ANNO LXIX - N. 2 
APRILE - GIUGNO 2017 


RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE 
TRIMESTRALE DI SERVIZIO 



COMITATO 
SCIENTIfICO: 
Presidente: Michele 
Dipace. Componenti: Franco Coppi 
- Giuseppe 
Guarino Natalino 
Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 


DIRETTORE 
RESPONSABILE: 
Giuseppe 
Fiengo 
-CONDIRETTORI: 
Maurizio 
Borgo, 
Danilo 
Del 
Gaizo 
e 
Stefano Varone. 


COMITATO 
DI 
REDAZIONE: 
Giacomo Aiello -Lorenzo 
D�Ascia 
-Gianni 
De 
Bellis 
-Francesco 
De 
Luca 
-
Wally 
Ferrante 
-Sergio 
Fiorentino 
-Paolo 
Gentili 
-Maria 
Vittoria 
Lumetti 
-Francesco 
Meloncelli 
Marina 
Russo. 


CORRISPONDENTI 
DELLE 
AVVOCATURE 
DISTRETTUALI: 
Andrea 
Michele 
Caridi 
-Stefano 
Maria 
Cerillo 
Pierfrancesco 
La 
Spina 
-Marco 
Meloni 
-Maria 
Assunta 
Mercati 
-Alfonso 
Mezzotero 
-Riccardo 
Montagnoli 
-Domenico 
Mutino 
-Nicola 
Parri 
-Adele 
Quattrone 
-Pietro 
Vitullo. 


HANNO 
COLLABORATO 
INOLTRE 
AL 
PRESENTE 
fASCICOLO: 
Federico 
Basilica, 
Guglielmo 
Bernabei, 
Vincenzo 
Tommaso 
Ciorra, 
Liborio 
Coaccioli, 
Carla 
Colelli, 
Anna 
Collabolletta, 
Isabella 
Corsini, 
Giulia 
Fabrizi, 
Ettore 
Figliolia, 
Salvatore 
Paolo 
Putrino 
Gallo, 
Michele 
Gerardo, 
Massimo 
Giannuzzi, 
Antonio 
Grumetto, 
Paolo 
Marchini, 
Lucia 
Marzialetti, 
Giacomo 
Montanari, 
Glauco 
Nori, 
Paola 
Palmieri, 
Valentina 
Pincini, 
Carlo 
Maria 
Pisana, 
Gabriella 
Salvati, 
Massimo 
Salvatorelli, 
Mario 
Antonio 
Scino, 
Francesco 
Sclafani, 
Antonio 
Tallarida, 
Massimo 
Massella 
Ducci 
Teri, 
Claudio 
Tric�, 
Ivan 
Michele 
Triolo, 
Daniele 
Sisca. 


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giuseppe.fiengo@avvocaturastato.it 
maurizio.borgo@avvocaturastato.it 
danilodelgaizo@avvocaturastato.it 
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NUMERO 
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postale 
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dello 
Stato 
specificando 
codice 
IBAN: 
IT 
42Q 
01000 
03245 
348 
0 
10 
2368 
05, 
causale 
di 
versamento, 
indirizzo 
ove 
effettuare 
la 
spedizione, 
codice 
fiscale 
del 
versante. 


I 
destinatari 
della 
rivista 
sono 
pregati 
di 
comunicare 
eventuali 
variazioni 
di 
indirizzo 


AVVOCATURA 
GENERALE 
DELLO 
STATO 
RASSEGNA 
- Via dei Portoghesi, 12, 00186 Roma 
E-mail: rassegna@avvocaturastato.it - Sito www.avvocaturastato.it 


Stampato in Italia - Printed in Italy 


Autorizzazione 
Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 



indice 
-sommario 


TEMI 
ISTITUZIONALI 


Osservator� 
sulla 
Giustizia 
civile, 
Comunitato 
dell�Avvocato 
Generale 
dello Stato, avv. Massimo Massella Ducci Teri 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Massimo 
Salvatorelli, 
La 
parte 
pubblica 
in 
mediazione 
e 
negoziazione 
assistita: riflessioni generali. Il ruolo della Avvocaura dello Stato 
. . . . . 

Patrocinio dell�Avvocatura dello Stato dell�Ente 
�Agenzia delle 
Entrate 


-Riscossione� 
(�ADER� 
gi� Equitalia s.p.a.). Protocollo d�intesa sottoscritto 
il 
22 giugno 2017, Circolare 
A.G. prot. 339351 del 
5 luglio 2017 
n. 36; Circolare 
A.G. prot. 383205 del 2 agosto 2017 n. 41. . . . . . . . . . . 
CONTENZIOSO 
NAZIONALE 


Giulia 
fabrizi, Le 
Sezioni 
Unite 
sul 
concorso tra reati 
di 
malversazione 
a 
danno 
dello 
Stato 
e 
truffa 
aggravata 
per 
il 
conseguimento 
di 
erogazioni 
pubbliche: 
il 
caso 
Invitalia 
S.p.a. 
(Cass. 
pen., 
Sez. 
Un., 
sent. 
28 
aprile 
2017 n. 20664) 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Ivan 
Michele 
Triolo, 
Danni 
punitivi: 
la 
�nuova� 
natura 
polifunzionale 
della 
responsabilit� 
civile 
(Cass. 
civ., 
Sez. 
Un., 
sent. 
5 
luglio 
2017 
n. 
16601). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Wally 
ferrante, 
Translatio 
iudicii 
negli 
appelli 
ex 
lege 
689/81 
(e 
non 
solo) 
(Cass. civ., Sez. Un., sent. 14 settembre 
2016 n. 18121; 
Cass. civ., Sez. 
Sesta - 2, ord. 8 marzo 2017 n. 5841). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Claudio 
Tric�, 
Illecita 
detenzione 
di 
segni 
distintivi 
in 
uso 
alle 
forze 
di 
polizia; rilevanza penale 
del 
falso ottenuto mediante 
fotocopia di 
un inesistente 
originale 
(Cass. pen., Sez. V, sent. 21 marzo 2017 n. 13810) 
. . . 

Carlo Maria 
Pisana, In tema di 
decandenza da agevolazioni 
per 
imposta 
di registro (Cass., Sez. V, sent. 30 maggio 2017 n. 13583) 
. . . . . . . . . . . 

Gabriella 
Salvati, 
Il 
conflitto 
tra 
il 
diritto 
individuale 
alla 
libert� 
di 
scelta 
ed i 
superiori 
diritti 
collettivi 
(Trib. Napoli, Sez. X 
civ., ord. 25 maggio 
2017). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Massimo 
Giannuzzi, 
In 
materia 
di 
cause 
aventi 
ad 
oggetto 
danni 
derivanti 
da 
urto 
di 
navi 
al 
di 
fuori 
del 
mare 
territoriale: 
il 
giudice 
competente 


(Trib. Roma, Sez. II civ., ord. 30 maggio 2017). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Valentina 
Pincini, L�accesso alla documentazione 
fiscale 
e 
tributaria del 
coniuge 
nei 
giudizi 
di 
separazione: 
normativa 
ed 
orientamenti 
giurisprudenziali 
(T.a.r. Emilia Romagna, Sez. I, sentt. 2 febbraio 2017 nn. 64 e 65) 


I PARERI 
DEL 
COMITATO 
CONSULTIVO 


federico Basilica, Interpretazione 
della normativa sulle 
preclusioni 
per 
l�ammissione alla procedura di chiamata dei docenti universitari 
. . . . . 

pag. 
1 
�� 
2 
�� 
9 
�� 
15 
�� 
42 
�� 
54 
�� 
66 
�� 
76 
�� 
79 
�� 
89 
�� 
92 
�� 
109 



Ettore figliolia, 
Sulla subappaltabilit� dei lavori nelle 
ATI verticali 
. . . 

Carla 
Colelli, Controllo e 
riscossione 
del 
contributo unificato in caso di 
ricorsi straordinari al Capo dello Stato. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Anna 
Collabolletta, 
L�istituto della mediazione 
e 
il 
rimborso delle 
spese 
legali per i giudizi proposti nei confronti dei dipendenti delle pp.aa. . . . 

Antonio Grumetto, 
Sull�applicazione 
degli 
interessi 
di 
mora per 
il 
ritardato 
pagamento di una pubblica amministrazione 
. . . . . . . . . . . . . . . . . 

francesco 
Sclafani, 
Interpretazione 
e 
disciplina 
attuativa 
dei 
contratti 
esclusi dall�ambito di applicazione oggettiva del d.lgs 50/2016 
. . . . . . . 

Paolo 
Marchini, 
L�acquisizione 
delle 
opere 
abusive 
nelle 
aree 
naturali 
protette: il principio �tempus regit actum� 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

francesco 
Meloncelli, 
La 
regola 
del 
concorso 
pubblico 
per 
le 
progressioni 
tra aree funzionali e la deroga di legge 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Paola 
Palmieri, 
Il 
regime 
della revisione 
dei 
prezzi 
negli 
appalti 
di 
lavori 
a seguito della novellata disciplina del D.lgs 50/2016 
. . . . . . . . . . . . . . 

Isabella 
Corsini, 
Il 
rimborso delle 
spese 
legali 
a favore 
di 
dipendenti 
di 
amministrazioni 
statali 
ai 
sensi 
dell�art. 
18 
del 
D.L. 
25 
marzo 
1997 
n. 


67: la �ratio� del rimborso 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 
Mario Antonio Scino, L�applicazione 
di 
sanzioni 
pecuniarie 
aggiuntive 
nel caso di sostituzione commissariale ex art. 32, c. 10, D.L. 90/2014 
. . 

Mario Antonio Scino, 
Interpretazione 
dell�art. 84 d.lgs 
159/2011 e 
modalit� 
di valutazione dei requisiti per l�iscrizione nelle �white list� 
. . . . 

Sergio 
fiorentino, 
Valutazione 
della 
proporzione 
della 
soccombenza 
ai 
fini 
del 
riparto dell�onere 
del 
contributo unificato nel 
giudizio amministrativo 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Liborio Coaccioli, Sull�incombenza dell�onere del contributo unificato 


LEGISLAZIONE 
ED 
ATTUALIT� 


Antonio Tallarida, Norme 
di 
commercializzazione 
e 
controlli 
di 
conformit�. 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Daniele 
Sisca, 
Illegittimit� 
della 
delibera 
consiliare 
con 
la 
quale 
vengono 
approvate 
le 
aliquote 
e 
le 
tariffe 
dei 
tributi 
comunali 
oltre 
il 
termine 
stabilito 
per l�approvazione del bilancio di previsione. . . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTRIBUTI 
DI 
DOTTRINA 


Michele 
Gerardo, Violazione 
del 
principio di 
gerarchia delle 
fonti 
del 
diritto: 
conseguenze, rilievo dell�antinomia. Rivisitazione 
dell�atto normativo 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Alfonso Mezzotero, Salvatore 
Paolo Putrino Gallo, Il 
sitema delle 
informative 
antimafia nei recenti arresti giurisprudenziali 
. . . . . . . . . . . . . . . 

Glauco Nori, Sistemi elettorali e rappresentativit� 
. . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 
113 
�� 
118 
�� 
126 
�� 
132 
�� 
138 
�� 
144 
�� 
150 
�� 
156 


�� 
163 
�� 
165 
�� 
168 


�� 
175 
�� 
181 


�� 
187 


�� 
201 


�� 
211 


�� 
225 
�� 
246 



Vincenzo 
Tommaso 
Ciorra, 
L�efficacia 
delle 
decisioni 
dell�AGCM 
nei 
giudizi follow on 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 
250 
Lucia 
Marzialetti, Contabilit� nazionale 
e 
unit� istituzionali. Interpretazione 
ed applicazione 
dei 
criteri 
dettati 
dal 
SEC 2010 per 
l�inserimento 
delle 
PP.AA. nell�Elenco delle 
unit� istituzionali 
appartenenti 
al 
settore 
delle 
Amministrazioni Pubbliche di competenza dell�ISTAT 
. . . . . . . . . . �� 
270 
RECENSIONI 
Guglielmo Bernabei, Giacomo Montanari, 
Autonomie 
e 
Finanza Locale, 
Cleup editore - Universit� di Padova, 2017. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 
289 



TEMIISTITUZIONALI
OSSERVATOR� 
SULLA 
GIUSTIZIA 
CIVILE 


Comunicato dell�Avvocato Generale dello Stato, 
avv. Massimo Massella Ducci Teri 


Nei 
giorni 
19, 20 e 
21 maggio 2017 si 
� 
tenuta, presso la 
Corte 
Suprema 
di 
Cassazione 
in Roma, la 
XII Assemblea 
Nazionale 
degli 
Osservator� 
sulla 
Giustizia 
civile, che 
ha 
affrontato quest�anno il 
tema 
generale: 
�Giustizia diffusa 
e condivisa: confronto e collaborazione nella risoluzione dei conflitti�. 


Ai 
lunghi 
e 
complessi 
lavori 
preparatori, nonch� 
all�Assemblea 
conclusiva, 
ha 
partecipato 
quest�anno 
per 
la 
prima 
volta 
una 
consistente 
delegazione 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato, 
coordinata 
dal 
Vice 
Avvocato 
Generale 
Massimo 
Salvatorelli 
e 
composta 
dagli 
Avvocati 
dello 
Stato 
Maria 
Gabriella 
Mangia, 
Attilio Barbieri 
e 
Gaetana 
Natale, e 
dai 
Procuratori 
dello Stato Brunella 
Borgoni 
e 
Maria 
Francesca 
Severi. Gli 
avvocati 
e 
procuratori 
dello Stato si 
sono 
occupati, nell�ambito dei 
vari 
gruppi 
di 
lavoro istituiti, delle 
tematiche 
pi� vicine 
alla 
attivit� 
dell�Istituto: 
in particolare, dei 
problemi 
connessi 
al 
�danno 
non patrimoniale 
alla persona�, ai 
rapporti 
tra 
�giurisdizione 
e 
rimedi 
alternativi 
per 
la risoluzione 
delle 
controversie 
(ADR)�, al 
rispetto del 
principio 
della 
�sinteticit� degli 
atti 
del 
processo� 
(scritti 
defensionali, ma 
anche 
provvedimenti 
giurisdizionali). 


� 
stato 
per 
me 
motivo 
di 
grande 
soddisfazione 
poter 
constatare 
(anche 
direttamente, 
nel 
corso 
del 
saluto 
introduttivo 
che 
ho 
rivolto 
ai 
partecipanti 
nella 
giornata 
inaugurale 
dei 
lavori) che 
la 
fattiva 
partecipazione 
della 
Avvocatura 
ai 
lavori 
� 
stata 
vivamente 
apprezzata 
tanto dai 
Magistrati 
quanto dai 
colleghi del libero Foro. 


Si 
� 
pertanto da 
pi� parti 
auspicato - ed � 
mia 
intenzione 
operare 
affinch� 
ci� 
avvenga 
-che 
la 
partecipazione 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
all�attivit� 
degli 
Osservator� 
non rimanga 
episodica, ma 
si 
svolga 
con regolarit�, estendendo 
anzi 
la 
stessa, limitata 
quest�anno ai 
gruppi 
di 
lavoro istituiti 
presso il 



RASSeGNA 
AVVOCATuRA 
DeLLO 
STATO - N. 2/2017 


Tribunale 
di 
Roma, anche 
alle 
sedi 
Distrettuali. Alla 
ripresa 
dei 
lavori 
degli 
Osservator�, dopo l�estate, provveder� pertanto a 
designare, per la 
partecipazione, 
avvocati in servizio presso i 
Tribunali interessati dai lavori stessi. 


Mi 
pare 
anche 
importante, in questo contesto, estendere 
a 
tutto l�Istituto 
l�intervento 
presentato 
nel 
corso 
dei 
lavori 
dall�Avvocato 
Salvatorelli 
sullo 
specifico 
tema 
della 
posizione 
del 
difensore 
pubblico 
nel 
contesto 
dei 
cd. 
�strumenti 
deflattivi 
del 
contenzioso�. In questo intervento - che 
� 
stato da 
me 
pienamente 
condiviso -, anche 
alla 
luce 
dell�esperienza 
maturata 
in questi 
primi 
anni 
di 
applicazione 
degli 
istituti 
in 
discorso, 
possono 
trovarsi 
significativi 
spunti, in un�ottica 
tesa 
a 
conciliare 
una 
costruttiva 
valorizzazione 
della 
partecipazione 
a 
tali 
procedimenti 
con 
una 
lettura 
delle 
norme 
(che, 
giova 
evidenziare, 
ha 
trovato 
la 
piena 
comprensione 
da 
parte 
degli 
interlocutori 
presenti) compatibile 
con le 
difficolt� 
operative 
che 
l�Istituto pu� trovarsi 
a 
fronteggiare nella quotidiana applicazione degli 
ADR. 


GRUPPO 
DI 
LAVORO 
SU 
�GIURISDIZIONE 
ED 
ADR� 


La parte pubblica in mediazione e negoziazione assistita: 
riflessioni generali. Il ruolo della Avvocatura dello Stato 
(*) 


Negli 
ultimi 
anni, 
come 
noto, 
anche 
nell�ordinamento 
processuale 
italiano 
si 
� 
assistito alla 
introduzione 
di 
varie 
misure 
volte 
a 
garantire 
i 
principi 
costituzionali 
in tema 
di 
celerit� 
ed effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale, attraverso 
metodi 
alternativi 
per 
la 
prevenzione 
del 
contenzioso 
e 
la 
risoluzione 
delle controversie (cosiddetti �ADR�: 
alternative dispute resolution). 


Nel 
regolamentare 
tali 
procedure 
(e 
si 
pensa 
qui, in particolare, alla 
mediazione 
finalizzata 
alla 
conciliazione 
di 
cui 
al 
D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, al 


D.L. 12 settembre 
2014, n. 132 in tema 
di 
degiurisdizionalizzazione 
e 
definizione 
dell�arretrato in materia 
di 
processo civile, che 
regola 
il 
trasferimento 
dei 
procedimenti 
pendenti 
in sede 
arbitrale 
e 
la 
negoziazione 
assistita, al 
D. 
Lgs. 6 agosto 2015, n. 130 sulla 
risoluzione 
alternativa 
delle 
controversie 
dei 
consumatori), mezzi 
di 
portata 
generale 
ed applicabili 
in linea 
di 
principio a 
tutti 
i 
soggetti 
potenzialmente 
parti 
di 
una 
controversia, assai 
di 
rado, per�, il 
Legislatore 
si 
� 
posto nell�ottica 
delle 
modalit� 
di 
applicazione 
degli 
stessi 
ai 
soggetti 
pubblici. 
Basta 
pensare, 
a 
questo 
proposito, 
alla 
presenza 
di 
norme 
�premiali� 
con riflessi 
tributari 
per le 
parti 
che 
si 
accordano; 
agli 
obblighi 
relativi 
alla 
informazione 
che 
il 
difensore 
deve 
fornire 
alle 
parti 
assistite; 
a 
quelle 
disposizioni 
che 
presuppongono 
la 
iscrizione 
del 
difensore 
stesso 
all�albo 
pro(*) 
Intervento del 
Vice 
Avvocato Generale Massimo Salvatorelli. 



TeMI 
ISTITuzIONALI 


fessionale, 
per 
comprendere 
che 
siamo 
in 
presenza 
di 
previsioni 
evidentemente 
non applicabili 
alle 
parti 
pubbliche 
e 
ai 
loro difensori; 
e 
d�altro canto, le 
disposizioni 
del 
diritto dell�unione 
che 
sono in gran parte 
ispiratrici 
degli 
ADR 
sembrano anch�esse 
escludere 
la 
presenza 
nelle 
controversie 
in atto o in potenza 
di una parte pubblica. 


Ora, 
le 
peculiarit� 
che 
innegabilmente 
caratterizzano 
l�operare 
di 
tali 
soggetti, 
e 
in particolare 
le 
modalit� 
con le 
quali 
gli 
stessi 
sono assistiti 
e 
difesi 
in 
giudizio, hanno creato e 
creano una 
serie 
di 
problemi 
concreti, dei 
quali 
si 
� 
dovuta 
fare 
carico 
anche 
l�Avvocatura 
dello 
Stato, 
difensore 
ex 
lege 
delle 
Amministrazioni 
statali 
e 
di 
altri 
enti 
pubblici, finendo col 
dare 
talvolta 
l�impressione 
di 
un 
preconcetto 
rifiuto 
di 
tali 
strumenti: 
rifiuto 
che 
invece, 
a 
ben 
vedere, non cՏ. 


Tali 
vie 
alternative 
non possono non essere 
viste 
anche 
dalla 
parte 
pubblica 
come 
fondamentali, 
potenzialmente 
decisive 
per 
il 
raggiungimento 
di 
scopi 
(generali 
e 
particolari) 
certamente 
condivisi. 
Ma 
un 
reale 
contributo 
alla 
loro effettivit� 
anche 
nei 
confronti 
di 
quelle 
parti 
non pu� che 
passare 
attraverso 
una condivisione delle difficolt� che essi pongono. 


un costruttivo confronto dialettico tanto con il 
Foro libero quanto con la 
Magistratura, 
finalizzato 
ad 
una 
intelligente, 
reciproca 
comprensione 
delle 
problematiche 
-problematiche 
reali, 
e 
non 
mero 
�scudo� 
sintomatico 
di 
un 
gretto 
rifiuto 
della 
novit� 
-, 
pu� 
e 
deve 
allora 
contribuire 
a 
rendere 
quegli 
strumenti 
realmente 
utili 
ed efficaci 
per il 
raggiungimento delle 
fondamentale 
finalit� 
di abbattimento del contenzioso. 


Altrimenti, � 
inutile 
nasconderlo, la 
mancata 
�reciproca 
comprensione� 
non pu� che 
condurre 
ad un risultato addirittura 
opposto, costituendo gli 
strumenti 
ipoteticamente 
deflattivi 
un 
passaggio 
meramente 
formalistico, 
utile 
solo 
ad 
un 
ulteriore 
allungamento 
dell�iter 
processuale: 
il 
che 
sarebbe 
una 
sconfitta 
per tutti, anche, e 
si 
vorrebbe 
dire 
in primo luogo, per il 
soggetto per 
definizione portatore di interessi collettivi. 


L�atteggiarsi 
delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
nei 
confronti 
degli 
strumenti 
deflattivi 
del 
contenzioso � 
caratterizzato da 
due 
ordini 
di 
distinte 
problematiche, 
da affrontare e risolvere con approcci diversi. 


Vi 
�, 
per 
cos� 
dire, 
un 
aspetto 
�soggettivo�: 
meno 
serio, 
certamente, 
sotto 
il 
profilo 
giuridico, 
ma 
tutt�altro 
che 
trascurabile, 
poich� 
pu� 
costituire 
di 
fatto 
un ostacolo difficilmente 
sormontabile: 
il 
timore 
che 
nutre 
il 
funzionario pubblico 
nell�addivenire ad una composizione della controversia. 


e ci� per due ordini di ragioni. 


uno, 
per 
cos� 
dire, 
� 
psicologico, 
e 
di 
�educazione�: 
spesso, 
i 
vertici 
delle 
Amministrazioni 
-quelli 
che, 
naturalmente, 
si 
trovano 
a 
dover 
assumere 
la 
decisione 
finale 
sulla 
definizione 
della 
controversia 
avendo 
la 
disponibilit� 
del 
diritto 
-provengono 
da 
una 
formazione 
culturale 
tradizionalmente 
sospettosa 
di 



RASSeGNA 
AVVOCATuRA 
DeLLO 
STATO - N. 2/2017 


fronte 
ad 
accordi 
che 
precedano 
o 
sostituiscano 
una 
statuizione 
giurisdizionale. 


L�altro, al 
primo collegato, ma 
ben pi� concreto, � 
costituito dal 
timore 
che 
concludere 
una 
transazione 
possa 
essere 
per 
il 
funzionario 
fonte 
di 
responsabilit�. 
e 
occorre 
dire 
che 
l�assunzione 
di 
atteggiamenti 
rigidi 
da 
parte 
del 
Giudice 
contabile 
cui 
non 
di 
rado 
si 
� 
assistito 
possono 
avere 
decisiva 
influenza 
in questo senso. 


Sono, questi 
due 
profili 
�soggettivi�, aspetti 
sui 
quali 
si 
pu� certamente 
lavorare, e 
l�Avvocatura 
dello Stato a 
questo fine 
concretamente 
si 
sta 
impegnando. 
Occorre 
cio� 
far 
comprendere 
che 
una 
buona, 
o 
comunque 
una 
ragionevole 
transazione, 
lungi 
dal 
comportare 
responsabilit�, 
pu� 
anzi 
prevenire 
un addebito di 
mala gestio 
della 
cosa 
pubblica. Rifiutare 
un accordo in una 
situazione 
dove 
l�accordo appare 
consigliabile 
per prevenire 
pi� gravi 
conseguenze 
per 
l�erario 
costituisce 
propriamente 
una 
scelta 
di 
�buona 
amministrazione� 
da 
assumere 
proprio 
nel 
corretto 
perseguimento 
dell�interesse 
pubblico. 
L�assistenza 
del 
difensore, che 
chiarisca 
caso per caso questo punto, pu� certamente 
essere 
fondamentale, 
come 
altrettanto 
utile 
pu� 
essere 
la 
disponibilit� 
e 
la 
collaborazione 
dell�Autorit� 
giudiziaria, 
laddove 
in 
qualche 
modo 
investita 
della 
questione, e 
degli 
stessi 
difensori 
di 
controparte. Anche 
per il 
privato un 
accordo rapido e 
ragionevole 
pu� essere 
preferibile, pur se 
in termini 
magari 
meno 
vantaggiosi, 
ma 
pi� 
facilmente 
accettabili 
da 
parte 
dell�Amministrazione. 


Tuttavia, accanto a 
questi 
profili 
che 
abbiamo definito �soggettivi�, ben 
pi� 
serie 
problematiche 
�oggettive� 
vanno 
ad 
incidere 
sulla 
partecipazione 
delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
e 
dei 
loro 
difensori 
ai 
procedimenti 
deflattivi 
del contenzioso. 


� 
su questi 
aspetti 
che 
una 
piena 
comprensione 
e 
collaborazione 
da 
parte 
di 
tutte 
gli 
atri 
soggetti 
che 
intervengono negli 
ADR possono fornire 
il 
contributo 
decisivo 
per 
la 
effettiva 
utilit� 
del 
rimedio 
alternativo 
alla 
tutela 
giurisdizionale. 


Con pi� specifico riferimento alla 
mediazione, un primo ordine 
di 
problemi 
deriva 
dai 
limiti 
di 
applicabilit� 
normativamente 
posti 
al 
ricorso 
a 
quello 
strumento deflattivo. 


a. 
La 
normativa 
vigente, 
correttamente, 
ritiene 
percorribile 
la 
strada 
della 
mediazione limitatamente ai soli diritti disponibili. 
Con riferimento ai 
soggetti 
pubblici, ci� si 
traduce 
in una 
limitazione 
per 
tutta 
una 
serie 
di 
vicende 
che, ratione 
materiae, non sono suscettibili 
di 
accordo. 
Considerato 
anche 
il 
testuale 
riferimento 
alle 
�controversie 
civili 
e 
commerciali�, 
si 
deve 
dunque 
escludere 
che 
possano 
essere 
oggetto 
di 
mediazione 
(perch� non possono essere oggetto di accordo): 


i. 
le 
controversie 
in materia 
di 
diritto amministrativo, laddove 
cio� 
l�Amministrazione 
abbia esercitato o debba esercitare potest� pubbliche; 

TeMI 
ISTITuzIONALI 


ii. 
le 
controversie 
tributarie 
(evidentemente 
comprese 
quelle 
in materia 
doganale); 
iii. 
le 
controversie 
in tema 
di 
responsabilit� 
dello Stato per atti 
compiuti 
iure 
imperii. 
Tra 
queste 
devono 
ritenersi 
evidentemente 
rientrare 
le 
(non 
transigibili) 
controversie 
in materia 
di 
responsabilit� 
per l�eccessiva 
durata 
del 
processo 
(cd. 
�legge 
Pinto�), 
come 
dimostra 
la 
necessit�, 
che 
era 
stata 
come 
noto a 
suo tempo avvertita, di 
istituire 
una 
specifica 
procedura 
di 
natura para-conciliativa; 
iv. 
le 
pretese 
civili 
azionate 
a 
mezzo 
della 
costituzione 
di 
parte 
civile 
nel 
procedimento 
penale; 
v. 
le 
controversie 
relative 
a 
diritti 
reali 
�pubblici� 
(si 
pensi 
a 
vicende 
involgenti 
la demanialit� o la natura patrimoniale indisponibile di un bene). 
In tutti 
questi 
casi, � 
evidente 
(e 
deve 
essere 
compreso dalle 
stesse 
controparti 
e 
dai 
Giudici) che 
l�opposizione 
di 
un rifiuto alla 
mediazione/negoziazione 
discende 
da 
un preciso obbligo di 
legge 
e 
non da 
un �capriccio� 
di 
un�Amministrazione neghittosa. 


b. 
Ma 
a 
queste 
ipotesi 
devono 
affiancarsene 
logicamente 
altre, 
pur 
vertenti 
in materia 
�civile 
e 
commerciale�, nelle 
quali 
l�Amministrazione 
non pu� logicamente 
addivenire 
ad accordo alcuno, poich� 
in realt� 
la 
atipicit� 
del 
suo 
operare 
non consente 
di 
ricomprendere 
la 
controversia, se 
non attraverso una 
lettura superficiale, in tale novero. 
Si 
pensi, cos�, ai 
casi 
in cui 
vi 
sia 
stretta 
commistione 
tra 
la 
materia 
civilistica 
e 
quella 
pubblicistica, laddove 
cio� 
l�Amministrazione 
si 
trovi 
ad agire 
s�, 
formalmente, 
sul 
piano 
privatistico, 
ma 
attraverso 
una 
commistione 
con 
attivit� 
e strumenti di altra natura. 


Agevoli 
esempi 
di 
casi 
simili, 
nei 
quali 
non 
appare 
possibile 
ricorrere 
agli 
strumenti deflattivi considerati, sono costituiti: 


i. 
dalla necessaria parallela adozione di atti organizzativi; 
ii. 
laddove 
si 
sia 
in presenza 
di 
rapporti 
contrattuali 
�speciali� 
nei 
quali, in 
considerazione 
della 
natura 
pubblica 
di 
uno dei 
contraenti, siano inseriti 
nel 
contratto clausole 
imposte 
dalla 
legge 
(il 
che 
accade, a 
titolo meramente 
esemplificativo, per talune tipologie di locazioni); 
iii. 
quando sia 
in ogni 
caso necessaria 
l�adozione 
di 
altri 
atti 
amministrativi 
(si 
pensi 
alle 
�transazioni� 
regolate 
da 
legge 
e 
da 
regolamenti 
in materia 
di danno da emotrasfusione); 
iv. 
pi� in generale, laddove 
si 
sia 
in presenza 
di 
atti 
amministrativi 
presupposti, 
sui 
quali 
evidentemente 
l�Amministrazione 
non 
pu� 
incidere 
direttamente 
in via pattizia (si pensi ai contratti accessivi a concessioni). 
c. Non si 
pu� infine 
trascurare 
l�esistenza 
di 
controversie 
per le 
quali, in 
ragione 
delle 
loro 
peculiari 
connotazioni, 
la 
via 
dei 
rimedi 
alternativi 
come 
definiti 
dalla 
normativa 
in discorso non risulta 
in sostanza 
adeguata, finendo 

RASSeGNA 
AVVOCATuRA 
DeLLO 
STATO - N. 2/2017 


con 
il 
costituire 
una 
superfetazione 
superflua/inutile 
che 
finisce 
proprio 
col 
comportare una situazione dilatoria contraria alla stessa finalit� degli 
ADR. 


� 
ben noto, ed evidente, che 
i 
rimedi 
alternativi 
al 
contenzioso giudiziale 
sono 
stati 
pensati 
principalmente 
per 
il 
contenzioso 
tra 
privati 
di 
natura 
sostanzialmente 
bagatellare: 
� 
in 
questo 
campo 
che 
hanno 
le 
maggiori 
possibilit� 
di essere realmente incisivi, abbattendo il contenzioso. 


Ma 
ci� non avviene 
in una 
larga 
parte 
del 
contenzioso delle 
Amministrazioni 
pubbliche. 


esso 
involge 
materie 
di 
particolare 
delicatezza 
e 
complessit� 
giuridica, 
non 
di 
rado 
di 
elevatissimo 
valore, 
nei 
quali 
si 
confrontano 
con 
l�Amministrazione 
soggetti 
privati 
(imprenditori 
di 
grandi 
dimensioni, 
multinazionali, 
ecc.) 
che 
hanno 
a 
loro 
volta 
strutture 
legali 
particolarmente 
specializzate 
e 
agguerrite. 
Anche 
laddove 
non 
siano 
normativamente 
previsti 
procedimenti 
speciali 
volti 
alla 
definizione 
(ma 
si 
pensi, 
in 
primo 
luogo, 
ai 
Rimedi 
alternativi 
alla 
tutela 
giurisdizionale 
previsti 
dal 
Capo 
II 
del 
Titolo 
I 
della 
Parte 
VI 
del 
nuovo 
Codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
D. 
Lgs. 
18 
aprile 
2016, 
n. 
50, 
artt. 
205 
e 
seguenti), 
� 
evidente, 
da 
un 
lato, 
che 
i 
legali 
delle 
parti, 
prima 
di 
accedere 
al 
contenzioso 
giudiziale, 
avranno 
tentato 
di 
percorrere 
ogni 
strada 
idonea 
alla 
risoluzione 
bonaria 
della 
controversia, 
in 
analogia 
con 
il 
procedimento 
di 
negoziazione 
assistita; 
d�altro 
canto, 
� 
lecito 
dubitare 
che 
un 
mediatore, 
pur 
dotato 
di 
grande 
abilit� 
dialettica 
e 
di 
capacit� 
di 
�smussare 
gli 
angoli� 
tra 
le 
parti 
private, 
possa 
fornire 
un 
effettivo 
contributo 
ad 
una 
soluzione 
pre-giudiziale 
della 
vicenda. 
In 
questi 
casi, 
se 
mai, 
potrebbe 
essere 
solo 
il 
Giudice, 
cognita 
causa, 
a 
suggerire 
alle 
parti 
una 
via 
conciliativa 
sulla 
base 
del 
(principio 
di) 
convincimento 
che 
si 
fosse 
in 
lui 
formato 
in 
sede 
di 
esame 
della 
causa 
sottopostagli. 


Parimenti 
da 
escludere 
appare 
l�utilit� 
concreta 
di 
un tentativo di 
composizione 
alternativo per il 
contenzioso seriale 
che 
spesso vede 
coinvolte 
le 
Amministrazioni 
pubbliche 
(non diversamente 
da 
quanto accade, per vero, ad 
altri 
soggetti 
quali 
Assicurazioni, Banche, Finanziarie, ecc.). � 
in questi 
casi 
evidente 
che 
non � 
possibile 
risolvere 
la 
singola 
controversia, anche 
se 
di 
valore 
non particolarmente 
elevato, se 
non passando attraverso una 
soluzione 
di 
carattere 
pi� 
generale, 
per 
la 
quale 
deve 
ravvisarsi 
una 
competenza 
ai 
massimi 
livelli 
decisionali, anche 
a 
tutela 
di 
fondamentali 
principi 
costituzionali 
quali 
la 
parit� 
di 
trattamento tra 
le 
parti 
e 
il 
buon andamento dell�Amministrazione. 


In tutti 
questi 
casi 
sembra 
giustificato e 
comprensibile 
il 
rifiuto dell�Amministrazione 
di 
anche 
solo avviare 
o partecipare 
ad un ADR che 
finirebbe, 
come 
detto, 
col 
comportare 
unicamente 
una 
dilazione 
superflua 
rispetto 
all�accesso 
alla giustizia. 


Nel 
quadro 
cos� 
sommariamente 
delineato 
resta 
da 
comprendere 
quale 
debba 
essere 
il 
ruolo 
del 
difensore 
pubblico, 
e, 
in 
particolare, 
dell�Avvocatura 
dello Stato: 
ruolo che, va 
detto subito, non pu� che 
essere 
fondamentale 
nel



TeMI 
ISTITuzIONALI 


l�affiancare 
e 
assistere 
l�Amministrazione 
patrocinata 
favorendo 
la 
finalit�, 
da 
tutti 
condivisa, di 
una 
riduzione 
del 
contenzioso, sgombrando per� il 
campo 
dell�errato e 
dal 
superfluo e 
concentrando l�intervento su quei 
casi 
nei 
quali 
vi sia effettiva, concreta possibilit� di definizione. 


� 
di 
piena 
evidenza 
che, proprio per la 
sua 
posizione 
istituzionale 
di 
difensore 
della 
parte, 
ma 
anche 
di 
pubblico 
ufficiale, 
l�Avvocato 
dello 
Stato, 
ben 
prima 
della 
nascita 
degli 
strumenti 
deflattivi 
di 
cui 
si 
discorre, si 
� 
sempre 
inserito 
nella 
dialettica 
processuale 
come 
garante 
della 
legittimit� 
dell�azione 
amministrativa. 


In quest�ottica 
svolge 
un ruolo fondamentale 
la 
funzione 
consultiva 
del-
l�Avvocatura, che 
pu� consentire 
all�Amministrazione, per un verso, di 
prevenire 
un 
contenzioso 
inutile 
o 
dannoso, 
e, 
per 
l�altro, 
di 
definire 
ove 
possibile 
in 
tempi 
ragionevoli 
il 
contenzioso 
con 
una 
soluzione 
accettabile 
per 
entrambe 
le parti in contesa. 


Non 
pu� 
tacersi, 
per 
contro, 
che 
gli 
adempimenti 
necessari 
per 
fronteggiare 
un 
crescente 
accesso 
da 
parte 
del 
privato 
ai 
rimedi 
alternativi 
di 
cui 
si 
tratta 
costituiscano 
per 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
un 
aggravio 
consistente 
in 
termini 
di 
carico 
di 
lavoro, 
richiedendosi 
in 
materia 
una 
attivit� 
giuridica 
e 
soprattutto 
una 
presenza 
�fisica� 
in 
luoghi 
diversi, 
spesso 
oggettivamente 
inconciliabili 
con 
i 
concomitanti 
impegni 
professionali 
degli 
Avvocati 
dello 
Stato. 


Per accennare 
a 
uno solo tra 
i 
tanti 
problemi 
(che 
il 
Legislatore 
non sembra 
a 
suo tempo essersi 
posto), per l�ente 
pubblico che 
intenda 
agire 
in una 
materia 
per la 
quale 
� 
prevista 
la 
mediazione 
obbligatoria 
si 
pone 
il 
problema 
della 
scelta 
della 
struttura 
cui 
rivolgersi: 
scelta 
che 
comporta 
l�impegno 
di 
fondi 
pubblici 
e 
impone 
quindi 
obblighi 
contabili 
che 
potrebbero 
giungere 
addirittura 
alla 
necessit� 
dello svolgimento di 
una 
procedura 
selettiva 
per l�individuazione 
della struttura. 


Sembra 
tuttavia 
che, anche 
alla 
luce 
di 
quanto fin qui 
esposto, sia 
possibile 
una 
ragionevole 
lettura 
delle 
disposizioni 
che 
regolano gli 
ADR in modo 
tale 
da 
contemperare 
le 
varie 
esigenze 
presenti, 
riducendo 
l�intervento 
concreto 
dell�Avvocatura 
alle 
sole 
ipotesi 
in cui 
lo stesso sia 
effettivamente 
utile, 
ferma 
restando una 
costante 
e 
generale 
attivit� 
di 
assistenza 
dell�Amministrazione, 
in linea peraltro con la funzione consultiva sempre svolta. 


Come 
si 
accennava 
(cfr. 
le 
lettere 
a., 
b.e 
c. 
che 
precedono), 
vi 
sono 
dei 
casi 
nei 
quali 
il 
rimedio 
alternativo 
non 
� 
giuridicamente 
praticabile, 
o 
� 
comunque 
sostanzialmente 
privo 
di 
utilit� 
perch� 
evidentemente 
destinato 
al 
fallimento. 


Ragioni 
di 
economia 
nell�attivit� 
dei 
soggetti 
pubblici 
suggeriscono 
in 
questi 
casi 
che 
l�Amministrazione 
(sempre 
�sentita 
l�Avvocatura�) provveda 
direttamente, e 
chiarisca 
con una 
motivata 
risposta 
all�invito alla 
mediazione 


o 
alla 
negoziazione 
-eventualmente 
intevenendo 
direttamente 
in 
sede 
di 
primo 
incontro di 
mediazione 
- le 
ragioni 
che 
sono di 
radicale 
ostacolo al 
percorso 
conciliativo. 

RASSeGNA 
AVVOCATuRA 
DeLLO 
STATO - N. 2/2017 


Deve 
essere 
altres� 
possibile 
per 
l�Amministrazione 
intervenire 
direttamente 
(ed esclusivamente) nel 
procedimento in tutti 
i 
casi 
in cui 
la 
normativa 
le 
consenta 
di 
presenziare 
da 
sola 
anche 
in sede 
giurisdizionale 
(si 
pensi, a 
titolo 
esemplificativo, alla 
previsione 
degli 
artt. 2 e 
3 del 
T.u. n. 1611/1933 e 
di 
altre 
disposizioni 
similari; 
a 
non diversa 
soluzione 
sembra 
potersi 
giungere 
nelle 
ipotesi 
di 
Amministrazioni 
che 
abbiano uffici 
legali 
interni 
e 
che 
si 
avvalgano 
del 
patrocinio cd. �autorizzato� 
dell�Avvocatura). Sarebbe, in effetti, 
del 
tutto irrazionale 
pretendere 
l�intervento dell�Avvocatura 
pubblica 
in una 
fase 
pre-contenziosa 
laddove 
poi 
l�Amministrazione 
possa 
difendersi 
in giudizio 
da sola. 


Parteciper� 
invece 
certamente 
all�ADR l�Avvocatura 
(oltre 
che 
nei 
casi 
in cui 
occorre 
promuovere 
la 
procedura 
di 
mediazione 
obbligatoria) laddove 
si 
delineino per la 
mediazione 
o la 
negoziazione 
concrete 
possibilit� 
di 
successo: 
nel 
qual 
caso, 
oltre 
a 
svolgere 
la 
normale 
attivit� 
di 
consulenza 
per 
l�Amministrazione, l�Avvocatura 
si 
dar� 
carico di 
intervenire 
partecipando a 
quanto necessario per il 
successo del 
procedimento, e 
in primo luogo alla 
stesura 
dell�accordo transattivo. 


Sembra, in conclusione, che 
una 
lettura 
�elastica� 
e 
costruttiva 
delle 
disposizioni 
sui 
rimedi 
alternativi 
per 
la 
definizione 
delle 
controversie 
quale 
quella 
suggerita 
nelle 
pagine 
che 
precedono 
con 
riferimento 
alla 
partecipazione 
agli 
stessi 
delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
e 
dei 
loro 
difensori 
sia 
pienamente 
conforme 
allo spirito delle 
norme, e 
possa 
contribuire, con la 
collaborazione 
di 
tutte 
le 
parti 
coinvolte, all�auspicato risultato di 
una 
riduzione 
del 
contenzioso. 
A 
ci� 
l�Avvocatura 
pubblica 
intende 
contribuire 
pienamente, 
rendendosi 
fattivo protagonista 
per tendere 
agli 
obiettivi 
posti 
nella 
Carta 
fondamentale 
per una giustizia pi� celere ed efficace. 



TeMI 
ISTITuzIONALI 


Avvocatura 
Generaledello 
Stato 


CIRCOLARE n. 
36 
/ 
2017 
Oggetto: 
Patrocinio 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
dell�Ente 
�Agenzia 
delle 
Entrate 
-Riscossione� (�ADER� gi� Equitalia s.p.a.). Protocollo d�intesa 
sottoscritto il 22 giugno 2017. 


L'art. 
1, 
comma 
1, 
del 
D.L. 
n. 
193/2016 
(convertito 
nella 
legge 
n. 
225/2016) 
ha 
previsto 
che 
"a 
decorrere 
del 
1� 
luglio 
2017 
le 
societ� 
del 
Gruppo 
Equitalia 
sono 
sciolte" 
(ad 
eccezione 
di 
equitalia 
Giustizia 
s.p.a) 
e 
che 
alle 
stesse 
societ� 
"subentra, 
a 
titolo 
universale, 
nei 
rapporti 
giuridici 
attivi 
e 
passivi, 
anche 
processuali" 
un 
ente 
pubblico 
economico 
denominato 
"Agenzia 
delle Entrate - Riscossione" 
(in seguito solo "ADER"). 


Ai 
sensi 
del 
successivo 
comma 
8 
il 
nuovo 
ente 
� 
autorizzato 
"ad 
avvalersi 
del 
patrocinio 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
ai 
sensi 
dell'articolo 
43 
del 
testo 
unico 
delle 
leggi 
e 
delle 
norme 
giuridiche 
sulla 
rappresentanza 
e 
difesa 
in 
giudizio 
dello 
Stato 
e 
sull'ordinamento 
dell'Avvocatura 
dello 
Stato, 
di 
cui 
al 
regio 
decreto 
30 
ottobre 
1933, 
n. 
1611, 
fatte 
salve 
le 
ipotesi 
di 
conflitto 
e 
comunque 
su 
base 
convenzionale. 
Lo 
stesso 
ente 
pu� 
altres� 
avvalersi, 
sulla 
base 
di 
specifici 
criteri 
definiti 
negli 
atti 
di 
carattere 
generale 
deliberati 
ai 
sensi 
del 
comma 
5 
del 
presente 
articolo, 
di 
avvocati 
del 
libero 
foro, 
nel 
rispetto 
delle 
previsioni 
di 
cui 
agli 
articoli 
4 
e 
17 
del 
decreto 
legislativo 
18 
aprile 
2016, 
n. 
50, 
ovvero 
pu� 
avvalersi 
ed 
essere 
rappresentato, 
davanti 
al 
tribunale 
e 
al 
giudice 
di 
pace, 
da 
propri 
dipendenti 
delegati, 
che 
possono 
stare 
in 
giudizio 
personalmente; 
in 
ogni 
caso, 
ove 
vengano 
in 
rilievo 
questioni 
di 
massima 
o 
aventi 
notevoli 
riflessi 
economici, 
l'Avvocatura 
dello 
Stato, 
sentito 
l'ente, 
pu� 
assumere 
direttamente 
la 
trattazione 
della 
causa. 
Per 
il 
patrocinio 
davanti 
alle 
commissioni 
tributarie 
continua 
ad 
applicarsi 
l'articolo 
11, 
comma 
2, 
del 
decreto 
legislativo 
31 
dicembre 
1992, 
n. 
546". 


La 
fase 
di 
trasformazione 
� 
affidata 
ad 
un 
Commissario 
straordinario, 
nominato 
con 


D.P.C.M. 
16 
febbraio 
2017 
fino 
al 
30 
giugno 
2017, 
il 
quale 
tra 
i 
vari 
compiti 
� 
tenuto 
alla 
"predisposizione 
di 
tutti 
gli 
atti, gli 
accordi 
i 
contratti 
e 
le 
convenzioni 
propedeutici 
all'istituzione 
dell'ente e necessari all'operativit� del medesimo". 


Ci� premesso, il 
22 giugno 2017 � 
stato sottoscritto - tra 
il 
Commissario e 
l'Avvocato 
Generale 
-un 
Protocollo 
d'intesa 
diretto 
a 
disciplinare 
le 
modalit� 
operative 
dello 
svolgimento 
del patrocinio del nuovo ente da parte dell'Avvocatura dello Stato. 


Nel 
Protocollo sono state 
individuate 
le 
controversie 
per le 
quali 
l'assistenza 
e 
la 
rappresentanza 
in giudizio verr� 
resa 
dall'Avvocatura, mentre 
per il 
restante 
contenzioso ADeR 
potr� 
stare 
in giudizio tramite 
propri 
dipendenti 
ovvero con l'assistenza 
di 
avvocati 
del 
libero 
foro. 


Controversie affidate all'Avvocatura 


In particolare sono affidate all'Avvocatura: 


1) tutte le cause davanti al Giudice 
Amministrativo; 


2) tutte le cause davanti alla Corte di Cassazione; 


3) tutto il 
contenzioso civile 
non afferente 
alla 
riscossione 
(ad es. cause 
di 
locazione, di 
appalti ecc. in cui � coinvolto l'ente); 


4) procedimenti penali in cui si ritenga opportuna la costituzione di parte civile; 


5) cause 
di 
lavoro dei 
dipendenti 
dell'ente 
(dove 
il 
patrocinio � 
assicurato "di 
norma" 
); 



RASSeGNA 
AVVOCATuRA 
DeLLO 
STATO - N. 2/2017 


6) contenzioso afferente all'attivit� di riscossione, limitatamente: 


a) 
ad 
azioni 
risarcitorie 
(con 
esclusione 
di 
quelle 
radicate 
innanzi 
al 
Giudice 
di 
Pace 
anche in fase di appello); 


b) ad azioni 
revocatorie, di 
simulazione 
e 
ogni 
altra 
azione 
ordinaria 
a 
tutela 
dei 
crediti 
affidati in riscossione (in sostanza si tratta di cause attive instaurate dall'ente); 


c) 
altre 
cause 
innanzi 
al 
Tribunale 
Civile 
e 
alla 
Corte 
d'Appello 
Civile, 
nelle 
sole 
ipotesi 
in cui 
sia 
parte 
anche 
un ente 
impositore 
difeso dall'Avvocatura 
(ad esempio opposizioni 
a 
cartelle di pagamento; opposizioni all'esecuzione o agli atti esecutivi). 


Controversie non affidate all'Avvocatura 


Ne 
consegue 
che 
saranno trattate 
da 
ADeR tutte 
le 
altre 
controversie, ed in particolare: 


- tutte le cause innanzi al Giudice di Pace (compresa la fase di appello); 
-tutte 
le 
cause 
innanzi 
alle 
Sezioni 
Lavoro di 
Tribunale 
e 
Corte 
d'Appello (che 
non riguardino 
il personale dipendente dell'ente); 
- tutte le cause innanzi alle Commissioni 
Tributarie; 
-le 
cause 
innanzi 
al 
Tribunale 
Civile 
e 
alla 
Corte 
d'Appello 
afferenti 
alla 
riscossione 
(opposizioni 
a 
cartelle 
di 
pagamento 
ecc.) 
in 
cui 
non 
sia 
evocato 
in 
giudizio 
un 
ente 
impositore 
difeso dall'Avvocatura. 


Controversie rilevanti 


Al 
punto 3.2 del 
protocollo si 
precisa 
che, in ogni 
caso, "L 
'Avvocatura, sentito l'Ente, 
assicura 
il 
patrocinio, 
anche 
innanzi 
alle 
Magistrature 
Superiori, 
nelle 
controversie 
in 
cui 
vengono 
in 
rilievo 
questioni 
di 
massima 
o 
particolarmente 
rilevanti 
in 
considerazione 
del 
valore 
economico o dei principi di diritto in discussione". 


Disposizioni transitorie 


Al 
punto 7 del 
Protocollo si 
precisa 
che 
"L'Avvocatura assume 
il 
patrocinio dell'Ente 
nelle 
controversie 
introdotte 
con atti 
notificati 
a decorrere 
dal 
1� 
luglio 2017" 
- ancorch� 
risulti 
ancora 
intimata 
equitalia 
s.p.a. - "nonch� 
per 
tutte 
le 
controversie 
innanzi 
al 
Consiglio 
di 
Stato o alla Corte 
di 
Cassazione, per 
le 
quali, alla data del 
1� 
luglio 2017, non sia stato 
ancora conferito incarico ad avvocati del libero foro". 


Attribuzione delle nuove competenze all'interno dell'AGS 


In via di prima applicazione e sperimentale, all'interno dell'Avvocatura Generale: 


-tutte 
le 
controversie 
di 
ADeR in cui 
sia 
parte 
evocata 
in giudizio anche 
un'Amministrazione 
(quale 
ente 
impositore) difesa 
dall'Avvocatura, sono attribuite 
alla 
Sezione 
di 
pertinenza 
della stessa 
Amministrazione (1); 
-le 
altre 
cause 
(nonch� 
l'attivit� 
consultiva) di 
ADeR sono attribuite, di 
regola, alla 
Sezione 
I Bis. 
Con cadenza 
mensile 
si 
proceder� 
alla 
verifica 
dell'impatto effettivo delle 
nuove 
competenze, 
anche 
ai 
fini 
della 
adozione 
di 
tutti 
i 
provvedimenti 
opportuni 
sotto il 
profilo organizzativo 
e di riparto delle risorse. 


Contributo unificato 


Si 
ritiene 
opportuno evidenziare 
che 
il 
Ministero della 
Giustizia 
con l'allegata 
(omissis) 


(1) 
Ovviamente 
qualora 
siano 
presenti 
Amministrazioni 
di 
diverse 
Sezioni, 
si 
seguir� 
il 
consueto 
criterio 
della prevalenza. 

TeMI 
ISTITuzIONALI 


nota 
26 
marzo 
2014 
ha 
ritenuto 
-per 
il 
contenzioso 
in 
tema 
di 
riscossione 
-suscettibile 
di 
prenotazione 
a 
debito il 
contributo unificato a 
carico dell'Agente 
della 
riscossione 
(ai 
sensi 
degli artt. 48 del D.P.R. n. 602/1973 e 157 del D.P.R. n. 115/2002) (2). 


L�AVVOCATO GeNeRALe DeLLO STATO 
avv. Massimo Massella Ducci 
Teri 


CIRCOLARE n. 
41 
/ 
2017 
Oggetto: 
Patrocinio 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
dell�Ente 
�Agenzia 
delle 
Entrate 
-Riscossione� 
(�ADER� 
gi� 
Equitalia 
s.p.a.). 
Gestione 
del 
contenzioso. 


Richiamata 
l'allegata 
Circolare 
n. 
36/2017 
relativa 
al 
patrocinio 
da 
parte 
dell'Avvocatura 
dello Stato di 
ADeR ("Agenzia delle 
Entrate 
-Riscossione 
", gi� 
equitalia 
s.p.a.), nonch� 
il 
Protocollo 
d'Intesa 
22 
giugno 
2017 
(disponibile 
sulla 
INTRANeT), 
si 
forniscono 
di 
seguito 
una 
serie di indicazioni utili per la corretta gestione del relativo contenzioso. 


1. Corrispondenza Avvocatura - ADER 
La corrispondenza tra 
ADeR e l'Avvocatura avviene di norma via PeC. 


Tuttavia 
il 
punto 
3.8.2 
del 
Protocollo 
d'Intesa 
prevede 
che 
nelle 
ipotesi 
in 
cui 
la 
richiesta 
di 
ricorso 
per 
cassazione 
venga 
trasmessa 
oltre 
i 
termini 
previsti 
(due 
mesi 
prima 
della 
scadenza; 
un 
mese 
se 
opera 
il 
termine 
breve), 
"la 
stessa 
� 
inviata 
anche 
all'indirizzo 
di 
posta 
elettronica 
ordinaria 
della 
sezione 
competente, 
del 
Responsabile 
e 
del 
Coordinatore 
di 
sezione". 


Analoga 
modalit� 
� 
prevista 
nei 
casi 
di 
proposte 
di 
controricorso inviate 
oltre 
il 
termine 
di 20 giorni prima della scadenza (punto 3.8.12 del protocollo d'Intesa). 


Per il 
contenzioso afferente 
alla 
riscossione, i 
rapporti 
saranno tenuti 
di 
norma 
con le 
Direzioni 
Regionali 
(DR). L'elenco degli 
indirizzi 
con i 
nominativi 
e 
recapiti 
dei 
rispettivi 
titolari 
sar� reso disponibile sulla 
INTRANeT. 


2. Contenzioso fuori sede dell'Avvocatura 
Come 
previsto al 
punto 3.1.9 del 
Protocollo d'Intesa 
"Per 
le 
cause 
che 
si 
svolgono davanti 
ad 
autorit� 
giudiziaria 
avente 
sede 
diversa 
da 
quella 
della 
competente 
Avvocatura, 
quest'ultima 
pu� avvalersi, per 
le 
funzioni 
procuratorie, di 
dipendenti 
dell'Ente 
ai 
sensi 
dell'art. 
2 del 
R.D. n. 1611 del 
1933. Nelle 
ipotesi 
in cui 
venga accertata l'impossibilit�, di 
avvalersi 
di 
dipendenti 
dell'Ente, 
le 
funzioni 
procuratorie 
possono 
essere 
delegate 
ad 
avvocati 
del 
libero 
foro iscritti 
nell'elenco avvocati 
dell'Ente 
e 
dallo stesso indicati. I relativi 
compensi 
saranno 
liquidati direttamente dall'Ente". 


Ne 
consegue 
che 
in tali 
ipotesi 
non dovranno essere 
incaricati 
i 
consueti 
delegati 
del-
l'Avvocatura 
ed inoltre 
non sar� 
necessario richiedere 
e 
liquidare 
la 
nota 
spese 
del 
delegato 
dell'ente per l'attivit� procuratoria svolta. 


(2) 
La 
prenotazione 
a 
debito 
del 
contributo 
unificato, 
com'� 
noto, 
� 
invece 
consentita 
alle 
Agenzie 
fiscali 
dall'art. 158 del 
D.P.R. n. 115/2002, richiamato dall'art. 12, comma 
5, del 
D.L. n. 16/2012 (convertito 
nella legge n. 44/2012). 

RASSeGNA 
AVVOCATuRA 
DeLLO 
STATO - N. 2/2017 


3. Atti notificati irritualmente all'Avvocatura 
Trattandosi 
di 
patrocinio ex art. 43 R.D. n. 1611/1933, eventuali 
notifiche 
di 
atti 
introduttivi 
di 
giudizio 
effettuate 
ad 
ADeR 
presso 
l'Avvocatura 
sono 
da 
ritenersi 
nulle 
(e 
non 
anche 
inesistenti: 
cfr. 
Cass. 
SS.uu. 
n. 
22641/2007; 
SS.uu. 
n. 
1878/2009; 
Cass. 
n. 
11814/2017). 


Come 
previsto al 
punto 3.1.7 del 
Protocollo d'Intesa 
"Qualora gli 
atti 
introduttivi 
del 
giudizio o di 
un grado di 
giudizio e 
qualunque 
altro atto o documento vengano notificati 
al-
l'Ente 
presso una sede 
dell'Avvocatura, non ancora investita della difesa, sono dalla stessa 
inviati senza indugio alla competente struttura dell'Ente". 


A 
tale 
adempimento si 
potr� 
ovviare 
solo qualora 
dall'atto emerga 
che 
la 
notifica 
� 
stata 
eseguita anche presso ADeR. 


Ovviamente 
in caso di 
urgenza 
si 
valuteranno le 
iniziative 
pi� opportune 
da 
adottare 
al 
fine 
di 
evitare 
pregiudizi 
per l'ente 
(ad esempio, in caso di 
art. 700 c.p.c. si 
potr� 
comparire 
all'udienza al solo fine di evidenziare la nullit� della notifica). 


Dal 
punto 
di 
vista 
archivistico, 
in 
caso 
di 
atto 
notificato 
irritualmente 
presso 
l'Avvocatura, 
occorrer� 
verificare 
se 
trattasi 
di 
contenzioso 
che 
verr� 
seguito 
dall'ente 
ovvero 
dall'Avvocatura. 


Nel 
primo caso - in deroga 
a 
quanto previsto nel 
punto 3, comma 
2, della 
Circolare 
n. 
42/2010 (1) 
- non occorre 
impiantare 
un affare 
nuovo, ma 
l'atto verr� 
inserito nell'Affare 
d'Ordine 
annuale n. 48 e trasmesso ad ADeR con lettera standard. 


Nella 
seconda 
ipotesi 
invece 
dovr� 
essere 
impiantato un affare 
nuovo ed inviata 
la 
consueta 
richiesta di rapporto. 


4. Cause 
in 
cui, oltre 
ad ADER, � 
parte 
in 
giudizio anche 
un 
Ente 
difeso dall'Avvocatura 
Allorch� 
una 
richiesta 
di 
patrocinio da 
parte 
di 
ADeR riguardi 
una 
causa 
in cui 
� 
parte 
gi� 
un ente 
difeso dall'Avvocatura 
(ci� che 
dovrebbe 
costituire 
la 
regola 
per il 
contenzioso 
davanti 
al 
Tribunale 
in 
tema 
di 
riscossione: 
punto 
6) 
lett. 
c) 
Circolare 
n. 
36/2017), 
dovr� 
essere 
impiantato un unico affare 
(cfr. punto 3, comma 
4, della 
citata 
Circolare 
n. 42/2010) e 
l'affare 
sar� di competenza della Sezione alla quale appartiene l'altro ente difeso. 


Potr� 
quindi 
essere 
effettuata 
un'unica 
costituzione 
in giudizio per tutte 
le 
parti 
come 
normalmente 
avviene 
per le 
cause 
con pi� Amministrazioni 
convenute 
(ovviamente 
differenziando 
le relative posizioni e semprech� non vi siano ipotesi di conflitto). 


5. Cause in cui l'interesse di 
ADER � residuale 
Accade 
spesso nelle 
cause 
afferenti 
la 
riscossione, che 
la 
controversia 
riguardi 
in realt� 
il merito della pretesa con la conseguenza che l'interesse sostanziale � dell'ente impositore. 


In tali 
casi, in cui 
� 
evocata 
in giudizio anche 
ADeR (il 
che 
avviene, di 
norma, quando 
viene 
impugnata 
una 
cartella 
o un atto della 
riscossione), secondo la 
giurisprudenza 
della 
Suprema 
Corte 
viene 
a 
crearsi 
una 
situazione 
di 
litisconsorzio necessario processuale 
(Cass. n. 
13732/2016 
(2), 
a 
differenza 
di 
quello 
sostanziale 
che 
in 
primo 
grado 
non 
� 
ritenuto 
sussistente). 


(1) La 
Circolare 
n. 42/2010 "Criteri 
di 
impianto degli 
affari 
legali" 
al 
punto 3 comma 
2 prevede 
che 
"Sono impiantati 
come 
affari 
contenziosi 
anche 
gli 
atti 
notificati 
presso l'Avvocatura agli 
enti 
pubblici 
e 
le 
amministrazioni 
il 
cui 
patrocinio 
sia 
stato 
autorizzato 
ai 
sensi 
dell'art. 
43, 
comma 
1, 
R.D. 
1611/1933, 
nonch� 
le 
Regioni 
a 
statuto 
ordinario 
che 
abbiano 
adottato 
la 
delibera 
di 
cui 
all�art. 
43, 
comma 
5, 
R.D. 
1611/1933". 

TeMI 
ISTITuzIONALI 


Ne 
consegue 
la 
necessit� 
che 
ADeR sia 
presente 
in giudizio unitamente 
all'ente 
impositore 
ancorch�, come rilevato, l'interesse prevalente sia di quest'ultimo. 


In 
siffatte 
ipotesi 
� 
opportuno 
che 
la 
costituzione 
in 
giudizio 
per 
ADeR 
avvenga 
di 
norma solo su espressa richiesta dell'ente. 


Si 
� 
infatti 
concordato che 
in tali 
casi 
l'ente 
potr� 
anche 
scegliere 
di 
non conferire 
all'Avvocatura 
l'incarico, rimanendo contumace 
(evitando in tal 
modo un inutile 
aggravio di 
attivit� 
difensiva da parte dell'Avvocatura). 


Quanto appena 
detto vale 
anche 
per le 
cause 
tributarie 
in Cassazione 
(e 
comunque 
nei 
casi di impugnazione in generale). 


Accade 
spesso 
in 
tali 
giudizi 
che 
una 
sentenza 
di 
Commissione 
Tributaria 
Regionale 
debba 
essere 
impugnata 
dall'Avvocatura 
per conto dell'Agenzia 
delle 
entrate 
ed in causa 
sia 
presente 
anche 
ADeR (che 
davanti 
alla 
Commissione 
Tributaria 
sta 
in giudizio direttamente 
ovvero con avvocati del foro libero). 


In 
tali 
ipotesi 
di 
norma 
il 
ricorso 
dovr� 
essere 
proposto 
per 
la 
sola 
Agenzia 
delle 
entrate 
e 
notificato 
anche 
adADeR 
(come 
si 
� 
detto, 
litisconsorte 
necessario) 
presso 
la 
sede 
legale 
(Via 
Giuseppe 
Grezar, 
14 
-00142 
Roma), 
anche 
via 
PeC 
all'indirizzo 
contenzioso@pec.agenziariscossione.gov.it 
ovvero nel domicilio eletto nel giudizio di merito. 


Solo 
qualora 
si 
ritenga 
che 
sussista 
un 
interesse 
non 
marginale 
di 
ADeR, 
il 
ricorso 
potr� 
essere 
proposto anche 
nell'interesse 
dello stesso ente, al 
quale 
dovr� 
essere 
data 
previa 
comunicazione 
o comunque (qualora i tempi non lo consentano) tempestiva notizia. 


6. Prenotazione a debito nelle cause di 
ADER 
Come 
precisato all'ultimo punto della 
Circolare 
n. 36/2017, la 
prenotazione 
a 
debito di 
ADeR � 
prevista 
per il 
solo contenzioso afferente 
la 
riscossione 
(sia 
di 
esecuzione 
che 
di 
cognizione). 


In tutti 
gli 
altri 
casi, il 
contributo unificato dovr� 
essere 
versato con le 
consuete 
modalit�. 


7. Segnalazioni e richieste di chiarimenti 
Al 
fine 
di 
facilitare 
una 
corretta 
instaurazione 
di 
rapporti 
con 
il 
nuovo 
ente, 
verr� 
inserito 
nella 
INTRANeT 
un 
apposito 
settore 
(ADeR 
-eX 
eQuITALIA) 
contenente 
tutte 
le 
indicazioni 
utili. 


eventuali 
richieste 
di 
chiarimenti 
potranno 
essere 
inviate 
alla 
casella 
di 
posta 
elettronica 
contenziosoader@avvocaturastato.it 
e 
le 
relative 
risposte 
potranno 
essere 
inserite 
nell'apposita 
sezione delle 
FAQ 
sulla 
INTRANeT. 


Solo 
nei 
casi 
di 
assoluta 
urgenza 
si 
potranno 
contattare 
il 
Coordinatore 
o 
il 
vice 
Avvocato 
generale della Sezione I Bis dell'Avvocatura Generale. 


L�AVVOCATO GeNeRALe DeLLO STATO 
avv. Massimo Massella Ducci 
Teri 


(2) Cass. 6 luglio 2016 n. 16732: 
"Il 
giudizio in primo grado � 
stato promosso dalla contribuente 
nei 
confronti 
dell'Agenzia 
delle 
entrate 
e 
del 
Concessionario 
alla 
riscossione 
ed 
� 
proseguito 
tra 
le 
medesime 
parti 
in appello, dando vita ad un litisconsorzio processuale 
necessario, come 
rilevato gi� da questa 
Corte in fattispecie analoghe (Cfr. Cass. nn. 8125/2016, 10934/2015, 24868/2013)". 

ContenzIoSonAzIonALe
Le Sezioni Unite sul concorso tra i reati di malversazione 
a danno dello Stato e truffa aggravata per il conseguimento di 
erogazioni pubbliche: il caso Invitalia S.p.A. 


Nota 
a 
CassazioNe 
PeNale, sezioNi 
UNite, seNteNza 
28 aPrile 
2017 N. 20664 


Giulia Fabrizi* 


Con 
la 
sentenza 
in 
commento 
le 
Sezioni 
Unite 
Penali 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
sono 
state 
chiamate 
a 
dirimere 
il 
contrasto 
giurisprudenziale 
circa 
il 
rapporto 
tra 
le 
due 
fattispecie 
di 
reato contro l�Amministrazione 
Pubblica: 
malversazione 
a 
danno dello Stato ex art. 316-bis 


c.p. e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis 
c.p. 
Si 
� 
dunque 
affermato 
il 
seguente 
principio 
di 
diritto: 
�il 
reato 
di 
malversazione 
in 
danno 
dello stato (art. 316-bis 
cod. pen.) concorre 
con quello di 
truffa aggravata per 
il 
conseguimento 
di erogazioni pubbliche (art. 640-bis cod. pen.)�. 
sommario: 1. la vicenda giudiziaria - 2. Gli 
orientamenti 
giurisprudenziali 
- 3. il 
concorso 
apparente 
di 
norme 
- 4. il 
ne 
bis 
in idem: la sentenza della Corte 
Costituzioanle 
n. 200 
del 
2016 - 5. il 
principio di 
sussidiariet� regola il 
rapporto tra gli 
artt. 640-bis 
e 
316-ter 
c.p. 


- 6. il rapporto tra gli artt. 640-bis e 316-bis c.p. - 7. Considerazioni conclusive. 
la vicenda giudiziaria. 


Il 
Tribunale 
di 
Genova 
accertava 
la 
penale 
responsabilit� 
di 
S.P. 
e 
B.F. 
in relazione 
al 
reato di 
cui 
all�art. 316-bis 
c.p. realizzato con la 
malversazione 
dei 
beni 
strumentali 
di 
propriet� 
della 
CED 
& 
Multiservice 
s.a.s., societ� 
di 
cui 
la 
prima 
risultava, all'atto della 
costituzione, socia 
accomandataria, e 
dal 
dicembre 
2006 amministratrice, e 
la 
seconda 
socia 
di 
fatto. I beni 
oggetto del 
reato 
erano 
stati 
acquistati 
mediante 
l'impiego 
di 
finanziamenti 
pubblici, 
di 
cui 
non risultavano restituite 
ventuno delle 
ventotto rate 
che 
la 
societ� 
era 
te


(*) 
Dottoressa 
in 
Giurisprudenza, 
ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


nuta 
a 
rimborsare. Il 
giudice 
di 
primo grado condannava 
la 
S. a 
mesi 
otto di 
reclusione 
e 
la 
B. 
a 
anni 
uno 
di 
reclusione, 
concedendo 
ad 
entrambe 
la 
sospensione 
della 
pena, 
subordinata 
al 
pagamento 
della 
provvisionale 
in 
favore 
della 
parte 
civile. 
Venivano, 
altres�, 
applicate 
le 
pene 
accessorie 
e 
condannate 
le 
imputate 
in solido al 
risarcimento del 
danno in favore 
della 
parte 
civile, con liquidazione 
di una provvisionale. 


In relazione 
al 
secondo reato ascritto, ossia 
la 
truffa 
aggravata 
per il 
conseguimento 
di 
erogazioni 
pubbliche 
ex art. 640-bis 
c.p., si 
dichiarava 
non doversi 
procedere 
nei 
confronti 
della 
S. 
e 
della 
B, 
in 
quanto 
l'accertamento 
di 
responsabilit� 
si 
era 
limitato 
alla 
sottrazione 
dei 
beni 
strumentali 
acquistati 
con i 
finanziamenti 
ottenuti, ed al 
correlativo mancato pagamento delle 
rate 
residue 
allo 
scioglimento 
della 
societ� 
riguardanti 
il 
prestito 
agevolato 
concesso. 
Si 
riteneva, 
pertanto, 
integrata 
la 
sola 
fattispecie 
di 
malversazione 
a 
danno dello Stato ex art. 316-bis 
c.p. 


La 
Corte 
di 
Appello di 
Genova 
con sentenza 
del 
18 febbraio 2016 confermava 
quanto statuito dal giudice di primo grado. 

I 
difensori 
di 
S. 
e 
B. 
proponevano, 
maldestramente, 
ricorso 
per 
Cassazione, 
dolendosi di: 


a) Violazione 
della 
legge 
penale 
e 
vizio della 
motivazione, in relazione 
all'applicazione dell'art. 640 bis 
c.p. 


b) Mancanza, contraddittoriet� 
e 
illogicit� 
della 
motivazione, quanto alla 
verifica 
di 
sussistenza 
del 
reato 
di 
cui 
all'art. 
316 
bis 
c.p., 
connesso 
alla 
distrazione 
dei 
beni 
strumentali, accertato nel 
presupposto della 
natura 
fittizia 
del-
l'attivit� della CED & Multiservizi s.a.s. 


c) 
Violazione 
di 
legge 
penale 
e 
vizio della 
motivazione, in relazione 
al 
mancato 
riconoscimento 
della 
natura 
sussidiaria 
del 
reato 
di 
cui 
all'art. 
316 
bis 
c.p., rispetto a 
quello di 
cui 
all'art. 640 bis 
c.p., essendo i 
due 
comportamenti 
contestati espressione di identica offesa al bene giuridico tutelato. 


d) 
Violazione 
di 
legge 
e 
vizio 
argomentativo, 
in 
relazione 
al 
diniego 
delle 
attenuanti 
generiche 
per la 
B., al 
riconoscimento della 
sospensione 
condizionale 
della 
pena 
subordinata 
al 
pagamento di 
una 
provvisionale 
ed al 
mancato 
riconoscimento della non menzione della condanna. 


La 
difesa 
della 
parte 
civile 
Invitalia 
s.p.a. deduceva 
la 
inammissibilit� 
di 
tutti 
i 
motivi 
di 
ricorso, 
depositando 
insieme 
al 
Procuratore 
Generale 
memorie 
con le 
quali 
contestava 
la 
tesi 
del 
preteso assorbimento del 
reato di 
cui 
all'art. 
316 bis 
c.p., nell�imputazione 
di 
cui 
all'art. 640 bis 
c.p., e 
si 
ribadiva 
l'autonomia 
delle fattispecie contestate. 


Preso 
atto 
della 
sussistenza 
di 
due 
orientamenti 
giurisprudenziali 
contrapposti 
circa 
il 
rapporto tra 
le 
due 
fattispecie, l�uno a 
favore 
dell�autonomia 
tra 
le 
due 
e 
quindi 
della 
possibilit� 
di 
concorrere, 
l�altro 
a 
favore 
della 
sussidiariet� 
del 
316 bis 
rispetto al 
640 bis, stante 
l�identit� 
del 
bene 
giuridico tutelato, la 
VII Sezione 
con ordinanza 
n. 47174 del 
2016 ha 
rimesso alle 
Sezioni 
Unite 
la 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


seguente 
questione: 
�se 
nel 
caso di 
erogazioni 
da parte 
di 
ente 
pubblico di 
contributo 
o 
finanziamento, 
ottenuto 
fraudolentemente, 
il 
delitto 
di 
cui 
all�art. 
640-bis 
c.p. concorra con quello di 
cui 
all�art. 316-bis 
c.p., ove 
il 
contributo 
finalizzato 
a 
favorire 
attivit� 
di 
interesse 
pubblico 
sia 
destinato 
almeno 
in 
parte 
ad altre 
finalit�, ovvero assorba tale 
ultimo delitto, nel 
presupposto che 
esso realizzi uno stadio minore dell�offesa al medesimo bene protetto� (1). 


2. Gli orientamenti giurisprudenziali. 
La 
Corte 
esordisce 
dando conto degli 
orientamenti 
giurisprudenziali 
sul 
punto. 


Un 
primo 
indirizzo 
interpretativo 
maggioritario 
in 
giurisprudenza 
(2), 
ma 
minoritario 
in 
dottrina 
(3), 
si 
pone 
a 
favore 
dell�autonomia 
tra 
le 
due 
fattispecie 
incriminatrici 
di 
truffa 
aggravata 
e 
malversazione 
a 
danno 
dello 
Stato, 
ritenendo 
assente 
qualsiasi 
rapporto di 
interferenza, meno che 
mai 
quello di 
specialit�, 
e 
ammettendo, 
pertanto, 
la 
possibilit� 
di 
configurare 
un 
concorso 
materiale di reati 
ex 
art. 81 c.p. 


in primis 
sottolinea 
la 
diversit� 
degli 
interessi 
giuridici 
protetti 
- il 
reato 
di 
cui 
all�art. 
316-bis 
c.p. 
tutelerebbe 
la 
P.A. 
da 
atti 
contrari 
agli 
interessi 
della 
collettivit�, 
anche 
di 
natura 
non 
patrimoniale, 
mentre 
quello 
di 
cui 
all�art. 
640bis 
c.p. 
preserverebbe 
il 
patrimonio 
pubblico 
da 
atti 
di 
frode, 
aggravata 
nel 
caso di 
conseguimento di 
erogazioni 
pubbliche 
-; 
in secundis, esclude 
che 
tra 
le 
due 
fattispecie 
possa 
sussistere 
un rapporto di 
specialit� 
a 
causa 
della 
sola 
eventuale 
contemporaneit� 
delle 
condotte 
tipizzate: 
il 
comportamento preso 
in considerazione 
ex 
art. 640-bis 
c.p., invero, riguarderebbe 
una 
fase 
antecedente 
l�erogazione 
delle 
provvidenze 
pubbliche, di 
contro, quello ex 
art. 316bis 
c.p. tipicizzerebbe 
una 
condotta 
attinente 
alla 
fase 
esecutiva 
del 
progetto 
finanziato e, dunque, successiva 
al 
versamento da 
parte 
dello Stato del 
finanziamento 
richiesto (4). 

(1) nel 
caso di 
specie, l�esame 
del 
motivo di 
ricorso sub c) 
� 
stato correttamente 
ritenuto pregiudiziale 
dalla 
VII 
Sezione, 
poich� 
dal 
suo 
accoglimento 
sarebbe 
derivata 
la 
necessit� 
di 
dichiarare 
l�estinzione 
dell�unico e 
assorbente 
reato di 
truffa 
aggravata, e 
quindi 
di 
prosciogliere 
le 
imputate 
dal 
reato di 
malversazione per cui erano state condannate nei precedenti gradi di giudizio. 
(2) Cass. pen. Sez. 2, n. 29512 del 
16 giugno 2015, Sicilfert 
s.r.l., rv. 264232; 
Cass. pen. Sez. 2, 
n. 43349 del 
27 ottobre 
2011, Bonaldi, rv. 250994; 
Sez. 6, n. 4313 del 
2 dicembre 
/2003, dep. 2004, 
Gramegna, rv. 228655; 
Cass. pen. Sez. 1, n. 4663 del 
7 novembre 
1998, Saccani, rv. 211494; 
Cass. 
pen. Sez. 6, n. 3362 del 15 dicembre 1992, Scotti, rv. 193155. 
(3) F. AnToLISEI, manuale 
di 
diritto penale 
- Parte 
speciale, II, 2008, XV 
ed., p. 327 s.; 
r. GIo-
VAGnoLI, studi 
di 
diritto penale. Parte 
speciale, p. 451, ad avviso del 
quale, operando le 
due 
ipotesi 
di 
reato in fasi esecutive distinte, � certamente configurabile il concorso tra le due. 
(4) In Cass. pen., Sez. 2, n. 29512 del 
16 giugno 2015, Sicilfert 
s.r.l., rv. 264232, la 
Corte, pur 
consapevole 
di 
decisioni 
di 
segno contrario, escluse 
che 
tra 
le 
due 
fattispecie 
potesse 
ravvisarsi 
un rapporto 
di 
sussidiariet�, affermando che 
�il 
reato di 
malversazione 
in danno dello stato (art. 316 bis 
c.p.) 
pu� concorrere 
con quello di 
truffa aggravata per 
il 
conseguimento di 
erogazioni 
pubbliche 
(art. 640 
bis 
c.p.)�: in considerazione 
della non identit� degli 
interessi 
protetti. Gli 
artt. 640 e 
640 bis 
c.p., tute

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Asserisce, invero, che 
la 
configurabilit� 
del 
reato di 
cui 
all�art. 316-bis 
c.p., introdotto dalla 
L. 26 aprile 
1990, n. 86, art. 3 e 
avente 
lo scopo di 
reprimere 
le 
frodi 
attuate 
non 
destinando 
i 
fondi 
pubblici 
gi� 
conseguiti 
alla 
finalit� 
prevista, 
solo 
ipoteticamente, 
ma 
non 
necessariamente, 
potrebbe 
postulare 
l�ottenimento 
delle 
provvidenze 
economiche 
mediante 
gli 
�artifizi 
e 
raggiri�, tipizzati 
dal 
reato 
ex 
art. 
640-bis 
c.p. 
Ben 
pi� 
verosimile 
sarebbe, 
per�, 
la 
situazione 
in cui 
il 
soggetto richiedente 
abbia 
correttamente 
esposto e 
documentato 
una 
situazione 
meritevole 
di 
contributi, versando poi 
in illecito solo 
in 
un 
momento 
successivo, 
quando, 
ottenuto 
il 
finanziamento, 
lo 
destini 
a 
scopi diversi da quelli in vista del quale era stato erogato. 


Di 
contro, 
il 
640-bis 
richiederebbe 
la 
frode, 
quale 
elemento 
costitutivo 
funzionale all�erogazione pubblica. 


Pertanto, 
alla 
luce 
di 
questo 
primo 
orientamento, 
rispetto 
al 
contributo 
concesso 
dall'ente 
pubblico 
potrebbero 
cos� 
configurarsi 
due 
comportamenti 
illeciti 
differenti, 
puniti 
autonomamente 
da 
norme 
penali 
diverse: 
quello 
di 
chi 
�con 
artifizi 
e 
raggiri� 
simuli 
una 
situazione 
che 
induca 
l'ente 
a 
corrispondere 
fondi, 
che 
altrimenti 
non 
sarebbero 
erogati, 
in 
vista 
di 
un 
fine 
poi 
effettivamente 
perseguito 
e 
quello 
di 
colui 
che, 
conseguite 
senza 
artifizi 
le 
pubbliche 
erogazioni 
concesse 
in 
vista 
di 
un 
fine 
prestabilito, 
destini 
i 
fondi 
ad 
uno 
scopo 
diverso. 


L�opposta 
interpretazione, 
minoritaria 
in 
giurisprudenza 
(5), 
ma 
maggioritaria 
in 
dottrina 
(6) 
� 
invero 
favorevole 
ad 
una 
relazione 
di 
sussidiariet� 


lano, 
infatti, 
il 
patrimonio 
da 
atti 
di 
frode, 
aggravata 
nel 
caso 
di 
conseguimento 
di 
erogazioni 
pubbliche; 
l'art. 
316 
bis 
c.p., 
tutela 
la 
pubblica 
amministrazione 
da 
atti 
contrari 
agli 
interessi 
della 
collettivit�, 
anche 
di 
natura non patrimoniale. 
In Cass. pen n. 43349 del 
27 ottobre 
2011, Bonaldi, rv. 250994, si 
afferm� 
che 
�la 
circostanza 
che 
i 
due 
comportamenti 
possano 
sommarsi, 
nel 
senso 
che 
artificiosamente, 
allegando una situazione 
non rispondente 
al 
reale, in relazione 
ad un fine 
dichiarato, si 
ottengano pubblici 
contributi 
in 
concreto 
destinati 
ad 
uno 
scopo 
diverso 
e 
gi� 
programmato, 
come 
contestato 
nel 
caso 
in 
esame, 
non 
elude 
la 
possibilit� 
di 
concorso 
tra 
i 
due 
reati. 
Non 
si 
verte 
infatti 
su 
di 
una 
stessa 
materia 
regolata 
da 
una 
pluralit� 
di 
disposizioni 
penali, 
per 
la 
quale 
possa 
valere 
il 
criterio 
di 
specialit� 
dettato 
dall'art. 15 del 
codice 
penale. la concomitanza dei 
due 
comportamenti, l'uno preso in considerazione 
dalla 
truffa, 
antecedente 
al 
conseguimento 
dei 
fondi 
pubblici, 
l'altro, 
quello 
punito 
dall'art. 
316 
bis 
c.p., 
a tale 
momento successivo, � 
solo eventuale, e 
non vale 
a caratterizzare 
la prima o la seconda delle 
due 
ipotesi 
delittuose 
come 
speciale 
rispetto all'altra. la inapplicabilit� del 
criterio di 
specialit� alle 
due 
norme 
emerge 
anche 
in considerazione 
della non identit� degli 
interessi 
protetti. l'art. 640 e 
art. 640 
bis 
c.p., tutelano il 
patrimonio da atti 
di 
frode, aggravata nel 
caso di 
conseguimento di 
erogazioni 
pubbliche; 
l'art. 316 bis 
c.p., tutela la pubblica amministrazione 
da atti 
contrari 
agli 
interessi 
della collettivit�, 
anche di natura non patrimoniali�. 


(5) Cass. pen. Sez. 2, n. 42934 del 
18 settembre 
2014, Messina; 
Cass. pen. Sez. 6, n. 23063 del 
12 
maggio 
2009, 
Bilotti, 
rv. 
244180; 
Cass. 
pen. 
Sez. 
2, 
n. 
39644 
del 
9 
luglio 
2004, 
Ambrosio, 
rv. 
230365. 
(6) C. BEnUSSI, Note 
sul 
delitto di 
malversazione 
a danno dello stato, in riv. trim. dir. pen. econom., 
1997, p. 1066 s.; 
M. GAMBArDELLA, sub art. 316-ter, in i delitti 
contro la personalit� dello stato, 
i 
delitti 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione, 
LATTAnzI 
G. 
e 
LUPo 
E. 
(a 
cura 
di), 
in 
AA.VV., 
Codice 
penale, 
Vol. III, Milano, 2005, p. 58; 
PAGLIAro, PAroDI 
GIUSIno, Principi 
di 
diritto penale 
- Parte 
speciale, X 
ed., 
2008, 
p. 
121; 
M. 
roMAno, 
i 
delitti 
contro 
la 
Pubblica 
amministrazione, 
i 
delitti 
dei 
pubblici 
ufficiali, 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


dell�art. 
316-bis 
c.p. 
rispetto 
al 
640-bis 
c.p., 
e 
circoscrive 
la 
configurabilit� 
del 
concorso 
tra 
i 
due 
reati 
alla 
sola 
ipotesi 
di 
contemporaneit� 
dei 
momenti 
di 
consumazione 
delle 
due 
fattispecie 
di 
reato, 
ossia 
qualora 
alla 
condotta 
truffaldina 
si 
sommi 
una 
destinazione 
diversa 
dei 
fondi 
erogati 
rispetto 
allo 
scopo 
rappresentato. 


Di 
contro, nella 
maggior parte 
dei 
casi, qualora 
i 
momenti 
consumativi 
dei 
due 
reati 
non 
coincidessero, 
il 
delitto 
di 
malversazione 
a 
danno 
dello 
Stato 
sarebbe 
meramente 
residuale 
e 
sussidiario 
rispetto 
a 
quello 
di 
truffa 
aggravata, 
ravvisandosi, pertanto, in tale ipotesi, un concorso apparente di norme (7). 

Secondo questo orientamento le 
condotte 
tipizzate 
dalle 
due 
disposizioni 
incriminatrici, poste 
cos� 
in rapporto di 
sussidiariet� 
(8), lederebbero il 
medesimo 
bene 
giuridico, ancorch� 
in stati 
e 
gradi 
diversi, giustificando, pertanto 
un�unica 
risposta 
penale. Sarebbe 
irragionevole, invero, punire 
due 
volte 
due 
comportamenti 
offensivi 
del 
medesimo interesse 
protetto, giacch� 
l�impiego 
�distorto� 
del 
finanziamento 
non 
sarebbe 
che 
una 
conseguenza 
naturale 
del 
conseguimento dell'erogazione ottenuta con artifici o raggiri. 


Secondo tale 
ricostruzione, il 
bene 
giuridico protetto dalle 
due 
norme 
sarebbe 
soltanto 
uno, 
in 
quanto 
patrimonio 
pubblico 
e 
buon 
andamento 
della 
PA 


-che, ad avviso dell�indirizzo opposto, rappresenterebbero due 
beni 
giuridici 
distintamente 
tutelati 
dalle 
fattispecie 
di 
reato - non rappresenterebbero altro 
che due aspetti del medesimo interesse giuridicamente rilevante (9). 
II ed., Milano, 2006, p. 74; 
S. SEMInArA, sub art. 316-bis, in A. CrESPI 
- F. STELLA 
- G. zUCCAL�, Commentario 
breve 
al 
codice 
penale, V 
ed., 2008, p. 762 s.; 
FIorELLA, i reati 
dei 
pubblici 
ufficiali 
contro la 
Pa, in 
Questioni 
fondamentali 
della parte 
speciale 
del 
diritto penale, Torino, 2013, 718, secondo cui, 
�l�art. 
316 
bis 
c.p. 
e 
l�art. 
640 
bis 
c.p. 
approntano 
una 
tutela 
complementare 
in 
materia 
di 
finanziamenti 
pubblici 
[...] 
tali 
fattispecie 
non 
possono, 
tuttavia 
concorrere 
materialmente. 
l�art. 
316 
bis 
c.p. 
presuppone 
il 
regolare 
ottenimento delle 
risorse; ove 
la frode 
sia finalizzata al 
conseguimento dei 
fondi, implicando 
la 
ricezione 
del 
finanziamento 
una 
utilizzazione 
dei 
fondi 
medesimi 
non 
in 
linea 
con 
l�interesse 
dell�ente 
erogatore, risulter� sanzionabile 
la sola ipotesi 
di 
truffa, fattispecie 
delittuosa pi� grave, che 
�coprendo� 
l�intero 
disvalore 
del 
fatto 
(illecito 
ottenimento 
delle 
risorse 
e 
loro 
distrazione) 
assorbe 
l�ipotesi minore di cui all�art. 316 bis c.p.�. 


(7) In Cass. pen. Sez. II, 18 settembre 
2014, n. 42934 (rv. 260830) si 
afferma 
che 
�la questione 
del 
concorso del 
delitto di 
malversazione 
di 
cui 
al 
capo l) con il 
delitto di 
truffa (ovvero di 
indebita 
percezione 
di 
erogazioni 
a danno dello stato) � 
fondata. Non sfugge 
l'indirizzo interpretativo secondo 
il 
quale 
il 
reato di 
malversazione 
in danno dello stato (art. 316-bis 
c.p. ) pu� concorrere 
con quello di 
truffa 
aggravata 
per 
il 
conseguimento 
di 
erogazioni 
pubbliche 
(art. 
640-bis 
c.p.). 
Va 
tuttavia 
rammentato 
che 
questa Corte, nel 
caso per 
il 
quale 
� 
stata enunciata la massima indicata (Cass. sez. 2, 27 ottobre 
2011 
n. 
43349), 
ha 
ipotizzato 
il 
concorso 
come 
possibile 
allorch� 
alla 
condotta 
truffaldina 
si 
sommi 
una 
destinazione 
diversa 
dei 
fondi 
erogati 
rispetto 
allo 
scopo 
rappresentato. 
ipotesi 
teorica 
che 
nel 
caso 
non ricorre 
e 
al 
quale 
meglio si 
attaglia il 
condivisibile 
principio secondo cui 
il 
reato di 
malversazione 
in danno dello stato ha natura sussidiaria e 
residuale 
rispetto alla fattispecie 
dell'art. 640 bis 
c.p. che 
sanziona la truffa aggravata per 
il 
conseguimento delle 
erogazioni 
pubbliche 
(Cass. sez. 6, 12 maggio 
2009 n. 23063). 
(8) Sul 
principio di 
sussidiariet�, GrISPIGnI, Diritto penale 
italiano, 1952, 416 ss.; 
BETTIoL 
- PET-
ToELLo 
MAnToVAnI, Diritto penale, 718; 
AnToLISEI, manuale, parte 
speciale, II, 1977, 743; 
PAGLIAro, 
op. cit. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Dirimente 
per 
la 
risoluzione 
del 
rapporto 
tra 
le 
due 
norme, 
tuttavia, 
sarebbe 
non 
tanto 
il 
bene 
giuridico, 
quanto 
piuttosto 
il 
rapporto 
di 
sussidiariet� 
che 
legherebbe 
l�art. 
316-bis 
all�art. 
640-bis 
c.p.: 
dal 
momento 
che 
il 
primo 
sanzionerebbe 
in 
maniera 
meno 
grave 
un 
comportamento 
criminoso 
offensivo 
del 
medesimo 
bene, 
sanzionato 
dal 
secondo 
in 
misura 
maggiore. 
Pertanto, 
la 
violazione 
di 
quest�ultima 
norma 
assorbirebbe 
totalmente 
il 
disvalore 
della 
prima 
(10). 


I 
due 
indirizzi 
concordano 
sulla 
affermazione 
che 
il 
principio 
di 
specialit� 
ex 
art. 15 c.p. non � 
in grado di 
operare 
nel 
caso de 
quo. Il 
suo ambito di 
applicazione, 
infatti, viene 
tradizionalmente 
circoscritto ai 
casi 
in cui 
una 
medesima 
condotta 
tipica 
- �stessa 
materia� 
- sia 
riconducibile 
a 
- �regolata� 
da 


-pi� norme 
incriminatrici, delle 
quali 
una 
descrive 
un fatto che 
presenta 
tutti, 
pi� almeno uno, gli 
elementi 
dell�altra 
-sia 
cio� 
una 
�disposizione 
di 
legge 
speciale� -. 
3. il concorso apparente di norme. 
Ai 
fini 
di 
una 
corretta 
risoluzione 
del 
contrasto di 
cui 
supra, � 
opportuno 
tracciare 
brevi 
cenni 
sulla 
complessa 
tematica 
del 
concorso 
apparente 
di 
norme 
(11), 
istituto 
di 
genesi 
dottrinale 
e 
giurisprudenziale 
ove, 
nonostante 
il 
confluire 
di 
pi� 
norme 
incriminatrici, 
tutte 
apparentemente 
applicabili 
ad 
un 
unico 


(9) Secondo Cass. pen. n. 23063 del 
12 maggio 2009, �e 
neppure 
sembra possa risolvere 
il 
problema 
l'affermazione 
per 
la quale 
l'art. 640 bis 
c.p. tutela il 
patrimonio mentre 
l'art. 316 bis 
c.p. tutela 
il 
buon andamento della pubblica amministrazione. a 
parte 
la considerazione 
che 
ormai 
quasi 
pi� si 
afferma che 
i 
problemi 
di 
concorso apparente 
possano risolversi 
valutando i 
beni 
giuridici 
tutelati, non 
pare 
che 
possa 
farsi 
una 
affermazione 
cos� 
netta, 
perch�, 
da 
un 
lato, 
quando 
� 
offeso 
il 
patrimonio 
della 
pubblica amministrazione 
� 
offeso anche 
il 
buon andamento della pubblica amministrazione, e, dall'altro, 
quando � 
offeso il 
bene 
del 
buon andamento della pubblica amministrazione, con la destinazione 
dei 
finanziamenti 
a 
scopi 
diversi 
da 
quelli 
sottesi 
alla 
norma 
che 
quei 
finanziamenti 
concede, 
si 
realizza 
anche un offesa del patrimonio della pubblica amministrazione�. 
(10) Quanto poi 
al 
principio di 
specialit�, sembra alla Corte 
che 
pi� precisamente 
si 
debba fare 
ricorso a quello di 
sussidiariet�, che 
meglio descrive 
il 
fenomeno e 
che 
� 
applicabile 
quando due 
fattispecie 
criminose 
sanzionino due 
comportamenti 
diversi 
che 
offendano stati 
o gradi 
diversi 
dello stesso 
bene, uno pi� gravemente, e 
l'altro in misura minore, cosicch� 
il 
secondo fatto 
-reato rimane 
assorbito 
nel 
primo. se 
� 
vero che 
nella ipotesi 
in esame 
i 
comportamenti 
che 
vengono in considerazione 
sono 
due, uno anteriore 
al 
conseguimento del 
finanziamento, che 
si 
realizza attraverso artifizi 
e 
raggiri, e 
l'altro posteriore, che 
si 
realizza con l'impiego dei 
fondi 
per 
una destinazione 
diversa, non pu� mettersi 
in dubbio che 
il 
bene 
tutelato sia offeso sin dal 
momento consumativo della truffa, cio� 
dal 
momento 
della realizzazione 
del 
profitto con corrispondente 
danno della parte 
lesa, e 
che 
sia poi 
ulteriormente 
offeso, 
a 
finanziamento 
conseguito, 
dalla 
diversa 
destinazione 
impressa, 
che 
rappresenta, 
per 
cos� 
dire, 
la fase 
esecutiva dello stesso progetto criminoso, sia esso gi� programmato sin dall'inizio dell'azione 
ovvero abbia preso corpo dopo il 
conseguimento della erogazione. Non possono dunque 
sottoporsi 
a 
sanzione 
due 
comportamenti 
offensivi 
dello stesso bene 
in due 
diversi 
momenti 
giacch�, in definitiva, il 
diverso impiego del 
finanziamento non � 
che 
una conseguenza naturale 
del 
conseguimento della erogazione 
a seguito di artifici o raggiri. 
(11) Si 
� 
affermato che 
�la tematica del 
concorso apparente 
di 
norme 
costituisce 
tutt�oggi 
uno 
dei 
capitoli 
pi� 
controversi 
del 
diritto 
penale�, 
G. 
FIAnDACA 
-E. 
MUSCo, 
Diritto 
penale 
-Parte 
generale, 
VII ed., 2014, p. 716 ss. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


fatto, 
la 
peculiare 
natura 
del 
rapporto 
in 
essere 
comporta 
l�applicazione 
di 
una 
sola norma, escludendo le altre (12). 

La 
caratteristica 
principale 
del 
concorso apparente 
� 
la 
presenza 
di 
due 
requisiti: 
l'esistenza 
di 
una 
medesima 
situazione 
di 
fatto e 
la 
convergenza 
di 
una pluralit� di norme applicabili alla fattispecie concreta (13). 

Sono 
stati 
elaborati 
da 
dottrina 
e 
giurisprudenza 
criteri 
potenzialmente 
in 
grado 
di 
discernere 
i 
casi 
di 
concorso 
apparente, 
dalle 
ipotesi 
di 
concorso 
reale, 
nelle 
due 
species 
di 
concorso 
materiale 
e 
formale: 
specialit�, 
sussidiariet� 
e 
assorbimento 
(o 
consunzione). 
Dei 
tre 
solo 
il 
primo 
trova 
un 
riscontro 
normativo 
nel 
codice 
penale 
(art. 
15 
c.p.), 
gli 
altri 
due, 
invero, 
sono 
frutto 
di 
elaborazione 
dottrinale 
e 
contestati 
da 
alcuni 
perch� 
privi 
di 
riconoscimento 
positivo. 


Il 
principio 
di 
specialit� 
permette, 
dunque, 
di 
individuare 
un�ipotesi 
di 
concorso 
apparente, 
che 
ricorre 
quando 
in 
presenza 
di 
due 
norme, 
che 
regolino 
la 
medesima 
materia 
(14) e 
che 
si 
trovino in rapporto di 
genere 
a 
specie, la 
legge speciale prevale rispetto alla legge generale, estromettendola (15). 

La Corte esclude che tale principio possa operare nel caso de quo. 

Secondo la 
Corte, � 
agevole 
individuare 
due 
fatti 
- l�indebita 
percezione 
dei 
fondi 
e 
l�uso distorsivo degli 
stessi 
- materialmente, cronologicamente 
e 
anche 
giuridicamente 
ben distinti. Il 
che 
rappresenterebbe 
un argomento idoneo 
a 
ritenere 
inapplicabile 
il 
principio di 
specialit�. In secondo luogo, di 
specialit� 
sarebbe 
pertinente 
parlare 
quando 
il 
rapporto 
strutturale 
tra 
le 
disposizioni 
possa 
essere 
rappresentato mediante 
due 
circonferenze 
concentriche, 
in cui 
quella 
di 
maggior diametro rappresenti 
la 
norma 
generale 
da 
disapplicare 
ove 
la 
sotto-fattispecie 
concreta 
si 
collochi 
all�interno, anche, del 


(12) 
Sul 
punto, 
AnToLISEI, 
Concorso 
formale 
di 
reati 
e 
conflitto 
apparente 
di 
norme, 
in 
Giust. 
Pen., 1942, II, 209. 
(13) 
FIAnDACA 
MUSCo, 
Diritto 
penale, 
Parte 
generale, 
zanichelli, 
1995, 
p. 
614; 
PAGLIAro, 
Diritto 
penale, Parte 
generale, Giuffr�, 1980, p. 185 ss.; 
MAnToVAnI, Concorso e 
conflitto di 
norme 
nel 
diritto 
penale, zanichelli, 1966, p. 426. 
(14) Sul 
significato dell�espressione 
�stessa 
materia�, due 
indirizzi 
interpretativi 
si 
sono fronteggiati. 
Secondo un orientamento, BETTIoL 
- PETToELLo 
MAnToVAnI, Diritto penale, 717; 
SPIEzIA, il 
reato 
progressivo, 1937, 576, il 
concetto di 
�stessa 
materia� 
non solo alluderebbe 
al 
medesimo fatto che 
sia 
apparentemente 
riconducibile 
a 
pi� norme, ma 
presupporrebbe, altres�, l�omogeneit� 
del 
bene 
giuridico 
tutelato; 
di 
contro, ad avviso di 
un secondo indirizzo interpretativo, si 
dovrebbe 
invece 
valorizzare 
la 
specialit� 
in concreto: 
il 
concetto di 
stessa 
materia 
farebbe 
riferimento anche 
alle 
ipotesi 
in cui 
un medesimo 
fatto concreto sia 
riconducibile 
a 
due 
o pi� figure 
criminose, pur se 
in astratto non sussisterebbe 
un rapporto di 
genere 
a 
specie, AnToLISEI, manuale, 138; 
ConTI, voce 
Concorso apparente 
di 
norme, 
1013; 
SInISCALCo, il 
concorso apparente 
di 
norme; 
PETronE, il 
principio di 
specialit� nei 
rapporti 
tra 
millantato credito e truffa, in 
riv. it. dir. proc. Pen., 1963, 160. 
(15) MArInUCCI, DoLCInI, 
manuale 
di 
diritto penale. Parte 
generale, specializzante 
pu� essere: 
a) un elemento che 
specifica 
un elemento del 
fatto previsto dalla 
norma 
generale; 
b) un elemento che 
si 
aggiunge 
a 
quelli 
espressamente 
previsti 
dalla 
norma 
generale. Senza 
che 
ne 
derivi 
alcuna 
conseguenza 
in termini 
di 
disciplina, si 
pu� parlare, nel 
primo caso, di 
specialit� 
per specificazione, e 
nel 
secondo, di 
specialit� per aggiunta. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


cerchio pi� piccolo. Sul 
criterio di 
specialit�, non si 
dovrebbe 
invece 
fare 
affidamento 
allorch� 
le 
disposizioni 
disegnino due 
circonferenze 
intersecantisi, 
formando un�area 
di 
sovrapposizione 
sul 
cui 
terreno fioriscono formule 
quali 
�specialit� 
in concreto� 
e 
�specialit� 
reciproca� 
o �bilaterale�(16), di 
cui 
da 
tempo si sottolinea l�inafferrabilit� (17). 

nel 
caso in esame, dunque, le 
condotte 
incriminate 
sarebbero riconducibili 
a 
disposizioni 
che 
non si 
trovano in rapporto di 
genere 
a 
specie, nel 
senso 
appena 
precisato, bens� 
presenterebbero reciproche 
differenze 
strutturali 
che 
solo in concreto trovano una 
parziale 
sovrapposizione 
consistente 
nell�avere 
ad oggetto la medesima erogazione pubblica. 


La 
Corte 
prosegue 
nel 
dar 
atto 
di 
alcune 
figure, 
ritenute 
da 
parte 
della 
dottrina 
applicazione 
del 
concorso apparente 
di 
norme, ossia 
l'assorbimento, 
la consunzione e l'ante-fatto o post-fatto non punibile (18). 

Le 
ultime 
due, 
considerate 
possibili 
applicazione 
del 
principio 
di 
consunzione, 
risultano 
di 
maggior 
incertezza 
applicativa. 
Ad 
avviso 
di 
parte 
della 
dottrina, 
vi 
rientrerebbero 
tutte 
quelle 
attivit� 
che 
secondo 
l�id 
quod 
plerumque 
accidit 
precedono o seguono un certo reato e 
che 
dunque, anche 
se 
astratta


(16) 
L�elemento 
che 
contraddistingue 
la 
�specialit� 
reciproca 
bilaterale� 
� 
dato 
dal 
fatto 
che 
mentre 
nei 
casi 
di 
specialit� 
per 
specificazione 
e 
per 
aggiunta, 
la 
�materia� 
regolata 
� 
sempre 
la 
stessa, 
altrettanto 
non pu� dirsi 
per il 
primo caso. Un classico esempio di 
specialit� 
reciproca 
bilaterale 
si 
rinviene 
tra 
gli 
artt. 609 bis 
(violenza 
sessuale) e 
564 (incesto): 
pur risultando la 
condotta 
comune 
ad entrambe 
(atto di 
congiunzione 
carnale), 
l�una 
presenta 
l�elemento 
aggiuntivo 
della 
violenza, 
minaccia 
o 
abuso 
di 
autorit�, 
mentre 
l�altra 
contempla, a 
sua 
volta, gli 
elementi 
aggiuntivi 
dati 
dall�esistenza 
di 
una 
relazione 
di 
consanguineit� 
o 
affinit�, 
nonch� 
dal 
verificarsi 
di 
un 
pubblico 
scandalo. 
Si 
verifica, 
pertanto, 
un�interferenza 
tra 
le 
norme 
limitatamente 
alla 
sola 
condotta, essendo gli 
altri 
elementi 
reciprocamente 
incommensurabili: 
mancando 
la 
�stessa 
materia� 
e 
con 
essa 
il 
concorso 
apparente 
di 
norme, 
il 
rapporto 
tra 
le 
due 
norme 
sar� 
qualificabile 
in 
termini 
di 
concorso 
formale 
di 
reati 
ai 
sensi 
dell�art. 
81 
c.p; 
a 
favore 
della 
specialit� 
reciproca 
come 
ipotesi 
di 
concorso 
apparente 
di 
norme, 
MAnToVAnI, 
Diritto 
penale, 
parte 
generale, 
Padova 
2001; 
amplius, ID., Concorso e conflitto di norme nel diritto penale, Bologna, 1966. 
(17) Un tentativo di 
chiarimento della 
�specialit� 
reciproca� 
si 
rinviene 
in Cass. pen. Sez. un. 28 
ottobre 
2010, n. 1963, che 
in tema 
di 
rapporto tra 
gli 
artt. 334 c.p. e 
213 c.d.s., risolto nel 
senso di 
concorso 
apparente 
tra 
le 
due 
norme, affermava: 
�la specialit� pu� essere 
invece 
bilaterale 
o reciproca e 
ci� 
si 
verifica 
quando 
l'aggiunta 
o 
la 
specificazione 
si 
verificano 
con 
riferimento 
sia 
all'ipotesi 
generale 
che 
a 
quella 
specifica 
(per 
es. 
rapporto 
tra 
artt. 
610 
e 
611 
c.p.: 
la 
prima 
norma 
prevede 
anche 
il 
tollerare 
o 
l'omettere 
che 
non 
sono 
previsti 
dalla 
seconda 
che, 
a 
sua 
volta, 
ha 
in 
pi� 
che 
la 
violenza 
o 
la 
minaccia 
devono essere 
dirette 
a far 
commettere 
un fatto costituente 
reato). � 
evidente, nel 
caso di 
specialit� bilaterale, 
la maggior 
difficolt� di 
applicare 
il 
principio di 
specialit� perch� 
non esistono criteri, se 
non 
di 
ordine 
logico, 
idonei 
a 
spiegare 
in 
modo 
inequivoco 
che 
cosa 
si 
intenda 
per 
norma 
speciale. 
su 
questo 
punto � 
da osservare 
che, per 
rendere 
concretamente 
applicabile 
il 
principio di 
specialit� in questi 
casi 
pi� complessi, sono stati 
proposti 
il 
criterio di 
sussidiariet� e 
quello di 
consunzione 
(detto anche 
di 
assorbimento)�. 
(18) 
Allorch� 
ci 
si 
trovi 
di 
fronte 
al 
c.d. 
antefatto 
o 
postfatto 
non 
punibile, 
di 
fronte, 
cio�, 
a 
condotte 
antecedenti 
o 
successive 
ad 
uno 
specifico 
fatto 
di 
reato 
e 
normalmente 
ad 
esso 
accessorie; 
in 
tali 
ipotesi, 
per il 
solo fatto della 
normale 
accessoriet� 
rispetto al 
reato principale, le 
violazioni 
accessorie 
non vengono 
punite 
in quanto assorbite 
dalla 
pena 
relativa 
al 
reato principale. Si 
pensi, con riferimento ad un 
esempio di 
antefatto non punibile, al 
possesso di 
chiavi 
e 
grimaldelli 
in relazione 
ad un furto e, per un 
esempio di postfatto non punibile, all'uso di monete contraffatte successivamente alla contraffazione. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


mente 
configurerebbero degli 
autonomi 
reati, resterebbero assorbite 
nel 
reato 
maggiore, il 
quale 
includerebbe 
gi� 
il 
disvalore 
della 
condotta 
antecedente 
o 
successiva 
(19). In questi 
casi, pur in presenza 
di 
una 
pluralit� 
di 
fatti, parte 
della dottrina ammette un concorso apparente (20). 

La 
giurisprudenza 
ha 
talvolta 
individuato 
casi 
di 
ante-fatto 
o 
post-fatto 
non 
punibile, 
senza 
per� 
fornire 
a 
riguardo 
un 
quadro 
organico 
di 
disciplina 
(21). 


nondimeno, un orientamento minoritario ravvisa 
in tali 
ipotesi 
un caso 
di 
concorso materiale 
di 
reati, trattandosi 
di 
una 
pluralit� 
di 
fatti 
autonomi 
e 
distinti 
e 
non sussistendo, perci�, il 
presupposto fondamentale 
della 
struttura 
del 
concorso apparente 
e 
cio� 
l�unicit� 
del 
fatto (22). Si 
sostiene 
infatti 
che 
le 
categorie in esame mancherebbero di un fondamento di diritto positivo. 


Se 
gi� 
nella 
definizione 
del 
concetto di 
norma 
speciale 
si 
� 
verificata 
una 
notevole 
difformit� 
di 
vedute, a 
maggior ragione 
i 
criteri 
di 
sussidiariet� 
e 
di 
consunzione, di 
matrice 
prettamente 
dottrinale, si 
sono rivelati 
vaghi 
e 
di 
incerta 
applicazione 
(23). A 
questo proposito, si 
� 
osservato che 
il 
tema 
del 
concorso 
di 
norme 
� 
caratterizzato 
dalla 
necessit� 
di 
tener 
conto 
di 
due 
distinti 
interessi: 
l�esigenza 
di 
equit�/proporzione, che 
sottende 
l�elaborazione 
di 
criteri 
volti 
ad allargare 
le 
maglie 
del 
concorso apparente 
di 
norme, e 
il 
bisogno 
di certezza giuridica che deve guidare l�applicazione delle norme (24). 

A 
fronte 
di 
questo 
articolato 
quadro 
dottrinale, 
la 
giurisprudenza 
attribuisce 
assoluta 
prevalenza 
al 
principio di 
specialit� 
sul 
presupposto che 
esso, a 
differenza 
degli 
altri 
criteri, abbia 
un esplicito e 
diretto riferimento normativo 
nell�art. 
15 
c.p.: 
le 
stesse 
Sezioni 
Unite, 
peraltro, 
hanno 
ritenuto 
tali 
criteri 
non 
meritevoli 
di 
applicazione 
come 
canone 
ermeneutico, 
perch� 
minanti 
i 
principi 
di tassativit� e determinatezza della norma penale (25). 

(19) G. VASSALLI, voce 
antefatto non punibile, postfatto non punibile, in enc. dir., vol. II, roma, 
1958, 505 ss.; 
A. Moro, Unit�, cit., 92; S. ProSDoCIMI, Profili penali del postfatto, Milano, 198. 
(20) 
G. 
FIAnDACA 
-E. 
MUSCo, 
op. 
cit., 
640; 
G. 
LozzI, 
Fatto 
antecedente 
e 
successivo 
non 
punibile 
nella problematica dell�unit� e pluralit� di reati, in riv. it. dir. proc. pen., 1956, 940. 
(21) Per esempio, in Cass. pen., 26 aprile 
2004, n. 33419, con riferimento ai 
reati 
contro la 
P.A., 
� 
stato altres� 
sostenuto che 
la 
semplice 
promessa 
di 
pagamento sotto la 
pressione 
del 
metus 
pubblicae 
potestatis 
� 
sufficiente 
ad integrare 
gli 
estremi 
del 
reato consumato di 
concussione, costituendo il 
pagamento 
dell'indebito un post 
factum 
che 
serve 
solo alla 
realizzazione 
dell'illecito profitto, ma 
che 
� 
ininfluente 
sul gi� avvenuto perfezionamento del reato. 
(22) nel 
senso, che 
si 
tratta 
di 
ipotesi 
al 
di 
fuori 
dello schema 
del 
concorso apparente 
di 
norme, 
L. ConTI, op. cit., 1017. 
(23) La 
tesi 
favorevole 
all�esistenza 
di 
una 
pluralit� 
di 
criteri 
� 
largamente 
prevalente 
in dottrina. 
Peraltro, una 
parte 
della 
dottrina 
accoglie 
tre 
criteri 
dirimenti 
il 
concorso apparente 
di 
norme, mentre 
altra 
parte 
si 
limita 
ad ammettere 
soltanto un secondo criterio oltre 
a 
quello di 
specialit�. Fra 
gli 
autori 
che 
ammettono 
tutti 
e 
tre 
i 
criteri 
si 
vedano, 
fra 
gli 
altri, 
M. 
roMAno, 
Commentario 
sistematico 
del 
codice 
penale, 
cit., 
176, 
e 
sia 
pure 
con 
significato 
parzialmente 
diverso 
G. 
MArInUCCI 
-E. 
DoLCInI, 
manuale 
di 
diritto penale, cit., 292; 
V.B. MUSCATIELLo, op. cit., 398 ss. Tra 
i 
sostenitori 
della 
impostazione 
volta 
ad 
attribuire 
valenza 
al 
solo 
principio 
di 
specialit�, 
si 
ricorda, 
fra 
tutti, 
F. 
AnToLISEI, 
manuale 
di diritto penale, p. gen., 16a 
ed., Milano, 2003, 157. 
(24) Sul punto, si veda F. MAnToVAnI, Diritto penale, Padova, 2011, 465. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


L�unico 
criterio 
idoneo 
ad 
operare 
come 
discrimen 
delle 
ipotesi 
di 
concorso 
apparente 
di 
norme 
risulterebbe, 
pertanto, 
essere 
il 
solo 
principio 
di 
specialit� 
ex 
art. 
15 
c.p. 
(26), 
applicabile 
non 
solo 
nel 
raffronto 
tra 
norme 
penali, 
ma 
anche 
al 
fine 
di 
dirimere 
il 
conflitto 
tra 
norma 
penale 
e 
sanzione 
amministrativa 
alla 
luce 
dell�art. 
9 
della 
L. 
24 
novembre 
1981, 
n. 
689 
(27). 
Si 
tende, 
pertanto, 
a 
privilegiare 
la 
dimensione 
astratta 
della 
figura 
dell�illecito, 
e 
a 
valorizzare 
i 
suoi 
elementi 
costitutivi, 
a 
prescindere 
dal 
nomen 
juris 
attribuitole 
dall�ordinamento. 


4. il ne bis in idem: la sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 2016. 
A 
proposito del 
concetto di 
�medesimezza 
del 
fatto� 
sono doverosi 
brevi 
cenni 
sul 
principio 
del 
ne 
bis 
in 
idem, 
sancito 
a 
livello 
processuale 
dall�art. 


(25) Secondo Cass. pen. Sez. un. 20 dicembre 
2005, n. 232302, i 
criteri 
di 
sussidiariet� 
sono privi 
di 
riscontro 
normativo, 
perch� 
l�inciso 
finale 
dell�art. 
15 
c.p. 
allude 
alle 
clausole 
di 
riserva 
previste 
dalle 
singole 
norme 
incriminatrici, 
che, 
in 
deroga 
al 
principio 
di 
specialit� 
prevedono 
l�applicazione 
della 
norma 
generale, anzich� 
di 
quella 
speciale; 
ma 
si 
riferiscono a 
casi 
specifici, non generalizzabili. �Vero 
� 
che, secondo una parte 
della dottrina e 
della giurisprudenza, anche 
nel 
caso di 
diversit� strutturale 
delle 
fattispecie, il 
rapporto di 
consunzione 
o di 
assorbimento, cui 
alluderebbe 
l'ultimo inciso dell'art. 
15 
c.p. 
quale 
applicazione 
sostanziale 
del 
principio 
processuale 
del 
ne 
bis 
in 
idem, 
richiederebbe 
di 
considerare 
solo apparente 
il 
concorso tra due 
norme 
relative 
a un medesimo quadro di 
vita sociale, 
quando 
la 
commissione 
di 
un 
reato 
comporti, 
secondo 
l'id 
quod 
plerumque 
accidit, 
anche 
la 
commissione 
dell'altro 
e 
una 
delle 
fattispecie 
esaurisca 
compiutamente 
l'intero 
disvalore 
del 
fatto. 
sicch� 
il 
concorso 
dovrebbe 
escludersi 
non solo quando la commissione 
di 
un reato comporti 
necessariamente 
la consumazione 
anche 
dell'altro, ma altres� 
quando sia solo ricorrente 
la consumazione 
di 
entrambi 
i 
reati 
in 
un contesto sociale 
unitario. e 
perci� potrebbe 
ritenersi 
che 
l'immissione 
in commercio dei 
supporti 
informatici 
illecitamente 
prodotti 
includa 
anche 
il 
disvalore 
della 
precedente 
condotta 
di 
acquisto 
dei 
supporti, come 
certamente 
include 
il 
disvalore 
della loro produzione. tuttavia i 
criteri 
di 
assorbimento 
e 
di 
consunzione 
sono privi 
di 
fondamento normativo, perch� 
l'inciso finale 
dell'art. 15 c.p. allude 
evidentemente 
alle 
clausole 
di 
riserva previste 
dalle 
singole 
norme 
incriminatrici, che, in deroga al 
principio 
di 
specialit�, 
prevedono, 
s�, 
talora 
l'applicazione 
della 
norma 
generale, 
anzich� 
di 
quella 
speciale, 
considerata 
sussidiaria; 
ma 
si 
riferiscono 
appunto 
solo 
a 
casi 
determinati, 
non 
generalizzabili. 
e 
infatti 
� 
appunto 
un'esplicita 
clausola 
normativa 
di 
riserva 
a 
escludere 
il 
concorso 
tra 
le 
condotte 
di 
produzione 
e 
di 
immissione 
in 
circolazione 
dei 
supporti 
illecitamente 
prodotti. 
inoltre 
i 
giudizi 
di 
valore 
che 
i 
criteri 
di 
assorbimento e 
di 
consunzione 
richiederebbero sono tendenzialmente 
in contrasto con il 
principio di 
legalit�, in particolare 
con il 
principio di 
determinatezza e 
tassativit�, perch� 
fanno dipendere 
da incontrollabili 
valutazioni 
intuitive 
del 
giudice 
l'applicazione 
di 
una 
norma 
penale�, 
in 
senso 
adesivo, 
Cass. pen., Sez. Un., 28 ottobre 
2010, n. 1235, Giordano e 
a.; 
Cass 
pen., Sez. Un., 28 ottobre 
2010, n. 
1963, Di Lorenzo. 
(26) A. UBALDI, truffa per 
il 
conseguimento di 
erogazioni 
pubbliche 
e 
malversazione: per 
le 
sezioni 
Unite 
� 
concorso materiale 
di 
reati, Diritto & 
Giustizia, fasc. 75, 2017, pag. 9, �dopo un'attenta 
ricostruzione 
del 
quadro 
maturato 
-in 
giurisprudenza, 
anche 
internazionale, 
e 
in 
letteratura 
-il 
supremo 
Consesso ha anzitutto ribadito un postulato di fondo: l'unico criterio da utilizzare per risolvere il concorso 
apparente 
di 
norme 
� 
il 
criterio di 
specialit� - cristallizzato all'art. 15, c.p. - con conseguente 
reiezione 
di 
tutti 
gli 
altri 
(i.e. criteri 
dell'assorbimento, della consunzione, dell'ante-fatto o post-fatto non 
punibili, etc.), siccome privi di effettivo sostrato normativo e, dunque, tecnicamente 'inaffidabili'�. 
(27) Quando uno stesso fatto � 
punito da 
una 
disposizione 
penale 
e 
da 
una 
disposizione 
che 
prevede 
una 
sanzione 
amministrativa, ovvero da 
una 
pluralit� 
di 
disposizioni 
che 
prevedono sanzioni 
amministrative, 
si 
applica 
la 
disposizione 
speciale; 
in giurisprudenza, Cass. pen., sez. V, 4 ottobre 
2016, n. 
4768; 
dubbi 
sulla 
legittimit� 
costituzionale 
della 
norma 
sono stati 
espressi 
da 
parte 
della 
dottrina, PA-
DoVAnI, Diritto penale, 2002, 358. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


649 c.p.p. (28) e 
recentemente 
interessato da 
una 
parziale 
declaratoria 
di 
illegittimit� 
costituzionale 
per 
effetto 
della 
sentenza 
della 
Consulta 
n. 
200 
del 
2016 (29). 

La 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
era 
stata 
sollevata 
dal 
G.U.P. di 
Torino (30), chiamato a 
decidere 
sulla 
richiesta 
di 
rinvio a 
giudizio nel 
processo 
"Eternit 
bis", avente 
ad oggetto 258 casi 
di 
omicidio doloso, dopo che 
"in 
relazione 
alla 
medesima 
condotta 
l'imputato, 
in 
un 
precedente 
giudizio, 
[era] gi� 
stato prosciolto per prescrizione 
da 
reati 
previsti 
dagli 
artt. 434, secondo 
comma, 
e 
437, 
secondo 
comma, 
del 
codice 
penale" 
(rispetto 
ai 
quali 
gli eventi di morte erano stati qualificati come circostanze aggravanti). 

Il 
giudice 
torinese 
rilevava 
un contrasto, nella 
ricostruzione 
del 
ne 
bis 
in 
idem, fra 
la 
giurisprudenza 
della 
CEDU 
(31) e 
la 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
italiana 
(32): 
la 
prima 
a 
favore 
di 
un 
criterio 
fattuale, 
la 
seconda 
di 
un criterio giuridico di 
identificazione 
dell'idem. Con riferimento al 
diritto 
vivente, 
� 
stata 
proposta 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dell'art. 
649 
c.p.p, 
"nella parte 
in cui 
limita l'applicazione 
del 
principio ne 
bis 
in idem 
all'esistenza 
del 
medesimo 
fatto 
giuridico, 
sebbene 
diversamente 
qualificato, 
invece 
che 
all'esistenza 
del 
medesimo 
fatto 
storico 
cos� 
come 
delineato 
dalla 
Corte europea dei diritti dell'uomo". 

La 
Corte 
Costituzionale 
ha 
innanzitutto sul 
piano ermeneutico, recepito 
l'opzione 
compiuta 
con 
nettezza 
dalla 
Cedu 
a 
favore 
dell'idem 
factum, 
non 
del-
l'idem legale. 


Ha 
poi 
delineato 
le 
coordinate 
per 
identificare 
il 
fatto 
storico-naturalistico 


(28) A 
livello sostanziale 
trova 
riconoscimento quale 
diritto sostanziale 
dell�individuo nell'art. 4 
Prot. 7 CEDU e nell'art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea. 
(29) Pubblicata 
in Gazzetta Ufficiale 
1a serie 
speciale 
- Corte 
Costituzionale 
n. 30 del 
27 luglio 
2016. 
(30) La 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
� 
stata 
sollevata 
dal 
GUP 
di 
Torino, con ordinanza 
del 
24 luglio 2015, iscritta 
al 
n. 262 del 
registro ordinanze 
2015 e 
pubblicata 
nella 
Gazzetta Ufficiale 
della repubblica n. 48, prima serie speciale, dell�anno 2015. 
(31) Le 
pronunce 
pi� rilevanti 
sono Corte 
EDU, Grande 
Camera, zolotoukhine 
c. russia 
del 
10 
febbraio 2009, poi recepita dalla sent. Grande stevens 
4 marzo 2014. 
(32) 
L�orientamento 
nazionale, 
a 
favore 
dell�idem 
legale, 
trova 
recente 
applicazione 
in 
Cass. 
pen. 
Sez. III, Sent., 2 dicembre 
2014, n. 50310, secondo cui 
�il 
requisito del 
"medesimo fatto", inteso come 
coincidenza di 
tutte 
le 
componenti 
della fattispecie 
concreta oggetto dei 
due 
processi, dovendo il 
segno 
linguistico 
("medesimo 
fatto") 
esprimere 
l'identit� 
storico 
-naturalistica 
del 
reato 
in 
tutti 
i 
suoi 
elementi 
costitutivi 
identificati 
nella condotta, nell'evento e 
nel 
rapporto di 
causalit�, in riferimento alle 
stesse 
condizioni 
di 
tempo, di 
luogo e 
di 
persona�; 
in senso conforme, Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 16 maggio 
2014) 31 luglio 2014, n. 34048, secondo cui 
�l'applicazione 
del 
principio che 
vieta il 
"bis 
in idem" 
richiede, 
invece, secondo l'espressione 
testuale 
contenuta nell�art. 649, e 
nell�art. 669 c.p.p., comma 1, 
l'identit� 
del 
fatto, 
locuzione 
costantemente 
intesa 
nella 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
come 
coincidenza 
di 
tutte 
le 
componenti 
della 
fattispecie 
concreta, 
portata 
alla 
cognizione 
del 
giudice 
nei 
distinti 
processi, 
come 
"corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione 
del 
reato, considerato in tutti 
i 
suoi 
elementi 
costitutivi 
(condotta, evento, nesso causale) e 
con riguardo alle 
circostanze 
di 
tempo, di 
luogo 
e di persona". 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


rilevante 
ai 
fini 
del 
divieto di 
bis 
in idem. 
Il 
fatto rileva, "secondo l'accezione 
che 
gli 
conferisce 
l'ordinamento, 
perch� 
l'approccio 
epistemologico 
fallisce 
nel 
descriverne 
un contorno identitario dal 
contenuto necessario". Il 
fatto cui 
fare 
riferimento, secondo la 
Corte 
"� 
l'accadimento materiale, certamente 
affrancato 
dal 
giogo 
dell'inquadramento 
giuridico, 
ma 
pur 
sempre 
frutto 
di 
un'addizione 
di 
elementi 
la 
cui 
selezione 
� 
condotta 
secondo 
criteri 
normativi". 

Si 
badi 
bene 
per� 
che 
l'affrancamento 
dall'inquadramento 
giuridico 
(cio� 
dall'idem 
legale) 
non 
equivale 
ad 
affrancamento 
da 
criteri 
normativi, 
in 
quanto 
gli 
elementi 
rilevanti 
per la 
sua 
identificazione 
devono essere 
selezionati 
secondo 
criteri elaborati dal legislatore penale. 


nella 
prospettiva 
della 
Consulta, invero, il 
�fatto� 
� 
l'accadimento materiale 
ma 
giuridicamente qualificato, perch� 
frutto della 
addizione di 
elementi 
relativi 
alle 
circostanze 
di 
tempo e 
di 
luogo la 
cui 
selezione 
� 
condotta 
- e 
non 
potrebbe 
essere 
altrimenti 
- sulla 
base 
di 
criteri 
normativi. Del 
resto, neppure 
la 
condotta, � 
di 
per s� 
un evento naturalistico dotato di 
essenza 
fenomenica, 
assumendo comunque 
rilevanza 
il 
dato normativo capace 
di 
individuare, nel 
costante 
fluire 
delle 
azioni 
umane, un certo comportamento, qualificandolo; 
altrimenti 
detto: 
posto che 
l'identit� 
di 
due 
fatti 
criminosi 
non � 
un dato empirico 
n� 
una 
realt� 
ontologica, ma 
un giudizio di 
valore, senza 
il 
richiamo al 
dato normativo e 
dunque 
alla 
qualificazione 
giuridica 
del 
fatto materiale, non 
sarebbe 
neppure 
possibile 
effettuare 
quell'operazione 
di 
raffronto 
in 
cui 
la 
identificazione consiste. 


Pertanto, sulla 
base 
della 
triade 
condotta 
- nesso causale 
- evento naturalistico, 
il 
giudice 
"pu� affermare 
che 
il 
fatto oggetto del 
nuovo giudizio � 
il 
medesimo solo se 
riscontra la coincidenza di 
tutti 
questi 
elementi, assunti 
in 
una dimensione empirica.� 


5. il 
principio di 
sussidiariet� regola il 
rapporto tra gli 
artt. 640-bis 
e 
316-ter 
c.p. 
Se 
il 
principio di 
specialit� 
� 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione 
ritenuto l�unico 
criterio utilizzabile 
in caso di 
concorso apparente 
di 
norme, e 
se 
nel 
caso di 
specie 
le 
due 
fattispecie 
incriminatrici 
sono autonome 
quanto a 
genesi 
e 
sviluppo, 
se 
ne 
deduce 
l�impossibilit� 
di 
ricondurre 
l�una 
all�interno dell�altra. 
Si 
esclude, pertanto, che 
il 
principio di 
specialit� 
possa 
sovvenire 
per qualificare 
il rapporto tra le due. 


Al 
riguardo, la 
pronuncia 
che 
meglio aveva 
argomentato in tema 
di 
concorso 
apparente 
tra 
il 
316 
bis 
e 
il 
640 
bis, 
aveva 
fatto 
applicazione 
del 
principio 
di 
sussidiariet�, ritenendo che 
le 
due 
norme 
incriminatrici 
sanzionassero due 
comportamenti 
diversi, 
offensivi, 
in 
stati 
e 
gradi 
diversi, 
dello 
stesso 
bene, 
uno 
pi� 
gravemente, 
e 
l'altro 
in 
misura 
minore, 
cosicch� 
il 
secondo 
fatto 
-reato 
sarebbe stato assorbito nel primo (33). 

Alle 
medesime 
conclusioni 
era 
giunta 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
a 
Sezioni 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Unite 
(34), applicando analogicamente 
i 
principi 
espressi 
nella 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
18 aprile 
2004, n. 95 (35) sul 
rapporto tra 
gli 
artt. 640bis 
e il 316-ter 
c.p. 

In quella 
sede 
la 
Consulta 
aveva 
statuito che 
l'art. 316-ter 
avrebbe 
assicurato 
una 
tutela 
aggiuntiva 
e 
complementare 
rispetto a 
quella 
offerta 
dall'art. 
640-bis, coprendo spazi 
estranei 
al 
paradigma 
del 
delitto di 
truffa, la 
concreta 
dimensione 
dei 
quali 
sarebbe 
spettata 
all'interprete 
identificare, 
in 
base 
alla 
pi� o meno ampia 
"capacit� 
di 
presa" 
riconoscibile 
a 
quel 
delitto, avendo riguardo 
all'elemento degli 
artifici 
e 
raggiri 
ed al 
requisito dell'induzione 
in errore 
(che non � menzionato nell'art. 316-ter) (36). 

(33) In Cass. pen. Sez. II, 18 settembre 
2014, n. 42934 (rv. 260830) si 
afferma 
che 
�la questione 
del 
concorso del 
delitto di 
malversazione 
di 
cui 
al 
capo l) con il 
delitto di 
truffa (ovvero di 
indebita 
percezione 
di 
erogazioni 
a danno dello stato) � 
fondata. Non sfugge 
l'indirizzo interpretativo secondo 
il 
quale 
il 
reato di 
malversazione 
in danno dello stato (art. 316-bis 
c.p. ) pu� concorrere 
con quello di 
truffa 
aggravata 
per 
il 
conseguimento 
di 
erogazioni 
pubbliche 
(art. 
640-bis 
c.p.). 
Va 
tuttavia 
rammentato 
che 
questa Corte, nel 
caso per 
il 
quale 
� 
stata enunciata la massima indicata (Cass. sez. 2, 27 ottobre 
2011 
n. 
43349), 
ha 
ipotizzato 
il 
concorso 
come 
possibile 
allorch� 
alla 
condotta 
truffaldina 
si 
sommi 
una 
destinazione 
diversa 
dei 
fondi 
erogati 
rispetto 
allo 
scopo 
rappresentato. 
ipotesi 
teorica 
che 
nel 
caso 
non ricorre 
e 
al 
quale 
meglio si 
attaglia il 
condivisibile 
principio secondo cui 
il 
reato di 
malversazione 
in danno dello stato ha natura sussidiaria e 
residuale 
rispetto alla fattispecie 
dell'art. 640 bis 
c.p. che 
sanziona 
la 
truffa 
aggravata 
per 
il 
conseguimento 
delle 
erogazioni 
pubbliche�; 
in 
senso 
adesivo 
a 
quanto 
affermato 
in 
Cass. 
pen. 
Sez. 
VI, 
4 
giugno 
2009, 
n. 
23063, 
�Quanto 
poi 
al 
principio 
di 
specialit�, 
sembra 
alla Corte 
che 
pi� precisamente 
si 
debba fare 
ricorso a quello di 
sussidiariet�, che 
meglio descrive 
il 
fenomeno e 
che 
� 
applicabile 
quando due 
fattispecie 
criminose 
sanzionino due 
comportamenti 
diversi 
che 
offendano stati 
o gradi 
diversi 
dello stesso bene, uno pi� gravemente, e 
l'altro in misura minore, 
cosicch� 
il 
secondo fatto 
-reato rimane 
assorbito nel 
primo. se 
� 
vero che 
nella ipotesi 
in esame 
i 
comportamenti 
che 
vengono 
in 
considerazione 
sono 
due, 
uno 
anteriore 
al 
conseguimento 
del 
finanziamento, 
che 
si 
realizza attraverso artifizi 
e 
raggiri, e 
l'altro posteriore, che 
si 
realizza con l'impiego dei 
fondi 
per 
una 
destinazione 
diversa, 
non 
pu� 
mettersi 
in 
dubbio 
che 
il 
bene 
tutelato 
sia 
offeso 
sin 
dal 
momento 
consumativo della truffa, cio� 
dal 
momento della realizzazione 
del 
profitto con corrispondente 
danno 
della parte 
lesa, e 
che 
sia poi 
ulteriormente 
offeso, a finanziamento conseguito, dalla diversa destinazione 
impressa, 
che 
rappresenta, 
per 
cos� 
dire, 
la 
fase 
esecutiva 
dello 
stesso 
progetto 
criminoso, 
sia 
esso gi� programmato sin dall'inizio dell'azione 
ovvero abbia preso corpo dopo il 
conseguimento della 
erogazione. Non possono dunque 
sottoporsi 
a sanzione 
due 
comportamenti 
offensivi 
dello stesso bene 
in due 
diversi 
momenti 
giacch�, in definitiva, il 
diverso impiego del 
finanziamento non � 
che 
una conseguenza 
naturale del conseguimento della erogazione a seguito di artifici o raggiri�. 
(34) Cass. Pen., Sez. Un., 27 aprile 
n. 2007, n. 16568, i 
delitti 
di 
cui 
agli 
articoli 
316-ter 
e 
640bis 
cod. pen. sono in rapporto di 
sussidiariet�, e 
non di 
specialit�, ricorrendo quest�ultimo solo quando 
difettino 
gli 
estremi 
della 
truffa, 
come 
nel 
caso 
di 
situazioni 
caratterizzate 
dal 
mero 
silenzio 
antidoveroso 
o delle condotte che non inducano effettivamente in errore l�autore della disposizione patrimoniale. 
(35) Corte 
Cost., 18 aprile 
2004, n. 95, pubblicata 
in GU 
1a serie 
speciale 
- Corte 
Costituzionale 
n. 11 del 17 marzo 2004. 
(36) Si 
affermava 
che, �che 
appare 
dunque 
evidente 
- alla luce 
tanto del 
dato normativo, quanto 
della ratio legis 
- come 
l�art. 316-ter 
cod. pen. sia volto ad assicurare 
agli 
interessi 
da esso considerati 
una tutela aggiuntiva e 
"complementare" 
rispetto a quella gi� offerta dall�art. 640-bis 
cod. pen., "coprendo", 
in 
specie, 
gli 
eventuali 
margini 
di 
scostamento 
-per 
difetto 
-del 
paradigma 
punitivo 
della 
truffa rispetto alla fattispecie 
della frode 
"in materia di 
spese", quale 
delineata dall�art. 1 della Convenzione: 
margini 
la cui 
concreta entit� - correlata alle 
pi� o meno ampie 
"capacit� di 
presa" 
che 
si 
riconoscano 
al 
delitto di 
truffa, avuto riguardo sia all�elemento degli 
"artifizi 
o raggiri", in qualunque 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Le 
Sezioni 
Unite, recependo questo orientamento, hanno riconosciuto la 
sussidiariet� 
tra 
le 
due 
fattispecie, facendo leva 
sul 
secondo dei 
requisiti 
indicati 
dalla 
Consulta, 
costituito 
dall'induzione 
in 
errore. 
La 
Corte 
suprema 
ha 
incentrato il 
discrimine 
fra 
i 
due 
reati 
non sul 
tipo di 
condotta 
di 
volta 
in volta 
realizzato, bens� 
innanzi 
tutto sull'essere 
stato l'ente 
erogante 
tratto, o meno, 
in 
inganno 
dal 
comportamento 
decettivo 
del 
beneficiario, 
consapevolmente 
riducendo 
l'ambito 
applicativo 
dell'art. 
316-ter 
a 
situazioni 
del 
tutto 
marginali. 
In 
breve, 
si 
affermava 
chiaramente 
che 
l�art. 
640 
bis 
sarebbe 
stato 
�consumante� 
rispetto all�art. 316 
ter. 


6. il rapporto tra gli artt. 640-bis e 316-bis c.p. 
Preso 
atto 
dell�unicit� 
del 
criterio 
ermeneutico 
utilizzabile 
per 
individuare 
un 
potenziale 
concorso 
apparente 
di 
norme, 
ma 
della 
sua 
non 
pertinenza 
al 
rapporto tra 
i 
reati 
di 
cui 
agli 
articoli 
316 bis 
e 
640 bis 
c.p., la 
Corte 
prosegue 
nel 
delineare 
gli 
elementi 
costitutivi 
delle 
due 
fattispecie 
di 
reato, al 
fine 
di 
verificarne il rapporto e le modalit� di una sua possibile risoluzione. 

Le considerazioni svolte deporrebbero a favore dell�autonomia. 

Da 
un punto di 
vista 
storico e 
sistematico, si 
ribadisce 
che 
le 
due 
norme 
sono entrate 
in vigore 
a 
distanza 
di 
poco tempo l�una 
dall�altra 
(37), e 
che 
� 
assente 
in 
entrambe 
una 
clausola 
di 
salvaguardia, 
unico 
elemento 
che, 
una 
volta 
escluso il 
rapporto di 
genere 
a 
specie, ne 
potrebbe 
legittimare 
uno di 
valore 
o gerarchia tra le due. 


Da 
un 
punto 
di 
vista 
contenutistico 
sarebbe 
evidente, 
ad 
avviso 
della 
Corte, 
che 
n� 
gli 
artifici 
e 
i 
raggiri 
siano 
l�unica 
modalit� 
con 
le 
quali 
il 
soggetto 
agente 
possa 
ottenere 
la 
percezione 
indebita 
dei 
fondi 
pubblici, 
n� 
l�utilizzazione 
degli 


forma realizzati, sia al 
requisito dell�induzione 
in errore 
- spetta all�interprete 
identificare, ma sempre 
nel 
rispetto 
della 
inequivoca 
vocazione 
sussidiaria 
della 
norma 
oggi 
sottoposta 
a 
scrutinio; 
che, 
in 
altre 
parole, rientra nell�ordinario compito interpretativo del 
giudice 
accertare, in concreto, se 
una determinata 
condotta 
formalmente 
rispondente 
alla 
fattispecie 
delineata 
dall�art. 
316-ter 
cod. 
pen. 
integri 
anche 
la 
figura 
descritta 
dall�art. 
640-bis 
cod. 
pen., 
facendo 
applicazione, 
in 
tal 
caso, 
solo 
di 
quest�ultima 
previsione 
punitiva; che 
- nella prospettiva della natura meramente 
sussidiaria e 
residuale 
della norma 
impugnata - � 
ben vero che 
l�art. 316-ter 
cod. pen. si 
presta, nell�intenzione 
del 
legislatore, a reprimere 
taluni 
comportamenti 
che, se 
posti 
in essere 
in danno di 
soggetti 
privati 
- o anche 
di 
soggetti 
pubblici, 
quando non si 
discuta dell�indebita erogazione 
di 
sovvenzioni 
- restano privi 
di 
sanzione: ma ci� senza 
che 
ne 
derivi 
affatto la lesione 
dell�art. 3 Cost. ventilata dal 
rimettente, posto che 
- come 
correttamente 
osserva l�avvocatura generale 
dello stato - la previsione 
di 
una tutela penale 
rafforzata, anche 
quanto 
ad ampiezza, delle 
finanze 
pubbliche 
e 
comunitarie 
contro le 
frodi, rispetto alla generalit� degli 
altri 
interessi 
patrimoniali, 
costituisce 
ragionevole 
esercizio 
di 
discrezionalit� 
legislativa, 
tenuto 
conto 
della 
specialit� dell�interesse 
offeso, nonch� 
del 
carattere 
"minore" 
delle 
violazioni 
di 
cui 
si 
discute 
(evidenziato 
anche 
dall�applicazione 
di 
una semplice 
sanzione 
amministrativa al 
sotto di 
una certa soglia), rispetto 
a quelle integrative del delitto di truffa�. 


(37) L�art. 640 bis 
� 
stato aggiunto dalla 
L. 19 marzo 1990, n. 55, mentre 
l�art. 316 bis 
� 
stato introdotto 
dall�art. 3, L. 26 aprile 
1990, n. 86, in tema 
di 
delitti 
dei 
pubblici 
ufficiali 
contro la 
pubblica 
amministrazione 
e 
successivamente 
cos� 
modificato dall�art. 1, L. 7 febbraio 1992, n. 181, in tema 
di 
delitti contro la pubblica amministrazione. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


stessi 
per 
finalit� 
diverse 
rispetto 
a 
quelle 
per 
cui 
siano 
stati 
erogati, 
costituisca 
il 
naturale 
esito 
della 
condotta 
fraudolenta 
tipizzata 
dall�art. 
640-bis 
c.p. 


Anzi, 
si 
ribadisce 
che 
la 
finalit� 
della 
condotta 
truffaldina 
pu� 
spesso 
tradursi 
nella 
convenienza 
economica 
dell�ottenimento 
tale 
da 
permettere 
all'impresa 
che 
ne 
usufruisca 
un margine 
di 
utile 
decisamente 
maggiore 
di 
quello 
ritraibile 
a 
seguito del 
ricorso al 
credito a 
prezzi 
di 
mercato, e 
quindi 
da 
consentire 
a 
coloro 
che 
vi 
accedono 
di 
recuperare 
quote 
di 
mercato 
maggiori, 
quale effetto dell'abbattimento dei costi. 


Inoltre, 
qualora 
ad 
essa 
segua 
l�erogazione 
dei 
fondi 
pubblici, 
il 
danno 
che 
ne 
deriva, 
non 
sar� 
esclusivamente 
un 
danno 
economico 
a 
carico 
dell�ente 
erogatore, 
ma 
verr� 
leso 
anche 
l�interesse 
del 
concorrente 
imprenditore, 
ingiustamente 
escluso dalla 
selezione. Anzi, si 
ribadisce 
che 
la 
lesione 
non consister� 
in 
un 
danno 
patrimoniale 
strettamente 
inteso, 
in 
quanto 
per 
l�ente 
erogatore 
sar� 
indifferente 
a 
chi, 
tra 
pi� 
concorrenti 
in 
condizioni 
di 
parit�, 
l�erogazione 
patrimoniale 
verr� 
destinata. Piuttosto, verr� 
menomato il 
buon 
andamento 
dell�amministrazione 
e 
la 
libera 
concorrenza 
del 
mercato, 
lesa 
dalla 
falsa 
rappresentazione 
della 
realt� 
operata 
dall�agente 
truffaldino 
nell�ottenere 
le provvidenze. 


Quanto al 
316-bis, si 
precisa 
che 
dal 
tenore 
testuale 
della 
norma 
non sia 
ricavabile 
alcuna 
qualificazione 
della 
condotta 
percettiva 
dei 
finanziamenti, 
poi 
stornati 
dalle 
loro 
finalit� 
pubbliche 
originarie, 
tale 
da 
concludere 
nel 
senso 
di una sua dipendenza dagli artifici e raggiri del 640-bis. 


Assente 
� 
qualsiasi 
riferimento alle 
modalit� 
legittime 
o illegittime 
di 
ingresso 
delle 
somme 
nel 
patrimonio dell�agente, irrilevante 
� 
il 
momento genetico 
del finanziamento (38). 

Al 
fine 
di 
sottolineare 
la 
diversit� 
strutturale 
tra 
le 
due 
fattispecie, si 
delineano 
le 
possibili 
e 
molteplici 
situazioni 
concrete 
che 
potrebbero delinearsi, 
eventualmente 
combinandosi 
tra 
loro, 
con 
modalit� 
autonome: 
a) 
il 
privato 
ottiene 
un 
finanziamento 
illecitamente 
e, 
successivamente, 
utilizza 
la 
somma 
per scopi 
privati; 
b) il 
privato ottiene 
con mezzi 
fraudolenti 
l'erogazione, ma 


(38) 
Dubbi 
sull�irrilevanza 
del 
momento 
genetico 
sono 
espressi 
da 
S. 
FInoCCHIAro, 
il 
buio 
oltre 
la 
specialit�. 
le 
sezioni 
Unite 
sul 
concorso 
tra 
truffa 
aggravata 
e 
malversazione, 
in 
www.penalecontemporaneo.it, secondo cui 
�Vale 
infine 
la pena di 
soffermarsi 
sull�ulteriore 
argomento 
speso dalle 
sezioni 
Unite, secondo cui 
l�art. 316-bis 
c.p. non conterrebbe 
alcun richiamo testuale 
che 
ne 
limiti 
l�applicazione 
ai 
soli 
contributi 
acquisiti 
lecitamente 
(� 7.2). al 
riguardo, avevamo in altra 
sede 
osservato come 
ci� non paia far 
necessariamente 
concludere 
per 
un�irrilevanza dell�elemento genetico 
dell�erogazione. Pensiamo all�appropriazione 
indebita: l�art. 646 c.p. non specifica affatto che 
presupposto della condotta appropriativa debba essere 
una genesi 
lecita della situazione 
possessoria, 
esprimendosi 
anzi 
in 
termini 
di 
�possesso 
a 
qualsiasi 
titolo�. 
Cionondimeno 
� 
comune 
opinione 
che 
non 
ci 
si 
possa 
�appropriare� 
di 
beni 
ottenuti 
mediante 
un 
reato, 
e 
che 
pertanto 
non 
sia 
lecito 
sanzionare 
a titolo di 
appropriazione 
indebita l�atto di 
disposizione 
(ad esempio l�alienazione 
ad altri 
o la distruzione) 
di 
un bene 
precedentemente 
oggetto di 
furto o truffa, che 
pure 
certamente 
approfondisce 
l�offesa 
patrimoniale gi� arrecata con la prima condotta illecita�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


la 
destina 
effettivamente 
ad 
opere 
o 
attivit� 
giustificanti 
il 
sostegno 
economico 
richiesto 
c) 
il 
privato 
ottiene 
legittimamente 
il 
finanziamento, 
ma 
omette 
di 
destinarlo 
all'attivit� 
o 
all'opera 
di 
pubblico 
interesse 
per 
cui 
era 
stato 
erogato. 


nel 
primo 
caso 
dopo 
aver 
compiuto 
la 
truffa, 
con 
una 
condotta 
anche 
cronologicamente 
autonoma 
ed eventuale, il 
privato pone 
in essere 
la 
malversazione; 
nel 
secondo 
viene 
in 
evidenza 
l'autonomia 
fra 
le 
due 
fattispecie, 
in 
quanto il 
privato pone 
in essere 
una 
truffa 
ma 
poi 
non compie 
una 
malversazione; 
nell'ultimo caso si verte in ipotesi di malversazione "pura�. 


Tutto 
ci� 
depone 
a 
favore 
di 
un�autonomia, 
e 
solo 
eventualmente 
di 
un�interferenza 
tra 
le 
due 
fattispecie, comprovato da 
una 
considerazione 
di 
ordine 
temporale 
secondo cui 
l�attivit� 
esecutiva 
distorsiva 
dalla 
finalit� 
pubblica 
ex 
art. 
316-bis, 
in 
genere 
si 
colloca 
in 
tempi 
considerevolmente 
successivi 
rispetto 
all�attivit� percettiva delle provvidenze. 


n� 
pu� invocarsi 
l�applicazione 
del 
principio di 
sussidiariet�, assenti 
sia 
i 
necessari 
riferimenti 
normativi, sia 
i 
presupposti 
interpretativi 
- rapporto tra 
i 
fatti 
secondo l�id quod plerumque 
accidit 
-, oltre 
che 
la 
comprovata 
e 
netta 
distinzione tra le due fattispecie (39). 

Dalla 
disamina 
svolta 
emerge 
un�indubbia 
esigenza 
di 
assicurare 
una 
tutela 
effettiva 
e 
rafforzata 
ai 
due 
differenti 
interessi 
giuridici 
in 
questione, 
esigenza 
maggiormente 
sentita 
nel 
caso 
in 
cui 
si 
faccia 
questione 
di 
ottenimento 
e 
utilizzazione 
di 
fondi 
comunitari, 
sui 
quali 
sempre 
vigile 
� 
l�attenzione 
della 
CGUE. 


Alla 
luce 
di 
questa 
comprovata 
autonomia, 
genetica, 
esecutiva 
e 
temporale, 
l�unico 
rapporto 
ipotizzabile, 
pertanto, 
non 
potr� 
che 
essere 
il 
concorso 
materiale 
di 
reati, 
con 
eventuale 
applicazione 
del 
regime 
della 
continuazione 
ex 
art. 
81 
c.p. 


7. Considerazioni conclusive. 
La 
sentenza 
in commento opera 
un pregevole 
sunto delle 
opzioni 
ermeneutiche 
sul 
punto e 
una 
breve, ma 
compiuta 
analisi 
di 
tematiche 
assai 
rilevanti, 
tuttavia l�esito interpretativo non pu� dirsi del tutto soddisfacente. 


Il 
percorso 
argomentativo 
seguito 
denota, 
invero, 
una 
schematicit� 
eccessiva 
per l�argomento in questione, come 
se 
la 
Corte, fin troppo consapevole 
della 
difficolt� 
di 
liquidare 
in 
poche 
righe 
un 
quesito 
cos� 
annoso 
e 
controverso, 
abbia 
proceduto via 
via 
eliminando con brevi 
annotazioni 
le 
varie 
so


(39) Molto sinteticamente, poi, la 
Corte 
procede 
a 
escludere 
- come 
gi� 
aveva 
annunciato in premessa 
- la 
possibilit� 
di 
dare 
rilevanza 
a 
criteri 
diversi 
da 
quello di 
specialit�. non pu� parlarsi 
di 
assorbimento 
poich� 
�una 
tale 
chiave 
interpretativa 
trascura 
l�elemento 
essenziale 
dell�istituto 
del 
concorso 
di 
norme 
che 
si 
fonda sulla comparazione 
della struttura astratta delle 
fattispecie, per 
apprezzare 
la 
valutazione 
implicita di 
correlazione 
tra norme 
ritenuta dal 
legislatore, non dal 
loro atteggiarsi 
concreto�. 
Parimenti 
viene 
scartata 
l�operativit� 
del 
principio 
di 
sussidiariet�, 
�il 
cui 
presupposto 
dogmatico 
-la connessione 
dei 
fatti 
secondo l�id quod plerumque 
accidit 
- al 
di 
l� del 
mancato riconoscimento 
normativo di 
tale 
principio in tema di 
concorso apparente 
di 
norme, risulta concretamente 
escluso, nel 
rapporto tra le due norme, dalle ricostruzioni espresse�. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


luzioni 
elaborate 
in dottrina 
meno confacenti, per poi 
trovarsi 
a 
dover verificare 
la 
sola 
compatibilit� 
del 
principio di 
specialit� 
con gli 
art. 316 bis 
e 
640 
bis 
c.p. 


Una 
volta 
risolta, se 
non addirittura 
liquidata, la 
questione 
nel 
senso del-
l�incompatibilit�, ha 
concluso con il 
sancire 
definitivamente 
l�autonomia 
tra 
le 
due 
fattispecie 
di 
reato, 
con 
considerazioni 
non 
troppo 
convincenti 
di 
ordine 
temporale, esecutivo e 
genetico, comprovate, a 
suo dire, dalla 
ormai 
desueta 
teoria dei beni giuridici (40). 

Pare, 
dunque, 
che 
la 
Corte 
abbia 
risolto 
la 
questione 
avvalendosi 
del 
principio 
di 
specialit�, erroneamente 
inteso come 
unico strumento ermeneutico a 
disposizione, 
non 
preoccupandosi 
di 
verificare 
appieno 
se 
potessero 
attagliarsi 
al caso concreto altri principi. 


nel 
caso di 
specie 
in cui 
con condotta 
truffaldina, le 
imputate 
hanno ottenuto 
provvidenze 
pubbliche, per poi 
stornarle 
dalle 
finalit� 
cui 
erano destinate, 
non pu� certo ravvisarsi 
una 
distinzione 
cos� 
netta 
come 
quella 
tracciata 
dalla 
Corte. Vero � 
che 
le 
condotte 
summenzionate 
possono dar luogo a 
esiti 
delittuosi 
differenti, 
in 
cui 
vengano 
integrate, 
l�una 
indipendentemente 
dal-
l�altra, 
le 
due 
fattispecie 
di 
reato, 
come 
efficacemente 
prospettato 
in 
sentenza. 


Ma 
qui 
l�interferenza 
tra 
le 
due 
condotte 
cՏ 
ed � 
evidente. Ed � 
la 
stessa 
Corte 
ad 
ammetterlo. 
Ma 
il 
principio 
di 
specialit� 
(outil 
meramente 
logico 
che 
si 
applica 
al 
rapporto 
tra 
norme) 
non 
pu� 
impiegarsi 
nel 
caso 
in 
cui 
le 
condotte 
incriminate 
siano 
distinte, 
seppur 
accumunate 
dal 
non 
irrilevante 
elemento 
della 
somma 
provento 
del 
reato, 
che 
� 
la 
stessa. 
I 
principi 
elaborati 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
nella 
sentenza 
n. 200 del 
2016, a 
favore 
dell�idem 
factum, non 
sembrano ancora 
aver scalfito l�iter argomentativo della 
Corte 
di 
Cassazione. 

Si 
afferma, 
inoltre, 
che 
i 
beni 
giuridici 
tutelati 
dalle 
due 
norme 
sarebbero 
distinti: 
in 
un 
caso 
il 
buon 
andamento 
della 
PA 
e 
nell�altro 
il 
patrimonio 
pubblico. 


Come 
se 
non si 
trattasse 
affatto di 
due 
aspetti 
complementari 
dello stesso 
principio sancito a livello costituzionale dall�art. 97 Cost. (41). 

non pu�, invero, negarsi 
che 
l�attivit� 
amministrativa 
-intesa 
pacifica


(40) Del 
resto, la 
stessa 
sezione 
della 
Corte 
aveva 
ritenuto ormai 
superata 
la 
teoria 
dei 
beni 
giuridici 
quale 
criterio identificativo delle 
ipotesi 
di 
concorso apparente 
di 
norme, Cass. pen. n. 23063 del 
12 maggio 2009, �a 
parte 
la considerazione 
che 
ormai 
quasi 
pi� si 
afferma che 
i 
problemi 
di 
concorso 
apparente 
possano risolversi 
valutando i 
beni 
giuridici 
tutelati, non pare 
che 
possa farsi 
una affermazione 
cos� 
netta, perch�, da un lato, quando � 
offeso il 
patrimonio della pubblica amministrazione 
� 
offeso 
anche 
il 
buon andamento della pubblica amministrazione, e, dall'altro, quando � 
offeso il 
bene 
del 
buon andamento della pubblica amministrazione, con la destinazione 
dei 
finanziamenti 
a scopi 
diversi 
da quelli 
sottesi 
alla norma che 
quei 
finanziamenti 
concede, si 
realizza anche 
un offesa del 
patrimonio 
della pubblica amministrazione�. 
(41) La 
previsione 
di 
cui 
all�art. 97 Cost. riguarda 
non solo l�organizzazione 
degli 
uffici, ma 
in 
maniera 
pi� ampia 
investe 
il 
funzionamento della 
PA 
nel 
suo complesso. Secondo Corte 
Cost. 40/1998, 
tale 
disposizione 
�stabilisce 
sia una finalit� da perseguire 
e 
da raggiungere, che 
un criterio caratterizzante 
l�attivit� amministrativa�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


mente 
dalla 
dottrina 
penalistica 
come 
quella 
esercitata 
da 
organi 
non solo amministrativi, 
ma 
anche 
legislativi 
e 
giudiziari 
(42) - � 
soggetta 
dalla 
Costituzione 
al 
rigoroso 
rispetto 
dei 
parametri 
del 
buon 
andamento 
e 
dell�imparzialit�, 
ed � 
proprio in tali 
parametri 
che 
� 
possibile 
individuare 
lo specifico oggetto 
di tutela dei delitti contro la pubblica amministrazione (43). 

La 
norma 
costituzionale, se 
originariamente 
veniva 
interpretata 
in senso 
oggettivo e 
statico, ha 
subito progressivamente 
un graduale 
mutamento esegetico, 
ricevendo 
per 
via 
legislativa 
ed 
ermeneutica 
un 
�riempimento� 
di 
contenuto 
normativo, o, per meglio dire, una �giuridicizzazione� (44). 

� 
pacifico, 
invero, 
che 
la 
nozione 
di 
buon 
andamento 
sia 
ad 
oggi 
articolata 
nelle 
species 
di 
efficienza, efficacia, economicit� 
(45), trasparenza, adeguatezza, 
proporzionalit�, tutto ci� che 
comporti 
una 
adeguata 
tutela 
del 
regolare 
funzionamento dell�attivit� 
della 
pubblica 
amministrazione, e 
della 
capacit� 
di 
perseguire 
i 
fini 
che 
le 
vengono assegnati 
dalla 
legge, nella 
massima 
aderenza 
all�interesse pubblico (46). 

(42) PAGLIAro, PAroDI 
GIUSIno, Principi 
di 
diritto penale 
- Parte 
speciale, X 
ed., 2008, p. 5 ss.; 
FIAnDACA 
MUSCo, 
Diritto 
penale, 
Parte 
generale, 
zanichelli, 
1995, 
p. 
156, 
secondo 
i 
quali 
i 
reati 
contro 
la PA tutelano non solo l�attivit� amministrativa, ma anche quella legislativa e giudiziaria. 
(43) 
La 
giurisprudenza 
maggioritaria 
propende 
per 
una 
concezione 
plurioffensiva 
dei 
reati 
contro 
la 
PA, secondo cui 
essi 
lederebbero sia 
un bene 
giuridico comune 
alla 
categoria 
(buon andamento PA), 
sia 
un bene 
giuridico specifico, proprio di 
ogni 
singola 
fattispecie 
incriminatrice, potendo ammettere, 
dunque, 
la 
configurabilit� 
della 
contemporanea 
lesione 
penalmente 
rilevante 
di 
una 
pluralit� 
di 
beni 
giuridici. 
Si 
veda 
Cass. pen. Sez. VI, 10 giugno 1993, n. 8009, secondo cui 
il 
peculato offenderebbe 
sia 
il 
buon 
andamento 
della 
PA, 
sia 
il 
patrimonio 
della 
PA, 
che 
�l�interesse 
dello 
Stato 
alla 
probit� 
e 
correttezza 
dei 
funzionari 
pubblici�; 
Cass. pen. Sez. VI., 3 dicembre 
2008, n. 14977, secondo cui 
la 
concussione 
offenderebbe 
sia 
il 
buon andamento della 
PA, sia 
la 
libert� 
morale 
della 
vittima, che 
il 
prestigio della 
PA. 
In 
dottrina, 
si 
rinvia 
a 
M. 
roMAno, 
i 
delitti 
contro 
la 
pubblica 
amministrazione. 
i 
delitti 
dei 
pubblici 
ufficiali, Miano, 2006, p. 93 e 
ss.; 
C. BEnUSSI, G. MArInUCCI, E. DoLCInI, trattato di 
diritto penale. 
Parte 
speciale, I, p. 348 ss.; 
S. VInCIGUErrA, i delitti 
contro la pubblica amministrazione, 2008, p. 67 
e 
ss. Questa 
concezione 
plurioffensiva 
� 
stata 
criticata 
in dottrina, in quanto banalizzerebbe 
il 
concetto 
stesso di 
bene 
giuridico, frustrandone 
la 
funzione 
di 
limite 
all�arbitrio nell�uso della 
potest� 
punitiva 
e 
consentendo 
all�interprete 
di 
attribuire 
la 
qualifica 
di 
interesse 
giuridico 
tutelato 
ad 
ognuno 
dei 
molteplici 
interessi 
che 
la 
singola 
fattispecie 
di 
reato 
finisce 
per 
compromettere. 
In 
questo 
senso, 
CATEnACCI, 
trattato 
teorico-pratico di 
diritto penale. reati 
contro la pubblica amministrazione 
e 
contro l'amministrazione 
della 
giustizia, 
Torino, 
2015, 
32 
ss.; 
A. 
BonDI, 
A. 
DI 
MArTIno, 
G. 
FornASArI, 
reati 
contro 
la 
pubblica amministrazione, Torino, 2008, 171 ss.; 
C. FIorE, i delitti 
dei 
pubblici 
ufficiali 
contro la pubblica 
amministrazione, Torino, 2004, p. 117 e ss. 
(44) Il 
contenuto della 
norma 
costituzionale 
� 
pacificamente 
inteso come 
efficienza dell�azione 
amministrativa 
nella 
realizzazione 
dei 
suoi 
compiti 
istituzionali, 
TAGLIArInI, 
il 
concetto 
di 
pubblica 
amministrazione 
nel 
codice 
penale, Milano, 1973, p. 9 ss.; 
BrICoLA, Tutela penale 
della pubblica amministrazione 
e principi costituzionali, in temi, 1968, 569 ss. 
(45) I principi 
di 
economicit�, efficacia 
ed efficienza 
sono sanciti 
dall�art. 1 della 
L. n. 241 del 
1990, sul 
procedimento amministrativo. Il 
principio di 
economicit� 
impone 
alla 
PA 
di 
perseguire 
i 
suoi 
obbiettivi 
con il 
minor dispendio di 
risorse; 
il 
principio di 
efficacia 
impone 
invece 
di 
agire 
in maniera 
idonea 
al 
perseguimento degli 
interessi 
pubblici 
selezionati 
in sede 
politica 
o legislativa. Infine, il 
principio 
di efficienza si riferisce al funzionamento dell�intero apparato amministrativo. 
(46) Per una 
sintesi 
sul 
punto, A. FIorELLA, i reati 
dei 
pubblici 
ufficiali 
contro la Pa, in Questioni 
fondamentali 
della parte 
speciale 
del 
diritto penale, secondo cui, �offenderanno l�interesse 
del 
buon 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


In 
relazione 
al 
reato 
di 
malversazione 
a 
danno 
dello 
Stato 
non 
pu� 
negarsi 
che 
esso 
si 
presti 
a 
ledere 
proprio 
il 
buon 
andamento 
inteso 
nei 
suoi 
corollari 
applicativi 
di 
efficacia 
ed 
efficienza, 
in 
quanto 
attraverso 
una 
deviazione 
dal 
vincolo 
di 
destinazione 
impresso 
a 
provvidenze 
pubbliche, 
il 
danno 
� 
diretto 
all�integrit� 
funzionale 
dell�apparato 
amministrativo. 
Alla 
luce 
di 
tali 
considerazioni, 
il 
patrimonio 
pubblico 
tutelato 
dall�art. 
640-bis 
c.p, 
sembrerebbe 
rappresentare 
proprio 
un 
aspetto 
del 
buon 
andamento 
della 
PA, 
ossia 
la 
funzione 
pubblica 
legata 
a 
particolari 
modalit� 
di 
erogazione 
dei 
fondi 
a 
disposizione 
della 
collettivit�. 
Vero 
� 
che 
in 
quest�ultima 
ipotesi 
il 
soggetto 
attivo 
sottrarr� 
al 
concorrente 
escluso 
le 
provvidenze 
pubbliche 
messe 
a 
disposizione 
dalla 
PA, 
ma 
� 
improprio 
affermare 
che 
per 
l�ente 
erogatore 
sia 
indifferente 
l�identit� 
del 
soggetto 
percettore. 
Il 
fatto 
stesso 
che 
la 
PA 
ponga 
delle 
regole 
sulle 
modalit� 
di 
erogazione 
dei 
fondi 
pubblici, 
implica 
l�obbligo 
di 
rispetto 
delle 
stesse 
da 
parte 
dei 
concorrenti, 
al 
fine 
di 
garantire 
che 
il 
patrimonio 
pubblico 
giunga 
in 
capo 
al 
soggetto 
che 
sia 
legittimamente 
pi� 
idoneo 
a 
riceverne. 
Tutto 
ci� 
per 
il 
regolare 
funzionamento 
della 
pubblica 
amministrazione 
e 
nella 
massima 
aderenza 
all�interesse 
pubblico, 
ai 
sensi 
dell�art. 
97 
Cost., 
cos� 
come 
sopra 
interpretato. 


non appare 
condivisibile, dunque, la 
conclusione 
operata 
dalle 
Sezioni 
Unite 
Penali 
su 
una 
cos� 
netta 
distinzione 
tra 
i 
due 
interessi 
giuridici 
in 
esame, 
anzi, 
sembra 
irragionevole 
e 
affetta 
da 
un 
eccessivo 
rigorismo 
punitivo, 
la 
scelta 
di 
irrogare 
una 
duplice 
sanzione 
penale 
per due 
fatti 
s� 
interferenti 
tra 
loro, ma lesivi dello stesso bene giuridico, ancorch� in stati e gradi diversi. 


Un�ultima 
considerazione 
a 
proposito delle 
implicazioni 
sui 
profili 
risarcitori 
a 
favore 
della 
parte 
civile. A 
fronte 
della 
cos� 
affermata 
autonomia 
tra 
le 
due 
fattispecie, alle 
due 
distinte 
statuizioni 
sulla 
penale 
responsabilit� 
conseguirebbero 
due 
separati 
capi 
risarcitori: 
ma 
nel 
caso concreto la 
somma 
della 
quale 
si 
discute 
� 
la 
stessa 
che, 
da 
un 
lato, 
viene 
ottenuta 
con 
frode, 
e 
dall�altro, 
viene 
distorta 
dalla 
finalit� 
pubblica 
alla 
quale 
era 
stata 
destinata, 
mentre 
i 
capi risarcitori saranno due, in quanto due le statuizioni di responsabilit�. 


Vi 
� 
di 
pi�. Ambedue 
i 
capi 
risarcitori, a 
fronte 
di 
debita 
richiesta, potenzialmente 
provvederanno 
sia 
alla 
liquidazione 
del 
danno 
patrimoniale 
che 
alla 
liquidazione di quello non patrimoniale. 

