ANNO LXVII - N. 2 APRILE - GIUGNO 2015 


RASSEGNA 
AV V O C AT U R A 
DELLO STATO 


PUBBLICAZIONE TRIMESTRALE DI SERVIZIO 


COMITATO SCIENTIFICO: Presidente: Michele Dipace. Componenti: Franco Coppi - Giuseppe Guarino -
Natalino Irti - Eugenio Picozza - Franco Gaetano Scoca. 

DIRETTORE RESPONSABILE: Giuseppe Fiengo - CONDIRETTORI: Giacomo Arena e Maurizio Borgo. 

COMITATO DI REDAZIONE: Lorenzo D�Ascia - Gianni De Bellis - Sergio Fiorentino - Paolo Gentili - Maria 
Vittoria Lumetti - Francesco Meloncelli - Marina Russo - Massimo Santoro - Carlo Sica - Stefano 
Varone. 

CORRISPONDENTI DELLE AVVOCATURE DISTRETTUALI: Andrea Michele Caridi - Stefano Maria Cerillo Luigi 
Gabriele Correnti - Giuseppe Di Gesu - Pierfrancesco La Spina - Marco Meloni - Maria 
Assunta Mercati - Alfonso Mezzotero - Riccardo Montagnoli - Domenico Mutino - Nicola Parri Adele 
Quattrone - Pietro Vitullo. 

HANNO COLLABORATO INOLTRE AL PRESENTE FASCICOLO: Domenico Andracchio, Guglielmo Bernabei, 
Maria Elena Caprio, Francesco Maria Ciaralli, Lucrezia D�Avenia, Roberto De Felice, Gianna 
Maria De Socio, Roberto Di Renzo, Emanuela Favara, Fabrizio Fedeli, Claudio Guccione, 
Domenico Maimone, Massimo Massella Ducci Teri, Francesco Molinaro, Glauco Nori, Gabriele 
Pepe, Nicola Pistilli, Francesco Scardino, Antonio Tallarida, Ilaria Tortelli. 

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Stampato in Italia - Printed in Italy 

Autorizzazione Tribunale di Roma - Decreto n. 11089 del 13 luglio 1966 


INDICE - SOMMARIO 


TEMI ISTITUZIONALI 

Modalit� di redazione degli atti dinanzi al G.A., Circolare AGS 13 giugno 
2015 prot. 280380 n. 26. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Controversie sulla responsabilit� civile dei magistrati ai sensi della legge 

n. 117/1988. Modifiche introdotte dalla legge n. 18/2015. Prime indicazioni. 
Modalit� di costituzione nel giudizio di Cassazione nelle residue 
controversie sulla ammissibilit� della domanda (c.d. �fase filtro�). Attivit� 
di monitoraggio delle cause pendenti nelle sedi distrettuali, Circolare 
AGS 16 giugno 2015 prot. 285336 n. 27 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 

Domencio Andracchio, Tutela dell�ambiente marino, sorveglianza delle 
attivit� marittime e condivisione del �patrimonio informativo pubblico 
europeo� . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Roberto De Felice, La CEDU sulla tutela delle coppie omosessuali in Italia. 
L�onda lunga di Schalk e Kopf (C. europea dei diritti dell�uomo, Sez. 
IV, sent. 21 luglio 2015, Oliari ed altri c. Italia). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Stefano Varone, La Corte di giustizia e il principio di non discriminazione 
nel rapporto di lavoro a tempo determinato (C. giustizia Ue, Sez. Terza, 
sent. 9 luglio 2015, causa C-177/14) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Emanuela Favara, L�abuso del diritto nelle triangolazioni doganali (C. 
giustizia Ue, Sez. Quarta, sent. 9 luglio 2015, causa C-607/13) . . . . . . . 

CONTENZIOSO NAZIONALE 

Gabriele Pepe, Necessit� di un�adeguata motivazione della legge restrittivamente 
incidente nella sfera giuridica dei cittadini? (C. cost., sent. 30 
aprile 2015 n. 70) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Francesco Molinaro, Il procedimento di contrattazione in tema di vendita 
immobiliare (Cass. civ., Sez. Un., sent. 6 marzo 2015 n. 4628). . . . . . . . 

Lucrezia D�Avenia, Il sindacato e la figura istituzionalmnete preposta 
alla tutela dei lavoratori (Trib. Napoli, Sez. lavoro e previdenza, decr. 27 
aprile 2015 n. 14536) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Domenico Maimone, Sul rimborso delle spese di patrocinio legale a dipendente 
della Regione Sicilia: il giudizio di congruit� dell�Avvocatura 
dello Stato (Trib. Catania, Sez. I civ., sent. 11 maggio 2015 n. 2060) . . . 

Maria Elena Caprio, La responsabilit� civile dello Stato legislatore per 
la lesione del diritto di voto: l�atto defensionale dell�Avvocatura dello 
Stato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

Nicola Pistilli, L�arco temporale di operativit� delle astreintes: oscillazioni 
pretorie e orizzonti di riforma (Cons. St., Sez. V, sentt. 12 maggio 
2015 nn. 2340, 2341, 2342, 2343, 2344) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 

pag. 1 
�� 6 
�� 11 
�� 47 
�� 63 
�� 79 
�� 107 
�� 136 
�� 157 
�� 161 
�� 167 
�� 178 


Sul fermo amministrativo ex art. 69, ult. co., R.D. 2440/1923 (T.a.r. Lazio, 
Sez. Terza, ord. 19 giugno 2015 n. 2616). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 187 
I PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Lorenzo D�Ascia, Modalit� di erogazione dei contributi pubblici ai privati 
per interventi di ricostruzione in Abruzzo (sisma 2009) . . . . . . . . . . �� 189 
Gianna Maria De Socio, Semplificazione ed accelerazione del processo 
di esecuzione: sull�accesso all�Anagrafe Tributaria . . . . . . . . . . . . . . . . �� 199 
Fabrizio Fedeli, Agenzia delle Entrate: validit� degli atti sottoscritti da 
funzionari incaricati di mansioni dirigenziali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 209 
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
Francesco Scardino, Una analisi del �Decreto antiterrorismo� . . . . . . . �� 215 
Antonio Tallarida, Quote latte: fine di un regime controverso . . . . . . . . �� 240 
Ilaria Tortelli, Roberto Di Renzo, Una pausa di riflessione sull�art. 51 
T.u.e.l.: interruzione della continuit� del mandato di sindaco in caso di 
gestione commissariale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 252 
Claudio Guccione, La finanza di progetto nell�affidamento della concessione 
di servizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 256 
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Glauco Nori, Osservazioni sulla legge Severino (che poi legge non �) . . 
�� 275 
Guglielmo Bernabei, Ordinanze di protezione civile e riserva di decretazione 
d�urgenza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 280 
Francesco Maria Ciaralli, Contratti autonomi di garanzia e contributi 
pubblici alle imprese: stato dell�arte e recenti decisioni giurisprudenziali �� 311 
RECENSIONI 
Guglielmo Bernabei, Giacomo Montanari, Tributi Propri e Autonomie 
Locali. Difficile sviluppo di un sistema di finanza propria degli enti locali 
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . �� 323 

temi istituzionali
T EMI ISTITUZIONALI 
Avvocatura Generale dello Stato 


CIRCOLARE N. 26/2015 
Oggetto: Modalit� di redazione degli atti dinanzi al G.A. 


Si trasmette il decreto del Presidente del Consiglio di Stato in data 25 maggio 2015, 
pubblicato sulla G.U. del 5 giugno 2015, n. 128, e allegata relazione, che contiene alcune indicazioni 
sulle modalit� di redazione degli atti defensionali dinanzi al Giudice Amministrativo 
alle quali le SS.LL. avranno cura di attenersi. 

L'AVVOCATO GENERALE 
Massimo Massella Ducci Teri 

Decreto n. 40 

Consiglio di Stato 
Il Presidente 


VISTO l'articolo 120 dell'allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, come 
modificato dall'articolo 40 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 
agosto 2014, n. 114, nella parte in cui dispone che le dimensioni del ricorso e degli altri atti 
difensivi sono contenute nei termini stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, 
in coerenza con il principio di sinteticit� di cui all'articolo 3, comma 2, del medesimo allegato 
I al decreto legislativo n. 104 del 2010; 

RAVVISATA la necessit� d� emanare tale decreto; 

SENTITI il Consiglio nazionale forense e l'Avvocato generale dello Stato, nonch� le 
associazioni di categoria riconosciute degli avvocati amministrativisti; 

DECRETA 

1. Il presente decreto disciplina la dimensione dei ricorsi e degli altri atti difensivi nei 
giudizi di cui all�articolo 120 dell'allegato I al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, come 
rnod�ficato dall'articolo 40 del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 
agosto 2014, n. 114. 



2. Salvo quanto previsto ai numeri 8 e 9, le dimensioni dell'atto introduttivo del giudizio, 
del ricorso incidentale, dei motivi aggiunti, degli atti di impugnazione principale ed incidentale 
della pronuncia di primo grado, della revocazione e dell'opposizione di terzo proposti avverso 
la sentenza di secondo grado, dell'atto di costituzione, delle memorie e di ogni altro atto difensivo 
non espressamente disciplinato dai numeri seguenti, sono contenute, per ciascuno di tali atti, 
nel numero massimo di 30 pagine, redatte in conformit� alle specifiche indicate al numero 12. 
3. La domanda di misure cautelari autonomamente proposta successivamente al ricorso 
e quella d� cui all'articolo 111 del codice del processo amministrativo sono contenute, per ciascuno 
di tali atti, nel numero massimo di 10 pagine. 


4. Le memorie di replica sono contenute, ciascuna, nel numero massimo di 10 pagine. 

5. L'atto di intervento e le memorie della parte non necessaria del giudizio sono contenute, 
per ciascun atto, nel numero massimo di 10 pagine. 
6. La dimensione dell'atto di motivi aggiunti � autonomamente computabile soltanto 
qualora venga proposto in relazione ad atti o fatti la cui conoscenza sia intervenuta successivamente 
a quella degli atti impugnati con il ricorso cui accede. 
7. Dai limiti di cui ai numeri 2, 3, 4, e 5 sono escluse le intestazioni e le altre indicazioni 
formali dell'atto, comprendenti, in particolare: 


-l'epigrafe dell'atto; 

-l'indicazione delle parti e dei difensori e relative formalit�; 

-l'individuazione dell'atto impugnato; 

-il riassunto preliminare, di lunghezza non eccedente le due pagine, che sintetizza i motivi 
dell'atto processuale; 

-le ragioni, indicate in non oltre due pagine, per le quali l'atto processuale rientri nelle 
ipotesi di cui ai numeri 8 o 9 e la relativa istanza ai fini di quanto previsto dal numero 11; 
-le conclusioni dell'atto; 


-le dichiarazioni concernenti il contributo unificato e le altre dichiarazioni richieste 
dalla legge; 


-la data e luogo e le sottoscrizioni delle parti e dei difensori; 

-l'indice degli allegati; 

-le procure a rappresentare le parti in giudizio; 
-le relazioni di notifica e le relative richieste e dichiarazioni. 


8. Con il decreto di cui al numero 11 sono autorizzati limiti dimensionali non superiori, 
nel massimo a 50 pagine per gli atti indicati al numero 2 ed a 15 pagine per gli atti indicati ai 
numeri 3, 4 e 5, qualora la controversia presenti questioni tecniche, giuridiche o di fatto particolarmente 
complesse ovvero attenga ad interessi sostanziali perseguiti di particolare rilievo 
anche economico; a tal fine vengono valutati, esemplificativamente, il valore della causa, comunque 
non inferiore a 50.000.000 curo, determinato secondo i criteri relativi al contributo 
unificato; il numero e l'ampiezza degli atti e provvedimenti effettivamente impugnati, la dimensione 
della sentenza impugnata, l'esigenza di riproposizione di motivi dichiarati assorbiti 
ovvero di domande od eccezioni non esaminate, la necessit� di dedurre distintamente motivi 
rescindenti e motivi rescissori, l'avvenuto riconoscimento della presenza dei presupposti di 
cui ai numeri 8 o 9 nel precedente grado del giudizio, la rilevanza della controversia in relazione 
allo stato economico dell'impresa; l'attinenza della causa a taluna delle opere di cui all'articolo 
125 del codice del processo amministrativo. 
9. Con il decreto d� cui al numero 11 pu� essere consentito un numero di pagine superiore 
a quelli indicati al numero 8, qualora i presupposti di cui ai medesimo numero 8 siano 



TEMI ISTITUZIONALI

di straordinario rilievo, tale da non permettere una adeguata tutela nel rispetto dei limiti dimensionali 
da esso previsti. 

10. Nei casi di cui ai numeri 8 e 9, � sempre redatto il riassunto preliminare dei motivi 
proposti. 
11. La valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui ai numeri 8 e 9 � effettuata 
dal Presidente della Sezione competente o dal magistrato da lui delegato. A tal fine il 
ricorrente formula in calce al ricorso istanza motivata, sulla quale il Presidente o il magistrato 
delegato si pronuncia con decreto entro i tre giorni successivi. In caso di mancanza o di tardivit� 
della pronuncia l'istanza si intende accolta. Il decreto favorevole ovvero l'attestazione 
di segreteria o l'autodichiarazione del difensore circa l'avvenuto decorso del termine in assenza 
dell'adozione del decreto sono notificati alle controparti unitamente al ricorso. I successivi 
atti difensivi di tutte le parti seguono il medesimo regime dimensionale. 
12. Ai fini delle disposizioni precedenti, gli atti debbono essere redatti su foglio A4, mediante 
caratteri di tipo corrente (ad es. Times New Roman, Courier, Arial o simili) e di dimensioni 
di almeno 12 pt nel testo e 10 pt nelle note a pi� di pagina, con un'interlinea di 1,5 e margini 
orizzontali e verticali di almeno cm. 2,5 (in alto, in basso, a sinistra e a destra della pagina). 
13. In caso di utilizzo di caratteri, spaziature e formati diversi da quelli indicati al numero 
12, ne deve essere possibile la conversione in conformit� alle specifiche tecniche sopra indicate. 
14. Il presente decreto si applica alle controversie il cui termine di proposizione del ricorso 
di primo grado o di impugnazione inizi a decorrere trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione 
del decreto medesimo sulla Gazzetta Ufficiale. 
15. Nella prima attuazione del presente decreto, relativamente ai giudizi il cui ricorso di 
primo grado sia stato proposto antecedentemente alla data di entrata in vigore di cui al numero 
14, in sede di impugnazione il Presidente o il magistrato delegato si pronuncia ai sensi del numero 
11 valutando anche le dimensioni del ricorso e degli atti difensivi del giudizio di primo grado. 
16. Le disposizioni del presente decreto sono applicate in via sperimentale, ai sensi del-
l'articolo 40, comma 2-bis, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito nella legge 11 
agosto 2014, n. 114. � fatta riserva di loro modifica o integrazione ad esito del monitoraggio 
del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa previsto dalla medesima norma. 


Il presente decreto sar� pubblicato nella Gazzetta Uffic�ale della Repubblica Italiana. 
25 MAGGIO 2015 

Il Presidente del Consiglio di Stato 
Avv. Giorgio Giovannini 

CONSIGLIO DI STATO 
RELAZIONE 
Il presente provvedimento attua la disposizione contenuta nell'art. 40 del decreto legge 
24 giugno 2014, n. 90, convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 114, il quale, come � noto, 
nel modificare l'art. 120 del codice del processo amministrativo, per i giudizi ivi contemplati 
ha demandato al Presidente del Consiglio di Stato di determinare, con proprio decreto, la dimensione 
del ricorso e degli altri atti difensivi, in coerenza con il principio di sinteticit� di 
cui all'art. 3, comma 2, del medesimo codice del processo amministrativo. 
In sede istruttoria sono stati acquisiti gli avvisi dell'Avvocato generale dello Stato e degli 
organismi espressivi dell'Avvocatura previsti dallo stesso art. 40. 
Sono state inoltre svolte indagini a campione presso il Consiglio di Stato ed i Tribunali 


amministrativi regionali del Lazio e della Lombardia, al fine di verificare le dimensioni medie 
dei ricorsi depositati nel periodo di tempo considerato. 

Si � altres� tenuto conto dei provvedimenti di matrice europea i quali, con valenza peraltro 
prevalentemente non cogente, disciplinano le dimensioni degli atti difensivi dinanzi 
agli organi giudiziari operanti nell'ambito dell'Unione europea e della Convenz�one europea 
dei diritti dell'uomo. 

Nella formulazione del decreto si � mirato a comporre le esigenze di particolare sinteticit� degli 
atti sottese alla norma, con quella del rispetto del principio di effettivit� della tutela giurisdizionale. 

In ordine alle singole prescrizioni si osserva quanto segue. 

1. Viene definito l'ambito di applicazione del provvedimento e, cio�, la sua afferenza al 
contenzioso di cui all'art. 120 del codice del processo amministrativo. 
2. Viene determinata nel numero massimo di 30 pagine la dimensione dei ricorsi e degli 
altri atti difensivi specificamente elencati e comunque non considerati nei numeri seguenti 
del decreto. Tale limite si pone nell'ambito della fascia dimensionale prevalentemente stabilita 
in sede europea e recepisce quanto rappresentato sul punto dal Consiglio nazionale forense e 
da una delle associazioni degli avvocati amministrativisti. 


3, 4 e 5. Vengono stabilite dimensioni massime pi� ristrette per una serie di atti difensivi 
caratterizzati dall'essere accessivi ad altri atti gi� acquisiti al giudizio (domanda di misure cautelari 
presentata successivamente al ricorso, memorie di replica, intervento adesivo dipendente). 

6. Viene precisato che l'atto di motivi aggiunti � autonomamente computabile soltanto 
se venga proposto - come peraltro � la regola - in relazione ad atti o fatti venuti a conoscenza 
dell'istante o resisi a lui conoscibili dopo la proposizione del ricorso cui accede. Si vuole con 
ci� evitare la possibilit� che, attraverso la concomitante proposizione dell'impugnazione principale 
e di motivi aggiunti, entrambi basati sui medesimi elementi, vengano elusi i limiti dimensionali 
del ricorso fissati dal presente provvedimento. 
7. In conformit� alla previsione contenuta nell'art. 40 cit., vengono enumerati � vari elementi 
costituenti le indicazioni formali dell'atto, che non vanno computati ai fini del raggiungimento 
del numero massimo d� pagine. Si segnala che tra tali elementi sono compresi il 
riassunto preliminare che sintetizza i motivi dell'atto processuale nonch� la esposizione delle 
ragioni per le quali l'atto si assuma rientrare nelle deroghe di cui ai successivi numeri 8 e 9. 
Per entrambi tali casi � fissato il numero massimo di 2 pagine. 
8. Viene stabilito il maggiore numero massimo di 50 pagine per gli atti di cui al n. 2 e 
di 15 pagine per gli atti di cui ai numeri 3, 4 e 5 qualora la controversia presenti questioni tecniche, 
giuridiche o di fatto particolarmente complesse ovvero attenga ad interessi sostanz�ali 
perseguiti di speciale rilievo anche economico. La prescrizione si conforma a quanto previsto 
sul punto dall'art. 40 cit. e indica, in via puramente esemplificativa, una serie di elementi che 
potranno essere considerati in sede di valutazione ai fini dell'assunzione del decreto previsto 
dal successivo numero 11. Si segnala in particolare l'elemento del valore della causa, determinato 
secondo i criteri relativi al contributo unificato (art. 14, comma 3-ter, d.P.R. 30 maggio 
2002 n. 115 e successive modificazioni), che potr� a tal fine essere considerato soltanto ove 
non inferiore a 50.000.000 di euro. 
9. Viene previsto che, in sede di decreto ex numero 11, sia consentito un numero superiore 
di pagine, qualora i presupposti di cui al numero 8 siano d� straordinario rilievo, tale da 
non permettere una adeguata tutela nel rispetto dei limiti dimensionali da esso previsti. Si �ntende 
cos� garantire comunque, per casi assolutamente eccezionali, l'effettivit� della tutela 
giurisdizionale, in aderenza anche a quanto previsto dalle normative europee. 



TEMI ISTITUZIONALI

10. Relativamente alle cause per le quali siano riconosciute le ragioni di deroga di cui ai 
numeri 8 e 9, viene richiesta, al fine di agevolarne l'esame da parte del Collegio, la redazione 
del riassunto preliminare dei motivi proposti. Si rinvia a quanto indicato a proposito del numero 

7. Non � prevista una particolare sanzione in ipotesi di mancato assolvimento di tale onere, rimettendosi 
al Collegio di decidere se imporlo, con conseguente rinvio della causa, o se pronunciarsi 
indipendentemente da esso, fatta salva la sua valutazione ai fini delle spese del giudizio. 

11. Tra le varie possibili soluzioni circa la rilevazione dei casi di cui ai numeri 8 e 9, si 
� ritenuto di stabilire che, ancora prima della notificazione del ricorso, l'istante debba formulare 
in seno allo stesso apposita domanda motivata al fine di fruire della maggiore consistenza 
dimensionale prevista dai numeri stessi. L'istanza � rimessa alla decisione, con decreto, del 
Presidente della Sezione competente (o, ovviamente, nei Tribunali amministrativi regionali 
privi di Sezione al Presidente del Tribunale) o del magistrato da lui delegato. Tale procedura, 
che accoglie una espressa richiesta in tal senso del Consiglio nazionale forense e di una delle 
associazioni degli avvocati amministrativisti, assicura la massima anticipazione della decisione 
sugli aspetti dimensionali della controversia, offrendo immediata certezza sul punto anche 
alle controparti chiamate a redigere i rispettivi atti di difesa in identico regime. � stabilito il 
termine di tre giorni per la pronuncia sulla istanza. A garanzia del richiedente la mancata adozione 
del decreto o la sua adozione tardiva comportano silenzio assenso. A sua volta a garanzia 
delle controparti si prevede l'obbligo di notifica ad esse, unitamente al ricorso, del decreto 
del Presidente o del magistrato delegato ovvero della certificazione di segreteria circa l'avvenuta 
formazione del silenzio assenso ovvero ancora, a fini semplificatori, della autodichiarazione 
al riguardo da parte dell'istante. Ovviamente tutti i successivi atti delle parti del giudizio 
seguono il medesimo reg�me dimensionale. Non si � ritenuto di fissare una prescrizione circa 
la sorte delle censure contenute nelle pag�ne del ricorso che siano eventualmente presentate 
in numero eccedente quello consentito con il decreto. Si tratta, infatti, di questione attinente 
all'interpretazione dell'art. 40 cit., che pu� trovare soluzione soltanto in via giurisprudenziale. 

12 e 13. Vengono definite le specifiche grafiche mediante le quali gli scritti debbono 
essere redatti. Si segnala che la prescrizione del numero 12 ricalca quella gi� operante presso 
la Corte di giustizia dell'Unione europea (Istruzioni pratiche alle parti, pubblicate in G.U.U.E. 
31 gennaio 2014, L 31, punto 35, secondo alinea). 

14 e 15. Viene stabilito che il provvedimento si applichi alle controversie il cui termine di 
proposizione inizi a decorrere, sia quanto ai ricorsi di primo grado sia quanto alle impugnazioni, 
trascorsi trenta giorni dalla pubblicazione del provvedimento stesso sulla Gazzetta Ufficiale. La 
previsione si informa allo stesso criterio seguito dal comma 2 dell'art. 40 cit., a proposito del-
l'operativit� delle nuove norme processuali da esso stabilite. Non ne � apparsa possibile l'applicazione 
ai giudizi gi� in corso, perch� ci� avrebbe significato una sperequazione tra le 
dimensioni (libere) degli atti depositati antecedentemente alla data predetta e quelle (limitate) 
degli atti successivi. In questa medesima ottica per il caso in cui il giudizio di primo grado si sia 
svolto sotto il regime dimensionale libero e quello di impugnazione debba invece svolgersi sotto 
il nuovo regime dimensionale limitato, � previsto che la pronuncia ai sensi dell'art. 11, tenga 
anche conto delle dimensioni con cui sono stati redatti, di fatto, gli atti di primo grado. 

16. Si conferma la previsione dell'art. 40 cit., comma 2-bis, secondo cui le disposizioni 
del decreto si applicano in via sperimentale e ne viene fatta riserva di modifica od integrazione 
ad esito del monitoraggio del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa previsto 
dalla norma stessa. 

Giorgio Giovannini 


CIRCOLARE N. 27/2015 

Oggetto: Controversie sulla responsabilit� civile dei magistrati ai sensi dellalegge n. 117/1988. Modifiche introdotte dalla legge n. 18/2015. Prime indicazioni. 
Modalit� di costituzione nel giudizio di Cassazione nelle residue 
controversie sulla ammissibilit� della domanda (c.d. "fase filtro"). Attivit�di monitoraggio delle cause pendenti nelle sedi distrettuali. 

Come � noto, le controversie in materia di responsabilit� civile dei magistrati disciplinate 
dalla legge n. 117/1988 sono state oggetto di un recente intervento di modifica ad opera della 
legge n. 18/2015 (in G.U. 4 marzo 2015, n. 52), entrata in vigore il 19 marzo 2015. 

Non essendo stata prevista una disciplina transitoria, la nuova formulazione della legge 
pone problemi interpretativi di diritto intertemporale che riguardano, in particolare: 

a) l'eliminazione della fase di delibazione sull'ammissibilit� della domanda - c.d. "fase 
filtro" - ad opera dell'art. 3 della legge 18/2015 che ha abrogato l'art. 5; 

b) la previsione del pi� lungo termine di decadenza di tre anni per la proposizione del-
l'azione in luogo del precedente termine di due anni (art. 3 della legge 18/2015 che ha modificato 
gli artt. 5 e 4, commi 2 e 4), termine che � rimasto ancorato all'esaurimento dei rimedi 
previsti dall'ordinamento per l'eliminazione del provvedimento lesivo; 

c) la previsione del pi� lungo termine di due anni per l'esercizio dell'azione di rivalsa (definita 
espressamente obbligatoria) nei confronti del magistrato, decorrente dal risarcimento avvenuto 
sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale (nuova formulazione dell'art. 7); 

d) l'aumento della misura dell'obbligo di rivalsa a carico del magistrato, fino ad una 
somma che non pu� superare "la met� di una annualit� dello stipendio, al netto delle trattenute 
fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento � proposta" in luogo 
del limite precedentemente previsto pari ad un terzo di una annualit� dello stipendio, sempre 
al netto delle trattenute fiscali (nuova formulazione dell'art. 8, comma 3). 

Limitatamente a tali questioni, e con riserva di ulteriori approfondimenti, si forniscono 
le seguenti indicazioni sulle linee difensive da adottare. 

a) Abolizione della c.d. fase filtro 

In relazione alla fase di delibazione sull'ammissibilit� della domanda (c.d. fase filtro), 
per le controversie introdotte con atto di citazione notificato o con ricorso depositato anteriormente 
alla data del 19 marzo 2015 di entrata in vigore della legge 18/2015 - a fronte di 
possibili eccezioni delle controparti o della sottoposizione da parte del giudice al contraddittorio 
della relativa questione - si potr� sostenere che la predetta fase processuale continua ad 
essere applicabile ratione temporis in quanto: 

1) la nuova disciplina ha abolito una intera fase processuale e non ha eliminato singoli 
atti o adempimenti nell'ambito dello stesso rito, per cui il principio dell'immediata applicabilit� 
delle norme processuali non trova diretta applicazione nella fattispecie; 

2) la fase prevista dall'art. 5 legge 117/1988 era deputata a valutare l'ammissibilit� della 
domanda prevedendo che "La domanda � inammissibile quando non sono rispettati i termini 

o i presupposti di cui agli articoli 2, 3 e 4 ovvero quando � manifestamente infondata". Trattandosi, 
pertanto, di valutazione di ammissibilit� della domanda collegata al rispetto dei termini 
e dei presupposti, il giudizio va effettuato al momento della sua proposizione, rimanendo 
indifferenti i successivi mutamenti legislativi in quanto non idonei a disciplinare i requisiti di 
un atto processuale (ivi compresa la domanda giudiziale) gi� posto in essere dalla parte; 


TEMI ISTITUZIONALI

3) la giurisprudenza, sia pure nella diversa situazione in cui il legislatore, senza una disciplina 
di carattere transitorio, aveva abolito una condizione di procedibilit� della domanda, 
ha ritenuto che "La procedibilita della domanda deve ... essere apprezzata alla stregua delle 
disposizioni allora vigenti" (cfr. Cass. 7 febbraio 2006 n. 2527 e Cass. 13 aprile 2000 n. 4803 
in materia di locazione); 

4) il nuovo intervento legislativo ha mantenuto immutato l'art. 6, comma 3 in base al 
quale "Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non pu� essere assunto come teste 
n� nel giudizio di ammissibilit�, n� nel giudizio contro lo Stato". La circostanza che il legislatore 
abbia lasciato inalterata la predetta disposizione, pu� costituire utile argomento per 
sostenere l'attuale vigenza (per le cause gia iniziate) del "giudizio di ammissibilit�", formulazione 
che non sarebbe stata evidentemente mantenuta qualora ii legislatore avesse voluto abolire 
tout court la fase filtro anche per i processi in corso; 

5) lo Stato convenuto in un'azione proposta sotto la vigenza dell'art. 5 L. 117/88 poteva 
legittimamente limitare la sua difesa esclusivamente in relazione alla fase di ammissibilit� della 
domanda potendo il giudizio concludersi in tale fase preliminare. Conseguentemente ove non 
si applicasse pi� il filtro (in una causa gi� incardinata) sarebbe leso il diritto di difesa del convenuto 
che potrebbe non aver assunto una completa posizione difensiva sul merito della lite. 

In definitiva, in mancanza di una disciplina transitoria che preveda l'immediata caducazione 
dei giudizi di ammissibilit� in corso, deve ritenersi che gli stessi possano legittimamente 
proseguire sulla base della previgente disciplina. 

La tesi risulta confortata dalla recente giurisprudenza della Suprema Corte che, nel decidere 
una controversia avente ad oggetto un provvedimento di inammissibilit� della domanda, 
reso in sede di c.d. "filtro" ex art. 5 1. 117/88, ha ritenuto testualmente: "� superfluo annotare 
che non pu� trovare applicazione alla fattispecie la legge 27 febbraio 2015, n. 18, che ha modificato 
in pi� parti la legge 13 aprile 1988, n. 117, mediante - tra l'altro - la soppressione 
della fase preliminare di vaglio di ammissibilit� e la rimodulazione dei termini di proposizione: 
in quanto essa, priva di disciplina transitoria, non pu� che regolare le fattispecie successive 
alla sua entrata in vigore (19 marzo 2015), quale certamente non � quella odierna". 
(Cass. Civ., Sez. VI-3, ordinanza n. 10121/2015 depositata in data 18 maggio 2015). 

b) Il nuovo termine di decadenza triennale per l'azione di danni 

In relazione alla previsione del pi� lungo termine di decadenza per la proposizione del-
l'azione - di tre anni in luogo del termine di due anni (art. 3 della legge 18/2015 che ha modificato 
l'art. 4, commi 2 e 4, ed abrogato l'art. 5) - si pu� sostenere che la nuova disposizione 
non � applicabile nei casi in cui, alla data della sua entrata in vigore (19 marzo 2015) fosse 
gi� maturato il termine di decadenza biennale. Viceversa coloro per i quali, alla predetta data, 
non fosse gi� maturata la decadenza potranno usufruire del pi� lungo termine triennale. 

A sostegno della tesi sopra esposta oltre alla sopra citata ordinanza (Cass. Civ., Sez. VI3 
n. 10121/2015), si potr� far riferimento alla costante giurisprudenza della Suprema Corte 
nell'analoga fattispecie dell'aumento da 18 a 48 mesi del termine di decadenza per il rimborso 
di tributi non dovuti di cui all'art. 38 del D.P.R. n. 602/1973: "il pi� ampio termine di decadenza 
... mentre trova applicazione nel caso in cui, alla data di entrata in vigore di detta legge 
(18 maggio 1999), sia ancora pendente il termine originario, non � applicabile qualora, alla 
data predetta, tale termine sia gi� scaduto, avendo ci� determinato, in base ai principi generali 
in tema di efficacia delle leggi nel tempo, il definitivo esaurimento del rapporto tra il 
contribuente, che pretende il rimborso, e l'amministrazione finanziaria. Per i versamenti gi� 
effettuati alla data di entrata in vigore della novella del 1999, pertanto, ci� che conta, al fine 


di poter beneficiare del prolungamento del termine, � che alla data stessa sia ancora pendente 
il termine previgente, mentre non assume rilievo la pendenza di una controversia nella quale 
si discuta della tempestivit� di detta istanza" (da ultimo, Cass. 29 gennaio 2014 n. 2016; si 
veda, altres�, Cass. civ. Sez. V, Sent., 22 gennaio 2014, n. 1255 secondo cui "in assenza di un 
regime transitorio, una norma che prolunghi la durata di un termine decadenziale stabilito 
da una precedente disposizione - e che entri in vigore quando ancora il primo termine non 
sia decorso, cio� prima che si sia verificata la decadenza dal diritto - esplica la sua efficacia 
sul rapporto giuridico ancora pendente; e, perci�, pur non essendo retroattiva, vale a prolungare 
il termine precedente per la nuova durata da essa stabilita (Cass. sez. trib. n. 924 del 
2005; Cass. sez. trib. n. 20978 del 2004; in tema, limitrofo, di prescrizioni, conformi, Cass. 
sez. lav. n. 8236 del 1994; Cass. sez. lav. n. 4961 del 1980"). 

Potr�, inoltre, fondatamente richiamarsi il principio generale in virt� del quale qualsiasi 
situazione o rapporto giuridico diviene irretrattabile in presenza di determinati eventi (quali 
lo spirare di termini di prescrizione o di decadenza, l'intervento di una sentenza passata in 
giudicato, o altri motivi previsti dalla legge) a tutela del fondamentale e irrinunciabile principio, 
di preminente interesse costituzionale, della certezza delle situazioni giuridiche (su cui 
di recente cfr. Cassazione civile sez. un. 16 giugno 2014 n. 13676 in materia di declaratoria 
di incompatibilit� comunitaria di una norma interna, che non ha riflessi sulle decadenze gi� 
maturate). 

In coerenza con tali principi le nuove disposizioni che hanno previsto un diverso e pi� 
lungo termine per la proposizione della domanda di responsabilit�, si ritengono applicabili 
alla sole situazioni in cui gli effetti del rapporto giuridico non siano gi� esauriti a causa del 
decorso del previgente termine di legge. 

Si coglie l'occasione per segnalare che il dies a quo di decorrenza del termine � rimasto 
ancorato all'esaurimento dei rimedi previsti dall'ordinamento per l'eliminazione del provvedimento 
lesivo (art. 4 comma 2: "L'azione di risarcimento del danno contro lo Stato pu� essere 
esercitata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi 
previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non siano 
pi� possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero, se tali rimedi non sono previsti, 
quando sia esaurito il grado del procedimento nell'ambito del quale si � verificato il fatto che 
ha cagionato il danno"; cfr. al riguardo la recente Cass. 17 aprile 2015 n. 7924). 

c) Il nuovo termine biennale per l'azione di rivalsa 

Per analoghe considerazioni anche il nuovo termine per l'azione di rivalsa (due anni dal 
risarcimento) sar� immediatamente applicabile solo laddove, alla data di entrata in vigore della 
legge 18/2015, non sia gi� maturato il termine annuale previsto dalla precedente disciplina. 

Ad ogni modo, trattandosi di azione che va proposta dall'Avvocatura dello Stato nell'interesse 
della P.C.M., per opportuna cautela nei casi di controversie gi� pendenti alla data di 
entrata in vigore della legge 18/2015, in cui occorra esercitare l'azione di rivalsa, si avr� cura 
di rispettare il precedente termine annuale decorrente dall'avvenuto risarcimento (sulla base 
di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale: art. 7). 

d) L'aumento della misura della rivalsa 

La misura della somma dovuta dal magistrato in sede di rivalsa dovr� essere ancorata 
alla legge in vigore al momento in cui l'azione di risarcimento � proposta, trattandosi di norma 
di natura sostanziale che limita la responsabilit� civile del magistrato. 

La nuova disciplina sul punto non potr� pertanto trovare applicazione in relazione a fatti 
commessi prima dell'aggravamento della responsabilit� in via di rivalsa (19 marzo 2015). 


TEMI ISTITUZIONALI

Ne consegue che per le cause di risarcimento contro lo Stato introdotte sia prima che 
dopo il 19 marzo 2015 ma relative a fatti posti in essere prima di tale data, la successiva azione 
di rivalsa potr� essere esercitata nel limite massimo di un terzo di una annualit� dello stipendio 
al netto delle trattenute fiscali (ex art. 8, comma 3, previgente). 

Solo per le cause di risarcimento introdotte nel vigore della nuova disciplina e relative a 
fatti posti in essere dopo la suddetta data, la rivalsa a carico del magistrato potr� arrivare fino 
alla "met� di una annualit� dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato 
al tempo in cui l'azione di risarcimento � proposta" (art. 8, comma 3, testo attuale). 

* * * * 

Modalit� di costituzione nel giudizio di Cassazione nella fase di ammissibilit� della 
domanda. 

Per quanto concerne la trattazione delle controversie in corso, si coglie l'occasione per 
fornire indicazione sulla gestione delle relative cause nella fase di legittimit�. 

Come � noto la gi� richiamata "fase filtro" pu� comportare una declaratoria di inammissibilit� 
della domanda da parte del Tribunale, reclamabile dinnanzi alla Corte di Appello 
che si pronuncia anch'essa in camera di consiglio, con decreto impugnabile in Cassazione. 

In particolare, ai sensi dell'art. 5, comma 4 della legge 117/1988 "... Contro il decreto 
di inammissibilit� della corte d'appello pu� essere proposto ricorso per cassazione, che deve 
essere notificato all'altra parte entro trenta giorni dalla notificazione del decreto da effettuarsi 
senza indugio a cura della cancelleria e comunque non oltre dieci giorni. Il ricorso � depositato 
nella cancelleria della stessa corte d'appello nei successivi dieci giorni e l'altra parte 
deve costituirsi nei dieci giorni successivi depositando memoria e fascicolo presso la cancelleria. 
La corte, dopo la costituzione delle parti o dopo la scadenza dei termini per il deposito, 
trasmette gli atti senza indugio e comunque non oltre dieci giorni alla Corte di cassazione 
che decide entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti stessi ". 

Consegue da quanto sopra che, in caso di notifica di un ricorso per cassazione ad istanza 
della controparte, la difesa nel giudizio di legittimit� non avviene, secondo le regole generali, 
attraverso la notificazione di un controricorso, bens� attraverso il deposito, presso la cancelleria 
del giudice a quo, di una memoria e del fascicolo di parte, deposito da effettuarsi nel breve 
termine di 20 giorni dalla notificazione del ricorso per cassazione. 

La difesa nel giudizio di legittimit� ai sensi dell'art. 5 comma 4 dovr� pertanto essere 
curata dalla competente Avvocatura Distrettuale che provveder� a depositare presso la locale 
Corte d'appello la memoria ed il fascicolo di parte, inviandone successivamente copia alla 
Scrivente per l'ulteriore prosieguo del giudizio davanti alla Suprema Corte. 

In ordine alle modalit� di notificazione del ricorso per Cassazione ad istanza delle controparti, 
si evidenzia che la Corte di Cassazione (sezione I civile, sentenza 28 novembre 2003 

n. 18191) ha ritenuto in passato, in linea con le regole generali, che la notifica del ricorso nel 
giudizio di legittimit� "...va effettuata nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri 
presso l'Avvocatura generale dello Stato; pertanto, se la parte abbia notificato il ricorso al 
Presidente del Consiglio dei ministri presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato, qualora 
questi non si sia costituito nel giudizio di legittimit�, deve essere disposta la rinnovazione 
della notificazione". 

Si osserva, tuttavia, che il predetto orientamento non � stato rigorosamente seguito dalla 
Corte che, in talune occasioni (cfr. ad es. ordinanza n. 13985/2014, ma anche la gi� citata Cass. 
Civ., Sez. VI-3, ordinanza n. 10121/2015), ha deciso nel merito il ricorso notificato presso l'Avvocatura 
distrettuale, senza ordinare la rinnovazione della notificazione ex art. 291 c.p.c. 


In considerazione di quanto sopra nonch� del limitato rilievo temporale delle controversie 
ancora assoggettate alla "fase filtro", si ritiene opportuno che la notificazione dell'impugnazione 
presso l'Avvocatura Distrettuale sia considerata comunque idonea a far decorrere 
il termine per la costituzione in giudizio ai sensi dell'art. 5, comma 4. 

Conseguentemente: 

a) nel caso di notificazione del ricorso per cassazione presso l'Avvocatura Distrettuale, 
questa curer� la tempestiva costituzione in giudizio, trasmettendo all'Avvocatura Generale 
copia della memoria depositata e della documentazione di causa; 

b) nel caso di notificazione del ricorso per cassazione presso l'Avvocatura Generale, 
l'atto introduttivo verr� trasmesso senza indugio alla competente Avvocatura Distrettuale per 
il seguito di competenza. 

* * * * 

Attivit� di monitoraggio delle cause pendenti nelle Sedi distrettuali. 

In considerazione della delicatezza delle controversie di cui alla legge n. 117/1988 � necessario 
un puntuale e costante monitoraggio delle cause in corso, finalizzato non solo al coordinamento 
dell'attivit� difensiva, ma anche a consentire la celere ed efficace elaborazione 
dei dati relativi al contenzioso. 

Per quanto sopra si dispone che le Avvocature Distrettuali informino in via telematica 
direttamente la Segreteria dell'Avvocato Generale (segreteria.particolare@avvocaturastato.it): 

a) delle controversie in materia di responsabilit� civile dei magistrati disciplinate dalla 
legge n. 117/1988 introdotte successivamente all'entrata in vigore (19 marzo 2015) della legge 

n. 18/2015 (in G.U. 4 marzo 2015, n. 52); 

b) della pendenza di tutte le controversie in materia di responsabilit� civile dei magistrati 
disciplinate dalla legge n. 117/1988 introdotte prima all'entrata in vigore (19 marzo 2015) 
della legge n. 18/2015 (in G.U. 4 marzo 2015, n. 52), ma non ancora definite, in cui vengano 
in rilievo le questioni di diritto intertemporale esaminate nella presente circolare. 

Tali informazioni dovranno essere complete degli eventuali provvedimenti resi ed, in 
ogni caso, dovranno contenere la segnalazione delle questioni di particolare rilevanza che dovessero 
essere oggetto di causa (a titolo esemplificativo questioni di costituzionalit�, di compatibilit� 
con il diritto dell'U.E., specificamente riguardanti gli aspetti di diritto intertemporale 
ovvero nuove in relazione alle modifiche introdotte dalla 1. 18/2015). 

L'AVVOCATO GENERALE DELLO STATO 
Massimo Massella Ducci Teri 


contenzioso comunitario e internazionale
CONTENZIOSO COMUNITARIO 
ED INTERNAZIONALE 
Tutela dell�ambiente marino, sorveglianza 

delle attivit� marittime e condivisione del 

�patrimonio informativo pubblico europeo� 

Domenico Andracchio* 

Perch� quelle acque dove giungono, risanano 
e l� dove giunger� il torrente tutto rivivr�. 
(Ezechiele 47,7) 

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. Le acque come componente indefettibile del �bene-ambiente� 
- 3. L�ambiente marino: da risorsa naturale sfruttata (nelle prime antiche civilt�) a 
risorsa strategica depauperata (nella civilt� moderna) - 4. La trasversalit� delle materie coinvolte 
nell�ambito del CISE (Common Information Sharing Environment) e il principio di ripartizione 
delle competenze tra Unione europea e Stati membri - 5. La proliferazione dei tipi 
di minaccia alla sicurezza marittima derivanti dalla crescita esponenziale dei traffici via mare 
e le inefficienze connesse all�assenza di strumenti di coordinamento delle informazioni acquisite 
dalle Autorit� competenti a garantire l�applicazione della legge nell�ambiente marino 
come ratio giustificatrice del CISE (Common Information Sharing Environment) - 6. La condivisione 
del c.d. patrimonio informativo pubblico europeo quale fulgida attuazione del principio 
di �leale cooperazione� tra Istituzioni europee e Stati membri. Il procedimento 
(consultivo e decisionale) per la elaborazione del sistema comune di condivisione delle informazioni 
sulla sicurezza marittima (CISE) - 7. L�avvio del processo decisionale da cui ha 
tratto origine la consapevolezza delle Istituzioni europee e degli Stati membri di dovere condividere 
le informazioni utili a garantire la salubrit� e la sicurezza dell�ambiente marino. La 

(*) Dottore in Giurisprudenza, gia praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato. 
Il presente saggio giuridico � stato redatto dall�Autore su rielaborazione di parte della sua tesi finale per 
un Master: �Si tratta di un contributo dedicato ad un progetto europeo che, basato sulla condivisione 
dei dati, dovrebbe rendere pi� sicure le acque europee, cos� da consentire alle Autorit� competenti di 
poter meglio fronteggiare le sfide che le acque, oggi, pongono: dalla salubrit� dei mari e degli oceani 
al controllo delle dogane, dall�immigrazione al traffico di sostanze stupefacenti, etc.�. 


comunicazione della Commissione europea COM (2009) 538 �Verso l�integrazione della sorveglianza 
marittima: un sistema comune per la condivisione delle informazioni sul settore 
marittimo dell�UE� - 7.1. (segue) La presentazione della comunicazione COM (2009) 538 al 
Consiglio dell�Unione europea - Affari Generali e le relative conclusioni del 14 giugno 2010 
con cui � stata fissata una precisa scansione temporale per la elaborazione di una tabella di 
marcia - 7.2. (segue) La comunicazione della Commissione COM (2010) 584 relativa a un 
progetto di �tabella di marcia� per la creazione di un sistema comune per la condivisione 
delle informazioni ai fini della sorveglianza del settore marittimo dell'UE - 8. Lo stato attuale 
del processo collaborativo per la realizzazione del sistema comune di condivisione delle informazioni 
utili alla sicurezza marittima integrata (CISE). I risultati ottenuti e le successive 
tappe da attuare. La comunicazione della Commissione COM (2014) 451 �Rafforzare la cooperazione 
tra le autorit� di sorveglianza marittima per un�azione consapevole ed efficace: le 
prossime tappe nell�ambito del sistema comune per la condivisione delle informazioni sul settore 
marittimo dell�UE� - 9. Considerazioni conclusive. 

1. Premessa. 

Per l�Unione europea il mare e gli oceani costituiscono un�importante risorsa 
economica e strategica. Questo non soltanto per via del fatto che le coste 
europee sono bagnate da quattro mari e da due oceani, ma anche perch� l�Europa 
continua ad essere, a tutt�oggi, il pi� importante operatore economico nei 
traffici marittimi. Nondimeno � sempre l�Europa a doversi interfacciare, in 
maniera assai ravvicinata, con i Paesi dell�Africa settentrionale e, soprattutto, 
con le complesse questioni (di vario ordine e natura) che stanno trascinando 
con s� i flussi migratori di quella gente costretta ad abbandonare il dramma 
delle loro terre natie e quindi a vedere nel Continente antistante l�anelata meta 
di approdo. E si tratta - come d�ovvio - di questioni dinanzi alle quali gli Stati 
membri e le Istituzioni europee, per ragioni etico-morali e in virt� di obblighi 
internazionali, non possono di certo riservare �orecchie sorde�. 

Fatto � che la libera ed incondizionata accessibilit� delle acque europee, 
da parte di qualunque soggetto (pubblico e privato), hanno reso l�ambiente 
marittimo, specie negli ultimi anni, il teatro privilegiato per la realizzazione 
di scambi e attivit� non sempre lecite e destinate ad incidere, in misura diversa, 
sulla salubrit� delle acque e sulla sicurezza delle frontiere. Pertanto, la Commissione 
europea e i singoli Stati membri, nel prendere atto della necessit� di 
creare dei meccanismi che, basati sul principio di leale cooperazione, siano 
capaci di consentire la individuazione tempestiva delle migliori strategie da 
adottare al fine di prevenire e/o reagire alle sfide che le acque pongono, si 
sono convinti che il procedere in maniera separata ed autonoma non permette 
alle competenti Autorit� (nazionali ed europee, civili e militari) di calibrare 
adeguatamente la loro azione di prevenzione, di pattugliamento e di tutela 
dell�ambiente marittimo. Da una tale consapevolezza � cos� discesa la logica 
certezza che le sfide e le problematiche connesse alle �zone acquatiche� debbono 
essere affrontate con un approccio condiviso ed intersettoriale: le diverse 


Autorit�, quindi, per esercitare le funzioni loro attribuite in modo adeguato e 
tempestivo dovranno cooperare lealmente tra di loro. 

Ma cosa significa, pi� specificamente, in questa sede, cooperare lealmente 
tra di loro? Posta la pluralit� di contorni e di sfumature che il principio 
di leale cooperazione � suscettibile di assumere, alla domanda si pu� rispondere 
che nell�ambito della sicurezza marittima integrata europea gli si � inteso 
dare la fisionomia propria della cooperazione informativa in forza della quale 
gli attori coinvolti si impegneranno a condividere tutte le informazioni utili 
a garantire, appunto, una maggiore salubrit� dell�ambiente marino e un pi� 
elevato tasso di sicurezza dei flussi marittimi. � in questo che si sostanzia il 
progetto di creare un sistema comune per la condivisione delle informazioni 
relative alla sicurezza marittima (c.d. CISE Common Information Sharing 
Environment) ed � a questo ambizioso progetto europeo che � dedicato il presente 
contributo. 

Questa la struttura del saggio: dopo essere stata evidenziata (alla luce 
del vivace dibattito dottrinale registratosi sul punto) la riconducibilit� delle 
acque alla pi� ampia nozione di ambiente, e dopo essere state analizzate le 
ragioni che hanno portato alla elaborazione del progetto di condivisione delle 
informazioni pertinenti all�ambiente marino e alle attivit� svolte in esso con 
il correlato processo decisionale che ne � scaturito, si giunger� a rassegnare 
alcune considerazioni conclusive nelle quali saranno individuate, sommessamente, 
talune criticit� che rischiano di minacciare la realizzazione dell�iniziativa 
di cui trattasi e che sembrano essere state sottovalutate dalla 
Commissione europea. 

CosՏ il CISE? Quali sono le ragioni che hanno indotto la Commissione 
europea e gli Stati membri a pensare di creare un sistema comune di condivisione 
delle informazioni? Quali sono i suoi tratti maggiormente caratteristici? 
Come � venuto articolandosi il processo decisionale che ha portato alla sua 
elaborazione? Quali sono le fasi di attuazione indicate dalla Commissione europea? 
Quali sono i vantaggi che esso assicurer� e quali i passi sinora fatti 
dagli Stati membri? Quali sono i possibili ostacoli alla sua concreta realizzazione? 
Sono queste ed altre le domande alle quali si cercher� di dare risposta 
e che perci� hanno assolto il difficile compito di fungere da �stella polare� a 
cui � stato improntato tutto lo snodo narrativo. 

Dunque, nonostante il CISE sia un progetto - come meglio si vedr� - ancora 
in fase di realizzazione e bench� la produzione letteraria non vi abbia ancora 
dedicato particolare attenzione � parso tutt�altro che inutile addentrasi 
nell�analisi di una iniziativa europea che, se portata a compimento per come 
si spera, sar� indubbiamente capace di cambiare le sorti delle acque d�Europa 
e di creare il pi� grande sistema di condivisione del patrimonio informativo 
pubblico che la storia delle organizzazioni internazionali abbia mai conosciuto. 


2. Le acque come componente indefettibile del �bene-ambiente�. 

Il mare e gli oceani d�Europa rivestono un�importanza fondamentale per 
la sopravvivenza dell�umanit� intera, ma, ancor di pi�, per il quotidiano e frenetico 
agire dell�uomo moderno, ribattezzato convenzionalmente dai pi� autorevoli 
esponenti delle scienze sociali come homo oeconomicus, quale �essere 
razionale sempre pi� ad agio nei panni di giudice competente ed esclusivo dei 
propri interessi, fortemente orientato a massimizzarne la realizzazione ed indotto 
a fare ci� sulla base di una qualunque forma di calcolo utilitario� (1). 

Quale che sia la prospettiva (laica o religiosa) dalla quale si intenda prendere 
le mosse, non pu� essere refutato in dubbio che l�ambiente acquatico �, 
a rigore, inevitabilmente legato alla comparsa delle prime forme di vita. Se la 
scienza � dell�avviso che �l�origine della vita sulla Terra � da farsi coincidere 
con la comparsa di acqua allo stato liquido sulla superficie terrestre, avvenuta 
circa 4,4 miliardi di anni f�� (2), nondimeno nelle Sacre Scritture le acque 
vengono concepite come presupposto necessario per la vita, dal momento che 
nel libro della Genesi si precisa come �Dio disse: Le acque brulichino di esseri 
viventi (�)� (3). Peraltro, a confermare la straordinaria importanza delle 
acque concorrono anche le caratteristiche fisiche e morfologiche della Terra: 
unico pianeta del sistema solare coperto per il 71% di acqua (costituita per il 
97,5% da acqua salata e per la restante percentuale da acqua dolce localizzata 
per il 68,9% in ghiacciai e nevi perenni, per il 29,9% nel sottosuolo e per il 
0,3% in fiumi e laghi). 

Nella sua accezione strettamente chimica, l�acqua (H2O) non ha occasionato 
particolari problemi di carattere definitorio. Essa si sostanzia in un 
composto chimico, in verit� assai semplice, costituito da due atomi di idrogeno 
legati ad un atomo di ossigeno. E per�, uscendo dai confini chimici, il quadro 
delle cose viene a mutare. Pu� dirsi - senza timore di smentita - che l�acqua � 
legata da un rapporto di species ad genus alla pi� ampia nozione di ambiente, 
costituendone una componente. Va da s�, che da questo punto di vista, le acque 
rimangono - per cos� dire - fatalmente imprigionate nella evanescenza e nella 
vaporosit� della nozione di ambiente. 

Occorre allora chiedersi come pu� essere definito l�ambiente, giacch� 
solo cos� facendo sar� possibile prendere sentore della rilevanza strategica 
che i mari e gli oceani assumono nella moderna economia, unitamente alle 
complesse sfide che le Istituzioni pubbliche sono chiamate ad affrontare di


(1) Per un�analisi davvero dettagliata delle plurime problematiche (semantiche, giuridiche, economiche 
e filosofiche) connesse alla tematica, assai dibattuta, dell�homo oeconomicus si v. CARUSO S., 
Homo oeconomicus. Paradigma, critiche, revisioni, Firenze, 2012, p. 11. 
(2) WILDE S.A. - VALLEY J.W. - PECK W.H. - GRAHAM C.M., Evidence from detrital zircons or the 
existence of continetal crust and oceans on the Earth 4.4. Gyr ago, in Nature, n. 409/2011, pp. 175 ss. 


(3) GENESI 1:20-31. 


nanzi ad un utilizzo sempre crescente di essi. Orbene, gli studiosi di ogni settore, 
nel tentativo di formulare una definizione quanto pi� possibile esaustiva 
di ambiente, sono giunti a conclusioni non sempre univoche. Dalla celeberrima 
definizione offerta nel 1673 da Galileo Galilei, stando alla quale �l�ambiente 
� lo spazio circostante l�uomo�, di passi in avanti ne sono stati fatti; 
specie nell�ambito del diritto, le elaborazioni propugnate dal legislatore (nazionale 
e internazionale) e dalla giurisprudenza della Corte costituzionale italiana 
sono state in grado di mettere in evidenza degli aspetti connessi al 
�bene-ambiente� che la originaria definizione galileiana rischiava - forse 
troppo - di lasciare celati. 

Negli anni, la letteratura giuridica si � divisa in conseguenza di una opposta 
concezione dell�ambiente come bene �plurimo� e �divisibile� ovvero, 
all�opposto, come bene �unitario� ed �indivisibile�. Ne � derivata l�esistenza 
di due diversi orientamenti: la tesi pluralista, da un lato, e quella monista dal-
l�altro. Secondo i sostenitori della prima teoretica �l�ambiente costituisce una 
semplice espressione convenzionale comprendente i diversi beni giuridici delle 
bellezze paesistiche e culturali, dell�ambiente inteso come insieme di spazi 
terrestri, acquatici, aerei nonch� dell�ambiente in relazione al governo del territorio
� (4). Come � stato giustamente rilevato (5), quello test� richiamato � 
un orientamento dottrinale che, seppure autorevole e suggestivo, deve considerarsi 
anacronistico, in quanto �legato ad un periodo storico superato, nel 
quale il diritto all�ambiente non si era ancora affermato pienamente�. Va da 
s�, quindi, che risultano assai pi� conformi con le categorie dogmatiche e con 
i principi ispiratori che sovraintendono al diritto amministrativo dell�ambiente, 
gli assunti sui quali si fonda la teoria monista. I corifei di essa sono dell�avviso 
che �l�ambiente � un �bene-sintesi� perch� caratterizzato dalla relazione tra 
le singole res che lo compongono, cos� che le leggi di settore non vanno considerate 
come leggi rivolte alla tutela del bene cui fanno riferimento, ma al 
sovrapposto �bene-ambiente� che subisce una lesione ogniqualvolta si danneggi 
un bene sottostante� (6). 

� a quest�ultimo orientamento dottrinale che occorre accordare usbergo 

(4) GIANNINI M.S., Primi rilievi sulla nozione di gestione dell�ambiente e del territorio, in Riv. 
trim. dir. pubbl., n. 2/1975, pp. 479 ss. 
(5) BERTUZZI R., La nuova definizione di ambiente secondo la Corte costituzionale (nota a C. 
Cost., 23 gennaio 2009, n. 12), in www.federalismi.it, 2009. 
(6) La teoria monista dell�ambiente � stata fortemente sostenuta, tra gli altri, da LOMBARDI P., I 
profili giuridici della nozione di ambiente: aspetti problematici, in Foro. amm. - TAR, n. 2/2002, p. 764 
ss. L�autore, in particolare, ritiene che il crescente interessamento riservato dalle Istituzioni europee alle 
tematiche ambientali ha posto i fondamenti per l�enucleazione di un concetto unitario di ambiente. Tra 
gli interventi normativi attuati in sede comunitaria, rilevano, senza dubbio, i contenuti della Direttiva 
sulla valutazione di impatto ambientale (Direttiva 85/337/Cee del 27 giugno 1985), nella quale l�ambiente 
viene considerato unitariamente composto da uomo, fauna, flora, suolo, acqua clima, paesaggio, 
patrimonio culturale e dall�interazione tra gli stessi. 



giuridico. Per vero, non pu� essere sottaciuto che la tesi monista ha trovato 
pieno riconoscimento in quel consolidato insegnamento giurisprudenziale 
della Corte costituzionale in ossequio al quale �la disciplina unitaria e complessiva 
del bene ambiente inerisce ad un interesse pubblico di valore costituzionale 
�primario� (sentenza n. 151 del 1986) ed �assoluto� (sentenza n. 641 
del 1987), e deve garantire (come prescrive il diritto comunitario) un elevato 
livello di tutela, come tale, inderogabile dalle altre discipline di settore� (7). 

Dunque, le acque (assieme a tutte le altre singole componenti che concorrono 
a formare quel bene composito ed unitario che � l�ambiente) devono 
essere studiate, in un�ottica unitaria, nel pi� ampio contesto delle problematiche 
ambientali; non � n� ammissibile tampoco utile un approccio per �compartimenti 
stagni�. Per converso, poich� le questioni che interessano 
direttamente una singola componente dell�ambiente finiscono con l�avere delle 
ripercussioni indirette sulle altre, quindi sull�ambiente tutto, si impone alla 
comunit� scientifica e alle Autorit� deputate ad occuparsi (a qualsiasi livello) 
di tematiche ambientali, di prediligere un approccio sistemico che tenga conto 
dell�elevatissimo grado di interrelazione esistente tra le plurime componenti 
dell�ambiente. 

Una emergenza ambientale non pu� essere affrontata in modo efficace se 
non si tenga conto di una siffatta interrelazione; il rischio pi� alto, sul piano 
delle scelte strategico-istituzionali, � senza dubbio quello di sottovalutare e/o 
sopravvalutare la portata del fenomeno da contrastare e, conseguentemente, 
di non riuscire a calibrare gli strumenti di intervento di cui doversi avvalere 
(8). Cos�, per fare un esempio, si pensi al fenomeno del surriscaldamento del 
Pianeta: in esso sono coinvolti tanto l�aria (per via dell�eccessiva immissione 
di anidride carbonica nell�atmosfera terrestre), quanto le acque (per via dello 

(7) Corte costituzionale, 23 gennaio 2009, n. 12, in www.cortecostituzionale.it. 
Tra le altre definizioni moniste del concetto di ambiente si ricordano: a) le definizione elaborata dal-
l�Organizzazione Mondiale della Sanit� secondo la quale �L�ambiente � l�insieme dei fattori fisici, chimici, 
biologici e sociali che esercitano una influenza apprezzabile sulla salute ed il benessere dell�uomo�; 
b) la Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza su �L'Ambiente Umano� tenutasi a Stoccolma 
dal 5 al 16 giugno 1972, che ha considerato il bisogno di prospettive e principi comuni al fine di inspirare 
e guidare i popoli del mondo verso una conservazione e miglioramento dell'ambiente umano, nella quale 
l�ambiente viene ad essere identificato nelle �risorse naturali della Terra ivi comprese l'aria, l�acqua, la 
terra, la flora e la fauna, e particolarmente i campioni rappresentativi degli ecosistemi naturali, devono 
essere preservati nell�interesse delle generazioni presenti e future, attraverso un'adeguata pianificazione 
e gestione�; c) Corte Internazionale di Giustizia (parere consultivo in tema di minaccia dell�uso di armi 
nucleari, 8 luglio 1996) definisce l�ambiente come �lo spazio in cui vivono gli essere umani e dal quale 
dipendono la qualit� della loro vita e la loro salute, anche per le generazioni future�. 
(8) Per approfondimenti sul tema della stretta connessione tra le tematiche ambientali, sotto il 
profilo giuridico, interessanti spunti di riflessione si rinvengono in MEZZETTI L., Manuale di diritto ambientale, 
Padova, 2001; CANGELOSI G., Tutela dell'ambiente e territorialit� dell'azione ambientale, Milano, 
2009; MAGLIA S., Diritto Ambientale. Alla luce del TU ambientale e delle novit� del 2011, Assaglio, 
2011; GIUFFRIDA R., Diritto europeo dell'ambiente, Torino, 2012; DELL�ANNO P. - PICOZZA E., Trattato 
di diritto dell'ambiente -vol. II. Discipline ambientali di settore, Padova, 2013. 



scioglimento dei ghiacciai a cui fa seguito l�innalzamento dei mari e degli 
oceani) e la fauna (per via delle migrazioni, verso altri luoghi, a cui sono costrette 
alcune specie animali). 

3. L�ambiente marino: da risorsa naturale sfruttata (nelle prime antiche civilt�) 
a risorsa strategica depauperata (nella civilt� moderna). 

Come si � visto, le acque (marine, oceaniche e dolci) sono da farsi rientrare 
nella pi� ampia nozione di ambiente. Da ci� ne discende che, per ragioni 
prima ancora logiche che argomentative, tutte le esigenze di tutela ambientale 
si estendono - con le loro specifiche caratterizzazioni - alle acque presenti su 
tutta la superficie terrestre. 

La salute del globo dipende anche della concreta attuazione di efficaci 
programmi di controllo e prevenzione che, nel coinvolgere una platea quanto 
pi� vasta di police maker disposti a cooperare lealmente tra di loro, possano 
rivelarsi idonei a salvaguardare il corretto utilizzo delle acque. Per vero, come 
avvertiva una autorevole dottrina, �la salute del pianeta Terra � divenuto un 
compito che solo la comunit� internazionale, agendo con il massimo spirito 
di collaborazione, pu� assumersi� (9). L�esigenza di realizzare dei programmi 
funzionalmente preordinati a tutelare, in maniera adeguata, le plurime componenti 
che concorrono a formare quel �bene-unitario� che � l�ambiente 
(quindi anche le acque) ha iniziato ad essere avvertita come un�esigenza emergenziale 
ed improcrastinabile a partire dal secondo dopoguerra; circostanza, 
questa, da farsi coincidere con il mutamento di concezione delle acque e del-
l�importanza strategica di esse. 

� vero che anche le antiche civilt� fecero presto a capire che le acque costituivano 
una risorsa fondamentale per la loro autoconservazione. I luoghi 
maggiormente interessati da giacimenti di acqua, per essere connotati da una 
pi� ricca variet� di flora e di fauna, permettevano di avere delle migliori aspettative 
di vita, poich� l�acqua consentiva di poter meglio curare l�igiene personale, 
di coltivare i campi ed allevare il bestiame e, non in ultimo, di �curare� 
infezioni ed abrasioni cutanee di cui gli uomini dell�antichit� erano frequentemente 
affetti. Non � casuale il fatto che le prime grandi civilt� siano nate in 
luoghi connotati dalla presenza di corsi d�acqua; basti pensare ai Mesopotami 
(10), che vissero in una zona (corrispondente con l�attuale Iraq) attraversata 
dal Tigri e dall�Eufrate; ai Fenici, che invece vissero lungo le coste orientali 
del Mediterraneo (in una localit� corrispondente con l�attuale Libano) (11); 

(9) BALLARINO T., Azioni di diritto privato, in Riv. dir. intern., 1990, pp. 849 ss. 

(10) FOREST J.D., Mesopotamia. L�invenzione dello Stato, Milano, 1996; GILLES M., Iraq. Diecimila 
anni in Mesopotamia, Torino, 2003; BUCCELLATI G., Il paese delle quattro rive. Corpus mesopotamico, 
Milano, 2013. 
(11) ACQUARO E. - DE VITA P., Fenici. Storia e tesori di un�antica civilt�, Novara, 2010; SOMMER 
M., I fenici, Bologna, 2010; QUILICI F., Il mare dei fenici, Firenze-Milano, 2008. 



agli Egizi (12), che arrivarono a riconoscere una dimensione divina al fiume 
Nilo; ai Romani (13), le cui antiche trib�, abbondonarono le zone montuose 
in cui si erano inizialmente insediati, per trasferirsi sulla sponda sinistra del 
Tevere. Tuttavia, le ridottissime conoscenze tecniche a disposizione degli antichi 
popoli impedivano a questi di valorizzare, al massimo, le infinite potenzialit� 
delle acque. Non che questi non avessero gi� iniziato a sfruttare i corsi 
d�acqua per fini latamente strategici ed economici, ma il volume di affari marittimi 
non era certo cos� significativo da porre il problema di fissare delle regole 
finalizzate a regolamentare, per l�appunto, l�utilizzo delle acque. 

� con il repentino sviluppo della tecnica, registratosi nella seconda met� 
del secolo scorso, combinato con la crescita esponenziale dei traffici marittimi, 
che l�uomo ha iniziato ad utilizzare le acque non pi� come risorsa naturale per 
lo pi� impiegabile al fine di soddisfare esigenze di vita quotidiana, bens� come 
risorsa strategica. Si � giustamente scritto che in questo momento storico 
�l�uomo ha iniziato ad essere consapevole del fatto che pu� concepire il mare 
come un vasto campo di sfruttamento e utilizzazione, non solo per quanto riguarda 
i prodotti che pu� ricavarne, ma anche per i trasporti, di cose o persone, 
che avvengono per mezzo di esso� (14). 

Tra le acque, sono i mari e gli oceani a costituire il �teatro� privilegiato 
per la realizzazione di operazioni della pi� disparata natura: dal trasporto di 
persone e di merci alla pesca (15). Una tale classificazione � tuttavia troppo 
riduttiva. Nelle due sopraccennate macro-aree si inseriscono, infatti, tutta una 
serie di attivit� presupposte, connesse e consequenziali che sovente si traducono 
in comportamenti contra ius perch� posti in essere in ispregio della normativa 
(nazionale ed internazionale) a tutela dell�ambiente marino e della 
sicurezza dei flussi marittimi: si pensi, ad exempli causa, alla commercializzazione 
illecita di merci contraffatte e/o di animali esotici che pu� nascondersi 
dietro una normale attivit� di trasporto marittimo di merci, alla tratta di schiavi 
dissimulata da un regolare traporto di persone via mare, al rastrellamento abusivo 
dei fondali marini con tecniche di pesca vietate ovvero in zone non aperte 
alla pesca libera, alle attivit� militari non autorizzate che possono mettere a 
repentaglio l�ordine pubblico, la sovranit� o la sicurezza di uno Stato, etc. 

Nel voler tipizzare sommariamente le condotte illecite che possono essere 
perpetrate in mare, si � dell�avviso che ci si possa avvalere delle enfatiche 
parole contenute nel paragrafo 1 del Preambolo della Dichiarazione 

(12) WILKINSON T. - GIACONE L., L�antico Egitto. Storia di un impero millenario, Segrate, 2012. 
(13) CRESCI MARRONE G. -ROHOR VIO F. -CALVELLI L., Roma antica. Storia e documenti, Bologna, 2014. 
(14) CANDIDA L., Il mare. Corso monografico di geografia economia, Venezia, 1966, pp. 175 ss. 


(15) Nella relazione della Commissione Europea �Progressi della pesca marittima integrata 
dell�UE� del 11 settembre 2010, si dice che �i mari e gli oceani d�Europa costituiscono una fonte di innovazione, 
di crescita e di occupazione ricca e spesso sottovalutata, poich� offrono servizi ecosistemici 
e risorse preziose da cui dipendono tutte le attivit� marittime�. 


delle Nazioni Unite sull�ambiente umano del 1972 e nell�art. 19 (dedicato 
al concetto di passaggio inoffensivo) della Convenzione delle Nazioni Unite 
sui diritti del Mare del 1982. Dalla combinata lettura dei due richiamati referenti 
normativi � consentito ricavare il seguente sillogismo aristotelico: 
poich� �nella lunga e laboriosa evoluzione della razza umana sulla Terra � 
arrivato il momento in cui, attraverso il rapido sviluppo della scienza e della 
tecnologia, l�uomo ha acquisito la capacit� di trasformare il suo ambiente 
in innumerevoli modi e in misura senza precedenti� (16), al punto tale che, 
con specifico riguardo alla dimensione marittima, l�uomo moderno � potenzialmente 
in grado di impiegare una propria nave per realizzare un passaggio 
(nelle acque di uno Stato straniero) pregiudizievole per la pace, il buon ordine 
e la sicurezza dello Stato costiero (17), le Autorit� deputate al controllo 
dei mari debbono prodigarsi a collaborare intensamente tra di loro per prevenire 
e, se del caso, reprimere tutte quelle condotte che possono arrecare 
pregiudizio all�ambiente marino o che comunque si servono di esso per ledere 
altri beni giuridicamente rilevanti come la vita umana, la salute pubblica, 
la pace, la sovranit� statuale, etc. 

In una tale prospettiva si colloca l�iniziativa intrapresa dalla Commissione 
Europea di creare un sistema comune per la condivisione delle informazioni, 
denominato CISE (Common Information Sharing Environment), in cui i competenti 
Soggetti istituzionali sono chiamati a cooperare, scambiandosi reciprocamente 
i dati e le informazioni in loro possesso, per �efficentare� i 
meccanismi di protezione dell�ambiente marino e per reagire a tutte le condotte 
illecite poste in esso. 

(16) Preambolo, par. 1, Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza �su L'Ambiente 
Umano� tenutasi a Stoccolma dal 5 al 16 giugno 1972, che ha considerato il bisogno di prospettive e 
principi comuni al fine di inspirare e guidare i popoli del mondo verso una conservazione e miglioramento 
dell�ambiente umano. 
(17) Ai sensi dell�art. 19 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti del Mare del 1982: �Il 
passaggio � inoffensivo fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza 
dello Stato costiero. Tale passaggio deve essere eseguito conformemente alla presente Convenzione e 
alle altre norme del diritto internazionale. 
Il passaggio di una nave straniera � considerato pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza 
dello Stato costiero se, nel mare territoriale, la nave � impegnata in una qualsiasi delle seguenti attivit�: 
a) minaccia o impiego della forza contro la sovranit�, l�integrit� territoriale o l�indipendenza politica 
dello Stato costiero, o contro qualsiasi altro principio del diritto internazionale enunciato nella Carta 
delle Nazioni Unite; b) ogni esercitazione o manovra con armi di qualunque tipo; c) ogni atto inteso 
alla raccolta di informazioni a danno della difesa o della sicurezza dello Stato costiero; d) ogni atto di 
propaganda diretto a pregiudicare la difesa o la sicurezza dello Stato costiero; e) il lancio, l�appontaggio 
o il recupero di aeromobili; f) il lancio, l'appontaggio o il recupero di apparecchiature militari; g) il 
carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, 
sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero; h) inquinamento intenzionale e grave, in 
violazione della presente Convenzione; i) attivit� di pesca; j) la conduzione di ricerca scientifica o di rilievi; 
k) atti diretti a interferire con i sistemi di comunicazione o con qualsiasi altra attrezzatura o installazione 
dello Stato costiero; l) ogni altra attivit� che non sia in rapporto diretto con il passaggio�. 



4. La trasversalit� delle materie coinvolte nell�ambito del CISE (Common Information 
Sharing Environment) e il principio di ripartizione delle competenze 
tra Unione europea e Stati membri. 

Le sfide connesse all�ambiente marino non attengono alle sole questioni 
inerenti l�esigenza di salvaguardare la salubrit� delle acque mediante la attivazione 
di meccanismi e di strumenti tesi a tenere sotto controllo tutte quelle 
possibili condotte e quei possibili fenomeni che si atteggiano a causa di contaminazione 
ed inquinamento della �zona acquatica�. Le acque, infatti, sono 
un humus talmente esteso e cos� liberamente accessibile che si configurano, 
spesse volte, come luogo di fenomeni trasversali che finiscono con l�interessare 
una pluralit� assai variegata di materie rientranti nella sfera di competenza 
di Soggetti diversi. 

Costituisce una plastica dimostrazione di quanto detto proprio il progetto 
di creare, nell�ambito della politica marittima integrata dell�Unione europea, 
un sistema comune di condivisione delle informazioni (CISE). Lo scopo di tale 
politica � quello di ottenere un quadro della situazione circa le attivit� svolte in 
mare che esercitano un impatto sulla sicurezza e sulla protezione marittima, 
sul controllo delle frontiere, sull�inquinamento dei mari e l'ambiente marino, 
sul controllo della pesca, sull�applicazione della legge in generale, sulla difesa 
e sugli interessi economici dell�UE, in modo da facilitare l�adozione di decisioni 
adeguate. A ben vedere, quindi, sono molteplici gli ambiti di competenza che 
si trovano ad essere coinvolti. Essi, per�, non sono degli ambiti attribuiti alla 
sola competenza esclusiva dell�Unione europea, ma, al contrario, si tratta di 
materie che, seppur rientranti nella �cornice generale degli affari marittimi�, 
ricadono nella sfera di competenza concorrente tra UE e singoli Stati membri. 

Ne � derivata la necessit� di rispettare le norme europee che sovraintendono 
al riparto di competenze. A questo riguardo giova preliminarmente rammentare 
che il legislatore comunitario non ha mai ritenuto di affrontare le 
delicate questioni che attengono al riparto di competenze tra Unione europea 
e Stati membri con un sistema di riparto rigido. La dottrina conviene nel ritenere 
che, sino a prima del Trattato di Lisbona sul Funzionamento dell�Unione 
europea, �i Trattati non avessero mai previsto in modo esplicito una ripartizione 
di competenze tra Stati e Comunit� (oggi Unione)� (18). La ragione di 
ci� risiede nella inequivocabile intenzione dei Padri fondatori della costruzione 
europea di creare un ordinamento istituzionale (sovranazionale) in cui le Istituzioni 
rappresentative della pi� grande unione di Stati e di popoli mai esistita 
potessero accrescere le proprie funzioni attraverso una costante erosione di 
potere dai singoli Stati membri. Depongono in tal senso le pronunce della 

(18) BILANCIA P. - D�AMICO M., La nuova Europa dopo il Trattato di Lisbona, Milano, 2009, p. 

100. 


Corte di Giustizia dell�Unione europea con le quali � stata elaborata la c.d. 
teoria dei poteri impliciti. Il giudice comunitario, infatti, ha stabilito, a pi� riprese, 
che l�Unione pu� considerarsi competente all�adozione di determinate 
misure, pur in mancanza di una espressa attribuzione di competenza, quando 
l�adozione di tali misure risulti necessaria (19). 

Della opportunit� di mutare un tale approccio si � iniziato a discutere solo 
nel corso dei lavori della Convenzione sull�Avvenire dell�Europa del 2000 
(20), in cui il tema delle competenze era divenuto questione nodale, dal momento 
che gli Stati membri ritenevano che �per rendere l�Unione pi� trasparente 
e credibile agli occhi dei cittadini, fosse anche necessario chiarire gli 
ambiti di intervento propri dell�Unione rispetto a quelli degli Stati membri� 
(21). Non � questa la sede per approfondire tutti gli aspetti (in parte ancora irrisolti) 
che sono connessi al riparto di competenze tra Stati membri e l�Unione 
europea, ma quel che � certo, � che con l�entrata in vigore del Trattato sul Funzionamento 
dell�Unione Europea il quadro delle competenze dell�Unione e 
quelle degli Stati membri si atteggia in maniera assai pi� chiara e precisa. 

La disciplina � contenuta negli artt. 2 ss. del TFUE, dalla combinata lettura 
dei quali � possibile desumere che oggi esistono materie di competenze 
esclusiva dell�Unione europea e materie di competenza concorrente UE-Stati 
membri. Nello specifico, se ai sensi dell�art. 3 TFUE �L�Unione ha competenza 
esclusiva nei seguenti settori: a) unione doganale; b) definizione delle 
regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; c) 
politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta � l�euro; d) conservazione 
delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della 
pesca; e) politica commerciale comune�, l�art. 4, TFUE, nel disciplinare le 
materie di competenza concorrente, dispone che �L�Unione ha una competenza 
concorrente con quella degli Stati membri nei principali seguenti settori: 
a) mercato interno; b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti 
nel presente trattato; c) coesione economica, sociale e territoriale; d) agricoltura 
e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare; e) ambiente; 
f) protezione dei consumatori; g) trasporti; h) reti transeuropee; i) 
energia; j) spazio di libert�, sicurezza e giustizia; k) problemi comuni di sicurezza 
in materia di sanit� pubblica, per quanto riguarda gli aspetti definiti 
nel presente trattato. Nei settori della ricerca, dello sviluppo tecnologico e 
dello spazio, l�Unione ha competenza per condurre azioni, in particolare la 
definizione e l'attuazione di programmi, senza che l'esercizio di tale competenza 
possa avere per effetto di impedire agli Stati membri di esercitare la 

(19) Corte Giustizia Ue, 28 marzo 1996, parere 2/94, in www.curia.eu.it. 

(20) Per un�ampia e puntuale ricostruzione del dibattito si v. ATRIPALDI V., Verso un Trattato che 
stabilisce una Costituzione per l�Europa, Torino, 2003. 

(21) BILANCIA P. - D�AMICO M., op cit., p. 102. 


loro. Nei settori della cooperazione allo sviluppo e dell'aiuto umanitario, 
l�Unione ha competenza per condurre azioni e una politica comune, senza 
che l'esercizio di tale competenza possa avere per effetto di impedire agli 
Stati membri di esercitare la loro�. 

� sufficiente un semplice raffronto tra il contenuto delle norme menzionate 
e le materie sulle quali la sorveglianza marittima integrata � idonea ad 
incidere, per rendersi conto di come il CISE sia un �progetto a geometria variabile�, 
nel quale si mescolano, fino al punto di confondersi, delle materie di 
competenza esclusiva dell�Unione europea con materie di competenza concorrente. 
Perci�, al fine di scongiurare la violazione delle norme del Trattato 
attraverso la concretazione di sconfinamenti e di travalicazioni del riparto di 
competenze, la Commissione europea ha ritenuto di dover puntualizzare, 
quanto al CISE, che �la gestione dei vari livelli spetta ai detentori delle informazioni 
corrispondenti a livello degli Stati membri e dell�Unione europea, 
conformemente alle disposizioni degli strumenti giuridici in vigore; vengono 
in tal modo pienamente rispettate le competenze delle autorit� nazionali, nonch� 
i mandati delle agenzie UE definiti nei suddetti strumenti�. 

5. La proliferazione dei tipi di minaccia alla sicurezza marittima derivanti 
dalla crescita esponenziale dei traffici via mare e le inefficienze connesse all�assenza 
di strumenti di coordinamento delle informazioni acquisite dalle Autorit� 
competenti a garantire l�applicazione della legge nell�ambiente marino 
come ratio giustificatrice del CISE (Common Information Sharing Environment). 


La dottrina ha gi� avuto modo di evidenziare che, �alla stregua di una 
massima di comune esperienza, ogni disciplina ambientale, in ognuno dei settori 
e comparti rilevanti (acqua, aria, suolo, inquinamento di varia fonte), abbia 
il proprio incipit nel diritto internazionale ed in quello dell�Unione europea (a 
cominciare, ovviamente, dal diritto comunitario originario)� (22). Non si discosta 
da un tale assunto il CISE: un �programma� propugnato dalla Commissione 
europea e teso a tutelare l�ambiente marino attraverso la riduzione 
dei rischi connessi allo straordinario livello di traffici che interessa quotidianamente 
i mari e gli oceani europei. 

Prima di procedere all�analisi dei principali tratti fisionomici del CISE, non 
pare inutile ricordare quelle che sono state le ragioni che hanno indotto l�Unione 
Europea ad intraprendere l�iniziativa di cui ci si occupa. � indubbio che la scelta 
di creare un�architettura volta a salvaguardare l�ambiente marino attraverso la 
�realizzazione di un sistema di sorveglianza maggiormente integrato per riunire 
i sistemi di monitoraggio e di localizzazione esistenti che vengono attualmente 

(22) R. FERRARA, voce Ambiente (dir. amm.), in S. PATTI (a cura di), Il diritto, Enc. giur., �Il Sole 
24 Ore�, p. 290. 


utilizzati per garantire la sicurezza e la protezione in mare, la tutela dell�ambiente 
marino, il controllo della pesca, il controllo delle frontiere esterne e altre attivit� 
rivolte all�applicazione della legge� (23) rappresenti il risultato ultimo della lucida 
presa di coscienza di quanti elevati siano i rischi connessi ad un sempre 
crescente utilizzo dei mari e degli oceani d�Europa e di quanto sia necessario 
sorvegliare le condotte poste in essere nelle acque europee. 

La necessit� di realizzare, nell�ambito della politica marittima integrata 
dell�Unione europea, un sistema di sorveglianza marittima basato (anche) sulla 
condivisione delle informazioni � riprovata dalla straordinaria importanza strategica 
che le acque assumo per l�Europea. Come affermato dalla Commissione 
nel Libro blu recante �Una politica marittima integrata per l�Unione europea� 
�i mari sono la linfa vitale dell�Europa. Gli spazi marittimi e i litorali costituiscono 
un elemento essenziale del suo benessere e della sua prosperit�. Essi 
offrono rotte commerciali, fungono da regolatore climatico e rappresentano 
una fonte di alimentazione, energia e risorse e un luogo favorito dai suoi cittadini 
come residenza e per le attivit� ricreative� (24). 

Sebbene l�Unione Europea sia il principale attore del commercio marittimo 
a livello mondiale, al punto che, possedendo 80 000 Km di coste che si 
affacciano su due oceani e quattro mari (oceano Atlantico e Artico, mari Baltico, 
del Nord, Mediterraneo e Nero), il 90% del suo commercio estero e il 
40% del suo commercio interno avvengono via mare, sono state sottovalutate 
(forse troppo a lungo) tanto la circostanza che �l�importanza dei flussi marittimi 
globali per l�Unione � aumentata esponenzialmente quale conseguenza 
della crescita economica, della globalizzazione e della crescente interdipendenza 
globale� (25), quanto il fatto che �la povert�, la mancanza di sviluppo, 
i bassi livelli di controllo statale e di applicazione della legge e la vulnerabilit� 
delle rotte facilitano la proliferazione di vari tipi di minacce alla sicurezza marittima 
derivanti sia dai comportamenti degli Stati interessati a perturbare i 
flussi marittimi internazionali sia dalle attivit� illegali di attori non statali, 
quali la criminalit� transnazionale (per esempio, traffico di armi o sostanze 
stupefacenti), il terrorismo internazionale o la pirateria� (26). 

Del pari, sono state a lungo sottovalutate le criticit� connesse al modus 
agendi seguito dalle Autorit� (europee e nazionali, civile e militari) create allo 
scopo di gestire e fronteggiare le innumerevoli sfide che l�ambiente marino, e 
il suo sempre pi� intenso utilizzo, pone. Si allude �all�utilizzo sub-ottimale 

(23) COM(2007) 575 definitivo, del 10 ottobre 2007, anche nota come Libro blu sulla politica 
marittima integrata dell�Unione Europea, consultabile in 
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52007DC0575&from=IT. 

(24) COM (2007) 575, cit. 

(25) P7_TA(2013) 0380 �Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2013 sulla dimensione 
marittima della politica di sicurezza e di difesa comune (2012/2318(INI)�. 

(26) P7_TA(2013) 0380, cit. 


delle poche risorse disponibili�, quale conseguenza del fatto che le attivit� di 
sorveglianza relative alla pesca, all�ambiente, al controllo dei mari o all�immigrazione 
venivano svolte dagli Stati membri in maniera indipendente tra di 
loro sino a prima che l�Unione europea elaborasse il Libro blu sulla politica 
marittima integrata (di cui il CISE rappresenta lo strumento per la realizzazione 
del progetto �sorveglianza marittima integrata�); ne derivavano, perci�, 
inefficienze e costi eccessivi. 

Ai fini della acquisizione e della elaborazione di una stessa informazione, 
invero, ciascuno Stato membro era obbligato ad attivare procedimenti di raccolta 
dei dati perfettamente identici a quelli attivati (magari solo poche ore 
prima o addirittura nello stesso frangente di tempo) da altro Stato membro. 
Ma vՏ di pi�, in quanto, sempre nel periodo ante politica marittima integrata 
dell�UE, non erano infrequenti i casi in cui le Autorit� di uno stesso Stato 
membro procedevano ad acquisire, pi� volte, la stessa informazione. Si era 
quindi in presenza di un sistema amministrativo multilivello (verticale ed orizzontale) 
che a causa dell�assenza di regole di coordinamento risultava grandemente 
viziato da caoticit� ed inefficienze; un sistema che non potrebbe 
essere meglio descritto se non con la massima della Corte costituzionale secondo 
la quale �la pletora amministrativa [in assenza di regole chiare e precise] 
� sempre causa di disordine, perch� impone una artificiosa distribuzione di 
compiti, un frazionamento irrazionale di funzioni, una sovrapposizione o una 
duplicazione di competenze; e ovviamente ne risultano ritardi e intralci nello 
svolgimento dell�attivit� degli uffici� (27). 

In un contesto marittimo siffattamente critico ed insidioso, le Istituzioni 
europee e gli Stati membri, dopo avere sviluppato la ferma convinzione circa 
la sussistenza di un interesse vitale ad un ambiente marino sicuro, accessibile 
e pulito che consenta il libero transito del commercio e delle persone oltre all�uso 
pacifico, legale, equo e sostenibile delle ricchezze degli oceani, sono 
giunti ad individuare il mezzo attraverso il quale garantire il pieno soddisfacimento 
dell�anzidetto interesse nello �spirito di impegno, comprensione, reciproca 
e reale solidariet�� tra Stati membri e l�Unione europea; da un tale 
spirito ha preso vita lo strumento del sistema comune di condivisione delle informazioni 
marittime (CISE). 

6. La condivisione del c.d. patrimonio informativo pubblico europeo quale 
fulgida attuazione del principio di �leale cooperazione� tra Istituzioni europee 
e Stati membri. Il procedimento (consultivo e decisionale) per la elaborazione 
del sistema comune di condivisione delle informazioni sulla sicurezza marittima 
(CISE). 

Il CISE � un �processo collaborativo� di matrice europea che per un di


(27) C. Cost., n. 123 del 9 ottobre 1968, in www.cortecostituzionale.it. 


verso ordine di ragioni si presenta come assai articolato. Esso rappresenta uno 
degli strumenti di attuazione della sorveglianza marittima integrata, quale progetto 
(anch�esso europeo) che, nel rientrare tra le priorit� della politica marittima 
integrata dell�Unione europea (28), � funzionale all�ottenimento di �un 

(28) La politica marittima integrata (il fondamento giuridico della quale � dato dal Libro blu �Una 
politica marittima integrata per l�Unione europea� contenuto nella comunicazione della Commissione 
COM(2007) 575 del 10 ottobre 2007 
http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/PDF/?uri=CELEX:52007DC0575&from=EN e, ancor 
prima, nel Libro verde �Verso una politica marittima dell'Unione: una visione europea degli oceani e 
dei mari� contenuto nella comunicazione COM(2006) 275 del 7 giugno 2006 
http://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2006/EN/1-2006-275-EN-F1-1.Pdf) rappresenta un complesso 
di decisioni, di strategie, di programmi e di linee guida assunti a livello europeo al fine di �far 
fronte alle sfide della globalizzazione e della competitivit�, al cambiamento climatico, al degrado del-
l�ambiente marino, alla sicurezza marittima nonch� alla sicurezza e alla sostenibilit� dell'approvvigionamento 
energetico� mediante la elaborazione di strumenti comuni alle Istituzioni europee e ai singoli 
Stati membri, in quanto �l�adozione di decisioni a compartimenti stagni non risultano pi� adeguati a 
nessun livello�. 
Per il pi� efficacie conseguimento degli obiettivi perseguito sono stati articolari diversi sub-progetti che 
concorrono a formare, nel loro insieme, quella che, per l�appunto, � stata denominata politica marittima 
integrata. I progetti nei quali sia articola la politica marittima integrata sono: a) uno spazio per il trasporto 
marittimo europeo senza frontiere; b) una strategia europea per la ricerca marina; c) lo sviluppo da parte 
degli Stati membri di politiche marittime integrate nazionali; d) una rete europea per la sorveglianza 
marittima; e) una tabella di marcia per la pianificazione dello spazio marittimo da parte degli Stati membri; 
f) una strategia volta a mitigare gli effetti del cambiamento climatico sulle regioni costiere; g) la riduzione 
delle emissioni di CO2 e dell�inquinamento dovuti al trasporto marittimo; h) l'eliminazione 
della pesca illegale e della pesca al traino distruttiva in alto mare; i) una rete europea di poli marittimi; 
l) un esame delle esenzioni previste dal diritto del lavoro dell'UE per il settore del trasporto marittimo 
e il settore della pesca. 
Per quanto qui di interesse, nel paragrafo 3.2.1. del sopraccennato Libro blu si precisa che �La sorveglianza 
marittima � fondamentale per garantire l'uso sicuro dei mari e la protezione frontiere marittime 
europee. Il miglioramento e l'ottimizzazione delle attivit� di sorveglianza marittime, nonch� l'interoperabilit� 
a livello europeo, sono importanti per consentire all'Europa di rispondere alle difficolt� e alle 
minacce connesse alla sicurezza della navigazione, all'inquinamento marino, all'applicazione delle leggi 
e alla sicurezza generale. 
Le attivit� di sorveglianza vengono svolte dagli Stati membri, ma la maggior parte delle difficolt� e minacce 
che essi affrontano sono di natura transnazionale. Nella maggior parte degli Stati membri, le attivit� 
di sorveglianza relative alla pesca, all'ambiente, al controllo dei mari o all'immigrazione rientrano 
nelle competenze di vari enti preposti all'applicazione delle leggi che operano indipendentemente tra 
loro. Ci� porta spesso ad un uso subottimale delle poche risorse disponibili. 
La Commissione sottolinea pertanto la necessit� di un pi� elevato grado di coordinamento in materia di 
sorveglianza marittima grazie a una pi� stretta cooperazione tra le guardie costiere dei vari Stati membri 
e altri enti competenti. 
La graduale realizzazione di una rete integrata di sistemi per il monitoraggio delle navi e la navigazione 
elettronica nelle acque costiere dell'Europa e in alto mare, inclusa la sorveglianza via satellite e l�identificazione 
e la localizzazione a lungo raggio (LRIT), costituirebbero uno strumento prezioso per le autorit� 
pubbliche. 
La Commissione: promuover� una migliore collaborazione tra le guardie costiere degli Stati membri e 
altri servizi competenti; provveder� alla realizzazione di un sistema di sorveglianza maggiormente integrato 
per riunire i sistemi di monitoraggio e di localizzazione esistenti che vengono attualmente utilizzati 
per garantire la sicurezza e la protezione in mare, la tutela dell'ambiente marino, il controllo della 
pesca, il controllo delle frontiere esterne e altre attivit� rivolte all'applicazione della legge�. 


quadro informativo della situazione con riguardo alle attivit� svolte in mare 
che esercitano un impatto sulla sicurezza e sulla protezione marittima, sul controllo 
delle frontiere, sull�inquinamento dei mari e l�ambiente marino, sul controllo 
della pesca, sull�applicazione della legge in generale, sulla difesa e sugli 
interessi economici dell�UE, in modo da facilitare l�adozione di decisioni adeguate
�. Attraverso il CISE, l�Unione europea e gli Stati membri hanno infatti 
inteso realizzare un�architettura (organizzativa e procedimentale) volta ad incidere, 
in un modo o nell�altro, su di una pluralit� di settori strategici connessi, 
inestricabilmente, tra di loro (dalla tutela dell�ambiente marino al controllo 
della pesca, al controllo delle dogane, alla prevenzione e soppressione dei reati 
perpetrati nelle acque europee, etc.). 

L�elemento indefettibile di esso � costituito dall�informazione (29) pubblica. 
Il suo tratto maggiormente caratterizzante � invece rinvenibile nella condivisione, 
quanto pi� ampia e celere, dell�anzidetta informazione pubblica. La 
Commissione europea e i singoli Stati membri si sono persuasi del fatto che 
solo condividendo le informazioni in possesso di tutte le competenti Autorit� 
sar� possibile affrontare le innumerevoli problematiche connesse all�ambiente 
marino; qualunque altro diverso strumento che non sia fondato sullo scambio 
delle informazioni � da considerasi destinato all�insuccesso. Sicch� � indubbio 
che quando si giunger� alla concreta e definitiva attuazione di un tale programma 
ci si trover� in presenza del pi� grande patrimonio informativo pubblico 
che sia mai stato realizzato nella storia delle unioni di Stati: ciascuna 
delle Autorit� attributaria di funzioni e prerogative dal cui corretto esercizio 
dipendano le sorti dell�ambiente marino nonch� di uno o pi� dei settori strategici 
che al primo risultano collegati (dogane, immigrazione, inquinamento, 
etc.) dovr� ottemperare al dovere di leale cooperazione ex art. 4 TFUE che, in 
questa sede, viene ad assumere i tratti fisionomici della leale e sincera dispo


(29) Quanto al significato polisemico che la nozione di informazione � in grado di assumere si v. 
ZENCHOVIC Z., voce Informazione (profili civilistici), in Dig. disc. priv., Vol. IX, Torino, 1993, p. 421 
ss. in cui l�autore fa notare che: �Il termine informazione ha assunto nell�era contemporanea una molteplicit� 
di significati, spesso rilevanti per il giurista. In un primo senso, contenutistico, per informazione 
si intende qualsiasi dato rappresentativo della realt� che viene conservato da un soggetto oppure comunicato 
da un soggetto ad un altro. In un secondo senso, funzionalistico, sotto il termine informazione si 
ricomprendono quelle attivit� di comunicazione al pubblico svolte da taluni mezzi, quali la stampa, la 
radio e la televisione. In una terza accezione, specialistica, l�informazione integra un obbligo posto a 
carico di taluni soggetti quando entrano in rapporto con altri, come avviene nelle trattative contrattuali 
o nella presentazione di beni e servizi oggetto di rapporti giuridici. A questa plurima - e per nulla esaustiva 
- classificazione si aggiunge, per rendere il quadro ancora pi� nebuloso, la circostanza che il termine 
�informazione� - come avviene per tutti i sottolinguaggi, e quindi anche per quello giuridico - � di 
�moda� sicch� il suo uso e abuso � assai frequente. Esso � nella bocca di politici, giornalisti, scienziati, 
sociologi e ovviamente giuristi, non solo civilisti, ma anche pubblicisti e penalisti. Sicch� ci si imbatte 
negli usi pi� svariati del termine: dall��era dell�informazione�, all��informazione spettacolo�, dal �diritto 
di informazione�, al �diritto all�informazione�, dal �bene informazione�, all��informazione societaria�, 
dall��informazione del consumatore�, al �sistema dell�informazione�, dalla �scienza dell�informazione�, 
all��informazione dei lavoratori��. 



nibilit� a condividere (trasmettendole e ricevendole) le informazioni in loro 
possesso che possono risultare utili, se non anche necessarie, all�esercizio delle 
funzioni proprie delle Autorit� marittime europee ovvero di quelle dei singoli 
Stati membri. 

Ognun sa che per patrimonio informativo pubblico (30) deve intendersi 
il complesso di informazioni e di dati (in qualunque forma riprodotti) di cui 
sono in possesso le Pubbliche Amministrazioni. Un�attenta dottrina ha avvertito 
lucidamente che �le informazioni concorrono al formarsi delle decisioni 
pubbliche, accompagnano l�evolversi delle politiche, si rivelano 
decisive per accrescere il consenso, costituiscono parametro per la valutazione 
dell�efficacia dell�attivit� amministrativa� (31). Se ne ricava che, nella 
societ� dell�informazione, ove il compimento delle attivit� della pi� disparata 
natura � quasi sempre condizionato alla puntuale conoscenza di antefatti e 
post-fatti, l�informazione pubblica si profila come �bene giuridico� (32) ido


(30) Tra i pi� significativi contributi dottrinali dedicati al patrimonio informativo pubblico si v. 
MERLONI F., Attivit� conoscitive delle amministrazioni pubbliche e statistica ufficiale. Profili organizzativi 
e funzionali, in Riv. trim. dir. pubbl., 1994, pp. 242 ss; ID., Funzione conoscitiva e pubblici poteri, 
Milano,1996; CAMELLI M. - GUERRA M.P., Informazione e funzione amministrativa, Rimini, 1997; AMBRIOLA 
V. - MARTINI F., Gestione e fruibilit� del patrimonio informativo pubblico, in Dir. informaz. informat., 
2002, pp. 873 ss.; MERLONI F., L�informazione delle pubbliche amministrazioni, Rimini, 2002; 
MARTINI F., Il sistema informativo pubblico, Torino, 2006; MOROGIU D., I dati delle pubbliche amministrazioni 
come patrimonio economico nella societ� dell�informazione, in Informat. e dir., 2008, pp. 355 
ss. Inoltre, tra i pi� autorevoli accademici che hanno dato un contributo scientifico, costante ed instancabile, 
allo studio dell�informazione pubblica (sotto il profilo della comunicazione di essa) si v. CALIGIURI 
M., Comunicazione Pubblica, formazione e democrazia. Percorsi per l�educazione del cittadino nella 
societ� dell�informazione, Soveria Mannelli, 2003, p. 46, in cui l�autore afferma che la comunicazione 
pubblica (alla cui locuzione ci si sente di poter attribuire, anche, il significato di condivisione infra-istituzionale 
del patrimonio informativo pubblico) �pu� diventare un modello di comparazione non solo 
con le esperienze di riforma della pubblica amministrazione che vanno maturando in altri Paesi, ma pu� 
rappresentare un fecondo terreno d�incontro per pi� settori disciplinari, che spaziano dalle comunicazioni 
di massa al diritto, dall�economia alla pubblicit�, dall�informatica alla statistica, dalla politica alle scienze 
sociali�. 
Degli interessanti spunti di riflessione si rinvengono anche in CALIGIURI M., Lineamenti di comunicazione 
pubblica, Soveria Mannelli, 1997; ID. La comunicazione nella pubblica amministrazione che cambia, 
in Problemi dell�Informazione, II, 1997, pp. 275 ss.; ID., Lo Stato nella societ� dell�informazione, 
in Societ� dell�informazione, II, L�Aquila, 1999, pp. 62 ss.; ID., La Comunicazione Pubblica risorsa del 
mezzogiorno, Rende, 2000; ID., La funzione strategica dell�informazione pubblica. Il ruolo delle Universit� 
delle S.S.P.A., Reggio Calabria, 2005. 
(31) LAZZARO M.F., Coordinamento informativo e pubbliche amministrazioni, in Istituzioni del 
federalismo, n. 3, 2011, p. 659. 
(32) Nella dottrina italiana, il primo a qualificare l�informazione nei termini di bene giuridico � 
stato PERLINGIERI P., L�informazione come bene giuridico, in Rass. dir. civ., 1990, pp. 326 ss. Da l� in 
poi, rivisitando il significato da attribuire alla disposizione contenuta nell�art. 810 c.c. ai sensi del quale 
�Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti�, la dottrina, pur lasciando immutata il criterio 
di discrimen tra cosa e bene (in virt� del quale il bene � la cosa idonea a soddisfare una esigenza umana, 
in ci� differenziandosi dalla cosa in senso stretto), � giunta a condividere l�assunto che l�informazione 
possa, senza dubbio, farsi rientrare nella nozione di bene giuridica dal momento che essa si profila come 
risorsa che, con la sua portata conoscitiva, risulta strumentale al soddisfacimento di bisogni umani aventi 
natura tanto patrimoniale quanto non personale. 



neo a svolgere un �ruolo fondamentale per il corretto funzionamento del mercato 
e la libera circolazione di merci, di servizi e di singoli individui� (33). 
Ma l�informazione pubblica, e particolarmente la sua condivisione, � fondamentale 
anche allo scopo di fronteggiare le numerose sfide che attengono alla 
tutela dell�ambiente (34). 

Si soggiunga che la centralit� che il patrimonio informativo pubblico riveste 
nell�ottica di consentire agli apparati amministrativi il conseguimento 
degli scopi di sicurezza pubblica e di coesione economico-sociale � riprovata 

-a livello di ordinamento nazionale - dalla circostanza che il legislatore nazionale 
ha ritenuto di dover inserire nel novero delle materie di rilevanza costituzionale 
anche il �coordinamento informativo statistico e informatico dei 
dati dell�amministrazione nazionale, regionale e locale�; una materia, questa, 
attribuita, ai sensi dell�art. 117, comma secondo, lett. r) Cost., alla competenza 
legislativa esclusiva dello Stato. Per quel che qui pu� interessare, valga ricordare 
che in dottrina si � discusso circa la esatta natura da riconoscere all�attivit� 
contemplata nel cennato art. 117, comma secondo, lett. r) Cost.: ci si � domandati, 
cio�, se il coordinamento delle informazioni pubbliche dovesse essere 
considerato una materia sticto sensu oppure, al contrario, una �materia-non 
materia� o, se si preferisce, una �materia-competenza�. 

L�orientamento prevalente, facendo leva sul postulato che l�attivit� di coordinamento 
ex art. 117, comma secondo, lett. r) Cost. � idonea, per sua intrinseca 
natura, a riguardare qualunque informazione concernente le pi� 
disparate materie sulle quali sono destinati ad incidere i poteri delle Pubbliche 
Amministrazioni, propende per la seconda chiave di lettura. Ci si trova, cio�, 
in presenza di una �materia� rigidamente costruita soltanto a livello sub-cutaneo, 
ma che ci� nonostante � fisiologicamente predisposta ad assumere, di 
volta in volta, le sembianze di quella piuttosto che di quell�altra materia annoverata 
nell�art. 117 Cost., finendo, perci�, col rimanere assorbita da queste. 
Un�autorevole dottrina, molto laconicamente, ha colto nel segno affermando 
che �la materialit� dell�azione di coordinamento si sostituisce alla materia costituzionale
� (35). 

Dunque, sebbene il coordinamento delle informazioni pubbliche non risulti 
compreso nel novero delle materie che sottendono al riparto di compe


(33) Comunicazione della Commissione europea COM(1998)585 �Libro verde sull�informazione 
del settore pubblico nella societ� dell�informazione�, consultabile in 
ftp://ftp.cordis.europa.eu/pub/econtent/docs/gp_it.pdf. 
(34) Sull�informazione dell�ambiente si v. CARAVITA B., I principi della politica comunitaria in 
materia ambientale, in Riv. giur. amb., 1991, pp. 207 ss.; DE CESARIS A.L., Informazione ambientale e 
accesso ai documenti amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1991, pp. 851 ss.; FAMELLI E. - LO PRESTI 
A., Diritto all�informazione ambientale, trasparenza della pubblica amministrazione e tecnologie informatiche, 
in Inf. dir., 1996, pp. 171 ss. 
(35) D�ATENA A., Materie legislative e tipologia delle competenze, in Quad. cost., 2003, pp. 15 
ss. 



tenze tra Unione europea e Stati membri oggi previsto dal Trattato sul Funzionamento 
dell�UE, sembra potersi affermare che anche, in ambito europeo, 
valgono le stesse considerazioni fatte sopra quanto alla natura di tale �materia�. 
Una precisazione � per� d�obbligo: a livello nazionale - come detto - la competenza 
legislativa in materia di coordinamento delle informazioni in possesso 
della Pubblica Amministrazione � attribuita in via esclusiva allo Stato, diversamente, 
il fatto che a livello europeo nessuna norma dei Trattati faccia riferimento 
al coordinamento de quo induce a ritenere che la competenza rimanga 
attribuita, in linea di principio, ai singoli Stati membri, ma l�Unione europea 
� senza dubbio legittimata dal sistema dei poteri impliciti ad esercitare il potere 
di legiferare su di una tale materia tutte le volte che ci� si profili come necessario. 
La Commissione europea, del resto, nella comunicazione COM (2014) 
451, dopo aver ritenuto di affermare che �i servizi operativi di scambio d�informazioni 
sulla sorveglianza marittima tra le autorit� rientrano nella competenza 
degli Stati membri�, non ha mancato di specificare che � comunque 
�necessario un intervento a livello di Unione in quanto lo scambio d�informazioni 
ha anche una dimensione transnazionale che di solito comporta una cooperazione 
a livello regionale o del bacino marino�. 

A questo punto, fermo che il coordinamento ricomprende anche la condivisione 
delle informazioni pubbliche, non pu� essere sottaciuto che la individuazione 
e l�assunzione delle misure idonee a prevenire od arginare i rischi 
insiti al verificarsi di taluni fenomeni naturali o antropici rivelati nelle acque 
sar� tanto pi� efficace quanto pi� le informazioni pubbliche in possesso delle 
competenti Autorit� vengano condivise. Ma la condivisione delle informazioni 
pubbliche potr� dirsi idonea ad assicurare una efficace sorveglianza dell�ambiente 
marino soltanto qualora le competenti autorit� siano disponibili ad osservare 
delle best practices atte ad individuare le giuste modalit� per il 
trattamento e la gestione dei dati e delle informazioni utili. Una condivisione 
informativa che si appalesi come scriteriata per via dell�assenza di archetipi 
comportamentali accettati da tutte le comunit� di utilizzatori si profilerebbe 
come causa di controversie tra Unione europea e Stati membri e, ancor pi�, 
tra questi ultimi e i privati cittadini (si pensi, a titolo d�esempio, alla illegittima 
condivisione di informazioni commerciali quali sono quelle che concernono 
il trasporto di merci realizzato, via mare, da un determinato vettore che ha 
tutto l�interesse a non fare sapere alle imprese concorrenti che operano nel settore 
del trasporto marittimo i dettagli della spedizione da essa realizzata per 
conto di un �cliente appetibile�). 

La creazione di un tale sistema di condivisione delle informazioni ha per� 
incontrato il suo principale ostacolo nella pluralit� di Soggetti che debbono 
essere, necessariamente, coinvolti nel processo decisionale. Come il �pi�� sta 
al �meno�, ad una pluralit� di settori strategici corrisponde un�altrettanta pluralit� 
di interessi (politici, economici e militari) spesse volte contrapposti e, 


non in ultimo, una ulteriore pluralit� di Soggetti (pubblici e privati) che di 
quegli interessi sono portatori e che, in quanto tali, si determinano ad agire 
con il dichiarato fine di garantire il pi� elevato soddisfacimento delle pretese 
e delle aspettative che a quegli interessi sono sottesi. 

In un quadro cos� complesso, per riuscire �a fare sintesi� era necessario 
attivare un iter procedimentale multifasico, nel quale tutti gli attori coinvolti 
fossero messi nelle condizioni di potere interloquire tra di loro (con i mezzi e 
nei modi consentiti o invalsi nella pratica) per riuscire ad individuare, e quindi 
convergere, sullo strumento e/o sulla strategia pi� congeniale per una pronta 
e sollecita soluzione del problema. La necessit� (rectius il dovere) di attivare 
dei meccanismi di dialogo tra tutte le parti coinvolte in una determinata iniziativa 
europea trova il suo pi� rilevante fondamento nel principio di �leale 
cooperazione� tra Istituzioni e Stati membri espressamente previsto dall�art. 
4, par. 3, TUE, che, nel richiamare esplicitamente il principio di leale cooperazione, 
ne individua il contenuto nella doverosa necessit� che �l�Unione e 
gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell�adempimento 
dei compiti derivanti dai Trattati�. Ma ancora pi� incisivamente, il contenuto 
del principio in questione � stato chiarito in una celebre sentenza della Corte 
di Giustizia dell�Unione europea, la quale ne ha precisato la portata nei seguenti 
termini: �Il principio di leale cooperazione non impone soltanto di rispettare 
le attribuzioni rispettivamente riconosciute alle Istituzioni europee e 
agli Stati membri, ma autorizza anche la messa in atto di procedure che permettano 
di assicurare il �buono svolgimento� del processo decisionale� (36). 
Quanto al significato da accordare al �buono svolgimento del processo decisionale
�, una autorevole dottrina � dell�avviso che alla locuzione (probabilmente 
troppo vaga e generica) di cui ha inteso avvalersi il Giudice europeo 
per tracciare il perimetro semantico del principio debba essere attribuito anche 
il significato di �garanzia del pluralismo�: il buono svolgimento del processo 
decisionale potr� dirsi, difatti, garantito soltanto qualora venga assicurata la 
pi� ampia compartecipazione decisionale a tutti i Soggetti interessati all�assunzione 
di una determinata decisione (37). 

(36) Corte di Giustizia UE, sentenza 30 marzo 1995, C-65/93, Parlamento c. Consiglio, in 
www.curia.europa.eu.it. 
(37) ADAM R. - TIZZANO A., Lineamenti di diritto dell�Unione europea, Torino, 2014, pp. 60-61. 
Sempre a proposito del principio di leale cooperazione, DRAETTA U., Elementi di diritto dell�unione europea. 
Parte Istituzionale. Ordinamento e struttura dell�Unione europea, Milano, 2009, p. 75, ha precisato 
che la norma contenuta nell�art. 4, par. 3 TUE Ǐ divenuta, di fatto, il fondamento di un obbligo 
degli Stati membri (autonomo rispetto a quello derivante dal principio pacta sunt servenda), che � stato 
da tempo definito dalla Corte come obbligo di leale cooperazione o di buona fede comunitaria. In ottemperanza 
a tale obbligo gli Stati membri, in sostanza, devono porre tutte le proprie strutture e meccanismi 
interni (organi legislativi, organi esecutivi e giudici nazionali) al servizio dell�interesse generale 
perseguito dall�UE, garantendo, anche attraverso misure non previste dal diritto nazionale, il raggiungimento 
del risultato voluto da quel particolare ordine giuridico che � quello dell�UE�. 



In perfetta linea di coincidenza con quanto sin qui si � detto, la realizzazione 
del CISE � stata preceduta dall�attivazione di procedimenti e di sub-procedimenti 
(consultivi e decisionali) che, in ossequio al principio di leale 
cooperazione, hanno visto attivamente coinvolti le Istituzioni europee e gli 
Stati membri. Soltanto al termine di un complesso procedimento decisionale, 
ampiamente condiviso, si � infatti giunti, in primo luogo, alla elaborazione di 
una �Tabella di marcia� da parte della Commissione europea e, secondariamente, 
alla progressiva attuazione (ancora in corso), ad opera di ciascuno Stato 
membro, delle singole fasi operative, indicate nel roadmap. 

7. L�avvio del processo decisionale da cui ha tratto origine la consapevolezza 
delle Istituzioni europee e degli Stati membri di dovere condividere le informazioni 
utili a garantire la salubrit� e la sicurezza dell�ambiente marino. La 
comunicazione della Commissione europea COM (2009) 538 �Verso l�integrazione 
della sorveglianza marittima: un sistema comune per la condivisione 
delle informazioni sul settore marittimo dell�UE�. 

Il sistema comune di condivisione delle informazioni relative al settore 
marittimo ha preso le mosse da una iniziativa del Consiglio dell�Unione europea 
- Affari generali del 8 dicembre 2008, per il tramite della quale la Commissione 
� stata invitata ad attivarsi per favorire una quanto pi� elevata 
interoperabilit� dei sistemi nazionali e comunitari preposti alla sorveglianza 
marittima, cos� da consentire di ottimizzare i costi per il compimento delle 
operazioni di sorveglianza marittima. 

Un tale sistema - come chiarito dalla stessa Commissione - dovrebbe essere 
in grado di �consentire alle autorit� degli Stati membri di utilizzare in 
modo pi� efficace le informazioni relative alla sorveglianza marittima�. Per 
poter realizzare ci�, la �via maestra� � stata identificata nella opportunit�/necessit� 
di elaborare, a livello comunitario, norme e standard comuni preordinati 
ad ottimizzare lo scambio di informazioni fra le diverse comunit� di 
utilizzatori, alle quali occorre riconoscere, fattivamente, la possibilit� di fornire 
e ricevere informazioni provenienti da sistemi e meccanismi di sicurezza internazionali, 
regionali, comunitari, militari e civili. Come � stato giustamente 
affermato, �quello del coordinamento, dell�uniformit� e della standardizzazione 
nelle attivit� di raccolta e di condivisione dei dati � un problema essenziale 
per i policy maker deputati alla gestione e alla realizzazione delle 
problematiche, sempre impellenti ed imprevedibili, che si affacciano nella cornice 
internazionale e comunitaria� (38), ma ci� malgrado le Autorit� competenti 
ad occuparsi del settore marittimo procedevano, sino a prima della 
elaborazione del CISE, alla raccolta e alla archiviazione dei dati e delle infor


(38) ROVITO C., La sorveglianza marittima nella politica marittima integrata dell�Unione europea, 
in www.dirittoambiente.net, 2012. 


mazioni utili per fronteggiare le problematiche del �mondo marino� in maniera 
autonoma e separata, atteggiandosi, per tal modo, come causa e vittime di 
sprechi ed inefficienze amministrative. 

In risposta all�invito del Consiglio, la Commissione europea, nell�avvalersi 
della consulenza del sottogruppo di esperti degli Stati membri sull�integrazione 
della sorveglianza marittima (c.d. �Gruppo di esperti degli Stati 
membri�), ha cos� adottato in data 15 ottobre 2009 la comunicazione �Verso 
l�integrazione della sorveglianza marittima: un sistema comune per la condivisione 
delle informazioni sul settore marittimo dell�UE� (39) con il dichiarato 
obiettivo di �esporre i principi guida per l�elaborazione di un sistema comune 
per la condivisione delle informazioni sul settore marittimo dell�UE e avviare 
il processo che porter� alla sua attuazione�. 

Nel documento in parola, sono stati, dapprima, illustrati i problemi che 
si pongono per la realizzazione di una tale sistema (quali la molteplicit� delle 
comunit� di utenti e operatori, la diversit� dei quadri giuridici, le minacce 
transfrontaliere e le disposizioni giuridiche specifiche) (40), e poi rimarcati 
i vantaggi che l�Unione europea e gli Stati membri avrebbero modo di conseguire 
dalla creazione di esso. Segnatamente, i vantaggi sono stati individuati: 
a) nella interoperabilit� (consentendo lo scambio di informazioni fra 
i sistemi di sorveglianza gi� operativi e quelli in fase di elaborazione da parte 
dell�Unione europea); b) nel miglioramento della conoscenza della situazione 
(potendo beneficiare, l�Unione europea e gli Stati membri, di una notevole 
quantit� di informazioni precise ed attendibili sullo stato delle acque 

(39) COM (2009)538 definitivo. 

(40) Nel testo della comunicazione � dato leggere quanto che �I problemi che attualmente pone 
l�elaborazione di un sistema comune per la condivisione delle informazioni sul settore marittimo dell�UE 
sono i seguenti. Molteplicit� delle comunit� di utenti e di operatori: sia a livello nazionale che a livello 
comunitario le autorit� nazionali responsabili della difesa, del controllo alle frontiere, delle dogane, del-
l�inquinamento marino, del controllo della pesca, della sicurezza e protezione in mare, della gestione 
del traffico navale, della risposta ad incidenti e calamit�, della ricerca e soccorso e dell�applicazione 
della legge raccolgono informazioni per finalit� proprie. Sebbene esistano i mezzi tecnologici per condividere 
tali informazioni in maniera utile, la maggior parte dei dati necessari per acquisire questa conoscenza 
della situazione marittima viene ancora raccolta a livello nazionale, comunitario e 
internazionale mediante numerosi sistemi settoriali. 
In alcuni casi le autorit� responsabili ignorano che informazioni simili sono raccolte da altri sistemi e 
autorit�, ma anche quando sono a conoscenza di questo fatto, non sono in grado di scambiarsi reciprocamente 
le informazioni in quanto solo alcune comunit� di utilizzatori dispongono delle norme, degli 
accordi e delle politiche necessari allo scambio di dati. Diversit� di quadri giuridici: le diverse attivit� 
di sorveglianza marittima rientrano nel campo di applicazione di ciascuno dei tre pilastri dell�UE. I sistemi 
di sorveglianza sono stati elaborati sulla base di normative settoriali internazionali e comunitarie. 
A prescindere dal quadro comunitario esistente, nulla dovrebbe impedire agli Stati membri di integrare 
le rispettive attivit� di sorveglianza marittima. Minacce transfrontaliere: le minacce cui devono far fronte 
gli Stati membri del settore marittimo dell�UE richiedono spesso un approccio transnazionale e talvolta 
transettoriale rafforzato, in particolare per quanto riguarda l�alto mare. Disposizioni giuridiche specifiche: 
la normativa internazionale e comunitaria disciplina le attivit� di sorveglianza marittima in alto mare e 
con riguardo al trattamento dei dati personali, confidenziali o riservati�. 


e sulle condotte in esse concretate); c) nella efficienza (consentendo la creazione 
di una �banca dati� unitaria e comune capace di evitare la inutile e 
spesse volte dispendiosa duplicazione dei processi di raccolta di dati ed informazioni); 
d) nella sussidiariet� (consentendo agli Stati membri di creare 
un meccanismo unico di coordinamento attraverso il quale procedere alla 
verifica delle informazioni raccolte dalle Agenzie nazionali e da ogni altro 
operatore nazionale e, se del caso, gestire i diritti di accesso dei terzi alla informazioni 
raccolte) (41). 

7.1. (segue) La presentazione della comunicazione COM (2009) 538 al Consiglio 
dell�Unione europea - Affari Generali e le relative conclusioni del 14 
giugno 2010 con cui � stata fissata una precisa scansione temporale per la 
elaborazione di una tabella di marcia. 

La Commissione europea, nell�intento di garantire un processo decisionale 
all�interno del quale fosse stato possibile dare rilievo agli interessi del-
l�Unione europea e dei singoli Stati membri, si � cos� determinata a sottoporre 

(41) Tra gli altri significativi aspetti che la Commissione ha ritenuto di dover affrontare nella 
COM(2009) 538, meritano di essere segnalate anche le considerazioni svolte nel paragrafo 4.1.1. rubricato 
�Altri aspetti da considerare�, ove vengono chiariti gli aspetti che potranno garantire il successo 
del sistema nei seguenti termini: �Un sistema flessibile per la condivisione delle informazioni: il sistema 
comune per la condivisione delle informazioni deve essere sufficientemente sicuro, ma al tempo stesso 
abbastanza flessibile da adattarsi alle nuove esigenze e situazioni degli utilizzatori. Questa constatazione 
mette in evidenza la necessit� che ciascuna comunit� di utilizzatori partecipante al sistema comune per 
la condivisione delle informazioni possa avere accesso a quante pi� informazioni possibile in modo da 
elaborare il quadro della situazione che meglio risponda alle proprie esigenze operative. Tale necessit� 
� stata ad esempio individuata nelle operazioni congiunte Frontex per prevenire attivit� illegali alle frontiere 
esterne meridionali dell�UE. Un accesso a informazioni complete per migliorare il processo decisionale: 
la capacit� decisionale pu� essere migliorata solo con il contributo di tutte le comunit�. Ad 
esempio, lo scambio di informazioni deve avvenire in entrambe le direzioni fra le autorit� civili e le 
forze di difesa nel rispetto delle norme per la sicurezza delle informazioni�. 
Parimenti significativo � il paragrafo 4.1.2 rubricato �Raccomandazioni�, nel quale � dato cos� leggere: 
�Evitare la duplicazione dei dati: i dati relativi al monitoraggio del traffico devono essere diffusi solo 
una volta mediante il sistema Safe-Sea-Net. Questi stessi dati potrebbero poi essere messi a disposizione 
di tutti gli utilizzatori riconosciuti, compreso il settore della difesa, conformemente al quadro giuridico 
UE esistente o alle sue eventuali modifiche. Interoperabilit� fra le comunit� degli utilizzatori dell�UE: 
affinch� le forze armate dell�UE possano sostenere il settore civile nell�ambito della sicurezza e della 
protezione in mare, compresi gli interventi di gestione delle calamit�, � necessario migliorare l�interoperabilit� 
e il collegamento di tutti i partecipanti a livello nazionale. Coordinamento nazionale: la gestione 
delle questioni inerenti alla sorveglianza marittima va migliorata in primo luogo a livello 
nazionale. A tal fine si raccomanda che le autorit� che fungono gi� da centri di informazione settoriali 
servano da interfacce nel sistema comune per la condivisione delle informazioni. Cooperazione internazionale 
e regionale: parallelamente alla creazione di interfacce fra i diversi sistemi di sorveglianza 
marittima all�interno dell�UE, occorre esaminare con attenzione la possibilit� di condividere determinati 
elementi di informazione con i paesi terzi. In tal caso si devono prendere in considerazione le questioni 
legate alla sicurezza e alla reciprocit� di tali informazioni. I cinque bacini marittimi regionali (Mar Baltico, 
Mare del Nord, Oceano Atlantico, Mar Mediterraneo e Mar Nero) e le regioni ultraperiferiche costituiscono 
una vasta zona esposta a minacce specifiche, per rispondere adeguatamente alle quali sono 
necessari ulteriori sforzi�. 


la comunicazione del 15 ottobre 2009, n. 538 all�attenzione dei competenti 
ministri riuniti in seno al Consiglio dell�Unione europea - Affari Generali, di 
modo da consentire a questi di valutare e discutere in ordine ai rilevanti vantaggi 
che sarebbe stato possibile conseguire. 

Le conclusioni del Consiglio, rassegnate il 17 novembre 2009 (42), hanno 
fatto trasparire, in maniera inequivocabile, la straordinaria attenzione riservata 
dagli Stati membri alla tematica della sicurezza marittima, al punto da indirizzare 
parole di incoraggiamento nei confronti della Commissione per una 
quanto pi� sollecita realizzazione della tabella di marcia con cui individuare 
le singole fasi nel rispetto delle quali giungere alla concreta realizzazione di 
un sistema comune di condivisione delle informazioni relative alla sicurezza 
marittima (CISE). Nelle conclusioni, il Consiglio, dopo avere incoraggiato 
�il gruppo di esperti degli Stati membri sull�integrazione della sorveglianza 
marittima, istituito presso la Commissione, a continuare a lavorare alla tabella 
di marcia per la creazione di un sistema comune per la condivisione delle informazioni 
sul settore marittimo dell�UE, in collaborazione con i rispettivi 
gruppi settoriali� e sollecitato �la cooperazione adeguata tra i settori civile e 
militare in tale contesto� � giunto ad esortare �la Commissione a ultimare, in 
collaborazione con gli Stati membri, la succitata tabella di marcia entro il 2010 
e a sottoporla al Consiglio� (43). 

Le parole di vibrante incoraggiamento che il Consiglio dell�Unione europea 
ha consacrato formalmente nelle proprie conclusioni hanno costituito 
quel fondamentale endorcement che i Governi dei singoli Stati membri hanno 

(42) Il testo integrale delle conclusioni del Consiglio dell�Unione europea sulla opportunit� di 
realizzare una tabella di marcia per la realizzazione di un sistema comune di condivisione delle informazioni 
riguardanti la sicurezza marittima � consultabile all�indirizzo 
http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2010300%202010%20INIT. 

(43) Nelle conclusioni del 14 luglio 2010, si � disposto, per quel che qui rileva, che il Consiglio 
�INCORAGGIA il gruppo di esperti degli Stati membri sull'integrazione della sorveglianza marittima, 
istituito presso la Commissione, a continuare a lavorare alla tabella di marcia per la creazione di un sistema 
comune per la condivisione delle informazioni sul settore marittimo dell'UE, in collaborazione 
con i rispettivi gruppi settoriali; INCORAGGIA la cooperazione adeguata tra i settori civile e militare 
in tale contesto; ESORTA la Commissione a ultimare, in collaborazione con gli Stati membri, la succitata 
tabella di marcia entro il 2010 e a sottoporla al Consiglio. La tabella di marcia sarebbe ulteriormente 
dettagliata nel 2011 al fine di tener conto dei risultati dei progetti intersettoriali e transfrontalieri e dei 
progetti di ricerca e sviluppo pertinenti, in particolare dei progetti pilota e degli insegnamenti tratti dalle 
operazioni PESD sulla sorveglianza marittima integrata. RAMMENTANDO le conclusioni del Consiglio 
del 26 aprile 20109, la tabella di marcia dovrebbe inoltre, ove opportuno, tener conto di qualsiasi altro 
contributo pertinente come ad esempio i lavori del gruppo di esperti (Wise Pen); SI COMPIACE dei 
progetti di sorveglianza in corso e dell�avvio promettente dei due progetti pilota BlueMassMed e Marsuno, 
che forniscono tra l'altro la base politica necessaria alla volont� di una maggiore cooperazione in 
materia; SOLLECITA affinch� i due progetti spronino al raggiungimento della necessaria coerenza tra 
le molteplici iniziative prese nel settore; e RACCOMANDA di esplorare maggiormente la possibilit� 
di elaborare un progetto nell�Oceano Atlantico e nel Mar Nero�. Per una lettura integrale delle conclusioni, 
il documento � consultabile all�indirizzo 
http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=EN&f=ST%2010300%202010%20INIT. 


inteso dare alla scelta dell�Unione Europea di creare un sistema di condivisone 
delle informazioni marittime attraverso il quale contribuire a garantire - in 
cooperazione con gli Stati membri - la sicurezza delle acque europee; una cooperazione 
che ivi si atteggia come necessaria, giacch� l�Unione europea, da 
sola, �non pu� garantire la sicurezza marittima globale� (44). 

� allora evidente che il CISE pu� considerarsi un�iniziativa europea la 
cui attuazione � subordinata alla effettiva disponibilit� degli Stati membri a 
cooperare, lealmente, tra di loro e con le Istituzioni europee per curare un interesse 
pubblico, qual � quello della sicurezza marittima, che, a causa delle 
caratteristiche morfologiche dell�ambiente marino (quale spazio liberamente 
accessibile, esteso e privo di barriere fisiche) rischierebbe di rimanere insoddisfatto, 
con non poche ricadute critiche sugli equilibri economici internazionali, 
sulla salvaguardia della fauna e della flora e, ancor di pi�, sulla sicurezza 
e sull�ordine pubblico. 

7.2. (segue) La comunicazione della Commissione COM (2010) 584 relativa 
a un progetto di �tabella di marcia� per la creazione di un sistema comune 
per la condivisione delle informazioni ai fini della sorveglianza del settore 
marittimo dell'UE. 

Nel pieno rispetto della esortazione che il Consiglio dell�Unione europea 
ha inteso indirizzare alla Commissione con le sopramenzionate conclusioni 
del 14 giugno 2010, quest�ultima ha proceduto, avvalendosi della coadiuzione 
di un Gruppo di esperti, alla elaborazione della tabella di marcia atta a individuare 
le singole fasi in ottemperanza delle quali creare il sistema comune per 
la condivisione delle informazioni ai fini della sorveglianza marittima. Dopo 
solo pochi giorni dalle conclusioni del Consiglio, il 20 giugno 2010 la Commissione 
ha elaborato la tabella di marcia con la comunicazione COM(2010) 
584 (45), presentandola al Consiglio medesimo e al Parlamento europeo. 

In questa comunicazione sono stati innanzitutto illustrati i profili generali 
del CISE. Per tal modo, dopo essere stato premesso che la variet� di contesti 
giuridici rende davvero improbabile che una soluzione tecnica unica 
possa essere idonea a consentire lo scambio di qualsiasi tipologia di informazioni 
all�interno del CISE, si � precisato che, proprio per una tale ragione, 
l�architettura del sistema deve essere concepita come una �interconnessione 
decentrata, con un buon rapporto costi-efficacia, fra diversi livelli di informazione, 
che aumenti l�efficienza dei sistemi di sorveglianza marittima colmando 
le lacune esistenti in materia di informazione ed evitando di creare 

(44) Risoluzione del Parlamento europeo del 12 settembre 2013 sulla dimensione marittima della 
politica di sicurezza e di difesa comune (2012/2318(INI)), p. 4. 

(45) Il testo integrale della comunicazione COM(2010) 584 definitivo � consultabile all�indirizzo 

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0584:FIN:EN:PDF. 


una duplicazione dei dati�. Una volta svolte le considerazioni di ordine generale, 
nella comunicazione de qua si � poi proceduto ad illustrare le sei fasi 
da dovere progressivamente attuare al fine di una coordinata e proficua realizzazione 
del CISE. 

La prima fase � volta ad indentificare le comunit� di utilizzatori delle informazioni 
relative alla sicurezza marittima. Come si � gi� avuto modo di dire, 
il mare � una risorsa strategica che rileva sotto plurimi e molteplici profili 
(dalla tutela dell�ambiente marino, alla regolazione delle attivit� di pesca, al 
controllo delle dogane, alla prevenzione e repressione dei reati perpetrati via 
mare, etc.), cos� che la cura di ciascuno dei settori connessi all�ambiente marino 
si presenta, in ogni singolo Stato membro, come la prerogativa attribuita 
ad una determinata Autorit� (ad es., quanto all�Italia, la Guardia Costiera, il 
Ministero della Difesa, l�Agenzia delle Dogane, il Ministero dell�Interno, le 
Autorit� giudiziarie, etc.). Nell�intento di evitare fenomeni di confusione e disorganizzazione, 
sotto il profilo dei Soggetti che avranno l�onere di ricevere 
e/o trasmettere le informazioni relative all�ambiente marino e alla sicurezza 
marittima, la Commissione ha quindi enumerato le �funzioni� in rapporto alle 
quali ciascuno Stato membro dovr� identificare le sette comunit� di utenti 
(46). Esse sono: 1) sicurezza marittima (inclusi la ricerca e il salvataggio in 
mare), protezione marittima e prevenzione dell�inquinamento provocato dalle 
navi (47); 2) il controllo delle attivit� di pesca (48); 3) la preparazione e capacit� 
di intervento in caso di inquinamento marino (49); 4) le dogane (50); 5) 
il controllo delle frontiere (51); 6) l�applicazione della legge in generale (52); 
7) la difesa (53). 

(46) In proposito, nella comunicazione COM(2010) 584 si legge che �ciascuno Stato membro 
deve identificare la o le autorit� che svolgono le funzioni sopra menzionate. Per ogni funzione pu� essere 
indicata pi� di un�autorit�. Le autorit� cos� identificate saranno riconosciute come membri della comunit� 
di utilizzatori e come tali avranno diritto a �fornire e/o ricevere informazioni a livello nazionale provenienti 
da sistemi e meccanismi di sicurezza internazionali, regionali, comunitari, militari e interni, in 
linea con le condizioni di utilizzo e i diritti di accesso degli utilizzatori predefiniti, al fine di elaborare 
un quadro della situazione rispondente ai propri criteri� (principio 1 della comunicazione del 2009). 
Ciascuna autorit� cos� identificata dovr� inoltre segnalare la sua eventuale appartenenza a una rete nazionale, 
regionale o europea e indicare gli altri membri di tale rete�. 
(47) La funzione SICUREZZA MARITTIMA comprende le seguenti attivit�: �Controllo del rispetto 
della normativa in materia di sicurezza e prevenzione dell'inquinamento provocato dalle navi (costruzione, 
attrezzature, equipaggio/passeggeri, cargo); sostegno alle operazioni volte all'applicazione 
della legge. Controllo del rispetto della normativa sulla sicurezza della navigazione (sicurezza del traffico 
marittimo); sostegno alle operazioni volte all�applicazione della legge. Controllo del rispetto della normativa 
sulla sicurezza delle navi; sostegno alle operazioni volte all�applicazione della legge. Azioni a 
favore della sicurezza e della fluidit� del traffico marittimo; gestione del traffico marittimo. Allarme 
tempestivo/identificazione delle navi e persone in difficolt�; sostegno alle operazioni di soccorso (ricerca 
e salvataggio, recupero, luoghi di rifugio). Allarme tempestivo/identificazione delle minacce alla sicurezza 
marittima nel quadro della convenzione SOLAS, capitolo XI-2; sostegno alle operazioni di intervento. 
Allarme tempestivo/identificazione delle minacce/atti di pirateria o attacchi armati; sostegno alle 
operazioni di intervento�. 



Mediante la seconda fase, invece, si intende procedere alla mappatura dei 
dati, nonch� del divario esistente tra l�offerta e la domanda di informazioni relative 
all�ambiente marino per il conseguimento della dichiarata finalit� di identificare, 
ad opera di ciascuna comunit� di utilizzatori, �i dati di sorveglianza 
pertinenti di cui attualmente si dispone (mappatura dell'offerta) e quelli che si 
vorrebbe ricevere da altre comunit� (mappatura della domanda), indicando per 
ciascuna serie di dati la base giuridica corrispondente e l�eventuale presenza di 
informazioni che costituiscono dati a carattere personale o informazioni coperte 
da diritti di propriet� intellettuale (DPI) o da qualsiasi altro vincolo giuridico�. 
Un tale compito dovr� essere facilitato da un gruppo tecnico consultivo multi-
disciplinare ad hoc (GTC) composto da rappresentanti di ciascuna comunit� di 
utilizzatori, un rappresentante di Bluemassmed e Marsuno nonch� rappresentanti 
delle agenzie e delle iniziative dell�UE pertinenti, il quale sar� assistito 
nel proprio compito dal Centro comune di ricerca della Commissione europea. 

