 
nazionale, 
le 
sanzioni 
sono le 
stesse 
quanto al 
contenuto e 
si 
deve 
tener conto delle 
disposizioni 
speciali 
che 
prevedono 
le relative competenze. 
L�art. 
29, 
comma 
1, 
della 
l. 
394/1991 
ha 
previsto 
che 
�il 
legale 
rappresentante 
dell'organismo 
di 
gestione 
dell'area naturale 
protetta, qualora venga esercitata un'attivit� in difformit� dal 
piano, dal 
regolamento o dal 
nulla osta, dispone 
l'immediata sospensione 
dell'attivit� medesima 
ed ordina in ogni 
caso la riduzione 
in pristino o la ricostituzione 
di 
specie 
vegetali 
o 
animali 
a spese 
del 
trasgressore 
con la responsabilit� solidale 
del 
committente, del 
titolare 
dell'impresa e del direttore dei lavori in caso di costruzione e trasformazione di opere�. 
I 
poteri 
in 
materia 
sono 
stati 
concentrati 
nel 
legale 
rappresentante 
dell�Ente 
Parco, 
il 
quale 
� 
nella 
miglior 
posizione 
per 
valutare 
se 
siano 
o 
no 
rispettate 
tutte 
le 
norme 
di 
tutela 
dell�area 
protetta 
(che 
potrebbe 
interessare 
anche 
il 
territorio 
di 
pi� 
Comuni, 
con 
i 
relativi 
problemi 
di 
coordinamento 
che 
sorgerebbero, 
se 
operasse 
la 
tutela 
ordinaria, 
demandata 
a 
ciascuno 
di 
essi). 
Nel 
quadro disegnato da 
questa 
disposizione, si 
inserisce 
l�art. 2, comma 
1, della 
l. 426/1998, 
per 
il 
quale 
�nelle 
aree 
naturali 
protette 
nazionali 
l'acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
abusive 
di 
cui 
all'articolo 7, sesto comma, della legge 
28 febbraio 1985, n. 47, e 
successive 
modificazioni 
ed integrazioni, si verifica di diritto a favore degli organismi di gestione�. 

Il 
riferimento � 
alla 
normativa 
previgente 
all�art. 31 del 
T.U., che, come 
rilevato, aveva 
un 
corrispondente 
contenuto: 
in base 
al 
dato di 
fatto per cui 
le 
attivit� 
in contrasto con la 
tutela 
sono di 
solito rappresentate 
da 
opere 
abusive, si 
� 
completato il 
sistema, accentrando anche 
l�effetto della acquisizione gratuita in capo all�ente gestore. 
Identica 
disposizione 
� 
contenuta 
nell�art. 
1, 
comma 
1104, 
della 
l. 
296/2006, 
posteriore 
al 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


T.U.: 
�nelle 
aree 
naturali 
protette 
l'acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
abusive 
di 
cui 
all'articolo 
7, sesto comma, della legge 
28 febbraio 1985, n. 47, e 
successive 
modificazioni, si 
verifica di 
diritto 
a 
favore 
degli 
organismi 
di 
gestione 
ovvero, 
in 
assenza 
di 
questi, 
a 
favore 
dei 
comuni�. 


4.3. 
Non 
risulta 
condivisibile, 
pertanto, 
quanto 
rilevato 
dalla 
sentenza 
impugnata, 
secondo 
la 
quale 
l�art. 
31 
del 
T.U. 
380/2001 
avrebbe 
operato 
una 
abrogazione 
delle 
norme 
di 
tutela 
descritte. 
In primo luogo, si 
tratta 
di 
norme 
speciali 
(a 
tutela 
delle 
aree 
rientranti 
nel 
parco), le 
quali 
per 
principio generale non vengono abrogate da una legge generale sopravvenuta. 
Inoltre, l�art. 1, comma 
1104 citato, � 
entrato in vigore 
successivamente 
all�entrata 
in vigore 
del 
T.U. n. 380 del 2001. 
4.4. Non risulta 
nemmeno condivisibile 
l�interpretazione, fatta 
propria 
dal 
TAR, per cui 
occorrerebbe 
distinguere 
fra 
l�effetto legale 
della 
acquisizione 
gratuita, che 
va 
a 
vantaggio del-
l�ente 
gestore 
ed 
� 
automatico, 
e 
il 
potere 
di 
dichiarare 
l�effetto 
stesso, 
che 
spetterebbe 
invece 
al Comune. 
Il 
beneficiario di 
tale 
effetto legale, contrariamente 
a 
quanto sostiene 
l�appellata, � 
effettivamente 
l�Ente 
Parco, 
in 
forza 
delle 
norme 
speciali 
appena 
riportate 
(che 
prevalgono 
sul 
comma 
6 dell�art. 31 del 
T.U., per cui 
�Per 
gli 
interventi 
abusivamente 
eseguiti 
su terreni 
sottoposti, 
in 
base 
a 
leggi 
statali 
o 
regionali, 
a 
vincolo 
di 
inedificabilit�, 
l'acquisizione 
gratuita, 
nel 
caso 
di 
inottemperanza all'ingiunzione 
di 
demolizione, si 
verifica di 
diritto a favore 
delle 
amministrazioni 
cui 
compete 
la vigilanza sull'osservanza del 
vincolo. tali 
amministrazioni 
provvedono 
alla demolizione 
delle 
opere 
abusive 
ed al 
ripristino dello stato dei 
luoghi 
a spese 
dei 
responsabili 
dell'abuso. 
nella 
ipotesi 
di 
concorso 
dei 
vincoli, 
l'acquisizione 
si 
verifica 
a 
favore 
del patrimonio del comune�). 
Si 
tratta 
infatti 
di 
una 
normativa 
generale 
sulla 
pluralit� 
di 
vincoli, l� 
dove 
l�istituzione 
di 
un 
parco nazionale 
non si 
riduce 
a 
un mero �vincolo�, ma 
comporta 
un pi� complesso sistema 
di 
tutela a s� stante (come disposto dalla normativa anche sopravvenuta al testo unico). 


4.5. 
Come 
correttamente 
rilevato 
dall�Amministrazione 
appellante, 
nel 
sistema 
delineato 
dal-
l�art. 
1, 
comma 
1104, 
della 
l. 
296/2006, 
l�attribuzione 
all�Ente 
Parco 
del 
potere 
di 
acquisizione 
risulta 
anche 
coerente 
con l�esigenza 
che 
siano ridotte 
le 
questioni 
di 
coordinamento tra 
i 
Comuni 
i 
cui 
territori 
facciano parte 
del 
parco, in un�ottica 
- tenuta 
presente 
dal 
legislatore 
- secondo 
cui 
proprio 
l�Ente 
Parco 
� 
l�autorit� 
che 
� 
specificamente 
preposta 
alla 
repressione 
degli abusi posti in essere all�interno del territorio del parco. 
5. Per le 
ragioni 
che 
precedono, l�appello va 
accolto. Poich� 
in questo grado l�appellata 
non 
ha 
riproposto 
le 
proprie 
censure 
di 
primo 
grado, 
in 
riforma 
della 
sentenza 
impugnata 
il 
ricorso 
di primo grado va respinto. 
Le 
spese 
dei 
due 
gradi 
del 
giudizio seguono la 
soccombenza 
e 
si 
liquidano come 
da 
dispositivo. 
P.Q.M. 
Il 
Consiglio 
di 
Stato 
in 
sede 
giurisdizionale 
(Sezione 
Sesta) 
accoglie 
l�appello 
n. 
607 
del 
2018 
e, in riforma 
della 
sentenza 
impugnata, respinge 
il 
ricorso di 
primo grado n. 2110/2017, proposto 
al 
TAR per la Campania, Sede di Napoli. 
Condanna 
l�appellata 
a 
rifondere 
all�Amministrazione 
appellante 
le 
spese 
dell�intero 
giudizio, 
spese 
che 
liquida 
in 
� 
2.000 
(tremila/00) 
per 
ciascuno 
dei 
gradi, 
e 
cos� 
per 
complessivi 
� 
4.000 
(quattromila/00), oltre accessori di legge, se dovuti. 
Cos� deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1� marzo 2018. 

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


esegesi dell�art. 96 c.p.a. e termini 
per l�impugnazione �incidentale� 


consiGlio 
di 
stato, sezione 
QUinta, sentenza 
30 aPrile 
2018 n. 2602 


La 
recente 
sentenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
Sez. 
Quinta, 
ha, 
tra 
l�altro 
(par. 
7.2), 
ritenuto 
tempestivo 
un 
appello 
proposto 
in 
via 
autonoma 
avverso 
sentenza 
gi� 
impugnata 
dal 
cointeressato con appello principale, entro il 
termine 
ordinario decorrente 
dalla 
pubblicazione 
della 
sentenza, anche 
se 
oltre 
il 
termine 
(in questo caso dimezzato), decorrente 
dalla 
notifica 
dell�appello principale, 
ai sensi dell�art. 96 c.p.a. 


A 
quanto mi 
consta 
si 
tratta 
della 
prima 
pronuncia 
in termini 
sulla 
questione, 
successiva 
all�entrata 
in 
vigore 
del 
predetto 
Codice. 
La 
giurisprudenza 
citata 
nella 
decisione, infatti, pur affermando, in astratto, il 
principio secondo 
cui 
l�impugnazione 
incidentale 
autonoma 
� 
�nella sostanza un appello autonomo, 
avente 
la 
medesima 
natura 
di 
quello 
principale�, 
era 
intervenuta 
in 
casi 
nei 
quali 
l�appello successivo risultava 
comunque 
proposto entro il 
termine 
di cui all�art. 96 c.p.a. 

Mentre 
le 
opinioni 
della 
dottrina 
rinvenibili 
sul 
punto, con specifico riferimento 
all�esegesi 
dell�art. 
96, 
non 
sembrano 
fornire 
utili 
spunti 
per 
sostenere 
la tempestivit� dell�appello successivo, proposto nelle condizioni predette. 


danilo del Gaizo* 

Consiglio di 
stato, sezione 
Quinta, sentenza 30 aprile 
2018 n. 2602 
-Pres. C. Saltelli, est. 


A. Rotondano - ITC (avv.ti 
M. Lombardo, G. Totino, E. Pellicciotti) c. Min. Interno, Commissione 
Nazionale 
per 
il 
diritto 
d�asilo 
(avv. 
St. 
D. 
Del 
Gaizo) 
e 
nei 
confronti 
di 
C.I.E.S. 
(avv.ti 
A. Lirosi, C. Giangiacomo, N. Lais, C. Pepe) (ricorso r.g. 9724/2016); 
Min. Interno, Commissione 
Nazionale 
per il 
diritto d�asilo c. C.I.E.S 
e 
nei 
confronti 
di 
ITC 
(ricorso r.g. 1008/2017). 
DIRITTO 


6. 
Va 
innanzitutto 
disposta 
la 
riunione 
degli 
appelli 
in 
trattazione, 
ai 
sensi 
dell�art. 
96, 
comma 
1, c.p.a., in quanto rivolti 
avverso la 
stessa 
sentenza 
(Cons. Stato, sez. IV, 7 aprile 
2015, n. 
1763). 
7. Prima 
di 
procedere 
all�esame 
dei 
motivi 
di 
censura 
sollevati 
con gli 
appelli 
in trattazione, 
occorre decidere le questioni preliminari sollevate dalle parti nei propri atti difensivi. 
(...) 
7.2. 
Deve 
essere 
scrutinata 
l�eccezione 
di 
irricevibilit� 
dell�appello 
proposto 
dal 
Ministero 
dell�Interno 
e 
dalla 
Commissione 
Nazionale 
per 
il 
diritto 
d�asilo 
formulata 
dalla 
difesa 
di 
CIES 
sul 
presupposto che 
detta 
impugnazione 
sia 
stata 
notificata 
tardivamente, cio� 
oltre 
i 
30 giorni 
dalla 
notifica 
dell�impugnazione 
principale 
spiegata 
da 
ITC, incardinata 
dinanzi 
a 
(*) Avvocato dello Stato. 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


questo Consiglio con giudizio RG 9724/2016, in violazione dell�art. 96 Cod. proc. amm. 
L�eccezione � infondata. 
Posto che 
le 
amministrazioni 
statali 
appellanti 
non hanno proposto appello incidentale, bens� 
un autonomo atto di 
appello avverso la 
sentenza 
segnata 
in epigrafe 
che 
le 
vedeva 
soccombenti, 
deve 
rammentarsi 
che, come 
puntualizzato da 
Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2015 n. 
93, dalle 
cui 
conclusioni 
non vi 
� 
ragione 
di 
discostarsi 
�la giurisprudenza amministrativa 
formatasi 
prima dell'avvento del 
vigente 
c.P.a. era gi� consolidata nel 
senso che 
alla luce 
dell'art. 333 c.p.c., ritenuto applicabile 
anche 
al 
giudizio amministrativo, la parte 
che 
avesse 
ricevuto la notifica dell'altrui 
appello proposto contro una sentenza aveva, s�, l'onere 
di 
impugnare 
quest'ultima in via incidentale, se 
voleva evitare 
di 
incorrere 
nella decadenza nel-
l'ipotesi 
di 
mancata riunione 
dei 
relativi 
giudizi, ma ci� non precludeva alla parte 
stessa la 
possibilit� di 
proporre 
la propria impugnazione 
anche 
in forma autonoma (cfr. ad es. c.d.s., 
iV, 26 settembre 2007, n. 4970; Vi, 24 febbraio 2011, n. 1166). 
la giurisprudenza civile, del 
resto, in assenza di 
un'espressa indicazione 
legislativa sull'essenzialit� 
dell'osservanza delle 
forme 
del 
ricorso incidentale, ravvisa tuttora l'idoneit� del 
ricorso 
successivo 
a 
raggiungere 
il 
proprio 
scopo 
anche 
ove 
proposto 
nelle 
forme 
del 
ricorso 
principale: 
e 
ritiene 
che 
solo 
in 
difetto 
di 
riunione 
delle 
due 
impugnative 
la 
pronuncia 
emessa 
sulla prima renda improcedibile 
la seconda, in forza della decadenza con la quale 
l'art. 333 
cod. 
cit. 
sanziona 
la 
violazione 
della 
norma 
dell'incidentalit� 
delle 
impugnazioni 
proposte 
successivamente 
(cass. 
civ., 
iii, 
7 
novembre 
2013, 
n. 
25054; 
ss.UU., 
7 
luglio 
2009, 
n. 
15843). 
orbene, 
questa 
impostazione 
non 
pu� 
non 
trovare 
conferma 
anche 
nel 
sistema 
del 
vigente 
c.P.a., agevole 
essendo osservare 
che 
il 
suo art. 96 non prevede 
alcuna sanzione 
diretta a 
carico della parte 
soccombente 
in prime 
cure 
che 
abbia proposto il 
proprio appello in forma 
autonoma anzich� incidentale�. 


A ci� consegue la tempestivit� dell�appello in questione, non potendo peraltro sottacersi che 
a 
tale 
conclusione 
si 
giunge 
anche 
qualificando 
tale 
impugnazione 
come 
incidentale 
autonoma 
che, 
in 
conformit� 
al 
consolidato 
orientamento 
di 
questo 
Consiglio 
(Cons. 
Stato, 
sez. 
III, 
2017 


n. 3873; 
sez. IV, 12 giugno 2013, n. 3252; 
Adunanza 
Plenaria 
n. 24 del 
2011) � 
��nella sostanza 
un appello autonomo, avente 
la medesima natura di 
quello principale: l�appellante 
incidentale, 
parzialmente 
soccombente 
in 
primo 
grado, 
chiede 
la 
revisione 
dei 
capi 
o 
dei 
punti 
della sentenza che 
gli 
sono sfavorevoli, sicch� 
il 
suo interesse 
ad impugnarla nasce 
da essa 
e 
non dall�appello principale. ne 
consegue 
che 
all� 
appello incidentale 
autonomo si 
applica 
il 
regime 
dell�appello principale. infatti, la circostanza che 
lo stesso vada proposto in forza 
della 
regola 
di 
concentrazione 
delle 
impugnazioni, 
all�interno 
del 
giudizio 
instaurato 
con 
l�appello principale, non ne 
altera l�intima struttura, poich� 
incidentale 
� 
solo la tecnica con 
la quale viene attivata l�impugnazione (�) e non anche il suo contenuto�. 
(...) 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


Riflessioni semiserie 
sullo stile e sulla sostanza delle cose 


�noterella 
minima� 
a 
tribUnale 
amministratiVo 
reGionale 
Per 
il 
Veneto, 
sez. i, sentenza 
15 maGGio 
2018 n. 529 


Avendo bazzicato tribunali 
di 
provincia 
ormai 
da 
trentacinque 
anni, gli 
ultimi 
venticinque 
come 
Avvocato 
dello 
Stato, 
ho 
sempre 
considerato 
con 
perplessit� 
l�istituto della 
cancellazione 
delle 
espressioni 
sconvenienti 
ed offensive 
di 
cui 
all�art. 89 c.p.c. e 
mi 
sono ben guardato dal 
ricorrervi 
per svariate 
ragioni. 


In primis, sin dalle 
scuole 
elementari 
ho maturato la 
convinzione 
che 
andare 
a 
lamentarsi 
dalla 
signora 
maestra 
(nel 
mio 
caso, 
un 
vero 
Signor 
Maestro) 
denotava 
spesso un certo grado di 
pusillanimit�, attitudine 
alla 
delazione 
e 
incapacit� 
di 
reggere 
un 
confronto 
diretto 
con 
un 
avversario 
risolvendo 
i 
conflitti 
in autonomia e concedendo e ottenendo reciproco rispetto. 


Crescendo la 
sensazione 
si 
� 
rafforzata 
ed � 
maturata 
la 
convinzione 
che 
ad essere 
offensive 
e 
sconvenienti 
pi� che 
le 
espressioni 
siano talvolta 
le 
personalit�, 
che 
il 
ricorso 
all�Autorit� 
per 
la 
�cancellazione� 
sia 
un 
cedimento 
alla 
propria 
permalosit�, vizio ineliminabile 
negli 
avvocati, e 
ad un notevole 
senso di 
inadeguatezza 
e 
che 
in definitiva 
le 
sciocchezze 
scritte 
potessero benissimo 
rimanere 
sulla 
carta, a 
documentum 
dell�occasione 
e 
a 
monumentum 
del loro Autore. 


Tra 
le 
molte 
migliaia 
di 
cause 
trattate, anche 
�a 
muso duro�, riesco a 
ricordare 
solo due 
occasioni 
nelle 
quali 
il 
patrocinatore 
avversario ha 
ritenuto 
di chiedere nei miei confronti l�applicazione dell��infamante� art. 89. 


Nel 
primo 
caso, 
di 
alcuni 
anni 
fa, 
la 
richiesta, 
ovviamente 
disattesa 
in 
ogni 
fase 
processuale 
in cui 
� 
stata 
proposta 
e 
riproposta, si 
inquadrava 
in un 
contenzioso molto avvelenato, con ingenti 
e 
largamente 
infondate 
aspettative 
economiche, 
condito 
di 
attacchi 
mediatici, 
lettere 
anonime, 
agguati 
di 
Iene 
(nel 
senso di 
inviati 
del 
programma 
televisivo) e, dulcis 
in fundo, espostino al 


C.A.P.S. 
Recentissima 
invece 
la 
seconda 
occasione, 
documentata 
nella 
allegata 
sentenza 
del 
TAR per il 
Veneto (tra 
l�altro, cessata 
materia 
del 
contendere 
a 
spese 
compensate!) e 
relativa 
ad un porto d�armi 
non rinnovato ad un anziano 
cacciatore 
e 
poi 
alla 
fine 
concesso dall�Amministrazione 
dopo un�ordinanza 
cautelare. Riporto quanto censurato dalla controparte: 


�Si 
espone, 
richiamando 
la 
documentazione 
gi� 
dimessa 
dalla 
controparte 
e in particolare il correttamente motivato provvedimento impugnato. 
Nulla 
vale, ai 
fini 
che 
ci 
occupa, la 
remissione 
della 
querela 
da 
parte 
del 
fratello del 
(..), picchiato dopo essere 
gi� 
stato pi� volte 
minacciato di 
morte 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


e 
infine 
anche 
con un�arma 
dal 
ricorrente. Lo stesso non pu� non essere 
posto 
in relazione 
con l�episodio del 
1997, quando il 
ricorrente 
era 
gi� 
ampiamente 
maturo e 
quasi 
cinquantenne, ai 
danni 
di 
due 
guardie 
venatorie, pure 
esse 
minacciate 
di 
morte 
dall�appassionato 
cacciatore. 
L�abitudine 
a 
proferire 
minacce 
di 
morte, ad alzare 
le 
mani, a 
praticare 
violenza 
verbale 
e 
fisica 
sono segnali 
inequivoci 
che 
indicano come 
la 
comunit� 
sia 
pi� sicura 
tenendo il 
signor (..). 
lontano dalle armi�. 


Convinzione 
che, col 
rispetto dovuto al 
Giudice 
Amministrativo che 
ha 
ritenuto 
di 
non 
considerare 
unitariamente 
i 
due 
episodi, 
di 
valutare 
la 
risalenza 
nel 
tempo del 
primo e 
la 
remissione 
della 
querela 
nel 
secondo, e 
all�Autorit� 
Amministrativa 
che 
ha 
preferito 
adeguarsi, 
sommessamente 
mantengo� 
sperando 
che 
il 
sig. (..) non abbia 
a 
litigare 
con nessuno, con fucile 
o senza, e 
che 
il suo avvocato non se la prenda se qualcuno risponde per le rime. 


Marco Meloni* 


tribunale 
amministrativo Regionale 
per 
il 
Veneto, sezione 
Prima, sentenza 15 maggio 
2018 n. 529 
-Pres. Nicolosi, est. Dato. 


FATTO 


1. Con provvedimento prot. n. Cat.6.L/Amm/17 del 
1 febbraio 2017, notificato il 
successivo 
5 
febbraio 
2017, 
il 
Questore 
... 
ha 
rigettato 
l'istanza 
di 
rinnovo 
della 
licenza 
di 
porto 
di 
fucile, 
presentata 
dal 
ricorrente 
in data 
17 marzo 2015, sulla 
base 
di 
due 
episodi: 
il 
deferimento del 
ricorrente 
all'autorit� 
giudiziaria, 
a 
seguito 
di 
una 
querela 
sporta 
contro 
di 
esso 
da 
due 
guardie 
venatorie 
per un diverbio avvenuto durante 
un servizio di 
vigilanza, per i 
reati 
di 
minaccia 
grave 
e 
di 
turbamento di 
servizio pubblico o di 
pubblica 
necessit� 
(procedimento penale 
conclusosi 
con l'applicazione 
della 
pena 
ex 
art. 444 c.p.p.), ed un ulteriore 
deferimento del 
ricorrente 
all'autorit� 
giudiziaria 
a 
seguito 
di 
querela 
proposta 
dal 
fratello, 
dopo 
un 
litigio 
con 
quest'ultimo per essere 
stato minacciato con una 
carabina, per i 
reati 
di 
minaccia 
grave 
e 
di 
percosse. 
2. In data 
8 aprile 
2014 la 
Questura, conosciuto il 
secondo episodio citato, provvedeva 
a 
notificare 
all'odierno 
ricorrente 
l'avvio 
del 
procedimento 
di 
revoca 
della 
licenza 
di 
porto 
di 
fucile. 
3. In data 
23 giugno 2015, veniva 
notificato al 
ricorrente 
l'avviso di 
avvio del 
procedimento 
di 
respingimento istanza 
di 
rinnovo di 
porto di 
fucile 
per uso di 
caccia 
a 
seguito della 
imminente 
scadenza dell'ultima licenza. 
4. 
In 
data 
7 
luglio 
2015, 
il 
ricorrente 
depositava, 
presso 
l�Ufficio 
Licenze 
della 
Divisione 
Amministrativa 
e 
Sociale 
della 
Questura, una 
memoria 
difensiva 
nella 
quale 
si 
opponeva 
al 
respingimento 
dell'istanza di rinnovo di porto di fucile. 
5. In relazione 
al 
secondo deferimento all'autorit� 
giudiziaria, in data 
12 maggio 2016, il 
fratello 
del 
ricorrente 
rimetteva 
la 
querela 
proposta; 
tale 
remissione 
veniva 
accettata 
dal 
ricorrente 
in data 28 settembre 2016. 
(*) Avvocato dello Stato. 



CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


6. Il 
6 dicembre 
2016 il 
ricorrente 
trasmetteva 
alla 
Questura 
copia 
dell'avvenuta 
remissione 
di 
querela 
e 
della 
accettazione 
della 
stessa. Il 
successivo 14 dicembre 
2016, i 
Carabinieri 
di 
... inoltravano una 
comunicazione 
alla 
Questura 
nella 
quale 
davano atto che 
la 
condotta 
di 
-
OMISSIS-era 
"tale 
da 
far 
credere 
nel 
suo 
ravvedimento". 
Il 
17 
dicembre 
2016 
veniva 
prodotta 
una 
seconda 
memoria 
difensiva 
nella 
quale, con riferimento al 
secondo episodio, si 
evidenziava 
che 
la 
carabina 
con la 
quale 
il 
fratello del 
ricorrente 
era 
stato minacciato, oltre 
a 
non essere 
carica, non fosse un arma con caratteristiche tali da poter uccidere. 
7. Il 
Questore 
come 
sopra 
detto, il 
successivo 1 febbraio 2017, respingeva 
l'istanza 
presentata 
dal 
ricorrente; 
il 
successivo 7 marzo 2017, il 
ricorrente 
decideva 
di 
proporre 
ricorso gerarchico, 
dinnanzi 
al 
Prefetto, avverso il 
diniego di 
rinnovo della 
licenza 
di 
porto di 
fucile 
per 
uso caccia e chiedeva la revoca del provvedimento del Questore. 
8. In data 
30 agosto 2017, con provvedimento prot. n. 0055284, notificato con nota 
prot. n. 
0055289 in pari data, il Preftto respingeva il ricorso gerarchico presentato da -OMISSIS-. 
9. Il 
ricorrente, pertanto, proponeva 
ricorso giurisdizionale, impugnando gli 
atti 
in epigrafe 
di cui chiedeva l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia. 
10. 
Si 
� 
costituito 
in 
giudizio 
il 
Ministero 
dell'Interno 
che 
ha 
chiesto 
la 
reiezione 
delle 
domande 
proposte dal ricorrente. 
11. Con ordinanza 
7 dicembre 
2017, n. 611 questo Tribunale 
Amministrativo Regionale, Sez. 
I, accoglieva 
l'istanza 
di 
sospensione 
"ai 
fini 
del 
riesame 
della 
posizione 
giuridica 
del 
ricorrente" 
sulla base dei principi affermati nella medesima ordinanza. 
12. Successivamente 
alla 
pronuncia 
della 
predetta 
ordinanza 
cautelare 
- come 
rileva 
il 
ricorrente 
nella 
memoria 
depositata 
in data 
20 marzo 2018 - l'Amministrazione 
resistente 
ha 
dapprima 
annullato 
in 
autotutela 
l'atto 
impugnato 
e 
poi, 
a 
seguito 
di 
avvio 
di 
nuovo 
procedimento, 
ha 
rilasciato 
brevi 
manu 
una 
nuova 
"licenza 
di 
porto 
di 
fucile" 
n. 
867884-0, 
valida 
per 
sei 
anni dalla data del rilascio ovvero con scadenza 28 febbraio 2024. 
Pertanto, il 
ricorrente 
ha 
chiesto la 
declaratoria 
di 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
ai 
sensi 
dell'art. 
34, 
comma 
5, 
c.p.a, 
a 
spese 
compensate 
ma 
con 
condanna 
dell'Amministrazione 
alla 
restituzione 
del 
costo del 
contributo unificato, pari 
a 
Euro. 650,00, in base 
al 
principio 
della 
soccombenza 
virtuale, 
invocabile 
per 
individuare 
la 
parte 
tecnicamente 
soccombente 
su 
cui ricade l'obbligazione legale di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. 
13. All'udienza 
pubblica 
del 
9 maggio 2018 il 
Collegio ha 
preso atto della 
dichiarazione 
di 
cessata 
materia 
del 
contendere 
evidenziata 
in memoria 
da 
parte 
ricorrente 
ed il 
ricorso � 
stato 
trattenuto in decisione. 
DIRITTO 


1. Il 
Collegio ravvisa 
validi 
motivi 
per dichiarare 
cessata 
la 
materia 
del 
contendere, ai 
sensi 
dell'art. 34, u. c., c.p.a., per le ragioni di seguito indicate. 
1.1. Come 
costantemente 
affermato dalla 
giurisprudenza, nel 
caso in cui 
il 
giudice 
sospenda 
in sede 
cautelare 
gli 
effetti 
di 
un provvedimento e 
l'Amministrazione 
vi 
si 
adegui, con l'adozione 
di 
un 
atto 
consequenziale 
al 
contenuto 
dell'ordinanza 
cautelare, 
non 
si 
ha 
improcedibilit� 
del 
ricorso, n� 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
(se 
l'atto, rispettivamente, sia 
sfavorevole 
o favorevole 
al 
ricorrente), giacch� 
l'adozione 
non spontanea 
dell'atto con cui 
si 
� 
data 
esecuzione 
alla 
sospensiva 
non produce 
la 
revoca 
del 
precedente 
provvedimento impugnato 
e 
ha 
una 
rilevanza 
solo provvisoria, in attesa 
cio� 
che 
la 
sentenza 
di 
merito accerti 
se 
il 
provvedimento 
sospeso sia o meno legittimo. 
Se, 
invece, 
a 
seguito 
dell'ordinanza 
cautelare 
di 
sospensione, 
l'Amministrazione 
effettui 
una 
nuova 
valutazione 
ed 
adotti 
un 
atto 
espressione 
di 
nuova 
volont� 
di 
provvedere, 
che 
costituisca 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


cio� 
un 
nuovo 
giudizio, 
autonomo 
e 
indipendente 
dall'esecuzione 
della 
pronuncia 
cautelare, 
allora 
il 
ricorso 
nei 
confronti 
del 
precedente 
provvedimento 
gravato 
diventa 
improcedibile, 
ovvero 
si 
ha 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
laddove 
si 
tratti 
di 
un 
atto 
con 
contenuto 
del 
tutto 
satisfattivo 
della 
pretesa 
azionata 
dal 
ricorrente 
(cfr., 
ex 
plurimis, 
Cons. 
Stato, 
sez. 
III, 
4 
settembre 
2017, 
n. 
4188; 
T.A.R. 
Sardegna, 
sez. 
I, 
27 
aprile 
2018, 
n. 
380; 
T.A.R. 
Lazio, 
Roma, 
sez. 
III 
ter, 
2 
marzo 
2018, 
n. 
2383; 
T.A.R. 
Abruzzo, 
L'Aquila, 
sez. 
I, 
9 
febbraio 
2018, 
n. 
55). 
Orbene, risulta 
doveroso constatare 
che 
l'obbligo di 
attuazione 
della 
pronuncia 
interinale 
non 
comporta 
sempre 
e 
comunque 
una 
mera 
attivit� 
di 
esecuzione 
in senso stretto, bens� 
ben si 
presta a determinare una completa riedizione del procedimento. 
Al 
fine 
di 
correttamente 
configurare 
la 
natura 
del 
provvedimento adottato in attuazione 
del-
l'ordinanza 
cautelare, 
riveste 
sicuro 
carattere 
dirimente 
l'accertamento 
della 
permanenza 
in 
capo 
all'Amministrazione 
di 
un 
margine 
di 
scelta 
nell'ottemperare 
al 
dictum 
dell'ordinanza 
stessa, ossia 
l'esistenza 
o meno di 
profili 
sostanziali 
della 
vicenda 
che 
possano essere 
considerati 
non coperti dal "giudicato cautelare". 
Ci� detto, il 
Collegio ritiene 
che, ove 
si 
tratti 
- come 
nell'ipotesi 
in trattazione 
- di 
ordinanza 
di accoglimento dell'istanza cautelare "ai fini del riesame" - tali profili sussistano. 
Come 
si 
trae 
dall'orientamento 
giurisprudenziale 
consolidato, 
�, 
infatti, 
inequivoco 
che, 
in 
tutti 
i 
casi 
in cui 
sia 
disposto il 
"riesame", la 
sfera 
di 
"autonomia" 
dell'Amministrazione 
resta 
intatta 
nel 
senso che 
quest'ultima 
� 
meramente 
tenuta 
a 
"rivalutare 
la 
situazione 
alla 
luce 
dei 
motivi 
di 
ricorso" 
e, 
dunque, 
gode 
di 
libert� 
di 
determinazione 
nell'assunzione 
del 
nuovo 
atto, 
essendo il 
remand 
una 
tecnica 
di 
tutela 
cautelare 
che 
si 
caratterizza 
proprio per rimettere 
in 
gioco l'assetto di 
interessi 
definiti 
con l'atto gravato, restituendo quindi 
all'Amministrazione 
l'intero potere 
decisionale 
iniziale, senza 
tuttavia 
pregiudicarne 
il 
risultato finale 
(cfr. T.A.R. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
II, 
13 
luglio 
2017, 
n. 
1112; 
T.A.R. 
Sicilia, 
Palermo, 
sez. 
II, 
31 
maggio 
2017, n. 1464; 
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, 20 gennaio 2017, n. 1067). 

1.2. Posto che 
- sulla 
base 
dei 
rilievi 
in precedenza 
riportati 
- il 
provvedimento di 
autotutela 
dell'atto impugnato, e 
poi, a 
seguito di 
avvio di 
nuovo procedimento, il 
rilascio di 
nuova 
"licenza 
di 
porto di 
fucile" 
devono essere 
intesi 
come 
espressione 
dell'esercizio di 
funzione 
amministrativa 
e 
non di 
mera 
attivit� 
esecutiva 
dell'ordinanza 
cautelare 
n. 611/2017 di 
questo 
Tribunale 
Amministrativo Regionale, assolutamente 
idonei 
-in quanto tali 
-a 
sostituirsi 
ai 
provvedimenti 
in precedenza 
adottati, e 
accertato, ancora, che 
il 
ricorrente 
ha 
esplicitamente 
riconosciuto il 
sopravvenuto soddisfacimento del 
proprio interesse 
(cfr. memoria 
depositata 
in 
data 
20 
marzo 
2018), 
il 
Collegio 
-come 
gi� 
anticipato 
-ravvisa 
validi 
motivi 
per 
dichiarare 
cessata la materia del contendere. 
2. Deve 
essere 
esaminata, a 
questo punto, la 
domanda 
proposta 
in sede 
di 
camera 
di 
consiglio 
del 
6 dicembre 
2017 dalla 
difesa 
della 
parte 
ricorrente 
in ordine 
all'espunzione 
di 
alcune 
frasi 
ed 
espressioni 
ritenute 
offensive 
contenute 
alle 
righe 
dalla 
numero 
4 
alla 
numero 
11 
della 
memoria 
dell'Amministrazione 
resistente 
depositata 
in data 
15 novembre 
2017; 
la 
medesima 
difesa 
ha 
chiesto 
che 
ne 
sia 
dato 
atto 
in 
ordinanza. 
Nella 
predetta 
ordinanza 
cautelare 
n. 
611/2017 
� 
stata 
riservata 
al 
merito la 
decisione 
sulla 
richiesta 
di 
espunzione 
delle 
frasi 
contenute 
nella 
memoria dell'Amministrazione resistente. 
2.1. Il Collegio reputa, tuttavia, insussistenti i presupposti per accogliere l'istanza 
de qua. 
Ed 
invero, 
la 
cancellazione 
delle 
espressioni 
ritenute 
offensive 
o 
sconvenienti 
ex 
art. 
89 
c.p.c. 
-applicabile 
al 
processo amministrativo in virt� del 
richiamo ex 
art. 39, comma 
1, c.p.a. (cfr. 
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 23 aprile 
2018, n. 1065) - va 
esclusa 
allorch� 
il 
loro uso 
non risulti 
dettato da 
un passionale 
ed incomposto intento dispregiativo ed offensivo nei 
con

CONTENzIOSO 
NAzIONALE 


fronti 
della 
controparte, conservando invece 
un rapporto, anche 
indiretto, con la 
materia 
controversa, 
senza 
eccedere 
dalle 
esigenze 
difensive, 
essendo 
infatti 
preordinato 
a 
dimostrare, 
attraverso 
una 
valutazione 
negativa 
del 
comportamento 
della 
controparte, 
la 
scarsa 
attendibilit� 
delle 
sue 
affermazioni 
(cfr., ex 
plurimis, T.A.R. Lazio, Roma, sez. II ter, 12 aprile 
2018, n. 
3999; 
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. I, 22 febbraio 2018, n. 504). 
Nel 
caso 
di 
specie, 
le 
espressioni 
utilizzate 
dall'Avvocatura 
Distrettuale 
dello 
Stato 
di 
Venezia, 
seppure 
caratterizzate 
da 
una 
certa 
enfasi, non eccedono comunque 
gli 
scopi 
difensivi 
e 
l'oggetto 
del 
giudizio n� 
sono trascese 
al 
piano dell'offesa 
gratuita 
ed avulsa 
dalla 
vis 
polemica 
che 
connota 
il 
dibattito tra 
le 
parti 
in causa 
e, inoltre, risultano in rapporto di 
strumentalit� 
rispetto 
al diritto di difesa. 
Per queste ragioni, non sussistono i presupposti per disporre la cancellazione in questione. 


3. In ordine 
alla 
statuizione 
sulle 
spese, parte 
ricorrente 
ne 
ha 
chiesto con memoria 
la 
compensazione. 
4. Per quanto attiene, invece, all'obbligazione 
di 
pagamento del 
contributo unificato, di 
cui 
parte 
ricorrente 
ha 
chiesto la 
rifusione 
in base 
al 
principio della 
soccombenza 
virtuale, va 
in 
primo 
luogo 
rilevato 
che 
l'art. 
13, 
comma 
6 
bis.1, 
del 
D.P.R. 
30 
maggio 
2002, 
n. 
115, 
introdotto 
dall'art. 
2, 
comma 
35 
bis, 
lett. 
e), 
del 
D.L. 
13 
agosto 
2011, 
n. 
138, 
dispone 
che 
"l'onere 
relativo 
al 
pagamento dei 
suddetti 
contributi 
[contributo unificato] 
� 
dovuto in ogni 
caso dalla parte 
soccombente, anche 
nel 
caso di 
compensazione 
giudiziale 
delle 
spese 
e 
anche 
se 
essa non si 
� costituita in giudizio". 
Secondo la 
giurisprudenza, il 
contributo unificato di 
cui 
agli 
artt. 9 e 
ss. del 
D.P.R. 30 maggio 
2002, 
n. 
115, 
� 
oggetto 
di 
una 
obbligazione 
ex 
lege 
sottratta 
alla 
potest� 
del 
giudice, 
sia 
quanto 
alla 
possibilit� 
di 
disporne 
la 
compensazione, sia 
quanto alla 
determinazione 
del 
suo ammontare, 
gi� 
predeterminato (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 285; 
Cons. Stato, sez. 
III, 13 marzo 2014, n. 1160). A 
prescindere 
dal 
regolamento delle 
spese 
di 
giudizio � 
la 
parte 
soccombente, 
dunque, 
ad 
essere 
comunque 
tenuta 
a 
rimborsare 
a 
quella 
vittoriosa 
il 
contributo 
unificato da 
essa 
versato, senza 
che 
nulla 
debba 
essere 
dichiarato in sentenza. Tuttavia, nel 
caso 
in 
cui 
il 
giudizio 
venga 
definito 
mediante 
declaratoria 
di 
improcedibilit� 
per 
sopravvenuta 
carenza 
di 
interesse 
o 
di 
cessata 
materia 
del 
contendere, 
il 
Collegio 
deve 
farsi 
carico 
di 
indicare 
la 
parte 
soccombente 
proprio ai 
fini 
della 
individuazione 
della 
parte 
su cui 
ricade 
l'obbligo 
del 
pagamento del 
contributo unificato. Anche 
a 
tale 
proposito, peraltro, soccorre 
il 
ricordato 
principio 
della 
soccombenza 
virtuale 
(che 
costituisce 
un'applicazione 
del 
principio 
di 
causalit�: 
cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 aprile 
2018, n. 2482), invocabile 
per individuare 
la 
parte 
tecnicamente 
soccombente 
su cui 
ricade 
l'obbligazione 
legale 
de 
qua (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. 
II ter, 29 aprile 2015, n. 6211). 
Nel 
caso 
in 
esame, 
va 
ritenuta 
la 
soccombenza 
virtuale 
dell'Amministrazione 
resistente, 
tenuto 
conto che 
la 
stessa 
ha 
adottato un provvedimento - che 
ha 
costretto il 
ricorrente 
ad attivare 
il 
rimedio 
giurisdizionale 
-salvo 
poi 
eliminarlo 
dal 
mondo 
giuridico 
con 
il 
successivo 
intervento 
in autotutela; 
infine, la 
medesima 
Amministrazione 
resistente 
ha 
attribuito al 
ricorrente 
l'agognato 
titolo. 

5. 
In 
conclusione, 
va 
dichiarata 
la 
cessata 
materia 
del 
contendere 
ai 
sensi 
dell'art. 
34, 
u.c., 
c.p.a. 
6. Le 
spese 
di 
lite 
possono essere 
compensate 
in conformit� 
a 
quanto richiesto dalla 
parte 
ricorrente. 
7. 
In 
applicazione 
del 
richiamato 
principio 
della 
soccombenza 
virtuale, 
l'Amministrazione 
resistente 
va condannata alla refusione del contributo unificato in favore di parte ricorrente. 

RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


P.Q.M. 
Il 
Tribunale 
Amministrativo Regionale 
per il 
Veneto (Sezione 
Prima), definitivamente 
pronunciando 
sul 
ricorso, come 
in epigrafe 
proposto, dichiara 
cessata 
la 
materia 
del 
contendere. 
Spese compensate. 
Condanna 
l'Amministrazione 
resistente 
al 
rimborso in favore 
della 
parte 
ricorrente 
del 
contributo 
unificato versato per la proposizione del ricorso. 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Ritenuto che 
sussistano i 
presupposti 
di 
cui 
all'art. 52, comma 
1, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 
196, 
a 
tutela 
dei 
diritti 
o 
della 
dignit� 
della 
parte 
interessata, 
manda 
alla 
Segreteria 
di 
procedere 
all'oscuramento delle 
generalit� 
nonch� 
di 
qualsiasi 
altro dato idoneo ad identificare 
la 
parte 
ricorrente. 
Cos� deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2018. 



LegisLazioneedattuaLit�
L�obbligo vaccinale di cui all�articolo 1, comma 2, 
del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73. 
L�interesse della collettivit� quale limite alla dimensione 
individualistica del diritto alla tutela della salute 


Leonello Mariani, Enrico De Giovanni, 
Maurizio Borgo, Annalisa Tricarico (*) 


Il 
presente 
scritto 
ha 
ad 
oggetto 
la 
disposizione 
del 
decreto-legge 
7 
giugno 
2017, 
n. 
73, 
conv. 
con 
modif. 
dall�art. 
1 
della 
legge 
31 
luglio 
2017, 
n. 
119, 
che 
prevede 
che 
il 
soggetto 
immunizzato 
naturalmente 
adempia 
all�obbligo 
vaccinale 
�di 
norma 
e 
comunque 
nei 
limiti 
delle 
disponibilit� 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale, 
con 
vaccini 
in 
formulazione 
monocomponente 


o 
combinata 
in 
cui 
sia 
assente 
l�antigene 
per 
la 
malattia 
infettiva 
per 
la 
quale 
sussiste 
immunizzazione� 
(articolo 
1, 
comma 
2) 
e 
le 
conseguenze 
del 
rifiuto 
-eventualmente 
opposto 
dai 
genitori/tutori 
o 
affidatari 
-di 
far 
somministrare 
ad 
un 
minore 
un 
vaccino 
combinato 
in 
cui 
sia 
presente 
anche 
l�antigene 
per 
la 
malattia 
infettiva 
per 
la 
quale 
quest�ultimo 
sia 
immunizzato. 
Alla 
luce 
della 
situazione 
epidemiologica 
del 
Paese, attraverso l�analisi 
delle 
pronunce 
della 
Consulta 
e 
degli 
altri 
organi 
giurisdizionali, partendo dal 
dato positivo di 
cui 
al 
richiamato 
articolo 1, comma 
2, del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, si 
� 
inteso verificare 
se 
quest�ultimo 
sia 
o meno in grado di 
resistere 
ad un test 
di 
costituzionalit�. In particolare, atteso che 
esiste 
�il 
dovere 
dell�individuo 
di 
non 
ledere 
n� 
porre 
a 
rischio 
con 
il 
proprio 
comportamento 
la salute 
altrui� 
e 
che 
�le 
simmetriche 
posizioni 
dei 
singoli 
si 
contemperano ulteriormente 
con 
gli 
interessi 
essenziali 
della 
comunit�, 
che 
possono 
richiedere 
la 
sottoposizione 
della 
persona 
a 
trattamenti 
obbligatori, 
posti 
in 
essere 
anche 
nell�interesse 
della 
persona 
stessa� 


(Corte 
cost., sentt. nn. 218/1994 e 
399/1996, richiamate 
dalla 
sent. n. 5/2018), si 
� 
proceduto 


(*) Leonello Mariani, Vice 
Avvocato Generale dello Stato. 
Enrico De Giovanni, Avvocato dello Stato. 
Maurizio Borgo, Avvocato dello Stato, Capo Ufficio Legislativo Ministero della salute. 
Annalisa 
Tricarico, 
Dirigente 
Ufficio 
Legislativo 
Ministero 
della 
salute, 
Dottore 
di 
ricerca 
in 
Dottrine 
generali del diritto. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


ad applicare 
alla 
disposizione 
in questione 
il 
criterio del 
ragionevole 
contemperamento degli 
interessi 
in gioco per appurare 
se 
siano stati 
o meno rispettati 
i 
limiti 
entro i 
quali 
� 
possibile 
imporre 
legittimamente 
trattamenti 
sanitari, 
tenendo 
nella 
dovuta 
considerazione 
anche 
la 
circostanza 
che 
il 
mancato assolvimento dell�obbligo vaccinale 
comporta 
l�impossibilit� 
di 
accedere 
ai 
servizi 
educativi 
per l�infanzia 
e 
alla 
scuola 
dell�infanzia 
(articolo 3, d.l. n. 73 del 
2017), oltrech� 
l�irrogazione 
di 
una 
sanzione 
amministrativa 
pecuniaria 
(articolo 1, d.l. n. 73 
.del 2017). 


Sommario: 1. L�importanza delle 
strategie 
vaccinali 
- 2. il 
disposto del 
decreto-legge 


n. 73 del 
2017 - 2.1. L�ambito di 
applicazione 
dell�obbligo vaccinale 
- 2.2. adempimenti 
vaccinali 
e 
accesso 
ai 
servizi 
educativi 
per 
l�infanzia, 
alle 
istituzioni 
del 
sistema 
nazionale 
di 
istruzione, ai 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
alle 
scuole 
private 
non paritarie 
-2.2.1. La formazione 
delle 
classi 
- 3. L�obbligo vaccinale 
di 
cui 
all�articolo 1, comma 2, del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017: l�interesse 
della collettivit� quale 
limite 
alla dimensione 
individualistica 
del 
diritto alla tutela della salute 
- 3.1. il 
fondamento tecnico-sanitario dell�obbligo 
di 
cui 
all�art. 1, comma 2, decreto-legge 
n. 73 del 
2017 - 3.2. Le 
motivazioni 
giuridiche 
dell�obbligo di 
cui 
all�art. 1, comma 2, decreto-legge 
n. 73 del 
2017 - 3.2.1. i trattamenti 
sanitari 
obbligatori: 
l�orientamento 
della 
giurisprudenza 
e 
della 
dottrina 
-3.2.2. 
L�insussistenza 
del 
principio 
di 
autodeterminazione 
del 
singolo 
in 
rapporto 
al 
dovere 
dei 
genitori 
di 
adottare 
misure 
idonee 
ad evitare 
pregiudizi 
per 
la salute 
dei 
figli 
minori 
- 3.3. il 
diritto alla tutela 
della salute 
e 
il 
dovere 
di 
solidariet� sociale 
- 3.4. il 
diritto alla tutela della salute, il 
diritto 
all�istruzione 
e 
il 
principio 
di 
eguaglianza 
-3.5. 
il 
diritto 
alla 
tutela 
della 
salute 
e 
il 
principio 
di precauzione. 
1. L�importanza delle strategie vaccinali. 
L�8 
giugno 
2017 
� 
entrato 
in 
vigore 
il 
decreto-legge 
7 
giugno 
2017, 
n. 
73, 
recante 
Disposizioni 
urgenti 
in 
materia 
di 
prevenzione 
vaccinale, 
con 
il 
quale 
� 
stato esteso il 
novero delle 
vaccinazioni 
da 
somministrare 
obbligatoriamente 
ai 
minori 
di 
et� 
compresa 
tra 
zero e 
sedici 
anni, che 
non presentino 
controindicazioni 
temporanee 
o 
assolute 
alla 
vaccinazione 
e 
che 
non 
siano 
esonerati, in quanto immunizzati a seguito di malattia naturale. 


L�approvazione 
del 
menzionato decreto da 
parte 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
ha 
suscitato, 
sin 
da 
subito, 
un 
acceso 
dibattito 
nell�opinione 
pubblica, 
che, 
coinvolgendo 
la 
comunit� 
scientifica 
e 
le 
diverse 
Istituzioni 
competenti, 
ha 
accompagnato l�iter 
parlamentare di conversione in legge. 


Al 
fine 
di 
delineare 
compiutamente 
il 
contesto socio-culturale 
ed organizzativo 
in 
cui 
si 
inserisce 
il 
decreto-legge 
in 
esame, 
non 
pu� 
non 
evidenziarsi 
che, nella 
storia 
della 
medicina 
occidentale, l�introduzione 
delle 
vaccinazioni 
ha 
rappresentato l�intervento di 
sanit� 
pubblica 
pi� importante 
per l�umanit�. 


Esse, 
limitando 
la 
suscettibilit�, 
individuale 
e 
di 
gruppo, 
alle 
infezioni, 
hanno, determinato il 
ridursi 
della 
diffusione 
di 
molte 
malattie 
contagiose, risultando 
spesso necessarie 
per la 
completa 
eradicazione 
di 
patologie 
che 
costituivano 
veri e propri flagelli sociali. 


In Italia, l�offerta 
delle 
vaccinazioni 
si 
� 
evoluta 
nel 
corso degli 
anni 
pa



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


rallelamente 
al 
progredire 
delle 
conoscenze 
tecnico-scientifiche 
e 
delle 
condizioni 
socio-economiche della nazione. 


In 
passato, 
l�obbligatoriet� 
e 
la 
gratuit� 
delle 
vaccinazioni 
hanno 
costituito 
uno strumento per garantire 
l�uniformit� 
dell�offerta 
alla 
popolazione, al 
fine 
di 
evitare 
- per quanto possibile 
- situazioni 
di 
disparit� 
nell�accesso ai 
servizi 
e agli interventi di profilassi sanitaria diretta. 


A 
livello mondiale, l�obbligo vaccinale 
si 
� 
dimostrato un ottimo mezzo 
per addivenire 
all�eradicazione 
globale 
del 
vaiolo e, recentemente, all�eliminazione 
della 
poliomielite 
dalle 
regioni 
delle 
Americhe, 
del 
Pacifico 
occidentale, 
dell�Europa 
e 
del 
Sud-Est 
Asiatico 
(secondo 
la 
divisione 
geografica 
dell�organizzazione 
Mondiale 
della 
Sanit� 
-oMS), 
in 
cui 
vive 
circa 
l�80% 
della popolazione globale. 


In 
Italia, 
attraverso 
l�introduzione, 
nel 
secolo 
scorso, 
dell�obbligo 
di 
vaccinazione 
e 
di 
strategie 
vaccinali 
di 
massa, sono stati 
ottenuti 
ottimi 
risultati 
in 
termini 
di 
controllo 
della 
difterite, 
del 
tetano, 
della 
poliomielite, 
dell�epatite 
virale B (1). 


Al 
fine 
di 
garantire 
e 
agevolare 
il 
controllo 
dell�adempimento 
dell�obbligo 
vaccinale, 
l�articolo 
47 
del 
d.P.r. 
22 
dicembre 
1967, 
n. 
1518, 
in 
materia 
di 
servizi 
di 
medicina 
scolastica, imponeva 
la 
presentazione 
delle 
certificazioni 
attestanti 
l�intervenuta 
vaccinazione, 
pena 
il 
rifiuto 
dell�iscrizione 
a 
scuola; 
l�obbligo vaccinale 
era 
inoltre 
presidiato da 
sanzioni 
penali 
a 
carico dei 
genitori 
inadempienti. 


Grazie 
anche 
a 
tali 
previsioni 
normative, negli 
anni 
novanta 
del 
secolo 
scorso 
la 
copertura 
vaccinale 
aveva 
raggiunto, 
per 
i 
vaccini 
anti-difterite 
e 
anti-tetano, la 
soglia 
del 
95% e, per il 
vaccino anti-poliomielite, del 
98% (2). 


Proprio 
il 
successo 
delle 
strategie 
vaccinali, 
che 
ha 
condotto, 
in 
quegli 
anni, alla 
scomparsa 
pressoch� 
totale 
di 
alcune 
malattie, ha 
determinato la 
riduzione 
della 
percezione 
della 
pericolosit� 
del 
contagio, 
agevolando, 
in 
parallelo, 
il 
diffondersi 
di 
movimenti 
di 
opinione 
contrari 
alla 
pratica 
vaccinale, 
anche per motivi ideologici o religiosi. 


Si 
� 
cos� 
giunti 
ad escludere 
che 
la 
vaccinazione 
costituisse 
requisito per 
l�iscrizione alla scuola. 


In 
particolare, 
il 
d.P.r. 
26 
gennaio 
1999, 
n. 
355, 
novellando 
il 
citato 
art. 
47 
del 
d.P.r. 
n. 
1518 
del 
1967, 
pur 
prevedendo 
l�obbligo 
dei 
direttori 
delle 
scuole 
e 
dei 
capi 
degli 
istituti 
di 
istruzione 
pubblica 
o 
privata 
di 
accertare, 
all�atto 
dell�ammissione 
alla 
scuola 
o 
agli 
esami, 
se 
fossero 
state 
praticate 
agli 
alunni 
le 
vaccinazioni 
e 
le 
rivaccinazioni 
obbligatorie 
-richiedendo 
la 
presen


(1) Il 
relativo obbligo vaccinale 
� 
stato introdotto, rispettivamente, per la 
difterite 
con la 
legge 
6 
giugno 1939, n. 891, per il 
tetano con la 
legge 
5 marzo 1963, n. 292, per la 
poliomielite 
con la 
legge 
4 
febbraio 1966, n. 51, per l�epatite virale B con la legge 27 maggio 1991, n. 165. 
(2) Cfr. dati riportati sul sito internet dell�organizzazione Mondiale della Sanit� (oMS). 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


tazione 
della 
relativa 
certificazione 
o 
di 
una 
dichiarazione 
sostitutiva 
e 
prescrivendo, 
in 
caso 
di 
mancata 
presentazione 
del 
certificato 
o 
della 
dichiarazione, 
l�obbligo 
di 
comunicazione 
del 
fatto 
all�unit� 
sanitaria 
locale 
di 
appartenenza 
e 
al 
Ministero 
della 
sanit�, 
per 
i 
provvedimenti 
di 
competenza 
-, 
aveva 
stabilito: 


�la 
mancata 
certificazione 
non 
comporta 
il 
rifiuto 
di 
ammissione 
dell�alunno 
alla 
scuola 
dell�obbligo 
o 
agli 
esami�. 


nei 
fatti, 
entrambi 
gli 
obblighi 
-di 
controllo 
e 
di 
segnalazione 
-sono 
stati 
largamente 
disattesi, 
tantՏ 
vero 
che 
al 
Ministero 
della 
salute 
pervenivano, 
ogni 
anno, una 
decina 
di 
segnalazioni, mentre, dai 
dati 
raccolti 
per calcolare 
le 
coperture 
vaccinali, risulta 
che 
i 
non vaccinati 
fossero alcune 
decine 
di 
migliaia 
l�anno. 


E, 
parimenti, 
inosservato 
risultava 
l�obbligo 
dei 
sanitari 
competenti 
di 
segnalare 
l�inadempimento 
all�autorit� 
giudiziaria 
ai 
fini 
dell�eventuale 
adozione, 
nei 
confronti 
dei 
genitori, dei 
provvedimenti 
previsti 
dagli 
artt. 330 e 
ss. del codice civile. 


A 
tutto ci� si 
aggiunga 
che, per effetto dell�intervenuta 
depenalizzazione 
di 
cui 
alla 
legge 
24 novembre 
1981, n. 689, l�adempimento dell�obbligo vaccinale, 
originariamente 
presidiato 
-come 
detto 
-da 
sanzioni 
penali, 
era 
accompagnato 
da 
sanzioni 
amministrative 
pecuniarie 
irrisorie 
(rispettivamente, 
per 
la 
mancata 
effettuazione 
della 
vaccinazione 
anti-poliomielitica 
fino 
a 
154,94 euro, per quella 
anti-tetanica 
fino a 
51,65 euro e 
per quella 
anti-epatitica 
B da 51,65 a 258,23 euro). 


In definitiva, a 
decorrere 
dal 
1999, anche 
in ragione 
del 
raggiungimento 
di 
soddisfacenti 
coperture 
vaccinali, il 
sistema 
delle 
vaccinazioni, fino ad allora 
basato sull�obbligatoriet�, si 
� 
fondato sull�adesione 
consapevole, volontaria 
e responsabile alle pratiche vaccinali da parte dei genitori. 


Peraltro, con il 
Piano Sanitario nazionale 
(PSn) 1998-2000 fu ribadita 
l�importanza 
del 
raggiungimento di 
adeguate 
coperture 
oltrech� 
per le 
vaccinazioni 
- gi� 
allora 
- obbligatorie 
anche 
per quelle 
raccomandate, ritenute 
altrettanto 
importanti 
ed 
efficaci 
per 
la 
tutela 
della 
salute 
individuale 
e 
collettiva. 


Le 
vaccinazioni 
raccomandate 
(ad 
esempio, 
contro 
la 
pertosse, 
il 
morbillo, 
la 
parotite, la 
rosolia, le 
infezioni 
da 
Haemophilus 
influenzae 
tipo B), 
sebbene 
non imposte 
per legge, erano infatti 
ritenute 
utili 
quanto quelle 
obbligatorie 
e, come tali, inserite nel Calendario vaccinale. 


non 
a 
caso, 
in 
tutti 
i 
documenti 
programmatori, 
la 
differenziazione 
tra 
vaccinazioni 
obbligatorie 
e 
vaccinazioni 
raccomandate 
� 
stata 
mantenuta 
solo 
sul 
piano formale, in quanto non � 
mai 
stata 
fatta 
una 
distinzione 
- in termini 
di 
priorit� 
da 
perseguire 
-tra 
gli 
obiettivi 
di 
copertura 
vaccinale 
da 
raggiungere 
per le une o per le altre, tutte ritenute ugualmente importanti. 


Da 
ultimo, il 
19 gennaio 2017, la 
Conferenza 
Stato-regioni 
ha 
approvato 
il 
Piano 
nazionale 
di 
Prevenzione 
Vaccinale 
(d�ora 
in 
avanti, 
per 
brevit�, 
anche 
PnPV) 
2017-2019 
(3), 
con 
lo 
scopo 
primario 
dell��armonizzazione 
delle 
stra



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


tegie 
vaccinali 
in atto nel 
Paese, al 
fine 
di 
garantire 
alla popolazione, indipendentemente 
da luogo di 
residenza, reddito e 
livello socio-culturale, i 
pieni 
benefici 
derivanti 
dalla 
vaccinazione, 
intesa 
sia 
come 
strumento 
di 
protezione 
individuale 
che 
di 
prevenzione 
collettiva, 
attraverso 
l�equit� 
nell�accesso 
a 
vaccini 
di 
elevata qualit�, anche 
sotto il 
profilo della sicurezza, e 
disponibili 
nel 
tempo (prevenendo, il 
pi� possibile, situazioni 
di 
carenza), e 
a servizi 
di 
immunizzazione di livello eccellente�. 


In 
tale 
Piano, 
si 
evidenzia 
che 
il 
successo 
dei 
programmi 
vaccinali 
si 
fonda 
sia 
sulla 
protezione 
del 
singolo sia 
sul 
raggiungimento e 
sul 
mantenimento, 
nella 
popolazione, di 
coperture 
vaccinali 
a 
livelli 
tali 
da 
consentire 
di 
controllare 
efficacemente 
la 
circolazione 
del 
virus 
o batterio e, quindi, la 
diffusione 
delle rispettive malattie infettive sull�intero territorio nazionale. 


Inoltre, 
tenuto 
conto 
del 
fatto 
che 
la 
vaccinazione 
rappresenta, 
ancor 
prima 
che 
una 
pratica 
sanitaria, un�opportunit� 
di 
salute 
che, per evidenti 
ragioni 
di 
parit� 
di 
trattamento, deve 
essere 
garantita, senza 
distinzioni 
di 
sorta, 
a 
tutti 
(cittadini 
e 
stranieri), i 
vaccini 
-obbligatori 
e 
raccomandati 
- previsti 
dal 
nuovo Calendario del 
PnPV 
2017-2019 sono stati 
inseriti 
nel 
d.P.C.M. 12 
gennaio 2017, recante 
la 
definizione 
e 
l�aggiornamento dei 
Livelli 
essenziali 
di 
assistenza 
(c.d. nuovi 
LEA): 
il 
che, tra 
l�altro, dimostra 
la 
loro efficacia, 
sicurezza ed utilit� per il benessere del singolo e della collettivit�. 


Tuttavia, 
proprio 
il 
successo 
delle 
strategie 
vaccinali, 
che 
ha 
determinato 
l�eliminazione 
pressoch� 
totale 
di 
alcune 
malattie 
e, 
quindi, 
una 
riduzione 
della 
percezione 
della 
pericolosit� 
del 
contagio 
e 
della 
gravit� 
delle 
infezioni, 
ha 
favorito, 
negli 
ultimi 
anni, 
anche 
per 
effetto 
del 
concomitante 
diffondersi 
di 
teorie 
miranti 
ad 
enfatizzare 
la 
frequenza 
e 
la 
gravit� 
degli 
eventi 
avversi 
conseguenti 
alle 
vaccinazioni, 
il 
sorgere 
di 
movimenti 
di 
opinione 
contrari 
alle 
stesse 
e 
l�aumento 
della 
fiducia 
riposta 
in 
pratiche 
di 
medicina 
c.d. 
alternativa. 


Peraltro, 
tra 
le 
ragioni 
che 
hanno 
contribuito 
a 
creare 
un 
clima 
di 
diffidenza 
verso 
le 
vaccinazioni 
va 
annoverata 
non 
solo 
la 
scarsa 
informazione 
circa 
la 
gravit� 
delle 
conseguenze 
-talvolta 
anche 
letali 
-che 
possono 
derivare 
da 
patologie 
che 
sarebbero 
facilmente 
evitabili 
con 
il 
ricorso 
alla 
pratica 
vaccinale, 
ma 
anche 
il 
disorientamento 
creato 
dalle 
differenze 
esistenti 
tra 
le 
varie 
regioni 
e, 
addirittura, 
tra 
le 
aziende 
sanitarie 
locali 
della 
stessa 
regione 
in 
merito 
all�offerta 
vaccinale 
(tipi 
di 
vaccini 
obbligatori 
e 
raccomandati, 
et� 
di 
inizio 
del 
ciclo 
vaccinale, 
numero 
di 
dosi 
previste 
per 
il 
ciclo 
di 
base 
e 
i 
successivi 
richiami). 


Il 
risultato 
� 
stato 
che, 
recentemente, 
si 
� 
registrato 
un 
progressivo 
ed 
inesorabile 
trend 
in 
diminuzione 
nel 
ricorso 
alle 
vaccinazioni, 
sia 
obbligatorie 
che 
raccomandate, con una 
discesa 
della 
copertura 
vaccinale 
nazionale 
al 
di 


(3) Cfr. Intesa 
raggiunta, ai 
sensi 
dell�art. 8, comma 
6, della 
legge 
5 giugno 2003, n. 131, tra 
il 
Governo, le 
regioni 
e 
le 
province 
autonome 
di 
Trento e 
Bolzano - rep. atti 
n. 10/CSr, pubblicata 
sulla 
G.U. 
del 18 febbraio 2017. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


sotto 
del 
95%, 
soglia 
raccomandata 
dall�organizzazione 
Mondiale 
della 
Sanit� 
per 
raggiungere 
la 
c.d. 
immunit� 
di 
gregge, 
per 
proteggere, 
cio�, 
indirettamente 
anche coloro che, per motivi di salute, non possono vaccinarsi. 


Particolarmente 
preoccupanti 
sono 
risultati 
i 
dati 
relativi 
alle 
coperture 
vaccinali 
del 
morbillo 
e 
della 
rosolia, 
addirittura 
scesi 
di 
cinque 
punti 
percentuali 
tra 
il 
2013 
e 
il 
2015 
(per 
i 
nati 
nel 
2012), 
dal 
90,4% 
all�85,3% 
(dato 
inferiore 
a 
quello 
raggiunto 
nel 
2004 
e 
poi 
cresciuto 
fino 
al 
2012), 
valori, 
questi, 
che, 
tra 
l�altro, 
rischiano 
di 
far 
fallire 
il 
Piano 
globale 
di 
eliminazione 
del 
morbillo 
e 
della 
rosolia 
-cui 
ha 
aderito 
anche 
la 
regione 
europea 
dell�oMS 
-il 
quale 
mira 
ad 
eliminare 
dall�Europa 
sia 
il 
morbillo 
che 
la 
rosolia 
entro 
il 
2020 
(4). 


nel 
2017, si 
� 
verificata 
in Italia 
una 
vera 
e 
propria 
epidemia 
di 
morbillo, 
responsabile 
di 
quasi 
5000 casi 
e 
4 decessi 
(5). E 
il 
morbillo non � 
che 
una 
malattia 
�epifanica�, 
la 
quale, 
manifestandosi 
prima 
delle 
altre, 
funge 
da 
campanello 
d�allarme, non ignorabile. 