A 
seguito 
della 
condanna 
per 
il 
reato 
di 
cui 
all�art. 
316 
bis 
c.p., 
dovr� 
provvedersi 
alla 
restituzione 
alla 
PA 
dell�importo erogato e 
non destinato dal-
l�imputato 
al 
fine 
pubblico 
previsto; 
sar�, 
inoltre, 
da 
ritenersi 
fondata 
la 
richiesta 
del 
p.m. per il 
risarcimento del 
danno non patrimoniale 
all�immagine 


(47) e 
al 
funzionamento della 
PA 
(48), come 
anche 
la 
pretesa 
risarcitoria 
della 
andamento le 
condotte 
che 
ostacolino l�efficienza dell�azione 
amministrativa, che 
ne 
frustrino, cio�, la 
capacit� di 
perseguire 
i 
fini 
ad essa assegnati 
dalla legge�, in senso adesivo, r. rAMPIonI, Bene 
giuridico 
e 
delitti 
dei 
pubblici 
ufficiali 
contro la pubblica amministrazione, Milano, 1984, 85 ss.; 
M. CATEnACCI, 
reati 
contro la Pubblica amministrazione 
e 
contro l�amministrazione 
della giustizia. trattato 
teorico pratico di diritto penale, Torino, 2011, 8 ss. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


societ� 
privata 
concorrente, illegittimamente 
esclusa 
dall�assegnazione 
delle 
provvidenze pubbliche, se costituitasi parte civile (49). 

A 
seguito 
della 
condanna 
per 
il 
reato 
di 
cui 
all�art. 
640 
bis 
c.p., 
l�imputato 
sar� 
condannato alla 
restituzione 
della 
somma 
di 
denaro fraudolentemente 
ottenuta, 
nonch� 
al 
risarcimento 
del 
danno 
patrimoniale 
cagionato 
all�economia 
dell�ente 
erogatore 
delle 
provvidenze 
pubbliche 
interessato 
dalla 
condotta 
truffaldina, 
e, altres�, al 
ristoro del 
pregiudizio non patrimoniale 
arrecato al 
buon 
funzionamento della 
PA, secondo l�accezione 
lata 
di 
cui 
all�art. 97 Cost. (50). 

Sono 
quindi 
evidenti 
le 
problematiche 
lasciate 
senza 
soluzione 
persino 
da 
una 
pronuncia 
di 
cos� 
indubbio spessore: 
non resta 
che 
auspicare 
un intervento 
volto alla 
creazione 
normativa 
o giurisprudenziale 
- per esempio chiarimenti 
sul 
criterio della 
�specialit� 
bilaterale� 
(51) - di 
criteri 
ermeneutici 
in 
grado di meglio regolare gli aspetti �dinamici� e concreti della questione. 


Cassazione, Sezioni 
Unite 
Penali, sentenza 28 aprile 
2017 n. 20664 
-Pres. G. Canzio, rel. 


A. 
Petruzzellis, 
P.G. 
A. 
rossi 
(difforme) 
-F.B., 
P.S. 
(avv. 
E. 
Monteverde); 
Invitalia 
s.p.a. 
(avv. 
G. Volo). 
rEATI 
ConTro 
IL 
PATrIMonIo 
PUBBLICo 
-rEATI 
ConTro 
IL 
BUon 
AnDAMEnTo 
DELLA 
PA 
-BEnI 


GIUrIDICI - TrUFFA 
AGGrAVATA 
PEr IL 
ConSEGUIMEnTo 
DI EroGAzIonI PUBBLICHE 
- MALVEr-

SAzIonE 
A 
DAnno 
DELLo 
STATo 
- rAPPorTo 
- SPECIALIT� 
- SUSSIDIArIET� 
- InSUSSISTEnzA 
-

AUTonoMIA - ConCorSo MATErIALE DI rEATI � SUSSISTEnzA. 


[Articoli 
15, 316-bis 
e 
640-bis 
codice 
penale; 
articolo 9 Legge 
24 novembre 
1981, n. 689; 
articolo 
649 codice 
procedura 
penale; 
articolo 4 Protocollo 7 Convenzione 
Europea 
dei 
Diritti 
dell�Uomo; articolo 50 Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea]. 


ConSIDErATo In DIrITTo 


1. La 
questione 
di 
diritto che 
ha 
generato la 
rimessione 
dei 
ricorsi 
alle 
Sezioni 
Unite 
� 
la seguente: 
"se 
il 
reato 
di 
malversazione 
in 
danno 
dello 
stato 
(art. 
316 
bis 
c.p.) 
concorra 
con 
quello 
di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.)". 


2. Il 
quesito trova 
la 
sua 
origine 
nella 
presenza 
di 
due 
contrapposte 
interpretazioni 
delle 
disposizioni richiamate. 
(47) Il 
danno all�immagine 
della 
PA 
potr� 
essere 
riconosciuto solo se 
il 
reato sia 
stato commesso 
da un dipendente. 
(48) 
Corte 
Conti 
reg. 
(Campania) 
sez. 
giurisd. 
7 
marzo 
2011 
n. 
325, 
in 
presenza 
di 
una 
decisione 
penale 
di 
condanna 
irrevocabile 
ai 
sensi 
dell'art. 
316 
bis 
c.p. 
(malversazione 
a 
danno 
dello 
stato) 
deve 
ritenersi 
fondata 
la 
pretesa 
del 
p.m. 
presso 
la 
Corte 
dei 
conti 
per 
il 
risarcimento 
di 
danno 
all'immagine. 
(49) In Cass. pen., sez. VI 21 maggio 2010, n. 20847, la 
Corte 
ha 
ritenuto che 
la 
societ� 
illegittimamente 
esclusa 
dalla 
selezione 
per 
l�assegnazione 
di 
fondi 
pubblici 
potesse 
far 
valere 
pretese 
di 
natura civilistica nell'ambito del procedimento penale in qualit� di persona danneggiata dal reato. 
(50) Vedi nota 46. 
(51) 
Si 
verificherebbe, 
pertanto, 
un�interferenza 
tra 
le 
norme 
limitatamente 
alla 
sola 
condotta, 
essendo 
gli altri elementi reciprocamente incommensurabili. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Per 
la 
prima, 
si 
esclude 
un 
rapporto 
di 
specialit� 
tra 
due 
reati 
e 
si 
ritiene 
il 
concorso 
delle 
fattispecie 
(Sez. 2, n. 29512 del 
16/06/2015, Sicilfert 
s.r.l., rv. 264232; 
Sez. 2, n. 43349 
del 
27/10/2011, Bonaldi, rv. 250994; 
Sez. 6, n. 4313 del 
02/12/2003, dep. 2004, Gramegna, 
rv. 
228655; 
Sez. 
1, 
n. 
4663 
del 
07/11/1998, 
Saccani, 
rv. 
211494; 
Sez. 
6, 
n. 
3362 
del 
15/12/1992, Scotti, rv. 193155), in ragione 
della 
mancanza 
di 
identit� 
degli 
interessi 
protetti. 
L'eventuale 
concomitanza 
dei 
due 
comportamenti, l'uno preso in considerazione 
dalla 
truffa, 
antecedente 
al 
conseguimento dei 
fondi 
pubblici 
e 
riguardante 
la 
fase 
percettiva 
della 
provvidenza 
economica, in cui 
la 
previsione 
del 
reato � 
funzionale 
alla 
tutela 
del 
patrimonio pubblico, 
l'altro, 
punito 
dall'art. 
316 
bis 
c.p., 
successivo 
a 
tale 
momento, 
riguardante 
la 
fase 
esecutiva 
del 
progetto finanziato, limitata 
a 
tutelare 
l'interesse 
pubblico che 
l'erogazione 
intende 
perseguire, non vale 
a 
caratterizzare 
la 
prima 
o la 
seconda 
delle 
due 
ipotesi 
delittuose 
come speciale rispetto all'altra. 


Secondo 
l'opposta 
interpretazione 
(Sez. 
2, 
n. 
42934 
del 
18/09/2014, 
Messina, 
non 
mass. 
sul 
punto; 
Sez. 
6, 
n. 
23063 
del 
12/05/2009, 
Bilotti, 
rv. 
244180; 
Sez. 
2, 
n. 
39644 
del 
09/07/2004, Ambrosio, rv. 230365), non si 
ritiene 
dirimente, al 
fine 
di 
individuare 
gli 
spazi 
applicativi 
delle 
disposizioni, la 
considerazione 
che 
i 
diversi 
momenti 
di 
consumazione 
tra 
i 
due 
reati 
possano 
non 
coincidere, 
posto 
che 
il 
problema 
sorgerebbe 
proprio 
quando 
la 
diversa 
destinazione 
dei 
beni 
viene 
impressa 
allorch� 
l'erogazione 
venga 
conseguita 
con 
artifizi 
e 
raggiri, 
prospettandosi in tal caso un'ipotesi di concorso apparente di norme. 


Sulla 
base 
di 
tale 
ultima 
ricostruzione, 
esclusa 
la 
rilevanza, 
quale 
discrimine 
utilizzabile 
per l'applicazione 
del 
principio di 
specialit�, dell'identit� 
di 
materia 
o di 
interesse 
protetto, si 
ritiene 
non 
corretto 
sottoporre 
a 
sanzione 
due 
comportamenti 
offensivi 
dello 
stesso 
bene, 
giacch� 
il 
diverso impiego del 
finanziamento non sarebbe 
che 
una 
conseguenza 
naturale 
del 
conseguimento 
dell'erogazione a seguito di artifici o raggiri. 


Entrambi 
gli 
orientamenti 
interpretativi, 
contenuti 
nei 
due 
filoni 
giurisprudenziali 
citati, 
escludono quindi che le fattispecie siano tra loro in rapporto di specialit�. 


Il 
primo 
ritiene 
il 
concorso 
di 
reati 
in 
virt� 
della 
diversit� 
della 
materia 
disciplinata 
dalle 
due 
disposizioni; 
il 
secondo, che 
nega 
tale 
concorso, conclude 
per la 
presenza 
di 
un concorso 
apparente 
di 
norme, 
in 
quanto 
valuta 
i 
comportamenti 
tipizzati 
nelle 
disposizioni 
in 
esame 
offensivi 
del 
medesimo 
bene 
giuridico, 
in 
stati 
e 
gradi 
diversi, 
ed 
evoca 
a 
sostegno 
della 
propria 
ricostruzione il principio del rapporto di sussidiariet� tra le norme. 


3. L'esame 
sulla 
fondatezza 
dell'una 
o dell'altra 
soluzione 
interpretativa 
deve 
prendere 
le 
mosse 
dalla 
considerazione 
dei 
principi 
vigenti 
sul 
concorso 
apparente 
di 
norme 
che 
ricorre 
ove, attraverso un confronto degli 
elementi 
strutturali, pi� fattispecie 
risultino applicabili 
al 
medesimo 
fatto, 
e 
che 
� 
regolamentato 
dall'art. 
15 
c.p., 
secondo 
cui: 
"Quando 
pi� 
leggi 
penali 
o pi� disposizioni 
della 
medesima 
legge 
penale 
regolano la 
stessa 
materia, la 
legge 
o la 
disposizione 
di 
legge 
speciale 
deroga 
alla 
legge 
o alla 
disposizione 
di 
legge 
generale, salvo che 
sia altrimenti stabilito". 
Da 
tale 
norma 
si 
trae 
il 
principio generale 
che, ove 
si 
escluda 
il 
concorso apparente, � 
possibile 
derogare 
alla 
regola 
del 
concorso 
di 
reati 
solo 
quando 
la 
legge 
contenga 
l'espressione 
delle 
c.d. 
clausole 
di 
riserva, 
le 
quali, 
inserite 
nella 
singola 
disposizione, 
testualmente 
impongono 
l'applicazione 
di 
una 
sola 
norma 
incriminatrice 
prevalente 
che 
si 
individua 
seguendo 
una logica diversa da quella di specialit�. 


Sul 
rapporto di 
specialit� 
si 
fonda 
anche 
la 
comparazione, e 
quindi 
l'applicazione 
delle 
componenti 
accessorie 
del 
reato, posto che 
le 
disposizioni 
di 
cui 
agli 
artt. 68 e 
84 c.p., informano 
le 
correlazioni 
tra 
gli 
elementi 
eventuali 
del 
reato 
nei 
medesimi 
termini 
previsti 
dall'art. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


15, 
i 
cui 
principi 
sono 
volti 
ad 
evitare 
l'addebito 
plurimo 
di 
un 
accadimento, 
ove 
unitariamente 
valutato dal 
punto di 
vista 
normativo: 
condizione 
che 
si 
porrebbe 
in contrasto col 
principio 
del 
ne bis in idem 
sostanziale. 


3.1. � 
noto che 
sul 
punto sussiste 
un ampio e 
risalente 
dibattito in dottrina 
tendente 
ad 
ampliare 
il 
concorso 
apparente 
di 
norme 
alle 
figure 
dell'assorbimento, 
della 
consunzione 
e 
dell'ante-fatto o post-fatto non punibile: 
classificazioni 
ritenute 
tuttavia 
prive 
di 
sicure 
basi 
ricostruttive, poich� 
individuano elementi 
incerti 
quale 
dato di 
discrimine, come 
l'identit� 
del 
bene 
giuridico tutelato dalle 
norme 
in comparazione 
e 
la 
sua 
astratta 
graduazione 
in termini 
di 
maggiore 
o 
minore 
intensit�, 
di 
non 
univoca 
individuazione, 
e 
per 
questo 
suscettibili 
di 
opposte 
valutazioni da parte degli interpreti. 
In particolare, la 
loro applicazione 
quale 
criterio ermeneutico � 
stata 
ripetutamente 
negata 
dalla 
giurisprudenza 
delle 
Sezioni 
Unite 
per 
la 
mancanza 
di 
riferimenti 
normativi 
che 
consentano un collegamento di tale ricostruzione alla 
voluntas legis. 


3.2. 
La 
giurisprudenza 
delle 
Sezioni 
Unite 
risulta 
invece 
saldamente 
fondata 
sul 
criterio 
di 
specialit�, individuato quale 
unico principio legalmente 
previsto in tema 
di 
concorso apparente, 
con ampliamento della 
sua 
applicazione 
alle 
ipotesi 
di 
illeciti 
amministrativi 
secondo 
la 
previsione 
della 
L. 24 novembre 
1981, n. 689, art. 9, che 
ha 
imposto la 
comparazione 
delle 
fattispecie 
astratte, prescindendo dalla 
qualificazione, penale 
o amministrativa, degli 
illeciti 
posti a raffronto. 
In 
tal 
senso, 
in 
maniera 
coerente, 
si 
sono 
pronunciate 
ripetutamente 
le 
Sezioni 
unite 
(Sez. 
U, 
n. 
1963 
del 
28/10/2010, 
dep. 
2011, 
Di 
Lorenzo, 
rv. 
248722; 
Sez. 
U, 
n. 
1235 
del 
28/10/2010, dep. 2011, Giordano, rv. 248865; 
Sez. U., n. 16568 del 
19/04/2007, Carchivi, 
rv. 
235962; 
Sez. 
U, 
n. 
47164 
del 
20/12/2005, 
Marino, 
rv. 
232302; 
Sez. 
U,. 
n. 
23427 
del 
09/05/2001, ndiaye, rv. 218771; 
Sez. U, n. 22902 del 
28/03/2001, Tiezzi, rv. 218874), le 
quali, pur ribadendo l'applicabilit� 
del 
solo criterio normativo, hanno chiarito che 
il 
raffronto 
deve 
estendersi 
anche 
alle 
previsioni 
amministrative, 
secondo 
un'evoluzione 
interpretativa 
che 
ha 
caratterizzato 
anche 
la 
giurisprudenza 
della 
Corte 
EDU, 
sulla 
base 
di 
una 
comparazione 
che si fonda sugli aspetti comportamentali, oggettivi e soggettivi, della fattispecie. 


4. Pi� di 
recente 
� 
stata 
avvertita 
l'esigenza 
di 
porre 
in discussione 
tali 
consolidati 
principi 
sulla 
base 
della 
rinnovata 
attenzione, convenzionale 
e 
costituzionale, al 
divieto del 
bis 
in 
idem 
sostanziale, 
che 
trova 
riconoscimento, 
quale 
diritto 
fondamentale 
dell'individuo, 
nell'art. 
4 Prot. 7 CEDU 
e 
nell'art. 50 della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
Europea, sulla 
base 
di 
quanto 
specificamente 
elaborato 
anche 
dalla 
Corte 
EDU 
con 
la 
sentenza 
4 
marzo 
2014, 
Grande 
Stevens 
c. Italia 
ed in successive 
pronunce 
sul 
tema 
della 
medesima 
autorit� 
(Corte 
EDU, 
Grande 
Camera, 
15/11/2016, 
A 
e 
B 
contro 
norvegia), 
fino 
a 
giungere 
alla 
sentenza 
della Corte cost. n. 200 del 2016. 
Appare 
al 
Collegio, per contro, che 
tali 
interventi 
non legittimino un mutamento giurisprudenziale 
sul tema oggetto di esame. 


4.1. 
Dall'attenta 
lettura 
dei 
provvedimenti 
richiamati 
si 
ricava 
la 
presenza 
di 
un 
costante 
riferimento alla 
necessit� 
di 
una 
comparazione 
concreta 
e 
complessiva 
delle 
fattispecie 
con 
particolare 
distinzione 
-quanto 
alla 
verifica 
del 
presupposto 
processuale 
di 
cui 
all'art. 
649 
c.p.p., e 
del 
suo corrispondente 
convenzionale 
dell'art. 4 Prot. 7 CEDU 
- al 
fatto oggetto di 
contestazione 
e, quanto all'individuazione 
dell'unitariet� 
della 
fattispecie 
contestata, agli 
elementi 
costitutivi 
della 
stessa, caratterizzati 
come 
sempre 
dalla 
correlazione 
azione 
- evento elemento 
psicologico, 
e 
dalla 
loro 
concreta 
attribuzione, 
attraverso 
il 
capo 
di 
imputazione, 
alla persona sottoposta a giudizio. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


In 
particolare, 
le 
pronunce 
della 
Corte 
EDU 
succedutesi 
in 
argomento, 
cui 
si 
� 
gi� 
fatto 
riferimento, 
fondano 
la 
necessit� 
di 
una 
comparazione 
di 
quanto 
contestato 
con 
l'oggetto 
di 
un 
precedente 
giudizio; 
sottolineano 
la 
funzione 
processuale 
di 
tale 
limite; 
e 
non 
escludono 
che 
la 
regolamentazione 
sostanziale 
del 
fatto 
possa 
essere 
descritta 
in 
pi� 
di 
una 
disposizione 
incriminatrice 
(penale 
o 
amministrativa) 
stante 
la 
pi� 
ampia 
libert� 
decisionale 
riconosciuta 
allo 
Stato 
nazionale 
in 
argomento. 
Tali 
interpretazioni 
quindi 
non 
impediscono 
di 
ritenere 
il 
concorso 
di 
norme 
nell'ipotesi 
in 
cui 
non 
si 
ravvisi 
la 
coincidenza 
materiale 
nella 
fattispecie 
astratta. 


L'essenza 
del 
divieto espresso dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
EDU 
in materia 
� 
individuabile 
nella 
necessit� 
di 
non sottoporre 
ad accertamento due 
volte 
l'interessato per il 
medesimo 
fatto 
storico, 
divieto 
che 
non 
ha 
natura 
assoluta, 
non 
essendo 
precluso 
il 
perseguimento 
della 
persona 
sottoposta 
a 
controllo in due 
autonome 
procedure, pur auspicandosi 
una 
trattazione 
unitaria, ma 
solo la 
sottoposizione 
ad autonomo giudizio quando sia 
stato definito uno 
dei 
due. Si 
deve 
sottolineare 
che, anche 
ai 
fini 
processuali, l'oggetto della 
comparazione 
riguarda 
accadimenti 
che 
costituiscono 
un 
insieme 
di 
circostanze 
fattuali 
concrete 
riconducibili 
al medesimo colpevole ed indissolubilmente legate nel tempo e nello spazio. 


4.2. n� 
al 
fine 
di 
sostenere 
la 
necessit� 
di 
un ampliamento del 
campo di 
azione 
del 
concorso 
apparente 
di 
norme, al 
di 
l� 
della 
previsione 
legale, risulta 
potersi 
utilmente 
evocare 
la 
sentenza 
della 
Corte 
cost. n. 200 del 
2016 che 
ha 
ridefinito l'applicazione 
dell'art. 649 c.p.p., 
prescrivendola 
anche 
nell'ipotesi 
in 
cui 
oggetto 
del 
giudizio 
concluso 
sia 
un 
reato 
in 
concorso 
formale con l'altro posto in comparazione. 
Tale 
pronuncia 
ha 
precisato che, nel 
discrimine 
tra 
fatto giuridico e 
naturalistico, essenziale 
per stabilire 
i 
poli 
posti 
a 
raffronto, ad avere 
carattere 
giuridico � 
la 
sola 
indicazione 
dei 
segmenti 
dell'accadimento naturalistico che 
l'interprete 
� 
tenuto a 
prendere 
in considerazione 
per valutare 
l'identit� 
del 
fatto ed ha 
espressamente 
chiarito che 
"la 
tutela 
convenzionale 
affronta 
il 
principio 
del 
ne 
bis 
in 
idem 
con 
un 
certo 
grado 
di 
relativit�, 
nel 
senso 
che 
esso 
patisce 
condizionamenti 
tali 
da 
renderlo recessivo rispetto ad esigenze 
contrarie 
di 
carattere 
sostanziale. 
Questa 
circostanza 
non indirizza 
l'interprete, in assenza 
di 
una 
consolidata 
giurisprudenza 
Europea 
che 
lo conforti, verso letture 
necessariamente 
orientate 
nella 
direzione 
della 
pi� favorevole soluzione per l'imputato, quando un'altra esegesi della disposizione sia collocabile 
nella cornice dell'idem factum". 


5. 
Sicch�, 
riportando 
l'analisi 
nell'ambito 
pi� 
strettamente 
attinente 
alla 
questione 
rimessa 
a 
questo 
Collegio, 
si 
deve 
concludere 
che 
sia 
l'univoca 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
legittimit� 
sia 
la 
mancanza 
di 
principi 
che 
impongano 
l'ampliamento 
postulato 
dall'opposta 
tesi, 
sulla 
base 
dell'evoluzione 
giurisprudenziale 
della 
Corte 
EDU 
e 
del 
Giudice 
delle 
leggi, 
conducono 
ad 
escludere 
la 
presenza 
di 
un 
sostegno 
ermeneutico 
all'ipotesi 
di 
considerare, 
nell'ambito 
del-
l'istituto 
del 
concorso 
apparente 
di 
norme, 
criteri 
valutativi 
diversi 
da 
quello 
di 
specialit�. 
6. La 
schematizzazione 
descrittiva 
del 
criterio di 
specialit�, anche 
nelle 
pi� ampie 
declinazioni 
della 
specialit� 
bilaterale, 
non 
si 
attaglia 
alle 
fattispecie 
in 
esame, 
che 
hanno 
genesi 
e 
sviluppo autonomo, posto che 
lo stesso pu� ravvisarsi 
solo ove 
vi 
sia 
un identico contesto 
di fatto ed una delle norme contenga necessariamente gli elementi dell'altra. 
6.1. 
In 
particolare, 
la 
pronuncia 
che 
ha 
argomentato 
in 
maniera 
pi� 
ampia 
sulla 
presenza 
del 
concorso 
apparente 
di 
norme 
tra 
le 
due 
fattispecie 
(Sez. 
6, 
n. 
23063 
del 
12/05/2009, 
Bilotti, 
rv. 244180) ha fatto riferimento al principio di sussidiariet�, non a quello di specialit�. 
Per contro, la 
pi� risalente 
pronuncia 
(Sez. 2, n. 39644 del 
09/07/2004, Ambrosio, rv. 
230365) 
� 
pervenuta 
alle 
medesime 
conclusioni 
facendo 
leva 
sulla 
sussidiariet� 
dichiarata 
dall'ordinanza 
della 
Corte 
cost. n. 94 del 
2004, che 
in realt� 
poneva 
a 
raffronto le 
diverse 
fat



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


tispecie 
di 
cui 
agli 
artt. 
640 
bis 
e 
316 
ter 
c.p. 
e 
coerentemente 
concludeva 
in 
tal 
senso 
in 
quanto 
tale 
rapporto 
tra 
le 
fattispecie 
era 
conclamato 
dalla 
clausola 
di 
riserva 
in 
essa 
contenuta 
"salvo 
che il fatto costituisca il reato previsto dall'art. 640 bis 
c.p.". 


6.2. risulta 
a 
questo punto necessario valutare 
gli 
elementi 
costitutivi 
dei 
reati 
oggetto 
di analisi in questo procedimento, al fine di verificare la natura del concorso ipotizzabile. 
� 
del 
tutto 
pacifico 
che 
gli 
artifici 
e 
raggiri 
non 
costituiscono 
l'unica 
modalit� 
attraverso 
la 
quale 
possa 
ottenersi 
la 
percezione 
dei 
finanziamenti 
e 
delle 
altre 
forme 
di 
provvidenze 
previste 
dall'art. 316 bis 
c.p., cos� 
come, per contro, la 
percezione 
illegittima, non necessariamente 
sfocia 
nello storno delle 
somme 
erogate 
dalla 
loro finalit� 
che 
individua 
l'elemento caratterizzante 
della 
disposizione 
di 
cui 
all'art. 640 bis 
c.p. (Sez. U., n. 7537 del 
16/12/2010, 
dep. 2011, Pizzuto, rv. 249105). 


nel 
senso indicato, oltre 
che 
la 
lettera 
delle 
disposizioni, depongono lo sviluppo storico 
e sistematico delle due previsioni incriminatrici. 


Si 
tratta 
di 
norme 
contenute 
in disposizioni 
di 
legge 
autonome, ma 
entrate 
in vigore 
a 
brevissima 
distanza 
l'una 
dall'altra, 
pari 
a 
poco 
pi� 
di 
un 
mese, 
e 
la 
mancata 
previsione 
di 
clausole 
di 
riserva 
(le 
sole 
che, al 
di 
l� 
del 
principio di 
specialit�, autorizzino un rapporto di 
valore 
tra 
le 
diverse 
disposizioni 
incriminatrici) depone 
di 
per s� 
nel 
senso di 
una 
meditata 
definizione di autonomia delle fattispecie. 


Tale 
chiave 
di 
lettura 
si 
ricava 
anche 
dalle 
valutazioni 
sulla 
complessiva 
finalit� 
della 
disposizione 
che 
ha 
introdotto l'art. 640 
bis 
c.p., contenuta 
nella 
L. 19 marzo 1990, n. 55, art. 
22, 
che 
reca 
come 
titolo 
"nuove 
disposizioni 
per 
la 
prevenzione 
della 
delinquenza 
di 
tipo 
mafioso 
e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosit� sociale". 


La 
norma 
� 
mirata 
a 
prevenire 
l'infiltrazione 
di 
imprese 
che 
trovano origine 
o possano 
connettersi 
a 
contesti 
criminali 
territoriali. Il 
bene 
giuridico avuto di 
mira 
dal 
legislatore 
non 
� 
solo la 
protezione 
dallo storno delle 
somme 
dalla 
finalit� 
pubblica 
che 
si 
voleva 
imprimere 
con l'erogazione, ma anche la corretta individuazione del beneficiario. 


Del 
resto, 
in 
linea 
di 
ricostruzione 
astratta, 
l'acquisizione 
di 
fondi 
pubblici 
-a 
fondo 
perduto 
o 
a 
tassi 
agevolati 
-non 
consente 
al 
percettore 
di 
realizzare 
un 
utile 
esclusivamente 
attraverso 
lo 
storno 
delle 
somme 
dalle 
loro 
finalit�, 
circostanza 
che 
imporrebbe 
di 
ritenere 
la 
condotta 
caratterizzante 
la 
fattispecie 
di 
cui 
all'art. 
316 
bis 
c.p., 
quale 
inevitabile 
prosecuzione 
della 
prima; 
ma 
ben 
pu� 
identificarsi 
anche 
nella 
convenienza 
economica 
del 
credito, 
tale 
da 
permettere 
all'impresa 
che 
ne 
usufruisce 
un 
margine 
di 
utile 
decisamente 
maggiore 
di 
quello 
ritraibile 
a 
seguito 
del 
ricorso 
al 
credito 
a 
prezzi 
di 
mercato, 
e 
quindi 
da 
consentire 
a 
coloro 
che 
vi 
accedono 
di 
recuperare 
quote 
di 
mercato 
maggiori, 
quale 
effetto 
dell'abbattimento 
dei 
costi. 


7. 
La 
considerazione 
di 
tali 
profili 
pone 
in 
evidenza 
l'autonomia 
esistente 
tra 
le 
fattispecie. 
L'artificio 
e 
raggiro, 
ove 
sfociante 
nell'erogazione, 
crea 
un 
indubbio 
vantaggio 
al 
percettore, 
con 
danno 
dell'ente 
erogatore, 
che 
pu� 
essere 
economico, 
oltre 
che, 
congiuntamente 
o 
disgiuntamente, 
riguardare 
la 
possibilit� 
di 
incidere 
sulla 
corretta 
distribuzione 
delle 
risorse, 
sia 
sul 
piano 
oggettivo 
che 
su 
quello 
soggettivo; 
il 
danno 
inoltre 
si 
pu� 
realizzare 
anche 
nei 
confronti 
del 
privato 
concorrente 
nell'erogazione 
del 
credito, 
in 
quanto 
ingiustamente 
pretermesso. 


7.1. Quanto al 
primo profilo le 
Sezioni 
Unite 
(sent. n. 26351 del 
26/06/2002, Fedi, rv. 
221663) hanno posto in evidenza 
come 
il 
danno considerato dall'art. 640 bis 
c.p., non possa 
essere 
circoscritto 
a 
quello 
patrimoniale 
strettamente 
inteso, 
poich� 
nel 
caso 
di 
erogazioni 
stanziate 
� 
economicamente 
indifferente 
l'attribuzione 
ad 
uno 
o 
ad 
altro 
operatore; 
sicch� 
l'attivit� 
truffaldina 
deve 
intendersi 
come 
volta 
a 
tutelare 
il 
patrimonio 
valutato 
in 
senso 
dinamico, 
comprendente la funzione sociale dell'intervento ed i principi di buona amministrazione. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Analogamente, 
il 
richiamo 
all'intera 
disposizione 
di 
cui 
all'art. 
640 
c.p., 
utilizzato 
dalla 
parte 
descrittiva 
della 
nuova 
disposizione 
per 
definirne 
i 
contorni 
caratterizzanti, 
impone 
di 
escludere 
che 
questo 
si 
riferisca 
solo 
alla 
circostanza 
aggravante 
del 
danno 
apportato 
all'ente 
pubblico 
di 
cui 
al 
comma 
2, 
n. 
1, 
dovendosi 
intendere 
riferito 
anche 
alla 
fattispecie 
di 
cui 
al 
primo 
comma. 
Ci� 
rende 
rilevante, 
ai 
fini 
della 
consumazione 
del 
reato, 
anche 
la 
verificazione 
di 
un 
danno 
economico 
nei 
confronti 
dell'operatore 
concorrente, 
escluso 
illegittimamente 
dall'accesso 
ai 
fondi, 
per 
effetto 
della 
falsa 
rappresentazione 
della 
realt� 
esposta 
dall'autore 
del 
reato. 


7.2. Ci� consente 
di 
cogliere 
l'assenza 
di 
un nesso di 
interdipendenza 
necessaria 
tra 
i 
due 
reati 
contestati, la 
cui 
consumazione 
presuppone 
una 
pianificazione 
autonoma 
da 
parte 
dell'autore, rientrante 
nella 
figura 
del 
concorso di 
reati, che 
eventualmente 
possono tra 
loro 
essere connessi da unicit� ideativa. 
7.3. n� 
a 
diverse 
conclusioni 
permette 
di 
giungere 
l'analisi 
del 
testo della 
disposizione 
di 
cui 
all'art. 316 bis 
c.p., stante 
l'assoluta 
indifferenza 
della 
fase 
genetica 
del 
credito rispetto 
alla 
descrizione 
normativa. Si 
vuole 
in particolare 
sottolineare 
che 
nessun richiamo testuale 
consente 
di 
limitare 
l'applicazione 
della 
disposizione 
ai 
soli 
contributi 
acquisiti 
lecitamente, 
poich� 
la 
norma 
rimanda 
all'acquisizione 
del 
finanziamento, 
nelle 
sue 
varie 
forme, 
come 
fatto 
storico, prescindendo dalla 
focalizzazione 
degli 
aspetti 
inerenti 
alle 
modalit� 
di 
ingresso nel 
patrimonio del 
destinatario di 
tali 
importi, cosicch� 
l'elemento genetico risulta 
indifferente 
al 
fine della configurazione della fattispecie. 
7.4. Sulla 
base 
delle 
richiamate 
differenze 
tra 
le 
due 
fattispecie 
in comparazione 
si 
possono 
verificare 
almeno tre 
tipi 
di 
situazioni 
diverse: 
a) il 
privato ottiene 
un finanziamento illecitamente 
e, successivamente, utilizza 
la 
somma 
per scopi 
privati 
(l'ipotesi 
pi� frequente); 
b) il 
privato ottiene 
con mezzi 
fraudolenti 
l'erogazione, ma 
la 
destina 
effettivamente 
ad opere 
o attivit� 
giustificanti 
il 
sostegno economico richiesto (ipotesi 
pi� rara 
ma 
non certo impossibile); 
c) 
il 
privato 
ottiene 
legittimamente 
il 
finanziamento, 
ma 
omette 
di 
destinarlo 
all'attivit� 
o all'opera di pubblico interesse per cui era stato erogato. 
nell'ultimo caso si 
verte 
in ipotesi 
di 
malversazione 
"pura"; 
nel 
secondo viene 
in evidenza 
l'autonomia 
fra 
le 
due 
fattispecie, in quanto il 
privato pone 
in essere 
una 
truffa 
ma 
poi 
non 
compie 
una 
malversazione; 
nel 
primo 
caso 
dopo 
aver 
compiuto 
la 
truffa, 
con 
una 
condotta 
anche cronologicamente autonoma ed eventuale, il privato pone in essere la malversazione. 


Sussiste 
inoltre 
l'ulteriore 
possibilit� 
che 
l'importo riscosso sia 
destinato a 
fini 
pubblici 
diversi 
da 
quelli 
avuti 
di 
mira 
dall'ente 
erogante, 
con 
condotta 
astrattamente 
paragonabile 
alla 
figura 
giuridica 
del 
peculato per distrazione, ed anche 
in questo caso il 
testo normativo non 
permette di escludere la consumazione del reato. 


L'analisi 
dell'atteggiarsi 
delle 
fattispecie 
astratte 
ha 
il 
pregio di 
mettere 
in luce 
come 
le 
situazioni 
concrete 
in 
cui 
i 
due 
reati 
possono 
realizzarsi 
siano 
molteplici 
e 
possano 
combinarsi 
tra 
loro, 
con 
modalit� 
autonome. 
Il 
che 
sottolinea 
la 
differenza 
strutturale 
tra 
le 
due 
fattispecie 
e le interferenze tra le condotte che, anche se in via eventuale, possono verificarsi. 


La 
possibilit� 
astratta 
di 
tali 
diverse 
conseguenze 
porta 
a 
concludere 
che 
la 
soluzione 
giuridica 
non pu� che 
essere 
quella 
del 
concorso materiale 
dei 
due 
reati 
eventualmente, e 
solitamente, 
unificabili nel vincolo della continuazione. 


7.5. n� 
possono considerarsi 
rilevanti, ai 
fini 
dell'assorbimento nella 
fattispecie 
minore 
in quella 
pi� grave, i 
casi 
in cui 
nel 
concreto il 
reato si 
atteggi 
come 
naturale 
prosecuzione 
della 
condotta 
truffaldina, ritenendo possibile 
l'effetto di 
assorbimento. Una 
tale 
chiave 
interpretativa 
trascura 
l'elemento essenziale 
dell'istituto del 
concorso di 
norme 
che 
si 
fonda 
sulla 
comparazione 
della 
struttura 
astratta 
delle 
fattispecie, per apprezzare 
la 
valutazione 
implicita 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


di 
correlazione 
tra 
norme 
ritenuta 
dal 
legislatore, 
non 
dal 
loro 
atteggiarsi 
concreto, 
condizione 
che 
riguarda 
il 
diverso 
istituto 
del 
concorso 
tra 
i 
reati 
e 
la 
valutazione 
dell'elemento 
soggettivo 
al fine di accertare nel concreto la natura autonoma o unica dell'attivit� ideativa. 


7.6. Va 
da 
ultimo rimarcato che 
i 
due 
reati 
si 
consumano fisiologicamente 
in tempi 
diversi 
-momento 
percettivo 
ed 
attivit� 
esecutiva, 
di 
natura 
omissiva 
istantanea 
-della 
condotta 
finanziata, e 
che 
nel 
caso di 
specie 
la 
condotta 
qualificata 
ai 
sensi 
dell'art. 316 bis 
c.p., si 
� 
distanziata 
di 
parecchi 
anni 
rispetto alla 
percezione 
delle 
provvidenze. Tale 
condizione 
di 
fatto, 
come 
gi� 
valutato da 
precedenti 
delle 
Sezioni 
Unite 
(sent. n. 23427 del 
09/05/2001, ndiaye, 
rv. 218770) � 
un rilevante 
indicatore 
dell'autonomia 
delle 
fattispecie, preclusivo di 
un rapporto 
di identit� tra norme suscettibile di qualificare un concorso apparente. 
La 
conclusione 
raggiunta 
sulle 
fattispecie 
risulta 
ulteriormente 
evidenziata 
dalla 
circostanza 
che 
il 
reato di 
cui 
all'art. 316 ter 
c.p., omologo a 
quello di 
cui 
all'art. 640 bis 
c.p., pur 
procurando 
l'identico 
evento 
d'indebita 
percezione 
dei 
fondi, 
� 
punito 
in 
modo 
pi� 
mite 
di 
quest'ultima 
incriminazione, 
cosicch� 
rispetto 
a 
questo 
la 
fattispecie 
di 
cui 
all'art. 
316 
bis 
c.p., 
che 
si 
realizzerebbe 
ove 
gli 
importi 
riscossi 
vengano sottratti 
alle 
finalit� 
a 
cui 
erano destinati 
per essi 
stabilite, non potrebbe 
ridursi 
ad un irrilevante 
post 
factum 
non punibile, pena 
l'irriducibile 
contraddizione della ricostruzione sistematica. 


7.7. 
Se, 
per 
comune 
indicazione 
proveniente 
dalle 
esegesi 
in 
materia 
formulate 
dalla 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, il 
rapporto tra 
le 
norme 
in esame 
� 
estraneo al 
criterio di 
specialit�, 
deve 
escludersi 
anche 
l'operativit� 
di 
quello 
di 
sussidiariet�, 
il 
cui 
presupposto 
dogmatico 
-la 
connessione 
dei 
fatti 
descritti 
secondo l'id quod plerumque 
accidit 
-, al 
di 
l� 
del 
mancato 
riconoscimento normativo di 
tale 
principio in tema 
di 
concorso apparente 
di 
norme, risulta 
concretamente escluso, nel rapporto tra le due norme, dalle ricostruzioni espresse. 
8. 
La 
violazione 
del 
principio 
di 
legalit� 
non 
pu� 
essere 
sostenuta 
dall'esigenza 
di 
evitare 
l'interpretazione 
in 
malam 
partem, 
posto 
che 
la 
finalit� 
evocata 
� 
superata 
dall'individuazione 
dell'autonomia 
degli 
interessi 
tutelati 
e 
dalla 
conseguente 
necessit� 
che 
questi 
trovino riconoscimento. 
Tale 
esigenza 
risulta 
ancora 
pi� cogente 
dalla 
considerazione 
in entrambe 
le 
fattispecie 
della 
possibile 
provenienza 
comunitaria 
dei 
fondi: 
circostanza, questa, che 
impone 
di 
non ignorare 
il 
costante 
richiamo della 
Corte 
di 
giustizia 
U.E. all'effettivit� 
di 
tutela 
che 
l'ordinamento 
degli Stati nazionali deve garantire agli interessi comunitari. 
Per 
contro, 
le 
esigenze 
di 
giustizia 
sostanziale 
di 
correlazione 
della 
sanzione 
alla 
gravit� 
del 
fatto trovano ampia 
possibilit� 
di 
tutela 
con l'applicazione 
dei 
criteri 
ordinari 
in tema 
di 
concorso 
dei 
reati 
e 
nella 
previsione 
del 
contemperamento 
del 
cumulo 
materiale 
della 
sanzione 
conseguente all'applicazione dell'art. 81 c.p., ove se ne riconoscano i presupposti. 


9. Il 
quesito sottoposto all'attenzione 
delle 
Sezioni 
Unite 
deve 
quindi 
essere 
risolto nel 
senso seguente: 
"il 
reato di 
malversazione 
in danno dello stato (art. 316 bis 
c.p.) concorre 
con quello 
di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.)". 


10. Passando all'analisi 
degli 
ulteriori 
motivi 
di 
ricorso proposti 
si 
deve 
escludere 
l'ammissibilit� 
della 
deduzione 
inerente 
alla 
mancanza 
di 
elementi 
caratterizzanti 
l'ipotesi 
di 
truffa, 
poich� 
la 
declaratoria 
di 
prescrizione 
del 
reato 
impone 
una 
modifica 
della 
pronuncia 
sul 
punto 
solo nell'ipotesi 
dell'emergere 
di 
risultanze 
che 
dimostrino la 
presenza 
di 
condizioni 
che 
impongono 
il 
proscioglimento, 
secondo 
quanto 
espressamente 
previsto 
dall'art. 
129 
c.p.p., 
comma 
2: 
ipotesi, 
questa, 
esclusa 
con 
argomentazioni 
adeguate 
e 
logiche, 
perci� 
incensurabili, 
dalle pronunce di merito. 
11. Anche 
per la 
contestazione 
riguardante 
la 
sussistenza 
del 
reato di 
cui 
all'art. 316 bis 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


c.p., connesso alla 
distrazione 
dei 
beni 
strumentali, risulta 
dirimente 
rilevare 
che 
tutte 
le 
deduzioni 
contenute 
nell'atto 
di 
impugnazione 
non 
si 
rapportano 
con 
le 
risultanze 
specificamente 
evidenziate 
dai 
giudici 
di 
merito, ma 
sottolineano aspetti 
di 
fatto che, anche 
ove 
dimostrati, 
risulterebbero inidonei 
a 
porre 
nel 
nulla 
le 
circostanze 
poste 
a 
logico fondamento dell'accertamento 
di 
responsabilit�. n� 
l'esame 
della 
norma 
sulla 
base 
della 
quale 
� 
stato erogato il 
finanziamento 
evidenzia 
la 
non imperativit� 
del 
carattere 
della 
novit� 
dell'attivit� 
beneficiata, 
in quanto tale 
presupposto costituisce, sulla 
base 
del 
testo del 
D.Lgs. 21 aprile 
2000, n. 185, 
la 
condizione 
legittimante 
l'erogazione 
espressa 
dall'art. 1 ove 
prevede: 
"Le 
disposizioni 
del 
presente 
titolo 
sono 
dirette 
a 
favorire 
l'ampliamento 
della 
base 
produttiva 
e 
occupazionale 
nonch� 
lo 
sviluppo 
di 
una 
nuova 
imprenditorialit�": 
novum 
che 
non 
� 
dato 
riscontrare 
nel-
l'ipotesi di costituzione di una societ� paravento, quale quella accertata nella specie. 


12. Estranee 
all'ambito valutativo rimesso al 
giudizio di 
legittimit� 
risultano le 
censure 
formulate 
con 
riferimento 
al 
mancato 
riconoscimento 
delle 
attenuanti 
generiche 
in 
favore 
della 
B., nonch� 
alla 
sottoposizione 
alla 
condizione 
del 
pagamento della 
provvisionale 
in favore 
della 
parte 
civile 
della 
sospensione 
concessa, 
e 
al 
mancato 
riconoscimento 
della 
non 
menzione della condanna, riguardanti entrambe le ricorrenti. 
Si 
tratta, 
infatti, 
di 
decisioni 
rimesse 
alla 
valutazione 
discrezionale 
del 
giudice 
di 
merito, 
rispetto alle 
quali 
la 
mancata 
dimostrazione 
di 
insussistenza 
delle 
condizioni 
fondanti 
la 
valutazione 
nel 
concreto o di 
assenza 
di 
motivazione 
sul 
punto rende 
insuscettibili 
di 
censura 
le 
relative disposizioni. 


Quel 
che 
rileva 
� 
la 
presenza 
di 
una 
argomentazione 
di 
sostegno e 
la 
sua 
coerenza 
rispetto 
alle emergenze di fatto, condizioni la cui sussistenza non � contestata nel ricorso. 


13. Al 
rigetto dei 
ricorsi 
consegue 
la 
condanna 
delle 
ricorrenti 
al 
pagamento delle 
spese 
processuali, nonch� 
alla 
rifusione 
delle 
spese 
di 
rappresentanza 
della 
parte 
civile 
InVITALIA 
s.p.a. in questo grado, liquidate nella misura indicata in dispositivo. 
P.Q.M. 
rigetta 
i 
ricorsi 
e 
condanna 
le 
ricorrenti 
al 
pagamento delle 
spese 
processuali, nonch� 
alla 
rifusione 
in favore 
della 
parte 
civile 
costituita 
delle 
spese 
del 
presente 
giudizio, liquidate 
in complessivi Euro 6.000,00 oltre gli accessori di legge. 
Cos� deciso in roma, il 23 febbraio 2017. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Danni punitivi: la �nuova� natura 
polifunzionale della responsabilit� civile 


Nota 
a 
Cass. CiV., sez. UN., seNteNza 
5 lUGlio 
2017 N. 16601 


Ivan Michele Triolo* 


nel 
nostro ordinamento alla 
responsabilit� 
civile 
� 
stata 
storicamente 
riconosciuta 
una 
funzione 
precipuamente 
compensativa, avente 
l�unico fine 
di 
reintegrare 
la 
sfera 
personale 
- patrimoniale 
e 
non - della 
vittima 
dell�illecito. 

Tale 
concezione 
riparatoria 
dell�illecito 
civile 
ha 
condotto, 
per 
molti 
anni, 
alla 
ferma 
esclusione 
di 
qualsiasi 
funzione 
ulteriore 
del 
risarcimento, 
compresa 
-segnatamente 
-la 
funzione 
sanzionatoria 
sottesa 
ai 
cc.dd. 
danni 
punitivi. 
Trattasi, 
comՏ 
noto, 
di 
un 
istituto 
di 
derivazione 
anglosassone 
che 
si 
sostanzia 
in 
una 
prestazione 
ulteriore 
rispetto 
alla 
reintegrazione 
del 
danno 
effettivamente 
sofferto dalla 
vittima, avente 
- appunto - funzione 
prettamente 
sanzionatoria 
dell�autore dell�illecito. 


La 
ratio 
dell�istituto va 
individuata 
nell�esigenza 
di 
ricercare 
un pi� efficace 
deterrente 
all�illegalit�, 
alternativo 
all�azione 
repressivo-sanzionatoria 
dei 
pubblici 
poteri, attraverso la 
mobilitazione 
dei 
privati, indotti 
alla 
�persecuzione
� 
degli 
illeciti 
sotto 
l�impulso 
dell�egoistico 
movente 
di 
trarne 
un 
vantaggio 
economico (1). La 
funzione 
dei 
danni 
punitivi 
� 
quindi 
duplice: 
da 
un 
lato, 
costituiscono 
un 
quid 
pluris 
risarcitorio 
di 
natura 
premiale 
per 
la 
vittima, 
che 
viene 
cos� 
sostanzialmente 
�gratificata� per aver fatto emergere 
una 
condotta 
illecita; 
dall�altro, imponendo al 
responsabile 
una 
prestazione 
ulteriore, 
dalla 
spiccata 
natura 
afflittiva, 
rappresentano 
-almeno 
nelle 
intenzioni 
-un 
forte 
deterrente 
alla 
violazione 
del 
fondamentale 
principio del 
naeminem 
laedere, 
e quindi all�illegalit�. 


Le 
Sezioni 
Unite, con sentenza 
n. 16601 del 
5 luglio 2017, hanno riconosciuto 
ai 
danni 
punitivi 
il 
definitivo 
diritto 
di 
cittadinanza 
nell�ordinamento 
italiano, 
riconoscendo 
cos� 
alla 
responsabilit� 
civile 
una 
natura 
polifunzionale. 
La 
Cassazione 
- anche 
in questo caso - ha 
affrontato il 
problema 
incidentalmente, 
in sede 
di 
delibazione 
di 
provvedimenti 
giudiziari 
stranieri 
che 
a 
tale 
istituto fanno riferimento. 


L�ammissibilit� 
dei 
danni 
punitivi 
nel 
nostro 
ordinamento, 
fino 
al 
recente 
passato, � 
stata 
oggetto di 
un intenso dibattito dottrinale 
e 
giurisprudenziale, 
culminato con il recentissimo arresto in commento. 


Un primo orientamento, consolidatosi 
a 
partire 
dall�emanazione 
del 
co


(*) Dottore in Giurisprudenza, gi� praticante foresene presso l�Avvocatura dello Stato di Bologna. 


(1) F. GALGAno, i fatti illeciti, Cedam, Padova, 2008, 161. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


dice 
civile, 
negava 
fermamente 
la 
compatibilit� 
dell�istituto 
dei 
danni 
punitivi 
con l�ordinamento italiano, facendo leva 
sul 
riconosciuto carattere 
monofunzionale 
della 
responsabilit� 
civile, avente 
l�unico fine 
di 
reintegrare 
la 
posizione 
del 
soggetto 
vittima 
dell�illecito 
(ex 
multis, 
Cass. 
civ., 
Sez. 
III, 
19 
gennaio 2007, n. 1183). A 
siffatto orientamento faceva 
seguito un secondo filone 
interpretativo, sostenuto dalla 
dottrina, attento nell�individuare 
le 
numerose 
ipotesi 
di 
risarcimento punitivo previste 
dalla 
legge. Al 
riguardo, a 
titolo 
meramente 
esemplificativo, si 
segnalano: 
l�art. 96, comma 
3, c.p.c., che 
sanziona 
l�abuso del 
processo; 
l�art. 614 bis 
c.p.c., che 
prevede 
il 
potere 
del 
giudice 
di 
fissare 
preventivamente 
una 
somma 
pecuniaria 
per 
ogni 
ulteriore 
violazione 
e/o ritardo nell�esecuzione 
del 
provvedimento di 
condanna 
(cc.dd. 
astreintes); 
l�art. 12 della 
legge 
n. 47/1948, che 
prevede 
una 
somma 
aggiuntiva, 
a 
titolo di 
riparazione, in caso di 
diffamazione 
a 
mezzo stampa; 
i 
recenti 
artt. 
3-5 
del 
d.lgs. 
n. 
7/2016 
che, 
depenalizzando 
varie 
fattispecie 
di 
reato 
poste 
a 
tutela 
della 
fede 
pubblica, dell�onore 
e 
del 
patrimonio, hanno previsto una 
sanzione 
pecuniaria 
ulteriore 
rispetto 
al 
risarcimento 
danni, 
avente 
una 
dichiarata 
finalit� 
preventiva 
e 
repressiva 
(per un esaustiva 
elencazione 
delle 
fattispecie 
si 
rinvia 
a 
Cass. 
civ., 
Sez. 
I, 
15 
aprile 
2015, 
n. 
7613, 
nonch� 
all�ordinanza 
di 
rimessione 
prodromica 
alla 
sentenza 
in 
esame, 
Cass. 
civ., 
Sez. 
I, 16 maggio 2016, ord. n. 9978). 

A 
fronte 
di 
quanto 
argomentato, 
le 
Sezioni 
Unite, 
con 
la 
sentenza 
in 
commento, 
hanno 
definitivamente 
emesso 
un 
giudizio 
positivo 
di 
compatibilit� 
tra 
la 
funzione 
sanzionatoria 
del 
risarcimento del 
danno e 
l�ordinamento italiano, 
a 
condizione 
- beninteso - che 
sussista 
una 
indefettibile 
predeterminazione 
legislativa 
della 
fattispecie 
punitiva, 
in 
ossequio 
al 
fondamentale 
principio 
di 
legalit� 
sancito dall�art. 25, comma 
2, Cost., dall�art. 7 CEDU, nonch� 
- per 
quel che concerne l�imposizione patrimoniale - dall�art. 23 Cost. 


Secondo 
la 
Cassazione, 
vi 
� 
�[�] 
un 
riscontro 
a 
livello 
costituzionale 
della 
cittadinanza 
nell�ordinamento 
di 
una 
concezione 
polifunzionale 
della 
responsabilit� 
civile, 
la 
quale 
risponde 
soprattutto 
a 
un�esigenza 
di 
effettivit� 
(cfr. Corte 
Cost. 238/2014 e 
Cass. 21255/2013) della tutela che 
in molti 
casi, 
della cui 
analisi 
la dottrina si 
� 
fatta carico, resterebbe 
sacrificata nell�angustia 
monofunzionale�. Tuttavia, avverte 
la 
Corte, �ci� non significa che 
l�istituto 
aquiliano 
abbia 
mutato 
la 
sua 
essenza 
e 
che 
questa 
curvatura 
deterrente/sanzionatoria 
consenta 
ai 
giudici 
italiani 
[�] 
di 
imprimere 
soggettive 
accentuazioni 
ai 
risarcimenti 
che 
vengono 
liquidati�. 
ogni 
imposizione 
patrimoniale, infatti, esige 
una 
previa 
intermediazione 
legislativa, in forza 
dei 
principi 
predetti, 
stante 
la 
natura 
puramente 
afflittiva 
delle 
prestazioni 
imposte 
al responsabile dell�illecito. 


In conclusione, si 
segnala 
che 
la 
Cassazione 
� 
giunta 
a 
tale 
risultato interpretativo 
passando per la 
definitiva 
adesione 
ad una 
concezione 
�internazionale
� di 
ordine 
pubblico, che 
ha 
sancito l�approdo finale 
dell�evoluzione 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


giurisprudenziale 
degli 
ultimi 
anni 
(2). 
La 
clausola 
di 
salvaguardia 
dell�ordine 
pubblico, infatti, rappresenta 
un limite 
invalicabile 
per la 
delibazione 
di 
sentenze 
straniere, 
ragion 
per 
cui 
-sia 
pure 
in 
presenza 
degli 
altri 
requisiti 
previsti 
dall�art. 64 della 
legge 
n. 218/1995 - al 
giudice 
italiano � 
precluso il 
riconoscimento 
di 
qualsivoglia 
pronuncia 
emessa 
da 
un�Autorit� 
giudiziaria 
straniera 
che 
si 
ponga 
in contrasto con il 
complesso di 
principi 
e 
valori 
fondamentali 
del nostro ordinamento. 

Secondo le 
Sezioni 
Unite, in ossequio all�elaborazione 
giurisprudenziale 
pi� recente, nonch� 
a 
quanto affermato dalla 
Prima 
Sezione 
nell�ordinanza 
di 
rimessione 
n. 
9978 
del 
16 
maggio 
2016, 
l�ordine 
pubblico 
deve 
intendersi 
quale 
�[�] 
complesso 
dei 
principi 
fondamentali 
caratterizzanti 
l�ordinamento 
interno 
in 
un 
determinato 
periodo 
storico, 
ma 
fondati 
su 
esigenze 
di 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�uomo 
comuni 
ai 
diversi 
ordinamenti 
e 
desumibili, 
innanzitutto, 
dai 
sistemi 
di 
tutela 
approntati 
a 
livello 
sovraordinato 
rispetto 
alla 
legislazione 
ordinaria 
[�]�. A 
fronte 
di 
tali 
argomentazioni, pertanto, deve 
escludersi 
che 
la 
funzione 
compensatoria 
del 
rimedio 
risarcitorio 
assurga 
a 
valore 
fondamentale, 
e 
inderogabile, 
del 
nostro 
ordinamento, 
sicch� 
il 
legislatore 
� 
pienamente 
libero 
-nei 
limiti 
della 
discrezionalit� 
accordatagli 
dai 
parametri 
costituzionali 
-di 
prevedere 
rimedi 
risarcitori 
che 
vadano 
oltre 
la 
(mera) 
compensazione, 
sfociando finanche nell�alveo della sanzione. 


Cassazione 
civile, 
Sezioni 
Unite, 
sentenza 
5 
luglio 
2017, 
n. 
16601 
-Primo 
Pres. 
f.f. 
rordorf, 
rel. D�Ascola, P.m. 
Giacalone 
(rigetto ricorso, riaffermazione 
del 
principio di 
contrasto con 
l�ordine Pubblico Italiano della sentenza U.S.A di condanna a danni punitivi). 


Fatti di causa 
La 
societ� 
noSA 
Inc., 
con 
sede 
in 
Florida 
(USA), 
ha 
ottenuto 
dalla 
Corte 
di 
appello 
di 
Venezia 
che 
siano dichiarate 
efficaci 
ed esecutive, nell'ordinamento italiano, tre 
sentenze 
pronunciate 
negli Stati Uniti d'America, passate in giudicato: 
la 
sentenza 
del 
23 settembre 
2008, esecutiva, della 
Circuit 
Court 
of the 
17th judicial 
Circuit 
for Broward Count 
(Florida), confermata 
in appello dal 
District 
Court 
of Appeal 
of the 
State 
of Florida, dell'11 agosto 2010, che 
aveva 
condannato la 
societ� 
italiana 
AXo 
Sport 
spa 
a 
pagare 
la 
complessiva 
somma 
di 
dollari 
USA 
1.436.136,87, 
oltre 
interessi 
al 
tasso 
annuo 
dell'11%, a seguito di procedimento giudiziario svoltosi davanti a quell'autorit�; 
la 
sentenza 
del 
14 
gennaio 
2009, 
con 
cui 
il 
medesimo 
giudice 
aveva 
liquidato 
dollari 
USA 
106.500,00, 
a 
titolo 
di 
rifusione 
dei 
costi, 
delle 
spese 
legali 
e 
degli 
interessi 
al 
tasso 
annuo 
dell'8%; 
la 
sentenza 
del 
13 ottobre 
2010 che 
aveva 
liquidato, in relazione 
al 
giudizio di 
appello, l'ulteriore 
somma 
di 
dollari 
USA 
9.000,00, a 
titolo di 
rifusione 
dei 
costi, delle 
spese 
legali 
e 
degli 
interessi al tasso annuo del 6%. 

(2) Sul 
punto, si 
veda 
A. DI 
MAjo, riparazione 
e 
punizione 
nella responsabilit� civile, in Giur. 
it., n. 8-9/2016, 1854-1860. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Con 
tali 
pronunce, 
i 
giudici 
americani 
hanno 
accolto 
la 
domanda 
di 
garanzia 
promossa 
da 
noSA, in relazione 
ad un indennizzo di 
un milione 
di 
Euro transattivamente 
corrisposto ad 
un motociclista 
che 
aveva 
subito danni 
alla 
persona 
in un incidente 
avvenuto in una 
gara 
di 
motocross, per un asserito vizio del 
casco prodotto da 
AXo, distribuito da 
Helmet 
House 
e 
rivenduto da noSA. 
nel 
giudizio promosso dal 
danneggiato anche 
nei 
confronti 
della 
societ� 
importatrice 
distributrice 
del 
casco (Helmet), noSA 
aveva 
accettato la 
proposta 
transattiva 
del 
motociclista, e 
il giudice americano successivamente ha ritenuto che dovesse essere manlevata da 
AXo. 
noSA 
ha 
ottenuto dalla 
Corte 
di 
appello di 
Venezia 
(sentenza 
3 gennaio 2014) il 
riconoscimento 
delle 
suddette 
pronunce, a 
norma 
della 
L. 31 maggio 1995, n. 218, art. 64, avendo la 
AXo accettato la giurisdizione straniera. 
La 
AXo ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui si � opposta la noSA. 
Le parti hanno presentato memorie. 
La 
causa 
� 
stata 
rimessa 
al 
Primo Presidente, per l'assegnazione 
alle 
Sezioni 
Unite, a 
seguito 
di 
ordinanza 
n. 
9978/16 
della 
Prima 
sezione, 
che 
ha 
sollecitato 
un 
ripensamento 
sul 
tema 
della 
riconoscibilit� delle sentenze straniere comminatorie di danni punitivi. 
nuove memorie delle parti sono state depositate prima della discussione conclusiva. 


ragioni della decisione 
(...) 
4) 
Il 
terzo 
motivo 
denuncia 
violazione 
della 
L. 
n. 
218 
del 
1995, 
art. 
64, 
e 
vizio 
di 
motivazione 
e 
lamenta 
che 
la 
Corte 
veneziana 
non avrebbe 
ravvisato che 
la 
sentenza 
della 
Corte 
USA 
riguardava, 
senza 
specifica 
motivazione 
in ordine 
alla 
tipologia 
di 
danni 
indennizzati, un indennizzo 
corrisposto 
al 
danneggiato 
anche 
a 
titolo 
di 
danni 
punitivi, 
perch� 
la 
proposta 
transattiva 
noSA, accettata 
dal 
motociclista, fissava 
l'importo "a 
titolo di 
composizione 
integrale 
di tutte le pretese risarcitorie del sig. D., comprese quelle per punitive damages". 
La 
Corte 
di 
appello ha 
respinto questo profilo delle 
difese 
di 
parte 
AXo, circa 
la 
contrariet� 
all'ordine pubblico della sentenza americana, sulla base di tre convergenti osservazioni. 
Si 
possono 
cos� 
riassumere: 
a) 
La 
sentenza 
non 
ha 
specificato 
quali 
danni 
sono 
stati 
indennizzati 
perch� 
ha 
recepito 
"l'importo 
della 
transazione 
con 
il 
danneggiato"; 
b) 
non 
� 
necessario 
individuare 
la 
tipologia 
di 
danni, 
perch� 
comunque 
AXo 
si 
� 
avvantaggiata 
di 
tale 
transazione; 
c) 
non 
risulta 
in 
atti 
il 
riconoscimento 
di 
tale 
profilo 
risarcitorio, 
ed 
anzi 
l'accordo 
va 
inteso 
diversamente. 
AXo, oltre 
a 
richiamare 
le 
difese 
gi� 
oggetto delle 
precedenti 
censure, sostiene 
che 
il 
testo 
della 
proposta 
transattiva 
imputava 
espressamente 
"il 
pagamento 
di 
cui 
alla 
transazione" 
a 
"risarcimento di danni punitivi" e che la Corte di appello non ne avrebbe tenuto conto. 
In secondo luogo la 
violazione 
di 
legge 
e 
il 
vizio di 
motivazione 
vengono denunciati 
in riferimento 
alla 
carenza 
di 
motivazione 
della 
sentenza 
americana 
circa 
la 
tipologia 
dei 
danni 
liquidati. 
La 
tesi 
svolta 
� 
che 
tale 
carenza 
motivazionale 
sarebbe 
ostativa 
al 
riconoscimento, 
"in 
presenza 
di 
un 
quantum 
risarcitorio 
abnorme". 
A 
questo 
proposito 
la 
ricorrente 
invoca 
Cass. 1781/12 e 
Cass. 1183/07, precedenti 
di 
cui 
d� 
conto l'ordinanza 
di 
rimessione 
9978/16 
nel 
chiedere 
un ripensamento delle 
Sezioni 
Unite 
in ordine 
alla 
compatibilit� 
dell'istituto dei 
punitive damages 
con l'ordine pubblico italiano. 
4.1) Il 
motivo risulta 
inammissibile, giacch� 
� 
imperniato su un presupposto insussistente: 
la 
configurabilit�, nella 
condanna 
addebitata 
al 
garante, di 
una 
liquidazione 
di 
"danni 
punitivi" 
in favore della vittima del sinistro. 
Su questo punto, che 
il 
ricorso non riesce 
a 
scalfire, la 
valutazione 
della 
Corte 
di 
appello non 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


� 
viziata 
da 
omesso esame 
di 
alcun fatto decisivo, nel 
senso voluto dalla 
riforma 
dell'art. 360 
c.p.c., n. 5. 
occorre 
subito ricordare 
che 
secondo la 
giurisprudenza 
della 
Corte 
(SU 
8053/14) va 
esclusa 
qualunque 
rilevanza 
del 
semplice 
difetto 
di 
"sufficienza" 
della 
motivazione 
e 
viene 
in 
rilievo, 
ai 
fini 
del 
controllo sulla 
motivazione, soltanto l'omesso esame 
di 
un fatto storico, principale 


o secondario, la 
cui 
esistenza 
risulti 
dal 
testo della 
sentenza 
o dagli 
atti 
processuali, che 
abbia 
costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo. 
nel 
caso di 
specie 
va 
escluso che 
vi 
sia 
stata 
la 
lamentata 
"totale 
obliterazione 
del 
fatto che 
la 
proposta 
transattiva" 
accettata 
da 
nosa 
e 
posta 
a 
base 
della 
sentenza 
di 
condanna 
del 
garante 
riguardasse anche la pretese per punitive damages. 
nell'ultimo periodo di 
pag. 21, la 
Corte 
di 
appello ha 
chiaramente 
considerato la 
circostanza 
che 
si 
era 
discusso tra 
le 
parti 
di 
danni 
punitivi. Ha 
per� ritenuto che 
l'accordo non implicasse 
la 
liquidazione 
di 
danni 
punitivi 
e 
il 
loro recepimento, ma 
"solo che 
noSA 
inc. richiese 
una 
rinuncia 
anche 
a 
pretese 
per danni 
punitivi, in un'ottica 
di 
chiusura 
complessiva 
dei 
rapporti 
tra le parti". 
Questa 
inequivocabile 
motivazione, 
che 
rimanda 
a 
un'interpretazione 
della 
sentenza 
americana 
alla 
luce 
della 
transazione 
che 
sta 
alla 
base 
della 
liquidazione, non � 
quindi 
viziata 
dall'omissione 
ipotizzata 
nel 
motivo di 
ricorso. L'accordo transattivo � 
stato considerato e 
la 
maggiore 
o minore 
plausibilit� 
delle 
conclusioni 
raggiunte 
in ordine 
alla 
sua 
portata 
non � 
sindacabile 
in questa 
sede 
(circa 
i 
limiti 
del 
controllo sull'apprezzamento del 
giudice 
di 
merito sul 
contenuto 
del 
provvedimento 
da 
delibare, 
indagine 
di 
fatto 
riservata 
al 
medesimo 
giudice 
cfr 
proprio 
Cass. 1183/07 e, ivi, i richiami a Cass. n. 1266/1972, n. 3709/1983, n. 3881/1969). 
La censura � quindi inammissibile. 
4.2) Anche il secondo profilo del motivo � inammissibile. 
Esso 
afferma 
che 
la 
sentenza 
americana 
sarebbe 
veicolo 
di 
una 
liquidazione 
di 
danni 
punitivi, 
sul presupposto dell'abnormit� del risarcimento accordato al danneggiato. 
Questo 
presupposto, 
indispensabile 
premessa 
della 
tesi 
che 
propugna 
il 
divieto 
di 
riconoscimento 
nel 
nostro 
ordinamento, 
ex 
art. 
64, 
dei 
c.d. 
danni 
punitivi, 
� 
tuttavia 
enunciato 
apoditticamente. 
Va 
ricordato in proposito che, se 
� 
vero che 
in caso di 
contestazione 
del 
riconoscimento della 
sentenza 
straniera, ai 
sensi 
dell'art. 67 della 
legge 
31 maggio 1995, n. 218, l'indagine 
relativa 
alla 
sussistenza 
dei 
requisiti 
del 
riconoscimento deve 
essere 
compiuta 
dal 
giudice 
anche 
d'ufficio 
(Cass. 13662/04), tuttavia 
tale 
indagine 
incontra 
i 
limiti 
delle 
risultanze 
processuali, secondo 
i relativi oneri probatori delle parti. 
nel 
caso di 
specie, a 
fronte 
di 
grave 
pregiudizio alla 
persona 
(al 
calcolato silenzio del 
ricorso 
sul 
punto, ha 
fatto riscontro il 
dettagliato controricorso, che 
ha 
specificato i 
particolari 
delle 
lesioni 
craniche 
e 
dei 
postumi 
invalidanti 
subiti 
dall'infortunato) la 
liquidazione, peraltro su 
base transattiva, di 
un importo di 
un milione 
di 
Euro (o due, considerando la analoga 
transazione 
stipulata 
dall'infortunato con Helmet, come 
sottolineato negli 
scritti 
di 
parte), non � 
definibile 
di per s� abnorme. 
L'apprezzamento di 
fatto reso sotto questo profilo dalla 
Corte 
di 
appello non � 
sindacabile 
in 
questa 
sede, perch� 
la 
Corte 
di 
appello ha 
valorizzato la 
considerazione 
della 
sentenza 
americana 
circa 
la 
ragionevolezza 
della 
transazione 
e 
ha 
osservato, 
a 
chiusura, 
che 
ulteriore 
somma 
era stata aggiunta a quell'importo con la transazione diretta 
AXo-motociclista. 
Se 
cosi 
�, non v'� 
margine 
in sede 
di 
legittimit� 
per una 
nuova 
valutazione 
della 
pretesa 
abnormit� 
degli 
effetti 
della 
sentenza 
americana 
nell'ordinamento italiano (questo � 
l'ambito del 
sindacato della 
Corte 
Suprema, che 
non pu� valutare 
la 
correttezza 
della 
soluzione 
adottata 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


alla 
luce 
dell'ordinamento straniero o della 
legge 
italiana: 
cfr. 9483/13, ma 
gi�, acutamente, 
Cass. 10215/07). 
non 
vi 
� 
questo 
spazio 
soprattutto 
perch� 
lo 
si 
propugna 
in 
relazione 
all'asserita 
liquidazione 
di 
danni 
punitivi, 
dedotta 
in 
assenza 
di 
una 
puntuale 
evidenziazione, 
in 
ricorso, 
delle 
circostanze 
che 
legittimerebbero 
tale 
affermazione, 
relative 
alla 
articolazione 
(tra 
danni 
patrimoniali, 
morali 
ed 
eventualmente 
punitivi) 
delle 
richieste 
delle 
parti, 
al 
loro 
fondamento 
giuridico 
nel 
sistema 
a 
quo, 
all'incedere 
delle 
contestazioni 
insorte 
sul 
punto 
nel 
giudizio 
americano, 
etc. 
n� 
giova 
a 
parte 
ricorrente 
dedurre 
che 
in carenza 
di 
indicazione, nella 
sentenza, di 
regole 
e/o criteri 
di 
liquidazione 
del 
danno si 
dovrebbe 
presumere 
una 
natura 
parzialmente 
sanzionatoria 
del 
quantum 
transatto. 
Questa 
via, che 
si 
inerpica 
nuovamente 
sulla 
strada 
impercorribile 
del 
vizio di 
motivazione, 
� 
contraddetta 
dalle 
stesse 
ammissioni 
(pag. 13 di 
memoria 
2016) circa 
il 
fatto che 
nell'affidavit 
D., oltre 
alle 
spese 
mediche 
sostenute 
per 335.000 USD, la 
sola 
perdita 
della 
capacit� 
di guadagno era stata stimata dai due a tre milioni di dollari. 
Pertanto 
a 
poco 
vale 
addurre 
che 
inizialmente 
il 
difensore 
del 
motociclista 
aveva 
testimoniato 
avanti 
la 
giuria 
della 
Florida 
che 
il 
valore 
della 
domanda 
oscillava 
dai 
10 ai 
30 milioni 
di 
dollari. 
Proprio questa 
prospettiva, che 
avrebbe 
potuto essere 
grossolanamente 
sanzionatoria 
e 
abnorme, 
risulta 
abbandonata 
dal 
ridimensionamento 
della 
transazione 
ben 
sotto 
i 
limiti 
della 
sola componente patrimoniale del risarcimento richiesto. 
ne 
discende 
che 
non 
v'� 
alcun 
modo 
per 
ipotizzare 
il 
carattere 
"punitivo" 
della 
condanna 
pronunciata, 
carattere 
che 
comunque 
non si 
pu� presumere 
sol 
perch� 
manchi 
nella 
sentenza, o 
meglio nella 
transazione 
recepita 
dal 
giudice 
americano, una 
chiara 
distinzione 
delle 
componenti 
del danno. 
Il 
motivo 
in 
questo 
senso 
ripropone 
una 
lettura 
"radicale" 
dei 
precedenti 
specifici 
citati, 
i 
quali 
erano 
per� 
fondati 
(cfr 
in 
particolare 
Cass. 
1781/12) 
sul 
riscontro 
dell'"insufficienza 
argomentativa", 
canone 
ormai 
non utilizzabile 
e 
che 
costringe 
quindi 
chi 
si 
opponga 
al 
riconoscimento 
a 
individuare 
inequivocabilmente 
eventuali 
profili 
normativi 
falsamente 
applicati 
dal 
provvedimento di delibazione. 
5) L'esito dei 
tre 
motivi 
svolti 
da 
parte 
ricorrente 
conduce 
al 
rigetto del 
ricorso. L'inammissibilit� 
dell'ultimo 
motivo 
d� 
tuttavia 
alle 
Sezioni 
Unite 
la 
facolt� 
di 
pronunciarsi 
sulla 
questione 
in esso dibattuta, potendosi 
interpretare 
l'art. 363 c.p.c., comma 
3, nel 
senso che 
la 
enunciazione 
del 
principio di 
diritto � 
consentita 
anche 
in relazione 
a 
inammissibilit� 
di 
un singolo 
motivo 
di 
ricorso 
che 
involga 
una 
questione 
di 
particolare 
importanza, 
ancorch� 
il 
ricorso 
debba nel suo complesso essere rigettato. 
nella 
specie 
le 
condizioni 
che 
giustificano l'enunciazione 
del 
principio di 
diritto si 
desumono 
dall'esteso 
dibattito 
dottrinale 
che 
da 
tempo 
sollecita 
un 
intervento 
giurisprudenziale 
sul 
tema 
e dalla stessa ordinanza di rimessione, stimolata dalla sagacia espositiva delle parti. 
5.1) nel 
2007 la 
Cassazione 
ha 
fondato il 
rifiuto di 
riconoscimento di 
una 
pronuncia 
in materia, 
sancendo 
l'estraneit� 
al 
risarcimento 
del 
danno 
dell'idea 
di 
punizione 
e 
di 
sanzione, 
nonch� 
l'indifferenza 
della 
"condotta 
del 
danneggiante". 
Ha 
affermato 
il 
carattere 
monofunzionale 
della 
responsabilit� 
civile, 
avente 
la 
sola 
funzione 
di 
"restaurare 
la 
sfera 
patrimoniale" 
del 
soggetto leso. 
Immediatamente 
censurata 
dalla 
dottrina 
maggioritaria, 
che 
ha 
criticato 
il 
contrasto 
tra 
queste 
proposizioni 
e 
il 
dinamico percorso dalla 
nozione 
di 
responsabilit� 
civile 
nei 
lustri 
anteriori, 
la sentenza 1183/07 ha trovato conferma qualche anno dopo. 
In Cass. 1781/2012 l'esclusione 
del 
carattere 
sanzionatorio della 
responsabilit� 
civile 
� 
stata 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


pi� esplicitamente 
riferito ai 
limiti 
della 
"verifica 
di 
compatibilit� 
con l'ordinamento italiano 
della condanna estera al risarcimento dei danni da responsabilit� contrattuale". 
Le 
Sezioni 
Unite 
ritengono 
che 
questa 
analisi 
sia 
superata 
e 
non 
possa 
pi� 
costituire, 
in 
questi 
termini, idoneo filtro per la valutazione di cui si discute. 
Gi� 
da 
qualche 
anno le 
Sezioni 
Unite 
(cfr. SU 
9100/2015 in tema 
di 
responsabilit� 
degli 
amministratori) 
hanno messo in luce 
che 
la 
funzione 
sanzionatoria 
del 
risarcimento del 
danno 
non � 
pi� "incompatibile 
con i 
principi 
generali 
del 
nostro ordinamento, come 
una 
volta 
si 
riteneva, 
giacch� 
negli 
ultimi 
decenni 
sono state 
qua 
e 
l� 
introdotte 
disposizioni 
volte 
a 
dare 
un 
connotato lato sensu 
sanzionatorio al risarcimento". 
Le 
Sezioni 
Unite 
hanno tuttavia 
precisato che 
questo connotato sanzionatorio non � 
ammissibile 
al 
di 
fuori 
dei 
casi 
nei 
quali 
una 
"qualche 
norma 
di 
legge 
chiaramente 
lo 
preveda, 
ostandovi 
il 
principio desumibile 
dall'art. 25 Cost., comma 
2, nonch� 
dall'art. 7 della 
Convenzione 
Europea sulla salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libert� fondamentali". 
Se 
si 
completa 
quest'avvertenza 
con il 
richiamo, altrettanto pertinente, all'art. 23 Cost., si 
pu� 
comprendere 
perch� 
mai, perfino nello stesso ambito temporale, ritornino (l'esempio pi� significativo: 
SU 
n. 15350/15) dinieghi 
circa 
la 
funzione 
sanzionatoria 
e 
di 
deterrenza 
della 
responsabilit� 
civile. Essi 
risalgono, quando non si 
tratta 
di 
meri 
arricchimenti 
argomentativi, 
alla 
esigenza 
di 
smentire 
sollecitazioni 
tese 
ad ampliare 
la 
gamma 
risarcitoria 
in ipotesi 
prive 
di adeguata copertura normativa. 
non possono valere 
tuttavia 
a 
sopprimere 
quanto � 
emerso dalla 
traiettoria 
che 
l'istituto della 
responsabilit� civile ha percorso in questi decenni. 
In sintesi 
estrema 
pu� dirsi 
che 
accanto alla 
preponderante 
e 
primaria 
funzione 
compensativo 
riparatoria 
dell'istituto 
(che 
immancabilmente 
lambisce 
la 
deterrenza) 
� 
emersa 
una 
natura 
polifunzionale 
(un autore 
ha 
contato pi� di 
una 
decina 
di 
funzioni), che 
si 
proietta 
verso pi� 
aree, tra 
cui 
sicuramente 
principali 
sono quella 
preventiva 
(o deterrente 
o dissuasiva) e 
quella 
sanzionatorio-punitiva. 
5.2) Indispensabile 
riscontro di 
questa 
descrizione 
� 
il 
panorama 
normativo che 
si 
� 
venuto 
componendo. Esso da 
un lato denota 
l'urgenza 
che 
avverte 
il 
legislatore 
di 
ricorrere 
all'armamentario 
della 
responsabilit� 
civile 
per dare 
risposta 
a 
bisogni 
emergenti, dall'altro dimostra, 
con 
la 
sua 
vivacit�, 
quanto 
sia 
inappagante 
un 
insegnamento 
che 
voglia 
espungere 
dal 
sistema, 
confinandole in uno spazio indeterminato e asfittico, figure non riducibili alla "categoria". 
A 
incaricarsi 
di 
formare 
questo elenco, per definizione 
mai 
completo, sono state, oltre 
agli 
studi 
dell'Ufficio 
del 
Massimario, 
l'ordinanza 
di 
rimessione 
n. 
9978/16 
e 
la 
sentenza 
n. 
7613/15, chiamata 
a 
vagliare 
la 
compatibilit� 
con l'ordine 
pubblico italiano delle 
misure 
di 
astreintes 
previste in altri ordinamenti (nella specie in quello belga). 
Quest'ultima 
ha 
recensito: 
"in tema 
di 
brevetto e 
marchio, il 
r.D. 29 giugno 1127, n. 1939, 
art. 86, e 
r.D. 21 giugno 1942, n. 929, art. 66, abrogati 
dal 
D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, 
che 
ha 
dettato a 
tal 
fine 
le 
misure 
dell'art. 124, comma 
2, e 
art. 131, comma 
2; 
il 
D.Lgs. 6 settembre 
2005, n. 206, art. 140, comma 
7, c.d. codice 
del 
consumo, dove 
si 
tiene 
conto della 
"gravit� 
del 
fatto"; 
secondo alcuni, l'art. 709 ter 
c.p.c., nn. 2 e 
3, introdotto dalla 
L. 8 febbraio 
2006, n. 54, per le 
inadempienze 
agli 
obblighi 
di 
affidamento della 
prole; 
l'art. 614 bis 
c.p.c., 
introdotto dalla 
L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 49, il 
quale 
contempla 
il 
potere 
del 
giudice 
di 
fissare 
una 
somma 
pecuniaria 
per 
ogni 
violazione 
ulteriore 
o 
ritardo 
nell'esecuzione 
del 
provvedimento, 
"tenuto 
conto 
del 
valore 
della 
controversia, 
della 
natura 
della 
prestazione, 
del 
danno quantificato o prevedibile 
e 
di 
ogni 
altra 
circostanza 
utile"; 
il 
D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 
104, art. 114, redatto sulla 
falsariga 
della 
norma 
appena 
ricordata, che 
attribuisce 
analogo po



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


tere 
al 
giudice 
amministrativo dell'ottemperanza". Ha 
considerato "le 
ipotesi 
in cui 
� 
la 
legge 
che 
direttamente 
commina 
una 
determinata 
pena 
per il 
trasgressore: 
come 
- accanto alle 
disposizioni 
penali 
degli 
artt. 388 e 
650 c.p. - l'art. 18, comma 
14, dello statuto dei 
lavoratori, 
ove, a 
fronte 
dell'accertamento dell'illegittimit� 
di 
un licenziamento di 
particolare 
gravit�, la 
mancata 
reintegrazione 
� 
scoraggiata 
da 
una 
sanzione 
aggiuntiva; 
la 
L. 
27 
luglio 
1978, 
n. 
392, 
art. 
31, 
comma 
2, 
per 
il 
quale 
il 
locatore 
pagher� 
una 
somma 
in 
caso 
di 
recesso 
per 
una 
ragione 
poi 
non riscontrata; 
l'art. 709 ter 
c.p.c., n. 4, che 
attribuisce 
al 
giudice 
il 
potere 
di 
infliggere 
una 
sanzione 
pecuniaria 
aggiuntiva 
per le 
violazioni 
sull'affidamento della 
prole; 
o ancora 
il 


D.L. 22 settembre 
2006, n. 259, art. 4, convertito in L. 20 novembre 
2006, n. 281, in tema 
di 
pubblicazione di intercettazioni illegali". 
L'ordinanza 9978/16 ha menzionato tra gli altri: 
L. 
22 
aprile 
1941, 
n. 
633, 
art. 
158, 
e, 
soprattutto, 
D.Lgs. 
10 
febbraio 
2005, 
n. 
30, 
art. 
125, 
(propriet� 
industriale), pur con i 
limiti 
posti 
dal 
cons. 26 della 
direttiva 
CE 
(cd. enforcement) 
29 aprile 
2004, n. 48 (sul 
rispetto dei 
diritti 
di 
propriet� 
intellettuale), attuata 
dal 
D.Lgs. 16 
marzo 2006, n. 140 (v. art. 158) e 
la 
venatura 
non punitiva 
ma 
solo sanzionatoria 
riconosciuta 
da 
Cass. n. 8730 del 
2011; 
il 
D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 187 undecies, comma 
2, (in 
tema di intermediazione finanziaria); 
il 
D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7 (artt. 3 - 5), che 
ha 
abrogato varie 
fattispecie 
di 
reato previste 
a 
tutela 
della 
fede 
pubblica, dell'onore 
e 
del 
patrimonio e, se 
i 
fatti 
sono dolosi, ha 
affiancato 
al 
risarcimento 
del 
danno, 
irrogato 
in 
favore 
della 
parte 
lesa, 
lo 
strumento 
afflittivo 
di 
sanzioni 
pecuniarie civili, con finalit� sia preventiva che repressiva". 
Entrambe 
le 
pronunce 
annettono precipuo rilievo alla 
L. 8 febbraio 1948, n. 47, art. 12, che 
prevede 
una 
somma 
aggiuntiva 
a 
titolo 
riparatorio 
nella 
diffamazione 
a 
mezzo 
stampa 
e 
al 
novellato art. 96, comma 
3, c.p.c., che 
consente 
la 
condanna 
della 
parte 
soccombente 
al 
pagamento 
di 
una 
"somma 
equitativamente 
determinata", in funzione 
sanzionatoria 
dell'abuso 
del 
processo 
(nel 
processo 
amministrativo 
l'art. 
26, 
comma 
2, 
del 
d.lgs. 
2 
luglio 
2010, 
n. 
104). 
Mette 
conto citare 
anche 
l'art. 28 del 
d.lgs 
n. 150/2011 sulle 
controversie 
in materia 
di 
discriminazione, 
che 
d� 
facolt� 
al 
giudice 
di 
condannare 
il 
convenuto al 
risarcimento del 
danno tenendo 
conto del 
fatto che 
l'atto o il 
comportamento discriminatorio costituiscono ritorsione 
ad una 
precedente 
azione 
giudiziale 
ovvero ingiusta 
reazione 
ad una 
precedente 
attivit� 
del 
soggetto leso volta ad ottenere il rispetto del principio della parit� di trattamento. 
E 
ancora, si 
vedano l'art. 18 comma 
secondo dello Statuto dei 
lavoratori, che 
prevede 
che 
in 
ogni 
caso la 
misura 
del 
risarcimento non potr� 
essere 
inferiore 
a 
cinque 
mensilit� 
della 
retribuzione 
globale 
di 
fatto; 
il 
D.Lgs. n. 81 del 
2015, art. 28, comma 
2, in materia 
di 
tutela 
del 
lavoratore 
assunto a 
tempo determinato e 
la 
anteriore 
norma 
di 
cui 
alla 
L. n. 183 del 
2010, 
art. 
32, 
commi 
5, 
6 
e 
7, 
che 
prevede, 
nei 
casi 
di 
conversione 
in 
contratto 
a 
tempo 
indeterminato 
per illegittimit� dell'apposizione del termine, una forfettizzazione del risarcimento. 
L'elenco 
di 
"prestazioni 
sanzionatorie", 
dalla 
materia 
condominiale 
(art. 
70 
disp. 
att. 
c.c.) 
alla 
disciplina 
della 
subfornitura 
(L. n. 192 del 
1998, art. 3, comma 
3), al 
ritardo di 
pagamento 
nelle 
transazioni 
commerciali 
(D.Lgs. n. 231 del 
2002, artt. 2 e 
5) � 
ancora 
lungo. non � 
qui 
il 
caso di 
esaminare 
le 
singole 
ipotesi 
per dirimere 
il 
contrasto tra 
chi 
le 
vuol 
sottrarre 
ad ogni 
abbraccio con la 
responsabilit� 
civile 
e 
chi 
ne 
trae, come 
le 
Sezioni 
Unite 
ritengono, il 
complessivo 
segno della 
molteplicit� 
di 
funzioni 
che 
contraddistinguono il 
problematico istituto. 
5.3) Giova 
segnalare, piuttosto, che 
nella 
stessa 
giurisprudenza 
costituzionale 
si 
trovano agganci 
meritevoli di considerazione. 
Corte 
Cost. n. 303 del 
2011, riferendosi 
alla 
normativa 
in materia 
laburistica 
da 
ultimo citata 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


(L. 
n. 
183 
del 
2010), 
ha 
avuto 
modo 
di 
chiarire 
che 
trattasi 
di 
una 
novella 
"diretta 
ad 
introdurre 
un criterio di 
liquidazione 
del 
danno di 
pi� agevole, certa 
ed omogenea 
applicazione", avente 
"l'effetto di 
approssimare 
l'indennit� 
in discorso al 
danno potenzialmente 
sofferto a 
decorrere 
dalla 
messa 
in mora 
del 
datore 
di 
lavoro sino alla 
sentenza", senza 
ammettere 
la 
detrazione 
dell'aliunde 
perceptum 
e 
cos� 
facendo 
assumere 
all'indennit� 
onnicomprensiva 
"una 
chiara 
valenza sanzionatoria". 
Corte 
Cost. 
n. 
152 
del 
2016, 
investita 
di 
questione 
relativa 
all'art. 
96 
c.p.c., 
ha 
sancito 
la 
natura 
"non risarcitoria 
(o, comunque, non esclusivamente 
tale) e, pi� propriamente, sanzionatoria, 
con finalit� deflattive" di questa disposizione e dell'abrogato art. 385 c.p.c. 
Vi 
� 
dunque 
un riscontro a 
livello costituzionale 
della 
cittadinanza 
nell'ordinamento di 
una 
concezione 
polifunzionale 
della 
responsabilit� 
civile, la 
quale 
risponde 
soprattutto a 
un'esigenza 
di 
effettivit� 
(cfr. Corte 
Cost. 238/2014 e 
Cass. n. 21255/13) della 
tutela 
che 
in molti 
casi, della 
cui 
analisi 
la 
dottrina 
si 
� 
fatta 
carico, resterebbe 
sacrificata 
nell'angustia 
mono-
funzionale. 
Infine 
va 
segnalato che 
della 
possibilit� 
per il 
legislatore 
nazionale 
di 
configurare 
"danni 
punitivi" 
come 
misura 
di 
contrasto 
della 
violazione 
del 
diritto 
Eurounitario 
parla 
Cass., 
sez. 
un., 
15 marzo 2016, n. 5072. 
Ci� non significa 
che 
l'istituto aquiliano abbia 
mutato la 
sua 
essenza 
e 
che 
questa 
curvatura 
deterrente/sanzionatoria 
consenta 
ai 
giudici 
italiani 
che 
pronunciano in materia 
di 
danno extracontrattuale, 
ma 
anche 
contrattuale, di 
imprimere 
soggettive 
accentuazioni 
ai 
risarcimenti 
che vengono liquidati. 
ogni 
imposizione 
di 
prestazione 
personale 
esige 
una 
"intermediazione 
legislativa", 
in 
forza 
del 
principio 
di 
cui 
all'art. 
23 
Cost., 
(correlato 
agli 
artt. 
24 
e 
25), 
che 
pone 
una 
riserva 
di 
legge 
quanto 
a 
nuove 
prestazioni 
patrimoniali 
e 
preclude 
un 
incontrollato 
soggettivismo 
giudiziario. 
6) Questo inquadramento del 
tema 
illumina 
la 
questione 
della 
compatibilit� 
con l'ordine 
pubblico 
di sentenze di condanna per 
punitive damages. 
La 
descrizione 
dell'ordine 
pubblico 
internazionale, 
"come 
complesso 
dei 
principi 
fondamentali 
caratterizzanti 
l'ordinamento 
interno 
in 
un 
determinato 
periodo 
storico, 
ma 
fondati 
su 
esigenze 
di 
tutela 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'uomo 
comuni 
ai 
diversi 
ordinamenti 
e 
desumibili, 
innanzi 
tutto, 
dai 
sistemi 
di 
tutela 
approntati 
a 
livello 
sovraordinato 
rispetto 
alla 
legislazione 
ordinaria" 
(cfr. ord. 9978/16 pag. 21), pu� far pensare 
a 
una 
"riduzione 
della 
portata 
del 
principio di 
ordine 
pubblico". 
Ci� 
che 
va 
registrato 
� 
senz'altro 
che 
la 
nozione 
di 
"ordine 
pubblico", 
che 
costituisce 
un 
limite 
all'applicazione 
della 
legge 
straniera, 
ha 
subito 
profonda 
evoluzione. 
Da 
"complesso 
dei 
principi 
fondamentali 
che 
caratterizzano la 
struttura 
etico-sociale 
della 
comunit� 
nazionale 
in un 
determinato periodo storico, e 
nei 
principi 
inderogabili 
immanenti 
nei 
pi� importanti 
istituti 
giuridici" 
(cos� 
Cass. 
1680/84) 
� 
divenuto 
il 
distillato 
del 
"sistema 
di 
tutele 
approntate 
a 
livello 
sovraordinato rispetto a 
quello della 
legislazione 
primaria, sicch� 
occorre 
far riferimento alla 
Costituzione 
e, 
dopo 
il 
trattato 
di 
Lisbona, 
alle 
garanzie 
approntate 
ai 
diritti 
fondamentali 
dalla 
Carta 
di 
nizza, 
elevata 
a 
livello 
dei 
trattati 
fondativi 
dell'Unione 
Europea 
dall'art. 
6 
TUE 
(Cass. 1302/13)". 
La 
dottrina 
ha 
spiegato che 
l'effetto principale 
recato dal 
recepimento e 
dall'interiorizzazione 
del 
diritto sovranazionale 
non � 
la 
riduzione 
del 
controllo avverso l'ingresso di 
norme 
o sentenze 
straniere che possono "minare la coerenza interna" dell'ordinamento giuridico. 
Come 
si 
� 
anticipato sub p. 2.2, a 
questa 
storica 
funzione 
dell'ordine 
pubblico si 
� 
affiancata, 
con l'emergere 
e 
il 
consolidarsi 
dell'Unione 
Europea, una 
funzione 
di 
esso promozionale 
dei 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


valori 
tutelati, che 
mira 
ad armonizzare 
il 
rispetto di 
questi 
valori, essenziali 
per la 
vita 
e 
la 
crescita dell'Unione. 
� 
stato 
pertanto 
convincentemente 
detto 
che 
il 
rapporto 
tra 
l'ordine 
pubblico 
dell'Unione 
e 
quello di fonte nazionale non � di sostituzione, ma di autonomia e coesistenza. 
Le 
Sezioni 
Unite 
ne 
traggono riprova 
dall'art. 67 del 
Trattato sul 
funzionamento dell'Unione 
Europea 
(TFUE), 
il 
quale 
afferma 
che 
"l'Unione 
realizza 
uno 
spazio 
di 
libert�, 
sicurezza 
e 
giustizia 
nel 
rispetto dei 
diritti 
fondamentali 
nonch� 
dei 
diversi 
ordinamenti 
giuridici 
e 
delle 
diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri". 
Pertanto a 
fungere 
da 
parametro decisivo non basta 
il 
confronto tra 
le 
reazioni 
delle 
corti 
dei 
singoli 
Stati 
alle 
novit� 
provenienti 
da 
uno Stato terzo, o da 
un altro stato dell'Unione; 
n� 
lo 
� 
un'enunciazione 
possibilista 
come 
quella, 
proprio 
in 
tema 
di 
danni 
non 
risarcitori, 
contenuta 
nel Considerando n. 32 del reg. CE 11 luglio 2007 n. 864. 
La 
sentenza 
straniera 
che 
sia 
applicativa 
di 
un 
istituto 
non 
regolato 
dall'ordinamento 
nazionale, 
quand'anche 
non ostacolata 
dalla 
disciplina 
Europea, deve 
misurarsi 
con il 
portato della 
Costituzione 
e 
di 
quelle 
leggi 
che, 
come 
nervature 
sensibili, 
fibre 
dell'apparato 
sensoriale 
e 
delle 
parti vitali di un organismo, inverano l'ordinamento costituzionale. 
Se 
con 
riguardo 
all'ordine 
pubblico 
processuale, 
ferma 
la 
salvaguardia 
dell'effettivit� 
dei 
diritti 
fondamentali 
di 
difesa, il 
setaccio si 
� 
fatto pi� largo per rendere 
pi� agevole 
la 
circolazione 
dei 
prodotti 
giuridici 
internazionali, 
con 
riguardo 
all'ordine 
pubblico 
sostanziale 
non 
pu� 
dirsi 
altrettanto. 
Gli 
esiti 
armonizzanti, mediati 
dalle 
Carte 
sovranazionali, potranno agevolare 
sovente 
effetti 
innovativi, 
ma 
Costituzioni 
e 
tradizioni 
giuridiche 
con 
le 
loro 
diversit� 
costituiscono 
un 
limite 
ancora 
vivo: 
privato di 
venature 
egoistiche, che 
davano loro "fiato corto", ma 
reso pi� complesso 
dall'intreccio con il contesto internazionale in cui lo Stato si colloca. 
non vi 
potr� 
essere 
perci� arretramento del 
controllo sui 
principi 
essenziali 
della 
"lex fori" 
in 
materie, come 
per esempio quella 
del 
lavoro (v. significativamente 
Cass. 10070/13) che 
sono 
presidiate da un insieme di norme di sistema che attuano il fondamento della repubblica. 
nel 
contempo 
non 
ci 
si 
potr� 
attestare 
ogni 
volta 
dietro 
la 
ricerca 
di 
una 
piena 
corrispondenza 
tra 
istituti 
stranieri 
e 
istituti 
italiani. non avrebbe 
utilit� 
chiedersi 
se 
la 
ratio 
della 
funzione 
deterrente 
della 
responsabilit� 
civile 
nel 
nostro sistema 
sia 
identica 
a 
quella 
che 
genera 
i 
punitive 
damages. 


L'interrogativo � 
solo il 
seguente: 
se 
l'istituto che 
bussa 
alla 
porta 
sia 
in aperta 
contraddizione 
con l'intreccio di valori e norme che rilevano ai fini della delibazione. 
7) Le 
considerazioni 
svolte 
fanno da 
guida 
alle 
conclusioni 
che 
si 
intendono raggiungere 
in 
materia di riconoscimento di sentenze che condannino a risarcire 
punitive damages. 
Schematicamente 
si 
pu� dire 
che, superato l'ostacolo connesso alla 
natura 
della 
condanna 
risarcitoria, 
l'esame 
va 
portato sui 
presupposti 
che 
questa 
condanna 
deve 
avere 
per poter essere 
importata 
nel 
nostro 
ordinamento 
senza 
confliggere 
con 
i 
valori 
che 
presidiano 
la 
materia, 
valori riconducibili agli artt. da 23 a 25 Cost. 
Cos� 
come 
(cfr p. 5.2) si 
� 
detto che 
ogni 
prestazione 
patrimoniale 
di 
carattere 
sanzionatorio 


o deterrente 
non pu� essere 
imposta 
dal 
giudice 
italiano senza 
espressa 
previsione 
normativa, 
similmente dovr� essere richiesto per ogni pronuncia straniera. 
Ci� significa 
che 
nell'ordinamento straniero (non per forza 
in quello italiano, che 
deve 
solo 
verificare 
la 
compatibilit� 
della 
pronuncia 
resa 
all'estero) deve 
esservi 
un ancoraggio normativo 
per una ipotesi di condanna a risarcimenti punitivi. 
Il 
principio di 
legalit� 
postula 
che 
una 
condanna 
straniera 
a 
"risarcimenti 
punitivi" 
provenga 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


da 
fonte 
normativa 
riconoscibile, cio� 
che 
il 
giudice 
a quo 
abbia 
pronunciato sulla 
scorta 
di 
basi 
normative 
adeguate, che 
rispondano ai 
principi 
di 
tipicit� 
e 
prevedibilit�. Deve 
esservi 
insomma 
una 
legge, 
o 
simile 
fonte, 
che 
abbia 
regolato 
la 
materia 
"secondo 
principi 
e 
soluzioni" 
di quel paese, con effetti che risultino non contrastanti con l'ordinamento italiano. 
ne 
discende 
che 
dovr� 
esservi 
precisa 
perimetrazione 
della 
fattispecie 
(tipicit�) e 
puntualizzazione 
dei limiti quantitativi delle condanne irrogabili (prevedibilit�). 
resta 
poi 
nella 
singolarit� 
di 
ogni 
ordinamento, a 
seconda 
dell'attenzione 
portata 
alla 
figura 
dell'autore 
dell'illecito o a 
quella 
del 
danneggiato, la 
declinazione 
dei 
risarcimenti 
punitivi 
e 
il 
loro ancoraggio a 
profili 
sanzionatori 
o pi� strettamente 
compensatori, che 
risponder� 
verosimilmente 
anche alle differenze risalenti alla natura colposa o dolosa dell'illecito. 
Presidio basilare 
per la 
analisi 
di 
compatibilit� 
si 
desume 
in ogni 
caso dall'art. 49 della 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell'Unione 
relativo ai 
"Principi 
della 
legalit� 
e 
della 
proporzionalit� 
dei reati e delle pene". 
La 
sua 
applicazione 
comporta, � 
stato notato anche 
in dottrina, che 
il 
controllo delle 
Corti 
di 
appello sia 
portato a 
verificare 
la 
proporzionalit� 
tra 
risarcimento riparatorio-compensativo e 
risarcimento punitivo e 
tra 
quest'ultimo e 
la 
condotta 
censurata, per rendere 
riconoscibile 
la 
natura della sanzione/punizione. 
La 
proporzionalit� 
del 
risarcimento, in ogni 
sua 
articolazione, �, a 
prescindere 
da 
questo disposto 
normativo, uno dei cardini della materia della responsabilit� civile. 
7.1) 
� 
d'uopo 
a 
questo 
punto 
dar 
conto 
della 
circostanza 
che 
nell'ordinamento 
nordamericano, 
dal 
quale 
provengono 
le 
condanne 
per 
le 
quali 
la 
giurisprudenza 
degli 
Stati 
Europei 
si 
affatica, 
vi 
� 
stata 
una 
rapida 
evoluzione, 
che 
ha 
ormai 
scacciato 
la 
prospettiva 
dei 
danni 
cosiddetti 


grossly excessive. 
Se 
nel 
1996 gi� 
la 
Corte 
Suprema 
(caso BmW 
Supreme 
Court 
(Usa), 20-051996) aveva 
ripudiato, 
con 
due 
sole 
opinioni 
dissenzienti, 
questa 
configurazione 
dell'istituto, 
dodici 
anni 
dopo 
il percorso si era quasi ultimato. 
nel 
mentre 
gran 
parte 
degli 
Stati 
disciplinavano 
normativamente 
l'istituto, 
sottraendolo 
a 
verdetti 
imprevedibili 
delle 
giurie 
(pur costituite, in origine, per garantire 
al 
danneggiante 
il 
giudizio 
dei 
suoi 
pari), 
la 
Supreme 
Court 
(20-022007, 
caso 
Philip 
morris) 
sanciva 
che 
nel 
diritto 
statunitense 
lede 
la 
due 
process 
clause, 
di 
cui 
al 
XIV 
emendamento 
della 
Costituzione, 
la 
concessione 
di 
danni 
punitivi 
basati 
sul 
valore 
del 
diritto di 
credito vantato da 
tutti 
coloro che 
non hanno instaurato la lite. 
E 
la 
sentenza 
eXXoN 
(U.S. Supreme 
Court, 25 giugno 2008) � 
giunta 
a 
stabilire 
anche 
un 
rapporto massimo di 
1 a 
1 tra 
importo della 
somma 
riconosciuta 
a 
titolo compensativo e 
liquidazione 
punitiva. 
A 
guisa 
di 
esempio 
pu� 
essere 
utile 
uno 
sguardo 
all'attuale 
legge 
della 
Florida 
(Florida 
Statute), 
stato 
da 
cui 
provengono 
le 
sentenze 
di 
cui 
si 
tratta, 
ove 
sono 
stati 
introdotti 
limiti 
al 
fenomeno 
della 
responsabilit� 
multipla. 
Limiti 
costituiti 
dal 
divieto 
del 
ne 
bis 
in 
idem, 
dall'introduzione 
di 
massimali 
alternativi 
a 
seconda 
del 
tipo 
di 
responsabilit� 
che 
si 
configura, 
dalla 
necessit� 
di 
seguire 
un 
complesso 
rito 
con 
una 
verifica 
iniziale 
della 
responsabilit� 
ed 
una 
fase 
successiva 
relativa 
agli 
eventuali 
punitive 
damages 
(un 
miniprocesso, 
significativo 
per 
quanto 
riguarda 
il 
nostro 
sistema 
in 
quanto 
rafforzamento 
della 
garanzia 
sul 
procedimento 
ex 
art. 
24 
Cost.). 
non � 
dunque 
puramente 
teorica 
la 
possibilit� 
che 
viene 
schiusa 
con la 
revisione 
giurisprudenziale 
che le Sezioni Unite stanno adottando. 
Il 
caso di 
specie, che 
neppure 
comporta 
pronuncia 
a 
risarcimenti 
punitivi, non offre 
il 
destro 
per ulteriori 
approfondimenti, che 
la 
casistica 
potr� 
incaricarsi 
di 
vagliare. Ci� che 
conta 
ri



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


badire 
� 
che 
la 
riconoscibilit� 
del 
risarcimento punitivo � 
sempre 
da 
commisurare 
agli 
effetti 
che 
la 
pronuncia 
del 
giudice 
straniero pu� avere 
in Italia, con tutta 
l'ampiezza 
di 
verifica 
che 
si 
deve 
praticare 
nel 
recepimento, con le 
pronunce 
straniere, di 
un istituto sconosciuto, ma 
in 
via generale non incompatibile con il sistema. 
8) � quindi possibile enunciare il seguente principio di diritto: 


Nel 
vigente 
ordinamento, alla responsabilit� civile 
non � 
assegnato solo il 
compito di 
restaurare 
la sfera patrimoniale 
del 
soggetto che 
ha subito la lesione, poich� 
sono interne 
al 
sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. 
Non � 
quindi 
ontologicamente 
incompatibile 
con l'ordinamento italiano l'istituto di 
origine 
statunitense 
dei 
risarcimenti 
punitivi. il 
riconoscimento di 
una sentenza straniera che 
contenga 
una pronuncia di 
tal 
genere 
deve 
per� corrispondere 
alla condizione 
che 
essa sia stata 
resa nell'ordinamento straniero su basi 
normative 
che 
garantiscano la tipicit� delle 
ipotesi 
di 
condanna, la prevedibilit� della stessa ed i 
limiti 
quantitativi, dovendosi 
avere 
riguardo, 
in sede 
di 
delibazione, unicamente 
agli 
effetti 
dell'atto straniero e 
alla loro compatibilit� con 
l'ordine pubblico. 


Il 
rigetto del 
ricorso comporta 
la 
sussistenza 
delle 
condizioni 
per il 
raddoppio del 
contributo 
unificato. 
Le 
spese 
di 
questo grado del 
giudizio possono essere 
interamente 
compensate, in considerazione 
della novit� e complessit� delle questioni esaminate. 


P.Q.M. 
La 
Corte, a 
Sezioni 
Unite, rigetta 
il 
ricorso e 
compensa 
tra 
le 
parti 
le 
spese 
del 
giudizio di 
legittimit�. 
Enuncia, ai 
sensi 
dell'art. 363 c.p.c., il 
principio di 
diritto di 
cui 
al 
punto 8 della 
motivazione. 
D� 
atto 
della 
sussistenza 
delle 
condizioni 
di 
cui 
al 
D.P.r. 
30 
maggio 
2002, 
n. 
115, 
art. 
13, 
comma 
1 quater, introdotto dal 
comma 
17 della 
L. n. 228 del 
2012, art. 1, per il 
versamento 
di ulteriore importo a titolo di contributo unificato. 
Cos� 
deciso 
in 
roma, 
nella 
Camera 
di 
Consiglio 
delle 
Sezioni 
Unite 
Civili, 
il 
7 
febbraio 
2017. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Translatio iudicii 
negli appelli 
ex lege 
689/81 (e non solo) 


CassazioNe 
CiVile, sezioNi 
UNite, seNteNza 
14 settemBre 
2016 N. 18121; 
CassazioNe 
CiVile, sez. sesta 
- 2, orDiNaNza 
8 marzo 
2017 N. 5841 


L�ordinanza 
della 
Corte 
di 
cassazione 
dell�8 
marzo 
2017, 
n. 
5841, 
sulla 
scorta 
della 
sentenza 
delle 
Sezioni 
Unite 
del 
14 
settembre 
2016, 
n. 
18121 
nelle 
more 
intervenuta, 
ha 
accolto 
il 
ricorso 
per 
cassazione 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
-ricorso 
che 
integralmente 
si 
riporta 
-, 
affermando 
che 
la 
proposizione 
di 
un 
appello 
innanzi 
ad 
un 
giudice 
incompetente 
per 
territorio 
o 
per 
grado, 
non 
determina 
l�inammissibilit� 
dell�appello 
ma 
� 
idonea 
a 
far 
proseguire 
il 
giudizio 
dinanzi 
al 
giudice 
competente 
in 
applicazione 
del 
principio 
della 
translatio 
iudicii. 


La 
sentenza 
delle 
Sezioni 
Unite 
ha 
fatto un�ampia 
ricostruzione 
del 
contrasto 
giurisprudenziale 
creatosi 
sul 
punto, 
risolvendolo 
privilegiando 
l�effetto 
conservativo dell�appello. 


CT 23526/15 Avv. Ferrante 


AVVoCATUrA GEnErALE DELLo STATo 


SUPrEMA CorTE DI CASSAzIonE 


rICorSo 


Per il 
MInISTEro 
DELL�InTErno 
(C.F. 97149560589), in persona 
del 
Ministro pro tempore 
e 
la 
Prefettura 
-Ufficio 
Territoriale 
del 
Governo 
di 
Teramo, 
in 
persona 
del 
Prefetto 
pro 
tempore 
rappresentati 
e 
difesi 
dall�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
(C.F. 
80224030587) 
presso 
i 
cui 
uffici 
sono per legge 
domiciliati 
in roma, via 
dei 
Portoghesi 
12 (per il 
ricevimento degli 
atti, FAX 
06/96514000 
e 
PEC 
ags_m2@mailcert.avvocaturastato.it) 


contro 


C. D.r., rappresentata 
e 
difesa 
dall'Avv. Manuela 
Sestili, domiciliata 
ex lege 
presso la 
cancelleria del 
Tribunale di L�Aquila 
PEr LA CASSAzIonE 
Della sentenza del 
Tribunale di L�Aquila n. 120 del 5 febbraio 2015, non notificata. 
FATTo 
Con ricorso depositato il 
25.09.2007, la 
sig.ra 
C. D.r., nella 
sua 
qualit� 
di 
comproprietaria 
del 
veicolo tg CE734DC e 
di 
conducente 
al 
momento dell'infrazione 
rilevata, adiva 
il 
Giudice 
di 
Pace 
di 
nereto ai 
sensi 
dell'art. 204 del 
Cds 
proponendo opposizione 
avverso il 
verbale 
di 
contestazione 
n. ATX 
0001006468 del 
14.05.2007 redatto dalla 
Polizia 
Stradale 
di 
Ascoli 
Piceno, 
per 
violazione 
della 
disposizione 
di 
cui 
all'art. 
142, 
comma 
9, 
del 
Codice 
della 
Strada, essendo stato accertato che 
in data 
12.03.2007 alle 
ore 
10,49 sulla 
strada 
rA01101 
raccordo Porto D'Ascoli 
- Ascoli 
nel 
territorio del 
Comune 
di 
Ancarano, in carreggiata 
est 
al 
KM 
10,5, il 
veicolo tg CE734DC di 
propriet� 
di 
Sparti 
Simone 
procedeva 
ad una 
velocit� 
di 
145 Km/h, superando di 15 KM/H i limiti massimi di velocit� fissati in Km/H 130. 


Con l'opposizione 
ex art. 204, la 
controparte 
deduceva 
vizi 
del 
verbale 
di 
accertamento 
per 
asserita 
omessa 
revisione 
dell'apparecchio 
autovelox 
di 
rilevazione, 
mancata 
contestazione 
immediata 
dell'infrazione, 
nonch� 
"incompetenza 
territoriale" 
degli 
agenti 
accertatori 
(Polizia 
Stradale di 
Ascoli Piceno) e la conseguente illegittimit� delle sanzioni comminate. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Il 
ricorso con il 
pedissequo decreto di 
fissazione 
di 
udienza 
in data 
19.10.2007 veniva 
notificato alla Prefettura di 
Teramo. 


All'esito del 
procedimento, il 
Giudice 
di 
Pace 
di 
nereto con la 
sentenza 
n. 195/08 depositata 
in 
data 
30.06.2008, 
rilevato 
che 
�dal 
verbale 
non 
risulta 
che 
l�apparecchio 
autovelox 
sia 
stato 
mai 
revisionato 
o 
controllato 
dalla 
societ� 
costruttrice�, 
accoglieva 
il 
ricorso 
in 
opposizione 
e annullava il verbale impugnato. 


Avverso tale 
decisione, siccome 
erronea 
e 
ingiusta, il 
Ministero dell'Interno e 
la 
Prefettura 
- Ufficio Territoriale 
del 
Governo di 
Teramo, proponevano appello innanzi 
al 
Tribunale 
di 
L�Aquila 
premettendo i 
motivi 
in diritto per i 
quali 
doveva 
ritenersi 
sussistente 
la 
competenza 
funzionale 
del 
Tribunale 
adito in base 
alle 
regole 
del 
foro erariale 
e 
deducendo l�erroneit� 
della 
decisione 
di 
accoglimento del 
ricorso per insussistenza 
dei 
necessari 
presupposti 
giuridico 
-fattuali, la 
violazione 
dell'art. 192 Codice 
della 
Strada, la 
violazione 
dell�art. 345 
regolamento di 
attuazione 
del 
codice 
della 
strada 
e 
la 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
della 
legge n. 273 del 1991. 


In 
particolare, 
per 
quanto 
qui 
interessa, 
le 
Amministrazioni 
appellanti 
sottolineavano 
che, 
ad 
evitare 
il 
sorgere 
di 
contestazioni, 
doveva 
affermarsi 
la 
competenza 
del 
Tribunale 
di 
l'Aquila 
come 
"foro 
erariale" 
a 
conoscere 
dell�impugnazione 
ex 
art. 
25 
c.p.c. 
e 
art. 
6 
r.d. 
1611/1933 
atteso 
che 
l'appello 
avverso 
le 
sentenze 
del 
Giudice 
di 
Pace 
quando 
sia 
parte 
del 
giudizio 
una 
Amministrazione 
segue 
le 
regole 
del 
foro 
erariale. 
Detta 
conclusione, 
che 
privilegia 
la 
considerazione 
della 
natura 
del 
giudice 
ad 
quem 
pi� 
che 
l'oggetto 
della 
causa 
al 
suo 
esame, 
al 
fine 
dell'operativit� 
del 
foro 
erariale 
in 
caso 
di 
appello 
di 
sentenze 
del 
giudice 
di 
pace, 
trova 
conferma 
non 
solo 
nella 
lettera 
delle 
norme 
ma 
anche 
da 
una 
lettura 
complessiva 
del 
sistema. 


In particolare, deducevano le 
amministrazioni 
appellanti, a 
seguito della 
riforma 
abolitiva 
del Pretore, il sistema del foro erariale pu� indicarsi come segue: 


a) il 
foro erariale 
� 
la 
regola 
per le 
cause 
in Tribunale 
ex art. 25 c.p.c., salve 
le 
eccezioni 
espressamente previste; 


b) eccezione 
generale 
� 
data 
per le 
cause 
pervenute 
al 
Tribunale 
in virt� della 
soppressione 
del 
Pretore. In particolare, si 
rileva 
l'esplicita 
esclusione 
del 
foro erariale 
per le 
controversie 
di lavoro operata dall'art. 40 d.lgs. 80/98 (ubi voluti dixit). 

c) il 
Tribunale 
in appello su sentenza 
del 
Giudice 
di 
Pace 
� 
quello erariale 
perch� 
detta 
competenza 
non � 
stata 
"ereditata" 
a 
motivo della 
soppressione 
della 
pretura 
(art. 341 c.p.c. 
novellato dall'art. 34 della legge 21 novembre 1991 n. 374). 


non 
pu� 
allora 
non 
confermarsi, 
proseguivano 
le 
amministrazioni 
appellanti, 
l'assunto 
secondo 
cui 
l'appello 
contro 
le 
sentenze 
del 
giudice 
di 
pace, 
anche 
nei 
giudizi 
di 
opposizione 
ex 
artt. 
22 
e 
23 
L. 
689/1981, 
va 
proposto 
innanzi 
al 
Tribunale 
erariale. 
Al 
riguardo 
giova 
dar 
conto 
di 
alcune 
significative 
pronunce 
della 
Corte 
costituzionale 
e 
della 
Corte 
di 
Cassazione: 
la 
prima 
con 
ordinanza 
del 
19 
marzo 
2002 
n. 
66 
a 
proposito 
delle 
controversie 
previdenziali 
ha 
valorizzato 
l'elemento 
della 
"conservazione" 
del 
foro 
ordinario, 
che 
peraltro 
emergeva 
dall'art. 
444 
c.p.c. 
nel 
testo 
sostituito 
dall'art. 
86 
del 
d.lgs. 
51/1998; 
la 
seconda 
ha 
sottolineato, 
in 
via 
generale, 
che 
la 
vecchia 
competenza 
pretoriale, 
ora 
trasferita 
al 
Tribunale 
monocratico, 
continua 
a 
seguire 
le 
regole 
del 
foro 
ordinario 
(Cass. 
21 
marzo 
2003 
n. 
4212 
dove 
si 
precisa 
che 
seguono 
la 
competenza 
ordinaria 
soltanto 
le 
cause 
passate 
dal 
Pretore 
al 
Tribunale 
monocratico 
e 
non 
gi� 
tutte 
quelle 
comunque 
di 
competenza 
del 
Tribunale 
monocratico; 
cos� 
anche 
Cass. 
1 
aprile 
2003 
n. 
5004 
e 
22 
ottobre 
2003 
n. 
15853; 
da 
ultimo 
Cass. 
15 
aprile 
2004 
n. 
7216 
dove 
si 
conferma, 
quale 
conclusione 
acquisita, 
che 
il 
foro 
erariale 
non 
trova 
applicazione 
soltanto 
"nei 
giudizi 
innanzi 
ai 
Tribunali 
in 
composizione 
monocratica 
gi� 
attribuiti 
alla 
competenza 
dei 
pretori"). 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Alla 
luce 
delle 
esposte 
considerazioni 
l'appello avverso la 
sentenza 
del 
Giudice 
di 
Pace 
di nereto veniva proposto innanzi al 
Tribunale di l'Aquila quale foro erariale. 


Il 
Tribunale 
di 
l�Aquila, 
con 
la 
sentenza 
in 
epigrafe, 
rigettata 
l�eccezione 
di 
tardivit� 
del 
gravame 
ex 
adverso 
sollevata, 
dichiarava 
inammissibile 
l�appello, 
compensando 
le 
spese 
del 
grado. 


Il 
Tribunale, 
infatti, 
richiamando 
la 
sopravvenuta 
giurisprudenza 
delle 
Sezioni 
Unite 
(Cass. sez. Un. 18.11.2010, n. 23285 e 
23286) in tema 
di 
competenza 
per territorio, secondo 
la 
quale 
le 
regole 
del 
foro erariale 
non sono applicabili 
nei 
giudizi 
di 
appello in materia 
di 
sanzioni 
amministrative, riteneva 
che 
l�appello andasse 
proposto innanzi 
al 
Tribunale 
di 
Teramo, 
circondario in cui ha sede il Giudice di Pace di nereto ex art. 341 c.p.c. 


Il 
Giudice 
di 
secondo grado riteneva 
inoltre 
che 
non si 
trattasse 
di 
questione 
di 
competenza, 
richiamando la 
giurisprudenza 
della 
Suprema 
Corte 
secondo la 
quale 
�nel 
nostro ordinamento 
processuale 
civile 
non 
ha 
fondamento 
l�assunto 
secondo 
cui 
la 
regola 
d�individuazione 
dell�ufficio giudiziario legittimato a essere 
investito dell�impugnazione 
sia 
riconducibile 
alla nozione 
di 
competenza adoperata dal 
codice 
di 
procedura civile 
nel 
Capo 
i 
del 
titolo 
i 
del 
libro 
i, 
in 
quanto, 
se 
anche 
la 
normativa 
in 
parola 
assolve 
a 
uno 
scopo 
simile, 
sul 
piano 
funzionale, 
a 
quello 
che 
ha 
la 
disciplina 
dell�individuazione 
del 
giudice 
competente 
in primo grado, l�una e 
l�altra afferendo a regole 
che 
stabiliscono davanti 
a quale 
giudice 
debba svolgersi 
un determinato processo civile, tuttavia non � 
possibile 
ravvisare 
tra 
le 
due 
fattispecie 
una 
stessa 
ratio 
sufficiente, 
quindi, 
a 
giustificare 
l�estensione 
analogica 
anche 
parziale 
di 
aspetti 
applicativi 
della seconda alla prima. Ne 
deriva che 
l�erronea individuazione 
del 
giudice 
legittimato a decidere 
sull�impugnazione 
non si 
pone 
come 
questione 
di 
competenza, ma riguarda la valutazione 
delle 
condizioni 
di 
proponibilit� o ammissibilit� 
del 
gravame, che 
deve, pertanto, dichiararsi 
precluso se 
prospettato a un giudice 
diverso da 
quello individuato dall�art. 341 c.p.c. (Cass. 7.12.2011, n. 26375)�. 


Il 
Giudice 
di 
seconde 
cure 
pertanto, 
anzich� 
concedere 
termine 
per 
riassumere 
il 
giudizio 
innanzi 
al 
giudice 
competente, 
dichiarava 
l�appello 
inammissibile, 
ritenendo 
�superate 
le 
altre questioni proposte�. 


Venivano 
tuttavia 
compensate 
le 
spese 
di 
lite 
atteso 
che 
�sulla 
questione 
della 
inammissibilit� 
dell�appello la giurisprudenza si 
� 
consolidata solo a partire 
dalle 
sentenze 
a sezioni 
unite citate in precedenza, mentre l�appello � stato introdotto prima�. 


Avverso tale sentenza, le 
Amministrazioni in epigrafe, propongono 
rICorSo PEr CASSAzIonE 
per i seguenti 
MoTIVI 


nullit� 
della 
sentenza 
e 
del 
procedimento 
ai 
sensi 
dell�art. 
360, 
comma 
1, 
n. 
4 
c.p.c. 


-Violazione 
e 
falsa applicazione 
degli 
articoli 
44 e 
50 c.p.c. in 
tema di 
translatio iudicii, 
dell�articolo 359 c.p.c. in 
tema di 
applicabilit� delle 
norme 
di 
primo grado ai 
giudizi 
di 
appello, degli 
articoli 
153, comma 2 c.p.c. e 
art. 294, commi 
2 e 
3 c.p.c. in 
tema di 
rimessione 
in 
termini 
in 
caso di 
errore 
scusabile 
in 
relazione 
all�art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. 
1. La 
sentenza 
di 
secondo grado � 
affetta 
da 
error 
in procedendo 
in quanto il 
giudice 
d�appello, anzich� 
rimettere 
le 
parti 
innanzi 
al 
giudice 
di 
secondo grado ritenuto territorialmente 
competente, ha dichiarato inammissibile l�impugnazione. 
La 
sentenza 
impugnata, 
infatti, 
� 
stata 
emessa 
in 
violazione 
del 
principio 
della 
translatio 
iudicii 
ricavabile 
dagli 
articoli 
44 e 
50 c.p.c. in base 
ai 
quali 
il 
giudice 
dichiaratosi 
incompetente 
concede 
alle 
parti 
un termine 
perentorio per riassumere 
la 
causa 
innanzi 
al 
giudice 
indicato 
quale giudice competente innanzi al quale il processo prosegue. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


La 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 359 c.p.c. prevede 
un generale 
rinvio, nei 
procedimenti 
d�appello, alle 
norme 
dettate 
per il 
procedimento di 
primo grado davanti 
al 
tribunale, se 
non 
incompatibili, tra 
le 
quali 
appunto si 
annoverano i 
richiamati 
articoli 
44 e 
50 c.p.c. in materia 
di 
translatio iudicii 
in caso di 
dichiarazione 
di 
incompetenza 
e 
di 
concessione 
del 
termine 
per 
la riassunzione della causa innanzi al giudice dichiarato competente. 

Il 
caso � 
analogo e 
specularmente 
opposto a 
quello affrontato dalla 
Corte 
di 
Cassazione 
nel precedente citato dal 
Tribunale di l�Aquila (Cass. 7.12.2011, n. 26375). 


nel 
caso appena 
citato, infatti, la 
Corte 
di 
Cassazione 
era 
stata 
investita 
per censurare 
la 
decisione 
del 
giudice 
di 
secondo grado che, anzich� 
dichiarare 
l�inammissibilit� 
dell�appello, 
aveva 
dichiarato 
l�incompetenza 
della 
Corte 
d�appello 
(essendo 
competente 
il 
Tribunale 
per l�impugnazione 
delle 
sentenze 
del 
Giudice 
di 
Pace) concedendo termine 
per la 
riassunzione 
della causa innanzi al 
Tribunale dichiarato competente. 


Innanzi 
tutto, 
va 
precisato 
che, 
come 
nel 
suddetto 
precedente, 
pur 
non 
avendo 
il 
Giudice 
di 
seconde 
cure 
deciso il 
merito della 
controversia, non va 
proposto regolamento necessario 
di 
competenza 
ai 
sensi 
dell�art. 
42 
c.p.c. 
atteso 
che, 
come 
osservato 
da 
codesta 
Suprema 
Corte 
in 
quella 
fattispecie, 
� 
stata 
�correttamente 
impugnata 
la 
pronuncia 
della 
Corte 
d�appello 
per 
violazione 
di 
norme 
processuali 
(artt. 341, 353 e 
354 e 
50 c.p.c.), per 
cui 
deve 
negarsi 
che 
il 
ricorso 
costituisca 
regolamento 
di 
competenza, 
trattandosi 
di 
ricorso 
ordinario 
che 
deduce 
la nullit� della sentenza impugnata, ai 
sensi 
dell�art. 360 c.p.c., n. 4, anche 
se 
il 
giudice 
di 
essa non si 
� 
pronunciato sul 
merito ma solo sulla rilevata sua incompetenza (Cass. 3 agosto 
2005, n. 16299, 23 luglio 2004, n. 13921, 23 agosto 2003, n. 12418, 14 dicembre 
2000, n. 
15779, 12 novembre 1999, n. 764, tra le altre)� 
(Cass. n. 26375/2011 cit.). 


In detta 
sentenza, la 
Suprema 
Corte 
ha 
cassato la 
sentenza 
impugnata 
senza 
rinvio �dovendosi 
rilevare 
la improseguibilit� della causa ai 
sensi 
dell�art. 382 c.p.c. u.c.� 
atteso che 
la 
Corte 
d�appello 
erroneamente 
adita 
avrebbe 
dovuto 
dichiarare 
l�inammissibilit� 
del 
gravame 
anzich� concedere termine per la riassunzione della causa innanzi al 
Tribunale. 


Al 
riguardo, 
va 
evidenziato 
che 
il 
Procuratore 
Generale 
aveva 
concluso 
in 
subordine 
per la 
trasmissione 
degli 
atti 
al 
Primo Presidente 
per investire 
le 
sezioni 
unite 
della 
questione 
di massima di particolare importanza oggetto della pronuncia. 


Invero, 
tale 
precedente 
e 
gli 
altri 
citati 
nella 
medesima 
pronuncia: 
Cass. 
10 
febbraio 
2005, 


n. 
2709, 
Cass. 
Sez. 
Un. 
ord. 
22 
novembre 
2010, 
n. 
23594 
e 
Cass, 
2 
febbraio 
2010, 
n. 
2361 
(il 
riferimento 
a 
Cass. 
6 
settembre 
2007, 
n. 
1876 
appare 
invece 
errato) 
riguardano 
tutti 
casi 
di 
erronea 
individuazione 
della 
competenza 
per 
grado 
del 
giudice 
d�appello 
e 
non 
gi� 
di 
erronea 
individuazione 
della 
competenza 
per 
territorio 
del 
giudice 
d�appello, 
come 
nel 
caso 
di 
specie. 
Appare 
allora 
condivisibile 
l�affermazione 
secondo 
la 
quale 
ҏ 
divenuto 
quindi 
principio 
consolidato 
quello 
enunciato 
pi� 
volte 
da 
questa 
Corte, 
per 
il 
quale 
la 
erronea 
individuazione 
del 
giudice 
legittimato 
a 
decidere 
sulla 
impugnazione 
non 
si 
pone 
come 
questione 
di 
competenza 
ovvero 
attinente 
ai 
poteri 
cognitivi 
del 
giudice 
adito 
ma 
riguarda 
la 
mera 
valutazione 
delle 
condizioni 
di 
proponibilit� 
o 
ammissibilit� 
del 
gravame 
che 
deve 
quindi 
dichiararsi 
precluso 
se 
prospettato 
ad 
un 
giudice 
diverso 
da 
quello 
individuato 
per 
legge 
dall�art. 
341 
c.p.c.� 
(Cass. 
n. 
26375/2011 
cit.). 


Invero, nel 
caso di 
specie 
non vi 
� 
stata 
alcuna 
violazione 
dell�art. 341 c.p.c. in base 
al 
quale 
l�appello 
contro 
le 
sentenze 
del 
giudice 
di 
pace 
e 
del 
tribunale 
si 
propone 
rispettivamente 
al 
tribunale 
e 
alla 
corte 
d�appello bens� 
un mero errore, peraltro cagionato da 
un vuoto normativo 
conseguente 
all�abrogazione 
del 
principio dell�inappellabilit� 
delle 
sentenze 
emesse 
ai 
sensi 
della 
legge 
689/81, nell�individuazione 
del 
giudice 
territorialmente 
competente, questione 
che non pu� non rientrare in una questione di competenza per territorio. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Anche 
nella 
sentenza 
di 
codesta 
Suprema 
Corte 
richiamata 
nella 
suddetta 
pronuncia 
(Cass. n. 2709/2005 cit.) era 
stato accolto il 
ricorso incidentale 
che 
aveva 
dedotto che 
�erroneamente 
il 
tribunale, dopo aver 
riconosciuto che 
l�appello avrebbe 
dovuto essere 
proposto 
alla 
Corte 
d�appello 
di 
torino, 
in 
quanto 
notificato 
successivamente 
al 
2 
giugno 
1999, 
avrebbe 
ritenuto sanata (applicando implicitamente 
l�art. 38 c.p.c.) la relativa violazione 
per 
preclusione 
del 
potere 
di 
rilevazione 
ad istanza di 
parte 
e 
d�ufficio; il 
tribunale 
avrebbe 
ritenuto la 
sanatoria sulla base 
dell�orientamento giurisprudenziale 
che 
considera suscettibile 
di 
sanatoria 
la violazione 
della competenza delle 
impugnazioni 
per 
ragioni 
di 
territorio ed ammette 
che 
il 
processo possa essere 
riassunto avanti 
al 
giudice 
territorialmente 
competente. senonch�, 
nella specie 
si 
era verificato non gi� un vizio di 
competenza territoriale 
del 
giudice 
del-
l�impugnazione, ma un vizio ben pi� grave, consistente 
nell�investitura di 
un tipo di 
ufficio 
giudiziario diverso da quello competente 
sulla impugnazione. si 
era dunque 
verificata una 
violazione 
che 
comportava 
una 
vera 
e 
propria 
decadenza 
dall�impugnazione, 
ricorrendo 
una 
inosservanza della c.d. competenza per 
grado, per 
cui 
la giurisprudenza non considera possibile 
la translato iudicii 
avanti 
al 
giudice 
competente. al 
momento della proposizione 
del-
l�impugnazione, infatti, il 
tribunale 
era ormai 
solo giudice 
di 
primo grado e 
rappresentava il 
giudice del medesimo grado di quello che aveva pronunciato la sentenza.� 


Sempre 
una 
questione 
di 
inosservanza 
della 
competenza 
per grado � 
stata 
oggetto della 
sentenza 
di 
codesta 
Suprema 
Corte 
n. 2361 del 
2010, citata 
nella 
sentenza 
del 
Tribunale 
di 
l�Aquila, 
in 
cui 
l�appello 
era 
stato 
dichiarato 
dalla 
Corte 
di 
Cassazione 
d�ufficio 
inammissibile 
in quanto erroneamente proposto innanzi al 
Tribunale anzich� alla Corte d�appello. 


nel 
caso di 
specie, invece, come 
si 
� 
detto, vi 
� 
stata 
un�inosservanza 
- peraltro incolpevole 
- della 
competenza 
territoriale 
e 
pertanto proprio in virt� della 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
citata 
nella 
sentenza 
qui 
impugnata, 
avrebbe 
dovuto 
essere 
concesso 
il 
termine 
per 
riassumere il gravame innanzi al giudice di secondo grado territorialmente competente. 


Quanto 
all�ordinanza 
pronunciata 
dalla 
Corte 
di 
cassazione, 
Sez. 
Un., 
n. 
23594 
del 
2010, 
citata 
nella 
sentenza 
qui 
impugnata, si 
osserva 
che 
trattavasi 
di 
pronuncia 
su istanza 
di 
regolamento 
di 
competenza 
che, proprio in un caso simile 
a 
quello oggetto del 
presente 
giudizio, 
ha 
dichiarato la 
competenza 
del 
Tribunale 
di 
Monza 
anzich� 
del 
Tribunale 
di 
Milano individuato 
dal 
giudice 
di 
secondo 
grado 
sulla 
base 
della 
regola 
del 
foro 
erariale, 
dichiarando 
la 
competenza 
del 
primo. In quel 
caso quindi 
non vi 
� 
stata 
alcuna 
pronuncia 
di 
inammissibilit� 
dell�appello 
proposto 
innanzi 
al 
giudice 
territorialmente 
incompetente, 
bens� 
la 
dichiarazione 
del 
giudice 
di 
secondo 
grado 
territorialmente 
competente, 
con 
conseguente 
termine 
per 
la 
riassunzione del gravame innanzi allo stesso. 


2. In subordine, la 
sentenza 
� 
inoltre 
censurabile 
nella 
parte 
in cui, in violazione 
degli 
articoli 
153, comma 
2 c.p.c. e 
294, commi 
2 e 
3 c.p.c. in tema 
di 
rimessione 
in termini 
in caso 
di 
errore 
scusabile, non ha 
ravvisato la 
ricorrenza 
di 
una 
causa 
non imputabile 
alle 
amministrazioni 
appellanti 
- nonostante 
la 
diffusa 
premessa 
contenuta 
nell�appello - nell�individuazione 
del giudice di secondo grado competente. 
Va 
ricordato 
infatti 
che 
il 
D.Lgs. 
2 
febbraio 
2006, 
n. 
40 
si 
� 
limitato 
ad 
abrogare 
l�ultimo 
comma 
dell�articolo 
23 
della 
legge 
24 
novembre 
1981, 
n. 
689 
che 
disponeva, 
in 
materia 
di 
opposizione 
a 
ordinanza 
ingiunzione 
�la 
sentenza 
� 
inappellabile 
ma 
� 
ricorribile 
per 
cassazione�. 


La 
novella 
ha 
quindi 
lasciato un vuoto normativo, in ordine 
alla 
forma 
dell�appello e 
al 
giudice 
di 
secondo grado competente 
nella 
materia 
de 
quo, che 
ha 
dato adito a 
pronunce 
giurisprudenziali 
contrastanti, sino al 
chiarimento offerto dalle 
Sezioni 
Unite 
con le 
citate 
sentenze 
n. 23285 e 23286 del 18 novembre 2010. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


orbene, il 
Tribunale 
di 
l�Aquila, pur dando atto, ai 
fini 
del 
regolamento delle 
spese, che 
l�appello era 
stato proposto prima 
dell�intervento chiarificatore 
delle 
Sezioni 
Unite, non ha 
tenuto in alcun conto della 
situazione 
di 
incertezza 
cagionata 
dalla 
tecnica 
legislativa 
della 
mera 
abrogazione 
della 
norma 
che 
prevedeva 
l�inappellabilit� 
delle 
sentenze 
in 
questione, 
senza 
nulla 
disporre 
in 
ordine 
alla 
forma 
dell�appello 
e 
al 
giudice 
competente 
nonch� 
del 
conseguente 
contrasto giurisprudenziale 
che 
ne 
� 
derivato, che 
avrebbe 
senz�altro imposto l�applicabilit� 
dell�istituto della rimessione in termini. 


Alla 
luce 
dei 
suesposti 
motivi, la 
sentenza 
impugnata 
dovr� 
essere 
cassata 
nella 
parte 
in 
cui 
ha 
dichiarato l�inammissibilit� 
dell�appello anzich� 
concedere 
un termine 
per la 
riassunzione 
del 
giudizio 
di 
secondo 
grado 
innanzi 
al 
Tribunale 
di 
Teramo 
dichiarato 
territorialmente 
competente, in ossequio al principio della 
translatio iudicii. 


In 
subordine, 
andr� 
comunque 
riconosciuta 
la 
rimessione 
in 
termini, 
essendo 
stato 
adito 
un 
giudice 
incompetente 
per 
causa 
non 
imputabile 
alle 
amministrazioni 
appellanti, 
con 
la 
concessione 
di 
un termine 
per la 
riassunzione 
del 
giudizio di 
secondo grado innanzi 
al 
Tribunale 
di 
Teramo. 


Pertanto, le amministrazioni ricorrenti, come sopra rappresentante e difese 


CHIEDono 


che 
la 
Suprema 
Corte, previa 
eventuale 
rimessione 
della 
questione 
alle 
Sezioni 
Unite, 
trattandosi 
di 
questione 
di 
massima 
di 
particolare 
importanza, voglia 
accogliere 
il 
ricorso e, 
per l�effetto, voglia 
concedere 
alle 
parti 
il 
termine 
di 
legge 
per la 
riassunzione 
del 
giudizio di 
secondo grado innanzi al 
Tribunale di 
Teramo dichiarato territorialmente competente 


Ai 
fini 
della 
prenotazione 
a 
debito, si 
dichiara 
che 
per la 
presente 
causa 
� 
dovuto il 
contributo 
unificato 
forfettario 
di 
� 
27 
ai 
sensi 
degli 
art. 
10, 
comma 
6 
bis 
e 
30 
del 
D.P.r. 
30.5.2002, n. 115. 


Si producono: 


1) istanza ex art. 369 c.p.c. 

2) copia autentica della sentenza impugnata 


roma, 7 marzo 2016 


Wally Ferrante 
Avvocato dello Stato 


(...) 


Cassazione 
civile, Sez. Sesta - 2, ordinanza 8 marzo 2017 n. 5841 -Pres. S. Petitti, rel. A. 
Giusti - Ministero interno e Prefettura di 
Teramo (avv. gen. Stato) c. C.D.r. 
(...) 


ritenuto 
che 
il 
Ministero 
dell'interno 
e 
la 
Prefettura 
di 
Teramo 
hanno 
proposto 
appello 
al 
Tribunale 
di 
L'Aquila 
avverso 
la 
sentenza 
del 
Giudice 
di 
pace 
di 
nereto 
in 
data 
30 
giugno 
2008, 
con 
la 
quale 
era 
stata 
accolta 
l'opposizione 
a 
sanzione 
amministrativa 
proposta 
da 
D.r.C.; 


che 
il 
Tribunale 
di 
L'Aquila, con sentenza 
in data 
5 febbraio 2015, ha 
dichiarato inammissibile 
l'appello; 


che 
-premesso 
che 
in 
tema 
di 
competenza 
per 
territorio 
le 
regole 
del 
foro 
erariale 
non 
sono 
applicabili 
nei 
giudizi 
di 
appello 
in 
materia 
di 
sanzioni 
amministrative 
-il 
Tribunale 
ha 
ritenuto 
che 
l'appello 
andava 
proposto 
dinanzi 
al 
Tribunale 
di 
Teramo, 
circondano 
in 
cui 
ha 
sede 
il 
Giudice di pace di nereto, ex 
art. 341 cod. proc. civ.; 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


che 
per 
la 
cassazione 
della 
sentenza 
del 
Tribunale 
il 
Ministero 
dell'interno 
e 
la 
Prefettura 
di 
Teramo 
hanno 
proposto 
ricorso, 
con 
atto 
notificato 
il 
7 
marzo 
2016, 
sulla 
base 
di 
un 
motivo; 


che l'intimata non ha svolto attivit� difensiva in questa sede; 


che 
la 
proposta 
del 
relatore, ai 
sensi 
dell'art. 380-bis 
cod. proc. civ., � 
stata 
notificata 
alle 
parti, unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio. 


Considerato 
che 
con l'unico mezzo le 
Amministrazioni 
ricorrenti 
lamentano violazione 
e 
falsa 
applicazione 
degli 
artt. 44 e 
50 cod. proc. civ. in tema 
di 
transiatio iudicii, dell'art. 359 
cod. proc. civ. in tema 
di 
applicabilit� 
delle 
norme 
di 
primo grado ai 
giudizi 
di 
appello, degli 
artt. 
153, 
secondo 
comma, 
e 
294, 
secondo 
e 
terzo 
comma, 
cod. 
proc. 
civ., 
in 
tema 
di 
rimessione 
in termini per errore scusabile; 


che il motivo � manifestamente fondato; 


che 
l'appello proposto davanti 
ad un giudice 
diverso, per territorio o grado, da 
quello indicato 
dall'art. 341 cod. proc. civ. non determina 
l'inammissibilit� 
dell'impugnazione, ma 
� 
idoneo 
ad instaurare 
un valido rapporto processuale, suscettibile 
di 
proseguire 
dinanzi 
al 
giudice 
competente 
attraverso 
il 
meccanismo 
della 
transiatio 
iudicii 
(Cass., 
Sez. 
U., 
14 
settembre 
2016, n. 18121); 


che il ricorso va, pertanto, accolto; 


che, cassata 
la 
sentenza 
impugnata, la 
causa 
deve 
essere 
rinviata 
dinanzi 
al 
Tribunale 
di 
Teramo; 


che il giudice del rinvio provveder� sulle spese del giudizio di cassazione. 


P.Q.M. 
accoglie 
il 
ricorso, cassa 
la 
sentenza 
impugnata 
e 
rinvia 
la 
causa, anche 
per le 
spese 
del 
giudizio 
di cassazione, al 
Tribunale di 
Teramo. 
Cos� 
deciso 
in 
roma, 
nella 
camera 
di 
consiglio 
della 
VI-2 
Sezione 
Civile, 
il 
17 
febbraio 
2017. 
Cassazione 
civile, Sez. Unite, sentenza 14 settembre 
2016 n. 18121 
-Primo Pres. f.f. r. 
rordorf, 
Pres. 
sez. 
G. 
Amoroso, 
rel. 
L. 
Matera 
-Il 
Birillo 
s.a.s. 
(avv.ti 
V. 
Dini 
e 
L. 
Terranova) 


c. Condominio (...) (avv. A. Cirla). 
(omissis) 


6) Con riguardo al 
sesto motivo di 
ricorso - con il 
quale 
si 
lamenta 
che 
la 
Corte 
di 
Appello 
di 
Brescia 
abbia 
dichiarato 
l'inammissibilit� 
dell'appello 
anzich� 
declinare 
la 
propria 
competenza 
e 
concedere 
all'appellante 
la 
possibilit� 
di 
riassumere 
la 
causa 
dinanzi 
alla 
Corte 
di 
Appello di 
Milano -, assume 
rilievo il 
secondo contrasto di 
giurisprudenza 
segnalato dalla 
Seconda Sezione Civile. 


L'ordinanza 
interlocutoria 
ha 
dato 
atto 
che, 
secondo 
un 
orientamento, 
l'appello 
proposto 
davanti 
ad 
un 
giudice 
territorialmente 
incompetente 
non 
configura 
un'ipotesi 
di 
inammissibilit� 
dell'impugnazione 
ai 
sensi 
dell'art. 
358 
cod. 
proc. 
civ., 
ma 
vale 
ad 
instaurare 
un 
valido 
rapporto 
processuale 
suscettibile 
di 
proseguire 
dinanzi 
al 
giudice 
competente, essendo possibile, attraverso 
il 
meccanismo della 
riassunzione, trasferire 
e 
proseguire 
il 
rapporto processuale 
originario 
davanti 
all'organo 
dichiarato 
competente 
(Cass. 
Sez. 
Lav., 
2-7-2004 
n. 
12155; 
Cass. 
Sez. 2, 30-8-2004 n. 17395; Cass. Sez. 6-Lav., 9-6-2015 n. 11969). 


Ha 
richiamato, 
tuttavia, 
un 
diverso 
indirizzo 
(Cass. 
Sez. 
3, 
10-3-2005 
n. 
2709), 
che, 
premesso 
che 
nel 
nostro ordinamento processuale 
civile 
non ha 
fondamento l'idea 
che 
la 
regola 
di 
individuazione 
dell'ufficio 
giudiziario 
legittimato 
ad 
essere 
investito 
dell'impugnazione 
sia 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


riconducibile 
alla 
nozione 
di 
competenza 
adoperata 
dal 
codice 
di 
procedura 
civile 
nel 
Capo 1 
del 
Titolo 1 del 
Libro 1, ha 
ritenuto che 
la 
norma 
sulla 
translatio 
di 
cui 
all'art. 50 cod. proc. 


civ. non pu� trovare 
applicazione 
nemmeno nel 
caso di 
impugnazione 
proposta 
dinanzi 
ad un 
giudice territorialmente non corrispondente a quello indicato dalla legge. 
6A) 
Il 
primo 
orientamento 
si 
pone 
nel 
solco 
di 
un 
indirizzo 
formatosi 
sotto 
il 
vigore 
del 
codice 
di 
rito 
del 
1865, 
nel 
quale, 
pur 
mancando 
una 
norma 
generale 
-come 
l'attuale 
art. 
50 
cod. 
proc. 
civ. 
-da 
cui 
potesse 
desumersi 
il 
principio 
della 
traslazione 
del 
processo 
nei 
casi 
di 
incompetenza 
del 
giudice 
adito, 
e 
pur 
essendo 
pacifico 
che 
il 
difetto 
di 
competenza 
del 
giudice 
di 
primo 
grado 
ponesse 
fine 
al 
rapporto 
processuale, 
imponendo 
una 
pronuncia 
di 
"absolutio 
da 
istantia", 
con 
riferimento 
al 
giudizio 
di 
appello 
la 
giurisprudenza 
assolutamente 
prevalente 
riteneva 
che 
il 
gravame 
proposto 
dinanzi 
al 
giudice 
incompetente 
fosse 
idoneo 
a 
costituire 
il 
rapporto 
processuale, 
il 
quale, 
pertanto, 
continuava 
dinanzi 
al 
giudice 
designato 
dalla 
sentenza 
di 
accoglimento 
dell'eccezione 
di 
incompetenza. 
In 
tal 
modo, 
veniva 
garantito 
l'effetto 
conservativo 
dell'appello 
proposto 
dinanzi 
a 
giudice 
incompetente, 
si 
da 
impedire 
la 
decadenza 
dal 
termine 
per 
appellare. 


Tale 
orientamento 
si 
� 
ulteriormente 
consolidato 
a 
seguito 
dell'entrata 
in 
vigore 
del 
nuovo 
codice 
di 
procedura 
civile 
del 
1942, 
il 
cui 
art. 
50 
ha 
espressamente 
previsto 
la 
trasmigrazione 
della 
causa 
proposta 
dinanzi 
a 
giudice 
incompetente, 
ove 
tempestivamente 
riassunta 
dinanzi 
al 
giudice 
ritenuto 
competente 
nella 
sentenza 
(ora 
ordinanza) 
dichiarativa 
dell'incompetenza. 


Pur avendo la 
tesi 
esposta 
trovato, con il 
nuovo codice 
di 
rito, un concreto fondamento 
normativo, 
nel 
tempo 
la 
giurisprudenza 
ha 
cominciato 
progressivamente 
a 
porre 
dei 
limiti 
alla 
piena operativit� del principio del c.d. effetto conservativo dell'appello. 


Tale 
giurisprudenza, 
muovendo 
dal 
presupposto 
che 
l'appello, 
per 
essere 
considerato 
tale, deve 
necessariamente 
essere 
proposto dinanzi 
ad un giudice 
di 
grado superiore, ha 
inizialmente 
ritenuto 
inammissibile 
il 
gravame 
nelle 
sole 
ipotesi 
di 
sua 
proposizione 
dinanzi 
allo 
stesso giudice 
o ad un giudice 
di 
pari 
grado rispetto a 
quello che 
ha 
emesso la 
decisione 
impugnata 
(v. 
Cass. 
Sez. 
Lav., 
912-1981 
n. 
6515; 
Cass. 
Sez. 
Lav., 
24-9-1998 
n. 
9554; 
Cass. 
Sez. 
1, 
12-6-1999 
n. 
5814; 
Cass. 
Sez. 
Lav., 
12-11-2002 
n. 
15866; 
Cass. 
Sez. 
Lav., 
2-7-2004 
n. 
12155; 
Cass. Sez. 1, 6-9-2007 n. 18716). Di 
qui 
il 
graduale 
affermarsi 
di 
una 
giurisprudenza 
orientata 
ad escludere 
l'operativit� 
dell'effetto conservativo del 
gravame 
ogni 
qualvolta 
l'impugnazione 
sia 
stata 
proposta 
dinanzi 
ad un giudice 
di 
grado diverso rispetto a 
quello dinanzi 
al 
quale 
avrebbe 
dovuto proporsi 
(v. Cass. Sez. 3, 29-1-2003 n. 1269; 
Cass. Sez. 1, 6-92007 


n. 18716; 
Cass. Sez. 3, 2-2-2010 n. 23661, che 
hanno affermato l'inammissibilit� 
dell'appello 
avverso 
una 
decisione 
del 
Pretore, 
proposto 
dinanzi 
al 
Tribunale 
anzich� 
alla 
Corte 
di 
Appello, 
divenuta 
competente 
in forza 
della 
disciplina 
transitoria 
prevista 
dal 
D.Lgs. n. 51 del 
1998, 
art. 134), fino a 
giungere 
esplicitamente 
ad ammettere 
la 
transiatio iudicii 
nel 
solo caso di 
incompetenza 
meramente 
territoriale 
del 
giudice 
adito in appello (v. Cass. Sez. II, 30-8-2004 n. 
17395; Cass. Sez. VI-Lav., 9-6-2015 n. 11969). 
Il 
vero punto di 
rottura 
con il 
tradizionale 
indirizzo, peraltro, si 
� 
registrato con la 
menzionata 
sentenza 
n. 2709 del 
2005: 
prima 
di 
essa, infatti, non si 
era 
mai 
dubitato, in giurisprudenza, 
della 
applicabilit� 
dell'art. 
50 
cod. 
proc. 
civ. 
(e 
dei 
conseguenti 
effetti 
conservativi) 
nella ipotesi di appello proposto dinanzi a un giudice incompetente solo per territorio. 


Sulla 
scia 
del 
nuovo 
orientamento 
instaurato 
dalla 
pronuncia 
da 
ultimo 
citata 
si 
sono 
poste 
due 
successive 
decisioni 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
(Cass. Sez. 1, 7-12-2011 n. 26375 e 
Cass. Sez. 6-3, 2-11-2015 n. 22321); 
mentre 
con altra 
recente 
pronuncia 
(Cass. Sez. 6-Lav., 
9-6-2015 n. 11969) � 
stata 
riaffermata 
l'applicabilit� 
della 
translatio iudicii 
in caso di 
appello 
proposto dinanzi a giudice territorialmente incompetente. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


6B) La 
sentenza 
n. 2709 del 
2005, nell'affermare 
che 
l'art. 50 cod. proc. civ. non � 
mai 
applicabile 
in fase 
di 
impugnazione, quale 
che 
sia 
il 
tipo di 
errore 
commesso dall'appellante 
nell'individuare 
il 
giudice 
di 
appello 
competente 
e, 
quindi, 
anche 
in 
caso 
di 
mera 
incompetenza 
territoriale, � 
partita 
dal 
rilievo secondo cui 
nel 
nostro ordinamento processuale 
civile 
non ha 
fondamento 
l'idea 
che 
la 
regola 
di 
individuazione 
dell'ufficio 
giudiziario 
legittimato 
ad 
essere 
investito 
dell'impugnazione 
sia 
riconducibile 
alla 
nozione 
di 
competenza 
adoperata 
dal 
codice 
di 
procedura 
civile 
nel 
Capo 1 del 
Titolo 1 del 
Libro 1. Ci� in quanto, se 
anche 
la 
disciplina 
della 
individuazione 
del 
giudice 
dell'impugnazione 
assolve 
ad uno scopo di 
massima 
simile 
sul 
piano 
funzionale 
a 
quello 
che 
ha 
la 
disciplina 
della 
individuazione 
del 
giudice 
competente 
in primo grado, l'una 
e 
l'altra 
afferendo a 
regole 
che 
stabiliscono avanti 
a 
quale 
giudice 
debba 
svolgersi 
un determinato tipo di 
processo civile, in ragione 
del 
grado, tuttavia 
appare 
impossibile 
ravvisare 
fra 
i 
due 
fenomeni 
normativi 
una 
eadem 
ratio, 
sufficiente 
a 
giustificare 
l'estensione 
anche 
parziale 
di 
aspetti 
applicativi 
della 
seconda 
alla 
prima 
sul 
piano dell'analogia. Di 
qui 
la 
conclusione 
secondo cui 
l'appello proposto dinanzi 
ad un giudice 
non legittimato ad 
essere 
investito del 
gravame 
� 
da 
considerare 
inammissibile, sia 
per il 
caso in cui 
l'impugnazione 
venga 
proposta 
dinanzi 
ad un giudice 
territorialmente 
non corrispondente 
a 
quello indicato 
dalla 
legge, sia 
per il 
caso di 
impugnazione 
proposta 
a 
giudice 
che 
nella 
ripartizione 
verticale 
dell'organizzazione 
del 
processo civile 
non sia 
"superiore" 
a 
quello che 
abbia 
pronunciato 
la sentenza. 


Come 
si 
� 
detto, tale 
orientamento � 
stato poi 
seguito dalle 
sentenze 
n. 26375 del 
2011 
e 
n. 
22321 
del 
2015, 
con 
le 
quali 
� 
stata 
ritenuta 
l'inammissibilit� 
dell'appello 
proposto 
dinanzi 
a 
giudice 
diverso rispetto dinanzi 
al 
quale 
avrebbe 
dovuto essere 
proposto, ribadendosi 
che 
l'erronea 
individuazione 
del 
giudice 
legittimato 
a 
decidere 
sull'impugnazione 
non 
si 
pone 
come 
questione 
di 
competenza 
ovvero attinente 
ai 
poteri 
cognitivi 
del 
giudice 
adito, ma 
riguarda 
la 
mera 
valutazione 
delle 
condizioni 
di 
proponibilit� 
o 
ammissibilit� 
del 
gravame, 
che 
deve, pertanto, dichiararsi 
precluso se 
prospettato a 
un giudice 
diverso da 
quello individuato 
dall'art. 341 cod. proc. civ.. 

6C) Le 
Sezioni 
Unite 
ritengono che 
il 
contrasto debba 
essere 
composto privilegiando 
l'interpretazione 
favorevole 
all'applicabilit� 
della 
regola 
della 
translatio 
iudicii 
anche 
in 
grado 
di appello. 


E 
invero, su un piano concettuale, non sembra 
possibile 
negare 
che 
la 
norma 
( art. 341 
cod. proc. civ. ) che 
detta 
i 
criteri 
per l'individuazione 
del 
giudice 
legittimato a 
ricevere 
l'appello, 
preveda, 
in 
realt�, 
una 
ipotesi 
di 
"competenza", 
intesa 
come 
frazione 
dell'intero 
esercizio 
della 
funzione 
giurisdizionale. Si 
tratta, peraltro, di 
una 
competenza 
sui 
generis, in ragione 
della 
contemporanea 
previsione 
di 
criteri 
d'individuazione 
sia 
in senso verticale 
(giudice 
superiore) 
che 
orizzontale 
(giudice 
che 
ha 
sede 
nella 
circoscrizione 
di 
quello 
che 
ha 
pronunciato 
la 
sentenza); 
e 
alla 
quale, 
proprio 
in 
considerazione 
dei 
suoi 
tratti 
peculiari, 
appare 
confacente 
la 
qualifica 
di 
"competenza 
funzionale", 
attribuitale 
dalla 
dottrina 
prevalente 
e 
recepita 
da 
queste 
Sezioni 
Unite 
nella 
sentenza 
22-11-2010 n. 23594, nella 
quale 
� 
stato affermato che 
"l'individuazione 
del 
giudice 
di 
appello, ex 
art. 341 c.p.c. , attiene 
a una competenza territoriale 
del 
tutto sui 
generis, che 
prescinde 
dai 
comuni 
criteri 
di 
collegamento tra una causa 
e 
un luogo: dipende 
indefettibilmente 
dalla sede 
del 
giudice 
a quo, sicch� 
� 
dotata di 
un carattere 
prettamente 
funzionale 
che 
impedisce 
il 
definitivo suo radicamento presso un giudice 
diverso, per il fatto che la questione non sia stata posta in limine litis". 


non 
sembra 
sostenibile, 
pertanto, 
l'assunto, 
posto 
a 
base 
delle 
decisioni 
che 
hanno 
escluso l'applicabilit� 
al 
giudizio di 
appello dell'art. 50 cod. proc. civ. , secondo cui 
l'erronea 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


individuazione 
del 
giudice 
legittimato a 
decidere 
sull'impugnazione 
non darebbe 
luogo a 
una 
questione di competenza, ma comporterebbe l'inammissibilit� del gravame. 


E 
invero, premesso il 
richiamo a 
quanto rilevato al 
punto 3C) riguardo alle 
ipotesi 
di 
inammissibilit� 
dell'impugnazione 
conosciute 
nel 
nostro sistema 
processuale, si 
osserva 
che 
il 
vizio derivante 
dall'individuazione 
di 
un giudice 
di 
appello diverso rispetto a 
quello determinato 
ai 
sensi 
dell'art. 341 c.p.c. non rientra 
n� 
tra 
i 
casi 
per i 
quali 
� 
espressamente 
prevista 
dalla 
legge 
la 
sanzione 
della 
inammissibilit� 
del 
gravame, n� 
tra 
i 
casi 
in cui 
non sia 
configurabile 
il 
potere 
di 
impugnare: 
il 
vizio in esame, infatti, non incide 
sull'esistenza 
del 
potere 
di 
impugnazione, 
ma 
solo 
sul 
suo 
legittimo 
esercizio, 
essendo 
stato 
tale 
potere 
esercitato 
dinanzi 
ad un giudice diverso da quello al quale andava proposto il gravame. 


6D) Una 
volta 
ricondotta 
nella 
nozione 
di 
"competenza" 
la 
regola 
che 
individua 
il 
giudice 
legittimato 
a 
conoscere 
dell'appello, 
sembra 
difficile 
escludere 
l'applicabilit� 
anche 
al 
relativo giudizio del 
principio della 
translatio iudicii 
previsto dall'art. 50 cod. proc. civ. , ove 
solo si 
consideri 
che 
tale 
norma 
� 
collocata 
tra 
le 
disposizioni 
generali 
contenute 
nel 
titolo 1 
del 
libro 1, e 
non opera 
alcuna 
distinzione 
tra 
competenza 
di 
primo e 
secondo grado. orbene, 
la 
giurisprudenza 
che 
propende 
per la 
tesi 
della 
non estensibilit� 
della 
disposizione 
in esame 
al 
giudizio di 
appello, si 
basa 
su un giudizio di 
incompatibilit� 
che, a 
ben vedere, non � 
richiesto 
dall'art. 359 cod. proc. civ. Tale 
norma, infatti, nello stabilire 
che 
per il 
giudizio di 
appello 
davanti 
al 
tribunale 
o 
alla 
corte 
di 
appello 
si 
osservano 
le 
norme 
che 
regolano 
il 
procedimento 
di 
primo 
grado 
davanti 
al 
tribunale, 
purch� 
non 
siano 
"incompatibili" 
con 
le 
disposizioni 
proprie 
del 
giudizio 
di 
impugnazione, 
si 
riferisce 
alle 
norme 
contemplate 
nel 
titolo 1 del 
libro 2 del 
codice 
di 
rito (artt. 163 ss.), e 
non anche 
a 
quelle 
contenute 
nel 
titolo 1 
del 
libro 
1, 
aventi 
di 
per 
s� 
una 
portata 
generale 
ed 
applicabili, 
quindi, 
in 
via 
di 
principio 
anche al giudizio di appello, salvo specifiche limitazioni. 


n� 
a 
diverse 
conclusioni 
potrebbe 
pervenirsi 
ove 
si 
intendesse 
aderire 
all'indirizzo, ricorrente 
in 
dottrina, 
che 
tende 
ad 
accostare 
l'ipotesi 
della 
competenza 
funzionale 
al 
fenomeno 
della giurisdizione, piuttosto che a quello della competenza vera e propria. 


E 
infatti, posto che 
il 
legislatore 
(v. L. n. 69 del 
2009, art. 59 e 
art. 11 del 
nuovo codice 
del 
processo amministrativo) ha 
esteso l'applicabilit� 
della 
translatio iudicii 
al 
caso di 
errore 
nell'individuazione 
del 
giudice 
munito di 
giurisdizione, e 
che, a 
seguito della 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
n. 223/2013, analogo effetto conservativo viene 
riconosciuto anche 
nei 
rapporti 
tra 
giudici 
e 
arbitri, non si 
vede 
per quali 
ragioni 
non potrebbe 
ritenersi 
sanabile 
con 
lo stesso meccanismo l'atto di 
appello proposto in violazione 
delle 
norme 
sulla 
competenza 
funzionale. 
Diversamente 
opinando, 
si 
finirebbe 
con 
l'attribuire 
all'errore 
nella 
individuazione 
del 
giudice 
territorialmente 
competente 
per l'appello conseguenze 
ben pi� rilevanti 
rispetto 
all'ipotesi 
di 
errore 
nella 
individuazione 
del 
giudice 
munito di 
giurisdizione; 
il 
che, come 
evidenziato 
in dottrina, alla 
luce 
dell'evoluzione 
subita 
dal 
nostro ordinamento processuale, si 
tradurrebbe in una incoerenza del sistema difficilmente giustificabile. 


6E) 
Sotto 
altro 
profilo, 
si 
osserva 
che 
l'orientamento 
favorevole 
all'applicabilit� 
del 
meccanismo 
della 
translatio iudicii 
in caso di 
appello proposto dinanzi 
a 
giudice 
territorialmente 
incompetente 
appare 
rispondente 
al 
principio della 
effettivit� 
della 
tutela 
giurisdizionale, immanente 
nel 
nostro ordinamento. E 
infatti, come 
� 
stato pi� volte 
affermato dalla 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
(v. Cass. Sez. Un., 5-1-2016 n. 29; 
Cass. Sez. 1, 15-11-2013 n. 25735; 
Cass. 
Sez. 
Un., 
22-2-2007 
n.. 
4109), 
il 
diritto 
alla 
tutela 
giurisdizionale, 
di 
cui 
all'art. 
24 
Cost. 
, comma 
1, include 
anche 
il 
diritto ad ottenere 
una 
decisione 
di 
merito ("il 
giusto processo civile 
viene 
celebrato non gi� per 
sfociare 
in pronunce 
procedurali 
che 
non coinvolgono i 
rap



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


porti 
sostanziali 
delle 
parti 
che 
vi 
partecipano 
-siano 
esse 
attori 
o 
convenuti 
-ma 
per 
rendere 
pronuncia di 
merito rescrivendo chi 
ha ragione 
e 
chi 
ha torto: il 
processo civile 
deve 
avere 
per 
oggetto la verifica della sussistenza dell'azione 
in senso sostanziale 
di 
chiovendiana memoria, 
n� 
deve, nei 
limiti 
del 
possibile, esaurirsi 
nella discettazione 
sui 
presupposti 
processuali, 
e 
per 
evitare 
che 
ci� 
si 
verifichi 
si 
deve 
adoperare 
il 
giudice": 
Corte 
Costituzionale, 
sentenza 
n. 220 del 
1986; 
v. anche 
sentenze 
n. 123 del 
1987 e 
n. 579 del 
1990); 
e 
a 
questo 
fine 
deve 
essere 
orientata 
l'interpretazione 
delle 
norme 
processuali 
in 
generale 
e 
di 
quelle 
volte 
all'individuazione 
del 
giudice 
munito di 
giurisdizione 
e 
di 
competenza 
("al 
principio 
per 
cui 
le 
disposizioni 
processuali 
non 
sono 
fini 
a 
se 
stesse, 
ma 
funzionali 
alla 
miglior 
qualit� 
della decisione 
di 
merito, si 
ispira pressoch� 
costantemente 
- nel 
regolare 
questioni 
di 
rito il 
vigente 
codice 
di 
procedura civile, ed in particolare 
vi 
si 
ispira la disciplina che 
all'individuazione 
del 
giudice 
competente 
- volta ad assicurare, da un lato, il 
rispetto della garanzia 
costituzionale 
del 
giudice 
naturale 
e, dall'altro lato, l'idoneit� (nella valutazione 
del 
legislatore) 
a rendere 
la migliore 
decisione 
di 
merito - non sacrifica il 
diritto delle 
parti 
ad ottenere 
una risposta, affermativa o negativa, in ordine 
al 
bene 
della vita oggetto della loro contesa": 
Corte Costituzionale, sentenza n. 77 del 2007). 


6F) La 
nozione 
di 
"competenza 
funzionale" 
propria 
del 
giudice 
di 
appello, nella 
quale 
si 
intrecciano criteri 
di 
competenza 
"orizzontale" 
e 
"verticale", induce 
a 
ritenere 
applicabile 
il 
principio 
della 
translatio 
iudicii 
non 
solo 
nella 
ipotesi 
di 
erronea 
individuazione 
del 
giudice 
territorialmente 
competente, ma 
anche 
in quella 
di 
erronea 
individuazione 
del 
giudice 
competente 
per grado. In entrambi 
i 
casi, infatti, si 
� 
in presenza 
di 
un errore 
che 
cade 
esclusivamente 
sulla 
individuazione 
del 
giudice 
dinanzi 
al 
quale 
deve 
essere 
proposto 
l'appello 
avverso 
la 
decisione 
di 
primo grado, e 
che, quindi, non incide 
sulla 
esistenza 
del 
potere 
di 
impugnazione, 
ma solo sul modo di esercizio di tale potere. 


Pertanto, una 
volta 
che 
si 
riconosca 
effetto conservativo all'atto di 
appello proposto dinanzi 
a 
un giudice 
territorialmente 
incompetente, non si 
vede 
per quale 
ragione 
debba 
escludersi 
il 
medesimo 
effetto 
nel 
caso 
di 
gravame 
(sempre 
che 
la 
scelta 
del 
mezzo 
di 
impugnazione 
sia 
corretta) proposto ad un giudice 
non corrispondente 
per grado a 
quello indicato dall'art. 
341 cod. proc. civ.. 

Se 
� 
vero, infatti, che 
nell'uno o nell'altro caso, si 
� 
in presenza 
di 
un vizio che 
attiene 
alla 
"competenza 
funzionale" 
del 
giudice 
di 
appello, non possono che 
derivarne, per ragioni 
di 
coerenza 
del 
sistema, identiche 
conseguenze, rinvenibili, sul 
piano del 
diritto positivo, nel 
meccanismo delineato dall'art. 50 cod. proc. civ. 


6G) In definitiva, deve 
affermarsi 
il 
seguente 
principio di 
diritto: 
L'appello proposto dinanzi 
ad 
un 
giudice 
diverso 
da 
quello 
indicato 
dall'art. 
341 
cod. 
proc. 
civ. 
non 
determina 
l'inammissibilit� 
dell'impugnazione, 
ma 
� 
idoneo 
ad 
instaurare 
un 
valido 
rapporto 
processuale, 
suscettibile 
di 
proseguire 
dinanzi 
al 
giudice 
competente 
attraverso il 
meccanismo della 
transiatio 
iudicii, 
sia 
nell'ipotesi 
di 
appello proposto dinanzi 
ad un giudice 
territorialmente 
non 
corrispondente 
a 
quello indicato dalla 
legge, sia 
nell'ipotesi 
di 
appello proposto dinanzi 
a 
un 
giudice 
di 
grado diverso rispetto a 
quello dinanzi 
al 
quale 
avrebbe 
dovuto essere 
proposto il 
gravame. 


7) nella 
specie, la 
Corte 
di 
Appello di 
Brescia 
non si 
� 
attenuta 
all'enunciato principio, 
in quanto, nel 
ravvisare 
la 
propria 
incompetenza 
territoriale 
in ordine 
all'impugnazione 
proposta 
avverso la 
sentenza 
pronunciata 
in primo grado dal 
Tribunale 
di 
Milano, ha 
dichiarato 
l'inammissibilit� 
dell'appello, senza 
concedere 
all'appellante 
un termine 
per la 
riassunzione 
del giudizio dinanzi alla Corte di 
Appello di Milano, territorialmente competente. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Di 
conseguenza, 
in 
accoglimento 
del 
sesto 
motivo 
di 
ricorso, 
s'impone 
la 
cassazione 
nella 
parte 
de 
qua della 
sentenza 
impugnata, con rinvio alla 
Corte 
di 
Appello di 
Milano, la 
quale 
pronuncer� 
sul 
merito 
dell'appello 
e 
provveder� 
anche 
alla 
regolamentazione 
delle 
spese 
del presente giudizio di legittimit�. 