La terza fase si sostanzia, poi, nella creazione di tecniche comuni di classificazione 
dei dati immagazzinati da ciascuna delle Autorit� mediante �la 
elaborazione di un raffronto sinottico con riguardo all�attribuzione di livelli 
di classificazione (ad. UE Riservato, UE Riservatissimo, ecc.) e con la �verifica, 
da parte delle comunit� di utilizzatori, delle pratiche attualmente in 
uso con riguardo all�attribuzione dei livelli di classificazione alle serie di dati 
interessati�. 

(48) La funzione CONTROLLO DELLA ATTIVIT� DI PESCA comprende le seguenti attivit�: 
�Controllo del rispetto delle norme in materia di pesca; sostegno alle operazioni volte all'applicazione 
della legge. Allarme tempestivo/identificazione delle attivit� di pesca o degli sbarchi di pesce illegali; 
sostegno alle operazioni di intervento�. 
(49) La funzione CAPACIT� DI INTERVENTO IN CASO DI INQUINAMENTO MARINO 
comprende le seguenti attivit�: �Controllo del rispetto delle norme sulla protezione dell'ambiente marino; 
sostegno alle operazioni volte all'applicazione della legge. Allarme tempestivo/identificazione degli incidenti/
eventi che possono avere conseguenze ambientali; sostegno alle operazioni di intervento in caso 
di inquinamento�. 
(50) Le funzione DOGANE comprende le seguenti attivit�: �Controllo del rispetto delle norme 
doganali relative all'importazione, esportazione e movimentazione delle merci; sostegno alle operazioni 
volte all'applicazione della legge. Allarme tempestivo/identificazione dei traffici illeciti di merci (stupefacenti, 
armi, ecc.); sostegno alle operazioni di intervento�. 
(51) La funzione CONTROLLO DELLE FRONTIERE comprende le seguenti attivit�: �Controllo 
del rispetto delle norme in materia di immigrazione e attraversamento delle frontiere; sostegno alle operazioni 
volte all'applicazione della legge. Allarme tempestivo/identificazione delle operazioni di immigrazione 
clandestina o traffico di esseri umani; sostegno alle operazioni di intervento�. 
(52) La funzione APPLICAZIONE DELLA LEGGE IN GENERALE comprende le seguenti attivit�: 
�Controllo del rispetto delle norme applicabili nelle zone marittime in cui le parti interessate dispongono 
di competenze in materia di sorveglianza e repressione; sostegno alle operazioni volte 
all'applicazione della legge e/o alle operazioni di intervento�. 
(53) La funzione DIFESA comprende le seguenti attivit�: �Controllo a sostegno di mansioni di 
difesa generale, quali: esercizio della sovranit� nazionale in mare; lotta al terrorismo e ad altre attivit� 
ostili al di fuori dell'UE; altre mansioni nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune, quali 
definite agli articoli 42 e 43 del trattato UE�. 



Con la quarta fase, inoltre, si intende creare un quadro di assistenza del 
CISE attraverso la elaborazione di un linguaggio informatico comune idoneo 
a consentire alle comunit� di utilizzatori di tradurre i dati provenienti dai propri 
sistemi in un formato concordato accessibile a tutte le comunit� di utilizzatori 
e leggibile da qualsiasi sistema informatico autorizzato ad accedere alla rete 
secondo un sistema open source. � intuibile che il principale vantaggio di una 
scelta siffatta � quello di garantire alle comunit� di utilizzatori di poter operare 
in un ambiente comune per la condivisione delle informazioni secondo modalit� 
relativamente semplici (evitando un grosso lavoro di standardizzazione 
fra i diversi sistemi di sorveglianza) da elaborare passo per passo a partire 
dalle informazioni che si prestano maggiormente ad essere condivise. 

La quinta fase consiste nel determinare i diritti di accesso alle informazioni 
di cui � in possesso ciascuna comunit� di utilizzatori, le quali dovranno 
stabilire, sulla base di un formulario tipo, i diritti di accesso che sono disposti 
a concedere alle altre comunit� per ogni serie di dati (UE o nazionali) che ritengono 
di potere condividere con le altre comunit� di utilizzatori. 

In ultimo, con la sesta fase si mira a realizzare un quadro giuridico coerente 
ed uniforme che possa consentire di superare le limitazioni esistenti previste 
dalla normativa in materia di trattamento dei dati di cui constano i diversi 
ordinamenti giuridici dei singoli Stati membri. 

Soltanto portando a compimento la scansione fasica elaborata dalla Commissione 
europea sar� possibile realizzare compiutamente un sistema di condivisione 
delle informazioni inerenti la sicurezza marittima che, di l� da una 
sua esistenza meramente formale, possa essere concretamente azionato da tutte 
le competenti Autorit� per il conseguimento dei plurimi scopi per i quali � 
stato ideato. 

8. Lo stato attuale del processo collaborativo per la realizzazione del sistema 
comune di condivisione delle informazioni utili alla sicurezza marittima integrata 
(CISE). I risultati ottenuti e le successive tappe da attuare. La comunicazione 
della Commissione COM (2014) 451 �Rafforzare la cooperazione tra 
le autorit� di sorveglianza marittima per un�azione consapevole ed efficace: 
le prossime tappe nell�ambito del sistema comune per la condivisione delle 
informazioni sul settore marittimo dell�UE�. 

Il CISE � un �processo collaborativo� la cui concreta realizzazione non 
� ancora stata portata a compimento a causa della sua complessit� tecnica e 
dei numerosi ostacoli giuridici, istituzionali e politici che ad esso si frappongono. 
Delle fasi che sono state indicate dalla Commissione europea nella �tabella 
di marcia� elaborata all�interno della comunicazione COM (2010) 584 
ne sono state portate a compimento soltanto alcune, ma in maniera �indiretta� 
ed �incidentale�. Cio� mediante la partecipazione, da parte degli Stati membri, 
a taluni progetti piloti che, nell�essere pure preordinati a potenziare la sicurezza 


marittima e, nel basarsi anch�essi sulla condivisione delle informazioni in possesso 
delle plurime Autorit� competenti, hanno offerto delle importanti indicazioni 
circa i vantaggi che potranno derivare dal CISE; si tratta dei progetti 
�BlueMassMed�, �MARSUNO� e �Cooperazione� (54). 

Ci� nonostante, � per� certo che la straordinaria importanza che il CISE 
riveste nell�ambito della politica marittima europea ha fatto s� che la Commissione 
europea tornasse ad occuparsi dello stesso in una sua recente comunicazione 
del 8 luglio 2014: la comunicazione COM (2014) 451 
�Rafforzare la cooperazione tra le autorit� di sorveglianza marittima per 
un�azione pi� consapevole ed efficace: le prossime tappe nell�ambito del sistema 
comune per la condivisione delle informazioni sul settore marittimo 
dell�UE�. Si tratta di una comunicazione contraddistinta, ictu oculi, da un 
contenuto ibrido, in quanto a tratti �compilativo-estimatorio� ad altri �propositivo-
programmattico�. La Commissione europea, per quel che concerne 
la parte �compilativo-estimatoria�, si � prodigata nello specificare i vantaggi 
ottenuti sinora dalla attuazione di alcune delle fasi indicate nella roadmap 
del 2010, affermando che un maggiore e pi� efficace scambio di informazioni 
consentir� ai Soggetti interessati di: a) rafforzare la conoscenza della situazione 
in mare cos� da riuscire a prevenire, a prepararsi e a reagire adeguatamente 
agli incidenti sul fronte della sicurezza marittima connessi alla 
criminalit� organizzata transfrontaliera (ad esempio traffici illeciti, pesca illegale, 
pirateria e rapine a mano armata, terrorismo), alla sicurezza marittima, 
agli scarichi illegali in mare e all'inquinamento marino; b) ridurre lo sforzo 
di raccolta dei dati; c) ridurre i costi amministrativi e operativi delle attivit� 
di sorveglianza marittima (55). 

(54) Come � stato evidenziato dalla Commissione europea nella comunicazione COM (2014)451: 
�Gli Stati membri che partecipano al progetto BlueMassMed (Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo 
e Spagna) hanno sviluppato il concetto di �nodi TI� che in futuro potranno avere funzione di poli nazionali 
d�informazione. Gli Stati membri che partecipano al progetto MARSUNO (Svezia, Belgio, Estonia, 
Finlandia, Francia, Germania, Lettonia, Lituania, Norvegia e Polonia con la Russia in qualit� d�osservatore) 
hanno compiuto progressi in particolare nel riesame della situazione giuridica e hanno presentato 
proposte per un�eventuale struttura di gestione. Gli Stati membri che partecipano al progetto Cooperazione 
(Finlandia, Bulgaria, Estonia, Francia, Germania, Irlanda, Norvegia, Portogallo, Romania, Svezia 
e Spagna) hanno calcolato il potenziale valore aggiunto del CISE marittimo in scenari reali di sorveglianza 
marittima. Hanno altres� condotto uno studio sui diritti d�accesso delle autorit� allo scambio 
d�informazioni, sviluppando il concetto di �lingua informatica comune� flessibile (modello comune di 
dati) che si pu� usare, all�occorrenza, per assicurare l�interoperabilit� dei sistemi di informazione relativi 
alla sorveglianza�. 
(55) Nello specifico, all�interno della comunicazione COM (2014) 451 consultabile in 
http://eurlex.europa.eu/legalcontent/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52014DC0451&fr m=IT, � scritto che 
�I risultati ottenuti finora hanno dimostrato che il CISE marittimo pu� portare una serie di vantaggi evidenti. 
In particolare, un maggiore scambio delle informazioni � una condizione importante per conseguire 
gli obiettivi seguenti: rafforzare la conoscenza e disporre di un miglior quadro della situazione in mare 
in modo da prevenire, prepararsi e reagire adeguatamente agli incidenti sul fronte della sicurezza marittima 
connessi alla criminalit� organizzata transfrontaliera (ad esempio traffici illeciti, pesca illegale, 



Ma i contenuti pi� interessanti della comunicazione sono, indubbiamente, 
quelli di tipo �propositivo-programmattico�, giacch� da essi trapelano, oltre 
alla ferma intenzione della Commissione europea di portare a compimento 
quanto iniziato, anche le linee operative che essa intender� seguire assieme 
agli Stati membri nel dichiarato intento di migliorare la sicurezza dei mari e 
degli oceani d�Europa attraverso la condivisione delle informazioni. Preso atto 
dei risultati positivi che sono stati raggiunti e che continueranno ad essere con-
seguiti grazie alla attuazione delle fasi indicate nella �tabella di marcia�, � 
stato affermato che: a) verr� lanciato (cosa in verit� gi� avvenuta), nell�ambito 
del Settimo programma quadro di ricerca dell�UE (FP7), un progetto per provare 
la efficacia del CISE quanto alla scambio intersettoriale di informazioni 
tra Autorit� civili e militari: b) sar� realizzato, entro il 2016, un manuale non 
vincolante recante buone prassi e indicazioni sulle modalit� di applicazione 
del CISE; c) saranno elaborate delle soluzioni informatiche per realizzare un 
modello comune di dati basato su tecnologie informatiche ed elettroniche conformi 
al diritto europeo; d) incoragger� gli Stati membri ad attuare un significativo 
ammodernamento dei propri sistemi informatici di sorveglianza 
marittima; e) solleciter� gli Stati membri ad indurre le Autorit� competenti a 
cercare soluzioni idonee a garantire la protezione dei dati; f) riesaminer� la 
legislazione settoriale per rimuovere eventuali ostacoli giuridici alla condivisone 
delle informazioni intersettoriali; g) rifletter�, assieme agli Stati membri, 
sulle strutture amministrative necessarie per gestire il CISE marittimo. 

Non vՏ dubbio che quello soprariportato, � un elenco di adempimenti ed 
iniziative sicuramente destinato ad essere integrato, non foss�altro che la stessa 
Commissione si � impegnata ad avviare entro il 2018 un processo di revisione 
per valutare l�attuazione del CISE marittimo da parte dei singoli Stati membri. 
Ad ogni modo, non pare possa dubitarsi che qualora gli Stati membri manife


pirateria e rapine a mano armata, terrorismo), alla sicurezza marittima, agli scarichi illegali in mare e 
all�inquinamento marino accidentale. Dalle valutazioni cui partecipano gli esperti degli Stati membri � 
risultato che le autorit� gestirebbero assai meglio le attivit� di sorveglianza marittima se tutte le informazioni 
pertinenti fossero a loro disposizione durante la programmazione e l'esecuzione delle operazioni. 
In questo modo si potrebbe arrivare a ridurre del 30% in media i rischi e le minacce. Un esempio potrebbe 
essere lo scambio d�informazioni tra autorit� militari e civili sull�afflusso di migranti verso lo spazio 
Schengen attraverso il Mediterraneo; o ancora, la sorveglianza generale e gli strumenti di gestione delle 
emergenze intorno ad un bacino marittimo potrebbero venire interconnessi con un semplice �click� in 
caso di emergenza; sostanziale riduzione dello sforzo di raccolta dei dati. I portatori d�interesse hanno 
segnalato la presenza di una forte domanda di pi� ampio scambio d�informazioni, in particolare tra autorit� 
militari e civili, in quanto pi� del 40% dei dati dell�UE � raccolto da varie autorit� nello stesso 
tempo, ad esempio le informazioni su obiettivi non cooperativi e sull�identificazione delle navi; riduzione 
dei costi amministrativi e operativi delle attivit� di sorveglianza marittima. Dai calcoli degli esperti degli 
Stati membri risulta che il potenziale risparmio generato dal potenziamento dello scambio d�informazioni 
nell'economia europea potrebbe aggirarsi intorno ai 400 milioni di EUR all'anno, mentre il risparmio 
diretto delle autorit� pubbliche sarebbe di almeno 40 milioni di EUR all�anno. Le spese d�investimento 
corrispondenti ammonterebbero a circa 10 milioni di EUR all�anno per i primi dieci anni�. 


stino un atteggiamento di piena rispondenza al principio di leale cooperazione, 
il CISE marittimo sar� destinato a diventare un progetto non soltanto allettante 
sulla �carta�, bens� notevolmente utile nel pratico operare delle competenti 
Autorit� marittime (europee e nazionali, civili e militari). 

9. Considerazioni conclusive. 

Formulare delle considerazioni conclusive - quand�anche brevi - sul sistema 
comune di condivisione delle informazioni relative alla sicurezza marittima 
europea � impresa tanto azzardata quanto improficua. Questo perch� 
il CISE marittimo � un�iniziativa europea ben confezionata nella sua dimensione 
teorica, ma ancora da realizzare sul piano pratico. I vantaggi che potr� 
assicurare e gli ostacoli (di vario ordine e natura) che possono rallentarne o 
addirittura impedirne la realizzazione sono stati bene individuati dalla Commissione 
europea. Tuttavia, dal momento che non si pu� non cogliere la attendibilit� 
dell�affermazione enfatica del filosofo svizzero Henri-Fr�d�ric 
Amiel, secondo il quale �vivere non � concepire ci� che bisogna fare, � farlo�, 
non si pu� parimenti ignorare che, allo stesso modo di quanto accade durante 
i lavori cantieristici necessari per la costruzione degli ambiziosi progetti del-
l�ingegneria moderna, � indubbio che gli attori istituzionali coinvolti in questo 
progetto prenderanno contezza delle difficolt� che sussistono per la creazione 
del CISE, mano a mano che procederanno a dare attuazione alle singole fasi 
indicate nella �tabella di marcia� creata dalla Commissione. 

Va da s� che quelle svolte in questa sede pi� che appartenere al mondo 
pragmatico delle considerazioni scientifiche su di un determinato istituto, assumono 
la portata, assai pi� onirica, e quindi opinabile, delle suggestioni e 
delle prime, primissime, impressioni che possono aversi su un progetto complesso 
ancora da realizzare. Se questo �, l�impressione che si ha dalla lettura 
degli atti della Commissione europea � il frutto di un sentimento misto: entusiasmo 
da una parte e scetticismo dall�altra. 

L�entusiasmo discende dal fatto che ci si trova in presenza di un progetto 
che, qualora portato a compimento, sar� sicuramente in grado di generare benefici 
(patrimoniali e non patrimoniali) per tutti i cittadini dell�Unione europea. 
Di fatti, se � vero che ad un pi� penetrante ed incisivo controllo corrispondono 
maggiori standard di sicurezza, se ne ricava che con la compiuta creazione 
del CISE le acque europee diventerebbero assai pi� sicure sia quanto alla salubrit� 
di esse, sia quanto alle attivit� che vi potranno essere espletate; si ridurr�, 
notevolmente, la possibilit� per chiunque di porre in essere condotte 
illecite, come lo scarico abusivo di materiali nocivi e cancerogeni, la pesca 
realizzata in zone marine e/o con tecniche vietate dal diritto europeo, la migrazione 
clandestina, il traffico di sostanze stupefacenti e di animali, etc. 

Nondimeno, dalla condivisione delle informazioni da parte delle singole 
Autorit� competenti, i cittadini europei finirebbero col beneficiare anche di 


vantaggi di natura patrimoniale, quali quelli derivanti da una minore pressione 
fiscale connessa alla riduzione dei costi che le Amministrazioni Pubbliche dovrebbero 
sopportare per la raccolta e la gestione dei dati utili a prevenire o reprimere 
i fenomeni marittimi. Senza che si debba ricorrere a chiss� quale 
complesso algoritmo macroeconomico, � lapalissiano che un sistema in cui 
una Autorit� marittima ha la possibilit� di chiedere ad altra Autorit� (dello 
stesso Stato cos� come di altro Stato membro) la ricezione di una informazione 
utile alla prevenzione e/o repressione di un fenomeno marittimo comporta, 
per l�Autorit� richiedente e per i cittadini che contribuiscono - attraverso i 
meccanismi propri del sistema fiscale-contributivo - al finanziamento di essa, 
un costo decisamente minore rispetto a quello che dovrebbe essere sopportato 
qualora l�Autorit� di cui trattasi fosse costretta (a causa di una rigida assenza 
di intercomunicabilit�) ad attivare, pi� e pi� volte, dei procedimenti amministrativi 
finalizzati alla raccolta di informazioni gi� esistenti. 

Lo scetticismo � invece connesso alla circostanza che il CISE � un progetto 
che si fonda interamente sul principio di leale cooperazione europea. 
Non � certo questa la sede per analizzare la portata di tale principio; valga 
per� ricordare che le plurime interpretazioni che ne sono state fornite possono 
essere ricondotte - sia pure con qualche ovvia imprecisione dovuta alla semplificazione 
classificatoria - su due posizioni: quella (meno recente) che considera 
il principio di leale cooperazione come una sorta di aulico sermone, di 
principio lirico privo di cogenza giuridica, e quella (pi� recente) che considera 
il principio di leale cooperazione come fonte di un obbligo giuridico (56). 
Bench� tra le due opposte teoretiche debba essere accordata prevalenza alla 
seconda, il principio di leale cooperazione europea, a causa della sua palpabile 
astrattezza, si presta, a rigore, ad essere soggetto a varie forme di elusione da 
parte degli Stati membri, in specie nel lungo periodo. Si vuole dire che l�ana


(56) Sul principio di leale cooperazione europea si v. SPADARO A., Sui principi di continuit� del-
l�ordinamento, di sussidiariet� e di cooperazione fra Comunit�/Unione europea, Stato e Regioni, in Riv. 
trim. dir. pubb., 1994; BIFULCO R., La Cooperazione nello Stato unitario composto, 1995; CASTORINA 
E., Certezza del diritto e ordinamento europeo: riflessioni intorno ad un principio comune, in Riv. it. 
dir. pubbl. com., 1998; GAETA F., La Comunicazione sulla cooperazione la Commissione Europea e le 
Autorit� nazionali, in Riv. dir. eu., 1998; BIN R., Il principio di leale cooperazione nei rapporti tra 
poteri, in Riv. dir. cost., 2001; CARUSO F., Il principio di leale cooperazione: cardine del processo di integrazione 
europea in ROLLA G. (a cura di) La definizione del principio unitario negli ordinamenti decentrati. 
Atti del convegno di Pontignano, Torino, 2003; CHITI E. - FRANCHINI C., L�integrazione 
amministrativa europea, Bologna, 2003; DELLA CANANEA G., L�UE nell�ordinamento composito, Roma, 
2003; ATRIPALDI V., Leale cooperazione comunitaria ed obblighi degli Stati al riesame degli atti amministrativi 
definitivi contrari al diritto comunitario, in Dir. pubbl. comp. eu., 2004; CICIRIELLO M.C., La 
Comunit� europea e i suoi principi giuridici. Lezioni di diritto comunitario, Napoli, 2004; PIZZETTI F. 
G., Il principio di leale cooperazione nell�ordinamento europeo, in MANGIANELLI S. (a cura di) L�ordinamento 
europeo, I principi dell�Unione, I, Milano, 2006; LOMBARDO M., Il principio di leale cooperazione 
e l�armonizzazione indiretta delle regole procedurali nazionali alla luce della recente 
giurisprudenza della Corte di giustizia, in Dir. com. sc. inter., 2008. 


lisi dell�esperienza amministrava europea dimostra che il grado di intensit� 
della disponibilit� degli Stati membri a cooperare tra di loro e con le Istituzioni 
europee � inversamente proporzionale all�inesorabile decorso del 
tempo; � la componente cronologica il principale nemico della tenuta del principio 
di leale cooperazione. 

Un p� come accade nella vita di ogni persona, anche gli Stati membri 
manifestano una prima calda disponibilit� a cooperare, con lealt� e solidariet�, 
nel breve periodo; disponibilit�, questa, che viene sovente sfilacciandosi nel 
medio-lungo periodo a causa di congiunture politiche, economiche e sociali. 
Cos�, non � infrequente che gli Stati membri, dopo aver assunto l�impegno di 
cooperare lealmente alla realizzazione di un progetto europeo, si trovino a 
voler/dover disattendere gli obblighi assunti. 

� nella scarsa considerazione che la Commissione europea sembra aver 
dato alle implicazioni pregiudizievoli che il �tempo� � in grado di sortire sul 
principio di leale cooperazione che si ritiene possa riscontrarsi un primo indizio 
di debolezza del CISE. Per vero, dopo essere stato pi� volte invocato il 
principio di leale cooperazione, la portata di esso sembra essere oltremodo affievolita 
dalla circostanza che �il CISE marittimo non incide sulle strutture 
amministrative degli Stati membri (�). Data la diversit� di strutture amministrative 
negli Stati membri, lo sforzo per attuare questa iniziativa a livello nazionale 
dipender� dalla situazione di ciascuno Stato membro� (57). Il ch� 
equivale a dilatare, pi� di quanto gi� non sia, la portata del principio di leale 
cooperazione. Quindi, ciascuno Stato membro potr� lasciare inalterata la conformazione 
della proprie strutture amministrative deputate a svolgere funzioni 
inerenti la sicurezza marittima anche se queste risultino totalmente diverse 
con quelle degli altri Stati membri; il che non � una cosa di poco conto sul 
lato dell�efficienza e dell�efficacia dell�azione che l�Unione europea mira ad 
attuare al fine di migliorare la sicurezza delle acque. Il fatto che ciascuno Stato 
membro continuer� ad avvalersi di sistemi amministrativi totalmente diversi 
tra di loro sar� una probabile causa di ritardi ed inefficienze poich� - in una 
pletora amministrativa cos� diversificata e babelica - non saranno del tutto improbabili 
delle situazioni in cui non si sapr� quale Autorit� dovr� trasmettere 
l�informazione e quale potr� chiederne la ricezione. 

Chi gestir� la coordinata utilizzazione di questa sorta di gigantesca banca 
dati su cui si fonda il CISE? Chi verificher� che le diverse strutture amministrative 
dei singoli Stati membri adempino al dovere di trasmettere le informazioni 
in loro possesso cos� da consentire alle altre strutture amministrative 
di esercitare il diritto di richiedere ed ottenere l�informazione cercata? La 
Commissione europea nel non dire nulla al riguardo dice tutto. Affermare che 
il CISE non incider� sulle strutture amministrative dei singoli Stati membri 

(57) COM (2014) 451 cit. 


significa, tra le altre cose, che il sistema comune di condivisione delle informazioni 
si fonda sul principio di leale cooperazione comunitaria, non soltanto 
nella fase di propulsione (tesa a creare il CISE), ma anche in quella di esecuzione 
(tesa a fare funzionare il CISE). Ed � proprio questo - lo si ribadisce che 
espone il CISE al rischio che gli Stati membri, non essendo pi� disposti, 
nel lungo periodo, a conformarsi al principio di leale cooperazione, abbandonino 
un tale importante progetto. N� pu� essere considerato un rimedio sufficiente 
a prevenire una tale evenienza la redazione (come ha dichiarato di voler 
fare la Commissione entro il 2016) di un manuale di buone pratiche sulle modalit� 
di utilizzazione del CISE; non foss�altro che le indicazioni in esso contenute 
- come espressamente affermato - non avranno carattere vincolante. 

Pertanto, sarebbe pi� opportuno riflettere sulla possibilit� di creare, magari, 
una Agenzia europea ad hoc (alla quale poter dare il nome di Agenzia 
per la Condivisione delle Informazioni relative alla Sicurezza Marittima Europea) 
con il compito, tra l�altro, di: a) dettare una normativa tecnica e vincolante 
sulle modalit� di utilizzo del CISE da parte delle singole comunit� di 
utilizzatori; b) verificare che le strutture amministrative dei singoli Stati membri 
utilizzino, in maniera effettiva e corretta, il sistema comune di condivisione 
delle informazioni; c) irrogare delle sanzioni amministrative pecuniarie nei 
confronti degli Stati membri le cui strutture amministrative ci� non facciano. 
Ma, qualora una siffatta prima proposta dovesse essere ritenuta inattuabile per 
le pi� disparate ragioni, non sarebbe comunque peregrina la possibilit� di attribuire 
le funzioni sopraindicate alla gi� esistente Agenzia europea �FRONTEX�, 
chiamata ad esercitare funzioni strettamente affini alla sicurezza 
marittima integrata europea. 

Un ulteriore elemento che induce a nutrire un sentimento di scetticismo 
e di perplessit� in ordine alla possibilit� che il CISE venga portato a compimento 
cos� da essere reso funzionante � rappresentato dalla circostanza che la 
Commissione sembra avere sottovalutato le differenze normative esistenti all�interno 
degli ordinamenti nazionali quanto alla gestione dell�informazione 
pubblica e, correlatamente, sopravvalutato la incondizionata e imperitura disponibilit� 
degli Stati membri ad adottare degli interventi legislativi tesi a superare 
quelle differenze. Uno dei principali problemi che verr� a sorgere � 
quello che attiene al segreto di Stato. La decisione di apporre il segreto di Stato 
su determinati atti, documenti, notizie, attivit� e ogni altra cosa la cui diffusione 
sia in grado di arrecare danno all�integrit� della Repubblica, all�indipendenza 
dello Stato rispetto agli altri Stati nonch� alla preparazione e alla difesa 
militare dello Stato � connotata da un ampissimo margine di discrezionalit�, 
al punto che si � discusso (e si discute tutt�oggi) in merito alla sussumibilit� 
dell�atto di apposizione del segreto di Stato nella categoria degli atti politici 
piuttosto che in quella degli atti amministrativi (58). La conseguenza fisiologica 
e inevitabile di una siffatta ampia discrezionalit� � che ciascuno Stato 


membro potr� considerare coperti da segreto di Stato dei dati e delle informazioni 
che, invece, in altro Stato membro non risultano secretati. Per di pi� il 
sistema di classificazione della segretezza (segretissimo, segreto, riservatissimo, 
riservato) pu� differire da Stato membro a Stato membro; ben potr� essere 
che un dato classificato come segretissimo in uno Stato sia considerato, 
al pi�, come riservatissimo in altro. Ma vՏ di pi�, in quanto alla diversit� delle 
discipline legislative nazionali sul segreto di Stato e alla possibile diversa classificazione 
di segretezza, il diritto europeo comprende una norma ai sensi della 
quale �nessuno Stato membro � tenuto a fornire informazioni la cui divulgazione 
sia dallo stesso considerata contraria agli interessi essenziali della propria 
sicurezza� (art. 346 TFUE). 

Ecco che allora il cerchio si chiude. Se la Commissione europea, d�intesa 
con i singoli Stati membri, non provveder� ad uniformare le singole discipline 
nazionali sul segreto di Stato e i sistemi di classificazione della segretezza 
(quanto meno con solo specifico riguardo alle informazioni e ai dati utili per 
la sicurezza marittima) � probabile che gli Stati membri disserteranno l�attuazione 
del principio di leale cooperazione opponendo, non gi� la sussistenza di 
opinabili congiunture economiche, politiche e sociali, ma molto pi� semplicemente 
ed efficacemente il dettato normativo contenuto nel richiamato art. 
346 TFUE. � cio� possibile che i vantaggi che il CISE dovrebbe essere in 
grado di assicurare (almeno sul piano teorico) finiscano col atteggiarsi come 
illusioni ed utopie per via del fatto che gli Stati membri, facendo leva sulle 

(58) In Italia, la Legge 3 agosto 2007, n. 124 recante la disciplina del �Sistema di informazione 
per la sicurezza delle Repubblica e nuove disciplina del segreto� attribuisce, in via esclusiva, al Presidente 
del Consiglio �l�apposizione e la tutela del segreto di Stato�. 
In dottrina sulla tematica concernente la natura giuridica da attribuire all�atto di apposizione del segreto 
di Stato si v., tra gli altri, ANZON A., Interrogativi sui riflessi sostanziali della nozione di segreto di Stato 
individuata dalla Corte costituzionale (nota a Corte Costituzionale n. 86/1977), in Giur. Cost., 1977, 
pp. 869 ss.; CAVALLARI V., Dal segreto politico-militare al segreto di Stato, in Giust. Pen., III, 1979, p. 
156 ss.; RODRIGUEZ M., Sicurezza dello Stato e pubblici segreti nella prospettiva dei rapporti tra poteri, 
in Riv. Dir. Proc., 1997, pp. 57 ss.; AA.VV., I servizi di informazione e il segreto di Stato (Legge 3 agosto 
2007, n. 124), Milano, 2008, pp. 514 ss. Trattazioni di pi� ampio respiro sul segreto di Stato sono invece 
contenute in DE MARSICO A., La nozione di �segreto� nei delitti contro la personalit� dello Stato, in 
Arch. pen., II, 1949; BONACCI A., Un istituto penalistico da riesaminare: il segreto di Stato, in Democ. 
e dir., 1968, BARBA A., Segreto politico - militare e diritti di libert�, in La Giust. pen., 1971, II, pp. 116 
ss.; FERRAJOLI M., Segreto e informazione nello Stato contemporaneo, in Democ. e dir., 1974, pp. 721 
ss.; ANZON A., Segreto di Stato e Costituzione, in Giur. cost., 1976, pp. 1770 ss.; PISA P., Il segreto di 
Stato di fronte alla Corte costituzionale: luci ed ombre in attesa della �riforma�, in Giur. cost., 1977, 
I, pp. 1206 ss.; ID., Il segreto di Stato, Profili penali, Milano, 1977; CAVALLARI V., Dal segreto politico-
militare al segreto di Stato, in La Giust. pen., 1979, pp. 158 ss.; BARILE P., Democrazia e segreto, in 
Quad. cost., 1987; BONZANO C., Segreto (tutela processuale del segreto di Stato), in Enc. giur. Trecc., 
XXVIII, 1992; ALIBRANDI A., Sul fondamento, l�oggetto ed i limiti del segreto di Stato, in Riv. pen., 
1994, pp. 449 ss.; ROSSI MERIGHI U., Segreto di Stato tra politica e amministrazione, Napoli, 1994; 
BONZANO C., voce Il segreto di Stato, in Il diritto, Enc. giur. Il Sole 24 Ore, 2008; FLAMINI G. - NUNZIATA 
C., Segreto di Stato, uso e abuso, Roma, 2002. 


loro discipline nazionali in materia di segreto di Stato e, ancor di pi�, sull�art. 
346 TFUE giungano a rifiutare la trasmissione di dati ed informazioni occorrenti 
ad altra Autorit� al fine di prevenire o reprimere minacce marittime. In 
definitiva, anche per questa ragione, il CISE potrebbe rimanere un�importante 
progetto destinato, per�, a rimanere solo sulla carta o, al pi�, realizzato soltanto 
in minima parte. 

In disparte tutto quanto fino a qui detto, e in attesa di vedere i successivi 
sviluppi, una cosa sembra essere certa: il progetto di realizzare un sistema comune 
per la condivisione delle informazioni utili alla sicurezza marittima europea 
rappresenta un�occasione preziosa per dimostrare che l�Unione europea 
� una organizzazione internazionale di Stati che vive ed esiste non soltanto 
nell�ambito di tematiche che attengono all�economia finanziaria e al sistema 
bancario, ma anche con riguardo a fenomeni capaci di incidere sulla vita quotidiana 
delle �persone comuni�. 


La CEDU sulla tutela delle coppie omosessuali in Italia 
L�onda lunga di Schalk e Kopf 


NOTA A CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL�UOMO, SEZIONE IV, SENTENZA 21 LUGLIO 2015, 
RICORSI 18766 E 36030 DEL 2011, OLIARI ED ALTRI C. ITALIA 


Roberto De Felice* 

1. La decisione in commento si occupa di due ricorsi, riuniti. Nel primo, 
due cittadini italiani, costituenti una coppia omosessuale, avevano impugnato 
il rifiuto della pubblicazione del loro matrimonio, da loro richiesta all'ufficiale 
di stato civile, soccombendo tanto avanti il tribunale di Trento quanto avanti 
la relativa Corte d'appello. La Corte d'appello, per altro, prima di decidere 
aveva sollevato la questione di legittimit� costituzionale degli articoli 93, 96, 
98, 107, 108, 143, 143 bis, 231 del codice civile per violazione dell'articolo 3 
della costituzione repubblicana. La Corte Costituzionale, peraltro, con la sentenza 
138 del 2010 (1) aveva ritenuto inammissibile la proposta questione. 
Nel secondo ricorso una prima coppia omosessuale aveva direttamente proposto 
ricorso alla Corte di Strasburgo a seguito del rifiuto oppostole della richiesta 
di pubblicazione del matrimonio che intendeva contrarre; una seconda 
coppia, a sua volta, si era limitata, sempre a seguito di un rifiuto di pubblicazione 
di matrimonio, ad adire infruttuosamente il competente tribunale, senza 
percorrere gli ulteriori gradi della giurisdizione. 
2. La ECHR dichiara ammissibili i ricorsi. Sotto il profilo del requisito 
del previo esaurimento dei ricorsi interni, la Corte ribadisce la propria giurisprudenza 
risalente in ordine alla effettivit� del rimedio (2). Tuttavia, poich� 
la Corte Costituzionale si era pronunciata con la sentenza numero 138 anteriormente 
alla proposizione dei due ricorsi, la EHCR, constatato che la Consulta 
aveva deciso e ritenuto di non potere che invitare il legislatore ad 
approvare una disciplina sul riconoscimento e la tutela delle coppie omosessuali, 
essendole preclusa una sentenza additiva di ampia portata, che introducesse 
la complessa disciplina sostanziale di un nuovo istituto, i giudici 
nazionali non avrebbero potuto che adeguarsi a quanto da essa deciso. Pertanto, 
correttamente, riteneva che i ricorrenti non avrebbero potuto proporre 
utilmente ricorsi, rispettivamente, alla Corte di Cassazione, alla Corte d'appello 
di Milano, al Tribunale di Milano, a seconda dei casi, che fossero fondati e 


(*) Avvocato dello Stato. 

(1) http://www.Cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2010&numero=138. 

(2) Vedi Ilhan, Grande Sezione, 27 giugno 2000 �� 57-62. I rimedi interni devono essere effettivi 
in teoria e in pratica. Ovviamente che manchi un rimedio effettivo interno non implica la violazione 
della CEDU di per s�, come dimostra la sentenza in commento laddove respinge il ricorso per violazione 
dell�art. 12. 


suscettibili di far loro ottenere il bene della vita preteso. La questione di diritto, 
sostanzialmente, era gi� stata decisa dalla citata sentenza 138. 

3. Per quanto concerne, poi, il termine perentorio di sei mesi (art. 35 co. 
1 CEDU), che presto sar� ridotto a quattro mesi (3), la Corte decideva, sempre 
in conformit� ai propri precedenti, che nei casi in cui si verificasse una situazione 
di durata, la allegata violazione delle norme della convenzione si verifica 
de die in diem (4) in assenza di un rimedio effettivo, e detto termine, in mancanza 
di una decisione definitiva dell'autorit� giudiziaria in assenza di un rimedio 
nazionale effettivo, non ha un dies a quo, come nella fattispecie, non 
essendo le situazioni di fatto dedotte, cio� le relazioni tra le tre coppie di ricorrenti, 
mai cessate, e quindi non essendo mai cessata la allegata violazione 
dei loro diritti fondamentali. 
4. Dopo avere dichiarato ammissibile ciascuno dei ricorsi proposti, la 
Corte li ha esaminati nel merito. Deve premettersi che la EHCR ha respinto il 
primo ricorso nella parte in cui lamentava la violazione dell'articolo 12 della 
convenzione, in quanto l�ordinamento italiano, non prevedendolo, avrebbe 
violato il diritto al matrimonio delle coppie omosessuali. Non senza avere ricordato 
che la convenzione � uno strumento vivente, e che il diritto al matrimonio 
non deve essere considerato come limitato alle coppie eterosessuali in 
tutti i casi ai sensi della CEDU (5), la EHCR conferma la propria giurisprudenza. 
Poich� solo undici Stati su 47 appartenenti al Consiglio d'Europa am


(3) Protocollo addizionale XV alla CEDU, Strasburgo 24 giugno 2013, sottoscritto da 41 Stati e 
ratificato da 22 (stranamente, non dalla Repubblica Italiana, che pur avrebbe interesse alla ratifica, atteso 
l�alto numero di ricorsi proposti contro la medesima in quella sede). Il Protocollo entra in vigore il primo 
giorno del mese successivo alla ratifica da parte di tutti gli Stati contraenti. 
(4) EHCR, Grande Sezione, 17 settembre 2014, Mocanu. Id. 18 settembre 2009, Varnava � 159. 
Agrotexim, � 58. 
(5) EHCR, I Sezione, sentenza 24 giugno 2010, Schalk und Kopf, 
http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-99605#{%22itemid%22:[%22001-99605%22]}. La Corte in quel 
caso si � occupata del ricorso di una coppia omosessuale che si era vista negare dal Sindaco e dal Governatore 
di Vienna (adito in via gerarchica) le formalit� preliminari al matrimonio, con decisione confermata 
dalla Corte Costituzionale, cui i cittadini austriaci hanno accesso diretto. La EHCR, pur notando 
che il matrimonio protetto dall�art. 12 CEDU �Regard being had to Article 9 of the Charter, the Court 
would no longer consider that the right to marry enshrined in Article 12 must in all circumstances be limited 
to marriage between two persons of the opposite sex�� riteneva che l�estensione del matrimonio a 
dette coppie fosse dipendente dalle scelte del legislatore nazionale, non vincolate da un consensus sul 
punto. Tuttavia, quanto alla tutela della vita familiare, superava alla luce della evoluzione sociale il proprio 
precedente Mata Est�vez del 2001, concludendo considers it artificial to maintain the view that, in 
contrast to a different-sex couple, a same-sex couple cannot enjoy �family life� for the purposes of Article 
8. Tuttavia il legislatore austriaco aveva nelle more approvato la legge sulle unioni civili, sicch� 
non sussisteva nemmeno violazione dell�art 8. In Vallianatos, la EHCR, Grande Sezione, 7 novembre 
2013, http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001-128294#{%22itemid%22:[%22001-128294%22]}, la Corte, 
ribadendo i principi del caso Schalk, condanna la Grecia per non avere esteso le proprie unioni civili a 
siffatte coppie, per discriminazione ai sensi degli artt. 14 e 8 CEDU, aggiungendo che the applicants� 
relationships in the present case fall within the notion of �private life� and that of �family life�, just as 
would the relationships of different-sex couples in the same situation. 



mettono il matrimonio egualitario non si pu� considerare esistente un consensus 
tale da far considerare l'articolo 12 come interpretabile nel senso di imporre 
un obbligo agli Stati membri di accordare necessariamente alle coppie omosessuali 
il matrimonio. 

5. La Corte ricorda che il rispetto dei singoli diritti garantiti dalla convenzione 
comporta non solo obblighi negativi e di non ingerenza nell'esercizio 
dei medesimi diritti, ma anche obblighi positivi (6) e di riconoscimento degli 
stessi. Cos�, per esempio, in tema di diritto al matrimonio ex articolo 12 della 
convenzione, uno Stato non � solamente obbligato a non proibire o non ostacolare 
il matrimonio a una particolare categoria di persone (come ad esempio, 
i detenuti, o, per assurdo e ricordando ere buie, le persone appartenenti a 
�razze�� diverse), ma anche ad adottare misure legislative o di altro genere 
volte ad assicurare efficacia, tutela e riconoscimento alle coppie sposate. Pertanto, 
se uno Stato si limitasse a consentire la celebrazione del matrimonio davanti 
ad una autorit� religiosa, senza per� far discendere da quello status alcun 
effetto civile, lo Stato membro, non avendo adottato una legislazione di tutela 
e protezione del matrimonio, avrebbe violato gli obblighi positivi discendenti 
dall'articolo 12. In materia di obblighi positivi si ricorda che la Corte, in un 
caso concernente il rispetto della vita familiare di cui all'articolo 8 della convenzione, 
relativo a procedimento di restituzione al genitore affidatario, residente 
negli Stati Uniti d'America, di un minore, per il giudice americano 
illegittimamente sottratto all'affidatario e portato in territorio francese, evidenziava 
l'importanza di tali obblighi positivi (7). Cos�, ai sensi dell'articolo 
11 della Convenzione dell'Aja (8), lo stato ha l'obbligo di agire in modo spedito 
per assicurare il ritorno di questi minori; tuttavia, nel caso di specie, doveva 
essere considerata l'accurata ponderazione delle circostanze del caso dell'interesse 
del minore. 
6. La Corte rileva che in Italia � assolutamente carente una disciplina 
di riconoscimento e di tutela dei diritti fondamentali delle coppie omosessuali, 
respingendo, in modo del tutto condivisibile, l'argomento che alcune 
tutele sarebbero riconosciute, ad esempio, dai registri comunali delle unioni 
civili, che non hanno che un valore meramente simbolico, affermando la 
scarsa rilevanza i cosiddetti accordi di convivenza che non hanno lo scopo 
del riconoscimento e della tutela della coppia. Nel paragrafo 169 della sentenza, 
questo assume una particolare pregnanza. A fronte della persino fastidiosa 
diatriba in ordine a vari disegni di legge all'esame del Parlamento, 
� stato sostenuto (9) che la futura disciplina delle unioni civili dovrebbe con(
6) Per tutti, EHCR, Grande Sezione, Odi�vre. 
(7) EHCR, III Sezione, Maumousseau. 






(8) Trattato del 25 ottobre 1980, ratificato con Legge 15 gennaio 1994, n. 64. Oggi in ambito UE 
sostituita dal Regolamento CE 2201/2003 (Cons.). 


templare solo il riconoscimento dei diritti dei singoli membri di tale formazione 
sociale. La decisione della Corte smentisce la validit� e sufficienza di 
tale limitata soluzione al problema esigendo l'esplicito riconoscimento della 
tutela della coppia in s�. N� sono sufficienti gli sporadici casuali e non normativamente 
previsti, benefici per siffatte coppie accordati talvolta da strutture 
sanitarie e ospedaliere, da sentenze di singoli giudici, ad esempio in 
ordine al riconoscimento e alla trascrizione di adozione, perfezionate da queste 
coppie all'estero. Invero in tale ultimo caso � centrale la considerazione 
dell'interesse del minore. 

7. La Corte ricorda che nell'adempimento di questi obblighi ai sensi del-
l'articolo 8 allo stato � concesso un margine di apprezzamento. Esistono dei 
fattori che contribuiscono a restringere ovvero ad ampliare tale margine. In 
primo luogo va considerato il disposto normativo, che potrebbe imporre un 
obbligo limitato e preciso ovvero ampio e indeterminato. In questo caso l�obbligo, 
come rilevato gi� da Corte Cost. 138/10, � ampio. In secondo luogo, 
sempre la giurisprudenza sull'articolo 8, ritiene che nei casi in cui sia in gioco 
l'esistenza o l'identit� di un individuo tale margine sia ristretto. Tuttavia, se la 
questione suscita questioni moralmente e politicamente sensibili, come nel-
l'ambito della Repubblica italiana, tale margine pu� essere ampliato a meno 
che non vi sia un consensus all'interno degli stati membri sull'importanza del-
l'interesse da tutelare ovvero sui mezzi per tutelarlo. 
8. La Corte ribadisce quanto deciso nelle sue precedenti decisioni in ordine 
alla identica capacit� delle coppie omosessuali di costituire relazioni stabili 
e impegnative. La Repubblica italiana, come altri Stati, non si � adeguata 
alle raccomandazioni (10) del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa 
che invitavano gli Stati membri a considerare la possibilit� di introdurre delle 
partnership registrate o unioni civili. La questione assume una particolare rilevanza 
per le coppie omosessuali, perch� le stesse non hanno la possibilit� di 
sposarsi, se non nei citati sei stati. Si deve, pertanto concludere, che la Corte 
avrebbe respinto il ricorso se il medesimo fosse stato proposto da coppie di 
fatto eterosessuali, in grado di accedere all'Istituto del matrimonio e alle conseguenti 
tutele. Invero, al di l� del giudizio sulla crescente tendenza delle coppie 
eterosessuali a non accedere all'Istituto matrimoniale, tendenza 
particolarmente preoccupante per quanto concerne la tutela della parte debole 
della coppia, di norma, ancor oggi, la donna, il che non pu� certo esonerare 
l'operatore del diritto da un critico riconoscimento che una forse eccessiva tutela 
della parte debole abbia potuto fungere esattamente da deterrente per il 


(9) http://www.huffingtonpost.it/2015/05/11/unioni-civili-giovanardi_n_7258288.html . 

(10) 
https://wcd.coe.int/ViewDoc.jsp?Ref=CM/Rec%282010%295&Language=lanItalian&Ver=original&Sit 
e=COE&BackColorInternet=C3C3C3&BackColorIntranet=EDB021&BackColorLogged=F5D383 . 


matrimonio. La Corte, osservando l'imponenza anche statistica del fenomeno 
nella popolazione italiana ritiene del tutto ingiustificato che lo Stato non abbia 
mai approvato un quadro normativo di riconoscimento e tutela delle coppie 
omosessuali, se non sotto la forma del matrimonio, sotto la forma di una 
unione civile o Istituto corrispondente, soprattutto alla luce del consensus che 
sembra essersi formato tra gli stati membri del consiglio d'Europa, la maggioranza 
dei quali riconosce le unioni civili per le coppie omosessuali, maggioranza 
cui andranno aggiunti nei prossimi mesi la Repubblica ellenica (11) e la 
Repubblica greca di Cipro (12). 

9. Non � stata provata in giudizio la esistenza di interessi, contrapposti a 
quelli dei ricorrenti, da tutelare, essendosi lo Stato limitato alla deduzione della 
necessit� di reperire un unanime consenso tra diverse correnti di pensiero 
anche di ispirazione religiosa, unanime consenso che, si aggiunge, � evidentemente 
impossibile, alcune religioni aborrendo l'omosessualit�. Peraltro, alla 
valutazione dell'ampiezza del margine di apprezzamento concorrono due fattori 
contrastanti: da una parte la sussistenza di questioni etiche, dall'altra il carattere 
fondamentale ed identitario del riconoscimento della tutela delle coppie. 
Essere sposato o, mutatis mutandis, essere partner di un�unione civile � un 
aspetto della identit� personale e della dignit� sociale di un individuo. La 
EHCR cura di notare che la legge che l'Italia non ha ancora approvato dovrebbe 
occuparsi dei diritti fondamentali e basilari della coppia, diritti e doveri 
che per la definizione non dovrebbero suscitare alcuna lesione di interessi morali 
di terzi. Al contrario il caso non verte su diritti supplementari, espressione 
che questo interprete ritiene di dovere esplicitare, ad esempio, nel diritto ad 
avvalersi di tecniche di riproduzione assistita ovvero nel diritto di poter richiedere 
una adozione plenaria di un minore che sia stato dichiarato lo stato di 
adottabilit� ex art. 6 L 184/83. Tali valutazioni, ovviamente, sono limitate al 
ristretto quadro di applicazione e interpretazione dei diritti garantiti dalla 
CEDU. La Corte rimprovera all'Italia di non aver adempiuto ai moniti contenuti 
sia nella sentenza 138 della Corte Costituzionale sia nella nota decisione 
della Corte di Cassazione sulla trascrivibilit� dei matrimoni perfezionati all'estero 
da coppie omosessuali. Il legislatore, nel corso di 30 anni, � stato incapace 
di approvare una normativa in materia; pertanto, in assenza di un 
contrapposto interesse allegato dal governo, e in presenza dello speculare obbligo 
dello Stato di riconoscere con azioni positive dette coppie, alla luce, altres� 
dei favorevoli sondaggi di opinione che dimostrerebbero che la 
maggioranza della popolazione italiana sarebbe favorevole alla tutela di tali 
coppie, ha accolto il ricorso. 

(11) 
http://www.ekathimerini.com/197764/article/ekathimerini/news/bill-to-allow-for-civil-unions-for-same-sex-couples. 

(12) http://in-cyprus.com/civil-unions-stalled/ . 


10. � opportuno notare che la difesa ha ammesso che alcuni apparati 
dello Stato, come il potere giudiziario, manifesterebbero una maggiore accettazione 
del fenomeno, ma si stigmatizza la circostanza che il Governo 
abbia �ostinatamente�� esercitato il suo diritto a opporsi a tali pretese, cos� dimostrando 
uno scarso appoggio per le decisioni, favorevoli alle coppie omosessuali, 
rese dai tribunali. L'argomento ha elementi di criticit� ed elementi 
di verit�. In realt� il Governo non pu� non tenere conto della sentenza 4184 
della Corte di cassazione, che sancisce la intrascrivibilit� di detti matrimoni. 
Nel caso, citato dalla decisione, del decreto del Tribunale di Grosseto, l'azione 
� stata esercitata, poi, dal pubblico ministero, organo neutrale e deputato dalla 
legge ad agire. Se, quindi, il Governo deve rispettare quel precedente non 
pu� essergli rimproverato di avere esercitato �in modo ostinato�� il diritto a 
opporsi a tali domande. La stessa serie di controversie amministrative relative 
all�avvenuto esercizio di un affermato potere di autotutela del Prefetto in ordine 
alla trascrizione di matrimoni di coppie omosessuali perfezionati all'estero, 
pur avendo avuto esiti sfavorevoli in giudizio, sino alla data del 
presente scritto, li ha avuti in dipendenza di una questione di attribuzione del 
potere di cancellare dette trascrizioni, che il Tar del Lazio (13) e il Tar FVG 
hanno ritenuto, a mio avviso correttamente, spettare alla autorit� giudiziaria 
ordinaria ai sensi degli articoli 453 e 455 del codice civile. Tuttavia le sentenze 
di Roma e di Trieste chiariscono espressamente che la questione sostanziale, 
cio� quella della trascrivibilit� del matrimonio, va decisa secondo 
i principi affermati dalla Corte di cassazione. E va decisa, si accennava, dal-
l'autorit� giudiziaria, su istanza, in primo luogo, del pubblico ministero, e, a 
nostro modesto avviso, anche dello stesso prefetto, rappresentato e difeso 
dall'avvocatura dello Stato. Infatti l'azione di cui all'articolo 95 del d.p.r. 396 
del 2000 spetta a chiunque ne abbia interesse, e, pur non essendo probabilmente 
munito di poteri di autotutela nel caso di specie, il Prefetto, per le sue 
attribuzioni di vigilanza e controllo sullo Stato civile, ha sicuramente non 
solo il potere di segnalare al procuratore della Repubblica e al procuratore 
generale della Repubblica la necessit� di agire per cancellare dette trascrizioni, 
ma anche il potere e l'interesse e la legittimazione di promuovere la 
stessa causa o di intervenirvi, se e in quanto promossa dal PM o da altri. Sin 
qui la criticit�: non va imputato al governo un atteggiamento di critica avversione. 
Piuttosto, il governo, esattamente come il potere giudiziario (14), 
sconta le inevitabili incertezze dipendenti dalla inazione del legislatore. Questa 
invece, sembra essere il punto di verit� della critica mossa dalla Corte alla 
Repubblica italiana. 

(13) Tar Lazio Sez. I ter sent. 3907/15 del 9 marzo; Tar FVG 228/15 del 21 maggio. Contra, Tar 
Veneto 878/15 del 29 luglio. 

(14) Cass. 4184/12 lascia perplessi laddove afferma che pur essendo un matrimonio same sex non 


11. La Corte ha ritenuto violata la norma di cui al comma primo dell'articolo 
8 della convenzione. La decisione implica, di conseguenza che tutti gli 
Stati membri del Consiglio d'Europa devono ritenersi obbligati a porre in essere 
delle misure volte al riconoscimento e alla tutela delle coppie omosessuali. 
Tuttavia, pur essendo una decisione applicativa della violazione del diritto in 
s� alla tutela della vita familiare, i continui riferimenti alla situazione italiana, 
attraverso statistiche, sondaggi di opinione, la storia dei disegni di legge che 
hanno cos� profondamente turbato il dibattito pubblico in ordine alla materia 
in questione, � tagliata su misura della Repubblica italiana. 

12. Elemento assai rilevante nell'argomentare sui casi italiani sottoposti 
alla Corte � la presenza della sentenza 138/2010 della Corte Costituzionale e 
di plurime sentenze dei giudici ordinari disattese dal legislatore. La decisione 
138 invero riconosce un diritto fondamentale di tali coppie al riconoscimento: 
Orbene, per formazione sociale deve intendersi ogni forma di comunit�, semplice 
o complessa, idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona 
nella vita di relazione, nel contesto di una valorizzazione del modello 
pluralistico. In tale nozione � da annoverare anche l�unione omosessuale, intesa 
come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il 
diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone 
- nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento 
giuridico con i connessi diritti e doveri. La Corte EDU evidenzia quanto sia 
pericoloso per i principi sottesi alla Convenzione che il legislatore ometta di 
attualizzare i diritti riconosciuti dai giudici. Vi � in questo una profonda sintonia 
fra le due corti e le relative pronunce. Di fatto i giudici di Strasburgo imputano 
alla Repubblica di non aver dato concretezza al riconoscimento dei 
diritti contenuto nella sent. 138/2010. 

13. Tre giudici, nella loro opinione concorrente, sostengono, perfino, 
che doveva essere applicato il secondo comma dell'articolo otto riguardante 
i controlimiti del diritto sancito al primo comma. In particolare, nell'interpretazione 
di questi giudici, la Corte Costituzionale, nella sua sentenza 138, 
ribadita da ordinanze successive, e la Corte di cassazione, avrebbero riconosciuto 
l'esistenza di un diritto della coppia omosessuale al riconoscimento, 
pur non potendo intervenire con una sentenza additiva coinvolgente complessi 
aspetti rimessi alla valutazione del legislatore. Dunque, l'Italia non 
avrebbe rispettato questo diritto per ben cinque anni cos� compiendo una ingerenza 
in esso, non giustificata, in nessun modo, secondo i criteri dell'arti


contrario all�ordine pubblico internazionale, n� inesistente o nullo, sarebbe �assolutamente inefficace��, 
nozione che in dommatica pu� trovare spazio negli effetti verso terzi di un atto o negozio, nella situazione 
di pendenza di una condizione (non certo predicabile per il matrimonio, actus legitimus) o nella invalidit� 
radicale (nullit� o inesistenza) o dichiarata (annullabilit�) di un atto. In pi� � quasi scontato che sia trascritto 
un qualche matrimonio nullo (ad esempio in caso di delitto, quando il delitto sia ancora occulto 
e segua la celebrazione) o un atto pubblico nullo. E quindi inefficace in modo assoluto. 


colo 8 comma due. L�opinione concorrente ha un fondamento politico molto 
importante. Premessa maggiore del sillogismo � che il diritto delle coppie 
omosessuali a un riconoscimento e alla tutela dei loro diritti fondamentali � 
gi� stato riconosciuto in Italia: quindi, la decisione non avrebbe alcun effetto 
su quegli stati del consiglio d'Europa che non solo non si limitano a non prevedere 
alcunch� per le coppie omosessuali, ma che addirittura reprimono 
l'omosessualit� se non direttamente attraverso le sue manifestazioni sociali, 
violando diverse norme della CEDU (15), come risulta da un rapido esame 
della sua giurisprudenza. Se la decisione fosse stata resa in questi termini, 
nell'ottica di un giudice sovranazionale, non avrebbe preoccupato i Governi 
di molti Stati dell�ex blocco sovietico e della Turchia essendo limitata alla 
situazione italiana. Tuttavia, la valutazione dell'intento apprezzabile di self 
restraint della EHCR dei giudici concorrenti, rende evidente che tutti i giudici 
della Sezione, dando rilievo alle omologhe valutazioni dei giudici nazionali, 
trovano direttamente nella Convenzione e nella sent. 138 il 
fondamento al diritto fondamentale al riconoscimento della vita familiare 
delle coppie dello stesso sesso. 

14. Altro punto di interessante dialogo fra le supreme magistrature � 
quello relativo alla necessit� per le coppie di ricorrere ai giudici per vedersi 
riconosciuti singoli diritti che pare mettersi in relazione con il passaggio della 
sent. 138 in cui la Consulta si riservava di intervenire nell'inerzia del legislatore 
(16). I giudici di Strasburgo sembrano sottolineare che tale meccanismo di 
supplenza, bench� possibile, non possa essere considerato adeguato a garantire 
il godimento del diritto alla vita familiare, che richiede l'intervento troppo a 
lungo atteso del legislatore. 
15. La causa in commento � stata trattenuta in decisione quattro giorni 
dopo la pubblicazione della nota sentenza della Corte suprema degli Stati 
Uniti d'America (17) che ha ritenuto che nessuno stato possa vietare, ritenere 
nullo o in qualunque modo invalido, il matrimonio tra due persone dello 
stesso sesso ai sensi della propria legge, unica competente in materia, n� tan


(15) ECHR, 12 maggio 2015, Identoba, sulla omessa repressione delle violenze commesse contro i 
partcipanti a un autorizzato gay pride in Georgia. Violazione del divieto di tortura; Id., Baczkowski e Alekseyev, 
rispettivamente sulla Polonia e la Federazione Russa, violazione del diritto di libera associazione. 
(16) Cfr. la sentenza 138: Pu� accadere, infatti, che, in relazione ad ipotesi particolari, sia riscontrabile 
la necessit� di un trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e quella 
della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte pu� garantire con il controllo di ragionevolezza. 
In Oliari, attualmente, al fine di ricevere tale protezione i ricorrenti, cos� come altri nella loro posizione, 
devono sollevare numerose identiche questioni presso le Corti nazionali e probabilmente anche la Corte 
Costituzionale alla quale non hanno accesso diretto. Dalla giurisprudenza portata all'attenzione della 
Corte, traspare che mentre il riconoscimento di determinati diritti � stato rigorosamente sostenuto, altre 
materie connesse con le unioni omosessuali rimangono nell'incertezza. 
(17) Obergefell v. Hodges, 576 US__(2015), da me tradotta in Foro Italiano Alfa, Merito ed Extra, 
2015.368. 



tomeno negare riconoscimento a matrimoni celebrati legittimamente in un 
altro Stato dell'unione o all'estero. � probabile che la decisione della Corte 
suprema degli Stati Uniti d'America (18) avr� un profondo impatto culturale 
anche sulla giurisprudenza della Corte europea. La Corte suprema, infatti, ha 
ritenuto che queste leggi violino principi fondamentali di giustizia in quanto 
le coppie omosessuali le coppie eterosessuali adempiono alla medesima funzione 
sociale e quindi non possono essere trattate diversamente, n�, tanto-
meno, pu� essere privata del matrimonio una categoria di persone come 
risulta gli omosessuali che non possono che ragionevolmente sposarsi tra 
loro. Con la decisione in commento la Corte europea ha affermato che il riconoscimento 
di queste coppie almeno a livello delle cosiddette unioni civili, 
� obbligatorio in tutti gli stati del consiglio d'Europa. Tenuto conto della circostanza 
che gli stati del Consiglio d'Europa che ammettono il matrimonio 
egualitario sono gi� undici: Francia, Regno unito, Regno di Spagna, Regno 
dei Paesi Bassi, Regno del Belgio, Granducato del Lussemburgo, Slovenia, 
Finlandia (dove mancano dei decreti attuativi), Repubblica d'Irlanda (dove 
manca una legge attuativa ma la costituzione � stata modificata ad hoc), Andorra, 
Islanda, � verosimile che i principi recati da Obergefell v. Hodges saranno 
incorporati nella giurisprudenza della Corte europea nell'arco di una 
decina di anni. Tanto, in virt� del dialogo tra le corti (19) che caratterizza le 
decisioni di queste supreme istanze. Non resta nel frattempo che attendere 
che il legislatore, la cui concreta operativit� � ostacolata da regolamenti parlamentari 
obsoleti e che certo non mirano all'efficienza, si pronunci sulla questione 
anche per evitare ulteriori condanne da parte della stessa Corte europea, 
e, cosa da non sottovalutare, da parte del giudice nazionale in presenza di situazioni 
simili a quelle dei ricorrenti della causa in questione, per risarcimento 
del danno non patrimoniale morale da lesione di un diritto fondamentale al 
riconoscimento alla tutela della relazione di coppia riconosciuto dalla Corte 
europea dei diritti umani. 

(18) Cfr.: La natura del matrimonio � che, attraverso il suo legame durevole, le due persone insieme 
possono ottenere altre libert�, di espressione di s�, di intimit�, di spiritualit�. Windsor, ediz. provvisoria, 
pag. 22-23. Questo � vero per tutte le persone quale che sia il loro orientamento sessuale. 
(19) Vedi SPERTI A., Il dialogo tra le corti costituzionali ed il ricorso alla comparazione giuridica 
nella esperienza pi� recente, Rivista Associazione italiana costituzionalisti, 
http://archivio.rivistaaic.it/materiali/anticipazioni/comparazione/index.html. 



Corte Europea dei diritti dell�uomo, Sezione IV, sentenza 21 luglio 2015 nei ricorsi 18766 
e 36030 del 2011-Pres. P�ivi Hirvel�, Giud. Guido Raimondi, Ledi Bianku, Nona Tsotsoria, 
Paul Mahoney, Faris Vehabovi., Yonko Grozev (Concurring opinion Tsostsoria, Vehabovi. e 
Mahoney) - Oliari et al. 

Rispetto della vita privata e familiare - Coppie omosessuali - Omessa previsione di riconoscimento 
e tutela - Violazione dell�art. 8 Cedu - Sussiste. 

La Repubblica Italiana, non avendo riconosciuto n� tutelato, almeno mediante l�istituto delle 
unioni civili o partnership registrate, le coppie omosessuali, ha violato il diritto al rispetto 
della loro vita privata e familiare. 

(CEDU, art. 8). 

(Traduzione a cura dell�avvocato dello Stato Roberto de Felice). 
[OMISSIS] 

2) Valutazione della Corte 

(a) Articolo 8 
(i) Principi generali 


159. Mentre lo scopo essenziale dell'articolo 8 � quello di proteggere gli individui nei confronti 
di una interferenza arbitraria a opera delle pubbliche autorit�, esso pu� anche imporre 
a uno stato determinate obbligazioni positive per assicurare un effettivo rispetto dei diritti 
protetti dall'articolo 8 (vedi, tra altri precedenti, X and Y v. the Netherlands, 26 Marzo 1985, 
� 23, Series A no. 91; Maumousseau and Washington v. France, no. 39388/05, � 83, 6 Dicembre 
2007; S�derman v.Sweden [GC], no. 5786/08, � 78, ECHR 2013; e H�m�l�inen v. 
Finland [GC], no. 37359/09, � 62, ECHR 2014). Questi obblighi possono includere l'adozione 
di misure finalizzate ad assicurare il rispetto per la vita privata o la vita familiare anche nella 
sfera delle relazioni interindividuali (v., inter alia, S.H. and Others v. Austria [GC], no. 
57813/00, �87, ECHR 2011, e S�derman, supra, � 78). 
160. I principi applicabili per valutare gli obblighi positivi e negativi di uno Stato ai sensi 
della Convenzione sono simili. Si deve avere riguardo all�equo contemperamento che deve 
essere effettuato tra gli interessi confliggenti dell'individuo e della comunit� nel suo complesso, 
poich� gli scopi di cui al secondo paragrafo dell'articolo 8 sono di una certa rilevanza 


(v. Gaskin v. the United Kingdom, 7 July 1989, � 42, Series A no. 160, e Roche v. the United 
Kingdom [GC], no. 32555/96, � 157 ECHR 2005). 

161. La nozione di �rispetto� non � nettamente definita, soprattutto per quanto riguarda gli 
obblighi positivi: avendo riguardo alla diversit� delle pratiche seguite e delle situazioni esistenti 
negli Stati contraenti, i requisiti di questa nozione sono destinati a variare considerevolmente 
da caso a caso (v. Christine Goodwin v. the United Kingdom [GC], no. 28957/95, � 
72, ECHR 2002-VI). Nondimeno alcuni fattori sono stati considerati rilevanti per la valutazione 
del contenuto di quegli obblighi positivi incombenti agli Stati (v. H�m�l�inen, cit., � 
66). Nel presente caso � rilevante l'impatto su un ricorrente di una situazione dove sussiste 
una discrepanza tra la realt� sociale e la legge, dovendosi considerare la coerenza delle pratiche 
amministrative e legislative all'interno dell'ordinamento nazionale come un fattore importante 
nella valutazione condotta ai sensi dell'articolo 8 (v., mutatis mutandis, Christine Goodwin, 
cit., �� 77-78; I. v. the United Kingdom [GC], no. 25680/94, � 58, 11 July 2002, e H�m�l�inen, 
cit., � 66). Altri fattori si riferiscono all'impatto del preteso obbligo positivo in questione sullo 





Stato interessato. La questione qui se l'asserito obbligo sia limitato e preciso ovvero ampio e 
indeterminato (v. Botta v. Italy, 24 Febbraio 1998, � 35, Reports 1998-I) ovvero sulla dimensione 
di ogni possibile onere che l'obbligo imporrebbe allo Stato (v. Christine Goodwin, cit., 
�� 86-87). 


162. Gli Stati godono di un certo margine di apprezzamento nell'adempiere i loro obblighi 
positivi ai sensi dell'articolo 8. Nel determinare l'ampiezza di quel margine devono prendere 
in considerazione alcuni fattori. Nel contesto della vita privata la Corte ha considerato che 
laddove sia in gioco un aspetto particolarmente importante per l�esistenza e/o l'identit� di un 
individuo il margine concesso allo Stato sia ristretto (v. ad ex. X and Y, cit., �� 24 e 27; Christine 
Goodwin, cit., � 90; v. anche Pretty v. the United Kingdom, no. 2346/02, � 71, ECHR 
2002-III). Tuttavia, laddove non vi sia un consensus all�interno degli Stati membri del Consiglio 
d'Europa, o quanto all'importanza relativa degli interessi in gioco, o quanto ai mezzi 
migliori di proteggerlo, in particolare dove il caso suscita questioni moralmente e politicamente 
sensibili, il margine � destinato a essere pi� ampio (v. X, Y and Z v. the United Kingdom, 
22 Aprile 1997, � 44, Reports 1997-II; Frett� v. France, no. 36515/97, � 41, ECHR 2002-I; e 
Christine Goodwin, cit., � 85). Solitamente vi � un margine ampio se si richiede allo Stato di 
trovare un punto di equilibrio tra interessi pubblici e privati, o diritti derivanti dalla Convenzione, 
in conflitto (v. Frett�, cit., � 42; Odi�vre v. France [GC], no. 42326/98, ��44-49, ECHR 
2003-III; Evans v. the United Kingdom [GC], no. 6339/05, �77, ECHR 2007-I; Dickson v. the 
United Kingdom [GC], no. 44362/04, �78, ECHR 2007-V; e S.H. and Others, cit., � 94). 


(ii) La recente giurisprudenza rilevante e l�oggetto della presente causa. 

163. La Corte � gi� stata investita da ricorsi concernenti la mancanza di riconoscimento 
delle unioni omosessuali. Tuttavia, nel recentissimo caso Schalk and Kopf v. Austria, quando 
la Corte ha reso il proprio giudizio i ricorrenti avevano gi� ottenuto l'opportunit� di costituire 
una partnership registrata. Cos� la Corte dovette semplicemente determinare se lo Stato resistente 
avesse dovuto munire i ricorrenti di un metodo alternativo di riconoscimento legale 
della loro partnership prima di quando lo fece, cio� prima del 1 gennaio 2010. Dopo aver notato 
l�emersione di un consensus europeo in rapido sviluppo nel decennio precedente, ma che 
non c'era ancora una maggioranza di stati che prevedesse il riconoscimento legale delle coppie 
omosessuali, al tempo 19 Stati, la Corte consider� che l'ambito in questione fosse un'area di 
diritti in evoluzione senza un consensus stabilito, dove gli Stati godevano di un margine di 
apprezzamento quanto al tempo di introdurre cambiamenti legislativi (� 105). Cos� la Corte 
concluse che, bench� non fosse all'avanguardia, il legislatore austriaco non potesse essere 
censurato per non avere approvato la legge sulla partnership registrata prima del 2010 (� 106). 
In quel caso, la Corte riteneva anche che l'articolo 14 in combinato disposto con l'articolo 8 
non imponesse agli Stati contraenti un obbligo di accordare alle coppie omosessuali l'accesso 
al matrimonio (ibid. �101). 
164. Nel presente caso i ricorrenti, a tutt'oggi, non hanno la possibilit� di costituire 
un'unione civile o una partnership registrata (in assenza di matrimonio) in Italia. Pertanto la 
Corte deve determinare se l'Italia alla data della presente analisi, cio� nel 2015, abbia omesso 
di adempiere l'obbligo positivo per assicurare il rispetto della vita familiare e privata dei ricorrenti, 
in particolare attraverso la previsione di un quadro legale che consenta loro di avere 
la loro relazione riconosciuta e protetta ai sensi della legge nazionale. 


(iii) Applicazione dei principi generali al caso di specie 

165. La Corte ribadisce che ha gi� ritenuto che le coppie omosessuali sono capaci come le 


coppie eterosessuali di costituire relazioni stabili e impegnative, e che sono in una situazione 
notevolmente simile a una coppia eterosessuale per quanto riguarda il loro bisogno di riconoscimento 
legale e di protezione della loro relazione (v. Schalk and Kopf, � 99, e Vallianatos, 
��78 e 81, citt.). Ne segue che la Corte ha gi� riconosciuto che le coppie omosessuali necessitano 
di un riconoscimento legale e della protezione della loro relazione. 

166. Quella stessa necessit�, cos� come la volont� di prendere provvedimenti in ordine 
ad essa � stata espressa dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa, che ha raccomandato 
che il Comitato dei ministri inviti gli Stati membri, tra l�altro, �ad adottare una legislazione 
che preveda le partnership registrate�� ben 15 anni fa, e pi� recentemente dal 
comitato dei ministri (nella sua raccomandazione CM/Rec(2010)5), che ha invitato gli Stati 
membri dove legislazione nazionale non riconoscesse o non attribuisse diritti e obblighi 
alle partnership omosessuali registrate di considerare la possibilit� di munire le coppie omosessuali 
di mezzi legali o di altro genere per risolvere i problemi pratici relativi alla realt� 
sociale in cui vivono. 
167. La Corte nota che i ricorrenti nel presente caso, che non hanno la possibilit� di sposarsi, 
non hanno avuto la possibilit� di accedere a un quadro giuridico specifico come quello 
delle unioni civili o delle partnership registrate, in grado di munirli del riconoscimento del 
loro stato e di garantire loro determinati diritti rilevanti per una coppia che si trovi in una relazione 
stabile e duratura. 
168. La Corte esamina la situazione dei ricorrenti all'interno dell'ordinamento nazionale 
italiano. Per quanto riguarda la registrazione delle unioni omosessuali dei ricorrenti con i registri 
locali per le unioni civili, la Corte nota che dove ci� � possibile (in meno del 2% dei 
Comuni esistenti) questa misura ha un valore meramente simbolico ed � rilevante solo a fini 
statistici, non conferisce ai ricorrenti nessuno stato civile ufficiale e in nessun modo accorda 
diritti di qualsiasi genere alle coppie omosessuali. � anche priva di qualunque valore probatorio 
(di una unione stabile) di fronte alle Corti nazionali. 
169. L'attuale status dei ricorrenti nel contesto legale interno pu� essere considerato soltanto 
una unione di fatto, che pu� essere regolata da certi accordi contrattuali privati dallo scopo limitato. 
Per quanto riguarda gli accordi di coabitazione menzionati, la Corte nota che mentre 
essi prevedono alcuni accordi domestici relativi alla coabitazione, tali accordi privati mancano 
di provvedere ad alcuni bisogni essenziali che sono fondamentali per il regime di una relazione 
tra una coppia di persone in una unione stabile ed esclusiva, come per esempio tra i diritti e 
gli obblighi reciproci che essi hanno l'uno nei confronti dell'altro inclusi l'assistenza morale e 
materiale, le obbligazioni alimentari e i diritti ereditari (cfr. Vallianatos, � 81 in fine, e Schalk 
and Kopf, � 109, citt.). Il fatto che lo scopo di tali contratti non sia quello del riconoscimento 
e della tutela della coppia � evidente dal fatto che essi sono aperti a chiunque coabiti indipendentemente 
da se si tratti di una coppia in una relazione stabile ed esclusiva. Inoltre, tali contratti 
esigono che le persone coabitino; tuttavia, la Corte ha gi� accettato che l'esistenza di 
un'unione stabile sia indipendente dalla coabitazione. Invero nel mondo globalizzato di oggi 
varie coppie sposate o in partnership registrata, sperimentano periodi durante i quali conducono 
la loro relazione a distanza avendo necessit� di mantenere la propria residenza in paesi diversi 
per ragioni professionali o di altro genere. La Corte considera che quel fatto in s� non ha rilevanza 
sull'esistenza di una relazione stabile ed esclusiva e sulla necessit� che essa sia protetta. 
Ne segue che pur prescindendo dal fatto che gli accordi di coabitazione non erano nemmeno 
disponibili ai ricorrenti prima del dicembre 2013, alle corti non possono essere considerati 
come accordanti il riconoscimento e la indispensabile tutela delle unioni dei ricorrenti. 



170. Inoltre, non � stato provato che le Corti nazionali possano pronunziare un accertamento 
di riconoscimento formale, n� il Governo ha spiegato quali sarebbero state le implicazioni 
di un siffatto accertamento. Mentre le Corti nazionali hanno ripetutamente sostenuto 
la necessit� di assicurare protezione per le coppie omosessuali e di evitare un trattamento 
discriminatorio, attualmente, al fine di ricevere tale protezione i ricorrenti, cos� come altri 
nella loro posizione, devono sollevare numerose identiche questioni presso le Corti nazionali 
e probabilmente anche la Corte Costituzionale alla quale non hanno accesso diretto. 
Dalla giurisprudenza portata all'attenzione della Corte, traspare che mentre il riconoscimento 
di determinati diritti � stato rigorosamente sostenuto, altre materie connesse con le 
unioni omosessuali rimangono nell'incertezza, dato che, come ripetutamente affermato dal 
Governo, le corti rendono decisioni caso per caso. Il governo ha anche ammesso che la protezione 
delle unioni omosessuali ha ricevuto una maggiore accettazione in determinati apparati 
dello Stato piuttosto che in altri. A questo proposito si � anche notato che il Governo 
ha esercitato con ostinazione il suo diritto a opporsi a tali domande (vedi per esempio l'appello 
contro la decisione del Tribunale di Grosseto) e cos� mostra uno scarso appoggio per 
le decisioni dalle quali esse dipendono. 
171. Come indicato dalla Associazione Radicale Certi Diritti (ARCD), la legge contempla 
esplicitamente il riconoscimento di un partner omosessuale in circostanze estremamente limitate. 
Ne segue che anche le pi� ordinarie necessit� che sorgano nel contesto di una coppia 
omosessuale devono essere determinate dal giudice, nelle incerte circostanze sopra menzionate. 
Nell'opinione della Corte la necessit� di ricorrere ripetutamente alle Corti nazionali per 
invocare l'eguaglianza di trattamento rispetto a ciascuno dei molteplici aspetti che interessano 
i diritti e doveri tra i membri di una coppia, si rivela gi� una non insignificante ostacolo agli 
sforzi dei ricorrenti di ottenere il rispetto della loro vita privata e familiare. Ci� � ulteriormente 
aggravato da uno stato di incertezza. 
172. Da quanto sopra consegue che la tutela attualmente disponibile non � solo carente di 
contenuto, in quanto omette di provvedere per le necessit� basilari che sono rilevanti per una 
coppia in una relazione stabile e duratura, ma anche non sufficientemente stabile - dipende 
dalla coabitazione, come anche dall�atteggiamento del giudice o talvolta dell�autorit� amministrativa 
nel contesto di un Paese che non � vincolato dal sistema del precedente (v. Torri 
and Others v. Italy, (dec.), nos. 11838/07 and 12302/07, � 42, 24 gennaio 2012). A questo 
proposito la Corte ribadisce che la coerenza delle pratiche legali e amministrative all'interno 
dell'evento giuridico nazionale va considerata come un fattore importante nella valutazione 
condotta ai sensi dell'articolo 8. 
173. In relazione ai principi generali menzionati nel paragrafo 161, la Corte osserva che 
dal superiore esame del contesto nazionale risulta esistere un conflitto tra la realt� sociale dei 
ricorrenti, che per la maggior parte vivono la loro relazione apertamente in Italia, e la legge 
che non gli consente alcun riconoscimento ufficiale sul territorio. Nell'opinione della Corte 
un obbligo di prevedere il riconoscimento e la protezione delle unioni omosessuali, e cos� di 
consentire alla legge di riflettere le realt� delle situazioni dei ricorrenti, non comporterebbe 
alcun particolare onere per lo Stato italiano, sia esso legislativo, amministrativo o di altro genere. 
Inoltre, tale legislazione servirebbe un'importante bisogno sociale - come osservato dalla 
ARCD, le statistiche nazionali ufficiali dimostrano che ci sono circa 1 milione di omosessuali 


o bisessuali nella sola Italia centrale. 

174. Alla luce delle superiori considerazioni la Corte ritiene che, in assenza del matrimonio, 
le coppie omosessuali, come i ricorrenti, hanno un interesse specifico a ottenere la facolt� di 





costituire una forma di unione civile o partnership registrata, dal momento che questo sarebbe 
il modo pi� appropriato in cui potrebbero vedere legalmente riconosciuta la loro relazione e 
che garantirebbe loro la relativa tutela nella forma dei diritti fondamentali spettanti a una coppia 
in una relazione stabile ed esclusiva, senza ostacoli non necessari. Inoltre la Corte ha gi� 
ritenuto che tali civil partnerships hanno un valore intrinseco per le persone nella posizione 
dei ricorrenti, indipendentemente dagli effetti giuridici, limitati o estesi che siano, che esse 
produrrebbero (cfr. Vallianatos, cit, �81). Questo riconoscimento arrecherebbe inoltre un senso 
di legittimazione alle coppie omosessuali. 


175. La Corte ribadisce che, nel valutare gli obblighi positivi di uno Stato si deve avere riguardo 
all'equo contemperamento che deve essere tracciato tra gli interessi in conflitto del-
l'individuo e della comunit� nel suo complesso. Avendo identificato in precedenza gli interessi 
degli individui in gioco, la Corte deve procedere a valutarli nei confronti degli interessi della 
comunit�. 
176. Nondimeno, a questo riguardo, la Corte nota che il Governo italiano ha omesso di 
evidenziare in modo esplicito ci� che a sua opinione corrisponderebbe agli interessi della comunit� 
nel suo complesso. Il Governo tuttavia ha ritenuto che �era necessario tempo per raggiungere 
una graduale maturazione di una comune visione della comunit� nazionale sul 
riconoscimento di questa nuova forma di famiglia��. Il Governo ha fatto anche riferimento 
�alle diverse sensibilit� su una questione sociale talmente delicata e profondamente avvertita�� 
e alla ricerca di un �unanime consenso di differenti correnti di pensiero e di sentire anche di 
ispirazione religiosa presenti nella societ���. Allo stesso tempo il Governo ha categoricamente 
negato che l'assenza di un quadro giuridico specifico che preveda il riconoscimento della 
tutela delle unioni omosessuali tenterebbe di proteggere il concetto tradizionale della famiglia 


o la morale sociale. Il Governo invece si � affidato al proprio margine di apprezzamento nella 
scelta dei tempi e dei modi di uno specifico quadro giuridico, ritenendo di essere il soggetto 
pi� in grado di valutare il modo di sentire della propria comunit�. 

177. Per quanto riguarda la ampiezza del margine di apprezzamento, la Corte nota che dipende 
da vari fattori. Mentre la Corte pu� accettare che la materia oggetto del presente caso 
possa essere collegata a questioni morali o etiche che consentono un pi� ampio margine di 
apprezzamento in assenza di consensus tra gli Stati membri, nota che il presente caso non si 
occupa di certi determinati e specifici diritti ��supplementari�� (nel senso di opposti a basilari) 
che possano o non possano sorgere da un'unione e che possono essere soggetti a una aspra 
controversa controversia alla luce della loro dimensione sensibile. A questo proposito la Corte 
ha gi� ritenuto che gli Stati godono di un certo margine di apprezzamento per quanto riguarda 
il preciso status conferito da metodi alternativi di riconoscimento e ai diritti e gli obblighi derivanti 
da siffatte unioni o partnership registrate (v. Schalk and Kopf, cit., �� 108-109). Invero 
il caso di specie concerne esclusivamente la necessit� generale di un riconoscimento giuridico 
e la protezione essenziale dei ricorrenti come coppie omosessuali. La Corte ritiene che questi 
ultimi siano aspetti dell'esistenza dell'identit� di un individuo a cui dovrebbe applicarsi il relativo 
margine di apprezzamento. 
178. In aggiunta a quanto sopra � importante per la valutazione della Corte anche la tendenza 
al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali che ha continuato a svilupparsi 
rapidamente in Europa dal giudizio della Corte Schalk und Kopf. Attualmente una stretta maggioranza 
degli stati del consiglio d'Europa (24 su 47) hanno legiferato in favore di tale riconoscimento 
e della relativa tutela. Lo stesso rapido sviluppo pu� essere notato su scala globale 
con particolare riferimento ai paesi nelle Americhe e dell'Australasia. Le informazioni dispo





nibili cos� vanno a dimostrare una tendenza continuativa verso il riconoscimento giuridico 
(su scala) internazionale, al quale la Corte non pu� che attribuire importanza (v., mutatis mutandis, 
Christine Goodwin, � 85, e Vallianatos, �91, citt.) 


179. Ritornando alla situazione in Italia, la Corte osserva che, se il Governo � usualmente 
nelle condizioni migliori per valutare gli interessi della comunit�, nel caso presente il legislatore 
italiano non sembra avere dato particolare importanza alle indicazioni poste dalla comunit� 
nazionale comprese le pi� alte autorit� giudiziarie in Italia e la popolazione in generale. 
180. La Corte nota che in Italia alla necessit� di riconoscere e tutelare tale relazione � stato 
dato un alto profilo dalle supreme autorit� giudiziarie inclusa la Corte costituzionale e la Corte 
di Cassazione. Si fa in particolare riferimento alla sentenza della Corte costituzionale numero 
138 del 2010 nella causa dei due ricorrenti Oliari e X, le conclusioni della quale furono ribadite 
in una serie di decisioni successive negli anni seguenti. In tali casi la Corte Costituzionale ha 
ripetutamente ed esplicitamente invocato il riconoscimento giuridico dei diritti e i doveri relativi 
alle coppie omosessuali, una misura che potrebbe essere adottata solo dal Parlamento. 
181. La Corte osserva che tale espressione riflette i sentimenti della maggioranza della popolazione 
italiana, come dimostrato da statistiche ufficiali. Le statistiche prodotte indicano 
che c'� nella popolazione italiana un'accettazione da parte della gente comune delle coppie 
omosessuali come anche un appoggio popolare per il riconoscimento della loro tutela. 
182. Invero, nelle sue osservazioni di fronte a questa Corte, lo stesso Governo italiano non 
ha negato la necessit� di una tale tutela, argomentando che non era limitata al riconoscimento, 
necessit� che inoltre, ammetteva il Governo, cresceva continuamente in popolarit� nella comunit� 
italiana. 
183. Nondimeno, a dispetto di alcuni tentativi lungo tre decenni il legislatore italiano � 
stato incapace di approvare la relativa normativa. 
184. A questo riguardo la Corte ricorda che, sebbene in un contesto differente, ha previamente 
deciso che un tentativo premeditato di impedire l'esecuzione di una sentenza definitiva 
ed esecutiva, che sia inoltre tollerato se non tacitamente approvato dai poteri 
esecutivo e legislativo dello Stato, non pu� essere spiegato in termini di un qualsiasi legittimo 
pubblico interesse o degli interessi della comunit� nel suo complesso. Al contrario � 
suscettibile di minare la credibilit� e l'autorit� dell'autorit� giudiziaria e di mettere a rischio 
la sua efficacia, fattori che sono della massima importanza dal punto di vista dei principi 
fondamentali sottostanti alla convenzione (v. Broniowski v. Poland [GC], no. 31443/96, � 
175, ECHR 2004-V). Mentre la Corte � consapevole delle importanti differenze giuridiche 
e di fatto tra la causa Broniowski e il presente caso, nondimeno ritiene che in questo caso il 
legislatore volontariamente o in difetto della necessaria determinazione ha lasciato inascoltati 
i ripetuti appelli delle Supreme Corti d�Italia. Invero, il presidente della Corte costituzionale 
stesso, nella relazione annuale della Corte, lamentava la mancanza di una risposta 
da parte del legislatore alla pronuncia della Corte costituzionale nel caso dei primi due ricorrenti. 
La Corte ritiene che questa ripetuta omissione del legislatore di tenere conto delle 
pronunce della Corte costituzionale o delle raccomandazioni che in esse si riferivano alla 
coerenza con la costituzione, per un significativo periodo di tempo, potenzialmente indebolisce 
le responsabilit� del potere giudiziario e nel presente caso ha lasciato le persone interessate 
in una situazione di incertezza giuridica che deve essere presa in considerazione. 
185. In conclusione, nell'assenza di un interesse prevalente della comunit� allegato dal Governo 
italiano contro il quale equilibrare i fondamentali interessi dei ricorrenti sopra identificati, 
e alla luce delle conclusioni delle Corti nazionali sulla materia, che sono rimaste 





inascoltate, la Corte ritiene che il Governo italiano ha ecceduto il suo margine di apprezzamento 
e ha mancato di adempiere il suo obbligo positivo di assicurare che ai ricorrenti fosse 
disponibile uno specifico quadro legale che prevedesse il riconoscimento per la tutela delle 
loro unioni omosessuali. 


186. Per concludere diversamente, oggi, la Corte dovrebbe rifiutare di tenere conto della 
situazione in cambiamento dell'Italia e dovrebbe essere riluttante nell'applicazione della convenzione 
in un modo che fosse pratico ed effettivo. 


187. Vi � conseguentemente stata una violazione dell'articolo 8 della Convenzione. 
(...) 


188. Avuto riguardo alle sue conclusioni ai sensi dell'articolo 8 la Corte ritiene che non sia 
necessario esaminare se in questo caso vi sia anche stata una violazione dell'articolo 14 in 
combinato disposto con l'articolo 8. 

[OMISSIS] 


La Corte di Giustizia e il principio di non discriminazione 
nel rapporto di lavoro a tempo determinato 

NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA, TERZA SEZIONE, 
SENTENZA 9 LUGLIO 2015, CAUSA C.177/14 


Stefano Varone* 

Con la pronuncia in esame la Corte di Giustizia ha fornito un ulteriore 
tassello al quadro interpretativo inerente l�Accordo quadro sul lavoro a tempo 
determinato, del 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70/CE. 

Le norme che vengono in questione sono la clausola 3 dell�accordo predetto, 
che definisce le figure del lavoratore a tempo determinato e di quello 
a tempo indeterminato comparabile, nonch� la clausola 4, che enuncia il principio 
di non discriminazione dei lavoratori a tempo determinato rispetto ai 
lavoratori a tempo indeterminato comparabili. Il primo comma della disposizione 
da ultimo citata in particolare dispone che, �per quanto riguarda le 
condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere 
trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili 
per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo 
determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive�, mentre il quarto 
comma precisa che �i criteri del periodo di anzianit� di servizio relativi a 
particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori 
a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando 
criteri diversi in materia di periodo di anzianit� siano giustificati da motivazioni 
oggettive� (1). 

Nel caso di specie si trattava di stabilire se fosse contraria al principio di 
�non discriminazione� (2) una normativa (spagnola) la quale esclude che al 

(*) Avvocato dello Stato. 

(1) A livello di normativa nazionale di recepimento l�art. 6 d.lgs. n. 368 del 2001 aveva stabilito 
che �Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia 
o la tredicesima mensilit�, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell'impresa 
per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati 
nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in 
proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura 
del contratto a termine�. 


La norma � stata quindi abrogata dall'art. 55, comma 1, lett. b), D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 e la normativa 
da ultimo citata prevede ora, all�art. 7, che �Il lavoratore a tempo parziale non deve ricevere un 
trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore a tempo pieno di pari inquadramento�.

(2) � tuttavia da valutare se si sia in presenza di un principio di non discriminazione ovvero pi� 
propriamente di un principio di parit� di trattamento s� che ogni differenza di trattamento del lavoratore 
a termine rispetto al lavoratore a tempo indeterminato comparabile dovrebbe presumersi illegittima, 
salvo non ricorrano ragioni oggettive che la giustifichino. Si veda al riguardo A. LEPORE �Principio di 
non discriminazione� in Le nuove leggi civ. comm., 2002, 85. 


personale reclutato occasionalmente nella pubblica amministrazione si possano 
applicare gli scatti triennali retributivi, che sono invece attribuiti al personale 
assunto a tempo indeterminato. 

L�ordinamento nazionale spagnolo escludeva l�equiparazione retributiva 
in ragione delle peculiarit� del rapporto, caratterizzato dallo svolgimento di 
funzioni espressamente qualificate di fiducia o assistenza speciale, dalla nomina 
effettuata al di fuori di qualsivoglia procedura selettiva, dalla indiscriminata 
libert� di cessazione del rapporto. 

Si sarebbe potuto ipotizzare, pertanto, che la speciale figura avesse come 
requisiti caratterizzanti non la durata del rapporto di lavoro e la professionalit� 
del soggetto assunto, ma esclusivamente il vincolo fiduciario che lega il primo 
con la figura apicale di riferimento, delineando pertanto una tipologia di rapporto 
ben diversa da quello �ordinario�, tale da escludere la comparabilit� 
delle figure e quindi la possibilit� di un trattamento retributivo differente. 

Il dubbio era pertanto se gli elementi che contraddistinguono il rapporto 
d�impiego dei lavoratori occasionalmente assunti, rispetto al rapporto di lavoro 
di ruolo a tempo determinato, fossero o meno atti ad escludere la comparabilit� 
con il personale a tempo determinato o indeterminato e, in caso di risposta positiva, 
se costituissero ragioni oggettive idonee a determinare un trattamento 
retributivo deteriore. 

Orbene la Corte ha confermato integralmente la valenza �espansionista� 
dell�accordo quadro che gi� era stata fornita in precedenti pronunce rese sulla 
nozione di �ragioni oggettive� (3) ed ha ribadito che la clausola esprime un 
principio di diritto sociale dell�Unione che non pu� essere interpretato in modo 
restrittivo (4). 

Al fine di verificare il rispetto della disciplina europea si tratta pertanto 
di appurare dapprima se il lavoratore a tempo determinato interessato sia trattato, 
per quanto attiene ad una condizione di impiego, in maniera meno favorevole 
rispetto ad un lavoratore a tempo indeterminato comparabile, in un 
secondo tempo, di verificare se una siffatta disparit� di trattamento possa essere 
giustificata da una ragione oggettiva (5). 

(3) Si fa riferimento alle sentenze 4 luglio 2006, C-212/04; 7 settembre 2006 C-53/04; 23 aprile 
2009, C- 378/07; 23 novembre 2009, C-162/08 e 1 ottobre 2010, C-3/10. 
(4) Per l�analisi della parallela questione inerente il riconoscimento del periodo pre ruolo in caso 
di stabilizzazione e per l�analisi della giurisprudenza comunitaria in materia si veda F. SIOTTO, "Anzianit�" 
fa rima con "parit� ": il principio di non discriminazione per i lavoratori a tempo determinato 
"stabilizzati" e il diritto agli scatti retributivi periodici, in Argomenti Dir. Lav., 2013, 975 
(5) Sul piano della giurisprudenza nazionale a ragioni oggettive pare richiamarsi Cass. Sez. lav. 


n. 887 del 29 gennaio 1998 a mente della quale "la norma contrattuale collettiva escludente la corresponsione 
del premio di produzione a favore dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro 
non contrasta n� con l'art. 37 Cost., comma 3, di tutela dei minori sotto il profilo della parit� retributiva 
a parit� di lavoro, n� con i principi di parit� di trattamento retributivo, ai sensi degli artt. 3 e 36 Cost., 
poich� il contratto di formazione e lavoro, che pu� riguardare soggetti di et� compresa tra i quindici e 



Nella pronuncia in esame la Corte conferma sostanzialmente che la disparit� 
di trattamento deve essere giustificata dall�esistenza di elementi precisi 
e concreti, che contraddistinguono la condizione di lavoro, nel particolare contesto 
in cui essa si colloca e in base a criteri oggettivi e trasparenti, il tutto nel 
rispetto del principio di proporzionalit�: � cio� necessario che il differente regime 
corrisponda ad un reale bisogno, sia idoneo a conseguire l�obiettivo perseguito 
e sia necessario a tal fine. 

Il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro del personale della 
pubblica amministrazione pertanto non pu� costituire una ragione oggettiva, 
la quale dovr� essere rinvenuta essenzialmente nella particolare natura delle 
mansioni per l�espletamento delle quali sono stati conclusi contratti a tempo 
determinato e dalle caratteristiche inerenti alle mansioni stesse (6). 

In questo senso viene ribadito quanto gi� affermato nella sentenza 8 
settembre 2011 (7) c-177/10: in linea generale si afferma che talune differenze 
relative all�assunzione dei dipendenti di ruolo, alle qualifiche richieste 
e alla natura delle mansioni di cui devono assumere la responsabilit� potrebbero, 
in linea di principio, giustificare una differenza di trattamento, ma con 
la precisazione che (punto 80 della sentenza da ultimo citata) �una condizione 
generale ed astratta secondo cui il periodo di servizio richiesto dev�essere 
stato prestato integralmente come dipendente pubblico di ruolo, 
senza che vengano prese in considerazione, segnatamente, la natura particolare 
delle mansioni da svolgere n� le caratteristiche inerenti ad esse, non 
corrisponde ai requisiti elaborati dalla giurisprudenza relativa alla clausola 
4, punto 1, dell�accordo quadro�. 

Sembra pertanto potersi concludere che per la Corte di Giustizia che il 
termine essenziale (8) di raffronto � rappresentato dalla prestazione da svolgere 
e dalle eventuali qualifiche per l�espletamento della stessa in un quadro di ri


i ventinove anni e quindi anche lavoratori maggiorenni, ha una causa giuridica mista (scambio tra lavoro 
retribuito e addestramento del lavoratore rivolto all'acquisizione della professionalit� necessaria 
per l'immissione nel mondo del lavoro), che comporta un'attivit� produttiva ridotta e giustifica quindi 
l'esclusione del lavoratore interessato da elementi retributivi, quali il premio di produzione, diretti a 
compensare una partecipazione piena ai risultati produttivi dell'impresa". 

(6) Non pare pertanto si possa convenire con quanto affermato da A. RONDO �Divieti di discriminazione 
nel contratto a termine� in Lavoro nella Giur., 2014, 6, 553 secondo il quale �In astratto, una 
distinzione di trattamento tra lavoratori a tempo indeterminato e a termine basata semplicemente su 
ragioni oggettive, come previsto dalla direttiva, potrebbe trovare origine ad esempio in fattori contingenti, 
come la particolare situazione che sta attraversando l'impresa, che potrebbe al limite giustificare 
diversit� di trattamento (per semplici ma oggettive ragioni di convenienza, in forza delle quali - in oggettivi 
contesti di difficolt� - pu� essere sensato remunerare con forme aggiuntive al trattamento tabellare 
solo il lavoro a tempo indeterminato) anche se di per s� non incompatibile con il termine�. 
(7) Sulla sentenza in questione cfr. R. CONTI, Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato in 
Corriere Giur., 2012, 2, 257. 
(8) Essenziale in quanto non esclusivo: la Corte ha infatti avuto modo di precisare che un eventuale 
trattamento di sfavore pu� ritenersi legittimo se funzionalizzato ad una finalit� di politica sociale di uno 
Stato membro (sent. 4 luglio 2006, C-212/04, punti 69 e 70). 



ferimento caratterizzato dalla regola della parit� di trattamento rispetto alla 
quale le eccezioni sono di stretta interpretazione (9). Ci� in ragione del fatto 
che l'obiettivo dell'accordo quadro consiste �nel miglioramento della qualit� 
del lavoro a tempo determinato, fissando requisiti minimi atti a garantire l'applicazione 
del principio di non discriminazione� (10) ed esso �mira a dare applicazione 
a tale principio nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al 
fine di impedire che un rapporto di impiego di tale natura venga utilizzato da 
un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori 
a tempo indeterminato� (11). 

Corte di giustizia dell�Unione europea, Terza Sezione, sentenza 9 luglio 2015, causa C177/
14 -Pres. M. Ile.i., Rel. A.� Caoimh, Avv. gen. P. Mengozzi - Domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna), con decisione del 31 gennaio 2014, 
pervenuta in cancelleria il 10 aprile 2014, nel procedimento Mar�a Jos� Regojo Dans contro 
Consejo de Estado. 

�Rinvio pregiudiziale � Politica sociale � Direttiva 1999/70/CE � Accordo quadro CES, 
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato � Clausole 3 e 4 � Principio di non discriminazione 
� Personale �eventual� � Rifiuto di accordare una maggiorazione corrispondente allo 
scatto triennale di anzianit� � Ragioni oggettive� 

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione delle clausole 3, punto 
1, e 4, punto 4, dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 
1999 (in prosieguo: l��accordo quadro�), contenuto in allegato alla direttiva 1999/70/CE 
del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all�accordo quadro CES, UNICE e CEEP 
sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43). 

2 Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia fra la sig.ra Regojo 
Dans e il Consejo de Estado (Consiglio di Stato), suo datore di lavoro, riguardo al rifiuto 
di quest�ultimo di concederle maggiorazioni corrispondenti a scatti triennali di anzianit�, 
stante la sua qualit� particolare di personale �eventual� ai sensi del diritto spagnolo (in 
prosieguo: il �personale reclutato occasionalmente�). 

(9) In tale contesto potrebbe non risultare pienamente coerente con i principi espressi dalla Corte 
europea quanto affermato dalla cassazione nella sentenza 3 marzo 2014, n. 4911 che si � occupata della 
verifica della legittimit� di una gratifica particolare riservata solo ai lavoratori assunti nel primo semestre 
dell'anno precedente a quello di corresponsione, meccanismo che ne precludeva il godimento da parte 
di coloro che venivano assunti a termine per periodi inferiori ad un anno. In detta occasione infatti la 
Suprema Corte ha fondato la propria decisione (evidentemente anche in ragione dei motivi di ricorso 
dedotti dalle parti) sulla natura del compenso e sulla correlata compatibilit� con rapporti a durata determinata, 
fondando la propria decisione sul rilievo che �gli emolumenti in esame erano destinati per loro 
essenza e funzione a compensare un'attivit� lavorativa connotata dai requisiti della continuit� e della 
pienezza di partecipazione all'attivit� aziendale, caratteristiche, queste, non presenti nelle diverse tipologie 
negoziali del contratto a termine e di formazione e lavoro�. 
(10) Secondo ZAPPAL�, La parit� retributiva dei lavoratori flessibili nell'ordinamento comunitario, 
in Riv. it. dir. lav. 2008, 326 alla tutela antidiscriminatoria � attribuito dalla normativa europea un ruolo 
centrale proprio al fine di migliorare la qualit� dei lavori flessibili. 


(11) Corte di giustizia sent. 12 dicembre 2013 c 361/11. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 67 

Contesto normativo 

Diritto dell�Unione 

3 Ai sensi dell�articolo 1 della direttiva 1999/70, quest�ultima persegue lo scopo di �attuare 
l�accordo quadro (...), che figura nell�allegato, concluso (...) fra le organizzazioni 
intercategoriali a carattere generale (CES, CEEP e UNICE)� 

4 In base alla clausola 1 dell�accordo quadro l�oggetto di quest�ultimo �: 
�a) migliorare la qualit� del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio 
di non discriminazione; 
b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall�utilizzo di 
una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato�. 

5 La clausola 2, punto 1, dell�accordo quadro, � formulata come segue: 
�Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione 
o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla 
prassi in vigore di ciascuno Stato membro�. 

6 La clausola 3, punto 1, dell�accordo quadro, definisce il �lavoratore a tempo determinato
� come �una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente 
fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine � determinato da condizioni oggettive, 
quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico 

o il verificarsi di un evento specifico�. 

7 La clausola 3, punto 2, dell�accordo quadro, definisce un �lavoratore a tempo indeterminato 
comparabile� come �un lavoratore con un contratto o un rapporto di lavoro di 
durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento e addetto a lavoro/occupazione 
identico o simile, tenuto conto delle qualifiche/competenze. In assenza di un lavoratore 
a tempo indeterminato comparabile nello stesso stabilimento, il raffronto si 
dovr� fare in riferimento al contratto collettivo applicabile o, in mancanza di quest�ultimo, 
in conformit� con la legge, i contratti collettivi o le prassi nazionali�. 

8 La clausola 4 dell�accordo in parola, intitolata �Principio di non discriminazione�, prevede, 
nei suoi punti 1, 3 e 4: 

�1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non 
possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato 
comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, 
a meno che non sussistano ragioni oggettive. 
(�) 

3. Le disposizioni per l�applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, 
previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme 
comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali. 
4. I criteri del periodo di anzianit� di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro 
dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo 
indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianit� siano 
giustificati da motivazioni oggettive�. 


9 La clausola 5 del menzionato accordo quadro, intitolata �Misure di prevenzione degli 
abusi�, cos� dispone: 

�1. Per prevenire gli abusi derivanti dall�utilizzo di una successione di contratti o rapporti 
di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti 
sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti 
sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione 


degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici 
di lavoratori, una o pi� misure relative a: 
a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti; 
b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi; 
c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti. 


2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse 
dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo 
determinato: 
a) devono essere considerati �successivi�; 
b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato�. 


Il diritto spagnolo 

10 L�articolo 149, paragrafo 1, punto 18, della Costituzione spagnola attribuisce allo Stato 
la competenza esclusiva relativamente alla fissazione del regime giuridico delle pubbliche 
amministrazioni e del regime statutario dei loro dipendenti. 

11 Sulla base di tale competenza lo Stato ha adottato la legge 7/2007, del 12 aprile 2007, 
recante le norme di base applicabili ai dipendenti pubblici (Ley 7/2007 del Estatuto b�sico 
del empleado p�blico) (BOE n. 89, del 13 aprile 2007, pag. 16270; in prosieguo: la 
�legge 7/2007�). 

12 L�articolo 8 della legge 7/2007, intitolato �Definizione e classificazione dei dipendenti 
pubblici�, cos� dispone: 

�1. Sono dipendenti pubblici i lavoratori che svolgono funzioni retribuite presso le amministrazioni 
pubbliche al servizio degli interessi generali. 


2. I dipendenti pubblici si inquadrano nelle seguenti categorie: 
a) dipendenti di ruolo. 
b) dipendenti temporanei. 
c) agenti reclutati con contratto permanente, a tempo indeterminato o determinato. 
d) personale reclutato occasionalmente�. 


13 L�articolo 9 della legge 7/2007 definisce i dipendenti di ruolo nei seguenti termini: 

�1. Sono dipendenti pubblici di ruolo le persone designate dalla legge che fanno parte 
di un�amministrazione pubblica in forza di un rapporto statutario disciplinato dal diritto 
amministrativo, per svolgere in via permanente servizi professionali retribuiti. 

2. In ogni caso, l�esercizio delle funzioni che implicano la partecipazione diretta o 
indiretta all�esercizio dei poteri pubblici o alla salvaguardia degli interessi generali 
dello Stato e delle amministrazioni pubbliche spetta esclusivamente ai dipendenti 
pubblici nei termini stabiliti nella legge di attuazione di ciascuna amministrazione 
pubblica�. 

14 L�articolo 12 della legge 7/2007 cos� definisce il personale reclutato occasionalmente: 

�1. � personale reclutato occasionalmente il personale che, in virt� di una nomina e 
con carattere non permanente, svolge soltanto funzioni espressamente qualificate di fiducia 
o assistenza speciale, con retribuzione a carico delle linee di bilancio destinate a 
tal fine. 

2. Le leggi sulla funzione pubblica emanate in attuazione del presente statuto determinano 
gli organi di governo delle amministrazioni pubbliche che potranno disporre di 
questo tipo di personale. Il numero massimo � stabilito dai rispettivi organi di governo. 
Tale numero e le condizioni retributive devono essere resi pubblici. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 69 

3. La nomina e la cessazione del rapporto di lavoro sono libere. La cessazione ha luogo, 
in ogni caso, quando viene meno l�autorit� alla quale si presta la funzione di fiducia o 
di assistenza. 
4. La condizione di personale reclutato occasionalmente non costituisce merito per l�accesso 
alla funzione pubblica o per la promozione interna. (�) 
5. Al personale reclutato occasionalmente si applica, nella misura in cui sia adeguato 
alla natura della sua condizione, il regime generale dei dipendenti di ruolo�. 


15 Ai sensi dell�articolo 22 della legge 7/2007, incluso nel capitolo III della legge in parola 
relativo al regime delle retribuzioni dei dipendenti pubblici, le retribuzioni dei dipendenti 
di ruolo comprendono retribuzioni di base e retribuzioni integrative. 

16 L�articolo 23 della legge 7/2007 dispone quanto segue: 
�Le retribuzioni di base, che sono fissate nella Ley de Presupuestos Generales del Estado 
(legge finanziaria), sono integrate unicamente ed esclusivamente dalle seguenti voci: 
a) lo stipendio attribuito a ciascun sottogruppo o gruppo di classificazione professionale, 
nel caso in cui quest�ultimo non comprenda un sottogruppo; 
b) gli scatti triennali (trienios), che consistono in una maggiorazione, uguale per ciascun 
sottogruppo o gruppo di classificazione professionale, nel caso in cui quest�ultimo non 
comprenda un sottogruppo, attribuita per ciascun triennio di servizio�. 

17 L�articolo 25 della legge 7/2007 prevede la retribuzione dei dipendenti temporanei nei 
termini seguenti: 

�1. I dipendenti temporanei percepiscono le retribuzioni di base e quelle straordinarie 
corrispondenti al sottogruppo o gruppo di classificazione professionale, nel caso in cui 
quest�ultimo non comprenda un sottogruppo. Percepiscono altres� le retribuzioni integrative 
di cui alle lettere b), c) e d) dell�articolo 24 e quelle corrispondenti alla categoria 
di ingresso nella categoria o scatto in cui sono nominati. 

2. Vengono riconosciuti gli scatti triennali corrispondenti ai servizi prestati anteriormente 
all�entrata in vigore del presente statuto che avranno effetto ai fini retributivi unicamente 
a decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso�. 

18 L�articolo 26 della legge 2/2012, legge finanziaria per l�anno 2012 (Ley 2/2012 de Presupuestos 
Generales del Estado para el a�o 2012), del 29 giugno 2012 (BOE n. 156, del 
30 giugno 2012, pag. 46432), al paragrafo 4 cos� prevede: 
�Il personale reclutato occasionalmente percepisce le retribuzioni a titolo di stipendi e 
retribuzioni straordinarie corrispondenti al gruppo o sottogruppo di classificazione al 
quale il Ministerio de Hacienda y Administraciones (ministero delle Finanze e delle 
Amministrazioni pubbliche) assimili le sue funzioni e le retribuzioni integrative corrispondenti 
al posto di lavoro, riservato al personale reclutato occasionalmente, da esso 
occupato (�). 
I dipendenti di ruolo che, in situazione di servizio attivo o in posizione di distacco 
(servicios especiales), occupino posti di lavoro riservati al personale reclutato occasionalmente 
percepiscono le retribuzioni di base corrispondenti al loro gruppo o sottogruppo 
di classificazione, comprese le maggiorazioni corrispondenti agli scatti 
triennali, eventualmente, e le retribuzioni integrative corrispondenti al posto di lavoro 
da essi occupato�. 

19 La legge 30/1984 recante misure per la riforma della funzione pubblica (Ley 30/1984 
de Medidas para la Reforma de la Funci�n P�blica), del 2 agosto 1984 (BOE n. 185, 
del 3 agosto 1984, pag. 22629; in prosieguo: la �legge 30/1984�), contiene un articolo 


19, intitolato �Procedura per la copertura di posti di lavoro�. Ai paragrafi 2 e 3 detto articolo 
cos� dispone: 

�2. Il governo e, nell�ambito delle loro competenze, i Consejos de Gobierno (consigli 
dei ministri) delle Comunidades Aut�nomas (Comunit� autonome) e il Pleno (giunta) 
delle Corporaciones Locales (comuni e altri enti locali) stabiliscono il numero di posti, 
con le rispettive caratteristiche e retribuzioni, riservati al personale reclutato occasionalmente, 
sempre nei limiti delle linee di bilancio destinate a tal fine. 
Il personale reclutato occasionalmente esercita soltanto funzioni espressamente definite 
di fiducia o assistenza speciale e la nomina e cessazione, che saranno libere, spettano 
esclusivamente ai ministri e ai Secretarios de Estado (sottosegretari) e, eventualmente, 
ai Consejeros de Gobierno (ministri regionali) delle Comunit� autonome e ai presidenti 
delle Corporaciones Locales. Il personale reclutato occasionalmente cessa dal servizio 
automaticamente quando venga meno l�autorit� alla quale presta la sua funzione di fiducia 
o assistenza. 

3. In nessun caso l�attivit� prestata in un posto di lavoro riservato al personale reclutato 
occasionalmente costituisce merito per l�accesso alla funzione pubblica o per la promozione 
interna�. 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali 

20 La ricorrente di cui al procedimento principale presta servizio, dal 1� marzo 1996, presso 
il Consejo de Estado con la qualifica di personale reclutato occasionalmente, esercitando 
la funzione di capo della segreteria di un Jefe de la Secretar�a del Consejero Permanente 
(consigliere permanente). 

21 Nel periodo compreso fra il 4 luglio 1980 e il 1� marzo 1996 ella � stata parimenti impiegata 
nella veste di personale reclutato occasionalmente presso il Tribunal Constitucional 
(Corte costituzionale) e il Consejo Econ�mico y Social (Consiglio economico e 
sociale). 

22 Il 25 gennaio 2012 la ricorrente di cui al procedimento principale ha presentato al Consejo 
de Estado una domanda diretta, da un lato, a che le fosse riconosciuto il diritto a 
percepire le maggiorazioni corrispondenti agli scatti triennali di anzianit� per i servizi 
prestati presso svariate amministrazioni dal 1980 e, dall�altro, a che le fosse versato 
l�importo ad esse corrispondente per gli ultimi quattro anni. 

23 La domanda veniva respinta con decisione del Presidente del Consejo de Estado del 24 
luglio 2012. 

24 La ricorrente di cui al procedimento principale ha quindi proposto, dinanzi al giudice 
del rinvio, un ricorso diretto all�annullamento della menzionata decisione, adducendo 
che la stessa non sarebbe conforme al diritto dell�Unione e, segnatamente, alla clausola 
4 dell�accordo quadro. 

25 Detto giudice fa presente che la legge 7/2007 non prevede l�attribuzione delle maggiorazioni 
corrispondenti agli scatti d�anzianit� in parola al personale reclutato occasionalmente, 
contrariamente a quanto previsto per i dipendenti di ruolo o temporanei. In forza 
della legge 2/2012, un dipendente di ruolo in posizione di distacco, destinato ad un posto 
riservato al personale reclutato occasionalmente, percepisce le retribuzioni di base corrispondenti 
al suo gruppo o di classificazione d�origine, comprese le maggiorazioni corrispondenti 
agli scatti triennali di anzianit�. 

26 Dal fascicolo presentato alla Corte risulta che, secondo la giurisprudenza del Tribunal 
Supremo (Corte suprema) relativa al personale reclutato occasionalmente, i posti di sif



CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 71 

fatta natura sono eccezionali e limitati alle missioni �di fiducia e assistenza speciale�. 
Di conseguenza, il succitato giudice considera che detto personale non pu� svolgere 
funzioni rientranti nelle normali attivit� della pubblica amministrazione, che si tratti 
della fornitura di prestazioni di servizi all�amministrazione o dell�adozione di atti collegati 
alla mera organizzazione amministrativa. Siffatte prestazioni professionali, per la 
loro diretta connessione con i principi costituzionali di obiettivit� e di efficacia amministrativa, 
dovrebbero essere assegnate unicamente al personale pubblico selezionato 
secondo i principi di uguaglianza, merito e capacit�. 

27 Tenuto conto di tale giurisprudenza, ma parimenti della particolare relazione che unisce 
l�amministrazione al personale reclutato occasionalmente, basata sull�assistenza speciale 
e la fiducia, il giudice del rinvio si chiede, da un lato, se il personale di cui trattasi pu� 
essere paragonato ai lavoratori a tempo indeterminato ai sensi della clausola 3 dell�accordo 
quadro. D�altro lato, esso si interroga sul punto se non sarebbe necessario circoscrivere 
il ricorso al personale reclutato occasionalmente alle ipotesi in cui la cui 
necessit� del medesimo sia chiaramente giustificata, al fine di evitare abusi e di stabilire 
retribuzioni che rispettino un equilibrio con quelle previste per altri dipendenti del settore 
pubblico con funzioni di contenuto professionale simile. 

28 In considerazione di quanto precede il Tribunal Supremo ha deciso di sospendere il processo 
e di sottoporre alla Corte le questioni pregiudiziali seguenti: 
�1) Se [sia] compres[o] nella definizione di �lavoratore a tempo determinato�, di cui 
alla clausola 3, punto 1, dell�accordo quadro (...) il personale reclutato occasionalmente 
il cui regime giuridico � disciplinato attualmente dall�articolo 12 della [legge 7/2007,] 
(...) il cui regime giuridico era disciplinato in precedenza dall�articolo 20, paragrafo 2, 
della [legge 30/1984]. 
2) Se a detto personale reclutato occasionalmente sia applicabile il principio di non discriminazione 
di cui alla clausola 4, punto 4, dell�[accordo quadro] affinch� gli siano 
riconosciute e versate le retribuzioni che a titolo di anzianit� sono corrisposte ai dipendenti 
di ruolo, agli agenti assunti con contratto a tempo indeterminato, ai dipendenti 
temporanei e agli agenti assunti con contratto a tempo determinato. 
3) Se il regime di nomina e di cessazione libere, fondato su motivi di fiducia, applicabile 
a detto personale reclutato occasionalmente di cui alle due leggi spagnole summenzionate 
rientri tra le ragioni oggettive che detta clausola 4 indica per giustificare una diversit� 
di trattamento�. 
Sulle questioni pregiudiziali 
Sulla prima questione 

29 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la nozione di �lavoratore 
a tempo determinato�, ai sensi della clausola 3, punto 1, dell�accordo quadro, 
debba essere interpretata nel senso che si applica a un lavoratore quale la ricorrente nel 
procedimento principale. 

30 Come risulta dallo stesso dettato della clausola 2, punto 1, dell�accordo quadro, la sfera 
di applicazione di quest�ultimo � concepita in modo ampio, di modo che essa concerne 
in maniera generale i �lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o 
un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore 
di ciascuno Stato membro� (v. sentenze Adeneler e a., C.212/04, EU:C:2006:443, 
punto 56, nonch� Fiamingo e a., C.362/13, C.363/13 e C.407/13, EU:C:2014:2044, 
punto 28 e giurisprudenza ivi citata). 


31 Inoltre, la definizione della nozione di �lavoratore a tempo determinato� ai sensi del-
l�accordo quadro, enunciata nella clausola 3, punto 1, di quest�ultimo, include tutti i lavoratori, 
senza operare distinzioni basate sulla natura pubblica o privata del loro datore 
di lavoro e a prescindere dalla qualificazione del loro contratto in diritto nazionale (sentenza 
Fiamingo e a., C.362/13, C.363/13 e C.407/13, EU:C:2014:2044, punto 29 e giurisprudenza 
ivi citata). 

32 Tenuto conto dell�importanza del principio della parit� di trattamento e del divieto di 
discriminazione, che fanno parte dei principi generali del diritto dell�Unione, alle disposizioni 
previste dalla direttiva 1999/70 e dall�accordo quadro al fine di garantire ai 
lavoratori a tempo determinato di beneficiare degli stessi vantaggi riservati ai lavoratori 
a tempo indeterminato comparabili, a meno che un trattamento differenziato non si giustifichi 
per ragioni oggettive, dev�essere riconosciuta una portata generale, in quanto 
costituiscono norme di diritto sociale dell�Unione di particolare importanza, di cui ogni 
lavoratore deve usufruire in quanto prescrizioni minime di tutela (sentenza Del Cerro 
Alonso, C.307/05, EU:C:2007:509, punto 27). 

33 Conseguentemente, la direttiva 1999/70 e l�accordo quadro si applicano all�insieme dei 
lavoratori che forniscono prestazioni retribuite nell�ambito di un rapporto di lavoro a 
tempo determinato che li vincola al loro datore di lavoro (sentenze Del Cerro Alonso, 
C.307/05, EU:C:2007:509, punto 28, nonch� Fiamingo e a., C.362/13, C.363/13 e 
C.407/13, EU:C:2014:2044, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). 

34 � d�uopo rilevare che la mera circostanza che un lavoratore sia qualificato come reclutato 
occasionalmente sulla base del diritto nazionale o che il suo contratto di lavoro presenti 
taluni aspetti peculiari, quali, nel procedimento principale, un carattere temporaneo, una 
libera nomina o cessazione del rapporto di lavoro, o ancora la circostanza che si consideri 
che siffatto lavoratore svolga una missione di fiducia e di assistenza speciale, � priva di 
rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l�efficacia pratica 
della direttiva 1999/70 e quella dell�accordo quadro nonch� la loro applicazione uniforme 
negli Stati membri, riservando a questi ultimi la possibilit� di escludere, a loro discrezione, 
talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti dell�Unione 
(v., per analogia, sentenza Del Cerro Alonso, C.307/05, EU:C:2007:509, punto 29). 

35 Dalla formulazione letterale della clausola 3, punto 1, dell�accordo quadro, risulta che 
un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato � caratterizzato dalla circostanza 
che la fine del suddetto contratto o del suddetto rapporto di lavoro Ǐ determinata 
da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di 
un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico�. Un contratto o un rapporto 
di lavoro, quindi, come quello in discussione nel procedimento principale, che cessa automaticamente 
quando l�autorit� presso la quale la missione del lavoratore in parola � 
svolta viene revocata, deve essere considerato come inclusivo di un termine la cui scadenza 
� determinata dal �verificarsi di un evento specifico� ai sensi della summenzionata 
clausola 3, punto 1. 

36 Pertanto, un lavoratore che si trovi in una siffatta situazione rientra nell�ambito di applicazione 
della clausola 3, punto 1, dell�accordo quadro. 

37 Si deve di conseguenza rispondere alla prima questione dichiarando che la nozione di 
�lavoratore a tempo determinato�, ai sensi della clausola 3, punto 1, dell�accordo quadro, 
deve essere interpretata nel senso che si applica a un lavoratore quale la ricorrente nel 
procedimento principale. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 73 

Sulla seconda e sulla terza questione 

38 Con la seconda e la terza questione, che occorre trattare congiuntamente, il giudice del 
rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro, debba essere 
interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione 
nel procedimento principale, la quale esclude, prescindendo da qualsiasi giustificazione 
per ragioni oggettive, il personale reclutato occasionalmente dal diritto di 
percepire le maggiorazioni corrispondenti agli scatti triennali di anzianit� accordate, segnatamente, 
ai dipendenti di ruolo. 

39 Come risulta dalla loro formulazione stessa, le suddette questioni non concernono 
l�interpretazione della clausola 5 dell�accordo quadro, la quale � specificamente volta 
a prevenire gli abusi derivanti dall�utilizzo di una successione di contratti o rapporti 
di lavoro a tempo determinato (sentenza Deutsche Lufthansa, C.109/09, 
EU:C:2011:129, punto 32). 

40 Conformemente alla clausola 1, lettera a), dell�accordo quadro, uno degli obiettivi dello 
stesso consiste nel migliorare la qualit� del lavoro a tempo determinato garantendo il 
rispetto del principio di non discriminazione. Del pari, il preambolo dell�accordo quadro 
precisa, al suo terzo comma, che esso �indica la volont� delle parti sociali di stabilire 
un quadro generale che garantisca la parit� di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, 
proteggendoli dalle discriminazioni�. Il considerando 14 della direttiva 1999/70 
indica a tale riguardo che l�obiettivo del menzionato accordo quadro consiste, in particolare, 
nel migliorare la qualit� del lavoro a tempo determinato fissando requisiti minimi 
idonei a garantire l�applicazione del principio di non discriminazione (v. sentenze Gavieiro 
Gavieiro e Iglesias Torres, C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punto 47, e 
Nierodzik, C.38/13, EU:C:2014:152, punto 22, nonch� ordinanze Montoya Medina, 
C.273/10, EU:C:2011:167, punto 29, e Lorenzo Mart�nez, C.556/11, EU:C:2012:67, 
punto 34). 

41 L�accordo quadro, in particolare la sua clausola 4, mira a dare applicazione a tale divieto 
nei confronti dei lavoratori a tempo determinato, al fine di impedire che un rapporto di 
impiego di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori 
di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato (sentenze Del Cerro Alonso, 
C.307/05, EU:C:2007:509, punto 37; Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C.444/09 e 
C.456/09, EU:C:2010:819, punto 48, e Nierodzik, C.38/13, EU:C:2014:152, punto 23, 
nonch� ordinanze Montoya Medina, C.273/10, EU:C:2011:167, punto 30, e Lorenzo 
Mart�nez, C.556/11, EU:C:2012:67, punto 35). 

42 Alla luce degli obiettivi perseguiti dall�accordo quadro, quali rammentati nei due precedenti 
punti della presente sentenza, la clausola 4 di quest�ultimo dev�essere intesa 
nel senso che esprime un principio di diritto sociale dell�Unione che non pu� essere 
interpretato in modo restrittivo (v. sentenze Del Cerro Alonso, C.307/05, 
EU:C:2007:509, punto 38; Impact, C.268/06, EU:C:2008:223, punto 114; Gavieiro 
Gavieiro e Iglesias Torres, C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punto 49, e Nierodzik, 
C.38/13, EU:C:2014:152, punto 24, nonch� ordinanze Montoya Medina, 
C.273/10, EU:C:2011:167, punto 31, e Lorenzo Mart�nez, C.556/11, EU:C:2012:67, 
punto 36). 

43 Per quanto riguarda le maggiorazioni corrispondenti agli scatti triennali di anzianit�, la 
Corte ha gi� giudicato che siffatte maggiorazioni, la cui assegnazione era riservata dal 
diritto spagnolo al personale dipendente di ruolo dei servizi sanitari assunto a tempo in



determinato, con esclusione del personale temporaneo, nonch� a docenti assunti quali 
dipendenti di ruolo di una Comunit� autonoma, escludendo invece docenti assunti quali 
dipendenti temporanei, e a assistenti docenti con dottorato di ricerca di una Comunit� 
autonoma, escludendo invece gli aspiranti dottori di ricerca, ricadono nella nozione di 
�condizioni di impiego� di cui alla clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro (v., in tal 
senso, sentenze Del Cerro Alonso, C.307/05, EU:C:2007:509, punti 47 e 48, nonch� 
Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punti da 50 
a 58, e ordinanze Montoya Medina, C.273/10, EU:C:2011:167, punti da 32 a 34, e Lorenzo 
Mart�nez, C.556/11, EU:C:2012:67, punto 37). 

44 Orbene, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, per quanto riguarda le maggiorazioni 
corrispondenti agli scatti triennali di anzianit�, come quelle in discussione nel 
procedimento principale, le quali costituiscono condizioni di impiego ai sensi della clausola 
4, punto 1, dell�accordo quadro, i lavoratori a tempo determinato non devono ricevere 
un trattamento che, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, sarebbe meno 
favorevole di quello riservato al riguardo a lavoratori a tempo indeterminato comparabili 
(v., in tal senso, sentenze Del Cerro Alonso, C.307/05, EU:C:2007:509, punti 42 e 47; 
Impact, C.268/06, EU:C:2008:223, punto 126, nonch� Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, 
C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punto 53). 

45 � d�uopo ricordare, in proposito, che il �lavoratore a tempo indeterminato comparabile� 
� definito alla clausola 3, punto 2, dell�accordo quadro, come �un lavoratore con un 
contratto o un rapporto di lavoro di durata indeterminata appartenente allo stesso stabilimento 
e addetto a lavoro/occupazione identico o simile, tenuto conto delle 
qualifiche/competenze�. 

46 Al fine di valutare se le persone interessate svolgano un lavoro identico o simile, nel 
senso dell�accordo quadro, occorre, in conformit� delle clausole 3, punto 2, e 4, punto 
1, di quest�ultimo, tenere conto di un insieme di fattori, come la natura del lavoro, le 
qualifiche e competenze, le condizioni di formazione e le condizioni di impiego (v., in 
tal senso, sentenza Rosado Santana, C.177/10, EU:C:2011:557, punto 66, nonch� ordinanze 
Montoya Medina, C.273/10, EU:C:2011:167, punto 37, e Lorenzo Mart�nez, 
C.556/11, EU:C:2012:67, punto 43). 

47 Nel caso di specie il governo spagnolo fa notare che il personale reclutato occasionalmente 
costituisce una categoria professionale distinta dalle altre categorie di dipendenti 
pubblici previste nel diritto spagnolo, in considerazione tanto dei loro rapporti di lavoro, 
delle funzioni o delle missioni che essi svolgono, dei criteri di reclutamento o ancora 
del loro regime retributivo. Secondo il menzionato governo, quindi, le differenze di trattamento 
fra il personale reclutato occasionalmente e gli altri dipendenti pubblici nazionali 
non si riducono unicamente alle maggiorazioni corrispondenti agli scatti di anzianit� 
in discussione nel procedimento principale. 

48 Il governo in parola sottolinea peraltro che, diversamente dai dipendenti di ruolo che 
sono selezionati, conformemente al diritto nazionale, secondo procedure che garantiscono 
il rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza, merito e capacit�, il personale 
reclutato occasionalmente � nominato liberamente ai fini dello svolgimento di una missione 
specifica non permanente di fiducia e di assistenza speciale. La cessazione del 
rapporto di lavoro � del pari libera e si verifica automaticamente quando l�autorit� presso 
la quale la suddetta missione � svolta viene revocata. Secondo detto governo, tale sistema 
di nomina e di cessazione del rapporto di lavoro � giustificato dalla peculiarit� della 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 75 

funzione affidata al personale reclutato occasionalmente basata sulla fiducia nell�ambito 
di un posto di natura politica o affine. 

49 Tuttavia, come sembra risultare dalla decisione di rinvio, la funzione esercitata dalla ricorrente 
di cui al procedimento principale non consiste nello svolgimento di una missione 
specifica collegata all�autorit� pubblica, bens� riguarderebbe piuttosto l�esecuzione 
di compiti di collaborazione relativi ad attivit� di natura amministrativa. 

50 In ogni caso, in circostanze siffatte, spetta al giudice del rinvio accertare se, per quanto 
riguarda la percezione delle maggiorazioni corrispondenti agli scatti triennali di anzianit� 
in discussione nel procedimento principale, i dipendenti di ruolo e il personale reclutato 
occasionalmente, rispetto al quale si lamenta una differenza di trattamento concernente 
le condizioni di impiego, si trovino in una situazione analoga (v., in tal senso, sentenza 
Rosado Santana, C.177/10, EU:C:2011:557, punto 67, nonch� ordinanze Montoya Medina, 
C.273/10, EU:C:2011:167, punto 39, e Lorenzo Mart�nez, C.556/11, 
EU:C:2012:67, punto 44). 

51 Qualora il succitato giudice constatasse che le funzioni svolte dalla ricorrente nel procedimento 
principale in qualit� di personale reclutato occasionalmente del Consejo de 
Estado non fossero identiche o analoghe a quelle esercitate da un dipendente di ruolo 
all�interno dell�amministrazione in parola o di enti pubblici nei quali ella ha in precedenza 
lavorato con detta medesima qualifica, ne conseguirebbe che la ricorrente nel procedimento 
principale non si trova in una situazione comparabile a quella di un 
dipendente di ruolo. 

52 Qualora, invece, detto giudice ritenesse che la ricorrente nel procedimento principale 
ha svolto, in qualit� di personale reclutato occasionalmente, una funzione identica o 
analoga a quella svolta da un dipendente di ruolo del Consejo de Estado o di un altro 
ente simile, l�unico elemento che sarebbe tale da differenziare la sua situazione da quella 
di un dipendente di ruolo sembrerebbe essere la natura temporanea del rapporto di lavoro 
che la vincola al suo datore di lavoro nello svolgimento di periodi di servizio in quanto 
personale reclutato occasionalmente. 

53 In un�ipotesi siffatta la ricorrente in parola si troverebbe in una situazione comparabile 
a quella del menzionato dipendente di ruolo e si dovrebbe verificare se sussiste una ragione 
oggettiva che giustifichi la differenza di trattamento fra tali lavoratori, differenza 
che nella fattispecie risulterebbe dal rifiuto della concessione di maggiorazioni corrispondenti 
agli scatti triennali di anzianit� per il suddetto periodo di servizio della ricorrente 
nel procedimento principale. 

54 Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la nozione di �ragioni oggettive�, ai 
sensi della clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro, dev�essere intesa nel senso che essa 
non consente di giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato 
e i lavoratori a tempo indeterminato per il fatto che quest�ultima sia prevista da 
una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo (sentenze 
Del Cerro Alonso, C.307/05, EU:C:2007:509, punto 57, e Gavieiro Gavieiro e 
Iglesias Torres, C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punto 54, nonch� ordinanze 
Montoya Medina, C.273/10, EU:C:2011:167, punto 40, e Lorenzo Mart�nez, C.556/11, 
EU:C:2012:67, punto 47). 

55 La nozione suddetta esige che la disparit� di trattamento constatata sia giustificata dal-
l�esistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguono la condizione di lavoro 
in questione, nel particolare contesto in cui essa si colloca e in base a criteri oggettivi 


e trasparenti, al fine di verificare se detta disparit� risponda ad un reale bisogno, sia 
idonea a conseguire l�obiettivo perseguito e sia necessaria a tal fine. I suddetti elementi 
possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle mansioni per l�espletamento 
delle quali sono stati conclusi contratti a tempo determinato e dalle caratteristiche 
inerenti alle mansioni stesse o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima 
finalit� di politica sociale di uno Stato membro (v. sentenze Del Cerro Alonso, 
C.307/05, EU:C:2007:509, punti 53 e 58, e Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, 
C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punto 55, nonch� ordinanze Montoya Medina, 
C.273/10, EU:C:2011:167, punto 41, e Lorenzo Mart�nez, C.556/11, EU:C:2012:67, 
punto 48). 

56 Per contro, il riferimento alla mera natura temporanea del lavoro del personale della 
pubblica amministrazione non � conforme a tali requisiti e non pu� dunque costituire 
una ragione oggettiva ai sensi della clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro (sentenza 
Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, punto 56, 
nonch� ordinanze Montoya Medina, C.273/10, EU:C:2011:167, punto 42, e Lorenzo 
Mart�nez, C.556/11, EU:C:2012:67, punto 49). 

57 Infatti, una disparit� di trattamento che riguardi le condizioni di impiego tra i lavoratori 
a tempo determinato e i lavoratori a tempo indeterminato non pu� essere giustificata 
mediante un criterio che, in modo generale ed astratto, si riferisce alla durata stessa del-
l�impiego. Ammettere che la mera natura temporanea di un rapporto di lavoro basti a 
giustificare una siffatta disparit� priverebbe del loro contenuto gli scopi della direttiva 
1999/70 e dell�accordo quadro. Invece di migliorare la qualit� del lavoro a tempo determinato 
e di promuovere la parit� di trattamento cui mirano sia la direttiva 1999/70 
sia l�accordo quadro, il ricorso ad un siffatto criterio equivarrebbe a rendere permanente 
il mantenimento di una situazione svantaggiosa per i lavoratori a tempo determinato (v. 
sentenze Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, C.444/09 e C.456/09, EU:C:2010:819, 
punto 57, e Nierodzik, C.38/13, EU:C:2014:152, punto 38, nonch� ordinanze Montoya 
Medina, C.273/10, EU:C:2011:167, punto 43, e Lorenzo Mart�nez, C.556/11, 
EU:C:2012:67, punto 50). 

58 Il governo spagnolo fa valere che la differenza di trattamento in discussione nel procedimento 
principale fra i dipendenti di ruolo e il personale reclutato occasionalmente 
� giustificata dalla sussistenza di siffatte ragioni oggettive. A tale proposito esso pone 
in rilievo, in primo luogo, che il personale reclutato occasionalmente � nominato per 
svolgere una missione che presenta un carattere temporaneo. La particolare natura dei 
compiti e la specificit� della funzione del personale reclutato occasionalmente, consistente 
in una missione di fiducia o di assistenza speciale, non potrebbero essere assimilate 
a missioni che comportano compiti di carattere permanente 
nell�organizzazione amministrativa. Esso adduce, in secondo luogo, la circostanza 
che la nomina e la cessazione del rapporto di lavoro del personale di cui trattasi sono 
libere, nel senso che il datore di lavoro non � tenuto ad alcun formalismo in materia. 
In terzo luogo, i posti del personale reclutato occasionalmente avrebbero un carattere 
eccezionale e le persone occupate in siffatta qualit� non sarebbero di norma mantenuti 
in servizio per un lungo periodo. Infine, in quarto luogo, poich� le maggiorazioni corrispondenti 
agli scatti triennali di anzianit� in discussione nel procedimento principale 
sono una ricompensa accordata al personale che permane in modo continuo al servizio 
dell�amministrazione svolgendovi funzioni puramente amministrative, sarebbe con



CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 77 

traddittorio concederle al personale reclutato occasionalmente che non soddisfa tali 
criteri. 