In 
definitiva, 
la 
significativa 
diminuzione 
delle 
coperture 
vaccinali 
che 
ha 
riguardato 
tutte 
le 
malattie, 
comprese 
quelle 
per 
le 
quali 
l�Italia 
aveva 
gi� 
raggiunto 
ottimi 
risultati 
con 
l�utilizzo 
della 
vaccinazione 
esavalente 
(epatite 
B, 
difterite, 
poliomielite, 
Haemophilus 
influenzae 
di 
tipo 
B, 
pertosse, 
tetano), 
i 
rischi 
connessi 
all�imminente 
riapertura 
delle 
scuole, 
la 
esigenza 
di 
adeguare 
l�organizzazione 
dei 
servizi 
delle 
aziende 
sanitarie 
locali 
alla 
nuova 
strategia 
vaccinale, 
il 
tempo 
indispensabile 
a 
garantire 
l�efficacia 
delle 
campagne 
di 
comunicazione, 
la 
necessit� 
e 
l�urgenza 
-pi� 
volte 
insistentemente 
rappresentata 
dall�oMS 
e 
dalla 
comunit� 
scientifica 
nazionale 
e 
internazionale 
-di 
un 
tempestivo 
intervento 
di 
recupero 
e 
contenimento 
del 
rischio 
epidemico, 
soprattutto 
per 
proteggere 
coloro 
che 
non 
rispondono 
efficacemente 
alle 
vaccinazioni, 
nonch� 
i 
soggetti 
che, 
a 
causa 
di 
particolari 
condizioni 
patologiche, 
non 
possono 
essere 
vaccinati, 
hanno 
suggerito 
l�adozione, 
con 
effetto 
immediato, 
di 
misure 
che 
valessero 
ad 
estendere 
e 
a 
rendere 
effettivo 
l�obbligo 
di 
vaccinazione. 


2. il disposto del decreto-legge n. 73 del 2017. 
Si 
illustra, di 
seguito, sinteticamente, per i 
fini 
di 
cui 
al 
presente 
scritto, 
il 
disposto del 
decreto-legge 
7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni 
dall�articolo 1 della legge 31 luglio 2017, n. 119. 


Al 
riguardo, non si 
pu� prescindere 
dall�evidenziare 
che, per effetto del 
procedimento 
di 
conversione, 
il 
decreto-legge 
� 
stato 
integrato 
da 
disposizioni 
che, pur senza 
stravolgerne 
l�impianto di 
base 
e 
la 
ratio 
ispiratrice, hanno, in 
vario modo, modulato la 
disciplina 
originaria, agevolando, per quanto possibile, 
le 
famiglie, 
nell�adempimento 
degli 
obblighi 
vaccinali 
(6), 
e 
le 
istituzioni, 


(4) Cfr. dati sulle coperture vaccinali riportati sul sito internet dell�oMS. 
(5) Bollettino pubblicato sul sito internet dell�Istituto superiore di sanit�. 
(6) Ad esempio, per facilitare 
l�adempimento dei 
nuovi 
obblighi 
vaccinali, inserendo il 
comma 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


nei 
controlli 
loro spettanti 
(7), e 
riducendo il 
numero delle 
vaccinazioni 
obbligatorie 
(da 
12 a 
10), nonch� 
introducendo, per alcune, un regime 
di 
obbligatoriet� 
suscettibile 
di 
cessazione, 
in 
relazione 
all�andamento 
dei 
dati 
epidemiologici 
e 
del 
grado 
di 
copertura 
vaccinale 
(art. 
1, 
commi 
1-bis 
e 
1-ter), 
e, per altre, un regime di non-obbligatoriet� (art. 1, comma 1-quater). 


2.1. L�ambito di applcazione dell�obbligo vaccinale. 
Per 
effetto 
delle 
modifiche 
intervenute 
durante 
l�iter 
di 
conversione, 
il 
numero 
delle 
vaccinazioni 
obbligatorie, 
individuate 
dall�art. 
1, 
comma 
1 
� 
pari 
a sei: 


a) 
anti-poliomielitica; 


b) 
anti-difterica; 


c) 
anti-tetanica; 


d) 
anti-epatite B; 


e) 
anti-pertosse; 


f) 
anti-Haemophilus influenzae 
tipo b. 


Ai 
sensi 
del 
comma 
1-bis 
del 
medesimo art. 1, �sono altres� 
obbligatorie 
e 
gratuite, in base 
alle 
specifiche 
indicazioni 
del 
Calendario vaccinale 
nazionale 
relativo a ciascuna coorte 
di 
nascita, le 
vaccinazioni 
di 
seguito indicate: 

a) 
anti-morbillo; 

b) 
anti-rosolia; 

c) 
anti-parotite; 

d) 
anti-varicella� 
(8). 


1-bis, � 
stata 
attribuita 
alle 
regioni 
e 
alle 
province 
autonome 
la 
possibilit� 
di 
prevedere 
la 
prenotazione 
gratuita 
delle 
vaccinazioni 
di 
cui 
all�art. 
1 
presso 
le 
farmacie 
convenzionate 
aperte 
al 
pubblico 
attraverso 
il 
Centro Unificato di 
Prenotazione 
(Sistema 
CUP), di 
cui 
al 
decreto legislativo 3 ottobre 
2009, n. 153. 


(7) Cfr. il disposto dell�articolo 3-bis 
del d.l n. 73 del 2017. 
(8) Pertanto: 
� 
i 
nati 
dal 
2001 al 
2004 
hanno l�obbligo di 
effettuare, ove 
non lo abbiano gi� 
fatto, le 
quattro vaccinazioni 
gi� 
imposte 
per 
legge 
(anti-epatite 
B; 
anti-tetano; 
anti-poliomielite; 
anti-difterite) 
e 
l�anti-morbillo, l�anti-parotite, l�anti-rosolia, l�anti-pertosse 
e 
l�anti-Haemophilus 
influenzae 
tipo 
b, 
che 
sono 
vaccinazioni 
raccomandate 
dal 
Calendario 
vaccinale 
di 
cui 
al 
D.M. 
7 
aprile 
1999, 
�nuovo 
calendario 
delle 
vaccinazioni 
obbligatorie 
e 
raccomandate 
per 
l�et� 
evolutiva� 
e 
dal 
Piano 
nazionale 
Vaccini 
1999-2000 (Accordo Stato-regioni 
del 
18 giugno 1999 - G.U. Serie 
Generale 
n. 176 del 29 luglio 1999 - suppl. n. 144); 
� 
per 
i 
nati 
dal 
2005 al 
2011, � 
obbligatorio attenersi 
al 
Calendario vaccinale 
incluso nel 
Piano nazionale 
Vaccini 
2005-2007 (Accordo Stato-regioni 
del 
3 marzo 2005 - G.U. Serie 
Generale 
n. 86 
del 
14 
aprile 
2005, 
suppl. 
n. 
63), 
che 
prevede, 
oltre 
alle 
quattro 
vaccinazioni 
gi� 
imposte 
per 
legge, 
anche 
l�anti-morbillo, 
l�anti-parotite, 
l�anti-rosolia, 
l�anti-pertosse 
e 
l�anti-Haemophilus 
influenzae 
tipo b; 
� 
i 
nati 
dal 
2012 al 
2016 devono attenersi 
al 
Calendario vaccinale 
incluso nel 
Piano nazionale 
Prevenzione 
Vaccinale 
2012-2014 (Intesa 
Stato-regioni 
del 
22 febbraio 2012 - G.U. Serie 
Generale 
n. 60 del 
12 marzo 2012, suppl. n. 47), e, quindi, effettuare 
oltre 
alle 
quattro vaccinazioni 
gi� 
imposte 
per 
legge, 
anche 
l�anti-morbillo, 
l�anti-parotite, 
l�anti-rosolia, 
l�anti-pertosse, 
l�anti-Haemophilus 
influenzae 
tipo b; 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Peraltro, 
come 
anticipato, 
il 
comma 
1-ter 
dell�articolo 
1 
prevede 
che: 
�Sulla 
base 
della 
verifica 
dei 
dati 
epidemiologici, 
delle 
eventuali 
reazioni 
avverse 
segnalate 
in attuazione 
delle 
vigenti 
disposizioni 
di 
legge 
e 
delle 
coperture 
vaccinali 
raggiunte 
nonch� 
degli 
eventuali 
eventi 
avversi 
segnalati 
in 
attuazione 
delle 
vigenti 
disposizioni 
di 
legge, 
effettuata 
dalla 
Commissione 
per 
il 
monitoraggio dell�attuazione 
del 
decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
di 
definizione 
e 
aggiornamento dei 
livelli 
essenziali 
di 
assistenza, 
istituita 
con 
decreto 
del 
ministro 
della 
salute 
19 
gennaio 
2017, 
il 
ministro 
della salute, con decreto da adottare 
decorsi 
tre 
anni 
dalla data di 
entrata in 
vigore 
della legge 
di 
conversione 
del 
presente 
decreto e 
successivamente 
con 
cadenza triennale, sentiti 
il 
Consiglio superiore 
di 
sanit�, l�agenzia italiana 
del 
farmaco (aiFa), l�istituto superiore 
di 
sanit� e 
la Conferenza permanente 
per 
i 
rapporti 
tra 
lo 
Stato, 
le 
regioni 
e 
le 
province 
autonome 
di 
Trento 
e 
di 
Bolzano e 
previo parere 
delle 
competenti 
Commissioni 
parlamentari, pu� disporre 
la 
cessazione 
dell'obbligatoriet� 
per 
una 
o 
pi� 
delle 
vaccinazioni 
di 
cui 
al 
comma 
1-bis. 
in 
caso 
di 
mancata 
presentazione 
alle 
Camere 
degli 
schemi 
di 
decreto, 
il 
ministro 
della 
salute 
trasmette 
alle 
Camere 
una 
relazione 
recante 
le 
motivazioni 
della mancata presentazione 
nonch� 
i 
dati 
epidemiologici 
e quelli sulle coperture vaccinali�. 


Per quanto concerne 
l�ambito soggettivo dell�obbligo vaccinale, va 
precisato 
che 
esso riguarda 
i 
soli 
minori 
di 
et� 
compresa 
tra 
zero e 
sedici 
anni; 
inoltre, 
con 
l�esplicita 
inclusione 
dei 
minori 
stranieri 
non 
accompagnati 
di 
tale 
et�, � 
stato declinato il 
disposto dell�art. 34 del 
decreto legislativo 25 luglio 
1998, n. 286, come 
modificato dall�art. 14 della 
legge 
17 aprile 
2017, n. 47, 
ai 
sensi 
del 
quale, 
i 
minori 
stranieri 
non 
accompagnati 
sono 
obbligatoriamente 
iscritti 
al 
Servizio 
sanitario 
nazionale 
ed 
� 
loro 
assicurata 
parit� 
di 
trattamento 
e 
piena 
uguaglianza 
di 
diritti 
e 
doveri 
rispetto ai 
cittadini 
italiani 
per quanto 
attiene 
all�assistenza 
erogata 
in Italia 
dal 
Servizio sanitario nazionale, anche 
nelle 
more 
del 
rilascio 
del 
permesso 
di 
soggiorno, 
a 
seguito 
delle 
segnalazioni 
dopo il loro ritrovamento sul territorio nazionale. 


L�art. 
1-quater 
ha 
conferito 
dignit� 
legislativa 
alle 
raccomandazioni 
contenute 
nel 
PnPV 
2017-2019 
per 
le 
vaccinazioni 
anti-meningococcica 
B, 
anti-meningococcica 
C, 
anti-pneumococcica 
e 
anti-rotavirus, 
disponendo 
che 
le 
regioni 
ne 
assicurino 
l�offerta 
attiva 
e 
gratuita, 
in 
base 
alle 
specifiche 
indicazioni 
del 
Calendario 
vaccinale 
nazionale 
relativo 
a 
ciascuna 
coorte 
di 
nascita 
(9). 


� 
i 
nati 
dal 
2017, dal 
momento che 
il 
19 gennaio 2017 � 
stato approvato, con Intesa 
in Conferenza 
Stato-regioni 
il 
nuovo Piano nazionale 
Prevenzione 
Vaccinale 
2017-2019 (G.U. Serie 
Generale 
n. 41 del 
18 febbraio 2017), dovranno rispettare 
il 
Calendario vaccinale 
in esso incluso; 
quindi, 
oltre 
alle 
quattro vaccinazioni 
gi� 
imposte 
per legge, ai 
fini 
del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, bisogner� 
effettuare 
l�anti-morbillo, 
l�anti-parotite, 
l�anti-rosolia, 
l�anti-pertosse, 
l�anti-Haemophilus 
influenzae 
tipo b, l�anti-meningococcica C, l�anti-meningococcica B e l�anti-varicella. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


nell�ipotesi 
di 
avvenuta 
immunizzazione 
a 
seguito di 
malattia 
naturale, 
comprovata 
dalla 
notifica, 
che, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
1 
del 
decreto 
ministeriale 
15 dicembre 
1990, i 
medici 
sono tenuti 
a 
fare 
alle 
aziende 
sanitarie 
locali, ovvero 
dagli 
esiti 
dell�analisi 
sierologica, il 
minore 
� 
esonerato dall�obbligo di 
vaccinazione 
(articolo 2). Al 
riguardo, in sede 
di 
conversione, � 
stato chiarito 
che 
il 
soggetto immunizzato adempie 
all�obbligo vaccinale 
�di 
norma e 
comunque 
nei 
limiti 
delle 
disponibilit� 
del 
Servizio 
sanitario 
nazionale, 
con 
vaccini 
in 
formulazione 
monocomponente 
o 
combinata 
in 
cui 
sia 
assente 
l�antigene 
per 
la 
malattia 
infettiva 
per 
la 
quale 
sussiste 
immunizzazione� 
(sul 
punto, cfr. amplius infra). 


A 
tal 
fine, si 
� 
specificato che 
�le 
procedure 
accentrate 
di 
acquisto di 
cui 
all�articolo 9, comma 3, del 
decreto-legge 
24 aprile 
2014, n. 66, convertito, 
con modificazioni, dalla legge 
23 giugno 2014, n. 89, e 
all�articolo 1, comma 
548, della legge 
28 dicembre 
2015, n. 208, con riferimento all�acquisto dei 
vaccini 
obbligatori, riguardano anche 
i 
vaccini 
in formulazione 
monocomponente� 
e 
che 
�annualmente 
l�aiFa 
pubblica 
nel 
proprio 
sito 
internet 
i 
dati 
relativi 
alla 
disponibilit� 
dei 
vaccini 
in 
formulazione 
monocomponente 
e 
parzialmente combinati� 
(comma 2-ter). 

Al 
di 
fuori 
delle 
ipotesi 
di 
esonero, le 
vaccinazioni 
obbligatorie 
possono 
essere 
omesse 
o differite 
solo in caso di 
accertato pericolo per la 
salute, in relazione 
a 
specifiche 
condizioni 
cliniche 
documentate, attestate 
dal 
medico di 
medicina 
generale 
o dal 
pediatra 
di 
libera 
scelta, nel 
rispetto delle 
indicazioni 
fornite 
dal 
Ministero 
della 
salute 
e 
dall�Istituto 
Superiore 
di 
Sanit� 
nella 
Guida 
alle controindicazioni alle vaccinazioni. 


Ci� 
premesso 
quanto 
all�obbligo, 
va 
rappresentato 
che, 
valorizzando 
l�importanza 
di 
una 
stretta 
collaborazione 
tra 
tutte 
le 
componenti 
dell�amministrazione 
statale 
e 
territoriale 
per il 
raggiungimento dell�obiettivo comune 
della 
tutela 
della 
salute, 
individuale 
e 
collettiva, 
il 
decreto-legge 
-nel 
testo 
risultante 
dalla 
legge 
di 
conversione 
- disegna 
un apparato di 
strumenti 
�rimediali� 
per 
l�ipotesi in cui si accerti l�inadempimento. 


In particolare, nel 
caso in cui 
l�Azienda 
sanitaria 
locale 
territorialmente 
competente 
verifichi, 
anche 
attraverso 
un 
controllo 
dell�anagrafe 
vaccinale, 
che 
un 
minore 
non 
sia 
stato 
sottoposto 
alle 
vaccinazioni 
secondo 
il 
Calendario 
relativo 
alla 
propria 
coorte 
di 
nascita, 
provvede 
a 
contattare 
i 
genitori 
esercenti 
la 
responsabilit� 
genitoriale 
e 
i 
tutori 
o 
affidatari, 
rivolgendo 
loro 
un 
invito 


(9) Con una 
apposita 
circolare 
del 
14 agosto 2017, � 
stata 
data 
attuazione 
alla 
previsione 
per cui, 
entro 
dieci 
giorni 
dalla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
di 
conversione, 
il 
Ministero 
della 
salute, 
sentito 
l�Istituto 
superiore 
di 
sanit�, 
avrebbe 
dovuto 
fornire 
indicazioni 
operative 
per 
l�attuazione 
del 
comma 
l-quater, �anche 
sulla base 
della verifica dei 
dati 
epidemiologici 
e 
delle 
coperture 
vaccinali 
raggiunte, 
effettuata 
dalla 
Commissione 
per 
il 
monitoraggio 
dell�attuazione 
del 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
di 
definizione 
e 
aggiornamento dei 
livelli 
essenziali 
di 
assistenza, istituita con decreto del 
ministro della salute 19 gennaio 2017� 
(art. 1, comma 1-quinquies). 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


scritto 
alla 
vaccinazione, 
eventualmente 
corredato 
di 
materiale 
informativo. 
nel 
caso in cui 
non rispondano all�invito, i 
genitori 
e 
i 
tutori 
vengono nuovamente 
convocati, con raccomandata 
con ricevuta 
di 
ritorno, per un colloquio, 
al 
fine 
di 
comprendere 
le 
motivazioni 
della 
mancata 
vaccinazione 
e 
di 
fornire 
-eventualmente 
anche 
con 
il 
coinvolgimento 
del 
pediatra 
di 
libera 
scelta 
-una 
corretta 
informazione 
sull�obiettivo individuale 
e 
collettivo della 
pratica 
vaccinale 
e 
i 
rischi 
derivanti 
dalla 
mancata 
prevenzione. nell�ipotesi 
in cui 
i 
genitori 
esercenti 
la 
responsabilit� 
genitoriale 
e 
i 
tutori 
non 
si 
presentino 
al 
colloquio ovvero, all�esito dell�interlocuzione, non facciano somministrare 
il 
vaccino 
al 
figlio 
minore, 
gli 
organi 
competenti 
in 
base 
alla 
normativa 
regionale 
contestano 
loro 
formalmente 
l�inadempimento 
dell�obbligo 
vaccinale, 
con 
l�avvertimento che, ove 
non provvedano a 
far somministrare 
al 
minore 
il 
vaccino 
o 
la 
prima 
dose 
del 
ciclo 
vaccinale, 
entro 
il 
termine 
fissato, 
sar� 
loro 
comminata 
la 
sanzione 
amministrativa 
pecuniaria. 
Viceversa, 
non 
incorrono 
in 
sanzioni 
i 
genitori/tutori/affidatari, che, a 
seguito di 
contestazione 
della 
violazione 
dell�obbligo 
vaccinale, 
nel 
termine 
indicato, 
provvedano 
a 
far 
somministrare 
al 
minore 
il 
vaccino 
o 
la 
prima 
dose 
del 
ciclo 
vaccinale, 
a 
condizione 
che 
il 
completamento 
del 
ciclo 
previsto 
per 
ciascuna 
vaccinazione 
obbligatoria 
avvenga 
nel 
rispetto 
delle 
tempistiche 
stabilite 
dalla 
schedula 
vaccinale 
in relazione all�et� (10). 

Ai 
genitori/tutori/affidatari, 
a 
seguito 
di 
accertamento 
della 
violazione 
dell�obbligo 
di 
vaccinazione, 
a 
prescindere 
dal 
numero 
di 
vaccinazioni 
omesse, 
� 
applicata 
una 
sola 
sanzione, 
ai 
fini 
della 
determinazione 
della 
quale 
si 
terr� 
conto 
del 
numero 
degli 
obblighi 
vaccinali 
non 
adempiuti 
(11). 
Peraltro, 
nell�ipotesi 
in cui, dopo l�irrogazione 
della 
sanzione, i 
genitori 
o i 
tutori 
incorrano 
in 
una 
nuova 
e 
successiva 
violazione 
dell�obbligo 
vaccinale 
(ad 
esempio, 
omettano 
di 
sottoporre 
il 
minore 
ad 
un 
richiamo 
vaccinale), 
agli 
stessi 
sar� comminata una nuova sanzione. 


L�entit� 
della 
sanzione, 
originariamente 
individuata 
nell�ambito 
di 
una 
forbice 
piuttosto 
ampia 
-da 
euro 
cinquecento 
a 
euro 
settemilacinquecento, 
consistente, 
quindi, 
in 
una 
somma 
da 
dieci 
a 
trenta 
volte 
superiore 
rispetto 
a 
quella 


(10) nell�ipotesi 
in cui 
al 
minore 
non siano stati 
somministrati 
pi� vaccini, l�Azienda 
sanitaria 
locale 
dovr� 
applicare 
il 
protocollo vaccinale 
pi� opportuno, sulla 
base 
delle 
evidenze 
scientifiche 
disponibili. 
La 
Direzione 
generale 
della 
prevenzione 
sanitaria, in collaborazione 
con il 
Gruppo tecnico 
consultivo nazionale 
sulle 
vaccinazioni, istituito il 
25 settembre 
2017, ha 
predisposto, su richiesta 
dalle 
regioni, la 
circolare 
15 gennaio 2018, allo scopo di 
fornire 
agli 
operatori 
impegnati 
nell�applicazione 
del 
decreto-legge 
7 giugno 2017, n. 73 uno schema 
di 
riferimento per il 
recupero dei 
soggetti 
inadempienti. 
(11) Ed invero, ai 
sensi 
dell�articolo 8 della 
legge 
24 novembre 
1981, n. 689, chi 
commette 
pi� 
violazioni 
della 
medesima 
disposizione 
soggiace 
a 
una 
sanzione 
maggiorata 
(e 
non all�applicazione 
di 
un numero di 
sanzioni 
pari 
alle 
violazioni 
commesse). In generale, per l�accertamento, la 
contestazione 
e 
l�irrogazione 
della 
sanzione 
amministrativa 
si 
applicano, in quanto compatibili, le 
disposizioni 
contenute 
nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


irrogabile 
in 
precedenza 
per 
la 
violazione 
dell�obbligo 
della 
vaccinazione 
antiepatite 
B 
(vaccinazione 
obbligatoria 
di 
pi� 
recente 
introduzione) 
-, 
� 
stata 
notevolmente 
ridotta 
dalla 
legge 
di 
conversione, 
atteso 
che, 
in 
caso 
di 
mancata 
effettuazione 
delle 
vaccinazioni 
di 
cui 
ai 
commi 
l 
e 
l-bis, 
vengono 
comminate 
sanzioni 
amministrative 
pecuniarie 
da 
euro 
cento 
a 
euro 
cinquecento. 


In sede 
di 
conversione, � 
stato, inoltre, soppresso il 
comma 
5 dell�art. 1, 
che 
prevedeva, 
in 
capo 
all�Azienda 
sanitaria 
territorialmente 
competente, 
il 
dovere 
di 
segnalare 
l�inadempimento 
dell�obbligo 
vaccinale 
alla 
Procura 
presso 
il 
Tribunale 
per 
i 
Minorenni, 
per 
l�eventuale 
adozione 
dei 
provvedimenti 
di 
competenza. In proposito, si 
precisa 
che 
la 
previsione 
in questione 
non innovava, ma 
si 
limitava 
a 
richiamare 
i 
presupposti 
che, ai 
sensi 
delle 
vigenti 
disposizioni 
del 
codice 
civile, giustificano l�apertura 
del 
procedimento 
di 
cui 
all�articolo 336 del 
codice 
civile 
e 
l�applicazione 
dei 
provvedimenti 
di 
cui 
agli 
articoli 
330 e 
seguenti 
c.c. (sul 
punto, cfr. infra); 
di 
conseguenza, richiamava 
l�attenzione 
sulla 
circostanza 
che 
la 
violazione 
di 
uno 
o 
pi� 
obblighi 
vaccinali 
avrebbe 
potuto essere 
oggetto di 
valutazione 
da 
parte 
della 
Procura 
e 
del 
Tribunale 
per i 
Minorenni 
congiuntamente 
ad altri 
rilevanti 
elementi 
di 
fatto e di diritto (12). 


Con 
il 
comma 
6-ter, 
sempre 
al 
fine 
di 
garantire 
il 
raggiungimento 
e 
il 
mantenimento di 
adeguati 
obiettivi 
di 
copertura 
vaccinale, alla 
Commissione 
per 
il 
monitoraggio 
dell�attuazione 
del 
decreto 
del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
di 
definizione 
e 
aggiornamento dei 
livelli 
essenziali 
di 
assistenza, 
istituita 
con 
decreto 
del 
Ministro 
della 
salute 
19 
gennaio 
2017, 
� 
stato 
attribuito 
il 
compito di 
verificare 
il 
rispetto degli 
obiettivi 
del 
Calendario vaccinale 
nazionale 
e 
l�avvio delle 
misure 
di 
competenza 
atte 
a 
garantire 
la 
piena 
e 
uniforme 
erogazione 
dei 
livelli 
essenziali 
di 
assistenza 
previsti 
per 
i 
casi 
di 
mancata, ritardata o non corretta applicazione (13). 


(12) In proposito, si 
rappresenta 
che 
l�applicazione 
dei 
provvedimenti 
di 
cui 
agli 
articoli 
330 e 
seguenti 
del 
codice 
civile 
non pu� ritenersi 
preclusa 
in ragione 
dell�espressa 
previsione 
di 
una 
sanzione 
amministrativa 
per 
il 
caso 
di 
violazione 
dell�obbligo 
in 
esame 
(Corte 
Cost., 
sentenza 
16-27 
marzo 
1992, 
n. 132). Ed invero, in considerazione 
della 
tutela 
della 
salute 
del 
minore 
e 
del 
suo diritto all�istruzione 
-che 
debbono 
essere 
oggetto 
di 
primaria 
considerazione 
e 
che 
sono 
pregiudicate 
anch�esse 
dalla 
mancata 
osservanza 
dell�obbligo di 
vaccinazione 
- l�ordinamento prevede 
che 
il 
giudice 
minorile 
possa 
adottare 
-su ricorso dell�altro genitore, dei 
parenti 
e 
del 
pubblico ministero, ovvero anche 
d�ufficio - i 
provvedimenti 
idonei 
per sottoporre 
il 
bambino alla 
vaccinazione 
e 
l�operatore 
sanitario competente 
deve, per 
parte 
sua, 
segnalare 
o 
denunziare 
l�omissione 
o 
il 
rifiuto 
dei 
genitori 
(Corte 
Cost., 
sentenza 
17-24 
gennaio 
1991, n. 26). 
(13) Si 
rappresenta 
che 
l�articolo 1, comma 
6, fa 
salva, in caso di 
emergenze 
sanitarie 
o di 
igiene 
pubblica, l�adozione 
di 
provvedimenti 
contingibili 
e 
urgenti 
ai 
sensi 
dell�articolo 117 del 
decreto legislativo 
31 marzo 1998, n. 112, da 
parte 
del 
sindaco, quale 
rappresentante 
della 
comunit� 
locale, o dello 
Stato e 
delle 
regioni 
in ragione 
della 
dimensione 
dell�emergenza. In sede 
di 
conversione 
in legge, si 
� 
richiamato espressamente 
il 
potere 
sostitutivo esercitabile 
dal 
Governo, ai 
sensi 
dell�art. 120, secondo 
comma, della 
Costituzione 
e 
secondo le 
procedure 
di 
cui 
all�art. 8 della 
legge 
5 giugno 2003, n. 131, in 
presenza di specifiche condizioni di rischio elevato per la salute pubblica. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Inoltre, 
ai 
sensi 
dell�art. 
4-ter, 
per 
assicurare 
il 
raggiungimento 
degli 
obiettivi 
di 
prevenzione 
e 
gestione 
delle 
emergenze 
sanitarie 
relative 
alle 
malattie 
infettive, sono stati 
integrati 
gli 
obiettivi 
e 
la 
composizione 
dell�Unit� 
di 
crisi 
permanente, 
istituita 
presso 
il 
Ministero 
della 
salute 
con 
d.m. 
27 
marzo 
2015, al 
fine 
di 
renderli 
pi� funzionali 
alle 
esigenze 
di 
coordinamento tra 
tutti 
i 
soggetti 
istituzionali 
competenti 
in materia 
di 
prevenzione 
delle 
malattie 
infettive 
nonch� 
di 
regia 
rispetto alle 
azioni 
da 
adottare 
in condizioni 
di 
rischio 


o allarme (14). 
Infine, 
in 
termini 
generali, 
al 
fine 
di 
monitorare 
l�attuazione 
dei 
programmi 
vaccinali 
sul 
territorio nazionale, calcolare 
le 
coperture 
vaccinali 
per 
tutte 
le 
vaccinazioni 
in soggetti 
di 
qualunque 
et� 
e 
supportare 
le 
analisi 
per il 
monitoraggio 
degli 
eventi 
avversi 
e 
gli 
studi 
di 
efficacia 
vaccinale, 
� 
stato 
stabilito 
che, con decreto del 
Ministro della 
salute, d�intesa 
con la 
Conferenza 
Stato-regioni, sar� 
istituita, presso il 
Ministero della 
salute 
- anche 
attraverso 
il 
riuso di 
sistemi 
informatici 
o di 
parti 
di 
essi 
gi� 
realizzati 
da 
altre 
amministrazioni 
sanitarie 
-l�Anagrafe 
nazionale 
vaccini, 
nella 
quale 
saranno 
registrati 
sia 
i 
soggetti 
vaccinati 
sia 
i 
soggetti 
da 
sottoporre 
a 
vaccinazione 
e 
le 
dosi, i 
tempi 
di 
somministrazione 
delle 
vaccinazioni 
effettuate 
e 
gli 
eventuali 
eventi 
avversi. 
nell�Anagrafe 
nazionale 
vaccini 
confluiranno 
i 
dati 
delle 
Anagrafi 
regionali 
esistenti, 
i 
dati 
relativi 
alle 
notifiche 
dei 
casi 
di 
malattia 
effettuate 
dal 
medico 
curante, 
nonch� 
i 
dati 
concernenti 
gli 
eventuali 
eventi 
avversi 
delle 
vaccinazioni 
che 
gi� 
sono immessi 
nella 
rete 
nazionale 
di 
farmacovigilanza 
di cui al decreto del Ministro della salute 30 aprile 2015. 


2.2. adempimenti 
vaccinali 
e 
accesso ai 
servizi 
educativi 
per 
l�infanzia, alle 
istituzioni 
del 
sistema nazionale 
di 
istruzione, ai 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale e alle scuole private non paritarie 
Al 
fine 
di 
rendere 
effettivo l�obbligo vaccinale, garantendo il 
diritto dei 
soggetti 
�fragili� 
a 
frequentare 
in condizioni 
di 
sicurezza 
la 
comunit� 
educativa/
scolastica, ai 
sensi 
dell�articolo 3 del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, i 
dirigenti 
scolastici 
delle 
istituzioni 
del 
sistema 
nazionale 
di 
istruzione 
e 
i 
responsabili 
dei 
servizi 
educativi 
per l�infanzia, dei 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
delle 
scuole 
private 
non 
paritarie 
sono 
tenuti 
ad 
accertare 
la situazione vaccinale degli iscritti. 


Tale 
accertamento, 
nell�ipotesi 
in 
cui 
le 
regioni 
e 
province 
autonome 
siano in possesso di 
un�anagrafe 
vaccinale 
regionale, avviene 
con le 
modalit� 
definite 
da 
un�apposita 
nota 
tecnica 
congiuntamente 
adottata 
dal 
Ministero 
della 
salute 
e 
dal 
Ministero 
dell�istruzione, 
dell�universit� 
e 
della 
ricerca, 
sen


(14) Il 
d.m. 11 ottobre 
2017, prima, e 
il 
d.m. 12 febbraio 2018 hanno provveduto ad integrare 
la 
composizione 
dell�Unit� 
di 
crisi, 
con 
rappresentanti 
della 
Direzione 
generale 
della 
prevenzione 
sanitaria 
del Ministero della salute e dell�Agenzia Italiana del farmaco. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


tito il 
Garante 
per la 
protezione 
dei 
dati 
personali, ai 
sensi 
dell�18-ter 
del 
de-
creto-legge 
16 
ottobre 
2017, 
n. 
148, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
4 
dicembre 
2017, 
n. 
172, 
il 
quale 
dispone 
che 
l�importante 
semplificazione 
amministrativa 
prevista 
dall�articolo 3-bis 
del 
decreto-legge 
7 giugno 2017, 


n. 
73, 
limitatamente 
ai 
commi 
da 
1 
a 
4, 
sia 
applicabile 
gi� 
a 
decorrere 
dall�anno 
scolastico-calendario annuale 2017/2018. 
Pertanto, 
sinteticamente, 
la 
trasmissione 
dell�elenco 
degli 
iscritti 
alle 
Aziende 
sanitarie 
locali 
da 
parte 
dei 
dirigenti 
scolastici 
e 
dei 
responsabili 
� 
seguito dalla 
restituzione 
del 
medesimo elenco, completato, ove 
necessario, 
con le 
diciture 
�non in regola con gli 
obblighi 
vaccinali�, �non ricade 
nelle 
condizioni 
di 
esonero, 
omissione 
o 
differimento�, 
�non 
ha 
presentato 
formale 
richiesta 
di 
vaccinazione�. 
Successivamente, 
con 
una 
sorta 
di 
�soccorso 
istruttorio�, 
i 
genitori 
dei 
soli 
minori 
che 
risultino 
non 
in 
regola 
con 
gli 
adempimenti 
vaccinali 
sono invitati 
a 
depositare 
la 
documentazione 
comprovante 
l�effettuazione 
delle 
vaccinazioni 
ovvero 
l�esonero, 
l�omissione 
o 
il 
differimento 
delle 
stesse 
o la 
presentazione 
della 
formale 
richiesta 
di 
vaccinazione 
all�Azienda sanitaria locale (15). 

Per i 
servizi 
educativi 
per l�infanzia 
e 
le 
scuole 
dell�infanzia, ivi 
incluse 
quelle 
private 
non paritarie, i 
minori 
non in regola 
con gli 
adempimenti 
vaccinali, 
i 
cui 
genitori/tutori/affidatari 
non presentino documentazione 
idonea 
a 
dimostrare 
la 
regolarit� 
della 
loro 
posizione, 
saranno 
esclusi 
dal 
servizio 
e 
potranno 
essere 
riammessi 
solo a 
decorrere 
dalla 
data 
di 
presentazione 
della 
documentazione 
medesima. 

Per 
gli 
altri 
gradi 
di 
istruzione 
e 
per 
i 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale, 
la 
mancata 
presentazione 
della 
documentazione 
nei 
termini 
previsti 
non 
determiner� 
il 
divieto 
di 
accesso 
n� 
impedir� 
la 
partecipazione 
agli 
esami 
(16). 


Viceversa, 
nell�ipotesi 
in 
cui 
le 
regioni 
non 
siano 
dotate 
di 
un�anagrafe 


(15) Pi� specificamente, a 
decorrere 
dall�anno scolastico-calendario annuale 
2018/2019, le 
Asl 
provvederanno a 
restituire, entro il 
10 giugno di 
ciascun anno, il 
predetto elenco, completandolo con 
l�indicazione 
dei 
soggetti 
che 
risultano non in regola 
con gli 
obblighi 
vaccinali, che 
non ricadono nelle 
condizioni 
di 
esonero, omissione 
o differimento delle 
stesse 
e 
che 
non abbiano presentato formale 
richiesta 
di 
vaccinazione. ricevuto l�elenco, entro dieci 
giorni, i 
dirigenti 
scolastici 
e 
i 
responsabili 
dei 
servizi 
educativi 
per l�infanzia, dei 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
delle 
scuole 
private 
non 
paritarie, 
inviteranno 
i 
genitori 
o 
i 
tutori 
ovvero 
gli 
affidatari 
dei 
minori 
indicati 
nei 
suddetti 
elenchi 
a presentare, entro il 10 luglio, la documentazione. 
Entro il 
20 luglio, i 
dirigenti 
scolastici 
e 
i 
responsabili 
dei 
servizi 
educativi 
per l�infanzia, dei 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
delle 
scuole 
private 
non 
paritarie 
trasmetteranno 
la 
documentazione 
pervenuta 
ovvero ne 
comunicheranno l�eventuale 
mancato deposito alla 
azienda 
sanitaria 
locale 
territorialmente 
competente, 
che, 
qualora 
la 
medesima 
o 
altra 
azienda 
sanitaria 
non 
si 
sia 
gi� 
attivata 
in 
ordine 
alla 
violazione 
del 
medesimo obbligo vaccinale, provveder� 
agli 
adempimenti 
di 
competenza 
e, 
ricorrendone 
i 
presupposti, alla 
contestazione 
dell�inadempimento e 
all�applicazione 
delle 
sanzioni, ai 
sensi dell�articolo 1, comma 4, del decreto-legge n. 73 del 2017. 
(16) 
Cfr. 
amplius 
la 
circolare 
congiuntamente 
adottata 
il 
27 
febbraio 
2018 
dalla 
Direzione 
generale 
della 
prevenzione 
sanitaria 
del 
Ministero 
della 
salute 
e 
dal 
Dipartimento 
per 
il 
sistema 
educativo 
di 
istruzione 
e di formazione del Ministero dell�istruzione, dell�universit� e della ricerca. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


vaccinale, 
per 
l�anno 
scolastico 
2018/2019, 
i 
dirigenti 
scolastici 
delle 
istituzioni 
del 
sistema 
nazionale 
di 
istruzione 
e 
i 
responsabili 
dei 
servizi 
educativi 
per 
l�infanzia, 
dei 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
delle 
scuole 
private 
non 
paritarie 
sono 
tenuti 
a 
richiedere, 
all�atto 
dell�iscrizione, 
ai 
genitori 
esercenti 
la 
responsabilit� 
genitoriale, 
ai 
tutori 
ovvero 
agli 
affidatari 
la 
presentazione 
di 
idonea 
documentazione 
comprovante 
l�effettuazione 
delle 
vaccinazioni 
indicate 
all�articolo 
1 
del 
d.l. 
n. 
73 
del 
2017, 
l�esonero, 
l�omissione 
o 
il 
differimento 
delle 
stesse 
in 
relazione 
a 
quanto 
previsto 
dall�articolo 
1, 
commi 
2 
e 
3, 
ovvero 
la 
presentazione 
di 
formale 
richiesta 
di 
vaccinazione 
all�Azienda 
sanitaria 
locale 
territorialmente 
competente, 
che 
eseguir� 
le 
vaccinazioni 
in 
base 
a 
quanto 
previsto 
dalla 
schedula 
vaccinale 
in 
relazione 
all�et� 
del 
minore. 


Per 
agevolare 
i 
genitori 
nell�adempimento 
di 
tale 
incombente, 
� 
previsto 
che 
la 
documentazione 
comprovante 
l�effettuazione 
delle 
vaccinazioni 
obbligatorie 
possa 
essere 
sostituita 
da 
dichiarazione 
resa 
ai 
sensi 
del 
d.P.r. 
28 
dicembre 
2000, 
n. 
445; 
in 
tale 
caso, 
la 
predetta 
documentazione 
dovr� 
comunque 
essere 
prodotta 
entro 
il 
10 
luglio 
2018. 
Tale 
termine, 
anche 
in 
considerazione 
delle 
usuali 
tempistiche 
per 
l�iscrizione 
alle 
scuole 
e 
ai 
servizi 
educativi, 
� 
stato 
individuato 
in 
considerazione 
oltrech� 
delle 
esigenze 
logistiche 
dei 
genitori 
anche 
di 
quelle 
organizzative 
dei 
dirigenti 
scolastici 
e 
dei 
responsabili, 
che 
devono 
espletare 
gli 
adempimenti 
di 
competenza, 
ivi 
inclusi 
quelli 
di 
cui 
all�articolo 
4 
del 
decreto-legge, 
relativamente 
alla 
formazione 
delle 
classi 
(cfr. 
infra). 


La 
presentazione 
della 
documentazione 
indicata 
costituisce 
requisito di 
accesso ai servizi educativi per l�infanzia e alla scuola dell�infanzia. 

In ogni 
caso, anche 
con riferimento ai 
minori 
iscritti 
alle 
altre 
scuole 
o ai 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale, la 
mancata 
presentazione 
della 
documentazione 
nei 
termini 
previsti 
� 
segnalata, 
entro 
i 
successivi 
dieci 
giorni, 
all�Azienda 
sanitaria 
locale 
dai 
dirigenti 
scolastici 
delle 
istituzioni 
del 
sistema 
nazionale 
di 
istruzione 
e 
dai 
responsabili 
dei 
servizi 
educativi 
per l�infanzia, 
dei 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
delle 
scuole 
private 
non 
paritarie. 
ricevuta 
la 
segnalazione, l�Azienda 
sanitaria 
locale, ove 
essa 
stessa 
o 
altra 
Azienda 
sanitaria 
non abbia 
gi� 
provveduto, espleter� 
gli 
adempimenti 
di cui all�articolo 1, comma 4 (17). 

Ed 
invero, 
anche 
considerando 
la 
sussistenza 
di 
rischi 
di 
contagio 
pi� 
elevati 
tra 
i 
bambini 
che 
frequentano i 
servizi 
educativi 
per l�infanzia 
e 
le 
scuole 
dell�infanzia 
(0-6 
anni), 
il 
legislatore 
ha 
inteso 
garantire 
un 
adeguato 
bilanciamento 
tra 
le 
esigenze 
di 
salute 
collettiva, 
perseguite 
attraverso 
l�obbligo 
vaccinale, e 
il 
diritto-dovere 
all�istruzione, presidiato da 
un reato contestabile 
ai 
genitori 
dei 
minori 
di 
anni 
sedici 
che 
non frequentino la 
scuola 
c.d. dell�obbligo 
(sul punto, cfr. amplius infra) (18). 


(17) Cfr. paragrafo 4 della circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero 
della salute del 16 agosto 2017. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


2.2.1. La formazione delle classi. 
Al 
fine 
di 
salvaguardare 
la 
salute 
dei 
soggetti 
pi� 
fragili 
-vale 
a 
dire 
i 
minori 
non 
vaccinabili 
per 
ragioni 
di 
salute, 
che 
sarebbero 
esposti 
ad 
un 
rischio 
non 
trascurabile 
se 
i 
loro 
compagni 
di 
classe 
non 
fossero 
vaccinati 
-sono 
inseriti, 
di 
norma, 
in 
classi 
nelle 
quali 
sono 
presenti 
soltanto 
minori 
vaccinati 
o 
immunizzati 
naturalmente, 
fermi 
restando 
il 
numero 
delle 
classi 
determinato 
secondo 
le 
disposizioni 
vigenti 
e 
i 
limiti 
di 
cui 
all�articolo 
1, 
comma 
201, 
della 
legge 
13 
luglio 
2015, 
n. 
107, 
e 
all�articolo 
19, 
comma 
5, 
del 
decreto 
legge 
6 
luglio 
2011, 


n. 
98, 
convertito 
con 
modificazioni 
dalla 
legge 
15 
luglio 
2011, 
n. 
111. 
Trattasi 
di 
un criterio organizzativo che 
l�istituzione 
scolastica 
� 
tenuta 
ad applicare, sempre 
che 
non determini 
un aumento del 
numero delle 
classi, 
come 
si 
evince 
dal 
richiamo, 
espressamente 
contenuto 
nella 
disposizione, 
alla 
normativa vigente riguardante i limiti della dotazione organica (19). 


3. L�obbligo vaccinale 
di 
cui 
all�articolo 1, comma 2, del 
decreto-legge 
n. 73 
del 
2017: l�interesse 
della collettivit� quale 
limite 
alla dimensione 
individualistica 
del diritto alla tutela della salute. 
Con specifico riferimento all�esonero previsto per i 
soggetti 
che 
abbiano 
gi� 
contratto una 
o pi� delle 
malattie 
per le 
quali 
� 
previsto l�obbligo (art. 1, 
co. 2), come 
detto, in sede 
di 
conversione, � 
stato chiarito che 
il 
soggetto im


(18) Al 
riguardo, non ci 
si 
pu� esimere 
dal 
rappresentare 
che 
la 
Commissione 
speciale 
del 
Consiglio 
di 
Stato si 
� 
pronunciata 
in sede 
consultiva 
sulla 
richiesta 
di 
parere 
del 
Presidente 
della 
regione 
Veneto in ordine 
all�interpretazione 
degli 
articoli 
3, 3-bis 
e 
5 del 
decreto-legge 
7 giugno 2017, n. 73, 
con 
particolare 
riguardo 
alle 
determinazioni 
conseguenti 
alla 
mancata 
presentazione 
ai 
dirigenti 
scolastici 
ovvero ai 
responsabili 
dei 
servizi 
educativi 
per l�infanzia 
e 
delle 
scuole 
dell�infanzia 
della 
documentazione 
idonea a dimostrare l�adempimento agli obblighi vaccinali previsti dal medesimo decreto-legge. 
Pi� specificamente, con il 
parere 
n. 2065 del 
26 settembre 
2017, la 
predetta 
Commissione 
speciale 
del 
Consiglio di 
Stato si 
� 
espressa 
in merito alla 
seguente 
questione: 
�se 
gi� a decorrere 
dall�anno scolastico 
2017/2018 (�) si 
applichi 
la regola, stabilita dal 
comma 3 dell�articolo 3 del 
decreto-legge, secondo 
cui 
la 
mancata 
presentazione 
della 
documentazione 
relativa 
all�adempimento 
degli 
obblighi 
vaccinali 
preclude 
l�accesso 
alla 
scuola�, 
concludendo 
che, 
sebbene 
la 
parola 
�esclusione� 
non 
sia 
presente 
in alcun articolo del 
decreto-legge 
in questione, 
�nell�anno scolastico 2017/2018 si 
applicano gli 
articoli 
3 e 
5 del 
decreto-legge, sicch� 
vale 
gi� nel 
corrente 
anno scolastico il 
divieto di 
accesso nel 
caso 
di 
mancata 
presentazione 
della 
documentazione 
idonea 
a 
comprovare 
l�adempimento 
dell�obbligo 
vaccinale�. 
Pertanto, 
non 
pu� 
che 
considerarsi 
totalmente 
privo 
di 
fondamento 
l�assunto, 
pure 
avanzato 
in pi� occasioni 
da 
genitori 
e 
associazioni 
nei 
ricorsi 
al 
Tribunale 
Amministrativo regionale 
del 
Lazio 
per l�annullamento delle 
circolari 
applicative 
del 
decreto-legge 
in questione, per cui 
le 
disposizioni 
vigenti 
individuerebbero ai 
sensi 
dell�articolo 5 esclusivamente 
la 
dead line 
per la 
consegna 
della 
documentazione 
agli 
istituti 
scolastici/servizi 
educativi 
per l�anno scolastico/calendario annuale 
2017/2018, 
senza 
prevedere 
l�esclusione 
dall�accesso ai 
servizi 
educativi 
e 
alle 
scuole 
dell�infanzia 
in caso di 
inadempimento 
(cfr., 
nel 
senso 
indicato, 
T.A.r. 
Lazio, 
sezione 
terza-quater, 
sent. 
16 
marzo 
2018, 
in 
www.giustizia-amministrativa.it). 
(19) 
�, 
inoltre, 
previsto 
che 
i 
dirigenti 
scolastici 
delle 
istituzioni 
del 
sistema 
nazionale 
di 
istruzione 
e 
i 
responsabili 
dei 
centri 
di 
formazione 
professionale 
regionale 
e 
delle 
scuole 
private 
non paritarie 
comunichino 
all�azienda 
sanitaria 
locale, entro il 
31 ottobre 
dell�anno scolastico in corso, le 
classi 
nelle 
quali sono presenti pi� di due alunni non vaccinati. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


munizzato 
adempie 
all�obbligo 
�con 
vaccini 
in 
formulazione 
monocomponente 
o combinata in cui 
sia assente 
l�antigene 
per 
la malattia infettiva per 
la 
quale 
sussiste 
immunizzazione�, semprech� 
i 
predetti 
vaccini 
siano effettivamente 
nella disponibilit� del Servizio sanitario nazionale. 


Tale 
previsione 
� 
stata 
introdotta 
in ragione 
della 
carenza 
ovvero dell�irreperibilit� 
sul 
mercato di 
vaccini 
monocomponenti 
e 
della 
conseguente 
necessit� 
di 
ricorrere 
frequentemente 
a 
vaccini 
combinati 
che, 
talvolta, 
contengono anche 
l�antigene 
relativo a 
malattie 
per le 
quali 
il 
soggetto ha 
gi� 
conseguito l�immunizzazione 
ovvero a 
patologie 
per le 
quali 
la 
vaccinazione 
non � obbligatoria. 


Ad esempio, attesa 
l�attuale 
irreperibilit� 
sul 
mercato di 
vaccini 
mono-
componenti 
per parotite, rosolia 
e 
morbillo, anche 
nel 
caso in cui 
il 
bambino 
abbia 
gi� 
contratto il 
morbillo, per garantire 
l�assolvimento dell�obbligo vaccinale, 
in 
particolare 
di 
quello 
per 
la 
parotite 
e 
la 
rosolia, 
� 
necessario 
ricorrere 
ad un vaccino combinato che contenga anche l�antigene relativo al morbillo. 


In proposito, si 
ritiene 
opportuno rilevare 
che, a 
prescindere 
dall�accertamento 
dell�intervenuta 
immunizzazione, gi� 
prima 
dell�adozione 
del 
d.l. n. 
73/2017, alcuni 
genitori 
avevano adito l�autorit� 
giurisdizionale 
adducendo il 
diritto 
di 
rifiutare 
la 
somministrazione 
del 
vaccino 
esavalente, 
contenente, 
oltre 
alle 
quattro vaccinazioni 
imposte 
dalla 
legge, anche 
l�antigene 
relativo a 
due 
vaccinazioni 
raccomandate 
dal 
vigente 
Piano nazionale 
di 
Prevenzione 
Vaccinale, 
ma 
non (ancora) obbligatorie 
per legge 
(anti-Hib e 
anti-pertosse) (cfr. 
ricorsi al 
T.A.r. Emilia-romagna, Bologna, nn. 155 e 194 del 2017). 


3.1. il 
fondamento tecnico-sanitario dell�obbligo di 
cui 
all�art. 1, comma 2, 
decreto-legge n. 73 del 2017. 
Dal 
punto 
di 
vista 
tecnico-sanitario, 
si 
ritine 
opportuno, 
preliminarmente, 
precisare 
che, delle 
dieci 
malattie 
in relazione 
alle 
quali 
sussiste 
l�obbligo di 
vaccinazione 
ai 
sensi 
del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, la 
pregressa 
malattia 
conferisce 
immunit� 
permanente 
solo nel 
caso di 
morbillo, parotite, rosolia, 
varicella, epatite b e poliomielite. 


Deve 
inoltre 
considerarsi 
che 
la 
vaccinazione 
di 
un soggetto che 
ha 
contratto 
la 
malattia 
� 
un evento molto frequente, sia 
perch� 
tante 
infezioni 
avvengono 
in 
modo 
silente 
(senza 
manifestazioni 
cliniche, 
quindi, 
senza 
una 
malattia 
conclamata) sia 
perch� 
vi 
sono soggetti 
il 
cui 
stato vaccinale 
� 
sconosciuto 
e non pu� essere ricostruito (ad esempio, immigrati). 

Ci� posto, va 
evidenziato che 
i 
vaccini 
combinati, come 
il 
vaccino esavalente, 
sono considerati 
quale 
prima 
scelta 
per l�immunizzazione 
dei 
nuovi 
nati, per gli 
indubbi 
vantaggi 
che 
essi 
presentano, sia 
per il 
bambino e 
per i 
suoi genitori sia per gli operatori dei servizi vaccinali (20). 


Inoltre, non vi 
� 
alcuna 
evidenza 
scientifica, nella 
letteratura 
accreditata, 
circa 
presunti 
effetti 
dannosi 
conseguenti 
alla 
simultanea 
somministrazione 
di 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


pi� 
vaccini 
attraverso 
formulazioni 
combinate: 
anzi, 
dai 
dati 
disponibili 
emerge 
l�assenza 
di 
conseguenze 
pregiudizievoli 
per il 
sistema 
immunitario 
dei 
bambini 
che 
vi 
si 
sottopongono e, parimenti, l�insussistenza 
di 
evidenze 
che 
la 
pregressa 
malattia 
rappresenti 
una 
controindicazione 
alla 
vaccinazione. 


In 
generale, 
la 
vaccinazione 
� 
basata 
su 
due 
presupposti 
principali, 
ovvero 
la 
efficacia 
e 
la 
sicurezza. 
Il 
controllo 
della 
qualit� 
e 
della 
sicurezza 
del 
vaccino 
verte 
sull�analisi 
delle 
sue 
caratteristiche 
(fisiche, chimiche 
e 
biologiche), cui 
seguono studi 
di 
sicurezza 
pre-clinica 
e 
clinica 
sull�uomo (studi 
di 
sperimentazione 
clinica di Fase I, II e III), progressivamente pi� ampi. 


L�immissione 
in 
commercio 
del 
vaccino 
� 
sotto 
la 
responsabilit� 
dell�Autorit� 
di 
controllo nazionale 
(AIFA) o europea 
(EMA) e 
si 
avvale 
della 
partecipazione 
di gruppi di esperti che valutano su base scientifica i dati. 

ogni 
lotto, 
prima 
di 
essere 
commercializzato 
in 
Italia 
e 
in 
molti 
Paesi 
europei, 
� 
sottoposto 
per 
legge 
a 
controllo 
da 
parte 
di 
uno 
degli 
official 
medicine 
Control 
Laboratory 
del 
network 
europeo, secondo regole 
e 
procedure 
condivise 
e consolidate. 

Successivamente 
all�immissione 
in 
commercio, 
tutte 
le 
possibili 
associazioni 
tra 
vaccini 
e 
potenziali 
effetti 
collaterali 
sono analizzate 
dalla 
rete 
della 
farmacovigilanza 
(che, in Italia, fa 
capo ad AIFA), che 
valuta, su tutta 
la 
popolazione 
trattata, la 
presenza 
di 
reazioni 
(previste/prevedibili 
o meno) a 
seguito 
della somministrazione del prodotto. 

I vaccini, cos� 
come 
tutti 
i 
farmaci 
esistenti, hanno un profilo rischio-beneficio, 
atteso che 
non esiste 
per un farmaco il 
cosiddetto �rischio zero�. Peraltro, 
considerato 
che 
i 
vaccini 
sono 
farmaci 
ad 
alto 
livello 
di 
sicurezza, 
rispetto ad essi � apprezzabile una netta prevalenza dei benefici sui rischi. 


Analogamente 
alla 
generalit� 
dei 
farmaci, 
i 
vaccini 
devono 
essere 
somministrati 
correttamente 
ovvero 
seguendo 
le 
indicazioni 
terapeutiche 
sull�uso 
e 
sulla 
posologia 
e 
considerando 
le 
eventuali 
controindicazioni. 
Proprio 
per 
questo, 
ogni 
vaccino, 
in 
base 
agli 
studi 
e 
in 
base 
all�esperienza 
di 
sorveglianza 
post 
marketing, 
ha 
una 
dettagliata 
lista 
di 
avvertenze 
speciali 
e 
precauzioni 
di 
impiego 
(anche 
in 
situazioni 
come 
la 
gravidanza), 
di 
interazioni 
con 
altri 
medicinali 
e 
di 
altre 
forme 
di 
interazione, 
effetti 
indesiderati 
e 
reazioni 
avverse, 
eventuali 
rischi 
da 
sovradosaggio. 
Tali 
caratteristiche 
sono 
elencate 
nelle 
cosiddette 
schede 
tecniche 
(o, 
pi� 
precisamente, 
nel 
�riassunto 
delle 
caratteristiche 
del 
prodotto�), 
pubblicamente 
disponibili 
come 
per 
altri 
farmaci 
sul 
sito 
dell�AIFA. 


Tali 
schede 
sono le 
versioni 
pi� estese 
e 
pi� tecniche 
del 
�Foglio illustrativo� 
(cosiddetto 
�bugiardino�) 
che 
contiene 
le 
informazioni 
per 
l�utilizzatore, 
in un linguaggio pi� accessibile. 

(20) 
Il 
contenuto 
del 
presente 
paragrafo 
� 
estratto 
dal 
dossier 
presentato 
alla 
Corte 
Costituzionale, 
per il 
tramite 
della 
Avvocatura 
Generale 
dello Stato, dal 
competente 
Ufficio della 
Direzione 
generale 
della prevenzione sanitaria del Ministero della salute. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Per quanto pi� specificamente 
interessa 
in questa 
sede, si 
precisa 
che 
le 
schede 
tecniche 
dei 
vaccini 
non 
contemplano 
uno 
screening 
pre-vaccinale 
per 
verificare 
se 
il 
soggetto ha 
gi� 
contratto la 
infezione/malattia, perch� 
la 
contrazione 
della malattia non � ritenuta un motivo di controindicazione. 

A 
livello internazionale, i 
Center 
for 
Disease 
Control 
di 
atlanta 
(CDC), 
sia 
sul 
loro sito web 
dedicato agli 
operatori 
sanitari 
sia 
nel 
Pink 
Book, in relazione 
all�approccio al 
paziente 
- che 
include, come 
previsto anche 
dal 
Piano 
nazionale 
della 
Prevenzione 
Vaccinale 
2017-2019, approvato in Conferenza 
Stato-regioni 
il 
19 
gennaio 
2017, 
solo 
l�effettuazione 
di 
un�anamnesi 
accurata 
per la 
ricerca 
di 
eventuali 
controindicazioni 
e 
la 
raccolta 
delle 
informazioni 
sulle 
vaccinazioni 
pregresse 
-dispongono 
chiaramente: 
�Se 
la 
documentazione 
delle 
precedenti 
vaccinazioni 
non � 
disponibile, somministrare 
i 
vaccini 
sulla 
base dell�et� della persona�. 


Anche 
il 
Green 
Book 
(Public 
Health 
England) 
e 
le 
Linee 
guida 
australiane 
prevedono esclusivamente 
lo screening 
pre-vaccinale 
mediante 
una 
checklist 
senza 
approfondimenti 
di 
laboratorio. Le 
Linee 
guida 
australiane 
specificatamente 
inseriscono tra 
le 
�false 
controindicazioni� 
precedenti 
infezioni 
dallo 
stesso 
agente 
patogeno. 
Inoltre, 
affermano 
che 
�poich� 
precedenti 
infezioni 
non 
sono 
una 
controindicazione 
contro 
la 
stessa 
malattia, 
in 
molte 
circostanze 
e 
per 
molti 
vaccini 
� 
pi� 
pratico 
offrire 
la 
vaccinazione 
piuttosto 
che 
effettuare 
test di laboratori�. 


Tale 
approccio � 
lo stesso considerato da 
tutte 
le 
altre 
Linee 
guida 
internazionali, 
che 
non 
prevedono 
assolutamente 
la 
necessit� 
di 
uno 
screening 
ematico 
per verificare una pregressa immunit� naturale. 

Una 
delle 
pubblicazioni 
pi� 
note 
nel 
settore 
della 
vaccinologia, 
il 
red 
Book 
2015, 
afferma 
che 
�in 
caso 
di 
stato 
di 
immunizzazione 
sconosciuta 
o 
incerta, 
la persona dovrebbe 
essere 
considerata suscettibile, e 
la vaccinazione 
raccomandata. Test 
sierologici 
potrebbero essere 
una alternativa per 
alcune 
vaccinazioni 
(per 
esempio 
morbillo, 
rosolia, 
epatite 
a, 
tetano), 
ma 
non 
ci 
sono 
evidenze 
che 
suggeriscono che 
la somministrazione 
di 
vaccini 
in soggetti 
immuni 
sia dannosa�. 


A 
livello 
nazionale, 
la 
Guida 
alle 
Controindicazioni 
alle 
vaccinazioni 
dell�Istituto 
Superiore 
di 
Sanit� 
ed. 
2009 
-documento 
di 
riferimento 
sulle 
controindicazioni, 
citato anche 
nella 
circolare 
adottata 
dalla 
Direzione 
generale 
della 
prevenzione 
sanitaria 
del 
Ministero della 
salute 
il 
16 agosto 2017 - non 
individua 
tra 
le 
controindicazioni 
la 
pregressa 
malattia; 
specificatamente, 
considera 
�falsa 
controindicazione� 
la 
pregressa 
malattia 
nei 
casi 
di 
epatite 
B, 
malattia 
invasiva meningococcica, febbre tifoide (21). 


(21) A 
livello nazionale, una 
indicazione 
della 
innocuit� 
della 
vaccinazione 
di 
soggetti 
con pregressa 
malattia 
naturale 
o vaccinazione 
� 
presente 
anche 
nel 
Protocollo operativo per il 
controllo delle 
malattie 
infettive 
e 
la 
profilassi 
immunitaria 
in relazione 
all�afflusso di 
immigrati 
della 
regione 
Veneto, 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


A 
dimostrazione 
della 
non-rilevanza 
di 
una 
pregressa 
malattia, anche 
la 
scheda 
di 
triage 
pre-vaccinale 
(scheda 
anamnestica) non contempla 
tra 
le 
informazioni 
da raccogliere quelle relative alle pregresse malattie. 

Pertanto, 
non 
ci 
sono 
evidenze 
che 
una 
pregressa 
malattia 
rappresenti 
una 
controindicazione 
alla 
vaccinazione 
e 
che 
sia 
quindi 
necessario svolgere 
tale 
accertamento prima di effettuare la vaccinazione. 

Di 
conseguenza, la 
positivit� 
a 
un test 
per pregressa 
malattia, tra 
l�altro, 
come 
anticipato, esclusivamente 
per alcune 
vaccinazioni 
(varicella, morbillo, 
rosolia, 
parotite, 
Hib, 
epatite 
B, 
poliomielite), 
rispetto 
alle 
quali 
si 
realizza 
l�immunizzazione, rappresenterebbe 
solo una 
�non-necessit�� 
di 
effettuare 
la 
vaccinazione (22). 


dove, nella sezione per l�immunoprofilassi, si raccomanda di seguire le procedure di seguito indicate: 


in 
caso 
di 
minori 
immigrati 
(0-14 
anni) 
occorre 
considerare 
tutte 
le 
vaccinazioni 
previste 
dal 
calendario 
nazionale e regionale: 

-se 
il 
bambino non � 
mai 
stato vaccinato: andr� vaccinato seguendo il 
vigente 
calendario, in rapporto 
all�et�; 
-se 
il 
bambino 
� 
stato 
vaccinato 
regolarmente 
nel 
Paese 
di 
origine 
e 
lo 
stato 
vaccinale 
� 
sufficientemente 
documentato: andr� completato il ciclo vaccinale; 
-se 
la 
documentazione 
� 
insufficiente 
e 
lo 
stato 
vaccinale 
� 
dubbio: 
si 
dovranno 
somministrare 
i 
vaccini 
previsti dal vigente calendario. 
(22) Con riferimento a quanto affermato, si veda: 
AIFA, CercaFarmaco, in https://farmaci.agenziafarmaco.gov.it/bancadatifarmaci/cerca-farmaco; 
CDC, 
https://www.cdc.gov/vaccines/hcp/admin/admin-protocols.html; 
CDC, 
Epidemiology 
and 
Prevention 
of 
Vaccine-Preventable 
Diseases 
The 
Pink 
Book: 
Course 
Textbook 
-13th 
Edition 
(2015) 
https://www.cdc.gov/vaccines/pubs/pinkbook/vac-admin.html; 
American 
Academy 
of 
Pediatrics, 
[Chapter 
title.] 
in: 
Kimberlin 
DW, 
Brady 
MT, 
Jackson 
MA, 
Long 
SS, 
eds. 
red 
Book 
2015 
report 
of 
the 
Committee 
on 
Infectious 
Diseases. 
30th 
ed. 
Elk 
Grove 
Village, 
IL: 
American 
Academy 
of 
Pediatrics, 
2015 
[Section 
I, 
p. 
38); 
regione 
Veneto, 
Protocollo 
operativo 
per 
il 
controllo 
delle 
malattie 
infettive 
e 
la 
profilassi 
immunitaria 
in 
relazione 
all�afflusso 
di 
immigrati, 
2014, 
in 
http://repository.regione.veneto.it/public/2ab9a9def3c4c2ce6140dd9404517dd6.php?dl=true; 
Istituto 
Superiore 
di 
Sanit�, 
Guida 
alle 
controindicazioni 
alla 
Vaccinazione, 
2009, 
in 
http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=1947; 
Public 
health 
England, 
immunization 
against 
infectious 
disease 
Last 
updated: 
2 
September 
2014 
in 
https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/147824/Green-BookChapter-
6-v2_0.pdf; 
CDC, 
Vaccine 
and 
immunization, 
https://www.cdc.gov/vaccines/hcp/acip-recs/general-
recs/contraindications.pdf; 
australian 
Technical 
advisory 
Group 
on 
immunisation 
(aTaGi). 
The 
australian 
immunisation 
handbook 
10th 
ed 
(2017 
update), 
Canberra: 
Australian 
Government 
Department 
of 
Health, 
2017 
http://www.immunise.health.gov.au/internet/immunise/publishing.nsf/Content/Handbook10-
home; 
Public 
Health 
agency 
of 
Canada. 
Canadian 
immunization 
Guide, 
2015, 
in 
http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/index-eng.php; 
Guide 
Errata and Clarifications, 02.2016, 
in http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/cig-gci/errata-eng.php; 
Direction g�n�rale 
de 
la 
sant�, Comit� 
technique 
des 
vaccinations, Guide 
des 
vaccinations, 2012, in http://www.inpes.sante.fr/CFESBases/catalogue/
pdf/1133.pdf; 
Sant� 
et 
Services 
Sociaux 
du 
Qu�bec, 
Protocole 
d�immunisation 
du 
Qu�bec 
(PiQ), 
2013, 
mises 
� 
jour 
de 
mars 
2016, 
in 
http://publications.msss.gouv.qc.ca/msss/fichiers/piq/piq_complet.pdf; 
new 
zealand 
Ministry 
of 
Health. 
immunization 
Handbook, 
2014, 
in 
http://www.health.govt.nz/system/
files/documents/publications/immunisation-handbook-2014-2nd-edn-apr16.pdf; 
http://www.health.
govt.nz/publication/immunisation-handbook-2014-2nd-edn; 
Association 
Espanola 
de 
Pediatria, 
manual 
de 
vacunas 
en 
linea 
de 
la 
aEP, 
in 
http://vacunasaep.org/documentos/manual/manual-devacunas. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


3.2. 
Le 
motivazioni 
giuridiche 
dell�obbligo 
di 
cui 
all�art. 
1, 
comma 
2, 
decreto-
legge n. 73 del 2017. 
Sotto 
il 
profilo 
strettamente 
giuridico, 
come 
detto, 
ai 
sensi 
dell�art. 
1, 
comma 
2, 
del 
d.l. 
n. 
73/2017, 
la 
somministrazione 
di 
vaccini 
in 
cui 
sia 
assente 
l�antigene 
per la 
malattia 
infettiva 
per la 
quale 
gi� 
sussiste 
immunizzazione 
naturale 
rappresenta 
soltanto una 
possibilit� 
per il 
minore, garantita 
nei 
limiti 
delle disponibilit� del Servizio Sanitario nazionale. 