P.Q.M. 
La 
Corte 
rigetta 
i 
primi 
cinque 
motivi 
di 
ricorso, accoglie 
il 
sesto, cassa 
la 
sentenza 
impugnata 
in relazione 
al 
motivo accolto e 
rinvia 
anche 
per le 
spese 
alla 
Corte 
di 
Appello di 
Milano. 


Cos� deciso in roma, nella Camera di Consiglio, il 7 giugno 2016. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Illecita detenzione di segni distintivi in uso alle 


forze di polizia; rilevanza penale del falso ottenuto 

mediante fotocopia di un inesistente originale 


Nota 
a 
CassazioNe 
PeNale, sez. V, seNteNza 
21 marzo 
2017 N. 13810 


Claudio Tric�* 


By 
this 
ruling, 
the 
Fifth 
Section 
of 
the 
Court 
of 
Cassation 
has 
come 
back 
to 
assess 
whether 
a 
forgery 
realized 
through 
the 
copy 
of 
a 
non-existent 
document 
should 
be 
regarded 
as 
a 
crime. 
Particularly, 
the 
Court 
has 
stated 
that 
this 
copy 
may 
constitute 
an 
offence 
if 
it 
is 
presented 
as 
the 
original 
document 
or 
if 
it 
is 
presented 
with 
the 
attestations 
of 
authenticity 
required 
by 
law. 
The 
ruling 
has 
also 
allowed 
to 
summarize 
the 
case 
law 
about 
the 
illegal 
detention, 
use 
or 
manufacture 
of 
distinctive 
signs 
used 
by 
the 
police. 
The 
repression 
of 
this 
offence, 
pursuant 
to 
Article 
no. 
497 
ter 
of 
the 
italian 
Criminal 
Code, 
represents 
a 
key 
instrument 
to 
combat 
terrorism 
and 
organized 
crime, 
warding 
the 
trusting 
relationship 
between 
the 
police 
officer 
and 
the 
citizen. 


sommario: 1. Premessa - 2. la fattispecie 
concreta al 
vaglio della Corte 
- 3. Declinazione 
normativa 
e 
giurisprudenziale 
del 
delitto 
di 
illecita 
detenzione 
dei 
segni 
distintivi 
in 
uso alle 
forze 
di 
polizia - 4. sulla rilevanza penale 
del 
falso realizzato per 
mezzo della fotocopia 
di un documento originale inesistente. 


1. Premessa. 
nonostante 
la 
sua 
brevit� 
e 
la 
sua 
pacifica 
linearit�, la 
sentenza 
oggetto 
del 
presente 
commento offre 
lo spunto per approfondire 
talune 
tematiche 
di 
particolare interesse giuridico. 

In primo luogo, essa 
consente 
di 
concentrare 
l�attenzione 
sulle 
declinazioni 
giurisprudenziali 
del 
delitto di 
�possesso di 
segni 
distintivi 
contraffatti� 
di 
cui 
all�art. 497-ter 
c.p., la 
cui 
rilevanza 
emerge 
oggi 
nel 
contesto di 
una 
societ� 
impegnata 
ad affrontare 
i 
cancri 
del 
fenomeno mafioso e 
del 
fenomeno 
terroristico a livello intestino (1). 


(*) Specializzato nelle 
Professioni 
Legali, gi� 
tirocinante 
presso la 
Corte 
di 
Cassazione. Vincitore 
del 
concorso per l�accesso al ruolo dei Commissari della Polizia di Stato. 


(1) Troppo spesso la 
cronaca 
trasmette 
notizie 
di 
vili 
attentati 
perpetrati 
dalla 
criminalit� 
organizzata 
grazie 
all�abuso 
dei 
segni 
distintivi 
delle 
forze 
dell�ordine. 
Particolarmente 
rappresentative 
le 
parole 
di 
roberto 
Saviano, 
intento 
a 
descrivere 
le 
tecniche 
omicide 
tipiche 
della 
c.d. 
�Guerra 
di 
Secondigliano�: 
�li 
ammazzano con uno stratagemma 
antiquato ma 
sempre 
efficace, i 
killer fingono di 
essere 
poliziotti. 
[�] Stavano camminando quando un�auto li 
ferm�. Aveva 
una 
sirena 
sul 
tetto. Scesero due 
uomini 
con 
i 
tesserini 
della 
polizia. 
I 
ragazzi 
non 
tentarono 
di 
fuggire 
n� 
di 
fare 
resistenza. 
Sapevano 
come 
dovevano 
comportarsi, si 
lasciarono ammanettare 
e 
caricare 
in auto. I tre 
forse 
non capirono subito, ma 
quando 
videro le 
pistole 
fu tutto chiaro. Era 
un�imboscata 
[�]. Due, inginocchiati 
e 
sparati 
alla 
testa, furono 
finiti 
subito. Il 
terzo, dalle 
tracce 
ritrovate 
sul 
luogo, aveva 
tentato di 
scappare 
[�]. Lo raggiunsero, gli 
puntarono un�automatica 
in bocca. Il 
cadavere 
aveva 
i 
denti 
rotti, il 
ragazzo aveva 
tentato di 
mordere 
la 
canna della pistola, per istinto, come per spezzarla�. r. SAVIAno, Gomorra, Mondadori, 2006, p. 106. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


In secondo luogo, essa, pur dando applicazione 
ai 
profili 
meno dibattuti 
della 
questione, richiama 
alla 
memoria 
l�esistenza 
di 
un contrasto giurisprudenziale 
non ancora 
del 
tutto assopito, relativo alla 
rilevanza 
penale 
del 
falso 
realizzato 
mediante 
la 
riproduzione 
fotostatica 
di 
un 
documento 
giuridicamente 
inesistente, e 
cio� 
mediante 
una 
copia 
volta 
a 
rappresentare 
falsamente 
l�esistenza di un documento originale. 


2. la fattispecie concreta al vaglio della Corte. 
Alla 
base 
della 
pronuncia, 
una 
vicenda 
di 
fatto 
che 
si 
rivela 
nella 
sua 
semplicit�. 


Con sentenza 
del 
13 ottobre 
2015, la 
Corte 
di 
Appello di 
Milano condannava 
per il 
delitto di 
cui 
all�art. 497-ter 
c.p. un soggetto accusato di 
aver illecitamente 
detenuto 
la 
fotocopia 
a 
colori 
di 
una 
tessera 
di 
riconoscimento 
rilasciata 
da 
un 
Comando 
regionale 
dei 
Carabinieri, 
e 
pertanto 
di 
un 
documento 
atto 
a 
consentire 
l�identificazione 
dello 
stesso 
quale 
appartenente 
a 
una 
forza 
di 
polizia 
(2). Tale 
fotocopia, stampata 
a 
colori, appariva 
realizzata 
con 
modalit� tali da far ritenere la tessera autentica. 


nei 
confronti 
della 
suddetta 
pronuncia 
di 
merito 
l�imputato 
proponeva 
ricorso 
per 
Cassazione 
lamentando, 
oltre 
che 
la 
mancata 
applicazione 
dell�art. 
131-bis 
c.p. e 
dell�istituto della 
sospensione 
condizionale 
della 
pena 
(profili 
ai 
nostri 
scopi 
non interessanti), una 
violazione 
di 
legge 
per mancanza 
degli 
elementi 
costitutivi 
del 
reato ascritto. In particolare, da 
quanto sembra 
potersi 
estrapolare 
dal 
tenore 
della 
sentenza 
in esame, egli 
deduceva 
il 
mancato utilizzo 
della 
fotocopia 
contestata, il 
fatto che 
quest�ultima 
non corrispondesse 
alla 
tessera 
attualmente 
in uso al 
corpo di 
polizia 
nonch�, soprattutto, l�inidoneit� 
di una mera fotocopia a configurare un falso penalmente rilevante. 


Il 
Giudice 
di 
legittimit�, nel 
rigettare 
il 
ricorso, non solo ha 
ricostruito la 
struttura 
e 
la 
ratio 
del 
reato di 
falso contestato, superando cos� 
le 
prime 
deduzioni 
sopra 
richiamate, ma 
ha 
anche 
confermato, alla 
luce 
della 
ratio 
di 
tutela 
individuata, un orientamento giurisprudenziale 
ormai 
consolidato, in base 
al 
quale 
pu� 
sussistere 
il 
reato 
di 
falso, 
nelle 
sue 
diverse 
possibili 
prospettazioni, 
quando 
la 
riproduzione 
fotostatica 
di 
un 
documento 
non 
sia 
presentata 
in 
quanto tale, ma 
con l�apparenza 
di 
un documento originale. Quest�ultima 
so


(2) Per un�enumerazione 
delle 
Forze 
di 
Polizia 
operanti 
nel 
nostro ordinamento, v. art. 16 della 
L. 1 aprile 
1981, n. 121, a 
detta 
del 
quale 
�ai 
fini 
della 
tutela 
dell'ordine 
e 
della 
sicurezza 
pubblica, oltre 
alla 
Polizia 
di 
Stato 
sono 
forze 
di 
polizia, 
fermi 
restando 
i 
rispettivi 
ordinamenti 
e 
dipendenze: 
a) 
l'Arma 
dei 
carabinieri, 
quale 
forza 
armata 
in 
servizio 
permanente 
di 
pubblica 
sicurezza; 
b) 
il 
Corpo 
della 
guardia 
di 
finanza, 
per 
il 
concorso 
al 
mantenimento 
dell'ordine 
e 
della 
sicurezza 
pubblica. 
Fatte 
salve 
le 
rispettive 
attribuzioni 
e 
le 
normative 
dei 
vigenti 
ordinamenti, 
sono 
altres� 
forze 
di 
polizia 
e 
possono 
essere 
chiamati 
a 
concorrere 
nell'espletamento di 
servizi 
di 
ordine 
e 
sicurezza 
pubblica 
il 
Corpo degli 
agenti 
di 
custodia 
e 
il 
Corpo 
forestale 
dello 
Stato�. 
Tale 
ultimo 
corpo 
risulta 
oggi 
assorbito 
nell�Arma 
dei 
Carabinieri, 
come 
disposto 
dalla 
Legge 
Madia 
in 
tema 
di 
razionalizzazione 
delle 
funzioni 
di 
polizia, 
e, 
in 
particolare, 
dall�art. n. 7 del D.Lgs. n. 177 del 2016. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


luzione, in particolare, � 
indicata 
quale 
riconosciuta 
deroga 
a 
un principio pi� 
generale, 
ossia 
quello 
relativo 
all�inidoneit� 
di 
una 
fotocopia, 
priva 
di 
qualsiasi 
attestazione 
che 
ne 
confermi 
l�autenticit�, 
a 
trarre 
in 
inganno 
la 
pubblica 
fede, 
pur laddove 
presentata 
al 
fine 
di 
dimostrare 
falsamente 
l�esistenza 
di 
un documento 
originale. 
Tale 
ricostruzione, 
come 
sar� 
ulteriormente 
specificato, 
appare 
peraltro congruente 
a 
un orientamento numericamente 
prevalente, ma 
non per questo incontestato, della giurisprudenza di legittimit�. 


3. 
Declinazione 
normativa 
e 
giurisprudenziale 
del 
delitto 
di 
illecita 
detenzione 
dei segni distintivi in uso alle forze di polizia. 
Per 
quanto 
attiene 
all�analisi 
della 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 
497-ter 
c.p., 
la 
Corte 
evidenzia 
fin 
da 
subito 
l�origine 
dell�articolo 
in 
discussione, 
introdotto 
dall�art. 10-bis 
del 
D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito nella 
L. 31 luglio 
2005, n. 155, a 
sua 
volta 
aggiunto dall�art. 1-ter 
del 
D.L. 30 dicembre 
2005, 


n. 272, come 
convertito, con modifiche, dalla 
L. 21 febbraio 2006, n. 49. La 
disposizione 
in questione 
trova 
dunque 
la 
propria 
genesi 
nell�ambito della 
disciplina 
antiterrorismo disegnata 
dal 
legislatore 
del 
2005, il 
quale 
ha 
voluto 
introdurre 
uno 
strumento 
normativo 
atto 
a 
punire 
la 
produzione, 
la 
detenzione 
e 
l�uso illeciti 
dei 
segni 
distintivi 
dei 
corpi 
di 
polizia, rilevando la 
potenziale 
strumentalit� 
di 
tali 
condotte 
rispetto alla 
consumazione 
di 
ulteriori 
delitti, e 
in 
particolar 
modo 
di 
quelli 
caratterizzati 
da 
finalit� 
di 
terrorismo. 
A 
tali 
norme 
fa 
eco, 
sul 
piano 
amministrativo, 
la 
legislazione 
di 
pubblica 
sicurezza, 
la 
quale 
prescrive 
il 
possesso di 
un�apposita 
licenza 
biennale 
per la 
realizzazione 
e 
la 
detenzione 
delle 
tessere 
di 
riconoscimento e 
degli 
altri 
contrassegni 
di 
identificazione 
degli 
ufficiali 
e 
degli 
agenti 
di 
pubblica 
sicurezza 
e 
di 
polizia 
giudiziaria, 
definendo 
altres� 
delittuosa 
la 
natura 
delle 
suddette 
condotte 
qualora 
realizzate 
in 
assenza 
della 
licenza 
stessa 
(3). 
Una 
normativa 
articolata, 
dunque, 
ma 
che 
trova 
una 
comune 
razionalit� 
nell�obiettivo di 
evitare 
che 
possa 
abusarsi, 
per fini 
illeciti, di 
simboli 
nati, piuttosto, per raccogliere 
e 
catalizzare 
la 
fiducia 
dei 
cittadini, nella 
consapevolezza 
che 
la 
fiducia 
e 
la 
collaborazione 
di 
quest�ultimi 
sono 
presupposto 
e 
strumento 
fondamentale 
al 
fine 
del 
raggiungimento 
dei compiti istituzionali delle forze di polizia stesse (4). 
(3) V. art. 28 del 
r.D. 18 giugno 1931, n. 773 (meglio noto come 
�Testo unico delle 
leggi 
di 
pubblica 
sicurezza� 
o TULPS), come 
modificato dal 
D.L. 30 dicembre 
2005, n. 272, convertito nella 
L. 21 
febbraio 2006, n. 49, e dal D.Lgs. 26 ottobre 2010, n. 204. 
(4) Questa 
la 
ratio 
che 
emerge 
dall�art. 24 della 
L. 1 aprile 
1981, n. 121, inerente 
i 
compiti 
istituzionali 
della 
Polizia 
di 
Stato, che 
in tal 
senso prende 
nettamente 
le 
distanze 
dalla 
prospettiva 
autoritaria 
tipica 
del 
precedente 
art. 
1 
del 
TULPS. 
Afferma 
difatti 
la 
norma 
che 
�la 
Polizia 
di 
Stato 
esercita 
le 
proprie 
funzioni 
al 
servizio 
delle 
istituzioni 
democratiche 
e 
dei 
cittadini, 
sollecitandone 
la 
collaborazione�. 
Collaborazione 
elevata 
a 
strumento indispensabile 
affinch� 
la 
Polizia 
possa 
a 
sua 
volta 
tutelare 
l'esercizio delle 
libert� 
e 
dei 
diritti 
dei 
cittadini; 
vigilare 
sull'osservanza 
delle 
leggi, dei 
regolamenti 
e 
dei 
provvedimenti 
della 
pubblica 
autorit�; 
tutelare 
l'ordine 
e 
la 
sicurezza 
pubblica; 
provvedere 
alla 
prevenzione 
e alla repressione dei reati; prestare soccorso in caso di calamit� ed infortuni. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


A 
tali 
fini 
l�art. 
497-ter 
c.p., 
collocato 
nel 
contesto 
dei 
delitti 
di 
falsit� 
personale, 
estende 
l�applicazione 
delle 
sanzioni 
previste 
dall�art. 
497-bis 
c.p., 
relativo 
al 
possesso e 
alla 
fabbricazione 
di 
documenti 
di 
identificazione 
falsi, a 
quanti 
pongano 
in 
essere 
le 
condotte 
individuate 
dai 
due 
numeri 
che 
ne 
compongono 
il 
primo 
e 
unico 
comma, 
e 
cio� 
a 
quanti 
detengano, 
utilizzino 
o 
producano 
illecitamente 
segni, 
contrassegni 
e 
documenti 
in 
uso 
alle 
forze 
di 
polizia. 


Come 
evidenziato 
dalla 
Corte, 
l�art. 
497-ter, 
comma 
1, 
n. 
1), 
c.p., 
nel 
punire 
chi 
detiene 
illecitamente 
tali 
oggetti, si 
riferisce 
tanto alla 
detenzione 
di 
segni 
contraffatti 
e 
non 
autentici 
(come 
sembra 
potersi 
desumere 
dalla 
rubrica 
della 
norma), 
quanto 
anche 
alla 
illecita 
detenzione 
di 
segni 
autentici, 
ma 
di 
diversa 
origine 
illegale 
(ad 
es. 
furto 
o 
ricettazione). 
Il 
rifermento 
alla 
mera 
detenzione, 
considerata 
quale 
condotta 
illecita 
a 
se 
stante, rende 
ovvie 
le 
considerazioni 
esposte 
dal 
Giudice 
in motivazione, nella 
parte 
in cui 
considera 
di 
nessun pregio le 
deduzioni 
relative 
al 
mancato uso del 
tesserino falso contestato 
(5). 
Del 
resto, 
le 
ulteriori 
condotte 
della 
fabbricazione 
e 
dell�uso 
dei 
segni 
distintivi 
delle 
forze 
di 
polizia 
trovano 
un�autonoma 
e 
separata 
considerazione 
nel 
numero 
2) 
dell�articolo 
in 
esame, 
il 
quale, 
secondo 
un 
approccio 
ermeneutico 
ormai 
consolidato, descrive 
una 
fattispecie 
autonoma 
di 
reato e 
non, invece, 
una 
circostanza 
aggravante 
del 
delitto 
previsto 
dal 
precedente 
n. 
1), 
risultando pertanto insuscettibile 
al 
giudizio di 
comparazione 
di 
cui 
all�art. 69 


c.p. A 
favore 
di 
tale 
ricostruzione 
militano, peraltro, tutta 
una 
serie 
di 
indizi 
strutturali, 
tra 
cui 
il 
carattere 
autonomo 
e 
indipendente 
delle 
condotte 
descritte 
dal 
n. 2), le 
quali 
non condividono gli 
elementi 
costitutivi 
del 
fatto tipico di 
cui 
al 
n. 1), n� 
si 
arricchiscono di 
ulteriori 
elementi 
di 
specialit�. Inoltre, tale 
interpretazione 
non 
trova 
contraddizione 
nel 
rinvio 
operato 
dall�art. 
497-ter 
c.p. alle 
pene 
previste 
dall�art. 497-bis 
c.p., dato che 
quest�ultimo deve 
ritenersi 
operato 
esclusivamente 
quoad 
poenam 
e 
non 
pu� 
invece 
ritenersi 
riferito 
alla 
struttura 
della 
norma 
richiamata, 
che 
pur 
tratta 
la 
condotta 
di 
fabbricazione 
e 
di 
uso dei 
documenti 
di 
identificazione 
falsi 
alla 
stregua 
di 
un�aggravante 
del delitto di illecita detenzione degli stessi (6). 
oggetto 
delle 
condotte 
penalmente 
rilevanti, 
ai 
sensi 
dell�articolo 
in 
esame, sono dunque 
tutti 
quei 
segni, contrassegni 
e 
documenti 
i 
quali 
consentono 
di 
identificare 
un soggetto quale 
appartenente 
a 
una 
forza 
di 
polizia, perch� 
direttamente 
riconducibili 
a 
essa 
o 
necessari 
ai 
fini 
dell�esplicazione 
delle 
relative 
attivit� 
istituzionali. In tal 
senso, la 
giurisprudenza 
ha 
ritenuto di 
sanzionare 
condotte 
tipiche 
riguardanti 
la 
produzione, 
la 
detenzione 
e 
l�uso 
di 
tesserini, 
di 
palette 
e 
di 
lampeggianti, 
escludendo 
le 
ipotesi 
di 
contraffazioni 
innocue 
in ragione 
della 
loro grossolanit� 
(7). Emerge 
pertanto con evidenza 


(5) Secondo una 
ricostruzione 
gi� 
operata 
in precedenza 
da 
Cass. pen., sez. V, 29 maggio 2014, 
n. 32964. 
(6) Cos� Cass. pen., sez. V, 12 marzo 2014, n. 26537. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


la 
ratio 
della 
norma, la 
quale 
mira 
non solo a 
tutelare 
l�autenticit� 
dei 
suddetti 
oggetti, 
ma 
soprattutto 
a 
garantire 
che 
determinati 
strumenti 
siano 
riservati 
agli 
appartenenti 
alle 
forze 
dell�ordine, in quanto � 
attraverso gli 
stessi 
che 
si 
realizza 
il 
riconoscimento 
del 
personale 
esercente 
la 
funzione 
di 
polizia 
da 
parte 
del 
cittadino. 
Da 
qui, 
peraltro, 
l�introduzione 
dell�art. 
497-ter 
c.p. 
nel 
novero dei 
reati 
di 
falsit� 
personale 
e 
non tra 
quelli, topograficamente 
precedenti, 
relativi agli atti di falsificazione materiale. 


Come 
sottolineato dalla 
pronuncia 
in esame, se 
la 
ratio 
della 
norma 
pu� 
individuarsi 
nell�esigenza 
di 
evitare 
che 
il 
cittadino 
possa 
essere 
indotto 
in 
errore 
in 
relazione 
alle 
qualit� 
e 
ai 
poteri 
di 
colui 
che 
detiene 
illecitamente 
i 
segni 
distintivi, ben pu� comprendersi 
perch� 
il 
legislatore 
abbia 
fatto riferimento, 
in 
chiusura 
al 
citato 
n. 
1), 
anche 
all�illecita 
detenzione 
di 
�oggetti 
o 
documenti 
che 
ne 
simulano 
la 
funzione�. 
Difatti, 
secondo 
l�interpretazione 
oggi 
prevalente 
della 
norma, tale 
espressione 
intende 
affermare 
la 
rilevanza 
penale 
di 
quelle 
condotte 
aventi 
a 
oggetto segni 
e 
strumenti 
che, pur non corrispondendo 
a 
quelli 
attualmente 
in 
uso 
alle 
forze 
di 
polizia, 
appaiono 
comunque 
idonei 
a 
trarre 
in inganno sulla 
funzione 
tipica 
di 
quest�ultimi 
e 
dunque 
ad 
alterare 
la 
percezione 
sociale 
del 
loro 
possessore 
o 
utilizzatore. 
ne 
sono 
esempi 
giurisprudenziali 
la 
detenzione 
e 
l�uso di 
una 
paletta 
recante 
i 
segni 
del 
Ministero dei 
trasporti 
e 
lo stemma 
della 
repubblica 
Italiana, che, anche 
laddove 
non attualmente 
in uso ai 
corpi 
di 
polizia, � 
comunque 
idonea 
a 
simulare 
l�ordine 
dell�autorit� 
di 
arrestare 
la 
marcia 
(8); 
o ancora 
l�esibizione 
di 
un 
distintivo 
o 
di 
una 
tessera 
di 
riconoscimento 
falsi, 
che, 
ancorch� 
non 
corrispondenti 
a 
quelli 
utilizzati 
dalla 
Polizia 
dello Stato, possono trarre 
agevolmente 
in inganno il 
cittadino sulle 
qualit� 
personali 
di 
colui 
che 
ne 
fa 
uso 
(9). occorre 
inoltre 
rilevare 
che 
la 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, nel 
valutare 
la 
riferibilit� 
di 
un determinato segno o strumento ai 
soggetti 
indicati 
dall�art. 


(7) Sul 
concetto di 
falso grossolano, in tale 
ambito, v. Cass. pen., sez. V, 27 aprile 
2016; 
Cass. 
pen., sez. V, 12 marzo 2014, n. 26537. A 
detta 
di 
quest�ultima 
pronuncia, in particolare, �la 
grossolanit� 
del 
falso ricorre 
soltanto quando questo sia 
ictu oculi 
riconoscibile 
da 
qualsiasi 
persona 
di 
comune 
discernimento 
ed avvedutezza, senza 
che 
sia 
necessario far riferimento a 
particolari 
cognizioni 
o competenze 
specifiche, n� alla straordinaria diligenza di cui taluni possono essere dotati�. 
(8) V. Cass. pen., sez. V, 23 maggio 2013, n. 35094, a 
detta 
della 
quale 
gi� 
in via 
meramente 
interpretativa 
sembrerebbe 
potersi 
rilevare 
che 
�il 
requisito 
dell�attualit� 
dell�uso 
del 
segno 
oggetto 
di 
contraffazione 
costituisce 
condizione 
indefettibile 
per il 
rispetto della 
ratio 
della 
norma, che 
� 
quella 
di 
impedire 
il 
pericolo 
che 
pu� 
derivare 
dall�uso 
del 
detto 
segno�. 
In 
virt� 
di 
tale 
ratio, 
tuttavia, 
considerata 
anche 
la 
natura 
di 
reato di 
pericolo dell�illecito, si 
conclude 
che 
la 
lesione 
dell�affidamento pubblico 
pu� escludersi 
nel 
caso della 
detenzione 
di 
un oggetto �che 
replica 
un segno distintivo da 
tempo in disuso�, 
e 
cio� 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
decorrere 
del 
tempo 
abbia 
reso 
in 
concreto 
tale 
oggetto 
inidoneo 
ad 
alterare 
la percezione sociale del detentore o dell�utilizzatore. 
(9) V. Cass. pen., sez. V, 27 aprile 
2016, n. 34894; 
Cass. pen., sez. V, 31 ottobre 
2014, n. 3556. A 
detta 
delle 
stesse 
integra 
il 
delitto di 
cui 
all�art. 497-ter 
c.p. la 
detenzione 
di 
un distintivo delle 
forze 
dell�odine 
che, pur senza 
riprodurre 
fedelmente 
l�originale, ne 
simuli 
la 
funzione, inducendo in errore 
il pubblico relativamente all�esercizio della funzione di polizia. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


497-ter 
c.p., 
non 
ha 
richiesto 
che 
quest�ultimo 
fosse 
utilizzato 
in 
via 
esclusiva 
dalle 
forze 
di 
polizia, ma 
che 
esse 
pi� semplicemente 
ne 
facessero uso, ciascuna 
secondo 
le 
rispettive 
dotazioni. 
ne 
� 
conseguito, 
per 
esempio, 
il 
carattere 
penalmente 
illecito 
dell�uso 
di 
un 
lampeggiante 
blu 
rimovibile 
sull�autovettura 
di 
un privato, in quanto l�abuso di 
tale 
strumento, pur essendo quest�ultimo 
utilizzato anche 
da 
soggetti 
che 
non esercitano funzioni 
di 
polizia, ha 
senza 
dubbio 
l�effetto 
di 
attribuire 
all�automobile 
che 
ne 
� 
dotata 
l�aspetto 
di 
un�auto 
�civetta� delle forze dell�ordine (10). 


Ulteriore 
profilo 
caratterizzante 
le 
condotte 
tipiche 
descritte 
dall�art. 
497ter 
c.p., 
pur 
non 
approfondito 
specificamente 
dalla 
sentenza 
in 
commento, 
� 
quello 
della 
loro 
presupposta 
illiceit�, 
la 
quale 
ricorre 
ogni 
qual 
volta 
la 
detenzione, 
l�uso 
o 
la 
produzione 
non 
siano 
sorrette 
da 
un 
valido 
titolo 
di 
legittimazione. 
relativamente 
alla 
condotta 
detentiva, 
pertanto, 
l�illiceit� 
della 
stessa 
sussiste 
tanto 
nel 
caso 
di 
un 
acquisto 
avvenuto 
mediante 
la 
realizzazione 
di 
un 
reato, 
ad 
esempio 
per 
via 
furtiva, 
quanto 
nell�ipotesi 
in 
cui 
il 
detentore 
sia 
privo 
dei 
necessari 
titoli 
di 
legittimazione 
personale, 
perch� 
estraneo 
al 
novero 
dei 
soggetti 
cui 
quei 
segni 
o 
strumenti 
sono 
riservati. 
Sulla 
scorta 
di 
tali 
considerazioni, 
la 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
ha 
affermato 
il 
carattere 
illecito 
della 
detenzione 
posta 
in 
essere 
da 
un 
soggetto 
la 
cui 
relativa 
licenza 
era 
ormai 
scaduta 
(11), 
cos� 
come 
di 
quella 
conseguente 
a 
un 
acquisto 
operato 
regolarmente, 
per 
mezzo 
di 
internet, 
da 
parte 
di 
un 
privato 
a 
ci� 
non 
legittimato 
(12). 
Allo 
stesso 
modo 
� 
stata 
ritenuta 
illegittima 
la 
condotta 
di 
chi, 
pur 
appartenendo 
alle 
forze 
di 
polizia, 
ha 
detenuto 
sulla 
propria 
auto 
un 
lampeggiante 
fuori 
dall�orario 
di 
servizio, 
non 
dovendosi 
confondere 
la 
nozione 
di 
�servizio 
permanente�, 
consistente 
nella 
possibilit� 
del 
pubblico 
ufficiale 
di 
intervenire 
in 
ogni 
momento 
per 
esercitare 
le 
sue 
funzioni, 
con 
quella 
di 
�effettivo 
esercizio 
delle 
funzioni�, 
essendo 
solo 
quest�ultimo 
idoneo 
a 
giustificare 
la 
detenzione 
contestata 
(13). 


4. sulla rilevanza penale 
del 
falso realizzato per 
mezzo della fotocopia di 
un 
documento originale inesistente. 
Cos� 
definiti 
i 
profili 
oggettivi 
del 
delitto 
in 
questione, 
la 
Corte 
� 
stata 
chiamata 
a 
esprimersi 
su un�ulteriore 
questione 
relativa 
alla 
rilevanza 
penale 
del 
falso 
realizzato 
mediante 
la 
copia 
fotostatica 
di 
un 
documento 
originale 
inesistente. 


nel 
caso di 
specie, come 
anticipato, la 
Corte 
ha 
ritenuto di 
dover affer


(10) V. Cass. pen., sez. V, 16 gennaio 2015, n. 6784. 
(11) Cos� Cass. pen., sez. I, 5 maggio 2011, n. 30457. 
(12) V. Cass. pen., sez. V, 30 giugno 2009, n. 41080. 
(13) Cos� 
Cass. pen., sez. V, 29 maggio 2014, n. 32964. Con il 
concetto di 
�servizio permanente� 
si 
fa 
riferimento al 
complesso istituto di 
cui 
all�art. 68 della 
L. dell�1 aprile 
1981, n. 121, a 
detta 
del 
quale 
�gli 
appartenenti 
ai 
ruoli 
dell�Amministrazione 
della 
pubblica 
sicurezza 
sono comunque 
tenuti, 
anche fuori dall�orario di servizio, ad osservare i doveri inerenti alla loro funzione�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


mare 
il 
carattere 
delittuoso della 
detenzione 
contestata, rilevando come 
la 
fotocopia 
del 
tesserino 
di 
riconoscimento 
non 
fosse 
stata 
detenuta 
in 
quanto 
tale, 
ma 
in 
modo 
da 
farla 
apparire 
quale 
documento 
originale, 
anche 
grazie 
alle 
tecniche 
di 
riproduzione 
utilizzate, 
idonee 
a 
farne 
ritenere 
l�autenticit�. 
Del 
resto, 
la 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
sembra 
aver ormai 
solidamente 
riconosciuto 
il 
principio secondo cui 
non pu� dubitarsi 
che 
la 
copia 
presentata 
nella 
veste 
di 
un 
atto 
originale 
inesistente 
possa 
ritenersi 
idonea 
a 
trarre 
in 
inganno 
la 
pubblica 
fede 
e 
dunque 
a 
integrare 
un reato di 
falso, tanto materiale 
quanto personale. 
� 
evidente, 
difatti, 
che 
in 
tal 
caso 
la 
fotocopia 
perde 
la 
propria 
essenza 
di 
mera 
riproduzione 
del 
documento 
presupposto, 
divenendo 
piuttosto 
strumento 
di una contraffazione connotata da lesivit� (14). 


Pi� 
discussa 
appare 
invece 
l�ipotesi 
del 
falso 
realizzato 
mediante 
una 
copia 
fotostatica 
che 
sia 
presentata 
come 
tale, cio� 
quale 
mera 
fotocopia 
di 
un 
originale 
in realt� 
inesistente. L�intento dell�agente, come 
ovvio, � 
quello di 
attestare 
artificiosamente 
l�esistenza 
di 
un mancante 
documento presupposto, 
al 
fine 
di 
trarre 
vantaggio 
da 
una 
falsa 
rappresentazione 
della 
realt�. 
Sul 
punto, 
la 
giurisprudenza 
appare 
biforcarsi 
in una 
duplice 
direzione, dividendosi 
tra 
quanti 
affermano l�idoneit� 
della 
fotocopia, anche 
se 
non autenticata, a 
ledere 
la 
pubblica 
fede 
e 
quanti 
invece 
richiedono l�autenticazione 
della 
copia 
affinch� 
questa possa considerarsi oggetto di un falso penalmente rilevante. 


Secondo un primo orientamento, difatti, l�idoneit� 
lesiva 
della 
fotocopia 
non dipenderebbe 
dalla 
presenza 
di 
attestazioni 
di 
autenticit�, ma 
esclusivamente 
dalla 
capacit� 
della 
stessa, 
alla 
luce 
delle 
circostanze 
di 
fatto 
e 
della 
sua 
provenienza, a 
convincere 
il 
destinatario della 
propria 
conformit� 
a 
un originale 
e 
dunque 
dell�esistenza 
di 
quest�ultimo. Del 
resto, la 
realizzazione 
della 
fotocopia 
non solo potrebbe 
presupporre 
la 
contraffazione 
o l�alterazione 
di 
un 
documento, 
quale 
matrice 
per 
la 
successiva 
riproduzione, 
ma 
anche 
laddove 
non fosse 
frutto della 
manipolazione 
di 
un atto preesistente, potrebbe 
comunque 
apparire 
idonea 
a 
rappresentare 
falsamente 
l�esistenza 
dello 
stesso. 
Ai 
fini 
dell�integrazione 
del 
reato di 
falsit�, pertanto, non sarebbe 
sempre 
necessaria 
la 
manomissione 
di 
una 
realt� 
probatoria 
precedente, ma 
sarebbe 
sufficiente 
la 
mendace 
e 
attuale 
rappresentazione 
di 
una 
realt� 
probatoria 
inesistente, 
con 
conseguente 
lesione 
della 
pubblica 
fede. Tale 
effetto, in particolare, potrebbe 
ottenersi 
tanto 
mediante 
la 
realizzazione 
di 
un 
fotomontaggio, 
quanto 
mediante 


(14) 
infra 
alios, 
v. 
Cass. 
pen., 
sez. 
V, 
2 
dicembre 
2004, 
n. 
5401; 
Cass. 
pen., 
sez. 
V, 
17 
giugno 
1996, n. 7717. Sul 
punto, difatti, rilevata 
�la 
realizzazione 
di 
macchinari 
ormai 
sofisticatissimi 
per la 
riproduzione 
fotostatica 
di 
documenti 
ed idonei 
dunque 
a 
formare 
un prodotto ultrafedele 
se 
non identico 
all'originale, utile 
ad un uso che 
ben pu� trarre 
in inganno e 
che 
prescinde 
totalmente 
dalla 
esibizione 
dell'atto come 
fotocopia 
o copia 
dell'originale�, si 
� 
sostenuto che 
la 
�formazione 
di 
una 
fotocopia 
di 
un 
atto pubblico o di 
una 
autorizzazione 
amministrativa 
- non necessariamente 
frutto di 
un fotomontaggio 
-non 
� 
condotta 
di 
per 
s� 
esente 
da 
valutazione 
sul 
piano 
penale 
quando 
l'atto 
stesso 
non 
venga 
utilizzato 
e presentato come copia ma come l'originale�. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


l�alterazione 
di 
un�altra 
copia, 
quanto 
anche 
attraverso 
la 
creazione 
artificiosa 
di 
una 
fotocopia. Ciascuno di 
tali 
strumenti, difatti, a 
prescindere 
da 
una 
successiva 
procedura 
di 
autenticazione, 
viene 
presentato 
dall�orientamento 
in 
questione 
come 
idoneo 
ad 
alterare 
la 
percezione 
della 
realt� 
probatoria, 
rappresentando 
l�esistenza 
di 
un 
documento 
inesistente 
e 
ledendo 
dunque 
i 
beni giuridici tutelati dalle norme penali in materia di falso (15). 


Secondo un diverso 
orientamento, invece, un�interpretazione 
sistematica 
dell�ordinamento 
consentirebbe 
di 
estrapolare 
il 
principio 
secondo 
il 
quale 
una 
copia 
fotostatica 
non pu� ritenersi 
oggetto di 
un falso penalmente 
rilevante 
se 
priva 
delle 
necessarie 
attestazioni 
di 
autenticit�. In tale 
ipotesi, difatti, la 
fotocopia, 
tanto in mancanza 
di 
un documento presupposto quanto in presenza 
di 
una 
manomissione 
di 
quest�ultimo, non potrebbe 
integrare 
il 
falso qualora 
presentata 
come 
tale 
e 
non con l�apparenza 
di 
un documento originale 
(16). 
La 
ragione 
di 
ci� 
emergerebbe 
dall�analisi 
delle 
disposizioni 
civilistiche 
in 
materia 
probatoria, nella 
parte 
in cui 
esse 
affermano che 
la 
copia 
fotografica, 
di 
cui 
non 
sia 
autenticata 
la 
conformit� 
all�originale 
dal 
pubblico 
ufficiale 
competente, 
non 
ha 
di 
per 
s� 
valenza 
probatoria, 
salvo 
che 
nelle 
ipotesi 
espressamente 
previste 
dall�ordinamento 
(17). 
ne 
deriva 
che 
al 
di 
fuori 
di 
tali 
ipotesi 
la 
fotocopia 
non 
autenticata 
non 
pu� 
ritenersi 
idonea 
a 
trarre 
in 
inganno 
la 
pubblica 
fede 
in quanto per sua 
natura 
priva 
di 
valore 
probatorio, e 
che 
pertanto 
deve 
escludersi 
la 
sussistenza 
del 
delitto di 
falso, non potendosi 
ritenere 
integrato il 
fatto tipico del 
reato. Appare 
pertanto sovrabbondante 
il 
richiamo, 
talvolta 
emerso in giurisprudenza, alla 
figura 
del 
reato impossibile 
per inesi


(15) 
In 
tal 
senso, 
v. 
Cass. 
pen., 
sez. 
V, 
17 
maggio 
2012, 
n. 
40415; 
Cass. 
pen., 
sez. 
VI, 
10 
dicembre 
2007, n. 6572. � 
stato difatti 
rilevato che 
�la 
falsit� 
� 
integrata 
non dalla 
modificazione 
di 
una 
realt� 
probatoria 
preesistente 
(che 
nel 
caso di 
specie 
non c'�, non trovandosi 
traccia 
del 
documento originale), 
ma 
dalla 
mendace 
e 
attuale 
rappresentazione 
di 
una 
siffatta 
realt� 
probatoria, creata 
appunto attraverso 
un 
simulacro 
o 
una 
immagine 
cartolare 
di 
essa 
(fotocopia 
o 
anche 
fotomontaggio), 
che 
� 
intrinsecamente 
idonea 
a 
ledere 
(e 
lede) il 
bene 
giuridico protetto dalla 
norma 
incriminatrice 
costituito dalla 
pubblica 
affidabilit� 
di 
un atto, qualunque 
esso sia, proveniente 
dalla 
pubblica 
amministrazione. Sicch� 
ben pu� 
una 
fotocopia 
(o anche 
una 
pluralit� 
di 
fotocopie, come 
nel 
caso di 
specie) fatta 
passare 
come 
prova 
di 
un 
atto 
originale 
che 
non 
esiste, 
del 
quale 
intenda 
artificiosamente 
attestare 
l'esistenza 
e 
i 
connessi 
effetti 
probatori, integrare una falsit� penalmente rilevante ai sensi dell'art. 476 c.p.� 
(16) Cos� 
Cass. pen, sez. V, 12 dicembre 
2012, n. 10959; 
Cass. pen., sez. II, 3 novembre 
2010, n. 
42065; 
Cass. 
pen., 
sez. 
V, 
5 
maggio 
1998, 
n. 
11185. 
In 
particolare, 
Cass. 
pen., 
sez. 
V, 
14 
dicembre 
2007, 
n. 7385 ha 
affermato che 
�in realt� 
secondo la 
giurisprudenza 
di 
questa 
Corte 
la 
formazione 
ad opera 
del 
privato di 
una 
falsa 
fotocopia 
di 
un documento originale 
inesistente, presentata 
come 
tale 
e 
priva 
di 
qualsiasi 
attestazione 
che 
confermi 
la 
sua 
originalit� 
o la 
sua 
estrazione 
da 
un originale 
esistente, non 
integra 
alcun falso documentale, anche 
ove 
detta 
copia 
abbia 
in astratto e 
per la 
sua 
verosimiglianza, attitudine 
a 
trarre 
in inganno i 
terzi, potendo in tal 
caso il 
suo uso essere 
sanzionato come 
truffa 
o ad altro 
specifico titolo�. 
(17) Cfr. artt. 2719 c.c.; 
215 c.p.c. A 
tal 
proposito, Cass. pen., sez. V, 14 dicembre 
2007, n. 7385 
ribadisce 
che 
� 
giurisprudenza 
consolidata 
quella 
secondo cui 
�la 
copia 
di 
un atto o di 
un contrassegno 
costituente 
l'attestazione 
di 
un atto assume 
il 
carattere 
di 
documento solo in seguito alla 
pubblica 
autenticazione 
del contenuto dell'atto o del contrassegno�. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


stenza 
dell�oggetto, 
dovendosi 
piuttosto 
rilevare 
a 
monte 
la 
atipicit� 
della 
condotta 
contestata (18). 


nella 
sentenza 
in commento la 
Corte, come 
anticipato, ha 
aderito con un 
rapido 
cenno 
a 
tale 
secondo 
indirizzo 
ermeneutico, 
del 
resto 
maggioritario 
nella 
pronunce 
della 
giurisprudenza 
di 
legittimit�. E 
a 
tale 
soluzione 
� 
pervenuta 
in considerazione 
della 
ratio, sopra 
richiamata, del 
reato di 
falso, nonch� 
in considerazione 
dell�esigenza 
di 
reprimere 
esclusivamente 
le 
condotte 
che 
siano effettivamente 
idonee 
a 
sorprendere 
la 
fede 
pubblica. Una 
soluzione 
cui 
sembra 
potersi 
guardare 
con 
favore, 
non 
solo 
alla 
luce 
dei 
principi 
generali 
dell�ordinamento penale, ma 
anche 
in considerazione 
del 
fatto che 
essa 
non 
sembrerebbe 
sacrificare 
gli 
interessi 
di 
quanti 
siano stati 
indotti 
tramite 
la 
fotocopia 
non autenticata 
a 
far affidamento nell�esistenza 
del 
documento originale. 
Difatti, 
la 
condotta 
del 
soggetto 
agente, 
pur 
non 
potendo 
integrare 
il 
reato 
di 
falso, non per questo deve 
a priori 
ritenersi 
lecita 
e 
penalmente 
irrilevante. 
La 
presentazione 
di 
una 
copia 
priva 
delle 
necessarie 
certificazioni 
di 
autenticit� 
potrebbe, 
ad 
esempio, 
rilevare 
quale 
�artifizio�, 
e 
pertanto 
configurare 
un 
elemento 
costitutivo del diverso reato di truffa previsto dal Codice penale (19). 

Cassazione 
penale, 
Sez. 
V, 
sentenza 
11 
gennaio 
2017 
(dep. 
21 
marzo 
2017), 
n. 
13810 
-
Pres. Fumo, rel. Sabeone. 


�integra il 
reato di 
cui 
all'articolo 497 ter 
n. 1 c.p. la condotta di 
chi 
detiene 
illecitamente 
una 
fotocopia 
a 
colori, 
riprodotta 
con 
modalit� 
tali 
da 
farla 
ritenere 
autentica, 
di 
una 
tessera 
di 
riconoscimento rilasciata dal 
Comando regionale 
Carabinieri 
e 
quindi 
di 
un documento 
identificativo delle Forze di Polizia� 


rITEnUTo In FATTo 


1. La 
Corte 
di 
Appello di 
Milano, con sentenza 
del 
13 ottobre 
2015, ha 
confermato la 
sentenza 
del 
Tribunale 
di 
Milano, Sezione 
Distaccata 
di 
Cassano D'Adda 
del 
25 ottobre 
2012 
che 
aveva 
condannato M.A. per il 
delitto di 
cui 
all'art. 497 ter c.p., n. 1, per aver illecitamente 
detenuto una 
fotocopia 
a 
colori, riprodotta 
con modalit� 
tali 
da 
farla 
ritenere 
autentica, di 
una 
tessera 
di 
riconoscimento 
rilasciata 
dal 
Comando 
regionale 
Carabinieri 
della 
Lombardia 
e 
quindi di un documento identificativo delle Forza di Polizia. 
2. 
Avverso 
tale 
sentenza 
ha 
proposto 
ricorso 
per 
cassazione 
l'imputato, 
a 
mezzo 
del 
proprio 
difensore, che 
lamenta, quale 
primo motivo una 
violazione 
di 
legge 
per mancanza 
dei 
requisiti 
caratterizzanti 
il 
reato ascritto; 
quale 
secondo motivo la 
mancata 
applicazione 
della 
causa 
di 
non punibilit� 
di 
cui 
all'articolo 131 bis 
cod. pen. nonch�, infine, la 
mancata 
concessione 
della sospensione condizionale della pena. 
ConSIDErATo In DIrITTo 


1. Il ricorso � da rigettare. 
(18) Cfr. Cass. pen., sez. V, 5 maggio 1998, n. 11185. 
(19 In tal senso v. anche Cass. pen., sez. V, 4 marzo 1999, n. 4406. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


2. La 
norma 
di 
cui 
all'art. 497 ter c.p., � 
stata 
introdotta 
dalla 
L. 21 febbraio 2006, n. 49 
(in sede 
di 
conversione, con modifiche, del 
D.L. n. 272 del 
2005, sulla 
funzionalit� 
della 
Amministrazione 
dell'Interno); 
l'art. 
1 
ter, 
� 
intervenuto 
a 
modificare, 
mediante 
previsione 
aggiuntiva, 
il 
D.L. n. 144 del 
2005, art. 10 bis, convertito in L. n. 55 del 
2005, ossia 
il 
decreto 
contenente 
norme 
urgenti 
per il 
contrasto del 
terrorismo internazionale, ed ha 
inteso punire 
la 
detenzione, 
la 
fabbricazione 
e 
l'uso 
di 
segni 
distintivi 
dei 
corpi 
di 
Polizia, 
sul 
presupposto 
della 
potenziale 
strumentalit� 
di 
tale 
condotta 
rispetto 
alla 
consumazione 
di 
delitti 
terroristici. 
La 
previsione 
del 
comma 
1, n. 1) si 
riferisce, come 
si 
desume 
anche 
dalla 
rubrica 
del-
l'articolo di 
legge, sia 
alla 
detenzione 
di 
segni 
contraffatti 
o comunque 
non autentici 
(posto 
che 
la 
contraffazione, 
in 
s�, 
� 
condotta 
rientrante 
in 
quelle 
espressamente 
descritte 
nell'ipotesi 
numero 
2, 
prevista 
dall'articolo 
citato), 
sia 
alla 
detenzione 
illecita 
di 
segni 
distintivi 
di 
diversa 
origine illegale (ad esempio furto). 


D'altra 
parte, 
la 
condotta 
integrata 
dalla 
"detenzione" 
di 
segni 
o 
contrassegni 
contraffatti, 
in 
uso 
a 
corpi 
di 
Polizia, 
prevista 
nella 
prima 
parte 
del 
n. 
1, 
� 
disciplinata 
unitamente 
a 
quella, 
contenuta 
nella 
seconda 
parte 
del 
n. 
1 
dello 
stesso 
art. 
497 
ter 
c.p., 
della 
detenzione 
di 
"oggetti 


o documenti 
che 
ne 
simulano la 
funzione" 
cio� 
di 
oggetti 
idonei 
a 
trarre 
in inganno sulla 
funzione 
tipica del segno imitato. 
Tale 
dizione 
� 
in grado di 
ricomprendere 
l'ipotesi 
di 
documenti 
che, ancorch� 
non realmente 
in uso ai 
corpi 
di 
Polizia, siano comunque 
in grado di 
indurre 
in errore 
in ordine 
allo 
svolgimento della 
funzione, siano cio� 
idonei 
a 
trarre 
agevolmente 
in inganno i 
cittadini 
sulle 
qualit� 
personali 
di 
chi 
li 
dovesse, 
illecitamente, 
usare 
e 
sul 
potere 
connesso 
all'uso 
del 
segno, 
come 
appunto 
avvenuto 
nel 
caso 
di 
specie, 
secondo 
l'accertamento 
di 
merito 
operato 
dalla 
Corte 
territoriale 
che, se 
congruo (v. pagina 
3 della 
motivazione), � 
insindacabile 
da 
questa 
Corte di Cassazione. 


Quello 
che 
rileva 
ai 
fini 
penali 
�, 
quindi, 
l'attitudine 
della 
copia 
fotostatica 
a 
sorprendere 
la fede pubblica in quanto intesa a rappresentare falsamente un inesistente originale. 


Il 
che 
peraltro costituisce 
il 
criterio ispiratore 
anche 
della 
giurisprudenza 
di 
questa 
Sezione 
laddove, stabilendo una 
deroga 
al 
principio per il 
quale 
la 
copia 
fotostatica 
� 
di 
per s� 
inidonea 
a 
ledere 
il 
bene 
tutelato, 
afferma 
che, 
invece, 
sussiste 
il 
reato 
di 
falso, 
nelle 
sue 
varie 
prospettazioni, 
quando 
la 
falsa 
copia 
sia 
presentata 
con 
l'apparenza 
di 
un 
documento 
originale 


(v. per un'esaustiva disamina delle varie fattispecie, Cass. Sez. 5^ 9 ottobre 2014 n. 8870). 
Di 
nessun pregio sono, poi, le 
argomentazioni 
defensionali 
in merito alla 
mancata 
utilizzazione 
del 
falso documento, posto che 
la 
norma 
punisce 
la 
mera 
detenzione, o ad altre 
situazioni 
soggettive 
metagiuridiche, che 
sono state 
tenute 
presenti 
ai 
fini 
della 
quantificazione 
della pena. 


3. La 
mancata 
applicazione 
della 
causa 
di 
non punibilit� 
di 
cui 
all'art. 131 bis 
c.p., nonch� 
la 
mancata 
concessione 
della 
sospensione 
condizionale 
per una 
quarta 
volta 
appaiono logicamente 
e 
congruamente 
motivate 
dalla 
Corte 
territoriale 
per cui 
sfuggono al 
sindacato di 
legittimit� di questa Corte. 
4. In definitiva, il 
ricorso deve 
essere 
rigettato e 
il 
ricorrente 
condannato al 
pagamento 
delle spese processuali. 
P.T.M. 
La 
Corte, 
rigetta 
il 
ricorso 
e 
condanna 
il 
ricorrente 
al 
pagamento 
delle 
spese 
processuali. 
Cos� deciso in roma, l�11 gennaio 2017. 
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2017. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


In tema di decadenza da agevolazione per imposta di registro 


CassazioNe 
CiVile, sezioNe 
V, seNteNza 
30 maGGio 
2017 N. 13583 


La 
sentenza 
della 
Cassazione 
tributaria 
in rassegna 
riafferma 
il 
principio 
secondo cui 
il 
contribuente 
che 
abbia 
goduto di 
una 
agevolazione 
ai 
fini 
del-
l�imposta 
di 
registro, una 
volta 
decaduto dalla 
prima 
non pu� pretendere 
che 
gliene venga applicata una diversa anche se richiesta in subordine. 


Il 
caso 
riguarda 
il 
godimento 
delle 
agevolazioni 
fiscali 
per 
i 
trasferimenti 
a 
titolo 
oneroso 
di 
terreni 
agricoli 
a 
coltivatori 
diretti 
(cio� 
in 
misura 
fissa). 
La 
particolarit� 
della 
fattispecie 
risiede 
nel 
fatto 
che, 
la 
societ�, 
incorsa 
in 
decadenza 
per 
aver 
rivenduto 
il 
fondo 
prima 
del 
decorso 
di 
un 
quinquennio, 
aveva 
inoltrato 
un�istanza 
in 
cui 
dichiarava 
di 
rinunciare 
all�agevolazione 
goduta 
(da 
cui 
era 
ormai 
decaduta), 
chiedendo 
l�applicazione 
della 
agevolazione 
prevista 
per 
gli 
imprenditori 
agricoli 
non 
coltivatori 
diretti 
(imposta 
di 
registro 
all�8%). 


La 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
ribadito anche 
con riferimento a 
questa 
particolare 
fattispecie, il principio in parola, secondo cui : 


�la sottoposizione 
di 
un atto ad una determinata tassazione, ai 
fini 
del-
l'imposta di 
registro, con il 
trattamento agevolato richiesto o comunque 
accettato 
dal 
contribuente, 
comporta, 
in 
caso 
di 
decadenza 
dal 
beneficio, 
l'impossibilit� 
di 
invocare 
altra 
agevolazione, 
nemmeno 
se 
richiesta 
in 
via 
subordinata 
gi� nell'atto di 
acquisto, in quanto i 
poteri 
di 
accertamento e 
valutazione 
del 
tributo si 
esauriscono nel 
momento in cui 
l'atto viene 
sottoposto a 
tassazione e non possono rivivere�. 


La 
Corte 
illustra 
inoltre 
meglio la 
ratio del 
principio in parola 
nella 
parte 
finale della motivazione. 


Carlo maria Pisana* 


Cassazione 
civile, Sez. V, sentenza 30 maggio 2017 n. 13583 
-Pres. Botta, rel 
Stalla, P.m. 
Fuzio 
(difforme) 
-Agenzia 
delle 
Entrate 
(avv. 
St. 
Pisana) 
c. 
Agrifrut 
romagna 
Societ� 
agricola 
cooperativa r.l. (avv. Vincenzi). 


Fatti rilevanti e ragioni della decisione 


� 1. 
L'agenzia 
delle 
entrate 
propone 
tre 
motivi 
di 
ricorso per la 
cassazione 
della 
sentenza 
n. 
38/03/09 del 
3 luglio 2009 con la 
quale 
la 
commissione 
tributaria 
regionale 
dell'Emilia 
romagna, 
in riforma 
della 
prima 
decisione, ha 
ritenuto illegittimo l'avviso di 
accertamento notificato 
alla 
Agrifrut 
romagna 
coop. 
agr. 
in 
recupero 
della 
piena 
tassazione 
di 
registro 
(aliquota 
15% ), ipotecaria 
e 
catastale 
sull'atto 10 maggio 2004; 
atto con il 
quale 
la 
societ� 
aveva 
acquistato 
un 
terreno, 
con 
sovrastante 
fabbricato 
rurale, 
usufruendo 
delle 
agevolazioni 
(registro 


(*) Avvocato dello Stato. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


ed ipotecaria 
in misura 
fissa, imposta 
catastale 
all'1% ) di 
cui 
al 
D.Lgs. n. 99 del 
2004, art. 2, 
comma 4 (trasferimenti di terreni agricoli a coltivatori diretti). 


La 
commissione 
tributaria 
regionale, in particolare, ha 
rilevato che: 
- effettivamente 
non 
spettava 
alla 
societ� 
l'agevolazione 
fruita 
al 
momento 
dell'acquisto 
atteso 
che, 
come 
dalla 
stessa 
dedotto in formale 
atto di 
"denuncia 
di 
decadenza" 
22 aprile 
2005, il 
terreno era 
stato 
da 
essa 
venduto a 
terzi 
nel 
quinquennio dall'acquisto; 
- purtuttavia, la 
societ� 
aveva 
diritto di 
fruire 
della 
diversa 
agevolazione, 
richiesta 
contestualmente 
alla 
citata 
denuncia 
di 
decadenza, 
di 
cui 
alla 
nota 
I art. 1 Tariffa 
Prima 
Parte 
D.P.r. n. 131 del 
1986 (registro all'8% ), atteso che 
essa 
rivestiva 
la 
qualit� 
di 
"imprenditore 
agricolo 
professionale" 
(IAP) 
e 
che, 
inoltre, 
la 
mutata 
destinazione 
urbanistica 
del 
terreno 
da 
agricolo 
a 
edificabile 
non 
aveva 
comportato 
alcuna 
variazione della sua destinazione agricola di fatto. 


resiste con controricorso e memoria 
Agrintesa soc.coop.agr., incorporante 
Agrifrut. 
� 
2.1 
Con 
il 
primo 
motivo 
di 
ricorso 
l'agenzia 
delle 
entrate 
lamenta 
-ex 
art. 
360 
c.p.c., 
comma 
1, 
n. 
4 
-nullit� 
della 
sentenza 
per 
violazione 
dell'art. 
112 
cod. 
proc. 
civ. 
Per 
non 
avere 
la 
commissione 
tributaria 
regionale 
preso 
in 
esame 
la 
sua 
eccezione, 
opposta 
fin 
dal 
primo 
grado 
di 
giudizio, 
relativa 
al 
fatto 
che 
la 
decadenza 
dalla 
agevolazione 
richiesta 
al 
momento 
della 
registrazione 
della 
compravendita 
precludeva, 
di 
per 
s�, 
la 
nuova 
richiesta 
di 
un 
diverso 
beneficio. 


Con il 
secondo motivo 
di 
ricorso si 
deduce 
analoga 
censura 
- ex art. 360 c.p.c., comma 
1, 


n. 3 - per l'ipotesi 
in cui 
si 
ritenesse 
che 
la 
mancata 
pronuncia 
sulla 
suddetta 
eccezione 
denotasse 
rigetto implicito della medesima. 
Con 
il 
terzo 
motivo 
di 
ricorso 
si 
lamenta 
-ex 
art. 
360 
c.p.c., 
comma 
1, 
n. 
5 
-insufficiente 
motivazione 
in 
ordine 
al 
convincimento 
della 
CTr 
di 
effettiva 
destinazione 
agricola 
del 
terreno 
nei 
dieci 
anni 
successivi 
al 
trasferimento; 
destinazione 
agricola 
che, 
al 
contrario, 
doveva 
escludersi 
in 
ragione 
del 
fatto 
che 
la 
societ� 
aveva 
venduto 
il 
fondo 
e 
che, 
inoltre, 
quest'ultimo 
aveva 
mutato 
destinazione 
urbanistica, 
divenendo 
edificabile: 
"il 
che 
rende 
impossibile 
per 
la 
societ� 
contribuente 
agrifrut 
di 
continuare 
la 
coltivazione 
(quand'anche 
vi 
abbia 
mai 
provveduto)". 
� 
2.2 
Sono 
fondati 
il 
primo 
ed 
il 
secondo 
motivo 
di 
ricorso 
(assistiti 
da 
idonei 
quesiti 
di 
diritto 
ex art. 366 bis cod. proc. civ., vigente 
ratione temporis) con assorbimento del terzo. 


La 
commissione 
tributaria 
regionale, 
nell'ammettere 
la 
societ� 
agricola 
all'agevolazione 
alternativa, ha 
disatteso il 
principio di 
diritto in base 
al 
quale: 
"la sottoposizione 
di 
un atto ad 
una determinata tassazione, ai 
fini 
dell'imposta di 
registro, con il 
trattamento agevolato richiesto 
o 
comunque 
accettato 
dal 
contribuente, 
comporta, 
in 
caso 
di 
decadenza 
dal 
beneficio, 
l'impossibilit� di 
invocare 
altra agevolazione, nemmeno se 
richiesta in via subordinata gi� 
nell'atto 
di 
acquisto, 
in 
quanto 
i 
poteri 
di 
accertamento 
e 
valutazione 
del 
tributo 
si 
esauriscono 
nel 
momento in cui 
l'atto viene 
sottoposto a tassazione 
e 
non possono rivivere, sicch� 
la decadenza 
dell'agevolazione 
concessa in quel 
momento preclude 
qualsiasi 
altro accertamento 
sulla 
base 
di 
altri 
presupposti 
normativi 
o 
di 
fatto. 
(Nella 
specie, 
per 
la 
s.C. 
non 
poteva 
essere 
concessa l'aliquota ridotta dell'8% una volta che 
i 
contribuenti 
erano decaduti 
dalla agevolazione 
di 
cui 
al 
D.P.r. 29 settembre 
1973, n. 601, art. 9 prevista per 
le 
imprese 
diretto-coltivatrici)" 
(Cass. 8409/13; cos� Cass. 14601/03). 


Diversamente 
da 
quanto sostenuto dalla 
controricorrente, la 
circostanza 
che 
l'avviso di 
accertamento 
opposto 
avesse 
fatto 
inizialmente 
richiamo 
non 
gi� 
a 
quest'ultimo 
principio, 
bens� 
al 
mutamento della 
destinazione 
agricola 
del 
fondo nel 
decennio dall'acquisto, non osta 
al-
l'applicazione del medesimo principio nella presente sede contenziosa. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Va 
intanto osservato che 
la 
cessazione 
della 
destinazione 
agricola 
del 
fondo era 
stata 
dal-
l'amministrazione 
finanziaria 
desunta 
proprio dalla 
alienazione 
prima 
del 
tempo e, dunque, 
dalla 
sopravvenuta 
impossibilit� 
per 
la 
societ� 
contribuente 
di 
proseguire 
sul 
fondo 
l'esercizio 
diretto dell'agricoltura. 


In ogni 
caso, la 
preclusione 
all'ottenimento di 
una 
agevolazione 
diversa 
da 
quella 
in relazione 
alla 
quale 
si 
� 
verificata 
la 
decadenza 
discende 
dalla 
applicazione 
alla 
fattispecie 
- sempre 
ammissibile 
e, 
anzi, 
doverosa 
-della 
disciplina 
giuridica 
sua 
propria 
(in 
termini 
di 
esaurimento del 
potere 
di 
accertamento e 
di 
valutazione 
del 
regime 
di 
tassazione 
applicabile 
al 
momento della 
registrazione 
dell'atto), e 
non dall'esercizio di 
un potere 
discrezionale 
e 
delibativo 
sul quale l'amministrazione finanziaria fondi 
ex novo 
la pretesa impositiva. 


ne 
segue, in definitiva, l'accoglimento del 
ricorso con la 
cassazione 
della 
sentenza 
impugnata. 
Poich� 
non 
sono 
necessari 
ulteriori 
accertamenti 
in 
fatto, 
n� 
sono 
state 
dedotte 
altre 
questioni 
controverse, 
sussistono 
i 
presupposti 
per 
la 
decisione 
nel 
merito 
ex 
art. 
384 
cod. 
proc. civ., mediante rigetto del ricorso introduttivo della societ� contribuente. 


Le 
spese 
del 
presente 
giudizio 
di 
legittimit� 
e 
di 
quello 
di 
merito 
vengono 
compensate, 
considerato il 
consolidarsi 
soltanto in corso di 
causa 
dei 
su riportati 
orientamenti 
interpretativi. 


Pqm 


La Corte: 


- accoglie il ricorso; 
-cassa 
la 
sentenza 
impugnata 
e, 
decidendo 
nel 
merito, 
rigetta 
il 
ricorso 
introduttivo 
della 
societ� contribuente; 


- compensa le spese del giudizio di legittimit� e merito. 
Cos� 
deciso 
in 
roma, 
nella 
camera 
di 
consiglio 
della 
quinta 
sezione 
civile, 
il 
9 
maggio 
2017. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Il conflitto tra il diritto individuale alla libert� 
di scelta ed i superiori diritti collettivi 


Nota 
a 
triBUNale 
Di 
NaPoli, sez. X 
CiV., orDiNaNza 
25 maGGio 
2017 


Gabriella Salvati* 

il 
diritto alla libert� individuale 
di 
scegliere 
di 
consumare, durante 
l�orario della mensa scolastica, 
un 
pasto 
di 
preparazione 
domestica, 
in 
luogo 
di 
quello 
fornito 
dal 
servizio 
di 
refezione 
scolastica, non pu� ricevere 
tutela cautelare 
se 
si 
pone 
in contrasto con i 
diritti 
della collettivit�, 
ugualmente 
garantiti 
dalla Costituzione, quali 
il 
diritto all�uguaglianza, il 
diritto al-
l�istruzione 
ed, 
in 
primis, 
il 
diritto 
alla 
salute 
che, 
in 
un�ottica 
di 
bilanciamento 
tra 
diritti 
confliggenti trovano, nel caso di specie, una pi� diretta ed immediata tutela. 


L�ordinanza 
del 
Tribunale 
di 
napoli, che 
si 
commenta, ha 
rigettato il 
ricorso 
d�urgenza 
attivato, ai 
sensi 
dell�art. 700 c.p.c., da 
un genitore 
nell�interesse 
della 
figlia 
minore 
nei 
confronti 
del 
Ministero 
dell�Istruzione, 
dell�Universit� 
e 
della 
ricerca, dell�Ufficio Scolastico regionale 
Campania, 
nonch� 
della 
Scuola 
Primaria 
presso la 
quale 
la 
medesima 
minore 
frequenta 
la 
classe 
IV, 
al 
fine 
di 
vedersi 
riconoscere, 
in 
via 
cautelare, 
il 
diritto 
di 
scegliere 
tra 
la 
mensa 
scolastica 
ed il 
pasto di 
preparazione 
domestica 
da 
consumarsi 
a 
scuola, nell�orario destinato alla refezione scolastica. 


il precedente torinese. 


L�innovativa 
tematica 
oggetto 
dell�ordinanza 
che 
si 
annota 
prende 
le 
mosse 
da 
un 
precedente 
piemontese 
che 
ha 
visto 
la 
Corte 
di 
Appello 
di 
Torino 
riformare 
parzialmente 
l�ordinanza 
con 
la 
quale 
il 
Giudice 
di 
prime 
cure 
aveva 
respinto 
le 
domande 
avanzate 
da 
150 
genitori, 
con 
il 
procedimento 
cautelare 
ex 
art. 
700 
c.p.c., 
affinch� 
venisse 
consentito 
agli 
studenti 
che 
scelgono 
di 
non 
fruire 
della 
refezione 
scolastica 
comunale 
di 
consumare 
il 
proprio 
pasto 
domestico, 
nell�orario 
a 
tal 
fine 
preposto, 
all�interno 
dei 
locali 
mensa 
della 
scuola. 


Il 
Tribunale 
di 
Torino, posto che 
il 
servizio locale 
di 
refezione 
scolastica 
� 
un servizio a 
domanda 
individuale 
che 
l�Ente 
non ha 
l�obbligo di 
istituire 
ed 
organizzare, si 
orientava 
nel 
senso di 
non riconoscere 
al 
diritto attivato dai 
ricorrenti 
natura 
di 
diritto soggettivo, limitando la 
sua 
portata 
a 
quella 
di 
mero 
interesse 
legittimo; 
inoltre, rigettava 
le 
doglianze 
con le 
quali 
i 
ricorrenti 
assumevano 
la 
violazione 
degli 
artt. 3, 34 e 
35 della 
Costituzione, ruotando la 
motivazione, in sostanza, intorno alla 
facolt� 
posta 
in capo ai 
genitori 
di 
scegliere 
se 
e 
come 
avvalersi 
del 
servizio 
di 
refezione 
scolastica, 
e, 
per 
conseguenza, 
di 
scegliere 
di 
evitarne 
i 
costi 
qualora 
risultassero 
insostenibili, 
fermo 


(*) Dottoressa 
in Giurisprudenza, ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso l�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato di napoli. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


restando, in ogni 
caso, il 
principio per il 
quale 
le 
famiglie 
meno abbienti 
usufruiscono 
del servizio in base a tariffe agevolate. 


La 
Corte 
di 
Appello 
di 
Torino, 
chiamata 
a 
pronunciarsi 
sull�impugnazione 
promossa 
da 
58 dei 
150 soccombenti 
in primo grado, si 
attestava, invece, su 
una 
diversa 
posizione 
che 
trova 
il 
suo fondamento nella 
qualificazione 
del 
diritto 
all�istruzione 
- cos� 
come 
invocato dagli 
appellanti 
- quale 
diritto soggettivo, 
perch� 
da 
declinarsi 
come 
�diritto a partecipare 
al 
complesso progetto 
educativo e 
formativo che 
il 
servizio scolastico deve 
fornire 
nell�ambito del 
�tempo 
scuola� 
in 
tutte 
le 
sue 
componenti 
e 
non 
soltanto 
a 
quelle 
di 
tipo 
strettamente 
didattico�. 

Partendo da 
tale 
ineludibile 
assunto, e 
atteso il 
carattere 
facoltativo della 
refezione 
scolastica 
in quanto servizio a 
domanda 
individuale, la 
Corte 
concludeva 
nel 
senso di 
ritenere 
che 
�se 
[�] 
la permanenza a scuola in tale 
segmento 
orario risponde 
ad un diritto soggettivo, se 
la refezione 
scolastica non 
pu� 
diventare 
obbligatoria 
e 
deve 
comunque 
aver 
luogo 
il 
consumo 
di 
un 
pasto, ne 
consegue 
necessariamente 
che 
ci� debba avvenire 
presso la scuola, 
ma al di fuori della refezione scolastica�. 


Pertanto, 
in 
parziale 
riforma 
dell�ordinanza 
pronunciata 
dal 
Tribunale, 
accertava 
il 
diritto degli 
appellanti 
di 
scegliere, per i 
propri 
figli, tra 
la 
refezione 
scolastica 
ed 
il 
pasto 
domestico 
da 
consumarsi 
nell�ambito 
delle 
singole 
scuole 
e 
nell�orario 
destinato 
alla 
refezione; 
altres� 
dichiarava 
il 
difetto 
di 
giurisdizione 
del 
Giudice 
ordinario a 
conoscere 
della 
domanda 
volta 
ad ottenere 
la 
statuizione 
sulle 
modalit� 
pratiche 
per 
dare 
concreta 
attuazione 
alla 
sentenza 
che avesse accertato il diritto invocato. 


l�ordinanza del tribunale di Napoli. 


Il 
Tribunale 
di 
napoli, con l�ordinanza 
che 
si 
commenta, ha 
rigettato il 
ricorso - promosso sulla 
falsariga 
del 
precedente 
torinese 
- volto ad ottenere 
il 
riconoscimento del 
diritto del 
genitore 
ricorrente 
di 
scegliere, per la 
propria 
figlia, 
tra 
la 
refezione 
scolastica 
ed 
un 
pasto 
di 
preparazione 
domestica 
da 
consumarsi 
a 
scuola 
nell�orario destinato alla 
refezione 
scolastica, condividendo 
cos� 
integralmente 
la 
tesi 
prospettata 
dall�Amministrazione 
Statale 
convenuta 
circa 
l�insussistenza 
del 
fumus 
boni 
iuris 
e 
del 
periculum 
in 
mora, 
presupposti 
indefettibili per l�emissione di un provvedimento cautelare. 


Si 
premette 
che 
dal 
dispositivo si 
evince 
che 
il 
Tribunale 
ha 
ritenuto sussistente 
la 
propria 
giurisdizione, superando, pertanto, ogni 
eventuale 
dubbio rilevabile 
anche 
d�ufficio - sulla 
possibile 
giurisdizione 
del 
Giudice 
Amministrativo, 
pur trattandosi 
di 
una 
controversia 
in materia 
di 
pubblici 
servizi 
relativa 
a 
concessione 
di 
pubblici 
servizi 
ex 
art. 
133, 
comma 
1, 
lett. 
c), 
c.p.a., 
qual 
� 
il 
servizio 
erogato 
da 
una 
ditta 
appaltatrice 
dell�Ente 
locale, 
nella 
specie, 
del 
Comune di napoli. 


nel 
merito, 
posto 
che 
la 
ricorrente 
non 
lamenta 
un 
disservizio 
della 
mensa 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


scolastica 
dal 
quale 
potrebbe 
derivare 
la 
difficolt� 
o l�impossibilit� 
della 
minore 
a fruire del pasto erogato dal servizio di refezione collettiva, pasto che anzi 
-la 
stessa 
continua 
a 
consumare 
di 
buon 
grado, 
il 
Tribunale 
rileva 
che 
non si 
ravvisano specifiche 
ragioni 
che 
possano far temere 
un pericolo per la 
salute 
della 
minore, n�, tanto meno la 
violazione 
del 
diritto all�istruzione, inteso 
nella 
sua 
accezione 
pi� 
ampia 
che 
rintraccia 
nella 
partecipazione 
al 
�tempo mensa� una notevole finalit� educativa e didattica. 


Escluso, inoltre, che 
possa 
ritenersi 
leso il 
diritto al 
lavoro del 
genitore 
costretto a 
prelevare 
- in caso scegliesse 
di 
non usufruire 
del 
servizio mensa 
la 
minore 
dalla 
scuola 
al 
momento del 
pasto, per poi 
riaccompagnarla 
successivamente, 
in quanto trattasi 
di 
un diritto di 
cui 
sarebbe 
titolare 
la 
madre, un 
soggetto cio� 
diverso dalla 
minore 
nel 
cui 
solo interesse 
agisce 
la 
ricorrente, 
pertanto non invocabile nel medesimo giudizio. 


Pertanto, l�unico diritto ad essere 
leso � 
quello astratto della 
libert� 
individuale 
di 
scelta 
tra 
ed il 
cd. pasto domestico, da 
consumare 
durante 
il 
tempo 
mensa, ed il 
pasto messo a 
disposizione 
dal 
servizio di 
refezione 
scolastica; 
esso, tuttavia, ad avviso del 
Tribunale 
adito, non � 
meritevole 
della 
richiesta 
tutela, 
attesa 
l�esigenza 
di 
contemperare 
l�anzidetto 
diritto 
individuale 
con 
altri 
diritti 
della 
collettivit�, ugualmente 
garantiti 
dalla 
Costituzione 
quali, su tutti, 
il 
diritto 
all�uguaglianza, 
garantito 
dalla 
possibilit� 
dei 
bambini 
di 
condividere 
in 
un 
momento 
comune 
il 
medesimo 
pasto, 
senza 
discriminazioni, 
ed 
il 
diritto 
alla salute della minore e degli altri partecipanti alla comunit� scolastica. 


Del 
resto, essere 
parte 
di 
una 
collettivit� 
impone 
il 
rispetto di 
regole 
di 
convivenza 
civile, in ossequio all�art. 2 Cost., che 
possono determinare 
la 
tollerabile 
riduzione 
di 
alcuni 
diritti, pur se 
fondamentali, entro �i 
limiti 
di 
una 
certa 
soglia 
minima�, cos� 
da 
garantire 
ed assicurare 
il 
pieno esercizio di 
superiori 
diritti 
collettivi, 
nell�ambito 
del 
bilanciamento 
degli 
interessi 
coinvolti 
nel caso concreto. 


L�ordinanza 
si 
esprime 
in termini 
di 
�dimensione 
sociale 
dei 
diritti�, nel 
senso che 
questi 
esistono solo se 
si 
inseriscono nel 
tessuto sociale 
di 
una 
comunit�, 
di 
un determinato contesto storico (lo stesso diritto di 
propriet� 
deve 
rispettare 
criteri 
di 
utilit� 
sociale), per cui 
il 
diritto alla 
libert� 
di 
scelta, cos� 
come delineato dalla ricorrente, si svuoterebbe della sua intrinseca portata. 


A 
tanto si 
potrebbe 
aggiungere, come 
illustrato nel 
documento elaborato 
dalla 
Commissione 
refezione 
Centrale 
del 
Comune 
di 
napoli, intitolato 
�la 
refezione 
scolastica 
tra 
educazione, 
salute 
e 
sorveglianza 
nutrizionale�, 
la 
scuola 
rappresenta 
un luogo privilegiato in cui 
svolgere 
interventi 
di 
promozione 
della 
salute, soprattutto per la 
prevenzione 
dell�obesit�, poich� 
l�educazione 
alimentare 
rappresenta 
lo 
strumento 
fondamentale 
per 
ottenere 
comportamenti 
alimentari 
corretti 
e 
per indurre 
scelte 
consapevoli 
attraverso 
strategie 
educative 
messe 
in atto a 
partire 
dalla 
prima 
infanzia; 
pertanto, la 
ristorazione 
scolastica 
con il 
suo duplice 
obiettivo, nutrizionale 
ed educativo, 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


riveste 
un 
ruolo 
primario 
per 
la 
salute 
ed 
il 
benessere 
fisico 
degli 
alunni 
di 
qualsiasi 
scuola, attraverso la 
proposizione 
di 
piani 
nutrizionali 
corretti 
e 
validati, 
che 
rappresentano un vero e 
proprio veicolo di 
proposta 
e 
di 
acquisizione 
di 
modelli 
culturali 
e 
comportamentali 
che 
influenzeranno 
le 
loro 
scelte. 

Quanto al 
requisito del 
periculum 
in mora, anch�esso indefettibile 
per il 
riconoscimento 
della 
tutela 
cautelare 
invocata, 
il 
Giudice 
si 
� 
espresso 
nel 
senso 
di 
disconoscerne 
la 
sussistenza, 
attesa 
l�imminenza 
della 
conclusione 
dell�anno scolastico e, ancor prima, della 
cessazione 
del 
servizio di 
refezione 
al momento della pronuncia. 

Tale 
presupposto, 
d�altronde, 
neanche 
potrebbe 
ravvisarsi 
in 
ordine 
ad 
un 
diritto 
esercitabile 
eventualmente 
-con 
l�iscrizione 
all�anno 
scolastico 
successivo 
-dopo 
diversi 
mesi 
dalla 
proposizione 
del 
giudizio 
d�urgenza, 
posto 
che 
il 
procedimento 
attivato 
ai 
sensi 
dell�art. 
700 
c.p.c. 
deve 
necessariamente 
essere 
caratterizzato 
-alla 
data 
della 
sua 
iscrizione 
come 
al 
momento 
della 
pronuncia 
-dalla 
sussistenza 
di 
un 
fondato 
motivo 
di 
temere 
che, 
durante 
il 
tempo 
occorrente 
per 
far 
valere 
il 
proprio 
diritto 
in 
via 
ordinaria, 
questo 
sia 
minacciato 
da 
un 
pregiudizio 
grave, 
imminente 
(dunque, 
attuale) 
ed 
irreparabile. 


Sull�opportunit� 
di 
vedersi 
riconoscere 
giudizialmente 
un 
diritto 
non 
attualmente 
esercitabile 
il 
Giudice, 
facendo 
proprie 
le 
osservazioni 
della 
difesa 
del 
Ministero 
resistente, 
rileva 
che 
alla 
fine 
dell�anno 
scolastico 
sono 
formulate 
dalle 
scuole 
di 
tutto 
il 
Paese, 
ai 
vari 
Uffici 
Scolastici 
regionali, 
delle 
mere 
richieste 
di 
autorizzazione 
al 
funzionamento 
di 
classi 
e 
sezioni 
per 
il 
successivo 
anno 
scolastico, 
che 
richiedono 
lo 
svolgimento, 
a 
livello 
nazionale, 
di 
complesse 
operazioni 
di 
mobilit� 
del 
personale, 
di 
determinazione 
dei 
posti 
disponibili, 
di 
definizione 
delle 
procedure 
per 
il 
collocamento 
in 
quiescenza 
per 
gli 
aventi 
diritto, 
di 
definizione 
dei 
criteri 
per 
la 
chiamata 
diretta 
degli 
insegnanti. 


Tutte 
operazioni, 
propedeutiche 
alla 
definizione 
degli 
organici 
di 
ogni 
singola 
istituzione 
scolastica, al 
solo termine 
delle 
quali 
� 
possibile 
stabilire 
le 
piante 
organiche 
di 
ogni 
singola 
scuola 
e, a 
livello locale, le 
modalit� 
e 
gli 
orari 
di 
funzionamento delle 
singole 
classi 
e 
sezioni, di 
guisa 
che 
non � 
ipotizzabile 
richiedere 
l�adozione 
di 
un 
provvedimento 
che 
statuisca 
sull�esistenza 
di un diritto potenzialmente destinato a rimanere astratto e mai esercitabile. 


In conclusione, il 
Tribunale, pur non avendo nutrito dubbi 
in ordine 
alla 
propria 
giurisdizione 
relativamente 
alla 
posta 
questione 
del 
diritto di 
scelta, 
ha 
evidenziato che 
sussisterebbe, in ogni 
caso, la 
propria 
carenza 
di 
giurisdizione 
in 
ordine 
alla 
definizione 
delle 
concrete 
modalit� 
di 
attuazione 
del 
diritto 
de 
quo, 
posto 
che 
al 
Giudice 
ordinario 
� 
comunque 
inibito 
di 
ordinare 
all�amministrazione 
un facere 
in materia 
di 
atti 
emanati 
nell�esercizio di 
poteri 
pubblici, 
totalmente 
rimessi 
alla 
discrezionalit� 
dell�Amministrazione 
(nel 
caso 
di 
specie) 
scolastica 
nell�ambito 
delle 
valutazioni 
di 
natura 
tecnica 
e 
di 
opportunit� 
che 
� 
chiamata 
ad effettuare, sindacabili 
eventualmente 
dinanzi 
al 
Giudice 
Amministrativo. 


ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


In considerazione 
di 
tali 
osservazioni, il 
mero riconoscimento del 
diritto 
invocato dalla 
ricorrente 
rischia 
di 
ridursi 
ad una 
mera 
petizione 
di 
principio, 
del tutto inidonea a garantire la tutela richiesta. 


Conclusioni. 


La 
tematica 
oggetto 
dell�ordinanza 
che 
si 
commenta 
appare 
di 
estrema 
attualit� 
e 
si 
presta 
a 
considerazioni 
che 
trascendono la 
singola 
questione 
del 
cd. pasto domestico, inserendosi 
in un contesto storico -quello odierno -in 
cui 
si 
assiste 
al 
conflitto, sempre 
pi� acceso, tra 
il 
diritto individuale 
ad autodeterminarsi 
ed i 
diritti 
collettivi, rappresentati 
dallo Stato e 
dalle 
finalit� 
da 
esso 
perseguite, 
che 
conduce 
inevitabilmente 
alla 
sovrapposizione 
dei 
secondi 
sul primo. 


ComՏ 
noto, per risolvere 
le 
questioni 
in cui 
si 
registri 
un contrasto tra 
diritti 
o interessi 
diversi 
ma 
parimenti 
garantiti 
a 
livello costituzionale, il 
Giudice 
deve 
ricorrere 
alla 
tecnica 
del 
bilanciamento dei 
diritti, indicando quale 
diritto o interesse 
deve 
recedere 
rispetto all�altro nel 
caso di 
specie, senza 
che 
ci� comporti, per�, il suo annullamento. 


Tale 
operazione 
viene 
posta 
in 
essere 
assicurando 
che 
la 
compressione 
di 
un 
diritto 
sia 
congrua 
rispetto 
al 
fine 
che 
la 
legge 
si 
prefigge 
e 
proporzionata. 


orbene, 
il 
nostro 
ordinamento 
costituzionale 
non 
sempre, 
nel 
rapporto 
tra 
l�interesse 
dell�individuo e 
l�interesse 
della 
collettivit�, attribuisce 
prevalenza 
a 
quest�ultimo, si 
pensi 
al 
1� 
comma 
dell�art. 32 Cost. che, nel 
configurare 
la 
salute 
come 
diritto 
dell�individuo 
prima 
e 
come 
interesse 
della 
collettivit� 
poi, lascia 
intendere 
una 
netta 
priorit� 
della 
tutela 
del 
bene 
individuale, 
rispetto all�interesse 
della 
collettivit� 
che 
per il 
suo tramite 
si 
realizza. 
Tuttavia, 
� 
frequente, 
in 
epoche 
come 
quella 
attuale, 
che 
determinate 
situazioni 
giuridiche 
soggettive 
individuali 
possano essere 
compiutamente 
tutelate 
soltanto 
per il 
tramite 
di 
un paradigma 
di 
tutela 
collettiva 
e 
che, pertanto, la 
predetta 
compressione 
debba 
essere 
necessariamente 
operata 
a 
svantaggio 
dei 
diritti 
individuali, anche 
quando si 
configurino nella 
loro accezione 
di 
diritto 
all�autodeterminazione. 


Ci� 
accade, 
oltre 
che 
nel 
caso 
esaminato 
-in 
cui 
si 
rende 
necessario 
scongiurare 
il 
pericolo 
per 
la 
salute 
dell�intera 
comunit� 
scolastica, 
a 
fronte 
del 
beneficio 
trascurabile 
di 
un unico soggetto -anche 
nel 
pi� discusso caso della 
libert� 
a 
vaccinarsi, in cui 
l�esigenza 
di 
garantire 
il 
pi� ampio margine 
di 
immunit� 
a 
determinati 
tipi 
di 
virus, 
dunque 
nell�attuazione 
del 
suo 
dovere 
di 
tutela 
della 
salute 
e 
della 
incolumit� 
pubblica, 
conduce 
lo 
Stato 
centrale 
ad 
imporre 
la 
somministrazione 
del 
vaccino anche 
contro le 
scelte 
e 
le 
ideologie 
dei consociati. 


In 
definitiva, 
nell�ambito 
della 
complessa 
operazione 
di 
bilanciamento 
degli 
interessi 
�in gioco�, il 
Giudice 
deve 
rapportare 
i 
costi 
sopportati 
dalla 
collettivit� 
con i 
benefici 
conseguiti 
dal 
singolo ed orientarsi 
nel 
senso di 
ga



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


rantire 
la 
pi� 
tollerabile 
sproporzione 
tra 
i 
due, 
con 
la 
conseguenza 
che, 
in 
casi 
come 
quello di 
specie, si 
render� 
inevitabile 
approntare 
una 
pi� effettiva 
ed 
immediata tutela ai superiori diritti collettivi. 


tribunale 
di 
napoli, X 
Sezione 
civile, ordinanza 25 maggio 2017 -Giud. B. Gargia 
- F.F. 
(avv.ti 
G. Vecchione, C. olivieri 
e 
F. Frasca) c. Ministero dell�Istruzione, dell�Universit� 
e 
della 
ricerca, 
Ufficio 
Scolastico 
regionale 
Campania, 
Scuola 
Primaria 
�Luigi 
Vanvitelli� 
(avv. St. G. Arpaia). 


Con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato il 
9 marzo 2017 e 
notificato al 
Ministero dell�Universit�, 
dell�Istruzione 
e 
della 
ricerca, presso l�Avvocatura 
Distrettuale 
dello Stato, nonch� 
all�Ufficio 
Scolastico 
regionale 
e 
alla 
Scuola 
Primaria 
L. 
Vanvitelli, 
F.F., 
quale 
genitore 
esercente 
la 
potest� 
sulla 
minore 
F.L., ha 
esposto che 
la 
figlia 
frequenta 
una 
classe 
a 
tempo pieno, 
articolata 
su 40 ore 
settimanali, con entrata 
alle 
ore 
8 ed uscita 
alle 
ore 
16.00, presso la 
scuola 
primaria 
Luigi 
Vanvitelli 
di 
napoli 
e 
che 
la 
stessa, per libera 
e 
legittima 
scelta 
dei 
genitori, ha 
intenzione 
di 
non fruire 
pi� della 
refezione 
scolastica, durante 
il 
tempo mensa, preferendo, in 
alternativa, un proprio pasto preparato a 
casa 
dalla 
madre; 
ha, poi, dedotto che 
la 
dirigenza 
scolastica 
della 
scuola 
Vanvitelli, espressamente 
interpellata 
sul 
punto, ha 
ingiustamente 
negato 
tale 
diritto, con comunicazione 
del 
23 gennaio 2017. Tanto esposto, la 
ricorrente, ritenendo 
che 
il 
comportamento 
delle 
amministrazioni 
resistenti 
ledesse 
diritti 
soggettivi 
perfetti, 
di 
rango 
costituzionale, 
e 
deducendo 
l�esistenza, 
non 
solo 
del 
fumus 
del 
diritto 
alla 
piena 
tutela 
della 
libert� 
di 
scelta, nonch� 
dei 
diritti 
inviolabili 
di 
istruzione 
e 
di 
studio, ma 
anche 
del 
periculum 
in 
mora, 
attesa 
l�immediata, 
ed 
irreparabile 
lesione 
dei 
suddetti 
diritti, 
ha 
chiesto 
al 
tribunale: 
previo accertamento del 
proprio diritto di 
scegliere, per la 
propria 
figlia, tra 
la 
refezione 
scolastica 
ed 
un 
pasto 
di 
preparazione 
domestica 
da 
consumarsi 
a 
scuola 
nell�orario 
destinato 
alla 
refezione 
scolastica, 
ordinare, 
nella 
presente 
sede 
cautelare, 
all�istituto 
Luigi 
Vanvitelli, all�Ufficio Scolastico regionale 
della 
Campania 
ed al 
Ministero dell�istruzione, 
dell�Universit� 
e 
della 
ricerca, di 
consentirle 
immediatamente 
di 
dotare 
la 
propria 
figlia 
di 
un pasto di 
preparazione 
domestica, da 
consumarsi 
nel 
refettorio scolastico o in classe, nel-
l�orario destinato alla 
refezione, oltre 
spese 
processuali 
con condanna 
delle 
resistenti 
al 
risarcimento 
dei 
danni 
per responsabilit� 
processuale 
aggravata 
ex art. 96, primo comma, c.p.c., 
sul 
presupposto, quest�ultima, dell�ostinato ed ingiustificato diniego dell�amministrazione 
a 
riconoscere 
il 
diritto da 
lei 
fatto valere, nonostante 
i 
plurimi 
precedenti 
giurisprudenziali 
di 
merito favorevoli (v. Tribunale e Corte d� 
Appello di 
Torino e 
Tribunale Milano). 
Si 
� 
costituita 
l�Avvocatura 
Distrettuale 
dello Stato di 
napoli 
a 
difesa 
degli 
enti 
convenuti 
in 
giudizio 
(Ministero, 
Ufficio 
regionale 
Scolastico 
e 
Scuola 
Primaria 
L. 
Vanvitelli) 
contestando 
la 
domanda 
avversa, eccependo, in via 
preliminare, la 
nullit� 
del 
ricorso, per mancata 
e 
insufficiente 
esposizione 
dei 
fatti 
posti 
a 
fondamento della 
domanda, nonch� 
l�inammissibilit� 
del 
procedimento d�urgenza, in quanto teso ad ottenere 
una 
pronuncia 
di 
mero accertamento; 
ha 
poi 
eccepito l�infondatezza 
del 
ricorso per insussistenza 
del 
periculum 
in mora 
oltre 
che 
per 
carenza 
del 
fumus 
boni 
iuris, 
stante 
la 
necessit� 
del 
bilanciamento 
del 
diritto 
vantato 
dalla 
ricorrente, 
con 
le 
superiori 
esigenze 
pubblicistiche 
di 
tutela 
della 
salute 
collettiva, 
richiedendo, 
la 
somministrazione 
e 
la 
conservazione 
degli 
alimenti, il 
rispetto di 
rigide 
norme 
igienico-sanitarie. 
Ha, infine, contestato la 
richiesta 
avversa 
di 
condanna 
dell�Amministrazione 
al 
risarcimento 
danni per responsabilit� aggravata ex art. 96 c.p.c. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


All�esito della 
comparizione 
delle 
parti 
e 
della 
discussione 
dei 
procuratori, all�udienza 
dell�8 
maggio 2017 la 
causa 
� 
stata 
riservata 
per la 
decisione 
con termine 
fino al 
15 maggio 2017, 
per il deposito di note difensive. 
occorre 
premettere 
che 
la 
ricorrente 
ha, nel 
proprio ricorso, fatto pi� volte 
riferimento alle 
pronunce 
del 
Tribunale 
di 
Torino 
e 
della 
Corte 
d�Appello 
di 
Torino 
-pronunce 
emesse 
all�esito 
di 
procedimenti 
sommari 
ex art. 702 bis 
c.p.c. e 
cautelari 
ex art. 700 c.p.c. nelle 
quali 
� 
stato 
riconosciuto il 
medesimo diritto fatto valere 
in questa 
sede 
dalla 
ricorrente; 
pacifico �, naturalmente, 
che 
le 
suddette 
pronunce 
non 
costituiscano 
un 
giudicato 
efficace 
anche 
nei 
confronti 
dei 
genitori 
dei 
minori 
che 
non hanno partecipato a 
quei 
giudizi, e 
quindi 
anche 
nei 
confronti 
della 
odierna 
ricorrente, non v�e 
dubbio, per�, che 
costituiscano dei 
semplici 
precedenti 
della 
giurisprudenza di merito dei quali poter tener conto ai fini della decisione. 
Ci� 
premesso, 
ritiene, 
il 
Tribunale, 
che 
il 
ricorso 
sia 
infondato 
e 
debba 
perci� 
essere 
rigettato, 
non 
ritenendosi 
esistente 
n� 
il 
fumus 
boni 
iuris, 
n� 
il 
periculum 
in 
mora, 
presupposti 
indispensabili 
per il richiesto provvedimento d�urgenza. 
Con riferimento al 
fumus 
boni 
iuris, parte 
ricorrente, come 
dedotto e 
in ogni 
caso precisato 
nelle 
note 
difensive 
depositate 
dopo l�udienza 
d� 
discussione, non lamenta 
la 
lesione 
di 
un diritto 
patrimoniale, quale 
potrebbe 
derivare 
dalla 
necessit� 
- per esservi 
costretta 
a 
causa 
del 
diniego 
dell�Istituto 
scolastico 
di 
fruire, 
e 
conseguentemente 
di 
sostenere, 
il 
costo 
del 
servizio 
mensa, che 
� 
un servizio a 
pagamento (che, peraltro, come 
risaputo e 
comunque 
chiarito dal-
l�avvocatura 
distrettuale, prevede 
una 
contribuzione 
proporzionata 
al 
reddito); 
la 
ricorrente, 
dunque, espressamente 
nega 
che 
il 
diritto leso e 
per il 
quale 
si 
richiede 
la 
tutela 
d�urgenza, 
sia 
un diritto di 
natura 
patrimoniale. E 
d�altra 
parte, ove 
cos� 
fosse, apparirebbe 
di 
chiara 
evidenza 
l�insussistenza 
del 
periculum 
in mora 
che, per poter giustificare 
un provvedimento di 
urgenza, 
ex 
art. 
700 
c.p.c., 
richiederebbe 
la 
prova 
della 
particolare 
ed 
intensa 
gravit� 
del 
danno 
economico (la 
giurisprudenza, infatti, non esclude 
che 
il 
danno economico possa 
giustificare 
l�emissione 
di 
un provvedimento di 
urgenza, ma 
richiede 
che 
esso sia 
tale 
da 
privare 
la 
parte 
dei 
mezzi 
di 
sussistenza, in modo da 
incidere 
su beni 
primari 
costituzionalmente 
garantiti, o 
comunque 
che 
esso 
sia 
insuscettibile 
di 
tutela 
piena 
ed 
effettiva 
all�esito 
del 
giudizio 
di 
merito, 
perch� 
lo strumento risarcitorio non sarebbe 
in grado di 
riparare 
in pieno il 
pregiudizio sofferto, 
sussistendo uno �scarto intollerabile tra danno subito e danno risarcito�). 
Dunque, parte 
ricorrente 
lamenta 
la 
sussistenza 
di 
un pregiudizio imminente 
ed irreparabile 
derivante 
dalla 
lesione 
di 
diritti 
non patrimoniali, fondamentali 
della 
persona 
e 
costituzionalmente 
rilevanti, ovvero, il 
diritto alla 
libert� 
di 
scelta 
tra 
mensa 
scolastica 
e 
pasto domestico, 
il 
diritto allo studio e 
all�istruzione, il 
diritto al 
lavoro della 
madre 
(che 
sarebbe 
leso ove 
la 
stessa 
fosse 
costretta 
a 
prelevare 
la 
minore 
dalla 
scuola, durante 
il 
tempo mensa, per poi 
riportarla 
a scuola successivamente) e all�uguaglianza. 
Ci� 
premesso, 
deve 
rilevarsi 
che, 
stante 
l�insussistenza 
di 
specifiche 
ragioni 
attinenti 
alla 
salute 
della 
minore 
L., che 
possano impedire 
alla 
stessa 
di 
fruire 
del 
servizio-mensa 
messo a 
disposizione 
dalla 
scuola, non appare 
al 
Tribunale 
che, dal 
comportamento dell�amministrazione 
convenuta, derivi 
il 
pericolo di 
una 
lesione 
del 
diritto all�istruzione, anche 
nella 
sua 
pi� 
ampia 
accezione 
(non limitata, perci�, alla 
mera 
attivit� 
del 
docente 
di 
impartire 
cognizioni), 
posto 
che 
risulta 
che 
attualmente 
la 
minore 
stia 
continuando, 
attesa 
la 
denegata 
autorizzazione 
dell�Istituto a 
portare 
un pasto domestico, a 
fruire 
della 
mensa 
scolastica, cos� 
partecipando 
integralmente 
all�attivit� 
scolastica, anche 
durante 
il 
tempo mensa 
e 
il 
dopo-mensa 
(che 
integra, 
in maniera 
indiscussa 
ed incontestata, un momento di 
grande 
condivisione 
e 
socializzazione 
e, perci�, ha 
una 
importante 
finalit� 
educativa 
e 
didattica); 
n�, tanto meno, risulta 
leso 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


il 
diritto al 
lavoro (diritto che, peraltro, sarebbe 
nella 
titolarit� 
di 
un soggetto diverso dalla 
minore, nel 
cui 
interesse 
solo la 
F. agisce); 
n�, infine, come 
sopra 
detto, viene 
dedotta, a 
fondamento 
della 
richiesta 
cautelare, 
la 
lesione 
immediata 
del 
diritto 
alla 
salute 
della 
minore, 
non 
lamentando, 
la 
ricorrente, 
il 
mancato 
rispetto, 
da 
parte 
del 
servizio 
di 
refezione 
scolastica 
fornito dalla 
ditta 
attualmente 
appaltatrice, delle 
normali 
regole 
igienico-sanitarie, la 
cui 
disapplicazione 
potrebbe determinare un pericolo per la salute della minore. 
A 
ben 
vedere, 
dunque, 
l�unico 
diritto 
che 
astrattamente 
potrebbe 
essere 
leso, 
nella 
fattispecie, 
� 
il 
diritto 
alla 
libert� 
individuale 
di 
scelta 
di 
consumare, 
durante 
l�orario 
della 
mensa, 
anzich� 
il pasto messo a disposizione dal servizio di refezione scolastica, il pasto domestico. 
ritiene, peraltro, questo tribunale 
- contrariamente 
ai 
plurimi 
precedenti 
della 
giurisprudenza 
di 
merito, 
noti 
a 
questo 
Giudice, 
e 
comunque 
esibiti 
dalla 
parte 
ricorrente 
-che 
tale 
diritto 
non possa 
ricevere 
la 
richiesta 
tutela. E 
ci� deve 
dirsi 
in considerazione 
del 
fatto che 
contrapposti 
al 
diritto sopra 
indicato, del 
quale 
la 
ricorrente 
chiede 
in questa 
sede 
l�immediata 
tutela, 
vi 
sono altri 
diritti 
della 
collettivit�, ugualmente 
meritevoli 
di 
tutela, quali 
il 
diritto all�uguaglianza 
(garantito 
proprio 
dalla 
possibilit� 
dei 
bambini 
di 
condividere, 
in 
un 
momento 
comune, 
proprio 
il 
medesimo 
pasto, 
senza 
discriminazioni) 
e, 
in 
primis, 
il 
diritto 
alla 
salute 
della 
minore 
stessa 
oltre 
che 
degli 
altri 
partecipanti 
alla 
comunit� 
scolastica. 
L�amministrazione 
(cfr. 
anche 
la 
nota 
della 
Dirigente 
dell�Istituto Scolastico Vanvitelli, del 
23 gennaio 2017) ha 
infatti 
evidenziato 
i 
concreti 
rischi 
connessi 
alla 
possibilit� 
dei 
bambini 
di 
portare, ognuno, il 
proprio 
pasto 
da 
casa; 
ovvero, 
i 
rischi 
alla 
salute 
per 
lo 
stesso 
minore 
che 
consuma 
il 
pasto 
domestico, 
rischi 
dovuti 
alla 
mancanza 
di 
strutture 
adeguate 
per la 
corretta 
conservazione 
dei 
cibi, rischi 
alla 
sicurezza 
dei 
minori, per l�assenza 
di 
personale 
ad hoc, assicurato ed adeguatamente 
formato, 
per 
la 
vigilanza 
degli 
alunni 
e 
assistenza 
al 
pasto, 
e 
soprattutto 
i 
rischi 
per 
la 
salute 
degli 
altri 
minori, fruitori 
del 
servizio di 
refezione 
scolastica, connessi 
al 
non improbabile 
scambio 
di 
alimenti 
e 
contaminazione 
alimentare. Diritti 
di 
prioritaria 
importanza, che 
rischierebbero 
di 
essere 
gravemente 
pregiudicati, e 
con i 
quali 
pertanto, occorre 
effettuare 
un attento bilanciamento. 
Come 
infatti, sottolineato dall�amministrazione 
resistente, � 
necessario contestualizzare 
il 
diritto 
vantato dalla 
ricorrente 
e 
valutarlo nell�ambito della 
comunit� 
scolastica, effettuando un 
necessario bilanciamento del 
diritto di 
ciascuno con i 
contrapposti 
diritti 
degli 
altri 
membri 
della comunit�, a cui ci si rapporta, nella specie, quella scolastica. 
E 
d�altra 
parte, 
non 
pu� 
dubitarsi 
che 
vi 
siano 
regole 
imposte 
dalla 
convivenza 
civile, 
che 
devono 
essere 
rispettate, 
e 
che 
possono 
determinare 
la 
tollerabile 
limitazione 
e 
riduzione 
di 
alcuni 
diritti, 
pur 
se 
fondamentali. 
Del 
resto 
essere 
partecipi 
di 
una 
comunit� 
sociale, 
quale 
appunto 
quella 
scolastica, 
impone 
il 
rispetto 
delle 
regole 
di 
convivenza 
civile, 
in 
ossequio 
all�art. 
2 
Cost., 
secondo 
il 
quale 
i 
singoli 
hanno 
non 
solo 
diritti 
ma 
anche 
doveri 
di 
solidariet� 
sociale. 
Come 
� 
noto, 
i 
diritti 
fondamentali 
riflettono 
il 
valore 
dell�uomo 
e 
ne 
consentono 
la 
piena 
dignit� 
e 
il 
libero 
sviluppo 
della 
personalit�; 
peraltro, 
detti 
diritti, 
la 
cui 
tutela 
trova 
fondamento 
nella 
Carta 
Costituzionale, 
rispecchiano 
al 
contempo 
la 
loro 
dimensione 
sociale, 
che 
implica 
la 
necessaria 
coesistenza 
pluralistica 
di 
libert� 
e 
diritti 
contrapposti, 
di 
diversi 
soggetti. 
Da 
tanto 
consegue 
che 
l�accertamento 
in 
concreto 
dell�inviolabilit� 
degli 
stessi 
induce 
a 
non 
fermarsi 
alla 
loro 
cornice 
formale, 
ma 
a 
guardare 
se 
essi 
risultano 
�incisi 
oltre 
una 
certa 
soglia 
minima, 
cagionando 
un 
pregiudizio 
serio�. 
Ci� 
� 
quanto 
sostanzialmente 
affermato 
nella 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
a 
Sezioni 
Unite 
n. 
26972/08, 
secondo 
la 
quale 
l�offesa 
arrecata 
� 
priva 
di 
gravit�, 
qualora 
non 
venga 
inciso 
un 
diritto, 
anche 
costituzionalmente 
rilevante, 
oltre 
una 
soglia 
minima; 
in 
particolare, 
�La 
gravit� 
dell�offesa 
costituisce 
requisito 
ulteriore 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


per 
l�ammissione 
a 
risarcimento 
dei 
danni 
non 
patrimoniali 
alla 
persona 
conseguenti 
alla 
lesione 
di 
diritti 
costituzionali 
inviolabili. 
Il 
diritto 
deve 
essere 
inciso 
oltre 
una 
certa 
soglia 
minima, 
cagionando 
un 
pregiudizio 
serio. 
La 
lesione 
deve 
eccedere 
una 
certa 
soglia 
di 
offensivit�, 
rendendo 
il 
pregiudizio 
tanto 
serio 
da 
essere 
meritevole 
di 
tutela 
in 
un 
sistema 
che 
impone 
un 
grado 
minimo 
di 
tolleranza. 
Il 
filtro 
della 
gravit� 
della 
lesione 
e 
della 
seriet� 
del 
danno 
attua 
il 
bilanciamento 
tra 
il 
principio 
di 
solidariet� 
verso 
la 
vittima, 
e 
quello 
di 
tolleranza�. 
Da 
tale 
affermazione 
di 
principio 
la 
Suprema 
Corte 
fa 
derivare 
che 
il 
risarcimento 
del 
danno 
non 
patrimoniale 
� 
dovuto 
solo 
nel 
caso 
in 
cui 
sia 
superato 
il 
livello 
di 
tollerabilit� 
ed 
il 
pregiudizio 
non 
sia 
futile. 
Dunque, 
concludendo, 
l�accertamento 
di 
una 
minima 
seriet� 
dell�offesa 
� 
garanzia 
di 
un�oggettiva 
rilevanza 
del 
danno 
e 
consente 
di 
escludere 
quei 
pregiudizi 
che, 
anzich� 
tutelare 
la 
persona, 
assecondano 
l�intolleranza 
a 
scapito 
del 
pluralismo 
dei 
diritti. 
Sulla 
base 
dei 
suddetti 
principi, � 
possibile 
affermare 
che 
non appare 
sussistere, nella 
fattispecie 
concreta 
all�esame 
di 
questo Giudice, quanto meno in questa 
sede, il 
fumus 
del 
diritto 
del quale la ricorrente ha chiesto l�immediata tutela. 
n�, per vero, appare 
ravvisabile 
il 
concreto periculum 
in mora, ovvero il 
pregiudizio imminente 
ed irreparabile 
che 
la 
ricorrente 
potrebbe 
subire 
nell�attesa 
di 
un giudizio di 
merito, diretto 
ad 
ottenere 
l�accertamento 
del 
proprio 
diritto. 
occorre, 
infatti, 
rilevare 
che 
l�anno 
scolastico � 
di 
imminente 
conclusione 
e 
che 
il 
servizio mensa 
-attivato sin dall�inizio del-
l�anno 
scolastico 
-sta 
ormai 
per 
concludersi 
fra 
poco 
pi� 
di 
una 
settimana, 
poich� 
cesser� 
alla 
data 
del 
31 maggio 2017 (e, in ogni 
caso, va 
evidenziato che 
il 
ricorso � 
stato proposto solo 
nel 
mese 
di 
marzo e, dunque, dopo 5 mesi 
dall�inizio della 
refezione 
scolastica). n� 
potrebbe 
ravvisarsi 
il 
dedotto periculum 
in mora, con riferimento ad un diritto esercitabile 
in via 
eventuale 
e 
solo dopo diversi 
mesi 
dalla 
proposizione 
del 
giudizio d�urgenza, ovvero per l�anno 
scolastico a 
venire; 
sul 
punto, va 
sottolineato quanto affermato dall�amministrazione, nelle 
proprie 
note 
difensive 
depositate, 
secondo 
cui, 
attualmente, 
sono 
state 
formulate 
dalle 
singole 
scuole 
ai 
vari 
Uffici 
Scolastici 
regionali, per il 
prossimo anno scolastico, mere 
richieste 
di 
autorizzazione 
al 
funzionamento di 
classi 
e 
sezioni 
e 
sono in corso, a 
livello nazionale, operazioni 
di 
mobilit� 
del 
personale, 
di 
determinazione 
dei 
posti 
disponibili; 
dette 
operazioni, 
particolarmente 
complesse, 
sono 
propedeutiche 
alla 
definizione 
degli 
organici 
di 
ogni 
singola 
istituzione 
scolastica 
e, conseguentemente, alla 
determinazione 
delle 
modalit� 
e 
degli 
orari 
di 
funzionamento 
delle 
singole 
classi 
e 
sezioni 
(se 
a 
24, 
27, 
30 
o 
40 
ore 
settimanali) 
di 
ciascun 
Istituto, con la 
conseguenza 
che 
come 
sottolineato dall�avvocatura 
del 
Ministero, non � 
attualmente 
possibile 
predeterminare 
con certezza 
se 
la 
classe 
frequentata 
dalla 
figlia 
della 
ricorrente, 
nel 
prossimo anno scolastico, funzioner� 
a 
tempo pieno, con uscita 
alle 
ore 
16,00, o 
a 
tempo ridotto, di 
guisa 
che 
non � 
possibile, sin da 
ora, ipotizzare 
una 
eventuale 
lesione 
del 
diritto della 
ricorrente 
per il 
prossimo anno scolastico ed emettere 
un provvedimento che 
statuisca 
sull�esistenza di un diritto solo potenzialmente ed in via astratta esercitabile. 
Infine, 
preme 
a 
questo 
Giudice 
evidenziare 
come 
il 
riconoscimento 
del 
diritto 
della 
ricorrente, 
alla 
libert� 
di 
scelta 
tra 
mensa 
scolastica 
e 
pasto domestico, durante 
il 
tempo-mensa, rischia 
di 
ridursi 
ad una 
mera 
e 
sterile 
affermazione 
di 
principio, non concretamente 
idonea 
a 
fornire 
piena 
tutela 
alla 
ricorrente, 
proprio 
alla 
luce 
della 
incontestata 
sussistenza 
della 
discrezionalit� 
dell�Amministrazione 
scolastica 
nell�organizzazione 
del 
servizio; 
ed infatti, gli 
istituti 
scolastici 
dovrebbero individuare 
e 
prescrivere 
le 
modalit� 
concrete 
per consentire 
detto esercizio 
del 
diritto, 
effettuando 
valutazioni 
di 
natura 
tecnica 
e 
di 
opportunit�, 
certamente 
insindacabili 
da 
parte 
del 
Giudice 
ordinario, cercando, cos�, di 
bilanciare 
i 
diritti 
individuali 
di 
coloro che 
richiedono di 
portare, durante 
il 
tempo mensa, il 
proprio pasto da 
casa, con gli 
interessi 
pub



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


blici 
e 
i 
diritti 
della 
collettivit� 
sopra 
menzionati 
(diritto all�istruzione, all�uguaglianza 
e 
alla 
salute); 
il 
tutto tenuto conto delle 
risorse 
a 
disposizione 
dell�amministrazione, sia 
in termini 
di 
personale 
(essendo 
evidente 
che 
l�aumento 
del 
numero 
di 
bambini 
che 
consumano 
un 
pasto 
domestico e 
dunque 
non controllato, rende 
necessaria 
una 
pi� consistente 
operazione 
di 
vigilanza 
dei 
docenti 
e 
del 
personale, onde 
impedire 
lo scambio di 
alimenti 
e 
la 
sicurezza 
del 
momento 
mensa) che 
di 
spese 
(richiedendosi 
probabilmente 
attrezzature 
tecniche 
nelle 
scuole, 
quali fornetti, frigoriferi, contenitori). 
Per 
tutto 
quanto 
sopra 
detto, 
ritiene 
il 
Tribunale 
che 
la 
domanda 
della 
ricorrente 
debba 
essere 
rigettata, 
attesa 
l�insussistenza 
dei 
presupposti 
per 
il 
richiesto 
provvedimento 
d�urgenza. 
Quanto alle 
spese, in considerazione 
della 
particolarit�, novit� 
e 
complessit� 
della 
questione 
giuridica 
affrontata, 
oltre 
che 
dell�esistenza 
di 
orientamenti 
favorevoli 
alle 
deduzioni 
della 
ricorrente, 
devono ritenersi sussistere eccezionali ragioni per la compensazione delle stesse. 


P.Q.M. 
- rigetta il ricorso; 
- Compensa integralmente le spese di lite. 
napoli, 25/5/17 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


In materia di cause aventi ad oggetto danni derivanti da urto 
di navi al di fuori del mare territoriale: il giudice competente 


Nota 
a 
triBUNale 
Di 
roma, sez. ii CiV., orDiNaNza 
30 maGGio 
2017 


Massimo Giannuzzi* 


Con l�ordinanza 
in esame 
il 
Tribunale 
di 
roma 
ha 
accolto l�eccezione 
di 
incompetenza 
territoriale 
sollevata 
dall�Avvocatura 
dello Stato, nell�interesse 
del 
Ministero della 
Difesa 
e 
del 
Comandante 
della 
Corvetta 
Sibilla 
della 
Marina 
Militare 
italiana 
(rappresentato e 
difeso dall�Avvocatura 
dello Stato, ex 
art. 44 del 
regio decreto n. 1611/1933), evocati 
in giudizio da 
soggetti 
che 
assumono 
di 
essere 
parenti 
di 
alcune 
delle 
vittime 
del 
naufragio 
subito 
dalla 
motovedetta 
albanese 
su 
cui 
le 
stesse 
erano 
imbarcate, 
al 
largo 
del 
canale 
di 
otranto, 
in 
data 
28 
marzo 
1997, 
per 
ottenere 
il 
risarcimento 
dei 
danni 
-sia 
iure 
proprio, 
sia 
iure 
hereditatis 
-conseguenti 
al 
naufragio 
dovuto 
all�asserito 
speronamento 
della 
predetta 
motovedetta, 
da 
parte 
della 
Corvetta 
Sibilla. 
Il 
Tribunale 
di 
roma 
mostra 
di 
condividere 
l�assunto della 
difesa 
erariale 
circa 
l�applicabilit�, nel 
caso di 
specie, del 
disposto dell�art. 590 del 
codice 
della 
navigazione, in forza 
del 
quale 
la 
competenza 
territoriale 
per le 
cause 
riguardanti 
i 
danni 
dipendenti 
da 
urto di 
navi, se 
il 
fatto � 
avvenuto fuori 
del 
mare 
territoriale 
(come 
nel 
caso di 
specie), � 
attribuita 
al 
tribunale 
della 
circoscrizione 
nella 
quale 
� 
avvenuto il 
primo approdo della 
nave 
danneggiata, o l�arrivo 
della 
maggior 
parte 
dei 
naufraghi, 
o, 
in 
mancanza, 
al 
tribunale 
della 
circoscrizione nella quale � il luogo di iscrizione della nave. 


Sulla 
base 
di 
questa 
disposizione 
del 
codice 
della 
navigazione, il 
Tribunale 
di 
roma 
ha 
escluso l�applicabilit� 
al 
caso di 
specie 
dell�ultima 
parte 
del-
l�art. 25 del 
codice 
di 
procedura 
civile, secondo il 
quale, quando � 
convenuta 
un�Amministrazione 
dello Stato e 
la 
causa 
ha 
ad oggetto un rapporto di 
obbligazione, 
il 
distretto in cui 
si 
trova 
il 
giudice 
che 
sarebbe 
competente 
secondo 
le 
norme 
ordinarie 
si 
determina 
con 
riguardo 
al 
giudice 
del 
luogo 
in 
cui 
� 
sorta 


o deve eseguirsi l�obbligazione. 
Conclusivamente 
il 
Tribunale 
di 
roma, 
muovendo 
dalla 
premessa 
che, 
in forza 
dell�art. 7 del 
regio decreto n. 1611/1933, le 
norme 
di 
competenza 
rimangono 
ferme 
anche 
quando 
sia 
parte 
in 
causa 
un�Amministrazione 
dello 
Stato, 
per 
i 
giudizi 
di 
cui 
agli 
artt. 
873 
del 
codice 
di 
commercio 
e 
94 
del 
codice 
di 
procedura 
civile 
(il 
cui 
contenuto 
precettivo 
� 
stato 
trasfuso 
rispettivamente 
nell�art. 590 del 
codice 
della 
navigazione 
e 
22 del 
codice 
di 
procedura 
civile), 
ha 
individuato nel 
Tribunale 
di 
Brindisi 
il 
giudice 
che 
sarebbe 
competente 
secondo 
le 
norme 
ordinarie 
(ovvero l�art. 590 del 
codice 
della 
navigazione), il 


(*) Avvocato dello Stato. 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


primo approdo della 
motovedetta 
albanese 
essendo avvenuto nella 
circoscrizione 
del predetto Tribunale. 


Il 
giudicante 
� 
pervenuto 
a 
dichiarare 
la 
propria 
incompetenza 
territoriale, 
in 
favore 
del 
Tribunale 
di 
Lecce, 
luogo 
in 
cui 
ha 
sede 
l�ufficio 
dell�Avvocatura 
dello Stato, nel 
cui 
distretto si 
trova 
il 
Tribunale 
di 
Brindisi, in forza 
del 
disposto 
della prima parte dell�art. 25 del codice di procedura civile. 


tribunale 
di 
Roma, Sez. II 
civ., ordinanza 30 maggio 2017 -Giud. A. Canonaco - C.P. ed 
altri (avv.ti G. Polverini e C. Di Marco) c. Ministero della difesa e L.F. (avv. gen. Stato). 


Premesso 
che 
gli 
attori 
di 
cui 
sopra 
hanno convenuto in giudizio il 
Ministero della 
Difesa 
e 
L.F. dinanzi 
al 
Tribunale 
di 
roma 
per ottenerne 
la 
condanna, in solido, al 
risarcimento del 
danno, sia 
iure 
proprio che 
iure 
hereditatis, da 
essi 
riportato quali 
prossimi 
congiunti 
delle 
vittime 
del 
naufragio 
della 
motovedetta 
albanese 
Kater I rades, verificatosi 
il 
28 marzo 1997, nel 
canale 
di 
otranto 
(naufragio 
asseritamente 
provocato 
dallo 
speronamento 
posto 
in 
essere 
dalla 
nave 
della 
Marina 
Militare 
Italiana, la 
Corvetta 
Sibilla, nel 
corso di 
un'operazione 
di 
interdizione 
navale, finalizzata 
ad impedire 
l'ingresso della 
motovedetta 
albanese 
nelle 
acque 
territoriali 
italiane ove era diretta per l'approdo); 
che 
parte 
convenuta, 
costituita 
il 
24 
febbraio 
2017 
per 
l'udienza 
di 
prima 
comparizione 
fissata 
per 
il 
20 
marzo 
2017 
eccepiva, 
in 
via 
pregiudiziale, 
l'incompetenza 
del 
Tribunale 
di 
roma 
adito per essere 
inderogabilmente 
competente 
il 
Tribunale 
di 
Lecce, a 
norma 
del 
combinato 
disposto dell'art. 590 comma 2 del codice della navigazione e dell'art. 25 cpc; 
che 
parte 
attrice 
ha 
chiesto il 
rigetto dell'eccezione 
pregiudiziale, non essendo stati 
contestati 
tutti 
i 
criteri 
di 
collegamento previsti 
dall'art. 18, 19 e 
20 cpc 
e 
dall'art. 25 cpc 
(in particolare 
con riguardo al 
forum destinatae solutionis); 
che 
parte 
attrice 
ha 
contestato 
in 
ogni 
caso 
l'infondatezza 
dell'eccezione 
pregiudiziale, 
asserendo 
che 
a 
norma 
dell'art. 
25, 
secondo 
comma, 
cpc 
sussista 
la 
competenza 
territoriale 
del 
Tribunale 
di 
roma 
quale 
forum 
destinatae 
solutionis 
(foro 
concorrente 
a 
quello 
relativo 
al 
luogo 
in 
cui 
� 
sorta 
l'obbligazione), 
coincidendo 
il 
primo, 
in 
base 
alle 
norme 
di 
contabilit� 
pubblica, 
con 
il 
luogo 
ove 
� 
sita 
la 
tesoreria 
provinciale 
nella 
cui 
circoscrizione 
� 
domiciliato 
il 
creditore 
(tenuto 
conto 
che 
nelle 
specie 
i 
creditori 
residenti 
all'estero 
e 
cittadini 
albanesi 
hanno 
quale 
unico 
centro 
di 
interessi 
lo 
studio 
professionale 
dei 
propri 
difensori 
dove 
hanno 
eletto 
domicilio); 
parte 
attrice 
ha 
poi 
aggiunto 
che 
il 
diritto 
al 
risarcimento 
esercitato 
nell'odierno 
giudizio 
troverebbe 
fondamento 
nell'obbligo 
risarcitorio 
previsto 
a 
carico 
dello 
Stato 
italiano 
ai 
sensi 
della 
legge 
23 
dicembre 
2000 
n. 
388 
art. 
82 
punto 
3 
e 
che 
pertanto, 
trattandosi 
di 
dare 
applicazione 
ad 
un 
obbligo 
dello 
Stato 
imposto 
dalla 
legge 
sussisterebbe 
la 
competenza 
del 
Tribunale 
di 
roma, 
sia 
in 
relazione 
al 
luogo 
in 
cui 
� 
sorta 
l'obbligazione, 
sia 
in 
relazione 
al 
luogo 
in 
cui 
essa 
deve 
eseguirsi; 


oSSErVA 
In primo luogo deve 
osservarsi 
che 
parte 
attrice 
ha 
prospettato, per i 
fatti 
ascritti 
nell'atto introduttivo, 
una 
responsabilit� 
del 
Ministero della 
Difesa 
e 
del 
comandante 
della 
nave 
della 
marina 
militare 
L.F. ai 
sensi 
degli 
artt. 2043 cc., art. 185 cp e 
art. 2059 c.c., senza 
fare 
alcun 
riferimento, n� 
in fatto, n� 
in diritto alla 
legge 
n. 388/2000 che 
peraltro all'art. 82 comma 
3 si 
limita 
a 
prevedere 
che 
"il 
ministero della difesa � 
autorizzato, fino al 
limite 
complessivo di 
10 miliardi 
di 
lire, in ragione 
di 
5 miliardi 
di 
lire 
per 
ciascuno degli 
anni 
2001 e 
2002, a de



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


finire 
consensualmente, 
anche 
in 
deroga 
alle 
disposizioni 
di 
legge 
in 
materia, 
ogni 
lite 
in 
corso 
con 
le 
persone 
fisiche 
che 
hanno 
subito 
danni 
a 
seguito 
del 
naufragio 
della 
nave 
"Kaider 
i rades 
a451" avvenuto nel canale di otranto il 28 marzo 1997." 


Conseguentemente 
non � 
ravvisabile 
alcun obbligo statuale 
in virt� della 
richiamata 
disposizione 
che 
pertanto non pu� incidere 
- avuto riguardo all'oggetto della 
domanda 
- sui 
criteri 
di 
collegamento per l'individuazione del giudice territorialmente competente. 
Ancora 
deve 
osservarsi 
che 
il 
sinistro 
marittimo 
oggetto 
di 
causa 
� 
avvenuto, 
per 
pacifica 
ammissione 
delle parti, fuori dal mare territoriale italiano. 
L'ad. 
589 
del 
codice 
della 
navigazione 
prevede 
che 
le 
cause 
riguardanti 
i 
danni 
dipendenti 
da 
urto 
di 
navi 
come 
nella 
specie 
(essendo 
stato 
dedotto 
lo 
speronamento 
della 
motovedetta 
Kater 
I 
rades 
da 
parte 
della 
Corvetta 
Sibilla) 
sono 
proposte 
davanti 
al 
Tribunale, 
mentre 
in 
ordine 
alla 
competenza 
territoriale 
l'art. 
590 
cod. 
nav. 
dispone 
che 
"se 
il 
fatto 
� 
avvenuto 
fuori 
del 
mare 
territoriale, 
le 
cause 
sono 
proposte 
avanti 
il 
tribunale 
della 
circoscrizione, 
nella 
quale 
� 
avvenuto 
il 
primo 
approdo 
della 
nave 
danneggiata, 
o 
l'arrivo 
della 
maggior 
parte 
dei 
naufraghi, 
o, 
in 
mancanza, 
avanti 
il 
tribunale 
della 
circoscrizione 
nella 
quale 
� 
il 
luogo 
di 
iscrizione 
della 
nave." 


Si 
tratta 
di 
disposizioni 
speciali 
che 
prevedono ipotesi 
di 
competenza 
per territorio inderogabile, 
giusta 
il 
disposto di 
cui 
agli 
artt. 25 cpc 
e 
7 del 
rd n. 1611 del 
1933. Invero l'art. 25 cpc 
rinvia 
alle 
leggi 
speciali 
sulla 
rappresentanza 
e 
difesa 
dello Stato in giudizio e 
tra 
tali 
disposizioni 
il 
citato 
art. 
7 
rd 
n. 
1611/1933 
stabilisce 
che 
"le 
norme 
ordinarie 
di 
competenza 
rimangono 
ferme, anche 
quando sia 
in causa 
un'Amministrazione 
dello Stato, per i 
giudizi 
....... di 
cui 
agli 
artt. 873 del 
codice 
di 
commercio e 
94 del 
codice 
di 
procedura 
civile" 
(ora 
rispettivamente 
art. 590 codice navigazione 1942 e art. 22 c.p.c. 1942). 
Conseguentemente 
per effetto del 
citato rd n. 1611 del 
1933 art. 7 per le 
cause 
di 
cui 
all'art. 
590 cpc 
(come 
quella 
odierna) proposte 
nei 
confronti 
della 
p.a. trovano applicazione 
non le 
disposizioni 
contenute 
nell'art. 25 cpc 
sul 
foro erariale 
(relative 
al 
luogo in cui 
� 
sorta 
o deve 
eseguirsi 
l'obbligazione) 
bens� 
la 
regola 
ordinaria 
di 
cui 
al 
citato 
art. 
590 
cpc 
che 
fa 
riferimento 
al 
luogo in cui 
� 
avvenuto il 
primo approdo della 
nave 
danneggiata 
(cfr per una 
ipotesi 
simile 
Cass. Sez. 6-3 ordinanza n. 1465 del 2014). 
ne 
consegue 
che 
deve 
affermarsi 
la 
competenza 
territoriale 
inderogabile 
del 
Tribunale 
di 
Lecce, come 
indicato da 
parte 
convenuta, luogo in cui 
ha 
sede 
l'ufficio dell'Avvocatura 
dello 
Stato 
nel 
cui 
distretto 
si 
trova 
il 
Tribunale 
di 
Brindisi, 
competente 
secondo 
le 
norme 
ordinarie 
(ovvero il richiamato art. 590 cod. navigazione). 
Deve 
precisarsi 
che 
trattandosi 
di 
incompetenza 
per territorio inderogabile 
non rileva 
la 
dedotta 
incompleta 
eccezione 
di 
parte 
convenuta, potendo la 
questione 
essere 
rilevata 
d'ufficio 
non oltre l'udienza di cui all'art. 183 cpc. 
Le 
spese 
seguono la 
soccombenza 
e 
sono liquidate 
come 
in dispositivo tenuto conto dei 
parametri 
di cui al dm 55/2014, del valore della domanda e dell'attivit� in concreto svolta. 


PQM 
dichiara 
l'incompetenza 
territoriale 
dell'adito Tribunale 
di 
roma, per essere 
territorialmente 
competente ex art. 7 r.D. n. 1611 del 1933 e art. 25 cpc il 
Tribunale di Lecce; 
assegna 
termine 
di 
mesi 
tre, 
dalla 
comunicazione 
della 
presente 
ordinanza, 
per 
la 
riassunzione 
della causa dinanzi al giudice dichiarato territorialmente competente; 
condanna 
parte 
attrice 
al 
pagamento delle 
spese 
dell'odierno giudizio in favore 
di 
parte 
convenuta, 
liquidate in complessivi euro 7.000,00 oltre accessori come per legge. 
Si comunichi 
roma 29.05.2017 



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


L�accesso alla documentanzione fiscale e 
tributaria del coniuge nei giudizi di separazione: 
normativa ed orientamenti giurisprudenziali 


Nota 
a 
triBUNale 
ammiNistratiVo 
reGioNale 
Per 
la 
emilia 
romaGNa, 
sez. i, seNteNze. 2 FeBBraio 
2017 NN. 64 e 
65 


Valentina Pincini* 


Il 
presente 
articolo ha 
lo scopo di 
approfondire 
l�accesso alla 
documentazione 
fiscale 
e 
tributaria 
del 
coniuge 
nel 
processo di 
separazione, al 
fine 
di 
orientare 
il 
lettore 
nel 
panorama 
normativo 
rappresentato dalla 
L. n. 241/1990, in via 
generale, e 
dalla 
recentissima 
introduzione 
dell�art. 155 sexies 
disp. att. c.p.c., che 
ha, apparentemente, provocato un restringimento del 
diritto di 
accesso cos� 
come 
definito dalla 
241/1990. In un�ottica 
tecnico-pratica, l�analisi 
si 
estender� 
agli 
orientamenti 
giurisprudenziali 
prima 
e 
dopo 
il 
2014, 
al 
fine 
di 
comprendere 
l�interpretazione 
data 
dai 
giudici 
alle 
nuove 
disposizioni 
e 
l�eventuale 
rapporto fra 
il 
nuovo 
ed il vecchio diritto di accesso all�Anagrafe 
Tributaria. 


sommario: 
1. 
Premessa 
-2. 
la 
nuova 
normativa 
per 
la 
ricerca 
con 
modalit� 
telematiche 
dei 
beni 
da 
pignorare: 
i 
motivi 
dell�estensione 
ai 
procedimenti 
familiari 
e 
la 
sua 
applicazione 
concreta - 3. il 
diritto di 
accesso: natura giuridica, requisiti 
ai 
sensi 
della l. n. 241/1990 e 
della l. n. 15/2005, rapporto con il 
diritto di 
privacy 
- 4. il 
contrasto giurisprudenziale 
- 5. 
Conclusioni. 


1. Premessa. 
Il 
diritto 
di 
accesso, 
nei 
termini 
che 
di 
seguito 
verranno 
dettagliatamente 
indicati, 
� 
la 
modalit� 
mediante 
la 
quale 
la 
Pubblica 
Amministrazione, 
dapprima 
trincerata 
dietro 
ad 
un 
manto 
di 
impermeabilit�, 
diventa 
penetrabile 
dal 
privato, 
dando 
cos� 
attuazione 
piena 
al 
principio 
di 
buon 
andamento 
dell�azione 
amministrativa 
ex 
art. 
97 
Cost. 
e 
il 
diritto 
di 
informazione 
ex 
art. 
21 
Cost. 
(1). 


Il 
diritto di 
accesso ai 
sensi 
dalla 
L. n. 241/1990 permette, infatti, una 
tutela 
piena 
ed 
effettiva 
ai 
privati 
cittadini 
che 
avranno 
solo 
l�onere 
di 
dimostrare 
di 
avere 
interesse 
a 
visionare 
ed estrarre 
copia 
dei 
documenti 
posseduti 
dal-
l�Amministrazione. 

Fino alla 
recentissima 
riforma 
del 
Codice 
di 
Procedura 
Civile 
e 
delle 
Disposizioni 
Attuative 
dello stesso, l�accesso era 
consentito anche 
ai 
documenti 
posseduti 
dall�Anagrafe 
Tributaria, ma, in un�ottica 
di 
tutela 
di 
eventuali 
altri 
controinteressati, era 
ammessa 
esclusivamente 
la 
presa 
visione 
senza 
possibilit� 
di estrarre copia. 

(*) 
Dottoressa 
in 
Giurisprudenza, 
ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
dello 
Stato 
di 
Bologna. 


(1) CArInGELLA 
F., 
manuale di diritto amministrativo, X edizione. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


Tale 
orientamento normativo ha 
trovato pieno riscontro nella 
giurisprudenza 
del 
Consiglio di 
Stato (2), che 
adita 
sul 
tema, ha 
sempre 
ordinato alla 


P.A. di 
consentire 
l�accesso alla 
documentazione 
posseduta 
nella 
sola 
forma 
della visione. 
La 
normativa, introdotta 
con il 
D.L. 12 settembre 
2014, n. 132 e 
convertito 
nella 
L. n. 162/2014, sulla 
ricerca 
con modalit� 
telematiche 
dei 
beni 
da 
pignorare, 
ha 
modificato 
l�art. 
155 
sexies 
disp. 
att. 
c.p.c. 
ed 
ha 
esteso 
le 
disposizioni 
in 
materia 
di 
ricerca 
con 
modalit� 
telematiche 
dei 
beni 
da 
pignorare 
anche 
ai 
procedimenti 
in materia 
di 
diritto di 
famiglia, per l�effetto l�accesso 
all�Anagrafe 
Tributaria 
non � 
pi� libero e 
privo di 
limiti, ma 
sottoposto a 
preventiva 
ed apposita autorizzazione rilasciata dall�Autorit� Giudiziaria. 

Tale 
cambiamento ha 
avuto risvolti 
anche 
giurisprudenziali 
ed, infatti, le 
recentissime 
sentenze 
�gemelle� 
(3) del 
TAr Emilia-romagna 
si 
sono fatte 
portavoce 
della 
nuova 
normativa, 
entrando 
in 
collisione 
con 
i 
precedenti 
e 
consolidati 
orientamenti 
giurisprudenziali. Proprio il 
Tribunale 
bolognese 
ha 
statuito che 
l'autorizzazione 
deve 
necessariamente 
essere 
richiesta 
anche 
nei 
casi 
in 
cui 
si 
voglia 
agire 
in 
forza 
degli 
artt. 
22 
e 
ss. 
della 
L. 
n. 
241/1990 
e 
dell�azione 
ex 
art. 116 c.p.a., altrimenti, presentando un istanza 
direttamente 
all�Agenzia 
delle 
Entrate, vi 
sarebbe 
uno sviamento della 
normativa 
(4). Se 
cos� 
non fosse 
stato, si 
sarebbe 
arrivati 
all�assurda 
conclusione 
che 
l�art. 492 
bis 
c.p.c. e 
gli 
artt. 155 quinquies 
e 
sexies 
disp. att. c.p.c. offrissero una 
via 
alternativa 
ed opzionale 
per il 
soggetto interessato che, per�, verrebbe 
aggirata, 
essendo sicuramente 
pi� lunga 
ed incerta, in quanto soggetta 
al 
controllo di 
un organo giurisdizionale. 

La 
trattazione 
che 
segue 
vuole 
indagare 
i 
dettagli 
della 
nuova 
normativa 
ed i 
motivi 
che 
hanno spinto il 
legislatore 
ad estenderla 
al 
diritto di 
famiglia, 
richiamare 
in modo sintetico i 
principi 
del 
diritto di 
accesso, gi� 
ampiamente 
trattato dalla 
dottrina, al 
fine 
di 
comprendere 
la 
portata 
della 
nuova 
normativa 
in materia 
di 
accesso agli 
atti 
dell�Agenzia 
Tributaria 
nei 
procedimenti 
di 
separazione 
dei coniugi. 


Ma 
fino a 
che 
punto si 
pu� parlare 
di 
contrasto giurisprudenziale? 
E 
so


(2) Fra molte, Cons. di Stato, sentenza n. 2472/2014. 
(3) 
Con 
il 
termine 
�gemelle� 
si 
vuole 
indicare 
due 
pronunce 
aventi 
ad 
oggetto 
le 
medesime 
domande, 
difese 
ed 
eccezioni, 
per 
le 
quali 
il 
TAr 
Emilia-romagna 
determina 
le 
stesse 
conclusioni 
e 
statuizioni. 
(4) 
�l�autorizzazione 
deve 
necessariamente 
essere 
richiesta 
anche 
nel 
caso 
in 
cui 
gli 
stessi 
diretti 
interessati 
intendano agire 
esternamente 
alla causa civile 
che 
li 
vede 
coinvolti, avvalendosi 
dell'istituto 
dell'accesso di 
cui 
agli 
artt. 22 e 
ss. l. n. 241/1990 ed eventualmente 
dell'azione 
ex 
art. 116 c.p.a. per 
ottenere 
l'ostensione 
di 
documenti 
contenuti 
in una banca dati 
telematica. Diversamente 
opinando, infatti, 
si 
perverrebbe 
all'illogica conclusione 
(certamente 
non voluta dal 
legislatore) che 
la nuova disciplina 
autorizzatoria alla ricerca con modalit� telematiche 
sia, di 
fatto, inutiliter 
data, in concreto ben 
potendo le 
parti 
in causa in quelle 
controversie, aggirare 
l'ostacolo dell'autorizzazione 
presentando direttamente 
istanza di 
accesso alla competente 
agenzia delle 
entrate� 
(TAr Emilia-romagna, sez. I, 
sentenze nn. 64-65/2017). 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


prattutto il 
TAr Emilia-romagna 
si 
� 
fatto portavoce 
del 
testo della 
riforma 
oppure 
ha 
mal 
interpretato 
il 
diritto 
di 
accesso 
secondo 
la 
L. 
n. 
241/1990? 
Dultimo 
la 
nuova 
normativa 
pu� avere 
risvolti 
positivi 
per la 
tutela 
dei 
diritti 
dei 
privati 
o pu� qualificarsi 
come 
mera 
limitazione 
di 
un diritto ormai 
acquisito 
dai cittadini? 


La 
novit� 
delle 
questioni 
affrontate, la 
centralit� 
dell�argomento e 
la 
sua 
rilevanza 
non solo giuridica 
ma 
anche 
pratica, accennate 
nelle 
domande 
che 
precedono, 
hanno 
giustificato 
-nelle 
sentenze 
del 
TAr 
Emilia-romagna 
-l�integrale 
compensazione 
delle 
spese 
legali, pur nella 
piena 
vittoria 
dell�Avvocatura 
di Stato. 


2. 
la 
nuova 
normativa 
per 
la 
ricerca 
con 
modalit� 
telematiche 
dei 
beni 
da 
pignorare: 
i 
motivi 
dell�estensione 
ai 
procedimenti 
familiari 
e 
la sua applicazione 
concreta. 
La 
L. 
n. 
162/2014 
ha 
introdotto 
nel 
nostro 
ordinamento, 
per 
il 
tramite 
del-
l'art. 492 bis 
c.p.c., un sistema 
per rendere 
pi� efficiente 
e 
pi� rapido il 
processo 
esecutivo, 
consentendo 
all'Ufficiale 
Giudiziario 
di 
effettuare 
indagini 
per via 
telematica 
presso le 
principali 
banche 
dati 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
previa 
autorizzazione 
del 
Presidente 
del 
Tribunale 
del 
luogo 
di 
residenza 
del debitore. 

L'art. 155 sexies 
disp. att. c.p.c. ha 
esteso tale 
applicazione 
alla 
ricostruzione 
dell'attivo e 
del 
passivo nell'ambito delle 
procedure 
concorsuali, ai 
procedimenti 
in materia 
di 
famiglia 
ed a 
quelli 
relativi 
alla 
gestione 
di 
patrimoni 
altrui. Si 
tratta 
di 
casi 
non assimilabili 
e 
non riconducibili 
ai 
procedimenti 
di 
natura 
esecutiva 
ed 
agli 
atti 
di 
pignoramento, 
ove 
l'accesso 
alle 
banche 
dati 
ha 
la 
finalit� 
di 
reperire 
beni 
e 
crediti 
da 
sottoporre 
a 
procedure 
esecutive 
per 
soddisfare 
un 
pregresso 
diritto 
di 
credito. 
nei 
procedimenti 
di 
famiglia, 
invece, 
l'accesso alle 
banche 
dati 
e, nello specifico, all'Anagrafe 
Tributaria 
consente 
al 
giudice 
l'analisi 
delle 
singole 
capacit� 
reddituali 
dei 
membri 
della 
coppia, 
cos� 
che 
possa 
pervenire 
ad 
una 
corretta 
determinazione 
della 
misura 
degli 
assegni 
previsti 
dalla 
legge 
in favore 
dei 
figli 
e 
del 
coniuge 
che 
abbia 
minore 
disponibilit� economica. 

� 
noto che 
nei 
procedimenti 
giudiziari 
in materia 
di 
famiglia 
l'aspetto su 
cui 
spesso si 
sviluppa 
la 
maggior parte 
del 
contenzioso tra 
coniugi-genitori 
� 
costituito proprio dalla 
commisurazione 
dell'eventuale 
assegno in favore 
del-
l'altro coniuge e/o dei figli nell'ottica di quanto richiesto dal Codice Civile. 

L'art. 155 impone 
il 
�mantenimento dei 
figli 
in misura proporzionale 
al 
proprio reddito�, cos� 
come 
l'art. 156 assicura 
al 
coniuge 
cui 
non sia 
addebitabile 
la 
separazione 
�quanto � 
necessario al 
suo mantenimento, qualora egli 
non abbia adeguati 
redditi 
propri�. Dunque, il 
mantenimento dovr� 
tendenzialmente 
assicurare 
al 
beneficiario un tenore 
di 
vita 
analogo a 
quello precedente 
alla 
separazione 
(5), 
a 
meno 
che 
il 
coniuge 
�non 
fruisca 
di 
redditi 
propri, 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


tali 
da fargli 
mantenere 
una simile 
condizione� 
e 
purch� 
�sussista una differenza 
di reddito tra i coniugi� 
(6). 


L�obbligo 
delle 
parti 
di 
allegazione 
dei 
Modelli 
reddituali 
costituisce 
esclusivamente 
un primissimo momento di 
indagine, in quanto tacciono sul-
l'effettivo spessore 
reddituale 
della 
vita 
familiare 
ed � 
per questo che 
il 
Tribunale 
di 
roma 
in 
primis, 
seguito 
poi 
da 
tutti 
gli 
altri 
Uffici 
Giudiziari, 
ha 
iniziato 
a 
chiedere 
alle 
parti, che 
avessero presentato un'istanza 
di 
separazione, di 
allegare 
una 
dichiarazione 
giurata 
nella 
quale 
riassumere 
ed 
indicare 
le 
propriet�, 
i 
conti 
correnti 
bancari 
o postali, le 
carte 
di 
credito e 
gli 
investimenti 
in uso 
alle 
parti 
o nella 
loro disponibilit� 
(7). Tale 
intervento � 
volto alla 
tutela 
del 
diritto 
al 
contraddittorio 
e 
di 
difesa 
delle 
parti 
processuali 
e, 
oggi, 
per 
il 
tramite 
dell�art. 155 sexies 
disp. att. c.p.c., la 
tutela 
� 
resa 
ancora 
pi� effettiva 
essendoci 
una norma di legge espressa. 

Sotto 
il 
profilo 
meramente 
pratico, 
il 
creditore 
(ovvero 
il 
coniuge) 
propone 
istanza 
al 
Presidente 
del 
Tribunale 
nel 
luogo 
ove 
il 
debitore 
(ovvero 
l'altro 
coniuge), 
risiede 
o 
ha 
dimora. 
Con 
l�istanza 
dovr�, 
altres�, 
chiedere 
l�autorizzazione 
all�accesso 
alle 
banche 
dati 
e 
dovr� 
indicare 
i 
motivi 
e 
le 
ragioni 
su 
cui 
si 
fonda 
la 
richiesta. 
Il 
Presidente, 
o 
un 
giudice 
designato, 
si 
pronuncer� 
autorizzando 
o 
negando 
l'accesso. 
ottenuta 
l'autorizzazione, 
nella 
prima 
versione 
della 
normativa, 
il 
creditore 
si 
rivolgeva, 
appunto, 
all'Ufficiale 
Giudiziario 
che 
conduceva 
direttamente 
l�indagine; 
ora, 
con 
la 
modifica 
ad 
opera 
del 
D.L. 
27 
giugno 
2015, 
n. 
83, 
� 
stata 
disposta 
l'immediata 
fruibilit� 
da 
parte 
del 
creditore 
delle 
informazioni 
contenute 
nelle 
banche 
dati 
previste 
dall'art. 
492 
bis 
c.p.c. 


L�accesso 
riguarda 
in 
particolar 
modo 
il 
potente 
software 
investigativo 
dell'Agenzia 
delle 
Entrate, denominato serpico, che 
consente 
di 
accedere 
cumulativamente 
a 
conti 
correnti 
bancari 
e 
postali, ai 
dossier titoli, ai 
rapporti 
cessati, 
alle 
garanzie 
prestate 
dagli 
operatori 
finanziari 
nell�interesse 
del 
cliente 
e, da 
ultimo, alle 
posizioni 
nelle 
quali 
il 
soggetto � 
soltanto il 
titolare 
di 
mera 
delega 
ad operare 
o destinatario di 
procura. Tale 
sistema 
viene 
utilizzato dal-
l'Agenzia 
delle 
Entrate 
per la 
lotta 
all'evasione 
fiscale 
mediante 
controllo su 
saldi e movimenti nei rapporti bancari e finanziari (8). 


Dai 
cenni 
appena 
fatti 
alla 
normativa, 
appare 
evidente 
e, 
quindi 
superfluo 
evidenziare, il 
motivo che 
ha 
condotto il 
legislatore 
a 
sottoporre 
l'accesso alla 


(5) La 
prima 
sezione 
della 
Corte 
di 
Cassazione, con la 
sentenza 
n. 11504 del 
10 maggio 2017, ha 
dato una 
nuova 
lettura 
in tema 
di 
assegno divorzile, ritenendo che 
il 
criterio per l�assegnazione 
debba 
essere quello dell�indipendenza e dell�autosufficienza economica dell�ex 
coniuge. 
(6) Cass. Civ., 27 giugno 2006, n. 14840. 
(7) 
�la 
corretta 
lettura 
del 
reddito 
della 
famiglia 
nel 
processo 
di 
separazione 
e 
divorzio 
-il 
diritto 
di 
�accesso�e 
di 
�copia�delle 
movimentazioni 
esistenti 
presso 
l�anagrafe 
tributaria�, 
Convegno 
Milano 
24 maggio 2016. Commento Avv. Vaccaro Giorgio. 
(8) BArILoTTo 
A., Gli 
accertamenti 
patrimoniali 
e 
reddituali 
nel 
processo della famiglia tramite 
banche dati telematiche e indagini di polizia tributaria, in 
Famiglia e Diritto, 2016, 6, 608. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


valutazione 
delle 
opportunit� 
da 
parte 
di 
un organo terzo ed imparziale 
qual 
� 
il 
giudice, 
per 
di 
pi� 
individuato 
nel 
massimo 
organo 
giudiziario 
di 
riferimento 


-il 
Presidente 
del 
Tribunale 
- trattandosi 
di 
procedimenti 
particolarmente 
delicati 
nei 
quali 
rilevano le 
esigenze 
di 
riservatezza 
e 
di 
privacy in capo ai 
diversi 
membri 
della 
famiglia, anche 
alla 
luce 
della 
potenza 
investigativa 
delle 
banche 
dati 
possedute 
dall�Agenzia 
delle 
Entrate 
ed introdotte 
per scopi 
istituzionali. 
3. 
il 
diritto 
di 
accesso: 
natura 
giuridica, 
requisiti 
ai 
sensi 
della 
l. 
n. 
241/1990 
e della l. n. 15/2005, rapporto con il diritto di privacy. 
Se 
si 
analizzasse 
esclusivamente 
la 
nuova 
riforma 
non 
sorgerebbero 
dubbi 
sulla 
sua 
legittimit�, 
eppure 
nell�ambito 
amministrativo 
non 
va 
taciuto 
il 
rinvio 
alla 
L. n. 241/1990 che 
introduce 
il 
diritto all'accesso, quale 
prerogativa 
dei 
soggetti 
interessati 
senza 
passare 
per il 
tramite 
dell�autorizzazione 
del 
Presidente 
del 
Tribunale. 

Accanto 
ai 
principi 
regolatori 
dell�azione 
amministrativa 
(legalit�, 
imparzialit�, 
buona 
amministrazione), la 
dottrina 
e 
la 
giurisprudenza 
ne 
hanno 
individuato uno nuovo destinato a 
ridefinire 
in chiave 
democratica 
il 
rapporto 
fra 
amministratori 
ed amministrati, trasformando quest�ultimi 
da 
spettatori 
a 
protagonisti 
dell�operato 
dei 
pubblici 
poteri: 
il 
cd. 
principio 
di 
trasparenza, 
operante 
mediante 
il 
diritto di 
accesso, cos� 
come 
regolamentato dagli 
artt. 22 
e ss. della L. n. 241/1990. 


Il 
diritto di 
accesso ha, quindi, una 
duplice 
valenza: 
� 
una 
posizione 
soggettiva 
che 
garantisce 
al 
privato 
la 
tutela 
di 
situazioni 
giuridicamente 
rilevanti 
nei 
confronti 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
ed �, allo stesso tempo, funzionale 
ad assicurare 
la 
concretizzazione 
dei 
principi 
generali 
di 
imparzialit� 
e 
trasparenza amministrativa (9). 

Prima 
di 
entrare 
nel 
vivo degli 
artt. 22 e 
ss. della 
L. n. 241/1990, va 
indagata 
la 
natura 
giuridica 
dell�accesso agli 
atti 
amministrativi 
ricordando le 
difficolt� 
interpretative 
connesse 
all�inquadramento 
del 
diritto 
di 
accesso 
nelle 
categorie 
giuridiche 
tradizionali. 
Se 
ancora 
oggi 
la 
dottrina 
oscilla 
fra 
l�accesso 
come 
diritto e 
l�accesso come 
interesse 
- non oppositivo e 
non pretensivo, ma 
partecipativo 
-il 
legislatore, 
dal 
canto 
suo, 
collocando 
il 
diritto 
di 
accesso 
nella 
giurisdizione 
esclusiva, 
ha 
sicuramente 
optato 
per 
la 
natura 
di 
diritto 
soggettivo. 
Quanto 
alla 
giurisprudenza, 
se 
in 
passato 
ha 
sostenuto 
entrambe 
le 
tesi, attualmente tende pragmaticamente a glissare sul punto. 

Le 
complicazioni 
sorgono 
con 
il 
comma 
2 
dell�art. 
22 
della 
241/1990 
che, 
descrivendo 
l�accesso 
come 
finalit� 
di 
pubblico 
interesse, 
fa 
acquisire 
allo 
stesso connotati 
di 
fine 
obiettivo di 
giustizia 
e 
democrazia 
amministrativa 
e, 


(9) PozzAnI 
P., il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova dinamica 
tra interesse e diritto, in www.giustizia-amministrativa.it, 2012, n. 1, pag. 4281. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


quindi, 
specifiche 
finalit� 
di 
pubblico 
interesse, 
facendone 
una 
sorta 
di 
�super� 
diritto con una 
forte 
connotazione 
pubblicistica. Eppure 
un potere 
finalizzato 
ad un interesse 
superindividuale 
non � 
n� 
un diritto soggettivo n� 
un 
interesse 
legittimo. Si 
tratta, quindi, di 
una 
situazione 
soggettiva 
nuova, �ermafrodita� 
e sconosciuta (10). 


Un 
altro 
acceso 
dibattito, 
sempre 
in 
materia 
di 
diritto 
di 
accesso, 
� 
il 
suo 
inquadramento 
come 
situazione 
giuridica 
autonoma 
o 
piuttosto 
come 
situazione 
strumentale-procedimentale. 
Il 
dubbio 
va 
risolto 
in 
quest�ultimo 
senso, 
essendo 
l�accesso 
sotteso 
alla 
tutela 
di 
una 
situazione 
giuridica 
sottostante 
(11). 


Il 
diritto di 
accesso definito dall�art. 22 della 
L. n. 241/1990 come 
�il 
diritto 
degli 
interessati 
di 
prendere 
visione 
e 
di 
estrarre 
copia di 
documenti 
amministrativi� 
� 
stato elevato a 
livello essenziale 
delle 
prestazioni 
ed infatti 
il 
comma 
2 della 
medesima 
disposizione 
stabilisce 
che 
�l�accesso ai 
documenti 
amministrativi, 
attese 
le 
sue 
rilevanti 
finalit� 
di 
pubblico 
interesse, 
costituisce 
principio generale 
dell�attivit� amministrativa al 
fine 
di 
favorire 
la partecipazione 
e di assicurarne l�imparzialit� e la trasparenza�. 

La 
possibilit� 
di 
prendere 
visione 
ed estrarre 
copia, per�, viene 
riservata 
ai 
soli 
interessati, ovvero �tutti 
i 
soggetti 
privati, compresi 
quelli 
portatori 
di 
interessi 
pubblici 
o 
diffusi, 
che 
abbiano 
un 
interesse 
diretto, 
concreto 
e 
attuale, 
corrispondente 
ad una situazione 
giuridicamente 
tutelata e 
collegata al 
documento 
al 
quale 
� 
chiesto l�accesso�. Il 
diritto di 
accesso, quindi, � 
riservato 
a 
chi 
vanta 
una 
posizione 
giuridica 
rilevante, alla 
quale 
� 
sotteso un interesse 
personale, concreto ed attuale. 

Vanno necessariamente 
indagati 
i 
tre 
aggettivi 
che 
il 
legislatore 
ha 
posto 
a 
tutela 
del 
concetto di 
interesse, poich�, per il 
tramite 
della 
qualificazione, si 
� 
esclusa 
l�interpretazione 
dell�accesso 
quale 
controllo 
generalizzato 
sull�operato 
della 
Pubblica 
Amministrazione. Deve 
esservi 
un interesse 
strettamente 
collegato al 
soggetto richiedente 
(in questo senso si 
parla 
di 
personalit� 
del-
l�interesse), che 
sia 
tangibile 
e 
non evanescente 
(in ci� sostanziandosi 
la 
concretezza) 
e 
che 
sia 
meritevole 
di 
attenzione 
(ossia 
attuale). 
Sul 
punto 
vi 
�, 
per�, 
un gioco tra 
titani: 
se 
il 
legislatore 
restringe 
il 
diritto di 
accesso entro canoni 
tassativi, 
la 
dottrina 
e 
soprattutto 
la 
giurisprudenza 
hanno 
cercato 
di 
ampliarlo, 
ricomprendendo 
anche 
interessi 
non 
ancora 
azionabili 
in 
sede 
processuale, 
non essendo ancora 
lesi 
(12), inglobando posizioni 
eterogenee 
(aspettative 
ed 
interessi 
diffusi), 
senza 
mai 
estendersi 
fino 
agli 
interessi 
di 
fatto, 
posizioni 
alle 
quali 
l�ordinamento non riconosce 
alcuno strumento di 
tutela 
giurisdizionale. 

(10) GIACHETTI 
S., Diritto d�accesso, processo amministrativo, effetto Fukushima, 
in 
www.giustizia-amministrativa.it, 2011. 
(11) PozzAnI 
P., il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova 
dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. 
(12) Cons. di Stato, sez. VI, 30 ottobre 1993, 783. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


La 
volont� 
di 
restringere 
il 
campo applicativo del 
diritto di 
accesso trova 
giustificazione 
nell�ottica 
di 
tutelare 
un altro principio incalzante 
nell�ultimo 
decennio: 
la 
celerit� 
dell�attivit� 
pubblica 
che 
verrebbe 
compromessa 
dalla 
necessit� 
di 
impegnare 
risorse 
umane 
e 
strumentali 
in 
favore 
dell�evasione 
delle 
domande 
di 
accesso. Ma 
non solo. La 
limitazione 
all�accesso tende 
a 
tutelare 
sia 
le 
esigenze 
di 
riservatezza 
e 
di 
segretezza 
nell�interesse 
della 
P.A. 
sia 
il 
diritto alla 
riservatezza 
e 
alla 
privacy dei 
controinteressati, definiti 
come 
�tutti 
i 
soggetti, individuati 
o facilmente 
individuabili 
in base 
alla natura del 
documento 
richiesto, 
che 
dall'esercizio 
dell'accesso 
vedrebbero 
compromesso 
il 
loro diritto alla riservatezza�. In quest�ultimo caso la 
tutela 
della 
riservatezza 
deve 
essere 
concreta 
ed attuale, ossia 
circoscrivibile 
e 
tangibile 
sotto il 
profilo della 
titolarit� 
e, conseguentemente, il 
documento deve 
incidere 
sulla 
sfera personale e patrimoniale di un altro soggetto. 

Mediante 
il 
riferimento ai 
soggetti 
controinteressati 
e 
alle 
limitazioni 
all�accesso, 
il 
legislatore 
pone 
l�accento 
sul 
rapporto 
fra 
diritto 
di 
accesso 
e 
tutela 
della 
privacy, 
anche 
alla 
luce 
dell�introduzione 
del 
Codice 
della 
Tutela 
dei 
Dati Personali. 

Va 
necessariamente 
evidenziando che 
gi� 
prima 
dell�introduzione 
del 
D. 
Lgs. 
n. 
196/2003, 
il 
cd. 
Codice 
della 
Privacy, 
l�art. 
24 
della 
L. 
241/1990 
escludeva 
l�accesso a 
quei 
documenti 
che 
riguardavano la 
vita 
privata 
o la 
riservatezza 
di 
persone 
fisiche, persone 
giuridiche, gruppi, imprese 
ed associazioni. 
La 
norma, assai 
generale, � 
stata 
attuata 
per il 
tramite 
di 
regolamenti 
adottati 
dalle singole Pubbliche 
Amministrazioni. 

Con l�introduzione 
del 
Codice 
per l�Applicazione 
dei 
Dati 
Personali, invece, 
si 
sono delineati 
tre 
livelli 
di 
protezione 
dei 
dati 
dei 
terzi 
ai 
quali 
corrispondono 
tre 
gradi 
di 
intensit� 
della 
situazione 
giuridica 
che 
il 
richiedente 
deve 
dimostrare 
di 
tutelare 
con la 
richiesta 
di 
accesso. Se 
la 
richiesta 
si 
indirizza 
verso 
dati 
c.d. 
super 
sensibili 
(stato 
di 
salute 
e 
vita 
sessuale), 
la 
situazione 
giuridica 
sottesa 
deve 
essere 
almeno 
di 
rango 
pari 
ai 
diritti 
dell�interessato; 
con 
riferimento, 
invece, 
ai 
dati 
sensibili 
(idonei 
a 
rilevare 
l�origine 
razziale 
ed 
etnica, le 
convinzioni 
religiose, filosofiche, le 
opinioni 
politiche 
o l�appartenenza 
a 
organizzazioni 
o associazioni), l�accesso � 
consentito nei 
limiti 
in cui 
sia 
strettamente 
indispensabile 
per 
curare 
o 
difendere 
i 
propri 
interessi 
giuridici 
e, da 
ultimo, per i 
dati 
comuni 
l�accesso � 
permesso qualora 
la 
conoscenza 
sia 
necessaria 
per la 
difesa 
dei 
propri 
interessi 
(13). Con la 
nuova 
normativa, per


(13) 
zErMAn, 
la 
trasparenza 
della 
Pa 
tra 
accesso 
e 
privacy 
nella 
recente 
giurisprudenza 
del 
Consiglio di stato, in www.giustizia-amministrativa.it, 2005. 
Proprio 
con 
riferimento 
al 
diritto 
di 
difesa 
per 
la 
tutela 
del 
quale 
� 
ammesso 
il 
diritto 
di 
accesso, 
� 
stato 
ampiamente 
dibattuto 
se 
con 
il 
concetto 
di 
diritto 
di 
difesa 
si 
dovesse 
intendere 
la 
difesa 
in 
un 
procedimento 
gi� 
pendente 
ovvero 
il 
diritto 
di 
precostituire 
la 
prova 
allo 
scopo 
di 
utilizzarla 
in 
un 
futuro 
ed 
eventuale 
procedimento. 
La 
giurisprudenza 
sul 
punto 
non 
� 
sempre 
stata 
concorde: 
se 
il 
TAr 
Trentino 
Alto 
Adige, 
con 
la 
sentenza 
399/2007, 
ha 
sostenuto 
la 
prima 
tesi 
analizzata, 
il 
TAr 
Puglia 
Lecce, 
con 
la 
sen

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


tanto, non � 
pi� sufficiente 
un generico interesse 
conoscitivo, ma 
un quid pluris: 
la 
situazione 
antigiuridica 
paventata 
deve 
essere 
in atto o quanto meno ragionevolmente 
prevedibile 
ed, inoltre, � 
necessaria 
la 
sussistenza 
di 
un nesso 
di 
pertinenza 
fra 
documento e 
tutela 
dell�interesse. Dunque, occorre 
una 
necessit� 
e non una mera utilit� per consentire l�accesso (14). 


nel 
prosieguo 
si 
vedr� 
come 
la 
giurisprudenza 
ha 
calibrato 
il 
diritto 
di 
accesso alla 
tutela 
della 
riservatezza 
nelle 
singole 
fattispecie 
ed i 
risvolti 
nel 
caso 
oggetto 
dell�attenzione 
del 
presente 
elaborato. 
Il 
lavoro 
di 
bilanciamento 
appare 
complesso e 
difficoltoso, in quanto, pur facendo salve 
le 
disposizioni 
del 
Codice 
della 
Privacy, la 
P.A. deve, comunque, tutelare 
un altro principio 
centrale: il 
�diritto all�autodeterminazione informativa� 
(15). 

L�accesso 
riguarda 
esclusivamente 
il 
documento 
amministrativo 
cos� 
come 
definito 
dall�art. 
22: 
�ogni 
rappresentazione 
grafica, 
fotocinematografica, 
elettromagnetica 
o 
di 
qualunque 
altra 
specie 
del 
contenuto 
di 
atti, 
anche 
interni 
o 
non 
relativi 
ad 
uno 
specifico 
procedimento, 
detenuti 
da 
una 
pubblica 
amministrazione 
e 
concernenti 
attivit� 
di 
pubblico 
interesse, 
indipendentemente 
dalla 
natura 
pubblicistica 
o 
privatistica 
della 
loro 
disciplina 
sostanziale�. 


Il 
Legislatore 
ha 
optato per una 
definizione 
generale, senza 
prodursi 
in 
un�elencazione 
tassativa 
e 
puntuale 
degli 
atti 
accessibili. 
Ad 
ogni 
modo 
si 
tratta 
di 
atti 
interni 
alla 
Pubblica 
Amministrazione 
o comunque 
utilizzati 
ai 
fini 
del-
l�attivit� 
amministrativa, cos� 
come, atti 
di 
un procedimento in fase 
di 
elaborazione, 
non 
necessariamente 
provenienti 
dall�Amministrazione, 
purch� 
intervenuti nel procedimento amministrativo. 

Sul 
punto, 
per�, 
� 
la 
giurisprudenza 
che 
ha 
concretamente 
stabilito 
dei 


tenza 
n. 
3015/2007, 
ha 
optato 
per 
la 
seconda 
tesi 
individuata. 
La 
dottrina, 
con 
un�interpretazione 
pienamente 
condivisibile, 
ha 
sostenuto 
che 
se 
il 
giudizio 
fosse 
stato 
pendente, 
avrebbero 
trovato 
applicazione 
le 
disposizioni 
contenute 
all�art. 
47 
del 
Codice 
della 
Privacy 
concernente 
il 
trattamento 
di 
dati 
sensibili 
per 
ragioni 
di 
giustizia, 
mentre 
quando 
il 
diritto 
di 
accesso 
� 
svincolato 
da 
esigenze 
difensive 
in 
senso 
stretto 
si 
applica 
l�art. 
22 
della 
L. 
241/1990 
(VILLECCo 
A., 
il 
diritto 
di 
difesa 
tra 
accesso 
ai 
documenti 
con 
dati 
ultrasensibili 
e 
tutela 
del 
diritto 
alla 
riservatezza, 
in 
Famiglia 
e 
Diritto, 
2008, 
nn. 
8-9, 
pag. 
829). 
In 
quest�ottica 
altra 
parte 
della 
dottrina, 
seguendo 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
(Cons. 
di 
Stato, 
sez. 
VI, 9 gennaio 2004, n. 14), si 
� 
spinta 
fino a 
dire 
che 
il 
diritto di 
accesso � 
autonomo, non dipendente 
dalla 
sorte 
del 
processo principale 
e 
dalla 
stessa 
possibilit� 
di 
istallazione 
del 
medesimo. Si 
potrebbe, 
addirittura 
ritenere 
che 
l�accesso 
debba 
essere 
consentito 
anche 
ad 
un 
atto 
amministrativo 
inoppugnabile, 
se 
vi 
� 
un interesse 
personale, concreto, attuale 
e 
serio dell�istante 
(TAr Lazio, sentenza 
n. 1968/1998). 
Autonomia 
e 
indipendenza 
del 
diritto di 
accesso agli 
atti 
rispetto al 
diritto di 
agire 
in giudizio non significa 
che 
il 
titolare 
acquisti 
un nuovo ed autonomo potere 
perch� 
rimane 
pur sempre 
un diritto per sua 
natura 
strumentale, in quanto funzionale 
al 
soddisfacimento di 
un interesse 
ad esso sotteso (PozzAnI 
P., 


il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova dinamica tra interesse 
e 
diritto, cit., pag. 4281). 
Tutto questo per impedire che l�attivit� della P.A. diventi molto pi� lenta e molto meno efficiente. 


(14) PozzAnI 
P., 
il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova 
dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. 
(15) PozzAnI 
P., il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova 
dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


limiti 
invalicabili 
che 
saranno 
oggetto 
delle 
due 
sentenze 
del 
TAr 
Emilia 
romagna 
oggi 
in 
esame: 
l�accesso 
deve 
essere 
utilizzato 
per 
documenti 
gi� 
preesistenti 
e 
non 
allo 
scopo 
di 
promuovere 
la 
costituzione 
di 
nuovi 
documenti 
contenenti 
informazioni 
richieste 
od 
ottenere 
informazioni 
sullo 
stato 
di 
un 
procedimento 
ovvero 
il 
nome 
di 
un 
responsabile 
(16). 
L�art. 
2 
co. 
2 
del 
D.P.r. 
n. 
184/2006 
individua 
quale 
regola 
generale 
che 
�la 
Pubblica 
amministrazione 
non 
� 
tenuta 
ad 
elaborare 
dati 
in 
suo 
possesso 
al 
fine 
di 
soddisfare 
le 
richieste 
di 
accesso� 
e, 
in 
definitiva, 
l�accesso 
pu� 
riguardare 
esclusivamente 
documenti 
preesistenti 
e 
sufficientemente 
individuati. 
Questo 
riferimento 
normativo 
� 
volto 
a 
tutelare 
i 
principi 
di 
efficienza 
dell�attivit� 
amministrativa 
che, 
per�, 
incontrano 
un 
limite 
nella 
�leale 
cooperazione 
istituzionale�, 
in 
forza 
della 
quale 
una 
ragionevole 
attivit� 
di 
elaborazione 
non 
pu� 
essere 
rifiutabile 
(17). 


Va 
aggiunto, pur essendo intuitivo, che 
l�accesso � 
consentito ed � 
esercitabile 
fino a 
quando la 
P.A. ha 
l�obbligo di 
detenere 
i 
documenti 
amministrativi 
dei quali si chiede l�accesso. 

4. il contrasto giurisprudenziale. 
La 
normativa 
in 
materia 
di 
diritto 
di 
accesso, 
in 
assenza 
della 
nuova 
per 
la 
ricerca 
dei 
beni 
da 
pignorare, 
spingeva 
i 
Consiglieri 
di 
Palazzo 
Spada 
a 
confermare 
la 
sentenza 
del 
TAr 
adito 
che 
consentiva 
l�accesso 
all�Anagrafe 
Tributaria. 


Vanno 
ripercorsi 
alcuni 
dei 
passaggi 
argomentativi 
della 
sentenza 
n. 
2472/2014 della 
sez. IV 
del 
Consiglio di 
Stato - presa 
a 
modello fra 
le 
tante 
sul 
tema 
-per 
individuare 
e 
risolvere 
i 
conflitti 
con 
la 
normativa 
introdotta 
con il 
D.L. n. 132/2014: 
� 
sussistente 
�uno stretto nesso di 
pertinenza tra il 
documento e 
la tutela dell�interesse, in quanto i 
documenti 
fiscali 
del 
coniuge 
risultavano 
oggettivamente 
utili 
al 
perseguimento 
del 
fine 
di 
tutela� 
e 
l�accesso 
alla 
documentazione 
fiscale, reddituale 
e 
patrimoniale 
del 
coniuge 
� 
al 
fine 
di 
difendere 
il 
proprio interesse 
giuridico, attuale 
e 
concreto, la 
cui 
necessit� 
di tutela � reale ed effettiva e non semplicemente ipotizzata. 