59 In proposito � d�uopo rilevare che, da un lato, se spetta, in via di principio, al giudice 
del rinvio valutare se i suddetti argomenti costituiscano ragioni oggettive ai sensi della 
clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro, tenuto conto della giurisprudenza rammentata 
ai punti da 54 a 57 della presente sentenza, la natura non permanente del personale reclutato 
occasionalmente non potrebbe in nessun caso essere considerata come una ragione 
del genere. 

60 D�altro lato, seppure talune differenze relative all�assunzione dei dipendenti di ruolo, 
alle qualifiche richieste e alla natura delle mansioni di cui devono assumere la responsabilit� 
potrebbero, in linea di principio, giustificare una differenza di trattamento rispetto 
al personale reclutato occasionalmente quanto alle loro condizioni di lavoro (v., 
per analogia, sentenza Rosado Santana, C.177/10, EU:C:2011:557, punto 78), tale non 
sembra essere l�ipotesi che ricorre nel procedimento principale. 

61 Risulta, infatti, dalla formulazione letterale stessa dell�articolo 26, paragrafo 4, secondo 
comma, della legge 2/2012, che i dipendenti di ruolo in situazione di servizio attivo o 
in posizione di distacco che occupano un posto di lavoro riservato al personale reclutato 
occasionalmente percepiscono maggiorazioni corrispondenti agli scatti triennali di anzianit� 
di cui al procedimento principale. La circostanza che siffatti dipendenti di ruolo 
possano godere delle menzionate maggiorazioni, incluso nel periodo in cui svolgono le 
funzioni affidate al personale reclutato occasionalmente, contraddice l�argomento secondo 
il quale la particolare natura della missione di fiducia o di assistenza speciale di 
cui � incaricato il personale reclutato occasionalmente distingue i due suddetti tipi di 
personale e giustifica una differenza di trattamento fra gli stessi per quanto riguarda l�attribuzione 
delle maggiorazioni in parola. 

62 Alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla seconda 
e alla terza questione dichiarando che la clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro, deve 
essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella in discussione 
nel procedimento principale, la quale esclude, prescindendo da qualsiasi giustificazione 
per ragioni oggettive, il personale reclutato occasionalmente dal diritto di 
percepire una maggiorazione corrispondente allo scatto triennale di anzianit� accordata, 
segnatamente, ai dipendenti di ruolo, quando, relativamente alla percezione della maggiorazione 
di cui trattasi, le due summenzionate categorie di lavoratori si trovano in situazioni 
comparabili, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. 
Sulle spese 

63 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. 
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono 
dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: 

1) La nozione di �lavoratore a tempo determinato�, ai sensi della clausola 3, punto 1, 
dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, 
contenuto in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, 
relativa all�accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, 
deve essere interpretata nel senso che si applica a un lavoratore quale la ricorrente 
nel procedimento principale. 


2) La clausola 4, punto 1, dell�accordo quadro sul lavoro a tempo determinato deve 
essere interpretata nel senso che osta ad una normativa nazionale, come quella in 
discussione nel procedimento principale, la quale esclude, prescindendo da qualsiasi 
giustificazione per ragioni oggettive, il personale reclutato occasionalmente 
dal diritto di percepire una maggiorazione corrispondente allo scatto triennale di 
anzianit� accordata, segnatamente, ai dipendenti di ruolo, quando, relativamente 
alla percezione della maggiorazione di cui trattasi, le due summenzionate categorie 
di lavoratori si trovano in situazioni comparabili, circostanza che spetta al giudice 
del rinvio verificare. 


L�abuso del diritto nelle triangolazioni doganali 

NOTA A CORTE DI GIUSTIZIA DELL�UNIONE EUROPEA, QUARTA SEZIONE, 
SENTENZA 9 LUGLIO 2015, CAUSA C-607/13 


Emanuela Favara* 

SOMMARIO: 1. Un caso di triangolazione - 2. La vicenda - 3. L�ordinanza di rinvio - 4. 
Le posizioni delle parti - 5. Le conclusioni dell�Avvocato generale Sharpston - 6. L�interpretazione 
della Corte - 7. L�abuso del diritto - 8. L�abuso nel diritto italiano - 9. L�abuso nel 
diritto internazionale e dell�Unione Europea - 10. L�abuso nel diritto tributario - 11. Esiti 
della concettualizzazione dell�abuso del diritto. 

1. Un caso di triangolazione. 

La pronuncia del 9 luglio 2015, resa dalla Quarta Sezione della Corte di 
Giustizia dell�Unione Europea nella causa C-607/13, su rinvio pregiudiziale, 
proposto ex art. 267 TFUE dalla Corte di Cassazione italiana, rappresenta un ulteriore 
vademecum per operatori economici e giurisperiti, nell�ambito delle importazioni 
nel mercato interno e dei giudizi relativi alle reprimende frodi fiscali. 

In Cimmino e a., infatti, la Corte suggerisce e rimarca linee guida invalse, 
sia sul fronte del perseguimento dei reati di contrabbando e falso ideologico, 
la cui concettualizzazione e trasposizione pratica � demandata al giudice nazionale, 
che su quello, di ancor pi� generale interesse giuridico, dell�abuso del 
diritto entro ed oltre i confini dell�ordinamento comunitario (qui pi� che mai 
inteso come commistione anelata tra l�ordinamento sovranazionale e quelli 
dei singoli Stati membri, luoghi di attuazione concreta del diritto dell�Unione). 

La questione si pone sulla scia di altre precedenti (ex multis, citate anche 
dalle parti nelle loro memorie, dall�Avvocato Generale Sharpston nelle sue 
conclusioni e dalla stessa Corte nella pronuncia in commento, le sentenze Emsland-
Starke (1) e la pi� recente SICES (2), entrambe relative ad abusi in materia 
di dazi su importazioni), consentendo ai giudici di Lussemburgo di 
rimarcare, pur non trascendendo il ruolo interpretativo loro proprio, la propria 
posizione in merito alle cosiddette �triangolazioni�, sempre pi� numerose nel 
panorama delle importazioni internazionali. 

2. La vicenda. 

Il procedimento che ha dato luogo alla pronuncia pregiudiziale trae ori


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 

(1) Corte di Giustizia, sentenza del 14 dicembre 2000, nel procedimento C-110/99 Emsland-
Starke c. Hauptzollamt Hamburg-Jonas. 
(2) Corte di Giustizia, sentenza del 13 marzo 2014, nel procedimento C-155/13, Sices e altri c. 
Agenzia Dogane Ufficio delle Dogane di Venezia. 



gine da una serie di operazioni di importazione di banane originarie di Paesi 
ACP e Paesi terzi all�interno del territorio dell�Unione Europea, formalmente 
effettuate da societ� aventi la qualifica di �operatori nuovi arrivati�. A questi 
ultimi, ai sensi del regolamento n. 2362/98 della Commissione recante modalit� 
d�applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo 
al regime d�importazione delle banane nella Comunit�, spettano, 
all�interno dei contingenti tariffari istituiti dal regolamento n. 404/93, titoli di 
importazione a tasso pi� favorevole e percentuali riservate rispetto ai cosiddetti 
�operatori tradizionali�. 

Ci� al fine, esplicitato anche nel sesto considerando dello stesso regolamento 
n. 2362/98, di garantire a tali nuovi operatori di impegnarsi nel commercio 
delle banane, altrimenti monopolizzato dai grandi importatori 
tradizionali, e favorire una sana concorrenza all�interno del mercato bananiero. 

In tale ambito, a seguito di una indagine della Guardia di Finanza risalente 
ai primi anni duemila, emergeva l�esistenza di pratiche commerciali qualificabili 
come fraudolente tra la SIMBA, operatore tradizionale nel mercato delle 
banane, la Rico Italia, operatore nuovo arrivato, ed altri operatori nuovi arrivati 
(Cimmino e altri, da cui il riferimento della sentenza in commento). 

L�accordo sarebbe stato concepito come una triangolazione, volta ad eludere 
il divieto contenuto nell�art. 21, paragrafo 2, comma 2, del regolamento 

n. 2362/98, di trasferimento dei diritti derivanti dai titoli d�importazione da 
un operatore nuovo arrivato ad un operatore tradizionale, permettendo, in tal 
modo, a quest�ultimo di beneficiare concretamente di un dazio agevolato, formalmente 
preclusogli. 

Lo schema sarebbe stato il seguente: la SIMBA vendeva alla Rico Italia 
banane situate al di fuori del territorio doganale dell�Unione; quest�ultima le 
rivendeva ad una serie di operatori nuovi arrivati (Cimmino e altri), i quali le 
importavano all�interno del territorio dell�Unione, per rivenderle, dopo lo sdoganamento, 
alla Rico Italia, la quale, infine, le rivendeva alla SIMBA. 

Veniva avviato un procedimento penale a carico dei legali rappresentanti 
delle societ� coinvolte nella triangolazione fraudolenta, per i reati di contrabbando 
e falso ideologico. Si costituivano parte civile nel procedimento penale 
il Ministero dell�Economia e delle Finanze, l�Agenzia delle dogane e dei monopoli 
e la Commissione europea. 

Il Tribunale di Verona dichiarava il rappresentante della Rico Italia responsabile 
dei reati ascrittigli, assolveva gli altri imputati e, pronunciandosi 
sulle questioni civili, condannava il reo al risarcimento del danno subito dalle 
parti civili e al versamento di una provvisionale a favore del Ministero del-
l�Economia e delle Finanze, nonch� dell�Agenzia delle dogane (ma non a favore 
della Commissione europea). 

Tale sentenza veniva appellata dal condannato e dalle parti civili innanzi 
alla Corte d�Appello di Venezia, la quale rilevava l�estinzione per prescrizione 


dei reati contestati al rappresentante della Rico Italia, pronunciando sentenza 
di non doversi procedere, ma confermava la pronuncia di primo grado per quel 
che riguardava le statuizioni sulle questioni civili e l�assoluzione degli altri 
imputati. 

3. L�ordinanza di rinvio. 

La Corte di Cassazione, innanzi alla quale la sentenza d�appello veniva 
impugnata dalle parti civili, ha sollevato l�incidente interpretativo di fronte 
alla Corte di Giustizia, sottoponendole tre questioni pregiudiziali: 

�1) Se l�articolo 11 del regolamento (CE) n. 2362/98, il quale prevede 
a carico degli Stati membri l�onere di accertare se gli operatori esercitano 
un�attivit� di importazione per proprio conto come entit� economica autonoma 
quanto alla direzione, al personale e all�esercizio, debba essere interpretato 
nel senso che sono escluse dai benefici doganali accordati tutte le 
attivit� di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale qualora 
queste siano svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti 
previsti per i �nuovi operatori� dallo stesso regolamento. 

2) Se il regolamento (CE) n. 2362/98 consenta ad un operatore tradizionale 
di vendere banane che si trovano al di fuori del territorio dell�Unione 
ad un operatore nuovo arrivato accordandosi con quest�ultimo perch� provveda 
a far entrare nel territorio dell�Unione le banane a dazio agevolato e le 
rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo concordato prima 
dell�intera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio d�impresa e 
senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione. 

3) Se l�accordo di cui alla seconda questione integri una violazione del 
divieto di cessione di diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali 
di cui all�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 2362/98, con la 
conseguenza che la cessione effettuata resta priva di effetto e il dazio risulta 
dovuto nella misura piena e non in quella agevolata, ai sensi dell�articolo 4, 
paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95�. 

4. Le posizioni delle parti. 

Gli operatori coinvolti, premettendo le proprie argomentazioni sull�irricevibilit� 
dei quesiti, sostenevano la legittimit� delle pratiche poste in essere 
ed oggetto del contendere, sia in ossequio al pi� generale principio di affidamento 
(per cui vi sarebbe stato un generale convincimento circa la legittimit� 
delle pratiche poste in essere), sia facendo leva sull�esclusione dell�abusivit� 
delle condotte da parte dei giudici nazionali, anche in ragione della asserita 
non necessit� di strutture fisiche per la maturazione ed il trasporto delle banane 
ai fini dell�iscrizione come operatori nuovi arrivati. 

Essi ritenevano che l�unico limite, posto dalla normativa comunitaria e 
mai formalmente oltrepassato, fosse quello della cessione diretta dei certificati 


o titoli d�importazione da un operatore nuovo arrivato ad un operatore tradizionale 
e che incriminare condotte meramente elusive avrebbe determinato un 
inaccettabile contrasto con il principio di legalit�. 

Di opposto tenore le osservazioni della Commissione e del Governo Italiano. 

La prima riteneva che il giudice di rinvio si fosse trovato innanzi a transazioni 
sulla cui genuinit� era ragionevole dubitare, in quanto gli operatori 
nuovi arrivati non avrebbero agito in modo indipendente ed autonomo, bens� 
organizzando i propri affari a fini elusivi del diritto dell�Unione e, per ci� solo, 
richiedeva al giudice comunitario di fornire i necessari strumenti interpretativi 
al giudice nazionale. La Commissione sottolineava come incomba sulle autorit� 
procedenti l�onere di provare una pratica illecita da parte degli operatori 
interessati, in particolare, accertando la sussistenza di requisiti oggettivi e soggettivi 
idonei a dimostrare siffatta abusivit�. Tuttavia, pi� parca nelle conclusioni 
generali, essa riteneva che l�articolo 11 del regolamento n. 2362/98 non 
potesse essere interpretato nel senso che dovessero essere esclusi dai benefici 
doganali di cui all�art. 18 del regolamento n. 404/93 operatori solo formalmente 
in possesso dei requisiti richiesti per il commercio delle banane e, altres�, 
non considerava vietate, alla luce del regolamento stesso, attivit� di 
importazione prive di ogni rischio d�impresa e senza effettiva organizzazione 
di mezzi. Ci� non le impediva di rilevare che, nel giudizio a quo, le autorit� 
competenti avevano correttamente dimostrato l�elemento oggettivo e quello 
soggettivo dell�abuso (cos� come delineati dalla Corte nella precedente sentenza 
SICES) tali che il recupero della differenza tra il diritto doganale ridotto 
e quello normalmente applicabile si imponeva come conseguenza della natura 
abusiva del vantaggio ottenuto. 

Pi� risoluta la soluzione profilata dalla difesa erariale, la quale sollecitava 
alla Corte di Giustizia una risposta affermativa ad ognuna delle tre questioni 
sollevate dal giudice del rinvio, in ragione dello sviamento concorrenziale realizzatosi 
a seguito degli accordi triangolari abusivi, contrari agli scopi della 
normativa comunitaria ed elusivi delle prescrizioni in materia di dazi all�importazione 
(3). 

5. Le conclusioni dell�Avvocato generale. 

Nelle sue lucide conclusioni, l'Avvocato generale Sharpston isolava il 
reale punctum dolens della questione: considerando assodata l�esistenza di accordi 
triangolari tra gli importatori coinvolti, ella si chiedeva (4) se tale catena 
di operazioni sottendesse qualche irregolarit� e, se s�, quali ne fossero le conseguenze. 


(3) Cfr. le Osservazioni del Governo della Repubblica Italiana, a cura dell�avvocato dello Stato 
Anna Collabolletta, pubblicate in questa rivista, n. 3, 2014, 72-79. 

(4) Paragrafo 50 delle conclusioni dell�Avvocato generale Sharpston. 


Nel corso di una squisita analisi del concetto di �soddisfacimento formale� 
delle condizioni necessarie per l�iscrizione nel registro degli operatori 
nuovi arrivati e, soprattutto, per la rinnovazione di tale iscrizione o per l�ottenimento 
della qualifica di operatore tradizionale, a fronte del versamento di 
una cauzione per l�iscrizione nel registro, l�Avvocato generale sottolineava 
come la necessit� che il nuovo operatore dovesse importare per proprio conto 
nel periodo previsto almeno il 50 % del quantitativo di banane assegnatogli 
non significasse n�, da un lato, che egli potesse sfruttare il rimanente 49,9% 
per conto di un altro operatore, n� che l�importazione di quantitativi inferiori 
al 100% influisse sul mantenimento dello status, potendo essere ci� dettato 
da una precisa strategia imprenditoriale, anche a costo di perdere parte della 
cauzione versata. 

Ella, tuttavia, rimarcava come il divieto di cui all�art. 21, paragrafo 2, del 
regolamento n. 2362/98, di trasferimento dei titoli da operatori nuovi arrivati 
ad operatori tradizionali, avrebbe perso di significato se i primi avessero comunque 
importato banane per conto dei secondi e sollecitava le verifiche degli 
Stati membri, ai sensi dell�art. 11 paragrafo 1 del regolamento, sia ai fini della 
acquisizione che della conservazione dello status di operatore nuovo arrivato. 

La linea sottile tra l�accordo legittimo e necessitato dalle caratteristiche 
del mercato (5) e quello abusivo avrebbe potuto arguirsi da una serie di circostanze, 
tra cui l�assenza di rischio di impresa a fronte di operazioni di importazione 
o di profitti significativi per l�operatore economico, sicch� un rapporto 
fisiologicamente concorrenziale sarebbe sfociato in una subordinazione abusiva 
perch� contraria agli scopi della normativa regolamentare europea. 

L�Avvocato generale concludeva le proprie osservazioni con una provocazione 
(6), poi non raccolta dalla Corte nella sentenza in commento, inerente 
al terzo quesito, sul pregiudizio arrecato agli interessi finanziari dell�Unione 
dalle condotte in oggetto, in quanto la giurisprudenza pregressa della Corte 
sembrava aver sottoposto alle medesime condizioni applicative le sanzioni di 
cui all�art. 2, paragrafo 2, del regolamento n. 2988/95, soggette al principio di 
stretta legalit� in materia penale, e le pi� blande misure amministrative di cui 
all�art. 4 dello stesso regolamento. 

(5) Par. 76 delle conclusioni dell�Avvocato generale Sharpston. 

(6) Par. 115. �Non mi � del tutto chiaro come la giurisprudenza della Corte sulla necessit� di 
una base giuridica distinta per le misure amministrative (se questa � l�interpretazione corretta) possa 
essere conciliata con la presenza dell�articolo 4, paragrafo 4, e con la formulazione dell�articolo 2, paragrafo 
2, del regolamento n. 2988/95, che impone tale condizione preliminare per le sanzioni amministrative 
e, nel fare ci�, riflette il principio generale �nulla poena sine lege�. Avrei immaginato che 
l�imposizione di una sanzione non fosse lo stesso che recuperare un vantaggio che � stato conseguito 
abusivamente o comunque illecitamente e, pertanto, che non dovesse essere circoscritta dalle stesse 
precise condizioni. Tuttavia, non sembra necessario qui analizzare ulteriormente la questione�. 


6. L�interpretazione della Corte. 

La Corte, rilevata la ricevibilit� della domanda di pronuncia pregiudiziale, 
ritenuta necessaria per la soluzione della controversia principale, ha cos� risolto 
le tre questioni interpretative sottopostele dalla Corte di Cassazione: 

1) Il combinato disposto dell�articolo 7, lettera a), e dell�articolo 11 del 
regolamento (CE) n. 2362/98 della Commissione, del 28 ottobre 1998, recante 
modalit� d�applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con 
riguardo al regime d�importazione delle banane nella Comunit�, come modificato 
dal regolamento (CE) n. 1632/2000 della Commissione, del 25 luglio 
2000, dev�essere interpretato nel senso che il requisito secondo cui un agente 
economico deve esercitare un�attivit� commerciale come importatore �per 
proprio conto e a titolo autonomo� � richiesto non solo per la registrazione 
di tale agente come operatore �nuovo arrivato� ai sensi di tale disposizione, 
ma anche per consentirgli di mantenere tale qualifica ai fini dell�importazione 
di banane nell�ambito dei contingenti tariffari previsti dal regolamento (CEE) 

n. 404/93 del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo all�organizzazione comune 
dei mercati nel settore della banana, come modificato dal regolamento 
(CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo 
rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia 
(FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti. 

2) L�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98, come modificato, 
dev�essere interpretato nel senso che esso osta a operazioni, come quelle 
di cui al procedimento principale, attraverso le quali un operatore nuovo arrivato 
acquista, con l�intermediazione di un altro operatore registrato come 
nuovo arrivato, merce da un operatore tradizionale prima che venga importata 
nell�Unione, per poi rivenderla a tale operatore tradizionale, per il tramite 
del medesimo intermediario, dopo averla importata nell�Unione, qualora tali 
operazioni integrino una pratica abusiva, circostanza che spetta al giudice 
del rinvio determinare. 

3) L�articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 
del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari 
delle Comunit�, dev�essere interpretato nel senso che dall�accertamento 
di una pratica abusiva, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, 
consegue che l�operatore che si � artificiosamente posto in una situazione 
che gli consente di beneficiare indebitamente del dazio agevolato per 
l�importazione di banane � tenuto a pagare i dazi riguardanti i prodotti interessati, 
ferme restando, se del caso, le sanzioni amministrative, civili o penali 
previste dalla normativa nazionale. 

Quanto al primo quesito, ne emerge una riformulazione da parte della 
Corte, che - come gi� nelle citate Eco Cosmetics e Raiffesenbank St. Georgen 

(7) - sposta il baricentro concettuale: non si tratta di valutare la legittimit� delle 
operazioni dell�importatore nuovo arrivato, allorch� queste siano svolte per 


conto dell�operatore tradizionale, ma lo stesso concetto di autonomia imprenditoriale 
ai fini della registrazione e del mantenimento dello status di operatore 
nuovo arrivato (8) (cos� la Corte ha aderito alla soluzione proposta dall�Avvocato 
generale nelle sue conclusioni, par. 58 e ss.). 

Dalla lettera dell�articolo 7 del regolamento 2362/98, la Corte deduce che 
i requisiti necessari ad ottenere la qualifica di operatore nuovo arrivato ed i 
benefici connessi alla stessa non devono sussistere esclusivamente al momento 
della registrazione, in quanto questa � acquisita �ai fini dell�importazione 
nell�ambito dei contingenti tariffari�. 

La Corte qualifica come elusiva della normativa comunitaria in materia 
di importazione delle banane una attivit� svolta da un operatore nuovo arrivato, 
pur in possesso di tutti i requisiti formali atti a garantirne la registrazione, il 
quale, tuttavia, operi come mandatario di un operatore tradizionale, cos� permettendogli 
di estendere il proprio volume di affari, beneficiando del regime 
daziario agevolato ben oltre i limiti fissati. 

Sulla seconda questione, pur riconoscendo che il divieto formale posto 
dall�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento 2362/98 riguardi esclusivamente 
il trasferimento di titoli da un operatore nuovo arrivato ad un operatore 
tradizionale (e, perci�, la triangolazione oggetto del procedimento 
principale non vi sarebbe rientrata, in quanto i trasferimenti si erano realizzati 
tra operatori nuovi arrivati), la Corte ritiene, sulla scorta della sentenza 

S.I.C.E.S. che tali operazioni costituiscano un abuso di diritto �quando siano 
state concepite artificiosamente allo scopo essenziale di beneficiare del 
dazio agevolato� (9). 

Anche in questo caso, si � rimessa al giudice nazionale la valutazione in 
merito alla sussistenza degli elementi costitutivi di una pratica abusiva, i quali, 
tuttavia, vengono compiutamente individuati dalla Corte. Essi, gi� rammentati 
dalle parti nelle loro memorie e, poi, dall�Avvocato generale, risultano da circostanze 
oggettive, per cui, nonostante il rispetto formale della normativa comunitaria 
da parte degli operatori, l�obiettivo previsto dalla stessa non � stato 
raggiunto e da un elemento soggettivo, che si concreta nella volont� di ottenere 

(7) Corte di Giustizia, sentenza del 4 settembre 2014, nelle cause riunite eco cosmetics GmbH & 
Co. KG c. Virginie Laetitia Barbara Dupuy (C.119/13), e Raiffeisenbank St. Georgen reg. Gen. mbH c. 
Tetyana Bonchyk (C.120/13). 
(8) Par. 41. �Pertanto, occorre leggere la prima questione pregiudiziale come volta a determinare 
se il combinato disposto dell�articolo 7, lettera a), e dell�articolo 11 del regolamento n. 2362/98 debba 
essere interpretato nel senso che il requisito secondo cui un agente economico deve esercitare un�attivit� 
commerciale come importatore �per proprio conto e a titolo autonomo� si riferisce unicamente alla registrazione 
di tale agente come operatore �nuovo arrivato�, ai sensi dell�articolo 7, lettera a), del regolamento 
n. 2362/98, ovvero se il possesso del requisito in parola sia altres� richiesto per consentire 
a detto agente di mantenere tale qualifica ai fini dell�importazione di banane nell�ambito dei contingenti 
tariffari previsti dal regolamento n. 404/93�. 


(9) Par. 58 della sentenza in commento. 


un indebito vantaggio derivante dalla norma europea, creando fittiziamente le 
condizioni atte ad acquisirlo. 

Ebbene, operazioni del tipo di quelle oggetto del procedimento principale 
risulteranno oggettivamente contrarie alla normativa comunitaria allorch� realizzassero, 
di fatto, un indebito trasferimento di titoli ad operatori tradizionali, 
altrimenti vietato e possibile solo attraverso il fittizio trasferimento della merce 
destinata allo sdoganamento. Esse, inoltre, saranno soggettivamente volte a 
conseguire un vantaggio indebito allorch� siano state concepite al solo scopo 
di procurare un tale vantaggio all�operatore tradizionale e siano prive di alcun 
rischio d�impresa o profitto significativo per l�operatore nuovo arrivato che le 
pone in essere. Ai fini di tale accertamento, la Corte suggerisce (10) al giudice 
del rinvio di considerare l�insieme dei nessi giuridici, economici e/o personali 
tra gli operatori coinvolti in tali operazioni, pur non dimenticando le peculiarit� 
del commercio delle banane, che, per il tipo di prodotto, la sua deperibilit� 
e le grandi distanze geografiche dal luogo di produzione a quello di commercializzazione, 
potrebbero tollerare delle strategie imprenditoriali non sempre 
in linea con quanto formalmente pu� essere definito conveniente o profittevole 
in altri settori. 

Con la soluzione della terza questione, la Corte delinea le conseguenze 
dell�eventuale accertamento dell�abusivit� delle condotte da parte del giudice 
di rinvio. Esse vengono individuate nell�art. 4, paragrafo 3, del regolamento 

n. 2988/95, secondo cui all�accertamento di condotte abusive e volte ad ottenere 
indebiti vantaggi seguiranno il mancato conseguimento o la revoca dei 
suddetti. � qui (paragrafi 73 e seguenti) che la Corte sceglie di non approfondire 
quanto sollevato dall�Avvocato generale nelle sue conclusioni, in materia 
di stretta legalit� per quel che riguarda le misure amministrative, limitandosi 
ad un mero richiamo della propria giurisprudenza precedente. 

7. L�abuso del diritto. 

Il tema dell�abuso del diritto rappresenta, come gi� anticipato, il punto 
centrale della pronuncia in commento (11). Esso, infatti, in ragione della sua 
fluida natura ossimorica (12) (se il diritto soggettivo � l�insieme delle pretese, 
facolt�, immunit�, e poteri riconosciuti al singolo per la soddisfazione di un 
suo interesse secondo il suo libero apprezzamento (13), si pone in apparente 

(10) Par. 67 della sentenza in commento. 

(11) Per una compiuta analisi del tema, si rimanda a GAMBARO A., Abuso del diritto in Enc. Giur., 
Treccani, 1998. 
(12) Sul singolare accostamento tra ci� che � attribuito ai singoli dall�ordinamento in quanto diritto 
soggettivo e la figura dell�abuso, si veda MERONE G., Introduzione allo studio del concetto di abuso del 
diritto nell�ordinamento nazionale ed in quello internazionale in �L�abuso del diritto nel dialogo tra le 
corti nazionali ed internazionali�, Ed. scientifiche italiane, 2014, 15. 


(13) Cfr. TRIMARCHI, Istituzioni di Diritto Privato, Giuffr�, 2009, 48. 


contraddizione con tale spazio di libert� illimitata concesso dall�ordinamento 
un profilo di abuso sanzionabile), pu� dar luogo a contraddizioni, in quanto 
concetto giuridico impregnato, altres�, di etica inter relazionale. 

D�altronde, in passato, colui che abusava del diritto, non essendosi posto 
in palese contrasto con il dettato normativo, poteva andare esente da sanzione 
e rimanere, al massimo, oggetto del mero biasimo dei consociati (14). 

In seguito, il tardo Ottocento francese faceva gi� da sfondo ai primi dibattiti 
giurisprudenziali sul concetto di abuso in materia di propriet� (15), che 
si instillavano tra le maglie del rigido formalismo (di reazione alle �smanie� 
del giusnaturalismo illuminista) del Code Napol�on, il quale non avrebbe altrimenti 
tollerato sviamenti dalla lettera del jus positum. 

Superata la linea di confine dell�etica e assurto al rango di concetto giuridico, 
il divieto di abuso del diritto � oggi definito come il limite all�esercizio 
di un diritto che, in assenza del limite stesso, sfocerebbe nel travisamento degli 
obiettivi della norma attributiva. 

L�abuso del diritto, dunque, deriva dalla stessa esistenza di una posizione 
giuridica soggettiva di vantaggio, che ne � imprescindibile presupposto. 

In materia tributaria, per quel che qui peculiarmente interessa, l�abuso 
del diritto consiste nel cattivo impiego di una costruzione giuridica, con conseguente 
assenza di sostanza economica dell�azione, posta in essere al solo 
fine di aggirare l�imposizione fiscale (16). 

Essendo l�abuso del diritto figura appena oltre il limite della liceit�, di 
non sempre semplice individuazione, dottrina (17) e giurisprudenza italiana 

(18) ed eurocomunitaria (19) hanno tentato di individuarne i presupposti: da 
un lato, la forma dell�operazione economica, che si concreta nella verifica 
del grado di coerenza della stessa alla luce degli scopi perseguiti dal contribuente 
e dei mezzi utilizzati per raggiungerli; dall�altro, l�intenzione del contribuente 
in relazione all�operazione (la cui individuazione � affidata 
all�utilizzo di presunzioni). 
(14) Cfr. GAIO, Institutiones, I, 53 �male enim nostro jure uti non debemus�. 


(15) Celebri i casi decisi dalle corti di Colmar e di Compi�gne, che ravvisarono la natura di atto 
emulativo e, quindi, abusivo, rispettivamente nella condotta del soggetto che aveva disseminato di finti 
comignoli il proprio tetto al solo scopo di privare il vicino della vista del panorama e in quella del proprietario 
di un fondo attiguo ad un campo di atterraggio di dirigibili, il quale dissemin� la sua propriet� 
di pali, che ostacolavano l�atterraggio, al solo scopo di vendere al vicino la stessa ad un prezzo maggiore. 
Cfr. TURCO, Lezioni di Diritto Privato, Giuffr�, 2011, 168. 
(16) Cfr. PIANTAVIGNA, Abuso del diritto fiscale nell�ordinamento europeo, Giappichelli, 2011, 2. 
(17) Ibidem, 3. 




(18) In materia tributaria, cfr. ex multis, Cass. civ., sez. V, 4 aprile 2008, n. 8772 per cui �� (l)'elaborazione 
giurisprudenziale comunitaria e nazionale in tema di "abuso di diritto", inteso come ricorso 
a forme o strumenti giuridici che, seppure legali, consentono di eludere il fisco, mediante operazioni 
non simulate ma realmente volute ed immuni da invalidit�, effettuate, per�, essenzialmente allo scopo 
di trarne un vantaggio fiscale impone di cogliere la vera natura della prestazione��. 


(19) Corte di Giustizia, sentenza Halifax e a., causa C-255/02. 


Sebbene taluno (20) abbia criticato la propagazione degli effetti del-
l�abuso come concepito dal giudice comunitario in settori non completamente 
armonizzati (quale � quello delle imposte dirette), � innegabile l�incidenza del 
concetto nella qualificazione delle condotte elusive. 

8. L�abuso del diritto nell�ordinamento italiano. 

Il codice civile italiano del �42 (borghese e liberale, tutto teso a salvaguardare 
la certezza dei rapporti giuridici attraverso la chiarezza dello jus positum) 
non contiene una espressa sanzione dell�abuso del diritto (sebbene il 
progetto dello stesso prevedesse, all�art. 7, una disposizione in base alla quale 
nessuno poteva esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per cui 
questo gli era stato riconosciuto dall�ordinamento giuridico). 

Diversamente che in Germania (in cui il BGB del 1900 contempla al � 
226 la figura del Rechtmissbrauch), in Svizzera, in Spagna e negli ordinamenti 
di Common Law (nei quali, pur mancando un principio generale di divieto 
dell�abuso, � presente l�istituto del tort of nuisance), l�Italia e la Francia 
(ove, come si � accennato, emergeva, in verit�, l�esigenza di dare forma e risposta 
giuridica alle ipotesi di abuso) optavano per la non formalizzazione 
del divieto di abuso. 

L�unica disposizione cui l�abuso del diritto veniva generalmente ricondotto 
era quella dell�art. 833 c.c., contenente il divieto di atti emulativi (21), 
ricondotti in rapporto di specialit� al pi� generale principio dell�abuso (22). 
Successivamente, l�individuazione dell�abuso verr� ricondotta alla clausola 
generale di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., per cui l�assenza di 
buona fede pur in ossequio formale alla disciplina avrebbe potuto costituire 
un illecito. 

Inizialmente circoscritta all�ambito civilistico, la figura dell�abuso 
emerge anche in altri settori dell�ordinamento (nel diritto del lavoro, in merito 
ai congedi parentali indebitamente richiesti, o nel diritto commerciale, relativamente 
alle delibere assembleari adottate ad esclusivo vantaggio dei soci 
di maggioranza). 

La figura assume rilevanza anche in ambito tributario, suscitando il pi� 
ampio interesse di dottrina e giurisprudenza (23), enfatizzato anche dall�incidenza 
sul diritto internazionale e dell�Unione europea in materia economica e 
di fluidit� degli scambi. 

(20) TESAURO, Abuso del Diritto e vincolo da giudicato, in Giur. It., 2008, 1301. 

(21) �Il proprietario non pu� fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare 
molestia ad altri�. 
(22) Cfr. RUFFOLO U., Atti emulativi, abuso del diritto e �interesse� nel diritto, in Riv. dir. civ., 
1973, II, pp. 73 e ss. 
(23) GENTILI A., Abuso del diritto, giurisprudenza tributaria e categorie civilistiche, in Ianus, n. 
4, 2009. 



9. L�abuso del diritto nell�ordinamento dell�Unione Europea. 

Gi� riconosciuta nel panorama internazionale nella Dichiarazione Universale 
dei Diritti dell�Uomo (1948) dell�Assemblea Generale della Nazioni 
Unite (24), la protezione dei diritti dell�uomo � presto materia di interesse all�interno 
del vecchio continente, in cui la Convenzione Europea dei Diritti 
dell�Uomo del Consiglio d�Europa (firmata nel 1950 ed entrata in vigore nel 
1953) contiene una disposizione intitolata Divieto di abuso del diritto (25). 

Come spesso � accaduto, l�ordinamento comunitario trova invece nella 
Corte di Giustizia il codificatore del principio. Essa, in particolare, tenta di 
elaborare una teorica dell�abuso volta ad impedire che l�esercizio delle libert� 
fondamentali nell�Unione sia strumento per eludere le normative nazionali di 
settore (26). Come nel caso in commento, � nell�esercizio della libert� di circolazione 
che pi� spesso si profilano ipotesi di abuso del diritto, dissimulate 
dagli operatori sotto la veste di operazioni economiche profittevoli. 

Oggi, la Carta dei Diritti fondamentali dell�Unione Europea (che, dopo 
il Trattato di Lisbona, ha valore giuridico pari a quello dei Trattati), proclamata 
a Nizza nel 2000 e, a seguito dell�abortito tentativo costituente, solennemente 
riproclamata a Strasburgo nel 2007, si chiude con l�art. 54 (27), 
anch�esso intitolato Divieto di abuso del diritto, prima vera codificazione 
eurocomunitaria dello stesso, seguita dalle discipline di settore in materia di 
esercizio delle libert� fondamentali, contenute negli atti secondari del-
l�Unione. 

10. L�abuso del diritto in materia tributaria. 

In ambito fiscale, si considera abuso del diritto qualsiasi attivit� volta al 
conseguimento di un indebito risparmio fiscale da parte di colui che la ponga 
in essere. Rileva, anche in questo caso, il principio generale di buona fede 
nella gestione dei traffici. 

A livello nazionale, l�abuso del diritto in materia tributaria � ora disci


(24) Art. 30 �Nulla nella presente Dichiarazione pu� essere interpretato nel senso di implicare 
un diritto per un qualsiasi Stato, gruppo o persona, di esercitare un�attivit� o di compiere un atto mirante 
alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libert� in essa enunciati�. 
(25) Art. 17 �Nessuna disposizione della presente Convenzione pu� essere interpretata nel senso 
di comportare il diritto di uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un�attivit� o compiere un 
atto che miri alla distruzione dei diritti o delle liberta riconosciuti nella presente Convenzione o di imporre 
a tali diritti e liberta limitazioni pi� ampie di quelle previste dalla stessa Convenzione�. 
(26) MERONE G., Introduzione allo studio del concetto di abuso del diritto nell�ordinamento nazionale 
ed in quello internazionale in �L�abuso del diritto nel dialogo tra le corti nazionali ed internazionali�, 
Ed. scientifiche italiane, 2014, 27. 
(27) Art. 54 �Nessuna disposizione della presente Carta deve essere interpretata nel senso di 
comportare il diritto di esercitare un�attivit� o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o 
delle liberta riconosciuti nella presente Carta o di imporre a tali diritti e liberta limitazioni pi� ampie 
di quelle previste dalla presente Carta�. 



plinato dall�art. 10 bis della l. n. 212/2000, per cui [c]onfigurano abuso del 
diritto una o pi� operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto 
formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. 
Tali operazioni non sono opponibili all'amministrazione finanziaria, che ne 
disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi 
elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette 
operazioni (28). 

Anche nell�ordinamento comunitario il divieto di abuso del diritto, inizialmente 
circoscritto alle normative di settore e condizionato ad un approccio 
casistico, ha avuto una generale consacrazione nel gi� citato art. 54 della Carta 
di Nizza-Strasburgo. 

Ma � stata la giurisprudenza della Corte di Giustizia, negli autorevoli precedenti 
alla sentenza in commento, a tracciare pi� compiutamente le linee 
dell�abuso. 

Nella sentenza Halifax (29), la Corte isola il concetto di abuso del diritto 
in materia di IVA quando, nonostante l�ossequio formale della normativa contenuta 
nella sesta direttiva in materia tributaria e della legislazione di attuazione, 
gli operatori conseguano un vantaggio fiscale indebito, perch� contrario 
agli stessi scopi della direttiva. Conseguenza di tale abuso � un ripristino della 
situazione quale sarebbe stata se esso non fosse stato posto in essere (30). 

Gi� nella sentenza Emsland-Sta

rke (31), la Corte aveva individuato i presupposti 
identificativi dell�abuso (richiamati ora dall�Avvocato Generale Sharpston, 
dalla difesa del Governo italiano e dalla Corte stessa nella sentenza in 
commento, per cui vd. supra) ed affermava che l'obbligo di rimborso non costituirebbe 
una sanzione, per la quale sarebbe necessario un fondamento giuridico 
chiaro e non ambiguo, bens� la semplice conseguenza della 
constatazione che le condizioni richieste per l'ottenimento del beneficio derivante 
dalla normativa comunitaria sono state create artificiosamente, rendendo 
indebite le restituzioni concesse e giustificando, di conseguenza, 
l'obbligo di restituzione (32). 

(28) Sul preferito approccio casistico alla figura di abuso, definito da Cass., sez. trib., 14 novembre 
2005, n. 22932 un �principio tendenziale�, si veda MERONE G., Introduzione allo studio del concetto di 
abuso del diritto nell�ordinamento nazionale ed in quello internazionale in �L�abuso del diritto nel dialogo 
tra le corti nazionali ed internazionali�, Ed. scientifiche italiane, 2014, 49. 
(29) Corte di Giustizia, sent. 21 febbraio 2006, nel procedimento C- 255/02, Halifax Plc e altri c. 
Commissioners of Customs and Excise. 
(30) Par. 86. �Perch� possa parlarsi di comportamento abusivo, le operazioni controverse devono, 
nonostante l'applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della sesta direttiva 
e della legislazione nazionale che la traspone, procurare un vantaggio fiscale la cui concessione 
sarebbe contraria all'obiettivo perseguito da quelle stesse disposizioni. Non solo. Deve altres� risultare 
da un insieme di elementi obiettivi che le dette operazioni hanno essenzialmente lo scopo di ottenere un 
vantaggio fiscale�. 
(31) Cfr. nota 1. 
(32) Paragrafo 56. 







La successiva sentenza SICES (33), in materia di importazioni di aglio 
cinese nell�Unione, rimarca il principio e costituisce il precedente ideale della 
sentenza Cimmino. Anche in questo caso la Corte asserisce che (s)econdo una 
giurisprudenza costante, i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o 
abusivamente delle norme dell�Unione (34). 

La Cassazione ha accolto l�interpretazione del giudice comunitario, isolando 
una sorta di tertium genus, che si aggiunge alla bipartizione tra condotte 
patologiche e condotte fisiologiche in materia di abuso ed elusione fiscale. 

L�abuso sussiste allorch� il comportamento del contribuente sia volto 
esclusivamente a conseguire il beneficio fiscale, in assenza di una reale ragione 
economica che giustifichi l�operazione (35). 

Il divieto dell�abuso del diritto, come codificato dalla Corte di Lussemburgo, 
trova ingresso diretto nel nostro ordinamento per quel che riguarda i 
settori armonizzati e, per gli altri settori, trova una legittimazione nell�art. 53 
della Costituzione (36), in quanto clausola generale. 

11. Esiti della concettualizzazione dell�abuso del diritto. 

� evidente, a questo punto, come la pronuncia in commento ponga un ulteriore 
tassello nel reticolato giurisprudenziale in materia di abuso del diritto 
in materia tributaria. Come gi� nelle citate sentenze Emsland-Sta

rke e SICES, 
la Corte individua gli elementi dell�abuso volto ad eludere le normative in materia 
fiscale. 

Il divieto di abuso del diritto, assurto al rango di principio generale di 
diritto dell�Unione, anche allo scopo di armonizzare le normative statali 
eventualmente discrepanti rispetto a quella sovranazionale, ha costituito 
uno dei principali luoghi di esercizio dell�attivismo giudiziale della Corte 
di Giustizia (37). 

Come detto, la Corte ha riconosciuto per la prima volta l�esistenza nel diritto 
dell�Unione di una clausola generale in materia di abuso del diritto nel 
campo dell�imposizione fiscale nella sentenza Halifax, individuando i requisiti 
oggettivi e soggettivi costitutivi dell�abuso. 

Alla giurisprudenza comunitaria precedente, confermata anche nella sentenza 
in commento, la Corte di Cassazione italiana aveva gi� fatto riferimento, 

(33) Cfr. nota 2. 

(34) Par. 29, in cui si richiamano, altres�, le sentenze del 12 maggio 1998, Kefalas e a., C.367/96, 
punto 20; del 23 marzo 2000, Diamantis, C.373/97, punto 33, nonch� del 21 febbraio 2006, Halifax e 
a., C.255/02, punto 68. 
(35) Cass., sez. trib. 5 maggio 2006, n. 10353. 
(36) Cfr. Cass. S.U., sent. 23 dicembre 2008, n. 30055. 




(37) In tema di attivismo giudiziale si veda ARNULL, �Judicial activism and the European Court 
of Justice: how should academics respond?� in Judicial activism at the European Court of Justice, 
2013, pp. 211-232. 



per postulare un pi� generale principio di divieto di abuso del diritto comunitario 
a fini di risparmio d�imposta (38). 

Le ragioni del sollevamento della questione pregiudiziale nel caso in 
esame, a fronte di una tradizione interpretativa pressoch� consolidata (confermata 
dalla scarsa innovativit� della sentenza Cimmino rispetto ai suoi precedenti), 
sono forse da rinvenirsi nel labile confine tra il corretto esercizio delle 
libert� economiche derivanti dall�ordinamento comunitario e l�utilizzo contra 
legem delle stesse, allo scopo di creare indebiti vantaggi. 

In ragione della sottigliezza di tale demarcazione, il giudice di legittimit� 
voleva, probabilmente, evitare il rischio di interpretazioni incongruamente 
estensive o restrittive del concetto di abuso, che avrebbero inciso, da un lato, 
sul corretto esercizio delle libert� economiche (39) e, dall�altro, sull�efficacia 
repressiva di condotte abusive. 

Nel giuoco di rimbalzi incrociati che caratterizza il rapporto interpretativo 
fra le Corti nell�ordinamento dell�Unione, � possibile che la Corte di Cassazione 
cercasse nel giudice comunitario la legittimazione a qualificare pi� o 
meno severamente le condotte oggetto del giudizio a quo. 

Ci� in quanto preservare lo scopo della normativa regolamentare, che la 
Corte di Giustizia individua correttamente nell�incentivo alla concorrenza in 
un mercato classicamente monopolistico, ai fini del pi� fluido esercizio delle 
libert� economiche, non esclude un (apparentemente) ritorno al monopolio 
(40), allorch� gli operatori minori, privati di qualsivoglia soluzione compromissoria 
tra l�asservimento agli operatori tradizionali (vietato) e l�esercizio 
assolutamente svincolato (ma forse utopistico) delle proprie libert� nel mercato 
non trovino pi�, in ragione dei virtuosismi restrittivi della normativa comunitaria, 
alcuno spazio favorevole all�interno dello stesso. 

D�altro canto, la deprecabile conseguenza di posizioni eccessivamente 
lascive sarebbe certamente la proliferazione delle condotte elusive e degli 
abusi di posizione dominante (41) da parte degli operatori tradizionali. 

Difficile, anche in questo caso, sfuggire dall�apparente contraddizione insita 
nell�ordinamento dell�Unione, che si concreta in una discrasia tra interpretazione 
ed applicazione. I giudici di Kirchberg, detentori qualificati del 
monopolio interpretativo comunitario, rimangono arroccati in tale empireo 
super partes, demandando al giudice nazionale la deiezione applicativa, ac


(38) Ex multis, Cass. 17 ottobre 2008, n. 25374; Cass. 11 dicembre 2013, n. 27711, citate anche 
da RAZZOLINI in �Il difficile confine fra uso e abuso del diritto di stabilimento: il caso degli avvocati 
stabiliti� in Diritto delle Relazioni Industriali, fasc. 4, 2014, pag. 1169. 
(39) Per questo, si veda CARPENTIERI, �L�ordinamento tributario tra abuso e incertezza del diritto� 
in Rivista di Diritto Tributario, n. 12, 2008, pag. 1055 e ss. 
(40) Per le definizioni di concorrenza, monopolio e concorrenza monopolistica, si veda BEGG, 
VERNASCA, FISCHER, DORNBUSCH, Economia, McGraw- Hill, Milano. 


(41) Cfr. articolo 3 della legge n. 287/90. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 93 

cettando il rischio che, nel viaggio verso il giudice naturale, il verbo tracimi i 
suoi volutamente labili confini, impregnandosi, a volte macchiandosi, di discrezionalit�. 


Risulta, dunque, estremamente delicato e rischioso il compito del giudice 
nazionale, che, di fronte alla pi� o meno evidente natura elusiva delle operazioni 
poste in essere nei casi concreti, dovr� usare la massima attenzione nella 
qualificazione delle condotte, ai fini del componimento degli squilibri patologici 
del mercato e rifuggendo demonizzazioni di quelli, fisiologici ed ordinari, 
che ne sono linfa. 

Corte di giustizia dell�Unione europea, Quarta Sezione, sentenza 9 luglio 2015, causa C607/
13 -Pres. L. Bay Larsen, Rel. K. J�rim�e, Avv. Gen. E. Sharpston - Domanda di pronuncia 
pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia) con ordinanza del 10 luglio 
2013, pervenuta in cancelleria il 25 novembre 2013 - Ministero dell�Economia e delle Finanze 
e a. / Francesco Cimmino e a. 

�Rinvio pregiudiziale � Agricoltura � Organizzazione comune dei mercati � Banane � Regolamento 
(CE) n. 2362/98 � Articoli 7, 11 e 21 � Contingenti tariffari � Banane originarie dei 
paesi ACP � Operatore nuovo arrivato � Certificati d�importazione � Non trasferibilit� dei diritti 
derivanti da determinati titoli d�importazione � Pratica abusiva � Regolamento (CE) n. 
2988/95 � Articolo 4, paragrafo 3� 

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull�interpretazione degli articoli 11 e 21 
del regolamento (CE) n. 2362/98 della Commissione, del 28 ottobre 1998, recante modalit� 
d�applicazione del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al 
regime d�importazione delle banane nella Comunit� (GU L 293, pag. 32), come modificato 
dal regolamento (CE) n. 1632/2000 della Commissione, del 25 luglio 2000 (GU 
L 187, pag. 27; in prosieguo: il �regolamento n. 2362/98�), nonch� dell�articolo 4, paragrafo 
3, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 
1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunit� (GU L 312, pag. 1). 

2 Tale domanda � stata presentata nell�ambito di una controversia che contrappone il Ministero 
dell�Economia e delle Finanze, l�Agenzia delle dogane e la Commissione europea 
ai legali rappresentanti di societ� importatrici, nell�Unione europea, di banane 
originarie dei paesi dell�Africa, Caraibi e Pacifico (in prosieguo: i �paesi ACP�) nonch� 
di altri paesi terzi, tra le quali la SIMBA SpA (in prosieguo: la �SIMBA�) e la Rico 
Italia srl (in prosieguo: la �Rico Italia�), in merito all�importo dei dazi doganali applicati 
nei confronti di tali societ� a seguito di dette importazioni. 

Contesto normativo 

Il regolamento (CEE) n. 404/93 

3 Il titolo IV del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo 
all�organizzazione comune dei mercati nel settore della banana (GU L 47, pag. 1), come 
modificato dal regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul 
sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di 
garanzia (FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti (GU L 160, pag. 80; in 
prosieguo: il �regolamento n. 404/93�), � intitolato �Regime degli scambi con i paesi 


terzi�. Gli articoli da 16 a 20 del regolamento n. 404/93, che compaiono all�interno di 
detto titolo IV, disciplinano i contingenti tariffari applicabili alle banane provenienti dai 
paesi terzi. 

4 L�articolo 16 di tale regolamento cos� dispone: 
�Gli articoli da 16 a 20 incluso del presente titolo si applicano soltanto ai prodotti freschi 
che rientrano nel codice NC ex 0803 00 19. 
Ai fini del presente titolo si intende per: 
1) �importazioni tradizionali dai paesi ACP� le importazioni [nell�Unione] di banane 
originarie degli Stati elencati nell�allegato, limitatamente ad un volume annuo di 857 
700 tonnellate (peso netto); tali banane sono denominate �banane ACP tradizionali�; 
2) �importazioni non tradizionali dai paesi ACP� le importazioni [nell�Unione] di banane 
originarie degli Stati ACP, [che] non rientrano nella definizione di cui al punto 1); 
tali banane sono denominate �banane ACP non tradizionali�; 
3) �importazioni dagli Stati terzi non ACP� le banane importate [nell�Unione], originarie 
di Stati terzi diversi dagli Stati ACP; tali banane sono denominate �banane di Stati 
terzi��. 

5 L�articolo 18 di detto regolamento prevede quanto segue: 

�1. Ogni anno � aperto un contingente tariffario di 2,2 milioni di tonnellate (peso netto) 
per le importazioni di banane di Stati terzi e di banane ACP non tradizionali. 
Nell�ambito di questo contingente tariffario, le importazioni di banane di Stati terzi sono 
soggette all�imposizione di un dazio doganale pari a 75 [EUR]/t, mentre le importazioni 
di banane ACP non tradizionali sono soggette a dazio zero. 

2. Ogni anno � aperto un contingente tariffario supplementare di 353 000 tonnellate 
(peso netto) per le importazioni di banane di Stati terzi e di banane ACP non tradizionali. 
Nell�ambito di questo contingente tariffario, le importazioni di banane di Stati terzi sono 
soggette all�imposizione di un dazio doganale pari a 75 [EUR]/t e le importazioni di banane 
ACP non tradizionali sono esenti da dazio. 
3. Le importazioni di banane ACP tradizionali sono soggette a dazio zero. 
(...)�. 


6 L�articolo 19, paragrafo 1, del medesimo regolamento cos� dispone: 
�La gestione dei contingenti tariffari di cui all�articolo 18, paragrafi 1 e 2 e le importazioni 
di banane ACP tradizionali vengono espletate secondo un metodo che tiene conto 
dei flussi di scambi tradizionali (metodo noto come �tradizionali/nuovi arrivati�). 
(�)�. 

Il regolamento n. 2362/98 

7 I considerando 6, 8, 10 e 14 del regolamento n. 2362/98 enunciano quanto segue: 
�(6) considerando che una parte dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali 
deve essere riservata agli operatori nuovi arrivati; che tale assegnazione globale deve 
essere sufficiente a consentire agli operatori di impegnarsi in questo commercio d�importazione 
e a favorire una sana concorrenza; 
(...) 

(8) considerando che l�esperienza acquisita nel corso di vari anni di applicazione del 
regime comunitario d�importazione delle banane induce a rafforzare i criteri definiti per 
l�ammissibilit� di nuovi operatori in modo da evitare la registrazione di semplici agenti 
prestanome e la concessione di assegnazioni per domande artificiose o speculative; che 
� opportuno esigere in particolare un�esperienza minima nel commercio d�importazione 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 95 

di prodotti analoghi, dei prodotti freschi dei capitoli 7 e 8 e dei prodotti del capitolo 9, 
a determinate condizioni, della nomenclatura combinata; che per evitare parimenti domande 
di assegnazioni annue sproporzionate rispetto alle capacit� effettive degli operatori 
e alle quali non farebbero seguito domande di titoli d�importazione per quantitativi 
corrispondenti, � opportuno subordinare la presentazione della domanda di assegnazione 
annua alla costituzione di una cauzione che sostituisca la cauzione relativa al titolo d�importazione 
(...); 
(...) 

(10) considerando che � opportuno adottare disposizioni per la registrazione degli operatori 
e la determinazione del loro quantitativo di riferimento o della loro assegnazione 
annua, secondo il caso, indicare le verifiche e i controlli che incombono alle autorit� 
nazionali competenti e precisare le conseguenze in caso di inosservanza di determinati 
obblighi, in particolare per quanto riguarda le registrazioni e le dichiarazioni per l�ottenimento 
dei quantitativi di riferimento o delle assegnazioni nell�ambito del regime d�importazione; 
(...) 
(14) considerando che occorre precisare le condizioni e gli effetti del suddetto trasferimento 
di titolo, tenuto conto della definizione delle categorie di operatori contenuta nel 
presente regolamento; che la cessione limitata ad un solo cessionario per titolo o estratto 
di titolo favorisce l�evoluzione dei rapporti commerciali tra i diversi operatori registrati; 
che non � tuttavia opportuno suscitare la creazione di relazioni artificiose o speculative 
n� turbare i normali rapporti commerciali consentendo la trasmissione da parte degli 
operatori nuovi arrivati agli operatori tradizionali�. 


8 L�articolo 2 di tale regolamento prevede che i contingenti tariffari e i quantitativi di banane 
ACP tradizionali, di cui rispettivamente all�articolo 18, paragrafi 1 e 2, e all�articolo 
16 del regolamento n. 404/93, siano aperti per il 92% agli operatori tradizionali ai sensi 
dell�articolo 3 del regolamento n. 2362/98 e per l�8% agli operatori nuovi arrivati di cui 
all�articolo 7 del regolamento medesimo. 

9 L�articolo 7 del regolamento n. 2362/98 � del seguente tenore: 
�Ai fini del presente regolamento operatore nuovo arrivato, ai fini dell�importazione 
nell�ambito dei contingenti tariffari e delle banane ACP tradizionali, � l�agente economico 
stabilito [nell�Unione] al momento della sua registrazione e in possesso dei seguenti 
requisiti: 
a) esercizio di un�attivit� commerciale come importatore nel settore degli ortofrutticoli 
freschi dei capitoli 7 e 8, come pure dei prodotti del capitolo 9 della nomenclatura tariffaria 
e statistica e della tariffa doganale comune qualora abbia effettuato anche importazioni 
dei prodotti suddetti dei capitoli 7 e 8, per proprio conto e a titolo autonomo, durante uno 
dei tre anni immediatamente precedenti l�anno per il quale � chiesta la registrazione; 
b) realizzazione, nell�ambito di tale attivit�, di importazioni per un valore dichiarato in 
dogana pari o superiore a [EUR] 400 000 (...) durante il periodo di cui alla lettera a)�. 

10 L�articolo 8, paragrafo 4, primo comma, di detto regolamento enuncia quanto segue: 
�Per ottenere il rinnovo della registrazione, l�operatore interessato deve fornire alle autorit� 
competenti la prova che ha effettivamente importato, per proprio conto, almeno il 
50% del quantitativo assegnatogli per l�anno in corso�. 

11 L�articolo 11, paragrafo 1, di tale regolamento cos� dispone: 
�Gli Stati membri controllano il rispetto delle disposizioni della presente sezione. 


Verificano in special modo se gli operatori interessati esercitano un�attivit� d�importazione 
nel settore indicato all�articolo 7, per proprio conto, come entit� economica autonoma 
quanto alla direzione, al personale e all�esercizio. Qualora vi fossero indizi che 
dette condizioni potrebbero non essere rispettate, la ricevibilit� delle domande di registrazione 
e di assegnazione annua � subordinata alla presentazione, da parte dell�operatore 
interessato, di prove ritenute soddisfacenti dall�autorit� nazionale competente�. 

12 Le modalit� di rilascio dei titoli d�importazione sono disciplinate dagli articoli da 14 a 
22 del medesimo regolamento. L�articolo 21, paragrafi 1 e 2, di quest�ultimo � del seguente 
tenore: 

�1. I diritti derivanti dai titoli d�importazione rilasciati conformemente al presente capo 
sono trasferibili, alle condizioni di cui all�articolo 9 del regolamento (CEE) n. 3719/88 
[della Commissione, del 16 novembre 1988, che stabilisce le modalit� comuni d�applicazione 
del regime dei titoli d�importazione, di esportazione e di fissazione anticipata 
relativi ai prodotti agricoli (GU L 331, pag. 1)] a un solo cessionario, salvo il disposto 
del paragrafo 2 del presente articolo. 

2. Il trasferimento dei diritti pu� aver luogo come segue: 
a) fra operatori tradizionali registrati in applicazione dell�articolo 5; 
b) dagli operatori tradizionali agli operatori nuovi arrivati registrati in applicazione 
dell�articolo 8; o 
c) tra operatori nuovi arrivati. 
Il trasferimento dei diritti non � ammesso da un operatore nuovo arrivato a favore di un 
operatore tradizionale�. 


Il regolamento n. 2988/95 

13 L�articolo 4 del regolamento n. 2988/95 � cos� formulato: 

�1. Ogni irregolarit� comporta, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente 
ottenuto: 

� mediante l�obbligo di versare o rimborsare gli importi dovuti o indebitamente percetti; 
� mediante la perdita totale o parziale della garanzia costituita a sostegno della domanda 
di un vantaggio concesso o al momento della percezione di un anticipo. 


2. L�applicazione delle misure di cui al paragrafo 1 � limitata alla revoca del vantaggio 
indebitamente ottenuto aumentato, se ci� � previsto, di interessi che possono essere stabiliti 
in maniera forfettaria. 
3. Gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio 
contrario agli obiettivi del diritto [dell�Unione] applicabile nella fattispecie, creando artificialmente 
le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda 
dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso. 
4. Le misure previste dal presente articolo non sono considerate sanzioni�. 


Procedimento principale e questioni pregiudiziali 

14 Nel corso degli anni 1999 e 2000, sono state effettuate operazioni di importazione nel-
l�Unione di banane originarie di Stati ACP e di Stati terzi non ACP da parte di societ� 
aventi la qualifica di operatore �nuovo arrivato�, ai sensi dell�articolo 7 del regolamento 

n. 2362/98, e in possesso dei titoli d�importazione �AGRIM� necessari nell�ambito dei 
contingenti tariffari previsti dal regolamento n. 404/93. A tale titolo, le importazioni interessate 
hanno beneficiato, a seconda dei casi, di un dazio zero o di un dazio ridotto di 
EUR 75 per tonnellata (in prosieguo: il �dazio agevolato�). 

15 La SIMBA, rappresentata dal sig. e dalla sig.ra Orsero, � una societ� attiva sia sul mer



CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 97 

cato dell�importazione di banane, in quanto operatore tradizionale ai sensi dell�articolo 
3 del regolamento n. 2362/98, sia sul mercato della commercializzazione di banane 
nell�Unione. La Rico Italia, rappresentata dal sig. Misturelli, � un importatore registrato 
come operatore nuovo arrivato. 

16 Una verifica fiscale nei confronti della SIMBA effettuata dalla Guardia di Finanza ha 
rivelato l�esistenza di pratiche commerciali qualificabili come fraudolente tra la SIMBA, 
la Rico Italia e gli operatori nuovi arrivati di cui al procedimento principale. 

17 Tali pratiche sarebbero state organizzate in modo da eludere il divieto, sancito dall�articolo 
21, paragrafo 2, secondo comma, del regolamento n. 2362/98, di trasferimento 
dei diritti derivanti dai titoli d�importazione da un operatore nuovo arrivato a favore di 
un operatore tradizionale e, quindi, in modo da far indebitamente beneficiare la SIMBA 
del dazio agevolato per l�importazione delle banane attraverso titoli d�importazione 
�AGRIM� ottenuti dagli operatori nuovi arrivati di cui al procedimento principale. 

18 Dall�ordinanza di rinvio emerge che le operazioni esaminate nel procedimento principale 
obbedivano al seguente schema: 

� in un primo tempo, la SIMBA vendeva sistematicamente alla Rico Italia banane situate 
al di fuori del territorio doganale dell�Unione; 
� in un secondo tempo, la Rico Italia rivendeva le banane agli operatori nuovi arrivati 
di cui al procedimento principale che disponevano dei titoli d�importazione necessari 
per poter beneficiare del dazio agevolato; 
� in un terzo tempo, gli operatori nuovi arrivati di cui al procedimento principale importavano 
le banane nell�Unione, per poi rivenderle, dopo il loro sdoganamento, alla 
Rico Italia; e 
� in un quarto tempo, la Rico Italia rivendeva le banane alla SIMBA. 


19 � stato avviato un procedimento penale a carico dei rappresentanti della SIMBA, della 
Rico Italia e degli operatori nuovi arrivati di cui al procedimento principale per i reati 
di contrabbando e di falso ideologico. Il Ministero dell�Economia e delle Finanze, 
l�Agenzia delle dogane e la Commissione si sono costituiti parti civili nell�ambito di 
tale procedimento. 

20 In primo grado, il Tribunale di Verona (Italia) ha dichiarato il rappresentante della Rico 
Italia responsabile dei reati a lui ascritti e, pronunciandosi sulle questioni civili, lo ha 
condannato a risarcire le parti civili del danno dalle stesse sub�to e a versare una provvisionale 
al Ministero dell�Economia e delle Finanze nonch� all�Agenzia delle dogane. 
Detto Tribunale ha assolto gli altri imputati. 

21 La Corte d�appello di Venezia (Italia), rilevando l�estinzione per prescrizione dei reati 
contestati al rappresentante della Rico Italia, ha pronunciato sentenza di non doversi 
procedere, ma ha confermato la pronuncia di primo grado per quanto riguardava le statuizioni 
sulle questioni civili. Detto giudice ha altres� confermato l�assoluzione degli 
operatori nuovi arrivati di cui al procedimento principale, disposta in primo grado, con 
la motivazione che questi ultimi, a differenza della Rico Italia, svolgevano un�effettiva 
attivit� nel settore degli ortofrutticoli freschi ed erano in possesso dei requisiti per l�attribuzione 
della qualifica di operatori nuovi arrivati ai sensi del regolamento n. 2362/98. 

22 La Corte suprema di cassazione, dinanzi alla quale le parti civili hanno impugnato la 
sentenza della Corte d�appello di Venezia, ha deciso di sospendere il procedimento e di 
sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 
�1) Se l�articolo 11 del regolamento (CE) n. 2362/98, il quale prevede a carico degli 


Stati membri l�onere di accertare se gli operatori esercitano un�attivit� di importazione 
per proprio conto come entit� economica autonoma quanto alla direzione, al personale 
e all�esercizio, debba essere interpretato nel senso che sono escluse dai benefici doganali 
accordati tutte le attivit� di importazione eseguite per conto di un operatore tradizionale 
qualora queste siano svolte da soggetti solo formalmente in possesso dei requisiti previsti 
per i �nuovi operatori� dallo stesso regolamento. 
2) Se il regolamento (CE) n. 2362/98 consenta ad un operatore tradizionale di vendere 
banane che si trovano al di fuori del territorio dell�Unione ad un operatore nuovo arrivato 
accordandosi con quest�ultimo perch� provveda a far entrare nel territorio dell�Unione 
le banane a dazio agevolato e le rivenda allo stesso operatore tradizionale ad un prezzo 
concordato prima dell�intera operazione, senza sopportare alcun effettivo rischio d�impresa 
e senza fornire alcuna organizzazione di mezzi quanto a tale operazione. 
3) Se l�accordo di cui alla seconda questione integri una violazione del divieto di cessione 
di diritti dagli operatori nuovi agli operatori tradizionali di cui all�articolo 21, paragrafo 
2, del regolamento (CE) n. 2362/98, con la conseguenza che la cessione 
effettuata resta priva di effetto e il dazio risulta dovuto nella misura piena e non in quella 
agevolata, ai sensi dell�articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95�. 

Sulla domanda di riapertura della fase orale 

23 La fase orale del procedimento � stata chiusa il 5 febbraio 2015 in seguito alla presentazione 
delle conclusioni dell�avvocato generale. 

24 Con lettera del 19 marzo 2015, pervenuta alla Corte il giorno stesso, il sig. Surian ha 
chiesto a quest�ultima, da un lato, di disporre la riapertura della fase orale del procedimento 
e, dall�altro, di rivolgere alla Corte suprema di cassazione una richiesta di chiarimenti 
riguardante i fatti costituenti oggetto del procedimento principale, quali descritti 
da detto giudice nell�ordinanza di rinvio. Una domanda simile � stata formulata dal sig. 
e dalla sig.ra Orsero nonch� dalla sig.ra Palombini, con lettere datate rispettivamente 
20 e 26 marzo 2015, pervenute alla Corte nelle stesse date. 

25 A sostegno delle loro domande, dette parti del procedimento principale fanno in sostanza 
valere � riproponendo argomenti esposti nelle loro osservazioni scritte, depositate dinanzi 
alla Corte, e nell�udienza dibattimentale � che taluni dei fatti illustrati nell�ordinanza 
di rinvio non corrispondono a quelli accertati in primo grado e in appello. Dette 
parti asseriscono che le conclusioni presentate dall�avvocato generale sono, pertanto, 
basate su fatti erronei, legati al contenuto inesatto di tale decisione. 

26 A tale riguardo, si deve rilevare che la Corte, in qualsiasi momento, sentito l�avvocato 
generale, pu� disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente 
all�articolo 83 del suo regolamento di procedura, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente 
edotta oppure quando la causa dev�essere decisa in base a un argomento 
che non � stato oggetto di dibattito tra le parti o gli interessati menzionati dall�articolo 
23 dello Statuto della Corte di giustizia dell�Unione europea. 

27 Nella fattispecie, la Corte, sentito l�avvocato generale, ritiene di disporre di tutti gli elementi 
necessari per rispondere alle questioni sollevate e che tali elementi siano stati di-
battuti tra le parti. 

28 Parimenti, la Corte non considera necessario rivolgere una richiesta di chiarimenti alla 
Corte suprema di cassazione. 

29 Pertanto, le domande del sig. Surian, del sig. e della sig.ra Orsero nonch� della sig.ra 
Palombini devono essere respinte. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 99 

Sulla ricevibilit� della domanda di pronuncia pregiudiziale 

30 Occorre rilevare che i fatti oggetto del procedimento principale sono contestati dagli 
operatori nuovi arrivati coinvolti nel medesimo procedimento, come emerge dalle loro 
osservazioni scritte depositate dinanzi alla Corte e dalle discussioni avvenute in 
udienza davanti alla medesima. Tali contestazioni riguardano, in particolare, le ipotesi 
in fatto sulle quali il giudice del rinvio avrebbe basato le proprie questioni, ipotesi 
che non corrispondono, secondo detti operatori, ai fatti accertati dai giudici di merito. 

31 Alla luce di tali circostanze, gli importatori nuovi arrivati sostengono che la domanda 
di pronuncia pregiudiziale � irricevibile. 

32 A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, le 
questioni relative all�interpretazione del diritto dell�Unione sottoposte dal giudice nazionale 
nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilit�, 
del quale non spetta alla Corte verificare l�esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. 
Il rifiuto, da parte della Corte, di pronunciarsi su una domanda proposta da un 
giudice nazionale � possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che l�interpretazione 
del diritto dell�Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realt� effettiva o 
l�oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo teorico o, ancora, 
qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere 
in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenza Genil 48 
e Comercial Hostelera de Grandes Vinos, C.604/11, EU:C:2013:344, punto 26 e giurisprudenza 
ivi citata). 

33 Si deve rilevare che, nel caso di specie, non ricorre alcuna di tali ipotesi. 

34 Emerge, infatti, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che l�interpretazione delle 
disposizioni del regolamento n. 2362/98 e, in particolare, degli articoli 7, 11 e 21 del 
medesimo � necessaria per la soluzione della controversia principale, segnatamente al 
fine di determinare se le operazioni oggetto del procedimento principale costituiscano 
una pratica abusiva secondo il diritto dell�Unione. A tale riguardo, il ricorso per cassazione 
proposto dinanzi alla Corte suprema di cassazione verte sulla correttezza dell�interpretazione 
fornita a tali articoli dalla Corte d�appello di Venezia. 

35 Inoltre, occorre anche ricordare che, nell�ambito del procedimento di cui all�articolo 
267 TFUE, la Corte non pu� decidere su una controversia relativa ad una situazione in 
fatto. Una controversia del genere, come del resto qualsiasi valutazione dei fatti di causa, 
rientra tra le competenze del giudice nazionale (sentenza CEPSA, C.279/06, 
EU:C:2008:485, punto 30 e giurisprudenza ivi citata). 

36 Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale � ricevibile. 

Sulla prima questione 

37 In limine, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell�ambito 
della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall�articolo 
267 TFUE, spetta a quest�ultima fornire al giudice a quo una soluzione utile che 
gli consenta di dirimere la controversia ad esso sottoposta. In tale prospettiva spetta alla 
Corte, se del caso, riformulare le questioni ad essa deferite (v., in particolare, sentenza 
Douane Advies Bureau Rietveld, C.541/13, EU:C:2014:2270, punto 18 e giurisprudenza 
ivi citata). 

38 A tale proposito, la Corte pu� trarre dall�insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, 
e in particolare dalla motivazione dell�ordinanza di rinvio, gli elementi del diritto 
dell�Unione che richiedono un�interpretazione, tenuto conto dell�oggetto della 


controversia (v., in tal senso, sentenza eco cosmetics e Raiffeisenbank St. Georgen, 
C.119/13 e C.120/13, EU:C:2014:2144, punto 33 nonch� giurisprudenza ivi citata). 

39 Nel caso di specie, anche se la questione posta ha ad oggetto l�interpretazione dell�articolo 
11 del regolamento n. 2362/98, dall�intera formulazione di tale questione nonch� 
dagli elementi forniti dal giudice nazionale nell�ordinanza di rinvio emerge che detto 
giudice si interroga, in realt�, sul requisito � previsto all�articolo 7, lettera a), di tale regolamento, 
in combinato disposto con l�articolo 11 del medesimo � secondo cui un operatore 
�nuovo arrivato� deve esercitare la propria attivit� di importazione �per proprio 
conto e a titolo autonomo�. 

40 Nel procedimento principale, infatti, pur essendo pacifico che gli operatori nuovi arrivati 
di cui a detto procedimento rispettavano tale requisito al momento della registrazione, 
il giudice del rinvio cerca di determinare se, a causa del loro coinvolgimento nelle operazioni 
esaminate nel procedimento principale, si possa affermare che gli operatori in 
parola hanno proseguito la propria attivit� d�importazione sul mercato della banana in 
modo conforme a quanto stabilito da detto regolamento. 

41 Pertanto, occorre leggere la prima questione pregiudiziale come volta a determinare se 
il combinato disposto dell�articolo 7, lettera a), e dell�articolo 11 del regolamento n. 
2362/98 debba essere interpretato nel senso che il requisito secondo cui un agente economico 
deve esercitare un�attivit� commerciale come importatore �per proprio conto e 
a titolo autonomo� si riferisce unicamente alla registrazione di tale agente come operatore 
�nuovo arrivato�, ai sensi dell�articolo 7, lettera a), del regolamento n. 2362/98, 
ovvero se il possesso del requisito in parola sia altres� richiesto per consentire a detto 
agente di mantenere tale qualifica ai fini dell�importazione di banane nell�ambito dei 
contingenti tariffari previsti dal regolamento n. 404/93. 

42 Occorre anzitutto rilevare che, per quanto riguarda l�importazione di banane nell�Unione, 
il regolamento n. 404/93 istituisce un regime di scambi con gli Stati terzi basato, in particolare, 
sui contingenti tariffari previsti all�articolo 18, paragrafi 1 e 2, di detto regolamento. 

43 La gestione di tali contingenti tariffari viene espletata, ai sensi dell�articolo 19, paragrafo 
1, di detto regolamento, secondo il metodo noto come �tradizionali/nuovi arrivati�, che 
tiene conto dei flussi di scambi tradizionali, anche se, come indicato al tredicesimo considerando 
del medesimo regolamento, un quantitativo disponibile � riservato ai nuovi 
operatori che abbiano recentemente intrapreso o che intraprenderanno un�attivit� commerciale 
in tale settore. 

44 In tale ottica, l�articolo 2 del regolamento n. 2362/98 prevede una ripartizione delle 
quantit� di banane disponibili nell�ambito di detti contingenti tariffari tra gli operatori 
tradizionali e gli operatori nuovi arrivati. Dal considerando 6 del regolamento in parola 
emerge che tale ripartizione mira a consentire agli operatori nuovi arrivati di impegnarsi 
in questo commercio d�importazione delle banane e a favorire una sana concorrenza. 

45 Al riguardo, il regolamento n. 2362/98 subordina a determinati requisiti specifici la partecipazione 
degli operatori ai contingenti tariffari, onde consentire di preservare la ripartizione 
menzionata al punto precedente della presente sentenza. 

46 Tra tali requisiti rientrano quelli previsti all�articolo 7 del suddetto regolamento, relativi 
al conseguimento della qualifica di operatore �nuovo arrivato�. Ai sensi di tale articolo, 
per operatore �nuovo arrivato� si intende l�agente economico stabilito nell�Unione al 
momento della sua registrazione il quale, in particolare, abbia esercitato un�attivit� commerciale 
come importatore nel settore degli ortofrutticoli freschi dei capitoli 7 e 8 della 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 101 

tariffa doganale comune, per proprio conto e a titolo autonomo, durante uno dei tre anni 
immediatamente precedenti l�anno per il quale � chiesta la registrazione. 

47 Anche se dai termini di tale articolo 7 emerge che, per ottenere la qualifica di operatore 
nuovo arrivato, un importatore deve essere in possesso �al momento della sua registrazione
� dei requisiti previsti a detto articolo, risulta altres� dai termini medesimi che tale 
qualifica � acquisita �ai fini dell�importazione nell�ambito dei contingenti tariffari�. 

48 Quindi, in considerazione della finalit� perseguita dalla ripartizione dei contingenti tariffari 
e della preservazione della sana concorrenza sul mercato dell�importazione delle banane, 
richiamata al punto 44 della presente sentenza, il requisito secondo cui l�attivit� di 
un operatore nuovo arrivato dev�essere esercitata �per proprio conto e a titolo autonomo� 
non pu� essere interpretato come riferito unicamente all�attivit� dallo stesso svolta nel 
periodo precedente alla sua registrazione, ma si estende al di l� di tale periodo. 

49 Infatti, la ripartizione dei contingenti tariffari tra gli operatori tradizionali e gli operatori 
nuovi arrivati implica che operatori nuovi arrivati veri e propri intervengano sul mercato 
e, quindi, svolgano pienamente le loro attivit� economiche (v., in tal senso, sentenza Di 
Lenardo e Dilexport, C-37/02 e C-38/02, EU:C:2004:443, punti 84 e 87). A tale riguardo, 
come emerge dal considerando 8 del regolamento n. 2362/98, i criteri definiti per l�ammissibilit� 
di nuovi operatori mirano, nell�ambito della gestione dei contingenti tariffari, 
a evitare la registrazione di semplici agenti prestanome e, in tal modo, a contrastare le 
pratiche artificiose e speculative. 

50 Pertanto, scopo del requisito legato all�autonomia dell�attivit� commerciale degli operatori 
nuovi arrivati, stabilito all�articolo 7, lettera a), del regolamento n. 2362/98, � di 
evitare che un operatore tradizionale che gi� beneficia di una parte dei contingenti tariffari 
possa appropriarsi, per il tramite di un altro operatore, della parte dei contingenti 
tariffari riservata agli operatori nuovi arrivati. 

51 Ne consegue che tale requisito dev�essere interpretato come altres� riferito all�attivit� 
d�importazione di banane realizzata dagli operatori nuovi arrivati nell�ambito dei contingenti 
tariffari. Tale interpretazione � del resto corroborata dal contesto nel quale si 
inserisce l�articolo 7, lettera a), del regolamento n. 2362/98. 

52 Infatti, in primo luogo, l�articolo 8, paragrafo 4, di tale regolamento dispone che, per 
ottenere il rinnovo annuale della registrazione, detti operatori devono fornire alle autorit� 
nazionali competenti la prova di aver effettivamente importato, per proprio conto, almeno 
il 50% del quantitativo loro assegnato, a titolo individuale, per l�anno in corso. 
Come rilevato dall�avvocato generale al paragrafo 64 delle sue conclusioni, tale requisito 
impone a detti operatori un obbligo di utilizzo minimo dell�assegnazione annuale loro 
concessa, al fine di garantire che questi ultimi partecipino effettivamente al mercato 
dell�importazione delle banane e lo rendano quindi pi� competitivo. 

53 In secondo luogo, ai sensi dell�articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2362/98, gli 
Stati membri devono assicurarsi che gli operatori nuovi arrivati esercitino un�attivit� 
d�importazione nell�Unione per proprio conto, come entit� economica autonoma, e, in 
caso di dubbio quanto all�osservanza di tale condizione, l�operatore interessato, affinch� 
la sua domanda di registrazione e di assegnazione annua venga considerata ricevibile e 
per dimostrare la sua autonomia di gestione, deve presentare all�autorit� nazionale competente 
prove ritenute �soddisfacenti� da quest�ultima (v., in tal senso, sentenza Di Lenardo 
e Dilexport, C-37/02 e C-38/02, EU:C:2004:443, punto 86). 

54 Di conseguenza, alla luce dell�insieme delle suesposte considerazioni, occorre rispon



dere alla prima questione dichiarando che il combinato disposto dell�articolo 7, lettera 
a), e dell�articolo 11 del regolamento n. 2362/98 dev�essere interpretato nel senso che 
il requisito secondo cui un agente economico deve esercitare un�attivit� commerciale 
come importatore �per proprio conto e a titolo autonomo� � richiesto non solo per la 
registrazione di tale agente come operatore �nuovo arrivato� ai sensi di tale disposizione, 
ma anche per consentirgli di mantenere tale qualifica ai fini dell�importazione 
di banane nell�ambito dei contingenti tariffari previsti dal regolamento n. 404/93. 

Sulla seconda questione e sulla prima parte della terza questione 

55 Con la seconda questione e la prima parte della terza questione, da esaminarsi congiuntamente, 
il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento 
n. 2362/98 debba essere interpretato nel senso che esso osta a operazioni, come 
quelle di cui al procedimento principale, attraverso le quali un operatore nuovo arrivato 
acquista, con l�intermediazione di un altro operatore registrato come nuovo arrivato, 
merce da un operatore tradizionale prima che venga importata nell�Unione, per poi rivenderla 
a tale operatore tradizionale, per il tramite del medesimo intermediario, dopo 
averla importata nell�Unione. 

56 Ai sensi dell�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98, il trasferimento dei 
diritti derivanti dai titoli d�importazione rilasciati conformemente a tale regolamento 
non � ammesso quando � effettuato da un operatore nuovo arrivato a favore di un operatore 
tradizionale. 

57 Nell�ambito delle operazioni esaminate nel procedimento principale, � pacifico che, in 
mancanza di trasferimento di titoli �AGRIM� o dei diritti derivanti da simili titoli da 
parte degli operatori nuovi arrivati di cui a detto procedimento a favore dell�operatore 
tradizionale SIMBA, l�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98, in linea di 
principio, non trova applicazione. 

58 Tuttavia, con riferimento a operazioni di importazione nell�Unione comparabili, in sostanza, 
a quelle oggetto del procedimento principale, la Corte ha dichiarato, nella sua 
sentenza SICES e a. (C-155/13, EU:C:2014:145, punto 40), che, sebbene l�articolo 6, 
paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 341/2007 della Commissione, del 29 marzo 2007, 
recante apertura e modalit� di gestione di contingenti tariffari e istituzione di un regime 
di titoli di importazione e certificati d�origine per l�aglio e alcuni altri prodotti agricoli 
importati da paesi terzi (GU L 90, pag. 12), articolo che prevede un divieto di trasferimento 
dei diritti derivanti dai titoli d�importazione, non osti in linea di principio a operazioni 
siffatte, queste ultime costituiscono tuttavia un abuso di diritto quando siano state 
concepite artificiosamente allo scopo essenziale di beneficiare del dazio agevolato. 

59 Orbene, come rilevato dall�avvocato generale al paragrafo 95 delle sue conclusioni, la 
soluzione individuata nella sentenza SICES e a. (C.155/13, EU:C:2014:145) si attaglia 
al procedimento principale. 

60 A tale riguardo, occorre precisare che sebbene la Corte, nel pronunciarsi su un rinvio 
pregiudiziale, possa, ove necessario, fornire precisazioni dirette a guidare il giudice nazionale 
nella sua interpretazione, spetta tuttavia a quest�ultimo verificare se sussistano, 
nel caso oggetto del procedimento principale, gli elementi costitutivi di una pratica abusiva. 
In tale contesto, la verifica dell�esistenza di una pratica abusiva esige che il giudice 
del rinvio prenda in considerazione tutti i fatti e le circostanze del caso di specie, incluse 
le operazioni commerciali precedenti e successive all�importazione di cui trattasi (sentenza 
SICES e a., C-155/13, EU:C:2014:145, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 103 

61 Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la prova di una pratica abusiva richiede, 
da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto 
formale delle condizioni previste dalla normativa dell�Unione, l�obiettivo perseguito 
da tale normativa non � stato raggiunto e, dall�altra, un elemento soggettivo 
consistente nella volont� di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell�Unione 
mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (v., 
in particolare, sentenze Eichsfelder Schlachtbetrieb, C-515/03, EU:C:2005:491, punto 
39, nonch�, in tal senso, SICES e a., C-155/13, EU:C:2014:145, punti da 31 a 33). 

62 Per quanto riguarda, in primo luogo, l�obiettivo perseguito dal regolamento n. 2362/98, 
tale regolamento, come ricordato in particolare al punto 44 della presente sentenza, mira, 
attraverso la ripartizione dei contingenti tariffari, a consentire a nuovi operatori veri e 
propri di svolgere le proprie attivit� sul mercato dell�importazione della banana allo 
scopo di favorire la sana concorrenza su detto mercato. A tal fine, come risulta dal considerando 
14 di tale regolamento, il divieto di trasferimento dei titoli da parte di operatori 
nuovi arrivati a favore di operatori tradizionali, previsto all�articolo 21, paragrafo 2, secondo 
comma, del medesimo regolamento, � inteso a evitare la creazione di relazioni 
artificiose o speculative tra detti operatori o le turbative dei normali rapporti commerciali 
sul mercato dell�importazione della banana. 

63 Occorre pertanto rilevare che l�obiettivo perseguito dalla normativa dell�Unione non 
pu� essere raggiunto qualora operazioni successive di acquisto, di importazione e di rivendita 
di banane, come quelle oggetto del procedimento principale, quand�anche giuridicamente 
valide se considerate singolarmente, equivalgano di fatto a un trasferimento 
vietato dei titoli di importazione o dei diritti derivanti da titoli siffatti da parte di un operatore 
nuovo arrivato a favore di un operatore tradizionale, e consentano a quest�ultimo 
di estendere la propria influenza al di l� della parte dei contingenti riservatagli per importare 
nell�Unione banane a dazio agevolato. 

64 In secondo luogo, quanto alle motivazioni alla base di tali operazioni, occorre altres� 
accertare, affinch� risulti provata l�esistenza di una pratica abusiva, che lo scopo essenziale 
di dette operazioni sia di consentire all�operatore tradizionale interessato di importare 
le proprie banane al dazio agevolato nell�ambito della parte dei contingenti 
tariffari riservata agli operatori nuovi arrivati. 

65 A tale riguardo, come dichiarato dalla Corte nella sentenza SICES e a. (C-155/13, 
EU:C:2014:145, punti da 37 a 39), affinch� operazioni come quelle di cui al procedimento 
principale possano essere considerate come aventi lo scopo essenziale di procurare 
all�acquirente nell�Unione un vantaggio indebito, � necessario che gli importatori 
abbiano avuto l�intenzione di procurare un siffatto vantaggio a tale acquirente e che le 
operazioni siano prive di qualsiasi giustificazione economica e commerciale per i medesimi 
importatori, circostanze che spetta al giudice del rinvio verificare. Se anche operazioni 
di questo tipo fossero motivate dalla volont� dell�acquirente di beneficiare del 
dazio agevolato, e se anche gli importatori interessati ne fossero consapevoli, esse non 
potrebbero essere considerate a priori prive di giustificazione economica per questi ultimi. 
Tuttavia, non si pu� escludere che, in alcuni casi, operazioni del genere siano state 
ideate artificiosamente allo scopo essenziale di beneficiare del dazio agevolato. 

66 Per quanto riguarda le operazioni di cui al procedimento principale, il carattere artificioso 
di tali operazioni potrebbe essere valutato, in particolare, alla luce dell�esistenza di indizi 
che mostrino che il ruolo degli operatori nuovi arrivati di cui al procedimento principale 


si � in realt� limitato a quello di semplici agenti prestanome in favore della SIMBA. 
Alla luce degli elementi forniti in risposta alla prima questione, tale valutazione si risolverebbe, 
del resto, nel verificare se detti operatori abbiano chiesto la propria registrazione 
come operatore nuovo arrivato per ottenere titoli �AGRIM� al solo fine di 
procedere all�importazione di banane nell�Unione al dazio agevolato, per conto del-
l�operatore tradizionale SIMBA. 

67 A questo scopo, il giudice del rinvio pu� prendere in considerazione l�insieme dei nessi 
giuridici, economici e/o personali tra gli operatori coinvolti in tali operazioni (sentenza 
Part Service, C-425/06, EU:C:2008:108, punto 62) e, basandosi sugli indizi che figurano 
al punto 39 della sentenza SICES e a. (C-155/13, EU:C:2014:145), tener conto, segnatamente, 
del fatto che l�operatore nuovo arrivato in possesso dei titoli �AGRIM� non 
ha assunto alcun rischio commerciale nell�ambito delle operazioni di cui al procedimento 
principale, dato che il rischio � stato in realt� sopportato dall�acquirente nell�Unione 
che � altres� operatore tradizionale, o del fatto che, alla luce dei prezzi di vendita e di rivendita 
della merce interessata, il margine di profitto per gli operatori nuovi arrivati si 
� rivelato insignificante. 

68 Per contro, come sostenuto dagli importatori nuovi arrivati coinvolti nel procedimento 
principale nelle loro osservazioni scritte depositate dinanzi alla Corte, occorre precisare 
che, considerata la specificit� del mercato dell�importazione della banana, il fatto che 
detti operatori disponessero di infrastrutture proprie per immagazzinare e trasportare le 
banane importate non � determinante per accertare l�artificiosit� delle operazioni di cui 
al procedimento principale. Infatti, sarebbe in contrasto con l�obiettivo del regolamento 

n. 2362/98, consistente nel permettere a nuovi operatori di impegnarsi sul mercato del-
l�importazione delle banane, richiedere agli operatori nuovi arrivati di disporre di simili 
infrastrutture. 

69 Inoltre, come fatto valere dalla Commissione nelle sue osservazioni, l�artificiosit� delle 
operazioni di cui al procedimento principale potrebbe anche risultare dal coinvolgimento 
sistematico, nelle medesime, di una societ� intermediaria, nel caso di specie la Rico Italia, 
registrata come operatore nuovo arrivato, ove emerga che tale coinvolgimento era 
unicamente volto a dissimulare i nessi tra un operatore tradizionale, come la SIMBA, e 
operatori nuovi arrivati, come quelli di cui al procedimento principale, al fine di sottrarsi 
all�applicazione dell�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98. 

70 Occorre pertanto rispondere alla seconda questione e alla prima parte della terza questione 
dichiarando che l�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98 dev�essere 
interpretato nel senso che esso osta a operazioni, come quelle di cui al procedimento 
principale, attraverso le quali un operatore nuovo arrivato acquista, con l�intermediazione 
di un altro operatore registrato come nuovo arrivato, merce da un operatore tradizionale 
prima che venga importata nell�Unione, per poi rivenderla a tale operatore 
tradizionale, per il tramite del medesimo intermediario, dopo averla importata nel-
l�Unione, qualora tali operazioni integrino una pratica abusiva, circostanza che spetta 
al giudice del rinvio determinare. 

Sulla seconda parte della terza questione 

71 Con la seconda parte della terza questione, il giudice del rinvio si interroga sulle conseguenze 
da trarre dall�accertamento di una pratica abusiva, nel caso in cui dovesse essere 
rilevata l�esistenza di una pratica siffatta nel caso oggetto del procedimento 
principale. 


CONTENZIOSO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE 105 

72 A tale riguardo, occorre ricordare che l�articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 
2988/95 enuncia che �gli atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento 
di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto [dell�Unione] applicabile nella 
fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, 
comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio 
stesso�. 

73 L�obbligo di restituire un beneficio indebitamente percepito tramite una pratica irregolare 
non costituisce una sanzione, bens� � la semplice conseguenza della constatazione che 
le condizioni richieste per l�ottenimento del beneficio previsto dalla normativa del-
l�Unione sono state create artificiosamente, rendendo indebito il vantaggio conseguito 
e giustificando, di conseguenza, l�obbligo di restituzione (v. sentenza Pometon, C158/
08, EU:C:2009:349, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). 

74 Ne discende che operazioni implicate in una pratica abusiva devono essere ridefinite 
dal giudice del rinvio in maniera da ristabilire la situazione quale sarebbe esistita senza 
le operazioni integranti la pratica abusiva (v., per analogia, sentenza Halifax e a., C255/
02, EU:C:2006:121, punto 94). 

75 Pertanto, un operatore che si � artificiosamente posto in una situazione che gli consente 
di beneficiare indebitamente del dazio agevolato per l�importazione di banane � tenuto 
a pagare i dazi riguardanti i prodotti interessati, ferme restando, se del caso, le sanzioni 
amministrative, civili o penali previste dalla normativa nazionale (v., per analogia, sentenza 
Christodoulou e a., C-116/12, EU:C:2013:825, punto 68). 

76 Occorre pertanto rispondere alla seconda parte della terza questione dichiarando che 
l�articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 2988/95 dev�essere interpretato nel senso 
che dall�accertamento di una pratica abusiva, in circostanze come quelle di cui al procedimento 
principale, consegue che l�operatore che si � artificiosamente posto in una 
situazione che gli consente di beneficiare indebitamente del dazio agevolato per l�importazione 
di banane � tenuto a pagare i dazi riguardanti i prodotti interessati, ferme restando, 
se del caso, le sanzioni amministrative, civili o penali previste dalla normativa 
nazionale. 
Sulle spese 

77 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un 
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. 
Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono 
dar luogo a rifusione. 
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara: 

1) Il combinato disposto dell�articolo 7, lettera a), e dell�articolo 11 del regolamento 
(CE) n. 2362/98 della Commissione, del 28 ottobre 1998, recante modalit� d�applicazione 
del regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, con riguardo al regime 
d�importazione delle banane nella Comunit�, come modificato dal regolamento 
(CE) n. 1632/2000 della Commissione, del 25 luglio 2000, dev�essere interpretato 
nel senso che il requisito secondo cui un agente economico deve esercitare un�attivit� 
commerciale come importatore �per proprio conto e a titolo autonomo� � richiesto 
non solo per la registrazione di tale agente come operatore �nuovo arrivato� 
ai sensi di tale disposizione, ma anche per consentirgli di mantenere tale qualifica 
ai fini dell�importazione di banane nell�ambito dei contingenti tariffari previsti dal 
regolamento (CEE) n. 404/93 del Consiglio, del 13 febbraio 1993, relativo all�orga



nizzazione comune dei mercati nel settore della banana, come modificato dal regolamento 
(CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo 
rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia 
(FEAOG) e che modifica ed abroga taluni regolamenti. 

2) L�articolo 21, paragrafo 2, del regolamento n. 2362/98, come modificato, dev�essere 
interpretato nel senso che esso osta a operazioni, come quelle di cui al procedimento 
principale, attraverso le quali un operatore nuovo arrivato acquista, con l�intermediazione 
di un altro operatore registrato come nuovo arrivato, merce da un operatore 
tradizionale prima che venga importata nell�Unione, per poi rivenderla a 
tale operatore tradizionale, per il tramite del medesimo intermediario, dopo averla 
importata nell�Unione, qualora tali operazioni integrino una pratica abusiva, circostanza 
che spetta al giudice del rinvio determinare. 

3) L�articolo 4, paragrafo 3, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, 
del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunit�, 
dev�essere interpretato nel senso che dall�accertamento di una pratica abusiva, in 
circostanze come quelle di cui al procedimento principale, consegue che l�operatore 
che si � artificiosamente posto in una situazione che gli consente di beneficiare indebitamente 
del dazio agevolato per l�importazione di banane � tenuto a pagare i 
dazi riguardanti i prodotti interessati, ferme restando, se del caso, le sanzioni amministrative, 
civili o penali previste dalla normativa nazionale. 


contenzioso nazionale
CONTENZIOSO NAZIONALE 
Necessit� di un�adeguata motivazione della legge 
restrittivamente incidente nella sfera giuridica dei cittadini? 

NOTA A CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA 30 APRILE 2015 N. 70 

Gabriele Pepe * 

La pronuncia in commento si segnala per l�accoglimento di una delle censure 
presentate dai ricorrenti con conseguente declaratoria di incostituzionalit� 
di una disposizione della c.d. legge Fornero e, segnatamente, dell�art. 24, co. 
25, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dall�art. 1, co. 
1, l. 22 dicembre 2011, n. 214. Si tratta della disposizione che, in una prospettiva 
di risanamento dei conti pubblici, ha imposto risparmi di spesa attraverso 
il blocco della indicizzazione di taluni trattamenti pensionistici per gli anni 
2012 e 2013. 

Il presente articolo non mira ad una ricostruzione analitica dell�intera pronuncia 
della Corte bens� intende soffermarsi su due passaggi della sentenza, 
che sia pur incidentalmente, sembrano presentare nei termini in cui sono stati 
espressi, elementi di novit� per l�ordinamento italiano. Inoltre l�articolo riserva 
talune considerazioni finali al sindacato di ragionevolezza operato dalla Consulta 
la quale, nella valutazione comparativa degli interessi costituzionalmente 
rilevanti, ha pretermesso di considerare l�interesse prioritario al pareggio di 
bilancio (art. 81 I co. Cost.). 

In due passaggi della sentenza, anche se non tra i profili apparentemente 
fondamentali, la Corte sembra introdurre un principio rivoluzionario per il sistema 
giuridico italiano: il principio secondo cui ogni legge che incida nega


(*) Avvocato del libero Foro, Ricercatore di Diritto Amministrativo presso l�Universit� degli Studi Guglielmo 
Marconi. 
Articolo editato in www.contabilit�-pubblica.it - 16.05.2015. 



tivamente nella sfera giuridica dei destinatari necessiti di una congrua ed adeguata 
motivazione in ordine alle specifiche ragioni della scelta normativa compiuta. 
Tale proposizione � chiarita dalla Corte nella parte della sentenza in cui 
statuisce che �la disposizione concernente l�azzeramento del meccanismo perequativo, 
contenuta nel comma 24 dell�art. 25 del d.l. 201 del 2011, come 
convertito, si limita a richiamare genericamente la �contingente situazione 
finanziaria�, senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza 
delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui 
confronti si effettuano interventi cos� fortemente incisivi� (1). Inoltre, sottolinea 
la Consulta, come l�interesse dei pensionati ed in particolare di quelli titolari 
di trattamenti previdenziali modesti, sia finalizzato alla conservazione 
del potere di acquisto delle somme percepite, da cui coerentemente discende 
il diritto ad una prestazione previdenziale adeguata. Aggiunge, infine, che 

�tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato 
nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio�. 

Tali brevi ma significative statuizioni, pur rappresentando quasi un obiter 
nel contesto della pronuncia, hanno un fortissimo impatto sull�ordinamento 
italiano, sancendo, per la prima volta in modo cos� esplicito, la necessit� di 
una congrua e pertinente motivazione dell�atto legislativo (2), ineludibile ai 
fini della valutazione comparativa degli interessi su cui � costruito il sindacato 
di legittimit� costituzionale (3). Tale profilo innovativo si coglie agevolmente 
richiamando la distinzione, autorevolmente sostenuta in dottrina, tra ratio 
legis e motivazione. La prima si identifica negli interessi che l�atto intende 
regolare ed � ricavabile in ogni caso dal contesto normativo; la seconda, invece, 
va intesa quale esternazione (eventuale) dei motivi della legge (4); un 

(1) Inoltre, prosegue la sentenza, �anche in sede di conversione (legge 22 dicembre 2011, n. 214), 
non � dato riscontrare alcuna documentazione tecnica circa le attese maggiori entrate, come previsto 
dall�art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, recante �Legge di contabilit� e finanza 
pubblica� (sentenza n. 26 del 2013, che interpreta il citato art. 17 quale �puntualizzazione tecnica� 
dell�art. 81 Cost.)�. 
(2) In dottrina si vedano, a titolo esemplificativo, i contributi di A. DE VALLES, La validit� degli 
atti amministrativi, Roma, 1927, pp. 134 ss. V. CRISAFULLI, Sulla motivazione degli atti legislativi, in 
Riv. dir. pubbl., I, 1937, pp. 415-444, spec. p. 415: �Per motivazione pu� intendersi, tecnicamente, 
l'enunciazione, esplicita o implicita, contestuale o non, dei motivi che precedettero e determinarono 
l'emanazione di un atto giuridico, compiuta dallo stesso soggetto dal quale proviene l'atto motivato�. 
In tema pi� di recente S. BOCCALATTE, La motivazione della legge. Profili teorici e giurisprudenziali, 
Cedam, Padova, 2008, pp. 1 ss. M. PICCHI, L�obbligo di motivazione delle leggi, Giuffr�, Milano, 2011, 
pp. 1 ss. 
(3) F. MODUGNO, La ragionevolezza nella giustizia costituzionale, Editoriale scientifica, Napoli, 
2007, p. 46: �Il giudizio costituzionale � istituzionalmente concepito come rivolto alla composizione 
della tensione tra legislazione e Costituzione, al fine di rendere la prima conforme o non incompatibile 
con la seconda, ossia le scelte, le discipline legislative non difformi, non contrastanti, ma conformi alle 
norme e ai principi costituzionali�. 
(4) M.S. GIANNINI, voce Motivazione dell�atto amministrativo, in Enc. dir., vol. XXVII, Milano, 
1977, p. 258. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

elemento considerato tradizionalmente non necessario ai fini della validit� 
dell�atto legislativo. 

L�obbligo di motivazione, nei termini formulati dalla pronuncia, appare 
inedito nella giurisprudenza della Corte, pur inquadrandosi agevolmente nel 
trend evolutivo che ha caratterizzato la legge, e pi� in generale i pubblici poteri, 
nell�ordinamento italiano ed europeo. 

A partire dalla Rivoluzione francese la legge, espressione della volont� 
popolare, � stata ritenuta l�atto politico per eccellenza quale atto libero nel fine 
(atto cio� cui nessun fine � precluso) (5). In altri termini la legge si � identificata 
per molto tempo nella fonte posta al vertice dell�ordinamento, incarnando nel 
XIX e XX secolo l�egemonia della sovranit� statale sulla produzione normativa 
(6); (c.d. onnipotenza legislativa frutto dell�esasperazione del positivismo giuridico). 
Un�egemonia che nell�esercizio della funzione di indirizzo politico 
l�atto legislativo ha esplicitato nella capacit� di individuare da s� i fini pubblici 
da perseguire, senza limiti o forme di controllo, salvo vincoli autoimposti; per 
lungo tempo, infatti, la migliore dottrina ha ritenuto che il legislatore non fosse 
obbligato a motivare le proprie scelte a meno che non lo volesse (7). 

Nell�ordinamento italiano tale fenomeno ha caratterizzato il proscenio 
giuridico per tutta la vigenza dello Statuto albertino del 1848 (definito nel preambolo 
Legge fondamentale, perpetua ed irrevocabile della Monarchia) (8); 
una Costituzione che, pur formalmente sovraordinata alla legge, in ragione 
della sua natura di Carta flessibile, poteva essere da una legge ordinaria modificata 
e derogata in ogni momento. 

L�avvento della Costituzione repubblicana del 1948, quale Costituzione 
rigida (9), ha progressivamente incrinato il consolidato assetto legicentrico 
del sistema giuridico italiano. Infatti la legge, sino a quel momento atto collocato 
al vertice dell�ordinamento, � stata imbrigliata in un sistema delle fonti 

(5) Sulla tradizionale concezione della legge quale atto libero nel fine, tra i tanti, in dottrina S. 
ROMANO - V. FEROCI, Principi generali del diritto e diritto costituzionale, Milano, 1928, pp. 1 ss. G. 
ZANOBINI, L�attivit� amministrativa e la legge, in Riv. dir. pubbl. 1924, ora in ID. (a cura di), Scritti vari 
di diritto pubblico, Giuffr�, Milano, 1955, pp. 205 ss. 
(6) P. GROSSI, Il costituzionalismo moderno fra mito e storia, in Giorn. st. cost., n. 11/2006, pp. 
25 ss. 
(7) C.M. IIACCARINO, Studi sulla motivazione (con speciale riguardo agli atti amministrativi), 
Roma, 1933, pp. 49 ss. e 129 ss. G. LOMBARDI, voce Motivazione (Diritto costituzionale), in Noviss. 
Dig. it., vol. X, Torino, 1964, pp. 954 ss. 
(8) � convincimento diffuso che la denominazione Statuto, dovuta forse al suggerimento del segretario 
del re nobile Giovannetti sia stata accolta per evitare il temuto significato rivoluzionario del-
l�espressione Costituzione. Il termine che si collega alla tradizione legislativa riconducibile agli Statuti 
sabaudi (in proposito M. RUGGERO, L�eredit� di Carlo Alberto, Milano, 1995, p. 295) ha avuto in seguito 
molta fortuna, venendo utilizzato anche in et� Repubblicana per definire importanti settori dell�ordinamento 
italiano (Statuti regionali, Statuto dei lavoratori, Statuto del contribuente etc...). 
(9) Una Costituzione non pi� modificabile con semplice legge ordinaria bens� secondo una procedura 
aggravata descritta dall�art. 138 Cost. (E. CHELI, Lo Stato costituzionale. Radici e prospettive, 
Editoriale Scientifica, Napoli, 2006, pp. 24 ss.). 



avente alla propria sommit� la Carta costituzionale; quest�ultima prescrive 
principi da osservare e obiettivi da realizzare al legislatore (statale e regionale) 
nell�esercizio della funzione di indirizzo politico (10). Un duplice vincolo (positivo 
e negativo) viene, dunque, a gravare, sulla legge, la quale, da un lato, 
non deve porsi in contrasto con i principi, le regole ed i valori della Costituzione 
(11) e, dall�altro, � tenuta a dare attuazione ai criteri e alle direttive, specie 
nel caso di norme di scopo (contenute nella Costituzione stessa) 
impropriamente chiamate in modo tralaticio norme programmatiche (12). Per 
assicurare l�osservanza in concreto di tali precetti � stato istituito un apposito 
organo (la Consulta) cui � demandato, in via esclusiva, il compito di verificare 
la conformit� delle leggi ai dicta e ai valori espressi dalla Costituzione (13). 

Evidentemente ci� non pu� che rappresentare il primo elemento tangibile 
tanto della dequotazione dello strumento legislativo quanto della progressiva 
trasformazione dei suoi caratteri tipici (14). Ad affievolire ulteriormente la centralit� 
della legge nel sistema delle fonti hanno contribuito le Comunit� europee 
prima e l�Unione europea poi (15). Del resto, le norme dell�ordinamento sovranazionale 
primeggiano in un sistema delle fonti policentrico e multilivello, adagiandosi 
su un piano gerarchicamente sovraordinato tanto alla Costituzione 
quanto alla legge nazionale (statale e regionale); in particolare l�atto legislativo 
� tenuto ad uniformarsi, a pena di illegittimit�, a tutte le norme europee, scritte 
e non (16). Tale vincolo che sin dal �48 rinviene il proprio fondamento nell�art. 
11 Cost., sulle limitazioni di sovranit� dello Stato in favore delle organizzazioni 
internazionali ivi previste cui esso partecipa (17), � oggi espressamente positi


(10) Sulla funzione di indirizzo politico si rinvia, senza pretese di completezza, agli studi di E. 
CHELI, Atto politico e funzione d�indirizzo politico, Giuffr�, Milano, 1961, pp. 1 ss. T. MARTINES, voce 
Indirizzo politico, in Enc. dir., vol. XXI, Milano, 1971, pp. 134 ss. M. DOGLIANI, voce Indirizzo politico, 
in Dig. disc. pubbl., vol. VIII, Torino, 1993, pp. 244 ss. 
(11) F. MODUGNO, L�invalidit� della legge. Teoria dell�atto legislativo e oggetto del giudizio costituzionale, 
vol. II, Giuffr�, Milano, 1970, pp. 335 ss. 
(12) V. CRISAFULLI, La Costituzione e le sue disposizioni di principio, Giuffr�, Milano, 1952, pp. 
36 e 48. 
(13) Pi� in generale sul fenomeno dell�interpretazione costituzionalmente orientata della legge 


M. RUOTOLO, Interpretare: nel segno della Costituzione, Editoriale Scientifica, Napoli, 2014. 
(14) Per un�analisi pi� generale della crisi dello strumento legislativo U. VINCENTI (cura di), Inchiesta 
sulla legge nell�Occidente giuridico, Giappichelli, Torino, 2005, spec. p. 7. 
(15) Sul depotenziamento della legge statale si rinvia a G. PEPE, Principi generali dell�ordinamento 
comunitario e attivit� amministrativa, Roma, 2012, pp. 26-34. Con riferimento alla necessit� di 
un�interpretazione comunitariamente orientata delle leggi nazionali G. PISTORIO, Interpretazione e giudici. 
Il caso dell�interpretazione conforme al diritto dell�Unione europea, Editoriale Scientifica, Napoli, 
2012, spec. pp. 111 ss. 
(16) C. PAGOTTO, La disapplicazione della legge, Giuffr�, Milano, 2008, p. 342: �Deve parimenti 
giungersi alla necessaria conclusione che la legge dello Stato � ad oggi sottoposta ad una molteplicit� 
di influssi che tendono ad orientarne gli effetti sotto forma di apertura ad un maggior numero di parametri 
di legittimit� ed in deroga al modello tradizionale nel quale solo gli autovincoli legislativi possono 
incidere in modo concreto sulla libert� del legislatore�. In tema di autovincoli legislativi A. PACE, Potere 
costituente, rigidit� costituzionale, autovincoli legislativi, II ed. riv. e ampl., Cedam, Padova, 2002. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

vizzato dall�art. 117 I co. novellato (18). Ai sensi di tale disposizione �la potest� 
legislativa � esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, 
nonch� dei vincoli derivanti dall�ordinamento comunitario�. Conseguentemente 
nell�attuale sistema delle fonti, la legge viene ad essere progressivamente 
conformata (e limitata) tanto in ambito nazionale quanto in sede sovranazionale, 
dovendo rispettare vincoli e prescrizioni in passato sconosciuti. 

Alla luce del quadro ordinamentale vigente la legge, allora, non pu� pi� 
essere qualificata atto libero nel fine insindacabile e non motivabile (19). Del 
resto, l�atto legislativo soggiace all�osservanza di fonti gerarchicamente superiori 
nei cui riguardi � tenuto sia ad evitare azioni di effrazione sia a porre 
in essere azioni di implementazione ed attuazione dei fini generali in esse consacrati. 
Ne discende come la mancata osservanza degli obblighi gravanti sulla 
legge venga esplicitamente sanzionata, da un lato, con il sindacato della Consulta 
che pu� dichiarare l�illegittimit� di una disposizione di legge lesiva della 
Costituzione, espungendola dall�ordinamento; dall�altro con l�obbligo di disapplicazione 
gravante sui giudici italiani ma anche sulle Pubbliche Amministrazioni 
domestiche avente ad oggetto le leggi nazionali in contrasto con le 
regole ed i principi europei (20). Tali fenomeni hanno rivestito un ruolo decisivo 
nella trasformazione, non sempre adeguatamente percepita, della legge 
da atto cui nessun fine � precluso (libero cio� nel fine) in atto i cui fini sono 
conformati ed imposti da fonti superiori (la Costituzione e le norme europee); 
la legge si �, conseguentemente, trasformata in un atto discrezionale, sia pure 
espressione di un�ampia discrezionalit� qual � la discrezionalit� politica. 

(17) Ai sensi dell�art. 11 Cost. �l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libert� 
degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni 
di parit� con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit� necessarie ad un ordinamento che assicuri la 
pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale 
scopo�. In particolare con l�evoluzione delle Comunit� europee nell�Unione europea l�Italia ha ceduto 
ulteriori porzioni della propria sovranit� specie in ambito economico, finanziario e monetario. Infatti 
gravano sul nostro ordinamento vincoli di bilancio assai stringenti che impongono, tra le altre cose, 
l�adozione di piani di rientro del debito (M. STIPO, Una lettera �anomala� (la lettera Trichet-Draghi 
indirizzata al Primo Ministro italiano - Frankfurt/Rome, 5 August 2011), in Studi in onore di Claudio 
Rossano, vol. IV, Jovene, Napoli, 2013, pp. 2391 ss.). 
(18) Articolo modificato dalla l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3 (modifiche al titolo V parte seconda 
della Costituzione, in Gazz. uff. n. 248 del 24 ottobre 2001). In dottrina sul superamento della tradizionale 
concezione della legge quale atto libero nel fine a seguito della novella costituzionale N. LUPO, La 
motivazione delle leggi alla luce del nuovo titolo V Cost., in www.consiglio.regione.toscana.it, 2002, 
pp. 9 ss. B.G. MATTARELLA, voce Motivazione (Dir. com.), in Diz. dir. pubbl., vol. IV, a cura di S. CASSESE, 
Giuffr�, Milano, 2006, p. 3749. 
(19) Tuttavia una parte della dottrina continua ad escludere un obbligo generale di motivazione 
delle leggi anche dopo l�avvento della Costituzione e dell�ordinamento europeo in ragione della loro 
giustificazione democratica assicurata dalla pubblicit� del procedimento legislativo e dal controllo diffuso 
dei cittadini (G. SCACCIA, Motivi della legge e valori preparatori nel giudizio costituzionale, in It. 
legis. n. 3/1998, pp. 15 ss. M. PICCHI, L�obbligo di motivazione delle leggi, op. cit., pp. 3-4.) 
(20) G. PEPE, Principi generali dell�ordinamento comunitario e attivit� amministrativa, op. cit., 
pp. 130 ss. 



Il discrimen tra libert� e discrezionalit� di un atto o di un�attivit� ha ricadute 
applicative rilevantissime, condizionando fortemente il modus operandi 
del soggetto o dell�organo chiamati ad agire. La nozione giuridica di 
libert�, applicata all�atto legislativo, implica il potere di individuazione dei 
fini da perseguire, con le modalit� ed i mezzi ritenuti pi� opportuni, senza 
preclusione alcuna; inoltre essa postula l�assenza di organi e forme di controllo 
che verifichino la conformit� dell�attivit� posta in essere a parametri 
di ordine superiore. 

Diversamente la nozione giuridica di discrezionalit� (21) si esplica in 
un�attivit� di implementazione e di scelta sulla base e nei limiti di quanto statuito 
da una fonte normativa attributiva o comunque regolativa del potere. La 
discrezionalit� politica, pur con i suoi caratteri peculiari, � pur sempre una 
species del pi� ampio genus della discrezionalit�, mutuando da questa taluni 
elementi comuni. Del resto, la discrezionalit� � una categoria di teoria generale 

(22) di cui costituiscono specificazioni la discrezionalit� politico-legislativa, 
la discrezionalit� amministrativa (23) e la discrezionalit� giurisdizionale, ciascuna 
con i propri elementi tipici. 

Coerentemente la legge, lungi dall�essere qualificata oggi quale atto libero 
nel fine, deve viceversa considerarsi un atto discrezionale (24), sia pure particolare, 
ma comunque attratto nell�orbita del regime giuridico e dei limiti tipici 
di una funzione connotata da discrezionalit�. 

La categoria generale della discrezionalit�, in particolare, si ricollega indissolubilmente 
al concetto di potest�, quale situazione giuridica soggettiva 
mista attraverso cui si svolge una data funzione pubblica (c.d. munus) teleologicamente 
orientata alla cura di interessi pubblici (25), ossia di interessi non 
propri del soggetto agente ma ad esso alieni. La potest� si articola al proprio 
interno in un forza attiva (potere) cui necessariamente si affianca un quid di 
doverosit�. Del resto, come autorevolmente sostenuto �nella potest� si riscon


(21) Sulle differenze tra arbitrio e discrezionalit� N. TOMMASEO, Dizionario dei sinonimi della 
lingua italiana, VII ed., Milano, 1884, p. 493: �Nell�arbitrio cՏ esercizio assoluto della volont� buona 
o cattiva ch�ella sia; nella discrezione tale esercizio � regolato da conoscenza e da giudizio�. 
(22) F. CORDERO, Le situazioni soggettive nel processo penale: studi sulle dottrine generali del 
processo penale, Giappichelli, Torino, 1956, pp. 161 ss. 
(23) In dottrina, tra i contributi pi� significativi, M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica 
amministrazione. Concetto e problemi, Milano, 1939, spec. pp. 78 ss. A. PIRAS, voce Discrezionalit� 
amministrativa, in Enc. dir., vol. XIII, Milano, 1964, pp. 65 ss. C. MORTATI, voce Discrezionalit�, 
in Noviss. dig. it., vol. V, Torino, 1964, pp. 1098 ss. L. BENVENUTI, La discrezionalit� amministrativa, 
Cedam, Padova, 1986, pp. 1 ss. G. AZZARITI, Dalla discrezionalit� al potere, Cedam, Padova, 1989, 
spec. pp. 317 ss. 
(24) Contra G. SCACCIA, Gli strumenti della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, Giuffr�, 
Milano, 2000, pp. 175 ss. R. DICKMANN, Procedimento legislativo e coordinamento delle fonti, Cedam, 
Padova, 1997, pp. 385 ss., il quale nega la possibilit� di configurare il vizio di eccesso di potere, sul postulato 
della natura libera e non gi� discrezionale della funzione legislativa. 


(25) F. MODUGNO, voce Funzione, in Enc. dir., vol. VIII, Milano, 1969, pp. 301 ss. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

tra a fondamento dell�attribuzione dei poteri il dovere di esercitarli nell�interesse 
altrui� (26). 

Ci� significa che nell�esercizio di ciascuna potest� pubblica � indefettibilmente 
incluso un elemento di doverosit� (27), che tuttavia non esaurisce il 
contenuto della funzione, affiancandosi ad esso una forza attiva intesa quale 
potere di scelta discrezionale. L�indissolubile collegamento tra potest� e funzione 
fa s� che la nozione giuridica di funzione si traduca, inoltre, in un comportamento 
giuridicamente doveroso, comportamento viceversa non 
configurabile nelle attivit� e negli atti liberi nel fine. A ci� si affianca l�esercizio 
di un potere discrezionale esplicantesi in una valutazione comparativa 
dei vari interessi in rilievo; valutazione all�esito della quale si realizza l�opzione 
tra pi� soluzioni tutte legittime, ragionevoli e plausibili; tale potere assume 
massima latitudine proprio nella discrezionalit� politico-legislativa, 
rinvenendo, tuttavia, limiti e vincoli conformativi in fonti di rango superiore 
quali la Costituzione e le norme europee (28). 

Venendo all�esame della giurisprudenza costituzionale, la prima pronuncia 
della Corte, volta ad effettuare un controllo sulla discrezionalit� politica 
del legislatore � la sentenza 22 gennaio 1957, n. 29 che si fonda sulla 
ricerca della ratio dell�atto legislativo nella verifica di conformit� ai principi 
costituzionali (29). 

Come detto, l�applicazione alla discrezionalit� politico-legislativa e all�atto 
di essa espressivo del regime generale della discrezionalit� postula, inevitabilmente, 
un imprescindibile obbligo di motivazione o comunque di 
giustificazione delle scelte compiute; un obbligo di motivazione che tende 
progressivamente a generalizzarsi sino a definirsi in termini di congruit� e 
adeguatezza nella pronuncia in commento. Tale evoluzione in ordine al contenuto 
dell�atto legislativo � certamente favorita dagli studi sulla motivazione 
degli atti amministrativi (30), giurisdizionali (31) ed europei. 

(26) M. STIPO, L�interesse legittimo nella prospettiva storica, Atti dei convegni per le celebrazioni 
dell�opera Giustizia amministrativa (1903) del Prof. Cino Vitta, 21 novembre 2003 e 16 luglio 2004, 
Consiglio di Stato, in Studi per il centenario della Giustizia amministrativa (1903) di Cino Vitta, a cura 
di M. STIPO, Tiellemedia, Roma, 2006, p. 107. 
(27) S. PUGLIATTI, Esecuzione forzata e diritto sostanziale, Milano, 1935, pp. 24 ss. Il concetto 
viene successivamente ripreso e chiarito da A. PIRAS, Interesse legittimo e giudizio amministrativo, Milano, 
1962, vol. I, pp. 56 ss., vol. II, p. 53 ss, pp. 69 ss. e pp. 283 ss. F. BENVENUTI, Eccesso di potere 
per vizio della funzione, in Rass. dir. pubbl. 1950, pp. 1 ss. 
(28) Sui principi generali europei quali parametri della legittimit� dei pubblici poteri nazionali 


G. PEPE, Principi generali dell�ordinamento comunitario e attivit� amministrativa, op. cit., spec. pp. 
33, 51, 72 e 243. 
(29) Per maggiori approfondimenti su veda M. PICCHI, L�obbligo di motivazione delle leggi, op. 
cit., pp. 21 ss. 
(30) Sulla motivazione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, senza pretese di esaustivit�, 
si vedano i contributi di A. QUARTAPELLE, La motivazione degli atti amministrativi, Roma, 1940, pp. 1 
ss. G. FAZIO, Sindacabilit� e motivazione degli atti amministrativi discrezionali, Giuffr�, Milano, 1965, 



Con riferimento alla discrezionalit� amministrativa l�obbligo di motivazione 
� formalmente previsto in via generale (e salvo talune eccezioni (32)) 
dall�art. 3 I co. l. 241/90 secondo cui �ogni provvedimento amministrativo, 
compresi quelli concernenti l�organizzazione amministrativa, lo svolgimento 
dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere motivato (�) La motivazione 
deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno 
determinato la decisione dell�amministrazione, in relazione alle risultanze 
dell�istruttoria�. Tuttavia, ancor prima dell�entrata in vigore della l. 241/90, 
la giurisprudenza amministrativa imponeva l�obbligo di motivazione dei 
provvedimenti amministrativi negativamente incidenti sulla sfera giuridica 
degli amministrati (33) e, segnatamente, in ciascun atto che comportasse una 
valutazione comparativa di interessi in conflitto (34). Per quanto concerne, 
poi, gli atti adottati dal potere giudiziario l�art. 111 co. VI Cost. significativamente 
statuisce che tutti i provvedimenti giurisdizionali debbano essere 
motivati. La motivazione si configura anche in questo caso quale strumento 
di controllo circa il corretto e legittimo esercizio della funzione discrezionale 
(specie giudiziaria). 

pp. 1 ss. L. VANDELLI, Osservazioni sull�obbligo di motivazione degli atti amministrativi, in Riv. trim. 
dir. proc. civ., 1972, pp. 1595 ss. G. BERGONZINI, La motivazione degli atti amministrativi, Vicenza, 
1979, pp. 1 ss. A. ROMANO TASSONE, Motivazione dei provvedimenti amministrativi e sindacato di legittimit�, 
Giuffr�, Milano, 1987, pp. 1 ss. R. SCARCIGLIA, La motivazione dell�atto amministrativo. Profili 
ricostruttivi e analisi comparatistica, Giuffr�, Milano, 1999, passim. G. CORSO, voce Motivazione del-
l�atto amministrativo, in Enc. dir., vol. V, Agg. Milano, 2001, pp. 774 ss. 

(31) Con riferimento alla motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, a titolo esemplificativo, 
si vedano i contributi P.S. SAMPERI, Motivazione delle sentenze, Roma, 1937, pp. 1 ss. M. TARUFFO, La 
motivazione della sentenza civile, Cedam, Padova, 1974, pp. 1 ss. E. AMODIO, voce Motivazione della 
sentenza penale, in Enc. dir., vol. XXVII, Milano, 1977, pp. 181 ss. S. EVANGELISTA, voce Motivazione 
della sentenza civile, in Enc. dir., vol. XXVII, Milano, 1977, pp. 154-180. B. PELLINGRA, La motivazione 
della sentenza penale, Giuffr�, Milano, 1985, pp. 1 ss. E. FAZZALARI, voce Sentenza civile, in Enc. dir., 
vol. XLI, Milano, 1989, pp. 1245 ss. F. SANTANGELI, L�interpretazione della sentenza civile, Milano, 
1996, spec. pp. 50 ss. 
(32) Ai sensi dell�art. 3 II co. l. 241/90 �la motivazione non � richiesta per gli atti normativi e 
per quelli a contenuto generale�. 
(33) Per i provvedimenti amministrativi adottati in carenza di motivazione e caducati in sede giurisdizionale 
� consentito alla Pubblica Amministrazione, in sede di riesercizio del potere, di adottare, 
ora per allora, un nuovo provvedimento perfettamente motivato. Ci�, risulta, viceversa, inammissibile 
per gli atti legislativi, in quanto � preclusa al legislatore la possibilit� di intervenire ex post, con efficacia 
retroattiva, su una precedente legge, censurata per illegittimit� costituzionale, al fine di aggiungere od 
integrare la motivazione del precedente atto. Il potere legislativo deve, dunque, considerarsi consumato 
ed in ogni caso non pu� essere esercitato in elusione del dictum della Consulta. 
(34) Prima degli anni �90 del XX sec. la giurisprudenza aveva imposto la motivazione degli atti 
amministrativi restrittivi della sfera giuridica del destinatario, nella prospettiva della loro sindacabilit� 
in sede giurisdizionale. Inoltre l �obbligo di motivazione veniva, tradizionalmente, ricavato dal principio 
di imparzialit� di cui all�art. 97 II co. Cost. In passato l�assenza di motivazione avrebbe rappresentato 
una figura sintomatica di eccesso di potere. (M.S. GIANNINI, voce Motivazione dell�atto amministrativo, 
in Enc. dir., vol. XXVII, op. cit., pp. 258 ss.). Viceversa con l�entrata in vigore dell�art. 2 l. 241/90 la 
carenza di motivazione integra il diverso vizio di violazione di legge. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

L�obbligo di motivazione � altres�, espressamente previsto, in relazione 
agli atti normativi, dai Trattati europei ed in special modo dal Trattato di Lisbona 
che all�art. 296 TFUE (gi� art. 253 TCE) prevede che �gli atti giuridici 
sono motivati e fanno riferimento alle proposte, iniziative, raccomandazioni, 
richieste o pareri previsti dai Trattati�; da tale disposizione si evince come 
regolamenti, direttive e decisioni necessitino della motivazione come requisito 
essenziale ai fini del perfezionamento e della legittimit� dell�atto (35); dunque 
per ogni atto normativo europeo occorre sempre l�indicazione della base giuridica 
di riferimento in omaggio al principio delle competenze di attribuzione. 

Diversamente nell�ordinamento italiano non si rintraccia alcuna norma 
di diritto positivo (36) n� di rango ordinario n� di rango costituzionale che 
espressamente prescriva un generale obbligo di motivazione per gli atti legislativi 
(37). (Un implicito obbligo di motivazione potrebbe riconoscersi eccezionalmente 
nelle ipotesi di decreti legge e leggi-provvedimento) (38). 

Ciononostante la problematica de qua deve essere osservata dal prisma 
di un esame integrato e contestuale delle norme costituzionali ed europee, in 
ragione, altres�, dell�evoluzione dei pubblici poteri e, segnatamente, del potere 
legislativo. Dal mutato contesto di riferimento in cui la legge attualmente si 
colloca quale atto di discrezionalit� politica, pu� implicitamente ricavarsi un 
obbligo di motivazione, dalla portata ormai sempre pi� generalizzata. E di 
tutto ci� sembra rinvenirsi conferma nella sentenza in commento. 

A ben vedere la Corte costituzionale ha ritenuto in passato come la Costituzione 
non imponesse ma al tempo stesso nemmeno vietasse la motiva


(35) S. BOCCALATTE, La motivazione della legge. Profili teorici e giurisprudenziali, op. cit., pp. 
267 ss. G. TESAURO, Diritto dell�Unione europea, VII ed., Cedam, Padova, 2012, pp. 152 ss. 
(36) Tale circostanza viene tradizionalmente evidenziata in dottrina da C.M. IACCARINO, Studi 
sulla motivazione (con speciale riguardo agli atti amministrativi), op. cit., pp. 129-130. V. CRISAFULLI, 
Sulla motivazione degli atti legislativi, in Riv. dir. pubbl., op. cit., p. 425. M.S. GIANNINI, voce Motivazione 
dell�atto amministrativo, in Enc. dir., vol. XXVII, op. cit., pp. 258 ss. L�Autore sottolinea come, 
a differenza dell�ordinamento italiano, nell�ordinamento francese sia invalsa la prassi di motivare gli 
atti legislativi, pur in assenza di un obbligo positivamente sancito. 
(37) Sulla configurabilit� di un obbligo implicito di motivazione delle leggi, tra i tanti, in dottrina 


M. CARLI, Motivare le leggi: perch� no?, in Poteri, garanzie, diritti a Sessanta anni dalla Costituzione. 
Scritti per Giovanni Grottanelli de� Santi, a cura di A. PISANESCHI, L. VIOLINI, vol. I, Giuffr�, Milano, 
2007, pp. 255-266. M. PICCHI, L�obbligo di motivazione delle leggi, op. cit., passim, spec. p. 251: �La 
motivazione costituisce (�) una componente sostanziale dell�atto legislativo; diviene, cio�, lo strumento 
in grado di confermare e valorizzare la prevalenza della legittimazione costituzionale, soddisfacendo 
ad un tempo anche la necessit� di evidenziare la funzionalit� oggettiva della scelta compiuta, agevolandone 
il recepimento da parte della comunit� e, in ultima analisi, la sua effettivit��. 
(38) C. MORTATI, Le leggi provvedimento, Giuffr�, Milano, 1968, pp. 134 ss. e 244 ss. A. BARBERA, 
Leggi di piano e sistema delle fonti, Giuffr�, Milano, 1968, pp. 79 ss. V. ITALIA, La deroga nel diritto 
pubblico, Giuffr�, Milano, 1977, pp. 123 ss.. R. BIN, Atti normativi e norme programmatiche, Giuffr�, 
Milano, 1988, pp. 310 ss. P. CARETTI, voce Motivazione (diritto costituzionale), in Enc giur. Treccani, 
vol. XX, Roma, 1990, pp. 1-6. F. SORRENTINO, Lezioni sul principio di legalit�, Giappichelli, Torino, 
2007, pp. 33 ss. 



zione delle leggi (39), rimettendo quindi la scelta circa l�esplicitazione delle 
ragioni dell�atto alla volont� del legislatore. A partire dalla sentenza 24 febbraio 
1964, n. 14, tuttavia, la Consulta, pur non imponendo alcun obbligo 
motivazionale al legislatore (40), si � orientata alla ricerca di una qualche 
motivazione dell�atto legislativo, tentando di ricostruirne le ragioni attraverso 
un sindacato esterno circa la palese arbitrariet� o manifesta irragionevolezza 
della legge (41); ci� denota quindi il primo tentativo latente di conferire implicita 
rilevanza alla motivazione nel bilanciamento degli interessi in rilievo 
ai fini del giudizio di legittimit� costituzionale. Le successive pronunce della 
Consulta tra cui le sentenze 4-11 luglio 1989, n. 390 e 6 dicembre 2004, n. 
379 sembrano collocarsi nel sentiero tracciato dalla sentenza del 1964, in 
quanto la Corte ha accentuato progressivamente il rilievo della motivazione 
della legge nel quadro del sindacato di costituzionalit�. In special modo la 
pronuncia n. 379 del 2004, riallacciandosi all�art. 3 II co. l. 241/90 sulla motivazione 
degli atti amministrativi, ha evidenziato come nell�ordinamento europeo 
la motivazione degli atti normativi rappresenti una regola di ordine 
generale (42). 

Tuttavia sino alla sentenza che si annota la Consulta non si � mai spinta 
ad affermare in modo cos� esplicito e categorico la necessit� di una congrua e 
pertinente motivazione della legge, specie se idonea ad incidere in modo afflittivo 
nella sfera giuridica dei destinatari. Il principio affermato assume, pertanto, 
un ruolo fortemente innovativo poich� rivela nell�ambito del sindacato 
di costituzionalit� l�esigenza di una motivazione, puntuale e circostanziata, ai 
fini del bilanciamento degli interessi in conflitto; inoltre l�obbligo motivazionale, 
cos� come affermato dalla Consulta, rappresenta l�ennesima prova del-
l�irreversibile trasformazione della legge in un atto di discrezionalit� politica, 

(39) G. SCACCIA, Gli strumenti della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, op. cit., p. 122, 
il quale afferma l�insussistenza di un obbligo generale di motivazione della legge in ragione del silenzio 
serbato in proposito dalla Costituzione. 
(40) Puntualizza la sentenza: �di norma non � necessario che l�atto legislativo sia motivato, recando 
la legge in s�, nel sistema che costituisce, nel contenuto e nei caratteri dei suoi comandi, la giustificazione 
e le ragioni della propria apparizione nel mondo del diritto�. In tale pronuncia la Corte ha 
fatto attenzione a non sovrapporre la motivazione o giustificazione della legge al movente politico. Per 
un commento a tale pronuncia M. PICCHI, L�obbligo di motivazione delle leggi, op. cit., pp. 27-28: �Secondo 
la Corte costituzionale, perci�, non sarebbe necessario dare una veste specifica alla motivazione, 
ma deve pur sempre essere possibile ricostruire le ragioni della scelta: devono sussistere gli elementi 
necessari e sufficienti per poter verificare l�adeguatezza della decisione assunta mettendo in relazione 
la finalit� perseguita col criterio di ragionevolezza e i parametri costituzionali�. 
(41) F. MODUGNO, La ragionevolezza nella giustizia costituzionale, op. cit., p. 10: �� fin troppo 
noto che la forma argomentativa della ragionevolezza sorge nell�ambito del giudizio sull�uguaglianza 
delle leggi. Il controllo di uguaglianza (fuori dalle ipotesi di vera e propria discriminazione) � comunemente 
considerato il livello minimale del sindacato di ragionevolezza�. 
(42) C. PINELLI, Recenti orientamenti giurisprudenziali in tema di qualificazione di �atti con forza 
di legge�, in La Corte costituzionale vent'anni dopo la svolta, Atti seminario Stresa, 12 novembre 2010, 
a cura di R. BALDUZZI, M. CAVINO, J. LUTHER, Giappichelli, Torino, 2011, pp. 305-315. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

da motivarsi necessariamente ove negativamente incidente su talune categorie 
di cittadini (e non sulla platea di tutti i consociati) (43). 

Tra le righe della pronuncia della Consulta pu� evincersi come l�esercizio 
della funzione legislativa sia comunque espressione di una funzione discrezionale 
(politica), che sia pur ampia, va progressivamente conformandosi con 
l�imposizione di limiti, vincoli e direttive programmatiche, alla stregua di 
quanto accade per ogni potest� discrezionale. Del resto l�esercizio di qualsivoglia 
forma di discrezionalit� postula necessariamente l�assolvimento di un 
obbligo, pi� o meno intenso, di motivazione che, giustificando la scelta compiuta, 
assicuri la legittimit� della funzione esercitata. 

La Corte, tuttavia, non si limita nel caso di specie a prescrivere una motivazione 
purchessia, generica o meramente apparente, bens� richiede una motivazione 
particolareggiata che illustri in dettaglio le ragioni 
economico-finanziarie tali da giustificare un intervento restrittivo su alcune 
categorie di pensionati. In tale prospettiva la motivazione sembrerebbe divenire 
un requisito necessario dell�atto legislativo, traducendosi in elemento imprescindibile 
per il corretto bilanciamento degli interessi in rilievo 
(Rangordnung der interessen) che la Corte � chiamata ad operare (44). 

Il quesito cui occorre fornire soluzione concerne le ricadute applicative 
di una legge che non motivi adeguatamente la compressione della sfera giuridica 
dei destinatari incisi dall�intervento normativo. Nella vicenda de qua 
dall�accoglimento di uno dei motivi di ricorso, � possibile evincere l�invalidit� 
costituzionale della legge Fornero per irragionevolezza dovuta ad un eccesso 
di potere; in altri termini il cattivo esercizio della funzione discrezionale legislativa, 
determinato altres� dall�assenza di un�adeguata motivazione della 
legge, comporterebbe la declaratoria di illegittimit� di quest�ultima. 