In 
proposito, 
in 
via 
preliminare, 
non 
pu� 
non 
rilevarsi 
che 
n� 
il 
Ministero 
della 
salute 
n� 
l�AIFA 
dispongono del 
potere 
di 
richiedere 
o sollecitare 
lo sviluppo 
e 
la 
successiva 
registrazione, da 
parte 
delle 
aziende 
farmaceutiche, di 
un 
vaccino 
o, 
pi� 
in 
generale, 
di 
un 
farmaco 
avente 
determinate 
caratteristiche 
e 
che 
i 
Piani 
nazionali 
di 
Prevenzione 
Vaccinale 
non 
contengono 
uno 
specifico 
riferimento ai 
vaccini 
da 
utilizzare 
tra 
quelli 
disponibili 
in commercio, dando 
viceversa 
indicazioni 
sulle 
vaccinazioni 
da 
effettuare, in base 
agli 
obiettivi 
di 
salute 
definiti 
e 
concordati 
con 
le 
regioni, 
e 
sulla 
tempistica 
da 
seguire, 
per 
garantire 
al 
massimo 
grado 
l�efficacia 
della 
risposta 
vaccinale, 
salvaguardando 
la sicurezza. 


Ci� posto, occorre 
verificare 
se 
il 
rifiuto di 
somministrazione 
di 
un vaccino 
combinato 
in 
cui 
sia 
presente 
anche 
l�antigene 
per 
la 
malattia 
per 
la 
quale 
sussiste 
immunizzazione 
possa 
considerarsi 
illegittimamente 
o 
legittimamente 
opposto da 
un genitore/tutore/affidatario, in considerazione 
del 
limite 
alla 
libert� 
individuale 
posto dall�altrui 
diritto alla 
salute, sia 
nella 
sua 
dimensione 
individuale 
-come 
speculare 
diritto 
del 
singolo 
-sia 
nella 
sua 
declinazione 
sociale 
- come 
interesse 
della 
collettivit� 
-, limite 
che, se 
di 
regola 
impone 
di 
ricercare 
il 
giusto 
contemperamento 
tra 
i 
diritti 
eventualmente 
in 
conflitto, 
potrebbe, 
in caso di 
constatata 
incompatibilit� 
e 
con le 
dovute 
garanzie, rappresentare 
una 
barriera 
o, 
comunque, 
un 
ostacolo 
per 
l�esercizio 
della 
stessa 
libert� individuale. 


3.2.1. i trattamenti 
sanitari 
obbligatori: l�orientamento della giurisprudenza 
e della dottrina. 
La 
giurisprudenza 
costituzionale 
-al 
pari, 
del 
resto, 
della 
pi� 
illustre 
dottrina 
-ha 
affermato 
che 
il 
bene 
della 
tutela 
della 
salute, 
quale 
�fondamentale 
diritto 
dell�individuo 
e 
interesse 
della 
collettivit�� 
(art. 
32 
Costituzione), 
� 
ontologicamente 
dualista 
(23), 
rilevando, 
da 
un 
lato, 
nella 
sua 
accezione 
individuale 
e 
soggettiva 
(24) 
e, 
dall�altro, 
nella 
sua 
dimensione 
sociale 
e 
oggettiva 
(25). 


(23) Cfr. ex multis 
Corte Cost., sent. 18 luglio1991, n. 356, in www.giurcost.org. 
(24) C. ESPoSITo, La libert� di manifestazione del pensiero nell�ordinamento italiano, 1958. 
(25) 
Corte 
Cost., 
sent. 
26 
aprile 
2012, 
n. 
107, 
in 
www.cortecostituzionale.it; 
cfr. 
anche 
B. 
PEzzInI, 
Principi 
costituzionali 
e 
politica della sanit�: il 
contributo della giurisprudenza costituzionale 
alla de



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Il 
diritto alla 
tutela 
della 
salute 
del 
singolo consta 
non soltanto del 
diritto 
-sociale 
-alle 
cure 
-ossia 
del 
diritto 
�fondamentale 
ed 
originario� 
di 
ciascuno 
di 
essere 
curato 
(26) 
-, 
ma 
anche 
del 
diritto 
di 
curarsi 
nel 
momento 
e 
nel 
modo 
che 
si 
reputi 
pi� appropriato (27) o di 
non curarsi 
affatto, declinando l�offerta 
di cure (28). 


Peraltro, 
tale 
diritto 
�di 
libert��, 
analogamente 
a 
molti 
altri 
diritti 
di 
libert� 
garantiti 
dalla 
nostra 
Carta 
Costituzionale, � 
limitato sia 
dall�altrui 
diritto sia, 
come 
anticipato, 
dall�interesse 
della 
collettivit�. 
Ed 
invero, 
in 
via 
generale, 
considerato il 
punto di 
vista 
etico-sociale 
accolto nella 
Costituzione, i 
diritti 
di 
libert� 
�non possono, nel 
loro insieme, considerarsi 
attribuiti 
all�uomo per 
la soddisfazione 
delle 
sue 
egoistiche 
esigenze, poich� 
alcuni 
di 
essi 
risultano 
improntati ad una elevata finalit� sociale� 
(29). 


Per 
quanto 
specificamente 
attiene 
alla 
libert� 
connessa 
alla 
tutela 
della 
salute, se 
da 
un lato, manca 
un�enunciazione 
della 
sua 
funzione 
sociale, pubblica 
o collettiva 
(30), dall�altro, non pu� non tenersi 
nella 
dovuta 
considerazione 
il disposto del comma secondo dell�art. 32 (31). 

finizione 
del 
diritto sociale 
alla salute, in C.E. GALLo 
e 
B. PEzzInI 
(a 
cura 
di), Profili 
attuali 
del 
diritto 
alla salute, 1998. 


(26) B. PEzzInI, il diritto alla salute: profili costituzionali, 1983. 
(27) In proposito, � 
stato osservato che 
�il 
profilo (�) di 
libert� di 
cura, a meno di 
non configurarlo 
come 
situazione 
meramente 
astratta, � 
strettamente 
embricato con quello �sociale-prestazionale�, 
in 
quanto 
senza 
un 
apparato 
organizzativo 
che 
assicuri 
tali 
prestazioni 
(di 
cura, 
ma 
altres� 
di 
prevenzione 
e 
riabilitazione) la libert� stessa viene 
meno e 
la salute 
� 
compromessa o violata�: 
r. BALDUzzI, Salute 
(diritto alla), in S. CASSESE 
(diretto da), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, p. 5395. 
(28) Sul 
diritto alla 
tutela 
della 
salute 
con riferimento ai 
diritti 
di 
libert� 
si 
rinvia 
all�ampia 
ed approfondita 
analisi 
di 
M. 
LUCIAnI, 
Salute, 
I, 
Diritto 
alla 
salute 
-Diritto 
costituzionale, 
voce, 
in 
Enc. 
giur., 
XXVII, roma, 1991, p. 2; 
cfr. anche 
V. CrISAFULLI, in tema di 
emotrasfusioni 
obbligatorie, in Diritto 
e societ�, 1982, pp. 564-5. 
(29) D. MorAnA, La salute 
nella Costituzione 
italiana. Profili 
sistematici, Milano, 2002, p. 162. 
La 
stessa 
Autrice 
rimanda 
alla 
distinzione 
tra 
diritti 
individualistici, 
che 
�sono 
attribuiti 
all��uomo�come 
tale 
a vantaggio dell�uomo, al 
singolo per 
ci� che 
essi 
rappresentano per 
esso singolo nelle 
sue 
qualit� 
universali 
o per 
l�appagamento egoistico dei 
suoi 
bisogni 
o desideri 
individuali� 
e 
diritti 
funzionali, 
che 
�sono attribuiti 
al 
singolo nella sua specifica qualit� di 
membro o di 
partecipe 
di 
determinate 
comunit�, 
per 
le 
funzioni 
che 
in esse 
il 
singolo debba esplicare, sicch� 
tale 
partecipazione 
determina il 
contenuto ed i 
limiti 
del 
diritto�, operata 
da 
C. ESPoSITo, in La libert� di 
manifestazione 
del 
pensiero 
nell�ordinamento italiano, in rivista italiana per le scienze giuridiche, 1957-1958. 
(30) 
non 
appare 
decisivo 
in 
tal 
senso 
l�inserimento 
nell�ambito 
del 
titolo 
dedicato 
ai 
rapporti 
etico-sociali, secondo 
D. MorAnA, cfr. La salute 
nella Costituzione 
italiana, cit., p. 164. Per considerazioni 
di 
senso parzialmente 
diverso, cfr. M. oLIVETTI, appunti 
per 
una mappa concettuale 
sul 
diritto 
alla salute 
nel 
sistema costituzionale 
italiano, in metodologia Didattica e 
innovazione 
Clinica - Nuova 
Serie, 2004, per il 
quale 
�Nei 
documenti 
costituzionali 
meno recenti 
(sia quelli 
che 
segnano l�alba del 
costituzionalismo moderno alla fine 
del 
settecento, sia quelli 
di 
tutto il 
secolo successivo e 
della prima 
met� 
del 
novecento), 
la 
salute 
viene 
in 
considerazione 
anzitutto 
come 
limite 
alle 
libert� 
individuali. 
Questo profilo � 
ben visibile 
nella stessa Costituzione 
italiana, che 
menziona la salute 
come 
limite 
alla 
libert� domiciliare 
(nel 
senso che 
essa � 
un motivo che 
autorizza limitazioni 
a tale 
libert� che 
non sottostanno 
alla riserva di 
giurisdizione: art. 14) e 
alla libert� di 
circolazione 
e 
soggiorno (limiti 
a tale 
libert� 
possono essere 
previsti 
dalla legge 
per 
motivi 
di 
�sanit��: art. 16) e 
che 
la evoca indirettamente 
sotto 
la 
forma 
della 
�incolumit� 
pubblica� 
come 
limite 
alla 
libert� 
di 
riunione 
(per 
tali 
motivi 
pu� 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


A 
parere 
della 
Consulta, il 
diritto alla 
tutela 
della 
salute 
porta 
con s� 
�il 
dovere 
dell�individuo di 
non ledere 
n� 
porre 
a rischio con il 
proprio comportamento 
la 
salute 
altrui, 
in 
osservanza 
del 
principio 
generale 
che 
vede 
il 
diritto 
di 
ciascuno trovare 
un limite 
nel 
reciproco riconoscimento e 
nell�eguale 
protezione 
del 
coesistente 
diritto degli 
altri. Le 
simmetriche 
posizioni 
dei 
singoli 
si 
contemperano 
ulteriormente 
con 
gli 
interessi 
essenziali 
della 
comunit�, 
che 
possono richiedere 
la sottoposizione 
della persona a trattamenti 
obbligatori, 
posti 
in essere 
anche 
nell�interesse 
della persona stessa, o prevedere 
la soggezione 
di essa ad oneri particolari� 
(32). 


Del 
resto, 
lo 
stesso 
dato 
letterale 
dell�articolo 
32 
Cost., 
collegando 
il 
primo e 
il 
secondo comma, sottintende 
che 
i 
trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
di 
cui 
al 
secondo 
comma 
debbano 
essere 
funzionalizzati 
alla 
�tutela 
della 
salute� 
(non 
ad 
altri 
beni 
o 
situazioni) 
come 
�diritto 
dell�individuo� 
(da 
intendersi 
quale 
diritto dell�individuo alla 
propria 
salute) �e� 
(non �oppure�, non �ovvero�) 
come 
�interesse 
della 
collettivit�� 
(vale 
a 
dire 
interesse 
della 
collettivit� 
alla - propria - salute, alla salute collettiva) (33). 


Talvolta, per�, il 
diritto alla 
tutela 
della 
salute 
del 
singolo, per sua 
stessa 
natura, rischia 
di 
confliggere 
con il 
coesistente 
e 
reciproco diritto degli 
altri 
consociati 
ovvero con gli 
interessi 
della 
societas 
(34). In particolare, la 
legittimit� 
dei 
trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
si 
ritrova 
nel 
�punto 
di 
intersezione� 
tra 
le 
tre 
dimensioni 
costituzionali 
del 
diritto alla 
tutela 
della 
salute 
(individuale, 
interindividuale e collettiva) (35). 


Come 
evidenziato 
da 
autorevole 
dottrina, 
�la 
preminenza 
nella 
tutela 
della 
salute 
dell�aspetto 
soggettivo 
personale 
rispetto 
a 
quello 
collettivo 
rende 
inaccettabile 
un 
sacrificio 
della 
libera 
autodeterminazione 
individuale 
se 
non 
in 
presenza 
di 
rischi 
per 
lo 
stato 
di 
salute 
altrui� 
(36); 
conseguentemente, 
nessun trattamento sanitario obbligatorio pu� esser volto soltanto alla 
tutela 
della 
salute 
individuale, potendosi, in tal 
caso, configurare 
esclusivamente 
incoercibili 
azioni di promozione della salute (37). 


essere 
vietata 
una 
riunione: 
art. 
17). 
ma 
questa 
impostazione 
traspare 
anche 
nella 
Convenzione 
europea 
dei 
diritti 
dell�uomo e 
delle 
libert� fondamentali 
del 
1950, la quale 
configura la salute 
come 
limite 
alla 
libert� personale 
(art. 5 lett. e), alla libert� di 
espressione 
(art. 10, 2� 
co.) e 
alle 
libert� di 
riunione 
e 
di 
associazione (art. 11, 2� co.)�. 


(31) Sul punto, cfr. amplius infra. 
(32) 
Corte 
Cost., 
sent. 
n. 
2 
giugno 
1994, 
n. 
218 
e 
sent. 
20 
dicembre 
1996, 
n. 
399, 
in 
www.giurcost.it. 
(33) A.A. nEGronI, Trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
e 
tutela della salute 
individuale 
e 
collettiva, 
in www.forumcostituzionale.it. 
(34) 
A. 
D�ATEnA, 
Lezioni 
di 
diritto 
costituzionale, 
Torino, 
2012; 
sul 
punto 
cfr. 
anche 
D. 
MorAnA, 
La salute come diritto costituzionale, Torino, 2015. 
(35) F. MInnI 
e 
A. MorronE, il 
diritto alla salute 
nella giurisprudenza della Corte 
costituzionale 
italiana, in rivista dell�associazione italiana dei Costituzionalisti, n. 3 del 2013. 
(36) M. CoCConI, il diritto alla tutela della salute, Padova, 1998. 
(37) r. BALDUzzI, D. SErVETTI, La garanzia costituzionale 
del 
diritto alla salute 
e 
la sua attua

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


�Le 
sole 
limitazioni 
costituzionalmente 
consentite 
[al 
diritto alla salute 
dell�individuo] 
sono 
quelle 
rivolte 
a 
salvaguardare 
la 
salute 
collettiva 
dai 
pericoli 
o dai 
danni 
che 
ad essa possono derivare 
dalle 
manifestazioni, positive 


o negative, dell�esercizio di 
quel 
diritto individuale 
[alla salute]. Cos�, sar� 
legittimo 
che 
i 
pubblici 
poteri, 
sempre 
per� 
sulla 
base 
di 
una 
legge, 
obblighino 
gli 
individui 
a 
sottoporsi 
a 
determinati 
trattamenti 
sanitari 
a 
fini 
di 
tutela 
della 
salute 
collettiva (art. 32 cpv.), limitando o anche 
coartando il 
diritto individuale 
alla disponibilit� del proprio corpo� 
(38). 
In 
definitiva, 
l�equo 
contemperamento 
degli 
interessi 
e 
dei 
valori 
in 
gioco 
rappresenta 
il 
criterio 
sulla 
base 
del 
quale 
la 
Corte 
Costituzionale 
ha 
delineato 
i 
limiti 
entro i 
quali 
possono essere 
legittimamente 
imposti 
trattamenti 
vaccinali 
e, pi� in generale, trattamenti sanitari obbligatori (39)(40). 


Pertanto, l�imposizione 
di 
trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
� 
ammissibile 
solo quando gli 
stessi 
siano in grado di 
garantire 
la 
contestuale 
tutela 
della 
salute 
individuale 
e 
di 
quella 
collettiva, 
escludendo, 
quindi, 
la 
legittimit� 
di 
pratiche 
sanitarie 
che 
comportino 
una 
deminutio 
della 
salute 
del 
singolo 
in 
favore 
di quella collettiva (41). 


In 
altri 
termini, 
la 
Corte 
Costituzionale, 
cogliendo 
tutta 
la 
problematicit� 
delle 
c.d. 
scelte 
tragiche 
del 
diritto 
(42), 
ha 
chiarito 
che 
l�eventuale 
conflitto 
tra 


zione 
nel 
Servizio sanitario nazionale, cit. nello stesso senso, 
D. VInCEnzI 
AMATo, Tutela della salute 
e 
libert� 
individuale, 
in 
Giurisprudenza 
costituzionale, 
cit., 
p. 
2469; 
M. 
LUCIAnI, 
il 
diritto 
costituzionale 
alla salute, in Diritto e 
societ�, 1980, pp. 781-782; 
P. BArILE, Diritti 
dell�uomo e 
libert� fondamentali, 
1984, p. 386. 


(38) F. MoDUGno, Trattamenti 
sanitari 
�non obbligatori� 
e 
Costituzione, cit., pp. 311-312; 
cfr. 
anche 
P. 
VEronESI, 
Uno 
statuto 
costituzionale 
del 
corpo, 
cit., 
pp. 
154-155: 
�ai 
sensi 
dell�art. 
32, 
secondo 
comma, 
pu� 
[�] 
disporsi 
un 
trattamento 
sanitario 
obbligatorio 
(tso) 
solo 
quando 
sia 
in 
discussione 
non solo la salute 
del 
singolo ma - in contemporanea e 
direttamente 
- anche 
quella della collettivit�. 
Nel 
senso cio� 
che 
l�ipotizzato trattamento coercitivo dev�essere 
indispensabile 
al 
fine 
di 
evitare 
una 
situazione 
di 
pericolo per 
la salute 
dei 
consociati, non potendosi 
comunque 
pregiudicare 
la salute 
di 
chi 
vi 
viene 
sottoposto�; 
L. CArLASSArE, L�art. 32 della Costituzione 
e 
il 
suo significato, in r. ALESSI 
(a cura di), L�amministrazione sanitaria, Vicenza, 1967, pp. 103 ss. 
(39) I trattamenti 
sanitari 
consistono �in tutte 
quelle 
attivit� diagnostiche 
e 
terapeutiche 
rivolte 
a 
prevenire 
o 
a 
curare 
le 
malattie� 
(S. 
PAnUnzIo, 
Trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
e 
Costituzione 
(a 
proposito 
della disciplina delle 
vaccinazioni), in Diritto e 
societ�, 1979, pp. 875 ss.) �a nulla rilevando 
l�istantaneit�, la durata, il 
grado di 
�violenza esterna� 
o la dolorosit�� 
(F. MoDUGno, Trattamenti 
sanitari 
�non obbligatori� e 
Costituzione 
(a proposito del 
rifiuto delle 
trasfusioni 
di 
sangue), in Diritto e 
societ�, 1982, p. 303). 
(40) Sui 
trattamenti 
sanitari 
obbligatori, prima 
dell�entrata 
in vigore 
del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, si 
rinvia 
a: 
S. PAnUnzIo, Trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
e 
Costituzione 
(a proposito della disciplina 
delle 
vaccinazioni), cit., pp. 875-909; 
L. MEzzETTI, A. zAMA, 
Trattamenti 
sanitari 
obbligatori, in 
Digesto delle 
discipline 
pubblicistiche, XV, Torino, 1999, pp. 336 ss.; 
P. BAIMA 
BoLLonE, medicina legale, 
Torino, 2005, pp. 106 ss.; 
C. BUCCELLI, P. BUCCELLI, Liceit� dell�atto medico, in F. DE 
FErrArI, 
L. PALMIErI 
(a 
cura 
di), manuale 
di 
medicina legale. Per 
una formazione, per 
una conoscenza, Milano, 
2007, pp. 30 ss. 
(41) 
Cfr. 
ex 
multis 
I. 
CIoLLI, 
i 
Trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
e 
il 
paziente 
con 
problemi 
psichici. 
Profili Costituzionali, in amministrazione in cammino. 
(42) r. BALDUzzI, D. SErVETTI, La garanzia costituzionale 
del 
diritto alla salute 
e 
la sua attua

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


la 
libert� 
di 
autodeterminazione 
individuale 
in 
ordine 
alla 
scelta 
e 
al 
rifiuto 
delle 
cure 
e 
l�interesse 
della 
collettivit� 
pu� 
essere 
autoritativamente 
risolto 
a 
favore 
di 
quest�ultimo 
soltanto 
nell�ipotesi 
in 
cui 
la 
cura 
imposta 
coincida 
e 
non 
contrasti 
con 
l�interesse 
individuale, 
dovendo 
a 
contrario 
ritenersi 
incompatibile 
con 
il 
precetto 
costituzionale 
di 
cui 
all�art. 
32 
Cost. 
il 
trattamento 
sanitario 
obbligatorio 
che 
abbia 
come 
fine 
esclusivo 
la 
tutela 
della 
salute 
collettiva, 
senza 
beneficio 
o 
con 
pregiudizio 
per 
la 
salute 
di 
chi 
vi 
� 
sottoposto 
(si 
vedano 
le 
sentenze 
nn. 
307/1990 
(43) 
e 
132/1992 
(44), 
in 
tema 
di 
vaccinazione 
antipoliomielitica, 
o 
la 
sentenza 
n. 
218/1994, 
in 
materia 
di 
prevenzione 
e 
lotta 
contro 
l�AIDS). 


In particolare, con la 
sentenza 
n. 258 del 
1994 (45), la 
Consulta, richiamando 
le 
precedenti 
pronunce, ha 
indicato con chiarezza 
le 
condizioni 
in presenza 
delle 
quali 
la 
legge 
impositiva 
di 
un trattamento sanitario pu� ritenersi 
conforme al parametro costituzionale. 


Il trattamento sanitario obbligatorio � legittimo se: 


1) � 
�diretto non solo a migliorare 
o a preservare 
lo stato di 
salute 
di 
chi 
vi 
� 
assoggettato, ma anche 
a preservare 
lo stato di 
salute 
degli 
altri, giacch� 
� 
proprio tale 
ulteriore 
scopo, attinente 
alla salute 
come 
interesse 
della collettivit�, 
a 
giustificare 
la 
compressione 
di 
quella 
autodeterminazione 
del-
l�uomo 
che 
inerisce 
al 
diritto 
di 
ciascuno 
alla 
salute 
in 
quanto 
diritto 
fondamentale� 
(46). 
In 
particolare, 
per 
lo 
stato 
di 
salute 
degli 
altri 
deve 
essersi 
in presenza 
di 
un �pericolo immediato� 
(47) ovvero di 
�un pericolo diretto� 
(48). Tale pericolo: 


i) 
deve 
essere 
�rilevante�, 
sia 
nel 
senso 
che 
l�evento 
paventato 
deve 
avere 
un apprezzabile 
grado di 
possibilit� 
di 
verificarsi, sia 
nel 
senso che 
il 
danno 
temuto 
deve 
essere 
significativo 
e 
non 
relativo 
a 
patologie 
che 
ordinariamente, 
in 
s� 
considerate, 
abbiano 
sulla 
salute 
conseguenze 
temporanee 
e/o 
di 
lieve 
entit� (49); 


ii) 
non 
deve 
essere 
volontariamente 
assunto 
dai 
membri 
della 
collettivit�, 


zione 
nel 
Servizio sanitario nazionale, in r. BALDUzzI, G. CArPAnI 
(a 
cura 
di), manuale 
di 
diritto sanitario, 
Bologna, 2013. 


(43) Corte Cost., sentenza 14-22 giugno 1990, n. 307, in www.giurcost.org. 
(44) Corte Cost., sentenza 16 marzo 1992, n. 132, in www.giurcost.org. 
(45) Corte Cost., sentenza 20 giugno 1994, n. 258, in www.giurcost.org. 
(46) 
Corte 
Cost., 
sent. 
n. 
307 
del 
1990, 
cit. 
Si 
consideri 
che 
l�esigenza 
di 
tutelare 
e 
non 
danneggiare 
la 
salute 
del 
soggetto 
sottoposto 
al 
trattamento 
sanitario 
obbligatorio 
implica 
che 
il 
trattamento 
sia 
posto 
comunque 
in 
essere 
da 
professionisti 
(medici, 
infermieri, 
ecc.), 
utilizzando 
i 
pi� 
efficaci 
e 
pi� 
sicuri 
trattamenti 
che 
la 
medicina 
mette 
a 
disposizione 
e 
adottando inoltre 
tutte 
le 
cautele 
possibili 
per evitare 
l�insorgere di reazioni avverse nell�obbligato al trattamento. 
(47) B. PEzzInI, il diritto alla salute: profili costituzionali, in Diritto e societ�, 1983, pp. 21 ss. 
(48) B. BArBISAn, La morte 
che 
ci 
sfugge, le 
dichiarazioni 
anticipate 
di 
volont� ed il 
limite 
del 
rispetto della persona umana, in www.astrid-online.it, 2009, pp. 8 ss. 
(49) M. oLIVETTI, appunti 
per 
una mappa concettuale 
sul 
diritto alla salute 
nel 
sistema costituzionale 
italiano, 
in 
metodologia 
Didattica 
e 
innovazione 
Clinica, 
cit., 
osserva 
come 
solo 
�gravi 
interessi 
della collettivit�� 
possano giustificare i trattamenti sanitari obbligatori. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


se 
non altro in quanto, in caso contrario, il 
pericolo per la 
salute 
sarebbe 
facilmente 
evitabile 
semplicemente 
mediante 
la 
non 
assunzione 
del 
rischio 
da 
parte 
degli interessati; 


iii) 
non 
deve 
essere 
evitabile 
con 
misure 
alternative 
all�imposizione 
di 
un 
trattamento 
sanitario 
obbligatorio, 
in 
quanto, 
diversamente, 
lo 
Stato 
sarebbe 
tenuto 
ad 
attuare 
le 
misure, 
distinte 
dai 
trattamenti 
sanitari 
obbligatori, 
in 
grado 
di 
evitare 
il 
pericolo 
per 
la 
salute 
collettiva 
senza 
il 
sacrificio 
della 
libert� 
personale 
dei singoli (50). 

2) vi 
� 
�la previsione 
che 
esso non incida negativamente 
sullo stato di 
salute 
di 
colui 
che 
vi 
� 
assoggettato, salvo che 
per 
quelle 
sole 
conseguenze 
che, per 
la loro temporaneit� e 
scarsa entit�, appaiano normali 
di 
ogni 
intervento 
sanitario e, pertanto, tollerabili�; 


3) �nell�ipotesi 
di 
danno ulteriore 
alla salute 
del 
soggetto sottoposto al 
trattamento 
obbligatorio 
-ivi 
compresa 
la 
malattia 
contratta 
per 
contagio 
causato 
da 
vaccinazione 
profilattica 
-sia 
prevista 
comunque 
la 
corresponsione 
di una �equa indennit�� in favore del danneggiato� 
(51). 

orbene, sembra 
che 
nell�ipotesi 
delle 
vaccinazioni 
obbligatorie 
previste 
dal 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, e 
in particolare 
in relazione 
all�obbligo di 
cui 
all�articolo 
1, 
comma 
2, 
che 
riguarda 
anche 
i 
soggetti 
immunizzati 
nel-
l�ipotesi 
in cui 
non sia 
disponibile 
il 
vaccino monocomponente 
o quello combinato 
in 
cui 
sia 
assente 
l�antigene 
relativo 
alla 
malattia 
per 
la 
quale 
si 
� 
conseguita l�immunizzazione, ricorrano tutte le condizioni appena elencate. 


Ed invero, la 
vaccinazione 
� 
inequivocabilmente 
diretta 
a 
preservare 
lo 
stato di 
salute 
non soltanto di 
chi 
vi 
� 
assoggettato ma 
anche 
di 
tutti 
gli 
altri 
membri 
della 
collettivit� 
e, in particolare, di 
coloro che, a 
causa 
di 
particolari 
condizioni 
patologiche, non possono essere 
assoggettati 
a 
vaccinazione 
e 
che 
correrebbero 
seri 
rischi 
nel 
caso 
in 
cui 
venisse 
meno 
la 
c.d. 
immunit� 
di 
gregge. 
E 
tale 
conclusione 
vale 
anche 
nell�ipotesi 
della 
vaccinazione 
di 
un 
soggetto immunizzato nei 
confronti 
di 
una 
delle 
malattie 
che 
il 
vaccino combinato 
tende 
a 
prevenire, 
atteso 
che, 
come 
detto, 
la 
pregressa 
malattia 
non 
rappresenta 
una 
controindicazione 
alla 
vaccinazione 
e 
che 
il 
beneficio 
per 
la 
salute 
individuale, conseguibile 
attraverso la 
somministrazione 
del 
vaccino combinato, 
rende 
assolutamente 
�tollerabile� 
il 
�sacrificio� 
dell�inoculazione 
del 
vaccino contenente 
anche 
l�antigene 
relativo alla 
malattia 
per cui 
si 
� 
conseguita 
l�immunizzazione. 


(50) D. VInCEnzI 
AMATo, Tutela della salute 
e 
libert� individuale, cit., p. 2471; 
D. MorAnA, La 
salute nella Costituzione italiana, cit., p. 203. 
(51) Ferma 
restando la 
parallela 
tutela 
risarcitoria, la 
quale 
�trova applicazione 
tutte 
le 
volte 
che 
le 
concrete 
forme 
di 
attuazione 
della legge 
impositiva del 
trattamento o di 
esecuzione 
materiale 
di 
esso 
non 
siano 
accompagnate 
dalle 
cautele 
o 
condotte 
secondo 
le 
modalit� 
che 
lo 
stato 
delle 
conoscenze 
scientifiche 
e 
l�arte 
prescrivono in relazione 
alla sua natura� 
(sulla 
base 
dei 
titoli 
soggettivi 
di 
imputazione 
e con gli effetti risarcitori previsti dall�art. 2043 cod. civ.). 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Pi� specificamente, come 
gi� 
illustrato nel 
paragrafo primo del 
presente 
lavoro, occorre 
tener conto del 
fatto che 
il 
decreto legge 
n. 73 del 
2017 � 
stato 
adottato in un contesto caratterizzato da una preoccupante flessione delle coperture 
vaccinali 
e 
dall�aumento dei 
casi 
di 
malattie 
infettive 
in fasce 
di 
et� 
diverse 
da 
quelle 
classiche 
e 
con quadri 
clinici 
pi� gravi 
e 
conseguente 
maggiore 
ricorso 
all�ospedalizzazione, 
oltrech� 
dalla 
ricomparsa 
di 
malattie 
ormai 
sotto controllo. 


Va, inoltre, considerato che 
la 
pratica 
vaccinale 
non �, di 
regola, pericolosa 
e 
che, 
viceversa, 
sono 
gravi, 
talvolta 
letali, 
i 
rischi 
che 
possono, 
in 
difetto 
di 
vaccinazione, derivare 
dalla 
contrazione 
della 
malattia: 
le 
possibili 
conseguenze 
della 
vaccinazione, 
puntualmente 
enumerate 
nella 
Tabella 
2 
di 
cui 
alle 
pagg. 33-35 del 
Piano nazionale 
di 
Prevenzione 
Vaccinale 
2017-2019, sono, 
nella 
stragrande 
maggioranza 
dei 
casi, quelle 
proprie 
di 
ogni 
trattamento sanitario 
e 
per la 
loro lievit� 
e 
temporaneit� 
sono non soltanto tollerabili, ma 
sicuramente 
trascurabili, se 
raffrontati 
ai 
benefici 
che 
certamente 
conseguono 
all�immunizzazione. 


Infine, nell�ipotesi 
di 
lesioni 
o infermit� 
causate 
da 
vaccinazioni 
obbligatorie 
che 
abbiano comportato una 
menomazione 
permanente 
dell�integrit� 
psico-fisica, 
l�ordinamento 
appresta 
una 
specifica 
tutela 
indennitaria 
(l. 
25 
febbraio 
1992, n. 210 e 
ss. mm) richiamata 
dagli 
artt. 5-bis, 5-ter 
e 
5-quater 
del 
decreto-legge 
in questione, alla 
quale 
si 
affianca 
la 
responsabilit� 
civile 
che 
opera 
sul 
piano della 
tutela 
della 
salute 
di 
ciascuno contro l�illecito (da 
parte 
di 
chicchessia) sulla 
base 
dei 
titoli 
soggettivi 
di 
imputazione 
e 
con gli 
effetti 
risarcitori 
pieni 
previsti 
dall�art. 2043 del 
codice 
civile. Al 
riguardo, una 
importante 
novit� 
� 
prevista 
dall�art. 5-bis 
del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, ai 
sensi 
del 
quale 
l�Agenzia 
Italiana 
del 
Farmaco (AIFA) � 
litisconsorte 
necessario 
nei 
procedimenti 
relativi 
a 
controversie 
aventi 
ad 
oggetto 
domande 
di 
riconoscimento 
di 
indennizzo da 
vaccinazioni 
e 
a 
ogni 
altra 
controversia 
volta 
al 
riconoscimento del 
danno da 
vaccinazione, nonch� 
in controversie 
aventi 
ad oggetto domande 
di 
autorizzazione 
alla 
somministrazione 
di 
presunti 
farmaci 
non oggetto di 
sperimentazione 
almeno di 
fase 
3 e 
da 
porre 
a 
carico del 
Servizio sanitario nazionale o di enti o strutture sanitarie pubbliche. 


Quanto 
sinora 
sostenuto 
trova 
conferma 
nel 
parere 
n. 
2065 
del 
26 
settembre 
2017, reso dalla 
Commissione 
Speciale 
del 
Consiglio di 
Stato su richiesta 
della 
regione 
Veneto, con specifico riferimento all�obbligo vaccinale 
introdotto 
dal 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, nel 
quale 
si 
legge 
che: 
�La Costituzione, 
�, 
contrariamente 
a 
quanto 
divisato 
dai 
sostenitori 
di 
alcune 
interpretazioni 
riduzionistiche 
del 
diritto 
alla 
salute, 
non 
riconosce 
un�incondizionata 
e 
assoluta libert� di 
non curarsi 
o di 
non essere 
sottoposti 
a trattamenti 
sanitari 
obbligatori 
(anche 
in relazione 
a terapie 
preventive 
quali 
sono 
i 
vaccini), per 
la 
semplice 
ragione 
che, soprattutto nelle 
patologie 
ad 
alta 
diffusivit�, 
una 
cura 
sbagliata 
o 
la 
decisione 
individuale 
di 
non 
curarsi 
pu� 
dan



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


neggiare 
la salute 
di 
molti 
altri 
esseri 
umani 
e, in particolare, la salute 
dei 
pi� deboli, ossia dei 
bambini 
e 
di 
chi 
� 
gi� ammalato� 
o di 
chi, per particolari 
condizioni 
cliniche, non si 
pu� vaccinare: 
e, ci�, perch� 
�la salute 
non � 
solo 
oggetto di 
un diritto (variamente 
declinabile 
come 
diritto alla cura e 
diritto 
di 
non 
curarsi 
e 
comunque 
ad 
esprimere 
un 
consenso 
informato 
alla 
cura), 
ma � 
anche 
un interesse 
della collettivit��, interesse 
che, come 
sՏ 
detto, ben 
pu� giustificare, nei 
modi 
e 
nei 
limiti 
visti, l�intervento del 
legislatore 
per imporre, 
con carattere 
di 
generalit� 
e 
sulla 
base 
di 
un rapporto di 
proporzionalit� 
con 
le 
esigenze 
di 
tutela 
dell�altrui 
salute, 
determinati 
trattamenti 
sanitari 
(52). 


Va, 
inoltre, 
considerato, 
ai 
fini 
della 
verifica 
della 
ragionevolezza 
dell�intervento 
normativo in questione, che, come 
evidenziato anche 
dalla 
Corte 
costituzionale 
nella 
sentenza 
n. 5 del 
2018, in relazione 
al 
ricorso sollevato in 
via 
principale 
dalla 
regione 
Veneto, il 
legislatore 
� 
intervenuto in una 
situazione 
in cui 
�lo strumento della persuasione 
appariva carente 
sul 
piano del-
l�efficacia� 
e 
�nulla esclude 
che, mutate 
le 
condizioni, la scelta possa essere 
rivalutata e 
riconsiderata. in questa prospettiva di 
valorizzazione 
della dinamica 
evolutiva 
propria 
delle 
conoscenze 
medico-scientifiche 
che 
debbono 
sorreggere 
le 
scelte 
normative 
in campo sanitario, il 
legislatore 
ai 
sensi 
dell�art. 
1, comma 1-ter 
del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, come 
convertito ha opportunamente 
introdotto in sede 
di 
conversione 
un sistema di 
monitoraggio periodico 
che 
pu� 
sfociare 
nella 
cessazione 
della 
obbligatoriet� 
di 
alcuni 
vaccini 
(...). Questo elemento di 
flessibilizzazione 
della normativa, da attivarsi 
alla 
luce 
dei 
dati 
emersi 
nelle 
sedi 
scientifiche 
appropriate, denota che 
la scelta 
legislativa 
a 
favore 
dello 
strumento 
dell�obbligo 
� 
fortemente 
ancorata 
al 
contesto 
ed � suscettibile di diversa valutazione al mutare di esso� 
(53). 


Tra 
l�altro, le 
misure 
previste 
dal 
decreto-legge 
sono state 
accompagnate 
dall�avvio, da 
parte 
del 
Ministero della 
salute 
- a 
decorrere 
dal 
mese 
di 
luglio 
2017 
-di 
iniziative 
di 
comunicazione 
e 
informazione 
istituzionale 
per 
illustrare 
e 
favorire 
la 
conoscenza 
delle 
disposizioni 
di 
cui 
al 
decreto, 
ai 
sensi 
della 
legge 
7 giugno 2000, n. 150, in collaborazione 
con i 
medici 
di 
medicina 
generale, i 
pediatri 
di 
libera 
scelta 
e 
i 
farmacisti 
delle 
farmacie 
del 
territorio, sentite 
le 
rispettive 
rappresentanze ordinistiche e le associazioni di categoria. 


Il 
Ministero 
della 
salute 
e 
il 
Ministero 
dell�istruzione, 
dell�universit� 
e 
della 
ricerca, 
nell�anno 
scolastico 
2017/2018, 
hanno 
adottato 
iniziative 
di 
formazione 
del 
personale 
docente 
ed 
educativo 
e 
di 
educazione 
delle 
alunne 
e 
degli 
alunni 
sui 
temi 
della 
prevenzione 
sanitaria 
e 
in particolare 
delle 
vaccinazioni, 
anche 
attraverso 
il 
coinvolgimento 
delle 
associazioni 
dei 
genitori 
(54), 


(52) P. BArILE, Diritti dell�uomo e libert� fondamentali, cit. 
(53) Corte Cost., 18 gennaio 2018, n. 5, in www.cortecostituzionale.it. 
(54) L�intervento formativo ha 
riguardato le 
istituzioni 
scolastiche 
del 
primo ciclo di 
istruzione, 
in particolare, un docente 
per autonomia 
scolastica, che, a 
sua 
volta, ha 
sensibilizzato sulle 
tematiche 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


con 
l�obiettivo 
di 
promuovere 
una 
adesione 
volontaria 
e 
consapevole 
alle 
vaccinazioni 
previste 
dal 
PnPV 
e 
diffondere 
la 
cultura 
delle 
vaccinazioni 
nella 
popolazione e tra gli esercenti le professioni sanitarie (55). 


Va, infine, evidenziato che, come 
ha 
giustamente 
rilevato la 
Corte 
costituzionale 
nella 
sentenza 
n. 5 del 
2018, il 
legislatore 
del 
2017, nell�estendere 
l�obbligo vaccinale, �ha ritenuto di 
dover 
preservare 
un adeguato spazio per 
un 
rapporto 
con 
i 
cittadini 
basato 
sull�informazione, 
sul 
confronto 
e 
sulla 
persuasione: 
in 
caso 
di 
mancata 
osservanza 
dell�obbligo 
vaccinale, 
l�art. 
1 
comma 4 del 
decreto-legge 
n. 73 del 
2017, come 
convertito, prevede 
un procedimento 
volto 
in 
primo 
luogo 
a 
fornire 
ai 
genitori 
(o 
agli 
esercenti 
la 
potest� 
genitoriale) ulteriori 
informazioni 
sulle 
vaccinazioni 
e 
a sollecitarne 
l�effettuazione. 
a 
tale 
scopo, il 
legislatore 
ha inserito un apposito colloquio tra le 
autorit� sanitarie 
e 
i 
genitori, istituendo un momento di 
incontro personale, 
strumento particolarmente 
favorevole 
alla comprensione 
reciproca, alla persuasione 
e all�adesione consapevole�. 


3.2.2. L�insussistenza del 
principio di 
autodeterminazione 
del 
singolo in rapporto 
al 
dovere 
dei 
genitori 
di 
adottare 
misure 
idonee 
ad 
evitare 
pregiudizi 
per la salute dei figli minori. 
Tutto ci� premesso, nel 
valutare 
la 
legittimit� 
di 
un eventuale 
rifiuto di 
somministrazione 
delle 
vaccinazioni 
opposto dai 
genitori 
dei 
minori 
gi� 
immunizzati 
per 
una 
o 
pi� 
delle 
malattie 
per 
le 
quali 
viene 
somministrato 
un 
vaccino 
combinato, 
non 
si 
pu� 
prescindere 
dall�evidenziare 
che, 
nel 
caso 
delle 
vaccinazioni 
obbligatorie 
previste 
dal 
decreto-legge 
n. 
73/2017, 
il 
richiamo 
al 
principio di 
autodeterminazione 
del 
singolo individuo non � 
corretto, atteso 
che 
i 
destinatari 
dell�obbligo vaccinale 
sono 
�minori 
di 
et� compresa tra zero 
e sedici anni� 
(art. 1, comma 1). 


Ci� che 
rileva, in tale 
caso, non � 
la 
loro libert� 
di 
scelta 
quanto �il 
potere-
dovere 
dei 
genitori 
di 
adottare 
le 
misure 
e 
le 
condotte 
idonee 
a evitare 
pregiudizi o concreti pericoli alla [loro] salute� 
(56). 


In proposito, non pu� negarsi 
che, nella 
moderna 
concezione, la 
potest� 
parentale 
(oggi, responsabilit� 
genitoriale) non � 
pi� intesa 
quale 
vitae 
necisque 
potestas, 
bens� 
come 
�diritto-dovere 
che 
trova 
nell�interesse 
del 
figlio 
la sua funzione e il suo limite� 
(57). 


per 
le 
quali 
� 
stato 
formato 
gli 
altri 
colleghi 
dell�istituzione 
scolastica 
di 
appartenenza. 
Il 
Ministero 
della 
salute 
ha 
coadiuvato 
il 
Ministero 
dell�istruzione, 
dell�universit� 
e 
della 
ricerca, 
predisponendo 
e 
fornendo 
materiale informativo alle istituzioni scolastiche. 


(55) In sede 
di 
conversione 
in legge, � 
stato anche 
previsto che 
i 
consultori 
familiari 
di 
cui 
alla 
legge 
29 luglio 1975, n. 405 hanno il 
compito di 
diffondere 
le 
informazioni 
relative 
alle 
disposizioni 
del decreto-legge. 
(56) Corte Cost., ord. 8-22 luglio, 2004, n. 262, in www.giurcost.org. 
(57) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1992. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Ed infatti, �la Costituzione 
ha rovesciato le 
concezioni 
che 
assoggettavano 
i 
figli 
ad 
un 
potere 
assoluto 
ed 
incontrollato, 
affermando 
il 
diritto 
del 
minore 
ad 
un 
pieno 
sviluppo 
della 
sua 
personalit� 
e 
collegando 
funzionalmente 
a 
tale 
interesse 
i 
doveri 
che 
ineriscono, 
prima 
ancora 
dei 
diritti, 
all�esercizio 
della 
potest� 
genitoriale. 
� 
appunto 
questo 
il 
fondamento 
costituzionale 
degli 
artt. 330 e 
333 cod. civ., che 
consentono al 
giudice 
- allorquando 
i 
genitori, venendo meno ai 
loro obblighi, pregiudicano beni 
fondamentali 
del 
minore 
- quali 
la salute 
e 
l�istruzione 
- di 
intervenire 
affinch� 
a 
tali obblighi si provveda in sostituzione di chi non adempie� 
(58). 


Conclusioni, 
quelle 
appena 
esposte, 
riprese 
nella 
menzionata 
ordinanza 
n. 
262/2004, 
in 
materia 
di 
vaccinazione 
antitetanica 
da 
somministrare 
ai 
nuovi 
nati, 
con 
cui 
la 
Consulta, 
nel 
dichiarare 
la 
manifesta 
inammissibilit� 
della 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
sollevata, 
ha 
eccepito 
al 
giudice 
rimettente 
la 
mancata 
considerazione 
�del 
rischio 
derivante 
allo 
stesso 
minore 
dall�omissione 
della 
vaccinazione, 
posto, 
che 
nel 
caso 
del 
minore, 
non 
� 
in 
gioco 
la 
sua 
autodeterminazione, 
ma 
il 
potere-dovere 
dei 
genitori 
di 
adottare 
le 
misure 
e 
le 
condotte 
idonee 
a 
evitare 
pregiudizi 
o 
concreti 
pericoli 
alla 
salute 
dello 
stesso 
minore, 
non 
potendosi 
ammettere 
una 
totale 
libert� 
dei 
genitori 
di 
effettuare 
anche 
scelte 
che 
potrebbero 
essere 
gravemente 
pregiudizievoli 
al 
figlio�. 


Anche 
la 
Corte 
di 
Cassazione, 
proprio 
in 
tema 
di 
sanzioni 
amministrative 
per 
la 
violazione 
dell�obbligo 
di 
sottoposizione 
alle 
vaccinazioni 
obbligatorie, 
ha 
sostenuto che 
�il 
dovere 
di 
tutelare 
la salute 
del 
minore 
da parte 
del 
genitore 
non 
pu� 
risolversi 
nella 
negazione, 
per 
propria 
convinzione, 
dell�esistenza 
dell�obbligo, o nel 
timore 
generico di 
un pregiudizio per 
il 
minore, ma deve 
concretarsi 
nella 
prospettazione 
di 
specifiche 
ragioni 
che 
nel 
singolo 
caso 
rendono la vaccinazione 
pericolosa e 
nella dimostrazione 
di 
particolari 
controindicazioni, 
desunte dalla salute fisica del soggetto da vaccinare� 
(59). 


Pi� recentemente, proprio in relazione 
all�opposizione 
della 
madre 
di 
un 
minore 
di 
anni 
sette 
rispetto alla 
somministrazione 
di 
ulteriori 
dosi 
di 
vaccini 
combinati 
(esavalente 
e 
trivalente), 
il 
giudice 
di 
merito, 
ai 
sensi 
degli 
artt. 
333 
e 
336 
c.c., 
ha 
disposto, 
all�esito 
di 
consulenza 
tecnica 
d�ufficio, 
l�affievolimento 
della responsabilit� genitoriale della stessa madre (60). 


In 
definitiva, 
nel 
caso 
di 
vaccinazioni 
obbligatorie 
su 
minori, 
la 
questione 
della 
contrapposizione 
tra 
diritto individuale 
di 
libert�/interesse 
della 
collettivit� 
assume 
uno spessore 
ulteriormente 
problematico, in quanto i 
genitori/tutori/
affidatari 
hanno 
l�obbligo 
imprescindibile 
di 
rispettare 
l�interesse 
del 


(58) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132 del 1992. 
(59) 
Cos� 
Cass., 
sez. 
I, 
8 
luglio 
2005, 
n. 
14384; 
v. 
anche, 
in 
termini 
sostanzialmente 
analoghi, 
Cass., sez. I, 18 luglio 2003, n. 11226. 
(60) 
Corte 
d�Appello 
napoli, 
sez. 
famiglia, 
decreto 
30 
agosto 
2017; 
conformemente, 
Trib. 
roma, 
sez. I, ord. 16 febbraio 2017; Corte d�Appello Bologna, sez. lav., 13 febbraio 2015, n. 1767/2014. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


minore. In altri 
termini, il 
diritto dei 
terzi 
alla 
tutela 
della 
propria 
salute 
e 
l�interesse 
collettivo vanno contemperati 
non gi� 
con la 
libert� 
di 
autodeterminazione 
del 
singolo, bens� 
�con l�interesse 
del 
bambino� 
il 
quale 
esige 
�tutela 
anche 
nei 
confronti 
dei 
genitori 
che 
-sulla 
base 
di 
personali 
convinzioni 
in 
merito 
alla 
validit� 
della 
pratica 
vaccinale 
-non 
adempiono 
ai 
compiti 
inerenti 
alla cura del minore� 
(61). 


3.3. il diritto alla tutela della salute e il dovere di solidariet� sociale. 
Tutto ci� premesso, non pu� che 
introdursi 
l�altro principio al 
quale 
� 
intrinsecamente 
connesso il 
tema 
dei 
trattamenti 
sanitari 
obbligatori: 
il 
dovere 
di 
solidariet� 
di 
cui 
all�articolo 2 della 
Costituzione, 
�nel 
qual 
riecheggiano 
il 
principio 
cattolico 
della 
solidariet� 
e 
l�istanza 
mazziniana 
che 
vuole 
i 
diritti 
collegati 
ai 
doveri, essendo evidente 
che 
nessuno Stato pu� esistere 
senza un 
certo grado di solidariet� tra i suoi cittadini� 
(62). 


Ed infatti, � 
proprio mediante 
il 
richiamo agli 
inderogabili 
doveri 
di 
solidariet� 
sociale 
che 
l��interesse 
della 
collettivit�� 
giustifica, 
nell�ottica 
del 
comma 
2 dell�art. 32 della 
Carta 
fondamentale, l�imposizione 
al 
singolo di 
un 
determinato trattamento sanitario, anche 
perch� 
- come 
� 
stato notato da 
illustre 
dottrina 
- alcuni 
tra 
i 
doveri 
di 
solidariet� 
non sono altro che 
il 
risvolto di 
diritti: 
cos�, ad esempio, il 
dovere 
di 
mantenere, istruire 
ed educare 
i 
figli 
(art. 
30), il 
dovere 
di 
acquisire 
l�istruzione 
mediante 
la 
frequenza 
della 
scuola 
c.d. 
dell�obbligo 
(art. 
34), 
quello 
di 
esercitare 
il 
diritto 
di 
voto 
(art. 
48) 
e, 
per 
quanto 
qui interessa, il dovere di sottoporsi a trattamenti sanitari (63). 


In proposito, se 
non si 
pu� prescindere 
dal 
rilevare 
che 
la 
maggior parte 
degli 
Autori 
disconosce 
l�esistenza 
di 
un 
vero 
e 
proprio 
dovere 
giuridico 
di 
mantenersi 
in buona 
condizione 
psicofisica 
(64), non si 
pu� parimenti 
negare 
che 
il 
generale 
dovere 
di 
solidariet� 
-che, 
come 
ha 
di 
recente 
ricordato 
il 
Consiglio 
di 
Stato nel 
richiamato parere 
della 
Commissione 
Speciale, �pervade 
e 
innerva 
tutti 
i 
rapporti 
sociali 
e 
giuridici�-� 
bidirezionale 
e 
reciproco, 
in 
quanto coinvolge, in egual misura, la collettivit� e il singolo. 


Ed 
invero, 
proprio 
valorizzando 
il 
dovere 
di 
solidariet�, 
si 
giunge 
a 
giu


(61) Cfr. la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 132/1992. 
(62) M. MAzzIoTTI 
DI 
CELSo, G.M. SALErno, manuale 
di 
diritto costituzionale, Padova, 2003, 
p. 145. 
(63) V. CrISAFULLI, L. PALADIn 
(a 
cura 
di), Commentario breve 
alla Costituzione, Padova, 1990. 
(64) ne 
consegue 
che 
- come 
detto - il 
sacrificio della 
libert� 
individuale 
che 
un trattamento sanitario 
obbligatorio comporta 
sia 
accettabile 
e 
costituzionalmente 
legittimo solo in presenza 
di 
rischi 
per lo stato di 
salute 
dell�insieme 
degli 
altri 
consociati. Sull�inesistenza 
di 
un dovere 
alla 
salute, cfr. M. 
LUCIAnI, il 
diritto costituzionale 
alla salute, cit., pp. 780 ss.; 
r. D�ALESSIo, i limiti 
costituzionali 
dei 
trattamenti 
�sanitari�, (a proposito dei 
Testimoni 
di 
Geova), in Diritto e 
societ�, 1981, pp. 536 ss.; 
D. 
VInCEnzI 
AMATo, 
Tutela 
della 
salute 
e 
libert� 
individuale, 
cit., 
pp. 
2466 
ss.; 
G. 
GEMMA, 
Diritto 
a 
rifiutare 
cure 
ed interessi 
costituzionali 
diversi 
dalla salute 
pubblica, in rivista aic, 2017; 
A.A. nEGronI, Sull�inesistenza 
di un �dovere alla salute� nella Costituzione italiana, in 
Bioetica, 2014, pp. 59 ss. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


stificare 
sia 
l�imposizione 
al 
singolo 
di 
un 
determinato 
trattamento 
sanitario 
sia 
il 
corrispondente 
aggravio 
per 
la 
collettivit�, 
che 
sar� 
chiamata 
a 
compensare 
economicamente 
il 
pregiudizio 
che 
eventualmente 
derivi 
al 
singolo 
dal 
trattamento 
sanitario, 
prescritto 
nell�interesse 
non 
soltanto 
suo, 
ma 
della 
stessa 
collettivit�. 


nella 
gi� 
citata 
sentenza 
n. 307 del 
1990, in materia 
di 
vaccinazione 
antipoliomielitica, 
la 
Corte 
costituzionale 
sostiene 
che 
sia 
il 
rilievo 
costituzionale 
della 
tutela 
della 
salute 
come 
interesse 
della 
collettivit� 
a 
giustificare 
il 
fatto 
che, in nome 
della 
solidariet� 
verso gli 
altri, ciascuno possa 
essere 
obbligato 
ad un dato trattamento sanitario. 


Anche 
nella 
successiva 
sentenza 
n. 
118/1996 
(65) 
-ancora 
in 
tema 
di 
vaccinazione 
antipoliomielitica 
-si 
afferma 
che 
�in 
nome 
del 
dovere 
di 
solidariet� 
verso gli 
altri 
� 
possibile 
che 
chi 
ha da essere 
sottoposto al 
trattamento sanitario 
(o, 
come 
nel 
caso 
della 
vaccinazione 
antipoliomielitica 
che 
si 
pratica 
nei 
primi 
mesi 
di 
vita, 
chi 
esercita 
la 
potest� 
di 
genitore 
o 
la 
tutela) 
sia 
privato 
della facolt� di 
decidere 
liberamente. �La coesistenza tra la dimensione 
individuale 
e 
quella 
collettiva 
della 
disciplina 
costituzionale 
della 
salute 
nonch� 
il 
dovere 
di 
solidariet� che 
lega il 
singolo alla collettivit�, ma anche 
la collettivit� 
al 
singolo, 
impongono 
che 
si 
predisponga, 
per 
quanti 
abbiano 
ricevuto 
un danno alla salute 
dall�aver 
ottemperato all�obbligo del 
trattamento sanitario, 
una 
specifica 
misura 
di 
sostegno 
consistente 
in 
un 
equo 
ristoro 
del 
danno. Un ristoro, occorre 
aggiungere, dovuto per 
il 
semplice 
fatto obiettivo 
e 
incolpevole 
dell�aver 
sub�to un pregiudizio non evitabile, in un�occasione 
dalla 
quale 
la 
collettivit� 
nel 
suo 
complesso 
trae 
un 
beneficio 
[e 
che] 
prescinde 
dalla 
colpa 
e 
deriva 
dall�inderogabile 
dovere 
di 
solidariet� 
che, 
in 
questi 
casi, incombe sull�intera collettivit� e, per essa, sullo Stato� 
(66). 


Anche 
con la 
menzionata 
sentenza 
n. 107/2012 - cui 
rinvia 
la 
pi� recente 
sentenza 
n. 268 del 
2017 (67) - la 
Corte 
Costituzionale, nel 
richiamare 
la 
correlazione 
esistente, 
tra 
il 
diritto 
fondamentale 
dell�individuo 
e 
l�interesse 
della 
collettivit�, pone 
l�accento sulla 
�necessit� che, ove 
i 
valori 
in questione 
vengano 
a trovarsi 
in frizione, l�assunzione 
dei 
rischi, relativi 
a un trattamento 
�sacrificante� 
della libert� individuale, venga ricondotta ad una dimensione 
di tipo solidaristico�. 


Da 
ultimo, la 
Consulta 
ha 
fondato il 
proprio giudizio di 
legittimit� 
della 
scelta 
effettuata 
dal 
decreto-legge 
n. 
73 
del 
2017, 
proprio 
sulla 
circostanza 
che 
tale 
scelta 
� 
�volta a tutelare 
la salute 
individuale 
e 
collettiva� 
ed � 
�fondata 


(65) Corte Cost., sent. 15-18 aprile, 1996, n. 118, in www.giurcost.org. 
(66) Cfr. anche 
Corte 
Cost., sentenza 
22 giugno 2000, n. 226, in www.giurcost.org, che 
ribadisce 
che 
ҏ 
dunque 
l�interesse 
collettivo alla salute 
la ragione 
determinante 
del 
diritto all�indennizzo. Non 
� 
l�obbligatoriet� in quanto tale 
del 
trattamento, la quale 
� 
semplicemente 
strumento per 
il 
perseguimento 
di tale interesse�. 
(67) Corte Cost., sentenza 22 novembre 2017, n. 268, in www.giurcost.org. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


sul 
dovere 
di 
solidariet� nel 
prevenire 
e 
limitare 
la diffusione 
di 
alcune 
malattie� 
(cfr. 
Comunicato 
dell�Ufficio 
Stampa 
del 
22 
novembre 
u.s., 
relativo 
alla 
decisione 
assunta 
dalla 
Corte 
costituzionale 
successivamente 
all�udienza 
in cui 
sono state 
discusse 
le 
numerose 
questioni 
di 
legittimit� 
costituzionale 
promosse in via principale dalla regione 
Veneto) (68). 


3.4. il 
diritto alla tutela della salute, il 
diritto all�istruzione 
e 
il 
principio di 
eguaglianza. 
Tutto ci� premesso, il 
diritto alla 
tutela 
della 
salute, cos� 
come, del 
resto, 
il 
diritto all�istruzione 
(art. 34 Cost.), va 
correlato al 
principio di 
uguaglianza 
e 
al 
diritto di 
tutti 
di 
accedere 
non solo ai 
servizi 
sanitari, ma 
anche 
ai 
servizi 
educativi e scolastici in condizioni di effettiva parit�. 


Al 
riguardo, 
non 
si 
pu� 
omettere 
di 
considerare 
che 
l�inadempimento 
dell�obbligo 
vaccinale 
da 
parte 
di 
alcuni 
genitori 
-e, 
per 
quanto 
in 
questa 
sede 
specificamente 
interessa, da 
parte 
dei 
genitori 
dei 
minori 
parzialmente 
immunizzati 
rispetto alle 
malattie 
per le 
cui 
vaccinazioni 
sussiste 
l�obbligo di 
legge 


-in nome 
di 
una 
malintesa 
�libert� 
delle 
cure� 
rischierebbe 
di 
esporre 
al 
contagio 
tutti coloro i quali vengano in contatto con i loro figli non vaccinati. 
La 
Commissione 
Speciale 
del 
Consiglio di 
Stato, nel 
citato parere 
del 
26 
settembre 
2017, 
ha 
chiarito 
�che 
i 
bambini 
costretti 
a 
frequentare 
classi 
in 
cui 
sia 
bassa 
l�immunit� 
di 
gregge 
potrebbero 
essere 
esposti 
a 
pericoli 
per 
la 
loro 
salute 
(�). La discriminazione 
tra bambini 
e 
bambini, tra cittadini 
sani 
e 
cittadini 
deboli, non potrebbe 
essere 
pi� eclatante. il 
servizio sanitario e 
il 
servizio 
scolastico, 
da 
chiunque 
gestiti, 
debbono 
quindi 
garantire 
alti 
e 
omogenei 
livelli 
di 
copertura vaccinale 
in tutto il 
Paese, dal 
momento che 
la stessa ragion 
d�essere 
di 
tali 
servizi 
� 
quella di 
rendere 
effettivi, all�insegna del 
buon 
andamento amministrativo e 
della leale 
collaborazione 
tra i 
vari 
livelli 
di 
governo, 
i 
diritti 
fondamentali 
tutelati 
dalla Costituzione 
e, tra questi, in primo 
luogo il 
diritto alla vita e 
alla salute, quali 
indefettibili 
precondizioni 
per 
un 
pieno 
sviluppo 
della 
persona 
umana, 
pure 
in 
quella 
particolare 
formazione 
sociale che � la scuola�. 


Ci� giustifica 
la 
previsione 
di 
cui 
all�art. 3, comma 
3, del 
d.l. n. 73/2017, 
in base 
alla 
quale 
- come 
visto - la 
presentazione 
della 
documentazione 
comprovante 
l�adempimento 
dell�obbligo 
vaccinale 
costituisce 
requisito 
di 
accesso 
ai 
servizi 
educativi 
per l�infanzia 
e 
alle 
scuole 
dell�infanzia, ivi 
incluse 
quelle 
private non paritarie. 


(68) A 
parere 
di 
D. MorAnA, la 
giurisprudenza 
costituzionale 
�bench� 
escluda in via di 
principio 
che 
l�interesse 
della collettivit� abiliti 
il 
legislatore 
a provocare 
il 
sacrificio della salute 
del 
singolo, finisce 
poi 
con il 
risolvere 
il 
conflitto tra le 
due 
polarit� in favore 
dell�interesse 
della collettivit�: la salvaguardia 
della 
tutela 
della 
salute 
dell�individuo, 
che 
pure 
in 
base 
alla 
Costituzione 
deve 
rappresentare 
un limite 
per 
l�imposizione 
del 
trattamento stesso, viene 
in concreto ad essere 
esposta a pregiudizio in 
ragione di quell�interesse� 
(Cfr. La salute come diritto costituzionale. Lezioni, cit. p. 61). 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


� 
infatti 
evidente 
che 
il 
pericolo di 
contagio � 
massimo in et� 
prescolare, 
per effetto stesso dei 
comportamenti 
assunti 
dai 
bambini, tali 
da 
accrescere 
le 
probabilit� 
di 
trasmissione 
di 
virus 
e 
batteri 
(gattonamento, scambio di 
ciucci 
e 
di 
giocattoli) e, di 
conseguenza, altrettanto alto � 
il 
rischio di 
complicanze 
per coloro che, per specifiche 
condizioni 
cliniche 
ostative, non possono sottoporsi 
alle 
vaccinazioni. Viceversa, le 
esigenze 
di 
tutela 
dei 
minori 
non vaccinati 
sono, 
ratione 
aetatis, 
meno 
pressanti, 
nel 
caso 
dei 
minori 
da 
sette 
a 
sedici 
anni, per i 
quali 
la 
presentazione 
della 
documentazione 
comprovante 
l�adempimento 
dell�obbligo 
vaccinale 
non 
costituisce 
requisito 
di 
accesso 
alla 
scuola 


o agli esami (cfr., amplius supra). 
Come 
ha 
rilevato il 
Consiglio di 
Stato, nella 
sentenza 
n. 962 del 
2018, la 
disposizione 
di 
cui 
al 
comma 
3 dell�articolo 3 del 
d.l. n. 73 del 
2017 � 
stata 
introdotta 
�a seguito di 
un bilanciamento tra opposti 
interessi, entrambi 
di 
rilevanza 
costituzionale: 
quello 
all�istruzione 
e 
quello 
alla 
salute, 
bilanciamento 
che 
pu� 
essere 
svolto 
dal 
solo 
legislatore, 
rientrando 
tale 
scelta 
nella 
sua 
propria 
ed esclusiva discrezionalit�, alla quale 
non pu� sostituirsi 
il 
giudice 
anteponendo 
un 
proprio 
personale 
convincimento 
che 
travalichi 
il 
chiaro 
contenuto della norma oggetto di applicazione. 


Nella 
propria 
valutazione 
discrezionale, 
il 
legislatore 
ha 
tenuto 
conto 
non solo del 
differente 
regime 
normativo esistente 
tra la scuola dell�obbligo 
e 
l�educazione 
pre-scolare, che 
si 
svolge 
presso gli 
asili 
nido e 
le 
scuole 
del-
l�infanzia, ma ha valutato anche 
la condizione 
soggettiva differente 
esistente 
tra i bambini di et� superiore ai sei anni, e quelli da zero a sei anni. 


Questi 
ultimi, 
infatti, 
sono 
molto 
pi� 
fragili, 
e 
come 
tali 
necessitano 
di 
maggiori 
misure 
di 
precauzione 
e 
prevenzione. i rischi 
di 
contagio pi� elevati 
si 
registrano, 
infatti, 
tra 
i 
bambini 
che 
frequentano, 
per 
l�appunto, 
i 
servizi 
educativi 
per 
l�infanzia e 
le 
scuole 
dell�infanzia o che 
comunque 
frequentino 
luoghi in cui vi sia la presenza contemporanea di bambini di pi� famiglie. 

Ne 
deriva 
che 
la 
situazione 
sia 
giuridica 
che 
fattuale 
in 
cui 
versano 
i 
bambini 
che 
devono iscriversi 
alla scuola dell�obbligo, e 
quelli 
relativi 
alla 
fascia 0-6 anni, presenta tali 
differenze 
da non consentire 
l�estensione 
della 
normativa 
derogatoria 
prevista 
per 
i 
bambini 
pi� 
grandi 
a 
quelli 
di 
et� 
ricompresa 
tra i 
0-6 anni, se 
non a condizione 
di 
�disapplicare� 
l�art. 1 del 
D.P.r. 


n. 
335/1999 
o, 
comunque, 
di 
applicare 
tale 
norma 
�in 
modo 
difforme� 
da 
quanto previsto dal legislatore� 
(69)(70). 
Infine, 
come 
ha 
suggerito 
il 
Tribunale 
Amministrativo 
regionale 
del 
Lazio 


(69) Cons. Stato, sez. II, sent. 14 febbraio 2018, n. 962, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(70) non pu� non rilevarsi 
che 
il 
principio di 
eguaglianza 
ha 
giustificato l�inserimento delle 
prestazioni 
vaccinali 
in esame 
tra 
i 
livelli 
essenziali 
di 
assistenza 
(LEA), sin dal 
2001. E, in effetti, solo garantendo 
a 
tutti 
e 
sull�intero territorio nazionale, in condizioni 
di 
parit� 
e 
gratuit�, l�accesso all�offerta 
vaccinale si assicura, anche sotto questo profilo, l�eguaglianza - sostanziale - dei cittadini. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


in 
una 
recente 
pronuncia, 
non 
si 
pu� 
mancare 
di 
fare 
riferimento 
ai 
principi 
enunciati 
dalla 
sentenza 
della 
Corte 
costituzionale 
n. 
5 
del 
2018 
in 
tema 
di 
diritto 
alla 
salute, 
�per 
le 
loro 
ricadute 
in 
tema 
di 
salute 
dei 
minori 
soggetti 
anche 
all�obbligo 
scolastico, 
specie 
laddove 
la 
Corte 
si 
riferisce 
al 
diritto 
dovere 
dei 
genitori 
di 
adottare 
condotte 
idonee 
a 
proteggere 
la 
salute 
dei 
figli 
garantendo 
che 
tale 
libert� 
non 
determini 
scelte 
potenzialmente 
pregiudizievoli 
per 
la 
salute 
dei 
minori, 
in 
specie 
quando 
vengano 
a 
contatto 
tra 
loro 
a 
scuola� 
(71). 