Si 
aggiunge, altres�, che 
�con la modifica della l. n. 241/1990, operata 
dalla l. n. 15/2005, � 
stata codificata la prevalenza del 
diritto di 
accesso agli 
atti 
amministrativi 
e 
considerato 
recessivo 
l�interesse 
alla 
riservatezza 
dei 
terzi, quando l�accesso sia esercitato prospettando l�esigenza della difesa di 
un interesse giuridicamente rilevante�. 


ovviamente, 
�l�istanza di 
accesso deve 
essere 
motivata in modo ben pi� 
rigoroso rispetto alla richiesta di 
documenti 
che 
attengono al 
richiedente: in 
particolare, si 
� 
osservato che, fuori 
dalle 
ipotesi 
di 
connessione 
evidente 
tra 


(16) Cons. di Stato, sez. VI, 27 maggio 2003, n. 2938. 
(17) PozzAnI 
P., il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova 
dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


diritto all�accesso ad una certa documentazione 
ed esercizio proficuo del 
diritto 
di 
difesa, incombe 
sul 
richiedente 
l�accesso dimostrare 
la specifica connessione 
con 
gli 
atti 
di 
cui 
ipotizza 
la 
rilevanza 
a 
fini 
difensivi 
e 
ci� 
anche 
ricorrendo 
all�allegazione 
di 
elementi 
induttivi, 
ma 
testualmente 
espressi, 
univocamente 
connessi 
alla conoscenza necessaria alla linea difensiva e 
logicamente 
intellegibili 
in 
termini 
di 
consequenzialit� 
rispetto 
alle 
deduzione 
difensive esplicabili� 
(18). 


Se 
questo veniva 
detto in via 
di 
principio, �nel 
caso di 
specie 
la cura e 
la tutela degli 
interessi 
economici 
e 
la serenit� dell�assetto familiare, soprattutto 
nei 
riguardi 
dei 
figli 
minori 
delle 
parti 
in causa, prevale 
o quantomeno 
deve 
essere 
contemperata 
con 
il 
diritto 
di 
riservatezza 
previsto 
dalla 
normativa 
vigente 
in materia di 
accesso a tali 
documenti 
sensibili 
del 
coniuge. Va considerato 
dirimente, 
al 
riguardo, 
il 
fatto 
che 
nella 
specie 
la 
richiesta 
di 
accesso 
sia provenuta dal 
marito della controinteressata e 
non da un quisque 
de 
populo 
e 
che 
l�interesse 
dello stesso, attuale 
e 
concreto, alla cura dei 
propri 
interessi 
in giudizio si presentasse sicuramente qualificato�. 

Di 
questo primo orientamento appare 
certamente 
condivisibile 
che, nel-
l�ottica 
del 
bilanciamento fra 
il 
diritto di 
difesa 
da 
una 
parte 
e 
il 
diritto di 
riservatezza 
dall�altra, 
possa 
darsi 
prevalenza 
al 
primo 
nell�intento 
di 
salvaguardare 
la 
serenit� 
familiare 
e 
la 
solidit� 
patrimoniale 
delle 
parti 
in 
causa, 
anche 
perch�, 
come 
correttamente 
evidenziato 
dai 
giudici 
di 
Palazzo 
Spada, 
la 
richiesta 
di 
accesso, 
pur 
non 
pervenendo 
dal 
diretto 
interessato, 
proveniva 
da 
un membro della 
famiglia 
che, in via 
di 
principio, conosceva 
il 
patrimonio 
di tutti i membri della stessa. 

non 
va 
taciuto 
che, 
s�, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ammetteva 
l�accesso, 
ma 
nella 
sola 
forma 
della 
visione 
dei 
documenti 
senza 
possibilit� 
di 
estrarre 
copia, 
poich� 
il 
regolamento del 
Ministero delle 
Finanze, stabiliva 
che 
la 
documentazione 
finanziaria, 
economica, 
patrimoniale 
e 
tecnica 
di 
persone 
fisiche 
e 
giuridiche, gruppi, imprese 
e 
associazioni 
� 
sottratta 
all�accesso, fatte 
salve 
le 
richieste 
del 
titolare 
dell�interesse 
in via 
di 
principio generale, ferma 
restando 
la 
visione 
degli 
atti 
dei 
procedimenti 
amministrativi 
la 
cui 
conoscenza 
sia 
necessaria 
per la 
cura 
e 
la 
difesa 
degli 
interessi 
giuridicamente 
rilevanti 
proprio 
di coloro che ne fanno motivata richiesta. 


La 
pronuncia 
del 
Consiglio di 
Stato si 
inserisce 
in un contesto giuridico 
in cui, gi� 
da 
tempo, la 
giustizia 
amministrativa 
aveva 
affermato che 
il 
diritto 
di 
ottenere 
l�ablazione 
del 
vincolo 
matrimoniale 
per 
effetto 
di 
un�azione 
di 
nullit� 
o di 
divorzio � 
da 
considerare 
un diritto della 
personalit� 
come 
anche 
il 
diritto a 
chiedere 
la 
separazione 
ogni 
qual 
volta 
si 
concreti 
una 
situazione 
tale 
da 
rendere 
oggettivamente 
intollerabile 
la 
prosecuzione 
della 
convivenza. 


(18) Cons. di Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, n. 1568. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


Un 
tempo, 
il 
favor 
matrimonii 
e 
il 
preminente 
calore 
dell�unit� 
familiare 
avrebbe 
potuto contrastare 
tale 
conclusione, ma 
l�evoluzione 
del 
costume 
sociale 
e 
della 
stessa 
legislazione 
fa 
emergere 
anche 
all�interno della 
coppia 
coniugale 
i 
valori 
della 
personalit� 
di 
ciascun 
coniuge 
dando 
decisivo 
rilievo 
alla 
tutela di ciascuno di essi e ai rispettivi spazi di libert� (19). 


Tale 
sentenza 
interveniva, per�, in un momento antecedente 
all�introduzione 
della 
normativa 
in 
esame, 
che, 
senza 
possibili 
dubbi 
interpretativi, 
estende 
la 
procedura 
autorizzativa 
anche 
ai 
processi 
in materia 
di 
famiglia, in 
quanto l�aspetto economico patrimoniale 
� 
l�ambito pi� conflittuale 
e 
poich� 
si 
vogliono 
tutelare 
anche 
gli 
interessi 
dei 
figli 
minori 
destinatari 
e 
beneficiari 
dell�assegno di mantenimento. 


Il 
TAr 
Emilia-romagna, 
richiamando 
e 
dando 
vigore 
alla 
normativa 
sull�accesso cos� 
come 
qualificabile 
ante 
2014, precisa 
che 
�il 
diritto di 
accesso 
debba 
comunque 
prevalere 
sull�esigenza 
di 
riservatezza 
di 
terzi, 
quando 
viene 
esercitato 
per 
consentire 
la 
cura 
o 
la 
difesa 
processuale 
di 
interessi 
giuridicamente 
protetti 
e 
quando 
esso 
concerne, 
come 
nella 
specie, 
documenti 
amministrativi 
indispensabili 
a tali 
fini, la cui 
esigenza non pu� essere 
altrimenti 
soddisfatta�. Eppure 
il 
quadro normativo e 
giurisprudenziale 
� 
mutato 
dalle 
modificazioni 
apportate 
al 
Codice 
di 
Procedura 
Civile 
dal 
D.L. 
n. 
132/2014 
convertito 
con 
la 
L. 
n. 
162/2014 
e 
non 
pu� 
ritenersi 
che 
quest�ultima 
normativa 
abbia 
esclusivamente 
ampliato i 
poteri 
istruttori 
del 
giudice 
della 
cognizione, 
avendo 
una 
successiva 
modifica 
permesso 
l�accesso 
diretto 
all�interessato, 
senza il tramite dell�Ufficiale Giudiziario. 

Il 
TAr evidenzia, correttamente, che 
�la scelta di 
subordinare 
la possibilit� 
di 
ricerca 
telematica 
da 
parte 
dei 
soggetti 
direttamente 
interessati 
in 
tali 
nuove 
controversie 
alla 
previa 
autorizzazione 
del 
Presidente 
del 
tribunale 
risulta, oltre 
che 
del 
tutto coerente 
con quanto originariamente 
previsto per 
il 
procedimento di 
pignoramento, anche 
del 
tutto ragionevole, tenuto conto, da 
un lato dell�indiscussa autorevolezza, imparzialit� e 
cognizione 
di 
causa del-
l�organo autorizzante 
e, dall�altro lato, della particolare 
importanza e 
delicatezza 
delle 
controversie 
in 
dette 
materie 
(e, 
in 
particolare, 
di 
quelle 
in 
materia 
di 
famiglia) 
che 
impongono 
una 
pi� 
attenta 
tutela 
di 
tutte 
le 
posizioni 
in esse 
coinvolte; esigenza, questa, che 
mal 
si 
concilierebbe 
con la possibilit� 
di 
utilizzo indiscriminato delle 
banche 
dati 
telematiche 
da parte 
dei 
contendenti 
della lite sottostante�. 


� 
solo con questa 
recentissima 
normativa 
che 
il 
legislatore 
ha 
dato concreta 
ed 
equilibrata 
attuazione 
a 
detta 
esigenza 
di 
contemperamento 
tra 
accesso 
e 
riservatezza, 
che 
con 
la 
normativa 
sull�accesso 
e 
con 
il 
Codice 
della 
Privacy 
poteva qualificarsi come mero principio informatore. 


(19) VILLECCo 
A., il 
diritto di 
difesa tra accesso ai 
documenti 
con dati 
ultrasensibili 
e 
tutela del 
diritto alla riservatezza, cit., pag. 829. 

ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


A 
parere 
di 
chi 
scrive, non si 
pu� non evidenziare 
che 
la 
procedura 
per il 
rilascio 
dell�autorizzazione, 
nella 
prassi, 
viene 
evasa 
in 
tempi 
ragionevoli 
e 
non 
eccessivamente 
lunghi 
ed 
� 
economicamente 
accessibile 
(20), 
certamente 
non 
paragonabile 
alle 
tempistiche 
ed 
ai 
costi 
di 
una 
causa 
civile. 
Appare, 
quindi, irragionevole 
ed incomprensibile 
l�attivazione 
di 
un giudizio amministrativo 
sicuramente 
meno 
conveniente 
sotto 
il 
profilo 
temporale 
e 
sotto 
il 
profilo 
economico. 


oltre 
al 
dato letterale 
della 
nuova 
normativa, che 
impedisce 
a 
chiare 
lettere 
la 
possibilit� 
di 
applicare 
il 
diritto di 
accesso cos� 
come 
previsto dall�art. 
22, vi 
� 
un altro ed ulteriore 
elemento che 
impedisce 
l�accesso diretto: 
il 
concetto 
di documento ai sensi della L. n. 241/1990. 


La 
giurisprudenza 
di 
legittimit� 
ha 
avuto modo di 
chiarire 
che 
solo i 
documenti 
preesistenti 
e 
specificatamente 
individuati 
possono essere 
oggetto di 
accesso, 
ma 
fino 
a 
che 
punto 
le 
informazioni 
contenute 
all�Anagrafe 
Tributaria 
fungono da vero e proprio documento amministrativo preesistente? 


non a 
caso viene 
utilizzato il 
termine 
�informazione�, poich� 
le 
informazioni 
non 
hanno 
la 
consistenza 
di 
un 
documento, 
presupponendo 
un�attivit� 
di 
analisi 
ed elaborazione 
di 
dati 
e 
nozioni, non integranti 
quel 
�documento 
amministrativo� 
che 
solo costituisce 
l�oggetto del 
diritto di 
accesso 
ex 
L. n. 
241/1990. In tal 
senso, come 
gi� 
anticipato, si 
� 
espressa 
nel 
tempo la 
giurisprudenza 
di 
merito 
e 
di 
legittimit�, 
chiarendo 
che 
�il 
diritto 
di 
accesso 
si 
esercita con riferimento ai 
documenti 
amministrativi 
materialmente 
esistenti 
al 
momento della richiesta e 
detenuti 
alla stessa data da una Pubblica amministrazione. 
[�] 
la 
Pubblica 
amministrazione 
non 
� 
tenuta 
ad 
elaborare 
dati 
in suo possesso al fine di soddisfare le richieste di accesso� 
(21). 

Per 
evadere 
la 
richiesta 
del 
coniuge 
� 
necessario 
un 
vero 
e 
proprio 
fa-
cere 
dell�operatore 
amministrativo: 
l�analisi 
dei 
rapporti, 
l�individuazione 
di 
quelli 
utili 
all�istanza 
dell�interessato 
e 
la 
conseguente 
produzione 
di 
un 
documento 
ad 
hoc. 
Da 
ci� 
si 
desume 
che 
il 
funzionario 
compie 
una 
vera 
e 
propria 
attivit� 
di 
selezione 
delle 
informazioni, 
la 
conseguente 
estrapolazione 
e 
rielaborazione 
delle 
nozioni 
utili 
al 
richiedente 
e 
l�inserimento 
delle 
stesse 
in 
un 
documento 
apposito, 
nuovo 
ed 
autonomo. 
A 
maggior 
ragione 
non 
si 
tratta 
di 
facere 
meramente 
strumentale, 
quale 
l�estrarre, 
il 
fotocopiare 
ed 
il 
mettere 
a 
disposizione 
del 
richiedente 
i 
documenti, 
essendo, 
piuttosto, 
un�attivit� 
valutativa 
e 
ricostruttiva 
di 
un 
documento 
nuovo, 
quindi, 
fuori 
dai 
limiti 
oggettivi 
posti 
dalla 
241/1990 
e 
richiamati 
a 
pi� 
riprese 
dalla 
giurisprudenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
(22). 


(20) Per l�istallazione 
del 
giudizio � 
richiesta 
esclusivamente 
una 
marca 
da 
bollo di 
� 43,00, alla 
quale dovranno aggiungersi le spese legali. 
(21) TAr Campania napoli, sez. VI, 8 marzo 2016, n. 1231. 
(22) Cons. di Stato, sez. VI, 25 settembre 2006, n. 5636. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


5. Conclusioni. 
Per concludere, lasciando il 
passo alle 
parole, pi� pregnanti 
e 
gi� 
ampiamente 
indagate, delle 
sentenze 
del 
TAr Emilia-romagna 
che 
si 
consiglia 
di 
leggere, appare 
doveroso evidenziare 
come 
il 
Tribunale 
Amministrativo emiliano-
romagnolo si 
sia 
fatto portatore 
dell�interpretazione 
della 
nuova 
normativa, 
chiara, precisa e non trascurabile. 

Ad avviso di 
chi 
scrive, questa 
nuova 
interpretazione 
giurisprudenziale 
non 
entra 
drasticamente 
in 
conflitto 
con 
la 
L. 
n. 
241/1990 
in 
materia 
di 
accesso 
n� 
con i 
precedenti 
orientamenti 
giurisprudenziali, poich� 
da 
sempre 
intento 
del 
legislatore 
e 
dei 
giudici 
� 
stato quello di 
garantire 
il 
diritto di 
accesso nel 
rispetto dei 
presupposti 
e 
dei 
requisiti 
tassativamente 
prescritti 
dalla 
legge. In 
questo senso, infatti, il 
diritto di 
accesso, quale 
espressione 
del 
pi� generale 
principio di 
trasparenza 
al 
quale 
deve 
tendere 
la 
P.A., � 
stato consentito esclusivamente 
ai 
portatori 
di 
un interesse 
personale, concreto ed attuale, anche 
al 
fine 
di 
non incidere 
negativamente 
su un altro assioma 
per l�attivit� 
amministrativa: 
il 
buon 
andamento, 
escludendo, 
quindi 
il 
cd. 
accesso 
generalizzato 
che avrebbe rallentato l�operare dei funzionari pubblici. 

Cos� 
come, sempre 
nell�ottica 
di 
tutela 
dei 
principi 
costituzionali 
sanciti 
all�art. 
97 
Cost., 
l�accesso 
� 
stato 
consentito 
esclusivamente 
ai 
documenti 
preesistenti 
e 
formalizzati, escludendo tutte 
quelle 
attivit� 
volte 
alla 
produzione 
di 
un documento ad hoc. 

Da 
ultimo, poi, con l�introduzione 
del 
Codice 
Privacy, � 
stato necessario 
intraprendere 
un difficile 
gioco di 
bilanciamento fra 
interessi: 
seppur la 
giurisprudenza 
ha 
unanimemente 
ritenuto prevalente 
il 
diritto di 
difesa 
a 
quello di 
riservatezza 
del 
controinteressato 
che 
poteva 
sentirsi 
leso 
dall�accesso 
al 
provvedimento 
che 
lo riguardava, � 
sempre 
stata 
necessaria 
un�analisi 
ed una 
valutazione 
ponderata caso per caso. 

non 
pu� 
parlarsi 
di 
vera 
e 
propria 
collisione 
fra 
la 
nuova 
normativa 
in 
materia 
di 
ricerca 
dei 
beni 
da 
pignorare 
e 
quella 
sul 
diritto di 
accesso, poich�, 
in questo caso, il 
bilanciamento di 
interessi 
� 
stato posto in essere, in via 
preliminare, 
dal 
legislatore, il 
quale 
ha 
ritenuto di 
dover dar prevalenza 
al 
diritto 
di 
riservatezza 
ed anzi 
ha 
permesso l�accesso, seppur mediato all�intervento 
del 
Presidente 
del 
Tribunale, ad una 
documentazione 
che 
non aveva 
tutti 
i 
canoni 
richiesti 
dall�art. 
22 
della 
L. 
n. 
241/1990 
-essendo 
stata 
qualificata 
come 
informazione - arrivando, quindi, ad ampliare il novero dei dati accessibili. 

A 
maggior ragione, la 
normativa 
tributaria, confermata 
dalla 
giurisprudenza 
amministrativa, ammetteva 
il 
diritto di 
accesso, ma 
impedendo la 
possibilit� 
di 
estrarre 
copia, 
quindi 
limitando, 
fin 
dall�origine, 
il 
diritto 
di 
accesso 
all�Anagrafe 
Tributaria, 
salvaguardando 
il 
diritto 
alla 
riservatezza 
da 
possibili 
pregiudizi che la copia o la trascrizione avrebbero potuto cagionare (23). 

Con 
la 
nuova 
normativa 
l�accesso 
non 
� 
stato 
limitato, 
ma 
anzi 
� 
stato 
notevolmente ampliato, quantomeno nella sostanza. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


non si 
pu� neanche 
trascurare 
che, come 
evidenziato in precedenza, la 
procedura 
di 
rilascio dell�autorizzazione 
da 
parte 
del 
Presidente 
del 
Tribunale 
non richiede 
tempistiche 
lunghe 
e, anzi, probabilmente 
molto pi� celeri 
di 
un 
eventuale 
ricorso innanzi 
al 
TAr, che, tra 
l�altro, porta 
sempre 
con s� 
elevato 
rischio di insuccesso. 


non resta 
che 
monitorare 
le 
tempistiche 
e 
la 
diffusione 
dell�applicazione 
degli 
artt. 492 bis 
c.p.c. - 155 quinquies 
e 
sexies 
disp. att. c.p.c. ed attendere 
eventuali 
e 
successive 
pronunce 
giurisprudenziali 
per 
poter 
comprendere 
a 
pieno la portata del cambiamento. 


tribunale 
Amministrativo 
Regionale 
per 
la 
emilia 
Romagna, 
Sez. 
I, 
sentenza 
2 
febbraio 
2017 
n. 
64 
-Pres. 
Di 
nunzio, 
est. 
Giovannini 
-omissis 
(avv. 
D. 
Abram) 
c. 
Agenzia 
delle 
Entrate 
- Direzione regionale dell�Emilia romagna (avv. St. L. Paolucci). 


FATTo e DIrITTo 
riferisce 
l�odierno 
ricorrente 
di 
avere 
a 
suo 
tempo 
proposto 
ricorso 
dinanzi 
al 
Tribunale 
civile 
di 
Bologna 
al 
fine 
di 
ottenere 
sentenza 
dichiarativa 
della 
separazione 
personale 
dalla 
moglie. 
Al 
fine 
di 
tutelare 
i 
propri 
diritti 
e 
interessi 
nei 
confronti 
della 
consorte, costituitasi 
in quel 
giudizio chiedendo al 
Tribunale 
di 
porre 
a 
carico del 
marito un assegno di 
mantenimento per 
s� 
e 
per 
i 
due 
figli, 
ricorrente, 
ritenendo 
oltremodo 
eccessivo 
l�importo 
di 
detto 
assegno, 
chiedeva 
all�Agenzia 
delle 
Entrate 
di 
potere 
accedere 
ai 
documenti 
fiscali 
della 
moglie 
e 
del 
figlio 
maggiorenne, e, in particolare, oltre 
alle 
dichiarazioni 
dei 
redditi 
presentate 
recentemente 
dai 
medesimi, 
anche 
alle 
�� 
comunicazioni 
inviate 
da 
tutti 
gli 
operatori 
finanziari 
dell�Anagrafe 
tributaria 
-sezione 
Archivio 
dei 
rapporti 
finanziari 
-relative 
ai 
rapporti 
continuativi, 
alle 
operazioni 
di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere�� riconducibili alla moglie. 
Con l�atto introduttivo del 
presente 
giudizio, il 
ricorrente 
ha 
chiesto pronuncia 
dichiarativa 
dell�illegittimit� 
del 
silenzio serbato dall�Agenzia 
delle 
Entrate 
riguardo alla 
predetta 
istanza 
di 
accesso. 
In 
seguito 
-sopraggiunto 
il 
parziale 
diniego 
espresso 
di 
accesso 
da 
parte 
dell�Agenzia 
delle 
Entrate, 
Direzione 
regionale 
dell�Emilia-romagna, 
mediante 
il 
quale 
si 
negava 
unicamente 
l�ostensione 
delle 
comunicazioni 
e 
dei 
dati 
relativi 
ai 
rapporti 
finanziari 
del 
coniuge 
contenuti 
nella 
Sezione 
Archivio 
dei 
rapporti 
finanziari 
dell�Anagrafe 
Tributaria 
-il 
ricorrente 
presentava 
motivi 
aggiunti, 
con 
essi 
contestualmente 
chiedendo 
pronuncia 
dichiarativa 
sia 
dell�illegittimit� 
del 
diniego parziale 
di 
accesso sia 
del 
proprio diritto ad accedere 
anche 
di 
tali 
atti. Tale 
pretesa 
� 
basata 
su motivi 
in diritto rilevanti: 
violazione 
degli 
artt. 22, 24 e 
25 L. 


n. 241 del 
1990; 
dell�art. 5 del 
D.M. n. 603 del 
1996; 
violazione 
del 
principio di 
trasparenza 
dell�azione 
amministrativa; 
eccesso di 
potere 
per carenza 
di 
istruttoria, manifesta 
illogicit�, 
travisamento dei fatti e contraddittoriet�. 
Si 
� 
costituita 
in giudizio Agenzia 
delle 
Entrate 
- Direzione 
regionale 
per l�Emilia-romagna 
-chiedendo la 
reiezione 
di 
ambedue 
i 
ricorsi, in quanto infondati, ritenendo non esistente, nel 
(23) PozzAnI 
P., il 
diritto di 
accesso tra riforma ed applicazione 
giurisprudenziale: una nuova 
dinamica tra interesse e diritto, cit., pag. 4281. 

rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


caso in esame, alcun diritto di 
accesso del 
richiedente 
in relazione 
ai 
dati 
contenuti 
nell�Archivio 
dei rapporti Finanziari dell�Anagrafe 
Tributaria. 
Alla 
camera 
di 
consiglio del 
giorno 23 novembre 
2016, la 
causa 
� 
stata 
chiamata 
ed � 
stata 
quindi trattenuta per la decisione come indicato nel verbale. 
Il 
Collegio osserva, in via 
preliminare, che 
il 
ricorso principale 
deve 
essere 
dichiarato improcedibile 
per sopravenuta 
carenza 
di 
interesse, essendo venuta 
meno, nelle 
more 
dell�azione, 
l�inerzia 
dell�Agenzia 
delle 
Entrate 
Direzione 
regionale 
dell�Emilia 
romagna, avendo essa 
adottato la 
nota 
in data 
12/9/2016, con la 
quale, in riscontro all�istanza 
di 
accesso presentata 
dal 
ricorrente 
in data 
22/6/2016, ha 
rifiutato l�ostensione 
di 
solo parte 
della 
documentazione 
richiesta, concernente 
i 
dati 
e 
i 
documenti 
relativi 
ai 
rapporti 
finanziari 
della 
moglie 
del 
richiedente 
contenuti 
nell�Archivio dei 
rapporti 
finanziari 
dell�Anagrafe 
Tributaria. Pertanto, 
sempre 
in via 
preliminare, anche 
il 
ricorso per motivi 
aggiunti 
deve 
essere 
dichiarato 
in parte 
qua improcedibile 
per sopravvenuta 
carenza 
di 
interesse, avendo l�Agenzia 
delle 
Entrate 
accondisceso 
all�ostensione 
di 
tutti 
i 
restanti 
dati 
e 
documenti 
fiscali 
in possesso della 
stessa 
riguardanti 
la 
moglie 
e 
il 
figlio 
maggiorenne 
del 
ricorrente. 
resta, 
quindi, 
da 
decidere 
unicamente 
la 
questione 
relativa 
all�ostensibilit� 
o 
meno 
dei 
suddetti 
dati 
e 
documenti 
relativi 
ai 
rapporti 
finanziari 
della 
moglie 
del 
richiedente 
contenuti 
nella 
Sezione 
Archivio dei 
rapporti 
finanziari 
dell�Anagrafe 
Tributaria. L�Agenzia 
delle 
Entrate 
ha 
motivato il 
diniego opposto 
al 
ricorrente 
sul 
presupposto 
che, 
avendo 
l�art. 
155 
sexies 
disp. 
att. 
del 
codice 
di 
procedura 
civile 
esteso le 
disposizioni 
in materia 
di 
ricerca 
con modalit� 
telematiche 
dei 
beni 
da 
pignorare 
anche 
ai 
procedimenti 
in 
materia 
di 
diritto 
di 
famiglia, 
per 
effetto 
di 
tale 
richiamo 
��l�accesso alle 
informazioni 
contenute 
nell�Archivio dei 
rapporti 
finanziari 
deve 
ritenersi 
possibile 
esclusivamente 
in presenza 
di 
preventiva 
ed apposita 
autorizzazione 
rilasciata 
dal-
l�Autorit� 
giudiziaria�� 
e, 
nello 
specifico 
dal 
Presidente 
del 
tribunale 
presso 
cui 
pende 
la 
causa 
di 
separazione 
personale. Di 
contrario avviso � 
l�odierno ricorrente, il 
quale, fondando 
il 
proprio ragionamento sul 
presupposto che 
il 
diritto di 
accesso debba 
comunque 
prevalere 
sull�esigenza 
di 
riservatezza 
di 
terzi 
quando viene 
esercitato per consentire 
la 
cura 
o la 
difesa 
processuale 
di 
interessi 
giuridicamente 
protetti 
e 
quando esso concerne, come 
nella 
specie, 
documenti 
amministrativi 
indispensabili 
a 
tali 
fini, la 
cui 
esigenza 
non pu� essere 
altrimenti 
soddisfatta, perviene 
alla 
conclusione 
circa 
la 
piena 
accessibilit� 
ai 
suddetti 
documenti. Tale 
prevalenza 
del 
diritto di 
accesso deve 
essere 
riconosciuta 
anche 
nelle 
controversie 
in materia 
di 
famiglia 
e, nello specifico, nella 
causa 
di 
separazione 
fra 
i 
coniugi 
sottostante 
l�istanza 
di 
accesso, 
sussistendo 
tutti 
i 
presupposti 
di 
legge 
e 
sussistendo 
altres�, 
tutti 
gli 
elementi 
che 
sono stati 
individuati 
dalla 
giurisprudenza 
per consentire 
all�interessato di 
dimostrare 
la 
capacit� 
economica 
e 
patrimoniale 
del 
coniuge 
o 
del 
convivente 
more 
uxorio, 
mediante 
l�accesso 
alle 
comunicazioni 
contenute 
nel 
suddetto Archivio informatico dei 
rapporti 
finanziari. Secondo 
la 
tesi 
del 
ricorrente 
non costituisce 
ostacolo all�ostensione 
di 
tali 
dati 
quanto dispone 
l�art. 24 L. n. 241 del 
1990, posto che, in riferimento alle 
limitazioni 
del 
diritto all�accesso 
contenute 
nella 
suddetta 
norma, il 
Consiglio di 
Stato ha 
autorevolmente 
stabilito che 
��la 
cura 
e 
la 
tutela 
degli 
interessi 
economici 
e 
della 
serenit� 
dell�assetto familiare 
soprattutto nei 
riguardi 
dei 
figli 
minori 
delle 
parti 
in causa 
prevale 
o quantomeno deve 
essere 
contemperata 
con il 
diritto alla 
riservatezza 
previsto dalla 
normativa 
vigente 
in materia 
di 
accesso a 
tali 
documenti 
sensibili 
del 
coniuge..� 
(Cons. Stato sez. IV, 2014 n. 2472). Secondo l�instante, detta 
decisione 
stabilisce 
l�oggettiva 
prevalenza, in ogni 
caso, del 
diritto di 
accesso del 
coniuge 
ai 
dati 
e 
alle 
informazioni 
relativi 
ai 
rapporti 
finanziari 
dell�altro 
coniuge 
contenuti 
nell�Archivio 
dei 
rapporti 
finanziari, 
rispetto 
alla 
riservatezza 
dei 
dati 
personali 
in 
detta 
banca 
dati 
contenuti. 



ConTEnzIoSo 
nAzIonALE 


n� 
la 
difesa 
del 
ricorrente 
� 
dell�avviso 
che 
tale 
quadro 
normativo 
e 
giurisprudenziale 
sia 
mutato 
a 
seguito delle 
modificazioni 
apportate 
al 
codice 
di 
procedura 
civile 
dal 
D.L. n. 132 del 
2014 convertito dalla 
L. n. 162 del 
2014, specie 
con riferimento all�introduzione 
degli 
artt. 
492 
bis 
e 
155 
sexies, 
in 
quanto 
tali 
nuove 
norme 
a 
suo 
dire 
dispongono 
unicamente 
��un 
ampliamento dei 
poteri 
istruttori 
del 
giudice 
della 
cognizione 
gi� 
previsti 
dal 
codice 
di 
procedura 
civile�� 
(v. 
ric. 
aggiuntivo 
pag. 
9), 
senza 
porre 
alcuna 
limitazione 
al 
diritto 
di 
accesso. 
Il 
Collegio ritiene 
non persuasive 
le 
argomentazioni 
esposte 
dal 
ricorrente, risultando invece 
del 
tutto condivisibile 
la 
tesi 
difensiva 
dell�amministrazione 
resistente, propugnata 
dall�Avvocatura 
erariale. 
Le norme che in questa sede interessano e rilevano recitano rispettivamente: 
-art. 492 bis 
c.p.c. 
�su istanza del 
creditore, il 
presidente 
del 
tribunale 
del 
luogo in cui 
il 
debitore 
ha la residenza, il 
domicilio la dimora o la sede, verificato il 
diritto della parte 
istante 
a procedere 
ad esecuzione 
forzata, autorizza la ricerca con modalit� telematiche 
dei 
beni 
da 
pignorare��. 
-art. 
155 
sexies 
disp. 
att. 
c.p.c. 
�le 
disposizioni 
in 
materia 
di 
ricerca 
con 
modalit� 
telematiche 
dei 
beni 
da pignorare 
si 
applicano anche 
per 
l�esecuzione 
del 
sequestro conservativo e 
per 
la 
ricostruzione 
dell�attivo 
e 
del 
passivo 
nell�ambito 
di 
procedure 
concorsuali 
di 
procedimenti 
in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui�. 
Il 
Collegio ritiene 
che 
dalla 
lettera 
e 
dalla 
ratio 
delle 
riportate 
nuove 
disposizioni 
del 
codice 
di 
procedura 
civile 
si 
evinca 
chiaramente 
che: 
a) l�ampliamento ad ulteriori 
controversie 
- in 
materie 
particolarmente 
rilevanti 
e 
delicate 
quali 
sono certamente 
le 
procedure 
fallimentari 
o 
comunque 
concorsuali, i 
rapporti 
familiari 
e 
la 
gestione 
di 
patrimoni 
altrui 
- della 
possibilit� 
di 
effettuare 
ricerche 
con modalit� 
telematiche, � 
finalizzata 
ad ampliare 
i 
poteri 
istruttori 
del 
giudice 
ordinario anche 
riguardo a 
tali 
nuove 
controversie; 
b) l�accesso ai 
dati 
ricavabili 
da 
ricerche 
effettuate 
con modalit� 
telematiche 
(tra 
le 
quali 
� 
inclusa 
certamente 
anche 
la 
ricerca 
telematica 
da 
effettuarsi 
presso il 
Settore 
Archivio dei 
rapporti 
finanziari 
dell�Anagrafe 
tributaria), 
da 
parte 
dei 
contendenti 
della 
controversia 
civile 
sottostante, necessita 
di 
previa 
autorizzazione 
del 
Presidente 
del 
Tribunale; 
ci� 
sia 
nell�ipotesi 
originaria 
di 
pendenza 
di 
un 
procedimento esecutivo di 
pignoramento, sia 
in riferimento alle 
nuove 
cause 
(tra 
le 
quali 
vi 
sono 
quelle 
in 
materia 
di 
famiglia) 
certe 
destinatarie 
dell�ampliamento 
dei 
poteri 
istruttori 
del 
giudice 
ordinario voluto dal 
legislatore; 
c) la 
scelta 
di 
subordinare 
la 
possibilit� 
di 
ricerca 
telematica 
da 
parte 
dei 
soggetti 
direttamente 
interessati 
in tali 
nuove 
controversie, alla 
previa 
autorizzazione 
del 
Presidente 
del 
Tribunale 
risulta, 
oltre 
che 
del 
tutto 
coerente 
con 
quanto 
originariamente 
previsto 
per 
il 
procedimento 
di 
pignoramento, 
anche 
del 
tutto 
ragionevole, 
tenuto 
conto, 
da 
un 
lato 
dell�indiscussa 
autorevolezza, 
imparzialit� 
e 
cognizione 
di 
causa 
dell�organo 
autorizzante 
e, dall�altro lato, della 
particolare 
importanza 
e 
delicatezza 
delle 
controversie 
in 
dette 
materie 
(e, 
in 
particolare, 
di 
quelle 
in 
materia 
di 
famiglia) 
che 
impongono 
una 
pi� 
attenta 
tutela 
di 
tutte 
le 
posizioni 
in esse 
coinvolte; 
esigenza, questa, che 
mal 
si 
concilierebbe 
con la 
possibilit� 
di 
utilizzo indiscriminato delle 
suddette 
banche 
dati 
telematiche 
da 
parte 
dei 
contendenti 
della 
lite 
sottostante; 
d) quale 
ulteriore 
conseguenza 
delle 
precedenti 
considerazioni 
deriva 
che, 
stante 
l�accertata 
necessit� 
di 
previa 
autorizzazione 
delle 
suddette 
ricerche 
con 
modalit� 
telematica 
nell�ambito 
del 
processo 
civile 
pendente 
relativamente 
ad 
una 
delle 
riferite 
tipologie 
di 
controversie, tale 
autorizzazione 
deve 
necessariamente 
essere 
richiesta 
anche 
nel 
caso in cui 
gli 
stessi 
diretti 
interessati 
intendano agire 
esternamente 
alla 
causa 
civile 
che 
li 
vede 
coinvolti, 
avvalendosi 
dell�istituto 
dell�accesso 
di 
cui 
agli 
artt. 
22 
e 
ss 
L. 
n. 
241 
del 
2000 
ed eventualmente 
dell�azione 
ex art. 116 cod. proc. amm. per ottenere 
l�ostensione 
di 
docu



rASSEGnA 
AVVoCATUrA 
DELLo 
STATo - n. 2/2017 


menti 
contenuti 
in una 
banca 
dati 
telematica. Diversamente 
opinando, infatti, si 
perverrebbe 
all�illogica 
conclusione 
(certamente 
non voluta 
dal 
legislatore) che 
la 
nuova 
disciplina 
autorizzatoria 
della 
ricerca 
con modalit� 
telematiche 
sia, di 
fatto, inutiliter 
data, in concreto ben 
potendo le 
parti 
in causa 
in quelle 
controversie, aggirare 
l�ostacolo dell�autorizzazione 
presentando 
direttamente 
(come 
� 
avvenuto 
nella 
specie) 
istanza 
di 
accesso 
alla 
competente 
Agenzia 
delle Entrate. 
oltre 
a 
ci�, il 
Collegio ritiene 
che 
le 
considerazioni 
svolte 
dal 
ricorrente 
neppure 
possano essere 
condivise 
laddove 
esse 
citano - asseritamente 
in favore 
della 
propria 
tesi 
- la 
sentenza 
della 
quarta 
sezione 
del 
Consiglio di 
Stato 14/5/2014 n. 2472. In disparte 
la 
considerazione, 
pur non irrilevante, che 
la 
suddetta 
decisione 
non tratta 
e 
quindi 
non applica, evidentemente 
ratione 
temporis 
(il 
ricorso 
in 
primo 
grado 
� 
stato 
presentato 
al 
T.A.r. 
Lazio 
nel 
2013) 
la 
nuova 
normativa 
del 
codice 
di 
procedura 
civile, il 
Collegio osserva, in riferimento al 
passo 
della 
sentenza 
gi� 
riportato in narrativa, che 
i 
giudici 
di 
Palazzo Spada 
non affermano che 
il 
diritto di 
accesso delle 
parti 
in causa 
nelle 
cause 
di 
separazione 
e/o di 
divorzio debba 
sempre 
e 
comunque 
prevalere 
sul 
contrapposto diritto alla 
riservatezza 
del 
coniuge 
riguardo alla 
divulgazione 
di 
tali 
documenti 
�sensibili� 
contenuti 
nella 
Sezione 
Archivio dei 
rapporti 
finanziari 
dell�Anagrafe 
Tributaria. Il 
Consiglio di 
Stato sostiene, invece, che 
vi 
siano anche 
casi 
nei 
quali 
la 
tutela 
dei 
diritti 
del 
soggetto richiedente 
l�accesso debba 
��essere 
contemperata 
con il 
diritto alla 
riservatezza 
previsto dalla 
normativa 
vigente 
in materia 
di 
accesso a 
tali 
documenti 
�sensibili� 
del 
coniuge�. ritiene 
conclusivamente 
il 
Collegio che 
proprio mediante 
la 
nuova 
normativa 
introdotta 
nel 
codice 
di 
procedura 
civile, 
il 
legislatore 
abbia 
dato 
concreta 
ed equilibrata 
attuazione 
a 
detta 
esigenza 
di 
contemperamento tra 
accesso e 
riservatezza, indicata 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
nella 
citata 
decisione, 
ma 
da 
ritenersi 
gi� 
presente, 
quale 
principio 
informatore, 
sia 
nella 
disciplina 
dell�accesso 
contenuta 
nella 
L. 
n. 
241 
del 
1990 
sia 
nel 
D. 
Lgs. n. 196 del 2003 (c.d. �Codice della privacy�). 
Per le suesposte ragioni il ricorso per motivi aggiunti � in parte respinto. 
Sussistono giusti 
motivi, in relazione 
alla 
novit� 
della 
principale 
questione 
esaminata 
ed alle 
oscillazioni 
giurisprudenziali 
(anche 
di 
questo 
T.A.r.) 
in 
materia, 
per 
disporre 
l�integrale 
compensazione delle spese del giudizio. 

P.Q.M. 
Il 
Tribunale 
Amministrativo regionale 
per l'Emilia 
- romagna 
(Sezione 
Prima), definitivamente 
pronunciando sul 
ricorso principale 
e 
sul 
ricorso per motivi 
aggiunti, come 
in epigrafe 
proposti: 
A) 
dichiara 
improcedibile 
per 
sopravvenuta 
carenza 
di 
interesse 
il 
ricorso 
principale; 
B) 
in 
parte 
dichiara 
improcedibile 
ed 
in 
parte 
respinge 
il 
ricorso 
per 
motivi 
aggiunti; 
C) 
Spese 
compensate. 
ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
(...) 
Cos� deciso in Bologna, nella camera di consiglio del giorno 23 novembre 2016. 

ParerIdelComItatoConsultIvo
Interpretazione 
della 
normativa 
sulle 
preclusioni 
per 
la 
ammissione 
alla 
procedura 
di 
chiamata 
dei 
docenti 
universitari 


Parere 
del 
18/11/2015-520461-520462, al 20034/2015, avv. Federico 
Basilica 


Il 
Politecnico 
di 
Torino 
ha 
chiesto 
un 
parere 
in 
merito 
ai 
procedimenti 
di 
chiamata 
dei 
docenti 
universitari, 
con 
particolare 
riguardo 
alla 
portata 
applicativa 
della 
norma 
posta 
dall'art. 
18 
della 
legge 
n. 
240/2010 
che 
-nel 
disciplinare 
i 
requisiti 
di 
ammissione 
alla 
procedura 
di 
chiamata 
dei 
professori 
preclude 
la 
partecipazione 
di 
coloro 
che 
abbiano 
un 
grado 
di 
parentela 
o 
di 
affinit�, 
fino 
al 
quarto 
grado 
compreso, 
con 
un 
professore 
appartenente 
al 
dipartimento 
o 
alla 
struttura 
che 
effettua 
la 
chiamata 
ovvero 
con 
il 
rettore, 
il 
direttore 
generale 
o 
un 
componente 
del 
consiglio 
di 
amministrazione 
dell'ateneo. 


Si 
chiede, 
in 
particolare, 
di 
chiarire 
se 
tale 
preclusione 
possa 
essere 
estesa 
anche 
ai 
coniugi 
e 
ai 
conviventi, che 
non sono contemplati 
dalla 
norma 
e 
che 
dunque 
- stando al 
dato letterale 
- potrebbero in linea 
teorica 
partecipare 
alla 
procedura, 
in 
quanto 
per 
essi 
la 
normativa 
non 
prevede 
espressamente 
una 
causa di esclusione. 


L'Universit� 
conosce 
l'indirizzo 
giurisprudenziale 
rigoroso 
espresso 
dalla 
Sesta 
Sezione 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
con 
sentenza 
del 
4 
marzo 
2013, 
n. 
1270, 
che 
estende 
ai 
coniugi 
l'incompatibilit�, 
ma 
ha 
chiesto 
all'Avvocatura 
distrettuale 
di 
Torino 
un 
approfondimento 
in 
ordine 
alla 
fondatezza 
della 
soluzione 
contraria 
che 
predilige 
l'interpretazione 
restrittiva 
della 
norma 
fondata 
sul 
dato 
letterale. 


Negli 
stessi 
termini 
si 
� 
espresso il 
Ministero, sollecitato ad esprimere 
il 
suo avviso data 
la 
rilevanza 
della 
questione, spiegando di 
essersi 
"adeguato 
all'interpretazione 
del 
consiglio 
di 
stato, 
pur 
non 
condividendola" 
e 
chiedendo 
a 
quest'Avvocatura 
di 
valutare 
"la possibilit� di 
sostenere 
il 
differente 
orientamento sopra esposto volto ad escludere 
il 
rapporto di 
coniugio dalle 
ipotesi 
di 
inconipatibilit� di 
cui 
all'art. 18, comma 1� 
della 
legge 
citata 
(nota 
7 luglio 2015, n. 8071). 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Si 
pone 
dunque 
un problema 
di 
esatta 
individuazione 
della 
portata 
applicativa 
della 
disposizione 
in esame 
che 
non pu� prescindere 
dalla 
preliminare 
verifica 
della 
ratio 
giustificatrice 
del 
divieto, 
che 
guarda 
alla 
posizione 
del 
candidato prima 
anche 
che 
alla 
posizione 
di 
chi 
potrebbe 
favorirlo. Infatti, la 
norma 
in esame 
non impone 
un obbligo di 
astensione 
(e 
correlativamente 
non 
consente 
la 
ricusazione) del 
componente 
dell'organo collegiale 
o del 
titolare 
dell'organo 
monocratico 
che 
in 
ragione 
del 
legame 
di 
parentela 
o 
affinit� 
versi 
in 
situazione 
di 
incompatibilit� 
con 
un 
candidato, 
ma 
piuttosto 
pone 
un 
divieto 
di 
partecipazione 
alla 
procedura 
selettiva 
in 
capo 
a 
quest'ultimo, 
idonea 
ad 
eliminare 
in radice 
il 
sospetto di 
possibili 
deviazioni 
della 
procedura 
selettiva 
dal 
modello 
legale, 
volte 
a 
favorire 
i 
parenti 
di 
professori 
o 
amministratori 
delle universit�. 


Quindi 
si 
pu� 
concludere 
che 
il 
divieto 
in 
questione 
trova 
fondamento 
non solo e 
non tanto nell'esigenza 
di 
assicurare 
il 
pieno rispetto dei 
principi 
di 
imparzialit� 
e 
di 
buon andamento della 
pubblica 
amministrazione 
(gi� 
assicurati 
dagli 
obblighi 
di 
astensione 
e 
ricusazione 
previsti 
in 
via 
generale 
dagli 
artt. 51 e 
52 c.p.c. e, per le 
commissioni 
di 
concorso, dall'art. 11 del 
DPR 9 
maggio 1994, n. 487), ma 
anche 
e 
soprattutto nell'esigenza 
di 
salvaguardare 
l'immagine, la 
reputazione 
e 
il 
decoro delle 
Universit�, offuscati 
in passato da 
non infrequenti 
e 
biasimevoli 
fenomeni 
di 
"nepotismo" 
o di 
c.d. "familismo 
universitario" 
(come 
testualmente 
definiti 
dal 
Consiglio di 
Stato nella 
citata 
sentenza 4 marzo 2013, n. 1270). 


Alla 
luce 
di 
quanto esposto, dunque, � 
parere 
di 
quest'Avvocatura 
che 
il 
divieto di 
partecipazione 
sancito dall'art. 18 � 
principalmente 
volto ad assicurare 
che 
le 
procedure 
di 
chiamata 
dei 
professori 
universitari 
siano non solo e 
in concreto 
imparziali 
e 
obbiettive, ma 
anche 
e 
soprattutto che 
appaiano tali; 
e, 
secondo 
un 
presunzione 
legislativa 
assoluta, 
tali 
non 
possono 
ritenersi 
quelle 
nelle 
quali 
certi 
legami 
con soggetti 
che 
operano all'interno della 
stessa 
universit� 
possono 
far 
sorgere 
anche 
solo 
il 
sospetto 
di 
fenomeni 
di 
"nepotismo". 
Dunque 
la 
norma 
vuole 
scongiurare 
non solo un pericolo in concreto di 
alterazione 
dell'imparzialit�, ma anche un pericolo in astratto. 


Tanto 
premesso 
sembra, 
anzitutto, 
difficile 
contestare 
la 
fondatezza 
delle 
ragioni 
che 
hanno portato il 
Consiglio di 
Stato ad affermare 
che 
"in disposizione 
in questione 
va considerata nel 
senso che 
include 
anche 
il 
caso di 
coniugio 
come situazione genetica della medesima incompatibilit�". 


Questa 
incompatibilit� 
discende 
infatti 
dal 
possibile 
affievolimento 
del 
principio di 
eguaglianza 
e 
della 
conseguente 
lesione 
della 
par 
condicio tra 
i 
candidati, che 
deriva 
inevitabilmente 
dalla 
familiarit� 
esistente 
tra 
giudicato e 
giudicante. Il 
criterio della 
par 
condicio 
tra 
i 
candidati 
costituisce 
una 
diretta 
applicazione 
di 
alcuni 
precetti 
costituzionali, quali 
il 
principio di 
uguaglianza 
nonch� 
specialmente 
di 
quelli 
del 
buon 
andamento 
e 
dell'imparzialit� 
della 
pubblica 
amministrazione, la 
quale 
deve 
operare 
le 
proprie 
valutazioni 
senza 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


lasciare 
alcuno 
spazio 
a 
rischi 
di 
condizionamenti 
esterni. 
Pertanto, 
tale 
criterio 
assume 
una 
valenza 
generale 
ed incondizionata 
e 
in quanto tale 
deve 
essere 
tutelato, mirando esso ad assicurare 
la 
piena 
trasparenza 
di 
ogni 
pubblica 
procedura 
selettiva 
e 
costituendone 
uno 
dei 
cardini 
portanti 
(come 
chiarito 
in 
molteplici 
decisioni 
e 
da 
ultimo 
in 
modo 
assai 
chiaro 
da: 
Consiglio 
di 
Stato, 
Adunanza Plenaria, sent. 20 novembre 2013, n. 26). 


� 
chiaro, 
quindi, 
che 
l'incompatibilit� 
affermata 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
nella 
sentenza 
del 
4 marzo 2013, n. 1270, diretta 
a 
tutelare 
la 
par 
condicio tra 
i 
candidati, muove 
dal 
concetto di 
"familiarit�", che 
trova 
certamente 
la 
sua 
massima 
intensit� 
nei 
confronti 
del 
coniuge, tenuto conto del 
suo obbligo di 
coabitazione 
(ex 
art. 
143 
c.c.). 
D'altra 
parte 
sarebbe 
del 
tutto 
irragionevole 
proclamare 
l'incompatibilit� 
per gli 
affini 
e 
non per il 
coniuge, il 
cui 
rapporto 
� 
il 
presupposto indispensabile 
per la 
stessa 
affinit� 
(ex 
art. 78 c.c.: 
"l'affinit� 
� 
il 
vincolo tra un coniuge 
e 
i 
parenti 
dell'altro coniuge"), "salvo assumere 
che 
il 
biasimevole, ma non infrequente, fenomeno detto del 
familismo universitario 
vada addirittura istituzionalizzato". 


Dunque, 
si 
pu� 
concludere 
sul 
punto 
che 
sussiste 
l'incompatibilit� 
anche 
in 
caso 
di 
rapporto 
di 
coniugio, 
posto 
che 
� 
su 
di 
esso 
che 
si 
fondano 
i 
rapporti 
di 
affinit� 
previsti 
dalla 
norma 
che, 
sul 
punto, 
dunque 
�minus 
dixit 
quam 
voluit�. 


Questa 
soluzione, 
peraltro, 
deve 
essere 
necessariamente 
estesa 
anche 
al 
rapporto 
di 
convivenza 
more 
uxorio, 
considerato 
il 
recente 
orientamento 
giurisprudenziale 
che 
cerca 
sempre 
di 
pi�, 
alla 
luce 
delle 
modifiche 
sociali 
del 
modello 
di 
famiglia 
oggi 
esistente, 
di 
estendere 
alla 
famiglia 
di 
fatto 
la 
disciplina 
legislativa 
dedicata 
alla 
famiglia 
legittima, 
ovvero 
a 
quel 
modello 
di 
famiglia 
fondato 
sulla 
stabilit� 
del 
vincolo 
coniugale 
formalizzato 
da 
un 
atto 
di 
matrimonio. 
Il 
rapporto 
di 
convivenza 
more 
uxorio 
� 
un'unione 
tendenzialmente 
stabile 
caratterizzata 
dalla 
condivisione 
di 
scelte 
e 
interessi 
e 
dalla 
reciproca 
collaborazione 
e 
assistenza 
morale 
e 
materiale 
(Cass. 
Civ. 
n. 
11975 
del 
8 
agosto 
2003), 
al 
pari 
del 
rapporto 
coniugale, 
ma 
non 
formalizzato 
legalmente. 


L'assimilazione 
tra 
i 
due 
diversi 
modelli 
di 
famiglia 
� 
sempre 
pi� diffusa 
in 
giurisprudenza 
che 
nel 
tempo 
ha 
provveduto 
a 
riconoscere 
a 
tali 
convivenze 
more 
uxorio 
i 
diritti 
conferiti 
alla 
sola 
famiglia 
fondata 
sul 
matrimonio (solo 
per 
citare 
qualche 
caso, 
si 
ricordano: 
Corte 
Costituzionale, 
sent. 
372/94, 
risarcimento 
del 
danno 
da 
morte 
del 
convivente: 
Corte 
Costituzionale, 
sent. 
404/88, 
successione 
nel 
contratto di 
locazione 
e 
nel 
relativo rapporto). Significative 
appaiono del 
resto le 
novit� 
contentute 
nella 
seconda 
parte 
del 
3 comma, art. 
199 
cod. 
proc. 
penale, 
dove 
la 
convivenza 
more 
uxorio 
� 
stata 
posta 
sullo 
stesso piano della 
convivenza 
coniugale, per cui 
il 
coniuge 
o convivente 
more 
uxorio, 
limitatamente 
ai 
fatti 
verificatisi 
o 
appresi 
dall'imputato 
durante 
la 
convivenza, 
hanno facolt� di astenersi. 


Ma 
� 
fin troppo evidente 
che 
il 
sistema 
non riconosce 
ai 
conviventi 
solo 
diritti, poich� 
dalla 
situazione 
di 
convivenza 
di 
fatto discendono anche 
oneri 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


e 
appunto 
incompatibilit�. 
Ne 
consegue 
che 
una 
diversa 
posizione 
in 
relazione 
al 
rapporto 
di 
convivenza 
more 
uxorio, 
ovvero 
a 
quel 
rapporto 
basato 
sulla 
stabilit� 
della 
relazione, condurrebbe 
inevitabilmente 
ad una 
disparit� 
di 
trattamento, 
data 
la 
familiarit� 
propria 
della 
relazione, la 
stessa 
su cui 
si 
basa 
l'incompatibilit� 
per rispondere alla chiamata di professore. 


Pertanto, 
alla 
luce 
di 
quanto 
sin 
qui 
chiarito, 
quest'Avvocatura 
� 
del 
parere 
che 
non 
vi 
siano 
ragioni 
per 
discostarsi 
dall'interpretazione 
estensiva 
della 
norma 
perch� 
il 
rigore 
che 
essa 
esprime, condiviso dal 
Consiglio di 
Stato, sia 
pienamente 
in linea 
con le 
finalit� 
di 
trasparenza 
ed imparzialit� 
dell'attivit� 
amministrativa 
che 
la 
norma 
sull'incompatibilit� 
persegue 
con riferimento all'ambito 
universitario. 


La 
ratio 
giustificatrice 
della 
norma 
sembra 
dunque 
condurre 
a 
tale 
conclusione 
e 
perci� si 
suggerisce 
di 
non discostarsi 
dall'indirizzo finora 
seguito, 
suggerendo alle 
Universit� 
italiane, che 
gi� 
perseguono gli 
indicati 
obiettivi 
di 
imparzialit�, 
chiedendo 
una 
dichiarazione 
ai 
componenti 
delle 
commissioni 
esaminatrici 
di 
non trovarsi 
nelle 
situazioni 
previste 
dall'art. 51 e 
52 cpc. per 
le 
quali 
sussiste 
un obbligo di 
astensione, di 
far dichiarare 
al 
candidato 
che 
propone 
la 
domanda 
l'insussistenza 
dei 
predetti 
rapporti 
con 
un 
professore 
appartenente 
al 
dipartimento 
o 
alla 
struttura 
che 
effettua 
la 
chiamata 
ovvero 
con 
il 
rettore, il 
direttore 
generale 
o un componente 
del 
consiglio di 
amministrazione 
dell'ateneo. 


Su tale 
parere 
� 
stato sentito il 
Comitato consultivo, che 
si 
� 
espresso in 
conformit� nella seduta del 15 novembre 2015. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


sulla subappaltabilit� dei lavori nelle 
atI verticali 


Parere 
del 
09/11/2016-519908, al 38532/2015, avv. ettore 
Figliolia 


Con la 
nota 
che 
si 
riscontra 
del 
7 ottobre 
2015 (prot. CDg 
0116289) codesto 
ente 
chiede 
di 
conoscere 
il 
parere 
in linea 
legale 
di 
questa 
Avvocatura 
generale 
in 
ordine 
alla 
interpretazione 
da 
riservarsi 
al 
pertinente 
contesto 
normativo 
rispetto alla 
subappaltabilit� 
dei 
lavori 
della 
categoria 
scorporabile 
da 
parte della mandante in caso di 
ATI verticale. 

A 
detta 
nota 
hanno 
fatto 
seguito, 
come 
� 
noto, 
taluni 
chiarimenti 
che 
sono 
stati 
resi 
con e-mail 
in data 
10 maggio 2016 su sollecitazione 
della 
Scrivente. 


orbene, premesso che 
non � 
stata 
trasmessa 
tutta 
la 
documentazione 
afferente 
al 
contesto, con particolare 
riguardo agli 
atti 
concernenti 
la 
disposta 
variante, ritiene 
tuttavia 
questo g.U. di 
poter comunque 
rendere 
la 
richiesta 
consultazione nei termini di cui appresso. 


Tenuto 
conto 
che 
non 
sussiste 
una 
previsione 
normativa 
che 
disciplini 
espressamente 
il 
profilo circa 
la 
sussistenza 
o meno del 
limite 
di 
subappaltabilit� 
del 
30% 
in 
caso 
di 
ATI 
verticale, 
� 
formulato 
il 
primo 
quesito 
che 
attiene 
alla 
possibilit� 
per la 
mandante 
di 
subbappaltare 
la 
categoria 
scorporabile 
nei 
limiti del 30%, ovvero totalmente. 

L�ulteriore 
questione 
interpretativa 
posta 
alla 
valutazione 
in 
linea 
di 
diritto 
di 
questa 
Avvocatura 
generale 
concerne 
la 
possibilit� 
di 
ratificare, con apposito 
atto 
aggiuntivo, 
il 
mutamento 
dell�assetto 
interno 
del 
raggruppamento 
per 
effetto 
dell�adozione 
di 
una 
variante 
di 
progetto, 
a 
seguito 
della 
quale 
vi 
� 
stato 
un 
sopravvenuto 
mutamento 
degli 
importi 
delle 
categorie 
iniziali, 
con 
importo 
della 
categoria 
scorporabile 
og3 notevolmente 
superiore 
a 
quello della 
categoria 
prevalente oS12. 

Con 
riferimento 
al 
primo 
quesito 
formulato, 
osserva 
questo 
g.U., 
in 
via 
generale, 
che 
la 
normativa 
di 
riferimento 
� 
costituita 
dall�art. 
118, 
comma 
2 
del 
Codice 
Appalti, 
ai 
sensi 
del 
quale 
�la 
stazione 
appaltante 
� 
tenuta 
ad 
indicare 
nel 
progetto 
e 
nel 
bando 
di 
gara 
le 
singole 
prestazioni 
e, 
per 
i 
lavori, 
la 
categoria 
prevalente 
con 
il 
relativo 
importo, 
nonch� 
le 
ulteriori 
categorie, 
relative 
a 
tutte 
le 
altre 
lavorazioni 
previste 
in 
progetto, 
anch�esse 
con 
il 
relativo 
importo. 
tutte 
le 
prestazioni 
nonch� 
lavorazioni, 
a 
qualsiasi 
categoria 
appartengano, 
sono 
subappaltabili 
e 
affidabili 
in 
cottimo. 
Per 
i 
lavori, 
per 
quanto 
riguarda 
la 
categoria 
prevalente, 
con 
il 
regolamento, 
� 
definita 
la 
parte 
di 
quota 
subappaltabile, 
in 
misura 
eventualmente 
diversificata 
a 
seconda 
delle 
categorie 
medesime, 
ma 
in 
ogni 
caso 
non 
superiore 
al 
trenta 
per 
cento. 
Per 
i 
servizi 
e 
le 
forniture, 
tale 
quota 
� 
riferita 
all�importo 
complessivo 
del 
contratto. 
(�.)�. 


Alla 
luce 
della 
richiamata 
disposizione 
normativa 
si 
evince 
chiaramente 
che 
l�unico 
limite 
espressamente 
previsto 
per 
il 
subappalto 
dei 
lavori, 
costituito 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


dal 
30% del 
relativo importo, � 
quello relativo alla 
categoria 
prevalente, mentre, 
per converso, nessun limite � previsto per le categorie scorporabili. 

La 
ratio 
della 
fissazione 
di 
una 
percentuale 
massima 
di 
subappaltabilit� 
dei 
lavori 
costituenti 
la 
categoria 
prevalente 
� 
evidentemente 
diretta 
ad 
evitare 
che 
l�affidamento 
dell�esecuzione 
dell�opera 
abbia 
un 
valore 
meramente 
formale, 
assicurando 
invece 
l�impegno 
dell�appaltatore 
ad 
eseguire 
i 
lavori 
della 
categoria 
che 
connota 
maggiormente 
l�intervento 
commissionato, 
necessit� 
che 
invece 
non 
si 
rinviene 
anche 
con 
riferimento 
ai 
lavori 
della 
categoria 
scorporabile. 


Ne 
discende 
che, da 
un lato non sussiste 
alcun limite 
al 
subappalto delle 
opere 
generali 
o specializzate 
scorporate, subappaltabili 
al 
100%, e 
dall�altro 
lato, il 
subappalto delle 
opere 
rientranti 
nella 
categoria 
prevalente 
o nelle 
categorie 
delle 
strutture, impianti 
od opere 
speciali 
deve 
rispettare 
il 
limite 
del 
30% dell�importo della categoria (art. 170, comma 1 D.P.R. n. 207/2010). 

Le 
pronunce 
dell�AvCP 
che 
codesta 
Amministrazione 
ha 
posto a 
fondamento 
del 
diniego 
all�autorizzazione 
del 
subappalto 
formulato 
dalla 
mandante 
dell�impresa 
(...) 
sono state 
rese 
sulla 
scorta 
della 
previgente 
normativa 
e 
devono 
ritenersi oggi definitivamente superate. 


Invero, 
a 
seguito 
dell�intervenuto 
annullamento, 
per 
accoglimento 
di 
specifico 
ricorso al 
Capo dello Stato, dell�art. 85, comma 
1 lett. b) nn. 2 e 
3 del 


D.P.R. n. 207/2010, norma 
contestata 
proprio nella 
parte 
in cui 
prevedeva 
un 
limite 
alla 
utilizzabilit�, 
ai 
fini 
della 
qualificazione 
nella 
categoria 
scorporabile, 
dei 
lavori 
affidati 
in subappalto se 
questo superava 
il 
30% dell�importo della 
categoria 
scorporabile 
a 
qualificazione 
non 
obbligatoria 
ovvero 
il 
40% 
nel 
caso 
di 
categoria 
a 
qualificazione 
obbligatoria, 
l�AvCP 
� 
intervenuta 
con 
il 
Comunicato 
n. 
1/2014 
al 
fine 
di 
fornire 
indicazioni 
interpretative 
alle 
SoA 
per garantire il corretto esercizio dell�attivit� di qualificazione. 
L�Autorit�, 
nel 
predetto 
comunicato 
ha 
stabilito 
che 
�ai 
sensi 
dell�art. 
85, 
comma 
1, 
lettera 
b), 
numeri 
2 
e 
3, 
in 
caso 
di 
subappalto 
eccedente 
le 
quote 
del 
30 
e 
del 
40 
per 
cento 
-fermo 
restando 
quanto 
previsto 
dall�art. 
37, 
comma 
1 del 
codice 
- l�impresa affidataria pu� utilizzare, ai 
fini 
della qualificazione 
nella singola categoria scorporabile, l�intero importo dei 
lavori 
dalla stessa 
direttamente 
eseguiti 
in 
tale 
categoria, 
nonch� 
una 
quota 
dei 
lavori 
subappaltati 
(pari 
ad 
un 
massimo 
del 
30 
per 
cento 
o 
del 
40 
per 
cento) 
avvalendosene 
in 
alternativa 
per 
la 
qualificazione 
nella 
categoria 
prevalente, 
ovvero 
ripartita 
tra categoria prevalente e categoria scorporabile�. 


Ancora, 
nel 
senso 
di 
riconoscere 
la 
subappaltabilit� 
dei 
lavori 
relativi 
alla 
categoria 
scorporabile, 
con 
Parere 
n. 
42 
del 
26 
febbraio 
2014, 
l�AvCP 
ha 
stabilito 
che 
le 
opere 
scorporabili 
inerenti 
alle 
categorie 
di 
opere 
generali 
individuate 
nell�Allegato 
A 
del 
D.P.R. 
n. 
207/2010 
possono 
essere 
subappaltate 
al 
100%. 


orbene, 
in 
assenza 
di 
un 
espresso 
riferimento 
normativo 
che 
regoli 
l�ipotesi 
di 
specie, e, ritenendo in ragione 
della 
predetta 
mancanza 
la 
subappalta



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


bilit� 
per l�intero delle 
categorie 
di 
lavorazioni 
scorporabili, a 
nulla 
rilevando 
che 
l�aggiudicataria 
dell�appalto 
sia 
una 
ATI 
verticale 
ovvero 
orizzontale, 
l�unica 
deroga 
a 
tale 
principio 
si 
rinviene 
nel 
disposto 
normativo 
di 
cui 
all�art. 
37, comma 
11 del 
Codice 
dei 
contratti 
pubblici, nel 
caso cio� 
di 
�opere 
per 
le 
quali 
sono necessari 
lavori 
o componenti 
di 
notevole 
contenuto tecnologico o 
di 
rilevante 
complessit� tecnica, quali 
strutture, impianti 
e 
opere 
speciali, e 
qualora una o pi� di 
tali 
opere 
superi 
in valore 
il 
quindici 
per 
cento dell�importo 
totale 
dei 
lavori�, 
per 
le 
quali 
� 
possibile 
il 
subappalto 
con 
i 
limiti 
dettati 
dall�art. 118, comma 
2, terzo periodo e 
cio� 
il 
limite 
del 
30% stabilito per la 
categoria prevalente. 

Ci� premesso, questo g.U., preso atto che 
oramai 
la 
perizia 
di 
variante 
� 
stata 
approvata 
con 
la 
sottoscrizione 
di 
specifico 
Atto 
di 
sottomissione 
da 
parte 
dell�impresa, in coerenza 
con quelle 
ragioni 
di 
interesse 
pubblico sottese 
all�intervento 
modificativo 
di 
che 
trattasi, 
e 
che, 
ovviamente, 
pertengono 
alle 
esclusive 
valutazioni 
di 
merito alla 
Stazione 
appaltante, e 
che 
come 
tali 
sfuggono 
alle 
prerogative 
della 
Scrivente, 
ritiene 
conseguentemente 
che 
l�autorizzazione 
al 
subappalto 
richiesto 
dall�impresa 
non 
possa 
essere 
negata 
a 
ragione 
del 
mutamento della 
categoria 
scorporabile 
in categoria 
prevalente, in quanto 
devono rimanere 
sostanzialmente 
fermi 
i 
pertinenti 
contenuti 
dell�offerta 
che 
� stata oggetto di aggiudicazione. 

Invero, al 
riguardo, non possono certamente 
che 
rimettersi 
agli 
apprezzamenti 
di 
merito 
tecnico 
della 
stazione 
appaltante, 
i 
contenuti 
della 
disposta 
variante, anche 
rispetto al 
vigente 
quadro normativo che, come 
� 
noto, interdice 
modificazioni 
sostanziali 
dello stesso oggetto e 
delle 
condizioni 
del 
rapporto 
contrattuale 
d�appalto, 
vieppi� 
concluso 
all�esito 
di 
una 
procedura 
di 
evidenza 
pubblica, per cui, ferme 
le 
eventuali 
diverse 
determinazioni 
di 
codesto 
ente 
modificative 
dell�attuale 
contesto, non ricorrono, allo stato degli 
atti, i presupposti per poter negare la richiesta autorizzazione. 


Per quanto concerne 
la 
possibilit� 
di 
ratificare 
con apposito atto aggiuntivo 
il 
mutamento dell�assetto interno del 
raggruppamento a 
seguito dell�adozione 
della 
perizia 
di 
variante 
per 
effetto 
della 
quale 
l�importo 
delle 
lavorazioni 
ricomprese 
nella 
categoria 
og3 - indicata 
nel 
bando come 
scorporabile 
e 
subappaltabile 
al 
100% - supera 
l�importo della 
categoria 
prevalente 
oS12, osserva 
questo g.U., in via 
generale, che 
l�art. 118, comma 
2, primo periodo del 
Codice 
appalti 
impone 
alla 
Stazione 
appaltante 
di 
individuare 
con precisione 
ed 
esattezza 
negli 
atti 
di 
gara 
le 
categorie 
di 
cui 
si 
compone 
l�opera, 
attraverso 
la 
indicazione 
�nel 
progetto e 
nel 
bando di 
gara le 
singole 
prestazioni 
e, per 
i 
lavori, 
la 
categoria 
prevalente 
con 
il 
relativo 
importo, 
nonch� 
le 
ulteriori 
categorie, relative 
a tutte 
le 
altre 
lavorazioni 
previste 
in progetto, anch�esse 
con il relativo importo�. 


La 
ratio 
di 
tale 
previsione 
risiede 
nella 
circostanza 
che 
l�esatta 
individuazione 
della 
categoria 
prevalente 
assume 
una 
rilevanza 
fondamentale 
ri



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


spetto 
alla 
natura 
dell�opera 
commissionata 
ed 
implica 
una 
serie 
di 
conseguenze 
sul 
sistema 
di 
qualificazione 
degli 
operatori 
economici, 
sulle 
condizioni 
di 
partecipazione 
dei 
soggetti 
qualificati 
ad 
assumere 
lavori, 
sul 
riparto 
delle 
quote 
di 
partecipazione 
delle 
imprese 
all�interno 
delle 
associazioni 
temporanee, 
sulle 
modalit� 
esecutive 
delle 
opere 
appaltate 
e 
sulla 
quota 
di 
lavori 
affidabili 
in 
subappalto. 


Per tale 
ragione, e 
sempre 
in via 
generale, un mutamento dell�assetto interno 
del 
raggruppamento 
costituito 
dalla 
inversione 
della 
categoria 
prevalente 
con una 
categoria 
scorporabile 
andrebbe 
di 
per s� 
a 
porsi 
in contrasto con le 
statuizioni 
anzitutto 
previste 
nel 
bando 
di 
gara 
e 
nel 
successivo 
contratto 
e, 
conseguentemente, determinerebbe 
uno stravolgimento della 
compagine 
associativa 
delle 
imprese 
raggruppate 
ed una 
alterazione 
della 
natura 
dei 
lavori 
oggetto di affidamento. 

Tale 
questione 
� 
stata 
anche 
oggetto di 
approfondito esame 
da 
parte 
del-
l�AvCP 
che 
con Parere 
Ag 
4/2013, pronunciandosi 
su una 
richiesta 
di 
parere 
in merito alla 
determinazione 
delle 
categorie 
prevalente 
e 
scorporabili 
dei 
lavori 
a 
seguito 
di 
varianti 
in 
corso 
d�opera, 
ha 
persuasivamente 
stabilito 
che 
�la stazione 
appaltante, dovendosi 
attenere 
alle 
condizioni 
della gara originaria 
cui 
il 
contratto si 
riferisce, non pu� operare 
una diversa classificazione 
della 
categoria 
prevalente 
e 
delle 
categorie 
scorporabili 
con 
i 
relativi 
importi 
rispetto a quella prevista nel 
bando di 
gara e 
negli 
atti 
di 
affidamento dei 
lavori 
di 
cui 
alle 
varianti 
approvate 
in corso d�esecuzione�. Invero, 
�diversamente 
verrebbero 
alterate 
le 
caratteristiche 
iniziali 
dell�appalto 
sia 
con 
riferimento alla fase di affidamento che di esecuzione dei lavori�. 


Nello stesso senso, e 
parimenti 
in termini 
assolutamente 
persuasivi, si 
� 
espressa 
la 
stessa 
Autorit� 
di 
vigilanza 
con 
il 
Parere 
Ag 
4/2011, 
nel 
quale, 
con 
riferimento 
alle 
modifiche 
progettuali 
integranti 
varianti 
in 
corso 
d�opera, 
si 
legge 
che 
�le 
modifiche 
devono essere 
tali 
da non determinare 
una novazione 
oggettiva del 
rapporto contrattuale, quindi 
non devono variare 
sensibilmente 
sia 
le 
quantit� 
complessive, 
sia 
le 
categorie 
delle 
opere 
da 
realizzarsi, 
mantenendo inalterate 
le 
categorie 
e 
le 
classifiche 
delle 
lavorazioni; in altri 
termini, non deve 
mutare 
la natura dei 
lavori 
posti 
a base 
di 
gara, con la conseguenza 
che 
gli 
stessi, analizzati 
con i 
medesimi 
criteri 
utilizzati 
in sede 
di 
gara per 
la definizione 
degli 
importi 
e 
delle 
corrispondenti 
categorie 
e 
classifiche 
soa, 
non 
debbono 
condurre 
a 
modifiche 
rispetto 
a 
quanto 
individuato 
nel bando a suo tempo pubblicato�. 


Per 
quanto 
test� 
espresso, 
devesi 
ritenere, 
ancora 
in 
via 
generale, 
che 
l�adozione 
di 
una 
variante 
in corso d�opera 
non potesse 
comportare 
la 
sostituzione 
della 
categoria 
prevalente, 
cos� 
come 
indicata 
nel 
bando 
di 
gara 
dalla 
Stazione 
appaltante, con una 
delle 
categorie 
scorporabili, determinandosi 
altrimenti 
una 
inammissibile 
modifica 
delle 
condizioni 
di 
contratto con conseguente 
stravolgimento dell�opera commissionata. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Ci� premesso, stante 
come 
test� 
evidenziato l�intervenuta 
adozione 
della 
perizia 
di 
variante 
nei 
termini 
di 
cui 
si 
� 
riferito con la 
sottoscrizione 
del 
relativo 
Atto di 
sottomissione, � 
opinione 
di 
questa 
Avvocatura 
generale 
che 
non 
possa 
negarsi 
l�autorizzazione 
al 
subappalto, laddove, per converso, la 
possibilit� 
di 
invertire 
le 
componenti 
dell�ATI 
s� 
da 
determinare 
mediante 
�atto 
aggiuntivo 
l�inversione 
della 
capogruppo 
mandataria 
dell�ati 
in 
ragione 
del 
mutamento degli 
originari 
importi 
di 
prevalente 
os12 e 
scorporabile 
og3� 
non 
sembra 
effettivamente 
praticabile 
alla 
stregua 
della 
vigente 
normativa 
che, 
come 
� 
noto, impone 
la 
immodificabilit� 
del 
soggetto offerente 
e 
contraente, 
e, comunque, neppure 
avrebbe 
alcuna 
utilit� 
per effetto del 
rilascio dell�autorizzazione 
richiesta. 

Nei 
termini 
suesposti 
� 
la 
richiesta 
consultazione, 
restando 
a 
disposizione 
per quant�altro possa occorrere. 


Sulle 
questioni 
trattate 
nel 
presente 
parere 
� 
stato 
sentito 
il 
Comitato 
Consultivo 
di questa 
Avvocatura che si � espresso in conformit�. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Controllo e riscossione del contributo unificato 
in caso di ricorsi straordinari al Capo dello stato 


Parere 
del 
14/11/2016-528571, al 19349/2016, avv. carla 
colelli 


Quesiti 


Con 
la 
nota 
che 
si 
riscontra 
il 
Ministero 
del 
lavoro 
e 
delle 
politiche 
sociali 
chiede 
di 
conoscere 
il 
parere 
della 
Scrivente 
su alcuni 
profili 
problematici 
insorti 
con riferimento ai 
ricorsi 
straordinari 
proposti 
avverso atti 
dell�INPS 
e 
dell�INAIL, 
relativamente 
ai 
quali 
-nell�ambito 
dell�attivit� 
di 
vigilanza 
svolta 
sugli 
enti 
previdenziali 
ed 
assicurativi 
-il 
medesimo 
Ministero 
cura 
l�istruttoria 
ai sensi degli artt. 9 e ss. del D.P.R. 1199/1971. 


In particolare vengono posti i seguenti quesiti: 


1) 
quale 
sia 
il 
soggetto 
competente 
a 
verificare 
la 
regolarit� 
del 
contributo 
unificato versato e 
ad effettuare 
l�invito al 
pagamento in caso di 
omesso versamento 
dello stesso, con specifico riguardo all�ipotesi 
di 
notifica 
del 
ricorso 
direttamente 
presso 
il 
Segretariato 
generale 
della 
Presidenza 
della 
Repubblica 


o l�Avvocatura dello Stato o presso il solo Ministero istruttore; 
2) chi 
debba 
curare 
la 
riscossione 
coattiva 
del 
contributo nel 
caso in cui 
l�invito non venga ottemperato. 


Quadro normativo e problematiche interpretative 


L�art. 37, comma 
6, lettera 
s), del 
decreto-legge 
n. 98/2011 - nel 
modificare 
l�art. 
13 
del 
D.P.R. 
115/2002 
(T.U. 
sulle 
spese 
di 
giustizia) 
con 
l�aggiunta 
del 
comma 
6-bis 
- ha 
introdotto l�obbligo del 
pagamento del 
contributo unificato 
in 
misura 
fissa 
pari 
ad 
� 
600,00 
(successivamente 
aumentata 
ad 
� 
650,00, 
dall�art. 1, comma 
25, lettera 
a), n. 3, della 
legge 
24 dicembre 
2012, n. 228) per 
il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. 


All�introduzione 
di 
tale 
nuovo obbligo non si 
� 
accompagnato l�adeguamento 
alle 
specificit� 
del 
ricorso straordinario al 
Presidente 
della 
Repubblica 
delle 
disposizioni 
del 
T.U. sulle 
spese 
di 
giustizia 
che 
disciplinano la 
verifica 
del 
corretto adempimento dello stesso e, in caso di 
omesso o insufficiente 
pagamento, 
la procedura per la riscossione del contributo unificato. 


Da 
ci� la 
necessit� 
di 
colmare 
tale 
lacuna 
in via 
interpretativa, mediante 
un�applicazione 
analogica 
delle 
pertinenti 
disposizioni 
del 
D.P.R. 
n. 
115/2002. 


vengono in rilievo, in particolare, le seguenti norme di tale decreto: 


- art. 3 (Definizioni) 
�1. 
ai 
fini 
del 
presente 
testo 
unico, 
se 
non 
diversamente 
ed 
espressamente 
indicato: 


... 

f) 
"ufficio 
giudiziario" 
� 
l'ufficio 
del 
magistrato 
competente 
secondo 
le 
norme di legge e le disposizioni dei codici di procedura penale e civile; 


PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


g) "ufficio" 
� 
l'apparato della pubblica amministrazione 
strumentale 
all'ufficio 
giudiziario, con esclusione in ogni caso dell'ufficio finanziario; 

... 

i) 
"funzionario 
addetto 
all'ufficio" 
� 
la 
persona 
che 
svolge 
la 
funzione 
amministrativa secondo l'organizzazione interna;� 


- art. 14 (obbligo di pagamento) 
�1. la parte 
che 
per 
prima si 
costituisce 
in giudizio, che 
deposita il 
ricorso 
introduttivo, ... � 
tenuta al 
pagamento contestuale 
del 
contributo unificato�. 


-art. 
15 
(Controllo 
in 
ordine 
alla 
dichiarazione 
di 
valore 
ed 
al 
pagamento 
del contributo unificato) 


�1. il 
funzionario verifica l'esistenza della dichiarazione 
della parte 
in 
ordine 
al 
valore 
della causa oggetto della domanda e 
della ricevuta di 
versamento; 
verifica inoltre 
se 
l'importo risultante 
dalla stessa � 
diverso dal 
corrispondente 
scaglione di valore della causa�. 


- art. 6 (omesso o insufficiente pagamento del contributo unificato) 
�1. in caso di 
omesso o insufficiente 
pagamento del 
contributo unificato 
si 
applicano le 
disposizioni 
di 
cui 
alla parte 
vii, titolo vii del 
presente 
testo 
unico e 
nell'importo iscritto a ruolo sono calcolati 
gli 
interessi 
al 
saggio legale, 
decorrenti 
dal 
deposito dell'atto cui 
si 
collega il 
pagamento o l'integrazione 
del contributo�. 


- art. 247 (Ufficio competente) 
�1. ai 
fini 
delle 
norme 
che 
seguono e 
di 
quelle 
cui 
si 
rinvia, l'ufficio incaricato 
della 
gestione 
delle 
attivit� 
connesse 
alla 
riscossione 
� 
quello 
presso 
il 
magistrato dove 
� 
depositato l'atto cui 
si 
collega il 
pagamento o l'integrazione 
del contributo unificato�. 


- art. 248 (Invito al pagamento) 
�1. 
Nei 
casi 
di 
cui 
all'articolo 
16, 
entro 
trenta 
giorni 
dal 
deposito 
dell'atto 
cui 
si 
collega 
il 
pagamento 
o 
l'integrazione 
del 
contributo, 
l'ufficio 
notifica 
alla parte, ai 
sensi 
dell'articolo 137 del 
codice 
di 
procedura civile, l'invito al 
pagamento dell'importo dovuto, quale 
risulta dal 
raffronto tra il 
valore 
della 
causa 
ed 
il 
corrispondente 
scaglione 
dell'articolo 
13, 
con 
espressa 
avvertenza 
che 
si 
proceder� ad iscrizione 
a ruolo, con addebito degli 
interessi 
al 
saggio 
legale, in caso di mancato pagamento entro un mese�. 

- art. 249 (Norme applicabili) 
�1. 
alla 
riscossione 
del 
contributo 
unificato 
si 
applicano 
gli 
articoli: 
208, 
comma 2, riferito all'articolo 247; 210; 211, comma 2; 213; 214; 215; 216; 
219; 220; 222; 223; 224; 225; 226; 227; 228; 230; 231; 234�. 


- art. 213 (Iscrizione a ruolo) 
�1. l'ufficio procede 
all'iscrizione 
a ruolo scaduto inutilmente 
il 
termine 
per 
l'adempimento, 
computato 
dall'avvenuta 
notifica 
dell'invito 
al 
pagamento 
e decorsi i dieci giorni per il deposito della ricevuta di versamento�. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


- art. 223 (Riscossione mediante ruolo) 
�1. Per 
la riscossione 
mediante 
ruolo, la formazione 
e 
il 
contenuto dei 
ruoli, la consegna del 
ruolo al 
concessionario, la cartella di 
pagamento, la 
notificazione 
della 
stessa, 
le 
modalit� 
di 
pagamento 
delle 
somme 
iscritte 
a 
ruolo 
e 
relativa 
quietanza, 
gli 
interessi 
di 
mora 
e 
l'imputazione 
dei 
pagamenti, 
si 
applicano gli 
articoli 
17, comma 1, e 
22 del 
decreto legislativo 26 febbraio 
1999, n. 46, l'articolo 12, commi 
1, 2 e 
4, gli 
articoli 
24, 25, commi 
1, 2 e 
3, 
gli 
articoli 
26, 28 e 
29 del 
decreto del 
Presidente 
della repubblica 29 settembre 
1973, n. 602; l'articolo 24, del 
decreto legislativo 13 aprile 
1999, n. 112, 
e 
gli 
articoli 
30 e 
31 del 
decreto del 
Presidente 
della repubblica 29 settembre 
1973, n. 602 e successive modificazioni�. 


essendo 
le 
riportate 
disposizioni 
espressamente 
modellate 
sui 
ricorsi 
giurisdizionali, 
sono 
insorte, 
a 
seguito 
dell�introduzione 
dell�obbligo 
di 
pagamento 
del 
contributo 
unificato 
anche 
per 
i 
ricorsi 
straordinari, 
una 
serie 
di 
problematiche 
interpretative 
generate 
dalla 
non immediata 
applicabilit� 
delle 
stesse 
a 
quest�ultimo, 
in 
ragione 
delle 
peculiarit� 
che 
lo 
caratterizzano 
sia 
quanto alla natura che alle modalit� di svolgimento. 


Nello specifico, per quanto rileva 
ai 
fini 
del 
presente 
parere, non � 
risultato 
agevole 
individuare, 
tra 
i 
soggetti 
coinvolti 
nella 
procedura 
del 
ricorso 
straordinario, le 
figure 
corrispondenti 
a 
quelle 
cui 
il 
T.U. demanda 
gli 
adempimenti 
connessi al controllo e alla riscossione del contributo unificato. 


Nel 
T.U. il 
�funzionario� 
competente 
a 
controllare 
il 
corretto versamento 
del 
contributo 
unificato 
e 
l� 
�ufficio� 
competente 
a 
curarne 
la 
riscossione, 
sono 
individuati 
nell�ambito 
dell� 
�ufficio 
giudiziario� 
cui 
appartiene 
il 
�magistrato� 
competente a decidere il ricorso. 


Presso tale 
�ufficio giudiziario� 
si 
svolge 
ogni 
fase 
del 
relativo procedimento, 
vale a dire: 


- il deposito del ricorso; 
- l�istruttoria del giudizio; 
- la decisione. 
Diversamente, 
nell�ambito 
del 
ricorso 
straordinario 
al 
Presidente 
della 
Repubblica 
- disciplinato dal 
D.P.R. 1199/71 -, le 
varie 
fasi 
del 
procedimento 
si svolgono dinnanzi a soggetti diversi, posto che: 


-il 
ricorso, dopo la 
notifica, deve 
essere 
presentato �all�organo che 
ha 
emanato l�atto o al 
Ministero competente� 
(art. 9, comma 
2), al 
quale 
ultimo 
deve 
comunque 
essere 
trasmesso 
nel 
caso 
in 
cui 
sia 
stato 
presentato 
presso 
l�organo che ha emanato l�atto (art. 9, comma 4); 
-l�istruttoria 
del 
ricorso 
� 
curata 
dal 
Ministero 
competente 
(art. 
11, 
comma 
1) ovvero, qualora 
vengano impugnati 
atti 
di 
enti 
pubblici 
in materie 
per le 
quali 
manchi 
uno specifico collegamento con le 
competenze 
di 
un determinato 
Ministero, 
dalla 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
(art. 
11, 
comma 4); 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


-completata 
l�istruttoria, il 
ricorso viene 
trasmesso per il 
parere 
al 
Consiglio 
di 
Stato, il 
quale 
- previa 
eventuale 
integrazione 
dell�istruttoria 
o rinvio 
alla 
Corte 
costituzionale 
-si 
esprime 
sull�ammissibilit� 
e 
fondatezza 
dello 
stesso (art. 13); 
-il 
Ministero competente 
adotta 
una 
proposta 
di 
decisione 
conforme 
al 
parere 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
e 
la 
trasmette 
al 
Presidente 
della 
Repubblica, 
che 
adottata la decisione finale con decreto (art. 14). 
Al 
fine 
di 
rispondere 
ai 
quesiti 
posti 
alla 
Scrivente 
occorre, quindi, stabilire 
presso quale 
o quali 
dei 
soggetti 
coinvolti 
nel 
descritto procedimento si 
trovi il �funzionario� e l��ufficio� competenti ai sensi del DPR 115/2002. 


Precedenti pareri 


Sulla 
questione 
in esame 
si 
� 
espresso il 
Ministero dell�economia 
e 
delle 
finanze, che 
con nota 
prot. n. 3-14460 del 
5 novembre 
2012, ha 
ritenuto che 
�deve 
essere 
il 
�funzionario� 
dell�organo che 
ha emanato l�atto impugnato 
ovvero 
del 
Ministero 
competente 
per 
l�istruttoria 
a 
dover 
verificare 
la 
congruit� 
del 
pagamento del 
contributo unificato, nonch� 
a procedere 
nel 
caso 
di 
omesso 
o 
insufficiente 
pagamento 
alla 
notifica 
al 
debitore 
dell�invito 
al 
pagamento 
dell�importo dovuto e 
all�eventuale 
iscrizione 
a ruolo, essendo l�assolvimento 
dell�obbligo 
tributario 
contemporaneo 
alla 
presentazione 
del 
ricorso straordinario agli organi competenti�. 


Tale 
impostazione 
� 
stata 
ribadita 
anche 
dal 
Consiglio di 
Stato nell�Adunanza 
della 
Prima 
Sezione 
del 
3 dicembre 
2014 e 
del 
10 giugno 2015, che 
si 
� 
espressa 
con il 
parere 
n. 3070/2013, affermando che 
�gli 
adempimenti 
connessi 
alla verifica della regolarit� del contributo e 
alla sua eventuale riscossione 
ben 
possono 
gravare 
sull�organo 
che 
ha 
originato 
l�atto 
o 
sul 
Ministero 
competente 
per 
materia, a seconda che 
l�originale 
del 
ricorso sia stato depositato 
presso l�uno o presso l�altro�. 


Ci� in quanto, a 
differenza 
di 
quanto previsto dall�art. 247 del 
T.U. sulle 
spese 
di 
giustizia 
- secondo cui 
�l�ufficio incaricato della gestione 
delle 
attivit� 
connesse 
alla riscossione 
� 
quello presso il 
magistrato dove 
� 
depositato 
l�atto cui 
si 
collega il 
pagamento o l�integrazione 
del 
contributo unificato� 
nel 
caso 
di 
ricorso 
straordinario 
� 
da 
escludersi 
che 
i 
suddetti 
adempimenti 
possano essere 
svolti 
dalle 
segreterie 
delle 
sezioni 
consultive, in quanto 
�nel 
procedimento del 
ricorso straordinario non � 
prevista, n� 
sarebbe 
possibile 
alcuna interlocuzione diretta tra il consiglio di stato e il ricorrente�. 


Ha poi ulteriormente precisato il Consiglio di Stato che: 


-�nel 
caso di 
presentazione 
del 
ricorso presso il 
segretariato generale 
della 
Presidenza 
della 
repubblica 
o 
presso 
l�avvocatura 
dello 
stato, 
..., 
gli 
adempimenti 
relativi 
alla 
verifica 
della 
regolarit� 
del 
contributo 
unificato 
non 
possono 
che 
essere 
di 
competenza 
del 
Ministero 
direttamente 
coinvolto 
per 
materia, al quale il ricorso � trasmesso per l�istruttoria�; 

RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


-�ad analoga conclusione 
si 
perviene 
anche 
nel 
caso di 
impugnazione 
di 
provvedimenti 
emanati 
da enti 
non statali, in quanto il 
contraddittorio nei 
confronti 
degli 
stessi 
deve 
comunque 
essere 
integrato d�ufficio a cura del 
Ministero 
istruttore e referente�. 
esame dei quesiti 


Ritiene 
la 
Scrivente 
che 
la 
soluzione 
ai 
quesiti 
posti 
dal 
Ministero del 
lavoro 
e 
delle 
politiche 
sociali 
possa 
essere 
fornita 
valorizzando soprattutto gli 
ultimi 
passaggi 
del 
riportato parere 
del 
Consiglio di 
Stato, che 
paiono ispirati 
al 
condivisibile 
obiettivo di 
concentrare 
gli 
adempimenti 
relativi 
al 
controllo 
e 
alla 
riscossione 
del 
contributo unificato in capo a 
soggetti 
appartenenti 
al-
l�Amministrazione statale. 


Proprio sulla 
scorta 
di 
tale 
impostazione, ritiene 
la 
Scrivente 
che, non risultando 
possibile 
individuare 
- nell�ambito dei 
soggetti 
che 
intervengono nel 
procedimento del 
ricorso straordinario - figure 
formalmente 
corrispondenti 
a 
quelle 
cui 
il 
T.U. 
demanda 
gli 
adempimenti 
in 
discorso, 
al 
fine 
di 
dare 
una 
corretta 
soluzione 
a 
tale 
problematica 
sia 
opportuno seguire 
un criterio di 
carattere 
sostanziale. 


* * * 


Come 
sancito 
dalla 
Corte 
costituzionale 
in 
sede 
di 
risoluzione 
di 
un 
conflitto 
di 
attribuzioni 
sollevato 
dalla 
Regione 
Siciliana, 
il 
contributo 
unificato 
ha 
natura 
di 
�entrata 
tributaria 
erariale�, 
come 
�si 
desume 
�, 
indipendentemente 
dal 
nomen 
iuris 
utilizzato 
dalla 
normativa 
che 
lo 
disciplina: 
a) 
dalla 
circostanza 
che 
esso 
� 
stato 
istituito 
in 
forza 
di 
legge 
a 
fini 
di 
semplificazione 
e 
in 
sostituzione 
di 
tributi 
erariali 
gravanti 
anch'essi 
su 
procedimenti 
giurisdizionali, 
quali 
l'imposta 
di 
bollo 
e 
la 
tassa 
di 
iscrizione 
a 
ruolo, 
oltre 
che 
dei 
diritti 
di 
cancelleria 
e 
di 
chiamata 
di 
causa 
dell'ufficiale 
giudiziario 
(art. 
9, 
commi 
1 
e 
2, 
della 
legge 
n. 
488 
del 
1999); 
b) 
dalla 
conseguente 
applicazione 
al 
contributo 
unificato 
delle 
stesse 
esenzioni 
previste 
dalla 
precedente 
legislazione 
per 
i 
tributi 
sostituiti 
e 
per 
l'imposta 
di 
registro 
sui 
medesimi 
procedimenti 
giurisdizionali 
(comma 
8 
dello 
stesso 
art. 
9); 
c) 
dalla 
sua 
espressa 
configurazione 
quale 
prelievo 
coattivo 
volto 
al 
finanziamento 
delle 
<<spese 
degli 
atti 
giudiziari>> 
(rubrica 
del 
citato 
art. 
9); 
d) 
dal 
fatto, 
infine, 
che 
esso, 
ancorch� 
connesso 
alla 
fruizione 
del 
servizio 
giudiziario, 
� 
commisurato 
forfettariamente 
al 
valore 
dei 
processi 
(comma 
2 
dell'art. 
9 
e 
tabella 
1 
allegata 
alla 
legge) 
e 
non 
al 
costo 
del 
servizio 
reso 
od 
al 
valore 
della 
prestazione 
erogata. 
il 
contributo 
ha, 
pertanto, 
le 
caratteristiche 
essenziali 
del 
tributo 
e 
cio� 
la 
doverosit� 
della 
prestazione 
e 
il 
collegamento 
di 
questa 
ad 
una 
pubblica 
spesa, 
quale 
� 
quella 
per 
il 
servizio 
giudiziario 
(analogamente 
si 
sono 
espresse, 
quanto 
alle 
caratteristiche 
dei 
tributi, 
le 
sentenze 
n. 
26 
del 
1982, 
n. 
63 
del 
1990, 
n. 
2 
del 
1995, 


n. 
11 
del 
1995 
e 
n. 
37 
del 
1997), 
con 
riferimento 
ad 
un 
presupposto 
economicamente 
rilevante� 
(Corte 
costituzionale, 
sentenza 
n. 
73 
del 
2008). 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Avverso gli 
atti 
del 
procedimento di 
riscossione 
del 
contributo unificato, 
ossia 
gli 
inviti 
di 
pagamento 
e 
le 
cartelle 
emesse 
a 
seguito 
dell�iscrizione 
a 
ruolo, 
� 
ammesso 
ricorso 
dinnanzi 
alle 
Commissioni 
tributarie 
(v. 
Cass. 
SS.UU. 
n. 
5994/2012 
e 
n. 
9840/2011); 
soggetto 
passivamente 
legittimato 
� 
(oltre 
al 
Concessionario - ora 
Agente 
- della 
riscossione 
in caso di 
impugnazione 
della 
cartella) l�Amministrazione 
statale 
che 
ha 
emesso l�invito al 
pagamento 
e che risulta concretamente creditrice delle relative somme (1). 


Le 
somme 
versate 
a 
titolo 
di 
contributo 
unificato 
nell�ambito 
dei 
procedimenti 
giurisdizionali 
affluiscono 
in 
specifici 
capitoli 
di 
entrata 
del 
bilancio 
dello 
Stato 
destinati 
a 
finanziare 
la 
giustizia 
civile, 
amministrativa 
e 
tributaria. 


In 
particolare, 
nel 
modello 
di 
bollettino 
di 
pagamento 
attualmente 
in 
uso 
-approvato 
con 
provvedimento 
del 
Direttore 
dell�Agenzia 
delle 
entrate 
del 
19 
febbraio 
2002 
-il 
destinatario 
del 
versamento 
� 
la 
�tesoreria 
prov. 
di 
viterbo�. 


Non consta 
alla 
Scrivente 
che 
per il 
versamento del 
contributo unificato 
dovuto per il 
ricorso straordinario sia 
stata 
prevista 
una 
diversa 
destinazione; 
anche tali somme affluiscono, quindi, al bilancio dello Stato. 


sul primo quesito 


Tanto detto, pare 
alla 
Scrivente 
che 
l�opzione 
interpretativa 
pi� coerente 
con 
il 
quadro 
generale 
descritto, 
sia 
nel 
senso 
di 
identificare 
il 
soggetto 
tenuto 
all�accertamento 
dell�avvenuto 
pagamento 
del 
contributo 
e, 
in 
caso 
di 
esito 
negativo del 
controllo, di 
attivare 
la 
procedura 
di 
cui 
all�art. 248 del 
t.u. cit. 
nel 
Ministero competente 
per materia, cio� 
nell�ufficio la 
cui 
attivit� 
di 
supporto 
al 
procedimento di 
ricorso straordinario, ex art. 11 del 
DPR 1199/71, � 
quella 
maggiormente 
assimilabile 
all�attivit� 
delle 
cancellerie 
e 
segreterie 
rispetto 
agli organi giurisdizionali (civili ed amministrativi). 


escluso, infatti, per le 
ragioni 
esposte 
nel 
citato parere 
del 
Consiglio di 
Stato, che 
detti 
adempimenti 
possano essere 
posti 
a 
carico degli 
altri 
soggetti 
statali 
coinvolti 
nella 
procedura, (vale 
a 
dire 
il 
medesimo Consiglio di 
Stato, 
il 
Segretariato 
generale 
della 
Presidenza 
della 
Repubblica 
e 
l�Avvocatura 
dello 
Stato), il 
Ministero istruttore, in quanto organo appartenente 
all�Amministrazione 
statale, pu� a 
buon diritto essere 
considerato creditore 
di 
somme 
destinate 
al 
bilancio 
dello 
Stato, 
qualit� 
che 
non 
potrebbe 
riconoscersi 
non 
solo 
agli 
enti 
non 
statali 
-in 
quanto 
dotati 
di 
una 
dimensione 
territoriale 
-che 
avessero 
emanato l�atto impugnato, ma 
neanche 
agli 
enti 
che, pur agendo su tutto 
il 
territorio nazionale 
-come 
appunto l�INPS 
e 
l�INAIL 
-, risultano estranei 


(1) L�art. 11 comma 
2 del 
D.Lgs. n. 546/1992 nel 
testo in vigore 
dal 
1� 
gennaio 2016, prevede 
espressamente 
che 
�stanno altres� 
in giudizio direttamente 
le 
cancellerie 
o segreterie 
degli 
uffici 
giudiziari 
per il contenzioso in materia di contributo unificato�. 

RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


all�apparato 
statale 
e 
non 
possono, 
quindi, 
considerarsi, 
neanche 
in 
senso 
lato, 
creditori 
delle 
somme 
dovute 
a 
titolo 
di 
contributo 
unificato 
(senza 
considerare 
l�anomalia 
di 
una 
previsione 
che 
attribuisce 
ad 
una 
delle 
parti 
l�attivit� 
di 
controllo 
e 
riscossione 
di 
un tributo nell�ambito di 
un giudizio, - il 
ricorso straordinario 
al PdR - ormai 
�giurisdizionalizzato� 
(2)). 

Ritiene, 
quindi, 
la 
Scrivente 
che 
-a 
prescindere 
da 
dove 
venga 
depositato 
il 
ricorso straordinario - il 
compito di 
verificare 
il 
corretto adempimento del-
l�obbligo di 
versare 
il 
contributo unificato ed emettere 
l�invito di 
pagamento 
spetti 
al 
Ministero 
competente 
per 
materia, 
che, 
pertanto, 
sar� 
anche 
il 
soggetto 
passivamente 
legittimato 
nell�eventuale 
giudizio 
che 
dovesse 
sorgere 
dall�opposizione 
a quest�ultimo davanti alle Commissioni 
Tributarie. 


sul secondo quesito 


Quanto 
al 
secondo 
quesito, 
nonostante 
le 
difficolt� 
lamentate 
da 
molte 
pubbliche 
amministrazioni 
quanto nella 
gestione 
della 
fase 
di 
riscossione 
del 
contributo, 
la 
soluzione 
corretta 
pare 
essere 
quella 
proposta 
dal 
Ministero 
dell�economia 
e 
delle 
finanze 
con la 
nota 
sopra 
citata, secondo cui 
� 
lo stesso 
ufficio che 
ha 
emanato l�invito a 
dover procedere 
all�iscrizione 
a 
ruolo, mediante 
comunicazione all�Agente della riscossione. 


Ci� 
in 
quanto 
non 
sussiste 
una 
competenza 
istituzionale 
dell�Agenzia 
delle 
entrate 
in 
tema 
di 
C.U., 
n� 
tantomeno 
alla 
sua 
riscossione 
coattiva, 
come 
affermato 
dalle 
risoluzioni 
dell�Agenzia 
n. 
242/e 
del 
7 
settembre 
2007 
e 
n. 
319/e del 4 ottobre 2002. 


Dello stesso avviso �, del 
resto, il 
Consiglio di 
Stato, il 
quale 
nel 
citato 
parere, pur avendo evidenziato le 
criticit� 
dell�attuale 
sistema 
e 
auspicato un 
intervento 
correttivo 
del 
legislatore 
in 
favore 
proprio 
della 
competenza 
del-
l�Agenzia 
delle 
entrate, 
ha 
escluso 
che 
detta 
competenza 
sussista 
attualmente. 


In conclusione 
ritiene 
la 
Scrivente 
che 
agli 
adempimenti 
concernenti 
la 
fase 
di 
riscossione 
del 
contributo 
unificato 
devono 
trovare 
applicazione 
le 
norme 
generali 
sulla 
riscossione 
del 
t.u. 
115/2002, 
ai 
cui 
adempimenti 
-in 
coerenza 
con quanto esposto in risposta 
al 
primo quesito - deve 
provvedere 
il 
Ministero competente 
per materia 
in quanto soggetto che 
ha 
provveduto al-
l�emanazione dell�invito di pagamento. 


Stante 
il 
suo carattere 
di 
massima, il 
presente 
parere, viene 
inviato anche 
alla 
Presidenza 
del 
Consiglio, al 
Ministero dell�economia 
e 
delle 
Finanze 
ed 


(2) Al 
riguardo, ancora 
di 
recente, la 
Corte 
Costituzionale, nel 
respingere 
l�eccezione 
di 
inammissibilit� 
della 
questione 
in quanto sollevata 
dal 
Consiglio di 
Stato in sede 
di 
ricorso straordinario, ha 
confermato 
che 
�dopo le 
significative 
modifiche 
apportate 
a questo istituto dall'art. 69, comma 1, della legge 
18 
giugno 
2009, 
n. 
69 
(disposizioni 
per 
lo 
sviluppo 
economico, 
la 
semplificazione, 
la 
competitivit� 
nonch� 
in materia di 
processo civile), � 
acclarata la legittimazione 
del 
consiglio di 
stato a sollevare 
questioni 
di 
legittimit� costituzionale 
in sede 
di 
parere 
sul 
ricorso straordinario al 
Presidente 
della repubblica 
(sentenza n. 73 del 2014)� 
(Corte cost., sentenza n. 133/2016). 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


al 
Ministero della 
giustizia, affinch� 
valutino l�opportunit� 
di 
un intervento 
legislativo 
in 
materia, 
volto 
ad 
adeguare 
le 
norme 
del 
T.U. 
n. 
115/2002 
in 
tema 
di 
C.U. 
anche 
al 
ricorso 
straordinario, 
se 
del 
caso 
individuando 
nell�ambito 
dell�apparato statale 
un unico ufficio competente 
per l�accertamento e 
la 
riscossione 
del suddetto tributo. 


Sul 
presente 
parere 
� 
stato 
sentito 
il 
Comitato 
Consultivo 
dell�Avvocatura 
dello 
Stato, 
che 
si 
� 
espresso 
in 
conformit� 
nella 
seduta 
dell�11 
novembre 
2016. 


RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


l�istituto della mediazione e il rimborso delle spese legali 
per i giudizi proposti nei confronti dei dipendenti delle pp.aa. 

Parere 
del 
18/11/2016-540803, al 6727/2016, avv. aNNa 
collaBolletta 


Con la 
nota 
indicata 
a 
margine 
Codesto Ministero formulava 
allo Scrivente 
g.U. una 
richiesta 
di 
parere 
concernente 
la 
portata 
applicativa 
dell'articolo 
18, 
comma 
1, 
del 
decreto 
legge 
25 
marzo 
1997, 
n. 
67, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
23 
maggio 
1997, 
n. 
135 
(che 
disciplina 
l'istituto 
del 
rimborso delle 
spese 
di 
patrocinio legale) in relazione 
all'istituto della 
mediazione 
finalizzata 
alla 
conciliazione 
delle 
controversie 
civili 
e 
commerciali, 
disciplinato 
dal decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28. 


Al riguardo si rappresenta quanto segue. 


L'art. 18, comma 
1, del 
decreto legge 
25 marzo 1997, n. 67, convertito, 
con modificazioni, dalla 
legge 
23 maggio 1997, n. 135, subordina 
il 
rimborso 
(o l'anticipazione) delle 
spese 
legali 
per giudizi 
proposti 
nei 
confronti 
di 
dipendenti 
di amministrazioni statali ai seguenti presupposti: 


1) 
l'instaurazione 
di 
un 
giudizio 
per 
responsabilit� 
civile, 
penale 
o 
amministrativa 
nei confronti di un dipendente di una amministrazione statale; 


2) che 
il 
predetto giudizio sia 
stato promosso in conseguenza 
di 
fatti 
ed 
atti 
connessi 
con l'espletamento del 
servizio o con l'assolvimento di 
obblighi 
istituzionali da parte del dipendente; 


3) 
che 
tale 
giudizio 
si 
sia 
concluso 
con 
sentenza 
o 
provvedimento 
che 
escluda la responsabilit� del dipendente. 


L'istituto 
della 
mediazione 
finalizzato 
alla 
composizione 
delle 
controversie 
civili 
e 
commerciali, 
disciplinato 
dal 
decreto 
legislativo 
n. 
28/2010, 
all'art. 
1, comma 
1, lettera 
a) definisce 
mediazione 
l�attivit�, comunque 
denominata, 
svolta 
da 
un 
terzo 
imparziale 
e 
finalizzata 
ad 
assistere 
due 
o 
pi� 
soggetti 
nella 
ricerca 
di 
un 
accordo 
amichevole 
per 
la 
composizione 
di 
una 
controversia, 
anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. 


Pertanto, 
la 
mediazione 
si 
configura 
come 
sistema 
di 
risoluzione 
delle 
controversie 
relative 
a 
diritti 
disponibili 
alternativo 
al 
processo 
civile, 
fondato 
sulla 
ricerca 
di 
un 
accordo 
amichevole 
per 
la 
composizione 
della 
controversia, 
che si conclude con un accordo transattivo. 


Ai 
sensi 
della 
lettera 
b) 
del 
sopracitato 
articolo 
1, 
comma 
1, 
mediatori 
sono la persona o le 
persone 
fisiche 
che, individualmente 
o collegialmente, 
svolgono la mediazione 
rimanendo prive, in ogni 
caso, del 
potere 
di 
rendere 
giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo. 


Alla 
luce 
delle 
disposizioni 
appena 
citate 
inerenti 
la 
mediazione, 
la 
stessa 
non 
appare 
possa 
essere 
equiparata 
ad 
un 
giudizio 
che 
si 
concluda 
con 
l'esclusione 
della 
responsabilit� 
civile 
del 
pubblico 
dipendente, 
in 
ragione 
del 
quale 
lo 
stesso 
abbia 
diritto 
al 
rimborso 
(o 
anticipazione) 
delle 
spese 
legali 
sostenute. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Codesto 
Ministero 
ha 
evidenziato 
come 
l'istituto 
della 
mediazione 
presenti 
peculiarit� 
tali 
da 
renderlo, sotto alcuni 
specifici 
aspetti, affine 
a 
un giudizio 
di responsabilit�, in ragione: 


1) 
della 
obbligatoriet� 
della 
mediazione 
nelle 
ipotesi 
previste 
all'art. 
5 
del 
d.lgs. 28/2010, che 
costituisce 
condizione 
di 
procedibilit� 
rispetto all'instaurazione 
dei giudizi ivi espressamente richiamati; 


2) della 
obbligatoriet� 
dell'assistenza 
di 
un legale 
per chi 
esperisca 
tale 
procedimento (cfr. art. 5, co. 1 bis 
d.lgs. 28/2010), allorch� obbligatorio; 


3) 
del 
fatto 
che, 
ai 
sensi 
dell'art. 
5, 
comma 
5, 
del 
d.lgs. 
28/2010, 
dalla 
mancata partecipazione 
senza giustificato motivo al 
procedimento di 
mediazione 
il 
giudice 
pu� desumere 
argomenti 
di 
prova nel 
successivo giudizio ai 
sensi 
dell'articolo 116, secondo comma, del 
codice 
di 
procedura civile. il 
giudice 
condanna la parte 
costituita che, nei 
casi 
previsti 
dall'articolo 5, non ha 
partecipato 
a 
procedimento 
senza 
giustificato 
motivo, 
al 
versamento 
all'entrata 
del 
bilancio dello stato di 
una somma di 
importo conspondente 
al 
contributo 
unificato dovuto per il giudizio. 


In 
ragione 
di 
ci�, 
Codesto 
Ministero 
ha 
evidenziato 
che 
la 
posizione 
del 
dipendente 
di 
un'Amministrazione 
statale 
il 
quale, 
nell'espletamento 
del 
servizio 
o 
nell'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali, 
sia 
coinvolto 
in 
una 
controversia 
per 
la 
quale 
sia 
previsto 
l'esperimento 
obbligatorio 
della 
procedura 
della 
mediazione, 
possa 
essere 
sostanzialmente 
assimilabile 
a 
quella 
contemplata 
dall'articolo 
18, 
comma 
1, 
del 
d.l. 
n. 
67/1997. 
in 
quanto, 
nei 
casi 
di 
mediazione 
obbligatoria, 
il 
dipendente 
sarebbe 
normativamente 
tenuto 
ad 
avvalersi 
del 
patrocinio 
di 
un 
legale 
e, 
quindi, 
a 
sostenere 
il 
relativo 
onere 
economico 
e, 
laddove 
decidesse 
di 
non 
prendere 
parte 
alla 
procedura 
di 
mediazione, 
rischierebbe 
di 
incorrere 
nelle 
sanzioni 
processuali 
e 
pecuniarie 
contemplate 
nell'art. 
8, 
comma 
5, 
del 
d.lgs. 
28/2010, 
cosicch� 
l'esclusione 
dal 
diritto 
al 
rimborso 
potrebbe 
costituire 
una 
indebita 
disparit� 
di 
trattamento. 


Lo Scrivente g.U., al riguardo, rappresenta quanto segue. 


Con 
parere 
n. 
24075 
del 
4 
giugno 
2014, 
il 
Comitato 
Consultivo 
della 
Scrivente 
ha 
ribadito che 
"la norma di 
cui 
al 
citato art. 18, per 
consolidato indirizzo 
della 
giuriprudenza, 
� 
norma 
di 
stretta 
interpretazione, 
e 
deve 
essere 
applicata nel 
senso di 
rigettare 
ogni 
richiesta risarcitoria che 
non sia suffragata 
da un provvedimento che 
escluda qualsiasi 
profilo di 
responsabilit�, risultando 
applicabile ai soli casi espressamente disciplinati ex lege". 


La 
ricostruzione 
ermeneutica 
dell'istituto in discorso, la 
quale 
ha 
trovato 
conferma 
anche 
nella 
giurisprudenza 
civile, converge 
su una 
interpretazione 
restrittiva 
dei 
presupposti 
in presenza 
dei 
quali 
sussiste 
il 
diritto al 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
in capo al 
dipendente 
coinvolto in un procedimento all'esito 
del quale � stata del tutto esclusa la sua responsabilit�. 


Tale 
stretta 
interpretazione 
si 
fonda 
sulla 
natura 
dell'istituto 
del 
rimborso, 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


che 
costituisce 
una 
speciale 
prerogativa 
riconosciuta 
ai 
pubblici 
funzionari, 
alla quale � inevitabilmente correlato un onere erariale. 


Dovendosi, 
dunque, 
assicurare 
un 
corretto 
e 
ragionevole 
impiego 
delle 
risorse 
erariali, 
l'Amministrazione 
operer�, 
nel 
suo 
esclusivo 
interesse, 
una 
specifica 
e 
motivata 
valutazione 
in ordine 
alla 
sussistenza 
dei 
presupposti 
per 
la 
corresponsione 
di 
tale 
rimborso, il 
quale 
non costituisce 
un diritto automatico 
del dipendente interessato. 


Il 
legislatore, 
infatti, 
nel 
porre 
a 
carico 
dell'erario 
una 
spesa 
ulteriore, 
ha 
dovuto 
ponderare 
le 
esigenze 
economiche 
dei 
dipendenti 
coinvolti 
in 
un 
procedimento 
per 
ragioni 
di 
servizio 
con 
quelle 
di 
limitazione 
degli 
oneri 
posti 
a 
carico 
dell'Amministrazione, 
tenendo 
in 
debito 
conto 
le 
esigenze 
di 
finanza 
pubblica 
che 
impediscono 
di 
gravare 
l'erario 
di 
oneri 
eccedenti 
quanto 
necessario 
e 
sufficiente 
per 
soddisfare 
gli 
interessi 
sottesi 
all'istituto 
del 
rimborso 
delle 
spese. 


Tale 
orientamento 
restrittivo 
� 
stato, 
altres�, 
confermato 
dalla 
recente 
giurisprudenza 
delle 
SS.UU. 
della 
Suprema 
Corte, 
che 
hanno 
precisato 
che 
"il 
pubblico funzionario ingiustamente 
accusato per 
fatti 
inerenti 
a compili 
e 
responsabilit� 
dell'ufficio ha diritto, ai 
sensi 
dell'art. 18 del 
d.l 
25 marzo 1997, 


n. 67, conv. con mod. dalla legge 
23 maggio 1997, n. 135, al 
rimborso delle 
spese 
sostenute 
per 
la sua difesa, la cui 
entit� va riconosciuta nei 
limiti 
dello 
"strettamente 
necessario" 
secondo 
il 
parere 
di 
congruit�, 
di 
natura 
consultiva, 
dell�avvocatura erariale, che 
- nella prospettiva di 
un contemperamento tra 
le 
esigenze 
di 
salvaguardia 
della 
spesa 
pubblica 
e 
di 
protezione 
del 
dipendente 
-non pu� limitarsi 
ad una applicazione 
pedissequa delle 
tariffe 
forensi, ancorata 
ai 
minimi 
tariffari, n� 
mirare 
a tenere 
indenne 
da ogni 
costo l'interessato, 
ma, nel 
valutare 
le 
necessit� difensive 
del 
funzionario in relazione 
alle 
accuse 
mosse 
ed 
ai 
rischi 
del 
processo 
penale, 
nonch� 
la 
conformit� 
della 
parcella 
del 
difensore 
alla tariffa professiovale 
o ai 
parametri 
vigenti, deve 
considerare 
ogni 
elemento 
nel 
rispetto 
di 
principii 
di 
affidamento. 
ragioneuolezza 
e 
tutela 
effettiva 
dei 
diritti 
riconosciuti 
dalla 
costiuizione" 
(Cassazione 
civile, 
Sez. Un., 6 luglio 2015, n. 13861). 
Tale 
diritto al 
rimborso non �, pertanto, automatico, in quanto consegue 
ad una 
attenta 
valutazione 
da 
parte 
dell'Amministrazione 
circa 
la 
sussistenza 
dei 
requisiti 
previsti 
dalla 
legge, che 
si 
concretano, in particolare, in un presupposto 
giuridico (sentenza o provvedimento che 
escluda del 
tutto la responsabilit� 
dell'impiegato), nonch� 
in due 
presupposti, uno soggettivo (la 
qualit� di 
dipendente 
di 
una amministrazione 
statale) e 
uno oggettivo (il 
nesso tra i 
fatti 
e/o atti 
da cui 
� 
originato il 
giudizio e 
l'espletamento del 
servizio o l'assolvimento di obblighi istituzionali). 


vi 
� 
da 
chiedersi, quindi, se, nel 
caso del 
procedimento di 
mediazione 
di 
cui 
al 
decreto legislativo n. 28/2010, siano soddisfatti 
i 
presupposti 
del 
rimborso 
di 
cui 
all'art. 18 della 
1. 67/97, alla 
luce 
di 
una 
stretta 
interpretazione 
di 
tale disposizione. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


A. Quanto al 
primo requisito, che 
subordina 
il 
rimborso all'instaurazione 
di 
un 
giudizio 
per 
l'affermazione 
della 
responsabilit� 
del 
dipendente 
di 
una 
amministrazione 
statale, lo Scrivente 
g.U. non ritiene 
estensibile 
tale 
definizione 
al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010. 
Ci�, 
anzitutto, 
in 
ragione 
della 
natura 
dello 
stesso, 
il 
quale 
rappresenta 
un 
metodo 
di 
composizione 
stragiudiziale 
di 
controversie 
vertenti 
su 
diritti 
disponibili 
ad 
opera 
delle 
parti, 
proprio 
nell'ottica 
deflattiva 
del 
contenzioso 
giurisdizionale 
che ha ispirato l'adozione della relativa disciplina. 


ad abundantiam, si 
richiamano quelle 
nozioni 
di 
teoria 
generale 
del 
diritto 
che 
descrivono 
il 
giudizio 
come 
"la 
decisione 
resa 
da 
un 
giudice 
a 
seguito 
di 
un 
processo", 
occorrendo 
una 
rigorosa 
interpretazione 
dei 
termini 
"decisione", 
"giudice" e "processo". 


Distinguendo 
tra 
giudizio-attivit� 
(che 
� 
l'individuazione 
dei 
procedimenti 
logico interpretativi, ovvero dei 
canoni 
di 
valutazione 
mediante 
i 
quali 
il 
giudice 
perviene 
alla 
decisione) e 
giudizio-risultato 
(che 
� 
l'enunciazione 
finale 
della 
scelta 
del 
giudice 
in 
ordine 
alla 
questione 
controversa), 
� 
proprio 
la 
prima 
accezione 
ad escludere 
marcatamente 
dall'area 
del 
giudizio 
(attivit�) procedimenti 
alternativi 
di 
risoluzione 
delle 
controversie, che 
pur pervengano ad un 
qualsivoglia 
risultato 
definitorio delle stesse. 


Non �, infatti, possibile 
individuare 
siffatti 
canoni 
valutativi 
nell'ambito 
della 
mediazione, 
in 
cui 
il 
mediatore 
� 
privo, 
in 
ogni 
caso, 
del 
potere 
di 
rendere 
giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesirno. 


B. essendo ininfluente, ai 
fini 
del 
presente 
parere, la 
valutazione 
del 
requisito 
che 
subordina 
il 
rimborso al 
fatto che 
il 
giudizio sia 
stato promosso in 
conseguenza 
di 
fatti 
ed 
atti 
connessi 
con 
l'espletamento 
del 
servizio 
o 
con 
l'assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali 
da 
parte 
del 
dipendente, 
si 
procede 
alla 
disamina 
del 
terzo 
presupposto 
necessario, 
per 
cui 
� 
necessario, 
ai 
fini 
del 
rimborso, che 
tale 
giudizio si 
sia 
concluso con sentenza 
o provvedimento che 
escluda la responsabilit� del dipendente. 
ebbene, tale 
presupposto appare 
dirimente 
nel 
senso della 
esclusione 
del 
procedimento di 
mediazione 
dal 
novero dei 
giudizi 
di 
cui 
all'art. 18 della 
1. 
67/97. 


Come 
noto, 
la 
mediazione 
consiste 
nella 
ricerca 
di 
un 
accordo 
amichevole 
per la 
composizione 
di 
una 
controversia, anche 
attraverso una 
proposta 
transattiva 
dell'organo conciliativo. 


essa 
non pu�, naturalmente, concludersi 
con una 
sentenza, che 
� 
provvedimento 
riservato all'autorit� giurisdizionale. 


Ma, in qualit� 
di 
accordo 
suscettibile 
di 
mediare 
gli 
interessi 
delle 
parti, 
l'atto 
che 
esita 
dal 
procedimento 
di 
mediazione 
non 
pu� 
neppure 
latamente 
intendersi 
come provvedimento escludente la responsabilit� del dipendente. 


Ci� in quanto � 
estraneo allo stesso spirito della 
procedura 
conciliativa 
che 
essa 
si 
concluda 
con la 
totale 
esclusione 
di 
responsabilit� 
del 
convenuto, 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


a 
svantaggio dell'attore, la 
stessa 
presupponendo, invece, un accordo che, in 
qualche 
modo, medi 
le 
posizioni 
delle 
parti, s� 
da 
non determinare 
una 
totale 
soccombenza a carico di una delle due. 


Solo 
in 
tale 
modo 
�, 
infatti, 
scoraggiato 
l'avvio 
di 
un 
giudizio 
in 
senso 
stretto, preferendosi 
il 
ricorso ad un procedimento pi� celere, nel 
quale 
gli 
interessi 
di entrambe le parti trovino la giusta composizione. 


Codesto Ministero ha, altres�, evidenziato alcune 
peculiarit� 
che 
renderebbero 
l'istituto della 
mediazione 
affine 
ad un giudizio di 
responsabilit�; 
al 
riguardo, si rappresenta quanto segue. 


A. 
Anche 
nei 
casi 
di 
mediazione 
obbligatoria, 
di 
cui 
all'art. 
5 
del 
d.lgs. 
28/2010, 
la 
vera 
e 
propria 
procedura 
di 
mediazione, 
con 
conseguenti 
spese 
di 
pagamento 
dell'organo 
deputato 
allo 
svolgimento 
della 
stessa, 
� 
preceduta 
da 
un 
primo 
incontro 
gratuito 
di 
programmazione 
con 
un 
mediatore 
e 
le 
parti. 
Solo 
all'esito 
di 
detto 
incontro, 
le 
parti 
decidono 
se 
concludere 
la 
mediazione 
con 
un 
accordo, 
se 
proseguire 
nella 
procedura 
o, 
in 
caso 
di 
mancato 
accordo, 
se 
terminarla 
e 
andare 
in 
giudizio, 
comunque 
senza 
pagare 
le 
relative 
indennit�. 
Nessuna 
spesa 
connessa 
alla 
procedura, pertanto, graverebbe 
sul 
dipendente 
pubblico convenuto in una 
delle 
ipotesi 
di 
obbligatoriet� 
della 
mediazione, 
allorch� 
la 
procedura 
si 
interrompesse 
all'esito 
di 
tale 
incontro 
preliminare, gravando, comunque, sull'attore 
le 
eventuali 
spese 
di 
avvio della 
procedura 
(pari 
a 
40 curo per le 
liti 
di 
valore 
fino a 
250.000 euro, a 
80 euro 
per quelle di valore superiore). 


Appare 
superfluo, 
nel 
caso 
dei 
giudizi 
contemplati 
dall'art. 
18 
d.lgs. 
67/97, specificare 
come 
la 
posizione 
processuale 
del 
dipendente 
potr� 
essere 
esclusivamente quella di convenuto. 


B. 
Quanto 
all'obbligatoriet� 
dell'assistenza 
di 
un 
legale 
(pur 
dibattuta, 
per 
quel 
che 
riguarda 
il 
convenuto, in quanto la 
lettera 
della 
legge 
parrebbe 
riservarla 
solo a 
chi 
intende 
esercitare 
in giudizio un'azione), si 
rappresenta 
come 
le 
eventuali 
spese 
legali 
per la 
(sola) partecipazione 
all'incontro di 
programmazione 
potrebbero essere 
oggetto di 
rimborso all'esito del 
giudizio successivamente 
instaurato 
e 
conclusosi 
con 
provvedimento 
escludente 
la 
reponsabilit� 
del pubblico dipendente. 
Ci� 
non 
si 
pone 
in 
contraddizione 
con 
quanto 
sopra 
rappresentato, 
in 
quanto 
il 
presupposto 
di 
detto 
rimborso 
sarebbe, 
in 
ogni 
caso, 
il 
provvedimento 
del 
giudice 
che 
esclude 
in 
toto 
la 
responsabilit� 
del 
dipendente, 
considerandosi 
la 
mediazione 
come 
mera 
condizione 
di 
procedibilit� 
del 
giudizio e 
non come 
procedimento presupposto per il rimborso delle spese legali in s� e per s�. 


C. Da 
ci� discende, altres�, come 
il 
dipendente 
che 
volesse 
evitare 
spese 
legali, 
poi 
non 
rimborsabili, 
non 
dovrebbe 
trovare 
conveniente 
la 
mancata 
partecipazione 
al 
procedimento 
di 
mediazione 
(dalla 
quale 
potrebbero 
per 
lo 
stesso discendere 
le 
conseguenze 
negative 
di 
cui 
all'art. 5 del 
d.lgs. 28/2010, 
anche 
rappresentante 
del 
Ministero istante), in quanto la 
mera 
partecipazione 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


al 
primo incontro di 
programmazione 
non comporterebbe 
per lo stesso alcuna 
spesa 
poi 
non rimborsabile, sussistendone 
i 
presupposti, all'esito del 
giudizio 
successivamente instaurato dall'attore. 


In conclusione, il 
procedimento di 
mediazione 
di 
cui 
al 
d.lgs. 28/2010, 
conclusosi 
con un accordo tra 
l'attore 
e 
il 
dipendente 
di 
una 
Amministrazione 
statale, 
non 
costituisce, 
presupposto 
per 
il 
rimborso 
delle 
spese 
legali 
sostenute 
dallo 
stesso, 
in 
ragione 
dell'assenza 
del 
presupposto 
necessario 
della 
totale 
esclusione 
della 
responsabilit� 
del 
dipendente 
all'esito di 
detto procedimento. 


Le 
spese 
sostenute 
per 
l'eventuale 
assistenza 
legale 
occorsa 
per 
la 
sola 
partecipazione 
al 
mero 
incontro 
gratuito 
di 
programmazione 
potrebbero 
essere 
oggetto di 
rimborso solo all'esito dell'istaurato giudizio, ove 
fosse 
esclusa 
la 
responsabilit� del dipendente. 


L'eventuale 
obiezione 
alla 
sopra 
rappresentata 
stretta 
interpretazione 
del-
l'art. 
18 
del 
d.lgs. 
67/97, 
che 
facesse 
leva 
sulla 
sostanziale 
elusione 
dell'intento 
deflattivo cui 
� 
ispirata 
la 
disciplina 
della 
mediazione 
e 
asserisse 
che, in tal 
modo, i 
dipendenti 
pubblici 
dovrebbero preferire 
alla 
snella 
procedura 
della 
mediazione 
le 
lungaggini 
del 
processo, 
al 
fine 
di 
ottenere 
il 
rimborso 
delle 
spese legali, � facilmente superabile in virt� delle seguenti considerazioni. 


Il 
dipendente, 
legato 
all'Amministrazione 
da 
un 
rapporto 
di 
immedesimazione 
organica, 
non 
� 
portatore 
di 
un 
interesse 
suo 
proprio, 
ma 
dell'ente 
per il quale ha agito. 


Pertanto, 
� 
sempre 
opportuno 
che 
il 
dipendente 
informi 
l'Amministrazione 
del suo coinvolgimento in una procedura di mediazione. 


Tale 
interesse 
altruistico, 
che 
si 
riversa 
a 
beneficio 
della 
collettivit� 
di 
cui 
l'ente 
� 
espressione, da 
un lato pone 
l'esigenza 
che 
l'ente 
medesimo tenga 
il 
dipendente 
indenne 
dalle 
spese 
legali 
sostenute 
allorch� 
egli 
sia 
chiamato 
a 
rispondere 
del 
suo operato pubblico in sede 
civile 
(penale 
e 
amministrativa), 
dall'altro impone 
al 
dipendente 
stesso oneri 
comportamentali, anche 
processuali, 
tali 
da 
non ledere 
l'immagine 
dell'ente 
che 
egli 
rappresenta, attraverso 
una eventuale ammissione di responsabilit�. 


Tale 
esigenza 
di 
tutela 
dell'immagine 
delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
si 
ritiene 
equivalente, se 
non preponderante, su quella 
di 
deflazionare 
il 
ricorso 
al 
processo, ricorrendo a 
meccanismi 
alternativi 
(e 
conciliativi) di 
risoluzione 
delle 
controversie, cos� 
giustificando la 
stretta 
interpretazione 
della 
disciplina 
del 
rimborso 
delle 
spese 
sostenute 
dai 
dipendenti 
delle 
amministrazioni 
statali, 
in relazione al procedimento di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010. 


In relazione 
al 
presente 
parere 
� 
stato sentito il 
Comitato Consultivo che 
si � espresso in conformit�. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


sull�applicazione degli interessi di mora per il 
ritardato pagamento di una pubblica amministrazione 


Parere 
del 
28/11/2016-557440, al 38590/2012, avv. aNtoNio 
gruMetto 


� 
richiesto il 
parere 
della 
Scrivente 
sulla 
compatibilit�, rispetto alla 
disciplina 
prevista 
dalla 
D.lgs 
9 ottobre 
2002, n. 231, delle 
clausole 
di 
contratti 
relativi 
al 
servizio di 
mensa 
obbligatoria 
per il 
personale 
di 
polizia 
penitenziaria 
della Calabria nel periodo 1 luglio 2009 
-30 giugno 2011. 


La 
richiesta 
di 
parere 
premette 
che 
sulle 
questioni 
sollevate 
dalla 
ditta 
appaltatrice 
si 
� 
registrato 
il 
pronunciamento 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
con 
sentenza 
469 del 
2010, con la 
quale 
� 
stato rigettato l�appello proposto dall�Amministrazione 
della giustizia avverso la sentenza del 
Tar Lazio n. 6277 del 2009. 


Quest�ultima 
aveva 
annullato le 
clausole 
del 
bando di 
appalto dei 
servizi 
per 
l�affidamento 
del 
servizio 
di 
ristorazione 
della 
mensa 
obbligatoria 
del 
personale 
della 
polizia 
penitenziaria 
predisposte 
dal 
Provveditorato 
regionale 
dell�amministrazione 
penitenziaria 
per il 
Lazio nel 
2009, con le 
quali 
si 
prevedeva 
la 
maturazione 
degli 
interessi 
moratori 
solo dopo trascorsi 
180 giorni 
dalla 
scadenza 
del 
termine 
di 
pagamento, 
nonch� 
la 
misura 
degli 
interessi 
moratori 
pari 
al 
tasso 
di 
interesse 
della 
Banca 
centrale 
europea 
senza 
applicazione 
della maggiorazione prevista dal D.lgs n. 231/2002. 


Sul 
presupposto 
della 
corrispondenza 
tra 
le 
clausole 
contrattuali 
sulle 
quali 
� 
intervenuto 
il 
predetto 
pronunciamento 
della 
giustizia 
amministrativa 
e 
quelle 
oggetto 
della 
richiesta 
di 
parere, 
codestaAmministrazione 
formula 
il 
seguente 
quesito: 
�si 
chiede 
di 
voler 
esprimere 
autorevole 
parere 
circa 
la 
corretta 
applicazione 
della 
vigente 
normativa 
in 
materia 
alla 
luce 
dell�articolato 
contrattuale 
delle 
parti, 
nonch� 
apprezzabile 
valutazione, 
tenuto 
conto 
degli 
orientamenti 
giurisprudenziali 
recenti 
ed 
ascrivibili 
all�autorit� 
giudiziaria 
ordinaria, 
sull�opportunit� 
o 
meno 
di 
agire 
in 
autotutela 
su 
quelle 
clausole 
contrattuali 
non 
toccate 
dal 
giudicato 
predetto�. 


Alla 
richiesta 
di 
parere 
� 
allegato un estratto di 
un contratto di 
fornitura 
del 
servizio di 
ristorazione 
e 
precisamente 
l�articolo 12 relativo alle 
modalit� 
di pagamento. 


Da 
tale 
articolo si 
desume 
che 
la 
disciplina 
del 
pagamento e 
delle 
conseguenze 
del ritardo � formulata nei seguenti termini: 


1. 
il 
termine 
per il 
pagamento � 
fissato a 
60 giorni 
dalla 
data 
di 
ricevimento 
della fattura mensile; 
2. 
in caso di 
mancato pagamento entro il 
suddetto termine, per il 
successivo 
periodo di 180 giorni non � previsto pagamento di interessi di mora; 
3. 
qualora 
il 
ritardo superi 
il 
termine 
di 
180 giorni 
(e 
quindi 
quello complessivo 
di 
240 giorni 
dalla 
presentazione 
della 
fattura) l�amministrazione 
� 
tenuta 
a 
corrispondere 
gli 
interessi 
di 
mora 
calcolati 
al 
tasso della 
Banca 
centrale 
europea senza l�applicazione di alcuna maggiorazione. 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Nella 
richiesta 
di 
parere 
si 
precisa 
che 
la 
questione 
sottoposta 
riguarda 
il 
pagamento delle 
fatture 
relative 
al 
servizio svolto per gli 
anni 
2009 - 2010 2011. 


Ritiene 
la 
Scrivente 
che 
le 
questioni 
sottoposte 
alla 
consultazione 
siano 
le seguenti: 


1. 
se 
il 
precedente 
costituito dalla 
sentenza 
del 
Consiglio di 
Stato 2 febbraio 
2010, n. 469 sia 
vincolante 
anche 
in relazione 
alla 
fattispecie 
concreta 
relativa al contratto stipulato dal Provveditorato regionale della Calabria; 
2. 
in caso di 
risposta 
negativa 
al 
quesito precedente, se 
sia 
valida 
la 
clausola 
contrattuale che 
(i) 
fissi 
in 60 giorni 
dalla 
ricevimento della 
fattura 
mensile 
il 
termine 
per 
il pagamento del corrispettivo della prestazione; 
(ii) escluda 
le 
conseguenze 
del 
ritardo per il 
periodo intercorrente 
tra 
la 
scadenza del termine di pagamento e il 180� giorno successivo; 
(iii) 
preveda 
quale 
conseguenza 
del 
ritardo 
ulteriore 
rispetto 
alla 
scadenza 
del 
predetto termine 
di 
180 giorni 
un tasso di 
interesse 
moratorio corrispondente 
al 
tasso della 
Banca 
centrale 
europea 
senza 
applicazione 
di 
alcuna 
maggiorazione. 
sul primo quesito 


Ritiene la Scrivente che al primo quesito debba darsi risposta negativa. 


Il 
precedente 
costituito dalla 
sentenza 
del 
Consiglio di 
Stato 2 febbraio 
2010, 
n. 
469 
si 
� 
infatti 
formato 
sulla 
legittimit� 
del 
bando 
della 
gara 
per 
il 
servizio di 
mensa 
obbligatoria 
della 
polizia 
penitenziaria 
indetta 
dal 
Provveditorato 
dell�amministrazione penitenziaria per il Lazio. 


La 
sentenza 
di 
primo grado, emessa 
dal 
Tar per il 
Lazio e 
confermata 
dal 
predetto 
precedente 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
ha 
dichiarato 
�nulle 
le 
clausole 
del 
bando impugnate�; 
ragion per cui 
il 
predetto precedente 
non esplica 
efficacia 
vincolante nella fattispecie oggetto della presente consultazione. 


� 
evidente, tuttavia, che 
l�autorevolezza 
del 
supremo organo di 
giustizia 
amministrativa 
comporta 
che 
di 
tale 
precedente 
si 
debba 
comunque 
tener 
conto 
ai fini della risoluzione della questione sottoposta alla Scrivente. 


sul secondo quesito 


a) 
La normativa applicabile 


La 
fattispecie 
concreta 
sottoposta 
alla 
Scrivente 
riguarda 
la 
prestazione 
del servizio svolto negli anni che vanno dal 2009 al 2011. 


viene 
pertanto 
in 
considerazione 
la 
disciplina 
del 
decreto 
legislativo 
9 
ottobre 
2002, 
n. 
231 
nella 
formulazione 
anteriore 
alle 
modifiche 
introdotte 
prima 
dal 
decreto legge 
24 gennaio 2012, n. 1 (convertito in legge 
24 marzo 
2012 
n. 
27), 
poi 
dal 
decreto 
legislativo 
9 
novembre 
2012, 
n. 
192 
ed 
infine 
dalla 
legge 30 ottobre 2014, n. 161. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


b) Il termine per l�adempimento 


La 
prima 
questione 
sottoposta 
riguarda 
la 
legittimit� 
di 
una 
clausola 
contrattuale 
che 
stabilisca 
il 
termine 
di 
60 giorni 
dal 
ricevimento della 
fattura 
per 
il pagamento della controprestazione. 


Ci� in quanto l�articolo 4 del 
D.lgs 
n. 231 del 
2002, nel 
testo applicabile 
alla 
fattispecie, prevede 
che, in mancanza 
di 
una 
diversa 
volont� 
delle 
parti, il 
pagamento deve avvenire entro 30 giorni dal ricevimento della fattura. 


Ritiene la Scrivente che tale clausola sia valida. 


Bench� 
il 
citato 
precedente 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
abbia 
escluso 
la 
validit� 
di 
clausole 
contrattuali 
che 
deroghino 
ai 
termini 
di 
pagamento 
previsti 
dal 
D.lgs 
n. 231 del 
2002, non pu� escludersi 
la 
facolt� 
dell�amministrazione 
debitrice 
di derogare alla disciplina legale. 


Tale 
possibilit� 
di 
deroga 
� 
prevista 
dallo 
stesso 
articolo 
4 
del 
predetto 
D.lgs, 
il 
quale 
contiene 
una 
disciplina 
sussidiaria 
nel 
caso 
in 
cui 
manchi 
un 
accordo 
espresso 
tra 
le 
parti 
(�se 
il 
termine 
per 
il 
pagamento 
non 
� 
stabilito 
nel 
contratto�). 


Tale 
facolt� 
deve 
ritenersi 
esercitabile 
nei 
limiti 
previsti 
dall�articolo 
7 
del 
D.lgs 
n. 
231 
del 
2002, 
dato 
che 
quest�ultimo 
colpisce 
con 
la 
sanzione 
della 
nullit� 
solo l'accordo sulla 
data 
del 
pagamento o sulle 
conseguenze 
del 
ritardato 
pagamento 
che 
risulti 
gravemente 
iniquo 
in 
danno 
del 
creditore; 
non 
certo 
qualsiasi accordo di deroga alla disciplina legale. 


Anche 
la 
giurisprudenza 
amministrativa 
formatesi 
successivamente 
al 
citato 
precedente 
del 
Consiglio di 
Stato (TAR, Piemonte 
sentenza 
n. 2346 del 
2010), 
ha 
ritenuto 
che 
�non 
vi 
sia 
assoluta 
incompatibilit� 
tra 
la 
predefinizione 
unilaterale 
di 
clausole 
contrattuali 
e 
la loro strutturazione 
in deroga ai 
tempi 
e 
modi 
di 
pagamento 
previsti 
dal 
d.lgs. 
n. 
231/2002, 
purch� 
in 
aderenza 
al 
dettato dell'art. 7 del d.lgs. medesimo�. 

Ci� in quanto la 
inesistenza 
di 
tale 
incompatibilit� 
risulta 
dall'art. 8 del 
decreto legislativo n. 231 del 
2002 �che, nell'approntare 
una tutela collettiva 
avanzata 
avverso 
le 
condizioni 
generali 
unilateralmente 
predisposte 
(art. 
1341 
c.c.) 
in 
deroga 
ai 
parametri 
di 
legge, 
prevede 
che 
le 
stesse 
possano 
essere 
sindacate 
preventivamente 
rispetto 
alla 
conclusione 
del 
contratto, 
su 
impulso 
delle 
associazioni 
di 
categoria�. Tale 
sindacato �ha senso solo se 
si 
ammette 
che 
anche 
la 
condizione 
generale 
di 
contratto 
pu� 
astrattamente 
contenere 
una 
legittima 
deroga 
ai 
parametri 
legali, 
salva 
la 
sua 
sindacabilit� 
preventiva 
alla luce dell'art. 7 della legge� 
(loc. ult. cit). 


La 
piena 
ammissibilit� 
di 
una 
deroga 
alle 
disposizioni 
del 
decreto legislativo 
n. 231 del 
2002 anche 
da 
parte 
della 
pubblica 
amministrazione 
� 
del 
resto confermata 
dall�attuale 
formulazione 
dell�articolo 4, comma 
4, del 
predetto 
decreto 
legislativo 
-introdotta 
con 
la 
legge 
30 
ottobre 
2014, 
n. 
161 
-, 
con il 
quale 
si 
autorizza 
la 
pubblica 
amministrazione, quando ricorrano circostanze 
oggettive, a 
prevedere 
un termine 
di 
pagamento superiore 
a 
quello previsto 
dal comma 2 del medesimo articolo. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Le 
considerazioni 
che 
precedono 
inducono 
la 
Scrivente 
a 
discostarsi 
dal 
precedente 
costituito 
dalla 
gi� 
richiamata 
sentenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
del 
2 
febbraio 
2010, 
n. 
469, 
con 
la 
quale 
� 
stata 
ritenuta 
iniqua 
la 
clausola, 
inserita 
in 
un 
bando 
di 
gara 
per 
l�affidamento 
del 
servizio 
di 
ristorazione 
per 
le 
mense 
del 
personale 
della 
polizia 
penitenziaria 
predisposto 
dalla 
Provveditorato 
regionale 
dell�amministrazione 
penitenziaria 
del 
Lazio, 
che 
prevedeva 
proprio 
il 
termine 
di 
60 
giorni 
dal 
ricevimento 
della 
fattura 
per 
il 
pagamento 
del 
corrispettivo. 


La 
predetta 
decisione 
ravvisa 
l�iniquit� 
di 
tale 
clausola, e 
quindi 
la 
sua 
contrariet� 
agli 
articoli 
4 e 
5 del 
D.Lgs 
n. 231 del 
2002, in quanto �nella presentazione 
della 
offerta 
pu� 
rinvenirsi 
il 
diverso 
accordo 
contrattato 
dalle 
parti 
solo 
a 
seguito 
di 
apposita 
contrattazione 
e 
trattativa 
sul 
punto, 
che 
evoca 
un concetto di 
contatto di 
tipo pararapportuale 
(o precontrattuale) che 
non 
pu� rinvenirsi 
certo nel 
binomio �bando-presentazione 
dell�offerta�, che 
gi� 
integra (quantomeno in parte) la conclusione del contratto�. 


Ad 
avviso 
della 
Scrivente, 
la 
predetta 
decisione 
non 
pu� 
condividersi, 
laddove 
fa 
dipendere 
l�iniquit� 
della 
clausola 
dalla 
circostanza 
che 
la 
stessa 
non 
sarebbe 
stata 
preceduta 
da 
una 
contrattazione 
nella 
fase 
delle 
trattative 
tra 
le parti. 


In primo luogo, va 
osservato che 
per il 
diritto comune 
(artt. 1341 e 
1342 
c.c.) 
il 
requisito 
della 
contrattazione 
tra 
le 
parti, 
infatti, 
esclude 
la 
necessit� 
della 
specifica 
approvazione 
per 
iscritto 
(e 
quindi 
di 
un 
requisito 
formale), 
ma 
non rende di per s� la clausola non iniqua. 

In secondo luogo, al 
concreto esperimento di 
una 
fase 
di 
trattativa 
precontrattuale, 
avente 
per 
oggetto 
la 
predisposizione 
di 
una 
clausola 
di 
contenuto 
analogo a 
quello in esame, osta 
la 
circostanza 
che 
l�acquisizione 
di 
beni 
e 
servizi 
da 
parte 
della 
pubblica 
amministrazione 
avviene, di 
regola, attraverso la 
predisposizione 
unilaterale 
del 
capitolato 
contrattuale, 
rispetto 
al 
quale, 
in 
omaggio al 
principio di 
parit� 
di 
trattamento fra 
i 
concorrenti 
alla 
gara, non � 
pensabile 
una 
fase 
precontrattuale 
di 
negoziazione 
del 
contenuto 
di 
specifiche 
clausole. N� 
tale 
negoziazione 
sarebbe 
possibile, senza 
con ci� violare 
il 
carattere 
vincolante 
del 
bando di 
gara, nella 
fase 
successiva 
all�aggiudicazione 
del contratto. 


Ci� detto deve 
ritenersi 
che 
la 
clausola 
contrattuale 
sottoposta 
all�esame 
della 
Scrivente, nella 
parte 
in cui 
stabilisce 
un termine 
per l�adempimento di 
60 giorni dal ricevimento della fattura, non sia nulla. 


Tale 
termine, infatti, si 
presenta 
giustificato alla 
luce 
del 
fatto che 
la 
prestazione 
resa 
dall�appaltatore 
deve 
essere 
verificata 
con 
riguardo 
al 
numero 
dei 
pasti 
effettivamente 
somministrati; 
nonch� 
alla 
luce 
del 
fatto 
che, 
in 
ragione 
delle 
dimensioni 
delle 
mense 
per le 
quali 
� 
stipulato l�appalto, � 
ragionevole 
ritenere 
che 
il 
numero 
dei 
pasti 
mensilmente 
somministrati 
sia 
a 
tal 
punto 
considerevole 
da 
giustificare 
un 
tempo 
di 
adempimento 
maggiore 
rispetto 
a quello normalmente previsto dalla D.lgs 231 del 2002. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


c) La clausola che esclude gli interessi di mora 


A 
diverse 
conclusioni 
deve 
viceversa 
giungersi 
per 
quanto 
concerne 
la 
clausola 
contrattuale 
nella 
parte 
in cui 
esclude 
qualsiasi 
conseguenza 
del 
ritardo 
nel 
pagamento per il 
periodo intercorrente 
tra 
la 
scadenza 
del 
termine 
di 
60 giorni e la scadenza del successivo termine di 180 giorni. 


� 
evidente 
che 
con 
tale 
clausola 
l�amministrazione 
abbia 
azzerato 
le 
conseguenze 
del 
proprio 
inadempimento 
con 
riferimento 
a 
tale 
segmento 
temporale. 


Tale 
clausola, 
pertanto, 
appare 
gravemente 
iniqua 
e 
come 
tale 
nulla, 
in 
quanto 
priva, 
senza 
alcuna 
apparente 
giustificazione, 
il 
creditore 
del 
diritto 
ad 
essere 
indennizzato 
per 
le 
conseguenze 
dovute 
al 
ritardo 
nell�adempimento 
dell�obbligazione avente ad oggetto il pagamento del prezzo. 


Del 
resto l�articolo 7 del 
D.Lgs 
in esame, nella 
formulazione 
introdotta 
dal 
D.Lgs 
9 
novembre 
2012, 
n. 
192 
(e 
come 
tale 
non 
applicabile 
alla 
fattispecie 
in 
esame) 
stabilisce 
che 
�si 
presume 
che 
sia 
gravemente 
iniqua 
la 
clausola 
che 
esclude 
l�applicazione 
di 
interessi 
di 
mora�, 
presunzione 
che, 
ai 
sensi 
della medesima disposizione, non ammette prova contraria. 


d) La clausola che riduce gli interessi di mora 


Cos� 
come 
gravemente 
iniqua 
si 
presenta, altres�, la 
clausola 
con la 
quale 
si 
fissa 
nella 
misura 
pari 
al 
tasso 
praticato 
dalla 
Banca 
centrale 
europea, 
senza 
applicazione 
di 
alcuna 
maggiorazione, l�entit� 
degli 
interessi 
moratori 
in caso 
di 
persistenza 
dell�inadempimento dopo la 
scadenza 
del 
predetto termine 
di 
180 giorni. 


A 
questo riguardo, non viene 
fornita 
alcuna 
giustificazione 
da 
parte 
della 
richiedente 
amministrazione 
che 
consenta 
- avuto riguardo alla 
corretta 
prassi 
commerciale, alla 
natura 
della 
merce 
o dei 
servizi 
oggetto del 
contratto, alla 
condizione 
dei 
contraenti 
ed ai 
rapporti 
commerciali 
tra 
i 
medesimi, nonch� 
ad ogni 
altra 
circostanza 
(art. 7 cit.) - di 
ritenere 
non gravemente 
iniqua 
tale 
clausola. 


vi 
sono, 
viceversa, 
elementi 
per 
ritenere 
nulla 
la 
predetta 
clausola 
per 
grave iniquit�, solo che si consideri che: 


1. 
la 
diminuzione 
dell�entit� 
delle 
conseguenze 
del 
ritardo da 
parte 
del-
l�amministrazione 
non pu� essere 
giustificata 
con la 
difficolt� 
delle 
verifiche 
necessarie 
circa 
la 
correttezza 
della 
controprestazione, una 
volta 
che 
sia 
stato 
gi� 
fissato 
un 
termine 
di 
60 
giorni, 
in 
deroga 
alla 
disciplina 
di 
legge, 
per 
l�esecuzione 
di tali verifiche; 
2. 
la 
diminuzione 
dell�entit� 
delle 
conseguenze 
del 
ritardo da 
parte 
del-
l�amministrazione 
riguarda 
un segmento temporale 
successivo alla 
scadenza 
del 
termine 
di 
180 giorni 
per il 
quale, come 
si 
� 
visto, non � 
prevista 
alcuna 
conseguenza 
pregiudizievole 
per 
il 
debitore, 
una 
volta 
che 
si 
consideri 
che 
l�aver 
beneficiato 
di 
un�esenzione 
dalle 
conseguenze 
del 
ritardo 
per 
un 
termine 
di 
180 
giorni 
giustificherebbe 
una 
maggiorazione 
-non 
certo 
una 
diminuzione 
- delle conseguenze del ritardo per il debitore; 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


3. 
la 
gi� 
affermata 
nullit� 
della 
clausola 
che 
esclude 
gli 
interessi 
di 
mora 
comporta 
la 
sua 
sostituzione 
con 
la 
previsione 
di 
un 
saggio 
degli 
interessi 
nella 
misura 
fissata 
dall�articolo 
5 
del 
D.Lgs 
n. 
231 
del 
2002, 
rappresentata 
dal 
tasso 
di 
interesse 
applicato 
dalla 
Banca 
centrale 
europea 
maggiorato; 
ragion 
per 
cui 
la 
misura 
degli 
interessi 
moratori 
per il 
segmento temporale 
successivo alla 
scadenza 
del 
termine 
di 
180 giorni 
non pu� essere 
inferiore 
a 
quella 
prevista 
per il ritardo precedente (id est, BCe senza maggiorazione). 
Alla 
luce 
della 
consultazione 
resa 
a 
codesta 
Amministrazione, si 
suggerisce, 
pertanto, 
di 
valutare 
la 
possibilit� 
di 
definire 
la 
questione 
con 
la 
ditta 
appaltatrice attraverso un bonario componimento. 


La 
complessit� 
della 
consultazione 
resa 
sulla 
questione 
induce 
la 
Scrivente 
a 
precisare 
che 
le 
conclusioni 
raggiunte 
devono 
ritenersi 
valide, 
per 
i 
motivi 
gi� 
esposti 
nel 
presente 
parere, anche 
con riguardo alla 
disciplina 
attualmente 
vigente del D.Lgs n. 231 del 2002. 


Come si � gi� avuto modo di osservare: 


a) 
nelle 
transazioni 
commerciali 
in cui 
il 
debitore 
� 
una 
pubblica 
amministrazione, 
la 
possibilit� 
di 
una 
deroga 
del 
termine 
di 
30 giorni 
previsto per 
il 
pagamento � 
[oggi] espressamente 
consentita 
dall�articolo 4, comma 
4, del 
D.Lgs 
231 del 
2002 nella 
formulazione 
attualmente 
vigente; 
quest�ultimo, infatti, 
consente 
di 
prevedere 
un termine 
per il 
pagamento di 
durata 
superiore 
ai 
30 giorni 
(ma 
mai 
superiore 
a 
60) quando ci� sia 
oggettivamente 
giustificato 
dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche; 


b) 
la 
iniquit� 
della 
clausola 
che 
esclude 
le 
conseguenze 
della 
mora 
in 
caso 
di 
ritardo 
nel 
pagamento 
� 
[oggi] 
prevista 
dall�articolo 
7 
del 
D.Lgs 
231 
del 
2002, nella formulazione attualmente vigente; 


c) 
la 
clausola 
che 
deroghi 
al 
saggio degli 
interessi 
legali 
di 
mora 
� 
da 
ritenersi 
nulla 
per contrasto con la 
norma 
imperativa 
di 
cui 
all�art. 5 del 
D.Lgs 


n. 231 del 
2002 [oggi] vigente, per il 
quale 
la 
misura 
degli 
interessi 
legali 
di 
mora 
pu� 
essere 
derogata 
solo 
�.. 
nelle 
transazioni 
commerciali 
tra 
imprese...�. 
Sul 
presente 
parere 
� 
stato 
sentito 
il 
Comitato 
consultivo, 
il 
quale 
si 
� 
espresso in conformit� nella seduta del 25 novembre 2016. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Interpretazione e disciplina attuativa dei contratti esclusi 
dall�ambito di applicazione oggettiva del d.lgs 50/2016 


Parere 
del 
15/12/2016-591790, al 31387/2016, avv. FraNcesco 
sclaFaNi 


1. -Con la 
nota 
che 
si 
riscontra 
codesta 
Regione 
ha 
chiesto il 
parere 
di 
questa 
Avvocatura 
in 
merito 
all�applicazione 
dell�art. 
4 
del 
d.l.vo 
18 
aprile 
2016, n. 50 secondo il 
quale: 
�l�affidamento dei 
contratti 
pubblici 
aventi 
ad 
oggetto lavori, servizi 
e 
forniture, esclusi, in tutto o in parte, dall�ambito di 
applicazione 
oggettiva del 
presente 
codice, avviene 
nel 
rispetto dei 
principi 
di 
economicit�, 
efficacia, 
imparzialit�, 
parit� 
di 
trattamento, 
trasparenza, 
proporzionalit�, 
pubblicit�, tutela dell�ambiente ed efficacia energetica�. 
La 
richiesta 
di 
parere 
concerne 
in 
particolare 
la 
stipula 
di 
contratti 
di 
mutuo 
che 
(ai 
sensi 
dell�art. 
17, 
comma 
1, 
lett. 
f 
d.l.vo 
50/2016) 
sono 
esclusi 
dall�ambito 
di 
applicazione 
del 
nuovo 
codice, 
tuttavia 
investe 
la 
questione 
generale 
dell�interpretazione 
e 
della 
conseguente 
disciplina 
attuativa 
dell�art. 
4 
cit. 
per 
tutti 
i 
contratti 
esclusi 
dall�ambito 
di 
applicazione 
oggettiva 
del 
codice. 


2. 
-Trattandosi 
di 
quesito 
avente 
ad 
oggetto 
l�interpretazione 
e 
le 
modalit� 
applicative 
di 
una 
norma 
del 
nuovo codice 
dei 
contratti 
pubblici 
occorre 
preliminarmente 
analizzare 
il 
tema 
del 
completamento attuativo della 
nuova 
disciplina 
e 
delle 
novit� 
dalla 
medesima 
introdotte 
sulla 
governance 
dei 
contratti 
pubblici (Titolo II d. l.vo 50/2016). 
Come 
opportunamente 
evidenziato nel 
parere 
reso dal 
Consiglio di 
Stato 
sullo 
schema 
del 
decreto 
legislativo 
in 
esame 
(parere 
n. 
855 
del 
1 
aprile 
2016) 
la 
filosofia 
ispiratrice 
della 
riforma 
� 
di 
affidare 
il 
completamento della 
disciplina 
del 
codice 
ad un sistema 
attuativo pi� snello e 
flessibile 
rispetto al 
modello 
tradizionale del regolamento unico di esecuzione ed attuazione. 


Ci� si 
desume 
in primo luogo dall�art. 1, comma 
1, lett. t) della 
legge 
delega 
(legge 
28 
gennaio 
2016, 
n. 
11) 
che 
prevede 
l�attribuzione 
all�Autorit� 
Nazionale 
Anticorruzione 
(ANAC) anche 
di 
�atti 
di 
indirizzo, quali 
linee 
guida, 
bandi-tipo, 
contratti-tipo 
ed 
altri 
strumenti 
di 
regolamentazione 
flessibile� 
eventualmente 
�dotati 
di 
efficacia vincolante�. Inoltre, all�art. 1, commi 
4 e 
5, la 
legge 
delega 
ha 
previsto l�adozione 
di 
�linee 
guida di 
carattere 
generale 
proposte 
dall�aNac e 
approvate 
con decreto del 
Ministro delle 
infrastrutture 
e dei trasporti�. 


L�art. 
213 
d. 
l.vo 
50/2016, 
al 
comma 
1, 
attribuisce 
espressamente 
al-
l�ANAC 
non 
solo 
�la 
vigilanza 
e 
il 
controllo 
sui 
contratti 
pubblici� 
ma 
anche 
�l�attivit� 
di 
regolazione 
degli 
stessi�. 
La 
stessa 
norma, 
al 
comma 
2, 
specifica 
che 
detta 
funzione 
di 
regolazione 
avviene 
�attraverso 
linee 
guida, 
bandi-tipo, 
capitolati-tipo ed altri 
strumenti 
di 
regolazione 
flessibile� 
e 
serve 
a 
garantire 
�la 
promozione 
dell�efficienza, 
della 
qualit� 
dell�attivit� 
delle 
stazioni 
appaltanti, 
cui 
fornisce 
supporto 
anche 
facilitando 
lo 
scambio 
di 
informazioni 
e 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


l�omogeneit� 
dei 
procedimenti 
amministrativi 
e 
favorisce 
lo 
sviluppo 
delle 
migliori 
pratiche�. 


Alla 
stregua 
di 
tali 
disposizioni 
nel 
citato parere 
del 
Consiglio di 
Stato 
vengono identificati tre tipi di atti attuativi: 


a) le 
disposizioni 
adottate 
con decreto del 
Ministero delle 
Infrastrutture 
e 
dei 
Trasporti, 
su 
proposta 
dell�ANAC, 
previo 
parere 
delle 
competenti 
commissioni 
parlamentari; 


b) 
le 
disposizioni 
adottate 
con 
delibera 
dell�ANAC 
a 
carattere 
vincolante 
erga omnes, in particolare le linee guida; 


c) le 
disposizioni 
adottate 
con delibera 
dell�ANAC a 
carattere 
non vincolante. 


3. -L�art. 4 del 
d.l.vo 50/2016 sostituisce 
l�art. 27 del 
d.l.vo 163/2006 rispetto 
al 
quale, 
da 
un 
lato, 
non 
prevede 
pi� 
l�obbligo 
di 
invitare 
almeno 
cinque 
concorrenti 
se 
compatibile 
con l�oggetto del 
contratto, dall�altro, specifica 
ulteriormente 
i 
principi 
da 
osservare 
nei 
settori 
esclusi 
aggiungendo i 
principi 
di 
pubblicit�, tutela 
dell�ambiente 
ed efficacia 
energetica 
a 
quelli 
gi� 
previsti 
dall�art. 27. 
Dette 
novit� 
non sono tali 
da 
diversificare 
la 
ratio 
della 
disposizione 
in 
esame 
rispetto a 
quella 
previgente 
in quanto l�art. 4 cit. -al 
pari 
dell�art. 27 
d.l.vo n. 163/2016 - consiste 
nel 
tradurre 
in norma 
positiva 
nazionale 
una 
regola 
di 
diritto 
giurisprudenziale 
comunitario, 
secondo 
la 
quale 
ai 
contratti 
sottratti 
dall�ambito 
di 
applicazione 
delle 
direttive 
comunitarie 
sugli 
appalti 
pubblici 
si 
applicano comunque 
i 
principi 
posti 
dai 
trattati 
della 
Ue 
(C. giust. 
Ue, 3 dicembre 
2001 c 
59/00; 
C. giust. Ue, 7 dicembre 
2000 c 
324/98; 
comunicazione 
della 
Commissione 
Ue, 
2006/C 
179/02). 
Pertanto, 
se 
l�art. 
27 
d.l.vo 163/2006 doveva 
essere 
letto in coerenza 
con tale 
giurisprudenza 
comunitaria 
(v. Cons. Stato, Ad. Pl. n. 16 del 
2011) lo stesso vale 
per il 
nuovo 
art. 4 d.l.vo n. 50/2016. 


In 
secondo 
luogo 
deve 
ritenersi 
applicabile 
alla 
nuova 
disposizione 
quanto affermato dal 
Consiglio di 
Stato riguardo all�art. 27 d. l.vo 163/2006 
nella 
citata 
sentenza 
dell�Adunanza 
Plenaria, ovvero che 
i 
contratti 
�esclusi� 
dal 
codice 
sono quelli 
�dallo stesso codice 
nominati, ancorch� 
al 
solo scopo 
di 
escluderli 
dal 
proprio ambito di 
applicazione, e 
non anche 
quelli 
da esso 
non menzionati, neppure per escluderli� 
(i c.d. contratti 
�estranei�). 


Pertanto, i 
contratti 
in questione 
(che 
il 
Consiglio di 
Stato chiama 
�nominati 
ma esenti� 
per distinguerli 
dagli 
�estranei�) si 
agganciano ai 
settori 
ordinari 
o speciali 
di 
attivit� 
contemplati 
dal 
codice 
perch� 
�in astratto potrebbero 
rientrare 
nel 
settore 
di 
attivit� ma ne 
vengono eccettuati 
con norme 
di 
esenzione, 
per 
le 
ragioni 
pi� 
disparate� 
(Ad. 
Pl. 
cit.). 
Si 
tratta 
quindi 
di 
contratti 
che, pur godendo di 
una 
disciplina 
speciale 
rientrano nel 
sistema 
del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
e 
quindi 
sono soggetti 
alle 
fonti 
di 
regolamentazione 
flessibile sopra descritte. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Ne 
consegue 
che 
l�estraneit� 
di 
tali 
contratti 
rispetto 
all�ambito 
oggettivo 
di 
applicazione 
del 
nuovo codice 
non consente 
di 
sottrarre 
la 
loro disciplina 
ai 
suindicati 
strumenti 
di 
regolazione 
flessibile. 
Infatti, 
se 
� 
vero 
che 
la 
suddetta 
nuova 
funzione 
regolatrice 
deve 
essere 
esercitata 
�nei 
limiti 
di 
quanto 
stabilito 
dal 
presente 
codice� 
(art. 213, comma 
1, d.l.vo 50/2016), � 
anche 
vero per� 
che 
tale 
disposizione 
deve 
essere 
interpretata 
nel 
senso 
che 
tutti 
i 
contratti 
contemplati 
dal 
codice 
(anche 
al 
solo 
fine 
di 
escluderli 
dalle 
regole 
ordinarie) 
sono 
soggetti 
alla 
nuova 
governance 
e 
ai 
nuovi 
strumenti 
di 
regolazione 
flessibile 
che dovranno essere adottati nel rispetto della disciplina del codice. 

Peraltro, l�art. 4 d.l.vo 50/2016 contiene 
una 
disciplina, sia 
pure 
embrionale, 
di 
tali 
contratti 
costituita 
dal 
richiamo ad una 
serie 
di 
principi 
generali. 
Tale 
disciplina 
� 
evidentemente 
suscettibile 
di 
diverse 
applicazioni 
e 
quindi 
rispetto 
ad 
essa 
si 
pone 
l�esigenza 
di 
un�attivit� 
di 
regolazione 
finalizzata 
a 
garantire 
in modo uniforme 
per tutte 
le 
stazioni 
appaltanti, la 
pi� efficace 
realizzazione 
dei 
suddetti 
principi 
in coerenza 
con le 
novit� 
introdotte 
dalla 
riforma. 


Quindi, 
l�ampia 
discrezionalit� 
rimessa 
dal 
legislatore 
alle 
stazioni 
appaltanti, 
riguardo alla 
modalit� 
con cui 
dare 
attuazione 
ai 
principi 
sanciti 
dal-
l�art. 4 del 
nuovo codice, deve 
essere 
esercitata 
tenendo conto delle 
suddette 
fonti 
di 
regolamentazione 
flessibile 
ed 
in 
particolare 
delle 
linee 
guida 
che 
l�ANAC 
pu� 
adottare 
in 
tutte 
le 
materie 
del 
codice, 
ivi 
compresi 
i 
contratti 
esclusi. 


4. -Allo stato non risultano ancora 
emanate 
apposite 
linee 
guida 
sull�applicazione 
dell�art. 
4 
cit. 
pertanto 
al 
fine 
di 
un 
corretto 
esercizio 
della 
suddetta 
discrezionalit� 
occorre 
tenere 
conto delle 
indicazioni 
provenienti 
dalla 
giurisprudenza 
formatasi sul previgente art. 27 d. l.vo 163/2006. 
Al 
riguardo 
� 
stato 
innanzitutto 
sottolineato 
che 
la 
stazione 
appaltante 
deve 
sempre 
dettare 
una 
disciplina 
congrua 
con l�oggetto della 
gara 
e 
con le 
relative 
caratteristiche, non potendo la 
mera 
riconducibilit� 
dell�oggetto del-
l�appalto 
ai 
settori 
esclusi 
giustificare 
l�applicazione 
di 
una 
disciplina 
derogatoria 
che 
vada 
a 
discapito dei 
principi, immanenti 
in materia 
di 
appalti, di 
favor 
partecipationis, non discriminazione, concorrenza 
ed economicit�, non 
essendo la 
scelta 
del 
contraente 
finalizzata 
all�esclusivo interesse 
dell�Amministrazione, 
ma 
volta 
anche 
alla 
tutela 
dell�interesse 
degli 
operatori 
di 
accedere 
al 
mercato. Pertanto, anche 
nei 
settori 
esclusi 
occorre 
sempre 
verificare 
se 
la 
non applicabilit� 
di 
determinate 
disposizioni 
del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
sia 
coerente 
e 
compatibile 
con 
l�interesse 
sotteso 
alla 
gara 
(Tar 
Lazio, 
II, 
5 
marzo 2014, n. 2550). 


In tale 
prospettiva 
� 
stato affermato che 
la 
regola 
secondo cui 
tutti 
coloro 
che 
prendono 
parte 
all�esecuzione 
di 
pubblici 
appalti 
devono 
essere 
in 
possesso 
dei 
requisiti 
morali 
prescritti 
dal 
codice, 
costituisce 
un 
principio 
di 
tutela 
della 
par 
condicio, dell�imparzialit� 
e 
dell�efficacia 
dell�azione 
amministra



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


tiva, per cui 
deve 
trovare 
applicazione 
anche 
nei 
settori 
esclusi 
dall�applicazione 
del 
codice 
nei 
quali, al 
di 
l� 
del 
rigore 
formale 
e 
dei 
vincoli 
procedurali, 
resta 
inderogabile 
la 
necessit� 
di 
verificare 
nella 
sostanza 
il 
possesso dei 
suddetti 
requisiti (Tar Molise, I, 11 aprile 2014, n. 242). 


Inoltre, � 
stato sottolineato che 
nei 
settori 
esclusi 
la 
scelta 
delle 
imprese 
da 
invitare 
al 
confronto concorrenziale 
non si 
colloca 
in uno spazio completamente 
libero in quanto le 
stazioni 
appaltanti 
devono prima 
effettuare 
un�indagine 
di 
mercato 
assumendo 
informazioni 
circa 
le 
caratteristiche 
di 
qualificazione 
economico-finanziaria 
e 
tecnico-organizzativa 
delle 
imprese 
in 
possesso 
dei 
requisiti 
per 
eseguire 
l�appalto 
e 
procedere 
alla 
loro 
selezione 
attraverso 
criteri 
trasparenti 
(Tar 
Lombardia 
-Milano, 
I, 
11 
aprile 
2013, 
n. 
930). 