Ictu oculi emergono chiari profili di novit�. Del resto, mentre in origine 
il giudice delle leggi era solito limitarsi ad un sindacato di ragionevolezza 
dell�atto legislativo (45), essenzialmente fondato sulla violazione del principio 
di uguaglianza, progressivamente la Consulta si � andata sganciando da que


(43) La pronuncia della Corte costituzionale in commento sancisce il de profundis della concezione 
della legge quale atto libero nel fine espressivo della volont� popolare; una tesi pervicacemente 
viva anche dopo l�avvento della Costituzione e dell�ordinamento europeo tanto in dottrina quanto in 
giurisprudenza. 
(44) Pi� in generale sul bilanciamento tra diritti, interessi, principi e valori nel giudizio di costituzionalit� 
della legge N. BOBBIO, L�et� dei diritti, Einaudi, Torino, 1990, pp. 9 ss. A. BALDASSARE, 
Fonti normative, legalit� e legittimit�: l�unit� della ragionevolezza, in Queste istituzioni, 1991, p. 64. 
R. BIN, Diritti e argomenti. Il bilanciamento degli interessi nella giurisprudenza costituzionale, Giuffr�, 
Milano, 1992, passim. F. MODUGNO, La ragionevolezza nella giustizia costituzionale, op. cit., pp. 33 ss. 
G. ZAGREBELSKY, Il diritto mite: legge, diritti, giustizia, Einaudi, Torino, 2013, p. 13 ss. 
(45) A. MOSCARINI, Ratio legis e valutazioni di ragionevolezza della legge, Giappichelli, Torino, 
1996, pp. 1 ss.. G. SCACCIA, Gli strumenti della ragionevolezza nel giudizio costituzionale, op. cit., passim. 



sto collegamento necessario, rafforzando con la pronuncia in commento tale 
ultima posizione. In ogni caso la Corte costituzionale ha sempre rifiutato 
(come d�altronde anche nel caso di specie) l�uso della locuzione tecnica eccesso 
di potere legislativo (46) per non dare l�impressione di estendere il proprio 
sindacato al merito delle scelte politiche riservato al legislatore, 
circoscrivendo ogni verifica ai profili di esclusiva legittimit�. Ci� in ossequio 
alla disposizione dell�art. 28 l. 11 marzo 1953, n. 87 ai sensi della quale �il 
controllo di legittimit� della Corte costituzionale su una legge o un atto 
avente forza di legge esclude ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato 
sull'uso del potere discrezionale del Parlamento�. Tale ultimo inciso 
che vieterebbe il sindacato della Consulta sull�esercizio della funzione discrezionale 
legislativa � stato ritenuto infelicissimo da autorevole dottrina, la 
quale sottolinea l�uso in senso atecnico della nozione di discrezionalit� in 
luogo della pi� appropriata nozione di merito (47). 

Ciononostante la Corte costituzionale, rompendo talora gli argini di un 
controllo di pura e semplice legittimit�, (pur senza mai confessarlo), ha frequentemente 
reso sempre pi� penetrante il proprio controllo di conformit� a 
Costituzione della legge, senza tuttavia spingersi ad enunciare un obbligo 
di motivazione puntuale ed adeguato. Viceversa nella sentenza che si annota 
il giudice delle leggi sembra voler imporre l�idea di una nozione di legge 
giusta, una legge, cio�, conformata e funzionalizzata dai principi, dalle regole 
e dai valori della Carta costituzionale. D�altronde nel sistema dei pubblici 
poteri l�obbligo di motivazione ha sempre pi� una portata generalizzata 
che lo rende estensivamente applicabile a qualsivoglia atto espressione di 
autorit� idoneo a restringere la sfera dei rispettivi destinatari. Come autorevolmente 
sostenuto in dottrina �lo Stato di diritto, insomma, si configura 
come uno Stato che si giustifica� (Rechtsstaat als rechtfertigender Staat) 
nell�esercizio delle sue funzioni (48). 

Inoltre l�applicazione dell�obbligo motivazionale agli atti dell�Unione europea, 
atti al vertice del sistema delle fonti, rappresenta un argomento ad adiuvandum 
per estendere siffatto obbligo anche alle leggi nazionali, sempre pi� 
conformate dai vincoli sia costituzionali sia europei. A ci� si aggiunga come 
l�esigenza di una motivazione esprima la definitiva evoluzione del baricentro 

(46) In tema C. MORTATI, Sull�eccesso di potere legislativo, in Giur. it., I, 1949, pp. 457 ss. L. PALADIN, 
Osservazioni sulla discrezionalit� e sull�eccesso di potere del legislatore ordinario, in Riv. trim. 
dir. pubbl. 1956, pp. 993 ss. V. CRISAFULLI, Appunti di diritto costituzionale. La Corte costituzionale, 
Lezioni raccolte da Modugno, Cerri, Baldassarre, Bulzoni, Roma, 1967, pp. 108-109. C. PAGOTTO, La 
disapplicazione della legge, op. cit., pp. 42 ss. M. PICCHI, L�obbligo di motivazione delle leggi, op. cit., 
pp. 147 ss. 
(47) In dottrina V. CRISAFULLI, Appunti di diritto costituzionale. La Corte costituzionale, Lezioni 
raccolte da Modugno, Cerri, Baldassarre, op. cit., pp. 108-109. Secondo l�Autore il legislatore parla 
atecnicamente di discrezionalit� laddove vuole dire merito, come invece sarebbe pi� proprio. 


(48) J. BR�GGEMAN, Die richterliche Begr�ndungspflicht, Berl�n, 1971, p. 161. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

dell�azione pubblica dal polo dell�autorit� verso il polo delle libert� dei privati, 
i quali in ogni momento devono essere in grado di conoscere e di apprezzare 
le ragioni delle decisioni pubbliche siano essi provvedimenti giurisdizionali, 
amministrativi o politico-legislativi. Ci� si riallaccia, del resto, ad esigenze di 
pienezza ed effettivit� della tutela dei destinatari delle scelte pubbliche. 

Un altro interrogativo che occorre porsi � ove debba ricavarsi la motivazione 
della legge. Certamente non dai lavori preparatori (a differenza di quanto 
affermava in passato la scuola dell�esegesi francese), poich� le norme dell�atto 
legislativo, una volta che questo � promulgato ed entrato in vigore, vivono di 
vita propria cio� si oggettivizzano, inserendosi in un sistema che si evolve e, 
quindi, contrariamente all�atto che si esaurisce nel porre le norme stesse, si 
separano dalle loro fonti, prescindendo dalla voluntas dei propri autori (49). 
Anche perch� nella volont� degli atti delle pubbliche autorit�, secondo l�insegnamento 
della migliore dottrina, non devono rinvenirsi sfondi meramente 
psicologici ma tale volont� va considerata come una ipostasi (50). La motivazione 
deve evincersi chiaramente all�interno della legge medesima o dal complesso 
dell�articolato normativo o da singole sue parti come, ad esempio, dalle 
premesse al dispositivo (51). 

In base all�odierna pronuncia della Corte un�implicita o generica motivazione 
non risulta pi� idonea a preservare la legge da censure di legittimit� 
costituzionale ove l�atto legislativo incida negativamente, con restrizioni, nella 
sfera giuridica dei destinatari; ne discende allora l�obbligo per il legislatore di 
esplicitare in maniera razionalmente congrua e pertinente le opzioni politiche 
compiute, facendole emergere espressamente dal contesto dell�atto compiuto. 
Diversamente, nell�ottica di un giudizio fondato sul pervasivo canone della 
ragionevolezza, l�atto legislativo esprimer� un qualcosa di analogo ad una tradizionale 
figura sintomatica di eccesso di potere, alle volte sulla falsariga di 
quanto avviene per gli atti amministrativi (52). L�irragionevolezza e l�irrazio


(49) Per descrivere la relazione che intercorre tra la legge ed i lavori preparatori si pu� ricorrere 
alla metafora del frutto separato dall�albero. In se stessa la legge deve rinvenire tutti gli elementi utili al 
suo perfezionamento ed alla sua validit�, indipendentemente dai lavori preparatori. (V. CRISAFULLI, voce 
Atto normativo, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, p. 258. ID., Sulla motivazione degli atti legislativi, 
in Riv. dir. pubbl., op. cit., pp. 432 ss.). 
(50) M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, III ed., Giuffr�, Milano, 1993, p. 550. 


(51) Leggi italiane presentano, frequentemente, una giustificazione, vaga e generica, nel preambolo 
dell�atto legislativo. 
(52) V. CRISAFULLI, Appunti di diritto costituzionale. La Corte costituzionale, Lezioni raccolte da 
Modugno, Cerri, Baldassarre, op. cit., pp. 111-112. L�Autore opera una distinzione tra l�eccesso di 
potere legislativo in senso lato e l�eccesso di potere legislativo in senso stretto. Nel primo caso �etichettiamo 
come eccesso di potere tutte quelle ipotesi in cui il parametro alla stregua del quale va condotto 
il controllo di costituzionalit� di una legge o di norme di legge � di carattere complesso, perch� 
risulta bens� da norme deducibili dal testo della Costituzione o di altre leggi formalmente costituzionali� 
o da altre norme o criteri comunque �richiamati dalle norme formalmente costituzionali come condizioni 
di validit� della legge in determinate materie�. Diversamente nel secondo caso �il vizio della legge si 



nalit� della legge determinano, coerentemente, la declaratoria di illegittimit� 
costituzionale (53) e quindi la caducazione, normalmente ex tunc dell�atto legislativo 
per un profilo che attinge anche la motivazione. 

Il principio dell�obbligo di congrua motivazione pare, altres�, porsi quale 
monito per il legislatore che in futuro dovr� adeguarsi al dictum della Corte 
per scongiurare altrettante declaratorie di invalidit� in casi simili. Dunque con 
la pronuncia in commento la Consulta ha intrapreso la strada di una tendenziale 
parificazione sotto il profilo dell�obbligo motivazionale degli atti legislativi 
nazionali agli atti normativi europei alla luce di un sistema integrato e 
multilivello delle fonti (54). 

Inquadrando l�obiter sull�obbligo di motivazione della legge nel pi� 
ampio contesto della sentenza � importante rilevare come la Corte, pur invocando 
pi� volte la violazione del principio di ragionevolezza, perpetrata 
dal blocco della indicizzazione delle pensioni, trascuri di considerare ed 
esplicitare nel proprio bilanciamento di interessi il principio del pareggio 
di bilancio introdotto dall�art. 81 I co. Cost. novellato (55). Tuttavia, in 
senso contrario potrebbe obiettarsi l�inapplicabilit� della norma agli interventi 
previsti dalla c.d. legge Fornero del 2011 per gli anni 2012 e 2013, in 
ragione della decorrenza applicativa dell�art. 81 Cost. a partire dall�eserci


pu� configurare come eccesso di potere in senso stretto (�). Si pensi all�ipotesi in cui la motivazione 
di una legge (quando vi sia) appaia in contrasto con le disposizioni della stessa legge; oppure si consideri 
l�ipotesi in cui i titoli interni, nei quali si ripartisce la legge, o le rubriche siano in contrasto col 
contenuto normativo e le disposizioni dell�articolato�. In casi del genere ammettendo il sindacato di legittimit� 
della Corte �non si tratta evidentemente di valutare la legge o la norma di legge rispetto al 
parametro costituzionale (�) ma sembra invece che si adombrino figure di eccesso di potere in senso 
stretto, paragonabili a quelle che nel diritto amministrativo vengono dette contraddittoriet� del provvedimento 
e contrasto fra motivazione e dispositivo adottato�. (�) In questi casi non sussisterebbe violazione 
di nessun parametro costituzionale, ma vi sarebbe soltanto un vizio logico intrinseco della legge 

- che si potrebbe considerare come un vizio della volont� legislativa, in quanto esisterebbe un volere e 
disvolere nella stessa legge - il quale � molto simile alla figura dell�eccesso di potere nel diritto amministrativo�. 


(53) Sul giudizio di ragionevolezza delle leggi, tra i tanti, in dottrina, J. LUTHER, voce Ragionevolezza 
(delle leggi), in Dig. disc. pubbl., vol. XII, Torino, 1997, pp. 341 ss. L. PALADIN, voce Ragionevolezza 
(principio di), in Enc. dir., Agg., I, Milano, 1997, pp. 901 ss. A. MORRONE, Il custode della 
ragionevolezza, Giuffr�, Milano, 2001, pp. 275 ss. A. CERRI voce Ragionevolezza delle leggi, in Enc. 
giur. Treccani, vol. XXV, Roma, 2005, pp. 10 ss. G. SCACCIA, voce Ragionevolezza delle leggi, in Diz. 
dir. pubbl., vol. V, a cura di S. CASSESE, Giuffr�, Milano, 2006, pp. 4805 e ss. F. MODUGNO, La ragionevolezza 
nella giustizia costituzionale, op. cit., pp. 1 ss. 
(54) L�evoluzione prospettica della Corte, in favore del riconoscimento di un obbligo di adeguata 
motivazione per le leggi afflittive, sembra un fenomeno ormai irreversibile anche alla luce di un inevitabile 
processo di uniformazione con l�ordinamento europeo. 
(55) L. cost. 20 aprile 2012, n. 1 rubricata: �Introduzione del principio del pareggio di bilancio 
nella Carta costituzionale�, le cui disposizioni si applicano a decorrere dall'esercizio finanziario relativo 
all'anno 2014. L�art. 81 I co. Cost. richiama, poi, la disposizione di cui all�art. 97 I co. secondo cui �le 
pubbliche amministrazioni, in coerenza con l'ordinamento dell'Unione europea, assicurano l'equilibrio 
dei bilanci e la sostenibilit� del debito pubblico�. Tra le Pubbliche Amministrazioni rientra, a pieno titolo, 
anche l�Inps. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

zio finanziario 2014; ad adiuvandum sembrerebbe rafforzare la tesi sopra 
enunciata l�argomento della retroattivit� delle pronunce di accoglimento 
della Corte costituzionale. 

L�obiezione prospettata, tuttavia, non coglie nel segno in quanto la sentenza 
della Consulta pur rivolgendosi al passato, ad un periodo cio� antecedente 
l�anno 2014, ha ricadute finanziarie successive, producendo una 
voragine nei conti pubblici dello Stato nell�esercizio finanziario 2015. Dirimente 
� poi la considerazione secondo cui l�art. 81 I co. Cost. fosse operativo 
nell�ordinamento giuridico, sin dall�anno di esercizio 2014, ergo 
l�anno antecedente la pronuncia di incostituzionalit� in commento. Infine, 
la stessa retroattivit� della sentenza di accoglimento, secondo il principio 
del factum infectum fieri nequit (56), rinverrebbe un limite nell�esaurimento 
degli esercizi finanziari degli anni 2012 e 2013, rivelando viceversa un effetto 
di ultrattivit� sull�esercizio presente e sugli esercizi futuri (anni 2015 
e seguenti) (57). Ne discende, come corollario, l�applicabilit� dell�art. 81 I 
co. Cost. alla fattispecie de qua, che palesa chiaramente l�omissione della 
Corte la quale, nel sindacare l�atto legislativo, ha trascurato di valutare nel 
bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti il principio del 
pareggio di bilanciamento. In base a tale fondamentale principio �lo Stato 
assicura l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo 
conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico� (58) 
(59). 

(56) Come � noto la retroattivit� degli effetti delle pronunce di annullamento delle leggi della 
Corte costituzionale non pu� spingersi sino a far rivivere ci� che � morto e, con peculiare riferimento 
alla materia contabile, non pu� determinare la riapertura di esercizi di bilancio ormai chiusi ed esauriti. 
(57) In una visione realistica e non meramente formalistica del diritto le spese o uscite dello Stato, 
relative alla fattispecie de qua, vanno imputate non gi� secondo il criterio della competenza agli anni 
2012 e 2013 bens� secondo il criterio di cassa all�anno 2015, anno in cui effettivamente verranno erogati 
i �rimborsi� ai destinatari della mancata indicizzazione dei trattamenti pensionistici. 
(58) Prosegue poi l�art. 81 Cost.: �Il ricorso all'indebitamento � consentito solo al fine di considerare 
gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta 
dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali. Ogni legge che importi nuovi o 
maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte. Le Camere ogni anno approvano con legge il bilancio 
e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo. L'esercizio provvisorio del bilancio non pu� essere 
concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi. Il contenuto 
della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e 
le spese dei bilanci e la sostenibilit� del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti 
con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei 
princ�pi definiti con legge costituzionale�. 
(59) Secondo gli economisti la nozione di equilibrio di bilancio divergerebbe dalla nozione di pareggio 
di bilancio, intendendosi con la prima un discostamento non eccessivo delle uscite dalle entrate, 
mentre con la seconda una loro perfetta coincidenza. Ciononostante, in una prospettiva strettamente giuridica, 
l�art. 81 I co. Cost. deve essere oggetto di un�interpretazione univocamente orientata nel senso 
dell�imposizione dell�obbligo del pareggio di bilancio, trattandosi di una disposizione puntualmente attuativa 
di norme sovranazionali ed europee che vincolano gli Stati, appunto, alla realizzazione di tale 
obiettivo. 



Il principio del pareggio di bilancio, discendente in origine dal Patto di 
stabilit� e crescita (60) e, successivamente, dall�Euro Plus Pact (61), dal Six 
pack (62) e dal Fiscal compact (63) sottoscritti dagli Stati in ambito europeo 
e sovranazionale, rappresenta un principio primario, di cui la Corte dovrebbe 
sempre tener conto nel proprio bilanciamento di interessi. Un principio che, 
essendo previsto da fonti europee, risulterebbe gi� applicabile all�interno del-
l�ordinamento italiano indipendentemente dalla previsione dell�art. 81 I co. 
Cost. (64); in questo modo la Corte Costituzionale, obliterandone la valutazione, 
avrebbe violato un duplice parametro, costituzionale ed europeo, giungendo 
ad una soluzione giuridica non del tutto scevra di profili di 

(60) Il Patto di stabilit� e crescita � stato consacrato in due regolamenti ed in una risoluzione del 
Consiglio europeo (regolamento CE, 7 luglio 1997, n. 1466, regolamento CE, 7 luglio 1997, n. 1467 e 
risoluzione 17 luglio 1997). In proposito CORSO G., Manuale di diritto amministrativo, VII ed., Giappichelli, 
Torino, 2015, p. 128. Secondo l�Autore l�obiettivo a medio termine del Patto di crescita e stabilit� 
ҏ quello di raggiungere il pareggio del bilancio (o un avvicinamento al pareggio dello 0,5%) 
salvi i periodi di recessione. In precedenza il Trattato di Maastricht aveva portato ad una modifica del 
Trattato di Roma del 1957. Sicch� oggi l�art. 104 di quest�ultimo prevede: 

- che gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi; 
- che il rapporto tra disavanzo pubblico e prodotto interno lordo non deve superare un valore di riferimento 
(che il protocollo annesso al Trattato fissa nel 3%); 
- che il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo non deve superare un valore di riferimento 
(che il protocollo fissa nel 60%); 
- che la Commissione europea sorveglia l�evoluzione della situazione di bilancio e dell�entit� del debito 
pubblico degli Stati membri�. 


(61) Tale accordo � stato approvato nel marzo 2011 dai Capi di Stato o di governo degli Stati 
membri della zona Euro e successivamente confermato dal Consiglio. Attraverso l�Euro Plus Pact gli 
Stati contraenti si sono vincolati alla realizzazione di alcuni prioritari obiettivi, tra cui la sostenibilit� 
delle rispettive finanze pubbliche e la stabilit� finanziaria del proprio ordinamento giuridico. I Paesi 
membri, poi, hanno deciso di recepire in Costituzione o nella legislazione ordinaria le regole contenute 
nell�accordo. (In proposito G. DELLA CANANEA, La disciplina giuridica delle finanze dell�Unione e delle 
finanze nazionali, in Diritto amministrativo europeo, a cura di M.P. CHITI, Giuffr�, Milano, 2013, pp. 
314-316). 
(62) Il Six pack � un insieme di misure approvate nel novembre 2011 in sede europea. Tale pacchetto 
si compone di una direttiva e cinque regolamenti, direttamente attuativi sia degli artt. 121, 126, 
136 TFUE sia del Protocollo n. 12 del Trattato di Lisbona. 
(63) Il Fiscal Compact � un Trattato internazionale che a rigore non rientra direttamente nell�ordinamento 
giuridico europeo, pur se ad esso � riconducibile attraverso il rinvio operato dai Trattati UE, 
nei limiti di compatibilit� con le norme europee. Gli Stati contraenti si sono impegnati a sostenere la 
Commissione nelle sue proposte e raccomandazioni relative all�applicazione della procedura per disavanzi 
eccessivi agli Stati membri, salvo vengano respinte dal Consiglio a maggioranza qualificata. A riguardo 
CORSO G., Manuale di diritto amministrativo, VII ed., op. cit., p. 128: �Il recente Fiscal Compact 
prevede che alla percentuale del 60% nel rapporto debito-pil gli Stati membri pi� indebitati (in prima 
linea l�Italia) debbano tornare con una riduzione annua del debito pari ad un ventesimo dell�eccedenza: 
il che dovrebbe implicare una riduzione progressiva del rapporto per effetto della crescita, cio� con 
l�aumento del denominatore. Tra le implicazioni di questi vincoli vi � stata, in Italia (ma non solo), una 
vasta campagna di privatizzazione allo scopo di conseguire entrate straordinarie da destinare al ripiano 
del debito. La privatizzazione dovrebbe comportare anche la dismissione di attivit� pubbliche che non 
� necessario mantenere in ambito pubblico e la conseguente riduzione della spesa�. 
(64) A. PACE, Pareggio di bilancio: qualcosa si pu� fare, in www.rivistaaic.it, 2011. G.L. TOSATO, 
I vincoli europei sulle politiche di bilancio, in www.apertacontrada.it, 2012. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

irragionevolezza (65). Ci� anche alla luce della considerazione che la sentenza 
della Consulta, aprendo una voragine nei conti pubblici, determina pesanti ricadute 
politiche sul Governo ed il Parlamento nazionali (66), esponendo altres� 
lo Stato italiano ad una procedura di infrazione (67) per violazione del vincolo 
europeo (oggi costituzionalizzato) del pareggio di bilancio (68). 

Occorre poi osservare come secondo gli indirizzi formulati in sede europea 
non sia consentito imputare spese, sia pure di rispettiva pertinenza, ad un 
dato esercizio qualora tali spese ricadano finanziariamente su esercizi successivi. 
Nel caso di specie il rimborso delle somme da mancata indicizzazione 
delle pensioni, pur afferendo agli anni di esercizio 2012 e 2013, si ripercuote 
inevitabilmente sull�esercizio attuale, con conseguente obbligo del Governo 
di rinvenire nelle pieghe del bilancio, anche mediante manovra correttiva, le 
relative coperture. L�omissione della Corte si rivela, altres�, irragionevole in 
considerazione della circostanza che pochi mesi fa con la pronuncia 11 febbraio 
2015, n. 10 la stessa Corte ha dichiarato l�illegittimit� della c.d. Robin 
Tax (69) limitando, tuttavia, la decorrenza degli effetti retroattivi dal giorno 
della pubblicazione della sentenza. Ci�, proprio, in ossequio al principio di 
cui all�art. 81 I co. Cost. cui la Consulta ha dato prevalente applicazione nel 
bilanciamento degli interessi, al precipuo fine di scongiurare un grave squilibrio 
nel bilancio dello Stato. Soluzione analoga, del resto, la Corte avrebbe 
potuto (e dovuto) adottare nella vicenda in commento. La Consulta avrebbe, 
per esempio, potuto limitare gli effetti retroattivi della pronuncia facendoli decorrere 
ex nunc e dunque esclusivamente pro futuro; in alternativa avrebbe 
potuto adottare una sentenza additiva di principio, affermando s� l�obbligo 

(65) Diversamente la Consulta con la sentenza 17 dicembre 2013, n. 310 ha agito in un caso analogo 
in senso diametralmente opposto, considerando legittimo il blocco degli automatismi previsto per 
il personale non contrattualizzato della Pubblica Amministrazione, in base al principio del pareggio di 
bilancio. 
(66) Da indiscrezioni giornalistiche sembra che il Governo italiano intenda richiedere un parere 
non vincolante alla Corte di giustizia dell�Unione europea per chiarire l�incidenza della pronuncia della 
Corte costituzionale su eventuali profili di diritto europeo, al fine di intraprendere ogni azione necessaria 
per ottemperare alla pronuncia. 
(67) Per ora da quanto appreso dai principali quotidiani la Commissione europea avrebbe posto 
sotto sorveglianza il nostro Paese per la voragine nel bilancio cagionata dalla sentenza della Corte costituzionale. 
(68) G. DI GASPARE, Innescare un sistema in equilibrio della finanza pubblica ritornando all�art. 
81 della Costituzione, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2005. G. BOGNETTI, Costituzione e 
bilancio dello stato: il problema delle spese in deficit, in www.astrid-online.it, 2009. L. GIANNITI, Il pareggio 
di bilancio nei lavori della costituente, in www.astrid-online.it, 2011. 
(69) La questione era stata proposta nel 2011 dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio 
Emilia in relazione alle disposizioni del D.L. n. 112/2008 che hanno introdotto, per il periodo d�imposta 
2008, un prelievo aggiuntivo, qualificato come addizionale all�imposta sul reddito delle societ� (IRES), 
pari al 5,5%, da applicarsi ai soggetti operanti nei settori petrolifero ed energetico (tra cui, per esempio, 
le imprese che commercializzano benzine, petroli, gas e oli lubrificanti), con ricavi superiori a 25 milioni 
di euro nel periodo d'imposta 2007. 



della rivalutazione ma per gli esercizi futuri, rinviando ogni intervento alle 
scelte politiche di Parlamento e Governo (70). 

Non pu� infatti sottacersi come il principio del pareggio tra entrate e 
uscite di bilancio assuma nell�odierno scenario italiano ed europeo un palpitante 
rilievo giuridico, politico ed economico-finanziario; conseguentemente 
la Corte nelle proprie sentenze non dovrebbe in nessun caso pretermetterne 
la valutazione nella comparazione degli interessi in rilievo, atteso il momento 
di gravissima congiuntura economica che sta vivendo il nostro Paese (71). 
Ci� sarebbe imposto al giudice delle leggi non soltanto dalla Carta costituzionale 
ma direttamente dall�ordinamento europeo, le cui norme, come � noto, 
conformano l�esercizio di tutti i pubblici poteri, allocandosi quale parametro 
di legittimit� dei rispettivi atti (ivi incluse le pronunce della Corte costituzionale) 
(72). 

(70) L�Assemblea Costituente, nell�istituire la Corte costituzionale ha prefigurato, due soli possibili 
esiti al giudizio di legittimit� delle leggi: l�uno di accoglimento, l�altro di rigetto. Tuttavia, nel 
corso dei decenni la Consulta ha progressivamente superato le strettoie di questa tradizionale e netta alternativa, 
adottando pronunce di nuovo conio e dagli effetti peculiari (si pensi per esempio alle sentenze 
additive, alle sentenze con decorrenza ex nunc, alle sentenze monito etc.). In questo modo la Corte ha 
manifestato, in pi� di un�occasione, la volont� di calibrare il proprio sindacato, caso per caso, in ragione 
di una valutazione degli interessi costituzionalmente rilevanti, che considerasse, sia pure a latere, le ricadute 
politiche, economiche e finanziarie delle proprie sentenze sul sistema Paese. 
(71) La Corte costituzionale riveste un ruolo sui generis, svolgendo un�attivit� giuridica che agli 
albori del terzo millennio ha ricadute politiche, economiche e finanziarie di non poco momento che il 
giudice delle leggi deve tenere in considerazione. D'altronde gi� autorevole dottrina (H. KELSEN, Lineamenti 
di dottrina pura del diritto, trad. it. Treves, Milano, 1952, passim) definiva la Corte costituzionale 
un organo di natura politica. A testimonianza di ci� milita poi la circostanza che l�Assemblea costituente 
decise di eliminare il precedente sindacato estrinseco sulla forma e sulla procedura della legge affidato 
dallo Statuto albertino alla Suprema Corte di Cassazione (C. ESPOSITO, La validit� delle leggi: studio 
sui limiti della potest� legislativa, i vizi degli atti legislativi e il controllo giurisdizionale, Cedam, Padova, 
1934, passim). Diversamente, i Padri costituenti hanno voluto, in netta discontinuit� con il passato, istituire 
un nuovo organo (la Consulta) cui affidare un sindacato (di ragionevolezza) diverso e pi� stringente 
sulla legge alla luce di una Carta costituzionale di tipo rigido. Da un�attenta analisi, infatti, pu� evincersi 
come l�odierno sindacato di legittimit� delle leggi, lungi dall�essere esclusivamente tecnico, presenti 
una portata necessariamente pi� ampia, non potendo la Consulta trascurare le conseguenze politiche, 
economiche e finanziarie delle proprie sentenze. In particolare nell�odierno contesto giuridico-politico, 
caratterizzato dall�appartenenza dell�Italia all�ordinamento europeo, ai sensi degli artt. 11 e 117 I co. 
Cost., tutti gli organi pubblici sono tenuti all�osservanza di puntuali vincoli di bilancio, vincoli che nemmeno 
la Corte costituzionale pu� disattendere. 
(72) A. CELOTTO - F. MODUGNO, L�impatto del diritto comunitario sulla giustizia costituzionale: 
il controllo misto sulle leggi, cap. XII, La giustizia costituzionale, in Lineamenti di diritto pubblico, a 
cura di F. MODUGNO, Giappichelli, Torino, 2010, pp. 734 ss.: �L�impatto del diritto dell�Unione europea 
sul nostro ordinamento ha carsicamente eroso il sistema di giustizia costituzionale, modificandolo profondamente 
e addirittura stravolgendolo (�) Si pensi che una legge interna se conforme a norma costituzionale, 
ma difforme da norma comunitaria, � comunque illegittima; mentre se difforme da norma 
costituzionale, ma conforme a norma comunitaria, pu� divenire persino� legittima, o quanto meno efficace 
(�) Tali devastanti effetti fanno addirittura pensare che oggi non si possa pi� parlare semplicemente, 
in Italia, di controllo di legittimit� costituzionale delle leggi, ma occorra precisare che il controllo 
sugli atti legislativi � di tipo costituzional-comunitario (o qualcosa di simile)�. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

In definitiva, l�imposizione di un�adeguata motivazione al legislatore, pur 
rilevante ai fini di un pi� idoneo sindacato di legittimit� della legge, stride con 
l�omissione imputabile alla Consulta, la quale ha ingiustificabilmente pretermesso 
nel bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti la valutazione 
del principio del pareggio di bilancio; in tal modo la Corte ha dato 
prova di esercitare in modo non pienamente ragionevole la funzione di controllo 
sulle leggi assegnatale dalla Costituzione. Inoltre da indiscrezioni giornalistiche, 
non smentite, pare che, nonostante la delicatezza della questione 
esaminata, il collegio abbia assunto la decisione di accoglimento con il voto 
decisivo del Presidente in ragione della parit� dei suffragi favorevoli e contrari 
(6 a 6) (73). Una simile circostanza � elemento che a fortiori conferma i dubbi 
espressi sul contenuto di una pronuncia che, obliterando del tutto le primarie 
esigenze economico-finanziarie imposte dalla Costituzione e dalle norme sovranazionali 
(74), rischia di riverberare pericolosi effetti tanto sulla sostenibilit� 
del bilancio pubblico italiano (75) quanto sulla stabilit� del globale assetto 
dell�Unione europea. 

Corte costituzionale, sentenza 30 aprile 2015 n. 70 -Pres. Criscuolo, Red. Sciarra - avv.ti 

R. Troiano per C.G., L. Caliulo e F. Mangiapane per l�INPS e l�avv. Stato G. Noviello per il 
Presidente del Consiglio dei ministri. 

Considerato in diritto 

1.� Il Tribunale ordinario di Palermo, sezione lavoro, con ordinanza del 6 novembre 2013 

(r.o. n. 35 del 2014), la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, 
con due ordinanze del 13 maggio 2014 (r.o. n. 158 e n. 159 del 2014) e la Corte dei conti, 
sezione giurisdizionale per la Regione Liguria, con ordinanza del 25 luglio 2014 (r.o. n. 192 
del 2014), dubitano della legittimit� costituzionale del comma 25 dell�art. 24, decreto-legge 
del 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l�equit� e il consolidamento 

(73) Sulla prevalenza del voto del presidente della Corte costituzionale, a parit� di suffragi, G. 
Pepe, La primazia negli organi collegiali pubblici, Editoriale, Scientifica, Napoli, 2014, pp. 194 ss. 
(74) In base agli artt. 11 e 117 I co. Cost. l�adesione dell�Italia all�ordinamento europeo impone 
al nostro sistema giuridico l�osservanza dei vincoli di bilancio statuiti in sede sovranazionale e recepiti, 
segnatamente, all�art. 81 I co. Cost. Il rispetto di tali vincoli non pu� non ripercuotersi anche sull�attivit� 
della Corte costituzionale la quale oggi, forse pi� che in passato, � tenuta a valutare le conseguenze economico-
finanziarie che le proprie pronunce possono riverberare, in via diretta o riflessa, sui conti pubblici 
del Paese. Del resto, impreviste ed insostenibili voragini nel bilancio pubblico nazionale rischierebbero 
di condurre l�Italia al default; un default che imporrebbe la ripartizione dei relativi costi finanziari tra 
tutti gli Stati membri con conseguenze imprevedibili per la stabilit� dell�Unione europea. 
(75) La Corte costituzionale in una nota ufficiale ha voluto smentire alcune indiscrezioni filtrate 
dalle agenzie di stampa sulla natura auto-applicativa della sentenza in base alla quale la pronuncia 
avrebbe un�immediata efficacia erga omnes, senza necessit� di ricorsi da parte dei pensionati beneficiari. 
La Consulta si � viceversa affrettata a puntualizzare che dal giorno successivo alla pubblicazione della 
decisione gli interessati possono intraprendere le iniziative ritenute necessarie e gli organi politici, ove 
lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali. 



dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall�art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 
2011, n. 214, nella parte in cui, per gli anni 2012 e 2013, limita la rivalutazione monetaria 
dei trattamenti pensionistici nella misura del 100 per cento, esclusivamente alle pensioni di 
importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, in riferimento, nel complesso, 
agli artt. 2, 3, 23, 36, primo comma, 38, secondo comma, 53 e 117, primo comma 
della Costituzione, quest�ultimo in relazione alla Convenzione europea per la salvaguardia 
dei diritti dell�uomo e delle libert� fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 (CEDU), 
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848. 

Tutti i giudici rimettenti ritengono che il comma 25 dell�art. 24 sarebbe costituzionalmente 
illegittimo per violazione degli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., in 
quanto la mancata rivalutazione, violando i principi di proporzionalit� e adeguatezza della 
prestazione previdenziale, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza e ragionevolezza, 
causando una irrazionale discriminazione in danno della categoria dei pensionati. 

La norma censurata recherebbe anche un vulnus agli artt. 2, 23 e 53 Cost., poich� la misura 
adottata si configurerebbe quale prestazione patrimoniale di natura sostanzialmente tributaria, 
in violazione del principio dell�universalit� dell�imposizione a parit� di capacit� contributiva, 
in quanto posta a carico di una sola categoria di contribuenti. 

La sola Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia - Romagna censura, 
infine, la predetta disposizione, anche con riferimento all�art. 117, primo comma, Cost., in 
relazione alla CEDU, richiamando, poi, gli artt. 6, 21, 25, 33 e 34 della Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo 
il 12 dicembre 2007. 

2.� I giudizi hanno ad oggetto la stessa norma, censurata in relazione a parametri costituzionali, 
per profili e con argomentazioni in larga misura coincidenti. 

Deve, pertanto, esser disposta la riunione dei giudizi al fine di un�unica pronuncia (ex plurimis, 
sentenza n. 16 del 2015, ordinanza n. 164 del 2014). 

Nel giudizio promosso dal Tribunale ordinario di Palermo, sezione lavoro, ha spiegato intervento 
ad adiuvandum T.G., che non � parte nel procedimento principale, assumendo di aver 
proposto analogo ricorso dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione 
Lazio, allo scopo di sentir riconosciuto il proprio diritto alla perequazione automatica del trattamento 
pensionistico, per gli anni 2012 e 2013, negato dall�INPS. 

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (per tutte, sentenza n. 216 del 2014), 
possono intervenire nel giudizio incidentale di legittimit� costituzionale le sole parti del giudizio 
principale ed i terzi portatori di un interesse qualificato, immediatamente inerente al 
rapporto sostanziale dedotto in giudizio e non semplicemente regolato, al pari di ogni altro, 
dalla norma o dalle norme oggetto di censura. 

La circostanza che l�istante sia parte in un giudizio diverso da quello oggetto dell'ordinanza 
di rimessione, nel quale sia stata sollevata analoga questione di legittimit� costituzionale, non 
� sufficiente a rendere ammissibile l'intervento (ex plurimis, ordinanza n. 150 del 2012). 

Conseguentemente, poich� T.G. non � stato parte del giudizio principale nel corso del 
quale � stata sollevata la questione di legittimit� costituzionale oggetto dell'ordinanza iscritta 
al n. 35 del reg. ord. 2014, n� risulta essere titolare di un interesse qualificato, inerente in 
modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, l�intervento dallo stesso 
proposto va dichiarato inammissibile. 

3.� La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, nelle due 
ordinanze di rimessione, dubita della legittimit� costituzionale del comma 25 dell�art. 24 del 


CONTENZIOSO NAZIONALE

d.l. n. 201 del 2011, come convertito dalla legge n. 214 del 2011, in riferimento, fra l�altro all�art. 
117, primo comma, Cost. e invoca genericamente, quale parametro interposto, la CEDU, 
per poi richiamare, pi� specificamente, una serie di disposizioni contenute nella Carta dei diritti 
fondamentali dell�Unione europea. 

In particolare, sono evocati, oltre al principio della certezza del diritto quale �patrimonio comune 
agli Stati contraenti�, anche �gli altri diritti garantiti dalla Carta: il diritto dell�individuo 
alla libert� e alla sicurezza (art. 6), il diritto di non discriminazione, che include anche quella fondata 
sul �patrimonio�, (art. 21), il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa ed indipendente 
(art. 25), il diritto alla protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale 
(art. 33), il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali (art. 34)�. 

La questione, come prospettata, � inammissibile. 

Va preliminarmente rilevato che questa Corte ritiene configurarsi un�ipotesi di inammissibilit� 
della questione, qualora il giudice non fornisca una motivazione adeguata sulla non manifesta 
infondatezza della stessa, limitandosi a evocarne i parametri costituzionali, senza argomentare 
in modo sufficiente in ordine alla loro violazione (ex plurimis, ordinanza n. 36 del 2015). 

In tale ipotesi, il difetto nell�esplicitazione delle ragioni di conflitto tra la norma censurata 
e i parametri costituzionali evocati inibisce lo scrutinio nel merito delle questioni medesime 
(fra le altre, ordinanza n. 158 del 2011), con conseguente inammissibilit� delle stesse. 

Nel caso di specie, la Corte rimettente si limita a richiamare l�art. 117, primo comma, 
Cost., per violazione della CEDU �come interpretata dalla Corte di Strasburgo� senza addurre 
alcun elemento a sostegno di tale asserito vulnus, in particolare con riferimento alle modalit� 
di incidenza della norma oggetto di impugnazione sul parametro costituzionale evocato. 

Inoltre il richiamo alla CEDU si rivela, nella sostanza, erroneo, atteso che esso risulta affiancato 
dal riferimento a disposizioni normative riconducibili alla Carta dei diritti fondamentali 
dell�Unione europea. Quest�ultima fonte, come risulta dall�art. 6, comma 1 del Trattato sul-
l�Unione europea, come modificato dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, ratificato 
e reso esecutivo con la legge 2 agosto 2008, n. 130, ha lo stesso valore giuridico dei trattati. 

Pertanto, l�esame dell�ordinanza di rimessione non consente di evincere in qual modo le 
norme della CEDU siano compromesse, per effetto dell�applicazione della disposizione oggetto 
di censura. 

Una tale carenza argomentativa costituisce motivo di inammissibilit� della questione di 
legittimit� costituzionale, in quanto preclusiva della valutazione della fondatezza. 

Il giudice a quo non fornisce sufficienti elementi che consentano di vagliare le modalit� 
di incidenza della norma censurata sul parametro genericamente invocato ed omette di allegare 
argomenti a sostegno degli effetti pregiudizievoli di tale incidenza, richiamando erroneamente 
disposizioni normative afferenti al diritto primario dell�Unione europea. 

4.� La questione di costituzionalit� per violazione degli artt. 2, 3, 23 e 53 Cost., in relazione 
alla presunta natura tributaria della misura in esame, non � fondata. 

Tutte le ordinanze di rimessione affermano che, nel caso di specie, indipendentemente dal 
nomen iuris utilizzato, la misura di azzeramento della rivalutazione automatica per gli anni 
2012 e 2013, relativa ai trattamenti pensionistici superiori a tre volte il trattamento minimo 
INPS, configurerebbe una prestazione patrimoniale di natura tributaria, lesiva del principio 
di universalit� dell�imposizione a parit� di capacit� contributiva, in quanto posta a carico di 
una sola categoria di contribuenti. Nell�imporre alle parti di concorrere alla spesa pubblica 
non in ragione della propria capacit� contributiva, essa violerebbe il principio di eguaglianza. 

I rimettenti richiamano, in particolare, le decisioni n. 116 del 2013 e n. 223 del 2012 nella 


parte in cui si afferma che la Costituzione non impone una tassazione fiscale uniforme, con 
criteri assolutamente identici e proporzionali per tutte le tipologie di imposizione tributaria, 
ma esige un indefettibile raccordo con la capacit� contributiva, in un quadro di sistema informato 
a criteri di progressivit�, come svolgimento ulteriore, nello specifico campo tributario, 
del principio di eguaglianza (in tal senso, fra le pi� recenti, sentenza n. 10 del 2015). Ci� si 
collega al compito di rimozione degli ostacoli economico-sociali che di fatto limitano la libert� 
e l�eguaglianza dei cittadini-persone umane, in spirito di solidariet� politica, economica e sociale 
di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione (ordinanza n. 341 del 2000, ripresa sul punto 
dalla sentenza n. 223 del 2012). 

L�azzeramento della perequazione automatica oggetto di censura, tuttavia, sfugge ai canoni 
della prestazione patrimoniale di natura tributaria, atteso che esso non d� luogo ad una prestazione 
patrimoniale imposta, realizzata attraverso un atto autoritativo di carattere ablatorio, 
destinato a reperire risorse per l�erario. 

La giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 219 e n. 154 del 2014) ha costantemente 
precisato che gli elementi indefettibili della fattispecie tributaria sono tre: la disciplina 
legale deve essere diretta, in via prevalente, a procurare una (definitiva) decurtazione 
patrimoniale a carico del soggetto passivo; la decurtazione non deve integrare una modifica di 
un rapporto sinallagmatico; le risorse, connesse ad un presupposto economicamente rilevante 
e derivanti dalla suddetta decurtazione, devono essere destinate a sovvenire pubbliche spese. 

Un tributo consiste in un �prelievo coattivo che � finalizzato al concorso alle pubbliche 
spese ed � posto a carico di un soggetto passivo in base ad uno specifico indice di capacit� 
contributiva� (sentenza n. 102 del 2008). Tale indice deve esprimere l�idoneit� di ciascun soggetto 
all�obbligazione tributaria (fra le prime, sentenze n. 91 del 1972, n. 97 del 1968, n. 89 
del 1966, n. 16 del 1965 e n. 45 del 1964). 

Il comma 25 dell�art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, che dispone per un biennio 
il blocco del meccanismo di rivalutazione dei trattamenti pensionistici superiori a tre volte 
il trattamento minimo INPS, non riveste, quindi, natura tributaria, in quanto non prevede una 
decurtazione o un prelievo a carico del titolare di un trattamento pensionistico. 

In base ai criteri elaborati da questa Corte in ordine alle prestazioni patrimoniali, in assenza 
di una decurtazione patrimoniale o di un prelievo della stessa natura a carico del soggetto passivo, 
viene meno in radice il presupposto per affermare la natura tributaria della disposizione. 
Inoltre, viene a mancare il requisito che consente l�acquisizione delle risorse al bilancio dello 
Stato, poich� la disposizione non fornisce, neppure in via indiretta, una copertura a pubbliche 
spese, ma determina esclusivamente un risparmio di spesa. 

Il difetto dei requisiti propri dei tributi e, in generale, delle prestazioni patrimoniali imposte, 
determina, quindi, la non fondatezza delle censure sollevate in riferimento al mancato rispetto 
dei principi di progressivit� e di capacit� contributiva. 

5.� La questione prospettata con riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo 
comma, Cost. � fondata. 

La perequazione automatica, quale strumento di adeguamento delle pensioni al mutato potere 
di acquisto della moneta, fu disciplinata dalla legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento 
alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale), all�art. 10, 
con la finalit� di fronteggiare la svalutazione che le prestazioni previdenziali subiscono per il 
loro carattere continuativo. 

Per perseguire un tale obiettivo, in fasi sempre mutevoli dell�economia, la disciplina in 
questione ha subito numerose modificazioni. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Con l�art.19 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici 
e norme in materia di sicurezza sociale), nel prevedere in via generalizzata l�adeguamento 
dell�importo delle pensioni nel regime dell�assicurazione obbligatoria, si scelse di agganciare 
in misura percentuale gli aumenti delle pensioni all�indice del costo della vita calcolato dal-
l�ISTAT, ai fini della scala mobile delle retribuzioni dei lavoratori dell�industria. 

Con l�art. 11, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, recante �Norme 
per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell�art. 
3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421�, oltre alla cadenza annuale e non pi� semestrale degli 
aumenti a titolo di perequazione automatica, si stabil� che gli stessi fossero calcolati sul valore 
medio dell�indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Tale 
modifica mirava a compensare l�eliminazione dell�aggancio alle dinamiche salariali, al fine 
di garantire un collegamento con l�evoluzione del livello medio del tenore di vita nazionale. 
L�art. 11, comma 2, previde, inoltre, che ulteriori aumenti potessero essere stabiliti con legge 
finanziaria, in relazione all�andamento dell�economia. 

Il meccanismo di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici governato dall�art. 
34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione 
e lo sviluppo) si prefigge di tutelare i trattamenti pensionistici dalla erosione del 
potere di acquisto della moneta, che tende a colpire le prestazioni previdenziali anche in assenza 
di inflazione. Con effetto dal 1� gennaio 1999, il meccanismo di rivalutazione delle 
pensioni si applica per ogni singolo beneficiario in funzione dell�importo complessivo dei 
trattamenti corrisposti a carico dell'assicurazione generale obbligatoria. L�aumento della rivalutazione 
automatica opera, ai sensi del comma 1 dell�art. 34 citato, in misura proporzionale 
all�ammontare del trattamento da rivalutare rispetto all�ammontare complessivo. 

Tuttavia, l�art. 69, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione 
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2001), con riferimento 
al meccanismo appena illustrato di aumento della perequazione automatica, prevede 
che esso spetti per intero soltanto per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a 
tre volte il trattamento minimo INPS. Spetta nella misura del 90 per cento per le fasce di importo 
da tre a cinque volte il trattamento minimo INPS ed � ridotto al 75 per cento per i trattamenti 
eccedenti il quintuplo del predetto importo minimo. Questa impostazione fu seguita 
dal legislatore in successivi interventi, a conferma di un orientamento che predilige la tutela 
delle fasce pi� deboli. Ad esempio, l�art. 5, comma 6, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 
(Disposizioni urgenti in materia finanziaria), convertito, con modificazioni, dall�art.1, comma 
1, della legge 3 agosto 2007, n. 127, prevede, per il triennio 2008-2010, una perequazione al 
100 per cento per le fasce di importo tra tre e cinque volte il trattamento minimo INPS. 

In conclusione, la disciplina generale che si ricava dal complesso quadro storico-evolutivo 
della materia, prevede che soltanto le fasce pi� basse siano integralmente tutelate dall�erosione indotta 
dalle dinamiche inflazionistiche o, in generale, dal ridotto potere di acquisto delle pensioni. 

6.� Quanto alle sospensioni del meccanismo perequativo, affidate a scelte discrezionali 
del legislatore, esse hanno seguito nel corso degli anni orientamenti diversi, nel tentativo di 
bilanciare le attese dei pensionati con variabili esigenze di contenimento della spesa. 

L�art. 2 del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, 
di sanit� e di pubblico impiego, nonch� disposizioni fiscali) previde che, in attesa della 
legge di riforma del sistema pensionistico e, comunque, fino al 31 dicembre 1993, fosse sospesa 
l�applicazione di ogni disposizione di legge, di regolamento o di accordi collettivi, che 
introducesse aumenti a titolo di perequazione automatica delle pensioni previdenziali ed as



sistenziali, pubbliche e private, ivi compresi i trattamenti integrativi a carico degli enti del 
settore pubblico allargato, nonch� aumenti a titolo di rivalutazione delle rendite a carico del-
l�INAIL. In sede di conversione di tale decreto, tuttavia, con l�art. 2, comma 1-bis, della legge 
14 novembre 1992, n. 438 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 
settembre 1992, n. 384, recante misure urgenti in materia di previdenza, di sanit� e di pubblico 
impiego, nonch� disposizioni fiscali), si provvide a mitigare gli effetti della disposizione, che 
dunque oper� non come provvedimento di blocco della perequazione, bens� quale misura di 
contenimento della rivalutazione, alla stregua di percentuali predefinite dal legislatore in riferimento 
al tasso di inflazione programmata. 

In seguito, l�art. 11, comma 5, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi 
di finanza pubblica), provvide a restituire, mediante un aumento una tantum disposto per il 
1994, la differenza tra inflazione programmata ed inflazione reale, perduta per effetto della 
disposizione di cui all�art. 2 della legge n. 438 del 1992. Conseguentemente, il blocco, originariamente 
previsto in via generale e senza distinzioni reddituali dal legislatore del 1992, fu 
convertito in una forma meno gravosa di raffreddamento parziale della dinamica perequativa. 

Dopo l�entrata in vigore del sistema contributivo, il legislatore (art. 59, comma 13 della 
legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante �Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica
�) ha imposto un azzeramento della perequazione automatica, per l�anno 1998. Tale 
norma, ritenuta legittima da questa Corte con ordinanza n. 256 del 2001, ha limitato il proprio 
campo di applicazione ai soli trattamenti di importo medio - alto, superiori a cinque volte il 
trattamento minimo. 

Il blocco, introdotto dall�art. 24, comma 25, come convertito, del d.l. n. 201 del 2011, come 
convertito, ora oggetto di censura, trova un precedente nell�art. 1, comma 19, della legge 24 
dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, 
lavoro e competitivit� per favorire l�equit� e la crescita sostenibili, nonch� ulteriori norme in 
materia di lavoro e previdenza sociale) che, tuttavia, aveva limitato l�azzeramento temporaneo 
della rivalutazione ai trattamenti particolarmente elevati, superiori a otto volte il trattamento 
minimo INPS. 

Si trattava - come si evince dalla relazione tecnica al disegno di legge approvato dal Consiglio 
dei ministri il 13 ottobre 2007 - di una misura finalizzata a concorrere solidaristicamente 
al finanziamento di interventi sulle pensioni di anzianit�, a seguito, dell�innalzamento della 
soglia di accesso al trattamento pensionistico (il cosiddetto �scalone�) introdotto, a decorrere 
dal 1� gennaio 2008, dalla legge 23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e 
deleghe al Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla previdenza complementare 
e all�occupazione stabile e per il riordino degli enti di previdenza ed assistenza 
obbligatoria). 

L�azzeramento della perequazione, disposto per effetto dell�art. 1, comma 19, della legge 

n. 247 del 2007, prima citata, � stato sottoposto al vaglio di questa Corte, che ha deciso la 
questione con sentenza n. 316 del 2010. In tale pronuncia questa Corte ha posto in evidenza 
la discrezionalit� di cui gode il legislatore, sia pure nell�osservare il principio costituzionale 
di proporzionalit� e adeguatezza delle pensioni, e ha reputato non illegittimo l�azzeramento, 
per il solo anno 2008, dei trattamenti pensionistici di importo elevato (superiore ad otto volte 
il trattamento minimo INPS). 

Al contempo, essa ha indirizzato un monito al legislatore, poich� la sospensione a tempo indeterminato 
del meccanismo perequativo, o la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, 
entrerebbero in collisione con gli invalicabili principi di ragionevolezza e proporzionalit�. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Si afferma, infatti, che �[�] le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, potrebbero non essere 
sufficientemente difese in relazione ai mutamenti del potere d�acquisto della moneta�. 

7.� L�art. 24, comma 25, del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, oggetto di censura nel 
presente giudizio, si colloca nell�ambito delle �Disposizioni urgenti per la crescita, l�equit� e 
il consolidamento dei conti pubblici� (manovra denominata �salva Italia�) e stabilisce che 
�In considerazione della contingente situazione finanziaria�, la rivalutazione automatica dei 
trattamenti pensionistici, in base al gi� citato meccanismo stabilito dall�art. 34, comma 1, 
della legge n. 448 del 1998, � riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti 
pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, 
nella misura del cento per cento. 

Per effetto del dettato legislativo si realizza un�indicizzazione al 100 per cento sulla quota 
di pensione fino a tre volte il trattamento minimo INPS, mentre le pensioni di importo superiore 
a tre volte il minimo non ricevono alcuna rivalutazione. Il blocco integrale della perequazione 
opera, quindi, per le pensioni di importo superiore a euro 1.217,00 netti. 

Tale meccanismo si discosta da quello originariamente previsto dall�art. 24, comma 4, della 
legge 28 febbraio 1986, n. 41 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale 
dello Stato - legge finanziaria 1986) e confermato dall�art. 11 del decreto legislativo 30 
dicembre 1992, n. 503 (Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori 
privati e pubblici, a norma dell�articolo 3 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), che non discriminava 
tra trattamenti pensionistici complessivamente intesi, bens� tra fasce di importo. 

Secondo la normativa antecedente, infatti, la percentuale di aumento si applicava sull'importo 
non eccedente il doppio del trattamento minimo del fondo pensioni per i lavoratori dipendenti. 
Per le fasce di importo comprese fra il doppio ed il triplo del trattamento minimo la 
percentuale era ridotta al 90 per cento. Per le fasce di importo superiore al triplo del trattamento 
minimo la percentuale era ridotta al 75 per cento. 

Le modalit� di funzionamento della disposizione censurata sono ideate per incidere sui 
trattamenti complessivamente intesi e non sulle fasce di importo. Esse trovano un unico correttivo 
nella previsione secondo cui, per le pensioni di importo superiore a tre volte il trattamento 
minimo INPS e inferiore a tale limite incrementato della quota di rivalutazione 
automatica spettante, l�aumento di rivalutazione � comunque attribuito fino a concorrenza del 
predetto limite maggiorato. 

La norma censurata � frutto di un emendamento che, all�esito delle osservazioni rivolte 
al Ministro del lavoro e delle politiche sociali (Camera dei Deputati, Commissione XI, Lavoro 
pubblico e privato, audizione del 6 dicembre 2011), ha determinato la sostituzione della 
originaria formula. Quest�ultima prevedeva l�azzeramento della perequazione per tutti i trattamenti 
pensionistici di importo superiore a due volte il trattamento minimo INPS e, quindi, 
ad euro 946,00. Il Ministro chiar� nella stessa audizione che la misura da adottare non confluiva 
nella riforma pensionistica, ma era da intendersi quale �provvedimento da emergenza 
finanziaria�. 

La disposizione censurata ha formato oggetto di un�interrogazione parlamentare (Senato 
della Repubblica, seduta n. 93, interrogazione presentata l�8 agosto 2013, n. 3 � 00321) rimasta 
inevasa, in cui si chiedeva al Governo se intendesse promuovere la revisione del provvedimento, 
alla luce della giurisprudenza costituzionale. 

Dall�excursus storico compiuto traspare che la norma oggetto di censura si discosta in 
modo significativo dalla regolamentazione precedente. Non solo la sospensione ha una durata 
biennale; essa incide anche sui trattamenti pensionistici di importo meno elevato. 


Il provvedimento legislativo censurato si differenzia, altres�, dalla legislazione ad esso 
successiva. 

L�art. 1, comma 483, lettera e), della legge di stabilit� per l�anno 2014 (legge 27 dicembre 
2013, n. 147, recante �Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello 
Stato-legge di stabilit��) ha previsto, per il triennio 2014-2016, una rimodulazione nell�applicazione 
della percentuale di perequazione automatica sul complesso dei trattamenti pensionistici, 
secondo il meccanismo di cui all�art. 34, comma 1, della legge n. 448 del 1998, 
con l�azzeramento per le sole fasce di importo superiore a sei volte il trattamento minimo 
INPS e per il solo anno 2014. Rispetto al disegno di legge originario le percentuali sono state, 
peraltro, parzialmente modificate. 

Nel triennio in oggetto la perequazione si applica nella misura del 100 per cento per i trattamenti 
pensionistici di importo fino a tre volte il trattamento minimo, del 95 per cento per i 
trattamenti di importo superiore a tre volte il trattamento minimo e pari o inferiori a quattro 
volte il trattamento minimo del 75 per cento per i trattamenti oltre quattro volte e pari o inferiori 
a cinque volte il trattamento minimo, del 50 per cento per i trattamenti oltre cinque volte 
e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS. Soltanto per il 2014 il blocco integrale 
della perequazione ha riguardato le fasce di importo superiore a sei volte il trattamento minimo. 
Il legislatore torna dunque a proporre un discrimen fra fasce di importo e si ispira a criteri 
di progressivit�, parametrati sui valori costituzionali della proporzionalit� e della 
adeguatezza dei trattamenti di quiescenza. Anche tale circostanza conferma la singolarit� della 
norma oggetto di censura. 

8.� Dall�analisi dell�evoluzione normativa in subiecta materia, si evince che la perequazione 
automatica dei trattamenti pensionistici � uno strumento di natura tecnica, volto a garantire 
nel tempo il rispetto del criterio di adeguatezza di cui all�art. 38, secondo comma, Cost. 
Tale strumento si presta contestualmente a innervare il principio di sufficienza della retribuzione 
di cui all�art. 36 Cost., principio applicato, per costante giurisprudenza di questa Corte, 
ai trattamenti di quiescenza, intesi quale retribuzione differita (fra le altre, sentenza n. 208 del 
2014 e sentenza n. 116 del 2013). 

Per le sue caratteristiche di neutralit� e obiettivit� e per la sua strumentalit� rispetto all�attuazione 
dei suddetti principi costituzionali, la tecnica della perequazione si impone, senza 
predefinirne le modalit�, sulle scelte discrezionali del legislatore, cui spetta intervenire per 
determinare in concreto il quantum di tutela di volta in volta necessario. Un tale intervento 
deve ispirarsi ai principi costituzionali di cui agli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, 
Cost., principi strettamente interconnessi, proprio in ragione delle finalit� che perseguono. 

La ragionevolezza di tali finalit� consente di predisporre e perseguire un progetto di eguaglianza 
sostanziale, conforme al dettato dell�art. 3, secondo comma, Cost. cos� da evitare disparit� 
di trattamento in danno dei destinatari dei trattamenti pensionistici. Nell�applicare al 
trattamento di quiescenza, configurabile quale retribuzione differita, il criterio di proporzionalit� 
alla quantit� e qualit� del lavoro prestato (art. 36, primo comma, Cost.) e nell�affiancarlo 
al criterio di adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.), questa Corte ha tracciato un percorso 
coerente per il legislatore, con l�intento di inibire l�adozione di misure disomogenee e 
irragionevoli (fra le altre, sentenze n. 208 del 2014 e n. 316 del 2010). Il rispetto dei parametri 
citati si fa tanto pi� pressante per il legislatore, quanto pi� si allunga la speranza di vita e con 
essa l�aspettativa, diffusa fra quanti beneficiano di trattamenti pensionistici, a condurre un�esistenza 
libera e dignitosa, secondo il dettato dell�art. 36 Cost. 

Non a caso, fin dalla sentenza n. 26 del 1980, questa Corte ha proposto una lettura siste



CONTENZIOSO NAZIONALE

matica degli artt. 36 e 38 Cost., con la finalit� di offrire �una particolare protezione per il lavoratore
�. Essa ha affermato che proporzionalit� e adeguatezza non devono sussistere soltanto 
al momento del collocamento a riposo, �ma vanno costantemente assicurate anche nel prosieguo, 
in relazione ai mutamenti del potere d�acquisto della moneta�, senza che ci� comporti 
un�automatica ed integrale coincidenza tra il livello delle pensioni e l�ultima retribuzione, 
poich� � riservata al legislatore una sfera di discrezionalit� per l�attuazione, anche graduale, 
dei termini suddetti (ex plurimis, sentenze n. 316 del 2010; n. 106 del 1996; n. 173 del 1986; 

n. 26 del 1980; n. 46 del 1979; n. 176 del 1975; ordinanza n. 383 del 2004). Nondimeno, dal 
canone dell�art. 36 Cost. �consegue l�esigenza di una costante adeguazione del trattamento 
di quiescenza alle retribuzioni del servizio attivo� (sentenza n. 501 del 1988; fra le altre, negli 
stessi termini, sentenza n. 30 del 2004). 

Il legislatore, sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali deve �dettare 
la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico, alla stregua delle risorse finanziarie 
attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della 
persona� (sentenza n. 316 del 2010). Per scongiurare il verificarsi di �un non sopportabile 
scostamento� fra l�andamento delle pensioni e delle retribuzioni, il legislatore non pu� eludere 
il limite della ragionevolezza (sentenza n. 226 del 1993). 

Al legislatore spetta, inoltre, individuare idonei meccanismi che assicurino la perdurante 
adeguatezza delle pensioni all�incremento del costo della vita. Cos� � avvenuto anche per la 
previdenza complementare, che, pur non incidendo in maniera diretta e immediata sulla spesa 
pubblica, non risulta del tutto indifferente per quest�ultima, poich� contribuisce alla tenuta 
complessiva del sistema delle assicurazioni sociali (sentenza n. 393 del 2000) e, dunque, all�adeguatezza 
della prestazione previdenziale ex art. 38, secondo comma, Cost. 

Pertanto, il criterio di ragionevolezza, cos� come delineato dalla giurisprudenza citata in 
relazione ai principi contenuti negli artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost., circoscrive 
la discrezionalit� del legislatore e vincola le sue scelte all�adozione di soluzioni coerenti 
con i parametri costituzionali. 

9.� Nel vagliare la dedotta illegittimit� dell�azzeramento del meccanismo perequativo per 
i trattamenti pensionistici superiori a otto volte il minimo INPS per l�anno 2008 (art. 1, comma 
19 della gi� citata legge n. 247 del 2007), questa Corte ha ricostruito la ratio della norma censurata, 
consistente nell�esigenza di reperire risorse necessarie �a compensare l�eliminazione 
dell�innalzamento repentino a sessanta anni a decorrere dal 1� gennaio 2008, dell�et� minima 
gi� prevista per l�accesso alla pensione di anzianit� in base all�articolo 1, comma 6, della 
legge 23 agosto 2004, n. 243�, con �lo scopo dichiarato di contribuire al finanziamento solidale 
degli interventi sulle pensioni di anzianit�, contestualmente adottati con l�art. 1, commi 
1 e 2, della medesima legge� (sentenza n. 316 del 2010). 

In quell�occasione questa Corte non ha ritenuto che fossero stati violati i parametri di cui 
agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost. Le pensioni incise per un solo 
anno dalla norma allora impugnata, di importo piuttosto elevato, presentavano �margini di 
resistenza all�erosione determinata dal fenomeno inflattivo�. L�esigenza di una rivalutazione 
costante del correlativo valore monetario � apparsa per esse meno pressante. 

Questa Corte ha ritenuto, inoltre, non violato il principio di eguaglianza, poich� il blocco 
della perequazione automatica per l�anno 2008, operato esclusivamente sulle pensioni superiori 
ad un limite d�importo di sicura rilevanza, realizzava �un trattamento differenziato di situazioni 
obiettivamente diverse rispetto a quelle, non incise dalla norma impugnata, dei titolari di pensioni 
pi� modeste�. La previsione generale della perequazione automatica � definita da questa Corte 


�a regime�, proprio perch� �prevede una copertura decrescente, a mano a mano che aumenta il 
valore della prestazione�. La scelta del legislatore in quel caso era sostenuta da una ratio redistributiva 
del sacrificio imposto, a conferma di un principio solidaristico, che affianca l�introduzione 
di pi� rigorosi criteri di accesso al trattamento di quiescenza. Non si viola il principio 
di eguaglianza, proprio perch� si muove dalla ricognizione di situazioni disomogenee. 

La norma, allora oggetto d�impugnazione, ha anche superato le censure di palese irragionevolezza, 
poich� si � ritenuto che non vi fosse riduzione quantitativa dei trattamenti in godimento 
ma solo rallentamento della dinamica perequativa delle pensioni di valore pi� 
cospicuo. Le esigenze di bilancio, affiancate al dovere di solidariet�, hanno fornito una giustificazione 
ragionevole alla soppressione della rivalutazione automatica annuale per i trattamenti 
di importo otto volte superiore al trattamento minimo INPS, �di sicura rilevanza�, 
secondo questa Corte, e, quindi, meno esposte al rischio di inflazione. 

La richiamata pronuncia ha inteso segnalare che la sospensione a tempo indeterminato del 
meccanismo perequativo, ovvero la frequente reiterazione di misure intese a paralizzarlo, 
�esporrebbero il sistema ad evidenti tensioni con gli invalicabili principi di ragionevolezza e 
proporzionalit��, poich� risulterebbe incrinata la principale finalit� di tutela, insita nel meccanismo 
della perequazione, quella che prevede una difesa modulare del potere d�acquisto 
delle pensioni. 

Questa Corte si era mossa in tale direzione gi� in epoca risalente, con il ritenere di dubbia 
legittimit� costituzionale un intervento che incida �in misura notevole e in maniera definitiva� 
sulla garanzia di adeguatezza della prestazione, senza essere sorretto da una imperativa motivazione 
di interesse generale (sentenza n. 349 del 1985). 

Deve rammentarsi che, per le modalit� con cui opera il meccanismo della perequazione, 
ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, 
�, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore 
reale originario, bens� sull�ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento � gi� 
stato intaccato. 

10.� La censura relativa al comma 25 dell�art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, se vagliata sotto 
i profili della proporzionalit� e adeguatezza del trattamento pensionistico, induce a ritenere 
che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalit�, con conseguente pregiudizio 
per il potere di acquisto del trattamento stesso e con �irrimediabile vanificazione delle aspettative 
legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria 
attivit�� (sentenza n. 349 del 1985). 

Non � stato dunque ascoltato il monito indirizzato al legislatore con la sentenza n. 316 del 
2010. 

Si profila con chiarezza, a questo riguardo, il nesso inscindibile che lega il dettato degli 
artt. 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost. (fra le pi� recenti, sentenza n. 208 del 
2014, che richiama la sentenza n. 441 del 1993). Su questo terreno si deve esercitare il legislatore 
nel proporre un corretto bilanciamento, ogniqualvolta si profili l�esigenza di un risparmio 
di spesa, nel rispetto di un ineludibile vincolo di scopo �al fine di evitare che esso possa 
pervenire a valori critici, tali che potrebbero rendere inevitabile l�intervento correttivo della 
Corte� (sentenza n. 226 del 1993). 

La disposizione concernente l�azzeramento del meccanismo perequativo, contenuta nel 
comma 24 dell�art. 25 del d.l. 201 del 2011, come convertito, si limita a richiamare genericamente 
la �contingente situazione finanziaria�, senza che emerga dal disegno complessivo la 
necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui 


CONTENZIOSO NAZIONALE

confronti si effettuano interventi cos� fortemente incisivi. Anche in sede di conversione (legge 
22 dicembre 2011, n. 214), non � dato riscontrare alcuna documentazione tecnica circa le 
attese maggiori entrate, come previsto dall�art. 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, 

n. 196, recante �Legge di contabilit� e finanza pubblica� (sentenza n. 26 del 2013, che interpreta 
il citato art. 17 quale �puntualizzazione tecnica� dell�art. 81 Cost.). 

L�interesse dei pensionati, in particolar modo di quelli titolari di trattamenti previdenziali 
modesti, � teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva 
in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente 
fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie 
non illustrate in dettaglio. Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi 
al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalit� 
del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36, primo comma, Cost.) 
e l�adeguatezza (art. 38, secondo comma, Cost.). Quest�ultimo � da intendersi quale espressione 
certa, anche se non esplicita, del principio di solidariet� di cui all�art. 2 Cost. e al contempo 
attuazione del principio di eguaglianza sostanziale di cui all�art. 3, secondo comma, 
Cost. 

La norma censurata �, pertanto, costituzionalmente illegittima nei termini esposti. 

PER QUESTI MOTIVI 

LA CORTE COSTITUZIONALE 

riuniti i giudizi, 

1) dichiara inammissibile l�intervento di T.G.; 

2) dichiara l�illegittimit� costituzionale dell�art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 
2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l�equit� e il consolidamento dei conti 
pubblici), convertito, con modificazioni, dall�art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, 

n. 214, nella parte in cui prevede che �In considerazione della contingente situazione finanziaria, 
la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito 
dall�art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, � riconosciuta, per gli anni 
2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre 
volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento�; 

3) dichiara non fondata la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 24, comma 25, 
del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 23 e 53, della 
Costituzione, dal Tribunale ordinario di Palermo, sezione lavoro, dalla Corte dei conti, sezione 
giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna e dalla Corte dei Conti, sezione giurisdizionale 
per la Regione Liguria, con le ordinanze indicate in epigrafe; 

4) dichiara inammissibile la questione di legittimit� costituzionale dell�art. 24, comma 25, 
del d.l. n. 201 del 2011, come convertito, sollevata, in riferimento all�art. 117, primo comma, 
della Costituzione, in relazione alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti del-
l�uomo e delle libert� fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva 
con legge 4 agosto 1955, n. 848, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la 
Regione Emilia-Romagna, con le ordinanze indicate in epigrafe. 

Cos� deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 
marzo 2015. 


Il procedimento di contrattazione 
in tema di vendita immobiliare 

NOTA A CASSAZIONE CIVILE, SEZIONI UNITE, SENTENZA 6 MARZO 2015 N. 4628 

Francesco Molinaro* 

SOMMARIO: 1. Il caso - 2. L�origine del contratto preliminare e lo sviluppo di figure contrattuali 
ad esso connesse - 3. La prima pronuncia della Suprema Corte sul �preliminare di 
preliminare� - 4. Il preliminare di preliminare alla luce della sentenza delle Sezioni Unite. 

1. Il caso. 

Gli odierni ricorrenti nel novembre 1996, ritenendo di essere promittenti 
venditori di una porzione di fabbricato sita in Avellino, chiesero ai promissari 
acquirenti l�esecuzione in forma specifica dell�accordo preliminare stipulato 
nel luglio 1996. 

I promissari acquirenti rifiutarono tale pretesa in quanto ritennero che 
l�accordo del novembre 1996 fosse solo una puntuazione, di conseguenza non 
ha alcuna efficacia obbligatoria ed � insuscettibile di esecuzione specifica ex 
art. 2932 c.c. 

Il tribunale di Avellino rilev� che il contratto conteneva solo l�impegno a 
stipulare il preliminare di compravendita, allorquando il Banco di Napoli 
avesse dato assenso all�esclusione della porzione venduta dall�ipoteca gravante 
sul fabbricato. Successivamente il tribunale campano, qualificando tale contratto 
come preliminare di preliminare, ne ravvis� la nullit� per difetto di causa. 

I promittenti venditori impugnarono la sentenza del Tribunale di Avellino. 

La Corte d�Appello di Napoli conferm� la sentenza di primo grado in 
quanto ritenne che al contratto preliminare potesse riconoscersi una funzione 
giuridicamente apprezzabile solo se fosse idoneo a produrre effetti diversi da 
quelli del contratto preparatorio. Di conseguenza ne neg� rilevanza poich� il 
secondo preliminare avrebbe prodotto gli stessi effetti previsti nel primo. 

Le parti hanno proposto ricorso in Cassazione, quest'ultima con l�ordinanza 
interlocutoria del 12 marzo 2014 n. 5779 ha rimesso la questione alle 
Sezioni Unite, le quali si sono occupate di due questioni: a) se il contratto preliminare 
di preliminare obbliga solo al successivo preliminare o anche alla 
stipula del definitivo b) se sia valido il contratto preliminare che riproduce il 
suo contenuto al verificarsi di determinate circostanze. 

L�interesse della sentenza in commento emerge con particolare evidenza 
poich� per la prima volta si � riconosciuta rilevanza al contratto �preliminare 
di preliminare�, seppure a determinate circostanze. 

(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

2. L�origine del contratto preliminare e lo sviluppo di figure contrattuali ad 
esso connesse. 

Il codice del 1865, ispirandosi al Code Napol�on, non disciplinava il contratto 
preliminare poich� si basava sul tradizionale principio napoleonico: 
�promessa di vendita vale vendita�, di conseguenza l�elaborazione del contratto 
preliminare si deve al diritto tedesco (Vorvertrag) (1). 

La diffusione di tale tipologia contrattuale ha segnato il progressivo abbandono 
dell�istituto �promessa di vendita� di matrice francese (2). 

La dottrina dell'Ottocento ha qualificato il contratto preliminare come 
un contratto in cui le parti, pur volendo concludere un negozio, non vogliono 
obbligarsi nel momento, differendone la conclusione in un momento 
futuro (3) (4). 

Il contratto preliminare � quel contratto con cui le parti si obbligano alla 
stipulazione di un successivo contratto, definitivo, i cui tratti essenziali sono 
stati gi� definiti nel preliminare (5). 

Tale tipologia contrattuale consente, alle parti, di definire i contenuti di 
un futuro contratto, che sar� obbligatoriamente stipulato tra le stesse a distanza 
di tempo. 

Quindi esso si differenzia dal contratto definitivo in quanto d� luogo solo 
ad effetti obbligatori e non ad effetti reali che, invece, si produrranno solo con 
la stipula del definitivo (6). 

Dall'orientamento espresso da autorevole dottrina emerge che la funzione 
del preliminare � quella di dare rilevanza ad un accordo che attualmente non 
pu� considerarsi definitivo, in quanto la parte non � nella disponibilit� del 
bene o della cosa oggetto del preliminare (7). Questa sua funzione ha portato 
parte della dottrina ad affermare che il preliminare sia l'atto centrale dell'affare, 
poich� il contratto definitivo consiste in un completamento di quanto gi� affermato 
dalle parti nel preliminare (8). 

(1) F. GAZZONI, Il contratto preliminare, Torino, 2010, pag. 1. 

(2) A. CHINALE, Il preliminare di preliminare: intentio certa sese obligandi, in Notariato, 2010, 
pag. 43. 
(3) L. COVIELLO, Contratto preliminare, voce Enciclopedia Giuridica Italiana, III.III.II, Milano, 
1902, pag. 68. 
(4) L. COVIELLO, I contratti preliminari, Milano, 1896, pag. 69, citando Giorgi afferma che la funzione 
del contratto preliminare � quella di consentire alle parti di tutelarsi �nei casi in cui non si pu�, 
da una parte, conchiudere il contratto definitivo, senza certe autorizzazioni che richiedono tempo, e 
dall�altro non si vuol rimanere, come suol dirsi, con le mosche in mano�. 
(5) F. CALISAI, Lo �smembramento� del contratto preliminare ad effetti anticipati alla luce della 
pronuncia delle Sezioni Unite: il promissario acquirente-comodatario (e quindi detentore) e il promittente 
venditore-mutuatario, in Rivista diritto commerciale, II, pag. 181. 
(6) F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2009, pag. 879. 
(7) P. CRISCUOLI, Il preliminare di cosa altrui, in Immobili e propriet�, 2011, pag. 552. 




(8) F. TOSCHI VESPASIANI, La situazione del promissario acquirente nel preliminare ad effetti anticipati 
al vaglio delle Sezioni Unite, in Studium Iuris, 2009, pag. 1197. 



Dal contratto preliminare cosiddetto �puro�, sono derivate altre figure, 
oggetto di vivaci dibattiti in dottrina e giurisprudenza. 

In primo luogo si pu� menzionare il preliminare ad effetti anticipati. 

Tale figura contrattuale � nata nell�ambito della compravendita immobiliare 
(9), ma si sta sempre pi� espandendo in altri settori, ad esempio � frequentemente 
utilizzato il preliminare di vendita di cosa futura con pagamento 
integrale del prezzo pattuito. 

Il contratto preliminare ad effetti anticipati permette al promissario acquirente 
di essere immesso nel possesso del bene e al promittente venditore 
di ottenere il pagamento del bene, tuttavia il promissario acquirente non otterr� 
la propriet� del bene fino alla stipula del contratto definitivo (10), al pari, del 
promittente venditore che non perder� la propriet� del bene fino alla stipula 
del definitivo (11). 

La funzione di tale contratto � quella di permettere al promittente venditore 
di entrare, immediatamente, in possesso di tutta o di parte della somma 
pattuita per la vendita, mentre altrettanto immediatamente, permette al promissario 
acquirente di verificare l�effettiva utilit� dell�acquisto e di sfruttarlo 
economicamente (12). 

In secondo luogo si pu� menzionare la figura del preliminare di cosa altrui. 

Il contratto preliminare di cosa altrui si configura nel contratto in cui il 
promittente venditore si obbliga a procurare al promissario acquirente l�acquisto 
della propriet� del bene, alla stipulazione del contratto definitivo. 

Ormai costante giurisprudenza ha sostenuto che il promittente venditore 
pu� far conseguire un tale effetto al promissario acquirente in due modi: acquistando 
il bene dall�attuale proprietario e trasferendolo al promissario acquirente 
(13) o facendo acquistare il bene al promissario acquirente direttamente 
dall�attuale proprietario (14). 

Tale figura contrattuale ha avuto molta diffusione nella prassi e soprattutto 
nel �trading�, in cui dei soggetti che gi� avevano stipulato convenzioni preliminari 
come promissari acquirenti di un immobile, trasferiscono il medesimo 

(9) P.E. CORRIAS, La nuova disciplina della trascrizione del contratto preliminare e le attuali prospettive 
di inquadramento del c.d. preliminare ad effetti anticipati, in Rivista trimestrale di diritto e procedura 
civile, 1998, pag. 1007 
(10) Cass. Civ. Sez. Un. del 27 marzo 2008 n. 7930/2008, in Giustizia Civile Massimario, 2008, 
pag. 463. 
(11) F. CALISAI, Lo �smembramento� del contratto preliminare ad effetti anticipati alla luce della 
pronuncia delle Sezioni Unite: il promissario acquirente-comodatario (e quindi detentore) e il promittente 
venditore-mutuatario, in Rivista diritto commerciale, II, pag. 181. 
(12) I.L. NOCERA, Preliminare ad effetti anticipati: spunti per l�ipotesi di possesso ai fini del-
l�usucapione, in Immobili e propriet�, 2013, pag. 161. 
(13) Cass. Civ. Sez. Un. del 18 maggio 2006 n. 116242, in Giurisprudenza Italiana Recentissime, 
2006, pag. 248. 
(14) A.G. ANNUNZIATA, Preliminare di vendita di un bene altrui, in www.altalex.com, articolo del 
23 marzo 2007. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

immobile ad altri acquirenti. In tal modo il contratto finale sar� tra l�originario 
proprietario e l�ultimo acquirente. 

Quindi in tal caso il contratto preliminare di cosa altrui avr� la funzione 
di permettere al promittente venditore di ottenere una plusvalenza dalla stipulazione 
dei due contratti, nel primo in veste di promissario acquirente e nel 
secondo in veste di promittente venditore (15). 

Come vedremo successivamente, a tali questioni � connessa quella del 
contratto c.d. preliminare di preliminare, soprattutto alla luce del nuovo orientamento 
manifestato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 

3. La prima pronuncia della Suprema Corte sul �preliminare di preliminare�. 

Il contratto preliminare di preliminare pu� definirsi come il contratto con 
cui le parti si obbligano a stipulare un altro contratto preliminare, prima della 
stipula del definitivo (16). 

Nella prassi si verifica l�applicazione di un preliminare di preliminare 
nelle compravendite immobiliari concluse per mezzo dell�agenzia. 

Nelle compravendite immobiliari concluse per mezzo dell�agenzia, infatti, 
i contraenti danno luogo a un primo preliminare con l�accettazione della 
proposta di acquisto da parte del compratore, disciplinata dall�art. 1326 del 
codice civile. 

Tuttavia, nell�accettazione della proposta di acquisto, essendo indicati 
solo gli elementi essenziali del contratto (immobile, oggetto della vendita e 
prezzo), le parti, ravvisando la necessit� di accordarsi anche su altri pi� dettagliati 
elementi, posticipano l�accordo su questi elementi ulteriori in un successivo 
contratto preliminare. A seguito di tale contratto, non appena raggiunto 
l�accordo su tutti gli elementi, procederanno alla stipula del definitivo. 

Quindi la compravendita immobiliare mediante agenzia si pu� distinguere 
in tre distinte fasi: nella prima vi � la stipula di un primo preliminare che ha 
ad oggetto solo gli elementi essenziali dell�affare; nella seconda vi � la stipula 
di un secondo preliminare in cui le parti hanno raggiunto l�accordo su elementi 
ulteriori a quelli essenziali; nella terza fase in cui le parti stipulano il contratto 
definitivo (17). 

Alla luce di quanto suesposto si pu� definire il �contratto preliminare di 
preliminare� come il contratto con cui le parti si accordano sugli elementi essenziali, 
rimandando l�accordo sugli altri elementi in un momento successivo, 
fermo restando l�obbligo di stipulare il definitivo. 

(15) D. FALCONIO, Preliminare di vendita di cosa altrui o parzialmente altrui ovvero un'aquila 
che si crede un pollo, in http://elibrary.fondazionenotariato.it. 
(16) C.M. BIANCA, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014, pag. 343. 


(17) M. BELLANTE, Il c.d. preliminare di preliminare concluso nelle compravendite immobiliari 
mediate da agenzia, in Rassegna di diritto civile, 2010, pag. 954. 



I due contratti preliminari non hanno lo stesso contenuto in quanto il secondo 
ha elementi ulteriori che vanno a colmare le lacune presenti nel primo 
preliminare (18). 

Su tale figura contrattuale la dottrina si � divisa in due distinte posizioni. 

Nella prima vi sono coloro che attribuiscono gi� al primo accordo, in cui 
si � accettata la proposta di acquisto, il valore di un contratto preliminare, di 
conseguenza negano l�ammissibilit� del �preliminare di preliminare�, in 
quanto sottolineano l�inutilit� di una figura contrattuale che obbliga le parti 
ad obbligarsi, poich� le parti potrebbero benissimo obbligarsi la prima volta. 
I fautori di tale tesi negano l'ammissibilit� del c.d. preliminare di preliminare, 
poich� sostengono che tale tipologia contrattuale non abbia una causa meritevole 
di tutela. 

Questa � stata la tesi maggiormente seguita dalla giurisprudenza che, nonostante 
il parere favorevole di parte della dottrina, ha escluso l�ammissibilit� 
del contratto preliminare di preliminare. 

Nella seconda vi sono coloro che, facendo leva sulla causa in concreto 
avente ha ad oggetto l'interesse realmente perseguito dalle parti (19), intendono 
dare rilevanza al vincolo assunto da queste, riguardante l'obbligo a contrattare 
e non il diverso obbligo a stipulare. 

Occorre precisare che la nozione di causa in concreto, indicata come �la 
ragione concreta del contratto� (20) � ormai condivisa dalla giurisprudenza, 
superando cosi la nozione di causa come �astratta funzione economico-sociale 
del negozio� (21). 

Essi sostengono che la stipula di un preliminare di preliminare permetterebbe 
ai contraenti di conseguire un interesse meritevole di tutela, poich� consentirebbe 
a questi di prenotare, sulla base della fissazione degli elementi 
essenziali, un successivo effetto destinato a continuare nel secondo preliminare 
e a manifestarsi nella stipula del contratto definitivo. 

Quindi, con la stipula di due contratti preliminari, i contraenti trarrebbero 
l�indubbio vantaggio di giungere all�accordo definitivo mediante un progressivo 
intento di accordi dello stesso tipo, ma aventi, progressivamente, un contenuto 
pi� completo (22). 

Anche in giurisprudenza, gi� negli anni sessanta, si ravvisavano pronunce 
favorevoli sull�ammissibilit� del preliminare di preliminare. 

(18) M.G. SALVADORI, La validit� del c.d. preliminare di preliminare: una questione (non ancora) 
risolta, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2009, pag. 1003. 
(19) F. LONGOBUCCO, Contratto preliminare �ad effetti anticipati� e accordo atipico di cessione 
del possesso: una questione di interpretazione, in Giurisprudenza Italiana, 2011, pag. 553. 
(20) Cass. Civ., 12 novembre 2009, n. 23941, in Giustizia Civile Massimario, 2009, pag. 1582. 
(21) C.M. BIANCA, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2014, pag. 434. 




(22) M. BELLANTE, Il c.d. preliminare di preliminare concluso nelle compravendite immobiliari 
mediate da agenzia, in Rassegna di diritto civile, 2010, pag. 955. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

La Corte d�Appello di Napoli, facendo leva sul principio di autonomia 
negoziale, ha ritenuto ammissibile, dopo una prima intesa scritta, una successiva 
intesa volta alla stipulazione del contratto preliminare ed � giunta ad ammettere 
tale controversa figura contrattuale (23). 

Tuttavia la Corte di Cassazione, nella prima pronuncia (24) sul contratto 
preliminare di preliminare ha condiviso l�opinione maggioritaria della giurisprudenza, 
ritenendo che tale contratto non assolva un interesse meritevole di 
tutela, in quanto �l�obbligarsi ad obbligarsi darebbe luogo ad un inconcludente 
superfetazione�, poich� l�impegno pu� essere assunto immediatamente. 
La Suprema Corte ritiene che �obbligarsi ad obbligarsi� creerebbe solo un bis 
in idem, dato che si raggiungerebbe il medesimo obiettivo mediante una sola 
promessa (25). 

Nella sentenza del 2009 la Suprema Corte ha negato la rilevanza del preliminare 
di preliminare, anche sotto l�aspetto della causa del contratto, in 
quanto ha preferito accogliere la precedente nozione di causa, quale ragione 
economico sociale del contratto, piuttosto che condividere la nozione di causa 
concreta (26), accolta, negli ultimi anni, da costante giurisprudenza. 

Inoltre ha ravvisato che l�accordo sugli elementi essenziali ha gi� una tutela 
giuridica mediante la puntuazione o minuta. 

La puntuazione pu� definirsi come atto scritto contenente l�enunciazione 
degli elementi, sempre rivedibili, inerenti alle trattative svolte sino a quel momento. 
Essa ha la funzione di documentare l�intesa raggiunta dalle parti su alcuni 
punti (27). 

La puntuazione permetterebbe di tutelare i contraenti in quanto, considerando 
il punto di trattative raggiunto dalle parti, valuter� il recesso ingiustificato 
da queste (28). 

La differenza tra la puntuazione ed il primo preliminare � data dal fatto 
che, mentre quest�ultimo obbliga le parti alla stipula di un successivo contratto, 
la puntuazione non ha alcun effetto vincolante (29). 

Tale affermazione � stata espressa dalla Corte di Cassazione nella sentenza 
n. 4265 del 1995: �Ci� che distingue essenzialmente la cosiddetta �puntuactio� 
tanto dalla proposta contrattuale, quanto dal contratto preliminare 
� il fatto che essa, anzich� contenere, sia pure in �nuce�, tutti gli elementi o, 

(23) Corte d�Appello Napoli, 11 ottobre 1967, in Diritto e giurisprudenza, 1968, pag. 550. 
(24) Cass. Civ., 2 aprile 2009, n. 8038, in Giustizia Civile Massimario, 2009, pag. 571. 


(25) A. CHINALE, Il preliminare di preliminare: intentio certa sese obligandi, in Notariato, 2010, 
pag. 45. 
(26) G. ALESSI, Configurabilit� e validit� della figura del �preliminare di preliminare�: la questione 
va alle Sezioni Unite, in La nuova procedura civile, 2014, pag. 109. 
(27) G. ADILARDI, Il contratto preliminare, Padova, 2008, pag. 9. 
(28) F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2009, pag. 879. 




(29) C. RESTIVO, Le Sezioni Unite chiamate a pronunciarsi sulla validit� del �preliminare di preliminare�, 
in www.dirittocivilecontemporaneo.com. 



quanto meno, quelli essenziali del contratto, contempli dati limitati o generici 
del contratto medesimo e, anzich� documentare l�intesa raggiunta o essere 
diretta a provocare l�accettazione o la definizione dell�accordo, abbia carattere 
solo interlocutorio e preparatorio della stipulazione� ( 30). 

In ultimo ha ritenuto che il primo preliminare non sarebbe eseguibile in 
forma specifica, ex art. 2932 c.c., poich� rimandando ad un successivo contratto 
escluderebbe il rimedio giurisdizionale fin quando non sia intervenuta 
l�ulteriore scrittura che definisca il contenuto del contratto, di conseguenza 
solo il secondo preliminare sar� suscettibile di esecuzione forzata (31). 

4. Il preliminare di preliminare alla luce della sentenza delle Sezioni Unite. 

L�acceso dibattito che ha suscitato il preliminare di preliminare in dottrina 
e giurisprudenza ha portato la Corte di Cassazione a rimettere la questione alle 
Sezioni Unite con l�ordinanza interlocutoria del 12 marzo 2014 n. 5779. 

Nell�affrontare tale problematica, le Sezioni Unite riconoscono che il contratto 
preliminare di preliminare � sorto nell�ambito della compravendita immobiliare 
e dell�attivit� di mediazione professionalmente gestita, laddove per 
la complessit� di tali contratti si � formata la prassi di distinguere, come affermato 
in precedenza, in tre fasi la stipulazione del contratto finale. 

La questione sottoposta alle Sezioni Unite aveva ad oggetto un contratto 
intitolato �dichiarazione preliminare d�obbligo�, che conteneva gli elementi 
essenziali ma rimandava alla stipulazione del preliminare di vendita solo allorquando 
il Banco di Napoli avesse concesso la liberazione di ipoteca. 

Quindi alle Sezione Unite sono stati posti i seguenti quesiti: 

-Il contratto preliminare di preliminare obbliga solo al successivo preliminare 
o anche alla stipula del definitivo? 

-� nullo il contratto preliminare che prevede solo la riproduzione del 
suo contenuto al verificarsi di determinate circostanze? 

Le Sezioni Unite nella sentenza del 6 marzo 2015 n. 4628, prendendo posizione 
sulla prima questione sollevata nell�ordinanza interlocutoria, affermano 
che il contratto preliminare di preliminare non esaurisca il suo obbligo 
con la stipula del successivo preliminare, ma pone l�obbligo di stipulare il contratto 
definitivo. 

La posizione espressa dalle Sezioni Unite, in tale sentenza, contrasta apertamente 
con quanto affermato dalla Corte di Cassazione nel 2009, in quanto 
sostengono: �appare difficile in considerazione del principio generale di cui 
all�art. 1419 c.c. comma 1, ritenere che la nullit� dell�obbligo di concludere 

(30) Cass. Civ. 13 aprile 1995 n. 4265, in G. ADILARDI, Il contratto preliminare, Padova, 2008, 
pag. 26. 
(31) F. TOSCHI VESPASIANI, Il preliminare di preliminare e la proposta di acquisto accettata, in I 
contratti, 2009, pag. 995. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

un contratto preliminare riproduttivo di un contratto preliminare gi� perfetto 
possa travolgere anche l�obbligo, che si potrebbe definire finale, di concludere 
il contratto definitivo�. 

Le Sezioni Unite, per superare le posizioni espresse dalla precedente giurisprudenza, 
hanno fatto leva sulla causa concreta del contratto, come peraltro 
sostenuto da parte della dottrina, affermando che dovr� considerarsi prevalente 
l�interesse perseguito dalle parti. 

Per individuare il reale interesse delle parti si dovr� fare riferimento ai 
criteri indicati dagli art. 1362 c.c. e ss., verificando se le parti hanno voluto 
dare al primo atto una efficacia vincolante o meno. 

Il contratto preliminare di preliminare � un istituto affine alla puntuazione, 
la differenza tra i due sta nel carattere obbligatorio che deve riconoscersi al 
primo. Si potrebbe sostenere che mentre il preliminare di preliminare obbliga 
a contrarre, la puntuazione obbliga a contrattare. 

Quindi per verificare se le parti volessero dare origine a una semplice 
puntuazione o a un preliminare, occorrerebbe verificare l�interesse effettivo 
da esse perseguito (32). 

In tale accertamento si dovr� prendere in considerazione la volont� 
espressa dalle parti, per come espressa nel documento (33). 

Le Sezioni Unite sulla seconda questione hanno negato la sussistenza 
di un interesse meritevole di tutela nell�ipotesi in cui le parti stipulassero un 
secondo preliminare avente il medesimo oggetto del primo, in quanto vi sarebbe 
una �superfetazione� e si complicherebbe, inutilmente, la stipulazione 
tra le parti. 

Viceversa, tale interesse sussiste laddove le parti stipulassero un secondo 
preliminare avente un ulteriore contenuto rispetto al primo. 

Quindi si dovr� escludere la nullit� del preliminare di preliminare quando 
nel primo preliminare siano indicati gli elementi essenziali del contratto (parti 
del contratto, bene oggetto del contratto e prezzo) e nel successivo ulteriori 
elementi che arricchiscano il contenuto del primo. 

Infatti se la causa del contratto va ricercata nella ragione concreta del contratto, 
sarebbe irragionevole negare alle parti la possibilit� di far precedere la 

(32) G. TARANTINO, � ammissibile il preliminare del preliminare solo se conforme all�interesse 
delle parti, in Diritto e giustizia, 2015, pag. 45. 
(33) Cass. Civ. 14 luglio 2006 n. 16118: �In tema di minuta o di puntuazione del contratto, l'indagine 
del giudice deve accertare se le parti abbiano inteso porre realmente in essere il rapporto contrattuale 
sin dal momento dell'accordo, oppure se la loro intenzione sia stata quella di differire la 
conclusione del contratto ad una manifestazione successiva di volont�. A tal fine, la valutazione del 
giudice deve prevalentemente incentrarsi sul documento in ordine al quale si � formato l'accordo delle 
parti, fermo restando che la parte ha la pi� ampia facolt� di provare con elementi extratestuali il mancato 
perfezionamento del contratto e che le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la 
parte ad iniziativa della quale sono formate, concorrono tutte ed indistintamente alla formazione del 
convincimento del giudice�, in Il Civilista, 2008, pag. 86. 



stipulazione del definitivo da due preliminari, qualora le parti abbiano interesse 
alla graduazione progressiva del contratto (34). 

Le Sezioni Unite hanno fatto bene a ritenere ammissibile il preliminare 
di preliminare in quanto, permettendo alle parti di scandire in pi� fasi il loro 
iter contrattuale, si tutelerebbe un apprezzabile interesse delle parti, ad esempio 
quello di ottenere maggiori informazioni sull'affare. 

Alla luce di quanto affermato, la soluzione a cui sono giunte le Sezioni 
Unite deve ritenersi condivisibile in quanto, come ritenuto da autorevole dottrina, 
non vi sarebbero motivi rilevanti volti a negare alle parti la possibilit� 
di giungere alla stipula del definitivo attraverso pi� incontri, se tale via fosse 
la pi� idonea al perseguimento dell�interessi delle parti (35). 

Quindi, contrariamente a quanto sostenuto dalla Suprema Corte nel 2009, 
si deve riconoscere come meritevole di tutela l�interesse delle parti a graduare 
in pi� fasi la formazione del contratto. 

Inoltre il preliminare di preliminare, come si � potuto notare nel primo 
paragrafo, � in linea con altri istituti ammessi dalla giurisprudenza come il 
contratto preliminare di cosa altrui o il contratto preliminare di cosa futura, in 
cui l�iter contrattuale si scinde in due fasi distinte, consistenti nella stipula del 
preliminare e nella successiva stipula di un contratto obbligatorio, prima della 
stipula del definitivo (36). Di conseguenza, essendo gi� stati ammesse delle 
tipologie contrattuali che scindono la trattazione preliminare in due fasi, non 
vi sarebbe ragione per non ammettere un analoga scissione anche al preliminare 
di preliminare. 

Al pari di quanto affermato nel 2009 le Sezioni Unite concordano sul-
l�inapplicabilit� dell�esecuzione in forma specifica, ex art. 2932 c.c., in quanto 
questo � un rimedio applicabile solo al contratto definitivo. 

Le Sezioni Unite, contrastando la precedente giurisprudenza maggioritaria, 
hanno affermato l�ammissibilit� del contratto preliminare di preliminare 
a determinate condizioni: �In presenza di contrattazione preliminare relativa 
a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione 
di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo 
accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo 
costituisca gi� esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire 
effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori 
ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di 

(34) F. TOSCHI VESPASIANI, Il preliminare di preliminare e la proposta di acquisto accettata, in I 
contratti, 2009, pag. 996. 

(35) G.E. NAPOLI, Il Contratto preliminare del preliminare, in Rivista di diritto civile, 2010, pag. 

91. 

(36) G.E. NAPOLI, Il Contratto preliminare del preliminare, in Rivista di diritto civile, 
2010, pag. 92. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

inadempimento. Riterr� produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare 
con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un 
altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilit� del-
l'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla 
differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la pi� ristretta 
area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal 
primo preliminare�. 

Quindi le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno ammesso il c.d. 
preliminare di preliminare qualora si possa riscontrare la volont� delle parti a 
scandire la trattazione preliminare in due contratti, laddove nel secondo si disciplineranno 
ulteriori elementi, non trattati nel primo contratto. 

Sebbene tali conclusioni siano condivisibili e apprezzabili, lo stesso non 
pu� dirsi relativamente alle affermazioni relative alla violazione del contratto 
preliminare di preliminare: �si deve immaginare la pattuizione di un vincolo 
contrattuale che sia finalizzato ad ulteriori accordi e che il rifiuto di contrattare 
opposto nella seconda fase, se immotivato e contrario a buona fede, possa 
dar luogo a responsabilit� contrattuale da inadempimento di un obbligazione 
specifica sorta nel corso della formazione del contratto e non propriamente 
ex contractu�. Di conseguenza, afferma che: �la violazione di tale accordo, 
in quanto contraria a buona fede, potr� dar luogo a responsabilit� per la mancata 
conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale 
per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase 
precontrattuale�. 

A prima facie emerge la contraddittoriet� del ragionamento sostenuto, 
laddove si qualifica come contrattuale la responsabilit� per la rottura del rapporto 
assunto nella fase precontrattuale. 

La dottrina si � divisa in ordine all'individuazione della natura della responsabilit� 
precontrattuale. 

Le posizione espresse dalla dottrina si possono suddividere in tre tesi. 

Una prima tesi attribuisce alla responsabilit� precontrattuale la natura di 
responsabilit� contrattuale, tale tesi si incentra sul dovere di buona fede, a cui 
sono tenute le parti durante le trattative. Quest'ultime determinano il sorgere 
tra le parti di un vincolo giuridico, tale da qualificare la violazione di tale vincolo 
come inadempimento contrattuale (37). 

Una seconda tesi attribuisce alla responsabilit� precontrattuale la natura 
di responsabilit� extracontrattuale, in quanto ritiene che il contratto preliminare 
sia volto a tutelare un interesse della vita di relazione, individuato nella libert� 
negoziale. Quindi le parti contrattuali dovranno comportarsi, nello svolgimento 
del contratto secondo diligenza e buona fede (38). Tale tesi ha avuto il 
maggiore riscontro in giurisprudenza (39). 

(37) G. CAPO, A. MUSIO E G. SALITO, Il contratto preliminare, Padova, 2014, pag. 845. 


I fautori della natura extracontrattuale, inoltre, sostengono che non si possa 
avere un rapporto contrattuale nella fase delle trattative o della formazione del 
contratto. Tale assunto appare chiaro anche considerando l'etimologia delle parole, 
in quanto la parola precontrattuale indica tutte le attivit� svolte prima della 
formazione del contratto. Quindi, facendo leva sulla etimologia stessa delle parole, 
la responsabilit� contrattuale presuppone l'esistenza di un contratto in base 
al quale gli stipulanti dovranno tenere un determinato comportamento, che tuttavia 
manca nella fase delle trattative o del preliminare (40). 

Una terza tesi ritiene che la responsabilit� precontrattuale dia luogo ad 
un tertium genus di responsabilit� distinta da quella contrattuale e quella extracontrattuale. 


I fautori di tale tesi escludono la natura di responsabilit� contrattuale in 
quanto non ritengono di ricondurre le attivit� precontrattuali nella nozione di 
contratto, mentre escludono la natura di responsabilit� extracontrattuale poich� 
ritengono che la regola espressa nell'art. 1337 c.c. non riguardi solo aspetto 
risarcitorio (41). 

Tale tesi, invero minoritaria, non ha avuto riscontro in giurisprudenza, in 
quanto non si ritiene possibile inserire un altro tipo di responsabilit� oltre la 
responsabilit� contrattuale ed extracontrattuale (42). 

La conclusione a cui sono giunte le Sezioni Unite sulla responsabilit� per 
la violazione del preliminare di preliminare non pu� essere condivisa in quanto 
si deve obiettare che seppure si stipulino due diversi contratti preliminari e 
sorga un rapporto obbligatorio, siamo sempre in una fase preliminare alla conclusione 
del definitivo. 

(38) C.M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il Contratto, Milano, 2000, pag. 158. 

(39) Cass. Civ. Sez. III 29 luglio 2011 n. 6735 afferma: �La responsabilit� precontrattuale derivante 
dalla violazione della regola di condotta, posta dall'art. 1337 c.c. a tutela del corretto dipanarsi 
dell'iter formativo del negozio, costituisce una forma di responsabilit� extracontrattuale, cui vanno applicate 
le relative regole in tema di distribuzione dell'onere della prova. Ne consegue che, qualora gli 
estremi del comportamento illecito siano integrati dal recesso ingiustificato di una parte, grava non su 
chi recede la prova che il proprio comportamento corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, 
ma incombe, viceversa, sull'altra parte l'onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona 
fede e correttezza postulati dalla norma de qua�. Dello stesso avviso anche Cass. Civ. Sez. III 5 agosto 
2004 n. 15040: �La responsabilit� precontrattuale derivante dalla violazione della regola di condotta 
posta dall'art. 1337 c.c. a tutela del corretto dipanarsi dell'iter formativo del negozio costituisce una 
forma di responsabilit� extracontrattuale, cui vanno applicate le relative regole in tema di distribuzione 
dell'onere della prova. Ne consegue che, qualora gli estremi del comportamento illecito siano integrati 
(come nella specie) dal recesso ingiustificato di una parte (in un contesto connotato dall'affidamento 
dell'altra parte nella conclusione del contratto), grava non su chi recede la prova che il proprio comportamento 
corrisponde ai canoni di buona fede e correttezza, ma incombe, viceversa, sull'altra parte 
l'onere di dimostrare che il recesso esula dai limiti della buona fede e correttezza postulati dalla norma 
"de qua"�. 

(40) G. CAPO, A. MUSIO E G. SALITO, Il contratto preliminare, Padova, 2014, pag. 846. 
(41) G. CAPO, A. MUSIO E G. SALITO, Il contratto preliminare, Padova, 2014, pag. 849. 
(42) C.M. BIANCA, Diritto Civile, III, Il Contratto, Milano, 2000, pag. 158. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

Alla luce di quanto suesposto si deve ritenere che il dovere di buona fede, 
a cui si riferisce la sentenza, deve intendersi come l�obbligo delle parti di com-
portarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione 
del contratto. 

La violazione dell�accordo sulla stipula del definitivo dar� luogo ad abbandono 
ingiustificato delle trattative, poich� � palese che nel preliminare di 
preliminare le trattative siano giunte ad un punto tale da far confidare la controparte 
sulla conclusione del contratto (43). 

Quindi sarebbe stato pi� opportuno ravvisare nella violazione del preliminare 
di preliminare una responsabilit� precontrattuale in quanto, seppure � 
vero che il primo preliminare obbliga le parti a stipulare il contratto definitivo, 
esso non avr� tutti gli elementi per poter addivenire alla stipula del definitivo. 

Di conseguenza si dovrebbe ravvisare una responsabilit� contrattuale solo 
dopo la stipula del secondo contratto preliminare, in quanto si tratta del contratto 
che, avendo esaurito la fase delle trattative, contiene il reciproco accordo 
delle parti su tutti gli elementi contrattuali. 

Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 6 marzo 2015 n. 4628 -Primo Pres. f.f. L.A. Rovelli, 
Pres. Sez. M.G. Luccioli, Pres. Sez. R. Rordorf, Rel. P. D�Ascola, P.M. U. Apice (difforme) 
- M.F., S.M. (avv. M. Agone) c. F.M. (avv. G. Grella). 

Svolgimento del processo 

1) Gli odierni ricorrenti agirono nel novembre 1996 proclamandosi promittenti venditori di 
una porzione di fabbricato sita in Avellino. 
Chiesero l'esecuzione in forma specifica dell'accordo preliminare concluso il 9 luglio 1996 
con i promissari acquirenti, i coniugi Fr.Gi. e F.M. 
I convenuti resistettero sostenendo che la scrittura privata del 9 luglio costituiva una semplice 
puntuazione, priva di efficacia obbligatoria, insuscettibile di esecuzione ex art. 2932 c.c. 
Il tribunale di Avellino rilev� che il contratto conteneva l'impegno a stipulare il contratto preliminare 
di compravendita, allorquando il Banco di Napoli avesse dato assenso all'esclusione 
della porzione venduta dall'ipoteca gravante sul fabbricato. 
Il tribunale ritenne che il contratto stipulato fosse da qualificare come "preliminare di preliminare" 
e che fosse nullo per difetto originario di causa. 
Pertanto respinse la domanda. 
Anche la Corte di appello di Napoli ha ritenuto che al contratto preliminare pu� riconoscersi 
funzione giuridicamente apprezzabile solo se � idoneo a produrre effetti diversi da quelli del 

(43) Cass. Civ. del 26 febbraio 2013 n. 4802: �Perch� possa ritenersi integrata la responsabilit� 
precontrattuale, � necessario che tra le parti siano in corso trattative; che le trattative siano giunte a 
uno stadio idoneo a far sorgere nella parte che invoca l'altrui responsabilit� il ragionevole affidamento 
sulla conclusione del contratto; che la controparte, cui si addebita la responsabilit�, interrompa le trattative 
senza un giustificato motivo; che, infine, pur nell'ordinaria diligenza della parte che invoca la 
responsabilit�, non sussistano fatti idonei a escludere il suo ragionevole affidamento sulla conclusione 
del contratto�, in Guida al diritto, 2013, pag. 16. 


contratto preparatorio; che nella specie il secondo preliminare previsto dalle parti avrebbe 
prodotto gli stessi effetti di impegnarsi a stipulare alle medesime condizioni e sul medesimo 
bene; che pertanto l'accordo del 1996 era nullo, per difetto di causa autonoma rispetto al contratto 
preliminare da stipulare. 
Ha rigettato quindi la domanda di risoluzione e risarcimento danni, introdotta nel corso del 
giudizio di primo grado ex art. 1453 c.c., comma 2. 
Avverso questa sentenza, i promittenti venditori signori M. - S. hanno proposto ricorso per 
cassazione con unico motivo. 
Gli intimati inizialmente non hanno svolto attivit� difensiva. 
In vista della pubblica udienza, F.M. si � costituita con "memoria difensiva" del difensore nominato 
con procura speciale notarile. 
Con ordinanza interlocutoria 5779/14 del 12 marzo 2014 della seconda sezione civile, la causa 
� stata rimessa al primo Presidente, il quale la ha assegnata alle Sezioni Unite della Corte. Le 
parti costituite hanno depositato memorie. 

Motivi della decisione 

2) Preliminarmente, con riferimento alla costituzione tardiva della intimata, va rilevato che 
la parte contro la quale il ricorso � diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso 
contenente, ai sensi dell'art. 366 c.p.c., (richiamato dall'art. 370 c.p.c., comma 2), 
l'esposizione delle ragioni atte a dimostrare l'infondatezza delle censure mosse alla sentenza 
impugnata dal ricorrente. In mancanza di tale atto, essa non pu� presentare memoria, ma solamente 
partecipare alla discussione orale (Cass. 6222/12; 1737/05). 
3) Con unico complesso motivo di ricorso i promittenti venditori denunciano violazione e 
falsa applicazione degli artt. 1321, 1322, 1324, 1351, 1362 ss., 1374, 2697 e 2932 c.c. Invocano 
le opinioni dottrinali e giurisprudenziali che, contrapponendosi alla corrente di pensiero 
accolta dai giudici di merito, ha riconosciuto "del tutto ammissibile e lecita la figura del preliminare 
di preliminare". 
Sostengono che non pu� essere negato che sussista un interesse delle parti a creare un "impegno 
provvisorio", scindendo la contrattazione preparatoria del contratto definitivo di vendita 
dell'immobile in due fasi. 
Affermano che la Corte di appello si � erroneamente allineata alle tesi che ritengono nullo 
per mancanza di causa il c.d. preliminare di preliminare, le quali ignorano il concreto svolgersi 
delle negoziazioni immobiliari e le esigenze della pratica. 
Ricordano che il contratto per cui � causa, intitolato "dichiarazione preliminare d'obbligo" 
conteneva gli elementi essenziali del negozio e prevedeva la stipula di un "regolare preliminare 
di vendita", qualora il Banco di Napoli avesse dato assenso alla liberazione dall'ipoteca. 
Parte ricorrente deduce che per "regolare preliminare" doveva intendersi "formale preliminare", 
espressione che assume oggi maggior significato in relazione alla possibilit� di trascrivere 
i preliminari redatti "in base alla L. 28 febbraio 1997, n. 30". 
Evidenzia la apprezzabilit� dell'interesse che le parti avevano a conoscere, nel percorso negoziale 
di progressivo avvicinamento, le decisioni dell'istituto bancario che vantava l'ipoteca. 
Il ricorso, che � concluso da congruo e concreto quesito, redatto ex art. 366 bis c.p.c., e completato 
da altra censura per contraddittoriet� della motivazione, � fondato. 
3) La Seconda Sezione ha ritenuto opportuno interpellare le Sezioni Unite, svolgendo le seguenti 
considerazioni: 
"Il collegio non ignora che questa S.C. ha gi� avuto occasione di affermare che il contratto in virt� 


CONTENZIOSO NAZIONALE

del quale le parti si obblighino a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un 
contratto preliminare di preliminare) � nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela 
l'interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione (sent. 2 
aprile 2009 n. 8038, seguita, senza ulteriori approfondimenti da Cass. 10 settembre 2009) (n. 19557). 
Ritiene, tuttavia, che tale orientamento, nella sua assolutezza, potrebbe essere meritevole di 
precisazioni, con riferimento alle ipotesi che in concreto possono presentarsi. 
In primo luogo, potrebbe dubitarsi della nullit� del contratto preliminare il quale si limitasse 
a prevedere un obbligo di riproduzione del suo contenuto al verificarsi di determinate circostanze, 
come nel caso di specie, in cui la stipulazione di un "regolare contratto preliminare" 
era subordinata al consenso del Banco di Napoli alla cancellazione dell'ipoteca gravante 
(anche) sulla porzione immobiliare promessa in vendita. 
Ma quello che pi� conta � che il contratto preliminare di contratto preliminare non esaurisce 
il suo contenuto precettivo nell'obbligarsi ad obbligarsi, ma contiene - come nel caso di specie 

-anche l'obbligo ad addivenire alla conclusione del contratto definitivo. 
Ora, appare difficile, in considerazione del principio generale di cui all'art. 1419 c.c., comma 
1, ritenere che la nullit� dell'obbligo di concludere un contratto preliminare riproduttivo di un 
contratto preliminare gi� perfetto possa travolgere anche l'obbligo, che si potrebbe definire 
finale, di concludere il contratto definitivo". 
3.1) La sentenza 8038/09, alla quale l'ordinanza di rimessione fa riferimento, aveva cos� argomentato: 
"L' art. 2932 c.c., instaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il 
contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale 
perseguito dalle parti. 
Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi... ad obbligarsi a 
ottenere quell'effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun 
effettivo interesse meritevole di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ben potendo l'impegno 
essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere 
in seguito qualcosa, anzich� prometterlo subito. 
N� sono pertinenti i contrari argomenti esposti dai ricorrenti: in parte non attengono al reciproco 
rapporto tra le parti del futuro contratto definitivo, ma a quelli tra ognuna di loro e l'intermediario 
che le ha messe in relazione, sicch� non riguardano il tema in discussione; per il 
resto prospettano l'ipotesi di un preliminare gi� riferentesi al definitivo e da rinnovare poi con 
un altro analogo negozio formale, il che rappresenta una fattispecie diversa da quella del prepreliminare, 
di cui si � ritenuta in sede di merito l'avvenuta realizzazione nella specie. Correttamente, 
quindi, nella sentenza impugnata, esclusa la validit� dell'accordo raggiunto dalle 
parti, ha ritenuto che esse si trovassero, in relazione al futuro contratto preliminare, nella fase 
delle trattative, sia pure nello stato avanzato della puntuazione, destinata a fissare, ma senza 
alcun effetto vincolante, il contenuto del successivo negozio". 
3.2) Il confronto tra i provvedimenti soprariportati costituisce gi� eloquente documentazione 
delle incertezze che da qualche decennio agitano la dottrina e la giurisprudenza in ordine al-
l'ammissibilit� del c.d. contratto preliminare di preliminare. 
Si contrappongono infatti un orientamento che si pu� definire tradizionale, rispecchiato da Cass. 
8038/09, che diffida (di "una certa diffidenza" discute per prima Pret. Bologna 9 aprile 1996, 
Giur. it., 1997, I, 2, 539) della configurabilit� di un momento contrattuale anteriore al preliminare 
e un orientamento pi� possibilista, che considera benevolmente le ipotesi di c.d. "preliminare 
aperto" e ritiene possibile una tripartizione delle fasi che conducono alla stipula del definitivo. 
Un'analisi pi� approfondita della esperienza giurisprudenziale e dell'evolversi del dibattito 


dottrinale pu� consentire di svelare contrasti solo apparenti, di riavvicinare le posizioni e di 
delineare senza schematismi i limiti in cui pu� espandersi l'autonomia privata. 
3.3) In giurisprudenza viene affermato che: 
"In tema di minuta o di puntuazione del contratto, qualora l'intesa raggiunta dalle parti abbia 
ad oggetto un vero e proprio regolamento definitivo del rapporto non � configurabile un impegno 
con funzione meramente preparatoria di un futuro negozio, dovendo ritenersi formata 
la volont� attuale di un accordo contrattuale; per tale valutazione, ben pu� il giudice far ricorso 
ai criteri interpretativi dettati dall'art. 1362 c.c. e segg., i quali mirano a consentire la ricostruzione 
della volont�' delle parti, operazione che non assume carattere diverso quando sia 
questione, invece che di stabilirne il contenuto, di verificare anzitutto se le parti abbiano inteso 
esprimere un assetto d'interessi giuridicamente vincolante, dovendo il giudice accertare, al di 
l� del nomen iuris e della lettera dell'atto, la volont� negoziale con riferimento sia al comportamento, 
anche successivo, comune delle parti, sia alla disciplina complessiva dettata dalle 
stesse, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre". (Cass. 2720/09). 
Stabilire se la formazione di un accordo che riguardi solo i punti essenziali del contratto di 
compravendita (Cass. 23949/08; 2473/13; 8810/03; 3856/83) sia sufficiente a costituire un 
contratto preliminare suscettibile di esecuzione coattiva ex art. 2932 c.c., � questione di fatto 
che pu� risultare di difficile discernimento. 
Si rinvengono infatti non poche massime secondo le quali ai fini della configurabilit� di un 
definitivo vincolo contrattuale, � necessario che tra le parti sia raggiunta l'intesa su tutti gli 
elementi dell'accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza l� dove, raggiunta 
l'intesa solamente su quelli essenziali ed ancorch� riportati in apposito documento, risulti 
rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori. (Cass. 
14267/06; 11371/10). 
Questo secondo filone giunge ad affermare che anche in presenza del completo ordinamento 
di un determinato assetto negoziale pu� risultare integrato un atto meramente preparatorio di 
un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell'attuale effettiva volont� 
delle medesime di considerare concluso il contratto (910/05; 20701/07). 
4) La questione rimessa oggi alla Corte non riguarda il rilievo della volont� nella conclusione 
del contratto e se essa sia la sola via per stabilire quando il preliminare venga definitivamente 
formato: � chiesto invece di indagare sulla dinamica degli accordi contrattuali in tema di compravendita 
immobiliare. � infatti evidente gi� da questa prima ricognizione quale sia l'incertezza 
del confine tra atto preparatorio e contratto preliminare, incertezza alimentata da una 
accentuata polarizzazione tra contratto preliminare (vincolante) da un lato e diniego di rilevanza 
negoziale, per difetto della causa, di accordi prodromici al preliminare, i quali al pi� 
vengono qualificati semplice "puntuazione". Occorre pertanto stabilire se e in quali limiti sia 
riconosciuto nell'ordinamento un accordo negoziale che rimandi o obblighi i contraenti a un 
contratto preliminare propriamente detto. 
4.1) La problematica risulta affrontata pi� volte nella giurisprudenza di merito. Trib. Salerno 
23 luglio 1948 (Dir. Giur., 1949, 101) ebbe ad affermare che la legge, nel fissare i due tipi 
fondamentali di contratti (preliminare e definitivo), esclude l'esistenza di un contratto preliminare 
relativo ad altro preliminare, il quale dovrebbe comunque rispettare il requisito di 
forma di cui all'art. 1351 c.c. Il tribunale di Napoli (23.11.1982 in Giustciv. 1983, 1, 283; 
21.2.1985 n. 1480 Dir Giur. 1985, 725) ha aggiunto che il contratto con cui le parti si impegnano 
a stipulare un futuro contratto preliminare di analogo contenuto � nullo per mancanza 
di causa, "difettando di ogni funzione economica meritevole di tutela". La trattatistica censisce 


CONTENZIOSO NAZIONALE

vari altri casi (tra i quali: App Genova 21.2.2006, Obbl e contr., 2006, 648; App. Napoli 
1.10.2003, Giur. mer. 2004, 63) che riecheggiano queste convinzioni. 
4.1.1) Altre volte la giurisprudenza partenopea si � orientata in senso opposto. 
App. Napoli 11 ottobre 1967, (Dir. Giur. 1968, 550) ha ritenuto che "in virt� del principio 
dell'autonomia negoziale" sia ammissibile un regolamento contrattuale che preveda, dopo la 
prima intesa scritta, un'ulteriore scansione temporale, con la stipulazione del contratto preliminare, 
legata al versamento di una caparra. Trib. Napoli 28 febbraio 1995 (Dir. Giur. 1995, 
163) muovendo dallo stesso presupposto ha considerato meritevole di tutela "il contratto preliminare 
del preliminare qualora lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dell'iter 
progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi". 
In altri casi i giudici di merito hanno espressamente ritenuto di non avventurarsi nella analisi, 
poich� hanno ravvisato gi� nel primo contratto gli elementi sufficienti a qualificare come preliminare 
ex art. 1351 c.c., l'accordo documentato (Pret. Firenze 19. 12. 1989 Giur. merito, 
1990, 466) ovvero, all'opposto, la configurabilit� di una condizione sospensiva, il cui mancato 
avveramento impedisce il perfezionamento della fattispecie negoziale (Trib. Firenze 10 luglio 
1999, Nuovo dir., 2000, 487). 
4.2) Queste oscillazioni mettono capo, come la giurisprudenza citata sub 3.3, al tema del-
l'identificazione del contratto preliminare e preannunciano il diffondersi di problematiche relative 
alla contrattazione in materia di vendita immobiliare, settore che ha segnato la fortuna 
del contratto preliminare nel nostro ordinamento. 
Prima di esaminare le valutazioni dottrinali in questa materia � quindi opportuno stabilire 
che solo questo � il campo di indagine, restando esclusi - e da salvaguardare - altri istituti 
di confine. 
Intorno al 1970, nel fissare le fondamenta concettuali del contratto preliminare, la dottrina ha 
avuto cura di distinguerli e di segnalare che il contratto preliminare non � "un recipiente di 
comodo" in cui inserire gli istituti dagli incerti confini. 
Va pertanto esemplificativamente ricordato che: la figura dell'opzione di contratto preliminare, 
di origine dottrinale (ma v. Cass. 1071/67), � un'ipotesi di "possibile allargamento della sfera 
di applicazione del patto di opzione" (per la distinzione, cfr Cass. 8564/12). 
Il patto di prelazione ha lo scopo essenziale di impedire che il promittente concluda un contratto 
con un terzo anzich� con il beneficiario del patto: non sembra quindi una figura diretta 
alla conclusione del contratto, come il preliminare, ma alla scelta del contraente, ancorch� in 
giurisprudenza venga qualificato come preliminare unilaterale (Cass. 3127/12). 
Anche il patto di contrarre con il terzo non pu� essere confuso con le ipotesi che ci occupano 
di pattuizione anteriore al preliminare, categoria al quale � estraneo, per il motivo determinante 
che non vi � ancora - con questo patto - una manifestazione di consenso intorno a un regolamento 
di interessi, ma una volont� manifestata a un soggetto diverso dal terzo con cui si dovr� 
in futuro contrarre. 
4.3) Il vero insorgere della problematica � stato determinato dall'evoluzione della contrattazione 
immobiliare e dell'attivit� di mediazione professionalmente gestita. 
La complessit� dei contatti, delle verifiche da effettuare, da un lato per saggiare la seriet� dei 
proponenti, dall'altro per accertarsi della consistenza del bene e dell'affidabilit� dei contraenti, 
hanno di fatto portato a una frequente tripartizione delle fasi contrattuali. 
Una prima fase in cui, a volte con la formula, almeno dichiarata, della proposta irrevocabile, 
l'aspirante acquirente offre un certo corrispettivo per l'acquisto del bene, atto che viene riscontrato 
dalla accettazione o dal rifiuto del proprietario. 


Una seconda, espressamente prevista, di stipula del contratto preliminare propriamente detto. 
La terza, costituita dall'indispensabile rogito notarile con il saldo del prezzo. 
La pratica degli affari ci consegna una incalcolabile serie di varianti: inseguirle, � stato spiegato, 
sarebbe ozioso impegno di un giurista da tavolino. 
Alla variabilit� della modulistica dei mediatori si aggiunge infatti la inesauribile creativit� 
dei contraenti, assistiti o meno da consulenti legali. 
Il quesito che occorre risolvere concerne la configurabilit� di due fasi anteriori al rogito o comunque 
all'atto traslativo, giustificabili l'una rispetto all'altra allo stesso modo in cui venne a 
suo tempo giustificata la "scissione" del contratto preliminare rispetto al definitivo. 
Si vuoi dire che la "scissione", in alcuni casi, dimostra che le parti sono incerte e intendono 
meglio orientarsi, cosicch� essa risponde all'esigenza di "fermare l'affare", ossia di dare vincoli 
giuridici all'operazione economica condivisa negli elementi essenziali, restando per�, per una 
delle parti (di regola il compratore) l'esigenza di verificare con certezza la praticabilit� del-
l'operazione, prima ancora che di definirla in termini pi� precisi e articolati. 
Ci� pu� avvenire sovente sui seguenti punti: a) assumere elementi di conoscenza sulla persona 
della controparte (es., se � imprenditore o comunque persona solvibile; escludere vicinanze 
"mafiose", etc.). Si tratta di elementi che non potrebbero, ove conosciuti come negativi, essere 
addotti a motivo di risoluzione di un contratto gi� concluso o forse neppure essere portati a 
conoscenza della controparte stessa, ragione per cui � necessario non dare carattere di assolutezza 
al vincolo. 
b) verificare con precisione lo stato della cosa; 
c) verificare la situazione urbanistica e svolgere le altre visure e ricerche necessarie. 
5) Il ragionamento al quale si � rifatta Cass. 8038/09, e che nega la validit� di un accordo ripetitivo, 
ha pregio se si ipotizza (come sembra sia stato comunque fatto anche in quel caso) 
che tra il primo e il secondo preliminare vi sia identit� (bis in idem). 
In tal caso, mancando un contenuto nuovo in grado di dar conto dell'interesse delle parti e 
dell'utilit� del contratto, si � parlato di mancanza di causa. La parte di dottrina che � tendenzialmente 
contraria ad ammettere queste pattuizioni riconosce che nelle trattative complesse 
il contratto si pu� formare progressivamente, ma nega che si possa parlare di obbligo a contrarre, 
preferendo l'aspetto descrittivo dell'obbligazione di contrattare. Nega anche rilievo alla 
differenziazione basata sulla ricorribilit� al rimedio di cui all'art. 2932 c.c., solo in relazione 
al secondo contratto. 
Si pretende infatti che il rapporto tra i preliminari venga "valutato in termini di contenuto dispositivo 
e non gi� di sanzioni". 
� gi� questa una significativa apertura, ancorch� sia stata limitata a quelle fattispecie in cui 
le parti, impegnatesi in sede di primo accordo sui punti essenziali della futura compravendita, 
abbiano solo voluto rinviare la definizione di punti secondari. 

5.1 Le Sezioni Unite della Corte intendono cogliere gli aspetti costruttivi di quel moderno 
orientamento che vuole riconoscere la libert� delle parti di determinarsi e di fissare un nucleo 
di interessi da trasfondere nei vari passaggi contrattuali. 
Viene in primo luogo in risalto, come evidenziato dal pi� recente dibattito dottrinale, la tematica 
della causa concreta. 
Una definizione di questa Corte (Cass. 10490/06) la qualifica come "scopo pratico del negozio...
sintesi degli interessi che lo stesso � concretamente diretto a realizzare quale funzione 
individuale della singola e specifica negoziazione, al di l� del modello astratto utilizzato". 
Sono molti i casi in cui la Corte, dichiaratamente o meno, ha lasciato da parte la teorica della 


CONTENZIOSO NAZIONALE

funzione economico sociale del contratto e si � impegnata nell'analisi dell'interesse concretamente 
perseguito dalle parti nel caso di specie, cio� della ragione pratica dell'affare. 
L'indagine relativa alla causa concreta, - � stato evidenziato - giova sia come criterio d'interpretazione 
del contratto sia come criterio di qualificazione dello stesso: "La rispondenza del 
contratto ad un determinato tipo legale o sociale richiede infatti di accertare quale sia l'interesse 
che il contratto � volto a realizzare". 
Questa chiave di lettura conduce a riconsiderare gli approdi schematici ai quali sono pervenute 
in passato dottrina e giurisprudenza. 
� singolare, ma non casuale, che il profilo causale del contratto sia stato inteso in dottrina e 
giurisprudenza come ricerca della utilit� del contratto, cio� della sua "complessiva razionalit�" 
ed idoneit� ad espletare una funzione commisurata sugli interessi concretamente perseguiti 
dalle parti attraverso quel rapporto contrattuale. 
� questo in fondo che la stessa Cass. 8038/09 richiede allorquando rileva che, in caso contrario, 
l'obbligo di obbligarsi ad ottenere un certo effetto � "una inconcludente superfetazione" 
priva di "senso pratico". 

5.2 Le opinioni, pur partendo da prospettive diverse, coincidono dunque nel definire nulla 
l'intesa che si risolva in un mero obbligo di obbligarsi a produrre un vincolo che non abbia n� 
possa avere contenuto ulteriore o differenziato. Un secondo punto di convergenza si rinviene 
allorquando l'analisi del primo accordo conduce a ravvisare in esso i tratti del contratto preliminare, 
in quanto contenente gli elementi necessari per configurare tale contratto, quali, si 
osserva, l'indicazione delle parti, del bene promesso in vendita, del prezzo. La presenza della 
previsione di una ulteriore attivit� contrattuale pu� rimanere irrilevante, ma va esaminata alla 
luce delle pattuizioni e dei concreti interessi che sorreggono questa seconda fase negoziale. 
Giovano alcune esemplificazioni: a) Pu� darsi il caso che nell'accordo raggiunto sia stata semplicemente 
esclusa l'applicabilit� dell'art. 2932 c.c.: si tratta, � stato osservato, di una esclusione 
convenzionalmente ammessa. La conseguenza sar� che, pur ravvisandosi un contratto 
"preliminare" in questa scrittura che ipotizzava un successivo accordo, si potr� far luogo, in 
caso di inadempimento, solo al risarcimento del danno. 
b) Pu� presentarsi l'ipotesi in cui la pattuizione della doppia fase risponda all'esigenza di una 
delle parti di godere del diritto di recesso, facolt� che pu� essere convenzionalmente prevista 
nel contratto preliminare e che pu� anche accompagnarsi alla prevista perdita di una modesta 
caparra penitenziale versata dal proponente l'acquisto; si tratta � stato detto, del costo del recesso 
da un contratto preliminare gi� concluso. 
c) � ipotizzabile, ed � quanto andr� vagliato con particolare attenzione dai giudici di merito 
nel giudizio odierno, che le parti abbiano raggiunto un'intesa completa, subordinandola per� 
a una condizione. 
Tutte queste ipotesi, e le altre che sono immaginabili, sono apparentate da una conclusione 
che pu� regolare buona parte della casistica: va escluso che sia nullo il contratto che contenga 
la previsione della successiva stipula di un contratto preliminare, allorquando il primo accordo 
gi� contenga gli estremi del preliminare. L'assenza di causa che � stata rilevata quando si � 
discusso di "preliminare di preliminare" potrebbe in tali casi riguardare tutt'al pi� il secondo, 
ma non certo il primo contratto. 
6) Dietro la stipulazione contenente la denominazione di "preliminare del preliminare" (nel 
senso che la conclusione dell'accordo precede la stipula del contratto preliminare) si possono 
dare situazioni fra loro differenti, che delineano sia figure contrattuali atipiche (quali quelle 
prima indicate), ma alle quali corrisponde una "causa concreta" meritevole di tutela; sia stadi 


prenegoziali molto avanzati, cui corrisponde un vincolo obbligatorio di carattere ancora prenegoziale 
(almeno fra le parti del contratto in relazione al quale si assuma un impegno volto 
alla successiva stipula di un contratto preliminare) che vede intensificato e meglio praticato 
l'obbligo di buona fede di cui all'art. 1337 c.c.. 
Certo � per�, che, in linea di massima, la previsione di dover dar vita, in futuro, all'assunzione 
dell'obbligo contrattuale nascente dal contratto preliminare, pu� essere sintomatica del fatto 
che le parti hanno consapevolezza che la situazione non � matura per l'assunzione del vincolo 
contrattuale vero e proprio. Ci� pu� dipendere segnatamente in relazione al grado di conoscenza 
di tutti gli elementi di fatto che occorre aver presenti per manifestare la volont� il cui 
incontro da vita all'accordo vincolante consacrato nel contratto preliminare. 
Posto, come si � detto prima, che non si pu� assegnare utilit� al "bis in idem" in quanto volto 
alla mera ripetizione del primo contratto ad identici contenuti, se e quando le parti sono disposte 
al mutamento del contenuto del contratto, al cambiamento di esso, l'obbligazione assunta 
sembra avere per oggetto non il contrarre, ma il contrattare. 
6.1) Anche la dottrina pi� rigorosa riconosce che da gran tempo � stata discussa la formazione 
progressiva del contratto e sembra ammettere che essa potrebbe atteggiarsi configurando una 
tripartizione del procedimento di compravendita immobiliare. 
Secondo le Sezioni Unite si deve immaginare la pattuizione di un vincolo contrattuale che sia 
finalizzato ad ulteriori accordi e che il rifiuto di contrattare opposto nella seconda fase, se immotivato 
e contrario a buona fede, possa dar luogo a responsabilit� contrattuale da inadempimento 
di un'obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto e non 
propriamente ex contractu. 
� stato per� osservato che si tratterebbe di ipotesi diversa da quella del preliminare di preliminare, 
che dovrebbe riguardare l'obbligo, assunto nella prima fase, di contrarre e non 
di contrattare, come invece avverrebbe quando siano state scandite solo tappe di una trattativa 
complessa. 
Si � quindi manifestata contrariet� all'ipotesi di un "preliminare aperto" - sottoscritto per lo 
pi� da parti che ancora non si conoscono o hanno deliberatamente lasciato alla seconda fase 
la regolazione di alcuni profili contrattuali - seguito da un preliminare chiuso. 
Questa ritrosia pu� essere giustificata in alcuni casi, ma non in tutti. 
� stato in precedenza sottolineato che va dato peso alla difficolt� di configurare come preliminare 
propriamente detto un rapporto obbligatorio in cui le parti non si conoscano e non 
siano in grado quindi di valutare le qualit� soggettive dell'altro contraente. 
Rispetto a questa frequente ipotesi, non sembra corrispondere alle reali esigenze del traffico 
giuridico qualificare la prima intesa, che pur contenga gli altri elementi essenziali, come contratto 
preliminare. 
Vi sono esigenze, in una societ� complessa, interessata da pervasivi fenomeni criminosi, da 
sospette manipolazioni nel tessuto economico, da un fiorire incontrollabile di nullit� contrattuali 
"minori", ma non per questo meno incisive negozialmente, di riservare il consenso vincolante, 
sottomesso all'esecuzione coattiva, a verifiche che sono da valutare soggettivamente. 
In altri casi il contraente resta libero da vincoli stringenti e assoggettato solo alle conseguenze 
risarcitorie che ha deliberamente assunto e contrattualmente delimitato, concordando espressamente 
la necessit� di un vero e proprio preliminare e l'esclusione del disposto di cui all'art. 
2932 c.c.. 
Una pi� esauriente determinazione del contenuto contrattuale pu� essere prevista per meglio 
realizzare l'interesse delle parti. Se si dovesse invece ricorrere sempre all'opzione 


CONTENZIOSO NAZIONALE

preliminare/definitivo si dovrebbero riempire i contenuti rimasti in sospeso con il meccanismo 
di cui all'art. 1374, integratore rispetto al primo accordo incompleto. 
6.2) � stato autorevolmente sostenuto che se mancano violazioni di una legge imperativa, non 
v'� motivo per giudicare inammissibili procedimenti contrattuali graduali, la cui utilit� sia riscontrata 
dalle parti con pattuizioni che lasciano trasparire l'interesse perseguito, in s� meritevole 
di tutela, a una negoziazione consapevole e informata. 
Le posizioni di coloro che pongono l'alternativa "preliminare o definitivo" amputano le forme 
dell'autonomia privata, sia quando vogliono rintracciare ad ogni costo il contratto preliminare 
in qualunque accordo iniziale, sia quando ravvisano nel c.d. preliminare chiuso il contratto 
definitivo, passibile soltanto di riproduzione notarile. 
La procedimentalizzazione della fasi contrattuali non pu� di per s� essere connotata da disvalore, 
se corrisponde a "un complesso di interessi che stanno realmente alla base dell'operazione 
negoziale". 
� vero che occorre guardarsi da un uso "poco sorvegliato" dell'espressione preliminare di preliminare", 
perch� l'argomento nominalistico non � neutro. Tuttavia, se ci si libera dell'ipotesi 
in cui appare che il primo contratto � gi� il contratto preliminare e che il secondo �, al pi�, 
solo la sua formalizzazione per la trascrizione, restano due "sequenze" variabili che si avvicinano: 
A) quella delle mere puntuazioni in cui le parti hanno solo iniziato a discutere di un possibile 
affare e senza alcun vincolo fissano una possibile traccia di trattative. In questa ipotesi, quanto 
maggiore e specifico � il contenuto, tanto pi� ci si avvicina al preliminare. 
B) Quella in cui il contratto non � ancora un vero preliminare, ma una puntuazione vincolante 
sui profili in ordine ai quali l'accordo � irrevocabilmente raggiunto, restando da concordare 
secondo buona fede ulteriori punti. 
Si tratta di un iniziale accordo che non pu� configurarsi ancora come preliminare perch� mancano 
elementi essenziali, ma che esclude che di quelli fissati si torni a discutere. In questa 
ipotesi man mano che si impoverisce il contenuto determinato ci si allontana dal preliminare 
propriamente detto. 
b1) Occorre qui ulteriormente ricordare la distinzione con l'ipotesi in cui la previsione del secondo 
preliminare esprime soltanto che la situazione conoscitiva delle parti non � tale da far 
maturare l'accordo consapevole, ma si vuole tuttavia "bloccare l'affare", anche a rischio del 
risarcimento del danno negativo in caso di sopravvenuto disaccordo. 
Ci� che conta chiarire � che, all'interno di una gamma di situazioni che ricevono risposte diverse, 
quelle contrassegnate sotto la lettera b sono riconducibili a una fase sostanzialmente 
precontrattuale, in cui la formazione del vincolo � limitata a una parte del regolamento. La 
violazione di queste intese, perpetrata in una fase successiva rimettendo in discussione questi 
obblighi in itinere che erano gi� determinati, da luogo a responsabilit� contrattuale da inadempimento 
di un'obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto, riconducibile 
alla terza delle categorie considerate nell'art. 1173 c.c., cio� alle obbligazioni 
derivanti da ogni fatto o atto idoneo a produrle in conformit� dell'ordinamento giuridico. 
6.2.1) � evidente come questa linea interpretativa impone di vagliare caso per caso l'emergere 
dell'interesse delle parti, di questa loro volont� di rinviare il momento in cui operano sia l'integrazione 
suppletiva ex art. 1374 c.c. sia la cogenza del meccanismo proprio del preliminare 
ex art. 1351 e 2932 c.c.. 
Nella compravendita immobiliare l'ausilio giunge dal formalismo che contraddistingue la materia, 
s� da potersi di volta in volta cogliere i profili oggettivi non solo di una trattativa e della 


successiva stipula di un preliminare, ma di una sequenza di atti caratterizzati da un contenuto 
differenziato e aventi portata contrattuale con le connesse conseguenze. 
7) Alla luce di questi principi il ricorso � da accogliere. 
I giudici di merito hanno infatti in primo luogo omesso di valutare se il contratto in esame, 
sebbene prevedesse la stipula di un successivo contratto preliminare, avesse gi� le caratteristiche 
di un contratto preliminare completo, soltanto subordinato ad una condizione, cio� al 
consenso del Banco di Napoli alla cancellazione parziale dell'ipoteca, ipotesi da loro stessi 
contemplata (pag. 7 sentenza) ma scartata a causa della previsione dell'impegno a sottoscrivere 
un futuro preliminare. 
Hanno poi omesso di interrogarsi sulla validit� del primo contratto, in ipotesi munito di tutti 
gli elementi essenziali del preliminare, e sulla possibile invalidit�, in questo contesto, del secondo 
accordo, se meramente riproduttivo del primo. In quest'ottica hanno rovesciato la prospettiva 
che le Sezioni unite ritengono giuridicamente corretta. 
Hanno infine aderito all'orientamento che sanziona come nullo per difetto di causa un contratto 
che sia propedeutico al "successivo stipulando preliminare" senza verificare la sussistenza di 
una causa concreta dell'accordo dichiarato nullo tale da renderlo meritevole di tutela da parte 
dell'ordinamento, in quanto inserito in una sequenza procedimentale differenziata, secondo 
un programma di interessi realizzato gradualmente. 
Discende da quanto sposto l'accoglimento del ricorso. 
La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa ad altra sezione della Corte di appello 
di Napoli per nuovo esame dell'appello e la liquidazione delle spese di questo giudizio. 
Il giudice di rinvio si atterr� al seguente principio di diritto: 
In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita 
in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione 
di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale 
accordo costituisca gi� esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire 
effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione 
dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. 
Riterr� produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti 
si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga 
la configurabilit� dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata 
sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la pi� ristretta area del regolamento 
di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. 
La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potr� dar luogo a responsabilit� 
per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per 
la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale. 