3.5. il diritto alla tutela della salute e il principio di precauzione. 
Un 
ultimo 
profilo 
di 
rilevanza 
attiene 
alla 
verifica 
del 
rispetto, 
dalla 
parte 
della normativa in esame, del principio di precauzione (72). 

� 
difficile 
affermare 
che 
esista 
una 
condotta 
umana 
�a 
rischio zero�, tuttavia 
l�amministrazione 
di 
un 
rischio 
incerto 
� 
maggiormente 
sfidante 
quando 
� 
correlata 
ad un diritto fondamentale 
dell�essere 
umano, quale 
� 
il 
diritto alla 
tutela della salute. 


Ci� 
posto, 
va 
considerato 
che, 
a 
parere 
di 
taluni, 
la 
pratica 
vaccinale 
comporta 
il 
rischio di 
reazioni 
avverse 
o, comunque, di 
pregiudizi 
per la 
salute 
dei 
vaccinati 
pi� gravi 
di 
quelli 
che 
con la 
vaccinazione 
si 
intendono prevenire, 
per 
cui 
il 
legislatore 
avrebbe 
dovuto 
astenersi 
dall�imporre 
coattivamente 
il 
ricorso alla vaccinazione (73). 


Viceversa, 
secondo 
la 
comunit� 
scientifica, 
considerata 
la 
situazione 
epidemiologica 
e 
il 
trend 
in 
discesa 
delle 
coperture 
vaccinali, 
l�adozione 
di 
misure 
idonee 
ad 
estendere 
e 
a 
rendere 
effettiva 
la 
profilassi 
vaccinale 
costituisce 
la 
pi� 
evidente 
applicazione 
della 
regola 
in 
cui 
si 
compendiano 
sia 
il 
principio 
di 
prevenzione 
che 
quello 
di 
precauzione. 
In 
altri 
termini, 
in 
presenza 
di 
un�alternativa 
che 
presenti 
rischi 
per 
la 
salute 
umana, 
il 
decisore 
pubblico 
� 
tenuto 
a 
prediligere 
la 
soluzione 
che 
consenta 
di 
neutralizzare 
o 
minimizzare 
tale 
rischio: 
ed 
invero, 
nella 
situazione 
data 
(cfr. 
supra, 
par. 
1), 
l�imposizione 
dell�obbligo 
vaccinale 
rappresenta 
la 
misura 
di 
sanit� 
pubblica 
maggiormente 
idonea 
ad 
annullare 
o 
a 
ridurre 
i 
rischi 
per 
la 
salute 
umana 
-per 
quella 
individuale 
e 
per 
quella 
collettiva 
-connessi 
alla 
diffusione 
delle 
malattie, 
soprattutto 
di 
quelle 
infettive 
(74). 
Del 
resto, 
come 


(71) Tar Lazio, sez. terza-quater, sent. 16 marzo 2018, cit. 
(72) M.G. STAnzIonE, Principio di 
precauzione 
e 
diritto alla salute. Profili 
di 
diritto comparato, 
in www.comparazionedirittocivile.it. L�Autrice 
spiega 
che 
il 
termine 
�precauzione� 
�reca con s� 
l�idea 
della 
anticipazione 
sul 
piano 
temporale 
di 
una 
condotta 
di 
tutela 
dinnanzi 
ad 
un 
rischio, 
come 
testimonia 
l�etimologia stessa: il latino praecavere significa letteralmente �prestare attenzione prima��. 
(73) Le 
norme 
impugnate 
- si 
legge 
nel 
ricorso della 
regione 
Veneto alla 
Corte 
costituzionale 
-, 
�proprio 
contraddicendo 
il 
principio 
di 
precauzione, 
introdurrebbero 
una 
sorta 
di 
grottesca 
�sperimentazione 
di 
massa� 
obbligatoria (�), senza il 
sostegno di 
un preventivo sistema di 
farmacovigilanza e 
senza una supervisione bioetica�. 


(74) Cfr. anche 
Cons. Stato, sez. III, ordinanza 
20 aprile 
2017, n. 1662, in www.giustizia-amministrativa.
it. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


evidenziato 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione, 
il 
diritto 
alla 
tutela 
della 
salute 
ex 
art. 
32 
della 
Costituzione 
deve 
consentire 
la 
giustiziabilit� 
anche 
dei 
pericoli 
potenziali 
(75)(76). 


Va, 
inoltre, 
osservato 
che 
i 
rischi 
per 
la 
salute 
umana 
-oggettivi 
e 
provati 
sono 
diversi 
da 
quelli 
semplicemente 
ipotetici 
ovvero 
basati 
su 
meri 
indizi. 
In 
definitiva, 
� 
certo 
che 
i 
rischi 
correlati 
alle 
malattie, 
soprattutto 
infettive, 
prevenibili 
con 
le 
vaccinazioni 
sono 
numerosi 
e, 
in 
molti 
casi, 
assai 
gravi: 
basta 
consultare 
la 
Tabella 
1 di 
cui 
alle 
pagg. 32 e 
33 del 
vigente 
Piano nazionale 
di 
Prevenzione 
Vaccinale 
per 
avere 
contezza 
del 
tipo, 
della 
frequenza 
e 
della 
gravit� 
delle 
patologie 
e 
delle 
complicanze, 
correlate 
alla 
contrazione 
di 
ciascuna 
delle 
malattie 
per 
le 
quali 
� 
previsto 
l�obbligo 
della 
vaccinazione 
(77). 


�, 
inoltre, 
noto 
e 
scientificamente 
provato 
che 
la 
somministrazione 
dei 
vaccini 
ha 
contribuito ad eliminare 
o a 
contenere 
un numero notevole 
di 
malattie 
che, all�inizio del 
secolo scorso, ancora 
causavano in Italia 
vittime 
e 
invalidit�. 


�, 
infine, 
accertato 
che 
le 
reazioni 
avverse 
comunemente 
indotte 
dalle 
vaccinazioni 
sono, di 
regola, per frequenza 
e 
intensit�, scarsamente 
significative 
(78), e, pertanto, �tollerabili�. 


Le 
reazioni 
avverse 
gravi 
e 
le 
complicanze 
irreversibili 
sono 
invece 
estremamente 
rare 
e 
non vi 
sono evidenze 
scientifiche 
in merito all�esistenza 
di 
un 
rapporto di causalit� tra vaccinazione e reazione. 


Peraltro, lo stesso decisore 
pubblico, proprio al 
fine 
di 
implementare 
le 
garanzie 
per 
i 
minori 
da 
sottoporre 
a 
vaccinazione 
ha 
posto 
in 
capo 
all�Agenzia 
Italiana 
del 
farmaco, per il 
tramite 
della 
Commissione 
tecnico-scientifica, all�uopo 
integrata 
da 
esperti 
indipendenti 
e 
che 
non si 
trovino in situazioni 
di 
conflitto di 
interesse, e 
in collaborazione 
con l�Istituto Superiore 
di 
Sanit�, il 
compito 
di 
predisporre 
e 
trasmettere 
al 
Ministero 
della 
salute 
una 
relazione 
annuale 
sui 
risultati 
del 
sistema 
di 
farmacovigilanza 
e 
sui 
dati 
degli 
eventi 
avversi 
per 
i 
quali 
� 
stata 
confermata 
un�associazione 
con 
la 
vaccinazione. 
Il 
Ministro 
della salute trasmetter� la predetta relazione alle Camere. 


Tra 
l�altro 
e 
pi� 
in 
generale, 
come 
ha 
giustamente 
rilevato 
la 
Commissione 
Speciale 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
nel 
pi� 
volte 
citato 
parere, 
le 
tesi 
che 
biasimano 
il 
ricorso alla 
pratica 
vaccinale, reputandolo contrario al 
principio di 


(75) Cfr. Corte Cass., sez. III, sentenza 27 luglio 2000, n. 9893. 
(76) Si 
veda 
anche 
Corte 
Cost., sentenza 
26 maggio 1998, n. 185, in 
Foro it., 1998, 1713, per la 
quale 
l�incertezza 
scientifica 
non 
� 
sufficiente 
per 
escludere 
l�adozione 
di 
provvedimenti 
volti 
alla 
tutela 
della salute. 
(77) 
Cfr. 
anche 
Quaderni 
del 
ministero 
della 
salute, 
Vaccinazioni: 
stato 
dell�arte, 
falsi 
miti 
e 
prospettive. 
il ruolo chiave della prevenzione, 2017. 
(78) Cfr. il 
Piano nazionale 
di 
Prevenzione 
Vaccinale 
vigente, Tabella 
2, pagg. 33-35, dove 
sono 
elencate 
e 
distinte 
per frequenza 
le 
principali 
reazioni 
avverse 
documentate 
per ciascuna 
delle 
malattie 
oggetto delle vaccinazioni obbligatorie. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


precauzione, 
si 
pongono, 
in 
realt�, 
in 
contraddizione 
proprio 
con 
il 
fondamento 
scientifico di tale principio. 


Il 
principio di 
precauzione 
non obbliga 
infatti 
alla 
scelta 
dell�opzione 
totalmente 
priva 
di 
rischi, ma 
�impone 
al 
decisore 
pubblico (legislatore 
o amministratore), 
in 
contesti 
determinati, 
di 
prediligere, 
tra 
le 
plurime 
ipotizzabili, 
la 
soluzione 
che 
renda 
possibile 
il 
bilanciamento 
tra 
la 
minimizzazione 
dei 
rischi 
e 
la 
massimizzazione 
dei 
vantaggi, 
attraverso 
l�individuazione, 
sulla 
base 
di 
un 
test 
di 
proporzionalit�, 
di 
una 
soglia 
di 
pericolo 
accettabile; 
la 
selezione 
di 
tale 
soglia, 
tuttavia, 
pu� 
compiersi 
unicamente 
sulla 
base 
di 
una 
conoscenza 
completa 
e, 
soprattutto, 
accreditata 
dalla 
migliore 
scienza 
disponibile. 
Sicch� 
il 
principio di 
precauzione 
pu�, talora, condurre 
le 
autorit� pubbliche 
a non 
agire 
oppure, in altri 
casi, pu� spingerle 
ad attivarsi, adottando misure 
proporzionate 
al 
livello 
di 
protezione 
prescelto 
(cio� 
adeguate 
rispetto 
alla 
soglia 
di pericolo accettabile)� 
(79). 


In 
definitiva, 
la 
Commissione 
Speciale 
�senza 
entrare 
in 
valutazioni 
di 
carattere 
epidemiologico 
che 
dovrebbe 
essere 
riservate 
agli 
esperti 
(e 
che 
certamente 
non 
spettano 
ai 
giuristi)�, 
ha 
affermato 
che 
�risulta 
infatti 
evidente 
-sulla 
base 
delle 
acquisizioni 
della 
migliore 
scienza 
medica 
e 
delle 
raccomandazioni 
delle 
organizzazioni 
internazionali 
-che 
soltanto 
la 
pi� 
ampia 
vaccinazione 
dei 
bambini 
costituisca 
misura 
idonea 
e 
proporzionata 
a 
garantire 
la 
salute 
di 
altri 
bambini 
e 
che 
solo 
la 
vaccinazione 
permetta 
di 
proteggere, 
proprio 
grazie 
al 
raggiungimento 
dell�obiettivo 
dell��immunit� 
di 
gregge�, 
la 
salute 
delle 
fasce 
pi� 
deboli, 
ossia 
di 
coloro 
che, 
per 
particolari 
ragioni 
di 
ordine 
sanitario, 
non 
possano 
vaccinarsi. 
Porre 
ostacoli 
di 
qualunque 
genere 
alla 
vaccinazione 
(la 
cui 
�appropriatezza� 
sia 
riconosciuta 
dalla 
pi� 
accreditata 
scienza 
medico-legale 
e 
dalle 
autorit� 
pubbliche, 
legislative 
o 
amministrative, 
a 
ci� 
deputate) 
pu� 
risolversi 
in 
un 
pregiudizio 
per 
il 
singolo 
individuo 
non 
vaccinato, 
ma 
soprattutto 
vulnera 
immediatamente 
l�interesse 
collettivo, 
giacch� 
rischia 
di 
ledere, 
talora 
irreparabilmente, 
la 
salute 
di 
altri 
soggetti 
deboli�. 


Anche 
la 
Corte 
costituzionale, 
nella 
sentenza 
n. 
5/2018, 
ha 
concluso 
che 
�a 
fronte 
di 
una 
copertura 
vaccinale 
insoddisfacente 
nel 
presente 
e 
incline 
alla 
criticit� 
nel 
futuro 
(�) 
[rientra] 
nella 
discrezionalit� 
-e 
nella 
responsabilit� 
politica 
-degli 
organi 
di 
governo 
apprezzare 
la 
sopraggiunta 
urgenza 
di 
inter


(79) 
Tra 
l�altro, 
sostiene 
la 
Commissione 
Speciale 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
�La 
base 
scientifica 
del 
principio di 
precauzione 
rappresenta anche 
un presidio di 
garanzia della ragionevolezza delle 
scelte 
pubbliche 
e 
rafforza conseguentemente 
la compliance 
delle 
regole 
positive 
(su di 
esso fondate) che 
impongano 
obblighi 
di 
comportamento 
per 
i 
consociati. 
La 
consapevolezza, 
invero, 
che 
il 
decisore 
pubblico 
sia 
tenuto 
a 
seguire 
una 
strategia 
valutativa 
(di 
problem 
solving) 
poggiante 
sulle 
verificabili 
e 
verificate 
acquisizioni 
della miglior 
scienza del 
momento (e 
sul 
rigore 
del 
relativo metodo) concorre 
ad escludere 
il 
sospetto 
di 
arbitrariet� 
inevitabilmente 
connesso 
a 
ogni 
epifania 
dell�autoritativit�, 
specialmente 
quando quest�ultima si 
manifesti 
sotto forma di 
biopotere 
(ossia di 
esercizio della politicit�, in questo 
caso estrinsecantesi in cogenza normativa, nella gestione del corpo umano)�. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


venire, 
alla 
luce 
dei 
nuovi 
dati 
e 
dei 
fenomeni 
epidemiologici 
frattanto 
emersi, 
anche 
in 
nome 
del 
principio 
di 
precauzione 
che 
deve 
presidiare 
un 
ambito 
cos� 
delicato 
per 
la 
salute 
di 
ogni 
cittadino 
come 
� 
quello 
della 
prevenzione�. 


Tutte 
le 
considerazioni 
che 
precedono 
valgono, 
naturalmente, 
anche 
-per 
i 
fini 
di 
cui 
al 
presente 
scritto 
-relativamente 
all�obbligo 
previsto 
dall�articolo 
1, comma 
2, del 
decreto-legge 
in questione 
per i 
soggetti 
parzialmente 
immunizzati, 
anche 
perch�, 
considerato 
che 
la 
pregressa 
malattia 
non 
� 
una 
controindicazione 
alla 
vaccinazione 
(cfr. 
supra, 
par. 
3.1) 
l�obbligo 
di 
farsi 
somministrare 
il 
vaccino combinato nel 
quale 
� 
presente 
anche 
l�antigene 
relativo 
alla 
malattia 
per quale 
sussiste 
l�immunizzazione 
� 
pienamente 
giustificato, 
sotto il 
profilo del 
principio di 
precauzione, dal 
rischio di 
contrarre 
e 
potenzialmente diffondere malattie infettive per le quali non si � immuni. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


La memoria dell�avvocatura dello stato 
nel procedimento penale c.d. aemilia 


Il 
processo 
c.d. 
Aemilia 
non 
� 
il 
primo 
processo 
di 
mafia 
in 
Emilia-romagna 
essendo 
stato 
preceduto 
da 
altri 
importanti 
processi 
tanto 
che 
la 
Corte 
d�appello 
di 
Bologna, 
giudicando 
sul 
troncone 
dell�abbreviato, 
ha 
parlato 
della 
presenza 
della 
mafia 
in 
Emilia-romagna 
come 
di 
un 
�fatto 
notorio�. 


I numeri 
del 
processo, oltre 
200 imputati, sono per� importanti 
cos� 
come 
importante, 
tanto da 
costituirne 
la 
particolarit�, � 
la 
mutazione 
intervenuta 
nell�attivit� 
dell�associazione 
criminale. 


Venendo da 
una 
feroce 
guerra 
di 
mafia, svoltasi 
negli 
anni 
�90, le 
varie 
componenti 
del-
l�associazione 
hanno realizzato una 
pax mafiosa 
che 
ha 
sfruttato in pieno l�effetto di 
intimidazione 
maturato presso la popolazione. 


Questo ha 
consentito all�associazione 
di 
muoversi 
con modalit� 
Pull 
sfruttando il 
marchio 
e 
offrendo servizi: 
principalmente 
nel 
campo del 
recupero crediti 
e 
della 
creazione 
di 
disponibilit� 
mediante 
false 
fatturazioni, 
servizi 
che 
sono 
stati 
richiesti 
dal 
territorio 
senza 
necessit� di pressioni o minacce. 


Sono 
numerosi 
i 
casi 
di 
professionisti 
o 
uomini 
politici 
che 
sono 
stati 
intercettati 
mentre 
esprimevano ammirazione 
per il 
potere 
dei 
mafiosi 
o le 
utilit� 
che 
potevano derivargli 
dalla 
collaborazione con loro. 


La 
mancanza 
di 
imputazioni 
collegate 
a 
reati 
di 
sangue 
ha 
fatto dire 
che 
non c�era 
una 
autonoma 
organizzazione 
mafiosa, 
ma 
che 
si 
era 
solo 
in 
presenza 
di 
reati 
scopo 
commessi 
dagli appartenenti alla cosca originaria di Cutro in Calabria. 


Scopo della 
costituzione 
in giudizio della 
Presidenza 
del 
Consiglio � 
stato proprio contrastare 
una lettura riduttiva e consolante di questo tipo. 


La 
vicenda 
giudiziaria 
penale 
si 
interseca 
con altre 
nelle 
quali 
l�avvocatura 
dello Stato 
� 
stata 
impegnata: 
il 
contrasto 
all�infiltrazione 
mafiosa 
tramite 
i 
provvedimenti 
prefettizi 
a 
contenuto 
interdittivo 
e 
la 
prevenzione 
delle 
infiltrazioni 
mafiose 
nei 
lavori 
post 
ricostruzione 
dopo il terremoto del 2012 mediante creazione di white list. 


In tutti 
e 
due 
gli 
ambiti 
l�avvocatura 
distrettuale 
ha 
fornito collaborazione 
sia 
in sede 
consultiva 
che 
nella 
difesa 
dei 
provvedimenti 
innanzi 
al 
Tar e 
il 
processo fotografa 
l�utilit� 
di 
questi strumenti di contrasto. 


A 
fronte 
delle 
iniziative 
prefettizie 
l�organizzazione 
ha 
reagito oltre 
che 
minacciando il 
Prefetto anche 
simulando una 
reazione 
dell�intera 
comunit� 
di 
origine 
calabrese 
e 
organizzando 
un incontro pubblico con soggetti politici. 


La 
pervasivit� 
dell�associazione 
nel 
sistema 
delle 
imprese 
ha 
seguito due 
canali: 
l�alterazione 
della 
concorrenza 
mediante 
il 
finanziamento, 
frutto 
di 
riciclaggio, 
per 
imprese 
operanti 
effettivamente 
nel 
settore 
dell�edilizia 
e 
dell�autotrasporto 
tanto 
da 
condizionare 
i 
relativi 
mercati; 


La 
creazione 
di 
imprese 
fantasma 
da 
adibire 
a 
cartiere 
o comunque 
a 
pedine 
per la 
creazione 
di fatture false da offrire alle imprese compiacenti. 


Una 
quota 
importante 
degli 
imputati 
ha 
richiesto 
il 
giudizio 
abbreviato 
che 
ha 
visto 
concludere 
il 
grado 
d�appello, 
con 
la 
conferma 
della 
impostazione 
seguita 
dalla 
Procura 
Antimafia 
e un gran numero di condanne. 


nel 
dibattimento in corso la 
Procura 
Antimafia 
ha 
contestato a 
diversi 
imputati 
di 
aver 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


proseguito anche 
dopo il 
rinvio a 
giudizio nella 
condotta 
associativa 
cos� 
che 
il 
dibattimento 
ha 
visto correre 
in parallelo sia 
il 
rito ordinario che 
quello abbreviato per coloro che 
hanno 
optato per tale rito in ordine alle nuove imputazioni. 


Mario Zito* 


Avvocatura dello Stato 
Via Guido reni n. 4 Bologna 
Tel. 051 222802 Fax 051 232297 
PEC: ads.bo@pec.avvocaturastato.it 


C.F. ads80068910373 
TrIBUnALE DI rEGGIo EMILIA 


MEMorIA 
Per 
l'avvocatura 
dello 
Stato 
nell'interesse 
delle 
Parti 
Civili 
costituite 
a 
suo 
ministero 
nel procedimento penale c.d. Aemilia rG 555/16. 
Prima 
di 
iniziare 
ad illustrare 
la 
costituzione 
dell'avvocatura 
dello Stato corre 
l'obbligo 
di 
formalizzare 
le 
scuse 
per 
non 
essere 
stato 
sufficientemente 
assiduo 
ad 
un 
processo 
cos� 
importante, 
pur 
cercando 
di 
seguire 
comunque 
il 
processo 
attraverso la lettura dei verbali. 
Importanza 
non diminuita 
dal 
fatto che 
gi� 
si 
siano concluse 
le 
fasi 
di 
merito 
del 
giudizio abbreviato strettamente 
connesso con il 
presente 
e 
siano gi� 
pendenti 
in cassazione 
i 
ricorsi 
che 
vaglieranno la 
legittimit� 
di 
una 
sentenza 
che 
conferma 
l'iniziativa 
della 
Procura 
Distrettuale 
Antimafia 
che 
� 
oggi 
alla 
vostra 
attenzione. 
L'importanza 
capitale 
di 
questo 
dibattimento 
non 
sta 
solo 
nei 
numeri 
delle 
udienze 
e 
degli 
imputati 
n� 
solo, 
anche 
se 
assolutamente 
particolare, 
della 
sua 
implementazione 
istruttoria 
in 
corso 
di 
causa 
grazie 
sia 
alle 
nuove 
acquisizioni 
che 
alla 
collaborazione 
di 
soggetti 
che 
hanno dovuto arrendersi 
all'evidenza 
delle 
accuse 
ed 
hanno 
avuto, 
non 
dico 
un 
moto 
di 
coscienza, 
ma 
almeno 
la 
consapevolezza della inutilit� di opporsi ad una realt� di assoluta evidenza. 
L'impegno per realizzare 
questo dibattimento � 
evidente 
sia 
nella 
necessit� 
di 
predispone 
una 
struttura 
espressamente 
dedicata 
e 
di 
impegnare 
in modo cos� 
forte 
le 
risorse 
umane 
e 
strutturali 
dell'attivit� 
giudiziaria 
imponendo ritmi 
di 
lavorio non usuali. 
Uno 
sforzo 
dell'intera 
organizzazione 
della 
giustizia 
che 
parte 
dagli 
accertamenti 
della 
Procura 
Antimafia 
ma 
che 
ha 
coinvolto 
l�intera 
macchina 
organizzativa. 
A 
mio avviso, l'importanza 
del 
dibattimento � 
proprio nella 
sua 
pubblicit� 
che 
ha 
consentito con la 
piena 
esplicazione 
delle 
difese 
a 
chi 
ne 
abbia 
voglia, di 


(*) Avvocato dello Stato. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


cogliere 
l'importanza, tutta 
la 
portata 
assolutamente 
raggelante, del 
fenomeno 
dell�infiltrazione mafiosa in terra emiliana. 
Una 
percezione 
non 
mediata 
dalla 
lettura 
ma 
drammaticamente 
verificabile 
dall'emergere 
innanzi 
al 
Collegio di 
dichiarazioni, immagini, frasi 
tali 
da 
fornire 
la percezione del fenomeno anche a livello sensoriale. 
Il 
dibattimento ha 
visto quello che 
� 
proprio di 
un processo di 
mafia 
in ordine 
all'acquisizione delle testimonianze. 
Come 
ha 
osservato il 
dr. Mescolini 
solo la 
parola 
omert� 
pu� descrivere 
il 
disagio 
dei testi a raccontare le violenze cui sono state vittima. 
racconto del 
quale 
attraverso le 
intercettazioni 
c'era 
invece 
il 
pieno riscontro. 
"Peggio del 
Terremoto" 
ha 
detto un teste 
per descrivere 
il 
timore 
indotto dalle 
pressioni 
e 
abbiamo 
sentito, 
come 
fosse 
una 
fiction 
ma 
era 
la 
realt�, 
la 
violenza 
delle minacce. 
Il 
valore 
pi� importante, il 
dono di 
questo dibattimento, � 
che 
ora 
grazie 
alla 
sua pubblicit� 


non CI Sono PI� ALIBI 


non c'� pi� spazio per interpretazioni di maniera. 
Per la 
mafia 
d'onore, per i 
valori 
contrapposti 
allo stato borghese, per l'autorevolezza 
personale, per una 
supposta 
linearit� 
di 
comportamento e 
capacit� 
organizzativa anche a materie diverse dal crimine. 
ora 
abbiamo 
l'evidenza 
assoluta 
che 
l'organizzazione 
mafiosa 
� 
solo 
la 
somma 
di 
soggetti 
che 
hanno 
un 
programma 
delinquenziale 
e 
che 
si 
adoperano 
per 
metterlo in essere. 
non sono uomini d'onore ma solo delinquenti. 
Scontiamo troppo i 
danni 
provocati 
da 
una 
lettura 
falsa 
del 
fenomeno, come 
non � stato mai corretto fare ma che per troppo tempo ha tenuto banco. 
Una 
lettura 
tardo 
romantica, 
per 
altro 
risalente 
che 
affonda 
nella 
sfiducia 
nello 
Stato e nella puerile ricerca di succedanei. 
Ai 
primi 
del 
'900 
Francesco 
Saverio 
nitti 
scrisse: 
"Briganti 
ed 
Eroi" 
osservando 
come 
squallidi 
personaggi, quali 
furono i 
briganti 
endemici 
nell'Italia 
preunitaria, trovassero simpatia nell'immaginario popolare. 
Un bisogno poco maturo di eroi positivi e negativi che � ancora presente. 
Ma 
non esiste 
un altro Stato oltre 
quello che 
faticosamente 
si 
realizza 
attraverso 
la Costituzione e le leggi della repubblica. 
occorre 
quindi 
la 
presa 
di 
coscienza 
dei 
risultati 
che 
un 
pubblico 
dibattimento 
pu� consentire 
anche 
attraverso l'elaborazione 
della 
stampa 
e 
degli 
studiosi, 
cos� 
da 
riportare 
in un quadro di 
verit� 
il 
fenomeno dell'infiltrazione 
mafiosa 
fuori dei territori originari. 
Una 
lettura 
grazie 
alla 
quale, bisogna 
dirlo anche 
se 
non piace 
e 
bisogna 
dirlo 
forte, l'organizzazione 
mafiosa 
� 
stata 
accettata 
da 
ceti 
dirigenti 
della 
nostra 
societ� che si sono chinati davanti a due sue manifestazioni complementari. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


IL PoTErE 
L 'UTILIT� PErSonALE 


Davanti 
a 
questi 
miti 
si 
� 
piegato un ceto professionale 
e 
imprenditoriale 
in 
una 
fascinazione 
che 
nel 
nostro processo si 
� 
declinata 
in vari 
modi: 
dall'ammirazione, 
alla connivenza al concorso esterno. 
Estremamente 
puntuale 
e 
acuta 
� 
stata 
l'osservazione 
del 
Pubblico Ministero 
quando ha 
osservato come 
la 
n'ndrangheta 
non abbia 
avuto necessit� 
di 
sollecitare 
gli imprenditori perch� profittassero delle fatture false. 
In 
termini 
Mercato 
ha 
potuto 
opere 
con 
metodologia 
Pull 
senza 
bisogno 
di 
spingere il prodotto. 
Ha 
capitalizzato 
talmente 
tanto 
nel 
periodo 
della 
Guerra 
di 
mafia, 
sul 
marchio 
e 
sul 
vissuto 
presso 
la 
potenziale 
clientela 
che 
gli 
avventori 
sono 
andati 
a 
cercarla. 
Come solo alcuni marchi storici possono permettersi di fare tra le 
Aziende. 
Potenza nel male e falsa efficienza. 
L'ammirazione 
e 
l'ingordigia 
si 
sono 
messe 
insieme 
ed 
hanno 
reso 
la 
fornitura 
di prodotti mafiosi come un bene corrente. 
Un errore 
di 
prospettiva 
che 
come 
meglio vedremo esaminando le 
varie 
sfaccettature 
della 
costituzione 
di 
parte 
civile 
che 
solo 
la 
verit� 
processuale, 
sempre 
che venga diffusa, letta e meditata, pu� contrastare. 
non vi 
� 
nulla 
di 
positivo che 
possa 
nascere 
dal 
predominio delle 
organizzazioni 
mafiose: 
spiace 
che 
imprenditori 
e 
politici 
abbiano 
potuto 
confondere 
con 
l'efficienza 
l'apparente 
disponibilit� 
che 
si 
offre 
di 
fornire, 
senza 
molti 
sforzi 
e 
utilizzando 
argomenti 
di 
maniera, 
consensi 
elettorali, 
lavoratori 
in 
nero, sconti fiscali. 
La 
soddisfazione 
che 
si 
sente 
in una 
intercettazione 
di 
poter frequentare 
e 
andare 
a 
cenare 
con 
un 
grosso 
uomo 
di 
mafia 
ricorda, 
prima 
ancora 
del 
"Silenzio 
degli 
innocenti", la 
frase 
dell'Amleto su Polonio che 
� 
a 
cena 
come 
portata 
e 
non come ospite. 
Al 
termine 
dell'avventura 
con la 
mafia 
gli 
imprenditori 
collusi 
hanno trovato 
solo il carcere e il fallimento e questo processo � pieno di esempi. 
In questo sforzo di 
verit� 
che 
pu� consentire 
al 
ceto imprenditoriale 
della 
nostra 
regione 
di 
liberarsi 
da 
un pericolo reale 
che 
gi� 
si 
� 
inverato in non pochi 
casi, e 
nel 
quale 
sta 
vivendo con inconsapevolezza 
grave, � 
l'effetto migliore 
delle 
indagini, 
della 
cultura 
alta 
di 
garantismo 
e 
di 
preparazione 
giuridica, 
messa 
in campo dai 
Pubblici 
Ministeri 
che 
solo se 
trover� 
piena 
rispondenza 
nell'esito di 
questo procedimento, come 
la 
ha 
avuta 
nel 
troncone 
importante 
dell'abbreviato, potr� essere utile alla collettivit�. 
Questo 
nella 
necessaria 
intersezione 
tra 
accertamento 
dei 
fatti 
in 
giudizio 
e 
sua 
metabolizzazione 
nel 
tessuto sociale 
che 
dovr� 
avvenire 
ad opera 
di 
altri 
soggetti. 
Grazie 
allo 
sforzo 
di 
chiamare 
le 
cose 
con 
il 
loro 
nome 
che 
la 
Procura 
Antimafia 
vi 
ha 
chiesto: 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


omert� 
dove 
c'� 
omert�, delinquenza 
dove 
c'� 
delinquenza, ottusit� 
e 
sottovalutazione 
dove 
queste 
sono emerse, in questo sta 
il 
senso forte 
delle 
richieste 
che 
vi 
sono state 
avanzate 
dalla 
Procura 
e 
di 
quelle 
che, nell'ambito specifico 
degli 
interessi 
civili, vi 
sono state 
avanzate 
attraverso le 
conclusioni 
che 
vi 
ho 
letto. 
La 
Corte 
d'appello di 
Bologna 
giudicando sugli 
appelli 
e 
confermando le 
decisioni 
del 
GUP 
ha 
parlato 
di 
fatto 
notorio 
a 
proposito 
della 
presenza 
in 
Emilia 
delle 
organizzazioni 
mafiose 
tratto dalle 
numerose 
sentenze 
passate 
in giudicato 
che vi sono state gi� negli anni passati. 
Come 
non si 
ha 
difficolt� 
a 
ritenere 
forte 
e 
stabile 
la 
presenza 
delle 
organizzazioni 
criminali 
nelle 
regioni 
del 
meridione 
ormai 
la 
stessa 
considerazione 
si pu� fare in Emilia-romagna. 
Un percorso ormai 
lungo che 
prende 
le 
mosse 
dai 
primi 
anni 
ottanta 
e 
che 
ha 
visto numerosi procedimenti penali. 
Ma 
un percorso non lineare, a 
volte 
ondivago e 
interrotto, se 
� 
vero che 
fin 
dal 
1983 
il 
Questore 
di 
reggio 
Emilia 
aveva 
visto 
il 
pericolo 
formarsi, 
ma 
ancora 
nel 
pieno degli 
anni 
'90 si 
aveva 
ritegno ad associare 
ad indagini 
penali 
in Emilia, la 
parola 
mafia 
tanto che 
ci� provocava 
ingombranti, anche 
se 
in 
buona fede, discese in campo. 
Un 
cammino 
in 
cui, 
come 
emerge 
anche 
da 
questo 
processo, 
si 
sono 
visti 
esempi 
alti 
di 
dedizione 
al 
servizio dello Stato da 
parte 
di 
funzionari 
e 
dipendenti, 
in una 
storia 
che 
per�, in non poche 
occasioni, ha 
visto episodi 
opachi 
se 
non 
il 
tradimento 
eclatante 
per 
il 
quale 
sono 
a 
processo 
alcuni 
ex 
dipendenti 
del Ministero dell'interno. 
Ancora 
pi� importante, ai 
fini 
della 
presa 
di 
coscienza 
sociale 
rispetto alla 
valutazione 
della 
Corte 
ristretta 
all'esito 
di 
un 
procedimento 
camerale, 
sar� 
quindi 
la 
vostra 
sentenza 
resa 
in un dibattimento ampio e 
seguito dai 
mezzi 
di 
informazione. 
L'avvocatura dello Stato � costituita nell'interesse di pi� soggetti. 


i 


Iniziamo dalla costituzione pi� importante e particolare di questo processo. 
La 
Costituzione 
dello Stato Italiano, lo Stato ordinamento rappresentato dalla 
Presidenza del consiglio dei Ministri. 
Una 
costituzione 
non 
usuale 
in 
rappresentanza 
dei 
valori 
costituzionali 
che 
con 
la 
creazione 
e 
lo 
sviluppo 
di 
una 
associazione 
di 
stampo 
mafioso 
in 
reggio 
Emilia e provincia vengono irrisi e messi in pericolo. 
La 
Costituzione 
di 
Parte 
civile 
dello Stato ordinamento, quale 
espressione 
e 
a 
tutela 
dei 
valori 
costituzionali 
� 
quindi 
rivolta 
verso 
tutti 
gli 
associati 
e 
i 
concorrenti 
nel reato associativo. 
La 
presenza 
dell'attivit� 
criminale 
crea 
un elemento di 
disturbo della 
vita 
economica 
e non di crescita di essa. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


L'accumulazione 
delle 
risorse 
che 
tramite 
il 
riciclaggio 
e 
la 
connessa 
intestazione 
fittizia 
di 
beni 
produttivi 
viene 
a 
operarsi, 
inquina 
il 
territorio 
di 
riferimento. 
Privilegia 
alcune 
imprese 
su 
altre, 
rende 
la 
malavita 
presente 
in 
settori 
del-
l'economia 
nei 
quali 
aggredisce 
l'elemento 
portante 
e 
fondamentale 
di 
una 
economia 
di mercato: la libera concorrenza. 
Si 
tratta 
quindi 
di 
un 
reato 
sistemico, 
aggressivo 
dei 
valori 
dell'economia 
come 
tutelati 
dalla 
Costituzione 
che 
indica 
il 
valore 
sociale 
dell'attivit� 
economica 
e la corretta allocazione delle risorse nell'attivit� produttiva. 
non 
siamo 
costituiti 
per 
gli 
altri 
reati 
fine 
che, 
con 
la 
loro 
autonoma 
contrariet� 
all'ordinamento, trovano lo Stato sufficientemente 
presente 
attraverso l�intervento 
del 
Pubblico Ministero e 
sono portatori 
di 
un loro danno criminale, ma 
non 
di 
un 
contrasto 
ordinamentale 
quale 
quello 
che 
con 
la 
costituzione 
di 
parte 
civile 
dello Stato ordinamento viene 
ad essere 
posto alla 
speciale 
attenzione 
del 
Tribunale. 
non 
� 
esagerato 
parlare 
di 
valenza 
eversiva 
per 
il 
reato 
di 
associazione 
di 
stampo 
mafioso 
che 
si 
pone 
come 
autonomo 
sistema 
di 
valori 
alternativo 
a 
quello dello Stato. 
La 
nostra 
� 
stata 
una 
scelta 
iniziale, 
mantenuta 
ferma 
nel 
corso 
del 
dibattimento 
che non significa presa di distanza dalla gravit� degli altri delitti. 
Ci 
si 
� 
stato chiesto, non senza 
una 
punta 
di 
polemica, perch� 
non siamo costituiti 
per i 
delitti 
contro il 
mondo del 
lavoro cui 
al 
Capo 90 del 
decreto che 
dispone il giudizio. 
La 
scelta 
della 
costituzione 
dello 
Stato 
ordinamento 
solo 
per 
il 
reato 
associativo 
segue 
le 
regole 
sulla 
legittimazione 
della 
parte 
civile 
possibile 
solo 
in 
caso 
di 
danno 
civile 
risarcibile 
quando 
vi 
sia 
un 
interesse 
eccedente 
il 
solo 
contrasto 
del 
crimine 
di 
competenza 
dell'autorit� 
giudiziaria. 
Per 
le 
singole 
amministrazioni 
dello 
Stato 
e 
a 
maggior 
ragione 
per 
lo 
Stato 
stesso, 
la 
Costituzione 
di 
parte 
Civile 
deve 
essere 
ricollegata 
non 
alla 
mera 
violazione 
di 
norme, 
sia 
pure 
rientranti 
in 
generale 
nel 
campo 
assegnato 
all'amministrazione, 
ma 
nella 
lesione 
concreta 
ed 
attuale 
di 
un 
interesse 
specifico. 
Vi 
� 
poi 
da 
dire 
in 
generale 
che, 
quando 
si 
tratta 
di 
reati 
plurioffensivi, 
che 
colpiscono 
anche 
le 
istituzioni 
territoriali, 
non 
sembra 
opportuna 
una 
eccessiva 
stratificazione 
dovendo operare 
il 
principio di 
prossimit� 
o sussidiariet� 
cos� 
che 
ove 
vi 
sia 
un ente 
specificatamente 
competente 
come 
in questo caso la 
regione 
Emilia romagna non vi sia ragione di duplicare le pretese. 
L'illustrazione 
della 
costituzione 
di 
Parte 
Civile 
della 
presidenza 
del 
consiglio 
si 
intreccia 
con 
la 
discussione 
della 
questione 
di 
incompetenza 
territoriale 
proposta 
in primo grado, rigettata 
con ampia 
ed esaustiva 
motivazione 
dal 
GUP 
nel 
giudizio abbreviato, riproposta 
con i 
motivi 
di 
appello e 
rigettata 
e 
ora 
al-
l'attenzione della Corte Suprema. 
� 
certo che 
se 
si 
potesse 
vedere 
nell'attivit� 
degli 
imputati 
solo una 
serie 
di 
reati 
fine 
di 
una 
associazione 
gi� 
ben 
conosciuta 
e 
contrastata, 
stabilita 
in 
pro



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


vincia 
di 
Crotone, non vi 
sarebbe 
molto spazio aggiuntivo di 
aggressione 
all'ordinamento 
giuridico tale 
da 
giustificare 
a 
pieno e 
quindi 
legittimare 
la 
costituzione 
di 
parte 
civile 
dello Stato comunit� 
e 
della 
Presidenza 
del 
consiglio 
in sua rappresentanza. 
� 
proprio l'aggressione 
ad un territorio non immune 
n� 
vergine, ma 
di 
certo 
oggetto di 
una 
attivit� 
di 
penetrazione 
e 
sfruttamento con diffusione 
di 
atteggiamenti 
mentali 
e 
comportamenti 
alternativi 
ai 
valori 
diffusi, che 
giustifica 
la presenza di questa Parte Civile. 
non 
� 
sufficiente 
la 
mera 
repressione 
di 
singoli 
comportamenti, 
ma 
� 
necessario 
che 
vengano 
rimarcati 
confini 
e 
limiti 
di 
vigenza 
di 
valori 
e 
condivisione 
sociale. 
Il 
carattere 
eversivo 
dell'associazione 
mafiosa 
rispetto 
ai 
valori 
segnati 
dal-
l'evoluzione 
sociale, 
dal 
progresso, 
dalla 
indipendenza 
di 
uomini 
e 
donne 
quali 
autonomi 
portatori 
di 
diritti 
e 
posizioni 
soggettive, giustifica 
una 
costituzione 
di 
parte 
civile 
in 
nome 
dei 
valori 
aggrediti 
oltre 
che 
in 
nome 
delle 
singole 
norme violate. 
L'associazione 
mafiosa 
e 
questa 
in particolare, propone 
una 
frontale 
opposizione 
rispetto all'intero sistema di valori che guida la nostra Costituzione. 
� 
uno specchio deformato che 
sostituisce: 
alla 
solidariet�, l'egoismo, alla 
libert� 
la 
dipendenza, 
alla 
partecipazione 
ai 
destini 
comuni 
tramite 
condivisione 
di 
diritti 
e 
doveri 
il 
soffocamento 
delle 
aspettative 
e 
la 
necessit� 
di 
prestare 
ossequio alla volont� altrui. 
Alla libert� economica la creazione di apparenze posticce. 
I 
cittadini, 
nella 
previsione 
costituzionale, 
non 
sono 
"uomini 
di 
un 
altro 
uomo", 
non devono essere 
ciechi 
strumenti 
di 
un potere 
superiore 
che 
pu� disporre 
di 
loro e 
dei 
loro beni 
a 
proprio piacimento, ma 
sono soggetti 
di 
diritto, devono 
essere 
liberi 
e 
autonomi 
e 
non 
soggetti 
a 
forze 
oscure 
e 
invasive 
tali 
da 
togliere 
loro la dignit� prima ancora che il denaro. 
� 
l'aggressione 
al 
territorio dell'Emilia 
romagna, la 
sua 
difesa 
verso una 
presenza 
aliena 
ai 
valori 
costituzionali, che 
quindi 
giustifica 
la 
nostra 
presenza 
e 
questo 
esclusivamente 
perch� 
crediamo 
che 
in 
Emilia 
si 
sia 
costituita 
una 
presenza 
mafiosa 
forte 
e 
non si 
siano solo realizzati 
i 
reati 
scopo di 
un'altra 
associazione 
mafiosa. 
A 
descrivere 
compiutamente 
quale 
� 
l'effetto dell'associazione 
mafiosa 
su un 
territorio si pu� utilizzare un breve romanzo di Melville. BEnITo CErEno. 
Un capitano di 
una 
nave 
da 
guerra 
sale 
a 
bordo di 
una 
nave 
che 
vede 
navigare 
con scarso vigore, sbandata e quasi priva di guida. 
Incontra 
un capitano malfermo e 
abulico e 
dei 
marinai 
apatici. Accanto al 
capitano 
vi 
� 
sempre 
un 
suo 
cameriere, 
gentile 
e 
premuroso 
che 
ne 
segue 
i 
passi. 
Solo con fatica e per caso si disvela la realt�. 
La 
nave 
� 
in 
mano 
ai 
Pirati 
e 
l'apatia 
del 
capitano 
� 
l'assoggettamento 
alla 
forza non espressa, alla intimidazione. 
Questa 
� 
una 
caratteristica 
dell'azione 
delle 
organizzazioni 
mafiose 
assoluta



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


mente 
peculiare 
che 
la 
distingue 
dalla 
comune 
delinquenza 
dai 
Briganti 
di 
cui 
parlava nitti. 
Mentre 
l'azione 
di 
questi 
� 
espressa 
e 
riconoscibile, 
la 
mafia 
agisce 
sempre 
sotto una copertura nascondendosi sotto un'apparenza di diritto e legalit�. 
Cos� 
� 
nel 
nostro 
processo 
dove, 
se 
non 
avessimo 
le 
intercettazioni 
e 
le 
dichiarazioni 
dei 
pentiti 
e 
leggessimo 
solo 
quello 
che 
vogliono 
mostraci, 
non 
vedremmo 
estorsioni 
ma 
cessioni 
di 
credito, 
non 
vedremmo 
sfruttamento 
del 
lavoro 
ma 
buste 
paga 
corrette, 
vedremmo 
aziende 
dirette 
dai 
titolari 
che 
vi 
hanno investito i 
loro soldi 
e 
non intestazioni 
fittizie 
e 
riciclaggio, vedremmo 
forniture 
di 
merce 
dove 
c'� 
un giro di 
fatture 
false, vedremmo delegazioni 
di 
pagamento invece che usure. 
La 
mafia 
si 
� 
sempre 
caratterizzata 
con questa 
duplicit�, non manifesta 
pubblicamente 
il 
proprio 
potere 
perch� 
quello 
che 
conta 
� 
esercitarlo 
con 
profitto. 
Certo 
sono 
menzogne 
con 
le 
gambe 
corte, 
ma 
dove 
la 
mafia 
comanda 
nessuno 
� disposto ad andare a vedere sotto le apparenze. 
Per, fare 
questo costruisce 
quello che 
la 
norma 
prevede 
l'assoggettamento e 
l'omert�. 
Una 
melmosa 
palude 
dove 
nessuno deve 
reagire, dove 
all'azione 
degli 
organi 
che 
devono garantire 
la 
trasparenza 
si 
risponde 
non con il 
diritto ma 
con l'aggressione 
personale. 
Aggressione 
personale 
che 
nelle 
forme 
pi� o meno cruente 
serve 
a 
costruire 
il 
presupposto dell'assoggettamento. 
Chi si � ribellato e ha pagato a caro prezzo rafforza il potere sul territorio. 
Questo � 
l'effetto della 
mafia 
sul 
territorio e 
l�immagine 
esterna 
dei 
mafiosi 
si 
nasconde 
spesso sotto quella 
di 
soggetti 
subordinati, buoni 
padri 
di 
famiglia, 
contadini 
analfabeti 
o 
soggetti 
poco 
appariscenti, 
proprio 
perch� 
l'effetto 
della 
intimidazione � capace di annichilire le resistenze. 
Una 
melmosa 
palude 
dove 
nessuno deve 
reagire, dove 
all'azione 
degli 
organi 
dello Stato si risponde non con il diritto ma con l'aggressione personale. 
non � 
un paragone 
letterario e 
gli 
episodi 
di 
intimidazione 
verso i 
giornalisti 
ne sono la prova. 
non 
vi 
possono 
essere 
voci 
critiche, 
non 
si 
deve 
parlare 
o 
discutere 
non 
si 
pu� 
dubitare del comportamento degli associati. 
Parlando 
a 
seguire 
sulla 
costituzione 
del 
Ministero 
dell'interno, 
dovremo 
spendere 
qualche 
parola 
sul 
tentativo 
di 
screditare 
la 
testimonianza 
del 
prefetto 
De 
Miro 
operata 
con 
modalit� 
che 
giustamente 
hanno 
provocato 
una 
forte 
reazione 
dell'ordinamento che 
ha 
ben individuato l'elemento oggettivo del 
reato 
di calunnia ma ancora di pi� la callida preordinazione. 
Preordinazione 
tesa 
a 
chiudere 
la 
bocca 
a 
chi 
si 
� 
permesso 
di 
chiamare 
le 
cose 
con il loro nome. 
La 
conseguenza 
dell'esistenza 
dell'associazione 
� 
quella 
descritta 
dalla 
norma 
penale. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


L'associazione 
� 
di 
tipo 
mafioso 
quando 
coloro 
che 
ne 
fanno 
parte 
si 
avvalgono 
della 
forza 
di 
intimidazione 
(3) 
del 
vincolo 
associativo 
e 
della 
condizione 
di 
assoggettamento 
e 
di 
omert� 
che 
ne 
deriva 
non 
solo 
per 
commettere 
delitti, 
ma 
anche 
ovvero 
per 
acquisire 
in 
modo 
diretto 
o 
indiretto 
la 
gestione 
o 
comunque 
il 
controllo di 
attivit� 
economiche, di 
concessioni, di 
autorizzazioni, 
appalti 
e 
servizi 
pubblici 
o per realizzare 
profitti 
o vantaggi 
ingiusti 
per s� 
o 
per altri, ovvero al 
fine 
di 
impedire 
od ostacolare 
il 
libero esercizio del 
voto o 
di procurare voti a s� o ad altri in occasione di consultazioni elettorali 
(4) (5). 
L'associazione 
che 
� 
a 
processo ha 
inteso onorare 
ognuna 
delle 
condotte 
previste 
dalla norma. 
non 
necessariamente 
la 
norma 
prevede 
il 
compimento 
di 
delitti 
o 
il 
dispiegars� 
della 
violenza, quanto la 
diffusione 
dell'apatia 
economica 
e 
sociale 
derivante 
dall'assoggettamento, dall'omert� 
intesa 
anche 
come 
impossibilit� 
di 
comunicazione 
e 
di 
esplicitazione 
della 
dialettica 
sociale, della 
mancanza 
di 
stimoli 
concorrenziali 
sia 
nell'economia 
che 
nella 
politica, per essere 
i 
ruoli 
determinati 
non dalla libera concorrenza ma dall'asservimento. 
Certamente 
l'associazione 
sviluppatasi 
a 
reggio Emilia 
ha 
delle 
peculiarit�, 
si tratta di mafia degli affari anche se non disdegna i reati di tradizione. 
Ma 
questo � 
il 
secondo tempo rispetto ad una 
guerra 
di 
mafia 
con omicidi 
efferati 
che sono ormai storia e che sono la premessa della situazione attuale. 
L'associazione 
criminale 
vive 
per fare 
profitti 
illeciti 
e 
quello che 
la 
caratterizza 
non � 
il 
tipo di 
delitto scopo ma 
gli 
effetti 
sul 
territorio che 
si 
realizzano 
nei confronti di un numero indeterminato di soggetti. 
Il 
completo 
assoggettamento 
non 
� 
ora 
la 
situazione 
della 
citt� 
di 
reggio 
Emilia 
o 
della 
sua 
provincia. 
� 
per� 
la 
situazione 
di 
altre 
parti 
importanti 
del 
paese 
dove le organizzazioni mafiose si sono radicate e diffuse. 
Intere 
categorie 
imprenditoriali 
sentono la 
difficolt� 
di 
mantenere 
una 
libera 
concorrenza. 
� 
perci� 
utile 
e 
positivo 
che 
in 
questo 
processo 
vi 
sia 
una 
ampia 
partecipazione 
delle 
Parti 
civili 
Istituzionali 
o costituite 
da 
libere 
associazioni, le 
quali 
chiedono 
con forza che un pericoloso piano inclinato venga raddrizzato. 
La 
questione 
della 
presenza 
autonoma 
di 
un'associazione 
criminale 
non 
ha 
perci� 
per 
questa 
Parte 
Civile 
mera 
rilevanza 
pregiudiziale 
o 
formale, 
ma, 
come 
gi� 
giudicato dal 
GUP 
e 
dalla 
Corte 
d'appello, � 
questione 
che 
attiene 
al 
merito della imputazione. 
non � 
indifferente 
il 
giudice 
che 
punisce 
i 
comportamenti 
cui 
al 
capo di 
imputazione 
perch� questo � un processo a difesa soprattutto di un territorio. 
Uno degli 
argomenti 
sollevati 
dalle 
difese 
� 
che 
la 
giurisprudenza 
della 
corte 
di 
cassazione 
ha 
stabilito 
il 
carattere 
unitario 
della 
n'ndrangheta 
che 
in 
questo 
modo si 
differenzia 
da 
altre 
associazioni 
criminali 
per avere 
un unico vertice. 
� 
stato poi 
detto che 
il 
contenuto specifico del 
416 bis 
� 
un valore 
aggiunto 
fornito dalla Cosca di Cutro. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


occorre 
fare 
una 
premessa 
in termini 
di 
principio per rilevare 
il 
vizio logico 
di queste affermazioni. 
In 
realt� 
con 
esse 
si 
vuole 
postulare 
che 
l'associazione 
criminale 
di 
stampo 
n'ndranghetistico abbia 
un proprio contenuto valoriale 
estraneo ed eccedente 
quello dell'attivit� dei propri associati. 
Cos� non �. 
� 
vero che 
per comodit� 
si 
pu� fare 
ricorso a 
notazioni 
di 
diritto civile 
sulla 
struttura 
associativa 
nell'esame 
dell'attivit� 
degli 
associati 
di 
416 
bis, 
ma 
� 
anche vero che questo �, in radice sbagliato. 
Le 
creazioni 
giuridiche 
che 
eccedono 
le 
singole 
personalit� 
e 
se 
ne 
distaccano, 
giungendo a 
conseguire 
propria 
rilevanza 
appunto giuridica 
sono solo quelle 
che sono create o riconosciute dal diritto. 
nelle 
associazioni 
criminale 
non vi 
� 
creazione 
di 
alcun valore 
aggiunto: 
� 
un 
ossimoro parlare di valori-criminali. 
nell'associazione 
per 
delinquere 
vi 
� 
solo 
l'attivit� 
di 
singoli 
che, 
in 
quanto 
associata, 
crea 
un 
nuovo 
disvalore, 
ma 
non 
la 
creazione 
di 
un 
autonomo 
centro 
di aggregazione di valori autonomi. 
In buona 
sostanza 
non abbiamo da 
interrogarci 
attraverso quali 
strumenti 
giuridici: 
scissione, 
aggregazione, 
mandato 
si 
sia 
costituita 
in 
provincia 
di 
reggio 
Emilia 
una 
autonoma 
associazione 
mafiosa 
quando abbiamo su questo territorio 
l'azione 
associata 
di 
soggetti 
che 
fanno riferimento a 
usi 
e 
mentalit� 
propri 
degli associati di stampo n'ndranghetistico. 
non sono da ricercare atti giuridici di affiliazione. 
In qualche 
caso poi 
l'affiliazione 
� 
del 
tutto inutile, come 
dice 
Grande 
Aracri: 
"ci conosciamo e frequentiamo da padre in figlio". 
In realt� la ndrangheta � una istituzione di stampo feudale a base personale. 
ognuno � uomo di un altro uomo. 
Il 
singolo affiliato ha 
una 
dote 
di 
rapporti, di 
soggetti 
verso i 
quali 
pu� esercitare 
una 
supremazia 
e 
quando viene 
affiliato si 
mette 
nelle 
mani 
di 
altri 
che 
rivestono un grado superiore 
nel 
senso che 
hanno una 
dignit� 
riconosciuta 
da 
chi � sopra di loro e cos� via. 
non vi 
� 
distacco tra 
il 
dato della 
partecipazione 
personale 
e 
quello dell'esistenza 
dell'associazione. 
Il 
singolo associato non ha 
i 
diritti 
e 
i 
doveri 
del 
socio verso una 
entit� 
terza 
diversa da lui. 
Ha 
la 
soggezione 
feudale 
verso 
i 
capi 
che 
conosce, 
verso 
i 
quali 
� 
responsabile 
per le 
sue 
azioni 
e 
per quelle 
delle 
persone 
(familiari, clienti, amici 
e 
vittime) 
sulle quali pu� agire. 
L'omert� 
� 
un dato esterno dell'agire 
dell'associazione, ma 
anche 
e 
soprattutto 
uno 
strumento 
interno 
che 
consente 
a 
chi 
� 
sovraordinato 
di 
disporre 
delle 
forze 
di 
tutti 
quelli 
che 
ha 
sotto e 
a 
sua 
volta 
di 
essere 
tributario di 
tutta 
questa 
forza verso chi � sopra di lui. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


� proprio questo che rende difficile il contrasto. 
Se 
si 
riesce 
ad eliminare 
un soggetto al 
grado inferiore 
non si 
� 
fatto grande 
danno, la sua dote viene redistribuita. 
Se 
si 
riesce 
a 
colpire 
in alto vi 
� 
una 
pressione 
di 
chi 
era 
pi� sotto e 
che 
pu� 
prendere la "dote" di chi � eliminato. 
Diceva sant'Agostino: �Anche i ladri sentono la fratellanza". 
Per 
gli 
n'ndranghetisti 
nonostante 
la 
boriosit� 
di 
certe 
affermazioni 
non 
� 
cos�. 
� 
il 
vincolo feudale 
a 
creare 
la 
dipendenza 
e 
l'interesse 
a 
coprirsi 
e 
ad essere 
a 
disposizione. Quando questo si 
spezza, perch� 
la 
struttura 
� 
andata 
in crisi, 
il 
vincolo feudale 
� 
saltato e 
si 
� 
diventati 
uomini 
di 
altri 
uomini, sar� 
proprio 
il sodale pi� stretto ad uccidere. 
non ci 
sono rapporti 
di 
amicizia 
o di 
parentela 
per l'affiliato che 
� 
pronto a 
compromettere 
o 
e 
rovinare 
i 
propri 
parenti 
come 
nel 
nostro 
processo 
dove 
tramite l'intestazione fittizia si compromettono i giovani figli. 
Si 
pu� 
fare 
riferimento, 
come 
pi� 
simile 
nella 
creazione 
di 
una 
nuova 
"Locale", 
la figura del Franchising e certo vi � una somiglianza di metodo. 
Gli 
affiliati 
alla 
ndrangheta 
che 
operano 
in 
Emilia 
si 
sentono 
certo 
espressione 
di 
un pi� generale 
confraternita 
e 
ne 
ripetono e 
propagano usi 
e 
riti, ma 
sono 
espressione 
di 
una 
attivit� 
che 
� 
territorialmente 
definita 
e 
che 
sviluppa 
le 
proprie 
azioni con assoluta autonomia. 
Su 
di 
un 
singolo 
territorio, 
inteso 
come 
fonte 
di 
attivit� 
delinquenziale 
di 
regola 
opera 
una 
sola 
cosca, "una 
locale" 
che 
non si 
sottrae 
al 
rapporto con gli 
altri 
affiliati, ma che si determina in autonomia. 
In questo senso l'associazione 
� 
unica 
e 
pu� avere 
un solo vertice: 
ma 
non � 
il 
vertice 
di 
una 
struttura 
burocratica 
e 
legale, 
ma 
il 
coordinamento 
di 
attivit� 
diffuse su diversi territori da gruppi autonomi di affiliati. 
Ipotizzare 
diversamente 
appare 
impossibile 
se 
si 
pensa 
che 
per delinquere 
su 
di 
un 
territorio 
occorre 
sempre 
un 
coordinamento 
continuo 
e 
forte 
tale 
da 
consentire 
di 
poter effettuare 
ogni 
diversa 
azione 
criminale 
senza 
interferire 
con 
quelle 
poste 
in 
essere 
dagli 
altri 
affiliati 
in 
un 
clima 
di 
comune 
interazione 
che 
la distanza impedisce. 
Cos� 
� 
del 
tutto ragionevole 
e 
coerente 
che 
i 
partecipanti 
alla 
locale 
di 
reggio 
Emilia 
si 
rapportino 
con 
Grande 
Aracri 
e 
abbiano 
interessi 
in 
comune, 
cos� 
come 
� 
del 
tutto 
naturale 
che 
quando 
si 
riesce 
a 
avere 
la 
disponibilit� 
di 
un 
enorme 
quantitativo di 
piastrelle 
che 
non � 
possibile 
riciclare 
sul 
territorio, si 
operi in rete addirittura con la cosca di Gioiosa Jonica. 
Ma 
se 
si 
effettuano estorsioni 
che 
si 
risolvono sul 
territorio perch� 
queste 
dovrebbero 
interessare chi opera in Calabria? 
Se 
si 
mette 
in linea 
un formidabile 
sistema 
di 
imprese 
che 
consentano di 
riciclare 
forti 
somme 
di 
danaro 
realizzando 
profitti 
con 
le 
false 
fatturazioni, 
si 
prender� 
volentieri 
materia 
prima 
(il 
danaro) fornito dalla 
Calabria, ma 
si 
gestir� 
l'attivit� in proprio. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Cos� per le intestazioni fittizie. 
Se 
si 
hanno 
contatti 
con 
Commercialisti, 
Giornalisti, 
dipendenti 
delle 
forze 
dell'ordine 
chi 
gestir� 
e 
metter� 
a 
frutto queste 
conoscenze: 
chi 
abita 
a 
Cutro? 
oppure 
dobbiamo ipotizzare 
schemi 
operativi 
stabili 
e 
burocratici, direzioni 
provinciali, Direzioni 
regionali, archivi 
o uffici 
studi 
e 
scrivere 
il 
diritto amministrativo 
della n'ndrangheta. 
Se 
nell'esame 
dell'attivit� 
mafiosa 
si 
pu� fare 
riferimento a 
concetti 
di 
diritto 
non sar� 
al 
diritto amministrativo o a 
quello commerciale, sar� 
piuttosto al 
diritto 
internazionale. 
L'effettivit� 
del 
potere 
sul 
territorio che 
incontra 
limiti 
solo dai 
patti 
e 
dalle 
guerre. 
La 
Pace 
tra 
le 
cosche 
dopo il 
periodo degli 
omicidi 
di 
Dragone 
� 
garantita 
da 
un patto e 
dalla 
capacit� 
dei 
paciscenti 
di 
contrastare 
e 
distruggere 
chi 
non vi 
avesse ottemperato. 
Il 
dato dal 
quale 
occorre 
partire 
non � 
quindi 
l'esistenza 
di 
una 
scissione 
o di 
un contrasto o diversit� 
di 
interessi 
tra 
Cutro o reggio Emilia 
tale 
da 
dar vita 
alla locale di reggio Emilia. 
occorre 
solo rilevare 
che 
in base 
al 
principio dell'effettivit� 
a 
reggio Emilia 
si 
sono verificati 
i 
presupposti 
perch� 
si 
sia 
realizzato il 
disposto dell'art. 416 
bis. 
Una 
volta 
che 
gli 
imputati 
si 
comportano come 
aderenti 
ad una 
associazione 
mafiosa 
e 
operano concretamente 
su di 
un territorio determinato, nel 
quale 
si 
manifesta 
concretamente 
la 
presenza 
dell'associazione, si 
� 
in presenza 
di 
una 
nuova 
"Locale" 
e 
la 
Corte 
di 
cassazione 
si 
� 
"ex 
professo" 
occupata, 
sulla 
base 
dell'effettivit�, proprio del 
fenomeno della 
creazione 
di 
strutture 
locali 
di 
una 
associazione preesistente. 