5. 
-Ulteriori 
indicazioni 
possono 
essere 
desunte, 
per 
analogia, 
dalle 
linee 
guida 
sulle 
procedure 
per 
l�affidamento 
dei 
contratti 
pubblici 
di 
importo 
inferiore 
alla 
soglia 
di 
rilevanza 
comunitaria 
adottate 
dall�ANAC 
ai 
sensi 
dell�art. 
36, 
comma 
7, 
d. 
l.vo 
n. 
50/2016 
(linee 
guida 
n. 
4 
approvate 
con 
delibera 
n. 
1097 
del 
26 
ottobre 
2016). 
Ci� 
in 
quanto 
la 
scelta 
del 
contraente 
nei 
contratti 
sotto 
soglia 
deve 
avvenire 
nel 
rispetto 
dei 
principi 
di 
cui 
all�art. 
30, 
comma 
1, 
del 
nuovo 
codice 
che 
coincidono 
in 
buona 
parte 
con 
quelli 
enunciati 
nell�art. 
4. 
A 
tal 
fine 
assumono rilevanza 
in primo luogo i 
�principi 
comuni� 
enunciati 
al 
par. 
2 
delle 
suddette 
linee 
guida 
ed 
in 
particolare 
al 
par. 
2.2 
in 
cui 
viene 
data 
una, 
sia 
pur 
generica, 
indicazione 
degli 
obiettivi 
da 
perseguire 
in 
relazione 
ai singoli principi fissati dal legislatore. 

Ai sensi del par. 2.2 le stazioni appaltanti 
�garantiscono, in aderenza: 

a) al 
principio di 
economicit�, l�uso ottimale 
delle 
risorse 
da impiegare 
nello svolgimento della selezione ovvero nell�esecuzione del contratto; 


b) al 
principio di 
efficacia, la congruit� dei 
propri 
atti 
rispetto al 
conseguimento 
dello scopo e dell�interesse pubblico cui sono preordinati; 


c) 
al 
principio 
di 
tempestivit�, 
l�esigenza 
di 
non 
dilatare 
la 
durata 
del 
procedimento di selezione del contraente in assenza di obiettive ragioni; 


d) al 
principio di 
correttezza, una condotta leale 
ed improntata a buona 
fede, sia nella fase di affidamento sia in quella di esecuzione; 


e) al 
principio di 
libera concorrenza, l�effettiva contendibilit� degli 
affidamenti 
da parte dei soggetti potenzialmente interessati; 


f) al 
principio di 
non discriminazione 
e 
di 
parit� di 
trattamento, una valutazione 
equa 
ed 
imparziale 
dei 
concorrenti 
e 
l�eliminazione 
di 
ostacoli 
o 
restrizioni 
nella predisposizione delle offerte e nella loro valutazione; 


g) al 
principio di 
trasparenza e 
pubblicit�, la conoscibilit� delle 
procedure 
di 
gara, nonch� 
l�uso di 
strumenti 
che 
consentano un accesso rapido e 
agevole alle informazioni relative alle procedure; 


h) 
al 
principio 
di 
proporzionalit�, 
l�adeguatezza 
e 
idoneit� 
dell�azione 
rispetto alle finalit� e all�importo dell�affidamento; 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


i) 
al 
principio 
di 
rotazione, 
il 
non 
consolidarsi 
di 
rapporti 
solo 
con 
alcune 
imprese, favorendo la distribuzione 
delle 
opportunit� degli 
operatori 
economici 
di essere affidatari di un contratto pubblico�. 


Inoltre, ai 
sensi 
del 
par. 2.4 �tutti 
gli 
atti 
della procedura sono soggetti 
agli obblighi di trasparenza previsti dall�art. 29 del codice�. 


Ulteriori 
indicazioni 
utili 
sono contenute 
nei 
successivi 
parr. 3, 4 e 
5 che 
dettano specifiche linee guida in relazione all�importo dei contratti. 


Tra queste si segnalano: 


-l�opportunit� 
di 
procedere 
alla 
preliminare 
consultazione 
di 
un elenco 
di 
fornitori 
oppure 
di 
svolgere 
un�indagine 
esplorativa 
o 
una 
vera 
e 
propria 
indagine 
di 
mercato, per selezionare 
un numero di 
operatori 
confacente 
alle 
necessit� 
della 
stazione 
appaltante 
e 
proporzionato 
all�importo 
e 
alla 
rilevanza 
del 
contratto, nonch� 
idoneo a 
garantire 
un confronto competitivo non discriminatorio; 
l�indagine 
dovr� 
essere 
finalizzata 
a 
conoscere 
l�assetto del 
mercato, 
i 
potenziali 
concorrenti, 
i 
loro 
requisiti, 
le 
condizioni 
tecniche 
ed 
economiche 
praticate 
e 
le 
clausole 
contrattuali 
generalmente 
offerte 
secondo 
le modalit� indicate nelle citate linee guida, in quanto applicabili; 
-la 
necessit� 
che 
il 
contraente 
sia 
in 
possesso 
dei 
requisiti 
di 
carattere 
generale 
di 
cui 
all�art. 80 d. l.vo 50/2016 nonch� 
dei 
requisiti 
minimi 
di: 
a) idoneit� 
professionale; 
b) capacit� 
economica 
e 
finanziaria; 
c) capacit� 
tecniche 
e 
professionali 
(secondo le 
indicazioni 
contenute 
nel 
par. 3.2.1 e 
nel 
par. 3.2.2 
delle linee guida); 


-la 
necessit�, 
al 
fine 
di 
assicurare 
la 
massima 
trasparenza, 
di 
motivare 
adeguatamente 
in merito alla 
scelta 
della 
procedura 
seguita 
per il 
confronto 
competitivo 
e 
dell�aggiudicatario, 
�dando 
dettagliatamente 
conto 
del 
possesso 
da parte 
dell�operatore 
economico selezionato dei 
requisiti 
richiesti 
nella determina 
a 
contrarre 
o 
nell�atto 
ad 
essa 
equivalente, 
della 
rispondenza 
di 
quanto offerto all�interesse 
pubblico che 
la stazione 
appaltante 
deve 
soddisfare, 
di 
eventuali 
caratteristiche 
migliorative 
offerte 
dal 
contraente, 
della 
congruit� del prezzo in rapporto alla qualit� della prestazione� 
(par. 3.3.1); 


-la 
necessit� 
che 
l�invito 
degli 
operatori 
selezionati 
contenga 
tutti 
gli 
elementi 
necessari 
per formulare 
un�offerta 
informata 
tra 
i 
quali 
almeno quelli 
elencati al par. 4.2.6 delle linee guida; 


-la 
necessit� 
che 
le 
sedute 
di 
gara 
siano tenute 
in forma 
pubblica 
ad eccezione 
della 
fase 
di 
valutazione 
delle 
offerte 
tecniche 
con verbalizzazione 
di 
tutte le attivit�. 
Alla 
luce 
delle 
suddette 
considerazioni 
si 
ritiene 
che 
l�art. 4 del 
d. l.vo n. 
50/2016 debba 
essere 
interpretato nel 
senso che 
l�attuazione 
dei 
principi 
ivi 
enunciati 
� 
rimessa 
alla 
discrezionalit� 
della 
stazione 
appaltante 
che 
dovr� 
esercitarla 
tenendo conto dei 
richiamati 
orientamenti 
giurisprudenziali 
e 
delle 
indicazioni 
contenute 
negli 
strumenti 
di 
regolazione 
flessibile 
introdotti 
dal 
codice, tra 
cui 
per analogia 
le 
linee 
guida 
sopra 
richiamate, in quanto applica



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


bili, nonch� 
le 
ulteriori 
che 
dovessero essere 
adottate 
dall�ANAC per indirizzare 
l�applicazione 
della 
disposizione 
in 
esame 
in 
modo 
efficace 
ed 
uniforme. 


6. -Per quanto concerne 
l�ulteriore 
quesito, relativo ai 
finanziamenti 
che 
codesta 
Regione 
ha 
interesse 
ad ottenere 
dalla 
Banca 
europea 
per gli 
Investimenti, 
si 
osserva 
che 
essi 
sono 
estranei 
al 
sistema 
del 
codice 
dei 
contratti 
pubblici 
come 
sopra 
delineato 
trattandosi 
di 
erogazioni 
di 
un�istituzione 
finanziaria 
dell�Unione 
europea 
per il 
finanziamento degli 
investimenti 
atti 
a 
sostenere 
gli 
obiettivi 
politici 
dell�Unione 
ed ai 
quali 
trova 
applicazione 
l�art. 
20, commi 
quater 
e 
quinquies 
del 
d.l. 185/2008 conv. in l. 2/2009 che 
disciplina 
in modo specifico le 
modalit� 
di 
accesso a 
tali 
erogazioni 
di 
cui 
possono 
beneficiare anche progetti di interesse regionale. 
7. -Il 
presente 
parere 
� 
stato sottoposto al 
Comitato Consultivo dell�Avvocatura 
dello 
Stato 
ai 
sensi 
dell�art. 
26 
legge 
n. 
103/1979, 
il 
quale 
si 
� 
espresso in conformit� 
nella 
seduta 
del 
14 dicembre 
2016, e 
viene 
trasmesso 
anche 
all�ANAC 
per 
le 
valutazioni 
ed 
eventuali 
determinazioni 
di 
propria 
competenza. 

RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


l�acquisizione delle opere abusive nelle aree 
naturali protette: il principio �tempus regit actum� 


Parere 
del 
16/12/2016-593183, al 20874/2016, avv. Paolo 
MarchiNi 


L�Avvocatura 
distrettuale 
in 
indirizzo 
con 
la 
nota 
di 
riferimento 
ha 
rimesso 
a 
questo g.U. il 
proprio parere 
in ordine 
alla 
questione 
in oggetto, sollevata 
dall�ente 
Parco 
... 
con 
nota 
del 
9 
marzo 
2016 
n. 
1322, 
ritenuta 
rilevante 
ed avente portata di massima. 


In particolare, l�ente 
Parco ha 
posto il 
quesito se 
prima 
della 
entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
n. 426/1998 e 
della 
legge 
n. 296/2006, l�acquisizione 
delle 
propriet� 
delle 
aree 
soggette 
anche 
a 
vincolo 
di 
parco 
e 
sulle 
quali 
fu 
commesso 
un 
abuso 
edilizio, 
si 
verifichi 
esclusivamente 
in 
capo 
agli 
enti 
comunali 
allo scadere 
dei 
novanta 
giorni 
dalla 
notificazione 
dell�ordinanza 
di 
demolizione 
da questi ultimi emanata. 


Codesta 
Avvocatura 
distrettuale, dopo aver richiamato la 
costante 
giurisprudenza 
secondo cui 
il 
provvedimento di 
acquisizione 
in propriet� 
riveste 
natura 
dichiarativa 
in quanto l�acquisto avviene 
ope 
legis 
allo scadere 
dei 
novanta 
giorni 
decorrenti 
dalla 
notificazione 
dell�ordinanza 
di 
demolizione, ha 
espresso 
la 
tesi 
che 
detto 
acquisto 
avviene 
di 
diritto 
automaticamente 
�a 
favore 
dell�ente 
(comune 
o 
ente 
Parco) 
indicato 
dalla 
legge 
vigente 
al 
momento 
della scadenza del predetto termine�. 


Come 
correttamente 
richiamato dalla 
Avvocatura 
distrettuale, questa 
Avvocatura 
generale, gi� 
si 
espresse 
sulla 
�competenza ente 
Parco Nazionale 
alla 
acquisizione 
gratuita 
dell�area 
di 
sedime 
conseguente 
all�inottemperanza 
dell�ordine 
di 
riduzione 
in 
pristino 
emesso 
dallo 
stesso 
ente� 
con 
il 
parere 
prot. 296245/6 del 
21 luglio 2012, AL 
47802/11 -red. avv. Paolo Marchini, 
con avviso conforme 
del 
Comitato Consultivo riunito il 
15 giugno 2012 - con 
il 
quale, dopo aver ripercorso l�excursus 
storico delle 
norme 
succedutesi 
nel 
tempo, si 
� 
affermato il 
principio che 
l�acquisto in questione 
opera 
ope 
legis 
allorquando 
si 
determinano 
le 
condizioni 
di 
fatto 
previste 
dalla 
norma 
�in 
guisa che 
il 
provvedimento di 
acquisizione 
adottato dall'ente 
parco ha carattere 
dichiarativo, e non costitutivo�. 


In 
tale 
parere 
la 
questione 
non 
venne 
toccata 
direttamente, 
ma 
fu 
ben 
messo 
in 
risalto 
come 
la 
competenza 
dominicale 
nella 
ipotesi 
di 
�plurivincolo� 
fu, 
dalle 
leggi 
susseguitesi 
nel 
tempo, 
trasferita 
ora 
al 
Comune, 
ora 
all�ente 
parco. 


Appare 
opportuno, 
in 
questa 
sede 
esporre 
il 
quadro 
normativo 
storico 
con 
una 
particolare 
evidenza 
tipografica 
dei 
momenti 
di 
entrata 
in 
vigore 
delle 
varie 
disposizioni 
di 
legge 
e 
dell�ente 
da 
esse 
individuato come 
proprietario 
delle aree in questione. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


CoMPeTeNZA DeL CoMUNe DAL 1977 AL 28 DICeMBRe 1998 


� 1. l�art. 7, comma 6 della legge 
n. 47 del 
1985 ante 
testo unico sull�edilizia. 


La 
legge 
28 
febbraio 
1985 
n. 
47 
recante 
�Norme 
in 
materia 
di 
controllo 
dell�attivit� 
urbanistico-edilizia, 
sanzioni, 
recupero 
e 
sanatoria 
delle 
opere 
edilizie�, 
pubblicata 
nella 
gazz. 
Uff. 
2 
marzo 
1985, 
n. 
53, 
S.o., 
riproduce 
la 
disposizione 
contenuta 
nell'art. 
15, 
terzo 
comma, 
della 
legge 
28 
gennaio 
1977, 


n. 
10, 
che 
prevedeva 
la 
acquisizione 
in 
propriet� 
dell�area, 
quale 
sanzione 
di 
secondo 
grado, 
nel 
caso 
di 
interventi 
eseguiti 
in 
assenza 
di 
permessi 
di 
costruire, 
di 
totale 
difformit� 
o 
con 
variazioni 
essenziali 
e 
di 
inottemperanza 
all�ordinanza 
di 
demolizione 
emanato 
dalla 
Amministrazione 
cui 
compete 
la 
vigilanza 
sull�osservanza 
dei 
vincoli 
esistenti. 
In 
particolare 
il 
comma 
6 
del-
l�art. 
7 
[poi 
abrogato 
dall�art. 
136, 
D.Lgs. 
6 
giugno 
2001, 
n. 
378, 
con 
la 
decorrenza 
indicata 
nell'art. 
138 
dello 
stesso 
decreto 
e 
dall'art. 
136, 
D.P.R. 
6 
giugno 
2001, 
n. 
380, 
con 
la 
decorrenza 
indicata 
nell�art. 
138 
dello 
stesso 
decreto, 
e 
poi 
ulteriormente 
trasfuso 
nell'art. 
31 
del 
testo 
unico 
emanato 
con 
il 
suddetto 
D.P.R. 
n. 
380 
del 
2001, 
attualmente 
vigente], 
attribuisce 
la 
competenza 
�dominicale� 
(ossia 
legittimante 
l�acquisizione 
in 
propriet� 
dell�area) 
a 
seconda 
che 
il 
vincolo 
ambientale 
concorra 
o 
meno 
con 
altri 
vincoli 
di 
inedificabilit�. 
Recita Par. 7, rubricato: 


�opere 
eseguite 
in assenza di 
concessione, in totale 
difformit� o con variazioni 
essenziali: 


�sono 
opere 
eseguite 
in 
totale 
difformit� 
dalla 
concessione 
quelle 
che 
comportano la realizzazione 
di 
un organismo edilizio integralmente 
diverso 
per 
caratteristiche 
tipologiche, 
planovolumetriche 
o 
di 
utilizzazione 
da 
quello 
oggetto della concessione 
stessa, ovvero l'esecuzione 
di 
volumi 
edilizi 
oltre 
i 
limiti 
indicati 
nel 
progetto e 
tali 
da costituire 
un organismo edilizio o parte 
di 
esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. 


il 
sindaco, accertata l'esecuzione 
di 
opere 
in assenza di 
concessione, in 
totale 
difformit� 
dalla 
medesima 
ovvero 
con 
variazioni 
essenziali, 
determinate 
ai sensi del successivo articolo 8, ingiunge la demolizione. 


se 
il 
responsabile 
dell'abuso 
non 
provvede 
alla 
demolizione 
e 
al 
ripristino 
dello stato dei 
luoghi 
nel 
termine 
di 
novanta giorni 
dall�ingiunzione, il 
bene 
e 
l'area di 
sedime, nonch� 
quella necessaria, secondo le 
vigenti 
prescrizioni 
urbanistiche, alla realizzazione 
di 
opere 
analoghe 
a quelle 
abusive 
sono acquisiti 
di 
diritto 
gratuitamente 
al 
patrimonio 
del 
comune. 
l'area 
acquisita 
non 
pu� comunque 
essere 
superiore 
a dieci 
volte 
la complessiva superficie 
utile 
abusivamente costruita. 


l'accertamento dell'inottemperanza alla ingiunzione 
a demolire, nel 
termine 
di 
cui 
al 
precedente 
comma, 
previa 
notifica 
all'interessato, 
costituisce 
titolo per 
l�immissione 
nel 
possesso e 
per 
la trascrizione 
nei 
registri 
immobiliari, 
che deve essere eseguita gratuitamente. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


l'opera 
acquisita 
deve 
essere 
demolita 
con 
ordinanza 
del 
sindaco 
a 
spese 
dei 
responsabili 
dell�abuso, salvo che 
con deliberazione 
consiliare 
non si 
dichiari 
l'esistenza 
di 
prevalenti 
interessi 
pubblici 
e 
sempre 
che 
l'opera 
non 
contrasti 
con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. 


Per 
le 
opere 
abusivamente 
eseguite 
su terreni 
sottoposti, in base 
a leggi 
statali 
o 
regionali, 
a 
vincolo 
di 
inedificabilit�, 
l'acquisizione 
gratuita, 
nel 
caso 
di 
inottemperanza 
all'ingiunzione 
di 
demolizione, 
si 
verifica 
di 
diritto 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
cui 
compete 
la 
vigilanza 
sull'osservanza 
del 
vincolo. 
tali 
amministrazioni 
provvedono alla demolizione 
delle 
opere 
abusive 
ed al 
ripristino 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
a 
spese 
dei 
responsabili 
dell'abuso. 
Nella 
ipotesi 
di 
concorso dei 
vincoli 
l�acquisizione 
si 
verifica a favore 
del 
patrimonio 
del comune. 


il 
segretario 
comunale 
redige 
e 
pubblica 
mensilmente, 
mediante 
affissione 
nell'albo comunale, l�elenco dei 
rapporti 
comunicati 
dagli 
ufficiali 
ed 
agenti 
di 
polizia giudiziaria riguardanti 
opere 
o lottizzazioni 
realizzate 
abusivamente 
e 
delle 
relative 
ordinanze 
di 
sospensione 
e 
lo trasmette 
all'autorit� 
giudiziaria 
competente, 
al 
presidente 
della 
giunta 
regionale 
e, 
tramite 
la 
competente 
prefettura, al Ministro dei lavori pubblici. 


in caso d'inerzia, protrattasi 
per 
quindici 
giorni 
dalla data di 
constatazione 
della inosservanza delle 
disposizioni 
di 
cui 
al 
primo comma dell'art. 4 
ovvero protrattasi 
oltre 
il 
termine 
stabilito dal 
terzo comma del 
medesimo articolo 
4, 
il 
presidente 
della 
giunta 
regionale, 
nei 
successivi 
trenta 
giorni, 
adotta i 
provvedimenti 
eventualmente 
necessari 
dandone 
contestuale 
comunicazione 
alla 
competente 
autorit� 
giudiziaria 
ai 
fini 
dell'esercizio 
dell'azione 
penale. 


Per 
le 
opere 
abusive 
di 
cui 
al 
presente 
articolo, 
il 
giudice, 
con 
la 
sentenza 
di 
condanna per 
il 
reato di 
cui 
all'articolo 17, lettera b), della legge 
28 gennaio 
1977, n. 10, come 
modificato dal 
successivo articolo 20 della presente 
legge, ordina la demolizione 
delle 
opere 
stesse 
se 
ancora non sia stata altrimenti 
eseguita�. 


� 2. la legge quadro sulle aree protette l. n. 394/1991. 


L'inosservanza 
delle 
misure 
ripristinatone 
� 
disciplinata 
dall'art. 29, secondo 
comma, che 
rinvia 
alla 
disciplina 
dell�art. 27 della 
1. 28 febbraio 1985, 


n. 
47, 
corrispondente 
all�attuale 
art. 
41 
del 
D.P.R. 
380/01, 
e 
non 
contempla 
l�acquisizione 
in propriet� 
dell�area 
(che 
si 
connette 
invece, come 
detto, alle 
specifiche violazioni previste dall�art. 31 del predetto d.p.r.). 
L�assenza 
d� 
una 
disciplina, 
nella 
legge 
quadro, 
della 
acquisizione 
in 
propriet� 
da 
ineseguito 
ordine 
di 
demolizione 
promanato 
dall�ente 
Parco, 
pu� 
agevolmente 
giustificarsi 
con il 
fatto che 
tale 
disciplina 
era 
gi� 
contemplata 
dal 
citato comma 
6 dell�art. 7 della 
legge 
n. 47/1985, sia 
nel 
caso di 
�monovincolo�, 
s�a 
in 
quello 
d� 
�plurivincolo�, 
sicch� 
non 
vi 
era 
necessit� 
di 
una 
sua 
rinnovazione. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


CoMPeTeNZA DeLL�eNTe PARCo DAL 29 DICeMBRe 1998 AL 29 gIUgNo 2003 


� 3. la legge 9 dicembre 1998 n. 426. 


Con la 
legge 
9 dicembre 
1998 n. 426, recante 
nuovi 
interventi 
in campo 
ambientale 
e 
pubblicata 
nella 
gazz. Uff. 14 dicembre 
1998, n. 291, il 
legislatore 
pone 
la 
prima 
significativa 
deroga 
alla 
regola 
generale 
dettata 
dal 
comma 
6 dell�art. 7 della 
legge 
n. 47/1985 in tema 
di 
competenza 
�dominicale� 
nella 
fattispecie di plurivincolo di inedificabilit�. 


Infatti, l�art. 2 oblitera del tutto la competenza comunale. 


Dispone tale norma: 


�interventi per la conservazione della natura. 


1. 
Nelle 
aree 
naturali 
protette 
nazionali 
l'acquisizione 
gratuita 
delle 
opere 
abusive 
di 
cui 
all'articolo 
7, 
sesto 
comma, 
della 
legge 
28 
febbraio 
1985, 
n. 
47, e 
successive 
modificazioni 
ed integrazioni, 
[n.d.r.: 
ora 
art. 31 d.p.r. n. 380 
del 
2001] si 
verifica di 
diritto a favore 
degli 
organismi 
di 
gestione. Nelle 
aree 
protette 
nazionali, 
i 
sindaci 
sono 
tenuti 
a 
notificare 
al 
Ministero 
dell�ambiente 
e 
agli 
enti 
parco, entro novanta giorni 
dalla data di 
entrata in vigore 
della 
presente 
legge, 
gli 
accertamenti 
e 
le 
ingiunzioni 
alla 
demolizione 
di 
cui 
all'articolo 
7, 
secondo 
comma, 
della 
citata 
legge 
n. 
47 
del 
1985. 
il 
Ministro 
del-
l'ambiente 
pu� 
procedere 
agli 
interventi 
di 
demolizione 
avvalendosi 
delle 
strutture 
tecniche 
e 
operative 
del 
Ministero 
della 
difesa, 
sulla 
base 
di 
apposita 
convenzione 
stipulata d'intesa con il 
Ministro della difesa, nel 
limite 
di 
spesa 
di 
lire 
500 
milioni 
per 
l'anno 
1998 
e 
di 
lire 
2.500 
milioni 
a 
decorrere 
dall'anno 
1999�. 
Il 
testo 
non 
contempla 
ipotesi 
di 
plurivincolo, 
sicch� 
esse 
devono 
ritenersi 
ricomprese nella competenza dominicale dell�ente parco nazionale. 


CoMPeTeNZA DeL CoMUNe DAL 30 gIUgNo 2003 AL 31 DICeMBRe 2006 


� 
4. 
Il 
testo 
unico 
sull�edilizia 
d.P.r. 
n. 
380/2001 
(Pubblicato 
nella 
Gazz. uff. 20 ottobre 2001, n. 245, s.o.). 


La 
questione 
sembrava 
definitivamente 
risolta 
con riferimento alle 
aree 
protette 
nazionali, 
se 
non 
fosse 
che 
il 
legislatore 
interviene 
nuovamente 
in 
deroga, 
reintroducendo 
la 
doppia 
competenza, 
segnatamente 
quella 
comunale 
in 
caso di plurivincolo. 


Infatti al comma 6 dell�art. 31 del testo unico sull�edilizia � scritto: 


�Per 
gli 
interventi 
abusivamente 
eseguiti 
su terreni 
sottoposti, in base 
a 
leggi 
statali 
o regionali, a vincolo di 
inedificabilit�, l'acquisizione 
gratuita, 
nel 
caso 
di 
inottemperanza 
all'ingiunzione 
di 
demolizione, 
si 
verifica 
di 
diritto 
a 
favore 
delle 
amministrazioni 
cui 
compete 
la 
vigilanza 
sull'osservanza 
del 
vincolo. 
tali 
amministrazioni 
provvedono 
alla 
demolizione 
delle 
opere 
abusive 
ed 
al 
ripristino 
dello 
stato 
dei 
luoghi 
a 
spese 
dei 
responsabili 
dell'abuso. 
Nella 
ipotesi 
di 
concorso dei 
vincoli, l'acquisizione 
si 
verifica a favore 
del 
patrimonio 
del comune'��. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Quanto alla 
entrata 
in vigore, il 
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 all�art. 138 


(L) �entrata in vigore del testo unico� 
si prevede: 
1. le 
disposizioni 
del 
presente 
testo unico entrano in vigore 
a decorrere 
dal 1 � gennaio 2002 
(*). 
il 
presente 
decreto, 
munito 
del 
sigillo 
dello 
stato, 
sar� 
inserito 
nella 
raccolta 
ufficiale 
degli 
atti 
normativi 
della repubblica italiana. � 
fatto obbligo 
a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. 


CoMPeTeNZA DeLL�eNTe PARCo DAL 1 geNNAIo 2017 


� 5. la legge 27 dicembre 2006 n. 296. 

Solo 
con 
la 
legge 
finanziaria 
per 
il 
2007 
(�Disposizioni 
per 
la 
formazione 
del 
bilancio annuale 
e 
pluriennale 
dello Stato�, pubblicata 
nella 
gazz. Uff. 27 
dicembre 
2006, n. 296, S.o.) all�art. 1, comma 
1104 si 
deroga 
ancora 
- ed allo 
stato attualmente 
vigente, definitivamente 
- al 
testo unico sull�edilizia, attribuendo 
stavolta 
la 
competenza 
dominicale 
in 
via 
principale 
all�ente 
parco 
(ora 
anche regionale) e, solo in via sussidiaria, al Comune. 


Infatti, 
l�art. 
1, 
comma 
1104, 
dispone 
ora 
che 
�Nelle 
aree 
naturali 
protette 
l�acquisizione 
gratuita delle 
opere 
abusive 
di 
cui 
all'articolo 7, sesto comma, 
della legge 
28 febbraio 1985, n. 47, e 
successive 
modificazioni, (...allo stato 
della legislazione 
vigente, art. 31, sesto comma, d.p.r. n. 380 del 
2001) si 
verifica 
di 
diritto 
a 
favore 
degli 
organismi 
di 
gestione 
ovvero, 
in 
assenza 
di 
questi, 
a 
favore 
dei 
comuni. 
restano 
confermati 
gli 
obblighi 
di 
notifica 
al 
Ministero dell'ambiente 
e 
della tutela del 
territorio e 
del 
mare 
degli 
accertamenti, 
delle 
ingiunzioni 
alla demolizione 
e 
degli 
eventuali 
abbattimenti 
direttamente 
effettuati, 
come 
anche 
le 
procedure 
e 
le 
modalit� 
di 
demolizione 
vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge". 


L�entrata 
in 
vigore 
di 
tale 
normativa 
� 
disciplinata 
dall�art. 
1, 
comma, 
1364: 


�la 
presente 
legge 
entra 
in 
vigore 
il 
gennaio 
2007, 
ad 
eccezione 
dei 
commi 
966, 967, 968 e 
969, che 
entrano in vigore 
dalla data di 
pubblicazione 
della presente legge�. 


* * * 


Illustrato il 
quadro normativo storico, questo g.U. concorda 
con la 
tesi 
espressa 
dalla 
Avvocatura 
dello Stato di 
Napoli. Infatti, si 
tratta 
di 
applicare 
il 
principio del 
"tempus 
regit 
actum" 
in relazione 
alla 
legge 
vigente 
al 
momento 
del 
fatto 
generatore 
dell�acquisto 
ope 
legis 
della 
propriet� 
che 
avviene 
a 
titolo 
originario e 
di 
diritto per il 
mero decorso del 
tempo (cfr. C. Stato, sez. v, 12 


(*) 
Termine 
prorogato 
al 
30 
giugno 
2002, 
dall�art. 
5-bis, 
comma 
1, 
D.L. 
23 
novembre 
2001, 
n. 
411, 
convertito 
dalla 
L. 31 dicembre 
2001, n. 463 e, successivamente, al 
30 giugno 2003 dall'art. 2, comma 
1, 


D.L. 20 giugno 2002, n. 122, convertito, con modificazioni, dall'art 
1, comma 
1, L. 1� 
agosto 2002. n. 
185. 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


dicembre 
2008, 
n. 
6174, 
nonch� 
gli 
altri 
arresti 
della 
giurisprudenza 
richiamati 
da codesta 
Avvocatura distrettuale nel parere in oggetto). 


Peraltro, 
si 
tratta 
di 
sanzione 
autonoma 
che 
''consegue 
all�inottemperanza 
dell�ingiunzione, abilitando poi 
il 
sindaco ad una scelta fra la demolizione 
di 
ufficio e 
la conservazione 
del 
bene, definitivamente 
gi� acquisito, per 
la destinazione 
a fimi 
pubblici, sempre 
che 
l'opera non contrasti 
con rilevanti 
interessi 
urbanistici 
o ambientali" 
(Corte 
Costituzionale, sentenza 
n. 345 del 
11 
luglio 1991). 


Da 
qui 
il 
corollario 
che 
"la 
notifica 
dell�accertamento 
dell�inottemperanza 
� 
un 
adempimento 
estrinseco 
rispetto 
alla 
fattispecie 
ablatoria 
ed 
ha 
due 
funzioni. l'una, consiste 
nello essere 
il 
necessario titolo per 
la concreta 
immissione 
nel 
possesso da parte 
dello ente 
comunale 
qualora l�interessato 
non intenda spontaneamente 
spogliarsi 
del 
bene; l�altra, si 
rinviene 
nel 
permettere 
al 
comune 
di 
trascrivere 
nei 
registri 
immobiliari 
il 
trasferimento 
della 
propriet� 
(per 
gli 
effetti 
dell'art. 
2644 
cod. 
civ.)" 
(Cass. 
pen., 
sez. 
IIII, 
28 
maggio 
2009, n. 22440, Morichetti). 


Secondo 
autorevole 
dottrina 
(Predieri) 
si 
tratta 
di 
un�ablazione 
intesa 
quale 
confisca 
amministrativa 
repressiva, in quanto sanzione 
conseguente 
ad 
un 
illecito 
amministrativo, 
quale 
� 
il 
costruire 
senza 
il 
provvedimento 
concessorio 
(o in difformit� da esso). 


Quindi, 
i 
due 
effetti 
automatici 
(lo 
spossessamento 
e 
la 
acquisizione 
al 
patrimonio 
dell�ente) 
si 
verificano 
nello 
stesso 
tempo 
istantaneo 
ed 
a 
quel 
tempo 
va 
individuato 
l�ente 
competente 
che 
la 
legge 
in 
vigore 
in 
quel 
momento 
indica. 


In conclusione, precisato che 
qualora 
sia 
intervenuto il 
jus 
superveniens 
prima 
dello 
scadere 
dei 
90 
gg. 
la 
acquisizione 
in 
propriet� 
gi� 
compete 
al 
nuovo 
ente, 
questo 
g.U. 
ritiene 
che 
la 
mancata 
demolizione 
entro 
novanta 
giorni 
dalla 
notificazione 
della 
relativa 
ordinanza 
produca 
al 
novantunesimo 
giorno che 
cada 
prima 
della 
entrata 
in vigore 
della 
legge 
n. 426/1998 o della 
legge n. 296/2006, l�effetto dell�acquisto in propriet� del Comune. 


La 
questione 
� 
stata 
sottoposta 
all�esame 
del 
Comitato Consultivo della 
Avvocatura 
generale 
dello Stato di 
cui 
all�art. 26 della 
legge 
3 aprile 
1979, n. 
103, che si � espresso in conformit�. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


la regola del concorso pubblico per le progressioni 
tra aree funzionali e la deroga di legge 


Parere 
del 
17/01/2017-24381, al 29974/2016, avv. FraNcesco 
MeloNcelli 


la fattispecie 


Con 
la 
nota 
in 
epigrafe 
codesto 
Ufficio 
del 
Ministero 
espone 
quanto 
segue: 


-con 
D.D. 
11 
luglio 
2001 
n. 
13302 
il 
Ministero 
avviava 
una 
procedura 
di 
selezione 
interna 
per 
la 
copertura 
di 
n. 
715 
posti 
disponibili 
nell�area 
C, 
posizione 
economica 
C1 
(attualmente 
corrispondente 
all�area 
III, 
fascia 
retributiva 
F1), 
alla 
quale 
erano 
ammessi 
a 
partecipare 
i 
dipendenti 
collocati 
nell�area 
B, 
posizioni 
economiche 
B1, 
B2 
e 
B3 
(attualmente 
corrispondenti 
all�area 
funzionale 
II). 
La 
formazione 
della 
graduatoria 
per 
l�ammissione 
al 
percorso 
formativo 
doveva 
considerare: 
l�esperienza 
professionale 
maturata 
nel 
Ministero 
nelle 
qualifiche 
che 
davano 
il 
diritto 
a 
concorrere; 
l�anzianit� 
di 
servizio; 
il 
titolo 
di 
studio 
del 
quale 
il 
candidato 
era 
in 
possesso 
al 
momento 
della 
presentazione 
della 
domanda; 
le 
attivit� 
formative 
eventualmente 
svolte 
nel 
corso 
della 
carriera 
all�interno 
dell�Amministrazione 
stessa 
o 
in 
altri 
istituti 
universitari; 
l�idoneit� 
a 
prove 
selettive 
o 
concorsi 
per 
la 
qualifica 
per 
la 
quale 
si 
concorreva 
e 
la 
valutazione 
del 
dirigente 
responsabile. 
La 
procedura 
prevedeva, 
quindi, 
l�espletamento 
di 
un 
percorso 
formativo 
e, 
da 
ultimo, 
l�esame 
finale; 
-all�esito 
dello 
svolgimento 
della 
suddetta 
procedura 
di 
selezione, 
per 
effetto 
del 
rilevante 
peso 
dato 
all�anzianit� 
di 
servizio, 
i 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B3 venivano preceduti, nella 
graduatoria 
per l�accesso al 
percorso 
formativo, 
dai 
candidati 
delle 
posizioni 
economiche 
B1 
e 
B2, 
perdendo 
di 
fatto 
la possibilit� di conseguire la qualifica dell�area C1; 


-in data 
1 agosto 2003 veniva 
stipulato tra 
codesto Ufficio e 
le 
organizzazioni 
sindacali 
una 
preintesa, in base 
alla 
quale 
i 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B3 venivano ammessi, sebbene 
non fossero rientrati 
nella 
graduatoria, 
a 
partecipare 
al 
percorso formativo al 
cui 
termine 
� 
stata 
approvata, nel 
2008, una 
graduatoria 
di 
vincitori 
nella 
quale 
hanno trovato la 
precedenza 
i 
soggetti in posizione economica B3; 
-tale 
modus 
operandi 
ha 
generato una 
serie 
di 
contenziosi 
promossi 
dai 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B2, i 
quali 
nella 
graduatoria 
finale 
sono 
stati 
posposti 
rispetto ai 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B3, ammessi 
in 
soprannumero. Tali 
contenziosi 
si 
sono conclusi 
con delle 
sentenze, emesse 
dal 
giudice 
amministrativo, le 
quali 
accoglievano le 
doglianze 
dei 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B2, 
considerato 
che 
la 
precedenza 
data 
ai 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B3, nella 
formazione 
della 
graduatoria 
per la 
partecipazione 
al 
percorso formativo, era 
stata 
prevista 
esclusivamente 
dall�ac

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


cordo sindacale 
del 
1 settembre 
2003 ma 
non era 
stata 
recepita 
nel 
bando di 
partecipazione al concorso; 


-al 
fine 
di 
evitare 
una 
modificazione 
in pejus 
della 
posizione 
economica 
dei 
dipendenti 
ex B3, che 
da 
tempo erano gi� 
stati 
inquadrati 
nella 
posizione 
economica 
C1, codesto Ufficio, con il 
decreto dell�8 ottobre 
2010 n. 87905, 
ha 
deciso di 
mantenere 
invariata, in via 
di 
autotutela, la 
posizione 
economica 
dei dipendenti ex B3 e B3S; 
-tale 
ultimo decreto, richiamato nel 
punto precedente, � 
stato invalidato 
con diverse 
sentenze 
del 
Consiglio di 
Stato (cfr. sentt. 3602/2013; 
4212/13) 
con le 
quali 
il 
giudice 
amministrativo ha 
accolto i 
ricorsi 
presentati 
dai 
dipendenti 
appartenenti alla posizione economica B2; 
-in 
ottemperanza 
a 
quanto 
disposto 
dalle 
suindicate 
sentenze, 
codesto 
Ufficio 
emanava 
il 
decreto 
26 
settembre 
2013 
n. 
110391, 
rettificato 
dal 
decreto 
9 ottobre 
2013 n. 115693, con il 
quale 
i 
candidati 
della 
posizione 
economica 
B3, 
che 
per 
effetto 
dell�ampliamento 
dei 
posti 
avevano 
conseguito 
la 
qualifica 
superiore 
C1, 
venivano 
rinquadrati 
nell�area 
originaria 
di 
appartenenza 
(attuale 
area 
funzionale 
II, fasce 
retributive 
F3 e 
F4), a 
decorrere 
dal 
14 ottobre 
2013; 


-a 
seguito 
delle 
ordinanze 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
n. 
4709/2013 
e 
n. 
4708/2013, 
con 
le 
quali 
venivano 
accolte 
le 
istanze 
cautelari 
di 
alcuni 
dei 
candidati 
�retrocessi� 
alla 
posizione 
economica 
B3, 
e 
per 
l�effetto 
veniva 
sospesa 
l�esecutivit� 
delle 
sentenze 
del 
Consiglio di 
Stato 3602/2013 e 
4212/2013 gi� 
richiamate, codesto Ufficio, con D.D. 6 dicembre 
2013 n. 0141629, ha 
provveduto 
a 
sospendere 
l�efficacia 
dei 
decreti 
n. 11031 del 
26 settembre 
2013 e 


n. 
115693 
del 
9 
ottobre 
2013 
in 
attesa 
della 
discussione 
nel 
merito 
delle 
istanze 
cautelari 
congiuntamente 
alla 
richiesta 
di 
chiarimenti, ex art. 112, comma 
5, 
c.p.a., proposta dal Ministero; 
-il 
Consiglio di 
Stato, con la 
sentenza 
n. 5153/2015, ha 
definitivamente 
ordinato <<al 
Ministero ... 
di 
provvedere 
� 
alla esatta e 
puntuale 
ottemperanza 
delle 
sentenze 
per 
cui 
� 
causa, cos� 
come 
indicato nelle 
sentenze 
della 
sezione n. 6085/2013 e 654/2015>>; 
-codesto Ufficio, pertanto, con D.D. 2 dicembre 
2015 n. 136627 ha 
ripristinato 
gli 
effetti 
dei 
decreti 
n. 110391 del 
26 settembre 
2013 e 
n. 115693 
del 
9 ottobre 
2013 di 
presa 
d�atto della 
dichiarazione 
di 
nullit� 
del 
decreto n. 
87905 
dell�8 
novembre 
2010, 
rinquadrando 
definitivamente 
nell�ex 
area 
B, 
posizione 
economica 
B3 e 
B3S 
(ora 
area 
funzionale 
II, fasce 
retributive 
F3 e 
F4) i 
candidati 
che 
avevano beneficiato dell�accordo sindacale, facendo decorrere 
gli effetti di questa nuova disposizione dal 14 ottobre 2013; 
-con 
l�art. 
1, 
comma 
9, 
legge 
28 
dicembre 
2015, 
n. 
208, 
il 
legislatore, 
nell�intento 
di 
intervenire 
nella 
materia 
de 
qua, 
ha 
disposto 
che 
�al 
fine 
di 
evitare 
un 
pregiudizio 
alla 
continuit� 
dell'azione 
amministrativa, 
ai 
dipendenti 
dell'amministrazione 
economico-finanziaria, 
ivi 
incluse 
le 
agenzie 
fiscali, 
cui 
sono 
state 
affidate 
le 
mansioni 
della 
terza 
area 
sulla 
base 
dei 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


contratti 
individuali 
di 
lavoro 
a 
tempo 
indeterminato 
stipulati 
in 
esito 
al 
superamento 
di 
concorsi 
banditi 
in 
applicazione 
del 
contratto 
collettivo 
nazionale 
di 
comparto 
del 
quadriennio 
1998-2001, 
o 
del 
quadriennio 
2002-2005, 
continua 
ad 
essere 
corrisposto, 
a 
titolo 
individuale 
e 
in 
via 
provvisoria, 
sino 
all'adozione 
di 
una 
specifica 
disciplina 
contrattuale, 
il 
relativo 
trattamento 
economico 
e 
gli 
stessi 
continuano 
ad 
esplicare 
le 
relative 
funzioni, 
nei 
limiti 
delle 
facolt� 
assunzionali 
a 
tempo 
indeterminato 
e 
delle 
vacanze 
di 
organico 
previste 
per 
le 
strutture 
interessate�; 


-secondo 
l�interpretazione 
di 
codesto 
Ufficio, 
la 
norma 
prevede 
il 
mantenimento, 
in 
capo 
ai 
dipendenti 
�retrocessi�, 
del 
trattamento 
economico 
e 
delle 
funzioni 
svolte 
prima 
della 
retrocessione, 
mediante 
l�assegnazione, 
a 
titolo 
individuale 
ed 
in 
via 
provvisoria, 
di 
un 
differenziale 
a 
carico 
di 
fondi 
assunzionali; 
-codesto 
Ufficio 
ha 
quindi, 
con 
nota 
del 
19 
gennaio 
2016 
n. 
5869, 
provveduto 
a 
comunicare 
alla 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
che 
ai 
dipendenti 
appartenenti 
all�area 
funzionale 
II, 
fasce 
retributive 
F3 
e 
F4, 
continuava 
ad 
essere 
corrisposto 
il 
trattamento 
economico 
dell�area 
III, 
fascia 
retributiva 
F1; 


-con i 
D.D. n. 61051, 61052 e 
61045 del 
23 maggio 2016 e 
il 
D.D. n. 
67120 dell�8 giugno 2016 codesto Ufficio ha 
indetto l�avvio delle 
procedure 
per lo sviluppo economico all�interno delle 
Aree; 
-in particolare, i 
dipendenti 
appartenenti 
all�area 
funzionale 
II, fasce 
retributive 
F3 e 
F4, destinatari 
della 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 1, comma 
9, cit., 
hanno presentato domanda 
informatica 
di 
partecipazione 
alla 
procedura, modificando 
la 
propria 
Area 
e 
fascia 
economica 
di 
appartenenza 
e 
partecipando 
alla 
progressione 
per lo sviluppo economico nell�area 
3, fascia 
retributiva 
F2; 
-con la 
chiusura 
della 
fase 
d�iscrizione, codesto Ufficio tramite 
la 
nota 
n. 
76801 
del 
4 
luglio 
2016, 
ha 
comunicato 
al 
Dipartimento 
delle 
Finanze, 
unit� 
organizzativa 
alle 
dirette 
dipendenze 
del 
Direttore 
generale 
delle 
Finanze, 
che 
con riguardo ai 
dipendenti 
beneficiari, nella 
procedura 
del 
2001, degli 
effetti 
dell�ampliamento dei 
posti, grazie 
ai 
quali 
avevano conseguito una 
qualifica 
superiore, 
si 
era 
provveduto 
con 
D.D. 
a 
rinquadrali 
nell�area 
funzionale 
II, 
fasce 
retributive 
F3 
e 
F4, 
in 
ottemperanza 
a 
quanto 
disposto 
dalle 
Sentenze 
del 
Consiglio di 
Stato (sentt. 3602/2013, 4212/2013 e 
5153/2015). Di 
conseguenza, 
tali 
dipendenti 
potevano 
partecipare 
alla 
procedura 
per 
lo 
sviluppo 
economico 
indetta 
nel 
2016 
esclusivamente 
all�interno 
dell�area 
funzionale 
II, 
per 
vedersi 
attribuire 
la 
fascia 
retributiva 
superiore, 
rispetto 
a 
quella 
attualmente 
in godimento; 
-di 
contro, i 
dipendenti 
interessati 
dalla 
vicenda 
de 
qua 
hanno rivendicato, 
in 
forza 
di 
quanto 
disposto 
dall�art. 
1, 
comma 
9, 
cit. 
il 
diritto 
a 
poter 
concorrere 
alla 
procedura 
di 
progressione 
economica 
per 
l�Area 
III, 
fascia 
retributiva F2. 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


il quesito 


Premesso tutto ci�, codesto Ufficio chiede 
di 
sapere 
se 
l�art. 1, comma 
9, 
cit. �sia da interpretare 
nel 
senso che 
i 
suddetti 
dipendenti, in possesso del 
trattamento economico equiparato alla qualifica area iii, fascia retributiva 
F1 
e 
ammessi 
allo 
svolgimento 
delle 
relative 
funzioni, 
possano 
concorrere 
per 
l�attribuzione 
della 
fascia 
economica 
superiore 
(area 
iii, 
fascia 
retributiva 
F2), atteso che 
l�art. 2 dei 
decreti 
di 
indizione 
delle 
procedure 
citate 
prevede, 
come 
requisito di 
ammissione, l�anzianit� di 
almeno due 
anni 
nella fascia retributiva 
di 
appartenenza, ovvero se, come 
invece 
ritenuto da codesto ufficio 
in conseguenza del 
dettato normativo, la norma, al 
fine 
di 
garantire 
la continuit� 
amministrativa, persegua l�obiettivo di 
riconoscere 
ai 
dipendenti 
interessati 
esclusivamente 
il 
mantenimento del 
trattamento economico correlato 
allo 
svolgimento 
di 
funzioni, 
senza 
incidere 
sull�attribuzione 
dell�area 
e 
fascia 
economica di 
appartenenza, 
id est 
sullo stato giuridico, che 
risulta essere 
tuttora 
corrispondente all�area ii, fascia retributiva F3 e F4�. 


la risposta al quesito 


I 
destinatari 
dell�art. 
1, 
comma 
9, 
L. 
208/2015 
sono 
coloro 
ai 
quali 
�sono 
state 
affidate 
le 
mansioni 
della terza area sulla base 
dei 
contratti 
individuali 
di 
lavoro 
a 
tempo 
indeterminato 
stipulati 
in 
esito 
al 
superamento 
dei 
concorsi 
banditi 
in 
applicazione 
del 
contratto 
collettivo 
nazionale 
di 
comparto 
del 
quadriennio 
1998-2001, o del quadriennio 2005�. 

Di 
seguito, 
il 
legislatore 
dispone 
che 
a 
questi 
dipendenti 
�continua 
ad 
essere 
corrisposto, a titolo individuale 
e 
in via provvisoria � 
il 
relativo trattamento 
economico e gli stessi continuano ad esplicare le relative funzioni�. 


Poich� 
potrebbe 
risultare 
irragionevole 
che 
il 
legislatore 
attribuisse 
a 
titolo 
provvisorio, 
a 
coloro 
che 
hanno 
vinto 
il 
concorso 
in 
base 
alle 
regole 
del 
bando, 
un 
trattamento 
che 
spetterebbe 
loro 
permanentemente 
in 
base 
alla 
qualifica 
e 
all�inquadramento 
previsti 
per 
il 
posto 
messo 
a 
concorso, 
la 
disposizione 
non 
pu� 
avere 
altro 
senso, 
ex 
art. 
12 
disp. 
prel. 
c.c. 
e 
in 
base 
ad 
un�interpretazione 
teleologica, 
se 
non 
quello 
di 
attribuire 
provvisoriamente 
il 
trattamento 
economico, 
ma 
non 
l�inquadramento, 
a 
coloro 
che 
hanno 
altrimenti 
�superato� 
il 
concorso 
e 
hanno 
effettivamente 
svolto 
le 
mansioni 
corrispondenti 
all�area 
terza. 


Pertanto, destinatari 
della 
norma 
sono i 
dipendenti 
che 
hanno meramente 
partecipato 
al 
concorso 
e 
ai 
quali 
l�Amministrazione 
economico-finanziaria 
ha 
comunque 
affidato, all�esito del 
concorso e 
mediante 
la 
stipula 
di 
un contratto 
di 
lavoro 
individuale 
a 
tempo 
indeterminato, 
le 
mansioni 
dell�area 
terza. 


gli 
oggetti 
della 
norma 
sono il 
trattamento economico e 
le 
funzioni 
da 
loro svolte. 


Quanto 
al 
primo 
oggetto, 
la 
norma 
prescrive 
che 
il 
trattamento 
economico 
dell�area 
terza 
continua 
ad 
essere 
corrisposto. 
Quanto 
al 
secondo 
oggetto, 
vi 
si 
prescrive 
che 
essi 
continuino 
ad 
esplicare 
le 
funzioni 
dell�area 
terza. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Tuttavia, 
poich�, 
come 
esplicitato 
nella 
disposizione 
normativa 
qui 
in 
esame, 
si 
tratta 
di 
una 
disciplina 
dettata, 
in 
primis, 
da 
un�esigenza 
di 
continuit� 
dell�azione 
amministrativa 
e, in secundis, fino all�adozione 
di 
una 
specifica 
disciplina 
contrattuale, 
essa 
ha, 
evidentemente 
e 
necessariamente, 
carattere 
temporaneo e 
provvisorio. Lo conferma, per l�appunto, la 
lettera 
del 
comma 
9 
dell�art. 
1 
cit., 
il 
quale 
prevede 
che 
il 
contenuto 
normativo 
prescrittivo 
sopra 
descritto si applichi 
�a titolo individuale e in via provvisoria�. 


In altri 
termini, tenuto conto del 
senso pi� conveniente 
alla 
natura 
e 
all�oggetto 
della 
disposizione 
normativa 
e 
tenuto 
altres� 
conto 
del 
fine 
per 
il 
quale 
il 
legislatore 
� 
intervenuto, cio� 
quello di 
�evitare 
un pregiudizio alla 
continuit� dell�azione 
amministrativa�, in ossequio al 
principio del 
buon andamento 
della 
pubblica 
amministrazione 
di 
cui 
all�art. 
97 
Cost., 
l�art. 
1, 
comma 
9, 
cit. 
� 
rivolto 
a 
coloro 
i 
quali, 
partecipando 
alle 
procedure 
per 
la 
progressione 
tra 
le 
aree, pur non superando la 
prima 
fase 
della 
procedura 
(quella 
che 
dava 
accesso 
al 
percorso 
formativo), 
hanno 
tuttavia 
beneficiato 
di 
una 
�deroga� 
al 
bando di 
gara 
disposta 
a 
seguito di 
un�intesa 
sindacale, in base 
alla 
quale 
essi 
erano 
stati 
fatti 
rientrare 
comunque 
tra 
gli 
ammessi 
allo 
svolgimento 
delle 
mansioni 
dell�area 
superiore 
(area 
III), seppure 
non avessero mai 
superato 
il concorso ai sensi del bando. 

Come 
pi� 
volte 
affermato 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
<<il 
passaggio 
a 
una 
fascia 
funzionale 
superiore, 
in 
quanto 
comporta 
l'accesso 
a 
un 
nuovo 
posto di 
lavoro corrispondente 
a funzioni 
pi� elevate, � 
una figura di 
reclutamento 
soggetta alla regola del 
pubblico concorso. a 
tale 
regola la legge 
pu� 
derogare, ma sempre 
col 
limite 
della razionalit�. e 
poich� 
tra i 
criteri 
di 
razionalit� 
della deroga, ammessa dal 
terzo comma dell'art. 97 cost., � 
sicuramente 
compresa 
l'esigenza, 
risultante 
dal 
primo 
comma, 
che 
non 
sia 
pregiudicato 
il 
buon 
andamento 
dell'amministrazione, 
� 
da 
escludere, 
secondo 
un 
rilievo 
ripetutamente 
espresso 
da 
questa 
corte, 
la 
legittimit� 
costituzionale 
di 
una legge 
che 
consenta il 
passaggio di 
una categoria di 
personale 
da una 
fascia 
funzionale 
ad 
altra 
superiore, 
pertinente 
a 
qualifiche 
diverse, 
sulla 
base 
del 
solo 
parametro 
automatico 
dell'anzianit� 
di 
servizio 
>> 
(Corte 
cost., 
sent. 
4 aprile 
1990, n. 161; 
conformi, ex 
multis, Corte 
cost., sent. 30. ottobre 
1997, 


n. 320; Corte cost., sent. 4 gennaio 1999, n. 1). 
Tale 
principio 
di 
derivazione 
costituzionale 
� 
stato, 
peraltro, 
recentemente 
positivizzato 
dal 
legislatore, 
tramite 
l�introduzione 
del 
comma 
1-bis 
all�art. 
52 del D.Lgs. 30 marzo .2001 n. 165. 


Ne 
deriva 
che 
l�espletamento 
e 
il 
superamento 
di 
un 
concorso 
non 
attiene 
soltanto 
alla 
fase 
iniziale 
dell�accesso 
al 
pubblico 
impiego, 
ma 
coinvolge 
anche 
le 
eventuali 
progressioni 
tra 
aree 
funzionali 
alle 
quali 
il 
dipendente, 
gi� 
collocato 
all�interno 
dell� 
amministrazione 
pubblica, 
vorr� 
eventualmente 
partecipare. 


Una 
diversa 
lettura 
della 
disposizione 
normativa 
di 
cui 
qui 
si 
tratta, anzi, 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


potrebbe 
reputarsi 
come 
violatrice 
dei 
giudicati 
amministrativi 
sopra 
menzionati, 
nei 
quali 
� 
stata 
sancita 
l�illegittimit� 
amministrativa 
dell�operato 
del-
l�Amministrazione, 
che 
avrebbe 
inquadrato 
il 
personale 
dell�area 
B3 
nell�area 
terza, 
per 
effetto 
di 
un 
ampliamento 
della 
graduatoria 
dei 
vincitori 
non 
prevista 
nel bando di concorso. 

Il 
trattamento 
retributivo, 
corrispondente 
all�area 
III, 
fascia 
retributiva 
F1, 
�, 
infatti, 
mantenuto 
nei 
confronti 
dei 
soggetti 
beneficiari 
della 
disposizione 
normativa 
soltanto 
in 
via 
provvisoria 
e 
per 
esigenze 
legate 
alla 
continuit� 
amministrativa. 

Ci� 
comporta, 
quindi, 
che 
i 
dipendenti 
in 
questione 
sono 
comunque 
tenuti 
ad effettuare 
gli 
sviluppi 
economici 
all�interno dell�effettiva 
area 
di 
appartenenza, 
nel 
caso 
di 
specie 
corrispondente 
all�area 
funzionale 
II, 
essendo 
l�espletamento 
delle 
mansioni 
dell�area 
III 
provvisorio, 
legato 
ad 
esigenze 
di 
continuit� 
dell�azione 
amministrativa 
e 
destinato, per sua 
stessa 
natura, a 
cessare 
per effetto del 
sopravvenire 
delle 
condizioni 
previste 
dalla 
legge 
per la 
sua cessazione. 


In conclusione, i 
dipendenti 
a 
cui 
si 
applica 
il 
comma 
9 dell�art. 1 L. n. 
208/2015, 
restano 
inquadrati, 
ai 
fini 
dell�espletamento 
di 
concorsi 
interni 
volti 
allo sviluppo economico o alla 
progressione 
tra 
le 
aree, nell�area 
funzionale 
II, fasce retributive F3 e F4. 


Sulle 
questioni 
trattate 
nel 
presente 
parere 
� 
stato 
sentito 
il 
Comitato 
consultivo 
di questo Istituto, che si � espresso in conformit�. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Il regime della revisione dei prezzi negli appalti di lavori 
a seguito della novellata disciplina del d.lgs 50/2016 


Parere 
del 
23/01/2017-35949, al 40294/2016, avv. Paola 
PalMieri 


Codesto 
Ministero 
ha 
chiesto 
il 
parere 
di 
questo 
g.U. 
in 
ordine 
all�applicazione 
della 
disciplina 
introdotta 
dal 
decreto 
legislativo 
18 
aprile 
2016, 
n. 
50, 
recante 
�attuazione 
delle 
direttive 
2014/23/ue, 
2014/24/ue 
e 
2014/25/ue, 
sull�aggiudicazione 
dei 
contratti 
di 
concessione, 
sugli 
appalti 
pubblici 
e 
sulle 
procedure 
di 
appalto 
degli 
enti 
erogatori 
nei 
settori 
dell�acqua, 
dell�energia, 
dei 
trasporti 
e 
dei 
servizi 
postali, 
nonch� 
per 
il 
riordino 
della 
disciplina 
vigente 
in 
materia 
di 
contratti 
pubblici 
relativi 
a 
lavori, 
servizi 
e 
forniture�. 


1. Con la 
richiesta 
di 
parere, in particolare, si 
richiama 
il 
Comunicato in 
data 
11 maggio 2016, con il 
quale 
il 
Presidente 
dell�A.N.A.C. ha 
chiarito che 
le 
disposizioni 
di 
cui 
al 
d.lgs. 12 aprile 
2006, n. 163, come 
noto abrogato dal 
d.lgs. 
n. 
50/2016, 
continuano 
ad 
applicarsi, 
tra 
l�altro, 
nel 
caso 
di 
�affidamenti 
aggiudicati 
prima 
della 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
nuovo 
codice, 
per 
i 
quali 
siano 
disposti, 
fermo 
restando 
il 
divieto 
generale 
di 
rinnovo 
tacito 
e 
di 
proroga 
del 
contratto: 
il 
rinnovo 
del 
contratto 
o 
modifiche 
contrattuali 
derivanti 
da 
rinnovi 
gi� previsti 
nei 
bandi 
di 
gara; consegne, lavori 
e 
servizi 
complementari; 
ripetizione 
di 
servizi 
analoghi; 
proroghe 
tecniche 
-purch� 
limitate 
al 
tempo 
strettamente 
necessario 
per 
l�aggiudicazione 
della 
nuova 
gara; 
varianti 
per 
le 
quali 
non sia prevista l�indizione 
di 
una nuova gara. ci�, indipendentemente 
dal 
fatto 
che 
per 
tali 
fattispecie 
sia 
prevista 
l�acquisizione 
di 
un 
nuovo 
cig, in quanto si 
tratta di 
fattispecie 
relative 
a procedure 
di 
aggiudicazione 
espletate prima dell�entrata in vigore del nuovo codice�. 
Alla 
luce 
di 
tali 
premesse, 
codesta 
Amministrazione 
chiede 
alla 
Scrivente 
di 
precisare 
se 
continuano 
a 
trovare 
applicazione 
alcune 
disposizioni 
contenute 
nell�art. 133 del d.lgs. n. 163/2006. Ci si riferisce, in particolare: 


a) 
alle 
attivit� 
prescritte 
in 
attuazione 
dell�art. 
133, 
comma 
3, 
del 
d.lgs. 
n. 
163/2006 
e 
ss.mm. 
ed 
ii. 
(recante 
l�istituto 
del 
cd. 
prezzo 
chiuso, 
con 
particolare 
riferimento 
alla 
necessit� 
che 
il 
decreto 
ministeriale 
di 
fissazione 
della 
percentuale 
di 
aumento 
del 
prezzo 
dei 
lavori 
continui, 
in 
applicazione 
di 
quanto 
indicato 
nella 
Comunicazione 
del 
Presidente 
dell�A.N.A.C. 
sopra 
menzionata, 
ad 
essere 
adottato 
annualmente 
dal 
Ministero, 
pur 
in 
assenza 
di 
un�espressa 
disposizione 
normativa 
all�uopo 
prevista 
dal 
nuovo 
Codice 
(neppure 
in 
sede 
di 
regime 
transitorio, 
disciplinato 
dall�art. 
216 
del 
d.lgs. 
n. 
50/2016); 


b) 
alle 
attivit� 
di 
cui 
ai 
commi 
4, 5, 6 e 
6 bis 
del 
medesimo art. 133, in 
materia 
di 
compensazioni. 
Il 
dubbio 
dell�Amministrazione 
riguarda 
l�ulteriore 
decreto, da 
adottarsi 
entro il 
31 marzo di 
ogni 
anno, con cui 
il 
Ministero, ai 
sensi 
di 
dette 
disposizioni 
rileva 
le 
variazioni 
percentuali 
annuali 
dei 
singoli 
prezzi dei materiali da costruzione pi� significativi. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


L�art. 106, comma 
1, lett. a) del 
nuovo Codice, infatti, nello stabilire 
le 
condizioni 
e 
i 
termini 
in base 
ai 
quali 
possono essere 
apportate 
modifiche 
ai 
contratti 
senza 
una 
nuova 
procedura 
di 
affidamento, non sembra 
fare 
alcun riferimento 
a 
tale 
provvedimento ministeriale. Pertanto, sul 
punto, la 
richiesta 
� 
volta 
a 
chiarire 
se, le 
valutazioni 
in materia 
di 
variazioni 
di 
prezzo indicate 
nel 
sopra 
richiamato art. 106, comma 
1, lett. a) siano previste 
direttamente 
a 
carico delle 
stazioni 
appaltanti 
o se, invece, debbano continuare 
ad essere 
assicurate 
mediante l�apposito decreto del Ministero. 


Al 
fine 
di 
dare 
adeguato riscontro alla 
richiesta 
di 
parere, si 
ritiene 
opportuno, 
innanzitutto, procedere 
all�inquadramento generale 
ed alla 
disamina 
delle 
norme 
citate 
nel 
contesto del 
peculiare 
regime 
pubblicistico della 
revisione 
dei 
prezzi 
nell�ambito 
degli 
appalti 
di 
lavori, 
facendo 
riferimento 
alla 
disciplina abrogata e a quella da poco introdotta. 


2. 
Le 
disposizioni 
che 
formano 
oggetto 
della 
richiesta 
di 
parere 
afferiscono 
al peculiare regime della revisione dei prezzi negli appalti di lavori. 
2.1. 
A 
tale 
proposito, 
l�art. 
133 
del 
Codice 
abrogato, 
una 
volta 
stabilito 
che 
per 
i 
lavori 
pubblici 
affidati 
dalle 
stazioni 
appaltanti 
non 
si 
potesse 
procedere 
alla 
revisione 
dei 
prezzi 
n� 
applicare 
l�art. 
1664, 
comma 
1 
c.c. 
(comma 
2), 
prevedeva 
che, 
in 
tali 
casi, 
si 
dovesse 
applicare 
il 
prezzo 
chiuso, 
�consistente 
nel 
prezzo 
dei 
lavori 
al 
netto 
del 
ribasso 
d�asta, 
aumentato 
di 
una 
percentuale 
da 
applicarsi, 
nel 
caso 
in 
cui 
la 
differenza 
tra 
il 
tasso 
di 
inflazione 
reale 
e 
il 
tasso 
di 
inflazione 
programmato 
nell�anno 
precedente 
sia 
superiore 
al 
2 
per 
cento, 
all�importo 
dei 
lavori 
ancora 
da 
eseguire 
per 
ogni 
anno 
intero 
previsto 
per 
l�ultimazione 
degli 
stessi�. 
Tale 
percentuale 
era 
fissata, 
�con 
decreto 
del 
Ministro 
delle 
infrastrutture 
da 
emanare 
entro 
il 
31 
marzo 
di 
ogni 
anno, 
nella 
misura 
eccedente 
la 
predetta 
percentuale 
del 
2 
per 
cento� 
(comma 
3). 
Dalla 
data 
di 
pubblicazione 
del 
suddetto 
decreto 
in 
gazzetta 
Ufficiale, 
decorreva 
il 
termine 
di 
sessanta 
giorni, 
entro 
il 
quale, 
a 
pena 
di 
decadenza, 
l�appaltatore 
aveva 
l�onere 
di 
presentare 
alla 
stazione 
appaltante 
l�istanza 
di 
applicazione del prezzo chiuso (comma 3 bis). 


In deroga 
a 
tale 
regime, laddove 
il 
prezzo dei 
singoli 
materiali 
da 
costruzione, 
per 
effetto 
di 
circostanze 
eccezionali, 
avesse 
subito 
variazioni 
in 
aumento 
o in diminuzione, superiori 
al 
dieci 
per cento rispetto al 
prezzo rilevato 
dal 
Ministero 
delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti 
nell�anno 
di 
presentazione 
dell�offerta 
con 
l�apposito 
decreto, 
si 
faceva 
luogo 
a 
compensazioni, 
in 
aumento 
o in diminuzione, per la 
met� 
della 
percentuale 
eccedente 
il 
dieci 
per 
cento 
e 
nel 
limite 
delle 
risorse 
appositamente 
accantonate 
per 
imprevisti 
(comma 4). 

Analogamente 
a 
quanto previsto con riferimento al 
prezzo chiuso, da 
un 
lato, 
il 
Ministero 
era 
tenuto 
ad 
emanare, 
sempre 
entro 
il 
31 
marzo 
di 
ogni 
anno, 
un decreto con cui 
si 
rilevavano le 
variazioni 
percentuali 
annuali 
dei 
singoli 
prezzi 
dei 
materiali 
da 
costruzione 
pi� 
significativi 
(comma 
6); 
dall�altro, 
l�ap



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


paltatore, per beneficiare 
della 
compensazione, era 
tenuto a 
presentare 
la 
relativa 
istanza, a 
pena 
di 
decadenza, entro sessanta 
giorni 
dalla 
pubblicazione 
del decreto medesimo (comma 6 bis). 


2.2. 
Il 
regime 
della 
revisione 
dei 
prezzi, 
nell�ambito 
dei 
contratti 
relativi 
ai 
lavori, 
ha 
subito 
modifiche 
significative 
ad 
opera 
del 
d.lgs. 
n. 
50/2016. 
Tali 
modifiche 
hanno 
comportato 
il 
superamento 
degli 
istituti 
del 
prezzo 
chiuso 
e 
delle 
compensazioni, 
cos� 
come 
disciplinate 
nel 
previgente 
contesto 
normativo. 
Il 
comma 
1 
dell�art. 
106 
del 
nuovo 
Codice, 
prevede, 
in 
linea 
generale, 
che 
le 
modifiche 
e 
le 
varianti 
dei 
contratti 
di 
appalto 
in 
corso 
di 
validit� 
devono 
essere 
autorizzate 
dal 
RUP 
con 
le 
modalit� 
previste 
dall�ordinamento 
della 
stazione appaltante da cui il RUP dipende. 


Inoltre, 
ai 
sensi 
della 
lett. 
a) 
di 
tale 
comma, 
i 
contratti 
di 
appalto 
nei 
settori 
ordinari 
e 
nei 
settori 
speciali 
possono 
essere 
modificati 
senza 
una 
nuova 
procedura 
di 
affidamento 
purch� 
le 
modifiche, 
a 
prescindere 
dal 
loro 
valore 
monetario, 
siano 
state 
previste 
nei 
documenti 
di 
gara 
iniziali 
in 
clausole 
chiare, 
precise 
ed 
inequivocabili, 
che 
possono 
comprendere 
clausole 
di 
revisione 
dei 
prezzi. 
Tali 
clausole, 
in 
ogni 
caso, 
non 
devono 
essere 
tali 
da 
apportare 
modifiche 
idonee 
ad 
alterare 
la 
natura 
generale 
del 
contratto 
o 
dell�accordo 
quadro. 


Per quanto pi� interessa 
in questa 
sede, la 
disposizione 
prosegue 
prevedendo, 
specificamente 
per 
i 
contratti 
relativi 
a 
lavori, 
che 
�le 
variazioni 
di 
prezzo 
in 
aumento 
o 
in 
diminuzione 
possono 
essere 
valutate, 
sulla 
base 
dei 
prezziari 
di 
cui 
all�art. 23, comma 7, solo per 
l�eccedenza rispetto al 
10% rispetto 
al prezzo originario e comunque in misura pari alla met��. 


3. 
Passando 
all�esame 
della 
disciplina 
transitoria 
si 
osserva 
che, 
l�art. 
216, 
comma 
1, 
del 
d.lgs. 
n. 
50/2016 
stabilisce, 
in 
via 
generale, 
che 
il 
Codice 
�si 
applica 
alle 
procedure 
e 
ai 
contratti 
per 
i 
quali 
i 
bandi 
o 
avvisi 
con 
cui 
si 
indice 
la 
procedura 
di 
scelta 
del 
contraente 
siano 
pubblicati 
successivamente 
alla 
data 
della 
sua 
entrata 
in 
vigore 
nonch�, 
in 
caso 
di 
contratti 
senza 
pubblicazione 
di 
bandi 
o 
di 
avvisi, 
alle 
procedure 
e 
ai 
contratti 
in 
relazione 
ai 
quali, 
alla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
del 
presente 
codice, 
non 
siano 
ancora 
stati 
inviati 
gli 
inviti 
a 
presentare 
le 
offerte�. 
Siffatte 
disposizioni 
fissano, 
come 
pure 
ha 
avuto 
a 
dire 
la 
Commissione 
Speciale 
del 
Consiglio 
di 
Stato, 
nel 
parere 
sullo 
schema 
di 
decreto 
del 
21 
marzo 
2016, 
n. 
855, 
un 
�usuale 
regime 
transitorio 
generale�. 
Da 
parte 
sua, 
il 
Comunicato 
del 
Presidente 
dell�A.N.A.C. 
dell�11 
maggio 
2016, nel 
precisare 
la 
portata 
della 
norma 
suddetta, ha 
confermato, da 
un lato, 
che 
�le 
disposizioni 
del 
d.lgs. 
n. 
163/06 
si 
applicano 
a 
tutti 
gli 
avvisi 
pubblicati 
entro il 
19.04.2016�, dall�altro, come 
detto sopra, ha 
ritenuto doversi 
continuare 
ad 
applicare 
le 
disposizioni 
previgenti 
agli 
�affidamenti 
aggiudicati 
prima della data di 
entrata in vigore 
del 
nuovo codice, per 
i 
quali 
siano disposti, 
fermo restando il 
divieto generale 
di 
rinnovo tacito e 
di 
proroga del 
contratto: 
il 
rinnovo 
del 
contratto 
o 
modifiche 
contrattuali 
derivanti 
da 
rinnovi 
gi� previsti 
nei 
bandi 
di 
gara; consegne, lavori 
e 
servizi 
complementari; ri



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


petizione 
di 
servizi 
analoghi; 
proroghe 
tecniche 
-purch� 
limitate 
al 
tempo 
strettamente 
necessario per 
l�aggiudicazione 
della nuova gara; varianti 
per 
le 
quali 
non sia prevista l�indizione 
di 
una nuova gara�, 
specificando come 
ci� accada 
�indipendentemente 
dal 
fatto che 
per 
tali 
fattispecie 
sia prevista 
l�acquisizione 
di 
un 
nuovo 
cig, 
in 
quanto 
si 
tratta 
di 
fattispecie 
relative 
a 
procedure 
di 
aggiudicazione 
espletate 
prima dell�entrata in vigore 
del 
nuovo 
codice� 
(v. punto 1 del Comunicato) . 


3.1 Senza 
soffermarsi 
- in quanto si 
tratta 
di 
questione 
non attinente 
all�oggetto 
della 
richiesta 
in esame 
- sul 
fatto che, a 
differenza 
della 
norma 
di 
legge, 
il 
Comunicato 
fa 
riferimento 
anche 
al 
momento 
della 
�aggiudicazione�, 
e 
non 
solo 
a 
quello 
della 
�pubblicazione� 
del 
bando, 
quale 
dies 
a 
quo 
per 
l�applicazione 
del 
nuovo Codice, in ogni 
caso, sembra 
potersi 
ritenere, da 
quanto 
risulta 
alla 
stregua 
delle 
disposizioni 
di 
legge 
e 
dal 
menzionato chiarimento 
dell�Autorit� 
competente, 
che 
si 
continui 
ad 
applicare 
la 
vecchia 
normativa 
per 
tutte 
le 
procedure 
di 
scelta 
del 
contraente 
gi� 
disposte, 
secondo 
le 
pertinenti 
modalit�, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016. 
Come 
specificato dall�A.N.A.C., tale 
principio generale 
vale 
per tutte 
le 
fattispecie 
indicate 
nel 
richiamato comunicato che, osserva 
questo g.U., determinando 
un maggior tempo contrattuale, potrebbero dare 
luogo ad altrettante 
ipotesi 
di 
possibili 
aggiornamenti 
dei 
prezzi 
contrattuali, 
o 
per 
applicazione 
del 
prezzo chiuso o per applicazione 
dell�istituto della 
compensazione, 
ove siano ricorrenti i relativi presupposti. 

Il 
dubbio di 
Codesta 
Amministrazione 
sembra 
potersi 
ricondurre 
alla 
circostanza 
per la 
quale, i 
provvedimenti 
ministeriali 
collegati 
alla 
disciplina 
del 
prezzo 
chiuso 
e 
delle 
compensazioni, 
devono 
essere 
emanati 
annualmente, 
entro il 
termine 
stabilito dalla 
legge, e 
ci�, nonostante 
che, nel 
nuovo Codice, 
non sussista una trasposizione degli istituti in esame. 


4. 
Si 
osserva, al 
riguardo, che, una 
volta 
che 
si 
ritenga 
applicabile 
la 
disciplina 
previgente, 
difficilmente 
potr� 
negarsi 
l�obbligo 
del 
Ministero 
di 
continuare 
ad 
emanare 
i 
decreti 
che 
la 
rendono 
attuabile 
con 
riferimento 
agli 
istituti oggetto di esame. 
L�art. 217 del 
nuovo Codice, del 
resto, dispone 
l�abrogazione 
del 
D.Lgs. 


n. 163 del 
2006 �fermo restando quanto previsto dall�art. 216�, ovvero fatta 
salva la disciplina transitoria ivi introdotta. 
4.1 
giova 
richiamare, al 
riguardo, la 
giurisprudenza 
amministrativa 
che, 
nella 
vigenza 
della 
normativa 
precedente 
al 
d.lgs. 
n. 
163/2006, 
con 
riferimento 
alla 
disciplina 
del 
prezzo 
chiuso 
di 
cui 
all�art. 
26, 
comma 
4, 
della 
legge 
11 
febbraio 
1994, 
n. 
109, 
riprodotta, 
peraltro, 
in 
modo 
quasi 
identico 
dall�art. 
133, commi 
3 e 
3bis, del 
d.lgs. n. 163/2006, ha 
affermato l�obbligo del 
Ministero 
per i 
Lavori 
pubblici, allora 
competente, di 
provvedere 
annualmente 
al-
l�adozione 
del 
relativo decreto pur in assenza 
dei 
presupposti 
di 
fatto atti 
ad 
integrare in aumento il prezzo originario dei lavori. 

RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Ci�, non solo in quanto, spetta 
�necessariamente 
all�amministrazione 
di 
effettuare 
il 
rilievo 
dello 
scostamento 
tra 
inflazione 
programmata 
e 
inflazione 
reale, 
perch� 
solo 
ove 
tale 
operazione 
sia 
compiuta 
� 
possibile 
affermare 
o 
negare 
che 
la 
seconda 
abbia 
avuto 
un�eccedenza 
percentuale 
rispetto 
alla 
prima superiore 
al 
2%�, ma, altres�, in quanto, 
�quale 
che 
ne 
sia il 
risultato, 
la 
rilevazione 
dello 
scostamento 
tra 
i 
due 
indici 
in 
questione 
costituisce 
l�esercizio 
formalizzato di 
un potere 
valutativo che 
si 
riflette 
sulla posizione 
delle 
imprese�. esse 
�hanno perci� un interesse 
qualificato dalla stessa normativa 
qui 
in rilievo a veder 
pubblicati 
i 
presupposti 
ed i 
criteri 
utilizzati 
nella valutazione, 
al 
fine 
di 
conoscere 
come, comunque, la loro posizione 
sia stata definita 
dall�amministrazione 
(�) e 
di 
poter 
contestare, nelle 
sedi 
opportune, 
gli 
esiti 
che 
ritenessero illegittimamente 
sfavorevoli� 
(In tal 
senso, Cons. St., 
sez. vI, 4 settembre 2006, n. 5088). 


4.2 
L�esistenza 
di 
un 
tale 
interesse 
qualificato 
dell�appaltatore 
all�emanazione 
del 
decreto ministeriale 
� 
ancora 
pi� evidente 
nel 
contesto normativo 
del 
d.lgs 
n. 133/2006. Il 
comma 
3 bis 
dell�art. 133 prevede, infatti, che 
il 
procedimento 
di 
aumento 
del 
prezzo, 
in 
attuazione 
del 
meccanismo 
del 
prezzo 
chiuso, si 
attivi 
su istanza 
di 
parte 
(si 
veda, TAR Lazio - Roma, sez. III, 7 ottobre 
2014, 
n. 
10226, 
che 
si 
riferisce 
altres� 
alla 
disciplina 
della 
compensazione 
per 
variazioni 
dei 
prezzi 
di 
singoli 
materiali 
da 
costruzione), 
facendo 
decorrere 
il 
termine 
perentorio 
di 
sessanta 
giorni 
per 
la 
presentazione 
della 
domanda 
proprio dalla data di pubblicazione del decreto. 
Considerazioni 
analoghe 
possono 
essere 
svolte 
con 
riferimento 
al 
decreto 
di 
rilevazione 
delle 
variazioni 
percentuali 
annuali 
dei 
singoli 
prezzi 
dei 
materiali 
da 
costruzione 
pi� significativi, di 
cui 
al 
comma 
6 dell�art. 133, dal 
momento 
che 
anche 
in 
tal 
caso 
sussiste 
un 
chiaro 
rapporto 
di 
strumentalit� 
tra 
l�emanazione 
di 
siffatto provvedimento da 
parte 
del 
Ministero e 
l�attivazione 
della 
procedura, 
nonch� 
l�esercizio 
dello 
specifico 
interesse 
qualificato 
del-
l�appaltatore 
(come 
rilevato 
nel 
corso 
della 
trattazione, 
il 
comma 
6 
bis 
dell�art. 
133 prevede, anche 
in questa 
ipotesi, un termine 
perentorio di 
sessanta 
giorni 
dalla pubblicazione del decreto per la presentazione della relativa istanza). 


Sul 
punto, 
si 
pu�, 
pertanto, 
concludere 
nel 
senso 
di 
ritenere 
l�emanazione 
dei 
decreti 
ex 
commi 
3 
e 
6 
dell�art. 
133 
come 
strumentale 
all�applicazione 
delle 
relative 
discipline, 
rispettivamente 
del 
prezzo 
chiuso 
e 
della 
compensazione. 


5. Prima 
di 
poter definitivamente 
concludere 
secondo quanto sopra 
prefigurato 
si 
ritiene 
opportuno 
procedere 
ad 
un�ultima 
verifica, 
concernente 
l�esistenza 
di 
strumenti, 
previsti 
dal 
nuovo 
regime 
ex 
d.lgs. 
n. 
50/2016, 
idonei, 
eventualmente, 
a 
supplire 
all�emanazione 
dei 
provvedimenti 
in 
discorso 
o, 
comunque 
di 
carattere 
equivalente. Infatti, qualora 
venisse 
integrata 
tale 
ipotesi, 
il 
generale 
principio 
di 
economicit� 
dell�azione 
amministrativa, 
immanente 
nel 
sistema 
e, comunque 
codificato dall�art. 1, comma 
1 della 
legge 
7 agosto 
1990, n. 241, potrebbe giustificare la non adozione dei decreti. 

PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


5.1 
Come 
sopra 
rilevato, 
l�art. 
106 
del 
nuovo 
Codice, 
rubricato 
�Modifica 
dei 
contratti 
durante 
il 
periodo 
di 
efficacia�, 
non 
prevede 
pi� 
l�operativit� 
dell�istituto del 
prezzo chiuso - peraltro, di 
scarso successo nella 
vigenza 
del 
vecchio Codice 
- n� 
di 
quello della 
compensazione 
per eccezionali 
variazioni 
dei prezzi dei materiali da costruzione. 
Al 
loro 
posto, 
per 
i 
contratti 
relativi 
a 
lavori, 
si 
dispone, 
ferma 
la 
necessit� 
che 
le 
condizioni 
di 
revisione 
dei 
prezzi 
debbano 
essere 
state 
�previste 
nei 
documenti 
di 
gara 
iniziali 
in 
clausole 
chiare, 
precise 
ed 
inequivocabili�, 
che 
�le 
variazioni 
di 
prezzo 
in 
aumento 
o 
in 
diminuzione 
possono 
essere 
valutate, 
sulla 
base 
dei 
prezzari 
di 
cui 
all�art. 23, comma 7, solo per 
l�eccedenza rispetto al 
10% rispetto al 
prezzo originario e 
comunque 
in misura pari 
alla met�� 
(art. 
106, comma 1, lett. 
a)). 


La 
possibilit� 
di 
aggiornamento dei 
prezzi 
dunque, � 
rimessa 
alla 
inequivoca 
volont� 
delle 
parti 
del 
contratto, con il 
limite, indisponibile, che 
i 
meccanismi 
revisionali cos� previsti non alterino la natura generale del contratto. 

Nel 
codice 
previgente, 
invece, 
la 
disciplina 
del 
prezzo 
chiuso 
e 
quella 
relativa 
alle 
compensazioni 
nasce 
da 
una 
previsione 
automatica 
derivante 
da 
uno 
scostamento significativo dei prezzi certificato dal Ministero. 

La 
nuova 
norma, in ogni 
caso, non fa 
alcun riferimento alla 
differenza 
superiore 
al 
2 per cento tra 
il 
tasso di 
inflazione 
reale 
e 
il 
tasso di 
inflazione 
programmato, quale presupposto per l�adeguamento del prezzo. 

Pertanto, 
con 
riferimento 
alla 
disciplina 
del 
prezzo 
chiuso, 
� 
evidente 
l�assenza, 
nel 
nuovo 
Codice, 
di 
strumenti 
analoghi 
al 
decreto 
ministeriale 
di 
fissazione 
della 
percentuale 
da 
applicarsi 
all�importo 
dei 
lavori, 
nella 
misura 
eccedente 
la 
predetta 
percentuale 
del 
2 
per 
cento. 
Detto 
provvedimento, 
pertanto, 
a 
parere 
della 
Scrivente, 
dovr� 
continuare 
ad 
essere 
adottato, 
entro 
il 
31 
marzo 
di 
ogni 
anno, 
fino 
a 
che 
non 
vi 
siano 
procedure 
cui 
si 
applica 
il 
regime 
transitorio. 


5.2 
Le 
medesime 
conclusioni 
valgono 
con 
riferimento 
al 
decreto 
ministeriale 
che 
rileva 
le 
variazioni 
percentuali 
annuali 
dei 
singoli 
prezzi 
dei 
materiali 
da costruzione pi� significativi. 
L�art. 106, comma 
1, lett. a), quarto periodo del 
d.lgs. n. 50/2016, come 
gi� 
visto, 
prevede 
un 
meccanismo 
in 
parte 
simile 
a 
quello 
delle 
compensazioni 
per 
eccezionali 
variazioni 
dei 
prezzi 
dei 
materiali, 
ma 
dispone 
che 
le 
variazioni 
in aumento o in diminuzione 
possono essere 
valutate 
�sulla base 
dei 
prezzari 
di 
cui 
all�art. 23, comma 7�. 
Si 
tratta 
di 
atti 
documenti 
�predisposti 
dalle 
regioni 
e 
dalle 
province 
autonome 
territorialmente 
competenti, di 
concerto con 
le 
articolazioni 
territoriali 
del 
Ministero delle 
infrastrutture 
e 
dei 
trasporti� 
che 
servono 
a 
consentire 
la 
quantificazione 
definitiva 
del 
limite 
di 
spesa 
in 
sede 
di 
progettazione 
definitiva, 
peraltro 
definiti 
dal 
menzionato 
comma 
7 
come 
eventualmente 
adottati 
(occorre, 
infatti, 
fare 
riferimento 
ad 
essi 
�ove 
esistenti�). 


RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


essi, 
tuttavia, 
non 
sembrano 
possedere 
caratteristiche 
e 
contenuti 
analoghi 
a 
quelli 
del 
decreto ministeriale 
ex 
art. 133, comma 
6 del 
d.lgs. n. 163/2006, 
in quanto gli 
stessi 
certificano l�adeguamento dei 
prezzi 
ai 
valori 
di 
mercato 
correnti, ma 
non costituiscono strumenti 
attraverso i 
quali 
� 
possibile 
rilevare 
annualmente le variazioni percentuali dei prezzi medesimi. 


*** 


Alla 
luce 
di 
quanto sopra 
considerato si 
conclude 
nel 
senso che, finch� 
ricorrano procedure 
rientranti 
nel 
campo applicativo del 
regime 
transitorio ex 
art. 
216 
d.lgs. 
n. 
50/2016 
il 
Ministero 
dovr� 
considerarsi 
tenuto 
all�emanazione 
tanto 
del 
decreto 
ministeriale 
di 
cui 
all�art. 
133, 
comma 
3, 
del 
d.lgs. 
n. 
163/2006, 
quanto 
del 
decreto 
ministeriale 
di 
cui 
all�art. 
133, 
comma 
6 
del 
medesimo 
decreto legislativo, in quanto provvedimenti 
dotati 
anch�essi 
di 
efficacia 
ultrattiva 
nei 
limiti 
di 
applicazione 
del 
regime 
transitorio di 
cui 
all�art. 
216, comma 1, del nuovo Codice. 

L�interpretazione 
contraria, 
infatti, 
vanificherebbe 
la 
portata 
dell�efficacia 
ultrattiva 
delle 
norme 
previgenti 
ma 
rientranti 
nella 
descritta 
disciplina 
transitoria, 
anche 
con 
possibile 
lesione 
degli 
affidamenti 
vantati 
dalle 
imprese 
che 
abbiano stipulato i relativi contratti. 

*** 


Coinvolgendo questioni 
di 
massima, il 
presente 
parere 
� 
stato sottoposto 
all�esame 
del 
Comitato 
consultivo, 
ai 
sensi 
dell�art. 
26 
della 
legge 
3 
aprile 
1979, 
n. 
103, 
che 
si 
� 
espresso 
in 
conformit� 
nella 
seduta 
del 
20 
gennaio 
2017. 


PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Il rimborso delle spese legali a favore di dipendenti 
di amministrazioni statali ai sensi dell�art. 18 del d.l. 25 
marzo 1997 n. 67: la �ratio� del rimborso 


Parere 
del 
03/03/2017-117921, al 22847/2016, avv. isaBella 
corsiNi 


Per 
ragioni 
di 
chiarezza, 
si 
riepiloga 
che 
il 
dipendente 
indicato 
in 
oggetto 
ha 
presentato istanza 
diretta 
ad ottenere 
il 
rimborso delle 
spese 
di 
difesa 
sostenute 
nell�ambito del 
procedimento penale 
per i 
reati 
militari 
di 
appropriazione 
indebita 
di 
munizioni 
da 
guerra 
e 
peculato, poi 
diversamente 
qualificati 
in 
contravvenzione 
per 
abusiva 
detenzione 
di 
munizioni 
non 
denunciate 
al-
l�Autorit� 
(ex art. 697 c.p.), definito con sentenza 
di 
assoluzione 
per insussistenza 
dal 
fatto 
del 
Tribunale 
penale 
di 
..., 
in 
composizione 
collegiale, 
divenuta 
irrevocabile in data 7 maggio 2014. 

Ha 
allegato alla 
domanda 
nota 
spese 
predisposta 
dal 
proprio legale 
per 
un importo complessivo di 
euro 5.646,79 (importo comprensivo di 
CPA, rimborso 
forfettario ed IvA). La 
scala 
gerarchica 
ha 
espresso parere 
contrario al 
rimborso 
(cfr. 
nota 
del 
Comando 
Legione 
Carabinieri 
Lazio 
del 
9 
maggio 
2016), 
poich� 
non 
appare 
integrata 
la 
connessione 
dei 
fatti 
con 
l�assolvimento 
degli obblighi istituzionali. 

La 
Scrivente, 
concorda 
con 
l�avviso 
espresso 
da 
codesta 
Amministrazione 
e 
dalla 
Scala 
gerarchica, ritenendo che 
la 
fattispecie 
non rientri 
nella 
previsione 
beneficiante 
dell�art. 
18 
comma 
1, 
del 
D.L. 
n. 
67/97, 
convertito 
dalla 
Legge n. 135/97. 


Nella 
sentenza 
si 
legge 
che: 
�� 
il 
teste 
del 
P.M. ha precisato che 
si 
trattava 
di 
un 
ufficio 
normalmente 
in 
uso 
al 
M., 
ma 
in 
sua 
assenza 
utilizzato 
anche 
da 
altri 
colleghi 
e 
che 
la 
scrivania 
non 
era 
chiusa 
a 
chiave. 
inoltre, 
ha 
ancora 
riferito il 
luogotenente 
nel 
cassetto di 
tale 
scrivania vennero rinvenute 
la pistola 
del 
maresciallo con il 
suo caricatore 
da 15 colpi 
nonch� 
un altro caricatore 
con 
14 
colpi 
che 
il 
M. 
disse 
non 
essere 
suo 
e 
che 
venne 
comunque 
sequestrato. tali 
essendo gli 
elementi 
a disposizione 
di 
questo collegio non si 
ritiene 
che 
possa affermarsi 
al 
di 
la di 
ogni 
ragionevole 
dubbio che 
il 
caricatore 
con 
i 
14 
proiettili 
in 
questione 
appartenesse 
necessariamente 
all�odierno 
imputato. la non esclusivit� dell�uso della stanza adibita ad ufficio del 
Maresciallo 
M. 
e 
quindi 
della 
scrivania 
in 
essa 
presente 
nemmeno 
chiusa 
a 
chiave 
non consentono di 
escludere 
che 
qualcun altro abbia potuto mettere 
e 
forse 
dimenticare 
nella scrivania in questione 
quel 
secondo caricatore, il 
quale 
peraltro 
nulla 
aveva 
a 
che 
fare 
n� 
con 
la 
pistola 
in 
dotazione 
al 
M., 
n� 
con 
quelle 
degli 
altri 
militari 
della 
stazione, 
appunto 
perch� 
non 
relativo 
ad 
arma 
da 
guerra�� 
(cfr pag. 6 della sentenza). 


L�art. 18 del 
D.L. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 
23 maggio 
1997, n. 135, consente 
il 
rimborso delle 
spese 
legali 
a 
favore 
dei 
dipendenti 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


di 
amministrazioni 
statali, 
qualora 
vengano 
sottoposti 
a 
giudizi 
�in 
conseguenza 
di 
fatti 
ed atti 
connessi 
con l�espletamento del 
servizio o con l�assolvimento 
di 
obblighi 
istituzionali�, 
�conclusi 
con 
sentenza 
o 
provvedimento 
che escluda la loro responsabilit��. 


La 
�ratio� 
del 
rimborso � 
quella 
di 
tenere 
indenni 
i 
pubblici 
dipendenti 
dalle 
spese 
legali 
affrontate 
per 
i 
procedimenti 
giudiziari 
relativi 
agli 
atti 
compiuti 
nel o connessi all�espletamento dei compiti istituzionali. 

Nel 
caso di 
specie, l�operato dell�imputato non � 
neppure 
incardinabile 
nell�ambito del 
rapporto di 
servizio con la 
Amministrazione 
di 
appartenenza 
essendo risultato dal 
procedimento penale 
che 
il 
caricatore 
de 
quo 
non gli 
apparteneva; 
che 
fu 
rinvenuto 
nel 
cassetto 
della 
scrivania 
dell�interessato 
ove 
chiunque 
frequentante 
la 
Stazione 
CC di 
omissis 
lo avrebbe 
potuto mettere, 
che il militare non si era accorto della presenza del caricatore. 


Alla luce di tali considerazioni si esprime parere negativo al rimborso. 


Sul 
presente 
parere 
� 
stato sentito il 
comitato consultivo dell�Avvocatura 
dello Stato, che si � espresso in conformit�. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


l�applicazione 
di 
sanzioni 
pecuniarie 
aggiuntive 
nel 
caso 
di 
sostituzione 
commissariale 
ex 
art. 
32, 
c. 
10, 
d.l. 
90/2014 


Parere 
del 
16/03/2017-141248, al 36591/2016, avv. Mario 
aNtoNio 
sciNo 


1) Quesito 


Con 
nota 
del 
19 
settembre 
2016 
n. 
11001/119/7 
27, 
codesto 
gabinetto 
del 
Ministro, richiedeva 
alla 
Scrivente 
Avvocatura 
di 
volersi 
esprimere 
a 
chiarimento 
di 
precedente 
parere 
reso 
su 
ulteriori 
aspetti 
applicativi 
della 
nuova 
normativa 
antimafia e dell�art. 32, comma 10 del D.L. 90/2014. 

In particolare 
si 
richiede 
se 
ad integrazione 
del 
parere 
reso il 
27 giugno 
2016 n. 309204 (CT 
48015/2015)(*), la 
penale 
pecuniaria 
prevista 
in ottemperanza 
dell�art. 5 bis, c. 4, del 
D.L. 6 giugno 2012 n. 74 (conv. L. 122/2012) (in 
tema 
di 
interventi 
per 
il 
sisma 
dell�emilia-Romagna), 
sia 
applicabile 
anche 
nei casi previsti dall�art. 32, c. 10 del D.L. 92/2014. 


2) considerazioni 


Il 
quesito 
suindicato 
riguarda 
profili 
applicativi 
della 
disciplina 
introdotta 
con l�art. 32, c. 10, D.L. 90/2014. 


Con 
riguardo 
al 
quesito 
attinente 
all�applicabilit� 
o 
meno 
della 
penale 
prevista 
sulla 
base 
dell�art. 
5 
bis, 
comma 
4, 
D.L. 
74/2012 
(L. 
122/2012), 
dalle 
linee 
guida 
emanate 
dal 
Comitato di 
Coordinamento per l�Alta 
Sorveglianza 
delle 
grandi 
opere, di 
seguito CCASgo, (in tema 
di 
interventi 
urgenti 
per il 
sisma 
del 
2012), il 
cui 
valore 
precettivo non � 
limitato alle 
amministrazioni 
ma 
anche 
agli 
operatori 
di 
mercato e 
alle 
stazioni 
appaltanti, anche 
ai 
casi 
di 
commissariamento previsti 
dall�art. 32 co. 10, D.L. 90/2014, tenuto conto di 
quanto indicato dal 
Comitato di 
coordinamento per l�Alta 
Sorveglianza 
delle 
grandi opere con la circolare del 26 maggio 2015, si osserva quanto segue. 


Invero con il 
parere 
del 
27 giugno 2016 n. 309204 la 
Scrivente 
Avvocatura 
ha ritenuto che: 


-la 
penale 
prevista 
dai 
contratti 
stipulati 
dal 
Commissario 
delegato 
all�emergenza 
sisma 
2012 � 
applicabile 
anche 
nel 
caso in cui 
l�informativa 
interdittiva 
antimafia 
sopravvenga 
dopo l�ultimazione 
dei 
lavori 
e 
prima 
della 
redazione del conto finale; 


-la 
penale 
dovr� 
essere 
ragguagliata, secondo quanto previsto dai 
contratti 
e 
nella 
percentuale 
ivi 
indicata, al 
valore 
del 
contratto ovvero, qualora 
lo 
stesso 
non 
sia 
determinato 
o 
determinabile, 
a 
quello 
delle 
prestazioni 
eseguite; 
-tuttavia, in sede 
di 
conto finale, la 
penale 
dovuta 
dovr� 
essere 
conguagliata, 
ex art. 94, comma 
2, cod. antimafia, con il 
valore 
delle 
opere 
gi� 
ese(*) 
Pubblicato in rassegna, 2016, vol. 3, p. 189 ss. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


guite 
e, in caso di 
esecuzione 
parziale, altres� 
con le 
spese 
sostenute 
per l�esecuzione 
del rimanente, il tutto nei limiti delle utilit� conseguite. 


orbene 
nell�atto 
del 
CCASgo 
del 
26 
maggio 
2015, 
per 
l�illustrazione 
ai 
Prefetti 
dello 
Schema 
di 
Protocollo 
Tipo 
da 
stipularsi 
ai 
sensi 
dell�art. 
176 
del 
Decreto 
legislativo 
162/2006, 
in 
seguito 
alle 
modifiche 
intimate 
al 
d.lgs. 
159/2011 
e 
alle 
novit� 
normative 
introdotte 
dal 
D.L. 
90/2014, 
si 
richiama 
la 
necessit� 
di 
inserire 
(art. 
3 
del 
Protocollo) 
clausole 
contrattuali 
antimafia, 
in 
mancanza 
delle 
quali 
(art. 
8 
Protocollo) 
operano 
ipotesi 
sanzionatorie 
cumulative: 
1) 
risoluzione 
contratto 
ex 
art. 
1456 
c.c.; 
2) 
penale 
pecuniaria 
nella 
misura 
dal 
5% 
al 
10%. 


La 
circolare 
del 
26 maggio 2016 precisa 
che 
tale 
sanzione 
pecuniaria, ai 
sensi 
dell�art. 5, co. 2, del 
Protocollo, non opera 
nel 
caso di 
applicazione 
del-
l�art. 32, c. 10, D.L. 90/2014 (art. 8, par. 2, comma 3 del citato Protocollo). 


Deve 
rilevarsi, in proposito, che 
l�art. 32 del 
D.L. 90/2014 realizza 
una 
separata 
gestione 
pubblicistica 
della 
vicenda 
contrattuale, 
anche 
se 
oggetto 
della 
misura 
interdittiva 
resa 
nei 
confronti 
dell�operatore 
nei 
cui 
confronti 
sia 
stata 
applicata 
la 
conservazione 
del 
contratto, con la 
nomina 
dei 
commissari 
prefettizi nella gestione del contratto. 


Deve 
rilevarsi 
invero che 
l'opzione 
conservativa 
cui 
risponde 
il 
rimedio 
previsto 
dall'art. 
32 
citato 
� 
un'alternativa 
ai 
rimedi 
risolutori, 
con 
conseguente 
inapplicabilit� 
del 
sistema 
risarcitorio 
a 
carico 
dell'operatore 
economico 
interdetto 
con 
la 
misura 
antimafia, 
laddove 
invero 
alla 
misura 
revocatoria 
del 
contratto si 
aggiunge 
la 
misura 
della 
sanzione 
pecuniaria 
per rifondere 
la 
stazione 
appaltante, 
che 
dovr� 
reperire 
con 
nuove 
procedure 
di 
gara 
il 
bene 
o 
l'opera relativa al contratto risolto. 


La 
ratio 
legis 
dello 
strumento 
previsto 
dall'art. 
32 
citato 
� 
ben 
evidenziato 
nei 
pareri 
della 
Scrivente 
Avvocatura 
riguardo le 
sue 
prime 
applicazioni 
e 
alle 
seconde 
linee 
guida 
del 
27 gennaio 2016: 
invero la 
vicenda 
contrattuale 
prosegue 
e 
in tali 
casi 
l'applicazione 
di 
una 
misura 
sanzionatoria 
aggiuntiva, in 
assenza 
di 
una 
specifica 
previsione 
normativa, 
quale 
l'art. 
5 
bis, 
comma 
4, 


D.L. 
74/2012 
(misure 
urgenti 
per 
it 
sisma 
emilia 
Romagna), 
non 
� 
in 
linea 
con l'istituto della 
sostituzione 
commissariale 
e 
la 
necessit�, ove 
ne 
ricorrano 
gli 
estremi, di 
ricondurre 
al 
termine 
del 
commissariamento in bonis 
l'Azienda 
(cos� seconde linee guida del 27 novembre 2015). 
L'applicazione 
di 
una 
sanzione 
non connessa 
all'inadempimento e 
addirittura 
in assenza 
di 
una 
precisa 
disposizione 
normativa, esporrebbe 
l'Amministrazione 
ad azioni 
giudiziarie 
da 
parte 
degli 
Amministratori 
delle 
imprese 
i cui contratti siano commissariati al termine del commissariamento. 

II 
legislatore 
attraverso 
la 
previsione 
della 
gestione 
separata 
e 
dell'accantonamento 
degli 
utili 
realizza 
il 
meccanismo che 
evita 
- da 
un lato - vantaggi 
economici 
a 
favore 
dell'impresa 
commissariata, e 
nel 
caso prospettato da 
codesta 
Amministrazione 
di 
impresa 
anche 
colpita 
da 
misura 
anche 
interdittiva, 
e favorisce - d'altra parte - adeguata tutela alla stazione appaltante. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


La 
previsione 
di 
clausole 
contrattuali 
di 
tipo penale, seppure 
atipiche 
del 
genere 
di 
quelle 
introdotte 
con 
l�art. 
5 
bis 
c. 
2, 
del 
D.L. 
74/2012, 
devono 
essere 
previste alla norma e non possono essere applicate per analogia. 


3) conclusioni 


Deve 
rilevarsi 
sulla 
base 
delle 
considerazioni 
svolte 
sub 2, che 
le 
conclusioni 
cui 
si 
ritiene, 
allo 
stato 
degli 
atti 
e 
delle 
normative 
vigenti, 
pervenire 
siano le seguenti: 


a) 
Deve 
escludersi 
la 
possibilit� 
di 
applicare 
le 
sanzioni 
pecuniarie 
aggiuntive 
(penali) previste 
dall�art. 5 bis, c. 2 D.L. 74/2012 alle 
ipotesi 
disciplinate 
dall�art. 32, c. 10, D.L. 90/2014 (conv. L. 114/2014), e 
deve, pertanto 
ritenersi 
la 
congruit� 
delle 
disposizioni 
contenute 
nella 
Circolare 
CCASgo 
del 
26 
maggio 
2015 
in 
relazione 
al 
protocollo 
tipo 
di 
cui 
all�art. 
176 
del 
decreto 
legislativo n. 163/2006 ed in particolare all�art. 8, c. 2 par. 3. 


b) 
Deve 
riconoscersi 
alle 
disposizioni 
CCASgo 
il 
valore 
precettivo e 
di 
interpretazione 
autentica 
della 
normativa 
primaria, 
di 
cui 
� 
attuazione, 
non 
solo ai 
fini 
interni 
ma 
anche 
nei 
confronti 
degli 
operatori 
di 
mercato e 
delle 
stazioni appaltanti. 


In tal 
senso si 
� 
espresso il 
Comitato consultivo nella 
seduta 
del 
14 dicembre 
2016. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Interpretazione dell�art. 84 d.lgs 159/2011 e modalit� di 
valutazione dei requisiti per l�iscrizione nelle �white list� 

Parere 
del 
12/07/2017-351086, al 9436/2017, avv. Mario 
aNtoNio 
sciNo 


Quesito 


Codesto Ministero chiede 
di 
conoscere 
il 
parere 
della 
Scrivente 
Avvocatura 
circa 
le 
modalit� 
di 
valutazione 
dei 
requisiti 
per l�iscrizione 
nell�elenco 
dei 
fornitori 
e 
prestatori 
di 
servizi 
ed 
esecutori 
di 
lavori 
non 
soggetti 
a 
tentativo 
d�infiltrazione mafiosa (�white list�). 

Con 
circolare 
del 
17 
febbraio 
2014, 
codesto 
Ministero 
chiariva 
invero 
che, 
per 
l�iscrizione 
dell�impresa 
richiedente 
nei 
predetti 
elenchi, 
�nel 
caso 
ci 
si 
trovi 
in 
presenza 
di 
una 
o 
pi� 
delle 
situazioni 
previste 
dall�art. 
84, 
comma 
4, 
del 
d.lgs 
159/2011, 
occorrer� 
disporre 
i 
necessari 
accertamenti 
volti 
a 
verificare 
se 
esse 
siano 
sintomatiche 
dell�esistenza 
di 
tentativi 
di 
infiltrazioni 
mafiosa�. 


A 
seguito di 
alcune 
recenti 
sentenze 
del 
Consiglio di 
Stato si 
chiede 
alla 
Scrivente 
Avvocatura 
generale 
di 
voler far conoscere 
il 
proprio avviso in merito, 
soprattutto nella 
prospettiva 
di 
voler fornire 
alle 
Prefetture 
linee 
di 
indirizzo 
alle 
quali 
conformare 
la 
propria 
attivit� 
in 
materia 
di 
rilascio 
della 
documentazione antimafia. 

considerazioni 


ComՏ 
noto, l�informativa 
antimafia, ai 
sensi 
degli 
art. 84, comma 
4, e 
91, 
comma 
6, 
del 
d.lgs. 
159/2011, 
presuppone 
�concreti 
elementi 
da 
cui 
risulti 
che 
l�attivit� 
d�impresa 
possa, anche 
in modo indiretto, agevolare 
le 
attivit� 
criminose o esserne in qualche modo condizionata�. 


Il 
codice 
delle 
leggi 
antimafia 
e 
delle 
misure 
di 
prevenzione 
di 
cui 
al 
d.lgs 
159/2011 
-come 
gi� 
avevano 
disposto 
l�art. 
4 
del 
decreto 
legge 
8 
agosto 
1994, 


n. 490 ed il 
d.p.r 3 giugno 1998, n. 252 - ha 
tipizzato un istituto mediante 
il 
quale 
con 
un 
provvedimento 
costitutivo, 
si 
constata 
un�obiettiva 
ragione 
d�insussistenza 
della 
fiducia 
sulla 
moralit� 
e 
affidabilit� 
dell�imprenditore, 
che 
deve 
costantemente 
esservi 
nei 
rapporti 
contrattuali 
di 
cui 
sia 
parte 
la 
Pubblica 
Amministrazione. 
Pertanto, 
il 
provvedimento 
prefettizio, 
in 
alcuni 
casi, 
pu� 
assumere 
quasi 
un carattere 
vincolato nell�ottica 
del 
legislatore, l� 
dove 
i 
fatti 
risultino chiari 
ed 
evidenti 
o 
quantomeno 
altamente 
plausibili; 
in 
questo 
caso, 
il 
provvedimento 
de 
quo 
pu� 
limitarsi 
a 
rimarcare 
la 
loro 
sussistenza 
provvedendo 
di 
conseguenza. 
ove 
per� 
i 
fatti 
emersi 
nel 
corso 
del 
procedimento 
risultino 
opinabili, e 
vi 
sia 
la 
necessit� 
di 
effettuare 
collegamenti 
e 
valutazioni, il 
provvedimento 
prefettizio deve precisare gli elementi che ritiene rilevanti. 

In altre 
parole, il 
Prefetto deve 
basare 
la 
propria 
decisione 
su un quadro 
indiziario in cui 
assumono rilievo preponderante 
i 
fattori 
da 
cui 
trarre 
la 
con



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


clusione; 
egli 
gode 
di 
un 
ampio 
margine 
di 
discrezionalit�, 
al 
punto 
che, 
il 
Consiglio di 
Stato ha 
pi� volte 
ribadito �che 
il 
sindacato del 
giudice 
amministrativo 
non pu� impingere 
nel 
merito, restando, di 
conseguenza, circoscritto 
a 
verificare, sotto il 
profilo della 
logicit�, il 
significato attribuito agli 
elementi 
di 
fatto e 
l�iter seguito per pervenire 
a 
certe 
conclusioni�. In siffatto modo, le 
informative 
prefettizie 
si 
pongono come 
espressione 
di 
�lata 
discrezionalit��. 


Deve 
riconoscersi, 
inoltre, 
che 
le 
informative 
prefettizie 
sono 
pienamente 
in linea 
con i 
valori 
costituzionali, ed in particolar modo con gli 
artt. 3, 24, 27 
comma secondo e artt. 41-42 Cost. 

Lo Stato, infatti, non riconosce 
dignit� 
quali 
operatori 
economici 
a 
soggetti 
condizionati, controllati, infiltrati 
ed eterodiretti 
dalle 
associazioni 
mafiose. 
� 
vero che 
questa 
valutazione, che 
si 
ribadisce 
essere 
preventiva 
e 
non 
sanzionatoria, 
costituisce 
serio 
limite 
all�inziativa 
economica 
privata, 
ma, 
tuttavia, 
� 
giustificata 
dalla 
considerazione 
che 
il 
metodo mafioso per sua 
stessa 
ragion d�essere 
costituisce 
un danno alla 
sicurezza, alla 
libert� 
ed alla 
dignit� 
umana (art. 41 Cost.). 

La 
stessa 
Corte 
di 
giustizia 
Ue, in riferimento ai 
protocolli 
di 
legalit�, 
ha 
ribadito di 
recente 
che 
�va 
riconosciuto agli 
Stati 
membri 
un certo potere 
discrezionale 
nell�adozione 
delle 
misure 
destinate 
a 
garantire 
il 
rispetto 
del 
principio 
della 
parit� 
di 
trattamento 
e 
dell�obbligo 
di 
trasparenza, 
i 
quali 
si 
impongono 
alle 
amministrazioni 
aggiudicatrici 
in tutte 
le 
procedure 
di 
aggiudicazione 
di 
un 
appalto 
pubblico� 
poich� 
�il 
singolo 
Stato 
membro 
� 
nella 
posizione 
migliore 
per individuare, alla 
luce 
di 
considerazioni 
di 
ordine 
storico, 
giuridico, economico o sociale 
che 
gli 
sono proprie, le 
situazioni 
favorevoli 
alla 
comparsa 
di 
comportamenti 
in 
grado 
di 
provocare 
violazioni 
del 
rispetto del 
principio e 
dell�obbligo summenzionati� (Corte 
di 
giustizia, sez. 
X, 22 ottobre 2015, in C-425/14). 


Se 
ne 
deve 
concludere, pertanto, che 
l�attuale 
sistema 
della 
documentazione 
antimafia 
e 
delle 
informazioni 
antimafia 
codificato 
con 
il 
d.lgs 
159/2011 
mantiene 
la 
sua 
configurazione 
�se 
e 
nella misura in cui 
esso non si 
risolva 
nell�impermeabilit� dei 
dati 
posti 
a loro fondamento, soprattutto dopo l�istituzione 
della Banca dati 
nazionale 
unica, la quale 
consente 
di 
avere 
una cognizione 
ad 
ampio 
spettro 
e 
aggiornata 
della 
posizione 
antimafia 
di 
un�impresa. il 
Prefetto, pertanto, avr� l�obbligo di 
rilasciare 
le 
informazioni 
antimafia nelle 
ipotesi 
di 
cui 
all�art. 91, comma 1, del 
d.lgs. n. 159 del 
2011 
e 
avr� la facolt�, nelle 
ipotesi 
di 
verifiche, procedimentalizzate 
dall�art. 88, 
comma 
2, 
e 
dall�art. 
89-bis, 
di 
emettere 
un�informativa 
antimafia, 
in 
luogo 
della 
richiesta 
comunicazione 
antimafia, 
tutte 
le 
volte 
in 
cui, 
nel 
collegamento 
alla Banca dati 
nazionale 
unica, emergano provvedimenti 
o dati 
che 
lo inducano 
a 
ritenere 
non 
possibile 
emettere 
una 
comunicazione 
liberatoria 
de 
plano, ma impongano pi� serie 
verifiche 
in ordine 
al 
pericolo di 
infiltrazione 
mafiosa� 
(Consiglio di Stato, Sez. III , 9 febbraio 2017, n. 565). 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Tale 
sistema, 
che 
risponde 
a 
valori 
costituzionali 
ed 
europei 
di 
preminente 
interesse 
e 
irrinunciabile 
tutela, non attenua 
le 
garanzie 
che 
la 
ripartizione 
tra 
le comunicazioni e le informazioni antimafia prima assicurava. 

La 
valutazione 
prefettizia, pertanto, deve 
fondarsi 
su elementi 
gravi 
precisi 
e 
concordanti 
che 
alla 
stregua 
della 
logica 
del 
�pi� probabile 
che 
non� 
consentano di 
ritenere 
razionalmente 
credibile 
il 
pericolo di 
infiltrazione 
mafiosa 
in base 
ad un complessivo e 
oggettivo apprezzamento dei 
fatti 
nel 
loro 
valore sintomatico. 


In siffatto modo, il 
criterio del 
�pi� probabile 
che 
non� 
si 
pone 
come 
regola 
e 
garanzia 
e 
si 
palesa 
in linea 
con la 
presunzione 
di 
non colpevolezza, di 
cui all�art. 27 Cost., comma due, cui � ispirato anche l�art. 6 CeDU. 

La 
ponderazione 
dei 
valori 
in 
gioco 
e 
dei 
principi 
costituzionali, 
la 
libert� 
d�impresa 
da 
un lato e 
la 
tutela 
dei 
fondamentali 
beni 
che 
presidiano il 
principio 
di 
legalit� 
sostanziale 
richiedono alla 
Prefettura 
un�attenta 
valutazione 
di 
tali 
elementi, che 
devono offrire 
un quadro chiaro, completo e 
convincente 
del 
pericolo 
d�infiltrazione 
mafiosa, 
cos� 
come, 
a 
sua 
volta, 
impongono 
al 
giudice 
amministrativo un attento e 
approfondito esame 
di 
tali 
elementi 
al 
fine 
di 
assicurare 
una 
tutela 
giurisdizionale 
piena 
ed effettiva 
contro ogni 
eventuale 
eccesso di 
potere 
da 
parte 
del 
Prefetto, in virt� di 
un cos� 
ampio, ma 
non indeterminato, 
potere discrezionale. 

L�opzione 
ermeneutica 
che 
si 
trarrebbe 
dalle 
sentenze 
(CDS 
III, n. 4555 
del 
29 settembre 
2016 e 
idem 
n. 3323 del 
23 luglio 2016 ), che 
codesto Ministero 
ha 
posto a 
base 
della 
richiesta 
del 
quesito, nella 
parte 
in cui 
sembra 
doversi 
escludere 
uno 
specifico 
accertamento 
della 
Prefettura 
ai 
fini 
dell�adozione 
dell�informativa 
ex art. 84 d.lgs 
159/2011, non ha, allo stato attuale, 
conferma 
univoca 
e 
consolidata 
nell�interpretazione 
che 
il 
g.A. 
ha 
sinora 
fornito della suddetta normativa. 


Infatti, 
sebbene 
prima 
facie 
sembra 
potersi 
dedurre 
che 
gi� 
solo 
la 
valenza 
sintomatica 
delle 
vicende 
penali 
contemplate 
dall�art. 
84 
d.lgs 
159/2011 
escluda 
qualsiasi 
accertamento 
ulteriore 
(al 
punto 
che, 
quando 
il 
Prefetto 
abbia 
contezza 
della 
commissione 
di 
taluni 
delitti 
menzionati 
nell�art. 
84, 
e 
sino 
a 
quando 
non 
intervenga 
sentenza 
assolutoria, 
deve 
limitarsi 
ad 
attestare 
la 
sussistenza 
del 
rischio 
infiltrativo 
siccome 
desunto 
dalla 
ricognizione 
della 
mera 
vicenda 
penale), 
l�analisi 
della 
recentissima 
giurisprudenza 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
fornisce 
elementi 
chiarificatori 
della 
reale 
portata 
applicativa 
della 
norma 
in 
discorso. 


Infatti, gi� 
con la 
sentenza 
n. 4657 del 
7 ottobre 
2015 il 
g.A. aveva 
specificato 
che: 
<<Nella 
disamina 
che 
precede 
l'adozione 
dell'informativa 
interdittiva 
l'attualit� 
dell'avvenuta 
conoscenza 
dell'esistenza 
di 
una 
condanna 
penale 
risalente 
a notevole 
distanza di 
tempo non pu� rendere 
irrilevante 
la 
relativa sentenza, ai 
fini 
di 
cui 
all'art. 84 comma 4 lett. a), d.lg. 6 settembre 
2011, n. 159, nella valutazione 
del 
Prefetto, per 
il 
quale 
la condanna � 
un elemento 
attuale, ancorch� 
intervenuta dopo molti 
anni 
dai 
fatti 
di 
reato, da cui 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


egli 
desume 
gli 
elementi 
per 
valutare 
il 
pericolo di 
condizionamento mafioso 
e 
la necessit� dell'informativa interdittiva antimafia; questa infatti 
pu� legittimamente 
fondarsi, 
oltre 
che 
su 
fatti 
recenti, 
anche 
su 
fatti 
risalenti 
nel 
tempo, 
quando tuttavia dal 
complesso delle 
vicende 
esaminate, e 
sulla base 
degli 
indizi, 
anche 
pi� 
risalenti, 
raccolti, 
pu� 
ritenersi 
sussistente 
un 
condizionamento 
attuale 
dell'attivit� dell'impresa; di 
conseguenza, se 
dall'esame 
dei 
fatti 
pi� 
recenti 
non esce 
confermata l'attualit� del 
condizionamento, pur 
ipotizzabile 
sulla base dei fatti pi� risalenti, l'informativa deve essere annullata >>. 


L� 
adozione 
dell�informativa 
antimafia 
ex art. 84 d.lgs 
159/2011 pu� certamente 
basarsi 
su fatti 
risalenti 
nel 
tempo. Nel 
procedimento di 
adozione 
il 
Prefetto 
deve 
tenere 
conto 
di 
quanto 
contestato 
all�imputato: 
da 
qui, 
per�, 
non 
� 
possibile 
dedurre 
che 
egli 
debba 
limitarsi 
ad accertare 
i 
fatti 
oggetto di 
contestazione 
nel 
processo penale, in quanto, come 
detto, gode 
di 
un�ampia 
discrezionalit� 
che 
non 
va 
confusa 
con 
l�arbitrariet�. 
Tanto 
pi� 
un 
provvedimento 
� 
discrezionale, 
tanto 
maggiori 
saranno 
le 
responsabilit� 
che 
da 
questo 
possono 
derivare, considerando che 
un�interdittiva 
di 
questo tipo determina 
per la 
societ� 
che 
ne 
viene 
colpita 
l�impossibilit� 
ad 
esercitare 
l�attivit� 
alla 
quale 
� 
preposta, dunque, la sua estinzione. 


Pertanto l�accertamento dell�attualit� 
degli 
elementi 
a 
disposizione 
per 
l�adozione 
delle 
misure 
di 
prevenzione 
da 
parte 
delle 
Prefetture 
� 
sempre 
doveroso 
e 
necessario e 
nenache 
le 
sentenze 
citate 
da 
codesto Ministero autorizzano 
a derogare a tale indeffettibile accertamento. 


� 
importante, infatti, distinguere 
il 
valore 
estrinseco del 
provvedimento 
giurisdizionale 
emesso 
in 
sede 
penale 
per 
uno 
dei 
delitti 
spia 
dell�art. 
84, 
comma 
4, quale 
fatto sintomatico dell�infiltrazione 
mafiosa, dal 
contenuto intrinseco 
di 
tale 
provvedimento, ossia 
dall�apprezzamento che 
il 
Prefetto compie 
della 
sentenza 
o 
di 
altro 
provvedimento 
in 
sede 
penale, 
e 
cio� 
il 
valore 
intrinseco che 
il 
contenuto della 
sentenza 
assume 
nella 
valutazione 
discrezionale 
compiuta 
dall�Autorit�. L�informativa 
antimafia, si 
ribadisce, � 
per sua 
stessa 
ragion 
d�essere 
un 
provvedimento 
discrezionale 
e 
non 
vincolato, 
che 
deve 
fondarsi 
su 
di 
un 
autonomo 
ma 
attualizzato 
apprezzamento 
degli 
elementi 
delle indagini svolte o dei provvedimenti emessi in sede penale. 

Quanto 
sin 
qui 
esposto 
consentirebbe 
di 
affermare 
che 
il 
Prefetto 
deve 
necessariamente 
tenere 
in conto l'emissione 
o, comunque, il 
sopravvenire 
di 
un provvedimento giurisdizionale, nel 
suo valore 
estrinseco, tipizzato dal 
legislatore, 
di 
fatto sintomatico dell'infiltrazione 
mafiosa 
a 
fronte 
di 
uno dei 
delitti-
spia 
previsti 
dall'art. 84, comma 
4, del 
codice 
delle 
leggi 
antimafia, ma 
deve 
nel 
contempo 
effettuarne 
un 
autonomo 
apprezzamento, 
nel 
suo 
contenuto 
intrinseco, delle 
risultanze 
penali, senza 
istituire 
un automatismo tra 
l'emissione 
del 
provvedimento 
cautelare 
in 
sede 
penale 
e 
l'emissione 
dell'informativa 
ad effetto interdittivo (Cfr. Consiglio di 
Stato, sez. III, 2 marzo 2017, n. 981). 

Il 
Prefetto 
� 
chiamato 
ad 
esprimere 
un 
giudizio 
sulle 
risultanze 
dell�istrut



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


toria 
svolta 
dalle 
forze 
dell�ordine 
ed a 
valutarne 
il 
significato indiziario nella 
loro intima 
connessione, secondo una 
lettura 
complessiva 
e 
non certo atomistica 
degli 
elementi 
acquisiti 
(Consiglio di 
Stato, sez. III, 23 marzo 2017, n. 
1321). � 
ormai 
pacifico, come 
detto, che 
l�interdittiva 
possa 
fondarsi 
su fatti 
risalenti 
nel 
tempo, oltre 
che 
su fatti 
recenti, quando tuttavia 
sulla 
base 
degli 
indizi 
anche 
pi� 
risalenti 
possa 
ritenersi 
sussistente 
un 
condizionamento 
attuale 
dell�attivit� 
dell�impresa; 
ed invero, 
�se 
dall�esame 
dei 
fatti 
non esce 
confermata 
l�attualit� del 
condizionamento, pur 
ipotizzabile 
sulla base 
di 
fatti 
retrodatati, 
l�informativa deve 
essere 
annullata� 
(Cfr. Consiglio di 
Stato, sez. 
III, 5 maggio 2017, n. 2085; Cons. St., sez. III, 13 marzo 2015, n. 1345). 

Infatti, in tema 
di 
informative 
antimafia, il 
mero dato fattuale 
(esempio: 
rapporto di 
parentela), in assenza 
di 
ulteriori 
elementi 
non � 
idoneo di 
per s� 
a 
dare 
conto del 
tentativo di 
infiltrazione 
mafiosa. L�attendibilit� 
delle 
interferenze 
dipende 
anche 
da 
un 
serie 
di 
circostanze 
ed 
elementi 
che 
qualifichino, 
su un piano di 
attualit� 
ed effettivit�, una 
immanente 
situazione 
di 
condizionamento 
e di contiguit� con interessi malavitosi. 

Pertanto, deve 
ritenersi 
illegittima 
un�informativa 
della 
Prefettura 
con la 
quale 
si 
asserisce 
l�esistenza 
di 
condizionamenti 
mafiosi 
sulla 
base 
di 
fatti 
che 
da 
soli 
non possono assurgere 
ad elementi 
significativi 
del 
pericolo di 
condizionamento 
mafioso, 
e 
soprattutto, 
ove 
tale 
informativa 
non 
sia 
corroborata 
da elementi significativi di un�attuale contiguit�. 

Altro discorso � 
la 
sopravvenienza 
di 
elementi 
penali 
favorevoli 
all�impresa 
che 
non 
inficiano 
o 
viziano 
la 
misura 
di 
prevenzione 
laddove 
gli 
elementi 
sintomatici 
ex art. 84 siano stati, ex 
ante, valutati 
alla 
stregua 
dell�attualit� 
e 
dell�effettivit� del tentativo di infiltrazione. 


Alla 
luce 
di 
quanto 
suesposto 
preme 
insistere 
sulla 
necessit� 
di 
tenere 
conto della 
responsabilit� 
che 
potrebbe 
discendere 
dalla 
colpa 
dell�Amministrazione 
nell�esercizio 
dell�attivit� 
provvedimentale, 
con 
particolare 
riguardo 
alle 
interdittive 
antimafia, 
laddove 
si 
prescinda 
dal 
rispetto 
di 
tale 
giudizi 
prognostici 
in sede di valutazione delle misure di prevenzione. 

ComՏ 
noto, 
la 
configurabilit� 
delle 
responsabilit� 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
per i 
danni 
provocati 
dall�adozione 
di 
un provvedimentto illegittimo 
esige 
la 
dimostrazione 
del 
dolo 
o 
della 
colpa 
dell�autorit� 
che 
lo 
ha 
emanato; 
� 
stato altres� 
chiarito dalla 
costante 
giurisprudenza 
del 
Consiglio di 
Stato 
che 
i 
fattori 
escludenti 
le 
responsabilit� 
dell�Amministrazione 
per 
i 
danni 
causati 
da 
un provvedimento illegittimo sono da 
individuare 
con riguardo al 
carattere 
della 
regola 
d�azione 
violata. Se 
la 
regola 
d�azione 
� 
chiara, univoca 
e 
cogente 
si 
dovr� 
riconoscere 
la 
sussistenza 
dell�elemento psicologico nella 
sua 
violazione; 
al 
contrario, 
se 
questa 
� 
ambigua, 
o 
comunque 
costruita 
in 
modo da 
affidare 
all�autorit� 
amministrativa 
un elevato grado di 
discrezionalit�, 
la 
colpa 
potr� 
essere 
accertata 
solo 
nelle 
ipotesi 
in 
cui 
il 
potere 
� 
stato 
esercitato in palese violazione delle regole di correttezza e proporzionalit�. 


PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


Dunque, 
declinati 
i 
principi 
generali 
della 
colpa 
dell�Amministrazione 
derivante 
da 
illegittimo 
esercizio 
dell�attivit� 
provvedimentale 
occorre 
trasporli 
alle misure di prevenzione antimafia. 

Come 
si 
� 
visto 
il 
paradigma 
legale 
di 
riferimento, 
codificato 
in 
particolare 
dagli 
artt. 
84 
e 
91 
del 
d.lgs 
159/2011 
resta 
volutamente 
elastico, 
in 
particolar 
modo 
nella 
misura 
in 
cui 
affida 
al 
Prefetto 
l�apprezzamento 
di 
indici 
sintomatici 
di 
eventuali 
tentativi 
di 
infiltrazioni 
mafiosa, 
e, 
quindi, 
la 
formulazione 
di 
un 
giudizio 
prognostico 
dell�inquinamento 
nella 
gestione 
dell�impresa. 


Tale 
elasticit� 
della 
normativa 
de 
qua 
impedisce 
di 
identificare 
questa 
fattispecie 
in quelle 
enucleate 
in via 
generale 
dalla 
giurisprudenza 
e 
che 
consentono 
di 
individuare 
le 
situazioni 
rientranti 
nel 
cosiddetto �errore 
scusabile�, 
unico esimente nel caso di provvedimento illegittimo. 

Pertanto, 
si 
deve 
allora 
rilevare 
che 
�il 
beneficio 
dell�errore 
scusabile 
va 
riconosciuto 
(con 
conseguente 
esclusione 
della 
colpa, 
e 
di 
conseguenza 
della 
responsabilit� 
dell�amministrazione) 
nelle 
ipotesi 
in 
cui 
le 
acquisizioni 
informative 
trasmesse 
al 
Prefetto 
dagli 
organi 
di 
polizia 
risultano 
astrattamente 
idonee 
a 
formulare 
un 
giudizio 
plausibile 
sul 
tentativo 
d�infiltrazione 
mafiosa, 
in 
quanto 
oggettivamente 
significative 
di 
intrecci 
e 
collegamenti 
tra 
l�organizzazione 
criminale 
e 
l�amministrazione 
dell�impresa, 
ancorch� 
vengano, 
in 
concreto, 
giudicate 
insufficienti 
a 
legittimare 
la 
misura 
dell�interdittiva. 
dev�essere 
al 
contrario 
negato 
l�errore 
scusabile 
nel 
diverso 
caso 
in 
cui 
le 
acquisizioni 
istruttorie 
si 
rilevino 
labili 
ed 
inconsistenti, 
tali 
da 
non 
consentire 
alcun 
apprezzamento 
serio 
ed 
attendibile, 
e 
ci� 
nonostante 
la 
Prefettura 
adotti 
la 
misura 
di 
protezione� 
(Cfr. 
Consiglio 
di 
Stato, 
sez. 
III, 
n. 
3707 
del 
28 
luglio 
2015). 


Pertanto, 
poich� 
nell�ultima 
ipotesi 
deve 
ritenersi 
violato 
il 
criterio 
di 
condotta 
al 
quale 
deve 
obbedire 
il 
Prefetto, sarebbe 
opportuno che 
prima 
di 
adottare 
una 
misura 
di 
prevenzione 
antimafia 
procedesse 
alla 
valutazione 
di 
tutti 
gli 
elementi 
necessari 
a 
giustificare 
un provvedimento di 
siffatto genere 
(e 
tra 
questi, 
primo 
fra 
tutti 
dev�essere 
l�attualit� 
del 
condizionamento 
mafioso), 
stabiliti 
tanto dalla 
normativa 
quanto dalla 
giurisprudenza 
degli 
ultimi 
anni, sia 
perch� 
ci� rappresenta 
l�unica 
condotta 
esimente 
l�amministrazione 
da 
colpa 
nel 
caso di 
provvedimento illegittimo, sia 
perch� 
tale 
modus 
agendi 
� 
garante 
del rispetto dei valori costituzionalmente garantiti. 

conclusioni 


Alla 
luce 
della 
giurisprudenza 
elencata, 
nonch� 
delle 
considerazioni 
suesposte, 
tanto l�art. 84 quanto l�art. 91 del 
decreto legislativo 159/2011 necessitano 
di 
specifici 
accertamenti 
da 
parte 
delle 
Prefetture 
i 
quali 
vadano, 
in 
limine, 
a 
verificare 
se 
il 
connotato 
dell�attualit�, 
pi� 
volte 
richiamato 
dalla 
giurisprudenza, sia 
presente 
o meno. Non vi 
pu� essere 
un automatismo tra 
le 
situazioni 
sintomatiche 
dell�infiltrazione 
mafiosa 
indicate 
dall�art. 
84 
e 
l�emissione 
del provvedimento in questione. 


RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Quanto 
detto 
finora 
conferma, 
ad 
avviso 
della 
Scrivente, 
il 
predetto 
orientamento 
sulla 
base 
del 
quale 
va 
sicuramente 
confermato 
quanto 
contenuto 
nella 
circolare 
di 
Codesto Ministero del 
17 febbraio 2014, in particolar modo, occorrer� 
confermare 
alle 
varie 
Prefetture 
la 
linea 
d�indirizzo 
finora 
adottata, 
anche 
e 
soprattutto nel 
primario interesse 
della 
Pubblica 
Amministrazione 
la 
quale, cos� 
facendo, potr� 
evitare 
d�incorrere 
in eventuali 
responsabilit� 
che 
da 
simili 
questioni 
potrebbero 
discendere 
in 
virt� 
del 
mancato 
contemperamento 
dei 
canoni 
di 
proporzionalit� 
tra 
la 
misura 
adottata, e, dunque, tra 
l�interesse 
pubblico 
perseguito, 
e 
le 
situazioni 
di 
diritto 
soggettivo 
incise 
dai 
provvedimenti disciplnati dal dlgs. 159 del 2011. 


In 
tal 
senso 
si 
� 
espresso 
il 
Comitato 
consultivo 
nella 
riunione 
del 
7 
luglio 
2017. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


valutazione della proporzione della soccombenza 
ai fini del riparto dell�onere del contributo unificato 
nel giudizio amministrativo 


Parere 
reso 
iN 
via 
ordiNaria 
28/11/2016-557466, al 46630/2012, avv. sergio 
FioreNtiNo 


Con provvedimento n. 23931 del 
28 settembre 
2012, codesta 
Autorit� 
ha 
accertato che 
la 
M.F. S.p.A. aveva 
preso parte 
a 
un'intesa 
restrittiva 
della 
concorrenza 
contraria 
all'art. 101 TFUe, consistente 
in un'unica 
e 
complessa 
pratica 
concordata, continuata 
nel 
tempo (gennaio 2003 - maggio 2007), volta 
a 
distorcere 
fortemente 
i 
meccanismi 
di 
confronto concorrenziale 
nel 
mercato 
nazionale dei dispositivi metallici di sicurvia. 


In 
ragione 
della 
gravit� 
e 
della 
durata 
dell'infrazione, 
l'Autorit� 
ha 
irrogato 
alle 
imprese 
interessate 
sanzioni 
amministrative 
pecuniarie 
per 
un 
ammontare 
complessivo di � 37.317.565,00, dei quali � 11.013.165,40 alla M.F. S.p.A. 


Quest'ultima, 
al 
pari 
delle 
altre 
imprese 
coinvolte, 
ha 
proposto 
ricorso 
giurisdizionale 
e, 
con 
sentenza 
dell'8 
ottobre 
2013 
n. 
8674, 
il 
T.A.R. 
del 
Lazio 
ha 
accolto 
parzialmente 
il 
ricorso, 
riducendo 
la 
sanzione 
applicata 
a 
� 
324.141,29 (importo corrispondente 
al 
10% del 
fatturato 2011 della 
M.F. cui, 
a 
giudizio 
del 
Tribunale, 
non 
andava 
sommato 
il 
ben 
pi� 
rilevante 
fatturato 
del 
ramo 
d'azienda 
conferito, 
nel 
medesimo 
esercizio, 
ad 
altra 
societ� 
del 
gruppo, la F. S.p.A.). 


Avverso tale 
sentenza 
l'Autorit� 
ha 
proposto appello, lamentando che 
il 


T.A.R. avesse 
erroneamente 
escluso dal 
computo del 
fatturato complessivo, 
sul 
quale 
calcolare 
il 
limite 
legale 
della 
sanzione 
(pari, 
appunto, 
al 
10% 
di 
tale 
fatturato), la componente riferibile alla F. S.p.A. 
Con sentenza 
2 luglio 2015, n. 3291 il 
Consiglio di 
Stato ha 
accolto tale 
appello. 


La 
sanzione, 
tuttavia, 
non 
� 
stata 
ricondotta 
all'importo 
originario 
in 
quanto il 
Consiglio ha 
accolto anche 
uno dei 
motivi 
dell'appello incidentale 
proposto dalla 
societ�, tendente 
a 
far valere 
alcuni 
vizi 
nella 
determinazione 
dell'entit� della sanzione. 


In esecuzione 
della 
sentenza 
di 
appello, la 
sanzione 
� 
stata, poi, definitivamente 
determinata 
da 
codesta 
Autorit� 
in � 7.714.083,40 (con valutazione 
che 
l'impresa 
ha 
nuovamente 
contestato, 
in 
seno 
a 
un 
ricorso 
per 
ottemperanza 
attualmente pendente dinnanzi al Consiglio di Stato). 


*** 


Tanto premesso, la 
questione 
che 
si 
pone 
� 
quella 
del 
riparto dell'onere 
conseguente 
al 
pagamento 
del 
contributo 
unificato, 
anticipato 
dalle 
parti 
�n 
relazione 
alle diverse fasi del processo sopra descritto. 


In sostanza, ritiene codesta 
Autorit� che tale onere dovrebbe far carico: 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


-per intero sull'impresa, quanto al 
contributo unificato di 
� 9.000,00 dovuto 
in relazione 
all'appello proposto dall'Autorit�, considerato l'integrale 
accoglimento 
di tale appello; 
-in misura 
uguale 
su entrambe 
le 
parti, quanto al 
contributo unificato di 
� 9.000,00 versato in relazione 
all'appello incidentale 
proposto dall'impresa, 
posto che tale appello incidentale � stato accolto solo in parte. 
Inoltre, nessun rimborso sarebbe 
dovuto alla 
societ� 
in relazione 
al 
contributo 
unificato 
di 
� 
6.000,00 
da 
questa 
anticipato 
per 
il 
giudizio 
di 
primo 
grado. 


A 
tale 
conclusione 
si 
dovrebbe 
pervenire, relativamente 
alla 
fase 
di 
appello, 
in 
ragione 
di 
quanto 
affermato 
in 
un 
parere 
della 
scrivente 
del 
12 
dicembre 
2015 (AL 
39157114 - Avv. De 
Stefano), nel 
quale 
si 
� 
confermato che 
il 
riparto dell'onere 
tra 
le 
parti 
�dovr� avvenire 
in rapporto alla stesse 
misura 
di 
soccombenza, da determinare 
in via equitativa sulla base 
delle 
riultanze 
di 
causa�. 
Conseguentemente, posto che 
l'Autorit� 
sarebbe 
da 
considerare 
interamente 
vittoriosa 
in relazione 
al 
proprio appello principale, il 
relativo onere 
dovrebbe 
per intero far carico alla 
M.F. S.p.A. Per contro, relativamente 
all'appello 
incidentale 
proposto 
dall'impresa 
e 
solo 
parzialmente 
accolto, 
la 
soccombenza 
reciproca 
comporterebbe 
che 
l'onere 
debba 
essere 
suddiviso, 
in 
misura paritaria, fra le due parti. 


Quanto alla 
fase 
di 
primo grado, ritiene 
codesta 
Autorit� 
che 
non si 
sia 
�determinata 
alcuna 
soccombenza, 
in 
difetto 
del 
passaggio 
in 
giudicato 
della 
sentenza del 
tar 
del 
lazio n. 8674/2013, impugnata da entrambe 
le 
parti 
e 
riformata 
dal 
consiglio di 
stato�, di 
tal 
che 
risulterebbe 
inapplicabile 
la 
regola 
posta 
dall'art. 13, comma 
6-bis1, del 
D.P.R. n. 115 del 
2002, secondo la 
quale 
l'onere 
per il 
contributo unificato � 
dovuto in ogni 
caso dalla 
parte 
soccombente, 
anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese. 


*** 


Cos� ricostruiti i termini della questione, si osserva quanto segue. 


L'art. 
13, 
comma 
6-bis1 
del 
D.P.R. 
n. 
115 
del 
2002 
stabilisce 
che 
� 
(l)'onere 
relativo 
al 
pagamento 
dei 
(..) 
contributi 
� 
dovuto 
in 
ogni 
caso 
dalla 
parte 
soccombente, anche 
nel 
caso di 
compensazione 
giudiziale 
delle 
spese 
e 
anche 
se 
essa non si 
� 
costituita in giudizio. ai 
fini 
predetti 
la soccombenza si 
determina con il passaggio in giudicato della sentenza�. 


Trattasi 
di 
disposizione 
speciale, relativa 
al 
solo contributo unificato dovuto 
per i 
giudizi 
amministrativi, ispirata 
a 
un regime 
diverso da 
quello previsto 
per 
i 
giudizi 
civili: 
mentre 
in 
quest'ultimo 
ambito 
� 
pacifico 
che 
il 
contributo 
unificato 
costituisca 
un'obbligazione 
ex 
lege 
gravante 
sulla 
parte 
soccombente 
per 
effetto 
della 
condanna 
alla 
spese, 
che, 
pertanto, 
il 
beneficiario 
della 
condanna 
pu� 
azionare 
quale 
titolo 
esecutivo 
anche 
per 
la 
ripetizione 
delle 
somme 
in concreto impiegate 
per adempiere 
quell'obbligazione 
ex 
lege 
(Cass., 
ordinanze 
17 
settembre 
2013, 
n. 
21207 
e 
20 
novembre 
2015, 
n. 
23830), 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


nel 
giudizio 
amministrativo 
l'onere 
del 
pagamento 
del 
contributo 
unificato 
grava 
sulla 
parte 
per effetto della 
(sola) soccombenza, anche 
nel 
caso di 
compensazione 
giudiziale 
delle 
spese, (v., ex 
plurimis, Consiglio di 
Stato, Sez. Iv, 
10 febbraio 2014, n. 625) ed � 
sottratto �alla potest� del 
giudice, sia quanto 
alla 
possibilit� 
di 
disporne 
la 
compensazione, 
sia 
quanto 
alla 
determinazione 
del 
suo ammontare� 
(Consiglio di 
Stato, Sez. III, 3 febbraio 2014, n. 473 e 
13 
marzo 2014, n. 1160). 


Ne 
consegue 
che 
�il 
rimborso del 
contrilbuto unificato alla parte 
vittoriosa, 
che 
lo 
abbia 
anticipato, 
costituisce 
una 
obbligazione 
ex 
lege, 
al 
cui 
adempimento 
la 
parte 
soccombente 
non 
pu� 
sottarsi, 
distinta 
rispetto 
a 
quella 
concernente 
le 
spese 
del 
giudizio liquidate 
in sentenza, nel 
cui 
computo esso 
non pu� ritenersi ricompreso� 
(Consiglio di Stato, n. 62512014 cit.). 


In 
altre 
parole, 
mentre 
nel 
processo 
civile 
� 
il 
giudice 
che, 
con 
la 
pronuncia 
di 
condanna 
alle 
spese 
o 
di 
compensazione, 
influisce 
sul 
riparto 
sostanziale 
del-
l'onere 
corrispondente 
al 
contributo 
unificato, 
nel 
giudizio 
amministrativo 
tale 
riparto 
� 
influenzato 
da 
un 
fatto 
-la 
soccombenza 
-che 
occorre 
determinare 
indipendentemente 
dalla 
pronuncia 
resa 
sul 
capo 
relativo 
alle 
spese 
di 
lite. 


In ragione 
di 
tali 
caratteristiche 
del 
regime, nel 
parere 
della 
scrivente 
richiamato 
da 
codesta 
Autorit�, nel 
quale 
si 
� 
affrontato il 
caso della 
reciproca 
soccombenza 
delle 
parti 
(ossia 
dell'accoglimento solo parziale 
del 
ricorso), si 
� 
ritenuta, nella 
sostanza, l'impossibilit� 
d� 
ricavare 
dal 
dettato normativo criteri 
ancorati 
a 
parametri 
meramente 
formali, 
che 
pure 
avrebbero 
condotto 
a 
soluzioni 
pi� 
immediate 
e 
pi� 
soddisfacenti 
sul 
piano 
della 
certezza 
del 
diritto 
(quali, ad esempio, il 
ritenere 
che 
la 
parte 
che 
ha 
introdotto il 
giudizio sia 
comunque 
tenuta 
a 
sopportare 
l'onere 
del 
contributo qualora 
essa 
sia 
risultata 
in 
qualche misura soccombente). 


Affermato il 
diritto alla 
rivalsa 
(parziale) nel 
caso di 
soccombenza 
parziale, 
si 
� 
ritenuto che 
il 
riparto debba 
avvenire 
�in rapporto alla rispettiva 
misura di 
soccombenza, da determinare 
in va equitativa sulla base 
delle 
risultanze 
di 
causa�, 
con 
la 
precisazione 
che 
si 
rende 
applicabile 
la 
presunzione 
di 
divisione 
in parti 
uguali 
dell'obbligazione, ricavabile 
dall'art. 1298, comma 
secondo, 
cod. 
civ. 
e 
che, 
conseguentemente, 
incombe 
sulla 
parte 
che 
voglia 
far valere 
diverse 
quote 
di 
riparto di 
dare 
la 
prova 
che 
la 
soccombenza 
si 
� 
determinata 
in misura non paritaria. 


Ritiene 
la 
scrivente 
che 
l'avviso 
espresso 
nel 
parere 
ora 
sintetizzato 
debba 
essere confermato, con le integrazioni di cui subito si dir�. 


In contrario non sembrano valorizzabili 
i 
principi 
affermati 
dalla 
Corte 
di 
cassazione 
nell'ordinanza 
21 gennaio 2015, n. 930, richiamata 
nella 
nota 
in 
riferimento, invocata dall'impresa nei confronti di codesta 
Autorit�. 


Tale 
decisione 
-che 
non 
si 
� 
occupata 
della 
questione 
del 
riparto 
del-
l'onere 
del 
contributo 
unificato 
-si 
� 
limitata 
a 
ribadire 
alcuni 
consolidati 
principi 
giurisprudenziali 
sul 
rapporto tra 
soccombenza 
e 
condanna 
al 
pagamento 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


delle 
spese 
del 
giudizio. 
Come 
noto, 
secondo 
un 
tradizionale 
insegnamento 
della 
Corte 
di 
cassazione, il 
principio della 
soccombenza 
esclude 
che 
le 
spese 
possano essere 
poste 
a 
carico della 
parte 
interamente 
vittoriosa 
(salva 
la 
possibilit� 
di 
derogarvi 
quando la 
parte 
risultata 
vincitrice 
sia 
venuta 
meno ai 
doveri 
di 
lealt� 
e 
probit�, imposti 
dall'art. 88 cod. proc. civ.). Nel 
ribadire 
tale 
principio, l'ordinanza 
in esame 
ha 
ricordato che 
esso non � 
violato nel 
caso in 
cui 
le 
spese 
siano 
integralmente 
poste 
a 
carico 
della 
parte 
il 
cui 
appello 
sia 
stato 
parzialmente 
accolto. 
e 
solo 
in 
questo 
contesto 
che 
la 
Corte 
ha 
affermato 
che 
�in tema di 
liquidazione 
delle 
spese 
giudiziali, nessuna norma prevede, 
per 
i1 caso di 
soccombenza reciproca delle 
parti, un criterio di 
valutazione 
della prevalenza della soccombenza dell'una o dell'altra basato sul 
numero 
delle 
domande 
accolte 
o 
respinte 
per 
ciascuna 
di 
esse, 
dovendo 
essere 
valutato 
l'oggetto della lite nel suo complesso�. 


Ci� posto, si 
osserva, a 
integrazione 
e 
chiarimento di 
quanto gi� 
esposto 
nel 
richiamato parere 
del 
12 dicembre 
2015, che 
nella 
valutazione 
della 
proporzione 
della 
soccombenza, 
ai 
fini 
del 
riparto 
interno 
dell'onere 
del 
contributo 
unificato, 
si 
deve 
prescindere 
da 
criteri 
fondati 
sul 
numero 
dei 
motivi 
di 
ricorso 


o di 
impugnazione 
accolti 
ovvero sulla 
posizione 
processuale 
che, per ragioni 
connesse 
all'andamento del 
giudizio, le 
parti 
hanno incidentalmente 
finito per 
assumere. 
Sembra, 
in 
altri 
termini, 
alla 
scrivente 
che 
la 
proporzione 
di 
soccombenza 
debba 
essere 
determinata 
sulla 
base 
dell'esito 
complessivo 
del 
giudizio 
e 
in 
relazione 
al 
c.d. bene 
della 
vita 
che 
ne 
formava 
oggetto. Cos�, ad esempio, se 
il 
ricorrente 
originario ottiene 
l'annullamento del 
provvedimento in virt� del-
l'accoglimento di 
uno solo dei 
motivi 
da 
esso proposti, non potr� 
negarsi 
che 
la 
soccombenza 
della 
controparte 
sia 
integrale, bench�, in ipotesi, il 
giudice 
abbia 
espressamente 
rigettato altri 
motivi 
di 
gravame 
proposti 
dal 
ricorrente 
originario. 


Ne 
consegue 
che, in caso di 
contrapposti 
appelli 
proposti 
dalle 
parti 
(ancorch� 
in via 
incidentale 
da 
una 
di 
esse), non pare 
possibile 
scindere 
la 
soccombenza, 
postulando 
che 
l'una 
delle 
parti 
sia 
integralmente 
vittoriosa 
rispetto 
al 
proprio appello bench�, all'esito della 
delibazione 
di 
entrambi 
gli 
appelli, 
questa 
non 
abbia 
interamente 
ottenuto 
il 
"bene 
della 
vita" 
che 
formava 
oggetto 
di causa (nel nostro caso, ad esempio, la conferma integrale della sanzione). 


occorre, 
piuttosto, 
avere 
riguardo 
all'esito 
complessivo 
del 
giudizio 
e, 
sulla 
base 
di 
questo, 
ripartire 
il 
carico 
complessivo 
del 
contributo 
unificato 
dovuto in relazione a entrambi gli appelli proposti. 


A 
questo 
criterio 
generale 
pu� 
derogarsi, 
ad 
avviso 
della 
scrivente, 
esclusivamente 
nel 
caso in cui 
l'iniziativa 
della 
parte 
sia 
rimasta 
del 
tutto priva 
di 
incidenza 
causale 
sulla 
decisione. Si 
pensi, ad esempio, a 
un appello incidentale 
inammissibile 
in 
quanto 
tardivo 
o 
per 
altre 
ragioni. 
In 
tali 
casi, 
non 
sembra 
legittimo far carico all'appellante 
principale 
-neanche 
nell'ipotesi 
di 
rigetto, 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


integrale 
o 
parziale, 
della 
propria 
impugnazione 
-dei 
costi 
di 
un'iniziativa 
processuale, 
assunta 
da 
controparte, rivelatasi 
del 
tutto improduttiva 
di 
effetti 
sul 
contenuto 
della 
decisione 
finale: 
tali 
costi, 
in 
omaggio 
al 
principio 
di 
causalit�, 
devono 
rimanere 
a 
carico 
della 
parte 
che 
vi 
ha 
dato 
origine. 
In 
definitiva, 
i 
costi 
dell'appello 
incidentale 
inammissibile 
o 
riconosciuto 
come 
integralmente 
infondato, con dichiarazione 
espressa 
del 
giudice 
d'appello, dovranno essere 
posti 
a 
carico 
della 
parte 
che 
li 
ha 
sostenuti, 
ancorch� 
tale 
parte 
non 
risulti 
complessivamente 
soccombente 
alla 
stregua 
del 
criterio 
fondato 
sul 
conseguimento 
del 
bene 
della 
vita. Non altrettanto � 
a 
dirsi 
rispetto all'appello incidentale 
non 
esaminato 
in 
quanto 
dichiarato 
assorbito, 
per 
effetto 
del 
rigetto 
dell'appello principale. 


Nella 
fattispecie, posto che 
codesta 
Autorit� 
ha 
ritenuto, all'esito del 
giudizio 
di 
appello, di 
avere 
titolo per l'applicazione 
di 
una 
sanzione 
corrispondente 
a 
circa 
tre 
quarti 
dell'importo 
originario, 
nella 
stessa 
proporzione 
dovrebbe 
ripartirsi 
l'onere 
del 
contributo unificato dovuto sia 
in relazione 
all'appello 
principale, sia in relazione all'appello incidentale. 


Quanto 
al 
giudizio 
di 
appello, 
peraltro, 
per 
questa 
via 
si 
perviene, 
del 
tutto 
accidentalmente, 
a 
un 
risultato 
identico 
a 
quello 
gi� 
prospettato 
da 
codesta 
Autorit�, 
in 
applicazione 
del 
(diverso) 
criterio 
fondato 
sul 
ritenuto 
accoglimento 
integrale 
dell'appello principale 
e 
sull'accoglimento solo parziale 
del-
l'appello incidentale. 


Inoltre 
- e 
diversamente 
da 
quanto traspare 
essere 
l'avviso di 
codesta 
Autorit� 
- un criterio analogo a 
quello ora 
descritto dovrebbe 
regolare 
il 
riparto 
del 
contributo unificato versato (dall'impresa) per il 
giudizio di 
primo grado. 
Non pu�, infatti, ritenersi 
che 
il 
contributo unificato dovuto per il 
giudizio di 
primo grado debba 
far carico alla 
parte 
ricorrente 
per il 
solo fatto che 
sia 
stato 
proposto 
appello. 
La 
circostanza 
che 
sia 
stato 
proposto 
appello 
non 
implica 
che 
�non si 
� 
determinata alcuna soccombenza�, ma 
implica 
esclusivamente 
che, come 
dispone 
l'art. 13, comma 
6-bis1 
del 
D.P.R. n. 115 del 
2002, la 
soccombenza 
sia 
determinata 
�con il 
passaggio in giudicato della sentenza�, da 
intendersi 
come 
la 
sentenza 
che 
definisce 
il 
giudizio 
(sia 
essa 
la 
medesima 
sentenza di primo grado o la sentenza di appello). 


Questa 
disposizione, in altri 
termini, chiarisce 
che 
la 
soccombenza 
si 
determina 
in ragione 
del 
contenuto della 
sentenza 
che 
definisce 
il 
giudizio e 
al 
momento 
del 
passaggio 
in 
giudicato 
di 
tale 
sentenza: 
quando, 
cio�, 
diviene 
definitiva 
la 
sentenza 
che 
ha 
attribuito, integralmente 
o parzialmente, all'una 


o all'altra parte il bene della vita che costituisce oggetto del giudizio. 
Qualora 
tale 
sentenza 
determini 
la 
soccombenza, 
parziale 
o 
integrale, 
della 
parte 
resistente 
in primo grado, su di 
essa 
dovr� 
gravare, a 
misura 
di 
tale 
soccombenza, 
anche 
il 
contributo 
unificato 
versato 
per 
il 
giudizio 
di 
primo 
grado, indipendentemente 
dal 
contenuto della 
sentenza 
di 
primo grado contro 
la quale fu proposto appello. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


In 
conformit� 
a 
quanto 
sopra 
affermato 
in 
relazione 
al 
giudizio 
di 
appello, 
pu� ritenersi 
che 
a 
tale 
regola 
faccia 
eccezione 
il 
caso in cui 
le 
parti, dopo la 
proposizione 
del 
gravame 
principale, abbiano assunto ulteriori 
iniziative 
processuali, 
prive 
di 
effetti 
sulla 
decisione, che 
hanno dato luogo a 
distinti 
obblighi 
di 
pagamento 
del 
contributo 
unificato, 
come 
la 
proposizione 
di 
ricorsi 
incidentali o motivi aggiunti inammissibili ovvero manifestamente ultronei. 


Alla 
luce 
di 
quanto precede, ritiene 
la 
scrivente 
che 
l'insieme 
dei 
contributi 
unificati 
versati 
per 
il 
giudizio 
in 
esame 
-che 
complessivamente 
ammonta, 
secondo quanto riferito nella 
richiesta 
di 
parere, a 
� 24.000,00 - possa 
ragionevolmente 
far carico per un quarto, pari 
a 
� 6.000,00, a 
codesta 
Autorit� 
e 
per tre quarti, pari a � 18.000,00, alla M.F. S.p.A. 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


sull�incombenza dell�onere del contributo unificato 


Parere 
reso 
iN 
via 
ordiNaria 
01/12/2016-565316, al 23130/2009, avv. liBorio 
coaccioli 


In 
esito 
al 
quesito 
posto 
con 
la 
nota 
in 
riscontro, 
osserva 
la 
scrivente 
quanto segue. 


Premesso che 
il 
contributo unificato costituisce 
un tributo ed, in particolare, 
una 
tassa 
giudiziaria 
correlata 
alla 
richiesta 
di 
accesso al 
servizio giudiziario 
(oggetto dell�onere 
di 
anticipazione 
previsto dall�art. 8, comma 
1, del 


d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) in quanto costo del 
processo, esso � 
destinato, 
in 
caso 
di 
vittoria, 
ad 
essere 
recuperato 
a 
carico 
della 
controparte 
soccombente 
e, in caso di 
soccombenza, a 
rimanere 
definitivamente 
a 
carico della 
parte 
che 
l�ha 
anticipato 
al 
momento 
dell�iscrizione 
al 
ruolo 
della 
causa: 
il 
suo 
rimborso, 
secondo consolidata 
giurisprudenza, ha 
natura 
di 
un�obbligazione 
ex 
lege, il 
cui 
adempimento grava 
sulla 
parte 
soccombente 
a 
prescindere 
da 
un�apposita 
statuizione 
al 
riguardo (cfr. TAR Lazio 
-Roma, sez. III, n. 8133 del 
10 giugno 
2015). 
Tutto ci� premesso, relativamente 
ai 
quesiti 
sottoposti, si 
espone 
quanto 
segue: 


-1 � 
Primo quesito 
se, 
in 
caso 
di 
soccombenza 
nei 
giudizi 
davanti 
al 
giudice 
amministrativo, 
in mancanza di 
specifica statuizione 
giudiziale 
l�amministrazione 
debba comunque 
rimborsare 
il 
cu 
alla parte 
vittoriosa (previa dimostrazione 
dell�avvenuto 
pagamento), 
e 
se, 
nel 
caso 
di 
giudizi 
improcedibili 
per 
cessazione 
della 
materia del 
contendere 
o sopravvenuta carenza di 
interesse, non sia dovuta 
la restituzione 
del 
contributo unificato, salvo il 
caso in cui 
il 
giudice 
espressamente 
individui la parte tenuta a tale onere. 


Ai 
sensi 
dell�art. 13, comma 
6 bis1, del 
d.P.R. n. 115/2002, al 
ricorrente 
vittorioso 
che 
abbia 
corrisposto 
gli 
importi 
del 
contributo 
unificato 
per 
le 
spese 
degli 
atti 
giudiziari, 
spetta 
il 
relativo 
rimborso, 
anche 
qualora 
la 
parte 
soccombente 
non si 
sia 
costituita 
in giudizio (cfr. T.A.R. Campania 
-Napoli, sent. n. 
713 del 10 febbraio 2016). 


Tuttavia 
occorre 
distinguere 
l�ipotesi 
della 
declaratoria 
della 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
da 
quella 
della 
declaratoria 
dell�improcedibilit� 
del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. 


La 
sentenza 
che 
dichiara 
la 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
� 
una 
pronunzia 
di 
merito 
cui, 
ai 
sensi 
dell�art. 
34, 
comma 
5, 
cod. 
proc. 
amm., 
il 
giudice 
fa 
luogo 
�qualora 
nel 
corso 
del 
giudizio 
la 
pretesa 
del 
ricorrente 
risulti 
pienamente soddisfatta�. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


La 
sentenza 
che 
dichiara 
l�improcedibilit� 
del 
ricorso per sopravvenuto 
difetto 
di 
interesse 
� 
invece 
una 
pronuncia 
di 
rito 
cui, 
a 
mente 
dell�art. 
35, 
comma 
1, lett. c) cod. proc. amm., il 
giudice 
fa 
luogo �quando nel 
corso del 
giudizio sopravviene il difetto di interesse delle parti alla decisione�. 


Tale 
distinzione, 
in 
astratto 
assolutamente 
chiara 
e 
netta, 
non 
sempre 
trova 
riscontro 
nella 
prassi 
giudiziaria, 
dal 
momento 
che 
non 
di 
rado 
accade 
che 
anche 
nel 
caso di 
intervenuta, integrale 
soddisfazione 
della 
pretesa 
azionata, 
il 
giudice, anzich� 
dichiarare, come 
dovrebbe, la 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere, dichiari 
invece 
l�improcedibilit� 
del 
ricorso per sopravvenuto difetto 
di interesse. 


Il 
rilievo non risponde 
soltanto ad astratte 
finalit� 
di 
carattere 
classificatorio 
e 
dogmatico, ma 
ha 
anche 
significative 
ricadute 
pratiche 
sul 
tema 
della 
regolazione 
delle 
spese 
del 
giudizio 
perch�, 
mentre 
nel 
caso 
di 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
il 
giudice 
� 
tenuto a 
provvedere 
alla 
tassazione 
delle 
spese 
processuali 
sulla 
base 
del 
criterio della 
c.d. soccombenza 
virtuale 
- ponendo 
quindi 
le 
spese 
a 
carico 
dell'amministrazione 
che, 
soddisfacendo 
la 
pretesa 
del 
ricorrente, 
ne 
ha 
esplicitamente 
riconosciuto 
la 
fondatezza 
-; 
nell'ipotesi 
di 
improcedibilit� 
del 
ricorso 
per 
sopravvenuto 
difetto 
d�interesse, 
trattandosi 
di 
pronuncia 
di 
rito dovuta 
al 
venir meno in corso di 
giudizio di 
una 
delle 
condizioni 
dell'azione, 
non 
� 
dato 
individuare 
un 
soccombente 
in 
senso sostanziale 
e 
le 
spese 
debbono perci�, di 
regola, rimanere 
a 
carico del 
ricorrente che le ha anticipate, soccombente in senso formale. 


e 
poich� 
l'obbligo 
di 
pagamento 
del 
contributo 
� 
collegato 
dalla 
legge 
-art. 
13, 
comma 
6-bis1 
del 
d.P.R. 
n. 
115/2002 
-alla 
soccombenza, 
nell'ipotesi 
in 
cui 
il 
giudice 
non 
individui 
esso 
stesso 
la 
parte 
virtualmente 
soccombente, 
come 
tale 
tenuta 
al 
pagamento 
del 
contributo 
unificato, 
occorre 
distinguere 
il 
caso 
in 
cui 
sia 
dichiarata 
la 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
da 
quello 
in 
cui 
sia 
dichiarata 
la 
improcedibilit� 
del 
ricorso 
per 
sopravvenuto 
difetto 
di 
interesse. 


Nella 
prima 
ipotesi 
-cessazione 
della 
materia 
del 
contendere 
-non 
v'� 
dubbio 
che 
obbligata 
al 
rimborso 
del 
contributo 
unificato 
sia 
l'amministrazione 
resistente, soccombente 
in senso virtuale; 
nella 
seconda 
ipotesi 
- improcedibilit� 
del 
ricorso per sopravvenuto difetto di 
interesse 
-, occorre 
invece 
distinguere 
i 
casi 
in cui 
il 
venir meno dell'interesse 
alla 
decisione 
del 
ricorso derivi 
da 
una 
condotta 
dell'amministrazione 
comunque 
satisfattiva 
dell'interesse 
del 
ricorrente 
da 
quello in cui 
il 
venir meno dell'interesse 
non sia 
in alcun modo 
riferibile ad un atto o ad un fatto della resistente. 


Nel 
primo 
caso, 
si 
realizza 
in 
realt� 
una 
cessazione 
della 
materia 
del 
contendere, 
con 
la 
conseguenza 
che 
il 
contributo 
unificato 
anticipato 
dal 
ricorrente 
dovr� 
essere 
rimborsato 
dall'amministrazione; 
nel 
secondo, 
invece, 
non 
essendo 
configurabile 
alcuna 
soccombenza 
virtuale 
dell'amministrazione, esso 
dovr� restare a carico della parte che lo ha anticipato. 


Si 
ricordi 
che, 
in 
caso 
di 
soccombenza 
virtuale 
(ad 
es. 
improcedibilit� 
del 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


ricorso o cessazione 
della 
materia 
del 
contendere) e 
previa 
apposita 
richiesta 
di 
parte 
per la 
condanna 
alle 
spese 
e 
per la 
refusione 
del 
contributo unificato, 
il 
giudice, al 
solo fine 
di 
regolare 
le 
spese 
del 
giudizio, � 
tenuto ad esaminare 
le 
questioni 
sollevate 
dai 
ricorrenti. 
� 
stato 
osservato, 
infatti, 
che: 
�con 
riguardo 
alla 
decisione 
sulle 
spese 
deve 
essere 
pertanto 
applicato 
il 
criterio 
della c.d. �soccombenza virtuale�, in ossequio al 
consolidato principio per 
cui 
il 
venir 
meno dell�interesse 
al 
ricorso non preclude 
una sommaria delibazione 
nel 
merito della pretesa azionata, al 
limitato fine 
della pronuncia sulle 
spese 
di 
giudizio� 
(cos�, 
T.A.R. 
Napoli, 
sent. 
n. 
2461 
del 
12 
maggio 
2016; 
cfr., 
altres�, Consiglio di Stato, sez. v, sent. n. 3348 del 7 luglio 2015). 


-2 � 
secondo quesito 
se, nel 
caso di 
compensazione 
delle 
spese, sia opportuno che 
l�amministrazione 
proceda autonomamente 
alla valutazione 
di 
quale 
sia la parte 
processuale 
soccombente, 
perch� 
in 
ambito, 
infatti, 
appare 
particolarmente 
critico il 
caso di 
accoglimento parziale 
delle 
domande 
(cfr. in tal 
senso cons. 
stato iii, n. 1160/2014) sia da un punto di 
vista generale, sia in quelle 
ipotesi 
in cui 
la reiezione 
di 
alcune 
domande 
sia l�effetto di 
un concorso della controparte 
nell�adozione di un provvedimento illegittimo. 


� 
principio ormai 
noto che, in caso di 
accoglimento del 
ricorso con compensazione 
delle 
spese, il 
resistente 
soccombente 
sia 
comunque 
costretto a 
rifondere 
l�importo del 
contributo unificato, poich� 
esso � 
sottratto alla 
potest� 
del 
giudice 
sia 
quanto 
alla 
possibilit� 
di 
disporne 
la 
compensazione, 
sia 
quanto 
alla 
determinazione 
del 
suo ammontare 
(cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 4436 del 
22 settembre 
2015 e 
n. 1160 del 
13 marzo 2014). La 
giurisprudenza 
amministrativa 
�, d�altronde, pacifica 
nel 
ritenere 
il 
rimborso del 
contributo unificato 
ancorato esclusivamente 
al 
verificarsi 
della 
situazione 
di 
fatto rappresentata 
dall�accoglimento del 
ricorso (cfr. 
ex 
multis 
Cons. Stato, sez. v, n. 3153 del 
23 giugno 2014 e 
sez. III, n. 1657 del 
18 marzo 2011). Pertanto, a 
meno di 
non voler operare 
un�interpretazione 
forzatamente 
estensiva 
del 
citato art. 13, 
non � 
possibile 
ritenere 
che 
il 
rigetto di 
talune 
istanze 
proposte 
in via 
subordinata 
dal ricorrente vittorioso costituisca una deroga a quanto ivi stabilito. 

In caso di 
soccombenza 
reciproca 
o parziale 
il 
contributo unificato deve 
essere 
posto 
�a 
carico 
della 
o 
delle 
parti 
soccombenti 
nei 
limiti 
della 
loro 
soccombenza�: 
da 
ci� consegue 
che 
se 
le 
parti 
sono soccombenti 
in parti 
uguali, 
l�onere 
del 
contributo deve 
essere 
ripartito in parti 
eguali 
e, di 
conseguenza, 
rimborsato 
per 
la 
met� 
a 
favore 
della 
parte 
che 
lo 
ha 
anticipato; 
se 
le 
parti 
sono 
invece 
soccombenti 
in 
diversa 
misura, 
il 
contributo 
unificato 
dovr� 
essere 
rimborsato 
dalla 
parte 
resistente 
in misura 
proporzionale 
alla 
sua 
percentuale 
di 
soccombenza 
(v. pareri 
del 
Comitato consultivo 10 maggio 2013 n. 204029 e 
12 febbraio 2015 n. 70211). 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


vՏ 
altres� 
da 
aggiungere 
che, 
in 
caso 
di 
divergenza 
circa 
la 
soccombenza 
- o circa 
la 
misura 
della 
soccombenza 
-, la 
relativa 
questione 
dovr� 
essere 
sottoposta 
al 
vaglio dell�Avvocatura 
e, nell�ipotesi 
di 
persistente 
contrasto tra 
le 
parti, 
la 
relativa 
controversia 
dovr� 
trovare 
composizione, 
su 
ricorso 
della 
parte 
interessata 
ad ottenere 
il 
rimborso - o un maggior rimborso -, in sede 
di 
giudizio di ottemperanza. 