P.Q.M. 
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte 
di appello di Napoli, che provveder� anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimit�. 
Cos� deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 7 ottobre 2014. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Il sindacato e la figura istituzionalmente 
preposta alla tutela dei lavoratori 

NOTA A TRIBUNALE DI NAPOLI - SEZ. LAVORO E PREVIDENZA -DECRETO 27 APRILE 2015 N. 14536 

Lucrezia D�Avenia* 

Il decreto che si annota ha affrontato la questione giuridica della legittimazione 
attiva del Sindacato ad agire ex art. 28 L. 300/1970 nelle ipotesi in 
cui venga adottato un provvedimento in materia di sicurezza dei lavoratori, in 
violazione dell'obbligo di informazione e consultazione preventiva del Rappresentante 
dei Lavoratori per la Sicurezza, previsto dall'art. 50 del d.lgs 81/2008. 

In particolare, il suddetto provvedimento, accogliendo la tesi sostenuta 
dall'Avvocatura di Stato ha riconosciuto che lo speciale rimedio previsto dal-
l'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori pu� essere esperito solo se, sotto il profilo 
oggettivo, la condotta del datore di lavoro configura una lesione dell'interesse 
del sindacato al libero esercizio dell'attivit� sindacale e del diritto allo sciopero. 

Tale strumento ha, dunque, una portata applicativa limitata alla tutela di 
diritti cd. "sindacali", ovvero diritti riconosciuti dalla legge o da norme contrattuali 
direttamente in capo al sindacato quale Ente collettivo, non potendo 
essere esteso alla tutela di diritti individuali dei lavoratori, quale � quello alla 
salute ed alla sicurezza sul luogo di lavoro. 

In tal senso si � espressa in pi� occasioni anche la Giurisprudenza di merito 
che, in fattispecie del tutto analoga alla presente, ha stabilito che: 

"L'eccezionale strumento previsto dall'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori 
� finalizzato alla repressione della condotta antisindacale posta in essere 
dal datore di lavoro, ossia di quella condotta diretta a impedire o limitare 
l'esercizio della libert� e dell'attivit� sindacale nonch� del diritto allo sciopero, 
di tal che "gli organismi locali delle associazioni nazionali che vi abbiano interesse" 
non sono legittimati ad agire in giudizio, azionando la predetta procedura, 
per ottenere la tutela di un diritto non sindacale, ma proprio dei 
singoli lavoratori, quale � quello alla loro sicurezza" (cfr. sentenza del Tribunale 
di Santa Maria Capua Vetere, Sez. lavoro, del 26 aprile 2005). 

Si veda, in tal senso, anche la sentenza del Tribunale di Belluno, 23 ottobre 
2002: �Non si applicano al datore di lavoro gli strumenti di repressione della 
condotta antisindacale predisposti dall�art. 28 della legge 20 maggio 1970, 

n. 300, il cui atteggiamento sia teso a limitare l'attivit� del Rappresentante 
per la Sicurezza, previsto dall'art. 18 del DLgs 17 settembre 1994 n. 626". 

Pertanto, posto che il diritto alla sicurezza non � inquadrabile tra i diritti 
sindacali, e che lo statuto dei Lavoratori, con la formulazione dell'art. 28, ha ri


(*) Dottore in Giurisprudenza, ammessa alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato di Napoli. 


conosciuto un'azione speciale, cui � legittimato il gruppo come tale e non i singoli 
membri, ammettere che il Sindacato agisca per condotta antisindacale a tutela 
di un diritto individuale significherebbe legittimare una sostituzione 
processuale in violazione dell'art. 81 c.p.c., in quanto, non sussistendo un legame 
immediato tra il titolare dell'azione ed il bene tutelato, la legittimazione ad agire 
non corrisponderebbe alla titolarit� dell'interesse che si intende tutelare. 

Parte della Giurisprudenza di merito, sostiene, invece, che l'azionabilit� 
dell'art. 28, L. 300/70, in merito ai diritti riferibili al Rappresentante dei Lavoratori 
per la Sicurezza, discenda direttamente dalla lettura delle norme del 

D.L. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), in particolare: dall'art. 
47 che prevede che nelle aziende con pi� di 15 lavoratori, il predetto rappresentante 
� eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze 
sindacali d'azienda; dall'art. 48 che prevede che le modalit� di elezione o designazione 
dello stesso sono previste dalla contrattazione collettiva e dall'art. 
50 che prevede che le modalit� per l'esercizio delle funzioni sono stabilite 
dalla contrattazione collettiva e che l'RLS goda della medesima tutela dei componenti 
delle rappresentanze sindacali. 

Tale tesi non appare convincente. 

Invero, la lettera dell'art. 2, comma 1, lett. i) del D.lgs 81/2008, secondo 
cui l'RLS � "una persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per 
quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza dei lavoratori ", chiarifica 
che l'intenzione del legislatore � quella di creare una figura dotata di 
rappresentanza generale e diretta dei lavoratori che prescinde dall'organizzazione 
sindacale di appartenenza del singolo rappresentante. 

Tale assunto trova conferma nella circostanza, evidenziata dal provvedimento 
in commento, che, secondo quanto previsto dall'art. 47 D.L. 81/2008, nelle 
piccole imprese ove non sono presenti le rappresentanze sindacali aziendali, �il 
Rappresentante dei lavoratori � di norma eletto dai lavoratori al loro interno�. 

Quanto esposto chiarisce che, una volta eletto, l'RLS assume la propria 
carica in forma autonoma, senza alcun rapporto di dipendenza dal sindacato 
di appartenenza e con il compito, attribuitogli direttamente dalla legge, di tutelare 
l'interesse individuale dei lavoratori nella specifica materia della salute 
e della sicurezza durante il lavoro. 

Tale ricostruzione � stata accolta dal provvedimento in esame, che ha ritenuto 
infondata l'argomentazione dell'organizzazione sindacale ricorrente, 
che aveva affermato la propria legittimazione attiva sulla (irrilevante) circostanza 
che, nel caso di specie, l'RLS, componente della RSU, apparteneva alla 
stessa sigla del Sindacato Ricorrente. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Tribunale di Napoli, Sez. lavoro e previdenza, decreto 27 aprile 2015 n. 14536. 

(omissis) 

Con ricorso del 4 marzo 2015 la UIL Pubblica Amministrazione - in persona del segretario Generale 
- ha agito nei confronti del Ministero dei Beni e delle Attivit� Culturali e del Turismo ai 
sensi dell'art. 28 L. 300/1970, deducendo la antisindacalit� della mancata informazione e/o consultazione 
preventiva del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza in occasione della adozione 
della determina dirigenziale del 26 febbraio 2015 nr. 3, con la quale per ragioni di sicurezza 
del personale - (oltre che degli utenti e del pubblico) - veniva disposto divieto assoluto di accesso, 
sosta e parcheggio di autoveicoli e motoveicoli all'interno del palazzo reale di Napoli. 
Ha chiesto ordinarsi alla amministrazione la rimozione del provvedimento, con affissione 
della parte dispositiva nella bacheca del palazzo reale di Napoli. 
Preliminarmente deve esaminarsi la questione della legittimazione attiva del sindacato ricorrente. 
� noto che la speciale procedura di cui all'art. 28 � riservata agli organismi locali delle 
associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse sicch� � la articolazione territoriale 
della associazione che abbia diffusione - e svolga attivit� sindacale - a livello nazionale l'unico 
soggetto legittimato alla azione. 
Gli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali sono costituiti dalle articolazioni 
pi� periferiche delle strutture sindacali nazionali e cio�, di norma, dai sindacati provinciali di 
categoria, dotati di una propria soggettivit�. 
Nella fattispecie di causa, indiscusso il carattere e la attivit� nazionale della associazione sindacale 
UIL Pubblica Ammnistrazione, resta da verificare se il soggetto agente - che si qualifica 
nell'epigrafe del ricorso Segretario Generale - sia o meno un rappresentante territoriale. Nel 
libero interrogatorio C.P. ha chiarito di rivestire la carica di legale rappresentante della UIL 
Pubblica Amministrazione Napoli e Campania, articolazione territoriale della UIL PA nazionale. 
Tale qualifica trova riscontro nel verbale del Congresso provinciale del Coordinamento UIL 
PA di Napoli in data 14 novembre 2009, nel quale il C. veniva nominato coordinatore provinciale 
della UIL PA di Napoli. 
Ne consegue la legittimazione attiva al ricorso ex art. 28, sotto il profilo della qualifica soggettiva. 
Sotto il profilo oggettivo occorre ulteriormente verificare se la condotta denunziata possa 
astrattamente configurare lesione delle libert� ad attivit� sindacali o se, piuttosto, nella fattispecie 
venga in rilevo, come pure eccepito dal Ministero resistente, un diritto individuale dei 
lavoratori, non azionabile dal sindacato. 
Una parte della giurisprudenza di merito si � espressa nel senso della azionabilit� ai sensi del-
l�art. 28 L. 300/70 di diritti riferibili al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, muovendo 
dal rilievo che: 

-nelle aziende o unit� produttive con pi� di 15 lavoratori questi � eletto o designato dai lavoratori 
nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda, come prevede l�'art. 47 co. 4 DL.vo 
81/2008 - gode, di una tutela identica a quella dei componenti delle rappresentanze sindacali 
(art. 50 c. 2 D.Lgs. 9 aprile 2008) 

-le modalit� di elezione o designazione sono stabilite dalla contrattazione collettiva (artt. 47 
co. 5 e 48 co. 2 D.Lvo 81/2008) 
-le modalit� per l'esercizio delle funzioni sono stabilite in sede di contrattazione collettiva 
nazionale (art. 50 co. 3 D.Lvo 81/2008). 



Questo Giudice ritiene di dare, tuttavia, alla questione una diversa soluzione, sulla base delle 
seguenti considerazioni. 
L'art. 2 comma 1 lettera i) del D.Lgs 81/2008 definisce il rappresentante dei lavoratori per la 
sicurezza come "persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne 
gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro". 

Trattasi dunque di una figura che seppure individuata - nelle aziende di maggiori dimensioni 
nell�ambito delle rappresentanze sindacali in azienda ha una rappresentanza generale dei lavoratori 
(nella specifica materia) che prescinde dalla loro appartenenza sindacale; ci� � maggiormente 
evidente nelle piccole imprese dove, in assenza di rappresentanze sindacali in 
azienda, rappresentante della sicurezza � eletto direttamente dai lavoratori al loro interno (cosi 
come del resto accade nelle grandi aziende in cui manchino rappresentanze sindacali). 
In sostanza, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza � la figura istituzionalmente preposta 
alla tutela dell�interesse collettivo alla salute dei lavoratori non nella qualit� di rappresentante 
di un sindacato ma quale espressione in via diretta degli stessi lavoratori. 
La associazione sindacale non � dunque legittimata ad agire ex art. 28 per la tutela delle attribuzioni 
che l'art. 50 D.l.vo 81/2008 riconosce direttamente in capo al rappresentante dei lavoratori. 
Attraverso la speciale azione dell�art. 28, infatti, il sindacato pu� rivendicare libert� e diritti 
riconosciuti dalla legge o da norme contrattuali direttamente in capo ad esso, come ente collettivo 
e non anche tutelare gli interessi dei lavoratori. 
La organizzazione ricorrente fonda la propria legittimazione sulla circostanza che il rappresentante 
dei lavoratori per la sicurezza all�interno del palazzo reale di Napoli, sig. F.C., componente 
della RSU, appartiene alla stessa sigla. 
Appare tuttavia evidente che il rappresentante della sicurezza una volta eletto o designato assume 
prerogative proprie ed autonome, che traggono la loro fonte direttamente dalla legge e 
non hanno alcun rapporto di derivazione dalla investitura ricevuta dal sindacato. 
Per completezza si osserva che non pu� essere utilmente evocata quella giurisprudenza secondo 
cui anche per i diritti appartenenti ai singoli lavoratori il sindacato conserva una legittimazione 
concorrente ad agire ex art. 28 L. 300/70 quando la condotta del datore di lavoro 
danneggi la sua immagine. 
Anche sotto questo profilo, non si ravvisa la lesivit� del comportamento del datore di lavoro: 
la figura istituzionale del rappresentante per la sicurezza resta distinta dalla organizzazione 
sindacale di provenienza sicch� gli inadempimenti del datore di lavoro non appaiono lesivi 
della immagine di quest'ultima. 
Del resto, come risulta dagli atti, nella specifica realt� aziendale i rappresentanti per la sicurezza 
sono stati nominati nell'ambito di sigle sindacali diverse (oltre alla signora C.F., i signori 

M.A. e S.G., appartenenti ad altre sigle sindacali) il che rende ancor pi� evidente la distinzione 
dal sindacato della figura istituzionalmente preposta alla tutela dei lavoratori. 
Il ricorso deve essere pertanto respinto. 
Le spese si compensano per la esistenza di giurisprudenza di segno contrario 


PQM 
Rigetta il ricorso per difetto di legittimazione attiva del sindacato ricorrente. Compensa le 
spese. 
Cos� deciso in Napoli, il 24 aprile 2015. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Sul rimborso delle spese di patrocino legale a dipendente della 
Regione Sicilia: il giudizio di congruit� dell�Avvocatura dello Stato 


TRIBUNALE CATANIA, SEZ. I CIV., SENT. 11 MAGGIO 2015 N. 2060 (*) 

Da: domenico maimone [mailto:domenico.maimone@avvocaturastato.it] 
Inviato: mar 26/05/2015 19.06 

A: Avvocati_tutti 
Oggetto: Visto di congruit� su rimborsi spese per procedimenti giudiziari che interessano 
dipendenti pubblici (non statali) per fatti connessi con l'esercizio delle funzioni. 

Estendo a quanti si occupano dell'argomento, l�unita sentenza del Tribunale 
civile di Catania che, aderendo alla nostra impostazione, ha affermato il 
principio che il visto di congruit� dell'Avvocatura si giustifica anche nelle ipotesi 
in cui non trovi applicazione diretta l�art. 18 d.l. 67/1997, conv. in l. 135/97 
(norma dettata per i soli dipendenti dello Stato). 

Il caso affrontato riguardava un dipendente della Regione Siciliana il 
quale assumeva di aver diritto all'integrale rimborso di quanto esosamente richiesto 
dal proprio difensore per averlo questi assistito in sede penale (circa � 

100.000 per un solo grado di giudizio penale e 12 udienze complessive, tra le 
quali ovviamente quelle di mero rinvio; si trattava di un abuso d'ufficio per 
due episodi di presunto uso illegittimo dell'auto di servizio!). 

L'attore riteneva che il nostro parere, richiesto dalla Regione prima di pagare 
- ed enormemente limitativo delle sue pretese economiche -, non potesse 
essere richiesto perch� non espressamente previsto dall'art. 39 della legge regionale 
siciliana n. 145/1980 in tema di rimborsi spese per la difesa processuale 
dei dipendenti della Regione. 

Il Giudice svolge un ragionamento fondato su un�interpretazione sistematica 
e costituzionalmente orientata dell'ordinamento e giunge alla conclusione 
che il principio di oculato utilizzo delle finanze pubbliche 'imponga' la 
scelta operata dall'Amministrazione di rivolgersi all'Avvocatura dello Stato ed 
acquisirne il parere in via preventiva. 

Credo che il principio, per la sua portata generale, possa essere utilmente 
utilizzato in altre ipotesi ove vengano in rilievo PP.AA. da noi difese ma diverse 
dallo Stato (Universit�, Anas, Enac, Croce Rossa, Autorit� Portuali, 
ecc.). 

Domenico Maimone 

(*) Si pubblica la sentenza unitamente alla annotazione inviate dall�avv. Stato Domenico Maimone 
ai Colleghi. 


Tribunale di Catania, Prima Sezione civile, sentenza 11 maggio 2015 n. 2060 - Giud. Mariapaola 
Sabatino - R.R. (avv. G. Lipera) c. Assessorato Regionale del Territorio e dell�Ambiente 
- Comando del Corpo Forestale della Regione Sicilia (avv. distr. Stato Catania). 

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO 

Con atto di citazione notificato in data 28 aprile 2010 R.R. conveniva in giudizio l'Assessorato 
Regionale del territorio e dell'ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore 
esponendo: che era dirigente del Servizio Ufficio Speciale Difesa del Suolo di Catania; che, 
a seguito di denuncia penale sporta da altro dipendente, nei suoi confronti aveva subito un 
procedimento penale conclusosi con una sentenza di assoluzione; che, avanzata una richiesta 
di rimborso delle spese legali per Euro 90.843,66, l'Assessorato, a seguito di parere negativo 
dell'Avvocatura di Stato, gli liquidava Euro 20.542,50; che tale limitazione era illegittima 
avendo, egli, un diritto al pieno rimorso delle spese legali ai sensi dell'art. 39 L.R. n. 145 del 
1980. Chiedeva la condanna al pagamento della differenza tra il chiesto ed il liquidato ai sensi 
dell'art. 1720 c.c.; in subordine ai sensi dell'art. 2014 c.c.; in subordine ancora la somma rettamente 
rideterminata oltre al risarcimento dei danni subiti. 
Si costituiva l'Assessorato chiedendo il rigetto della domanda. 
La causa, istruita solo documentalmente, all'udienza del 3 febbraio 2015 veniva posta in decisione 
previa assegnazione dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali. 
La domanda deve essere rigettata per i motivi che seguono. 
Preliminarmente inoperante � il richiamo all'art. 1720 c.c. fatto dall'attore in quanto, nel caso 
in oggetto, si applicano le norme speciali previste per il rimborso delle spese legali affrontate 
dal dipendente regionale e pubblico (art. 39 L.R. n. 145/1908 e art. 18 D.L. 67/97). 
Sostiene l'attore, in merito, di avere maturato il diritto al pieno rimborso delle spese legali affrontate 
per la difesa dal processo penale subito e conclusosi con una sentenza di assoluzione 
in quanto l'art. 39 citato, che deve essere applicato considerato il proprio ruolo di dipendente 
regionale, non subordina ad alcuna valutazione tecnico - amministrativa la richiesta di rimborso 
spese. 
Occorre, allora, valutare se vi siano i presupposti per disapplicare il parere negativo dell'Avvocatura 
di Stato e, quindi, il decreto di liquidazione delle spese emesso dalla convenuta ai 
fini di rideterminare il giusto rimborso. 
Questo Giudice non ritiene vi siano i presupposti per i seguenti motivi. 
Ed infatti, nei rapporti tra l'ordinamento regionale e quello statale vige il principio, consolidato, 
per cui: le norme di una legge quadro adottate nei confronti delle Regioni a statuto ordinario 
valgono anche per le Regioni ad autonomia speciale solo nel caso in cui stabiliscano principi 
generali e fondamentali dell'ordinamento. (cfr. Corte Cost. 1 luglio 1986 n. 165) (Consiglio 
di Stato, Sez. 06 Sent. num. 00834 del 3 giugno 1997). 
Nel caso in esame, l'Avvocatura dello Stato, nell'esprime il parere negativo, ha esercitato un 
potere - dovere volto al rispetto di principi generali e fondamentali dell'ordinamento, quali 
quello del buon andamento della P.A. e del controllo della spesa pubblica ex art. 97 Costituzione. 
Tale ragionamento � stato bene espresso dall'Avvocatura di Stato che ivi si richiama per intero 
alla luce del principio statuito in Corte di cassazione, Sezioni unite civili, Sentenza 16 gennaio 
2015, n. 642. 
A) Profili generali sul rimborso delle spese giudiziarie ai dipendenti pubblici. 
In via preliminare, � opportuno ribadire come l'istituto del rimborso spese di difesa tecnica 


CONTENZIOSO NAZIONALE

sostenute dal dipendente sia prettamente caratterizzato dall'elemento dell'eccezionalit� rispetto 
alle regole comuni (v. Parere C.G.A.R.S. n. 17/2009, il quale richiama Cass. sez. I, 3 gennaio 
2008, n. 2; Corte dei Conti Basilicata, sez. giurisdiz. n. 219/1999; T.A.R. Liguria, sez. I, n. 
709/2002). La pretesa al rimborso delle spese sostenute per la difesa in giudizio, occasionato 
da fatti commessi nell'esercizio delle funzioni e in correlazione a queste, non deriva, infatti, 
esclusivamente dalla disciplina generale del contratto di mandato (art. 1720 c.c.), in base alla 
quale compete al mandatario il diritto al rimborso delle anticipazioni e al risarcimento dei 
danni che egli ha subito a causa dell'incarico, ma � principalmente fondato sul rapporto di 
immedesimazione organica che lega il dipendente alla P.A. di appartenenza. 
L'eccezionalit� di cui si discute giustifica la presenza di normative di settore, sia statali (D.L. 
67/97) che regionali (v. ad es. l'art. 39 della L.R. Siciliana n. 145/1980; l'art. 57 della L.R. 
Abruzzo 12 dicembre 1997, n. 197; l'art. 1 della L.R. Piemonte 18 marzo 1989, n. 21; l'art. 
89 della L.R. Veneto 10 giugno 1991, n. 12; l'art. 51 della L.R. Sardegna 8 marzo 1997, n. 8), 
le quali impongono il rispetto di determinate condizioni per dar corso al rimborso; condizioni 
che possono variamente atteggiarsi a seconda della natura dell'ente pubblico coinvolto: Stato, 
Regione, Ente Pubblico Istituzionale, Ente Pubblico Economico (parere di congruit� dell'Avvocatura 
dello Stato, comune gradimento, etc.). 
Dalla variet� delle soluzioni previste nell'ordinamento, si pu� agilmente rilevare la presenza 
di un principio di carattere generale che connota la disciplina, ossia "l�esclusione di quasiasiforma 
di automatismo nell'accollo delle spese legali da parte dell'ente" (Corte dei Conti, 
Sez. Regionale di Controllo per il Veneto, par. n. 334/2013). 
L'applicazione del suddetto principio, infatti, richiede che la P.A. debba svolgere un controllo 
rigoroso in relazione all'ammissibilit� ex se del rimborso (ex multis, Cons. Stato, sez. V, dec. 


n. 2242/2000; Cass., Sez. I, sent. 15724/2000), e tenere conto dei diversi interessi che emergano 
nel procedimento giudiziario cui l'istanza del dipendente si riferisce, ossia: �assicurare 
una buona e ragionevole amministrazione delle risorse economiche... a tutela del proprio decoro 
e della propria immagine� (Corte dei Conti, Sez. Regionale di Controllo per il Veneto, 
par. n. 334/2013 cit.). Di conseguenza, ci� che si richiede alla P.A. � una vera e propria valutazione 
di merito sull'ammissibilit� del rimborso, valutazione caratterizzata da un bilanciamento 
degli interessi in gioco e comunque soggetta a controllo giurisdizionale per la verifica 
del rispetto dei principi di affidamento, ragionevolezza e tutela effettiva dei diritti (Cass. Sez. 
Lav., sent. n. 1418/2007). Ci� non toglie, tuttavia, che tale valutazione sia espressione di un 
potere discrezionale di natura tecnica (arg. ex Parere C.G.A.R.S. n. 17/2009 e Cass. Sez. Lav, 
sent. n. 1418/2007), dovendosi guardare il merito dell'an e del quantum del rimborso. 
Tra gli interessi che entrano in gioco nell'effettuare la prescritta valutazione un ruolo non secondario 
riveste "la buona e ragionevole amministrazione delle risorse economiche", ossia la 
compatibilit� del rimborso con i vincoli di finanza pubblica imposti alla P.A. In particolare, 
tali vincoli, sono espressione di principi costituzionali e comunitari (Trattato UE) che impongono 
alla P.A. una valutazione fondata su �i necessari criteri di ragionevolera, congruenza 
ed adeguatezza, in relazione all'importanza dell'attivit� svolta, ed anche alla luce delle valutazioni 
da effettuarsi dall'ordine degli avvocati e dei procuratori� (Corte dei Conti, Sez. Regionale 
di Controllo per il Veneto, par. n. 334/2013 cit.). 
Su tali ferme premesse, i pareri dei Consigli dell'Ordine Forense espressi sulla congruit� della 
parcella, ad istanza remunerata del professionista, costituiscono �un mero controllo sulla rispondenza 
delle voci indicate alla parcella a quelle previste in tariffa che, tuttavia, non avvalora 
in alcun modo i criteri assunti dal professionista per individuare il valore della 


controversia e determinarne l�importanza� (Cass. Civ,, sez. II, sent. n. 932/1997). Di conseguenza, 
non assume alcun valore vincolante il visto di congruit� apposto dal Consiglio del-
l'Ordine degli Avvocati, del cui costo, per ovvie ragioni, non potr� farsi carico 
l'Amministrazione: essa � piuttosto tenuta a rimborsare ci� che ritiene equo si faccia carico 
l'Erario; non ci� che, in linea teorica e salva contestazione, pu� chiedere il professionista al 
suo cliente. 
� dunque lo stesso rispetto dei vincoli, nazionali e comunitari, di finanza pubblica che richiede 
l'esercizio di una discrezionalit� tecnica da parte dell'Amministrazione. Tale discrezionalit� 
pu� essere esercitata direttamente o per il tramite di un organo tecnico di consulenza (v. ad 
es. l'art. 18 del d.l. 67/1997) e a prescindere dal tenore letterale della singola legge di disciplina 
dei rimborsi. 
E anche nell'ambito della legislazione regionale non pu� seriamente ritenersi che l'Amministrazione 
possa prescindere dal rigoroso rispetto dei vincoli di finanza pubblica definiti dagli 
artt. 81 e 117, 3� comma Cost. (in particolare, sull'applicabilit� dei principi di coordinamento 
della finanza pubblica �anche alle autonomie speciali, in considerazione dell'obbligo generale 
di partecipazione di tutte le Regioni, ivi comprese quelle a statuto speciale, all'azione di risanamento 
della finanza pubblica� Corte Cost sentt. nn. 289, 190, 159, 120, 102 del 2008; 169 
e 82 del 2007; 353 del 2004). 
Dal complesso delle precedenti argomentazioni, si pu� pertanto desumere la natura prettamente 
indennitaria del rimborso; ragion per cui la P.A. di appartenenza del dipendente �non 
� tenuta al rimborso pieno della parcella� (Corte dei Conti, Sez. Regionale di Controllo per 
il Veneto, par. n. 334/2013). 
B) La disciplina della Regione Sicilia sul rimborso delle spese processuali. 
Occorre, a questo punto, valutare se la normativa della Regione Siciliana risponda pienamente 
al quadro ricognitivo dei principi suesposti. 
L'art. 39 della L.R. 145/1980 dispone che: �Ai dipendenti che, in conseguenza di fatti ed atti 
connessi all'espletamento del servizio e dei compiti d'ufficio, siano soggetti a procedimenti 
di responsabilit� civile, penale o amministrativa, � assicurata l'assistenza legale, in ogni stato 
e grado del giudizio, mediante rimborso, secondo le tariffe ufficiali, di tutte le spese sostenute, 
sempre che gli interessati siano stati dichiarati esenti da responsabilit��. 

Se si volesse seguire un'interpretazione riduttivamente letterale della disposizione in esame, 
secondo la quale i requisiti per il rimborso sono definiti esclusivamente dalla legge, senza 
alcun ulteriore esercizio di discrezionalit� tecnica dell'Amministrazione, si giungerebbe alla 
paradossale conseguenza di rendere il regime dei rimborsi nella Regione Sicilia incoerente 
con i principi generali sopra analizzati. In altri termini, una lettura siffatta del testo di legge 
precluderebbe quel giudizio di merito, consistente nella ponderazione e nel bilanciamento 
degli interessi in gioco. Giudizio che, come si � detto, si impone all'Amministrazione dal momento 
che � coinvolto il generale interesse a una buona, oculata e ragionevole gestione delle 
risorse economiche dell'Ente, ossia la compatibilit� del rimborso con i vincoli di finanza pubblica 
imposti alle P.A. 
� pertanto opportuno sottolineare che una interpretazione letterale, cos� come avallata dalle 
argomentazioni di parte attrice, renderebbe la norma suddetta incoerente rispetto ai principi 
generali dell'ordinamento (v. art. 3 Cost. - per disparit� con il trattamento degli altri dipendenti 
pubblici), tra cui quelli, di rango costituzionale ed europeo, di stabilit� della finanza pubblica 
(art. 81 Cost.) e del coordinamento della finanza pubblica tra le Regioni, anche a statuto speciale, 
e lo Stato (art. 117, 3� comma, Cost). 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Premesso ci�, la tenuta sistematica e costituzionale della norma � prospettabile solo riconoscendo 
alla P.A. un giudizio di ragionevolezza, di congruit� e di adeguatezza del rimborso. 
Ma la soluzione adesso prospettata, fondata su una visione sistematica dell'ordinamento, trova 
un innegabile aggancio normativo anche di tipo testuale. Ancorch�, invero, l'art. 39 in rassegna 
non preveda espressamente un giudizio di congruit� rimesso ad un organo tecnico, similmente 
a quanto accade nel corrispondente istituto di matrice statale (art. 18 del d.1. 67/1997), l'art. 
1 del d.lgs. 142/1948 estende alla Regione Sicilia la disciplina valevole per lo Stato in merito 
ai compiti assolti dalla Difesa Erariale. Infatti: �1. - Lefunioni dell'Avvocatura dello Stato nei 
riguardi delle Amministrazioni statali sono estese all'Amministrazione regionale siciliana. 2. 

- Nei confronti dell'Amministraione regionale siciliana si applicano le disposizioni del testo 
unico e del regolamento, approvati rispettivamente con RR.DD. 30 ottobre 1933, nn. 1611 e 
1612, e successive modificazioni, nonch� gli artt. 25 e 144 del codice di procedura civile.�. 

Orbene, ai sensi del combinato disposto degli articoli 13 R.D. 1611/33 e 9 della sopravvenuta 
legge di riforma n. 103 del 3 aprile 1979 (Modifiche dell'ordinamento dell'Avvocatura dello 
Stato), la Difesa Erariale svolge un'attivit� di consulenza generale in favore delle Pubbliche 
Amministrazioni ammesse a fruire del suo patrocinio, in quanto: �provvede... alle consultazioni 
legali richieste dalle Amministrazioni e �provvede alla consulena nei riguardi di tutti 
gli uffici della propria circoscrizione�. 
Si tratta di un'attivit� consultiva generale, a carattere facoltativo che, nella materia che pi� da 
vicino occupa l'adito Tribunale, diviene obbligatorio e vincolante ai sensi dell'art. 18 del D.L. 
67/97, ove � previsto che �Le spese legali relative a giudizi per responsabilit� civile, penale 
e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza 
di fatti ed atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi 
istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilit�, sono 
rimborsate dalle amministrazioni di appartenenza nei limiti riconosciuti congrui dall'Avvocatura 
dello Stato.�. 
Come ha affermato la Corte di Cassazione: �Questa [l'Avvocatura, ndr] esegue una valutazione 
caratterizzata essenzialmente da aspetti di discrezonalit� tecnica, in quanto riferita al 
parametro della tariffa penale, nonch� alla natura e alla complessit� della causa ed alla importanza 
delle questioni trattate, alla durata del processo, alla qualit� dell'opera professionale 
prestata ed al vantaggio arrecato al cliente� (Cass. Sez. Lav., sent. n. 1418/2007). Quindi, 
l'Avvocatura svolge, mediante il suddetto parere obbligatorio con efficacia vincolante, quel 
giudizio di congruit�, adeguatezza e ragionevolezza richiesto dall'ordinamento, il quale, come 
ben precisa la Corte dei Conti, rileva non solo nell'an del rimborso ma anche nel quantum, 
considerato che "la spesa incide negativamente sul bilancio dell'ente" (Corte dei Conti, Sez. 
Regionale di Controllo per il Veneto, par. n. 334/2013). 
Pertanto, in virt� dell'applicazione diretta degli artt. 1 d.lgs. 142/1948, 13 R.D. 1611/33 e 9 

1. 103/79, e dell'estensione analogica dell'art. 18 d.l. 67/1997, deve concludersi che la legislazione 
regionale (art. 39 L.R. n. 145/1980) non possa che essere interpretata nel senso di riconoscere 
in capo all'Avvocatura dello Stato un potere di consultazione ed orientamento delle 
scelte discrezionali dell'Amministrazione pubblica sulla congruit� delle somme rimborsabili 
al dipendente. In tal senso si � espresso, come gi� riferito in comparsa di costituzione, il Consiglio 
di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, nel parere n. 17/2009, secondo 
cui l'art. 18 D.L. 67/97 conv. L. 135/97 pone "un principio di sistema insito nell'ordinamento" 
che si applica anche alla normativa regionale. 
Ci� vuol significare che la formula generica contenuta nel richiamato art. 39 della L.R. 145/80 


non possiede la forza di limitare, all'interno della competenza consultiva generale riconosciuta 
all'Avvocatura dello Stato, l'ambito del parere giuridico richiesto sedes materiae. Se ne deve 
desumere che, in tema di rimborso delle spese di patrocinio legale, l'Avvocatura dello Stato 
assume anche lo specifico compito di valutare - oltre che l'ammissibilit� - la congruit� della 
richiesta di rimborso avanzata dal pubblico dipendente. 
Opinare diversamente, � utile sottolinearlo ancora, esporrebbe l'Amministrazione all'arbitrio 
del richiedente, il quale potrebbe presentare istanze di rimborso per importi esorbitanti o comunque 
sganciati dall'effettiva attivit� professionale prestata. L'Amministrazione sarebbe tenuta 
a pagare a pi� di lista, senza poter effettuare alcun sindacato tecnico sulla congruit� della 
parcella. 
Postulata allora, per logica deduzione, la necessit� di un vaglio critico di natura tecnica preliminare 
all'atto dispositivo della spesa, emerge la competenza consultiva generale attribuita 
istituzionalmente all'Organo di difesa erariale. 
Si osserva, infine, l'interpretazione proposta dell'art. 39 L.R. 145/1980 � coerente con l'orientamento 
giurisprudenziale della Corte Costituzionale secondo cui ricade sui giudici il potere-
dovere di ricostruire il contenuto delle disposizioni di legge alla stregua dei principi della 
Costituzione: �di fronte a pi� possibili interpretazioni di un sistema normativo, essi sono 
tenuti a scegliere quella che risulti conforme a Costituzione� (Corte Cost. sentt. nn. 356/1996 
e 301/2003) (cfr. Comparsa conclusionale depositata dall'Assessorato in data 18 marzo 2015). 
Premesso e aderito a quanto sopra esposto, legittimamente l'Avvocatura ha espresso parere 
negativo vincolante per 1'Assessorato il cui decreto di parziale diniego della richiesta di rimborso 
spese � stato legittimamente adottato. 
Nel merito, inoltre, si conviene con il giudizio espresso dall'Avvocatura in ordine all'esosit� 
del rimborso chiesto per le spese legali tenuto conto della natura del giudizio penale - avente 
ad oggetto il contestato abuso di auto di servizio - il numero delle udienze celebrate, pari a 12 
di cui, inoltre, non � stato documentato il contenuto, - nonch� la mancanza di prova dell'attivit� 
difensiva asseritamente svolta. 
La domanda di rideterminazione del quantum richiesto a titolo di rimborso spese deve essere, 
quindi, rigettata. 
Deve, poi, essere rigettata la domanda di arricchimento senza causa non rivenendosene in 
alcun modo gli elementi costitutivi della fattispecie, non emerge, infatti, quale sia l'arricchimento 
goduto dall'Amministrazione a seguito della vicenda che ha interessato l'attore. 
Infine e di conseguenza, va rigettata, in quanto subordinata all'accoglimento delle domande 
spiegate in via principale, la domanda al risarcimento degli ulteriori danni asseritamente causati 
all'attore dall'Amministrazione proposta dal R. 
Le spese di lite, seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo vanno poste a carico 
dell'attore R.R. 

P.Q.M. 
Il Tribunale, nella persona del G.U., d.ssa Mariapaola Sabatino, disattesa ogni diversa istanza 

o eccezione:rigetta le domande proposte da R.R. nei confronti dell'Assessorato Regionale del 
Territorio e dell'Ambiente e lo condanna al pagamento delle spese di lite che si liquidano in 
complessivi Euro 5.000,00 oltre IVA, CPA e spese generali come per legge. 
Catania, 6 maggio 2015. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

La responsabilit� civile dello Stato legislatore per la lesione del 
diritto di voto: l�atto defensionale dell�Avvocatura dello Stato 

SOMMARIO: 1. L�atto di citazione al Giudice di Pace - 2. La comparsa di costituzione e 
risposta dell�Avvocatura - 3. Uno scambio di e-mail in tema di responsabilit� civile dello 
Stato legislatore. 

1. L�atto di citazione al Giudice di Pace. 

GIUDICE DI PACE DI BUCCINO 

ATTO DI CITAZIONE 
Per: il sig. F.C., rappresentato e difeso dall'Avv. Edoardo Sessa ed elettivamente domiciliato 
presso il suo studio in Eboli, ... 

PREMESSO CHE 
a) L'esponente non ha potuto esercitare il proprio diritto di voto secondo le modalit� conformi 
ai principi costituzionali del voto "personale, uguale, libero e segreto" (art. 48 comma 2, Cost.) 
e "a suffragio universale e diretto (artt. 56 comma 1 e 58 comma 1 Cost.) nelle elezioni alla 
Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica svoltesi negli anni 2006 (con formazione 
della XV legislatura della Repubblica Italiana) - 2008 (con formazione della XVI legislatura 
della Repubblica Italiana) - 2013 (con formazione della XVII legislatura della Repubblica 
Italiana) (V. scheda elettorale All. n. 1); 
b) tale lesione del diritto di voto � conseguente alla legge elettorale n. 270/2005 poi dichiarata 
illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 1/2014, sentenza che ivi deve intendersi 
integralmente richiamata e trascritta (V. All. n. 2); 
c) in particolare l'esponente � stato privato della possibilit� di esprimere la propria preferenza 
per un singolo candidato, possibilit� esclusa dalla legge elettorale citata la quale affidava agli 
organi di partito il compito di compilare le liste dei candidati che venivano eletti secondo tale 
ordine sottratto al controllo democratico. L'esponente � stato altresi privato del diritto che il 
suo voto fosse eguale a quello di ogni altro cittadino violato dall'attribuzione del cosiddetto 
premio di maggioranza disposto sempre con la legge elettorale n. 270/2005. La medesima 
privazione risulta anche per il peculiare "premio di maggioranza" attribuito per l'elezione al 
Senato su base Regionale (essendo il numero dei seggi assegnati ad ogni regione proporzionale 
alla popolazione residente, il voto espresso dall'elettore residente nelle regioni pi� popolose 
concorreva all'attribuzione di un premio di maggioranza decisamente pi� elevato di quello 
cui poteva concorrere l'elettore delle regioni meno popolose); 
d) la lesione del diritto di voto ha determinato un pacifico danno di natura non patrimoniale 
in capo all'esponente. Tale danno, trattandosi di violazione di precetti costituzionali, � certamente 
risarcibile e dovr� essere liquidato, anche in via equitativa, secondo il prudente apprezzamento 
del Giudicante avuto anche ragione del fatto che la conseguente violazione non � 
stata rimossa neppure a seguito dell'intervento della Corte Costituzionale, posto che il Parlamento 
non � stato, sorprendentemente, sciolto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano 
con la conseguenza che la violazione della possibilit� di esercitare il diritto di voto 
secondo i dettami costituzionali si sta ulteriormente prolungando nei suoi effetti ledendo cos� 
ancora pi� intensamente il bene protetto; 
e) la Corte Costituzionale nella sentenza n. 1/2014, per preservare il timore istituzionale dai 


dirompenti effetti della sentenza, aveva richiamato l'istituto della prorogatio delle Camere ex 
art. 61 Cost., istituto che, come dovrebbe essere noto al Presidente della Repubblica, opera 
unicamente allorquando le Camere sono sciolte in attesa delle nuove elezioni e non gi� in un 
caso come quello che in oggi stiamo vivendo. Gravissimo quindi che le Istituzioni abbiano 
ignorato la pronuncia della Consulta; 
f) come noto una norma dichiarata incostituzionale cessa di avere effetti nell'ordinamento 
mentre, nel caso di specie, il Parlamento eletto in violazione della sovranit� popolare continua 
a legiferare moltiplicando cos� le conseguenze della norma dichiarata illegittima. In questi 
giorni si parla addirittura di riforma costituzionale, fatto davvero sconcertante; 
g) in ogni caso, quantomeno per il periodo che va dall'anno 2005 al 2014, ovvero per ben nove 
anni, la democrazia in Italia � stata virtualmente sospesa attraverso la sottrazione del diritto di 
voto e ci� non pu� che costituire il maggiore dei danni possibili per qualsivoglia cittadino; 
h) come gi� chiarito dalla sentenza della Cassazione n. 8878/14 la pronuncia della Corte Costituzionale 
non ha fatto venir meno il diritto per ogni cittadino di far accertare la lesione del 
proprio e personale diritto di voto, con la conseguente piena legittimit� per l'attrice di promuovere 
il presente giudizio; 
i) nel caso di specie sono in gioco interessi costituzionalmente tutelati lesi da un illecito civile 
quale quello della promulgazione di una legge elettorale contraria ai precetti costituzionali. 
Trattasi di una responsabilit� ex art. 2043 c.c. fondata su solide basi normative. Come noto il 
Ministro proponente assume la responsabilit� giuridica dei propri atti ai sensi e per gli effetti 
dell'art. 89 Cost. Inoltre gli atti che hanno valore legislativo sono controfirmati anche dal Presidente 
del Consiglio dei Ministri che ne � direttamente responsabile; 
l) pare quasi superfluo sottolineare che il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri 
stessi, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica 
con la seguente formula: "Giuro di essere fedele alla Repubblica, di osservarne lealmente 
la Costituzione e le leggi e di esercitare le mie fuzzioni nell'interesse esclusivo della 
nazione" e ci� ai sensi dell'art. 1 Legge n. 400/1988". 
m) conseguentemente o si ritiene tale giuramento un inutile orpello formale oppure si deve 
ammettere che allo stesso conseguano precise responsabilit� giuridiche. La sottoscrizione di 
una legge incostituzionale da parte del Ministro proponente e da parte del Presidente del Consiglio 
dei Ministri costituisce fatto illecito ex art. 2043 c.c.; 
n) il danno non patrimoniale � risarcibile laddove si � in presenza della lesione di un bene inviolabile 
previsto e protetto da una norma di rango costituzionale ed in tali casi, trattandosi di 
violazioni di principi costituzionali, il danno � da ritenersi in re ipsa. Innegabile, dunque, che 
la lesione del diritto di voto abbia determinato in ogni cittadino un nocumento di natura morale 
economicamente apprezzabile seppur oggettivamente di difficile quantificazione come sempre 
nei casi di risarcimento del danno non patrimoniale relativo ad un bene immateriale di cui � 
piena la casistica giurisprudenziale. 
Tutto quanto premesso, il sig. F.C. ut supra rappresentato, domiciliato e difeso 

CITA 
la Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente pro tempore, nonch� il Ministero 
dell'Interno in persona del Ministro pro tempore, entrambi presso l'Avvocatura Distrettuale 
dello Stato corrente in Salerno, Corso Vittorio Emanuele, a comparire avanti al Giudice di Pace 
di Buccino, per l'udienza del giorno 29 giugno 2015, ore e luoghi di rito, invitando espressamente 
il convenuto a costituirsi in giudizio ai sensi e nelle forme dell'art. 319 c.p.c. con avvertimento 
che la tardiva costituzione implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e che 


CONTENZIOSO NAZIONALE

in difetto di costituzione si proceder� in loro contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti 


CONCLUSIONI 

Piaccia all'Ill.mo Giudice di Pace adito, contraris reiectis, per le causali di cui in narrativa, accertare 
che l'esponente non ha potuto esercitare il proprio diritto di voto nelle elezioni per la 
Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica svoltesi successivamente all'entrata in vigore 
della L. n. 270/2005 (anni 2006 - 2008 - 2010) e sino alla data della presente citazione o quantomeno 
sino a quella della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014, 
secondo le modalit� previste dalla Costituzione, del voto personale, eguale, libero e diretto e 
conseguentemente condannare, eventualmente anche in solido tra loro, la Presidenza del Consiglio 
dei Ministri in persona del presidente pro tempore nonch� il Ministero dell'Interno in 
persona del Ministro pro tempore al risarcimento in favore del sig. F.C. del danno non patrimoniale 
conseguente alla lesione del bene previsto e tutelato (il voto) dalle norme di rango costituzionale 
citate e ci� ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 89 cost., 2043 
c.c., 1 L. n. 400/1988 ovvero per le altre norme meglio viste e ritenute con quantificazione in 
via anche equitativa o nella misura che sar� determinata in corso di causa secondo il prudente 
apprezzamento del Giudicante ed in ogni caso non superiore alla somma di � 1.033,00. 
Condannare, altres�, la Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del presidente pro 
tempore nonch� il Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore, in solido, alla 
rifusione delle spese e competenze del presente giudizio oltre il rimborso forfetario ex art. 15 
T.P., IVA e CNA di causa, da attribuirsi al sottoscritto avv. Edoardo Sessa, per anticipazione 
fattane nell'interesse del sig. F.C. 
Con riserva di precisare, emendare e/o integrare la domanda, anche a seguito del comportamento 
processuale della parte convenuta. 
Si dichiara che, ai sensi dell'art. 14 del T.U. delle spese di giustizia, D.P.R. 115/2002, aggiornato 
con il D.L. n. 98 del 6 luglio 2011 e succ. mod., il valore della presente controversia � di 
euro 1.033,00 e, pertanto, il contributo unificato � pari ad euro 43,00. Si depositano documenti 
come da indice. 
Eboli, 5 maggio 2015 Avv. Edoardo Sessa 

2. La comparsa di costituzione e risposta dell�Avvocatura. 

GIUDICE DI PACE DI BUCCINO 

Udienza di citazione del 29 giugno 2015 

COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA 

PER 

la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI (C.F. 80188230587), in persona del Presidente 
del Consiglio pro tempore, e per il MINISTERO DELL�INTERNO (C.F. 80014130928), in 
persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall�Avvocatura distrettuale dello 
Stato di Salerno, (C.F. 95009570656, P.E.C. ads.sa@mailcert.avvocaturastato.it, fax: 
089.2586940), presso cui domiciliano, ope legis, al C.so Vittorio Emanuele, 58; 

convenuti 

CONTRO 
F.C., rappresentato e difeso dall�Avv. Edoardo Sessa, elettivamente domiciliato presso 
lo studio di quest�ultimo in Eboli, alla via Don Michele Paesano n. 53; 


* * * 

Con atto di citazione notificato in data 6 maggio 2015, l�istante ha convenuto in giudizio, 
davanti al Giudice di Pace di Buccino, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero 
dell�Interno per sentirli condannare, eventualmente anche in solido, �al risarcimento� del 
danno non patrimoniale conseguente alla lesione del bene previsto e tutelato (il voto) dalle 
norme di rango costituzionale citate e ci� ai sensi e per gli effetti del combinato disposto 
degli artt. 89 cost., 2043 c.c., 1 L. n. 400/1988�. 

Al riguardo afferma di non avere potuto esercitare il proprio diritto di voto, nelle elezioni 
per la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica svoltesi successivamente all�entrata 
in vigore della L. n. 270/2005 e sino alla data della citazione o quantomeno fino a quella della 
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014, secondo le modalit� previste 
dalla Costituzione del voto personale, eguale, libero e diretto, essendo stato privato della 
possibilit� di esprimere la propria preferenza per un singolo candidato e del diritto che il suo 
voto fosse eguale a quello di ogni altro cittadino a causa della previsione nella stessa legge n. 
270/2005 del premio di maggioranza. 

Con il presente atto si costituisce in giudizio, nell�interesse delle Amministrazioni in 
epigrafe, l�esponente Avvocatura, impugnando e contestando tutto quanto ex adverso dedotto, 
rilevato ed eccepito chiedendone il rigetto in quanto del tutto inammissibile ed infondato per 
i seguenti 

MOTIVI 

1) Incompetenza del Giudice di Pace adito. 

Si eccepisce in primo luogo l�incompetenza del Giudice di Pace di Buccino a decidere 
della presente controversia. 

Al riguardo si fa rilevare che l�invocato diritto al risarcimento presuppone ed implica 
l�accertamento di un diritto inerente ad uno status, quello di cittadino. 

La domanda risarcitoria costituisce, dunque, accessorium e necessaria conseguenza 
dell�accertamento della lesione di uno dei diritti inerenti il complesso status di cittadino, e, ai 
sensi dell�art. 31 c.p.c., segue la competenza di quella principale. 

Ebbene, in materia di status la competenza per materia � attribuita al Tribunale ai sensi 
dell�art. 9, comma 2, c.p.c., mentre la competenza per territorio viene regolata sulla base dei 
criteri generali di cui agli artt. 18 e 19 c.p.c., non essendo previsto per tale tipo di diritti alcun 
foro alternativo. 

Di conseguenza, secondo le regole ordinarie, nella fattispecie de qua si applicherebbe 
il criterio del foro del convenuto, che nel caso di specie coincide con il Tribunale di Roma 
dove hanno sede le Amministrazioni evocate in giudizio. 

Tale assunto trova riscontro in alcuni precedenti in materia di status. La Corte di Cassazione, 
nella sentenza n. 903 del 2012, ha affermato che la legittimazione passiva del Ministero 
dell�Interno nell�ambito del giudizio per riconoscimento dello stato di apolide determina 
la competenza territoriale del foro di Roma ove ha sede il convenuto. 

Anche nel presente giudizio, per analogia, la prospettata legittimazione passiva della Presidenza 
del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell�Interno incardina la competenza innanzi 
al Tribunale di Roma dove hanno sede le Istituzioni coinvolte nella presente vertenza che ha 
ad oggetto la tutela del diritto al voto riconducibile ad uno status di cittadino dell�istante. 

Al riguardo, deve ritenersi che, se in materia di status personae risulta applicabile il 
criterio del foro dove ha sede l�Amministrazione, che peraltro nella speciale materia agisce 
attraverso le sue ramificazioni sul territorio, a maggior ragione tale criterio deve essere ap



CONTENZIOSO NAZIONALE

plicato nella fattispecie in esame, in cui ad essere evocato in giudizio � proprio lo Stato 
centrale, che avrebbe determinato la lesione del preteso diritto azionato proprio attraverso 
l�azione del legislatore. 

Il luogo ove hanno sede le Istituzioni centrali resistenti � Roma, e, quindi, la competenza 
territoriale deve radicarsi innanzi al Tribunale della Capitale. 

Il foro di Roma, poi, va a coincidere con quello in cui ha sede l�ufficio dell�Avvocatura 
dello Stato ai sensi dell�art. 25 c.p.c. che, per le cause nelle quali � parte un�amministrazione 
dello Stato, afferma la competenza del giudice del luogo dove ha sede l�ufficio dell�Avvocatura 
dello Stato nel cui distretto si trova il giudice che sarebbe astrattamente competente secondo 
le regole ordinarie. 

Al riguardo si allega ordinanza del 30 aprile 2015 del Tribunale di Nocera Inferiore, 
resa proprio in materia di lesione del diritto di voto, che ha affermato la competenza del Tribunale 
di Roma. 

In subordine e per mero scrupolo, visto l�assorbente rilievo della precedente eccezione, 
si contesta comunque la competenza del Giudice di Pace di Buccino, in quanto dal tenore 
dell�atto di citazione non sono rinvenibili i collegamenti che, ai sensi dell�art. 20 c.p.c., possono 
radicare in via alternativa la competenza territoriale e, non essendo detta competenza 
inderogabile, deve ritenersi competente territorialmente il foro del convenuto e cio� il Giudice 
di Pace di Roma. 

2) Improcedibilit� delle avverse domande per difetto assoluto di giurisdizione. 

Nella fattispecie in esame il danno lamentato deriverebbe da un�attivit� legislativa, come 
tale prettamente politica. 

Ebbene, rispetto all�attivit� di tipo politico i soggetti privati coinvolti non possono vantare 
situazioni giuridiche soggettive suscettibili di tutela giurisdizionale, tanto � vero che neppure gli 
atti politici del Governo possono essere oggetto di impugnativa dinanzi al Giudice Amministrativo 
ai sensi dell�art. 7 c. 1, ult. per. del d.lgs. 2 luglio 2010 n. 104, dove si afferma che �non 
sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell�esercizio del potere politico�. 

La responsabilit� dello Stato per l�esercizio dell�attivit� legislativa � stata riconosciuta 
unicamente in relazione all�attivit� di adeguamento alla normativa dell�Unione Europea (nella 
specie dell�omesso, tardivo o incompleto adeguamento a direttive) ovvero al contrasto tra la 
produzione legislativa nazionale e l�ordinamento dell�Unione. 

La fattispecie in esame, invece, riguarda l�esercizio dell�attivit� legislativa nazionale e, 
in particolare, la correttezza delle modalit� del suo svolgimento rispetto alle prescrizioni della 
Costituzione. 

Non viene affatto in gioco, quindi, la questione relativa alla difformit� rispetto a precetti 
dell�Unione. 

Sulla questione della insindacabilit� dello svolgimento dell�attivit� legislativa la giurisprudenza 
di legittimit� si � espressa pi� volte affermando che l�iniziativa della legge ha natura 
di atto politico, essendo manifestazione tipica della funzione politica e di governo, sicch� essa 
� inidonea a provocare la lesione di situazioni giuridiche soggettive (sia di diritto soggettivo 
che di interesse legittimo) ed � pertanto sottratta ad ogni sindacato giurisdizionale (Cass., sez. 
un., n. 124/1993). 

La Cassazione, con sent. n. 10617 dell�11 ottobre 1995, ha ancora affermato che le 
norme della Costituzione regolano la funzione legislativa, ripartendola tra il Governo e il Parlamento, 
quale espressione di potere politico, libero cio� nei fini e sottratto perci� a qualsiasi 
sindacato giurisdizionale, concludendo nel senso che di fronte all�esercizio del potere politico 


non sono configurabili situazioni soggettive protette dei singoli (principio poi ribadito da 
Cass. n. 4915/2003). 

Alla luce delle suesposte argomentazioni, poich� rispetto alla condotta allegata da parte 
attrice quale fatto costitutivo della domanda risarcitoria non sono configurabili situazioni soggettive 
protette dei singoli, dovr� dichiararsi l�improcedibilit� della domanda per difetto assoluto 
di giurisdizione. 

3) In subordine, sottrazione della presente causa alla cognizione secondo equit� del 
Giudice di Pace. 

Oggetto del presente giudizio � l�accertamento della lesione di un diritto costituzionalmente 
garantito, il diritto di voto. 

Ebbene, secondo l�orientamento consolidato della Corte di Cassazione (Sez. Un. n. 
25520/2006), le questioni relative alla violazione di principi costituzionali non possono essere 
rimesse, sotto alcun aspetto, alla valutazione equitativa di un giudice, neanche dunque alla 
cognizione in equit� del giudice di pace, anche se la domanda sia contenuta nel limite di valore 
ex art. 113 c. 2 c.p.c. 

Per questo motivo la presente causa andr� comunque decisa secondo diritto. 

4) Nel merito, infondatezza della domanda. 

Si contesta in ogni caso la fondatezza dell�avversa domanda. 

La Corte costituzionale, con la sentenza n. 1/2014, ha dichiarato l�illegittimit� costituzionale 
delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l�assegnazione di un premio di 
maggioranza (sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica) alla lista o 
alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, 
almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna 
Regione. La Corte ha, altres�, dichiarato l�illegittimit� costituzionale delle norme che stabiliscono 
la presentazione di liste elettorali �bloccate�, nella parte in cui non consentono all�elettore 
di esprimere una preferenza. 

Al riguardo si ricorda che la stessa Corte Costituzionale, nella sentenza n. 1/2014, chiarisce 
la portata e gli effetti della sentenza stessa affermando che la decisione di annullamento delle 
norme censurate, avendo modificato in parte la normativa che disciplina le elezioni politiche 
�produrr� i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione 
che - come afferma testualmente la Corte - si dovr� effettuare o secondo le regole 
contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo 
la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere. Essa, pertanto, non tocca 
in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle 
norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto�. 

Al riguardo la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8878 del 16 aprile 2014, resa proprio 
a definizione del giudizio a quo relativo alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 1/2014, 
ha statuito che �La sopra ricordata precisazione della Corte costituzionale, la quale ha osservato 
che le elezioni svolte costituiscono "un fatto concluso" idoneo a giustificare che i rapporti 
sorti nel vigore della legge annullata "rimangono regolati dalla legge dichiarata 
invalida" in quanto "esauriti", dimostra che la tutela riconosciuta dall'ordinamento ai ricorrenti 
elettori, oltre all'accertamento per il passato della lesione subita e del diritto al rimborso 
delle spese sostenute per conseguire tale risultato processuale (v. il successivo p. 7), � quella, 
pienamente satisfattiva, della riparazione in forma specifica per effetto della sentenza costituzionale 
che ha ripristinato la legalit� costituzionale, potendo essi, a decorrere dal 13 gennaio 
2014 ed attualmente, esercitare il diritto di voto secondo i precetti costituzionali�. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

In altre parole, la Suprema Corte, dopo avere specificato che, per effetto della pronuncia 

n. 1/2014 della Corte Costituzionale, i ricorrenti elettori avevano ricevuto satisfattiva riparazione 
in forma specifica della lesione subita, ha riconosciuto soltanto a quei ricorrenti elettori 
che avevano agito in giudizio - e per il solo fatto che a seguito della loro iniziativa si era per-
venuti alla declaratoria di incostituzionalit� delle norme contenute nella legge elettorale n. 
270/2005 - esclusivamente il diritto al rimborso delle spese legali sostenute per conseguire 
tale risultato processuale. 

Da tali assunti discende che parte istante non ha diritto ad alcun risarcimento del danno 
morale �consequenziale�; il disposto ripristino della legalit� costituzionale pro futuro � infatti 
pienamente satisfattivo. 

Nella fattispecie in esame, cio�, l�accertamento per il passato della lesione del diritto di 
voto � gi� esplicitamente contenuto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014 senza 
necessit� che tale invocata lesione del diritto di voto venga singolarmente accertata nei confronti 
di ciascun cittadino. 

Le domande azionate sono pertanto evidentemente infondate non sussistendo nella fattispecie 
alcun danno risarcibile. 

Si fa in ogni caso rilevare che, secondo la pacifica giurisprudenza in tema di accertamento 
della responsabilit� ex 2043 c.c. nell�ambito del giudizio secondo equit�, tra i principi 
informatori della materia, ai quali il giudice di pace � vincolato ai sensi dell'art. 113, secondo 
comma, c.p.c. - nel testo risultante dalla pronuncia di parziale illegittimit� costituzionale 
emessa dalla Corte costituzionale con sentenza n. 206 del 2004 - e la cui violazione � deducibile 
con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 3 c.p.c., rientra la necessit�, nel giudizio 
di risarcimento del danno, di accertare che il danneggiante abbia cagionato un danno 
ingiusto, violando un interesse di altro soggetto tutelato dal diritto, ovvero violando la norma 
giuridica che attribuisce protezione a tale interesse, e che sia fornita la prova dell�esistenza 
del danno stesso (Cass., Sez. lav., Sent. n. 23029 del 15 novembre 2005). 

In particolare, con riferimento all�accertamento della risarcibilit� del danno non patrimoniale 
ex art. 2059 c.c., la giurisprudenza di legittimit� ha affermato che, in tema di responsabilit� 
per fatto illecito, rientra tra i principi informatori della materia, ai quali � tenuto ad 
uniformarsi il giudice di pace nel giudizio di equit�, quello di cui al disposto dell�art. 2059 
c.c., il quale, secondo una lettura costituzionalmente orientata, non disciplina un�autonoma 
fattispecie di illecito, produttiva di danno non patrimoniale, distinta da quella prevista dall'art. 
2043 c.c., ma regola i limiti e le condizioni di risarcibilit� dei pregiudizi non patrimoniali, tra 
cui va annoverata la necessit� - anche in caso di lesione di diritti costituzionali inviolabili, 
presieduti dalla tutela minima risarcitoria - che la lesione sia grave e che il danno non sia 
futile (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 26367 del 16 dicembre 2014) e sempre sul presupposto del-
l'esistenza di tutti gli elementi costitutivi dell'illecito richiesti dall'art. 2043 c.c., con la peculiarit� 
della tipicit� di detto danno, stante la natura dell'art. 2059 c.c., quale norma di rinvio ai 
casi previsti dalla legge ovvero ai diritti costituzionali inviolabili, presieduti dalla tutela minima 
risarcitoria, e con la precisazione, in tale ultimo caso, che la rilevanza costituzionale 
deve riguardare l'interesse leso e non il pregiudizio in conseguenza sofferto, e che la risarcibilit� 
del danno non patrimoniale presuppone, altres�, che la lesione sia grave e che il danno 
non sia futile (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 8703 del 9 aprile 2009). 

Alla luce dei suesposti principi, � onere di parte attrice allegare e provare tutti gli elementi 
costitutivi del fatto illecito ai sensi dell�art. 2043 c.c. 
Si contesta infine la invocata quantificazione equitativa del danno, non supportata da 


elementi probatori e dati di fatto necessari a consentire che l�apprezzamento equitativo sia limitato 
e ricondotto alla sua caratteristica funzione di colmare soltanto le inevitabili lacune al 
fine della precisa determinazione del danno. 

5) Si eccepisce, in ogni caso, anche la prescrizione dei diritti risarcitori ex adverso 
invocati. 

Parte attrice invoca infatti una tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. Risulta pertanto applicabile 
il termine prescrizionale quinquennale ex art. 2947, comma 1, c.c. 

Di conseguenza, per l�invocato danno conseguente all�esercizio del diritto di voto nelle 
elezioni del 2006 e del 2008, il termine di prescrizione, avuto riguardo alla notifica dell�atto 
di citazione e in assenza di validi atti interruttivi, deve ritenersi ampiamente decorso. 

* * * 

Tanto esposto in fatto e in diritto, questa Avvocatura, nell�interesse dei Ministeri in epigrafe, 
rassegna le seguenti 
CONCLUSIONI 

�Preliminarmente dichiararsi l�incompetenza del Giudice di Pace di Buccino in favore 
del Tribunale di Roma, o, in subordine, del Giudice di Pace di Roma. 

In subordine, dichiararsi l�improcedibilit� delle domande azionate per difetto assoluto 
di giurisdizione. 

In ulteriore subordine, rigettare la domanda di parte attrice siccome infondata in fatto 
e in diritto o, comunque, perch� prescritta. 

Con vittoria delle spese di giudizio�. 

Si producono i seguenti documenti: 

1) Ordinanza del 30 aprile 2015 del Tribunale di Nocera Inferiore; 

2) Ordinanza del 18 dicembre 2013 del Tribunale di Roma. 

Salerno, 26 giugno 2015 

Maria Elena Caprio 
Procuratore dello Stato 

3. Uno scambio di e-mail sulla responsabilit� civile dello Stato legislatore. 

Da: Avv. Maria Elena Caprio [mailto:mariaelena.caprio@avvocaturastato.it] 
Inviato: gioved� 25 giugno 2015 17:34 

A: avvocati_tutti@avvocaturastato.it 
Oggetto: lesione del diritto di voto 

Cari colleghi, 
devo costituirmi in una serie di cause davanti al Giudice di Pace instaurate da singoli cittadini 
per ottenere la condanna della PCM e del Ministero dell'Interno al risarcimento del danno 
non patrimoniale conseguente alla lesione del diritto di voto cos� come costituzionalmente 
garantito, diritto che si assume leso in conseguenza della legge elettorale n. 270/2005 poi dichiarata 
illegittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 1/2014. 
Gli attori limitano le richieste alla somma di � 1.033,00 e dunque entro i limiti del giudizio 
secondo equit� del GdP. 
Vi chiedo se ci sono gi� precedenti analoghi ed eventuali sentenze. 
Grazie 
Maria Elena Caprio 


CONTENZIOSO NAZIONALE

(...) 

Da: Paolo Gentili [mailto:paolo.gentili@avvocaturastato.it] 
Inviato: gio 25/06/2015 20.58 

A: Laspina Pierfrancesco; Nicotra Angelo; Caprio Maria Elena; Avvocati_tutti 
Oggetto: R: lesione del diritto di voto 

Secondo SS. UU. 25520/2006 e successive conformi, la violazione di principi costituzionali 
� sottratta alla cognizione in equit� del giudice di pace, anche se la domanda sia contenuta 
nel limite di valore ex art. 113 c. 2 c.p.c. 
Mi sembra, poi, che la questione esuli comunque dalle competenze per materia del giudice di 
pace ex art. 7 c.p.c. 
Nel merito, a parte l'insussistenza di una responsabilit� civile aquiliana per attivit� legislativa 
(semmai si pu� discutere se il caso sia assimilabile alla responsabilit� contrattuale per atto lecito 
da inadempimento al diritto UE: SS.UU. 9147/2009, dove il problema � che tra costituzione 
e legislatore ordinario non si pone un rapporto tra ordinamenti distinti, ma solo un 
rapporto di gerarchia formale tra fonti del medesimo ordinamento), � importante ricordare 
che C. cost. 1/2014 ha chiarito che "7.� � evidente, infine, che la decisione che si assume, di 
annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina 
le elezioni per la Camera e per il Senato, produrr� i suoi effetti esclusivamente in occasione 
di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovr� effettuare o secondo 
le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero 
secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere. 
Essa, pertanto, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito 
durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli 
atti adottati dal Parlamento eletto. Vale appena ricordare che il principio secondo il quale 
gli effetti delle sentenze di accoglimento di questa Corte, alla stregua dell�art. 136 Cost. e 
dell�art. 30 della legge n. 87 del 1953, risalgono fino al momento di entrata in vigore della 
norma annullata, principio �che suole essere enunciato con il ricorso alla formula della c.d. 
�retroattivit�� di dette sentenze, vale per� soltanto per i rapporti tuttora pendenti, con conseguente 
esclusione di quelli esauriti, i quali rimangono regolati dalla legge dichiarata invalida
� (sentenza n. 139 del 1984). 
Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente 
illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, 
posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. 
Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove 
consultazioni elettorali. 
Rileva nella specie il principio fondamentale della continuit� dello Stato, che non � un�astrazione 
e dunque si realizza in concreto attraverso la continuit� in particolare dei suoi organicostituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. � pertanto fuori 
di ogni ragionevole dubbio - � appena il caso di ribadirlo - che nessuna incidenza � in grado 
di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno 
prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari 
ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacit� di 
deliberare. Tanto ci� � vero che, proprio al fine di assicurare la continuit� dello Stato, � la 
stessa Costituzione a prevedere, ad esempio, a seguito delle elezioni, la prorogatio dei poteri 
delle Camere precedenti �finch� non siano riunite le nuove Camere� (art. 61 Cost.), come 


anche a prescrivere che le Camere, �anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono 
entro cinque giorni� per la conversione in legge di decreti-legge adottati dal Governo 
(art. 77, secondo comma, Cost.)." 

Ci� si pu� interpretare nel senso che il parlamento attuale, anche se eletto in base a legge elettorale 
incostituzionale, � democraticamente rappresentativo nella stessa misura di un parlamento 
eletto in base a legge costituzionalmente conforme; e quindi non sussiste alcun danno 
risarcibile per aver dovuto esprimere il voto in base a legge incostituzionale. 
PG 

(...) 
Da: Fiorentino Sergio 
Inviato: gio 25/06/2015 21.12 

A: Laspina Pierfrancesco 
Oggetto: Re: R: lesione del diritto di voto 

La responsabilit� civile dello Stato-legislatore � da almeno due decenni riconosciuta nel caso 
di violazione del diritto dell'Unione europea (che, peraltro, ridonda anche in violazione della 
Costituzione). 
Non vedo nessuna difficolt� a riconoscerla nel caso di violazione della Costituzione, perch� 
la scelta politica, nella quale si esprime l'atto politico e la sua peculiarit�, si pone sempre "a 
valle" del rispetto di vincoli giuridici derivanti da fonti sovraordinate a quelle sulle quali il 
decisore politico pu� incidere (nel caso del legislatore ordinario, la Costituzione). 
Altra questione � la responsabilit� individuale di chi attua la scelta politica (e qui si potrebbe 
fare un interessante parallelismo con la sentenza - che, al pari della legge, � espressione di 
funzione sovrana - e la responsabilit� individuale del giudice). 

S.F. 

Da: stefano cerillo [mailto:stefano.cerillo@avvocaturastato.it] 
Inviato: ven 26/06/2015 12.03 

A: Caprio Maria Elena 
Cc: Avvocati_tutti 
Oggetto: R: R: lesione del diritto di voto 

Mi risultano pendenti 2 cause pilota proposte da Avvocati - ritengo facenti parte di associazione 
giuridica cfr. www.studiolegalemarcomori.it - per il risarcimento della lesione al diritto 
individuale di elettorato attivo derivante dall�applicazione di normativa elettorale contraria 
alla Costituzione (in astratto diritti inviolabili della persona suscettibili di tutela risarcitoria 
ex art 2059 c.c. ex multis cfr. Cass. 20/6/2013 n. 15481 e C.d.S. 5/9/2013 n. 4464). Oltre alla 
mia causa Avv. Calvello c: PCM Tribunale di Padova r.g. 2223/2015 mi risulta una precedente 
causa Muzio c. PCM proposta avanti Tribunale di Genova R.G.1338/2014 CT 1338/2014 avv. 
Guerra. 
La Cassazione ha gi�, peraltro, affermato nella sentenza 16 aprile 2014 n. 8878, resa a valle 
della sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale,che �l�accoglimento delle proposte questioni 
di costituzionalit� non ha esaurito la tutela invocata dai ricorrenti nel giudizio principale, 
che si pu� realizzare solo a seguito e in virt� della pronuncia con la quale il giudice ordinario 
accerta le conseguenze della pronuncia costituzionale, e, in particolare, SE VI SIA STATA UNA 
LESIONE GIURIDICAMENTE RILEVANTE DEL DIRITTO DI VOTO�. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

La Cassazione ritiene pienamente satisfattiva della lesione del diritto di voto il ripristino della 
legalit� costituzionale predicato nella sentenza costituzionale �potendo essi (gli elettori n.d.r.) 
a decorrere dal 13 gennaio 2014 ed attualmente, esercitare il diritto di voto secondo i precetti 
costituzionali�. 
Sui possibili dubbi circa il carattere pienamente satisfattivo della accertata lesione del diritto 
mi pare utile segnalare la nota alla sentenza della Suprema Corte del Prof. Claudio Consolo 
in Corriere giur., 2014, 12, 1551, tenendo conto che, a differenza che nel precedente giudizio 
a quo deciso con la citata sentenza della Suprema Corte nei casi ora in esame l�azione proposta 
non � di mero accertamento con valenza ripristinatoria pro futuro ma di condanna per gi� intervenute 
lesioni del diritto fatto valere. 
Mi pare quindi non tranquillizzante contrastare la pretesa esclusivamente con il richiamo al 
suaccennato effetto ripristinatorio ma occorrerebbe escludere una concreta efficienza lesiva 
della legge elettorale costituzionalmente illegittima sull�esercizio individuale del diritto di 
voto cos� come delineato dall�art.48 Cost. (personale, uguale, libero e segreto). 
Sul punto chiedo ai Colleghi ogni utile contributo. 
Stefano Cerillo 

Da: Gianni Cortigiani [mailto:gianni.cortigiani@avvocaturastato.it] 
Inviato: ven 26/06/2015 18.20 

A: Gentili Paolo; Laspina Pierfrancesco; Nicotra Angelo; Caprio Maria Elena; Avvocati_tutti 
Oggetto: R: lesione del diritto di voto 


Complimenti a Paolo e Stefano per le acute indicazioni. 
Da (ex) badilante delle cause specializzandi non mi sembra che i principi affermati nella 
9147/09 possano applicarsi nella fattispecie atteso che l� � stato rilevato l�inadempimento ad 
un obbligo sorgente da fonte sovranazionale. 



L�arco temporale di operativit� delle astreintes: 
oscillazioni pretorie e orizzonti di riforma 

NOTA A CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, SENTENZE DEL 
12 MAGGIO 2015, NN. 2340, 2341, 2342, 2343, 2344 

Nicola Pistilli* 

Con la sequenza di decisioni in commento il Consiglio di Stato ha fatto 
provvisoriamente chiarezza nella panopl�a di orientamenti giurisprudenziali 
in merito al momento iniziale di decorrenza della penalit� di mora nel giudizio 
di ottemperanza, statuendo che la stessa � �da corrispondere per ogni giorno 
di ritardo nell'esecuzione della sentenza dopo il decorso dei termini prima assegnati 
[�] dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della [�] sentenza 
e fino all'effettivo pagamento ad opera dell'Amministrazione o del 
commissario ad acta�. 

L�esigenza di una precisa delimitazione del segmento temporale lungo il 
quale operano le astreintes ha assunto un rilievo vieppi� significativo a seguito 
della decisione dell�Adunanza Plenaria n. 15 del 2014, la quale, comՏ noto, 
ha avallato l�orientamento che ammette l�operativit� della misura anche nei 
giudizi di ottemperanza volti ad ottenere dalla pubblica amministrazione l�esecuzione 
di obbligazioni pecuniarie. Trattandosi evidentemente della percentuale 
statisticamente pi� significativa dei giudizi di ottemperanza, � dunque 
di tutta evidenza l�importanza che viene ad assumere la questione del momento 
iniziale (e del termine finale) di decorrenza della penalit�, atteso che l�adesione 
a uno o all�altro dei diversi orientamenti che di qui a breve si passeranno in 
rassegna comporta notevoli conseguenze sul versante dell�esborso di risorse 
a tal fine devolute (1). 

Ai fini di una maggiore chiarezza espositiva � opportuno preliminarmente 
discernere l�indirizzo, fatto proprio dalla giurisprudenza dei tribunali amministrativi 
regionali, che anticipa la decorrenza delle astreintes a partire da un 
momento anteriore rispetto alla sentenza che definisce il giudizio di ottemperanza, 
e quello che invece fissa l�operativit� delle stesse da un momento coincidente 
o posteriore rispetto alla medesima sentenza. 

Nell�ambito del primo filone si articolano ben quattro orientamenti. 

Il primo individua la decorrenza delle astreintes dal giorno della notifica 
del ricorso per l�ottemperanza, �in applicazione del principio per il quale 

(*) Dottore in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura dello Stato. 

(1) Aspetto evidenziato anche nell�intervento del Vice Avvocato Generale Avv. Salvatore Messineo 
alla cerimonia di inaugurazione dell�anno giudiziario 2015, dinanzi all�Assemblea Generale della Suprema 
Corte: in questa rivista, n. 4/2014, pag. 8. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della 
domanda� (2). 

Il secondo orientamento fa decorrere la penalit� dal centoventesimo 
giorno successivo alla notifica del titolo, termine accordato in via generale 
alle amministrazioni e agli enti pubblici economici per l�adempimento di obbligazioni 
risultanti da titoli esecutivi di condanna al pagamento di somme di 
denaro ex art. 14 del d.l. n. 669/96 (3). 

Quest�ultimo termine � aumentato a sei mesi in altre pronunce (4), sulla 
scorta del principio fissato dalla giurisprudenza della Corte EDU, la quale, 
con specifico riferimento all�esecuzione delle condanne ex lege Pinto, ha fissato 
in tale misura il margine temporale massimo entro il quale l�amministrazione 
deve adempiere (5). 

Il quarto orientamento addirittura anticipa il termine iniziale alla data di 
notifica del provvedimento da ottemperare (6). Si tratta di una soluzione difficilmente 
giustificabile sul piano logico, atteso che non lascia all�amministrazione 
soccombente alcun lasso temporale, neppure minimo, per procedere al 
pagamento, gravando la stessa dell�onere di adempiere ad horas: attivit� inesigibile 
alla luce delle procedure contabili che la stessa � tenuta a rispettare. 

Le interpretazioni test� enunciate appaiono in radicale contrasto con la 
lettera della norma, nonch� con la ratio dell�istituto. 

L�art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a. prevede che il giudice fissi la 
somma di denaro dovuta dal resistente �per ogni violazione o inosservanza 
successiva, ovvero per ogni ritardo nell�esecuzione del giudicato�. � dunque 
la pronuncia di ottemperanza che, constatando l�intervenuto inadempimento 
da parte dell�amministrazione, scandisce il termine iniziale minimo dal quale 
possono operare le penalit� di mora. 

Presupposto della penalit� di mora � invero da ravvisarsi non nell�inadempimento 
dell�amministrazione rispetto al decisum di cognizione, quanto 
piuttosto nell�intervenuto accertamento dell�inadempimento stesso e della sua 
perduranza. Come � stato lucidamente rilevato, le penalit� di mora si configurano 
quale �strumento per contrastare non la "inottemperanza", ma il "protrarsi 
della stessa" nonostante l'intervenuto accertamento di essa. Il ritardo 
sanzionato non � quello che rende manifesta l'inottemperanza, ma quello che 
segue alla sua constatazione (la somma � irrogabile "per ogni violazione o 

(2) In particolare, tale tesi � stata avvalorata da alcune pronunce del T.A.R. Lazio - Roma (ad es., 
Sez. I bis, n. 629 del 15 gennaio 2015) nonch� del T.R.G.A. di Trento (ad es. 29 gennaio 2015, n. 61). 
(3) Tale ricostruzione � da ultimo avallata anche dal TA.R. Lazio - Roma, con diverse pronunce 
(21 gennaio 2015, n. 2664; 16 febbraio 2015, n. 2669) nonch� dal T.A.R. Basilicata, Sez. I, 5 maggio 
2014, n. 313. 
(4) Da ultimo T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I bis, 2 marzo 2015, nn. 3500, 3514, 3530. 
(5) Si veda, ex plurimis, Cocchiarella c. Italia. 
(6) T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 4 febbraio 2015, n. 3054. 







inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato"). 
Il ritardo non pu� insomma valutarsi se non con riferimento al fatto 
che la "esecuzione" sia stata appunto pronunciata come mancante e dunque 
ancora doverosa� (7). 

Diversamente ritenendo, e cio� se la penalit� di mora fosse irrogata sulla 
base del fatto che gi� al momento del giudizio d�ottemperanza l�Amministrazione 
risulti inadempiente, la stessa perderebbe la sua funzione esclusiva, come 
peraltro riconosciuta dalla consolidata giurisprudenza del Consiglio di Stato 
(8), nonch� dalla pressoch� unanime dottrina (9), di stimolo all�adempimento, 
e latu sensu sanzionatoria, per assumere una funzione risarcitoria, estranea al 
dettato legislativo, e comunque gi� assicurata dalla corresponsione degli interessi 
legali. Tale funzione � stata di recente confermata dalla gi� citata Plenaria 

n. 15/2014, la quale ha ribadito che �la penalit� di mora, come fin qui osservato, 
assolve ad una funzione coercitivo-sanzionatoria e non, o quanto meno 
non principalmente, ad una funzione riparatoria, come dimostrato, tra l'altro, 
dalle caratteristiche dei modelli di diritto comparato e dalla circostanza che 
nell'articolo 614 bis c.p.c. la misura del danno � solo uno di parametri di 
quantificazione dell'importo della sanzione�. Tale lettura trova peraltro conforto 
nella circostanza che il comma 4 dell�art. 112 c.p.a., il quale prevedeva 
l�esperibilit� della domanda risarcitoria direttamente in sede di ottemperanza, 
� stato abrogato dal d.lgs. 195/2011. 

La possibilit� di anticipare il rimedio a un momento anteriore rispetto alla 
pronuncia di ottemperanza collide peraltro con la funzione di coazione indiretta 
del rimedio, atteso che non � possibile immaginare una funzione di deterrenza 
rispetto a un contegno (nella specie l�inadempimento) gi� tenuto dal 
soggetto. 

Tale conclusione non � peraltro giustificabile neanche seguendo le orme 
di quella dottrina (10) che, richiamando il principio di concentrazione processuale, 
ammette la possibilit� che le penalit� di mora siano fissate direttamente 
dal giudice della cognizione, sulla falsariga di quanto accade ad esempio nel 
processo amministrativo francese. Anche a voler aderire a tale opzione ermeneutica, 
giova infatti precisare che, per anticipare il rimedio a un momento 
anteriore rispetto alla pronuncia di ottemperanza, la misura dovrebbe essere 

(7) In questi termini cfr. Cons. Giust. Amm. Sicilia, 23 giugno 2014, n. 392. 

(8) In tal senso, tra le altre, Cons. Stato, Sez. VI, 6 agosto 2012, n. 4523; Cons. Stato, Sez. III, 30 
maggio 2013, n. 2933. 
(9) In tema si veda CORRADINO, STICCHI DAMIANI, Il processo amministrativo, Torino, Giappichelli, 
2014, pag. 462; MARI, Il giudizio di ottemperanza, in SANDULLI (a cura di), Il nuovo processo amministrativo, 
Milano, Giuffr�, 2013, vol. II, pag. 505; TARULLO, Il giudizio di ottemperanza, in SCOCA (a cura 
di), Giustizia amministrativa, Torino, Giappichelli, 2014, pag. 624. 
(10) Si veda per tutti VIOLA, Le astreintes nel nuovo processo amministrativo, in Urb. app., n. 
2/2011, pag. 156 e ss. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

comminata dal giudice della cognizione per l�eventuale inadempimento futuro, 
e non gi� applicata dal giudice dell�ottemperanza per quello pregresso. Pertanto 
anche in tale evenienza la penalit� conserverebbe integra la sua veste di 
strumento coercitivo-sanzionatorio. 

Sulla scorta di tali considerazioni (11), il Consiglio di Stato - in direzione 
dichiaratamente contraria alla giurisprudenza innanzi riportata - si � espresso 
costantemente nel senso che le penalit� non possano decorrere a far data da 
un momento antecedente rispetto alla pronuncia di ottemperanza. All�interno 
di tale indirizzo si registrano tuttavia due ordini di soluzioni. 

Alcune sentenze ritengono infatti che la penalit� di mora decorra dal 
momento della notificazione o comunicazione della sentenza di ottemperanza 
(12). 

Un diverso filone di pronunce, al quale afferiscono quelle in commento, 
computa le astreintes, le quali, pur comminate, sarebbero destinate a operare 
solo in via eventuale, a far data dalla scadenza del termine per l�adempimento 
fissato nella pronuncia di ottemperanza (il quale decorre a sua volta dalla notificazione 
o comunicazione della sentenza stessa) (13). 

Pur non disconoscendo la corretta impostazione di fondo in cui si muovono 
entrambi gli orientamenti, non si conviene con quella dottrina la quale 
ammette che rientri nella discrezionalit� del giudice la valutazione in ordine 
all�opportunit� di concedere eventualmente un termine �libero� per adempiere, 
posticipando l�intervento del rimedio a partire dallo spirare dello stesso (14). 
Tale soluzione � stata peraltro avallata, seppure in via di obiter dictum, dal-
l�Adunanza Plenaria n. 15/2014, la quale si � espressa nel senso dell�alternativit� 
tra le due soluzioni, sentenziando che �l'astreinte, salva diversa 
valutazione del giudice, pu� essere di immediata esecuzione, in quanto � san-
cita da una sentenza che, nel giudizio d'ottemperanza di cui agli artt. 112 e 
seguenti c.p.a., ha gi� accertato l'inadempimento del debitore�. 

Si ritiene che la soluzione abbracciata dal Consiglio di Stato con le pronunce 
in epigrafe, secondo le quali la penalit� decorre, solo eventualmente, 
dallo spirare del termine concesso all�amministrazione per adempiere, sia pi� 
aderente alla lettera della norma. 

(11) Lucidamente riprese da Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2014, n. 2653, a tenore della quale 
�L�art. 114 comma 4 cpa [...] attribuisce al giudice dell�ottemperanza uno strumento per indurre indirettamente 
l�amministrazione ad eseguire tempestivamente l�ordine di pagamento dallo stesso formulato; 
strumento ovviamente non utilizzabile per gli inadempimenti pregressi, generanti, piuttosto, obbligazioni 
di natura risarcitoria�. 

(12) La pronuncia citata nella nota precedente ha statuito che �la penalit� decorre dal giorno 
della comunicazione o notificazione dell�ordine di pagamento formulato dal giudice dell�ottemperanza�. 
(13) Si veda in tal senso Cons. Stato, Sez. III, 16 settembre 2014, n. 4711; T.A.R. Lombardia Milano, 
Sez. III, 3 novembre 2014, n. 2614; T.A.R. Campania - Salerno, Sez. I, 29 luglio 2014, n. 1416; 


T.A.R. Emilia Romagna - Bologna Sez. I, 23 marzo 2015, n. 291. 

(14) Cos� SAVO AMODIO, Le �astreintes�, in Treccani. Il libro dell�anno del diritto 2013, pag. 734. 


Invero l�art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a. prevede che il giudice del-
l�ottemperanza fissi la somma di denaro dovuta dal resistente �per ogni violazione 
o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell�esecuzione del 
giudicato�. Il tenore della norma sembra deporre nel senso che il rimedio pu� 
operare soltanto qualora l�Amministrazione non rispetti il vincolo fissato dal 
giudice d�ottemperanza di adempiere entro un termine fissato nella sentenza 
medesima. Alteris verbis, con la locuzione �per ogni violazione successiva�, 
il legislatore ha verosimilmente inteso riferirsi agli inadempimenti, o comunque 
all�inerzia, �successivi� rispetto alla sentenza pronunciata all�esito del 
giudizio di ottemperanza. Se non si vuole svuotare l�aggettivo di ogni valenza 
autonoma, l�unico significato che pu� attribuirsi alla norma � nel senso che 
essa postuli, o quantomeno sottintenda, la necessit� di un minimo lasso temporale 
tra la conoscenza legale della sentenza di ottemperanza e la sua attuazione. 
In tale lasso temporale la minaccia della misura compulsoria dovrebbe 
spingere l�amministrazione a ottemperare alla pronuncia nel termine fissato 
dal giudice e, in caso di infruttuoso decorso dello stesso, la penalit� recupererebbe 
la sua duplice funzione: sanzionatoria, relativamente all�inadempimento 
pregresso, e deterrente rispetto a quello successivo. 

Ed � allora giocoforza concludere che la penalit�, nella sua duplice veste 
deterrente e sanzionatoria, operi solo allorquando l�Amministrazione non 
abbia ottemperato nel termine prescritto dalla pronuncia stessa, ossia dal momento 
in cui la medesima dimostri la sua pervicace volont� di non attuare il 
giudicato (15), il quale a sua volta decorre dal giorno della comunicazione/notificazione 
della stessa. 

Conclusivamente si rileva che � allo studio una proposta di modifica del 

c.p.a. la quale recepisce le conclusioni delle pronunce in commento, anche al 
fine di fugare le residue incertezze sul punto. In seno ai lavori della Commissione 
ministeriale per la riforma della legge Pinto, istituita presso il Ministero 
dell�Economia e delle Finanze, � emersa l�opportunit� di inserire una novella 
in coda all�art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a., proprio nel senso divisato dalla 
giurisprudenza del Consiglio di Stato, con conseguente decorrenza delle 
astreintes dallo spirare del termine fissato nella sentenza di ottemperanza. Tale 
limitazione non sembra peraltro destinata a operare in caso di ottemperanza 
di decisioni diverse da quelle di condanna al pagamento di somme di denaro: 
presumibilmente la ratio � quella di non dar luogo a eccessive locupletazioni 
quando il ritardo nell�adempimento sia comunque compensato dalla decorrenza 
degli interessi legali. 

Le sentenze qui in commento offrono lo spunto per accennare a un�altra 
questione strettamente avvinta alla tematica test� approfondita, ossia quella 
concernente il termine finale di operativit� del rimedio compulsorio. 

(15) In questi termini si veda Cons. Stato, Sez. V, 20 agosto 2013, n. 4180. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Pacifica l�ammissibilit� del cumulo tra le due misure (16), atteso che le 
stesse si pongono su una scala di crescente ingerenza del giudice nell�attivit� 
amministrativa, resta da chiarire se i rimedi siano anche sovrapponibili dal 
punto di vista cronologico. 

La soluzione adombrata nelle odierne pronunce � nel senso che solo l�effettivo 
e integrale adempimento dell�obbligazione da parte dell�amministrazione 
determini la cessazione della misura, nonostante l�intervenuto 
insediamento del commissario ad acta (17). Tale statuizione si muove evidentemente 
in un�ottica di tutela rafforzata della controparte, per la quale � indifferente 
l�identit� del soggetto cui la persistenza dell�inadempimento � 
addebitabile. Inoltre la perduranza della penalit� opererebbe a presidio del dovere 
di massima collaborazione (18) che incombe sull�amministrazione al fine 
di agevolare il rapido ed efficace svolgimento delle mansioni del commissario. 

La questione, comՏ evidente, involge la pi� generale problematica della 
sussistenza, in capo all�amministrazione, di residui margini di operativit� 
anche in costanza del commissario (19). Nel momento in cui si ammette tale 
possibilit�, � giocoforza ritenere che la penalit� di mora continui ad attuare la 
sua funzione di coazione indiretta. 

In dottrina si � obiettato che la nomina del commissario ad acta segna il 
definitivo trasferimento del munus dall�amministrazione allo stesso, di talch� 
l�eventuale protrarsi dell�inerzia non � pi� ascrivibile alla prima e pertanto le 
astreintes cessano con l�intervento dello stesso (20). La soluzione, pur rigorosa 
sul piano sistematico, sconta tuttavia un apprezzabile rischio di affievolimento 
della tutela delle ragioni di controparte. Nondimeno � stata accolta da parte 
della giurisprudenza. 

Sul punto si registra per� una ulteriore divergenza di sfumature. Alcuni 
arresti invero fissano all�amministrazione un doppio termine: il primo per 
adempiere, alla scadenza del quale inizia a decorrere la penalit�; il secondo, 
che segna la fine del rimedio compulsorio e il subentro del commissario (21). 
Altre pronunce, diversamente, individuano come termine finale l�effettivo insediamento 
del commissario stesso, in quanto solo in tale circostanza si perfezionerebbe 
la traslazione dell�obbligo di adempiere (22). 

(16) In dottrina, ex multis, CORRADINO, STICCHI, op. cit., pag. 464 e TARULLO, op. cit., pag. 624. 

(17) Nello stesso senso si veda T.A.R. Sicilia - Palermo, Sez. I, 2 aprile 2015, n. 823 nonch� le su 
menzionate T.A.R. Campania - Salerno, Sez. I, 29 luglio 2014, n. 1416 e T.A.R. Emilia Romagna - Bologna 
Sez. I, 23 marzo 2015, n. 291. 
(18) T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, Sez. I, 24 ottobre 2012, n. 623. 
(19) Sul punto, diffusamente, MARI, op. cit., pag. 513 e ss. 




(20) Cos� GAROFOLI, FERRARI, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2015, Neldiritto, pag. 
2567. 
(21) Si veda la citata sentenza del T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. III, 3 novembre 2014, n. 2614. 
(22) Si veda la gi� citata pronuncia del Cons. Stato, Sez. III, 16 settembre 2014, n. 4711; cfr. anche 






T.A.R. Lazio - Roma, Sez. I, 3 giugno 2015, n. 7752. 


Non pu� infine sottacersi un recente ma (per il momento) isolato filone 
giurisprudenziale il quale ritiene che la misura compulsoria e quella surrogatoria 
non siano cumulabili: la nomina del commissario ad acta, in quanto rimedio 
sostitutivo, escluderebbe in radice l�esigenza di porre in essere ulteriori 
strumenti di coazione come le penalit� di mora, le quali dovrebbero pi� opportunamente 
operare nel caso in cui sia preferibile che, atteso l�elevato tasso 
di discrezionalit� dell�attivit� amministrativa da compiersi, l�amministrazione 
stessa vi provveda (23). In altri termini, la nomina del commissario previene 
a monte la possibilit� che si verifichi un ulteriore ritardo (o comunque violazione) 
imputabile all�amministrazione (24). 

Consiglio di Stato, Sezione Quinta, sentenza 12 maggio 2015 n. 2340 -Pres. ff. Vito Poli, 
Est. Antonio Amicuzzi - C.M.M. (avv.ti G. Abbamonte e E.M. Zuppardi) c. Comune di Scafati 
(n.c.). 

FATTO e DIRITTO 
1.- La signora M.C.M. ha proposto ricorso al T.A.R. Campania, Sezione di Salerno, contro il 
provvedimento con cui il Comune di Scafati la aveva esclusa dal concorso per la copertura di 
18 posti di vigile urbano ed aveva approvato la nuova graduatoria di merito. 
2.- Il T.A.R. ha respinto il ricorso con sentenza n. 65 del 1999, che � stata appellata dinanzi 
al Consiglio di Stato, il quale, con decisione n. 5457 del 2003 della Sezione V, ha accolto integralmente 
l'appello ed ha annullato il provvedimento di esclusione impugnato in primo 
grado. 
3.- La deducente ha quindi nuovamente adito il T.A.R. per ottenere il risarcimento del danno 
patito a seguito del ritardo nella costituzione del rapporto di lavoro causato dall'illegittimo 
comportamento del Comune, ma il ricorso � stato respinto con sentenza n. 145 del 2008 nel-
l'assunto che nella fattispecie difettava il requisito della colpa della Amministrazione. 
4.- Avverso quest�ultima pronunzia la signora Celone ha proposto appello al Consiglio di 
Stato, che, con la sentenza n. 4343 del 31 luglio 2012 di questa Sezione, ha accolto il gravame 
nei limiti e nei termini di cui in motivazione ed ha riformato la prima decisione, con accoglimento 
del ricorso introduttivo del giudizio e condanna del Comune al risarcimento del danno 
arrecato alla parte appellante nei limiti e nei termini indicati (il 90% del trattamento retributivo 
al netto degli oneri fiscali e previdenziali, dal maggio 1998 al marzo 2004, decurtato del-
l�aliunde perceptum, oltre agli accessori sulla sorte capitale liquidati nella maggior somma 
fra interessi legali e rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT, dalla maturazione e 
sino all�effettivo soddisfo, nonch� la regolarizzazione contributiva e previdenziale ed il pagamento 
delle spese di lite in favore del difensore antistatario). La Sezione ha altres� disposto 
che il Comune avrebbe dovuto provvedere, entro sessanta giorni dalla pubblicazione della 
sentenza, a proporre alla parte la somma dovuta a titolo di risarcimento del danno ex art. 35 
del d.lgs. n. 80 del 1998 e che, prima di fare la sua definitiva proposta, avrebbe dovuto convocare 
la parte per verificare in contraddittorio la quantificazione del risarcimento, senza pre


(23) Cos�, ex multis, T.A.R. Lazio - Latina, Sez. I, 15 aprile 2015, n. 339. 
(24) T.A.R. Veneto, Sez. III, 23 marzo 2015, n. 337. 



CONTENZIOSO NAZIONALE

giudizio del rispetto del termine di sessanta giorni per la proposta finale, provvedendo poi al 
pagamento entro sessanta giorni dall'accettazione della proposta. 
5.- La sentenza, notificata al Comune di Scafati in data 6 febbraio 2013, � stata impugnata 
dal Comune, senza richiesta di sospensione della sua esecutivit�, presso la Corte di Cassazione, 
che, con sentenza n. 19612 del 27 agosto 2013, ha dichiarato inammissibile il ricorso ed ha 
confermato la giurisdizione del giudice amministrativo. 
6.- Nonostante la notifica all�Amministrazione in data 5 novembre 2013 di detta sentenza 
della Corte di Cassazione afferma la parte ricorrente che il Comune di Scafati � ancora totalmente 
e gravemente inadempiente nei confronti della ricorrente ed ha omesso di avviare l'esecuzione 
di detta sentenza della Sezione n. 4343 del 2012 secondo le scansioni temporali ivi 
previste. 
7.- La signora C. ha quindi chiesto che la Sezione: 
1) Dichiari che il Comune di Scafati non ha dato esecuzione alla citata sentenza n. 4343 del 
2012, notificata in data 6 febbraio 2013; 
2) nomini sin d'ora, in caso di ulteriore inottemperanza, un commissario ad acta che dia piena 
e completa esecuzione alla sentenza stessa; 
3) fissi, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 114, comma 4, lett. "e", del d.lgs. n. 104 del 
2010, una somma di denaro a carico del Comune di Scafati da corrispondere alla parte ricorrente 
per ogni ulteriore violazione o inosservanza successiva, ovvero, per ogni ulteriore ritardo 
nell'esecuzione del citato provvedimento; 
4) condanni l'Amministrazione intimata al pagamento delle spese, diritti ed onorari di giudizio, 
compreso il compenso spettante al commissario ad acta. 
8.- All�udienza in camera di consiglio del 31 marzo 2015 il ricorso � stato trattenuto in decisione 
alla presenza dell�avvocato della parte ricorrente, come da verbale di causa agli atti del 
giudizio. 
9.- Ritiene la Sezione che, assodato l�inadempimento del Comune di Scafati, che non ha attribuito 
alla signora C. il bene della vita cui aspirava, cio� il risarcimento del danno nei termini 
e nei limiti fissati con la sentenza della Sezione n. 4343 del 2012, in primo luogo debba essere 
dichiarato l�obbligo del Comune di adottare tutti gli atti e comportamenti (anche di eventuale 
reperimento di fondi), necessari o utili per eseguire il giudicato de quo agitur. 
A tanto il Comune dovr� materialmente provvedere entro il termine di giorni 90 (novanta) 
dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza o dalla sua notificazione, 
se anteriore, ad istanza di parte. 
Scaduto infruttuosamente tale termine, senza che in tutto o in parte sia stata prestata ottemperanza, 
il signor Prefetto di Salerno designer�, nel termine di giorni 10 dalla ricezione di apposita 
richiesta scritta da parte dell�interessata, un funzionario munito di adeguata 
professionalit�, affinch� provveda, quale commissario ad acta di questa Sezione, a porre in 
essere tutte le attivit� necessarie per l�esaustiva ottemperanza al giudicato in questione - anche 
in via di rimozione, integrazione o sostituzione dei relativi atti eventualmente emanati dalla 
predetta amministrazione medio tempore - nel termine di giorni 60 decorrenti dalla nomina e 
nel rispetto dei limiti fissati nella decisione de qua agitur. 
Il commissario potr� accedere agli atti della amministrazione ed avvalersi dei relativi apparati 
burocratici. 
Ad incarico espletato, l�Ente dovr� corrispondere al commissario il relativo compenso eventualmente 
spettante, secondo la liquidazione effettuata da questo giudice ai sensi degli artt. 
71 e ss. del t.u. n. 115 del 2002. 


Il commissario provveder� inoltre a denunciare alla competente Procura della Corte dei Conti 
gli specifici comportamenti omissivi di amministratori e funzionari che ne abbiano reso necessario 
l�intervento, con conseguenziale danno �erariale� corrispondente alle spese per l�intervento 
commissariale e quant�altro collegato all�inesecuzione della predetta sentenza. 
10.- Inoltre, ritiene il collegio che debba essere accolta la specifica domanda presentata dalla 
parte ricorrente ex articolo 114, comma 4, lettera e) del c.p.a., che ha introdotto, in via generale, 
nel processo amministrativo, l�istituto della cd. penalit� di mora, gi� regolato per il processo 
civile - con riguardo alle sentenze aventi per oggetto obblighi di fare infungibile o di 
non fare - dall�art. 614 bis del c.p.c., aggiunto dall�art. 49 della l. n. 69 del 2009. 
Anche con la sentenza di ottemperanza pu�, invero, essere fissata, salvo che ci� sia manifestamente 
iniquo e in assenza di ulteriori ragioni ostative, su richiesta di parte, la somma di 
denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni 
ritardo nell'esecuzione del giudicato, con una statuizione costituente titolo esecutivo (Consiglio 
di Stato, A.P. 25 giugno 2014, n. 15; Sezione V, 14 maggio 2012, n. 2744). 
Nel caso di specie risultano sussistenti tutti i presupposti stabiliti dall�art. 114 cit. per l�applicazione 
della sanzione: la richiesta di parte, formulata con il ricorso in esame, l�insussistenza 
di profili di manifesta iniquit� e la non ricorrenza di altre ragioni ostative. 
La misura della sanzione va dunque effettuata, in difetto di disposizione sul punto da parte 
del c.p.a., in base ai parametri di cui all�art. 614 bis del c.p.c. e si deve valutare congrua, in 
ragione della gravit� dell�inadempimento, del valore della controversia, della natura della prestazione, 
dell�entit� del danno e delle altre circostanze, oggettive e soggettive, del caso concreto, 
la misura di � 50 (cinquanta) giornaliere, da corrispondere per ogni giorno di ritardo 
nell�esecuzione della sentenza dopo il decorso dei termini prima assegnati di 90 (novanta) 
giorni dalla comunicazione o, se anteriore, notificazione della presente sentenza e fino all�effettivo 
pagamento ad opera dell�Amministrazione o del commissario ad acta. 
11.- In conclusione il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra precisati. 
12.- Le spese di giudizio, regolamentate secondo l�ordinario criterio della soccombenza, sono 
liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, 

n. 55. 

P.Q.M. 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quinta), definitivamente pronunciando 
sul ricorso meglio specificato in epigrafe: 
a) lo accoglie secondo le modalit� e i limiti indicati in motivazione; 
b) condanna il Comune di Scafati, ex art. 114, comma 4, lettera e), del c.p.a., a corrispondere 
alla signora M.C.M. la somma di � 50 (cinquanta) per ogni giorno di ritardo nell�esecuzione 
della sentenza nei termini e con le modalit� di cui in motivazione. 
c) condanna il Comune suddetto a rifondere in favore della signora M.C.M. le spese del presente 
giudizio che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori come 
per legge (I.V.A., C.P.A. e 15% a titolo di rimborso di spese generali). 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit� amministrativa. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2015. 


CONTENZIOSO NAZIONALE

Sul fermo amministrativo ex art. 69, ul. co., R.D. 2440/1923 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO, 
SEZIONE TERZA, ORDINANZA 19 GIUGNO 2015 N. 2616 


L�ordinanza in rassegna - che � stata segnalata dall�avvocato dello Stato 
affidatario della causa, avv. Carmela Pluchino - nel valutare un provvedimento 
di fermo amministrativo suggerito dall�Avvocatura alle amminisrazioni interessate, 
motiva in ordine ad una serie di profili giuridici di rilievo. 

Tribunale ammnistrativo regionale per il Lazio, Sezione Terza, ordinanza 19 giugno 2015 

n. 2616 -Pres. F. Corsaro, Est. C. Vallorani - Impresa A.C. s.r.l. (avv.ti F. Tedeschini, P.S. Pugliano, 
M. Scalise) c. Ministero Infrastrutture e Trasporti ed altre amm.ni (avv. gen. Stato). 
(...) 

per l'annullamento 
previa sospensione dell'efficacia, 
del provvedimento prot. n. 3454 del 02.03.15 avente ad oggetto il fermo amministrativo su 
ogni credito eventualmente dovuto alla societ� ricorrente dalle Amministrazioni Statali fino 
alla concorrenza di euro 2.012.644,74 
(...) 
Considerato che, ad una prima sommaria delibazione propria della presente fase, il ricorso 
non presenta elementi che facciano prevedere un suo possibile accoglimento atteso che: 

-premesso che il provvedimento di �fermo amministrativo� di cui all�art. 69, ult. co., R.D. 
18 novembre 1923, n. 2440 costituisce un misura di autotutela cautelare che l�ordinamento 
riconosce alle Amministrazioni dello Stato per la tutela delle proprie �ragioni di credito� verso 
soggetti privati, che siano a loro volta titolari di contro-crediti verso la p.A. rispetto ai quali 
si dispone la sospensione provvisoria dei pagamenti, fin quando non intervenga un provvedimento 
definitivo o la revoca della misura ovvero la compensazione tra le rispettive posizioni 
attive e passive tra Amministrazione e privato; 

-per consolidata giurisprudenza l�attivazione del rimedio non presuppone l�esistenza di crediti 
erariali certi, liquidi ed esigibili ma, al contrario, come lascia intuire l�espressione impiegata 
dalla norma (�ragioni di credito�) si estende a tutte le ipotesi in cui appaia probabile e plausibile 
la fondatezza della pretesa economica vantata dall�Amministrazione, anche sulla base 
di fattispecie ancora in corso di accertamento e nonostante le contestazioni del soggetto obbligato; 
in altri termini � all�uopo necessario e sufficiente un �fumus boni juris� in virt� del 
quale il credito vantato dalla p.A. non appaia arbitrario e/o pretestuoso; 

- siffatta apparenza di fondatezza sembra ben ravvisabile nella specie alla luce del decreto 
che dispone il giudizio ex art. 429 c.p.p. nei confronti del sig. D.A. e di numerosi altri coimputati 
(doc. 5 res.), nel procedimento in cui l�Amministrazione si � costituita parte civile e 
che vede lo stesso imputato per gravi e numerosi reati tutti perpetrati in danno dell�Amministrazione 
che ha subito danni patrimoniali ed all�immagine non ancora quantificabili con esattezza 
ma presumibilmente assai ingenti; 

-il fatto che il processo penale sia ancora pendente e ben lungi dall�essere definito (con conseguente 
indeterminatezza del credito) non costituisce motivo ostativo all�adozione del fermo 
proprio per la rammentata natura cautelare del medesimo; 


-si ritiene che l�Amministrazione che dispone il fermo possa con esso disporre anche la sospensione 
del pagamento di somme dalla stessa dovute (cfr. Cass. N. 8417 / 2004), laddove 
il carattere non ancora liquido ed esigibile del credito da essa vantato non le consenta di avvalersi 
immediatamente della compensazione legale; in ogni caso, le ragioni di credito complessivamente 
vantate dal MIT sopravanzano di molto nel �quantum� prospettato il valore 
dei controcrediti a cui fa oggi riferimento la ricorrente;- appare adeguatamente motivato il 
fermo e la sua necessit� emerge �in re ipsa� in relazione al rischio di insolvenza connesso alla 
congerie di reati imputati all�A. ed al prevedibile altissimo ammontare delle derivanti conseguenze 
economiche in danno dello Stato; 
RITENUTO, per tutto quanto precede, di respingere la proposta istanza cautelare e di disporre 
il pagamento delle spese di fase a carico della societ� ricorrente nella misura che si indica nel 
dispositivo 

P.Q.M. 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) respinge la domanda cautelare 
di sospensione del provvedimento impugnato. 
Condanna la ricorrente Impresa A.C. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., alla re-
fusione delle spese di fase in favore del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona 
del Ministro p.t., che forfettariamente liquida in Euro 1.000,00 (mille/00), oltre oneri 
tutti di legge. 
La presente ordinanza sar� eseguita dall'Amministrazione ed � depositata presso la segreteria 
del tribunale che provveder� a darne comunicazione alle parti. 
Cos� deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 giugno 2015. 


pareri del comitato consultivo
PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO 
Modalit� di erogazione dei contributi pubblici ai privati 
per interventi di ricostruzione in Abruzzo (sisma 2009) 

PARERE 29/04/2015-204023, AL 10038/15, AVV. LORENZO D�ASCIA 

1. Si riscontra la nota in epigrafe con la quale si chiede un parere in ordine 
agli strumenti azionabili per assicurare l�applicazione delle norme di prevenzione 
antimafia e, in particolare, il contrasto al rischio di infiltrazione della 
criminalit� organizzata nell�attivit� di risanamento del patrimonio edilizio di 
propriet� di soggetti privati, a seguito del sisma del 6 aprile 2009 in Abruzzo, 
quando lo stesso sia finanziato attraverso l�erogazione di contributi pubblici a 
favore dei proprietari privati. 
In particolare, codesto Ministero evidenzia come, in questo ambito, siano 
emerse alcune criticit� quando il beneficiario del contributo abbia affidato l�attivit� 
di progettazione ed esecuzione di lavori a imprese che, successivamente, 
siano state colpite da determinazioni antimafia interdittive. 


2. Il Comitato di coordinamento per l�alta sorveglianza delle grandi 
opere ha emanato il 31 dicembre 2010 Linee Guida che impongono al proprietario 
beneficiario del contributo di inserire nel contratto di appalto clausole 
che gli consentano di risolvere il contratto ex art. 1456, c.c. nell�ipotesi 
in cui l�impresa appaltatrice sia colpita da interdittiva antimafia, e a sua volta 
obblighino quest�ultima a inserire analoghe clausole nell�eventuale contratto 
di subappalto. 


Codesto Ministero riferisce che alcuni dei beneficiari dei contributi hanno 
ritenuto di non risolvere i contratti, affermando che le Linee Guida non fossero 
vincolanti nei loro confronti, in assenza, a loro dire, di meccanismi sanziona-
tori nel caso di mancata attivazione della clausola risolutiva. 

A seguito di richiesta di documentazione integrativa formulata dalla Scrivente 
per le vie brevi, sono stati acquisiti alcuni dei provvedimenti di concessione 
emessi. Dal loro esame emerge che l�Amministrazione non ha precisato 


in essi che l�erogazione del contributo � subordinata non solo al completamento 
dell�opera progettata, ma anche all�assenza in capo all�appaltatore di 
interdittiva antimafia, fino alla conclusione dell�opera stessa. 

� stato acquisito inoltre un contratto-tipo di appalto predisposto dagli Uffici 
del Commissario delegato per la Ricostruzione, nel quale � inserita, all�art. 
19, la seguente clausola: �Nel caso in cui nei confronti dell�appaltatore venga 
emessa un�informazione prefettizia interdittiva tipica, il Committente � legittimato 
ad attivare la risoluzione automatica del contratto ex art. 1456 del c.c., 
con diritto al risarcimento dei danni, in misura pari al 10 % dell�importo contrattuale, 
fatto salvo il maggior danno�. 

L�art. 5 del contratto-tipo, intitolato �obblighi e oneri dell�appaltatore�, 
prevede inoltre: 

- che �l�appaltatore cui sono affidati i lavori di riparazione/ricostruzione 
e miglioramento sismico possiede l�attestazione SOA per le categorie e classifiche 
adeguate alla natura dei lavori, ovvero i requisiti previsti ai fini del-
l�ottenimento dell�attestazione SOA�; l�art. 76 DPR n. 207/2010 dispone che 
l�impresa che presenta alla SOA la domanda per il rilascio dell�attestazione 
di qualificazione ha l�obbligo di produrre il certificato della camera di commercio, 
industria e artigianato, completo di attestazione antimafia; 

-che �al contratto sono altres� allegati i certificati della Camera di Commercio 
muniti della dicitura antimafia, per tutte le imprese partecipanti, nel 
caso di ATI, nonch� la fideiussione di cui all�art. 17, comma 3�. 

Il quesito formulato a questa Avvocatura investe la configurabilit� di meccanismi 
tali da assicurare, con la normativa vigente, interventi dell�Amministrazione 
volti a scongiurare la deviazione, verso la criminalit� organizzata, 
dei flussi finanziari derivanti dai fondi stanziati per il processo di ricostruzione 
delle localit� abruzzesi colpite dal sisma del 9 aprile 2009. 

3. Deve preliminarmente rilevarsi che le norme che hanno disciplinato la 
materia, e che si sono succedute negli anni (dal 2009 al 2013), non forniscono 
in modo diretto e puntuale uno strumento che sanzioni con la risoluzione del 
contratto di appalto l�ipotesi in cui l�impresa appaltatrice (scelta da un committente 
privato) sia stata raggiunta da una interdittiva antimafia. 

Si osserva, poi, che, a rigore, l�art. 16, comma 4, D.L. n. 39/2009 attribuisce 
rilevanza normativa alle linee guida del Comitato di coordinamento per 
l�alta sorveglianza delle grandi opere unicamente in relazione ai controlli antimafia 
sui contratti pubblici (e sui successivi subappalti e subcontratti di lavori, 
servizi e forniture). 

Infine, va rilevato che l�art. 3-ter, D.L. n. 125/2010, con norma di interpretazione 
autentica, ha disposto che i contributi a fondo perduto erogati ai 
sensi del D.L. n. 39/2009 sono concessi a titolo di indennizzo per il ristoro dei 
danni causati dal sisma al patrimonio immobiliare e che i contratti di appalto 
stipulati dai privati per la ricostruzione non sono soggetti al codice dei contratti 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

pubblici, non essendo ricompresi tra quelli previsti dall�art. 32, comma 1, lettere 
d) ed e), d. lgs. n. 163/2006. 

Questa norma determina non pochi problemi nella ricerca di una soluzione 
interpretativa che, di fatto, finisca per qualificare i committenti privati 
alla stregua di un �sostituto� della pubblica amministrazione, come tale obbligato 
a recedere dal contratto di appalto ove, nel corso dell�esecuzione dello 
stesso, l�impresa appaltatrice sia colpita da interdittiva antimafia. 

4. ComՏ noto, l�interdittiva antimafia sopravvenuta determina il recesso 
dell�amministrazione committente dal contratto di appalto pubblico, o, in caso 
di concessione di contributi pubblici, la loro revoca, ma nel caso di specie, 
formalmente, il contratto tra committente e impresa non � un contratto pubblico, 
e il contributo non � erogato all�impresa appaltatrice, ma al committente, 
sub specie di indennizzo ristoratorio. 

La norma interpretativa sopra menzionata (art. 3-ter, D.L. n. 125/2010) 
potrebbe far dubitare del fatto che il contributo sia una provvista finanziaria 
vincolata alla ricostruzione del patrimonio immobiliare privato colpito dal 
sisma, integrando unicamente un indennizzo per i danni subiti. 

Tuttavia, altri indici normativi, frutto di interventi successivi del legislatore, 
conducono a una diversa conclusione. 
In particolare: 

-l�art. 3, comma 1, lettera a), D.L. n. 39/2009 prevede che la �concessione 
di contributi a fondo perduto� � funzionale alla �ricostruzione o riparazione di 
immobili adibiti ad abitazione considerata principale ai sensi del decreto legislativo 
30 dicembre 1992 n. 504, distrutti, dichiarati inagibili o danneggiati ovvero 
per l�acquisto di nuove abitazioni sostitutive dell�abitazione principale distrutta�, 
ed � determinato in una misura �tale da coprire integralmente le spese occorrenti 
per la riparazione, la ricostruzione o l�acquisto di un alloggio equivalente�; 
-l�art. 3, comma 1, lettera e), D.L. n. 39/2009 prevede un contributo 
anche per la �ricostruzione o riparazione di immobili diversi da quelli adibiti 
ad abitazione principale, nonch� di immobili ad uso non abitativo distrutti o 
danneggiati�; 
-l�art. 3, comma 1 ter, D.L. n. 39/2009 subordina il pagamento del saldo 
dei contributi ivi previsti alla presentazione della �documentazione che attesti 
che gli interventi sono stati realizzati ai sensi del decreto-legge 28 maggio 
2004 n. 136�; 
-l�art. 3, comma 5, D.L. n. 39/2009 dispone che �la propriet� degli immobili 
per i quali � stato concesso il contributo o ogni altra agevolazione per 
la ricostruzione non pu� essere alienata per due anni dalla concessione del 
contributo�, a pena di nullit� dell�eventuale atto di compravendita. 


Pare dunque evidente la volont� del legislatore di funzionalizzare l�erogazione 
del contributo al perseguimento dell�obiettivo, di interesse pubblico, 
della effettiva ricostruzione dei luoghi colpiti dal sisma. 


Da quanto precede si ritiene di poter concludere che la norma interpretativa 
racchiusa nell�art. 3-ter, D.L. n. 125/2010 qualifica il contributo in esame 
come indennizzo, e non come provvista vincolata alla ricostruzione, solo ai 
fini dell�esclusione dell�applicazione generalizzata delle norme del codice dei 
contratti pubblici, e in particolare di quelle sulla obbligatoriet� della procedura 
di evidenza pubblica di selezione dell�appaltatore. 

Resta invece fermo, anche alla luce di una rivisitazione normativa del legislatore, 
che la concessione del contributo � vincolata alla ricostruzione o riparazione 
immobiliare. 

5. Pur non configurandosi un obbligo di procedura di evidenza pubblica 
a carico del committente, la concessione del contributo � subordinata, da specifiche 
norme, al rispetto da parte del beneficiario di alcuni limiti, segnatamente 
nella fase della scelta dell�impresa appaltatrice e di conclusione del 
contratto di appalto. 

In particolare: 

a) nel caso di interventi unitari in forma associata su aggregati di propriet� 
privata ovvero mista pubblica e privata, i proprietari devono costituirsi in consorzi 
obbligatori, i quali affidano i lavori �nel rispetto dei principi di economicit�, 
efficacia, parit� di trattamento e trasparenza, previo invito rivolto ad 
almeno cinque imprese idonee, a tutela della concorrenza� (art. 67 quater, 
comma 4, D.L. n. 83/2012); 

b) i contratti per la redazione dei progetti e la realizzazione dei lavori di 
ricostruzione devono essere redatti per iscritto a pena di nullit� e contenere, 
tra l�altro, l�indicazione dei �requisiti di ordine generale e di qualificazione 
del professionista e dell�impresa, indicando espressamente le esperienze pregresse 
e il fatturato degli ultimi cinque anni, nonch� la certificazione antimafia 
e di regolarit� del documento unico di regolarit� contributiva� (art. 67 quater, 
comma 8, lettera b), D.L. n. 83/2012); 

c) il contratto di appalto deve indicare inoltre �la dichiarazione di voler 
procedere al subappalto dell�esecuzione dell�opera, ove autorizzato dal committente, 
indicandone la misura e l�identit� del subappaltatore� (art. 67 quater, 
comma 8, lettera f), D.L. n. 83/2012); 

d) per l�efficacia dei controlli antimafia nelle erogazioni e concessioni di 
provvidenze pubbliche � prevista la tracciabilit� dei relativi flussi finanziari 
nonch� la costituzione di un elenco di fornitori e prestatori di servizi, non soggetti 
a rischio di inquinamento mafioso, cui possono rivolgersi gli esecutori 
dei lavori (art. 16, comma 5, D.L. n. 39/2009); 

e) � prevista l�istituzione di un elenco degli operatori economici interessati 
all�esecuzione degli interventi di ricostruzione, subordinata al possesso 
dei requisiti di cui all�art. 38 del codice dei contratti pubblici e alle verifiche 
antimafia effettuate dalle prefetture competenti (art. 67 quater, comma 9, D.L. 

n. 83/2012); 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

f) la domanda di riconoscimento dei contributi, presentata al comune di 
L�Aquila o al comune del cratere territorialmente competente deve essere corredata 
da almeno cinque offerte di imprese, o da tre offerte di progettisti, al 
fine di consentire valutazioni comparative (art. 2, D.P.C.M. 4.2.2013); 

g) le offerte devono provenire da imprese o progettisti iscritti nell�elenco 
di cui all�art. 10, D.P.C.M. 4 febbraio 2013 (previsto, come detto, dall�art. 67 
quater, D.L. n. 83/2012), cui possono iscriversi, su base volontaria, gli operatori 
economici in possesso dei requisiti di cui all�art. 38, d. lgs. n. 163/2006 e 
dei requisiti di affidabilit� tecnica stabiliti con preventivo avviso pubblico 
dall�Ufficio speciale per la ricostruzione competente sulla citt� dell�Aquila o 
dall�Ufficio speciale per gli altri Comuni. 

6. Da quanto precede, e soprattutto dagli interventi normativi del 2012 e 
del 2013 (che sembrano ridimensionare l�impostazione sottesa alla norma interpretativa 
di cui all�art. 3 ter, D.L. n. 125/2010), discende che, anche non 
applicandosi integralmente la disciplina prevista dal codice dei contratti pubblici, 
l�erogazione dei contributi � subordinata al rispetto di alcune delle condizioni 
o dei principi che governano la stipulazione dei contratti pubblici di 
lavori, servizi e forniture, e in particolare: 

1) anche in assenza di gara, deve essere assicurata una valutazione comparativa 
tra le varie imprese offerenti, in modo da garantire trasparenza e concorrenza; 

2) l�impresa appaltatrice deve possedere i requisiti di ordine generale prescritti 
dalla disciplina comunitaria e nazionale per i contratti pubblici, e i requisiti 
di affidabilit� tecnica previsti invece, specificamente, per la ricostruzione delle 
localit� colpite dal sisma del 6 aprile 2009; questi requisiti sono funzionali al-
l�iscrizione nell�elenco speciale di cui all�art. 67 quater cit., elenco che, come si 
riferisce nella nota in epigrafe, ad oggi non � stato ancora istituito; 

3) a prescindere dall�istituzione dell�elenco, le imprese offerenti devono 
comunque essere in possesso della certificazione antimafia e del documento 
unico di regolarit� contributiva, ai fini della validit� del contratto di appalto 
(art. 67 quater, comma 8, lettera b)) (1). 

(1) Nella disciplina contenuta nel codice delle leggi antimafia sono contemplate solo la comunicazione 
e l�informazione antimafia (art. 84); deve dunque ritenersi che il riferimento dell�art. 67 quater, 
comma 8 alla �certificazione antimafia� sia da intendersi rivolto in generale alla �documentazione antimafia� 
(sia comunicazione che informazione), secondo le regole di cui agli artt. 82 e ss. del codice 
stesso. 
Si osserva che, nei casi e ai sensi dell�art. 89, codice antimafia, in allegato al contratto pu� essere prodotta 
l�autocertificazione dell�assenza di cause di divieto, decadenza o sospensione di cui all�art. 67, ferma 
restando la richiesta dell�amministrazione alla Prefettura di rilascio, secondo le soglie di valore del contratto, 
della comunicazione o informazione antimafia, al fine di verificare l�assenza di un requisito ostativo 
all�erogazione. Peraltro, ai sensi dell�art. 89 bis, codice antimafia (inserito dall�art. 2, comma 1, 
lett. d), d. lgs. n. 153/2014), quando in esito alla richiesta di comunicazione antimafia venga accertata 
la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, il prefetto adotta comunque un�informazione antimafia 
interdittiva senza emettere la comunicazione antimafia. 


La ratio di queste norme pare evidente. 

Il legislatore intende assicurare che i fondi stanziati per la ricostruzione 
delle localit� colpite dal sisma, quando detta ricostruzione sia affidata all�iniziativa 
dei privati, siano effettivamente utilizzati per le finalit� pubbliche perseguite, 
e intende a tal fine assicurare che i privati committenti selezionino 
imprese affidabili da un punto di vista tecnico ed economico. 

Si vuole inoltre garantire che l�erogazione di contributi economici per 
l�espletamento obbligatorio di attivit� di ricostruzione o risanamento immobiliare 
sia trasparente, non determini, per il tramite dei privati beneficiari, una 
lesione della concorrenza, e, infine, non finisca per costituire una fonte di arricchimento 
per imprese appartenenti alla (o soggette al condizionamento 
della) criminalit� organizzata. 

Si tratta, in larga parte, delle medesime finalit� che ispirano le norme in 
tema di contratti pubblici e di prevenzione antimafia, e che impongono, in presenza 
di vuoti normativi, un�applicazione analogica delle relative disposizioni, 
ivi incluse le norme che prevedono il recesso dell�amministrazione committente 
dal contratto di appalto con l�impresa raggiunta da una interdittiva antimafia, 
alla quale � precluso essere parte (anche nella fase esecutiva) in un 
contratto di appalto con la pubblica amministrazione. 

7. Alla luce delle considerazioni che precedono, si ritiene di poter concludere 
che il riconoscimento del diritto al contributo e la sua erogazione sono 
dunque subordinati alla presentazione di offerte contrattuali di imprese o progettisti 
muniti di certificazione antimafia e al permanere di detti requisiti. 
8. Occorre peraltro interrogarsi sui riflessi che l�interdittiva antimafia pu� 
determinare sul contratto di appalto concluso dal beneficiario / committente. 
Si pone innanzi tutto il problema del contratto di appalto con impresa che, 
fin dal momento della sottoscrizione, non era munita di certificazione antimafia. 


La disciplina in esame non consente di affermare con certezza se il possesso 
della certificazione antimafia al momento della conclusione del contratto 
di appalto sia prescritto a pena di nullit�. 

L�art. 67 quater, comma 8 impone, a pena di nullit�, che il contratto di 
appalto sia concluso con la forma scritta, e aggiunge una serie di prescrizioni 
limitative dell�autonomia negoziale delle parti, in ordine al contenuto che il 
contratto deve avere, tra cui l�indicazione della certificazione antimafia in possesso 
dell�appaltatore. 

Da questa prescrizione, volta a perseguire un interesse pubblico, si potrebbe 
evincere che l�ordinamento abbia cos� introdotto una norma imperativa 
che limita l�autonomia negoziale del committente nella scelta della parte appaltatrice, 
con conseguente nullit� del contratto in caso di sua violazione (art. 
1418, c.c.). 

Accedendo ad altra tesi, il mancato rispetto di queste prescrizioni potrebbe 
essere sanzionato non con la invalidit� del contratto di appalto, ma solo 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

(e comunque) con la sospensione dell�erogazione del contributo, traducendosi 
la scelta di un�impresa non attinta da interdittiva antimafia in un onere legale 
che il committente deve assolvere per ottenere l�erogazione del contributo. 

Pare indubitabile, in ogni caso, che la sussistenza in capo all�appaltatore 
di una interdittiva antimafia determina l�impossibilit� per l�Amministrazione 
di erogare il contributo funzionale all�esecuzione dell�opera. 

Ove, al momento dell�adozione del provvedimento di concessione del 
contributo, emerga che l�impresa appaltatrice � raggiunta da interdittiva antimafia, 
l�Amministrazione respinge dunque la domanda di contributo. 

Qualora detta impresa non sia colpita da interdittiva antimafia, e non ostino 
altri fattori, la domanda pu� essere accolta, ovviamente rebus sic stantibus. 

9. Il sopraggiungere dell�interdittiva antimafia dopo l�emanazione del provvedimento 
di concessione, nel corso dell�esecuzione del contratto, determina la 
sospensione dell�erogazione del contributo stesso, per le prestazioni svolte successivamente 
all�emanazione dell�interdittiva antimafia, fatto salvo il pagamento 
del valore delle opere gi� eseguite (arg. ex art. 94, d. lgs. n. 159/2001). 

In assenza di pronunce della giurisprudenza sulla materia, non pu� affermarsi 
con certezza se il sopraggiungere dell�interdittiva antimafia produca effetti 
solo sul rapporto concessorio (con sospensione dell�erogazione del 
contributo per i lavori effettuati successivamente), o incida anche sul rapporto 
privatistico tra committente e appaltatore. 

Riprendendo, mutatis mutandis, le considerazioni svolte in tema di nullit� 
del contratto, potrebbe ritenersi che la norma imperativa desumibile dall�art. 
67 quater, comma 8, cit. (e dalle altre disposizioni sopra richiamate che impongono 
un controllo antimafia anche su questi lavori), determini, in presenza 
di una interdittiva antimafia a carico dell�appaltatore, una ipotesi di risoluzione 
del contratto di appalto per impossibilit� sopravvenuta. Si tratta infatti di contratto 
concluso per la realizzazione di un�opera finanziata dallo Stato, per il 
quale � giuridicamente impossibile - come avviene nell�ambito dei contratti 
pubblici - portare ad ulteriore esecuzione le reciproche prestazioni, fatta salva 
l�ipotesi di cui all�art. 94, comma 3, codice antimafia. 

10. Il sistema cos� ricostruito, in attesa della istituzione dell�elenco di cui 
all�art. 67 quater, comma 9 cit., pu� operare a condizione che le Amministrazioni 
competenti alla erogazione del contributo: 

-siano informate dalle Prefetture dell�emanazione di interdittive antimafia 
a soggetti che abbiano concluso contratti per i quali sia stato concesso il contributo 
medesimo, 

- e informino a loro volta i relativi beneficiari/committenti affinch� prendano 
atto della circostanza ostativa alla (ulteriore) erogazione del contributo, 
e si attivino, ove intendano finanziare l�ultimazione dell�opera con il contributo 
ancora da erogare, per l�acquisizione di altre offerte per il completamento 
dei lavori. 


11. Nel dare seguito a detta ricostruzione, che investe il rapporto concessorio 
tra Amministrazione e beneficiario, non ci si pu� esimere dal prendere 
in considerazione la posizione del beneficiario del contributo, che � parte nel 
rapporto privatistico che lo lega all�impresa appaltatrice. 
In particolare pu� risultare problematico per il beneficiario/committente 
svincolarsi dal rapporto con l�appaltatore, tenuto conto che questi non pare 
essere stato preventivamente informato (all�atto dell�emanazione del provvedimento 
concessorio) dell�effetto preclusivo di una interdittiva antimafia rispetto 
all�erogazione del contributo. 


12. Per i provvedimenti di concessione da adottare in futuro, appare utile 
adottare accorgimenti tali da scongiurare situazioni di incertezza, che favoriscono 
l�insorgere di un contenzioso che vedrebbe coinvolti, loro malgrado, 
soggetti oltre tutto gi� colpiti da gravi eventi calamitosi e dalle difficolt� della 
ricostruzione. 


In assenza di una specifica disposizione che regoli espressamente l�ipotesi 
in esame, si ritiene molto opportuno che l�Amministrazione concedente inserisca 
le seguenti prescrizioni nei provvedimenti di concessione del contributo 
da emanare in futuro: 

-l�erogazione dei contributi � subordinata risolutivamente al venir meno 
del possesso da parte dell�impresa appaltatrice (o, in caso di subappalto, da 
parte della subappaltatrice indicata nel contratto ai sensi dell�art. 67 quater, 
comma 8, lettera f), D.L. n. 83/2012) dei requisiti di legge in materia di documentazione 
antimafia, a far data dal momento in cui il beneficiario viene informato 
di questa circostanza ostativa; 

-� onere del beneficiario inserire nel contratto di appalto una condizione 
risolutiva legata all�evento dell�adozione di una comunicazione o informazione 
antimafia interdittiva a carico dell�impresa appaltatrice; 

-al verificarsi della condizione risolutiva, l�erogazione del contributo ancora 
dovuto per le opere da completare viene sospesa fin quando il beneficiario 
acquisisca una nuova offerta da impresa in possesso dei requisiti previsti dalla 
normativa in esame (ivi inclusa la certificazione antimafia) da sottoporre al-
l�Amministrazione competente. 