Sez. 6, Sentenza 
n. 
44667 
del 
12/05/2016 Ud. (dep. 24/10/2016) rv. 268676 
Presidente: 
ippolito 
F. 
Estensore: 
Ricciarelli 
M. 
relatore: 
Ricciarelli 
M. 
imputato: 
P.g. in proc. Camarda e altri. 
P.m. Mazzotta g. 
(Parz. Diff.) 
(Annulla in parte con rinvio, App. Torino, 28/05/2015) 
602 
rEATI 
ConTro 
L'orDInE 
PUBBLICo 
-013ASSoCIAzIonE 
PEr 
DELInQUErE 
-In 
GEnErE 
rEATI 
ConTro 
L'orDInE 
PUBBLICo 
-DELITTI 
-ASSoCIAzIonE 
PEr 
DELInQUErE 
-In 
GEnErE 
Associazione 
di 
tipo 
mafioso 
-Delocalizzazione 
-Costituzione 
di 
una 
struttura 
autonoma 
e 
originale 
- Configurabilit� 
della 
fattispecie 
di 
cui 
all'art. 416 - Bis 
cod. pen. - Condizioni - Fattispecie. 
In tema 
di 
associazione 
di 
tipo mafioso, nei 
casi 
di 
delocalizzazione 
di 
pi� articolazioni 
periferiche 
(c.d. locali) che, pur richiamandosi 
a 
consorterie 
mafiose 
comprese 
tra 
quelle 
specificamente 
tipizzate 
sulla 
base 
di 
una 
consolidata 
esperienza, costituiscano un unico centro autonomo di 
imputazione 
di 
scelte 
criminali 
in un diverso quadro territoriale, non occorre 
che 
ogni 
cellula 
abbia 
dato 
luogo 
alla 
manifestazione 
del 
metodo 
mafioso, 
essendo 
invece 
necessario 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


verificare 
che 
ciascuna 
di 
esse 
sia 
effettivamente 
parte 
del 
sodalizio 
e 
che 
questo, 
nel 
suo complesso, si 
sia 
manifestato nel 
nuovo contesto territoriale 
attraverso 
modalit� 
concrete 
che, 
pur 
potendo 
non 
postulare 
azioni 
eclatanti, 
devono 
consistere 
nell'attuazione 
di 
un 
sistema 
incentrato 
sull'assoggettamento 
derivante 
dalla 
forza 
del 
vincolo associativo: 
(Fattispecie 
relativa 
alla 
costituzione 
di 
plurime 
"locali" 
di 
'ndrangheta 
operanti 
in Piemonte, in cui 
la 
Corte 
ha 
ritenuto sussistente 
un'unica 
associazione 
mafiosa 
composta 
da 
pi� cellule 
tra 
loro federate, evidenziando da 
una 
parte, come 
le 
singole 
cellule, pur operanti 
in propri 
ambiti 
territoriali 
e 
mantenendo stabilmente 
i 
contatti 
con gli 
organismi 
di 
vertice 
della 
consorteria 
di 
riferimento, si 
riconoscessero "come 
parti 
di 
un 
tutto", 
e, 
dall'altra, 
come 
il 
sodalizio 
avesse, 
nel 
suo 
complesso, 
fatto effettivamente uso del metodo mafioso all'esterno ed al suo interno). 


occorre 
partire 
dagli 
effetti 
perch� 
sono gli 
effetti 
quelli 
che 
la 
norma 
dell'art. 
416 bis mette in evidenza. 
Vi 
� 
associazione 
autonoma 
di 
stampo mafioso quando su di 
un territorio si 
manifesta 
e 
viene 
percepito 
dalla 
generalit� 
dei 
cittadini 
l'esistenza 
di 
un 
potere 
di condizionamento derivante dall'utilizzo del metodo mafioso. 
Vi 
� 
invece 
mera 
esplicitazione 
di 
reati 
scopo, quando in un territorio, in cui 
non vi 
� 
questa 
percezione 
generale, si 
verificano atti 
compiuti 
da 
associati 
ad 
una organizzazione mafiosa. 
Il 
dato del 
condizionamento quindi 
rileva 
e 
certamente, sotto questo profilo, 
non 
� 
dubitabile 
che 
in 
reggio 
Emilia 
si 
sia 
creata 
una 
autonoma 
fonte 
di 
condizionamento 
e 
di 
attivit� 
e 
non si 
siano solo sentiti 
gli 
effetti 
di 
una 
attivit� 
progettata e pensata altrove. 
Si 
potrebbe 
seriamente 
dubitare 
che 
a 
reggio 
Emilia 
e 
nei 
territori 
contermini 
non 
si 
sentisse 
la 
presenza 
di 
una 
associazione 
mafiosa 
quando 
tale 
percezione 
viene riferita al Prefetto dalle categorie economiche. 
L'eccezione 
di 
incompetenza 
territoriale 
� 
smentita 
da 
ognuno degli 
episodi 
che sono stati portai alla vostra attenzione. 
� 
smentita 
dal 
terrore 
dei 
soggetti 
minacciati, dall'omert� 
che 
scatta 
davanti 
a 
incendi 
di 
grande 
portata, ma 
� 
smentita 
proprio dal 
fascino che 
sul 
territorio 
l'associazione 
riesce 
ad 
avere 
in 
persone 
che 
non 
appartengono 
all'insediamento 
dei calabresi. 
G., B., la 
dottoressa 
T., il 
dott. C. percepiscono come 
attiva 
e 
presente 
sul 
territorio 
una 
organizzazione 
con la 
quale 
poter avere 
rapporti 
ed � 
sul 
territorio 
di 
reggio Emilia 
che 
creano con i 
suoi 
affiliati 
i 
loro rapporti 
e 
ne 
sono addirittura 
affascinati. 
D'altra 
parte 
a 
reggio Emilia 
che 
operi 
una 
associazione 
di 
stampo mafioso 
autonoma 
� 
del 
tutto pacifico: 
Quando con ammirazione 
o terrore 
a 
seconda 
dei 
casi 
ci 
si 
riferisce 
ai 
calabresi, ai 
Cutresi 
non lo si 
fa 
certo in senso geografico. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Tutti 
percepiscono 
che 
c'� 
un'entit� 
sovrapersonale 
unitaria 
e 
stabilita 
a 
reggio 
Emilia. 
Molti 
degli 
imputati 
sono stati 
intercettati 
mentre 
ammettono di 
far parte 
di 
un gruppo. 
Tutta 
la 
citt� 
percepisce, 
al 
di 
l� 
dei 
distinguo 
di 
maniera, 
che 
c'� 
una 
pressione, 
anche 
quando non si 
hanno prove 
concrete 
viene 
percepita 
una 
mancanza 
di 
spontaneit� 
e 
di 
libert� 
che 
attraversa 
intere 
categorie 
economiche 
come 
l'edilizia 
e l'autotrasporto. 
C'� 
un effetto unificante 
dovuto all'azione 
di 
un'associazione 
e 
non semplici 
reati scopo. 
La 
totale 
autonomia 
della 
cosca 
di 
reggio Emilia 
emerge 
poi 
da 
elementi 
indiscutibili. 
Grande 
Aracri 
nicolino 
� 
sostanzialmente 
estraneo 
alle 
dinamiche 
interne 
alla 
cosca 
fuori 
dai 
propri 
interessi 
personali, cosa 
impossibile 
ove 
ne 
fosse 
strettamente 
partecipe 
o ove 
gli 
affiliati 
di 
reggio Emilia 
fossero tutti 
stretti 
solo 
dalle relazioni presenti a Cutro. 
Ha 
la 
necessit� 
di 
un 
suo 
uomo 
per 
salvaguardare 
i 
suoi 
affari 
o 
per 
poter 
avere 
conoscenza 
e 
notizia 
delle 
opportunit� 
che 
ci 
sono di 
investire 
sull'attivit� 
criminale 
che si svolge a reggio Emilia. 
Di un ufficiale di collegamento. Prima 
V. poi G. con l�aiuto di M. 
Questa circostanza � di per s� d'ostacolo all'idea della cosca unica. 
Il 
pericolo 
che 
si 
nasconde 
sotto 
l'eccezione 
� 
la 
banalizzazione 
di 
questo 
processo: 
l'idea 
che 
il 
territorio, 
sia 
immune 
e 
accetti 
solo 
singole 
ingerenze, 
� 
estremamente pericolosa. 
Come 
gi� 
detto la 
costituzione 
della 
Presidenza 
del 
consiglio nasce 
dalla 
specificit� 
del 
fenomeno dell'insediamento mafioso nella 
regione 
Emilia 
romagna. 
I 
crimini 
che 
sono 
a 
giudizio 
non 
possono 
essere 
giudicati 
da 
un 
giudice 
posto 
altrove 
che 
non 
in 
Emilia 
romagna, 
perch� 
� 
necessario 
che, 
non 
solo 
vi 
siano 
condanne, ma 
che 
da 
queste 
possa 
nascere 
una 
consapevolezza 
e 
una 
attenzione 
generale che costituisca la salvaguardia del futuro di questa regione. 
A 
conferma 
di 
quanto pericolo si 
annidava 
nel 
comportamento degli 
imputati 
� 
sufficiente 
avere 
riferimento alla 
situazione 
che 
le 
organizzazioni 
economiche 
di 
categoria 
hanno 
rappresentato 
al 
Prefetto 
di 
reggio 
nel 
2009 
come 
dato 
ormai risalente negli anni. 
Una 
infiltrazione 
mafiosa 
capace 
di 
condizionare 
interi 
settori: 
l'autotrasporto 
nel 
quale 
tariffe 
fuori 
mercato 
rischiavano 
di 
estromettere 
molte 
imprese, 
l'edilizia, 
il mondo dell'estrazione degli inerti. 
Una 
situazione 
pesante 
che 
ha 
indotto la 
Prefettura 
ad emettere 
decine 
di 
inibitorie 
ai sensi della normativa antimafia. 
Certificazioni 
a 
contenuto interdittivo che 
hanno provocato la 
reazione 
scomposta 
degli imputati. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


occorre 
un chiarimento: 
L'informativa 
a 
contenuto interdittivo non certifica 
che 
una 
Impresa 
sia 
mafiosa, ma 
solo che 
vi 
� 
il 
pericolo, anche 
incolpevole, 
che 
vi 
sia 
una 
infiltrazione 
da 
parte 
della 
criminalit� 
organizzata 
tale 
da 
condizionare 
l'operativit� 
dell'impresa 
e 
portare 
rischio per il 
settore 
dei 
contratti 
pubblici. 
Perci� 
non 
sono 
le 
interdittive 
emesse 
nei 
confronti 
delle 
societ� 
degli 
imputati 
a fornire la prova della loro appartenenza alla associazione mafiosa. 
Quello 
che 
fornisce 
la 
prova 
dell'esistenza 
dell'associazione 
e 
dell'appartenenza 
degli imputati ad essa, � la reazione che gli stessi hanno avuto. 
Se 
le 
interdittive 
avessero 
colpito 
soggetti 
non 
tra 
di 
loro 
collegati, 
la 
reazione 
da 
attendersi 
sarebbe 
stata 
quella 
del 
riscontro individuale 
in sede 
giudiziaria 
svolto 
avverso 
il 
singolo 
provvedimento 
anzi 
separando 
il 
pi� 
possibile 
le 
varie 
posizioni. 
Quando 
il 
Prefetto 
ha 
emesso 
le 
informazioni 
a 
contenuto 
interdittivo 
non 
aveva 
n� 
poteva 
avere, 
un 
intento 
unitario 
perch� 
le 
informazioni 
sono 
chieste 
dalle 
singole 
stazioni 
appaltanti 
verso 
singoli 
soggetti 
economici 
e 
non 
seguono 
quindi un disegno preciso. 
L'idea 
della 
"persecuzione" 
� 
puerile 
e 
non 
tiene 
conto 
delle 
caratteristiche 
dello strumento nel 
quale 
ogni 
istruttoria 
� 
separata 
e 
ha 
origine 
da 
un input 
esterno. 
Il momento unitario lo hanno dato gli imputati di questo processo. 
I 
soggetti, 
legati 
tra 
di 
loro, 
ma 
colpiti 
singolarmente, 
si 
sono 
immediatamente 
riconosciuti 
come 
pronti 
a 
fare 
fronte 
comune 
� 
hanno 
reagito 
tentando 
di 
strumentalizzare 
la 
loro 
personale 
difficolt� 
nascondendola 
sotto 
l'apparente 
tutela 
generale degli imprenditori calabresi. 
In realt� non hanno coinvolto nessuno che non fosse dei loro. 
Colpisce 
come 
in 
nessuna 
delle 
difese 
nei 
vari 
ricorsi 
amministrativi 
viene 
dubitato 
della 
capacit� 
di 
compromissione 
dei 
rapporti 
delle 
imprese 
con i 
soggetti 
che poi saranno arrestati. 
In molti 
casi 
non hanno neppure 
proposto ricorso al 
Tar preferendo tentare 
di 
condizionare l'ufficio in termini generali. 
Le 
intercettazioni 
mostrano come 
quando i 
provvedimenti 
amministrativi 
o la 
stampa identifica uno di loro tutti gli appartenenti si sentono colpiti. 
"Parlano di 
noi" 
dicono S. e 
D. davanti 
ad un servizio televisivo che 
era 
relativo 
solo al fratello di Grande 
Aracri. 
Quando finalmente 
la 
pressione 
amministrativa 
o dell'informazione 
li 
mette 
allo scoperto fanno immediatamente fronte comune. 
Si sono rivolti al P. con cui avevano gi� rapporti di scambio. 
L'intercettazione 
tra 
P. e 
P. � 
chiarissima 
nel 
mostrare 
che 
P. � 
gi� 
il 
cavallo di 
battaglia della cosca. 
non gli 
viene 
fatta 
una 
promessa 
per iniziare 
un rapporto, ma 
la 
minaccia 
di 
cessarlo: "potremmo cambiare cavallo". 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


P. si 
presta 
al 
punto di 
camuffare 
nella 
sua 
dichiarazione 
prodotta 
al 
TAr la 
realt� 
della 
riunione. non sua 
convocazione 
per servire 
la 
mafia, ma 
propria 
autonoma attivit� politica nei riguardi della comunit� calabrese. 
Comunit� 
calabrese 
che 
non � 
mai 
stata 
oggetto delle 
attenzioni 
n� 
del 
P. n� 
della 
mafia 
che 
tutto vuole 
meno che 
la 
sua 
tutela 
e 
la 
sua 
piena 
integrazione 
nel tessuto sociale. 
"Hai 
visto che 
gente 
c'era" 
la 
frase 
dell�avvocato S. A. � 
di 
una 
pregnanza 
assoluta 
altro che tutela della comunit� di origine. 
La 
cena 
al 
ristorante 
"antichi 
sapori" 
ha 
un doppio piano di 
lettura 
come 
� 
regola 
per le 
attivit� 
di 
mafia: 
uno per chi 
la 
vede 
dall'esterno e 
l'altro per chi, 
come gli inquirenti, ne ha seguito la preparazione e le motivazioni. 
non � 
un incontro politico, ma 
la 
mascheratura 
di 
un impegno verso la 
collettivit� 
dei calabresi che nasconde solo la volont� di tutelare l'organizzazione. 
non c'� 
certo rappresentanza 
di 
interessi, non c'� 
mai 
stata. La 
tutela 
del 
dato 
identitario � 
solo una 
evidente 
copertura 
perch� 
le 
intercettazioni 
sulla 
preparazione 
della 
riunione 
danno 
la 
prova 
della 
loro 
autoidentificazione 
come 
l'associazione 
che infiltrava le imprese. 
C'� 
solo sfruttamento, utilizzare 
le 
persone 
rese 
sensibili 
dall'esperienza 
meridionale 
all'infiltrazione 
mafiosa 
per propagare 
questa 
anche 
nella 
nuova 
regione 
di insediamento. 
Anche per talune singolari prese di posizione occorre fare una precisazione: 
I calabresi sono le prime vittime dell'attivit� 
dell'associazione. 


non vittime 
dell'azione 
della 
Procura 
che 
certo viene 
a 
turbare 
equilibri 
consolidati. 
Equilibri 
al 
ribasso 
capaci 
di 
assicurare 
un 
momento 
di 
prosperit� 
minato 
perch� 
contro il diritto e incapace di reggere a lungo. 
non 
vi 
pu� 
essere 
bene 
per 
tutti 
nell'azione 
della 
associazione 
mafiosa. 
La 
comunit� 
di 
origine 
Cutrese 
ha 
trovato 
un 
effimero 
benessere 
ma 
riservato 
a 
pochi, 
mentre 
tanti 
imprenditori 
di 
origine 
calabrese, 
corretti 
e 
onesti, 
riescono 
ad 
affermarsi 
solo 
a 
fatica 
dovendo 
lottare 
con 
condizionamenti 
e 
concorrenza 
sleale. 
non si 
costruisce 
nulla 
di 
duraturo sul 
fango: 
� 
una 
accumulazione 
senza 
sviluppo, 
fine a s� stessa. 
non si 
fa 
efficienza 
con l'evasione 
fiscale 
o con il 
lavoro nero, ma 
solo con 
l'ottimizzazione dei mezzi di produzione. 
Mai 
nessuna 
delle 
intercettazioni 
che 
per centinaia 
di 
ore 
sono a 
vostra 
disposizione 
indica un qualsiasi interesse sociale degli imputati. 
� 
il 
dato precipuo delle 
associazioni 
di 
stampo mafioso quello di 
sforzarsi 
di 
non farsi 
distinguere 
dal 
contesto, di 
operare 
con mimetismo rispetto al 
contesto 
di appartenenza. 
regione ricca dove non � necessario uccidere ma � sufficiente minacciare. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Soprattutto localit� 
dove 
la 
mancata 
conoscenza 
del 
fenomeno ha 
reso possibile 
che 
soggetti 
del 
tutto 
estranei 
e 
lontani, 
soggetti 
che 
esercitano 
professioni 
stimate 
e 
che 
non hanno necessit� 
di 
legarsi 
ad ambienti 
criminali, sentano il 
fascino 
di 
una 
presenza 
della 
quale 
percepiscono 
banalmente 
solo 
l'aspetto 
simbolico e magniloquente dell'uso della forza. 
� contro questo pericolo che vi si chiede una sentenza ferma e decisa che separi 
il 
mondo retto dal 
diritto, con le 
sue 
difficolt� 
e 
le 
sue 
aporie, da 
quello 
delle scorciatoie, dell'abuso e dello sfruttamento. 
Posizioni 
degli 
imprenditori 
collusi 
vanno 
certamente 
punite 
con 
le 
sanzioni 
di 
legge 
perch� 
sono 
epigrammatiche 
del 
pericolo 
che 
la 
societ� 
dell'Emilia 
corre 
a 
causa 
dell'infiltrazione 
mafiosa. 
Cos� 
come 
vanno 
scoraggiate 
le 
pratiche 
di 
infiltrazione 
costituite 
dalle 
intestazioni 
di 
comodo. 
Sono 
un 
primo 
gradino 
di 
affiliazione, 
immettono 
nel 
tessuto 
delle 
imprese 
soggetti anomali che distorcono il mercato e drenano risorse. 
non solo sono reati 
scopo dell'infiltrazione, ma 
sintomo del 
generale 
indebolimento 
delle difese del tessuto sociale che l'infiltrazione provoca. 
Quando a 
causa 
della 
presenza 
della 
mafia 
un territorio perde 
di 
vista 
la 
differenza 
tra 
il 
bene 
e 
il 
male 
e 
si 
ricerca 
l'approccio con le 
associazioni 
malavitose 
come 
una 
occasione 
di 
utilit� 
politica 
o professionale, vuol 
dire 
che 
il 
male ha gi� progredito e il rischio epidemico � forte. 
Le 
caratteristiche 
delle 
organizzazioni 
mafiose 
di 
calarsi 
nel 
territorio 
� 
quella 
di 
annichilirne 
le 
risorse 
deviandole 
verso 
gli 
interessi 
dell'associazione 
e 
cos� 
si viene a costituire un limite allo sviluppo. 
Viene 
sostenuto 
che 
in 
Emilia 
vi 
era 
solo 
una 
associazione 
per 
delinquere 
mentre 
"il bis viene dalla Calabria". 
non � 
il 
dispiego della 
violenza 
la 
caratteristica 
che 
il 
legislatore 
ha 
posto alla 
base del 416 bis ma l'oppressione sul territorio. 
A 
parte 
il 
carattere 
del 
tutto autoctono degli 
episodi 
di 
violenza, anche 
gravi, 
che 
sono all'attenzione 
della 
Corte, quello che 
� 
emerso � 
proprio il 
dato normativo 
dell'assoggettamento. 
Proprio questa 
� 
la 
situazione 
che 
� 
stata 
rappresentata 
dalle 
categorie 
economiche 
al 
Prefetto e 
contrastata 
in via 
amministrativa 
ed � 
quello che 
� 
emerso 
compiutamente dalle indagini. 
Una 
presenza 
pervasiva 
che 
purtroppo 
non 
ha 
tralasciato 
anche 
esponenti 
delle 
forze 
dell'ordine 
anche 
loro purtroppo vittime 
del 
fascino della 
Criminalit� 
e 
del suo potere corruttivo. 
Solo la 
liberta 
di 
autodeterminazione 
pu� essere 
volano di 
una 
societ� 
fluente 
e capace di crescita economica e sviluppo sociale. 
Che 
crescita 
ci 
pu� 
essere 
quando, 
come 
racconta 
Giglio, 
tutti 
gli 
imprenditori 
in 
qualche 
modo 
vicini 
alla 
Cosca 
si 
devono 
tassare 
per 
regalare 
una 
macchina 
ad 
un 
detenuto 
scarcerato. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Quando tutti 
i 
cittadini 
originari 
di 
Cutro devono informare 
S. delle 
loro cose. 
Quando dopo anni 
di 
carcerazione 
vengono fuori 
soggetti 
con enormi 
disponibilit� 
economiche come B. 
Quale 
sistema 
economico 
pu� 
crescere 
quando 
le 
trattative 
comprendono 
l'incendio 
doloso. 
Certamente 
i 
reati 
fiscali 
hanno 
una 
loro 
autonomia 
e 
non 
c'� 
bisogno 
della 
mafia per fare provvista di fatture false. 
Ma 
l'illiceit� 
viene 
elevata 
a 
potenza 
quando 
si 
utilizzano 
per 
riciclare 
capitali 
di 
provenienza 
illecita 
e 
quando il 
loro ricavato serve 
ad alimentare 
l'attivit� 
dell'associazione. 
non tutti 
i 
reati 
o le 
illegittimit� 
sono da 
ascrivere 
alla 
mafia, ma 
si 
pu� dire 
che 
essa 
sia 
un 
metabolizzatore 
delle 
attivit� 
criminali 
verso 
le 
quali 
ha 
un 
rapporto speculativo. 
L'esperienza 
di 
questo processo indica 
come 
non vi 
sia 
un Core 
businnes 
del-
l'attivit� mafiosa. 
Certo per Sarcone 
e 
compagni 
fare 
delle 
estorsioni 
� 
una 
specie 
di 
omaggio 
alla 
tradizione 
ma 
in Emilia: 
le 
fatture 
false 
rendono il 
10 o 20% per ogni 
giro 
bancario e diventano quindi una attivit� importante. 
Certo non resistono alle 
tentazioni. Se 
qualcuno di 
loro truffa 
un imponente 
quantit� 
di 
piastrelle, sembra 
brutto non profittarne 
e 
allora 
viene 
fuori 
la 
caratteristica 
pi� 
insidiosa 
dell'organizzazione 
mafiosa, 
la 
capacit� 
di 
agire 
in 
rete 
trova 
la 
migliore 
occasione 
di 
mettersi 
in evidenza 
e 
le 
piastrelle 
arrivano 
anche a Gioiosa Jonica. 
Le 
stesse 
macerie 
del 
terremoto 
possono 
diventare 
un 
nuovo 
settore 
di 
profitto 
violando la normativa ambientale. 
� 
singolare 
questa 
commistione 
tra 
vecchio e 
nuovo, estorsioni 
tradizionali 
e 
sofisticate attivit� economiche. 
Imprese 
effettive 
che 
drogano il 
proprio settore 
grazie 
all'accesso gratuito ai 
capitali e imprese fittizie che servono solo a frodare le tasse. 
Commercio 
di 
droga, 
di 
piastrelle 
e 
di 
consenso 
elettorale, 
traffico 
di 
rifiuti 
tutto 
legato 
e 
ottimizzato 
dalla 
presenza 
di 
una 
rete 
di 
soggetti 
pronta 
a 
coprirsi, 
a 
condividere, 
a 
trarre 
profitto. 
nessun valore 
ha 
il 
rilevo difensivo che 
non tutti 
gli 
imputati 
sono coinvolti 
in tutti 
gli 
episodi 
delittuosi 
o che 
non vi 
� 
la 
prova 
positiva 
del 
rapporto di 
un 
associato con tutti gli altri. 
La n'ndrangheta non � un Club Service. 
Torna 
sempre 
l'aporia 
di 
raffrontare 
l'azione 
criminale 
a 
modelli 
giuridici 
leciti. 
Essere 
il 
capo o il 
promotore 
non fa 
s� 
che 
sulla 
scrivania 
pervengano tutti 
i 
dossier. 
L'aggregazione 
sul 
singolo 
affare 
pu� 
essere 
sporadica 
tanto 
il 
beneficio 
finale 
sar� 
comune 
ed 
� 
dato 
tramite 
la 
reciproca 
compromissione 
e 
interdipendenza, 
dalla 
forza 
dell'associazione. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


La 
reciproca 
disponibilit� 
potenziale 
costituisce 
l'anima 
dell'associazione 
non 
il 
fare 
necessariamente 
insieme 
ogni 
reato scopo o ogni 
attivit� 
connessa 
al-
l'associazione. 
Dalle 
testimonianze 
dei 
collaboratori 
e 
dalle 
intercettazioni 
emerge 
il 
continuo 
coinvolgimento informativo che 
scorre 
tra 
gli 
affiliati 
di 
un certo calibro, di 
quelli 
che 
non possono tacersi 
l'un l'altro i 
propri 
programmi 
perch� 
sempre 
in esecuzione di un'azione interdipendente. 
neppure 
� 
necessario che 
vi 
sia 
un "Fondo Comune" 
(magari 
da 
mettere 
a 
bilancio) 
perch� esso � dato dalla comune disponibilit�. 


ii 


La 
costituzione 
di 
parte 
civile 
dell'avvocatura 
dello 
Stato 
nel 
processo 
Aemilia 
� in rappresentanza di pi� soggetti. 
� 
stata 
formalizzata 
nell'interesse 
del 
Ministero 
dell'Ambiente 
per 
i 
reati 
ambientali 
connessi 
esclusivamente 
alla 
vicenda 
B. 
nella 
quale, 
diciamo 
per 
non 
farsi 
mancare 
nulla, 
sono 
stati 
commessi 
reati 
connessi 
al 
mancato 
corretto 
smaltimento 
dell'amianto 
in 
sede 
di 
lavori 
per 
la 
ricostruzione 
post 
terremoto 
che 
� 
stato 
mischiato 
al 
pietrisco 
per 
fare 
i 
vialetti 
delle 
scuole. 
Queste 
condotte 
sono 
rimaste 
all�attenzione 
del 
Tribunale 
di 
reggio 
Emilia 
perch� 
solo 
r. 
collaboratore 
di 
B. 
ha 
chiesto 
di 
essere 
giudicato 
con 
il 
rito 
abbreviato. 
Tra 
le 
altre 
cose 
che 
hanno 
sporcato, 
questi 
imputati 
sono 
riusciti 
anche 
a 
macchiare 
una 
buona 
storia, 
inusuale 
in 
Italia, 
di 
una 
efficiente 
ricostruzione 
dopo 
un terremoto. 
Episodi 
gravi 
anche 
se 
limitati 
rispetto 
all'impegno 
della 
ricostruzione 
dai 
quali 
traspare, come 
per gli 
altri, l'assoluto dispregio per gli 
interessi 
generali 
tanto 
da 
mischiare 
i 
residui 
d'amianto 
nella 
ghiaia 
dei 
vialetti 
delle 
scuole 
con 
sicura 
compromissione dell'ambiente. 
Vi 
� 
per� 
la 
soddisfazione, 
anche 
personale, 
di 
avere 
visto 
come 
i 
meccanismi 
di 
creazione 
di 
White 
List 
sostanziali 
a 
tutela 
dei 
lavori 
poi 
estesi 
in 
campo 
nazionale 
abbia 
tenuto 
lontane 
le 
imprese 
direttamente 
gestite 
dagli 
appartenenti 


o 
comunque 
dove 
il 
collegamento 
era 
apparente. 
Solo 
la 
B. 
ha 
potuto 
operare 
in 
quanto 
la 
presenza 
del 
collegamento 
strutturale 
con l'associazione non poteva essere colto in via amministrativa. 
Gli 
imputati 
cui 
� 
addebitato 
il 
capo 
91 
del 
decreto 
che 
dispone 
il 
giudizio, 
devono 
essere 
quindi 
ritenuti 
responsabili 
dei 
delitti 
cui 
agli 
articoli 
256 
e 
260 
del 
TU 
152/06 Codice 
dell'ambiente 
e 
condannati 
al 
risarcimento del 
danno 
ambientale. 
C'� 
quindi 
una 
pretesa 
risarcitoria 
del 
Ministero 
dell'Ambiente 
sulla 
quale 
non 
si � proceduto nel Giudizio Abbreviato e che ora � alla vostra attenzione. 
La 
condotta 
punibile, ex art. 260 del 
Codice 
Ambiente 
deve, secondo la 
ricostruzione 
della 
giurisprudenza, consistere 
nel 
compimento di 
operazioni 
e 
at

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


tivit� 
ripetute, continuative 
e 
organizzate, con la 
predisposizione 
di 
mezzi 
e 
capitali, 
quale 
una 
struttura 
organizzativa 
di 
tipo 
imprenditoriale, 
idonea 
e 
adeguata 
a 
realizzare 
l'obiettivo 
criminoso, 
anche 
se 
non 
in 
via 
esclusiva, 
potendo 
l'attivit� 
criminosa 
essere 
marginale 
o 
secondaria 
rispetto 
all'attivit� 
principale 
lecitamente svolta. 
La 
legge 
richiede 
che 
la 
realizzazione 
di 
una 
pluralit� 
di 
operazioni, tipizzate 
nella 
gestione 
abusiva 
di 
rifiuti 
debba 
coesistere 
con 
la 
predisposizione 
di 
una 
struttura 
organizzata, 
non 
occasionale, 
con 
l'allestimento 
di 
mezzi 
e 
attivit� 
continuative 
e 
abituali, 
in 
continuit� 
temporale, 
finalizzate 
alla 
abusiva 
gestione 
di 
ingenti 
quantit� 
di 
rifiuti: 
"alla 
pluralit� 
delle 
azioni 
che 
� 
elemento 
costitutivo 
del 
fatto, 
corrisponde 
una 
unica 
violazione 
di 
legge, 
e 
perci� 
il 
reato 
� 
abituale 
dal 
momento che 
per il 
suo perfezionamento � 
necessaria 
le 
realizzazione 
di pi� comportamenti della stessa specie". 
� 
certo che 
per la 
ricostruzione 
si 
� 
proceduto, per risparmiare 
10 euro dir� 
B.B., ad utilizzare 
residui 
contenenti 
amianto e 
che 
vi 
� 
stato un accumulo di 
sostanze che andavano smaltite correttamente. 
Questa 
movimentazione 
abusiva 
ed 
illecita 
dei 
rifiuti 
� 
stata 
svolta 
in 
forma 
d'attivit� 
di 
impresa 
verso 
un 
numero 
indeterminato 
di 
cantieri 
e 
certamente, 
ove 
non 
vi 
fosse 
stato 
un 
intervento 
tempestivo 
del 
Commissario 
alla 
ricostruzione, 
avremmo 
visto 
come 
l'evento 
terremoto 
si 
trasformava 
attraverso 
l�illegalit� 
in 
occasione 
di 
profitto 
attraverso 
il 
reimpiego 
abusivo 
delle 
macerie. 
Per 
il 
reato 
contravvenzionale 
� 
sufficiente 
che 
lo 
stoccaggio 
delle 
macerie 
contenenti amianto non sia stato svolto correttamente. 
La 
quantificazione 
del 
danno � 
complessa, va 
ripartito il 
danno ambientale 
di 
competenza 
del 
Ministero 
da 
quello, 
ex 
art. 
2043, 
di 
competenza 
del 
Comune. 
Per 
questo 
chiediamo 
la 
affermazione 
della 
responsabilit� 
civile 
degli 
imputati 
per i 
reati 
ambientali 
per i 
quali 
vi 
� 
costituzione 
di 
Parte 
Civile 
del 
Ministero 
dell'Ambiente con riserva di quantificazione al Giudice Civile. 


iii 


Siamo poi 
costituiti 
per l'Agenzia 
delle 
Entrate. L'Agenzia 
di 
norma 
avendo 
poteri 
di 
accertamento e 
riscossione 
delle 
imposte 
non ha 
necessit� 
di 
costituirsi 
in giudizio. 
In questo processo per� ha 
la 
necessit� 
di 
acquisire 
un titolo risarcitorio nei 
confronti 
di 
soggetti 
che 
non sono soggetti 
di 
imposta 
e 
la 
cui 
responsabilit� 
nei 
reati 
ha 
fatto s� 
che 
venissero sottratte 
forti 
fonti 
di 
reddito imponibile 
attraverso 
le operazioni di falsa fatturazione. 
Tali 
operazioni 
da 
un 
lato 
portano 
a 
crediti 
IVA 
fittizi 
cui 
corrispondono 
debiti 
di 
IVA 
da 
parte 
di 
soggetti 
insolventi 
e 
poi 
hanno consentito ad una 
pluralit� 
di imprese del nord Italia di abbattere la base imponibile. 
Verso questi 
soggetti 
l'Agenzia 
pu� procedere 
con gli 
accertamenti 
di 
natura 
Tributaria 
ma 
verso chi 
ha 
consentito la 
falsa 
prospettazione 
reddituale 
con la 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


propria 
condotta 
l'Agenzia 
deve 
fare 
valere 
il 
diritto 
al 
risarcimento 
del 
danno 
e pu� farlo solo in questa sede. 
Danno 
sia 
patrimoniale, 
per 
il 
minore 
gettito 
da 
mancato 
accertamento, 
che 
non 
patrimoniale 
per 
il 
disservizio 
che 
questi 
reati 
hanno 
provocato 
all'Agenzia 
e 
per 
il 
danno 
all'immagine 
che 
deriva 
verso 
la 
platea 
dei 
contribuenti 
da 
una 
attivit� 
svolta 
in 
forma 
non 
episodica 
ma 
industriale, 
di 
elusione 
e 
evasione 
delle 
imposte. 
La 
costituzione 
� 
quindi 
riferita 
ai 
reati 
fiscali 
di 
false 
fatturazioni 
contestati 
agli imputati. 
non 
si 
tratta 
di 
episodi 
isolati 
ma 
dell'assunzione 
del 
reato 
di 
false 
fatturazioni 
quale 
strumento privilegiato di 
riciclaggio di 
somme 
di 
danaro e 
di 
creazione 
di profitto. 
Certamente 
l'esistenza 
di 
una 
platea 
ingorda 
di 
potenziali 
destinatari 
delle 
fatture 
false 
� 
un 
dato 
deludente 
per 
l'imprenditoria 
italiana 
e 
non 
� 
uno 
specifico 
delle organizzazioni mafiose vedendo altri soggetti che la accontentano. 
La 
n'ndrangheta 
� 
soggetto ormai 
stabilmente 
presente 
nel 
settore: 
un player 
di rango che fornisce sicurezza. 
Ma 
� 
certo 
che 
il 
drenare 
risorse 
nel 
meridione 
d'Italia 
per 
consentire 
una 
massiccia 
evasione 
al 
nord 
� 
l'inversione 
di 
tutti 
i 
principi 
di 
redistribuzione 
che 
sono 
alla 
base 
della 
imposizione 
fiscale 
di 
un 
paese 
moderno 
(robin 
Hood 
al 
contrario, 
strozza 
gli 
imprenditori 
del 
Sud 
e 
con 
il 
provento 
arricchisce 
quelli 
del 
nord). 
La 
costituzione 
di 
Parte 
Civile 
dell'Agenzia 
� 
quindi 
a 
tutela 
della 
immagine 
e della funzione istituzionale dell'Agenzia delle Entrate. 


iV 


Siamo poi 
costituiti 
per il 
Ministero dell'interno nei 
confronti 
dei 
dipendenti 
che 
in violazione 
del 
proprio giuramento, hanno aderito all'associazione 
o ne 
hanno agevolato l'opera. 
non 
in 
rappresentanza 
di 
una 
parte 
o 
della 
maggior 
parte 
degli 
operatori 
di 
polizia che non sono stati attinti dalla suggestione dell'attivit� degli imputati. 
Siamo 
in 
rappresentanza 
dell'Amministrazione 
che 
quotidianamente 
garantisce 
a 
tutti 
l'ordine 
e 
la 
sicurezza 
pubblica 
e 
che 
� 
strumentale, 
attraverso 
la 
polizia 
giudiziaria, all'attivit� delle Procure della repubblica. 
L'avvocatura 
dello Stato non ha 
occhi 
pietosi 
per chi 
tradisce 
il 
proprio compito 
e 
le 
ragioni 
per le 
quali 
ha 
la 
fiducia 
dei 
cittadini, spesso � 
chiamata 
a 
difendere 
o 
comporre 
situazioni 
nelle 
quali 
i 
dipendenti 
hanno 
travalicato 
o 
violato i 
limiti 
delle 
proprie 
funzioni, operando comunque 
all'interno di 
esse. 
In 
questo 
processo 
vi 
� 
invece 
il 
tradimento 
pi� 
volgare 
del 
rapporto 
di 
fiducia 
con l'amministrazione e del rapporto di colleganza con gli altri dipendenti. 
La colpa di Caino � sempre la pi� vergognosa. 
non si 
pu� condividere 
quotidianamente 
l'impegno dei 
colleghi 
e 
contemporaneamente 
essere 
a 
disposizione 
di 
chi 
� 
pronto 
ad 
ucciderli 
quando 
siano 
d'ostacolo al perseguimento dei propri fini criminosi. 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


non si 
possono servire 
due 
padroni 
e 
per chi 
serve 
una 
forza 
di 
polizia 
non vi 
� 
tradimento peggiore 
che 
aderire 
con la 
volont� 
espressa 
o con i 
comportamenti, 
ad 
una 
associazione 
nemica 
dell'ordinamento 
giuridico, 
estranea 
ai 
suoi 
valori 
costituzionali 
e 
attivamente 
impegnata 
a 
eludere 
l'azione 
delle 
forze 
del-
l'ordine. 
Dobbiamo per� ricordare 
come 
l'Amministrazione 
dell'interno sia 
ben dentro 
la storia di questo procedimento a diverso e nobile titolo. 
L'azione 
della 
Prefettura 
si 
� 
svolta 
autonomamente, 
ma 
secondo 
le 
proprie 
competenze 
ha 
evidenziato 
i 
profili 
amministrativi 
insiti 
nell'esistenza 
della 
associazione per delinquere. 
Due punti di vista diversi, due punti di partenza uno stesso risultato. 
La 
completa 
coerenza 
dell'accertamento 
dei 
reati 
con 
quello 
dei 
suoi 
effetti 
sul 
tessuto 
imprenditoriale 
valido 
ai 
fini 
dell'accertamento 
dei 
rischi 
di 
infiltrazione. 
L'opera 
del 
Prefetto 
De 
Miro 
� 
stata 
ammirevole 
e 
la 
Provincia 
di 
reggio 
Emilia 
ne ha tratto frutti importanti. 
Questo 
ha 
provocato 
reazioni: 
minacce 
gravi, 
nascoste 
ed 
esplicite 
ed 
il 
tentativo 
di 
discredito 
operato 
dall'imputato 
I. 
attraverso 
una 
strumentale 
denuncia. 
Il 
GIP 
ha 
liquidato 
la 
questione, 
ma 
non 
basta 
certo 
questo 
a 
riportare 
un 
comportamento 
aggressivo e spudorato nell'ambito del mero esercizio dei diritti. 
Vi 
� 
una 
coerenza 
eversiva 
tra 
la 
denuncia 
del 
Prefetto 
per 
avere 
osato 
dedurre 
dagli 
accertamenti 
delle 
Forze 
dell'ordine 
il 
pericolo di 
infiltrazioni 
mafiose 
e 
tutto il 
modo di 
operare 
della 
associazione 
mafiosa 
che 
tende, con mezzi 
diversi 
ma 
con unica 
finalit�, ad indebolire 
chi 
si 
discosta 
dalla 
supina 
accettazione 
della sua esistenza. 
Siamo 
nell'eversione 
dell'ordine 
democratico 
quando 
si 
pretende 
di 
sentirsi 
offesi 
dalle 
verifiche 
amministrative 
perch� 
ci 
si 
ritiene 
superiori 
all'azione 
dello Stato. 
ricorda 
nella 
sua 
diversit� 
il 
caso degli 
estremisti 
che 
decidono di 
schedare 
e 
mettere 
on line 
i 
poliziotti 
che 
partecipano alle 
operazioni 
di 
ordine 
pubblico 
perch� la Polizia li scheda c.d. "Caccia allo sbirro". 
Siamo tutti 
uguali, ognuno espressione 
di 
un autonomo potere 
e 
se 
ti 
permetti 
di far rispettare la tua legge io ti assoggetter� alla mia. 
Ma come si permette questo prefetto di scrivere quelle cose di me! 
Questo non nel 
'600 del 
capolavoro di 
Manzoni 
ma 
in una 
repubblica 
democratica. 
Il 
provvedimento amministrativo deve 
subire 
ogni 
legittimo controllo interno 
e giudiziale e tutti siamo uguali innanzi alla legge. 
Ma 
alla 
legge 
dello Stato non a 
quella 
della 
vendetta 
personale, della 
ripicca, 
del tentativo di intimidazione. 
L'impatto 
dell'azione 
amministrativa 
posta 
in 
essere 
dalla 
Prefettura 
di 
reggio 
Emilia 
e 
della 
sua 
titolare 
pro tempore 
� 
su un piano diverso dalla 
repressione 
penale. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Sono due piani distinti e autonomi ma hanno lo stesso oggetto di ricerca. 
Guardando da 
diversi 
punti 
di 
vista 
il 
risultato � 
il 
medesimo. L'assoggettamento 
di 
interi 
settori 
dell'economia 
della 
Provincia 
di 
reggio Emilia 
attraverso 
l'infiltrazione mafiosa ha rilievo amministrativo e Penale. 


� 
ora 
che 
il 
mio 
intervento 
volga 
al 
termine 
e 
certamente 
si 
rivolge 
con 
fiducia 
verso 
la 
decisione 
che 
il 
Tribunale 
andr� 
a 
prendere 
perch� 
le 
indagini 
condotte 
dalla 
Procura 
Distrettuale 
Antimafia 
sono state 
attente, espressione 
di 
grande 
professionalit� e supportate da un imponente mole di riscontri. 
reggio Emilia 24 maggio 2018 


mario ZiTo 
avvocato dello Stato 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


sulla successione nei rapporti facenti capo 
al �cessato� ufficio del Commissario delegato per 
l�emergenza ambientale della Regione Calabria, la 
giurisprudenza si allinea al 
dictum 
del Consiglio di stato 


Daniele 
Atanasio Sisca* 


Sommario: 
1. 
La 
vicenda 
-2. 
La 
giurisprudenza 
quasi 
unanime 
esclude 
la 
legittimazione 
passiva 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
-3. 
alcune 
riflessioni, 
anche 
alla 
luce 
dell�emanazione 
del 
Codice 
di 
Protezione 
Civile. 
La 
necessit� 
di 
intervento 
normativo 
espresso. 

1. La vicenda. 
Sembra 
finalmente 
intravedersi 
l�epilogo della 
nota 
vicenda 
relativa 
alla 
successione 
dei 
rapporti 
facenti 
capo 
al 
cessato 
Ufficio 
commissariale 
per 
l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria (1). 

L�ambigua 
formulazione 
dell�art. 
1, 
comma 
422, 
della 
l. 
27 
dicembre 
2013, n. 147 (ai 
sensi 
della 
quale 
�alla scadenza dello stato di 
emergenza, le 
amministrazioni 
e 
gli 
enti 
ordinariamente 
competenti, 
individuati 
anche 
ai 
sensi 
dell�art. 
5, 
commi 
4-ter 
e 
4-quater, 
della 
l. 
24 
febbraio 
1992, 
n. 
225 
(istituzione 
del 
servizio 
nazionale 
della 
protezione 
civile), 
subentrano 
in 
tutti 
i 
rapporti 
attivi 
e 
passivi, nei 
procedimenti 
giurisdizionali 
pendenti, anche 
ai 
sensi 
dell�art. 110 del 
codice 
di 
procedura civile, nonch� 
in tutti 
quelli 
derivanti 
dalle 
dichiarazioni 
di 
cui 
all�art. 
5-bis, 
comma 
5, 
del 
decreto-legge 
7 
settembre 
2001, 
n. 
343, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
9 
novembre 
2001, n. 401, gi� facenti 
capo ai 
soggetti 
nominati 
ai 
sensi 
dell�art. 5 della 
citata 
legge 
n. 
225 
del 
1992. 
Le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
presente 
comma 
trovano 
applicazione 
nelle 
sole 
ipotesi 
in 
cui 
i 
soggetti 
nominati 
ai 
sensi 
dell�art. 
5 
della medesima legge 
n. 225 del 
1992 siano rappresentanti 
delle 
amministrazioni 
e 
degli 
enti 
ordinariamente 
competenti 
ovvero soggetti 
dagli 
stessi 
designati�), 
che 
aveva 
dato adito a 
diverse 
e 
contrastanti 
interpretazioni, pare 
- a 
seguito dell�intervento della 
Corte 
Costituzionale 
(2) e 
del 
Consiglio di 
Stato 


(3) - trovare 
la 
sua 
unanime 
e 
corretta 
applicazione 
da 
parte 
della 
giurisprudenza 
ordinaria. 
(*) Gi� praticante forense presso l�Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro. 

(1) 
Per 
un 
approfondimento 
della 
questione, 
si 
rinvia 
a 
SISCA, 
La 
successione 
degli 
Enti 
Pubblici: 
il 
caso controverso del 
Commissario delegato per 
l�emergenza ambientale 
nel 
territorio della regione 
Calabria, in rass. avv. Stato, n. 3/2016, pp. 244 ss.; 
ID., La successione 
dei 
rapporti 
facenti 
capo al 
�cessato� 
ufficio del 
Commissario delegato per 
l�emergenza ambientale 
nel 
territorio della regione 
Calabria: una questione ancora aperta, ivi, n. 3/2017, pp. 266 ss. 
(2) Corte Cost. 21 gennaio 2016, n. 8, in www.cortecostituzionale.it. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Per ragioni 
di 
completezza 
si 
rende 
opportuno esporre, in via 
di 
estrema 
sintesi, gli orientamenti formatisi sul tema. 

Il 
primo attribuiva 
la 
legittimazione 
a 
succedere 
nei 
rapporti 
del 
cessato 
Ufficio 
commissariale 
(sempre) 
in 
capo 
alla 
regione 
Calabria, 
senza, 
tuttavia, 
considerare 
la 
speciale 
disposizione 
di 
cui 
all�ultimo 
inciso 
dell�art. 
1, 
comma 
422 
cit. 
(�Le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
presente 
comma 
trovano 
applicazione 
nelle 
sole 
ipotesi 
in 
cui 
i 
soggetti 
nominati 
ai 
sensi 
dell�art. 
5 
della 
medesima 
legge 


n. 225 del 
1992 siano rappresentanti 
delle 
amministrazioni 
e 
degli 
enti 
ordinariamente 
competenti ovvero soggetti dagli stessi designati�). 
In 
particolare, 
secondo 
tale 
orientamento, 
a 
seguito 
della 
cessazione 
dell�Ufficio commissariale, �la regione 
ha proseguito, in regime 
ordinario, 
le 
iniziative 
in corso finalizzate 
al 
superamento della criticit� in materia ambientale 
al 
fine 
di 
attuare 
il 
definitivo 
trasferimento 
di 
tutti 
i 
rapporti 
giuridici 
pendenti 
in 
capo 
alla 
regione 
medesima, 
mentre 
alcun 
subentro 
risulta 
attuato 
in 
favore 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
ministri, 
che 
risulta, 
pertanto, 
estranea alla pretesa e dunque carente di legittimazione a contraddire� 
(4). 


Il 
secondo 
orientamento 
sosteneva, 
invece, 
che 
il 
rapporto 
successorio 
delineato 
dall�art. 
1, 
comma 
422, 
l. 
n. 
147/2013 
trovasse 
applicazione 
soltanto 
quando 
i 
Commissari 
delegati 
siano 
�rappresentanti 
delle 
amministrazioni 
e 
degli 
enti 
ordinariamente 
competenti 
ovvero 
soggetti 
dagli 
stessi 
designati� 
(5). 


Quest�ultimo 
indirizzo 
era 
da 
ritenersi 
certamente 
pi� 
conforme 
al 
tenore 
letterale 
della 
norma, in quanto prende 
in considerazione 
la 
disposizione 
contenuta 
nel 
comma 
422 cit. nella 
sua 
totalit� 
(ultimo inciso compreso), ferma 
restando la 
necessit� 
di 
chiarire 
- ai 
fini 
della 
diversa 
attribuzione 
della 
legittimazione 
processuale 
e 
sostanziale 
- quando si 
trattasse 
di 
soggetti 
designati 
dalle amministrazioni ordinariamente competenti. 

Tanto in considerazione 
del 
rilievo che 
dal 
1997 al 
2004 il 
ruolo di 
Commissario 
delegato 
per 
l�emergenza 
ambientale 
nel 
territorio 
regionale 
calabrese 
era 
stato ricoperto dal 
Presidente 
della 
regione 
Calabria, mentre, dal 
2004 e 
fino 
alla 
cessazione 
dell�Ufficio 
commissariale, 
era 
stato 
ricoperto 
da 
soggetti 
appartenenti all�amministrazione statale (quasi sempre Prefetti). 

Per quanto concerne 
il 
primo periodo citato - riferendosi 
testualmente 
la 
norma 
ai 
rappresentanti 
degli 
enti 
ordinariamente 
competenti 
- non sarebbero 
dovuti 
sorgere 
dubbi 
circa 
l�attribuzione 
della 
legittimazione 
passiva 
in capo 
alla 
regione 
Calabria; 
per quanto concerne, invece, il 
secondo periodo temporale 
la situazione si presentava pi� complessa. 


(3) Cons St., sez. IV, 17 giugno 2016, n. 2700, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(4) A 
sostegno di 
questo orientamento: 
App. Catanzaro, sez. II, 15 febbraio 2016, n. 483; 
id., 27 
gennaio 2016, n. 95; 
id., 3 luglio 2015, n. 928; 
id. 27 gennaio 2016, n. 95, tutte inedite. 
(5) 
Sostengono 
questo 
orientamento: 
App. 
Catanzaro, 
sez. 
III, 
8 
giugno 
2016, 
n. 
951; 
id., 
19 
maggio 
2016, n. 801; 
id., 21 gennaio 2015, n. 62; 
id., 15 luglio 2016, n. 1250; 
id., 4 aprile 
2016, n. 473, tutte 
inedite. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


In 
particolare, 
occorreva 
capire 
cosa 
la 
norma 
volesse 
intendere 
con 
la 
locuzione 
�soggetti 
dagli 
stessi 
[dagli 
enti 
ordinariamente 
competenti] designati�, 
ci� soprattutto ove 
si 
consideri 
che, anche 
qualora 
i 
commissari 
erano 
rappresentanti 
dell�amministrazione 
statale, la 
regione 
ha 
sempre 
indicato i 
nominativi dei soggetti ritenuti idonei per lo svolgimento dell�incarico (6). 


La 
prima 
pronuncia 
che 
si 
sofferma 
su tale 
aspetto � 
la 
n. 2700/2016 del 
Consiglio 
di 
Stato, 
la 
quale, 
nel 
cercare 
di 
porre 
rimedio 
ai 
dubbi 
interpretativi 
suscitati 
da 
tale 
inciso, 
ha 
affermato 
che 
�la 
successione 
universale 
ex 
comma 
422 resta esclusa solo quando la regione 
sia rimasta del 
tutto estranea alla 
nomina o alla designazione del Commissario delegato�. 


Con la 
locuzione 
�del 
tutto estranea�, il 
Consiglio di 
Stato precisa 
che 
per 
poter esonerare 
la 
regione 
Calabria 
da 
qualsivoglia 
rapporto con il 
Commissario 
-occorre 
che 
la 
medesima 
non 
sia 
per 
nulla 
interferita 
con 
il 
processo 
di 
designazione 
e 
di 
nomina 
(cosa 
che 
in realt� 
non � 
mai 
avvenuta, in quanto 
la 
regione 
ha 
sempre, quantomeno, indicato i 
soggetti 
ritenuti 
idonei 
a 
svolgere 
tale incarico) (7). 


Tuttavia, nonostante 
la 
pronuncia 
chiarificatrice 
del 
Consiglio di 
Stato, 
la 
successiva 
giurisprudenza 
non 
si 
� 
dimostrata 
unanime 
nel 
darvi 
seguito. 
Successivamente, 
infatti, 
il 
Tribunale 
di 
Catanzaro 
ha 
adottato 
due 
diversi 
orientamenti: 
il 
primo (della 
sez. I) ha 
condiviso quanto affermato dai 
giudici 
di 
Palazzo Spada 
nella 
citata 
sentenza 
n. 2700/2016; 
il 
secondo (della 
sez. II) 
lo 
ha, 
di 
contro, 
inopinatamente 
ed 
espressamente 
disatteso, 
attraverso 
una 
serie 
di 
pronunce 
che 
attribuivano 
la 
legittimazione 
a 
succedere 
alla 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
(8), 
che 
valorizzavano 
argomentazioni 
fattuali 
e 
giuridiche 
prive di supporto logico (9). 


Tuttavia 
-salvo 
queste 
sporadiche 
(e 
ormai 
superate) 
resistenze 
e 
alla 
luce 
delle 
pi� 
recenti 
pronunce 
-la 
giurisprudenza 
del 
Tribunale 
e, 
soprattutto, 
della 
Corte 
d�appello di 
Catanzaro, si 
dimostra 
ormai 
pressoch� 
unanime, come 
si 
vedr� 
infra, nel 
seguire 
l�orientamento fatto proprio dal 
Supremo Consesso di 


(6) amplius 
in SISCA, 
La successione 
degli 
Enti 
Pubblici: il 
caso controverso del 
Commissario 
delegato per l�emergenza ambientale nel territorio della regione Calabria, cit. 
(7) 
Secondo, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
il 
contributo 
della 
regione 
nel 
processo 
di 
nomina 
sarebbe 
presunto. 
Si 
legge 
nella 
citata 
sentenza, 
infatti, 
che 
ҏ 
comunque 
implausibile 
che 
le 
nomine 
siano 
avvenute 
senza 
un 
raccordo 
con 
la 
regione, 
dato 
che, 
rispetto 
allo 
stato 
di 
emergenza 
la 
regione 
ordinariamente 
competente 
non � 
comunque 
estranea, giacch�, nell'ambito dell'organizzazione 
policentrica della protezione 
civile, 
occorre 
che 
essa 
stessa 
fornisca 
l'intesa 
per 
la 
deliberazione 
del 
Governo 
e, 
dunque, 
cooperi 
in collaborazione leale e solidaristica�. 
(8) Il 
primo provvedimento � 
un�ordinanza 
emessa 
in composizione 
collegiale 
in data 
13 gennaio 
2017; 
quelli 
successivi 
si 
rifanno 
integralmente 
a 
quest�ultima 
riportandola 
letteralmente 
nella 
parte 
motivazionale. 
(9) 
La 
questione 
� 
stata 
trattata 
approfonditamente 
da 
SISCA, 
ancora 
sulla 
successione 
dei 
rapporti 
facenti 
capo al 
�cessato� 
ufficio del 
Commissario delegato per 
l�emergenza ambientale 
nel 
territorio 
della regione 
Calabria. Si 
va verso un orientamento condiviso (?!), in rass. avv. Stato, n. 4/2017, pp. 
267 ss. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


giustizia 
amministrativa 
con la 
citata 
sentenza 
n. 2700/2016 e 
nell�attribuire, 
quindi, la legittimazione a succedere in capo alla regione Calabria. 


2. La giurisprudenza quasi 
unanime 
esclude 
la legittimazione 
passiva della 
Presidenza del Consiglio dei ministri. 
La 
disamina 
delle 
ultime 
pronunce 
sul 
tema 
fa 
emergere 
ormai 
unanime 
convergenza 
- salvo alcune 
eccezioni 
(frutto, ancora 
una 
volta, di 
errori 
interpretativi 
fattuali 
e 
giuridici) 
-sull�attribuzione 
della 
legittimazione 
a 
succedere 
in capo alla regione Calabria. 

Difatti, 
da 
gennaio 
2018, 
tra 
le 
sentenze 
aventi 
ad 
oggetto 
la 
vicenda, 
solo 
due 
(emesse, 
rispettivamente, 
dal 
Tribunale 
di 
Catanzaro 
e 
di 
Lamezia 
Terme) 
concludono per l�attribuzione 
della 
legittimazione 
passiva 
in capo alla 
Presidenza 
del Consiglio dei Ministri. 

La 
prima 
pronuncia 
(Trib. Catanzaro, sez. II civ., 4 gennaio 2018, n. 53) 
riprende 
(riportandola 
integralmente 
nella 
sua 
parte 
motiva) l�ordinanza 
della 
sez. II del 
Tribunale 
di 
Catanzaro del 
13 gennaio 2017 di 
cui 
si 
� 
accennato 
supra 
(10) 
(11). 


Le 
argomentazioni 
svolte 
nella 
seconda 
pronuncia 
(Trib. 
Lamezia 
Terme, 
sez. 
lav., 
25 
gennaio 
2018, 
n. 
28) 
impongono 
alcune 
considerazioni. 
In 
tale 
decisione, 
infatti, 
il 
Giudicante 
-nel 
dichiarare 
il 
difetto 
di 
legittimazione 
passiva 
della 
regione 
Calabria 
- ha 
aderito all�orientamento fatto proprio da 
due 
sentenze 
del 
Tribunale 
e 
della 
Corte 
d�appello di 
Catanzaro (12), rispettivamente, 
del 
maggio 2014 e 
del 
gennaio 2015, omettendo di 
considerare, pertanto, 
tutta l�evoluzione giurisprudenziale degli ultimi tre anni. 

(10) Con tale 
ordinanza, il 
Tribunale 
di 
Catanzaro disattende 
espressamente 
il 
ragionamento seguito 
dal 
Consiglio di 
Stato nella 
citata 
sentenza 
n. 2700/2016, affermando che 
�appare 
in contrasto 
con il 
chiaro dettato normativo (ult. periodo del 
comma 422, art. 1 cit.), finendo per 
sancire 
sempre 
ed 
in 
ogni 
caso 
la 
successione 
della 
regione 
Calabria, 
in 
secondo 
luogo 
appare 
tradire 
il 
dichiarato 
intendo 
di 
dare 
alla norma una interpretazione 
conforme 
alla lettura data ad essa dalla Corte 
Costituzionale, 
andando ben oltre il dictum della Corte stessa�. 
Tale 
conclusione 
risulta, tuttavia, distonica 
rispetto all�intento del 
legislatore, per come 
correttamente 
interpretato dal 
Consiglio di 
Stato, il 
quale 
aveva 
precisato la 
portata 
del 
termine 
�designati�. 
In conclusione, 
il 
Tribunale 
di 
Catanzaro, in tale 
ordinanza 
- nel 
censurare 
la 
sentenza 
del 
Consiglio di 
Stato 
in quanto la 
stessa, a 
suo dire, finirebbe 
per attribuire 
la 
legittimazione 
sempre 
in capo alla 
regione 
Calabria 
- fornisce 
una 
soluzione 
esattamente 
uguale 
e 
contraria 
e 
consistente 
nel 
conferimento della 
legittimazione 
passiva 
sempre 
in 
capo 
alla 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
in 
quanto 
l�ultimo 
Commissario delegato era un Prefetto. 
L�ordinanza 
del 
13 gennaio 2017 � 
stata 
condivisa 
(riportandola 
conformemente 
nella 
sua 
parte 
motiva) 
da 
Trib. Catanzaro, sez. II civ., 28 febbraio 2017, n. 405 e, pi� di 
recente, da 
Trib. Catanzaro, sez. II 
civ., 10 luglio 2017, n. 1066, inedite. 
(11) 
Per 
un 
maggiore 
approfondimento 
sulla 
questione 
si 
veda 
SISCA, 
La 
successione 
dei 
rapporti 
facenti 
capo al 
�cessato� 
ufficio del 
Commissario delegato per 
l�emergenza ambientale 
nel 
territorio 
della regione Calabria: una questione ancora aperta, cit. 
(12) In particolare 
si 
fa 
riferimento a 
Trib. Catanzaro, ord. 6 maggio 2014 e 
App. Catanzaro, 21 
gennaio 2015, n. 62, inedite. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Il 
Tribunale 
di 
Lamezia 
Terme 
richiama 
la 
sentenza 
n. 
8/2016 
della 
Corte 
Costituzionale, 
senza, 
tuttavia, 
prendere 
in 
alcun 
modo 
in 
considerazione 
l�ultimo 
inciso 
della 
disposizione 
contenuta 
nell�art. 
1, 
comma 
422, 
l. 


n. 
147/2013. 
Tale 
disposizione 
avrebbe 
dovuto 
applicarsi 
al 
caso 
di 
specie, 
in 
quanto 
il 
Commissario 
delegato 
cui 
era 
attribuibile 
il 
rapporto 
oggetto 
della 
controversia 
era 
il 
Presidente 
della 
regione 
Calabria. 
Il 
che 
avrebbe 
consentito 
di 
escludere 
sit 
et 
simpliciter 
la 
legittimazione 
passiva 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri, 
senza 
la 
necessit� 
di 
svolgere 
ulteriori 
attivit� 
interpretative. 
Le 
ulteriori 
pronunce 
rinvenibili 
(emesse 
dalla 
Corte 
d�appello di 
Catanzaro) 
concludono, 
di 
converso, 
per 
la 
legittimazione 
passiva 
della 
regione 
Calabria. 


nella 
prima 
sentenza 
(App. Catanzaro, sez. lav., 10 aprile 
2018, n. 394), 
dopo 
aver 
correttamente 
ricostruito 
il 
quadro 
normativo 
e 
giurisprudenziale 
inerente 
la 
questione, valorizza 
le 
argomentazioni 
svolte 
nella 
citata 
sentenza 


n. 2700/2016 del 
Consiglio di 
Stato, nonch� 
in tutte 
le 
pronunce 
della 
medesima 
Corte che avevano gi� sposato tale tesi. 
Una 
motivazione 
pressoch� 
simile 
sostiene 
l�ulteriore 
sentenza 
della 
medesima 
Corte, 26 marzo 2018 n. 478. 
Sulla 
stessa 
scia 
si 
pone, 
poi, 
la 
sentenza 
n. 
900 
del 
10 
maggio 
2018 
della 
Corte 
territoriale 
calabrese, nella 
quale 
- dopo la 
dichiarazione 
di 
nullit� 
della 
sentenza 
impugnata 
- si 
legge 
testualmente 
che: 
�E 
tanto senza che 
venga in 
rilievo 
il 
complesso 
tema 
legato 
alla 
corretta 
individuazione 
del 
soggetto 
passivo 
dell�obbligazione 
di 
pagamento, che 
questa Corte, ritiene 
di 
dover 
individuare 
-sulla 
scorta 
di 
quanto 
indicato 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
(sez. 
iV, 
17 
giugno 2016, n. 2700) - nella regione Calabria�. 


Da 
ultimo, 
anche 
la 
sez. 
II 
del 
Tribunale 
catanzarese 
(espressiva 
del-
l�orientamento contrastante 
con la 
pronuncia 
n. 2700 del 
Consiglio di 
Stato) con 
la 
sentenza 
n. 759 del 
10 maggio 2018 - ha 
statuito la 
legittimazione 
passiva 
della 
regione 
Calabria. Anche 
in tale 
pronuncia 
viene 
dato atto del 
percorso 
normativo e 
giurisprudenziale 
inerente 
la 
vicenda 
e 
- contrariamente 
a 
quanto sostenuto nella 
sopra 
citata 
sentenza 
del 
Tribunale 
di 
Lamezia 
Terme 


n. 28/2018 - viene, comunque, dato atto che 
il 
Commissario delegato al 
momento 
del 
conferimento 
dell�incarico 
era 
il 
Presidente 
della 
regione 
Calabria. 
Tanto varrebbe 
di 
per s� 
ad escludere 
- secondo la 
Corte 
- la 
legittimazione 
in 
capo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
La 
circostanza 
secondo cui 
tale 
pronuncia 
sia 
stata 
emessa 
dalla 
sezione 
che 
aveva 
in precedenza 
dato vita 
all�unico orientamento contrastante 
con la 
tesi 
accolta 
del 
Consiglio di 
Stato porta 
a 
ritenere 
(questo � 
l�auspicio) definitivamente 
superate 
le 
erronee 
interpretazioni 
della 
normativa, che, in precedenza, 
avevano condotto all�affermazione 
della 
legittimazione 
passiva 
della 
Presidenza del Consiglio dei Ministri. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


3. 
alcune 
riflessioni, 
anche 
alla 
luce 
dell�emanazione 
del 
Codice 
di 
Protezione 
Civile. La necessit� di intervento normativo espresso. 
Il 
fatto 
che, 
dopo 
ben 
cinque 
anni 
dalla 
cessazione 
delle 
funzioni 
dell�Ufficio 
commissariale, 
ancora 
� 
in 
discussione 
il 
tema 
della 
successione 
dei 
suoi 
rapporti 
dipende, 
principalmente, 
dall�art. 
1, 
comma 
422, 
della 
l. 
n. 
147/2013. 
La 
sua 
portata 
poco chiara 
ha, infatti, causato una 
lettura 
flessibile 
e 
foriera 
di 
interpretazioni diverse e addirittura contrastanti. 


In 
questo 
quadro, 
sarebbe 
stato 
auspicabile 
un 
intervento 
chiarificatore 
da 
parte 
del 
legislatore. Difatti, i 
recenti 
interventi 
legislativi 
in materia 
non 
sembrano 
deporre 
in 
senso 
favorevole 
circa 
la 
volont� 
di 
fornire 
una 
disciplina 
pi� chiara 
e 
dettagliata. Questo � 
quanto emerge 
dal 
Codice 
di 
Protezione 
Civile 
vigente 
dal 
6 febbraio 2018 (13), con il 
quale 
si 
� 
inteso risistemare, in 
modo organico ed unitario, tutta 
la 
legislazione 
che 
dalla 
legge 
n. 225/1992 
ad 
oggi 
ha 
riguardato 
il 
settore 
della 
protezione 
civile 
e, 
di 
conseguenza, 
la 
disciplina dell�esercizio dei poteri emergenziali del governo. 


Con tale 
provvedimento il 
legislatore 
ha 
abrogato il 
tanto dibattuto art. 
1, 
comma 
422 
cit., 
il 
cui 
testo, 
tuttavia, 
� 
stato 
integralmente 
riprodotto 
nell�art. 
24 del Codice. 


Sarebbe 
potuta 
essere, 
questa, 
una 
valida 
occasione 
per 
risolvere 
in 
radice 
la 
problematica, 
che 
involge 
non 
solo 
l�Ufficio 
commissariale 
per 
l�emergenza 
ambientale 
della 
regione 
Calabria 
(rispetto al 
quale 
si 
� 
giunti 
- seppur con 
molta 
fatica 
-alla 
corretta 
interpretazione 
della 
normativa), 
ma 
anche 
eventuali 
vicende 
che 
potranno 
in 
seguito 
scaturire 
dall�applicazione 
di 
tale 
disposizione 
(soprattutto 
ove 
si 
presentino 
elementi 
di 
ambiguit� 
per 
come 
avvenuto 
nel 
caso dell�emergenza calabrese). 

Sicuramente 
la 
giurisprudenza 
cristallizzatasi 
sul 
punto costituir� 
un valido 
baluardo a 
fini 
interpretativi; 
il 
che, tuttavia, non consentirebbe 
di 
escludere 
a 
monte 
l�insorgere 
di 
(inutili) 
contenziosi 
dai 
quali 
deriverebbero 
pregiudizi 
per 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
coinvolte 
dal 
meccanismo 
successorio, 
oltrech� 
per le 
controparti 
alla 
ricerca 
del 
loro legittimo contraddittore. 


(13) D.lgs. n. 1 del 2 gennaio 2018, pubblicato in 
Gazz. Uff., 22 gennaio 2018. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


il voto degli italiani all�estero: dalle origini del dibatitto 
alle problematiche attuali fino alla recente pronuncia (di rito) 
della Corte Costituzionale sulle modalit� di voto 


Marco Fedi, Giuliano Gambardella (*) 


Sommario: 
1. 
Premessa 
-2. 
La 
decisione 
della 
Consulta 
-3. 
il 
voto 
degli 
italiani 
all�estero; 
le 
origini 
del 
dibattito, 
la 
legge 
Tremaglia 
fino 
all�emendamento 
Lupi 
-4. 
il 
voto 
per 
corrispondenza. Dalla sua introduzione 
alle 
problematiche 
attuali 
con particolare 
riferimento 
alla violazione 
dei 
principi 
di 
personalit�, libert� e 
segretezza e, al 
suo contrasto con 
l�articolo 48 della Costituzione - 5. Conclusioni. 


1. Premessa. 
Con il 
presente 
lavoro si 
vuole 
essenzialmente 
fare 
un commento all�ordinanza 
n. 63/2018, con la 
quale 
la 
Corte 
costituzionale 
ha 
dichiarato inammissibile 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
sollevata 
dal 
Tribunale 
ordinario di 
Venezia 
il 
23 dicembre 
2017 e 
concernente 
la 
contestazione 
della 
violazione 
del 
principio di 
segretezza 
e 
personalit� 
del 
voto a 
causa 
dell'invio 
per posta delle schede. 

2. La decisione della Consulta. 
L�udienza 
pubblica 
del 
21 
febbraio 
2018 
� 
iniziata 
con 
l�intervento 
del 
giudice 
relatore 
Mario 
rosario 
Morelli, 
che 
ha 
illustrato 
al 
collegio 
le 
diverse 
posizioni 
delle 
parti 
in 
causa: 
da 
un 
lato, 
dunque, 
le 
denunce 
di 
brogli 
e 
i 
casi 
emersi 
negli 
anni 
passati 
nella 
circoscrizione 
Estero; 
dall�altro 
la 
difesa 
di 
una 
modalit� 
�obbligata�, 
l�unica 
davvero 
in 
grado 
di 
consentire 
di 
votare 
agli 
italiani 
nel 
mondo, 
messa 
sotto 
accusa 
citando 
criticit� 
che, 
volendo, 
potrebbero 
essere 
eccepite 
anche 
per 
il 
voto 
a 
domicilio 
o 
assistito 
per 
gli 
italiani 
in 
Italia. 