- 3 


terzo quesito 


Quando e 
in che 
misura eventualmente 
debba avvenire 
la refusione 
del 
cu, considerato che 
l�art. 13, comma 6-bis. 1, del 
d.P.r. n. 115 del 
2002 dispone 
che 
�la soccombenza si 
determina con il 
passaggio in giudicato della 
sentenza�, il 
che 
sembrerebbe 
significare 
che, nel 
caso di 
ricorso in appello, 
l�eventuale 
refusione 
debba attendere 
il 
giudizio di 
secondo grado, non apparendo 
chiaro tuttavia se 
essa riguardi 
il 
contributo del 
primo grado sommato 
a quello del secondo grado. 


In 
caso 
d�appello, 
l�obbligo 
di 
rimborso 
del 
contributo 
unificato 
sorge 
solo 
e 
soltanto 
al 
momento 
del 
passaggio 
in 
giudicato 
della 
relativa 
decisione; 
in tale 
ipotesi, l�obbligo di 
rimborso riguarder� 
peraltro sia 
il 
contributo anticipato 
al 
momento del 
deposito del 
ricorso di 
primo grado sia 
quello versato 
al 
momento 
del 
deposito 
del 
ricorso 
di 
secondo 
grado, 
senza 
alcuna 
possibilit� 
di 
rimborso �anticipato� 
del 
contributo corrisposto per il 
primo grado di 
giudizio 
in forza della sola esecutivit� della sentenza di primo grado. 


- 4 


Quarto quesito 


se 
il 
principio 
della 
refusione 
del 
cu 
in 
caso 
di 
soccombenza, 
dettato 
dall�art. 13 con riferimento ai 
contenziosi 
davanti 
al 
tar 
ed al 
consiglio di 
stato, debba applicarsi 
anche 
ai 
giudizi 
innanzi 
al 
giudice 
ordinario pur 
in 
assenza di pronuncia giudiziale specifica. 


L�art. 
13, 
comma 
6-bis, 
in 
virt� 
del 
suo 
tenore 
letterale, 
si 
deve 
ritenere 
insuscettibile 
di 
estensione 
ai 
giudizi 
ordinari. 
La 
disposizione, 
infatti, 
riguarda 
i 
soli 
ricorsi 
proposti 
dinanzi 
ai 
T.A.R. 
ed 
al 
Consiglio 
di 
Stato. 
Il 
predetto 
comma, 
infatti, 
� 
stato 
inserito 
al 
fine 
di 
svincolare 
il 
contributo 
unificato 
per 
i 
processi 
amministrativi 
dal 
valore 
della 
controversia, 
diversamente 
da 
quanto 
previsto 
per 
i 
processi 
civili, 
(cfr. 
nota 
di 
Andrea 
Daidone 
a 
T.A.R. 
Trento, 
29 
gennaio 
2014, 
n. 
23, 
sez. 
I 
in 
Rivista 
Italiana 
di 
Diritto 
Pubblico 
Comunitario, 
fasc. 
2, 
2014, 
p. 
478) 
ove 
si 
legge: 
�con 
l�inserimento 
del 
comma 
6 
bis 
al 
citato 
art. 
13 
[�] 
il 
contributo 
unificato 
per 
i 
processi 
amministrativi, 
diversamente 
da 
quanto 
previsto 
per 
i 
processi 
civili, 
� 
stato 
svincolato 
dal 
valore 
della 
controversia. 
il 
legislatore, 
infatti, 
ha 
adottato 
il 
differente 
criterio 
per 
materia 
ed 
in 
seguito 
ha 
ulteriormente 



PAReRI 
DeL 
CoMITATo 
CoNSULTIvo 


distinto 
l�entit� 
del 
contributo 
unificato 
dovuto 
secondo 
una 
differenziazione 
delle 
materie�. 


Anche 
in 
altri 
siti, 
relativamente 
al 
processo 
civile 
e 
tributario, 
si 
afferma 
che 
�mentre 
per 
il 
processo 
amministrativo 
il 
legislatore 
ha 
espressamente 
previsto che 
anche 
il 
contributo unificato soggiaccia al 
principio della soccombenza 
e 
vada rimborsato alla parte 
vittoriosa, tanto non � 
stato fatto per 
quello civile 
e 
tributario� 
(trattasi 
di 
un articolo pubblicato su web il 
26 novembre 
2014). Articolo di 
Michela 
Roja, titolo �Rimborso del 
contributo unificato. 
� 
dovuto post 
sentenze 
sfavorevoli?�, pubblicato il 
26 novembre 
2014 
sul 
sito 
web 
www.Fiscooggi.it 
Link 
http://www.Fiscooggi.it/analisi-ecommenti/
articolo/rimborso-del-contributo-unificato-dovuto-post-sentenzesfavorevoli. 


Nel 
commento 
in 
esame, 
inoltre 
si 
fa 
espressamente 
richiamo 
alla 
sentenza 
n. 
235/2014 
della 
Commissione 
tributaria 
provinciale 
di 
Pordenone, 
che 
ha 
negato 
la 
rimborsabilit� 
del 
contributo 
partendo 
proprio 
dall�assunto 
secondo 
cui 
�La 
configurazione 
del 
contributo unificato come 
obbligazione 
ex 
lege 
che 
fa 
carico alla 
parte 
soccombente 
e 
che 
pertanto � 
estraneo al 
potere 
liquidatario 
del 
giudice 
trovando 
per 
cos� 
dire 
automatica 
applicazione 
vale 
solo ed esclusivamente 
per il 
giudizio amministrativo in forza 
del 
comma 
6 
bis 
d.P.R. 115/02. Trattasi 
di 
norma 
speciale 
che, quindi, non � 
suscettibile 
di 
estensione analogica al processo civile e tributario�. 

- 5 Quinto 
quesito 
la corresponsione 
delle 
spese 
generali 
ai 
legali 
di 
controparte 
nel 
caso 
di soccombenza dell�amministrazione. 


In materia 
di 
spese 
forfettarie 
dovute 
all�avvocato, occorre 
distinguere 
a 
secondo che 
il 
giudice 
abbia 
indicato la 
liquidazione 
delle 
spese 
legali 
come 
comprensiva o meno anche delle spese generali. 


Nel 
primo 
caso, 
ovviamente, 
nulla 
quaestio; 
nel 
secondo, 
invece, 
occorre 
considerare 
che 
il 
potere 
di 
liquidazione 
del 
giudice 
si 
riferisce, 
da 
un 
lato, 
alle 
spese 
c.d. 
vive, 
anticipate 
e 
documentate 
dalla 
parte 
vittoriosa, 
e, 
dall�altro, 
ai compensi professionali. 


Le 
somme 
dovute 
a 
titolo 
di 
rimborso 
delle 
spese 
generali, 
al 
pari 
di 
quelle 
dovute 
dal 
soccombente 
a 
titolo 
di 
rimborso 
del 
contributo 
unificato, 
dell�imposta 
di 
registrazione 
della 
sentenza, 
di 
contributo 
previdenziale 
forense 
e 
di 
imposta 
sul 
valore 
aggiunto 
esulano, 
come 
tali, 
dal 
potere 
giudiziale 
di 
liquidazione 
trattandosi 
di 
somme 
che 
sono 
dovute 
per 
legge 
e 
di 
cui 
la 
legge 
stabilisce 
con 
esattezza 
le 
modalit� 
di 
quantificazione 
(quanto 
a 
percentuale 
e 
base 
di 
calcolo) 
e 
di 
cui 
rimette 
in 
genere 
alla 
parte 
la 
autoliquidazione; 
tantՏ 
vero 
che 
la 
giurisprudenza 
ritiene 
pacificamente 
dovuti 
i 
relativi 
importi 
anche 
in 
difetto 
di 
specifica 
statuizione 
giudiziale 
proprio 
perch� 
�oneri 
accessori� 
dovuti 
ex 
lege. 



RASSegNA 
AvvoCATURA 
DeLLo 
STATo - N. 2/2017 


Per tale 
ragione 
deve 
ritenersi 
che, salvo diversa 
indicazione 
da 
parte 
del 
giudice, 
una 
liquidazione 
�omnicomprensiva� 
riguardi 
in 
realt�, 
come 
sՏ 
detto, le 
sole 
spese 
vive 
ammesse 
a 
rimborso e 
i 
soli 
compensi 
professionali, 
con esclusione, quindi, sia 
delle 
spese 
forfettarie 
sia 
degli 
ulteriori 
oneri 
contributivi 
e fiscali. 


Di 
conseguenza, sembra 
potersi 
ragionevolmente 
affermare 
che, pur nel 
caso 
in 
cui 
il 
giudice 
qualifichi 
espressamente 
come 
�onnicomprensiva� 
la 
somma 
liquidata 
in 
sentenza, 
comunque 
sia 
necessario 
procedere 
all�incremento 
di 
cui 
all�art. 
2 
del 
decreto 
ministeriale 
n. 
55 
del 
10 
marzo 
2014. 
Anche 
in 
tal 
caso, 
infatti, 
trattasi 
di 
obbligazione 
sottratta 
alla 
disponibilit� 
del 
giudice 
e, pertanto, gravante 
ex lege 
sulla parte soccombente. 

Nelle suesposte considerazioni � il parere di questa 
Avvocatura. 



LEGISLAZIONEEDATTUALIT�
Norme di commercializzazione e controlli di conformit� 


Antonio Tallarida* 


Sommario: 1. Premessa - 2. Norme 
Unece 
- 3. Norme 
di 
commercializzazione 
UE 
- 4. 
Prodotti 
ortofrutticoli 
-5. 
Finalit� 
-6. 
Controlli 
-7. 
Sanzioni 
-8. 
Tutela 
penale 
degli 
alimenti 


- 9. Coordinamento dei controlli - 10. Sintesi conclusiva. 
1. Premessa. 
Tre 
recenti 
sentenze 
rese 
in 
materia 
di 
norme 
di 
commercializzazione 
dei 
prodotti 
alimentari 
dalle 
massime 
Autorit� 
giudiziarie, 
ripropongono 
all�attenzione 
un tema 
particolarmente 
importante 
non solo per l�economia 
in generale 
ma 
anche 
per 
la 
vita 
quotidiana, 
essendo 
il 
consumatore 
sempre 
pi� 
interessato a un acquisto informato e responsabile (1). 


Si 
tratta 
della 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
Ue 
14 giugno 2017, in 
causa 
C-422/16, 
su 
rinvio 
pregiudiziale 
del 
Tribunale 
regionale 
di 
Treviri, 
sull�uso 
della 
denominazione 
Latte; 
della 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
Ue 
3 
marzo 
2016, 
in 
causa 
C-26/15 
P, 
pronunciata 
su 
ricorso 
del 
regno 
di 
Spagna 


c. 
Commissione 
Ue, 
che 
ha 
affrontato 
il 
problema 
dei 
rapporti 
tra 
norme 
Unece 
e 
regolamenti 
comunitari; 
e 
della 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
24 febbraio 2016, n. 3670, che 
si 
� 
occupata 
delle 
indicazioni 
contenute 
nei 
documenti di accompagnamento dei prodotti freschi trasportati. 
In 
particolare, 
la 
prima 
ha 
statuito 
che 
gli 
obiettivi 
perseguiti 
da 
tali 
norme, 
di 
migliorare 
le 
condizioni 
economiche 
della 
produzione 
e 
della 
commercializzazione, 
nonch� 
la 
qualit� 
dei 
prodotti 
stessi 
nell�interesse 
di 
produttori, 
com


(*) Gi� 
Vice 
Avvocato generale dello Stato. 


(1) 
GermAn� 
A., 
Diritto 
agroalimentare. 
Le 
regole 
del 
mercato 
degli 
alimenti 
e 
dell�informazione 
alimentare, Giappicchelli 2014. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


mercianti 
e 
consumatori, 
�ostano 
a 
che 
la 
denominazione 
�latte� 
e 
le 
denominazioni 
che 
tale 
regolamento 
riserva 
unicamente 
ai 
prodotti 
lattiero-caseari 
siano 
utilizzate 
per 
designare, 
all�atto 
della 
commercializzazione 
o 
nella 
pubblicit�, 
un 
prodotto 
puramente 
vegetale, 
e 
ci� 
anche 
nel 
caso 
in 
cui 
tali 
denominazioni 
siano 
completate 
da 
indicazioni 
esplicative 
o 
descrittive 
che 
indicano 
l�origine 
vegetale 
del 
prodotto 
in 
questione, 
salvo 
il 
caso 
in 
cui 
tale 
prodotto 
sia 
menzionato 
all�allegato 
i 
della 
decisione 
2010/791/UE 
della 
Commissione, 
del 
20 
dicembre 
2010, 
che 
fissa 
l�elenco 
dei 
prodotti 
di 
cui 
all�allegato 
Xii, 
punto 
iii.1, 
secondo 
comma, 
del 
regolamento 
n. 
1234/2007 
del 
Consiglio�. 


La 
seconda 
ha 
affermato che 
per la 
prescrizione 
dei 
regolamenti 
Ue 
di 
tener conto delle 
norme 
Unece 
nella 
definizione 
delle 
norme 
di 
commercializzazione 
nella 
specie 
riguardanti 
gli 
agrumi 
�ne 
peut 
signifier, � son consid�rant 
6, 
que 
les 
normes 
de 
commercialisation 
sp�cifiques 
adopt�es 
par 
la 
Commission doivent 
�tre 
identiques 
aux 
normes 
CEE-oNU, mais 
doit 
davantage 
�tre 
compris 
en 
ce 
sens 
que, 
lorsque 
de 
telles 
normes 
doivent 
�tre 
�tablies 
par 
la Commission pour 
des 
produits 
individuels, elles 
doivent 
�tre 
d�finies 
sur 
la base 
des 
normes 
CEE-oNU, avec 
les 
modifications 
�ventuelles, n�cessaires 
pour 
tenir 
compte 
des 
�l�ments, 
autres 
que 
lesdites 
normes, 
qui 
sont 
mentionn�s � l�article 113, paragraphe 2, du r�glement n� 1234/2007�. 


La 
terza 
(per la 
verit� 
seguita 
da 
un gruppo di 
altre 
18 conformi) ha 
ritenuto 
che 
� 
avuto riguardo alla finalit� della norma in esame, volta a definire 
i 
parametri 
merceologici 
minimi 
di 
tracciabilit� 
da rispettare 
per 
singolo prodotto 
ortofrutticolo, 
affinch� 
questo 
possa 
essere 
commercializzato 
garantendo 
gli 
standard di 
qualit� previsti 
dalla normativa comunitaria, la relativa disciplina 
� 
certamente 
volta a vincolare 
tutti 
i 
livelli 
della filiera, dalle 
aziende 
agricole, 
ai 
mercati 
alla 
produzione, 
all'ingrosso 
o 
di 
transito, 
ai 
centri 
di 
condizionamento e 
di 
deposito, ma, ove 
siano a monte 
rispettate 
le 
dette 
prescrizioni, 
non 
pu� 
ulteriormente 
gravare 
per 
i 
transiti 
a 
valle 
tra 
le 
piattaforme 
della 
grande 
distribuzione 
e 
i 
singoli 
punti 
vendita" 
(v. 
anche 
Cass., 
n. 
17025/2016, Cass., n. 17517/2016 e altre). 


Il 
rinnovato interesse 
verso queste 
norme 
induce 
a 
una 
rivisitazione 
della 
loro finalit� 
e 
della 
loro portata, estesa 
anche 
agli 
aspetti 
applicativi 
dei 
controlli. 
Peraltro va 
preliminarmente 
chiarito che 
le 
norme 
di 
commercializzazione 
riguardano 
esclusivamente 
il 
commercio 
di 
determinati 
prodotti 
agricoli 
a 
destinazione 
alimentare 
e 
che 
vanno 
distinte 
dalle 
molte 
altre 
che 
sono 
poste 
a 
tutela 
di 
distinti 
interessi, quali 
la 
salute 
e 
l�igiene, la 
sicurezza 
alimentare, 
il 
pubblico affidamento o la 
particolarit� 
di 
certe 
produzioni, di 
cui 
si 
tratter� 
pi� oltre 
(par. 8), ma 
che 
possono concorrere 
con quelle 
in esame 
quando abbiano 
ad oggetto gli stessi prodotti (2). 


(2) CoSTATo 
L., BorGhI 
P., rIzzIoLI 
S., Compendio di 
diritto alimentare, Cedam 
2015; 
mASInI 
S., Corso di diritto alimentare, Giuffr� 2015. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


2. Norme Unece. 
norme 
dirette 
a 
regolamentare 
la 
commercializzazione 
di 
prodotti 
agricoli 
alimentari 
sono state 
originariamente 
introdotte 
dall�Unece, organismo internazionale 
in ambito onU, cui 
aderiscono numerosi 
Paesi, con l�obiettivo di 
favorire la cooperazione economica e sociale. 


Come riportato nella sentenza del 
Tribunale di Prima Istanza 


�13 La 
Commissione 
economica 
per l�europa 
delle 
nazioni 
Unite 
(UneCe) � 
stata 
istituita 
nel 
1947 tramite 
la 
risoluzione 
36 (IV), del 
28 marzo 1947, del 
Consiglio economico e 
sociale 
delle 
nazioni 
Unite 
(ecosoc). essa 
raccoglie 
attualmente 
56 paesi 
europei 
(compresi 
tutti 
gli 
Stati 
membri 
dell�Unione 
europea), 
della 
Comunit� 
degli 
Stati 
indipendenti 
e 
del-
l�America 
del 
nord. Poich� 
l�Unione 
non � 
membro delle 
nazioni 
Unite, la 
stessa 
non � 
neanche 
membro della 
UneCe. Per contro, essa 
partecipa 
alla 
UneCe 
in veste 
di 
osservatore. 
14 La 
UneCe 
presenta, al 
suo interno, il 
gruppo di 
lavoro delle 
norme 
di 
qualit� 
dei 
prodotti 
agricoli 
(in 
prosieguo: 
il 
�gruppo 
di 
lavoro�), 
incaricato, 
segnatamente, 
della 
definizione 
delle 
norme comuni per le merci deperibili. 
15 nel 
1958, il 
gruppo di 
lavoro ha 
adottato il 
protocollo di 
Ginevra 
sulla 
normalizzazione 
degli 
ortofrutticoli 
freschi 
e 
della 
frutta 
secca 
ed essiccata 
(riveduto nel 
1964 e 
nel 
1985; 
in 
prosieguo: il �protocollo di Ginevra�). esso prevede, al suo punto I, quanto segue: 
�Ciascun 
prodotto 
soggetto 
alla 
normalizzazione 
commerciale 
di 
qualit� 
deve 
essere 
definito 
in 
una 
norma 
specifica 
che 
lo 
riguarda, 
mediante 
l�indicazione 
del 
genere 
e 
della 
specie 
alle 
quali 
esso 
appartiene 
(riferimento 
botanico 
latino 
seguito, 
se 
del 
caso, 
dall�indicazione 
dell�autore). 
(...). 
Cionondimeno, un gruppo di 
prodotti 
pu� parimenti 
costituire 
l�oggetto di 
una 
norma 
pi� generale 
applicabile a tale gruppo, nella misura in cui le loro caratteristiche lo consentano�. 
16 In forza 
del 
punto IX 
del 
protocollo di 
Ginevra, il 
gruppo di 
lavoro � 
incaricato di 
prevedere, 
segnatamente, 
la 
redazione 
di 
nuove 
norme 
speciali 
e 
gli 
adeguamenti 
possibili 
delle 
norme 
esistenti. Ai 
sensi 
del 
punto X 
del 
protocollo di 
Ginevra, il 
gruppo di 
lavoro ha 
parimenti 
il 
compito di 
elaborare 
le 
clausole 
di 
un accordo internazionale 
idoneo a 
conferire 
uno 
status definitivo alle norme stabilite nell�ambito dell�UneCe per i prodotti ortofrutticoli� 
(sent. 13 novembre 2014 in T-481/11). 


Tali 
norme 
riguardano circa 
50 prodotti 
agricoli 
ed hanno natura 
e 
valore 
di 
raccomandazioni, 
volte 
ad 
agevolare 
gli 
scambi 
commerciali; 
esse 
sono 
prese 
a 
riferimento dall�Ue 
per definire 
le 
norme 
di 
commercializzazione 
europee 
vincolanti all�interno dell�Unione. 


Secondo 
la 
Corte 
di 
Giustizia 
Ue, 
le 
norme 
Unece 
non 
sono 
vincolanti 
per 
l�Unione 
dato 
che 
questa 
non 
� 
parte 
dell�onU 
(sent. 
n. 
26/15 
P/2016 
cit.) 
(3). 


3. Norme di commercializzazione UE. 
Fin dal 
regolamento sull�organizzazione 
comune 
di 
mercato (oCm) nel 


(3) 
BonorA 
G., 
Le 
norme 
di 
commercializzazione 
specifiche 
dell�UE 
e 
il 
loro 
rapporto 
con 
le 
raccomandazioni Unece, in riv. diritto alimentare, 2016, n. 3, 46. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


settore 
degli 
ortofrutticoli 
(reg. Cee 
25 ottobre 
1966 n. 159) sono state 
previste 
disposizioni 
per 
la 
commercializzazione 
di 
tali 
prodotti, 
precisandosi 
che 


�a tal 
fine 
si 
tiene 
conto delle 
norme 
CEE(oNU) raccomandate 
dal 
gruppo 
di 
lavoro 
sulla 
normalizzazione 
dei 
prodotti 
deperibili 
e 
il 
miglioramenti 
qualitativo 
istituito presso la Commissione economica per l�Europa� 
(art. 2). 


Queste 
norme 
sono 
state 
nel 
tempo 
adeguate 
e 
perfezionate 
con 
successivi 
regolamenti 
(reg. 
Cee 
n. 
1035/1972, 
Ce 
n. 
2200/1996, 
Ce 
n. 
1234/2007, 
Ue 


n. 1308/2013) e 
con il 
regolamento applicativo n. 543/2011/Ue, come 
modificato 
con reg. n. 594/2013/Ue, tuttora in vigore. 
Allo stato il 
reg. (Ce) 17 dicembre 
2013 n. 1308/2013 prevede 
che�per 
tener 
conto delle 
aspettative 
dei 
consumatori 
e 
migliorare 
le 
condizioni 
economiche 
della produzione 
e 
della commercializzazione 
nonch� 
la qualit� dei 
prodotti 
agricoli�, 
le 
norme 
di 
commercializzazione, 
fatte 
salve 
eventuali 
altre 
disposizioni 
applicabili 
ai 
prodotti 
agricoli, sono suddivise 
tra 
norme 
obbligatorie 
per settore o prodotto e menzioni riservate facoltative (art. 73). 


Le norme obbligatorie si applicano ai seguenti settori: 


a) olio di oliva e olive da tavola; 


b) ortofrutticoli; 


c) prodotti ortofrutticoli trasformati; 


d) banane; 


e) piante vive; 


f) uova; 


g) carni di pollame; 


h) grassi da spalmare destinati al consumo umano; 


i) luppolo; 


nonch� a quello vitivinicolo (art. 75 c. 1 e 4 ). 


Le 
definizioni, designazioni 
e 
denominazioni 
di 
vendita 
si 
applicano ai 


settori o ai prodotti seguenti: 


a) carni bovine; 


b) prodotti vitivinicoli; 


c) latte e prodotti lattiero-caseari destinati al consumo umano; 


d) carni di pollame; 


e) uova; 


f) grassi da spalmare destinati al consumo umano; 


g) olio di oliva e olive da tavola. 


�2. Le 
definizioni, le 
designazioni 
o le 
denominazioni 
di 
vendita 
figuranti 
nell'allegato 
VII 
possono 
essere 
utilizzate 
nell'Unione 
solo 
per 
la 
commercializzazione 
di 
un 
prodotto 
conforme 
ai corrispondenti requisiti stabiliti nel medesimo allegato� (art. 78). 


A 
queste 
ultime 
disposizioni 
si 
riferisce 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
14 
giugno 
2017 
in 
causa 
422/16, 
sull�uso 
corretto 
della 
denominazione 
�latte� non utilizzabile per prodotti di origine vegetale. 



LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


4. Prodotti ortofrutticoli. 
Una 
specifica 
sottosezione 
si 
occupa 
in particolare 
dei 
prodotti 
ortofrutticoli 
freschi 
e 
trasformati, per i 
quali 
vige 
il 
seguente 
regime 
di 
commercializzazione: 


"1. Inoltre, ove 
inerente 
alle 
norme 
di 
commercializzazione 
applicabili 
di 
cui 
all'articolo 
75, 
i 
prodotti 
del 
settore 
degli 
ortofrutticoli 
destinati 
alla 
vendita 
al 
consumatore 
come 
prodotti 
freschi 
possono essere 
commercializzati 
soltanto se 
sono di 
qualit� 
sana, leale 
e 
mercantile 
e 
se � indicato il paese di origine. 


2. Le 
norme 
di 
commercializzazione 
di 
cui 
al 
paragrafo 1, ed eventuali 
norme 
di 
commercializzazione 
applicabili 
al 
settore 
degli 
ortofrutticoli 
stabilite 
conformemente 
alla 
presente 
sottosezione, 
si 
applicano a 
tutte 
le 
fasi 
della 
commercializzazione, compresi 
l'importazione 
e 
l'esportazione, e 
possono riguardare 
qualit�, classificazione, peso, dimensioni, imballaggio, 
condizionamento, magazzinaggio, trasporto, presentazione e commercializzazione. 
3. Il 
detentore 
di 
prodotti 
del 
settore 
degli 
ortofrutticoli 
per i 
quali 
sono state 
stabilite 
norme 
di 
commercializzazione 
non espone, mette 
in vendita, consegna 
o commercializza 
in alcun 
modo 
tali 
prodotti 
all'interno 
dell'Unione 
se 
non 
in 
conformit� 
a 
dette 
norme 
ed 
� 
responsabile 
di tale conformit�. 
4. 
Al 
fine 
di 
assicurare 
la 
corretta 
applicazione 
dei 
requisiti 
stabiliti 
al 
paragrafo 
1 
del 
presente 
articolo 
e 
al 
fine 
di 
tenere 
conto 
di 
alcune 
situazioni 
peculiari, 
alla 
Commissione 
� 
conferito 
il 
potere 
di 
adottare 
atti 
delegati 
conformemente 
all'articolo 
227 
riguardanti 
deroghe 
specifiche 
al 
presente 
articolo 
necessarie 
per 
la 
sua 
corretta 
applicazione" 
(art. 
76). 
A 
questo 
settore 
di 
prodotti 
si 
applica 
il 
reg. 
(Ce) 
7 
giugno 
2011 
n. 
543/2011/Ue 
della 
Commissione, recante 
modalit� 
di 
applicazione 
del 
regolamento 
(Ce) 
n. 
1234/2007 
nel 
settore 
degli 
ortofrutticoli 
freschi 
e 
trasformati, 
la 
cui 
disciplina 
si 
compone 
di 
una 
noma 
generale 
e 
di 
10 norme 
specifiche 
per altrettanti 
prodotti 
(mele, pere, agrumi, pesche 
e 
nettarine, lattughe 
e 
invidia, 
peperoni dolci, uva da tavola, kiwi, pomodori). 


La 
norma 
generale 
� 
esplicata 
nell�Allegato I - parte 
A 
del 
regolamento 
suddetto 
e 
prescrive 
le 
caratteristiche 
minime 
di 
qualit�, 
di 
maturazione, 
le 
tolleranze, le 
indicazioni 
esterne 
e 
il 
nome 
completo del 
paese 
di 
origine. Le 
norme specifiche sono descritte nella parte B del medesimo Allegato. 


Il 
sistema 
si 
completa 
con la 
previsione 
di 
appositi 
e 
puntuali 
controlli, 
selezionati 
sulla 
base 
di 
un�analisi 
di 
rischio 
e 
che 
possono 
intervenire 
�in 
tutte le fasi di commercializzazione� 
(art. 8 reg. n. 543/2011/Ue cit.). 


A 
tali 
fini 
tutti 
gli 
operatori 
del 
settore 
sono 
tenuti 
ad 
iscriversi 
nella 
Banca 
dati nazionale degli operatori ortofrutticoli (Bdnoo). 


5. Finalit�. 
La 
finalit� 
delle 
norme 
di 
commercializzazione 
consiste 
nell�intento 
di 
favorire 
il 
commercio 
di 
prodotti 
destinati 
all�alimentazione, 
assicurandone 
la 
qualit� 
e 
l�informazione. Pertanto lo scopo delle 
norme 
in questione 
� 
dichiaratamente 
quello 
di 
" 
garantire 
l'agevole 
approvvigionamento 
del 
mercato 



rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


con 
prodotti 
di 
qualit� 
normalizzata 
e 
soddisfacente 
ed 
� 
importante 
che 
le 
norme 
riguardino, in particolare, la definizione 
tecnica, la classificazione, la 
presentazione, la marchiatura e 
l'etichettatura, il 
condizionamento, il 
metodo 
di 
produzione, 
la 
conservazione, 
il 
magazzinaggio, 
il 
trasporto, 
i 
rispettivi 
documenti 
amministrativi, la certificazione 
e 
le 
scadenze, le 
restrizioni 
di 
uso e 
lo smaltimento " 
(71� 
Considerando del 
reg. (Ce) del 
Parlamento europeo e 
del Consiglio, 17 dicembre 2013 n. 1308/2013). 


L'articolo 
74 
(principio 
generale) 
dispone 
che 
" 
i 
prodotti 
per 
i 
quali 
sono 
stati 
stabilite 
norme 
di 
commercializzazione 
per 
settore 
o per 
prodotto conformemente 
alla 
presente 
sezione 
possono 
essere 
commercializzati 
nell'Unione 
solo se sono conformi a tali norme". 


Il 
successivo art. 75 prevede 
che 
le 
norme 
di 
commercializzazione 
tengono 
conto: 
�a) delle peculiarit� del prodotto considerato; 
b) 
della 
necessit� 
di 
assicurare 
le 
condizioni 
atte 
a 
facilitare 
l'immissione 
dei 
prodotti 
sul 
mercato; 
c) dell'interesse 
dei 
produttori 
a 
comunicare 
le 
caratteristiche 
dei 
prodotti 
e 
della 
produzione 
e 
dell'interesse 
dei 
consumatori 
a 
ricevere 
informazioni 
adeguate 
e 
trasparenti 
sui 
prodotti, 
compreso 
il 
luogo 
di 
produzione 
da 
stabilire 
caso 
per 
caso 
al 
livello 
geografico 
adeguato, 
dopo aver effettuato una 
valutazione, in particolare, dei 
costi 
e 
degli 
oneri 
amministrativi 
per 
gli operatori e dei benefici apportati ai produttori e ai consumatori finali; 
d) dei 
metodi 
disponibili 
per la 
determinazione 
delle 
caratteristiche 
fisiche, chimiche 
e 
organolettiche 
dei prodotti; 
e) delle raccomandazioni standardizzate adottate dalle organizzazioni internazionali; 
f) della 
necessit� 
di 
preservare 
le 
caratteristiche 
naturali 
ed essenziali 
dei 
prodotti 
e 
di 
evitare 
che la composizione del prodotto subisca modifiche sostanziali�. 


Per quanto attiene 
ai 
prodotti 
ortofrutticoli 
freschi, il 
sistema 
si 
basa 
su 
due 
presupposti 
per 
poter 
raggiungere 
la 
propria 
finalit�: 
i 
prodotti 
devono 
corrispondere 
a 
determinati 
requisiti 
di 
qualit� 
e 
di 
commerciabilit� 
(essere 
cio� 
di 
"qualit� sana... e 
mercantile") e 
tali 
requisiti 
devono essere 
resi 
noti 
e 
conoscibili al consumatore (il commercio deve essere 
"leale"). 


� 
quindi 
elemento essenziale 
per l�operativit� 
del 
sistema 
che 
i 
suddetti 
presupposti 
siano dichiarati 
e 
controllabili 
in ogni 
fase 
della 
commercializzazione 
compresa 
quella 
del 
loro 
trasporto, 
attraverso 
adeguate 
indicazioni 
esterne (v. 8� e 12� Considerando reg. (Ce) n. 543/2011/Ue). 


Infatti l'art. 5 del regolamento da ultimo citato impone le seguenti 
�Indicazioni esterne. 


1. Le 
indicazioni 
previste 
dal 
presente 
capo sono riportate 
a 
caratteri 
leggibili 
e 
visibili 
su uno dei 
lati 
dell'imballaggio, mediante 
stampatura 
diretta 
indelebile 
o mediante 
etichetta 
integrata nell'imballaggio o fissata ad esso. 
2. Per le 
merci 
spedite 
alla 
rinfusa, caricate 
direttamente 
su un mezzo di 
trasporto, le 
indicazioni 
di 
cui 
al 
paragrafo 1 sono riportate 
su un documento che 
accompagna 
la 
merce 
o su una 
scheda collocata in modo visibile all'interno del mezzo di trasporto. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


3. 
nel 
caso 
dei 
contratti 
a 
distanza 
di 
cui 
all'articolo 
2, 
par. 
1, 
della 
direttiva 
97/7/CE, 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
la 
conformit� 
alle 
norme 
di 
commercializzazione 
richiede 
che le indicazioni esterne siano disponibili prima della conclusione del contratto. 
4. 
Le 
fatture 
e 
i 
documenti 
di 
accompagnamento, 
escluse 
le 
ricevute 
per 
il 
consumatore, 
recano 
il 
nome 
e 
il 
paese 
di 
origine 
dei 
prodotti 
e, se 
del 
caso, la 
categoria, la 
variet� 
o il 
tipo commerciale 
se 
ci� � 
richiesto da 
una 
norma 
di 
commercializzazione 
specifica, oppure 
indicano 
che il prodotto � destinato alla trasformazione". 
Si 
� 
pertanto in presenza 
di 
un articolato corpus 
normativo volto a 
garantire 
la 
qualit� 
commerciale 
dei 
prodotti 
e 
la 
conoscibilit� 
delle 
loro principali 
caratteristiche, 
capaci 
di 
influenzare 
il 
consumatore 
al 
momento 
dell�acquisto 
e che quindi devono essere di percezione immediata (4). 


In 
questa 
ottica 
particolarmente 
importante 
� 
l�indicazione 
del 
Paese 
di 
origine, 
che 
a 
questi 
fini 
si 
atteggia 
come 
requisito 
di 
qualit�, 
in 
grado 
di 
essere 
apprezzato 
dal 
pubblico, 
e 
non 
come 
elemento 
di 
tracciabilit�, 
come 
impropriamente 
inteso 
invece 
dalle 
pronunce 
della 
Cassazione 
all�inizio 
menzionate. 


6. Controlli. 
Per 
assicurare 
il 
raggiungimento 
della 
finalit� 
perseguita 
� 
necessario 
che 
siano previsti 
adeguati 
controlli 
finalizzati 
alla 
verifica 
in concreto della 
corrispondenza 
della 
qualit� 
dei 
prodotti, come 
esternata 
attraverso i 
documenti 
di 
trasporto, gli 
imballaggi, le 
etichette, i 
cartellini, i 
marchi, alla 
norma 
generale 
e a quelle specifiche di commercializzazione. 


Sono 
appunto 
i 
controlli 
di 
conformit� 
alle 
norme 
di 
commercializzazione, 
generale e specifiche ove esistenti. 


L'art. 17 del 
reg. (Ce) n. 543/2011/Ue 
prescrive 
che 
i 
controlli 
di 
conformit� 
si 
effettuano secondo i 
metodi 
descritti 
nell'allegato V 
e 
che 
in caso di 
non conformit�, le 
merci 
oggetto di 
controllo negativo "non possono essere 
spostate", 
salvo 
possibilit� 
di 
regolarizzazione 
o 
di 
avvio 
ad 
altra 
destinazione 
(alimentazione animale, trasformazione industriale, altri usi non alimentari). 


In base a tale allegato V: 


�Il 
controllo 
di 
conformit� 
� 
eseguito 
mediante 
valutazione 
di 
campioni 
prelevati 
a 
caso 
in 
vari 
punti 
della 
partita 
da 
controllare. 
In 
linea 
di 
massima 
la 
qualit� 
del 
campione 
si 
presume 
rappresentativa della qualit� della partita. 
Il 
controllo di 
conformit� 
pu� essere 
effettuato durante 
le 
operazioni 
di 
imballaggio, al 
punto 
di 
spedizione, 
durante 
il 
trasporto, 
al 
punto 
di 
ricevimento 
e 
a 
livello 
della 
vendita 
all'ingrosso 
e al dettaglio. 
nei 
casi 
in 
cui 
l'organismo 
di 
controllo 
non 
effettui 
il 
controllo 
di 
conformit� 
nei 
propri 
locali, 
il 
detentore 
mette 
a 
disposizione 
strutture 
che 
consentano la 
realizzazione 
di 
un controllo di 


(4) 
Secondo 
Corte 
di 
Giustizia 
Ue, 
4 
giugno 
2015, 
n. 
195/14, 
l�etichettatura, 
tramite 
illustrazioni, 
non deve 
far credere 
che 
un ingrediente 
sia 
presente, non bastando ad informare 
correttamente 
il 
consumatore 
la sua assenza dall�elenco degli ingredienti. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


conformit�. L'identificazione 
delle 
partite 
si 
basa 
sulle 
marcature 
o su altri 
criteri 
quali 
le 
diciture 
stabilite 
conformemente 
alla 
direttiva 
89/396/CEE 
del 
Consiglio. 
Se 
la 
spedizione 
consta 
di 
pi� partite, l'ispettore 
ricava 
un'impressione 
generale 
della 
spedizione 
dai 
documenti 
di 
accompagnamento o dalle 
dichiarazioni. In base 
al 
controllo stabilisce 
quindi 
il 
grado di 
conformit� 
delle partite con le indicazioni riportate su tali documenti. 
Se 
i 
prodotti 
sono stati 
o devono essere 
caricati 
su un mezzo di 
trasporto, il 
numero d'immatricolazione 
di quest'ultimo servir� a identificare la spedizione". 


Pertanto, 
il 
controllo 
documentale 
si 
accompagna 
al 
controllo 
fisico 
e 
deve 
essere 
condotto sui 
documenti 
che 
accompagnano la 
merce 
e 
sulle 
indicazioni 
esterne apposte sulla stessa. 


Se 
manca 
o � 
incompleta 
l'etichettatura 
o la 
fattura 
o il 
documento di 
accompagnamento, 
tale 
controllo 
� 
reso 
inefficace 
nell'immediato 
(si 
ricorda 
che 
si 
tratta 
di 
prodotti 
freschi, 
rapidamente 
deperibili) 
e 
anche 
a 
ritroso, 
risalendo 
la 
catena 
dei 
passaggi 
(potendo 
essere 
impossibile 
riconciliare 
quella 
specifica 
merce 
con la 
fattura 
generale 
di 
acquisto, in mancanza 
o per incompletezza 
del documento di uscita dalla piattaforma). 


L�importanza 
quindi 
delle 
indicazioni 
esterne 
e 
dei 
documenti 
di 
accompagnamento 
� 
evidente 
ed 
� 
inesatto 
sostenere 
la 
non 
necessit� 
di 
questi 
ultimi, 
a 
seguito 
della 
abolizione 
(nel 
1996) 
della 
bolla 
di 
accompagnamento, 
sia 
perch� 
questa 
� 
stata 
sostituita 
dal 
ddT, 
documento 
di 
trasporto 
facoltativo, 
ma 
necessario 
ai 
fini 
fiscali 
per 
potersi 
avvalere 
della 
fatturazione 
differita 
(art. 
21 
dPr 
n 
633/1972) 
e 
per 
superare 
la 
presunzione 
di 
acquisto 
o 
vendita 
in 
caso 
di 
trasporto 
in 
conto 
terzi 
(art. 
53 
dPr 
cit.), 
sia 
perch� 
essa 
� 
resa 
necessaria 
per 
gli 
ortofrutticoli 
freschi 
dalla 
succitata 
regolamentazione 
comunitaria 
che 
la 
prevede 
in 
alternativa 
alla 
fattura, 
e 
serve 
anche 
a 
stabilire 
la 
destinazione 
dei 
prodotti 
a 
eventuali 
utilizzazioni 
diverse 
(non 
alimentare, 
trasformazione 
industriale 
ecc.) 
per 
le 
quali 
vigono 
apposite 
deroghe. 


ne 
consegue 
che 
una 
volta 
emesso, il 
documento accompagnatorio deve 
contenere 
oltre 
alla 
"descrizione 
della natura, della qualit� e 
della quantit� 
dei 
beni" 
(dPr 14 agosto 1996, n. 472, art. 1, c. 3) anche 
"il 
nome 
ed il 
paese 
di 
origine 
dei 
prodotti..., la categoria, la variet� o il 
tipo commerciale" 
(art. 5 
reg. (Ce) n. 543/2011/Ue). 


e 
infatti 
l'allegato 
I 
al 
citato 
reg. 
dispone, 
in 
via 
generale, 
che 
sia 
indicata 


"B. origine 


nome 
completo 
del 
paese 
di 
origine. 
Per 
i 
prodotti 
originari 
di 
uno 
Stato 
membro, 
il 
nome 
deve 
essere 
indicato 
nella 
lingua 
del 
paese 
di 
origine 
o 
in 
ogni 
altra 
lingua 
comprensibile 
ai 
consumatori 
del 
paese 
di 
destinazione. Per gli 
altri 
prodotti, il 
nome 
deve 
essere 
indicato 
in una lingua comprensibile ai consumatori del paese di destinazione� 


nonch�, 
per 
i 
singoli 
prodotti, 
eventualmente 
anche 
la 
zona 
di 
produzione, 


o 
la 
denominazione 
nazionale, 
regionale 
o 
locale 
(ad 
es., 
per 
mele, 
agrumi, 
kiwi, pere ecc.). 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


Ai 
sensi 
degli 
articoli 
11 
e 
13 
del 
citato 
reg., 
lo 
Stato 
membro 
� 
chiamato 
a 
svolgere 
obbligatoriamente 
e 
sistematicamente 
i 
controlli 
di 
conformit� 
anche 
nelle 
fasi 
di 
importazione 
e 
di 
esportazione: 
infatti 
i 
prodotti 
soggetti 
a 
norme 
di 
commercializzazione 
non possono essere 
esportati 
verso Paesi 
terzi 
senza 
che 
per ciascuna 
partita 
ne 
sia 
stata 
accertata 
la 
conformit�, cos� 
come 
nessun prodotto pu� essere 
immesso nella 
Ue 
se 
non previamente 
controllato 
in 
dogana, 
mediante 
rilascio 
di 
apposito 
certificato 
di 
conformit� 
da 
parte 
dell�organismo incaricato del controllo. 


In base 
al 
d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 e 
s.m.i., il 
coordinamento delle 
attivit� 
dei 
controlli 
di 
conformit� 
spetta 
ad 
AGeA, 
che 
� 
anche 
l�autorit� 
di 
contatto comunitario (art. 18). 


L�organismo 
responsabile 
dell�esecuzione 
dei 
controlli 
obbligatori 
di 
conformit� 
alle 
norme 
di 
commercializzazione 
� 
Agecontrol 
spa, 
societ� 
interamente 
partecipata 
da 
Agea 
e 
istituita 
con 
dl. 
27 
ottobre 
1986, 
n. 
701, 
conv. 
in 
l. 
23 
dicembre 
1986, 
n. 
898, 
e 
s.m.i. 
e 
che 
� 
subentrata 
in 
tale 
attivit� 
nel 
2005 
all�ICe. 


Anche 
le 
regioni, 
ai 
sensi 
dell�art. 
4-quater 
del 
d. 
lgs. 
n. 
99/2004 
cit. 
e 
del-
l�art. 
4 
del 
decreto 
del 
ministro 
delle 
Politiche 
agricole 
alimentari 
e 
forestali 
n. 
5462 
del 
3 
agosto 
2011, 
possono 
svolgere 
ulteriori 
controlli 
di 
conformit�, 
avvalendosi 
della 
Banca 
dati 
nazionale 
e 
in 
adesione 
al 
manuale 
e 
alle 
disposizioni 
attuative 
emanate 
da 
Agea, 
dandone 
comunicazione 
a 
questa 
e 
al 
ministero 
(art. 
4). 


Le 
attivit� 
di 
controllo 
si 
effettuano 
sulla 
base 
di 
un 
programma 
nazionale, 
per campagna, ripartito per prodotti, messo a 
punto da 
un Comitato misto costituito 
presso Agea (art. 4 d.m. citato). 


7. Sanzioni. 
A 
presidio 
del 
sistema 
� 
posto 
un 
articolato 
complesso 
sanzionatorio 
speciale. 


Il 
d.lgs. 
10 
dicembre 
2002, 
n. 
306 
prevede 
infatti 
tre 
tipi 
di 
violazione 
che colpiscono: 


-l'operatore 
non iscritto alla 
Banca 
nazionale 
dati 
o che 
apponga 
senza 
essere autorizzato l'etichetta di conformit� (art. 2); 
-l'operatore 
che 
impedisce 
od ostacola 
le 
funzioni 
di 
controllo od omette 
di fornire le informazioni richieste o le fornisce in maniera difforme (art. 3); 
-chiunque 
viola 
le 
norme 
per gli 
ortofrutticoli 
freschi 
o movimenta 
prodotti 
che hanno riportato un attestato di non conformit� (art. 4). 
Si 
tratta 
di 
sanzioni 
che 
colpiscono 
condotte 
formali 
diverse 
(ed 
eventualmente 
concorrenti) 
che 
prescindono 
dalla 
situazione 
sottostante, 
nel 
senso 
che 
� 
punita 
l'azione 
od omissione 
in s�, stante 
la 
finalit� 
delle 
norme 
di 
commercializzazione 
ed il connesso onere informativo. 


Sono cio� 
illeciti 
amministrativi 
formali 
a 
protezione 
del 
commercio di 
detti 
prodotti 
e 
dell'obbligo di 
corretta 
informazione 
che 
deve 
accompagnare 
la commercializzazione degli stessi. 



rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


In base 
al 
principio di 
specialit� 
(art. 9 legge 
n. 689/1981) tali 
sanzioni 
amministrative 
prevalgono su eventuali 
disposizioni 
penali 
che 
punissero lo 
stesso fatto in s�. 


Conseguentemente, 
il 
mancato 
rispetto 
di 
alcuni 
adempimenti 
doverosi 
(apposizione 
dell'etichetta 
sull'imballaggio, 
mancanza 
del 
cartello, 
omissione 
o 
difformit� 
delle 
indicazioni 
previste: 
categoria, 
variet�, 
paese 
di 
origine, 
numero 
iscrizione 
banca 
dati) 
configura 
l'illecito 
di 
violazione 
delle 
norme 
di 
commercializzazione 
di 
cui 
all'art. 
4 
del 
d.lgs. 
citato, 
a 
prescindere 
dalla 
sostanziale 
qualit� 
dei 
prodotti 
trasportati 
o 
esitati 
o 
esposti, 
che 
pu� 
eventualmente 
integrare 
altre 
fattispecie 
di 
illegalit� 
(di 
competenza 
di 
altre 
autorit�), 
come 
tali 
soggette 
alle 
relative 
sanzioni 
e 
salva 
la 
possibilit� 
della 
loro 
regolarizzazione. 


Infatti 
il 
recente 
reg. Ue 
15 marzo 2017 n. 2017/625 del 
Parlamento europeo 
e 
del 
Consiglio, 
relativo 
ai 
controlli 
ufficiali 
per 
garantire 
l�applicazione 
della 
legislazione 
sugli 
alimenti, ha 
espressamente 
premesso che 
�(22) Per la 
verifica 
della 
conformit� 
alle 
norme 
sull'organizzazione 
comune 
dei 
mercati 
dei 
prodotti 
agricoli 
(seminativi, vino, olio d'oliva, ortofrutta, luppolo, latte 
e 
prodotti 
a 
base 
di 
latte, 
carne 
di 
manzo 
e 
di 
vitello, 
carni 
ovine 
e 
caprine 
e 
miele) esiste 
gi� 
un sistema 
consolidato e 
specifico di 
controlli. Il 
presente 
regolamento 
non dovrebbe 
quindi 
applicarsi 
alla 
verifica 
della 
conformit� 
al 
regolamento 
(UE) 
n. 
1308/2013 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
che 
disciplina 
le 
organizzazioni 
comuni 
dei 
mercati 
dei 
prodotti 
agricoli, 
salvo 
qualora 
i 
controlli 
svolti 
in 
relazione 
alle 
norme 
di 
commercializzazione 
ai 
sensi 
del 
regolamento (UE) n. 1306/2013 
del 
Parlamento europeo e 
del 
Consiglio 
indichino 
possibili 
casi 
di 
pratiche 
fraudolente 
o 
ingannevoli� 
(22� 
Considerando). 


8. Tutela penale degli alimenti. 
In 
effetti, 
come 
sopra 
accennato, 
le 
norme 
di 
commercializzazione 
riguardano 
solo un limitato numero di 
prodotti 
alimentari 
e 
possono concorrere 
con 
altri 
complessi 
normativi 
che 
pur avendo un distinto oggetto giuridico, indirettamente 
vengono 
a 
tutelare 
anche 
la 
commercializzazione 
di 
tali 
prodotti 
nel doppio aspetto della qualit� e della correttezza dei rapporti (5). 


A 
livello comunitario, il 
fondamentale 
reg. Ce 
del 
Parlamento europeo 
e 
del 
Consiglio 
del 
28 
gennaio 
2002 
n. 
178, 
detta 
i 
principi 
e 
i 
requisiti 
generali 
della 
legislazione 
alimentare, 
istituisce 
l�Autorit� 
europea 
per 
la 
sicurezza 
alimentare 
e 
fissa 
le 
procedure 
nel 
campo 
della 
sicurezza 
alimentare, 
tra 
cui 
quello della rintracciabilit�: 


(5) 
PezzULLo 
m., 
La 
contraffazione 
alimentare. 
Disciplina, 
reati 
e 
sanzioni 
amministrative, 
in 
Disciplina del 
commercio e 
dei 
servizi, maggioli 
2013, n. 2; 
mASInI 
S., Tutela del 
consumatore 
e 
profili 
penali della disciplina delle frodi alimentari, in agriregionieuropa, dicembre 2014, n. 39. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


�1. 
� 
disposta 
in 
tutte 
le 
fasi 
della 
produzione, 
della 
trasformazione 
e 
della 
distribuzione 
la 
rintracciabilit� 
degli 
alimenti, 
dei 
mangimi, 
degli 
animali 
destinati 
alla 
produzione 
alimentare 
e 
di 
qualsiasi 
altra 
sostanza 
destinata 
o 
atta 
a 
entrare 
a 
far 
parte 
di 
un 
alimento 
o 
di 
un 
mangime. 


2. 
Gli 
operatori 
del 
settore 
alimentare 
e 
dei 
mangimi 
devono 
essere 
in 
grado 
di 
individuare 
chi 
abbia 
fornito 
loro 
un 
alimento, 
un 
mangime, 
un 
animale 
destinato 
alla 
produzione 
alimentare 
o 
qualsiasi 
sostanza 
destinata 
o 
atta 
a 
entrare 
a 
far 
parte 
di 
un 
alimento 
o 
di 
un 
mangime. 
A 
tal 
fine 
detti 
operatori 
devono 
disporre 
di 
sistemi 
e 
di 
procedure 
che 
consentano 
di 
mettere 
a 
disposizione 
delle 
autorit� 
competenti, 
che 
le 
richiedano, 
le 
informazioni 
al 
riguardo. 
3. Gli 
operatori 
del 
settore 
alimentare 
e 
dei 
mangimi 
devono disporre 
di 
sistemi 
e 
procedure 
per 
individuare 
le 
imprese 
alle 
quali 
hanno 
fornito 
i 
propri 
prodotti. 
Le 
informazioni 
al 
riguardo 
sono messe a disposizione delle autorit� competenti che le richiedano. 
4. 
Gli 
alimenti 
o 
i 
mangimi 
che 
sono 
immessi 
sul 
mercato 
della 
Comunit� 
o 
che 
probabilmente 
lo 
saranno 
devono 
essere 
adeguatamente 
etichettati 
o 
identificati 
per 
agevolarne 
la 
rintracciabilit�, 
mediante 
documentazione 
o informazioni 
pertinenti 
secondo i 
requisiti 
previsti 
in materia 
da disposizioni pi� specifiche. 
5. Le 
disposizioni 
per l'applicazione 
in settori 
specifici 
del 
presente 
articolo possono essere 
adottate secondo la procedura di cui all'articolo 58, paragrafo 2� 
(art. 18). 
nel 
diritto interno, la 
legge 
30 aprile 
1962 n. 283 (in parte 
depenalizzata 
dal 
d. 
lgs. 
n. 
507/1999, 
ad 
esclusione 
degli 
artt. 
5, 
6, 
9, 
13) 
provvede 
alla 
tutela 
dell�igiene 
e 
della 
salute 
pubblica 
nella 
produzione 
e 
nel 
commercio 
degli 
alimenti. 
In particolare rilevano le disposizioni dell�art. 5 secondo cui 


� 
� 
vietato 
impiegare 
nella 
preparazione 
di 
alimenti 
o 
bevande, 
vendere, 
detenere 
per 
vendere 
o somministrare 
come 
mercede 
ai 
propri 
dipendenti, o comunque 
distribuire 
per il 
consumo sostanze alimentari: 
a) 
private 
anche 
in 
parte 
dei 
propri 
elementi 
nutritivi 
o 
mescolate 
a 
sostanze 
di 
qualit� 
inferiore 


o comunque 
trattate 
in modo da 
variarne 
la 
composizione 
naturale, salvo quanto disposto da 
leggi e regolamenti speciali; 
b) 
in cattivo stato di conservazione; 
c) 
con cariche 
microbiche 
superiori 
ai 
limiti 
che 
saranno stabiliti 
dal 
regolamento di 
esecuzione 
o da ordinanze ministeriali; 
d) 
insudiciate, 
invase 
da 
parassiti, 
in 
stato 
di 
alterazione 
o 
comunque 
nocive, 
ovvero 
sottoposte 
a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione; 
e) 
(abrogato); 
f) 
(abrogato); 
g) 
con 
aggiunta 
di 
additivi 
chimici 
di 
qualsiasi 
natura 
non 
autorizzati 
con 
decreto 
del 
ministro 
per la 
sanit� 
o, nel 
caso che 
siano stati 
autorizzati, senza 
l'osservanza 
delle 
norme 
prescritte 
per il loro impiego. I decreti di autorizzazione sono soggetti a revisioni annuali; 
h) 
che 
contengano residui 
di 
prodotti, usati 
in agricoltura 
per la 
protezione 
delle 
piante 
e 
a 
difesa 
delle 
sostanze 
alimentari 
immagazzinate, 
tossici 
per 
l'uomo. 
Il 
ministro 
per 
la 
sanit�, 
con 
propria 
ordinanza, 
stabilisce 
per 
ciascun 
prodotto, 
autorizzato 
all'impiego 
per 
tali 
scopi, 
i 
limiti 
di 
tolleranza 
e 
l'intervallo per tali 
scopi, i 
limiti 
di 
tolleranza 
e 
l'intervallo minimo che 
deve 
intercorrere 
tra 
l'ultimo trattamento e 
la 
raccolta 
e, per le 
sostanze 
alimentari 
immagazzinate 
tra l'ultimo trattamento e l'immissione al consumo�. 
Le 
disposizioni 
penali 
di 
questa 
legge 
prevalgono 
anche 
sulle 
sanzioni 



rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


amministrative 
speciali 
in 
materia 
di 
produzione, 
commercio 
e 
igiene 
degli 
alimenti e delle bevande (art. 9, terzo comma, l. n. 689/1981). 


diverse 
pronunce 
della 
Cassazione 
si 
sono occupate 
del 
cattivo stato di 
conservazione 
dei 
prodotti 
in vendita 
o della 
loro esposizione 
ad agenti 
atmosferici 
inquinanti 
o della 
qualificazione 
di 
tali 
illeciti 
come 
reati 
di 
pericolo 
presunto (6). 


Altre 
leggi 
speciali 
prescrivono requisiti 
e 
adempimenti 
necessari 
per la 
produzione 
e 
la 
vendita 
di 
queste 
sostanze 
alimentari, 
ispirate 
a 
finalit� 
diverse 
ma 
sempre 
rilevanti 
nel 
commercio, 
e 
ne 
sanzionano 
le 
violazioni. 
Si 
tratta 
fra 
le altre di: 


-quella 
sulle 
denominazioni 
di 
origine 
protetta 
(d. lgs. 8 aprile 
2010 n. 
61, d. lgs. 6 febbraio 2005 n. 30), sanzionata dall�art. 517 quater 
c.p.; 
-quella 
sul 
made 
in 
Italy 
(d. 
lgs. 
n. 
135/2009, 
art. 
16), 
sanzionata 
dall�art. 
517 c.p.; 


- quella sui prodotti oGm (d. lgs. n. 224/2003, art. 54); 
- quella sui marchi (l. n. 350/2003, art. 4 bis, c. 49 bis, ter, quater); 
-quella 
sull�etichettatura 
e 
l�indicazione 
della 
scadenza 
(d. 
lgs. 
n. 
109/1992, come modif. dal d. lgs. n. 281/2003). 
Completano 
tale 
apparato 
normativo 
le 
disposizioni 
del 
codice 
penale 
che 
puniscono 
come 
delitti 
la 
adulterazione 
e 
contraffazione 
di 
sostanze 
alimentari 
(art. 440), il 
commercio di 
sostanze 
alimentari 
contraffatte 
o adulterate 
(art. 
442), o nocive 
(art. 444), la 
frode 
in commercio (art. 515), la 
vendita 
di 
sostanze 
alimentari 
non genuine 
come 
genuine 
(art. 516), la 
vendita 
di 
prodotti 
industriali 
con segni 
mendaci 
(art. 517), la 
fabbricazione 
e 
commercio di 
beni 
realizzati 
usurpando titoli 
di 
propriet� 
industriale 
(art. 517 ter), la 
contraffazione 
di 
indicazioni 
geografiche 
o 
denominazioni 
di 
origine 
dei 
prodotti 
agroalimentari 
(517 quater). 


A 
tutti 
questi 
illeciti 
in materia 
alimentare 
si 
applicano le 
disposizioni 
di 
legge 
(d. lgs. n. 231/2001) che 
ne 
estendono la 
responsabilit� 
penale 
alle 
societ� 
e agli enti collettivi (7). 


9. Coordinamento dei controlli. 
La 
convergenza 
di 
tutte 
queste 
norme 
sui 
prodotti 
alimentari 
comporta 
la 
possibile 
concorrenza 
e 
interferenza 
di 
molteplici 
attivit� 
di 
controllo 
deputate 
ad una 
serie 
di 
differenti 
organi, ciascuno per la 
parte 
di 
sua 
spettanza 
(nAS, 


(6) Sul 
divieto di 
vendita 
di 
prodotti 
alimentari 
in cattivo stato di 
conservazione 
v. Trib. Campobasso, 
29 marzo 2017; 
Cass. 5 maggio 2015 n. 40772; 
sui 
limiti 
della 
responsabilit� 
del 
direttore 
del 
supermercato 
v. Cass. 10 settembre 
2015 n. 44335, Cass. 9 giugno 2016 n. 31035. PISAneLLo 
d., alimenti 
insudiciati 
e 
alimenti 
in cattivo stato di 
conservazione: la Cassazione 
fa ordine, in Lex 
alimentaria, novembre 
2014. 
(7) SAnTorIeLLo 
C., reati alimentari e responsabilit� della persona giuridica, in 
www.giurisprudenza.unipg.it/files/generale/imPorT/.../01_reati-alimentari.pdf. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


noe, 
Camere 
di 
commercio, 
Polizie 
municipali, 
regioni, 
Agecontrol 
ecc.), 
che pu� gravemente intralciare la normale attivit� delle imprese. 


nel 
dichiarato 
intento 
di 
ridurre 
tale 
possibile 
inconveniente, 
� 
intervenuto 
il 
Legislatore 
prima 
con 
il 
d.l. 
n. 
5/2012, 
conv. 
in 
l. 
n. 
35/2012, 
e 
poi 
con 
il 
d.l. 
24 
giugno 
2014 
n. 
91, 
conv. 
in 
l. 
n. 
116/2014, 
disponendo 
che 
�al 
fine 
di 
assicurare 
l'esercizio 
unitario 
dell'attivit� 
ispettiva 
nei 
confronti 
delle 
imprese 
agricole 
e 
l'uniformit� 
di 
comportamento 
degli 
organi 
di 
vigilanza, 
nonch� 
di 
garantire 
il 
regolare 
esercizio 
dell'attivit� 
imprenditoriale, 
i 
controlli 
ispettivi 
nei 
confronti 
delle 
imprese 
agricole 
sono 
effettuati 
dagli 
organi 
di 
vigilanza 
in 
modo 
coordinato, 
tenuto 
conto 
del 
piano 
nazionale 
integrato 
di 
cui 
all'articolo 
41 
del 
regolamento 
(CE) 
n. 
882/2004 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio, 
del 
29 
aprile 
2004, 
e 
delle 
Linee 
guida 
adottate 
ai 
sensi 
dell'articolo 
14, 
comma 
5, 
del 
decreto-legge 
9 
febbraio 
2012, 
n. 
5, 
convertito, 
con 
modificazioni, 
dalla 
legge 
4 
aprile 
2012, 
n. 
35, 
evitando 
sovrapposizioni 
e 
duplicazioni, 
garantendo 
l'accesso 
all'informazione 
sui 
controlli. 
i 
controlli 
sono 
predisposti 
anche 
utilizzando 
i 
dati 
contenuti 
nel 
registro 
di 
cui 
al 
comma 
2. 
i 
controlli 
ispettivi 
esperiti 
nei 
confronti 
delle 
imprese 
agricole 
sono 
riportati 
in 
appositi 
verbali, 
da 
notificare 
anche 
nei 
casi 
di 
constatata 
regolarit�. 
Nei 
casi 
di 
attestata 
regolarit�, 
ovvero 
di 
regolarizzazione 
conseguente 
al 
controllo 
ispettivo 
eseguito, 
gli 
adempimenti 
relativi 
alle 
annualit� 
sulle 
quali 
sono 
stati 
effettuati 
i 
controlli 
non 
possono 
essere 
oggetto 
di 
contestazioni 
in 
successive 
ispezioni 
relative 
alle 
stesse 
annualit� 
e 
tipologie 
di 
controllo, 
salvo 
quelle 
determinate 
da 
comportamenti 
omissivi 
o 
irregolari 
dell'imprenditore, 
ovvero 
nel 
caso 
emergano 
atti, 
fatti 
o 
elementi 
non 
conosciuti 
al 
momento 
dell'ispezione. 
La 
presente 
disposizione 
si 
applica 
agli 
atti 
e 
documenti 
esaminati 
dagli 
ispettori 
ed 
indicati 
nel 
verbale 
del 
controllo 
ispettivo�. 


Conseguentemente 
� 
stato istituito il 
registro unico dei 
controlli 
per coordinare 
l�attivit� 
dei 
vari 
organi 
incaricati, stabilendo che 
i 
dati 
concernenti 
i 
controlli 
effettuati 
da 
parte 
di 
organi 
di 
polizia 
e 
dai 
competenti 
organi 
di 
vigilanza 
e 
di 
controllo, 
nonch� 
da 
organismi 
privati 
autorizzati 
allo 
svolgimento 
di 
compiti 
di 
controllo dalle 
vigenti 
disposizioni 
a 
carico delle 
imprese 
agricole, 
siano 
resi 
disponibili 
tempestivamente 
in 
via 
telematica 
e 
rendicontati 
annualmente, 
anche 
ai 
fini 
della 
successiva 
riprogrammazione 
ai 
sensi 
dell'articolo 
42 
del 
regolamento 
(Ce) 
n. 
882/2004 
del 
Parlamento 
europeo 
e 
del 
Consiglio 
del 
29 
aprile 
2004, 
alle 
altre 
pubbliche 
amministrazioni 
secondo 
le 
modalit� 
definite 
con Linee 
Guida 
tra 
le 
amministrazioni 
interessate 
sancite 
in sede 
di 
Conferenza 
Unificata 
il 
24 gennaio 2013 (in G.U. n. 42 del 
19 febbraio 
2013), di 
applicazione 
generale, e 
quindi 
applicabili 
anche 
ai 
controlli 
di 
conformit� 
alle 
norme 
di 
commercializzazione, nei 
limiti 
della 
loro compatibilit� 
con le specificit� (di luogo e di tempi) di tale attivit�. 


nel 
contempo, 
per 
le 
violazioni 
delle 
norme 
in 
materia 
agroalimentare 



rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


sanzionate 
con 
la 
sola 
sanzione 
pecuniaria, 
commesse 
per 
la 
prima 
volta, 
� 
stata introdotta la diffida ad adempiere entro 20 giorni. 


10. Sintesi conclusiva. 
Le 
sentenze 
sopracitate 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
Ue 
vanno 
indubbiamente 
nella 
direzione 
di 
un rafforzamento del 
sistema 
delle 
norme 
di 
commercializzazione 
e 
della 
tutela 
del 
consumatore, sia 
per quanto riguarda 
l�interesse 
di 
questo a 
non essere 
fuorviato nelle 
proprie 
scelte 
da 
denominazioni 
generiche 
di 
prodotti 
non 
corrispondenti 
a 
quelle 
correnti 
accolte 
nei 
regolamenti 
comunitari 
(sent. 
C-422/16 
sul 
latte 
e 
i 
prodotti 
caseari), 
sia 
nel 
senso 
di 
riconoscere 
all�Unione 
una 
propria 
autonomia 
nell�adottare 
norme 
di 
commercializzazione 
anche 
pi� rigorose 
di 
quelle 
Unece, nel 
rispetto dei 
principi 
di 
proporzionalit� 
e di non discriminazione (sent. C-26/15 P). 


non altrettanto pu� dirsi 
dell�orientamento assunto dalla 
Suprema 
Corte 
sopra 
ricordato, 
che 
focalizzandosi 
su 
una 
presunta 
finalit� 
di 
tracciabilit�, 
che 
appare 
estranea 
allo 
scopo 
delle 
norme 
di 
commercializzazione 
(che 
come 
sopra 
dimostrato consiste 
nel 
garantire, nella 
fase 
del 
commercio, la 
qualit� 
dei 
prodotti 
alimentari 
e 
l�informazione 
del 
consumatore), rischia 
di 
depotenziare 
i 
controlli 
di 
conformit� 
dei 
prodotti 
commercializzati 
ai 
requisiti 
indicati 
nelle 
relative 
norme, generali 
e 
specifiche 
e 
non trova 
riscontro in alcuna 
deroga 
prevista nei regolamenti comunitari (8). 


(8) In tal senso, v. nota ddG3/g2/ddF/pmc(2017)216091p della Commissione Ue. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


Illegittimit� della delibera consiliare con la quale vengono 
approvate le aliquote e le tariffe dei tributi comunali oltre il 
termine stabilito per l�approvazione del bilancio di previsione 


Daniele Sisca* 


Sommario: 
1. 
i 
ricorsi 
proposti 
dal 
ministero 
dell�Economia 
e 
delle 
Finanze: 
analisi 
della 
normativa 
di 
riferimento 
-2. 
Sulla 
legittimazione 
ad 
agire 
del 
ministero 
-3. 
La 
posizione 
dei 
Tribunali 
amministrativi 
regionali 
e 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
-4. 
Considerazioni 
conclusive. 


1. 
i 
ricorsi 
proposti 
dal 
ministero 
dell�Economia 
e 
delle 
Finanze: 
analisi 
della 
normativa di riferimento. 
Tra 
gli 
adempimenti 
pi� importanti 
degli 
enti 
Locali 
in materia 
fiscale 
vi 
� 
l�approvazione 
- di 
anno in anno - delle 
aliquote 
e 
delle 
tariffe 
dei 
tributi 
di 
loro competenza. 

La 
disciplina 
- contenuta, principalmente, nell�art. 52, d.lgs. n. 446/1997 


(1) 
e 
nelle 
altre 
disposizioni 
che 
di 
seguito 
esamineremo 
-prevede 
un 
iter 
dettagliato 
e 
puntuale, caratterizzato da 
una 
rigida 
sequenza 
di 
termini 
di 
natura 
quasi esclusivamente perentoria. 
La 
disposizione 
di 
maggior rilievo � 
l�art. 1, comma 
169, l. n. 296/2006, 
la 
quale 
stabilisce 
che 
�gli 
enti 
locali 
deliberano 
le 
tariffe 
e 
le 
aliquote 
relative 
ai 
tributi 
di 
loro competenza entro la data fissata da norme 
statali 
per 
la deliberazione 
del bilancio di previsione� 
(2). 


Un�altra 
disposizione 
di 
analogo 
contenuto 
era 
gi� 
rinvenibile 
nella 
citata 
l. 
n. 
446/1997, 
che, 
all�art. 
54, 
prevede 
che 
�Le 
provincie 
e 
i 
comuni 
approvano 
le 
tariffe 
e 
i 
prezzi 
pubblici 
contestualmente 
all�approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione�. 


da 
ultimo, 
la 
l. 
n. 
147/2013 
(c.d. 
legge 
di 
stabilit� 
2014) 
ha 
ulteriormente 
ribadito detto termine 
(anche 
se 
in riferimento alle 
sole 
tariffe 
TArI 
e 
TASI), 
stabilendo - all�art. 1, comma 
683 - che 
�il 
consiglio comunale 
deve 
appro


(*) dottore 
in Giurisprudenza, ammesso alla 
pratica 
forense 
presso l�Avvocatura 
dello Stato di 
Catanzaro. 


(1) Ai 
sensi 
del 
quale 
�Le 
province 
ed i 
comuni 
possono disciplinare 
con regolamento le 
proprie 
entrate, anche 
tributarie, salvo per 
quanto attiene 
alla individuazione 
e 
definizione 
delle 
fattispecie 
imponibili, 
dei 
soggetti 
passivi 
e 
della aliquota massima dei 
singoli 
tributi, nel 
rispetto delle 
esigenze 
di 
semplificazione 
degli 
adempimenti 
dei 
contribuenti. Per 
quanto non regolamentato si 
applicano le 
disposizioni 
di 
legge 
vigenti. 
i 
regolamenti 
sono 
approvati 
con 
deliberazione 
del 
comune 
e 
della 
provincia 
non oltre 
il 
termine 
di 
approvazione 
del 
bilancio di 
previsione 
e 
non hanno effetto prima dell�1 gennaio 
dell�anno successivo. i regolamenti 
sulle 
entrate 
tributarie 
sono comunicati, unitamente 
alla relativa 
delibera comunale 
o provinciale 
al 
ministero delle 
finanze, entro trenta giorni 
dalla data in cui 
sono 
divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale�. 
(2) La disposizione prosegue, stabilendo che 
�Dette deliberazioni, anche se approvate successivamente 
all�inizio dell�esercizio purch� 
entro il 
termine 
innanzi 
indicato, hanno effetto dal 
1� 
gennaio 
dell�anno di riferimento�. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


vare, entro il 
termine 
fissato da norme 
statali 
per 
l�approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione, le 
tariffe 
della Tari 
in conformit� al 
piano finanziario del 
servizio 
di gestione dei rifiuti urbani � e le aliquote della TaSi 
��. 

Tali 
disposizioni, dal 
tono letterale 
abbastanza 
chiaro, devono esser lette, 
ovviamente, in combinato disposto con l�art. 151, d.lgs. n. 267/2000, il 
quale 
prevede 
che 
gli 
enti 
Locali 
�deliberano il 
bilancio di 
previsione 
finanziario 
entro il 
31 dicembre�, aggiungendo, si 
badi 
bene, che 
�i termini 
possono essere 
differiti 
con 
decreto 
del 
ministro 
dell�interno, 
d�intesa 
con 
il 
ministro 
dell�Economia 
e 
delle 
Finanze, 
sentita 
la 
Conferenza 
Stato-citt� 
ed 
autonomie 
locali, in presenza di motivate esigenze�. 

Quest�ultima 
ipotesi, invero, � 
di 
frequente 
ricorrenza; 
in particolare, riguardo 
all�anno 
cui 
fanno 
riferimento 
le 
sentenze 
in 
questa 
sede 
esaminate 
(2015), devono aggiungersi 
alla 
disamina 
delle 
disposizioni 
sopra 
richiamate 
ben 
tre 
decreti 
del 
ministero 
dell�Interno 
attraverso 
i 
quali 
il 
termine 
ordinario 
� stato differito dal 31 dicembre al 30 luglio 2015. 


nello 
specifico, 
il 
primo 
d.m. 
� 
stato 
emanato 
il 
24 
dicembre 
2014 
(pubblicato 
in 
Gazz. 
Uff., 
n. 
301 
del 
30 
dicembre 
2014) 
e 
disponeva 
il 
differimento 
del 
termine 
al 
31 
marzo 
2015; 
il 
secondo 
d.m., 
emanato 
il 
16 
marzo 
2015 
(pubblicato in Gazz. Uff., n. 67 del 
21 marzo 2015) differiva 
ulteriormente 
il 
termine 
al 
31 maggio 2015; 
infine, il 
terzo d.m., emanato in data 
13 maggio 
2015 
(pubblicato 
in 
Gazz. 
Uff., 
n. 
115 
del 
20 
maggio 
2015) 
stabiliva 
il 
termine 
definitivo di approvazione al 30 luglio 2015 (3). 


L�eventuale 
approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione 
oltre 
il 
termine 
stabilito 
non 
comporta 
uno 
slittamento 
del 
termine 
di 
approvazione 
delle 
aliquote 
tributarie, 
ci� 
anche 
nei 
casi 
in 
cui 
il 
Prefetto 
conceda 
un 
termine 
ai 
Comuni 
per 
l�approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione 
oltre 
il 
suddetto 
termine 
ordinario 
(4). 


risulta, quindi, chiaro che 
il 
termine 
di 
approvazione 
del 
bilancio di 
previsione 
� 
stato fissato per il 
2015 al 
30 luglio, con la 
conseguenza 
che, entro 
e 
non 
oltre 
tale 
termine, 
dovevano 
necessariamente 
essere 
approvate 
le 
aliquote 
e le tariffe inerenti i tributi comunali. 


(3) 
In 
questo 
caso 
il 
differimento 
veniva 
richiesto 
dall�Unione 
nazionale 
Comuni 
Italiani 
(A.n.C.I.) 
e 
dall�Unione 
delle 
Province 
d'Italia 
(U.P.I.) 
e 
motivato 
(nel 
terzo 
d.m.) 
nel 
senso 
che 
segue: 
�Considerato 
che 
gli 
enti 
locali 
in 
sede 
di 
predisposizione 
dei 
bilanci 
di 
previsione 
per 
l�anno 
2015 
non 
dispongono ancora in maniera completa di 
dati 
certi, sia in ordine 
alle 
risorse 
finanziarie 
disponibili 
a valere 
sul 
fondo di 
solidariet� comunale 
2015, sia per 
la ridefinizione 
degli 
obiettivi 
del 
patto di 
stabilit� 
interno 2015, che 
relativamente 
alle 
esigenze 
di 
rinegoziazione 
con la Cassa Depositi 
e 
Prestiti 
dei 
mutui 
gi� 
concessi, 
a 
seguito 
dell�emanazione 
delle 
circolari 
n. 
1282 
e 
n. 
1283 
della 
predetta 
Cassa, 
del 
15 e 
28 aprile 
2015; Considerato inoltre 
che 
numerosi 
comuni 
sono contestualmente 
impegnati 
nel-
l�ormai 
avviato 
procedimento 
elettorale 
per 
le 
elezioni 
regionali 
ed 
il 
rinnovo 
delle 
amministrazioni 
locali, 
operazioni 
che 
si 
potranno 
concludere 
il 
prossimo 
31 
maggio 
2015, 
electionday, 
ovvero 
in 
coincidenza 
con 
il 
termine 
da 
prorogare; 
ritenuto 
pertanto 
necessario 
e 
urgente 
differire 
ulteriormente, 
per 
i 
suddetti 
motivi, 
il 
termine 
della 
deliberazione 
del 
bilancio 
di 
previsione 
degli 
enti 
locali 
per 
l�anno 
2015�. 


(4) Sul punto si ritorner� al par. 3. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


Invero, 
dalla 
casistica 
giurisprudenziale 
esaminata 
� 
emerso 
che 
quasi 
tutti 
i 
Comuni 
hanno 
deliberato 
l�approvazione 
tardiva 
delle 
aliquote, 
in 
quanto 
hanno 
deliberato 
tardivamente 
anche 
l�approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione; 
attesa 
la 
connessione 
tra 
i 
due 
adempimenti, i 
Comuni 
hanno tentato di 
giustificare 
la 
tardivit�, 
evidenziando 
la 
circostanza 
secondo 
cui 
-non 
avendo 
provveduto 
ad approvare, entro il 
termine 
stabilito, il 
bilancio di 
previsione 
-gli 
stessi 
sarebbero 
stati, 
a 
loro 
dire, 
esonerati 
dall�approvazione 
delle 
aliquote 
tributarie prima dell�approvazione del medesimo bilancio. 


Tali argomentazioni non possono essere condivise. 

da 
un lato, difatti, la 
norma 
che 
stabilisce 
il 
termine 
ultimo di 
approvazione 
delle 
aliquote 
appare, senza 
dubbio, chiara 
e 
non rispondente 
ad una 
interpretazione 
estensiva in tal senso. 


In 
secondo 
luogo, 
anche 
la 
giurisprudenza 
in 
diverse 
pronunce 
ha 
avuto 
modo 
di 
confermare 
il 
dato 
letterale 
della 
norma, 
affermando 
l�impossibilit� 
di 
differire 
ulteriormente 
il 
termine 
di 
approvazione 
delle 
aliquote 
nei 
casi 
in 
cui 
i 
Comuni 
procedano 
ad 
approvazione 
tardiva 
del 
bilancio 
di 
previsione 
(5). 


orbene, 
analizzando 
la 
situazione 
nell�anno 
2015, 
vՏ 
da 
rilevare 
che 
ben 
373 
comuni 
Italiani 
(6) 
hanno 
deliberato 
-almeno 
in 
riferimento 
ad 
un 
tributo 
comunale 
-l�approvazione 
delle 
aliquote 
e 
tariffe 
tributarie 
oltre 
la 
data 
di 
scadenza. 


Soltanto 
in 
Valle 
d�Aosta 
e 
in 
Trentino 
Alto 
Adige 
non 
vi 
sono 
comuni 
che 
non 
abbiano 
rispettato 
il 
termine 
imposto, 
mentre 
le 
prime 
in 
classifica 
risultano 
la 
Basilicata 
(17 
Comuni 
ritardatari 
su 
73 
totali), 
seguita 
dalla 
Calabria 
(37 
Comuni 
su 
230), 
Campania 
(39 
Comuni 
su 
290) 
e 
il 
Lazio 
(32 
Comuni 
su 
238). 


Avverso 
gli 
atti 
deliberativi 
�tardivi� 
di 
tali 
Comuni, 
il 
ministero 
del-
l�economia 
e 
delle 
Finanze 
ha 
proposto una 
serie 
di 
ricorsi 
finalizzati 
a 
chiedere 
al 
Tribunale 
Amministrativo 
regionale 
competente 
la 
sospensione 
e 
l�annullamento dei medesimi. 

(5) 
Cfr. 
T.a.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
II, 
6 
marzo 
2014, 
n. 
366, 
in 
www.giustizia-amministrativa.it, 
la 
quale, richiamando Corte 
dei 
Conti, sez. reg. di 
controllo per la 
Calabria, 14 gennaio 2014, n. 4, inedita, 
afferma 
che 
�N� 
pu� 
condurre 
a 
differenti 
conclusioni 
il 
rilievo 
secondo 
cui, 
nella 
specie, 
l�approvazione 
del 
bilancio 
sia 
stata 
assunta 
a 
seguito 
di 
intimazione/diffida 
del 
Prefetto 
di 
Catanzaro, 
poich� 
l�ulteriore 
periodo 
di 
venti 
giorni, 
assegnato 
dal 
Prefetto, 
riguarda 
soltanto 
l�approvazione 
del 
bilancio 
preventivo, 
quale 
provvedimento 
funzionale, 
in 
caso 
di 
persistenza 
nell�inadempimento 
da 
parte 
del 
Comune 
di 
Lamezia 
Terme, allo scioglimento d�imperio (e 
quant�altro) del 
Consiglio Comunale 
dell�ente 
locale 
medesimo 
e 
non 
incide 
sul 
termine 
finale 
del 
30.11.2013, 
per 
l�approvazione 
da 
parte 
degli 
Enti 
locali 
delle 
aliquote 
(e 
quant�altro) concernenti 
l�imposta municipale 
propria (imU) per 
il 
2013, trattandosi 
di 
termine 
prestabilito dal 
legislatore 
a pena di 
decadenza, accompagnato da specifiche 
prescrizioni 
sanzionatorie, 
testualmente 
comminate 
per 
l�ipotesi 
di 
inosservanza. 
Nella 
medesima 
ottica, 
la 
delibera 
della Corte 
dei 
Conti 
nr. 263/2007, in relazione 
ad analoga fattispecie, ha espressamente 
stabilito che 
l�aumento delle 
tariffe 
e 
delle 
aliquote 
decise 
oltre 
il 
termine 
indicato dalle 
leggi 
Statali, anche 
se 
prorogato 
a seguito dei 
termini 
ulteriori 
concessi 
dal 
Prefetto per 
la sola approvazione 
del 
Bilancio di 
previsione, 
non 
hanno 
valore 
e, 
quindi, 
non 
possono 
essere 
applicate, 
producendo 
effetto 
solo 
le 
tariffe 
dell�anno precedente�. 
(6) dati estratti da 
www.finanzalocale.interno.it. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


I 
vizi 
denunciati 
con 
detti 
ricorsi 
sono, 
primo 
fra 
tutti, 
la 
violazione 
del 
combinato 
disposto 
dell�art. 
1, 
comma 
169, 
l. 
n. 
296/2006 
e 
dell�art. 
151, 
comma 
1, 
d.lgs. 
n. 
267/2000, 
oltrech� 
incompetenza, 
carenza 
di 
potere, 
violazione 
dell�art. 
23 
Cost., 
violazione 
dell�art. 
53, 
comma 
16, 
l. 
23 
dicembre 
2000, 


n. 
388, 
come 
sostituito 
dall�art. 
27, 
comma 
8, 
l. 
28 
dicembre 
2001, 
n. 
448. 
2. Sulla legittimazione ad agire del ministero dell�Economia e Finanze. 
Secondo 
i 
principi 
generali, 
la 
legittimazione 
ad 
agire 
avverso 
gli 
atti 
deliberativi 
concernenti 
la 
determinazione 
delle 
aliquote 
tributarie 
spetterebbe, 
sicuramente, 
ad 
ogni 
singolo 
cittadino, 
in 
quanto 
destinatario 
di 
tali 
provvedimenti 
e 
in 
capo 
al 
quale 
si 
configura 
la 
lesione 
di 
una 
situazione 
giuridica 
tutelabile 
dalla 
quale 
sorge 
un 
interesse 
personale, 
concreto 
e 
attuale 
all�impugnazione. 


� 
solo il 
cittadino, infatti, che 
per via 
di 
tali 
provvedimenti 
sarebbe 
chiamato 
a 
versare 
in favore 
delle 
casse 
comunali 
una 
somma 
di 
denaro determinata 
in 
maniera 
illegittima; 
solo 
in 
capo 
allo 
stesso, 
dunque, 
che 
si 
configurerebbe l�interesse all�annullamento di tali provvedimenti. 

�, 
tuttavia, 
configurabile 
un�ipotesi 
di 
legittimazione 
ad 
agire 
straordinaria 
prevista 
dal 
citato art. 52, d.lgs. n. 446/1997, il 
quale, al 
comma 
4, attribuisce 
al 
ministero dell�economia 
e 
delle 
Finanze 
la 
facolt� 
di 
�impugnare 
i 
regolamenti 
sulle 
entrate 
tributarie 
per 
vizi 
di 
legittimit� avanti 
agli 
organi 
di giustizia amministrativa�. 


ovviamente 
tale 
legittimazione 
� 
stata 
prevista 
dal 
legislatore 
in 
funzione 
e a tutela degli interessi pubblici la cui cura � affidata al ministero stesso. 

Sarebbe 
implausibile, 
infatti, 
che 
i 
singoli 
cittadini 
dovessero 
ricorrere 
autonomamente 
per l�annullamento di 
tali 
provvedimenti 
(anche 
se 
non sono 
mancate tali circostanze (7)). 


Per 
quanto 
concerne 
le 
aliquote 
tributarie 
in 
riferimento 
all�anno 
2015, 
i 
ricorsi 
sono 
statti 
proposti 
tutti 
dal 
m.e.F., 
la 
cui 
legittimazione 
� 
stata 
riconosciuta 
-con 
una 
sola 
eccezione 
-da 
tutti 
i 
Tribunali 
amministrativi 
regionali. 


Solo 
il 
T.a.r. 
Friuli 
Venezia 
Giulia, 
con 
la 
sentenza 
n. 
148/2016 
(8) 
(l�unica 
pronuncia 
�controcorrente� 
rinvenibile), 
ha 
dichiarato 
il 
difetto 
di 
legittimazione 
ad 
agire 
in 
capo 
al 
ministero 
ricorrente, 
con 
conseguente 
inammissibilit� 
del 
ricorso. 


Secondo il 
citato T.a.r., pur sussistendo un�esplicita 
disposizione 
che 
attribuisce 
la 
legittimazione 
ad agire 
in capo al 
ministero avverso i 
provvedimenti 
di 
determinazione 
delle 
aliquote 
tributarie 
comunali, 
lo 
stesso 
non 
avrebbe 
provato l�utilit� 
che 
avrebbe 
ottenuto in caso di 
annullamento delle 
delibere impugnate (9). 


(7) Cfr. T.a.r. Calabria, Catanzaro, n. 366/2014 cit., con cui 
� 
stato accolto il 
ricorso proposto da 
un 
gruppo 
di 
cittadini 
di 
Lamezia 
Terme 
avverso 
la 
delibera 
di 
consiglio 
comunale 
con 
la 
quale 
venivano 
rideterminate 
le 
aliquote 
ImU 
per l�anno 2013 in quanto adottata 
oltre 
il 
termine 
di 
approvazione 
del 
bilancio di previsione. 
(8) In www.giustizia-amministrativa.it. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


Tale 
interpretazione 
non rispecchia 
la 
ratio 
della 
norma 
attributiva 
della 
legittimazione 
in capo al 
ministero; 
infatti, tale 
legittimazione 
� 
riconosciuta 
in funzione 
e 
a 
tutela 
degli 
interessi 
pubblici 
e, pertanto, l�utilit� 
che 
il 
ministero 
otterrebbe 
dall�annullamento 
degli 
atti 
� 
proprio 
la 
salvaguardia 
degli 
interessi 
dei 
cittadini, 
i 
quali, 
altrimenti, 
sarebbero 
costretti 
a 
pagare 
un 
tributo 
determinato illegittimamente (10). 


d�altronde, 
la 
lesione 
configurabile 
in 
capo 
al 
ministero 
in 
altro 
non 
consiste 
se 
non 
quella 
ipotizzabile 
in 
capo 
ai 
singoli 
cittadini, 
che, 
di 
riflesso, 
si 
ripercuote 
sul 
ministero 
quale 
rappresentante 
e 
curatore 
degli 
interessi 
di 
questi 
ultimi. 


L�affermazione 
contenuta 
nella 
sopra 
richiamata 
sentenza 
del 
T.a.r. 
Friuli 
Venezia 
Giulia, secondo cui 
�sarebbe 
del 
tutto inutile 
eliminare 
un provvedimento 
o 
modificarlo 
nel 
senso 
richiesto 
dal 
ricorrente 
se 
questi 
non 
possa 
trarne 
alcun beneficio concreto in relazione 
alla sua posizione 
legittimante�, 
non 
appare 
rilevante 
nella 
fattispecie 
in 
esame, 
in 
quanto, 
pur 
se 
trattasi 
di 
principio valido ed indiscusso, il 
beneficio che 
il 
ministero trarrebbe 
dall�annullamento 
dei 
provvedimenti 
� 
senza 
dubbio 
il 
soddisfacimento 
e 
la 
cura 
degli 
interesse dei cittadini. 

Tutte 
le 
altre 
pronunce 
hanno 
riconosciuto 
tale 
legittimazione 
senza 
fare 
riferimento 
ad 
alcuna 
lesione 
rinvenibile 
(neppure 
di 
riflesso) 
in 
capo 
al 
ministero. 


(9) Si 
legge 
nella 
sentenza, infatti, che 
�non risulta sufficiente 
l�astratta possibilit� di 
impugnare 
una 
delibera 
per 
sostanziare 
in 
concreto 
l�interesse 
del 
ministero 
ricorrente, 
che 
deve 
risultare 
portatore 
nello specifico di 
un�utilit� ricavabile 
dall�annullamento degli 
atti 
impugnati. infatti, in mancanza di 
ogni 
indicazione 
in ordine 
alla legittimazione 
e 
all'interesse 
ad agire, la domanda giudiziaria proposta 
innanzi 
al 
giudice 
amministrativo si 
traduce 
in una mera e 
inammissibile 
richiesta di 
ripristino della 
legalit� 
violata 
(T.a.r. 
Napoli, 
sez. 
V, 
06/07/2011, 
n. 
3563). 
in 
particolare, 
il 
ministero 
non 
spiega i 
motivi 
per 
i 
quali 
le 
delibere 
gravate 
si 
presenterebbero lesive 
della sua sfera giuridica ovvero degli 
interessi 
pubblici 
di 
cui 
� 
portatore, 
omettendo 
di 
illustrare 
i 
meccanismi 
in 
forza 
dei 
quali, 
operando 
una 
rigorosa 
applicazione 
del 
rapporto 
causa-effetti, 
dall'annullamento 
di 
dette 
delibere 
potrebbero 
derivare 
effetti 
favorevoli 
per 
la propria sfera giuridica, limitandosi 
genericamente 
a denunciare 
una presunta 
loro difformit� dalla legge, per 
quanto concerne 
la tempistica della loro approvazione. invero, secondo 
una 
nota 
e 
costante 
giurisprudenza: 
�Perch� 
l'azione 
giurisdizionale 
possa 
dirsi 
ammissibile, 
l'interesse 
processuale 
deve 
presupporre, nella prospettazione 
della parte 
istante, una lesione 
concreta ed attuale 
dell'interesse 
sostanziale 
dedotto in giudizio, nonch� 
l'idoneit� del 
provvedimento richiesto al 
giudice 
a tutelare 
e 
soddisfare 
il 
medesimo interesse 
sostanziale, tale 
che 
in mancanza dell'uno o dell'altro requisito 
l'azione 
� 
inammissibile. Nell'ambito del 
processo amministrativo l'interesse 
a ricorrere 
deve, 
pertanto, 
intendersi 
caratterizzato 
dalla 
presenza 
dei 
medesimi 
requisiti 
sostanziali 
che 
qualificano 
l'interesse 
ad agire 
di 
cui 
all'art. 100 c.p.c. ovvero dalla prospettazione 
di 
una lesione 
concreta ed attuale 
della 
sfera 
giuridica 
del 
ricorrente 
e 
dall'effettiva 
utilit� 
che 
potrebbe 
derivare 
a 
quest'ultimo 
dall'eventuale 
annullamento 
dell'atto 
impugnato. 
in 
tal 
senso, 
invero, 
sarebbe 
del 
tutto 
inutile 
eliminare 
un 
provvedimento 
o modificarlo nel 
senso richiesto dal 
ricorrente, se 
questi 
non possa trarne 
alcun beneficio 
concreto in relazione 
alla sua posizione 
legittimante 
(Consiglio di 
Stato, Sez. Vi, 3.9.2009, n. 5191). in 
altri 
termini, non si 
vede 
quale 
utilit� potrebbe 
ottenere 
il 
ministero ricorrente 
dall�annullamento delle 
citate 
delibere, se 
non un mero ripristino della legalit�, questione 
questa che 
non pu� di 
per 
s� 
fondare 
l�interesse al ricorso amministrativo sulla base dei principi del codice�. 
(10) La 
sentenza 
in discorso risulta 
in ogni 
caso appellata 
da 
parte 
del 
ministero e 
attualmente 
al 
vaglio del 
Consiglio di 
Stato, la 
cui 
prossima 
udienza 
per la 
discussione 
del 
merito � 
fissata 
per il 
prossimo 
27 luglio 2017. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


� 
stato 
conformemente 
sostenuto, 
infatti, 
che 
tale 
legittimazione 
�prescinde 
necessariamente 
dall�esistenza 
di 
una 
lesione 
di 
una 
situazione 
giuridica 
tutelabile 
in 
capo 
ad 
esso, 
che 
determini 
l�insorgere 
di 
un 
interesse 
personale, 
concreto 
e 
attuale 
all�impugnazione, 
giacch� 
l�attribuzione 
della 
legittimazione 
straordinaria 
� 
prevista 
dal 
legislatore 
esclusivamente 
in 
funzione 
e 
a 
tutela 
degli 
interessi 
pubblici 
la 
cui 
cura 
� 
affidata 
al 
ministero 
stesso� 
(11). 


3. La posizione 
dei 
Tribunali 
amministratvi 
regionali 
e 
del 
Consiglio di 
Stato. 
Pu� passarsi 
ora 
all�esame 
della 
posizione 
assunta 
dai 
Tribunali 
amministrativi 
regionali e dal Consiglio di Stato sui ricorsi proposti dal m.e.F. 


VՏ 
da 
dire, 
innanzitutto, 
che 
tutte 
le 
sentenze 
emesse 
in 
argomento 
non 
si 
diffondono 
eccessivamente 
(12), 
considerata 
la 
chiarezza 
delle 
norme 
che 
non 
richiede 
altro 
sforzo 
se 
non 
quello 
adoperato 
per 
confermare 
la 
sua 
portata 
letterale. 


Prima 
di 
esaminare 
le 
pronunce 
avverso i 
ricorsi 
proposti 
nel 
2015, occorre 
evidenziare 
che, in precedenza, la 
medesima 
questione 
era 
gi� 
stata 
sottoposta 
all�attenzione del Giudice 
Amministrativo. 


Il 
Consiglio 
di 
Stato, 
infatti, 
chiamato 
a 
pronunciarsi 
su 
diversi 
appelli 
proposti 
da 
tre 
Comuni 
calabresi 
- tra 
cui 
il 
Comune 
di 
Lamezia 
Terme 
(13) (
i 
quali 
si 
erano visti 
annullare 
le 
delibere 
di 
approvazione 
delle 
aliquote 
dal 


T.a.r. 
Calabria 
(14)) 
-aveva 
gi� 
affermato 
la 
natura 
perentoria 
del 
termine 
previsto 
dal citato art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006. 
In particolare, i 
Giudici 
di 
Palazzo Spada 
affermavano che 
�La perentoriet� 
del 
termine 
previsto dall�art. 1, comma 169, della legge 
n. 296 del 
2006 
� 
desumibile 
dal 
dato testuale 
della disposizione 
[�] 
il 
termine 
cui 
fa riferimento 
la citata disposizione 
� 
quello di 
approvazione 
della deliberazione 
del 
bilancio 
annuale 
di 
previsione 
degli 
enti 
locali, 
che 
per 
l�anno 
finanziario 
2013 � 
stato fissato al 
30 novembre 
2013 dall�art. 8 del 
d.l. 31 agosto 2013, 


n. 102, convertito con modificazioni 
in l. 28 ottobre 
2013, n. 124. Poich� 
la 
delibera di 
aumento delle 
aliquote 
� 
stata approvata successivamente 
al 
30 
novembre 2013, le nuove aliquote non sono applicabili all�anno 2013� 
(15). 
Su 
questa 
scia 
si 
collocano 
le 
ulteriori 
sentenze 
del 
Consiglio 
di 
Stato 
sempre in riferimento all�anno 2013 (16). 
Su tale 
questione 
si 
� 
espressa, altres�, la 
Corte 
dei 
Conti, sez. reg. con


(11) 
Cfr., 
ex 
pluribus, 
T.a.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
I, 
29 
settembre 
2016, 
n. 
1890, 
in 
www.giustizia-amministrativa.it. 
(12) 
numerose 
sono 
state 
infatti 
le 
sentenze 
emesse 
in 
forma 
semplificata 
ai 
sensi 
dell�art. 
60 
c.p.a. 
(13) Vedi 
sub 
nota 6. 
(14) Cfr. T.a.r. Calabria, Catanzaro, 21 marzo 2014, n. 473, in www.giustizia-amministrativa.it; 
id. n. 472, ivi; 
id. 
n. 366/2014 cit. 
(15) Cos� in Cons. St., sez. V, 17 luglio 2014, n. 3808, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(16) 
Cfr. 
Cons. 
St., 
sez. 
V, 
17 
luglio 
2014, 
n. 
3817, 
in 
www.giustizia-amministrativa.it; 
id., 
28 
agosto 2014, n. 4409, ivi; 
id., 19 marzo 2015, n. 1495, ivi. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


trollo per la 
Calabria, la 
quale, con la 
delibera 
n. 4 del 
14 gennaio 2014, ha 
evidenziato che 
la 
circostanza 
secondo cui 
il 
termine 
per l�approvazione 
delle 
aliquote 
e 
delle 
tariffe 
relative 
ai 
tributi 
locali 
- di 
cui 
al 
pi� volte 
citato art. 1, 
comma 
169, l. n. 296/2006 - � 
apposto a 
pena 
di 
decadenza 
e 
risulta 
�espressamente 
dalle 
specifiche 
prescrizioni 
sanzionatorie 
testualmente 
previste 
dal 
legislatore 
in 
caso 
di 
inosservanza�, 
le 
quali, 
consistono 
nell�applicazione 
delle aliquote o delle tariffe stabilite per l�anno precedente. 

Le 
numerose 
sentenze 
emesse 
a 
definizione 
dei 
giudizi 
aventi 
ad 
oggetto 
le 
delibere 
di 
approvazione 
per 
l�anno 
2015 
(17) 
si 
mostrano 
ancora 
pi� 
stringenti 
e 
succinte, 
la 
cui 
parte 
motiva 
� 
caratterizzata 
quasi 
in 
toto 
dal 
mero 
accertamento 
dell�effettivo 
ritardo 
dell�approvazione, 
limitandosi, 
per 
il 
resto, 
a 
richiamare 
i 
principi 
gi� 
enucleati 
dal 
Consiglio 
di 
Stato 
con 
le 
precedenti 
pronunce. 


In altre 
parole, l�attivit� 
del 
g.a. si 
� 
limitata 
all�accertamento del 
ritardo 
della 
delibera 
e 
al 
semplice 
richiamo alla 
normativa 
di 
riferimento oltre 
che 
ai 
principi gi� espressi. 


Tali 
pronunce 
si 
soffermano, 
inoltre, 
sulla 
gi� 
accennata 
approvazione 
delle 
aliquote 
in 
sede 
di 
approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione 
oltre 
il 
termine 
stabilito dalla legge. 

Al 
riguardo � 
stato evidenziato che 
tale 
circostanza 
-non comportando 
(stante 
l�assetto delineato dalle 
norme 
del 
d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) l�immediata 
sanzione 
dello scioglimento del 
Consiglio Comunale 
- non inficia 
in 
nessun modo il 
principio della 
perentoriet� 
del 
termine 
per la 
determinazione 
delle 
aliquote 
e 
delle 
tariffe. � 
ben vero, infatti, che 
l�organo consiliare 
pu� 
procedere 
ad approvare 
il 
bilancio dopo la 
scadenza 
del 
termine, ed eventualmente 
anche 
successivamente 
all�avvio della 
procedura 
di 
diffida 
prefettizia 
di 
cui 
al 
combinato disposto dell�art. 141, comma 
2, d.lgs. n. 267/2000 e 
del-
l�art. 
1, 
comma 
2, 
d.l. 
22 
febbraio 
2002, 
n. 
13, 
convertito 
dalla 
l. 
24 
aprile 
2002, n. 75, ma 
ci� non implica 
che 
oltre 
tale 
termine 
il 
Consiglio possa 
modificare 
le aliquote e le tariffe relative ai tributi di propria competenza. 

In tal 
senso, il 
Consiglio di 
Stato ha 
affermato che 
le 
disposizioni 
concernenti 
l�approvazione 
del 
bilancio 
di 
previsione 
oltre 
il 
termine 
hanno 
natura 
eccezionale 
e 
sono 
finalizzate 
�ad 
evitare 
le 
gravi 
conseguenze 
che 
conseguono 
alla 
mancata 
approvazione 
del 
bilancio 
da 
parte 
dell�ente 
locale�. 
Pertanto, 
�in 
assenza 
di 
una 
specifica 
ulteriore 
disposizione 
di 
legge�, 


(17) T.a.r. Abruzzo, L�Aquila, 26 febbraio 2016, n. 59, in www.giustizia-amministrativa.it; 
id. 
13 
aprile 
2016, n. 133, ivi; 
T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 4 febbraio 2016, nn. 132 e 
133, ivi; 
id. 17 febbraio, 
nn. 192 e 
103, ivi; 
id., 8 aprile 
2016, n. 392; 
id. 
17 giugno, n. 1285, ivi; 
id. 
20 giugno 2016, nn. 
1293 e 
1304, ivi; 
id., 29 giugno 1339 e 
1340, ivi; 
T.a.r. Puglia, Bari, 3 dicembre 
2015, n. 1575, ivi; 
id. 
15 gennaio 2016, n. 49, ivi; 
id., 11 febbraio 2016, n. 69, ivi; 
id. 
15 giugno 2016, n. 955, ivi; 
T.a.r. Campania, 
napoli, sez. VIII, 25 gennaio 2016, nn. 239 e 
246, ivi; 
id. 11 febbraio 2016, n. 349, ivi; 
id., 23 
febbraio 2016, n. 437, ivi; 
id., 5 maggio 2016, n. 1101, ivi; 
T.a.r. Basilicata, 12 agosto 2016, nn. 812, 
813, 814, 816 e 817, ivi. 

rASSeGnA 
AVVoCATUrA 
deLLo 
STATo - n. 2/2017 


l�autorizzazione 
del 
Prefetto ad approvare 
il 
bilancio oltre 
il 
termine 
previsto 
dalla 
norma 
�non comprende 
il 
termine 
per 
l�approvazione 
delle 
aliquote 
e 
delle 
tariffe, che 
trovano compiuta ed autonoma disciplina nel 
citato art. 1, 
comma 169, l. n. 296 del 
2006 in materia di 
aliquote 
e 
tariffe, che 
contiene, 
peraltro, previsioni 
sanzionatorie, quale 
l�inapplicabilit� delle 
nuove 
tariffe 
e aliquote, ove approvate dopo il termine del 30 novembre� 
(18). 


Alle 
medesime 
conclusioni 
� 
giunta, del 
resto, anche 
la 
Corte 
dei 
Conti, 
Sezione 
nella 
menzionata 
delibera 
n. 4/2014, chiarendo che 
�l�atto prefettizio 
non modifica il 
termine 
ultimativo � 
prestabilito dal 
legislatore 
statale 
per 
l�approvazione 
da parte 
degli 
Enti 
locali 
delle 
aliquote 
� 
concernenti 
l�imposta 
municipale propria (imU) per il 2013�. 


diversamente 
opinando, 
e 
quindi 
consentendo 
all�ente 
locale 
di 
procedere 
alla 
modifica 
delle 
aliquote 
e 
delle 
tariffe 
dei 
tributi 
anche 
dopo la 
scadenza 
del 
termine 
fissato per l�approvazione 
del 
bilancio - alla 
sola 
condizione 
che 
ci� avvenga 
contestualmente 
all�effettiva 
adozione 
dello stesso - si 
verificherebbe, 
d�altra 
parte, un�evidente 
violazione 
dei 
principi 
generali 
sanciti 
dalla 


l. 27 luglio 2000, n. 212, recante 
Disposizioni 
in materia di 
statuto dei 
diritti 
del 
contribuente, 
in 
quanto 
verrebbe 
a 
mancare 
qualsiasi 
riferimento 
temporale 
certo per l�individuazione 
delle 
aliquote 
e 
delle 
tariffe 
applicabili 
per ciascun 
anno di imposta. 
4. Considerazioni conclusive. 
La 
principale 
conseguenza 
derivante 
dall�annullamento delle 
delibere 
di 
approvazione 
delle 
aliquote 
tributarie 
� 
racchiusa 
nello stesso art. 1, comma 
169, l. n. 296/2006, il 
quale, oltre 
a 
prevedere 
il 
termine 
di 
approvazione, nel 
secondo periodo, afferma 
che 
�in caso di 
mancata approvazione 
entro il 
suddetto 
termine, le 
tariffe 
e 
le 
aliquote 
si 
intendono prorogate 
di 
anno in anno�. 
Tale 
disposizione, 
quindi, 
stabilisce 
che 
nel 
caso 
di 
approvazione 
tardiva 
l�applicazione 
delle 
aliquote 
tributarie 
non 
potr� 
applicarsi 
all�anno 
fiscale 
oggetto 
di delibera ma avr� effetto a decorrere dall�anno d�imposta successivo. 


dal 
che 
si 
desume 
che 
i 
Comuni 
avverso i 
quali 
� 
stata 
pronunciata 
sentenza 
di 
annullamento dei 
provvedimenti 
in discorso si 
sono trovati 
costretti 
ad adottare 
le 
aliquote 
e 
le 
tariffe 
stabilite 
per l�anno precedente 
con un inevitabile 
squilibrio tra 
quanto previsto nel 
bilancio previsionale 
e 
quanto poi 
realmente 
riscosso. 


ne 
consegue 
da 
ci� che 
l�interesse 
del 
ministero dell�economia 
e 
delle 
Finanza 
(oltre 
che 
di 
ogni 
singolo 
cittadino) 
ad 
impugnare 
detti 
provvedimenti, 
si 
configura 
solo nel 
momento in cui 
le 
aliquote 
approvate 
�illegittimamente� 
siano superiori rispetto a quelle dell�anno precedente. 

difatti, 
non 
avrebbe 
senso 
(ma 
sarebbe 
anche 
inammissibile 
per 
carenza 


(18) Cfr. Cons. St., 3808/2014 e 3817/2014 cit. 

LeGISLAzIone 
ed 
ATTUALIT� 


di 
interesse) 
la 
proposizione 
di 
un�impugnativa 
di 
un 
provvedimento 
dal 
cui 
accoglimento 
deriverebbe 
lo 
stesso 
effetto 
contenuto 
nel 
provvedimento 
medesimo. 
Invero, 
il 
ministero 
dell�economia 
e 
delle 
Finanze, 
nella 
sfilza 
di 
ricorsi 
presentati 
nell�anno 
2015, 
ha 
aggredito 
in 
sede 
giurisdizionale 
esclusivamente 
le 
delibere 
di 
approvazione 
dalle 
quali 
scaturiva 
un 
aumento 
di 
spesa 
per 
il 
cittadino, 
lasciando 
inoppugnati 
tutti 
quelli 
-seppur 
tardivi 
-che 
si 
limitavano 
a 
confermare 
le 
aliquote 
e 
le 
tariffe 
previste 
per 
l�anno 
precedente. 


Infine, 
allontanandoci 
dal 
piano 
prettamente 
giuridico-amministrativo, 
vi 
� 
da 
prendere 
atto 
dei 
non 
pochi 
problemi 
che 
tale 
situazione 
ha 
prodotto 
sulla 
finanza 
locale; 
si 
pensi 
innanzitutto alla 
spesa 
sostenuta 
per la 
proposizione 
dei 
numerosi 
ricorsi 
(come 
detto supra, ben 373), alla 
spesa 
sostenuta 
dai 
Comuni 
per 
la 
resistenza 
in 
giudizio 
e 
per 
gli 
appelli 
proposti 
avverso 
le 
sentenze 
sfavorevoli, 
oltre 
che 
la 
spesa 
derivante 
dalle 
numerose 
condanne 
al 
pagamento 
delle spese di lite a carico degli stessi Comuni. 

Inoltre, 
non 
pu� 
non 
farsi 
cenno 
alle 
conseguenze 
riversatesi 
sul 
regolare 
funzionamento 
degli 
uffici 
comunali, 
in 
particolar 
modo 
degli 
uffici 
finanziari 
e 
tributari, 
i 
quali 
avevano 
gi� 
calcolato 
le 
aliquote 
e 
le 
tariffe 
tributarie 
seguendo 
i 
criteri 
di 
determinazione 
adottati 
con 
le 
delibere 
successivamente 
annullate. 


Tale 
situazione, pertanto, con tutte 
le 
conseguenze 
che 
vi 
si 
riconnettono 
(dalla 
spesa 
sostenuta 
in giudizio all�ingorgo causato presso gli 
uffici), ha 
inciso, 
in 
maniera 
notevole, 
sul 
fondamentale 
principio 
di 
buon 
andamento 
della 
pubblica amministrazione. 


DOTTRINA
Violazione del principio di gerarchia delle fonti 


del diritto: conseguenze, rilievo dell�antinomia. 

Rivisitazione dell�atto normativo 


Michele Gerardo* 

SOmmarIO: 1. Introduzione 
- 2. Gerarchia delle 
fonti 
del 
diritto - 3. antinomie 
e 
gerarchia 
delle 
fonti 
-4. 
ricadute 
ordinamentali 
di 
quanto 
ricostruito 
-5. 
rilievo 
del 
contrasto 
della 
norma 
con 
quella 
di 
rango 
superiore 
e 
rivisitazione 
dell�atto 
normativo 
-6. 
reviviscenza 
della norma abrogata. 


1. Introduzione. 
l�oggetto del 
presente 
studio mira 
ad individuare 
la 
disciplina 
degli 
atti 
normativi 
in 
contrasto 
con 
atti 
normativi 
di 
efficacia 
superiore 
ed 
altres� 
ad 
individuare 
la 
disciplina 
della 
rivisitazione 
dell�atto 
normativo, 
specie 
ad 
opera 
del 
suo autore. Si 
vuole 
operare, quindi, una 
analisi 
delle 
fonti 
del 
diritto (1) 
sotto due particolari prospettive. 


(*) Avvocato dello Stato. 


(1) 
Per 
un 
quadro 
d�insieme 
sulla 
sterminata 
materia 
delle 
fonti 
del 
diritto 
si 
richiamano 
ex 
multis: 
V. CriSAfulli, Lezioni 
di 
diritto costituzionale, ii volume, CEDAM, V 
edizione, 1984, pp. 1 e 
ss.; 
T. 
MArTinES, Diritto costituzionale, Giuffr�, iii edizione, 1984, pp. 49 e 
ss.; 
r. Bin 
- G. PiTruzzEllA, Diritto 
costituzionale, Giappichelli, Viii edizione, 2007, pp. 277 e 
ss.; 
A. BArBErA 
- C. fuSAro, Corso di 
diritto costituzionale, il 
Mulino, ii edizione, 2014, pp. 101 e 
ss.; 
n. BoBBio, Teoria dell�ordinamento 
giuridico, Giappichelli, 1960, pp. 25 e 
ss.; 
f. MoDuGno, voce 
Fonti 
del 
Diritto 
in Digesto, 2010; 
M. 
luCiSAno, voce 
Fonti 
del 
Diritto 
in Il 
diritto. Enciclopedia Giuridica del 
Sole 
24Ore, 2007, vol. 6, p. 
469. Corollario della 
qualificazione 
di 
fonte 
del 
diritto � 
l�applicazione 
di 
una 
serie 
di 
principi, tra 
cui: 
a) iura novit 
curia; 
b) 
ignorantia legis 
non excusat; 
c) necessit� 
della 
pubblicazione 
nei 
modi 
ufficiali 
previsti 
dall�ordinamento giuridico; 
d) applicazione 
dell�art. 12 della 
preleggi, in materia 
di 
interpretazione; 
e) 
la 
violazione 
e 
falsa 
applicazione 
della 
norma 
giuridica 
� 
censurabile 
in 
sede 
di 
legittimit� 
(artt. 360, co. 1, n. 3, c.p.c. e 606, co.1, lett. b, c.p.p.). 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


2. Gerarchia delle fonti del diritto. 
A 
colpi 
d�ascia, la 
gerarchia 
delle 
fonti 
nell�odierno ordinamento giuridico 
�, partendo dal grado pi� alto, la seguente: 


a) 
T.u.E. 
(Trattato 
dell�unione 
Europea); 
T.f.u.E. 
(Trattato 
sul 
funzionamento 
dell�unione 
Europea); 
Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�unione 
Europea; 
regolamenti, 
direttive 
provviste 
di 
effetti 
diretti 
e 
decisioni 
del-
l�unione 
Europea; 
sentenze 
interpretative 
della 
Corte 
di 
Giustizia 
del-
l�unione 
Europea 
(2); 


b) 
Costituzione 
della 
repubblica 
italiana; 
leggi 
di 
revisione 
della 
Costituzione; 
altre leggi costituzionali; 


c) 
leggi 
ed atti 
aventi 
forza 
di 
legge 
dello Stato (decreto legislativo, decreto 
legge, 
sentenza 
della 
Corte 
Costituzionale 
dichiarativa 
della 
illegittimit� 
costituzionale 
di 
una 
legge 
o 
di 
un 
atto 
avente 
forza 
di 
legge, 
referendum 
abrogativo); 
statuti 
e 
leggi 
regionali; 
leggi 
delle 
Province 
di 
Trento e 
Bolzano; 
regolamenti 
parlamentari; 


d) 
regolamenti 
dello Stato (del 
Governo, ministeriali 
e 
interministeriali), 
degli enti territoriali e degli altri enti pubblici (3); 


e) 
consuetudini; 


f) 
contratti, atti amministrativi, sentenze. 


la 
gerarchia 
delle 
fonti 
postula 
l�esistenza 
di 
norme 
di 
diverso 
livello 
(ossia 
di 
almeno due 
livelli), uno dei 
quali 
superiore 
all�altro. la 
stessa 
comporta 
che 
una 
data 
norma 
non pu� porsi 
in contrasto con altra 
norma 
di 
livello 
superiore, pena 
la 
sua 
invalidit�. una 
norma 
di 
livello inferiore 
non pu� abrogare 
o 
derogare 
una 
norma 
di 
livello 
superiore, 
mentre 
la 
norma 
superiore 
pu� 
sempre abrogare o derogare quella inferiore. 


nella 
descrizione 
della 
gerarchia 
delle 
fonti 
non si 
� 
tenuto conto, onde 
semplificare 
il 
discorso, 
delle 
ulteriori 
suddistinzioni 
operate 
dalla 
dottrina 
(fonti 
sub 
primarie, fonti 
rinforzate, fonti 
rafforzatissime, fonti 
atipiche, fonti 


(2) Costituisce 
ormai 
principio consolidato che 
il 
primato dell�ordinamento dell�u.E. rispetto a 
quello 
nazionale 
trova 
un 
limite 
nel 
necessario 
rispetto 
dei 
principi 
fondamentali 
del 
nostro 
ordinamento 
costituzionale 
e 
dei 
diritti 
inalienabili 
della 
persona 
umana. Sul 
rapporto tra 
l�ordinamento dell�unione 
Europea 
e 
quello italiano: 
u. VillAni, Istituzioni 
di 
diritto dell'Unione 
Europea, Cacucci 
Editore, iV 
edizione, 2016, pp. 417 e 
ss.; 
B. ConforTi, Diritto internazionale, Editoriale 
Scientifica, X 
edizione, 
2015, pp. 377 e ss. 
(3) i regolamenti 
�Secondo una antica definizione, sono atti 
�amministrativi�, dal 
punto di 
vista 
soggettivo 
e 
dal 
punto 
di 
vista 
formale 
(perch� 
promananti 
da 
autorit� 
del 
potere 
esecutivo 
e 
nella 
forma 
consueta di 
ogni 
altro loro atto), ma �legislativi�, dal 
punto di 
vista materiale 
(perch� 
costitutivi 
del 
diritto 
oggettivo)�: 
cos� 
V. 
CriSAfulli, 
cit., 
p. 
122. 
G. 
zAnoBini, 
voce 
regolamento 
in 
Novissimo 
Digesto 
Italiano, XV, 1968, p. 241, precisa 
che 
�il 
regolamento non � 
soltanto un atto amministrativo generale, 
ma una norma giuridica�. Secondo V. oniDA, voce 
regolamenti 
regionali, in Enciclopedia Giuridica 
Treccani, 
XXVi, 
1991, 
p. 
5 
�in 
tutta 
la 
nostra 
tradizione 
legislativa 
e 
amministrativa 
i 
regolamenti 
sono stati 
costantemente 
assimilati, quanto al 
trattamento e 
quindi 
anche 
alle 
condizioni 
per 
la revoca 
o l�abrogazione, ai 
provvedimenti 
amministrativi, ai 
quali 
sono accomunati 
dalla provenienza e, largamente, 
dalla forma�. 

DoTTrinA 
213 


interposte, diversit� 
di 
forza 
tra 
regolamenti 
governativi 
e 
regolamenti 
di 
altri 
enti 
pubblici, 
etc.) 
e 
si 
� 
tenuto 
conto 
della 
costruzione 
a 
gradi 
dell�ordinamento 
giuridico, dello Stufenbau der 
rechtsordnung 
kelseniano, sicch� 
sono 
stati 
ricondotti 
alle 
fonti 
del 
diritto 
anche 
il 
contratto, 
il 
mero 
atto 
amministrativo 
e 
la 
sentenza 
(4). 
A 
quest�ultimo 
proposito 
si 
precisa 
che 
la 
qualificazione 
del 
contratto, dell�atto amministrativo e 
della 
sentenza 
quali 
fonti 
� 
stata 
operata 
a 
livello 
sistematico, 
argomentativo, 
speculativo; 
si 
� 
coscienti 
che 
gli 
atti 
da ultimo indicati non sono �vere� fonti del diritto. 


3. antinomie e gerarchia delle fonti. 
nell�ipotesi 
di 
antinomie 
- ossia 
di 
incompatibilit� 
di 
precetti 
- tra 
norme 
appartenenti 
a 
livelli 
gerarchici 
diversi 
lex 
superior 
derogat 
legi 
inferiori, 
ossia 
prevale 
la 
norma 
di 
grado 
superiore, 
la 
quale 
non 
pu� 
essere 
derogata 
da 
quella 
di grado inferiore (5). 


Va 
indagato il 
concetto di 
prevalenza 
della 
norma 
superiore 
(e 
della 
conseguente 
non derogabilit� da parte della norma inferiore). 


a) 
il 
contrasto tra 
norme 
di 
livello gerarchico diverso - adottate 
in tempi 
diversi 
- nel 
caso in cui 
la 
norma 
posteriore 
sia 
gerarchicamente 
superiore 
a 
quella 
anteriore 
implica 
la 
cessazione 
di 
efficacia 
della 
norma 
precedente 
a 
far 
data 
dalla 
operativit� 
della 
norma 
di 
livello 
superiore. 
la 
prevalenza, 
in 
questa 
evenienza, 
implica 
l�applicazione 
della 
nuova 
norma 
e 
la 
cessazione 
di 
efficacia 
della 
vecchia 
(ci�, beninteso, a 
meno che 
la 
norma 
successiva 
- ove 
integrante 
una 
legge 
-non 
disponga 
la 
propria 
applicazione 
in 
via 
retroattiva). 
Analogo 
discorso 
vale 
nell�ipotesi 
in 
cui 
le 
norme 
antinomiche, 
adottate 
in 
tempi 
diversi, appartengano al 
medesimo livello gerarchico. Anche 
in questa 
evenienza 
la 
norma 
vecchia 
cessa 
di 
essere 
vigente 
a 
far data 
dall�entrata 
in 
vigore della nuova (lex posterior derogat priori). 


b) 
il 
contrasto 
tra 
norme 
di 
livello 
gerarchico 
diverso 
adottate 
nello 
stesso 
momento implica l�immediata prevalenza della fonte di grado superiore. 


c) il 
contrasto tra 
norme 
di 
livello gerarchico diverso adottate 
in tempi 
diversi, 
nel 
caso 
che 
la 
norma 
posteriore 
sia 
gerarchicamente 
inferiore 
a 
quella 
anteriore, 
implica 
la 
prevalenza 
della 
fonte 
superiore. 
ossia 
la 
fonte 
successiva, 
fin dalla 
sua 
emanazione, non pu� scalfire 
il 
dictum 
di 
quella 
precedente. la 
prevalenza � una conseguenza della gerarchia. 

la 
prevalenza 
determina, quindi, la 
�soccombenza� 
della 
fonte 
di 
grado 
inferiore contrastante con quella di grado superiore. 

utilizzando 
un 
termine 
diffuso 
nell�ambiente 
giuridico 
qualificheremo 


(4) 
Su 
tali 
concetti: 
H. 
KElSEn, 
Lineamenti 
di 
dottrina 
pura 
del 
diritto, 
Einaudi, 
2000, 
pp. 
95 
e 
ss. 
(5) Sulla 
gerarchia 
delle 
fonti: 
G. TArEllo, L�interpretazione 
della legge, Giuffr�, 1980, pp. 313 
e 
ss.; 
G. 
Pino, 
La 
gerarchia 
delle 
fonti 
del 
diritto. 
Costruzione, 
decostruzione, 
ricostruzione 
in 
annuario 
di 
ermeneutica giuridica, XVi, 2011, p. 19, anche 
per la 
distinzione 
tra 
gerarchie 
strutturali, materiali 
e 
assiologiche. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


invalidit� 
il 
vizio 
della 
norma 
contrastante 
con 
una 
norma 
superiore 
(6). 
in 
modo tralaticio si 
precisa 
che 
�Per 
invalidit� di 
un atto si 
intende, in via generale, 
la difformit� di 
tale 
atto dal 
diritto, alla quale 
consegue 
la sanzione 
dell�inefficacia 
definitiva 
dello 
stesso 
e 
quindi 
la 
sua 
inidoneit� 
a 
produrre 
effetti 
giuridici. 
Tale 
sanzione 
pu� 
essere 
automatica, 
come 
nel 
caso 
della 
nullit�, 
che 
opera di 
diritto, oppure 
pu� richiedere 
apposita dichiarazione 
giudiziale, 
come 
nel 
caso 
dell�annullabilit�, 
pronunciata 
dal 
giudice 
su 
ricorso 
del 
privato ricorrente� 
(7). 


4. ricadute ordinamentali di quanto ricostruito. 
Dall�esame 
dell�ordinamento 
giuridico 
italiano 
si 
evince 
che 
viene 
rispettato 
il 
modello teorico sopra 
esposto, con la 
precisazione 
che 
la 
evidenziata 
invalidit� 
-nel 
caso di 
contrasto tra 
norme 
di 
livello gerarchico diverso -in 
alcune 
circostanze 
determina 
l�inefficacia 
automatica 
della 
vicenda 
riconducibile 
alla 
fonte 
di 
grado inferiore 
ed in altre 
circostanze 
la 
detta 
inefficacia 
� 
conseguente dell�accertamento di un soggetto. 


numerose 
disposizioni 
sono espressive 
del 
principio rilevato al 
punto a) 
del precedente paragrafo. All�uopo si richiama: 


-l�art. 
30, 
comma 
3, 
della 
Convenzione 
sul 
diritto 
dei 
trattati 
adottata 
a 
Vienna 
il 
23 
maggio 
1969 
(ratificata 
dall�italia 
con 
l. 
12 
febbraio 
1974, 
n. 
112), 
il 
quale 
recita: 
�Quando 
tutte 
le 
parti 
di 
un 
precedente 
trattato 
sono 
anche 
parti 
a 
un 
trattato 
posteriore 
[�] 
il 
trattato 
anteriore 
si 
applica 
soltanto 
nella 
misura 
in 
cui 
le 
sue 
disposizioni 
sono 
compatibili 
con 
quelle 
del 
trattato 
posteriore�; 


-l�art. 15 delle 
preleggi, secondo cui 
�le 
leggi 
non sono abrogate 
che 
da 
leggi posteriori� 
(8); 
-l�art. 682 c.c. per il 
quale 
�il 
testamento posteriore, che 
non revoca in 
modo espresso i 
precedenti, annulla 
[rectius: 
determina 
la 
cessazione 
dell�efficacia] 
in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili�; 
-l�art. 
395, 
n. 
5 
c.p.c. 
dal 
quale 
si 
ricava 
che 
la 
sentenza 
contraria 
ad 
altra 
precedente 
avente 
fra 
le 
parti 
autorit� 
di 
cosa 
giudicata 
prevale 
su 
quest�ultima 
ove a sua volta sia passata in giudicato (9). 


(6) Ex plurimis: r. GuASTini, L�interpretazione dei documenti normativi, Giuffr�, 2004, p. 251. 
(7) Cos� 
S. fo�, voce 
Invalidit� (Dir. amm.) 
in Il 
diritto. Enciclopedia Giuridica del 
Sole 
24Ore, 
2007, vol. 8, p. 238. in senso analogo: 
C.M. BiAnCA, Diritto civile. III. Il 
contratto, Giuffr�, ii edizione, 
2000, pp. 609-610. 
(8) �Coordinando la disposizione 
dell�art. 15 con quella del 
precedente 
art. 11 (�la legge 
non 
dispone 
che 
per 
l�avvenire: essa non ha effetto retroattivo�), si 
ricava altres� 
il 
principio per 
cui 
- di 
regola 
- l�abrogazione 
opera ex 
nunc, vale 
a dire 
dal 
momento dell�entrata in vigore 
della nuova fonte 
o 
da quello - eventualmente 
diverso - da cui 
ha inizio l�efficacia delle 
norme 
da questa prodotte�: 
in tal 
senso V. CriSAfulli, cit., p. 188. 
(9) Per autorevole 
dottrina 
l�art. 395, n. 5 c.p.c. �dimostra come 
l�ordine 
giuridico si 
concreti, 
nell�ipotesi 
di 
due 
giudicati 
successivi, 
sul 
secondo 
di 
essi, 
e 
non 
sul 
primo. 
Se 
infatti 
la 
contrariet� 
non 
� 
fatta 
valere 
nel 
termine 
con 
l�impugnazione 
per 
revocazione, 
il 
secondo 
giudicato 
rimane 
la 
sola 
fonte 

DoTTrinA 
215 


Anche 
il 
principio 
evidenziato 
al 
punto 
c) 
del 
precedente 
paragrafo 
ha 
varie 
manifestazioni 
nell�ordinamento 
giuridico 
positivo, 
come 
dimostrato 
dalle fattispecie di seguito descritte. 


a) 
la 
sentenza 
in 
contrasto 
con 
una 
fonte 
superiore 
� 
temporaneamente 
efficace, 
ma 
cessa 
di 
produrre 
effetti 
ex 
tunc 
ove 
riformata 
all�esito 
di 
impugnazione 
(art. 
336, 
comma 
2, 
c.p.c.). 
la 
sentenza, 
in 
contrasto 
con 
una 
fonte 
superiore, 
che 
passi 
in 
giudicato, 
mantiene 
la 
sua 
efficacia 
nell�ordinamento 
giuridico 
per 
effetto 
tuttavia 
di 
una 
puntuale 
previsione 
legislativa, 
costituita 
dall�art. 
324 
c.p.c. 


b) 
il contratto in contrasto con una fonte superiore: 


-� 
inefficace 
nei 
casi 
di 
nullit� 
(artt. 
1422 
-1424 
c.c.). 
la 
nullit�, 
poi, 
potr� 
essere 
accertata 
dal 
giudice 
(con sentenza) o dalle 
parti 
(con un negozio 
di accertamento); 


-� 
temporaneamente 
efficace, ma 
cessa 
di 
produrre 
effetti 
ex 
tunc 
(salvi 
i 
rapporti 
esauriti) nei 
casi 
di 
annullamento (artt. 1441 
-1446 c.c.) o di 
rescissione 
(art. 1452 c.c.) dichiarati 
dal 
giudice 
(con sentenza) o dalle 
parti 
(con 
un negozio modificativo). 
c) 
l�atto amministrativo in contrasto con una fonte superiore: 


-� 
inefficace 
nei 
casi 
di 
nullit� 
(art. 
21 
septies 
l. 
7 
agosto 
n. 
241). 
la 
nullit�, 
poi, 
potr� 
essere 
rilevata 
dal 
giudice 
o 
dalla 
P.A. 
autrice 
dell�atto. 
l�atto 
amministrativo nullo pu� essere 
altres� 
disapplicato dal 
giudice 
(art. 5 l. 20 
marzo 
1865 
n. 
2248, 
allegato 
E). 
la 
disapplicazione 
ha 
incidenza 
soltanto 
inter partes, cio� limitatamente alle parti del giudizio; 


-� 
temporaneamente 
efficace, 
ma 
cessa 
di 
produrre 
effetti 
ex 
tunc 
nei 
casi 
di 
annullamento (art. 21 octies 
l. n. 241/90 cit.) dichiarato dal 
giudice 
o dal-
l�Amministrazione 
autrice 
dell�atto o altro abilitato (es. superiore 
gerarchico) 
in via 
di 
autotutela 
o nell�esercizio dei 
poteri 
di 
controllo o all�esito di 
un ricorso 
amministrativo. 

Atto 
amministrativo 
nullo, 
annullabile, 
disapplicabile 
e 
conseguenti 
ricadute 
in punto di 
giurisdizione 
costituiscono un tema 
ancora 
tormentato ed 
irrisolto nella esperienza giuridica (10). 

Convenzionalmente utilizziamo i seguenti truismi: 


regolatrice 
del 
concreto. Il 
primo sparisce�: 
cos� 
S. SATTA, Commentario al 
codice 
di 
procedura civile, 
Libro secondo, Processo di cognizione, Parte seconda, Vallardi, 1962, p. 331. 


(10) Per un diffuso orientamento giurisprudenziale 
il 
regolamento illegittimo - in quanto atto di 
natura 
normativa, 
e 
non 
meramente 
amministrativa, 
con 
portata 
generale 
ed 
astratta 
e 
capacit� 
innovativa 
nell�ordinamento giuridico - pu� essere 
disapplicato dal 
giudice 
amministrativo, in quanto contrastante 
con norme 
di 
rango primario, anche 
in assenza 
di 
una 
specifica 
impugnazione; 
ci� in applicazione 
del 
principio 
di 
gerarchia 
delle 
fonti 
(Consiglio 
di 
Stato, 
sentenza 
3 
ottobre 
2007 
n. 
5098; 
T.A.r. 
lombardia, 
Milano, sentenza 
17 aprile 
2009 n. 4064; 
T.A.r. Veneto, Venezia, sentenza 
17 novembre 
2011 n. 1700; 
Consiglio di Stato, sentenza 26 settembre 2013 n. 4778). 
Come 
� 
noto 
il 
regolamento 
illegittimo 
divenuto 
definitivo 
per 
mancata 
impugnazione 
pu�, 
pur 
sempre, 
essere 
disapplicato 
dalla 
Commissione 
Tributaria 
in 
relazione 
all�oggetto 
dedotto 
in 
giudizio 
(art. 
7, 
comma 5, del D. l.vo 31 dicembre 1992 n. 546). 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


-nei 
casi 
di 
giurisdizione 
esclusiva 
- tanto del 
giudice 
ordinario quanto 
del 
giudice 
amministrativo - l�atto invalido pu� essere 
dichiarato nullo o annullabile 
a seconda dei suoi vizi; 
-negli 
ordinari 
riparti 
di 
giurisdizione 
la 
dichiarazione 
di 
nullit� 
o di 
annullamento 
spetta 
al 
giudice 
amministrativo; 
il 
giudice 
ordinario pu� - in presenza 
dei 
vizi 
di 
nullit� 
determinanti 
carenza 
di 
potere 
-dichiarare 
la 
disapplicazione dell�atto amministrativo; 
-in 
tutti 
i 
casi 
-sia 
in 
sede 
giurisdizionale 
che 
amministrativa 
-in 
cui 
viene 
in rilievo un atto amministrativo in contrasto con le 
fonti 
dell�unione 
Europea, il 
detto atto va 
disapplicato dagli 
operatori 
giuridici. l�invalidit� 
si 
connota, 
quindi, 
come 
disapplicazione. 
Disapplicazione 
peculiare, 
conseguenza 
della primazia del diritto comunitario. 


d) 
l�uso in contrasto con la 
legge 
ed il 
regolamento � 
inefficace 
(art. 8, 
comma 1, preleggi). 


e) il 
regolamento amministrativo in contrasto con la 
fonte 
superiore 
ha 
la 
stessa 
disciplina 
dell�atto 
amministrativo 
delineata 
sopra 
al 
punto 
c) 
di 
questo 
paragrafo. Ci� alla 
luce 
della 
doppia 
natura 
del 
regolamento: 
tanto norma 
giuridica quanto atto amministrativo. 


f) 
la 
legge 
in contrasto con la 
Costituzione 
� 
temporaneamente 
efficace, 
ma 
cessa 
di 
produrre 
effetti 
ex 
tunc 
ove 
dichiarata 
illegittima 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
(art. 136 Costituzione; 
art. 30 l. 11 marzo 1953, n. 87), salva 
la 
conservazione dei rapporti cd. esauriti. 


g) la 
Costituzione 
in contrasto con il 
diritto comunitario va 
disapplicata, 
salva 
la 
circostanza 
in cui 
il 
contrasto riguardi 
i 
principi 
fondamentali 
essenziali 
della 
repubblica 
italiana 
ovvero i 
diritti 
inalienabili 
garantiti 
nella 
Carta 
Costituzionale (11). 


h) 
Gli 
atti 
vincolanti 
delle 
istituzioni 
dell�unione 
Europea 
in 
contrasto 
con 
i 
trattati 
costitutivi 
dell�unione 
Europea 
e 
fonti 
equiparate 
(Carta 
dei 
diritti 
fondamentali 
dell�unione 
Europea, 
principi 
generali 
del 
diritto 
dell�unione 
Europea, 
norme 
del 
diritto 
internazionale 
generale, 
accordi 
internazionali 
conclusi 
dall�unione) 
sono 
temporaneamente 
efficaci, 
ma 
cessano 
di 
produrre 
effetti 
ex 
tunc 
ove 
dichiarata 
la 
loro nullit� 
dal 
competente 
giudice 
dell�unione 
(artt. 263 
-264 T.f.u.E.). 


Tutte 
le 
fonti 
ora 
descritte 
dai 
punti 
a) 
ad 
f) ove 
siano in contrasto con 
una fonte dell�unione Europea si disapplicano. 


Allorch� 
un 
rapporto 
sia 
disciplinato 
da 
pi� 
fonti 
del 
diritto 
di 
diversa 
gerarchia, 
vale 
la 
disciplina 
contenuta 
nella 
fonte 
gerarchicamente 
pi� elevata. 
Ci� in applicazione 
di 
regole 
logiche, in virt� delle 
quali 
la 
superiorit� 
gerarchica 
si 
riverbera 
anche 
nella 
qualificazione 
delle 
fattispecie. Quindi 
prevale 


(11) riassuntivamente 
- su tali 
criteri 
risolutori 
in caso di 
antinomia 
tra 
una 
norma 
comunitaria 
e 
una norma costituzionale - ex plurimis 
r. GuASTini, cit., p. 252. 

DoTTrinA 
217 


la 
qualificazione 
operata 
dalla 
fonte 
pi� alta 
in grado. la 
fonte 
-qualunque 
sia 
la 
sua 
posizione 
nella 
piramide 
gerarchica 
- in contrasto con una 
fonte 
superiore 
sar� invalida. 


Ad 
esempio, 
ove 
il 
provvedimento 
attuativo 
sia 
stato 
adottato 
in 
violazione 
del 
regolamento presupposto, a 
sua 
volta 
in contrasto con la 
legge, la 
conseguenza 
� 
che 
il 
detto 
atto 
applicativo 
� 
conforme 
a 
legge 
e 
quindi 
valido, 
laddove il regolamento � illegittimo (12). 


ulteriori 
corollari: 
l�atto 
amministrativo 
in 
violazione 
di 
legge 
� 
invalido, 
anche 
se 
conforme 
ad un regolamento amministrativo; 
l�atto amministrativo 
con 
prescrizioni 
antinomiche 
con 
quelle 
contenute 
nella 
Costituzione 
� 
egualmente 
invalido, anche se conforme ad una legge ordinaria. 

nella 
evenienza 
che 
una 
fonte 
(es. 
regolamento 
amministrativo) 
sia 
in 
contrasto tanto con norme 
dell�unione 
Europea 
quanto con norme 
legislative 
si 
applica, 
per 
quanto 
sopra 
esposto, 
il 
regime 
di 
qualificazione 
e 
rilevanza 
collegato alla 
fonte 
pi� alta 
in grado. Sicch� 
il 
regolamento amministrativo in 
contrasto sia 
con le 
norme 
dell�unione 
Europea 
che 
con le 
norme 
legislative 
� 
(invalido e) disapplicabile. Egualmente 
disapplicabile 
� 
il 
regolamento amministrativo 
-o 
il 
provvedimento 
amministrativo 
-conforme 
alla 
legge, 
ma 
violativo di norma dell�unione Europea (13). 


(12) in tale 
circostanza 
si 
ammette 
la 
disapplicazione 
di 
un regolamento illegittimo non oggetto 
di 
specifica 
impugnazione 
(Consiglio 
di 
Stato, 
sentenza 
4 
marzo 
2011 
n. 
1408, 
il 
quale 
precisa 
che 
�pu� 
prescindersi 
dalla proposizione 
e 
dalla celebrazione 
di 
una impugnazione 
tendente 
alla rimozione 
del-
l�atto che 
abbia debordato dalla sua sfera di 
competenza, essendo sufficiente 
accertare 
che 
la norma 
non � 
�idonea ad innovare� l�ordinamento sul 
punto e 
quindi 
non pu� essere 
applicata�; 
T.A.r Campania, 
Salerno, sentenza 22 luglio 2015 n. 1611). 
(13) 
Sul 
punto 
si 
precisa 
in 
dottrina 
che: 
�sul 
regime 
del 
provvedimento 
amministrativo, 
emanato 
nel 
rispetto del 
diritto nazionale 
ma in violazione 
del 
diritto comunitario, sono state 
proposte 
due 
tesi: 
quella dell�illegittimit� e 
quella della disapplicazione. La prima tesi 
tratta la violazione 
del 
diritto comunitario 
alla 
stregua 
della 
violazione 
del 
diritto 
interno. 
La 
seconda 
si 
basa, 
da 
un 
lato, 
sull�estensione 
ai 
provvedimenti 
amministrativi 
del 
regime 
tipico degli 
atti 
normativi 
interni 
contrastanti 
con il 
diritto 
comunitario (i 
quali 
devono, appunto, essere 
disapplicati, per 
applicare 
il 
diritto comunitario), dall�altro, 
sull�esigenza di 
evitare 
che 
atti 
contrari 
al 
diritto comunitario divengano inoppugnabili 
e, quindi, 
la violazione 
di 
quel 
diritto divenga definitiva. Lo schema della disapplicazione 
� 
di 
uso relativamente 
agevole 
per 
le 
fonti 
del 
diritto: si 
tratta semplicemente 
di 
stabilire 
quale 
norma applicare, in presenza 
di 
un 
contrasto. 
Per 
i 
provvedimenti 
amministrativi, 
invece, 
esso 
comporterebbe 
uno 
stravolgimento 
del 
loro regime 
processuale, facendo venir 
meno l�onere 
di 
impugnazione 
tempestiva e 
l�inoppugnabilit� 
del 
provvedimento non impugnato tempestivamente: e, quindi, pregiudicando gli 
interessi 
alla certezza 
del 
diritto e 
alla conservazione 
dei 
valori 
giuridici 
che 
sono alla base 
di 
quel 
regime 
processuale. � 
per 
questo che 
la giurisprudenza ha decisamente 
optato per 
la prima tesi: se 
il 
provvedimento rispetta 
una 
norma 
nazionale, 
ma 
viola 
una 
norma 
comunitaria, 
occorre 
disapplicare 
la 
prima 
e, 
in 
applicazione 
della 
seconda, 
dichiarare 
illegittimo 
il 
provvedimento 
(Cons. 
St., 
V, 
n. 
4263/2008; 
Cons. 
St., 
VI, 
n. 
3621/2008; nel 
senso dell�applicazione 
delle 
regole 
processuali 
nazionali, si 
veda anche 
C. Giust. CE, 
sentenza i-21 Germany 
- arcor 
del 
2006, in cause 
C-392/04 e 
C-422/04)� 
(cos� 
B.G. MATTArEllA 
in 
Istituzioni di diritto amministrativo 
a cura di S. CASSESE, Giuffr�, V edizione, 2015, p. 401). 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


5. rilievo del contrasto della norma con quella di rango superiore e rivisitazione 
dell�atto normativo. 
il 
soggetto legittimato al 
rilievo del 
contrasto della 
norma 
con quella 
di 
rango 
superiore 
� 
tanto 
l�autore 
della 
norma 
(o 
altro 
soggetto 
legittimato), 
quanto il 
giudice 
specificamente 
incaricato dall�ordinamento a 
rilevare 
l�antinomia. 


ove 
non sia 
possibile 
muovere 
alcun rilievo � 
comunque 
possibile 
una 
rivisitazione dell�atto da parte del suo autore o di soggetti legittimati. 


All�uopo si rileva quanto segue. 

a) 
l�invalidit� 
della 
sentenza 
� 
pronunciata 
dall�autorit� 
giudiziaria. 
il 
giudice 
pu� 
essere 
sia 
lo 
stesso 
che 
ha 
pronunciato 
la 
sentenza 
illegittima 
(come 
nel 
caso della 
revocazione, dell�opposizione 
di 
terzo e 
dell�actio nullitatis) 
che un giudice diverso (quello dell�impugnazione). 

Per 
i 
principi 
processuali 
l�inesistenza 
inibisce 
la 
formazione 
della 
cosa 
giudicata. 
in 
questa 
evenienza 
l�invalidit� 
della 
sentenza 
causata 
da 
inesistenza 
pu� 
essere 
dichiarata 
dalle 
parti 
a 
mezzo 
del 
negozio 
di 
accertamento. 
�Il 
negozio 
di 
accertamento 
si 
ha 
quando 
le 
parti 
pongono 
in 
essere 
una 
manifestazione 
di 
volont� 
con 
la 
quale 
intendono 
eliminare 
l�incertezza 
relativa 
a 
una 
situazione 
giuridica 
tra 
loro 
preesistente, 
determinando 
l�esistenza 
(o, 
eventualmente, 
l�inesistenza), 
il 
contenuto 
e 
i 
limiti 
di 
un 
dato 
rapporto 
giuridico� 
(14). 


il 
negozio 
di 
accertamento 
� 
caratterizzato 
dalla 
funzione 
di 
fissare 
il 
contenuto 
di 
un rapporto giuridico preesistente, con effetto preclusivo di 
ogni 
ulteriore 
contestazione 
al 
riguardo, 
rendendo 
definitive 
ed 
immobili 
le 
situazioni 
gi� 
in stato di 
obiettiva 
incertezza, in quanto vincola 
le 
parti 
ad attribuire 
ad 
esse 
gli 
effetti 
che 
risultano 
dall�accertamento 
e 
preclude 
ogni 
loro 
pretesa, 
ragione ed azione in contrasto con esso (15). 


una 
volta 
passata 
in giudicato la 
sentenza 
�fa stato ad ogni 
effetto tra le 
parti� 
(art. 2909 c.c.), anche 
se 
-in ipotesi 
-illegittima, perch� 
il 
giudicato 
facit 
de 
albo 
nigrum. 
Alle 
parti 
coinvolte 
nel 
rapporto 
processuale 
� 
possibile, 
tuttavia, disporre 
del 
giudicato. Difatti, con idonea 
convenzione 
(arg. ex 
art. 
1974 c.c.) si pu� mettere in non cale il giudicato. 


b) 
l�invalidit� 
del 
contratto � 
pronunciata 
dall�autorit� 
giudiziaria. l�autonomia 
negoziale 
(art. 1322 c.c.) consente 
alle 
parti 
del 
negozio invalido di 
dichiarare 
la 
nullit� 
o 
l�annullabilit� 
o 
la 
rescindibilit�. 
Ci� 
-nel 
caso 
della 
nullit� 
-a 
mezzo 
del 
negozio 
di 
accertamento 
(art. 
1321 
c.c.: 
�regolare�). 
nel 
caso di 
annullamento o rescissione 
le 
parti 
dovranno - con negozio modificativo 
-oltrecch� 
accertare 
l�invalidit� 
anche 
disciplinare 
la 
vicenda 
degli 
effetti 


(14) in tal 
senso: 
l. Bozzi, voce 
accertamento (negozio di) 
in 
Il 
diritto. Enciclopedia giuridica 
del Sole 24 Ore, 2007, vol. i, pag. 27. 
(15) Ex 
plurimis: 
Cass. Civ., sez. lavoro, 20 maggio 2004, n. 9651; 
Cass. Civ., Sez. ii, 5 giugno 
1997 n. 4994. 

DoTTrinA 
219 


(ex 
nunc 
o ex 
tunc) con portata 
inter 
partes, senza 
possibilit� 
di 
incidere 
sulle 
situazioni soggettive dei terzi. 

il 
contratto 
carente 
di 
vizi, 
quindi 
valido, 
ove 
produca 
ancora 
effetti 
(contratto 
di 
durata: 
ad esecuzione 
continuata 
o periodica), pu� essere 
inciso dai 
contraenti 
a 
mezzo di 
un successivo negozio con il 
quale 
far cessare 
gli 
effetti 
(contratto 
estintivo 
ex 
art. 
1321 
c.c. 
o 
negozio 
unilaterale 
di 
recesso 
ex 
art. 
1373 
c.c., 
con 
effetti 
ex 
nunc). 
Ci� 
in 
forza 
dell�autonomia 
negoziale, 
la 
quale 
pu� 
prevedere 
espressamente 
una 
efficacia 
retroattiva 
alla 
fattispecie 
estintiva, 
salvo - beninteso - i diritti dei terzi. 


c) 
l�invalidit� 
del 
provvedimento amministrativo � 
pronunciata 
dal 
giudice 
amministrativo (artt. 29 
-31 D. l.vo 2 luglio 2010 n. 104) o dal 
giudice 
ordinario (nei 
casi 
di 
giurisdizione 
esclusiva 
o nella 
fattispecie 
della 
disapplicazione 
ex 
art. 5 l. 20 marzo 1865 n. 2248 Allegato E). 

l�invalidit� 
pu� 
essere 
acclarata 
altres� 
dalla 
P.A. 
che 
ha 
emanato 
il 
provvedimento 
o 
da 
altro 
organo 
previsto 
dalla 
legge 
(annullamento 
d�ufficio 
ex 
art. 
21 
nonies 
l. 
n. 
241/90; 
annullamento 
straordinario 
ex 
art. 
2, 
comma 
3 
lett. 
q, 
l. 
23 
agosto 
1988 
n. 
400; 
annullamento 
giustiziale 
in 
sede 
di 
ricorso 
amministrativo 
ex 
D.P.r. 
24 
novembre 
1971 
n. 
1199; 
annullamento 
in 
sede 
di 
controllo). 


il 
provvedimento 
carente 
di 
vizi, 
quindi 
valido, 
ove 
produca 
ancora 
effetti 
(provvedimento 
ad 
efficacia 
duratura 
e 
non 
istantanea), 
pu� 
essere 
inciso 
dalla 


P.A. 
a 
mezzo 
di 
un 
successivo 
provvedimento, 
ossia 
a 
mezzo 
della 
revoca 
(art. 
21 quinquies 
l. n. 241/90). Ci� in ossequio al 
principio di 
inesauribilit� 
del 
pubblico potere 
per il 
quale 
la 
P.A. deve, in modo permanente, curare 
l�interesse 
pubblico che 
ha 
in attribuzione. l�autore 
dell�atto pu� ripensare 
circa 
il 
modo di curare l�interesse primario. la cessazione dell�efficacia � 
ex nunc. 
d) 
l�invalidit� 
dell�uso � 
pronunciata 
dal 
giudice. Venendo in rilievo una 
fonte-fatto 
non 
� 
ipotizzabile 
un 
acclaramento 
ad 
opera 
dell�autore 
della 
fonte; 


e) 
il 
regolamento amministrativo in contrasto con la 
fonte 
superiore 
ha 
la 
stessa 
disciplina 
dell�atto 
amministrativo 
delineata 
sopra 
al 
punto 
c) 
del 
presente 
paragrafo. 
Ci� 
alla 
luce 
della 
doppia 
natura 
del 
regolamento: 
tanto 
norma 
quanto atto amministrativo. 


Quindi 
il 
regolamento 
pu� 
essere 
tanto 
annullato 
dal 
giudice 
quanto 
dalla 


P.A. autrice 
dell�atto; 
in quest�ultima 
evenienza, ovviamente, con una 
eguale 
fonte regolamentare (16). 
(16) 
Sull�ammissibilit� 
dell�annullamento 
del 
regolamento 
illegittimo 
(beninteso 
con 
eguale 
fonte 
regolamentare) da 
parte 
dell�Amministrazione 
autrice 
della 
norma: 
T.A.r. Catania, sentenza 
4 luglio 
2012 n. 1666, (con il 
rilievo che 
la 
disposizione 
regolamentare 
illegittima 
per contrasto con una 
fonte 
superiore 
� 
automaticamente 
inefficace). A 
proposito della 
potest� 
di 
annullamento d�ufficio ad opera 
della 
P.A., si 
osserva 
che 
�Di 
regola nessuna specie 
di 
atti 
amministrativi 
pu� dirsi 
sottratta a tale 
misura, 
neppure 
quelli 
che 
contengono 
norme 
giuridiche 
come 
i 
regolamenti, 
gli 
statuti, 
ecc.�: 
in 
tal 
senso 
S. roMAno, voce 
annullamento degli 
atti 
amministrativi 
(voce 
aggiornata 
da 
G. MiElE), in Novissimo 
Digesto Italiano, i, 1957, p. 645. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


nella 
fattispecie 
dell�annullamento d�ufficio del 
regolamento non si 
applica 
la 
disciplina 
contenuta 
nell�art. 21 nonies 
l. n. 241/1990 (sull�annullamento 
d�ufficio del 
provvedimento) atteso che 
quest�ultima 
disposizione, nel 
richiedere 
oneri 
di 
motivazione 
ed oneri 
procedimentali, si 
applica 
ai 
�meri� 
provvedimenti; 
la 
disciplina 
contenuta 
nel 
citato articolo 21 nonies 
� 
estranea 
a 
quella 
tipica 
per il 
regolamento (artt. 3 comma 
2, 13 comma 
1 e 
24 comma 
1 lett. b l. n. 241/1990); 
la 
detta 
disciplina 
si 
applicher� 
nella 
sola 
evenienza 
del 
regolamento-provvedimento, ossia 
del 
regolamento che 
contenga 
disposizioni 
particolari e concrete, aventi diretta lesivit�. 


Esaltando 
-eminentemente 
-il 
carattere 
di 
norma 
giuridica 
del 
regolamento 
si 
potrebbe 
ritenere 
che 
la 
P.A. 
che 
ha 
adottato 
il 
regolamento 
pu� 
solo 
abrogarlo, 
non 
anche 
annullarlo; 
l�annullamento 
in 
autotutela 
del 
regolamento, 
determinando 
una 
caducazione 
con 
effetto 
ex 
tunc, 
avrebbe 
una 
portata 
retroattiva; 
portata 
retroattiva 
non 
collegabile, 
ex 
artt. 
10 
e 
11 
delle 
preleggi, 
al 
regolamento 
caducatorio. 
Sul 
punto 
si 
� 
enunciato 
che: 
�La 
giurisprudenza 
amministrativa 
ha 
pi� 
volte 
posto 
in 
rilievo 
che 
la 
regola 
di 
irretroattivit� 
dell� 
azione 
amministrativa 
� 
espressione 
dell�esigenza 
di 
garantire 
la 
certezza 
dei 
rapporti 
giuridici, 
oltrech� 
del 
principio 
di 
legalit� 
che, 
segnatamente 
in 
presenza 
di 
provvedimenti 
limitativi 
della 
sfera 
giuridica 
del 
privato 
(tali 
sono 
quelli 
introduttivi 
di 
prestazioni 
imposte), 
impedisce 
di 
incidere 
unilateralmente 
e 
con 
effetto 
�ex 
ante� 
sulle 
situazioni 
soggettive 
del 
privato 
(cfr. 
Cons. 
St., 
Sez. 
IV^, 
n. 
1317 
del 
07.03.2001; 
Sez. 
VI^, 
n. 
2045 
del 
01.12.1999; 
Sez. 
IV^, 
n. 
502 
del 
30.03.1998). 
Ulteriore 
limite 
alla 
retroattivit�, 
in 
presenza 
di 
statuizioni 
provvedimentali 
che 
rivestono 
valenza 
regolamentare 
in 
quanto 
dirette 
a 
trovare 
applicazione 
ripetuta 
nel 
tempo 
ad 
un 
numero 
indeterminato 
di 
fattispecie, 
discende 
dalla 
regola 
di 
irretroattivit� 
degli 
atti 
a 
contenuto 
normativo 
dettata 
dall�art. 
11 
delle 
disposizioni 
sulla 
legge 
in 
generale. 
Detta 
regola 
pu� 
ricevere 
deroga 
per 
effetto 
di 
una 
disposizione 
di 
legge 
pari 
ordinata 
e 
non 
in 
sede 
di 
esercizio 
del 
potere 
regolamentare 
che 
� 
fonte 
normativa 
gerarchicamente 
subordinata. 
Pertanto 
solo 
in 
presenza 
di 
una 
norma 
di 
legge 
che 
a 
ci� 
abiliti 
gli 
atti 
e 
regolamenti 
amministrativi 
possono 
avere 
efficacia 
retroattiva� 
(17). 


(17) Cos� 
Consiglio di 
Stato, sentenza 
9 settembre 
2008 n. 4301. Per A. CErri, voce 
regolamenti 
in Enciclopedia Giuridica Treccani, XXVi, 1991, p. 6 �il 
potere 
regolamentare 
� 
soggetto ai 
principi 
generali 
del 
diritto, 
[�]. 
Il 
regolamento, 
dunque, 
non 
pu� 
essere 
retroattivo, 
se 
non 
in 
casi 
�tipici� 
([...] 
cfr. Cons. St., sez. V, 4 agosto 1988, n. 396, in Foro amm. 1988, 1351, sulla retroattivit� di 
norme, a carattere 
generale, �di 
ordine 
pubblico� contenute 
in regolamento comunale). Sul 
principio di 
irretroattivit� 
la giurisprudenza � 
vastissima: cfr., ad es., Cons. St., sez. VI, 30 ottobre 
1981, n. 587, in Cons. St., 
1981, 1115�. inoltre 
sulla 
questione, nel 
parere 
del 
Servizio affari 
istituzionali 
e 
locali, polizia 
locale 
e 
sicurezza 
della 
regione 
Autonoma 
friuli 
Venezia 
Giulia 
prot. 39898/1.3.17 del 
19 dicembre 
2012, si 
enuncia: 
�I regolamenti 
con cui 
ciascuna P.a., in base 
ai 
principi 
generali 
fissati 
dalla legge, stabilisce 
le 
linee 
fondamentali 
dell'organizzazione 
dei 
propri 
uffici, sono atti 
organizzativi 
formalmente 
amministrativi 
a 
contenuto 
normativo. 
Il 
'ricambio' 
delle 
norme 
regolamentari 
avviene 
secondo 
le 
regole 
tipiche 
degli 
atti 
normativi, 
per 
abrogazione 
espressa 
o 
tacita 
operata 
da 
atti 
regolamentari 
successivi. 
L'abro

DoTTrinA 
221 


la 
tesi 
negante 
alla 
P.A. - sul 
rilievo della 
irretroattivit� 
degli 
atti 
a 
contenuto 
normativo - la 
potest� 
di 
annullare 
il 
regolamento non � 
accoglibile 
per 
concorrenti ragioni: 


-da 
un punto di 
vista 
tecnico-formale 
nessuna 
norma 
giuridica 
esclude 
la potest� della P.A. di annullare il regolamento illegittimo adottato; 
-specularmente 
a 
quanto da 
ultimo rilevato, da 
un punto di 
vista 
tecnico-
formale, nessuna 
norma 
giuridica 
prevede 
la 
potest� 
del 
giudice 
amministrativo 
di 
annullare 
il 
regolamento, ancorch� 
questa 
potest� 
costituisca 
un dato 
pacifico nell�esperienza 
giuridica. l�oggetto della 
cognizione 
del 
giudice 
amministrativo 
� 
l�esercizio 
(o 
il 
mancato 
esercizio) 
del 
potere 
amministrativo 
(artt. 
7, 
13, 
119,133, 
134 
e 
135 
D.l.vo 
2 
luglio 
2010 
n. 
104). 
Dall�ordinamento 
giuridico pu� evidenziarsi 
- sistematicamente 
- che 
il 
giudice 
amministrativo 
pu� 
conoscere 
anche 
dei 
regolamenti 
(art. 
13, 
comma 
4 
bis, 
D. 
l.vo 
104/2010) 
laddove 
si 
parla 
di 
�atti 
normativi�. Tuttavia, la 
ragione 
fondante 
della 
cognizione 
dei 
regolamenti 
in via 
giurisdizionale 
� 
la 
caratteristica 
della 
doppia 
natura 
di 
questi: 
la 
natura 
anche 
amministrativa 
dei 
regolamenti 
porta 
seco 
la 
conseguente disciplina; 
-l�oggetto del 
ricorso straordinario al 
Capo dello Stato pu� essere 
costituito 
anche 
dal 
regolamento (arg. ex 
art. 14, comma 
3, D.P.r. 24 novembre 
1971 n. 1199, ove 
si 
fa 
riferimento all��annullamento di 
atti 
amministrativi 
generali 
a contenuto normativo�), ancorch� 
non venga 
in rilievo un ricorso 
giurisdizionale, 
ma 
un 
rimedio 
giustiziale 
riconducibile 
all�annullamento 
in 
autotutela; 
-l�effetto 
ex 
tunc 
del 
regolamento 
che 
annulla 
un 
precedente 
regolamento 
viziato da 
illegittimit� 
non contrasta 
con il 
divieto di 
applicazione 
retroattiva 
delle fonti secondarie, ma costituisce un corollario della natura annullatoria; 


-il 
principio di 
economia 
dei 
mezzi 
giuridici 
e 
dell�economicit� 
dei 
procedimenti 
implica 
che 
la 
P.A., a 
fronte 
di 
un proprio regolamento illegittimo, 
pu� intervenire 
annullandolo -evitando il 
consolidarsi 
di 
falsi 
affidamenti 
senza 
attendere l�annullamento in sede giurisdizionale. 
l�affermazione, 
ricorrente 
in 
giurisprudenza 
ed 
in 
dottrina, 
circa 
il 
divieto 


gazione 
delle 
norme 
regolamentari 
e 
loro eventuale 
sostituzione 
o modifica pu� operare 
soltanto per 
il 
futuro, stante 
la ritenuta inidoneit�, in generale, della fonte 
regolamentare 
a porre 
disposizioni 
con efficacia 
retroattiva� 
(massima 
del 
parere); 
nella 
nota 
12 del 
citato parere 
si 
enuncia 
altres�: 
�Peraltro, si 
registra la posizione 
di 
una dottrina secondo cui, atteso che 
l'art. 21 nonies, L. n. 241/1990, a seguito 
della 
novella 
recata 
dalla 
L. 
11 
febbraio 
2005, 
n. 
15, 
prevede 
l'annullamento 
d'ufficio 
del 
'provvedimento 
amministrativo' 
illegittimo, 
entro 
un 
termine 
ragionevole, 
sussistendone 
le 
ragioni 
di 
interesse 
pubblico, 
e 
tenendo conto degli 
interessi 
dei 
destinatari 
e 
dei 
controinteressati, proprio il 
riferimento testuale 
al 
provvedimento sembrerebbe 
escludere 
l'applicabilit� della norma anche 
ai 
regolamenti. La stessa dottrina 
valuta, per�, che 
un approccio meno rigoroso potrebbe 
essere 
suggerito dalla posizione 
dei 
regolamenti 
a 'mezza via' 
tra la portata normativa del 
loro contenuto e 
la natura amministrativa di 
chi 
li 
emana e 
si 
pone 
possibilista su un'iniziativa dell'amministrazione 
per 
l'eliminazione 
del 
regolamento 
con effetto ex tunc (Luigi Cossu, cit., p. 5033)�. 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


di 
applicazione 
retroattiva 
di 
norme 
secondarie 
- con la 
conseguente 
unica 
vicenda 
abrogativa 
ex 
art. 15 preleggi 
- ha 
quale 
sfondo, quale 
presupposto implicito, 
un pregresso atto valido, ossia 
un atto non in contrasto con una 
fonte 
superiore. 


in altri 
termini: 
va 
riconosciuta 
alla 
P.A. - allorch� 
si 
acclari 
l�invalidit� 
di 
un regolamento - la 
potest� 
di 
intervenire 
in autotutela 
annullando il 
detto 
atto. 
Ad 
es.: 
una 
Amministrazione 
locale 
-in 
casi 
non 
ammessi 
dalla 
legge 
nazionale 
o 
dal 
CCnl 
del 
settore 
-adotta 
un 
regolamento 
con 
il 
quale 
attribuisce 
un emolumento ai 
propri 
dipendenti 
(18). una 
volta 
acclarata 
la 
vicenda, la 


P.A. decide 
di 
intervenire 
per ripristinare 
la 
legalit�. lo strumento dell�intervento 
non � 
certo una 
nuova 
norma 
regolamentare 
che 
abroga 
la 
precedente 
(con effetti 
ex 
nunc, determinante 
la 
validit� 
medio termine, con esposizione 
dell�Amministrazione 
ad una 
pretesa 
illegittima 
dei 
dipendenti), ma 
l�annullamento 
del pregresso (con effetti 
ex tunc). 
f) l�invalidit� 
della 
legge 
in contrasto con la 
Costituzione 
� 
pronunciata 
dalla 
Corte 
Costituzionale 
nel 
giudizio di 
costituzionalit�, tanto in via 
principale, 
quanto in via incidentale. 


Pu� 
una 
legge 
invalida, 
in 
contrasto 
con 
la 
Costituzione, 
essere 
dichiarata 
invalida 
- con il 
conseguente 
corollario della 
portata 
retroattiva 
- con una 
successiva 
legge? 


A 
nostro 
giudizio 
s�. 
le 
tecniche 
per 
conseguire 
questo 
risultato 
sono 
due: 


-legge 
che 
dispone 
la 
abrogazione 
della 
legge 
precedente 
con previsione 
espressa 
di 
retroattivit�. una 
tale 
previsione 
non cozza 
con nessun principio, 
anzi attua il rispetto della gerarchia delle fonti; 
-legge 
che 
dichiara 
invalida 
una 
precedente 
legge 
con esplicitazione 
del 
contrasto con la 
Costituzione. una 
tale 
legge 
ha 
una 
naturale 
portata 
retroattiva, 
a prescindere dalla espressa previsione di retroattivit�. 
la 
legge 
carente 
di 
vizi, quindi 
valida, pu� essere 
incisa 
dal 
legislatore 
a 
mezzo di 
legge 
successiva, ossia 
a 
mezzo dell�abrogazione 
(art. 15 preleggi), 
con effetto 
ex 
nunc 
(art. 11 preleggi) a 
meno che 
non sia 
disposta 
l�applicazione 
retroattiva. 
l�abrogazione 
� 
conseguibile 
anche 
tramite 
referendum 
abrogativo 
(art. 75 della Costituzione). 


g) 
in tutti 
i 
casi 
di 
contrasto di 
una 
qualsivoglia 
fonte 
inferiore 
a 
quella 
comunitaria 
con una 
fonte 
dell�unione 
Europea 
vi 
� 
una 
invalidit� 
della 
fonte 
sottordinata 
che 
determina 
la 
disapplicazione 
di 
questa. la 
disapplicazione 
� 
rilevabile da tutti gli operatori giuridici. 


inoltre 
l�autore 
della 
fonte 
inferiore 
potr� 
caducare 
quest�ultima. 
in 
tal 
modo 
si 
consegue 
anche 
la 
certezza 
delle 
relazioni 
giuridiche, 
eliminando 
una 
volta per tutte la fonte invalida. 


(18) Venendo in rilievo la 
materia 
dell�ordinamento civile 
(art. 117, comma 
2, lett. l 
della 
Costituzione) 
l�attribuzione normativa spetta in via esclusiva allo Stato. 

DoTTrinA 
223 


6. reviviscenza della norma abrogata. 
ove 
la 
disposizione 
abrogativa 
sia 
a 
sua 
volta 
abrogata 
da 
una 
successiva 
disposizione 
o dichiarata 
incostituzionale, l�originaria 
disposizione 
riacquista 
vigore, con effetto ex 
nunc. Ci� � 
una 
conseguenza 
della 
portata 
ex 
nunc 
del-
l�abrogazione. 

una 
legge 
disciplina 
una 
data 
materia; 
successivamente 
viene 
abrogata. 
l�abrogazione 
comporta 
che 
i 
rapporti 
svoltisi 
sotto 
l�imperio 
della 
legge 
abrogata 
restano 
validi; 
per 
il 
futuro 
-ossia 
dalla 
data 
di 
entrata 
in 
vigore 
della 
legge 
abrogatrice 
- i 
rapporti 
giuridici 
su quella 
data 
materia 
non sono pi� regolati 
dalla 
legge 
abrogata 
(saranno regolati 
dalla 
legge 
abrogatrice, ove 
contenga 
anche 
una 
nuova 
disciplina 
di 
quella 
data 
materia 
o da 
altra 
disciplina 
preesistente). 


ove 
la 
legge 
abrogatrice 
venga 
caducata, 
viene 
meno 
la 
relativa 
disciplina. 
Atteso 
che 
la 
disciplina 
riguardava 
la 
caducazione, 
la 
detta 
caducazione 
viene 
meno. Quindi 
si 
riapplica 
la 
originaria 
legge 
a 
far data 
dalla 
operativit� 
della 
caducazione 
(della 
legge 
abrogatrice) 
conseguente 
alla 
nuova 
abrogazione 
o alla dichiarazione di illegittimit� costituzionale. 


una 
conferma 
di 
tale 
principio 
si 
ricava 
dalla 
disposizione 
contenuta 
nell�art. 681 c.c. secondo cui 
�La revocazione 
totale 
o parziale 
di 
un testamento 
pu� essere 
a sua volta revocata sempre 
con le 
forme 
stabilite 
dall�articolo 
precedente. In tal caso rivivono le disposizioni revocate�. 

in 
senso 
contrario 
-nella 
evenienza 
di 
disposizione 
abrogativa 
a 
sua 
volta 
abrogata 
da 
una 
successiva 
disposizione 
-la 
Circolare 
della 
Presidenza 
del 
Consiglio 
dei 
Ministri 
2 
maggio 
2001, 
n.1/1.1.26/10888/9.92 
�Guida 
alla 
redazione 
dei 
testi 
normativi� 
la 
quale 
al 
punto 
3.5 
enuncia 
�Se 
si 
intende 
fare 
rivivere 
una 
disposizione 
abrogata 
non 
� 
sufficiente 
abrogare 
la 
disposizione 
abrogativa, 
ma 
occorre 
specificare 
espressamente 
tale 
intento, 
abrogando 
la 
norma 
abrogatrice 
e 
richiamando 
esplicitamente 
la 
norma 
abrogata; 
ovvero, 
pi� 
semplicemente, 
abrogando 
la 
norma 
abrogatrice 
e 
riproponendo 
ex 
novo 
la 
disposizione 
gi� 
oggetto 
di 
abrogazione. 
In 
ogni 
caso, 
la 
reviviscenza 
ha 
effetto 
ex 
nunc�. 