L�Amministrazione competente alla concessione del contributo, ove la 
domanda di concessione sia accolta, acquisisce, prima di ogni erogazione, il 
contratto nel quale, come detto, deve risultare l�indicazione della certificazione 
antimafia ai sensi dell�art. 67 quater, comma 8, lett. b), cit. 

Nel caso in cui il beneficiario/committente privato non agisca nel senso 
sopra indicato, l�Amministrazione dichiara la sospensione del contributo, per 
l�intervenire di un fatto sopravvenuto ostativo all�erogazione. 

� salvo il caso, che nell�ambito considerato sembra poter trovare applicazione, 
previsto dall�art. 94, comma 3, codice antimafia. 

13. Per quanto concerne i provvedimenti di concessione gi� emessi, nei 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

quali, come detto, risulta non essere stato precisato che l�erogazione integrale 
del contributo � subordinata all�assenza in capo all�appaltatore dell�interdittiva 
antimafia, si pone il problema degli effetti del sopraggiungere di detto evento. 

Alla luce dei numerosi indici normativi sopra illustrati, si ritiene che l�interdittiva 
antimafia abbia una portata ostativa all�ulteriore erogazione di contributi 
per lavori posti in essere successivamente al momento in cui il 
beneficiario/committente ne � stato informato. 

� fatto salvo il pagamento del contributo per coprire il valore delle opere 
gi� eseguite (arg. ex art. 94, d. lgs. n. 159/2001), nonch� la possibilit� di dare 
applicazione all�art. 94, comma 3, codice antimafia, in caso di opera in corso 
di ultimazione. 

L�erogazione del contributo viene riattivata allorquando il beneficiario 
acquisisce nuove offerte da imprese in regola con la certificazione antimafia 
e affida il completamento dei lavori all�impresa che ha presentato la migliore 
offerta. 

Come gi� accennato, occorre tuttavia farsi carico di salvaguardare la posizione 
del beneficiario/committente che pu� risultare, in assenza di prescrizioni 
puntuali, vincolato al contratto di appalto e comunque esposto al rischio 
di un contenzioso con l�appaltatore. 

Il beneficiario del contributo, per ottenere la riattivazione della sua erogazione, 
� tenuto infatti ad affidare il completamento dell�opera ad altra impresa 
munita di certificazione antimafia, ma nel contempo potrebbe essere 
chiamato in giudizio dal primo appaltatore per il risarcimento del danno derivante 
da un (asserito) ingiustificato recesso dal contratto di appalto. 

L�avvenuto inserimento nel contratto-tipo di una clausola risolutiva 
espressa pu� costituire uno strumento offerto al committente per risolvere il 
contratto. 

Per la verit�, l�art. 1456 c.c. ricollega la risoluzione del contratto a un 
eventuale inadempimento della impresa appaltatrice, ma non pare che il (forse 
inesatto) nomen juris dato alla clausola (pi� propriamente una condizione risolutiva) 
possa escluderne l�applicazione nel senso di consentire al committente 
di chiedere la risoluzione del contratto. 

Anche in assenza di siffatta clausola, dalle disposizioni sopra richiamate 
sembra potersi desumere la norma imperativa per cui � preclusa l�esecuzione, 
con la relativa remunerazione, dell�opera finanziata con fondi pubblici da parte 
di soggetto colpito da interdittiva antimafia. 

Si � gi� osservato che, ad avviso della Scrivente (ma si tratta di tesi che, 
in assenza di precedenti giurisprudenziali, dovr� essere vagliata dall�autorit� 
giudiziaria nel probabile contenzioso che ne deriver�), il contratto di appalto, 
in presenza di una interdittiva antimafia, sia suscettibile di risoluzione per impossibilit� 
sopravvenuta, in quanto concluso per la realizzazione di un�opera 
finanziata dallo Stato, essendo giuridicamente impossibile - come avviene 


nell�ambito dei contratti pubblici - portare ad ulteriore esecuzione siffatto contratto, 
fatta salva l�ipotesi di cui all�art. 94, comma 3, codice antimafia. 

Cos� ragionando, il committente sarebbe in grado di svincolarsi dal contratto 
di appalto e assolvere cos� all�onere imposto dalla legge per ottenere 
l�erogazione dell�ulteriore contributo dovuto. 

Pare opportuno peraltro che, nell�eventuale giudizio instaurato dall�appaltatore, 
l�Amministrazione supporti il beneficiario/committente, dal momento 
che � pubblico l�interesse all�estromissione di imprese attinte da 
interdittiva antimafia dalla ricostruzione dell�edilizia privata finanziata con 
fondi pubblici. 

Del resto, con la notificazione anche all�impresa appaltatrice dell�atto con 
cui si informa il beneficiario/committente del sopraggiungere di una interdittiva 
antimafia, si dispone la sospensione dell�erogazione del contributo e si 
intima, per la riattivazione dell�erogazione, di dichiarare risolto il contratto e 
acquisire l�offerta di altre imprese per l�ultimazione dei lavori, � presumibile 
che l�impresa appaltatrice impugni la comunicazione dell�Amministrazione 
convenendola in giudizio unitamente al committente. 

Sarebbe cos� attenuato il disagio per il committente (gi� colpito dai gravi 
eventi del sisma) di dover affrontare un contenzioso al fine di ottenere la riattivazione 
del contributo. 

* * * 

Si resta a disposizione per qualsiasi chiarimento o precisazione, anche 
alla luce di eventuali profili procedimentali, non emersi nella richiesta di parere 

o nel parere medesimo, che dovessero richiedere un ulteriore approfondimento, 
o di eventuali pronunce giurisprudenziali che medio tempore dovessero 
affrontare la questione. 

Sul presente parere � stato sentito il Comitato Consultivo che ha deliberato 
in conformit�. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

Semplificazione ed accelerazione del processo 
di esecuzione: sull�accesso all�Anagrafe Tributaria 


PARERE 20/07/2015-336977, AL 25538/15, AVV. GIANNA MARIA DE SOCIO 

1. Con la nota indicata a margine codesta Agenzia, dopo avere rappresentato 
le principali problematiche connesse alla entrata in vigore del D.L. 
132/2014 conv. in L. 162/2014 (�Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione 
ed altri interventi per la definizione dell'arretrato in materia di processo civile�), 
ha chiesto il parere della Scrivente in ordine al corretto modo di gestione 
delle numerose autorizzazioni (alcune delle quali segu�te da diffide ad 
adempiere), rilasciate da vari Presidenti di Tribunale ai sensi dell'art. 155 quinquies 
disp. att. c.p.c. e 492-bis, co. 1 c.p.c. volte ad ottenere da codesta Agenzia 
le informazioni contenute nell'Anagrafe Tributaria e, in particolare, quelle contenute 
nella sezione denominata Archivio dei Rapporti Finanziari. 

In proposito codesta Amministrazione esprime l�avviso che la facolt� di 
accedere alle banche dati �tramite il gestore� (art. 155-quinquies citato) - non 
diversamente dalla facolt� di accesso diretto �mediante ufficiale giudiziario� 
(art. 492-bis citato) - sarebbe subordinata all'emanazione del decreto ministeriale 
di cui all'art. 155-quater disp. att. c.p.c. deputato a individuare �i casi, i limiti e 
le modalit� di esercizio della facolt� di accesso alle banche dati di cui al secondo 
comma dell'articolo 492-bis del codice, nonch� le modalit� di trattamento e 
conservazione dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori�. 

La necessit� del predetto decreto discenderebbe da una duplice ragione: 

-in primo luogo, la formulazione letterale del medesimo art. 155-quinquies 
- applicabile �quando le strutture tecnologiche, necessarie a consentire 
l'accesso diretto da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati � non 
sono funzionanti� - legittimerebbe l'interpretazione secondo cui l'accesso �mediante 
gestore� non potrebbe che avere gli stessi limiti e gli stessi presupposti 
dell'accesso �mediante ufficiale giudiziario�, sicch� la mancata adozione del 
suddetto decreto attuativo precluderebbe allo stato l'esercizio sia della prima 
che della seconda facolt�; 
-in secondo luogo, per quanto concerne la specifica Sezione dell�Anagrafe 
Tributaria denominata Archivio dei Rapporti Finanziari, codesta Agenzia fa 
presente che le norme istitutive della detta banca dati ne consentono l'utilizzazione 
dall'Agenzia �unicamente� per le finalit� indicate dall'art. 7 co. 11 D.P.R. 
29 settembre 1973, n. 605 (�Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al 
codice fiscale dei contribuenti� ) e precisate dall�art. 4 del D.M. 4 agosto 2000 
n. 269, ed infatti il trattamento e la conservazione dei dati in esame sono stati 
ammessi dal Garante per la Privacy �per le sole finalit� di natura fiscale e con 
le modalit� disciplinate dalla speciale normativa di riferimento�. 


*** 


2. Cominciando ad affrontare tale secondo profilo si osserva quanto segue. 

2.1. L'Archivio dei Rapporti Finanziari � previsto dall'art. 7 co. 6 D.P.R. 
605/1973, che nella attuale formulazione (derivante in particolare dalle modifiche 
introdotte dal D.L. 223/2006 e dal D.L. 201/2011) prevede a carico delle 
banche e degli altri soggetti ivi indicati l'obbligo di � rilevare e ... tenere in 
evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che 
intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero 
per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad 
esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per 
un importo unitario inferiore a 1.500 euro�, prevedendo altres� che �l'esistenza 
dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente 
periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonch� la natura 
degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita 
sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono 
con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni 
al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per 
conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale�. 

Il successivo co. 11 del richiamato art. 7 prevede che le rilevazioni e le 
evidenziazioni, nonch� le comunicazioni sono utilizzate ai fini fiscali [di accertamento 
ai sensi dell' art. 32, co. 1 n. 7), D.P.R. 600/1972 e 51, co. 2 n. 7 

D.P.R. 633/1972 e di riscossione mediante ruolo], nonch� nell'ambito di procedimenti 
penali, �ovvero degli accertamenti di carattere patrimoniale per le 
finalit� di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l'applicazione 
delle misure di prevenzione�, finalit� tutte specificamente regolamentate 
dall'art. 4 D.M. 269/2000. 

A tali specifiche previsioni l'art. 11 co. 4 del D.L. 201/2011 ha aggiunto 
altre due ulteriori finalit� consistenti nella utilizzabilit� dei dati: a) ai fini della 
�analisi del rischio di evasione�, nonch� b) �ai fini della semplificazione degli 
adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva 
unica� (art. 10 del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159), e �in sede di 
controllo sulla veridicit� dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione�. 

In tale contesto codesta Agenzia, supportata dalla posizione assunta dal 
Garante per la Privacy in vari contenziosi nati per lo pi� dal diniego di istanze 
di accesso, ha ritenuto che le informazioni comunicate dagli operatori finanziari 
contenute nell'Archivio dei Rapporti Finanziari siano utilizzabili �unicamente� 
per le finalit� espressamente sopra indicate, motivata sulla 
considerazione che �superando i limiti imposti dal legislatore nella costituzione 
di tale Archivio� si esporrebbe �la totalit� dei contribuenti ad una sproporzionata 
invasione della propria vita privata, ponendosi ... in conflitto con 
... i principi di riservatezza e protezione dei dati personali�.

2.2. Occorre peraltro rilevare che la giurisprudenza del Consiglio di Stato 
non ha dato avallo a tale tesi, quanto meno nella sua formulazione pi� rigorosa. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

Nella recente sentenza della Sezione IV 14 maggio 2014, n. 2472 (avente 
ad oggetto il diritto di accesso vantato da un privato, al fine di esercitare i suoi 
diritti nei confronti del coniuge, proprio con specifico riferimento alle �comunicazioni 
inviate da tutti gli operatori finanziari dell'Anagrafe tributaria sezione 
Archivio dei rapporti finanziari - relative ai rapporti continuativi, alle 
operazioni di natura finanziaria ed ai rapporti di qualsiasi genere� riconducibili 
al coniuge al fine di dimostrarne in giudizio la capacit� reddituale), il 
Consiglio di Stato, infatti, ha avuto modo di chiarire quanto segue: 

�la normativa a cui fanno riferimento le Amministrazioni odierne appellanti 
(art. 7 del D.P.R. nr. 605 del 1973, come modificato dal D.L. 4 luglio 
2006, nr. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, nr. 248) 
ha previsto l'obbligo per ogni operatore finanziario di comunicazione, in 
un'apposita sezione dell'Anagrafe tributaria, denominata Archivio dei rapporti 
finanziari, dell'esistenza e relativa natura dei rapporti finanziari intrattenuti 
con qualsiasi soggetto. 

Tali norme per�, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa erariale 
a sostegno della pretesa sottrazione all'accesso delle comunicazioni in questione, 
non contemplano affatto che queste, una volta riversate nell'Archivio 
dei rapporti finanziari da parte delle banche e degli operatori finanziari, possano 
essere utilizzate "unicamente" dall'Amministrazione finanziaria e dalla 
Guardia di Finanza, limitandosi a precisare che si tratta di atti certamente 
utilizzabili da tali soggetti per l'azione di contrasto all'evasione fiscale, senza 
affrontare per nulla il tema della loro ostensibilit� e dell'eventuale conflitto 
con il diritto alla riservatezza del soggetto cui gli atti afferiscono�. 

Il Consiglio di Stato ha dunque affermato che la valutazione della accessibilit� 
va effettuata in base ai �comuni principi ... come previsto dall�art. 24 
comma 2, della citata L. n. 241 del 1990�, giungendo alla conclusione che: 

�la disciplina di riferimento si rinviene nel D.M. 29 ottobre 1996, nr. 603 
(recante "Regolamento per la disciplina delle categorie di documenti sottratti 
al diritto di accesso in attuazione dell�art. 24, comma 2, della L. 7 agosto 1990, 

n. 241"), laddove alcuna previsione si rinviene nel senso sostenuto dalle Amministrazioni 
odierne appellanti: e, anzi, i documenti per cui � causa appaiono 
riconducibili alla previsione dell'art. 5 di tale norma (lettera a) : "documentazione 
finanziaria, economica, patrimoniale e tecnica di persone fisiche e giuridiche, 
gruppi, imprese e associazioni comunque acquisita ai fini dell'attivit� 
amministrativa", il quale precisa che, pur trattandosi di documenti sottratti all'accesso, 
va per� garantita "la visione degli atti dei procedimenti amministrativi 
la cui conoscenza sia necessaria per la cura o la difesa degli interessi 
giuridicamente rilevanti propri di coloro che ne fanno motivata richiesta". 

Tale ultima precisazione rinvia immediatamente alla previsione del 
comma 7 dell'art. 24 della L. n. 241 del 1990 ("... Deve comunque essere garantito 
ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza 


sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici. ...�). 

La sentenza dunque - rigettata la tesi pi� estrema prospettata dalle Amministrazioni 
appellanti (Agenzia e Garante della Privacy) di inaccessibilit� 
assoluta della suddetta banca dati - ha affermato invece l'�ostensibilit�� dei 
dati dell'Anagrafe Tributaria (ivi compresi quelli contenuti nell'Archivio dei 
Rapporti Finanziari), limitandosi a porre solo due condizioni: 

a) l'istanza di accesso �deve essere motivata in modo ben pi� rigoroso rispetto 
alla richiesta di documenti che attengono al solo richiedente�, in quanto 
�incombe sul richiedente l'accesso dimostrare la specifica connessione con gli 
atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi e ci� anche ricorrendo all'allegazione 
di elementi induttivi, ma testualmente espressi, univocamente connessi 
alla "conoscenza" necessaria alla linea difensiva e logicamente intellegibili 
in termini di consequenzialit� rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente 
esplicabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 marzo 2013, nr. 1568)� (1). 

b) l'accesso � possibile �nella sola forma della �visione��, e non anche 
nel �rilascio di copia delle comunicazioni�. 

2.3. Ancorch� la decisione suddetta si collochi nel contesto di una controversia 
�familiare� (2), che presenta certamente aspetti peculiari rispetto a 
rapporti creditori di natura meramente economica, sembra potersi affermare 
che la predetta decisione sia espressione di un principio evolutivo di carattere 
generale tendenzialmente volto ad affermare la prevalenza della difesa dei diritti 
rispetto alla riservatezza. 

Nella stessa sentenza, infatti, si fa riferimento al principio - ritenuto ormai 
�pacifico� in giurisprudenza - secondo cui, dopo la L. 15/2005, � da ritenere 
�codificata la prevalenza del diritto di accesso agli atti amministrativi e considerato 
recessivo l'interesse alla riservatezza dei terzi, quando l'accesso sia 
esercitato prospettando l'esigenza della difesa di un interesse giuridicamente 
rilevante� (C.d.S. n. 2472/2014 cit.). 

(1) Si precisa che, nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, viene posta in particolare risalto la 
necessit� di una adeguata motivazione dell�istanza di accesso: cfr. Cons. Stato Sez. VI, Sent., 25 marzo 
2015, n. 1585 secondo cui la preminenza del diritto di difesa sulle esigenze di tutela della riservatezza 
non assume carattere assoluto ma �postula, comunque, che la parte interessata dimostri la specifica 
connessione con gli atti di cui ipotizza la rilevanza a fini difensivi, all'uopo dimostrando la concreta 
consequenzialit� rispetto alle deduzioni difensive potenzialmente esplicabili (Cons. Stato, IV, 14 maggio 
2014, n. 2472), non essendo sufficiente l'allegazione di esigenze di difesa genericamente enunciate per 
garantire l'accesso (Cons. Stato, VI, 20 novembre 2013, n. 5515)�. 
(2) Infatti la sentenza fa riferimento, da un lato, alla necessit� di �tutela degli interessi economici 
e della serenit� dell'assetto familiare, soprattutto nei riguardi dei figli minori delle parti in causa� che 
� prevale o quantomeno deve essere contemperata con il diritto alla riservatezza�; d�altro lato si evidenzia 
che la �richiesta di accesso sia provenuta dal marito della controinteressata, e non da un quisque 
de populo, e che l'interesse dello stesso, attuale e concreto, alla cura dei propri interessi in giudizio si 
presentasse sicuramente qualificato: donde la condivisibilit�, in via di principio, delle conclusioni del 
primo giudice laddove ha ritenuto meritevole di accoglimento l'istanza di accesso anche con riferimento 
alle comunicazioni suindicate�. 



PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

Analogo carattere �recessivo� del diritto alla riservatezza viene riconosciuto 
dalla giurisprudenza della Cassazione, in cui si trova affermato il principio 
(non riferito specificamente all'Archivio dei Rapporti Finanziari) secondo 
cui �l'interesse alla riservatezza dei dati personali, ... deve cedere a fronte di 
autentiche esigenze di difesa di altri interessi giuridicamente rilevanti, fra cui 
quello al corretto e coerente esercizio del diritto di difesa in giudizio� (Cass. 

civ. Sez. III, 3 aprile 2014, n. 7783, v. anche altri precedenti citati in nota 3). 

2.4. Ci� induce a ritenere improbabile un ripensamento giurisprudenziale 
in ordine alla ormai riconosciuta �accessibilit�� dell�Archivio dei Rapporti 
Finanziari anche da parte di soggetti e per finalit� differenti da quelli di cui 
all�art. 7 D.P.R. 605/1973 (la stessa modifica di cui all�art. 492 bis c.p.c. ha 
codificato in via normativa l�utilizzabilit� della predetta banca dati per le finalit� 
previste, in aggiunta alle altre utilizzazioni indicate dall�art. 7 co. 11 del 

D.P.R. 605/1973). 

Dunque la tesi incentrata sulla accessibilit� �limitata� dell'Archivio dei 
Rapporti Finanziari (ossia circoscritta �unicamente� ai soggetti e per le finalit� 
indicate dall'art. 7 co. 11 D.P.R. 605/1973) non sembra utilmente coltivabile. 

La conseguenza � che al predetto Archivio - anche prescindendo dalle 
norme introdotte dal D.L. 132/2014 riguardanti il codice di procedura civile dovrebbero 
ritenersi comunque applicabili i principi generali in materia di accesso 
e tutela della privacy. 

Il riferimento � all'art. 24 lett. f) del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice 
in materia di protezione dei dati personali), che anche senza il consenso 
del titolare consente di procedere al �trattamento� dei dati (inclusivo anche 
della loro �comunicazione� cfr. Cass. Pen. 26 marzo 2004, n. 28680) �per far 
valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati 
esclusivamente per tali finalit� e per il periodo strettamente necessario al loro 
perseguimento� (3). 

*** 

3. In tale contesto normativo, interpretato dalla giurisprudenza nel senso 
di legittimare gi� ex se il diritto all'accesso ai dati �fiscali� (4), si colloca la 

(3) Sul punto si segnala Cass. civ. Sez. III, 3 aprile 2014, n. 7783, in cui si legge che: �L'interesse 
alla riservatezza dei dati personali, ... deve cedere a fronte di autentiche esigenze di difesa di altri interessi 
giuridicamente rilevanti, fra cui quello al corretto e coerente esercizio del diritto di difesa in 
giudizio, �Unica condizione richiesta � che l'utilizzazione dei dati personali - consentita in tal caso 
dall'art. 24 D.Lgs. n. 196/2003 (c.d. codice della privacy) senza il consenso dell'interessato - sia pertinente 
alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalit�; che sia, cio�, utilizzata esclusivamente nei limiti 
di quanto necessario al legittimo ed equilibrato esercizio della propria difesa. Sul punto v. anche Cass. 

civ. Sez. I, 20 settembre 2013, n. 21612 e Cass. civ. Sez. Unite, 8 febbraio 2011, n. 303. 

(4) Sul punto si ricordano le decisioni C.d.S. Sez. IV 20 settembre 2012 n. 5047, C.d.S. Sez. IV 
22 dicembre 2014 n. 6342, TAR Lombardia Brescia 20 maggio 2014 n. 535, sulla cui base � stato reso 
un articolato parere dell�Avvocatura distrettuale di Bologna favorevole all�accesso (Ct. 1352/15 LP nota 
in data 8 maggio 2015). 


modifica legislativa introdotta dal richiamato D.L. 132/2014 conv. in L. 
162/2014, �Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per 
la definizione dell'arretrato in materia di processo civile�, che - com'� noto al 
fine di semplificare ed accelerare il processo di esecuzione, in linea con i 
sistemi di altri ordinamenti europei, ha previsto per quanto qui interessa: 

-da un lato il potenziamento dei poteri di ricerca dei beni da parte degli 
ufficiali giudiziari mediante il loro accesso diretto, attraverso collegamento 
telematico, alle banche dati delle pubbliche amministrazioni e in particolare 
all'Anagrafe Tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, per l'acquisizione 
di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti 
da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti 
intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti 
(art. 492 bis c.p.c.); 

-d'altro lato (in linea con la tendenziale partecipazione del creditore a 
vari momenti del processo esecutivo) la facolt� per il creditore stesso - sempre 
subordinata alla �previa autorizzazione� del Presidente del Tribunale - di ottenere 
dai gestori delle banche dati le informazioni nelle stesse contenute 
quando �le strutture tecnologiche, necessarie a consentire l'accesso diretto 
da parte dell'ufficiale giudiziario ... non sono funzionanti� (art. 155-quinquies 
disp. att. c.p.c.). 

*** 

4. Alla luce delle richiamate pronunce giurisprudenziali, gi� inclini a consentire 
l'ostensibilit� dei dati contenuti nell'Anagrafe Tributaria (v. sopra par. 

2.2 e 2.3), sembra possa affermarsi che l��accesso diretto� dell'Ufficiale giudiziario 
ex art. 492 bis c.p.c., consegue l'effetto, non tanto di allargare l'ambito 
di accessibilit� della predetta banca dati, quanto piuttosto di fornire una modalit� 
di esercizio �accelerata�, operante nell'ambito dello stesso procedimento 
di esecuzione, ad un diritto che (al di fuori della novella introdotta dal 

D.L. 132/2014) sarebbe stato gi� tutelabile mediante la procedura dell'accesso. 

Da questo punto di vista, si potrebbe affermare che le norme introdotte 
dal D.L. 132/2014 (492-bis c.p.c. e 155-quinquies disp. att. c.p.c.) in definitiva 
pongano una presunzione �legale� di prevalenza del diritto di difesa rispetto 
al diritto alla riservatezza (in tal modo superando, in parte, l'onere motivazionale 
necessario in base ai principi sull'accesso), prevalenza peraltro subordinata 
alla ricorrenza delle condizioni di legge che costituiscono il presupposto 
per il rilascio dell�autorizzazione da parte del Presidente del Tribunale. 

*** 

5. Tanto premesso in linea generale, si pone il problema delle modalit� 
di esercizio delle facolt� introdotte dal D.L. 132/2014 (492-bis c.p.c. e 155quinquies 
disp. att. c.p.c.). 

5.1. La facolt� di cui all�art. 492 bis c.p.c. (�accesso diretto� dell'Ufficiale 
giudiziario) � subordinata (come condivisibilmente rilevato da codesta Agenzia) 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

all'adozione del decreto interministeriale di cui all'art. 155-quater disp. att. c.p.c. 
che, come sopra ricordato, dovr� individuare �i casi, i limiti e le modalit� di 
esercizio della facolt� di accesso alle banche dati di cui al secondo comma 
dell'articolo 492-bis del codice, nonch� le modalit� di trattamento e conservazione 
dei dati e le cautele a tutela della riservatezza dei debitori�. 

5.2. Il problema specifico posto nella richiesta di parere � se la seconda 
delle due previsioni (�accesso mediante gestore� - art. 155-quinquies) sia subordinata 
o meno, con particolare riferimento all'Archivio dei Rapporti Finanziari, 
all'adozione del menzionato decreto interministeriale previsto dall�art. 
155-quater. 

5.3. Sulla questione influisce il recente decreto legge D.L. 27 giugno 
2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile 
e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria), peraltro 
allo stato non ancora convertito, pubblicato in data 27 giugno u.s. dunque 
dopo la formulazione della richiesta di parere. 

L'art. 14 del predetto D.L. 83/2015 (rubricato Modifiche alle disposizioni 
per l'attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie e ad 
altre disposizioni), in vigore dal 27 giugno 2015, oltre a sopprimere la parola 
"procedente" riferita al creditore nella originaria formulazione dell'art. 155 
quinquies disp.att. c.p.c., ha aggiunto un ulteriore comma al predetto 155-quinquies 
cos� formulato: 

�La disposizione di cui al primo comma si applica, limitatamente alle 
banche dati previste dall'articolo 492-bis del codice, anche sino all'adozione 
di un decreto dirigenziale del Ministero della giustizia, che attesta la piena 
funzionalit� delle strutture tecnologiche necessarie a consentire l'accesso alle 
medesime banche dati. Il decreto di cui al periodo precedente � adottato entro 
tre mesi dall'entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 155-quater. La disposizione 
di cui al presente comma perde efficacia se il decreto dirigenziale 
non � adottato entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione 
del presente decreto�. 

La norma sembra esplicitare l'espressa intenzione del legislatore di attribuire 
valenza non solo �suppletiva�, ma anche �transitoria� alla disposizione 
che concede l'accesso tramite gestore, ci� impedendo di valorizzare l'argomento 
�letterale� (incentrato sulla locuzione �mancato funzionamento�) secondo 
cui l'accesso �mediante gestore� sarebbe precluso fino a quando le 
strutture tecnologiche non saranno dichiarate funzionanti. 

Il D.L. 83/2015, infatti, ammette espressamente che la facolt� di cui all'art. 
155-quinquies possa essere esercitata �anche prima dell�adozione del decreto 
che attesta la piena funzionalit� delle strutture tecnologiche� (principio ribadito 
anche nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione). 

5.4. Codesta Agenzia solleva, peraltro, anche un'ulteriore questione, ossia 
se la facolt� di �accesso mediante gestore� sia possibile o meno prima del



l'adozione del decreto interministeriale di cui all'articolo 155-quater (ossia 
quello del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'interno e 
con il Ministro dell'economia e delle finanze e sentito il Garante per la protezione 
dei dati personali, che individua i casi, i limiti e le modalit� di esercizio 
della facolt� di accesso alle banche dati di cui al secondo comma dell'articolo 
492-bis del codice). 

Sul punto la novella del 27 giugno si limita ad affermare che l'accesso 
�mediante gestore� � esercitabile (ma solo per �dodici mesi dall'entrata in 
vigore della legge di conversione del presente decreto�) anche in assenza e 
in attesa del �decreto dirigenziale� attinente alla funzionalit� tecnica (decreto 
che deve essere emanato dopo tre mesi dal decreto interministeriale di cui all'art. 
155-quater). 

La norma, tuttavia, non specifica espressamente se l'accesso sia consentito 
anche in assenza e in attesa del suddetto decreto interministeriale di cui all'art. 
155-quater. 

5.5. Una interpretazione complessiva delle norme induce a dare risposta 
affermativa al quesito per tre ordini di ragioni: 

a) la prima (di carattere sistematico) apparendo tale conclusione coerente 
con i principi gi� affermati in giurisprudenza con riferimento alla riconosciuta 
ammissibilit� del diritto di accesso all�Archivio dei Rapporti Finanziari (cfr. 
punti 2.2 e 2.3); 

b) la seconda (di carattere letterale) in quanto l'inciso �limitatamente alle 
banche dati previste dall'articolo 492-bis del codice� (contenuto nel secondo 
comma dell'art. 155-quinquies) svela l'intento del legislatore di prendere in 
considerazione il momento temporale anteriore al decreto interministeriale di 
cui all'art. 155-quater (con il quale �sono individuate le ulteriori banche dati 
delle pubbliche amministrazioni � che l'ufficiale giudiziario pu� interrogare 
tramite collegamento telematico diretto o mediante richiesta al titolare dei 
dati� ); infatti se detto decreto fosse gi� adottato non vi sarebbe necessit� di 
limitare l'accesso �mediante gestore� alle sole banche dati individuate dall'art. 
492 bis c.p.c.; 

c) la terza ragione (di ordine giuridico e pratico) attiene alla considerazione 
che l�accesso �mediante gestore� viene comunque autorizzato con provvedimento 
del Presidente del Tribunale, sicch� l'eventuale inerzia 
dell'Amministrazione potrebbe comportare il rischio di azioni penali per inottemperanza 
ad un provvedimento del giudice. 

Tali considerazioni inducono dunque ad avallare una interpretazione in 
senso non restrittivo dell'art. 155-quinquies primo comma disp. att. c.p.c. 

5.6. In definitiva, sia pure con numerose perplessit� che derivano dalla 
formulazione delle norme in esame, l'insieme del contesto normativo e giurisprudenziale 
sopra descritto, e da ultimo dalla predetta novella introdotta dal 

D.L. 83/2015, induce a ritenere che l'accesso �mediante gestore� ai sensi del



PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

l'art. 155-quinquies disp. att. c.p.c. sia immediatamente esercitabile senza essere 
subordinato all'adozione di alcun decreto attuativo (n� quello interministeriale 
di cui all'art. 155-quater, n� quello �dirigenziale� previsto dal secondo 
comma dell'art. 155-quinquies). 

*** 

6. � evidente che ammettendo l�accesso �mediante gestore� prima che 
sia adottato il decreto interministeriale di cui all�art. 155 quater, si porranno 
delicati problemi applicativi, non solo con riferimento all'identificazione dei 
dati �ostensibili�, quanto - e soprattutto - con riferimento alle modalit� di 
svolgimento dell'attivit� (che tra l'altro comporter�, senza corrispettivi, un sicuro 
impegno di risorse da parte dell'Agenzia), non essendo disciplinate per 
esempio le modalit� di invio dei provvedimenti di autorizzazione da parte dei 
creditori, i tempi entro i quali devono essere forniti i dati, le modalit� di trattamento 
e comunicazione degli stessi, la loro conservazione, le eventuali tutele 
da riconoscere al titolare dei dati in termini di informativa al fine di consentirgli 
l'esercizio dei diritti di cui all'art. 7 D.lgs. 196/2003 ecc. 

Nondimeno si ritiene che tali rilevanti problematiche, derivanti da un 
vuoto normativo da colmare, non consentono comunque di deviare dalla voluntas 
legi, che sembra essere volta ad assicurare l'immediata operativit� del-
l'art. 155-quinquies. 

*** 

7. In definitiva, nel ribadire l'evidente opportunit� che il decreto interministeriale 
di cui all'art. 155-quater c.p.c. venga emanato quanto prima, i criteri 
da applicare medio tempore potrebbero essere i seguenti: 

- in presenza di un provvedimento del Presidente del Tribunale, l'onere 
di controllo incombente a codesta Agenzia � da ritenersi circoscritto alla sussistenza 
e validit� formale dell�atto giudiziario, con esclusione di ogni valutazione 
critica in ordine al contenuto dello stesso; l'accesso potr� essere 
pertanto negato solo ove manchino i predetti requisiti formali; 

-tendenzialmente, e in quanto compatibile, sembra giustificato fare riferimento 
alla regolamentazione in materia di accesso e privacy; 

-in linea di principio, si ritiene che i dati possano essere forniti limitatamente 
alle informazioni rilevanti ai sensi del provvedimento autorizzatorio 
del Presidente del Tribunale. 

Al proposito - con riferimento ad eventuali responsabilit� connesse alla 
comunicazione di tali dati - giova ricordare che l'art. 25 co. 2 del D.lgs. 
196/2003 (Divieti di comunicazione e diffusione) esclude dal divieto �la comunicazione 
o diffusione di dati richieste, in conformit� alla legge, ... dall'autorit� 
giudiziaria�, e d'altra parte l'art. 24 co. 1 lett. f) del richiamato D.lgs. 
196/2003, esime dall�acquisire il consenso del titolare quanto il trattamento 
ҏ necessario ... per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre 
che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalit� e per il periodo 


strettamente necessario al loro perseguimento, nel rispetto della vigente normativa 
in materia di segreto aziendale e industriale� (si suggerisce di riportare 
tale avvertenza nell�atto di ostensione dei dati); 

-quanto alle altre informazioni liberamente accessibili contenute nell'Anagrafe 
Tributaria, vale il principio, pacifico in giurisprudenza, secondo cui la loro 
comunicazione � legittima non essendo subordinata al consenso dell'interessato, 
nella misura in cui il trattamento riguardi dati provenienti da pubblici registri 
od elenchi conoscibili da chiunque (cfr. Cass. Pen. 17 novembre 2004, n. 5728). 

In caso di dubbi non altrimenti risolvibili, ferma naturalmente l'eventuale 
assistenza della competente Avvocatura dello Stato, potr� essere valutata la 
possibilit� di promuovere un�istanza al Presidente del Tribunale che ha emesso 
l'autorizzazione per chiarire gli aspetti problematici insorti. 

Il presente parere viene trasmesso, per opportuno coordinamento, anche 
alle Amministrazioni in indirizzo che si assumeranno interessate alla emanazione 
del decreto interministeriale di cui all�art. 155 quater. 

Restando a disposizione per ogni eventuale chiarimento, si fa presente 
che sul parere � stato sentito il Comitato Consultivo di cui all�art. 26 della 
legge 3 aprile 1979 n. 103, che si � espresso in conformit� nella riunione del 
16 luglio 2015. 


PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

Agenzia delle entrate: validit� degli atti sottoscritti 
da funzionari incaricati di mansioni dirigenziali 

PARERE RESO IN VIA ORDINARIA IN DATA 17/04/2015-185276, AL 14491/15, AVV. FABRIZIO FEDELI 

Con la nota in riferimento, codesta Agenzia ha domandato l'avviso della 
Scrivente in merito agli effetti sulla validit� degli atti sottoscritti da personale 
incaricato di funzioni dirigenziali, della dichiarazione di illegittimit� costituzionale 
dell'art. 8, comma 24, del Decreto Legge 2 marzo 2012 n. 16, conv. 
dalla L. 26 aprile 2012 n. 44, nella parte in cui prevede che, nelle more dello 
svolgimento delle procedure concorsuali, le Agenzie delle Entrate, delle Dogane 
e del Territorio, "salvi gli incarichi gi� conferiti, potranno attribuire incarichi 
dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a 
tempo determinato, la cui durata � fissata in relazione al tempo necessario 
per la copertura del posto vacante tramite concorso". 

Le ragioni della dichiarazione di illegittimit� costituzionale sono riconducibili 
al difetto della natura temporanea delle mansioni dirigenziali di cui 
la norma autorizzava il conferimento ai funzionari, nelle more dell'espletamento 
delle procedure concorsuali per la copertura delle posizioni vacanti; ci� 
si desume dal punto 4.5 della motivazione dove la Consulta afferma che "In 
definitiva, l'art. 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 2012, come convertito, ha contribuito 
all'indefinito protrarsi nel tempo di un'assegnazione asseritamente temporanea 
di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti 
dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta 
e pubblica. Per questo, ne va dichiarata l'illegittimit� costituzionale per violazione 
degli arti. 3, 51 e 97 Cost.". 

1.1. Gli effetti della declaratoria di illegittimit� costituzionale di cui allasentenza n. 37/2015. 

In primo luogo occorre precisare che la declaratoria di illegittimit� costituzionale 
di cui alla sentenza n. 37/2015 non produce effetti immediati sulla validit� 
degli atti tributari adottati dai funzionari incaricati di mansioni dirigenziali. 

L'art. 8, comma 24, del D.L. n. 16/2012, conferiva, infatti, conferma e 
supporto normativo ad un sistema di affidamento di incarichi dirigenziali basato 
sull'art. 24 del regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Entrate, 
varie volte prorogato nel tempo. 

Il giudizio sulla validit� della norma del regolamento di amministrazione 
dell'Agenzia che consentiva il conferimento di incarichi dirigenziali in favore 
di funzionari non in possesso della relativa qualifica, pende tutt'ora dinanzi al 
Consiglio di Stato che, dopo aver sospeso - con ordinanza n. 5199 del 29 novembre 
2011 - l'efficacia della sentenza di annullamento del T.A.R. del Lazio, 
pervenuta la restituzione degli atti dalla Consulta ha fissato l'udienza di discussione 
del merito per il prossimo 7 luglio 2015. 


Il Consiglio di Stato, che ha gi� respinto con la sentenza non definitiva n. 
5451/2013 le eccezioni pregiudiziali di rito e di merito al ricorso introduttivo 
sollevate nel gravame dell'Agenzia e dei contro-interessati intervenuti in appello, 
sar� chiamato a pronunciarsi, con la sentenza definitiva di merito, sulla 
validit� della norma regolamentare e dovr� farlo in assenza del parametro legale 
offerto dall'art. 8, comma 24, del D.L. n. 16/2012, che poteva conferire 
un indubbio supporto a sostegno della legittimit� dell'operato dell'Agenzia ed 
all'accoglimento dell'appello. 

� ragionevole ipotizzare che ora il Consiglio di Stato perverr�, nel merito, 
al rigetto dell'appello proposto nell'interesse di codesta Agenzia, confermando 
l'annullamento dell'art. 24 del Regolamento dell'Agenzia delle Entrate decretato 
dal TAR del Lazio, considerato che la sentenza n. 37/2015 ha accolto la 
questione di legittimit� costituzionale in sintonia con il contenuto dell'ordinanza 
di rimessione che gi� dubitava circa la legittimit� del sistema di conferimento 
degli incarichi dirigenziali ai funzionari dell'Arca terza invalso presso 
l'Agenzia nel corso degli anni. 

*** 

In ogni caso, un problema di validit� degli atti adottati dai funzionari "incaricati" 
di mansioni dirigenziali non potrebbe sorgere, stante il carattere impugnatorio 
del processo tributario, in tutti i casi di: 

a) atti non impugnati entro il termine di decadenza (artt. 19-21 D.Lgs. n. 
546/1992); 

b) atti impugnati senza dedurre un vizio riconducibile alla legittima investitura 
del funzionario incaricato di mansioni dirigenziali; 

c) giudizi ormai definiti con sentenza passata in giudicato nei quali sia 
stata esaminata e decisa una questione attinente all'investitura del funzionario 
incaricato di mansioni dirigenziali. 

1.2. La teoria del funzionario di fatto. 

Va, inoltre, rappresentato che sulle conseguenze derivanti dalla caducazione 
degli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali assumono rilevanza 
i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di "funzionario di fatto". 

Invero, nell'ipotesi di annullamento dell'atto d'investitura, � generalmente 
riconosciuto che, nel termine decadenziale, il terzo inciso dal provvedimento 
adottato dal funzionario di fatto possa chiederne l'annullamento per invalidit� 
derivata. 

Diversa questione � se il terzo possa autonomamente impugnare l'atto 
d'investitura viziato ove sia stato pregiudicato da un provvedimento adottato 
dal funzionario illegittimamente investito della funzione. La giurisprudenza, 
infatti, tendenzialmente limita tale legittimazione al caso in cui sussista un 
nesso tra il procedimento d'investitura dell'organo e quello dell'adozione del 
provvedimento nel senso che l'organo deve essere costituito proprio in fun



PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

zione dell'adozione della categoria dei provvedimenti del quale fa parte quello 
concretamente lesivo (si pensi all'investitura di una commissione di concorso 
e ad un provvedimento d'esclusione dalla graduatoria). 

La giurisprudenza tende cos� ad affermare che, allorch� venga annullata 
in sede giurisdizionale la nomina del titolare di un organo, l'accertata invalidit� 
dell'atto di investitura non ha di per s� alcuna conseguenza sugli atti emessi 
in precedenza, tenendo conto che quando l'organo � investito di funzioni di 
carattere generale, il relativo procedimento di nomina ha una sua piena autonomia, 
sicch� i vizi della nomina non si riverberano sugli atti rimessi alla sua 
competenza generale (Cons. Stato Sez. IV, 27 giugno 2012, n. 3812; T.A.R. 
Abruzzo Pescara Sez. I, 3 luglio 2012, n. 333). 

Naturalmente, con riferimento agli atti posti in essere dal funzionario di 
fatto, essi non sono impugnabili, decorso il termine per l'impugnativa dell'atto 
di investitura (c.d. principio di conservazione). 

In ogni caso, occorre considerare che la teoria del funzionario di fatto riguarda 
l'annullamento dell'atto di investitura da cui deriva la cessazione del 
rapporto di servizio, mentre nel nostro caso, nonostante la caducazione del 
conferimento dell'incarico dirigenziale, il funzionario di Area terza conserva 
la preposizione in quale qualifica come organo dell'Agenzia, giustificando 
l'applicazione del principio di conversione e di conservazione degli atti. 

1.3. La legittimit� degli atti sottoscritti da funzionari dell'Agenzia incaricati 
di mansioni dirigenziali. 

Con riferimento ai giudizi pendenti (o ancora proponibili) nei quali sia 
eccepita la validit� degli atti adottati da funzionari di Area terza (illegittimamente) 
incaricati di mansioni dirigenziali, la questione non � rimasta estranea 
al percorso motivazionale della sentenza n. 37/2015 laddove la Corte costituzionale 
ha affermato che, "considerando le regole organizzative interne del-
l'Agenzia delle entrate e la possibilit� di ricorrere all'istituto della delega, 
anche a funzionari, per l'adozione di atti a competenza dirigenziale - come 
affermato dalla giurisprudenza tributaria di legittimit� sulla provenienza del-
l'atto dall'ufficio e sulla sua idoneit� ad esprimerne all'esterno la volont� (ex 
plurimis, Corte di cassazione, sezione tributaria civile, sentenze 9 gennaio 
2014, n. 220, 10 luglio 2013, n. 17044; 10 agosto 2010, n. 18515; sezione 
sesta civile - T, 11 ottobre 2012, n. 17400) - la funzionalit� delle Agenzie non 
� condizionata dalla validit� degli incarichi dirigenziali previsti dalla disposizione 
censurata ...". 

In definitiva, la Corte costituzionale ha escluso ogni ripercussione sulla 
funzionalit� dell'Agenzia della possibile invalidit� degli incarichi dirigenziali 
previsti dalla disposizione censurata. 

A tale conclusione si perviene in quanto la Corte costituzionale, con la 
sentenza n. 37/2015, ha inteso dichiarare l'illegittimit� del conferimento - non 


meramente temporaneo - dell'incarico dirigenziale ai funzionari, ma non della 
preposizione dei funzionari di Area terza, con la loro qualifica, alla guida degli 
uffici; in tal senso depone la considerazione della Consulta secondo cui il conferimento 
dell'incarico dirigenziale ai funzionari non sarebbe giustificato da 
ragioni di "funzionalit� dell'Agenzia" i cui uffici avrebbero potuto essere guidati 
anche da personale appartenente alla (ex) carriera direttiva. 

L'atto emanato dall'Agenzia in base all'art. 24 del regolamento di amministrazione, 
da reputarsi nullo quale conferimento di incarico dirigenziale, in 
base al principio di conversione degli atti giuridici - derivante a sua volta dal 
generale principio di conservazione - dovrebbe allora considerarsi valido come 
atto di preposizione del funzionario di Area terza alla guida dell'ufficio. 

La Consulta richiama e fa proprio, infatti, l'orientamento della Corte di 
cassazione in terna di riferibilit� degli atti emessi all'Amministrazione, cos� 
come desumibile dalle sentenze espressamente menzionate, affermando in termini 
inequivoci come la questione relativa alla validit� degli incarichi dirigenziali 
non si riflette sulla funzionalit� dell'Agenzia, n� sulla idoneit� degli atti 
emessi ad esprimere all'esterno la volont� dell'Amministrazione finanziaria. 

Ne consegue che la legittimit� degli atti sottoscritti dal personale della 
carriera direttiva, sebbene illegittimamente incaricato di funzioni dirigenziali, 
dovrebbe rimanere fuori discussione. 

Si tratta di una conclusione tecnico-giuridica che esprime l'insegnamento 
consolidato della giurisprudenza di legittimit� alle cui motivazioni - fatte proprie 
dalla Consulta - occorre pertanto fare riferimento. 

Nelle sentenze puntualmente richiamate e condivise dalla Consulta, la 
Cassazione ha fatto applicazione dei principi di conservazione dell'atto amministrativo 
e di certezza del diritto chiarendo che, ai fini della legittimit� di 
un atto amministrativo-tributario, � sufficiente che lo stesso provenga da un 
funzionario della carriera direttiva e sia riferibile all'ufficio che lo ha emanato. 

Con la richiamata sentenza n. 220 del 2014, in particolare, la Cassazione 
pronunciandosi in ordine ad un asserito vizio di "illegittimit� del diniego (di 
condono, n.d.r.), in quanto sottoscritto ... da direttore di Agenzia locale, peraltro 
asseritamente carente di qualifica dirigenziale" - ha disatteso la censura 
del contribuente chiarendo che "la provenienza dell'atto dall'ufficio e la sua 
idoneit� ad esprimere la volont� si presume, finch� non venga provata la non 
appartenenza del sottoscrittore all'ufficio o, comunque, l'usurpazione dei relativi 
poteri (cfr. Cass. 874/09)". 

In termini ancora pi� rilevanti ai nostri fini, la sentenza n. 18515 del 2010, 
richiamata dalla Consulta, si riferisce proprio all'ipotesi di un avviso di accertamento 
sottoscritto da personale incaricato di funzioni dirigenziali; in tale 
pronuncia la Cassazione, rigettando l'eccezione del contribuente secondo il 
quale "ai fini della valida sottoscrizione dell'atto impositivo non sarebbe sufficiente 
la qualifica di direttore dell'ufficio occorrendo altres� la qualifica di



PARERI DEL COMITATO CONSULTIVO

rigenziale", ha chiarito che "il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 1, si limita 
a prevedere che ... gli accertamenti ... sono sottoscritti dal capo dell'ufficio 
o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato, senzarichiedere assolutamente che il capo dell'ufficio debba rivestire la qualifica 
dirigenziale"; tale disposizione normativa individua "nel capo dell'ufficio, per 
il solo fatto di essere stato nominato tale, l'agente capace di manifestare la 
volont� della Amministrazione Finanziaria, negli atti a rilevanza esterna e di 
produrre gli effetti giuridici imputabili alla determinazione della sua volont� 
nella sfera giuridica dei contribuenti. Con la conseguenza che compete al titolare 
dell'ufficio, quale organo deputato a svolgere le funzioni fondamentali, 
ovvero ad un impiegato della carriera direttiva da lui delegato nell'esercizio 
dei poteri organizzativi dell'Ufficio, la funzione di sottoscrivere gli avvisi, con 
i quali sono portati a conoscenza dei contribuenti gli accertamenti, indipendentemente 
dal ruolo dirigenziale eventualmente ricoperto, la cui appartenenza 
esaurisce i propri effetti nell'ambito del rapporto di servizio conl'Amministrazione". 

A tale pronuncia ha dato continuit� la sentenza n. 17044 del 2013, ove la 
Cassazione ha precisato che "l'atto impositivo pu� essere sottoscritto ancheda "impiegato della carriera direttiva ..., delegato dal "capo dell'ufficio" (il 
quale, per Cass., trib., 10 agosto 2010 n. 18515, non deve affatto "rivestire la 
qualifica dirigenziale")". 

In conclusione, l'atto di conferimento di incarico dirigenziale a funzionario, 
ancorch� illegittimo in quanto tale siccome carente del requisito della temporaneit�, 
si converte in un (comunque) valido atto di preposizione del 
funzionario della carriera direttiva a "capo dell'ufficio", salvaguardando cos� 
(secondo la sentenza n. 37/2015) le esigenze di funzionalit� dell'Agenzia. 

Sulla base di questa investitura il funzionario di Area terza poteva adottare 
e sottoscrivere atti, ovvero delegare altro funzionario della carriera direttiva 
alla sottoscrizione (art. 42, comma 1, D.P.R. n. 600/1973). 

1.4. Natura formale del vizio dell'atto sottoscritto da funzionario del-
l'Agenzia incaricato di mansioni dirigenziali. 

Dalle suesposte premesse discende una conseguenza in ordine alla natura 
del vizio da cui sarebbero affetti gli atti tributari, adottati dai funzionari di 
Arca terza illegittimamente incaricati di funzioni dirigenziali, che avrebbe natura 
meramente formale e, quindi, non invalidante posto che, anche in assenza 
ditale irregolarit�, il procedimento non si sarebbe concluso con un provvedimento 
di contenuto diverso. 

L'atto tributario, infatti, poteva essere pur sempre emanato, con lo stesso 
contenuto, dal "Capo dell'ufficio", non in qualit� di dirigente, ma di funzionario 
di Area terza, ovvero da un altro funzionario della (ex) carriera direttiva 
dal primo delegato; l'aspetto relativo alla qualifica dell'organo emanante tra



smoda a mera irregolarit� non invalidante una volta accertato che il funzionario 
poteva essere comunque preposto alla direzione dell'ufficio (anche se non 
come dirigente, ma come funzionario di Area terza). 

Per il principio di strumentalit� delle forme (art. 21 octies L. n. 241/1990), 
il vizio consistente nell'illegittimo conferimento dell'incarico dirigenziale al funzionario 
non assume un valore invalidante dovendosi logicamente presumere 
che, anche qualora non fosse stato destinatario di un incarico dirigenziale, il 
funzionario di Area terza preposto a "capo dell'ufficio" (art. 42, comma 1, D.P.R. 

n. 600/1973) avrebbe adottato un provvedimento del medesimo contenuto. 

Analoghi principi sono affermati dalla giurisprudenza comunitaria (che 
assume rilievo per tutti i tributi armonizzati, quali l'IVA e le imposte doganali), 
che ha avuto modo di affermare come l'esistenza di vizi formali (nella fattispecie, 
del diritto ad essere sentiti prima della emanazione di un provvedimento) 
non d� luogo all'annullamento dell'atto qualora il suo contenuto, anche 
in assenza del vizio formale, non sarebbe stato diverso (CGUE sentenza Kamino 
3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e 130/13, punto 79). 

Di tale pronuncia ha fatto di recente applicazione la Suprema Corte (sent. 

n. 5632 del 20 marzo 2015), che nel rigettare un motivo di ricorso diretto a 
censurare un atto impositivo per violazione dell'art. 12 comma 7 della legge 
n. 212/2000, ha espressamente affermato: �la Corte di giustizia, con la recente 
pronunzia del 3 luglio 2014 sul caso Kamino, ha dato copertura Eurounitariaal pi� generale principio giuspubblicistico di strumentalit� delle forme (v.
Cass. 5518113) e chiarisce che "il giudice nazionale, avendo l'obbligo di garantire 
la piena efficacia del diritto dell'Unione, pu�, nel valutare le conseguenze 
di una violazione dei diritti della difesa, in particolare del diritto di 
essere sentiti, tenere conto della circostanza che una sffatta violazione determina 
l'annullamento della decisione adottata al termine del procedimento amministrativo 
di cui trattasi soltanto se, in mancanza di tale irregolarit�, taleprocedimento avrebbe potuto comportare un risultato diverso" (conf. Cass. 
961/15 e 992/15)�. 


*** 

Le considerazioni che precedono inducono a ritenere che dalla sentenza 
della Corte Costituzionale n. 37 del 2015 - e dall'eventuale pronunzia di rigetto 
del ricorso in appello proposto nell'interesse di codesta Agenzia da parte del 
Consiglio di Stato - non conseguono, in conformit� ai principi di conservazione 
e conversione degli atti, nonch� con riguardo alla natura solo formale 
del vizio, effetti invalidanti sugli atti adottati dai funzionari incaricati di funzioni 
dirigenziali. 

Si rimane a disposizione per ogni eventuale, ulteriore chiarimento. 


legislazione ed attualit�
LEGISLAZIONE ED ATTUALIT� 
Una analisi del �Decreto antiterrorismo� 


Francesco Scardino* 

A partire dal 20 febbraio 2015 � in vigore il nuovo Decreto Legge n. 
7/2015 �Misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale, 
nonch� proroga delle missioni internazionali delle forze armate 
e di polizia, iniziative di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di 
ricostruzione e partecipazione alle iniziative delle Organizzazioni internazionali 
per il consolidamento dei processi di pace e di stabilizzazione� (1). 

Lo stesso, gi� approvato dalla Camera dei Deputati, � stato convertito in 
legge con modificazioni il 15 aprile 2015, a fronte dell�approvazione da parte 
del Senato della Repubblica. 

I primi due capi del neonato Decreto sono composti da dieci articoli attraverso 
i quali il nostro Governo manifesta la forte presa di posizione di voler 
reagire duramente e rispondere con il pugno di ferro a tutte quelle condotte ed 
episodi considerati come �terroristici�, anticipando inoltre l�area del penalmente 
rilevante fino a poter colpire e contrastare anche tutte quelle attivit� che 
possano sembrare, seppur lontanamente, propedeutiche agli stessi. 

Il Decreto n. 7/2015 si caratterizza per venire alla luce in un particolare 
momento storico, caratterizzato dal �susseguirsi di crudeli attacchi sferrati 
dai falsi profeti del jihad - e dai loro seguaci -ai valori fondanti della democrazia, 
volti a fomentare un totalitarismo fanatico che strumentalizza la religione 
per mezzo della violenza� (2). I lavori preparatori dello stesso prendono 

(*) Laureato in Giurisprudenza, ammesso alla pratica forense presso l�Avvocatura Distrettuale dello 
Stato di Bologna. 

(1) Pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 41 del 19 febbraio 2015. 

(2) Con queste parole il Ministro degli Interni Angelino Alfano, durante la seduta n. 359 del 9 
gennaio 2015. 


infatti inizio solo pochi giorni dopo i tragici fatti che hanno scosso l�intero 
Occidente, vedendo Parigi e il giornale satirico Charlie Hebdo bersaglio di un 
vero e proprio attacco militare, dimostrante l�estrema pericolosit� del fenomeno 
del reducismo e dei c.d. �foreign fighters�. 

L�eccidio consumatosi � di particolare allarme sociale anche per i suoi 
elementi di novit�. Infatti, a dispetto di altri e precedenti attentati posti in essere 
sempre da componenti jihadisti, dove gli autori mettevano in conto che 
l�azione si sarebbe certamente conclusa con la loro morte, gli autori del massacro 
parigino hanno agito come un commando armato, utilizzando tecniche 
parabelliche verosimilmente acquisite a fronte di un addestramento militare, 
mirando unicamente a spargere morte, terrore e distruzione, senza nemmeno 
contemplare l�alternativa dell�immolarsi per tale �causa�, dimostrando cos�, 
nella forma pi� barbara l�odio e il disprezzo per la vita altrui (3). Altro campanello 
d�allarme � dato dal fatto che a colpire sono stati cittadini immigrati 
di seconda e di terza generazione, poco - o per niente - sospettabili, e apparentemente 
integrati. 

Tenendo conto della ferocia di tale barbarie e senza sottovalutare i rischi 
ai quali l�Italia � esposta, �a fronte del Suo privilegio di ospitare la massima 
autorit� del cattolicesimo, della sua vocazione �atlantista� e della tradizionale 
amicizia con gli Stati Uniti d�America�, l�intero provvedimento punta la lente 
di ingrandimento sulla figura del �terrorista molecolare �home made�, capace 
di trasformarsi in un�impresa individuale terroristica, nel senso che si auto radicalizza 
e si auto addestra anche ricorrendo al web, si procura le armi e le 
istruzioni per il loro uso, progetta da solo - o comunque, senza apparenti e dimostrate 
appartenenze a reti strutturate - attacchi o azioni terroristiche� (4). 

L�intero Decreto, nella sua prima parte, ha riguardo proprio a questa 
nuova forma di minaccia, predisponendo un ventaglio di disposizioni sia penali 
sia di carattere preventivo, miranti a neutralizzare la potenzialit� offensiva 
prima che essa si possa manifestare in concreto. 

Le motivazioni che stanno alla base del nuovo Decreto sono di tre diversi 
ordini di ragioni. L�intervento del Governo � volto infatti, da una parte, a perfezionare 
gli strumenti di prevenzione e contrasto del terrorismo, anche attraverso 
la semplificazione delle modalit� di trattamento di dati personali da parte 
delle Forze di polizia; dall�altro, a predisporre urgentemente nuove misure, 
anche di carattere sanzionatorio, al fine di prevenire il reclutamento nelle organizzazioni 
terroristiche e il compimento di atti terroristici; ed infine � volto 
ad introdurre specifiche disposizioni volte ad assicurare il coordinamento dei 

(3) M. LANA, Rivolte arabe, terrorismo, diritti umani in I Diritti dell�uomo, 2012, fasc. 2, 3. 

(4) Con queste parole il Ministro degli Interni Angelino Alfano, durante la seduta n. 359 del 9 
gennaio 2015. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

procedimenti penali e a prevenire il terrorismo, anche internazionale. 

Prima di procedere all�esame del neonato Decreto n. 7/2015 pare opportuno 
inquadrare il concetto di �terrorismo�, essendo lo stesso il perno attorno 
al quale ruota tutta la disciplina. 

A livello globale, tale termine compare per la prima volta nella Convenzione 
di Ginevra del 1937, adottata su iniziativa della Societ� delle Nazioni a 
seguito dell�attentato al re Alessandro di Jugoslavia, attraverso la quale si imponeva 
agli Stati di predisporre un adeguato sistema di norme volte a contrastare 
tutte quelle attivit� strumentali al compimento di atti terroristici (5). La 
stessa, tuttavia, non entr� mai in vigore a fronte del mancato raggiungimento 
del numero necessario di ratifiche. 

Venendo ad oggi e avendo innanzitutto riguardo a un profilo che prescinde 
dai limiti del nostro ordinamento nazionale, si osserva che tale concetto 
� il �grande assente� dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. 
Tale lacuna ha fatto s� che finora la Corte Penale Internazionale non si sia mai 
pronunciata sulla violazione delle norme volte a contrastare gli atti di terrorismo, 
lasciando gli autori materiali di tali atti assoggettati in modo esclusivo 
alle norme penali e ai giudici dello Stato sul cui territorio gli stessi sono compiuti, 
dello Stato di nazionalit� della vittima o dello Stato di nazionalit� dei 
presunti autori o di quello su cui questi si vengono a trovare (6). 

Se � pacifica l�impossibilit� di assoggettare gli atti terroristici alla giurisdizione 
della Corte penale internazionale riconducendo gli stessi nell�ambito 
dei �crimini di genocidio�, secondo alcuni autori la giurisdizione della Corte 
potrebbe essere estesa fino ad includere gli atti in questione attraverso una 
�forzatura� dell�art. 7 lett. k) dello Statuto, potendo in tale modo considerare 
gli atti terroristici come �atti inumani� e conseguentemente includerli tra i 
�crimini contro l�umanit��. 

Tale interpretazione estensiva non pare tuttavia condivisibile a fronte del 
fatto che la mancata inclusione degli atti terroristici tra le competenze della 
Corte non � affatto una dimenticanza, ma pare piuttosto essere una precisa 
scelta, come � confermato dalla bozza di definizione di �crimine di terrorismo� 
fotografata durante i lavori della conferenza diplomatica dello Statuto di Roma 
(7), che definisce tale crimine come ogni attivit� volta a �intraprendere, organizzare, 
sponsorizzare, ordinare, agevolare, finanziare, incoraggiare, tollerare 
atti di violenza contro un altro Stato che siano diretti contro persone o 
cose e di natura tale da creare terrore, paura o insicurezza nelle menti delle 

(5) A. PANZERA, in Enciclopedia Giuridica Treccani, voce Terrorismo, 2. 

(6) S. LA PISCOPIA, Verso la definizione del reato di terrorismo internazionale tra eccezioni mediorientali 
ed indebolimento della leadership indiana in La Giustizia Penale, fasc. 8, 2014, 495. 

(7) S. LA PISCOPIA, op.cit., 2014, 479. 


figure pubbliche, di gruppi di persone, della pubblica opinione o della popolazione, 
per qualunque tipo di interesse e obiettivo di carattere politico, filosofico, 
ideologico, razziale, etnico, religioso, o di qualunque altra natura che 
possa essere invocata per giustificare tali atti�, sono altres�, sempre a norma 
della predetta bozza di definizione, considerati come terroristici �gli attacchi 
che prevedono l�impiego di armi da fuoco o altre armi, esplosivi e sostanze 
pericolose, nel caso in cui vengano utilizzate come strumento per perpetrare 
violenza indiscriminata che comporti la morte o gravi danni fisici a persone 

o gruppi di persone o popolazioni, come pure gravi danni alle loro propriet��. 

Secondo alcuni autori la ragione dell�esclusione delle condotte c.d. terroristiche 
dalla competenza di qualsivoglia organo di giustizia internazionale 
� rinvenibile nella difficolt�, essenzialmente di carattere politico, di addivenire 
ad una definizione condivisa della relativa fattispecie; motivazione alla quale 
si aggiunge la convinzione dei singoli Stati di ritenere gli atti terroristici pi� 
facilmente perseguibili a livello nazionale (8). 

Sul versante nazionale, occorre considerare che il nostro codice penale 
prevede quattro fattispecie - rispettivamente gli artt. 270-bis, 270-ter, 270quater, 
270-quinquies - volte a sanzionare condotte ritenute �terroristiche�, 
inserite a partire dal 1980, ossia all�indomani del rapimento di Aldo Moro (9); 
al termine delle quali � collocato, a partire dal 2005, l�articolo 270-sexies, 
volto a specificare il concetto di �finalit� di terrorismo�, conformemente a 
quanto previsto dall�art. 1 della decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI 
del 13 giugno 2002. 

L�art. 270-sexies ritiene commesse con finalit� di terrorismo �le condotte 
che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese 

o ad un�organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire 
la popolazione o costringere i poteri pubblici o un�organizzazione internazionale 
a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o 
distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e 
sociali di un Paese o di un�organizzazione internazionale, nonch� le altre condotte 
definite terroristiche o commesse con finalit� di terrorismo da convenzioni 
o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l�Italia�. La 
definizione rimane dunque aperta, alla luce di quanto previsto dall�ultima parte 
del citato articolo che, facendo riferimento alle Convenzioni internazionali 
vincolanti per l�Italia, sottointende la volont� di conformarsi non soltanto ai 
Trattati gi� ratificati, ma anche a quelli futuri che verranno contrattati (10). 

La dilatazione della nozione di �finalit� di terrorismo� ad atti diretti anche 

(8) V. MASARONE, Politica criminale e diritto penale nel contrasto al terrorismo internazionale, 
Napoli, 2013, 85. 

(9) M. BOUCHARD - G. CASELLI, in Enciclopedia Giuridica Treccani, vol. 31, voce Terrorismo. 
(10) F. BATTAGLIA, Il terrorismo nel diritto internazionale, Napoli, 2012, 87. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

contro Stati esteri - in quanto si parla di Paesi in generale - ed Organizzazioni 
internazionali, incide sulla definizione del bene giuridico protetto dalle norme 
in esame, non pi� circoscrivibile all�ordine costituzionale o alla convivenza civile 
interna, nonostante la collocazione sistematica della norma nell�ambito dei 
delitti contro la personalit� dello Stato. L�interesse protetto sembra infatti essersi 
allargato alla tutela propria dei delitti contro l�umanit� (11) e al generale �diritto 
alla pace�, il quale risulta essere alla base di tutti i diritti fondamentali (12). 

Nel codice penale inoltre, la finalit� di terrorismo, insieme alla finalit� di 
eversione dell�ordine democratico, costituisce una specifica circostanza aggravante, 
venuta alla luce attraverso l�art. 1 della legge n. 15 del 1980, in forza del 
quale �per i reati commessi con finalit� di terrorismo o di eversione dell�ordine 
democratico, punibili con una pena diversa dall�ergastolo, la pena � aumentata 
della met�, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato�. 

A partire dal 2003, la commissione dei delitti con finalit� di terrorismo o 
di eversione dell�ordine democratico � altres� ricompresa, in virt� dell�art. 25quater 
D.Lgs. n. 231/2001, tra i reati presupposto della responsabilit� degli 
enti collettivi (13). 

In una logica di rafforzamento di tutela, il Decreto Legge n. 7/2015, per 
quanto riguarda il codice penale, introduce ex novo una fattispecie di delitto 
in materia di terrorismo, due nuove contravvenzioni, ed interviene infine, in 
un�ottica integrativa, su tutta una serie di altre disposizioni. 

Il primo capoverso dell�art. 1 del Decreto prevede l�aggiunta, al termine 
dell�art. 270-quater c.p., il quale punisce con la pena della reclusione da sette 
a quindici anni chiunque, al di fuori dei casi di cui all�art. 270-bis, arruoli una 

o pi� persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di 
servizi pubblici essenziali con finalit� di terrorismo; di un nuovo comma, volto 
ad estendere la punibilit�, prevedendo la pena della reclusione da cinque ad 
otto anni (14), anche in capo alla persona arruolata. La neointrodotta disposi(
11) A. GAMBERINI, in Diritto penale, Lineamenti di parte speciale, Parma, 2011, 52. 
(12) In questo senso R. BOBBIO, come citato da M. LANA, Rivolte arabe, op. cit., 3. 




(13) Le sanzioni previste si caratterizzano per avere una natura pecuniaria, diversamente calibrata 
a seconda della gravit� del reato commesso. La determinazione delle stesse avviene per quota, ossia 
prima occorre definire il numero di quote in relazione a tutta una serie di parametri considerati espressivi 
della maggiore o minore gravit� del danno, e solo in un secondo momento il giudice assegner� un valore 
ad ogni quota, spaziando entro la �forbice� legislativamente prevista e oscillante da un importo minimo 
di 258 euro ad uno massimo di 1549 per quota, in modo tale da evitare pene �di facciata� e di adeguare 
la risposta sanzionatoria alla concreta ed effettiva capacit� patrimoniale dell�ente. 
Rammentando che � sempre stabilito come limite massimo il patrimonio dell�ente medesimo, nel caso 
di commissione di delitti con finalit� di terrorismo, la sanzione potr� arrivare fino alle mille quote. Sono 
poi previste tutta una serie di misure interdittive, che si spingono fino all�interdizione definitiva nel caso 
estremo in cui l�ente o una sua unit� organizzativa venga stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente 
di consentire o agevolare la commissione dei reati in questione. 


(14) Il Decreto n. 7/2015, cos� come formulato dal Governo e approvato dalla Camera, prevedeva 


zione presta attenzione a far salvo il caso dell�addestramento, in quanto tale 
ipotesi risulta gi� essere presa in considerazione, e pi� duramente punita, dal 
successivo 270-quinquies c.p. 

La ratio sottesa a tale intervento risulta, dunque, essere quella di anticipare 
l�area del penalmente rilevante, potendo intervenire prima che l�attivit� 
di addestramento, per la quale l�arruolamento risulta essere propedeutica, 
venga posta in essere. 

Il primo articolo del Decreto procede prevedendo l�introduzione, al seguito 
dell�art. 270-quater - il quale punisce con la reclusione fino ad anni quindici 
chiunque arruoli persone con finalit� di terrorismo anche internazionale di 
una nuova fattispecie criminosa, ossia l�art. 270-quater.1, rubricato �Organizzazione 
di trasferimenti per finalit� di terrorismo�. 

Il neointrodotto articolo prevede che �Fuori dai casi di cui agli articoli 
270-bis e 270-quater, chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi in 
territorio estero finalizzati al compimento delle condotte con finalit� di terrorismo 
di cui all�articolo 270-sexies, � punito con la reclusione da cinque a 
otto anni� (15). 

Tale fattispecie, come evidenziato dal dato letterale, risulta avere una portata 
residuale, in quanto trover� applicazione unicamente quando la condotta 
non integri i pi� gravi delitti dalla stessa richiamati, ossia i delitti di Associazione 
con finalit� di terrorismo anche internazionale, ed il delitto di Arruolamento 
con finalit� di terrorismo anche internazionale. 

L�art. 270-quater.1 � volto a colpire tre precise condotte, ossia l�organizzazione, 
il finanziamento e la propaganda di viaggi finalizzati alla commissione 
di condotte con finalit� di terrorismo. 

Se la condotta organizzativa presta attenzione a tutte quelle attivit� volte 
alla predisposizione di quanto necessario per il raggiungimento di un dato fine; 
quella del finanziamento consiste nel provvedere ai mezzi necessari per il compimento 
di una determinata attivit�; e infine, quella di propaganda si sostanzia 
nella diffusione di notizie volte ad influire sull�opinione pubblica, orientando 
la stessa verso una determinata direzione. 

Con riferimento alla seconda condotta, ossia quella del finanziamento, il 
legislatore italiano rimane coerente alle scelte precedentemente prese di non 
voler enucleare, a differenza di tanti altri ordinamenti, un�autonoma fattispecie 
di reato relativa al finanziamento medesimo. 

la pi� mite sanzione della reclusione da 3 a 6 anni. L�innalzamento della pena si � avuto in sede di approvazione 
da parte del Senato. 

(15) Anche in tal caso era originariamente prevista la pena della reclusione da 3 a 6 anni; trattamento 
sanzionatorio innalzato durante l�approvazione da parte del Senato della Repubblica. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Anteriormente all�entrata in vigore dell�art. 270-quater.1, tale condotta 
era infatti presa in considerazione unicamente nell�ambito dell�art. 270-bis, 
con tutte le perplessit� derivanti da tale scelta legislativa, a fronte del fatto che 
�ancorare� la rilevanza penale del finanziamento al fenomeno associativo sembrerebbe 
esigere accertamenti molto pi� stringenti (16). 

Ovviamente risulta essere irrilevante il criterio qualitativo, non esistendo 
alcuna �soglia di rilevanza� della singola elargizione, risultando di contro sufficiente 
l�effettuazione di un qualsiasi versamento di denaro o di ogni altra utilit� 
ad integrare la condotta in questione. 

Nel nostro ordinamento, una completa definizione dell�attivit� di �finanziamento 
del terrorismo� � stata introdotta per mezzo dell�art. 1 lett. a) del 
D.Lgs. n. 109/2007, in forza del quale integra la stessa �qualsiasi attivit� diretta, 
con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all�intermediazione, 
al deposito, alla custodia o all�erogazione di fondi o di risorse economiche, 
in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, al fine di 
compiere uno o pi� delitti con finalit� di terrorismo o in ogni caso diretti a 
favorire il compimento di uno o pi� delitti con finalit� di terrorismo previsti 
dal codice penale, e ci� indipendentemente dall�effettivo utilizzo dei fondi e 
delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti� (17). 

Anche l�Unione Europea ha avviato una massiccia campagna di contrasto 
al finanziamento del terrorismo (18), prevedendo, attraverso la Direttiva comunitaria 
n. 2005/60/CE, l�obbligo per gli Stati membri di imporre in capo a 
tutti gli istituti di credito, specifici doveri di verifica della clientela e segnalazione 
nel caso, tra i tanti altri indicati, in cui sussista il semplice sospetto che 
l�operazione sia posta in essere a scopo di finanziamento del terrorismo. 

La lotta al terrorismo rende dunque trasparente il segreto bancario, �spogliando 
la libert� dei mercati della sua naturale riservatezza ogni volta che 
vi pu� essere il sospetto di un collegamento con attivit� criminali� (19). 

Su un altro versante, l�Unione Europea ha proceduto all�istituzione, attraverso 
la posizione comune 2001/931/PESC, adottata a seguito della Risoluzione 
del Consiglio n. 1372/2001 (20), di una �lista europea di terroristi�. A norma 
del primo articolo del paragrafo 4 della citata posizione comune, l�inserimento 
del nominativo di un soggetto nella predetta lista potr� avvenire solo se risulta 

(16) N. SELVAGGI, Brevi note sul finanziamento del terrorismo in Rivista trimestrale di diritto penale 
dell�economia, 2012, 227. 
(17) S. DE VIDO, Il finanziamento al terrorismo internazionale nella decisione quadro sul mandato 
d�arresto europeo in Diritto dell�Unione Europea, fasc. 2, 2011, 361. 
(18) M. BARTOLINI, Tutela dei diritti fondamentali e basi giuridiche delle sanzioni UE nei confronti 
di persone, o enti non statali, collegati con attivit� terroristiche in I diritti umani e diritto internazionale, 
2013, fasc. 1, 222. 
(19) G. CONTI, Lotta al terrorismo e patrimonio costituzionale comune, Napoli, 2013, 120. 


(20) P. PERSIO, Lotta al finanziamento del terrorismo: strumenti di repressione e prevenzione, elementi 
di criticit� in Diritto penale e processo, fasc. 9, 2011, 1140. 



essere in corso un procedimento penale o se � stata esercitata l�azione penale 
nei confronti del soggetto stesso per un reato di terrorismo (21). 

Nel nostro ordinamento l�inserimento avviene a cura del Comitato di Sicurezza 
Finanziaria, e rappresenta condizione necessaria e sufficiente per l�applicazione 
della misura del congelamento della totalit� dei beni di propriet� o 
comunque riconducibili al soggetto in questione. 

Relativamente alla natura giuridica di tale misura, parte della dottrina 
qualifica la stessa come una vera e propria sanzione penale, a fronte dell�elevato 
carattere afflittivo e punitivo; altra parte � invece incline a considerala 
una semplice misura preventiva. 

Tornando all�art. 270-quater.1, occorre evidenziare che la fattispecie venuta 
alla luce risulta essere delineata dal governo come un reato comune, potendo 
essere chiunque il potenziale autore. Non richiedendo la sussistenza di determinate 
qualifiche giuridiche o naturalistiche che devono preesistere alla commissione 
dello stesso, risulta essere estesa al massimo grado la tutela approntata. 

Tale scelta risulta essere giustificata dall�estrema importanza del bene 
giuridico protetto, il quale va ben oltre la tutela della vita, dell�ordine pubblico, 
dello Stato, della incolumit�, risultando lo stesso essere la somma di tutti i 
principali e fondamentali beni giuridici tutelati dalle varie disposizioni penali 
presenti nel nostro ordinamento giuridico. 

Sempre dall�elevato rango del bene giuridico oggetto di tutela, deriva la 
configurazione del delitto in questione come un illecito di pericolo, in quanto 
non risulta essere necessaria la concreta ed effettiva verificazione del danno 
al bene tutelato, essendo di contro sufficiente la semplice messa in pericolo o 
lesione potenziale. 

Pi� specificamente, si tratta di un reato di pericolo astratto o presunto, in 
quanto il giudice � dispensato dall�onere di accertare la concreta messa in pericolo 
del bene, essendo la stessa presunta e connessa al compimento di determinate 
azioni (22). 

Il requisito soggettivo richiesto ai fini della punibilit� �, conformemente 
a tutti gli altri reati c.d. terroristici, quello del dolo specifico. Come precisato 
fin dalla summenzionata posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, la 
nozione di �terrorismo� risulta essere basata su un elemento obiettivo, ossia 
la commissione di un fatto il cui disvalore � obiettivo secondo il diritto penale; 
e da un elemento soggettivo, ossia il dolo specifico rappresentato dall�agire 
per finalit� di terrorismo (23). 

(21) M. PORCELLUZZI, La tutela dei diritti fondamentali nella lotta al terrorismo internazionale 
in Diritto del commercio internazionale, 2014, fasc. 1, 257. 

(22) G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna, 2010, 204. 
(23) G. CONTI, Lotta al terrorismo e patrimonio costituzionale comune, Napoli, 2013, 38. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Non risulter� dunque sufficiente la semplice rappresentazione o conoscenza 
degli elementi costitutivi della fattispecie accompagnata dalla volont� 
di realizzare il fatto tipico (24), essendo richiesto un quid pluris, ossia il fondamentale 
requisito di aver agito in vista di un fine determinato, nel caso di 
specie consistente nel voler intimidire la popolazione, costringere i poteri pubblici 
o un�organizzazione internazionale a compiere o dall�astenersi dal compiere 
un qualsiasi atto, o di destabilizzare o distruggere le strutture politiche 
fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un�organizzazione 
internazionale secondo quanto previsto dall�art. 270-sexies (25). 

Trattasi inoltre di una fattispecie monosoggettiva, non essendo contemplata 
la necessit� di alcun vincolo associativo. In pratica tuttavia, la condotta 
tipizzata sar� posta in essere molto difficilmente da un unico soggetto, a fronte 
della complessit� delle operazioni richieste per la sua integrazione. 

Come i pi� recenti fatti di cronaca hanno dimostrato, gli autori di tali delitti 
quasi mai agiscono da soli, avendo alle spalle, se non una vera e propria 
organizzazione (26), quantomeno una rete ben strutturata che fornisce ordini 
precisi ed assicura il coordinamento. 

Il reato risulta essere delineato come un reato istantaneo, non essendo richiesta 
la reiterazione nel tempo di pi� condotte della stessa specie, bastando 
di contro, il compimento anche di un unico atto di organizzazione, finanziamento 
o di propaganda per l�integrazione del delitto de quo. 

Venendo infine alla configurazione del tentativo, lo stesso risulta essere 
senza ombra di dubbio configurabile tutte le volte in cui il compimento dei 
vari atti posti in essere sia tale da integrare gli aspetti della idoneit� e della 
non equivocit� richiesti dall�art. 56 c.p., dovendosi tuttavia precisare, come 
evidenziato dalla giurisprudenza relativamente alla portata dell�art. 270-bis 

c.p. che � la semplice idea [..], non accompagnata da propositi concreti e at


tuali di violenza, non vale a realizzare il reato� (27). 
Prestando attenzione ai profili processuali, il comma 3-quater dell�art. 51 

c.p.p. prevede che �Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o 
tentati con finalit� di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), 
sono attribuite all�ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo 
del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente�. 

(24) G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna, 2010, 351. 
(25) F. BATTAGLIA, Il terrorismo nel diritto internazionale, Napoli, 2012, 87. 


(26) La definizione di organizzazione terroristica � fornita dall�articolo 2 della decisione quadro 
del Consiglio 2002/475/GAI 13.6.2002, la quale dispone che �per organizzazione terroristica si intende 
l�associazione strutturata di pi� di due persone, stabilita nel tempo, che agisce in modo concentrato 
allo scopo di commettere dei reati terroristici. Il termine associazione strutturata designa un�associazione 
che non si � costituita fortuitamente per la commissione estemporanea di un reato e che non deve 
necessariamente prevedere ruoli formalmente definiti per i suoi membri, continuit� nella composizione 
o una struttura articolata�. 


(27) Cass. Pen., sez. I, n. 1072, 11 ottobre 2006, in De Jure. 


Attraverso questa scelta legislativa, espressiva della logica del c.d. �doppio 
binario�, e posta in essere con l�intento di inasprire notevolmente il regime 
sanzionatorio per tutte le fattispecie di criminalit� organizzata e di maggior 
allarme sociale, il delitto in esame � stato attratto nella competenza delle Direzioni 
Distrettuali Antimafia, attribuendo cos� le funzioni investigative ad uffici 
specializzati. 

Tale tipologia di reato interessa infatti vastissimi territori, presentando, per 
la sua stessa natura, profili internazionali, non potendo di conseguenza essere 
adeguatamente accertato e perseguito tenendo in piedi �la muraglia� territoriale 
entro la quale sono confinati i poteri propri delle Procure della Repubblica. 

Al riguardo, occorre aprire una parentesi sul Capo II del Decreto, il quale 
� dedicato al �Coordinamento nazionale delle indagini nei procedimenti per 
i delitti di terrorismo, anche internazionale�. 

L�art. 20 del Decreto, corroborando la ferma intenzione di fronteggiare 
nella maniera pi� adeguata i delitti connessi al terrorismo prevede che, a partire 
dalla data di entrata in vigore dello stesso Decreto, �le parole �Procuratore 
Nazionale Antimafia�, ovunque ricorrano, si intendono sostituite con �Procuratore 
Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo� e le parole �Direzione Nazionale 
Antimafia� si intendono sostituite con �Direzione Nazionale Antimafia 
e Antiterrorismo��, prevedendo altres� che l�incarico di Procuratore Nazionale 
Antimafia e Antiterrorismo sar� assunto, dalla data di entrata in vigore del Decreto, 
dal Procuratore Nazionale Antimafia in carica. 

Ancora, data la natura delittuosa del neointrodotto delitto ed il relativo 
regime sanzionatorio previsto, vi � la possibilit�, in sede di indagini preliminari, 
di ricorrere a tutte le misure cautelari personali, inclusa quella della custodia 
in carcere, cos� come previsto dall�art. 280 c.p.p. 

Essendo la pena superiore a tre anni, risulta essere applicabile anche l�art. 
381 c.p.p., il quale attribuisce agli agenti e agli ufficiali di polizia giudiziaria 
la facolt� di procedere all�arresto facoltativo in flagranza, eventualit� ipotizzabile 
tuttavia unicamente in via teorica a fronte del fatto che molto difficilmente 
gli autori di tale condotta possano venire colti in flagranza. 

Infine, risulta essere esplicitamente esclusa la possibilit� di ricorrere al 
rito alternativo dell�applicazione della pena su richiesta delle parti in forza 
dell�art. 444 comma 1-bis c.p.p., ma desta preoccupazione, e non solo per il 
delitto in questione ma per tutti i delitti concernenti il terrorismo, il fatto che 
il legislatore abbia lasciato aperta la porta del giudizio abbreviato, consentendo 
cos� all�imputato di poter beneficiare di un rilevante sconto di pena. 

Il terzo comma del primo articolo del Decreto n. 7, interviene sul corpo dell�art. 
270-quinquies del codice penale, aggiungendo un inciso alla fine del primo comma. 

All�originario testo secondo il quale �Chiunque, al di fuori dei casi di 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

cui all�art. 270-bis addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione 

o sull�uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze 
chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonch� di ogni altra tecnica 
o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi 
pubblici essenziali, con finalit� di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato 
estero, un�istituzione o un organismo internazionale, � punito con la reclusione 
da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona 
addestrata�, � aggiunto �nonch� della persona che avendo acquisito, anche 
autonomamente, le istruzioni per il compimento di atti di cui al primo periodo, 
pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle 
condotte di cui all�articolo 270-sexies�. 


L�art. 270-quinquies, nella sua prima ed originaria parte, si caratterizza 
per indicare quali soggetti attivi (28) l�addestratore, ossia colui che non si limita 
a trasferire informazioni ma agisce somministrando specifiche nozioni, 
formando dunque i destinatari e rendendoli idonei ad una funzione determinata 

o ad un comportamento specifico; l�informatore, ossia colui che raccoglie e 
comunica dati utili nell�ambito di un�attivit� e che, quindi, agisce quale veicolo 
di trasmissione e diffusione di tali dati; e infine l�addestrato, ossia di colui che 
si rende pienamente disponibile alla ricezione non episodica di quelle specifiche 
nozioni alle quali si � fatto riferimento (29). 

L�innovazione consiste nell�estendere, sulla base del modello francese, 
lo stesso trattamento sanzionatorio previsto per il soggetto �addestratore� e 
per il soggetto �addestrato�, anche al soggetto che da solo, e dunque senza 
alcun ausilio altrui, si auto addestra alle tecniche terroristiche. 

In questo caso infatti viene meno �il contatto diretto� tra addestratore e 
addestrato e la relativa intenzione tra i due di porre in essere l�attivit� di addestramento 
(30). 

Anche tale fattispecie risulta essere delineata come un reato comune, di pericolo 
presunto e, come la totalit� dei reati a �sfondo� terroristico, a dolo specifico. 

La formulazione della norma desta tuttavia perplessit� in quanto per l�integrazione 
del reato � necessario che il soggetto agente ponga in essere �i comportamenti 
finalizzati alla commissione delle condotte di cui all�articolo 
270-sexies�, risultando, di conseguenza, impunita - o meglio, punibile a livello 
di semplice tentativo - la condotta di auto addestramento ex se, nonostante la 
elevata pericolosit� di cui � intrisa. 

L�inciso di nuova introduzione sembra rivolgersi ai c.d. �lupi solitari�, 
ossia singoli individui che scelgono di sostenere le cause della jihad lancian


(28) La giurisprudenza ha escluso la punibilit� del mero �informato�, ossia di colui che � occasionale 
percettore di informazioni al di fuori di qualsiasi rapporto di apprendimento. 

(29) L. ALIBRANDI, Codice penale commentato con la giurisprudenza, Piacenza, 2013, 730. 
(30) Cass. Pen., sez. VI, n. 29670, 20 luglio 2011, in De Jure. 



dosi in attacchi personali, non coordinati con altri e per questo molto difficili 
da prevenire (31). Infatti, tali soggetti operano al di fuori di cellule terroristiche, 
e come dimostrato dalla prassi, risulta che gli stessi abbiano appreso le 
specifiche modalit� operative da Internet, per poi decidere singolarmente, e 
quindi in totale autonomia, quando agire (32). 

Infine, la lettera b) del terzo comma del primo articolo del Decreto, prevede 
l�aggiunta, al termine del gi� ristrutturato articolo 270-quinquies, di una 
nuova circostanza aggravante, prevedendo un aumento di pena nei casi in cui 
�il fatto di chi addestra o istruisce � commesso attraverso strumenti informatici 
o telematici�. 

La ratio di tale circostanza aggravante � rinvenibile nella presa di coscienza 
da parte del Governo delle grandi potenzialit� offerte dalle moderne 
tecnologie e nella conseguente enorme pericolosit� che pu� derivare da un uso 
contra ius delle stesse. 

La diffusione della propaganda terroristica � infatti estremamente facilitata 
dall�uso di internet e dei social media, e il �cyber terrorismo� permette ai 
soggetti interessati di tessere e intrattenere legami senza l�ostacolo fisico della 
distanza e delle frontiere, riducendo - o forse, azzerando - l�esigenza di disporre 
di basi o rifugi nei vari Paesi (33). 

Con l�ausilio della moderna tecnologia lo Stato Islamico cerca di presentare 
un�immagine politica contemporanea di se stesso, un�immagine positiva in netto 
contrato con le �decadenti e mal funzionanti� democrazie occidentali (34). 

� infatti evidente che internet rappresenta il principale canale di comunicazione, 
che in quanto tale pu� essere utilizzato per veicolare informazioni o 
progetti pericolosi, svolgere un�attivit� di vera e propria pubblicit� delle cause 
perorate ed attrarre nuovi seguaci da ogni parte del mondo. Le recenti indagini 
hanno infatti confermato l�esistenza di svariati siti internet i quali rappresentavano 
il canale privilegiato per il reclutamento, essendo saggiamente strutturati 
in maniera tale da convincere l��avventore� della grandezza e della lealt� 
delle cause ispiratrici (35) per poi fornire le necessarie istruzioni relative ad 
un eventuale addestramento �in loco� o da effettuare come �autodidatta� o 
ancora, fornire tutte le informazioni riguardanti la partecipazione a veri e propri 
campi di addestramento, prendendo in considerazione, oltre all�attivit� 
�formativa�, anche il viaggio. 

(31) M. MOLINARI, Il Califfato del terrore, Milano, 2015, 141. 

(32) Jamie Bartett, capo del programma �antiestremismo� di Demos, Londra, come citato da M. 
MOLINARI in Il califfato del terrore, Milano, 2015, 149. 
(33) In questo senso il Parlamento Europeo, Risoluzione 2015/2530, punto F. 
(34) L. NAPOLEONI, Isis, lo stato del terrore, Milano, 2014, 55. 




(35) L. BRAVO, La risposta della Comunit� internazionale al fenomeno del terrorismo in La comunit� 
internazionale, 2014, fasc. 1, 4. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Ultimo problema derivante dalla c.d. �jihad digitale� � dato dal moltiplicarsi 
dei c.d. �disseminatori�, ossia di soggetti che di loro iniziativa postano 
sul web messaggi, video, notizie volte a �trasformare l�ideologia dello stato 
islamico in contagio�. Tali soggetti, che rappresentano la �versione digitale 
dei lupi solitari�, causano enormi difficolt� alle agenzie antiterrorismo per 
quanto riguarda l�attivit� di individuazione delle fonti di propaganda (36). 

Infine, il comma 3-bis del primo articolo del Decreto n. 7 introduce la 
pena accessoria della perdita della potest� genitoriale quale conseguenza obbligatoria 
della condanna per i delitti di cui agli artt. 270-bis, 270-ter, 270quater, 
270-quater1 e 270-quinquies c.p. (37). 

Ulteriori modifiche al codice penale sono apportate attraverso il secondo 
articolo del Decreto sulla base della medesima consapevolezza e preoccupazione 
di cui sopra. Il primo comma lett. a) prevede l�introduzione della circostanza 
aggravante relativa alla �commissione del fatto attraverso strumenti 
informatici o telematici� alla fattispecie disciplinata dall�art. 302 c.p., la quale 
prevede la punibilit� con la reclusione fino ad otto anni di �chiunque istiga 
taluno a commettere uno dei delitti non colposi, preveduti dai capi primo e 
secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce l�ergastolo o la reclusione�, 
a prescindere dal fatto se l�istigazione sia o meno accolta. 

Per effetto inoltre del comma 1 lett. b) dello stesso articolo, la medesima 
circostanza aggravante trover� applicazione per il reato di cui all�art. 414 terzo 
comma c.p., il quale commina la pena della reclusione fino a cinque anni in 
capo a chi pubblicamente fa l�apologia di uno o pi� delitti. 

�, inoltre, aggiunta una nuova circostanza aggravante al quarto comma 
dell�art. 414 c.p. che prevede l�aumento fino a due terzi della pena se l�istigazione 
o l�apologia riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l�umanit� ed 
� posta in essere con l�ausilio di strumenti informatici o telematici. 

L�intento del Decreto di ostacolare l�utilizzazione della rete internet per 
fini di proselitismo e agevolazione di gruppi terroristici, dopo l�aggravamento 
delle pene stabilite per i delitti di apologia e di istigazione al terrorismo qualora 
commessi con strumenti telematici, � palesato dalla seconda parte dell�art. 2, il 
quale prevede la possibilit� per l�autorit� giudiziaria di ordinare agli internet 
provider, attraverso un decreto motivato, di inibire l�accesso ed oscurare i siti 
che possono, seppur solo potenzialmente, essere utilizzati per commettere reati 
con finalit� di terrorismo, compresi in un apposito elenco costantemente aggiornato 
dal Servizio Polizia Postale e delle Telecomunicazioni della Polizia di Stato. 

(36) M. MOLINARI, il Califfato del terrore, Milano, 2015, 141-144. 

(37) Tale previsione, assente nell�impianto originario del Decreto, � stata aggiunta in sede di approvazione 
da parte del Senato. 


� previsto che i fornitori di connettivit� debbano adempiere all�ordine di 
rimozione del sito immediatamente, e comunque non oltre quarantotto ore dal 
ricevimento della notifica e che, in caso di inosservanza, possa essere la stessa 
autorit� giudiziaria a disporre l�interdizione dell�accesso al dominio internet. 

Nel caso specifico in cui i contenuti �incriminati� risultino essere generati 
dagli utenti e ospitati su piattaforme riconducibili a soggetti terzi, � 
disposta la rimozione dei soli specifici contenuti illeciti, garantendo comunque, 
ove tecnicamente possibile, la fruizione dei contenuti estranei alle condotte 
illecite (38). 

La preoccupazione derivante dal vantaggio offerto dalle nuove tecnologie 
ai gruppi terroristici, � fortemente avvertita anche a livello europeo. � in 
quest�ottica che deve essere letta la richiesta rivolta dal Parlamento europeo 
alle imprese di tutti gli Stati membri operanti nel campo di internet e dei social 
media di cooperare con i rispettivi governi, sottolineando per� l�esigenza di 
garantire sempre e comunque il rispetto dei principi generali della libert� di 
espressione e della tutela della vita privata (39). 

Ultimo ritocco al codice penale � posto in essere attraverso l�articolo 3 
del Decreto, il quale introduce delle specifiche sanzioni, sia di ordine penale 
sia di ordine amministrativo, destinate a punire le violazioni degli obblighi in 
materia di controllo della circolazione di quelle sostanze che possono essere 
impiegate per costruire ordigni con materiali di uso comune (c.d. precursori 
di esplosivi). 

� cos� prevista l�introduzione, dopo l�art. 678 c.p. - il quale sanziona con 
l�arresto fino a 18 mesi e con l�ammenda fino ad euro 247 la fabbricazione e 
il commercio abusivi di materie esplodenti - del nuovo art. 678-bis. 

Lo stesso prevede la pena dell�arresto fino a 18 mesi e dell�ammenda fino 
a euro mille (40) in capo a �chiunque, senza averne titolo, introduce nel territorio 
dello Stato, detiene, usa o mette a disposizione di privati le sostanze o 
le miscele che le contengono indicate come precursori di esplosivi nell�allegato 
I del Regolamento CE n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, 
del 15 gennaio 2013�. 

La finalit� del citato Regolamento, e di conseguenza della fattispecie penale 
di neointroduzione, � quella di contrastare e limitare la commercializzazione 
e l�uso distorto di determinate sostanze chimiche in quanto precursori 
per la fabbricazione illecita di esplosivi artigianali, risultando gli stessi quelli 
usati pi� spesso nella prassi per compiere atti terroristici. 

(38) Specificazione introdotta in sede di approvazione in Senato. 
(39) Risoluzione Parlamento Europeo n. 2530/2015, punto 19. 


(40) Nella versione originaria l�entit� massima dell�ammenda era pari ad euro 247, innalzata in 
sede di approvazione in Senato. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Tali sostanze risultano essere elencate negli allegati I e II del Regolamento 
comunitario, e sono sostanzialmente, tutte quelle che possono essere ricavate 
dai prodotti utilizzati nella vita di tutti i giorni, in quanto si rinvengono comunemente 
nei cosmetici, nei fertilizzanti e nei prodotti per la pulizia. 

� da sottolineare tuttavia che la sostanza qualificata come precursore di 
esplosivi subir� le limitazioni previste dal regolamento non in quanto tale, ma 
solo qualora sia presente in una concentrazione superiore al valore limite indicato 
dagli allegati al Regolamento medesimo. 

Le condotte prese in considerazione oltre che precisamente individuate 
dal legislatore, si caratterizzano per divenire penalmente rilevanti solo nel caso 
in cui vengano poste in essere in assenza dei titoli ex lege previsti. 

Tale articolo non si limita a punire solo condotte attive, come quelle del-
l�introduzione, dell�uso o della diffusione - messa a disposizione delle sostanze 
anzidette, colpendo anche condotte statiche come la semplice detenzione, prescindendo 
dunque dalla ricerca della prova della effettiva utilizzazione a cui 
il soggetto agente intende destinare le stesse. 

Il reato in questione risulta essere configurato come una contravvenzione, 
inserita nel libro terzo del codice penale nell�ambito �Delle contravvenzioni 
concernenti la prevenzione di infortuni nelle industrie o nella custodia di materie 
esplodenti�. 

Di nuovo conio, ed inserito nel medesimo ambito, risulta essere anche il 
successivo art. 679-bis c.p., rubricato �Omissioni in materia di precursori di 
esplosivi� - il quale prevede la pena dell�arresto fino a dodici mesi o dell�ammenda 
fino ad euro 371 - in capo a �Chiunque omette di denunciare all�Autorit� 
il furto o la sparizione delle materie indicate come precursori di esplosivi 
negli allegati I e II del Regolamento Ce n. 98/2013 del Parlamento europeo e 
del Consiglio, del 15 gennaio 2013, e di miscele o sostanze che le contengono�. 

Lo stesso articolo prevede, inoltre, una sanzione amministrativa pecuniaria 
da mille a cinquemila euro nei confronti di �Chiunque omette di segnalare al-
l�Autorit� le transazioni sospette, relative alle sostanze indicate negli allegati 
I e II del Regolamento CE n. 98/2013 [..]�, avendo altres� cura di specificare 
che �Ai fini della presente disposizione, le transazioni si considerano sospette 
quando ricorrono le condizioni di cui all�art. 9, paragrafo 3, del predetto Regolamento�, 
ossia quando sussistono ragionevoli motivi per sospettare che la 
sostanza o la miscela sia destinata alla fabbricazione illecita di esplosivi. 

L�art. 9, par. 3 del Regolamento prevede altres� la possibilit�, in capo agli 
operatori economici di riservarsi il diritto di rifiutare la transazione sospetta, 
segnalando di conseguenza la stessa senza alcun ritardo con gli estremi identificativi 
del cliente. 

Il medesimo articolo contempla inoltre dei �campanelli di allarme�, delle 
�spie rosse�, al ricorrere delle quali l�operatore economico ha motivo di dubitare 
seriamente sull�impiego che il suo interlocutore vuol fare delle sostanze 


in questione, facendosi cos� riferimento alle ipotesi in cui il potenziale cliente 
non sia in grado di precisare l�uso previsto per la stessa; quando sembra essere 
estraneo all�uso previsto per la sostanza o miscela o non � in grado di spiegarlo 
in modo plausibile; quando intende acquistare le sostanze in quantit�, combinazioni 
o concentrazioni insolite; quando � restio ad esibire un documento attestante 
l�identit� o il luogo di residenza o quando insiste per utilizzare metodi 
di pagamento inconsueti, incluse grosse somme in contanti. 

Le due fattispecie in questione si caratterizzano per il coinvolgimento di 
soggetti privati, prevedendo delle sanzioni penali ed amministrative a fronte 
dell�omissione di doveri di denuncia e segnalazione imposti loro. 

Pi� specificamente, trattasi di reati omissivi c.d. propri, in quanto assume 
rilevanza il semplice mancato compimento dell�azione o del comando imposto, 
a prescindere dall�effettiva verificazione di un evento come conseguenza 
della condotta omissiva medesima (41). 

Il comma 3-bis dell�art. 3 (42), palesando l�intenzione del legislatore di 
voler monitorare e controllare tutto il ciclo concernente la vita di un�arma, 
munizione o sostanza esplodente, prevede l�obbligo, in capo ai soggetti di cui 
agli art. 35 e 55 del Regio Decreto n. 773/31 (c.d. T.U.L.P.S.), ossia in capo al 
fabbricante, commerciante, esercente attivit� di riparazione di armi e gli esercenti 
fabbriche, depositi o rivendite di esplodenti di qualsiasi genere, di comunicare 
tempestivamente alle questure territorialmente competenti le 
informazioni e i dati di tutte le operazioni �sospette�, avvalendosi dei mezzi 
telematici e informatici e rispettando le tempistiche e le modalit� che a breve 
saranno stabilite con un Decreto disposto dal Ministro degli Interni sentito il 
Garante per la protezione dei dati. 

Altre modifiche riguardano il Decreto Legislativo n. 8/2010, attraverso 
il quale il nostro ordinamento ha proceduto al recepimento della Direttiva 
2008/43/CE, volta all�istituzione di un sistema di identificazione e tracciabilit� 
degli esplosivi per uso civile. 

Cos�, sempre dalla consapevolezza del possibile uso distorto che di certe 
sostanze pu� esser fatto, viene previsto l�obbligo, in capo alle imprese che 
operano in ogni anello della vita degli esplosivi di uso civile di istituire �un 
sistema di raccolta dei dati per gli esplosivi per uso civile, che comprenda la 
loro identificazione univoca lungo tutta la catena della fornitura e durante 
l�intero ciclo di vita dell�esplosivo� ovvero la possibilit� per le stesse di �consorziarsi 
con altre imprese al fine di istituire e condividere un sistema di raccolta 
automatizzato dei dati relativi alle operazioni di carico e di scarico degli 
esplosivi che consenta la loro pronta tracciabilit��. 

L�art. 3 del Decreto procede poi con tutta una serie di disposizioni volte 

(41) G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, parte generale, Bologna, 2010, 198. 
(42) Introdotto in sede di approvazione da parte del Senato. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

a rafforzare o prevedere ex novo obblighi di denuncia in capo ai privati possessori 
di armi di svariate tipologie. 

L�art. 4 del Decreto n. 7, in una logica preventiva, interviene apportando diverse 
modifiche al testo del D.Lgs. n. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia) (43), inserendo 
ex novo un articolo ed apportando delle modifiche additive ad altri tre. 

L�intervento in questione riguarda esclusivamente il primo libro, ossia 
quello concernente le misure di prevenzione. Le stesse sono delle misure specialpreventive, 
dirette ad evitare la commissione di reati da parte di soggetti 
considerati come socialmente pericolosi, e si caratterizzano per il fatto di poter 
essere applicate indipendentemente dalla commissione di un precedente reato, 
qualificandosi cos� come una sorta di �misure del sospetto� (44). 

Il Decreto n. 7 interviene sugli articoli 4 e 9 del Codice Antimafia, ossia 
su articoli collocati nel titolo I, capo II del primo libro, relativo alle misure di 
prevenzione personali applicabili dall�Autorit� giudiziaria. 

L�art. 4 del Codice Antimafia contempla l�indicazione dei soggetti destinatari 
dei provvedimenti previsti dal presente capo, prevedendo, tra gli altri, 
alla lettera d) �Coloro che, operanti in gruppi o isolatamente, pongano in essere 
atti preparatori, obiettivamente rilevanti, diretti a sovvertire l�ordinamento 
dello Stato, con la commissione di uno dei reati previsti dal capo I, 
titolo VI, del libro II del codice penale o dagli articoli 284, 285, 286, 306, 
438, 439, 605, 630 dello stesso codice nonch� alla commissione dei reati con 
finalit� di terrorismo anche internazionale�. A tale statuizione si aggiunge, in 
virt� del Decreto n. 7, il periodo �ovvero a prendere parte ad un conflitto in 
territorio estero a sostegno di un�organizzazione che persegue le finalit� terroristiche 
di cui all�art. 270-sexies del codice penale�. 

Tale aggiunta presta per la prima volta attenzione, all�interno del panorama 
legislativo italiano, ai c.d. foreign fighters, intendendo con tale neologismo 
tutti coloro che si spostano in uno Stato diverso da quello di residenza o 
cittadinanza al fine di perpetrare o preparare atti terroristici, o ancora, ricevere 

o impartire un addestramento a ci� mirato (45). 

La portata innovativa di tale introduzione � fondamentale a fronte del fatto 
che tutti i foreign fighter europei, come dimostrato dai servizi di intelligence, passano 
dall�Italia e utilizzano la stessa come �base� per organizzarsi e spesso in


(43) Il Decreto Legislativo n. 159/2011 risulta essere un testo composto da 120 articoli, divisi in 
quattro libri e relativi rispettivamente alla disciplina delle misure di prevenzione (Libro Primo), alla documentazione 
antimafia (Libro Secondo), alla disciplina relativa alle attivit� investigative nella lotta 
contro la criminalit� organizzata (Libro Terzo) ed alla normativa di coordinamento e transitoria (Libro 
Quarto). 
(44) G. FIANDACA - E. MUSCO, Diritto penale, parte generale, op. cit., 970. 


(45) R. BARTOLI, Ancora equivoci in tema di terrorismo internazionale nei contesti di conflitto 
armato in Giurisprudenza Italiana, 2014, fasc. 7, 1733. 



contrarsi con altri soggetti pronti a perorare la loro stessa causa, a fronte della 
posizione strategica del nostro Paese, che permette pi� facilmente il raggiungimento 
di tutti quei territori attraversati, in questo particolare momento storico, 
da conflitti interni. Il particolare allarme sociale del fenomeno � palesato dalle 
stime europee, secondo le quali ad oggi sono tra i 3500 e i 5000 i cittadini europei 
che hanno lasciato le proprie case per diventare �combattenti stranieri� a seguito 
dello scoppio della guerra e delle violenze in Siria, Iraq e Libia (46). 

Le misure di prevenzione personali che possono essere applicate dall�Autorit� 
giudiziaria risultano essere la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza 
e l�obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale. � previsto 
che la proposta di applicazione delle stesse sia di competenza del questore, 
del Procuratore nazionale antimafia (da oggi �Procuratore nazionale 
antimafie e antiterrorismo�), del Procuratore della Repubblica del distretto di 
Corte d�appello e del direttore della direzione investigativa antimafia, i quali 
devono indirizzare la relativa proposta di applicazione al Presidente del Tribunale 
del capoluogo della provincia in cui dimora la persona in questione. 

Il tribunale dovr� provvedere con decreto motivato entro 30 giorni dalla 
proposta; e la relativa udienza, salvo espressa richiesta in senso contrario da 
parte dell�interessato, sar� celebrata senza la presenza del pubblico e con la 
presenza necessaria del difensore e del pubblico ministero. 

� il provvedimento del tribunale che stabilisce la durata della misura di 
prevenzione, la quale in ogni caso deve essere compresa entro la �forbice� legislativamente 
prevista e oscillante tra uno e cinque anni e le prescrizioni che 
la persona sottoposta a tale misura dovr� osservare (47). 

Il provvedimento con il quale � disposta la misura di prevenzione personale 
della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza si caratterizza per avere 
un contenuto standardizzato, in quanto lo stesso prescriver� al destinatario di 
vivere onestamente e rispettando le leggi, di non allontanarsi dalla dimora 
senza preventivo avviso all�autorit� locale di pubblica sicurezza, di non associarsi 
abitualmente alle persone che hanno subito condanne e sono sottoposte 
a misure di prevenzione o sicurezza, di non rincasare la sera pi� tardi e di non 
uscire la mattina pi� presto di una data ora senza comprovata necessit� e senza 
averne dato preventiva notizia all�autorit� locale di pubblica sicurezza, di non 
detenere armi e di non partecipare a pubbliche riunioni. 

Di contro, qualora sia applicata la misura dell�obbligo di soggiorno nel 
comune di residenza o di dimora abituale o del divieto di soggiorno, pu� essere 

(46) Risoluzione Parlamento Europeo, n. 2530/2015, considerando G. 

(47) Per esempio � previsto che qualora la misura disposta sia quella della sorveglianza speciale 
di pubblica sicurezza e si tratti di persona indiziata di vivere con il provento di reati, il tribunale possa 
prescrivere alla stessa di darsi, entro un congruo termine, alla ricerca di un lavoro, di fissare la propria 
dimora e farla conoscere entro lo stesso termine all�Autorit� di pubblica sicurezza, e di non allontanarsene 
senza preventivo avviso. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

prescritto il divieto di allontanarsi dall�abitazione prescelta senza preventivo 
avviso all�autorit� preposta alla sorveglianza o l�obbligo di presentarsi all�autorit� 
di pubblica sicurezza nei giorni indicati e ad ogni chiamata di essa. 

� infine previsto, che alle persone destinatarie di tali misure di prevenzione 
personali, sia consegnata la c.d. �carta di permanenza� da portare con 
s� e da esibire ad ogni richiesta degli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza. 

Animato dal medesimo intento di contrastare nel migliore dei modi i c.d. 
combattenti straneri � l�art. 2, comma 1, lett. b-bis, attraverso il quale viene 
modificato l�art. 497-bis c.p., il quale prevede la punibilit� con la reclusione cos� 
come modificato dall�articolo citato - da due a cinque anni di chiunque 
sia trovato in possesso di un documento falso valido per l�espatrio, prevedendo 
inoltre una circostanza aggravante in capo al soggetto che abbia fabbricato il 
documento medesimo. 

L�estrema esigenza di contrastare nel pi� efficace dei modi ogni spostamento 
dei foreign fighters � altres� palesata dall�inserimento, all�interno del-
l�art. 380, comma 2 c.p.p., della nuova lettera m-bis), per il tramite del comma 
1-bis dell�art. 2 del Decreto n. 7. 

Il secondo comma dell�art. 380 c.p.p. prevede tutta una serie di ipotesi in 
presenza delle quali, anche se non si tratta di �delitto non colposo punibile 
con la pena dell�ergastolo e della reclusione non inferiore nel minimo a cinque 
anni e nel massimo a venti�, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono 
tenuti a procedere all�arresto obbligatorio in flagranza. 

Tra le ipotesi che giustificano di procedere in tal senso vengono cos� inseriti 
i �delitti di fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione 
falso previsti dall�art. 497-bis del codice penale� e, per effetto dell�art. 
3, comma 3-bis) del Decreto in esame, i �delitti di promozione, direzione, organizzazione, 
finanziamento o effettuazione di trasporto di persone ai fini 
dell�ingresso illegale nel territorio dello Stato�, essendo tale ultima ipotesi 
palesemente diretta a contrastare l�attivit� dei trafficanti di migranti e gli scafisti 
del Mediterraneo. 

Tornando alle modifiche apportate dal Decreto n. 7 al corpo del Codice 
Antimafia, � da evidenziare l�aggiunta, al seguito dell�art. 9, del comma 2-bis. 

L�art. 9 ha riguardo a tutti quei casi in cui non possano attendersi, per le 
pi� svariate ragioni, le lungaggini processuali, prevedendo, al primo comma 
che, qualora venga presentata proposta di applicazione della misura della sorveglianza 
speciale con l�obbligo o divieto di soggiorno, il presidente del tribunale 
possa, con decreto e in pendenza del relativo procedimento, disporre 
il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione della validit� ai fini del-
l�espatrio di ogni altro documento equipollente. 

Il secondo comma prevede poi che, nei casi in cui sussistano motivi di 


particolare gravit� � consentito al tribunale, di �anticipare ulteriormente� gli 
effetti della misura di prevenzione, disponendo che alla persona denunciata 
sia imposto, seppur in via provvisoria e fino a che non sia divenuta esecutiva 
la misura di prevenzione, l�obbligo o il divieto di soggiorno. 

Il comma 1 lett. b) del Decreto n. 7 aggiunge a tale articolo il nuovo 
comma 2-bis, il quale � volto a rendere ancora pi� stringenti ed efficaci le misure 
di prevenzione in questione se rivolte verso i soggetti indicati nell�art. 4, 
comma 1, lett. d) del codice antimafia. 

� cos� disposto che �nei casi di necessit� e urgenza, il Questore, all�atto 
della presentazione della proposta di applicazione delle misure di prevenzione 
della sorveglianza speciale e dell�obbligo di soggiorno nel comune di residenza 
o di dimora abituale nei confronti delle persone di cui all�art. 4, comma 
1, lett. d), pu� disporre il temporaneo ritiro del passaporto e la sospensione 
della validit� ai fini dell�espatrio di ogni altro documento equipollente�. Per 
i particolari soggetti indicati, � consentito, dunque, anticipare ulteriormente 
l�adozione delle necessarie tutele, prevedendo la facolt� di ritirare il passaporto, 
o sospendere la validit� dei documenti necessari per l�espatrio, in capo 
al Questore, e non in capo al Presidente del tribunale come invece previsto 
dal primo comma dell�art. 9. 

L�attribuzione di tale incisivo potere in capo al Questore � tuttavia assistito 
da tutta una serie di cautele, essendo previsto che lo stesso debba obbligatoriamente 
darne immediata comunicazione al procuratore della Repubblica 
presso il tribunale del capoluogo del distretto ove dimora la persona, il quale, 
se non ritiene di disporne la cessazione, ne richiede la convalida, entro 48 ore, 
al presidente del tribunale del capoluogo della provincia in cui la persona dimora, 
il quale provveder� a sua volta, e nelle successive 48 ore, a confermarla 
con decreto motivato o caducarla. 

Il sesto articolo del Decreto n. 7 presta attenzione al Decreto Legge n. 
144/2005, intitolato �Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale�, 
convertito in Legge n. 155/2005. 

Lo stesso si caratterizza per essere un testo normativo dal contenuto ristretto, 
composto da soli 24 articoli e posto in essere con l�intento di rafforzare gli strumenti 
di prevenzione e contrasto nei confronti del terrorismo internazionale. 

La prima modifica � apportata all�articolo 2, il quale disciplina una particolare 
categoria di permesso di soggiorno - c.d. �a fini investigativi� - che il 
Questore, anche su segnalazione del Procuratore della Repubblica o dei responsabili 
di livello almeno provinciale delle Forze di Polizia o dei Servizi informativi 
e di sicurezza, pu� rilasciare allo straniero quando, �nel corso di 
operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento relativi a delitti commessi 
per finalit� di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell�ordine 
democratico�, sorga l�esigenza di garantire la permanenza nel territorio 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

dello Stato dello straniero indagato-imputato, qualora lo stesso �abbia offerto 
all�autorit� giudiziaria o agli organi di polizia una collaborazione�. 

Tale tipologia di permesso di soggiorno, se da una parte, in una logica 
premiale rappresenta un forte incentivo alla collaborazione, � ovviamente funzionale 
a consentire il proseguimento delle indagini, tutte le volte in cui il soggetto, 
nei confronti del quale si procede, risulti adottare un comportamento 
cooperativo con l�autorit� procedente, ed appaia inoltre essere in grado di fornire 
elementi utili al fine del contrasto dei reati di cui sopra (48). 

L�innovazione apportata dal Decreto n. 7 consiste nell�estendere la portata 
applicativa dell�art. 2 del Decreto n. 144 anche nei confronti dei cittadini 
stranieri indagati o imputati di aver commesso delitti con finalit� di �criminalit� 
transnazionale�. 

Tale intervento additivo estende notevolmente il raggio d�azione della disposizione 
sulla quale interviene, consentendo di avvalersi di tutta una serie 
di soggetti che possono essere in grado di fornire apporti decisivi per il contrasto 
di delitti che per loro stessa natura riguardano pi� Paesi, evitando in tal 
modo di perdere, a fronte del ritorno del soggetto in questione nel suo paese 
d�origine, un utile interlocutore. 

La ratio premiale di tale istituto � palesata infine dal quinto comma del-
l�art. 2 del Decreto n. 144, che prevede, nei casi in cui �la collaborazione offerta 
ha avuto straordinaria rilevanza per la prevenzione nel territorio dello 
Stato di attentati terroristici alla vita o all�incolumit� delle persone o per la 
concreta riduzione delle conseguenza dannose o pericolose degli attentati 
stessi�, allo straniero possa essere concessa la carta di soggiorno. 

Ultima innovazione posta in essere dal Decreto n. 7/2015, attraverso l�art. 
7, � costituita dall�integrale reiscrizione dell�art. 53 del Decreto Legislativo 

n. 196/2003 (c.d. Codice Privacy). 

Le finalit� e i principi generali enunciati da tale testo normativo sono 
quelli di garantire a chiunque il diritto alla protezione dei dati personali che lo 
riguardano, quello di garantire che il trattamento dei dati medesimi si svolga 
nel rispetto dei diritti e delle libert� fondamentali, nonch� della dignit� del-
l�interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all�identit� personale 
e al diritto alla protezione dei dati personali. 

Il neointrodotto art. 53 si apre definendo il concetto di trattamento effettuato 
per finalit� di polizia, affermando che ricorre tale ipotesi qualora i trattamenti 
di dati personali siano �direttamente correlati all�esercizio dei compiti 
di polizia di prevenzione dei reati, di tutela dell�ordine e della sicurezza pub


(48) � inoltre specificato che la durata di tale particolare tipologia di permesso di soggiorno sia 
annuale, e che possa essere rinnovato, permanendo le medesime esigenze sovraesposte, per uguali periodi; 
potendo di contro essere revocato in caso di condotta incompatibile con le finalit� dello stesso. 


blica, nonch� di polizia giudiziaria, svolti, ai sensi del codice di procedura 
penale, per la prevenzione e repressione dei reati�. 

Dopo l�incipit di carattere definitorio, il nuovo art. 53 procede prevedendo 
un regime derogatorio alla disciplina ordinaria in tutti quei casi in cui 
il trattamento, in forza di specifiche disposizioni normative, sia posto in essere 
dal Centro elaborazione dati del Dipartimento della pubblica sicurezza o da 
parte delle Forze di Polizia su dati destinati a confluirvi, ovvero da organi di 
pubblica sicurezza o altri soggetti pubblici nell�esercizio delle attribuzioni 
conferite da disposizioni di legge e regolamento. 

Il regime delineato, caratterizzato dall�inapplicabilit� di tutta una serie 
di disposizioni del Codice privacy risulta essere particolarmente semplificato 
qualora il responsabile del trattamento sia uno dei soggetti di cui 
sopra, e di riflesso, particolarmente insidioso per il soggetto destinatario, 
essendo lo stesso privato, anche se in nome di una causa superiore quale 
quella della prevenzione dei reati e di tutela dell�ordine e della sicurezza 
pubblica, di una serie di diritti che fino a poco tempo fa rappresentavano 
dei pilastri portanti dell�impianto del D.Lgs. n. 196, con tutte le ricadute e 
i rischi di abuso che dal venire meno di tali garanzie possono derivare (49). 

Le principali disposizioni �congelate� risultano essere, per esempio, l�art. 
10, la cui inapplicabilit� determina il venire meno, in capo al soggetto titolare 
del trattamento di adempiere a tutta una serie di prescrizioni volte a semplificare 
e agevolare l�accesso da parte del destinatario ai dati che lo riguardano; 
l�art. 12, ossia il necessario rispetto dei codici deontologici e di buona condotta 
predisposti dal Garante quale condizione generale per la liceit� e correttezza 
dell�operazione di trattamento. 

Maggiori perplessit� desta la previsione relativa all�inapplicabilit� del-
l�art. 16, il quale codifica e cristallizza ex ante la destinazione che dovr� essere 
data ai dati raccolti a fronte della cessazione, per qualsiasi causa, del trattamento. 
Il venir meno della rigida predeterminazione delle opzioni percorribili 
sembra rendere �padroni� dei dati raccolti, seppur in virt� di giustificate esigenze, 
i soggetti pubblici procedenti. 

Altrettanto preoccupante risulta essere la previsione dell�inapplicabilit�, 
sempre in tali specifici e tassativi casi, dell�intero capo II, disciplinante i principi 
applicabili ai trattamenti effettuati da soggetti pubblici, composto dagli 
articoli compresi tra il 18 e il 22. 

In particolare, per effetto dell�inapplicabilit� degli artt. 20 e 21, risulta 
essere smantellato il tradizionale principio della sussistenza di una preventiva 
disposizione legislativa autorizzante il trattamento dei dati personali sensibili 
e dei dati giudiziari (50). 

Ancora, a fronte della mancata applicazione degli artt. 37 e 38 commi da 
1 a 5, viene meno l�obbligo di notificare preventivamente al Garante i casi in 
cui il trattamento riguarda particolari tipologie di dati personali come ad esem



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

pio i dati genetici e in via generale i c.d. dati �supersensibili�, essendo questa 
una categoria coniata dalla dottrina volta a indicare tutti quei dati che ineriscono 
intimamente la persona. 

Ultima innovazione � data dalla previsione della inapplicabilit� dell�intera 
terza sezione, dedicata alla tutela alternativa a quella giurisdizionale, e composta 
dagli articoli da 145 a 151, escludendo in tal modo la possibilit�, in capo 
all�interessato, di far valere i fondamentali principi di cui all�art. 7 attraverso 
il ricorso al Garante. 

La nuova formulazione dell�art. 53 del Codice Privacy rappresenta senza 
dubbio una delle fondamentali innovazioni poste in essere dal Decreto n. 7, in 
quanto sembra dotare gli organi procedenti di amplissimi poteri volti a prevenire 
reati di particolare allarme sociale, ma allo stesso tempo desta forti perplessit� 
a fronte del fatto che per i soggetti destinatari sembra creare una sorta 
di �zona grigia�, caratterizzata dall�inapplicabilit� della quasi totalit� dei principi 
fondamentali previsti dal Codice Privacy, con la possibile ricaduta che 
per tali soggetti si venga a creare una sorta di ritorno al passato, essendo data 
la possibilit� di effettuare trattamenti nei loro confronti cos� come avveniva 
decenni or sono, ossia quando il concetto di �riservatezza� e di �privacy� non 
si erano ancora imposti prepotentemente nel nostro ordinamento giuridico 
come diritti fondamentali della persona (51). 

Completano il Decreto una serie di disposizioni, volte al potenziamento 
dell�impiego del personale militare appartenente alle forze armate per il contrasto 
della criminalit� �anche il relazione alle straordinarie esigenze di sicurezza 
connesse alla realizzazione dell�Expo 2015� e alle �Missioni 
internazionali delle Forze Armate e di Polizia�. 

Risultano essere stati inseriti, in sede di approvazione da parte del Senato, 
l�art. 3-bis, attraverso il quale vengono stanziati oltre quaranta milioni 
di euro per il potenziamento dei dispositivi aeronavali di sorveglianza e sicurezza 
nel Mediterraneo, per far fronte �alle straorinarie esigenze di pre


(49) Puntare tutte le giustificazioni sull�importanza del bene protetto non pare convincere la dottrina 
pi� sensibile, a fronte del fatto che il bene medesimo � facilmente manipolabile dall�interprete. In 
questo senso A. MANNA, La strategia del terrore, op. cit., 62. 
(50) In forza delle definizioni fornite dall�art. 4, per dati sensibili e dati giudiziari si devono intendere 
rispettivamente �i dati personali idonei a rivelare l�origine razziale ed etnica, le convinzioni 
religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l�adesione a partiti, sindacati, associazioni 
od organizzazioni a carattere religioso, politico, filosofico o sindacale, nonch� i dati personali idonei 
a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale� e�i dati personali idonei a rivelare i provvedimenti [..] 
in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei 
relativi carichi pendenti, o la qualit� di imputato o indagato�. 
(51) Tutto ci� pu� portare all�estrema conseguenza di considerare dei soggetti come delle �non 
persone�, tali da meritare un trattamento meno garantista. In questo senso A. MANNA, La strategia del 
terrore, op. cit., 54. 



venzione e contrasto del terrorismo e al fine di assicurare la tutela degli interessi 
nazionali�; e l�articolo 3-sexies, attraverso il quale si prevede la necessaria 
predisposizione, da parte del Ministro dell�Interno di concerto con 
il Ministro della difesa e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di 
un decreto che - fermo restando quanto previsto dal codice della navigazione 
e dalla disciplina comunitaria - disciplini, dopo aver sentito l�Ente nazionale 
per l�aviazione civile (c.d. ENAC) le modalit� di utilizzo, da parte delle Forze 
di Polizia, degli aeromobili a pilotaggio remoto (i c.d. droni), ai fini del controllo 
del territorio per finalit� di pubblica sicurezza con particolare riferimento 
al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalit� 
organizzata e ambientale. 

Concludendo, anche se negli ultimi anni e con particolare riferimento al 
provvedimento esaminato sono stati compiuti importanti passi avanti, la lotta 
conto l��arte di chi procura terrore� (52) � ancora combattuta con strumenti 
impari, non essendo tutto ci� sufficiente ad arginare in toto il fenomeno. 

La guerra contro al terrorismo � infatti una guerra contro un nemico estremamente 
sfuggente, del quale � particolarmente difficile, se non impossibile, 
prevederne le azioni. 

� tuttavia da elogiare la strada intrapresa, la quale sembra essere un buon 
punto di partenza per rafforzare il nostro sistema penale e contrastare efficacemente 
gli autori di tali gravi crimini. 

La grande sfida che le Democrazie odierne devono affrontare sembra essere 
quella del bilanciamento tra la sicurezza nazionale e la tutela dei diritti 
umani, dovendo procedere all�individuazione di criteri oggettivi e criteri guida 
attraverso i quali rispondere all�emergenza (53). 

In tal senso, la direzione da seguire � stata recentemente indicata a livello 
comunitario, per il tramite della Risoluzione n. 2530 del 2015, attraverso la 
quale il Parlamento, dopo aver elevato il terrorismo e l�estremismo violento 
al rango di principale minaccia alla sicurezza e alla libert�, detta una linea 
d�azione comune che i vari Stati membri dovranno seguire, in modo da contrastare 
unitamente la piaga del terrorismo. 

Dopo aver ribadito la necessit� di predisporre adeguate risposte sanzionatorie 
a livello penale, il Parlamento si rivolge ai vari Stati membri, invitando 
loro a prevenire la circolazione dei sospetti terroristi, rafforzando in particolare 
i controlli alle frontiere esterne, procedendo a controlli pi� sistematici ed efficaci 
dei documenti di viaggio, contrastando il traffico illegale di armi e l�uso 
fraudolento di identit�. 

Viene poi ribadita l�importanza dell�attivit� di raccolta e soprattutto di 

(52) In questo senso l�Oxford Dictionary, come citato da G. CONTI in Lotta al terrorismo, op. cit., 12. 
(53) I. MARCHI, Quando l�emergenza non � pi� l�eccezione in L�indice penale, 2013, fasc. 2, 705. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

condivisione dei dati, attivit� che tuttavia devono avvenire nel costante rispetto 
dei diritti fondamentali propri di ogni persona umana; e la necessit� di contrastare 
nel migliore dei modi tutte quelle che rappresentano le principali fonti 
dalle quali il terrorismo trae i suoi mezzi di sostentamento, quali il riciclaggio 
del denaro, la tratta di esseri umani e il commercio illegale delle armi. 

Infine, particolare attenzione � posta sulla prevenzione, gli Stati sono 
cos� invitati ad investire in sistemi che affrontino alla radice le cause della radicalizzazione, 
dalla quale poi deriva l�estremismo violento, prevedendo ad 
esempio programmi educativi tali da promuovere l�integrazione, l�inclusione 
sociale, l�uguaglianza, la tolleranza e la comprensione tra le diverse culture e 
religioni (54). 

Risulta essere infine essenziale, a fronte dell�impossibilit� di confinare 
in un determinato ambito territoriale il fenomeno del terrorismo, promuovere 
un partenariato globale, cooperando strettamente con tutti i Paesi, Organizzazioni 
ed Organi di intelligence in grado di poter fornire un utile apporto. 

(54) Risoluzione del Parlamento Europeo n. 2530/2015, punto n. 6. 


Quote latte: fine di un regime controverso 

Antonio Tallarida* 

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. L�O.C.M. del latte e dei prodotti lattiero-caseari - 3. L�introduzione 
del regime delle quote latte - 4. L�applicazione in Italia e le contestazioni - 5. La 
riforma del 2003 e gli ultimi atti - 6. Il contenzioso - 7. La riscossione coattiva del prelievo 


8. Conclusioni. 

1. Il 31 marzo 2015 � definitivamente cessato il regime comunitario delle 
quote latte. � cos� venuto meno quello che � stato definito come �una disavventura 
nel cammino verso l�Europa� da uno dei protagonisti del periodo pi� 
controverso della storia contemporanea dell�agricoltura italiana (1). 

Questo � il quadro impietoso che ne ha tracciato, nelle sue Valutazioni finali, 
la Sezione centrale di controllo sulle amministrazioni dello Stato della 
Corte dei Conti : 

�La conseguenza finanziaria della cattiva gestione trentennale delle quote 
latte - caratterizzata dalla confusione della normativa, delle procedure, delle 
competenze e delle responsabilit� dei soggetti investiti e dall�incertezza sui 
dati produzione - si � tradotta in un esborso complessivo nei confronti del-
l�Unione europea, ad oggi, di oltre 4,4 miliardi di euro. Per il periodo precedente 
la campagna lattiera 1995/1996, l�onere si � scaricato interamente 
sull�erario, mentre le somme teoricamente recuperabili nei confronti degli allevatori 
- e gi� anticipate all�Unione a carico della fiscalit� generale - superano 
l�importo di 2.537 milioni� (delib. n. 12/2014/G). 

Ancor pi� gravi e pesanti sono stati gli effetti del regime sul sistema produttivo 
lattiero. Secondo Coldiretti, solo 1 stalla su 5 � sopravvissuta al regime 
delle quote latte: all�inizio nel 1984, infatti, erano presenti 180 mila stalle, con 
il latte che veniva pagato in media agli allevatori 0,245 euro al litro mentre i 
consumatori lo pagavano 0,40 al litro. Oggi sono rimaste in vita solo 36 mila 
stalle mentre il prezzo � in media di 0,36 euro a fronte di un prezzo al consumo 
di 1,5 euro al litro. � quanto emerge dal �Dossier sull�attuazione delle quote 
latte in Italia� presentato in occasione della mobilitazione degli allevatori della 
Coldiretti il 31 marzo 2015 a Roma, in Piazza Foro di Traiano, con la pronipote 
della mucca Onestina simbolo della battaglia degli allevatori onesti. 

Disastroso infine il lascito del regime in termini di contenzioso, sviluppatosi 
in questi anni a tutti i livelli, dai Giudici di pace ai Tribunali ordinari, 
alla Cassazione, ai TAR, al Consiglio di Stato, sino alla Corte Costituzionale 

(*) Vice Avvocato Generale dello Stato in quiescenza. 

(1) R. BORRONI, Le quote latte in Italia ..., Franco Angeli, 2001. � stato sottosegretario di Stato 
all�Agricoltura tra il 1996 e il 2001. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

e alla Corte di Giustizia CE, ed ora particolarmente in sede esecutiva, avverso 
le cartelle di pagamento emesse per il recupero forzoso dei prelievi. 

Un�eredit� pesante, in cui � difficile ricostruire colpe e responsabilit�, ma 
che � doveroso ripercorrere e ricordare affinch� ci� non accada pi�. 

2. Il Reg. (CEE) n. 13/64 del Consiglio del 5 febbraio 1964 aveva previsto 
la graduale attuazione di una organizzazione comune dei mercati nel settore del 
latte e dei prodotti lattiero-caseari basata su un regime di prezzi unici (prezzo 
indicativo unico per il latte, prezzi d�entrata unici per ciascuno dei prodotti pilota 
attuati a mezzo di prelievi variabili, prezzo di intervento unico per il burro). 

Il successivo Reg. (CEE) n. 804/68 del Consiglio del 27 giugno 1968 
aveva apportato una serie di adattamenti prevedendo l�instaurazione di un regime 
unico degli scambi alle frontiere esterne, l�introduzione di un sistema di 
prelievi all�importazione e di restituzioni all�esportazione per stabilizzare il 
mercato comunitario, la libera circolazione dei suddetti prodotti all�interno 
con l�eliminazione degli aiuti nazionali e l�applicazione di norme comuni di 
qualit� e di commercializzazione per il burro. 

Essendosi peraltro rivelate insufficienti tali misure, il Reg. (CEE) n. 
1079/77 del Consiglio del 17 maggio 1977 aveva istituito un prelievo di corresponsabilit� 
nel settore dovuto da ogni produttore di latte di vacca consegnato 
a un�impresa di trattamento o di trasformazione e su talune vendite di 
prodotti lattiero-caseari alla fattoria, determinato dal Reg. (CEE) n. 1822/77 
della Commissione nella misura, progressivamente aumentata di 0,4021 ecu 
o, nella misura ridotta, di 0,2681 ecu. 

3. Il perdurare dello squilibrio tra l�offerta e la domanda di latte, al punto 
che �nonostante l�applicazione di detto prelievo di corresponsabilit� l�aumento 
della raccolta lattiera continua ad un ritmo tale che lo smaltimento dei 
quantitativi supplementari crea oneri finanziari e difficolt� di mercato che 
mettono in causa l�avvenire stesso della politica agricola comune� (3� considerando), 
indussero la Comunit� ad istituire per un periodo di cinque anni un 
prelievo supplementare sui quantitativi di latte raccolti oltre un limite di garanzia 
predeterminato. 

Il Reg. (CEE) n. 856/84 del Consiglio del 31 marzo 1984 che modifica il 
Reg. n. 804/68 relativo all�organizzazione comune dei mercati nel settore del 
latte e dei prodotti lattiero-caseari segna dunque l�atto di nascita del regime 
delle quote latte. Per questa sua peculiarit� merita di essere riprodotto in parte 
qui di seguito: 

�Articolo 1 

Il regolamento (CEE) n. 804/68 � completato dal seguente articolo: 

� Articolo 5 quater 

1. Durante cinque periodi consecutivi di 12 mesi con inizio dal 1� aprile 


1984, � istituito un prelievo supplementare a carico dei produttori o degli 
acquirenti di latte di vacca. Questo prelievo ha lo scopo di mantenere 
sotto controllo la crescita della produzione lattiera pur permettendo gli 
sviluppi e gli adeguamenti strutturali necessari, tenendo conto della diversit� 
delle situazioni nazionali, regionali e delle zone di raccolta nella 
Comunit�. Tuttavia il primo periodo inizia il 2 aprile 1984 ...�. 

Le nuove disposizioni prevedevano che il prelievo era dovuto da ogni 
produttore di latte consegnato che superasse il proprio quantitativo di riferimento 
(formula A) o dall�acquirente per i quantitativi consegnati in esubero 
dal produttore, salvo regresso (formula B). Il prelievo era dovuto anche sulle 
vendite dirette in eccedenza. Il quantitativo globale garantito, stabilito con riferimento 
al latte commercializzato nel 1981 aumentato dell�1%, ammontava 
a 98,2 milioni di tonn. di latte o equivalente latte. Tale quantitativo era ripartito 
tra i 10 Stati membri, salvo per 335 mila tonn. previste come riserva comunitaria. 
All�Italia era assegnato un quantitativo globale garantito (QGG) di 

8.323.000 tonn., avendosi avuto riguardo alle consegne 1983, �considerando 
che in Italia la raccolta lattiera 1981 � stata la pi� scarsa degli ultimi dieci 
anni� (9� considerando). L�importo del prelievo era demandato a successivo 
provvedimento su proposta della Commissione. 