All�intervento del 
relatore 
� 
seguita 
l�arringa 
dell�avvocato Mario Bertolissi, 
difensore 
di 
P.M.C., 
che 
ha 
ampiamente 
illustrato 
al 
collegio 
le 
gravi 
violazioni 
sulla costituzionalit� della legge sul voto all�estero. 

Il 
suddetto difensore 
contesta 
l�impianto della 
legge 
Tremaglia 
(legge 
n. 
459 del 
27 dicembre 
2001) e 
pi� nel 
dettaglio il 
voto per corrispondenza, che 
contrasta 
palesemente 
con 
i 
principi 
contenuti 
nel 
secondo 
comma 
dell�articolo 
48 della 
Costituzione, ai 
sensi 
del 
quale 
�il 
voto � 
personale 
ed eguale, libero 
e segreto�. 

Successivamente, per conto della 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
Ministri, 


(*) Marco Fedi, Deputato del Partito Democratico dalla XV alla XVII legislatura. 


Giuliano Gambardella, avvocato del 
libero foro, gi� 
dottore 
di 
ricerca 
in diritto e 
giustizia 
ammini


strativa presso l�Universit� degli Studi di roma 
Tor Vergata. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


per il 
Ministero degli 
affari 
esteri 
e 
per il 
Ministero dell�interno � 
intervenuto 
il vice avvocato generale dello Stato, Vincenzo nunziata. 


La 
tesi 
dell�avvocatura 
� 
che 
�non 
si 
deve 
guardare 
solo 
al 
secondo 
comma dell�articolo 48, ma anche 
al 
terzo comma, che 
parla della �effettivit�� 
del voto�. 

nell�atto di 
intervento del 
30 gennario 2018 e 
nella 
successiva 
memoria 
illustrativa 
del 
9 febbraio 2018, l�Avvocatura 
dello Stato ha 
sottolineato che 
se 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
sollevata 
dal 
Tribunale 
di 
Venezia 
fosse 
fondata 
e, quindi 
passibile 
di 
accoglimento, agli 
italiani 
all�estero non 
sarebbe garantita la possibilit� di votare. 

A 
prescindere 
dalla 
questione 
dei 
seggi, va 
dunque 
garantita 
l�effettivit� 
del 
voto 
all�estero, 
ricordando 
che 
l�ipotesi 
del 
ritorno 
dei 
cittadini 
in 
Italia 
per esercitare 
il 
loro diritto ҏ 
un�ipotesi 
residuale 
rispetto al 
voto per 
corrispondenza�. 


Ipotesi, 
quest�ultima, 
che 
necessita 
di 
una 
opzione 
da 
esercitare, 
dice 
la 
legge 
de 
qua, 
entro 
il 
31 
dicembre 
dell�anno 
precedente 
alle 
consultazioni 
elettorali 
(termine 
quest�anno 
prorogato 
all�8 
gennaio 
2018): 
dunque 
-ha 
argomentato 
l�avvocatura 
-un 
eventuale 
accoglimento 
del 
ricorso 
pregiudicherebbe 
il 
voto 
degli 
italiani 
all�estero; 
per 
di 
pi� 
questi 
ultimi 
non 
potrebbero 
votare 
per 
corrispondenza 
n� 
tornare 
in 
Italia, 
visto 
che 
il 
termine 
� 
scaduto 
da 
un 
mese 
e 
mezzo. 


Quella 
chiamata 
in causa 
dai 
ricorrenti, per l�Avvocatura 
dello Stato, � 
�un�eventuale patologia�. 

Che 
la 
segretezza 
del 
voto 
sia 
stata 
centrale 
anche 
per 
il 
Legislatore 
del 
2001, 
� 
dimostrato 
dal 
fatto 
che 
�le 
sanzioni 
per 
reati 
elettorali 
sono 
raddoppiate 
per 
il 
voto 
all�estero�, 
come 
recita 
l�articolo 
18 
della 
legge 
n. 
459 
del 
27 
dicembre 
2001, 
secondo 
il 
quale: 
�Chi 
commette 
in 
territorio 
estero 
taluno 
dei 
reati 
previsti 
dal 
testo 
unico 
delle 
leggi 
recanti 
norme 
per 
la 
elezione 
della 
Camera 
dei 
deputati, 
di 
cui 
al 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
30 
marzo 
1957, 
n. 
361, 
e 
successive 
modificazioni, 
� 
punito 
secondo 
la 
legge 
italiana�. 


Sempre 
secondo l�Avvocatura 
dello Stato, il 
rischio di 
brogli 
in caso di 
utilizzo 
del 
modello 
di 
voto 
per 
corrispondenza 
ҏ 
ipotetico� 
e 
�Il 
quadro 
d�insieme 
sul voto all�estero � immune dalle censure proposte�. 


La 
Consulta, preso atto degli 
interventi 
dei 
rappresentanti 
delle 
parti 
in 
causa, ha 
condiviso la 
tesi 
dell�Avvocatura 
dello Stato, dichiarando inammissibile 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
di 
varie 
disposizioni 
della 
legge 
Tremaglia sul voto all�estero per corrispondenza. 

Secondo la 
Consulta, quindi, un errore 
di 
percorso procedurale 
ha 
impedito 
alla Corte costituzionale di entrare nel merito. 


La 
Corte 
costituzionale 
sostiene 
che 
nel 
contesto di 
una 
procedura 
referendaria, 
� 
inammissibile 
chiedere 
in via 
preventiva 
al 
Tribunale 
di 
sollevare 
la questione di costituzionalit� di leggi elettorali. 


LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


In 
questo 
caso, 
infatti, 
non 
esiste 
una 
�zona 
franca� 
che 
giustifichi 
un 
tale 
accesso preventivo e diretto. 

La 
Corte 
costituzionale, richiamando due 
importanti 
ordinanze, ha 
stabilito 
che 
sia 
la 
legge 
sul 
referendum 
che 
il 
successivo 
regolamento 
di 
attuazione 
prevedono espressamente 
che 
contro le 
operazioni 
di 
voto si 
possa 
proporre 
reclamo davanti 
all�Ufficio centrale 
per la 
circoscrizione 
estero ai 
sensi 
del-
l�art. 7 della 
legge 
n. 459 del 
27 dicembre 
2001 e 
che, successivamente, possa 
intervenire 
anche 
l�Ufficio centrale 
per il 
referendum 
presso la 
Corte 
di 
cassazione, 
organo 
legittimato 
a 
sollevare 
l�incidente 
di 
costituzionalit� 
(ordinanze 
n. 1 e n. 14 del 2009). 


Pi� 
nel 
dettaglio, 
secondo 
la 
Corte 
costituzionale 
sono 
due 
i 
motivi 
di 
inammissibilit� 
della 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
sollevata 
dal 
Tribunale 
di 
Venezia. 


Con il 
primo motivo la 
Corte 
costituzionale 
ha 
ritenuto non sufficiente 
e 
quindi 
non ammissibile 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
sollevata 
dal 
Tribunale 
di 
Venezia; 
in particolare 
secondo la 
Consulta 
�il 
mero riferimento 
all�interesse 
all��accertamento 
giudiziale 
[�] 
della 
concreta 
volont� 
della 
legge�, 
sulla 
pienezza 
del 
diritto 
di 
voto 
del 
residente 
all�estero, 
con 
riguardo 
alla 
(allora) 
futura 
consultazione 
referendaria, 
senza 
alcun�altra 
indicazione, 
nemmeno sintetica o per 
relationem 
(della situazione 
soggettiva e/o oggettiva 
che 
risulterebbe, 
nel 
caso 
concreto, 
potenzialmente 
impeditiva 
della 
segretezza 
del 
voto), �non pu� essere 
considerato motivazione 
sufficiente 
e 
non implausibile 
dell�esistenza 
dell�interesse 
ad 
agire, 
idonea, 
in 
quanto 
tale, 
a 
escludere 
un 
riesame 
ad 
opera 
di 
questa 
Corte 
dell�apprezzamento 
compiuto 
dal 
giudice 
a quo ai fini dell�ammissibilit� dell�azione� (sentenza n. 110 del 2015)�. 


Con 
il 
secondo 
motivo, 
invece, 
la 
Corte 
costituzionale 
contesta 
precedenti 
sentenze, 
sempre 
emanate 
dalla 
medesima, 
in 
quanto 
le 
medesime 
si 
riferiscono 
a 
casi 
diversi 
da 
quello in oggetto; 
secondo la 
Corte 
quindi, �diversamente 
dalle 
ipotesi 
prese 
in 
esame 
dalle 
sentenze 
n. 
1 
del 
2014 
e 
n. 
35 
del 
2017 (in tema di 
elezione 
del 
Parlamento nazionale, i 
cui 
risultati, in quanto 
esclusivamente 
rimessi 
al 
controllo delle 
Camere 
di 
appartenenza ex 
art. 66 
Cost., sono sottratti 
a quello del 
giudice 
comune) ed analogamente, invece, a 
quella relativa alla elezione 
dei 
membri 
italiani 
del 
Parlamento europeo, di 
cui 
alla 
sentenza 
n. 
110 
del 
2015 
-l�incertezza 
sulla 
pienezza 
sul 
diritto 
di 
voto nella procedura referendaria, come 
nella specie 
prospettata, �non pu� 
essere 
considerata 
costituzionalmente 
insuperabile 
[�] 
nel 
senso 
di 
non 
poter 
essere 
risolta, sul 
piano costituzionale, se 
non ammettendo un�azione 
del 
tipo 
di quella proposta nel giudizio a quo� (sentenza n. 110 del 2015)�. 


3. il 
voto degli 
italiani 
all�estero; le 
origini 
del 
dibattito, la legge 
Tremaglia 
e, da ultimo, l�emendamento Lupi. 
Ad 
avviso 
di 
chi 
scrive, 
le 
motivazioni 
che 
hanno 
portato 
all�introduzione 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


della 
legge 
Tremaglia 
risalgono al 
passato e 
meritano di 
essere 
menzionate, 
ma, 
prima 
di 
tutto, 
� 
opportuno 
evidenziare 
alcuni 
passaggi 
storici 
di 
non 
scarsa importanza. 


Come 
� 
stato autorevolmente 
osservato, l�esigenza 
di 
dare 
un diritto di 
voto 
agli 
italiani 
residenti 
all�estero 
� 
nata 
nel 
momento 
di 
massimo 
flusso 
migratorio in uscita dall�Italia (1). 


Pi� nello specifico, essa 
� 
stata 
discussa 
per la 
prima 
volta 
a 
roma 
pi� di 
un secolo fa 
nel 
corso del 
primo Congresso degli 
emigrati 
italiani 
all�estero, 
ed 
� 
stata 
una 
questione 
(2) 
legata 
al 
diritto 
degli 
emigrati 
di 
votare, 
ma 
al 
tempo stesso, al 
desiderio di 
questi 
ultimi 
di 
partecipare 
alla 
vita 
politica 
italiana 
anche se dai nuovi Paesi ospitanti. 


La 
citata 
dottrina 
non ha 
mancato di 
menzionare 
altre 
importanti 
personalit� 
legate 
alla 
politica 
di 
allora 
che 
erano a 
favore 
del 
voto degli 
italiani 
all�estero; 
tra 
le 
tante, si 
citano Luigi 
Luttazzi, Filippo Turati, Aniolo Cabrini, 
Geremia Bonomelli, napoleone Colajanni e romolo Murri. 


nel 
1909, il 
deputato socialista 
e 
sindacalista 
Cabrini 
� 
stato tra 
i 
primi 
a 
sostenere 
la 
necessit� 
dell�entrata 
in vigore 
di 
una 
legge 
per regolamentare 
e 
per concedere un nuovo diritto ai cittadini italiani residenti all�estero. 

Alla sua proposta ne sono seguite altre negli anni 1913, 1914 e 1923. 

nello specifico, tali 
proposte 
concernevano il 
riconoscimento del 
suffragio 
universale maschile in Italia (3). 


All�inizio del 
periodo fascista, il 
tentativo di 
consentire 
agli 
italiani 
residenti 
all�estero di 
votare 
per le 
elezioni 
in patria 
si 
� 
risolto in un totale 
fallimento. 


Un�importante 
dottrina 
non 
ha 
mancato 
di 
osservare 
come 
il 
diritto 
di 
voto 
degli 
italiani 
residenti 
all�estero, 
dopo 
quasi 
vent�anni 
di 
buio, 
� 
riemerso 
nel 
1945 quando i 
Comitati 
di 
liberazione 
nazionale 
e 
i 
protagonisti 
della 
resistenza 
antifascista 
all�estero, 
in 
particolare 
Francia, 
Svizzera 
e 
Argentina, 
lamentarono la 
mancanza 
di 
propri 
rappresentanti 
alle 
discussioni 
che 
avrebbero 
portato alla elezione dell�Assemblea Costituente (4). 

Ed 
ancora 
un�altra 
illuminante 
dottrina 
ha 
evidenziato 
che 
la 
Commissione 
dell�Assemblea 
Costituente 
per 
la 
elaborazione 
della 
legge 
in 
merito 
alle 
elezioni 
prese 
in 
considerazione 
�tutti 
gli 
accorgimenti 
e 
i 
mezzi 
idonei 
al 
fine 


(1) F. TArAnTIno, il 
voto degli 
italiani 
all�estero: le 
difficolt� incontrate 
in argentina nell�attuazione 
delle norme, in Quaderni dell�osservatorio Elettorale 
n. 57, 2007, p. 7. 
(2) 
M. 
CoLUCCI, 
il 
voto 
degli 
italiani 
all�estero, 
in 
P. 
BEVILAQUA, 
A. 
DE 
CLEMEnTI 
e 
E. 
FrAnzInA, 
(a cura di), 
Storia dell�emigrazione italiana, Donzelli Editore, 2002, p. 64. 
(3) 
M. 
CHoATE, 
Sending 
State�s 
transnational 
interventions 
in 
politics, 
culture 
and 
economics; 
The 
historical 
example 
of 
italy, in �international 
migration review�, 
BEVILAQUA, A. DE 
CLEMEnTI 
e 
E. FrAnzInA 
(a cura di), Storia dell�emigrazione italiana: arrivi, Donzelli Editore, 2002, p. 604. 
(4) 
C. 
DAMIAnI, 
L�emigrazione 
italiana 
negli 
Stati 
Uniti 
durante 
il 
periodo 
fascista 
inr. 
DE 
FELICE 
(a 
cura 
di), 
Cenni 
storici 
sulla 
emigrazione 
italiana 
nelle 
americhe 
e 
in 
australia, 
Milano, 
Franco 
Angeli Editore, 1979, pp. 105-42. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


di 
rendere 
possibile 
l�esercizio 
del 
voto� 
agli 
italiani 
all�estero, 
soprattutto 
coloro 
che 
si 
trovavano ancora 
in stato di 
prigionia 
o di 
internamento, ma 
convenne 
che ostacoli di vario ordine ne impedivano il possibile esercizio (5). 


A 
causa 
della 
mancata 
entrata 
in vigore 
della 
legge 
de 
qua, la 
questione 
del 
voto degli 
italiani 
residenti 
all�estero � 
stata 
riproposta 
dopo l�entrata 
in 
vigore 
della 
Costituzione 
della 
repubblica 
Italiana 
quando 
l�on. 
Giuseppe 
Piemonte 
del 
Partito socialista 
dei 
lavoratori 
italiani 
(P.S.L.I.) e 
l�on. Fernando 
Schiavetti 
(autonomista) hanno avanzato due 
emendamenti 
�mai 
approvati�, 
al 
fine 
esclusivo di 
assicurare 
�la 
possibilit� 
del 
diritto di 
voto all�estero e 
la 
possibilit� 
della 
espressione 
della 
loro volont� 
e 
della 
rappresentanza 
dei 
loro 
interessi� (emendamento Schiavetti). 


Alla 
lista 
va 
aggiunto anche 
il 
nome 
di 
Gelso Chini, operaio comunista, 
che, 
con 
una 
frase 
che 
ad 
avviso 
di 
chi 
scrive 
conserva 
ancora 
grande 
attualit�, 
ha 
evidenziato la 
mancanza 
da 
parte 
della 
classe 
politica 
di 
allora 
della 
cognizione 
del 
problema 
dell�esercizio 
del 
diritto 
di 
voto 
all�estero, 
presa 
di 
coscienza 
che sarebbe avvenuta in seguito con l�emigrazione di massa. 

Infatti, la 
necessit� 
di 
fare 
entrare 
in vigore 
una 
legge 
a 
tutela 
esclusiva 
degli 
emigranti 
� 
riapparsa 
soltanto 
nella 
seconda 
met� 
degli 
anni 
settanta, 
quando 
il 
tema 
dell�emigrazione 
italiana 
inizi� 
ad 
interessare 
la 
politica 
e 
l�opinione 
pubblica italiana. 

La 
conferma 
di 
quanto sopra 
detto trova 
riscontro in una 
dichiarazione 
dell�ex Presidente 
del 
Consiglio dei 
Ministri 
Aldo Moro, durante 
il 
discorso 
dell�apertura 
della 
Conferenza 
nazionale 
sull�emigrazione 
italiana 
del 
1975, 
in 
cui 
sottoline� 
che 
�trenta 
milioni 
di 
italiani 
(l�equivalente 
della 
popolazione 
urbana del 
Novecento) sono emigrati 
nel 
primo secolo dell�unita nazionale 
e 
sei milioni sono a tutt�oggi all�estero per motivi di lavoro�. 

Anche 
il 
noto giornalista, saggista 
e 
storico italiano, Indro Montanelli, il 
12 
gennaio 
1977, 
sul 
Giornale, 
rispetto 
al 
tema 
del 
voto 
italiano 
all�estero, 
scriveva 
che 
�la 
democrazia 
italiana 
non pu� pi� permettersi 
il 
lusso di 
rinunciare 
a 
cinque 
milioni 
di 
voti, di 
cui 
quattro andrebbero a 
rafforzare 
i 
partiti 
che la sostengono�. 


Infine, dal 
1972 al 
1983 (legislature 
VI-VIII), si 
continuava 
a 
registrare 
un aumento delle 
proposte 
di 
legge 
rispetto al 
periodo 1948-1972. Si 
passa 
da 
10 a 28, con una netta maggioranza a favore del voto per corrispondenza. 


Prima 
dell�entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
n. 
459 
del 
27 
dicembre 
2001, 
legge 
che 
porta 
il 
nome 
del 
suo proponente 
ed ex Ministro per gli 
italiani 
nel 
mondo, Mirko Tremaglia 
e 
del 
suo regolamento di 
attuazione 
avvenuto con 


D.P.r. 
n. 
2003/104 
(6), 
ci 
si 
interrogava 
sui 
possibili 
modelli 
che 
meglio 
avreb(
5) G. MEnnA, Le 
proposte 
italiane 
in materia di 
voto di 
cittadini 
residenti 
all�estero, in F. LAn-
CHESTEr 
(a cura di), il voto degli italiani all�estero, Bulzoni Editore, 1988, p. 26. 
(6) Per un riassunto degli 
atti 
normativi 
della 
riforma 
del 
voto italiano all�estero, vedasi 
F. TA

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


bero garantito ai 
cittadini 
elettori 
italiani 
residenti 
all�estero l�effettivo esercizio 
del 
diritto di 
voto all�estero, senza 
necessit� 
di 
rientrare 
nello Stato di 
origine. 


Sono stati 
proposti 
il 
voto per procura, il 
voto in loco 
presso le 
rappresentanze 
diplomatiche 
italiane 
all�estero, 
cio� 
presso 
i 
consolati 
e 
le 
ambasciate 
e 
il 
voto per corrispondenza; 
quest�ultimo, � 
stato il 
modello che 
ha 
prevalso 
sugli altri per volont� del legislatore (7). 


Inoltre, con l�entrata 
in vigore 
della 
legge 
de 
qua � 
stata 
istituita 
per la 
prima 
volta 
nella 
storia 
della 
politica 
italiana, 
una 
circoscrizione 
estero 
con 
un aumento del 
numero dei 
parlamentari 
e 
precisamente 
di 
dodici 
deputati 
e 
sei senatori. Essi sono ripartiti nel seguente modo: 


� 
La 
ripartizione 
Europa: 
elegge 
cinque 
deputati 
e 
due 
senatori 
compresi 
anche 
i 
territori 
asiatici 
della 
Federazione 
russa 
e 
della 
Turchia 
oltre 
a 
Cipro. 
Inoltre 
in essa 
rientrano tutti 
gli 
altri 
territori 
sottoposti 
al 
dominio o alla 
sovranit� 
delle 
ex potenze 
coloniali 
europee 
ad esempio: 
la 
Guyana 
Francese, la 
Polinesia 
francese, l'isola 
di 
Sant'Elena 
e 
altre 
isole 
sia 
caraibiche 
sia 
degli 
arcipelaghi 
dell� oceano Pacifico. 
� 
La 
ripartizione 
America 
Meridionale: 
elegge 
quattro deputati 
e 
due 
senatori 
anche 
se 
non tutti 
i 
territori 
che 
fanno parte 
dell'area 
geografica 
sono 
inclusi, 
(alcuni 
territori 
di 
fatto 
votano 
in 
altre 
ripartizioni 
in 
quanto 
dipendenze 
o ex-colonie di nazioni europee). 
� 
La 
ripartizione 
America 
settentrionale 
e 
centrale: 
elegge 
due 
deputati 
e 
un senatore, (anche 
in questo caso alcuni 
territori 
votano in altre 
ripartizioni 
in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee). 
� 
La 
ripartizione 
Africa, Asia, oceania 
e 
Antartide: 
elegge 
un deputato e 
un senatore. Da 
notare 
che 
anche 
in questo caso alcuni 
territori 
votano in altre 
ripartizioni in quanto dipendenze o ex-colonie di nazioni europee. 
Merita 
sottolineare 
che 
i 
deputati 
e 
i 
senatori 
eletti 
nella 
circoscrizione 
estera sono obbligati a risiedere nella circoscrizione di riferimento. 


Da 
ultimo 
vale 
la 
pena 
evidenziare 
che, 
con 
l�introduzione 
della 
modifica 
proposta 
dall�onorevole 
Lupi, la 
legge 
Tremaglia 
ha 
subito un vero vulnus 
al 
suo contenuto. 

Infatti 
tale 
modifica 
prevede 
la 
possibilit� 
di 
candidare 
nella 
circoscrizione 
estero anche 
i 
cittadini 
italiani 
residenti 
in Italia, ovviamente 
si 
tratta 
di 
candidati che non hanno mai avuto rapporti diretti e indiretti con il territorio. 


rAnTIno, 
il 
voto 
degli 
italiani 
all�estero: 
le 
difficolt� 
incontrate 
in 
argentina 
nell�attuazione 
delle 
norme 
in 
Quaderni 
dell�osservatorio 
Elettorale, 
in 
SIMonE 
BATTISTon 
e 
BrUno 
MASCITELLI, 
Firenze 
University 
press, 2012. 


(7) U. LA 
MESA, Problematiche 
attuali 
in materia di 
esercizio del 
diritto di 
voto da parte 
degli 
elettori 
all�estero, in �Quaderni 
dell�osservatorio Elettorale� 
n. 8, dicembre 
1980, p. 73; 
Seminario e 
tavola 
rotonda 
sul 
�Esercizio 
del 
diritto 
di 
voto 
degli 
italiani 
all�estero�, 
Seconda 
Conferenza 
nazionale 
dell�Emigrazione, Quaderno di documentazione preparatoria n. 5, Fratelli Palombini Editori, 1998. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


Pi� 
nello 
specifico, 
all�articolo 
4 
dopo 
il 
comma 
2, 
� 
stato 
inserito 
il 
comma 
2 bis 
ai 
sensi 
del 
quale: 
�all�articolo 8 comma 
1 della 
legge 
27 dicembre 
2001 n. 459 sono apportate 
le 
seguenti 
modificazioni: 
1) la 
lettera 
b � 
sostituita 
dalla 
seguente: 
b) 
�gli 
elettori 
residenti 
in 
italia 
possono 
essere 
candidati 
in una sola ripartizione 
della circoscrizione 
Estero; gli 
elettori 
residenti 
all�Estero 
possono 
essere 
candidati 
solo 
nella 
ripartizione 
di 
residenza 
della circoscrizione Estero�. 


In buona 
sostanza, con tale 
emendamento si 
deroga 
alla 
ratio 
della 
modifica 
costituzionale 
della 
riforma 
del 
2001 che 
introdusse 
il 
voto dei 
circa 
4 
milioni di cittadini residenti fuori dai confini. 


Chi 
scrive 
ha 
gi� 
messo 
in 
luce 
come 
la 
legge 
sul 
voto 
all�estero 
con 
l�emendamento 
Lupi 
ha 
subito 
un 
duro 
colpo 
nel 
rapporto 
tra 
eletti 
ed 
elettori, 
che � l�essenza della Circoscrizione Estero. 


� 
palese 
la 
natura 
politica 
della 
proposta 
Lupi, che 
fornisce 
soluzioni 
di 
candidatura a chi non ha un solido rapporto con il territorio. 

non si 
pu� certamente 
condividere 
tale 
emendamento, anche 
perch� 
ha 
creato delle 
disparit� 
tra 
gli 
stessi 
candidati 
al 
Parlamento italiano; 
infatti 
non 
� 
pensabile, almeno se 
non in palese 
contrasto con i 
principi 
di 
uguaglianza 
e 
di 
elettorato passivo (artt. 2 e 
48 Cost.), che 
un cittadino italiano residente 
in 
Italia possa candidarsi anche nella circoscrizione estero e non viceversa (8). 

Tornando 
alla 
tematica 
del 
voto 
per 
corrispondenza, 
merita 
sin 
da 
ora 
evidenziare 
che 
sin dalla 
sua 
entrata 
in vigore 
fino ai 
nostri 
giorni 
ha 
sempre 
suscitato, 
sia 
in dottrina 
che 
in giurisprudenza, seri 
dubbi 
di 
costituzionalit� 
per 
contrasto 
con 
l�articolo 
48 
della 
Costituzione, 
ed 
in 
particolare 
con 
i 
suoi 
principi 
di uguaglianza, libert� e segretezza. 

Tali 
dubbi, 
pertanto, 
sono 
sfociati 
nell�ordinanza 
di 
rimessione 
della 
Terza 
sezione 
civile 
del 
Tribunale 
ordinario 
di 
Venezia 
alla 
Corte 
Costituzionale 
che, 
tuttavia, 
come 
detto, 
non 
ha 
ancora 
risolto 
nel 
merito 
la 
questione 
de 
qua. 


4. il 
voto per 
corrispondenza. Dalla sua introduzione 
alle 
problematiche 
attuali 
con 
particolare 
riferimento 
alla 
violazione 
dei 
principi 
di 
personalit�, 
libert� e segretezza e, al suo contrasto con l�articolo 48 della Costituzione. 
Come 
gi� 
detto, 
il 
voto 
per 
corrispondenza, 
fin 
dalla 
sua 
entrata 
in 
vigore, 
ha 
suscitato sempre 
molte 
perplessit�: 
cՏ 
chi 
ha 
paventato e 
continua 
tuttora 
a 
paventare, come 
chi 
scrive, l�incostituzionalit� 
della 
norma 
de 
qua, perch� 
non garantirebbe 
la 
personalit�, l�uguaglianza 
e 
la 
segretezza 
del 
voto ai 
sensi 
e per gli effetti dell�art. 48 Costituzione. 


Secondo 
altre 
voci, 
invece, 
il 
secondo 
comma 
del 
medesimo 
articolo, 
con 


(8) M. FEDI, La strana vicenda della legge 
n. 459 del 
2001. ovvero: le 
ragioni 
di 
un nobile 
dibattito 
nel 
2001 
e 
di 
una 
meno 
nobile 
assenza 
di 
dibattito 
nel 
2017 
in 
http://comunicazioneinform.it/marcofedi-
pd-la-strana-vicenda-della-legge-n-459-del-2001/. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


l�introduzione 
della 
Circoscrizione 
Estero, ha 
subito un affievolimento della 
rigidit� 
volta 
ad ammettere 
una 
disciplina 
ad hoc 
per garantire 
l�esercizio del 
diritto di voto all�estero (9). 

Inoltre, 
nella 
memoria 
illustrativa 
dell�avvocatura 
dello 
Stato, 
a 
tutela 
della 
costituzionalit� 
della 
suddetta 
legge 
viene 
messo 
in 
rilievo 
anche 
il 
terzo 
comma 
dell�articoli 
48 della 
Costituzione, introdotto con legge 
costituzionale 


n. 1/2000, che 
ha 
istituito una 
circoscrizione 
Estero per consentire 
l�esercizio 
del 
diritto di 
voto alle 
elezioni 
politiche 
da 
parte 
dei 
cittadini 
non residenti 
in 
Italia. L�innovazione 
si 
� 
completata 
con ulteriori 
modifiche 
degli 
articoli 
56 
e 
57 della 
Costituzione 
e 
con la 
puntuale 
attuazione 
da 
parte 
della 
legge 
27 
dicembre 2001, n. 459 e del successivo D.P.r. n. 104/2003. 
Di 
contrario avviso � 
la 
dottrina 
pi� autorevole 
(M. Bertolissi), assolutamente 
condivisa 
da 
parte 
di 
chi 
scrive, che, nelle 
deduzioni 
depositate 
in vista 
dell�udienza 
del 
21 
febbraio 
2018, 
ha 
messo 
in 
luce 
come 
il 
voto 
per 
corrispondenza 
�presenta tali 
e 
tante 
ombre 
da far 
persino dubitare 
che 
possa definirsi 
�voto�, 
almeno 
nell�accezione 
in 
cui 
tale 
termine 
� 
usato 
dalla 
Costituzione: 
l�art. 
48, 
comma 
2, 
della 
stessa 
infatti 
individua 
quattro 
caratteri 
indefettibili del voto �personalit�, uguaglianza, libert� e segretezza� 
�. 

La 
suddetta 
dottrina 
ha 
altres� 
evidenziato 
che 
ad 
essere 
vulnerata 
� 
la 
segretezza 
(come pure invero anche la personalit� e la libert�). 

Infatti, 
l�art. 
12 
legge 
459 
del 
27 
dicembre 
2001 
(e 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica 
104/2003 di 
attuazione) - richiamato dal 
contenuto dell�ordinanza 
di 
rimessione 
del 
Tribunale 
di 
Venezia 
n. 5 del 
2018 prevede 
che 
�i 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero, 
dopo 
aver 
votato 
ubiquiter, 
utilizzando 
la scheda elettorale 
inviata loro dall�ufficio consolare 
a mezzo posta raccomandata 
�o 
con 
altro 
mezzo 
di 
analoga 
affidabilit��, 
la 
spediscano 
-parimenti 
per 
posta, ma senza necessario ricorso alla �raccomandata o altro mezzo di 
analoga affidabilit�� 
- agli 
uffici 
consolari 
competenti 
per 
l�invio con valigia 
diplomatica all�Ufficio centrale per la circoscrizione estero�. 


Secondo 
il 
Tribunale 
di 
Venezia, 
quindi, 
le 
modalit� 
con 
cui 
si 
sono 
svolte 
le 
votazioni 
in vista 
della 
consultazione 
referendaria 
�non assicurano la segretezza, 
la personalit� e 
la libert� del 
voto, sia nella fase 
della sua manifestazione, 
la quale 
non avviene 
in luogo presidiato, di 
talch� 
non vi 
pu� essere 
una garanzia assoluta che 
l�elettore 
sia da solo e 
che 
dunque 
il 
voto sia realmente 
�personale� 
e 
�libero�; sia -successivamente 
-con la sua �comunicazione� 
alle 
sedi 
consolari, specie 
ove 
la segretezza della corrispondenza non 
sia adeguatamente 
garantita dal 
servizio postale 
locale�. Il 
che 
comporta 
un 
vulnus 
ai principi di cui agli articoli 1 e 48, secondo e terzo comma, Cost. 


non 
vale 
in 
proposito 
quanto 
affermato 
dalla 
Corte 
costituzionale 
nel


(9) V. nUnzIATA, memoria illustrativa nel 
giudizio di 
legittimit� costituzionale, 9 febbraio 2018 
p. 5. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


l�ordinanza 
n. 195/2003, sia 
perch� 
non ha 
deciso nel 
merito sia 
perch� 
il 
suo 
dictum 
�non 
porta 
a 
considerare 
definitivamente 
risolto 
il 
difficile 
bilanciamento 
tra 
l�obiettivo della 
massima 
estensione 
del 
suffragio e 
la 
realizzazione 
delle modalit� che ne garantiscano esse stesse l�effettivit��. 

Quel 
che 
deve 
rimanere 
fermo - sottolinea 
il 
Tribunale 
di 
Venezia 
nella 
sua 
ordinanza 
di 
rimessione 
-� 
che 
�tali 
modalit� 
non 
costituiscono 
mero 
�accidente�, 
ma 
�sostanza�� 
(ivi), 
con 
la 
conseguenza 
che 
vanno 
scelte 
quelle 
(modalit�) che 
permettono - qui, pure, vale 
l�art. 3 Cost. - �che 
anche 
il 
voto 
degli 
italiani 
residenti 
all�estero 
debba 
corrispondere� 
ai 
requisiti 
stabiliti 
dall�art. 48, co. 2, Cost. (ivi): requisiti 
che 
�si 
rivelano ancora baluardi 
irrinunciabili 
a salvaguardia della nostra democrazia elettorale� 
. 


L�inciso 
finale 
fa 
pensare 
alla 
democrazia 
tout 
court, 
devastata 
dagli 
scandali, 
oggi 
in 
una 
condizione 
di 
preoccupante 
crisi: 
non 
comparabile 
con 
quella 
esistente al tempo in cui � stata approvata la legge n. 459/2001. 


In 
concreto, 
quindi, 
P.M.C. 
pu� 
aver 
mostrato 
oppure 
potr� 
�mostrare 
volontariamente 
a 
terzi 
la 
scheda 
votata� 
(� 
una 
causa 
di 
nullit� 
del 
voto) oppure 
pu� essere 
stato o potr� 
�esservi 
costretto� 
(con le 
medesime 
conseguenze) in 
Slovacchia, �dove 
risiede�, oltretutto �in mancanza 
di 
uno specifico accordo 
ex art. 19 legge 459�. 


Tuttavia, merita 
sin da 
ora 
evidenziare 
che 
il 
caso che 
ci 
occupa 
non � 
un 
caso isolato, infatti 
anche 
in passato altri 
casi 
hanno suscitato il 
sospetto del-
l�incostituzionalit� del voto per corrispondenza. 


A 
tale 
riguardo, 
vanno 
assolutamente 
richiamate 
le 
osservazioni 
mosse 
da 
Francesco Tarantino nel 
IX 
Convegno Internazionale 
della 
Societ� 
Italiana 
degli studi elettorali. 


Secondo Tarantino infatti: 
� 
�sicuro� 
quel 
sistema 
di 
voto per corrispondenza 
nel 
quale 
nessuna 
interferenza 
turbi 
le 
fasi 
di 
spedizione, recapito e 
ricezione 
del plico elettorale. 


Proprio 
Tarantino 
oltre 
un 
decennio 
fa, 
al 
fine 
di 
meglio 
capire 
i 
problemi 
che 
potevano 
emergere 
in 
caso 
di 
spedizione 
e 
di 
recapito 
delle 
schede 
elettorali, 
ha 
svolto 
una 
lunga 
indagine 
sull�esito 
delle 
votazioni 
elettorali 
in 
Argentina. 


Va 
preliminarmente 
evidenziato che 
�le 
concrete 
modalit� delle 
operazioni 
di 
recapito 
sono 
demandate 
ai 
singoli 
uffici 
consolari, 
istituiti 
presso 
ogni 
circoscrizione, 
che 
hanno 
la 
facolt� 
di 
appaltare 
ad 
una 
ditta 
sia 
la 
stampa del materiale elettorale che la spedizione dei plichi�. 


� 
bene 
ricordare 
infatti 
che 
non in tutti 
i 
Paesi 
(ed � 
il 
caso dell�Argentina), 
come 
messo in luce 
dallo stesso autore, esiste 
una 
societ� 
che 
ha 
il 
monopolio 
dei 
servizi 
postali 
e 
che 
quindi 
pi� 
societ� 
si 
sono 
occupate 
del 
recapito 
dei plichi elettorali. 


Tra 
il 
2003 ed il 
2006, ad esempio, la 
rete 
consolare 
italiana 
in Argentina 
ha 
gradualmente 
migliorato le 
regole 
di 
recapito delle 
schede, introducendo 
una rigorosit� via via maggiore. 


rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Se 
per 
il 
referendum 
2003 
infatti 
vigeva 
il 
cosiddetto 
sistema 
�bajo 
puerta�, che 
prevedeva 
la 
possibilit� 
di 
lasciare 
il 
plico in giacenza 
al 
domicilio 
dell�elettore, per le 
elezioni 
politiche 
del 
2006 � 
divenuta 
necessaria 
la 
consegna 
delle 
schede 
ad 
una 
persona 
maggiorenne 
fornita 
di 
documento 
d�identit�, non obbligatoriamente vincolata da parentela con l�elettore. 


Decisamente 
pi� 
sicuro 
sarebbe 
l�obbligo 
di 
consegnare 
direttamente 
al-
l�elettore, 
o 
ad 
un 
parente, 
il 
plico 
con 
le 
schede 
elettorali 
ma 
una 
sperimentazione 
dell�Ambasciata 
d�Italia 
a 
Buenos 
Aires, 
che 
prevedeva 
la 
consegna 
personale 
di 
una 
tessera 
magnetica 
ai 
cittadini 
italiani, 
ha 
rivelato 
lo 
scarso 
successo 
del-
l�iniziativa: 
poco 
pi� 
del 
35% 
delle 
tessere 
� 
stato 
recapitato 
e 
ci� 
ha 
suggerito 
l�inapplicabilit� 
del 
metodo 
in 
occasione 
delle 
consultazioni 
elettorali. 


Lo schema 
ideale, come 
� 
noto, vorrebbe 
che 
ad ogni 
plico inviato corrisponda 
un 
solo 
cittadino 
destinatario: 
una 
volta 
ricevuto 
il 
plico, 
questi 
decide 
di 
votare 
o meno, in maniera 
personale 
e 
segreta, la 
scheda 
che 
trova 
ed eventualmente 
rispedirlo nei tempi prestabiliti (10). 

A 
tale 
visione 
ideale 
del 
sistema 
di 
voto 
per 
corrispondenza 
ci 
sono 
per� 
da 
aggiungere 
tutte 
le 
possibili 
casistiche 
che 
si 
sono 
verificate 
nelle 
prime 
esperienze 
di 
voto 
in 
Argentina 
e, 
verosimilmente, 
anche 
in 
altri 
paesi 
del 
mondo. 


Esiste 
infatti 
una 
percentuale 
di 
schede 
che 
non 
riesce 
a 
raggiungere 
i 
destinatari, 
rispetto 
all�indagine 
fatta 
in 
Argentina, 
Tarantino 
ha 
sottolineato 
come 
il 
parametro del 
mancato recapito � 
importante 
sotto due 
profili: 
innanzitutto 
implica 
un�analisi 
attenta 
dei 
motivi 
per cui 
una 
percentuale, minima 
ma 
non esigua, di 
plichi 
non � 
recapitata 
ed inoltre 
offre 
lo spunto per alcune 
considerazioni in merito al grado di partecipazione elettorale. 


In merito a 
quest�ultimo aspetto vale 
la 
pena 
di 
ricordare 
che 
il 
livello di 
partecipazione 
elettorale 
all�estero 
pu� 
essere 
calcolato 
in 
due 
modi 
differenti: 
se 
si 
computa 
il 
numero dei 
plichi 
tornati 
soltanto su quelli 
inviati, si 
rischia 
di 
ottenere 
percentuali 
pi� 
basse 
e 
poco 
realistiche. 
Computando 
invece 
i 
plichi 
tornati 
ai 
Consolati 
su quelli 
effettivamente 
recapitati 
si 
ha 
una 
misura 
della 
partecipazione pi� veritiera e pi� corrispondente alla realt�. 


Tale 
osservazione 
ha 
particolare 
rilevanza 
per quei 
contesti 
in cui 
si 
� 
denunciata 
una 
bassa 
partecipazione 
dei 
connazionali 
all�estero causata 
presumibilmente 
da 
una 
disaffezione 
nei 
confronti 
del 
nostro 
Paese 
o 
del 
nuovo 
strumento legislativo. 

Talvolta 
per�, 
ed 
� 
il 
caso 
di 
molte 
citt� 
dell�America 
Settentrionale, 
� 
stato l�elevato numero di 
mancati 
recapiti 
a 
spingere 
gli 
analisti 
ad una 
sottostima 
non indifferente della partecipazione elettorale. 

In 
tutta 
la 
circoscrizione 
Estero, 
nelle 
elezioni 
politiche 
del 
2006, 
a 
fronte 
di 
2.699.421 plichi 
inviati 
sono stati 
restituiti 
per mancata 
consegna 
247.978 


(10) IX 
Convegno internazionale 
della 
S.I.S.E. (Societ� 
Italiana 
di 
Studi 
Elettoriali), La cittadinanza 
elettorale, Firenze, 14-15 dicembre 2006, pp. 10, 11. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


plichi, 
pari 
al 
9,1% 
sul 
totale 
di 
quelli 
inviati. 
I 
plichi 
effettivamente 
recapitati 
sono stati dunque 2.451.443. 


In Argentina, sono stati 
inviati 
357.795 plichi 
e 
alle 
ore 
16, di 
gioved� 
6 
aprile 
2006, 
ne 
erano 
tornati 
alla 
rete 
consolare 
200.824, 
pari 
al 
56,1% 
dei 
plichi 
inviati 
e 
al 
70,7% di 
quelli 
effettivamente 
recapitati. Questa 
notevole 
differenza 
� 
dettata 
dal 
cospicuo numero di 
mancati 
recapiti 
che 
in Argentina 
ha 
interessato 
68.366 
plichi, 
pari 
al 
19,4% 
dei 
plichi 
effettivamente 
inviati 
nel 
Paese e pari al 27,5% di tutti i mancati recapiti della Circoscrizione Estero. 


� 
lecito, 
a 
questo 
punto, 
interrogarsi 
circa 
le 
motivazioni 
di 
un 
numero 
cos� 
alto 
di 
schede 
elettorali 
�inutilizzate�: 
intuitivamente, 
alla 
luce 
delle 
considerazioni 
svolte 
circa 
la 
difficile 
formazione 
degli 
elenchi 
elettorali, 
la 
presenza 
di 
errori 
nei 
dati 
contenuti 
nell�AIrE 
o 
negli 
schedari 
consolari 
pu� 
essere 
una 
causa 
fondamentale 
di 
mancato 
recapito. 
Ma 
qualՏ 
l�incidenza 
degli 
errori 
rispetto, 
ad 
esempio 
ai 
rifiuti 
volontari, 
agli 
smarrimenti 
o 
alle 
sparizioni? 


La 
rete 
consolare 
argentina 
ha 
appaltato la 
consegna 
delle 
schede 
elettorali 
a 
diverse 
societ� 
postali 
private 
che 
avevano 
l�obbligo 
di 
compilare 
un 
report 
circa 
la 
consegna 
di 
ogni 
singolo 
plico, 
specificandone 
l�esito 
del 
recapito. 
In base 
ai 
dati 
raccolti 
presso l�Ambasciata 
d�Italia 
a 
Buenos 
Aires 
� 
evidente 
che 
la 
causa 
principale 
dei 
mancati 
recapiti 
(68,9% dei 
casi) � 
la 
presenza 
di 
errori 
e 
inesattezze 
nei 
dati 
degli 
elettori, seguita 
da 
cause 
inerenti 
all�assenza 


o al 
rifiuto di 
ritirare 
il 
plico (30,5%) e 
solo nello 0,6% dei 
casi 
i 
plichi 
sono 
stati smarriti o il postino � stato derubato. 
In 
conclusione 
� 
possibile 
affermare 
che 
il 
grande 
ostacolo 
ad 
una 
corretta 
e 
lineare 
gestione 
del 
voto all�estero � 
rappresentato proprio dalla 
presenza 
di 
errori 
negli 
elenchi 
dei 
nostri 
connazionali. 
Le 
difficolt� 
delle 
amministrazioni 
e, talvolta, l�imprecisione 
o le 
false 
generalit� 
dichiarate 
dagli 
stessi 
cittadini 
sono situazioni 
che 
difficilmente 
si 
riusciranno a 
sanare 
completamente, nonostante 
gli sforzi e i sensibili miglioramenti che pur vi sono stati (11). 


Quest�anno, per il 
rinnovo della 
XVIII legislatura, anche 
in Australia 
e 
in Canada 
si 
sono verificate 
gravi 
irregolarit� 
dovute 
non soltanto al 
mancato 
recapito di schede elettorali o alla dispersione delle stesse. 


5. Conclusioni. 
Alla 
luce 
di 
quanto sopra 
esposto e, dato l�esito della 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
sollevata 
dal 
Tribunale 
di 
Venezia, �esito dovuto al 
fatto 
che 
la 
pronuncia 
de 
qua 
� 
stata 
una 
pronuncia 
di 
rito e 
non di 
merito, che 
ha 
lasciato ancora 
aperta 
la 
questione 
della 
costituzionalit� 
del 
modello del 
voto 
per 
corrispondenza�, 
sarebbe 
opportuno 
ma 
soprattutto 
urgente, 
un 
intervento 
da parte del nuovo legislatore. 


(11) 
IX 
Convegno 
internazionale 
della 
S.I.S.E., 
La 
cittadinanza 
elettorale, 
Firenze, 
14-15 
dicembre 
2006, pp. 11, 12 e 13. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


Tale 
intervento deve 
avere 
ad oggetto l�emanazione 
di 
una 
nuova 
disciplina 
di 
dettaglio avente 
ad oggetto un nuova 
modalit� 
del 
voto degli 
italiani 
residenti all�estero. 


Ad 
avviso 
di 
chi 
scrive, 
una 
buona 
idea 
sarebbe 
l�introduzione 
del 
voto 
elettronico, 
poich� 
i 
vantaggi 
di 
tale 
modalit� 
di 
voto 
sono 
di 
non 
poca 
importanza. 


Anzitutto il 
voto elettronico consente 
all�elettore 
di 
esprimersi 
ovunque 
si trovi e le relative modalit� impediscono errori formali e voti non validi. 

Inoltre, con l�introduzione 
del 
voto elettronico vi 
sono una 
serie 
di 
vantaggi 
rispetto alla 
tradizionale 
procedura 
cartacea 
che 
meritano di 
essere 
sottolineati: 
in primis 
gli 
aventi 
diritto al 
voto possono votare 
in modo rapido e 
comodo; 
il 
sistema 
pu� essere 
impiegato su tutti 
i 
tipi 
di 
piattaforme 
e 
dispositivi: 
smartphone, 
tablet 
o 
computer; 
le 
persone 
con 
disabilit� 
possono 
votare 
online senza dover ricorrere all�utilizzo di terzi. 


Inoltre, 
come 
si 
� 
detto, 
tale 
tipo 
di 
votazione 
impedisce 
errori 
formali 
come 
risposte 
non leggibili, firme 
mancanti, moduli 
stampati 
in modo errato 


o liste 
non valide 
nel 
processo elettorale 
e 
di 
voto; 
gli 
elettori 
ricevono una 
conferma 
che 
il 
proprio voto � 
stato espresso e 
salvato nell�urna 
in modo corretto; 
lo spoglio dei voti avviene con rapidit� e precisione. 
Il 
voto elettronico � 
sicuro perch� 
i 
voti 
vengono trasmessi 
e 
salvati 
soltanto 
in 
modo 
cifrato 
e 
anonimo; 
algoritmi 
sofisticati 
evitano 
che 
i 
voti 
possano 
essere manipolati di nascosto. 

Un ulteriore 
vantaggio � 
quello di 
evitare 
che 
errori 
ed imprecisioni 
provochino 
il 
mancato recapito di 
schede 
elettorali 
e/o la 
loro dispersione 
come 
spesso � capitato nel voto per corrispondenza. 


In 
assenza 
della 
suddetta 
opzione, 
il 
voto 
all�estero 
sicuramente 
subir� 
un vulnus. 


Sarebbe 
opportuna 
anche 
l�istituzione 
di 
un 
apposito 
Ufficio 
Elettorale 
permanente 
all�interno di 
ogni 
Consolato preposto alla 
gestione 
e 
alla 
formazione 
degli 
elenchi 
elettorali, cui 
non competano anche 
gravosi 
compiti 
legati 
a pratiche di cittadinanza e ai passaporti. 


Ancora, 
per 
evitare 
carenze 
di 
risorse 
umane 
e 
finanziarie 
degli 
Uffici 
consolari, sarebbe 
auspicabile 
anche 
la 
partecipazione 
del 
personale 
del 
Ministero 
dell�interno al 
coordinamento di 
tali 
uffici 
in modo da 
salvaguardare 
l�unitariet� 
della 
materia 
anagrafico 
-elettorale 
e 
risolvere 
le 
difficolt� 
dovute 
alla scarsa comunicazione tra Consolati e 
Anagrafi Comunali (12). 


Con riferimento al 
comunicato stampa 
del 
21 febbraio 2018, ed in attesa 
della 
pronuncia 
definitiva 
della 
Corte 
costituzionale, chi 
scrive, lungi 
dal 
criticare 
l�esito della 
suddetta 
ordinanza 
che 
comunque, almeno in vista 
di 
una 
consultazione 
referendaria 
non poteva 
essere 
diverso da 
quello reso, tiene 
a 


(12) 
IX 
Convegno 
internazionale 
della 
S.I.S.E., 
La 
cittadinanza 
elettorale, 
Firenze, 
14-15 
dicembre 
2006, pp. 11, 12 e 13. 

LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


precisare 
che, 
sebbene 
sia 
vero 
che 
l�Ufficio 
centrale 
per 
la 
circoscrizione 
Estero � 
il 
legittimo destinatario della 
richiesta 
di 
riesame 
delle 
schede 
annullate 
e/o contestate, � 
pur vero che 
nel 
caso che 
ci 
riguarda, il 
Tribunale 
di 
Venezia, 
ha 
sollevato 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
in 
riferimento 
alla 
legittimit� 
costituzionale 
del 
voto per corrispondenza 
e 
non al 
riesame 
delle 
schede contenenti voti contestati, questione rimasta purtroppo irrisolta. 

Inoltre, una 
valida 
alternativa 
che 
eviterebbe 
un grado non ancora 
soddisfacente 
di 
certezza 
e 
sicurezza 
del 
voto per corrispondenza, e 
che 
non vanificherebbe 
lo 
sforzo 
di 
comuni 
e 
consolati, 
sarebbe 
l�introduzione 
di 
una 
semplice volont� di esercitare il voto all�estero. 

Tale opzione era gi� stata proposta dal 
Tarantino. 

Tale 
volont� 
non deve 
configurare 
una 
vera 
e 
propria 
richiesta 
di 
votare, 
quanto piuttosto una sorta di registrazione o segnalazione. 

orbene, se 
da 
un lato � 
vero che 
la 
suddetta 
procedura 
porterebbe 
certamente 
a 
ridurre 
il 
livello di 
partecipazione 
� 
altrettanto vero che 
risolverebbe 
il 
problema 
della 
formazione 
delle 
liste 
elettorali, in quanto sarebbero inclusi 
soltanto coloro che 
segnalano la 
propria 
volont� 
di 
votare 
al 
Consolato, ricordando 
ed aggiornando le 
proprie 
generalit� 
ed evitando di 
far risultare 
voti 
di 
persone decedute, come � recentemente avvenuto in Australia. 

Tale 
opzione 
avrebbe 
anche 
risvolti 
positivi 
a 
livello processuale, perch� 
eviterebbe 
l�apertura 
di 
indagini 
da 
parte 
della 
Procura 
della 
repubblica 
mirate 
essenzialmente 
all�accertamento 
di 
fatti 
costituenti 
reato 
e 
precisamente 
di 
falsi 
materiali 
commessi 
sulle 
schede 
elettorali 
da 
soggetti 
diversi 
dall�elettore; 
� 
molto semplice 
infatti 
modificare, manomettere 
e/o falsare 
la 
scheda 
inviata 
dall�elettore una volta che il medesimo ha espresso la preferenza. 

L�introduzione 
del 
voto 
elettronico, 
poi, 
eviterebbe 
anche 
possibili 
ricorsi 
ai 
giudici 
amministrativi 
per 
l�impugnazione 
dell�atto 
di 
proclamazione 
dei 
candidati deputati e senatori eletti illecitamente ed illegittimamente. 


Infine, sotto il 
profilo economico, il 
voto elettronico eviterebbe 
il 
costo 
aereo destinato al trasporto delle schede dall�estero all�Italia. 


Corte 
costituzionale, ordinanza 27 marzo 2018 n. 63 
-Pres. Lattanzi, red. Morelli 
- Giudizio 
di 
legittimit� 
costituzionale 
degli 
artt. 1, comma 
2, 2, 4-bis, 12 e 
14 della 
legge 
27 dicembre 
2001, n. 459 (norme 
per l�esercizio del 
diritto di 
voto dei 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero), 
promosso 
dal 
Tribunale 
ordinario 
di 
Venezia 
nel 
procedimento 
vertente 
tra 
P.M.C. 
(avv. M. Bertolissi) e 
la 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
ministri 
e 
altri 
(avv. St. V. nunziata), 
con ordinanza del 5 gennaio 2018. 
(...) 


ritenuto che 
nel 
corso di 
un procedimento ex art. 702-bis 
del 
codice 
di 
procedura 
civile 
promosso 
da 
un cittadino italiano residente 
all�estero, il 
quale, previa 
sospensione 
dei 
provvedimenti 
di 
avvio delle 
operazioni 
referendarie 
(indette 
per il 
successivo dicembre 
2016), 
chiedeva, 
nel 
merito, 
dichiararsi 
che, 
�tramite 
il 
c.d. 
�voto 
per 
corrispondenza�, 
il 
[suo] 
diritto 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 1/2018 


di 
voto 
[�] 
non 
pu� 
essere 
stato 
esercitato 
(nel 
passato) 
e 
non 
potr� 
nemmeno 
essere 
esercitato 
(anche 
nell�immediato futuro) in modo libero e 
diretto, con pieno e 
completo rispetto delle 
garanzie 
di 
segretezza 
e 
personalit� 
[�]� e, a 
tal 
fine, chiedeva 
sollevarsi 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
della 
vigente 
disciplina 
del 
voto all�estero - l�adito giudice 
monocratico 
del 
Tribunale 
ordinario 
di 
Venezia 
ha 
sollevato 
questione 
incidentale 
di 
legittimit� 
costituzionale 
degli 
artt. 1, comma 
2, 2, 4-bis, 12 e 
14 della 
legge 
27 dicembre 
2001, n. 459 (norme 
per 
l�esercizio 
del 
diritto 
di 
voto 
dei 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero), 
nella 
parte, 
appunto, 
in cui 
disciplinano le 
modalit� 
di 
esercizio del 
voto per corrispondenza 
dei 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero, 
per 
contrasto 
con 
gli 
artt. 
1, 
secondo 
comma, 
e 
48, 
primo, 
secondo 
e 
terzo 
comma, della Costituzione; 


che, secondo il 
rimettente, la 
denunciata 
disciplina 
del 
voto per corrispondenza 
contrasterebbe 
con gli 
evocati 
parametri 
costituzionali, presentando �tali 
e 
tante 
ombre 
da 
far perfino 
dubitare che possa definirsi �voto��; 


che, 
in 
particolare, 
violato 
sarebbe 
il 
�principio 
di 
segretezza�, 
poich� 
l�art. 
12 
della 
legge 


n. 
459 
del 
2001 
prevede 
che 
�i 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero, 
dopo 
avere 
votato 
ubiquiter, 
utilizzando 
la 
scheda 
elettorale 
inviata 
loro 
dall�ufficio 
consolare 
a 
mezzo 
posta 
raccomandata 
�o 
con 
altro 
mezzo 
di 
analoga 
affidabilit��, 
la 
spediscano 
-parimenti 
per 
posta, 
ma 
senza 
necessario 
ricorso 
alla 
�raccomandata 
o 
altro 
mezzo 
di 
analoga 
affidabilit�� 
-agli 
uffici 
consolari 
competenti 
per 
l�invio 
con 
valigia 
diplomatica 
all�Ufficio 
centrale 
per 
la 
circoscrizione 
Estero�. 
Ci� 
che, 
appunto, 
�non 
assicur[erebbe] 
la 
segretezza, 
la 
personalit� 
e 
la 
libert� 
del 
voto�, 
sia 
nella 
fase 
della 
sua 
manifestazione 
che 
in 
quella 
successiva 
della 
sua 
comunicazione; 
che 
si 
� 
costituito 
davanti 
a 
questa 
Corte 
il 
ricorrente 
nel 
giudizio 
principale, 
che, 
in 
adesione 
alla 
prospettazione 
del 
giudice 
a 
quo, 
ha 
evidenziato 
il 
pericolo 
(ed 
enumerato 
episodi 
e 
testimonianze 
portati 
alla 
luce 
dai 
mezzi 
di 
informazione) 
di 
�brogli�, 
che 
le 
modalit� 
di 
esercizio 
del 
voto 
per 
corrispondenza 
(hanno 
consentito 
e) 
consentirebbero. 
Ed 
ha 
sostenuto 
che, 
comunque, 
i 
requisiti 
(di 
personalit�, 
libert� 
e 
segretezza) 
del 
diritto 
di 
voto, 
in 
quanto 
posti 
a 
presidio 
della 
stessa 
democrazia 
del 
Paese, 
non 
sarebbero 
bilanciabili 
con 
altri 
valori 
costituzionali; 


che 
� 
altres� 
intervenuto 
il 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri, 
rappresentato 
e 
difeso 
dall�Avvocatura 
generale 
dello 
Stato, 
che 
ha 
preliminarmente 
eccepito 
l�inammissibilit� 
della 
questione 
sollevata 
dal 
rimettente 
(per 
l�assoluta 
carenza 
di 
sua 
motivazione, 
sia 
sulle 
�ragioni 
che 
dimostrino il 
potenziale 
pregiudizio per il 
requisito della 
segretezza 
del 
voto� nel 
caso di 
specie, 
sia 
sulla 
sussistenza 
dell�interesse 
del 
ricorrente 
ad 
agire 
in 
via 
preventiva 
rispetto 
alla 
consultazione 
referendaria, 
�cos� 
sfuggendo 
all�attivit� 
probatoria 
che 
un 
reclamo 
ex 
post 
sulle 
operazioni 
di 
voto, 
all�Ufficio 
centrale 
per 
la 
circoscrizione 
Estero, 
avrebbe 
comportato
�). E, in subordine, ha 
sostenuto, nel 
merito, che 
quella 
del 
voto per corrispondenza 
Ǐ 
stata, in realt�, una 
scelta 
�obbligata� 
dato che 
il 
voto per procura 
� 
oggettivamente 
contrario 
al 
principio di 
personalit�, mentre 
il 
voto in loco, mediante 
la 
predisposizione 
di 
sezioni 
elettorali 
sul 
territorio 
degli 
Stati 
ospitanti, 
avrebbe 
creato 
problemi 
irrisolvibili 
di 
organizzazione 
e, in molti 
casi, sarebbe 
stato vietato dagli 
Stati 
stessi 
per il 
rischio di 
veder lesa 
la 
propria 
sovranit�
�, dal che la non fondatezza, comunque, delle censure formulate dal 
Tribunale a quo; 


che, 
nel 
ribadire, 
con 
successiva 
memoria, 
le 
proprie 
conclusioni, 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
ha 
ulteriormente, tra 
l�altro, argomentato che 
la 
�deroga� 
alla 
segretezza 
del 
voto, senza 
la 
quale 
gli 
italiani 
all�estero non avrebbero potuto �scegliere 
se 
esercitare 
il 
diritto di 
voto in 
Italia 
o all�estero�, opererebbe 
sullo stesso piano delle 
deroghe, resesi 
parimenti 
necessarie, 
per consentire 
ai 
cittadini 
affetti 
da 
gravi 
infermit� 
il 
cosiddetto �voto assistito� 
e 
il 
�voto a 
domicilio�, ed ha 
ricordato ancora 
come 
il 
sistema 
prescelto dal 
legislatore 
del 
2001 sia 
stato 



LEGISLAzIonE 
ED 
ATTUALIT� 


�adottato, 
in 
diversi 
periodi, 
anche 
da 
altri 
ordinamenti 
giuridici 
(tra 
l�altro, 
Francia, 
Svizzera, 
Germania, alcuni stati degli USA, Spagna)�. 

Considerato che 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
degli 
artt. 1, comma 
2, 2, 4-bis, 
12 e 
14 della 
legge 
27 dicembre 
2001, n. 459 (norme 
per l�esercizio del 
diritto di 
voto dei 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero), 
sollevata 
dal 
Tribunale 
di 
Venezia 
-pur 
evidenziando 
oggettive 
criticit� 
della 
normativa 
denunciata 
quanto al 
bilanciamento della 
�effettivit�� del 
diritto di 
voto dei 
cittadini 
residenti 
all�estero con gli 
imprescindibili 
requisiti 
di 
personalit�, 
libert� 
e 
segretezza 
del 
voto 
stesso, 
con 
riferimento 
ai 
parametri 
di 
cui, 
rispettivamente, 
ai 
commi terzo e secondo dell�art. 48 della Costituzione - �, per�, sotto un duplice profilo, manifestamente 
inammissibile; 


che 
in 
primo 
luogo, 
infatti, 
il 
mero 
riferimento 
all�interesse 
all��accertamento 
giudiziale 
[...] 
della 
concreta 
volont� 
della 
legge�, 
sulla 
pienezza 
del 
diritto 
di 
voto 
del 
residente 
all�estero, 
con 
riguardo 
alla 
(allora) 
futura 
consultazione 
referendaria, 
senza 
alcun�altra 
indicazione, 
nemmeno 
sintetica 
o 
per 
relationem 
(della 
situazione 
soggettiva 
e/o 
oggettiva 
che 
risulterebbe, 
nel 
caso 
concreto, 
potenzialmente 
impeditiva 
della 
segretezza 
del 
voto), 
�non 
pu� 
essere 
considerato 
motivazione 
sufficiente 
e 
non 
implausibile 
dell�esistenza 
dell�interesse 
ad 
agire, 
idonea, 
in 
quanto 
tale, 
a 
escludere 
un 
riesame 
ad 
opera 
di 
questa 
Corte 
dell�apprezzamento 
compiuto 
dal 
giudice 
a 
quo 
ai 
fini 
dell�ammissibilit� 
dell�azione� 
(sentenza 
n. 
110 
del 
2015); 


che 
inoltre 
- diversamente 
dalle 
ipotesi 
prese 
in esame 
dalle 
sentenze 
n. 1 del 
2014 e 
n. 35 
del 
2017 
(in 
tema 
di 
elezione 
del 
Parlamento 
nazionale, 
i 
cui 
risultati, 
in 
quanto 
esclusivamente 
rimessi 
al 
controllo delle 
Camere 
di 
appartenenza 
ex art. 66 Cost., sono sottratti 
a 
quello del 
giudice 
comune) ed analogamente, invece, a 
quella 
relativa 
alla 
elezione 
dei 
membri 
italiani 
del 
Parlamento europeo, di 
cui 
alla 
sentenza 
n. 110 del 
2015 - l�incertezza 
sulla 
pienezza 
sul 
diritto di 
voto nella 
procedura 
referendaria, come 
nella 
specie 
prospettata, �non pu� essere 
considerata 
costituzionalmente 
insuperabile 
[�] 
nel 
senso 
di 
non 
poter 
essere 
risolta, 
sul 
piano costituzionale, se 
non ammettendo un�azione 
del 
tipo di 
quella 
proposta 
nel 
giudizio a 
quo� (sentenza n. 110 del 2015); 


che, 
infatti, 
nella 
procedura 
in 
esame 
sono 
espressamente 
previste 
la 
reclamabilit� 
delle 
operazioni 
di 
voto all�Ufficio centrale 
per la 
circoscrizione 
Estero - ex art. 23 della 
legge 
25 
maggio 1970, n. 352 (norme 
sui 
referendum 
previsti 
dalla 
Costituzione 
e 
sulla 
iniziativa 
legislativa 
del 
popolo) e 
art. 20, comma 
3, del 
Decreto del 
Presidente 
della 
repubblica 
2 aprile 
2003, 
n. 
104 
(regolamento 
di 
attuazione 
della 
L. 
27 
dicembre 
2001, 
n. 
459, 
recante 
disciplina 
per 
l�esercizio 
del 
diritto 
di 
voto 
dei 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero) 
-e 
la 
loro 
successiva 
sottoponibilit� 
all�esame 
dell�Ufficio 
centrale 
per 
il 
referendum 
presso 
la 
Corte 
di 
cassazione, 
legittimato - esso - a 
sollevare 
incidente 
di 
costituzionalit� 
(ordinanze 
n. 14 e 
n. 1 del 
2009); 


che, in ragione 
appunto di 
tali 
non superabili 
profili 
di 
inammissibilit�, resta 
precluso, in 
limine, l�esame nel merito della questione sollevata. 
PEr 
QUESTI 
MoTIVI 
LA CorTE CoSTITUzIonALE 


dichiara 
la 
manifesta 
inammissibilit� 
della 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
degli 
artt. 
1, comma 
2, 2, 4-bis, 12 e 
14 della 
legge 
27 dicembre 
2001, n. 459 (norme 
per l�esercizio del 
diritto di 
voto dei 
cittadini 
italiani 
residenti 
all�estero), sollevata, in riferimento agli 
artt. 1, 
secondo comma, e 
48, primo, secondo e 
terzo comma, della 
Costituzione, dal 
Tribunale 
ordinario 
di 
Venezia, con l�ordinanza indicata in epigrafe. 

Cos� 
deciso in roma, nella 
sede 
della 
Corte 
costituzionale, Palazzo della 
Consulta, il 
21 
febbraio 2018. 


Contributididottrina
La perdita di centralit� della legge, 
quale conseguenza del tramonto dei caratteri 
della generalit� e dell�astrattezza 


Michele Gerardo* 


Sommario: 1. introduzione 
- 2. il 
caso della (non) legge 
regionale 
di 
riconoscimento di 
legittimit� di 
debiti 
fuori 
bilancio scaturenti 
da sentenze 
esecutive 
- 3. Provvedimentalizzazione 
della 
legge 
-4. 
La�selva 
oscura� 
della 
delegificazione 
senza 
qualit� 
-5. 
Legge 
non 
autoapplicativa 
a 
causa 
del 
rinvio 
a 
provvedimenti 
completivi 
del 
precetto 
giuridico 
-6. 
L�invasione 
della sfera legislativa da parte degli atti extra ordinem - 7. Conclusioni. 


1. introduzione. 
Quando si 
parla 
di 
perdita 
di 
centralit� 
della 
legge 
abitualmente 
ci 
si 
riferisce 
alle 
vicende 
che 
hanno 
interessato 
il 
ruolo 
della 
legge 
nel 
transito 
dall�Ottocento all�epoca contemporanea. 