Poi, 
secondo 
la 
giurisprudenza 
costituzionale 
(19) 
-nella 
evenienza 
di 
disposizione 
abrogativa 
dichiarata 
incostituzionale 
-il 
fenomeno della 
reviviscenza 
delle 
disposizioni 
e 
degli 
atti 
normativi 
abrogati 
non 
opera 
in 
via 
generale 
ed 
automatica, 
ma 
solo 
in 
ipotesi 
circoscritte, 
tra 
cui 
la 
fattispecie 
dell�annullamento giurisdizionale 
di 
norma 
espressamente 
abrogativa, con la 
conseguenza 
che 
le 
disposizioni 
illegittimamente 
abrogate 
tornano ad avere 
vigore ed applicazione. 

non devono ritenersi 
accoglibili 
le 
argomentazioni 
a 
favore 
delle 
tesi 
limitanti 
la revivescenza della disposizione abrogata. 


(19) Cfr. Corte 
Costituzionale, sentenze 
27 giugno 2012 n. 162, 24 gennaio 2012 n. 13 e 
23 aprile 
1986 n. 108. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Difatti: 


-la 
reviviscenza, 
nella 
fattispecie 
in 
cui 
la 
rivisitazione 
venga 
effettuata 
dallo 
stesso 
autore 
dell�atto 
(abrogazione 
della 
disposizione 
abrogativa 
operata 
dall�autore 
di 
quest�ultima), 
� 
la 
conseguenza 
naturale 
degli 
atti 
delineati. 
lo 
specifico 
atto 
volitivo 
diretto 
ad 
abrogare 
una 
disposizione 
abrogatrice 
non 
ha 
alcun 
altro 
senso 
che 
quello 
di 
fare 
riespandere 
la 
forza 
della 
disposizione 
illo 
tempore 
abrogata; 
ove 
l�agente 
abbia 
un 
diverso 
intendimento 
deve 
esplicitarlo; 


-la 
reviviscenza, nella 
fattispecie 
di 
disposizione 
abrogativa 
dichiarata 
incostituzionale, � 
un effetto necessario della 
sentenza 
di 
illegittimit� 
costituzionale: 
la 
legge 
dichiarata 
incostituzionale 
� 
inidonea 
a 
produrre 
effetti 
in 
quanto 
viziata, 
sicch� 
consegue 
la 
permanenza 
in 
vigore 
della 
disposizione 
che la legge incostituzionale intendeva abrogare. 

DoTTrinA 
225 


Il sistema delle informative antimafia 
nei recenti arresti giurisprudenziali 


Alfonso Mezzotero* 
Salvatore Paolo Putrino Gallo** 


SOmmarIO: 
1. 
Premessa 
-2. 
Finalit� 
e 
ambito 
di 
applicazione 
-3. 
Profili 
procedimentali 
-4. 
Gli 
elementi 
sintomatici 
del 
tentativo 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
-4.1. 
I 
c.d. 
�reati 
spia� 
quali 
esemplificazione 
codicistica 
di 
fattispecie 
aperte. 
Gli 
elementi 
di 
precedenti 
informative 
e 
l�informativa antimafia c.d. �atipica� - 4.2. Le 
vicende 
dell�impresa e 
dei 
soggetti 
ad essa 
riconducibili 
-4.3. 
I 
rapporti 
di 
parentela 
-4.4. 
Le 
frequentazioni 
-5. 
L�attualit� 
del 
pericolo 
di 
infiltrazione 
mafiosa - 6. Profili 
processuali 
in materia di 
informative 
antimafia. La giurisdizione 
in 
materia 
di 
impugnazione 
del 
provvedimento 
prefettizio 
-6.1. 
(segue) 
Gli 
effetti 
dell�informativa antimafia sulla giurisdizione 
nelle 
controversie 
relative 
al 
recesso della stazione 
appaltante 
dal 
contratto 
gi� 
stipulato 
-6.2. 
(segue) 
Gli 
effetti 
dell�informativa 
antimafia 
sulla giurisdizione 
nelle 
controversie 
relative 
alla revoca dell�aggiudicazione 
- 6.3. (segue) 
La competenza - 6.4. (segue) 
Il rito applicabile - 7. Conclusioni. 


1. Premessa. 
il 
contenzioso 
in 
materia 
di 
documentazione 
antimafia 
assume 
particolare 
rilievo nella giustizia amministrativa. 

la 
documentazione 
antimafia 
� 
uno strumento connotato da 
una 
incisiva 
capacit� 
lesiva 
degli 
interessi 
imprenditoriali. Difatti, l�informazione 
interdittiva 
comporta 
uno stato di 
�incapacit� 
legale 
a 
contrarre� dell�impresa 
con le 
pubbliche 
amministrazioni, 
comportante 
non 
solo 
l�impossibilit� 
di 
partecipare 
alle 
gare 
d�appalto pubbliche 
(1) e 
l�obbligatorio recesso dai 
contratti 
gi� 
stipulati 
(2), ma 
anche 
l�esclusione 
o la 
decadenza 
da 
qualsiasi 
forma 
di 
erogazione 
di 
contributi 
pubblici. la 
comunicazione 
antimafia 
interdittiva, invece, 
impedisce 
che 
l�impresa 
attenzionata 
possa 
essere 
titolare 
di 
autorizzazioni 
o 
concessioni 
rilasciate 
dalla 
pubblica 
amministrazione. 
Tale 
bipartizione 
tra 
informazione 
antimafia 
e 
comunicazione 
antimafia, comunque, sembra 
stia 
venendo 
meno 
nelle 
volont� 
del 
legislatore. 
il 
tradizionale 
riparto, 
infatti, 
si 
� 


*) Avvocato dello Stato. 
(**) 
Dottore 
in 
Giurisprudenza, 
ammesso 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
distrettuale 
dello 
Stato di Catanzaro. 


(1) v. art. 94, comma 
1, d.lgs. 6 settembre 
2011, n. 159; 
si 
veda, anche, art. 80, d.lgs. 18 aprile 
2016, n. 50 (c.d. �nuovo Codice 
degli 
appalti 
e 
delle 
concessioni�), �motivi 
di 
esclusione�: 
�2. Costituisce 
altres� 
motivo di 
esclusione 
la sussistenza di 
cause 
di 
decadenza, di 
sospensione 
o di 
divieto previste 
dall�articolo 67 del 
decreto legislativo 6 settembre 
2011, n. 159 o di 
un tentativo di 
infiltrazione 
mafiosa 
di 
cui 
all'articolo 
84, 
comma 
4, 
del 
medesimo 
decreto. 
resta 
fermo 
quanto 
previsto 
dagli 
articoli 
88, comma 4-bis, e 
92, commi 
2 e 
3, del 
decreto legislativo 6 settembre 
2011, n. 159, con riferimento rispettivamente 
alle comunicazioni antimafia e alle informazioni antimafia�. 
(2) v. art. 94, comma 2, d.lgs. n. 159/2011; si veda, anche, art. 109, d.lgs. n. 50/2016. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


rilevato inadeguato 
�a fronte 
della sempre 
pi� frequente 
constatazione 
empirica 
che 
la mafia tende 
ad infiltrarsi, capillarmente, in tutte 
le 
attivit� economiche, 
anche 
quelle 
soggette 
a regime 
autorizzatorio� 
(3). la 
dicotomia 
tra 
informazione 
e 
comunicazione 
antimafia 
ha 
permesso alle 
associazioni 
mafiose 
di 
poter gestire, con imprese 
inquinate, attivit� 
economiche 
lucrose 
nei 
diversi 
settori 
dell�economia 
privata, �senza che 
l�ordinamento potesse 
efficacemente 
intervenire 
per 
contrastare 
tale 
infiltrazione, 
al 
di 
fuori 
delle 
ipotesi 
di 
comunicazioni 
antimafia emesse 
per 
misure 
di 
prevenzione 
definitive 
con 
effetto interdittivo� 
(4). 


Storicamente, 
l�interesse 
dell�ordinamento 
alla 
repressione 
del 
fenomeno 
mafioso, 
con 
particolare 
riguardo 
all�ambito 
socio-economico, 
risale 
alla 
l. 
31 
maggio 
1965, 
n. 
575, 
con 
la 
quale 
fu 
prevista 
la 
decadenza 
di 
diritto 
da 
licenze, 
concessioni 
e 
iscrizioni 
agli 
albi 
di 
appaltatori 
di 
opere 
o 
di 
forniture 
pubbliche 
per 
quei 
soggetti 
colpiti 
da 
una 
misura 
di 
prevenzione 
di 
cui 
alla 
l. 
27 
dicembre 
1956, 
n. 
1423 
(5). 
Tuttavia, 
anche 
a 
causa 
dell�allarme 
sociale 
venutosi 
a 
creare 
in conseguenza 
del 
continuo espandersi 
negli 
anni 
�70 del 
fenomeno mafioso, 
infine, culminato con le 
eccellenti 
stragi 
del 
decennio successivo, si 
cap� 
che 
la 
normativa 
citata 
non aveva 
sortito una 
grande 
efficacia, in quanto la 
sola 
decadenza 
dalle 
licenze 
gi� 
conseguite 
non impediva 
alla 
criminalit� 
organizzata 
di 
continuare 
ad acquisirne 
di 
nuove 
(6) e, di 
conseguenza, di 
continuare 
ad accrescere le proprie fonti lecite di approvvigionamento. 


Pertanto, 
prima, 
con 
la 
l. 
13 
settembre 
1982, 
n. 
646 
(c.d. 
�legge 
rognoni-
la 
Torre�) e, immediatamente 
dopo, con la 
l. 23 dicembre 
1982, n. 936, si 
introdusse, 
mediante 
la 
sostituzione 
dell�art. 
10 
l. 
n. 
575 
del 
1965, 
la 
prima 
disciplina 
procedimentale 
in materia 
di 
certificazione 
antimafia. A 
seguito di 
tali 
modifiche, con il 
novellato art. 10 cit. fu previsto che 
�ai 
fini 
dei 
procedimenti 
amministrativi 
concernenti 
le 
licenze, 
concessioni 
ed 
iscrizioni 
[�], 
nonch� 
della 
stipulazione 
ed 
approvazione 
dei 
contratti 
di 
appalto 
[�] 
e 
delle 
autorizzazioni 
dei 
subappalti 
e 
cottimi 
di 
opere 
riguardanti 
la pubblica amministrazione, 
[�] 
la certificazione 
di 
volta in volta occorrente 
circa la sussistenza 
o meno a carico dell�interessato di 
procedimenti 
o di 
provvedimenti 
per 
l�applicazione 
di 
una 
delle 
misure 
di 
prevenzione 
di 
cui 
all�articolo 
3 
della 
legge 
27 dicembre 
1956, n. 1423, [�] � 
rilasciata, su richiesta dell�amministrazione 
o 
dell�ente 
pubblico 
competente, 
dalla 
prefettura 
nella 
cui 
circoscrizione 
gli atti vengono perfezionati�. 

l�originaria 
impostazione 
dell�istituto in esame 
ha 
subito una 
profonda 


(3) in questi 
termini, Cons. St., sez. iii, 9 febbraio 2017, n. 565; 
conforme 
Cons. St., sez. iii, 7 
marzo 2017, n. 1080; 
id., 8 marzo 2017, n. 1109. 
(4) Idem. 
(5) P. PirruCCio, L�informativa antimafia prescinde 
dall�accertamento di 
fatti 
penalmente 
rilevanti, 
in Giur. merito, n. 2, 2009, Giuffr�, p. 504. 
(6) Idem. 

DoTTrinA 
227 


modifica 
con 
il 
d.lgs. 
8 
agosto 
1994, 
n. 
490, 
emanato 
in 
attuazione 
della 
legge 
delega 
n. 47 del 
17 gennaio 1994 (7), successivamente 
modificato dal 
d.P.r. 
3 giugno 1998, n. 252. 

la 
materia 
della 
documentazione 
antimafia, 
infine, 
� 
stata 
organicamente 
disciplinata 
dal 
d.lgs. 
6 
settembre 
2011, 
n. 
159 
(c.d. 
�Codice 
Antimafia
�), 
emanato 
in 
attuazione 
della 
delega 
di 
cui 
alla 
legge 
13 
agosto 
2010, 


n. 
136. 
Con 
quest�ultimi 
provvedimenti 
e 
con 
i 
successivi 
decreti 
correttivi 
al 
codice 
antimafia, 
il 
legislatore 
ha 
attribuito 
una 
portata 
maggiore 
alle 
informazioni 
antimafia, 
estendendone 
l�operativit� 
in 
ambiti 
in 
precedenza 
sconosciuti 
a 
questo 
istituto 
(8). 
nonostante 
la 
stratificata 
normativa 
in materia 
risulti, oggi, disciplinata 
dal 
citato d.lgs. n. 159/2011, sussiste 
ancora 
una 
certa 
complessit� 
nella 
valutazione 
del 
rischio di 
infiltrazione 
mafiosa, stante 
�l�insidiosa pervasivit� e 
mutevolezza 
del 
fenomeno 
mafioso� 
(9), 
nonch� 
la 
dimensione 
transnazionale 
delle 
attivit� 
imprenditoriali 
esercitate 
dalle 
diverse 
consorterie 
mafiose 
(10). 


2. Finalit� e ambito di applicazione. 
Con l�informazione 
antimafia 
il 
legislatore 
ha 
affiancato alle 
tradizionali 
misure 
di 
natura 
giurisdizionale 
uno strumento di 
natura 
amministrativa 
volto 
a 
rimuovere 
dal 
settore 
dei 
lavori 
e 
dei 
finanziamenti 
pubblici 
le 
imprese 
legate, 
anche indirettamente, ad organizzazioni mafiose (11). 

Stante 
la 
natura 
amministrativa 
dell�istituto, 
in 
materia 
di 
informazioni 
antimafia 
� 
riconosciuta 
al 
Prefetto 
un�ampia 
discrezionalit� 
tecnica 
(12) 
nel 
valutare 
se, 
sulla 
base 
del 
compendio 
istruttorio 
acquisito, 
sussista, 
nella 
fattispecie 
concreta, 
il 
�pericolo� 
che 
la 
gestione 
imprenditoriale 
sia 
condizionata 
da 
organizzazioni 
di 
stampo 
mafioso, 
o, 
addirittura, 
agevoli 
attivit� 
criminali 
(13). 


� 
ormai 
chiarito che 
l�informazione 
antimafia 
interdittiva 
non � 
finalizzata 
a 
punire, neanche 
in modo indiretto, una 
condotta 
penalmente 
rilevante, 
non 
avendo 
natura 
�nemmeno 
latamente 
sanzionatoria� 
(14), 
costituendo, 
diversamente, 
una 
misura 
volta 
alla 
salvaguardia 
dell�ordine 
pubblico 
econo


(7) 
S. 
ruSCiCA, 
Le 
informazioni 
prefettizie 
antimafia: 
natura 
e 
criticit�, 
in 
www.altalex.com, 
2009. 
(8) cfr. Cons. St., sez. iii, n. 565/2017; 
id., 7 marzo 2017, n. 1080; 
id., 8 marzo 2017, n. 1109. 
(9) Cons. St., sez. iii, 3 maggio 2016, n. 1743. 
(10) Cons. St., sez. iii, n. 565/2017. 
(11) M. MinniTi 
- f. MinniTi, Le 
mire 
dei 
clan sulle 
imprese 
pulite. Cos� 
lo Stato combatte 
le 
infiltrazioni, 
in Dir. e giust., n. 37, 2006, Giuffr�, p. 105. 
(12) cfr. G. SiGiSMonDi, Il 
sindacato sulle 
valutazioni 
tecniche 
nella pratica delle 
Corti, in riv. 
trim. dir. pubbl., n. 2, 2015, Giuffr�, p. 705. 
(13) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1330, secondo cui 
�un�ampia potest� 
discrezionale 
(�: 
n.d.r.) 
attribuita all�organo istruttore, cui 
spettano i 
compiti 
di 
polizia e 
di 
mantenimento 
dell�ordine 
pubblico, in relazione 
alla ricerca ed alla valutazione 
degli 
elementi 
da cui 
poter 
desumere eventuali connivenze e collegamenti di tipo mafioso�. 
(14) in questo senso, Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


mico, 
della 
libera 
concorrenza 
tra 
le 
imprese 
e 
del 
buon 
andamento 
della 
Pubblica 
Amministrazione (15). 


Con gli 
strumenti 
attribuiti 
ai 
fini 
dell�accertamento di 
tentativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
(16), 
il 
Prefetto, 
esaminando 
l�affidabilit� 
dell�imprenditore, 
valuta 
la 
possibilit� 
che 
lo stesso possa 
essere 
titolare 
di 
rapporti 
contrattuali 
con 
le 
pubbliche 
Amministrazioni 
o 
degli 
altri 
titoli 
abilitativi 
individuati 
dalla 
legge (17). 


l�ampia 
discrezionalit� 
attribuita 
all�organo 
prefettizio 
comporta 
una 
serie 
di 
risvolti 
sia 
nell�attivit� 
volta 
all�emissione 
del 
provvedimento interdittivo, 
sia 
nella 
valutazione 
degli 
elementi 
idonei 
a 
ritenere 
sussistente 
un 
tentativo di infiltrazione mafiosa nell�impresa attenzionata. 


Anche 
a 
seguito della 
recente 
approvazione 
del 
nuovo codice 
appalti, indubbia 
rilevanza 
acquistano gli 
appalti 
c.d. �sotto soglia� (18), costituenti 
in 
ambito applicativo la 
gran parte 
dei 
contratti 
pubblici 
stipulati 
dalle 
stazioni 
appaltanti. A 
tal 
proposito, il 
nuovo codice 
dei 
contratti 
pubblici 
e 
delle 
concessioni 
(d.lgs. 
18 
aprile 
2016, 
n. 
50), 
positivizzando 
un 
orientamento 
di 
natura 
pretoria, 
agli 
artt. 
35 
e 
36 
prevede, 
in 
sostanza, 
che 
le 
norme 
riguardanti 
i 
contratti 
oltre 
soglia 
si 
applicano 
anche 
ai 
contratti 
sotto 
soglia 
nei 
settori 
ordinari, 
salvo deroghe e specificazioni espressamente previste (19). 

� 
possibile, quindi, trovare 
anche 
un appiglio all�orientamento gi� 
consolidato 
in 
giurisprudenza 
secondo 
cui 
il 
Prefetto 
pu� 
interdire 
un�impresa 
dai 
rapporti 
con le 
pubbliche 
amministrazioni 
anche 
nel 
caso in cui 
l�informativa 
venga 
richiesta 
in 
ipotesi 
di 
contratti 
�sotto 
soglia�. 
Sul 
punto, 
si 
� 
chiarito 
che 
�la circostanza che 
la normativa de 
qua sancisca l�obbligo di 
acquisire 
l�informazione 
esclusivamente 
nel 
caso di 
appalti 
di 
importo superiore 
alla 
soglia di 
rilevanza comunitaria non vale 
a fondare 
la tesi 
contraria relativamente 
agli 
appalti 
sotto soglia, per 
i 
quali, pertanto, l�informazione 
deve 
ritenersi 
valida� 
(20). in altri 
termini, pur non essendo previsto un obbligo di 


(15) 
cfr. 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
12 
ottobre 
2016, 
n. 
4230; 
conforme, 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
10 
ottobre 
2016, n. 4170; 
id., 29 settembre 2016, n. 4030; 
id., 9 maggio 2016, n. 1846. 
(16) Sui poteri d�accesso e di accertamento, si veda art. 93, d.lgs. n. 159/2011. 
(17) cfr., da ultimo, Cons. St., sez. iii, 10 marzo 2017, n. 1131. 
(18) v. art. 36, d.lgs. n. 50/2016 (c.d. �nuovo Codice 
degli 
appalti 
e 
delle 
concessioni�). Al 
riguardo, 
anche, 
f. 
MAnGAnAro, 
Soglie 
di 
rilevanza 
comunitaria 
nel 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
in 
Urb. 
app., n. 8/9, 2016, ipsoa, p. 948 ss. 
(19) 
r. GArofoli 
- G. fErrAri, manuale 
di 
Diritto amministrativo, 2016, nel 
Diritto Editore, p. 
1301. 
(20) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 377, ove 
si 
aggiunge 
che: 
�si 
tratta 
infatti 
di 
una legittima prerogativa della p.a., sebbene 
l�obbligo in argomento non sussista normativamente 
per 
gli 
appalti 
cc.dd. sotto soglia (Cons. Giust. amm., 17 gennaio 2011, n. 26), sicch� 
legittimamente 
l�amministrazione 
pu� 
richiedere 
anche 
per 
essi 
le 
opportune 
informazioni 
antimafia 
al 
Prefetto. 
N� 
valgono ad accreditare 
la diversa tesi 
interpretativa, considerazioni 
di 
politica legislativa o di 
una 
presunta 
maggior 
efficienza 
dell�organizzazione 
amministrativa, 
che 
non 
trovano 
fondamento 
nel 
diritto 
positivo, 
specialmente 
a 
fronte 
della 
necessit� 
di 
contrastare 
le 
infiltrazioni 
mafiose, 
sempre 
pi� 
frequenti 

DoTTrinA 
229 


acquisizione 
dell�informazioni 
antimafia 
nei 
contratti 
sotto soglia, nulla 
osta 
alla 
richiesta 
dell�Amministrazione 
o 
della 
stazione 
appaltante 
di 
informazioni 
relative all�impresa con la quale andr� a contrarre. 

l�ambito 
di 
applicazione 
dell�informativa 
antimafia, 
a 
seguito 
dell�introduzione 
dell�art. 
89-bis, 
d.lgs. 
n. 
159/2011 
(21), 
risulta, 
oggi, 
molto 
pi� 
ampio. 


il 
sistema 
di 
repressione 
del 
fenomeno mafioso nel 
tessuto economico, 
tradizionalmente, era 
strutturato su un sistema 
parallelo: 
le 
infiltrazioni 
mafiose 
nel 
tessuto 
economico 
pubblico 
erano 
escluse, 
in 
via 
amministrativa, 
con 
lo strumento della 
documentazione 
antimafia; 
mentre, la 
repressione 
del 
medesimo 
fenomeno nell�economia 
privata 
era 
per lo pi� attribuita 
alla 
funzione 
giudiziaria. 
Tuttavia, 
lo 
Stato 
ha 
riconosciuto 
l�esistenza 
di 
un 
intreccio 
tra 
economia 
pubblica 
ed 
economia 
privata 
tanto 
profondo 
da 
dover 
ormai 
ritenere 
irrilevante 
e 
inidonea 
la 
distinzione 
tra 
i 
due 
concetti 
nel 
circoscrivere 
il 
fenomeno 
mafioso, 
soprattutto 
in 
alcuni 
settori 
quali 
quelli 
dell�edilizia, 
dello 
smaltimento 
dei 
rifiuti 
o 
del 
trasporto 
di 
materiali 
in 
discarica 
(22). 
Di 
conseguenza, 
come 
sopra 
rilevato, anche 
la 
distinzione 
tra 
comunicazione 
e 
informazione 
antimafia � ormai risultata obsoleta. 


Con lo strumento di 
cui 
all�art. 89-bis, d.lgs. n. 159/2011, pertanto, il 
legislatore 
ha 
previsto che 
l�ufficio prefettizio, all�esito di 
una 
richiesta 
di 
documentazione 
antimafia, 
ove 
ravvisi 
l�esistenza 
di 
un 
tentativo 
di 
infiltrazione 
mafiosa, dovr� 
emettere 
(23) un�informativa 
antimafia 
che 
�tiene 
luogo della 
comunicazione antimafia richiesta�. 


l�art. 
89-bis 
cit., 
quindi, 
in 
primo 
luogo, 
ha 
ampliato 
l�ambito 
di 
applicazione 
dell�informazione 
antimafia 
ai 
regimi 
amministrativi 
a 
carattere 
autorizzatorio 
(24), 
come, 
ad 
esempio, 
quello 
sottoposto 
a 
S.C.i.A. 
(25), 
in 
precedenza 
oggetto 
della 
comunicazione 
antimafia; 
in 
secondo 
luogo, 
ha 
aperto 
uno 
spiraglio 
di 
accesso 
alle 
attivit� 
economiche 
private 
dello 
strumento 
interdittivo, 
in 
passato, 
relegato 
alle 
sole 
attivit� 
economiche 
pubbliche. 


e 
insidiose 
anche 
negli 
appalti 
di 
modesto 
valore 
economico. 
In 
altre 
parole 
la 
presenza 
di 
una 
situazione 
di 
obbligo e, quindi, di 
doverosit� della richiesta per 
appalti 
superiori 
alla soglia, non esclude 
la situazione 
giuridica di 
facolt� o di 
potere 
della pubblica amministrazione 
in relazione 
alla richiesta in questione. 
Del 
tutto 
legittima, 
pertanto, 
� 
la 
richiesta 
di 
informazioni 
antimafia 
da 
parte 
della 
stazione 
appaltante 
al 
Prefetto, anche 
per 
gli 
appalti 
cc.dd. sottosoglia (Cons. St. 3874/2014), come 
del 
tutto legittimo 
� 
il 
rilascio 
di 
informazioni 
da 
parte 
del 
Prefetto 
circa 
il 
possibile 
rischio 
di 
infiltrazioni 
mafiose 
anche 
nelle 
imprese 
concorrenti 
a 
tali 
appalti�; 
da 
ultimo, 
cfr. 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
20 
luglio 
2016, 
n. 
3300. 


(21) 
inserito 
dall�art. 
2, 
comma 
1, 
lett. 
d), 
d.lgs. 
13 
ottobre 
2014, 
n. 
153 
(c.d. 
�correttivo 
al 
codice 
antimafia�). 
(22) Idem. Cons. St., sez. iii, n. 565/2017; 
id., n. 1080/2017. 
(23) Cons. St., sez. iii, n. 565/2017, ripresa, anche, da 
Cons. St., sez. iii, n. 1080/2017, diversamente, 
ritiene 
che 
l�emissione 
dell�informativa 
in luogo della 
comunicazione 
antimafia 
di 
cui 
all�art. 
89-bis, d.lgs. n. 159/2011, costituisca una facolt� e non un obbligo del Prefetto. 
(24) Cons. St., sez. iii, n. 565/2017; 
id., n. 1080/2017. 
(25) cfr., T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 27 febbraio 2017, n. 309. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


3. Profili procedimentali. 
Quanto 
agli 
aspetti 
procedimentali, 
l�istruttoria 
si 
concretizza 
nell�acquisizione 
da 
parte 
del 
Prefetto di 
tutte 
le 
informazioni 
di 
cui 
le 
Autorit� 
di 
pubblica 
sicurezza 
sono 
in 
possesso, 
al 
fine 
di 
un�obiettiva 
valutazione 
sulla 
possibilit� 
di 
un 
eventuale 
utilizzo 
distorto 
dei 
finanziamenti 
pubblici 
destinati 
ad iniziative 
private 
o delle 
risorse 
pubbliche 
devolute 
al 
settore 
degli 
appalti 
pubblici (26). 


Stante 
la 
natura 
di 
provvedimento preventivo, esigenze 
di 
celerit� 
e 
di 
riservatezza 
consentono 
di 
limitare 
la 
partecipazione 
del 
privato 
all�attivit� 
istruttoria 
volta 
all�emissione 
dell�informativa 
interdittiva. Da 
tale 
presupposto, 
la 
giurisprudenza 
giustifica 
l�insussistenza 
in capo all�ufficio prefettizio 
di 
un 
obbligo 
di 
comunicazione 
dell�avvio 
del 
procedimento 
ex 
art. 
7, 
l. 
7 
agosto 
1990, n. 241 (27). Gi� 
in vigenza 
dell�abrogato d.P.r. 3 giugno 1998, n. 
252, 
con 
riferimento 
al 
procedimento 
di 
aggiornamento 
delle 
informative 
oggi 
previsto dall�art. 91, comma 
5, d.lgs. n. 159/2011 -, il 
medesimo obbligo 
� 
escluso nel 
caso di 
procedimento attivato su iniziativa 
di 
parte, con la 
conseguenza 
che 
� 
precluso 
alla 
parte 
istante 
lamentare 
la 
mancata 
comunicazione 
dell�avvio del procedimento cui ha dato impulso (28). 


nel 
corso 
dell�istruttoria, 
l�Amministrazione 
procedente 
potr� 
valutare 
il 
rischio 
di 
inquinamento 
mafioso 
secondo 
il 
criterio 
del 
�pi� 
probabile 
che 
non�, 
�alla 
luce 
di 
una 
regola 
di 
giudizio 
che 
ben 
pu� 
essere 
integrata 
da 
dati 
di 
comune 
esperienza, evincibili 
dall�osservazione 
dei 
fenomeni 
sociali, qual 
�, anzitutto, anche 
quello mafioso� 
(29), non essendo necessario raggiungere 
il massimo grado di certezza probatoria tipico della logica penalistica (30). 

Sulla 
valutazione 
degli 
elementi 
raccolti 
in sede 
istruttoria, � 
chiarito che 
gli 
stessi 
dovranno 
essere 
valutati 
organicamente, laddove 
�una 
visione 
�parcellizzata
� di 
un singolo elemento, o di 
pi� elementi, non pu� che 
far 
perdere 
ciascuno 
di 
essi 
la 
sua 
rilevanza 
nel 
suo 
legame 
sistematico 
con 
gli 
altri� 
(31), 
potendo acquistare 
rilevanza 
le 
relazioni 
di 
polizia 
contenenti 
elementi 
di 
si


(26) E. lEoTTA, I poteri 
certificativi 
del 
Prefetto quali 
strumenti 
di 
contrasto alla criminalit� organizzata: 
inquadramento sistematico ed aspetti problematici, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(27) 
in 
questo 
senso, 
T.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
i, 
23 
maggio 
2016, 
n. 
1078; 
id., 
15 
settembre 
2016, 
n. 
1804, 
secondo 
cui 
�riguardo 
all�informazione 
antimafia, 
ai 
fini 
dell�emissione 
di 
essa 
non 
� 
richiesta 
alcuna 
comunicazione 
di 
avvio, 
a 
causa 
delle 
esigenze 
di 
celerit� 
che 
derivano 
dal 
carattere 
sostanzialmente 
cautelare 
di 
tale 
provvedimento 
e 
della 
necessaria 
riservatezza 
delle 
attivit� 
alla 
base 
di 
esso�. 
(28) A. MEzzoTEro, Le 
informative 
prefettizie 
antimafia: natura, tipologie 
ed effetti 
interdittivi, 
in Giur. merito, 4, 2009, Giuffr�, p. 1093. Per una 
definizione 
di 
�aggiornamento�, si 
v. anche 
f. CAM-
Polo, 
Il 
procedimento 
di 
�aggiornamento� 
dell�informazione 
antimafia 
interdittiva: 
effetti 
e 
natura 
dell�atto, in lexitalia.it. 
(29) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016; Cons. St, sez. iii, n. 1743/2016. 
(30) Idem; cfr., anche, Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 
(31) Idem. 

DoTTrinA 
231 


cura 
valenza 
indiziaria 
(32), o, anche, le 
dichiarazioni 
rese 
da 
�collaboratori 
di giustizia� nel corso di un procedimento penale (33). 

Sul 
punto, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha, 
inoltre, 
ritenuto 
che 
�la 
valutazione 
del 
provvedimento 
prefettizio 
si 
pu� 
ragionevolmente 
basare 
anche 
su 
un 
solo 
indizio, 
che 
comporti 
presunzione, 
qualora 
essa 
sia 
ritenuta 
di 
tale 
precisione 
e 
gravit� 
da 
rendere 
inattendibile 
gli 
elementi 
di 
giudizio 
ad 
essa 
contrari� 
(34). 


Dall�ampia 
discrezionalit� 
in 
materia 
di 
informazione 
interdittiva 
discende 
l�ulteriore 
corollario 
secondo 
cui 
il 
Prefetto 
non 
ha 
un 
obbligo 
di 
puntuale 
motivazione 
del 
provvedimento 
interdittivo, 
anche 
nel 
caso 
in 
cui 
l�istruttoria 
sia 
stata 
avviata 
su 
istanza 
di 
parte, 
come 
nel 
caso 
di 
richiesta 
di 
aggiornamento 
di 
una 
precedente 
informativa 
interdittiva 
(35). 
Al 
riguardo, 
si 
� 
chiarito 
che 
l�informazione 
interdittiva 
risulta 
sufficientemente 
motivata 
qualora 
dall�esame 
del 
provvedimento 
sia 
percepibile 
il 
percorso 
motivazionale 
attraverso 
cui 
l�Amministrazione 
procedente 
� 
giunta 
alla 
determinazione 
assunta 
(36), 
risultando 
idonea 
anche 
una 
motivazione 
per 
relationem, 
�se 
gli 
atti 
richiamati 
nel 
provvedimento 
prefettizio, 
emessi 
da 
organi 
giudiziari 
o 
amministrativi, 
gi� 
contengono 
specifiche 
valutazioni 
degli 
elementi 
emersi� 
(37). 


(32) Cons. St., sez. iii, 22 marzo 2017, n. 1321. 
(33) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 19 febbraio 2016, n. 355, ove 
sono state 
ritenute 
sufficienti 
�a rendere 
ragionevole 
ed attendibile 
la valutazione 
prognostica del 
�pericolo� 
(e 
non di 
esistenza 
certa) 
del 
condizionamento 
mafioso 
dell�attivit� 
di 
impresa� 
le 
dichiarazioni 
rese 
da 
un 
collaboratore 
di 
giustizia 
nel 
corso 
di 
un 
procedimento 
penale 
estraneo 
al 
soggetto 
attenzionato 
dal 
provvedimento 
interdittivo. 
(34) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 
(35) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 2 novembre 
2016, n. 2069, ove, nel 
caso di 
specie, la 
societ� 
ricorrente, tra 
i 
diversi 
motivi 
di 
impugnazione 
dell�informazione 
interdittiva 
emessa 
a 
seguito 
dell�istanza 
di 
riesame 
di 
un 
precedente 
provvedimento 
prefettizio, 
ha 
dedotto 
l�assenza 
di 
una 
puntuale 
valutazione del Prefetto sulle argomentazioni svolte dalla medesima nel corso dell�istruttoria. 
(36) Idem. 
(37) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 16 giugno 2016, n. 1282, ove 
si 
chiarisce 
che 
�qualora i 
fatti 
riportati 
e 
valutati 
nelle 
indagini 
antimafia risultino chiari 
ed evidenti 
o quanto meno altamente 
plausibili 
(ad es. perch� 
risultanti 
da articolati 
provvedimenti 
dell�autorit� giudiziaria o da relazioni 
ben fatte 
nel 
corso del 
procedimento), il 
provvedimento prefettizio, che 
in tali 
casi 
assume 
quasi 
un carattere 
vincolato nell�ottica del 
legislatore, si 
pu� anche 
limitare 
a rimarcare 
la loro sussistenza, provvedendo 
di 
conseguenza; ove 
invece 
i 
fatti 
emersi 
nel 
corso del 
procedimento risultino in qualche 
modo 
marcatamente 
opinabili, 
e 
si 
debbano 
effettuare 
collegamenti 
e 
valutazioni, 
il 
provvedimento 
prefettizio 
deve 
motivatamente 
specificare 
quali 
elementi 
ritenga rilevanti 
e 
come 
essi 
si 
leghino tra loro; in altri 
termini, 
se 
gli 
atti 
richiamati 
nel 
provvedimento 
prefettizio, 
emessi 
da 
organi 
giudiziari 
o 
amministrativi, 
gi� 
contengono 
specifiche 
valutazioni 
degli 
elementi 
emersi, 
il 
provvedimento 
prefettizio 
si 
pu� 
intendere 
sufficientemente 
motivato 
per 
relationem, 
anche 
se 
fa 
ad 
essi 
riferimento; 
viceversa, 
se 
gli 
atti 
richiamati 
contengono 
una 
sommatoria 
di 
elementi 
eterogenei 
non 
ancora 
unitariamente 
considerati 
(ad 
es., 
perch� 
si 
sono 
susseguite 
relazioni 
delle 
Forze 
dell�ordine 
indicanti 
meri 
dati 
di 
fatto), 
spetta 
al 
provvedimento 
prefettizio valutare tali elementi eterogenei�. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


4. Gli elementi sintomatici del tentativo di infiltrazione mafiosa. 
una 
volta 
definiti 
la 
finalit�, l�ambito di 
applicazione 
e 
i 
profili 
procedi-
mentali 
dell�informazione 
antimafia, appare 
utile 
rassegnare 
i 
principali 
elementi 
ritenuti, 
in 
giurisprudenza, 
sintomatici 
del 
tentativo 
di 
infiltrazione 
mafiosa nell�impresa. 

4.1. I c.d. �reati 
spia� quali 
esemplificazione 
codicistica di 
fattispecie 
aperte. 
Gli 
elementi 
di 
precedenti 
informative 
e 
l�informativa 
antimafia 
c.d. 
�atipica�. 
nel 
giudizio prognostico volto alla 
valutazione 
dell�affidabilit� 
dell�imprenditore 
nell�instaurazione 
di 
rapporti 
con la 
Pubblica 
Amministrazione, il 
Prefetto 
pu� 
�desumere� 
un 
tentativo 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
nell�impresa 
dall�esistenza 
di 
provvedimenti 
penali 
in 
ordine 
ai 
c.d. 
�reati 
spia� 
indicati 
dall�art. 84, comma 4, d.lgs. n. 159/2011. 

in tale 
ipotesi, il 
provvedimento giurisdizionale 
pu� essere 
valutato nel 
suo valore 
estrinseco, ma 
il 
Prefetto �deve 
nel 
contempo effettuarne 
un autonomo 
apprezzamento, 
nel 
suo 
contenuto 
intrinseco, 
delle 
risultanze 
penali, 
senza 
istituire 
un 
automatismo 
tra 
l�emissione 
del 
provvedimento 
cautelare 
in 
sede penale e l�emissione dell�informativa ad effetto interdittivo� 
(38). 


Sulla 
natura 
dell�art. 84, d.lgs. n. 159/2011, si 
� 
ribadito che 
�la norma 
di 
cui 
all�art. 84, comma 4, del 
d.lgs. n. 159/2011 indica le 
situazioni 
relative 
ai 
tentativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa che 
danno luogo all�adozione 
dell�informazione 
antimafia interdittiva, ma la relativa elencazione 
non ha la funzione 
di 
tipizzare 
in maniera tassativa fattispecie 
in cui 
pu� essere 
emesso un provvedimento 
interdittivo, 
come 
reso 
evidente 
dalla 
semplice 
lettura 
delle 
relative 
previsioni. 
accanto 
alle 
ipotesi 
di 
applicazione 
di 
misure 
cautelari, 
di 
condanna 
per 
determinati 
reati, di 
proposta di 
applicazione 
di 
misure 
di 
prevenzione, 
ve 
ne 
sono 
altre 
che 
sfuggono 
alla 
catalogazione 
quali 
fattispecie 
specifiche. 
Basti 
pensare 
alla 
previsione 
relativa 
agli 
accertamenti 
disposti 
dal 
prefetto 
anche 
avvalendosi 
dei 
poteri 
di 
accesso 
e 
di 
accertamento 
delegati 
dal 
ministro 
dell�Interno 
e 
agli 
accertamenti 
da 
effettuarsi 
in 
altra 
provincia� 
(39). 
in 
altri 
termini, 
le 
fattispecie 
elencate 
dall�art. 
84 
cit. 
non 
sono 
connotate 
dalla tassativit�, svolgendo una funzione meramente esemplificativa. 

Al 
riguardo, 
il 
Supremo 
Consesso 
di 
giustizia 
amministrativa 
ha 
esaustivamente 
chiarito 
che 
�gli 
elementi 
di 
inquinamento 
mafioso, 
ben 
lungi 
dal 
costituire 
un 
numerus 
clausus, 
assumono 
forme 
e 
caratteristiche 
diverse 
secondo 
i 
tempi, 
i 
luoghi 
e 
le 
persone 
e 
sfuggono, 
per 
l�insidiosa 
pervasivit� 
e 
mutevolezza, 
anzitutto 
sul 
piano 
sociale, 
del 
fenomeno 
mafioso, 
ad 
un 
preciso 
inquadramento. 
Quello 
voluto 
dal 
legislatore 
ben 
consapevole 
di 
questo, 
� 
dunque 
un 
catalogo 
aperto 
di 


(38) Cons. St., sez. iii, 2 marzo 2017, n. 982. 
(39) 
T.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
i, 
n. 
1078/2016, 
la 
quale 
riprende 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
n. 
1743/2016. 

DoTTrinA 
233 


situazioni 
sintomatiche 
del 
condizionamento 
mafioso� 
(40). 
Tale 
osservazione 
� 
in 
linea 
con 
la 
gi� 
evidenziata 
natura 
preventiva 
dello 
strumento 
interdittivo. 


in 
relazione 
alla 
natura 
delle 
fattispecie 
elencate 
dall�art. 
84 
cit., 
in 
giurisprudenza 
si 
sono 
affrontate 
ulteriori 
questioni 
attinenti 
sia 
ai 
rapporti 
tra 
informative 
antimafia 
c.d. 
�tipiche� 
(o 
interdittive) 
e 
informative 
antimafia 


c.d. 
�atipiche� 
o 
�supplementari� 
(o 
�aggiuntive�) 
(41), 
sia 
alla 
codificazione 
di 
fattispecie 
ante 
codice 
antimafia 
non 
tipizzate. 
Trattando 
unitamente 
i 
due 
aspetti, 
si 
� 
chiarito 
che 
non 
sussiste 
alcuna 
contraddittoriet� 
del-
l�azione 
amministrativa, 
qualora 
gli 
elementi 
posti 
a 
fondamento 
di 
un�informativa 
interdittiva 
siano 
i 
medesimi 
esaminati 
da 
una 
precedente 
informativa 
�atipica� 
(42), 
soprattutto 
nel 
caso 
in 
cui 
il 
mutato 
quadro 
normativo 
abbia 
tipizzato 
alcune 
fattispecie 
non 
previste, 
ma 
comunque 
valorizzate 
nel 
precedente 
provvedimento, 
attribuendo 
loro 
specifica 
e 
autonoma 
rilevanza 
ostativa 
(43). 
Profili 
di 
contraddittoriet� 
(rectius, 
illegittimit�) 
non 
si 
sono 
ravvisati 
neanche 
nella 
valorizzazione 
dei 
medesimi 
elementi 
posti 
a 
base 
di 
una 
precedente 
informativa 
annullata 
in 
sede 
giurisdizionale, 
il 
cui 
originario 
quadro 
indiziario risulta essere stato integrato nel corso della nuova istruttoria (44). 

(40) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 
(41) Per una definizione, in giurisprudenza, Cons. St., sez. iii, 31 dicembre 2014, n. 6465, in 
iusexplorer.it, con cui 
si 
chiarisce 
che 
�l�informativa antimafia c.d. atipica, a differenza di 
quella c.d. 
tipica, non ha carattere 
(direttamente) interdittivo, ma consente 
alla stazione 
appaltante 
l�attivazione 
di 
una valutazione 
discrezionale 
in ordine 
all�avvio o al 
prosieguo dei 
rapporti 
contrattuali, alla luce 
dell�idoneit� morale 
del 
partecipante 
alla gara di 
assumere 
la posizione 
di 
contraente 
con la Pubblica 
amministrazione, sicch� 
la sua efficacia interdittiva pu� eventualmente 
scaturire 
soltanto da una valutazione 
autonoma 
e 
discrezionale 
dell�amministrazione 
destinataria. 
In 
sostanza 
l�informativa 
antimafia 
atipica, 
ancorch� 
non 
sia 
priva 
di 
effetti 
nei 
confronti 
delle 
amministrazioni, 
non 
ne 
comprime 
integralmente 
le 
capacit� di 
apprezzamento, con la conseguenza che 
i 
provvedimenti 
di 
mantenimento o di 
risoluzione 
del 
rapporto devono essere 
comunque 
il 
frutto di 
una scelta motivata della stazione 
appaltante�. 
in dottrina, A. MEzzoTEro, op. cit., p. 1088 ss.; 
anche, r. AnTillo, La giurisdizione 
in materia 
di 
atti 
adottati 
in autotutela a seguito di 
certificazione 
antimafia a contenuto interdittivo. In particolare 
la revoca dei 
contributi. analisi 
in controtendenza, in www.diritto.it. 
Sulla 
sopravvivenza 
dell�istituto a 
seguito 
dell�entrata 
in 
vigore 
del 
d.lgs. 
n. 
159/2011, 
invece, 
B. 
MACrill�, 
Notazioni 
sulla 
supposta 
abrogazione dell�informativa antimafia atipica, in 
lexitalia.it. 
(42) cfr., da ultimo, Cons. St., sez. iii, n. 1321/2017. 
(43) 
cfr. 
T.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
i, 
n. 
2069/2016, 
ove, 
nel 
caso 
di 
specie, 
il 
Ministero 
dell�interno 
nelle 
proprie 
difese 
ha 
evidenziato 
come 
l�omessa 
denuncia 
all�Autorit� 
Giudiziaria 
del 
reato di 
estorsione 
ex 
art. 629 c.p., a 
seguito dell�entrata 
in vigore 
del 
codice 
antimafia, abbia 
acquistato 
autonoma 
rilevanza 
(v. art. 84, d.lgs. n. 159/2011). in particolare, l�omessa 
denuncia 
del 
reato era 
scaturita 
dalla 
falsa 
testimonianza 
dell�amministratore 
della 
societ� 
interdetta 
in un procedimento penale, 
il 
quale 
aveva 
dichiarato 
di 
aver 
consegnato 
una 
somma 
di 
denaro 
agli 
imputati 
a 
titolo 
di 
mutuo, 
invece 
che a consumazione del reato estorsivo. 
(44) 
cfr., 
da 
ultimo, 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
10 
novembre 
2016, 
n. 
4662, 
secondo 
cui 
�il 
fatto 
che 
alcuni 
[elementi: 
n.d.r.] 
siano stati 
considerati 
nell�interdittiva annullata perde 
rilievo una volta che 
gli 
stessi 
sono dedotti 
all�interno del 
nuovo quadro indiziario�. Cfr, anche, T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 
1078/2016. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


4.2. Le vicende dell�impresa e dei soggetti ad essa riconducibili. 
Costituiscono 
elementi 
idonei 
ai 
fini 
della 
valutazione 
del 
tentativo 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
nell�impresa 
le 
vicende 
penali, i 
procedimenti 
o processi 
penali 
che 
hanno attinto i 
titolari, i 
soci, gli 
amministratori, i 
direttori 
generali 


o 
i 
collaboratori 
dell�impresa, 
per 
uno 
dei 
�delitti 
spia� 
di 
cui 
all�art. 
84, 
d.lgs. 
n. 159/2011 (45). 
Al 
riguardo, 
in 
giurisprudenza 
� 
stata 
ritenuta 
legittima 
l�informazione 
interdittiva 
che 
abbia 
tenuto conto dell�esistenza 
di 
un procedimento penale 
nei 
confronti 
del 
revisore 
legale 
della 
societ� 
per il 
reato di 
riciclaggio di 
cui 
all�art. 
648-bis 
c.p. 
(46). 
rilevanza 
� 
stata 
attribuita, 
inoltre, 
al 
deferimento 
del 
socio 
accomandatario 
della 
societ� 
per 
alcuni 
dei 
�reati 
spia� 
(47), 
cos� 
come 
alla 
ricollegabilit� 
dei 
dipendenti 
dell�impresa 
a 
sodalizi 
criminali 
(48). 


Sui 
fatti 
posti 
a 
fondamento 
del 
provvedimento 
interdittivo, 
si 
� 
ritenuto 
che 
�possono 
essere 
anche 
non 
penalmente 
rilevanti 
o 
non 
costituire 
oggetto 
di 
procedimenti 
o 
di 
processi 
penali 
o, 
addirittura 
e 
per 
converso, 
possono 
essere 
gi� 
stati 
oggetto 
del 
giudizio 
penale, 
con 
esito 
di 
proscioglimento 
o 
di 
assoluzione� 
(49). 
in 
particolare, 
sulle 
pronunce 
di 
proscioglimento 
o 
di 
assoluzione, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
precisato 
che 
la 
loro 
rilevanza 
emerge 
qualora 
dalla 
motivazione 
della 
sentenza 
si 
desume 
un 
condizionamento 
mafioso 
dell�impresa, 
anche 
incolpevole, 
�che 
pregiudichi 
le 
libere 
logiche 
imprenditoriali� 
(50). 
in 
ogni 
caso, 
non 
� 
sufficiente 
che 
il 
ricorrente 
offra 
in 


(45) Si veda, anche, art. 85, d.lgs. n. 159/2011. 
(46) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 settembre 
2016, n. 1808, ove 
si 
� 
ritenuta 
priva 
di 
pregio la 
doglianza 
della 
societ� 
ricorrente 
relativa 
alla 
violazione 
del 
principio di 
irretroattivit� 
delle 
norme 
penali, dovuta 
alla 
valutazione 
delle 
vicende 
penali 
del 
revisore 
legale 
della 
societ� 
entrato in 
carica 
in una 
data 
antecedente 
alle 
modifiche 
apportate 
dal 
d.lgs. 15 novembre 
2012, n. 218 all�art. 85, 
d.lgs. n. 159/2011, che ha esteso le verifiche antimafia ai membri del collegio sindacale. 
(47) 
cfr. 
T.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
i, 
15 
aprile 
2016, 
n. 
791, 
ove, 
nel 
caso 
di 
specie, 
tra 
la 
�pluralit� 
di 
elementi 
che, 
considerati 
nella 
loro 
globalit�, 
costituiscono 
un 
quadro 
indiziario 
pi� 
che 
sufficiente 
a 
far 
ritenere 
la 
sussistenza 
di 
un 
condizionamento 
della 
societ� 
ricorrente 
da 
parte 
di 
organizzazioni 
malavitose� 
ha 
acquisito 
valore 
la 
circostanza 
del 
deferimento 
all�Autorit� 
Giudiziaria 
del 
socio 
accomandatario 
della 
societ�. 
Si 
osserva, 
comunque, 
che 
nel 
corso 
del 
giudizio, 
il 
T.A.r. 
ha 
ordinato 
all�ufficio 
prefettizio 
di 
riferire 
sullo 
sviluppo 
e 
sugli 
esiti 
del 
deferimento 
del 
socio 
accomandatario. 


(48) 
cfr. 
T.A.r. 
Calabria, 
sez. 
i, 
29 
giugno 
2016, 
n. 
1328, 
ove 
si 
riferisce 
che 
�la 
peculiare 
valenza 
indiziaria dello stretto rapporto parentale 
della ricorrente 
con appartenenti 
al 
sodalizio mafioso 
[�] 
� 
peraltro avvalorata dalla ulteriore 
circostanza che, tra i 
dipendenti 
assunti 
dalla azienda figuri 
un soggetto 
controindicato, 
a 
carico 
del 
quale 
sussistono 
precedenti 
di 
polizia 
per 
reati 
normalmente 
connessi 
a quello di 
associazione 
di 
stampo mafioso�; 
inoltre, id., n. 1282/2016 cit., in cui 
considerevole 
rilievo 
� 
stato attribuito alla 
circostanza 
relativa 
allo svolgimento, nel 
corso del 
tempo, di 
prestazioni 
di 
lavoro 
alle 
dipendenze 
della 
societ� 
ricorrente 
di 
soggetti 
legati 
da 
rapporti 
di 
parentela 
o 
di 
coniugio 
a 
soggetti 
ritenuti esponenti di spicco della consorteria insistente nel medesimo luogo ove ha sede l�impresa. 
(49) 
T.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
i, 
n. 
1330/2016; 
pi� 
esaustiva 
Cons. 
St., 
sez. 
iii, 
n. 
1743/2016 
secondo cui 
�le 
sentenze 
di 
proscioglimento o di 
assoluzione 
hanno una specifica rilevanza, ove 
dalla 
loro 
motivazione 
si 
desuma 
che 
titolari, 
soci, 
amministratori, 
direttori 
generali 
dell�impresa, 
pur 
essendo 
andati 
esenti 
da condanna, abbiano comunque 
sub�to, ancorch� 
incolpevolmente, un condizionamento 
mafioso che pregiudichi le libere logiche imprenditoriali�. 

DoTTrinA 
235 


giudizio 
solamente 
notizie 
di 
pronunce 
di 
proscioglimento, 
essendo 
necessario 
che 
lo 
stesso 
riesca 
a 
�dimostrare 
che 
l�emissione 
di 
esse 
possa 
implicare 
un 
vizio 
di 
manifesta 
illogicit� 
o 
contraddittoriet� 
o 
difetto 
di 
istruttoria� 
(51). 


Anche 
le 
vicende 
anomale 
dell�impresa 
possono essere 
sintomatiche 
di 
un 
tentativo 
di 
infiltrazione 
mafiosa. 
Costituiscono, 
infatti, 
elementi 
utili 
ai 
fini 
dell�emissione 
di 
interdittive 
antimafia 
le 
sostituzioni 
nella 
titolarit� 
delle 
imprese 
individuali 
o delle 
quote 
societarie, che 
possono rilevare 
quale 
�vicenda 
anomala 
nella 
formale 
struttura 
dell�impresa�, finalizzata 
ad eludere 
la 
normativa 
sulla 
documentazione 
antimafia, 
ovvero 
considerarsi 
quale 
�vicenda 
anomala 
nella 
concreta 
gestione 
dell�impresa� riconducibile, ad esempio, 
al fenomeno delle c.d. �teste di legno� (52). 

Tra 
le 
vicende 
anomale 
nella 
gestione 
dell�impresa 
sono 
da 
ricomprendere 
anche 
fenomeni 
di 
promiscuit� 
di 
forze 
umane 
e 
di 
mezzi 
o la 
sussistenza 
di 
collaborazioni 
con 
imprese 
a 
loro 
volta 
colpite 
da 
interdittive 
antimafia, 
la 
cui 
intensit� 
permette 
di 
considerare 
esistente 
una 
continuit� 
dell�impresa 
attenzionata 
con quella gi� interdetta (53). 

Tale 
orientamento 
deve 
essere 
coordinato 
con 
quanto 
disposto 
dall�art. 
95, d.lgs. n. 159/2011, secondo cui 
�se 
taluna delle 
situazioni 
da cui 
emerge 
un tentativo di 
infiltrazione 
mafiosa, di 
cui 
all�articolo 84, comma 4, ed all�articolo 
91, 
comma 
6, 
interessa 
un�impresa 
diversa 
da 
quella 
mandataria 
che 
partecipa ad un�associazione 
o raggruppamento temporaneo di 
imprese, 
le 
cause 
di 
divieto 
o 
di 
sospensione 
di 
cui 
all�articolo 
67 
non 
operano 
nei 
confronti 
delle 
altre 
imprese 
partecipanti 
quando la predetta impresa sia estromessa 
o 
sostituita 
anteriormente 
alla 
stipulazione 
del 
contratto. 
La 
sostituzione 
pu� 
essere 
effettuata 
entro 
trenta 
giorni 
dalla 
comunicazione 
delle 
informazioni 
del 
prefetto qualora esse 
pervengano successivamente 
alla stipulazione 
del contratto�. 


Anche 
in ipotesi 
di 
avvalimento di 
cui 
all�art. 89, d.lgs. n. 50/2016 �gli 
obblighi 
previsti 
dalla normativa antimafia a carico del 
concorrente 
si 
applicano 
anche 
nei 
confronti 
del 
soggetto ausiliario, in ragione 
dell�importo del-
l�appalto posto a base di gara�. 


infine, 
anche 
la 
commissione 
di 
atti 
intimidatori 
nei 
confronti 
di 
possibili 


(50) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 
(51) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1078/2016. 
(52) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 agosto 2016, n. 1659; 
anche, Cons. St., sez. iii, n. 
1743/2016. 
(53) cfr. T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 374, nella 
quale 
il 
T.A.r. ha 
ritenuto 
che 
�profili 
di 
gran lunga pi� significativi 
sono quelli 
inerenti 
i 
rapporti 
tra l�impresa del 
ricorrente 
e 
l�impresa 
dello 
zio 
[�], 
raggiunto 
da 
misure 
interdittive 
dovute 
a 
pericoli 
di 
infiltrazione 
mafiosa. 
Si 
tratta di 
rapporti 
molto stretti, al 
punto che 
le 
due 
imprese, almeno in alcune 
occasioni, hanno anche 
operato unitariamente 
nell�attivit� nel 
settore 
boschivo, con forme 
di 
collaborazione 
che 
si 
sono manifestate 
anche con l�utilizzazione comune di mezzi e attrezzature�. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


imprese 
concorrenti 
nella 
committenza 
pubblica 
(54) 
pu� 
costituire 
un 
sintomo 
di 
infiltrazione 
(rectius, di 
conduzione) mafiosa 
dell�impresa. Di 
contro, si 
� 
ritenuto che 
non possa 
costituire 
valida 
argomentazione 
caducatoria 
del 
provvedimento 
interdittivo 
il 
fatto 
che 
il 
titolare 
dell�impresa 
�sia 
stato, 
a 
suo 
tempo, vittima di 
intimidazioni, trattandosi 
di 
elementi 
che 
non escludono e 
non attenuano la possibilit� che 
l�impresa risulti, secondo la valutazione 
discrezionale 
del 
prefetto, soggetta al 
rischio di 
infiltrazioni 
da parte 
della criminalit� 
organizzata� 
(55). 


4.3. I rapporti di parentela. 
l�analisi 
dei 
rapporti 
di 
parentela 
costituisce 
sicuramente 
un 
elemento 
imprescindibile 
nella 
valutazione 
del 
pericolo 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
nel-
l�impresa. 


Tale 
indagine, 
infatti, 
acquista 
notevole 
rilevanza 
soprattutto 
nel 
territorio 
calabrese, ove, comՏ 
noto, le 
consorterie 
mafiose 
sono caratterizzate 
da 
una 
organizzazione 
su base 
parentale 
e 
dalla 
prevalente 
partecipazione 
alle 
stesse 
di soggetti facenti parte del medesimo nucleo familiare. 


Tuttavia, 
l�organo 
procedente 
deve 
prestare 
una 
particolare 
attenzione 
nella 
valutazione 
dei 
rapporti 
di 
parentela, al 
fine 
di 
non incorrere 
in vizi 
di 
eccesso 
di 
potere. 
infatti, 
� 
ormai 
consolidato 
il 
principio 
secondo 
cui 
dal 
mero 
rapporto 
di 
parentela 
non 
si 
pu� 
presumere 
che 
�il 
parente 
del 
mafioso 
sia 
anch�egli 
mafioso� 
(56), dovendo il 
Prefetto, di 
contro, valutare 
l�effettiva 
influenza, 
cointeressenza, copertura o solidariet� della famiglia nell�impresa. 


i rapporti 
di 
parentela 
tra 
titolari, soci, amministratori, direttori 
generali 
dell�impresa 
e 
familiari 
che 
siano 
esponenti, 
affiliati, 
organici 
o 
contigui 
a 
consorterie 
mafiosa, 
quindi, 
non 
rilevano 
sic 
et 
simpliciter, 
bens� 
qualora 
�tale 
rapporto, 
per 
la 
sua 
natura, 
intensit�, 
o 
per 
altre 
caratteristiche 
concrete, 
lasci 
ritenere, per 
la logica del 
�pi� probabile 
che 
non�, che 
l�impresa abbia 
una 
conduzione 
collettiva 
e 
una 
reg�a 
familiare 
(di 
diritto 
o 
di 
fatto, 
alla 
quale 
non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attivit� 
possano 
essere 
influenzate, 
anche 
indirettamente, 
dalla 
mafia 
attraverso 
la 
famiglia, 
o 
da 
un 
affiliato 
alla 
mafia 
mediante 
il 
contatto 
col 
proprio 
congiunto� 
(57). 
Pertanto, 
alcune 
circostanze 
obiettive 
quali 
la 
convivenza, 
la 
cointeressenza 
di 
interessi 
economici, 
il 
coinvolgimento 
in 
fatti 
anche 
che 
non 


(54) cfr. T.A.r. Calabria, sez. i, n. 791/2016, ove, oltre 
il 
rilievo gi� 
evidenziato nella 
nota 
n. 25, 
nella 
valutazione 
complessiva 
dei 
vari 
elementi 
posti 
a 
fondamento del 
provvedimento interdittivo, il 
T.A.r. ha 
ritenuto correttamente 
valorizzata 
anche 
la 
denuncia 
nei 
confronti 
di 
un dipendente 
e 
del 
titolare 
dell�impresa, per aver gli 
stessi 
esploso colpi 
d�arma 
da 
fuoco all�interno di 
una 
azienda 
concorrente, 
al fine di inibirla dalla partecipazione ad una gara pubblica. 
(55) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 30 marzo 2016, n. 575. 
(56) Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 
(57) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016, ove 
si 
richiama 
quanto gi� 
compendiato da 
Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 

DoTTrinA 
237 


abbiano dato luogo a 
condanne 
in sede 
penale, acquistano rilevanza 
nel 
giudizio 
prognostico cui � chiamata l�Amministrazione procedente. 


Sulla 
base 
di 
tale 
orientamento, si 
� 
considerato correttamente 
valutato il 
rapporto 
di 
filiazione 
della 
titolare 
di 
un�impresa 
con 
un 
soggetto 
ritenuto 
esponente 
di 
spicco 
della 
locale 
consorteria; 
circostanza 
avvalorata 
anche 
dall�assunzione 
alle 
dipendenze 
dell�impresa 
di 
alcuni 
familiari 
con 
precedenti 
per associazione di stampo mafioso (58). 

Si 
� 
ritenuto sintomo di 
infiltrazione 
mafiosa 
nell�impresa, anche, il 
rapporto 
di 
coniugio del 
titolare 
dell�impresa 
con un soggetto condannato �per 
tentata 
truffa 
in 
concorso 
ed 
inserita 
in 
un 
contesto 
familiare 
di 
cui 
fanno 
parte 
[�] soggetti ritenuti appartenenti a cosca di �ndrangheta� 
(59). 


4.4. Le frequentazioni. 
Anche 
la 
valutazione 
dei 
rapporti 
di 
frequentazione 
� 
connotata 
da 
una 
particolare 
difficolt� 
nell�indagine 
volta 
a 
verificare 
l�esistenza 
di 
infiltrazioni 
mafiose, soprattutto nell�ipotesi 
in cui 
l�impresa 
svolge 
la 
propria 
attivit� 
all�interno 
di un contesto sociale di modesta estensione. 


Sul 
punto, 
in 
giurisprudenza 
si 
� 
precisato 
che 
i 
rapporti 
di 
frequentazione, 
di 
conoscenza, di 
colleganza 
e 
di 
amicizia 
con soggetti 
raggiunti 
da 
provvedimenti 
penali 
o 
di 
prevenzione 
antimafia 
acquistano 
rilevanza 
qualora 
non 
siano 
frutto 
di 
casualit� 
o 
di 
necessit�. 
Di 
conseguenza, 
risultano 
correttamente 
valorizzabili 
i 
ripetuti 
contatti 
e/o le 
frequentazioni 
con soggetti 
riconducibili 
a 
sodalizi 
mafiosi, 
ovvero 
che 
risultino 
avere 
precedenti 
penali 
o 
che 
siano 
stati destinatari di misure di prevenzione (60). 


in 
tale 
ottica, 
ruolo 
fondamentale 
� 
svolto 
anche 
dalla 
consapevolezza 
del-
l�imprenditore 
di 
intrattenere 
frequentazioni 
con 
soggetti 
mafiosi 
o, 
per 
altro 
verso, 
�di 
porsi 
su 
una 
pericolosa 
linea 
di 
confine 
tra 
legalit� 
e 
illegalit�� 
(61). 


nella 
casistica 
affrontata 
dalla 
giurisprudenza, si 
sono ritenuti 
elementi 
idonei 
da 
cui 
desumere 
l�esistenza 
di 
un 
pericolo 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
i 
controlli 
effettuati 
dalle 
forze 
dell�ordine 
relativi 
a 
frequentazioni 
con precedenti 
per estorsione 
e 
ricettazione; 
la 
partecipazione 
a 
celebrazioni 
funebri 
di 
parenti 
di 
soggetti 
ritenuti 
elementi 
di 
spicco di 
famiglie 
mafiose 
e, per converso, 
a cerimonie funebri di soggetti mafiosi vittime di omicidio (62). 


5. L�attualit� del pericolo di infiltrazione mafiosa. 
una 
volta 
evidenziati 
i 
principali 
elementi 
indiziari 
idonei 
all�emissione 


(58) 
cfr. 
T.A.r. 
Calabria, 
Catanzaro, 
sez. 
i, 
n. 
1328/2016; 
cfr., 
anche, 
T.A.r. 
Calabria, 
reggio 
Calabria, sez. dist., 15 novembre 2016, n. 1134. 
(59) T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 14 novembre 2016, n. 1124. 
(60) in questo senso, cfr. Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 
(61) Idem. 
(62) cfr., T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1808/2016. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


del 
provvedimento interdittivo, risulta 
utile 
affrontare 
la 
questione 
dell�attualit� 
del pericolo di infiltrazione mafiosa. 


Al 
riguardo, si 
rileva 
che 
� 
ormai 
consolidato in giurisprudenza 
l�orientamento 
secondo cui 
� 
possibile 
desumere 
tentativi 
di 
ingerenza 
anche 
da 
indizi 
risalenti 
nel 
tempo, 
come 
controlli 
delle 
forze 
dell�ordine 
relative 
alle 
frequentazioni 
del 
titolare, dei 
soci 
o degli 
amministratori 
dell�impresa; 
pronunce 
emesse 
a 
seguito di 
procedimenti 
penali 
definitisi 
nel 
tempo; 
elementi 
mutuati 
da 
altri 
precedenti 
provvedimenti 
interdittivi. Tali 
indizi, per risultare 
la 
conseguente 
valutazione 
esente 
da 
vizi 
di 
eccesso di 
potere, devono essere 
attualizzati, 
risultando 
necessario 
che, 
all�esito 
dell�istruttoria, 
emerga 
��il 
filo 
rosso� che 
connette 
ad elementi 
concreti 
pi� antichi, altri 
dati 
istruttori 
pi� 
recenti� 
(63). 
Pertanto, 
gli 
elementi 
risalenti 
nel 
tempo, 
di 
per 
s�, 
non 
possono 
giustificare 
l�emissione 
di 
un provvedimento interdittivo, n� 
risultare 
idonei 
alla 
reiterazione 
dello stesso, ma 
possono costituire, di 
contro, un valido supporto 
nell�analisi 
del 
rinnovato quadro indiziario finalizzato ad accertare 
l�affidabilit� 
dell�impresa 
che 
intende 
intraprendere 
(o 
ha 
intrapreso) 
rapporti 
con 
la Pubblica 
Amministrazione. 


6. Profili 
processuali 
in materia di 
informative 
antimafia. La giurisdizione 
in 
materia di impugnazione del provvedimento prefettizio. 
Come 
sopra 
rilevato, l�esercizio del 
potere 
autoritativo (64) in materia 
di 
informazione 
antimafia 
� 
connotato 
da 
discrezionalit� 
tecnica 
dell�Autorit� 
procedente. 

Dunque, le 
valutazioni 
svolte 
dal 
Prefetto con il 
provvedimento interdittivo 
sono sindacabili 
in ordine 
ai 
soli 
profili 
di 
manifesta 
illogicit�, irragionevolezza 
e 
travisamento 
dei 
fatti 
(65), 
sia 
con 
lo 
strumento 
del 
ricorso 
straordinario 
al 
Presidente 
della 
repubblica 
sia 
innanzi 
al 
giudice 
amministrativo, 
in 
sede 
di 
giurisdizione 
generale 
di 
legittimit�, 
rimanendo, 
comunque, 
esclusa 
la 
possibilit� 
�di 
svolgere 
un 
sindacato 
pieno 
e 
assoluto 
sugli 
esiti 
della stessa� 
(66). 

6.1. 
(segue) 
Gli 
effetti 
dell�informativa 
antimafia 
sulla 
giurisdizione 
nelle 
controversie 
relative 
al 
recesso 
della 
stazione 
appaltante 
dal 
contratto 
gi� 
stipulato. 
(63) 
in 
questi 
termini, 
�relazione 
introduttiva 
del 
Presidente 
Vincenzo 
Salamone 
e 
dei 
magistrati 
Francesco Tallaro e 
Germana Lo Sapio in occasione 
dell�inaugurazione 
dell�anno giudiziario 2016�, 
in www.giustizia-amministrativa.it. 
Cfr., anche, Cons. St., sez. iii, 5 febbraio 2016, n. 463; 
T.A.r. Calabria, 
Catanzaro, sez. i, n. 1330/2016. 
(64) cfr. A. CErrETo, recesso della p.a. da un contratto di 
appalto di 
lavori 
pubblici 
per 
effetto 
di 
informativa antimafia e 
riparto di 
giurisdizione 
tra giudice 
ordinario e 
amministrativo, con osservazioni 
alla sentenza Cass. S.U. 29 agosto 2008 n. 21928 e 
spiragli 
di 
razionalizzazione 
del 
sistema di 
riparto 
sulla sorte del contratto, in www.giustizia-amministrativa.it. 
(65) cfr. Cons. St., sez. iii, 31 agosto 2016, n. 3754; anche Cons. St., sez. iii, n. 1131/2017. 
(66) T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, n. 1078/2016; Cons. St., sez. iii, n. 1743/2016. 

DoTTrinA 
239 


l�informazione 
antimafia 
interdittiva 
produce 
effetti 
anche 
riguardo 
al 
giudice 
chiamato a 
dirimere 
le 
controversie 
inerenti 
le 
patologie 
del 
rapporto. 

ComՏ 
noto, negli 
appalti 
pubblici, la 
giurisdizione 
in ordine 
alle 
controversie 
sorte 
successivamente 
alla 
stipula 
del 
contratto � 
attribuita 
al 
giudice 
ordinario; 
ci�, anche, nelle 
ipotesi 
di 
recesso 
ex 
art. 21-sexies, l. n. 241/1990, 
ove 
si 
ha 
l�esercizio 
di 
diritti 
potestativi 
ascrivibili 
all�autotutela 
di 
natura 
privatistica 
(67). 

Tuttavia, 
la 
regola 
su 
indicata 
viene 
meno 
qualora 
il 
recesso 
esercitato 
dalla 
stazione 
appaltante 
sia 
consequenziale 
all�emissione 
di 
una 
informativa 
antimafia. in questa 
fattispecie, le 
controversie 
in materia 
di 
recesso della 
p.a. 
sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo. 

Sul 
punto, 
la 
Corte 
di 
Cassazione, 
in 
sede 
di 
regolamento 
di 
giurisdizione, 
ha 
precisato che 
l�esercizio del 
recesso in esame 
ҏ 
espressione 
di 
un potere 
autoritativo di 
valutazione 
dei 
requisiti 
soggettivi 
del 
contraente, il 
cui 
esercizio 
� 
consentito anche 
nella fase 
di 
esecuzione 
del 
contratto dal 
D.P.r. n. 
252 del 
1998, art. 11, comma 2 
[oggi, dagli 
artt. 92, comma 
3, e 
94, comma 
2, 
d.lgs. 
n. 
159/2011: 
n.d.r.], 
e 
che 
attiene 
alla 
scelta 
del 
contraente 
stesso. 
Tale 
potere 
� 
estraneo alla sfera del 
diritto privato, a differenza del 
recesso 
previsto 
dalla 
L. 
20 
marzo 
1865, 
n. 
2248, 
art. 
345, 
all. 
F, 
(in 
relazione 
al 
quale 
spetta al 
Giudice 
ordinario verificarne 
la sussistenza dei 
presupposti: Cass. 


n. 10160/2003). Il 
recesso di 
cui 
si 
tratta, in altri 
termini, non trova fondamento 
in inadempienze 
verificatesi 
nella fase 
di 
esecuzione 
del 
contratto, ma 
� 
consequenziale 
all�informativa 
del 
Prefetto 
[�] 
e 
quindi 
� 
espressione 
di 
un 
potere 
di 
valutazione 
di 
natura 
pubblicistica 
diretto 
a 
soddisfare 
l�esigenza 
di 
evitare 
la costituzione 
o il 
mantenimento di 
rapporti 
contrattuali 
fra i 
soggetti 
indicati 
nel 
cit. 
D.P.r. 
art. 
1 
[ossia, 
le 
pubbliche 
amministrazioni, 
gli 
enti 
pubblici, gli 
enti 
e 
le 
aziende 
vigilati 
dallo Stato o da 
altro ente 
pubblico e 
le 
societ� 
o imprese 
comunque 
controllate 
dallo Stato o da 
altro ente 
pubblico: 
n.d.r.] 
e 
imprese 
nei 
cui 
confronti 
emergono 
sospetti 
di 
collegamenti 
con 
la 
criminalit� organizzata� 
(68). 
6.2. 
(segue) 
Gli 
effetti 
dell�informativa 
antimafia 
sulla 
giurisdizione 
nelle 
controversie 
relative alla revoca dell�aggiudicazione. 
la 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo insiste 
anche 
nelle 
ipotesi 
di 
revoca 
dell�aggiudicazione; 
perfino 
successivamente 
alla 
stipula 
del 
contratto. 

Al 
riguardo, si 
� 
chiarito che 
l�informativa 
antimafia 
interdittiva 
sopravvenuta 
in corso di 
esecuzione 
di 
un contratto gi� 
stipulato non costituisce 
una 
sopravvenienza 
che 
impedisce 
la 
prosecuzione 
del 
contratto, 
ma 
l�accerta


(67) cfr. Cons. St., sez. V, 22 maggio 2015, n. 2562. 
(68) in questi 
termini, Cass. civ., sez. un., 29 agosto 2008, n. 21928; 
conforme, Cass. civ., sez. 
un., 27 gennaio 2014, n. 1530. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


mento dell�incapacit� 
originaria 
del 
privato ad essere 
parte 
contrattuale 
della 
pubblica 
amministrazione 
(69). l�esercizio del 
potere 
di 
revoca 
dell�aggiudicazione, 
dunque, 
� 
stato 
ricondotto 
tra 
le 
ipotesi 
indicate 
dall�art. 
133, 
comma 
1, lett. e), n. 1, c.p.a., ai 
sensi 
del 
quale 
le 
controversie 
relative 
a 
procedure 
di 
affidamento di 
pubblici 
lavori, servizi 
e 
forniture 
sono attribuite 
alla 
giurisdizione 
esclusiva al giudice amministrativo (70). 


6.3. 
(segue) 
La competenza. 
Ai 
fini 
della 
definizione 
della 
competenza 
territoriale 
del 
giudice 
dell�impugnazione, 
preliminarmente, 
occorre 
accennare 
alle 
disposizioni 
(sostanziali) 
sulla competenza nell�emissione del provvedimento interdittivo. 


Ai 
sensi 
dell�art. 90, d.lgs. n. 159/2011, il 
Prefetto competente 
al 
rilascio 
dell�informazione 
antimafia 
� 
quello della 
provincia 
in cui 
le 
persone 
fisiche, 
le 
imprese, 
le 
associazioni 
o 
i 
consorzi 
risiedono 
o 
hanno 
la 
sede 
legale, 
ovvero 
quello 
della 
provincia 
in 
cui 
� 
stabilita 
una 
sede 
secondaria 
con 
rappresentanza 
stabile nel territorio dello Stato per le societ� estere. 


Ci� 
posto, 
nel 
caso 
di 
impugnazione 
del 
solo 
provvedimento 
interdittivo, 
il 
Tribunale 
Amministrativo 
regionale 
territorialmente 
competente 
per 
il 
giudizio 
sar� 
quello 
nella 
cui 
circoscrizione 
ha 
sede 
l�ufficio 
prefettizio, 
in 
ossequio 
al 
c.d. 
�criterio 
della 
sede 
dell�organo� 
di 
cui 
all�art. 
13, 
comma 
1, 
c.p.a. 
(71). 


la 
competenza 
territoriale 
come 
su 
individuata 
insiste, 
anche, 
nell�ipotesi 
in cui 
il 
ricorrente 
impugni 
congiuntamente 
il 
provvedimento prefettizio e 
i 
conseguenti atti applicativi. 

Al 
riguardo, l�Adunanza 
Plenaria 
del 
Consiglio di 
Stato ha 
chiarito che 
giudice 
competente 
sar� 
quello previsto per l�impugnazione 
del 
primo provvedimento; 
diversamente, 
�sulla 
medesima 
informativa 
antimafia 
potrebbe 
variamente 
radicarsi 
la competenza di 
diversi 
TT.aa.rr. Infatti, nel 
caso in 
cui 
il 
ricorrente 
impugni 
la sola informativa sarebbe 
territorialmente 
competente 
il 
Tar 
del 
luogo ove 
ha sede 
la Prefettura che 
ha adottato l�atto; se 
il 
ricorrente 
impugnasse 
contestualmente 
(o con motivi 
aggiunti), anche 
gli 
atti 
successivi 
adottati 
dalla 
stazione 
appaltante 
diventerebbe 
funzionalmente 
competente 
il 
Tar 
del 
luogo 
ove 
ha 
sede 
tale 
stazione 
appaltante. 
In 
questo 
modo, pertanto, potrebbe 
essere 
il 
comportamento del 
ricorrente 
a determinare 
il 
giudice 
competente, creando un�occasione 
di 
�forum 
shopping� 
che 
il 
nuovo c.p.a. ha inteso evitare. Inoltre, nel 
caso di 
informative 
analoghe, rilasciate 
a 
differenti 
stazioni 
appaltanti 
dalla 
medesima 
Prefettura 
sulla 
base 
delle 
medesime 
risultanze 
acquisite, 
si 
radicherebbe 
la 
competenza 
funzionale 
di 
differenti 
TT.aa.rr. a seconda di 
dove 
abbiano sede 
le 
stazioni 
appaltanti 


(69) cfr. Cons. St., sez. iV, 20 luglio 2016, n. 3247. 
(70) Idem. 
(71) cfr. Cons. St., ad. plen., 31 luglio 2014, n. 17. 

DoTTrinA 
241 


i 
cui 
atti 
applicativi 
vengono impugnati, unitamente 
alle 
informative, con differenti 
ricorsi� 
(72). Dunque, ai 
fini 
della 
determinazione 
della 
competenza 
nel 
caso 
in 
esame, 
si 
dovr� 
tenere 
conto 
dell�interesse 
principale 
del 
ricorrente, 
che 
ҏ 
quello di 
contestare 
in radice 
la sussistenza dei 
presupposti 
che 
hanno 
condotto all�emissione 
dell�informativa, per 
cui 
il 
giudizio avente 
ad oggetto 
l�informativa 
avrebbe 
carattere 
principale 
e 
il 
giudizio 
avente 
ad 
oggetto 
l�atto 
applicativo avrebbe 
carattere 
accessorio. Pertanto, ritenendo applicabile, ex 
art. 
39 
c.p.a., 
l�art. 
31 
c.p.c. 
che 
disciplina 
i 
rapporti 
di 
connessione 
tra 
causa 
principale 
e 
causa accessoria si 
giunge 
a ritenere 
competente, in caso di 
contestuale 
impugnazione 
dell�informativa 
prefettizia 
e 
dell�atto 
applicativo, 
il 
giudice 
competente 
a 
conoscere 
della 
prima. 
Dispone 
infatti 
l�art. 
31 
c.p.c. 
che 
�la domanda accessoria pu� essere 
proposta al 
giudice 
territorialmente 
competente 
a conoscere 
per 
la domanda principale 
affinch� 
sia decisa nello 
stesso processo�� 
(73). 


6.4. (segue) 
Il rito applicabile. 
Quanto 
al 
rito 
applicabile, 
il 
giudizio 
di 
impugnazione 
dell�informazione 
antimafia interdittiva segue quello di annullamento di cui all�art. 29 c.p.a. 


Alcuni 
dubbi 
sono sorti, invece, in ordine 
al 
rito applicabile 
nell�ipotesi 
di 
impugnazione 
del 
provvedimento 
prefettizio 
e 
dei 
conseguenti 
atti 
delle 
stazioni 
appaltanti. 


Sul 
punto, 
il 
Consiglio 
di 
Stato 
ha 
chiarito 
che 
l�autonomia 
e 
la 
trasversalit� 
dell�istituto, 
comportano 
l�assoggettamento 
dell�impugnazione 
del 
provvedimento 
al 
rito 
ex 
art 
29 
c.p.a. 
e 
non 
a 
quello 
di 
cui 
agli 
artt. 
119 
e 
120 
c.p.a., 
anche 
qualora 
l�informativa 
interdittiva 
abbia 
costituito 
il 
presupposto 
dell�esercizio 
del 
potere 
di 
recesso 
della 
stazione 
appaltante 
dal 
contratto 
gi� 
stipulato 
e 
lo 
stesso 
provvedimento 
prefettizio 
sia 
stato 
impugnato 
con 
autonomo 
giudizio, 
poi, 
riunito 
a 
quello 
proposto 
avverso 
il 
recesso 
(74). 
Tanto 
� 
giustificato 
dal 
fatto 
che 
�la 
risoluzione 
pubblicistica 
del 
rapporto 
eccezionalmente 
riconosciuto 
alla 
stazione 
appaltante 
dall�art. 
92, 
comma 
4, 
del 
d.lgs. 
n. 
159 
del 
2011 
[�] 
non 
costituisce 
propriamente 
l�oggetto 
o 
l�effetto 
di 
uno 
degli 
�atti 
delle 
procedure 
di 
affidamento�, 
ma 
� 
il 
contenuto 
di 
un 
atto 
vincolato 
della 
stazione 
appaltante, 
la 
conseguenza 
necessitata, 
a 
valle, 
di 
una 
valutazione 
compiuta 
dal 
Prefetto, 
a 
monte, 
in 
ordine 
ad 
un 
requisito 
fondamentale 
richiesto 
dall�ordinamento 
per 
la 
partecipazione 
alle 
gare 
o 
[�] 
di 
una 
�indispensabile 
capacit� 
giuridica�: 
l�impermeabilit� 
mafiosa 
delle 
imprese 
concorrenti. 
L�accertamento 
di 
tale 
indispensabile 
capacit� 
giuridica 
spetta 
al 
Prefetto 
con 
un 
atto 
tipica 
espressione 
di 
una 
ampia 
di


(72) Idem. 
(73) Idem. 
(74) cfr. Cons. St., sez. iii, 26 gennaio 2017, n. 319. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


screzionalit� 
nell�esercizio 
di 
tale 
funzione 
connessa 
alla 
tutela 
dell�ordine 
pubblico 
e 
alla 
prevenzione 
antimafia 
e, 
proprio 
in 
quanto 
tale, 
non 
� 
corretto 
ricondurla 
e 
relegarla 
alla 
sola 
materia 
delle 
procedure 
di 
gara, 
che 
del 
resto 
non 
ne 
esaurisce 
il 
ben 
pi� 
vasto 
raggio 
applicativo, 
e 
alla 
relativa 
disciplina 
processuale, 
di 
cui 
quindi 
� 
errato 
invocare 
la 
ratio 
acceleratoria 
e 
la 
dimidiazione 
dei 
termini� 
(75). 


7. Conclusioni. 
una 
volta 
rassegnati 
gli 
sviluppi 
giurisprudenziali 
in materia 
di 
informazioni 
antimafia, appare 
utile 
accennare 
anche 
ai 
recenti 
arresti 
normativi 
concernenti, 
seppur indirettamente, l�istituto in esame. 

Quanto 
alla 
normativa 
sugli 
appalti, 
se 
il 
precedente 
codice 
di 
cui 
al 
d.lgs. 
12 aprile 
2006, n. 163 non ha 
apportato alcuna 
modifica 
alla 
normativa 
antimafia 
(76), anche il suo successore ha mantenuto la stessa linea. 

in 
verit�, 
nel 
nuovo 
codice 
degli 
appalti 
� 
assente 
una 
disposizione 
di 
rinvio 
(generale) 
esterno 
quale 
l�abrogato 
art. 
247, 
d.lgs. 
n. 
163/2006, 
che 
manteneva 
�ferme 
le 
vigenti 
disposizioni 
in 
materia 
di 
prevenzione 
della 
delinquenza 
di 
stampo 
mafioso 
e 
di 
comunicazioni 
e 
informazioni 
antimafia�, 
essendovi 
solo 
alcuni 
specifici 
richiami 
alla 
documentazione 
antimafia, 
come 
quello 
contenuto 
negli 
artt. 
80, 
108 
e 
109, 
d.lgs. 
n. 
50/2016. 
il 
nuovo 
codice, 
inoltre, 
non 
ha 
apportato 
aggiornamenti 
ai 
richiami 
delle 
disposizioni 
antimafia 
al 
precedente 
codice 
appalti, risultando ancora 
rinvii 
all�abrogato d.lgs. n. 163/2006 (77). 
restano, 
pertanto, 
ferme 
le 
disposizioni 
in 
materia 
da 
ultimo 
modificate 
dal 
decreto 
correttivo 
al 
codice 
antimafia 
di 
cui 
al 
d.lgs. 
13 
ottobre 
2014, 
n. 
153. 


non 
si 
pu� 
non 
evidenziare, 
quindi, 
l�occasione 
persa 
dal 
legislatore 
delegato 
nel 
riordinare 
e 
semplificare 
la 
disciplina 
della 
documentazione 
antimafia. 


in primo luogo, si 
osserva 
che 
il 
novellato art. 92, rubricato �Termini 
per 
il 
rilascio delle 
informazioni�, riproduce 
(78), in parte, quanto gi� 
disposto 


(75) Idem. 
(76) cfr. A. MEzzoTEro, op. cit., p. 1076. 
(77) Si 
veda, a 
titolo esemplificativo, l�art. 83, comma 
2, d.lgs. n. 159/2011, secondo cui 
�La disposizione 
di 
cui 
al 
comma 1 si 
applica ai 
contraenti 
generali 
di 
cui 
all�articolo 176 del 
decreto legislativo 
12 
aprile 
2006, 
n. 
163, 
di 
seguito 
denominati 
�contraente 
generale��. 
l�art. 
176 
cit. 
� 
stato 
sostanzialmente riprodotto nell�art. 194, d.lgs. n. 50/2016. 
(78) Art. 92, comma 
3, d.lgs. n. 159/2011: 
�Decorso il 
termine 
di 
cui 
al 
comma 2, primo periodo, 
ovvero, nei 
casi 
di 
urgenza, immediatamente, i 
soggetti 
di 
cui 
all�articolo 83, commi 
1 e 
2, procedono 
anche 
in 
assenza 
dell�informazione 
antimafia. 
I 
contributi, 
i 
finanziamenti, 
le 
agevolazioni 
e 
le 
altre 
erogazioni 
di 
cui 
all�articolo 
67 
sono 
corrisposti 
sotto 
condizione 
risolutiva 
e 
i 
soggetti 
di 
cui 
all�articolo 
83, commi 
1 e 
2, revocano le 
autorizzazioni 
e 
le 
concessioni 
o recedono dai 
contratti, fatto salvo il 
pagamento 
del 
valore 
delle 
opere 
gi� eseguite 
e 
il 
rimborso delle 
spese 
sostenute 
per 
l�esecuzione 
del 
rimanente, 
nei 
limiti 
delle 
utilit� conseguite�. il 
successivo comma 
4 aggiunge: 
�La revoca e 
il 
recesso 
di 
cui 
al 
comma 3 si 
applicano anche 
quando gli 
elementi 
relativi 
a tentativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
siano accertati 
successivamente 
alla stipula del 
contratto, alla concessione 
dei 
lavori 
o all�autorizzazione 
del subcontratto�. 

DoTTrinA 
243 


sostanzialmente 
-dall�art. 
94 
(�Effetti 
delle 
informazioni 
del 
prefetto�), 
comma 
2, a 
tenore 
del 
quale 
�qualora il 
prefetto non rilasci 
l�informazione 
interdittiva 
entro 
i 
termini 
previsti, 
ovvero 
nel 
caso 
di 
lavori 
o 
forniture 
di 
somma urgenza di 
cui 
all�articolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di 
una 
causa di 
divieto indicata nell�articolo 67 o gli 
elementi 
relativi 
a tentativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa 
di 
cui 
all�articolo 
84, 
comma 
4, 
ed 
all�articolo 
91, 
comma 
6, 
siano 
accertati 
successivamente 
alla 
stipula 
del 
contratto, 
i 
soggetti 
di 
cui 
all�articolo 
83, 
commi 
1 
e 
2, 
salvo 
quanto 
previsto 
al 
comma 
3, 
revocano 
le 
autorizzazioni 
e 
le 
concessioni 
o recedono dai 
contratti 
fatto salvo il 
pagamento 
del 
valore 
delle 
opere 
gi� eseguite 
e 
il 
rimborso delle 
spese 
sostenute 
per l�esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilit� conseguite�. 

in disparte 
alla 
ripetizione 
delle 
disposizioni, si 
ritiene 
che 
l�inciso contenuto 
nell�art. 92, comma 
3, secondo periodo, secondo cui 
�i 
soggetti 
di 
cui 
all�articolo 83, commi 
1 e 
2, revocano le 
autorizzazioni 
e 
le 
concessioni 
o recedono 
dai 
contratti 
[�]�, cos� 
come 
il 
successivo comma 
4 del 
medesimo 
articolo, 
avrebbero 
trovato 
una 
giusta 
collocazione 
sistematica 
nell�art. 
94, 
disciplinante 
gli effetti delle informative interdittive. 


in 
secondo 
luogo, 
a 
seguito 
dell�introduzione 
dell�art. 
89-bis, 
d.lgs. 
n. 
159/2011, non si 
ravvisa 
alcuna 
utilit� 
pratica 
nel 
mantenimento dell�attuale 
architettura 
della 
documentazione 
antimafia, 
fondata 
sulla 
bipartizione 
tra 
comunicazione 
e 
informazione 
antimafia. ragioni 
di 
semplificazione 
e 
di 
chiarezza 
normativa 
avrebbero dovuto indurre 
il 
legislatore 
delegato ad inglobare 
l�istituto 
della 
comunicazione 
antimafia 
in 
quello 
della 
informazione. 
Tra 
l�altro, 
si 
osserva 
che 
la 
definizione 
di 
informazione 
antimafia 
riproduce 
interamente 
quella 
della 
comunicazione 
antimafia, 
aggiungendo 
alla 
funzione 
di 
quest�ultima 
quella 
ulteriore 
di 
�attestazione 
della 
sussistenza 
o 
meno 
di 
eventuali 
tentativi 
di 
infiltrazione 
mafiosa tendenti 
a condizionare 
le 
scelte 
e 
gli 
indirizzi 
delle 
societ� o imprese 
interessate�. inoltre, anche 
gli 
effetti 
dei 
due 
strumenti 
sono 
ormai 
coincidenti. 
la 
disposizione 
di 
cui 
all�art. 
88, 
comma 
4-bis, d.lgs. n. 159/2011, infatti, viene 
replicata 
al 
successivo art. 92, comma 
3, d.lgs. n. 159/2011. 

in conclusione, � 
ormai 
evidente 
che, a 
causa 
dell�inutilit� 
della 
distinzione 
tra 
i 
due 
istituti, soprattutto a 
seguito dell�introduzione 
dell�art. 89-bis 
cit., sarebbe consono un intervento di razionalizzazione della materia. 


Bibliografia. 


A. CErrETo, 
recesso della p.a. da un contratto di 
appalto di 
lavori 
pubblici 
per 
effetto di 
informativa 
antimafia 
e 
riparto 
di 
giurisdizione 
tra 
giudice 
ordinario 
e 
amministrativo, 
con 
osservazioni 
alla sentenza Cass. S.U. 29 agosto 2008 n. 21928 e 
spiragli 
di 
razionalizzazione 
del sistema di riparto sulla sorte del contratto, in www.giustizia-amministrativa.it. 
r. GArofoli 
- G. fErrAri, manuale di Diritto amministrativo, 2016, nel Diritto Editore. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


E. 
lEoTTA, 
I 
poteri 
certificativi 
del 
Prefetto 
quali 
strumenti 
di 
contrasto 
alla 
criminalit� 
organizzata: 
inquadramento 
sistematico 
ed 
aspetti 
problematici, 
in 
www.giustizia-amministrativa.it. 


f. 
MAnGAnAro, 
Soglie 
di 
rilevanza 
comunitaria 
nel 
codice 
dei 
contratti 
pubblici, 
in 
Urb. 
app., n. 8/9, 2016, ipsoa. 

B. 
MACrill�, 
Notazioni 
sulla 
supposta 
abrogazione 
dell�informativa 
antimafia 
atipica, 
in 
lexitalia.it. 


A. MEzzoTEro, Le 
informative 
prefettizie 
antimafia: natura, tipologie 
ed effetti 
interdittivi, 
in Giur. merito, n. 4, 2009, Giuffr�. 

M. MinniTi 
- f. MinniTi, Le 
mire 
dei 
clan sulle 
imprese 
pulite. Cos� 
lo Stato combatte 
le 
infiltrazioni, 
in Dir. e giust., n. 37, 2006, Giuffr�. 

P. PirruCCio, L�informativa antimafia prescinde 
dall�accertamento di 
fatti 
penalmente 
rilevanti, 
in Giur. merito, n. 2, 2009, Giuffr�. 

S. 
ruSCiCA, 
Le 
informazioni 
prefettizie 
antimafia: 
natura 
e 
criticit�, 
in 
www.altalex.com, 
2009. 


G. SiGiSMonDi, Il 
sindacato sulle 
valutazioni 
tecniche 
nella pratica delle 
Corti, in riv. trim. 
dir. pubbl., n. 2, 2015, Giuffr�. 


Giurisprudenza. 


Cass. civ., sez. un., 29 agosto 2008, n. 21928; 
Cass. civ., sez. un., 27 gennaio 2014, n. 1530. 
Cons. St., ad. plen., 31 luglio 2014, n. 17; 
Cons. St., sez. iii, 31 dicembre 2014, n. 6465; 
Cons. St., sez. V, 22 maggio 2015, n. 2562; 
Cons. St., sez. iii, 5 febbraio 2016, n. 463; 
Cons. St., sez. iii, 3 maggio 2016, n. 1743; 
Cons. St., sez. iii, 9 maggio 2016, n. 1846; 
Cons. St., sez. iV, 20 luglio 2016, n. 3247; 
Cons. St., sez. iii, 20 luglio 2016, n. 3300; 
Cons. St., sez. iii, 31 agosto 2016, n. 3754: 
Cons. St., sez. iii, 29 settembre 2016, n. 4030; 
Cons. St., sez. iii, 10 ottobre 2016, n. 4170; 
Cons. St., sez. iii, 12 ottobre 2016, n. 4230; 
Cons. St., sez. iii, 10 novembre 2016, n. 4662; 
Cons. St., sez. iii, 26 gennaio 2017, n. 319; 
Cons. St., sez. iii, 9 febbraio 2017, n. 565; 
Cons. St., sez. iii, 2 marzo 2017, n. 982; 
Cons. St., sez. iii, 7 marzo 2017, n. 1080; 
Cons. St., sez. iii, 8 marzo 2017, n. 1109; 
Cons. St., sez. iii, 10 marzo 2017, n. 1131; 
Cons. St., sez. iii, 22 marzo 2017, n. 1321. 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 19 febbraio 2016, n. 355; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 374; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 febbraio 2016, n. 377; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 30 marzo 2016, n. 575; 



DoTTrinA 
245 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 aprile 2016, n. 791; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 23 maggio 2016, n. 1078; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 16 giugno 2016, n. 1282; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1328; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 giugno 2016, n. 1330; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 29 agosto 2016, n. 1659; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 settembre 2016, n. 1804; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 15 settembre 2016, n. 1808; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 2 novembre 2016, n. 2069; 


T.A.r. Calabria, Catanzaro, sez. i, 27 febbraio 2017, n. 309; 


T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 14 novembre 2016, n. 1124; 


T.A.r. Calabria, reggio Calabria, sez. dist., 15 novembre 2016, n. 1134. 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Sistemi elettorali e rappresentativit� 


Glauco Nori* 


le 
sentenze 
della 
Corte 
Costituzionale 
in materia 
di 
legge 
elettorale 
registrano 
qualche 
vuoto 
di 
motivazione, 
come 
per 
esempio 
la 
sentenza 
n. 
35/2017, perch� 
su questioni 
di 
principio una 
motivazione 
troppo dettagliata 
pu� 
complicare 
le 
cose 
pi� 
che 
semplificarle. 
Ma 
a 
complicare 
le 
cose 
in 
tema 
di 
leggi 
elettorali 
e 
rappresentativit� 
� 
la 
crescente 
astensione 
al 
voto. 
Vediamo 
perch�. 


1. 
la 
Corte 
costituzionale 
con 
la 
sentenza 
n. 
1/2014 
ha 
dichiarato 
la 
illegittimit� 
costituzionale 
del 
premio 
di 
maggioranza, 
come 
allora 
era 
articolato, 
perch� 
�dette 
norme 
producono 
una 
eccessiva 
divaricazione 
tra 
la 
composizione 
dell�organo 
di 
rappresentanza 
politica, 
che 
� 
al 
centro 
del 
sistema 
di 
democrazia 
rappresentativa 
e 
della 
forma 
di 
governo 
parlamentare 
prefigurati 
dalla 
Costituzione, 
e 
la 
volont� 
dei 
cittadini 
espressa 
attraverso 
il 
voto, 
che 
costituisce 
il 
principale 
strumento 
di 
manifestazione 
della 
sovranit� 
popolare, 
secondo 
l�art. 
1, 
secondo 
comma 
Cost.�. 
Ha, 
di 
conseguenza, 
dichiarato 
la 
illegittimit� 
costituzionale 
delle 
nome 
impugnate 
perch� 
�consentono 
una 
illimitata 
compressione 
della 
rappresentativit� 
della 
assemblea 
parlamentare, 
incompatibile 
con 
i 
principi 
costituzionali 
in 
base 
ai 
quali 
le 
assemblee 
parlamentari 
sono 
sedi 
esclusive 
della 
�rappresentanza 
politica 
nazionale� 
(art. 
67 
cost.)�. 
Secondo 
la 
Corte 
alla 
rappresentativit� 
si 
pu� 
portare 
un 
correttivo 
ma 
non 
rovesciare 
�la 
ratio 
della 
formula 
elettorale 
prescelta�. 
Adottato 
il 
criterio 
proporzionale, 
si 
dovrebbe 
essere 
coerenti 
e 
non 
si 
potrebbe 
neutralizzarlo 
oltre 
i 
limiti 
della 
ragionevolezza. 
Diverso 
� 
il 
caso, 
e 
la 
Corte 
ha 
tenuto 
a 
precisarlo, 
quando 
si 
ricorre 
al 
collegio 
uninominale, 
non 
fondato 
sulla 
proporzionalit�. 


2. 
Da 
questa 
premessa 
� 
partita 
la 
Corte 
con la 
sentenza 
n. 35/2017 con 
la 
quale 
ha 
dichiarato 
la 
illegittimit� 
costituzionale 
del 
ballottaggio, 
introdotto 
con 
la 
legge 
n. 
52 
del 
2015: 
�ben 
pu� 
il 
legislatore 
innestare 
un 
premio 
di 
maggioranza 
in un sistema 
elettorale 
ispirato al 
criterio proporzionale 
dei 
seggi, 
purch� 
tale 
meccanismo 
premiale 
non 
sia 
foriero 
di 
un�eccessiva 
sovrarappresentazione 
della lista di maggioranza relativa�. 
Per 
la 
specifica 
funzione 
e 
posizione 
costituzionale 
della 
Camera 
dei 
Deputati, 
che 
concede 
la 
fiducia 
al 
Governo ed � 
titolare 
di 
funzioni 
di 
indirizzo 
politico e 
di 
quella 
legislativa, �in una 
forma 
di 
governo parlamentare, ogni 
sistema 
elettorale� 
non 
pu� 
che 
essere 
primariamente 
destinato 
ad 
assicurare 
il valore costituzionale della rappresentativit��. 


CՏ 
una 
certa 
risonanza 
della 
proposta 
fatta 
in Assemblea 
Costituente 
di 


(*) Gi� avvocato dello Stato, Presidente emerito del Comitato scientifico di questa 
rassegna. 



DoTTrinA 
247 


aggiungere 
�secondo il 
sistema 
proporzionale� 
al 
primo comma 
dell�art. 56 
Cost., non accolta 
e 
tradotta 
poi 
in un ordine 
del 
giorno: 
�l�Assemblea 
Costituente 
ritiene 
che 
l�elezione 
dei 
membri 
della 
Camera 
dei 
deputati 
debba 
avvenire 
secondo 
il 
sistema 
proporzionale�. 
non 
fu 
considerato 
opportuno 
il 
richiamo nella 
Costituzione 
per evitare 
che, se 
si 
fosse 
voluto adottare 
un criterio 
diverso, si dovesse modificare la norma costituzionale. 


in vista 
della 
stabilit� 
di 
governo si 
possono, dunque, adottare 
correttivi, 
ma 
nei 
limiti 
giustificati 
dalla 
proporzionalit� 
e 
ragionevolezza, che 
non pregiudichino 
il 
bilanciamento dei 
due 
interessi, rappresentativit� 
e 
funzione 
di 
governo, tutelati entrambi dalla Costituzione. 


3. 
la 
Corte 
ha 
concluso 
con 
la 
verifica, 
resa 
necessaria 
dalla 
funzione 
della 
legge, 
che 
la 
normativa 
di 
risulta 
consentisse 
in 
ogni 
momento 
il 
rinnovo 
dell�organo elettivo. 
Dopo avere 
rilevato che 
una 
�sproporzionata 
divaricazione� 
tra 
la 
composizione 
della 
Camera 
dei 
Deputati 
e 
la 
volont� 
dei 
cittadini, espressa 
con il 
voto 
(�che 
costituisce 
il 
principale 
strumento 
di 
manifestazione 
della 
sovranit� 
popolare 
secondo l�articolo 1 della 
Costituzione�), finiva 
con l�incidere 
sulla 
sovranit� 
popolare, 
garantita 
dal 
principio 
della 
rappresentativit�. 
Sarebbe 
stato 
il 
caso di 
non trascurare 
un altro effetto prodotto dalla 
sentenza: 
si 
� 
arrivati 
ad 
una 
legge 
proporzionale 
pura 
non 
sorretta 
da 
una 
volont� 
sovrana, 
anzi 
non 
voluta 
dal 
Parlamento. Si 
ricava 
dal 
fatto che 
il 
ballottaggio sia 
stato previsto 
come 
correttivo di 
secondo grado per il 
caso che 
non si 
arrivasse 
al 
premio di 
maggioranza. 
i 
correttivi 
apportati 
sono 
risultati 
eccessivi: 
per�, 
malgrado 
dovesse 
essere 
evidente 
che 
il 
Parlamento non volesse 
un sistema 
proporzionale 
puro, � proprio questo che � diventato applicabile. 


Apportare 
al 
ballottaggio 
i 
correttivi 
del 
caso 
�spetta 
all�ampia 
discrezionalit� 
del 
legislatore� 
, 
al 
quale 
il 
giudice 
costituzionale, 
nel 
rigoroso 
rispetto 
dei propri limiti d�intervento, non pu� sostituirsi�. 


Dovrebbe 
essere 
questa 
la 
ragione 
per la 
quale 
la 
Corte 
si 
� 
fermata 
alla 
verifica 
funzionale, che 
�la 
normativa 
che 
resta 
in vigore� � 
idonea 
a 
garantire 
il 
rinnovo, 
in 
ogni 
momento, 
dell�organo 
costituzionale 
elettivo�, 
senza 
domandarsi 
se 
quella 
normativa 
trovasse 
il 
suo fondamento in una 
volont� 
legislativa 
corrispondente. 


la 
singolarit� 
del 
risultato 
avrebbe 
richiesto 
la 
spiegazione 
di 
come 
si 
accordasse 
con la Costituzione. 


4. 
Quando si 
affrontano questioni 
di 
principio pu� succedere 
che 
si 
incorra 
in qualche 
vuoto di 
motivazione 
anche 
perch� 
una 
motivazione 
troppo 
dettagliata talvolta pu� complicare la situazione, invece di semplificarla. 
la sentenza n. 35/2017 ne � un esempio. 


Secondo la 
Corte 
il 
principio di 
proporzionalit� 
e 
di 
ragionevolezza 
�impone 
di 
verificare� che 
il 
bilanciamento dei 
principi 
e 
degli 
interessi 
costituzionalmente 
rilevanti 
non sia 
stato realizzato con modalit� 
tali 
da 
determinare 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


il 
sacrificio o la 
compressione 
di 
uno dei 
due 
in maniera 
eccessiva�. il 
ballottaggio 
tra 
le 
liste 
pi� 
votate 
provoca 
�uno 
sproporzionato 
sacrificio 
dei 
principi 
costituzionali 
di 
rappresentativit� 
e 
di 
uguaglianza 
del 
voto, trasformando artificialmente 
una 
lista 
che 
vanta 
un consenso limitato, ed in ipotesi 
anche 
esiguo, 
in maggioranza assoluta�. 


la 
Corte 
non si 
� 
domandata 
se, per tutelare 
la 
rappresentativit�, la 
normativa 
di 
risulta 
non provocasse 
la 
compressione 
eccessiva 
per l�altro dei 
due 
interessi 
costituzionalmente 
rilevanti. 
Per 
la 
stabilit� 
di 
Governo 
la 
proporzionalit� 
� 
la 
meno adatta, in particolare 
quando la 
situazione 
elettorale 
� 
come 
quella italiana attuale. 


Secondo 
la 
Corte 
ogni 
sistema 
elettorale 
non 
pu� 
che 
essere 
primariamente 
destinato ad assicurare 
il 
valore 
costituzionale 
della 
rappresentativit�. 
� 
dal 
principio proporzionale 
che 
si 
dovrebbe, quindi, sempre 
partire. Se 
poi 
i 
correttivi 
per la 
stabilit� 
del 
Governo sono eliminati 
perch� 
eccessivi, anche 
in 
mancanza 
di 
una 
volont� 
corrispondente 
dell�elettorato, 
la 
rappresentativit� 
si 
espanderebbe 
in tutta 
la 
sua 
portata 
indipendentemente 
dalla 
entit� 
del 
pregiudizio 
alla 
funzione 
di 
Governo. Se 
sorge 
conflitto, dunque, la 
rappresentativit� 
deve essere garantita a qualunque costo. 


5. 
Dopo 
quanto 
si 
� 
sentito 
e 
letto 
negli 
ultimi 
tempi 
a 
proposito 
delle 
elezioni, 
sarebbe 
il 
caso 
che 
qualche 
approfondimento 
venisse 
da 
parte 
degli 
esperti 
a 
proposito 
del 
significato 
dell�astensione 
elettorale. 
Col 
cambiare 
delle 
situazioni 
politiche 
e 
delle 
sensibilit� 
elettorali 
anche 
le 
astensioni 
potrebbero 
avere 
assunto un significato diverso. non � 
detto che 
sia 
cos�, ma 
non si 
dovrebbe 
dare per scontato il contrario. 
Dal 
punto di 
vista 
terminologico l�astensione 
ha 
un significato soltanto 
negativo: 
sta 
ad indicare 
che 
ci 
si 
astiene 
dal 
fare 
qualche 
cosa; 
sul 
perch� 
� 
neutra. Per questa 
neutralit� 
si 
presta 
ad assumere 
significati 
diversi, secondo 
l�orientamento dell�interprete. 


in italia, come 
nei 
Paesi 
c.d. pi� evoluti, l�astensione 
elettorale 
risulta 
in 
aumento. 
Qualcuno 
non 
partecipa 
perch� 
non 
interessato 
alla 
politica 
o 
per 
difficolt� 
di 
ordine 
pratico. Secondo quanto si 
sa, il 
numero sarebbe 
esiguo. 
Per il 
resto sulle 
ragioni 
si 
possono fare 
solo ipotesi. Chi, distratto da 
altri 
interessi, 
resta 
disorientato, 
pu� 
scegliere 
di 
rimettersi 
a 
quello 
che 
decide 
la 
maggioranza, fidando sul 
metodo elettorale. Cos� 
si 
potrebbe 
spiegare 
perch� 
l�astensione 
aumenti 
nei 
Paese 
con livello economico e 
culturale 
pi� elevato. 
Ma 
ci 
pu� essere 
anche 
chi 
preferisce 
non assumere 
responsabilit� 
per quanto 
prevede che possano fare i partiti concorrenti sui quali non ha fiducia. 


Sono solo ipotesi 
di 
fronte 
all�unico dato sicuro del 
valore 
soltanto negativo 
dell�astensione. 
Soprattutto 
per 
la 
misura 
assunta 
negli 
ultimi 
tempi, 
� 
stata 
sostenuta 
qualche 
tesi 
che 
presupporrebbe 
che 
le 
astensioni 
costituiscano 
una autonoma maggioranza elettorale. 


nelle 
elezioni 
protagonisti 
sono 
i 
partiti 
o 
movimenti 
(come 
si 
definiscono 



DoTTrinA 
249 


da 
soli) che, secondo l�art. 49 Cost., �concorrono a 
determinare 
la 
politica 
nazionale�. 
Per concorrere 
debbono essere 
in grado di 
fare 
una 
proposta 
da 
mettere 
a 
confronto 
con 
le 
altre. 
una 
vera 
proposta 
non 
pu� 
ridursi 
a 
dire 
no 
a 
quello 
che 
propongono 
gli 
altri, 
ma 
deve 
avere 
un 
contenuto 
positivo, 
per 
quanto evanescente 
e 
indeterminato possa 
essere, dal 
quale 
desumere 
come 
la 
politica dovrebbe essere orientata. 


nessun 
contenuto 
positivo 
comune 
pu� 
essere 
desunto 
dalle 
astensioni 
che, anche 
se 
interpretate 
come 
un no ai 
programmi 
degli 
altri, lo sarebbero 
per 
ragioni 
diverse 
e 
talvolta 
incompatibili. 
Se 
gli 
astenuti 
non 
vogliono 
o 
non 
sono interessati 
ad essere 
rappresentati 
dai 
partiti 
in concorso, il 
loro numero 
non dovrebbe 
incidere 
sulla 
rappresentativit�. Per il 
contrario, la 
rappresentativit� 
andrebbe 
rapportata 
a 
tutto il 
corpo elettorale 
e 
non soltanto a 
chi 
vota; 
sarebbe 
come 
dire 
che 
la 
funzione 
rappresentativa 
sarebbe 
indipendente 
dalla 
volont� 
del 
rappresentato. Si 
potrebbe 
anche 
andare 
incontro al 
rischio di 
vedere 
nell�astensione una sorta di rappresentanza implicita data a chi riporter� 
la 
maggioranza. il 
risultato sarebbe 
che 
il 
partito vincente, in genere 
definito 
come 
rappresentante 
di 
una 
minoranza, 
sia 
pure 
maggiore 
delle 
altre, 
finirebbe 
con l�essere espressione di una maggioranza schiacciante. 


Per 
questo 
non 
sarebbe 
male 
che 
gli 
specialisti 
dessero 
qualche 
chiarimento. 
Come pu� l�astensione influire sulla valutazione della maggioranza? 


le 
astensioni 
non 
possono 
essere 
riportate 
in 
una 
specie 
di 
partito 
atipico, 
a 
formazione 
spontanea, 
perch� 
senza 
un 
programma, 
richiesto 
dall�art. 
49 
Cost. Quello che 
sembra 
difficile 
� 
ricavare 
il 
valore 
di 
proposta 
da 
una 
posizione 
solo negativa. 


Secondo 
alcune 
argomentazioni 
ricorrenti 
le 
astensioni 
farebbero 
perdere 
di 
rappresentativit� 
ai 
partiti 
e 
ai 
movimenti 
votati. 
la 
rappresentativit� 
sarebbe 
coinvolta 
anche 
quando gli 
elettori 
dimostrano il 
loro disinteresse 
a 
vedersi 
rappresentati. Questo non significa 
che 
non abbia 
un suo valore 
perch� 
sta 
a 
dimostrare 
che 
le 
proposte 
politiche 
del 
momento non convincono una 
parte dell�elettorato. 


Se 
si 
arrivasse 
ad 
un 
maggiore 
chiarimento, 
potrebbero 
forse 
semplificarsi 
anche alcune questioni di costituzionalit�. 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


L�efficacia delle decisioni dell�AGCM nei giudizi 
follow on 


Vincenzo Tommaso Ciorra* 


SOmmarIO: 
1. 
Introduzione 
-2. 
La 
decisione 
dell�aGCm 
nei 
giudizi 
civili 
follow 
on 
ante 
direttiva 104/2014/UE 
ovvero la graduale 
�erosione� 
dei 
diritti 
di 
difesa dell�impresa convenuta 
-3. 
La 
trasposizione 
della 
direttiva 
nell�ordinamento 
italiano: 
innovazioni 
e 
problemi 
di 
compatibilit� 
con 
i 
principi 
fondamentali 
dell�ordinamento 
-4. 
Osservazioni 
conclusive 
con riferimento al perdurante problema del rispetto dei diritti di difesa. 


1. Introduzione. 
Come 
affermato dal 
considerando n. 14 della 
direttiva 
104/2014/uE 
(1) 
�le 
azioni 
per il 
risarcimento del 
danno causato da 
violazioni 
del 
diritto della 
concorrenza 
dell�unione 
o 
nazionale 
richiedono 
di 
norma 
una 
complessa 
analisi 
fattuale 
ed 
economica�. 
Tali 
azioni 
(di 
c.d. 
private 
enforcement) 
sono 
strutturalmente 
connotate, 
infatti, 
oltre 
che 
da 
un�asimmetria 
conoscitiva 
tra 
l�impresa 
danneggiante 
ed il 
soggetto danneggiato, dall�estrema 
tecnicit� 
del 
presupposto di 
fatto, l�illecito anticoncorrenziale, che 
si 
riverbera 
nella 
difficolt� 
per 
il 
soggetto 
che 
si 
ritiene 
leso 
da 
una 
violazione 
delle 
regole 
della 
concorrenza 
di 
assolvere 
non solo all�onere 
della 
prova, ma 
financo a 
quello 
di 
allegazione 
degli 
elementi 
tipici 
dell�illecito 
civile 
(elemento 
soggettivo 
(2), fatto illecito, danno, nesso di causalit�) (3). 


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura generale dello Stato. 


(1) 
Direttiva 
2014/104/UE 
del 
parlamento 
europeo 
e 
del 
consiglio 
del 
26 
novembre 
2014 
relativa 
a determinate 
norme 
che 
regolano le 
azioni 
per 
il 
risarcimento del 
danno ai 
sensi 
del 
diritto nazionale 
per 
violazioni 
delle 
disposizioni 
del 
diritto della concorrenza degli 
Stati 
membri 
e 
dell'Unione 
europea, 
su www.juscivile.it/normativaeuropea/. 
(2) Per superare 
l�oggettiva 
difficolt� 
della 
prova 
dell�elemento soggettivo, maggior parte 
della 
dottrina 
(ex 
multis, 
CAiAzzo, 
L�azione 
risarcitoria, 
l�onere 
della 
prova 
gli 
strumenti 
processuali 
ai 
sensi 
del 
diritto 
italiano, 
in 
l.f. 
PACE 
(a 
cura 
di), 
Dizionario 
sistematico 
del 
diritto 
della 
concorrenza, 
Jovene 
Editore, 2013 p. 324), ascrivendo la 
fattispecie 
nell�alveo dell�art. 2043 c.c., ritiene 
possibile 
applicare 
in via 
analogica 
la 
previsione 
di 
cui 
all�art. 2600 c.c., secondo il 
quale 
�accertati 
gli 
atti 
di 
concorrenza, 
la 
colpa 
si 
presume�. Tale 
ragionamento appare, tuttavia, contradditorio. Bisogna 
rilevare 
come 
l�applicazione 
analogica 
di 
una 
norma 
giuridica 
presupponga 
una 
lacuna 
dell�ordinamento, che 
nulla 
prevede 
per 
una 
determinata 
fattispecie. 
Di 
contro, 
qualora 
si 
ascrivesse 
l�ipotesi 
di 
danno 
cagionato 
da 
condotte 
anticoncorrenziali 
all�art. 2043 c.c., non vi 
sarebbe 
alcuna 
lacuna, perch� 
l�art. 2043 c.c. prevede 
che 
l�elemento soggettivo debba 
essere 
imputabile 
(almeno) a 
titolo di 
colpa. Per tali 
motivi 
sembra 
molto 
opportuno il 
rilievo di 
AlPA 
(Illecito e 
danno antitrust. Un dialogo tra le 
corti 
nazionali 
e 
la corte 
di 
giustizia dell'unione 
europea, in Contratto e 
Impr., 2016, 6, p. 1227), secondo cui 
il 
risarcimento del 
danno a 
fronte 
di 
violazioni 
delle 
norme 
antitrust 
sarebbe 
in realt� 
da 
intendersi 
come 
ipotesi 
tipica 
di 
responsabilit� 
oggettiva, atteso che 
la 
colpa 
�consiste 
nella 
(semplice) violazione 
di 
norme 
che 
prescrivono 
un determinato comportamento�. Bisogna 
comunque 
rilevare 
che 
la 
giurisprudenza 
� 
consolidata 
nell�ascrivere 
la 
responsabilit� 
dell�impresa 
per 
danni 
cagionati 
dal 
mancato 
rispetto 
della 
normativa 
antitrust 
all�art. 2043 c.c. (cfr., Cass. del 
4 febbraio 2005, n. 2007, su www.pa.leggiditalia.it.). Da 
non 
condividere, invece, quella 
dottrina 
(CASTElli, Disciplina antitrust 
e 
illecito civile, Giuffr�, 2012, pp. 

DoTTrinA 
251 


Preso atto di 
tale 
realt�, gli 
sforzi 
del 
legislatore 
euro-unitario nell�elaborazione 
della 
direttiva 
104/2014/uE, 
trasposta 
nell�ordinamento 
nazionale 
con 
il 
d.lgs 
n. 3 del 
2017 (4), si 
sono precipuamente 
concentrati 
nel 
predisporre 
una 
serie 
di 
misure, in larga 
parte 
di 
tipo processuale, volte 
a 
�bilanciare� 
la 
disparit� 
tra 
le 
parti 
del 
giudizio di 
private 
enforcement 
nei 
confronti 
dei 
fatti 
di 
causa 
e 
a 
rendere 
il 
diritto 
al 
risarcimento 
del 
danno 
cagionato 
da 
violazione 
delle 
norme 
antitrust, come 
aveva 
gi� 
sancito la 
giurisprudenza 
comunitaria 
(5), �effettivo� (6). 

172-173) 
che 
con 
riferimento 
all�elemento 
soggettivo 
ritiene 
di 
applicare 
l�art. 
2600 
c.c. 
solo 
in 
via 
diretta 
quando il 
medesimo fatto integri, allo stesso tempo, sia 
una 
violazione 
delle 
norme 
antitrust 
che 
di 
quelle 
della 
concorrenza 
sleale, applicandosi 
l�art. 2043 c.c. qualora 
il 
fatto 
integri 
la 
violazione 
delle 
sole norme antitrust. 


(3) 
Che 
legislatore 
euro-unitario 
avesse 
piena 
considerazione 
delle 
difficolt� 
in 
cui 
incorre 
l�attore 
nei 
giudizi 
di 
risarcimento 
del 
danno 
causato 
da 
condotte 
anticoncorrenziali 
lo 
si 
pu� 
agevolmente 
comprendere 
dal 
sopracitato considerando 14 della 
Direttiva, che 
qui 
si 
riporta 
per intero, secondo il 
quale 
�le 
azioni 
per il 
risarcimento del 
danno causato da 
violazioni 
del 
diritto della 
concorrenza 
dell�unione 
o nazionale 
richiedono di 
norma 
una 
complessa 
analisi 
fattuale 
ed economica. Gli 
elementi 
di 
prova 
necessari 
per comprovare 
la 
fondatezza 
di 
una 
domanda 
di 
risarcimento del 
danno sono spesso detenuti 
esclusivamente 
dalla 
controparte 
o da 
terzi 
e 
non sono sufficientemente 
noti 
o accessibili 
all'attore. in 
tali 
circostanze, rigide 
disposizioni 
giuridiche 
che 
prevedano che 
gli 
attori 
debbano precisare 
dettagliatamente 
tutti 
i 
fatti 
relativi 
al 
proprio caso all'inizio di 
un'azione 
e 
presentare 
elementi 
di 
prova 
esattamente 
specificati 
possono 
impedire 
in 
maniera 
indebita 
l'esercizio 
efficace 
del 
diritto 
al 
risarcimento 
garantito dal 
TfuE�. inoltre, non si 
dimentichi 
come 
la 
relazione 
che 
ha 
accompagnato la 
proposta 
di 
direttiva 
in oggetto abbia 
avuto cura 
di 
sottolineare 
che 
tra 
gli 
ostacoli 
che 
si 
oppongono alla 
creazione 
di 
un sistema 
di 
risarcimento del 
danno vi 
fosse 
�l�ottenimento delle 
prove 
per dimostrare 
un caso� 
e 
�la 
mancanza 
di 
un chiaro valore 
probatorio delle 
decisioni 
delle 
AnC� 
(Proposta di 
direttiva del 
parlamento 
europeo e 
del 
consiglio relativa a determinate 
norme 
che 
regolamentano le 
azioni 
per 
il 
risarcimento 
del 
danno ai 
sensi 
della legislazione 
nazionale 
a seguito della violazione 
delle 
disposizioni 
del 
diritto 
della 
concorrenza 
degli 
stati 
membri 
e 
dell'unione 
europea, 
COm(2013) 
404 
finale, 
su 
eur-lex.europa.
eu). 
Sulle 
difficolt� 
che 
incontra 
un 
processo 
civile 
in 
materia 
antitrust, 
DE 
CriSTofAro, 
Onere 
probatorio 
e 
disciplina 
delle 
prove 
quale 
presidio 
di 
efficienza 
del 
private 
antitrust 
enforcement, 
in 
aIDa, fasc. 1, 2015, p. 100. 
(4) 
Peraltro 
la 
giurisprudenza 
nazionale 
ha 
dimostrato 
di 
tenere 
in 
considerazione 
i 
principi 
della 
direttiva 
ben 
prima 
della 
trasposizione 
nell�ordinamento 
interno. 
la 
sentenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
n. 
11564 
del 
2015 
(disponibile 
su 
DeJure), 
interpretando 
le 
disposizioni 
del 
processo 
civile 
alla 
luce 
della 
direttiva 
104/2014/uE, 
ha 
affermato 
che 
�in 
tema 
di 
risarcimento 
del 
danno 
derivante 
da 
paventate 
violazioni 
agli 
artt. 
2 
e 
seguenti 
della 
legge 
10 
ottobre 
1990, 
n. 
287, 
il 
giudice 
non 
pu� 
decidere 
la 
causa 
applicando 
meccanicamente 
il 
principio 
dell'onere 
della 
prova, 
ma 
� 
chiamato 
a 
rendere 
effettiva 
la 
tutela 
dei 
privati 
che 
agiscono 
in 
giudizio, 
tenuto 
conto 
dell'asimmetria 
informativa 
esistente 
tra 
le 
parti 
nell'accesso 
alla 
prova, 
sicch�, 
fermo 
restando 
l'onere 
dell'attore 
di 
indicare 
in 
modo 
sufficientemente 
plausibile 
seri 
indizi 
dimostrativi 
della 
fattispecie 
denunciata 
come 
idonea 
ad 
alterare 
la 
libert� 
di 
concorrenza 
e 
a 
ledere 
il 
suo 
diritto 
di 
godere 
del 
beneficio 
della 
competizione 
commerciale, 
il 
giudice 
� 
tenuto 
a 
valorizzare 
in 
modo 
opportuno 
gli 
strumenti 
di 
indagine 
e 
conoscenza 
che 
le 
norme 
processuali 
gi� 
prevedono, 
interpretando 
estensivamente 
le 
condizioni 
stabilite 
dal 
codice 
di 
procedura 
civile 
in 
tema 
di 
esibizione 
di 
documenti, 
richiesta 
di 
informazioni 
e 
consulenza 
tecnica 
d'ufficio, 
al 
fine 
di 
esercitare, 
anche 
officiosamente, 
quei 
poteri 
d'indagine, 
acquisizione 
e 
valutazione 
di 
dati 
e 
informazioni 
utili 
per 
ricostruire 
la 
fattispecie 
anticoncorrenziale 
denunciata�. 
Critico 
nei 
confronti 
delle 
argomentazioni 
della 
Suprema 
Corte 
PArDolESi, 
Disciplina 
della 
concorrenza, 
private 
enforcement 
e 
attivismo 
giudiziale: 
dopo 
la 
dottrina, 
il 
diritto 
delle 
corti?, 
in 
Il 
Foro 
Italiano, 
2015, 
i, 
p. 
2752. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Si 
badi, 
sebbene 
le 
norme 
introdotte 
dalla 
direttiva 
�tutel(i)no 
i 
diritti 
soggettivi 
garantiti 
dal 
diritto 
dell�unione 
nelle 
controversie 
tra 
privati� 
(7), 
non 
� 
stato 
questo 
l�unico 
intento 
del 
legislatore. 
Come 
gi� 
poteva 
desumersi 
dal 
landmark 
case 
in 
materia, 
la 
sentenza 
Courage 
c. 
Crehan 
(8), 
e 
come 
fa 
notare 
attenta 
dottrina 
(9) analizzando le 
disposizioni 
della 
direttiva 
(10), il 
convincimento 
di 
politica 
legislativa 
sotteso 
al 
considerato 
intervento 
� 
che 
il 
rispetto 
degli 
articoli 
101 
e 
102 
TfuE, 
ovvero 
il 
mantenimento 
di 
un 
livello 
di 
workable 
competition 
tra 
le 
imprese 
operanti 
nel 
mercato 
unico, 
passi 
non 
solo 
attraverso 
i 
procedimenti 
iniziati 
dalla 
Commissione 
Europea 
o 
dalle 
Autorit� 
nazionali 
(c.d. 
public 
enforcement), 
ma 
anche 
attraverso 
l�efficacia 
deterrente 


(11) 
dell�iniziativa 
dei 
privati 
che 
incardinano 
dinanzi 
alle 
giurisdizioni 
nazionali 
domande 
di 
risarcimento 
del 
danno 
subito 
da 
una 
condotta 
anticoncorrenziale. 
Tra 
le 
varie 
misure 
introdotte 
dal 
legislatore 
euro-unitario in materia 
riveste 
peculiare 
importanza 
quella 
prevista 
dall�art. 
9 
della 
sopracitata 
direttiva, 
ai 
sensi 
del 
quale 
la 
decisione 
�definitiva� 
emanata 
da 
un�autorit� 
nazionale 
della 
concorrenza 
o confermata 
dal 
�giudice 
del 
ricorso� 
che 
abbia 
accertato 
la 
violazione 
degli 
articoli 
101 e 
102 TfuE 
vincola 
il 
giudice 
nazionale 
nel 
successivo giudizio di 
risarcimento dei 
danni 
(c.d. azioni 
follow on, che 
si 
distinguono 
da 
quelle 
stand alone, intentate 
dall�attore 
senza 
che 
la 
violazione 
sia stata gi� accertata da un provvedimento dell�autorit� garante). 


Anzitutto, 
bisogna 
precisare 
che 
la 
decisione 
vincola 
solamente 
il 
giudice 
della 
stessa 
nazionalit� 
dell�autorit� 
che 
ha 
emanato 
il 
provvedimento. 
Di 
contro, 
qualora 
si 
faccia 
questione 
dell�efficacia 
di 
un 
provvedimento 
emanato 
da 
un�autorit� 
di 
uno 
stato 
membro 
diverso 
da 
quello 
dinanzi 
alle 
cui 
giurisdizioni 


(5) Corte 
Giust. uE, C-295/04 e 
C-298/04, Vincenzo manfredi 
e 
altri 
c. Lloyd adriatico assicurazioni 
e 
altri, su curia.europa.eu, dispositivo 2. 
(6) Proprio al 
concetto di 
effettivit� 
della 
tutela 
fa 
riferimento il 
Considerando n. 4 della 
Direttiva 
104/2014/uE, secondo il 
quale 
�il 
diritto al 
risarcimento previsto dal 
diritto dell'unione 
per i 
danni 
derivanti 
dalle 
violazioni 
del 
diritto della 
concorrenza 
dell'unione 
e 
nazionale 
richiede 
che 
ciascuno Stato 
membro disponga di norme procedurali che garantiscano l'effettivo esercizio di tale diritto�. 
(7) Considerando n. 3, Direttiva 104/2014/uE. 
(8) 
Corte 
Giust. 
ue, 
C-453/99, 
Courage 
ltd. 
c. 
Bernard 
Crehan, 
su 
eur-lex.europa.eu. 
Tale 
arresto, 
riconoscendo per la 
prima 
volta 
l�esistenza 
di 
un diritto al 
risarcimento del 
danno in capo ai 
soggetti 
lesi 
dalle 
violazioni 
di 
norme 
antitrust, 
ha 
precisato 
come 
�un 
siffatto 
diritto 
rafforza, 
infatti, 
il 
carattere 
operativo 
delle 
regole 
di 
concorrenza 
comunitarie 
ed 
� 
tale 
da 
scoraggiare 
gli 
accordi 
o 
le 
pratiche, 
spesso dissimulati, idonei 
a 
restringere 
o falsare 
il 
gioco della 
concorrenza. in quest'ottica, le 
azioni 
di 
risarcimento danni 
dinanzi 
ai 
giudici 
nazionali 
possono contribuire 
sostanzialmente 
al 
mantenimento di 
un'effettiva concorrenza nella Comunit��. 
(9) 
Per 
tutti, 
CHiEPPA, 
Il 
recepimento 
in 
Italia 
della 
Dir. 
2014/104/UE 
e 
la 
prospettiva 
dell'aGCm, 
in Dir. Industriale, 2016, 4, p. 314. 
(10) Segnatamente 
il 
Considerando n. 6 secondo il 
quale 
�i due 
canali 
(private 
e 
public 
enforcement 
n.d.r.) devono agire in modo da assicurare la massima efficacia delle regole della concorrenza�. 
(11) Deterrente 
ma 
non punitiva, come 
ci 
tiene 
a 
precisare 
l�art. 3 secondo il 
quale 
�il 
pieno risarcimento 
ai 
sensi 
della 
presente 
direttiva 
non conduce 
a 
una 
sovra-compensazione 
del 
danno subito, 
sia sotto forma di risarcimento punitivo che di risarcimento multiplo o di altra natura�. 

DoTTrinA 
253 


� 
stata 
incardinata 
la 
domanda 
di 
risarcimento 
del 
danno, 
gli 
stati 
membri 
provvedono 
a 
che 
la 
decisione 
abbia 
�almeno� 
l�efficacia 
di 
prova 
�prima facie�. 


Si 
deve 
subito rilevare 
come 
il 
legislatore 
nazionale 
(12), trasponendo la 
direttiva 
nel 
nostro ordinamento, abbia 
esteso la 
predetta 
disposizione 
anche 
alle 
decisioni 
che 
concernono le 
violazioni 
di 
cui 
agli 
artt. 2, 3 e 
4 della 
legge 
287/90 quando autonomamente 
applicati, a 
fronte 
di 
una 
direttiva 
che 
si 
era 
limitata 
a 
prevedere 
il 
vincolo 
solamente 
per 
le 
violazioni 
degli 
artt. 
101 
e 
102 
TfuE 
(quand�anche 
applicati 
parallelamente 
alle 
norme 
antitrust 
nazionali). 
insomma, 
il 
legislatore 
nazionale 
ha 
esteso 
il 
vincolo 
anche 
alle 
decisioni 
dell�AGCM che accertino la violazione di sole norme nazionali. 


l�art. 
9 
della 
Direttiva 
ha 
dotato 
le 
decisioni 
delle 
autorit� 
antitrust 
nazionali 
della 
stessa 
efficacia 
di 
cui 
gi� 
godevano 
le 
decisioni 
della 
Commissione 
ai 
sensi 
dell�art. 
16 
del 
regolamento 
1/2003, 
seppur 
con 
alcune 
differenze. 
Anzitutto, 
l�efficacia 
vincolante 
riguarda 
solamente 
i 
provvedimenti 
nazionali 
che 
hanno 
accertato 
una 
violazione 
del 
�diritto 
della 
concorrenza�; 
differentemente 
le 
decisioni 
della 
Commissione 
vincolano 
il 
giudice 
nazionale 
qualunque 
sia, 
in 
linea 
di 
massima 
(13), 
la 
loro 
natura. 
inoltre, 
le 
decisioni 
delle 
autorit� 
nazionali 
vincolanti 
sarebbero 
solamente 
quelle 
�definitive�, 
mentre 
le 
decisioni 
della 
Commissione 
vincolano 
anche 
se 
non 
definitive 
(14). 


Sebbene 
l�articolo 
16 
del 
regolamento 
1/2003 
abbia 
posto 
non 
pochi 
problemi 
di 
coordinamento 
con 
l�ordinamento 
nazionale, 
le 
problematiche 
che 
schiude 
l�art. 
9 
della 
direttiva, 
oggi 
trasposto 
nell�art. 
7 
del 
d.lgs 
n. 
3 
del 
2017, 
sono sensibilmente differenti. 


Pur 
non 
potendo 
dare 
conto 
delle 
ipotesi 
ricostruttive 
(15) 
elaborate 
dalla 


(12) Come 
auspicava 
gran parte 
della 
dottrina. Ex 
multis, VillA, La direttiva europea sul 
risarcimento 
del 
danno antitrust: riflessioni 
in vista dell'attuazione, in Corriere 
Giur., 2015, 3, p. 301; 
BruzzonE 
e 
SAJA, 
Verso 
il 
recepimento 
della 
direttiva 
sul 
private 
enforcement 
del 
diritto 
antitrust, 
in 
Concorrenza e mercato, 2014, p. 257. 
(13) Per una 
completa 
analisi 
dell�art. 16 del 
regolamento 1/2003 e 
della 
portata 
del 
vincolo da 
questo 
stabilito 
in 
relazione 
ai 
vari 
esiti 
del 
procedimento 
iniziato 
dalla 
Commissione 
Europea 
si 
rimanda 
a 
l.f. PACE 
(a 
cura 
di), Dizionario sistematico, cit., e 
pi� precisamente 
al 
cap. 4 (I rapporti 
tra public 
e 
private enforcement dei divieti antitrust), parte ii, dell�opera. 
(14) Anche 
se 
solo �contemplate� 
durante 
il 
procedimento. A 
tal 
fine 
il 
giudice 
nazionale 
pu� decidere, 
sempre 
ai 
sensi 
dell�art. 16, anche 
di 
sospendere 
il 
giudizio di 
risarcimento del 
danno in attesa 
della decisione della Commissione. 
(15) 
numerose 
voci 
in 
dottrina 
(nEGri, 
Procedimenti 
paralleli 
in 
materia 
antitrust: 
(ir)ragionevoli 
corollari 
processuali 
del 
vincolo dei 
giudici 
nazionali 
alle 
decisioni 
della commissione 
CE, in Int'l 
Lis, 
2009, 3-4, p. 133; 
rorDorf, Il 
ruolo del 
giudice 
e 
quello dell'autorit� nazionale 
della concorrenza e 
del 
mercato nel 
risarcimento del 
danno antitrust 
in Societ�, 2014, 7, p. 784; 
TroTTA, Il 
rapporto, cit., 
pp. 
363-364) 
non 
hanno 
mancato 
di 
rilevare 
come 
l�art. 
16 
del 
regolamento 
1/2003, 
rendendo 
vincolante 
per il 
giudice 
civile 
l�accertamento in punto di 
fatto e 
di 
diritto compiuto dalla 
Commissione, autorit� 
amministrativa, 
porrebbe 
problemi 
di 
coordinamento 
con 
i 
principi 
fondamentali 
del 
nostro 
ordinamento 
sanciti 
dagli 
artt. 24, 101 e 
102 della 
Costituzione, tanto da 
chiamare 
in causa 
la 
nota 
teoria 
dei 
�controlimiti� 
(valuta 
invece 
positivamente 
l�art. 
16 
del 
reg. 
1/2003 
liBErTini, 
Diritto 
della 
Concorrenza 
dell�Unione 
Europea, Giuffr�, 2014, pp. 459-461). Vi 
� 
anche 
chi 
(VASQuES, Private 
enforcement 
della 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


dottrina 
nazionale 
con riferimento al 
vincolo disposto dall�art. 16 del 
regolamento 
1/2003, che 
esulerebbero dall�oggetto della 
presente 
analisi, ci 
si 
pu� 
qui 
limitare 
a 
constatare 
come 
la 
violazione 
da 
parte 
del 
giudice 
nazionale 
della 
decisione 
della 
Commissione 
possa 
contrastare, 
come 
rilevato 
dalla 
Sentenza 
masterfoods 
(16), 
col 
principio 
di 
leale 
collaborazione 
sancito 
dal-
l�odierno art. 4 del 
TuE, atteso che 
l�efficacia 
vincolante 
delle 
decisioni 
della 
Commissione 
si 
giustifica 
col 
fine 
di 
garantire 
un�uniforme 
applicazione 
del 
diritto europeo della 
concorrenza. Tutte 
considerazioni 
che, a 
ben vedere, mal 
si attaglierebbero ai provvedimenti delle 
Autorit� nazionali. 


Per 
quanto 
riguarda 
il 
nostro 
ordinamento, 
l�art. 
9 
della 
direttiva 
104/2014/uE 
interviene 
su una 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
che, 
dopo 
iniziali 
tentennamenti, 
si 
era 
assestata 
nel 
riconoscere 
efficacia 
di 
�prova 
privilegiata� 
della 
violazione 
delle 
norme 
antitrust 
al 
provvedimento 
del-
l�AGCM, sul 
quale, inoltre, veniva 
fondata 
anche 
la 
presunzione 
della 
sussistenza 
del 
danno 
e 
del 
nesso 
di 
causalit�. 
un�efficacia 
probatoria 
dunque, 
suscettibile 
di 
una 
prova 
contraria 
che 
(seppur a 
maglie 
molto strette) veniva 
comunque riconosciuta all�impresa convenuta. 


obiettivo 
del 
presente 
lavoro 
� 
quello 
di 
analizzare 
la 
graduale 
evoluzione 
della 
giurisprudenza 
nazionale 
ante 
direttiva 
in 
materia 
al 
fine 
di 
provare 
a 
comprendere 
quale 
sar� 
il 
reale 
effetto innovatore 
del 
recente 
intervento operato 
dal 
legislatore 
europeo. Allo stesso tempo, cercheremo di 
identificare 
appigli 
normativi, 
se 
ve 
ne 
sono, 
in 
grado 
di 
coniugare 
il 
rispetto 
della 
normativa 
comunitaria 
ed i 
principi 
(anche 
costituzionali) che 
regolano il 
nostrano processo 
civile, i 
diritti 
dei 
soggetti 
danneggiati 
da 
una 
condotta 
anticoncorrenziale 
e i diritti di difesa dell�impresa convenuta. 

2. 
La 
decisione 
dell�aGCm 
nei 
giudizi 
civili 
follow 
on 
ante 
direttiva 
104/2014/UE 
ovvero 
la 
graduale 
�erosione� 
dei 
diritti 
di 
difesa 
dell�impresa 
convenuta. 
Prima 
dell�avvento della 
direttiva 
e 
della 
espressa 
previsione 
di 
vincolativit� 
della 
decisione 
emanata 
dalle 
Autorit� 
nazionali 
nel 
giudizio 
civile 
di 
ri


disciplina antitrust 
in italia: si 
pu� fare?, in Danno e 
resp., 2012, 8-9, p. 824), con l�intento di 
trovare 
una 
forma 
di 
compatibilit� 
tra 
la 
norma 
in 
questione 
ed 
i 
sopracitati 
principi 
fondamentali, 
non 
ha 
ritenuto 
possibile 
attribuire 
efficacia 
vincolante 
alle 
decisioni 
della 
Commissione, che 
possono avere, al 
pi�, il 
valore 
di 
�prova 
particolarmente 
pregnante�. 
Secondo 
tale 
ordine 
di 
idee, 
i 
fatti 
accertati 
da 
una 
decisione 
della 
Commissione 
sarebbero suscettibili 
di 
essere 
sconfessati 
da 
prova 
contraria. Tale 
interpretazione 
dell�art. 
16 
del 
regolamento 
1/2003 
non 
convince 
appieno 
in 
quanto 
eccessivamente 
�creativa� 
e 
lontana 
dal 
tenore 
letterale 
della 
norma, che 
fa 
indubbio riferimento ad un vincolo che 
viene 
stabilito dalle 
decisioni 
della Commissione. 


(16) Corte 
Giust. uE, causa 
C-344/98, masterfoods 
ltd c. HB 
Ice 
cream 
ltd, su eur-lex.europa.eu, 
punto 
49 
�inoltre, 
dalla 
giurisprudenza 
della 
Corte 
emerge 
che 
l'obbligo, 
imposto 
agli 
Stati 
membri 
dal-
l'art. 5 del 
Trattato, di 
adottare 
tutti 
i 
provvedimenti 
generali 
o particolari 
atti 
a 
garantire 
l'adempimento 
degli 
obblighi 
derivanti 
dal 
diritto euro-unitario e 
di 
astenersi 
dall'adottare 
i 
provvedimenti 
che 
possono 
mettere 
in pericolo la 
realizzazione 
degli 
scopi 
del 
Trattato vale 
per tutti 
gli 
organi 
degli 
Stati 
membri, 
ivi compresi, nell'ambito di loro competenza, quelli giurisdizionali�. 

DoTTrinA 
255 


sarcimento del 
danno, la 
Corte 
di 
Cassazione, partendo dal 
considerare 
la 
decisione 
dell�AGCM 
quale 
�prova 
privilegiata�, 
era 
arrivata 
nelle 
pronunce 
pi� recenti 
ad estendere 
notevolmente 
(forse 
eccessivamente) l�efficacia 
probatoria 
della 
decisione 
dell�Autorit� 
Garante 
della 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato, 
riducendo, da 
un lato, gli 
oneri 
di 
parte 
attrice 
ad una 
minimale 
allegazione 
e, 
dall�altro, 
rendendo 
soverchiamente 
difficile 
(se 
non 
praticamente 
impossibile) 
la difesa dell�impresa convenuta nei giudizi 
follow on. 


Anzitutto, il 
procedimento iniziato dall�Autorit� 
Garante 
delle 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato 
(cos� 
come 
la 
sua 
eventuale 
appendice 
giurisdizionale) 
ed 
il 
giudizio 
civile 
di 
risarcimento 
dal 
danno 
sono 
stati 
tradizionalmente 
ritenuti 
nel 
nostro 
ordinamento 
indipendenti 
l�uno 
dall�altro 
(17). 
Come 
rilevato 
anche 
dalla 
giurisprudenza 
(18), infatti, i 
due 
procedimenti 
hanno funzionalit� 
differenti, 
seppur 
affini: 
l�AGCM 
cura 
l�interesse 
pubblico 
dato 
dal 
corretto 
funzionamento 
del 
mercato, 
mentre 
la 
cognizione 
del 
giudice 
civile 
ha 
ad 
oggetto 
il 
diritto 
al 
risarcimento 
del 
danno 
cagionato 
dalla 
lesione 
di 
un 
�interesse, 
processualmente 
rilevante, alla conservazione 
del 
[�] carattere 
competitivo 
del 
mercato, 
al 
punto 
da 
poter 
allegare 
uno 
specifico 
pregiudizio 
conseguente 
alla rottura o alla diminuzione di tale carattere� 
(19). 

insomma, il 
procedimento amministrativo ed il 
giudizio civile 
di 
risarcimento 
del 
danno 
hanno 
formalmente 
corso 
(almeno 
fino 
all�entra 
in 
vigore 
della 
direttiva) su due 
binari 
paralleli. non a 
caso veniva 
esclusa 
ogni 
forma 
di 
sospensione 
del 
processo civile 
in pendenza 
sia 
del 
procedimento amministrativo 
(20) 
che 
delle 
sue 
eventuali 
appendici 
giurisdizionali 
(21), 
a 
differenza 


(17) Sul 
punto frATEA, 
Il 
private 
enforcement 
del 
diritto della concorrenza dell�unione 
europea, 
EDi, 2015, pp. 213-215; rorDorf, Il ruolo del giudice, cit.; 
TroTTA, Il rapporto, cit., p. 363. 
(18) Cass., SS.uu., del 
4 febbraio 2005, n. 2207, su www.pa.leggiditalia.it. 
Tale 
arresto delle 
Sezioni 
unite 
� 
di 
cruciale 
importanza 
perch� 
i 
giudici 
di 
legittimit�, 
cassando 
la 
sentenza 
di 
merito, 
hanno 
ritenuto legittimati 
attivi 
ex 
art. 33 legge 
n. 287/1990 non solo gli 
imprenditori 
danneggiati, ma 
anche 
i 
consumatori, atteso che 
�la 
legge 
antitrust 
non � 
la 
legge 
degli 
imprenditori 
soltanto, ma 
� 
la 
legge 
dei 
soggetti 
del 
mercato�. Par tali 
motivi, la 
Corte 
rileva 
come, mentre 
il 
giudizio innanzi 
al 
giudice 
civile 
sia 
volto alla 
tutela 
di 
un interesse 
individuale 
del 
danneggiato dalla 
condotta 
anticoncorrenziale, il 
procedimento 
amministrativo 
abbia 
come 
preminente 
obiettivo 
la 
tutela 
�di 
un 
pi� 
generale 
bene 
giuridico� 
costituito da 
�la 
struttura 
concorrenziale 
del 
mercato di 
riferimento�. Sulla 
diversit� 
di 
presupposti 
e 
di 
fini 
del 
private 
enforcement 
rispetto al 
public 
enforcement 
e 
sulla 
consapevolezza 
di 
queste 
differenze 
da 
parte 
del 
legislatore 
euro-unitario nell�elaborazione 
della 
Direttiva 
in dottrina 
si 
veda 
MAlAGoli, 
Il 
risarcimento del 
danno da pratiche 
anticoncorrenziali 
alla luce 
della direttiva 104/2014/UE 
del 
26 novembre 
2014, in Contratto e Impresa. Europa, 1, 2015, p. 393. 
(19) Cass., SS.uu., del 4 febbraio 2005, n. 2207. 
(20) 
rorDorf, 
Il 
ruolo 
del 
giudice, 
cit.; 
liBErTini, 
Il 
ruolo 
del 
giudice 
nell'applicazione 
delle 
norme 
antitrust, in Giur. Comm., 1998, p. 659; 
TroTTA, Il 
rapporto, cit., p. 363; 
CASTElli, Disciplina 
antitrust, 
cit., 
pp. 
104-111; 
nEGri, 
Giurisdizione 
e 
amministrazione 
nella 
tutela 
della 
concorrenza, 
Giappicchelli, 
2006, pp. 141-145. in giurisprudenza 
si 
veda 
Cass. SS.uu. del 
13 febbrario 2009, n. 3640, su 
www.pa.leggiditalia.it, che 
ha 
definito il 
giudizio di 
private 
enforcement 
�un binario percorribile 
in via 
autonoma rispetto alla tutela in via amministrativa�. 
(21) Su questo punto vi 
� 
per� chi, (liBErTini, Il 
ruolo del 
giudice, cit.) ritenendo gi� 
prima 
della 
direttiva 
che 
il 
provvedimento dell�AGCM 
avesse 
efficacia 
vincolante 
nel 
processo civile 
conseguente, 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


di 
quanto 
previsto 
espressamente 
dall�art. 
16 
del 
regolamento 
1/2003 
che, 
con 
riferimento ai 
procedimenti 
iniziati 
dalla 
Commissione, si 
spinge 
fino a 
prevedere 
una 
peculiare 
ipotesi 
di 
sospensione 
facoltativa 
del 
giudizio civile 
in 
pendenza del procedimento amministrativo (22). 

in 
tale 
quadro 
normativo 
le 
Sezioni 
unite, 
avanzando 
nel 
solco 
gi� 
tracciato 
dalla 
sentenza 
n. 
2207 
del 
2005 
(23), 
hanno 
sancito 
con 
sentenza 
3640 
del 
2009 
(24) 
che 
la 
decisione 
dell�Autorit� 
Garante 
delle 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato 
(pur 
non 
definitiva) 
era 
da 
considerarsi 
quale 
�prova 
privilegiata 
della 
sussistenza 
del 
comportamento 
accertato 
o 
della 
posizione 
rivestita 
e 
del 
suo 
abuso�. 
la 
sentenza, 
nonostante 
la 
creazione 
della 
figura, 
dai 
contorni 
indefiniti, 
della 
prova 
atipica 
�privilegiata�, 
appariva 
tutto 
sommato 
abbastanza 
equilibrata 
e 
tarata 
sulle 
peculiarit� 
del 
procedimento 
di 
private 
enforcement 
(25). 
la 
decisione 
dell�AGCM 
costituiva 
(soprattutto 
in 
virt� 
della 
natura 
estremamente 
tecnica 
dell�Autorit� 
e 
dei 
suoi 
incisivi 
e 
penetranti 
poteri 
istruttori) 
prova 
privilegiata 
(26) 
del 
comportamento 
anticoncorrenziale, 


potendo l�A.g.o. solamente 
disapplicarlo, giungeva 
a 
riconoscere 
un rapporto di 
pregiudizialit�/dipendenza 
tra 
il 
provvedimento amministrativo ed il 
giudizio 
follow on 
e, conseguentemente, a 
ritenere 
che 
in pendenza 
del 
giudizio amministrativo di 
impugnazione 
quello civile 
dovesse 
essere 
sospeso ex 
art. 
295 
c.p.c. 
Si 
ritiene 
di 
non 
condividere 
questa 
impostazione 
per 
due 
ordini 
di 
ragioni: 
innanzitutto, 
perch� 
la 
legge 
nazionale 
non prevedeva 
alcun vincolo in capo al 
giudice 
civile, e, secondariamente, 
perch� 
il 
fatto costitutivo del 
diritto al 
risarcimento del 
danno � 
costituito dalla 
violazione 
delle 
norme 
antitrust, oggetto di 
accertamento da 
parte 
del 
giudice 
civile, non dal 
provvedimento amministrativo. 
Per tali 
ragioni 
deve 
ritenersi 
che, almeno fino alla 
trasposizione 
della 
direttiva 
104/2014/uE, nell�ordinamento 
nazionale non vi fosse alcuna �pregiudizialit� amministrativa�. 


(22) c.f.r. nota n. 14. 
(23) Cass. SS.uu. del 4 febbraio 2005, n. 2207, su www.pa.leggiditalia.it., vedi nota n. 16. 
(24) Cass. SS.uu. del 13 febbrario 2009, n. 3640. 
(25) 
friGnAni, 
La 
cassazione 
prosegue 
l'erosione 
del 
diritto 
di 
difesa 
nelle 
cause 
risarcitorie 
antitrust 
follow 
on, 
in 
Diritto 
e 
fiscalit� 
dell'assicurazione, 
fasc. 
3, 
2013, 
p. 
291. 
l�Autore, 
nonostante 
critichi 
il 
concetto 
di 
prova 
privilegiata, 
riconosce 
in 
ogni 
modo 
che 
le 
conclusioni 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
si 
rivelavano 
di 
grande 
equilibrio 
laddove 
avevano 
limitato 
l�efficacia 
del 
�privilegio� 
probatorio 
alla 
sola 
condotta; 
della 
stessa 
opinione 
nEGri, 
Giurisdizione 
e 
amministrazione 
nella 
tutela 
della 
concorrenza, 
Vol. 
ii, 
La 
tutela 
della 
concorrenza 
innanzi 
al 
giudice 
civile, 
Giappicchelli, 
2012, 
pp. 
306-307. 
(26) Vi 
� 
chi 
aveva 
concepito (CHiEPPA, Il 
recepimento, cit.; 
VillA, L�attuazione 
della direttiva 
sul 
risarcimento del 
danno per 
violazione 
delle 
norme 
sulla concorrenza, in Corriere 
Giur., 2017, 4, p. 
441) la 
prova 
privilegiata 
alla 
stregua 
di 
una 
presunzione 
semplice. in realt�, era 
stato correttamente 
rilevato 
(CASTElli, Disciplina antitrust, cit., pp. 112-116) come 
la 
prova 
privilegiata 
non avrebbe 
potuto 
considerarsi 
una 
presunzione 
in quanto il 
fatto noto (la 
violazione 
delle 
norme 
antitrust) avrebbe 
avuto 
il 
medesimo contenuto del 
fatto ignoto da 
provare. in aggiunta, l�A. da 
ultimo citato, avendo accolto la 
distinzione 
tra 
oneri 
di 
allegazione 
e 
oneri 
probatori 
e 
avendo ricompreso la 
produzione 
della 
decisione 
dell�AGCM 
nell�ambito degli 
oneri 
di 
allegazione, considerava 
la 
prova 
privilegiata 
riconducibile 
alla 
figura 
della 
c.d. presunzione 
impropria 
o verit� 
interinale, atteso che 
l�efficacia 
del 
provvedimento del-
l�AGCM 
nel 
processo civile 
avrebbe 
fatto ritenere 
provato il 
comportamento anticoncorrenziale 
fino a 
prova 
contraria. 
Tale 
concezione 
avrebbe 
fatto 
riferimento, 
dunque, 
ad 
una 
regola 
di 
inversione 
dell�onere 
della 
prova, ovvero ad una 
deroga 
all�art. 2697 c.c., che 
potrebbe, in realt�, essere 
disposta 
solo dalla 
legge, 
non 
anche 
dal 
giudice. 
Al 
contempo, 
a 
prescindere 
dalla 
distinzione 
tra 
oneri 
di 
allegazione 
e 
oneri 
probatori 
non pu� non rilevarsi 
come 
il 
provvedimento dell�AGCM, nella 
lettura 
della 
Suprema 

DoTTrinA 
257 


ovvero 
prova 
dotata 
di 
un�efficacia 
logico 
-persuasiva 
maggiore 
rispetto 
alle 
prove 
�ordinarie� 
(27). 
Tale 
soluzione 
teneva 
conto 
dell�asimmetria 
informativa 
in 
cui 
si 
trova 
la 
parte 
attrice 
nei 
procedimenti 
di 
private 
enforcement, 
della 
natura 
degli 
atti 
dell�AGCM 
nonch� 
dei 
diritti 
di 
difesa 
dell�impresa 
convenuta, 
considerato 
che 
la 
peculiare 
efficacia 
probatoria 
della 
decisione 
dell�AGCM 
veniva 
limitata 
al 
solo 
�comportamento� 
anticoncorrenziale 
e 
che 
le 
Sezioni 
unite 
avevano 
premura 
di 
precisare 
come 
�nel 
giudizio 
in 
sede 
civile 
� 
possibile 
offrire 
sia 
prove 
a 
sostegno 
di 
tale 
accertamento 
(quello 
dell�AGCM 
n.d.r), 
che 
riguardino 
pi� 
direttamente 
la 
posizione 
del 
singolo 
danneggiato, 
sia 
prove 
contrarie�. 
in 
definitiva, 
la 
�prova 
privilegiata� 
nel-
l�ottica 
delle 
Sezioni 
unite 
del 
2009 
costituiva 
una 
prova 
particolarmente 
pregnante 
ma, 
comunque, 
superabile. 


in 
aggiunta, 
la 
Corte 
di 
Cassazione, 
gi� 
a 
partire 
dal 
2007 
(28) 
aveva 
fondato 
sul 
provvedimento 
dell�AGCM 
anche 
la 
presunzione 
(29) 
della 
sussistenza 
del 
danno e 
del 
nesso di 
causalit�. Ad esempio, con riferimento ad un 
filone 
di 
pronunce 
del 
2011 
(30) 
concernenti 
domande 
di 
risarcimento 
del 
danno cagionato da 
un�intesa 
tra 
alcune 
compagnie 
assicurative, la 
Corte 
di 
Cassazione 
ha 
ritenuto che 
�il 
provvedimento sanzionatorio non ha 
accertato 
[�] 
solo 
il 
carattere 
potenzialmente 
lesivo 
dei 
benefici 
della 
concorrenza 
e 
degli 
interessi 
economici 
dei 
consumatori, ma 
anche 
che 
tale 
comportamento 
ha 
prodotto un'ingente 
ed ingiustificata 
lievitazione 
dei 
premi 
sul 
mercato generale 
italiano delle 
polizze 
rCA� 
e 
che, dunque, �l'assicurato che 
agisca 
in 
risarcimento dei 
danni 
[�] ha 
il 
diritto di 
avvalersi 
della 
presunzione 
che 
il 
premio sia 
stato indebitamente 
aumentato per effetto del 
comportamento collusivo� 
(31). 

Corte, 
restava 
pur 
sempre 
una 
prova, 
quindi 
soggetta 
al 
principio 
dispositivo 
ed 
espressione 
dell�art. 
2697 c.c. Per un�analisi 
sui 
rapporti 
tra 
prova, presunzione 
e 
presunzione 
impropria 
si 
rinvia 
a 
PATTi, 
Probatio e praesumptio: attualit� di un'antica contrapposizione, in riv. Dir. Civ., 2001, 4, p. 1047. 


(27) in realt�, come 
rileva 
la 
dottrina 
processualcivilistica, (ConSolo, Spiegazioni 
di 
diritto processuale 
civile, ii, Giappichelli, Torino, 2014, pp. 294-295) identificare 
esattamente 
l�efficacia 
logico persuasiva 
di 
un 
singolo 
elemento 
di 
prova 
� 
cosa 
ardua. 
normalmente 
il 
giudice, 
in 
base 
al 
suo 
�prudente 
apprezzamento� 
considera 
alcune 
prove 
pi� 
o 
meno 
pregnanti 
di 
altre, 
secondo 
quelle 
che 
sono le 
circostanze 
di 
fatto e 
di 
diritto oggetto del 
giudizio. in definitiva, volendo dare 
una 
definizione 
di 
prova 
privilegiata, 
che 
non 
pu� 
non 
scontare 
un 
margine 
di 
approssimazione, 
potremmo 
dire 
che 
prova 
privilegiata 
� 
quella 
particolare 
prova 
che 
il 
giudice 
deve 
tenere 
in preminente 
considerazione 
ai 
fini 
del 
decidere, 
potendo 
essere 
superata 
solo 
da 
un 
insieme 
di 
prove 
che, 
unitamente 
considerate, 
siano 
idonee a superare il fatto cos� come accertato dall�AGCM. 
(28) Cass. del 2 febbraio 2007, n. 2305, su www.pa.leggiditalia.it. 
(29) Secondo nEGri 
(Giurisdizione 
e 
amministrazione, Vol. ii, cit., pp. 321-322) pi� che 
una 
presunzione 
la 
Suprema 
Corte 
avrebbe 
elaborato una 
prova 
prima facie, per mezzo di 
ci� si 
ritiene 
verosimile 
la 
sussistenza 
del 
nesso 
di 
causalit� 
e 
del 
danno 
a 
fronte 
di 
un�ipotesi 
tipica 
costituita 
dell�accertamento dell�AGCM. Sulla prova 
prima facie 
c.f.r. nota n. 62. 
(30) 
Solo 
per 
citarne 
alcune, 
Cass. 
del 
10 
maggio 
2001, 
n. 
10211, 
su 
www.pa.leggiditalia.it; 
Cass. 
del 
18 
agosto 
2011, 
n. 
17362, 
su 
www.pa.leggiditalia.it; 
Cass. 
22 
settembre 
2011, 
n. 
19262, 
su 
www.pa.leggiditalia.it. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


insomma, alla 
decisione 
dell�Autorit� 
garante 
� 
stato attribuito, oltre 
che 
efficacia 
di 
�prova 
privilegiata� 
con riferimento alla 
condotta 
anticoncorrenziale 
dell�impresa, 
anche 
valore 
presuntivo 
della 
sussistenza 
del 
nesso 
causale 
e 
del 
danno. in aggiunta, non si 
dimentichi 
che 
la 
dottrina 
maggioritaria 
e 
la 
giurisprudenza 
ritenevano (e 
ritengono ancor oggi) di 
applicare 
per analogia 
ai 
giudizi 
di 
private 
enforcement 
l�art. 
2600 
c.c. 
(32), 
secondo 
il 
quale 
provato 
l�elemento 
oggettivo 
dell�illecito, 
quello 
soggettivo 
si 
presume. 
Ci� 
detto, 
pu� 
ben comprendersi 
come, di 
fatto, gli 
oneri 
di 
allegazione 
e 
di 
prova 
di 
parte 
attrice erano stati da quest�orientamento ridotti a ben poca cosa (33). 

E 
di 
questo �stato dell�arte� 
ne 
� 
stata 
ben consapevole 
la 
Corte 
di 
Cassazione 
quando, 
sempre 
con 
riferimento 
al 
caso 
rC 
auto, 
ha 
affermato 
che 
�Per 
ottenere 
il 
risarcimento 
dei 
danni 
l'assicurato 
ha 
(solamente 
n.d.r) 
l'onere 
di 
allegare 
la 
polizza 
assicurativa 
contratta 
(quale 
manifestazione 
della 
condotta 
finale 
del 
preteso 
danneggiante) 
e 
l'accertamento 
in 
sede 
amministrativa 
della 
partecipazione 
dell'assicuratore 
all'intesa 
anticoncorrenziale 
(quale 
condotta 
preparatoria)� 
(34), in quanto �il 
Provvedimento dell'AGCM 
offre 
tutti 
i 
dati 
probabilistici 
e 
presuntivi 
che, ai 
sensi 
della 
pronuncia 
n. 2305/2007 di 
questa 
Corte, valgono a 
dimostrare 
che 
il 
premio applicato in polizza 
all'assicurato, 
nel 
periodo in cui 
la 
compagnia 
� 
stata 
ritenuta 
partecipe 
del 
comportamento 
collusivo, � ingiustificatamente elevato, nella misura indicata� (35). 


il 
sistema 
sarebbe 
potuto sembrare 
comunque 
ben calibrato (atteso che, 
venendo comunque 
riconosciuta 
all�impresa 
la 
prova 
contraria, l�efficacia 
riconosciuta 
al 
provvedimento dell�AGCM 
era 
pur sempre 
superabile) (36) se 
non 
fosse 
che 
le 
stesse 
sentenze 
del 
2011, 
intervenendo 
sulla 
misura 
della 


(31) nello specifico, Cass. del 
18 agosto 2011, n. 17362, ripresa 
con formulazione 
analoga 
anche 
negli arresti citati nella precedente nota. 
(32) c.f.r. nota n. 2. 
(33) 
Con 
riferimento 
agli 
oneri 
di 
allegazione 
DE 
CriSTofAro 
(Onere 
probatorio 
e 
disciplina 
delle 
prove, cit.) fa 
notare 
come, anche 
a 
fronte 
di 
quanto disposto nella 
direttiva 
104/2014/uE 
e 
viste 
le 
peculiarit� 
del 
procedimento 
di 
private 
enforcement, 
si 
dovrebbe 
distinguere 
tra 
i 
vizi 
dell�atto 
di 
citazione 
che 
attengono alla 
assoluta 
mancanza 
di 
indicazione 
degli 
elementi 
di 
cui 
all�art. 163 n. 4, che 
rendono 
inintellegibile 
la 
domanda 
ed 
integrano 
un�ipotesi 
di 
nullit�, 
e 
vizi 
di 
solo 
insufficiente 
indicazione 
della 
causa petendi, ai 
quali 
non dovrebbe 
conseguire 
la 
nullit� 
della 
domanda, atteso che 
�la 
disciplina 
processuale 
deve 
infatti 
plasmarsi 
sulle 
peculiarit� 
di 
un contenzioso che 
strutturalmente 
trova 
e 
ritrae 
proprio 
nel 
corso del 
processo - a 
valle 
e 
non a 
monte 
dell'istruttoria 
(di 
contro a 
quanto prefigurato dalla 
scansione 
delle 
memorie 
ex 
art. 183, co. 6, c.p.c.) - gli 
elementi 
individuatori 
delle 
condotte 
censurate 
su cui 
si 
dipaner� 
il 
contraddittorio: 
e 
ci� in grazia 
dello strutturale 
irrobustimento delle 
fonti 
di 
acquisizione 
probatoria 
dalla 
controparte 
e 
da 
terzi, ed altres� 
della 
necessaria 
�curvatura� 
proattiva 
che 
debbono 
assumere i tradizionali, e �limitati�, istituti processuali�. 
(34) Cass. del 2 febbraio 2007, n. 2305. 
(35) Cass. del 18 agosto 2011, n. 17362. 
(36) Come 
ha 
stabilito la 
sentenza 
n. 2305 del 
2007 ritenendo che 
�quanto, poi, al 
nesso causale, 
il 
giudice 
potr� 
accertarne 
l'esistenza 
in termini 
probabilistici 
o presuntivi, ma 
[�] dovr� 
consentire 
al-
l'assicuratore 
di 
provare 
contro le 
presunzioni 
o contro la 
sequenza 
probabilistica 
posta 
a 
base 
del 
ragionamento 
che fa derivare il danno dall'intesa illecita�. 

DoTTrinA 
259 


prova 
contraria, 
giungevano 
a 
conclusioni 
che, 
oltre 
a 
non 
essere 
previste 
nemmeno 
implicitamente 
dal 
dato normativo, dimidiavano notevolmente 
(rectius 
eccessivamente) i diritti di difesa delle imprese convenute. 


Anzitutto, 
le 
sentenze 
del 
2011, 
infatti, 
hanno 
affermato 
che 
�la 
prova 
dell�insussistenza 
del 
nesso 
causale 
non 
pu� 
essere 
tratta 
da 
considerazioni 
di 
carattere 
generale 
attinenti 
ai 
dati 
che 
influiscono 
sulla 
formazione 
dei 
premi 
nel 
mercato 
generale 
delle 
polizze 
assicurative, 
ma 
deve 
riguardare 
situazioni 
e 
comportamenti 
che 
siano 
specifici 
dell'impresa 
interessata: 
che 
attengano, 
cio�, 
alla 
singola 
impresa 
assicuratrice, 
al 
singolo 
assicurato 
od 
alla 
singola 
polizza, 
che 
siano 
tali 
da 
dimostrare 
che 
-nel 
caso 
oggetto 
di 
esame 
-il 
livello 
del 
premio 
non 
� 
stato 
determinato 
dalla 
partecipazione 
all'intesa 
illecita, 
ma 
da 
altri 
fattori� 
(37). 
Tale 
prima 
conclusione 
non 
avrebbe 
dovuto 
suscitare 
eccessive 
perplessit� 
in 
dottrina 
(38) 
se 
solo 
si 
considera 
che, 
potendosi 
l�attore 
avvalere 
della 
presunzione 
del 
nesso 
di 
causalit� 
data 
dall�accertamento 
della 
condotta 
anticoncorrenziale 
da 
parte 
dell�AGCM, 
la 
prova 
contraria 
del 
convenuto 
avrebbe 
dovuto 
vertere 
naturaliter 
su 
circostanze 
peculiari 
e 
relative 
alla 
specifica 
situazione 
di 
fatto 
tali 
da 
sconfessare 
il 
ragionamento 
inferenziale, 
di 
per 
s� 
generale 
ed 
astratto, 
ammesso 
dalle 
pronunce 
della 
Corte 
di 
Cassazione. 


foriero di 
maggiori 
problematiche 
� 
stato l�orientamento della 
Corte 
di 
Cassazione 
quando ha 
stabilito che, �Quanto all'efficacia 
probatoria 
degli 
accertamenti 
dell'AGCM, in primo luogo questa 
Corte 
ha 
rilevato che 
il 
ruolo 
di 
prova 
privilegiata 
degli 
atti 
del 
procedimento 
pubblicistico 
condotto 
dal-
l'Autorit� 
Garante, e 
poi 
in sede 
di 
giustizia 
amministrativa 
[�] pur non precludendo 
la 
facolt�, 
per 
la 
compagnia 
assicuratrice, 
di 
fornire 
la 
prova 
contraria, impedisce 
che 
possano rimettersi 
in discussione 
proprio i 
fatti 
costitutivi 
dell'affermazione 
di 
sussistenza 
della 
violazione 
della 
normativa 
in 
tema 
di 
concorrenza, in base 
allo stesso materiale 
probatorio od alle 
stesse 
argomentazioni 
gi� disattesi in quella sede� (39). 

il 
ragionamento 
della 
corte 
di 
Cassazione 
pare 
abbastanza 
fariseo 
laddove, 
facendo 
formalmente 
salvo 
il 
diritto 
alla 
prova 
contraria 
dell�impresa 
convenuta, ritiene 
non possano rimettersi 
in discussione 
oltre 
alle 
valutazioni 
che 
l�Autorit� 
Garante 
ha 
dato delle 
prove 
presentate 
in sede 
amministrativa, 
financo le argomentazioni della stessa. 


le 
conclusioni 
a 
cui 
giunge 
la 
Suprema 
Corte 
si 
sgretolano al 
vaglio dei 
principi che regolano il processo civile. 