Su tale regolamento (e sulle relative disposizioni attuative reg. (CEE) n. 
857/84, n. 1374/84, n. 1546/88) non vale la pena di scendere in ulteriori dettagli 
perch� il regime delle quote latte - nonostante l�adozione di un apposito 
regolamento con D.M. 7 giugno 1989, n. 258 - non ha trovato pratica applicazione 
in Italia sino a met� anni �90. Infatti la legge 10 luglio 1991, n. 201, ha 
espressamente disposto che �Gli obblighi derivanti dalle disposizioni in materia 
di prelievo supplementare sul latte di vacca di cui al regolamento CEE 

n. 804/68 del 27 giugno 1968 e s.m.i., si applicano a partire dal periodo 19911992 
su tutto il territorio nazionale� (art. 1, comma 3), poi ulteriormente differito. 
L�inadempienza cos� perpetrata alle regole comunitarie non � per� 
restata senza costi, avendo dovuto la stessa legge addossare alla gestione finanziaria 
dell�AIMA �i saldi contabili con la Cee derivanti dalla definizione 
delle procedure previste dalla normativa comunitaria e concernenti il prelievo 
supplementare sul latte di vacca dovuto per i periodi dal 1987-1988 al 19911992� 
(comma 9). La disposizione si era resa necessaria perch� nel frattempo 
l�Italia era stata condannata dalla Corte di Giustizia CE con sentenza del 17 
giugno 1987 e la Corte dei Conti aveva avviato un giudizio di responsabilit� 
amministrativa nei confronti dei Ministri dell�Agricoltura dell�epoca (2). 

(2) Su queste vicende si veda la puntuale ricostruzione contenuta nella Relazione approvata con 
deliberazione n. 20/2012/G della Corte dei Conti - Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni 
dello Stato. V. anche la successiva deliberazione n. 11/2013/G. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Con l�art. 12 della legge 26 novembre 1992, n. 468, che definisce la ritardata 
attuazione del regime comunitario come �atto di indirizzo di politica 
economica in agricoltura al fine di tutelare l�utilit� sociale� e con l�accordo 
Ecofin del 21 ottobre 1994, con cui l�Italia accetta di pagare 3.620 miliardi 
per prelievi supplementari e, pi� precisamente, per la campagna 1989, lire 
397,8 miliardi; per quella 1990, lire 531,4 miliardi; per quella 1991, lire 615 
miliardi; per quella 1992, lire 602 miliardi e, per quella 1993, lire 627 miliardi, 
questa prima fase del regime in Italia pu� dirsi conclusa. 

4. La citata legge 26 novembre 1992, n. 468, segna l�inizio dell�attuazione 
in Italia del regime delle quote latte, in dichiarata applicazione dell�art. 
5-quater del Reg. (CEE) n. 804/68. 

La legge prevede: 

a) attribuzione ai produttori di latte di una quota A, pari alla produzione 
dichiarata nel periodo 1988-1989 e di una quota B, pari alla maggiore quantit� 
commercializzata nel periodo 1991-1992 (art. 2) 

b) gestione unitaria delle quote da parte delle associazioni dei produttori 
per gli aderenti a queste (art. 3) 

c) pubblicazione annuale entro il 31 gennaio da parte di AIMA in appositi 
bollettini provinciali degli elenchi aggiornati delle quote spettanti ai singoli 
produttori (art. 4) 

d) obbligo degli acquirenti di dichiarare i quantitativi di latte ritirato (mod. 
L1) e di trattenere il prelievo sulle eccedenze di produzione rispetto alla quota 
del conferente (art. 5) 

e) controllo delle Regioni e Province autonome sull�applicazione del regime 
da parte di acquirenti, produttori e associazioni (art. 8) 

f) trasferibilit� della quota a titolo di cessione o affitto anche senza alienazione 
della terra e previsione di una riserva regionale (art. 10) 

g) sanzioni amministrative di competenza regionale (art. 11). 

L�avvio del regime ha incontrato subito difficolt�, sia per l�oggettiva insufficienza 
del QGG rispetto al fabbisogno interno e alla stessa produzione nazionale, 
sia per le resistenze degli allevatori, sia per l�inadeguatezza della 
gestione affidata ad UNALAT e alle altre associazioni (v. DM n. 258/1989 cit.). 

Cos� per rientrare nei limiti del quantitativo globale garantito e agevolare 
l�operativit� del regime, con d.l. 23 dicembre 1974, n. 727, conv. in l. n. 46/1995, 
fu disposto il taglio percentuale della quota B (art. 2) e fu consentito ai produttori 
di autocertificare le proprie produzioni (art. 2-bis), provvedimenti questi che si 
ripercuoteranno sul seguito della gestione. Inoltre, nell�immediato prendeva 
corpo la modifica della regolamentazione comunitaria con l�entrata in vigore, 
nell�ambito della riforma della PAC, del nuovo Reg. (CEE) n. 3950/92 del Consiglio 
del 28 dicembre 1992, che prorogava il regime di ulteriori sette anni e apportava 
diversi aggiustamenti al sistema, con conseguente necessit� di 


adattamenti della normativa nazionale appena approvata. Il QGG veniva fissato 
per l�Italia a tonn. 10.100.482,000 per consegne e a tonn,. 213.578,000 per vendite 
dirette, con previsione di lievi aumenti per i periodi successivi. 

Tutto ci� non imped� lo sforamento del QGG, anche se l�impatto sulle 
singole posizioni fu attenuato dal sistema di compensazione in APL, che portava 
ad una sistemazione in sede associativa locale: la compensazione avveniva 
cio� nell�ambito delle singole associazioni tra i loro aderenti il che poteva 
consentire agli stessi, a conoscenza della realt� produttiva, di meglio regolare 
la propria produzione. 

Peraltro questo sistema non era in linea con la regolamentazione comunitaria 
e perci�, su pressione della Commissione, l�Italia addivenne alla sua 
soppressione e sostituzione con quello generale della compensazione nazionale 
ad opera di AIMA. Ci� fu disposto prima con dd.ll. 16 maggio 1996, n. 260, 
8 luglio 1996, n. 353 e 6 settembre 1996, n. 463, non convertiti (era l�epoca 
in cui i decreti potevano essere reiterati) e poi con d.l. 23 dicembre 1996, n. 
552, convertito nella legge n. 642/1996 (che faceva anche salvi gli effetti dei 
decreti precedenti) con decorrenza dal periodo 1995-1996 e obbligo di versamento 
del prelievo entro il 31 gennaio 1997 (art. 3). 

La reazione degli allevatori e del mondo agricolo fu violenta culminando 
nel blocco con trattori, produttori, agricoltori e mucche delle vie di accesso 
all�aeroporto di Linate (MI) e di altre strutture pubbliche e sfociando in molte 
assemblee di protesta. La contestazione partiva dal fatto innegabile che la modifica 
interveniva a campagna gi� terminata ma era al contempo radicale investendo 
lo stesso regime delle quote e la sua concreta attuazione, 
lamentandosi l�asserita ritardata pubblicazione dei bollettini, la loro scarsa conoscibilit�, 
la non corrispondenza delle quote alle produzioni storiche o l�esistenza 
di quote di carta e di allevatori fantasma (quale la famosa stalla di piazza 
di Spagna a Roma) e naturalmente investiva l�entit� stessa della effettiva produzione 
nazionale, che si diceva gonfiata o affetta da conteggi errati. 

La risposta del Governo fu tempestiva e ferma e si articol� in una serie 
di misure e decreti volti a ripristinare chiarezza e legalit� nel settore attraverso 
la previsione della comunicazione individuale dei quantitativi di riferimento, 
l�accertamento della quantit� di latte effettivamente prodotto nei periodi in 
questione, l�aggiornamento in contraddittorio delle singole quote spettanti, 
l�istituzione di una Commissione governativa di indagine sulle eventuali irregolarit� 
di gestione del regime e la realizzazione di una Banca dati unica bovina 
(art. 1, commi 28 e 36, d.l. n. 11/1997, conv. in l. n. 81/1997). 

In pratica, la Commissione governativa di indagine, presieduta dal Gen. 
GdF Lecca, procedette alla individuazione delle principali anomalie ed irregolarit� 
verificatesi nella gestione del regime (quali preventivamente esemplificate 
dall�art. 2, comma 1, d.l. n. 411/1997, conv. in l. n. 5/1998: mod. L1 
non firmati o apocrifi, o privi dell�indicazione dei capi bovini, o contenenti 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

quantit� di latte non compatibile con la consistenza di stalla, o rivelanti contratti 
di circolazione delle quote anomali, o con codici fiscali e partite IVA errate 
o inesistenti). 

Sulla base della Relazione della Commissione governativa di indagine, 
delle risultanze della rilevazione straordinaria dei capi bovini del Ministero 
della Sanit�, di cui al d.l. n. 130/1997, dei controlli regionali nonch� all�esito 
dei ricorsi di riesame presentati dai produttori e sotto la supervisione dell�apposita 
Commissione di Garanzia (istituita dall�art. 4-bis, d.l. n. 411/1997 cit.), 
l�AIMA provvide a rideterminare le quantit� di latte prodotte e i quantitativi 
di riferimento spettanti per i periodi 1995-1996, 1996-1997, 1997-1998 e 
1998-1999 e procedette alla rettifica delle relative compensazioni nazionali, 
ai sensi dell�art. 1 del d.l. n. 43/1999, conv. in l. n. 118/1999. 

�I risultati delle compensazioni nazionali effettuate ai sensi del presente 
articolo sono definitivi ai fini del pagamento del prelievo supplementare, dei 
relativi conguagli e della liberazione delle garanzie fideiussorie-surrogatorie� 
salvo per coloro che avessero promosso ricorso amministrativo o giurisdizionale, 
le cui decisioni peraltro �non producono effetti sui risultati complessivi 
delle compensazioni stesse, che restano fermi nei confronti dei produttori 
estranei ai procedimenti nei quali sono state emesse� (art. 1, commi 12 e 13, 

d.l. n. 43/1999 cit.) e ci� al fine di evitare che la correzione anche di una sola 
posizione si ripercuotesse sull�intera operazione nazionale. 

Ugualmente si procedette per i periodi successivi, essendosi estesa a questi 
la suddetta disciplina (art. 1, comma 5, d.l. 4 febbraio 2000, n. 8, conv. in 

l. n. 79/2000; v. anche art. 8, d.l. n. 268/2000, conv. in l. n. 354/2000). 

Nel contempo, il Ministro dell�agricoltura dell�epoca, on. prof. De Castro, 
si era attivato per un congruo aumento del QGG (Reg. (CE) n. 1256/1999 del 
Consiglio del 17 maggio 1999), affluito in riserva nazionale e riassegnato dalle 
Regioni (art. 1, d.l. n. 8/2000). 

Si � trattato di uno sforzo politico, normativo e amministrativo considerevole 
con il quale si � riusciti a mettere un qualche ordine in un settore particolarmente 
complesso e la cui buona riuscita � stata certificata dai favorevoli 
esiti giudiziari successivi. Infatti, da una parte la Corte di Giustizia e la Corte 
Costituzionale hanno riconosciuto la legittimit� comunitaria e costituzionale 
della normativa approvata, dall�altra il TAR Lazio e il Consiglio di Stato hanno 
respinto la maggior parte dei ricorsi proposti dai produttori contro le operazioni 
effettuate dall�AIMA in applicazione della suddetta legislazione (v. oltre n. 6). 

5. Superata l�emergenza, � apparso giunto il tempo per una pi� generale 
e organica riforma, sia al fine di assicurarne la coerenza con la nuova regolamentazione 
comunitaria sia per recepire le raccomandazioni in materia del 
Parlamento e della Corte dei Conti, sia per far tesoro dell�esperienza acquisita. 



Pertanto con d.l. 28 marzo 2003, n. 49, conv. in legge n. 119/2003, � stata 
approvata la riforma della legge n. 468/1992 sulla applicazione del prelievo supplementare 
nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari. La legge ridefinisce 
i compiti di Agea e Regioni, conferma che la quota spettante � quella storica, 
istituisce il Registro delle quote, conferma la comunicazione individuale, prevede 
la revoca di quota per mancato utilizzo, disciplina il riconoscimento degli 
acquirenti, accorda una favorevole rateizzazione, stabilisce regole stringenti per 
la circolazione delle quote, ma soprattutto innova prevedendo l�obbligo di trattenuta 
e di versamento mensile da parte degli acquirenti del prelievo dovuto e 
le operazioni di restituzione e compensazione al termine del periodo entro il 31 
luglio. Si conferma altres� la blindatura dei risultati complessivi delle suddette 
operazioni in caso di contenzioso (art. 9, comma 7). Infine con D.M. 31 luglio 
2003 sono state prontamente emanate le relative norme applicative. 

Anche questa volta � sopravvenuto nel giro di pochi mesi un aggiornamento 
della normativa comunitaria, con Reg. (CE) 29 settembre 2003 n. 
1788/2003, che ha prorogato di altri sette anni il regime delle quote latte, portandolo 
alla fatidica data finale del 31 marzo 2015 e prevedendo in via obbligatoria 
la trattenuta del prelievo supplementare da parte dell�acquirente (prima 
era solo una facolt�). Altre modifiche riguardano la riserva nazionale, la revoca 
della quota per sottoutilizzazione, il riconoscimento degli acquirenti, la circolazione 
delle quote, le vendite dirette. Le modalit� di applicazione sono state 
dettate con Reg. (CE) n. 595/2004 della Commissione del 30 marzo 2004. � 
seguito, senza sostanziali modifiche, il Reg. (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, 
recante l�OCM dei mercati dei prodotti agricoli (regolamento unico), che ha 
confermato la proroga del regime ed ha rideterminato il QGG in tonn. 
11.288.543,466, dal 2009-2010 alla fine (All. IX). 

Nei periodi successivi alla riforma la produzione lattiera si � venuta assestando, 
anche per la maggior presa di coscienza della gran parte dei produttori 
e il supporto delle maggiori Confederazioni agricole, sino al punto che a partire 
dal 2008-2009 e fino al 2013-2014 non si � verificato alcun sforamento del 
QGG. A tale risultato ha contribuito anche un nuovo intervento del Governo 
che ha adottato il d.l. 10 febbraio 2005, n. 5, convertito con modificazioni nella 
legge n. 33/2009, con cui, �al fine di consolidare la vitalit� economica a lungo 
termine delle imprese, accelerare le procedure di recupero obbligatorio degli 
importi del prelievo latte dovuti dai produttori e deflazionare il relativo contenzioso� 
(art. 8-quater, c. 1), si �, fra l�altro, proceduto ad assegnare gli ulteriori 
aumenti del QGG accordati all�Italia dai Reg. (CE) n. 248/2008 e n. 
72/2009 prioritariamente alle aziende in attivit� che avevano realizzato consegne 
di latte non coperte da quote nel periodo 2007-2008 (art. 8-bis). Tale assegnazione 
� per� avvenuta sotto condizione risolutiva che queste provvedessero 
al pagamento del prelievo intimato o ne chiedessero la sua rateizzazione alle 
condizioni previste rinunciando contestualmente al contenzioso in atto (art. 8



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

quinquies). Altra importante innovazione � stata l�istituzione del Registro nazionale 
dei debiti nel quale devono essere iscritti �tutti gli importi accertati 
come dovuti da produttori agricoli risultanti dai singoli registri debitori degli 
organismi pagatori riconosciuti� nonch� quelli comunicati dalle regioni� 
connessi a provvidenze e aiuti agricoli dalle stesse erogati�. Essa vale come 
iscrizione a ruolo ai fini della procedura di recupero coattivo (art. 8-ter). 

Soltanto nell�ultimo periodo si � ripresentato il fenomeno dello sforamento 
del QGG con un prelievo di circa 32 mln di euro e il Governo � nuovamente 
intervenuto concordando con la Commissione UE una rateizzazione in 
tre annualit� del prelievo dovuto per tale periodo 2014-2015 e fissando ulteriori 
regole per le restituzioni relative a questo ultimo periodo foriere di ulteriori 
ricorsi da parte dei produttori penalizzati e misure di sostegno al settore 
�anche in relazione al superamento del regime europeo delle quote latte� (d.l. 
5 maggio 2015, n. 51, convertito in l. n. 91/2015). 

6. Il contenzioso che ha attraversato tutto il periodo di applicazione nazionale 
del regime delle quote-latte si pu� sintetizzare in quattro fasi (3). 

La prima ha riguardato la normativa nazionale di recepimento del regime 
e si � consumata soprattutto avanti alla Corte Costituzionale. Questa infatti � 
stata chiamata a pronunciarsi, in via incidentale, gi� sulla legittimit� costituzionale 
del differimento dell'applicazione del regime disposto con il D.L. n. 
201/1991 (sentenza 7 maggio 1996, n. 146). Poi ha dichiarato non fondate le 
questioni del taglio della quota B e dell'autocertificazione di cui al D.L. n. 
727/1994, accogliendo invece quelle relative al mancato coinvolgimento delle 
Regioni (sent. 28 febbraio 1995, n. 520). Quindi ha respinto le questioni riguardanti 
la legittimit� delle disposizioni sulla titolarit� e cessione delle quote, 
di cui all�art. 10, commi 1 e 2, legge n. 468/1992 (sent. 6 aprile 1998, n. 100) 
e quelle sul d.l. n. 552/1996 e relativa legge di conversione, con cui si era inteso 
porre rimedio alla precedente dichiarazione di incostituzionalit� (sent. 11 
dicembre 1998, n. 398). Infine la Corte si � pronunciata in senso favorevole 
sia sul d.l. n. 411/1997 sia sul d.l. n. 43/1999 (sent. 7 luglio 2005, n. 272). 

Tale pronuncia ha segnato una svolta decisiva, perch� seguiva di poco la 
importante sentenza della Corte di Giustizia CE 26 marzo 2004 in causa 480C, 
che ha riconosciuto natura non sanzionatoria ma di misura di regolazione 
del mercato al prelievo e quindi la possibilit� ed anzi doverosit� della correzione 
della procedura seguita, applicabile anche retroattivamente, non potendosi 
fare affidamento sulla permanenza di disposizioni contrastanti con la 
normativa comunitaria. 

In precedenza la Corte Costituzionale ha dichiarato infondate le questioni 

(3) Una ricognizione di giurisprudenza e dottrina in materia si pu� trovare in C. RUPERTO, La giurisprudenza 
sul codice civile. Coordinata con la dottrina. Libro V, Giuffr� 2012, 457. 


di incostituzionalit� dell�art. 10, d.l. n. 49/2003, sulla nomina di un Commissario 
straordinario alle quote latte (sent. n. 8 luglio 2004, n. 240). 

La seconda fase ha riguardato alcuni profili pregiudiziali quali la giurisdizione 
sulle vertenze in materia e la legittimazione attiva. 

Inizialmente i produttori e talora i primi acquirenti, responsabili in solido 
per il versamento del prelievo, hanno impugnato i provvedimenti di attribuzione 
delle quote o di determinazione del prelievo in esito alle operazione di 
compensazione nazionale avanti ai giudici ordinari, che in varie sentenze 
hanno effettivamente accolto tali ricorsi. 

Successivamente per� � prevalso l�orientamento secondo cui la giurisdizione 
spettava al giudice amministrativo per gli elementi di discrezionalit� 
presenti nei procedimenti e nei provvedimenti relativi, rimanendo anche 
escluso ogni profilo sanzionatorio del prelievo (v. Cass. SS.UU. n. 20252, 
20253, 20254 del 2004; n. 7145, 8089, 9291 e numerose altre del 2005). 

� peraltro avvenuto che il Legislatore, con l�art. 1, comma 551, l. 30 dicembre 
2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) abbia disposto che �I provvedimenti 
amministrativi relativi a misure comunitarie sono impugnabili con i 
rimedi previsti dalla legge 24 novembre 1981, n. 689�. Tale disposizione che 
spostava la giurisdizione a favore del G.O. � stata abrogata, per mutati indirizzi 
politici, dall�art. 2-sexies, d. l. 26 aprile 2005, n. 63, convertito con modificazioni 
dalla l. n. 109/2005, che ha stabilito che �le controversie relative all�applicazione 
del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti caseari 
sono devolute alla giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi competenti 
territorialmente� (norma ora messa a regime dall�art. 133, comma 1, lett. t, 
cod. proc. amm.), aggiungendo che i giudizi civili precedentemente promossi 
�restano devoluti alla competenza dei giudici ordinari�, con la conseguenza 
che la giurisdizione per il periodo anteriore alla data di entrata in vigore della 
legge resta al G.O. limitatamente ai soli casi in cui questi l�avesse avuta (Cass. 

S.U. 29 novembre 2005, n. 25889; v. per� Trib. Mantova 26 giugno 2006). 

Una competenza residua del G.O. � rimasta per le controversie relative 
alla spettanza del diritto alla quota in base ai criteri previsti dalla legge (Cass. 
S.U., 12 ottobre 2011, n. 20929 e 20930). 

Quanto alla legittimazione a ricorrere, � ormai giurisprudenza consolidata 
del TAR Lazio e del Consiglio di Stato che questa spetta al produttore e non 
anche al primo acquirente. 

La terza fase ha riguardato il merito dei giudizi promossi contro l�attribuzione 
delle quote di riferimento individuale o la determinazione del prelievo 
supplementare. 

In queste controversie sono state sollevate numerose questioni, oltre a 
quelle sopra indicate, basate su presunti vizi formali dei provvedimenti conclusivi, 
o sulla asserita inattendibilit� dei dati presi a base delle operazioni di 
compensazione nazionale (valorizzandosi a tal fine anche un Rapporto del Nu



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

cleo Carabinieri Politiche Agricole dell�aprile 2010 rimasto peraltro senza seguiti 
e disatteso dalle Autorit� competenti), o per la pretesa insufficienza dei 
controlli o ancora per contrasto con la normativa comunitaria (come per la 
previsione di categorie prioritarie nella compensazione nazionale, smentito 
dalla stessa Commissione europea con nota 7 luglio 2010) o per errori nel calcolo 
degli interessi dovuti ecc. 

Salvo che per quest�ultimo aspetto, limitatamente al dies a quo, la giurisprudenza 
amministrativa formatasi dal 2011 in poi si � espressa unanimemente, 
in numerosissime sentenze, nel senso della infondatezza di tutte tali 
eccezioni, pur riconoscendosi che il sistema aveva avuto un avvio difficile (v. 
TAR Lazio, II ter, n. 4014/2012, n. 6557/2013; C. Stato, III, n. 4428, 5065, 
5066, 5322/2013, n. 2041, 3478, 3743/2014 ). 

Si apprende da notizie di stampa che sono stati presentati ricorsi alla Corte 
dei diritti dell�uomo di Strasburgo per denunciare la retroattivit� delle prime 
compensazioni nazionali e l�insufficienza dei controlli (4). 

La quarta fase riguarda le vertenze promosse contro l�attivit� di recupero 
dei prelievi non pagati (v. n. succ.). 

7. Il problema della riscossione effettiva dei prelievi dovuti e non versati 
si � venuto manifestando in tutta la sua gravit� specie nella coda del regime, 
non avendo avuto esito positivo, se non parzialmente, le procedure di rateizzazione, 
messe in campo dal Governo a seguito di accordi in sede comunitaria 
e previste dall�art. 10, comma 34, d.l. n. 49/2003 (fino a 30 anni, senza interessi) 
e dall�art. 8-quater, d.l. n. 5/2005 (da 13 a 30 anni a seconda dell�entit� 
del debito, con rilevanti interessi a tasso calcolato dalla Commissione europea). 

In particolare quest�ultima disposizione ha collegato l�assegnazione di 
quote aggiuntive in favore di chi aveva prodotto in eccesso al pagamento del 
debito pregresso, anche tramite rateizzazione, sotto pena, in caso di inadempienza, 
della revoca di tali quote e dell�avvio della procedura esecutiva mediante 
ruolo, demandata ad Agea, con le forme dell�esecuzione esattoriale, che 
a tal fine si avvale del Corpo della Guardia di Finanza e di Equitalia, in base 
a convenzione. 

La proroga dei termini previsti in dette disposizioni (art. 2, comma 12duodecies, 
d.l. n. 225 del 29 dicembre 2010, convertito con modificazioni dalla 

l. n. 10/2011) ha determinato la condanna da parte della Commissione europea 
per aiuto di Stato, peraltro annullata su ricorso dell�Italia dal Tribunale del-
l�UE, con sentenza del 24 giugno 2015 nella causa T-527/13. 

Altro sistema, pi� spedito e pi� efficace, di recupero dei prelievi dovuti 
� costituito dalla possibilit� di compensare tali crediti con i contributi comu


(4) La Tribuna di Treviso - 23 marzo 2015. 


nitari spettanti ai produttori a qualsiasi titolo (art. 01, comma 16, d.l. 10 gennaio 
2006, n. 2, conv. in l. n. 81/2006), operazione questa ora agevolata dalla 
istituzione del Registro nazionale dei debiti (art. 8-ter, d.l. n. 5/2009). 

Nonostante tutto ci�, l�attivit� di recupero dei prelievi ha continuato a 
presentare aspetti di lentezza al punto da costituire oggetto di ripetute critiche 
da parte della Corte dei Conti, da ultimo con le deliberazioni della Sezione di 
controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato n. 12/2014/G del 9 
ottobre 2014, in cui �si constata ancora una volta, un�inerzia ed una prassi amministrativa 
non conformi alla necessit� di una decisa attivit� di recupero� e 

n. 11/2013/G del 21 novembre 2013, in cui si segnala �l�assenza di una inversione 
di tendenza nei recuperi e l�inerzia amministrativa che accompagna e 
fornisce linfa alle aspettative dei produttori inadempienti�. 

Di pi�, per il mancato recupero dei prelievi, la Commissione europea ha 
avviato una apposita procedura di infrazione (n. 2013/2092) contro l�Italia con 
parere motivato del 10 luglio 2014, prot. 4686, cui ha fatto seguito - nonostante 
l�argomentata risposta italiana del 13 ottobre 2014 - il deferimento dell�Italia 
alla Corte di Giustizia, per non aver preso le misure opportune per recuperare 
il prelievo dovuto dai singoli produttori, creando cos� distorsione nella concorrenza. 
Si ricorda al riguardo che il Consiglio UE aveva autorizzato l�Italia 
ad anticipare il versamento del prelievo dovuto per i periodi dal 1995-1996 al 
2001-2002 salvo regresso (decisione 2003/530/CE). 

Le attivit� di recupero coattivo sono riprese all�inizio del 2015, dopo l�approvazione 
del modello di cartella di pagamento da parte dell�Agenzia delle 
Entrate, con provvedimento 28 agosto 2014, sulla base di una prima convenzione 
con Equitalia, ma subito � montata l�onda dei ricorsi in opposizione al-
l�esecuzione e agli atti esecutivi da parte dei produttori destinatari delle cartelle. 

I principali motivi dedotti risultano riguardare: nullit� o inesistenza della 
notifica, irregolarit� della iscrizione a ruolo, carenza della motivazione, errori 
negli interessi, difetto dei presupposti di legge, altri vizi formali quando non 
si ripropongono le vecchie contestazioni di merito. 

Tali ricorsi si aggiungono a quelli proposti ai TAR avverso la ripresa delle 
attivit� di recupero per mancata conclusione del procedimento di rateizzazione 
per inadempienza del produttore, al fine di ottenerne la sospensione, su cui si 
annoverano alcune interessanti ordinanze del TAR Lombardia-sezione staccata 
di Brescia, tra cui quella del 24 luglio 2015, n. 1420/2015, la quale sottolinea 
come dopo le recenti iniziative della Commissione europea, �l�interesse nazionale 
non consente di inserire delle pause nella procedura di recupero del 
prelievo supplementare, n� di mantenere senza necessit� tempi di recupero 
troppo lunghi�. 

8. In conclusione, deve riconoscersi che dopo un inizio difficile, l�Italia 
ha fatto ogni possibile sforzo per applicare ragionevolmente un regime che si 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

appalesava contrario agli interessi italiani, vista la deficienza strutturale della 
produzione nazionale rispetto al fabbisogno interno. 

Guardando retrospettivamente quanto � accaduto, non ci si pu� esimere 
dal constatare come il regime sia stato caratterizzato da una conflittualit� senza 
pari anche nel complesso mondo agricolo, che ha visto contrapposti produttori 
in regola a produttori senza scrupoli, con in mezzo produttori che hanno fatto 
sacrifici per mettersi a posto anche comprando quote a caro prezzo. Cos� come 
va riconosciuto l�impegno dell�amministrazione, Ministero e Aima/Agea, di 
cercar di governare un sistema ingestibile. 

Se si pu� trarre un insegnamento da tutta questa vicenda � che forse si potevano 
trovare altre misure di regolamentazione del mercato, come ci si � avviati 
a fare ora dopo la fine del regime delle quote latte, con il Reg. (CE) 17 
dicembre 2013 n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio di approvazione 
della nuova PAC, che, tra le misure adottate per garantire lo sviluppo 
sostenibile della produzione e assicurare un tenore di vita equo ai produttori di 
latte, ha previsto il rafforzamento del potere contrattuale della categoria consentendo 
�alle organizzazioni di produttori costituite da produttori di latte, o 
alle loro associazioni, di negoziare collettivamente con le latterie le condizioni 
contrattuali, in particolare il prezzo, per la totalit� o per una parte della produzione 
di latte crudo dei loro membri� (128� considerando). 

Sta di fatto che, allo stato, quel che resta del regime, � questo contenzioso 
residuo, ultimo vano tentativo di una frangia di � irriducibili� di opporsi alla 
inevitabile resa dei conti con la storia, che ormai guarda avanti (5). 

Intanto sul settore gi� si addensano altre pesanti nubi di �una tempesta 
perfetta�, creata dall�effetto congiunto del crollo della domanda estera, unita 
all�embargo russo e alla fine del regime delle quote latte, con conseguenti 
nuove azioni di protesta degli allevatori (6). 

Evidentemente, la soluzione definitiva non pu� passare solo per le aule 
giudiziarie. 

(5) Sulla dichiarazione obbligatoria mensile dei primi acquirenti a partire dal 1� aprile 2015, v. 

D. Mipaaf 7 aprile 2015, in G.U. n. 115 del 20 maggio 2015. 

(6) A. ROMEO, Caos prezzi, piano EU da 500 milioni -Il Sole 24 Ore, Impresa & Territori, 8 settembe 
2015, p. 74; F. BASSO, Perch� il latte in Italia costa pi� caro e le stalle sono in crisi -Corriere 
della Sera, 8 settembre 2015, p. 22. 


Una pausa di riflessione sull�art. 51 T.U.E.L.: 
interruzione della continuit� del mandato di sindaco 
in caso di gestione commissariale 

Ilaria Tortelli, Roberto Di Renzo* 

Pennadomo, un piccolo comune di circa 300 abitanti in provincia di 
Chieti, � stato al centro di un contenzioso di interesse nazionale. 

La vicenda giudiziaria, durata oltre due anni, ha inizio nel novembre del 
2012 ed ha per oggetto la corretta applicazione del regime dell�ineleggibilit� 
del sindaco al terzo mandato consecutivo. 

I FATTI. 

Il primo mandato del Sindaco di Pennadomo dura pi� di 2 anni, sei mesi 
e un giorno; e, pi� precisamente, ha inizio il 13 giugno 2004 e termine il 29 
marzo 2007, con il provvedimento del Ministro dell�Interno che scioglie il 
Consiglio comunale e nomina il Commissario Straordinario ai sensi del D.lgs. 

n. 267/2000. 

Esaurito il periodo di commissariamento, all�esito della tornata elettorale, 
viene riconfermato il medesimo Sindaco che stavolta resta in carica dal 14 
aprile 2008 per tutti i cinque anni di mandato. 

In prossimit� della scadenza di questo secondo mandato, il Sindaco chiede 
al Prefetto se pu� candidarsi per la terza volta. 

Il ragionamento � questo. L�art. 51, comma 2, del D.lgs. n. 267/2000, prevede 
che <Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco 
non �, allo scadere del secondo mandato, immediatamente �rieleggibile� alla 
medesima carica ...>; nel caso di specie, invece, il periodo di commissaria-
mento del Comune, dal 29 marzo 2007 al 14 aprile 2008, avrebbe interrotto la 
sequenza dei mandati e non potrebbe perci� essere applicato il divieto di eleggibilit� 
al terzo mandato consecutivo. 

Il problema posto con il quesito, dunque, � sostanzialmente se il periodo 
di gestione commissariale, intervenuto tra il primo e il secondo mandato, abbia 

o non abbia interrotto la continuit� tra detti incarichi, e, di conseguenza se nel 
caso di specie ricorra o meno la fattispecie di terzo mandato consecutivo alla 
carica di sindaco vietato dall�art. 51, comma 2, del D.lgs. n. 267/2000. 

Al quesito il Prefetto risponde negativamente richiamando il parere del 
Ministero dell�Interno 15900/TU/00/51 del 23 febbraio 2008 motivato per relationem 
con la sentenza della Cassazione n. 13181 del 5 giugno 2007. 

Il Sindaco si dichiara insoddisfatto, giudicando il proprio caso �difforme� 

(*) Ilaria Tortelli, Viceprefetto, Ufficio stampa e comunicazioni Ministero dell�Interno. 
Roberto Di Renzo, assistente presso il Gabinetto del Ministro dell�Interno. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

da quello richiamato nel parere del Ministero dell�Interno e conferma, pertanto, 
la volont� di ricandidarsi alla carica, con il dichiarato obiettivo della rielezione. 

Il Prefetto rivolge alla Direzione Centrale delle Autonomie Locali del 
DAIT un quesito pi� circostanziato, senza per� ottenere risposta. 

A trarre d'impaccio la Prefettura e la Direzione Centrale per le Autonomie 
Locali � la sottocommissione elettorale di Atessa che, chiamata ad esaminare 
le liste, ammette la �candidatura�. 

Il sindaco uscente cos� partecipa alle elezioni comunali del 26 e 27 maggio 
2013 e viene riconfermato con il 48,40% dei voti; quindi, nella prima seduta 
dell�8 giugno 2013 il Consiglio Comunale delibera la convalida degli 
eletti e concede il definitivo via libera all�insediamento del Sindaco. 

A questo punto il Prefetto chiede all'Avvocatura dello Stato di valutare 
"la possibilit� di promuovere l'azione di decadenza del sindaco� il quale �potrebbe 
essere incorso nella fattispecie del divieto di terzo mandato, ai sensi 
dell'articolo 51 del Tuel". 

Sul punto l�Avvocatura si esprime nel senso che nel caso specifico l'�ineleggibilit�
� del sindaco deve essere esclusa "in quanto tra i due mandati � intervenuta 
una gestione commissariale che deve ritenersi utile ad interrompere 
la continuit� dei mandati richiesti ai fini della disposizione in esame". 

Nel frattempo due Consiglieri di opposizione promuovono un'Azione popolare 
presso il Tribunale civile di Lanciano con cui chiedono �dichiararsi la 
�ineleggibilit�� del sindaco di Pennadomo�. 

Il Tribunale di Lanciano per� rigetta il ricorso e convalida l'elezione del 
Sindaco. 

L�ordinanza si basa sul principio che la limitazione al diritto di elettorato 
passivo prevista dalla norma ha carattere eccezionale e, nel dubbio, va interpretata 
in senso favorevole all�eletto; nella motivazione il Tribunale cita anche 
la sentenza n. 13181 della Cassazione del 5 giugno 2007 e il parere del Ministero 
del 23 febbraio 2008 per escludere la consecutivit� dei due mandati elettorali, 
intervallati da una gestione commissariale, in quanto anche in questo 
caso verrebbe meno il motivo che fa presumere l�esistenza di un vantaggio 
per il Sindaco ricandidato. 

I due Consiglieri di opposizione per� insistono presentando ricorso alla 
Corte d�Appello dell'Aquila. 

Con la sentenza dell�8 aprile 2014 la Corte ribalta completamente la decisione 
del Tribunale di Lanciano. A tal fine sostiene che il contenuto precettivo 
dell�articolo 51, comma 2 del D.lgs n. 267/2000 � di porre una causa 
tipizzata (elezioni e non commissariamento) preclusiva della eleggibilit� e non 
gi� della candidabilit�; la norma, infatti, parla di successione di mandati, non 
di continuit� dell�espletamento delle funzioni pubbliche. Insomma, per la 
Corte di Appello dell'Aquila � necessario e sufficiente attenersi al computo 
dei giorni in cui il sindaco � rimasto in carica. 


Il Prefetto di Chieti, quindi, avvia subito le procedure per lo scioglimento 
del Consiglio Comunale inoltrando la richiesta al Ministero dell�Interno. 

A questo punto i legali dei due Consiglieri ricorrenti chiedono alla Prefettura 
e alla Direzione Centrale per le Autonomie l�immediato Commissaria-
mento del Comune citando la sentenza della VI sezione del Consiglio di Stato 
del 9 ottobre 2007 n. 5309 e una circolare del 2007 del Ministero dell�Interno 
in cui si afferma che la permanenza del Consiglio e della Giunta in regime di 
prorogatio sine alle nuove elezioni e la sostituzione del sindaco con il suo vice, 
a seguito di una competizione elettorale definita �non genuina�, �non rappresentano 
una adeguata risposta ad una situazione di chiara, consapevole illegalit�, 
rappresentata dalla violazione del divieto di elezione al terzo mandato�. 

La Direzione Centrale delle Autonomie locali del D.A.I.T. risponde al 
Prefetto di Chieti, richiamando il parere n. 1392 del 22 maggio 2002 con cui 
il Consiglio di Stato afferma che �solo la sentenza passata in giudicato o la 
sentenza di ultima istanza determina un accertamento definitivo della decadenza...
�. Quindi occorre attendere, ove richiesto, il definitivo pronunciamento 
della Corte di Cassazione. �Nel frattempo - ricorda la Direzione delle Autonomie 
-l�efficacia esecutiva della sentenza di secondo grado con la quale il 
sindaco � stato dichiarato decaduto dalla carica comporta l�affidamento delle 
funzioni sindacali al vice sindaco ...�. 

I legali del sindaco dichiarato decaduto ricorrono intanto alla Prima Sezione 
Civile della Corte di Cassazione che, nel respingere il ricorso con un 
giudizio piuttosto severo nei confronti del sindaco illegittimamente eletto nel 
2013, conferma in pieno la sentenza della Corte d�Appello. 

Secondo la Corte il computo temporale dei due mandati, da considerare 
interi nel caso di specie, esclude l�applicabilit� dell�eccezione al limite del 
terzo mandato introdotta dal 3� comma dell�art. 51. La ratio della norma - ribadisce 
la Suprema Corte - � di �evitare l'alterazione della par conditio alle 
elezioni successive alla seconda e le rendite di posizione nelle funzioni di governo 
locale ... (v. Cass. n. 7949/2013). Rispetto a questa ratio, � evidente che 
la possibilit� che durante uno dei mandati vi sia stata una gestione commissariale 
non incide sull'operativit� della norma...�. 

Con questa sentenza definitiva i legali dei consiglieri ricorrenti tornano a 
chiedere al Ministero dell�Interno lo scioglimento del Consiglio comunale e 
la nomina di un Commissario prefettizio per la gestione del Comune fino alle 
elezioni. 

Il 9 giugno 2015 il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro 
dell�Interno, scioglie il Consiglio Comunale di Pennadomo. 

Il provvedimento, per�, � assunto ai sensi del comma 1, dell'art. 53, del 
D.l.vo n. 267/2000 che cita testualmente: �In caso di impedimento permanente, 
rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, 
la Giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

consiglio e la Giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio 
e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, 
le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, 
rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente...�. 

CONCLUSIONI. 

La sentenza della Corte di Cassazione, che ha definitivamente chiuso la 
vicenda giudiziaria in esame, ha ribadito che l�articolo 51 del T.U.E.L. � una 
norma che limita il diritto di elettorato passivo e non � suscettibile di applicazioni 
analogiche. 

Pertanto la gestione commissariale non pu� ritenersi utile ad interrompere 
la continuit� dei mandati. 

Inoltre con l�approvazione, il 3 aprile 2014, del ddl Delrio il limite del 
terzo mandato per i Comuni sotto ai 3mila abitanti (circa 4550) � stato abolito. 

Il rischio di un altro �caso Pennadomo� � quindi ormai superato, ma pu� 
comunque costituire un utile spunto per la formulazione di riflessioni �de iure 
condendo�. 

Infatti la vicenda giudiziaria di Pennadomo potrebbe portare ad un chiarimento 
definitivo anche per gli altri 3500 comuni, superiori ai 3 mila abitanti, 
per i quali, continuando ad applicarsi il divieto del terzo mandato, si potrebbero 
riproporre problemi interpretativi della normativa in vigore. 


La finanza di progetto nell�affidamento 
della concessione di servizi 

Claudio Guccione* 

SOMMARIO: 1. Premessa - 2. La programmazione nei servizi - 3. I requisiti del promotore 
e del concessionario - 4. La presentazione della proposta - 5. La valutazione della proposta 
e la nomina del promotore - 6. La procedura di gara - 7. Conclusioni. 

1. Premessa. 

Il project financing, come noto, rientra tra le forme di partenariato pubblico-
privato (1) di tipo contrattuale (2), insieme alla concessione, al leasing 
pubblico ed al contratto di disponibilit� (3). Tale modello contrattuale, con riguardo 
ai servizi, pur essendo astrattamente ipotizzabile sin dall�emanazione 
del d.lgs. 163/2006, � divenuto concretamente attuabile solo con l�emanazione 
e l�entrata in vigore del D.P.R. 207/2010, Regolamento di attuazione del Codice 
dei Contratti Pubblici: l�art. 152, comma 3, del Codice, infatti, espressamente 
prevede che �le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto 
compatibili, anche ai servizi, con le modalit� fissate dal regolamento�. Eb


(*) Avvocato del libero Foro. 
Articolo pubblicato in �Finanza di progetto e partenariato pubblico privato. Temi europei, istituti nazionali 
e operativit�� a cura di GIAN FRANCO CARTEI e MASSIMO RICCHI, Editoriale Scientifica, Napoli 
2015. 


(1) Cfr. Libro Verde della Commissione europea relativo ai partenariati pubblico - privati ed al 
diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (marzo 2004). Il d.lgs. 152/08 (terzo decreto 
correttivo al Codice dei contratti pubblici) ha introdotto anche nell�ordinamento italiano un�elencazione 
esemplificativa dei contratti di partenariato pubblico - privato (vd. art. 3, comma 15-ter, del d.lgs. 
163/2006). Sul partenariato pubblico-privato, in generale, cfr. A. MASSERA, Il Partenariato Pubblico-
Privato e il diritto europeo degli appalti, in Il Partenariato Pubblico-Privato, a cura di M.P. CHITI, Bologna, 
2005. Pi� specificamente, sui profili economici e giuridici del project financing, con riferimento 
alla normativa anteriore al terzo decreto correttivo, cfr. tra gli altri C.E. GALLO, La finanza di progetto, 
in AA.VV., L�appalto di opere pubbliche, a cura di R. VILLATA, Padova, 2001; F. CARINGELLA, M. PROTTO, 
Il project financing, in AA.VV., La nuova disciplina dei lavori pubblici, a cura di F. CARINGELLA e G. DE 
MARZO, Milano, 2003; G. DE MARZO, M. BALDI, Il project financing nei lavori pubblici, Milano, 2004; 
AA.VV., La finanza di progetto con particolare riferimento ai profili pubblicistici, a cura di E. PICOZZA, 
Torino, 2005; AA.VV., Finanza di progetto, a cura di G. MORBIDELLI, Torino, 2004; AA.VV., Project financing 
e opere pubbliche, a cura di G.F. FERRARI e F. FRACCHIA, Milano, 2004; S. SAMBRI, Project financing, 
la finanza di progetto per la realizzazione di opere pubbliche, Padova, 2006. 
(2) Per una disamina delle forme di PPP ad iniziativa privata (project di lavori ex art. 153, co. 19, 
leasing in costruendo ex art. 153, co. 20, project di servizi ex art. 278 del D.P.R. n. 207/2010) si veda 
C. GUCCIONE, M. FERRANTE, Partenariato pubblico-privato, cos� le imprese possono proporre progetti 
ai comuni �un po� pigri�, in Edilizia e Territorio, 2 giugno 2014. 
(3) DI PACE, La finanza di progetto, in I contratti con la Pubblica amministrazione, a cura di 
FRANCHINI, II, Torino, 2007, 1029; MALINCONICO, Il project financing, in Trattato sui contratti pubblici, 
diretto da SANDULLI, DE NICTOLIS, GAROFOLI, IV, Milano, 2008, 2613; D. SPINELLI, Guida pratica contratti 
pubblici lavori, servizi, forniture, VI ed., Gruppo 24 ore, 548 ss. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

bene, con l�art. 278 del D.P.R. 207/2010 � stata data attuazione a tale norma 
ed il project financing � divenuto finalmente utilizzabile anche per l�affidamento 
delle concessioni di servizi (4). 

Prima di entrare nel merito dell�esame della disciplina dell�istituto, appare 
fondamentale enucleare correttamente le ipotesi in cui tale procedura � utilizzabile: 
l�oggetto dell�affidamento deve necessariamente essere una concessione 
di servizi (5). 

La concessione di servizi � definita come �un contratto che presenta le 
stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto 
che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto 
di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo� (6). La distinzione 
rispetto alla concessione di lavori pubblici, chiarita anche a livello comunitario 
(7), si fonda sul criterio di �prevalenza funzionale�: in sostanza, se 
un contratto di concessione prevede la costruzione di un�opera quale oggetto 
principale si tratter� di concessione di lavori; se, invece, i lavori o la costruzione 
dell�opera si configurano come meramente accessori rispetto all�oggetto 
principale del contratto, costituito dalla gestione del servizio, si tratter� di concessione 
di servizi. 

Cos� individuato il tratto distintivo tra la concessione di lavori e quella 
di servizi (8), afferente precipuamente all�enucleazione dell�oggetto del contratto 
affidato al concessionario, deve evidenziarsi che le caratteristiche principali 
dei due contratti sono pressoch� le stesse. L�elemento che accomuna 
la concessione di lavori a quella di servizi, infatti, � il trasferimento del rischio 
al concessionario, il quale trae la sua remunerazione dalla gestione del 
servizio stesso: tale elemento, peraltro, � fondamentale perch� si possa con


(4) Per una breve illustrazione della disciplina della finanza di progetto nei servizi ex art. 278 del 

D.P.R. 207/2010, si veda Unit� Tecnica Finanza di Progetto DIPE - Presidenza del Consiglio dei Ministri, 
�UtFP: 100 domande & risposte�, II ed., maggio 2014, 37 ss. 

(5) Concessione di servizi, natura giuridica, retribuzione, precisazioni cfr. Corte di Giustizia UE, 
sez. III, sentenza 10 settembre 2009 n. C-206/08, in www.curia.europa.eu. 
(6) Cfr. art. 3, comma 12, del d.lgs. 163/2006; per una breve definizione di �concessione di servizi� 
si veda Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica, cit., 37. 
(7) Cfr. Comunicazione interpretativa sulle concessioni in ambito comunitario pubblicata sulla 
GUCE del 29 aprile 2000; vedasi il commento di C. GUCCIONE, La comunicazione interpretativa della 
Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario, in Giornale di diritto amministrativo, 12/2000; 
anche circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Politiche Comunitarie del 1 
marzo 2002 n. 3944. 
(8) Sul punto si veda, inoltre, Parere Avcp (ora A.N.A.C.) 24 ottobre 2012, n. 175, in www.Avcp.it 
(circa la corretta qualificazione della concessione del servizio di illuminazione votiva come concessione 
di servizi e non di lavori); ibidem, Parere A.N.A.C. prot. 22097/08/UAG del 15 aprile 2008, in 
www.Avcp.it (ora www.anticorruzione.it); Deliberazione A.N.A.C. del 27 giugno 2012, n. 64, in 
www.Avcp.it (secondo la quale � legittimo affidare il servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza 
e viabilit� post incidente a costo zero per gli Enti locali titolari delle strade mediante finanza di progetto, 
potendo ricondursi la concessione di tale servizio nell�ambito di applicazione dell�art. 278 del d.P.R. n. 
207/2010. 



figurare una concessione, che sia di lavori o di servizi, in quanto l�assenza 
di tale trasferimento di rischi determina la qualificazione del contratto come 
appalto. Per quanto riguarda, poi, lo specifico ambito dei servizi, oltre all�elemento 
del trasferimento del rischio, perch� si possa parlare di concessione, 
il servizio deve essere reso in favore della collettivit� e non 
dell�Amministrazione, ancorch� a determinate condizioni la stessa possa 
contribuire, in tutto o in parte, ai ricavi del concessionario, e la remunerazione 
deve provenire dal diritto di gestire i servizi e di farne propri i ricavi 
(9): in caso contrario, qualora il rapporto sia bilaterale, esclusivamente tra 
Amministrazione ed affidatario, il relativo contratto deve essere qualificato 
come appalto di servizi. 

Con riguardo alla disciplina applicabile, deve, sin da subito, evidenziarsi 
che l�affidamento delle concessioni di servizi ad oggi non soggiace alla integrale 
applicazione del d.lgs. 163/2006 ma � disciplinato unicamente dal-
l�art. 30 del medesimo decreto (10): tale norma prevede che la scelta del 
concessionario debba avvenire nel solo rispetto dei principi desumibili dal 
Trattato e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, 
dei principi di trasparenza, adeguata pubblicit�, non discriminazione, parit� 
di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalit�, previa gara informale 
a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussisto no in tale numero 
soggetti qualificati in relazione all�oggetto della concessione, e con prede-
terminazione dei criteri selettivi (11). Tale esclusione delle concessioni di 

(9) Contra cfr. M. RICCHI, I contratti di concessione 2.�, in Finanza di progetto e partenariato 
pubblico privato. Temi europei, istituti nazionali e operativit�, a cura di GIAN FRANCO CARTEI e MASSIMO 
RICCHI, Editoriale Scientifica, Napoli 2015. 
Sulla necessit� del rapporto trilaterale per la configurabilit� di una concessione di servizi, si veda, in 
giurisprudenza, CdS, sez. V, 16 aprile 2014, n. 1863; TAR Campania, Napoli, sez. I, 12 maggio 2014, 
n. 2614; Delibera ANAC 12 novembre 2014, n. 16; CdS, sez. V, 12 novembre 2013, n. 5421; Delibera 
ANAC, 4 maggio 2011, n. 47. 
(10) Cfr. F.G. SCOCA, La concessione come forma di gestione dei servizi pubblici, in Le concessioni 
di servizi, a cura di F. ROVERSI MONACO, Rimini, 1988, 26. Sulla natura dell�istituto concessorio 
cfr.: U. POTOTSCHNIG, Concessione ed appalto nell�esercizio dei pubblici servizi, in Jus, 1955 394 ss.; 
ID.., I pubblici servizi, Padova, 1964; E. SILVESTRI, Concessione amministrativa, in Enc. del dir., vol. 
VIII, Milano, 1961, 373 ss.; M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, Milano, 1988, 869; A. ROMANO, In 
tema di concessioni contratto, in Foro amm., 1958; V. CAIANIELLO, Concessioni (diritto amministrativo), 
in Noviss. Dig. It., Appendice, II Torino, 1980, 234; CONTESSA, Le concessioni di lavori e servizi tra 
tradizione nazionale ed impulsi comunitari: le modalit� del �Codice de Lise�, in www.giustamm.it; 
CLARIZIA, Concessioni, concessioni di servizi e project financing, in www.giustamm.it; MASTRAGOSTINO, 
Le concessioni di servizi, in Trattato sui contratti pubblici, diretto da SANDULLI, DE NICTOLIS, GAROFOLI, 
Vol. I, Milano, 2008, 285; VILLATA, Pubblica amministrazione e servizi pubblici, Dir. Amm., 2003, 3, 


493. 

(11) Si cfr. Deliberazione Avcp 20 giugno 2012, n. 61, in www.Avcp.it, in cui, per quanto riguarda 
gli affidamenti di concessioni di servizi, l�Avcp �ricorda che, diversamente da quanto asserito dalla stazione 
appaltante, l�art. 30, comma 2, del D.Lgs. 163/2006 prevede espressamente che la scelta del concessionario 
debba avvenire nel rispetto dei principi comunitari desumibili dal Trattato, tra cui quelli di 
trasparenza e di adeguata pubblicit�. Per le concessioni di importo superiore alle soglie comunitarie, la 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

servizi dall�ambito oggettivo di applicazione della normativa comunitaria 
in materia di contratti pubblici � stata per lungo tempo sostenuta dal legislatore 
europeo al fine di favorire il pi� possibile la libert� di organizzazione 
dei singoli Stati membri nella gestione dei servizi pubblici essenziali (12), 
ma tale orientamento ha subito di recente, come noto, un revirement: infatti, 
ora, anche la concessione di servizi � disciplinata nella Direttiva del Parlamento 
Europeo e del Consiglio 2014/23/UE sull�aggiudicazione dei contratti 
di concessione (13). 

2. La programmazione nei servizi. 

Entrando ora nel merito della disciplina dell�istituto in esame, deve, innanzitutto, 
rilevarsi che il predetto art. 278 del Regolamento contiene un unico 
riferimento alla programmazione, ossia il primo periodo del secondo comma, 
ai sensi del quale �qualora l�amministrazione aggiudicatrice si avvalga della 
facolt� di cui all�articolo 271, � ammessa la presentazione di proposte con riferimento 
a servizi non indicati nel programma�. Proprio l�art. 271, infatti, 
disciplina la facolt� (14) per le Amministrazioni di approvare ogni anno un 
programma annuale per l�acquisizione di beni e servizi relativo all�esercizio 
successivo: anche l�istituto della programmazione rappresenta una significativa 
novit� introdotta dal DPR 207/2010 in materia di servizi, essendo in precedenza 
prevista solo per i lavori (15). 

A tal proposito, la questione che necessita di essere approfondita, dunque, 
� se l�aver proceduto all�approvazione di una programmazione da parte delle 
singole Amministrazioni costituisca o meno un presupposto imprescindibile 
per l�attivazione, da parte del privato, della procedura di finanza di progetto 
di servizi. 

Ai fini della risoluzione del quesito, � opportuno procedure alla disamina 
della norma mediante applicazione dei tradizionali canoni ermeneutici detta-

Commissione Europea nella propria Comunicazione interpretativa sulle concessioni del 12 aprile 2000, 
sulla scorta di orientamenti costanti della Corte di Giustizia, ha indicato l�opportunit� di pubblicare gli 
avvisi relativi alle concessioni sulla Gazzetta Ufficiale dell�Unione Europea (si veda sul punto la Deliberazione 
n. 73 Adunanza del 20 luglio 2011, nonch� la Deliberazione n. 13 del 12 marzo 2010�). 

(12) Si veda, in proposito, comunicazione della Commissione europea sulle concessioni del 12 
aprile 2000, cit. 
(13) Pubblicata sulla GUUE del 28 marzo 2014, Serie L/94. Il termine per il recepimento da parte 
degli Stati membri � fissato al 18 aprile 2016. 
(14) Contrariamente a quanto disposto per i lavori, dove la programmazione rappresenta un obbligo 
ineludibile per le Amministrazioni, nell�ambito dei servizi la programmazione � prevista quale 
mera facolt�, esercitabile discrezionalmente dalle singole Amministrazioni. 
(15) D�altra parte non pu� che rilevarsi che il Regolamento del 2010 disciplina in modo molto 
pi� compiuto l�ambito dei contratti di servizi rispetto alla normativa previgente, contenendo anche numerose 
norme relative alla fase esecutiva del contratto specifiche e diversificate per i servizi, laddove 
in precedenza dovevano trovare applicazione in via analogica le disposizioni previste per i contratti di 
lavori. 



tidall�art. 12 delle c.d. Preleggi (16), le �Disposizioni sulla legge in generale� 
che introducono il Codice Civile. 

Nel caso di specie, un�interpretazione letterale dell�art. 278 del Regolamento 
non pu� ritenersi dirimente, per cui � necessario ricercare quale sia l�interpretazione 
pi� coerente con il fine perseguito dal legislatore e con il sistema: 
da un�attenta analisi emerge che vi sono molteplici argomentazioni sulla base 
delle quali deve ritenersi che la programmazione dei servizi da parte dell�Amministrazione 
non debba considerarsi un presupposto indefettibile per l�attivazione 
della finanza di progetto nell�ambito dei servizi. 

In primo luogo, � importante raffrontare l�art. 278 del Regolamento sui 
servizi con l�art. 153 del Codice sui lavori pubblici (finanza di progetto in materia 
di lavori pubblici) sotto il profilo del dato testuale. Per quanto qui rileva, 
l�art. 278 � cos� impostato: �1. Ai fini dell�affidamento in finanza di progetto 
di contratti di concessione di servizi, soggetti privati possono presentare proposte 
[�.] 2. Qualora l�amministrazione aggiudicatrice si avvalga della facolt� 
di cui all�articolo 271, � ammessa la presentazione di proposte con 
riferimento a servizi non indicati nel programma�. In maniera del tutto differente, 
invece, l�art. 153 del Codice, nel suo incipit, stabilisce che �Per la realizzazione 
di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilit�, inseriti nella 
programmazione triennale e nell�elenco annuale di cui all�articolo 128, ovvero 
negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall�amministrazione 
aggiudicatrice sulla base della normativa vigente, finanziabili in 
tutto o in parte con capitali privati, le amministrazioni aggiudicatrici possono, 
in alternativa all�affidamento mediante concessione ai sensi dell�articolo 143, 
affidare una concessione ponendo a base di gara uno studio di fattibilit�, mediante 
pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che 
contemplino l�utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti 
proponenti�. Successivamente, il medesimo articolo di legge, disciplina 
la specifica procedura utilizzabile, invece, per le opere non inserite nella programmazione 
da parte delle Amministrazioni interessate. 

Dalla lettura delle due disposizioni normative, appare chiara la diversa 
intenzione del legislatore: mentre per i lavori la programmazione � un presupposto 
ineludibile (17) , per i servizi il riferimento all�art. 271 del Regolamento 

(16) Tale previsione indica tre criteri: a) l�interpretazione letterale: le norme devono essere interpretate, 
in primo luogo, secondo il loro significato letterale; b) l�interpretazione logica o teleologica: 
nell�ipotesi di norme ambigue, deve essere ricercata la ratio della disposizione, il fine perseguito dal legislatore 
e, dunque, la norma deve essere considerata nel suo effetto pratico; c) l�interpretazione sistematica: 
infine, la norma deve essere interpretata come inserita nell�ordinamento complessivamente 
considerato e, dunque, in modo da risultare conforme con il sistema. 
(17) La disciplina della programmazione per i lavori pubblici � contenuta nell�art. 128 del D.lgs. 


n. 163/2006; G. BORMIOLI, La programmazione; V.M. BALDI, Programmazione amministrativa e project 
financing nella disciplina dei lavori pubblici, in Urbanistica e appalti, 2001; CIANFLONE, GIOVANNINI, 
L�appalto di opere pubbliche, Milano, 2003, 397; G. PELLEGRINO, in Codice dei contratti pubblici, a 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

� teso esclusivamente ad affermare che un eventuale programmazione predisposta 
dalle Amministrazioni non vincola i privati a proporre esclusivamente 
i servizi contemplati nello strumento programmatorio adottato. D�altra parte, 
tale interpretazione appare perfettamente lineare e ragionevole nell�ambito di 
un sistema normativo, quale � quello italiano, in cui la programmazione dei 
lavori � obbligatoria, mentre quella dei servizi � una mera facolt�. 

In via ulteriore, il confronto con l�art. 153 del Codice appare utile a confermare 
la medesima conclusione anche sotto un altro profilo. Come noto, 
nell�ipotesi dei lavori pubblici, vi sono due tipologie di project financing: su 
iniziativa delle Amministrazioni e su iniziativa privata (18). Solo nell�ipotesi 
di iniziativa privata, � consentito l�utilizzo della procedura per lavori non inseriti 
nella programmazione, con una procedura, peraltro, che ricalca perfettamente 
quella prevista per i servizi dall�art. 278 del Regolamento (si veda il 
nuovo comma 19, dell�art. 153, come modificato dal d.l. 70/2011) (19). Al 
contrario, nell�ambito dei servizi, non esiste un project financing su iniziativa 
pubblica, ma solo la possibilit� che la proposta provenga dai privati: dunque, 
coerentemente con quanto previsto nei lavori, in materia di servizi la programmazione 
non si concreta in alcun modo in un presupposto indefettibile. 

N� per porre al vaglio critico la tesi appena illustrata, potrebbe dirsi che, 

cura di R. GAROFOLI e G. FERRARI, V ed., Tomo II, 1487 e ss.; STICCHI DAMIANI, La programmazione 
dei lavori pubblici, in L�appalto di opere pubbliche, a cura di VILLATA, Castenaso, 2004, 264 e ss.; S.C. 
MATTEUCCI, La programmazione dei lavori pubblici, in Manuale dei lavori pubblici, a cura di A. BARGONE 
e P. STELLA RICHTER, Milano, 2001. A livello normativo, si veda inoltre Decreto Ministero delle 
infrastrutture e dei trasporti del 24 ottobre 2014, pubblicato in G.U. del 5 dicembre 2014, n. 283, recante 

�Procedure e schemi-tipo per la redazione e la pubblicazione del programma triennale, dei suoi aggiornamenti 
annuali e dell�elenco annuale dei lavori pubblici e per la redazione e la pubblicazione del 
programma annuale per l�acquisizione di beni e servizi�. 

(18) M. RICCHI, La finanza di progetto nel codice dei contratti dopo il terzo correttivo, in Urbanistica 
e appalti, 2008, pag. 1385; T. D�ONZA, Il project financing, Analisi giuridica, economico-finanziaria, 
tecnica, tributaria, bancaria, assicurativa, Torino, 2012, 469 ss.; Documento ANCE 31 ottobre 
2012, Il project financing in Italia - L�indagine Ance sulla realizzazione delle opere, in www.appaltiecontratti.
it; V.M. BALDI, Programmazione amministrativa e project financing nella disciplina dei lavori 
pubblici, in Urbanistica e appalti; S.C. MATTEUCCI, La programmazione dei lavori pubblici, in Manuale 
dei lavori pubblici, a cura di A. BARGONE e P. STELLA RICHTER, Milano 2001; A. STEFANONI, Project financing 
per le opere pubbliche, relazione per Politecnico; G. GRECO, La concessione di lavori e di 
servizi nel quadro dei contratti di diritto pubblico, in Riv. It. Dir. Pubbl., 2003; G. IUDICA, Finanza di 
progetto: la prospettiva di diritto civile, in AA.VV., Project financing e opere pubbliche, problemi e prospettive 
alla luce delle recenti riforme, 2004. 
(19) Cfr. R. GRECO, La natura giuridica delle procedure di project financing dopo il terzo decreto 
correttivo al codice degli appalti, in www.giustizia-amministrativa.it, dove afferma che Ǐ appena il 
caso di aggiungere che la discrezionalit� in questione diviene massima nell�ipotesi di cui al comma 19 
dell�art. 153, cui si � accennato in conclusione del paragrafo 2, laddove il dovere dell�amministrazione 
di �valutare� le eventuali proposte presentate dalle imprese al di fuori della programmazione non potr� 
giammai essere confuso con un inesistente obbligo di adottare e realizzare l�opera proposta, traducendosi 
in un mero onere di motivazione espressa a fronte dell�eventuale giudizio di non rispondenza all�interesse 
pubblico (con provvedimento al quale i proponenti potranno reagire in sede giurisdizionale, naturalmente 
nei limiti, evidentemente molto ristretti, del sindacato ammissibile avverso tale valutazione)�. 



bench� sia possibile presentare una proposta per lavori non previsti nella programmazione, 
� necessario che vi sia una programmazione dei lavori da parte 
dell�Amministrazione interessata: tale conclusione, infatti, non discende dalla 
disciplina specifica della finanza di progetto, ma dalla normativa generale in 
materia di lavori pubblici che impone la programmazione come obbligo per 
le Amministrazioni. Nei servizi, invece, come detto in precedenza, la programmazione 
� una mera facolt�. 

Ad ulteriore supporto di quanto gi� affermato, si deve tener conto anche 
della diversa natura di lavori e servizi e dell�impatto che le proposte dei privati 
hanno sull�Amministrazione. I lavori, infatti, si estrinsecano nella previsione 
di una nuova opera: la programmazione �, dunque, necessaria a 
garantire che sia l�ente pubblico a mantenere piena discrezionalit� nel decidere 
se realizzare o meno un�opera. In tale contesto, l�iniziativa dei privati 
al di fuori della programmazione non pu� che essere un�ipotesi eccezionale 
e residuale, onde evitare di incidere eccessivamente sulle scelte politiche 
pubbliche. Al contrario, nell�ambito dei servizi, lo specifico servizio gi� esiste, 
� intrinseco nell�attivit� dell�Amministrazione, e l�intervento dei privati 
� solo teso a proporne una differente modalit� di gestione rispetto alla gestione 
in proprio da parte dell�Amministrazione: in questo caso, dunque, 
l�incidenza sulla discrezionalit� � molto inferiore rispetto ai lavori e la programmazione 
non concerne l�an ma il quomodo. Il servizio, invero, � incluso 
nell�attivit� dell�Amministrazione, a prescindere dalla programmazione e, 
dunque, coerentemente, � chiaro che la programmazione non pu� costituire 
un presupposto che consenta al privato di proporne una diversa e pi� efficiente 
modalit� di gestione. 

Peraltro, la medesima conclusione appare anche necessaria per rendere 
operativo l�istituto nonch� in una lettura sistematica dell�intero complesso 
normativo in materia. In primo luogo, infatti, intendere la programmazione 
quale presupposto per la presentazione delle proposte ai sensi dell�art. 278 
del Regolamento si tradurrebbe nella sostanziale vanificazione della disciplina 
e, dunque, non avrebbe alcuna logica. A tal proposito, si ribadisce, la 
programmazione dei servizi � una mera facolt� per le Amministrazioni: � 
chiaro, quindi, che, se la programmazione fosse un presupposto necessario 
per consentire la presentazione di proposte e le Amministrazioni mai si avvalessero 
di tale facolt�, il project financing di servizi non potrebbe mai divenire 
operativo. 

Inoltre, la possibilit� di presentare le proposte di cui all�art. 278 del Regolamento 
a prescindere da qualsivoglia attivit� di programmazione dell�Amministrazione 
� l�unica conclusione coerente con il favor generalizzato 
dell�ordinamento per l�esternalizzazione dei servizi, nell�ottica di ottenere una 
maggiore efficienza gestionale. Sul punto, infatti, rileva, in primo luogo, l�art. 
118, comma 4, della Costituzione, il quale, sancendo un principio di sussidia



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

riet� orizzontale, prevede che �Stato, Regioni, Citt� metropolitane, Province 
e Comuni favoriscono l�autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, 
per lo svolgimento di attivit� di interesse generale, sulla base del principio di 
sussidiariet��. In applicazione di tale articolo, appare emanato l�art. 29 della 
legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge Finanziaria 2002), rubricato �misure 
di efficienza delle pubbliche amministrazioni�, il cui comma 1 stabilisce che 

�le pubbliche amministrazioni di cui all�articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 
30 marzo 2001, n. 165, nonch� gli enti finanziati direttamente o indirettamente 
a carico del bilancio dello Stato sono autorizzati, anche in deroga 
alle vigenti disposizioni, a: 

a) acquistare sul mercato i servizi, originariamente prodotti al proprio 
interno, a condizione di ottenere conseguenti economie di gestione; 

b) costituire, nel rispetto delle condizioni di economicit� di cui alla lettera 
a), soggetti di diritto privato ai quali affidare lo svolgimento di servizi, svolti 
in precedenza; 

c) attribuire a soggetti di diritto privato gi� esistenti, attraverso gara 
pubblica, ovvero con adesione alle convenzioni stipulate ai sensi dell�articolo 
26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e del-
l�articolo 59 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, lo svolgimento di servizi 
di cui alla lettera b)�. 

Emerge chiaramente, dalla lettura di tali norme, il favor del legislatore 
nazionale per l�esternalizzazione dei servizi, poich� nel tempo � stato riconosciuto 
che nella maggior parte dei casi � la soluzione pi� efficiente e conveniente 
per l�interesse pubblico. Nella stessa ottica, l�art. 278 del 
Regolamento, � teso a consentire ai privati di avere un ruolo pi� attivo in quest�ambito 
e di �sollecitare� l�Amministrazione ad esternalizzare un determinato 
servizio, dimostrandole che � la soluzione maggiormente rispondente 
all�interesse pubblico. 

In conclusione, dunque, sembra inconfutabile che la finanza di progetto 
nell�ambito dei servizi � liberamente attivabile da parte dei privati, a prescindere 
da qualunque attivit� programmatoria dell�Amministrazione. N�, d�altra 
parte, l�eventuale attivit� di programmazione impedisce ai privati di presentare 
proposte concernenti servizi non contenuti nella programmazione, in quanto 
la non obbligatoriet� della programmazione � espressamente sancita, a scanso 
di equivoci, dal Regolamento stesso. 

3. I requisiti del promotore e del concessionario. 

Prima di entrare nel merito della procedura, appare opportuno valutare 
quali soggetti possono presentare alle Amministrazioni le previste proposte di 
project financing nell�ambito dei servizi. 

A tal proposito n� il codice dei contratti n� il relativo regolamento di esecuzione 
contengono una disposizione che disciplini i requisiti del promotore 


con specifico riferimento al project financing di servizi, per cui la risposta 
deve essere ricercata per via analogica ed interpretativa. Sul punto, deve ritenersi 
che trovi applicazione la disposizione contenuta nell�art. 96 del DPR 
207/2010 relativo ai �requisiti del proponente e attivit� di asseverazione� con 
riferimento ai lavori (20), ai sensi del gi� richiamato art. 152 del Codice (21). 

Secondo tale disposizione possono presentare proposte realizzative relative 
ad interventi non previsti nella programmazione dell�amministrazione, 
oltre ai soggetti di cui all�artt. 34 e 90, comma 2, lett. b) del codice dei contratti, 
i soggetti che svolgono in via professionale attivit� finanziaria, assicurativa, 
tecnico-operativa, di consulenza e di gestione nel campo dei lavori 
pubblici o di pubblica utilit� e dei servizi alla collettivit�, che negli ultimi tre 
anni abbiano partecipato in modo significativo alla realizzazione di interventi 
di natura ed importo almeno pari a quello oggetto della proposta. 

Il secondo comma della disposizione in commento precisa, quindi, che possono 
presentare proposte anche soggetti appositamente costituiti, nei quali comunque 
devono essere presenti in misura maggioritaria soci aventi i suddetti 
requisiti di esperienza e professionalit� stabiliti nel comma 1 e sopra richiamati. 

Il terzo comma del medesimo art. 96 chiarisce, infine, che, per l�affidamento 
della concessione, il proponente deve comunque possedere, al momento 
dell�indizione della gara, anche associando o consorziando altri soggetti, i requisiti 
previsti dall�art. 95 (�requisiti del concessionario�) (22). Ci� significa, 
per le concessioni di servizi, che il promotore, ai fini della gara, dovr� possedere 
successivamente i requisiti specificamente prescritti dalla stazione appaltante, 
che sono liberamente determinabili nel caso dei servizi, anche 
associando o consorziando altri soggetti. 

4. La presentazione della proposta. 

Con riguardo al contenuto delle proposte eventualmente presentate, l�art. 
278 del Regolamento prescrive che esse debbano contenere uno studio di fat


(20) Cfr. R. IZZO, in Il nuovo regolamento appalti pubblici, a cura di R. GAROFOLI e G. FERRARI, 
Tomo I, Nel diritto Editore, Roma, 2012, 397 e ss.; BERCELLI, Procedimento di finanza di progetto e 
art. 14-quinquies delle legge n. 241 del 1990, in www.giustizia-amministrativa.it; GALLO, Finanza di 
progetto, in L�appalto di opere pubbliche, a cura di VILLATA, Padova, 2004, 1099; ABBATEMARCO, CECCONI, 
Il project financing nelle opere pubbliche, Rimini, 2007, 38 ss.; NASSETTI, Valutazione e predisposizione 
del piano economico finanziario, in Finanza di progetto, a cura di MORBIDELLI, Torino, 2004, 
45 e ss. 
(21) Si ricorda che tale previsione prescrive l�applicabilit� al project financing di servizi di tutte 
le norme previste per il project financing di lavori, ove compatibili. 
(22) Cfr. R. IZZO, in op. cit. sub nota 20, Tomo I, 391 e ss.; P. DELLA PORTA, C. SANTARELLI, Project 
Financing e concessione di lavori pubblici. Spunti casistici, in I contratti dello stato e degli enti pubblici, 
2/2011, 145 e ss.; M. GIOVANELLI, Partecipazione alle gare d�appalto e violazioni fiscali, in Urbanistica 
e appalti, 6/2013; F. LILLI, Il nuovo regolamento sui contratti pubblici, a cura di R. GIOVAGNOLI, Milano, 
2011; A. COLETTA, in Codice dell�appalto pubblico, a cura di S. BACCARINI, G. CHIN�, R. PROIETTI, Milano, 
2011. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

tibilit�, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato, 
una specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione, nonch� 
l�indicazione degli elementi di cui all�articolo 83, comma 1, del codice e 
delle garanzie offerte dal promotore all�amministrazione aggiudicatrice. Le 
proposte devono, inoltre, indicare l�importo delle spese sostenute per la loro 
predisposizione, nel limite di cui all�articolo 153, comma 9, ultimo periodo, 
del codice. 

Per quanto concerne, innanzitutto, lo studio di fattibilit�, il Regolamento 
ne approfondisce il contenuto solo con riferimento ai lavori pubblici, per cui 
spetter� agli eventuali proponenti ed ai loro consulenti adattare la disciplina 
normativa all�ambito dei servizi. Peraltro, nel caso in cui la concessione sia 
esclusivamente di servizi (nel senso che non � prevista la realizzazione di alcun 
lavoro), lo studio di fattibilit�, non essendovi alcuna esigenza progettuale in 
senso tecnico, non potr� che essere un documento molto snello, teso esclusivamente 
a specificare il contenuto del contratto di concessione proposto e ad 
evidenziare la convenienza della concessione per l�Amministrazione nella generale 
analisi costi-benefici. 

Entrando nello specifico dei contenuti dello studio di fattibilit�, ai sensi 
dell�art. 14 del DPR 207/2010 (23) (che riprende in buona parte il contenuto 
della determinazione dell�Autorit� per la Vigilanza sui contratti pubblici n. 
1/2009), questo si compone di una relazione illustrativa contenente: 

� le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali, economico-finanziarie 
dei lavori da realizzare; 
� l�analisi delle possibili alternative rispetto alla soluzione realizzativa individuata; 
� la verifica della possibilit� di realizzazione mediante i contratti di partenariato 
pubblico privato di cui all�art. 3, comma 15-ter, del codice dei contratti; 
� l�analisi dello stato di fatto, nelle sue eventuali componenti architettoniche, 
geologiche, socio-economiche, amministrative; 
� la descrizione, ai fini della valutazione preventiva della sostenibilit� ambientale 
e della compatibilit� paesaggistica dell�intervento, dei requisiti del-
l�opera da progettare, delle caratteristiche e dei collegamenti con il contesto 
nel quale l�intervento si inserisce, con particolare riferimento alla verifica dei 
vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici interferenti sulle aree o 
sugli immobili interessati dall�intervento, nonch� l�individuazione delle misure 
idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici. 


(23) Cfr. M. RICCHI, op. cit. sub nota 18; DE LUCA, La progettazione, in CARBONE, CARINGELLA, 
DE MARZO, L�attuazione della legge quadro sui lavori pubblici, Commentario a cura di, Milano, 2000, 
89 ss; D. ALBONETTI, in �Regolamento di esecuzione del Codice dei contratti pubblici�, a cura di D. 
ALBONETTI, A. COSTANTINI, M. GRECO, A. MASSARI, Sant�Arcangelo di Romagna, 2010, 123 e ss. 


Successivamente, il secondo comma del medesimo art. 14 dettaglia il 
contenuto dello studio di fattibilit� nelle ipotesi in cui questo debba essere 
posto a base di gara, come nel caso del project financing di servizi, specificando 
che lo stesso si compone dei seguenti elaborati: 

� una relazione illustrativa generale contente (i) l�inquadramento territoriale 
e socio-economico dell�area oggetto dell�intervento; (ii) l�analisi della domanda 
e dell�offerta attuale e di previsione con particolare riferimento al bacino 
di utenza, alla stima dei bisogni dell�utenza mediante utilizzo di parametri fisici 
riferiti alla specifica tipologia dell�intervento, quali flussi di traffico e numero 
di accessi, all�individuazione, in termini qualitativi e di gradimento, dell�offerta 
attuale e di quella prevista nei medesimi settori di intervento; (iii) l�analisi delle 
alternative progettuali e (iv) lo studio di impatto ambientale riferito alla soluzione 
progettuale individuata e alle possibili soluzioni alternative; 
� una relazione tecnica contenente (i) le caratteristiche funzionali e tecniche 
dei lavori da realizzare; (ii) una descrizione, ai fini della valutazione preventiva 
della sostenibilit� ambientale e della compatibilit� paesaggistica 
dell�intervento, dei requisiti dell�opera da progettare, delle caratteristiche e 
dei collegamenti con il contesto nel quale l�intervento si inserisce nonch� delle 
misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici; 
(iii) un�analisi sommaria delle tecniche costruttive e indicazione 
delle norme tecniche da applicare; (iv) il cronoprogramma e (v) la stima sommaria 
dell�intervento; 
� elaborati progettuali stabiliti dal responsabile del procedimento tra quelli 
di cui all�art. 21 del medesimo DPR 207/2010; 
� un elaborato tecnico-economico contente (i) la verifica della possibilit� 
di realizzazione mediante concessione rispetto all�appalto; (ii) l�analisi della 
fattibilit� finanziaria (costi e ricavi) con riferimento alla fase di costruzione e, 
nel caso di concessione, alla fase di gestione; (iii) l�analisi della fattibilit� economica 
e sociale; (iv) uno schema di sistema tariffario, nel caso di concessione 
e (v) gli elementi essenziali dello schema di contratto. 


Tenuto conto che, coerentemente a quanto delineato in precedenza, la 
possibilit� di presentare la proposta pu� essere svincolata dalla presenza del-
l�intervento nella programmazione dell�ente concedente, riveste un�importanza 
cruciale nella verifica di fattibilit� la valutazione quantitativa del Value for 
Money (VfM) (24) che la realizzazione dell�intervento, a cura del privato attraverso 
la concessione, assicura all�amministrazione. Tale indicatore, infatti, 

(24) I. ALLEGRO, Il processo di identificazione, selezione e controllo di una operazione di PPP in 
una prospettiva sociale e gestionale, in �Finanza di progetto e partenariato pubblico privato. Temi europei, 
istituti nazionali e operativit�� a cura di GIAN FRANCO CARTEI e MASSIMO RICCHI, Editoriale 
Scientifica, Napoli 2015; L. MARTINELLO, Analisi dei rischi nelle Partnership Pubblico Private e riflessi 
contabili della decisione Eurostat 2004, in Finanza di progetto, a cura di G.F. CARTEI e M. RICCHI, Napoli, 
2010, 589 ss. 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

consente di supportare, con valutazioni specifiche e analitiche, le decisioni di 
convenienza circa l�utilizzo di forme di partenariato pubblico-privato andando 
a valutare, attraverso un�opportuna quantificazione e allocazione dei rischi di 
progetto, la convenienza del ricorso ai capitali privati rispetto alla realizzazione 
del medesimo esclusivamente con risorse pubbliche. 

Per quanto concerne il piano economico-finanziario (25), la cui normativa 
di riferimento non d� una definizione, deve evidenziarsi che questo riveste 
un�importanza fondamentale nell�ambito delle concessioni, essendo il documento 
principe atto a regolarle, unitamente alla convenzione: il piano economico-
finanziario si sostanzia in una sorta di bilancio o conto economico del 
progetto su un orizzonte temporale pari alla durata della concessione, dal quale 
devono emergere tutti i costi di investimento ed i ricavi derivanti dai flussi di 
cassa legati al contratto in modo tale da rappresentare e garantire il c.d. equilibrio 
economico-finanziario (26) del progetto. 

Deve, peraltro, evidenziarsi che, nell�ambito di una concessione, gli indici 
di equilibrio economico-finanziario presenti nel piano economico-finanziario 
originario devono rimanere immutati per tutta la durata del contratto: in caso, 
infatti, di eventi sopravvenuti imprevedibili ed imprevisti che alterino tale 
equilibrio � possibile avvalersi della procedura di riequilibrio prevista dall�art. 
143, comma 8, del Codice e richiamata dall�art. 30 del medesimo decreto legislativo 
nell�ambito delle concessioni di servizi. 

Ai fini del perfezionamento della presentazione il piano economico - finanziario 
deve essere �asseverato� (27) conformemente a quanto prescritto 
dall�art. 96 del DPR 207/2010. In particolare, la norma prescrive che l�asseverazione 
�consiste nella valutazione degli elementi economici e finanziari, 

(25) Per una definizione di piano economico finanziario si veda S.M. SAMBRI, Project financing, 
la finanza di progetto per la realizzazione di opere pubbliche, in Trattato di diritto dell�economia, Padova, 
2013, II ed., Vol. III, 141 e ss., secondo il quale �Il piano economico finanziario ha come scopo 
fondamentale quello di accertare la sussistenza dell�equilibrio economico-finanziario dell�investimento. 
Ci� comporta, per quanto riguarda l�equilibrio economico, che il flusso attualizzato dei ricavi derivanti 
dall�applicazione delle tariffe deve essere almeno sufficiente per la realizzazione dell�impianto e per la 
gestione del servizio�; si cfr. Circolare della Cassa depositi e prestiti n. 1227 pubblicata in G.U. 24 
marzo 1998, n. 69. 
(26) Per una definizione di �equilibrio economico - finanziario�, si veda la formulazione proposta 
dal NARS nel parere n. 7 del 6 novembre 2013, relativo al collegamento Orte-Mestre: �L�equilibrio del 
piano economico-finanziario si ha allorch� si ha la contemporanea presenza delle condizioni di equilibrio 
economico (convenienza economica o redditivit�) ed equilibrio finanziario (sostenibilit� finanziaria o 
bancabilit�) dove: 


-per �convenienza economica� si intende la capacit� del progetto di creare valore nell�arco di durata 
della concessione e di generare un livello di redditivit� per il capitale investito adeguato rispetto alle 
aspettative dell�investitore privato; 

- per �sostenibilit� finanziaria� si intende la capacit� del progetto di generare flussi di cassa sufficienti 
a garantire il rimborso dei finanziamenti attivati�. 

(27) Cfr. G. FIDONE, L�asseverazione bancaria del piano economico finanziario, in Finanza di 
progetto, a cura di G.F. CARTEI e M. RICCHI, Napoli, 2010, 243 ss. 


quali costi e ricavi del progetto e composizione delle fonti di finanziamento, 
e nella verifica della capacit� del piano di generare flussi di cassa positivi e 
della congruenza dei dati con la bozza di convenzione�. La valutazione economica 
e finanziaria deve avvenire almeno sui seguenti elementi, desunti dalla 
documentazione messa a disposizione ai fini dell�asseverazione: 

a) prezzo che il concorrente intende chiedere all�amministrazione aggiudicatrice; 


b) prezzo che il concorrente intende corrispondere all�amministrazione 
aggiudicatrice per la costituzione o il trasferimento dei diritti; 

c) canone che il concorrente intende corrispondere all�amministrazione; 

d) tempo massimo previsto per l�esecuzione dei lavori e per l�avvio della 
gestione; 

e) durata prevista della concessione; 

f) struttura finanziaria dell�operazione, comprensiva dell�analisi dei profili 
di bancabilit� dell�operazione in relazione al debito indicato nel piano economico-
finanziario; 

g) costi, ricavi e conseguenti flussi di cassa generati dal progetto con riferimento 
alle tariffe. 

Per quanto riguarda la richiesta specificazione delle caratteristiche del 
servizio, deve evidenziarsi che tale documento rappresenta un elemento cruciale 
nell�ambito della procedura in esame, concretando, di fatto, il capitolato 
prestazionale dell�intervento ed evidenziando il livello minimo di servizi da 
garantire ai fini dell�adempimento della concessione stessa. 

In quest�ottica, � necessario che il documento illustri chiaramente non 
sole le prestazioni attese per i singoli servizi, ma anche le metriche di misurazione 
del livello di servizio erogato e il sistema di gestione e controllo a presidio 
della qualit�, nel tempo, delle prestazioni del concessionario. 

Tali elementi, dovrebbero, correttamente, trovare apposito riferimento in 
una disciplina sanzionatoria nell�ambito della convenzione a tutela dell�interesse 
pubblico al perfetto adempimento del contratto coerente con gli standard 
qualitativi attesi. 

Appare a questo punto opportuno soffermarsi sul contenuto dello schema 
di convenzione. A tale riguardo occorre fare riferimento a quanto stabilito all�art. 
115 del DPR 207/2010 con riferimento allo schema di contratto di concessione 
di costruzione e gestione di lavori, non essendovi una disciplina 
specifica per la concessione di servizi, ed adattare la disciplina normativa all�ambito 
dei servizi, come si � gi� fatto per lo studio di fattibilit�. 

Secondo tale disposizione lo schema di contratto di concessione deve indicare: 


� le condizioni relative all�elaborazione da parte del concessionario del 
progetto dei lavori da realizzare e le modalit� di approvazione da parte del-
l�amministrazione aggiudicatrice; 


LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

� l�indicazione delle caratteristiche funzionali, impiantistiche, tecniche e 
architettoniche dell�opera e lo standard dei servizi richiesto; 
� i poteri riservati all�amministrazione aggiudicatrice, ivi compresi i criteri 
per la vigilanza sui lavori da parte del responsabile del procedimento; 
� la specificazione della quota annuale di ammortamento degli investimenti; 
� l�eventuale limite minimo dei lavori da appaltare obbligatoriamente a 
terzi secondo quanto previsto nel bando o indicato in sede di offerta; 
� le procedure di collaudo; 


� le modalit� ed i termini per la manutenzione e per la gestione dell�opera 
realizzata, nonch� i poteri di controllo del concedente sulla gestione stessa; 
� le penali per le inadempienze del concessionario, nonch� le ipotesi di 
decadenza della concessione e la procedura della relativa dichiarazione; 
� le modalit� di corresponsione dell�eventuale prezzo, anche secondo 
quanto previsto dall�articolo 143, comma 5, del codice; 
� i criteri per la determinazione e l�adeguamento della tariffa che il concessionario 
potr� riscuotere dall�utenza per i servizi prestati; 
� l�obbligo per il concessionario di acquisire tutte le approvazioni necessarie 
oltre quelle gi� ottenute in sede di approvazione del progetto; 
� le modalit� ed i termini di adempimento da parte del concessionario 
degli eventuali oneri di concessione, comprendenti la corresponsione di canoni 


o prestazioni di natura diversa; 

� le garanzie assicurative richieste per le attivit� di progettazione, costruzione 
e gestione; 
� le modalit�, i termini e gli eventuali oneri relativi alla consegna del lavoro 
all�amministrazione aggiudicatrice al termine della concessione; 
� nel caso di cui all�articolo 143, comma 5, del codice, le modalit� del-
l�eventuale immissione in possesso dell�immobile anteriormente al collaudo 
dell�opera; 
� il piano economico-finanziario di copertura degli investimenti e della 
connessa gestione temporale per tutto l�arco temporale prescelto; 
� il corrispettivo per il valore residuo dell�investimento non ammortizzato 
al termine della concessione. 


Con specifico riguardo allo schema di convenzione �, inoltre, opportuno 
evidenziare che lo stesso deve essere formulato in maniera tale da concretare 
un effettivo trasferimento di almeno due dei tre rischi principali del contratto 
(disponibilit�, mercato, esecuzione) al concessionario mediante apposite e 
puntuali clausole, coerentemente ai noti parametri Eurostat, in quanto tale condizione 
� imprescindibile per qualificare l�operazione di finanza di progetto 
come off-balance, soprattutto nel caso in cui la remunerazione sia in tutto o in 
parte a carico della P.A., per poter evitare che la concessione possa configurarsi 
come un appalto mascherato. 


5. La valutazione della proposta e la nomina del promotore. 

Una volta che sia presentata una proposta di project financing, spetta alle 
Amministrazioni riceventi procedere alla valutazione della stessa per verificare 
se questa riveste un pubblico interesse che induca a procedere all�affidamento 
della concessione: tale valutazione, per espressa previsione dell�art. 278 del 
Regolamento in esame, deve avvenire entro sei mesi dalla presentazione della 
proposta stessa (28). 

Per quanto riguarda i criteri sulla base dei quali deve avvenire la valutazione, 
la stessa disposizione in commento evidenza che la fattibilit� delle proposte 
presentate deve essere valutata sotto il profilo della funzionalit�, della 
fruibilit� del servizio, della accessibilit� al pubblico, del rendimento, del costo 
di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, delle tariffe da 
applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico 
del piano e del contenuto della bozza di convenzione, nonch� dell�assenza 
di elementi ostativi alla loro realizzazione (29). 

A tal proposito, non pu� non evidenziarsi che l�attivit� valutativa in esame 
� soggetta alla discrezionalit� amministrativa della stazione appaltante, per 
cui gli esiti sono difficilmente censurabili dal privato, se non nell�ottica della 
palese irragionevolezza od illogicit� (30). Tuttavia, non pu� negarsi che, conformemente 
a quanto ritenuto dalla giurisprudenza (31) in materia di lavori, 
la valutazione sul pubblico interesse della proposta pu� essere legittimamente 
censurata in sede giudiziaria dall�aspirante promotore, in quanto lo stesso � 
titolare di una posizione di interesse legittimo giuridicamente rilevante alla 
dichiarazione di pubblico interesse, concretandosi questa nell�attribuzione di 
un diritto di prelazione (32) ai fini del successivo affidamento della concessione 
(33). 

(28) Si cfr. S.M. SAMBRI, Project financing, La finanza di progetto per la realizzazione di opere 
pubbliche, in op. cit. sub nota 25, 149 ss. 
(29) Si cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 marzo 2014, n. 1365 (punto 3 in diritto), in www.appaltiecontratti.
it; Cons. Stato, Ad plen. 15 aprile 2010, n. 1; TAR Sicilia, Palermo, 5 aprile 2007, n. 1100; TAR 
Sicilia, sez. staccata di Catania, 29 giugno 2012 n. 1642; Cons. Stato, sez. III, 13 marzo 2013, n. 1495; 
Cons. Stato, sez. IV, 26 ottobre 2012, n. 5492; Parere Avcp, 19 settembre 2012, n. 14, rif. n. AG 14/12, 
in www.Avcp.it; Deliberazione 12 novembre 2010, n. 228, in www.appaltiecontratti.it; Determinazione 
Avcp, 20 maggio 2009 n. 3, recante Procedure di cui all�articolo 153 del Codice dei contratti pubblici: 
linee guida per i documenti di gara, in www.appaltiecontratti.it; TAR Sicilia Catania sez. IV 14 maggio 
2014 n. 1349. 
(30) PASQUINI, Il project financing e la discrezionalit�, Giornale di Diritto Amministrativo, 
2006, 1112; Cfr. R. DE NICTOLIS, op. cit., 1231, secondo cui l�espressione �project financing� individua 
non una procedura di affidamento, ma un risultato raggiungibile con molteplici strumenti procedurali. 
(31) Si veda, in giurisprudenza, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 28 gennaio 2012, n. 1, in 
www.giustizia-amministrativa.it; Cons. St., sez. V, 5 ottobre 2005, n. 5316, in Urb. e app., 2006, 456. 
(32) G. FIDONE, B. RAGANELLI, Finanza di progetto e diritto comunitario: compatibilit� con il 
principio di parit� di trattamento della c.d. �prelazione� del promotore, in Rivista italiana di diritto 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

Nell�ipotesi in cui le proposte siano positivamente valutate e, dunque, 
ritenute di pubblico interesse, le Amministrazioni le inseriscono nella propria 
programmazione, come espressamente previsto dall�art. 278 del Regolamento: 
tale previsione � di dubbia interpretazione, alla luce del fatto che, 
come sopra ampiamente evidenziato, nel caso dei servizi la programmazione 
da parte delle Amministrazioni non ha natura obbligatoria, ma meramente facoltativa. 
Ci si deve, dunque, interrogare sulla portata di tale previsione, ossia 
sull�obbligo della stazione appaltante, una volta che abbia ricevuto una proposta 
che si � rivelata essere di pubblico interesse, di procedere alla programmazione 
dei servizi e, in caso positivo, sull�alternativa se tale 
programmazione debba riguardare solo il singolo servizio oggetto della proposta 
o la complessiva attivit� dell�Amministrazione. Alla luce del fatto che 
il sopra richiamato art. 271 del Regolamento prevede che la programmazione 
nell�ambito dei servizi sia meramente facoltativa per le Amministrazioni, 
sembra doversi ritenere che l�art. 278 usi il termine in senso atecnico, con il 
solo scopo di indicare un onere della stazione appaltante di indire la successiva 
gara per l�affidamento della concessione, mentre non appare razionale 
(nell�ambito del sistema normativo come delineato) che la sola valutazione 
di pubblico interesse di una singola proposta possa trasformare la facolt� di 
programmazione in vero e proprio obbligo. 

In caso di pluralit� di proposte, la norma prevede che le stesse debbano 
essere valutate comparativamente e che, ad esito di tale valutazione, venga individuato 
il soggetto promotore. Nulla � previsto per l�ipotesi in cui vi sia una 
sola proposta, dal che non pu� che conseguire che una fase di confronto concorrenziale, 
seppure informale, si debba aprire solo per il successivo affidamento 
della concessione, una volta che sia riconosciuto il pubblico interesse 
della proposta. 

6. La procedura di gara. 

Una volta che la proposta presentata venga valutata di pubblico interesse, 

pubblico comunitario, 2005, n. 3, 949; A. CANCRINI, Project financing. Cenni ai problemi di compatibilit� 
tra diritto di prelazione e ordinamento comunitario, in www. Treccani.it; FAVA, Diritto di prelazione 
senza rispetto del principio di evidenza pubblica?, (Nota a Cons. Stato sez. V 10 novembre 2005 n. 
6287; Cons. Stato sez. V 5 ottobre 2005 n. 5316), in Urbanistica e Appalti, 4/2006, 456 ss.; C. MALINCONICO, 
Il Project financing, in Trattato sui contratti pubblici vol. IV, Le tipologie contrattuali, diretto 
da M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI, Milano, 2008, 2610 ss. 

(33) La VIII commissione permanente del Senato con Parere n. 27 del 29 luglio 2008, ha considerato 
la figura dello jus praelationis a favore del promotore un aspetto necessario per suscitare interesse, 
l�interesse per le imprese a partecipare alle procedure di project financing; sul punto si cfr. L. GIAMPAOLINO, 
La finanza di progetto nel momento attuale, Relazione tenuta a Napoli il 6 giugno 2008, pubblicata 
su www.Giust.amm.it. � stato per la verit� anche notato che, statisticamente, malgrado la soppressione 
del diritto di prelazione disposta con il d.lgs. n. 113 del 2007, non si � attenuato il favore del mercato 
per l�istituto: M. RICCHI, La finanza di progetto nel codice dei contratti dopo il terzo correttivo, in Urbanistica 
e appalti, 2008, 1385. 


ai fini della scelta del concessionario di servizi, l�Amministrazione indice una 
gara informale ai sensi dell�art. 30, comma 3, del d.lgs. 163/2006, alla quale 
viene invitato il promotore, ponendo a base di gara la proposta da quest�ultimo 
presentata (34). Deve, innanzitutto, evidenziarsi che tale previsione � attualmente 
conforme alla disciplina normativa nazionale e comunitaria che, ad 
oggi, come sopra anticipato, esclude le concessioni di servizi dall�ambito di 
applicazione della normativa comunitaria in materia di contratti pubblici. Tuttavia, 
deve ritenersi che in un prossimo futuro, non appena sar� recepita la direttiva 
comunitaria sull�aggiudicazione delle concessioni (direttiva 
2014/23/UE), la normativa nazionale dovr� adeguatamente disciplinare in maniera 
rigorosa anche la procedura di affidamento delle concessioni di servizi, 
almeno con riguardo ai contratti sopra soglia comunitaria (35). 

Attualmente, comunque, l�affidamento della concessione avviene mediante 
gara informale, cui devono essere invitati almeno cinque concorrenti, 
se ve ne sono sul mercato. Per la scelta dei concorrenti da invitare, le Amministrazioni 
hanno due opzioni: (i) effettuare una ricerca di mercato tesa ad individuare 
i soggetti in possesso dei richiesti requisiti per l�esecuzione della 
concessione, oppure (ii) pubblicare un avviso per la raccolta sul mercato delle 
manifestazioni di interesse da parte degli operatori economici. In tale seconda 
ipotesi, la stazione appaltante � tenuta ad invitare tutti i soggetti che ne abbiano 
fatto richiesta, senza poter escluderne alcuno, a condizione che dimostrino di 
possedere i prescritti requisiti richiesti nell�avviso. 

Lo svolgimento della gara � soggetto solo al rispetto dei principi generali 
di trasparenza e par condicio, senza che vi sia un obbligo di conformarsi a 
specifiche disposizioni del Codice o del Regolamento: peraltro, deve chiarirsi, 
nel caso in cui l�Amministrazione scelga, in sede di redazione della lex specialis, 
di richiamare le rigorose prescrizioni del Codice o del Regolamento, 
si vincola inderogabilmente a rispettarle nel successivo svolgimento della 
gara (36). 

In tale gara, in conformit� alla disciplina prevista per i lavori, il promotore 
ha il c.d. diritto di prelazione, ossia il diritto di adeguare la propria proposta a 

(34) F. LOGIUDICE, Sulla gara informale in tema di concessione di servizi, TAR Puglia-Bari, sez. 
I, sentenza 21 novembre 2007, n. 2768, in www. altalex.com; F. PEIRONE, La scelta del concessionario 
di servizi - The selection of the service concessionaire, (nota a Cons. St., sez VI, 4 settembre 2012, n. 
4682), in Il Foro amministrativo - CdS, 2/2013, 541 e ss. 
(35) Per quanto concerne l�individuazione del valore delle concessioni di servizi, la prassi del-
l�AVCP, ora ANAC, prevede che debba farsi riferimento al complesso dei flussi di cassa nell�intero periodo 
di durata del contratto. Si veda, in proposito, Parere Avcp (ora ANAC) del 6 febbraio 2013, n. 2; 
Determinazione Avcp (ora ANAC) dell�11 marzo 2010, n. 2; Parere Avcp (ora ANAC) precontenzioso 
del 28 gennaio 2010, n. 13; M.G. GRECO, Chiarimenti sull�istituto giuridico di concessione nella Direttiva 
2014/23/UE. Il rischio �operativo� nel rapporto concessorio, in www.lineavcp.it. 
(36) Si cfr. Cons. Stato, Sez. V, 13 ottobre 2010, n. 7470; Cons. Stato, Sez. V, 22 marzo 2010, n. 
1663; Corte dei Conti, Sez. contr., 14 dicembre 2010, n. 28, in Riv. Corte conti, 2010, 6, 10. 



LEGISLAZIONE ED ATTUALIT�

quella di altro concorrente ritenuta dall�Amministrazione pi� conveniente, aggiudicandosi 
cos� la concessione. Tale previsione, cos� come prevista dal legislatore, 
pone seri dubbi di compatibilit� comunitaria: infatti, non si pu� non 
ricordare che una norma siffatta era prevista originariamente gi� nella legge 
109/94 ed � stata oggetto di una procedura di infrazione comunitaria per lesione 
della concorrenza (37), in quanto, nei fatti, al promotore viene attribuito 
il diritto all�affidamento di un contratto pubblico senza che vi sia una concorrenza 
a monte. 

Per poter ovviare a tale eventuale problematica, le Amministrazioni potrebbero, 
una volta che abbiano ricevuto una proposta ai sensi dell�art. 278 del 
Regolamento, rendere pubblica la presentazione di tale proposta, dando un 
congruo termine per la presentazione di eventuali ulteriori proposte concorrenti: 
tale termine dovrebbe essere tale da consentire alla stazione appaltante 
di valutare il pubblico interesse di tutte le eventuali proposte ricevute entro il 
termine di sei mesi dalla presentazione della prima proposta. In questo modo, 
l�attribuzione del diritto di prelazione al soggetto nominato promotore risulterebbe 
assolutamente incensurabile, essendo stata garantita la necessaria concorrenza 
tra gli operatori del mercato. 

Tale problematica risulta, inoltre, superata nel caso in cui la stazione appaltante, 
come da prassi che si sta diffondendo tra le Amministrazioni, riceva 
la proposta di project financing a seguito della pubblicazione di uno specifico 
avviso di sollecitazione ad inviare proposte. Anche in questo caso, infatti, la 
concorrenza sarebbe garantita a monte, per cui non vi sarebbero spazi di censurabilit� 
sotto tale profilo. 

7. Conclusioni. 

In conclusione, deve affermarsi che l�istituto del project financing di servizi 
risulta di indubbia utilit� e convenienza sia per le Amministrazioni che 
per i privati e potrebbe divenire uno strumento essenziale per garantire un concreto 
e reale efficientamento della gestione dei servizi pubblici. 

(37) Si veda sentenza della Corte di Giustizia Ce, sez. II, 21 febbraio 2008, in C-412/04 Commissione 
Ce c. Repubblica Italiana. L�art. 3, comma 15-ter, del Codice degli appalti pubblici inserisce tra 
le forme di PPP �l�affidamento di lavori mediante finanza di progetto�. La primigenia codificazione 
della materia risale alla legge quadro n. 109/1994, meglio conosciuta come �legge Merloni�, poi novellata 
per effetto della legge n. 215/1995 (c.d. Merloni-bis). Tuttavia, sar� la legge n. 415 del 1998 (la 
legge cd. �Merloni-ter�) a collocare la finanza di progetto all�interno della legge quadro n. 109/1994 
attraverso l�inserimento degli articoli dal 37-bis al 37-nonies. In seguito, la materia sar� ancora novellata 
dalla legge n. 166/2002 (c.d. Merloni-quater) che riconoscer� al promotore il diritto di prelazione. Tale 
diritto, per�, verr� successivamente espunto dal nostro ordinamento con per effetto del d.lgs. n. 113/2007, 
in quanto contrastante con i principi comunitari tutt�oggi previsti dal TFUE ed attinenti alla libera concorrenza, 
alla parit� di trattamento e al divieto di discriminazioni. La ratio dell�espunzione risiede nel 
fatto che il diritto di prelazione farebbe assumere al promotore un�indebita posizione di vantaggio rispetto 
agli altri concorrenti. 


Si dovr�, tuttavia, attendere il recepimento della direttiva comunitaria sul-
l�aggiudicazione delle concessioni per verificarne la portata sull�attuale disciplina, 
pur auspicandosi che la normativa di recepimento si limiti ad incidere 
esclusivamente sulla disciplina procedurale che presiede allo svolgimento 
della gara successiva alla dichiarazione di pubblico interesse delle proposte. 


contributi di dottrina
CONTRIBUTI DI DOTTRINA 
Osservazioni sulla legge Severino (che poi legge non �) 

Glauco Nori* 

1 - La Severino � una delle leggi che in questi ultimi tempi hanno avuto 
molto spazio nei c.d. media. 

� probabilmente arrivato il momento di dargli il nome giusto. Le norme 
pi� discusse e contestate non sono della legge, ma del decreto legislativo (n. 
235/2012), emesso in base alla delega dell�art. 64 della legge (n. 190/2012), 
quella che legittimamente pu� essere chiamata legge Severino. 

Anche se sono di questi giorni le vicende che hanno interessato alcune 
sospensioni di elezioni a cariche regionali e locali, non cՏ dubbio, almeno 
cos� sembra, che le norme di interesse maggiore siano quelle sulla incandidabilit� 
alle elezioni del Parlamento. 

2 - Non pu� essere candidato al Parlamento chi, per alcuni reati, ha riportato 
una condanna alla reclusione di almeno due anni. Si � seguito il criterio 
della incandidabilit� e non quello della ineleggibilit�, adottato dall'art. 
65 Cost. I dubbi di legittimit� sono stati risolti dalla Corte costituzionale che 
da tempo ha chiarito che la incandidabilit� costituisce una figura di ineleggibilit�, 
da accertare gi� al momento della formazione delle liste e non della 
proclamazione degli eletti. 

Dal punto di vista pratico le due figure non sono equivalenti. Gli effetti 
della condanna penale, ancora presenti quando le liste sono formate, potrebbero 
essere cessati al momento della elezione. Rimarrebbe escluso, pertanto, 
chi a quel momento avesse riacquistato i requisiti richiesti. La presenza nelle 
liste dei personaggi pi� rappresentativi, in particolare del leader, pu� richiamare 
voti anche se poi non potesse essere dichiarato eletto. La incandidabilit�, 

(*) Professore, Avvocato Generale Aggiunto in quiescenza. 


pertanto, pu� provocare al partito di appartenenza un danno maggiore della 
ineleggibilit�. 

3 - Secondo la delega dovevano restare ferme le disposizioni del codice 
penale in materia di interdizione dai pubblici uffici (lett. a), doveva essere determinata 
la durata dell'incandidabilit� (lett. c) e le disposizione sulla incandidabilit� 
andavano coordinate con le norme in vigore in materia di 
interdizione dai pubblici uffici (lett. e). 

Si � dato per scontato che sulla materia si potesse intervenire con decreto 
legislativo. 

I casi di ineleggibilit� e di incompatibilit�, secondo l�art. 65 Cost., sono 
determinati dalla legge. Il decreto legislativo non � legge anche se ne ha la 
stessa forza. Se per gli effetti sono equivalenti, in questo caso le cose potrebbero 
stare diversamente perch� � in gioco l�autonomia delle Camere sulla 
quale il Governo non dovrebbe interferire. 

Secondo l�art. 66 Cost. �Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione 
dei suoi componenti e della cause sopraggiunte di ineleggibilit� e di incompatibilit��. 


In Assemblea Costituente ci fu la proposta di affidare il giudizio ad un 
organo in cui, in misura diversa, fosse rappresentata la giurisdizione perch� 
l��accertamento dei titoli di ammissione si compie attraverso un esame di 
pura legittimit�, e quindi meglio pu� essere adempiuto da un organo che, per 
la sua composizione, dia affidamento di poterlo compiere con maggiore competenza 
e indipendenza�. Prevalse la tesi, sostenuta anche dal Presidente, che 
�nel Parlamento italiano si � affermato un principio che, se non � codificato, 
ha nondimeno un suo grande valore: il Parlamento si considera come zona 
extraterritoriale; la Camera ha un�amministrazione sua e persino un suo piccolo 
governo interno � Il che sta a provare che la Camera ha una sua sovranit� 
che non tollera, neppure nelle cose di minore importanza, una 
qualsivoglia limitazione � ogni intromissione, sia pure della magistratura, � 
da evitarsi�. 

Che si potesse provvedere con decreto legislativo con l�intervento del 
Governo, sia pure a seguito di delega legislativa, non andava per certo: poteva 
essere uno dei casi nei quali la legge va intesa in senso formale. Il solo dubbio 
avrebbe giustificato che la questione fosse almeno affrontata. 

4 - Per l'art. 76 Cost. la legge di delega legislativa indica i principi e i criteri 
direttivi ai quali si deve attenere il Governo. A proposito della durata del-
l'incandidabilit� non � dato nessun criterio. Il Governo � stato delegato a 
determinarla a sua discrezione, senza alcun limite. Gi� per questo pu� profilarsi 
qualche dubbio sulla legittimit� costituzionale della norma di delega per 
violazione dell�art. 76. 

La durata delle incandidabilit� � stata disposta �per un periodo corrispondente 
al doppio della durata della pena accessoria dell'interdizione temporanea 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

dai pubblici uffici, comminata dal giudice. In ogni caso l'incandidabilit�, anche 
in assenza della pena accessoria, non � inferiore ai sei anni�. 

Gli anni potevano essere anche quattro o otto. Perch� sei, non si ricava 
da nessuna parte per la mancanza di indicazioni nella delega. N� va esclusa 
l�eventualit�, se la Corte costituzionale giudicasse che i sei anni sono troppi, 
che la norma sia illegittima per una sua irragionevolezza. 

5 - Le norme sulla interdizione dai pubblici uffici, che preclude anche 
l�accesso al Parlamento, dovevano restare �ferme� ed andavano coordinate 
con quelle sulla ineleggibilit�. Facendo prevalere la incandidabilit�, non si pu� 
dire che ci sia stato un vero coordinamento, salvo ad interpretare la delega nel 
senso che, per restare �ferma�, sarebbe stata sufficiente che l�interdizione fosse 
mantenuta in vigore, anche se non applicabile. 

� quello che si � verificato. La legge ad una sentenza, passata in giudicato, 
attribuisce un effetto ulteriore rispetto a quelli che la sentenza produce 
per sua natura. La durata dell'interdizione, quando � stata applicata dal giudice, 
serve solo a determinare quella della incandidabilit�, che deve essere 
doppia, ma di sei anni almeno, come di sei anni deve essere se l'interdizione 
non cՏ stata. 

In pratica la incandidabilit� prevale sempre sulla interdizione: nel primo 
caso per la durata; nel secondo perch� attribuisce alla decisione un effetto per 
il quale il giudice, non prevedendolo, ha evidentemente ritenuto che non ne 
ricorressero le condizioni. Da una parte cՏ un giudice che, valutando il comportamento 
dell'imputato, ha ritenuto che non ci fosse motivo per interdirlo 
dai pubblici uffici o che l'interdizione fosse di una certa durata; dall'altro c'� 
una legge che, guardando solo alla pena e non al fatto imputato, dispone l'incandidabilit�, 
limitando in modo automatico un diritto garantito dalla Costituzione. 
In pratica la legge, con un giudizio astratto, condizionato dall�entit� 
della pena, qualunque sia stata la condotta, neutralizza gli effetti di un giudicato 
che in concreto, per la natura dei fatti accertati, ha escluso che l�interdizione 
andasse disposta. Non solo, ma tratta in modo identico situazioni 
diverse: rende incandidabile per sei anni chi non si � visto applicare l�interdizione, 
perch� evidentemente ritenuta non appropriata, e chi � stato condannato 
alla interdizione per tre anni. 

6 - � stato obiettato che la legge ha voluto solo precludere l�accesso al 
Parlamento, intervenendo in una sfera limitata dei pubblici uffici con una disciplina 
di carattere eccezionale. Il Parlamento verrebbe a costituire un organo, 
per quanto riguarda la possibilit� di esservi ammessi, soggetto ad una disciplina 
diversa rispetto agli altri pubblici uffici per i quali le norme sulla interdizione 
sarebbero rimaste �ferme�. 

Se la legge avesse previsto una sanzione fuori dalla portata del giudice, 
si sarebbe potuto sostenere che si era aggiunto alla sentenza un effetto che di 
per s� non avrebbe potuto produrre. Il giudice, invece, giudicando sul fatto 


imputato, pu� avere escluso l�interdizione o averla disposta in una certa misura 
che avrebbe ugualmente impedito l�accesso al Parlamento per il tempo corrispondente. 
Pi� che tra norme, si tratta di un rapporto tra un giudicato ed una 
legge e la Corte costituzionale ha avuto gi� occasione di chiarire che non � 
consentito ad una legge di neutralizzare un giudicato. 

Si � anche detto che il Parlamento, al di fuori della sfera di competenza 
del giudice, ha voluto solo fissare i requisiti che deve avere chi ne vuole fare 
parte: la sanzione avrebbe natura amministrativa. In quanto prevista da una 
legge di delega, che ne richiedeva il coordinamento con l�interdizione dai 
pubblici uffici, i dubbi sulla sua legittimit� potrebbero addirittura aggravarsi 
perch� il legislatore, invece di coordinarle, avrebbe fatto prevalere una sanzione 
amministrativa su di una pena accessoria, disposta da una sentenza. Resterebbe 
pur sempre una sanzione, in quanto limitazione di un diritto, e, 
amministrativa o penale che sia, sarebbe un effetto della sentenza penale non 
coerente col giudicato. 

Al dubbio sulla legittimit� costituzionale della legge di delega si aggiunge, 
pertanto, quello sulla legittimit� della legge delegata per non essersi 
attenuta alla delega, oltre che per essere irragionevole di per se stessa. 

7 - La parola definitiva sar� della Corte costituzionale. Data la materia, 
sarebbe stato il caso che la Corte ne fosse gi� stata investita. Ma da chi? 

In ogni Camera c'� una Giunta che deve valutare se chi � stato eletto ne 
aveva i requisiti (art. 66 Cost.). La Corte costituzionale ha ritenuto che la 
Giunta, dichiarando la ineleggibilit� o la decadenza dell'eletto, svolge una 
funzione giurisdizionale, anche se composta solo da politici. Non sarebbe 
stato coerente con la Costituzione che la limitazione di un diritto, garantito 
dalla Costituzione stessa, non fosse sottoposta alla verifica di un giudice. 
Per le questioni di sola legittimit�, la decisione della Giunta � definitiva perch� 
non � previsto nessun ricorso davanti ai giudici ordinari o amministrativi. 
Non � cos� quando le questioni sono di ordine costituzionale. La competenza 
a deciderle in via definitiva � solo della Corte costituzionale alla quale �il 
giudice� (e la Giunta lo sarebbe) deve rimetterle se non le ritenga manifestamente 
infondate. Dichiarare manifestamente infondata una questione, da 
parte di un organo a composizione politica, per non rimetterla alla Corte costituzionale 
quando sono in gioco diritti costituzionalmente garantiti, non 
sembra la migliore delle soluzioni. Stando a quello che � successo, sembra 
che non si sia tenuto conto della natura giurisdizionale della funzione della 
Giunta. Ne � una conferma che l�orientamento di una componente politica 
della Giunta � stato anticipato in televisione da chi non ne faceva nemmeno 
parte. Sia la collegialit� sia la neutralit� del giudice sono state cos� messe in 
pericolo. 

8 - Si � anche escluso che la incandidabilit� si inserisca nel sistema delle 
sanzioni: sarebbe solo un requisito richiesto per fare parte del Parlamento in 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

base ad un giudizio �di carattere certamente politico�. Questo carattere vale 
per tutte le leggi che sempre su un giudizio di natura politica sono fondate. 
Non � lo stesso dalla parte dell�interessato che perde qualcosa che aveva prima, 
effetto tipico della sanzione. 

Resta il fatto che la incandidabilit�, comunque la si voglia definire, � pur 
sempre un effetto non giurisdizionale della sentenza penale. Nel prevederla 
la legge ne sovrappone gli effetti a quelli della sentenza, rendendoli inattuabili: 
sarebbe stato forse il caso di articolare le norme in forma pi� prudente. 


Ordinanze di protezione civile e 
riserva di decretazione d�urgenza 

Guglielmo Bernabei* 

Il decreto-legge si pone come istituto emergenziale generale, la cui disciplina determina 
un vera e propria riserva di decreto-legge in casi straordinari di necessit� ed 
urgenza. Ne consegue che al governo sarebbe preclusa la possibilit� di intervenire, per 
disciplinare fatti emergenziali, con strumenti diversi. Le ordinanze di protezione civile, 
ex art. 5 legge n. 225/92, sono invece indizio della volont� del legislatore di creare un sistema 
di regolazione dell�emergenza alternativo rispetto a quello delineato dalla Costituzione. 
Infatti, dinanzi ad una individuazione legislativa alquanto generica, si � 
registrata una proliferazione di ordinanze di protezione civile nei settori pi� disparati 
del diritto pubblico. 

SOMMARIO: 1. Il potere necessitato di ordinanza - 2. Legge n. 225/1992 - 3. I limiti delle 
ordinanze necessarie e la �riserva� di decretazione d�urgenza - 4. Potere necessitato di ordinanza 
conforme a Costituzione. 

1. Il potere necessitato di ordinanza. 

Il potere necessitato di ordinanza, in linea sia con la giuspubblicistica 
statutaria (1) sia con quella repubblicana (2), � stato inteso come un intervento 
finalizzato a fronteggiare un pericolo di danno grave ed imminente per la generalit� 
dei cittadini, caratterizzato da un contenuto determinabile discrezionalmente 
e non prestabilito dalla legge, idoneo ad incidere, tramite la 
sospensione e la deroga, sulla legislazione in vigore, con efficacia tendenzialmente 
temporanea (3). Da questo potere sono prodotti atti che si giustificano 
sulla base della necessit� e dell�urgenza del provvedere. Anticipando alcune 
tematiche, � possibile gi� affermare che questi atti si pongono in una posizione 
di difficile armonizzazione con il sistema costituzionale repubblicano; il fenomeno 
complessivo della molteplicit� di ordinanze derogatorie finisce per 

(*) Dottore di ricerca e cultore della materia in diritto costituzionale, Universit� di Ferrara. 

(1) Cfr. V.E. ORLANDO, Intorno ai provvedimenti di urgenza secondo la legge comunale e provinciale, 
in Foro it., 1935, III, pag. 148; cfr. M.S. GIANNINI, Potere di ordinanza, requisizioni e occupazioni, 
in Giur. compl. Cass. Civ., XVII, 1945, pag. 400; cfr. L. PALADIN, Decreti-legge e provvedimenti d�urgenza 
delle Giunte regionali, in Giur. it.,1959, I, pag. 1265; cfr. F. BARTOLOMEI, voce Ordinanza (dir. 
amm.), in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, pag. 970. 
(2) Cfr. P. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimento di necessit� ed urgenza, in Noviss. dig. It., Torino, 
1965, pag. 93; cfr. F. MODUGNO - V. NOCILLA, Problemi vecchi e nuovi sugli stati di emergenza 
nell�ordinamento italiano, in Scritti in onore di Massimo Severo Giannini, Milano, 1988, vol. III, pag. 
515; cfr. A. PACE, Ragionevolezza abnorme o stato di emergenza?, in Giur. Cost., 1982, I, pag. 108; cfr. 
R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalit�, Milano, 1990, pag. 56. 


(3) Cf. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, Bari, 2010, pag. 

139. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

intaccare parti rilevanti dell�ordinamento giuridico e per alterare competenze 
costituzionalmente stabilite (4). 

Ne consegue che le ordinanze si presentano in modo particolare come 
micro-ordinamenti derogatori dell�ordinamento generale e vengono spesso 
prorogate per anni. Ci� che rileva, pertanto, non � tanto il singolo atto quanto 
l�incisivit� di un insieme di tali atti nei confronti del sistema delle fonti del 
diritto. 

Nonostante gli sforzi della dottrina e le raffinate elaborazioni che ne sono 
scaturite, il nomen di ordinanza, senza altre specificazioni, conserva un significato 
atecnico e semplicemente idoneo a designare atti accomunati, oltre 
che dalla natura monocratica dell�organo, da una connotazione straordinaria, 
intesa, per� in modo vario e spesso contraddittorio (5). In via generale, la 
partizione fondamentale � tra ordinanze ordinarie ed ordinanze straordinarie 

o necessitate; in merito a quest�ultime, si tratta di atti che l�autorit� amministrativa 
adotta, in deroga alle norme vigenti, per fronteggiare un fatto emergenziale 
(6). 

All�interno della categoria, la dottrina (7) utilizza tre criteri di classificazione: 
i presupposti legittimanti che la norma attributiva della competenza 
pone per l�adozione delle ordinanze, il grado di predeterminazione del contenuto 
da parte della stessa norma attributiva, e il livello delle disposizioni og


(4) Cfr. A. CARDONE, La prassi delle ordinanze di protezione civile in tema di deroghe nel caso 
della XVI legislatura. La dimensione qualitativa del fenomeno ed alcuni spunti per limitarlo, in www.osservatoriosullefonti.
it n. 1/2011; A. CARDONE, Il rapporto tra ordinanze del Governo e decreti-legge, in 
www.osservatoriosullefonti.it n. 2/2012; G. MARAZZITA, L�irresistibile tentazione del potere di ordinanza, 
in www.osservatoriosullefonti.it n. 2/2011; F. PAGANO, Dal decreto-legge alle ordinanze di protezione 
civile, ampiezza e limiti costituzionali del sindacato del giudice amministrativo sul potere extra ordinem 
del governo, in www.rivistaaic.it n. 4/2011; G. RAZZANO, Le ordinanze di necessit� ed urgenza nell�attuale 
ordinamento costituzionale, in Scritti in onore di M. Scudiero, IV, Napoli, 2008, pag. 1993. 

(5) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, Milano, 2003, pag. 

422. 

(6) Cfr. G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimento di necessit� ed urgenza, cit., pag. 91, il quale 
definisce le ordinanze come �quegli atti generali o singolari non predeterminati quanto al contenuto, 
emanati in casi di urgente necessit� da autorit� amministrative diverse dal Governo�. Inoltre cfr. F. MIGLIARESE, 
Ordinanze di necessit�, in Enc. Giur., XXII, Roma, 1990, pag. 1, il quale restringe la categoria 
agli atti �a contenuto non previamente determinato�. Secondo una impostazione dissimile cfr. F. BARTOLOMEI, 
Ordinanza (diritto amministrativo), cit., pag. 975, il quale ritiene che il potere di ordinanza 
pu� configurarsi �tutte le volte in cui la previsione normativa ipotizza delle potest�, attribuite normalmente 
ad un numero limitato di autorit� amministrative, che permettono di provvedere, in occasione di 
determinati eventi gi� preventivamente indicati ed individuati in termini fenomenici�. 
(7) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, Milano, 2003, pag. 
424; diversamente cfr. F. BARTOLOMEI, Potere di ordinanza e ordinanze di necessit�, Milano, 1979, pag. 
54, il quale distingue tra ordinanze �sussidiarie� ed ordinanze �primarie�, tra ordinanze �necessitate ordinarie� 
ed ordinanze �necessitate extra ordinem�; l�Autore critica la correttezza scientifica della individuazione 
della categoria delle ordinanze �libere�. Inoltre cfr. R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza 
e principio di legalit�, cit., pag. 25, e cfr. C. GALATERIA, I provvedimenti amministrativi d�urgenza. Le 
ordinanze, Milano, 1953, pag. 41. 



getto di sospensione o deroga provvisoria. Dunque, in base al primo criterio, 
si hanno le ordinanze �generali�, idonee a fronteggiare i fatti emergenziali in-
nominati, e le ordinanze speciali, previste per emergenze tipiche; per il secondo, 
si distingue il caso in cui il contenuto � determinato in concreto dal 
soggetto titolare del potere straordinario dal caso nel quale la legge predetermina, 
con un grado di dettaglio pi� o meno elevato, le misure emergenziali; 
infine vanno posti i provvedimenti che rispettano il principio gerarchico di 
preferenza della legge, le ordinanze amministrative in senso stretto, oppure 
provvedono in deroga ad ogni disposizione vigente, le ordinanze contra legem. 

Pertanto, se da un punto di vista formale le ordinanze appaiono come 
provvedimenti amministrativi, quanto al piano sostanziale va considerata non 
solo astrattamente la capacit� derogatoria di tali atti nei confronti di una o pi� 
leggi, ma anche la circostanza di fatto per cui le deroghe operate, anzich� delimitate, 
circoscritte e localizzate, sono ricorrenti, diffuse, prorogate e spesso 
indipendenti da una reale situazione di eccezionalit� ed imprevedibilit� (8). 

Si produce, di conseguenza, l�effetto derogatorio tipico delle norme speciali 
(9), supponendo che vi sia antinomia, nonostante l�applicazione del criterio 
di specialit� abbia come fine preciso quello di individuare la norma 
applicabile concretamente, mediante la restrizione della portata della norma 
generale e la corrispondente operativit� della norma speciale derogatoria. 

In tal senso si colloca la posizione di chi (10) ritiene che il criterio di specialit� 
opera rispetto ad �antinomie improprie�, le quali si risolvono grazie al-
l�interpretazione, al processo mediante il quale dalle disposizioni si traggono 
le norme. 

Oltre all�antinomia tra ordinanza e legge, conta quella di principio tra gli 
stati d�eccezione e l�ordinamento (11), nel tentativo di ricercare un equilibrio 

(8) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 141, la 
quale precisa che �oltre al problema della legittimit� delle deroghe operate dalla singola ordinanza, rileva 
il problema della legittimit� dell�insieme di tali deroghe, cos� rilevanti, nel loro complesso, e soprattutto 
cos� perduranti, da derogare, in ultima analisi, a quei principi generali dell�ordinamento 
giuridico che la giurisprudenza e la stessa legge 225 del 1992 - come anche le leggi relative ai �commissari 
per le opere pubbliche� - hanno invece posto come limite invalicabile per la legittimit� delle 
stesse ordinanze. 
(9) Cfr. F. MODUGNO, Norme singolari, speciali, eccezionali, in Enc. dir., 1978, pag. 517. Inoltre 
cf. G.U. RESCIGNO, Deroga (in materia legislativa), in Enc. dir., XII, 1964, pag. 304, il quale definisce 
la deroga come sopravvivenza di una norma di specie che vige contemporaneamente alla norma di 
genere secondo il rapporto regola-eccezione. 
(10) Cfr F. MODUGNO, Ordinamento giuridico (dottrine generali), in Enc. dir., XXX, 1980, pag. 
704, da ultimo in Lineamenti di teoria del diritto oggettivo, Torino, 2009. 
(11) Cfr. V. FRANCO, I problemi della coerenza e della completezza dell�ordinamento, in F. MODUGNO, 
Appunti per una teoria generale del diritto. La teoria del diritto oggettivo, Torino, 1994, pag. 
159, il quale ragiona sul fatto che l�ordinamento si ispira contemporaneamente sia al valore della libert�, 
sia a quello della sicurezza, affermando che questi sono �valori che di solito si considerano antinomici, 
perch� la tutela della libert� si risolve in genere a discapito della sicurezza e la tutela della sicurezza 
tende a limitare la libert��. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

ragionevole tra ci� che � straordinario e ci� che � ordinario; la deroga opera 
laddove si assista alla prevalenza di una norma rispetto ad un�altra secondo il 
presupposto che queste norme siano entrambe valide. 

Va per� tenuto presente che �la deroga viene disposta di volta in volta 
dalle singole ordinanze� (12), senza una predeterminazione da parte della 
norma attributiva del relativo potere, in quanto questa � �tipicamente ed esclusivamente 
norma sulla produzione giuridica� (13), mentre le ordinanze sono 
�atti di produzione giuridica�, in modo che �la deroga corre solo fra norma 
derogata e ordinanza, mai fra norma derogata e norma attributiva del potere 
di ordinanza� (14). Sul carattere normativo delle ordinanze, autorevole dottrina 

(15) sostiene che �pu� anche accadere che le ordinanze assumano contenuto 
(�) generale-astratto nel senso di normativo, disponendo per una serie indefinita 
di situazioni possibili anche in deroga al diritto vigente�, senza che sia 
possibile �sottrarsi all�impressione che un�ordinanza a struttura normativa assomigli 
molto pi� ad una legge temporanea che non, ad esempio, ad una autorizzazione 
amministrativa o al provvedimento di esonero di un impiegato o 
ad un decreto di esproprio�. 

Altri (16) riflettono sul fatto che sia preferibile distinguere sulla base 
delle concrete ordinanze, ritenendo che nel caso in cui un�ordinanza, per 
scelta discrezionale, detti una disciplina in astratto, per ogni possibile ed eventuale 
situazione, questa avr� una natura normativa; non mancano posizioni 
ancora pi� determinate, come quella di chi (17) vede nelle ordinanze addirittura 
il carattere di atti con forza di legge, dato che �in realt� la struttura delle 
ordinanze stesse in nulla differisce da quella delle comuni norme generali, 
intesa la generalit� anche nel senso della ripetibilit��, e come chi (18) sostiene 
il valore legislativo delle ordinanze, inteso come la capacit� di incidenza a 
livello legislativo. 

Queste argomentazioni trovano riscontro nella prassi che continuamente 
fa ricorso a misure derogatorie, per esempio adottate da commissari straordinari, 
non giustificabili in termini di imprevedibilit� ed eccezionalit�, consen


(12) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 143. 
(13) Cfr. G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimento di necessit� ed urgenza, cit., pag. 92. 
(14) Cfr. G.U. RESCIGNO, op. cit., pag. 93. 


(15) Cfr. C. ESPOSITO, Decreto-legge, in Enc. Dir., IX, Milano, 1962, pag. 835; V. CRISAFULLI, 
Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, 1993, VI, pag. 36, e Costituzione ed ordinanze sindacali dispositive 
della propriet�, in Foro.it., 1956, I, pag. 456. 

(16) Cfr. A. SANDULLI, L�attivit� normativa della pubblica amministrazione, Napoli, 1970, pag. 

109. 

(17) Cfr. C. MORTATI, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit�, Milano, 1964, pag. 
71, il quale rileva che quando le misure sono destinate ad un numero indeterminato ed indeterminabile 
di soggetti, durante la permanenza della situazione di danno e di pericolo, il carattere normativo risulta 
innegabile, mentre il carattere della singolarit� appare �solo nel senso di eccezione alla normalit��. 

(18) Cfr. F. MODUGNO, Principi di diritto costituzionale, Torino, 2008, pag. 156. 


tendo la formazione dei gi� menzionati �micro-ordinamenti� derogatori di tipo 
diffuso sulla base di presupposti scarsamente definiti. A questo si aggiunge il 
fenomeno della proroga del potere di ordinanza che provoca un prolungamento 
stabile nel tempo delle deroghe delle norme vigenti. 

Ai fini del presente studio, quanto fin qui detto a livello generale va ora 
inquadrato nel contesto della legge n. 225 del 1992, riguardante la protezione 
civile. Si sceglie, quindi, tra le diverse tipologie di ordinanze, di analizzare 
quelle ricomprese da questa normativa, sia per il grado elevato di diffusione 
sia perch� si ritengono pi� adatte, anche per esigenze comparative, con l�analisi 
della decretazione d�urgenza (19). 

2. Legge n. 225/1992. 

La legge n. 225 del 1992 istituisce il Servizio nazionale della protezione 
civile e ha come scopo quello di porre una disciplina sistematica delle attivit� 
necessarie a prevenire e a prevedere il fatto emergenziale (20). 

Il legislatore, dunque, pone un obbligo all�amministrazione di predisporre 
programmi di previsione e di prevenzione a livello nazionale, regionale e provinciale, 
nel tentativo di aumentare la portata qualificatoria del diritto ordinario 

(21) e ridurre al minimo il ricorso a misure straordinarie. 

La prassi non si � posta sulla linea del legislatore del 1992 e il riferimento 
alle misure necessarie ha finito per allentare le maglie del tessuto normativo, 
introducendo un rilevante margine di discrezionalit� (22); infatti, � rimesso al 
titolare del potere d�eccezione la valutazione sulla necessit� di fronteggiare la 
situazione con mezzi straordinari. 

In particolare, va analizzato l�art. 5, denominato �Stato di emergenza e 
potere di ordinanza�, il quale prefigura un sistema derogatorio che permette 
l�assunzione della gestione dell�emergenza, tramite delibera che determini la 
durata e l�estensione territoriale dell�emergenza, da parte del Consiglio dei 
Ministri. 

In secondo luogo, la potest� del Presidente del Consiglio o, per sua delega 
del Ministro per il coordinamento della protezione civile, di emanare ordinanze 
in deroga ad ogni disposizione vigente, nel rispetto dei principi generali del-
l�ordinamento giuridico (23). Da ricordare anche il terzo comma, per il quale 

(19) Cfr. E. ALBANESI - E. ZACCARIA, Le ordinanze di protezione civile �per l�attuazione dei de-
creti-legge (ed altri scostamenti dalla L. n. 225/1992), in Giur. cost., 2009, pag. 2245. 
(20) Cfr. L. GIAMPAOLINO, Il servizio nazionale di protezione civile, Milano, 1993, pag. 57. 


(21) Cfr. A. SEVERI, Le ordinanze della legge n. 225/92 sulla protezione civile, in Quaderni della 
Luiss, 2, 1996, pag. 18, in cui l�Autore sottolinea come il ricorso straordinario al potere di ordinanza 
presuppone il fallimento della fase preventiva e che in �tema di protezione civile uno dei problemi fondamentali 
consiste nell�individuare un nucleo di �ordinariet�� nelle situazioni di emergenza�. 
(22) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 434. 


(23) Cfr. B. CARUSO, Protezione civile e potere di ordinanza: note sull�art. 5.1 l. 225/1992, in 
Foro.it, 1992, pag. 3054. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

si possono �emanare altres� ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo 
o maggiori danni a persone o a cose�; si tratta di competenze a contenuto 
libero, la cui norma attributiva ne prevede espressamente la portata derogatoria 

(24) e, in questo senso, si inserisce anche il nuovo art. 5-bis che prevede che 
�le disposizioni di cui all�art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 si applicano 
anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella 
competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i 
quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza�. 

Il sistema cos� delineato ha assunto uno specifico rilievo nel contesto delle 
funzioni di Governo (25), fino a diventare una normativa di carattere generale 
e fondamentale sia per l�indirizzo complessivo dell�azione amministrativa sia 
per la politica generale dell�Esecutivo, in relazione all�indirizzo politico fissato 
dal rapporto fiduciario con le Camere, in linea con l�impostazione della legge 

n. 400 del 1988. 

Il quadro predisposto dalla legge 225/1992 prevede una particolare modalit� 
di intervento del Governo alternativa a quella ordinaria, in un ottica di 
complementariet�; infatti, il Consiglio dei Ministri dispone del potere di dichiarazione 
dello stato di emergenza e di quello di ordinanza ogniqualvolta 
valuti determinati eventi, non ben identificati dalla legge, come meritevoli di 
essere gestiti in modo straordinario (26), secondo la disciplina dell�art. 2, laddove 
si riferisce ad �altri eventi che, per intensit� ed estensione, debbono essere 
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari�. 

A questo si aggiunge il fatto che l�art. 5 prescrive anche un meccanismo 
che consente al Governo di incrementare il proprio spazio di azione da un 
punto di vista soggettivo, statuendo, al comma 4, che il Presidente del Consiglio 
ovvero, per sua delega, il Ministro per il coordinamento della protezione 
civile, �pu� avvalersi di commissari delegati�, anch�essi muniti del potere di 
ordinanza. 

Rilevanti modifiche sono state apportate dal decreto-legge n. 93/2013 
del 14 agosto 2013, convertito in legge n. 119/2013, intitolato �Disposizioni 
urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonch� 
in tema di protezione civile e di commissariamento delle province�. Le 
disposizioni introdotte in tema di protezione civile riguardano la durata dello 
stato di emergenza, gli ambiti di intervento definiti dalle ordinanze di prote


(24) Cfr. A. SEVERI, Le ordinanze della legge n. 225/92 sulla protezione civile, cit., pag. 14, secondo 
cui non si tratta di provvedimenti attuativi di previsioni pi� o meno precise, ma di �strumenti di 
intervento innovativo, e perci� derogatorio, se ci� risulta necessario per affrontare la situazione�. 
(25) Cfr. L. PALADIN, voce Governo, in Enc. dir., XIX, Milano, 1970, pag. 675; L. PALADIN, Le 
fonti del diritto, Bologna, 1996 pag. 235 ss.; cfr. S. BARTOLE, Assetto del Governo e relazioni intergovernative, 
in Quad. cost., 1981, pag. 354; cfr. G. PITRUZZELLA, Il Presidente del Consiglio dei ministri 
e l�organizzazione del Governo, Padova, 1986, pag. 41. 


(26) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 54. 


zione civile e la definizione delle risorse necessarie a far fronte alle emergenze. 
In particolare, il decreto-legge 93/2013 modifica, nella legge n. 225/1992, alcuni 
commi dell�art. 5, che riguardano lo stato di emergenza e il potere di ordinanza 
e introduce al decreto legislativo n. 33/2013, che disciplina gli 
obblighi di pubblicit�, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle 
pubbliche amministrazioni, un nuovo comma all�art. 42, che riguarda gli obblighi 
di pubblicazione sugli interventi straordinari e di emergenza che comportano 
deroghe alla legislazione vigente; infine, abroga il comma 8 dell�art.1 
del decreto-legge n. 245 del 30 novembre 2005, convertito, con modificazioni, 
dalla legge n. 21 del 27 gennaio 2006, �Misure straordinarie per fronteggiare 
l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania ed ulteriori disposizioni 
in materia di protezione civile�(27). 

(27) Rispetto alle modifiche all�art. 5 della legge n. 225/1992, si riportano le principali novit�: 
cambia la durata dello stato di emergenza che ora pu� estendersi fino a 180 giorni, invece dei precedenti 
90, ed essere prorogato fino a ulteriori 180 giorni, invece di 60. La modifica � introdotta nel comma 1bis 
dell�art. 5 che sostituisce interamente il precedente comma 1-bis. L�amministrazione competente in 
ordinario non � pi� individuata nella delibera con cui � dichiarato lo stato di emergenza - com�era previsto 
dal precedente comma 1 dell�art. 5 -, ma � direttamente individuata nell�ordinanza per favorire e 
regolare il subentro dell'amministrazione pubblica competente in ordinario, emanata dal Capo del Dipartimento 
della Protezione Civile almeno dieci giorni prima della scadenza dello stato di emergenza. 
L�emanazione di quest�ordinanza era gi� prevista dal comma 4-ter dell�art. 5. Nel comma 2 dell�art. 5, 
poi, sono elencate le attivit� che possono essere disposte tramite ordinanze, entro i limiti delle risorse 
disponibili, che sono: 
a) organizzare e effettuare i servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione interessata dall'evento; 
b) ripristinare la funzionalit� dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche; 
c) realizzare interventi, anche strutturali, per la riduzione del rischio residuo strettamente connesso all'evento, 
dando priorit� a quelli finalizzati alla tutela della pubblica e privata incolumit�; 
d) fare una ricognizione dei fabbisogni per il ripristino delle strutture e delle infrastrutture pubbliche e 
private danneggiate, e dei danni subiti dalle attivit� economiche e produttive, dai beni culturali e dal patrimonio 
edilizio, da realizzare sulla base di procedure definite con la stessa o un�altra ordinanza; 
e) avviare l'attuazione delle prime misure per far fronte alle esigenze urgenti definite dalla lettera d), secondo 
le direttive dettate con delibera del Consiglio dei Ministri, sentita la Regione interessata. 
Rispetto quindi a quanto previsto dalla legge n. 100/2012, il decreto legge n. 93/2013 introduce la possibilit� 
che con le ordinanze di protezione civile si dispongano gli interventi, anche strutturali, per la riduzione 
del rischio residuo e si avviino le prime misure per il ripristino di strutture e infrastrutture e per 
il risarcimento dei danni. Inoltre, la delibera con cui � dichiarato lo stato di emergenza individua le 
risorse finanziarie da destinare agli interventi per l�emergenza nell�attesa della ricognizione dei fabbisogni 
effettivi ed indispensabili che far� il Commissario delegato. La delibera autorizza la spesa nel-
l'ambito dello specifico stanziamento del �Fondo per le emergenze nazionali� e individua, in particolare, 
la quota di risorse destinate alle attivit� di soccorso e di assistenza alla popolazione interessata dall'evento 
(attivit� previste dalla lettera a del comma 2, art. 5). Se il Capo Dipartimento della Protezione Civile 
verifica che le risorse destinate alle attivit� di soccorso e di assistenza alla popolazione risultano o stanno 
per risultare insufficienti rispetto agli interventi da realizzare, presenta tempestivamente una relazione 
motivata al Consiglio dei Ministri, perch� siano presi provvedimenti per integrare le risorse. Queste novit� 
sono inserite nel comma 1 dell�art. 5 che sostituisce interamente il precedente comma 1. Il Fondo 
da cui vengono attinte le risorse per fronteggiare le emergenze � definito �Fondo per le emergenze nazionali 
istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Protezione civile�, 
e sostituisce il �Fondo Nazionale�, previsto dal precedente comma 5-quinquies. Il dl n. 93/2013 introduce 
anche un nuovo comma all'articolo 42 del decreto legislativo n. 33/2013 che disciplina gli obblighi di 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

Diversi elementi, pertanto, consentono di affermare che la legge 225/1992 
possa essere posta accanto alla legge 400/1988, normativa sull�ordinamento 
della Presidenza del Consiglio prevista dall�art. 95 Cost., quale riferimento legislativo 
fondamentale e generale per l�attivit� di governo. 

In sintesi, questi requisiti consistono nell�indeterminatezza della fattispecie 
�grandi eventi� e la relativa discrezionalit� qualificatoria del Governo, 
nella caratteristica della legge 225/1992 di emettere ordinanze anche in deroga 
alle leggi vigenti in un quadro di concorrenza e di alternativa con il decreto-
legge, e nella possibilit�, per l�Esecutivo, di attuare il proprio indirizzo politico 
mediante questa particolare tipologia di atti, le ordinanze, che sfuggono al controllo 
delle Camere. 

Si rafforza una modalit� di governo alternativa, e, come si vedr�, per molti 
aspetti in contrapposizione con quella ordinaria, la quale usufruisce troppo 
spesso di una disciplina dal contenuto speciale e derogatorio in luogo di una 
normativa di carattere fondamentale e generale. 

Preoccupazioni per un esito di siffatta natura erano gi� state espresse, fin 
dalla fase redazionale del testo normativo, dal Presidente della Repubblica 

(28) in un messaggio di rinvio alle Camere, in data 15 agosto 1990 (29); i ri


pubblicit�, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni. Con l�introduzione 
del comma 1-bis i Commissari delegati svolgono direttamente le funzioni di responsabili per 
la prevenzione della corruzione e di responsabili per la trasparenza. Queste figure sono previste rispettivamente 
dall�art. 1, comma 7, della legge n. 190/2012 e dall'articolo 43 dello stesso decreto legislativo 

n. 33/2013. Infine il dl n. 93/2013 abroga il comma 8 dell�art. 1 del decreto-legge 30 novembre 2005, 
n. 245, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21 che prevedeva presso il Dipartimento 
della Protezione Civile la costituzione di un nucleo composto da personale dell�Arma dei Carabinieri, 
della Guardia di Finanza e del Corpo Forestale dello Stato per svolgere attivit� di monitoraggio 
e di accertamento delle iniziative adottate dalle strutture commissariali. 


(28) Cfr. G. GUARINO, Il Presidente della Repubblica Italiana. Note preliminari, in Riv. Trim. Dir. 
Pubbl., 1951, pag. 959; cfr. P. BARILE, I poteri del Presidente della Repubblica, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 
1958, pag. 295; cfr. S. CALZOLAIO, Il rinvio delle leggi nella prassi, in Quad. Cost., 2006, pag. 864. 
(29) Cfr. www.quirinale.it. Il Capo dello Stato rinviava, ai sensi dell�art. 74 Cost., la legge approvata 
dalla I Commissione permanete del Senato della Repubblica il 28 giugno 1990 e in via definitiva 
dalla I Commissione permanente della Camera dei Deputati il 31 luglio 1990, in quanto ritenuta inopportuna 
nel �merito costituzionale�. Le �forti perplessit�� del Presidente si concentravano sulla figura, 
ritenuta di �incerta qualificazione costituzionale� del Ministro per il coordinamento della protezione civile, 
contestandone la rilevante competenza politica, istituzionale e giuridica, a fronte di un atto di nomina 
del Presidente del Consiglio avente natura di semplice atto amministrativo, in quanto �non adottato, 
a differenza di quelli costituzionali di formazione del Governo, con atto del Presidente della Repubblica, 
controfirmato dal Presidente del Consiglio dei ministri�. Altro rilievo fu quello relativo alla dichiarazione 
dello stato di emergenza, nei confronti del quale il Presidente notava come la Costituzione avesse voluto 
ignorarlo, in quanto si trattava di �situazioni la cui gestione pu� richiedere un diverso ordine di funzionamento 
dei pubblici poteri (�) ed una capacit� di deroga all�ordinamento vigente in via ordinaria�. Il 
Presidente affermava che anche con legge ordinaria fosse possibile prevedere stati di emergenza e regimi 
istituzionali particolari per la loro gestione, tuttavia, �da un lato la legittimit� costituzionale richiede 
che essi si muovano strettamente nell�ambito del sistema delle garanzie e dei diritti del cittadino e nel 
sistema di Governo istituito dalla Costituzione; dall�altro, la convenienza e la correttezza costituzionale, 
oltre ad una ordinata tecnica legislativa, che peraltro acquista rilevanza per i valori di certezza e quindi 



lievi presidenziali non vennero condivisi dal Parlamento e la legge 225/1992 
fu successivamente approvata e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 17 marzo 
1992, n. 64. 

A conferma della perdurante attualit� delle questioni gi� segnalate, va ricordato 
un comunicato della Presidenza della Repubblica, denominato: �A 
proposito di alcune dichiarazioni sugli atti relativi a stati di emergenza e 
grandi eventi� (30). 

Sempre in relazione alle questioni poste dalla legge 225/1992 aspetto non 
secondario riguarda le competenze legislative statali e regionali in tema di protezione 
civile. 

Gi� il d.lgs. n. 112 del 1998 statuiva che le funzioni relative alla protezione 
civile dovevano essere conferite alle Regioni e agli Enti locali in base 
al principio di sussidiariet�. Con la riforma del Titolo V, attuata con la legge 
costituzionale n. 3 del 2001, si dispone che la protezione civile diviene materia 
concorrente tra Stato e Regioni, demandando, in particolare, allo Statuto e alle 
leggi regionali la disciplina del conferimento e dell�esercizio delle funzioni 
amministrative, e alla potest� regolamentare degli Enti locali le disposizioni 
di dettaglio in riferimento all�organizzazione della protezione civile (31). 

In questo assetto, si verifica il fenomeno dell�attrazione della protezione 
civile in situazioni che sono unicamente determinate da inadeguatezza, ma 
prive dei requisiti emergenziali. 

A titolo di esempio, va ricordato l�art. 3 della legge n. 210 del 2008, che 
ha convertito il decreto-legge n. 172/2008, relativo allo smaltimento dei rifiuti 
in Campania, in cui, modificando il d.lgs n. 267 del 2000, � prevista la rimozione 
dei componenti eletti degli Enti locali laddove, ai sensi di una dichiarazione ex 
legge 225/1992, vi sia uno stato di emergenza nel settore dei rifiuti (32). 

riconoscibilit� giuridica degli atti che esse predispone, richiedono la massima chiarezza e l�aderenza a 
rigorosi criteri di necessit� nell�istituire regimi speciali di esercizio di funzioni amministrative, in deroga 
all�organizzazione ordinaria ed alla legislazione vigente in via permanete ed ordinaria�. 

(30) Cfr. www.quirinale.it, comunicato del 15 febbraio 2010, in cui, richiamando il discorso alle 
Alte Magistrature del 21 dicembre 2009, il Capo dello Stato evidenziava �il rischio del prodursi effetti 
negativi sul livello qualitativo dell�attivit� legislativa e sull�equilibrio del sistema delle fonti che derivano 
- oltre che dal frequente e ampio ricorso alla decretazione d�urgenza nonch� dalla notevole estensione 
in sede di conversione del contenuto di tali provvedimenti - anche dal crescente uso e dilatazione delle 
ordinanze d�urgenza�. 
(31) Cfr. F. GANDINI - A. MONTAGNI, La protezione civile. Profili costituzionali e amministrativi, 
riflessi penali, Milano, 2007, pag. 56. 
(32) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 203, 
nota 4, dove si afferma che �con riguardo alla modifica dell�art. 142 del T.u.e.l. non si pu� fare a meno 
di notare che il riferimento al Sottosegretario di Stato, istituito dal decreto-legge n. 90/2008 con riguardo 
ad una specifica emergenza, appare improprio nelle misura in cui � riferito a norme (l. 225/1992 e d.lgs 
n. 267/2000) che non prevedono tale figura. Va infine osservato che il d.l. 172/2008 era, su questo punto, 
meno stringente della legge di conversione n. 210/2008, in quanto non era originariamente previsto n� 
che l�inosservanza fosse �grave�, n� che fosse assegnato il �congruo termine� prima del provvedimento 
di rimozione�. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

Nella parte in cui il legislatore parla di �grave inosservanza di specifici 
obblighi posti a carico dei Comuni� si fa riferimento alle relative ordinanze 
che concorrono alla precisazione e specificazione di tali obblighi. 

Da questo, si evince che la questione delle ordinanze di protezione civile 
si congiunge e si mescola ai poteri sostitutivi statali nei confronti degli Enti locali 
(33), previsti dall�art. 120, comma 2, Cost. e dall�art. 8 della legge n. 131 
del 2003, e in entrambi i casi il commissariamento (34) � la soluzione prescelta. 

Nonostante la riforma costituzionale del 2001, la legge 225/1992 resta la 
via pi� immediata e privilegiata per l�esercizio del potere sostitutivo statale, 
con conseguente compressione impropria dell�autonomia locale. 

Il quadro, dunque, si � alquanto complicato e, nel tentativo di evidenziare 
alcune linee guida, � opportuno rifarsi anche alla giurisprudenza costituzionale. 
In tal senso, degna di nota � la sentenza n. 127 del 1995 (35), in cui la Corte 
risolve un conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Puglia contro il 
Governo, che aveva dichiarato con d.P.C.M. lo stato d�emergenza e adottato 
una conseguente ordinanza. 

La Corte risolve il conflitto dichiarando, da un lato, che spetta allo Stato 
ricorrere alla dichiarazione dell�emergenza in ordine alla situazione determinatasi 
nella Regione Puglia, e, dall�altro, che non spetta allo Stato introdurre 
prescrizioni che conferiscano ad organi amministrativi poteri d�ordinanza non 
adeguatamente circoscritti nell�oggetto e tali da derogare a settori di normazione 
primaria richiamati in termini assolutamente generici (36). 

(33) Cfr. C. MAINARDIS, Poteri sostitutivi statali e autonomia amministrativa regionale, Milano, 
2007, pag. 50, 198, 212, il quale distingue poteri sostitutivi in senso stretto e poteri surrogatori sganciati 
dall�inerzia regionale e adottati in situazioni di urgenza, sebbene ritenga possibile ricondurre gli uni e 
gli altri, qualora vi siano le condizioni, alla disciplina dell�art. 120 della Costituzione. 
(34) Cfr. R. DICKMANN, Competenza e regime giuridico dei provvedimenti adottati nell�esercizio 
dei poteri sostitutivi e di ordinanza del governo, in Foro amm. CdS, 2008, pag. 2549. 
(35) Cfr. Corte cost., sent. n. 127/1995, in Giur. cost., 1995, pag. 2140, in cui nel chiedere l�annullamento 
di due atti, la Regione lamenta la violazione degli artt. 117, 118, 119, 133 della Costituzione, 
oltre ad alcune disposizioni dello Statuto regionale. Secondo la Regione, non ricorrendo la �calamit� 
naturale� o la �catastrofe�, la situazione non rientrerebbe nella lettera c) dell�art. 2 della legge 225/92 
bens� nella lettera b) del medesimo articolo e, di conseguenza, non spettava all�Esecutivo l�intervento 
con �mezzi e poteri straordinari�, ma era sufficiente �l�intervento coordinato di pi� enti o amministrazioni 
competenti in via ordinaria�. In subordine la Regione richiede che la Corte costituzionale sollevi 
davanti a s� una serie di questioni di legittimit� costituzionale aventi ad oggetto la stessa legge istitutiva 
del Servizio nazionale della protezione civile, la pi� volte ricordata legge n. 225 del 24 febbraio 1992. 
Nello specifico la Regione lamenta l�illegittimit� dell�art. 5, nella parte in cui consentirebbe, in tempi 
di emergenza, di vulnerare le competenze regionali nonostante si tratti di poteri aventi immediata copertura 
costituzionale e quindi inderogabili in ogni tempo. Le Regione poi denuncia l�illegittimit� degli 
artt. 3, comma 5, e 5, comma 1, nella parte in cui, non condizionando il mantenimento dei poteri d�emergenza 
al sussistere dei presupposti giustificativi, conferiscono eccessiva discrezionalit� al Governo, ponendosi 
in contrasto con gli artt. 1, 5, 11, 70, 76, 77, 117, 118, 119 della Costituzione. 
(36) Cfr. G.U. RESCIGNO, Sviluppi e problemi nuovi in materia di ordinanze di necessit� ed urgenza 
e altre questioni in materia di protezione civile alla luce della sentenza n. 127 del 1995 della Corte costituzionale, 
in Giur. cost., 1995, pag. 2185. 



Da questa sentenza emergono due principi generali, estensibili a tutte le 
ordinanze di necessit� ed urgenza: il primo concerne che non � ammissibile, 
nonostante il fatto emergenziale, comprimere il ruolo delle Regioni, privandole 
del potere di co-decidere con altre autorit�; il secondo riguarda la prescrizione 
per le ordinanze che elencano atti normativi derogabili di procedere in modo 
congruo e proporzionato, concedendo al giudice ordinario la facolt� di annullare 
o disapplicare l�elenco nella parte in cui non risulti n� congruo n� proporzionato 
(37). 

Pertanto, il potere di deroga della normativa primaria conferito ad autorit� 
amministrative ha carattere eccezionale e si esplica in deroghe temporalmente 
delimitate e non anche in abrogazioni o modifiche di norme vigenti (38). 

Questo potere richiede una specifica autorizzazione legislativa, idonea a 
circoscriverne il contenuto, i tempi e le modalit� di esercizio, in modo che 
emerga chiaramente la relazione di strumentalit� che intercorre tra l�emergenza 
e le misure atte a fronteggiarla, le quali individuano le norme primarie di cui 
si consente la temporanea sospensione. 

Il fatto emergenziale, infatti, non legittima il sacrificio illimitato dell�autonomia 
regionale e locale, poich� il richiamo ad una finalit� di interesse generale 
non pu� giustificare misure che portino con s� una violazione ad una 
sfera di interessi garantita costituzionalmente. 

Vi � poi un�altra importante sentenza che merita attenzione e che permette 
di comprendere meglio la complessit� delle questioni legate all�emergenza, 
specie quando questa, prolungandosi per un periodo indeterminato, giunge a 
soppiantare l�ordinario assetto delle istituzioni locali. Si tratta della sentenza 

n. 277 del 2008 (39), in cui la Corte costituzionale dichiara l�illegittimit� costituzionale 
della legge della Regione Calabria n. 27 del 28 dicembre 2007, 
denominata �Integrazione piano regionale dei rifiuti�, la quale aveva disposto 
la sospensione delle norma contenuta nel piano di gestione dei rifiuti della Regione, 
che autorizzava la realizzazione del raddoppio del termovalorizzatore 
di Gioia Tauro. 

Codesto piano di gestione era stato disposto con l�ordinanza n. 6294 del 
30 ottobre 2007 da parte del commissario straordinario; ci si trova, quindi, nel 
problematico contesto di una amministrazione straordinaria, dinanzi ad una 
legge regionale successiva e contrastante con una ordinanza commissariale 
emanata in base agli artt. 2 e 5 della legge 225/92 (40). 

(37) Cfr. G.U. RESCIGNO, Sviluppi e problemi nuovi in materia di ordinanze di necessit� ed urgenza 
e altre questioni in materia di protezione civile alla luce della sentenza n. 127 del 1995 della Corte costituzionale, 
cit., pag. 2202. 
(38) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 441. 
(39) Cfr. Corte cost., sent. 277/2008, in Giur. cost., 2008, pag. 3119. 




(40) Cfr G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 210, la 
quale ricostruisce il percorso giurisprudenziale operato dalla Corte costituzionale. In tema di competenze 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

Si afferma una posizione della giurisprudenza costituzionale secondo la 
quale, mediante la legge 225/92, �il legislatore statale ha rinunciato ad un modello 
centralizzato per una organizzazione diffusa a carattere policentrico�, 
sebbene �calamit� naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensit� o estensione, 
richiedono mezzi e poteri straordinari� (41) siano di specifica competenza 
statale, l�esercizio di tali poteri deve avvenire d�intesa con le Regioni 
interessate. Sono pertanto da giudicarsi incostituzionali le leggi regionali contrastanti 
con i principi fondamentali della materia �protezione civile�, contenuti 
nell�art. 5 della legge 225/92. 

La Corte reputa fondato l�intervento statale ed afferma che le leggi regionali 
che intendano �neutralizzare� gli effetti prodotti da ordinanze d�urgenza 
emanate dai commissari straordinari delegati dall�Esecutivo sono 
invalide, perch� contrarie ai principi fondamentali dettati dal legislatore statale 
in una materia di competenza concorrente, quale � quella della protezione civile 
(42). � fondata la definizione data della legge 225/92 come �norma di 
chiusura del sistema� (43), in quanto evidenzia che nella materia �protezione 
civile� pu� rientrare praticamente tutto. 

Dal contesto evidenziato si impone una riflessione sul significato dell�autonomia 
regionale, laddove entri in relazione con un intervento dello Stato ritenuto, 
date le circostanze, imprescindibile. 

La questione che si pone � quella della sussidiariet�, la quale � ancora 
troppo ancorata a logiche centralistiche ed ascensionali mentre andrebbe privilegiata 
una impostazione che sia in grado di permettere alle Regioni, e alle 
autonomie locali in generale, di esercitare le proprie competenze costituzionalmente 
garantite evitando, o riducendo al minimo i tempi dell�emergenza. 

Questo a conferma del fatto che il livello di governo maggiore risulta 
spesso inadeguato alla risoluzione dei problemi per i quali � stato adito sulla 
base della sussidiariet�, tralasciando che tale intervento dovrebbe sopraggiungere 
solamente ed unicamente come un sostegno in casi di effettiva e comprovata 
inadempienza ed incapacit� del livello di governo inferiore, in 
un�ottica di rafforzamento della responsabilit� delle autonomie locali (44). 

statali e regionali, �il giudice delle leggi richiama la legge n. 225 del 1992, il d.lgs n. 112 del 1998 e il 

d.l. 343 del 2001, convertito nella legge n. 401 del 2001, in quanto norme che concretizzano e specificano 
la norma costituzionale invocata a parametro, in questo caso, l�art. 117, terzo comma, Cost.�[�] �in 
particolare il d. lgs n. 112 del 1998 (art. 107, comma 1, lett. b e c), cos� come chiarito dalla Corte costituzionale 
nella sentenza n. 82 del 2006 - quindi in un momento successivo alla riforma costituzionale esclude 
che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire 
da parte della legge regionale, data l�esigenza di unitariet�, coordinamento e direzione�. 

(41) Cfr. Corte cost., sent. 347/2003, in Giur. cost., 2003, pag. 3624; cfr. Corte cost., sent. 
129/2006, in Giur. cost., 2006, pag. 1198; cfr. Corte cost., sent. 284/2006, in Giur. cost., 2006, pag. 2916. 
(42) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 211. 


(43) Cfr. F. MODUGNO, Riflessioni interlocutorie sulle conseguenze della trasformazione del de-
creto-legge, in Scritti in memoria di A. Piras, Milano, 1996, pag. 467. 



La prassi contraria a questo disegno ha pertanto consentito, legittimamente, 
di parlare di �assistenzialismo consensuale� (45). 

Occorre evitare che si determini una �stabilizzazione dell�emergenza�, e 
questo � aggravato dal dato formale consistente nella coincidenza tra il titolare 
del commissariamento e il titolare dell�organo sostituito in quanto si viene, 
inevitabilmente, a spezzare il legame tra la comunit� territoriale oggetto del-
l�intervento emergenziale e il suo rappresentante legittimamente eletto; in questo 
modo, si accresce il divario tra i cittadini e le decisioni di chi � chiamato 
ad amministrare poich� quest�ultimo, una volta dotato dei poteri ex art. 5 legge 
225/92, sar� tenuto a rispondere della sua azione al Governo che lo ha nominato, 
in evidente contrasto con i principi di autonomia territoriale e con lo 
stesso principio di sussidiariet� (46). 

In riferimento alla legislazione e alla giurisprudenza finora riportata, � 
necessario un approfondimento sulla circostanza che la legge 225/92 rappresenta 
titolo di legittimazione ulteriore di interventi statali rispetto all�elencazione 
di materie operata dall�art. 117 della Costituzione. 

� ipotizzabile una configurazione, nel suo complesso, della stessa legge 
225/92 anche come clausola generale, idonea, quindi, a permettere nuove 
azioni dello Stato a prescindere dalla allocazione di materia tra Stato e Regioni. 
Si verifica una estensione di quanto la Corte costituzionale ha affermato 
nella sentenza 303 del 2003 (47), in cui si � giustificato l�attrazione di 
funzioni amministrative a livello nazionale e la relativa disciplina legislativa 
statale (48). 

� infatti applicabile anche al potere necessitato d�ordinanza previsto dalla 
legge 225/92 la elaborazione data dalla Consulta secondo cui �limitare l�attivit� 
unificante dello Stato alle sole materie espressamente attribuitegli in potest� 
esclusiva o alla determinazione dei principi nelle materia di potest� 

(44) Cfr. G. RAZZANO, Sui principi di sussidiariet�, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione, 
in F. MODUGNO - P. CARNEVALE (a cura di), Nuovi rapporti Stato-Regione, dopo la legge costituzionale 
n. 3 del 2001, Milano, 2003, pag. 30. 
(45) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 220, la 
quale riporta il pensiero della relazione finale del 15 febbraio 2006 della Commissione parlamentare 
d�inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attivit� illecite ad esso connesse, XIV legislatura, in cui si afferma 
che �la naturale riespansione del disegno costituzionale, anche a seguito delle modifiche conseguenti 
alla legge n. 3 del 2001, vuole il rispetto delle autonomie dei diversi livelli di governo delle comunit� 
locali, come condizione dell�operativit� ordinaria del principio di sussidiariet�: solo una distinzione 
chiara fra competenze, poteri di coordinamento ed interventi sostitutivi consentir� di non ripetere pi� 
l�azione sussidiaria come inscindibilmente collegata alla straordinariet� e, quindi, al commissariamento�. 
(46) Cfr. R. Cerulli Irelli, Principio di legalit� e poteri straordinari dell�amministrazione, in Dir. 
Pubbl., 2007, pag. 360. 
(47) Cfr. Corte cost., sent. 303/2003, in Giur. cost., 2003, pag. 2675. 


(48) Cfr. R. DICKMANN, La Corte costituzionale attua (ed integra) il Titolo V (Osservazioni a 
Corte cost., 1� ottobre 2003, n. 303), in federalismi.it, n. 12/2003; cfr. G. RAZZANO, La �reinterpretazione� 
della sussidiariet� nella recente giurisprudenza costituzionale, con particolare riguardo alle novit� 
introdotte dalla sent. n. 303/2003, in Giur. cost., 2005, pag. 201. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

concorrente (�) significherebbe bens� circondare le competenze legislative 
delle Regioni di garanzie ferree, ma vorrebbe dire svalutare oltremisura istanze 
unitarie che pure in assetti costituzionali fortemente pervasi da pluralismo istituzionale 
giustificano, a determinate condizioni, una deroga alla normale ripartizione 
delle competenze�. 

In tal modo, � possibile affermare che lo Stato interviene indipendentemente 
dalla distribuzione di materia disciplinata dall�art. 117 Cost. sia mediante 
l�interpretazione dinamica del principio di sussidiariet�, affermatasi 
nella sentenza n. 303/2003, sia mediante le procedure della legge 225/92, assieme 
agli �aggiornamenti in senso regionalistico� (49) di questa, ossia il d.lgs 

n. 118/1998 e la legge n. 401/2001, che hanno portato ad una importante riconsiderazione 
del ruolo delle intese tra Stato e Regioni, come contrappeso 
alla realizzatasi sottrazione di spazi regionali. 

� inoltre importante sottolineare l�impiego della nozione di deroga operata 
dalla Corte costituzionale; sempre nella sentenza n. 303/2003, il giudice 
delle leggi afferma che �i principi di sussidiariet� e di adeguatezza convivono 
con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel Titolo V e possono 
giustificarne una deroga solo se la valutazione dell�interesse pubblico 
sottostante all�assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, 
non risulti affetta da irragionevolezza alla stregua di uno scrutinio 
stretto di costituzionalit� e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione 
interessata�. 

Questo medesimo significato di deroga � estensibile anche alla legge 225 
del 1992 e, in tal modo, ne viene sottolineata la specialit� della normativa 
stessa. 

3. I limiti delle ordinanze necessarie e la �riserva� di decretazione d�urgenza. 

Si � finora evidenziato come la legge sulla protezione civile sia diventata 
un riferimento legislativo generale e fondamentale per l�attivit� di governo, 
producendo un numero tale di ordinanze da poter affermare che le stesse, anzich� 
provvedimenti eccezionali, straordinari e residuali, abbiano assunto la 
natura di atti consueti, abituali e, di conseguenza, ordinari. 

Si tratta di atti amministrativi preferiti alle norme in considerazione della 
loro duttilit�, della semplicit� e della rapidit� di adozione, i quali raramente 
vanno ad affrontare fatti emergenziali secondo i requisiti esposti. 

Il presupposto per la loro operativit� non � pi� soltanto la calamit� o l�imprevisto, 
ma qualunque situazione che le autorit� legittimate dalla legge ritengano 
di dover gestire con mezzi e poteri straordinari, come recita l�art. 2, 
lettera c) della legge 225/92. 

(49) Cfr. A. FIORITTO, L�amministrazione dell�emergenza tra autorit� e garanzie, Bologna, 2008, 
pag. 243; cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 47. 


Il tema che si pone all�attenzione � dunque quello dell�ammissibilit� di 
tali ordinanze e i limiti che esse incontrano. 

La dottrina (50) che si � occupata della questione ha variamente argomentato 
sul merito e alcuni (51) fondano le proprie considerazioni sull�esistenza 
di un�autorizzazione legislativa finalizzata a legittimare la deroga alla 
legge nel rispetto del principio di legalit� e delle riserve di legge relative; in 
relazione a quest�ultimo aspetto va segnalata la posizione di chi ritiene che 
�se la riserva relativa esige la previa indicazione dei criteri direttivi ai quali 
dovr� attenersi la pubblica amministrazione nell�usare il potere discrezionale 
che le � attribuito, la ricostruzione dei limiti alla discrezionalit� permette di 
individuare in positivo quei criteri, quelle finalit�, quegli ambiti particolari, 
in cui il potere pu� esplicarsi� (52). 

Altri sottolineano la presunta mancanza di natura normativa che escluderebbe 
una antinomia diretta con le leggi derogate, ritenendo decisivo l�argomento 
della tassativit� della fonti del diritto (53); altri ancora riflettono sulla 
mancanza della forza di legge (54) o sulla necessit� quale fonte del diritto ido


(50) Cfr. G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessit� ed urgenza, cit., pag. 89; cfr. F. 
BARTOLOMEI, Ordinanza (diritto amministrativo), cit., pag. 970; C. GALATERIA, I provvedimenti amministrativi 
di urgenza. Le ordinanze, cit., pag. 42; cfr. M.S. GIANNINI, Potere di ordinanza e atti necessitati, 
cit., pag. 388; cfr. V. POLACCO, Legge e provvedimento amministrativo in materia di diritto di sciopero, 
in Giur. cost., 1977, pag. 264. Si ricorda anche S. AGOSTA, Il potere d�ordinanza contigibile ed urgente 
quale laboratorio costituzionale a cielo aperto, in www.gruppodipisa.it; S. AGOSTA, Ruolo del Presidente 
della Repubblica e ordinanze contingibili ed urgenti del Governo, in Evoluzione del sistema politico-
istituzionale e ruolo del Presidente della Repubblica, Atti di un incontro di studio, Messina-Siracusa, 
19-20 Novembre 2010, a cura di A. RUGGERI, Torino, pag. 387 ss.; CARAPELLUCCI, Il potere d�ordinanza 
oltre l�emergenza: i problemi dell�impiego ordinario di uno strumento �extra ordinem�, in Foro amm., 
T.A.R., 2010. Pag. 328 ss; G. MARAZZITA, Conflitto tra autorit� e regole: il caso del potere d�ordinanza, 
in www.forumcostituzionale.it. 
(51) Cfr. G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessit� ed urgenza, cit., pag. 95, secondo 
il quale se �non sembra contestabile che le norme attributive di poteri di ordinanza come minimo autorizzano 
la Pubblica Amministrazione a derogare in casi di necessit� e di urgenza a norme poste da fonti 
subordinate alle leggi�, �risposta parimenti positiva deve darsi alla domanda se le ordinanze possono 
intervenire anche in deroga a legge in materie non coperte da alcuna riserva�. Sulla stessa linea inoltre 
cfr R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalit�, cit., pag. 8. 
(52) Cfr. A. SEVERI, Le ordinanze della legge n. 225/92 sulla protezione civile, cit., pag. 30, il 
quale gi� in precedenza (pag. 28) aveva affermato che �la possibilit� per le ordinanze di disporre in materia 
coperta da riserva relativa� acquista un particolare rilievo in materia di protezione civile �poich� 
il potere derogatorio tende ad esprimersi soprattutto nei confronti del riparto delle competenze, che come 
� ben noto - secondo l�art. 97 Cost. � stabilito secondo disposizioni di legge�. 
(53) Cfr. F. MIGLIARESE, Ordinanze di necessit�, in Enc. giur., XXII, Roma, 1990, pag. 93, il quale 
sostiene che �ciascun ordinamento determina rispetto a s� quali siano gli atti normativi e quali no, sicch� 
l�esame va compiuto per ciascun atto e non secondo criteri generali�. 
(54) Cfr. L. PALADIN, Commento all�art. 77, in Commentario alla Costituzione, a cura di BRANCA, 
Bologna, 1979, pag. 69, il quale esclude che alle ordinanze di necessit� possa essere riconosciuta l�efficacia 
della legge sulla base della considerazione che tale efficacia pu� essere attribuita solo ad atti deliberati 
dal Consiglio dei Ministri e mai ad atti adottati da autorit� diverse dal Governo. Ancora cfr. G.U. 
RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessit� ed urgenza, cit., pag. 94, il quale esclude l�attribuzione 
alle ordinanze della forza di legge in quanto non possono aversi atti non normativi con forza di 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

nea a legittimare interventi che sono necessitati in presenza di lacune dell�ordinamento 
giuridico (55). 

Infine, anche sulla base della giurisprudenza costituzionale, ci si concentra 
sull�applicazione del criterio secondo il quale la natura di atto-fonte va ricavata 
non argomentando in astratto ma prestando attenzione ad ogni dato 
utile che emerga dal diritto positivo (56). 

Nonostante la ponderazione e la capacit� argomentativa di queste ricostruzioni, 
sulla base di quanto fin qui studiato, � lecito avanzare alcuni dubbi 
sulla piena costituzionalit� del potere necessitato d�ordinanza sia in termini 
generali sia con particolare riferimento alla disciplina della legge 225/92. 

Nel tentativo di sostenere giuridicamente quanto appena affermato, � utile 
partire rilevando l�estrema eterogeneit� delle norme contenute nella legge 225, 
all�interno della quale si evidenziano, da un lato, disposizioni riguardanti l�istituzione 
e la complessa articolazione del Servizio nazionale di protezione civile, 
dall�altro, emerge una disciplina che tocca punti nevralgici 
dell�ordinamento in relazione all�ampia ed indefinita possibilit� derogatoria. 

Nella prassi si � imposta una natura normativa delle ordinanze di protezione 
civile che ha consentito di produrre diritto per ogni situazione possibile 
(57); ci si trova dinanzi, quindi, ad una sospensione delle norme vigenti, per 
effetto della deroga contenuta nelle ordinanze, ossia da fonte subordinata, 
senza alcun termine prefissato (58). 

Le disposizioni vigenti derogate assumono il carattere di norme �dispositive� 
o �suppletive�, come quando �provvedimenti concreti e puntuali, od 

legge, l�attribuzione di tale forza �ha significato in quanto serve ad individuare gli atti soggetti al solo 
giudizio della Corte costituzionale�, forza innovativa nell�ordine legislativo possiedono anche gli atti 
legali in deroga a norme dispositive, le ordinanze hanno una limitata e temporanea capacit� innovativa 
mentre per forza di legge si intende una generale capacit� di innovare stabilmente l�ordinamento giuridico. 


(55) Cfr. R. CAVALLO PERIN, Potere di ordinanza e principio di legalit�, cit., pag. 70. 

(56) Cfr. F. MIGLIARESE, Ordinanze di necessit�, cit., pag. 2; cfr. F. BARTOLOMEI, Ordinanza (diritto 
amministrativo), cit., pag. 970. 
(57) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 191. 


(58) Cfr. F. MODUGNO, Norma singolare, in Enc. dir., 1978, pag. 520, il quale sostiene che �deroga 
e sospensione, pi� che due strumenti diversi per la posizione dell�eccezione, costituiscono gli aspetti, 
per cos� dire, positivo e negativo di uno stesso fenomeno�. Diversamente cfr. G.U. RESCIGNO, Deroga 
(in materia legislativa), in Enc. dir., vol. XII, Milano, 1964, pag. 304, il quale distingue deroga e sospensione, 
in quanto solo quest�ultima - anche se temporaneamente - priverebbe in tutto l�efficacia della 
norma sospesa; mentre nel fenomeno derogatorio, la norma derogata continua a dispiegare una qualche 
efficacia. Inoltre cfr. A. PINNA, L�emergenza nell�ordinamento costituzionale italiano, cit., pag. 59, per 
il quale occorre distinguere tra le leggi eccezionali d�emergenza e le leggi speciali in tempi normali; 
solo con riguardo alle prime vi sarebbe sospensione, ossia perdita di efficacia temporanea di una norma, 
mentre per le seconde opererebbe una deroga permanente, per cui l�efficacia della norma comune sar� 
di nuovo attuale non appena sopravvenga l�abrogazione della norma derogatoria. Infine, cfr. V. ANGIOLINI, 
Urgente necessit� ed emergenza: la Corte costituzionale ci ripensa?, in Le Regioni, 1987, pag. 
1571, secondo il quale la durata della sospensione � simile ad una deroga permanente, divenendo difficilmente 
individuabile la distinzione tra le stesse. 



anche negozi privati, siano facoltizzati a derogare per singoli casi a norme di 
legge� (59). 

Tuttavia, oltre a ribadire che � la singola ordinanza a derogare norme primarie 
(60), � stato adeguatamente notato che non si tratta neppure di �singoli 
casi�, in quanto concretamente si � dinanzi ad una parte rilevante dell�apparato 
amministrativo che, secondo queste modalit�, gestisce complessi interventi 
anche di portata economica (61). 

Da qui con pi� forza si � sottolineato l�emergere di �un�ampia zona sostanzialmente 
franca da controlli giuridici, in cui organi privi di investitura 
democratica o democraticamente legittimati ad esercitare poteri ordinari, nel-
l�osservanza della normativa vigente, operano invece con potere di ordinanza 
in deroga ad ogni disposizione vigente� (62) . 

Questo quadro mette in luce le contraddizioni della legge 225/92, in cui 
da un lato sembra trovare applicazione il principio di legalit� (63), dall�altro 
sono le ordinanze a prevalere sulla legge anche per lunghi periodi; calzante 
risulta l�impostazione di chi ha paragonato queste situazioni alle problematiche 
relative alle cosiddette norme penali �in bianco� (64) o alle delegificazioni 
compiute senza che l�intervento del legislatore si articoli nella determinazione 
di norme generali regolatrici della materia (65). 

Di conseguenza, dal momento che � stato segnalato che le deroghe alle 
leggi sono tante e tali da divenire deroghe ai principi, che invece dovrebbero 
costituire un limite per le ordinanze stesse (66), si rafforzano i dubbi sulla co


(59) Cfr. V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, Padova, 1993, VI ediz., pag. 222. 
(60) Cfr. G.U. RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessit� ed urgenza, cit., pag. 92. 


(61) Cfr. F. SALVIA, Il diritto amministrativo e l�emergenza derivante da cause e fattori interni 
all�amministrazione, in Il diritto amministrativo dell�emergenza, Annuario dell�Associazione italiana 
dei Professori di Diritto Amministrativo 2005, Milano, 2006, pag. 97. 
(62) Cfr. G. STAIANO, Note introduttive al volume Le autonomie al centro, a cura di SCUDIERO, 
Napoli, 2007, XXII. 
(63) Cfr. M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, I, Milano, 1970, pag. 81; inoltre cfr. F. MODUGNO, 
Principi generali dell�ordinamento, in Enc. giur., XXIV, 1991, pag. 5, secondo il quale le �sue virtualit� 
immanenti� sono ormai intrecciate con il processo di costituzionalizzazione. In tal senso anche cfr. R. 
CERULLI IRELLI, Principio di legalit� e poteri straordinari dell�Amministrazione, cit., pag. 345. 
(64) Cfr. G. AMATO, Sufficienza e completezza della legge penale, in Giur. cost., 1964, pag. 490; 
inoltre cfr. M. D�AMICO, Il principio di determinatezza in materia penale fra teoria e giurisprudenza 
costituzionale, in Giur. cost., 1998, pag. 391. 
(65) Cfr. T. MARTINES, Delegificazione e fonti del diritto, in Studi Biscaretti, II, Milano, pag. 31; cfr. 


V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., pag. 153; cfr. MODUGNO - CELOTTO - RUOTOLO, Considerazioni 
sulla �crisi� della legge, in Studi parlamentari e di politica costituzionale, 1999, pag. 23. 
(66) Cfr. R. CERULLI IRELLI, Principio di legalit� e poteri straordinari dell�Amministrazione, cit., 
pag. 360, il quale rileva che i principi generali dell�ordinamento non hanno mai rappresentato un riferimento 
normativo sicuro ed apprezzabile per il sindacato sulle ordinanze contingibili ed urgenti. L�Autore 
ha evidenziato che i poteri straordinari disegnano �fattispecie del tutto aperte, sia in ordine all�imputazione 
soggettiva, sia in ordine alla disciplina sostanziale�, e ha indicato come il principio dell�autonomia 
locale o quello della gara pubblica negli appalti sia costantemente violato nell�esercizio del potere necessitato 
d�ordinanza, senza alcuna sanzione giurisprudenziale. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

stituzionalit� della legge 225/92, e queste perplessit� possono essere cos� sintetizzate: 
l�indeterminatezza del presupposto richiesto per la dichiarazione 
d�emergenza, l�assenza di condizioni per la proroga e per il controllo, da parte 
delle Camere, del commissariamento, e la mancanza di previsione di un termine 
massimo per la durata dell�emergenza (67). 

Il notevole ricorso ad ordinanze in deroga a numerose leggi e a interi assetti 
normativi si pone in contrasto anche con il principio dell�art. 70 Cost., 
secondo cui la funzione legislativa spetta al Parlamento. 

Persino le ordinanze, e non solo gli atti di decretazione d�urgenza, sono 
in concorrenza con la legge parlamentare, aumentando le criticit� del fenomeno 
della �crisi della legge� (68). 

Va poi aggiunta la lesione al principio di uguaglianza, dovuta al fatto che 
il territorio nazionale, a motivo delle varie emergenze, risulta amministrato in 
modo difforme ed estremamente eterogeneo, e questo avviene non per adempiere 
al principio di differenziazione (69) ma per la permanenza di regimi straordinari, 
a prescindere da una effettiva valutazione dei risultati ottenuti e delle 
responsabilit�. 

L�eccessiva centralizzazione operata dalla legge 225/92 conferma la violazione 
del principio autonomistico, sancito dall�art. 5 della Costituzione (70). 

Un punto particolarmente critico riguarda la possibile individuazione di 
una riserva di decreto-legge in tema d�emergenza e la conseguente lesione 
della forza di legge da parte del potere necessitato d�ordinanza. 

� bene procedere con ordine in relazione a queste articolate argomentazioni. 
Si � gi� avuto modo di riflettere (71) sul fatto che l�art. 77 Cost. esclude 

(67) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 195, la 
quale inoltre nota che �contro la vaghezza del presupposto, nulla ha potuto l�espressa previsione del limite 
dei principi generali dell�ordinamento�; cfr. A. CARDONE, La direttiva del Presidente del Consiglio 
dei Ministri del 14 marzo 2011 in materia di deliberazione dello stato di emergenza e di adozione ed attuazione 
delle ordinanze di protezione civile, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 2/2011. Inoltre cfr. M. 
GNES, I limiti del potere d�urgenza, in Riv. Trim. dir. pubbl., 2005, pag. 677. 
(68) Cfr. MODUGNO - NOCILLA, Crisi della legge e sistema delle fonti, in Dir. e soc., 1989, pag. 
415 e 425, in cui si sottolinea come lo Stato sia �divenuto ormai amministrativo�, ed anche in relazione 
a situazioni, gestite ancora in assenza della legge 225/92, si protraeva comunque l�emergenza e, con 
essa, un regime derogatorio. 
(69) Cfr. A. POGGI, Il principio di �differenziazione� regionale nel Titolo V e la �clausola di differenziazione� 
del 116, comma 3: modelli, prospettive, implicazioni, Relazione tenuta al Convegno Il 
regionalismo differenziato. L�esperienza italiana e quella spagnola a confronto, Centro Studi sul Federalismo, 
Moncalieri 23-24 novembre 2007. 
(70) Cfr. GIUFFR�, Calamit� naturali ed emergenza nella transizione costituzionale italiana: spunti 
a proposito di retaggi statalistici e nuova ispirazione autonomistica, in Dir. e soc., 2001, pag. 111; cfr. 
B. ALBANESE, Il principio di sussidiariet� orizzontale: autonomia sociale e compiti pubblici, in Dir. 
pubbl., 2002, pag. 51; cfr. L. ANTONINI, Sulla giustiziabilit� del principio di sussidiariet� orizzontale, 
in Quad. cost., 2003, pag. 635. 
(71) Cfr. G. BERNABEI, Riflessione critica sulla decretazione d�urgenza, in www.federalismi.it, n. 
21/2014. 



che le �leggi ordinarie possano prevedere che organi diversi dal Governo possano 
essere parimenti e concorrentemente abilitati a prendere provvedimenti 
extra ordinem in caso di necessit� ed urgenza�(72), e che il richiamo costituzionale 
alla responsabilit� governativa �vale anche ad escludere che possano 
in alcun modo equipararsi ai decreti-legge - ora per la loro natura, ora per il 
regime, ora per l�efficacia - le �ordinanze di necessit�� e altri provvedimenti 
�contingibili e urgenti� che siano adottati da autorit� diverse dal Governo sulla 
base di poteri loro conferiti dalla legislazione ordinaria� (73). 

Lo sviluppo di queste impostazioni conferma l�individuazione di una riserva 
di decreto-legge dinanzi al fatto emergenziale, in conformit� a quanto 
statuito dal Costituente, il quale ha voluto regolare la situazione in cui sia necessario 
intervenire con atti aventi forza di legge, ma non sia possibile, per la 
criticit� della contingenza, ricorrere alla legislazione ex art. 70 oppure ex art. 
76 della Costituzione, comportando che, in tal evenienza, non solo si pu� utilizzare 
il decreto-legge ma lo si deve fare esclusivamente. 

Ne consegue che l�art. 77 Cost. pone un limite invalicabile per l�ammissibilit� 
di atti necessitati diversi da quelli di decretazione d�urgenza e dimostra 
che il Costituente consapevolmente ha inteso evitare che in circostanze emergenziali 
possano aver luogo pericolosi sovvertimenti del sistema delle fonti e 
della forma di governo. 

La riflessione, infatti, non si deve esaurire unicamente sull�ammissibilit� 

o meno di una determinata categoria di atti ma deve ampliarsi alla pi� rilevante 
questione della derogabilit� della stessa forma di governo parlamentare; le Camere, 
secondo l�impostazione costituzionale, sono sempre tenute ad intervenire, 
seppur in momenti e con modalit� diverse, nella produzione giuridica del 
Governo, mentre nel caso dell�esercizio del potere di ordinanza, l�Esecutivo, 
avendo il monopolio di ogni decisione, assume un ruolo preminente esclusivo, 
esautorando in toto il Parlamento (74). Questo aspetto merita di essere analizzato 
con attenzione, in quanto implica seri e fondati dubbi di legittimit� costituzionale. 


Al contrario, la prassi ha optato per una sostanziale affinit� tra il decreto-
legge e le ordinanze; questa tendenza va respinta e non pu� ritenersi costituzionalmente 
conforme, e tra gli atti di decretazione d�urgenza e quelli del potere 
necessitato di ordinanza corre una notevole differenza, gi� rilevabile che, da un 

(72) Cfr. C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., pag. 866. 

(73) Cfr. L. CIAURRO, Decreto legge, in Enc. giur., X, Roma, 1988, pag. 6. Inoltre cfr. R. DIKMANN, 
Il decreto-legge come fonte del diritto e strumento di governo, in www.federalismi.it; cfr. C. FRESA, Le 
circostanze di necessit� ed urgenza nella problematica del decreto-legge, in AA.VV., Decreto legge e i 
suoi aspetti problematici, Roma, 1980, pag. 75, il quale afferma che �il Governo non pu� adottare provvedimenti 
normativi necessitati privi della forza di legge, che sarebbero sottratti al regime proprio di 
tali atti ed in particolare al controllo (politico) del Parlamento�. 

(74) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 446. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

lato, si hanno atti con forza di legge, dall�altro, atti formalmente amministrativi. 

Ne deriva che la decretazione d�urgenza � riservata al Governo nella sua 
collegialit�, mentre il potere di ordinanza � esercitato da organi amministrativi 
ad esso subordinato, ed anche quando, come nella legge 225/92, si prevede 
un intervento del Consiglio dei Ministri, questo � limitato a porre il presupposto 
per l�esercizio dello stesso potere di ordinanza, deliberando lo stato d�emergenza, 
per poi demandare ad altri soggetti l�adozione dei corrispondenti atti. 

A tale connotazione se ne aggiunge un�altra che merita maggiore considerazione 
e consiste nel fatto che, nel caso del decreto-legge, sussiste la precariet� 
dell�atto in mancanza di conversione da parte delle Camere; in questo 
modo, nel procedimento stesso delineato dall�art. 77 Cost., il legislatore costituente 
dimostra di avere come obbiettivo la centralit� del Parlamento e si 
premura di conferire a questa un ampio riconoscimento, dal momento che, 
senza un intervento parlamentare, l�attivit� con forza di legge del Governo risulta 
come non esistita, e spetta di nuovo alle Camere la disciplina, eventuale, 
dei rapporti giuridici sorti a causa dei decreti non convertiti. Diversamente e 
contrariamente, nel caso degli atti del potere necessitato di ordinanza al Parlamento 
non � data alcuna centralit� (75), resta estraneo alla decisione sulle 
norme da sospendere e/o derogare, e non � quindi nelle condizioni di esercitare, 
in via preventiva o successiva, alcuna forma di controllo. 

Tutto questo si verifica al di fuori di ogni previsione costituzionale e in 
difformit� con l�impostazione generale della Costituzione repubblicana che 
vuole conferire in qualsiasi situazione, e dunque anche in contesti emergenziali, 
un pieno ruolo decisionale all�organo che rappresenta direttamente la sovranit� 
popolare, caratterizzando la forma di governo secondo questo principio 
inderogabile. 

In sintesi, al fine di garantire che �ciascun soggetto costituzionale concorra 
al �governo� dello stato di emergenza, secondo il ruolo e la funzione costituzionalmente 
previsti, il risultato del massimo rilievo si ottiene attribuendo 
al provvedimento di eccezione la forma dell�atto avente forza di legge� (76), 
anzich� quella amministrativa (77). 

(75) Cfr. S. AGOSTA, Ruolo del Presidente della Repubblica e ordinanze contingibili ed urgenti 
del Governo, in www.forumcostituzionale.it, il quale evidenzia le gravose ricadute sul principio della 
separazione dei poteri e su quello della tipicit� degli atti causate dallo spregiudicato uso governativo 
delle ordinanze di necessit� ed urgenza, affermando che il sistema giuridico entra in sofferenza per la 
presenza di atti del tutto esulanti dal tradizionale circuito potere-controllo-responsabilit�, in quanto �se 
ne avrebbe un�innaturale concentrazione di potere in capo alla persona del Presidente del Consiglio - in 
particolare, attraverso la c.d. �auto-attivazione� - ed un corrispondente, non meno patologico, esautora-
mento delle funzioni in danno del Parlamento, ben oltre il diffuso rafforzamento della posizione del-
l�Esecutivo pure maturata nei pi� recenti sviluppi dell�esperienza politico-istituzionale�. 
(76) Cfr. A. PINNA, L�emergenza nell�ordinamento costituzionale italiano, cit., pag. 205. 


(77) Cfr. A. CARDONE, Le ordinanze di necessit� ed urgenza del governo, in CARETTI (a cura di), 
Osservatorio sulle fonti 2006. Le fonti statali: gli sviluppi di un decennio, Torino, 2007, pag. 248. 



In relazione alla problematica intersezione tra gli atti del potere necessitato 
di ordinanza e i decreti-legge � utile rifarsi ad episodi concretamente verificatisi 
affinch� sia dimostrata nella specificit� del dato materiale la 
fondatezza delle argomentazioni giuridiche svolte. In tal senso, si pensi al caso 
della legge n. 62 del 2003, denominata �Misure urgenti per il finanziamento 
di interventi nei territori colpiti da calamit� naturali e per l�attuazione delle 
disposizioni di cui all�articolo 13, comma 1, della legge 1� agosto 2002, n. 

166. Disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di emergenza ambientale�, 
di conversione del decreto-legge n. 15 del 2003, in cui si � �confermato� 
provvedimenti annullati dal giudice amministrativo. In precedenza, 
infatti, il Consiglio di Stato (78) aveva accolto il ricorso di appello contro alcune 
ordinanze di protezione civile, ritenendo che la deroga al regime ordinario 
delle competenze fosse generica ed indeterminata nei suoi contenuti e in 
contrasto con il riformato Titolo V della Costituzione, specie in relazione alle 
funzioni amministrative dei Comuni. 

In sede di conversione, si � operata la sanatoria di questi provvedimenti 
derogatori annullati dal Consiglio di Stato, intervento criticato dalla Corte dei 
Conti, secondo la quale una disciplina di �salvezza� e di �conferma� di tale 
natura si pone in contrasto con il dettato costituzionale per la lesione delle prerogative 
di tutela giurisdizionale nei confronti di atti amministrativi illegittimi, 
sancite dagli artt. 24 e 113 della Costituzione (79). 

Da questo episodio emerge una valutazione problematica del rapporto tra 
decretazione d�urgenza e potere necessitato di ordinanza e quanto riportato 
rappresenta una ulteriore forma di abuso di entrambi gli strumenti, con rilevanti 
implicazioni di livello costituzionale. 

In particolare, oltre al ripresentarsi dell�annosa questione della sussistenza 
e del controllo della necessit� e dell�urgenza, si sottolinea il tema della responsabilit� 
per le relative soluzioni, aspetto, che nel caso esposto, si intreccia con 
pronunce giurisdizionali, in un contesto di confusa sovrapposizione di ruoli. 

Altro esempio significativo riguarda il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 
90, convertito nella legge n. 123 del 2008, recante �Misure straordinarie per 
fronteggiare l�emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione 
Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile�. Con tale decreto-legge 
si � istituito e nominato un Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio 
dei Ministri per la specifica soluzione dell�emergenza rifiuti. Si � verificato 
una riorganizzazione di una emergenza da tempo irrisolta, e dunque non 
imprevista, conferendole una spiccata rilevanza politico-istituzionale in quanto 
attratta nell�articolazione stessa del Governo (80). 

(78) Cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 13 novembre 2002, n. 6280; cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 
13 diembre 2002, n. 6809. 

(79) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 232. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

In questa circostanza, si decide di superare il meccanismo predisposto 
dalla legge 225/92, data la comprovata inefficacia degli strumenti adottati nel 
tempo per risolvere l�emergenza in esame. 

Questo episodio mette in particolare risalto la segnalata criticit�, nella 
prassi delle gestioni commissariali, dell�assenza di una precisa responsabilit� 
politico-istituzionale corrispondente ai poteri che la legge sulla protezione civile 
assegna al Governo. 

La designazione di un referente, come il Sottosegretario per l�emergenza 
rifiuti, evidenzia la necessit� di individuare un soggetto politicamente responsabile, 
nei confronti del quale possa concretamente esercitarsi il controllo delle 
Camere sia in riferimento al ruolo politico che questo soggetto svolge sia in 
riferimento agli atti di ordinanza adottati. 

In questo frangente la decretazione d�urgenza � quindi utilizzata per predisporre 
un meccanismo che permetta la verifica delle azioni compiute dal potere 
necessitato di ordinanza. 

Resta tuttavia la questione che il fatto emergenziale rappresentato dalle 
problematiche dei rifiuti campani � privo del requisito dell�imprevedibilit�, 
trattandosi infatti di una situazione permeata dai caratteri della cronicit�. 

Infine, merita attenzione il caso del decreto-legge n. 39 del 2009, recante 
�Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici 
nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi 
urgenti di protezione civile�, convertito con modificazioni nella legge n. 
77 del 2009; si ha qui un atto di rinforzo dell�emergenza, in quanto quest�ultima 
era gi� stata dichiarata, ai sensi della legge 225/92, in base al decreto 
del 6 aprile 2009, avente quindi ad oggetto la �Dichiarazione dello 
stato di emergenza in ordine agli eccezionali eventi sismici che hanno interessato 
la provincia dell�Aquila ad altri comuni della regioni Abruzzo il 
giorno 6 aprile 2009�. 

La vicenda segnala come l�intervento del decreto-legge sia finalizzato 
anche a consentire l�adozione di ordinanze di protezione civile dalle caratteristiche 
peculiari e diverse da quelle previste dalla legge 225 del 1992, dal momento 
che emerge l�esigenza di una emanazione effettuata di concerto con il 
Ministro dell�economia e delle finanze, a causa delle forti implicazioni di natura 
fiscale e finanziaria. 

Nello specifico il decreto-legge disciplina interventi mirati, come la deroga 
del patto di stabilit� interno della Regione Abruzzo, le misure di prevenzione 
del rischio sismico, i piani d�azione per la ricostruzione, le erogazioni 
liberali e lo spostamento della sede del G8. Questo conferma che il fatto emer


(80) Cfr. L. ELIA, I sottosegretari di Stato rivestono �funzioni di governo�?, in Scritti in memoria 
di A. Giuffr�, III, Milano, 1967, pag. 447; cfr. G.U. RESCIGNO, La responsabilit� politica, Milano, 1967, 
pag. 228. Cfr. G. QUADRI, I comitati di ministri, Milano, 1965, pag. 306. 


genziale necessita di una disciplina normativa di valore maggiore rispetto alle 
ordinanze, e che quest�ultime possono intervenire con un ruolo ausiliare di 
supporto. 

La prassi ha invece visto spesso definire situazioni come emergenziali 
solo per comodit�, per poter accedere ai meccanismi agili e privi di controlli 
sostanziali della legge 225/92. La vicenda, pertanto, dimostra la fondatezza di 
una interpretazione dell�art. 77 Cost. conforme all�impostazione originaria del 
Costituente, affinch� il Governo adotti i provvedimenti con forza di legge aderenti 
alla concretezza dell�emergenza emersa e le Camere abbiano la possibilit� 
di verificare i presupposti e le azioni intraprese. 

A questo si aggiungono i controlli di �merito costituzionale� (81), in sede 
di emanazione, del Capo dello Stato, e di legittimit� da parte della Corte costituzionale 
(82). In tal modo, � salvaguardata la nozione stessa di Costituzione 
come fonte sulla produzione, la quale �crea essa stessa le fonti, le individua 
ma, al tempo stesso, le conforma e le condiziona� (83). 

In riferimento all�emergenza per il sisma in Abruzzo la soluzione di un 
decreto-legge che disciplini anche l�adozione di ordinanze di protezione civile 
risulta una soluzione consona alla tenuta costituzionale di entrambi gli strumenti, 
e per alcuni rappresenta l�unica strada da percorrere (84). 

La gestione del fatto emergenziale mediante atti di decretazione d�urgenza 
riconduce la questione, in sede di conversione, all�interno della logica parlamentare, 
consentendo l�operativit� di principi quali la conoscibilit�, la trasparenza 
e la pubblicit�, che sarebbero inevitabilmente contraddetti dal ricorso 
esclusivo alle ordinanze di protezione civile. 

La procedura istaurata nel caso Abruzzo riafferma, nell�emergenza, il Parlamento 
nel ruolo di �centro delle decisioni d�eccezione� (85). 

Riassumendo questi tre esempi riportati, si � visto che nel primo il de-
creto-legge interviene per confermare atti di ordinanza in precedenza annullati 
dal giudice amministrativo; nel secondo caso la decretazione d�urgenza istituisce 
un nuovo Sottosegretario di Stato che a sua volta sar� competente ad 
emanare ordinanze di protezione civile in riferimento ad una particolare si


(81) Cfr. G. GUARINO, Il Presidente della Repubblica Italiana, Note preliminari, in Riv. trim. dir. 
pubbl., 1951, pag. 903. 
(82) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 245. 


(83) Cfr. F. MODUGNO, Principi di diritto costituzionale, Torino, 2008, pag. 95, il quale svolge 
queste argomentazioni in relazione alla legge, sebbene il fenomeno della tipizzazione riguarda tutti gli 
�altri atti normativi, investendo tutti i cosiddetti �livelli� della gerarchia e comportando, almeno in linea 
di principio, pi� che l�integrazione, la vera e propria sostituzione del principio gerarchico con quello di 
competenza�. 
(84) Cfr. C. ESPOSITO, Decreto-legge, cit., pag. 866; L. PALADIN, Decreto-legge, cit., pag. 288; C. 
FRESA, Le circostanze di necessit� ed urgenza nella problematica del decreto-legge, cit., pag. 75; cfr. 
G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 453. 


(85) Cfr. A. PINNA, L�emergenza nell�ordinamento costituzionale italiano, cit., pag. 200. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

tuazione critica; nel terzo si � visto un decreto-legge che prevede e disciplina 
le ordinanze che saranno adottate. 

Come � gi� emerso e come sar� poi meglio argomentato, il rapporto tra 
atti di decretazione d�urgenza e atti del potere necessitato di ordinanza appare 
pi� corretto, dal punto di vista costituzionale, nell�ultima esemplificazione 
analizzata. 

Quanto esposto ripropone la validit� del principio di legalit�, secondo il 
quale i poteri dell�amministrazione devono essere vincolati in modo intrinseco 
alla legge (86). 

Questa riaffermazione non contraddice il fatto che possono aversi delle 
situazioni, le emergenze appunto, rispetto alle quali manca una disciplina legislativa 
ordinaria di dettaglio; in tali contesti, la lacuna normativa � la caratteristica 
di ogni circostanza emergenziale, ma essa non pu� di per s� 
legittimare alcuna attivit� normativa che non sia gi� tale in virt� delle norme 
sulla produzione. 

Pertanto, dinanzi ad una lacuna normativa, non qualsiasi rimedio � ammissibile 
ma soltanto quello che � previsto dall�ordinamento giuridico, e, di 
conseguenza, il fatto che le ordinanze di necessit� siano in grado concretamente 
di rispondere alle esigenze dell�emergenza non risolve la questione della 
loro legittimit� (87). Infatti le ordinanze sono ammissibili fino a quando restano 
all�interno delle caratteristiche delle fonti secondarie, mentre le criticit� 
si manifestano nel momento stesso in cui si riscontra una antinomia tra ordinanza 
e atto avente forza legge. 

Nonostante la dottrina abbia dato argomentazioni diverse sul concetto di 
forza di legge (88), fino quasi a ritenerlo un tema ingannevole o meramente 
nominalistico (89), va comunque affermata la sua nozione essenziale coinci


(86) Cfr. A. CARDONE, Le ordinanze di necessit�, cit., pag. 254, il quale ritiene che il potere di ordinanza 
debba arrestarsi di fronte a riserve assolute di legge. Inoltre cfr. C. PINELLI, Un sistema parallelo. 
Decreti-legge e ordinanze d�urgenza nell�esperienza italiana, Relazione al Convegno del Gruppo di S. 
Martino, Universit� di Milano Bicocca, 13 novembre 2009, su �Recenti novit� sull�uso dei poteri normativi 
del Governo�, in astrid-online, il quale rileva il pericolo per la tenuta del principio di legalit� a 
causa di una cattiva interpretazione della distinzione tra principi e norme, affermando che �un conto � 
distinguere gli uni dalle altre al fine di sostenere che il diritto per princ�pi connota l�orizzonte di senso 
di uno Stato costituzionale, altro conto � presumere che in quel modello di convivenza organizzata la 
distinzione corrisponda drasticamente a quella tra legalit� costituzionale e legalit� ordinaria, trascurando 
il nesso di strumentalit� al perseguimento dei princ�pi di regole e istituti costituzionalmente previsti, a 
partire dalla riserva di legge�. Nello stesso senso ancora cfr. C. PINELLI, Il dibattito sull�interpretazione 
costituzionale fra teoria e giurisprudenza, in Scritti in memoria di Livio Paladin, III, Padova, 2004, 
pag. 1683. 

(87) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 449. 
(88) Cfr. F. CUOCOLO, Gli atti dello Stato aventi forza di legge, in Riv. trim. dir. pubbl., 1961, pag. 


158. Inoltre cfr. C. MORTATI, Atti con forza di legge e sindacato di costituzionalit�, Milano, 1964, pag. 
34; cfr. V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., pag. 326. 

(89) Cfr. F. MODUGNO, Legge in generale, in Enc. Dir., XXXIV, Milano, 1973, pag. 891, il quale 
nota come il concetto di forza di legge sia stato ritenuto uno �pseudoconcetto� dal momento che non si 


dente con la capacit� di innovare nell�ordinamento legislativo non costituzionale 
preesistente e con la capacit� di resistere alla �eliminazione, modificazione, 
sospensione, derogazione, dispensazione ad opera di atti non dotati della 
medesima forza� (90). 

L�attenzione si concentra sulla disciplina derogata per verificare se la limitazione 
di forza che la legge subisce ad opera delle ordinanze sia compatibile 
con il sistema costituzionale. Va dunque indagato se l�efficacia di legge 
possa essere limitata, seppure temporaneamente, da un atto che � e resta amministrativo. 


Le ordinanze di necessit�, secondo la prassi che si � vista essere maggioritaria, 
incidono pesantemente sulla sfera di efficacia dell�atto sospeso o derogato; 
gli effetti della deroga sono combinati con quelli della sospensione, in 
modo da porre una disciplina transitoria, destinata, intrinsecamente, a perdere 
efficacia indipendentemente da un termine fissato di vigenza. 

L�ordinanza, pertanto, impedisce che, per un determinato periodo, il contenuto 
dispositivo di una certa legge si rivolga a tutti o ad alcuni dei suoi destinatari; 
di conseguenza, i giudici e la pubblica amministrazione non sono 
nelle condizioni di applicare la norma sospesa o derogata e su di essa non potr� 
neppure essere sollevata l�eccezione di legittimit� costituzionale, dato la mancanza 
del requisito della rilevanza. A questo proposito, va sottolineato che 
nemmeno in sede di applicazione per singole fattispecie � permesso al giudice 
di disapplicare una legge, persino se la ritiene incostituzionale, dovendo, in 
tal caso, attivarsi per sollevare la relativa questione. Questo peculiare sistema 
di garanzie che circonda la legge, generalmente inteso come il �valore di 
legge�, non pu� consentire che una ordinanza basata su una �mera clausola 
autorizzativa� (91), inidonea ad incidere sul contenuto del potere esercitato 
dall�autorit� amministrativa, sia in grado di limitare l�efficacia della normazione 
primaria (92). 

Va inoltre ricordato che � emersa una significativa distinzione, elaborata 
sia dalla dottrina (93) che dalla giurisprudenza (94), tra abrogazione e modifica, 

rivela utile a graduare la diversa efficacia degli atti riconducibili a differenti tipologie e che la questione 
della prevalenza di un atto, rispetto ad un altro, riconducibile ad un diverso tipo va posto nei termini 
della sindacabilit� dell�uno rispetto all�altro. 

(90) Cfr. F. MODUGNO, Legge in generale, cit., pag. 890. 

(91) Cfr. L. CARLASSARE, Regolamento (dir. cost.), in Enc. Dir., XXXIX, Milano, 1988, pag. 622, 
la quale, analizzando il diverso significato che il principio di legalit� assume nell�ordinamento statutario 
e nell�ordinamento costituzionale vigente, evidenzia che mentre �nella prassi statutaria la disposizione 
legislativa legittimante poteva limitarsi al mero conferimento di potere�, nella Costituzione repubblicana 
�la legalit� viene ad assumere un valore sostanziale� e �lo stesso potere regolamentare deve trovarsi 
condizionato almeno dalle indicazioni di fondo e muoversi, appunto, in conformit� della legge i cui 
principi deve rispettare e alle cui opzioni deve attenersi�; di conseguenza, il principio di legalit� inteso 
in senso sostanziale viene �cos� a distinguersi solo quantitativamente dalla riserva di legge relativa�. 

(92) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 453. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

da un lato, e sospensione e deroga temporanea, dall�altro. Si � affermato che 
soltanto le prime due innovano l�ordinamento giuridico, mentre le altre non 
comportano una vera e propria innovazione; tuttavia, ad una analisi precisa, 
non appare rilevabile una differenza apprezzabile tra le due categorie (95). 

� stato, infatti autorevolmente sostenuto che l�abrogazione non estingue 
le norme, ma solo ne limita ai rapporti antecedenti a una certa data l�efficacia 
qualificatoria, ossia l�obbligatoriet� (96); le norme abrogate non 
scompaiono dal diritto oggettivo e, al momento dell�entrata in vigore della 
norma abrogante, subiscono una progressiva riduzione della propria efficacia 
che, con l�esaurirsi dei rapporti giuridici ancora pendenti, porta alla 
loro totale quiescenza. 

Anche la disciplina contenuta nelle ordinanze di necessit� ed urgenza riducono 
l�efficacia qualificatoria delle norme sospese o temporaneamente derogate 
ma, rispetto all�abrogazione, si verifica che, da un lato, la limitazione 
d�efficacia, dovuta allo stato di emergenza, dispiega, immediatamente e in 
modo non graduato, la sua operativit�, incidendo istantaneamente su ogni rapporto 
giuridico aperto durante la fase eccezionale, dall�altro, la stessa limitazione 
di efficacia � compresa tra il momento di entrata in vigore dell�ordinanza 
e il momento di cessazione dello stato emergenziale. 

Si � gi� rilevato che la durata del periodo eccezionale pu� essere anche 
indeterminata, e questa indeterminatezza rende la situazione pi� critica di 
quanto possa sembrare parlando di �provvisoriet�� della deroga e della sospensione 
in contrapposizione alla modifica ed alla abrogazione. 

Pertanto in entrambi i casi, ci si trova dinanzi a parte del diritto oggettivo 

(93) Cfr. G.U. REASCIGNO, Deroga (in materia legislativa), in Enc. Dir., XII, pag. 305. 

(94) Cfr. Corte cost., sent. n. 201/1987, in Giur. Cost., 1987, pag. 1501, in cui si ammette un �effetto 
di deroga�, contrapposto alla �abrogazione� ed alla �modifica�, che sarebbe consentito da �una 
specifica autorizzazione legislativa�. 
(95) Cfr. A. PINNA, L�emergenza nell�ordinamento costituzionale, cit., pag. 62, secondo il quale 
la provvisoriet� e la limitazione dell�efficacia sono gli elementi che caratterizzano la sospensione e valgono 
a distinguerla dall�abrogazione, in forza della quale �la norma legale perde ogni efficacia, e non 
pu� pi� riacquistarla in nessun modo, poich� se una legge ulteriore la richiama in vita non si ha reviviscenza 
della legge abrogata e riacquisto dell�efficacia di essa, bens� un atto legislativo che assume a 
contenuto proprio il precetto della legge abrogata�. Inoltre cfr. M. PATRONO, Legge, in Enc. Dir., XXIII, 
Milano 1973, pag. 922. 
(96) Cfr. V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, cit., pag. 193, il quale precisa che la limitazione 
di efficacia dell�abrogazione ha un carattere definitivo mentre quella della sospensione ha un 
�carattere intrinsecamente provvisorio e temporaneo� per cui sarebbe inesatto dire che le norme sospese 
�tornano in vigore� essendo preferibile dire che �riprendono ad esplicare in pieno la loro efficacia�. 
Inoltre, sul tema cfr. V. CRISAFULLI, Gerarchia e competenza nel sistema costituzionale delle fonti, in 
Studi in onore di Zanobini, Milano, 1962, pag, 45; cfr. S. PUGLIATTI, Abrogazione (Teoria generale e 
abrogazione degli atti normativi), in Enc. Dir., I, Milano, 1958, pag. 145; cfr. F. MODUGNO, Abrogazione, 
in Enc. Giur., I, Roma, 1988, pag. 1; cfr. G. GUARINO, Abrogazione e disapplicazione delle leggi illegittime, 
in Jus, 1951, pag. 356; cfr. F. SORRENTINO, L�abrogazione nel quadro dell�unit� dell�ordinamento 
giuridico, in Riv. trim. Dir. Pubbl., 1972, pag. 3. 



che, pur rimanendo nel sistema normativo, subisce una attenuazione della propria 
forza, cronologicamente delimitata e differenziata. 

Il dubbio sulla legittimit� delle ordinanze di deroga a norme primarie 
emerge proprio dalla loro possibilit� di superare la forza di legge, con il rischio 
concreto di provare una lesione del sistema delle fonti. 

4. Potere necessitato di ordinanza conforme a Costituzione. 

L�analisi svolta consente di affermare che la legge 225 del 1992 si pone in 
una posizione di violazione della riserva di competenza sancita dall�art. 77 Cost., 
proprio perch� crea una �dispensazione� dalle prescrizioni costituzionali a vantaggio 
di organi amministrativi, aspetto che non trova fondamento nelle norme 
sulla produzione e si pone in contrasto con gli stessi principi dello Stato di diritto. 

L�impostazione generale corretta � dunque quella di instaurare lo stato di 
emergenza mediante il ricorso ad atti di decretazione d�urgenza, i quali, in via 
eventuale, possono attribuire il potere di ordinanza a commissari delegati ed 
individuati in maniera precisa, stabilendo, nello stesso tempo, quali specifiche 
leggi sono oggetto di deroga. 

Si avrebbero, in questo caso, �ordinanze vincolate�. 

Pu� essere idoneo rifarsi allo schema operato nell�istituto della delegificazione. 
In questo modo, le leggi derogabili sono individuate da una fonte 
avente forza di legge, e il potere necessitato di ordinanza � ricondotto nell�ambito 
della discrezionalit� amministrativa. 

Va precisato che, al fine di conservare la natura provvedimentale dell�atto 
di decretazione d�urgenza, l�individuazione delle leggi derogabili deve avvenire 
in maniera circoscritta e precisa, senza comportare una generale e sistematica 
rivisitazioni di interi settori dell�ordinamento. 

Una delle patologie pi� gravi dello Stato moderno consiste nella ridotta 
differenza tra organizzazione ordinaria e straordinaria, e non pu� pi� essere 
accettato un simile stravolgimento delle competenze costituzionali. 

Nell�ordinamento vigente, infatti, la priorit� va data, anzich� alla salvezza 
dello Stato inteso come una qualsiasi organizzazione della sovranit�, alla salvezza 
della Costituzione, interpretata come una particolare tipologia di organizzazione 
della sovranit� in cui si concretizza il patto sociale tra posizioni 
politicamente e socialmente eterogenee. 

La questione della continuit� costituzionale va recepita come una tematica 
centrale ed imprescindibile all�interno del fatto emergenziale (97). Secondo 
questa linea di pensiero, dall�art. 77 della Costituzione � consentito desumere 
un principio organizzatore inderogabile anche, e a maggior ragione, nelle situazioni 
eccezionali, ovvero la tutela della forma di governo democratica nella 
sua specificazione parlamentare. 

(97) Cfr. V. CRISAFULLI, La continuit� dello Stato, in Riv. dir. internazionale, 1964, pag. 363. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

In ogni contesto le Camere devono essere chiamate a svolgere il ruolo 
principale nella determinazione dell�indirizzo politico, assieme al Governo; 
potranno essere modificati le tempistiche, le modalit�, l�articolazione formale 
di questo incontro di volont�, ma non vi pu� essere l�esclusione del 
Parlamento, come invece si � rilevato nell�esercizio del potere necessitato 
di ordinanza. 

Vanno dunque sottolineati i correttivi sostanziali che permettono di armonizzare 
il ricorso alle ordinanze di necessit� ed urgenza con il sistema delineato 
dall�attuale assetto costituzionale. 

La questione deve essere impostata secondo un rapporto di adeguatezza 
e proporzionalit� tra l�insorgere del fatto emergenziale e l�adozione degli strumenti 
previsti dal cosiddetto �diritto straordinario�. 

Le ordinanze di protezione civile ex art. 5 della legge 225/92 sono da intendere 
per quello che realmente sono, una anomalia normativa che introduce 
elementi di alterazione delle normali competenze dei soggetti istituzionali, 
con un evidente rischio di disarticolazione del sistema delle fonti del diritto, 
causato dalla neutralizzazione sostanziale della forza del controllo giuridico, 
mediante il riconoscimento di poteri di deroga normativa. 

Pertanto, ai fini di valutare la legittimit� di un decreto dichiarativo dello 
stato di emergenza, emesso in base all�art. 5 della legge 225/92, va verificata 
la sussistenza dei relativi presupposti, quali l�effettiva impossibilit� di fronteggiare 
la situazione emergenziale da parte degli organi istituzionalmente 
competenti attraverso i meccanismi previsti dalla vigente legislazione (98). 

Anche in questo caso, come si era evidenziato nell�accertamento del-
l�emergenza per consentire l�adozione del decreto-legge, occorre interrogarsi 
se lo strumento straordinario rappresenti davvero l�extrema ratio (99). 

Una volta acquisito il dato che il Governo � dotato del potere straordinario 
della decretazione d�urgenza ex art. 77 Cost., � possibile individuare 
una serie residuale di situazioni nelle quali � costituzionalmente corretto ipotizzare 
il ricorso a strumenti aventi la forma e il grado gerarchico dell�atto 
amministrativo. 

Una ipotesi significativa consiste nell�adozione di ordinanze che siano 
effettivamente amministrative, ossia ne presentino i requisiti formali e sostan


(98) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 456. 

(99) Merita attenzione la decisione della Corte dei Conti, Sezione di controllo, del 19 novembre 
1996, n. 151, secondo la quale �l�articolo 5 della legge 24 febbraio 1992 n. 225 riserva al Presidente del 
Consiglio dei ministri il potere di emanare ordinanze anche in deroga alla legislazione vigente relativamente 
alle calamit� di interesse nazionale, e consente di affidare a commissari straordinari esclusivamente 
l�attuazione degli interventi previa fissazione dei limiti all�esercizio dei relativi poteri. Ci� 
comporta che non � conforme a legge un�ordinanza con la quale il predetto potere di derogare alla normativa 
- di esclusiva competenza, come si � detto, del Presidente del Consiglio dei ministri - viene delegato 
al commissario straordinario nominato per fronteggiare l�emergenza�. 


ziali, in modo da non istaurare situazioni di sospensione o di deroga provvisoria 
della normativa primaria. Questo pu� realizzarsi in un contesto emergenziale 
nel quale le ordinanze siano in conformit� con la vigente legislazione 
ordinaria. 

La loro eventuale capacit� innovativa rimane nella sfera sub-legislativa. 

Accanto a questa situazione, deve essere posta un�altra, pi� frequente 
e, nell�ottica del presente studio, pi� consona alle esigenze sia di legittimit� 
costituzionale sia di interventi mirati. Come gi� detto in precedenza, si sceglie 
l�ipotesi in cui le ordinanze di protezione civile siano meramente esecutive 
e prive di capacit� innovative, dipendenti in tutto e per tutto da un 
decreto-legge (100) adottato dinanzi al fatto emergenziale, il quale, oltre a 
disporre direttamente concrete misure operative, attribuisce ad organi subordinati 
la potest� di provvedere ai singoli interventi in deroga a norme legislative, 
in modo che la derogabilit� � ricondotta ad una fonte di livello 
primario (101). 

In questo modo, l�atto di decretazione d�urgenza individua direttamente, 
e con forza di legge, gli ambiti in cui debbono intervenire le ordinanze, mentre 
nel caso dell�art. 5, legge 225/92, difficilmente � realizzabile un intervento sistematicamente 
strutturato, in quanto la disposizione legislativa autorizzante 
� pensata in via generale, slegata dai singoli e materiali ambiti di azione. 

Il decreto-legge, invece, nasce in concomitanza dell�emergenza, e si presta 
ad essere modulato e �ritagliato� sul caso specifico. 

Il rispetto della sua natura provvedimentale consente di operare nella particolarit� 
del fatto emergenziale e di predisporre quelle misure, come ad esempio 
l�utilizzo immediato di alloggi e di edifici pubblici, il transito su strade, 
ponti e autostrade, le espropriazioni e l�urbanistica, che poi le singole ordinanze, 
disciplinate dallo stesso decreto-legge, possono gestire nella loro operativit� 
pratica, in quanto poi adottate da autorit� che anche fisicamente si 
trovano in prossimit� dei contesti eccezionali e che pertanto sono nelle condizioni 
di calibrare via via gli interventi secondo le esigenze richieste dall�evolversi 
delle situazioni. 

Un ulteriore correttivo � offerto dalla posizione di chi ritiene che possa 
essere utile una estensione del sindacato giurisdizionale al presupposto del-
l�adozione delle ordinanze d�urgenza; come infatti la Corte costituzionale � 
pervenuta a sindacare una �evidente mancanza� dei presupposti straordinari 
di necessit� ed urgenza, cos� il giudice amministrativo potrebbe sindacare 
una �evidente mancanza� della necessit� di ricorrere alle ordinanze di urgenza 
(102). 

(100) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 237. 

(101) Cfr. G. MARAZZITA, L�emergenza costituzionale. Definizione e modelli, cit., pag. 457. 

(102) Cfr. C. PINELLI, Un sistema parallelo, cit., in astridonline. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

Altra ipotesi pu� consistere nel ricorso ad ordinanze a contenuto vincolato, 
nei confronti delle quali, nonostante la norma legislativa attributiva della 
competenza non indichi espressamente le leggi derogabili, la decisione sulla 
derogabilit� � comunque fissata da una fonte primaria, all�interno di un ristretto 
margine di discrezionalit� amministrativa (103). 

Infine vanno segnalate quelle situazioni che attualmente l�art. 2 della 
legge 225/92 denomina come �altri eventi che per intensit� ed estensione debbono 
essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari� e �grandi eventi�, le 
quali necessitano di importanti correttivi. Infatti, tali ipotesi andrebbero decisamente 
sottratte all�ambito applicativo di una legge sulla protezione civile, 
per essere piuttosto oggetto di un decreto-legge, dopo averne verificato la sussistenza 
dei presupposti dell�art. 77 della Costituzione (104). 

Questa esigenza � confermata dal fatto che la giurisprudenza non offre 
segnali incoraggianti nel momento stesso in cui esprime una tendenza a sostituire 
il criterio della imprevedibilit�, che costituisce il pi� sicuro indice di assimilabilit� 
degli eventi di volta in volta considerati alle calamit� naturali, con 
quello della pericolosit� (105) che �pu� protrarsi anche per un lungo periodo 
senza cagionare il fatto temuto� (106). 

(103) Alcuni casi di scuola possono essere individuati nel testo unico sanitario, R.D. 27 luglio 
1934, il cui art. 129 prevede un potere condizionato al �caso di sospensione o interruzione di un servizio 
farmaceutico� che � a contenuto vincolato, in quanto il titolare del potere pu� ricorrere solo alle misure 
capaci di ripristinare il servizio, come ad esempio le sostituzioni o le precettazioni del personale. Nello 
stesso senso gli artt. 217, 258 e 261. Si veda inoltre l�art. 7 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato 
E, di abolizione del contenzioso amministrativo, che attribuisce genericamente alla �autorit� amministrativa� 
il potere di procedere a requisizioni ed espropriazioni, nonch� l�art. 20 del vecchio T.U.L.C.P., 
le cui �ordinanze di carattere contingibile ed urgente�, seppure sostanzialmente generali, possono incidere 
soltanto sulla disciplina ordinaria dell�edilizia, della polizia locale e dell�igiene. 

(104) Cfr. G. RAZZANO, L�amministrazione dell�emergenza. Profili costituzionali, cit., pag. 250, 
nota 51, la quale riporta un passaggio della deliberazione della Corte dei Conti resa il 4 marzo 2010 e 
relativa alla Louis Vuitton World Series, che il giudice contabile non ha ritenuto essere un �grande 
evento�, nonostante la dichiarazione in tal senso effettuata con D.P.C.M., ex art. 5 bis, comma 5, della 
legge 401/2001. La Corte dei Conti afferma che �ove realmente sussistano i presupposti di straordinaria 
necessit� ed urgenza di cui all�art. 77 della Costituzione, il Governo pu� adottare, sotto la sua responsabilit�, 
provvedimenti provvisori con forza di legge, peraltro sottoposti a verifica da parte del Parlamento 
e del Capo dello Stato, mentre le ordinanze di protezione civile, pur avendo l�effetto di derogare 
alle leggi, sono sottratte a qualsiasi controllo che non sia quello giurisdizionale�. 

(105) Cfr. C. PINELLI, Un sistema parallelo, cit., in astridonline. 

(106) Cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 1904/2001, in relazione al potere di ordinanza contingibile ed 
urgente attribuito al sindaco dall�art. 153 t. u. n. 148 del 1915, che al pari della legge 225/92, presupponeva 
la necessit� di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale ed imprevedibili. 
Inoltre cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 6352 del 2009, che respinge il ricorso contro la dichiarazione 
dello stato di emergenza in riferimento agli insediamenti di comunit� nomadi nel territorio delle Regioni 
Campania, Lombardia e Lazio, desumendo la congruit� dell�intervento normativo adottato da precedenti 
atti amministrativi attestanti un aumento dell�allarme sociale nelle zone in questione; infine cfr. Cons. 
Stato, sez. V, n. 3765 del 2009, secondo cui la ragione giustificatrice delle ordinanze straordinarie �non 
consiste tanto nell�imprevedibilit� dell�evento quanto nell�impossibilit� di utilizzare tempestivamente i 
rimedi normali offerti dall�ordinamento�. 


Questa sostituzione compromette non soltanto la fattispecie degli �altri 
eventi�, rendendone difficilmente comprensibile la comparazione alle calamit� 
naturali o alle catastrofi, ma anche la prescrizione posta dalla legge di predisporre 
una delimitazione temporale e territoriale dei poteri straordinari, �in 
stretto riferimento alla qualit� e alla natura degli eventi� (107). 

(107) Cfr. A. ANDRONIO, Le ordinanze di necessit� ed urgenza per la tutela dell�ambiente, Milano, 
2004, pag. 244. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

Contratti autonomi di garanzia e contributi pubblici alle 
imprese: stato dell�arte e recenti decisioni giurisprudenziali 

Francesco Maria Ciaralli* 

SOMMARIO: 1. Premessa normativa - 2. La fisionomia dei contratti autonomi di garanzia 

-3. Le questioni: il termine finale di efficacia della garanzia - 4. Segue: il titolo idoneo ad 
escutere la polizza - 5. La posizione della Suprema Corte - 6. Rilievi conclusivi. 

1. Premessa normativa. 

Il decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni 
nella legge 19 dicembre 1992, n. 488, reca la disciplina dei contributi pubblici 
rivolti alle imprese delle aree svantaggiate del Paese, preordinati alla realizzazione 
di programmi d�investimento nei settori dell�industria, turismo e 
commercio. 

Tali incentivi contemplano una quota di contributo in conto capitale ed 
un finanziamento agevolato, erogati alle imprese assegnatarie a s�guito di 
istruttoria valutativa e di ammissibilit� svolta dalla banca concessionaria convenzionata 
con il Ministero dello Sviluppo Economico, il quale predispone le 
apposite graduatorie pubblicate in Gazzetta Ufficiale (1). 

Al fine di assicurare, nell�evenienza di una revoca del finanziamento, il 
recupero delle somme erogate, il decreto ministeriale 20 ottobre 1995, n. 527, 
dispone che la domanda di agevolazione debba essere corredata dalla ricevuta 
del versamento di una cauzione da parte dell'impresa istante, ovvero di una 
fidejussione bancaria o polizza assicurativa di pari importo della cauzione medesima, 
a garanzia della volont� di quest�ultima di realizzare il programma 
agevolato (2). 

(*) Dottorando di ricerca in �Diritto ed Impresa� presso l�Universit� Luiss Guido Carli di Roma, gi� 
praticante forense presso l�Avvocatura dello Stato e tirocinante presso il Consiglio di Stato. 

(1) Per l�analisi sistematica della giurisprudenza in materia di revoca dei contributi pubblici alle 
imprese, nonch� per un inquadramento generale della materia, si veda su questa Rassegna, CIARALLI 
F.M., La giurisdizione in materia di contributi pubblici alle imprese, 2014, 3, 180-195. 
(2) Si riporta l�art. 5, comma 4-bis, del menzionato D.M. 20 ottobre 1995, n. 527, a tenore del 
quale: �A garanzia della volont� dell�impresa di realizzare il programma agevolato, la documentazione 
allegata alla domanda comprende anche la ricevuta del versamento di una cauzione, effettuato dall�impresa 
istante su un conto appositamente aperto presso la banca concessionaria prescelta per l�istruttoria 
e fruttifero di interessi al tasso applicato alle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale 
europea, ovvero una fidejussione bancaria o una polizza assicurativa, di pari importo della cauzione 
medesima, irrevocabile, incondizionata ed escutibile a prima richiesta; l�ammontare relativo a 
detta cauzione, e gli interessi sullo stesso riconosciuti, ovvero alla fidejussione bancaria o alla polizza 
assicurativa sono determinati sulla base dei criteri fissati con decreto dal Ministro dell�industria, del 
commercio e dell�artigianato tenuto anche conto dell�entit� degli investimenti indicati dall�impresa nel 
modulo di domanda. Qualora le agevolazioni concesse nella misura richiesta dall�impresa siano revocate 
per successiva rinuncia alle stesse prima che sia avvenuta un�erogazione per stato d�avanzamento 



La natura dei suindicati contratti, i relativi termini di efficacia e le condizioni 
di operativit� sono al centro di un cospicuo contenzioso che ha interessato 
l�Amministrazione e le compagnie assicurative, sia in sede esecutiva che 
ordinaria di cognizione. 

I termini di tale contenzioso principalmente ruotano attorno all�interpretazione 
di alcune proposizioni normative che delineano la fisionomia delle 
prescritte garanzie bancarie ed assicurative. 

I connotati strutturali dei contratti di garanzia sono fissati dal D.M. 24 
maggio 2000, articolo unico, intervenuto ad integrare il precedente decreto attuativo, 
il cui comma quinto stabilisce che �la fidejussione bancaria o la polizza 
assicurativa, redatta secondo lo schema di cui all�allegato n. 2 al 
presente decreto, � irrevocabile, incondizionata ed escutibile a prima richiesta, 
a favore del Ministero dell�industria, del commercio e dell�artigianato�. 

Per quanto concerne il termine di efficacia della polizza, il medesimo 
comma prescrive che �essa ha effetto dalla data della domanda di agevolazione 
e durata fino a quando non siano maturate le condizioni per lo svincolo 
di cui al successivo comma 8 e, comunque, fino al termine massimo di 36 mesi 
decorrenti dalla data di efficacia del relativo decreto di concessione provvisoria 
delle agevolazioni� (3). 

La disciplina riguardante l�escussione della polizza � dettata dalla legge 
23 luglio 2009, n. 99, la quale stabilisce che � i commi 32 e 33 della L. 27 dicembre 
1997, n. 449, art. 24, e successive modificazioni, si interpretano nel 
senso che il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dal Ministero 
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, dal Ministero delle attivit� 
produttive e dal Ministero dello sviluppo economico in materia di incentivi 
alle imprese costituisce titolo per l'iscrizione a ruolo degli importi corrisposti 
e dei relativi interessi, rivalutazioni e sanzioni nei confronti di tutti gli obbligati 
e quindi anche nei confronti dei soggetti che hanno prestato garanzia fideiussoria 
in relazione alle agevolazioni revocate� (art. 3, comma 8). 

ovvero qualora non sia rispettata la condizione di cui all�articolo 8, comma 1, lettera c 1), si procede 
a trattenere la cauzione, anche tramite escussione della fidejussione o della polizza, che confluisce nel-
l�apposita sezione del fondo di cui all�articolo 4, comma 6 del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, 
convertito, senza modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104. In tutti gli altri casi la cauzione medesima, 
maggiorata dei relativi interessi maturati, � rimborsata all�impresa, ovvero la fidejussione o la 
polizza sono svincolate, entro un mese dal momento in cui si verifichino le condizioni per il rimborso o 
per lo svincolo, secondo le modalit� fissate con il richiamato decreto ministeriale�. 

(3) I casi in cui si prevede di trattenere le somme versate ai sensi del comma 5 sono precisati nel 
successivo comma 9 del medesimo D.M. 24 maggio 2000, art. unico: �La cauzione viene trattenuta, 
ovvero la fidejussione o la polizza escussa, qualora, ad avvenuta concessione delle agevolazioni nella 
misura richiesta dall�impresa, quest�ultima vi rinunci prima che sia avvenuta un�erogazione per stato 
d�avanzamento, ovvero non rispetti la condizione di cui all�art. 8, comma 1, lettera c 1) del D.M. n. 
527/95 e successive modifiche e integrazioni�. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

2. La fisionomia dei contratti autonomi di garanzia. 

Atteso che le fideiussioni bancarie e polizze assicurative cui fa riferimento 
la normativa devono essere corredate dalla clausola �a prima richiesta e senza 
eccezioni�, si � posta la questione della qualificabilit� delle relative convenzioni 
in termini di contratti autonomi di garanzia. 

L�indagine sulla natura giuridica di tali negozi riveste importanza dirimente 
in ordine all�operativit� del meccanismo contrattuale, con particolare 
riferimento all�autonomia del diritto dell�Amministrazione nei confronti del 
garante rispetto alla revoca delle agevolazioni erogate all�impresa, nonch� con 
riferimento al regime delle eccezioni opponibili. 

Il contratto autonomo di garanzia, noto nell�ordinamento tedesco col 
nome di Garantievertrag, implica la scissione del rapporto di provvista (intercorrente 
tra debitore e garante) da quello di valuta (tra debitore principale 
e creditore), con conseguente inapplicabilit� delle norme sulla fideiussione 
che delineano un vincolo di accessoriet� e dipendenza tra il rapporto principale 
e quello di garanzia (4). 

In particolare, al contratto autonomo di garanzia, la cui natura atipica � riconosciuta 
da dottrina e giurisprudenza (5), non pu� applicarsi l�art. 1945 c.c., 
alla cui stregua il fideiussore pu� opporre al creditore tutte le eccezioni che 
spettano al debitore principale, fuorch� quella derivante dall�incapacit� (6). 

In disparte la questione della meritevolezza di tali contratti (7) nonch� il 

(4) �Elisione del vincolo di accessoriet� e scissione della garanzia dal rapporto di valuta caratterizzano 
sul piano funzionale il Garantievertrag, la cui causa concreta viene correttamente individuata 
in quella di assicurare la libera circolazione dei capitali e il pronto soddisfacimento dell'interesse del 
beneficiario (ovvero ancora in quella di sottrarre il creditore al rischio dell'inadempimento, trasferito 
nei fatti su di un altro soggetto, "istituzionalmente" solvibile), il quale pu� cos� porre affidamento su di 
una rapida e sollecita escussione di una controparte affidabile, senza il rischio di vedersi opporre, in 
sede processuale, il regime tipico delle eccezioni fideiussorie�, cos� la Cass. Sez. Un., 18 febbraio 2010, 
n. 3947. 
(5) Si segnalano, rispettivamente, FRATINI, Le garanzie reali e personali, Milano, 2010, 505 ss., 
e la Cass., sez. I, 17 gennaio 2008, n. 903. 


(6) A tal proposito � assai chiara la Cass. Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3947, giusta la quale: 
�L'elemento caratterizzante della fattispecie in esame viene individuato nell'impegno del garante a pagare 
illico et immediate, senza alcuna facolt� di opporre al creditore/beneficiario le eccezioni relative 
ai rapporti di valuta e di provvista, in deroga agli artt. 1936, 1941 e 1945 c.c., caratterizzanti, di converso, 
la garanzia fideiussoria�. 

(7) In materia si indica in particolare MEO, Funzione professionale e meritevolezza degli interessi 
nella garanzie atipiche, Milano, 1991. 
Per quanto concerne il formante giurisprudenziale, la Cass., Sez. Un., 3947/10, cit., ha affermato che 
�par lecito discorrere, a proposito del contratto atipico di garanzia, di una funzione di tipo "cauzionale" 

- mentre la sua pi� frequente utilizzazione rispetto al deposito di una vera e propria cauzione trae linfa 
proprio in ragione della sua minore onerosit� e della possibilit� di evitare una lunga e improduttiva 
immobilizzazione di capitali (conseguenza ineludibile del deposito cauzionale): � in conseguenza di tali 
aspetti funzionali che la garanzia muta "geneticamente" da vicenda lato sensu fideiussoria in fattispecie 
atipica che, ai sensi dell'art. 1322 c.c., comma 2, persegue un interesse certamente "meritevole di tutela", 
identificabile nell'esigenza condivisa di assicurare l'integrale soddisfacimento dell'interesse economico 


problema dell�astrazione sostanziale (8), entrambi generalmente risolti in termini 
positivi (9), mette conto esaminare il valore della clausola di escussione 
�a prima richiesta e senza eccezioni�, che ha dato adito a tre principali ricostruzioni 
ermeneutiche. 

Secondo una prima posizione tale clausola determinerebbe una mera inversione 
dell�onere probatorio, per cui il difetto dei presupposti legittimanti 
l�escussione deve essere asseverato dal garante che, in mancanza, � tenuto ad 
adempiere. 

L�indirizzo intermedio ravvisa in tale clausola un valore analogo a quello 
del patto �solve et repete�, alla cui stregua in sede di escussione il garante 
non pu� opporre al creditore le eccezioni fondate sul rapporto di valuta, salvo 
poter agire in ripetizione dell�indebito in caso di adempimento del debito 
principale. 

Secondo l�ultima opinione, condivisa anche dal Giudice di legittimit� 
nella sua pi� autorevole composizione, tale clausola attribuisce al creditore il 
diritto di escutere la garanzia a prescindere dall�accertamento in ordine all�inadempimento 
del debitore, che non reagisce, se non in termini mediati ed 
indiretti, sul rapporto di garanzia (10). 

del beneficiario vulnerato dall'inadempimento del debitore originario e, di conseguenza, di conferire 
maggiore certezza allo scorrere dei rapporti economici (specie transnazionali)�. 

(8) Sul significato dell�astrazione materiale sono ancora dirimenti le parole di Francesco Santoro-
Pasarelli, il quale evidenzia come �nel negozio astratto la causa �, come si dice, accantonata, stralciata, 
cos� che la sua eventuale mancanza o i suoi eventuali difetti non tolgono al negozio di essere valido e 
di produrre i suoi effetti, ma esplicano un�azione ritardata diretta a bilanciare gli effetti che il negozio 
abbia prodotti grazie alla sua astrattezza: rilevanza indiretta della causa� (SANTORO PASSARELLI, Dottrine 
generali del diritto civile, IX, Napoli, 1966, 175). 
Proprio tale rilevanza indiretta della causa, generalmente individuata nella traslazione del rischio economico 
di un inadempimento del contratto principale dal patrimonio del creditore a quello del garante, 
� alla base delle eccezioni di dolo, generale o speciale, che sul rapporto principale si fondano e per le 
quali si veda infra. 
D�altra parte, la giurisprudenza non ha mai riconosciuto piena autonomia al contratto atipico di garanzia 
rispetto al rapporto principale, esprimendosi invece in termini di autonomia relativa (Cass. sez. III, 1 
ottobre 1999, n. 10864). 
(9) Per un�analisi delle questioni, si veda CHIN�, FRATINI, ZOPPINI, Manuale di diritto civile, Roma, 
2014, 977 s. 
(10) In argomento, si indica la citata Cass. Sez. Un., 18 febbraio 2010, n. 3947, secondo cui �Criterio 
interpretativo utile ad orientare l'interprete verso l'autonomia della vicenda di garanzia divisata 
dalle parti riposa ancora sull'individuazione - nell'ambito di una lettura complessiva delle singole convenzioni 
negoziali - di una sua eventuale funzione "cauzionale": la peculiarit� propria del Garantievertrag 
� difatti quella di consentire al creditore di escutere il garante con la stessa, tempestiva efficacia 
con cui egli potrebbe far proprio un versamento cauzionale. La funzione cauzionale sarebbe soddisfatta, 
e l'autonomia della garanzia sarebbe conseguentemente rinvenuta, secondo alcune pronunce di questa 
corte, tutte le volte che la relativa convenzione attribuisca al creditore la facolt� di procedere ad immediata 
riscossione delle somme, a prescindere dal rapporto garantito, realizzando cos� una funzione del 
tutto simile a quella dell'incameramento di una somma di denaro a titolo di cauzione (Cass. 17 maggio 
2001, n. 6757; Cass. 21 aprile 1999, n. 3964; Cass. 6 aprile 1998, predicative di un principio di diritto 
condiviso da autorevole dottrina)�. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

Tale indiretta rilevanza del rapporto di valuta su quello di provvista, che 
ne determina il carattere solo relativamente autonomo, emerge in particolare 
con riferimento al regime delle eccezioni opponibili dal garante al creditore 
principale. 

Oltre alle eccezioni fondate sul rapporto di garanzia, il creditore pu� vedersi 
opporre la cosiddetta exceptio doli generalis seu praesentis nei casi in cui 
l�escussione della garanzia renda palese la condotta abusiva del beneficiario 
(limite funzionale all�autonomia del rapporto di provvista). Ci� � evidente nei 
casi in cui consti prima facie l�adempimento del debitore principale, l�inadempimento 
del creditore, ovvero del debitore cagionato da fatto del creditore (11). 

Si configura invece l�exceptio doli specialis seu praeteriti qualora il contratto 
autonomo di garanzia si atteggi a strumento per perseguire il risultato 
illecito cui � preordinato il rapporto principale, nullo per contrariet� a norme 
imperative o per illiceit� della causa (limite genetico all�autonomia del rapporto 
di provvista) (12). 

Tali eccezioni confermano la definizione di astrazione sostanziale elaborata 
da Francesco Santoro -Passarelli, solo parzialmente insensibile alle vicende 
del rapporto sottostante, e preludono al tema del contenzioso tra 
Amministrazione e garanti in materia di contributi pubblici alle imprese. 

3. Le questioni: il termine finale di efficacia della garanzia. 

Tra i principali aspetti che connotano il contratto autonomo di garanzia 
emerge la questione del termine finale di efficacia. 

Secondo talune compagnie assicurative, ai fini della valida escussione 
della garanzia, sarebbe necessario che entro il termine di trentasei mesi previsto 
dal decreto ministeriale 24 maggio 2000 si verifichi non soltanto l�inadempimento 
dell�impresa beneficiaria del contributo, ma anche l�adozione del 

Occorre considerare che, in precedenza, talune decisioni delle Sezioni semplici (ex plurimis, Cass., sez. 
III, 7 gennaio 2004, n. 52) avevano negato che l�inserzione della clausola �a prima richiesta� o simili 
valesse ex se ad individuare un contratto autonomo di garanzia, dovendosi a tal fine scandagliare pi� 
approfonditamente la complessiva volont� negoziale delle parti. 

(11) Ex multis, Cass. Civ., Sez. V, sentenza n. 15216 del 12 settembre 2012, alla cui stregua: �La 
"exceptio doli generalis seu praesentis" ha ad oggetto la condotta abusiva o fraudolenta dell'attore, 
che ricorre quando questi, nell'avvalersi di un diritto di cui chiede tutela giudiziale, tace, nella prospettazione 
della fattispecie controversa, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto fatto valere 
ed aventi forza modificativa o estintiva dello stesso, ovvero esercita tale diritto al fine di realizzare uno 
scopo diverso da quello riconosciuto dall'ordinamento o comunque all'esclusivo fine di arrecare pregiudizio 
ad altri, o, ancora, contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui. Ne consegue che, in 
materia di contratto autonomo di garanzia, non possono essere addotte a fondamento della "exceptio 
doli" circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di eccezione di merito opponibile nel rapporto principale 
dal debitore garantito al creditore e beneficiario della garanzia, in quanto elemento fondamentale 
di tale rapporto � la inopponibilit� da parte del garante di eccezioni di merito proprie del rapporto 
principale�. 

(12) Ex multis, Cass, sez. III, 3 marzo 2009, n. 5044. 


conseguente provvedimento di revoca, risultando altrimenti estinta la garanzia 
per intervenuto decorso del termine di efficacia. 

L�esame della normativa e della recente giurisprudenza induce, invece, a 
riaffermare il principio che per l�operativit� della garanzia del fideiussore � 
sufficiente che, nel periodo di efficacia della garanzia, si sia verificato l'inadempimento 
di quest�ultimo, o comunque il fatto genetico della revoca, non 
occorrendo che anche questa, n� l�escussione del fideiubente, intervengano 
nel detto periodo. 

E difatti il comma 5 del D.M. 24 maggio 2000 (articolo unico), prescrive 
s� che la garanzia ha efficacia per il periodo massimo di 36 mesi, ma in alcun 
modo richiede che entro il predetto termine debba venire a conoscenza della 
compagnia la richiesta di pagamento. 

Il termine di durata di 36 mesi della garanzia si riferisce, dunque, non alla 
richiesta di pagamento, ma piuttosto al verificarsi del �sinistro� ovvero, nel 
caso specifico, dell'inadempimento da parte della ditta beneficiaria e, quindi, 
della sopraggiunta causa di revoca. 

� del tutto evidente che, nell�ipotesi talvolta sostenuta dai garanti, verrebbe 
sostanzialmente ridotto il periodo di reale efficacia della garanzia, entro 
il quale pu� intervenire un inadempimento che possa essere utilmente contestato. 
Dal che deriverebbe, tra l�altro, un indebito arricchimento della compagnia 
per i premi incassati nel periodo di garanzia non �fruibile�. 

Tale principio generale trova codificazione nell'art. 1917 che contempla 
il sistema "loss occurrence" (copertura per tutti i sinistri avvenuti nel periodo 
di garanzia), mentre � derogatorio l'impiego della clausola "claims made" (copertura 
per i sinistri denunciati nel periodo di garanzia), della cui legittimit� 
si � sovente dubitato (cos�, sul punto, si era gi� espresso il Tribunale di Genova, 
Sez II, 8 aprile 2008: "in tema di assicurazione della responsabilit� civile, la 
clausola cd. "claims made", perch� contraria alla norma ex art. 1917 c.c., 
rende nullo il contratto"; e Tribunale di Roma - sez. XIII, 1 marzo 2006). 

In proposito, andrebbe in primis chiarito che il periodo di efficacia della 
garanzia � distinto dal termine per l�escussione di tale garanzia. 

L�impossibilit� di far coincidere i due termini costituisce jus receptum 
nell�ormai dilagante giurisprudenza di merito, sulla scorta dell�insegnamento 
della Suprema Corte contenuto nella nota sentenza n. 4661/07 (13), e tale distinzione 
trae del resto fondamento dall�altro indiscusso orientamento di legittimit�, 
in base al quale, appunto �occorre � distinguere tra il termine di 
scadenza della garanzia fideiussoria o autonoma ed il termine decadenziale 
per la sua escussione, poich� i due termini non coincidono. La scadenza della 
garanzia significa solo che il contenuto della stessa, sotto il profilo della sua 
estensione temporale, copre tutto quanto � maturato in favore del garantito 

(13) Ex multis, Tribunale di Roma, IV sez. civile, n. 17781 del 16 settembre 2011. 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

fino a quella data. Successivamente alla data di scadenza dell�obbligazione 
di garanzia, possono solo sussistere termini decadenziali per l�esercizio deldiritto garantito nei confronti del garante. � possibile, quindi, per il garante 
(sia esso autonomo o fideiussore), prevedere un termine decadenziale entro 
cui il diritto del creditore deve essere fatto valere, a tutela del suo interesse a 
conoscere la propria situazione debitoria. Questo termine, tuttavia, deve essere 
tale da non rendere eccessivamente difficile l�esercizio del diritto del creditore 
nei confronti del garante, e tale ovviamente non pu� essere il termine 
che coincide con la scadenza dell'obbligazione (cfr. Cass. 9/03/2004, n. 4740). 
Nell�ipotesi che il termine di scadenza dell�obbligazione ed il termine decadenziale 
per l�escussione coincidano, si pu� determinare la nullit� di quest�ultimo 
a norma dell�art. 2965 c.c., rendendo eccessivamente difficile al creditore 
garantito l�esercizio del diritto conseguente al contratto di garanzia. [�] Il 
giudice di merito ha quindi correttamente ritenuto che la garanzia prestata 
dalla compagnia di assicurazione coprisse tutte le obbligazioni sorgenti dal 
contratto di locazione entro la data di scadenza dello stesso, ma non che entro 
la stessa data la garanzia dovesse essere escussa. Ne consegue che, coprendo 
la garanzia tutte le obbligazioni sorgenti dal contratto di locazione a carico 
della P., fino alla sua scadenza del 30.4.1997, � irrilevante che tale garanzia 
sia stata escussa dopo tale data di scadenza, poich�, come visto essa non costituisce 
anche termine decadenziale per chiedere l'adempimento� (Cass. Civ., 
28 febbraio 2007 n. 4661). 

Con precedente sentenza n. 20909 del 27 ottobre 2005, sempre la III Sez. 
della Suprema Corte aveva gi� sancito l�applicabilit� ai contratti di fideiussione 
dell�articolo 2956 c.c., che sancisce la nullit� della clausola con la quale 
si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a 
una delle parti l�esercizio del diritto. 

Ne consegue che � nulla la clausola con la quale, una volta stabilito che 
il termine d�efficacia della fideiussione coincida con quello di escussione della 
garanzia, si fissi tra questo termine ed il termine di scadenza dell�obbligazione 
garantita un periodo temporale cos� ristretto da rendere eccessivamente difficile, 
valutate anche le modalit� di escussione (ad esempio, mediante lettera 
che debba pervenire entro un certo termine al garante), che il creditore possa 
avvalersi della garanzia prestata (v. anche Cass. civ., Sez. III, 9 marzo 2004, 

n. 4740). 
E a tali principi si � ormai uniformata la giurisprudenza di merito (14). 

4. Segue: il titolo idoneo ad escutere la polizza. 

In coerenza con tali premesse, e con particolare riferimento alla non ne


(14) Ex multis, Tribunale di Roma, IV Sez. Civ., 8 maggio 2012, n. 9041; 16 settembre 2011, n. 
17781. 


cessit� di un provvedimento di revoca, gi� l�art. 5.3 della circolare esplicativa 

n. 900315 del 14 luglio 2000, cos� come specificato dalla circolare n. 971.659 
del 31 ottobre 2001, aveva sancito l'obbligo delle banche concessionarie di 
escutere le polizze e/o fideiussioni bancarie poste a copertura del versamento 
delle cauzioni e/o anticipazioni su erogazioni di prime quote di contributo, in 
prossimit� delle scadenze delle stesse, qualora non fosse stato possibile disporne 
la liberazione e pur in assenza di un provvedimento di revoca. 

Mentre la circolare non fa cenno alcuno al presupposto della presenza di 
un decreto di revoca, n� vi � coincidenza temporale tra il momento in cui scattano 
le condizioni per l'esercizio del diritto all'escussione e quello in cui si verificano 
i presupposti formali e sostanziali per l�adozione del provvedimento 
di revoca del contributo. 

Il che anche ha trovato conferma in una vasta giurisprudenza di merito. 
Cos�, ex plurimis, Corte d�Appello di Milano con la sentenza 9 gennaio 2013, 

n. 13 dove si stabilisce che �� l�asserita mancata conclusione del procedimento 
di revoca delle agevolazioni da parte del Ministero per i motivi che saranno 
meglio evidenziati nel prosieguo, non ha sostanzialmente a che vedere 
con le ragioni per le quali MPS Merchant ha provveduto a richiedere l�escussione 
della polizza all�appellata Coface, cos� determinando l�azione di regresso 
di quest�ultima. [�] Inoltre, dalla natura di contratto autonomo di 
garanzia della polizza assicurativa in atti, discende anche che� sorgeva il 
diritto del Ministero (beneficiario della polizza) ad ottenere la restituzione 
della quota elargita a titolo di anticipazione derivando, tale obbligazione, 
dall�esplicito impegno assunto da Cancellaro Group SRL in sede di stipula 
del contratto fideiussorio�. 

Si verranno qui di seguito a riportare testualmente altre proposizioni del-
l�accennata giurisprudenza di merito. 

�L�efficacia della garanzia � fissata nel periodo massimo di trentasei 
mesi dall�erogazione dell�importo garantito (art. 3). Nel sistema delineato il 
rapporto di natura negoziale intercorrente tra societ� garante e Ministero garantito 
� distinto e autonomo rispetto al rapporto tra impresa � e Pubblica 
Amministrazione, destinato a venire meno per effetto della revoca del beneficio 
disposta in via amministrativa in caso di inadempimento agli obblighi assunti 
dall�impresa. Il rapporto tra garante e garantito, quindi, non � influenzato, 
quanto a termine di efficacia, dal parallelo procedimento amministrativo [� 
] Ne discende che, ai fini dell�esigibilit� del credito dell�Amministrazione, � 
sufficiente una semplice richiesta di restituzione, sia pure formulata nei termini 
precisati dall�art. 1 delle condizioni generali, senza dovere attendere i definitivi 
accertamenti da compiersi per l�adozione del provvedimento di revoca. Il 
fatto che l�operativit� della polizza prescinde dalla sottesa vicenda del finanziamento 
e dall�inadempimento dell�impresa beneficiaria risulta altres� dalla 
previsione, contenuta sempre nelle condizioni generali di assicurazione, di un 


CONTRIBUTI DI DOTTRINA

ulteriore meccanismo, che, operando in senso inverso, obbliga il contraente 
a rimborsare alla societ� garante, a semplice richiesta, le somme versate, con 
rinuncia ad ogni e qualsivoglia eccezione� (15). 

Ed ancora: �� per quanto attiene all�asserita obbligatoriet� della revoca 
quale presupposto legale dell�escussione, devono essere ribadite in questa 
sede le argomentazioni pi� volte esposte � in analoghe controversie. In particolare, 
va rilevato che l�escussione della garanzia deve essere ritenuta legittima 
in tutte le ipotesi in cui siano verificati i presupposti sostanziali � 
mentre l�adozione del provvedimento di revoca non � riferibile alla fase di 
perfezionamento del credito � la preventiva revoca della concessione del-
l�agevolazione, peraltro, non � stata prevista in contratto quale condizione 
per l�escussione della polizza, emessa con pagamento �a prima e semplice richiesta�
� (16). 

E, ancor pi� di recente: �il provvedimento di revoca non rappresenta affatto 
uno degli atti e dei fatti costitutivi dell�adempimento dell�obbligazione 
pecuniaria assunta in polizza �� (17). 

� � La richiesta di escussione � quindi svincolata dal rapporto garantito 
e ci� configura la polizza quale contratto autonomo di garanzia, con il conseguente 
obbligo da parte del garante di effettuare il pagamento a semplice 
richiesta del beneficiario della garanzia e la rinuncia ad opporre le eccezioni 
inerenti al rapporto principale �� (18). 

� ... Il credito vantato dall�Amministrazione diventa esigibile allo scadere 
del 15� giorno successivo alla ricezione della �semplice richiesta scritta� di 
restituzione delle somme, che - per espressa previsione pattizia - pu� essere 
formulata non solo dal Ministero, ma anche dalla stessa banca concessionaria 
� a nulla rilevando la circostanza che il titolo esecutivo si sia formato in 
epoca successiva�� (19). 

Sotto altro aspetto, e per completezza argomentativa, � stata pi� volte ed 
esplicitamente affermata l�indifferenza, giusta quanto precede, della priorit� 

o posteriorit� della comunicazione al fideiussore (�escussione�) rispetto al 
provvedimento di revoca (20). 
(15) Trib. Roma 19 novembre 2012, n. 22163; nello stesso senso, ancor pi� recentemente, sempre 
Trib. Roma, Sez.II civ. n. 8819/13. 
(16) Trib. Roma, 22 aprile 2013, n. 8819. 
(17) Trib. Roma, sentenza del 28 marzo 2013, n. 6796. 
(18) Trib. Milano, VI Sez. civile, 23 marzo 2012 n. 3457. 




(19) Ord. Trib. Roma 29 novembre 2012; in tal senso, altres�, stesso Trib., sentenze 4 febbraio 2013, 
nn. 2345 e n. 2350; 3 agosto 2012 n. 15814; 11 luglio 2012 n. 14077; ord. 2 e 6 luglio, nn. 34572 e 35693 


R.G. 2012; sentenze Sez. II, 25 luglio 2011, n. 15930; 30 giugno 2011 n.14066; ord. 11 aprile 2011; sent. 
29 agosto 2011, n.17021, 2 novembre 2010, n. 22629; 22 settembre 2010 nn. 18995 e 19022. Sul correlativo 
obbligo della corresponsione dei premi, continuando l�efficacia delle polizze fino all�apposita dichiarazione 
di svincolo da parte del Ministero, Trib. Roma, Sez. IX Civile, 11 maggio 2011, n. 9780. 

(20) Trib. Roma, Sez. II, nn. 17021 e 22629/2011. 


Occorre inoltre affrontare un altro diffuso equivoco, nella specie che laddove 
l�art. 3 comma 8 della legge 23 luglio 2009 n. 99 riconosce il provvedimento 
di revoca come titolo per l�iscrizione a ruolo dei relativi importi, ci� 
starebbe a significare che soltanto in forza di esso verrebbe meno il diritto al 
contributo o alla relativa anticipazione e dunque farebbe scattare la garanzia 
fideiussoria. 

Ma il dire che la revoca costituisce titolo, affatto non vuol dire che lo sia 
soltanto essa, e men che meno, stante lo jus receptum del carattere �autonomo� 
della garanzia in questione, che l�operativit� di questa conseguirebbe al cessare 
del diritto del beneficiario al contributo. 

Anche tale corollario del discorso che precede � ben chiaro alla cennata, 
ormai vasta, giurisprudenza di merito (21). 

Infatti, allorch� l�articolo 3, comma 8, della legge 23 luglio 2009, n. 99 

(22) afferma che �il provvedimento di revoca � costituisce titolo per l�iscrizione 
a ruolo� ci� vuol dire che in forza di quel �titolo�, che in tal contesto diviene 
cos� esecutivo, la P.A. pu� agire con cartella (in forza dell�art. 21 d.lgs. 

(21) Fra le tante, sul punto, Tribunale di Roma, Sez. II civile, 21 marzo 2012 n. 4690: �Le Condizioni 
Generali di Assicurazione � nella premessa di una durata della garanzia pari a trentasei mesi 
dall�erogazione dell�importo garantito (art. 3), prevedono in capo alla garante l�obbligo, irrevocabile 
ed incondizionato, �a rimborsare al Ministero l�importo garantito � 
�� Il medesimo regolamento negoziale stabilisce altres� che la garante �si impegna ad effettuare il 
rimborso a prima e semplice richiesta scritta e, comunque, non oltre 15 (quindici) giorni dalla ricezione 
della detta richiesta cui peraltro non potr� opporre alcuna eccezione� (art. 2 C.G.A.). Il meccanismo 
indicato vale a delineare un percorso parallelo ed autonomo - rispetto a quello in essere tra impresa 
ammessa ad agevolazione finanziaria ex l. 488/92 e P.A., destinato a venir meno giusta revoca in via 
amministrativa del beneficio - di natura squisitamente negoziale � 
��il momento contrattuale tra garante di polizza, contraente di polizza e Ministero beneficiario non 
risulta influenzato quanto a termine di efficacia ed azionabilit� dal parallelo procedimento amministrativo 
di revoca � 
�Nella specie i requisiti di azionabilit� della garanzia fideiussoria risultano in tal modo soddisfatti dalla 
escussione intervenuta giusta lettera� 
�� Non � pertanto necessario che il procedimento di revoca venga portato a compimento conseguendo 
allo stesso il definitivo accertamento dell�inadempienza contestata all�impresa ed il connesso pregiudizio 
patrimoniale risentito dall�amministrazione. La polizza infatti opera secondo il meccanismo proprio 
della cauzione e quindi garantisce non il �facere� dell�impresa finanziata, ed il conseguente risarcimento 
da inadempimento, ma la restituzione di una somma di denaro, obbligo, quest�ultimo su cui si 
trasferisce, vicariandola, per l�appunto, l�originaria e diversa obbligazione di risarcimento del danno 
da inadempimento. Il credito dell�amministrazione godr� pertanto dei requisiti di certezza, liquidit� ed 
esigibilit� al verificarsi dei segnati presupposti e ci� perch� detto credito risulta contenuto nei limiti 
dell�importo garantito e non richiede come tale, il primo, accertamenti ulteriori da dispiegarsi invece 
in sede di adozione, per l�appunto, del provvedimento di revoca�. 
(22) �I commi 32 e 33 dell�articolo 24 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, 
si interpretano nel senso che il provvedimento di revoca delle agevolazioni disposte dal Ministero 
dell�industria, del commercio e dell�artigianato, dal Ministero delle attivit� produttive e dal 
Ministero dello sviluppo economico in materia di incentivi alle imprese costituisce titolo per l�iscrizione 
a ruolo degli importi corrisposti e dei relativi interessi, rivalutazioni e sanzioni nei confronti di tutti gli 
obbligati e quindi anche nei confronti dei soggetti che hanno prestato garanzia fideiussoria in relazione 
alle agevolazioni revocate�. 



CONTRIBUTI DI DOTTRINA

26 febbraio 199, n. 46 (23)), e non certo che dalla revoca nasca il �titolo sostanziale� 
di cui qui si discute, ossia la spettanza della garanzia in favore del 
Ministero. 

5. La posizione della Suprema Corte. 

Con decisione del 27 febbraio 2015, n. 3980, la Sezione sesta della Corte 
di Cassazione ha nuovamente statuito sulla fisionomia ed operativit� dei contratti 
autonomi di garanzia in materia di contributi pubblici alle imprese. 

Circa la questione del termine di efficacia della garanzia, il Giudice di legittimit� 
ha affermato che �deve reputarsi decisivo che il D.M. 24 maggio 
2000, art. unico, comma 9, preveda la restituzione della cauzione quando l'impresa, 
percepite le agevolazioni, versi nella condizione di inadempienza: 
quindi, non gi� che quest'ultima sia stata anche definitivamente accertata e 
posta a base e giustificazione del successivo decreto di revoca e dell'avvio 
delle azioni di recupero�. 

Si � dunque raggiunta la compiuta affermazione che, secondo il meccanismo 
della clausola �loss occurrence�, � l�inadempimento dell�impresa nei 
trentasei mesi successivi alla data di efficacia del decreto di concessione provvisoria 
del contributo che rileva, e non gi� il definitivo accertamento di tale 
inadempimento sancito dal provvedimento di revoca. 

D�altra parte, l�art. 1917 c.c., primo comma, stabilisce chiaramente che 
�Nell�assicurazione della responsabilit� civile l�assicuratore � obbligato a 
tenere indenne l�assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto 
durante il tempo dell�assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza 
della responsabilit� dedotta nel contratto�. 

Per quanto concerne l�ulteriore questione problematica inerente l�efficacia 
della nota della banca concessionaria al fine dell�escussione della garanzia, la 
Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: �nel sistema di 
concessione di agevolazioni pubbliche ai sensi della disciplina per gli investimenti 
nel Mezzogiorno d'Italia (di cui alla L. 19 dicembre 1992, n. 488, di 
conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 22 ottobre 1992, n. 415), 

(23) �Art. 17. Entrate riscosse mediante ruolo 
�1. Salvo quanto previsto dal comma 2, si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate 
dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, 
esclusi quelli economici. 
�2. Pu� essere effettuata mediante ruolo affidato ai concessionari la riscossione coattiva delle entrate 
delle regioni, delle province, anche autonome, dei comuni e degli altri enti locali. 
�3. Continua comunque ad effettuarsi mediante ruolo la riscossione delle entrate gi� riscosse con tale 
sistema in base alle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. 
�Art. 21. Presupposti dell'iscrizione a ruolo 
�1. Salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge, e salvo, altres�, quanto stabilito 
dall'art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall'articolo 17 aventi causa 
in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva�. 


ove la polizza fideiussoria a garanzia della prima rata o quota sia stata stipulata 
con richiamo espresso alla normativa di settore e sia prevista per una 
durata di trentasei mesi senza possibilit� di proroga, l'assicuratrice � tenuta 
al pagamento della cauzione promessa sol che l'inadempienza da parte del 
percettore delle agevolazioni sia contestata, dalla banca concessionaria, entro 
i trentasei mesi contrattualmente stabiliti per la durata della garanzia, non 
occorrendo che entro il medesimo termine intervenga pure un formale provvedimento 
di revoca delle dette agevolazioni�. 

6. Rilievi conclusivi. 

La suindicata recente pronuncia della Suprema Corte parrebbe, invero, 
aver dischiuso profili problematici pi� profondi di quelli, in effetti, composti. 

Emerge infatti una distonia tra l�apparato argomentativo ed il principio 
di diritto enunciato, in particolare per quanto concerne l�operativit� della clausola 
�loss occurrence�. 

Alla stregua dello snodo motivazionale riportato nel precedente paragrafo, 
si fa riferimento all�inadempimento dell�impresa nei trentasei mesi di efficacia 
della garanzia quale fatto legittimante l�escussione della polizza, salvo poi, 
nel principio di diritto, indicare il requisito ulteriore che entro il predetto termine 
l�inadempimento sia contestato dalla banca concessionaria. 

In tal modo, la Suprema Corte parrebbe adombrare una rilevanza mediata 
della clausola �claims made�, comunque richiedendo un adempimento ulteriore 
al mero fatto del �sinistro�, sia pure identificato nella nota della banca 
concessionaria anzich� nel provvedimento di revoca. 

Proprio tale aspetto merita, necessariamente, un pi� approfondito esame 
della giurisprudenza. 


recensioni
RECENSIONI 
GUGLIELMO BERNABEI (*), GIACOMO MONTANARI (**), Tributi 
Propri e Autonomie Locali. Difficile sviluppo di un sistema difinanza propria degli enti locali. 

PRIMICERI EDITORE, PAVIA, 2015, P. 250 

PREMESSA 

In Italia la tassazione immobiliare � stata, negli ultimi anni, costantemente al centro del 
dibattito politico e giuridico. In un contesto caratterizzato da un profondo rallentamento economico, 
il legislatore ha dovuto perseguire due obiettivi: da un lato, il riequilibrio strutturale 
dei conti pubblici per ridurre rapidamente il peso del debito, dall�altro, una ricomposizione 
del prelievo da attuarsi riducendo il carico fiscale sulle imprese e sul fattore lavoro aumentando 
la tassazione sul patrimonio immobiliare. Gli immobili sono stati visti come la materia 
ideale per individuare una imposta di tipo patrimoniale posta a base di una imposizione ispirata 
dal principio di territorialit�. 

A questo si legano importanti questioni di finanza locale. Negli ultimi cinque anni c'� 
stata una progressiva ed importante riduzione dei trasferimenti dallo Stato centrale al Comune. 
Sottrazione di risorse economiche che hanno creato non poche difficolt� nel funzionamento 
dell'ente locale e nella gestione del territorio da esso governato. Non essendo chiaramente 
pensabile per un Comune poter continuare a svolgere le proprie funzioni in assenza di risorse 
adeguate, il legislatore ha stabilito che quanto veniva a mancare nelle casse comunali, a seguito 
dei tagli ai trasferimenti, doveva essere raccolto con l'imposizione fiscale locale. Pertanto, a 
partire dal 2012 con l'introduzione dell'Imu e, a seguire, con l'aggiunta della Tasi e della Tari, 
l'ente locale comunale deve soddisfare alle proprie esigenze di gestione. La diminuzione dei 
trasferimenti dallo Stato si � tradotto in un aumento della pressione fiscale sui cittadini ma 
non si � avuto un tangibile beneficio per il Comune, sempre teso tra una politica di manteni


(*) Dottore di ricerca e cultore della materia in diritto costituzionale, diritto regionale e degli enti locali 
presso l�Universit� di Ferrara. 
(**) Laureato in Giurisprudenza presso l�Universit� di Ferrra, specializzato presso la scuola di specializzazione 
per le professioni legali dell�Universit� di Padova ed esperto di diritto tributario degli enti 
locali e di finanza locale. 


mento e di miglioramento dei servizi e l�attenzione a non procedere ad ulteriori aumenti della 
pressione fiscale locale. Questo passaggio, poi, non � avvenuto sulla base di una chiarezza 
normativa ben definita in quanto vi � stato un susseguirsi di ritardi, interpretazioni e modifiche 
che ha reso il contesto della finanza locale ancora pi� complicato. 

Inoltre, un altro tecnicismo, entrato a regime dal 2013, merita di essere ricordato. Una 
parte delle imposte locali raccolte dall�ente comunale viene trattenuta direttamente dallo Stato 
al fine di costituire un fondo, destinato ad essere, in un secondo momento, redistribuito tra 
tutti i Comuni con il nome di Fondo di Solidariet� Comunale, sulla base di criteri di riparto 
piuttosto confusi. Ne deriva che alcuni Comuni si trovano a ricevere meno di quanto gli viene 
trattenuto, divenendo finanziatori dello Stato stesso. 

Partendo da un esame dell'evoluzione storica e concettuale della nozione di autonomia 
locale e dall�analisi dei profili di autonomia finanziaria inerenti il Titolo V della Costituzione, 
il presente studio si propone di approfondire il percorso dei tributi locali immobiliari, ripercorrendo 
il passaggio dall�Ici all�Imu fino a prefigurare la costruzione di un modello di Service 
Tax. Si � posta attenzione anche all�aspetto comparatistico, proponendo come paradigma il 
sistema della Council tax inglese. 

La trattazione, seguendo lo schema di una rassegna ragionata, intende evidenziare le criticit� 
di un percorso di autonomia finanziaria locale accidentato, confuso e contraddittorio. 

L�introduzione al volume � stata redatta dal Prof. Giancarlo Pola, docente dell'Universit� 
di Ferrara e direttore del centro di studi e ricerche Eupolis della Regione Lombardia, tra i 
massimi esperti in materia di finanza locale, mentre la postfazione � stata curata dal dott. Pasquale 
Mirto, condirettore della Rivista "Tributi locali e regionali", dirigente del settore Entrate 
di unione di Comuni, esperto in tema di diritto tributario degli enti locali. A questi autorevoli 
studiosi della materia porgiamo il nostro sentito ringraziamento per il supporto e le indicazioni 
suggerite nella stesura del presente lavoro, il quale vuole essere un primo bilancio di un percorso 
di studio alle tematiche della finanza locale che conduciamo dal 2010. 

Un altro ringraziamento particolare va all�IFEL, Istituto per la Finanza e l'Economia 
Locale, Fondazione istituita dall'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), per il 
contributo di sostegno e di promozione del testo. 

Guglielmo Bernabei 
Giacomo Montanari 


RECENSIONI 325 

INDICE 


�TRIBUTI PROPRI E AUTONOMIE LOCALI� 
Difficile sviluppo di un sistema di finanza propria degli Enti locali 


INTRODUZIONE di Giancarlo Pola 

CAPITOLO PRIMO 

EVOLUZIONE DEL SISTEMA DI AUTONOMIA LOCALE NELL�ORDINAMENTO CO


STITUZIONALE ITALIANO 
1- Stato federale. Stato regionale e Federalismo fiscale. 2- Evoluzione del sistema di autonomia 
locale. 3- Il sistema di finanza locale prefigurato dalla Riforma del Titolo V: tratti generali. 4- Il 
coordinamento della finanza pubblica nel processo di attuazione del Titolo V. 

CAPITOLO SECONDO 

AUTONOMIA TRIBUTARIA E POTERE REGOLAMENTARE DEGLI ENTI LOCALI 
1- Il Federalismo fiscale. 2- Finanza municipale: linee di sviluppo. 3- Potest� normativa in materia 
di tributi propri degli enti locali. 4- Condizione attuale del potere regolamentare degli enti 
locali. 5- Potest� regolamentare in materia di accertamento e riscossione. 6- Osservazioni. 

CAPITOLO TERZO 

TRIBUTI IMMOBILIARI E AUTONOMIE LOCALI: UNA RIFORMA MANCATA 
Premessa. 1- Cedolare secca sugli affitti. 2- Tasi-Imu e Service Tax: difficile sviluppo dei tributi 
locali. 2.1- Il contesto di riferimento. 2.2- Uno sviluppo difficile. 2.3- Tasi-Imu e prima casa. 
2.4- Imu e immobili di lusso adibiti a prima casa. 2.5- Imu e possibili rilievi di legittimit� costituzionale. 
2.6- Una service tax mascherata. 3- Tari. 3.1- Premessa. 3.2- La disciplina della Tari. 
3.3- Incerto fondamento della tassazione dei rifiuti solidi urbani. 4- Imu agricola. 4.1- Tasi e terreni 
agricoli. 4.2- Imu agricola: imposizione e forme di esenzione. 4.3- Imposizione fiscale locale 
e settore agricolo. 5- Assetto della finanza locale e introduzione della Iuc: questione aperta. 

CAPITOLO QUARTO 

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO E AUTONOMIA FINANZIARIA: IL CASO IMIS. 
1- Premessa. 2- Autonomia finanziaria. 3- La finanza propria. 4- Il caso Imis. 5- Verso la local 
tax. 

CAPITOLO QUINTO 

FEDERALISMO FISCALE E PROSPETTIVA COMPARATISTICA: UNA INTRODUZIONE 
1- Premessa. 2- Federalismo fiscale e prospettiva comparatistica. 3- L�esperienza del Regno 
Unito: la Council tax. 

POSTFAZIONE di Pasquale Mirto 

APPENDICE NORMATIVA 


Finito di stampare nel mese di ottobre 2015 
Stabilimenti Tipografici Carlo Colombo S.p.A. 
Vicolo della Guardiola n. 22 - 00186 Roma