Dopo 
la 
rivoluzione 
francese 
ed 
il 
trionfo 
della 
borghesia, 
con 
una 
societ� 
sostanzialmente 
monoclasse, 
la 
legge 
ha 
costituito 
la 
fonte 
pi� 
importante 
del 
diritto. 


In 
Italia 
lo 
Statuto 
Albertino 
era 
una 
costituzione 
flessibile, 
sicch� 
la 
legge 
era 
al 
vertice 
del 
sistema. 
Da 
ci� 
il 
ruolo 
costituzionale 
del 
codice 
civile, 
la 
pi� 
importante 
delle 
leggi. 
Marginale 
era, 
poi, 
il 
ruolo 
delle 
altre 
fonti 
del 
diritto. 


In due 
secoli 
il 
quadro di 
riferimento � 
radicalmente 
cambiato, in senso 
qualitativo e quantitativo. Questi, in sintesi, i dati rilevanti. 


Nel 
1948 � 
entrata 
in vigore 
una 
costituzione 
rigida, sicch� 
la 
legge 
ordinaria 
ha perso il primato nella gerarchia delle fonti. 


L�evoluzione 
del 
ruolo 
della 
Comunit� 
Europea, 
istituita 
nel 
1957, 
ha 
condotto 
ad una 
situazione 
nella 
quale 
si 
� 
affermato il 
primato delle 
fonti 
di 
pro


(*) Avvocato dello Stato. 



rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


venienza 
comunitaria, con la 
conseguenza 
che 
la 
legge 
� 
retrocessa 
al 
terzo 
posto nella gerarchia delle fonti. 


Dal 
1970 
� 
pienamente 
operativo 
l�ordinamento 
regionale. 
Tale 
circostanza 
ha 
comportato il 
concorso delle 
regioni 
nella 
funzione 
legislativa, allo 
stesso 
livello 
della 
legge 
statale, 
come 
riconosciuto 
dall�art. 
117, 
comma 
1 
della Costituzione. 


A 
conclusione 
dell�indicato percorso, quindi, la 
legge 
ha 
perduto il 
suo 
ruolo centrale nella gerarchia delle fonti del diritto. 


Il 
presente 
studio 
ha 
ad 
oggetto 
sempre 
l�esame 
della 
perdita 
di 
centralit� 
della legge, ma da un diverso punto di vista. 

Si 
vogliono, infatti, evidenziare 
le 
circostanze 
e 
le 
prassi 
- antiche 
e 
recenti 
- in virt� delle 
quali 
la 
pi� importante 
fonte 
primaria 
(1), ossia 
la 
legge, 
si 
allontana 
dagli 
ordinari 
canoni 
strutturali, costituiti 
dalla 
formulazione 
generale 
ed astratta 
della 
norma 
ivi 
contenuta, con il 
corollario del 
decadimento 
del ruolo di tale fonte del diritto. 


La 
legge 
in senso formale 
� 
quella 
fonte 
del 
diritto che 
germina 
all�esito 
del 
procedimento 
delineato 
negli 
artt. 
71-75 
della 
Costituzione. 
Questo 
� 
il 
dato necessario. Il 
criterio per individuare 
ci� che 
� 
legge 
�, quindi, essenzialmente 
formale (2). 

In 
aggiunta 
al 
dato 
formale/procedimentale, 
normalmente 
la 
legge 
-quale 
contenente, quale 
disposizione 
(cd. legge 
in senso formale) - presenta 
anche 
un 
requisito 
strutturale 
/ 
contenutistico. 
Tale 
requisito 
strutturale 
� 
il 
contenuto 
della 
disposizione, 
costituito 
dalla 
norma 
giuridica, 
dal 
precetto, 
con 
i 
caratteri 
della 
generalit� 
ed astrattezza 
(3). La 
generalit� 
consiste 
nella 
attitudine 
della 


(1) Fonti 
primarie 
sono: 
leggi 
ed atti 
aventi 
forza 
di 
legge 
dello Stato (decreto legislativo, decreto 
legge, sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
dichiarativa 
della 
illegittimit� 
costituzionale 
di 
una 
legge 
o 
di 
un atto avente 
forza 
di 
legge, referendum 
abrogativo); 
statuti 
e 
leggi 
regionali; 
leggi 
delle 
Province 
di 
Trento e Bolzano; regolamenti parlamentari. 
Per un quadro d�insieme 
sulla 
sterminata 
materia 
delle 
fonti 
del 
diritto si 
richiamano ex 
multis: 
V. CrI-
SAFuLLI, 
Lezioni 
di 
diritto 
costituzionale, 
II 
volume, 
CEDAM, 
V 
edizione, 
1984, 
pp. 
1 
e 
ss.; 
T. 
MArTINES, 
Diritto costituzionale, Giuffr�, III edizione, 1984, pp. 49 e 
ss.; 
r. BIN 
- G. PITruzzELLA, Diritto costituzionale, 
Giappichelli, VIII edizione, 2007, pp. 277 e 
ss.; 
A. BArBErA 
- C. FuSArO, Corso di 
diritto 
costituzionale, 
il 
Mulino, 
II 
edizione, 
2014, 
pp. 
101 
e 
ss.; 
N. 
BOBBIO, 
Teoria 
dell�ordinamento 
giuridico, 
Giappichelli, 1960, pp. 25 e 
ss.; 
F. MODuGNO, voce 
Fonti 
del 
Diritto 
in Digesto, 2010; 
M. LuCISANO, 
voce 
Fonti del Diritto 
in il diritto. Enciclopedia Giuridica del Sole 24ore, 2007, vol. 6, p. 469. 
Corollario 
della 
qualificazione 
di 
fonte 
del 
diritto 
� 
l�applicazione 
di 
una 
serie 
di 
principi, 
tra 
cui: 
a) 
iura novit 
curia; 
b) ignorantia legis 
non excusat; 
c) necessit� 
della 
pubblicazione 
nei 
modi 
ufficiali 
previsti 
dall�ordinamento 
giuridico; 
d) 
applicazione 
dell�art. 
12 
delle 
preleggi, 
in 
materia 
di 
interpretazione; 
e) la 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
della 
norma 
giuridica 
� 
censurabile 
in sede 
di 
legittimit� 
(artt. 360, 
co. 1, n. 3, c.p.c. e 606, co. 1, lett. b, c.p.p.). 
(2) L�efficacia 
formale 
� 
la 
particolare 
forza 
derivante 
dagli 
atti 
e 
fatti 
dall�essere 
emanati 
da 
determinati 
organi 
secondo procedure 
prefissate: 
cos� 
T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 73. In 
tal 
senso gi� 
V.E. OrLANDO, Principi 
di 
diritto costituzionale, Barbera, 1889, p. 120 secondo cui 
�ogni 
provvedimento che 
sia stato approvato dalle 
due 
Camere 
e 
sanzionato dal 
re, � 
legge. Questo senso 
prescinde completamente dal contenuto delle legge medesima: tutto si riassume nella forma�. 

DOTTrINA 
283 


norma 
a 
regolare 
categorie 
di 
fatti 
o di 
comportamenti 
senza 
riferimento a 
situazioni 
o rapporti 
determinati. L�astrattezza 
implica 
che 
la 
norma 
dispone 
in 
via 
preventiva 
ed ipotetica 
e 
secondo uno schema 
logico in base 
al 
quale 
se 
si 
verifica l�evento A deve verificarsi l�evento B (4). 


Si 
rileva 
in 
dottrina 
che 
� 
�innegabile 
che 
la 
generalit� 
rappresenta 
quanto 
meno - un carattere 
<naturale> 
delle 
norme 
costituenti 
il 
diritto oggettivo. 
Questo, infatti, � 
ordinamento, e 
non � 
concepibile 
ordinamento che 
non abbia un certo grado di 
stabilit� e 
permanenza nel 
tempo; n� 
basta a formare 
un ordinamento una somma seriale 
di 
precetti 
individuali, esaurentesi 
ciascuno una tantum, che 
sarebbero - da soli 
- inidonei 
ad oggettivizzarsi, distaccandosi 
dai fatti od atti dai quali derivano� 
(5). 


Generalit� 
ed 
astrattezza 
sono 
altres� 
caratteri 
funzionali 
al 
rispetto 
dei 
principi 
costituzionali 
di 
cui 
all�art. 
1 
Cost., 
secondo 
cui 
la 
sovranit� 
appartiene 
al 
popolo 
(e 
quindi 
la 
legge 
deve 
valere 
per 
tutti 
e 
non 
per 
uno 
specifico 
destinatario) 
e 
all�art. 
3 
Cost., 
secondo 
cui 
tutti 
sono 
eguali 
di 
fronte 
alla 
legge 
(e 
quindi 
la 
legge 
deve 
disciplinare 
indistinti 
casi 
futuri 
e 
non 
puntuali 
casi 
concreti). 


Nel 
tempo, con accelerazioni 
nel 
recente 
passato, stanno scolorandosi 
i 
caratteri 
della 
generalit� 
ed astrattezza, con fughe 
dai 
connotati 
tipici. Sicch� 
della legge resta solo un guscio vuoto (6). 

Di 
seguito 
si 
illustreranno 
alcuni 
casi 
emblematici 
del 
descritto 
fenomeno. 


2. 
il 
caso 
della 
(non) 
legge 
regionale 
di 
riconoscimento 
di 
legittimit� 
di 
debiti 
fuori bilancio scaturenti da sentenze esecutive. 
Il 
debito fuori 
bilancio di 
un ente 
pubblico consiste 
in una 
obbligazione 
verso terzi 
per il 
pagamento di 
una 
determinata 
somma 
di 
danaro che 
grava 
sull�ente, assunta 
in violazione 
delle 
norme 
giuscontabili 
che 
regolano i 
procedimenti 
di 
spesa. 
Esso 
� 
considerato 
uno 
strumento 
sostitutivo 
del 
contratto, 
in quanto consente 
all�amministrazione 
che 
si 
sia 
avvalsa 
di 
una 
prestazione 
irregolarmente 
ordinata, vale 
a 
dire 
non supportata 
da 
un formale 
contratto o 
altro idoneo titolo, di 
riconoscere 
unilateralmente 
il 
relativo debito e 
sanare 
con procedura 
extra ordinem 
la 
relativa 
spesa. La 
ratio 
� 
quella 
di 
evitare 
una 
possibile 
azione 
di 
indebito 
arricchimento 
da 
parte 
del 
prestatore 
e 
perci� 
� 
ammissibile 
negli 
stessi 
limiti 
previsti 
dall�art. 
2041 
c.c., 
riconoscendo 
la 
minor 
somma 
tra 
la 
diminuzione 
patrimoniale 
del 
privato 
e 
l�arricchimento 
dell�accipiens, con la 
differenza 
che 
il 
riconoscimento dell�utilit� 
spetta 
alla 
stessa amministrazione. 

(3) Ex plurimis: 
A. BArBErA 
- C. FuSArO, Corso di diritto costituzionale, cit., p. 123. 
(4) Su tali concetti 
T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 58. 
(5) In tal senso V. CrISAFuLLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 22. 
(6) Sulle 
ragioni 
della 
perdita 
di 
centralit� 
della 
legge 
ordinaria 
statale: 
M. ruOTOLO, voce 
Legge 
(in generale), in il diritto. Enciclopedia giuridica del Sole 24 ore, 8� volume, 2007, pp. 741-744. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


L�atto 
di 
riconoscimento 
� 
uno 
strumento 
amministrativo 
per 
il 
pagamento 
spontaneo di 
un debito latente, ammissibile 
con adeguata 
motivazione 
in presenza 
di 
determinati 
presupposti: 
comprovata 
necessit� 
della 
impossibilit� 
di 
valersi 
dei 
normali 
schemi 
negoziali; 
autonoma 
valutazione 
delle 
utilit� 
del-
l�opera 
e 
della 
misura 
dell�indennizzo; 
indicazioni 
delle 
circostanze 
eccezionali 
e della convenienza ad adottarlo (7). 

Il 
riconoscimento 
viene 
operato 
con 
un 
atto 
avente 
natura 
di 
provvedimento 
amministrativo, 
con 
l�eccezione 
dei 
riconoscimenti 
operati 
dalla 
regione, 
per 
i 
quali 
il 
procedimento 
presenta 
delle 
peculiarit�. 
Per 
il 
riconoscimento 
del 
debito 
fuori 
bilancio 
operato 
dalla 
regione, 
infatti, 
si 
segue 
l�iter delineato dall�art. 73 del 
D.L.vo 23 giugno 2011, n. 118 che 
al 
comma 
1 
cos� recita: 


�il 
Consiglio 
regionale 
riconosce 
con 
legge, 
la 
legittimit� 
dei 
debiti 
fuori 
bilancio 
derivanti 
da: 
a) 
sentenze 
esecutive; 
b) 
copertura 
dei 
disavanzi 
di 
enti, 
societ� 
ed 
organismi 
controllati, 
o, 
comunque, 
dipendenti 
dalla 
regione, 
purch� 
il 
disavanzo derivi 
da fatti 
di 
gestione; c) ricapitalizzazione, nei 
limiti 
e 
nelle 
forme 
previste 
dal 
codice 
civile 
o da norme 
speciali, delle 
societ� di 
cui 
alla 
lettera 
b); 
d) 
procedure 
espropriative 
o 
di 
occupazione 
d'urgenza 
per 
opere 
di 
pubblica utilit�; e) acquisizione 
di 
beni 
e 
servizi 
in assenza del 
preventivo 
impegno di spesa�. 


Dunque, 
la 
regola 
generale 
� 
che 
il 
riconoscimento 
di 
legittimit� 
dei 
debiti 
fuori 
bilancio si 
fa 
con legge 
regionale, riconducibile 
tipologicamente 
alle 
cd. 
leggi-provvedimento, 
di 
seguito 
esaminate 
e 
non, 
come 
per 
ogni 
altro 
ente 
pubblico, con provvedimento amministrativo. La 
ratio 
della 
previsione 
�, all�evidenza, 
quella 
di 
un 
puntuale 
controllo 
da 
parte 
dell�organo 
politico 
(Consiglio 
regionale) rappresentativo della comunit� regionale. 


Il 
comma 
4 
dell�articolo 
citato, 
in 
deroga 
alla 
regola 
generale, 
prevede 
una 
singolare 
fattispecie 
di 
riconoscimento 
per 
i 
debiti 
fuori 
bilancio 
scaturenti 
da 
sentenze 
esecutive. Questo il 
testo della 
disposizione: 
�al 
riconoscimento 
della legittimit� dei 
debiti 
fuori 
bilancio di 
cui 
al 
comma 1, lettera a), il 
Consiglio 
regionale 
provvede 
entro sessanta giorni 
dalla ricezione 
della relativa 
proposta. 
Decorso 
inutilmente 
tale 
termine, 
la 
legittimit� 
di 
detto 
debito 
si 
intende 
riconosciuta�. 


La 
descritta 
singolare 
fattispecie 
pu� 
essere 
spiegata 
con 
almeno 
due 
modelli 
ricostruttivi: 


� 
formazione 
tacita 
di 
un 
atto 
del 
procedimento 
legislativo 
regionale, 
ossia dell�approvazione del Consiglio regionale. 
L�inerzia 
per 
sessanta 
giorni 
equivale 
ad 
approvazione 
della 
legge 
da 
parte 


(7) Per una 
introduzione 
generale: 
P. SANTOrO, manuale 
di 
contabilit� e 
finanza pubblica, V 
edizione, 
Maggioli, 2012, pp. 432-434; 
M. SCIASCIA, Diritto delle 
gestioni 
pubbliche, II edizione, Giuffr�, 
2013, pp. 240-251. 

DOTTrINA 
285 


del 
Consiglio 
regionale. 
Il 
decorso 
del 
tempo 
costituisce 
un 
surrogato 
della 
approvazione, con il 
normale 
prosieguo dell�iter legislativo (promulgazione 
e 
pubblicazione); 


� valutazione legale tipica. 
L�inerzia 
per 
sessanta 
giorni 
equivale 
a 
mero 
riconoscimento 
del 
debito 
fuori 
bilancio 
scaturente 
da 
sentenza 
esecutiva, 
senza 
alcuna 
valenza 
legislativa. 
La 
fattispecie 
del 
riconoscimento 
� 
costituita, 
quindi, 
da 
due 
momenti 
rilevanti: 
iniziativa 
legislativa 
(contenuta 
in 
una 
delibera 
di 
Giunta 
regionale, 
avente 
natura 
di 
provvedimento 
amministrativo) 
e 
decorso 
del 
periodo 
rilevante. 


Deve 
ritenersi 
che 
il 
secondo modello � 
quello pi� coerente 
con la 
previsione 
legislativa. 

Ci� 
considerato, 
va 
rilevata 
la 
atipicit� 
nel 
procedimento 
legislativo 
e 
l�incoerenza valoriale di fondo. 


Da 
un lato, volendosi 
esaltare 
il 
momento del 
controllo da 
parte 
dell�organo 
politico rappresentativo della 
comunit� 
regionale, si 
prevede 
che 
il 
riconoscimento 
del 
debito 
debba 
essere 
fatto 
con 
legge; 
dall�altro 
lato, 
decorso 
un 
dato periodo di 
tempo, si 
prescinde 
dalla 
legge, svilendo in un certo senso il 
suo ruolo, dando sponda all�ostruzionismo della maggioranza. 


Viene 
in rilievo, nel 
caso del 
riconoscimento di 
debiti 
fuori 
bilancio scaturenti 
da 
sentenze 
esecutive, un procedimento legislativo a 
completamento 
eventuale 
-secundum 
eventum 
facti, verrebbe 
di 
dire 
-al 
fine 
del 
conseguimento 
di un certo effetto giuridico. 


3. Provvedimentalizzazione della legge. 
Molto diffuse 
sono le 
cd. leggi-provvedimento, ossia 
leggi 
- tanto statali, 
quanto regionali 
- che 
hanno come 
destinatari 
soggetti 
singoli 
e 
determinati; 
in 
genere, 
leggi 
con 
le 
quali 
vengono 
assunti 
provvedimenti 
concreti 
(e 
quindi 
non astratti) con riferimento a 
situazioni 
ed a 
soggetti 
determinati 
(e 
quindi 
non generali) (8). � 
prassi 
che 
nelle 
leggi 
finanziarie 
(poi 
di 
stabilit� 
ed ora 
di 
bilancio), 
negli 
ultimi 
anni 
strutturate 
in 
uno 
o 
pochi 
articoli 
ciascuno 
con 
qualche 
migliaio di 
commi 
(9), siano contenute 
disposizioni-provvedimento. 
A 
mero 
titolo 
di 
esempio 
si 
richiama 
l�art. 
1, 
comma 
324 
L. 
27 
dicembre 
2017, 


n. 
205 
(Bilancio 
di 
previsione 
dello 
Stato 
per 
l'anno 
finanziario 
2018 
e 
bilancio 
pluriennale 
per 
il 
triennio 
2018-2020) 
secondo 
cui: 
�al 
fine 
di 
sostenere 
l'Ente 
nazionale 
per 
la 
protezione 
e 
l'assistenza 
dei 
sordi 
(oNLUS), 
di 
cui 
alla 
legge 
12 maggio 1942, n. 889, alla legge 
21 agosto 1950, n. 698, e 
al 
decreto del 
(8) Sulle 
leggi-provvedimento: 
T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., pp. 59-60; 
r. BIN 
- G. 
PITruzzELLA, Diritto costituzionale, cit., 2007, p. 80; 
P. VIPIANA, voce 
Legge-provvedimento regionale, 
in Digesto delle discipline pubblicistiche, Aggiornamento 2010, uTET Giuridica, pp. 250-262. 
(9) �quegli 
ammassi 
informi 
di 
norme� 
per S. CASSESE, il 
diritto amministrativo: storie 
e 
prospettive, 
Giuffr�, 2010, p. 550. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Presidente 
della repubblica 31 marzo 1979, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 
n. 125 del 
9 maggio 1979, � 
autorizzata la spesa di 
un milione 
di 
euro 
per ciascuno degli anni 2019 e 2020�. 

Con 
previsioni 
del 
genere 
il 
carattere 
della 
generalit� 
ed 
astrattezza 
viene 
pianamente 
obliato. 
La 
legge 
ha 
la 
sostanza 
di 
un 
provvedimento 
amministrativo. 
Le 
leggi-provvedimento 
costituiscono 
una 
deroga 
al 
principio 
di 
divisione 
dei 
poteri, 
dato 
che 
non 
spetterebbe 
al 
legislatore 
ordinario 
emanare 
atti 
a 
contenuto 
concreto, 
questo 
compito 
essendo 
proprio 
delle 
autorit� 
amministrative 
(10). 
Vi 
� 
il 
pericolo 
che 
le 
leggi-provvedimento 
introducano 
precetti 
in 
contrasto 
con 
il 
principio 
di 
eguaglianza, 
di 
imparzialit� 
e 
buon 
andamento 
della 
P.A., 
con 
ostacoli 
alla 
piena 
ed 
efficace 
tutela 
giuridica 
delle 
situazioni 
soggettive 
protette. 
Difatti, 
contro 
la 
legge 
illegittima 
si 
pu� 
proporre 
solo 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale, 
laddove 
a 
fronte 
del 
provvedimento 
amministrativo 
illegittimo 
si 
pu� 
agire 
dinanzi 
al 
giudice 
amministrativo. 


Va 
precisato che 
il 
contenuto provvedimentale 
- in assenza 
di 
una 
riserva 
di 
amministrazione 
- in s� 
e 
per s� 
non rende 
illegittima 
la 
legge 
(11). Anzi, il 
principio di 
eguaglianza 
sostanziale 
ex art. 3, comma 
2, della 
Cost. - che 
impone 
di 
trattare 
in modo eguale 
situazioni 
eguali 
e 
in modo diverso situazioni 
diverse 
-pu� 
richiedere 
leggi 
dal 
contenuto 
particolare 
per 
�rimuovere 
gli 
ostacoli 
di 
ordine 
economico 
e 
sociale, 
che, 
limitando 
di 
fatto 
la 
libert� 
e 
l�eguaglianza 
dei 
cittadini, 
impediscono 
il 
pieno 
sviluppo 
della 
persona 
umana 
e 
l�effettiva 
partecipazione 
di 
tutti 
i 
lavoratori 
all�organizzazione 
politica, 
economica 
e 
sociale 
del 
paese�. 
Ci� al 
fine 
di 
garantire 
l�eguaglianza 
dei 
punti 
di partenza. 


Quindi, la 
deroga 
ai 
caratteri 
della 
generalit� 
ed astrattezza, deve 
giustificarsi 
per la 
ragionevolezza 
e 
non arbitrariet� 
della 
previsione 
(arg. ex art. 3 
della Cost. sul principio costituzionale di eguaglianza). 

La 
deroga 
ai 
caratteri 
della 
generalit� 
ed 
astrattezza, 
ancorch� 
facultata 
dal 
principio 
di 
eguaglianza 
sostanziale, 
non 
deve 
tuttavia 
interferire 
con 
l�esercizio 
concreto 
della 
funzione 
giurisdizionale. 
Vuol 
dirsi 
che 
la 
detta 
deroga 
deve 
giustificarsi 
altres� 
nel 
rispetto 
della 
funzione 
giurisdizionale 


(10) Cos� 
T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 60. 
(11) T. MArTINES, Diritto costituzionale, cit., p. 62 osserva 
che 
�la Costituzione 
non vieta che 
la 
legge 
assuma un contenuto concreto giacch�, laddove 
vuole 
che 
essa abbia carattere 
di 
generalit�, lo 
ha espressamente 
disposto (v. artt. 16, comma i; 21, comma V; 33 comma ii; 128)�. In senso analogo 
la 
Corte 
Costituzionale, 
secondo 
cui 
�secondo 
la 
consolidata 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte, 
non 
� 
preclusa 
alla 
legge 
ordinaria 
la 
possibilit� 
di 
attrarre 
nella 
propria 
sfera 
di 
disciplina 
oggetti 
o 
materie 
normalmente 
affidati 
all'autorit� amministrativa, non sussistendo un divieto di 
adozione 
di 
leggi 
a contenuto 
particolare 
e 
concreto, ossia di 
leggi-provvedimento (sentenza n. 347 del 
1995)� 
(sentenza 
13 
luglio 2007, n. 267). Critico sulle 
leggi-provvedimento, G. COrSO, manuale 
di 
diritto amministrativo, 
VIII edizione, Giappichelli, 2017, p. 48, per il 
quale 
la 
Costituzione 
disporrebbe 
anche 
una 
riserva 
di 
provvedimento amministrativo. 

DOTTrINA 
287 


(artt. 
101 
ss. 
Cost.) 
in 
ordine 
alla 
decisione 
delle 
cause 
in 
corso 
(12). 
Il 
limite 
rappresentato 
dal 
rispetto 
dell'esercizio 
della 
funzione 
giurisdizionale 
pu� 
venire 
violato 
in 
vari 
modi: 
qualora 
la 
legge-provvedimento 
incida 
su 
un 
giudizio 
pendente, 
come 
nel 
caso 
della 
legge 
revocante 
determinate 
autorizzazioni 
che 
intervenga 
quando 
� 
in 
corso 
una 
causa 
relativa 
a 
queste 
ultime; 
qualora 
la 
legge-provvedimento 
addirittura 
impedisca 
l'insorgere 
di 
un 
giudizio, 
come 
nel 
caso 
della 
legge 
attuante 
la 
sanatoria 
di 
decreti 
assessorili 
per 
evitare 
che 
l'assessore 
incorra 
in 
responsabilit� 
da 
far 
valere 
giudizialmente; 
qualora 
la 
legge-provvedimento 
comporti 
una 
elusione 
del 
giudicato, 
come 
nel 
caso 
della 
legge 
prevedente 
un 
concorso 
riservato 
ai 
candidati 
esclusi 
da 
un 
altro 
precedentemente 
svolto, 
mentre 
l'ottemperanza 
al 
giudicato 
del 
giudice 
amministrativo, 
che 
aveva 
annullato 
i 
provvedimenti 
di 
esclusione 
dei 
suddetti, 
avrebbe 
richiesto 
il 
rinnovo 
della 
procedura 
concorsuale 
(13). 


4. La �selva oscura� della delegificazione senza qualit�. 
La 
delegificazione 
� 
una 
tecnica 
- massiva 
a 
partire 
dall�inizio degli 
anni 
�90 del 
secolo scorso - per cui 
la 
disciplina 
di 
alcune 
materie 
non protette 
da 
riserva 
di 
legge 
� 
trasferita 
dalla 
fonte 
legislativa 
primaria 
a 
fonti 
normative 
inferiori o ad atti amministrativi generali (14). 

Tale 
tecnica 
viene 
ritenuta 
maggiormente 
congeniale 
al 
fine 
dell�adattamento 
del 
sistema 
normativo 
alla 
rapida 
evoluzione 
della 
societ� 
e/o 
per 
la 
semplificazione del sistema normativo. 

Ove 
la 
delegificazione 
venga 
intesa 
come 
trasferimento 
di 
livello 
delle 
fonti 
di 
disciplina, lo strumento emblematico � 
costituito dal 
regolamento cd. 
di 
delegificazione 
di 
cui 
all�art. 17, commi 
2 e 
3, L. 23 agosto 1988, n. 400 
secondo cui 


�2. 
Con 
decreto 
del 
Presidente 
della 
repubblica, 
previa 
deliberazione 
del 
Consiglio dei 
ministri, sentito il 
Consiglio di 
Stato e 
previo parere 
delle 
Commissioni 
parlamentari 
competenti 
in materia, che 
si 
pronunciano entro 
trenta 
giorni 
dalla 
richiesta, 
sono 
emanati 
i 
regolamenti 
per 
la 
disciplina 
delle 
materie, non coperte 
da riserva assoluta di 
legge 
prevista dalla Costituzione, 
per 
le 
quali 
le 
leggi 
della repubblica, autorizzando l'esercizio della potest� 
regolamentare 
del 
Governo, determinano le 
norme 
generali 
regolatrici 
della 
materia e 
dispongono l'abrogazione 
delle 
norme 
vigenti, con effetto dall'entrata 
in vigore delle norme regolamentari. 


(12) 
In 
ordine 
a 
tali 
limiti, 
ex 
plurimis, 
Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
n. 
267/2007, 
cit.; 
Corte 
Costituzionale, 
sentenza 22 giugno 2010, n. 270. 
(13) Su tali aspetti: P. VIPIANA, voce 
Legge-provvedimento regionale, cit. 
(14) 
La 
delegificazione 
� 
una 
tecnica 
per 
determinare 
altres� 
la 
cessazione 
della 
vigenza 
della 
legge 
con liberalizzazione 
della 
materia 
illo tempore 
disciplinata, materia 
non coinvolta 
da 
riserva 
di 
legge, n� assoluta, n� relativa. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


3. 
Con 
decreto 
ministeriale 
possono 
essere 
adottati 
regolamenti 
nelle 
materie 
di 
competenza 
del 
ministro 
o 
di 
autorit� 
sottordinate 
al 
ministro, 
quando 
la legge 
espressamente 
conferisca tale 
potere. Tali 
regolamenti, per 
materie 
di 
competenza di 
pi� ministri, possono essere 
adottati 
con decreti 
interministeriali, 
ferma restando la necessit� di 
apposita autorizzazione 
da parte 
della 
legge. 
i 
regolamenti 
ministeriali 
ed 
interministeriali 
non 
possono 
dettare 
norme 
contrarie 
a 
quelle 
dei 
regolamenti 
emanati 
dal 
Governo. 
Essi 
debbono 
essere 
comunicati 
al 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
prima 
della 
loro 
emanazione�. 
Tale 
tecnica, 
tuttavia, 
ha 
determinato 
una 
moltiplicazione 
seriale 
delle 
fonti 
disciplinatrici, 
con 
complicazioni 
in 
ordine 
alla 
conoscibilit� 
delle 
norme. 

Per 
illustrare 
il 
fenomeno 
si 
segnala 
il 
caso 
della 
disciplina 
in 
tema 
di 
esclusione 
dal 
diritto di 
accesso ai 
documenti 
amministrativi: 
ai 
sensi 
dell�art. 
24, comma 
2, L. 7 agosto 1990, n. 241, le 
singole 
pubbliche 
amministrazioni 
individuano le 
categorie 
di 
documenti 
da 
esse 
formati 
o comunque 
rientranti 
nella loro disponibilit� sottratti al diritto di accesso. 


In attuazione 
di 
tale 
precetto � 
stata 
adottata 
una 
miriade 
di 
atti, dal 
contenuto 
pressoch� 
identico, 
con 
parcellizzazione 
della 
disciplina. 
Il 
cittadino 
per conoscere 
i 
casi 
di 
esclusione 
dall�accesso deve 
fare 
una 
ricerca 
amministrazione 
per 
amministrazione, 
individuando 
altres� 
l�attuale 
vigenza 
della 
fonte. Tale 
soluzione, in chiave 
di 
costi 
e 
benefici, non pare 
la 
soluzione 
ottimale. 


Analoghe 
considerazioni 
valgono per gli 
atti 
con i 
quali 
sono individuati 
i 
termini 
entro i 
quali 
devono concludersi 
ex art. 2 L. n. 241/1990 i 
procedimenti 
di 
competenza 
delle 
amministrazioni 
statali, 
degli 
enti 
pubblici 
nazionali 
e delle autorit� di garanzia e di vigilanza. 


Vuol 
dirsi 
che 
va 
ripensata 
la 
tecnica 
della 
delegificazione. 
Miglior 
partito 
sarebbe 
quello, 
per 
quanto 
possibile, 
di 
disciplinare 
con 
una 
unica 
fonte 
la 
materia, 
cercando di prevedere tutti i possibili casi concreti. 

5. Legge 
non autoapplicativa a causa del 
rinvio a provvedimenti 
completivi 
del precetto giuridico. 
L�ideale, 
risalente 
all�illuminismo, 
� 
quello 
della 
legge 
chiara, 
precisa, 
completa e comprensibile dai cittadini. 


Negli 
ultimi 
anni 
deve 
registrarsi 
che 
la 
legge 
dello Stato e 
delle 
regioni 


(15) 
in 
misura 
rilevante 
contiene 
-nella 
disciplina 
di 
una 
data 
materia 
-rimandi 
a 
provvedimenti 
completivi, da 
adottare 
entro un dato termine. Con il 
termine 
provvedimenti 
completivi 
vuol 
farsi 
riferimento 
ad 
atti 
che 
completano 
la 
(15) In alcune 
regioni, negli 
ultimi 
anni, oltre 
la 
met� 
delle 
leggi 
contiene 
il 
rinvio a 
provvedimenti 
completivi. 

DOTTrINA 
289 


norma 
giuridica 
contenuta 
nella 
disposizione. 
In 
assenza 
di 
tale 
atto 
il 
precetto 
� 
incompleto e 
non pu� applicarsi. Vi 
� 
una 
sorta 
di 
rinvio per la 
determinazione 
del contenuto. 


Il 
fenomeno � 
tendenzialmente 
diverso dalla 
delegificazione, analizzata 
nel 
paragrafo precedente, atteso che 
qui 
la 
materia 
� 
regolata 
prioritariamente 
dalla 
fonte 
primaria; 
non 
vanno 
escluse, 
tuttavia, 
interferenze, 
laddove 
un 
segmento 
di materia viene delegificato. 


Tali 
provvedimenti 
completivi 
in 
minima 
parte 
sono 
fonti 
secondarie, 
come 
i 
regolamenti; 
per la 
massima 
parte 
sono delibere 
dell�organo politico 
collegiale 
(Delibere 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
o 
delibere 
di 
Giunta 
regionale), 
dell�organo 
politico 
monocratico 
(D.P.C.M.; 
D.P.G.r.; 
D.M.; 
D.I.; 
Decreti 
assessorili) 
e della dirigenza (Decreti dirigenziali). 


A 
mo� 
di 
esempio 
si 
cita 
la 
previsione 
di 
cui 
all�art. 
11, 
comma 
6, 
del 
Testo unico in materia 
di 
societ� 
a 
partecipazione 
pubblica 
(D.L.vo 19 agosto 
2016, n. 175) secondo cui 
�Con decreto del 
ministro dell'economia e 
delle 
finanze, 
previo parere 
delle 
Commissioni 
parlamentari 
competenti, per 
le 
societ� 
a controllo pubblico sono definiti 
indicatori 
dimensionali 
quantitativi 
e 
qualitativi 
al 
fine 
di 
individuare 
fino 
a 
cinque 
fasce 
per 
la 
classificazione 
delle 
suddette 
societ�. Per 
le 
societ� controllate 
dalle 
regioni 
o dagli 
enti 
locali, il 
decreto di 
cui 
al 
primo periodo � 
adottato previa intesa in Conferenza unificata 
ai 
sensi 
dell'articolo 
9 
del 
decreto 
legislativo 
28 
agosto 
1997, 
n. 
281. 
Per 
ciascuna fascia � 
determinato, in proporzione, il 
limite 
dei 
compensi 
massimi 
al 
quale 
gli 
organi 
di 
dette 
societ� 
devono 
fare 
riferimento, 
secondo 
criteri 
oggettivi 
e 
trasparenti, 
per 
la 
determinazione 
del 
trattamento 
economico 
annuo 
onnicomprensivo 
da 
corrispondere 
agli 
amministratori, 
ai 
titolari 
e 
componenti 
degli 
organi 
di 
controllo, 
ai 
dirigenti 
e 
ai 
dipendenti, 
che 
non 
potr� 
comunque 
eccedere 
il 
limite 
massimo 
di 
euro 
240.000 
annui 
al 
lordo 
dei 
contributi 
previdenziali 
e 
assistenziali 
e 
degli 
oneri 
fiscali 
a 
carico 
del 
beneficiario, 
tenuto 
conto 
anche 
dei 
compensi 
corrisposti 
da 
altre 
pubbliche 
amministrazioni 
o da altre societ� a controllo pubblico�. 

Inutile 
sottolineare 
l�importanza 
di 
tale 
decreto: 
fissare 
il 
compenso congruo 
per i 
manager pubblici, strumentale 
alla 
efficienza 
delle 
societ� 
pubbliche, 
con le 
conseguenti 
ricadute 
sul 
bilancio pubblico. Orbene 
il 
decreto de 
quo 
che 
doveva 
adottarsi 
entro 30 giorni 
dall�entrata 
in vigore 
del 
D.L.vo n. 
175/2016, non � stato ancora adottato. 


Si 
cita 
altres� 
la 
previsione 
-in 
tema 
di 
risarcimento 
del 
danno 
ambientale 


-di 
cui 
all�art. 311, comma 
3, D.L.vo 3 aprile 
2006, n. 152: 
�Con decreto del 
ministro dell'ambiente 
e 
della tutela del 
territorio e 
del 
mare, sentito il 
ministro 
dello sviluppo economico, da adottare 
entro sessanta giorni 
dalla data di 
entrata in vigore 
della presente 
disposizione, ai 
sensi 
dell'articolo 17, comma 
3, della legge 
23 agosto 1988, n. 400, sono definiti, in conformit� a quanto 
previsto dal 
punto 1.2.3 dell'allegato 3 alla presente 
parte 
sesta i 
criteri 
ed i 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


metodi, anche 
di 
valutazione 
monetaria, per 
determinare 
la portata delle 
misure 
di riparazione complementare e compensativa�. 


Anche 
questo decreto - nella 
materia 
sensibile 
della 
tutela 
dell�ambiente 
-non 
� 
stato 
ancora 
adottato, 
nonostante 
il 
lunghissimo 
lasso 
di 
tempo 
trascorso 
dalla entrata in vigore della norma attributiva del potere. 


Si 
rammenta, infine, il 
caso che 
pu� considerarsi 
emblematico del 
problema 
evidenziato, 
ossia 
quello 
del 
nuovo 
Codice 
degli 
Appalti 
(D.L.vo 
12 
aprile 
2016, n. 50). Questo deve 
essere 
integrato da 
circa 
cinquanta 
atti 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio dei 
Ministri, del 
Ministero delle 
Infrastrutture, del-
l�ANAC, 
aventi 
la 
pi� 
disparata 
natura 
e 
da 
adottare 
entro 
determinati 
termini. 
L�operatore 
che 
vuole 
conoscere 
la 
disciplina 
di 
una 
materia 
deve 
disporre 
in 
luogo di 
un unico testo - di 
una 
congerie 
di 
fonti, da 
controllare 
nella 
loro 
vigenza. una 
sorta 
di 
vestito di 
Arlecchino, per intenderci. Con l�aggravante 
che, laddove 
non vengano adottati 
i 
provvedimenti 
normativi 
entro i 
termini 
prefissati 
(termini 
giustamente 
definibili, con redenti, �canzonatori�), la 
disciplina 
� 
quantomai 
problematica. 
Ed 
� 
quanto 
avvenuto 
proprio 
con 
il 
Codice 
degli 
Appalti. Valga 
il 
caso della 
qualificazione 
delle 
stazioni 
appaltanti, ex 
art. 38, comma 
2, del 
detto Codice 
�Con decreto del 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri, da adottarsi, su proposta del 
ministro delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti 
e 
del 
ministro dell'economia e 
delle 
finanze, di 
concerto con il 
ministro 
per 
la semplificazione 
della pubblica amministrazione, entro novanta 
giorni 
dalla data di 
entrata in vigore 
del 
presente 
codice, sentite 
l'aNaC e 
la 
Conferenza 
Unificata, 
sono 
definiti 
i 
requisiti 
tecnico 
organizzativi 
per 
l'iscrizione 
all'elenco di 
cui 
al 
comma 1, in applicazione 
dei 
criteri 
di 
qualit�, efficienza 
e 
professionalizzazione, 
tra 
cui, 
per 
le 
centrali 
di 
committenza, 
il 
carattere 
di 
stabilit� delle 
attivit� e 
il 
relativo ambito territoriale. il 
decreto 
definisce, inoltre, le 
modalit� attuative 
del 
sistema delle 
attestazioni 
di 
qualificazione 
e 
di 
eventuale 
aggiornamento e 
revoca, nonch� 
la data a decorrere 
dalla quale 
entra in vigore 
il 
nuovo sistema di 
qualificazione�. 
Il 
decreto in 
esame, a 
due 
anni 
della 
entrata 
in vigore 
del 
Codice 
degli 
Appalti, non ha 
ancora 
visto la luce. 

I 
principi 
di 
unit�, 
completezza, 
credibilit� 
e 
coerenza 
nella 
materia 
degli 
appalti 
sono messi 
a 
dura 
prova 
da 
tale 
modo di 
legiferare. Ove 
si 
insista 
nel 
mantenere 
tale 
modo di 
legiferare 
- con i 
numerosi 
rinvii 
evidenziati 
- occorrerebbe 
almeno adottare, ex art. 17-bis, L. n. 400/1988 testi 
unici 
compilativi 
onde 
semplificare 
la 
ricerca 
del 
diritto 
(�attenendosi 
ai 
seguenti 
criteri: 
a) 
puntuale 
individuazione 
del 
testo vigente 
delle 
norme; b) ricognizione 
delle 
norme 
abrogate, anche 
implicitamente, da successive 
disposizioni; c) coordinamento 
formale 
del 
testo delle 
disposizioni 
vigenti 
in modo da garantire 
la 
coerenza logica e 
sistematica della normativa; d) ricognizione 
delle 
disposizioni, 
non inserite nel testo unico, che restano comunque in vigore�). 

Ci� 
descritto, 
si 
rileva 
che 
diverse 
sono 
le 
cause 
del 
fenomeno 
della 
legge 



DOTTrINA 
291 


non autoapplicativa 
a 
causa 
del 
rinvio a 
provvedimenti 
completivi. Tra 
queste 
cause evidenziamo: 


� 
assenza 
di 
unitaria 
visione 
politica 
nelle 
forze 
governative 
che 
sostengono 
l�approvazione 
della 
legge. In tale 
evenienza, in assenza 
di 
un accordo, 
si 
rinvia 
al 
futuro 
atto 
il 
completamento 
della 
disciplina, 
sperando 
nel 
frattempo 
di raggiungere una intesa; 
� 
azione 
ostativa 
dei 
portatori 
di 
interessi, contrari 
alla 
piena 
attuazione 
della 
legge, sugli 
organi 
politici 
al 
fine 
di 
impedire 
o rallentare 
il 
completamento 
della vicenda; 
� 
istruttoria 
incompleta 
alla 
base 
della 
legge 
e/o 
impreparazione 
dei 
conditores. 
In questo caso la 
tecnica 
del 
rinvio all�atto completivo � 
una 
misura 
necessitata, confidando, poi, di recuperare in seguito il tempo perduto; 
� 
non 
rendere 
immediatamente 
conoscibili 
i 
destinatari 
di 
benefici 
e/o 
provvidenze. Il 
rinvio all�atto completivo ha 
la 
funzione 
di 
dilatare 
nel 
tempo 
le fonti della conoscenza. 
Inutile 
dire 
che 
tale 
tecnica 
di 
normazione 
cozza 
con 
i 
principi 
di 
efficacia 
dell�azione 
politica, dilatandosi 
i 
tempi 
entro i 
quali 
conseguire 
e 
misurare 
i 
risultati. Con l�ulteriore 
aggravante 
che 
spesso i 
provvedimenti 
attuativi 
vengono 
adottati con ritardo rispetto ai termini fissati o addirittura non adottati. 


Tale 
tecnica 
di 
normazione 
andrebbe 
espunta 
dal 
sistema. 
La 
legge, 
da 
subito, dovrebbe essere completa nei contenuti. 


6. L�invasione della sfera legislativa da parte degli atti extra ordinem. 
Le 
ordinanze 
di 
necessit� 
e 
di 
urgenza 
(cd. 
extra 
ordinem) 
sono 
atti 
di 
autorit� 
amministrative 
adottabili, 
sul 
presupposto 
della 
necessit� 
e 
dell�urgenza 
del 
provvedere, per far fronte 
ad un pericolo di 
danno grave 
ed imminente 
per 
la 
generalit� 
dei 
cittadini, 
con 
contenuto 
discrezionalmente 
determinabile 
e 
non prestabilito dalla legge. 

Si 
ritiene 
che 
loro 
attributo 
sia 
anche 
quello 
di 
incidere 
derogativamente 
e 
sospensivamente 
sulla 
legislazione 
in 
vigore. 
Difatti, 
nelle 
materie 
non 
coperte 
da 
riserva 
di 
legge 
si 
riconosce 
in 
dottrina 
che 
l�ordinanza 
possa 
derogare 
temporaneamente 
alla 
legislazione 
preesistente, 
anche 
contra 
legem, 
ossia 
in 
contrasto 
con 
la 
disciplina 
legislativa 
ordinariamente 
valevole 
nella 
materia 
(16). 


Circa 
la 
compressione 
di 
disposizione 
legislative, 
l�assestato 
quadro 
dottrinale 
e 
giurisprudenziale 
� 
nel 
senso che 
le 
dette 
ordinanze 
non possano essere 
emanate 
in contrasto con i 
principi 
generali 
dell�ordinamento giuridico e 
con 
i 
principi 
fondamentali 
della 
Costituzione, 
debbano 
avere 
una 
efficacia 
limitata 
nel 
tempo (il 
principio di 
proporzionalit� 
esige 
che 
il 
contenuto delle 


(16) Ex 
plurimis: 
E. CASETTA, manuale 
di 
diritto amministrativo, XVI edizione, Giuffr�, 2014, p. 
344; 
L. MAzzArOLLI, G. PErICu, A. rOMANO, F.A. rOVErSI 
MONACO, F.G. SCOCA, Diritto amministrativo, 
I volume, IV edizione, Monduzzi, 2005, p. 60. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


ordinanze 
sia 
rigidamente 
calibrato in funzione 
dell�emergenza 
specifica 
che 
deve 
essere 
in 
concreto 
fronteggiata), 
debbano 
essere 
motivate 
e 
adeguatamente 
pubblicizzate, non si 
possano adottare 
in luogo di 
poteri 
tipici 
previsti 
dalle norme vigenti idonei a far fronte a quel tipo di situazione (17). 

Con tali 
tipi 
di 
ordinanze 
vi 
� 
una 
sicura 
deroga 
ai 
caratteri 
della 
tipicit� 
e nominativit� del provvedimento amministrativo. 

Fra 
i 
casi 
abitualmente 
ricondotti 
alla 
categoria 
delle 
ordinanze 
extra ordinem 
possiamo citare i seguenti: 


� 
ordinanze 
necessitate 
(art. 
7 
della 
l. 
20 
marzo 
1865 
n. 
2248, 
All. 
E:�allorch� 
per 
grave 
necessit� 
pubblica 
l�autorit� 
amministrativa 
debba 
senza 
indugio 
disporre 
della propriet� privata, od in pendenza di 
un giudizio, per 
la 
stessa ragione, procedere 
all�esecuzione 
dell�atto delle 
cui 
conseguenze 
giuridiche 
si 
disputa, essa provveder� con decreto motivato, sempre 
per� senza 
pregiudizio dei diritti delle parti�) (18); 


� 
tutela 
dell'ordine 
pubblico e 
della 
sicurezza 
pubblica 
(art. 2, comma 
1, 
del 
T.u. 
delle 
leggi 
di 
Pubblica 
Sicurezza 
18 
giugno 
1931, 
n. 
773, 
secondo 
cui: 
�il 
prefetto, 
nel 
caso 
di 
urgenza 
o 
per 
grave 
necessit� 
pubblica, 
ha 
facolt� 
di 
adottare 
i 
provvedimenti 
indispensabili 
per 
la tutela dell'ordine 
pubblico e 
della sicurezza pubblica�) (19); 
� 
igiene 
e 
sanit� 
pubblica 
e 
polizia 
veterinaria 
(art. 
32, 
commi 
1 
e 
3, 
della 
l. 23 dicembre 
1978, n. 833: 
�il 
ministro della sanit� pu� emettere 
ordinanze 
di 
carattere 
contingibile 
e 
urgente, in materia di 
igiene 
e 
sanit� pubblica e 
di 
polizia 
veterinaria, 
con 
efficacia 
estesa 
all'intero 
territorio 
nazionale 
o 
a 
parte 
di 
esso comprendente 
pi� regioni 
[comma 
1]. Nelle 
medesime 
materie 
sono 
emesse 
dal 
presidente 
della giunta regionale 
e 
dal 
sindaco ordinanze 
di 
ca(
17) Ex 
plurimis: 
M. CLArICh, manuale 
di 
diritto amministrativo, III edizione, Il 
Mulino, 2017, 
pp. 85-87. 
(18) Sui 
provvedimenti 
adottati 
dai 
Prefetti 
in applicazione 
di 
questo articolo, L. 30 novembre 
1950, 
n. 
996, 
articolo 
unico, 
cos� 
dispone: 
�i 
provvedimenti 
adottati 
dai 
Prefetti 
nell'esercizio 
dei 
poteri 
previsti 
dall'art. 7 della L. 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, sono provvedimenti 
definitivi�. Secondo 
la 
Corte 
di 
Appello di 
Napoli, sentenza 
3 dicembre 
2007 �il 
potere 
di 
requisizione 
previsto dall'art. 7, 
cit., 
costituisce 
un 
provvedimento 
derogatorio 
di 
carattere 
eccezionale, 
al 
quale 
� 
consentito 
fare 
ricorso 
solo di 
fronte 
all'urgenza e 
alla necessit� di 
disporre 
della propriet� privata per 
esigenze 
di 
carattere 
generale�. 
(19) Ai 
sensi 
dell�art. 216, comma 
1, del 
T.u. delle 
leggi 
di 
Pubblica 
Sicurezza 
�oltre 
quanto � 
disposto 
dall'art. 
2, 
qualora 
la 
dichiarazione 
di 
pericolo 
pubblico 
si 
estenda 
all'intero 
territorio 
del 
regno, il 
ministro dell'interno pu� emanare 
ordinanze, anche 
in deroga alle 
leggi 
vigenti, sulle 
materie 
che 
abbiano 
comunque 
attinenza 
all'ordine 
pubblico 
o 
alla 
sicurezza 
pubblica�. 
T.A.r. 
Piemonte 
Torino, 
sentenza 
3 
agosto 
2012, 
n. 
969 
precisa: 
�Con 
riferimento 
ai 
limiti 
insuperabili 
del 
potere 
amministrativo 
la giurisprudenza ha affermato che 
le 
ordinanze 
prefettizie 
di 
ordine 
pubblico e 
di 
urgenza ai 
sensi 
del-
l'art. 2 t.u.p.s. 18 giugno 1931 n. 773 sono utilizzabili 
soltanto nei 
casi 
di 
riserva relativa di 
legge 
ma 
in tali 
casi 
possono incidere 
anche 
nei 
riguardi 
di 
diritti 
costituzionalmente 
garantiti 
(i 
quali 
ultimi 
non 
possono essere 
tutelati 
oltre 
i 
limiti 
ad essi 
coessenziali, tali 
da consentire 
l'esplicarsi 
delle 
esigenze 
necessarie 
ad assicurare 
la vita stessa della comunit� e 
quindi 
anche 
l'adozione 
di 
misure 
d'urgenza 
prefettizie)�. 

DOTTrINA 
293 


rattere 
contingibile 
ed 
urgente, 
con 
efficacia 
estesa 
rispettivamente 
alla 
regione 
o a parte 
del 
suo territorio comprendente 
pi� comuni 
e 
al 
territorio comunale 
[comma 
3]�; 
art. 129, comma 
1, del 
testo unico delle 
leggi 
sanitarie 


r.D. 27 luglio 1934, n. 1265: 
�in caso di 
sospensione 
o di 
interruzione 
di 
un 
esercizio farmaceutico, dipendenti 
da qualsiasi 
causa, e 
dalle 
quali 
sia derivato 
o 
possa 
derivare 
nocumento 
all'assistenza 
farmaceutica 
locale, 
il 
prefetto 
adotta 
i 
provvedimenti 
di 
urgenza 
per 
assicurare 
tale 
assistenza�; 
art. 
261, 
comma 
1, 
del 
testo 
unico 
delle 
leggi 
sanitarie: 
�il 
ministro 
per 
l'interno, 
quando 
si 
sviluppi 
nel 
regno 
una 
malattia 
infettiva 
a 
carattere 
epidemico, 
pu� 
emettere 
ordinanze 
speciali 
per 
la visita e 
disinfezione 
delle 
case, per 
l'organizzazione 
di 
servizi 
e 
soccorsi 
medici 
e 
per 
le 
misure 
cautelari 
da adottare 
contro la diffusione della malattia stessa�); 
� 
incolumit� 
pubblica 
e 
sicurezza 
urbana 
(art. 54, comma 
4, T.u. enti 
locali 
D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267:�il 
sindaco, quale 
ufficiale 
del 
Governo, 
adotta 
con 
atto 
motivato 
provvedimenti, 
anche 
contingibili 
e 
urgenti 
nel 
rispetto 
dei 
princ�pi 
generali 
dell'ordinamento, 
al 
fine 
di 
prevenire 
e 
di 
eliminare 
gravi 
pericoli 
che 
minacciano l'incolumit� pubblica e 
la sicurezza urbana�); 
� 
emergenze 
sanitarie 
o 
igiene 
pubblica 
a 
carattere 
esclusivamente 
locale 
e 
decoro 
urbano 
(art. 
50, 
comma 
5, 
T.u. 
enti 
locali 
D.L.vo 
18 
agosto 
2000, 
n. 
267: 
�in 
particolare, 
in 
caso 
di 
emergenze 
sanitarie 
o 
di 
igiene 
pubblica 
a 
carattere 
esclusivamente 
locale 
le 
ordinanze 
contingibili 
e 
urgenti 
sono 
adottate 
dal 
sindaco, 
quale 
rappresentante 
della 
comunit� 
locale. 
Le 
medesime 
ordinanze 
sono 
adottate 
dal 
sindaco, 
quale 
rappresentante 
della 
comunit� 
locale, 
in 
relazione 
all'urgente 
necessit� 
di 
interventi 
volti 
a 
superare 
situazioni 
di 
grave 
incuria 
o 
degrado 
del 
territorio, 
dell'ambiente 
e 
del 
patrimonio 
culturale 
o 
di 
pregiudizio 
del 
decoro 
e 
della 
vivibilit� 
urbana, 
con 
particolare 
riferimento 
alle 
esigenze 
di 
tutela 
della 
tranquillit� 
e 
del 
riposo 
dei 
residenti, 
anche 
intervenendo 
in 
materia 
di 
orari 
di 
vendita, 
anche 
per 
asporto, 
e 
di 
somministrazione 
di 
bevande 
alcoliche 
e 
superalcoliche. 
Negli 
altri 
casi 
l'adozione 
dei 
provvedimenti 
d'urgenza, 
ivi 
compresa 
la 
costituzione 
di 
centri 
e 
organismi 
di 
referenza 
o 
assistenza, 
spetta 
allo 
Stato 
o 
alle 
regioni 
in 
ragione 
della 
dimensione 
dell'emergenza 
e 
dell'eventuale 
interessamento 
di 
pi� 
ambiti 
territoriali 
regionali�); 
� 
gestione 
dei 
rifiuti 
(art. 191, commi 
1 e 
3, D.L.vo 3 aprile 
2006, n. 152 
secondo 
cui 
�1.[�] 
qualora 
si 
verifichino 
situazioni 
di 
eccezionale 
ed 
urgente 
necessit� di 
tutela della salute 
pubblica e 
dell'ambiente, e 
non si 
possa altrimenti 
provvedere, 
il 
Presidente 
della 
Giunta 
regionale 
o 
il 
Presidente 
della 
provincia 
ovvero 
il 
Sindaco 
possono 
emettere, 
nell'ambito 
delle 
rispettive 
competenze, 
ordinanze 
contingibili 
ed 
urgenti 
per 
consentire 
il 
ricorso 
temporaneo 
a speciali 
forme 
di 
gestione 
dei 
rifiuti, anche 
in deroga alle 
disposizioni 
vigenti, 
nel 
rispetto, comunque, delle 
disposizioni 
contenute 
nelle 
direttive 
del-
l'Unione 
europea, 
garantendo 
un 
elevato 
livello 
di 
tutela 
della 
salute 
e 
dell'ambiente. Dette 
ordinanze 
sono comunicate 
al 
Presidente 
del 
Consiglio 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


dei 
ministri, al 
ministro dell'ambiente 
e 
della tutela del 
territorio e 
del 
mare, 
al 
ministro 
della 
salute, 
al 
ministro 
delle 
attivit� 
produttive, 
al 
Presidente 
della 
regione 
e 
all'autorit� 
d'ambito 
di 
cui 
all'articolo 
201 
entro 
tre 
giorni 
dall'emissione 
ed hanno efficacia per 
un periodo non superiore 
a sei 
mesi. 3. 
Le 
ordinanze 
di 
cui 
al 
comma 1 indicano le 
norme 
a cui 
si 
intende 
derogare 
e 
sono adottate 
su parere 
degli 
organi 
tecnici 
o tecnico-sanitari 
locali, che 
si 
esprimono con specifico riferimento alle conseguenze ambientali�); 


� 
inquinamento 
marittimo 
(art. 
12, 
comma 
2, 
L. 
31 
dicembre 
1982, 
n. 
979: 
�L'autorit� marittima rivolge 
ai 
soggetti 
[�] 
immediata diffida a prendere 
tutte 
le 
misure 
ritenute 
necessarie 
per 
prevenire 
il 
pericolo 
d'inquinamento 
e 
per 
eliminare 
gli 
effetti 
gi� prodotti. Nel 
caso in cui 
tale 
diffida resti 
senza 
effetto, 
o 
non 
produca 
gli 
effetti 
sperati 
in 
un 
periodo 
di 
tempo 
assegnato, 
l'autorit� 
marittima 
far� 
eseguire 
le 
misure 
ritenute 
necessarie 
per 
conto dell'armatore 
o del 
proprietario, recuperando, poi, dagli 
stessi 
le 
spese 
sostenute�) (20); 
� 
tutela 
dell�ambiente 
(art. 8 L. 3 marzo 1987, n. 59: 
�Fuori 
dei 
casi 
di 
cui 
al 
comma 3 dell'articolo 8 della legge 
8 luglio 1986, n. 349 (21), qualora 
si 
verifichino situazioni 
di 
grave 
pericolo di 
danno ambientale 
e 
non si 
possa 
altrimenti 
provvedere, 
il 
ministro 
dell'ambiente, 
di 
concerto 
con 
i 
ministri 
eventualmente 
competenti, pu� emettere 
ordinanze 
contingibili 
e 
urgenti 
per 
la tutela dell'ambiente. Le 
ordinanze 
hanno efficacia per 
un periodo non superiore 
a sei mesi�) (22); 
� 
funzionamento 
minimo 
dei 
servizi 
di 
preminente 
interesse 
generale 
(art. 
8, 
comma 
1, 
L.12 
giugno 
1990, 
n. 
146: 
�Quando 
sussista 
il 
fondato 
pericolo 
di 
un 
pregiudizio 
grave 
e 
imminente 
ai 
diritti 
della 
persona 
costituzionalmente 
tutelati 
[�], 
che 
potrebbe 
essere 
cagionato 
dall'interruzione 
o 
dalla 
alterazione 
del 
funzionamento 
dei 
servizi 
pubblici 
di 
cui 
all'articolo 
1, 
conseguente 
all'esercizio 
dello 
sciopero 
o 
a 
forme 
di 
astensione 
collettiva 
di 
lavoratori 
autonomi, 
professionisti 
o 
piccoli 
imprenditori, 
su 
segnalazione 
della 
Commissione 
di 
garanzia 
ovvero, 
nei 
casi 
di 
necessit� 
e 
urgenza, 
di 
(20) 
Per 
questa 
ipotesi: 
A.M. 
SANDuLLI, 
manuale 
di 
diritto 
amministrativo, 
I 
volume, 
XV 
edizione, 
Jovene, 1989, p. 74. 
(21) Per il 
quale: 
�in caso di 
mancata attuazione 
o di 
inosservanza da parte 
delle 
regioni, delle 
province 
o dei 
comuni, delle 
disposizioni 
di 
legge 
relative 
alla tutela dell'ambiente, e 
qualora possa derivarne 
un grave 
danno ecologico, il 
ministro dell'ambiente, previa diffida ad adempiere 
entro congruo 
termine 
da indicarsi 
nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare 
le 
necessarie 
misure 
provvisorie 
di 
salvaguardia, 
anche 
a 
carattere 
inibitorio 
di 
opere, 
di 
lavoro 
o 
di 
attivit� 
antropiche, 
dandone 
comunicazione 
preventiva alle 
amministrazioni 
competenti. Se 
la mancata attuazione 
o l'inosservanza 
di 
cui 
al 
presente 
comma � 
imputabile 
ad un ufficio periferico dello Stato, il 
ministro dell'ambiente 
informa 
senza 
indugio 
il 
ministro 
competente 
da 
cui 
l'ufficio 
dipende, 
il 
quale 
assume 
le 
misure 
necessarie 
per 
assicurare 
l'adempimento. Se 
permane 
la necessit� di 
un intervento cautelare 
per 
evitare 
un grave 
danno ecologico, l'ordinanza di 
cui 
al 
presente 
comma � 
adottata dal 
ministro competente, di 
concerto 
con il ministro dell'ambiente�. 
(22) Anche per questa ipotesi: 
A.M. SANDuLLI, manuale di diritto amministrativo, cit., p. 74. 

DOTTrINA 
295 


propria 
iniziativa, 
informando 
previamente 
la 
Commissione 
di 
garanzia, 
il 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri 
o 
un 
ministro 
da 
lui 
delegato, 
se 
il 
conflitto 
ha 
rilevanza 
nazionale 
o 
interregionale, 
ovvero, 
negli 
altri 
casi, 
il 
prefetto 
o 
il 
corrispondente 
organo 
nelle 
regioni 
a 
statuto 
speciale, 
informati 
i 
presidenti 
delle 
regioni 
o 
delle 
province 
autonome 
di 
Trento 
e 
di 
Bolzano, 
invitano 
le 
parti 
a 
desistere 
dai 
comportamenti 
che 
determinano 
la 
situazione 
di 
pericolo, 
esperiscono 
un 
tentativo 
di 
conciliazione, 
da 
esaurire 
nel 
pi� 
breve 
tempo 
possibile, 
e 
se 
il 
tentativo 
non 
riesce, 
adottano 
con 
ordinanza 
le 
misure 
necessarie 
a 
prevenire 
il 
pregiudizio 
ai 
diritti 
della 
persona 
costituzionalmente 
tutelati 
[�]�); 


� 
emergenze 
in materia 
di 
protezione 
civile 
(Codice 
della 
protezione 
civile, 
D.L.vo 2 gennaio 2018, n. 1, in specie 
l�art. 25 relativo alle 
ordinanze 
di 
protezione, a 
tenor del 
quale: 
�1. Per 
il 
coordinamento dell'attuazione 
degli 
interventi 
da effettuare 
durante 
lo stato di 
emergenza di 
rilievo nazionale 
si 
provvede 
mediante 
ordinanze 
di 
protezione 
civile, da adottarsi 
in deroga ad 
ogni 
disposizione 
vigente, nei 
limiti 
e 
con le 
modalit� indicati 
nella deliberazione 
dello stato di 
emergenza e 
nel 
rispetto dei 
principi 
generali 
dell'ordinamento 
giuridico 
e 
delle 
norme 
dell'Unione 
europea. 
Le 
ordinanze 
sono 
emanate 
acquisita 
l'intesa 
delle 
regioni 
e 
Province 
autonome 
territorialmente 
interessate 
e, ove 
rechino deroghe 
alle 
leggi 
vigenti, devono contenere 
l'indicazione 
delle 
principali 
norme 
a cui 
si 
intende 
derogare 
e 
devono essere 
specificamente 
motivate. 
[�]. 
3. 
Le 
ordinanze 
di 
protezione 
civile 
non 
sono 
soggette 
al 
controllo preventivo di 
legittimit� di 
cui 
all'articolo 3 della legge 
14 gennaio 1994, n. 20, e 
successive 
modificazioni. 4. Le 
ordinanze 
di 
protezione 
civile, la cui 
efficacia decorre 
dalla data di 
adozione 
e 
che 
sono pubblicate 
nella Gazzetta Ufficiale 
della repubblica italiana, sono rese 
pubbliche 
ai 
sensi 
di 
quanto previsto dall'articolo 42 del 
decreto legislativo 14 marzo 
2013, n. 33, e 
successive 
modificazioni 
e 
sono trasmesse, per 
informazione, 
al 
Presidente 
del 
Consiglio 
dei 
ministri, 
alle 
regioni 
o 
Province 
autonome 
interessate 
e 
fino al 
trentesimo giorno dalla deliberazione 
dello stato di 
emergenza 
di 
rilievo nazionale, al 
ministero dell'economia e 
delle 
finanze.[�] 
9. 
La tutela giurisdizionale 
davanti 
al 
giudice 
amministrativo avverso le 
ordinanze 
di 
protezione 
civile 
e 
i 
consequenziali 
provvedimenti 
commissariali 
nonch� 
avverso 
gli 
atti, 
i 
provvedimenti 
e 
le 
ordinanze 
emananti 
ai 
sensi 
del 
presente articolo � disciplinata dal codice del processo amministrativo�); 
� 
poteri 
sostitutivi 
(art. 8 della 
l. 5 giugno 2003, n. 131 (23), relativo al(
23) Che 
per quanto di 
interesse 
enuncia: 
�1. Nei 
casi 
e 
per 
le 
finalit� previsti 
dall'articolo 120, 
secondo comma, della Costituzione, il 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
ministri, su proposta del 
ministro 
competente 
per 
materia, 
anche 
su 
iniziativa 
delle 
regioni 
o 
degli 
enti 
locali, 
assegna 
all'ente 
interessato 
un congruo termine 
per 
adottare 
i 
provvedimenti 
dovuti 
o necessari; decorso inutilmente 
tale 
termine, 
il 
Consiglio dei 
ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del 
ministro competente 
o del 
Presidente 
del 
Consiglio dei 
ministri, adotta i 
provvedimenti 
necessari, anche 
normativi, ovvero nomina un 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


l�attuazione 
dell'articolo 
120 
della 
Costituzione 
sul 
potere 
sostitutivo, 
sulle 
ordinanze 
di urgenza nell�ambito dei detti poteri sostitutivi). 

Come 
rilevato sopra, la 
communis 
opinio 
- invero radicata 
in dottrina 
ed 
in giurisprudenza 
- � 
nel 
senso, che 
tutte 
le 
ordinanze 
extra ordinem 
nelle 
materie 
non coperte 
da 
riserva 
assoluta 
di 
legge 
possano derogare 
temporaneamente 
alla 
legislazione 
preesistente, a 
prescindere 
da 
un�espressa 
previsione 
nella 
fonte 
normativa 
attributiva 
del 
potere 
di 
ordinanza. A 
condividere 
tale 
opinione la sfera legislativa subirebbe una erosione temporanea. 

Emblematica 
� 
la 
normativa 
da 
ultimo richiamata, in ordine 
ai 
poteri 
sostitutivi 
con 
la 
nomina 
del 
commissario 
ad 
acta. 
un 
campo 
riguardato 
dai 
detti 
poteri 
� 
quello del 
rientro, in capo all�amministrazione 
regionale, dal 
deficit 
in 
materia 
sanitaria. 
I 
poteri 
sostitutivi 
possono 
avere 
ad 
oggetto 
anche 
l�esercizio 
di 
funzioni 
normative. 
Si 
registra 
un 
ampio 
dibattito 
in 
dottrina 
circa 
i 
possibili 
profili 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
di 
norme 
dalle 
quali 
possa 
discendere 
un�asserita 
natura 
legislativa 
del 
potere 
sostitutivo 
esercitato 
dai 
commissari 
nominati 
dal 
governo 
e 
si 
ritiene 
che 
l�esercizio 
del 
potere 
sostitutivo 
possa 
realizzarsi 
sia 
mediante 
l�adozione 
di 
un 
atto, 
al 
posto 
di 
quello 
omesso 
dall�organo 
sostituito, 
sia 
mediante 
la 
sospensione 
di 
un 
atto, 
anche 
legislativo 
gi� 
emanato 
(24). 


Contrariamente 
alla 
communis 
opinio 
deve 
ritenersi 
che 
in 
ossequio 
al 
principio di 
legalit� 
e 
di 
gerarchia 
delle 
fonti 
le 
ordinanze 
extra ordinem 
non 
possano 
derogare 
temporaneamente 
alla 
legislazione 
preesistente, 
a 
meno 
che 
non vi 
sia 
una 
espressa 
previsione 
nella 
fonte 
normativa 
regolante 
il 
potere 
di 
ordinanza 
(come 
nel 
caso delle 
ordinanze 
in materia 
di 
gestione 
dei 
rifiuti 
e 
di 
emergenze 
di 
protezione 
civile). Con l�assecondare 
la 
communis 
opinio 
si 
aggiungerebbe 
un�ulteriore tessera al mosaico diretto a depotenziare la legge. 


Quando vi 
� 
una 
espressa 
previsione, tali 
ordinanze 
formalmente 
si 
presentano 
come 
atti 
amministrativi, mentre 
sostanzialmente 
esse 
possono incidere 
sulla 
legislazione. Tecnicamente 
l�ordinanza 
non abroga 
la 
legge. La 
sua 
vigenza 
determina 
la 
sospensione 
della 
efficacia 
della 
norma 
legislativa, 
la 
cui 
operativit� 
viene 
compressa 
con 
una 
sorta 
di 
deroga 
temporanea. 
Cessata 
l�operativit� 
dell�ordinanza, 
l�efficacia 
della 
legge 
si 
riespande. 
Il 
meccanismo 
� 
analogo al 
rapporto tra 
il 
diritto di 
propriet� 
e 
il 
diritto reale 
di 
godimento 
che 
lo limita: 
durante 
la 
pendenza 
del 
diritto di 
godimento le 
facolt� 
del 
pro-

apposito 
commissario. 
[�]. 
3. 
Fatte 
salve 
le 
competenze 
delle 
regioni 
a 
statuto 
speciale, 
qualora 
l'esercizio 
dei 
poteri 
sostitutivi 
riguardi 
Comuni, Province 
o Citt� metropolitane, la nomina del 
commissario 
deve 
tenere 
conto 
dei 
princ�pi 
di 
sussidiariet� 
e 
di 
leale 
collaborazione. 
il 
commissario 
provvede, 
sentito 
il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito�. 


(24) 
r. BALDuzzI 
- G. CArPANI 
(a 
cura 
di), manuale 
di 
diritto sanitario, il 
Mulino, 2013, p. 
405; 
N. VICECONTE, Gli 
atti 
dei 
Commissari 
ad acta in sanit� tra 'forma' 
amministrativa e 
'sostanza' 
legislativa: 
la Corte 
asserisce, ma non chiarisce 
(Osservazione 
a 
Corte 
costituzionale, sentenza 
12 dicembre 
2014 n. 278), in Giur. Cost., 2014, pp. 4732 - 4740. 

DOTTrINA 
297 


prietario sono compresse, salvo riespandersi 
alla 
scadenza 
del 
termine 
del 
diritto 
reale di godimento. 


7. Conclusioni. 
Tirando le 
fila 
del 
discorso, � 
agevole 
rilevare 
come 
l�unico caso in cui 
un legislatore 
ragionevole 
dovrebbe 
adottare 
leggi 
senza 
i 
caratteri 
della 
generalit� 
ed 
astrattezza 
� 
quello 
strumentale 
all�attuazione 
del 
principio 
di 
eguaglianza 
sostanziale. 

All�evidenza, 
il 
carattere 
complesso 
della 
societ�, 
la 
frammentazione 
degli 
interessi 
con la 
formazione 
dello Stato-pluriclasse, rendono inevitabile 
l�adozione di leggi provvedimento. 


Per 
il 
resto, 
occorre 
essere 
critici 
verso 
le 
leggi 
provvedimento 
irragionevoli, 
verso 
la 
delegificazione 
che 
complica 
la 
ricerca 
del 
diritto, 
verso 
la 
legge 
non 
autoapplicativa 
e 
verso 
gli 
atti 
extra 
ordinem 
dal 
contenuto 
derogatorio 
della 
legge 
ordinaria 
nei 
casi 
non 
previsti 
nella 
fonte 
attributiva 
del 
potere. 


Le 
tipologie 
di 
leggi 
criticate 
sono in contrasto con il 
principio di 
eguaglianza 
sostanziale, 
con 
il 
principio 
di 
legalit� 
dell�azione 
amministrativa 
e 
con l�esigenza 
di 
norme 
giuridiche 
semplici, complete 
e 
conoscibili 
con immediatezza. 


L�attuale 
quadro legislativo si 
caratterizza 
per la 
scarsa 
qualit�: 
testi 
che 
rinviano 
ad 
altri 
testi, 
leggi 
che 
rinviano 
-in 
aspetti 
qualificanti 
-a 
regolamenti, 
fattura sciatta, eccessiva lunghezza. 


Tacito 
evidenziava 
che 
uno 
dei 
sintomi 
della 
corruzione 
della 
res 
pubblica 
� 
la 
molteplicit� 
delle 
leggi. � 
fin troppo evidente 
che 
un testo normativo prolisso, 
involuto, 
richiamante 
altre 
disposizioni 
(in 
modo 
che 
il 
quadro 
della 
materia 
risulti 
da 
varie 
leggi, 
come 
un 
puzzle) 
agevola 
anche 
condotte 
amministrative 
opache. 
Pi� 
semplice 
e 
chiaro 
� 
il 
quadro 
normativo, 
meno 
facili 
sono condotte corruttive e viceversa. 

Leggi chiare, precise, poche, era l�ideologia dell�illuminismo. 


Il 
sistema 
giuridico 
prevede 
strumenti 
finalizzati 
alla 
produzione 
di 
norme 
chiare 
(es. 
AIr, 
drafting, 
etc.), 
che 
per� 
non 
vengono 
adeguatamente 
utilizzati. 

Certo, un legiferare 
semplificato � 
attivit� 
impegnativa. Pascal 
nel 
concludere 
una 
lettera 
ad un amico scrisse: 
�Scusami 
per 
la lunghezza della lettera, 
ma 
non 
ho 
avuto 
il 
tempo 
di 
farla 
pi� 
breve�. 
Cionondimeno 
i 
produttori 
delle 
norme 
dovrebbero mettere 
in campo tutti 
gli 
sforzi 
per la 
redazione 
di 
leggi immediatamente fruibili da tutti i consociati. 

In 
conclusione: 
la 
legge 
con 
i 
connotati 
della 
generalit� 
ed 
astrattezza 
non 
� 
un ferro vecchio ottocentesco, ma 
� 
ancora 
strumento per un�ordinata 
ed efficace 
regolazione. 


L�auspicio �, quindi, che 
si 
torni 
all�antico, perch� 
- come 
avrebbe 
chiosato 
Mario Pagano - non sempre quello che viene dopo � meglio. 



rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


oltre il dogma dell�immunit� della 
pubblica ammministrazione anche in punto 
di responsabilit� precontrattuale 


Cesare Borgia* 

Sommario: 
1. 
Premessa 
-2. 
il 
fondamento 
della 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione 
-3. 
Le 
due 
forme 
di 
responsabilit� 
precontrattuale: 
�pura� 
e 
�spuria� 
-4. 
Le 
nuove 
frontiere 
della 
responsabilit� 
precontrattuale 
della 
pubblica 
amministrazione 
-5. 
Conclusioni. 


1. Premessa. 
Questo 
studio 
intende 
in 
via 
preliminare 
mettere 
in 
luce 
il 
contesto 
attuale 
riguardante 
il 
diritto 
amministrativo, 
ed 
in 
particolare 
i 
rapporti 
tra 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
e 
gli 
amministrati, perch� 
ogni 
trattazione 
di 
un qualsiasi 
argomento 
dello stesso non pu�, a 
parere 
di 
chi 
scrive, prescindere 
dall�analisi 
della realt�. 

La 
responsabilit� 
precontrattuale 
della 
pubblica 
amministrazione 
riflette 
le 
sorti 
dell�omologo istituto di 
diritto comune 
(1). � 
evidente 
come 
la 
forza 
della 
perfezione 
concettuale 
tipica 
del 
diritto privato �si 
impone 
anche 
negli 
altri 
settori 
perch� 
fornisce 
un linguaggio formalizzato idoneo a organizzare 
razionalmente 
la conoscenza giuridica dei 
fenomeni. in altri 
termini, gli 
strumenti 
concettuali 
del 
diritto 
privato 
hanno 
costituito 
la 
base 
per 
elaborare 
anche 
quelli 
del 
diritto pubblico e 
amministrativo, nonostante 
la progressiva 
e 
sempre 
pi� intensa elaborazione 
di 
istituti 
speciali 
nell�ambito delle 
esperienze 
di 
diritto amministrativo� 
(2). Ci� nonostante, anche 
quando l�amministrazione 
esercita 
le 
proprie 
competenze 
per 
mezzo 
degli 
strumenti 
tipici 
del 
diritto privato non pu� dirsi 
che 
stia 
esercitando autonomia 
privata 
in senso 
proprio (3), dal 
momento che 
l�attivit� 
amministrativa 
� 
sempre 
funzionaliz


(*) 
Dottore 
in 
Giurisprudenza, 
specialista 
in 
Professioni 
Legali, 
collaboratore 
presso 
le 
cattedre 
di 
Diritto 
Amministrativo II e 
di 
Diritto dei 
beni 
e 
dei 
servizi 
pubblici 
della 
Facolt� 
di 
Giurisprudenza 
dell�universit� 
di roma �La Sapienza�. 

articolo 
gi� 
pubblicato 
sulla 
rivista 
on 
line 
italiappalti 
(Codice 
iSSn 
2531-4025) 
in 
data 
12/04/ 
2018. 


(1) Tra 
gli 
altri: 
G.M. rACCA, La responsabilit� precontrattuale 
della pubblica amministrazione 
tra 
autonomia 
e 
correttezza, 
Napoli, 
2000; 
A.G. 
DIANA, 
La 
responsabilit� 
precontrattuale 
della 
Pubblica 
amministrazione, Padova, 2000; 
E. LIuzzO, La responsabilit� precontrattuale 
della pubblica amministrazione, 
Milano, 1995. 
(2) A. LALLI, Pubblico e 
privato: le 
tendenze 
di 
lungo periodo e 
la recente 
disciplina in materia 
di societ� partecipate dai pubblici poteri, in rivista italiana per le scienze giuridiche, 7 (2016), 315. 
(3) A. LALLI, Pubblico e 
privato: le 
tendenze 
di 
lungo periodo e 
la recente 
disciplina in materia 
di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 317. 

DOTTrINA 
299 


zata 
(4) e 
ci� basta 
per distinguere 
nettamente 
l�autonomia 
privata 
dei 
privati 
dall�autonomia privata dell�amministrazione. 


Le 
autonomie 
proprie 
dell�amministrazione, secondo una 
impostazione 
che, seppur classica, � 
ancora 
attuale, indicano gli 
spazi 
di 
valutazione 
soggettiva 
necessari 
per poter apprezzare 
le 
situazioni 
nel 
caso concreto, laddove 
non 
tutte 
sono 
prevedibili 
in 
astratto 
e 
in 
generale 
dalla 
legge, 
�al 
fine 
di 
massimizzare 
l�interesse 
pubblico� 
(5). Nell�esercizio del 
potere 
pubblico inteso 
nell�accezione 
tradizionale 
ovvero il 
potere 
unilaterale, autoritativo e 
tipico, 
questo 
ambito 
di 
autonomia 
dell�amministrazione 
prende 
il 
nome 
di 
discrezionalit� 
e 
�l�attivit� giuridica posta in essere 
nel 
suo esercizio ha i 
connotati 
della funzione� 
(6). 


L�elemento della 
�funzionalizzazione� 
� 
fondamentale 
in materia 
di 
diritto 
amministrativo. 


Tanto 
premesso, 
� 
stato 
di 
recente 
autorevolmente 
affermato 
(7) 
che 
oggi 
il 
vero 
diritto 
privato 
sarebbe 
il 
diritto 
amministrativo 
inteso 
come 
diritto 
del-
l�intera 
societ�, 
e 
non 
pi�, 
quindi, 
come 
il 
diritto 
della 
pubblica 
amministrazione. 
Quanto 
affermato 
poggia 
sulla 
considerazione 
che 
le 
discipline 
ruotanti 
attorno 
al 
Diritto 
Amministrativo 
appaiono 
sempre 
pi� 
estese 
a 
ogni 
aspetto 
della 
vita 
dei 
singoli 
e 
della 
collettivit�; 
molta 
parte 
della 
disciplina 
amministrativa 
delle 
attivit� 
private 
viene 
elaborata 
a 
seguito 
di 
procedimenti 
partecipati 
�nei 
quali 
si 
realizza 
un 
confronto 
cooperativo 
tra 
i 
titolari 
di 
interessi 
privati 
e 
i 
portatori 
di 
quelli 
pubblici� 
(8); 
il 
diritto 
amministrativo 
tende 
sempre 
pi� 
a 
originarsi 
dal 
basso 
cos� 
come, 
storicamente 
nella 
tradizione 
romanistica, 
� 
stato 
elaborato 
il 
diritto 
privato 
a 
seguito 
dell�opera 
di 
sistemazione 
e 
razionalizzazione 
svolta 
dai 
giureconsulti 
delle 
esigenze 
e 
degli 
interessi 
manifestati 
dalla 
societ� 
e 
non 
tanto 
come 
un�imposizione 
dall�alto 
e 
dall�esterno 
(9). 


Tali 
preliminari 
considerazioni 
sono 
in 
grado 
di 
fotografare 
i 
tempi 
odierni. Si 
pensi, ad esempio, alla 
tutela 
amministrativa 
dei 
consumatori 
affidata 
in linea 
generale 
all�Autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato e, 
a 
date 
condizioni 
ed entro certi 
limiti, alle 
Autorit� 
di 
regolazione 
di 
settore. 
In applicazione 
delle 
discipline 
in materia 
di 
pratiche 
commerciali 
scorrette 
e 
di 
clausole 
vessatorie, si 
� 
istituita 
una 
specifica 
funzione 
amministrativa 
tutoria 
di 
determinate 
categorie 
di 
soggetti 
privati 
ritenute 
deboli 
nella 
loro attivit� 
negoziale 
con 
altri 
soggetti 
privati 
ritenuti 
in 
posizione 
di 
forza 
sul 
mercato (10). 

(4) V. 
CEruLLI 
IrELLI, amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011, 10 e ss. 
(5) A. LALLI, 
ibidem. 
(6) A. LALLI, ibidem. 
(7) S. CASSESE, L. TOrChIA, Diritto amministrativo. Una conversazione, Bologna, 2014, 37 e 
ss. 
(8) A. LALLI, Pubblico e 
privato: le 
tendenze 
di 
lungo periodo e 
la recente 
disciplina in materia 
di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 319. 
(9) A. LALLI, ibidem. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Specularmente 
a 
questo 
fenomeno, 
deve 
evidenziarsi 
la 
tendenza 
sempre 
pi� marcata 
all�uso da 
parte 
della 
pubblica 
amministrazione 
di 
modelli 
consensuali 
anche 
nel 
momento in cui 
esercita 
un potere 
pubblico nella 
sua 
accezione 
tradizionale di attivit� unilaterale, autoritativa e tipica (11). 

L�attivit� 
consensuale 
(12) della 
pubblica 
amministrazione 
gode 
di 
una 
perdurante 
attualit� 
all�interno 
del 
dibattito 
sulla 
distinzione 
tra 
pubblico 
e 
privato 
nel diritto amministrativo (13). 


Da 
sempre 
la 
pubblica 
amministrazione 
si 
avvale 
degli 
strumenti 
tipici 
del 
diritto 
privato 
come 
i 
contratti, 
le 
obbligazioni, 
i 
diritti 
reali, 
le 
societ�, 
seppure 
seguendo 
discipline 
speciali 
che 
escludono 
che 
l�amministrazione 
possa 
essere 
considerata 
titolare 
di 
autonomia 
privata 
nella 
medesima 
accezione 
propria 
dell�autonomia 
che 
riguarda 
i 
privati. Ma 
il 
diverso fenomeno 
cui 
si 
allude 
indica 
la 
tendenza 
a 
conferire 
peculiare 
rilevanza 
al 
consenso dei 
soggetti 
privati 
con i 
quali 
l�amministrazione 
entra 
in contatto nell�esercizio 
delle 
proprie 
competenze, andando ben oltre 
la 
tradizionale 
prospettiva 
della 
teoria non negoziale del provvedimento amministrativo (14). 

Ne 
deriva 
la 
consapevolezza 
che 
il 
diritto privato ha 
mutuato alcuni 
strumenti 
di 
natura 
tipicamente 
amministrativa 
e 
conosce 
la 
presenza 
sempre 
pi� 
pervasiva 
della 
regolazione 
amministrativa, 
sia 
in 
funzione 
di 
supporto 
e 
tutela 
delle 
autonomie 
private, 
si 
pensi 
ai 
soggetti 
ritenuti 
deboli 
oppure, 
all�opposto, 
in 
funzione 
di 
limite 
all�autonomia 
privata 
quando 
questa 
trasmodi 
in 
esercizio 
di potere privato abusivo. 

D�altro 
canto, 
il 
diritto 
amministrativo 
si 
serve 
sempre 
pi� 
degli 
strumenti 
privatistici 
e, in particolar modo, d� 
sempre 
maggior rilievo al 
consenso dei 
privati interessati dall�azione amministrativa autoritativa. 

Nel 
quadro attuale, e 
pur sempre 
mutevole, l�amministrazione, oltre 
ad 
agire 
secondo 
il 
tradizionale 
schema 
pubblicistico 
autoritativo, 
�adotta 
sempre 
pi� modelli 
nei 
quali 
il 
consenso dei 
privati 
ha un ruolo importante; inoltre, 
applica, 
da 
sempre, 
gli 
strumenti 
propri 
del 
diritto 
privato� 
(15), 
pur 
residuando 
un�irriducibile 
differenza 
di 
fondo tra 
la 
nozione 
di 
autonomia 
privata 
dei privati e quella di autonomia privata dell�amministrazione. 


A 
fronte 
di 
tale 
rilevante 
tendenza, 
non 
appare 
contestata 
la 
possibilit�, 


(10) A. LALLI, Pubblico e 
privato: le 
tendenze 
di 
lungo periodo e 
la recente 
disciplina in materia 
di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 321. 
(11) A. LALLI, Pubblico e 
privato: le 
tendenze 
di 
lungo periodo e 
la recente 
disciplina in materia 
di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 322. 
(12) A. MOLITErNI, amministrazione consensuale e diritto privato, Napoli, 2016. 
(13) M. D�ALBErTI, Diritto amministrativo e 
diritto privato: nuove 
emersioni 
di 
una questione 
antica, in riv. trim. dir. pubbl., 2012, 1019 ss. 
(14) F.G. SCOCA, La teoria del 
provvedimento dalla sua formazione 
alla legge 
sul 
procedimento, 
in Dir. amm., 1995, 1 e ss. 
(15) A. LALLI, Pubblico e 
privato: le 
tendenze 
di 
lungo periodo e 
la recente 
disciplina in materia 
di societ� partecipate dai pubblici poteri, cit., 325. 

DOTTrINA 
301 


come 
anche 
l�utilit� 
se 
si 
vuole, 
per 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
avvalersi 
di 
tecniche 
e 
mezzi 
di 
azione 
propri 
dell�ordinamento 
dei 
privati 
(16). 


Maggiormente 
discussa 
continua 
invece 
ad 
essere 
la 
questione 
degli 
effettivi 
limiti 
-anche 
costituzionali 
-rispetto 
all�ingresso 
e 
all�utilizzo 
di 
simili 
strumenti 
nell�ordinamento 
amministrativo; 
�e, 
soprattutto, 
la 
questione 
del 
grado 
e 
del 
livello 
di 
necessario 
adattamento 
(o 
di 
snaturamento) 
delle 
tecniche 
privatistiche 
allorch� 
le 
stesse 
siano 
messe 
al 
servizio 
dei 
pubblici 
poteri� 
(17). 


Il 
fenomeno descritto investe 
anche 
la 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione, 
dal 
momento 
che 
il 
binomio 
�responsabilit� 
aquiliana 
-responsabilit� 
contrattuale� 
� 
un modello generale 
che 
si 
specializza 
gi� 
nel 
diritto 
privato (si pensi alla tutela rafforzata del consumatore). 

Ancora, l�estensione 
delle 
regole 
generali 
sulla 
responsabilit� 
civilistica 
al 
danno cagionato dalla 
pubblica 
amministrazione 
deve 
necessariamente 
tenere 
in dovuta 
considerazione 
qual 
� 
il 
modo di 
manifestarsi 
dell�azione 
pubblica, 
ossia 
il 
procedimento amministrativo, che 
in tempi 
odierni, come 
si 
� 
gi� 
evidenziato, � 
significativamente 
partecipato dal 
privato, al 
punto che 
la 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione 
pare, 
come 
si 
vedr� 
nelle 
pagine 
successive, sempre 
pi� riconducibile 
al 
modello della 
responsabilit� 
da 
�contatto 
sociale�. 

2. il fondamento della responsabilit� della pubblica amministrazione. 
In un primo momento si 
escludeva 
la 
possibilit� 
che 
una 
condotta 
pubblica 
fosse 
sottoposta 
ai 
principi 
della 
culpa in contrahendo, facendo leva, in 
particolare, 
sulla 
presunzione 
di 
correttezza 
del 
comportamento 
tenuto 
dai 
soggetti 
pubblici, 
sull�inammissibilit� 
di 
un 
sindacato 
del 
Giudice 
Ordinario 
sulle 
scelte 
discrezionali 
della 
pubblica 
amministrazione, 
sulla 
non 
ipotizzabilit� 
di 
un affidamento meritevole 
di 
tutela 
del 
privato in ordine 
alla 
stipula 
del 
contratto, 
tenuto 
conto 
della 
disciplina 
di 
matrice 
pubblicistica 
cui 
� 
sottoposta 
l�intera attivit� contrattuale dei soggetti pubblici. 

La 
tipologia 
di 
interesse 
che 
si 
persegue, la 
modalit� 
discrezionale 
e 
la 
presunzione 
di 
correttezza 
che 
caratterizza 
l�agere 
pubblico, 
infatti, 
rappresentavano 
un valido ostacolo alla 
configurabilit� 
in capo al 
soggetto pubblico 
di una responsabilit� precontrattuale. 


Fondamentalmente, la 
ragione 
di 
tale 
esclusione 
si 
fondava 
sul 
postulato 
che 
durante 
la 
fase 
di 
formazione 
del 
contratto la 
posizione 
del 
privato viene 
a 
configurarsi 
esclusivamente 
quale 
interesse 
legittimo nei 
confronti 
dei 
pubblici 
poteri, 
mentre 
la 
pubblica 
amministrazione, 
nel 
suo 
agire 
iure 
privatorum, 


(16) V. CEruLLI 
IrELLI, 
amministrazione pubblica e diritto privato, Torino, 2011. 
(17) A. MOLITErNI, Pubblico e 
privato nell�attivit� negoziale 
della p.a., in rivista italiana per 
le 
scienze giuridiche, 7 (2016), 333. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


esercita 
comunque 
un potere 
discrezionale 
e, per tale 
ragione, era 
ritenuta 
capace 
di 
un 
comportamento 
insindacabile, 
cio� 
di 
determinarsi 
liberamente, 
senza 
vincoli, fino all�approvazione 
del 
contratto. Con tale 
argomentazione 
si 
escludeva 
la 
possibilit� 
di 
una 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione, 
godendo 
questa 
di 
una 
posizione 
di 
�libert��, 
di 
autodeterminazione, 
per 
mezzo 
dell�esercizio 
della 
discrezionalit� 
amministrativa, 
finalizzata 
al 
perseguimento 
dell�interesse pubblico. 


Tuttavia 
in 
Costituzione 
della 
vecchia 
amministrazione 
autoritaria 
non 
vi 
� 
traccia 
e, 
come 
affermato 
in 
dottrina, 
nessuna 
base 
costituzionale 
hanno 
i 
vecchi 
istituti 
che 
di 
quella 
concezione 
possono 
considerarvi 
derivazione 
(18). 

In Costituzione 
sono piuttosto presenti 
principi 
opposti, riguardo all�amministrazione 
come 
�funzione 
servente 
gli 
interessi 
della 
collettivit�� 
(19) 
cui 
provvede 
con imparzialit�, secondo la 
legge 
e 
ne 
deve 
assicurare 
il 
buon andamento. 
Solo in qualche 
caso, sulla 
base 
di 
specifiche 
disposizioni 
di 
legge 
� previsto l�esercizio di poteri autoritari. 


Si 
pu� 
affermare 
che 
nel 
sistema 
costituzionale, 
corroborato 
sul 
punto 
dal 
diritto 
europeo, 
emerge 
piuttosto 
una 
concezione 
dell�amministrazione 
paritaria; 
cio� 
� 
una 
amministrazione 
nella 
quale 
l�esercizio 
dei 
poteri 
autoritativi 
[�] 
� 
l�eccezione 
e 
non 
la 
regola, 
limitata 
ai 
casi 
espressamente 
previsti, 
a 
loro 
volta 
limitati 
alla 
stretta 
necessit�� 
(20). 
Questo 
vuol 
dire 
che 
laddove 
il 
risultato 
pratico 
dell�azione 
amministrativa 
possa 
essere 
raggiunto 
senza 
l�esercizio 
della 
autorit�, 
lo 
strumento 
paritario 
debba 
in 
principio 
essere 
preferito; 
in 
principio, 
anche 
a 
fronte 
dell�esigenza 
del 
buon 
andamento, 
che 
necessita 
piuttosto 
della 
partecipazione 
e 
del 
consenso 
che 
dell�autorit� 
(c.d. 
demarchia 
(21)). 
Questa 
impostazione, 
peraltro, 
risulta, 
come 
� 
stato 
affermato, 
notevolmente 
accentuata 
in 
virt� 
dell�ingresso 
nel 
testo 
costituzionale 
del 
principio 
di 
sussidiariet� 
(art. 
118), 
�segnatamente 
laddove 
impone 
di 
fare 
spazio 
ai 
cittadini 
nell�esercizio 
diretto 
di 
attivit� 
di 
interesse 
generale� 
(22). 


La 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione, 
nel 
nostro 
ordinamento, 
rinviene 
il 
suo 
fondamento 
costituzionale 
nell�articolo 
28, 
in 
base 
al 
quale 
�i 
funzionari 
e 
i 
dipendenti 
dello 
Stato 
sono 
direttamente 
responsabili 
secondo 
le 
leggi 
penali, 
civili 
e 
amministrative 
degli 
atti 
compiuti 
in 
violazione 
dei 
diritti. 
in 
tali 
casi 
la 
responsabilit� 
civile 
si 
estende 
allo 
Stato 
e 
agli 
enti 
pubblici�. 


Nella 
costruzione 
dei 
Costituenti, il 
riconoscimento della 
responsabilit� 


(18) 
V. 
CEruLLI 
IrELLI, 
Diritto 
pubblico 
e 
privato 
nella 
pubblica 
amministrazione 
(profili 
generali 
e costituzionali), in rivista italiana per le scienze giuridiche, 7 (2016), 267. 
(19) 
V. 
CEruLLI 
IrELLI, 
Diritto 
pubblico 
e 
privato 
nella 
pubblica 
amministrazione 
(profili 
generali 
e costituzionali), cit., 268. 
(20) V. CEruLLI 
IrELLI, ibidem. 
(21) 
F. 
BENVENuTI, 
Per 
un 
diritto 
amministrativo 
paritario, 
in 
AA.VV., 
Studi 
in 
memoria 
di 
Enrico 
Guicciardi, Padova, 1975. 
(22) V. CEruLLI 
IrELLI, ibidem. 

DOTTrINA 
303 


degli 
apparati 
pubblici, alla 
luce 
del 
dato testuale 
e 
della 
collocazione 
sistematica 
del 
disposto normativo, era 
un istituto predisposto per rafforzare 
la 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali, 
in 
specie 
le 
libert� 
civili. 
Tale 
prospettiva 
ha, 
pertanto, in un primo momento, comportato una 
differenziazione 
netta 
tra 
le 
posizioni 
giuridiche 
lese 
dall�agire 
della 
pubblica 
amministrazione, riconducibile 
per molto tempo all�interpretazione 
dominante: 
riconoscimento fin da 
subito della 
risarcibilit� 
dei 
danni 
cagionati 
da 
lesioni 
di 
diritti 
soggettivi, non 
altrettanto per quanto riguardava gli interessi legittimi. 


Questa 
impostazione, inoltre, come 
per ogni 
istituto della 
scienza 
del 
diritto 
amministrativo, ruotava 
attorno alla 
funzionalizzazione 
dell�attivit� 
amministrativa, 
tesa 
necessariamente 
al 
perseguimento 
dell�interesse 
pubblico, 
pur 
esplicandosi, 
come 
nel 
caso 
in 
questione, 
mediante 
il 
ricorso 
a 
moduli 
privatistici. 
La 
tensione 
pubblicistica 
dell�attivit� 
privata 
della 
pubblica 
amministrazione 
ha 
indotto 
la 
giurisprudenza 
pi� 
tradizionale 
ad 
escludere 
l�estensibilit� agli enti pubblici della 
culpa in contrahendo. 

A 
sostegno 
della 
tesi 
pi� 
restrittiva 
l�assunto 
che, 
anche 
dopo 
l�individuazione 
del 
contraente, la 
pubblica 
amministrazione 
rimane 
titolare 
di 
un vero e 
proprio potere 
discrezionale 
in ordine 
alla 
valutazione 
circa 
la 
convenienza 
e 
la 
rispondenza 
all�interesse 
pubblico del 
contratto che 
si 
accinge 
a 
stipulare: 
il 
privato, quindi, non avrebbe 
vantato alcun diritto soggettivo risarcibile 
nei 
confronti 
dell�amministrazione, ma 
soltanto un interesse 
legittimo al 
corretto 
esercizio del 
suo potere 
discrezionale. Tale 
posizione 
di 
chiusura 
� 
stata 
superata 
dalla 
giurisprudenza 
a 
partire 
dagli 
anni 
Sessanta. Si 
� 
osservato, infatti, 
che 
l�osservanza 
dei 
canoni 
di 
correttezza 
e 
buona 
fede 
nelle 
trattative 
� 
cosa 
ben 
diversa 
rispetto 
alla 
legittimit� 
e 
alla 
convenienza 
dell�azione 
amministrativa: 
l�accertamento 
della 
buona 
fede 
della 
pubblica 
amministrazione, 
pertanto, 
rientra 
nei 
poteri 
del 
giudice, la 
cui 
indagine 
verte 
unicamente 
sull�adempimento 
del dovere civilistico di agire da corretto contraente. 

Se, quindi, l�impostazione 
tradizionale 
faceva 
leva 
sulla 
presunta 
correttezza 
del 
comportamento tenuto dai 
soggetti 
pubblici, sull�inammissibilit� 
di 
un sindacato del 
G.O. sulle 
scelte 
discrezionali 
della 
P.A., sulla 
non ipotizzabilit� 
di 
un affidamento meritevole 
di 
tutela 
del 
privato in ordine 
alla 
stipula 
del 
contratto, 
la 
giurisprudenza, 
nei 
primi 
anni 
Sessanta, 
inizi� 
a 
superare 
queste 
presunzioni 
concettuali, recependo quell�insegnamento della 
miglior dottrina 
secondo cui, ai 
fini 
della 
responsabilit� 
precontrattuale, ci� che 
si 
chiede 
al 
giudice 
non � 
di 
valutare 
la 
correttezza 
della 
condotta 
dell�amministratore, 
bens� quella del contraente (23). 

(23) M. NIGrO, L�amministrazione 
tra diritto pubblico e 
diritto privato, in Foro it., 1961, 462 ss., 
il 
quale 
acutamente 
osserva 
che 
a 
venire 
in considerazione 
non � 
la 
valutazione 
circa 
la 
correttezza 
del-
l�agire 
dei 
pubblici 
poteri 
sotto il 
profilo del 
perseguimento o meno del 
pubblico interesse, perch�, ai 
fini 
della 
responsabilit� 
precontrattuale, a 
venire 
in gioco �, piuttosto, il 
comportamento della 
Pubblica 
Amministrazione quale corretto contraente. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


Aprendo, quindi, alla 
possibilit� 
che 
un soggetto pubblico, sia 
pure 
nel 
perseguimento dell�interesse 
pubblico, possa 
agire 
come 
un soggetto privato, 
si 
ammetteva 
la 
riconducibilit� 
all�istituto 
della 
responsabilit� 
centrale 
nel-
l�estrinsecarsi dei rapporti giuridici privatistici (24). 


La 
giurisprudenza 
amministrativa 
ha 
cos� 
esteso, come 
sostenuto in dottrina, 
il 
paradigma 
della 
responsabilit� 
precontrattuale 
di 
origine 
civilistica 
a 
tutte 
quelle 
fattispecie 
che 
vedono 
la 
pubblica 
amministrazione 
in 
veste 
di 
contraente. 
Pi� nello specifico, si 
perviene 
alla 
convinzione 
secondo cui 
se 
da 
un 
lato la 
responsabilit� 
precontrattuale 
� 
certamente 
da 
escludere 
nelle 
ipotesi 
in cui 
la 
pubblica 
amministrazione 
agisce 
come 
soggetto in posizione 
autoritaria, 
dall�altro 
non 
pu� 
non 
ammettersi 
la 
riconducibilit� 
alle 
fattispecie 
di 
cui 
agli 
articoli 
1337 e 
1338 c.c. di 
tutte 
quelle 
condotte 
afferenti 
alle 
cosiddette 
trattative private. 

In una 
fase 
successiva, si 
� 
registrato in giurisprudenza 
(25) un ulteriore 
mutamento interpretativo: 
avallando le 
critiche 
avanzate 
in dottrina, si 
� 
affermato 
come 
anche 
nel 
caso 
in 
cui 
la 
pubblica 
amministrazione 
adotti 
una 
procedura 
ad 
evidenza 
pubblica 
� 
possibile 
scorgere 
uno 
spazio 
applicativo 
della 
responsabilit� 
precontrattuale, a 
patto per� che 
tra 
le 
parti 
si 
sia 
configurato 
un rapporto personalizzato. 


La 
giurisprudenza, nell�ottica 
di 
una 
lettura 
sempre 
pi� garantista 
del 
diritto 
amministrativo, 
apre 
ad 
una 
responsabilit� 
precontrattuale 
anche 
nelle 
ipotesi 
in cui 
la 
pubblica 
amministrazione 
agisce 
come 
soggetto pubblico, e 
dunque 
in una 
posizione 
di 
potere, ma 
limita 
tale 
possibilit� 
alla 
fase 
finale 
della 
procedura 
di 
scelta 
del 
contraente 
privato, e 
cio� 
a 
quella 
fase 
che 
vede 
il 
soggetto privato, sul 
piano dinamico, lasciare 
la 
posizione 
di 
mero partecipante 
alla 
gara 
per assumere 
quella 
di 
parte 
contrattuale. � 
solo dal 
momento 
dell�aggiudicazione, quindi, che 
la 
pubblica 
amministrazione 
� 
tenuta 
all�osservanza 
di 
quei 
canoni 
comportamentali 
che 
sorreggono la 
responsabilit� 
di 
cui all�articolo 1337 del Codice Civile. 

Come 
evidenziato 
in 
dottrina, 
detta 
tesi 
trovava 
autorevole 
fondamento 
giurisprudenziale 
in 
quelle 
decisioni 
che 
ritenevano 
che 
prima 
della 
scelta 
del 
contraente, 
nella 
fase 
in 
cui 
gli 
interessati 
non 
hanno 
ancora 
la 
qualit� 
di 
futuri 
contraenti, 
ma 
soltanto 
quella 
di 
partecipanti 
alla 
gara 
e 
vantano 
esclusivamente 
una 
posizione 
di 
interesse 
legittimo 
al 
corretto 
esercizio 
dei 
poteri 
della 
pubblica 
amministrazione, 
non 
potesse 
configurarsi 
una 
responsabilit� 
precontrattuale. 
Prima 
dell�aggiudicazione, 
cio�, 
gli 
interessati 
sarebbero 
soltanto 
dei 
partecipanti 
al 
procedimento 
amministrativo, 
in 
quanto 
tali 
legittimati 
soltanto 
a 
pretendere 
la 
legittimit� 
degli 
atti 
compiuti 
(26). 


(24) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, roma, 2017, 304. 
(25) Si veda Cass. civ., Sez. un., 12 maggio 2008, n. 11656. 
(26) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, cit., 305. 

DOTTrINA 
305 


Anche 
tale 
orientamento, 
tuttavia, 
� 
stato 
oggetto 
di 
severe 
critiche: 
il 
Consiglio di 
Stato (27), infatti, ha 
affermato che 
sebbene 
il 
procedimento ad 
evidenza 
pubblica 
sia 
dotato 
di 
una 
doppia 
natura, 
i 
due 
momenti 
fattuali, 
quello pubblicistico e 
quello privatistico, devono essere 
letti 
in un rapporto di 
successione 
logica, in cui 
ogni 
elemento non gode 
di 
vita 
propria 
ma 
rappresenta 
la 
logica 
conseguenza 
del 
suo predecessore, in quanto tali 
tutti 
insieme 
tendenti alla stipulazione del contratto. 

Sulla 
base 
di 
ci� 
risulta 
evidente 
che 
ogni 
singolo 
provvedimento 
� 
dotato 
della 
forza 
necessaria 
a 
generare 
un 
legittimo 
affidamento 
nel 
terzo 
contraente, 
tale 
per cui 
nello svolgimento di 
quella 
attivit� 
volta 
alla 
ricerca 
e 
alla 
scelta 
del 
contraente 
l�amministrazione 
� 
tenuta 
non 
solo 
a 
rispettare 
le 
regole 
dettate 
dall�interesse 
pubblico, 
ma 
anche 
i 
canoni 
di 
correttezza 
di 
cui 
all�articolo 
1337 del Codice Civile (28). 


Come 
affermato in dottrina, non rileva 
che 
la 
scorrettezza 
comportamentale 
si 
sia 
verificata 
prima 
o 
dopo 
l�aggiudicazione 
definitiva, 
poich� 
la 
matrice 
costituzionale 
del 
generale 
dovere 
di 
buona 
fede 
� 
tale 
da 
imporre 
la 
lettura 
unitaria della procedura pubblica di scelta del contraente (29). 


Ancora, al 
fine 
di 
ammettere 
la 
configurabilit� 
della 
responsabilit� 
precontrattuale 
anche 
nella 
fase 
che 
precede 
l�aggiudicazione, la 
giurisprudenza 
ha 
attribuito agli 
atti 
della 
procedura 
di 
evidenza 
pubblica 
una 
valenza 
anche 
privatistica. 
Il 
privato, 
dunque, 
� 
contemporaneamente 
titolare 
sia 
dell�interesse 
legittimo 
al 
regolare 
svolgimento 
della 
procedura 
pubblica, 
sia 
del 
diritto 


(27) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797; 
Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 
2015, n. 
5611; Cons. Stato, Sez. IV, 16 gennaio 2014, n. 142. 
(28) Quanto detto � 
stato confermato anche 
da 
Cons. Stato, Sez. V, 2 maggio 2017, n. 1979: 
il 
comportamento 
di 
una 
Pubblica 
Amministrazione 
�che, 
dopo 
l�adozione 
dell�aggiudicazione 
definitiva, 
ha omesso di 
addivenire, senza offrire 
alcuna plausibile 
giustificazione, alla stipula del 
relativo contratto, 
integra un comportamento contrario ai 
generali 
doveri 
di 
correttezza e 
di 
buona fede, i 
quali, 
come 
riconosciuto da una giurisprudenza ormai 
pacifica, trovano applicazione, nonostante 
la loro derivazione 
privatistica 
(cfr. 
art. 
1337 
c.c.), 
anche 
nell�ambito 
del 
procedimento 
amministrativo, 
a 
maggior 
ragione 
se 
si 
tratta di 
un procedimento di 
evidenza pubblica finalizzato alla stipula di 
un contratto. La 
responsabilit� 
in 
esame 
� 
una 
responsabilit� 
da 
comportamento 
(amministrativo) 
scorretto, 
non 
da 
provvedimento illegittimo: essa nasce 
dalla violazione 
di 
norme 
(come 
si 
� 
detto di 
derivazione 
privatistica) 
che 
hanno 
ad 
oggetto 
il 
comportamento 
della 
pubblica 
amministrazione, 
non 
l�invalidit� 
del 
procedimento. La responsabilit� precontrattuale, pertanto, sussiste 
anche 
a prescindere 
dall�invalidit� 
provvedimentale, perch� 
il 
danno che 
il 
privato lamenta non discende 
dal 
provvedimento, ma dal 
comportamento 
tenuto dall�amministrazione 
(cfr. sul 
punto Cons. Stato, Sez. Vi, 1 febbraio 2013, n. 633). 
a 
differenza 
di 
quanto 
ritenuto 
dal 
Comune, 
la 
responsabilit� 
precontrattuale 
non 
richiede, 
quindi, 
come 
presupposto 
l�illegittimit� 
provvedimentale. 
in 
ordine 
all�elemento 
soggettivo 
della 
colpa, 
deve, 
in 
primo 
luogo, rilevarsi 
come, secondo la tesi 
prevalente 
nella pi� recente 
giurisprudenza (da ultimo Cass. civ., 
Sez. i, 12 luglio 2016, n. 14188), la responsabilit� precontrattuale 
integra una ipotesi 
di 
responsabilit� 
c.d. 
contrattuale 
da 
inadempimento 
di 
un�obbligazione 
di 
protezione 
(di 
lealt� 
e 
correttezza) 
che 
nasce, 
ex 
lege, in conseguenza del 
contatto sociale 
che 
si 
instaura tra le 
parti 
nel 
corso della trattativa precontrattuale�. 
Conf. anche 
Cons. Stato, Sez. V, 5 maggio 2016, n. 1797; 
Cons. Stato, Sez. V, 21 aprile 
2016, n. 1599; Cons. Stato, Sez. III, 15 aprile 2016, n. 1532. 
(29) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, cit., 306. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


soggettivo 
al 
corretto 
svolgimento 
delle 
trattative 
prenegoziali. 
Egli 
� 
pertanto 
abilitato 
ad 
esercitare 
due 
differenti 
azioni: 
quella 
impugnatoria, 
avente 
ad 
oggetto 
la 
legittimit� 
degli 
atti 
di 
gara, ovvero quella 
risarcitoria 
a 
titolo di 
responsabilit� 
precontrattuale. 

3. Le due forme di responsabilit� precontrattuale: �pura� e �spuria�. 
I casi 
di 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione 
per atti 
illegittimi 
commessi 
nella 
fase 
che 
precede 
il 
perfezionamento del 
vincolo contrattuale 
si 
sono notevolmente 
ampliati 
a 
seguito, da 
un lato, del 
riconoscimento della 
risarcibilit� 
degli 
interessi 
legittimi 
con 
la 
imprescindibile 
sentenza 
n. 
500/1999 e, dall�altro, per il 
crescente 
interesse 
del 
diritto comunitario per la 
materia 
dei 
contratti 
pubblici, per i 
quali 
oggi 
� 
dettata 
una 
dettagliata 
disciplina, 
la 
cui 
violazione, al 
pari 
di 
quella 
di 
norme 
interne, pu� condurre 
a 
fenomeni 
risarcitori 
da 
parte 
della 
pubblica 
amministrazione 
in 
veste 
di 
stazione 
appaltante. 

Tanto 
si 
verifica 
sia 
nel 
caso 
di 
danni 
cagionati 
da 
comportamenti 
scorretti 
nel 
corso della 
procedura, violativi 
degli 
obblighi 
privatistici 
di 
lealt�, correttezza 
e 
diligenza, 
come 
riconducibili 
agli 
articoli 
1337 
e 
1338 
c.c. 
(c.d. 
responsabilit� 
precontrattuale 
pura 
(30): 
si 
pensi 
alla 
violazione 
dell�obbligo di 
informazione 
ovvero alla 
gara 
bandita 
senza 
avere 
i 
fondi 
e, quindi, in un momento 
successivo revocata) che 
in quello di 
danni 
connessi 
a 
provvedimenti 
illegittimi 
che, 
essendo 
intervenuti 
nel 
corso 
della 
procedura, 
sono 
lesivi 
di 
interessi 
legittimi 
(si 
pensi 
al 
caso del 
provvedimento di 
esclusione 
dalla 
gara 


o dell�aggiudicazione 
illegittima 
in favore 
di 
una 
impresa 
concorrente: 
siamo 
nel 
perimetro 
della 
c.d. 
responsabilit� 
precontrattuale 
spuria). 
Ovvio 
che 
la 
natura 
di 
detta 
ultima 
forma 
di 
responsabilit� 
della 
P.A. per lesione 
degli 
interessi 
legittimi 
dei 
concorrenti 
rimane 
profondamente 
diversa, 
come 
evidenziato 
da 
autorevole 
studioso, rispetto a 
quella 
precontrattuale 
in senso stretto. 
Pi� nello specifico: 
il 
privato che 
deduce 
la 
responsabilit� 
da 
provvedimento 
illegittimo precontrattuale 
della 
P.A. non intende 
far valere 
la 
violazione 
del 
principio di 
buona 
fede 
oggettiva 
di 
cui 
all�articolo 1337 del 
Codice 
Civile, 
bens� 
il 
pregiudizio che 
un provvedimento amministrativo illegittimo arreca 
all�interesse 
legittimo 
pretensivo 
al 
conseguimento 
del 
bene 
della 
vita, 
rappresentato 
dall�aggiudicazione, 
o 
meglio, 
dalla 
stipulazione 
del 
contratto 
e 
del 
relativo 
utile. 
In 
tal 
caso, 
non 
sarebbe 
configurabile 
una 
responsabilit� 
precontrattuale 
in senso ontologico, quanto piuttosto in senso cronologico e 
ci� 
in quanto la 
responsabilit� 
della 
pubblica 
amministrazione 
precede 
la 
stipula 
del contratto. 
La 
responsabilit� 
precontrattuale 
�spuria�, 
infatti, 
designa 
l�obbligazione 


(30) ricondotta 
dalla 
pi� recente 
giurisprudenza 
alla 
responsabilit� 
contrattuale 
da 
contatto sociale. 
Si veda sul punto: Cass., Sez. I, 20 dicembre 2011, n. 27648. 

DOTTrINA 
307 


risarcitoria 
avente 
ad 
oggetto 
i 
danni 
cagionati 
dall�adozione 
di 
provvedimenti 
illegittimi 
nel 
corso 
della 
serie 
procedimentale 
di 
evidenza 
pubblica: 
essa, 
dunque, 
involge 
l�esercizio non corretto del 
potere 
pubblicistico di 
stampo autoritativo, 
con la 
conseguente 
lesione 
di 
interessi 
legittimi. Si 
tratta, pertanto, di 
una 
forma 
di 
responsabilit� 
solo 
cronologicamente 
connessa 
alle 
trattative 
precontrattuali, 
ma 
ontologicamente 
assai 
diversa 
da 
quella 
derivante 
dalla 
violazione 
del canone di buona fede prenegoziale. 

La 
responsabilit� 
precontrattuale 
�pura�, invece, si 
configura 
in caso di 
violazione 
dei 
canoni 
comportamentali 
privatistici 
posti 
dagli 
articoli 
1337 e 
1338 
c.c. 
In 
tali 
ipotesi, 
pertanto, 
il 
soggetto 
pubblico 
non 
adotta 
provvedimenti 
illegittimi 
ma 
tiene 
comportamenti 
illeciti. 
Oggetto 
di 
denuncia 
non 
sono 
cio� 
i 
singoli 
provvedimenti 
atomisticamente 
considerati, 
ma 
la 
condotta 
complessiva. 
Si 
pensi 
al 
caso 
della 
revoca 
legittima 
ma 
tardiva 
di 
una 
gara 
per 
mancanza 
ab 
origine 
di 
fondi: 
il 
provvedimento, 
in 
s� 
considerato, 
� 
legittimo, 
tuttavia 
si 
inserisce 
in una 
condotta 
complessiva 
violativa 
dei 
canoni 
di 
correttezza 
e buona fede. 


Le 
due 
forme 
di 
responsabilit� 
precontrattuale 
si 
differenziano, 
quindi, 
per 
natura 
e 
presupposti; 
diverso 
�, 
peraltro, 
il 
danno 
risarcibile 
nelle 
due 
fattispecie. 


Il 
contraente 
che 
lamenta 
la 
lesione 
del 
suo interesse 
legittimo al 
corretto 
svolgimento della 
gara, infatti, fa 
valere 
l�interesse 
positivo corrispondente 
al 
guadagno 
che 
gli 
sarebbe 
derivato 
dalla 
conclusione 
del 
contratto, 
mentre, 
l�aggiudicatario che 
abbia 
confidato senza 
sua 
colpa 
nella 
validit� 
della 
procedura 
o 
nell�esistenza 
dei 
fondi 
per 
la 
stipula 
del 
contratto, 
pu� 
far 
valere 
solo 
l�interesse 
negativo 
pari 
alle 
spese 
sostenute 
per 
la 
sua 
partecipazione 
alla 
gara 
e 
nella 
perdita 
di 
altre 
occasioni 
contrattuali 
sfuggite 
a 
causa 
del-
l�inutile coinvolgimento nella procedura illegittima. 

La 
diversa 
natura 
delle 
due 
forme 
di 
responsabilit� 
precontrattuale 
ha 
implicazioni 
anche 
in tema 
di 
giurisdizione. In caso di 
responsabilit� 
spuria, per 
la 
quale 
la 
giurisdizione 
non potr� 
che 
radicarsi 
in capo al 
Giudice 
Amministrativo 
ai 
sensi 
dell�articolo 7 c.p.a., viene 
in rilievo un�ipotesi 
di 
cattivo uso 
del 
potere 
pubblico, naturaliter 
devoluta 
alla 
giurisdizione 
amministrativa 
di 
legittimit�. 

Qualche 
dubbio in pi� � 
emerso a 
riguardo della 
responsabilit� 
precontrattuale 
pura. 

Le 
incertezze 
pretorie 
al 
centro del 
dibattito tradizionale, in linea 
di 
massima 
orientato verso la 
giurisdizione 
del 
Giudice 
Amministrativo, sono state 
definitivamente 
superate 
dall�articolo 
133, 
co. 
1 
lett. 
e), 
c.p.a., 
a 
mente 
del 
quale 
sono devolute 
alla 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
Giudice 
Amministrativo 
le 
controversie 
�relative 
a 
procedure 
di 
affidamento di 
pubblici 
lavori 
[�] ivi 
incluse quelle risarcitorie�. 

Se 
ne 
deduce 
che 
le 
controversie 
in materia 
di 
responsabilit� 
precontrat



rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


tuale, appartenendo al 
genus 
di 
quelle 
�risarcitorie�, sono soggette 
alla 
giurisdizione 
esclusiva del Giudice 
Amministrativo. 


Va 
soggiunto 
che, 
lungi 
dal 
costituire 
un 
approdo 
ormai 
pacifico 
della 
giurisprudenza, detta 
ricostruzione 
� 
stata 
messa 
in dubbio da 
tre 
recenti 
ordinanze 
�gemelle� 
delle 
Sezioni 
unite 
che 
hanno affermato che 
la 
domanda 
di 
risarcimento 
del 
danno 
subito 
a 
seguito 
del 
ritiro 
in 
autotutela 
di 
un 
precedente 
provvedimento illegittimo ampliativo, con conseguente 
frustrazione 
dell�affidamento 
ingenerato 
nel 
destinatario 
del 
provvedimento, 
� 
di 
pertinenza 
della 
giurisdizione ordinaria. 

4. Le 
nuove 
frontiere 
della responsabilit� precontrattuale 
della pubblica amministrazione. 
Il 
Supremo Consesso amministrativo ha 
affermato che 
in materia 
di 
contratti 
pubblici 
si 
� 
in presenza 
di 
una 
formazione 
necessariamente 
progressiva 
del 
contratto, 
che 
si 
sviluppa 
secondo 
lo 
schema 
dell�offerta 
al 
pubblico, 
dove 
si 
registra 
un primo contatto con una 
pluralit� 
di 
possibili 
contraenti. Non � 
perci� possibile 
scindere 
il 
momento di 
sviluppo del 
procedimento negoziale, 
limitando 
l�applicazione 
delle 
regole 
di 
responsabilit� 
precontrattuale 
alla 
fase 
in cui 
il 
contatto sociale 
viene 
qualificato con l�aggiudicazione 
del 
contratto. 
Pertanto 
anche 
la 
condotta 
anteriore 
a 
tale 
momento 
temporale 
deve 
sottostare 
alle disposizioni di cui all�articolo 1337 del Codice Civile. 


Se 
durante 
la 
fase 
formativa 
del 
contratto 
la 
pubblica 
amministrazione 
viola 
quel 
dovere 
di 
lealt� 
e 
correttezza 
ponendo in essere 
comportamenti 
che 
non garantiscono l�affidamento della 
controparte 
in modo da 
sorprendere 
la 
sua 
fiducia 
sulla 
conclusione 
del 
contratto, 
essa 
risponde 
per 
responsabilit� 
precontrattuale (31). 


La 
giurisprudenza 
prevalente, 
tuttavia, 
continua 
a 
delimitare 
la 
fase 
in 
cui 
pu� 
sorgere 
un 
ragionevole 
affidamento 
in 
capo 
al 
privato, 
tale 
da 
integrare 
un 
interesse 
meritevole 
di 
tutela, 
a 
quella 
successiva 
all�aggiudicazione. 
Si 
continua, 
infatti, 
a 
ritenere 
che 
la 
responsabilit� 
precontrattuale 
della 
pubblica 
amministrazione, 
essendo 
connessa 
alla 
violazione 
delle 
regole 
di 
condotta 
tipiche 
della 
formazione 
del 
contratto, 
non 
pu� 
che 
riguardare 
fatti 
svoltisi 
in 
tale 
fase, 
non 
potendo, 
per 
contro, 
configurarsi 
anteriormente 
alla 
scelta 
del 
contraente, 
allorch� 
gli 
aspiranti 
a 
tale 
posizione 
sono 
solo 
partecipanti 
ad 
una 
gara 
e, 
come 
tali, 
titolari 
di 
un 
mero 
interesse 
legittimo 
al 
corretto 
esercizio 
dei 
poteri 
della 
pubblica 
amministrazione. 
� 
stato 
peraltro 
osservato 
(32) 
che 
l�estensione 
alle 
procedure 
di 
affidamento 
di 
contratti 
pubblici 
dei 
principi 
e 
delle 
regole 
in 
materia 
di 
responsabilit� 
precontrattuale 
comporta 
che 
l�amministrazione 
aggiudicatrice 
intanto 
pu� 
ritenersi 
soggetta 
alle 
conseguenze 
derivanti 
dall�articolo 


(31) F. CArINGELLA, manuale di diritto amministrativo, cit., 307. 
(32) Cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2015, n. 1864. 

DOTTrINA 
309 


1337 
c.c. 
in 
quanto 
la 
gara 
sia 
giunta 
ad 
uno 
stadio 
tale 
da 
avere 
ingenerato 
nel 
concorrente 
la 
ragionevole 
aspettativa 
di 
conseguire 
l�aggiudicazione 
e 
dunque 
la 
stipulazione 
del 
contratto. 
In 
altri 
termini, 
occorre 
che 
quest�ultimo 
veda 
leso 
un 
affidamento 
consolidato 
in 
ordine 
alla 
favorevole 
conclusione 
della 
procedura 
di 
gara, 
solo 
con 
l�aggiudicazione 
definitiva 
pu�, 
per�, 
dirsi 
sorto 
un 
affidamento 
meritevole 
di 
tutela 
e 
risarcibile 
a 
titolo 
di 
responsabilit� 
precontrattuale 
poich� 
la 
sua 
offerta, 
individuata 
come 
la 
migliore 
dalla 
commissione 
di 
gara, 
� 
stata 
ritenuta 
tale 
anche 
dalla 
stazione 
appaltante. 


Va 
dato atto, a 
questo punto, degli 
ultimi 
arresti 
della 
giurisprudenza 
in 
tema 
di 
natura 
giuridica 
della 
responsabilit� 
precontrattuale. Quanto sin qui 
argomentato si 
� 
basato sull�assunto di 
fondo, affermato quasi 
costantemente 
dalla 
giurisprudenza 
prevalente, civilistica 
e 
non, che 
ascrive 
alla 
responsabilit� 
precontrattuale 
natura 
aquiliana. Tale 
conclusione 
� 
indotta, come 
affermato 
in 
dottrina, 
dall�assenza 
di 
un 
pregresso 
rapporto 
obbligatorio 
tra 
le 
parti, 
unico 
elemento 
che, 
se 
inadempiuto, 
pu� 
determinare 
il 
sorgere 
di 
una 
responsabilit� 
contrattuale 
(rievocando gli 
elementi 
di 
diritto romano: 
obligatio ex 
contractu, dove 
il 
termine 
�contratto� 
esprime 
un�obbligazione 
fondata 
su di 
un 
accordo). 
Ne 
deriva, 
quindi, 
la 
qualificazione 
della 
responsabilit� 
come 
aquiliana, con le 
relative 
conseguenze 
in materia 
di 
prescrizione 
e 
di 
riparto 
dell�onere della prova. 

Tuttavia, nella 
giurisprudenza 
pi� recente 
della 
Cassazione, � 
emerso un 
trend 
diverso, 
un 
indirizzo 
che, 
se 
confermato, 
potrebbe 
rivoluzionare 
l�intera 
materia 
della 
responsabilit� 
precontrattuale 
anche 
sul 
versante 
della 
scienza 
del diritto amministrativo. 

La 
Cassazione, in alcuni 
arresti, ha 
qualificato la 
responsabilit� 
in esame 
come 
contrattuale 
da 
�contatto sociale�, la 
quale 
scaturisce 
dalla 
violazione 
di 
uno 
specifico 
e 
preesistente 
rapporto 
obbligatorio 
rappresentato 
dall�esistenza 
di trattative in stato avanzato. 

Stando 
alla 
rivoluzionaria 
ricostruzione, 
sempre 
pi� 
centrale 
nel 
dibattito 
odierno 
riguardante 
la 
branca 
del 
diritto 
privato, 
quindi 
trapiantandola 
nel 
settore 
del 
diritto 
amministrativo, 
lo 
specifico 
rapporto, 
fonte 
della 
responsabilit� 
da 
contatto, 
sarebbe 
rappresentato 
dalla 
relazione 
che 
si 
instaura 
tra 
la 
pubblica 
amministrazione 
e 
il 
partecipante 
alla 
gara; 
relazione 
che 
� 
idonea 
a 
produrre 
specifici 
obblighi 
comportamentali 
in 
capo 
alle 
parti, 
ai 
senti 
dell�articolo 
1173 
del codice civile. 


Deve 
infine 
tenersi 
conto 
dell�interpretazione 
fornita 
dalla 
giurisprudenza 
alle 
nuove 
disposizioni 
dettate 
dal 
Codice 
del 
processo 
e, 
ancor 
prima, 
dal 
Codice 
dei contratti pubblici. 


Secondo 
taluni 
(33) 
l�espresso 
riconoscimento 
al 
Giudice 
Amministrativo 


(33) 
Cfr. 
Cass. 
civ., 
Sez. 
un., 
11 
gennaio 
2011, 
n. 
391; 
T.A.r. 
Toscana, 
Firenze, 
Sez. 
I, 
27 
gennaio 
2011, n. 154. 

rASSEGNA 
AVVOCATurA 
DELLO 
STATO - N. 1/2018 


del 
potere 
di 
caducare 
il 
contratto 
stipulato 
a 
seguito 
di 
una 
procedura 
ad 
evidenza 
pubblica 
illegittima, 
escluderebbe 
ogni 
residuo 
potere 
in 
capo 
alla 
pubblica 
amministrazione 
di 
rimuovere 
l�atto 
in 
autotutela. 
Ne 
conseguirebbe, 
pertanto, 
una 
responsabilit� 
squisitamente 
contrattuale, 
di 
matrice 
civilistica, 
in 
quanto 
il 
comportamento 
dell�Amministrazione 
che 
rimuove 
in 
autotutela 
un 
atto 
inerente 
la 
procedura 
pubblicistica 
dopo 
la 
stipula 
del 
contratto 
si 
risolverebbe 
nell�illegittimo 
esercizio 
del 
diritto 
di 
recesso 
di 
cui 
al 
Codice 
Civile. 


Tale 
tesi, 
tuttavia, 
� 
avversata 
da 
chi 
sostiene 
che 
il 
riconoscimento 
normativo 
di 
uno 
specifico 
potere 
giudiziale 
di 
conoscere 
della 
sorte 
del 
contratto 
non 
osta 
all�esercizio 
del 
potere 
di 
rimozione 
in 
autotutela 
della 
pubblica 
amministrazione, 
la 
quale 
conserva 
intatto 
il 
potere 
di 
annullare 
l�aggiudicazione 
di 
un 
appalto 
pubblico 
anche 
dopo 
la 
stipulazione 
del 
contratto, 
con 
la 
conseguente 
caducazione 
automatica 
dei 
relativi 
effetti 
negoziali 
(34). 
Il 
riconoscimento 
del 
potere 
di 
intervento 
in 
secondo 
grado 
sugli 
atti 
della 
procedura 
di 
gara, 
implica 
evidentemente 
l�affermazione 
di 
un 
diverso 
tipo 
di 
responsabilit� 
in 
capo 
alla 
pubblica 
amministrazione, 
la 
quale 
sar� 
tenuta 
a 
corrispondere 
all�aggiudicatario 
l�indennizzo 
di 
cui 
all�articolo 
21-quinquies, 
L. 


n. 
241/1990; 
in 
caso 
di 
esercizio 
illegittimo 
del 
potere 
di 
autotutela, 
invece, 
l�amministrazione 
risponder� 
dei 
danni 
subiti 
a 
titolo 
di 
responsabilit� 
aquiliana 
da 
illegittimo 
esercizio 
del 
potere 
pubblicistico 
(35). 
5. Conclusioni. 
L�evoluzione 
dell�istituto della 
responsabilit� 
precontrattuale 
della 
pubblica 
amministrazione 
dimostra 
il 
progressivo 
scardinamento 
della 
tradizionale 
divisione 
del 
diritto, quale 
strumento utilizzato da 
un�organizzazione 
per regolare 
la 
vita 
sociale, in pubblico (regolante 
i 
rapporti 
tra 
Stato o enti 
pubblici 
ed 
i 
privati, 
quando 
i 
primi 
agiscono 
in 
posizione 
di 
supremazia) 
e 
privato 
(regolante 
i 
rapporti 
interindividuali 
tra 
privati 
che 
si 
muovono in condizioni 
di 
parit�). 

Questo 
perch� 
il 
rapporto 
tra 
privato 
e 
pubblica 
amministrazione 
potrebbe 
paragonarsi 
a 
quello intercorrente 
tra 
i 
privati 
durante 
le 
trattative 
per la 
stipulazione 
di 
un 
contratto, 
da 
cui 
discenderebbe 
per 
entrambi, 
quindi 
anche 
per 
la 
pubblica 
amministrazione, in una 
originaria 
posizione 
di 
supremazia, il 
dovere 
di comportarsi secondo buona fede. 

(34) 
Cfr. 
Cons. 
Stato, 
Sez. 
V, 
5 
dicembre 
2013, 
n. 
5786; 
T.A.r. 
Puglia, 
Bari, 
Sez. 
II, 
14 
novembre 
2013, n. 1534; Cons. Stato, Sez. V, 3 agosto 2012, n. 4440. 
(35) Sulla 
questione 
ha 
preso posizione 
l�Adunanza 
Plenaria 
del 
Consiglio di 
Stato, 20 giugno 
2014, n. 14, secondo cui 
�il 
potere 
di 
revoca dell�aggiudicazione 
non pu� essere 
esercitato dalla p.a., 
una volta intervenuta la stipula del 
contratto di 
appalto, che 
chiude 
la fase 
pubblicistica ed apre 
quella 
negoziale, caratterizzata da tendenziale 
parit� tra le 
parti. Di 
conseguenza, negli 
appalti 
di 
lavori 
pubblici 
in 
caso 
di 
sopravvenuti 
motivi 
di 
opportunit�, 
la 
p.a. 
pu� 
recedere 
dal 
contratto, 
secondo 
la 
speciale 
previsione di cui all�art. 134 del codice degli appalti, con le conseguenze indennitarie ivi previste�. 

DOTTrINA 
311 


Tutto ci� contribuisce, in virt� dell�avvicinamento del 
diritto pubblico al 
diritto privato, al 
progressivo superamento della 
concezione 
di 
�soggetto autoritario� 
della 
pubblica 
amministrazione. 
Invero, 
il 
dogma 
dell�immunit� 
della 
pubblica 
amministrazione 
si 
supera, 
anche 
in 
punto 
di 
responsabilit� 
precontrattuale, 
sulla 
base 
di 
imprescindibili 
principi 
costituzionali 
che 
regolano 
l�attivit� 
amministrativa: 
il 
precetto 
dell�articolo 
28 
della 
Costituzione, 
che 
consacra 
al 
pi� 
alto 
livello 
della 
gerarchia 
delle 
fonti 
un 
principio 
la 
cui 
portata 
non autorizza 
manovre 
ermeneutiche 
capaci 
di 
escludere 
detta 
responsabilit�, 
capace 
di 
innovare 
e 
stravolgere 
il 
tessuto normativo previgente; 
l�articolo 97 
della 
Costituzione, che 
prevede 
il 
dovere 
della 
pubblica 
amministrazione 
di 
perseguire 
l�imparzialit� 
e 
il 
buon andamento, nella 
cui 
cornice 
si 
collocano i 
doveri 
di 
buona 
fede 
e 
di 
correttezza 
che 
si 
impongono quali 
principi 
istituzionali 
del 
comportamento 
delle 
amministrazioni 
pubbliche; 
l�articolo 
113 
della 
Costituzione, che 
formalizza 
una 
tutela 
giurisdizionale 
indefettibile 
per 
il privato nei confronti degli atti della pubblica amministrazione.