(37) Per tutte, Cass. n. 10211 del 2011. 
(38) 
Secondo 
friGnAni 
(La 
cassazione, 
cit.) 
vi 
sarebbe 
nel 
ragionamento 
della 
corte 
un�accentuata 
sproporzione 
tra 
le 
prove 
�generiche� 
sufficienti 
ad accogliere 
la 
domanda 
dell�attore 
e 
le 
prove 
specifiche 
richieste al convenuto. 
(39) Cass. del 9 maggio 2012, n. 7039, in www.pa.leggiditalia.it. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Anzitutto, vengono gravemente 
pregiudicati 
i 
diritti 
di 
difesa 
della 
parte 
convenuta. Questa, non solo si 
trova 
parte 
in un procedimento in cui 
� 
sostanzialmente 
tenuta, pi� che 
a 
difendersi 
dalle 
argomentazioni 
e 
dalle 
prove 
fornite 
da 
parte 
attrice, a 
giocare 
�all�attacco�, dovendo in sostanza 
sconfessare 
le 
conclusioni 
dell�AGCM 
concernenti 
il 
comportamento anticoncorrenziale 
e 
dimostrare 
l�insussistenza 
del 
nesso di 
causalit�, ma 
non pu� nemmeno avvalersi 
delle 
prove 
sulla 
base 
delle 
quali 
l�Autorit� 
Garante 
ha 
gi� 
giudicato o 
rimettere 
in discussione 
le 
argomentazioni 
sulla 
base 
delle 
quali 
la 
stessa 
ha 
deciso. il 
provvedimento definitivo dell�AGCM 
configura 
in sede 
civile 
una 
sorta 
di 
�preclusione 
del 
dedotto� 
che 
non 
consente 
alla 
parte 
convenuta 
di 
esplicare a pieno i propri diritti di difesa (40). 

Da 
quanto 
detto 
consegue 
un�ulteriore 
considerazione: 
i 
risultati 
a 
cui 
giunge 
l�interpretazione 
della 
Corte 
di 
Cassazione, 
a 
meno 
di 
non 
voler 
cadere 
in 
un 
artificioso 
formalismo 
(41), 
pongono 
in 
capo 
al 
giudice 
civile 
un 
vincolo 
rispetto a 
quanto stabilito dall�AGCM. il 
giudice, infatti, non pu� discostarsi 
dalle 
conclusioni 
e 
dalle 
argomentazioni 
cui 
� 
giunta 
l�Autorit� 
sulla 
base 
delle 
prove 
prodotte 
nel 
procedimento amministrativo. Potrebbe 
addivenire 
a 
risultati 
differenti, sempre 
in base 
a 
fatti 
nuovi 
o a 
nuove 
prove, ammesso e 
non 
concesso 
che 
l�impresa 
ne 
alleghi 
o 
ne 
produca. 
in 
definitiva, 
la 
Suprema 
Corte, gi� 
prima 
dell�entrata 
in vigore 
della 
direttiva 
e 
della 
sua 
trasposizione 
nell�ordinamento italiano, aveva 
di 
fatto riconosciuto al 
provvedimento definitivo 
dell�AGCM 
un�autorit� 
che, al 
di 
l� 
delle 
formule 
pedissequamente 
seguite 
dalla 
giurisprudenza, 
era 
ben 
pi� 
�ingombrante� 
di 
quella 
di 
prova 
privilegiata 
e 
presuntiva, addivenendo a 
sottrarre 
alla 
cognizione 
del 
giudice 
civile 
tutto 
ci� 
che 
era 
stato 
dedotto 
dinanzi 
all�AGCM. 
Quest�ultima, 
sebbene 
dotata 
di 
mezzi 
�tecnici� 
tali 
da 
rendere 
particolarmente 
pregnante 
un 
suo 
provvedimento, � 
pur sempre 
un�authority, non un giudice 
(42). in aggiunta, 
non 
si 
dimentichi 
che 
tale 
evoluzione 
si 
� 
affermata 
esclusivamente 
per 
via 


(40) 
Sollevando 
rilevanti 
problemi 
di 
compatibilit� 
con 
i 
diritti 
di 
difesa 
e 
con 
i 
principi 
del 
giusto 
processo sanciti 
dalla 
Costituzione 
e 
dagli 
strumenti 
sovranazionali 
(art. 6 CEDu 
e 
artt. 47 e 
48 della 
Carta 
di 
nizza) come 
rilevato da 
frATEA 
(Il 
private 
enforcement, cit.), p. 221; 
rorDorf 
(Il 
ruolo del 
giudice, 
cit.) 
non 
ha 
mancato 
di 
rilevare 
come 
l�orientamento 
della 
Suprema 
Corte 
non 
appaia 
�del 
tutto 
in 
linea 
col 
principio 
dell�autonomia 
decisionale 
del 
giudice, 
pur 
sempre 
formalmente 
richiamato 
anche 
nelle 
pronunce 
ora 
citate, ravvisandosi 
il 
rischio di 
trasformare 
impropriamente 
il 
procedimento che 
si 
svolge 
dinanzi 
all�autorit� 
garante 
in 
una 
vera 
e 
propria 
fase 
del 
giudizio 
sulla 
responsabilit� 
civile, 
idonea 
a generare preclusioni nel successivo processo giurisdizionale�. 
(41) 
Appare 
eccessivamente 
formale 
la 
lettura 
della 
citata 
giurisprudenza 
fornita 
da 
VASQuES 
(Private 
enforcement, cit.), secondo il 
quale 
la 
Cassazione 
non riconoscerebbe 
alcuna 
efficacia 
preclusiva 
alla 
decisione 
dell�AGCM 
applicando 
alle 
controversie 
follow 
on 
solo 
�le 
normali 
regole 
in 
tema 
di 
prove�. in realt�, come 
si 
cerca 
di 
dimostrare 
in questa 
pagine, le 
indicazioni 
della 
giurisprudenza 
di 
legittimit�, 
calate 
nella 
materialit� 
delle 
azioni 
follow on, producono un vincolo in capo al 
giudice 
civile 
e restringono al di l� di ogni ragionevole misura i diritti di difesa della parte convenuta. 
(42) 
Sulla 
natura 
dell�AGCM 
si 
rinvia 
alle 
esaustive 
considerazioni 
di 
nEGri, 
Giurisdizione 
e 
amministrazione, 
pp. 1-20. 

DoTTrinA 
261 


pretorile, nulla 
dicendo la 
legge 
che 
per tale 
silenzio riconosceva 
l�autonomia 
del giudizio civile rispetto agli accertamenti dell�AGCM (43). 

A 
tal 
proposito si 
rivelano estremamente 
fondate 
le 
considerazioni 
di 
chi 
(44), in maniera 
molto realistica, aveva 
rilevato come 
nei 
giudizi 
follow on, 
salvo 
l�allegazione 
di 
nuovi 
fatti, 
il 
giudice 
civile 
fosse 
stato 
degradato 
a 
mero 
liquidatore di un danno gi� accertato altrove. 


la 
situazione 
della 
parte 
convenuta 
nei 
giudizi 
follow 
on 
appare 
ancor 
pi� penalizzante 
se 
solo si 
tiene 
in considerazione 
che, sebbene 
il 
provvedimento 
dell�AGCM 
possa 
essere 
impugnato 
dinanzi 
agli 
organi 
di 
giustizia 
amministrativa, 
questi 
svolgono 
sul 
provvedimento 
un 
sindacato 
c.d. 
�debole� 
che 
pu� portare 
il 
giudice 
a 
rimodulare 
la 
sanzione 
(45) ma 
non a 
sostituirsi 
all�Amministrazione 
con riferimento alle 
valutazioni 
connotate 
da 
un �margine 
di opinabilit�� 
(46). 

Dunque, 
riannodando 
i 
fili 
di 
quanto 
detto, 
le 
valutazioni 
dotate 
di 
un 
�margine 
di 
opinabilit��, non possono essere 
sindacate 
n� 
dal 
giudice 
amministrativo, 
n� 
tantomeno da 
quello civile, ma 
vegono definite, in maniera 
incontestabile, 
dall�Autorit� 
Garante 
della 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato, 
con 
buona 
pace 
dei 
diritti 
di 
difesa 
dei 
convenuti 
e 
della 
soggezione, 
solo 
alla 
legge, del giudice (47). 

(43) Per una 
veemente 
critica 
all�orientamento della 
Suprema 
Corte 
v. friGnAni, La cassazione, 
cit. 
(44) Ibidem. 
(45) l�art. 133, comma 
1, lettera 
l 
del 
codice 
del 
processo amministrativo attribuisce 
alla 
giurisdizione 
esclusiva 
del 
giudice 
amministrativo �le 
controversie 
aventi 
ad oggetto tutti 
i 
provvedimenti, 
compresi 
quelli 
sanzionatori 
ed esclusi 
quelli 
inerenti 
ai 
rapporti 
d�impiego privatizzati, adottati 
[�] 
dall�Autorit� Garante della Concorrenza e del Mercato�. l�art. 134, comma 1, lettera c, estende la giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo al 
merito qualora 
si 
faccia 
oggetto delle 
�sanzioni 
pecuniarie 
la 
cui 
contestazione 
� 
devoluta 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
amministrativo, comprese 
quelle 
applicate 
dalle 
Autorit� amministrative indipendenti e quelle previste dall�articolo 123�. 
(46) 
Solo 
per 
citarne 
alcune, 
Cons. 
St., 
sez. 
Vi, 
9 
febbraio 
2011, 
n. 
926, 
su 
www.giustizia-amministrativa.it; 
Cons. Stato, sez. Vi, 6 maggio 2014, n. 2302, su www.giustizia-amministrativa.it; 
Cons. Stato, sez. iV, 
10 dicembre 
2014, n. 6050, su www.giustizia-amministrativa.it, secondo il 
quale 
�il 
sindacato di 
legittimit� 
del 
giudice 
amministrativo 
sui 
provvedimenti 
dell'Autorit� 
Garante 
della 
Concorrenza 
e 
del 
Mercato 
(AGCM) comporta 
la 
verifica 
diretta 
dei 
fatti 
posti 
a 
fondamento del 
provvedimento impugnato e 
si 
estende 
anche 
ai 
profili 
tecnici, il 
cui 
esame 
sia 
necessario per giudicarne 
della 
legittimit�, salvo non 
includano valutazioni 
ed apprezzamenti 
che 
presentano un oggettivo margine 
di 
opinabilit� 
(come 
nel 
caso della 
definizione 
di 
mercato rilevante 
nell'accertamento di 
intese 
restrittive 
della 
concorrenza), nel 
qual 
caso il 
sindacato, oltre 
che 
in un controllo di 
ragionevolezza, logicit� 
e 
coerenza 
della 
motivazione 
del 
provvedimento impugnato, � 
limitato alla 
verifica 
della 
non esorbitanza 
dai 
suddetti 
margini 
di 
opinabilit�, 
non potendo il 
giudice 
sostituire 
il 
proprio apprezzamento a 
quello dell'Autorit� 
Garante�. Sul 
punto 
si 
veda 
lEoni 
La 
tutela 
giurisdizionale 
contro 
gli 
atti 
dell�aGCm 
in 
materia 
antitrust, 
in 
l.f. 
PACE 
(a cura di), Dizionario sistematico, cit., p. 419. 
(47) Secondo SirAGuSA 
(L�effetto delle 
decisioni 
delle 
autorit� nazionali 
della concorrenza nei 
giudizi 
per 
il 
risarcimento 
del 
danno: 
la 
proposta 
della 
commissione 
ed 
il 
suo 
impatto 
nell�ordinamento 
italiano, in Concorrenza e 
mercato, 2014, p. 297), �l�oggetto della 
prova 
ne 
esce 
a 
tal 
punto limitato 
che 
l�insieme 
delle 
considerazioni 
formulate 
dall�AGCM, a 
prescindere 
dalla 
loro effettiva 
rilevanza 
ai 
fini 
dell�accertamento dell�infrazione, vanno a 
comporre 
un impenetrabile 
reticolo da 
cui 
difficilmente 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


in 
aggiunta, 
le 
Sentenze 
del 
2011 
producono 
un 
corto 
circuito 
logico 
nella 
stessa 
giurisprudenza 
della 
Suprema 
Corte. 
infatti, 
mentre 
la 
sentenza 
n. 
2305 
del 
2007 
aveva 
escluso 
che 
l�accertamento 
dell�AGCM 
giustificasse 
la 
sussistenza 
del 
danno 
in 
re 
ipsa 
(la 
Cassazione 
defin� 
tale 
conseguenza 
�aberrante�) 
(48), 
le 
sentenze 
del 
2011 
sostanzialmente 
lo 
ripropongono 
se 
si 
pensa 
che 
la 
parte 
convenuta 
pu� 
escludere 
la 
sua 
responsabilit� 
solo 
introducendo 
nel 
giudizio 
civile 
prove 
�nuove�. 
il 
che, 
a 
contrario, 
equivale 
a 
dire 
che 
se 
la 
parte 
convenuta 
non 
ha 
disponibilit� 
di 
queste 
prove 
(forse 
perch� 
utilizzate 
nella 
difesa 
dinanzi 
all�AGCM), 
questa 
sar� 
sicuramente 
condannata 
a 
risarcire 
il 
danno. 


3. 
La 
trasposizione 
della 
direttiva 
nell�ordinamento 
italiano: 
innovazioni 
e 
problemi di compatibilit� con i principi fondamentali dell�ordinamento. 
Su 
tale 
stato 
dell�arte 
� 
intervenuta 
la 
direttiva 
europea 
2014/104/uE, 
trasposta 
in italia 
nel 
d.lgs. n. 3 del 
2017. � 
necessario definire 
la 
portata 
delle 
innovazioni 
introdotte 
dalla 
direttiva 
per ben comprendere 
come 
queste 
possano 
essere efficacemente fatte proprie dall�ordinamento nazionale. 


Anzitutto, l�art. 9 della 
direttiva 
(49) � 
stato trasposto, in termini 
sostanzialmente 
analoghi 
a 
quelli 
adottati 
dal 
legislatore 
europeo, 
nell�art. 
7 
del 
d.lgs. 


n. 
3 
del 
2017, 
ai 
sensi 
del 
quale 
�Ai 
fini 
dell'azione 
per 
il 
risarcimento 
del 
danno si 
ritiene 
definitivamente 
accertata, nei 
confronti 
dell'autore, la 
violazione 
del 
diritto 
della 
concorrenza 
constatata 
da 
una 
decisione 
dell'autorit� 
garante 
della 
concorrenza 
e 
del 
mercato 
di 
cui 
all'articolo 
10 
della 
legge 
10 
ottobre 
1990, 
n. 
287, 
non 
pi� 
soggetta 
ad 
impugnazione 
(50) 
davanti 
al 
giudice 
del 
ricorso, o da 
una 
sentenza 
del 
giudice 
del 
ricorso passata 
in giudicato�. in 
il 
convenuto 
riuscir� 
a 
districarsi�. 
Considerazioni 
confermate 
da 
VillA, 
(La 
direttiva 
europea, 
cit.). 
Quest�ultimo autore, infatti, riconosce 
che 
il 
nostro sistema, seppur formalmente 
non dispone 
la 
vincolativit� 
del 
provvedimento antitrust 
dinanzi 
al 
giudice 
civile 
di 
fatto �rende 
incontestabili 
le 
determinazioni 
dell�AGCM 
su alcune 
determinazioni 
del 
fatto illecito�. in aggiunta, in vista 
della 
trasposizione 
nell�ordinamento interno dell�art. 9 della 
Direttiva 
104/2014/uE 
l�Autore 
non manca 
di 
rilevare 
come 
�� 
chiaro 
tuttavia 
che 
il 
valore 
vincolante 
della 
decisione 
si 
armonizza 
con 
le 
garanzie 
di 
tutela 
se, 
prima 
di 
approdare 
al 
giudizio 
risarcitorio, 
la 
parte 
ha 
la 
possibilit� 
di 
sottoporre 
ad 
un 
controllo 
giurisdizionale 
esteso 
la 
decisione 
che 
diverr� 
insindacabile 
davanti 
al 
giudice 
civile; 
se 
il 
controllo 
mantiene 
limitazioni, 
le 
perplessit� 
sollevate 
dalla 
Corte 
Europea 
dei 
Diritti 
dell'uomo 
nei 
due 
casi 
prima 
richiamati 
rischiano 
di 
minare 
la 
legittimit� 
dell'intero impianto normativo. Siamo qui 
di 
fronte 
ad uno snodo centrale 
per 
l'attuazione 
della 
Direttiva, che 
coinvolge 
questioni 
di 
portata 
generale: 
solo una 
possibilit� 
di 
difesa 
accordata 
al 
privato in termini 
ampi 
potr� 
consentire 
di 
ritenere 
vincolante 
il 
provvedimento senza 
generare 
il 
rischio di 
strappi 
al 
sistema 
costituzionale 
interno e 
alle 
garanzie 
riconosciute 
a 
livello continentale�. 


(48) 
Tale 
rilievo 
viene 
messo 
in 
luce 
da 
VozzA, 
rc 
auto 
e 
intese 
anticoncorrenziali: 
la 
presunzione 
legale 
del 
provvedimento 
sanzionatorio 
-il 
commento, 
in 
Danno 
e 
responsabilit�, 
2015, 
2, 
p. 
151; 
frA-
TEA, Il private enforcement, cit., p. 221. 
(49) Alcuni 
stati 
membri 
come 
regno unito e 
Germania 
avevano gi� 
previsto prima 
dell'entrata 
in 
vigore 
della 
direttiva 
la 
vincolativit� 
della 
decisione 
delle 
autorit� 
nazionali 
nei 
processi 
civili. 
in 
Germania 
era 
stata 
addirittura 
prevista 
la 
vincolativit� 
anche 
delle 
decisioni 
straniere. 
riguardo 
quest�ultimo 
profilo si 
rinvia 
alle 
considerazioni 
di 
nEGri, Giurisdizione 
e 
amministrazione, cit., pp. 109120. 

DoTTrinA 
263 


aggiunta, in maniera 
molto accorta, il 
legislatore 
nazionale 
ha 
precisato che 
�Quanto previsto al 
primo periodo riguarda 
la 
natura 
della 
violazione 
e 
la 
sua 
portata 
materiale, personale, temporale 
e 
territoriale, ma 
non il 
nesso di 
causalit� 
e l'esistenza del danno� (51). 

Ci 
si 
potrebbe 
chiedere 
se, 
nonostante 
il 
vincolo 
costituito 
della 
decisione 
dell�AGCM 
non si 
estenda 
n� 
al 
nesso di 
causalit� 
n� 
all�esistenza 
del 
danno, 
possa 
comunque 
applicarsi 
quella 
giurisprudenza 
che 
ante 
direttiva 
aveva 
dotato 
la 
decisione 
dell�autorit� 
garante 
di 
efficacia 
di 
prova 
presuntiva 
con riferimento 
ai suddetti elementi della fattispecie. 


Tale 
conclusione 
deve 
escludersi 
in 
quanto, 
laddove 
la 
direttiva 
ha 
voluto 
estendere 
l�efficacia 
della 
decisione 
dell�AGCM 
al 
nesso 
di 
causalit� 
e 
al 
danno lo ha 
fatto, come 
all�art. 17, secondo il 
quale 
�Si 
presume 
che 
le 
violazioni 
consistenti 
in cartelli 
causino un danno. l'autore 
della 
violazione 
ha 
il 
diritto di 
fornire 
prova 
contraria 
a 
tale 
presunzione 
(52)� 
(in termini 
analoghi, 
l�art. 14 del 
d.lgs 
n. 3 del 
2017). insomma, l�efficacia 
di 
prova 
presuntiva 
con 
riferimento 
al 
nesso 
di 
causalit� 
ed 
al 
danno 
pu� 
valere 
con 
riferimento 
ai 
cartelli, 
ma 
non 
alle 
altre 
fattispecie 
anticoncorrenziali 
per 
le 
quali 
nulla 
� 
previsto 
(53). in aggiunta, non si 
dimentichi 
che 
ai 
sensi 
del 
considerando n. 47 �� 
opportuno 
limitare 
ai 
cartelli 
questa 
presunzione 
relativa, dato il 
loro carattere 
segreto che 
aumenta 
l'asimmetria 
informativa 
e 
rende 
pi� difficile 
per l'attore 
ottenere 
le 
prove 
necessarie 
per dimostrare 
il 
danno subito�. Ci� posto, si 
dubita 
vi 
siano consistenti 
ragioni 
giuridiche 
per discostarsi 
dalla 
valutazione 
di 
�opportunit�� del considerando. 


(50) Accogliendo gli 
inviti 
di 
autorevole 
dottrina 
(ex 
multis 
CHiEPPA, Il 
recepimento, cit.) che 
riteneva 
come 
il 
riferimento dell�art. 9 della 
direttiva 
alla 
�decisione 
definitiva 
relativa 
ad un�infrazione� 
dovesse 
essere 
letta 
ricomprendendo non solo quelle 
decisioni 
divenute 
definitive 
per esaurimento dei 
mezzi di impugnazione ma anche quelle divenute inoppugnabili. 
(51) Parte 
della 
dottrina 
era 
gi� 
giunta 
a 
tali 
conclusioni 
interpretando l�art. 9 della 
direttiva. Ex 
multis, SirACuSA 
(L�effetto delle 
decisioni, cit.) non aveva 
mancato di 
rilevare 
come 
il 
vincolo disposto 
dall�art. 
9 
dovesse 
essere 
limitato 
�alle 
determinazioni 
dell�AnC 
concernenti 
gli 
elementi 
costitutivi 
dell�infrazione, quali 
la 
definizione 
di 
mercato rilevante, l�esistenza 
di 
un�intesa 
o di 
una 
posizione 
dominante, 
le 
parti 
coinvolte. 
Qualsiasi 
altra 
valutazione 
non 
essenziale 
ai 
fini 
della 
contestazione 
di 
un�infrazione, 
anche 
se 
inclusa 
nella 
decisione 
definitiva 
dell�AnC, 
dovrebbe 
essere 
considerata 
come 
�incidentale� 
e 
di 
conseguenza 
come 
irrilevante�. 
l�autore 
dimostra 
di 
accogliere 
la 
distinzione 
elaborata 
dai 
giudici 
del 
regno unito (dove 
gi� 
prima 
dell�entrata 
in vigore 
della 
direttiva 
era 
stata 
prevista 
la 
vincolativit� 
della 
decisione 
dell�autorit� 
nazionale 
della 
concorrenza, v. nota 
49) tra 
accertamenti 
essenziali 
ai 
fini 
dell�accertamento dell�infrazione 
e 
accertamenti 
periferici 
o incidentali; 
CHiEPPA, (Il 
recepimento, 
cit.) 
secondo 
il 
quale, 
quandanche 
la 
decisione 
dell�AGCM 
si 
spinga 
a 
considerare 
gli 
effetti 
della 
condotta 
anticoncorrenziale 
�l'effetto 
vincolante 
si 
estender� 
all'accertamento 
che 
l'illecito 
ha 
prodotto 
effetti 
ma 
non potr� 
ovviamente 
dilatarsi 
sino a 
comprendere 
la 
valutazione 
dello specifico nesso 
di causalit�, n� l'esistenza o la quantificazione del danno�. 
(52) Per un commento a 
questa 
norma, PArDolESi, Note 
minime 
in tema di 
nesso di 
causalit�, in 
Concorrenza e mercato, 2014, p. 317. 
(53) Giunge 
alle 
stesse 
conclusioni 
VinCrE, La direttiva 2014/104/UE 
sulla domanda di 
risarcimento 
del 
danno per 
violazione 
delle 
norme 
antitrust 
nel 
processo civile, in riv. Dir. Proc., 2015, 4-5, 
p. 1153. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Conseguentemente, deve 
ritenersi 
definitivamente 
superata 
quella 
giurisprudenza 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
(da 
rifiutarsi, per i 
motivi 
gi� 
esposti, gi� 
in 
assenza 
della 
direttiva) 
che 
aveva 
notevolmente 
ristretto 
le 
chances 
di 
prova 
contraria 
nei 
confronti 
della 
presunzione 
del 
nesso di 
causalit� 
e 
del 
danno. 
Sia 
la 
direttiva 
che 
il 
decreto legislativo di 
attuazione, infatti, con riferimento 
ai 
cartelli 
fanno salvo il 
pieno diritto alla 
prova 
contraria 
dell�impresa. in aggiunta, 
la 
limitazione 
della 
prova 
contraria 
contrasterebbe 
con la 
lettera 
della 
direttiva 
atteso 
che 
questa 
limita 
espressamente 
il 
vincolo 
al 
giudice 
civile 
alla 
�violazione 
del 
diritto della 
concorrenza 
definitivamente 
constata 
da 
una 
decisione 
definitiva�. Ci� posto, qualora 
si 
accogliesse 
la 
giurisprudenza 
delle 
Sezioni 
unite 
del 
2011 la 
latitudine 
del 
vincolo dell�AGCM 
si 
estenderebbe 
non solo alla 
violazione 
bens� 
anche 
agli 
accertamenti 
che 
hanno riguardato il 
nesso causale 
e 
il 
danno, contravvenendo sia 
all�art. 9 che 
all�art. 17 della 
direttiva, 
atteso che 
quest�ultimo articolo introduce, in realt�, solo una 
�ordinaria� 
presunzione relativa. 


A 
questo punto, atteso che 
la 
direttiva 
concerne 
unicamente 
le 
decisioni 
definitive 
dell�AGCM, ci 
si 
potrebbe 
chiedere 
se 
alle 
decisioni 
non definitive 
potr� 
riconoscersi 
(con 
esclusivo 
riferimento 
all�elemento 
oggettivo 
della 
violazione) 
quel 
valore 
di 
prova 
privilegiata 
che 
le 
era 
stato 
riconosciuto 
gi� 
prima 
dell�intervento del 
legislatore 
europeo. la 
questione, che 
dovr� 
essere 
risolta 
dalla 
giurisprudenza, risente 
comunque 
della 
nozione 
fluida 
ed indefinita 
di 
prova 
privilegiata. 
nulla 
osterebbe 
a 
che 
si 
continui 
a 
considerare 
la 
decisione 
dell�AGCM 
prova 
privilegiata. Allo stesso tempo per�, anche 
qualora 
non si 
volesse 
condividere 
questa 
opinione 
non potrebbe 
comunque 
negarsi 
che, di 
fatto, 
quanto 
accertato 
dall�Autorit� 
in 
sede 
amministrativa 
possa 
essere 
tenuto 
in preminente 
considerazione 
dal 
giudice 
civile 
investito di 
una 
domanda 
di 
risarcimento 
del 
danno, 
indipendentemente 
dall�etichettare 
o 
meno 
la 
decisione 
dell�AGCM 
come 
prova 
privilegiata 
(ammesso che 
ci 
si 
intenda, cosa 
molto difficile, riguardo al concetto di prova privilegiata) (54). 

Poste 
queste 
necessarie 
premesse, ci 
si 
deve 
a 
questo punto interrogare 
su che 
tipo di 
vincolo � 
stato introdotto in capo al 
giudice 
civile 
da 
parte 
della 
direttiva. 


orbene, prima 
di 
esaminare 
funditus 
tale 
questione, � 
necessario tenere 
a 
mente 
che, come 
� 
noto, le 
direttive 
europee 
fissano un risultato, e 
che 
spetta 
agli 
ordinamenti 
nazionali 
predisporre 
le 
forme 
ed i 
mezzi 
(o utilizzare 
quelli 
che vi sono) per conseguirlo. 


Ci� posto, ai 
sensi 
della 
direttiva 
104/2014/uE 
gli 
ordinamenti 
nazionali 
devono assicurare 
che 
la 
decisione 
dell�AGCM 
vincoli 
il 
giudice 
civile 
nelle 
domande 
di 
risarcimento del 
danno follow on 
quanto all�accertamento della 
violazione delle norme della concorrenza. 


(54) c.f.r. nota n. 26. 

DoTTrinA 
265 


orbene, � 
ovvio che 
riconoscere 
efficacia 
di 
cosa 
giudicata 
alla 
decisioni 
decisive 
dell�AGCM, anche 
laddove 
confermate 
dal 
giudice 
amministrativo 
(55), potrebbe 
collidere 
con i 
principi 
costituzionali 
del 
nostro ordinamento 


(56) (primo fra 
tutti 
quello dell�indipendenza 
e 
della 
soggezione 
del 
giudice 
solo 
alla 
legge), 
fino 
a 
chiamare 
in 
causa 
la 
nota 
teoria 
dei 
�controlimiti 
� 
(57). 
Ci 
si 
potrebbe 
chiedere, per�, se 
alla 
decisione 
dell�AGCM 
possa 
essere 
riconosciuto valore 
di 
prova 
legale, atta 
a 
vincolare 
il 
giudice 
con riferimento 
al 
fatto costituito dalla 
condotta 
anticoncorrenziale 
prevista 
dalle 
norme 
antitrust 
(58). 

Tale 
ricostruzione, 
oltre 
al 
pregio 
di 
non 
configgere 
frontalmente 
con 
norme 
costituzionali, si 
rivelerebbe 
anche 
pi� vicina 
alla 
ratio 
del 
legislatore 
europeo. Con riferimento al 
profilo in oggetto, infatti, la 
relazione 
che 
ha 
accompagnato 
la 
proposta 
di 
direttiva 
(cos� 
come 
il 
libro 
Bianco 
(59) 
ed 
il 
libro 
Verde 
che 
avevano aperto il 
dibattito che 
ne 
ha 
poi 
portato all�adozione) ricomprendeva 
espressamente 
(60) 
tra 
gli 
obiettivi 
dell�intervento 
normativo 


(55) Si 
fa 
qui 
riferimento a 
quella 
tradizionale 
giurisprudenza 
del 
Consiglio di 
Stato secondo la 
quale 
in caso di 
sentenza 
di 
rigetto il 
rapporto sostanziale 
rimane 
comunque 
regolato dall�atto amministrativo, 
non anche 
dalla 
sentenza 
passata 
in giudicato (solo formale). Ex 
multis, Cons. Stato, sez. Vi, 
n. 
7725 
del 
2003; 
Cons. 
Stato, 
sez. 
Vi, 
n. 
580 
del 
1996 
secondo 
il 
quale 
�la 
portata 
precettiva 
della 
sentenza 
del 
giudice 
amministrativo va 
individuata 
con riferimento non solo delle 
statuizioni 
formali 
contenute 
nel 
dispositivo, ma 
anche 
delle 
enunciazioni 
della 
motivazione 
dirette 
in modo univoco all'accertamento 
delle 
posizioni 
delle 
parti, solo quando il 
dispositivo della 
decisione 
di 
merito contenga 
comunque 
una 
pronuncia 
di 
accertamento o di 
condanna, ma 
non � 
estensibile 
al 
caso di 
rigetto della 
domanda o del gravame�. 
(56) rorDorf, Il ruolo del giudice, cit. 
(57) Corte 
Cost., n. 183 del 
1973 su DeJure; 
Corte 
Cost. n. 170 del 
1984 su DeJure; 
GiuSSAni, 
Direttiva e 
principi 
del 
processo civile 
italiano, in aIDa, fasc. 1, 2015, p. 251, secondo il 
quale 
�Se 
si 
considera 
che 
la 
garanzia 
dell'azione 
e 
del 
contraddittorio e 
la 
regola 
della 
soggezione 
del 
giudice 
alla 
sola 
legge 
costituiscono principi 
fondamentali 
dell'ordinamento idonei 
a 
prevalere, in caso di 
contrasto 
fra 
valori 
costituzionali, persino sul 
diritto internazionale 
consuetudinario, sembra 
quindi 
ragionevole 
prevedere 
che 
la 
teoria 
dei 
c.d. contro-limiti 
possa 
attenuare 
l'impatto del 
dettato dell'art. 9, c. 1, della 
Direttiva, a 
dispetto delle 
recenti 
propensioni, condivise 
dal 
legislatore 
italiano oltre 
che 
da 
quello europeo, 
al �respingimento� di quanti aspirano alla pienezza della tutela giurisdizionale�. 
(58) 
Per 
via 
del 
d.lgs. 
n. 
3 
del 
2017 
il 
legislatore 
avrebbe 
predeterminato 
�in 
via 
generale 
e 
astratta 
il 
valore 
che 
a 
quella 
prova 
deve 
essere 
attribuito� 
in quanto �le 
regole 
di 
prova 
legale 
eliminano cio� 
l'eventualit� 
di 
una 
valutazione 
discrezionale 
da 
parte 
del 
giudice 
in ordine 
all'efficacia 
che 
va 
attribuita 
alla 
prova. 
Di 
solito 
si 
tratta 
di 
regole 
in 
funzione 
delle 
quali 
l'esito 
della 
prova 
� 
pieno 
ed 
incontestabile, 
sicch� 
la 
prova 
produce 
la 
�verit� 
legale� sul 
fatto. Si 
tratta 
dunque 
di 
regole 
che 
appartengono alla 
disciplina 
giuridica 
della 
prova� 
(TAruffo, Prova (in generale) nel 
processo civile, in Dig. 
iV, disc. priv. 
sez. civ., XV, Torino, 1997, pp. 5 ss.). insomma, si 
pu� ben ritenere 
che 
la 
decisione 
divenuta 
definitiva 
dell�AGCM, in virt� della 
sua 
composizione 
estremamente 
tecnica 
possa 
essere 
portatrice 
di 
�verit� 
legale� 
sul (solo) fatto costituito dalla violazione delle norme antitrust. 
(59) �la 
Commissione 
non vede 
alcuna 
ragione 
per cui 
una 
decisione 
definitiva 
adottata 
ai 
sensi 
dell'articolo 81 o 82 da 
un'autorit� 
nazionale 
della 
rete 
europea 
della 
concorrenza 
(ECn) e 
una 
sentenza 
definitiva 
emessa 
da 
una 
corte 
d'appello, 
che 
conferma 
la 
decisione 
dell'autorit� 
nazionale 
o 
che 
constata 
essa 
stessa 
un'infrazione, non debbano essere 
accettate 
in ogni 
Stato membro come 
prova 
inconfutabile 
dell'infrazione in successive cause civili per il risarcimento dei danni antitrust�. 
(60) Secondo il 
paragrafo 4.3.1. della 
relazione 
che 
ha 
accompagnato la 
proposta 
di 
direttiva 
in

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


quello di 
riconoscere 
alle 
decisioni 
delle 
autorit� 
nazionali 
un �effetto probatorio� 
vincolante. 
l�obiettivo 
del 
legislatore 
euro-unitario 
� 
stato, 
dunque, 
quello di 
riequilibrare 
gli 
oneri 
probatori 
nei 
giudizi 
di 
private 
enforcement 
al 
fine 
di 
garantire 
un 
effettivo 
diritto 
al 
risarcimento 
del 
danno 
per 
i 
soggetti 
danneggiati dalla violazione di norme antitrust (61). 

ulteriore 
conferma 
del 
fatto 
che 
l�intervento 
riformatore 
si 
sia 
mosso 
in 
un 
ambito 
essenzialmente 
probatorio 
potrebbe 
essere 
il 
riconoscimento 
dell�efficacia 
di 
prova 
prima 
facie 
(62) 
alle 
decisioni 
definitive 
provenienti 
da 
autorit� 
nazionali 
di 
altri 
stati 
membri. 
insomma, 
la 
direttiva 
avrebbe 
inteso 
alleviare 
gli 
oneri 
probatori 
di 
parte 
attrice 
nei 
giudizi 
follow 
on 
riconoscendo 
efficacia 
di 
prova 
legale 
alle 
decisioni 
nazionali 
ed 
efficacia 
di 
prova 
prima 
facie 
a 
quelle 
spiccate 
da 
autorit� 
straniere 
(63). 
Tale 
imposta-

titolato �Effetto probatorio delle 
decisioni 
nazionali�, �Ai 
sensi 
dell'articolo 16, paragrafo 1, del 
regolamento 
n. 1/2003, una 
decisione 
della 
Commissione 
relativa 
a 
un procedimento d'applicazione 
degli 
articoli 
101 
o 
102 
del 
trattato 
ha 
un 
effetto 
probatorio 
nelle 
azioni 
per 
il 
risarcimento 
del 
danno 
intentate 
successivamente, poich� 
la 
giurisdizione 
nazionale 
non pu� prendere 
decisioni 
che 
siano in contrasto 
con quanto statuito dalla 
Commissione. � 
opportuno conferire 
un effetto simile 
alle 
decisioni 
definitive 
relative 
a 
un�infrazione 
adottate 
dalle 
autorit� 
nazionali 
garanti 
della 
concorrenza 
(o da 
un�istanza 
di 
ricorso 
nazionale). Se 
una 
decisione 
relativa 
a 
un�infrazione 
� 
gi� 
stata 
adottata 
ed � 
divenuta 
definitiva, 
sarebbe 
inutile, per l'impresa 
autrice 
dell'infrazione, adire 
nuovamente 
il 
giudice 
sulle 
stesse 
questioni 
intentando successive 
azioni. Ci� causerebbe 
inoltre 
incertezza 
del 
diritto e 
genererebbe 
costi 
superflui 
per tutte le parti coinvolte e per la giustizia�. 


(61) Tale 
era 
anche 
l�auspicio di 
VinCrE 
(La direttiva 2014/104/UE, cit.) che 
nelle 
more 
di 
attuazione 
della 
direttiva 
ha 
sostenuto 
come 
�sarebbe 
pi� 
opportuno, 
e 
maggiormente 
compatibile 
con 
i 
principi 
e 
con 
l�impianto 
sistematico 
del 
nostro 
ordinamento 
processuale, 
che 
il 
legislatore 
italiano, 
nel 
recepire 
il 
precetto contenuto nell�art. 9, � 1, riconoscesse 
a 
tali 
accertamenti 
non gli 
effetti 
propri 
di 
un 
decisum, quanto piuttosto degli 
effetti 
diversi, quali 
quelli 
che 
attengono al 
campo probatorio (in senso 
ampio) del processo�. 
(62) riguardo al 
valore 
di 
prova 
delle 
decisioni 
delle 
attivit� 
straniere 
deve 
ritenersi 
che 
l�art. 7, 
comma 
2, d.lgs. n. 3 del 
2017 (secondo il 
quale 
�la 
decisione 
definitiva 
con cui 
una 
autorit� 
nazionale 
garante 
della 
concorrenza 
o 
il 
giudice 
del 
ricorso 
di 
altro 
Stato 
membro 
accerta 
una 
violazione 
del 
diritto 
della 
concorrenza 
costituisce 
prova, nei 
confronti 
dell'autore, della 
natura 
della 
violazione 
e 
della 
sua 
portata 
materiale, personale, temporale 
e 
territoriale, valutabile 
insieme 
ad altre 
prove�) segni 
l�accoglimento 
nel 
nostro ordinamento della 
nozione 
di 
prima facie 
evidence 
tipica 
degli 
ordinamenti 
di 
common 
law 
e 
analoga 
a 
quella 
della 
anscheinsbeweis 
germanica 
(per 
un�analisi 
del 
concetto 
anscheinsbeweis 
o anche 
prima-facie-beweis 
si 
rimanda 
alle 
puntuali 
considerazioni 
di 
nEGri, (Giurisdizione 
e 
amministrazione 
nella 
tutela 
della 
concorrenza, 
cit., 
pp. 
149-152.) 
la 
prova 
prima 
facie 
comporta 
un 
abbassamento 
degli 
standard 
probatori 
richiesti 
alla 
parte 
attrice 
implicando 
che 
il 
giudice 
italiano 
potr� 
�assestarsi� 
su 
una 
valutazione 
di 
�verosimiglianza� 
della 
violazione 
delle 
norme 
antitrust 
(e 
non anche 
del 
pi� gravoso id quod plerumque 
accidit) qualora 
la 
parte 
attrice 
produca 
in giudizio la 
decisione 
dell�autorit� 
straniera, 
fermo 
restando, 
ovviamente, 
il 
diritto 
di 
prova 
contraria 
della 
parte 
convenuta. 
(63) Bisogna 
precisare 
che 
la 
proposta 
originaria 
della 
Commissione 
prevedeva 
l�efficacia 
vincolante 
anche 
delle 
decisioni 
delle 
autorit� 
straniere, 
poi 
esclusa. 
Bisogna 
valutare 
positivamente 
questa 
esclusione 
atteso che, come 
opportunamente 
rilevato da 
CHiEPPA 
(Il 
recepimento, cit.), tale 
previsione 
avrebbe 
posto seri 
problemi 
di 
coordinamento con la 
dottrina 
dei 
contro-limiti 
con riferimento alle 
decisioni 
provenienti 
da 
quegli 
stati 
membri 
in cui 
il 
controllo giurisdizionale 
degli 
atti 
dell�AGCM 
non 
soddisfa 
quegli 
standard individuati 
dalla 
Corte 
EDu 
nella 
Sentenza 
menarini. Sulla 
compatibilit� 
del 
sindacato del giudice amministrativo all�art. 6 della CEDu 
infra. 

DoTTrinA 
267 


zione 
avrebbe 
il 
pregio 
di 
ricostruire 
in 
maniera 
organica 
e 
lineare 
l�intervento 
legislativo. 


Al 
tal 
proposito 
� 
stato 
rilevato 
(64) 
come 
il 
legislatore 
euro-unitario, 
sebbene 
intendesse 
preliminarmente 
agire 
sul 
piano 
della 
prova, 
si 
sia 
tuttavia 
spinto 
oltre 
nella 
stesura 
della 
direttiva, 
facendo 
riferimento 
ad 
una 
vera 
e 
propria 
efficacia 
di 
accertamento laddove 
afferma 
che 
la 
violazione 
delle 
norme 
antitrust 
constatata 
da 
un�autorit� 
nazionale 
deve 
ritenersi 
�definitivamente 
accertata� da parte del giudice civile. 


Ebbene, tale 
obiezione 
pu� essere 
agevolmente 
superata 
laddove 
si 
consideri 
che 
l�interpretazione 
qui 
proposta, seppur forse 
non strettamente 
aderente 
al 
dato 
letterale, 
non 
determinerebbe 
comunque 
uno 
stravolgimento 
della 
lettera 
della 
norma 
ma 
sarebbe, al 
contrario, un utile 
adattamento di 
questa 
al 
fine 
di 
coniugare 
il 
rispetto del 
diritto euro-unitario ed i 
principi 
fondamentali 
del nostro ordinamento. 


in aggiunta, riconoscere 
efficacia 
di 
giudicato alla 
decisone 
dell�AGCM 
significherebbe 
ricostruire 
un 
rapporto 
di 
pregiudizialit�/dipendenza 
tra 
questa 
ed il 
conseguente 
processo civile, con il 
corollario che 
laddove 
la 
decisione 
venga 
impugnata, il 
giudice 
civile 
sarebbe 
tenuto a 
sospendere 
il 
processo ai 
sensi 
dell�art. 295 c.p.c. Tale 
conclusione 
risulterebbe 
contraria 
alla 
direttiva 
che, oltre 
a 
non aver disposto alcuna 
ipotesi 
di 
sospensione 
in pendenza 
del 
procedimento amministrativo alla 
stregua 
di 
quanto disposto dall�art. 16 del 
regolamento 1/2003 con riferimento alle 
decisioni 
�contemplate� 
dalla 
Commissione, 
nulla 
dice 
anche 
con 
riferimento 
alla 
contestuale 
pendenza 
della 
fase 
giurisdizionale di impugnazione. 

Si 
pensi 
che 
la 
soluzione 
contraria 
minerebbe 
l�effettivit� 
della 
tutela 
stand alone, in quanto la 
parte 
che 
si 
ritiene 
danneggiata 
e 
che 
vorrebbe 
agire 
senza 
attendere 
la 
decisione 
dell�AGCM 
sarebbe 
tenuta 
ad 
aspettare 
il 
formarsi 
del 
giudicato formale 
sulla 
decisione 
(o che 
si 
concluda 
il 
giudizio di 
primo 
grado (65)). Tutto ci� in palese 
contrasto con gli 
obiettivi 
del 
legislatore 
euro-
unitario che, come 
correttamente 
rilevato (66), ha 
inteso incoraggiare 
la 
proposizione 
delle 
azioni 
stand 
alone 
(si 
pensi 
solo 
alla 
previsione 
della 
innovativa disciplina della 
discovery 
agli artt. 5 e 6 della direttiva). 

in definitiva, la 
soluzione 
pi� razionale 
sembrerebbe 
quella 
di 
assicurare 
autonomia 
tra 
fase 
amministrativa 
(anche 
giurisdizionale) e 
civile, e 
di 
considerare 
le 
decisioni 
divenute 
definitive 
alla 
stregua 
di 
prove 
legali. 
ovviamente, 
resta 
inteso che 
la 
prova 
vincolante 
non ha 
ad oggetto la 
violazione 
in s�, che 
� 
un (giudizio di) disvalore 
e 
non un fatto, bens� 
il 
comportamento anticoncorrenziale 
come accertato dal provvedimento definitivo dell�AGCM. 


(64) VinCrE, La direttiva 2014/104/UE, cit. 
(65) Cass., SS.uu., del 19 giugno 2012, n. 10027, su DeJure. 
(66) VinCrE, La direttiva 2014/104/UE, cit. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


4. 
Osservazioni 
conclusive 
con 
riferimento 
al 
perdurante 
problema 
del 
rispetto 
dei diritti di difesa. 
Sebbene 
il 
riconoscimento del 
vincolo di 
prova 
legale 
alle 
decisioni 
definitive 
dell�AGCM 
possa 
ritenersi 
un utile 
compromesso tra 
le 
esigenze 
comunitarie 
di 
applicazione 
della 
disciplina 
del 
private 
enforcement 
e 
quelle 
nazionali 
di 
rispetto 
dei 
principi 
fondamentali 
dell�ordinamento 
(dotato, 
come 
si 
� 
cercato di 
dimostrare, di 
consistenti 
appigli 
normativi), non pu� nascondersi 
come 
il 
vincolo 
dalla 
stessa 
disposto, 
qualunque 
sia 
lo 
strumento 
normativo 
utilizzato 
al 
fine 
di 
assicurarne 
il 
rispetto 
da 
parte 
dell�ordinamento 
nazionale, 
sollevi 
dubbi 
ancor 
pi� 
consistenti 
con 
riferimento 
alla 
compatibilit� 
del 
c.d. 
�sindacato 
debole� 
sugli 
atti 
dell�AGCM 
con 
i 
diritti 
di 
difesa 
dell�impresa 
convenuta 
(67) 
e, 
segnatamente, 
con 
l�art. 
6 
della 
CEDu 
e 
l�art. 
47 
della 
Carta 
di 
nizza, secondo i 
quali 
ogni 
cittadino ha 
diritto che 
la 
propria 
causa 
vertente 
su diritti 
e 
doveri 
a 
carattere 
civile 
sia 
esaminata 
da 
un tribunale 
indipendente 
ed imparziale, costituito per legge. le 
conclusioni 
cui 
si 
era 
assestata 
la 
giurisprudenza 
amministrativa, 
infatti, 
risultano 
confermate 
dal 
legislatore, 
che 
accoglie 
espressamente 
il 
modello 
del 
sindacato 
debole 
all�art. 
7 del 
d.lgs 
n. 3 del 
2017, laddove 
afferma 
che 
�il 
sindacato del 
giudice 
del 
ricorso 
comporta 
la 
verifica 
diretta 
dei 
fatti 
posti 
a 
fondamento della 
decisione 
impugnata 
e 
si 
estende 
anche 
ai 
profili 
tecnici 
che 
non 
presentano 
un 
oggettivo 
margine 
di 
opinabilit�, il 
cui 
esame 
sia 
necessario per giudicare 
la 
legittimit� 
della decisione medesima�. 


Sebbene 
la 
CEDu 
abbia 
gi� 
ritenuto il 
sindacato del 
giudice 
amministrativo 
conforme 
all�art. 
6 
(68), 
il 
sistema 
meriterebbe 
un 
ripensamento 
atteso 
che 
un controllo da 
parte 
degli 
organi 
di 
giustizia 
amministrativa 
delle 
valutazioni, 
anche 
quelle 
opinabili 
(69), 
dell�Amministrazione 
diventerebbe 
a 
que


(67) Su questo punto imprescindibili 
sono le 
puntuali 
osservazioni 
di 
SirAGuSA, L�effetto delle 
decisioni, cit., al quale si rinvia. 
(68) Corte 
EDu, causa 
a. menarini 
Diagnostic 
c. Italia, ricorso n. 43509/08, sentenza 
del 
27 
settembre 2011, su www.giustizia.it. 
(69) VillA 
(L�attuazione 
della direttiva, cit.) ha 
analizzato le 
formule 
delle 
sentenze 
del 
giudice 
amministrativo 
addivenendo 
alla 
conclusione 
che 
non 
vi 
sia 
un 
concetto 
chiaro 
e 
univoco 
di 
ci� 
che 
rientra 
nel 
margine 
di 
opinabilit�. �Peraltro, in una 
situazione 
che 
� 
figlia 
della 
ripartizione 
tra 
la 
discrezionalit� 
dell'amministrazione 
e 
l'operato del 
giudice, continuano a 
non essere 
sindacabili 
le 
scelte 
che 
abbiano margini 
di 
opinabilit�, rinviando cos� 
ad un ambito, i 
cui 
confini 
non sono affatto chiari, se 
solo 
si 
analizzano le 
formule 
che 
al 
proposito sono impiegate 
nelle 
sentenze. Cos� 
si 
legge 
che 
il 
sindacato 
del 
giudice 
sui 
profili 
tecnici 
si 
arresta 
"quando in siffatti 
profili 
tecnici 
siano coinvolti 
valutazioni 
ed 
apprezzamenti 
che 
presentano un oggettivo margine 
di 
opinabilit�, come 
nel 
caso della 
definizione 
di 
mercato 
rilevante 
nell'accertamento 
delle 
intese 
restrittive 
della 
concorrenza", 
dal 
momento 
che 
tale 
sindacato 
"oltre 
un controllo di 
ragionevolezza, logicit� 
e 
coerenza 
della 
motivazione 
del 
provvedimento 
impugnato, � 
limitato alla 
verifica 
che 
quel 
medesimo provvedimento non abbia 
esorbitato dai 
margini 
di 
opinabilit� 
sopra 
richiamati" 
. 
Da 
queste 
definizioni 
circolari, 
in 
cui 
in 
sostanza 
si 
richiede 
di 
stabilire 
quanto 
un 
giudizio 
opinabile 
sia 
opinabile, 
si 
passa 
ad 
un 
periodare 
di 
sapore 
esoterico 
quando 
si 
afferma, 
sempre 
con 
riferimento 
al 
mercato 
rilevante, 
che 
la 
sua 
determinazione 
"implica 
un 
accertamento 
di 

DoTTrinA 
269 


sto 
punto 
ineludibile 
considerato 
che 
le 
decisioni 
dell�AGCM, 
oltre 
che 
essere 
gi� 
state 
riconosciute 
dalla 
CEDu 
come 
�convenzionalmente� 
penali 
alla 
luce 
degli 
Engels 
criteria 
(70), acquistano oggi, a 
seguito della 
citata 
direttiva, efficacia 
vincolante anche nel processo civile. 

Altra 
soluzione 
potrebbe 
essere, 
de 
jure 
condendo, 
quella 
di 
devolvere 
alla 
giurisdizione 
del 
giudice 
civile 
le 
controversie 
inerenti 
all�impugnazione 
dei 
provvedimenti 
antitrust, condividendosi 
le 
opinioni 
di 
coloro (71) che 
ritengono 
che 
siano (tendenzialmente) di 
diritto soggettivo le 
situazioni 
giuridiche 
tipiche 
che 
si 
confrontano 
con 
il 
provvedimento 
dell�AGCM. 
Tale 
soluzione 
garantirebbe 
un effettivo controllo di 
tutte 
le 
valutazioni 
dell�Autorit� 
sul 
modello, gi� 
sperimentato, del 
giudizio sulle 
sanzioni 
amministrative 
ex 
legge 
689/1981 
che 
si 
svolge, 
secondo 
tralatizia 
formula 
giurisprudenziale, 
�sul rapporto non sull�atto� 
(72). 

fatto cui 
segue 
l'applicazione 
ai 
fatti 
accertati 
delle 
norme 
giuridiche 
in tema 
di 
'mercato rilevante' 
(...) 
che 
� 
sindacabile 
in sede 
di 
legittimit� 
per violazione 
di 
norme 
di 
legge 
(...) nei 
limiti 
in cui 
la 
censura 
abbia 
ad oggetto l'operazione 
di 
'contestualizzazione' 
delle 
norme, all'esito di 
una 
valutazione 
giuridica 
complessa 
che 
adatta 
al 
caso 
specifico 
concetti 
giuridici 
indeterminati, 
quali 
il 
'mercato 
rilevante' 
e 
'l'abuso di 
posizione 
dominante�. Secondo l�Autore, tale 
limite 
al 
sindacato del 
giudice 
amministrativo 
porrebbe 
problemi 
di 
costituzionalit� 
con riferimento agli 
artt. 76 e 
87 Cost. perch�, oltre 
a 
non esser 
imposto dalla direttiva, �risulta estraneo ai principi fissati dalla legge-delega�. 


(70) Corte EDu, causa 
a. menarini Diagnostic c. Italia, cit. 
(71) nEGri, Giurisdizione 
e 
amministrazione, cit., pp. 247-288. Pur non condividendosi 
le 
conclusioni 
dell�A. laddove 
giunge 
ad auspicare 
la 
formazione 
di 
sorta 
di 
giurisdizione 
�esclusiva� 
del 
giudice 
ordinario nei 
confronti 
degli 
atti 
e 
dei 
provvedimenti 
dell�autorit� 
garante, si 
condividono le 
sue 
argomentazioni 
laddove 
ritiene 
che 
�i 
principali 
provvedimenti 
antitrust, 
e 
segnatamente 
quelli 
di 
diffida 
cui 
spesso si 
accompagna 
la 
sanzione 
pecuniaria 
per violazione 
grave, in quanto non discrezionali 
in 
senso 
proprio 
siano 
inidonei 
a 
degradare 
il 
diritto 
soggettivo 
perfetto 
e 
costituzionalmente 
garantito 
alla 
libera 
iniziativa 
economica 
e 
perci� non possono ricondursi 
all�esercizio di 
poteri 
�autoritativi�; 
allora 
l�art. 
33, 
primo 
comma, 
legge 
n. 
287 
del 
1990 
non 
pu� 
che 
risultare 
palesemente 
incompatibile 
con 
l�art. 
103 
Cost. 
secondo 
l�interpretazione 
fornitane 
dal 
giudice 
delle 
leggi: 
giacch� 
certamente 
non 
appare 
conforme 
ai 
principi 
stabiliti 
dalla 
Consulta 
l�idea 
che 
l�intero settore 
di 
contenzioso relativo agli 
atti 
e 
provvedimenti 
dell�autorit� 
garante 
delle 
concorrenza 
e 
del 
mercato possa 
essere 
ricondotto alla 
giurisdizione 
amministrativa 
per il 
solo fatto che 
tra 
quei 
provvedimenti 
ve 
ne 
sono alcuni, in concreto tutt�altro 
che 
prevalenti 
(�..), che 
siano il 
frutto di 
potere 
discrezionale�. Bisogna 
comunque 
rilevare 
che 
la 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
� 
stata 
ritenuta 
manifestamente 
infondata 
da 
Cass. SS.uu. n. 
8882 del 
2005, su DeJure. Al 
di 
l� 
della 
questione 
di 
costituzionalit�, � 
auspicabile 
l�attribuzione 
al 
giudice 
ordinario delle 
controversie 
nate 
dall�impugnazione 
degli 
atti 
dell�AGCM 
in tutti 
quei 
casi 
(e 
sono 
la 
netta 
maggioranza 
venendo esclusi 
solo quelli 
concernenti 
le 
autorizzazioni 
in deroga 
e 
le 
concentrazioni) 
nei quali si faccia questione di diritti soggettivi. 
(72) Cass. SS.uu. n. 1786 del 2010, su DeJure. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Contabilit� 
nazionale 
e 
unit� 
istituzionali. 
Interpretazione 
ed 
applicazione 
dei 
criteri 
dettati 
dal 
SEC 
2010 
per 
l�inserimento 
delle 
PP.AA. 
nell�Elenco 
delle 
unit� 
istituzionali 
appartenenti 
al 
settore 
delle 
Amministrazioni 
Pubbliche 
di 
competenza 
dell�ISTAT 


Lucia Marzialetti* 


SOmmarIO: 1. Introduzione 
- 1.1. Premessa - 2. Cenni 
e 
storia - 3. I presupposti 
utili 
ai 
fini 
dell�inserimento delle 
unit� istituzionali 
ed in particolare 
delle 
istituzioni 
senza scopo di 
lucro all�interno dell�Elenco Istat 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
- 3.1. Il 
test 
market/non 
market 
- 3.2. Il 
controllo pubblico - 4. Non causa pro causa. Le 
avverse 
tesi 
delle 
unit� istituzionali 
ricorrenti 
- 5. Il 
problema. L�inquadramento sistematico e 
la natura giuridica delle 
quote associative - 6. Conclusioni. Cui prodest? 

1. Introduzione. 
il 
tema 
della 
contabilit� 
e 
della 
finanza 
pubblica 
� 
da 
sempre 
al 
centro di 
numerose 
diatribe 
incentrate 
sulla 
individuazione 
e 
determinazione 
della 
linea 
di 
demarcazione 
che 
divide 
organismi 
giuridici 
che 
possono 
(e 
devono) 
essere 
inseriti 
all�interno del 
conto economico consolidato, ed i 
soggetti 
che, invece, 
debbono 
esserne 
tenuti 
fuori, 
in 
ragione 
delle 
loro 
peculiari 
caratteristiche 
giuridiche 
ed economiche. 


la 
materia 
� 
delicata 
perch� 
� 
regolata 
da 
principi 
di 
natura 
sia 
civilistica 
sia 
amministrativistica, ed involge 
obblighi 
sociali 
e 
finanziari 
costituzionalmente 
positivizzati, in una 
dimensione 
di 
"corresponsabilit�", nel 
rispetto dei 
limiti della finanza pubblica nazionali e sopranazionali. 


la 
contabilit� 
macroeconomica, o contabilit� 
nazionale, si 
presenta 
sotto 
forma 
di 
un insieme 
coerente 
di 
conti 
che 
descrive 
quantitativamente 
e 
in termini 
monetari l'attivit� economica. 


l'insieme 
dei 
conti 
� 
retto da 
una 
serie 
di 
�relazioni 
di 
identit�� 
e 
costituisce 
un supporto utile 
per lo studio delle 
caratteristiche 
strutturali 
e 
dinamiche 
di 
un 
sistema 
economico, 
rispondendo 
alle 
esigenze 
dell'analisi 
e 
della 
previsione, oltre che a quelle della politica economica 


lo 
scopo 
principale 
di 
un 
sistema 
di 
contabilit� 
nazionale 
� 
quello 
di 
classificare 
la 
complessa 
attivit� 
economica, 
di 
sintetizzarla 
in 
un 
ristretto 
numero 
di 
categorie 
fondamentali 
e 
di 
esporla 
in 
un 
quadro 
organico 
d'insieme 
rappresentativo 
dei circuiti economici. 


l'esigenza 
di 
comparare 
gli 
indicatori 
economici 
di 
paesi 
diversi 
� 
particolarmente 
avvertita 
dall'unione 
europea, 
data 
la 
necessit� 
di 
definire 
politiche 
comuni 
e 
di 
monitorare 
gli 
andamenti 
delle 
singole 
economie 
nell'ambito di 


(*) 
Dottoressa 
in 
Giurisprudenza, 
ammessa 
alla 
pratica 
forense 
presso 
l�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato, 
tirocinante presso l�istituto per la 
Vigilanza sulle 
Assicurazioni (iVASS). 



DoTTrinA 
271 


un quadro di 
regole 
di 
bilancio unitario e, per l'area 
euro, di 
una 
politica 
monetaria 
unica. 


l�elenco 
stilato 
dall�istat 
si 
inserisce 
perfettamente 
nel 
quadro 
dinanzi 
delineato. 

Esso enuclea 
annualmente 
le 
amministrazioni 
pubbliche 
(1) inserite 
nel 
conto consolidato dello Stato e, per tale 
ragione, � 
causa 
di 
controversie 
proposte 
da 
parte 
delle 
unit� 
istituzionali, 
poich� 
dall�inserimento 
de 
quo 
derivano 
conseguenze 
in termini 
di 
spesa 
e 
di 
controllo ulteriori, cui 
spesso gli 
enti 
- di 
natura privatistica ma con finalit� pubblicistiche - intendono sottrarsi. 


il 
problema 
si 
� 
posto 
in 
sede 
contenziosa 
soprattutto 
con 
riferimento 
alle 
federazioni 
Sportive 
nazionali 
minori 
e 
in 
relazione 
ad 
altri 
enti 
od 
organismi 
pubblici 
per 
i 
quali 
l�appartenenza 
al 
sistema 
di 
conto 
statale 
non 
appare 
cos� 
scontata. 


Diverse, 
infatti, 
sono 
le 
cause 
pendenti 
presso 
le 
varie 
autorit� 
giudiziarie 
(TAr, 
Consiglio 
di 
Stato, 
Corte 
dei 
Conti, 
Corte 
di 
Cassazione), 
dove 
si 
dibatte 
essenzialmente 
in 
ordine 
alla 
corretta 
interpretazione 
dei 
criteri 
utili 
ai 
fini 
dell�inserimento dell�organismo nell�elenco istat, nonch� 
in relazione 
all�inquadramento 
giuridico 
e 
sistematico 
che 
alcune 
voci 
di 
entrata 
debbono 
avere. 


la 
res 
controversa 
si 
articola 
in 
primis 
su 
un 
piano 
strettamente 
giuridico 
e 
di 
corretta 
interpretazione 
della 
normativa 
alla 
luce 
delle 
direttive 
europee 
e 
dei 
principi 
eurocomunitari; 
in secundis 
su un piano prettamente 
economico, 
che 
afferisce 
alla 
qualificazione 
contabile 
delle 
voci 
di 
entrata 
e 
di 
spesa 
in 
relazione ai parametri di calcolo finali adottati dall�istat. 


Con 
riferimento 
a 
questo 
specifico 
tema 
� 
stata 
proposta 
dall�Avvocatura 
Generale 
dello 
Stato 
innanzi 
alla 
Corte 
dei 
Conti 
SS.rr. 
la 
richiesta 
di 
rinvio 
pregiudiziale 
ex 
art. 
267 
TfuE 
alla 
Corte 
di 
Giustizia 
dell�unione 
Europea 
(2), 


(1) 
Ai 
fini 
dell�applicazione 
delle 
disposizioni 
in 
materia 
di 
finanza 
pubblica, 
per 
amministrazioni 
pubbliche 
si 
intendono �per 
l'anno 2011, gli 
enti 
e 
i 
soggetti 
indicati 
a fini 
statistici 
nell'elenco oggetto 
del 
comunicato dell'Istituto nazionale 
di 
statistica (ISTaT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari 
data nella Gazzetta Ufficiale 
della repubblica italiana n. 171, nonch� 
a decorrere 
dall'anno 2012 gli 
enti 
e 
i 
soggetti 
indicati 
a fini 
statistici 
dal 
predetto Istituto nell'elenco oggetto del 
comunicato del 
medesimo 
Istituto in data 30 settembre 
2011, pubblicato in pari 
data nella Gazzetta Ufficiale 
della repubblica 
italiana n. 228, e 
successivi 
aggiornamenti 
ai 
sensi 
del 
comma 3 del 
presente 
articolo, effettuati 
sulla 
base 
delle 
definizioni 
di 
cui 
agli 
specifici 
regolamenti 
dell'Unione 
europea, 
le 
autorit� 
indipendenti 
e, comunque, le 
amministrazioni 
di 
cui 
all'articolo 1, comma 2, del 
decreto legislativo 30 marzo 2001, 
n. 165, e 
successive 
modificazioni. 3. La ricognizione 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
di 
cui 
al 
comma 
2 � 
operata annualmente 
dall'ISTaT 
con proprio provvedimento e 
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 
entro il 30 settembre�. Art. 1 comma 2 e 3, l. 196/2009. 
Precisa 
poi 
il 
d.lgs. 165/2001, art. 1 comma 
2 che 
�Per 
amministrazioni 
pubbliche 
si 
intendono tutte 
le 
amministrazioni 
dello Stato, ivi 
compresi 
gli 
istituti 
e 
scuole 
di 
ogni 
ordine 
e 
grado e 
le 
istituzioni 
educative, 
le 
aziende 
ed amministrazioni 
dello Stato ad ordinamento autonomo, le 
regioni, le 
Province, i 
Comuni, le 
Comunit� montane, e 
loro consorzi 
e 
associazioni, le 
istituzioni 
universitarie, gli 
Istituti 
autonomi 
case 
popolari, le 
Camere 
di 
commercio, industria, artigianato e 
agricoltura e 
loro associazioni, 
tutti 
gli 
enti 
pubblici 
non economici 
nazionali, regionali 
e 
locali, le 
amministrazioni, le 
aziende 
e 
gli 
enti del Servizio sanitario nazionale�. 
(2) Causa rG.n. 539/Sr/riS, f.i.S.E. c/istat - CT. 46108/2016. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


s� 
da 
risolvere 
uno 
specifico 
profilo 
-(la 
natura 
giuridico 
contabile 
delle 
quote 
di 
associazione) 
che, 
tra 
l�altro, 
� 
causa 
di 
numerose 
controversie 
-in 
ordine 
al 
quale 
attarda 
ad 
assestarsi 
un�interpretazione 
giurisprudenziale 
uniforme. 


Si � chiesto in particolare: 


1) 
�Se 
le 
quote 
associative 
corrisposte 
ad 
una 
Federazione 
Sportiva 
debbano 
essere 
ritenute 
corrispettivi 
della 
vendita 
di 
beni 
o 
servizi 
ovvero 
se, 
in 
applicazione 
dei 
paragrafi 
2.39 
lett. 
d), 
20.15 
SEC2010, 
20.16 
SEC 
2010, 
20.19 
-20.31 
SEC2010 
del 
regolamento 
549/2013 
UE, 
debba 
correttamente 
intendersi 
che 
le 
quote 
associative, 
seppure 
di 
fonte 
privata, 
siano 
equiparabili 
ai 
trasferimenti 
pubblici 
con 
natura, 
causa 
e 
finalit� 
pubblicistiche, 
e 
rientrino, 
pertanto, 
tra 
gli 
indicatori 
del 
controllo 
pubblico 
rilevanti 
ai 
fini 
dell�inserimento 
di 
un 
ente 
Federazione 
Sportiva 
nell�Elenco 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
inserite 
nel 
conto 
economico 
consolidato 
ed 
individuate 
ai 
sensi 
dell'articolo 
1, 
comma 
3 
della 
legge 
31 
dicembre 
2009, 
n. 
196 
attuativa 
del 
citato 
reg. 
(CE), 
n. 
549/2013 
relativo 
al 
Sistema 
europeo 
dei 
conti 
nazionali 
e 
regionali 
nell'Unione 
europea�; 


2) �se 
le 
disposizioni 
contenute 
al 
paragrafo 2.39 lett. d), 20.15 comma 
1 lett. d), 20.15 comma 2 dell�allegato a 
al 
reg. UE 
n. 549/2013 (SEC 2010) 
debbano essere 
interpretate 
nel 
senso che 
il 
solo indicatore 
del 
grado di 
finanziamento 
(pubblico) 
debba 
ritenersi 
prevalente 
ed 
assorbente 
rispetto 
agli 
altri 
indici 
di 
controllo pubblico previsti 
dal 
SEC 2010, oppure 
se 
l�esistenza 
di 
altri 
indicatori, fra cui 
in particolare 
quello relativo all�autonomia finanziaria 
dell�unit� istituzionale, possa di 
per 
s� 
escludere 
la sussistenza di 
una 
situazione di controllo da parte della pubblica amministrazione�. 


1.1. Premessa. 
il 
SEC 
(Sistema 
Europeo 
dei 
Conti 
nazionali 
e 
regionali) 
� 
un 
sistema 
composto dall�insieme 
di 
relazioni 
economiche, concetti, definizioni 
e 
regole 
contabili adottati uniformemente nei diversi Paesi dell�unione Europea. 

l�adozione 
di 
criteri 
uniformi 
nelle 
regole 
contabili 
ha 
l�obiettivo di 
agevolare 
la 
comparazione 
fra 
le 
tendenze 
dei 
diversi 
Stati 
europei, favorendo le 
decisioni della politica economica e il raccordo con le altre fonti statistiche. 


Esso 
risulta 
coerente 
con 
gli 
standard 
internazionali 
definiti 
dal 
System 
of 
National 
accounts 
(SnA) 
realizzato, 
sotto 
il 
coordinamento 
dell�onu, 
dai 
maggiori 
organismi 
statistici 
internazionali 
(fMi, 
Eurostat, 
oCSE, 
Banca 
Mondiale). 


in particolare il SEC � strutturato secondo due ambiti di conti. 

I 
conti 
dei 
settori 
istituzionali 
-famiglie, 
societ� 
finanziarie 
e 
non, 
pubblica 
amministrazione, 
resto 
del 
mondo 
-si 
riferiscono 
ai 
differenti 
stadi 
del 
processo 
economico: 
produzione, 
generazione 
e 
distribuzione 
del 
reddito; 
usi 
del 
reddito 
e 
risparmi; 
variazioni 
delle 
attivit� 
e 
delle 
passivit� 
dei 
diversi 
settori. 


I 
conti 
settoriali 
e 
le 
matrici 
input-output, 
invece, 
forniscono 
un 
maggiore 
dettaglio 
del 
processo 
produttivo 
(costi, 
redditi, 
occupazione) 
e 
dei 



DoTTrinA 
273 


flussi 
di 
beni 
e 
servizi 
(produzione, 
importazioni, 
esportazioni 
e 
componenti 
della 
domanda). 


Ci 
occuperemo 
in 
questa 
sede 
dei 
conti 
relativi 
ai 
settori 
istituzionali, 
con 
riferimento in particolare alla pubblica amministrazione. 


2. Cenni e storia. 
nel 
1970 l'istituto Statistico delle 
Comunit� 
Europee 
(Eurostat) ha 
adottato 
un sistema 
armonizzato dei 
conti, attraverso l�analisi 
dei 
diversi 
sistemi 
di contabilit� nazionale, con particolare riferimento al modello francese. 

una seconda edizione del SEC fu pubblicata nel 1971. 


Applicato dapprima 
in via 
sperimentale, il 
SEC � 
stato recepito da 
tutti 
i 
paesi 
membri 
della 
Comunit� 
europea, 
tra 
cui 
anche 
l�italia 
a 
partire 
dal 
1974. 


l'adozione 
da 
parte 
della 
Commissione 
statistica 
delle 
nazioni 
unite 
nel 
1993 del 
nuovo sistema 
dei 
conti 
nazionali 
(SnA 
1993) - redatto dall'onu 
e 
da 
altre 
istituzioni 
internazionali, quali 
lo stesso Eurostat 
- indusse 
ad una 
revisione 
del 
sistema 
che 
diede 
vita 
al 
SEC 
95, 
approvato 
come 
regolamento 
comunitario il 25 giugno 1996 (regolamento del Consiglio CE 2223). 


Tale 
sistema 
permetteva 
una 
descrizione 
quantitativa 
completa 
e 
comparabile 
dell'economia 
dei 
paesi 
membri 
dell'unione 
europea, attraverso un sistema 
integrato 
di 
conti 
di 
flussi 
e 
di 
conti 
patrimoniali 
definiti 
per 
l'intera 
economia e per raggruppamenti di operatori economici (settori istituzionali). 


Successivamente 
nel 
2009 
la 
Commissione 
Statistica 
dei 
Conti 
nazionali 
ha 
emanato 
una 
versione 
aggiornata 
del 
Sistema 
dei 
Conti 
nazionali 
(SnA 
2008) 
volta 
ad 
adeguare 
i 
conti 
nazionali 
al 
nuovo 
contesto 
economico, 
ai 
progressi 
della ricerca metodologica e alle esigenze degli utilizzatori. 


Si 
� 
reso conseguentemente 
necessario prevedere 
un nuovo sistema 
europeo 
dei conti nazionali e regionali che recepisse le novit�. 


il 
nuovo sistema 
Sec 
2010, definito nel 
regolamento ue 
n. 549/2013 relativo 
al 
Sistema 
europeo 
dei 
conti 
nazionali 
e 
regionali 
nell'unione 
europea 
-di 
seguito, 
SEC 
2010 
-pubblicato 
il 
26 
giugno 
2013, 
� 
il 
risultato 
di 
una 
stretta 
collaborazione 
fra 
l�ufficio statistico della 
Commissione 
(Eurostat) e 
i 
contabili nazionali degli Stati membri. 


il 
Sec 
2010, in particolare, definisce 
i 
principi 
e 
i 
metodi 
di 
contabilit� 
nazionale 
a 
livello 
europeo 
e 
fissa 
in 
maniera 
sistematica 
e 
dettagliata 
il 
modo 
in cui 
si 
misurano le 
grandezze 
che 
descrivono il 
funzionamento di 
una 
economia, 
in accordo con le 
linee 
guida 
internazionali 
stabilite 
nel 
Sistema 
dei 
conti nazionali delle nazioni unite (2008 SnA). 


rispetto 
alla 
precedente 
versione 
del 
1995 
(in 
vigore 
per 
l�italia 
dal 
1999), 
il 
Sec 
2010 presenta 
alcune 
importanti 
differenze 
inerenti 
sia 
l�ambito di 
applicazione 
sia le nozioni e le definizioni. 

Esso 
riflette, 
infatti, 
gli 
sviluppi 
e 
i 
progressi 
metodologici 
conseguiti 
nella 
misurazione 
delle 
economie 
moderne 
che 
si 
sono 
consolidati 
a 
livello 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


internazionale 
e, allo stesso tempo, viene 
incontro alle 
esigenze 
degli 
utilizzatori, 
migliorando in alcuni 
casi 
la 
tempestivit� 
nella 
diffusione 
dei 
risultati. 


il 
meccanismo 
� 
assicurato 
dalla 
presenza 
di 
organismi 
a 
livello 
nazionale 
che 
garantiscono 
l�affidabilit�, 
la 
veridicit�, 
la 
completezza 
e 
la 
corrispondenza 
delle informazioni e dei dati raccolti. 


Con specifico riferimento al 
nostro paese, infatti, ai 
sensi 
del 
reg. (CE) 
21 
maggio 
2013 
n. 
549 
questo 
compito 
� 
affidato 
all�istituto 
nazionale 
di 
Statistica 
(istat), chiamato a 
predisporre 
annualmente 
il 
conto economico consolidato 
delle 
Amministrazioni 
Pubbliche 
nell�ambito 
della 
Procedura 
sui 
Deficit 
Eccessivi regolata dal 
Trattato di Maastricht. 

l�elaborazione 
del 
conto economico consolidato si 
basa 
sulla 
corretta 
individuazione 
delle 
unit� 
istituzionali 
che 
fanno 
parte 
del 
Settore 
�Amministrazioni 
Pubbliche�, 
denominato 
S13, 
secondo 
i 
criteri 
fissati 
dal 
citato 
regolamento SEC 2010, che 
ha 
sostituito il 
previgente 
regolamento uE 
n. 
2223/96, SEC95. 


Al 
riguardo, 
il 
legislatore 
nazionale, 
introducendo, 
dapprima 
con 
la 
legge 
finanziaria 
2005 
e 
successivamente 
con 
la 
l. 
31 
dicembre 
2009 
n. 
196 
(legge 
di 
contabilit� 
e 
finanza 
pubblica), 
un 
limite 
all'incremento 
delle 
spese 
delle 
pubbliche 
amministrazioni, 
ha 
prescritto 
che, 
ai 
fini 
dell�applicazione 
delle 
disposizioni 
di 
finanza 
pubblica, per amministrazioni 
pubbliche 
debbano intendersi, 
i 
soggetti 
che 
costituiscono 
il 
predetto 
settore 
istituzionale, 
individuati 
a 
fini 
statistici 
dall'istat 
sulla 
base 
delle 
definizioni 
di 
cui 
agli 
specifici 
regolamenti 
comunitari 
(cfr. artt. 1 comma 
5, l. n. 311/2004; 
1, comma 
2, l. n. 
196/2009, come 
modificato dall'art. 5, comma 
7, D.l. n. 16/2012 convertito, 
con modificazioni, dalla legge n. 44/2012) (3). 


Allo 
scopo 
di 
ridurre 
al 
minimo 
la 
discrezionalit� 
nella 
valutazione 
e 
nella 
collocazione 
delle 
unit� 
istituzionali, 
il 
manual 
on 
Government 
Deficit 
and 
Debt 
-Implementation 
of 
ESa 
2010, 
pubblicato 
da 
Eurostat 
il 
29 
agosto 
2014, 
definisce precise regole operative di applicazione del SEC2010. 

in 
particolare, 
al 
concetto 
di 
�controllo 
pubblico� 
� 
riservato 
il 
par. 
i.2.3 
dell�MGDD, 
con 
un 
approfondimento 
dedicato 
al 
controllo 
delle 
istituzioni 
non 


(3) Dottrina 
e 
giurisprudenza 
ritengono pacificamente 
che 
si 
sia 
di 
fronte 
ad un fenomeno di 
�legificazione 
degli 
Elenchi 
Istat� 
(cfr. 
ex 
multis 
T.A.r. lazio roma 
Sez. iii, 12 giugno 2013, n. 5938), 
quale 
concetto applicabile 
anno per anno, essendo, sia 
l�Elenco istat 
sia 
le 
leggi 
finanziarie 
che 
lo richiamano, 
emanati 
con cadenza 
annuale. invero, il 
fatto che 
le 
finanziarie 
e 
le 
altre 
leggi 
in materia 
amministrativo-
contabile, nel 
riferirsi 
alle 
PP.AA. identifichino queste 
ultime 
nelle 
�unit� istituzionali 
di 
cui 
all�Elenco Istat 
delle 
pubbliche 
amministrazioni 
inserite 
nel 
conto economico consolidato�, di 
fatto 
opererebbe 
una 
�legificazione� 
dello stesso dell�Elenco de 
quo, il 
cui 
contenuto diventa 
pertanto cristallizzato 
fino ad assurgere 
al 
rango di 
norma 
dichiarativa. inoltre, corroborerebbe 
la 
predetta 
tesi 
il 
fatto che 
le 
stesse 
leggi 
finanziarie 
rinvengano nell�Elenco la 
fonte 
individuativa 
delle 
PP.AA. assoggettate 
ai 
vincoli 
contabili 
e 
finanziari 
con efficacia 
nazionale. Cos� 
ragionando, dunque, l�Elenco non 
sarebbe 
nemmeno 
autonomamente 
impugnabile, 
perch� 
assorbito 
dalla 
legge, 
partecipando 
della 
natura 
giuridica della norma che lo richiama. 

DoTTrinA 
275 


profit 
che 
-riprendendo 
puntualmente 
quanto 
definito 
nello 
SnA 
2008 
(4.92) 
(System 
of 
national 
Accounts, 
Sistema 
di 
contabilit� 
nazionale) 
-rende 
espliciti 
i 
cinque 
indicatori 
descritti 
nel 
par. 
20.15 
del 
SEC2010, 
di 
cui 
si 
dir� 
infra. 


l�accertamento 
statistico 
che 
prelude 
all�inserimento 
degli 
enti 
nel-
l�elenco de 
quo 
presuppone 
lo svolgimento di 
un�attivit� 
di 
natura 
metodologica 
e 
a 
carattere 
tecnico-statistico 
in 
ragione 
della 
quale 
l�istat 
provvede 
a 
verificare, 
in 
un�ottica 
pluriennale 
e 
anno 
per 
anno 
(4), 
il 
possesso 
dei 
requisiti 
necessari 
all�inclusione 
nel 
settore 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
S13, 
le 
quali, secondo il 
SEC 2010, sono costituite 
dalle 
unit� 
istituzionali 
pubbliche 
che siano produttrici di beni e servizi non destinabili alla vendita. 


Su questa 
base 
gli 
enti 
vengono inseriti 
oppure 
esclusi 
dal 
settore 
delle 
amministrazioni pubbliche e conseguentemente dall�Elenco istat. 


3. I presupposti 
utili 
ai 
fini 
dell�inserimento delle 
unit� istituzionali 
ed in particolare 
delle 
istituzioni 
senza 
scopo 
di 
lucro 
all�interno 
dell�Elenco 
Istat 
delle 
amministrazioni pubbliche. 
il 
regolamento 
europeo 
SEC 
2010, 
rispetto 
al 
suo 
antecedente, 
stabilisce 
un 
nuovo 
percorso 
di 
classificazione 
delle 
istituzioni 
senza 
scopo 
di 
lucro 
all�interno 
del 
settore 
delle 
Amministrazioni 
pubbliche 
S13: 
in 
generale, 
esso 
tende, 
in 
misura 
maggiore 
del 
SEC95, 
ad 
includere 
unit� 
istituzionali 
per 
le 
quali 
sussista 
una 
condizione 
sostanziale 
di 
�pubblicisticit�� 
e 
controllo 
pubblico. 


la 
nuova 
classificazione 
delle 
unit� 
istituzionali 
senza 
scopo 
di 
lucro 
prevede, 
infatti, la 
verifica 
del 
criterio del 
50% di 
copertura 
dei 
costi 
con le 
vendite 
tramite 
il 
test 
market/non market 
(par. 20.16 SEC 2010) e 
l�accertamento 
della 
ricorrenza 
del 
�controllo 
pubblico� 
sull�unit� 
istituzionale, 
attraverso 
l�esame 
di 
elementi 
che 
descrivano 
i 
caratteri 
specifici 
del 
�rapporto� 
organico 
che lega l�istituzione all�amministrazione pubblica (par. 20.15 SEC2010). 


Specificamente 
il 
SEC 
2010, 
al 
citato 
par. 
20.15, 
dispone 
che 
�il 
controllo 
di 
un�istituzione 
senza scopo di 
lucro � 
definito come 
la capacit� di 
determinare 
la politica generale 
o il 
programma dell�unit�. L�intervento pubblico in 
forma di 
regolamentazione 
generale 
applicabile 
a tutte 
le 
unit� che 
svolgono 
la stessa attivit� non � 
rilevante 
per 
decidere 
se 
una singola unit� sia controllata 
dall�amministrazione 
pubblica. 
Per 
stabilire 
se 
un�istituzione 
senza 
scopo 


(4) il 
Tar del 
lazio, infatti, da 
tempo ritiene 
�irrilevanti, al 
fine 
del 
decidere 
sulla legittimit� del-
l�elenco ISTaT 
relativo all�anno 2010, le 
classificazioni 
dallo stesso Istituto compiute 
per 
gli 
anni 
precedenti. 
Ed invero, una volta incontestato che 
ogni 
elenco ha una valenza annuale 
e 
che 
l�Istituto ha il 
potere 
dovere 
di 
sottoporlo a revisione 
periodica in presenza di 
fatti 
sopravvenuti 
o anche 
per 
effetto di 
un ripensamento in ordine 
alle 
determinazioni 
in precedenza assunte, la materia del 
contendere 
trova 
il 
suo limite 
naturale 
nelle 
classificazioni 
operate 
per 
l�anno di 
riferimento, le 
sole 
impugnate 
che 
sono 
anche 
le 
sole 
per 
le 
quali 
sussiste 
un 
interesse 
concreto 
ed 
attuale 
a 
provocare 
un 
intervento 
annullatorio 
del giudice della legittimit�� 
(cfr., ex plurimis, TAr lazio roma, Sez. iii, 12 luglio 2011 n. 6212). 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


di 
lucro sia controllata dall�amministrazione 
pubblica occorre 
considerare 
i 
seguenti 
cinque 
indicatori 
di 
controllo: 1) la nomina dei 
funzionari; 2) altre 
disposizioni 
riguardanti 
gli 
obblighi 
contenuti 
nello 
statuto 
dell�istituzione 
senza 
scopo 
di 
lucro; 
3) 
gli 
accordi 
contrattuali; 
4) 
il 
grado 
di 
finanziamento; 
5) l�esposizione al rischio. 

Un unico indicatore 
pu� essere 
sufficiente 
per 
stabilire 
il 
controllo. Tuttavia, 
se 
un�istituzione 
senza 
scopo 
di 
lucro 
finanziata 
principalmente 
dal-
l�amministrazione 
pubblica 
conserva 
in 
misura 
significativa 
la 
capacit� 
di 
determinare 
la sua politica o il 
suo programma per 
gli 
aspetti 
definiti 
dagli 
altri 
indicatori, non viene 
considerata controllata dall�amministrazione 
pubblica. 
Nella 
maggior 
parte 
dei 
casi 
l�esistenza 
del 
controllo 
sar� 
messa 
in 
evidenza 
da 
diversi 
indicatori. 
Una 
decisione 
basata 
su 
questi 
indicatori 
implica, 
per sua natura, un giudizio soggettivo�. 


� 
necessario verificare, altres�, la 
caratteristica 
di 
produttore 
�non market� 
dell�unit� 
istituzionale, 
come 
indicato 
nel 
par. 
20.16 
del 
SEC2010, 
a 
norma 
del 
quale 
�la caratteristica di 
produttore 
di 
beni 
e 
servizi 
non destinabili 
alla 
vendita 
di 
un�istituzione 
senza 
scopo 
di 
lucro 
� 
determinata 
come 
per 
le 
altre 
unit� delle 
amministrazioni 
pubbliche�, cio� 
a 
dirsi 
mediante 
l�applicazione 
del 
test 
del 
50% (test 
market/non market), che 
ha 
la 
funzione 
di 
verificare 
in quale 
percentuale 
il 
ricavo delle 
vendite 
copra 
i 
costi 
di 
produzione 
dell�unit� istituzionale considerata. 

A 
questa 
stregua, 
come 
si 
chiarir� 
meglio 
oltre, 
allorch� 
le 
vendite 
coprano 
pi� del 
50% dei 
costi 
di 
produzione 
(per un periodo congruo di 
tempo, 
di 
solito 
quantificato 
in 
un 
triennio), 
l�unit� 
� 
considerata 
di 
tipo 
�market�, 
cio� 
produttore 
di 
beni 
e 
servizi 
destinabili 
alla 
vendita 
e 
dunque 
non classificabile 
all�interno del 
settore 
delle 
Pubbliche 
Amministrazioni 
(par. 20.19 


20.31 SEC2010). 
3.1. Il test market/non market. 
la 
classificazione 
delle 
unit� 
istituzionali 
redatta 
sulla 
base 
del 
test 
mar-
ket/non 
market 
si 
basa 
sulla 
tassonomia 
dei 
dati 
contabili 
consolidata 
e 
definita 
a livello normativo. 


Se 
i 
ricavi 
delle 
vendite 
coprono almeno il 
50 per cento dei 
costi 
di 
produzione, 
l'unit� 
� 
considerata 
di 
tipo 
"market", 
cio� 
produttore 
di 
beni 
e 
servizi 
destinabili alla vendita. 

Se, viceversa, i 
ricavi 
delle 
vendite 
risultano inferiori 
al 
50 per cento dei 
costi di produzione, l'unit� � di tipo "non market". 

A 
tal 
fine 
� 
il 
caso 
di 
osservare 
che 
l'istat 
effettua 
il 
test 
market/non 
market 
per 
un 
arco 
di 
tempo 
pluriennale, 
come 
previsto 
dal 
regolamento 
europeo 
(paragrafo 
3.3 del reg. ue n. 549/2013). 

Tutte 
le 
censure 
sollevate 
dalle 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti, 
e 
di 
cui 
si 
approfondir� 
infra, 
sono 
soventi 
prive 
di 
fondamento, 
perch� 
basate 
su 
un�errata 



DoTTrinA 
277 


interpretazione 
e 
conseguente 
inesatta 
applicazione 
della 
disciplina 
sia 
nazionale 
sia comunitaria cos� come enunciata. 


Si 
rileva, infatti 
e 
contrariamente 
a 
quanto spesso sostenuto dagli 
organismi 
ricorrenti, 
che 
i 
"ricavi 
propri" 
di 
una 
unit� 
istituzionale 
sono 
costituiti 
unicamente 
dalle 
entrate 
derivanti 
dall'attivit� 
caratteristica 
e 
specifica, cio� 
dai 
ricavi 
provenienti 
dalle 
vendite 
o 
da 
prestazioni 
di 
servizi 
tipiche 
dell'ente, 
mentre 
devono 
ritenersi 
non 
significativi 
a 
tale 
fine 
le 
quote 
associative, 
i 
contributi 
o 
sponsorizzazioni 
o 
altre 
provvidenze 
in 
conto 
esercizio 
erogati 
da 
operatori pubblici. 


Sul 
punto, 
peraltro, 
la 
Corte 
dei 
Conti 
in 
speciale 
composizione 
aveva 
gi� 
statuito 
che 
�i 
"ricavi 
propri" 
di 
una 
unit� 
istituzionale 
sono 
costituiti 
unicamente 
dalle 
entrate 
derivanti 
dall'attivit� 
caratteristica 
e 
specifica, 
cio� 
dai 
ricavi 
provenienti 
da 
vendite 
o 
da 
prestazioni 
di 
servizi 
tipiche 
dell'ente, 
mentre 
devono ritenersi 
non significativi, ai 
fini 
del 
test, le 
cd. quote 
associative, 
i 
contributi 
o altre 
provvidenze 
in conto esercizio erogati 
da operatori 
pubblici
� 
(cfr. Sent. n. 48/2015/riS). 

� 
proprio la 
finalit� 
(pubblicistica), a 
ben vedere, ad escludere 
che 
i 
proventi 
derivanti 
dalle 
c.d. quote 
associative 
e 
dai 
tesseramenti 
possano essere 
considerati 
assimilabili 
ad entrate 
provenienti 
da 
�vendite 
di 
beni 
e 
servizi� 
ai 
fini della verifica del test market/non market. 


Correttamente 
inquadrando, infatti, le 
predette 
fonti 
di 
entrata, devrebbe 
concludersi 
che, 
qualora 
il 
calcolo 
del 
rapporto 
tra 
il 
totale 
dei 
ricavi 
e 
il 
totale 
dei 
costi, sia 
al 
di 
sotto del 
50% - come 
sovente 
si 
verifica 
- le 
unit� 
istituzionali, 
tra 
cui 
le 
federazioni 
Sportive 
nazionali 
e 
gli 
altri 
organismi 
di 
diritto 
pubblico, saranno inquadrabili in una situazione 
�non market�. 

Ci� 
impone, 
con 
tutta 
evidenza, 
l�inserimento 
della 
stessa 
nell�elenco 
istat 
delle amministrazioni pubbliche di cui all�art. 1 della legge n. 196/2009. 


3.2. Il controllo pubblico. 
Si 
evidenzia, peraltro, che 
l�esito negativo del 
risultato test 
market 
/ 
non 
market 
vale, 
inoltre 
e 
di 
per 
s�, 
ad 
integrare 
l�ulteriore 
presupposto 
utile 
ai 
fini 
dell�inserimento delle unit� istituzionali nell�Elenco de quo. 


infatti, 
la 
circostanza 
per 
cui 
l�esito 
del 
test 
di 
cui 
sopra 
abbia 
dato 
risultato 
negativo 
comporta, 
quale 
necessaria 
e 
logica 
conseguenza, 
la 
presenza 
di 
una 
consistente 
parte 
di 
finanziamento 
pubblico 
in 
capo 
all�unit� 
istituzionale 
stessa. 


Questo elemento integra, a 
ben vedere, proprio uno degli 
indicatori 
della 
esistenza del controllo pubblico. 


Per 
la 
definizione 
del 
criterio 
del 
controllo 
pubblico 
il 
Sec 
2010 
individua, 
infatti, 
cinque 
indicatori: 
la 
nomina 
dei 
funzionari; 
la 
messa 
a 
disposizione 
di 
strumenti 
che 
consentano 
l'operativit� 
ovvero 
la 
presenza 
di 
altre 
disposizioni 
come 
gli 
obblighi 
contenuti 
nello 
statuto; 
la 
sussistenza 
di 
accordi 
contrattuali; 
il 
grado 
di 
finanziamento; 
l'esposizione 
al 
rischio 
dell'amministrazione 
pubblica. 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


l�ultimo 
periodo 
del 
paragrafo 
20.15 
del 
Sec 
2010, 
aggiunge 
poi 
che 
�un 
unico indicatore pu� essere sufficiente per stabilire il controllo�. 

Pertanto, 
ai 
fini 
della 
riconduzione 
delle 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
nell�Elenco 
de 
quo, 
gi� 
sarebbe 
sufficiente 
il 
requisito 
del 
finanziamento 
pubblico, 
desumibile 
con tutta 
evidenza 
dall�esito, spesso negativo, del 
test 
mar-
ket/non market. 


ove 
ci� 
non 
bastasse 
si 
rileva 
che 
in 
ogni 
caso 
spesso 
si 
registra 
la 
presenza 
anche 
di 
un 
altro 
indicatore 
del 
controllo, 
un 
ulteriore 
requisito 
idoneo 
a 
confermare 
la 
legittimit� 
dell�inserimento 
della 
federazione 
fra 
le 
pubbliche 
amministrazioni 
di 
cui 
all�Elenco 
impugnato: 
il 
�controllo� 
strictu 
senso 
inteso. 


Spesso, infatti, alle 
unit� 
istituzionali 
de 
quibus 
sono sovraordinati 
organismi 
di 
diritto pubblico ed enti 
pubblici, i 
quali 
esercitano un potere 
di 
controllo, 
vigilanza 
e 
verifica 
della 
rispondenza 
dell�attivit� 
posta 
in essere 
con 
le finalit� pubbliche e pubblicistiche. 


Siffatta 
impostazione 
� 
corroborata 
dalla 
presenza, 
all�interno 
degli 
Statuti 


-delle 
unit� 
istituzionali 
e 
degli 
organi 
di 
vertice 
cui 
le 
predette 
unit� 
fanno 
riferimento - di 
clausole 
che 
regolano le 
forme 
di 
vigilanza 
giuridica 
e 
finanziaria 
sulla gestione. 
Ad 
esempio, 
per 
ci� 
che 
concerne 
le 
federazioni 
Sportive 
-in 
relazioni 
alle 
quali 
si 
registra 
il 
maggior 
numero 
di 
contenzioso 
-forme 
di 
controllo 
pubblico 
possono 
ravvisarsi 
nei 
compiti 
del 
Coni 
(5), 
l�inquadramento 
della 
cui 
natura 
giuridica 
appare 
dirimente 
ai 
fini 
dell�esatta 
qualificazione 
della 
vicenda 
in 
esame. 


le 
fSn 
sono, 
infatti, 
�organi 
del 
Coni� 
(6), 
ed 
in 
ordine 
a 
questo 
specifico 


(5) il 
Coni � 
un ente 
pubblico nazionale 
(istituito con d.lgs. 23 luglio 1999 n. 242 e 
ss.mm.ii) 
appartenente 
al 
core 
delle 
amministrazioni 
pubbliche 
ed 
� 
perci� 
classificato 
nel 
settore 
istituzionale 
S13 (cfr. par. 20.09 e 
20.10 del 
SEC2010 e 
par. 2.69 del 
SEC95). il 
legislatore, intervenendo nel 
2004, 
ha 
voluto qualificare 
l�ente 
anche 
come 
�confederazione 
delle 
federazioni 
sportive 
nazionali� 
e 
�delle 
discipline 
associate�, 
rafforzandone 
il 
ruolo 
di 
istituzione 
centrale 
di 
tutta 
l�organizzazione 
sportiva. 
le 
modalit� 
di 
esercizio del 
controllo del 
Coni 
sulle 
federazioni 
sono stabilite 
nelle 
norme, e 
pi� specificamente 
nello Statuto del 
Coni 
nel 
quale 
sono stati 
individuati 
elementi 
�caratteristici� 
del 
controllo 
pubblico descritti 
nel 
SEC2010 e 
nel 
Manuale 
operativo. il 
legame 
organico delle 
federazioni 
sportive 
con l�ente 
controllante 
� 
stato, a 
sua 
volta, verificato negli 
statuti 
delle 
singole 
federazioni, �speculari� 
alle 
prescrizioni 
statutarie 
del 
Coni. Al 
Coni 
la 
legge, infatti, assegna 
il 
compito di 
curare 
l�organizzazione, 
la 
valorizzazione 
dello 
sport 
nazionale 
e 
la 
regolazione 
di 
tutti 
gli 
organismi 
che 
agiscono 
nel 
settore sportivo tra cui le federazioni sportive nazionali. 
(6) �Le 
Federazioni 
sportive 
nazionali 
sono associazioni 
senza fini 
di 
lucro con personalit� giuridica 
di 
diritto privato; [�] 
sono rette 
da norme 
statutarie 
e 
regolamentari 
in armonia con l�ordinamento 
sportivo nazionale 
ed internazionale 
e 
sono ispirate 
al 
principio democratico e 
al 
principio di 
partecipazione 
all�attivit� sportiva da parte 
di 
chiunque 
in condizioni 
di 
uguaglianza e 
di 
pari 
opportunit� 
[�]; svolgono l�attivit� sportiva e 
le 
relative 
attivit� di 
promozione, in armonia con le 
deliberazioni 
e 
gli 
indirizzi 
del 
CIO 
e 
del 
CONI, 
anche 
in 
considerazione 
della 
rilevanza 
pubblicistica 
di 
specifici 
aspetti 
di 
tale 
attivit�. Nell�ambito dell�ordinamento sportivo, alle 
Federazioni 
sportive 
nazionali 
� 
riconosciuta 
l�autonomia 
tecnica, 
organizzativa 
e 
di 
gestione, 
sotto 
la 
vigilanza 
del 
CONI. 
Le 
Federazioni 
sportive 
nazionali 
svolgono l�attivit� sportiva in armonia con le 
deliberazioni 
e 
gli 
indirizzi 
della rispettiva 
Federazione 
internazionale, purch� 
non siano in contrasto con le 
deliberazioni 
e 
gli 
indirizzi 
del CIO e del CONI� 
(art. 20 Statuto del Coni). 

DoTTrinA 
279 


profilo 
le 
SSrr 
della 
Corte 
dei 
Conti 
in 
speciale 
composizione 
giurisdizionale, 
hanno 
inizialmente 
statuito 
che 
�la 
sussistenza 
del 
requisito 
del 
controllo 
(cos� 
come 
inteso 
dai 
regolamenti 
europei) 
non 
presuppone 
necessariamente 
che 
l�amministrazione 
pubblica 
eserciti 
una 
supervisione 
generale 
sull�unit� 
istituzionale, 
essendo 
sufficiente 
che 
l�ingerenza 
dell�amministrazione 
pubblica 
sia 
tale 
da 
influenzare 
la 
gestione 
di 
tale 
unit� 
in 
modo 
significativo� 
(sentenza, 
n. 
7/2013/riS). 


Va 
da 
s� 
che, 
alla 
luce 
di 
questa 
limpida 
statuizione 
(successivamente 
per� smentita 
dalla 
stessa 
Corte 
dei 
conti), i 
poteri 
di 
controllo sulle 
federazioni 
sportive 
che 
la 
legge 
e 
lo Statuto attribuiscono al 
Coni 
integrano, senza 
dubbio, 
quell��ingerenza 
dell�amministrazione 
pubblica 
tale 
da 
influenzare 
la 
gestione 
dell�unit� 
in 
modo 
significativo�, 
in 
cui 
la 
giurisprudenza 
contabile 
ha 
correttamente 
individuato il 
�controllo pubblico rilevante� 
ai 
fini 
dell�inserimento 
di un ente nell�elenco oggetto del contendere. 

Si 
consideri, 
inoltre, 
che 
anche 
secondo 
il 
consolidato 
orientamento 
della 
giurisprudenza 
amministrativa, �le 
federazioni 
sportive, pur 
sorgendo come 
soggetti 
privati 
(associazioni 
non 
riconosciute), 
in 
presenza 
di 
determinati 
presupposti 
assumono 
la 
qualifica 
di 
"organi 
del 
Coni" 
e 
partecipano 
alla 
natura 
pubblica 
di 
questo...� 
(in 
questi 
termini, 
ex 
plurimis, 
Cons. 
Stato 
Sez. 
Vi, 
10 ottobre 2002, n. 5442). 


Ed 
invero, 
sulla 
avvenuta 
privatizzazione 
delle 
federazioni 
Sportive 
nonch� 
sul 
rapporto 
delle 
stesse 
con 
il 
Coni, 
anche 
il 
Giudice 
contabile 
ha 
statuito 
che 
�� 
non 
sembra 
sussistere 
alcun 
dubbio 
sulla 
permanenza, 
anche 
a 
seguito 
dell'entrata 
in 
vigore 
del 
decreto 
legislativo 
n. 
242/1999, 
come 
modificato 
dal 
decreto legislativo n. 15/2004, di 
un evidente 
connotato pubblicistico che 
caratterizza 
il 
rapporto di 
servizio fra federazioni 
sportive 
e 
CONI, per 
la valenza 
pubblicistica 
dell'attivit� 
svolta, 
per 
la 
natura 
pubblica 
dei 
finanziamenti 
del 
CONI, 
per 
la 
somma 
dei 
poteri 
di 
ingerenza 
della 
parte 
pubblica, 
talmente 
intensi 
da arrivare 
alla misura estrema del 
commissariamento, e 
che 
si 
esplicano 
normalmente 
attraverso atti 
di 
riconoscimento, di 
indirizzo, di 
controllo 
dei 
bilanci, 
della 
gestione, 
dell'attivit� 
sportiva. 
Tale 
configurazione, 
peraltro, 
non risulta venuta meno neppure 
a seguito dell'entrata in vigore 
del 
D.L. n. 
138/2002, conv. in l. 8 luglio 2002 n. 178, in quanto l'art. 8, che 
ha disposto 
il 
riassetto 
del 
CONI 
istituendo 
la 
CONI 
Servizi 
s.p.a., 
non 
ha 
fatto 
venire 
meno n� 
le 
finalit� pubbliche 
perseguite 
n� 
il 
carattere 
pubblico delle 
risorse 
impiegate 
al 
tal 
fine� 
(in questi 
termini, Corte 
dei 
conti, Sezione 
Giurisdizionale 
per la 
regione 
lazio, 25 gennaio 2008 n. 120; 
cfr. altres�, ex 
plurimis, 
Consiglio di Stato, Sez. Vi, sent. 9 febbraio 2006 n. 527). 


A 
ben 
vedere, 
la 
significativa 
capacit� 
di 
autodeterminazione 
di 
cui 
al 
par. 


20.15 
del 
SEC 
2010, 
non 
pu� 
consistere 
nella 
mera 
autonomia 
decisionale 
dell�ente. 
invero, 
l�autonomia 
decisionale 
� 
senza 
dubbio 
un 
requisito 
costitutivo 
delle 
unit� 
istituzionali, 
-come 
chiaramente 
enuncia 
il 
paragrafo 
2.12 
del 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


Sec2010, 
il 
quale 
dispone 
che: 
�un'unit� 
istituzionale 
� 
un'entit� 
economica 
caratterizzata 
da 
autonomia 
di 
decisione 
nell'esercizio 
della 
propria 
funzione 
principale� 
-, 
tuttavia, 
non 
si 
tratta 
di 
un 
elemento 
idoneo 
a 
determinare 
l�esclusione 
del 
controllo 
pubblico, 
oppure 
a 
degradare 
lo 
stesso 
a 
mera 
supervisione. 


Tutte 
le 
unit� 
istituzionali, 
infatti, 
ivi 
comprese 
quelle 
soggette 
al 
controllo 
pubblico, hanno pur sempre 
(e 
devono avere) taluni 
margini 
di 
autonomia 
decisionale, altrimenti non potrebbero essere considerate tali! 

lo 
stesso 
discorso 
ben 
pu� 
essere 
esteso 
agli 
organismi 
istituzionali 
con 
finalit� 
pubblicistiche, 
quali 
enti 
di 
cultura, 
enti 
con 
finalit� 
sociali, 
enti 
culturali, 
etc. 


il 
requisito 
del 
controllo 
pubblico 
viene 
accertato 
sulla 
base 
degli 
indicatori 
previsti 
dal 
SEC2010 
ed 
esplicitati 
dal 
manual 
on 
Government 
Deficit 
and 
Debt 
-Implementation 
of 
ESa 
2010: 
le 
disposizioni 
normative 
e 
statutarie; 
il 
finanziamento 
pubblico 
prevalente, 
da 
intendersi 
non 
solo 
come 
erogazione 
direttamente 
proveniente 
dalla 
casse 
dello 
Stato, 
ma 
pi� 
generalmente 
come 
qualsiasi 
entrata 
che 
sia 
sorretta 
da 
una 
causa 
e 
da 
una 
giustificazione 
di 
stampo 
pubblicistico. 


Da 
ultimo, 
la 
procedura 
di 
erogazione 
dei 
�contributi 
diretti� 
alle 
predette 
unit� 
istituzionali 
da 
parte 
degli 
enti 
pubblici 
sovraordinati 
consente 
di 
individuare 
una 
ulteriore 
forma 
di 
controllo 
sostanziale 
sulle 
stesse, 
rafforzandone 
il 
concetto 
stesso. 


Si 
tratta, 
infatti, 
di 
finanziamenti 
vincolati 
a 
specifiche 
voci 
di 
costo, 
nella 
gestione 
delle 
quali 
le 
unit� 
devono 
attenersi 
agli 
indirizzi 
ed 
alle 
linee 
guida 
fissati 
dagli 
organi 
di 
vertice, 
nel 
rispetto 
della 
finalit� 
pubblicistica 
e 
nel 
perseguimento 
degli 
obiettivi 
di 
carattere 
pubblico, 
quali 
salute, 
sport, 
cultura, 
etc. 


Corrobora 
le 
tesi 
fin 
qui 
esposte 
il 
fatto 
che, 
data 
la 
rilevanza 
degli 
interessi 
perseguiti, 
tale 
controllo, 
ove 
si 
riscontri 
una 
grave 
violazione 
dei 
principi 
fondamentali 
dell�ordinamento 
(come 
nel 
caso 
di 
cattivo 
funzionamento 
degli 
organi 
di 
gestione), 
pu� 
financo 
determinare 
il 
commissariamento 
dell�unit� 
istituzionale, 
al 
fine 
di 
ripristinare 
una 
gestione 
ordinata 
al 
rispetto 
delle 
finalit�. 


Dati 
gli 
elementi 
fin 
qui 
descritti 
si 
pu� 
concludere 
che 
una 
tale 
forma 
del 
controllo, 
rinvenibile 
nella 
penetrante 
attivit� 
di 
indirizzo 
e 
verifica 
del 
corretto 
funzionamento 
delle 
attivit�, 
nonch� 
nel 
monitoraggio 
costante 
nel 
tempo 
sulle 
modalit� 
di 
spesa, 
integra 
il 
requisito 
del 
controllo 
di 
cui 
al 
SEC 
2010. 


4. Non causa pro causa. Le avverse tesi delle unit� istituzionali ricorrenti. 
le 
difese 
sostenute 
dalle 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
innanzi 
alle 
diverse 
autorit� 
giudiziarie 
si 
sono tutte 
contraddistinte 
per una 
linea 
difensiva 
pressoch� 
comune. 


Preliminarmente 
le 
argomentazioni 
a 
sostegno della 
illegittimit� 
dell�inserimento 
nell�Elenco 
citato 
si 
incentrano 
sul 
vizio 
procedimentale 
che 
affliggerebbe 
lo stesso Elenco, in qualit� di atto amministrativo. 



DoTTrinA 
281 


lamentano, 
infatti, 
le 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
l�esistenza 
di 
vizi 
di 
natura istruttoria, eccesso di potere, difetto di motivazione. 


Si 
rileva 
sul 
punto che 
dottrina 
e 
giurisprudenza 
sono ormai 
concordi 
nel 
ritenere 
che 
l�elenco 
de 
quo 
non 
integri 
un 
provvedimento 
amministrativo, 
bens� un documento statistico in funzione meramente certificativa. 


Di 
talch� 
perdono 
di 
fondamento 
le 
doglianze 
inerenti 
il 
mancato 
rispetto 
del procedimento amministrativo nella sua stesura. 


nel 
merito 
le 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
contestano, 
invece, 
l�inserimento 
nell�Elenco de 
quo 
in ragione 
della 
carenza 
dei 
profili 
sia 
economici 
sia pi� specificamente giuridici. 


Argomentano, infatti, i 
ricorrenti 
che 
mancherebbe 
sia 
una 
forma 
di 
controllo 
pubblico - ancorch� 
si 
tratti 
di 
esercizio di 
attivit� 
con finalit� 
pubblicistiche 
-, 
nonch� 
una 
qualsiasi 
forma 
di 
finanziamento 
che 
superi 
la 
percentuale 
del 
50%, 
escludendo, 
quindi, 
che 
possa 
determinarsi 
un 
esito 
negativo 
del 
test 
market/non market come prima delineato. 


Con specifico riferimento al 
controllo pubblico, le 
unit� 
istituzionali 
rilevano 
sovente 
che 
non 
potrebbe 
ravvisarsi 
alcuna 
forma 
di 
controllo 
pubblico 
da 
parte 
degli 
Enti 
pubblici 
�supervisori� 
in quanto la 
gestione 
delle 
finanze 
e 
degli 
aspetti 
regolamentari 
e 
giuridici 
sarebbe 
caratterizzata 
da 
una 
piena 
autonomia decisionale. 

Si 
� 
gi� 
detto che 
questo solo rilievo non vale 
ad escludere 
una 
forma 
di 
controllo pubblico, in quanto si 
tratta 
di 
una 
caratteristica 
propria, se 
non essenziale, 
di 
ogni 
unit� 
istituzionale, la 
quale 
per essere 
tale 
deve 
conservare 
i 
margini di autonomia nelle scelte decisionali e nel 
modus operandi. 


Ci� che 
le 
differenzia 
dalle 
unit� 
meramente 
privatistiche 
�, tuttavia, la 
finalit� 
cui 
la 
loro 
attivit� 
� 
preordinata, 
trattandosi 
infatti 
di 
scopi 
ed 
obbiettivi 
connotati da una spiccata natura pubblicistica (salute, cultura, sport, etc). 


Peraltro, cos� 
agendo, le 
suddette 
unit� 
si 
arrogano un potere 
a 
loro non 
spettante: 
la 
valutazione 
tecnica 
e 
l�attivit� 
classificatoria 
competono, infatti, 
per legge 
al 
solo istat, non potendo in alcun modo le 
amministrazioni 
procedere 
ad una autonoma qualificazione. 


Sul 
punto si 
richiama 
nuovamente 
la 
recente 
sentenza 
delle 
Sezioni 
riunite 
della 
Corte 
dei 
Conti 
n. 12 del 
2015 (confermata 
dalle 
successive 
sentt. 
35 
e 
48 
del 
2015) 
con 
la 
quale 
� 
stato 
affermato 
che: 
�il 
concetto 
di 
�controllo� 
pu� 
essere 
inteso 
come 
segue. 
anzitutto, 
come 
gi� 
precisato 
in 
precedenza 
(cfr. 
supra, motivi 
della decisione, � 3.2), l�individuazione 
del 
concetto di 
�controllo� 
va 
effettuata 
sulla 
base 
delle 
norme 
del 
SEC, 
ai 
sensi 
dell�espressa 
previsione 
dell�art. 1, commi 
1 e 
2, L. n. 196 del 
31 dicembre 
2009. Orbene, 
in 
forza 
dei 
principi 
ermeneutici 
fissati 
dallo 
stesso 
SEC 
(cfr. 
sopra, 
motivi 
della decisione, � 4.1), i 
concetti 
del 
SEC non vanno intesi 
in senso giuridico-
amministrativo, 
ma 
in 
senso 
economico-fattuale; 
e 
quindi 
il 
controllo 
va 
inteso 
non nel 
senso recepito dall�ordinamento giuridico nazionale 
(che 
in ambito 



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


amministrativo intende 
di 
solito il 
controllo come 
verifica di 
atti 
e 
attivit� o 
come 
vigilanza o tutela su organi, da parte 
di 
altri 
organi 
esterni 
o interni 
al 
soggetto controllato), bens� 
come 
concreto potere 
di 
indirizzare 
le 
scelte 
del-
l�ente 
(�capacit� di 
determinare 
la politica generale 
o il 
programma di 
una 
unit� istituzionale�: cfr. sopra, motivi 
della decisione, � 4.6 e 
� 4.6.1), ovvero 
come 
�la capacit� di 
influire 
in modo determinante 
sulla amministrazione 
attiva� 
(SS.rr. sent. n.7/2013/rIS) o di 
�stabilire 
gli 
obiettivi 
che 
essa � 
chiamata 
a raggiungere 
e 
le 
modalit� che 
deve 
seguire 
per 
realizzarli� 
(SS.rr. 
sent. n. 13/2014/rIS). [�] 
4.6.3 - Tale 
definizione 
di 
controllo risulta per 
definizione 
abbastanza 
ampia 
ed 
indeterminata, 
e 
quindi 
pu� 
portare 
a 
difficolt� 
di 
accertamento del 
controllo nel 
caso concreto; ragion per 
cui 
il 
SEC individua 
circostanze 
sintomatiche 
di 
un �potere 
di 
indirizzo� 
pubblicistico sulle 
istituzioni 
private, ovvero tipizza una serie 
tassativa di 
�indicatori� 
significativi 
dell�esistenza del 
controllo (cfr. supra, sub � 4.6.1) ... di 
norma per 
affermare 
l�esistenza 
del 
�controllo� 
si 
richiede 
la 
presenza 
di 
pi� 
indicatori 
concorrenti, 
anche 
se 
talvolta 
uno 
solo 
di 
essi 
pu� 
essere 
di 
tale 
significativit� 
da essere sufficiente a tal fine�. 

Con 
riferimento, 
invece, 
al 
pi� 
discusso 
profilo 
economico-contabile, 
le 
unit� 
ricorrenti 
lamentano 
spesso 
incongruit�, 
erroneit� 
e 
abusi 
di 
potere 
che 
scaturirebbero 
dall�attivit� 
di 
calcolo 
posta 
in 
essere 
dall�istat 
ai 
fini 
della 
determinazione 
dell�area 
market 
o 
non 
market 
in 
cui 
ascrivere 
l�unit� 
istituzionale. 


Si 
ricorda 
che, nella 
predisposizione 
dell�Elenco, l�istat 
agisce 
sulla 
base 
dei 
prospetti 
di 
rilevazione 
offerti 
in comunicazione 
dalle 
stesse 
unit� 
istituzionali, 
che 
riproducono lo schema 
del 
bilancio civilistico previsto dal 
codice 
civile, di 
talch� 
sono prive 
di 
pregio le 
doglianze 
che 
lamentino asserite 
incongruenze 
della scheda di rilevazione. 


Siffatti 
bilanci 
consuntivi 
(rilevati 
tramite 
riDDCuE 
(7)) 
vengono 
poi 
sottoposti 
al 
test 
del 
50% 
ai 
fini 
della 
pubblicazione 
in 
Gazzetta 
ufficiale 
che, 
ai 
sensi 
dell�art. 1 della 
legge 
n. 169/2009, deve 
avvenire 
il 
30 settembre 
di 
ogni anno. 


Si 
tratta, 
a 
ben 
vedere, 
di 
un�attivit� 
meramente 
matematica 
e 
priva 
di 
qualsivoglia 
forma 
di 
discrezionalit� 
che 
spesso 
le 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
tentano di ascrivere all�istat. 


il 
contenzioso 
in 
questa 
materia 
� 
perlopi� 
generato 
dal 
diverso 
inquadramento 
sistematico 
e 
dalla 
diversa 
qualificazione 
giuridica 
che 
le 
parti 
in 
causa 
attribuiscono alle 
quote 
associative, il 
vero ago della 
bilancia 
dell�esito 


- negativo o positivo - del test 
market/non market. 
Mentre 
le 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
mettono erroneamente 
a 
confronto 
i 
suddetti 
proventi 
con 
i 
finanziamenti 
derivanti 
da 
pubbliche 
amministrazioni, 


(7) rilevazione 
di 
informazioni, Dati 
e 
Documenti 
necessari 
alla 
Classificazione 
di 
unit� 
Economiche 
nei settori istituzionali stabiliti dal Sistema Europeo dei Conti 2010 (SEC 2010). 

DoTTrinA 
283 


ritenendoli 
ben altra 
cosa 
rispetto ai 
finanziamenti 
di 
natura 
pubblica, ed anzi 
qualificandole 
come 
�autonome 
entrate 
finanziarie�; 
l�Amministrazione, invece, 
proprio in ragione 
della 
rilevanza 
pubblicistica 
sia 
della 
causa 
dell�entrata, 
sia 
del 
suo 
scopo, 
li 
ascrive 
fra 
i 
finanziamenti 
pubblici, 
ribaltando 
l�esito 
del test. 


la 
soluzione 
al 
quesito � 
tutt�altro che 
pacifica, e 
si 
attende 
in merito la 
risposta della Corte di Giustizia dell�uE. 


Si 
auspica, 
tuttavia 
e 
sin 
da 
ora, 
in 
primis 
che 
le 
SSrr 
della 
Corte 
dei 
conti 
accolgano la 
domanda 
di 
rinvio pregiudiziale, ed in secundis 
che 
la 
risposta 
della 
Corte 
europea 
si 
snodi 
sulle 
linee 
interpretative 
che 
si 
argomenteranno 
infra, 
logiche 
e 
coerenti 
-sia 
giuridicamente 
sia 
economicamente 
nonch� 
maggiormente rispondenti ai principi di contabilit� nazionale. 


5. 
Il 
problema. 
L�inquadramento 
sistematico 
e 
la 
natura 
giuridica 
delle 
quote 
associative. 
Si 
� 
anticipato 
che 
il 
cuore 
della 
questione 
attiene 
alla 
natura 
giuridica 
ed 
al 
conseguente 
inquadramento 
sistematico 
delle 
quote 
associative 
o 
�tesseramenti�. 


la 
questione 
� 
antica 
e 
sul 
punto 
si 
registrano 
posizioni 
diverse, 
sia 
in 
dottrina 
sia 
in giurisprudenza, tuttavia, troppo generali 
ed ondivaghe 
perch� 
si formi sul punto un orientamento meritevole di seguito. 


Se, 
infatti, 
ai 
fini 
dell�inserimento 
delle 
unit� 
istituzionali 
all�interno 
dell�Elenco predisposto dall�istat 
appare 
essere 
dirimente 
l�esito del 
test 
mar-
ket/non 
market 
-che 
ove 
negativo, 
importa 
la 
conseguente 
realizzazione 
anche 
del 
successivo requisito del 
controllo pubblico - le 
Corti 
spesso hanno evitato 
di 
pronunciarsi 
sullo 
specifico 
punto, 
esaminando 
il 
solo 
profilo 
inerente 
il 
controllo, con pronunce talvolta discordanti. 


Talvolta 
ritenendo 
�pubbliche� 
le 
sole 
entrate 
provenienti 
dalle 
casse 
pubbliche, 
talaltra 
estendendo, 
invece, 
il 
concetto 
a 
tutte 
le 
somme 
richieste 
a 
titolo 
in ogni caso pubblicistico. 


in questo perimetro la 
questione 
inerente 
alla 
esatta 
qualificazione 
delle 
quote 
associative 
� 
spesso trattata 
incidentalmente 
e 
non � 
mai 
posta 
a 
fondamento 
dell�una o dell�altra tesi. 


Anche 
due 
recentissime 
pronunce 
della 
Corte 
di 
Cassazione 
a 
Sezioni 
unite 
(8), pur accogliendo le 
tesi 
erariali, e 
quindi 
legittimando l�inclusione 


(8) invero le 
sentenze 
citate 
Cass. civ. SS.uu. nn. 12496/2017 e 
12504/2017 sono di 
importanza 
fondamentale 
in ordine 
agli 
altri 
profili 
sollevati 
dalle 
unit� 
istituzionali 
che 
lamentino l�illegittimo inserimento 
nell�Elenco istat. in particolare 
la 
Suprema 
Corte 
si 
� 
espressa 
negativamente 
in primis 
in ordine 
alla 
sollevata 
questione 
di 
legittimit� 
costituzionale 
dei 
poteri 
giurisdizionali 
della 
corte 
dei 
conti 
in siffatta 
materia, ritenendo la 
questione 
manifestamente 
infondata 
rivestendo le 
SSrr �una mera articolazione 
interna 
del 
plesso 
giurisdizionale 
della 
magistratura 
contabile, 
... 
peraltro, 
non 
essendo 
ravvisabile 
alcuna riserva di 
generale 
giurisdizione 
sulla legittimit� degli 
atti 
amministrativi 
a tutela di 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


delle 
predette 
unit� 
all�interno dell�Elenco controverso, nulla 
dicono - ma 
ci� 
in ragione 
della 
natura 
del 
giudizio (9) - in ordine 
alla 
natura 
ed al 
ruolo eco-
nomico-giuridico 
che 
sarebbe 
ascrivibile 
alle 
quote 
associative, 
vero 
ago 
della 
bilancia 
nel 
calcolo del 
test 
market/non market 
e 
conseguentemente 
dell�appartenenza 
degli organismi 
de quibus 
al settore S 13 del SEC 2010. 


Sul 
punto inoltre, ma 
in un obiter 
dictum, le 
SSrr della 
Corte 
dei 
Conti 
in speciale 
composizione 
avevano statuito che 
�i 
"ricavi 
propri" 
di 
una unit� 
istituzionale 
sono 
costituiti 
unicamente 
dalle 
entrate 
derivanti 
dall'attivit� 
caratteristica 
e 
specifica, cio� 
dai 
ricavi 
provenienti 
da vendite 
o da prestazioni 
di 
servizi 
tipiche 
dell'ente, 
mentre 
devono 
ritenersi 
non 
significativi, 
ai 
fini 
del 
test, 
le 
cd. 
quote 
associative, 
i 
contributi 
o 
altre 
provvidenze 
in 
conto 
esercizio 
erogati da operatori pubblici� 
(Sent. n. 48/2015/riS). 

� 
proprio quest�ultima 
finalit� 
(pubblicistica) che 
deve 
portare 
ad escludere 
che 
i 
proventi 
derivanti 
dalle 
c.d. 
quote 
associative 
e 
dai 
tesseramenti 
possano essere 
considerati 
assimilabili 
ad entrate 
provenienti 
da 
�vendite 
di 
beni e servizi� al fine della verifica del test market/non market. 


le 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti, 
invece, 
considerando 
le 
quote 
versate 
dagli 
associati 
come 
provento 
derivante 
dalla 
propria 
attivit� 
di 
vendita 
di 
prodotti 
e 
servizi 
non destinati 
al 
mercato, qualificano dette 
quote 
quali 
�entrate 
derivanti 
dai 
proventi 
privati�, 
quando, 
invece, 
la 
loro 
natura 
giuridica 
appartiene 
alla voce 
�finanziamenti di natura pubblicistica�, di cui al SEC 2010. 


la 
caratteristica 
di 
produttore 
�non 
market� 
dell�unit� 
istituzionale 
� 
indicata 
nel 
par. 
20.16 
del 
SEC2010 
a 
norma 
del 
quale 
�la 
caratteristica 
di 
produttore 
di 
beni 
e 
servizi 
non 
destinabili 
alla 
vendita 
di 
un�istituzione 
senza 
scopo 
di 
lucro 
� 
determinata 
come 
per 
le 
altre 
unit� 
delle 
amministrazioni 
pubbliche�, 
cio� 
a 
dirsi 
mediante 
l�applicazione 
del 
test 
del 
50% 
(test 
market/non 
market), 
che 
ha 
la 
funzione 
di 
verificare 
in 
quale 
percentuale 
il 
ricavo 
delle 
vendite 
copra 
i 
costi 
di 
produzione 
dell�unit� 
istituzionale 
considerata. 


Specificatamente, peraltro, il 
regolamento 549 del 
2013 cos� 
cristallizza 
i 
concetti 
di 
beni 
o servizi 
�destinabili 
alla vendita� 
e 
�non destinabili 
alla 
vendita� 
- par. da 20.18 a 20.22. 


�Distinzione 
tra �destinabile 
alla vendita� e 
�non destinabile 
alla ven


posizioni 
giuridiche 
soggettive�. 
In 
secundis, 
richiamandosi 
alle 
tesi 
gi� 
argomentate 
dalla 
Corte 
dei 
Conti 
SSrr, in ordine 
alla 
supposta 
inesistenza 
del 
requisito del 
controllo pubblico, le 
SS.uu. hanno 
ribadito che 
in proposito deve 
essere 
abbracciata 
la 
pi� ampia 
nozione 
di 
controllo pubblico, siccome 
delineata 
dall�uE, per la 
quale 
assume 
fondamentale 
rilevanza 
�non l�egemonia da parte 
dell�organo 
sovraordinato�, ma una mera influenza gestionale e istituzionale. 


(9) 
il 
ricorso 
per 
Cassazione 
contro 
la 
decisione 
della 
Corte 
dei 
Conti 
� 
consentito, 
infatti, 
soltanto 
per 
motivi 
inerenti 
alla 
giurisdizione, 
sicch� 
il 
controllo 
della 
Suprema 
Corte 
di 
Cassazione 
� 
circoscritto 
all�osservanza 
dei 
meri 
limiti 
esterni 
della 
giurisdizione, 
non 
estendendosi 
ad 
asserite 
violazioni 
di 
legge 
sostanziale 
o processuale 
concernenti 
il 
modo di 
esercizio della 
giurisdizione 
speciale 
(cfr. ex 
multis, 
Cass. SS.uu. n. 325/1999, Cass. n. 526/1998). 

DoTTrinA 
285 


dita� - Concetto di 
prezzi 
economicamente 
significativi 
par. 20.19: �I produttori 
di 
beni 
e 
servizi 
non destinabili 
alla vendita offrono tutta la loro produzione 
o 
la 
maggior 
parte 
di 
essa 
gratuitamente 
o 
a 
prezzi 
economicamente 
non significativi. Per 
prezzi 
economicamente 
significativi 
s'intendono i 
prezzi 
che 
esercitano un'influenza sostanziale 
sulla quantit� di 
prodotto che 
i 
produttori 
sono disposti 
a fornire 
e 
sulla quantit� di 
prodotto che 
gli 
acquirenti 
desiderano acquistare. Si 
tratta del 
criterio utilizzato per 
classificare 
la produzione 
come 
destinabile 
o non destinabile 
alla vendita e 
i 
produttori 
come 
produttori 
di 
beni 
e 
servizi 
destinabili 
o 
non 
destinabili 
alla 
vendita, 
e 
stabilire 
pertanto se 
un'unit� istituzionale 
in cui 
un'amministrazione 
pubblica detiene 
una partecipazione 
di 
controllo debba essere 
definita come 
un produttore 
di 
beni 
o servizi 
non destinabili 
alla vendita e 
pertanto classificata nel 
settore 
delle 
amministrazioni 
pubbliche, oppure 
come 
un produttore 
di 
beni 
e 
servizi 
destinabili alla vendita e pertanto classificata come societ� pubblica�. 


Ai 
par. 
ss. 
20.20. 
si 
legge 
poi 
�mentre 
la 
valutazione 
di 
un 
prezzo 
come 
economicamente 
significativo 
viene 
effettuata 
al 
livello 
di 
ciascuna 
singola 
produzione, 
il 
criterio 
per 
determinare 
la 
natura 
di 
produttore 
di 
beni 
e 
servizi 
destinabili 
alla 
vendita 
o 
non 
destinabili 
alla 
vendita 
di 
un'unit� 
si 
applica 
al 
livello 
di 
singola 
unit��. 
20.21 
�Quando 
i 
produttori 
sono 
societ� 
private, 
si 
pu� 
presumere 
che 
i 
prezzi 
siano 
economicamente 
significativi. 
al 
contrario, 
in 
presenza 
di 
un 
controllo 
pubblico 
i 
prezzi 
dell'unit� 
possono 
essere 
stabiliti 
o 
modificati 
per 
fini 
di 
politica 
pubblica, 
il 
che 
pu� 
creare 
difficolt� 
nello 
stabilire 
se 
i 
prezzi 
siano 
economicamente 
significativi. 
Spesso 
le 
societ� 
pubbliche 
sono 
costituite 
dalle 
amministrazioni 
pubbliche 
per 
fornire 
beni 
e 
servizi 
che 
il 
mercato 
non 
produrrebbe 
in 
quantit� 
o 
a 
prezzi 
rispondenti 
alle 
politiche 
governative. 
Nel 
caso 
di 
tali 
unit� 
che 
godono 
del 
sostegno 
delle 
amministrazioni 
pubbliche, 
le 
vendite 
possono 
coprire 
una 
quota 
consistente 
dei 
costi, 
ma 
la 
loro 
risposta 
alle 
forze 
di 
mercato 
sar� 
diversa 
rispetto 
alle 
societ� 
private�. 


Con tutta 
evidenza, dal 
momento che 
la 
quota 
associativa 
corrisposta 
a 
codeste 
unit� 
istituzionali 
�, 
comՏ 
noto, 
fissa 
ed 
annualmente 
stabilita, 
la 
stessa: 


1) 
non 
esercita 
�un'influenza 
sostanziale 
sulla 
quantit� 
di 
prodotto� 
fornito; 


2) 
non �si applica a livello di singola unit�� 
di bene o servizio; 


3) 
non risponde 
�alle forze di mercato� 


manca, in poche 
parole, il 
requisito della 
commutativit� 
e 
corrispettivit�! 


in 
relazione 
ai 
servizi 
connessi 
ad 
una 
determinata 
attivit�, 
sportiva 
o 
culturale 
che 
sia, 
non 
si 
verifica, 
infatti, 
una 
vendita 
di 
beni 
e 
servizi 
ai 
tesserati/soci 
da 
parte 
dell�organismo, risultando il 
detto versamento un mero 
e 
formale 
presupposto 
per 
l�esercizio 
o 
la 
frequentazione 
dell�attivit� 
sportiva 
agonistica, culturale, etc. 


Conseguentemente 
e 
come 
gi� 
ampiamente 
argomentato, la 
finalit� 
pub



rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


blicistica 
perseguita 
dagli 
enti 
deve 
fare 
escludere 
che 
i 
proventi 
derivanti 
dalle 


c.d. 
quote 
associative 
e 
dai 
tesseramenti 
possano 
essere 
considerati 
assimilabili 
ad entrate 
provenienti 
da 
�vendite 
di 
beni 
e 
servizi� 
al 
fine 
della 
verifica 
del 
test market/non market. 
Si 
noti, peraltro, che 
il 
pagamento della 
quota 
associativa 
� 
spesso obbligatoriamente 
imposto da 
norme 
di 
legge 
- cfr. 
il 
caso delle 
fSn, dove 
il 
pagamento 
� 
imposto 
nei 
confronti 
non 
solo 
degli 
sportivi 
�professionisti� 
ma 
anche 
dei 
non �professionisti� 
che 
volessero praticare 
lo sport 
a 
livello agonistico 
(10) 
-, 
il 
che 
impone 
imprescindibilmente 
di 
considerare 
dette 
entrate 
come �contributi parafiscali�. 


infatti, 
pur 
se 
il 
pagamento 
della 
quota 
� 
stabilito 
dallo 
Statuto 
di 
un 
ente 
nelle 
forme 
di 
diritto 
privato, 
l�obbligo 
di 
adesione 
all�ente 
stesso 
per 
alcune 
categorie 
di 
cittadini, 
indubbiamente, 
qualifica 
detti 
trasferimenti 
in 
senso 
pubblicistico. 


in questo contesto, dunque, il 
fatto che 
il 
contributo non sia 
previsto direttamente 
dalla 
legge 
statale, 
non 
vale 
ad 
escludere 
la 
natura 
pubblicistica 
del 
contributo, 
perch� 
� 
la 
stessa 
legge 
che 
indirettamente 
ne 
impone 
il 
versamento 
ai singoli cittadini. 

Di 
qui 
la 
natura 
parafiscale 
e 
contributiva 
della 
quota 
associativa 
de 
qua. 
il 
provento 
derivante 
dalla 
quota 
pagata 
dal 
cittadino 
che 
voglia 
associarsi 


o tesserarsi 
non pu�, quindi, in alcun modo essere 
ascritto tra 
�ricavi 
da vendite 
e 
prestazioni 
di 
servizi 
tipiche 
dell�ente� 
n� 
tra 
gli 
�altri 
ricavi 
e 
proventi�, 
sempre connotati da una caratterizzazione privatistica. 
Sul 
punto la 
Corte 
dei 
Conti 
SSrr in Speciale 
Composizione 
aveva, peraltro, 
gi� 
affermato che 
�occorre 
distinguere 
... tra voci 
che 
nell'ambito delle 
quote 
associative 
sono 
riconducibili 
pi� 
propriamente 
a 
ricavi 
da 
vendite 
(quote 
di 
iscrizione 
a corsi), giacch� 
connotate 
del 
requisito della corrispettivit� 
e 
che 
nella specie 
non coprono i 
costi 
della produzione 
e 
voci 
(quote 
di 
affiliazione, quote 
di 
tesseramento, multe 
e 
tasse 
di 
gara, diritti 
di 
segreteria, 
quote 
di 
licenza) che 
non sono assimilabili 
a ricavi 
da vendite, le 
quali, secondo 
quanto 
pi� 
volte 
precisato 
da 
queste 
Sezioni 
riunite 
(sentenze 
nn. 
23/2015/rIS, 34/2015/rIS), sono versate 
non in funzione 
diretta ed esclusiva 
di 
una 
controprestazione� 
(Cfr. 
ex 
plurimis 
sentenze 
nn. 
23/2015/riS, 
34/2015/riS, 48/2015/riS). 


Con 
tutta 
evidenza, 
lo 
si 
ribadisce, 
le 
quote 
associative 
non 
possono 
essere 
inserite 
fra 
i 
ricavi 
propri, con la 
conseguenza 
di 
ritenere 
maggioritario l�ap


(10) nel 
caso specifico le 
federazioni 
Sportive 
nazionali 
agiscono, a 
ben vedere, in situazione 
di 
monopolio: 
non 
�, 
infatti, 
possibile 
per 
federazioni 
sportive 
non 
riconosciute 
e 
sovvenzionate 
dal 
Coni, 
far partecipare 
i 
propri 
iscritti 
alle 
gare 
valide, per esempio, per il 
Comitato olimpico internazionale. 
Pertanto, 
chiunque 
voglia 
svolgere 
l�attivit� 
sportiva 
agonistica, 
soprattutto 
a 
livello 
internazionale, 
deve 
necessariamente 
aderire 
all�unica 
federazione 
riconosciuta 
dal 
Coni e 
da 
quest�ultimo sovvenzionata 
con fondi pubblici e pagare obbligatoriamente il contributo associativo previsto, il cd. tesseramento. 

DoTTrinA 
287 


porto 
del 
finanziamento 
di 
stampo 
pubblicistico, 
posto 
che 
anche 
le 
dette 
quote 
sono versate 
nell�ambito di 
una 
finalit� 
sempre 
di 
natura 
pubblica 
e 
normativamente 
protetta. 


l�accoglimento 
di 
una 
opposta 
conclusione 
violerebbe, 
peraltro, 
i 
principi 
comunitari 
ispirati 
ad una 
nozione 
ampia 
di 
pubblica 
amministrazione, volta 
a 
ricomprendere 
nel 
perimetro molteplici 
soggetti 
di 
spesa, pur nelle 
diversit� 
dei 
rispettivi 
regimi 
giuridici 
che 
ne 
connotano la 
struttura, l�organizzazione, 
i fini operativi e l�azione. 


Violerebbe, 
altres�, 
l�obbligo 
sancito 
a 
livello 
eurocomunitario 
di 
conformare 
i 
conti 
nazionali 
al 
nuovo contesto economico, nonch� 
l'obbligo di 
contribuire 
all'andamento della 
finanza 
pubblica 
in una 
dimensione 
solidale 
nel 
rispetto dei prefissati obiettivi nazionali e sopranazionali. 


6. Conclusioni. Cui prodest? 
l�esito negativo del 
test 
market/non market, il 
conseguente 
grado di 
finanziamento 
di 
natura 
pubblica 
prevalente, 
nonch� 
la 
presenza 
di 
un 
rilevante 
controllo 
da 
parte 
di 
un 
ente 
pubblico, 
rende 
legittimo 
l�inserimento 
delle 
unit� 
istituzionali che presentino le descritte caratteristiche nell�Elenco istat. 


Si 
rileva, peraltro, che 
sia 
la 
normativa 
europea 
sia 
la 
legislazione 
nazionale 
hanno 
abbracciato 
una 
nozione 
lata 
di 
pubblica 
amministrazione, 
tale 
per 
cui 
molteplici 
soggetti 
di 
spesa, pur nelle 
diversit� 
dei 
rispettivi 
regimi 
giuridici 
che 
ne 
connotano struttura 
organizzativa, fini 
operativi 
ed azione, hanno 
tutti 
in comune 
tra 
di 
loro un elemento di 
indiscusso e 
cogente 
rilievo normativo: 
l'obbligo 
costituzionalmente 
positivizzato 
di 
contribuire 
all'andamento 
della 
finanza 
pubblica 
in una 
dimensione 
di 
"corresponsabilit�" 
quanto al 
rispetto 
di 
prefissati 
obiettivi 
nazionali 
e 
sopranazionali 
(cfr. Cost. artt. 23, 41, 
53, 100, 72 comma 4, 75 comma 2, 81). 

E 
ci� 
al 
fine 
di 
conformare 
i 
conti 
nazionali 
al 
nuovo 
contesto 
economico, 
ai 
progressi 
della 
ricerca 
metodologica 
e 
alle 
esigenze 
degli 
utilizzatori, come 
chiaramente emerge dai 
Considerando 
del rEG. uE 549/2013. 


la 
materia 
di 
cui 
trattasi, peraltro, lungi 
dal 
comportare 
irreparabili 
pregiudizi 
od 
ingiuste 
sofferente 
economiche 
in 
capo 
alle 
unit� 
istituzionali 
ricorrenti 
(11), 
� 
esclusivamente 
finalizzata 
alla 
buona 
amministrazione 
della 
res publica. 

l�inclusione 
delle 
predette 
unit� 
nell�elenco 
iSTAT 
�, 
infatti, 
prettamente 
di 
natura 
ricognitiva 
e 
statistica, volta 
ad accertare, monitorare 
e 
verificare 
la 


(11) Gli 
unici 
adempimenti 
ai 
quali 
le 
unit� 
sarebbero chiamate 
prevedono il 
rispetto dei 
termini 
di 
adozione 
e 
approvazione 
del 
bilancio e 
del 
budget 
(ex art. 24 d.lgs. 91/2011), obblighi 
di 
comunicazione 
dei 
dati 
di 
bilancio e 
finanziari 
al 
MEf 
(ex art. 18 D.l. 78/2009), obblighi 
di 
fatturazione 
elettronica 
(ex art. 25 D.l. 66/2014), obblighi 
connessi 
al 
monitoraggio e 
alla 
certificazione 
dei 
debiti 
(art. 27 
D.l. 66/2014). Con tutta 
evidenza 
si 
tratta 
di 
oneri 
imposti 
al 
fine 
di 
pervenire 
ad una 
pi� completa, veritiera 
ed attendibile panoramica della contabilit� nazionale in un�ottica di trasparenza e legittimit�. 

rASSEGnA 
AVVoCATurA 
DEllo 
STATo - n. 2/2017 


gestione 
delle 
risorse 
pubbliche 
in conformit� 
con gli 
obblighi, gli 
impegni 
e 
i progetti sia nazionali sia eurocomunitari. 


la 
ridefinizione 
della 
res 
controversa 
in esame 
innanzi 
alla 
Corte 
di 
giustizia 
dell�unione 
Europea 
avrebbe, pertanto, ricadute 
sia 
sul 
valore 
del 
Pil 
sia 
sui 
principali 
indicatori 
di 
finanza 
pubblica, quali, ad esempio, l'indebitamento 
netto ed il debito pubblico. 


Di qui l�importanza fondamentale della questione sinora esaminata. 


nell�attesa 
che 
le 
SSrr della 
Corte 
dei 
Conti 
rimettano la 
questione 
in 
seno alla 
Corte 
Europea 
di 
Giustizia, al 
fine 
di 
definire 
un perimetro comune 
di 
azione 
sul 
piano interpretativo-applicativo, per l�affermazione 
del 
generale 
principio 
della 
regolarit�, 
trasparenza 
e 
correttezza 
della 
contabilit� 
nazionale. 



RECENSIONI
GuGlielmo 
BernaBei, 
Giacomo 
montanari, 
�Autonomie 
e 
Finanza 
Locale�, 
con 
il 
contributo 
di 
Andrea 
Ferri, 
Giorgio 
Macciotta, Pasquale 
Mirto, Giovambattista Palumbo, Giancarlo 
Pola, Francesco Tuccio. 


(cleup editore -universit� di Padova, 2017, pp. 278) 


In 
occasione 
della 
presentazione 
di 
un 
precedente 
lavoro, 
all�interno 
di 
un 
convegno 
appositamente 
organizzato nel 
luglio 2016 a 
Roma, presso la 
Camera 
dei 
deputati, ci 
chiedevamo 
quanto 
fosse 
ardua 
la 
ricerca 
di 
un 
equilibrio 
in 
tema 
di 
finanza 
locale. 
Con 
questo 
nuovo studio si 
vuole 
fornire 
una 
prospettiva 
compiuta 
sul 
difficile 
tema 
del 
decentramento 
amministrativo e 
della 
finanza 
locale. I tributi 
locali 
immobiliari 
e 
i 
tributi 
locali 
ambientali 
avrebbero dovuto costituire 
nelle 
intenzioni, sia 
del 
legislatore 
sia 
della 
dottrina, gli 
ambiti 
privilegiati di finanziamento dei Comuni. 


Negli 
ultimi 
anni 
l�imposizione 
immobiliare 
in 
Italia 
� 
stata 
oggetto 
di 
molti, 
troppi, 
cambiamenti, avvenuti 
sotto la 
pressione 
del 
rientro del 
deficit 
pubblico. L�ultimo approdo, 
di 
un percorso faticoso e 
confuso, � 
stata 
la 
legge 
di 
Stabilit� 
2016, la 
quale 
ha 
previsto l�abolizione 
dell�imposta 
sulla 
propriet� 
della 
abitazione 
principale, in modo che, oggi, la 
prima 
casa 
� 
libera 
da 
prelievi, sia 
ai 
fini 
Imu/Tasi, sia 
ai 
fini 
Irpef. L�imposizione 
immobiliare 
�, 
quindi, basata 
solo sulle 
seconde 
case, sottoposte 
a 
Imu, se 
sfitte 
e 
non situate 
nello stesso 


Guglielmo 
Bernabei, 
dottore 
di 
ricerca 
e 
cultore 
della 
materia 
in 
Diritto 
costituzionale, 
Diritto 
regionale 
e degli Enti locali. 
Giacomo 
Montanari, 
giurista 
d�impresa, 
specializzato 
presso 
la 
Scuola 
di 
specializzazione 
per 
le 
professioni 
legali 
dell�Universit� 
di 
Padova 
ed 
esperto 
di 
Diritto 
tributario 
degli 
Enti 
locali 
e 
di 
finanza 
locale. 


Andrea Ferri, responsabile del Dipartimento di Finanza locale della Fondazione Ifel/Anci. 
Giorgio Macciotta, componente 
del 
Comitato Direttivo della 
Fondazione 
Astrid e 
gi� 
Sottosegretario di 
Stato per il tesoro, il bilancio e la programmazione economica. 
Pasquale 
Mirto, 
responsabile 
del 
servizio 
tributi 
dell�Unione 
Comuni 
Modenesi, 
consulente 
Anci 
Emilia 
Romagna e condirettore della rivista �Finanza e tributi locali�. 
Giovambattista Palumbo, direttore dell�Osservatorie di politiche fiscali di Eurispes. 
Giancarlo Pola, Professore Eminente di Scienza delle Finanze nell�Universit� di Ferrara. 
Francesco Tuccio, Presidente 
Anutel (Associazione Nazionale Uffici 
Tributi Enti Locali). 



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2017 


Comune 
dell�abitazione 
principale, 
e 
sottoposte 
a 
Imu, 
Irpef 
e 
regime 
della 
cedolare 
secca 
negli altri casi. 

Concettualmente, si 
� 
a 
lungo sostenuto che 
l�introduzione 
di 
una 
imposta 
sulla 
prima 
casa 
non 
avrebbe 
finalit� 
distributive, 
ma 
di 
service 
tax. 
L�analisi 
della 
distribuzione 
delle 
abitazioni 
principali, per condizioni 
economiche 
e 
familiari, fornisce 
alcune 
utili 
indicazioni 
sulle 
tipologie 
di 
nuclei 
familiari 
potenzialmente 
pi� favoriti 
dall�eliminazione 
dell�imposta 
sulla 
prima 
casa. L�incidenza 
di 
nuclei 
familiari 
proprietari 
di 
prima 
casa 
� 
piuttosto elevata, 
circa 
il 
69%. In termini 
di 
composizione 
risulta 
che 
il 
58,4% dei 
nuclei 
familiari 
proprietari 
di 
abitazione 
principale 
appartiene 
al 
50% 
pi� 
ricco 
di 
reddito 
familiare. 
Anche 
il 
valore 
della 
rendita 
catastale 
della 
prima 
casa, che 
costituisce 
la 
base 
imponibile 
dell�imposizione 
immobiliare, 
� 
legata 
al 
reddito disponibile 
familiare; 
il 
valore 
medio della 
rendita 
catastale 
del-
l�abitazione 
di 
residenza, 
infatti, 
varia 
tra 
i 
542 
e 
i 
902 
euro. 
Dunque, 
l�analisi 
della 
distribuzione 
del 
patrimonio per condizioni 
economiche 
familiari 
evidenzia 
come, dall�abolizione 
dell�imposizione 
sulla 
prima 
casa, traggono vantaggio, in termini 
di 
numerosit� 
e 
di 
base imponibile, pi� i nuclei familiari agiati rispetto ad altri. 

Complessivamente, il 
gettito perso in seguito alla 
mancata 
tassazione 
della 
prima 
casa 
� 
pari 
a 
circa 
6,5 miliardi 
di 
euro, di 
cui 
3,9 provenienti 
dall�Imu sulla 
prima 
casa 
e 
2,5 dalla 
deduzione 
dal 
reddito legato all�Irpef. Rispettivamente 
il 
70% e 
il 
72% del 
risparmio di 
imposta 
derivante 
dall�abolizione 
dell�imposizione 
sulla 
prima 
casa 
e 
dalla 
deduzione 
Irpef favorisce 
il 50% dei nuclei pi� ricchi di reddito familiare. 

Ne 
consegue 
che 
l�unica 
componente 
del 
patrimonio 
immobiliare 
soggetta 
sia 
a 
Imu 
sia 
a 
Irpef � 
data 
dalle 
abitazioni 
diverse 
dalla 
prima 
casa, con una 
distribuzione 
molto pi� sperequata 
rispetto all�abitazione 
principale. Tuttavia, in Italia 
� 
molto diffusa 
la 
propriet� 
delle 
seconde 
case, anche 
tra 
le 
classi 
di 
reddito pi� basse. La 
quota 
di 
nuclei 
familiari 
proprietari 
di 
seconde 
case 
� 
pari 
al 
27% 
del 
totale; 
il 
67% 
dei 
nuclei 
familiari 
proprietari 
di 
seconde 
case 
appartiene 
alla 
met� 
pi� ricca 
della 
popolazione. Va, inoltre, considerato che 
le 
seconde 
case 
possono essere 
affittate 
o tenute 
a 
disposizione. In Italia, circa 
il 
46% delle 
seconde 
case 
� 
locata; 
la 
percentuale 
di 
nuclei 
familiari 
con 
seconde 
case 
affittate 
si 
aggira 
attorno 
al 
12,5%, 
un dato rilevante in termini assoluti. 


In 
tema 
di 
imposizione 
immobiliare 
sulle 
seconde 
case 
i 
cambiamenti 
pi� 
importanti 
intervenuti 
nel 
recente 
passato sono il 
passaggio dall�Ici 
all�Imu e 
la 
scelta 
di 
non tassare, ai 
fini 
Irpef, 
quelle 
non 
locate. 
Nel 
2011, 
infatti, 
con 
la 
sostituzione 
dell�Ici 
con 
l�Imu 
si 
� 
stabilito 
che 
le 
seconde 
case 
soggette 
a 
Imu non sono imponibili 
per l�Irpef, mentre 
lo erano con l�Ici. 
Sul 
punto, si 
� 
ritenuto che 
la 
decisione 
di 
escludere 
dall�Irpef le 
case 
sfitte 
potesse 
costituire 
un disincentivo all�emersione 
degli 
affitti 
in nero, grave 
piaga 
sociale. Nell�intento di 
correggere, 
almeno in parte, questa 
deriva, la 
legge 
di 
Stabilit� 
2014 ha 
disposto alcune 
eccezioni 
alla 
regola 
dell�alternativit� 
tra 
Imu 
e 
Irpef, 
prevedendo 
la 
reintroduzione, 
nell�imponibile 
per 
l�Irpef, delle 
seconde 
case 
sfitte 
collocate 
nello stesso Comune 
dell�abitazione 
principale 
del 
proprietario, ma 
solo per un valore 
pari 
al 
50% delle 
rendite 
catastali. Restano, poi, escluse 
dall�Irpef le 
seconde 
case 
sfitte 
poste 
in un Comune 
diverso da 
quello dell�abitazione 
principale 
del proprietario. 

La 
distribuzione 
della 
propriet�, anche 
a 
causa 
di 
politiche 
che 
hanno incentivato il 
ricorso 
all�abitazione 
come 
bene 
rifugio, 
� 
tale 
per 
cui 
le 
classi 
di 
reddito 
pi� 
basse 
sono 
soggette 
al 
pagamento 
di 
imposte 
significative, 
trovandosi, 
inoltre, 
nell�impossibilit� 
di 
mettere 
sul 
mercato il patrimonio immobiliare. 

In questo contesto, va 
sottolineato il 
rinvio della 
riforma 
del 
catasto, mirata 
a 
riallineare 



RECENSIONI 
291 


le 
rendite 
catastali 
con il 
valore 
commerciale. Sotto il 
profilo dell�equit�, la 
modifica 
del 
catasto 
pone 
il 
tema 
dell�invarianza 
di 
gettito e, quindi, della 
distribuzione 
territoriale 
dei 
nuovi 
carichi fiscali che, in alcuni casi, potrebbero essere di entit� molto consistente. 

A 
questa 
situazione 
si 
aggiunge 
il 
fatto che 
i 
processi 
di 
federalismo fiscale, avviati 
e 
non conclusi, non hanno concretamente 
determinato significativi 
rafforzamenti 
dello spazio 
di autonomia finanziaria locale. 

Al 
contrario, � 
facilmente 
rilevabile 
che 
si 
� 
proceduto ad una 
semplice 
trasformazione 
delle 
modalit� 
e 
degli 
strumenti 
attraverso i 
quali 
lo Stato esercita 
le 
proprie 
prerogative 
in 
materia di controllo finanziario sugli enti locali. 

Il 
percorso 
di 
attuazione 
della 
riforma 
del 
Titolo 
V, 
avviata 
nell�ormai 
lontano 
2001, 
non ha 
mai 
trovato piena 
applicazione. I diversi 
decreti 
delegati 
che 
si 
sono susseguiti 
negli 
ultimi 
anni 
si 
sono mossi 
prevalentemente 
su un piano ancora 
troppo generale, rinviando ad 
altri 
provvedimenti, poi 
non adottati, di 
natura 
amministrativa 
e 
regolamentare, la 
disciplina 
di 
procedure 
di 
notevole 
rilevanza 
nell�ottica 
del 
raggiungimento delle 
finalit� 
della 
riforma. 

Inoltre, 
le 
rigorose 
misure 
di 
finanza 
pubblica, 
realizzate 
con 
atti 
di 
decretazione 
d�urgenza 
a 
partire 
dal 
2011, 
in 
un 
contesto 
di 
grave 
crisi 
economica, 
hanno 
avuto 
un 
impatto 
negativo 
sul 
piano 
dell�attuazione 
della 
legge 
delega 
n. 
42 
del 
2009, 
restringendo 
gli 
spazi 
di 
autonomia 
finanziaria 
e 
tributaria 
che 
faticosamente 
gli 
enti 
locali 
si 
erano 
ritagliati 
nel 
corso 
del 
decennio 
precedente. 
I 
decreti 
sulla 
cosiddetta 
spending 
review 
hanno, 
poi, 
rappresentato 
uno 
strumento 
di 
forte 
impatto 
sul 
controllo 
della 
spesa 
pubblica 
nei 
confronti 
di 
tutti 
gli 
enti 
territoriali. 


In 
sede 
di 
legge 
di 
Stabilit�, 
a 
partire 
dal 
2013, 
si 
� 
verificata 
una 
progressiva 
riduzione 
dei 
trasferimenti 
dallo 
Stato 
centrale 
agli 
enti 
locali. 
Sottrazione 
di 
risorse 
economiche 
che 
hanno 
creato 
non 
poche 
difficolt� 
nel 
funzionamento 
dell�ente 
locale 
stesso 
e 
nella 
gestione 
del 
territorio 
da 
esso 
governato. 
Gli 
interventi 
normativi 
non 
hanno 
tenuto 
nella 
giusta 
considerazione 
le 
differenziazioni 
a 
livello 
dimensionale 
e 
territoriale 
degli 
enti 
locali. 
Il 
livello 
e 
la 
composizione 
delle 
entrate 
e 
delle 
spese 
dei 
Comuni 
presenta, 
infatti, 
una 
forte 
variabilit� 
legata 
all�eterogeneit� 
delle 
loro 
caratteristiche 
orografiche, 
demografiche, 
economiche 
e 
sociali. 


Queste 
sono alla 
base 
di 
domande 
differenziate 
di 
servizi 
da 
parte 
dei 
cittadini 
e, nello 
stesso tempo, condizionano i costi della fornitura dei medesimi servizi. 

La 
definizione 
di 
una 
autentica 
forma 
di 
service 
tax 
sembra 
abbandonata, 
venendo 
meno 
quel 
collegamento 
con 
il 
costo 
dei 
servizi 
indivisibili 
forniti 
dai 
Comuni, 
i 
cui 
primi 
utilizzatori 
sono sicuramente i titolari di abitazione principale. 


Accanto 
ai 
tributi 
immobiliari 
locali, 
poi, 
� 
interessante 
concentrare 
l'attenzione 
sul 
tema 
della 
finanza 
locale 
ambientale, 
le 
cui 
peculiarit� 
hanno 
assunto, 
con 
il 
passare 
del 
tempo, 
una 
rilevanza 
che 
potrebbe 
definirsi 
esponenziale. Per una 
analisi 
di 
sistema, appare 
sempre 
necessario riferirsi 
alla 
riforma 
costituzionale 
del 
2001 che, nella 
generale 
rivisitazione 
del 
Titolo V, ha 
di 
fatto riformulato l'attribuzione 
delle 
competenze 
e 
la 
ripartizione 
delle 
stesse 
tra i vari livelli di governo. 

Sicuramente, 
vanno 
tenuti 
distinti 
i 
principi 
fondamentali 
di 
coordinamento, 
considerati 
espressamente 
dagli 
artt. 117, comma 
3, e 
119, comma 
2, della 
Costituzione, dai 
principi 
generali 
del 
sistema 
tributario, cui 
gli 
statuti 
delle 
Regioni 
fanno riferimento, in cui 
incanalare 
l'esercizio 
della 
potest� 
normativa 
di 
imposizione 
delle 
Regioni. 
I 
principi 
fondamentali 
di 
coordinamento 
sono 
sostanzialmente 
gli 
unici 
principi 
che 
consentono 
allo 
Stato, 
quale 
garante 
della 
legalit� 
repubblicana 
e 
della 
unitariet� 
dell'ordinamento, di 
intervenire 
nella 
materia 
tri



RASSEGNA 
AVVOCATURA 
DELLO 
STATO - N. 2/2017 


butaria 
attribuita 
alla 
competenza 
esclusiva 
delle 
Regioni. 
Dovendo 
appunto, 
svolgere 
una 
funzione 
di 
coordinamento, essi 
dovrebbero essere 
stabili, univoci 
e 
ricavabili 
da 
parametri 
costituzionali, 
oltre 
che 
avere 
di 
mira 
la 
tutela 
dell'unit� 
dell'ordinamento. 
A 
causa 
della 
lunga 
latitanza 
del 
legislatore 
statale 
in 
materia 
di 
principi 
di 
coordinamento, 
questi 
ultimi, 
piuttosto 
che 
avere 
la 
funzione 
di 
consentire 
allo Stato di 
disegnare 
le 
linee 
del 
sistema 
tributario nel 
suo complesso ed essere 
regole 
di 
indirizzo che 
si 
associano a 
quelle, costituzionali, tendono 
a 
ridursi 
a 
norme 
ordinarie, 
che 
hanno 
s� 
un 
qualche 
carattere 
di 
generalit�, 
ma 
che, 
rimangono 
pur sempre regole di fattispecie e sicuramente non di indirizzo. 

L'attuazione 
di 
una 
politica 
tributaria 
ambientale 
non � 
facile 
in quanto la 
proposizione 
in generale 
di 
un tributo non � 
cosa 
gradita 
n� 
per i 
privati 
e 
n� 
per le 
imprese 
e 
tantomeno 
quando 
il 
tributo 
non 
riesce 
a 
modellarsi 
sui 
canoni 
di 
una 
tariffa, 
non 
essendo, 
in 
realt�, 
nella 
accezione 
propria 
del 
termine, 
n� 
una 
tariffa 
n� 
una 
tassa. 
La 
funzione 
tributaria 
ha 
un 
carattere 
essenzialmente 
strumentale 
e 
non attiene 
alla 
cura 
diretta 
degli 
interessi 
dell'ente 
locale, ma 
serve 
ad assicurare 
i 
mezzi 
per poter assolvere 
ai 
compiti 
a 
questo assegnati. Da 
ci� ne 
consegue 
che, ove 
l'ente 
locale 
abbia 
il 
potere 
di 
istituire 
tributi, ossia 
di 
autodeterminarsi 
in relazione 
ai 
mezzi 
necessari 
per 
lo 
svolgimento 
delle 
proprie 
funzioni, 
le 
scelte 
da 
questo 
operate 
potranno risultare 
pi� o meno condivisibili 
o razionali, ma 
ovviamente 
gli 
enti 
locali 
non dovranno 
mai 
esorbitare 
dalla 
propria 
sfera 
di 
competenza. Necessaria 
�, quindi, la 
nascita 
di 
una 
politica 
tributaria 
come 
strumento 
regolatorio 
della 
materia 
ambientale 
che 
possa, 
mediante 
la 
leva 
fiscale 
e 
con la 
previsione 
di 
idonei 
controlli, assicurare 
l'utilizzo eco-compatibile 
dell'ambiente 
in 
un 
equilibrio 
complessivo 
degli 
interessi 
nella 
logica 
valutativa 
delle 
esternalit� positive e negative. 

Il 
fatto che 
la 
tassazione 
sia 
funzionale 
alla 
tutela 
di 
un bene 
di 
competenza 
legislativa 
esclusiva 
statale, quale 
l'ambiente, non dovrebbe, dunque, opporsi 
a 
che 
le 
Regioni 
svolgano 
il 
loro potere 
primario di 
imposizione, assumendo, in diretta 
applicazione 
del 
quarto comma 
dell'art. 
117 
Cost., 
alcuni 
eventi 
dannosi 
che 
si 
producono 
in 
modo 
fisso 
nel 
loro 
territorio 
quali 
elementi 
materiali 
dei 
presupposti 
dei 
tributi 
regionali 
e 
locali 
propri. 
L�importante 
� 
che: 
a) il 
presupposto prescelto dalla 
Regione 
non duplichi 
quello dei 
tributi 
erariali 
e 
la 
sua 
previsione 
risponda 
a 
criteri 
di 
adeguatezza, proporzionalit� 
e 
coerenza, b) siano rispettati 
i 
principi 
fondamentali 
di 
coordinamento fissati 
dallo Stato in materia, c) sussista 
una 
effettiva 
connessione 
di 
tali 
tributi 
con 
il 
territorio 
e 
con 
l�interesse 
regionale 
o 
locale. 
Lo 
sviluppo 
della 
fiscalit� 
ambientale 
- intesa 
nell'accezione 
ampia 
- si 
configura, ai 
diversi 
livelli 
di 
governo, 
come 
una 
metamorfosi 
del 
sistema, che 
presuppone 
il 
passaggio da 
alcune 
forme 
di 
prelievo ad altre. 

Il 
sistema 
viene 
orientato in senso ambientalista 
attraverso l'imposizione 
di 
tributi 
con 
funzione 
disincentivante/redistributrice 
o con funzione 
di 
reperimento di 
risorse, oppure 
attraverso 
le 
misure 
di 
agevolazione 
fiscale. Al 
riguardo, si 
segnala 
la 
nuova 
disciplina 
comunitaria 
degli 
aiuti 
di 
Stato 
per 
la 
tutela 
ambientale, 
che 
determina 
obiettivi 
e 
modalit� 
del 
controllo di 
compatibilit� 
comunitaria 
delle 
misure 
nazionali, sul 
presupposto che 
gli 
aiuti 
di 
Stato, a 
determinate 
condizioni, non solo consentono di 
correggere 
i 
fallimenti 
del 
mercato, 
migliorandone 
il 
funzionamento 
e 
rafforzando 
la 
competitivit�, 
ma 
possono 
contribuire 
a 
promuovere 
lo sviluppo sostenibile. La 
ricerca 
di 
nuovi 
equilibri 
fiscali, che 
garantiscano la 
sostenibilit� 
politica 
e 
di 
bilancio delle 
politiche 
di 
imposizione 
o di 
agevolazione 
con finalit� 
ambientale, presuppone 
sempre 
l'assunzione 
di 
una 
prospettiva 
di 
sistema. Se 
finora 
l'imposizione 
ambientale 
si 
� 
essenzialmente 
tradotta 
in 
disposizioni 
frammentarie, 
in 
futuro 
dovrebbe 
prevalere 
un 
approccio 
diverso, 
che 
sappia 
combinare 
interventi 
additivi 
di 
tributi 



RECENSIONI 
293 


ambientali 
o con funzione 
ambientale 
e 
interventi 
riduttivi 
di 
altri 
tributi 
esistenti, per evitare 
stratificazioni di prelievo insostenibili. 

Si 
tratta 
di 
profili 
strategici 
particolarmente 
sensibili 
per gli 
enti 
pi� vicini 
ai 
cittadini, 
nella 
logica 
del 
principio 
di 
sussidiariet�. 
E 
anche 
vero 
per� 
che 
il 
tributo 
ambientale 
in 
senso 
stretto, 
quanto 
pi� 
funziona 
tanto 
meno 
produce 
gettito. 
Vi 
�, 
dunque, 
una 
correlazione 
inversa 
tra 
effetti 
comportamentali 
ed effetti 
fiscali: 
la 
massimizzazione 
degli 
uni 
si 
traduce 
in minimizzazione 
degli 
altri 
e 
viceversa. Ci� rende 
il 
prelievo ambientale 
"puro" 
poco funzionale 
alle 
sole 
esigenze 
di 
cassa. 
Al 
contrario, 
i 
tributi 
con 
funzione 
ambientale, 
o 
tributi 
ambientali 
in senso ampio, hanno prevalenti 
finalit� 
di 
cassa: 
tanto � 
vero che, spesso, l'ispirazione 
ambientale 
si riduce a pretesto per rendere pi� accettabile il prelievo ai contribuenti. 

Appare 
ormai 
necessaria 
una 
effettiva 
rimodulazione 
del 
sistema 
fiscale 
coerente 
con 
altri 
obiettivi 
in 
campo 
economico 
e 
sociale. 
In 
tale 
direzione 
non 
� 
da 
trascurare 
la 
possibilit� 
che 
ci� avvenga 
coinvolgendo, in maniera 
significativa, il 
contesto locale 
e 
il 
processo di 
decentramento 
fiscale. 


Dunque, 
la 
politica 
ambientale 
pu� 
intrecciarsi 
positivamente 
con 
l�autonomia 
tributaria 
locale 
e 
con le 
regole 
di 
responsabilit� 
e 
di 
sussidiariet� 
che 
essa 
esprime. Nonostante 
i 
buoni 
propositi, la 
fiscalit� 
ambientale 
non � 
stata 
esplicitamente 
contemplata 
dal 
D.lgs. 14 marzo 
2011, n. 23, in tema 
di 
federalismo fiscale 
municipale, n� 
dal 
D.lgs. 6 maggio 2011, n. 68. 
Tuttavia, appare 
ancora 
possibile 
una 
previsione 
ecologicamente 
orientata, che 
si 
sostanzi 
in 
un sistema 
di 
prelievi 
locali 
a 
carattere 
ambientale, strettamente 
correlati 
all'allocazione 
delle 
fonti 
inquinanti, per quanto in uno spazio operativo pi� angusto rispetto alle 
premesse 
della 
legge delega 42/2009. 


Inoltre, 
data 
l�ampia 
articolazione 
delle 
tematiche 
trattate, 
il 
presente 
studio 
� 
arricchito 
dall�apporto di 
autorevoli 
studiosi 
e 
operatori 
del 
settore, tra 
i 
massimi 
esperti 
in materia 
di 
decentramento 
amministrativo 
e 
finanza 
locale. 
Ad 
Andrea 
Ferri, 
Giorgio 
Macciotta, 
Pasquale 
Mirto, Giovambattista 
Palumbo, Giancarlo Pola 
e 
Francesco Tuccio, va 
un sentito ringraziamento 
per le indicazioni suggerite nella stesura di questo lavoro. 

La 
ricerca 
� 
stata 
condotta 
con il 
sostegno e 
la 
promozione 
di 
ANUTEL, Associazione 
Nazionale 
degli 
Uffici 
Tributi 
degli 
Enti 
Locali, di 
Fondazione 
IFEL, Istituto per la 
Finanza 
e 
l�Economia 
Locale, Fondazione 
istituita 
dall�Associazione 
Nazionale 
dei 
Comuni 
Italiani 
(ANCI), di 
Centro Studi 
dei 
Comuni 
italiani, di 
Fondazione 
ASTRID, Fondazione 
per l�Analisi, 
gli 
Studi 
e 
le 
Ricerche 
sulla 
Riforma 
delle 
Istituzioni 
Democratiche 
e 
di 
Cleup editore 
Universit� 
di Padova. 



Finito di stampare nel mese di ottobre 2017 
Stabilimenti 
Tipografici Carlo Colombo S.p.A. 
Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma